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Full text of "Archivio storico lombardo"

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HANDBOUND 
AT  THE 


UNIVERSITY  OF 
TORONTO  PRESS 


ARCHIVIO  STORICO  LOMBARDO 


ARCHIVIO  STORICO 

LOMBARDO 

GIORNALE 

DELLA 

SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA 


SERIE    TERZA 


VOLTJJVIB    XIII    —    ANNO    XXVII 


498710 


13.  10.43 


IVI  I  L  A  K  O 


SEDE 

DELLA    SOCIETÀ 

Castello  Sforzesco 


LIBRERIA 

FRATELLI    BOCCA 

Corso  Vittorio  Eni.,  21 


1900 


La  proprietà  letteraria  è  riservata  agli  Autori  dei  singoli  scritti 


'ì)Q 


Milano,   1900  — Tip.  Pietro  Gonfalonieri,  Via  Gozzadini,  47-49. 


IL  ROTOLO 

dell'Archivio   Capitolare   di   Novara (i) 


NEL  Documentario  episcopale  voi  I  dell'  archivio  capitolare  di 
Novara  si  conserva,  malamente  ripiegato  per  adattarlo  al 
l'ormato  in  Ibi.  del  volume,  un  antico  rotolo  in  pergamena, 
che  contiene  trascrizioni  di  diplomi  imperiali  e  reali  dei  sec.  IX  e  X. 
Questo  rotolo  consta  di  sette  pergamene,  di  cui  le  prime  quattro 
sono  unite  con  cucitura  a  filo  e  tre  con  una  striscia  di  pergamena  : 
misura  nella  sua  lunghezza  attuale  m.  2,08,  in  larghezza  m.  0,82.  Non 
ci  pervenne  completo;  manca  nella  parte  superiore  di  uno  o  più  pezzi, 
come  provano  i  fori  della  cucitura  nella  prima  pergamena  e  il  testo 
incompleto  del  primo  documento  trascritto.  Tra  il  terzo  ed  il  quarto 
diploma  (n.  Ili  e  I  nella  presente  edizione)  sono  segnati  i  monogrammi 
di  Lotario  I,  di  Carlomanno,  di  Carlo  III,  di  Arnolfo,  di  Lodovico  III, 
di  Berengario  1  e  di  Rodolfo  II;  è  lecito  supporre  che  questi  fossero 
i  monogrammi  dei  privilegi  trascritti  nel  rotolo,  e  che  i  diplomi  di 
Carlomanno,  di  Arnolfo  e  di  Rodolfo,  non  pervenutici,  si  trovassero 
nella  parte  staccatasi  e  oggidì  perduta.  Tra  questa  serie  di  mono- 
grammi manca  quello  di  Guido,  del  quale  però  abbiamo  un  diploma  col 
monogramma  segnato,  V  unico  nel  rotolo,  a  suo  luogo  nella  signaiio. 
Le  sette  pergamene  componenti  il  rotolo  erano  state  prima  usate  per 
altre  scritture,  e  sulla  rasura  di  queste  si  eseguirono  le  copie  dei  di- 
plomi. La  rasura  venne  praticata  dopo  l'unione  o  cucitura  dei  singoli 
pezzi,  come  si  rileva  dai  luoghi  di  connessione,  dove  si  scorge  tuttora 


(i)  Al  Reverend.^'^^  Capitolo  di  Novara,  a  Mons.  InnoceiiSiO  Lubrici 
prefetto  Capitolare,  all'  Avv.  Cav.  Raffaele  Tarclla  bibliotecario  della 
Comunale  esprimo  vivissimi  ringraziamenti  per  le  facilitazioni  e  gen- 
tilezze usatemi. 


IL    HOIOLO 


il  ..iiaitcK    piiiiiiii\  :id  esempio,  la  quarta   pergamena  eia  mi 

ilocumento  privato  o  pageiise  nel    corsivo  dei  secoli  IX-X,  altre  pci- 
gamene  contenevano  note  di  esazioni  di  decime  della  chiesa  Novarese . 

Il  carattere  delle  trascrizioni  è  un  bel  minuscolo   del  secolo  X  < 
panni  anche    di    una   sola  mano,  benché    presenti    una   certa  varietà 
nella  pressione  dei  tratti,    dovuta,    credo,  al  diverso    tempo   in  cui  si 
eseguì  parte  del  lavoro.  I  diplomi  trascritti  sono  21:  tre  di  Lotario  I, 
uno  di  Guido,  altro  di  Lodovico  III  e  sedici  di  Berengario  I:  inediti  i5. 

L'autore  non  seguì  alcun  criterio  nella  disposizione  dei  documenti. 
Vario  e  pure  il  metodo  di  trascrizione;  mentre  di  tutti  ci  offre  il  con- 
testo,  di  pochi  eseguì  copia  completa,  di  parecchi  trascurò  Vescatocollo 
o  le  prime  Ibrmole  del  protocollo.  La  varietà  dei  destinatari  fa  ritenere 
che  non  tutti  gli  originali,  cui  si  attinse  per  la  compilazione  del  ro- 
tolo, si  conservassero  negli  archivi  di-  Novara.  Considerando  inoltre 
il  contenuto  di  gran  parte  di  questi  documenti,  oso  supporre  che  l'au- 
tore avesse  un  intendimento  pratico  più  che  storico:  a  questo  intento 
avrebbe  subordinato  la  scelta  del  materiale  e  il  modo  di  trascrizione. 
Di  tutti  i  diplomi  del  rotolo  ci  è  pervenuto  un  solo  originale  (vedi  do- 
cumento n.  XXI,  pag.  45),  e  questo  ci  permette  di  giudicare  sul  valore 
delle  trascrizioni:  il  testo  è  buono,  ma  non  rigorosamente  esatto,  con 
errori  ed  omissioni  che  tradiscono  la  fretta  del  copista. 

Suir  autenticità  dei  documenti  non  credo  possano  sollevarsi  dubbi 
né  dal  lato  storico  ne  dal  lato  diplomatico. 

Carlo  Francesco  Frascone,  cerimoniere  minore  della  Chiesa  di  No- 
vara, tentò  nel  1761  una  copia  del  rotolo.  ("  Copia  autenticata  del  Do 
cumentario  episcopale  della  Chiesa  Novarese  „,  voi.  in  fol.  segnato  C 
presso  V  archivio  cap.).  Egli  contrassegnò  i  documenti  con  lettere  del- 
l' alfabeto,  successivamente  da  A  ad  R,  omettendo  però  cinque  privi- 
legi, cioè  i  numeri  III,  V,  X,  XI  e  XIV;  il  testo  è  scorretto  e  pieno  di 
lacune.  Dal  Frascone  dipendono  le  copie  dei  tre  diplomi  che  Porro 
Lambertenghi  pubblicò  nel  Codex  diplom.  Langobardiae  (cfr.  i  numeri 
IV,  XV,  XIX).  Ricorse  a  questo  materiale  il  Bianchetti,  che  nel  suo 
lavoro  "  L'Ossola  inferiore  „  riporta  altri  due  privilegi  (numeri  Vili 
e  XV).  Nel  1881  Angusto  v.  laksch  (i)  dava  una  breve  descrizione  del 
rotolo  seguita  dal  regesto  di  17  diplomi. 


(i)  Unedirte  Diplome    aus    Novara  in  Mittheilungen  des  Instituts 
tur  òster.  Geschichtsforschung.  II,  p.  446  e  sgg. 


dell'archivio    capitolare    di    NOVARA 


Il  carattere^  per  essere  tutto  su  rasura,  corroso,  ed  in  parte  mac- 
chiato, oftre  qualche  difficoltà,  ed  a  questo  si  deve  forse  se  rimase  fi- 
nora inedito  un  materiale  così  importante  per  la  storia  e  per  la  di- 
plomatica dei  secoli  IX  e  X. 

Il  testo  che  presento  è  completo  ;  per  alcune  parole  coperte  da 
macchia  feci  uso  di  un  reagente. 

Segnando  coi  numeri  arabici  i  documenti  del  rotolo  nel  loro  or- 
dine progressivo,  con  accanto  le  lettere  dell'  alfabeto  dal  Frascone  ap- 
poste alla  pergamena  e  alla  copia  da  lui  fatta,  e  coi  numeri  romani 
quelli,  in  ordine  cronologico,  della  presente  edizione  si  ha  il  seguente 
rapporto  :  • 


I 

4- 

Q 

II 

'^. 

A 

III 

3. 

IV 

18. 

M 

V 

1. 

VI 

16. 

I 

VII 

8. 

C 

vili 

7- 

B 

IX 

21. 

P 

X 

5. 

XI 

i5. 

XII 

12. 

G 

XIII 

6. 

R 

XIV 

14. 

XV 

19. 

N 

XVI 

20. 

0 

XVII 

i3. 

H 

XVIII 

17, 

L 

XIX 

II. 

F 

XX 

IO. 

E 

XXI 

9- 

D 

A'ota:  Siccome  non  intendo  di  oflrire  un'edizione  critica  dei  sin- 
goli documenti,  riproduco  Y  ortografia  del  rotolo,  solo  applicando  la 
punteggiatura  secondo  V  uso  moderno  ed  usando  la  maiuscola  per  V  ini- 
ziale dei  nomi  proprii.  Delle  varianti  introdotte  nel  testo  si  dà  ragione 
nelle  singole  note.  Per  ragioni  tipografiche  i  pochi  casi  di  e  caudata 
sono  rappresentati  con  a.'. 


IL    ROTOLO 


I. 


Lolar'uK  imperali)/ e  dona  alla  Chiesa  di  Novara  l'abbazia  di 
Liicedio  (5.  Genuario)  e  conferma  gli  anteriori  diplomi  di  re  ed 
imperatori. 

840,  febbraio  19.  Pavia. 

Iaksch.  Mitthciliingcn  des  Instituts  fùr  usi.  Geschichtsforschung.  lì, 
400,  11.  I,  Ri'g-y  recognitio  e  datai  io. 

Darmstadter.  Das  Reichsgut  in  der  Lombardei  imd  Piemont  (Strass- 
burg,  1896)  p.  20  citato,  cfr.  anche  p.  226;  Muhlbaciier.  Reg.,  n.  io65 
(io3i). 

In  nomine  domini  Dei  aeterni.  Hlotharius  diuina  ordinante 
prouidentia  imperator  augustus.  Oportere  credimus  imperialem  di- 
gnitatem,  quod  {a)  famulantium  sibi  precibiis  aurem  libenter  ac- 
commodet,  effectumque  concedat  maxime  diuini  cultus  curam  ge- 
rentium,  quorum  deuotionem  non  solum  in  rei  publice  utilitatibus 
necessariam  uerum  etiam  ad  (^)  eterne  felicitatis  prouentum  co- 
gnoscit  ualde  proficuam  (e).  Quapropter  omnium  fidelium  sancte 
Dei  eclesie  tam  presentium  quam  futurorum  nouerit  sollertia, 
quod  adiens  serenitatem  nostrani  Adalgisus  sancte  Nouariensis 
ecclesie  uenerabilis  episcopus  decenter,  uti  conueniebat,  suppli- 
cauit,  quatinus  prò  statu  nostri  imperii  futureque  beatitudinis  emo- 
lumento dignaremur  concedere  episcopatui,  cui  Deo  auctore  pre- 
erat,  abbatiam  Laocedii  cenobii  in  honore  sancti  Michaelis  celestis 
militie  (ii)  principis  sanctique  martiris  lanuarii  dicatam  in  com- 
mitatu  Uercellensi,  ita  ut  deinceps  in  ius  et  dominium  eiusdem 
Nouariensis  episcopatus  transactam,  pastor  predicte  sedis  iugiter 
ex  cauti  ex  episcopii  rebus  optineat  potestatem;  quin  etiam  op- 
tulit  aspectibus  nostris  priuilegia  seu  precepta  nec  non  et  mund- 
burdos  pretaxato  episcopatui  ab  antecessoribus  nostris  regibus  uel 

(rt)  quo         ((5)  ab         (e)  proikuum         (<^/)  militis. 


DELL  Al^CHIVIO    CAPITOLARE    DI    NOVARA 


imperatorihus  delegata,  supplicans  ut  eidem  donatìonis  precepto 
dignaremur  inserere  imperialis  quoque  pietatis  contirmationem. 
Nos  igitur  considerantes  peccaminum  nostrorum  pondera,  nullo 
modo  facilius  posse  leuigari  quam  si  uenerabilibus  locis  liberales 
existamus,  sìmulque  tanti  uiri  reuerentiam  non  nisi  rectissima 
petentem,  annuimus  fieri  quod  posscebat,  scribi  iubentes  hoc  no- 
stre donationis  preceptum,  per  quod  prenominatum  coenobium  de 
Leocedio  prelibate  sedi  Nouariensi  cum  omnibus  que  ad  id  per- 
tinent  donoque  (e)  fidelium  pertinebunt,  seruis  uidelicet,  ancillis, 
aldionibusutriusque  sexus,  cellulis,  capellis,  curtibus,  domocoltibus, 
mansis,  casis,  sediminibus,  campis,  uineis,  pratis,  pascuis,  siluis, 
quarumcumque  arborum  erectis  montium,  deuexis  collium,  imis 
uallium,  planiciebus,  paludibus,  fontibus,  puteis,  riuis,  aquarum- 
que  decursibus  et  ductibus,  iiiolendinis,  piscariis,  uenacionibus, 
aucupiis,  alpibus,  ripis,  cultis  et  incultis,  diuisis  et  indiuisis,  ter- 
minis,  accessionibus,  districtionibus,  fiscariis,  campariciis  aliisque 
uniuersis  reddibitionibus  qualibuscumque  nominibus  humana  cu- 
riositate  nominatis  ad  iam  dictum  monasterium  pertinentibus  uel 
respicientibus  pretaxate  cecclesice  sancte  Nouariensi  iure  proprio 
concedimus  et  perdonamus  et  de  nostro  iure  et  dominio  in  eius 
ius  dominiumque  transfundimus  atque  delegamus  ad  habendum, 
tenendum,  commutandum,  precariam  faciendum,  libellariam  do- 
nandum,  monachos  introducendum,  abbatem  uel  rectorem  eligen- 
dum,  salua  in  omnibus  prenominate  Nouariensis  sedis  potestate, 
et  fruendum,  prout  canonica  censura  de  eclesiasticis  rebus  fieri 
decernat,  omni  nostra  nostrorumque  successorum  regum  seu  im- 
peratorum  contrarietate  uel  diminoratione  remota.  Insuper  etiam 
per  hanc  eandem  precepti  nostri  (/)  paginam  omnia  priuilegia 
seu  precepta  nec  non  et  mundburdos  ad  predictum  episcopium 
ab  antecessoribus  nostris  peracta  omnesque  donationes  et  omnia 
cartarum  instrumenta,  que  ad  eandem  Nouariensem  eclesiam  con- 
scripta  sunt  uel  undecumque  aut  quomodocumque  pars  ipsius  epi- 
scopii  inuestituram  tenere  dinoscitur,  eidem  Nouariensi  eclesie  con- 
rìrmamus  et  corroboramus,  ut  perpetuam   habeat    stabilitatem  et 


(<?)  Jonuque         (_/}  ncstro. 


IO  IL    ROTOLO 


ui^:;()rciìi  sinc  alicuius  tcmcritatc  ucl  molestationc.  Si  quis  autcm, 
ijiiod  futurum  non  credimus,  centra  hoc  nostre  concessionis  atquc 
donationis  ncc  non  et  confirmationis  precepttim  temerarius  uio- 
lator  ire  tcmptauerit,  atquc  illud  infringcre  quesierit,  .C.  lìbras 
auri  purissimi  componcre  cogatur,  medietatem  palatio  nostro  et 
medietatem  episcopo  Nouariensis  eclesie.  Quod  ut  uerius  creda- 
tur  diligcntiusque  ab  omnibus  obscruetur,  manu  propria  corro- 
borantes  ex  anulo  nostro  iussimus  insigniri. 

Signum  domni  Hlotharii  serenissimi  augusti. 

Eichardus  subdiaconus  ad  uicem  Agilmari  recognouit. 

Data  .XI.  kal.  mar.,  anno  Christo  propitio  imperii  domni 
Hlotharii  pii  imperatoris  .XX.,  indictione  .III.,  Actum  Papia  pa- 
latio regio;  in  Dei  nomine  feliciter,  amen. 


IL 


Lotario  imperatore  nomina  i  conti  Leone  e  Giovanni  suoi 
messi  a  difesa  dei  beni  e  delle  persone  della  Chiesa  di  Novara, 
concedendo  loro  il  diritto  di  inquisizione. 

{840,  febbraio.  Pavia?). 

Il  documento  è  un  mandato,  del  quale  presenta  i  caratteri  intrin- 
seci ed  estrinseci.  Al  presente  potrebbe  assegnarsi  la  medesima  data 
del  diploma  che  precede,  n.  i,  p.  8. 

Iaksch.  Op.  cit.  Reg.,  p.  480,  n.  2;  Hubner  (i;.  Reg.,  n.  780;  Mììhl- 
BACHER.  Reg.,  1066  (1082),  cfr.  io85  (io5i). 

In  nomine  domini  nostri  lesu  Christi  Dei  aeterni.  Hlotarius 
diuina  ordinante  prouidentia    imperator  augustus.   Omnibus  epi- 


(i)  Gerichtsurkunden  der  frànkischen  Zeit  in  Zeitschrift  der  Savigm- 
Stiftimg  fiìr  Recìitsgeschichte,  Weimar,  XIV  germ.  Abtheil. 


DELL  ARCHIVIO  CAPITOLARE  DI  NOVARA  II 

scopis,  abbatibus,  abbatissis,  commitibus,  castaldiis,  uicariis,  cen- 
tenariis,  accionariis,  uel  cunctis  rem  publicam  administrantibus 
notum  esse  uolumus,  quia  Adalgisus  uenerabilis  episcopus  Nova- 
riensis  (a)  eclesie  nostram  petiit  clementiam,  ut  Leonem  et  lo- 
lla nnem  filium  eius  commites  prò  utilitate  eclesie  sue,  cui  Deo 
auctore  presidere  dinoscitur,  missos  constitueremus  una  cum  ad- 
Liocato  suo  ubicumque  prò  suis  necessitatibus  aliquam  abuerit 
querimoniam,  quatenus  eorum  studio  ageretur,  ne  inrationabili- 
ter  ab  eis  de  possessione  prefate  eclesie  quippiam  auferatur.  Cuius 
peticioni  adquiescentes,  presentes  sublimitatis  nostre  litteras  sta- 
tuimus  fieri,  quibus  decernimus  atque  iubemus,  ut  predicti  com- 
mites nostri  de  rebus  uel  familiis  memorate  eclesie  quantumcum- 
que  necessitas  postulauerit  fungantur  missatico  absque  alicuius 
contradictione.  Precipimus  denique  ut  ubicumque  necessitas  in- 
cubuerit,  de  rebus  eiusdem  eclesie  ac  familiis  iniuste  priuatis  (b) 
inquisitio  per  ueraces  idoneasque  personas,  in  quibus  huiusmodi 
res  est  examinanda,  ex  auctoritate  nostra  fiat,  ne  propter  aliquam 
ocasionem  seu  disceptacionem  iudicii  ab  eadem  eclesia  (e)  iniuste 
aliquid  auferatur  quod  ei  rationabiliter  habere  competit.  Et  ut 
hec  sublimitatis  nostre  iussio  alp  omnibus  uerius  credatur  et  di- 
ligentius  obseruetur,  de  anulo  nostro  subter  iussimus  sigillari. 

(a)  nov  colici  v  corretta  sìì  n         (^)  priuitatis         (e)  la  a  corretta  sti  e. 


III. 

Lotario  imperatore  ad  istanza  del  vescovo  Giuseppe  di  Ivrea 
dona  al  diacono  Godeberto  di  Pavia  due  terre  colle  dipendente  e 
ì:oIV  uso  dell'  orto  e  del  po:^io. 

846,  luglio  8.  Aaclien. 
Iaksch.  Re^'^.,  recoguiiio  e  daiatio,  p.  460,  n.  3. 

MilHLBACHER.    Rcg.,    II25    (1O91). 

In  nomine  domini  nostri  lesu  Christi  Dei  aeterni.  Hlotharius 
■diuina  ordinante  prouidentia  imperator  augustus.  Dignum  est  ut 


I  2 


impcrialis  maicstas  proccrum  suorum  peticionibus  tanto  libcntiuji 
annuet  easquc  annuendo  adimpleat,  quanto  eos  uidcrit  ac  no- 
ucrit  in  suis  obscquiis  persistere  efficaces.  Igitur  omnibus  fidelibus 
sanctc  Dei  cclesie  ac  nostris  presentibus  uidelicet  et  futuris  notum 
sit,  quia  loseph  uencrabilis  cpiscopus  Acporedie  nostram  dcprc- 
catus  est  dementiam,  ut  cuidam  iideli  nostro  diacono  scilicet  Go- 
dcbcrto  ucluti  quod  de  rebus  nostris  (a)  in  regno  Italico  hoc  est 
areas  duas  sibi  inuicem  coherentes  ad  proprium  concederemus; 
habetque  prima  area  in  longitudine  pedes  .XII.,  in  latitudine 
.XXVI.,  et  choeret  illi  ab  uno  latere  [casa]  (b)  sancte  eclesie,  ab 
altero  casa  lohannis  et  Adroaldi,  ab  uno  capite  casa  monasterii 
de  Sexto,  ab  altero  ingressus  interiacens  domus  episcopatus  Lu- 
nensis(i);  et  idem  area  (e)  secunda  habet  in  longitudine  pedes 
.XLL,  in  latitudine  uigintiquinque,  coheret  illi  ab  uno  capite  uia, 
ab  alio  casa  Adroaldi  et  lohanniS,  ab  uno  latere  casa  monasterii 
de  Sexto,  ab  altero  casa  monasterii  Senatoris  siue  que  illis  alia 
coherent;  has  designatas  areas  cum  possessionibus  et  ingressibus 
ac  usum  putci  cum  horto  deprecatus  est  iam  nos  iam  dicto  dia- 
cono iure  proprietario  tribui.  Cuius  peticionem  adimplere  sta- 
tuentes,  has  mansuetudinis  nostre  litteras  fieri  decreuimus,  per  quas 
memorato  Godeberto  diacono  Papiensi  areas  suprascriptas,  sicut 
superius  insertum  est,  iure  proprietario  concedimus  habendum,  ut 
quicquid  uoluerit  uel  elegerit,  habeat  ex  eis  potestatem  faciendi, 
sicut  de  reliquis  proprietatis  sue  rebus,  ita  dumtaxat  ut  nusquam 
a  nostra  abscedat  fidelitate,  sed  immobiliter  in  nostris  perseueret 
iugiter  fixus  obsequiis.  Et  ut  hec  nostre  largitionis  uel  confirma- 
tionis  auctoritas  firma  stabilisque  permaneat,  manu  nostra  subter 
eam  firmauimus  et  anuli  nostri  inpressione  assignari  iussimus. 

Signum  domni  Hlotharii  (d)  serenissimi  augusti. 

Hrodmundus  (e)  notarius  ad  uicem  Hilduini  recognouit. 

(a)  uri         (/>)  Non  è  notata  alcuna    lacuna,    via  certo  venne  omessa   qualche  parola  covie  : 
CASA,  DOMUS,  TERRA,  RES         {c)  eidem  areae         {d)  Hhlotharii         {e)  Hrodmandus. 


(i)  Donata  da  Rodolfo  II  al  vescovo  Guido  di  Piacenza,  (a.  924,  D.  11)  : 
ctV.  RoBOLLxi,  Notizie  appartenenti  alla  storia  della  sua  patria,  II,  149. 


DELL  ARCHIVIO    CAPITOLARE    DI    NOVARA  K'> 

Data  .vili.  id.  iuL,  anno  Christo  propitio  imperii  Hlotarii  pii 
imperatoris  in  Italia  .XXVII.,  et  in  Francia  .VII.,  indictione.  Vili., 
ActLim  Aquisgrani  palatio  regio  (/);  in  dei  nomine  feliciter,  amen. 

(/)  i-eguo. 


IV. 


Guido  re  concede  ad  Aiipaldo  arcipi^ete,  per  intervento  dei- 
V arcivescovo  di  Milano  Anselmo,  una  pe^^^a  di  terra  e  parte  di 
muro  della  città  con  diritto  di  innalzare  edifici  e  disporre  libe- 
ramente come  possesso  proprio. 

Qgo,  dicembre  20.  Marmirolo. 

È  scorretto  l'anno  di  incarnazione  888:  l'indizione  Vili  concor- 
derebbe coiranno  II  di  regno,  se  romana.  L'itinerario  viene  in  ap- 
poggio air  a.  890,  e  II  di  regno  (i).  Marmirolo,  circondario  di  Reggio 
Emilia.  Cfr.  Tiraboschi,  Dizionario  top.  stor.,  II,  19. 

Edito  da  Porro  Lambertenghi  in  Codex  dipi.  Lang.^  572-8,  nume- 
ro CCCXLII  "  ex  apographo  in  Tabularlo  Canon.  Eccl.  Cathedr.  Nova- 
riae  „.  Presenta  gli  errori  e  le  lacune  della  copia  Frascone,  dalla  quale 
certo  dipende. 

[In  nomine]  domini  Dei  aeterni.  Uuido  opitulante  Dei  cle- 
mentia  rex.  Si  fidelium  nostrorum  precibus  aurem  regalis  poten- 
tie  acommodare  studuerimus,  deuotiores  eos  [ad]  nostra  seruitia 
reddi  non  diffidimus.  Proinde  nouerit  omnium  fidelium  sancte 
Dei  eclesie  presentium  scilicet  ac  futurorum  sollertia,  quod  adiens 
celsitudinem  nostrani  Anselmus  sancte  Mediolanensis  eclesie  ar- 
chiepiscopus  deprecatus  est,  quatinus  cuidam  archipresbitero  suo 
Aupaldo  nomine  per  munificentie  nostre  preceptum  dignaremur 
concedere  quandam  terrulam  rei  publice  nostre  .XXIIIl.  tabulis 
mensuratam  adherentemque  domui  eius  atque  muro  Mediolanen- 


(1)  B.  1268,  D.  I  va  certo  collocato  dopo  B.  1269,  D.  2. 


«4 


IL    ROTOLO 


sis  urbis  intrinsecus,  haud  longe  sitam  pretaxatl  archiepiscopi  donio 
intcr  duas  turres,  quibus  subiacet  pratum  quod  Arcdei  uocatur» 
ita  ut  liccat  prefato  Aupaldo  ad  iam  dictum  murum  ciuitatis 
proprietario  iure  accedere  et  in  co  hedifficia  facere  in  longitudine 
quadraginta  pedum,  nostra  sibi  cxibita  liberalitate.  Nos  igitur 
considerantes  tanti  uiri  peticioncm  ciusque  plenam  omnino  in 
nostro  seruitio  dcuotionem,  simulque  sacrarum  orationum  iuua- 
mina  ex  persona  diuino  cuitui  mancipata  (a),  prò  qua  rogabamur, 
regali  auctoritate  concessimus  et  per  hoc  maiestatis  nostre  prc- 
ceptum  perdonauimus  prenominato  archipresbitero  (b)  terram  il- 
lam  .XXIIII.  tabularum  simul  cum  muro  ciuitatis  in  longitudine 
pedum,  ut  dictum  est,  quadraginta,  eo  modo  ut  habeat  potesta- 
tem  hedifficia  construendi,  ea  quoque  omnia  uendendi,  donandi, 
prò  anima  iudicandi  quibuscumque  uoluerit,  eo  iure  quo  Icgaliter 
proprietatcs  haberi  et  usibus  detineri  solent,  remota  regali  om- 
niumque  principum  potestate.  Si  quis  uero,  quod  futurum  non 
credimus,  contra  hoc  largitatis  nostre  preceptum  temerarius  uio- 
lator  ire  temptauerit,  adque  id  irrumpere  quesierit,  mille  mancosos 
auri  purissimi  soluere  cògatur,  medietatem  kamere  nostre  et  me- 
dietatem  illi  cui  iniuriam  irrogare  temptauerit,  uel  non  solum  huic 
sed  et  illi  cui  per  temporis  lapsum  eadem  proprietas  constiterit. 
Quod  ut  uerius  credatur  et  diligentius  obseruetur,  manu  propria 
subter  illud  roborantes  anullo  nostro  iussimus  insigniri. 

Signum  domni  Uuidonis  (M)  gloriosi  regis. 

Helbuncus  cancellarius  iubente  Vuidone  rege  recognoui  (e) 
[et  subscripsi]  (d). 

Data  .XIII.  kal.  lanuarii  (e)  indictione  .Vili.,  anno  incarna- 
tionis  Domini  .DCCC  LXXX  Vili.,  anno  secundo  regnante  Vui- 
done reg[e]  in  Italia.  Actum  Marmoriolo  palatio;  in  Dei  nomine 
teliciter,  amen. 

((?)  mancipatio         (d)  archiepiscopo         (e)  recognouìt        (d)  omesso         («■)  lanris. 


DELL  ARCHIVIO    CAPITOLARE    DI    NOVARA 


V. 


Lodovico  III  conferma  alla  Chiesa  di  Novara  le  concessioni 
anteriori  e  segnatamente  quella  di  Lodovico  IL 

9o5,  giugno  14.  Pavia. 

La  parte  mancante  del  diploma  stava  su  foglio  di  pergamena  an- 
dato perduto.  Il  rotolo  ora  comincia  con  questo  frammento  :  la  perga- 
mena è  assai  corrosa  da  macchie  e  presenta  forti  strappi  alle  estre- 
mità, specie  a  quella  di  destra.  Il  testo  dipende  in  parte,  come  può 
vedersi  dalle  parole  in  corsivo,  da  quello  di  Lodovico  II,  864,  giugno  5, 
(MiiHLBACHER,  N.  1162)  ricorrendo  al  quale  si  possono  colmare  alcune 
lacune. 

Iaksch.  Op.  cit.,  p.  460,  n.  4.  Reg.,  recognitio  e  datatio  con  .Vili.  kal.  iul. 

prò]  remedio    anime    nostre    seu  dine    memorie 

Hludouuici  aui»  nostri  olim  im[peratoris hjuius 

nostri  precepti  paginam  inscribi  iussimus,  coniirmantes  ac  corro- 

horantes    [ nostrorjumque  an- 

tecessorum  omnium  regum   et    imperatorum   quoquo  in  tempore 

sibi    sueque  e[clesie sanctje    Nouariensis 

eclesie    rcs    undecumque   iuste   et    legaliter  adquisitas   sub  nostre 

inmunitatìs  t[uitione ]  constitutus 

in  monasteriis  uidelicet,  xenedocsiis,  abbatiis,  eclesiis  cardin[alibus 

]  cunctisque  rebus  et  familiis 

utriusque  sexus,  aldiariciis  quoque  ac  cartulatis,  liberis  [     .     .     . 

pertijnentibus  omnibusque  excubiis,  quod  ad    publi- 

cam  pertinet  functionem,  aut  quod  exigej  [e  poterai,  id  est  annona, 
vinum,  caseiim,  pulii,  ova,']  castanee,  friictusque  moUis,  qui  {a) 
sentibus  gignitur  clusaticam  calcem  (i),  iienationes    ac   arbus[ta. 

{a')  sic  ;  La  frase  e  scorretta  e  forse  venne  otnesso  un  sostantivo  come  locus. 


(1)  In  M.  1162,  secondo  il  testo  del  Muratori,  il  passo  suona:   "  mes- 
sis  atque  lentjbus  gignitur  pluratica  calcem  „. 


lo  n.  noToi.o 


Nullus  exinde  <7^  caM5<J5  iudiciaìio  more  audiendas  uel\  freda 
cxì fionda  ac  ctiam  mansìoncs  nel  paratas  facicndas  et  jìdeiusso- 
rcs  tollendos  aiit  ìw\jnines  ipsiiis  eclesie  distringendos  nec  iillas 
redibitiones  aitt]  illicitas  ocasioncs  reqiiirendas  nostris  et  fiitiiris 
temporibus  ingredi  aiideat  nel  ca  qiie  supra  memo\rata  siint  pc- 
nìtiis  exigere  presiimat ,  sed]  liceat  memorato  presidi  suisquc 
siiccessoribus  res  predicte  sedis  cum  omnibus  sibi  snbiectìs  et 
rebus  uel  b[ominibns  ad  eam  aspicientibus  nel  per]tinentibns  sub 
tnitionis  atqne  inmunitatis  nostre  defensione,  remota  totins  indi- 
ciarie  potestatis  in[qnietndinc,  quieto  ordine  possi]dere  et  nostro 
tìdelitcr  parere  imperio,  atqne  prò  incolnmitate  nostra  sine  aetiam 
totins  imperii  a  Beo  nobis  collati  et  eiu\^s  clementissima  misera]- 
tione  per  inmensnm  consernandi  una  cnm  clero  et  popido  sibi  su- 
biecto  iugiter  Domini  misericordiam  exorare  delectet.  Si  nero 
al\iqnis  Itane  nostram]  anctoritatem  niolare  presiimpserit  ant  in 
prenominatis  rebns  aliqnid  contra  hanc  nostram  institncionem 
ininste  i\ntnlerit ,  sciat  se]  secnndnm  legem  omi^imodis  distrin- 
gendnm  insuper  etiam  [composituriim]  {a)  .C.  libras  auri,  me- 
dietatem  palatio  nostro  et  medietatem  prefato  episcopo  aut  suc- 
cessoribus  [eius.  Quod  ut]  firmum  et  stabile  permaneàt,  pro- 
pria manu  {b)  subter  eam  firmauimus  et  anulo  nostro  iussimus 
sigillari. 


1 


'&' 


Signum  domni  Hludouuici  serenissimi  imperatoris. 

Arnulfus  cancellarius  iussu  domni  Hludouuici  serenissimi  im- 
peratoris recogn[oui  et  subscripsi]  (e). 

D[ata]  .XVIII.  {d)  kal.  iul.,  anno  incarnationis  domini  (e) 
nostri  (/)  lesu  Christi  .DCCCCV.,  indictione  .Vili.,  domni  quoque 
Hludouuici  serenissimi  imperatoris  quinto  hic  in  Italia.  Actum 
Papia  ;  in  Dei  nomine  feliciter,  amen. 

{a)  omesso         (/»)  manus  (e)  et  subscripsl  omesso,  conte  risulta  dallo  spazio         {ci)  della 

X  vedesi  solo  la  parte  superiore         {>')  d         (/)  n. 


dell'archivio    capitolare    1)1    NOVARA 


VI. 


Berengario  re  concede  al  vescovo  Pietro  ed  alla  Chiesa  di  Bo- 
logna il  porto  ubi  fuit  catabulum  navium  nel  fiume  Reno,  ed  as- 
sicura il  libero  transito  dal  fiume  Po  al  Reno  a  quanti  si  reca- 
vano al  nuovo  mercato  nella  selva  detta  Piscariola  propria  della 
Chiesa  Bolognese. 

(e.  9o5). 

Pietro  IV  governò  la  Chiesa  di  Bologna  solo  nel  906,  o  parte  an- 
che del  906  (cfr.  Gams,  Series  episcoporum,  675).  Il  testo  viene  sospeso 
alle  parole:  "et  ut  uerius  credatur  „  della  corroborano;  la  narratio  e 
la  disposino  non  sembrano  trascritte  per  intiero. 

IakscH;  Op.  cit.,  p.  481,  n.  6,  Reg. 

In  nomine  domini  Dei  aeterni.  Berengarius  (a)  diuina  ordi- 
nante prouidentia  rex.  Notum  sit  omnibus  fidelibus  sancte  Dei 
eclesie  ac  nostris  presentibus  scilicet  et  futuris,  quia  ueniens  ad 
nos  Petrus  uenerabilis  episcopus  sancte  Bononiensis  eclesie  petiit 
nostram  excellentiam  et  pietatem,  ut  ei  et  sue  eclesie  a  modo  et 
usque  in  sempiternum  concederemus,  ut  nostro  iussu  regali  (^), 
portum  ubi  fuit  catabulum  nauium  in  flamine  quod  Renum  di- 
citur  (e).  Ideo  statuimus  atque  precipimus,  ut  nemo  presummat 
aliquod  inpedimentum  aut  inuasionem  aut  predacionem  uel  pi- 
gnorationem  [facere]  {d),  nec  ipsum  flumen  sub  aliqua  ocasione 
claudere  presummat,  sed  liceat  omnibus  hominibus  atque  merca- 
tionibus  cum  suis  nauibus  et  supellectilibus  quiete  et  tranquille 
uenire  omni  tempore  a  flumine  Pado  usque  ad  memoratum  flu- 
men Renum,  ubi  mercatum  nouiter  fieri  debet  in  silua  que  {e)  di- 
citur  Piscariola  proprietas  eiusdem  eclesie.  Ideo  prò  Dei  omnipo- 

(rt)  B.         (J>)  Il  passo  pare  scorretto  e  si  potrebbe   correggere:    «ut    nostro    iussu    regali    ei 
et  sue  eclesie  a  modo  et  usque  in  sempiternum  concederemus  porlum         (e)  Evidentemente  il  te- 
sto ha  qtii  ima  Ictcuna  :  la  narratio  non  pare  completa  e  manca  il  principio  della  dispositio. 
(n')  facere]  omesso         {e)  qui. 

Ardi.  StJr.    Lomb.  —  Anno  XXVII,  —  Fase.  XXV.  2 


|8  IL    ROTOLO 


tcntis  amore  et  beati  principis  apostolorum,  in  cuius  honore  caden» 
cclesia  dicata  est,  [statuimus]  (/)  ut  nulliis  ex  nostris  fidelibus 
audcat  aliquam  controuersiam  ullo  tempore  ibidem  exercere,  sed 
ipsum  teloneum  et  ipsum  ripaticum  concedimus  integritcr  ad  iam 
t'atam  sanctam  (g)  Bononiensem  (h)  eclesiam.  Et  si,  quod  non 
optamus,  aliquis  ex  iudiciaria  potestate  (/)  uel  quelibet  (/)  magna 
pariiaque  persona  uel  rei  publice  actor  (m)  centra  statuta  nostra 
aliquid  inrumpere  uel  agere  temptauerit,  sciat  se  compositurum 
auri  libras  sex,  medietatem  inferat  ipsi  memorate  eclesie  et  mc- 
dietatem  palatio  nostro.  Et  ut  uerius  credatur  (n)  [diligentius- 
que  ab  omnibus  obseruetur,  manu  propria  roborantes  subtcr  ius- 
simus  sigillari]. 

(_/)  statuimus]  omesso  {g)  sca         (A)  Bons  (?)  publica  (/)  qualibet  (;«)  actore 

(«)  //  testo  termina  con  credatur. 


VII. 


Berengario  re  conferma  a  Gariardo  viceconte  e  fedele  del 
marchese  Adalberto ,  per  intercessione  del  vescovo  Dagiberto  y 
tutti  i  beni  acquistati  e  poi  donati  al  monastero  di  S.  Sebastiano 
in  Fontaneto. 


908,  agosto  14.  Pavia. 

Il  dalum  è  scorretto  nell' indizione  :  leggesi  VI  invece  di  XI;  er- 
rore da  ascriversi  probabilmente  al  copista. 

Copia  in:  "Collezione  di  documenti  autentici  che  adduconsi  in 
risposta  ai  quesiti  di  storia  patria  proposti  dal  eh.  sig.  Avv.  Giacomo 
Giovanetti  al  Cer.^  Carlo  Fr.  Frascone  „  I,  p.  36  (Ms.  presso  la  biblio- 
teca comunale  e  presso  l'archivio  cap.  di  Novara).  È  copia  estratta  dal 
rotolo. 

ViNCEA'zo  De-Vit.  Memorie  storiche  di  Borgomancro  e  del  suo  r,ian- 
damcnto  (Milano,  1859)  p.  67  cit. 

Federico  Tonetti.  Storia  della  Vallesesia  (Varallo,  1875)  I,  p.  112, 
nota  I  cit. 

E.  Bianchetti.  L'Ossola  inferiore  (Torino,  1878),  I,  p.^84,  cit. 

Iaksch.  0/>.  cit.,  p.  461,  n.  7,  Reg.,  recognitio  e  datatio. 


DELL  ARCHIVIO  CAPITOLARE  DI  NOVARA  I9 

In  nomine  domini  Dei  aeternì.  Berengarius  (a)  gratia  Dei 
rex.  Si  sanctis  ac  uenerabilibus  locis  prò  nostrorum  fidelium  pe- 
ticionibus  (b)  nostre  serenitatis  presidia  conferamus,  id  nobis  ad 
eternam  retributionem  proficere  credimus.  Quapropter  omnium 
tìdelium  sancte  Dei  eclesic  nostrorum  uidelicet  presentium  et  fu- 
turorum  comperiat  sollicitudo,  qualiter  Gariardus  uicecomes  fi- 
delis  Adalberti  marchionis  (i)  per  Dagibertum  (2)  uenerabilem 
episcopum  nostrani  exorauit  clementiam  ,  quatinus  prò  Dei  omni- 
potentis  amore  animeque  nostre  remedio  per  nostrum  preceptum 
contirmare  dignaremur  cenobio  in  honore  sancti  Sebastiani  de- 
dicato, loco  Functaneto  (e)  ab  eodem  Gariardo  constructo  ,  res 
illas  undecumque  aut  qualicumque  ab  eodem  Gariardo  adquisitas 
eidemque  monasterio  distributas.  Cuius  peticionem  ratam  consi- 
derantes,  id  fieri  annuimus,  hoc  (d)  nostre  confirmationis  pre- 
ceptum scribi  iubentes,  per  quod  memorato  uenerabili  loco  con- 
firmamus  omnes  res  illas  quas  ab  eodem  Gariardo  optinere  ui- 
detur,  tam  illas  quas  ipse  Gariardus  per  preceptorum  auctoritatem 
aut  per  comparationem  aut  commutationem  quamque  per  alia 
cartarum  instrumenta  adquisiuit  ipsique  sancto  cenobio  in  per- 
petuum  habendas  statuit,  et  si  quod  ex  ipsis  rebus  nostro  (e)  iuri 
ac  potestati  umquam  exigi  potuit  (/)  aut  pcrtinere  debuit,  in  eius- 
dem  cenobii  ius  et  potestà tem  per  hanc  nostrani  auctoritatem 
modis  omnibus  transfundimus    et  perdonamus.  Per    cuius    etiam 

(a)  B.         (ò)  pelici ones         (e)  et  corretto  su  d  da  grinta  mano         (d)  per  quod.  La  corre- 
zione e  suggerita  dal  diploma  seguente  dovuto  allo  stesso  dettatore  {e)  nostre         (y)  potui. 


(i)  Adalberto,  figlio  di  Anskario  marchese  di  Ivrea,  che  poi  sposa 
Gisla  figlia  di  Berengario.  Cfr.  Dummler,  Gesta  Berengarii,  p.  84  e  i  di- 
plomi numeri  Vili  e  XII.  Per  la  data  del  matrimonio  cfr.  Muhlba- 
cher:  Un  diplóme  faux  de  Saint-Martin  de  Tours  (in  Mélanges  Julien 
Havet,  Paris,  1895),  p.  149. 

(2)  Dagiberto  vescovo  di  Novara.  Erroneamente  il  Gams  [Serics 
cpiscoporum,  p.  819)  pone  nell'anno  e.  917  la  sua  elezione  e  fa  morire 
il  predecessore  Garibaldus  nel  911.  Secondo  i  dittici  si  può  ritenere 
probabile  l'anno  906  come  primo  del  suo  governo,  cfr.  Fedele  Savio: 
Gli  antichi  vescovi  d'Italia  dalle  origini  al  jjoo.  (Torino,  1890),  I,  259. 


20  IL    MOTO LO 


prcccpti  pa^inaiiì  scpcdicto  sancto  loco  roboramus  mcrcationes 
i)Lic  per  sinj^ulos  mcnses  in  codem  loco  fiunt,  ut  quicquid  c.dndc 
nostre  publice  parti  cxigi  debuit,  ad  usum  (g)  monasterii  in  per- 
pctULim  habcatur.  Hoc  quoque  in  mandatis  dantes,  ut  nulla  quc- 
libet  in  regni  nostri  magna  paruaque  persona  thcloncum  aut  ri- 
paticum  ucl  aliquam  functioncm  publicam  a  famulis  ipsius  mo- 
nasterii ubicumque  in  nostro  regno  negotia  exercentibus  exigere 
presummat,  scd  liceat  ipsis  per  nostrum  regnum  exercere  negotia 
sine  aliqua  redibitione.  Si  quis  autem  hanc  nostre  confirmationis 
ucl  concessionis  paginam  uiolarc  tcmptaucrit,  sciat  se  composi- 
turum  auri  optimi  libras  .LXXX. ,  medietatem  camere  palatii 
nostri  et  medietatem  sepedicto  cenobio.  Et  ut  hoc  (h)  certius  (/) 
crcdatur  diligentiusque  obseruetur  ,  manu  propria  roborantes  (/) 
de  anulo  nostro  subter  sigillari  iussimus. 

Signum  domni  Berengarii  (in)  serenissimi  regis. 

Johannes  cancellarius  ad  uìcem  Ardingi  [episcopi]  et  archi- 
cancellarii  recognoui  (n)  et  subscripsi. 

Data  .XVIIII.  kal.  septemb.,  anno  incarnationis  Domini  (o) 
.DCCCGVIIL,  domni  quoque  (p)  Berengarii  (m)  gloriosissimi  regis 
.XXL,  indictione  .VI.  Actum  Papia;  in  Dei  nomine  feliciter. 

(^)  usu  (A)  lice  (z)  La    forma    usala    costantemente   nei   diplomi   Berengariani  e  uerius 

(0  roborauimus  (;«)  B.  («)  recognouit  {p)  d  (/>)  P  tiso  di  quoque  nella  datazione  dei 
diplomi  Berengariani  si  trova  solo  nel  presente  rotolo  e  in  B.  1329,  D,  44  (in  copia  a.  1355 
Libro  Verde  d'Asti)  :    si  nsa  talora  autem  ma  in  generale  uero. 


Vili. 

Berengario  re,  ad  istanza  dell'  imperatrice  Ageltrude  e  del 
marchese  Adelberto ,  concede  a  Gariardo  viceconte  le  corti  di 
Caddo  Premosello  e  Longomiso  nel  comitato  di  Ossola. 

910,  giugno  i3.  Pavia. 

Scorrettissimo  è  il  datum.    Non  regge  T  anno  di  incarnazione  916 
essendo  Berengario    imperatore    fin  dal  principio    del    dicembre  916; 


21 


non  concordano  l'anno  di  regno  XXIII  e  l'indizione  Vili.  Questa  ri- 
chiederebbe r  a.  890  od  il  9o5,  ma  queste  date  non  reggono  storica- 
mente. Pavia  era  nel  giugno  890  occupata  da  Guido  e  la  di  lui  moglie 
Ageltrude  non  poteva  intercedere  per  diplomi  del  rivale  politico 
(e tv.  DiiMMLER,  Gesta  Berengarii,  p.  3^.  e  Verzeicknis  der  Urkunden  Kai- 
ser IVidos;  DuMMLER,  Geschichte  des  ost.  Reiches,  2  Aufl.  Ili,  483)  ;  nel 
giugno  905  si  trovava  a  Pavia  il  competitore  Lodovico  III  del  quale 
conosciamo  due  diplomi  datati  da  Pavia  il  4  ed  il  14  giugno  906  (B. 
1476,  D.  19,  e  sopra  doc.  n.  V).  L'anno  di  regno  XXIII  risponde  al  910, 
e  nulla  si  oppone  ad  accettare  questa  data.  Probabilmente  1'  errore 
dell'indizione  dipende  dal  copista,  che  lesse  Vili  mentre  Y  originale 
doveva  avere  XIII. 

La  copia  è  mancante  della  signatio  e  della  recognitio. 

Edito  da  E.  Bianchetti,  UOssola  inferiore,  II,  p.  7,  n.  2,  colla  da- 
tazione errata;  I,  p.  88-4,  cit,   coli' a.  908. 

Iaksch,  Op.  cit.,  p.  453,  n.  16.  Reg.  e  datatio;  gli  assegna  con  incer- 
tezza r  a.  9i5. 

In  nomine  domini  Dei  aeterni.  Berengarius  (a)  gratia  Dei  rcx. 
Si  iustis  Deo  et  nobis  famulantium  peticionibus  nostre  serenita- 
tis  aures  accomodamus,  ut  in  die  tribulationis  Deum  propitia- 
torem  habeamus  proficere  non  dubitamus.  Quapropter  omnium 
tidelium  sancte  Dei  eclesie  nostrorum  uidelicet  presentium  et  fu- 
turorum  nouerit  industria,  qualiter  domina  Angeltrudis  gloriosa 
imperatrix  et  Adalbertus  gloriosus  marchio  dilectus  gener  (i)  et 
lidelis  noster  nostrani  exorauerunt  clementiam,  quatenus  Ga- 
riardo  uicecomiti  eiusdemque  Adalberti  fideli  per  nostri  precepti 
paginam  confìrmare  dignaremur  omnes  res  et  familias  quas  idem 
Gariardus  quolibet  inscriptionis  titulo  iuste  et  legaliter  adquisiuit 
uel  parentum  successione  optinuit.  Quorum  peticionibus  moti,  id 
fieri  annuimus,  hoc  nostre  confirmationis  preceptum  scribi  iuben- 
tcs  ,  per  quod  sepedicto  Gariardo  roboramus  omnes  res  proprie- 
tarias  quocumque  modo  legaliter  ab  eo  adquisitas,  tam  curtes  ìUas 
uidelicet  Caddo  (2)  et  Bromosello  (3)  atque  Longomiso    cum  ea- 

(^)B. 


(i)  Genero  per  aver  sposato  Gisla  figlia  di  Berengario.  Cfr.  p,  39, 
nota  I. 

(2)  Caddo.  Cfr.  Casalis,  Diz.  Ili,  p.  22. 

(3)  Premosello.)  Cfr.  Casalis,  Diz.  XV,  p.  787. 


22  IL    KOTOLO 


rum  intcgritatibus,  nominatiuc  quantum  ex  ipsis  quondam  pcrti- 
nuit  de  comitatu  Oxilense  et  per  prcccpta  a  nostris  prcdecesso- 
ribus  optinuit  per  singula  loca  et  uocabula,  quamquc  alias  suas 
proprietates  quas  aut  per  precepta  aut  uindictionis  siue  inscrip- 
tionis  uel  commutacionis  aut  alterius  cuiuslibet  inscriptionis  ti- 
tulum  iustc  et  legaliter  adquisiuit,  cum  campis,  uineis,  sedimini- 
bus,  siluis,  stalariis,  pratis,  pascuis,  ripis  (b),  rupinis,  montibus, 
planiciebus  cultis  et  incultis,  molendinis,  piscationibus  [aquisj  (e), 
aquarumque  dccursibus,  casis,  familiis  utriusque  scxus,  seruis  et 
ancillis,  aldionibus  et  aldianis  cum  omni  legitima  possessione  sua 
adquisita  et  adquirenda,  statuentes  (d)  ut  nullus  eundem  Gariar- 
dum  de  rebus  suis  aliquibus  quoquam  in  tempore  iniuste  deuestiat, 
sed  faciat  ipse  Gariardus  ex  omnibus  memoratis  rebus  quicquid 
uoluerit,  omnium  magnarum  paruarumque  personarum  molesta- 
cione  remota.  Si  quis  autem  hanc  nostre  confìrmationis  paginam 
uiolare  temptauerit,  .C.  libras  auri  optimi  componere  cogatur,  me- 
dietatem  palatio  nostro  et  medietatem  prelibato  Gariardo  suisque 
heredibus.  Quod  ut  uerius  credatur  diligentiusque  obseruetur, 
manu  propria   corroborauimus  ,  anulique  nostri  inpressione  assi- 


Data  id.iun.,  anno  incarnationis  Domini  nostri  .DCCC  XVI.  (e), 
domni  quoque  Berengarii  (/)  gloriosissimi  regis  .XXIII.  (g),  indic- 
tione  .Vili.  Actum  Papia;  in  Dei  nomine  feliciter. 


(/;)  rupis  (e)  aquis]    emesso  (d)  statuente.         (e)  XVI  sit  rasiera  e   con  inchiostro  pììt 

scuro,  ma  della  prima  mano         (/)  B.  {g)  XXIII]   il  primo  I  su  rasura  ed  in  inchiostro  più 

denso,  ina  della  ^riina  mano. 


DKLL  ARCHIV^IO    CAPITOLARE    DI    NOVARA 


IX. 


Berengario  re  permette  a  Leone  vicedomino  della  Chiesa  di 
Novara  e  a  parecchi  altri  nomini  Novaresi  di  edificare,  a  difesa 
contro  gli  Ungheri,  Un  castello  nelle  loro  proprietà  e  li  prende 
sotto  il  suo  mundiburdio. 

911,  luglio  19.  Novara. 

MoRBio,  Storia  della  città  e  diocesi  di  Novara  (Milano,  1841),  (voi.  V 
delle  Storie  dei  Municipii  Italiani),  p.  26  cit. 

Iaksch,  Op.  cit.,  p.  451-2,  n.  8.  Reg.,  recognitio  e  datatio. 

In  nomine  domini  nostri  lesu  Christi  Dei  aeterni.  Berenga- 
rius  {ci)  diuina  fauente  clementia  rex.  Quia  regalis  celsitudo  opres- 
sis  et  necessitatem  patientibus  subleuationis  atque  defensionis  au- 
xilium  semaper  prebere  debet,  nouerit  omnium  fidelium  sancte  Dei 
eclesie  nostrorumque  presentium  scilicet  hac  futurorum  industria, 
hos  homines,  id  sunt:  Leo  iudex  domni  regis  et  uicedomino  sancte 
Nouariensis  eclesie,  Uuarnempertus  scauinus,  Petronaus  et  Teu- 
pertus  germanis,  Domnolo,  Benedictus,  item  Benedictus  filius  quon- 
dam Uuedei,  et  tercio  Benedictus,  Angelberius,  item  Angelbertus, 
Ursus,  Vualpertus  germanis,  Aredeo,  Peredeo,  Dominicus,  Stepha- 
nus  germanis,  item  Stephanus,  Simpertus,  Gausus  notarius,  Vui- 
dclbertus  et  Temteupertus  (^),  Vualfredus  germanis,  Teuderadus 
habitatores  in  uico  Caliate  (i),  Vuido  de  ipso  loco,  Rimfredus, 
Amelfredus  et  Martinus  germanis,  Alpertus,  Arisusus  de  uico 
Berconate  (2)  ad  nos  uenerunt  postulantes  atque  [petjentes,  prò 
persecucione  paganorum  atque  malorum  Christianorum   uirorum 

(rt)  B.        {U)  sic. 


(i)  Galliate.  Casalis,  Diz.  VII,  87. 
(2)  Peniate.  Casalis,  Diz.  XIV,  877. 


IL    ROTOLO 


liccntiam  daremus  (e)  in  suoni m  proprietatcm  castellum  hediffi 
candì.  Quorum  pcticionibus  prò  Dei  amore  nostreque  anime  mcr 
cede  (d)  asscnsum  prebentcs,  ut  castrum,  propugnacula,  bertiscas 
ad  cxpugnandum,  prout  uolunt,  hedifficent  concessimus,  per  huius 
paginam  inscriptionis  iubentesatque  precipientes,  ut  nullus  comcs 
uicccomes  atque  sculdassio  nullusque  publicus  [minister]  (e)  uel 
quelibet  (/)  magna  paruaque  persona  predictos  homines  suorum- 
que  heredes  super  hoc  distringere  molestare  aut  aliquid  exqui- 
rere,  quod  iniustum  aut  contra  legem  uidetur,  aliquo  modo  prc- 
summat,  sed  liceat  eis  in  ipso  castro  residentibus  prò  mercede  (d) 
anime  nostre  quiete  uiuere  absque  publica  inquietudine,  ita  ut 
nullus  audeat  (g)  in  ipso  castro  eos  pignorare  aut  uiolenter  in- 
trare  aut  placitum  inibi  tenere  aut  in  eorum  mansionibus  se- 
dere absque  eorum  uoluntate  pertemptet,  sed  liceat  eis  sub  nostro 
mundburdo  prò  mercede  (d)  anime  nostre  quiete  uiuere  et  ma- 
nere.  Si  quis  autem  contra  hoc  nostrum  mundburdum  predictos 
homines  inquietare  aut  molestare  uel  pignorare  aut  angariare 
presumpserit  uel  quicquam,  quod  iniustum  aut  contra  legem  ui- 
detur, eis  fecerit,  .C.  libras  auri  agnoscat  se  esse  compositurum, 
medietatem  camere  nostre  et  medietatem  predictis  (h)  hominibus 
suorumque  heredibus  uel  cui  (/)  super  hoc  aliqua  fuerit  ingesta  (/) 
molestia.  Quod  ut  uerius  credatur  [et]  (m)  diligentius  obseruetur, 
manu  propria  roborantes  de  anulo  nostro  subter  insigniri  iussimus. 

Signum  domni  Berengarii  serenissimi  regis. 

Johannes  notarius  lusso  regio  recognoui  et  subscripsi. 

Data  .XIIII.  kal.  aug.,  anno  incarnationis  dominice  .DCCCC 
XI.  («),  domni  uero  Berengarii  serenissimi  regis  .XXIIII.,  indic- 
tione  .XIIII.  Actum  Nouaria;  in  Christi  nomine  feliciter. 

(e)  daremur         (rf)  mercedem         (e)  minister]  omesso         (/)  quislibet         (^)  t  corretto  sìi    à 
(Jì)  prediciorum         (/)  qui         (/)  ingestum  (;«)  et]  omesso  {ti)  I  si  prolunga  in    alio  ;  es- 

sendo  corrosa  la  parte  inferiore  non  si  può  distinguere  se  fosse  scritto  L. 


1 


DELL  ARCHIVIO    CAPITOLARE    DI    NOVARA  2D 


X. 


Berengario  re,  dietro  preghiera  del  conte  Grimaldo,  conferma 
a  Leone  vicedomino  della  Chiesa  di  Novara  i  possessi  e  le  cose 
acquistate  od  avute  in  eredità  dal  padre  e  dalla  madre,  e  lo  prende 
sotto  la  sua  prote:(ione  colla  moglie,  colle  figlie  e  figli  e  persone 
dipendenti, 

911,  agosto  19.  Novara. 

Iaksch,  Op.  cif.,  p.  462,  n.  9.  Reg.  e  datiaii. 

Rusconi,  /  conti  di  Pomhia  e  di  Biandrate  secondo  le  carte  Novaresi 
(Milano,  i885),  p.  9  cit. 

In  nomine  domini  Dei  aeterni.  Berengarius  diuina  fauente 
clementia  rex.  Si  fidelium  nostrorum  peticionibus  annuimus  more 
antecessorum  nostrorum  sequendo,  deuotiores  eos  ad  nostre  fide- 
litatis  obsequium  reddimus.  Proinde  nouerit  omnium  fidelium 
sancte  Dei  [eclesie]  nostrorumque  presentium  scilicet  ac  futurorum 
deuota  soUertia,  Grimaldum  gloriosum  comitem  dilectumque  fide- 
lem  nostrum  suppliciter  nostre  pietatis  e[x]orasse  clementiam, 
quatenus  omnia  munimina  et  instrumenta  cartarum  et  cunctas 
res  et  possessiones  mobiles  et  immobiles  a  Leone  uicedomino  (i) 
sancte  Nouariensis  eclesie  inuentas  et  adquisitas  et  paterna  here- 
ditate  uel  materna  successione  ad  se  deuolutas,  per  hoc  nostrum 
preceptum  corroborare  eideni  Leoni  et  heredibus  suis  usque  in 
perpetuum  dignaremur  eumque  cum  uxore  et  filiis  ac  fi^liabus 
suis  massariis  quoque  ac  libellariis  suisque  commenditis  et  liberis 
hominibus  atque  colonis  utriusque  sexus  seruis  et  ancillis  aldio- 
nibus  et  aldianis    atque    familiis  sub  nostram    perpetuam   defen- 


(i)  Sulla  carica  del   Vice  domimis   cfr.  J.  Ficker:  Forschtmgen  zitr 
Reichs  und  Rechtsgesclnchte  Italicns,  II,  29  e  sgg. 


20  "•    U(T()\.n 


sioncni  rccipcremus,  omni  publica  functione  remota,  (aiìus  prccibus 
acclinati,  cidcm  Leoni  ac  eredibus  suis  omnia  instrufmcnjta  car- 
tarum  et  quìcquid  ipse  Leo  iuste  et  legaliter  adquisiuit,  donatione 
uidclicct,  cmptionc,  ucnundatione  aut  alicuius  inscriptionis  titulo 
t:ini  in  CLirtibus  uillis  atquc  castellis  et  in  castr|is]  sancti  lulii, 
seu  omnia  que  sibi  paterna  uel  materna  hereditate  succedunt,  nec 
non  undecLimquc  et  de  quibuscamque  inuestitus  aliquando  fuit 
tam  per  cartulas  quamque  absque  cartula  presenti  auctoritate  et 
deliberationeconfirmamusin  integrum,  recipientes  eundem  Leonem 
CLim  Lixore  et  filiis  ac  fìliabus  eius  suisque  omnibus  commendaticiis 
ac  libellariis  uel  cartulatis  et  massariis  cum  omnibus  iuste  et 
legaliter  ad  se  pertinentibus  tam  acquisitis  quam  adquirendis  sub 
nostrum  mundburdum  ac  regalcm  defensionem  (a)  in  integrum. 
Precipientcs  ergo  iubemus,  ut  nullus  dux,  marchio,  comes, 
uicecomes,  sculdassio,  castaldio,  decanus  aut  aliqua  magna  parua- 
que  persona  eundem  Leonem.  de  suis  rebus  disuestire  presummat 
absque  legali  iudicio,  nemo  etiam  per  uim  in  suas  (b)  mansiones 
ingredi  audeat,  ncque  suas  precarias  (e)  frangere  aut  uiolare  cone- 
tur.  Nullus  insuper  eundem  Leonem  aut  suos  homines  theloneum, 
curaturam  uel  palificturam  (d)  aut  ripaticum  uel  quamlibet  pu- 
blicam  dationem  dare  compellat.  Si  nero  prefatus  Leo  legem  et 
iusticiam  apud  comitem  nel  suum  aliquem  missum,  qualibet 
exigente  causa,  quesierit  et  legem  non  adimpleuerit,  quacumque 
occasione  liceat  ei  nostrum  acclamare  palatium.  Siquis  igitur 
hoc  nostre  confirmationis  preceptum  et  defensionis  mundburdum 
infringere  uel  uiolare  aut  inquietare  aliquando  temptauerit , 
sciat  se  compositurum  auri  optimi  libras  .C,  medietatem  kamere 
palatii  nostri  et  medietatem  predicto  Leoni  suisque  heredibus  ac 
proheredibus.  Quod  ut  uerius  credatur  et  diligentius  obseruetur, 
manu  propria  roborantes  de  anulo  nostro  subter  adsignari  iussimus. 

Signum  [domni  Berengarii]  (e)  serenissimi  regis. 

Johannes  notarius  iussu  regio  recognoui  [et  subscripsi]  (/). 

(.■z)  regale  defensione  (<5)  suis  (e)   sua  precaria  (d)  palifacturam  (^)    domni   Be. 

reiigarii]  omesso         (/)  et  subscripsi]   jmesso. 


dell'archivio    capitolare    di    NOVARA  27 

Data  .XIIII.  kal.  septembrium,  anno  incarnationis  Dominice 
.DCCCCXL,  domni  uero  Berengarii  serenissimi  regis  .XXIIIL, 
indictione  .XIIII.  Actum  Nouarie  ;  in.  Dei  nomine  feliciter,  amen. 


XI. 

Berengario  re  concede  al  suo  fedele  Lupo  di  innal:;are  un  ca- 
stello nella  villa  Giirgo  presso  il  fiume  Bondeno  a  difesa  contro 
gli  Ungheri. 

(e.  901-913). 

La  copia  incomincia  colla  inscriptio  :  mancano  le  altre  formule  del 
protocollo,  parte  del  contesto  e  tutto  V  escatocollo.  Per  il  dettato  si  con- 
fronti il  diploma  n.  XIII. 

Il  vescovo  Pietro  di  Reggio  Emilia  ricorre  nei  diplomi  di  Beren- 
gario.dal  902,  luglio  17  (B.  i3i8.  D.  33)  al  9i3,  ottobre  8  (B.  i35o,  D.  72). 

Iaksch,  Op.  cit.,  p.  461,  n.  5.  Reg.  coli' a.  9o5,  credendo  Petrus  ve- 
scovo di  Bologna. 

....]  Quapropter  omnium  fidelium  sancte  Dei  eclesie  nostrorumque 
presentiam  scilicet  ac  futurorum  nouerit  industria,  qualiter  Petrus 
sancte  Regensis  eclesie  uenerabilis  episcopus  et  Alboinus  comes 
dilecti  fideles  {a^  nostri  suppliciter  nostram  petierunt  maiestatem, 
quatinus  prò  iminenti  seuorum  Ungrorum  uastatione  cuidam  ih) 
suo  fideli  Lupo  (i)  nomine  concederemus  licentiam  hedifficandi  ca- 
stellum  in  uilla  Gurgo  (2)  super  fluuio  Bondeno  comitatu  Regense 
cum  omnibus  instrumentis  que  ad  idem  castellum  necessaria 
noscuntur,  uidelicet  merulos,  fossata,  bertiscas  (e)  atque  spizatas. 
Cuius  peticionem  utillimam  considerantes  ac  predicti  Lupi  fideli- 
tatem  animaduertentes,  ita  fieri  annuimus,  hoc  {d)  nostre  conces- 


(<f)  fidelis  {p)  quidam         {e)  britiscas  {d)  hec. 


(1)  Forse-  il  Lupo   del  documento  gi4,  marzo  ji,   edito  dal  Tirabo- 
scHi:  Memorie  storiche  modenesi,  I,  Codice  diplomatico,  p.  96,  n.  LXXIV. 

(2)  Di  Gurgum    territorio   cfr.  Tiraboschi,    Dizionario   top.-stor.,  l, 
369-71. 


^N  H.    HOTOI.C} 


sionis  pragmaticum  scribi  iubentes,  quo  (e)  cidem  Lupo  concc- 
ilimus  liccntiam  castcUum  hcdifficandi  in  prcdicto  loco  cum  om- 
nibus ncccssariis  [instrumcntis]  (/)  superius  postulatis,  hac  per 
hoc  largimur  ei  potestatem  facicndi  clusas  ac  (g)  edificandi  mo- 
Icndina  in  circuitu  ipsius  castelli  et  piscationem  exercendi.  Per- 
donamus  quoque  tam  ipsi  Lupo  quamque  et  libcllariis  et  reli- 
quis  hominibus  suis,  ut  ad  nullum  placitum  comitis  aut  sculdassii 
uadant  aut  legem  faciant  nisi  [in]  (/?)  presentia  nostri  missi. 
Permittimus  ctiam  pretaxatum  Lupum  habere  potestatem  de  Pado 
in  Gonzaga  (i)  et  de  Gonzaga  in  Bondilum  (2)  deducendi  naui- 
gium  tam  Ueneticorum  quam  reliquorum  hominum  (3).  Preterea 
donamus  potestatem  inibi  faciendi  annuales  mercationes  et  per- 
donamus  omnem  publicam  redibitionem  uel  exibitionem ,  ut 
nullus  rei  publice  minister  habeat  liccntiam  inibi  aliquam  re- 
dibitionem (0  uel  exibitionem  exigere,  sed  liceat  ei  suisque  here- 
dibus  ac  proheredibus  idem  castellum  cum  ipsis  mercationibus  in 
nostra  mercede  sine  omni  publica  inquisitione  habere  ac  quieto 
ordine  possidere. 

(f)  qui         (yi)  instrumcntis]  omesso         (g)  ad         (Jt)  in]  omesso         (/)  reditionem. 


XIL 


Berengario  re,  dietro  istan:{a  del  genero  e  marchese  Adalberto 
e  del  marchese  Grimaldo,  concede  al  viceconte  Aiitberto  un  manso 
nella  corte  Cairo  nelV  isola  Sparvara. 

(e.  9i3). 

Adalberto^  marito  di  Gisla  figlia  di  Berengario,  ricorre  come  inter- 
veniente col  marchese  Grimaldo  anche  nel  diploma  918,  gennaio  26 
(D.  68)  :  "  petitione  Aldeberti  gloriosissimi  marchionis  et  dilectissimi  ge- 


(i)  Gonzaga  fiume,  cfr.  Tiraboschi,  Diziottario  top.-stor.,  I,  355. 

(2)  Bondeno,  cfr.  Tiraboschi,  Dizionario  top.-stor.,  I,  i5i-3. 

(3)  Cfr.  L.  ScniAPARELLi,  Diplomi  inediti  dei  secoli  IX  e  X  (estratto 
dal  Bidlettino  dell"  Istituto  storico  italiano,  n.  21)  doc.  IV,  p.  16. 


\ 


DELL  ARCHIVIO    CAPITOLARE    DI    NOVARA 


neri  nostri  et  Grimaldi  illustris  comitis  fidelium  nostrorum  „,  clr.  Dumm- 
LER,  Gesta  Berengarii,  84  e  35,  nota  i. 

Iaksch,  Op.  cit.,  p.  453,  n.  i5.  Reg. 

Darmstadter,  Op.  cit.,  p.  195  cit. 


In  nomine  domini  Dei  eterni.  Berengarius  {à)  gratia  Dei  rex. 
Nouerit  uniuersorum  fidelium  sancte  Dei  eclesie  nostrorumque 
presentium  scilicet  et  futurorum  industria,  Adalbertum  gloriosum 
marchionem  dilectumque  generum  nostrum  atque  Grimaldum 
illustrem  comitem  atque  karissimum  fidelem  nostrum  nostrani 
humiliter  impetrasse  clementiam,  quatenus  quendam  mansum, 
situm  de  comitatu  Laumellino  pertinentem  uidelicet  de  curte 
ciusdem  comitatus  que  {h)  dicitur  Cario  (i),  locatum  quoque  in 
insula  Sparoaria  et  rectum  atque  laboratum  per  lohannem  seruum 
ad  eundem  mansum  pertinentem,  cum  omnibus  apenditiis  et 
pertinentiis  suis  una  cum  ipso  lohanne  et  uxore  et  filiis  ac  filia- 
bus  suis  Autberto  uicecomiti  iure  proprietario  hac  nostra  aucto- 
ritate  concedere  perhenniter  dignaremur.  Quorum  precibus  an- 
nuentes,  iam  dictum  mansum  in  prenominata  insula  existentem 
et  de  iam  fata  curte  Cario  hactenus  pertinentem  cum  omnibus  ad 
se  pertinentibus,  casis  uidelicet,  terris,  uineis,  campis,  pratis,  sil- 
uis,  salectis,sationibus,  aquis,  aquarunque  decursibus,  molendinis, 
piscationibus,  runcuris,  stalariis,  paludibus,  cultis  et  incultis,  diuisis 
et  indiuisis,  una  cum  eodem  lohanne  et  uxore  ac  filiis  et  filiabus 
suis  seruis  quoque  et  ancillis  et  cum  uniuersis  legalibus  pertinen- 
tiis ad  se  pertinentibus  pretaxato  Autberto  uicecomiti  proprieta- 
rio nomine  concedimus  et  largimur  ac  de  nostro  iure  et  dominio 
in  eius  ius  et  dominium  omnino  transfundimus  ac  dele^am^usad 
iibendum,  tenendum,  uendendum,  commutandum  et  quicquid 
uoluerit  faciendum,   omnis  potestatis    contradictione    remota.    Si 

(rt)  B.  (^)   qui 


(1)  Cairo.  Cfr.  Robolini,  Notizie  appartenenti  alla  storia  della  sua  pa- 
tria, III,  386. 


3o  11^    BOTOLO 


quis  ergo  (i)  [hoc  nostre  concessionis  preceptum  infringere  nel 
molare  qiiandoque  tcmptauerit,  sciai  se  compositurum  atiri  optimi 
libras  .XL.,  mcdietatcm  kamere  nostre  ed  medietatem  prcdicto 
Autberto  nel  cui  ipse  ìiabere  concesscrit  nel  statuerit.  Quod 
ut  uerius  credatur  diligentiusquc  ab  omnibus  obseructur,  manu 
propria  roborantes  de  anulo  nostro  subter  sigillavi  iussimus]. 


xiir. 


Berengario  concede  a  Leone  vicedomino  della  Chiesa  di  No- 
vara, dietro  intervento  del  vescovo  di  Pavia  Giovanni  e  del  mar- 
chese Odelrico,  di  innal:{are  castelli  nei  luoghi  di  Pernate,  Ter- 
dobbiate,  Canteri  e  Galliate  per  difesa  contro  gli  Ungheri. 

(e.  911-915,  dicembre). 

Mancano  la  corroborafio  e  le  formule  dell'  escafocoUo. 

U  invocaiio  non  trova  altri  esempi  nei  diplomi  di  Berengario  e  del 
periodo  anteriore  ;  compare  solo  nella  cancelleria  di  Guido  e  di  Lam- 
berto. Jl  medesimo  dettato  presentano  i  diplomi  n.  XI  e  XVIII.  Odel- 
rico ricorre  spesso  come  interveniente  nei  diplomi  Berengariani  :  911, 
ottobre  28  (B.  1845,  D.  64)  "  nostrum  karissimum  fidelem  et  nobilem 
virum,,;  917,  agosto  27  (D.  84)  "  illuster  marchio  sacrique  pallacii  no- 
stri Comes  et  dilectus  fidelis  noster  „  ;  920,  luglio  i  (B.  i36i,  D.  92)  "  in- 
cliti marchionis  sacrique  palacii  nostri  gloriosi  comitis  „  ;  920,  novembre 
(D.  83)  "  Grimaldum  et  Odelricum  illustres  comites  et  dilectos  iìde- 
les  „  negli  altri  è  detto  sempre  marchio.  Cfr.  Dlìmmler,  Gesta  Beren- 
garii,  p.  27,  nota  4. 

Iaksch,  Op.  eli.,  p.  462,  n.  10.  R'g. 

A.  Rusconi,  Op.  cit.,  p.  7  cit.  coli' a.  912,  luglio  19  (?). 

In  uirtute  et  misericordia  omnipotentis  Dei.  Berengarius  (<i) 
gratia  Dei  rex.  Si  fidelium  nostrorum  peticionibus  regalis  mimi- 
ca) b. 


(i)  Nel  rotolo  il  testo  termina  con  :  si  quis  ergo.  Require  ut  siipra. 
Il  documento  che  precede  è  quello  del  918,  nov.  i3,  n.  XIX,  p.  41;  ri- 
ricorrendo a  questo  completo  la  miiiaiio   ed 


dell'archivio    capitolare    di    NOVARA  3l 

iìcentie  effectum  inpendimus,  deuotiores  eos  ad  nostra  obsequia 
reddimus  et  ad  eterne  retributionis  munera  proficere  nobis  non 
dubitamus.  Quapropter  omnium  [fldelium]  (b)  sancte  Dei  eclesie 
nostrorumque  presentium  scilicet  ac  futurorum  comperiat  indu- 
stria, qualiter  Johannes  sancte  Ticinensis  eclesie  uenerabilis  epi- 
scopus  et  Odelricus  comes  et  marchio  sacri  palatii  nostri  consilia- 
rius  fideles  (e)  nostri  suppliciter  nostram  petierunt  maiestatem, 
quatinus  prò  iminenti  (d)  seuorum  Ungrorum  uastacione  cuidam 
tideli  nostro  Leoni  sancte  Nouariensis  eclesie  uicedomino  in  pro- 
priis  suis  rebus  finibus  Plumbiensis  comitatus  in  uocabulis,  uillulis, 
id  sunt:  Peronate  (i),  Terdoblade  (2),  Gammari  (3)  et  Galiade  (4) 
concederemus  licentiam  hedifficandi  castella  in  predictis  locis  cum 
omnibus  instrumentis  que  ad  eadem  (e)  castella  necessaria  noscun- 
tur,  uidelicet  merrulos,  fossata,  bertiscas  atque  spizatas.  Quorum 
petitionem  (/)  utillimam  considerantes  ac  predicti  Leonis  fidelita- 
tem  animaduertentes,  ita  fieri  amiuìmus,  hoc  (g-)  nostre  conces- 
sionis  pragmaticum  scribi  uibentes,  quo  (/z)  eidem  Leoni  conce- 
dimus  licentiam  castella  hedifficandi  in  predictis  locis  cum  om- 
nibus necessariis  instrumentis  superius  postulatis,  et  (/)  per  hoc 
largimur  ei  (/)  potestatem  (m)  inibì  faciendi  annuales  mercatio- 
nes,  et  perdonamus  omnem  publicam  reddibitionem  omnemque 
theloneum  uel  exibitionem  (n),  ut  nullus  rei  publice  minister  ha- 
beat  licentiam  inibi  aut  ubicumque  in  eiusdem  rebus  suiscumque 
pertinentibus  predictam  redibitionem  uel  exibitionem  exigere,  sed 
liceat  ei  suisque  heredibus  ac  proheredibus  eadem  (o)  castella  cum 
ipsis  mercationibus  in  nostra  mercede  sine  omni  publica  inquisi- 
cione  habere  tenere  ac  quieto  ordine  possidere.  Si  quis  autem 
contra  hoc  (p)   nostre  concessionis    preceptum  agere  temptauerit. 


(/')  fidelium]  .ììncsso         (e)  fidelis         (d)  iminentis         (e)  ad  id  idem  (_/)  peticionibus 

(g-)  hec         (A)  qui         (/)  ut         (/)  et         (w)  ei  inibi         («)  redibitionem         (<?)  idem         (/)  bec. 


(1)  Pernate,        cfr.  Casalis,  Diz.^  XIV,  877. 

(2)  Terdobbiate,  „  „  „       XX,  8ii-i3. 

(3)  Cameri,  „  „  „       III,  357-8. 

(4)  Galliate,  „  „  „       VII,  87  e  seg. 


II.    KOTOLO 


sciat  se  compositurum  auri  optimi  libras  .LX.,  medietatem  kamere 
palarli  nostri  et  medietatem  scpedicto  Leoni  suisque  heredibus  nel 
qui  bus  ipse  concesserit. 


XIV. 


Berengario  re  dona  al  vescovo  Giovanni  di  Pavia  una  pubblica 
strada  accio  possa  innalzare  presso  la  pieve  di  Celavinnio  (Cila- 
vegna)  (?)  una  difesa  contro  gli  Ungheri  e  gli  concede  eseniioni. 

(e.  911-915,  dicembre). 
Manca  1'  cscafocoUo. 
Iaksch,  Op.  cit.,  p.  452,  n.  II.  Reg. 
DiiMMLER,  Geschichtc  dcs  osi,  Rcichcs,  2  Aiifl.  Ili,  509,  nota  3  cit. 

In  nomine  domini  Dei  aeterni.  Berengarius  {a)  gratia  Dei 
rex.  Si  sacris  fidelium  nostrorum  precibus  ad  uenerabilia  sanc- 
torum  loca  ex  rebus  publicis  more  predecessorum  regum  uide- 
licet  et  imperatorum  quelibet  dona  conferre  gratanter  studueri- 
mus,  id  nobis  procul  dubio  ad  anime  nostre  salutem  et  ad  uitam. 
capescendam  proficere  confidimus  sempiternam.  Quapropter  om- 
nium fidelium  sancte  Dei  eclesie  nostrorumque  presentium  scilicet 
ac  futurorum  comperiat  sollertia,  qualiter  lohannes  sancte  Tici- 
nensis  eclesie  uenerabilis  episcopus  deprecatus  est  nostram  clemen- 
tiam,  ut  ei  concederemus,  quatinusipse  circa  plebem  sue  eclesie  que  (b) 
nuncupatur  Celauinnio  (i)  quandam  munificentiam  constitueret  ob 
timorem  Ungrorum,  qui  pene  omnes  Italie  eclesias  ad  nihilum  redie- 

(«)  B.  {Ò)  qui. 


(i)  Forse    Cilavegna.  Cfr,  Robolini,    Notizie    appartenenti  alla  storia 
della  sua  patria,  III,  877;  Casalis,  Dis.,  v.  219. 


DELL'ARCHIVIO    CAPITOLAKE    DI    NOVARA 


runt  (e).  Nos  ucro  iustam  eius  considerantes  peticionem,  ob  amorem 
Dei  ita  fieri  annuimus  uiamque  publicam  ei  concessimus  ad  eandem 
munificentiam  construendam.  Precipientes  ergo  iubemus,  ut  nullus 
exactor  rei  publice  infra  eandem  firmitatem  teloneum  accipere  aut 
placita  tenere  uel  hominem  distringere  aut  mansionaticum  dare 
presummat,  sed  liceat  eos,  qui  ibi  habitant,  pacifice  ac  quiete  ui- 
uere  [et]  (d)  sine  omnium  nostrorum  [hominum]  (e)  molestacione 
degere,  sitque  in  potestate  prenominati  presulis  sueque  eclesie.  Si 
quis  nero  quoquo  tempore  contra  hoc  nostre  donationis  et  libere 
concessionis  preceptum  insurgere  aut  contraire  temptauerit,  sciat 
se  compositurum  iam  diete  eclesie  parti  auri  optimi  libras  .XX., 
medietatem  palatio  nostro  et  medietatem  supradicto  presuli  sueque 
eclesie.  Quod  ut  uerius  credatur  et  a  nostris  fidelibus  diligentius 
obseruetur  in  posterum,  manu  propria  subter  roborauimus  et 
anuli  nostri  impressione  insigniri  iussimus. 

(e)  sic         ((f)  et]  omesso         (e)  hominum]  omesso. 

XV. 

Berengario  re  dona,  ad  istan:[a  di  Bertilla  regina  e  di  Odone, 
or  te  Ronco  nel  comi 
caie  al  conte  Grimaldo. 


la  corte  Ronco  nel  comitato  Lodigiano   ed  il  increato  di   Vimer- 


(c.  911-915,  dicembre). 

Grimaldo  ricorre  come  conte  nei  diplomi  Berengariani  dal  01 1  al 
921.  (Cfr.  DiJMMLER,  Gesta  Berengarii,  p.  Sg,  nota  i). 

11  testo  viene  troncato  colle  parole  :  "  atque  donamus  ad  habendum 
tenendum  „  della  disposino. 

Edito  da  Porro  Lambertenghi  nel  Codex  dipi.  Lang.,  787-8  nu- 
mero CCCCLV  "  ex  apogr.  in  Arch.  cathed.  Novariae  „,  ma  in  verità 
dipende  dalla  copia  del  Frascone. 


In    nomine    sancte    et    indiuiduc    trinitatis.  Berengarius  (rt) 

diuina  fauente  clementia  rex.   Nouerit    omnium  fìdelium   sancte 

(^)  B. 

Ardi.  Stor.  T.omb.  —  Anne  XXVU.  —  Fr.sc.  XXV.  3 


^4  IL    ROTOLO 


Dei  eclesic  nostrorumque  presentium  scilicct  ac  fiiturorum  [indu- 
stria] (b),  Bcrchtilam  dilcctissimam  coniiigcm  nostrique  [regni]  (e) 
consortcm  ncc  non  et  Odoneni  illustrcni  uiriim  dilcctumcjue  fidc- 
Icm  nostrum  suppliciter  nostrani  exorasse  clementiam,  quatcnus 
quandam  curtem  quc  (d)  nominatur  Runco  (i),  pertincntem  de 
comitatu  Laudensi  sitam  in  eodem  comitatu  adiacentem  iuxta 
liuuium  qui  dicitur  Brembio  non  longe  a  fluuio  Lambro,  cum 
omnibus  adiacentiis  et  pertinentiis  suis  nec  non  et  Petrum  seruus  (e) 
eiusdem  comitatus,  qui  in  ipsa  curtc  habitare  uidetur,  filium 
quondam  Landoni  de  vico  Antoniano  cum  uxore  et  filiis  ac 
tiliabus  suis  seu  quicquid  ad  comitatum  Laudensem  pertinet 
de  mercato  quod  dicitur  de  Vicomercatum  cum  teloneo  uel 
censu  aut  redibitionibus  cum  omni  curatura  sua  et  terram  que 
ad  eundem  mercatum  aliquo  modo  pertinet  simul  cum  mansionibus 
et  omnibus  ad  se  pertinentibus  Grimaldo  glorioso  comiti  iure  pro- 
prietario concedere  dignaremur.  Quorum  precibus  aclinati,  preno- 
minatam  cortem  Runcum  cum  tota  (/)  domo  cultili  (g")  sui  omni- 
busque  masseritiis  atque  familiis  utriusque  sexus,  seruis  et  ancillis, 
aldionibus  et  aldianis,  casis  uidelicet,  terris,  uineis,  campis,  pratis, 
siluis,  pascuis,  saleclis,  sationibus,  aquis  aquarunque  decursibus, 
molendinis,  piscationibus  una  cum  prenominato  Retro  seruus  (e) 
eiusdem  comitatus,  qui  ibidem  habitare  uidetur,  seu  quicquid  ad 
eundem  comitatum  pertinere  dinoscitur  de  mercato  quod  dicitur 
de  Vicomercato  cum  teloneo,  districtionibus,  reddibitionibus  at- 
que censu  (h)  seu  cum  omni  curatura  sua  et  terra  ac  mansionibus 
exinde  iuste  et  legaliter  pertinentibus  iam  dicto  Grimaldo  comiti 
in  integrum  presenti  auctoritatc  concedimus  et  largimur  et  de 
nostra  potestate  in  suam  potestatem  transfundimus  atque  dona- 
mus  ad  abendum,  tenendum ,  [uendendum,  commutandum  et 
quicquid  uoluerit  faciendum,  omnis  potestatis  contradictione  re- 
mota] (/). 

(ó)  industria]  omesso        (e)  regni]  omesso       (d)  qui        (e)  sic       (/)  toto       (^)  cultuli         (/t)  in 
censu         (z)  completo  secondo  il  documento  n.  XII,  pag.  25. 


i)  Cfr.  DarmstadteR;  op.  cit.,  p.  171. 


DELL  ARCHIVIO    CAPITCLARE    DI    NOVARA  .0  ? 


XVI. 


Berengario  re,  aderendo  alle  istante  di  Giovanni  vescovo  di 
Pavia  e  del  marchese  Grimaldo,  conferma  alle  canoniche  di  S.  Ma- 
ria Vergine  e  di  S.  Gaiiden:{io  di  Novara  le  precedenti  conces- 
sioni di  Lodovico  II  Carlomanno  e  Carlo  III,  e  dona  due  mansi 
in  Nibbiole,  comitato  di  Pombia,  alla  canonica  di  S.   Maria. 

(e.  911-915,  dicembre). 

La  copia  è  mancante  della  signatio,  della  recognitio  e  della  datatio. 

Si  conoscono  le  concessioni  fatte  alla  Chiesa  di  Novara  da  Lodo- 
vico II,  854,  giugno  5  (MiJHLBACHER,  1162)  e  da  Carlomanno,  877,  ot- 
tobre 29  (MùHLBACHER,  1484)  ;  ma  non  si  fa  cenno  dei  canonici  di  S.  Ma- 
ria Vergine  e  di  S.  Gaudenzio.  I  tre  diplomi  confermati  col  presente 
andarono  perduti. 

Iàksch,  Op.  cit.,  p.  482,  n.  12.  Reg. 

A.  Rusconi,  Op.  cit.,  p.  8  cit. 

Darmstadter,  Op.  cit.,  p,  229  cit. 

In  nomine  domini  Dei  eterni.  Berengarius  gratia  Dei  rex. 
Si  ea  que  a  {a)  nostris  predecessoribus  sacris  ac  uenerabilibus 
locis  ob  aeterne  beatitudinis  meritum  collata  sunt,  inuiolabili 
stabilitate  roboramus,  patrocinari  nobis  omnium  sanctorum  me- 
rita credimus  ac  per  hoc  eorum  fruì  consortio  Domino  largiente 
minime  diffidimus.  Ideoque  uniuersorum  catholice  eclesie  fidelium 
nostrorum  presentium  ac  futurorum  comperiat  celsitudo,  qualiter 
lohannes  uenerabilis  sancte  ac  specialis  matris  nostre  Ticinensis 
eclesie  pontifex  ac  Grimaldus  gloriosus  comes  illustrisque  sacella- 
rius  noster  nostre  suppliciter  accesserunt  maiestati  suggerentes, 
quatinus  prò  honorum  omnium  Largitoris  amore  ac  perpetue 
atque  orribilis  pene  euasione  roborare  dignaremur  per  nostri 
pragmatici  titulum  omnes  res  mobiles  ac  immobiles  canonicarum 


(rt)  ad. 


(')  IL    ROTOLO 


sancic  Dei  i^cnctricis  et  eterne  uirginis  Marie  ac  Christi  contessoris 
nec  111)11  et  cximii  doctoris  Gaudentii  Nouaricnsis  episcopi,  siciit 
a  beate  memorie  Hludouuico  et  Caiiomanno  ncc  non  et  Karolo 
insignibiis  augustis,  quorum  prosapie  nostra  coruscat  origo,  per 
corum  prccepta  et  statuta  cisdcm  (b)  reucrendis  locis  et  canonica- 
bus  in  intcgrum  sunt  dcuolute  ad  ctcrnam  possessionem  et  ibidem 
Deo  famulantium  consolationem,  simul  aetiam  flagitantes  preli- 
bati fideles  (e)  nostri,  ut  per  hoc  (d)  idem  sublimitatis  preceptum 
confirmarc  non  respueremus  ipsis  uenerabilibus  locis  quicquid 
ab  cxordio  carundem  canonicarum  usque  in  prescns  tempus  uel 
in  futurum  a  rcliquis  Dei  fidelibus  ibidem  collatum  est  aut  colla- 
tum  fuerit  ad  solamen  uel  refectionem  illic  Deo  militantium. 
Pretereu  quidcm  h umili  deuotione  poposcerunt  memoratus  anti- 
stcs  ac  insignis  saccllarius  nostcr,  ut  per  huius  precepti  paginam 
prelibate  (e)  kanonice  sancte  Dei  genctricis  ac  uirginis  Marie  do- 
nare dignaremur  iure  proprietario  mansos  duos  in  uiila  Ncbiole 
actenus  pertincntes  de  comitatu  Plumbiensc  cum  omni  eorum 
integritatc.  Quorum  pcticionibus  aclinati,  omnia  secundum  eorum 
precum  tenorcm  fieri  annuimus,  hanc  nostri  (/)  roboris  et  alacris 
donatiui  paginam  (g)  scribi  iubentes,  per  quam  prescriptarum 
eclesiarum  canonicabus  roboramus  (/z)  et  perpetua  stabilitate  ful- 
cimur  (/)  omnes  res  mobiles  et  immobiles,  seruos  et  ancillas,  nec 
non  et  aldiones  et  aldianas  que  per  precepta  uel  instituciones 
prescriptorum  augustorum  uel  aliorum  nostrorum  predecessorum 
ac  etiam  sancte  Dei  eclesie  aliorum  lidelium  instrumenta  carta- 
rum  collata  sunt  secundum  earundem  scriptionum  decretum.  Per 
quod  etiam  nostre  mansuetudinis  robur  concedimus  et  perdona- 
mus  predicte  canonice  sancte  Dei  Genetricis  et  uirginis  Marie 
prenominatos  duos  mansos  in  uilla  Nebiole  cum  omni  eorum 
integritate,  uidelicet  cum  terris,  uineis,  campis,  pratis,  pascuis, 
siluis,  stalariis,  ripis  (/),  rupinis,  coltis  et  incoltis,  aquis,  aqua- 
rumque  decursibus,  seruis  et  ancillis,  reliquisque  uniuersis  eorum 
pertinentiis,  sicut  actenus  iuri  regni  nostri  pertinuerunt  aut  per- 

(ó)  easie,n         (e)  nJelis         (d)  hac         (e)  prelibatis         (/)  iiostris  (g-)   la  seconda  a  cor~ 

retta  su  e         (/i)  roboramur         (?)  fulcimus  (/)  rupis. 


dell'archivio    capitolare    di    NOVARA  Z'J 


tinnisse  inaente  fuerint,  eidem  uenerabili  loco  delegantes  ac  de 
nostro  iure  et  potestate  in  eorundem  ius  et  dominÌLim  transfun- 
dentes  (nz)  et  perdonantes,  qui  in  sepe  dieta  canonica  prò  tempore 
canonici  extiterint,  absque  magnarum  paruarumque  personarum 
deminoratione  nel  molestatione.  Si  quis  autem  contra  oc  nostre 
munificentie  preceptum  agere  inuentus  fuerit,  .C.  libras  auri  com- 
ponere  cogatur,  medietatem  palatio  nostro  et  medietatem  sepedicte 
kanonìce.  Quod  ut  uerius  credatur  diligentiusque  obseruetur  ab 
omnibus,  manu  propria  roborantes  ex  anulo  nostro  subter  iussi- 

mus  insiiiniri. 

t 

(;«)  transfundante.?. 


XVII. 


Berenu;ario  re,  ad  intercessione  della  moglie  Anna,  dona  ad 
Ervino  nipote  del  vescovo  Dagiberto  un  manso  nella  villa  Evu~ 
rio,  corticella  Beura,  comitato  D'Ossola. 

(e.  911-915,  dicembre). 

Bertilla  figura  come  interveniente  nei  diplomi  di  Berengario  dal- 
l' 890,  novembre  3  (B.  1298,  D.  7)  al  910,  luglio  27  (B.  1341,  D.  5g)  ; 
Anna,  seconda  moglie,  nel  920,  settembre  8  (B.  i363,  D.  96)  e  928 
(B.  1871,  D.  io5).  Cfr.  DùMMLER,  Gesta  Beren.garii,  p.  i3,  nota  2. 

Il  presente  diploma  porrebbe  il  matrimonio  con  Anna  prima  del- 
l'elezione  di  Berengario  ad  imperatore,  prima  cioè  del  dicembre  qi5; 
ma  abbiamo  un  diploma  (916-920)  (i)  per  la  Chiesa  di  Verona,  nel  quale 
ricorre  ancora  Bertilla:  "  interventu  ac  petitione  coniugis  nostre  Ber- 
tille  „.  Sull'autenticità  di  questo  documento  non  vedo  possa  sollevarsi 
alcun  dubbio  :  venne  anche  utilizzato  per  il  diploma  di  Ottone  II  del 
giugno  988  (SiCKEL,  Otto  II,  n.  3o5).  Il  fatto  si  spiega  riferendo  l'inter- 


(1)  Edito  in  pr.rte  da  Dionisi,  De  jUdoiie  ri  .Xofii/i^o,  p.  3o.  Cfr.  Carlo 
Cipolla,  Vcrzciclìiiis  der  Kaiserurkimden  in  deii  Archiven  Veronas  (Mii- 
theiliingiìi  dcs  Instititts  fiir  òsi.  Geschichtsforschiuig.  II),  n.  48  e  nota  j. 


38  H,  KOTor.o 


vento  di  Bcrtilla  a\V  naione  (Handlung)  del  documento  stesso  (i).  Tra 
r  njsione  e  la  promu/^iraziotie  o  liocimientaziom  trascorse  un  periodo  di 
tempo  nel  quale  morì  la  regina  Bcrtilla:  il  presente  diploma  attesta 
rhe  essa  morì  assai  prima  del  dicembre  9i5. 

Edito  da  E.  Bianchetti,  L'Ossola  inferiore,  II,  p.  9,  n.  Ili;  I,  85  cit. 

Iaksch,  Op.  cit.,  p.  453,  n,  14.  Re^. 

Darmstadtfr,  0/>.  cit.,  p.  23i  cit. 

In  nomine  domini  Dei  eterni.  Berengarius  {a)  gratia  Dei  rex. 
Nouerit  omnium  fidelium  nostrorum  prcsentium  scilicet  et  fu- 
turorum  industria,  qualiter  Anna  dilectissima  coniuncx  nostram 
adicns  ex«ellcntiam  obnixe  (b)  deprecata  est,  cuidam  fidcli  nostro 
nomine  Heruino  nepoti  reuercntissimi  (e)  presulis  {d)  Dagiberti 
episcopi  quoddam  mansum  in  uilla  Euurio  (2)  situm  (e)  actenus 
pertinens  de  comitatu  Oxilense  de  corticclla  scilicet  que  nomina- 
tur  Beura  (3)  cum  omnibus  sibi  pertinentibus  uel  aspicientibus 
nostre  auctoritatis  iure  proprietario  concederemus.  Cuius  preccs  (/) 
libentissime  suscipientes,  quod  petiit  prò  amore  Dei  et  mercede 
anime  nostre  ac  etiam  et  deuotionem  et  fidelitatem  iam  dicti  fi- 
delis  nostri  Heruini  [animaduertentes]  {g)  benigne  et  libenti  (h) 
animo  iure  proprietario  concedimus,  predictum  mansum  ex  in- 
tegro de  iure  et  dominio  nostri  regni  in  ius  et  potestatem  pretaxati 
Heruini  per  hoc  nostre  concessionis  preceptvm  (z)  in  omnibus  mo- 
dis  transfundimus,  cedimus  atque  donamus  ad  abendum,  tenen- 
dum,  uendendum,  commutandum  et  quicquid  uoluerit  faciendum, 
totius  potestatis  contradictione  remota.  Si  quis  ergo  (4)  hoc  nostre 
concessionis  precejptum  infringere  nel  molare  quandoqiie  tempta- 
iierit,  sciai  se  compositurum  auri  optimi  libras  .XL.,  [medietatem 

(rt)  B.         (ò)  obnoxe         (e)  reu  (d)  presuli         (e)  sitam  (/)  precibus  (^)  animad- 

uertentes] omesso  (/«)  libent,  cioè  libenter  (?)  v  corretta  sii  o  ;  tra  preceptum  ed  in  vi  è 
lina  q  scritta  per  errore  e  non  cancellata. 


(1)  Cfr.  Kehr,  Die  Urkunden  Oitos  III,  p.  2i5,  nota  i. 

(2)  Nel  diploma  Ottoniano   969,  aprile   18  (Sickel,    Otto,  I,  Syi)  è 
ricordato  il  comitato  Evoricnsi. 

(3)  Casalis,  Dizionario,  II,  272-3. 

(4)  Il  testo  termina  con  :  Si  quis  ergo,  cui  segue  :  Require  ut  supra. 
Il  documento  che  pi  ecede  è  il  n.  XII,  vedi  pag.  3o,  nota  i. 


dell'archivio  capitolare  di  NOVARA  3o 

kamere  nostre  et  medietatem  predicto  Heruìno  nel  cui  ipse  habei^e 
concesserit  nel  statuerit.  Quod  ut  iieriiis  credatur  diligentiiisque 
ab  omnibus  obseruetur,  marni  propria  roborantes  de  anulo  nostro 
subter  sigillari  iussimus]. 

XVIII. 

Berengario  re  concede  a  Girolamo  subdiacono  di  Pavia,  .die- 
tro intervento  del  conte  Vi/redo,  di  tenere  increato  nel  suo  castello 
nella  villa  Figaria  e  di  esigere  quanto  spettava  al  regio  fisco, 

(e.  912-915,  dicembre). 

La  copia  è  incompleta,  mancano:  invocatio,  intitulatio,  corroborano 
ed  escatocollo.  Cfr.  per  il  dettato  i  diplomi  ai  numeri  XI  e  XIII. 

Il  conte  Vifredo  è  nominato  anche  nei  diplomi  912,  giugno  9  (B. 
1846,  D.  65)  e  921,  febbraio  20  (B.  i366,  D.  100).  Era  conte  di  Piacenza 
€  fratello  della  regina  Bertilla.  (Cfr.  Dììmmler,  Gest.  Bereng.,  26,  nota  4). 

Iaksch,  Op.  cit.,  p.  452,  n.  i3.  Reg. 

....]  Si  fidelium  nostrorum  peticionibus  regalis  munificen- 
tie  {a)  effectum  inpendimus,  deuotiores  eos  ad  nostra  obsequia 
reddimus  et  ad  eterne  retributionis  munera  proficere  nobis  non 
dubitamus.  Quapropter  omnium  sancte  Dei  eclesie  nostrorum- 
que  fidelium  presentium  scilicet  ac  futurorum  comperiat  indù- 
stria,  eo  quod  ob  immensas  seuorum  Ungrorum  persecutiones,  no- 
stra accepta  licentia  (i),  leronimus  sancte  Ticinensis  eclesie  sub- 
diaconus  in  propriis  rebus  suis  fìnibus  comitatus  Ticinensis  uilla 
Figaria  (2)  castellum  hedifficauit.  Unde  per  Uuifredum  commi- 
tem  nostrumque  consiliarium  suppliciter  nostre  accessit  maie- 
stati  postulans,  quatinus  idem  castellum  sub  regalis  nostre  tuitionis 
mundburdo  susciperemus,  ac  per  {b)  nostre  concessionis  paginam 

(rt)  munificentia  (/>)  per]  aggiunto  interlinearmente  da  prima  mano. 


(1)  Diploma  perduto. 

(2)  Cfr.  RoBOLiNi,  Notizie  appartenenti  alla  storia  della  sua  patria,  III 
25o,  253,  386. 


.10  IL    ROTOLO 


mcrcatum  inibi  fieri  pcrmitteremus.  Nos  itaqiic  consideranlcs 
ratam  prefati  Uuifrcdi  comitis  dilcctiquc  consiliari!  nostri  pe- 
ticioncm  ac  prcdicti  Hieronimi  subdiaconi  fidclitatem  conti- 
nuumquc  eius  in  nostro  obsequio  seruitium  ita  fieri  annuimus, 
lioc  nostrum  preceptum  fieri  iubentes,  per  quod  concedimus  scpc 
nominato  Hieronimo  snbdiacono  in  suprascripto  (e)  castello  mer- 
catum  facere  uel  negotiatoribus  aut  quibusque  hominibus,  cum 
oportunum  fuerit,  ncgotiationum  commertia  tam  infra  idem  ca- 
stcllum  quam  circa  exhiberc,  ita  quidcm  ut  quicquid  (d)  ex 
mercimoniis  quam  ex  quacumque  causa  ad  nostram  regiam  par- 
tcm  a  re  publica  (e)  exigi  debuit ,  ad  partem  suam  prefatus 
Hieronimus  subdiaconus  uel  quibus  ipse  dederit  proprietario  iure 
cxigant  ac  rcquirant ,  omni  nostra  successorumque  nostrorum 
seu  publica  molestacione  ac  cuiuslibet  persone  inquietudine  re- 
mota; nostrum  insuper  mundburdum  fieri  precipientes,  ut  nullus 
presul,  dux,  comes  aut  quilibet  rei  publice  minister  uel  regni 
nostri  magna  paruaque  persona  in  eodem  aut  circa  nominati 
Hieronimi  subdiaconi  castello  (/)  mansionaticum  habeat  uel  pla- 
citum  teneat  seu  teloneum  aut  aliquam  functionem  pubblicani 
exigere  presummat  ac  neque  infra  circaque  eandem  munitionem 
aliquam  molestiam  pretaxato  leronimo  suisque  hominibus  uel 
eiusdem  castelli  habitatoribus  ingerat,  sed  in  nostra  mercede  pre- 
fatum  castellum  pacifica  possideat,  omni  molestacione  aut  inquie- 
tudine uel  inuasione  cuiuscumque  hominis  repulsa.  Si  quis  autem 
contra  hoc  nostre  concessionis  preceptum  uel  tuitionis  mundbur- 
dum agere  temptauerit,  sciat  se  compositurum  auri  optimi  libras 
.LX.,  medietatem  palatio  nostro  et  medietatem  sepedicto  Hiero- 
nimo  subdiacono  (g)  uel  quibus  ipse  concesserit. 

(e)  soscripto         (<^/)  quiquid         (<?)  ab  rem  publicam         (_/)  s/c         (^)  indici. 


DELL  ARCHIVIO    CAPITOLARE    DI    NOVARA  4I 


XIX. 


Berengario  imperatore  concede  al  diacono  Rotgerio  di  Pavia 
licenza  di  edificare  sopra  una  via  pubblica  della  città  presso  la 
Chiesa  di  S.   Tecla  ed  il  monastero  del  Senatore. 

918,  novembre  i3. 

Il  daimn  è  scorretto  nell'anno  dell'impero:  concordano  Tanno  di 
incarnazione  e  Y  indizione.  Nei  diplomi  di  Berengario  anche  dopo  il 
9i5  Tanno  di  regno  perdura,  salvo  rarissime  eccezioni,  immutato  in 
XXVIII.  In  appoggio  alTanno  918  e  non  919,  come  richiederebbe  Tanno 
IV  di  impero,  si  può  ancora  notare  che  dal  18  dicembre  918  (9i5)  al  17 
novembre  919  abbiamo  solo  quattro  diplomi  e  tutti  riconosciuti  da  Er- 
menfredo.  Cfr.  pag.  48. 

La  copia  non  ci  oftre  né  T  actum  né  T  adprccatio. 

Edito  da  Porro  Lambertenghi  in  Codcx  dtplom.  Langob.,  83o-i, 
n.  CCCCLXXXI  "  ex  apogr.  in  Arch.  Cathedr.  Novariae  „,  cogli  errori 
e  colle  lacune  come  nella  copia  del  Frascone. 

In  nomine  domini  Dei  aeterni.  Berengarius  {a)  dìuina  fauente 
clcmentia  imperator  augustus.  Nouerit  uniuersorum  fidelium 
sancte  Dei  eclesie  nostrorumque  presentium  scilicet  ac  futurorum 
industria,  Odelricum  gloriosum  marchionem  dilectumque  fidelem 
nostrum  humiliter  [nostrani]  (b)  exorasse  clementiam,  quatenus 
Rotgerio  sancte  Tìcinensis  eclesie  diacono  licentiam  hedifficandi 
et  construendi  quodcumque  {e)  uellet  hedifficium  supra  quandam 
uiam  pubblicani  iuxta  mansionem  loliannis  {d)  qui  et  Bono  et 
niansionem  Dagiberti  presulis  {e)  infra  ciuitatem  Papiam  non 
longe  ab  eclesia    sancte    Tede  (i)  et    monasterio    Senatoris,   que 

(rt)  B.         (('')  nostrani]  omesso         (t")  quocumque         ((/)  lohanni         {e)  presuli. 


(i)  CiV.  RoBOLiNi,    Notizie   apparicìinti   alla  storia  ddla   sua  patria 
IV,  li,  p.  116,  268. 


42  IL    HOTOI.O 


cxtcnditur  per  lon^itiidincm  pcdes  quinquaginta  et  .1111.'"',  conce- 
dcrcmus.  Cuius  precibus  aclinati,  iam  nominato  Rotgerio  diacono 
liccntiam  et  potcstatcm  hedifficandi  et  construendi  supra  prescrip- 
tam  uiam  publicam  iuxta  prefatam  mansionem  lohannis  (i)  qui 
et  Bono  et  mansionem  iam  dicti  (/)  Dagi berti  (g)  presulis  (e) 
infra  Papiam  urbem  (i)  non  longc  ab  cclesia  [sancte]  (/?)  Tede 
et  monasterio  Senatoris  quodcumque  uoluerit  hedifficium  ad  suam 
utilitatem  peragendum  et  pilas  figendum  et  murum  atque  arcum 
uolutum  subtLis  hidem  hedifficium  in  eadem  uia  faciendum  per- 
petuo ivrc  (/)  per  hoc  nostrum  imperiale  preceptum  ,  ita  tamen 
uti  aditus  publicus  nullatenus  intercludatur,  concedimus  et  per- 
donamus  ac  de  nostro  iure  et  dominio  in  eius  ius  et  dominium 
omnino  transfundimus  ac  delegamus  (/)  ad  abendum,  tenendum, 
uendendum,  commutandum,  alienandum,  prò  anima  iudicandum 
et  quicquid  uoluerit  faciendum,  totius  potestatis  contradictione 
remota.  Si  quis  ergo  hoc  nostre  [concejssionis  preceptum  infrin- 
gere  uel  uiolare  quandoque  temptauerit,  sciat  se  compositurum 
a  uri  optimi  (m)  libras  .XL.,  medietatem  kamere  nostre  el  medie- 
tatcm  predicto  Rotgerio  uel  cui  ipse  habere  concesserit  uel  sta- 
tuerit.  Quod  ut  uerius  credatur  diligentiusque  ab  omnitjus  ob- 
seruetur,  manu  propria  roborantes  de  anulo  nostro  subter  sigil- 
lari  iussimus. 

Signum  domni  Berengarii  (a)  serenissimi  imperatoris. 

Johannes episcopus  et  cancellarius  imperiali  iussu  recognoui  (;2) 
[et  subscripsi]  (o). 

Dataid.  nouemb.,  annodominice  incarnationis.DCCCCXVIIL, 
domni  uero Berengarii  (^)  regis  .XXVIIII.,  imperii  autem  sui  .IIII., 
indictione  VII.... 

(/)  Jicto         (^)   Dagiberto         (k)   sancte]  omesso       (/)  v  corretto  su  o       (/)  deligamus  colla 
e  corretta  sit  a         (;«)  auro  optimo         («)  recognouit  (^)  et  subscripsi]  manca  (/)  B.  e 

segtie  rasura  di  alcwie  lettere,  forse  di:  gloriosissimi. 


(i)  Sulle  case  o  possessi  dei  vescovi  d^  Italia  in  Pavia   cfr.  Robolini, 
op.  cit.,  XXX,  II,  149  e  sgg.    Non  è  ricordato  il  possesso  del  vescovo 


dell'archivio    capitolare    di    NOVARA  48 


XX. 


Berengario  imperatore,  dietro  preghiera  del  marchese  Odel- 
rico,  dona  a  Rotkerio  diacono  di  Pavia  un  manso  nel  vico  Gepuli, 
comitato  di  Bulgaria,  ed  un  prato  nel  luogo  detto  Gulia,  e  gli 
concede  il  diritto  di  caccia  e  di  pesca  da  Cassolnovo  al  porto  di 
Trecate. 

919,  ottobre  14.  Ivrea. 

Finora  conosciamo  cinque  diplomi  riconosciati  da  Ermenfredo  cap- 
pellano dell'imperatore.  Nel  presente  vien  chiamato  7fo/^r///5;  in  Bòh- 
MER^  1359  (a.  918,  18  dicembre),  in  Dummler,  90  (918,  dicembre  26)  e 
BòHMER,  i358  (919,  novembre  17)  capellanus  ;  cancellariiis  invece  in 
BòHMER,  1871  (a.  928). 

La  minatio  e  la  corroborano  si  scostano  dall'uso  della  cancelleria 
Berengariana.  Nella  prima  di  regola  si  indica  determinatamente  che 
metà  della  multa  venga  devoluta  al  fisco  e  metà  al  destinatario  del 
documento  o  a  chi  per  esso;  come  eccezioni  vanno  ricordate:  888, 
marzo  21  (Dììmmler,  i);  912,  giugno  9  (B.  1846,  D.  65). 

Il  datimi  è  errato  nell'  indicazione  del  giorno  :  si  legge  :  XVIIII 
hai.  Nov.  invece  di  prid.  id.  Oct.  Probabilmente  l' ingrossatore  —  e 
questo  sbaglio  può  ascriversi  all'  originale  —  suppose  gli  idi  di  otto- 
bre al  i3  (i). 

Iaksch,  Op,  cit,,  p.  454,  n.  17.  Regesto,  recognitio  e  datatio. 

A.  Rusconi,  Op.  cit.,  p.  8,  nota  4  cit. 

Darmstadter,  Op.  cit.,  p.  195,  nota  2,  estr.   con    XVIII  kal.  Nov. 

N.  Colombo,  Alla  ricerca  delle  origini  del  nome  di  Vigevano  (Novara, 
1899),  p.  99,  nota,  estr. 

In  no  r.ine  sancte  et  indiuidue  Trinitatis.  Berengarius  diuina 
fauente  clementia  imperator  augustus.  Ad  hoc  diuina  pietate 
imperiale  decus  nos  susscepisse  credimus,  ut  Deo  famulantibus 
munificentiam  inpendere  non  negemus.  Idcirco  omnium  fidelium 
nostri  imperii  presentium  scilicet  ac  futurorum  nouerit  sollertia, 


(i)  Cfr.  per  simili  errori  in  altri  diplomi:  Sick^i^,  Beitrage  zur  Di- 
plomatik,  VI  (Wiener  Sitzungsber  .LXXXV.,  486);  Ficker,  Beiirlige  ziir 
Urkimdenlehre,  I,  36;  Kehr,  Die  Urkinidcn  Ottos  III,   i55,  nota  4. 


44  IL    ROTOLO 


CO  quod  Odclricus  tìdelissimus  marchio  nostcr  (a)  scrcnitatis  nostre 
clcmcntiam  petiit,  quatinus  cuidam  sanctc  Ticinensis  eclesie 
diacono  Rothkherio  nomine  concedere  dignarcmur  per  pictatis 
nostre  prcccptum  hoc  est  mansum  unum  situm  in  vico  Gepuli 
adiaccntcm  in  Vii^inticoloiiin'  (i;  commitatu  Bulgariensi  et  in- 
supcr  pratum  unum  in  loco  qui  Gulia  (b)  (2)  dicitur  ad  eundem 
pertinens  comitatum  atque  uenationem  et  piscationem  infra  et 
in  circuitu  (e)  Ticini  a  uico  Cassioli  (3)  usque  ad  Trecautinum 
uadum  (4),  ut  sibi  suisque  hominibus  libere  uena[ri]  atque  pi- 
scari  inibi  liceat.  Nos  uero  tam  prò  omnipotentis  Dei  amore 
u_Liamque  etiam  prò  anime  nostre  omniumque  parentum  nostro- 
rum  absolutione  seu  etiam  pretaxati  fide][is  nostjri  peticione  con- 
cedimus  atque  iubemus,  ut  supradictum  mansum  (d)  cum  omni- 
bus ad  se  pcrtinentibus,  terris,  uineis,  pratis,  pascuis,  montibus, 
uallibus,  siluis,  a[quis],  aquarumque  decursibus,  exitibus  et  ingres- 
sibus  (e)y  mobilibus  et  immobilibus,  seu  quicquid  in  eisdem  rebus 
dici  uel  nominari  potest,  totum  et  ad  integrum  una  cum  iam 
dicto  prato,  diclaractionem  (/)  uenationis  et  piscationis  predictus 
diaconus  habeat,  teneat  atque  possideat  absque  alicuius  contra- 
dicentisobstaculo,  liberalissimaque  de  prefatis  rebus  potestate  per- 
fruatur,  tradendi  scilicet,  uendendi,  commutandi,  seu  quicquid 
exinde  sibi  libuerit  faciendi.  Si  quis  autem  contra  hoc  muniti- 
centie  nostre  preceptum  insurgere  nisus  fuerit,  sciat  se  composi- 
turum    auri   obrizi    libras  .L.,    nisu  inani   et    uacuo  existente  (5). 

(a)  Segue  un  piccolo  spazio  in  bianco,  ma  non  si  scorge   traccia  di  rasura  o  di  scritto 
(V')  —  a  di  lettura,  incerta  (.-)  circutu         (rf)  supradicta  mansa         [^e)  regressibus         (y")  cosi 

e^go:  il  passo  e  molto  corroso. 

(i)  A.  Rusconi,  Op.  cif.,  p.  8,  nota  3  crede  Viginti  Colonne  l'attuale 
Picolini;  il  Colombo,  op.  cit.,  p.  98,  lo  porrebbe  tra  Cassole  e  Gravel- 
lona.  Viginti  Colonne  è  ricordato  in  altre  carte  del  secolo  X  (cfr.  Co- 
lombo, op.  city  pagg.  70,  72,  76-7)  e  in  Stumpf,  Reg.,  2653. 

(2)  A.  Rusconi,  Op.  cit,  p.  8,  nota  4  "  Gule  (Golasecca)  „  ;  Darm- 
STADTER,  op.  cit,  1^5,  nota  2  "Gula,,,  Colombo,  op.  cit,   "Culi,,. 

(3)  Cassolnovo.  Cfr.  Casalis,  Dizionario,  XXIII,  286. 

(4)  Cfr.  Casalis,  Diz.,  XXIII,  235,  porto  di  Trecate. 

(5)  Nella  minatio  del  diploma  di  Berengario  I,  896,  novembre  3o 
(Bòhmer,  i3q3,  DiiMMLER,  t6)  "  ....  eadem  presumptione  inane  ed  irrita 
manente  „ . 


DELL  ARCHIVIO    CAPITOLARE    DI   NOVARA  4^ 

Quo[d  Ut]  (g)  uero  hec  largitionis  nostre  concessio  inviolabilem 
obtineat  firmitatem,  anuli  nostri  impressione  eam  subter  iussimus 
sif^illari. 

Signum  [d]omni  Berengarii  serenissimi  imperatoris. 

Ermemfredus  notarius  imperiali  iussu  recognoui  et  subscripsi. 

Data  .XVIIII.  kal.  nouemb. ,  a[nno]  incarnationis  domini 
nostri  lesLi  Christi  .DCCCCXVIIII.,  domni  uero  Berengarii  (h) 
regis  .XXVIII.,  imperii  autem  sui  .IIII.,  indictione  .Vili.  Actum 
Eporegia;  in  Dei  nomine  feliciter,  [amen]. 

(^)  Quo  uero        (A)  B. 


XXI. 

Berengario  imperatore,  dietro  preghiera  dei  marchesi  Gri- 
maldo  ed  Odelricoj  concede  al  vescovo  di  Novara  Dagiberto  il 
permesso  di  tenere  mercato  annuale  il  26  agosto  presso  l'ora- 
torio dove  giaceva  il  corpo  di  S.  Agabio,  e  mercato  settimanale 
ogni  sabbato  e  annuale  ai  24  di  ottobre  nella  pieve  di  Go:{:[ano. 


919,  novembre  17.  Pavia. 

A.  Originale  presso  la  biblioteca  civica  di  Novara.  Non  conservasi 
altro  originale  riconosciuto  da  Ermenfredo.  È  scritto  da  due  mani  :  una 
vergò  ì\  protocollo,  il  contesto  e  la  signatio,  T  altra  Ì3.  recognitio  e  la.  da- 
iaiio.  Il  datum  è  scorretto  nell'anno  di  incarnazione.  Sul  verso  di  mano 
del  secolo  XII  :  "  Preceptum  Berengarii  de  mercatu  sanati  Agabii  in 
Gaudiano  et  in  Oxola  „.  Della  fine  del  secolo  XI  o  principio  del  XII 
sono  le  correzioni  su  rasura  fatte  al  testo,  cfr.  pag.  47. 

B.  Copia  nel  rotolo.  Non  è  né  completa  né  accurata,  ma  fortuna- 
tamente ci  offre  la  lezione  vera  del  testo  raso  e  falsificato  dalla  citata 
mano  sec.  XI-XII.  Dei  diplomi  trascritti  nel  rotolo  è  questo  l'unico 
originale  pervenutoci  :  tenni  conto  delle  varianti  di  B  per  poter  giu- 
dicare sul  valore  di  quelle  trascrizioni. 

Da  A  dipendono  le  due  copie  cart.  sec.  XVIII  che  trovansi  in  : 
Monumenti  Novaresi,  I  e  III  (ms.  presso  Tarch.  cap.  di  Novara).  Sono 
copie  incomplete  e  presentano  lacune  nei  passi  in  rasura.  Da  B  dipende 


IL    ROTOLO 


la  copia  di  Fr.  l'iasconc  in:  "Collezione  di  documenti  autentici  che 
adduconsi  in  risposta  ai  quesiti  di  storia  patria  proposti  dal  eh.  signor 
Avv.  Giacomo  Giovanetti  al  Cer.*^  Carlo  Fr.  Frascone  „,  I,  p.  87.  (Ms. 
bibl.  coni,  di  Novara;  altra  copia  presso  l'arch.  cap.). 

Viene  citato  da  Bescapc  {1),  dall'  Ughclli  (2),  dal  Morbio  (3),  da  Gu- 
stavo Avogadro  (4),  da  Angelo  Fara  (5);  da  Fedele  Savio  (6).  Lo  pub- 
blicarono il  Morioìido  (7)  e  TAvv.  Tavella  (8),  ma  senza  avvertire  il 
passo  falsificato  e  su  rasura. 

Regesti:  Bòhmer,  i358,  DQmmleR;  86  (9). 


(C)  I  I  In  nomine  sanctac  et  indiuiduae  Trinitatis.  Berenga- 
rius  (rt)  diuina  fallente  clementia  imperator  augustus.  Imperialem 
excellentiam  semper  dec[ui]t  fidelium  suorum  nota  pio  affectu  (^) 
audire,  et  ea,  |  |  si  insta  (e)  apparuerint  (i),  competenti  decentia 
adimplere.  Ideoque  omnibus  (e)  sanctae  Dei  aeclesiae  fidelibus 
nostrisque  preseniibus  ac  futuris  notum  esse  uolumus,  qua[li]ter 
Grimaldus  et  Odelricus  gloriosissimi  marchiones  |  et  amabiles  con- 
siliarii  nostri  nostram  suppliciter  exorauerunt  mansuetudinem, 
quatinus  prò  aeterna  remuneratione  per  nostri  precepti  paginam 
concedere  dignaremur  domno  Dagiberto  reuerentissimo  sanctae  (/) 

{joi)  B.  B.         (^)  B.  elTectu        {e)  B.  iuste        {d)  A.  apparuerit.  B.  apparuerint         {e)  B.  om- 
nium        (y)  B.  e  sancte. 


(i)  Novaria  seu  de  ecclesia  Novariensi.  Novaria,  1612,  p.  298  (nella 
traduzione  italiana  del  Cav.  Giuseppe  Ravizza.    Novara,  1878,  p.  291). 

(2)  Italia  sacra,  IV,  696. 

(3)  Storia  di  Novara.  W\\?inOy  i833.  Saggio  primo,  p.  38  [Storia  della 
città  e  diocesi  di  Novara.  Milano,  Ì841,  p.  26,  voi.  V  delle  Storie  dei  Mu- 
nicipii  Italiani). 

(4)  Storia  dei  SS.  fratelli  Giulio  e  Giuliano  del  principato  di  S.  Giulio 
ed  Orla.  Novara,  1840,  p.  117. 

(5)  La  riviera  di  S.  Giulio  Orla  e  Gozzano.  Novara,  1861,  p.  118. 

(6)  Op.  cit.,  p.  260. 

{7)  Mon.  Aquensia.  I,  col.  4-8,  n.  3. 

(8)  La  lapide  di  ricordo  deW  origine  del  mercato  in  Domodossola  e 
diploma  di  concessione  di  Berengario  I  (pubblicazione  fatta  per  cura 
della  fondazione  Galletti.  Domodossola,  1891). 

(9)  Cfr.  anche  :  Rusconi,  L^ archivio  di  S.  Giulio  d^Oria  e  la  contessa 
Adelaide  di  Torino,  Novara,  1882,  p.  8;  ed  il  Catalogo  delle  opere  di  au- 
tori Novaresi  o  d' argomento  Novarese  compilato  sulla  collezione  esistente 
nella  biblioteca  civica  di  Novara.  Novara,  1886,  p.i  33. 


DELL  ARCHIVIO    CAPITOLARE    DI    NOVARA  47 

Nouari  |  ensis  aeclesiae  episcopo  licentiam  constituendi  annuales 
mercationes  [et  nundijnas  per  septimum  uidelicet  kalend[aru]m 
septembrium  iuxta  quodd[am]  oi[atorium]  ipsius  Nouariensis  epi- 
scopi! in  quo  beati  Agabii  episcopi  et  Christi  confessoris  |  corpus 
quondam  tumulatum  (g)  fuerat,  simul  quoque  implorantes,  ut 
eodem  modo  largiremur  facultatem  exequendi  (/i)  ebdomadalem 
mercatum,  scilicet  per  o[m]nem  sabbatum,  in  quadam  plebe  [Gau- 
diano]  (i)  memorati  (/)  Nouariensis  episcopi!  |  et  annuale  [quoque 
in  eodem  loco]  (m)  nono  kalendarum  nouembrium,  id  est  per 
omnem  festiuitatem  beatissimi  luliani  Christi  confessoris,  cuius 
ossa  in  ipsa  plebe  miraculis  coruscare  dinoscuntur.  Quorum  peti- 
cionibus  libenter  annuimus,  hoc  nostrum  |  donatiuum  scribi  iu- 
bentes,  per  quod  memorato  donino  presuli  largimur  et  in  perpetuum 
donamus  licentiam  faciendi  mercatum  in  supradictis  duobus  locis 
secundum  superius  expositam  peticionem  eorundem  nostrorum  fi- 
delium  peticionvm  (n)  Grimaldi  et  O  |  delrici  uidelicet  gloriosis- 
simorum  m^archionum,  ita  quidem  ut  omnem  (o)  theloneum  (/>)  et 
omnem  functionem  publicam,  que  ad  nostrani  regiam  partem  exigi 
debuit  uel  potuit,  ad  partem  ipsius  Nouariensis  ecclesiae  presul, 
qui  ibidem  prò  tempore  ordinatus  fuerit,  ad  utili  |  tatem  ipsius 
Nouariensis  eclesiae  (^)  uindicet  et  exquirat,  omni  publica  repeti- 
cione  uel  [mjolestacione  remota.  Si  quis  autem  hoc  nostrae  [au]c- 
toritatis  preceptum  uiolare  temptauerit,  quinquaginta  libras  auri 
optimi *coniponere  cogatur,  medietatem  palatio  nostro  et  medieta- 
tem  I  parti  ipsius  Nouariensis  eclesiae.  Quod  ut  uerius  credatur 
diligentiusque  obseruetur,  manu  propria  roborantes  ex  anulo  no- 
stro (r)  iussimus  insignir!  (s). 


(g)  B.  cumulatum  (Jt)  B.  exsequendi  (i)  A.  plebe  qu3e  dicitur  Oxila....  ;  B.  plebe  Gau- 
diatio.  lìi  A:  «  que  dicitur  Oxila  »  è  su  rasìira  e  di  mano  del  secolo  Xl-XII.  Malgrado  la  ra- 
sura si  scorge  un  prolungamento  in  alto  che  doveva  essere  della  prima  lettera  del  nome  raso  ; 
probabilmctite  la  g  di  Gaudiano  era  corretta  sic  altra  lettera  che  si  innalzava  (/)  B.  memo- 

rato (w)  La  sopra  citata  mano  del  secolo  X/-XII  scrisse  su  rasura  :  mercatum  in  Gaudiano. 
La  lezione  vera  del  testo  raso  ci  è  data  da  B  :  et  annuale  quoque  in  eodem  loco  ;  anche  in  A 
sì  riesce  ancora  a  leggere  loco  (ti)  sic.  La  v  correità  su  e  {o)  sic  (/)  B.  toloneum 
(y)  Il  passo  :  presul-cclesiae  viene  omesso  in  B.  (r)  B.  subter  iussimus  (s)  B.  termina  con 

insigniri,  manca  quindi  per  i?itiero  P  escatocollo. 


^S  IL    KOIULO    J>1  ilVlO    CAI'IlOr.AlU;    DI     NUVAH  A 

J  Signum  domili  (M.  I'\)  licrciii^arii  inuictissiini  imperatoria 
augusti.  5 

I  Hermenfredus  domni  impcratoris  capcllanus  ipsius  imperiali 
iussione  recognoui  et  subscripsi.  J  (S.  J).) 

Data  .X\'.  kal.  deccmbris,  anno  dominicae  incarnationis 
.DGCGCXVII.,  domni  uero  Berengarii  serenissimi  regis  .XXVIIl., 
imperii  autem  sui  .IIII.,  indictionc  .Vili.  Actum  Papiae;  in  Chri- 
sti  nomine  feliciter,  amen  (0- 

(0  A.  AMHX. 


Luigi  Schiaparllli. 


LE  LEGGI  SUNTUARIE 

E  LA  DECADENZA  DELL'INDUSTRIA  IN  MILANO 
1565-1750 


LE  leggi  suntuarie  milanesi,  nell'epoca  moderna,  sono,  a  dif- 
ferenza di  quelle  delle  altre  città,  ben  magro  contributo 
alla  storia  del  costume,  sia  pel  loro  scarso  numero,  sia 
perchè,  compilate  di  mala  voglia  e  senza  alcuna  convinzione,  si 
occupano  di  pochi  fatti  e,  anche  a  lunga  distanza  di  tempo,  ri- 
petono le  medesime  cose,  trascurando  di  osservare  davvicino  il 
capriccioso  avvicendarsi  delle  mode.  Quantunque  l'intervento 
dello  Stato  nella  vita  intima  dei  cittadini  fosse  un  concetto  co- 
mune, se  non  indiscusso,  fin  quasi  alle  porte  del  secolo  presente, 
Milano,  come  ho  già  altrove  avvertito  (i),  non  aveva  alcuna 
simpatia  per  questo  vano  zelo  della  legislazione:  sei  leggi  -  in 
tutto,  in  quasi  due  secoli,  mentre  altrove,  e  in  special  modo  a 
Venezia,  si  rinnovavano  ogni  anno  (2),  nessun  rigore  nelle  pene, 
alle  quali,  salvo  una  volta,  non  si  accenna  neppure,  mentre 
dovunque    il   castigo   importava   grosse   somme  di  danaro,  e  per- 


(1)  V.  il  mio  lavoro  Le  leggi  suntuarie  milanesi,  Gli  statuti  del  1J96 
e  del  1498,  in  Archivio  storico  lombardo,  XXV. 

(2)  V.  MoLMENTi,  La  storia  di  Venezia  nella  vita  privata ,  Torino , 
1880,  p.  413.  Cfr.  per  Gei;ova  :  Belgranó,  La  vita  privata  dei  Genovesi, 
in  Atti  della  Società  ligure  di  storia  patria,  IV,  p.  218.  (Dal  i5o6  al  1620 
nove  leggi). 

Arck.  Stor.  Lomb.  —  Anno  XWII.  —  Fase.   XXV.  4 


LK    l.EGC,\    SINIUARIK 


tino  la  scomunica  (i),  la  corda,  la  galera  o  il  taglio  d'una  mano  (2); 
nessun  tentativo  di  controllo  (3) ,  nessun  indizio  di  esecuzione, 
anzi  la  confessione  ingenua  da  parte  delle  autorità  di  non  averla 
neppure  tentata.  Ma  se  le  prammatiche  di  Milano,  così  poche 
di  numero  e  sceme  di  sostanza,  non  avrebbero  forse  per  sé  me- 
ritato uno  studio  speciale,  ad  esse  va  unita  una  serie  di  docu- 
menti,  che,  mentre  ci  spiega  la  ragione  della  loro  povertà,  ci 
offre  un  materiale  ragguardevole,  nel  medesimo  tempo,  per  la 
storia  della  censura  del  lusso  e  per  quella  del  commercio.  Il  Mu- 
nicipio, incaricato  di  compilar  le  leggi  suntuarie,  interrogava  di 
volta  in  volta  le  persone  più  competenti  e  le  varie   corporazioni 


(i)  V.  Fabbretti,   Sfattiti  e  ordinamenti   suntuari   intorno  al  vestire 
degli  uomini  e  delle  donne,  dalVanno  1266  al  isj6,  in  Memorie  della  Re- 
gia Accademia  di  scienze  di  Torino,  s.  II,  v.  38,  p.  228,  227. 
;  (2)  Legge  di  Venezia  (1608)  nelF  Archivio  storico    civico,   Materie^ 

Araldica,  cartella  41;  —  legge  di  Napoli,  1679,  ibidem;  —  legge  di  Fi- 
.  renze,  1602,  ibid.  —  La  più  curiosa  tra  le  pene  è  quella  della  foresta- 
t  sione  per  le  donne  (relegazione)  nella  propria  casa.  La  donna  che  con- 
travveniva la  prima  volta  alla  prammatica  era  condannata  a  tre  mesi 
di  forestazione,  la  seconda  a  quattro,  con  divieto  di  ricever  visite  da 
chi  si  fosse,  eccettuati  i  parenti  di  primo  grado,  sotto  pena  di  venti- 
cinque sino  a  cinquanta  scudi,  tanto  alla  visitata,  quanto  ai  visitatori. 
In  caso  d' inosservanza  della  forestazione  la  pena  veniva  duplicata 
"  obbligando  ognuna  delie  inosservanti  alla  spesa  delle  guardie  di 
quattro  soldati  oltramontani,  quali  dovevansi  ponere  alla  porta  della 
loro  rispettiva  casa  ed  impedire  le  trasgressioni  in  appresso  „  :  Legge 
di  Genova,  1694,  in  Arch.  stor.  civ.,  Mal.,  Araldica,  42. 

(3)  A  Brescia,  per  esempio,  come  a  Perugia  (Fabbretti,  op.  cit.^ 
227  e  altrove)  si  poneva  alla  porta  del  Consiglio  la  cassetta  per  le 
denuncie,  e  il  Cassa  ci  dà  vari  esempi  di  accuse  seguite  dal  relativo 
processo  [Funerali,  pompe  e  conviti,  Brescia,  1887,  p.  194  sgg.)  ;  a  Ge- 
nova i  sarti  dovevano  portare  i  modelli  a  palazzo  (Belgrano,  op.  cit., 
223,  n.  2),  così  pure  a  Faenza  (1574)  (Chinassi,  in  Atti  e  Mem.  della 
R.  Deputazione  di  storia  patria  per  le  Romagne,  a.  II,  p.  173).  Per  la 
severità  di  Venezia  basti  l'episodio,  narrato  da  Ippolito  Capilupi,  del 
Vescovo  di  Padova,  che  fu  condannato  irremissibilmente  a  sessantotto 
scudi  per  aver  tenuto  in  camera  tappezzerie  proibite  e  dato  starne  e 
pavoni  in  una  cena  :  G.  B.  Intra,  Di  Ippolito  Capilupi  e  del  suo  tempo, 
in  Arch.  star,  lomb.,  XX,  108.  —  Notevoli  pure  le  precauzioni  pel  con- 
trollo adoperate  in  Lucca  (1587),  Arch.  stor.  Hai.,  I,  X,  i33. 


E    LA    DECADENZA    DELL  INDUSTRI  A    IN    MILANO     l565~iy5o  5l 


d'arti  e  mestieri,  e  le  loro  risposte,  le  quali  saranno  l'oggetto 
principale  di  questo  studio,  ci  rappresentano  le  idee  che  corre- 
vano prò  e  contro  il  lusso  e  gli  sforzi  fatti  per  restaurare  il  de- 
caduto commercio  della  Lombardia.  Esse  infatti  possono  dividersi 
in  due  periodi.  Dal  i5(J5  al  iÓ23  la  legge  suntuaria  è  essenzial- 
mente legge  morale,  appoggiata  a  due  concetti  fondamentali,  che 
il  lusso  rovina  le  famiglie  suscitando  una  emulazione  disastrosa, 
"i  madre  di  odi  e  rancori,  e  fa  scemare  la  popolazione,  rendendo 
^  difficili  e  quasi  impossibili  i  matrimoni;  la  discussione,  ristretta  a 
questi  due  argomenti,  è  per  noi  dì  grande  interesse,  perchè  in  mezzo 
alle  idee  rigorosamente  restrittive,  che  regnarono  indisturbate  fino 
alle  nuove  teorie  liberali  del  Mandeville,  del  Melon,  del  Hume  (i) 
e  del  nostro  Verri  (2),  ne  vediamo,  già  nel  cinquecento,  altre  di 
così  savia  larghezza  da  sembrare  esposte  ieri.  Gol  iÓ23  la  Città 
comprende  quella  grande  verità  predicata  dal  Montaigne  che, 
come  vedremo,  ebbe  seguaci  anche  a  Milano:  «il  n'est  pas  temps 
«  de  se  laver  et  decrasser  quand  on  est  atteint  d'une  bonne 
«  rìèvre  (3)  »,  e  la  legge  suntuaria  diventa  legge  economica,  s'in- 
treccia alle  questioni  più  vitali  intorno  all'industria  e  al  com- 
mercio, per  esserne,  in  seguito,  quasi  del  tutto  assorbita.  —  Non 
è  colle  leggi  suntuarie  che  si  possono  rialzare  le  condizioni  di 
Milano,  ma  con  savi  provvedimenti  economici,  coli' incoraggiare 
e  tutelare  le  industrie,  col  moderare  l'avidità  insaziabile  del  fìsco, 
col  ripartire  secondo  giustizia  gli  enormi  tributi,  —  così  gridasi 
da  ogni  parte,  e  comincia  allora  un  attivo  lavoro,  condiviso  dal 
Municipio,  dal  Consiglio  generale,  dal  Senato  e  da  tutti  i  pub- 
blici instituti,  per  ritornare  l'industria  e  il  commercio  all'antico 
splendore:  lavoro  non  proficuo  sempre  e,  ad  ogni  modo,  assai  lento 
neir ottener  risultati,  perchè  inceppato,  si  vedrà,  dai  pregiudizi 
del  tempo,  ma  tale  da  dimostrarci  che  la  Spagna  non  dominava 
un  popolo  addormentato. 


(i)  V.  Baudrillart,   Hisioire  du  luxe,  Paris,  1880,   IV,  35o-379-385. 

(2)  Articolo  sul  lusso,  nel  Caffè,  ristampato  in  Opere  filosofiche  ed 
onomiche,  Milano,  1844,  II,  3o5  sgg. 

(3)  Essais,  III,  IX. 


LE     l.l.litil     M   I>  1  l  AKliù 


Le  leggi  suntuarie,  considerate  sotto  questo  aspetto  e  studiate 
più  con  riguardo  alle  discussioni  e  alle  controversie  che  suscita- 
rono in  Milano,  che  non  alla  loro  magra  sostanza,  possono  essere, 
mi  sembra,  un  contributo  nuovo.  Le  teorie  economiche  dei  secoli 
XVI,  XVII  e  XVIII,  diedero  origine,  in  questi  ultimi  anni,  ad 
ottimi  lavori,  compiuti  specialmente  sotto  gli  auspici  dell'illustre 
e  compianto  prof.  Cossa  (i);  ma  esse  furono  solo  studiate  sugli 
scrittori  di  politica  e  di  economia,  con  poco  o  nessun  riguardo 
alla  loro  applicazione  pratica  (2):  i  nostri  documenti  invece,  sia 
pure  nel  campo  ristretto  delle  leggi  repressive  del  lusso  e  di  quelle 
commerciali  inspirate  al  sistema  protettore,  ci  permettono  di  ve- 
dere l'influsso  esercitato  dagli  economisti  sui  nostri  legislatori  e 
V  il  cozzo  d'idee  da  cui  quelle  leggi  sono  uscite.  Perciò,  mentre 
nella  prima  parte  di  questo  lavoro,  studiando  gli  statuti  suntuari 
di  Milano  (l'ògG  e  1498),  mi  limitai  ad  illustrare  i  testi  in  quanto 
si  riferissero  al  costume,  questa  volta  la  natura  della  materia  mi 
costringe  a  seguire  una  strada  diversa  e  a  restringere  quella  illu- 
strazione a  poche  e  sobrie  note  o  a  rimandi  alle  fonti  ed  opere 
altrui:  d'altra  parte  l'importanza  di  tale  studio,  immensa  pel 
medio  evo  e  pel  rinascimento,  scema  nell'epoca  moderna,  quando 
le  fonti  scritte  ed  iconografiche  crescono  sì  di  numero  da  rendere 
pressoché  insignificanti  le  povere  prammatiche  milanesi. 


(1)  Cito  fra  gli  altri,  dopo  lo  splendido  riassunto  storico  del  mae- 
stro :  Cossa,  Introduzione  allo  studio  delV economia  politica'^,  Milano, 
Hoepli,  1892,  —  i  lavori  del  Gobbi,  U  economia  politica  negli  scrittori 
italiani  dei  secoli  XVI  e  XVII,  Milano,  Hoepli,  1889,  e  La  concorrenza 
estera  e  gli  antichi  economisti  italiani,  Milano,  1884;  e  quello  del  Supino, 
La  scienza  economica  in  Italia  dalla  seconda  metà  del  sec.  X  VI  alla  prima 
del  XVII,  Torino,  Loescher,  1888. 

(2)  Bisogna  notare,  per  amor  del  vero,  che  1' Errerà,  Storia  del- 
l'economia politica  nei  secoli  XVII  e  XVIII,  negli  Stati  della  Repubblica 
veneta,  Venezia,  1877,  procura  di  studiare  la  legislazione  di  Venezia 
in  rapporto  alle  teorie  economiche  del  tempo,  e  il  Supino,  fra  i  più 
recenti ,  accompagna  V  esposizione  delle  teorie  con  un  rapido  ma 
chiaro  esame  delle  leggi  nei  principali  Stati  italiani.  Egli  solo,  se  non 
erro,  consacra  un  capitoletto  anche  alle  prammatiche  sul  lusso. 


E    LA    DECADENZA    DELl' INDUSTRIA    IN    MILANO     iSÓS-iySo 


I.  —  È  mio  Intento  occuparmi  solo  delle  prammatiche  discusse 
e  fatte  in  Milano,  non  di  quelle  ordinanze  suntuarie  che,  sotto 
forma  di  gride,  emanavano  talvolta  dal  governo  o  si  mandavan 
qui  dalla  Spagna  perchè  fossero  pubblicate  nello  Stato;  tuttavia 
accennerò  a  due  di  esse  che  contengono  un  dato  curioso.  La 
prima  del  Governatore  Marchese  del  Vasto  (6  febbraio  i539), 
riprovando  la  poca  deferenza  verso  la  Maestà  divina,  proibiva  il 
passeggiar  nelle  chiese  durante  la  celebrazione  dei  divini  uffici, 
sotto  pena,  la  prima  volta  di  dieci  scudi  d'oro,  la  seconda  di 
venti,  o  della  fustigazione  a  chi  non  fosse  in  grado  di  pagare,  la 
terza  della  galera  (i).  Stabiliva  poi  parecchi  ordini  sul  vestire 
che  vedrem  ripetuti  nella  legge  del  i565  (2).  La  seconda  di  D.  Fer- 
rante Gonzaga  (12  maggio  1548)  tornava  sullo  sconcio  del 
passeggiare  in  chiesa  e  ordinava  che  tutte  le  associazioni  religiose 
(vicinanze,  scuole,  fabbriche  e  prelati)  provvedessero  le   chiese  di 


(i)  Archivio  storico  civico,  Registro  lettere  ducali,  1538-47,  fol.  33-36 
043,  V.  45.  Fu  pubblicata  dal  ¥ok^i's.^tiì\i  nel  Ducato  di  Milano,  Milano, 
1877,  p.  5i3  sgg. 

(2)  Perchè  ciascuno  potesse  consumare  gli  abiti  già  fatti,  dava  li- 
cenza di  adoperarli  fino  a  tutto  marzo.  Scaduto  il  termine  molti  cit- 
tadini di  Milano  e  di  fuori  chiesero  una  proroga,  per  evitare  una  forte 
spesa  nel  rinnovare  il  vestiario,  e  fu  concessa  fino  a  S.  Martino  (Ar- 
chivio stor.  civ.,  ibid.  i539,  3i  marzo).  —  Vedasi  in  Archivio  di  Stato, 
Araldica,  Provv.  gencr.,  una  curiosa  lettera  della  contessa  di  Lodrun, 
supplicante  il  Governatore  affinchè  una  sua  figliuola,  di  fresco  mari- 
tata, possa  portar  gli  abiti  fatti,  almeno  per  tutto  il  primo  anno  di 
matrimonio.  —  Molte  leggi,  in  questo  più  indulgenti,  esoneravano  le 
spose  per  un  anno  ;  cito  ad  esempio  quella  fondamentale  di  Lucca 
(1587)  in  Arclu  stor.  ital,  I,  X,  i3i  e  quella  di  Gubbio  (i566)  in  Bol- 
lettino della  R.  Deputazione  di  storia  patria  per  V  Umbria,  II,  296. 


54  Ll^    LLUGI    SUNTUARIE 


sedili  «  come  si  fa  in  molte  parti  del  mondo,  non  solo  per  evitare 
«  il  passeggio,  ma  perche  le  persone  stiano  più  comode  »  proi- 
biva il  conversare  con  monache  nei  monasteri  o  mandar  loro 
lettere  ed  ambasciatori,  altro  degli  abusi  comunissimi  avanti  il 
Concilio  di  Trento.  Si  occupava  in  seguito  dell'eccessivo  lusso  nei 
conviti  con  disposizioni  anch'esse  ripetute  nella  prammatica  se- 
guente (i). 

La  prima  legge  suntuaria  compilata  dalle  autorità    milanesi 
è  del  21    novembre  i565.  Il  Senato,  per  ordine  del  Governatore, 
invitò  il  Tribunale  di  Provvisione  a  provvedere  contro  le   spese 
immodcrate,  il  supremo  Magistrato  della  Città  passò  la  proposta 
al  Consiglio  generale  che  nominò,  a  quell'uopo,  una  Giunta  com- 
posta di  alcuni  Decurioni  e  Senatori  (2).  Ne  uscì  una  prammatica 
piuttosto  minuziosa  e  severa,  l'unica  che  possa    reggere    al    con- 
fronto con  quelle  delle  altre  città.  Essa,  secondo   l'uso,   contiene 
disposizioni  separate  per  gli  uomini,  per  le  donne  nobili,   per   le 
borghesi,  per  le  cortigiane,  pei  contadini  ed  i  forestieri  :  si  occupa 
di  conviti,  di  battesimi,  di  funerali.  Agli  uomini  si  vieta  qualun- 
que abito  (vesti,   sagli,   cappe,   giupponi,   calze,    berettc,   cappelli) 
.  di  stoffe  conteste  con  oro  ed  argento,  ogni  ornamento  dispendioso, 
specialmente  bottoni  d'oro,  o  di  cristallo  con  oro  ed   argento,  o 
con  perle  o  con  gioie,  ricami,  passamani,  toilette  e  frange  d'oro, 
argento  e  seta:  nelle  guarnizioni  non  si  deve    impiegare    più    di 
1    un  quarto  del  drappo  impiegato  nell'abito.  Si  bandiscono  gli  abiti 
/    frappati  o  frastagliati,  non  solo  nell'uso  comune,  ma  anche  nelle 
^  mascherate,  le  livree  di  seta  con  ricami  o  con   più   di   una   lista 
:'  di  guarnizione,  e  nello  stesso  tempo  si  vieta  di  condur  seco   più 
<ii  sei  servitori  o  staffieri  o  paggi.  Proibite  le  gualdrappe  di  vel- 
.  luto  o  seta,  i  fornimenti  da  cavallo  o  da    muli    ricam.ati    o    con 
ferramenta  lavorate  alla  gemma,  genere  di  lavoro  bandito  anche 
dalle  spade,  pugnali  £  corregge:  proibito  infine  di  vestir  servitori 


(1)  È  in  un  opuscolo  a  stampa  del  i58i    contenente  prammatiche 
di  vari  paesi:  Arch.  stor.  civ.,  Materie,  cari.  41. 

(2)  Arch.  stor.  civ.,  Dicasteri,  Cameretta,  3i  maggio  1564,  cart.   109. 


E    LA    DECADENZA    DELl' INDUSTRIA    IN    MILANO     l565-I75o  55 

in  occasione  di  sposalizi,  sì  dal  canto  dello  sposo  come  da  quello 
della  sposa  (i).  Alle  donne  ugual  divieto  delle  stoffe  d'oro,  dei 
guarnimenti  a  ricamo  o  passamano,  dei  bottoni  e  rosette  o  altra 
cosa  preziosa:  proibita  la  coda,  le  fodere  di  zibellino,  ermellino 
o  lupo  cerviero:  proibito  portar  berretta  o  cappello  se  non  in 
caso  di  pioggia  o  di  malattia  (2),  ogni  lavoro  d'oro  o  d'argento 
sulla  tela  o  seta,  ed  i  retegini  per  camicie  (3).  Quanto  alle  gioie, 
salvo  tre  anelli,  non  si  porti  alcun  vezzo  od  ornamento  prezioso 
sul  capo,  sulle  maniglie,  sulle  teste  0  collari  de  sibillini,  sui  ma- 
nichi di  ventagli:  non  cinte,  non  corone  o  braccialetti  di  pasta 
d'ambra  o  muschio  od  altri  profumi,  non  collane  d'oro  oltre  il 
valore  di  cento  scudi:  escluso  del  tutto  lo  smalto.  Proibito  vestir 
di  seta  le  donzelle  e  condurne  più  di  due,  oltre  una  donna  di 
governo.  Le  carrette  e  i  cocchi,  le  lettighe  e  le  carroccie  non 
possano  essere  dorate  od  argentate,  ne  intagliate,  né  sforate,  salvo 
i  pomi  e  gli  stemmi;  le  coperte  sian  solo  di  panno  guarnite  di 
seta  semplice  senza  oro  ne  argento.  Agli  artefici,  bottegai  e  lavora- 
tori in  genere  vietata  anche  la  seta  ed  ogni  ornamento  d'oro,  fuor- 
ché una  collana  di  non  più  che  venticinque  scudi;  solo  agli  uomini 
permesso  il  giuppone  di  seta  e  le  calze  di  lana   foderate    di   zen- 


(1)  Il  vestir  servi  ed  amici  in  occasion  di  feste,  il  più  sovente  colla 
propria  divisa,  era  uso  antico  :  ne  troviamo  esempi  del  sec.  XV  in 
Merkel,  Come  vestivano  gli  uomini  del  Decameron,  nei  Rendiconti  del- 
l'Accademia dei  Lincei,  V,  VI,  38i. 

(2)  Questa  curiosa  disposizione  è  ripetuta  in  varie  leggi  sincrone. 
Nel  cinquecento  il  cappello  è  ancor  raro  per  le  donne.  Agli  scufiftotti 
e  alle  graziose  crespine  (Cfr.  il  mio  citato  lavoro  in  Arch.  stor.  lom- 
bardo, XXV,  34)  è  subentrato  il  velo,  divenuto  d'  uso  comunissimo  in 
tutta  Italia,  come  ci  dimostrano  le  figure  del  Vecellio  e  del  Bestelli, 
appuntato  sull'occipite  e  pendente  lungo  il  dorso  fino  a  terra:  la  legge 
eugubina  anzi  lo  impone:  Boll.  R.  Depitt.  di  storia  patria  per  V  Um- 
bria, II,  899. 

(3)  Non  ho  potuto  in  alcuna  delle  leggi  suntuarie  da  me  esaminate 
trovar  notizia  di  questi  retegini  o,  come  io  credo,  reticelli.  Mi  sembra 
però  vederne  un  esempio  nel  ritratto  di  Eleonora  di  Tolec^o  del  Bron- 
zino, in  MiiNTz,  Histoire  de  l'art  pendant  la  Renaissance,  Paris,  1891, 
111,  207. 


56  li:   ii.iu.i   SI  NI  I  \ini: 

Jalc:  alle  cortigiane  imposta  la  più  rigorosa  semplicità,  il  solito 
panno  bianco  in  capo  (i)  ed  una  cinta  rossa:  non  possano  valersi 
ili  vettura  nò  condur  paggi,  l  forestieri  esonerati  dall'osservanza 
di  tutte  le  disposizioni  pei  primi  sei  mesi  di  loro  permanenza  in 
città.  Dai  banchetti  (e  banchetto  s'intende  quando  seggano  n 
mensa  più  di  otto  invitati)  esclusi  pavoni,  fagiani,  polli  d'india 
o  pollastri  novelli  in  inverno,  porci  selvatici,  caprioli,  camosci: 
escluse  le  galantine,  i  bianchi  mangiari  {2) y  le  genestrate,  i  lavori 
di  pasta:  non  si  servano  più  di  due  portale  di  carni  e  di  torte 
e  la  collatione:  proibito  in  tempo  di  carne  dar  pesce  e  in  tempo 
di  pesce  carne  (3):  esclusi  i  canditi,  le  confezioni  e  sopratutto  le 
figure,  le  pitture,  le  intagliature,  le  indorature,  le  banderuole  e 
tutte  le  -òXtxQ  frascarie  ritrovate  dagli  scalchi.  Nei  battesimi  non 
si  diano  rinfreschi,  collationi  né  doni  dai  compari  alle  comari, 
non  si  facciano  visite  numerose  alle  puerpere:  in  occasion  di  lutto 
solo  il  padre,  la  madre,  i  figliuoli,  la  moglie,  i  fratelli  e  le  sorelle 
possan  portare  gramaglie:  vietato  vestire  a  lutto  i  servitori,  co- 
prire la  casa  di  panni  neri,  se  non  alla  porta  per  un  poco  di  se- 
gno, e  far  suonare  le  campane  del  Duomo  (4).  Le  pene,  oltre  la 
perdita  della  roba,  importano  una  somma  dì  danaro  variante  fra 
i  venticinque  e  i  cinquanta  scudi:  ai  recidivi  il  doppio  e,  se   oc- 


(i)  V.  il  mio  cit.  lavoro,  Arch.  stor.  loinb.,  XXV,  69. 

(2)  \\  bianco  mangiare  era  una  salsa  densa  fatta  con  farina  di  riso, 
latte,  zucchero  e  acqua  di  rosa,  il  tutto  cotto  insieme,  oppure  di  man- 
dorle peste,  mollica  di  pane,  acqua  rosata,  brodo,  zucchero,  agro  di  li- 
mone, zenzevero,  tutto  mescolato  e  passato  per  setaccio:  in  esso  si 
faceva  cuocere  la  polpa  dei  capponi  allessi  :  Messisbugo,  Libro  nuovo 
nel  quale  s' insegna  il  modo  di  ordinar  banchetti ,  Venezia,  1664,  p.  33, 

(3)  Contro,  cioè,  Y  uso  antico  di  alternare  i  servizi  di  magro  a  quelli 
di  grasso,  V.  il  ntPMu  umoristico  anonimo  del  secolo  XV,  pubblicato 
da  Luca  Beltrami,  per  nozze  Bazzero-Borromeo,  Milano,  1889. 

(4)  In  altre  leggi  troviamo  usi  funerari  diversi  :  P'aenza  (1574)  proi- 
biva afìEìggere  armi  sui  muri  delle  strade  e  delle  chiese.  (Cfr.  gli  scuta 
funerarii  del  sec.  XV,  Arch.  stor.  lomb.,  XXV,  70),  e  il  distribuire  veli 
alle  donne  e  berrette  agli  uomini  nelle  esequie  :  Chinassi,  o,p.  cit.,  176. 
Bologna  {i565)  "  l'attaccare  cassoni,  ovvero  depositi  de  veluto  alle  mu- 
raglie delle  chiese  „,  Arch.  stor.  civ..  Materie,  41. 


E    LA    DECADENZA    DELl' INDUSTRIA    IN    MILANO     iSÓS-iyDO  DJ 

corre,  la  corda  e  la   fustigazione.    I    sarti    contravventori    vanno 
anche  soggetti  al  bando  e  alla  galera. 


Nulla  c'insegna  c]uesta  legge  intorno  alle  foggie  degli  abiti, 
ma,  per  compenso,  non  mancano  alcuni  particolari  interessanti 
l'ornamento  esteriore.  Col  secolo  decimosesto  va  cessando  la  ma- 
nia di  sovraccaricare  le  vesti  d'ornamenti  posticci  (i):  le  guarni- 
zioni, fra  le  quali  il  passamano  occupa  il  primo  posto,  assumono 
maggior  stabilità  e  pregio  artistico.  In  tal  genere  di  lavori  le 
fabbriche  di  Milano  avevano  il  primato:  «  si  eccedeva  nelle  guar- 
«  nizioni  »  scrive  l'anonimo  guardarobiere  del  Duca  di  Savoia  (2), 
«  che  invece  di  farle  colla  semplicità  descritta,  si  componevano 
«  con  diverse  pistagne  ritorte,  cadeniglie,  granducciati,  ricciature, 
«  che  tutt'ora  si  inventano  leggiadrissimamente  in  Milano,  che, 
«  sebbene  non  v'entri  oro,  sono  di  molta  spesa  (3)  ».  Lo  sfarzo 
di  siffatti  ornamenti  veniva  reso  necessario  dall'uso  di  traforare 
e  frastagliare  le  vesti,  contro  il  quale  la  legge  presente,  al  pari 
delle  antiche,  scaglia  i'suoi  strali.  I  tagli  assumono  in  quest'e- 
poca una  forma  bizzarra  ed  elegante:  gli  uomini  portan  tagliati 


(i)  Cfr.  il  mio  lavoro  in  Ardi.  stor.  lomb.,  XXV,  i3. 

(2)  Le  ore  oHose  del  vestir  civile  e  secondo  fuso  di  Corte,  pubblicato 
da  A.  M.  (Alberto  Manno)  in  Curiosità  e  ricerche  di  storia  subalpina,  II, 
i55  (principio  del  sec.  XVII). 

(3)  Copiosi  esempi  di  guarnizioni  per  abito  d'  uomo  troviamo,  ol- 
treché nell'opuscolo  citato,  p.  i5i,  i54,  157,  nell' inventario  di  Sini- 
baldo  Fiaschi,  del  i532:  predominano  le  liste,  anche  frastagliate  e  tra- 
forate di  velluto,  i  ricami  di  cordicelle  (cordati)  a  passamano,  di  seta 
o  d'oro,  nerveti  di  raso,  balzane  a  ricamo:  Manno,  Arredi  ed  armi  di 
Sinibaldo  Fieschi,  in  Atti  della  Società  ligure  di  storia  patria,  X,  p.  716. 
Per  donna  nel  corredo  d'Isabella  di  Savoja,  del  1608,  pure  pubblicato 
dal  Manno  in  Curiosità  e  rie.  di  st.  subalp.,  II,  162.  Svariati  esempi  di 
passamani  in  quello  di  Maria  Borbone  (1625)  pubblicato  da  V.  Promis 
in  Miscellanea  di  storia  italiana,  XIX,  226. 


58  LE    LEGlil       I  MI  AKli: 


i  giubboni,  i  calzoni,  le  calze,  la  berretta,  perfino  i  guanti  (i): 
le  donne  si  sbizzarriscono  nel  busto  e  più  nelle  maniche,  specie 
in  quelle  lunghe,  aperte  e  pendenti  fino  a  terra  della  \imarra  o 
sopravveste,  sotto  alle  quali  spunta  la  manica  della  veste,  anch'essa 
tagliuzzata  o  traforata  a  punti,  a  crocette,  a  forellini  ovali ,  op- 
pure con  un  lungo  taglio  sul  davanti  legato  con  cordelle  d'oro  (2). 
—  Un'altra  caratteristica  nuova  sono  le  collane  e  le  bottoniere. 
Le  prime,  sfarzosissime,  soppiantarono  i  più  modesti  paternostri 
del  quattrocento:  le  dame  ne  portavano  una  o  più  al  collo,  d'oro  fl 
massiccio,  fatte  ad  anelli  o  a  piastre,  pendenti  sul  petto:  un'altra,  a  ' 
guisa  di  cintura,  con  un  lungo  pendaglio  sul  davanti,  a  cui  usa- 
vasi  attaccare  per  la  testa  uno  zibellino,  quando,  per  vezzo,  non 
lo  si  portava  in  mano  (3).  Pur  delle  bottoniere  d'oro,  e  più  tardi 
anche  di  cristallo,  si  faceva  un  grande  abuso:  si  disponevano  in 
varie  file  sui  busti  e  sulle  maniche,  si  degli  uomini  come  delle 
donne,  sui  calzoni,  cucite  su  larghe  striscie  ricamate,  sul  dorso 
dei  mantelli,  o  in  doppia  fila  sul  davanti  della  zimarra  femminile, 
aperta,  di  solito,  dal  busto  in  giù  (4).  —  Per  la  prima  volta  la 
prammatica  si  occupa  di  un  abuso,  fomentato  dalla  boria  spa- 
gnolesca, che  vedremo  più  innanzi  combattuto  anche  con  mag- 
gior energia,  quello  del  servidorame:  non  solo  essa  colpisce  il  lusso 
delle  livree,  ma  il  numero  eccessivo  di  servi  o  paggi  da  cui  i 
ricchi  facevansi  seguire:  così  mentre  l'etichetta  spagnuola  impo- 
neva ai  nobili  una  numerosa  schiera  di  servi,  ingrossata  sempre 


(1)  Lettera  di  G.  G.  Caroldo,  descrivente  l' ingresso  del  Re  di  Fran- 
cia in  Milano  :  "  il  Re  aveva  guanti  in  mano  et  anelli  che  parevano 
fuori  de' guanti  che  erano  tagliati,,:  Arch.  stor.  lomb.,  XV,  69. 

(2)  Numerosi  esempi  ce  ne  danno  il  Vecellio,  Abiti  antichi  et  mo- 
derni di  tutto  il  mondo,  Venezia  1590^  p.  64,  74,  78,  124,  170,  172,  189, 
201,  2o3,  21 5  e  Bestelli,  Diversarum  natiomim  habitus,  voi.  I  (Padova 
1594),  p.  9,  12,  19,  23,  24. 

(3)  Vecellio,  op.  cit.,  i58  e  p.  74;  cfr.  legge  eugubina,  iSóó,  nel  ci- 
tato Bollettino,  11,296  e  (i583)  3oo;  legge  di  Faenza,  Ghlxassi,  op.  cit., 
372;  di  Bologna  {i565) ,  Archivio  storico  civ.,  Materie,  41;  Bestelli, 
op.  cit.,  I,  21. 

(4)  Vecellio,  op.  cit.,  160,  167,  170,  i83,  186,  191. 


E    LA    DFX.ADENZA    DELl'  INDUSTRIA    IN    MILANO     i56d-IJ5o  5g 


più  colle  eredità  (i),  non  si  permetteva,  curiosa  contraddizione, 
di  farne  mostra.  —  Le  carrozze,  sostituite  alle  antiche  carrette 
a  cassa  fissa,  le  lettighe  e  le  portantine  erano  ormai  oggetto  non 
solo  di  lusso,  ma  di  un  folle  sfarzo:  le  prime  specialmente  anda- 
vano assumxcndo  forme  e  dimensioni  monumentali.  —  Anche  le 
prescrizioni  relative  ai  banchetti  rilevano  qualche  novità.  Il  gu- 
sto barbaro  del  medioevo,  pel  quale  i  conviti  erano  un  disordinato 
avvicendarsi  di  vivande,  che  si  facevan  succedere  le  une  alle  al- 
tre col  solo  criterio  di  ostentare  la  ricchezza  del  padrone  di  casa, 
si  è  andata  raffinando  e  questa,  dirò  così,  più  fine  educazione 
del  palato  si  manifesta  in  una  più  ragionevole  disposizione  dei 
cibi  (si  comincia  infatti  ad  aprire  il  pranzo  cogli  antipasti  e  a 
chiuderlo  col  dessert)  e,  sopratutto,  nell'abuso  dei  dolciumi:  col 
cinquecento  comincia  il  trionfo  dello  zucchero:  s'inzucchera  l'ar- 
rosto, la  selvaggina,  il  pesce,  la  zuppa,  i  maccheroni  (2);  il  pranzo 
si  chiude  con  un  servizio  di  confe:{ioni  che  fa  gustare  i  più  sva- 
riati prodotti  della  novella  industria,  e  confezioni  dì  nuovo  si  ri- 
presentano nella  collatione,  cioè  nel  rinfresco  serale,  che  tien  sem- 
pre dietro  a  qualunque  pranzo  di  qualche  rilievo  (3).  Non  con- 
tenti di  deliziare  il  palato  collo  zucchero,  si  voleva  deliziarne 
anche  la  vista  con  grandi  statue  zuccherine  rappresentanti  per- 
sonaggi mitologici,  castelli,  colonne,  di  cui  il  Reale  (p.  48,  49,  5o,  66) 
e  il  Messisbugo  (p.  i  e  3)  ci  forniscono  curiosissimi  esempi:  «Tre 
«  statue  di  zucchero  (sulla  tavola),  il  cinghiale  di  Meleagro  con  la 
<(  frezza  in  petto,  un  camello  con  un  re  mago  sopra  :  un  elefante 
'(  con  un  castello  sulla  schiena  pieno  di  uomini  armati  »  —  «  quin- 
«  dici  figure  di  zucchero  di  grandezza  tre  palmi:  cinque  di  Venere, 
«  cinque  di  Bacco,  cinque  di  Cupido,  dorate  tutte  in  parte  e  dipinte 
"  molto  artificiosamente  »   —  «  fii^ure  di  zucchero  raffiguranti  le 


(1)  Baudrillart,  Hist.  du  liixe,  IV,  226. 

(2)  Messisbugo,  op.  cii.,  p.  2;  Aggiiinia  fatta  al  "Trinciante  „  del 
Cervio,  dal  Cav.  Reale  P'usoritto  da  Narni,  trinciante  delV  111.  S.  Car- 
dinale MontaltOy  Venezia,  1598:  (v.  il  banchetto  per  le  nozze  del 
Principe  di  Mantova,  p.  48). 

(3)  Messisbugo,  op.  cit.,  p.  8  e  i3. 


()0  LE    LEGtjl    M  N  I  i  A  un: 


«  forze  d'Ercole  quando  vinse  il  leone  ».  Altre  figure  erano  di  pa- 
sta reale  o  di  marzapane:  «  tre  statue  grandi  di  pasta  di  marzapane 
«  di  altezza  tre  palmi  l'una:  Tuna  il  cavallo  del  Campidoglio,  Tal- 
.  ira  1111  Ercole  col  leone  e  l'altra  un  alicorno  col  corno  in  bocca 
«  al  drago  »  —  «  tre  castelli  di  pasta  reale  pieni  di  gigli  azzurri 
«  e  con  aquila  grande  negra  nel  mezzo  e  fuoco  artificiato  nei  quat- 
«  tro  baluardi  che  rendeva  suavissimo  odore  a  tutta  la  sala  »  — 
«  castelli  che  tiravano  tiri  e  uscivano  fuori  conigli  profumati  con 
•<  li  coralli  alli  piedi  et  sonagliere  al  collo  ».  Mille  altre  frascarie 
inventavano  gli  scalchi  per  presentare  le  vivande:  diamo  ancora 
la  parola  alle  nostre  due  preziose  fonti:  «  insalate  grandi  lavo- 
«  rate  di  rilievo  con  diverse  fantasie  di  animali  fatte  di  cedro, 
«  castelli  di  rape,  muraglie  di  limoni  »  —  «  pasticci  di  selvaggine 
<(  a  modo  di  leoni  »  —  «  pavoni  bianchi  rivestiti  adorni  delle 
«(  loro  code  e  pieni  di  fettuccie  di  diversi  colori  con  confetti  lun- 
«  ghi,  adorati,  a  modo  di  puntali,  che  pendevano  da  per  tutto 
«  dalli  pavoni  »  —  «  un  pasticcio  con  un  putto  dentro....  vestito 
K  d'una  veste  di  taffetano  rossa,  che  uscendo  fuori  ridendo  pre- 
«  sentava  a  tutti  li  convitati  un  ricchissimo  para  di  guanti  d'  am- 
«  bra  per  uno,  de  scudi  venticinque  il  paro  »  e  qui  l'autore  an- 
nota: «  potrà  anche  presentare  una  cagnolina  per  una  alle  dame». 
L'apparecchio  della  tavola  era  divenuto  una  scienza,  colla  sua 
letteratura  (i):  uno  studio  ed  una  abilità  singolare  occorrevano 
alla  piegatura  delle  salviette:  il  Reale  così  disponeva  per  le  nozze 
di  Marcantonio  Colonna  colla  principessa  Orsini  Peretti,  nipote 
dì  Sisto  IV:  «  In  cima  di  ciascheduna  posata  dei  ?S.  Cardinali 
«  vi  sarà  un  arco  fatto  di  salviette  a  spina  pesce  alto  tre  palmi 
«  che  posi  sopra  due  mezzi  cedri  lavorati  uno  di  qua,  l'altro  di  là 
«  della  posata  :  e  in  cima  a  ciascuno  arco  vi  sarà  un  pupazzo  fatto 
«  di  pasta  di  marzapane....  che  tenghi  in   mano  l'arme  del  Car- 


(i)  V.  per  esempio  i  consigli  del  Reale,  a  p.  5o  v.  :  *'  II  modo  di 
fare  un  bellissimo  apparecchio....  con  un  bellissimo  giardino  e  peschiera 
sotto  al  detto  apparecchio  „  :  a  prepararlo  occorreva  il  giardiniere,  il 
falegname,  il  fabbro,  ecc.  V.  anche  p.  5io,  Sto,  65. 


I 


E    LA    DECADENZA    DELL'INDUSTRIA    IN    MILANO     iSÓS-iyDO  6l 


«  dinaie»  e  altrove  suggeriva:  «piegatura  di  tovaglie  e  salviette.... 
«  con  un  trionfo  grande  a  modo  di  quelli  tabernacoli  che  oggi 
«  si  vedono  in  quei  bei  tempii  di  Roma,  con  archi  trionfanti, 
«  elefanti,  camelli,  leoni,  cavalli,  grue,  pavoni....  ninfe,  pastori.... 


«  colonne....  guglie  ». 


* 
*  * 


Quantunque  le  leggi  suntuarie  rispondessero  ad  un  concetto 
comune  sulla  funzione  morale  dello  Stato,  esse  trovavano  opposi- 
tori non  solo  negli  artefici,  di  cui  danneggiavano  gli  interessi, 
ma  anche  nei  cittadini.  Molte  di  esse  furono  pubblicate,  ma  nes- 
sun editore,  ch'io  sappia,  accenna  al  modo  con  cui  venivano  ac- 
colte: solo  nel  Gassa  ne  troviamo  un  esempio,  senza  che  però  vi 
siano  espresse  le  ragioni.  A  Brescia  nel  i536  si  formò  un  sinda- 
cato di  cittadini  per  opporsi  alla  prammatica,  si  pubblicò  un  pro- 
clama,, si  preparò  una  ambasciata  alla  Signoria  di  Venezia,  oppo- 
sizioni che  l'autorità  giudicò  scandalose  e  fece  tacere  con  rigore  (i). 
A  Milano  protestarono  questa  volta  i  mercanti,  i  lavoratori  d'oro 
e  seta  ed  i  ricamatori,  con  argomenti  che  mi  astengo  per  ora  dal 
prendere  in  esame  perchè  ritorneranno  innanzi  più  completi.  I 
lavoratori  d'oro  più  che  altri  avevan  ragione  di  temere  ove  que- 
sta legge  fosse  rigidamente  applicata,  giacche  Milano  era  prima 
in  Italia  per  la  manifattura  delle  stoffe  d'oro  e  d'argento,  che 
per  tutto  il  secolo  XVI  e  buon  tratto  del  XVII  smerciò  in  gran 
parte  sul  mercato  francese,  e  unica  nella  filatura  dell'oro  (2),  che, 
sola,  spacciava  in  Francia  (3).  Di  sommo  interesse  per  noi  è  però  una 
protesta  anonima  del  i566,  conservata  nell'archivio  di  Stato  (4). 
Cominciava  l'autore  coll'attribuire  un'alta  funzione  educativa  al 


(1)  Op.  cit.,  146-153. 

(2)  PoiRsoN,  Histoire  du  règne  d^ Henry  JF^,   Paris,  i865,  III,  277. 

(3)  Levasseur,  Histoire  des  ciasscs  oiivricres  en  France,  Paris,  1859, 
II,  2D6. 

(4)  Araldica,  Lusso,  Provvidenze  generali. 


.Gì    SUNTUARIE 


lusso  delle  vcstimenta  :  «piamente  parlando,  si  potrebbe  dire  che, 
«  come  quelli  che  più  sanno,  speculando  le  quasi  divine  opere  della 
«  natura  vengono  in  qualche  condizione  dell'eccellenza  del  grande 
«  Iddio....  così  quelli  che  sanno  meno,  passando  col  pensiero  tra  le 
«  meraviglie  dell'arte,  si  alzano  in  qualche  modo  alla   considera- 
«  zione  della  grande  sapienza  di  Dio  che  infonde  tal  sapienza  nclli 
«  huomini....  nel  veder  la  maestà  che  le  ricche  vestimenta  ed  i  ric- 
«  chi  apparati  aggiungono  qua  giù  in  terra  ».  Il  primo  argomento 
è  per  vero  dire  stiracchiato,  ma  udiamo  gli  altri.  La  prammatica, 
dice   l'anonimo  inspirandosi  alla  preoccupazione,  generale  allora, 
di  ritenere  il  danaro  in  paese,  può  essere  utile  in  quelle  città  ove 
per  comprare  il  vestire  convien  mandar  il   danaro   altrove,    non 
in  Milano  ove  molto  si  fabbrica,  e  non  solo  vi   resta  la  moneta, 
ma  vi  entra  anche  quella  del  forestiero:  se   il   lusso   fosse   tanto 
dannoso,  la  nostra  città  avrebbe  dovuto   essere   già   rovinata   da 
un  pezzo  e  invece  si  va  sempre  ingrandendo:  essa  produce   mol- 
tissimo, specialmente  in  merci  inerenti  al  vestire,  non  fu  mai  le- 
gata da  prammatiche,  e  perciò  patirebbe  assai  più  delle  città  nate 
colla  prammatica  in  capo.  Nò  si  dica  che  la  libertà  nuoce  ai  pri- 
vati: appunto  perchè  è  libertà  non    può    nuocere:    non    è   dalla 
libertà  che  nasce  l'abuso,  ma  dall'ambizione  e  l'ambizione  è   un 
atto  della  volontà,   la   quale    «  né   da   alcuna    lege   ne   da    alcun 
«  mancamento  de  lege  può   essere    violentata  »  :    se    quest'  uso    è 
buono  la  legge  non  c'entra,  se  è  cattivo,  poiché  nasce  dalla   vo- 
lontà, la  gente  sa  e  deve  regolare  da  sé  le  cose  proprie.  La  gran- 
dezza di  Milano  consiste  nella   industria:  qui    non  miniere,   non 
materie  prime;  tolta  l'industria  tutto  finirà  ;  perciò  sempre  furon 
privilegiate  le  arti  e  si  cercò  sempre  di  attirarne  di   nuove:  qui 
per  la  prima  volta  fu  introdotta  la  filatura  degli  ori  e  degli  ar- 
genti, di  industria  vive  un   terzo   della    popolazione:   esuleranno 
gli  artefici,  si  dissolveranno  i  capitali.  Se  poi    colla    prammatica 
si  mira  a  mantenere  le  distinzione  tra  nobili  ed  ignobili,  vai  forse 
la  pena  di  compromettere,  per  questa  ubbia,  tanti  interessi?  Non 
le  vesti  ma  le  virtù  devono   distinguere   gli    uomini.   //  lusso   è 
morale,  poiché  il  desiderio  di  vestir  bene  tiene   alto   il   prestigio 


I 


E    LA    DtXADENZA    DELL    INDUSTRL\    IN    MILANO    I^b^-IJDO  b? 

dell'industria:  i  giovani  sviati  mentre  pensano  a  vestirsi  non 
pensano  ad  adulterii,  omicidi  e  tradimenti:  dal  libero  e  diverso 
vestire  si  conosce  facilmente  quali  uomini  sono  savii  e  quali  di 
poco  conto:  la  prammatica  è  dannosa  perchè  fomenterà  l'ozio, 
farà  scemare  la  popolazione,  diminuirà  le  entrate  del  Principe.  — 
Questo  linguaggio,  in  pieno  secolo  XVI,  in  aperto  contrasto  con 
tutte  le  idee  morali  ed  economiche  del  tempo,  non  può  non  col- 
pirci: sembrano  pensieri  di  un  moderno:  infatti  il  concetto  fon- 
damentale che  informa  tutta  la  scrittura  è  questo:  il  sistema 
regolamentare  che  crede  arrestare  il  lusso  colle  proibizioni,  non 
è  né  legittimo  né  efficace:  gli  abusi  di  tal  genere  vanno  abban- 
donati alla  giustizia  che  si  fa  dalla  coscienza  e  dalla  opinione. 
La  protesta  dell'anonimo  ci  dimostra  che,  in  quella  ardente  que- 
stione del  lusso  si  facevano  strada,  presso  gli  spiriti  spregiudicati, 
alcune  di  quelle  idee  che,  solo  dopo  due  secoli,  hanno  potuto  do- 
vunque trionfare. 


II.  —  È  strano  che,  mentre  le  leggi  suntuarie  trovavano  in 
Milano  più  oppositori  che  fautori,  proprio  la  Città,  almeno  fino  al 
1(523,  sollecitasse  dal  Re  l'ordine  di  compilarle.  Proprio  dalla  Città 
confessa  il  Re  nel  i58i  d'aver  ricevuto  un  memoriale  contenente 
una  severa  censura  del  lusso.  L'estremo  lusso,  diceva  quella, 
manda  in  rovina  le  famiglie,  ed  é  necessario  provvedere:  una 
buona  legge  su  questo  argomento  non  sarebbe  cosa  nuova,  già 
in  altri  tempi,  vi  pensarono  gli  statuti  e  le  leggi  municipali.  — 
Queste  parole  ci  dimostrano  quale  effetto  abbia  avuto  la 
rigorosa  prammatica  del  i565;  non  se  ne  ricordavano  più  e  an- 
davan  ricercando  i  precedenti  negli  statuti  municipali.  —  La 
prammatica,  continuavano,  é  cosa  santa,  perché  l'emulazion  nel 
vestire  genera  odii,  discordie,  rovine  entro  le  domestiche  mura 
tra  mariti  e  mogli,  tra  padri  e  figli,  mentre  questi  i  padri,  quelle 
i  mariti  costringono  a  spendere  più  del  convenevole:  le  fanciulle 
restan  zitelle,  sì  perchè  i  padri,  impoveriti,  non  danno  dote,  sì  perchè 
i  giovani  si  spaventano  per  le  spese:  quelle  che  trovano  ad  allo- 


LE  LEGGI  SU NTL  AH  li- 


barsi consumano,  se  c'è,  la  dote,  fino  a  che,  impotenti  a  mante- 
nere il  decoro  in  città,  sono  costrette  a  ritirarsi  in  villa;  cosi  la 
città  si  spopola  e  i  figli  crescono  zotici  ed  ignoranti,  perchè  in 
villa  non  possono  imparare  le  buone  crcan:[e  et  le  politie.  M(jlti 
s'inducono  a  prender  denari  ad  usura  o  stofle  a  credenza,  pagan- 
dole il  doppio:  i  mercanti  spesso  non  son  pagati  e  falliscono, 
onde  gran  parte  delle  facoltà  dei  cittadini  vanno  a  linir  nelle 
mani  dei  sudditi  veneziani,  i  quali,  per  non  ammettere  l'abuso 
dello  spendere,  son  ricchi.  Di  più  i  cittadini,  costretti  a  sprecar 
nelle  pompe,  trascurano  l'agricoltura,  e  scema  il  reddito  delle  terre. 
Non  si  osteggi  la  prammatica  per  timore  di  danno  ai  dazi  reali; 
non  vi  sarà  danno  e,  se  ci  fosse,  il  Re  è  troppo  magnanimo  per 
anteporre  il  proprio  al  vantaggio  dei  sudditi:  non  danno,  ma 
utile  ne  proverrà,  perchè,  proibiti,  per  esempio,  gli  ori  lavorati 
e  i  drappi  preziosi,  crescerà  l'esportazione  e  con  essa  i  dazi  d'u- 
scita, e  co'  denari  ricavati  si  compreranno  merci  che  pagheranno 
invece  il  dazio  d'entrata;  né  temano  gli  artigiani:  essi  non  si 
mantengono  col  consumo  cittadino  ma  coli' estero,  tanto  è  vero 
che,  durante  l'ultima  peste,  proibita  l'uscita  delle  merci,  i  mer- 
canti e  gli  artigiani  fallirono,  sebbene  i  cittadini  continuassero 
nelle  solite  spese  (i).  —  E  un  quadro  del  tempo  non  privo  d'in- 
teresse, in  cui,  insieme  a  qualche  esagerazione,  non  mancano  ve- 
rità: cominciava  ora  appunto  la  decadenza  economica  di  Milano, 
e  molti  solo  nel  lusso  ne  vedevan  la  cagione.  Tuttavia  non  va 
data  troppa  importanza  a  queste  suppliche:  esse  erano  un  usp 
tradizionale:  una  al  Duca,  del  1490  circa (2),  porta  le  firme  di  di- 
ciannove cittadini  che  si  dicono:  «  nonnulli  fideles  inclite  domi- 
<^  nationis....  rempublicam  et  commune  bonum  alme....  Civitatis  Me- 
«  diolani  zelantes  »:  quella  del  i58i  non  porta  firme,  ma  è  assai 
probabile  sia  del  medesimo  genere  e  che  la  Città,  come  dice  il 
Re,  si  riduca  a  pochi  zelanti.  Infatti  il  Vicario  di  Provvisione, 
ricevuto  il  rescritto   reale,   coli' annesso    memoriale,    lo    passò    al 


(i)  Arch.  stor.  civ.,  Materie,  41  (a.  1584). 
(2)  Arch.  stor.  civ.,  Materie,  41. 


I 

I 


E    LA    Dr:CADENZA    DELL*  INDUSTRIA    IN    MILANO     IDÒD-iySo  65 

Consiglio  dei  sessanta  Decurioni,  i  quali  si  dichiararon  sì  disposti 
a  formare  una  nuova  prammatica,  ma  con  questo  relativamente 
savio  criterio:  «  che  ben  si  levasse  l'eccesso,  ma  però  anco  si  ri- 
«  tenesse  il  decoro  et  il  debito  splendore  della  città,  e  le  cose  si 
«  riducessero  a  tal  moderanza  che  né  le  arti  patissero  per  troppa 
«  stretczza,  né  restassero  senza  il  debito  freno  di  legge,  di  giu- 
«  stizia,  il  disordinato  gusto  e  le  immoderate  spese  (i)».  Il  Consi- 
glio, eletta  una  commissione  di  sei  membri,  invitò  alcuni  primari 
cittadini  a  esporre  il  loro  parere  intorno  alla  utilità  delle  leggi 
suntuarie  e  al  modo  migliore  per  formarle.  Tre  di  queste  rispo- 
ste (28-3o  giugno  i58i)  furono  conservate  (2),  tutte  ugualmente 
degne  d'esame.  Tommaso  d'Adda  lamentava  che  a  Milano  poco 
si  fosse  fatto  per  frenare  il  lusso,  ed  esser  quindi  necessario  inspi- 
rarsi agli  esempi  di  altre  città:  tuttavia,  sebbene  alcune  pramma- 
tiche e,  specialmente  quella  di  Venezia,  sembrino  al  tutto  com- 
plete, occorrerà  scegliere  con  giudizio  per  tener  conto  delle 
diverse,  condizioni  di  luogo  e  di  costumi:  ad  ogni  modo  non  si 
dimentichi  di  provvedere  al  numero  dei  cavalli  e  delle  carrocchie 
che  ora  si  vanno  introducendo  e  a  quello  stragrande  dei  servi- 
tori, anzi,  a  proposito  di  questo  nuovo  malanno,  si  faccia  in  modo 
che  la  servitù,  «  la  quale  al  presente  ci  mette  in  croce,  faccia  il 
debito  suo  coi  padroni  e  i  padroni  con  essa».  —  Più  liberale, 
Prospero  Crivelli  si  dichiara  poco  fiducioso  nelle  prammatiche: 
egli  ha  viaggiato  in  molte  parti  del  mondo,  e  l'esperienza  gli  ha 
dimostrato  che  questi  ordini  sono  buonissimi,  ma  inefficaci  per  la 
varietà  dei  tempi,  per  la  superbia  degli  uomini,  per  la  industria 
degli  artegiani  «  i  quali  con  nuove  invenzioni  cercano  il  loro 
vivere  ».  La  miglior  prammatica,  secondo  lui,  è  quella  di  S.  Gre- 
gorio romano,  che,  dopo  aver  stabilito  l'abito  del  Papa,  del  Ve- 
scovo e  del  Cardinale,  fissò  quello  del  gentiluomo  e  della  gentil- 
donna, e,  a  differenza  degli  altri  Principi,  i  quali  per  sostenere 
la  nobiltà  proibiscono  agli  ignobili  di  portar  vesti  di   lusso,    or- 


(i)  Arch.  stor.  civ.,  Materie,  41. 
(2)  Arch.  stor.  civ.,  Materie,  41. 

Arch.  Stor.  Lomb.  —  Anno  XXVII.  —  Tasc.   XXV. 


dinò  alla  nobiltà  un  vestire  modestissimo  e  lasciò  piena  libertà 
a  tutti  gli  altri,  comprese  le  meretrici.  Se  tal  partito  prevalesse, 
gli  ignobili  cercherebbero  imitare  l'abito  modesto  del  gentiluomo 
e  le  cortigiane  andrebbero  modeste  per  assomigliare  alle  gentil- 
donne. —  Il  Crivelli,  inspirandosi  al  concetto,  ben  antico,  di  Za- 
leuco,  espone  giudizi  affatto  simili  a  quelli  di  Montaigne,  il  quale, 
avversario  anch'esso  delle  leggi  suntuarie,  voleva  si  proibisse  il 
lusso  a  tutti  tranne  ai  cortigiani  e  ai  ciarlatani  (i). 

Né  a  questo  concetto  mancavan  fautori.  Il  3o  ottobre  del 
medesimo  anno  il  cittadino  lucchese  Niccola  Guinigi  presentava 
alle  autorità  un  memoriale  sul  «  Modo  da  ridurre  la  gente  dello 
«  Stato  di  Milano  a  Ivestimento  modesto (2)  ».  Stabilita  la  massima 
che  il  lusso  è  fomentato  dalla  emulazione  e  dal  desiderio,  comune 
fra  i  piccoli,  di  imitare  i  grandi  (3),  ei  conclude  che  ogni  abuso 
cesserà. quando  si  vieti  ai  feudatari  dello  Stato  di  portar  vesti  di 
seta  e  d'oro  o  d'argento,  sotto  gravissima  pena,  e  loro  si  concedano 
solo  abiti  di  rascia  (pannolano  nero)  o  di  altra  stoffa  di  lana  e 
seta,  l'uno  e  l'altro  di  fattura  semplicissima  senza  il  minimo 
ornamento.  E  siccome  è  giusto  che  pur  in  qualche  cosa  i  nobili 
si  distinguano  dagli  ignobili,  si  permetta  loro  di  portare,  vietan- 
dolo rigorosamente  a  chiunque  altro,  un  pennacchio  d'airone. 
Alle  cortigiane  sia  lecito  qualunque  cosa,  eccettuati  gli  abiti  di 
lana  (4).  Così  i  nobili,  dice  il  Guinigi,  saranno  contenti  di  distin- 
guersi con  poca  spesa  e  l'artigiano  cercherà  di  imitarli  per  non 
cadere  in  opinione  di  poco  onesto. 


(1)  Essats,  III,  9;-cfr.  Baudrillart,  Hisf.  du  luxe,  III,  669-674. 

(2)  Arch.  di  Stato,  Araldica,  Lusso,  Provv.  gen. 

(3)  II  nostro  poeta-pittore  Lomazzo  così  lamentava,  scherzando  sulla 
prammatica:  "  N'hoia  vist  on  ofTellee  —  che  anca  lu  porta  medaj  (sulla 
berretta)  —  beugnarav  mettegh  su  i  taj  —  a  costor  che  fan  sti  spes 
—  e  no  fa  che  fina  i  sces  —  sien  sotta  al  portegaa  —  e  ved  caa  mezz 
ruinaa  —  senza  avegh  de  compassion  „  :  Collezione  delle  migliori  opere 
scritte  in  dialetto  milanese,  Milano,  1816,  I,  21. 

{4)  Regola  appunto  osservata  in  Lucca,  nella  legge  del  i587  ;  Ar- 
chivio stor.  itai,  I,  X,  i3i. 


E    LA    DECADENZA    DELL'  INDUSTRIA    IN    MILANO     IDÓS-iySo  67 


Più  curiosa  è  la  lettera  di  Giovanni  Angelo  Trivulzio,  reazio- 
nario e  suntiiarista  per  eccellenza.  Egli  si  perde  in  minuti  parti- 
colari, di  cui  non  terrei  conto  se  non  mi  porgessero  l'opportu- 
nità di  qualche  utile  spigolatura  intorno  al  costume.  Prendendo 
le  mosse  dalle  fanciulle  da  marito,  il  Trivulzio,  tinto  del  pregiu- 
dizio di  casta,  vuole  una  differenza  tra  le  figlie  degli  ignobili  e 
quelle  dei  nobili,  escludendo,  per  di  più,  dalla  nobiltà  chiunque 
eserciti  o  faccia  esercitare  qualche  industria,  tenga  o  faccia  tenere 
qualche  fondaco  o  bottega  (i):  alle  prime  vuol  proibito  del  tutto  l'uso 
della  seta  e  delle  gioie,  colle  seconde  è  più  largo  e  tollera  abiti  di  or- 
mesino,  purché  siano  solii  (lisci)  e  non  tagliati,  e,  alle  donne,  una 
veste  di  broccato:  i  mercanti  di  lana  e  di  seta  possano  pur  fare 
alle  loro  mogli  una  veste  di  lusso,  ma  solo  col  permesso  ottenuto 
dal  Tribunal  di  provvisione,  mediante  il  pagamento  di  duecento 
scudi  d'oro.  Nel  dichiarar  guerra  ai  ricami  tocca  di  un  genere 
nuovo,  quello  delle  margheritine  che,  appunto  in  quest'epoca, 
acquistarono  immenso  favore  e  furono  per  molto  tempo  una  delle 
principali  preoccupazioni  delle  leggi  suntuarie  (2):  margheritine 
dappertutto,  sugli  abiti  maschili  e  muliebri,  sulle  coperte  delle 
carrozze,  sulle  gualdrappe,  sulle  correggie  delle  spade,  sulle  berrette. 
Un'altra  novità  urta  il  senso  morale  del  Trivulzio:  le  «  conza- 
«  dure  de  teste  con  questi  capelletti  e  pennacchi  che  pareno  spa- 
«  ravieri  et  con  tanti  fiori  che  pare  habino  uno  zardino  in  testa 
«  et  con  tante  perle  ».  E  qui  credo  si  tratti  piuttosto  di  un  ten- 
tativo d'introdurre  quelle  ricche  capigliature,  divenute  nel  sei- 
cento addirittura  mostruose,  che  non  di  una  moda  diffusa.  Per 
tutto  il  cinquecento  l'acconciatura   femminile   del   capo,   almeno 


(1)  In  omaggio  a  questa  idea  il  Collegio  dei  Giureconsulti  decretò, 
pochi  anni  dopo  (iSgS),  che  fosse  escluso  dalla  nobiltà  chiunque  eser- 
citasse un'arte:  Trattini,  Storia  e  statistica  dell'industria  manifatturiera 
in  Lombardia,  Milano,  i856,  p.  36. 

(2)  Nella  lunga  serie  delle  leggi  bresciane  questo  genere  di  guar- 
nizioni compare  la  prima  volta  nel  iSgS  :  Cassa,  op.  cit.,  i63.  Firenze 
nel  1602  consacrò  ad  esso  una  intera  prammatica:  Arch.  stor.  civ.,  Ma- 
terie, 41. 


68  I.i:    LEGGI    SUNTUARir 


in  Italia,  fu  di  proporzioni  modeste  e  di  somma  eleganza,  com^ 
ci  dimostrano  i  disegni  del  Vecellio  e  del  Jkstelli.  Gol  i55o  ce 
minciò  l'uso  di  arricciarsi  i  capelli  (i),  e  i  riccioli  o  si  disposero 
intorno  alla  fronte,  foggia,  sembra,  preferita  dalle  milanesi  (2),  J 
o  si  alzarono,  a  guisa  di  corna,  sulla  fronte  medesima  (3),  oppure,  < 
a  mo'  di  cono  sull'occipite  (4),  ove  appuntavasi  l'indispensabile 
velo:  le  trecce,  legate  con  nastri  serici,  avvolgcvansi  intorno  al 
capo  (3).  Tuttavia  anche  il  poeta  pittore  Lomazzo  sembra  con- 
cordare col  Trivulzio,  sebbene  a  capigliature  molto  alte  non  ac- 
cenni. Fingendo  di  riferire  i  lamenti  degli  artefici  per  la  pram- 
matica, ei  dice: 

Disem  anch  di  pcnnagger 

Con  qui  soeu  ajron  ventaj  (ciuffi  di  penne  d'airone) 

E  tant'  olter  baravaj 

De  piumitt  e  tanti  fior.... 

Toeu  anca  su  qui  pennaggin 

Che  se  mett  ai  consciadur.... 

€  alle  donne  faceva  esclamare: 

....poeu  se  i  me  toj 
La  licenza  di  fioriti 
E  de  tanti  zanforgnitt 
Chi  me  consciarà  la  testa?  —  (6). 

Una  terza  novità  compare  nella  lettera  del  Trivulzio:  «  Non 
«  vorria  fosse  lecito  a  ninna  donna  portar  questi  ziponi,  salvo  uno 
«  bustino  sotto  de  tela,  jp e r  tene?^  suso  li  calzoni  per  chi  li  po7'ta^ 


(i)  Vecellio,  78. 

(2)  Vecellio,  i65,  167,  168;  Bestelli,  op.  cit,  l,  24. 

(3)  Vecellio,  98,  102,  114;  Bestelli,  I,  9. 

(4)  Vecellio,  18,  160;  Bestelli,  I,  16. 

(5)  Vecellio,  172. 

(6)  Nella  Collez.  cit.,  p.  lo-ii  e  16. 


E    LA    DECADENZA    DELl'  INDUSTRIA    IN    MILANO     l565-I75o  ÓO 


«  né  parimenti  calzoni  a  donne  di  tanta  spesa  come  si  dice  che 
«  si  fanno  .).  È  la  prima  menzione  di  calzoni  femminili  i  quali, 
appaiono  per  la  prima  volta  nei  corredi  nel  i582  (i).  —  Le 
altre  idee  riguardo  ai  cocchi,  ai  banchetti,  ai  parti,  ai  battesimi, 
alle  armi  sono,  su  per  giù,  quelle  della  prammatica  del  1 565  e 
sarebbe  superfluo  ripeterle. 

Nelle  discussioni  preliminari  la  commissione  pose  innanzi 
tutto  una  questione  di  massima,  se  cioè  si  dovesse  distinguere 
fra  nobili  ed  ignobili  e,  con  saviezza  non  certo  frequente  a  quel 
tempo,  concluse  dover  la  legge  essere  uguale  per  tutti  (2).  S'im- 
piegaron  più  di  due  anni  nei  lavori,  accumulando  proposte  su 
proposte,  le  quali  venner  poi  tutte  concretate  in  una  prammatica 
presentata  nel  1584  al  magistrato  ordinario.  Il  presidente  di  quel 
Tribunale  dichiarò  che  nulla  in  essa  pregiudicava  le  entrate  di 
sua  Maestà,  sebbene  i  da^iarii  (appaltatori  del  dazio)  della  mer- 
canzia avessero  protestato,  ed  esprimeva  il  voto  che,  d'allora  in 
poi,  nella  commissione  per  le  leggi  suntuarie  trovasse  posto  un 
rappresentante  del  fisco,  onde  evitare  quel  pericolo  (3).  La  nuova 
legge  consta  di  quarantanove  paragrafetti  e  ripete,  in  parte,  le 
disposizioni  della  precedente  (4).  Nulla  di  nuovo  riguardo  alle 
gioie,  salvo  la  tolleranza  di  due  forniture  di  bottoni,  rose  e  pia- 
stre d'oro  per  vesti,  purché  non  superino  il   valore   di   centocin- 


(1)  Corredo  di  Anna  Caterina  Gonzaga,  in  Curiosità  storiche  man- 
tovane, fase.  IV  (1876),  p.  19.  —  In  un  curioso  dialogo  tra  fanciulle  gè-/ 
novesi,  stampato  nel  i583,  i  calzoni  femminili  appaiono  ancora  ignoti 
in  Genova.  Una  interlocutrice  racconta  il  curioso  episodio  di  una  dama 
che,  per  montar  a  cavallo  "  si  trovò  tanto  impedita  fra  gli  zoccoli  e  il 
verdogale  (guardinfante)  che  difficilmente  si  poteva  accomodare  a  met- 
ter il  piede  in  stafta:  talché  finalmente  le  fu  forza  alzarlo....  et  con 
tanta  destrezza  il  seppe  fare  che  mostrò  fino  a  mezza  coscia  „  :  Ra- 
gionamento  di  sei  nobili  fanciidle  genovesi,  le  quali  con  una  assai  bella 
maniera  di  dire  discorrono  di  molte  cose  allo  stato  loro  appartenenti,  Pa- 
via, appresso  Gerolamo  Bartoli,  MDLXXXIII. 

(2)  Arch.  stor.  civ.,  Materie,  41   (6  dicembre  i58i). 

(3)  Arch.  stor.  civ.,  ibid. 

(4)  Arch.  stor.  civ.,  ibid. 


LE    LEGGI    SUNTUARIE 


quanta  scudi  ciascuna.  Gli  abiti  d'oro  e  d'argento  non  son  più 
del  tutto  banditi:  le  maritate  possono  avere  due  sottane  e  due 
giupponi  di  tali  stoffe,  purché  non  soprari:{\e ,  vale  a  dire  a 
trama  doppia  (i);  si  permettono  sopra  i  medesimi  guarnizioni 
d'oro  e  d'argento,  escluse  le  trcmolande  (tremolanti)  e  le  vermi- 
glie, cioè  pezzuoli  di  filo  d'oro  e  d'argento  battuto  e  arrotolato  in 
se  stesso,  che  si  usava  intercalare  ai  ricami  (2).  Salvo  in  questo 
caso,  i  ricami  d'oro,  argento  e  seta  son  vietati,  le  altre  guarnizioni 
permesse  solo  alla  estremità  della  sottana  od  ai  tagli  delle  ma- 
niche e  del  busto:  le  code  limitate  a  due  terzi  del  tondo  della 
veste;  non  fodere  di  pelli  preziose,  non  vesti  di  penne,  strano  ac- 
cenno ad  una  moda  che  compare  sì  nel  quattrocento  (3),  ma  di 
cui  non  ho  trovato  menzione  in  nessun' altra  legge  suntuaria  di 


(  questo  secolo.  Il  lusso  delle  ragazze  non  si  estenda  più  in  là  di 
una  sopravveste  di  ormesino  o  di  tabi  e  di  qualche  sottoveste  di 
seta  semplice:  nell'acconciatura  della  testa  non  si  pongano  orna- 
menti d'oro  ed  argento,  né  pennacchi.  Vietate  ancora  le  marghe- 
ritine e  di  più  i  canorigli,  cannettine  forse  di  vetro,  per  ricami, 
e  ogni  genere  di  cristallo.  Anche  il  cristallo  comincia  a  prendere 
ora  un  posto  importante  nell'abbigliamento:  grosse  bottoniere  di 
cristallo  si  alternano  a  quelle  d' oro  (4),  cinte  di  cristallo  coperte 
d'oro  (5),  aghi  da  testa  con  cristallo (6),  ed  era  probabilmente  cri- 
stallo di  rocca,  giacche  nel  corredo  di  Cecilia  Contarini  (1644)  (7) 
si  dice:  «  christalli  de  montagna  ».  In  Milano  si  faceva  grande 
commercio  di  questi  oggetti:  in  un  bilancio  delle  entrate  da- 
ziarie del   i58o  (8),  si  trovavano  menzionati  oltre   i    bottoni,    gli 


(i)  Renier,  //  lusso  d' Isabella  d' Este,  in  Nuova  Antologia,  a.  1896, 
p.  45i. 

(2)  Cherubici,  Vocabolario  milanese  italiano,  Milano,  1840. 

(3)  Cfr.  il  mio  citato  lavoro  in  Arch.  stor.  lomb.,  XXV,  "02,  n.  4. 

(4)  Vecellio,  op.  cit.,  170. 

(5)  Corredo  di  Maria  Pollini  (iSgo)  in  Molmenti,  La  storia  di  Ve- 
nezia nella  vita  privata,  p.  624. 

(6)  M0LMENTI,  op.  cit.,  626. 

(7)  MoLMENTi,  op.  cit.,  626. 

(8)  Informatione  del  valimento  del  traffico  del  mercimonio  della  città  di 


E    LA    DECADENZA    DELl'  INDUSTRIA    IN    MILANO     IDÓS-iySo  7I 

agniis  dei,  chiappe  (piccoli  cocci,  cfr.  il  milanese  ciapp),  corone, 
doblette  (doppiette),  fiocchi  e  pendenti,  lunette,  occadine  (?;.  Non 
poteva  naturalmente  una  prammatica  risparmiare  i  profumi,  pei 
quali  fu  nel  cinquecento  un  vero  delirio:  tutto  si  profumava, 
l'abito  dalla  berretta  alle  scarpe,  il  cavallo  o  la  mula,  perfin  le 
monete  (i):  i  guanti,  entrati  nell'uso  comune  solo  dopo  il  medio 
evo  (2),  eran  considerati  un  oggetto  di  profumeria,  e  a  Milano 
era  appunto  una  unica  università  de'  guantai  e  profumieri:  quasi 
ciò  non  bastasse  si  caricava  la  persona  di  oggetti  fatti  di  paste 
odorifere,  specialmente  bottoni  d'ambra  (3);  si  chiudevano  pro- 
fumi in  bossoletti  d'osso,  che  si  portavano  appesi  alla  cintura, 
in  braccialetti  o  in  cinte  d'osso  (4).  Anche  a  tavola  tutto  si  pro- 
fumava: l'acqua  per  le  mani,  la  tovaglia,  le  salviette  (5),  i  fiori 
di  seta  graziosamente  disposti  sopra  ciascuna  posata  (6),  gli  stuz- 
zicadenti di  leggiadro  lavoro  (7),  si  condiva  infine  gran  parte 
delle  vivande  con  acqua  di  rosa  (8).  Perciò  la  nostra  legge  vie- 
tava i  profumi,  tollerando  solo  una  corona  di  detti  profumi  con 
oro  per  le  donne  maritate.  Alcune  disposizioni  accennano  ad  un 
altro  prodotto  dell'industria  del  cinquecento,  che  acquistò  gran- 
dissimo favore:  i  pizzi;  si  bandiscono  le  lattughe  al  collo,  per- 
mettendole solo  alla  estremità  delle  maniche,  i  pizzi  fatti  a  punto 
in  aria,  salvo  nei  fazzoletti  (9).  Anche  nei  pizzi  e  trine  era  van- 


Milano  per  il  ijSo,  per  la  perfezione  dell'estimo  generale  del  mercimonio 
di  questo  Stato  :  Arch.  stor.  civ.,  Materie,  Dazio  alle  porte,  cart.  3o6. 
(i)  Renier,  Lusso,  ecc.,  p.  677. 

(2)  Merkel,  op.  cit.,  5i3,  e  Renier,  Lusso,  ecc.,  106. 

(3)  Inventario  Cecilia  Contarmi,  in  Molmenti,  op.  cit.,  626,  634. 

(4)  Industria  coltivata  in  Reggio  d'Emilia.  V.  Campori,  Della  lavo- 
razione degli  ossi  e  deW  avorio  e  di  altre  industrie  già  fiorenti  in  Reggio 
d' Emilia,  in  Atti  e  Meni,  della  R.  Deputaz.  di  st.  pat.  per  le  Provincie 
modenesi  e  parmensi,  IV  (1868). 

(5)  Reale,  op.  cit.,  49. 

(6)  Reale,  66. 

(7)  Messisbugo,  op.  cit.,  12  v. 

(8)  Messisbugo,  33,  84,  40. 

(9)  Il  fazzoletto,  comunemente  portato  in  mano  (Vecellio,  128,  189, 
195,  200,  204,  ecc.),  era  oggetto  di  lusso  e  se  ne  trovano  ricchi  esempi 
negli  inventarii:  V.  Molmenti,  op.  cit.,  405,  n.  2,  624  e  628. 


LE    LEGGI    SI'NTCAHIE 


tata  l'industria  milanese:  nel  citato  dialogo  delle  fanciulle  geno- 
vesi una  delle  interlocutrici  diceva:  «  quando  piove  non  si  deve 
»<  mettere  una  bella  veste  bianca,  se  non  vuoi  che  il  fango  te  la 
«  ricami  d'altro  che  lavori  e  trenini  alla  milanese  »  (p.  63).  Agli 
uomini  si  vietano  pure  stoffe  d'oro  e  d'argento,  ornamenti  d'oro, 
salvo  la  solita  medaglia  sulla  berretta,  la  solita  collana,  i  bottoni 
senza  smalto:  —  le  spade  e  pugnali  lavorati  alla  gemma,  le  penne] 
d'airone,  le  guarnizioni  preziose  sulle  gualdrappe,  selle  e  sui  cu-^ 
scini  da  inginocchiarsi.  Per  le  carrozze  nulla  di  diverso  dalla i 
legge  del  \b65  se  non  il  divieto  di  attaccarvi  più  di  due  cavalli: 
limitato  il  seguito  a  tre  persone  escluso  il  carrocchiero,  lettighiero 
o  portatore  di  sedia.  I  forestieri  sono  questa  volta  esclusi  dall'os- 
servanza della  legge,  senza  limitazione  di  tempo,  con  che  si  in- 
tende alleviare  il  danno  degli  artefici,  che  avrebbero  potuto  ven- 
dere ad  essi  quello  che  era  proibito  ai  cittadini.  Dopo  le  solite 
prescrizioni  alle  puerpere  si  passa  ai  conviti  ,  ripetendo  presso  a 
poco  le  disposizioni  dell'altra  volta  ;  di  nuovo  solo  il  divieto  «  di 
«  dar  vivande  particolari  intiere  ad  ogni  convitato  ».  Il  Prato  (i), 
descrivendo  il  pranzo  dato  da  Prospero  Colonna  ,  Capitano  del 
Duca  di  Milano,  al  Duca  e  ai  cortigiani  il  20  febbraio  i5i5,  dice: 
«  fu  sì  lunga  la  varietà  dei  cibi  che  per  spaccio  di  quattro  ore 
«  durò  il  portare  et  ad  ogni  bocca  si  deputava  un  intero  fagiano, 
«  una  pernice,  un  pavone  et  con  delle  altre  cose  ^>.  Tale  magni- 
ficenza è  però  da  ritenersi  affatto  straordinaria  :  nei  banchetti 
pur  suntuosissimi,  descritti  dal  Messisbugo,  salvo  le  insalate,  le 
ostriche,  i  latticini  ed  altre  virande  che  si  servivano  in  scodellette, 
una  per  commensale,  il  resto  era  servito  in  ragione  di  un  piatto 
per  ogni  tre  o  quattro  persone.  Il  nostro  statuto  non  fissa  alcun 
numero,  ma  una  legge  piemontese  (i565)  (2)  ci  fa  sapere  la  mi- 
sura che  in  ciò  comunemente  osservasi  :  essa  vietava  di  dare  più 
di  un  piatto  per  ogni  dieci  persone  —  (3). 


(i)  Archivio  storico  italiano.  III  (1842),  p.  326. 

(2)  Sunteggiata  dal  Supino,  La  scienza  economica,  ecc.,  108. 

(3)  Nel  i584  la  Commissione  pensò   pure  ad  una  prammatica  pei 


E    LA    DECADENZA    DELL*  INDUSTRIA    IN    MILANO     iSòS-iySo  yS 


III.  —  La  prammatica  del  1684,  più  larga  della  precedente, 
tanto  che  non  fa  nemmeno  accenno  a  pene,  fu  presto  al  pari  di 
quella  dimenticata:  lo  confessa  il  Vicario  di  Provvisione  in  una 
lettera  (gennaio  iSgS?)  al  Magistrato  ordinario,  in  cui  lo  prega 
di  mantenersi  fermo  nel  favore  accordato  l'altra  volta  alla  repres- 
sione del  lusso,  non  ostanti  le  opposizioni,  considerando  che 
«  non  sono  sminuiti  i  disordini  e  gli  abusi  cagionati  dalle  immo- 
«  derate  spese  e,  per  molti  accidenti  sopravvenuti,  non  s'è  potuto 
«  procedere  alla  esecuzione  di  detta  prammatica  ».  Infatti  nel 
i5q6  la  Città  aveva  mandato  al  Re  un'altra  supplica  implorando 
l'ordine  di  rinnovare  quella  legge:  è  un  nuovo  quadro  delle  mi- 
sere condizioni  di  quei  tempi,  che  si  volevano  ostinatamente  at- 
tribuire al  lusso.  I  disordini ,  dicevasi ,  vanno  ogni  giorno  cre- 
scendo; ai  vecchi  si  aggiunge  la  licenza  di  tener  quanti  creati  si 
vuole,  cosicché  si  mantengono  e  menano  appresso  sgherri  e  bravi, 
fomentatori  di  tutte  le  discordie  e  d'ogni  altro  vizio,  turbatori 
della  pubblica  quiete:  per  le  spese  del  vestire  e  del  gioiare  le 
spose,  molti  gentiluomini  sono  costretti  a  mandarle  monache  o  a 
maritarle  a  vili  parvenus:  lo  sfarzo  dei  conviti  è  tale  da  offen- 
dere la  Maestà  divina  :  si  faccia   quindi    una  nuova   prammatica 


funerali,  la  quale  non  fu  concretata  che  nel  i590.  Disponeva  che  alle 
pompe  funebri  non  potessero  intervenire  più  di  due  conventi,  con 
venticinque  frati  al  più  per  ciascuno,  e  non  più  di  due  chiese  colle- 
giate :  il  Capitolo  del  Duomo  non  si  movesse  se  non  per  persone  molto 
altolocate  e,  solo  in  questo  caso,  suonassero  le  campane  della  Metro- 
politana: non  più  di  una  croce  per  convento  o  congregazione,  accom- 
pagnata con  quattro  torcie.  Si  limitasse  la  spesa  del  pallio  a  mezzo 
scudo  pei  ricchi  e  cinque  soldi  pei  poveri:  non  intervenissero  più  di 
cinquanta/»//  o  pufe;  fosse  lecito  vestirli  con  quattro  braccia  di  panno 
basso  per  uno  e  sei  per  una:  si  levassero  gli  abusi  delle  armi  e  pit- 
ture: gli  Anziani  delle  parrocchie  (fra  le  incombenze  de'  quali  era  la 
sovrintendenza  ai  funerali:  Tedeschi,  Origini  e  vicende  dei  cimiteri  di 
Milano  e  del  servizio  mortuario,  Milano,  1899,  p.  69  sgg.)  non  potessero 
ricevere  più  di  mezzo  scudo  dai  ricchi  e  dieci  soldi  dai  poveri,  nò 
fosse  lecito  vestirli:  Arch.  stor.  civ.^  Materie^  41. 


74 


LE    LEGGI    SUNTUARIE 


che  consideri  specialmente  questi  tre  punti.  —  Ottenuto  l'ordine 
reale  (ii  maggio  iSpó),  la  solita  commissione  iniziò,  tre  anni  dopo- 
(21  giugno  iSqo),  i  lavori  invitando  gli  appaltatori  dei  dazi  a 
presentare  le  loro  osservazioni.  I  daziari  della  mercanzia  manda- 
rono una  solenne  protesta  ricca  di  argomenti  e  di  notizie  :  la 
prammatica  sarà  dannosa  alla  Città,  alla  regia  Camera  e  al  pub- 
blico e,  per  dippiù,  impossibile  a  mettere  in  pratica  in  una  città 
come  Milano,  affatto  diversa  dalle  altre  per  il  gran  numero  di 
artigiani  che  vi  lavorano.  Nelle  arti  è  il  maggior  nervo  di  Mi- 
lano (i):  osteggiare  le  arti  vuol  dire  procurarne  la  rovina.  Né  si 
dica  che  quello  non  si  venderà  ai  cittadini  si  venderà  ai  fore- 
stieri, perchè  le  altre  provincie  d' Italia,  use  a  seguir  in  tutto 
l'esempio  di  Milano,  lo  seguiranno  anche  nella  prammatica.  Ces- 
seranno così  i  dazi  d'uscita  e  scemeranno  di  molto  quelli  d'en- 
trata per  le  sete,  le  quali  diminuiranno  di  prezzo  a  danno  dei 
poveri  cittadini.  In  tal  modo  si  aiuterebbe  l'editto  di  Francia, 
che  con  tanti  premi  ed  esenzioni  cerca  di  ridurre  gli  artigiani 
nel  regno:  i  nostri  lavoratori  esulerebbero  là:  si  ricordi  l'esempio 
della  passata  peste  quando,  cessate  le  industrie,  gli  artigiani  fu- 
ron  costretti  a  vivere  d'elemosina,  e  ben  lo  sa  il  Municipio  an- 
cora aggravato  dai  debiti  contratti  in  que'  giorni.  Non  sono  i 
vestiti  pomposi  che  rovinano  le  famiglie,  ma  la  sregolatezza,  i 
giuochi,  il  numero  dei  bravaci  e  sicai^ii,  che  non  solo  son  cause 
di  tante  spese,  ma  sono  autori  di  sfrisi,  homÌGÌdii  e  mille  altre 
inconvenienti.  L'impresa  del  dazio  infine,  già  danneggiata  dall'e- 
ditto di  Francia,  che  proibisce  l'importazione  delle  manifatture, 
e  dalla  passata  peste,  riceverebbe  ora  il  colpo  di  grazia.  —  Si  co- 
minciava dunque  a  sentire  il  contraccolpo  delle  misure  di  Enrico  IV 
e  specialmente  del    famoso   editto    proibitivo    del    gennaio    iSqg: 


(i)  Delle  buone  condizioni  dell'  industria  e  del  commercio  in  Mi- 
lano, ancora  sul  finire  del  secolo,  è  prova  la  citata  Informatione  del  ra- 
gionato B.  Pigliasco  :  la  contrattazione  della  sola  città  ascendeva  a 
oltre  ventinove  milioni,  dei  quali  due  milioni  in  sole  stoffe  di  lana  e 
tre  in  quelle  di  seta.  Cfr.  Verri,  Opere  filos.  ed  econ.,  Milano,  1844,11, 
23l   sgg. 


E    LA     DECADENZA    DELl'  INDUSTRIA    IN    MILANO     IDÓS-iySo  75 

contro  Milano  sopratutto,  la  principale  fornitrice  della  Francia 
in  stoffe  d'oro  e  d'argento,  era  diretta  questa  guerra  commerciale, 
tanto  è  vero  che,  revocando  l'anno  seguente  l'immaturo  editto, 
Enrico  manteneva  ferma  la  proibizione  pei  drappi  milanesi  (i). 
Inoltre  la  filatura  dell'oro,  industria  tutta  nostra,  che  attirava 
qui  dalla  Francia  tre  milioni  e  seicento  mila  lire  l'anno  (pari  a 
tredici  milioni  odierni,  secondo  il  calcolo  del  Poirson),  veniva  in 
questi  anni  appunto  impiantata  a  Parigi  dal  milanese  Enrico 
Turata,  il  quale  insegnò  anche  ai  Francesi  a  fabbricare  ogni  ge- 
nere di  stoffe  d'oro,  argento  e  seta,  di  modo  che  nel  i6o3  già 
sorgevan  colà  fabbriche  dirette  da  Francesi  e  privilegiate  per  la 
vendita  di  stoffe  francesi,  facon  de  Milan  (2). 

In  seguito  a  questi  giusti  reclami  le  autorità  dovettero  per- 
suadersi che  ben  aveva  ragione  Enrico  IV  se  preferiva  combattere 
tre  battaglie  contro  il  Re  di  Spagna  piuttosto  che  inimicarsi 
tanta  gente  colle  leggi  suntuarie,  e  non  si  parlò  più  di  pram- 
matica. 


IV.  —  Col  1623  comincia  per  le  leggi  suntuarie  un'epoca  nuova. 
La  Città,  e  questa  volta  i  suoi  veri  e  legittimi  rappresentanti, 
che  pel  passato  non  osavan  negare  apertamente  l' efficacia  mo- 
rale ed  economica  della  repressione  del  lusso,  cambiano  parere.  Il 
motivo  morale  comincia  a  passare  in  seconda  linea,  sopraffatto 
da  quello  economico.  L'industria  e  il  commercio  di  Milano  co- 
minciano a  decadere  e  volgono  al  precipizio:  si  perde  ogni  fidu- 
cia nei  vecchi  provvedimeiiti  inattuabili,  e  si  comincia  ad  inspi- 


(1)  Poirson,  op.  cii.,  264  e  258. 

(2)  Poirson,  op.  cit.,  277-79.  —  Per  la  fortuna  delle  industrie  ita- 
liane in  Francia  sulla  fine  del  XVI  secolo  sono  fonte  preziosissima 
gli  scritti  di  Bartolomeo  Laffemas^  T  intelligente  e  attivo  coadiutore 
di  Enrico  IV,  che  più  contribuì  a  dotare  la  Francia  delF  industria 
della  seta.  Io  pur  troppo  non  ho  potuto  conoscerli  che  a  traverso  le 
citazioni  del  Poirson,  del  Levasseur,  e  del  Laffitte  nella  bella  A'o- 
iice  sur  Barthelémy  Laffemas,  in  Journal  des  economistes,  3.^  ser.,  XLII. 


LE    LEGGI    SUNTUARIE 


4 
I 


rarsi  a  concetti  ben  diversi.  Era  giunta  in  Milano  hi  notizia  che 
in  Ispagna  si  preparasse  una  prammatica,  contenente,  fra  l'altro, 
il  divieto  d'introdurre  nel  regno  alcuni  drappi  d'oro,  di  seta  e 
di  lana  e  di  estrarne  le  lane  greggie.  Si  vide  in  questo  provve- 
dimento una  grande  minaccia  per  l'industria  milanese,  e  il  Vi- 
cario di  Provvisione,  Cristoforo  Archinti,  si  affrettò  a  presentare 
al  Governo  una  energica  protesta  (24  gennaio  i623).  Milano, 
dicevasi,  dovette  la  sua  passata  grandezza  alla  sola  industria  :  tra 
gli  altri  artifìci,  quello  dell'oro,  della  seta  e  della  lana  mirabil- 
mente vi  fiorirono,  e  in  particolare  «  il  lavorerio  dell'oro  e  del- 
«  l'argento,  il  quale  qui  trasse  la  prima  origine  ed  in  grandis-  j 
«  sima  stima  s'è  mantenuto  sempre  »;  vero  è  che  da  alcuni  anni 
è  passato  in  altri  paesi,  ma  in  nessun  luogo  s'è  potuto  raggiun- 
gere l'eccellenza  e  la  perfezione  del  nostro.  (In  Francia  stessa, 
infatti,  si  confessava  che  a  Milano,  impiegando  la  metà  d'  oro,  si 
otteneva  un  filo  assai  più  bello)  (i).  Questi  tre  esercizi  hanno 
sempre  somministrato  il  vivere  a  un  gran  numero  d'artefici: 
ancora  nel  1620  fu  fatto  il  calcolo  che  nei  due  soli  lavorei'ii  del- 
l'oro e  della  seta  erano  impiegate  quarantaquattro  mila  persone 
di  Milano,  senza  contare  i  monasteri  e  luoghi  pii,  ove  le  mede- 
sime arti  si  esercitano.  Della  enorme  produzione  minima  è  la  parte 
che  si  consuma  in  città,  quasi  tutto  si  esporta  grazie  alla  li- 
bertà del  commercio,  che  ci  permette  d'importare  le  materie 
prime;  senza  di  che,  come  avremmo  potuto  sopportare  tanti  pesi 
ognora  crescenti  e  specialmente  il  gravissimo  estimo  del  merci- 
monio? (2)  Toglieteci  la  libertà  del  commercio  e  Milano  si  spo- 


(i)  PoiRSON,  op.  cit.,  Ili,  277,  il  quale  attinge  al  Laffemas. 

(2)  Fu  questa  una  imposta  che  i  milanesi  sostennero  sempre  fre- 
menti. La  sua  origine  è  dovuta  a  questo  fatto:  nel  1547  fu  imposto  il 
famoso  mensuale,  di  3oo,ooo  scudi  e  caricato  sui  beni  stabili:  (Verri, 
op.  cit,  II,  236).  In  seguito  agli  incessanti  richiami  dei  proprietari,  il 
governo  ne  addossò,  in  via  transitoria,  una  parte  sulla  mercanzia,  e 
così  fu  fatto  r  estimo  dei  traffici,  le  cui  operazioni  sì  trascinarono  per 
oltre  cinquant'  anni  in  mezzo  a  un  diluvio  di  reclami  :  (Vedili  in  Ar- 
chivio stor.  civ..  Materie,  Commercio),   Fu  attuato  nel  iSgS,  ma,  nono- 


E    LA    DECADENZA    DELL*  INDUSTRIA    IN    MILANO     iSÓS-iySo  77 

polerà  immediatamente,  né  basteranno  le  rigorosissime  leggi  per 
trattenere  gli  artigiani  (i),  giacché  nessuna  legge  può  obbligarli 
a  morire  di  fame  in  patria  quando  altrove  possono  trovar  l'agia- 
tezza. Le  entrate  dei  dazi  e  delle  imposte  si  ridurranno  a  nulla 
e,  se  si  vorrà  caricare  sugli  stabili  la  porzione  di  peso  che  ora 
sostiene  il  mercimonio,  non  basteranno  tutti  i  frutti  dei  terreni 
a  pagarne  la  metà:  le  campagne,  si  badi  bene,  son  già  spopolate 
per  il  carico  iniquo  degli  alloggiamenti  militari.  Rifletta  sua  Mae- 
stà, che  lo  Stato  di  Milano  sebbene  angusto  in  modo  che  «  in 
«  lunghezza  e  larghezza  non  eccede  le  trenta  leghe  »  gli  rende 
tuttavia  più  di  un  milione  e  settecentomila  scudi  l'anno,  frutto  in 
gran  parte  delle  industrie,  alle  quali  la  prammatica  recherebbe 
un  danno  incalcolabile,  tanto  é  vero  che  la  sola  voce  ha  fatto 
scemare  il  numero  delle  commissioni.  Si  noti  infine  che  Milano 
stesso,  nel  1584,  «  persuadendosi  che  una  moderata  e  legiera 
«  prematica  fosse  per  migliorare  le  condizioni  dei  suoi  cittadini, 
«  ne  formò....  alcuni  ordini  e  decreti:  ma  prevedendo  i  pericoli 
«  e  danni  che  ne  potevano  succedere,  et  al  servitio  reale  et  al- 
<'  l'interesse  pubblico,  s'astenne  totalmente  dall'esecuzione,  e  vi 
«  impose  perpetuo  silenzio  ». 


V.  —  Considerate  queste  idee,  non  è  più  meraviglia  se  per  cin- 
quantasei anni  non  si  parlò  più  di  prammatiche:  le  autorità  e 
gli  intelletti  pratici  dei  cittadini  si  erano  rivolti  a  studiare  i  mezzi 


stanti  le  dichiarazioni  del  Re,  che  lo  voleva  provvisorio,  non  fu  più 
tolto.  V.  l'opuscolo  del  Tridi,  Informaiione  del  danno  proceduto  a  S.  M. 
dalV  estimo  della  mercanzia  e  dall'  accrescimento  del  terzo  del  dazio  e  dal- 
l' introduzione  dei  panni  di  lana  et  altre  merci  forastiere,  et  aW  incontro 
dell'utile  che  ne  risulterebbe  a  levar  li f  stampato  nel  i638,  p.  i5. 

(i)  Già  nelle  Nuove  Costituzioni  si  proibiva  agli  artigiani  di  tra- 
sportarsi a  lavorare  altrove,  senza  special  licenza  del  Principe  o  del 
Senato,  sotto  pena  di  5o  scudi,  o  di  tre  colpi  d'eculeo  agli  insolvibili. 
Il  capo  dell'officina  era  pur  punito  colla  confisca  dei  beni,  la  perdita 
della  cittadinanza  e  il  divieto  d'esercitare  l'arte:  Constitutiones  Do- 
mina mediolanensis,  Medio!.,  1747,  p.  189. 


LE  Leggi  suntuarie 


per  rialzare  le  condizioni  della  patria,  con  una  attività  che  ci 
darà  più  innanzi  occasione  di  discorso,  e,  sebbene  quel  lungo  la- 
vorio fosse  turbato  e  ritardato  da  altri  pregiudizi  dell'epoca, 
questo  della  repressione  del  lusso  se  lo  erano  quasi  interamente 
gettato  di  dosso.  Tuttavia  nel  1679,  tornò  ancora  in  campo  la 
prammatica,  in  seguito  all'invito  del  Re  di  frenare  le  eccessive 
spese  delle  carrozze  (i).  Il  fisco  ed  il  Senato,  nell'inviarc  al  Vica- 
rio di  provvisione  la  lettera  reale,  espressero  il  voto  che  non  si 
provvedesse  solo  alle  carrozze,  ma  si  tenesse  conto  anche  di  al- 
tri abusi  (2),  e  la  commissione  di  nuovo  eletta  si  pose  all'opera. 
Nel  presentare  al  consiglio  le  sue  proposte  (14  aprile  1679),  essa 
confessava  d'aver  rispescato,  per  trarne  i  necessari  lumi,  l'ultima 
prammatica  del  1584  e  di  aver  messo  insieme  alcuni  capitoli  per 
compiacere  a  sua  Maestà  e  al  Senato:  osservava  essere  giusto  il 
frenare  le  spese  eccessive,  ma  più  giusto  e  più  con  facente  alle 
presenti  necessità  il  considerare  lo  stato  deplorevole  del  commer- 
cio e  delle  industrie,  e  se  era  vero  che  alcuni  artigiani  masche- 
ravano la  loro  miseria  con  abiti  suntuosi,  doveva  il  legislatore 
prima  togliere  le  cause  di  quella  miseria,  che  preoccuparsi  dì  un 
abuso  ristretto  a  pochi.  Tuttavia  se  prammatica  si  voleva,  «  il 
«  più  sicuro  mezzo  era  l'esempio  dei  maggiori  e  il  non  esservi 
«  alcuna  preminenza  di  grado  e  di  privilegio».  Così  anche  questa 
volta  si  ribadiva  quel  concetto  di  uguaglianza  che  è  notevole 
carattere  della  legislazione  suntuaria  milanese. 


* 


Le  proposte  della  commissione  constavano  di  ventisei  arti- 
coli: il  Consiglio,  più  liberale  ancora,  ne  escluse  nove.  Il  disegno 
comincia  colle  carrozze,  di  cui  era  enormemente  cresciuto  anche  il 


(i)  Arch.  stor.  civ.,  Materie,  cart.  42. 
(2)  Arch.  stor.  civ.^  ibid. 


E    LA    DECADENZA    DELL'INDUSTRIA    IN    MILANO     iSÓS-iySo  jq 

numero  (i),  vietando  lavori,  frange,  ricami  e  drappi  d'oro  e  d'ar- 
gento, intagli,  fogliami,  festoni,  pitture,  indorature  dei  finimenti, 
delle  gualdrappe,  ecc.:  il  vestire  a  lutto  la  carrozza,  i  cavalli  e  la 
servitù,  se  non  per  la  morte  dei  più  stretti  parenti.  Considera 
quindi  la  nuova  moda  di  uscire  col  seguito  di  una  seconda  car- 
rozza, inutile  sfarzo  che  ben  si  confaceva  alla  boria  spagnuola  (2); 
per  ribadire  la  condanna  del  servidorame,  contro  il  quale  anche 
il  Maggi  scagliava  i  dardi  della  sua  satira  arguta  (3),  ordina  che 
le  dame  non  possano  condurre  con  sé  più  di  quattro  persone 
(staffieri,  braccieri  o  paggi)  e  gli  uomini  più  di  due  servi.  Riguardo 
all'abito,  vuol  frenare  l'invasione  dei  nastri,  che  già  in  passato 
era  stata  oggetto  di  speciali  disposizioni  da  parte  dei  Governatori, 
sia  col  proibirne  l'uso,  sia  coll'impedire  l'introduzione  di  quelli 
forestieri  (4),  misura  quest'ultima  osteggiata  nel  1707  della  stessa 
università  dei  bindellari  che  1'  avevano  provocata,  per  trovarsi 
essi  oramai  impotenti  a  produrre  quanto  il  consumo  esigeva  (5). 
Insieme  ai  nastri  o  bindelli  si  proibisce  alle  donne  di  portar 
bande  o  ma:[^i  con  o  senza  oro  ed  argento  in  forma  di  bande. 
Non  è  facile  dire  che  fossero  queste  bande,  perchè  la  parola  si 
trova  adoperata  con  significati  diversi  :  in  vari  corredi  e  leggi 
suntuarie  banda  sembra  significare /<35c/<i;  o  bal:(ana  della  veste. 
Già  nel  citato  inventario  Fieschi  (i532)  troviamo  «  una  sottana 


(i)  Il  Gualdo  Priorato,  nel  1666  contò  in  Milano  ii5  carrozze  a 
sei  cavalli ,  487  a  quattro ,  1684  a  due ,  e  circa  i5oo  cavalli  da  sella  : 
Relatione  della  città  e  Stato  di  Milano,  Milano,  1666,  p.  i3i. 

(2)  Il  don  Filotimo  del  Maggi,  nella  commedia  II  manco  male  (nella 
(itala  Collezione,  II,  147)  così  vanta  le  ricchezze  della  sua  futura  sposa: 
"  Avrà  di  don  Filotimo  la  moglie  —  Per  principal  decoro  —  Gentil- 
uomini e  paggi  da  ogni  banda  —  E  grossi  fiocchi  d' oro  —  Ai  cavalli 
d'Olanda  —  Con  seconda  carrozza  —  In  corso  andrà  come  ogni  grande 
stila  —  E  siederà  a  palazzo  in  prima  fila,,. 

(3)  "  Mi  quan  me  maritai  „  dice  donna  Quinzia  (nei  Consigli  di 
Meneghino,  Collez.  cit.,  II,  84-85),  "  Ebbi  quattro  staffieri  e  el  carrozier 
—  Due  paggi  a  tutta  gala  —  E  el  brazzant  gentilomm  de  tutt  decor  „. 

(4)  Arch.  stor.  civ.,  Materie,  Nastrai  (1659,  29  agosto). 

(5)  Arch.  stor.  civ.,  Materie,  Nastrai,  2  maggio  1707.  U  università 
dei  nastrai  e  bindellari  si  costituì  nel  i568:  Ibid.,  sotto  questa  data. 


8o  LE    LEGGI    SUNTUARIE 


«  de  sca fiata  con  tre  bande  de  veluto  morello  »  (p.  726);  la  ci- 
tata legge  suntuaria  eugubina  (i566)  vieta  di  guarnire  l'abito 
con  più  che  una  semplice  banda,  e  di  queste  larghe  balzane  ri- 
camate e  disposte  parallele  sulla  veste  ci  offre  un  bel  disegno  il' 
Vecellio  (p.  170);  nella  traduzione  della  prammatica  di  Francia 
(i583),  fatta  a  Milano  (1),  «  bande  di  ricami,  pizzetti,  passamani, 
«  frange,  fiocchi,  cordoni  »;  nell'inventario  di  Maria  di  Borbone 
(1625)  (2)  «  robe  de  satin...  en  broderie  d'or  et  d'argent  par 
«  boiiquets  et  bandes  »,  e  un'altra  en  broderie  d*  or  par  ondcs, 
ove  pare  che  le  bandes  e  les  ondes  fossero  liste  o  striscie  di  guar- 
nizione: infine  il  Ferrarlo,  citato  dal  Cassa  (op.  cit.,  365),  descri- 
vendo il  costume  posteriore  al  1750,  dice  che  le  guarnizioni  delle 
vesti  femminili  si  dividono  in  tre  classi:  riiches,  volans  e  bande: 
le  prime  collocate  molto  in  alto,  i  secondi  in  mezzo,  le  ultime 
al  basso.  D'altra  parte  il  Lomazzo,  nella  citata  bosinada  sopra 
la  prammatica  (p.  16),  dice:  «  E  la  roba  coi  pontaj,  e  i  botton 
«  che  par  sonaj,  e  poeu  i  band  de  mett  al  coli  »  ove  pare  si  tratti 
dì  quei  nastri  che  le  donne  portavano  al  collo  invece  della  collana, 
con  appesa  una  medaglia,  come  si  vede  nei  disegni  del  Vecellio 
e  del  Bestelli.  E  nella  legge  suntuaria  del  17 12  questo  capitoletto 
relativo  alle  bande  viene  sostituito  con  un  altro  che  parla  di 
sciarpe,  essendo  l'uso  di  quelle  cessato.  Mi  par  quindi  convenga 
meglio  questa  seconda  spiegazione,  considerando  anche  il  testo 
della  disposizione  che  vieta  «  portar  banda  di  qualsivoglia  ma- 
«  teria  e  cosi  bindelli  o  mazzi  in  forma  di  bande  »  ove  il  por- 
tare indica  meglio  una  cosa  che  si  metta  in  dosso,  che  non  una 
guarnizione  cucita  all'abito.  I  ma:{^i  poi  li  registra  il  Cherubini 
come  termine  dei  setaiuoli,  senza  dare  il  corrispondente  italiano, 
e  spiega:  «  un  quadrato  di  undici  matassine  di  seta  per  altre  un- 
«  dici:  si  assesta  in  un  arnese  che  somiglia  ad  un  cercuccio  da 
«  bambini  ».  Continua  la  prammatica  vietando  i  pizzi,  nei  col- 
lari, fatti  a  guggia,  e  specialmente  i  punti  di  Venezia  e  di  Genova, 


(i)  Arch.  stor.  civ.,  Materie,  cart.  41. 

(2)  Miscellanea  di  storia  italiaim,  XIX  (1880);  p.  226. 


E    LA    DECADENZA    DELL'INDUSTRIA    IN    MILANO     l565-iy5o  8l 

e  i  ricami  d'oro  e  d'argento  nei  cuscini  da  inginocchiarsi  che 
continuavano  ad  essere  oggetto  di  sfarzo  (i),  modera  le  spese  delle 
(^  gioie,  richiamando  l'antica  disposizione  che  il  loro  valore  non 
superi  l'ottavo  della  dote  e  chiude  con  un  breve  cenno  riguardo 
ai  conviti,  limitando  il  divieto  ai  «  canditi,  zucari,  latti  e  cioc- 
«  colati».  Le  proposte  non  accettate  dal  Consiglio  riguardavano 
gli  abiti  di  stoffe  d'oro  e  d'argento  con  ricami  di  seta  e  guarni- 
zioni di  pizzo,  la  coda,  le  stoffe  di  soprariccio  nelle  sottovesti,  i 
veletti  bianchi  e  colorati  sul  capo,  le  solite  pitture,  figure  e  trionfi 
nei  conviti,  di  cui  era  forse  cessato  l'uso,  infine  i  grembiali  e  i 
fazzoletti  guarniti  di  merletti  di  seta,  refe  od  oro,  e  le  capiglia- 
ture, perrucche,  fiocchi,  cerchi  ed  altre  forme  di  capelli  rimessi, 
recente  conquista  della  moda,  importata  dalla  Francia  e  comparsa, 
almeno  in  Venezia,  a  dire  del  Molmenti,  nel   i665  (2). 

Pietro  Verri,  accennando  a  questa  prammatica,  scrisse:  (op. 
cit.,  IL,  265)  «  Se  nelle  passate  scritture  gli  amministratori  pub- 
«  blici  comparvero  deboli,  in  quelle  prodotte  in  quest'epoca  com- 
«  paiono  imbecilli  ».  Egli  sembra  considerare  la  legge  suntuaria 
come  un  ghiribizzo  speciale  di  Milano  e  non  come  un  fatto  comune 
a  tutto  il  mondo  civile,  e  non  vede  che  la  Città  agitava  qualche 
secolo  prima  molte  delle  idee  da  lui  stesso  predilette.  Mentre  in 
tutta  Italia  l'azione  del  Governo  contro  il  lusso  diveniva  sempre 


(1)  La  mancanza  del  cuscino  spaventava  donna  Quinzia:  "  Vorria 
fassen  de  manch  „  (vorrei  vedere  un  po')  "  che  non  avess  —  La  con-- 
tessa  mia  fiola  —  El  cossin  de  ginocc  —  E  l'arma  incoronada  intorna 
al  cocc  „  :  Colle z,  cit.,  Il,  56. 

{2)  Op.  cit.,  409-410.  Venezia  le  proibì  la  prima  volta  nel  1668.  Ge- 
nova nel  1675:  Belgrano,  op.  cit.,  2.62,.  Sulla  passione  per  le  capiglia- 
ture posticce  il  Maggi  pone  in  bocca  a  Beltramina  una  saporita  satira 
(cit.  Collez.,  Il,  48-50):  "  Guardee  un  poo  per  i  voeult  —  No  gh'è  pu 
una  contraa,  no  gh'  è  streccioeu  —  Dove  no  sia  bottij,  portinn,  us'cioeu 
—  Con  foeura  un  eoo  de  legn  „  :  —  "  Come  pon  fa  i  vost  donn  a  regg 
la  cà  —  S'  han  el  eoo  a  fa  conscià  ?  —  L'è  ben  forza  che  i  pover  mi- 
lanes  —  Abbien  rott  el  mazzucch  pussee  che  on  poo  —  Se  tanci  fo- 
restée  —  Vegnen  chi  a  fa  el  mestée  del  conscia  eoo  „.  Aggiungi  la 
spiritosa  descrizione  della  toilette  femminile,  pur  fatta  da  Beltramina: 
III,  180. 

Ardi.  Star.  Lomb.   —  Anno  XXVII.  —  Fase.  XXV.  6 


SUNTUARIE 


più  pedante  e  rigorosa,  qui  si  credeva  sufììcientc  una  prammatica 
mitissima:  le  poclie  disposizioni  che  abbiamo  esaminato  tendono 
a  colpire  più  che  il  lusso,  lo  sfarzo,  lo  scialacquo,  contro  il  quale 
>i  disponeva,  certo  anche  allora,  l'opinione  pubblica,  ritratta  al 
vivo  nelle  commedie  del  Maggi:  i  nostri  legislatori  facevano  già 
in  pratica  quella  distinzione  fra  il  lusso  utile  ed  il  fasto,  che, 
anche  per  gli  economisti  moderni  (i),  non  trasforma  già,  ma  di- 
strugge la  ricchezza;  distinzione  la  quale,  teoricamente,  trovò  la' 
sua  formola  con  Ferguson  e  con  David  Hume  (2).  Inoltre  la 
preoccupazione  economica,  ond' erano  a  quest'epoca  agitati,  come 
vedremo,  tutti  gli  spiriti,  trova  la  prima  volta  un'eco  nella  legge 
suntuaria  e  si  manifesta  col  divieto  di  portare  bindelli  non  fab- 
bricati a  Milano,  drappi  d'oro  e  d'argento  forestieri  e  stoffe  in- 
digene fabbricate  con  oro  od  argento  di  fuori,  concetti  inspirati 
al  sistema  mercantile  ormai  dominante  in  tutta  Europa.  Il  giu- 
dizio del  Verri  è  dunque  ingiusto,  ma  gli  si  può  perdonare  in- 
quantochè  egli  scriveva  con  intento  polemico  e,  per  ottenere  il 
trionfo  di  tante  idee  liberali  e  sane,  poteva  permettersi  di  essere 
tranchant  in  qualche  apprezzamento  errato. 


VI.  —  Venuto  il  169?,  si  riaprirono  le  discussioni  :  il  Governa- 
tore rimise  al  Vicario  di  Provvisione  la  prammatica  di  Spagna,  da 
pubblicarsi  in  Milano,  perchè,  udito  il  Consiglio  generale,  presen- 
tasse le  proprie  osservazioni.  La  solita  commissione  volle,  anche 
questa  volta,  udire  il  parere  delle  persone  competenti.  Delle  risposte 
non  ci  rimane  che  un  memoriale  incompleto  e  anonimo,  che,  però, 
non  va  trascurato  (3).  A  dir  vero,  ad  esso  manca  anche  la  data,  ma, 
poiché  riferisce  i  capi  principali  di  una  recente  prammatica  regia 
che  concordano  con  quella  accennata,  non  v'ha  dubbio  sia  stato 
scritto  in  questa  occasione.  —  Comincia  l'anonimo  col  sostenere 


(i)  Supino,  Scionza  econ.,  107. 

(2)  V.  le  analisi  in  Baudrillart,  Hist.  dit  luxe,  IV^SySsggv  385  sgg. 

(3)  Arch.  stor.  civ.,  Materi-,  42. 


E    LA    DECADENZA    DELl'  INDUSTRIA    IN    MILANO     l5Ó5-I75o  83 

l'inefficacia  delle  leggi  suntuarie,  perchè  il  lusso  è  nato  coli' uomo 
e  ribelle  ad  ogni  legge  :  se  qualcuno,  fra  gli  antichi,  riuscì  a  cor- 
reggerlo fu  Vespasiano,  ma  non  con  leggi,  bensì  coli' esempio  della 
propria  modestia.  Oggi  il  lusso  dilaga  ancora  alla  barba  degli 
antichi  freni  e  dei  nostri  stessi  statuti.  S.  Maestà  ha  di  fresco 
stabiliti  nuovi  ripari,  medicina  salutare  se  si  vuole,  ma  «  poiché 
«  i  beni  terreni  non  sonx)  mai  così  puri  che  non  habbino  seco 
«  qualche  mistura  di  mali  »  è  legittimo  il  timore  ch'essa  non 
arrechi  qualche  danno.  Infatti  il  lusso  nei  drappi  d'oro  e  d'ar- 
gento, nei  ricami,  nelle  carrozze,  nei  servi  mantiene  gran  parte 
della  nostra  città:  il  dire  che  gli  abiti  e  i  cocchi  ingoiano  molt'oro 
buttato  via  non  è  buona  ragione,  perchè  V  abbondanza  dell'  oro 
non  è  il  sostegno  delle  città.  Non  che  l'oro  sia  cosa  da  spregiare, 
ma  esso,  dopo  lo  scoprimento  delle  Indie  ci  viene  in  gran  copia, 
esso  non  ha  contribuito  ad  altro  che  ad  accrescere  il  prezzo  delle 
cose,  esso  non  ha  altro  ufficio  nella  repubblica  che  stabilire  il 
prezzo  delle  cose,  riducendo  il  valore  delle  medesime  al  valore  di 
se  stesso  per  misura  de'  contratti,  in  modo  che  se  Toro  scarseggia 
scarsi  sono  i  prezzi;  se  abbonda,  forti.  Se  dunque  l'oro  ogni  giorno 
nasce  e  si  cava  dalle  miniere,  che  male  c'è  se  lo  si  consuma  negli 
usi  del  mondo?  Se  si  proibisce  l'uso  dell'oro  nelle  vesti  e  nelle 
carrozze,  l'effetto  sarà  appunto  quello  di  accrescere  i  prezzi:  tali 
leggi  andavan  bene  quando  c'era  poco  oro,  non  vanno  più  ora 
che  ce  n'è  molto.  Che  dire  della  seta  da  convertirsi  in  merletti, 
in  pizzi  od  in  ornamenti?  bisognerebbe  spiantare  i  gelsi  per  non 
rendere  inculto  il  campo  con  un'ombra  inutile.  E  tutta  quella 
gente  che  si  applica  ai  servigi  bassi,  che  farebbe,  quando  fosse 
privata  del  servizio  presso  i  nobili?  sarebbe  costretta  dalla  fame 
a  precipitarsi  nelle  rapine.  Del  resto  non  ai  soli  abusi  enumerati 
dalla  prammatica  si  restringono  i  mali  della  repubblica:  c'è  il 
lusso  delle  fabbriche,  la  suntuosità  dei  mobili,  la  delizia  delle 
mense,  l'eccesso  nei  giuochi  poco  fa  introdotti:  quanto  più  sono 
visibili  i  mali  e  facili  a  biasimarsi,  tanto  più  difficili  sono  i  ri- 
medi. Tuttavia  non  mancano  scrittori  insigni  come  il  Kloch,  il 
Cockhier,  il  Besold,  i  quali  suggeriscono  a  tal  uopo  utili  precetti. 


84  111  I    '«il    Sl'NTUAHIi: 


Perciò  prima  di  pronuilgarc  leggi  suntuarie  si  dovrebbe  istituire 
un  asilo  della  povertà,  e  poiché  l'industria,  come  messer  Boterò 
Ila  luminosamente  provato,  più  d'ogni  altra  cosa  vale  a  render 
doviziose  le  città,  si  cerchi  rialzarla,  togliendo  gli  impacci,  rinno- 
vando le  antiche  prerogative,  acciò  le  famiglie  nobili  esercitandosi 
in  essa  non  pregiudichino  la  nobiltà:  si  richiamino  gli  artefici  usciti 
per  mancanza  di  lavoro  e  si  invitino  que'di  fuori,  concedendo  loro 
per  qualche  anno  l'esenzione  dall'estimo  e  dai  dazi:  si  bandiscano, 
e  con  rigore,  le  merci  forestiere,  in  ispecie  quelle  di  seta  ed  oro  : 
si  ascoltino  i  consigli  del  Tridi  abbassando  l'estimo  del  merci- 
monio, la  prima  causa  di  tutta  la  rovina;  sì  abbassi  il  dazio  d'u- 
scita delle  manifatture  e  quello  d'entrata  per  le  materie  greggie: 
se  nella  nostra  città  scema  la  popolazione,  non  è  per  mancanza 
di  nutrimento,  che  il  suolo  produce  più  del  necessario,  ma  per 
mancanza  di  traffico.  Inoltre,  fra  i  mezzi  per  render  ricche  le 
città  è  di  sommo  rilievo,  come  spiega  il  Besold,  lo  sbandire  l'ozio 
€  gli  oziosi,  obbligando  la  gente  bassa  ad  occuparsi  e  produrre  il 
necessario,  che  non  verrà  così  portato  dai  paesi  stranieri:  si  imiti 
l'esempio  di  Amsterdam  e  di  Genova,  che  hanno  stabilimenti  ove 
si  raccolgono  i  mendicanti  a  lavorare  (i).  Introdotto  in  città  il 
traffico,  sbandito  l'ozio,  dato  alla  plebe  lavoro  e  guadagno,  si 
potrà  pensare  a  reprimere  il  lusso,  e  questo  non  per  via  di  proi- 
bi:{ione  ma  per  via  di  tributo. 

La  lettera  dell'  anonimo,  che  ho  fedelmente  riassunta,  noil 
priva  certo  di  esagerazioni  e  di  argomenti  ingenui,  come  quello 
relativo  al  servidorame,  contiene  giudizi  notevoli.  Sebbene  egli 
si  inspiri  al  Boterò,  che  in  tempi  di  pieno  mercantilismo  doveva 
esser  ritenuto  libéralissimo,  è  anche  più  liberale  di  lui  nel  con- 
cetto del  danaro  che  giudica  una  merce  come  tutte  le   altre   (2), 


(i)  L'idea  fu  attuata  in  Lombardia,  quasi  un  secolo  dopo,  colla 
Casa  d' Indiisiria  fondata  da  Giuseppe  II:  Cusani,  Storia  di  Milano, 
Milano,  i865,  IV,  94. 

(2)  L'idea  che  l'uscita  dell'oro  e  dell'argento  fosse  perniciosa 
allo  Stato  moveva  appunto  il  Boterò  ad  approvare  le  leggi  suntuarie  : 


I 


E    LA    DECADENZA    DELl'  INDUSTRIA    IN    MILANO     lÓGS-ljSo  85 

contrariamente  alle  idee  dominanti  al  suo  tempo,  in  cui,  persuasi 
che  il  danaro  fosse  1?  principal  ricchezza  dello  Stato,  scrittori  e 
legislatori  si  affaticavano  a  trovar  espedienti  per  conservarlo  ed 
accrescerlo,  e  volevano  moderar  per  legge  il  consumo  delle  materie 
atte  a  far  moneta  (i).  Non  dunque  per  paura  dell'uscita  della 
moneta,  ma  allo  scopo  di  proteggere  l'industria  paesana  egli 
accettava  l'idea,  allora  quasi  universale,  di  proibire  le  merci  fo- 
restiere, e  sosteneva,  ripetendo  anche  qui  i  concetti  del  maestro, 
le  immunità  alle  nuove  industrie,  l'impedire  l'uscita  alle  materie 
prime  e  il  favorire  quella  delle  manifatture  (2).  Un  secolo  prima 
del  Verri  lamentava  che  la  boria  spagnuola  avesse  allontanato 
la  nobiltà  dalla  mercatura,  e  metteva  innanzi  il  concetto  del  tri- 
buto, come  il  più  legittimo  temperatore  del  lusso,  ripreso  e  cal- 
deggiato dagli  economisti  del  secolo  XVIII  (3). 

Anche  questa  volta  i  delegati  non  nascosero  la  loro  poca  te- 
nerezza per  la  prammatica,  e  conclusero  che,  essendo  la  legge 
proposta  da  S.  Maestà  presso  a  poco  dello  stesso  tenore  di  quella 
votata  dalla  città  nel  1679  (il  che  non  era  vero,  perchè  la  spa- 
gnuola era  assai  più  minuziosa  e  rigorosa)  (4)  non  stimavano 
opportuno  far  novità,  pur  ringraziando  il  Re  della  sua  paterna 
sollecitudine;  e,  a  rinforzo  delle  loro  conclusioni,  presentavano 
una  nota  dei  lavoratori  che  per  la  legge  suntuaria  sarebbero  re- 


"  pericolosissimo  è  il  desiderio  di  superare  gli  altri  nella  splendi, 
dezza  del  lusso ,  anzi  bisogna  limitare  le  pompe  delle  donne  e  proi- 
bire certe  vesti  o  caricarle  di  dazi  e  gravezze  così  grandi,  che  divengano 
carissime,  sopratutto  perchè  per  far  venire  gemme  e  simili  frivolezze 
si  manda  via  oro  e  argento,  per  ciance  lo  Stato  si  vuota  delle  vere 
ricchezze,,.  V.  Gobbi,  U econom.  polit.,  ecc.^  71;  cfr.  la  lucida  analisi 
delle  teorie  del  Boterò  in  La  concorrenza  estera,  ecc.,  p.  23  sgg. 
(i)  Supino,  op.  cit.,  45. 

(2)  Gobbi,  La  concorrenza,  ecc.,  26  e  28.  —  Nel  i6oo  era  stata  im- 
posta la  gabella  all'uscita  dei  panni  e  quella  per  l'introduzione  della 
seta  greggia  in  città:  Verri,  op.  cit.,  p.  247,  n.  2  e  3. 

(3)  Rousseau,  Senhac  de  Meilhan  e  altri.  V.  Baudrillart,  Hist.  du 
Ihxc,  IV,  370,  402. 

(4)  Arch.  stor.  civ.,  Materie,  42. 


86  LE    LEGGI    SUriTUARIK 


Stati  o  danneggiati  od  oziosi:  essa  nota  ci  dice  che  per  T univer- 
sità dei  mercanti  lavoravano  allora  1371  fj-a  maestre  e  donne, 
nel  far  pizzi,  non  comprese  le  figliuole  povere  nei  monasteri  e  le 
monache:  per  l'università  dei  mercanti  d'oro  15942  artigiani,  ai 
quali  andavano  aggiunti  altri  8000  occupati  in  esercizi  diversi  e 
specialmente  nel  servizio  presso  i  nobili,  in  tutto  2  53i3  persone. 
La  relazione  votata  tal  quale  dal  Consiglio  fu  trasmessa  dal  Vi- 
cario al  Governatore  e  non  se  ne  parlò  più. 


II. 


I.  —  La  legge  suntuaria  del  17 12  acquista  una  importanza  spe- 
ciale perchè  si  connette  a  tutto  un  disegno  di  riforma  dell'in- 
dustria e  del  commercio.  Per  renderci  ragione  di  quanto  in  que- 
st'anno si  trattò  e  si  concluse,  rispetto  a  entrambi  gli  argomenti, 
dobbiamo  rifarci  un  po'  addietro  ed  esaminare,  fin  nei  suoi  prin- 
cipii,  questa  agitazione  di  tutte  le  classi  cittadine  in  favore,  come 
allora  dicevasi,  del  mercimonio.  Il  Verri  ha  tracciato,  è  vero,  un 
quadro  delle  condizioni  economiche  di  Milano  durante  il  domi- 
nio spagnuolo,  ma,  pieno  di  sdegno  per  quell'epoca  infelice,  non 
ha  tenuto  conto  degli  sforzi  della  Città  per  migliorare  le  proprie 
condizioni,  o,  se  qualche  volta  lo  ha  fatto,  è  stato,  lo  abbiam  ve- 
duto, per  travolgerla  nello  stesso  biasimo  di  cui  marchiava  il 
Governo.  Il  Trattini  che,  nella  sua  Storia  e  statistica  delV  indu- 
stria manifatturiera  in  Lombardia  ha  un  pregevole  capitolo  rias- 
suntivo ,  non  aggiunge  nulla  ai  dati  del  Verri  ;  lo  segue  passo 
passo  sì  nella  esposizione  come  nei  giudizi  :  onde  non  mi  sembra 
inutile  illustrare,  colla  scorta  di  documenti  ancora  per  la  mag- 
gior parte  inesplorati,  le  fasi  principali  di  quella  agitazione,  re- 
cando un  modestissimo  contributo  a  quella  storia  dell'industria 
manifatturiera  e  del  commercio  di  Milano,  la  quale  è  ancor  tutta 
da  fare. 


Col  1620  incominciano  le  querele  per  la  decadenza:  una  com- 
missione di  cittadini,  eletta  dal  Governatore,  raccolse  presso  le 
varie  arti  informazioni  che  apparvero  desolanti  :  di  5oo  battifogli 
e  loooo  donne,  dette  Jìlere,  impiegate  nell'esercizio  dell'oro,  e  dì 
loooo  impiegati  alla  fabbrica  delle  calzette  di  seta,  la  metà  erano 
licenziati  per  mancanza  di  lavoro:  dei  20000  tra  filatori,  tintori, 
tessitori  e  donne  che  maneggiavano  la  seta,  occupati  due  terzi; 
solo  i  4000  lavoranti  bindelli,  lavorini  e  velami,  e  i  lanaioli  eran 
tutti  trattenuti:  la  Città,  che  spendeva  nel  distribuir  danari  e 
vettovaglie  ai  poveri  centomila  scudi  l'anno,  non  potea  far  di 
più  per  provvedere  ai  disoccupati.  Quali  cause  di  questa  decadenza 
si  segnalavano:  il  cessar  degli  antichi  favori  concessi  al  commer- 
cio e  all'industria,  V  estimo  del  mei^cimonio,  l'accrescimento  dei 
dazi;  inoltre  il  consumo  diminuito  per  le  guerre  d'Alemagna,  pef 
sistema  proibitivo  della  Francia,  inviolabilmente  osservato;  l'es- 
sersi la  Spagna  provveduta  per  molt'anni  delle  nostre  merci  «  per 
«  la  commodità  havuta  gli  anni  addietro  della  crescimonia  del 
«  danaro  »  (i).  Ma  lo  sgomento  crebbe  dopo  il  i63o,  quando  i 
milanesi,  guardandosi  attorno,  videro  le  industrie  quasi  annien- 
tate. Allora  per  la  prima  volta  (20  luglio  i63i)  si  costituì  una 
Giunta  di  Mercimonio,  composta  del  Vicario  di  Provvisione,  del 
Regio  Luogotenente,  di  due  Conservatori  di  Patrimonio  e  di 
quattro  Decurioni,  coli' incarico  di  tenersi  in  perpetua  relazione 
coi  mercanti  ed  industriali,  di  indagare  le  cause  dello  sfacelo  e  pre- 
parare i  rimedii,  nonché  di  ridurre  ad  oneste  proporzioni  i  prezzi 
saliti  in  quei  tempi  a  somme  inique:  una  istituzione  sul  genere 
dei  cinque  savi  della  mercanzia  di  Venezia  (2)  e  del  Consiglio  di 
Commercio  fondato  in  Francia  da  Enrico  IV  nel  1Ó02  (3).  La 
Giunta  propose  infatti  alcuni  rimedi   nei    quali   si    scorge    tutta 


(1)  Relatione  fatta  dai  SS.  Delegati  di  S.  Ecc.  a  consultare  il  modo 
di  provvedere  al  sostenimento  dei  poveri  operai  ai  quali  manca  il  lavoro 
(a  stampa),  26  febbrajo  1620:  Arch.  stor.  civ.,  Materie,  Commercio,  car- 
tella 267. 

(2)  Errerà,  Storia  dell'  econom.  polii.,  citata,  p.  48,  48,  49. 

(3)  Laffitte,  Notice  sur  B.  Laffemas,  citata,  p.  188  sg. 


88  I-E    l.hiivii    M  rs  1  .   AuiiO 


r  indeterminatezza  dei  metodi  del  tempo.  Essa,  liberale  quando 
pensava  ad  accrescere  il  numero  degli  artefici  coli' invitarli  per 
via  di  immunità,  privilegi  e  favori,  a  richiamare  gli  espatriati, 
concedendo  loro  l'impunità,  a  sottrarre  all'esercito  gli  artigiani 
che  preferivano  l'ozioso  mestiere  del  soldato,  era  tiranna  nel  voler 
eseguite  le  rigorose  e  quasi  feroci  pene  prescritte  dalle  Nuove 
Costituzioni  a  chi  abbandonasse  la  città.  Intravvide  1'  impaccio 
che  le  corporazioni  recavano  al  commercio,  e  da  essa  per  la  prima 
volta  troviamo  espresso  il  desiderio  di  frenare  l'esagerata  tirannia 
del  monopolio,  impedendo  che  gli  ufficiali  delle  arti,  cui  tornava 
comodo  non  si  moltiplicasse  il  numero  dei  loro,  tormentassero  ed 
atterrissero  i  forestieri,  desiderosi  d'industriarsi,  con  rigorosi  esami, 
e  lasciando  al  Vicario  di  Provvisione  la  facoltà  di  ammetterli 
all'esercizio.  Ma  la  Giunta  era  persuasa  che  poco  valesse  l'avere 
in  città  molti  artefici  se  mancava  il  modo  di  spacciare  le  mani- 
fatture,  onde,  ripigliando  il  concetto  del  Boterò  (i),  concludeva 
non  potersi  sperare  in  una  esportazione  sufficiente,  se  non  si 
procurava  colle  immunità,  o  almeno  colla  diminuzione  dei  dazi, 
di  richiamare  i  negozianti  forestieri,  allontanati  da  intollerabili 
gravami  e  da  inique  fiscalità  (2). 

Pochi  anni  dopo  entrò  valorosamente  in  campo  un  cittadino 
comasco,  Giovan  Maria  Tridi,  con  la  citata  Informatione  (i638), 
che  levò  un  certo  rumore  e  procurò  all'autore  molte  soddisfazioni 
e  molte  amarezze  (3).  Comincia  il  buon  Tridi  a  dimostrare  che, 
finché  si  seguirono  le  antiche  tradizioni,  la  floridezza  di  Milano 
andò  sempre  crescendo,  e  ciò  fino  al  1616:  da  quell'anno  comin- 
ciarono a  mancare  i  traffici  e  a  scemare  i  redditi  delle  gabelle, 
il  che  egli  prova  con  uno  specchietto  degli  appalti  dei   dazi,  dal 


(i)  Gobbi,  La  concorrenza,   ecc.,  p.  28. 

(2)  Arch.  stor.  civ.,  Materie,  Commercio,  cart.  268. 

(3)  Vedi  una  lettera  di  lui  (1639)  nella  quale  si  lamenta  che  molti 
non  lo  abbiano  compreso,  sebbene  non  gli  manchi  l'appoggio  di  per-. 
sone  imparziali,  e  si  dichiara  risoluto  a  far  ogni  sforzo  per  riuscir  nel- 
r intento:  Arch.  stor.  civ..  Materie,  Commercio,  cart.  268. 


i 


E    LA    DECADENZA    DELL'  INDUSTRIA    IN    MILANO     lS65-iy5o  8q 

i6o3  al  1639,  dal  quale,  in  fatto,  si  rileva  che  fino  al  1618  i  pro- 
venti andaron  sempre  crescendo  (da  lire  1,439,696  a  lire  2,014,993)  e 
dal  1618  scemarono  da  2,io2,62oa  i,222,5i  i.Finoal  i6i6si contavano 
in  Milano  settanta  lanifici,  che  producevano  i5ooo  pezze  di  panno 
all'anno,  dopo  si  ridussero  a  quindici,  producenti  3ooo  pezze:  la 
stessa  proporzione  per  la  industria  della  seta  e  dell'oro:  prima 
la  fabbricazione  eccedeva  il  consumo,  e  si  esportava  moltissimo: 
ora  il  contrario,  un'invasione  di  manifatture  straniere  fatte  colle 
nostre  sete  e  lane  e  da  nostri  artefici  emigrati.  Se  si  considera 
che  una  pezza  di  panno  dà  occupazione  a  venticinque  persone 
per  un  mese,  mancando  12000  pezze  solo  per  Milano,  manca  il 
mantenimento  di  2  5ooo  persone.  Allo  stesso  modo  si  spopola  Como, 
ove  di  settanta  lavoreri  ne  restano  quattro,  Monza,  Vigevano, 
Valassina  ,  Incino,  Monte  di  Brianza  e  lago  di  Como  (i).  —  A 
questi  mali  vuole  il  Tridi  rimediare  coli' abolire  l'aumento  del 
terzo  sul  dazio  della  mercanzia  (introdotto  nel  1614)  contro  il 
quale  la  Città  aveva  invano  protestato  (2),  collo  scemare  di  molto 
l'estimo  del  mercimonio,  iniquamente  ripartito  sopra  un  numero 
di  negozianti  molto  minore  di  quando  fu  istituito,  col  vietare 
l'introduzione  delle  manifatture  straniere  e  l'estrazione  delle  ma- 
terie greggie.  Non  ostanti  le  conclusioni  favorevoli  al  più  rigoroso 
protezionismo  industriale,  del  che  non  si  può  far  rimprovero  ad 
un  uomo  del  secolo  XVII,  il  libretto  del  Tridi  è  pieno  di  logica 
e  di  buon  senso,  specialmente  dove  dimostra  l'effetto  negativo 
dei  continui  aumenti  di  carichi:  a  buon  diritto  lodollo  il  Verri, 
che  pure,  in  fatto  di  commercio  internazionale,  la  pensava  in 
modo  assai  diverso  (op.  cit.,  II,  211). 

Le  idee   del    Tridi    furono   ampliate    da    Rolando   Rossi,    in 


(i)  Prova  lo  spopolamento  col  consumo  del  pane,  riportando  in 
uno  specchio  i  proventi  del  dazio  sulla  macina,  ove  si  vedono,  dal 
i6o3  al  i635,  decrescere  da  lire  153.460  a  86.5oo. 

(2)  V.  il  Memoriale  delV  Università  di  tutti  li  mercanti  e  negozianti  ili 
Milano,  al  Governatore,  perchè  non  si  dia  esecuzione  all'aumento  del 
terzo  sul  dazio  della  mercanzia  (1616):  Arch.  stor.  civ.,  Materie,  Com- 
mercio, 266. 


rO  I^K    LKGGI    SlNTlAHIi: 


una  memoria  manoscritta,  diretta  al  Governatore  (21  marzo  ! 
1Ó41)  (0-  Il  Rossi,  pur  approvando  in  tutto  il  Tridi,  enumerai 
altre  cause  di  decadenza:  fra  le  esterne,  le  guerre  di  Lombardia 
e  di  Piemonte,  alle  quali  accorsero  molti  amanti  dell'ozio,  quelle 
di  Francia,  di  Fiandra  e  di  Germania,  onde  fu  diminuita  l'im- 
portazione di  quei  paesi,  lo  sparpagliarsi  in  tutta  Italia  delle 
merci  provenienti  dal  Nord,  che  prima  passavano  di  qui,  la  recentej 
attività  industriale  delle  potenze  finitime;  —  fra  le  interne,  l'au- 
mento dei  dazi  sul  sale,  sulla  macina,  sul  vino,  sull'olio,  la  tassa 
sulle  case  (2);  ed  aggiunge,  perciò,  altre  proposte,  cioè:  facilitare 
le  comunicazioni  coi  paesi  del  Nord,  assicurare  le  strade  dagli 
svaliggi  e  mantener  la  disciplina  nei  soldati,  i  quali  in  fatto  poco 
differivano  dai  briganti,  impedire  che  gli  artigiani  s'arruolino 
nella  milizia  senza  speciale  permesso.  Quanto  al  bando  delle  merci 
estere,  pur  approvandolo  in  massima,  il  Rossi  è  più  prudente  del 
Tridi,  e  non  vuole  che  la  proibizione  si  faccia  ex  abriipto  :  «  per- 
«  che  il  mercante  è  accostumato  a  tal  traffico  e  il  cittadino  al- 
«  l'uso  »,  egli,  ammonito  dall'esperienza  fatta  da  Enrico  IV  dopo 
il  famoso  editto  del  iSgp,  vuole  si  sia  in  grado  di  supplire  col- 
r industria  propria  prima  di  proibire  l'altrui. 

Il  Governatore  sottomise  (21  marzo  1641)  l'opuscolo  del  Tridi 
e  il  memoriale  del  Rossi  all'esame  del  Tribunale  di  Provvisione, 
il  quale  rispose  in  modo  assai  curioso  (3):  pur  riconoscendo  che 
l'aumento  del  terzo  sul  dazio  della  mercanzia  era  dannoso,  non 
approvava  che  il  mercimonio  venisse  addossato  allo  stabile,  come 
il  Tridi  proponeva.  Questa  ragione  ci  spiega  la  ostilità.  L'estimo 
del  mercimonio  era  stato  introdotto,  lo  abbiam  veduto,  per  sca- 
ricare agli  stabili  il  peso  dei  3ooooo  scudi  di  mensuale  e,  poiché 
non  era  probabile  che  il  Governo  spagnuolo  volesse  rimetterci 
del  suo,  era  naturale  che,  alleggerito  il  primo,  si  dovesse  di  nuovo 
sovraccaricare  i  secondi  :  il  che,  non  a  torto  spaventava   i   possi- 


(i)  Arch.  Sion  civ.,  Materie,  Commercio,  cart.  268. 

(2)  Per  questi  aggravi,  posteriori  al  i6i3,  v.  Verri,  op.  cit.,  II,  245-246. 

(3)  Arch.  stor.  civ.,  Materie,  Commercio,  cart.  268. 


IPIe, 


E    LA    DECADENZA    DELl'  INDUSTRIA    IN    MILANO     IdGd-IjSo  QI 


ienti.  Tuttavia,  nell' opporsi  a  proposte,  pur  fatte  a  fin  di  bene, 
la  rappresentanza  cittadina  allegava,  non  si  può  negarlo,  argo- 
menti notevoli:  —  il  proibire  l'estrazione  delle  sete  greggia  rompe- 
rebbe il  commercio  che  con  vicendevole  guadagno  comunica  le 
comodità  da  una  provincia  all'altra;  e j  poiché  il  commercio  si 
mantiene  colla  permiita:(ione  delle  merci,  più  che  col  danaro  ef- 
fettivo, vietata  V  estrazione  delle  sete,  mancherebbero  le  merci 
forestiere  che  si  introducono  e  commutano  in  servi:[io  dei  popoli 
e  con  splendor  di  Milano:  col  proibire  le  merci  forestiere  risor- 
gerà il  danno  dei  monopolii:  una  volta  obbligati  i  cittadini  a 
vendere  le  sete  ai  soli  mercanti  di  Milano  e  a  comperar  da  essi 
le  stoffe,  si  troveranno  alla  loro  discrezione.  —  Così  il  Tribu- 
nale di  Provvisione  sembrava  intravvedere  il  concetto  della  so- 
lidarietà economica  dei  vari  paesi ,  e  faceva  sue  le  idee  di  quei 
pochi,  ma  valorosi,  liberi  scambisti,  che  nel  secolo  XVII  si  op 
ponevano  al  mercantilismo  invadente  (i):  ma  erano,  pur  troppo, 
ancora  idee  isolate,  inspirate  dall'opportunità  del  momento  o 
provocate  dalla  discussione,  ben  lontane  dal  connettersi  in  un 
sistema  razionale.  Tanto  è  vero  che,  dopo  questo  lampo  di  libe- 
ralismo, si  viene  ad  una  conclusione  perfin  più  gretta  dell'esor- 
dio: si  conclude,  cioè,  che  quando  gli  industriali  torneranno  a 
lavorar  bene  come  prima  e  si  contenteranno  di  prezzi  onesti , 
tutto  andrà  bene  da  sé! 

Ma  il  Tridi  era  uomo  di  polso  e  tanto  si  agitò  da  provocare 
molte  altre  risposte,  le  più  a  lui  favorevoli,  e  perfino  una  con- 
sulta favorevolissima  dal  Senato  (senatori  Arese  e  Lambertenghi) 
e  nel  1647  (7  agosto)  riuscì  ad  ottenere  dal  Governatore  Ferdi- 
nando de  Velasco  un  decreto  concedente  a  tutti  gli  artefici  e 
operai  che  venissero  a  stabilirsi  nello  Stato,  introducendovi  l'e- 
sercizio delle  loro  arti,  l'immunità  per  intero  di  tutti  i  carichi 
personali,  compreso  il  mercimonio  per  tre  anni,  e  per   metà    nei 


(i)  CossA,  La  teoria  del  libero  scambio  nel  secolo  XVII,  nei  Rendi- 
conti del  R.  Istituto  lombardo  di  scienze  e  lettere,  serie  II,  voi.  VI  (1873)^ 
p.  374  sgg  :  e  Supino,  op.  cit.,  49  sgg. 


92  '  LE    LEGGI   SUNTUARIE 


tre  anni  successivi,  con  proibizione  di  dìstrarli   «  a  titolo  di   mi- 
«  lizia  od  altra  funzione  pubblica  »  (i). 


II.  —  Una  lettera  del  senatore  Arcse  al  Governo  (12  gennaio 
1649)  confessa  che,  dopo  l'accennato  decreto,  le  fabbriche  milanesi 
andaronsi  rimettendo:  egli  non  adduce  prove,  ma  qualcheduna 
ne  troveremo  più'innanzi.  Tuttavia  nel  1660  l'agitazione  rico- 
mincia (2),  e  si  chiude  con  una  importante  consulta  del  Senato 
del  1662  relativa  all'industria  della  lana  (3).  I  famosi  settanta 
lanifici,  che  al  tempo  del  Tridi  eran  ridotti  a  quindici,  ora  sono 
otto,  e  gli  otto  devono  pagare  lo  stesso  estimo  di  mercimonio  che 
prima  era  ripartito  sui  settanta.  Le  cause:  gli  aumenti  del  dazio 
della  mercanzia  (seguiti  nel  i555,  i558,  (614  e  i636),  l'essere  i 
panni  forestieri  meno  gravati  degli  indigeni,  l'aver  permesso  ai 
negozianti  di  Ganzo  di  fabbricare  panni  simili  a  quei  di  Milano, 
di  qualità  inferiore,  ma  più  facili  ad  esitarsi  pel  minor  prezzo  (4), 
l'eccessiva  introduzione  di  panni  foresi,   il   trascurare   l'eleganza 


(i)  Arch.  stor.  civ.,  Materie,  Commercio,  cart.  268  e  269.  Si  pubblicò 
pure  una  delle  tante  gride  di  proibizione  dei  panni  forestieri  (cart.  269), 
l'inosservanza  delle  quali,  del  resto,  correggeva  da  sé  l'errore  econo- 
mico del  formularle. 

(2)  V.  la  Consulta  del  Magistrato  ordinario  per  rinvigorire  le  arti  : 
Arch.  stor.  civ.,  Materie,  Comm.,  cart.  269  (3o  gennajo  1660). 

(3)  Vi  accennarono  rapidamente,  e  non  con  tutta  esattezza,  il 
Verri,  op.  cit.,  II,  261,  il  Frattini,  op.  cit.,  38,  il  Casati,  U antica  in- 
dustria manifatturiera  della  lana,  fustagni  e  bambagini  in  Milano,  nella 
Perseveranza  del  18  settembre  i883. 

(4)  Nel  1649  un  Carlo  Tentorio,  mercante  di  lana  in  Canzo,  impa- 
rata Tarte  a  Milano,  impiantò  nel  suo  paese  una  fabbrica  di  panni  fini, 
col  permesso  di  un  abate  deir  università  dei  mercanti,  a  patto  che  con- 
tribuisse all'estimo  del  mercimonio.  Altri  ne  seguirono  l' esempio,  senza 
però  chiedere  alcun  permesso,  d' onde  una  lunga  controversia  coi  fab- 
bricanti milanesi,  che  pretendevano  si  fabbricassero  in  Canzo  solo 
panni  ordinari,  e  che  quei  fabbricanti  pagassero  l'estimo  per  tutti  i 
panni  fini  venduti  fino  allora  come  milanesi.  V.  Replica  dell'  Università 
dei  mercanti  di  lana  di  Milano  alla  risposta  dei  mercanti  di  Canzo,  18  set- 
tembre i658:  Arch.  stor.  civ.,  Matèrie,  lana,  cart.  571. 


E    LA    DECADENZA    DELl'  INDUSTRIA    IN    MILANO    lÓGS-lJDO  g3 

€  la  bontà  nella  fabbrica,  infine  l'avere  inconsultamente  il  col- 
legio dei  Giureconsulti  escluso  dalla  nobiltà  chi  esercitasse  que- 
st'arte che  in  antico  era  sempre  stata  ritenuta  nobile.  I  rimedi: 
esenzione  del  dazio  alle  lane,  in  particolar  modo  alle  spagnuole, 
più  ricercate  per  la  fabbrica  di  panni  fini,  agli  oli  e  a  tutti  gli  altri 
ingredienti  necessari  a  tale  industria:  diminuzione  del  dazio  d'uscita 
ai  panni  e  cappelli  fabbricati  in  Milano,  e  aumento,  almeno  in 
ugual  proporzione,  di  quello  d'entrata,  ai  panni  forestieri:  riforma 
nell'estimo  del  mercimonio,  che  si  dovrà  pagare  a  norma  della 
produzione,  un  tanto  per  pezza:  divieto  di  introdurre  panni  e 
cappelli  forestieri,  e  a  quei  di  Ganzo  di  fabbricare  panni  se  non 
inferiori  ai  milanesi,  e  con  signis  (cimosse)  differenti.  Inoltre:  si 
allettino  i  ricchi  e  i  nobili  a  dedicarsi  al  lanificio,  come  facevasi 
un  tempo,  si  rinnovi  il  decreto  concedente  tre  anni  d'esenzione 
a  chi  introduca  lanifici  in  città,  e  se  ne  proibisca  l'esodo,  s'invi- 
gili infine  sulla  buona  fabbricazione  delle  stoffe.  —  Accanto  a 
proposte  inspirate  ai  pregiudizi  del  tempo  e  ai  più  rigidi  criteri 
colbertiani,  ve  n'eran  altre,  il  Verri  stesso  lo  riconosce,  serie  e 
ragionevoli.  Il  Governo  le  accettò  di  buon  grado  e  le  riassunse 
tutte  nel  suo  decreto  del  7  agosto  1664  (i). 

Gol  1676,  rinnovata  la  Giunta  di  Mercimonio,  si  rivolse  l'at- 
tenzione all'industria  della  seta  e  si  invitarono  tutti  gli  indu- 
striali milanesi  a  presentare  le  loro  proposte.  Una  grave  questione 
era  quella  dei  molini  o  filatoi  (Gfr.  il  milanese  molin  de  seda). 
Molti  industriali  andavano  trasportando  i  loro  filatoi  dalle 
città  nelle  rispettive  campagne,  o  in  quelle  degli  stati  confi- 
nanti, sia  per  sottrarsi  al  dazio  della  seta  greggia,  sia  pel 
minor  costo  della  mano  d'opera,  sia  infine  perchè,  disponen- 
doli in  luoghi  aperti  e   vicini    al    confine,  ■  potevano,    con    facile 


(1)  Gridario  generale  (i656-86),  Milano,  Malatesta,  1688,  p.  90.  Quanto 
ai  dazi  si  diminuì  d'un  terzo  quello  delle  lane  (2  quinti  per  le  spa- 
gnuole) e  d;  tutti  gli  ingredienti  necessari  :  d' un  terzo  quello  d'uscita 
dei  panni.  Per  le  stoffe  non  comprese  nella  proibizione  s'  accresceva 
di  sei  denari  il  braccio. 


LE    LEGGI    SUNTUARIE 


contrabbando,  estrarre  le  sete  dallo  Stato.  Ciò  impensieriva  non 
poco  i  milanesi,  che  si  preoccupavano  sopratutto  «  del  diverti- 
«  mento  dei  rustici  dal  lavorerio  della  terra  »  e  dell'ozio,  padre 
di  tutti  i  vizi,  in  cui  si  sarebbero  trovati  i  filatori  della  città. 
Però  la  Giunta  proponeva  di  richiamare  per  forza  i  proprietari 
dei  filatoi  trasportati  nelle  campagne,  e  di  togliere  alla  seta  greg- 
gia il  dazio  d'entrata  in  Milano  o  nelle  altre  città,  accrescendolo 
invece  a  quella  che  usciva  dallo  Stato,  o  era  lavorata  nei  suddetti 
molini  (i).  In  seguito  a  questi  reclami  il  Governo,  con  decreto 
14  dicembre  1678,  proibiva  ai  filatori  e  mercanti  di  seta  di  far 
esercitare  molini  fuori  dello  Stato,  sotto  pena  della  confisca  dei 
beni,  e  ordinava  di  notificare  entro  otto  giorni  tutti  i  filatoi  nello 
Stato  medesimo  esistenti  (2),  e  il  24  aprile  1681  un  dispaccio  reale 
aboliva  il  dazio  d'entrata  della  seta  greggia  e  accresceva  quello 
d'uscita.  La  lentezza  con  cui  procedeva  la  complicata  macchina 
amministrativa  e  gli  ostacoli  frapposti  da  chi  aveva  interesse  a 
mantenere  lo  statu  quo,  fecero  ritardare  di  più  che  cinquant'anni 
l'esecuzione  di  questo  decreto  (3). 


III.  —  Le  concessioni  di  privilegi  agli  introduttori  di  nuove  in- 
dustrie ebbero  qualche  effetto:  nel  1682  i  mercanti  di  lana  prote- 
stavano perchè  i  nuovi  venuti,  esenti  dai  dazi,  vendessero  a  mi- 
nor prezzo,  onde  la  Giunta  propose  che  si  limitassero  le  esenzioni 
a  tre  anni  (4).  Qualche  notizia  di  fabbriche  nuove  mi  fu  dato 
trovare;  a  chi  vorrà  occuparsi  di  proposito  della  storia  del  com- 


(i)  V.  il  Memoriale  a  stampa  della  Giunta  di  mercimonio  al  Magi- 
strato ordinario,  29  nov.  1678:  Arch.  stor.  civ.,  Materie,  Commercio,  car- 
tella 269. 

(2)  Arch.  stor.  civ.,  Materie,  Seta,  cart.  875.  I  mulini  furon  tutti  no- 
tificati (v.  ibid.  l'elenco^  27  genn.  1679).  Ciò  diede  luogo  ad  una  lunga 
questione  dibattuta  fra  la  Giunta,  l'università  dei  filatori  e  il  Magi- 
strato ordinario.  V.  ibid. 

(3)  Verri,  op.  cit.,  Il,  267. 

(4)  Supplica  dei  mercanti  di  lana,  22  aprile  1682:  Arch.  stor.  civ. 
Materie,  lana,  cart.  572. 


E    LA    DECADENZA    DELl'  INDUSTRIA    IN    MILANO     l565-I75o        •     q3 


mercio  milanese  in  quest'  epoca  non  sarà  forse  disagevole  trovarne 


Itre.  Nel   i663  T inglese  Giovanni  Hanford  chiese  al  Governatore 


'& 


di  introdurre  in  Milano  l'industria  nuovissima  delle  calzette  a 
telaio,  con  esenzione  dall'estimo  del  mercimonio  per  dieci  anni: 
i  mercanti  si  opposero  perchè  sarebbe  andata  distrutta  l'industria 
milanese  delle  calze  fatte  a  guggiaj  che  occupava  ottomila  per- 
sone (i):  i  loro  argomenti,  cavillosi  del  resto,  sembra  conseguis- 
sero lo  scopo,  ed  anche  in  seguito  non  si  volle  sapere  delle  calze 
a  macchina:  nel  1686  i  soliti  interessati  supplicarono  il  Governo 
perchè  vietasse  l'introduzione  dei  telari  da  calze:  venne  il  decreto 
e  furon  suggellati  i  telari  a  chi  li  possedeva;  e  solo  nel  1722  si 
permise  questa  fabbrica,  esigendo  però  una  sigurtà  di  cinquecento 
scudi  (2).  Altri  furono  più  fortunati:  nel  1681  Ambrogio  Mazzardi 
introdusse  la  fabbrica  d'ogni  sorta  di  stoffe  di  seta,  damaschi, 
velluti  sogli  o  a  fiorami,  e  broccati  all'uso  d'Inghilterra,  e  nel 
concorso  tenutosi  nel  1709  tra  i  primi  industriali  d'Italia  per  le 
famose  tappezzerie  di  damasco  cremisino  destinate  alla  chiesa  di 
S.  Gaudenzio  in  Ferrara,  riuscì  vincitore,  dopo  il  qual  successo, 
com'egli  stesso  confessa,  fioccavano  le  commissioni  (3).  Nel  1682 
un  Giovanni  Battista  Barzacchini  introdusse  in  Milano  l'arte  di 
lustrare  i  drappi  d'oro,  argento  e  seta,  ad  uso  di  Venezia  e  d'altri 
luoghi  ed  ottenne  il  privilegio  per  dieci  anni  (4).    Nel    1687   Fe- 


(i)  V.  il  carteggio  in  Arch.  stor.  civ.,  Materie,  calzettari,  cari.  82, 
12  marzo  i663. 

(2)  V.  in  Arch.  stor.  civ.,  ibid..  ordiiie  del  Governatore  in  propo- 
sito, 8  maggio  1722.  V.  anche,  ivi,  le  Riflessioni  di  ragione  e  di  fatto 
con  le  quali  si  dimostra  ,pernicioso  al  pubblico  il  bando  dei  telari  di  seta  : 
(sine  die). 

(3)  V.  i  relativi  documenti  (1711,  i5  aprile)  in  Arch.  stor.  civ.,  Ma- 
terie, Seta,  cart,  877:  (supplica  del  Mazzardi  perchè  venga  messo  agli 
atti  ch'egli  fu  il  primo  introduttore  di  detta  industria  trenta  anni 
avanti). 

(4)  V.  le  pratiche  relative  in  Arch.  stor.  civ..  Materie^  Seta,  car- 
tella 876.  In  realtà,  come  rilevasi  da  una  petizione  al  Senato  [ibid,]^ 
il  primo  introduttore  fu  un  francese,  Antonio  Boisset,  che  tentò  con 
successo  la  cosa:  ma  essendo  egli  straniero,  i  mercanti  si  rifiutarono 
di  affidargli  le  stoffe  da  lustrare;  per  il  che  egli  credette  meglio  ven- 
dere il  sescreto  e  gli  utensili  al  Barzacchini. 


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clerico  Gatti  e  Ambrogio  Trczzi  tondarono  l'industria  delle  felpe 
di  seta  rilevate,  ad  uso  di  Messina,  ed  ottennero  anch'essi  esen- 
zioni e  privilegi  (i).  Più  tardi,  nel  1739,  i  fratelli  avvocato  OrazidH| 
e  ingegner  Marco  Bianchi  eressero  un  grande  setificio  con  enormi 
filatoi  «  atti  a  dare  con  ogni  perfezione  lavori  di  seta  ad  uso  di 
'<  Francia,  Olanda,  Torino  e  Bergamo,  in  quantità  di  quattro 
«  balle  al  mese  »,  ed  ottennero  il  libero  ingresso  pei  materiali,  un 
donativo  di  5ooo  lire  imperiali,  l'esenzione  per  diciotto  bocche 
per  cinque  anni  dal  dazio  della  macina,  del  vino  e  della  carne  (2). 
Infine  nel  1743  Felice  Clerici  fondò  una  doppia  industria:  quella 
della  filatura  e  tintura  dei  peli  di  capra  e  cammello  e  quella  più 
importante  delle  maioliche  fine  ad  uso  di  Sassonia:  fabbriche 
impiantate  entrambe  con  vero  splendore,  come  si  rileva  dalla  re- 
lazione della  Giunta  di  mercimonio,  11  agosto  1748.  Il  Clerici 
ottenne  tutti  i  privilegi  richiesti,  che  gli  vennero  prorogati  per 
vari  decenni  (3). 

Ma  sopratutte  è  degna  di  nota  una  grande  impresa  tentata, 
con  discreto  successo,  nel  1720.  In  quell'anno  Giuseppe  Ronzio, 
sull'esempio  del  bolognese  Felice  Gherlini  (4),  presentava  il  di- 
segno di  una  Casa  di  negozio,  «  con  la  soprintendenza  a  tutte 
«  le  sorti  di  manifatture,  la  quale  avesse  poi  connessione  di  traffico 
«  con  tutti  li  bottegari  e  fabbricatori  di  qualsiasi  sorta  di  mani- 
«  fatture  e  mercanzie,  tanto  di  questa  metropoli,  quanto  delle 
«  altre  città  dello  Stato  (5)  ».  La  nuova  casa  fondata   con   capi- 


(1)  Ardi.  stor.  civ.,  Materie,  Seta,  cart.  876. 

{2)  Arch.  stor.  civ.,  Materie,  Seta,  cart.  879  (1739). 

(3)  Arch.  stor.  civ.,  Materie,  Stoviglie  (1745):  Cfr.  Località,  Ospeda- 
Ictto,  sotto  q.  data  (le  fabbriche  sorgevano  nell'ospedaletto  di  S.  Am- 
brogio). Nel  1762  un  suo  pittore  Pasquale  Rubati,  impadronitosi  dei 
segreti,  fondò  un'  altra  fabbrica  in  concorrenza,  nei  pressi  di  S.  An- 
gelo, che  esisteva  ancora  nel  1798.  Il  P'rattini,  op.  cit.,  48,  dice  che 
Giuseppe  Ferretti  di  Lodi  aperse  verso  la  metà  del  secolo  XVIIl  una 
grandiosa  fabbrica  di  stoviglie  imitando  a  perfezione  le  antiche  maio- 
liche italiane,  e  introdusse  pel  primo  da  noi  la  fabbrica  della  porcellana. 

(4)  Cfr.  pel  Gherlini,  Gobbi,  La  concorrenza,  ecc.,  p.  loi. 

(5)  Progetto  fatto  per  rimettere  in  qitesf  inclita  città  di  Milano  il  de- 
caduto mercimonio  e  commercio  et  esposto  sino  in  (sic)  genaro  1^20  alla 
Ecc.  '"'   Congregazione  di  Patrimonio  da  Giuseppe  Ronzio,  p.  4. 


tali  di  azionisti,  amministrata  e  diretta  da  alcuni  delegati  della 
Congregazione  di  Patrimonio  e  da  quattro  persone  pratiche  di 
industria,  avrebbe  dovuto  provvedere  alla  istituzione,  direzione 
ed  amministrazione  di  nuove  fabbriche,  non  escludendo  dal  godi- 
mento di  proporzionati  interessi  «  quei  fabbricatori  e  introduttori 
«  di  manifatture»  che,  pur  non  disponendo  di  capitale,  volessero 
consacrare  la  propria  attività  a  questa  o  quella  fabbrica  dipen- 
dente dalla  casa  medesima  (p.  7-8);  facilitare,  per  mezzo  di  agenti 
capaci,  lo  smercio  della  produzione  nazionale  sui  mercati  ger- 
manici, erigere  filatoi  per  le  sete  con  annesse  tintorie,  preparando 
nel  minor  tempo  possibile  le  sete  greggie  alla  tessitura  «  mentre 
«  in  oggi  gli  mercanti  professori  non  ponno  averle,  se  non  in 
(c  lungo  tempo,  dalle  monache  d'alcuni  monisteri»;  fissare  la 
quantità  di  materia  greggia  superflua  che  potesse  essere  esportata 
senza  danno,  e  così  via.  Il  disegno  del  Ronzio  incontrò  favore, 
né  è  meraviglia  mentre  così  vivo  in  tutti  era  il  desiderio  di  fare. 
Egli  ottenne  l'assistenza  di  due  delegati  della  Congregazione  pa- 
trimoniale per  discutere  le  idee  preliminari  (18  gennaio  1720) 
(p.  2),  il  Governatore  Conte  di  CoUoredo  affidò  al  Conte  Gio- 
vanni Borromeo  Arese  l'incarico  di  attuare  l'idea  (p.  i5)  coU'a- 
iuto  di  due  assistenti,  il  Conte  Guido  Stampa  e  il  Conte  Guido 
Pietrasanta  (p.  16).  E  la  nuova  casa  sorse  infatti  col  nome  di 
Casa  di  S.  Giuseppe  (i),  per  azioni  di  lire  cinquecento,  all'in- 
teresse fisso  del  quattro  per  cento,  oltre  gli  utili  eventuali,  fino 
a  compire  i  quattro  milioni  dì  capitale:  varcato  questo  limite,  le 
azioni  successive  non  avrebbero  avuto  diritto  se  non  al  puro  in- 
teresse (p.  25):  escludeva,  per  l'impiego  di  detto  danaro,  qualun- 
que operazione  finanziaria  estranea  all'alimento  di  manifatture. 
Gran  conservatore  dell'istituto  fu  designato    ed    eletto    il   Conte 


(i)  Dimostrazione  fondaiìieniale  della  nuova  casa  di  fabbriche  e  mani- 
fatture eretta  nella  città  di  Milano  sotto  la  protezione  e  il  nome  del  glo- 
rioso Patriarca  S.  Giuseppe  e  coll'assenso  di  S.  Ecc.  il  Sig.  Conte  Gero- 
lamo CoUoredo,  Governatore  e  capitano  generale  dello  Stato  di  Milano, 
soggiunta  air  opusc.  cit. 

Arch.  Stor.  Lomb.  —   Anno  XXVII.  —  Fase.   XXV.  7 


q8  le  leggi  slntuauie 


Giovanni  Borromeo  Aresc  (p.  4);  il  Consiglio  d'amministrazione 
formato  di  patrizi  e  negozianti  con  netta  divisione  dì  competenze] 
e  responsabilità  (p.  21).  Si  volle  sulle  prime  limitarsi  a  un  ristretto] 
campo  d'azione:  si  cominciò  colla  fabbrica  delle  calzette  sia  ad] 
ago  che  a  telaro,  e  «  della  maggior  perfezione  »,  fabbrica  affatto' 
nuova  in  Milano  che  si  provvedeva  in  Francia  e  in  Isvizz^ra,  e 
con  quella  da  lungo  tempo  abbandonata  dei  saponi.  Si  esperi- 
mentò con  buoni  risultati  la  coltivazione  (seminerio)  della  soda> 
sempre  in  addietro  importata  dalla  Spagna,  nel  doppio  intento 
di  procurarsi  in  paese  uno  dei  principali  ingredienti  per  la  fab- 
brica dei  saponi  e  un  accessorio  potente  per  quella  dei  panni  di 
lana  e  delle  vetrerie  (p.  4).  Il  programma  per  l'avvenire  com- 
prendeva la  fabbrica  delle  coperte  di  lana,  delle  saglìe  d'ogni 
qualità,  di  grandi  setifici  (p.  9)  e  l'annessione  di  un  ridotto  per 
dar  lavoro  ai  vagabondi  e  mendicanti,  che  per  l' addietro  già 
vedemmo  da  altri  suggerito.  Ottenuti  questi  primi  risultati,  si 
prepararono  gli  statuti  definitivi  e  le  proposte  di  privilegi  da  sot- 
toporre alla  approvazione  sovrana.  I  primi  (p.  10-27)  ^^^  nella 
distribuzione  delle  cariche  e  degli  uffici,  sia  nel  definire  o  avvi- 
cendare le  competenze,  sia  nel  designare  i  modi  e  i  limiti  degli 
affari,  sia  infine  nel  tracciare  i  diritti  ed  i  doveri  degli  azionisti 
e  degli  interessati,  sono  inspirati  a  idee  chiare  ed  ordinate:  i  se- 
condi (p.  27  e  sgg.)  non  si  sottraggono,  e  sarebbe  ingiusto  spe- 
rarlo, ai  soliti  pregiudizi.  Mentre  la  nuova  casa  voleva  colpire 
la  strapotenza  delle  corporazioni,  esigendo  che  gli  operai  e  mae- 
stri destinati  alle  sue  manifatture  «  non  abbino  da  essere  appro- 
«  vati  da  veruna  badia,  università,  camera  o  collegio  o  qualsi- 
«  voglia  corpo,  fuori  che  dalla  Congregazione  generale  della 
«  Casa  »,  tendeva  senz'altro  a  trasportare  il  monopolio  da  molte 
mani  in  una  sola.  Pretendeva  infatti,  tra  l'altro,  che  nessun  ne- 
goziante particolare  potesse  erigere  fabbriche  già  introdotte  dalla 
Casa  nello  Stato,  ma  solo  interessarsi  in  essa  con  azioni  :  lo  jiis 
privativo  e  irrevocabile  per  nuovi  edifici,  strumenti  ed  utensili 
introdotti  o  fatti  introdurre  (p.  29),  con  facoltà  d'imporre  seque- 
stri e  contravvenzioni  (p.  3o),  il  divieto  di  esportare,  senza  suo  spe- 


E    LA    DECADENZA    DELL*  INDUSTRIA    IN    MILANO     iSÓS-iyDO  99 

ciale  consenso,  le  materie  greggie  necessarie  alle  manifatture  (p.  35). 
Ma  accanto  a  queste  idee  grette,  e  tendenti  più  a  perpetuare  che 
a  distogliere  gli  impacci  del  commercio,  ne  vediamo  altre  più 
larghe.  Quando  si  pensava  a  sottrarre  la  casa  e  i  suoi  subordi- 
nati ai  tribunali  ordinari,  rimandando  al  proprio  consultore  le 
cause  non  eccedenti  i  venticinque  scudi,  a  un  giudice  delegato 
quelle  superiori,  e  al  Senato  quelle  di  seconda  istanza,  si  dimo- 
strava di  aver  compreso  una  delle  principali  ragioni  della  deca- 
denza, il  dispendioso  prolungarsi  delle  liti,  che  parecchi  anni  dopo 
Pietro  Verri  condannava  con  giusta  severità.  Allo  stesso  miodo 
si  voleva  premunirsi  contro  l'invadenza  dello  Stato  negli  affari 
privati,  chiedendo  che  né  il  Governatore  né  i  magistrati  potes- 
sero avere,  sotto  qualunque  pretesto,  ingerenza  nell'amministra- 
zione e  tanto  meno  negli  utili.  La  libertà  dunque  nel  monopolio: 
•accozzamento  di  concetti  opposti  che  ci  rappresenta  l'incertezza 
in  cui  si  dibattevano  gli  spiriti  d'  allora  nelle  più  vitali  questioni 
economiche.  —  L' indagare  le  sorti  e  1'  esito  di  questa  impresa 
sarà  compito  del  futuro  storico  dell'industria  milanese:  a  me 
basta  l'averla  segnalata,  giacché  il  mio  proposito  si  è  quello  di 
riassumere  questa  secolare  agitazione  in  , favore  dell'industria 
manufatturiera,  nel  periodo  della  sua  decadenza. 


IV.  —  Nonostante  la  buona  volontà  della  Giunta  di  Merci- 
monio e  degli  altri  civici  instituti,  le  cose  procedevano  lente,  né 
poteva  essere  altrimenti,  se  si  considera  il  continuo  andirivieni 
delle  proposte  per  tanti  uffizi.  Per  quanto  fosse  attivo  lo  scambio 
delle  idee,  troppa  gente  era  chiamata  a  discuterle:  la  Giunta,  il 
Tribunale  di  Provvisione,  il  Consiglio  generale,  la  Congregazione 
di  Patrimonio,  la  Congregazione  di  Stato,  il  Magistrato  ordina- 
rio, il  Senato,  e  finalmente  1'  Università  dei  Mercanti  ed  i  vari 
paratici.  Le  proposte,  spesso  anche  buone,  non  erano  coordinate 
e  perciò  si  contraddicevano:  la  Giunta  di  Mercimonio,  la  quale 
nel  1676,  era  contraria  al  divieto  di  esportare  la  seta  greggia  , 
per   non  compromettere  l'esito    di    quella    eccedente   il   consumo 


lOO  I  1      1  I  C.GI    SUNTlAUIi: 


interno  (i),  nel   i(k)0,  rinnovati  i  suoi  membri,  chiede  ed  ottiene, 
appoggiandosi  all'  autorità  del  Kloch,  la  proibizione  assoluta  (2)J 
che,  alla  sua  volta,  non  era  affatto  cosa  nuova  (3).  Così  nel  1710J 
altro  incrociarsi  di  memoriali,  in  cui  solo  un'idea  nuova  possiam 
cogliere,  quella  di  sostituire  alle  proibizioni  un  doppio  estimo  peri 
le  merci  oltramontane,  accolta  in  un  decreto  (19  maggio)  del  Vi- 
cario di  Provvisione,  autorizzato  dal  Governatore. 

Ed  eccoci  al  1712  Tanno  in  cui  si  concentrano  tutti  gli  sforzi] 
in  un  grande  disegno  di  riforma.  Carlo  VI,  con  dispaccio  datato 
da  Presburgo  (7  giugno),  aveva  ordinato  si  facesse  una  nuova 
prammatica  per  frenare  il  lusso,  consultando  nel  medesimo  tempo 
i  mezzi  per  rinvigorire  il  commercio.  Il  Vicario  di  Provvisione  e 
il  Consiglio  generale  vollero,  prima  di  deliberare,  udire  il  parere 
di  tutte  le  Università.  Poiché  la  base  dell'ordine  regio  era  la  so- 
lita paura  per  l' invasione  delle  merci  forestiere,  alla  quale  si  at- 
tribuiva il  doppio  danno  di  fomentare  il  lusso  e  di  far  uscire  il 
danaro,  su  questi  argomenti  si  aggirano  le  risposte  degli  interes- 
sati. È  innanzi  tutto  notevole  in  esse  un  dualismo  tra  mercanti 
ed  industriali:  gli  unisono  liberi  scambisti,  gli  altri  protezionisti 
intransigenti.  La  Camera  dei  Mercanti  d'  oro,  argento  e  seta,  dopo 
avere  graziosamente  burlato  il  fisco,  che  nel  suo  Parere,  appog- 
giava all'epistola  i23  di  Seneca  la  condanna  del  lusso  e  sosteneva 
il  danno  prodotto  dalle  merci  forestiere,  entra  in  campo  niente- 
meno che  con  una  affermazione  di  questo  genere:   «  La  commer- 


(i)  Memoriale  a  stampa,  1679,  25  febbrajo:  Arch.  stor.  civ.,  Materie, 
Seta,  cart.  875. 

(2)  Consulta  al  Senato  dimostrante  i  difetti  del  lavorarlo  delle  sete  : 
Arch.  stor.  civ.,  Materie,  Seta,  877,  3i  genn.;  —  la  grida  è  del  29  giu- 
gno —  ivi.  Le  idee  del  Kloch  su  questo  argomento  sono  riassunte  in 
Supino,  op,  cit.,  p.  48. 

(3)  Cfr.  la  grida  19  luglio  1654,  del  marchese  di  Caracena,  vietante 
l'estrazione  delle  sete  greggie  a  chi  non  provasse  d'aver  estratto  in 
seta  lavorata  almeno  un  terzo  di  quella  che  voleva  estrarre  greggia; 
citata  nella  Relazione  di  Baldassare  Paravicini,  3o  dicembre  1697,  sui 
lavori  della  Giunta  di  Mercimonio  dopo  il  1676:  Arch.  stor.  civ.,  Ma- 
terie, Commercio,  cart.  269. 


E    LA    DF.CADENZA    DELl'  INDUSTRIA    IN    MILANO     iSÓS-iySo  I0[ 

ciatione  corre  libera  di  sua  natura  perchè  insinuata  e  mantenuta 
dalla  raggione  delle  genti  »  ;  dimostra  essere  follia  il  credere  che 
le  stoffe  straniere  sian  causa  del  lusso  :  esse  potranno  coltivare  il 
«  gusto  di  ben  trattarsi  »  non  generarlo.  Milano  non  vive  del  solo 
-commercio  interno,  ma,  e  più,  dell'estero,  e  sopra  un  sol  piede 
non  potrebbe  reggersi.  Proibire  l'entrata  delle  manifatture  fore- 
stiere vuol  dir  rinunciare  a  vendere  le  nostre  perchè,  per  esem- 
pio, i  mercanti  di  Lione  non  vorranno  venir  a  prendere  le  nostre 
sete  col  danaro  alla  mano,  quando  non  potranno  più  contraccam- 
biarle coi  loro  drappi  e  paloni  (nastri):  Lione  ne  riceve  da  ogni 
parte  e  potrà  fare  a  meno  delle  nostre.  —  I  mercanti  che,  sia  pure 
inspirati  dal  loro  interesse,  avevano  chiare  e  sane  idee  sulla  na- 
tura del  commercio  e  sulla  necessità  degli  scambi,  concludono  do- 
versi limitare  il  divieto  al  solo  uso.  I  mercanti  di  calzette  non 
approvano  la  proibizione  generale,  perchè  alcuni  generi,  come  le 
calze  di  Fabriano  e  di  Jesi,  non  si  fabbricano  in  Milano,  e  ne 
verrebbe  penuria:  vorrebbero  invece  il  bando  di  quelle  imitanti 
le  nostre,  come  le  calze  di  stame  di  Padova,  e  la  proibizione  as- 
soluta della  fabbrica  e  del  commercio  di  quelle  a  telaio.  Avversi 
alle  proposte  misure  sono  inoltre  i  mer^arii^  i  mercanti  d'  oro  e 
d'argento  falso,  i  mercanti  di  Lione  e  così  via.  Diversamente  la 
pensano  gì'  industriali,  le  cui  risposte  hanno  per  noi  molto  valore, 
inquantochè  son  ricche  di  dati  e  di  cifre.  I  filatori  e  tessitori  d'oro 
e  di  seta  espongono  le  condizioni  e  le  cause  della  decadenza  della 
loro  industria.  Quarant'anni  innanzi  (1672  circa)  si  contavano 
in  Milano  seicento  inolini  (filatoi)  coi  quali  si  lavoravano  circa 
due  mila  balle  di  seta,  si  sostentavano  trenta  mila  persone,  si  traf- 
ficava per  un  milione  di  lire:  ora  i  molini  sono  cento  trenta  e 
solo  ottanta  lavorano.  Le  cause,  oltre  l'esodo  dei  filatoi,  l'esser 
troppo  leggiero  il  dazio  d'  uscita  della  seta  greggia  e  troppo  forte 
quello  d'entrata  in  città  (soldi  sette  e  mezzo  la  libbra).  Il  famoso 
decreto  del  1681  non  si  osservava  dunque  ancora.  I  tessitori  tor- 
nano alle  vecchie  proposte  fatte  prima  di  quel  decreto,  aggiun- 
gendo il  voto  che  il  dazio  d'  uscita  si  accresca  solo  ai  filatori  fo- 
resi, non  ai  cittadini,   giacché   quelli  mentre   sono   esenti   da  pa- 


102  LE    LEGGI    SUNTUARIE 


recchi  dazii  come  pane,  vino,  fìtti,  ecc.,  hanno  anche  il  vantaggio 
di  far  lavorar  hi  seta  a  sokii  quindici  la  libbra,  mentre  i  citta- 
dini pagano  la  mano  d'opera  ventitré  soldi.  —  I  tessitori  di  seta, 
addotto  un  curioso  specchio  dimostrante  che  dal  1697  al  171 1  il 
numero  dei  telari  era  scemato  da  809  a  283,  vogliono  senz'  altro 
il  bando  delle  stoffe  straniere,  combattono  vivacemente  le  teorie 
liberiste  dei  mercanti,  e  concludono  che  l'introduzione  e  1'  uso 
son  due  cose  indissolubili,  e  non  è  possibile  proibir  1'  una  per- 
mettendo l'altra.  I  lanaiuoli  son  press' a  poco  dello  stesso  avviso. 
I  tintori,  pur  favorevoli  alla  proibizione,  trattano  particolarmente 
la  questione  dell'  indaco,  allora,  senza  dubbio  di  singolare  impor- 
tanza. L'introduzione  del  gualdo  era  stata  eretta  (1659)  in  un 
monopolio  (i)  esercitato  dagli  impresarii  colle  più  odiose  fiscalità; 
i  tintori,  obbligati  a  comperarne  non  più  della  piccola  porzione 
che  si  poteva  consumare  in  tre  giorni,  andavano  soggetti  a  con- 
tinue perquisizioni  e  multe,  e  perciò  si  dichiaravan  disposti  a  pa- 
gare all'  erario  la  somma  pagata  dagli  appaltatori,  purché  si  abo- 
lisse quella  iniqua  privativa. 

Concorsero  questa  volta  col  loro  parere  anche  i  più  alti  in- 
stituti  dello  Stato.  Il  Magistrato  ordinario  si  occupa  specialmente 
dell'abuso  dei  giuochi,  divenuto  da  poco  una  vera  follia,  e  trac- 
cia le  linee  generali  d'  una  riforma  del  commercio  (2),  inspirata 
sempre  al  sistema  proibitivo,  secondo  le  conclusioni  della  consulta 
senatoria  del  1662;  la  Congregazione  di  Stato,  come  rappresen- 
tante di  tutte  le  città  del  Dominio,  dichiara  che,  se  in  Milano  può 
trovarsi  una  parvenza  di  agiatezza  ciò  non  è  altrove:  non  esiste 
pur  troppo  lusso,  perchè  i  popoli  sono  oppressi  dalla  miseria,  ed 
è  inutile  qualunque  rimedio  che  non  sia  rivolto  a  diminuire  le 
imposte  e  restaurare  i  commerci  (3). 


(i)  VerrI;  op.  cit.,  II,  247. 

(2)  Arch.  stor.  civ.,  Materie,  Araldica,  cart.  42. 

(3)  Arch.  stor.  civ.,  ibid. 


E    LA    DECADENZA    DELl'  INDUSTRIA    iN    MILANO     iSÓS-iySo  I03 


V.  —  Ricevute  le  risposte  di  tutti  i  Gremii^  come  allora  dì- 
cevasi,  il  Consiglio  generale,  preparò  il  suo  disegno  diviso  in  due 
parti;  l'una  per  la  prammatica  del  lusso,  l'altra  pel  ristoro  del 
mercimonio  (i).  La  prima  è  ricalcata  sulla  legge  del  1679  e  poco 
ne  differisce.  Vi  troviamo  ripetuti  i  capitoli  relativi  alle  carrozze, 
il  divieto  alle  dame  di  uscire  con  seconda  carrozza  e  il  bando 
dell'oro  e  dell'argento  dalle  livree,  ma  soppresse  le  disposizioni 
tendenti  a  limitare  il  numero  dei  lacchè,  servitori,  braccieri  e 
staffieri,  giacché  era  prevalso  il  concetto  che  «  per  adesso,  attese 
le  circostanze  dei  tempi  non  si  consulti  limitazione  de  servitori, 
mentre,  rimesso  che  sarà  il  mercimonio  in  questa  metropoli,  si 
potrà  dare  sopra  ciò  provvidenza  adeguata  (2)  ».  Dura  la  proibi- 
zione dei  bindelli  e  pizzi  forestieri,  ma  alle  bande,  cadute  di  moda, 
si  sostituiscono  le  sciarpe,  i  scossalini  (piccoli  grembiali)  e  i  faz- 
zoletti ricamati  o  intessuti  d'oro  e  d'argento:  ugual  menzione 
dei  cuscini  da  inginocchiarsi,  aggiunte  le  borse  per  riporre  i  libri 
di  devozione.  Per  le  gioie  si  mantiene  il  vecchio  divieto,  ma  si 
sopprime  il  rapporto  alla  dote:  fermo  il  bando  alle  stoffe  stra- 
niere, ma  taciuta  l' intimazione  ai  sarti  di  non  introdurre  nuove 
foggie.  Pel  lutto  si  richiama  in  vigore  una  grida  di  Carlo  II  del 
169Ó  (3).  Nuove  sono  le  disposizioni  riguardo  ai  giuochi,  in  omag- 
gio alla  lunga  dissertazione  del  fisco  su  questo  argomento.  Proi- 
biti senz'  altro  tutti  i  giuochi  d'  invito  e  di  Zara  e  quello  del 
Seminario  ad  uso  di  Genova  e  di  Torino  «  pensando  alle  perni- 
ciose conseguenze  che  ne  derivano  a  questi  fedelissimi  sudditi  dal 
fallace  allettamento  di  tale  giuoco,  colla  totale  rovina  delle  loro 
miserabili  famiglie  e  perdizione  di  tante  anime,  cagione  forse  delli 
divini  flagelli  che  di  presente  se  ne  risentono  ».  Sul  giuoco  del 
Seminario  ritengo  opportuno  spendere  qualche  parola,  giacche  i  do- 
cumenti d'Archivio  mi  permettono  di  tracciarne  in  breve  la  storia. 


(1)  A  stampa,  sotto  forma  di  lettera  del  Vicario  di  Provvisione  e 
dei  LX  Decurioni  al  Senato,  29  die.  1712:  Arch.  stor.  civ.,  Materie,  42. 

(2)  Verbale  della  Commissione   eletta  per  la  Prammatica,  i.^  set- 
tembre 1712:  Arch.  stor.  civ.,  ibid. 

(3)  E  in  Arch.  stor.  civ.,  Materie,  42:   nulla  contiene  di    notevole. 


104 


LEGGI    SINTt'ARIE 


* 


È  noto  come  questo  ì;ìuoco,  detto  anche  dei  Senatori,  si  eser- 
cisse già  in  antico  a  Genova,  sotto  forma  di  scommessa  sui  cinque 
Senatori  che  si  estraevano  a  sorte  fra  i  novanta  membri  del  Con- 
siglio, e  queste  scommesse  avesser  luogo  o  su  uno  dei  cinque,  o 
sul  primo  estratto,  o  su  due  (ambo),  o  su  tre  (terno),  o  su  quat- 
tro (quaderna)  (i).  Il  giuoco  era  in  origine,  e  fu  per  molto  tempo, 
tenuto  da  speculatori  privati.  Intorno  al  1644,  alcuni  Genovesi 
sparsero  per  Milano  parecchie  liste  di  candidati  alla  carica  di 
Senatore,  adescando,  il  popolo  alle  scommesse,  ma  il  Governatore, 
Marchese  di  Velada,  avvertito  dal  Senato  della  novità,  proibì, 
con  grida  4  febbrajo  1644,  questo  giuoco,  come  «  non  libero  e 
sincero,  ma  fraudolento  o  almeno  facile  a  cagionare  inganni  (2)  ». 
Il  divieto,  al  solito,  andò  inosservato  ed  anzi  nel  i656  si  vede  il 
primo  tentativo  per  fare,  del  Seminario  un  gioco  ufficiale:  un 
Geronimo  Bagnara  e  un  Benedetto  Germano  chiesero  al  Gover- 
natore licenza  privilegiata  per  nove  anni,  di  esercire  il  lotto  di 
(jenova  in  Milano,  obbligandosi  a  dare  in  compenso  trecento  lire 
r  anno  alle  venerande  vergini  spagnuole.  Per  convincerlo  dell'  one- 
stà della-  cosa,  spiegavano  minutamente  il  meccanismo  del  giuoco, 
e  soggiungevano  essere  già  da  tempo  costume  dei  Milanesi  man- 
dar denari  a  Genova  per  quello  scopo  (3).  Il  Magistrato  ordinario 
e  il  Vicario  di  Provvisione,  interrogati,  diedero  parere  favore- 
vole (4).  —  Col  i665  comincia  in  Milano  un  periodo  nuovo  pel 
lotto.  Un  tal  (j.  B.  Via  propose  in  quest'anno  di  esercirlo  a  be- 
neficio del  Banco  di  S.  Ambrogio  e  il   Governatore   D.  Luigi  de 


(i)  Ardi.  stor.  civ.,  Materie,  Lotto,  cart.  606,  3o  giugno  i656;  sup- 
plica di  Geronimo  Bagnara  e  Benedetto  Germano,  per  ottenere  licenza 
di  esercire  il  giuoco  del  seminario.  V.  ivi  un  esemplare  delle  liste 
stampate  coi  nomi  dei  novanta  consiglieri  di  Genova. 

{2)  Gridario  Govern.,  i633-56,  Marchese  de  Velada,  p.  33. 

(3)  V.  la  citata  supplica,  3o  giugno  i656. 

(4)  Arch.  stor.  civ.,  Materie,  Lotto,  cart.  5o6. 


I 


E    LA    DECADENZA    DELL*   INDUSTRIA    IN    MILANO     IDÓS-IyDO  I05 


Gazman,  neli'  intento  di  soccorrere  la  barca  pericolante  di  quel- 
r  istituto,  diede  il  permesso.  Si  cambiò  la  forma  per  adattarla 
meglio  agli  usi  di  Milano:  l'estrazione  dei  cinque  non  si  fece  più 
tra  i  consiglieri  di  Genova,  ma  fra  cento  luogatari  (i)  del  Banco 
con  capitale  non  superiore  alle  cento  lire,  il  quale  veniva  rim- 
borsato agli  estratti:  i  loro  nomi  non  venivano  riconfusi  nel- 
r  urna  ma  rimpiazzati  con  altri  cinque  nuovi  (2).  L'utile  era  di- 
viso a  metà  col  banco,  la  perdita  tutta  a  carico  dell'impresario  (3). 
L'estrazione  aveva  luogo  sotto  la  loggia  degli  Osii,  almeno  una 
volta  ogni  tre  mesi,  con  intervento  delle  Autorità.  Il  riparto  delle 
poste  e  dei  premi  era  il  seguente:  Pel  primo  estratto  si  pagava 
una  lira  e  dieci  soldi  e  si  guadagnavano  lire  cento;  per  un  estratto 
L.  otto  —  duecento;  per  l'ambo  L.  quattro  —  seicento;  pel  terno 
L.  tre,  soldi  dieci  —  seimila.  S' incominciò  col  settembre  del  i665  (4). 
Nel  suo  primo  periodo  (lóòS-ióòy)  il  giuoco  non  fece  buona  pro- 
va (5):  l'utile  del  Banco  salì  una  sola  volta  a  L.  3i85,  e  andò 
poi  sempre  scemando,  onde  il  Via,  disanimato,  cedette  le  sue  ra- 
gioni a  un  tal  Gerolamo  Lomazzo,  il  quale,  comprendendo  esser 
causa  della  mala  riuscita  questo  fatto  che  gli  assistenti  al  giuoco, 
per  paura  d'arrischiar  troppo,  non  accettavan  le  poste  di  rilievo, 
propose  ed  ottenne  d'assumersi  tutto  il  maneggio  e  corrispondere 
al  Banco  non  più  la  metà  dei  profitti,  ma  una  somma  fissa  di 
tremila  lire  l'anno,  e  seimila  per    ciascuno  degli  ultimi  sei  anni 


(i)  Quelli  che  avevano  depositi  (luoghi)  e  partecipavano  agli  utili, 
a  differenza  dei  semplici  depositi  pel  giro  del  denaro  in  commercio: 
CusANi,  Storia  di  Milano,  III,  269  e  274. 

(2)  V.  la  proposta  del  Via,  col  relativo  incartamento  di  tutte  le 
pratiche  seguite,  in  Arch.  stor.  civ.,  loc.  cit. 

(3)  V.  i  verbali  dell'adunanza  dei  Conservatori  del  Banco  di  S.  Am- 
brogio I  e  3  giugno  i665:  Arch.  stor.  civ..  Dicasteri^  Finanze,  714. 

(4)  V.  il  Capitolato  firmato  dal  Vicario  di  Provvisione  e  Conser- 
vatori del  Patrimonio,  in  data  8  agosto  i665:  Arch.  stor.  civ.,  Materie, 
Lotto,  cart.  606. 

(5)  Lettera  al  Governatore,  dicembre  1668,  e  Resoconto  delle  estra- 
zioni fatte  dal  18  settembre  i665  al  febbrajo  1667:  Arch.  stor.  civ.,  Ma- 
terie, Lotto,  606. 


Li:    LEGGI    SUNTUARIi: 


licir  appiilto  (i6(38)  (i).  Tuttavia  gli  spiriti  timorati  continuavano 
nelle  proteste:  nel  1(578  il  dottor  Tommaso  Santagostini,  avvo- 
cato fiscale,  inviò  al  Governo  una  luni^a  memoria  dimostrante 
colle  cifre  la  vanità  delle  speranze  che  il  volgo  riponeva  nel  Se- 
minario (2);  in  seguito  a  questa  e  ad  altre  ostilità,  il  Banco  ri- 
nunciò spontaneamente  ai  suoi  diritti  (3)  e  il  Governatore,  prin- 
cipe di  Ligne,  proibì  il  giuoco  (14  settembre)  (4).  xMa  gli  eredi 
d'  un  tal  Majoli,  che  era  subentrato  nell'  impresa  al  Lomazzo  fe- 
cero valer  le  loro  ragioni  in  un  ricorso  al  Re  (1681),  il  quale  in 
una  sua  lettera  al  Governatore  si  mostrò  propenso  alla  tolleranza 
fino  allo  scadere  dei  venti  anni  d'appalto:  se  non  che,  in  seguito 
alle  pressioni  delle  autorità  milanesi  e  ai  buoni  uffici  dei  Reg- 
genti Pertusati  e  Moles  presso  il  supremo  Consiglio  d'  Italia  a 
Madrid  e  dell'oratore  della  Città  Baldassare  Porro,  revocò  il  pre- 
cedente dispaccio  ed  ordinò  di  mantenere  il  divieto  (5).  Ciò  non 
ostante  il  giuoco  si  continuò  ad  esercire  privatamente  (6).  Nel  1696 
un  Francesco  de  Filippi  e  un  Desiderio  de  Giusti,  dimostrando 
al  Governatore  l'inefficacia  dei  divieti,  lo  supplicarono  di  rico- 
stituire il  Seminario,    offrendosi  di  pagare    quarantamila   lire  in 


(1)  V.  lett.  cit.,  loc.  ciì. 

(2)  Arch.  stor.  civ.,  Materie,  Lotto,  606. 

(3)  Relazione  del  Vicario  e  Conservatori  di  Patrimonio,  sui  giuo- 
chi, al  Consiglio  generale,  27  genn.  1696:  Arch.  stor.  civ..  Dicasteri, 
Cameretta,  s.  q.  d. 

(4)  Grid.  Gov.,  Principe  di  Ligne,  p.  i3o. 

(5)  Arch.  stor.  civ.,  Dicasteri,   Oratori,  Porro. 

(6)  Supplica  della  Città  al  Governatore,  22  novembre  1684,  e  or- 
dine del  Governatore  al  Capitano  di  giustizia  di  procedere  contro  i 
contravventori  :  Arch.  stor.  civ.,  Materie,  Lotto,  cart.  606.  Grida  del  Go- 
vernatore Conte  di  Fuensalida  {ibib.,  28  giugno  1688)  contro  l'abuso  di 
chi  raccoglie  in  Milano  poste  per  l'estrazione  dei  Senatori  di  Genova, 
o  delle  cinque  zitelle  su  ottanta  alle  quali  si  ha  da  dare  la  dote  (come  si 
usava  a  Napoli)  :  pena,  cinque  anni  di  galera  agli  esercenti,  mille  scudi 
ai  giuocatori  di  buona  condizione  e  la  frusta  ai  plebei.  —  Ivi  pure  al- 
cuni esempi  di  contravvenzioni.  —  Ivi:  Grida  del  Principe  di  Vaude- 
mont,  9  giugno  1697,  e  Verbale  della  Congregazione  di  Patrimonio,  che 
decide  invitare  di  nuovo  il  Consiglio  generale  a  pronunciarsi  contro 
il  giuoco,  27  giugno  1700. 


E    LA    DECADENZA    DELl'  INDUSTRIA    IN    MILANO     IdGS-IJÓG  IO7 


cambio  del  privilegio:  il  Consiglio  generale  e  i  Conservatori  di 
Patrimonio  diedero  parere  sfavorevole  e  sembra  la  pratica  non 
avesse  seguito  (i).  Ma  finalmente  il  29  gennajo  1700  si  propose  • 
«  Se  attesa  l' impossibilità  di  sradicare  il  giuoco  del  Seminario 
....  si  potesse  da  un  male  irrimediabile  cavar  frutto,  quando  si 
offerisse  proposizione  vantaggiosa  a  questa  Città,  nel  permettere 
questo  giuoco  (2)  ».  Prima  di  ricorrere  al  Governo,  in  questo 
senso,  si  volle  avere  anche  la  parola  della  Chiesa,  e  il  Dottore 
teologo  Francesco  Maria  Rivolta,  parroco  di  S.  Pietro  alla  Vigna, 
dichiarò,  in  una  sua  allegagione,  che  per  evitare  mali  maggiori, 
si  può  permettere  il  pubblico  esercizio  del  lotto  di  Genova,  che, 
proibito,  si  esercisce  ugualmente,  nello  stesso  modo  che  «Princeps, 
ex  omnium  theologorum  consensu,  meretrices  permittit,  ita  bono 
publico  postulante  (3)  ».  Forti  di  questo  consenso  il  Vicario  di 
Provvisione  e  i  Conservatori  di  Patrimonio  dichiararono  al  Go- 
vernatore che  essi  avrebbero  perseverato  nel  chiedere  la  proibi- 
zione, se  il  popolo  non  fosse  stato  invaso  da  un  vero  delirio  e  se 
il-danno  non  fosse  stato  ancor  più  grave  per  essere  i  mantenitori 
del  giuoco  i^eligiosi  che  lo  praticano  con  diversa  franchigia  :  ma 
poiché  il  permetterlo  era  oramai  una  dolorosa  necessità,  potesse 
almeno  la  Città,  oppressa  da  tanti  pesi,  trarne  qualche  vantag- 
gio (4).  Poiché  il  Governatore  fece  comprendere  esser  difficile  ot- 
tenere dal  Re  il  permesso  pel  Seminario,  contro  il  quale  aveva 
una  particolare  avversione,  si  pensò  di  introdurre  uno  dei  giuochi 
stranieri  di  simil  genere,  o  di  Francia,  o  d'Inghilterra  o  d'Olanda, 
e  i  patrimoniali,  incaricati  dello  studio  stesero  su  questo  propo- 
sito una  relazione  (5).  Qui  cessano  i  documenti  e  non  so  dire  se 
il  nuovo  giuoco  venisse  o  no  istituito  (6). 


(i)  V.  le  suppliche  e  i  verbali  relativi  in  Arch.  stor.  civ.,  Dicasteri, 
Cameretta,  14  e  27  gennajo  1696. 

(2)  Verbale    29   gennajo   1700:    Arch.    stor.    civ.,   Dicast  ri.    Came- 
retta, s.  q.  d. 

(3)  Arch.  stor.  civ.,  ibid. 

(4)  Arch.  stor.  civ.,  ibid.,  11  febbrajo  1700. 

(5)  Arch.  stor.  civ.,  Dicast.,  Cameretta,  4  marzo  1700. 

(6)  Subentrato  il  governo  austriaco,   il  lotto  divenne,  com'è  noto, 


108  LE    LEGGI    SUNTUARIE 


\\.  I.a  seconda  parte  del  disegno  è  consacrata  al  «  risar- 
cimento del  mercimonio  ».  Riguardo  al  lanitìciosi  rinnovano  tutte 
le  provvidenze  contenute  nella  Consulta  del  Senato  del  1662,  già 
da  noi  esaminata,  con  qualche  aggiunta,  in  senso  ancor  piiì  re- 
strittivo, come  sarebbe  il  divieto  incondizionato  dell'  introduzione, 
dell'uso  e  del  commercio  de' panni,  saglie  e  cappelli  forestieri,  e 
l'obbligo  ai  mercanti  di  rilevare  le  stoffe  dai  lanifìci  milanesi  al 
prezzo  dichiarato  da  due  periti  di  fiducia,  eletti  da  entrambe  le 
parti,  e,  in  caso  di  discordia,  da  un  perito  scelto  dal  Vicario  di 
Provvisione,  il  qual  Vicario  doveva  pure  tener  presso  di  so  un 
registro  di  tutti  i  panni  nostrani  e  di  tutti  i  forestieri  esistenti 
nelle  botteghe  e  nei  magazzini  della^  Città.  Quanto  ai  mercanti 
di  Lione  che,  come  sembra,  trafficavano  qui  stoffe  di  lana  ordi- 
narie pei  poveri,  e  nella  lor  relazione  avevan  dichiarato  essere 
impossibile  fabbricare  in  Milano  quelle  merci,  per  la  diversità 
del  clima  e  la  mancanza  di  esperti  operai  (i),  si  sospende  la  de- 
liberazione definitiva  e  si  stabilisce  di  tollerarli  fino  a  nuovo  or- 
dine. —  Pel  setificio  si  propone:  proibire  l'introduzione  e  l'uso 
dei  drappi  forestieri  e  di  quelli  d'  oro  e  d'  argento,  e,  aderendo 
alle  richieste  delle  varie  corporazioni,  si  estende  il  divieto  ai  pizzi, 
alle  cuffie  di  fuori,  ai  veli,  ai  fustagni  e  tarlisi,  alle  calzette  a 
telaio  e  a  quelle  di  Padova,  alle  parrucche  straniere,  alle  scatole 
d'oro,  argento  e  acciaio  per  tabacco  od  altro  uso  simile:  debba 
ogni  mercante  notificare  la  quantità  di  merce  proibita  che  tien 
presso  di  sé,  e  1'  autorità  vi  apponga  il  bollo,  dopo  aver  fissato 
il  termine  utile  per  esitarla.  Si  vuole  inoltre  :  togliere  (ancora  !) 
il  dazio  d'  entrata  alla  seta    greggia,  impedire  che   si  trasportino 


istituzione  governativa.  Il  Lattuada,  Descrizione  (fi  Milano,  ]\Iilano, 
1738,  V,  197,  dice  che  estrae vansi  i  cinque  numeri  alla  Ferrata  (Piazza. 
Mercanti)  presente  il  Magistrato  ordinario. 

(i)  Sommario  delle  risposte  fatte  dalle  Università:  Arch.  stor.  civ., 
Materie,  42. 


E    LA    DECADENZA    DELL    INDUSTRLA    IN    MILANO     iSÓD-iyDO  IO') 

filatoi  fuori  di  città  e  tanto  meno  se  ne  erigano  di  nuovi  fuori 
ài  Stato,  sotto  pena  di  confisca.  In  favore  dei  tintori  si  accetta 
Ja  loro  offerta,  lasciando  loro  piena  libertà  di  comperar  l'andaco 
dove  lor  meglio  piaccia,  e  si  impone  ai  mercanti  di  pagar  l'opera 
di  tintura  con  danaro  sonante  e  non  con  droghe  o  drappi,  com'era 
costume.  Riguardo  alle  Corporazioni,  infine,  si  fa  un  passo  in- 
dietro, e,  mentre,  in  passato  non  mancava  chi  vedesse  nei  loro 
metodi  tirannicamente  restrittivi  un  impaccio  al  libero  e  fecondo 
svolgimento  del  commercio,  si  propone  questa  volta  «  che  niuno 
possa  esercire  1'  arte  del  filatore,  che  non  sia  passato  all'  esame 
ed  approvato  per  idoneo  e  che  non  sia  descritto  nella  loro  ma- 
tricola, con  che  però  non  possi  approvarsi  per  maestro  alcuno, 
ancorché  abbi  li  dovuti  ricapiti  ed  opportuna  abilità,  se  prima 
non  averà  dato  idonea  sigurtà  almeno  di  cinquecento  scudi  di 
esercire  il  lavorerio  delle  sete  nella  presente  città  e  non  altrove  ». 
Così  dopo  tanto  lavoro  si  è  giunti  alla  più  rigida  applicazione 
del  sistema  coercitivo:  e  rigidamente  questa  volta,  almeno  sulle 
prime,  si  volle  attuarlo.  Carlo  VI,  che  nelle  cose  sue  metteva 
certo  più  ardore  dei  suoi  predecessori  e  s'era  fitto  in  capo  di 
rialzare  il  commercio  della  Lombardia,  abolì  con  suo  dispaccio 
28  giugno  1713  il  dazio  d'entrata  della  seta  greggia  (i)  (abolito 
già  di  nome  nel  1681)  e  il  Governatore  Eugenio  di  Savoja,  pub- 
blicò il  decreto  di  bando  alle  manifatture  forestiere,  secondo  le 
proposte  della  Città  (2).  Ai  mercanti  che  tenevano  drappi  e  bin- 
delli stranieri  fu  concesso  un  termine  di  sei  mesi  per  smaltirli  e 
il  Vicario  di  Provvisione  li  fece  tutti  inventariare  e  sigillare  (3). 


(i)  Verri,  op.  cit.,  II,  280. 

(2)  Arch.  stor.  civ.,  Materie,  Seta,  cart.  878. 

(3)  Decreto  del  Tribunale  di  Provvisione  (17  marzo  1714)  che  pre- 
scrive la  denuncia  delle  stoffe  proibite:  Arch.  stor.  civ.,  Materie,  Com- 
mercio, 271.  —  Cominciaron  però  subito  anche  i  reclami  :  curioso  è 
quello  dei  ricamatori  (i7i3).  Secondo  la  loro  asserzione,  quattrocento 
e  più  esercitanti  l'arte  del  ricamo  in  Milano  si  trovavan  senza  lavoro, 
perchè  la  maggior  parte  dei  ricami  eseguivansi  appunto  su  stoffe  stra- 
niere. Con  decreto  28  settembre  1718  fu  loro  concessa  la  continuazione 


sUMUAinK 


Ad  un  certo  risveglio  di  fiducia  e  di  attività  (i),  dovuto  a  questa 
nuova  agitazione  del  1712,  più  che  all'eflicacia  delle  misure  prese 
(il  dazio  d'entrata  della  seta  greggia,  lo  ripeto,  non  fu  abolito  dì 
l'atto  che  nel  1739)  si  deve  quel  miglioramento  che  i  mercanti 
stessi,  in  un  memoriale  del  3o  marzo  171 3,  confessano,  provan- 
dolo con  cifre  tolte  dai  libri  dell'estimo  mercimoniale:  le  fab- 
briche di  stoffe  specialmente  presero  un  nuovo  slancio  (2). 

Lo  scambio  d'idee  continuò  attivo  sotto  il  governo  del  Prin- 
cipe Eugenio,  che  dimostrò  un  grande  interesse  al  bene  di  Mi- 
lano, e  mantenne  sempre,  sull'argomento  del  commercio  milanese, 
una  attiva  corrispondenza  con  Vienna.  La  Giunta  di  Mercimonio, 
rinnovata  nel  1717  (non  istituita  come  crede  il  Verri  (3),  e  il  Frat- 
tini  (4),  ripete,  giacché  noi  la  vediamo  funzionare  da  quasi  no- 
vant'anni)  raddoppiava  le  sedute,  invitava,  nell'intento  di  ren- 
dere più  fecondi  i  lavori,  anche  i  patrizi  estranei  (5),  ai  quali 
era  affidato  V  incarico  d'  invigilare  sulle  fabbriche  (6).  Il  contrab- 
bando si  esercitava  su  larga  scala,  onde  un  continuo  replicarsi  di 
memoriali  e  di  consulte,  seguiti  da  gride  rigorose,  intese  ogni 
volta  a  ribadire  le  precedenti  (7). 


dei  lavori  incominciati,  purché  si  desse  garanzia   d'  estrarre  i  drappi 
ricamati  dallo  Stato:  Arch.  stor.  civ.,  Materie,  Ricamatovi  [i7i3]. 

(i)  I  mercanti  d'oro,  per  esempio,  a  compensare  le  concessioni  ot- 
tenute, si  obbligarono  ad  accrescere  il  numero  dei  telai.  Vi  sono  (Ar- 
chivio stor.  civ.,  Mat.,  Comm.,  z'ji),  j5  marzo  1714,  due  note  contenenti 
i  nomi  di  tutti  questi  mercanti  e  il  numero  dei  telai  e  delle  persone 
che  intendono  accrescere  :  1087  persone  sulle  1680  esistenti,  in  una,  e 
282  telai  nell'altra. 

(2)  Arch.  stor.  civ.,  Afat.,  Comm.,  271  (3o  marzo  I7i5). 

(3)  Op.  cit.,  II,  281. 

(4)  Op.  cit,  40. 

(5)  Arch.  stor.  civ.,  Mat.,  Comm.,  2r]\  :  Lettera  d' avviso  del  Con- 
siglio generale  ai  delegati  che  non  sono  della  Congregazione  acciò  in- 
tervengano alle  sedute,  28  giugno  1715. 

(6)  Lett.  del  Vie.  di  Provv.  ai  SS.  Cavalieri  delegati  alla  vigilanza 
dei  lavorerii  (5  giugno  1716):  Arch.  stor.  civ.,  Mat.,  Comm.,  272. 

(7)  Consulta  della  Giunta  al  Governatore,  in  cui  lo  ragguaglia  di 
quanto  si  è  fatto  pel  ristabilimento  del  commercio  e  supplica  l'osser- 


E    LA    DECADENZA    DELL*  INDUSTRIA    IN    MILANO     1565-1750  III 


VII.  —  Tuttavia  le  autorità  supreme  non  trascuravano  di 
battere  ogni  tanto  il  chiodo  della  prammatica.  Nel  171 8  il  Re  ne 
sollecitò  una  nuova;  si  fecero  le  sòlite  pratiche,  la  solita  commis- 
sione, e  il  Vicario,  terminati  i  lavori,  inviò  al  Senato  una  let- 
tera con  un  quadro  desolante  delle  condizioni  della  città,  esage- 
rato, forse,  allo  scopo  di  levarsi  questa  seccatura:  «.eo  ventum 
«  est  ut  post  exantlatos  (sic)  labores,  unica  remaneant  irritae  spei 
«  vestigia,  violata  nimirum  proclamata,  posthabitae  commina- 
«  tiones,  patrata  palam  delieta,  iacente  idcirco  in  superfusis,  tene- 
«  bris  florentissimo  alias  lanifìcio,  quod  non  modicum  susceperat 
«  incrementum,  aliisque  nostratum  artibus  jacturam  passis.  Hinc 
«  tristis  et  decolorata  rerum  facies,  aerumnae  et  conquestiones, 
«  dolente  invisum  ocium  comitemque  inopiam  plebe,  plurimis 
«  domibus  atque  officinis  inquilinos  et  mercatores  vel  in  media 
«  hac  metropoli  desiderantibus,  exhausto  ac  viribus  coUapso  ob 
«  onerum  molem  promercalium  vini  ac  segetum  vilitatem,  num- 
«  mariam  penuria m  ordine  nobilium  atque  aliorum  queis  unico 
«  praediorum  reditu  paratur  vitae  subsidium.  Conflictatur  ani- 
«  mus  memorando  confertissimas  angustias....  numerosamquiritan- 
«  tium  mendiculorum  catervas  a  quibus  viritim  atque  ostiatim 
«  implorantibus  singulae  aedes ,  vici,  fora,  tempia  obsidentur, 
«  praeter  caeteros  honestae  verecumdiae  egenos  squalidis  sub 
«  tectis  cum  malesuada  fames  ac  turpi  egestate  luctantes  ».  Se 
in  mezzo  a  simili  miserie  era  il  caso  di  pensare  a  una  pramma- 
tica contro  il  lusso,  il  Vicario  lo  lasciava  pensare  a  S.  Maestà  (i). 
—  Il  Capo  della  Città  aveva  senza  dubbio  esagerato,  perchè,  solo 
cinque  anni  dopo,    la    Giunta    di    Commercio    confessava    essere 


vanza  della  grida  contro  le  merci  straniere,  19  die.  1716:  Arch.  stor. 
civ.,  Mai.,  Comm.f  2-J2.  Ivi  pure:  gride  24  luglio  1712,  ripetuta  in  quella 
II  giugno  1720,  e  20  maggio  171 6. 

(i)  Arch.  stor.  civ.,  cart.  48.    Un  nuovo   appello  nel  1727    ebbe  la 
medesima  sorte:  Arch.  stor.  civ.,  ibid.,  24  febb.  1727. 


12  LE    LEGGI    SUNTUARIE 


oramai  gli  operai  tutti  occupati,  molte  manifatture  rifiorite,  i] 
soli  telai  di  drappi  e  fazzoletti  saliti  al  numero  di  444,  oltre  a] 
3oo  quelli  dei  bindelli,  ed  approvava  con  entusiasmo  il  disegno] 
del  Conte  Sizendorf,  testé  mandato  da  Vienna  a  riaccendere  la' 
fede  nell'avvenire  (i).  Con  quel  disegno,  che  stabiliva  una  per- 
fetta reciprocanza  di  scambio  Li'a  1'  Italia  austriaca  e  la  Germa- 
nia, il  Re  veniva  a  togliere  le  innumerevoli  barriere  intralciami 
il  commercio  della  Lombardia  ;  permetteva  V  uso  di  tutte  le  ma- 
nifatture, e  in  particolar  modo  delle  stoffe  fabbricate  negli  Stati 
ereditari  della  iponarchia  austriaca  :  quanto  alle  straniere  prefe- 
riva la  proibizione  assoluta  ai  forti  dazi,  perchè  gli  ambiziosi 
non  avrebbero  resistito  alla  tentazione  di  comperarle  anche  ad 
altissimo  prezzo.  Tuttavia  il  disegno  tende  a  regolar  meglio  e  a 
meglio  disciplinare  questa  proibizione  (2):  perciò  appunto  la 
Giunta  del  Mercimonio  presentava  un  elenco  di  tutte  le  mer- 
canzie che  si  importavano  da  paesi  stranieri,  coi  rispettivi  luoghi 
di  provenienza,  a  fine  di  evitare  che  il  divieto  comprendesse 
merci  che  la  Germania  non  potesse  fornire  o  fosse  costretta  a 
vendere  a  più  alto  prezzo  (3).  Questo  provvedimento,  dice  il  Verri, 
(op.  cit.,  II,  282)  quantunque  approvato  dal  Re  con  un  «voglio 
«  sia  subito  eseguito  »,  «  andò  in  dimenticanza  e  sebbene  ordi- 
«  nato  per  la  seconda  volta  da  Maria  Teresa  (11  ottobre  1749)  si 
«  è  fìnalmenre  eseguito  in  quest'anno  1768,  ribassandosi  reciproca- 
«  mente  i  dazi  per  gli  Stati  ereditari  e  noi  a  beneficio  delle  ma- 
«  nifatture  »  :  giova  però  osservare  che  Maria  Teresa  stessa,  im- 
ponendo di  nuovo  nel  1749  il  bando  alle  stoffe  straniere,  avverti 
che  quelle  fabbricate  in  Lombardia  e  Toscana  fossero  contrasse- 
gnate dalle  magistrature  locali,  affinchè  non  penetrasse  nelle  terre 
austro-ungariche    roba  straniera,  sotto  pretesto  di   essere  toscana 


(1)  Relazione  della  Giunta,  14  giugno  1728  (a  stampa):  Arch.  stor. 
civ.,  Mat,  Comm.,  2.-12,. 

{2)  V.  il  dispaccio  reale  e  il  disegno  del  Sizendorf  in  Arch.  stor. 
civ.   Mai.,  Comm.,  272. 

(3)  V.  ibid.  la  relazione  della  Giunta,  che  fa  seguito  al  disegno. 


E    LA    DECADENZA    DELl'  INDUSTRIA    IN    MILANO     iSGS-ljSo  Il3 


o  milanese,  il  che,  se  non  erro,   dimostrerebbe   che   la    parte    so- 
stanziale del  decreto  di  Carlo  VI   fosse  osservata  (i). 

Nel  1739  finalmente  vediam  risolta  la  questione  del  dazio 
d'uscita.  Fin  dal  1724  i  soprastanti  al  commercio  avevano  ripo- 
sto in  campo,  con  maggior  energia,  l'argomento  dei  dazi  della 
mercanzia  che,  a  buon  diritto,  ritenevano  causa  principale  di 
tutti  i  mali  (2),  e  concretate  le  idee  in  un  disegno  inteso  a  fis- 
sare un  metodo  uniforme  di  riscossione  che  strappasse  i  contri- 
buenti alla  avidità  inesorabile  e  capricciosa  dei  gabellieri  e  degli 
impresari.  Questo  disegno  diede  luogo  ad  una  copiosa  fioritura 
di  gride,  consulte,  rappresentaiioni  ed  altre  dilìgen:{e,  finché  il 
6  luglio  1739  un  decreto  reale  di  riforma  daziaria  toglieva,  pel 
momento,  ai  milanesi  questa  secolare  preoccupazione.  Esenti  dal 
dazio  regio  le  lane  e  gli  ingredienti  necessari  alle  manifatture  ; 
tolte  le  innumerevoli  barriere  provinciali  colla  libera  circolazione 
delle  sete  greggie  in  tutto  lo  Stato;  ridotto  a  metà  il  dazio  delle 
sete  filate  pel  loro  ingresso  in  tutte  le  città  e  per  1'  esportazione 
all'estero,  a  un  sesto  quello  delle  manifatture  uscenti  dalle  città; 
diminuito  di  tre  quarti  il  dazio  delle  manifatture  fabbricate 
nelle  ville  e  borghi  pel  passaggio  da  una  provincia  all'altra,  e 
nella  stessa  misura  quello  d'  uscita  dallo  Stato  per  le  manifatture 
cittadine.  Sono  così  esaudite  in  gran  parte  quelle  aspirazioni  che 
da  tanto  tempo  si  andavano  invano  manifestando. 


Vili.  —  Con  Maria  Teresa,  rigida  avversaria  del  lusso  e,  in 
fatto  di  commercio,  mercantilista  intransigente,  risorsero  più  vive 
nel  1749  entrambe  le  questioni.  Il  16  agosto  il  Conte  Generale 
Pallavicino,  ministro  plenipotenziario  delle  R.  Finanze,  osservando 
che,  mentre  i  corpi  cittadini,   compresi   i   mercanti,   si   trovavan 


(1)  V.  la  nota  (20  ottobre  1749)  soggiunta  alla  prammatica  a  stampa 
di  Maria  Teresa  (12  sett.  1749):  Arch.  stor.  civ.,  Mai.,  48. 

(2)  Arch.  stor.  civ.,  Materie,  Coinni.,  272. 

Arch.  Stor.  Lomb.  -  Anno  XXVII.  -  Fase.  XXV.  8 


I  1  I  LE   LEGGI    SUNTUARIE 


d'accordo  con  lui  riguardo  al  divieto  di  astrarre  le  sete  greggieJ 
i  mercanti  stessi,  per  aver  ricevuto  grosse  commissioni  dall' esteioj 
avcvan  d'un  tratto  cambiato  parere,  lamentava  il  malaugurato  co- 
stume di  voler  sacrificare  il  bene  comune  agli  interessi  particolari,  ej 
pur  dichiarandosi  disposto  a  tollerare  per  questa  volta,  mostrava  la 
l'erma  intenzione  di  pensare,  in  avvenire,  ad  un  sistema  che  con- 
ciliasse gli  opposti  interessi:  e,  fra  i  bisogni  più  urgenti  segna- 
lava la  necessità  di  frenare  il  lusso  dannoso,  scn:ya  distruggere 
il  lusso  discreto  che  dà  sussisten:{a  alla  plebe  e  alimenta  il  com- 
mercio. Questa  preziosa  distinzione,  tendente  a  porre  nei  suoi 
veri  limiti  la  questione  del  lusso,  dimostrandone  la  relatività, 
noi  la  udimmo  già  dalla  bocca  dei  milanesi  prima  assai  che  gli 
economisti  e  i  filosofi  la  proclamassero ,  ed  ora  per  la  prima 
volta  vediamo  l'autorità  governativa  impadronirsene.  —  Mentre 
i  corpi  cittadini  ,  eccitati  dal  Governo ,  raccoglievano  le  solite 
informazioni  per  pronunciarsi  sulla  nuova  repressione  del  lusso, 
giungeva  una  prammatica  ài  Maria  Teresa  inspirata  ai  più  ri- 
gidi e ,  possiam  dire ,  ai  più  gretti  canoni  del  sistema  protet- 
tore: ragione  suprema  di  essa  è  infatti  l'impedire  V  uscita  del 
danaro.  E,  in  omaggio  a  questo  criterio,  ritenuto  ormai  un  dogma 
economico,  divieto  d'introduzione  dei  drappi  stranieri  di  lusso, 
anche  di  seta,  dei  merletti  e  ricami  e  di  tutto  l'oro  e  l'argento 
lavorato  fuori  dei  paesi  ereditarii:  proibito  l'oro  nelle  carrozze, 
nelle  cornici  e  negli  specchi ,  per  non  sottrarlo  alla  circola- 
:{ione:  proibito  introdur  gioie  da  paesi  stranieri,  e  il  comperare 
e  vendere  le  esistenti,  se  non  a  contanti,  per  evitar  debiti: 
proibiti  i  regali  di  gioie  ,  in  occasione  di  nozze ,  perchè  in  esse 
si  immobilizza  il  danaro.  Ancora  nell'intento  di  evitare  debiti, 
si  minacciano  pene  rigorosissime  contro  i  debitori ,  che  non 
possano  allegar  come  scusa  alcuna  disgrazia  e  più  ancora  contro 
quelli  che  col  vivere  rilasciato  sono  caduti  in  povertà  ,  senza 
«  ri/lesso  ne  sullo  «  stato  uè  sulla  dignità  ma  unicamente  te- 
«  nendo  in  mira  la  giustizia  piacevole  a  Dio  ed  un  esempio  da 
«cagionare  spavento»:  a  garantire  l'osservanza  del  decreto, 
erette  in  tutti   i  paesi   speciali  commissfoni  di  polizia,  ordine  di 


E    LA    DECADENZA    DELL*  IMDUSTRIA    IN    MILANO    l565-iy5o  Il5 

frequenti  e  severe  perquisizioni  e  di  piombare  ogni  partita  di 
mercanzie  forestiere  (i). 

Il  Vicario  di  Provvisione  osservò  che  non  tutte  le  disposi- 
zioni emanate  da  Maria  Teresa  si  confacevano  alle  circostanze 
nostre,  e  riproponeva  in  quella  vece  alcuni  dei  capitoli  del  1712: 
quello  relativo  alle  carrozze,  alle  livree  e  ai  pizzi,  permettendo 
però  ogni -sfarzo  alle  persone  di  fuori:  quello  dedicato  ai  giuochi 
d'azzardo.  Accoglieva  il  divieto  pei  lavori  di  ricamo  stranieri  e, 
quanto  alle  gioie,  pur  ammettendo  che  non  fosse  lecito  compe- 
rarne se  non  a  contanti,  riteneva  sufficiente  limitarne,  secondo  il 
costume  antico,  la  spesa  a  un  ottavo  della  dote.  Del  bando  alle 
merci  straniere  il  Vicario  non  fa  parola:  l'esperienza  doveva 
aver  oramai  scosso  la  fede  in  questo  sistema,  a  cui  da  oltre  un 
secolo  si  andava  inspirando  la  legislazione  commerciale,  e  un  ac- 
cenno al  decadere  di  quella  convinzione  che,  fra  poco  il  Verri  si 
affaticherà  a  sradicare  del  tutto,  lo  troviamo  nella  consulta  pre- 
sentata in  questa  occasione  dalla  Congregazione  di  Stato  al  Go- 
verno, ove  apertamente  si  dichiara  dannoso  al  commercio  il  di- 
vieto d'introdurre  mercanzie  forestiere,  e  misura  affatto  insufE- 
ciente  la  concessa  reciprocità  degli  scambi  fra  tutti  gli  Stati  della 
Monarchia.  Oltre  a  ciò,  ancora  una  volta  la  Congregazione  espri- 
meva i  soliti  desideri  ed  insisteva  sulla  diminuzione  dei  carichi 
e  sulle  necessarie  limitazioni  della  eccessiva  potenza  delle  Corpo- 
razioni. Nel  brillante  periodo  Teresiano  molti  di  que'  desiderii 
furon  paghi  e  potè  realmente  incamminarsi  sulla  buona  via  il 
ristoro  del  mercimonio. 

A  questo  punto,  all'inizio  cioè  delle  riforme  di  Maria  Teresa, 
termina  il  mio  compito.  La  questione  del  lusso  e  la  questione 
commerciale  entrano  ora  nel  dominio  della  scuola  economica 
milanese ,  i  cui  principali  rappresentanti  lottali  non  solo  nel 
campo  teorico,  ma  anche  in  quello  pratico  contro  i  vecchi  pre- 
giudizi che  inceppavano  ogni  libero  sviluppo  dell'attività  nazio- 


(1)  Arch.  stor.  civ.,  Materie,  e  art.  48. 


I  l6  LE    LEGGI    SlNTirARIE    E    LA    DECADENZA  ,    ECC. 

naie;  Cesare  Beccaria  espone  dalla  cattedra  le  sue  idee  liberali  e 
le  applica,  fin  dove  gli  e  possibile,  nel  supremo  Consiglio  di  com- 
mercio; Pietro  Verri,  proclamata  la  necessità  fatale  e  nel  tempo 
stesso  l'utilità  del  lusso,  addita  nei  suoi  scritti  economici,  con 
vivace  chiarezza,  le  vere  cause  della  decadenza,  mentre  a  Vienna 
combatte  da  valoroso  i  rappresentanti  del  passato  o  testardi  o 
malevoli  (i).  Qui  comincia  un'epoca  nuova  la  quale  ha  bisogno] 
di  ben  altra  storia. 


Ettoke  Verga. 


(i)  CusPiìii,  Storia  di  Milano,  III,  337  sgg.,  ^^'^  ^  assai  ben  riassunta 
l'opera  del  Verri  nella  Commissione  per  la  riforma  finanziaria. 


I 


VARIETÀ 


I  pretesi   rapporti    dei   Milanesi 
con  Giovanna  d'Arco. 

(Coniribiiio  alia  storia  della  contesa  fra  il  Panormita  e  il  Raudense), 


La  pubblicazione  dtlV Hermaphroditus  di  Antonio  Beccadelli, 
detto  il  Panormita,  avvenuta  fra  il  1425-26  (i),  aveva  suscitato 
ovunque  Io  sdegno  delle  anime  oneste,  che  ravvisarono  in  quello 
scritto  un' offesa  troppo  grave  al  pudore,  per  lasciarla  impunita. 
Fra  i  molti,  che  sorsero  in  difesa  della  morale  calpestata,  fu  il 
frate  Antonio  da  Rho,  il  quale  in  Milano  intraprese  una  vera 
campagna  contro  il  licenzioso  scrittore  e  da  ultimo,  secondo  l'uso 
del  tempo,  lo  aggredì  con  un'  ardente  invettiva  (2),  la  quale,  se 
attesta  il  suo  santo  zelo  per  la  virtù,  fa  anche  chiaramente  co- 
noscere aver  il  frate  sposato  la  sua  religione  all'  umanesimo. 

A  questa  contesa  si  riferiscono  uno  scritto  satirico  all'  indi- 
rizzo del  Raudense  e  la  rispettiva  risposta,  che  si  trovano  uniti 
nel  Cod.  Ambr.  C.  64  sup.  f.  1 59-160,  mentre  in  due  altri  co- 
dici (3)  si  leggono  partitamente  l'uno  (P.  4  sup.  f.  yS  v.)  e  l'altra 


(i)  Cfr.  Felice  Ramorino,  Antonio  Beccadelli  a  Pavia  ;  Arch.  storico 
siciliano,  nuova  serie,  a.  VII,  1882. 

(2)  Non  è  r  invettiva  del  Cod.  Ambr.  H.  49  inf.,  come  ammisero 
anche  il  Voigt  e  il  Ramorino  (/.  e),  ma  l'altra  del  Cod.  Ambr.  B.  124 
sup.,  p.  1 12-142,  come  dimostra  il  Sabbadini  (cfr.  L.  Barozzi  e  R.  Sab- 
lìADiNi,  Stitdi  sul  Panormita  e  sul  Valla,  Firenze,  1891,  p.  2  seg.). 

(3)  Di  questi  due  codici  appresi  l'esistenza  da  G.  Mercati,  Miscel- 
lanea di  note  storico-critiche.  —  Una  pasquinata  sotto  il  nome  di  Giovanna 
d' Arco  in  Studi  e  Documenti  di  Storia  e  Diritto,  a.  XV,  1894,  p.  809. 


VARIETÀ 


(1).  124  sup.  f.  142-143).  Il  primo  porta  nel  C.  64  il  titolo:  Jo- 
liamuì  Franci^cna,  dei  nuntia  ad  Mediolanenses,  qui  ad  eam 
mittcre  volebant  magistrum  Antonium  Raiidensemy  per  Antoniiim 
Piinormitam,  ut  creditur  ;  nel  P.  4:  Joìianna,  Dei  nuncia  ad  P. 
(..  urbis  Mediai  ani. 

La  risposta  nel  C.  64  ha  l'intestazione:  Ad  eosdem  responsio 
Raudensis  ;  nel  B.  124:  Defensio  prò  Raudensi  ad  P.  C.  cantra 
calumniatorem  incognitum. 

Essendo  ambedue  questi  scritti  inediti,  li  riporto  qui  per  in- 
tero (i). 

Dicite  io,  patres,  quoniani  (2)  hoc  sententia  vestra  est, 
Ecquis  (3)  honos  in  me,  turpe  ad  me  mittere  monstrum 
Raudense,  et  vere  humana  sub  imagine  monstrum? 
An  ne  sacerdotem  incestum  me  posse  putatis 
Cernere,  sitque  mea  dignum  pietate  loquelas  (4) 
Impuras  audire  et  sceleri  responsa  referre  (5)  ? 
Avertam  certe  vultum  (6)  mox,  demone  viso. 
Demone,  quo  nullus  toto  sceleratior  orco  est. 
Quo  te,  spurce,  paras,  quo  te  colis,  impie,  frustra? 
Non  datur  impuris  faciem  spectare  dearum. 
Vos  tandem  moneo,  patres,  hanc  flectite  mentem, 
Queque  agitis  sunto  longe  prospecta,  quod  hoc  est, 
Me  nunquam  oratori  (7)  huic  responsa  daturam  (8). 
Non  bene  conveniunt  pudor  et  scelus,  agnus  et  hostis. 


(i)  Colla  guida  dei    tre  codici,   scelgo  mano  mano  la  lezione,  che 
mi  pare  più  corretta,  riportando  in  nota  le  varianti  degli  altri  codici. 

(2)  P.  4,  quenam. 

(3)  P.  4,  Et  qiiis. 

(4)  C.  64,  loqitellas. 

(5)  C.  64.  rcfferre. 

(6)  P.  4  —  C.  64,  villi  US. 
{7)  P.  4  —  C.  64,  hortari. 
(8)  C.  64,  datitnim. 


VARIETÀ 


Segue  la  risposta  attribuita   al  Raudense: 

Spurce,  quid  insanis  ?  quid,  sus  fedissime,  grunis  ? 
Raudensis  famam,  nomenque  celebre  putasne 
Carminibus  lacerare  tuis?  latratus  in  (i)  auras 
Non  petit  astra  tuus,  non  celum  aut  ethera  tangit. 
Invide,  Raudensem  (2)  lanias;  non  sidera  sursum 
Alta  ferit  tonitrus,  non  nimbus,  dum  cadit,  amplos 
Immergit  superos;  fragor  hic  strepitusque  per  imas 
Ingreditur  terras;  sic  divas  (3)  frangere  mentes 
Vox  tua  spurca  nequit,  tumido  que  (4)  sordet  ab  ore, 
Que  tetro  in  sanctos  (5)  garrit  vitiata  cerebro. 
Scipio  (6),  si  (7)  Lelius  (8)  sapiens,  si  Cato  (9)  severus 
Raudensem  insimulent,  medicine  non  locus  ullus 
lam  fuerit;  verbis  vivens  (io)  morietur  in  ipsis. 
At  quis  nunc,  caput  insanum  (11),  tua  verba  timebit? 
Cui  vitium  ridet,  virtus  gemit;  altius  bine,  te. 
Nolo  putes,  norim  nec  quo  sub  sidere  natum 
Aut  patria  (12)  exortum,  nec  que  incunabula  gentis  ; 
Ast  te  hominem  nequam  declarant  verba  tumenti  (i3) 
Ore  relapsa  tuo.  Sapiens  quis  finxerit  unquam 
Tot  commenta  simul?  sapiens  vel  vera  tacebit. 
Scis,  spurce,  officium  lingue;  per  compita  garrit, 
Perstrepit  in  triviis,  suadet  falsissima,  fingit 


(1)  C.  64,  ad. 

(2)  C.  64,  B.  124,  raiidenseììi. 
(3)*  C.  64,  divis. 

(4)  C.  64,  qui. 

(5)  B.  124,  sancto. 

(6)  B.  124,  Scypio. 

(7)  C.  64,  et.  ' 

(8)  C.  64,  C.  124,  lelius. 

(9)  C.  64,  B.  124,  cato. 
(io)  C.  64,  vireiis. 

(ti)  C.  64,  At  quis  nutre  insane  caput. 
(12)  C.  64  —  B.  124,  patriani. 
(i3)  C.  64,  tunient. 


VARIETÀ 


Exaudita  prius  nunquam  malcdicta;  Icsum  ip.sum, 
Qui  ccluin  tcrramquc  rcgit,  (lix<  re  voraccni 
Quis  bibcrat  (i)  vini  calices  pcrfusus  abundo, 
Sic  mcrctrix  obiecta  sibi,  sic  demone  luiKtus. 
Dicitc  io  Icgem,  patrcs  (a);  decreta  parate. 
In  caput  hic  plectendus  erat,  qui  (3)  carmina  (4)  falso 
In  populum  sparsit.  Sed  quis  iam  incognita  plcctat? 
Dicite  io,  patres,  lapides  si  inpinxerit  olim 
Non  retrahat  (5)  palmas,  monstret  digitosque  niajiusquc; 
Se  in  medium  statuat,  pugnam  comniittat  apcrtam 
Et  genus  et  nomen  et  que  sint  munia  (6)  dicat 
Sub  divo,  coramque  aciem  descendat  in  omnem  ; 
Raudensem  invadat,  videat  quo  turbine  telum 
Torqueat  et  clipeo  quantus  consurgat  in  hostem. 
Prestiterit  revocare  tamen  linguamque  manumque 
Quam  ferat  ipse^  altum  veniens  prò  vulnero  vulnus. 
Tandem  quoniam  (7)  sibi  facies  incognita  transit, 
Nec  datur  in  veras  corani  dirrumpere  voces, 
Hos  teneat  saltem  monitus,  quos  mente  reponat  : 
Perlegat  atque  pedes  numeret  dum  carmina  cudit, 
Nec  furor  involvat  metrum;  super  omnia  caute 
Vulcanum  fugiat,  Neptunum  semper  adoret. 

I  due  carmi  riprodotti  farebbero  supporre,  che  i  Milanesi 
durante  il  periodo  glorioso  delle  imprese  della  Pulcella,  volessero 
mettersi  in  rapporto  con  lei,  mandando  come  ambasciatore  frate 
Antonio  da  Rho.  Il  maligno  poeta  finge  che  Giovanna  avesse  a 
schifo  il  povero  frate  e  quindi  indirizzasse  un'  epistola  poetica 
ai  senatori  milanesi,  dichiarando  di  non  volere  a  niun  costo  ri- 
cevere   l'ambasciatore    da  loro  scelto.  Questo  fatto   inaudito,  to- 


(i)  B.  124,  biberet. 

{2)  C.  64,  Dicitc  io,  patres,  legein. 

(3)  C.  64,  quo. 

(4)  C.  64,  cannine  —  B.  124,  crimina. 

(5)  C.  64,  retahat. 

(6)  B.  124,  numina. 

(7)  B.  124,  quando. 


VARIETÀ  12  1 


talmente  ignoto  alla  storia,  suscita  naturalmente  la  domanda:  È 
vero  che  i  Milanesi  abbiano  mandato  o  intendessero  mandare  tale 
ambasceria?  Il  dott.  Mercati  (i),  dopo  avere  ammesso  che  tanto 
nella  risposta  qui  riprodotta,  come  nella  citata  invettiva  del  Rau- 
dense  al  Decembrio  non  c'è  alcuna  allusione  a  questo  fatto,  sog- 
giunge che  «  tenuto  conto  delle  relazioni  politiche  tra  Milano  e 
la  Francia  nella  prima  metà  del  400,  non  sarebbe  così  straordi- 
nario, che  Filippo  Maria  ed  i  senatori  milanesi,  nel  meraviglioso 
sorgere  e  trionfare  della  Pulcella,  che  rivendicava  l'indipendenza 
della  Francia,  pensassero  ad  attaccare  relazioni  con  essa  ».  Io  però 
credo,  che  una  ambasceria  mandata  in  quel  tempo  dai  Milanesi  a 
Giovanna,  per  ragioni  politiche,  dovesse  avere  un'  importanza 
tanto  grande,  che  in  quel  periodo  di  risveglio  intellettuale  se  ne 
dovesse  risentire  l'eco  nella  letteratura  o  almeno  se  ne  dovesse 
aver  notizia  in  alcuno  dei  parecchi  storiografi,  che  si  occuparono 
dei  Visconti.  Invece  non  il  minimo  accenno,  non  la  più  lontana 
allusione. 

Questo  è  per  sé  stesso  un  argomento,  a  mio  credere,  assai  va- 
lido per  negare  credenza  all'  anonimo  burlone.  Ma  pur  volendo 
ammettere,  per  non  saprei  quali  ragioni,  che  i  Milanesi  mandas- 
sero o  intendessero  di  inviare  tale  ambasceria,  certamente  il  pre- 
scelto a  ciò  non  fu  il  Raudense.  Infatti  nella  risposta  si  legge: 

Sapiens  quis  finxerit  unquain 
Tot    e  o  m  m  m  e  n  t  a   s  i  m  u  1  ?  Sapiens  vel  vera  tacebit. 


e  più  sotto  : 


Scis,  spurce,  officium  lingue:  per  compita  garrit, 
Perstrepit  in  triviis,  suadet  f  a  1  s  i  s  s  i  m  a. 


e  ancora 


In  caput  hic  plectendus  erat,  qui  carmina    falso 
In  populum  sparsit. 


(i)  0(p.  cit.,  p.  3o9-3i2. 


122  VAl<Ii:iA 


Ora  quale  interesse  avrebbe  avuto  il  Raudense  (o  chi  pur  lui) 
a  negare  di  essere  stato  scelto  come  ambasciatore  a  Giovanna, 
qualora  ciò  fosse  stato  vero?  Al  contrario  avrebbe  dovuto  rima- 
nerne orgoglioso  ed  attestarlo  con  soddisfazione,  tanto  più  clic  egli 
era  un  religioso  e  1'  ambasciata  era  diretta  ad  una  donna  santa, 
ad  un'  eroina  della  fede  cattolica.  Si  potrebbe  obbiettare,  che  qui 
r  autore  intenda  chiamare  falsità  non  la  sua  scelta  ad  ambascia- 
tore, ma  il  rifiuto  di  Giovanna  a  riceverlo:  senonchè  allora  per 
qual  motivo  il  Raudense  non  dichiara  la  verità  a  confusione  del- 
l' avversario,  ma  si  limita  a  chiamare  cogli  appellativi  di  coni- 
menta  (ìn\Qnziom)t  di  falsissima/ dì  carmina  sparsi  fra  il  popolo 
falso  le  attestazioni  dell'aggressore?  Quanto  buon  giuoco  avrebbe 
egli  avuto,  potendo  rinfacciare  all'avversario  la  sua  vera  nomina 
a  quel  glorioso  incarico  ! 

Io  adunque  sono  del  parere,  che  il  licenzioso  autore  dell' />- 
mafrodito  o  qualche  altro,  abbia  voluto  prendersi  spasso  del  po- 
vero frate,  attribuendogli  un  grande  onore,  che  non  ebbe,  forse 
anche  per  porre  in  derisione  la  smania  di  primeggiare  di  Antonio, 
non  soddisfatta  dal  duca,  che  gli  si  era  non  poco  alienato  in  que- 
sta lotta  col  suo  favorito  Beccadelli.  Non  è  nuovo  il  caso  di  un 
umanista,  che  getta  il  ridicolo  sopra  un  collega.  Le  invettive  del 
tempo  sono  ridondanti  di  comicità,  specialmente  nelle  piccanti  bio- 
gratìc  fatte  degli  avversari  e  negli  epiteti  curiosi,  che  si  regalano 
a  vicenda.  Il  Beccadelli  poi  ha  sopra  ogni  altro  il  carattere  dì 
spregiudicato,  di  scettico;  ed  anche  nella  sua  lotta  col  Raudense 
si  mostrò  tale,  non  entrando  direttamente  in  lizza  col  rivale,  ma 
accontentandosi  di  punzecchiarlo  con  epigrammi  (i)  e  componendo 
contro  di  lui  un  Carmen  elegìaciim  (2),  che  pare  fosse  pure  scher- 
zevole, giacche  egli  stesso   lo   dice   et  fortasse  non  illepidum   (3); 


(i)  Cfr.  Barozzi,  Sabbadini,  op.  cit.,  p.  2  seg. 

(2)  È  citato  dal  Mongitore,  BibL  Sicula,  t.  I,  p.  67. 

(3|  "  Quidquid  in  Rhodum  scripsimus  occultum  est;  res  enim  mo- 
"  net  ne  efferatur;  quam  primum  autem  edidero:  quidquid  id  est,  et 
"  est  fortasse  non  illepiduiìi,  primus  tute  es  et  lecturus  et  auditurus  „.  — 
Ep.  Gallkac,   Venetiis,  i553^  II,  24. 


VARIETÀ  123 


anzi  al  Riccio,  che  sul  principio  della  contesa  pensava  di  pacificare 
i  due  umanisti,  invitandoli  presso  di  sé,  egli  risponde  scherzevol- 
mente, mostrando  di  non  prendere  affatto  sul  serio  gli  sfoghi  del 
frate  zelante  (?)• 

Se  però  consideriamo  il  modo,  col  quale  si  svolse  la  contesa 
fra  il  Panormita  e  il  Raudense,  ci  nasce  spontaneamente  il  dub- 
bio,  che  l'uno  o  1'  altro  degli  scritti  pubblicati  od  anche  ambedue 
non  sieno  degli  autori,  ai  quali  sono  attribuiti.  I  titoli,  che  leg- 
giamo nei  codici,  danno  adito  a  questo  sospetto.  Infatti  l'epistola 
nel  Cod.  C.  64  è  attribuita  al  Panormita  con  riserva,  (per  A.  Pa- 
normitam,  ut  creditiir)  mentre  nel  Cod.  P.  75  non  porta  indi- 
cazione d'autore;  la  risposta,  se  nel  C.  64  è  attribuita  al  Rau- 
dense, dalla  intitolazione  portata  dal  B.  124  parrebbe  invece  fosse 
opera  di  un  anonimo  contro  un  anonimo,  (Defensio  prò  Rìiau- 
densi  ad  P.  C.  cantra  caliimniatorem  incognitiim)  tanto  più  che 
in  essa  si  parla  sempre  del  Raudense  in  terza  persona. 

Che  l'epistola  poetica  sia  uscita  alla  luce  anonima  è  fuor  di 
dubbio;  lo  si  desume  da  parecchi  passi  della  risposta  e  special- 
mente da  quei  versi  : 

Sed  quis  incognita  plectat? 
Dicite  io,  patreS;  lapides  si  inpinxerit  olim, 
Non  retrahat  palmas,  monstret  digitosque  manusque, 
Se  in  medium  statuat,  pugnam  committat  apertam 
Et  gcnus  et  notnen  et  qua  sint  munia  dicat, 
Sub  divo  coramque  aciem  descendat  in  omnem,  ecc. 

È  vero,  che  il  Raudense  nella  invettiva  al  Decembrio  contro 
il  Beccadelli,  lo  accusa  di  esserne  l'autore  (2);  ma  la  sua  testi- 
monianza in  questo  caso,  oltre  essere  in  contraddizione  coi  versi 
teste  citati,  ha  pochissimo  valore,  perchè  egli  aveva  tutto  l'inte- 


(i)  Ep.  Gali,  lì,  20. 

(2)  "  Quid  sibi  volebant  versus  illi,  quos  tu  ad  patres  conscriptos.... 
"  sine  tabellario  aut  nuncio ...  qui  tamen  aitctor  extiiisti,  sine  ullo  no- 
"  mine  aut  tuo  aut  alieno  dimisisti  ?  ,,   Cod.  cit.,  f.  120,  v. 


VARIETÀ 


l•c^^c  dì  accusarlo  anche  ^ratLiitamente  di  ciò,  per  il  bisogno  na- 
turale di  sfogarsi  contro  qualcuno  dello  scherno  subito. 

\oi  sappiamo  per  altro,  che  alla  lotta  fra  il  Beccadelli  e  il 
Kaudense  parteciparono  anche  altri,  scrivendo  versi  a  difesa  del 
proprio  capo-fazione;  erano  veramente  due  partiti,  Tun  contro 
l'altro  armati;  onde  il  Beccadelli  grida  a'  suoi:  n  Pugnetis  prò 
parte  contra  Rìiodianos,  genus  hominum  tcterrimum  (i)»,  e  con- 
fessa una  volta  all'  amico  Cremona  di  non  essere  autore  di  alcuni 
versi  usciti  contro  il  Raudense  (2),  come  anche  a  questo  scrive, 
di  non  crederlo  autore  di  altri  versi  pubblicati  contro  di  lui  (3). 
Maggior  numero  di  argomenti  adunque  abbiamo  per  negare  la  pa- 
ternità dei  due  scritti  ai  nostri,  che  per  ammetterla. 

Ma  se  gli  .autori  non  sono  nò  il  Raudense,  nò  il  Beccadelli, 
come  mai  furono  loro  attribuiti  questi  scritti?  La  cosa  è  facil- 
mente spiegabile  in  ciò,  che  essendo  essi  i  due  capi-partito  e  di 
conseguenza  anche  gli  ispiratori  delle  aggressioni  dei  propri  cor- 
religionari contro  i  nemici,  tutti  gli  scritti,  che  uscivano  anonimi, 
o  loro  stessi  se  li  attribuivano  a  vicenda,  ovvero  i  contemporanei 
e  i  posteri  li  giudicavano  opera  loro;  ed  infatti  in  questa  lotta 
di  carattere  generale,  essi  erano  i  più  noti,  mentre  si  dovevano 
ignorare,  o  quasi,  ì  nomi  e  la  qualità  dei  loro  anonimi  seguaci, 
come  li  ignoriamo  noi.  Né  ciò  deve  recarci  meraviglia,  perchè  lo 
stesso  è  avvenuto  di  altri  scritti  riguardanti  la  nostra  contesa  (4). 


(i)  Ep.  Gali.,  II,  7,  al  Piccinino. 

(2)  "  Non  composui  quidam  versus  illos,  ncque,  auctoris  pace,  di- 
"  xcrim,  meis  similes  vel  minima  sunt  ex  parte  „  (Cod.  lat.  di  Parigi, 
858o,  f.  29.'"  —  Cfr.  Sabbadint,  op.  cit.,  p.  6).  Non  potrebbe  essere  anche 
questa  un'allusione  alla  pasquinata?  Sarebbe  una  conferma  del  nostro 
asserto. 

(3)  "  Etsi  facile  multi  existimant,  te  quosdam  in  me  versus  edi- 
"  disse  obscenos  quidem  illos  atque  petulantes,  ego  vel  solus  adhuc 
"  id  mihi  persuadere  non  possum  „.  (Fra  gli  altri,  anche  nel  Cod.  Am- 
brosiano, M.  44  sup.,  Ibi.  igS.""  Cfr.  Sabbadini,  op.  cii.,  p.  7). 

(4)  L'  invettiva  in  Antonium  Panonnitani,  qui  mtravit  Mediolanmn 
futiirus  cancellar itts,  la  quale  in  4  codici  [di  Gotha,  di  Monaco,  della 
Riccardiana  (cfr.  Lami,  Calai.  I,  285),  e  della  Magliabechiana  1445]  porta 


VARIETÀ  I2D 


Conchiudendo,  mi  pare  di  poter  asserire,  che  nessun  argo- 
mento ci  fa  credere,  che  i  Milanesi  mandassero  o  volessero  man- 
dare una  ambasceria  a  Giovanna  d'  Arco  e  che  questa  ipotetica 
missione  non  fu  offerta  al  Raudense;  l'epistola  adunque,  che  pre- 
ludia le  pasquinate  del  secolo  successivo,  è  V  invenzione  di  un 
bello  spirito,  forse  il  Beccadelli,  più  probabilmente  un  anonimo 
a  noi  ignoto;  il  medesimo  dicasi  della  risposta,  per  la  quale  mag- 
gior numero  di  documenti  militano  a  negare  la  paternità  del 
Raudense. 

Non  rimane  omai  che  di  precisare,  per  quanto  è  possibile,  la 
data  di  questi  scritti.  L'inimicizia  fra  i  due,  secondo  i  calcoli  del 
Sabbadini,  comincia  nel  1429;  l'invettiva  B.  124,  secondo  lo  stesso, 
che  l'ha  per  il  primo  trovata  e  studiata,  va  riferita  al   1432. 

Siccome  abbiamo  visto,  che  in  essa  si  citano  indubbiamente 
i  versi  della  pseudo-protesta  di  Giovanna,  dobbiamo  conchiudere, 
che  i  nostri  due  scritti  videro  la  luce  nel  giro  di  tempo  fra  il 
1429  e  il  1432. 


Felice  Vismara. 


il  nome  di  Maffeo  Vegio,  nel  Laurenziano  XCI  sup.  48  è  invece  attri- 
buita al  Raudense.  Eppure  la  concordanza  dei  4  codici  ci  persuade 
esserne  il  Vegio  V  autore,  tanto  più  che  egli  era  nemico  del  Becca- 
delli, come,  fra  T  altro,  appare  anche  dal  fatto,  che  il  Porcellio  gli  de- 
dicò la  sua  invettiva  contro  il  medesimo.  [Carmina  illitst.  pòet.  Hai, 
Florentiae,  1719-1726,  t.  VII,  p.  5oo).  Lo  stesso  avvenne  dell'  invettiva 
del  Cod.  Ambr.  H.  49  inf.  Essendo  essa  anonima,  fu  senz'  altro  attri- 
buita ad  Antonio  da  Rho,  come  il  più  noto  rappresentante  della  rea- 
zione contro  V  Ermafrodito  :  eppure  non  è  certamente,  sua,  come  ap- 
pare dal  brano  :  "  Non  Leonardus  Aretinus,  non  Randensis,  non  Cen- 
"  cius  Romanus  haec  tua  laudarunt,  immo  ut  aliquid  egregium  rcferam, 
^' eorum  conspectum  fugitas,,.  (Cfr.  Sabbadini^  op.  cit.,  p.  2). 


I2(*»  VARIETÀ 


D'un  ignoto  poemetto  del  Fossa 
sulla  calata  di  Carlo  Vili  in  Italia. 

In  una  sua  comunicazione,  inviata,  or  sono  pochi  mesi,  alla 
Rasscf^na  bibliografica  della  Letteratura  Italiana,  il  nostro  ot- 
timo e  valoroso  amico  prof.  Antonio  Medin,  asseriva  doversi  ri- 
tenere non  più  che  due  oramai  le  narrazioni  in  versi  sulla  discesa 
di  Carlo  Vili  nella  penisola,  delle  quali  si  possegga  notizia:  il  can- 
tare, cioè,  della  guerra  di  Parma,  ripubblicato  dal  dott.  Ungemach 
di  sull'unico  esemplare  conosciuto  che  si  conserva  ad  Erlangen, 
ed  il  poemetto,  messo  anch'esso  a  stampa  fin  dal  primo  cinque- 
cento sotto  il  titolo  d' Impresa  del  re  Carlo  Vili  in  Italia;  il 
quale  però,  ben  lungi  dal  fornirci,  come  si  sarebbe  creduto  in 
base  alle  attestazioni  del  Heber  e  del  Libri,  una  narrazione  dif- 
ferente affatto  dalle  già  conosciute,  deve  invece  essere  considerato 
come  un  cantare  sostanzialmente  identico  a  quello  che  gli  ano- 
nimi autori  delle  Guerre  orrende  e  della  Cronaca  delle  guerre 
d' Italia  adoperarono  per  formare  il  primo  canto  delle  loro  ci- 
cliche compilazioni  (i). 

Né  il  Medin,  che  si  è  occupato  con  tanto  amore  della  curiosa 
letteratura  poetico-storica  pullulata  in  Italia  dintorno  alla  spedi- 
zione francese,  né  altri  studiosi  tuttavia  hanno  avuto  contezza 
d'  un  terzo  testo  popolareggiante,  rivolto  a  descrivere  i  medesimi 
fatti,  onde  trassero  l'inspirazione  la  Guerra  di  Parma  e  V Impresa 
del  re  Carlo,  ed  al  pari  di  queste  gettato  dalle  tipografie  lom- 
barde del  tempo  in  pascolo  alla  curiosità  del  buon  pubblico,  non 


(i)  A.  Medin,  /  poemetti  sulla  calata  di  Carlo  Vili  e  la  battaglia  di 
Formiovo  in  Rass.  cit.,  a.  VII,  1899,  p.  180  sg.  Il  M.  ha  potuto  stabi- 
lire l'identità  dell'Impresa  col  i.°  canto  delle  Guerre  Orrende  e  della 
Cronaca,  grazie  al  rinvenimento  d'un  esemplare  delY Impresa  stessa 
da  lui  fatto  nella  Trivulziana,  differente  però  da  quello  già  posseduto 
e  descritto  dal  Libri. 


VARIETÀ  12' 


sazia  mai  di  siffatti  alimenti:  voglio  dire  la  Venuta  del  re  di 
Franca  in  Italia,  messa  a  stampa  sul  cadere  del  secolo  XV  in 
Brescia,  a  cura  di  un  tipografo,  non  ignoto  davvero  ai  cultori  della 
storia  dell'arte  tipografica  in  quel  periodo  di  tempo,  Prè  Battista 
Farfengo  (i). 

L'esemplare  di  questo  poemetto;  ch'io  mi  trovo  aver  sotto 
gli  occhi,  grazie  alla  squisita  cortesia  dell'odierno  possessore,  il 
mio  egregio  amico  cav.  Paolo  Gaffuri,  direttore  dell'Istituto  Ita- 
liano d'Arti  Grafiche,  colto  ed  appassionato  bibliofilo;  dev'essere 
d' una  rarità  eccezionale,  dacché  niun  bibliografo  ne  ha  fatto 
sinora  parola.  Gioverà  dunque  offrirne  prima  dì  tutto  ai  lettori 
un'  accurata  descrizione  (2). 

Fol.  I  a.  La  uenuta  del  Re  di  Pranza  in  Italia  e  la   rotta. 

Poi  un  intaglio  in  legno  a  contorno:  un  re  seduto  in  trono,  colla 
corona  in  capo,  una  gran  collana  sul  petto,  lo  scettro  nella  destra. 
Intorno  a  lui  molti  guerrieri  che  V  osservano  o  discorrono  tra 
loro.  Quindi  le  prime  cinque  ottave.  Inc.:  Signor  che  luniuerfo 
a  tódo  a  tondo  |  etc.  Des.  fol.  4  a  ^,  Un.  22:  che  Francia  ualle 
uclle  uille  uolle.  Altr'  intaglio  in  legno;  molti  guerrieri  armati 
di  tutto  punto,  assistiti  dai  loro  paggi,  paiono  accingersi  a  par- 
tire per  varie  direzioni  dopo  una  sosta.  —  FoL  4  h.  Occupato 
tutto  da  una  grande  xilografia,  che  tiene  luogo  della  marca  ti- 
pografica solitamente  usata  dal  Farfengo  :  cioè  i  santi  Faustino 
e  Giovila  a  cavallo,  tutti  vestiti  d*  armatura  ;  il  capo  scoperto, 
però,  e  coronato;  stringono  in  pugno   due  gonfaloni  (3).   Al   di 


(i)  Intorno  a  lui,  che  operò  in  Brescia  dal  1489  al  1499,  v.  L.  Leghi, 
Bella  tipografia  bresciana  nel  secolo  decimoquinto,  Brescia,  MDCCCLIV, 
Catal.  Cronolog.  ad  annos  e  p.  114,  n.  i.  Per  le  marche  da  lui  usate, 
due  in  tutto,  cfr.  anche  P.  Kristeller,  Die  Italienisch.  Buchdrucker  - 
//.   Verlegerzcichen  bis  IS2S,  Strassburg,  1898,  Brescia,  n.  21,  22. 

(2)  Seguo,  com'è  mio  costume,  in  questa  descrizione  le  norme 
adottate  dal  D.'"  Milchsack  nel  dar  conto  della  famosa  miscellanea  di 
Wolfenbuttel;  cfr.  D'Ancona,  Due  farse  del  sec.  XVI,  Bologna,  1882 
{Scrlta  di  cur.  leti.,  Disp.  187),  p.  79  sgg. 

(3)  Intorno  a  quest'  intaglio,  che  rappresenta   i  due   santi ,  "  disc- 


128  VARIETÀ 


sotto  si  icf^f^c:  Impreflb  in  BrclTa  per  melTerc  prc  Batista 
Farfcngo.  —  Altji  due  intaf^li  in  Icf^no  ricorrono  a  e.  2  a,  ji,  e 
i\  ;  a:  il  primo  raffigura  due  cavalieri  che,  dopo  aver  spe\:{ate 
le  lande,  posta  mano  alla  spada,  sono  in  atto  di  ferirsi;  il  se- 
condo lina  battaglia.  —  In  4  (m,  i$o  X  ^95)»  ^^'''  romani,  sen\a 
segnature  ne  numera:{ione  di  pagine,  4  fogli  a  2  colonne,  ^2 
ottave  (i). 

Descritto  così  il  prezioso  opUscoletto  per  ciò  che  concerne  alla 
parte  esterna,  veniamo  a  dire  qualcosa  del  suo  contenuto.  Ed 
innanzi  tutto,  chi  è  1'  autore  della   Venuta  ? 

S'  affretta  ad  appagare  la  curiosità  nostra,  con  non  comune 
esempio  di  sollecitudine,  il  poeta  stesso,  che  s'è  dato  cura  di  ram- 
mentare il  proprio  nome  non  meno  di  tre  volte  nel  corso  della 
breve  sua  esposizione:  la  prima  nella  st.  21  (e.  2  a,  2  e): 

Or  odi  qviel  che  dico  &  poni  mente 
che  quel  che  canta  se  domanda  el  fossa; 

e  le  altre  due  nella  penultima  e  nell'ultima  ottava  (e.  4  a,  2  e): 

fossa,  sta  forte  qui.... 

fossa,  li  toi  sudor  son  parsi  persi. 

La  risposta,  per  quanto  categorica  a  prima  vista,  non  risulta 
in  realtà  troppo  soddisfacente.  «  Il  Fossa  »  :  sta  bene;  ma  qual 
Fossa?  Eccoci  difatti  nuovamente  di  fronte  ad  un  enimma,  il  quale, 
sebbene  abbia  dato  del  filo  da  torcere  a  parecchi  eruditi,  non  ha 


"  guati  con  semplicità  e  correzione  „  a  puri  contorni,  v.  quanto  scrive 
il  Leghi,  op.  cit.,  p.  45  sgg.,  descrivendo  la  Legenda  de  sancii  Faustino 
e  Giovifa,  "  impressa  nella  cita  de  Bressa  per  pre  Baptista  da  Far- 
"  fengo,  de  lanno  .MCCCCLXXXX.,  a  dì  V  zugno  „. 

(i)  L' opuscoletto  ha  ora  per  coverta  un  largo  brano  di  membrana 
che  porta  sul  recto  inscritte  alcune  bolle  di  papa  Eugenio  IV  in  ca- 
rattere del  tempo. 


VARIETÀ  I2C) 


rinvenuto  ancora  il  suo  Edipo.  Col  solo  cognome  di  Fossa,  tacendo 
il  proprio  nome,  ma  svelando  però  insieme  la  sua  patria,  Cremona, 
suole  ricordare  sé  stesso  l'autore  di  quell'importante  componi- 
mento maccheronico,  che  è  il  Virgiliana  (i);  e  «  Fossa  cremo- 
(f  nese  »  o  con  maggior  pompa  di  linguaggio,  «  il  laureato 
«poeta  F  o  s s  a  d  a  Cremona»  ama  intitolarsi,  sempre  passando 
—  curiosa  ostinazione  !  —  sotto  silenzio  il  nome  impostogli  al 
sacro  fonte  —  quel  versificatore,  poco  elegante  davvero,  a  cui  si  deve 
V  Innamoramento  di  Galvano  (2).  —  In  pari  tempo  però  noi  ab- 
biamo notizia  d'  un  altro  Fossa,  cremonese  anch'  esso,  che  verso 
il  tempo  medesimo  mandava  in  pubblico  le  sue  poetiche  eserci- 
tazioni, senza  nascondere  nulla  che  lo  concernesse:  e  costui  è 
frate  Evangelista  Fossa  da  Cremona,  dell'ordine  dei  Servi,  tra- 
duttore (anzi,  ahi  come  e  quanto  traditore  !)  del  Bucolicon 
vergiliano,  che,  dopo  aver  veduta  la  luce  a  Venezia  nel  1494  per 
i  tipi  di  Cristoforo  de'  Penci  da  Mandello,  tornò  ad  apparire  in 
Milano,  sedici  anni  dopo,  «  addì  XX  de  Luio  »  per  quelli  di 
Agostino  da  Vimercate,  «  a  le  spesse  (sic)  de  Joanne  Jacobe  et 
«  fratelli  de  Legnano  (3)  ». 

Il  Lancetti,  che  ad  occuparsi  di  tutta  questa  produzione 
«  fossesca  »  era  spinto  da  ragioni  imperiose  (si  trattava  di  scrit- 
tori cremonesi,  de'  quali  uno,  per  soprassello,  insignito  della  del- 
fica fronda!),  seguendo  contemporaneamente  quell'altro  irresi- 
stibile impulso  che  lo  portava  sempre  a  difendere  le  cause  spal- 
late, s'era  posto  in  capo  che  l'autore  doiV  Innamoramento  di 
Galvano  ed  il  traduttore  di  Vergilio  fossero  uno  solo  e  medesimo 
individuo  :  frate  Evangelista  Fossa.  Gli  argomenti  da  lui  escogi- 


(i)  Ved.  Maccheronee  di  cinque  poeti  italiani  del  sec.  XV,  Milano, 
Daelli,  MDCCCLXIV,  p.  99  sgg.,  e  G.  Zannoni,  /  precursori  di  Merlin 
Cocai,  Città  di  Castello,  1888,  p.  52  sgg. 

(2)  Cfr.  |Melzi|  Bibliogr.  dei  romanzi  e  poemi  cavallereschi  italiani^, 
Milano,  Tosi,  MDCCCXxkviII,  p.  820,  n.  729.  E  v.  Zannoni,  op.  cit., 
p.  58,  n.  3. 

(3)  Cfr.  Arisi,  Crcm.  liier.,  Parmae,  MDCCII,  to.  I,  p.  378:  Argelati, 
Bibliot,  delti  volgarizzatori,  Milano,  MDCCLXVII,  to.  IV,  p.  174  sg. 

Arc/i.  Stor.  Loinb.  —  Anno  XWII.  —  Fase.  XX.V. 


VARIETÀ 


tati  per  sostenere  cotesta  identificazione  si  possono  veder  esposti 
neir  articolo  delle  Memorie  d' intorno  ai  poeti  laureati^  dedicato 
ad  Evangelista  (i);  i  lettori  non  si  stupiranno  certo  se  noi  li  di- 
chiareremo tanto  insulsi  da  non  meritare  la  spesa  d*  una  nuova 
confutazione  (2).  Tali  però,  e  forza  confessarlo,  non  parvero  al- 
tra volta  a  P.  A.  Tosi,  il  quale,  quando  deliberò  di  rimettere 
hi  luce  nelle  Maccheronee  di  cinque  poeti  italiani  del  sec,  XV, 
anche  il  Virgiliana  del  Fossa  (3),  non  esitò  un  istante  ad  ap- 
pioppare a  frate  Evangelista  pur  sì  sconcio  poemetto,  degno  d'un 
goliardo  sboccato,  d' uno  «  scolaro  pavano  »  sul  tipo  di  Tifi 
Odassi  o  di  Niccolò  Cosmico,  non  già  d'un  religioso  dabbene, 
quale,  ove  non  s'  abbiano  valide  ragioni  da  addurre  in  contrario, 
deve  pur  essere  stimato  frate  Evangelista  !  (4). 

Tornando,  in  tempi  assai  più  vicini  e  con  maggior  sicurezza 
di  metodo  che  il  Tosi  non  possedesse,  ad  occuparsi  del  Virgiliana, 
il  prof.  Giovanni  Zannoni  ha  combattuto  vivacemente  l'identifi- 
cazione del  Fossa  «  maccheronico  »,  se  possiamo  dir  così,  col  Fossa 
«  bucolico  »,  propugnata  dal  Tosi  sulle  orme  delLancetti;  e  s'è 
fatto  forte  di  provare  che  nel  primo,  autore,  a  suo  giudizio,  nonché 
del  Virgiliana  anche  del  primo  ed  unico  libro  a  noi  giunto  del- 
l' Innamoramento  di  Galvano,  doveva  riconoscersi  Matteo  Fossa, 
patrizio  cremonese  e  poeta  sforzesco,  passato  a  miglior  vita  l'anno 
i5i6.  L'ipotesi  dello  Zannoni  sembrò  non  «  impossibile  »  a  V.  Rossi, 
il  quale  tuttavia  la  giudicò  «  tutt'  altro  che  provata  »,  adducendo 
contro  di  essa  il  fatto  che  nell'epitaffio  di  Matteo,  ove  non  gli 
sono  risparmiate  le  lodi,  si  tace  però  di  quella  che  era  a  repu- 
tare di  tutte  la  maggiore:  il  titolo  di  poeta  laureato,  cioè,  che 
il  narratore  degli  amori  di  Galvano  aveva  conseguito  almeno  fin 
dal  1496  (5). 


(i)  Parte  IV,  cap.  I,  p.  383  sgg. 

(2)  Furono  già  confutati  dallo  Zannoni,  op.  cit.,  loc.  cit. 

(3)  Op:  cit.,  p.  100  sgg. 

(4)  L'assurdità  di  quest'attribuzione   è   stata,   a   parer   mio,   assai 
bene  dimostrata  dallo  Zannoni,  o,p.  cit,,  loc.  cit. 

(5)  Cf.  r  erudita  recensione  che   del   libro    dello  Zannoni  ha  dato 
V  Rossi  in  Giorn.  stor.  della  lettcr.  Hai.,  voi.  XII,  i£88,  p.  418  sgg. 


VARIETÀ  1^1 


La  matassa,  non  c'è  che  dire,  si  presenta  arruffata  a  dovere. 
Ma,  quantunque  io  non  osi  sperare  di  dipanarla  del  tutto,  pure  a 
porgerne  il  bandolo  forse  arriverò  colle  osservazioni  seguenti.  Che 
nel  Fossa  autore  del  Virgiliana  debbasi,  come  voleva  lo  Zannoni 
riconoscere    non   solo  un  individuo   diverso    da    fra    Evangelista 
ma  più  propriamente  Matteo,  si  può  asserire  quasi  con  certezza 
ove  si  sappia  che  tra  i  componimenti  diretti  da  Matteo  stesso  nei 
primi  anni  del  sec.  XVI  al  concittadino  ed  amico  Domenico  Bor 
digallo,  e  da  costui  trascritti  di  propria  m.ano  in  certo  suo  zibal 
done  di  prose  e  versi   tutt'  ora    esistente   in    Cremona,    leggevasi 
un'  epistola  responsiva  ad  altra  di  Domenico  «  cum  Carmine  ma 
«  charoneo  (i)  ».  Pur  troppo  questo  carme  è  andato  perduto,  ed 
il  danno  non  si  dirà  lieve  da  alcuno,  quando  si  pensi  che  da  esso 


(i)  È  quello,  cui  sopra  alludo,  un  ms.  intitolato  Fasiculus  (sic) 
Dominici  Bordigali,  ch'io,  scrivendo  vent'anni  or  sono  sulla  vita  eie 
opere  di  D.  Bordigallo  (Archivio  Veneto,  to.  XIX,  1880,  par.  I),  non 
potei  rinvenire,  ma  che  mi  capitò  più  tardi  alle  mani  per  comuni- 
cazione degli  attuali  possessori,  i  marchesi  Sommi  Picenardi.  Le  con- 
dizioni in  cui  versa  quest'altro  zibaldone  bordigallesco  non  sono  punto 
liete,  giacché  de'  240  fogli,  onde  originariamente  constava,  cento,  se 
non  più,  andarono  smarriti.  Cotal  perdita  però  è  resa  meno  molesta 
da  una  felice  circostanza:  il  cod.  porta,  cioè,  in  fronte  una  minuzio- 
sissima tavola,  scritta  dal  Bordigallo  stesso,  che  occupa  ben  quattor- 
dici carte,  ed  è  completata  poi  da  un'  Adicio  tabule  sommarie:  sicché 
la  maggior  parte  della  produzione  poetica  del  Bordigallo  e  degli  amici 
e  corrispondenti  suoi,  cremonesi  e  non  cremonesi,  dal  1482  al  i5i2, 
ci  è  così  integralmente  o  sommariamente  almeno  conosciuta.  Ora  tra 
gli  scritti  contenuti  nella  parte  perduta  del  ms.  parecchi  spettavano 
a  Matteo  Fossa.  Versi  latini  suoi,  come  ci  attesta  la  tavola,,  leggevansi 
a  e.  180;  e  due  sue  epistole  a  e.  186.  Queste  sono  così  indicate  dal 
Bordigallo:  Epistola  suprascripti  Mathci  fosse  ad  dominicum.  Altera 
quoque  responsiva  suis  cum  Carmine  Macharoneo,  A  e.  192,  194  s'ave- 
vano poi  lettere  di  Domenico  a  Matteo,  qualificato  sempre  come  "  iu- 
"  venis  elegantissimus  „.  Queste  epistole,  forse  perchè  troppo  antiche 
non  ricompaiono  in  altre  miscellanee  del  Bordigallo,  come  ad  es.  in 
quella  che  é  oggi  il  cod.  Aa.  8.  17  (Ponz.  87)  della  Comunale  di  Cre- 
mona; dove  tuttavia,  per  compenso,  se  ne  ritrovan  altre  :  così  a  e.  3  a 
e  a  e.  18  B,  dove  si  legge  un  "  lachrimabile  carmen  et  consolatorium  „, 
diretto  dal  B.  a  Matteo  per  deplorare  la  morte  del  di  lui  fratello  Bono, 
mercante  stimato,  spentosi  ai  bagni  della  Porretta  nell'agosto  i5i5. 


3  a  VARIETÀ 


ci  sarebbe  potuta  per  avventura  derivare  non  poca  luce  sulle  prime 
produzioni  maccheroniche  cremonesi,  forse  altrettanto  antiche,  se 
non  più,  delle  padovane  (i);  ma  il  ricordo  che  ce  ne  è  pervenuto 
basta  da  solo,  o  m'inganno,  a  render  più  che  probabile  che  il  Fossa, 
cantore  de'  burleschi  amori  d'  Angelo  Spuza,  il  quale  per  ingan- 
nare la  noia  dettava,  il  2  di  maggio  1494,  in  Bassano,  pliiendo  a 
sechie  reverse,  i  suoi  giocosi  esametri,  sia  quel  Matteo  Fossa^ 
«  giovine  elegantissimo  »,  «oratore»,  «musico»,  «  cultore  delle 
«muse»,  che,  dopo  inaudite  sofferenze,  abbandonava  immatura- 
mente la  vita  il   IO  agosto  i5i6  (2). 


(i)  Che  a  Tifi  degli  Odasi  non  spetti  punto  il  vanto  d' aver  creato 
la  poesia  maccheronica,  che  questo  genere  letterario  abbia  anzi  avuto 
prima  di  lui  altri  cultori  a  noi  ignoti,  giacché  della  ricca  produzione 
sbocciata  sullo  scorcio  del  quattrocento,  non  possediamo  oggi  che 
scarsi  e  slegati  frammenti;  sono  idee  già  emesse  e  sostenute  dall'a- 
mico V.  Rossi  (cf.  Giorn.  stor.,  XI,  1888,  p.  2  sgg.),  che  io  divido  inte- 
ramente. Ed  a  confermarne  sempre  meglio  la  ragionevolezza  mi  piace 
rammentare  come  nella  brigatella  d'amici  che  raccoglievasi  appunto 
intorno  al  Bordigallo  tra  il  1480  ed  il  1485,  e  di  cui  faceano  parte, 
oltreché  il  Fossa,  Angelo  Manna,  studente  in  medicina  a  Bologna, 
Gidino  Piasio,  che  studiava  legge  a  Pavia,  Tommaso  Raimondi,  an- 
ch'esso "  legum  scolaris  dignissimus  „,  ed  altri  ancora,  si  poetasse  mac- 
cheronicamente.  E  la  prova  indubitabile  ce  ne  è  porta  appunto  dal 
seguente  epigramma  del  Raimondi,  registrato  dal  Bordigallo  nel  Fa 
sictthis  cit.,  e.  18  B,  sotto  la  data:   "  ydibus  septembris  1485  „  : 

Premia  consilii  iniJù  des  :  non  nerba  rej^oscho  : 

Latronculator  furibiis  hostis  erit. 
Est  gtda  mortali  :    s  l  a  n  i g  n  a  n  t    gutura  noòis 

Si    Ma  e  h  ar  o  n  e  is     r  i  tib  u  s     Oda     canit. 

Or  noi  siamo  in  diritto  di  domandarci  se  nell'anno  1486  la  Macaronea 
di  Tifi,  che  si  asserisce  gratuitamente  il  più  antico   esempio   del   gè 
nere,    fosse   già   comparsa   alla  luce  I  Cfr.  Rossi,  in  Giorn,  Sior.,  XII 
1888,  p.  429. 

In  realtà  a  me  sembra  lecito  concludere  che  la  poesia  macchero- 
nica dovette  svilupparsi  singolarmente  in  seno  alle  università  italiane 
dell'alta  e  media  Italia  nella  seconda  metà  del  secolo  XV.  Genere 
essenzialmente  studentesco,  noi  lo  ritroviamo  dappertutto  coltivato  da 
studenti,  al  pari  della  commedia  latina. 

(2)  La  morte  di  Matteo  é  così  registrata  dal  Bordigallo  nella  sua 
Cronaca  inedita  (cod.  Pallavicino,  e.  244  b)  :    "   Die   dominico   decimo 


VARIETÀ  l33 


Messo  così  in  sodo  che  il  Fossa  «  febigena  »,  come  si  dichiara 
egli  stesso  (i),  scrittore  del  Virgiliana,  altri  non  è  che  Matteo  Fossa, 
^i  potrebbe  adesso  cavare  da  cotale  identificazione  un  valido  ar- 
gomento a  ritenere  che  a  lui  pure  debbansi  attribuire  così  V  Inna- 
moramento di  Galvano  come  la  Venuta  del  re  di  Franca  in  Italia. 
E  valga  il  vero.  Matteo  Fossa,  il  poeta  maccheronico,  nel  1494 
s'  era  portato  a  Padova,  poi  a  Bassano  ;  che  cosa  facesse  in  que' 
due  paesi  non  ci  è  noto,  ma  chi  opinasse  ch'egli  si  fosse  recato 
sulle  rive  del  Bacchiglione  per  ragione  di  studi  non  andrebbe 
forse  lontano  dalla  verità  (2).  Certo  in  ogni  modo  si  è  ch'egli  co- 
nosceva il  Veneto  ed  aveva  con  personaggi  di  quella  provincia 
relazioni  d'  amicizia  (3).  D'  altro  canto  il  «  poeta  laureato  Fossa  » 


''  predicti  mensis  augusti  nobilis  et  preclarus  vir  omnium  bonitatis 
"  virtutum  speculum....  dominus  Matheus  Fossa  de  hac  vita  ad  aliam 
"  meliorem  migravit  „.  Segue  l'epitafio,  già  latto  di  pubblico  diritto 
dall' Arisi  (Crem.  liter.,  to.  I,  e.  867),  a  cui  tien  dietro  un  secondo,  fin 
qui  inedito,  migliore  del  primo,  perchè  più  breve  ! 

Fossa  plus,  patiensy  martir,  Matheus  in  urna 
Clauditur  :  orator,  musìcus  iste  fuit. 

Noto  di  passaggio  ch'io  non  divido  ravviso  dello  Zannoni,  op,  cit., 
p.  60,  che  la  malattia,  onde  fu  condotto  il  Fossa  alla  tomba,  sia  stata 
la  sifilide.  Parlare  a  proposito  di  lui  di  "  gioventù  burrascosa  „,  mi 
par  temerario;  il  Virgiliana  è  un  poema  burlesco  del  cinquecento,  con- 
vien  rammentarsene  ;  e  non  so  vedere  perchè  al  Fossa  non  dovrebbe 
valere  la  scusa  che  adduceva  per  sé  Catullo:  Nam  castum  esse  decet 
pinm  poetani  Ipsum,  versicitlos  nihil  necesse  est.  Or  ciò  che  a  noi  è  noto 
della  vita  di  Matteo  non  ci  licenzia  a  dirlo  un  dissoluto  :  ben  al  con- 
trario, in  patria,  dove  insegnò  pubblicamente,  lasciò  memoria  d'  uomo 
religioso  e  morigerato;  tanto  che  dopo  aver  cominciato  col  cantar  An- 
gelo e  Prisciano,  finì  per  versificare  i  salmi  davidici.  Omne  genus  malo- 
rum  membris  tidit,  dice  il  B.;  e  da  ciò  si  deduce  che  la  complessione 
di  Matteo,  forse  gracile,  fu  fiaccata  da  morbi  molti,  non  da  un  solo, 
e  per  giunta  obbrobrioso. 

(1)  Virg.f  V.  19-20. 

(2)  Che  il  Fossa  presenti  sé  stesso  ed  i  suoi  compagni  siccome 
gente  allegra,  spensierata,  non  v'ha  dubbio.  Di  qui  a  ritener  lui  egli 
altri  "  calcagnantes,  trufatores  et  malagentes  „  {Virg.,\.  91)  come  stu- 
denti, il  passo  è  breve. 

(3)  Lo  Zannoni,  op,  cit.,  p.  iSg,  par  credere  che,  Matteo  quando 
scriveva  il  suo  giocoso  componimento   si  trovasse  in  terra  cremonese 


l34  VARIETÀ 


ci  appare  ancor  egli  in  stretti  rapporti  con  cospicui  uomini  vene- 
ziani: nel  140^  dà  in  luce,  dedicandolo  al  fratello  Panfilo  un  epi- 
cedio in  memoria  di  Bernardo  Gontarini,  spentosi  a  Melfi  alcuni 
mesi  prima  (i);  e  mettendo  poscia  in  pubblico,  a  Venezia,  il  libro 
novo  delio  Innamoramento  di  Galvano,  lo  dedica  con  parole  affet- 
tuose ad  altro  patrizio  di  S.  Marco,  a  messer  Lorenzo  Loredano  (2). 
Tutto  ciò  non  può  essere  frutto  del  caso  ;  sicché  io  inclinerei  a 
condividere    l'avviso    dello  Zannoni    ed  a   ritener  dunque    come 


È  questo,  a  mio  giudizio,  un  errore.  Innanzi  tutto  non  esiste  in  pro- 
vincia di  Cremona  un  "  Bassano  „,  ma  un  "  San  Bassano  „,  (Soresina); 
ora  il  Fossa  non  avrebbe  scritto  in  Bassiano  se  avesse  voluto  dire 
ch'era  in  Sancio  Bassiano.  In  secondo  luogo  tutto  concorre  a  farci 
riconoscere  che  il  poeta  era  nel  1494  nella  Marca  Trevigiana:  i  fatti 
narrati  nel  Virgiliana  hanno  per  teatro  o  Padova  o  Venezia;  l'epi- 
gramma stesso  che  segue  nell'  antica  stampa  alla  Macaronea,  è  diretto 
ad  un  prete  di  Vicenza. 

(i)  Ved.  quant' osserva  su  questo  carme  del  Fossa  il  Rossi  in 
Giorn.  cit,  XII,  p.  484,  n.  5. 

(2)  Cf.  Lancetti,  op.  cit.,  p.  386.  Non  farà  meraviglia  1'  udire  che 
tutto  quanto  lo  storico  de'  poeti  laureati  viene  nelle  citate  pagine  ar- 
zigogolando intorno  alla  data  dell'  edizione  milanese  del  Libro  di  Gal- 
vano è  destituito  di  qualsiasi  fondamento.  Innanzi  tutto  il  poemetto 
del  Fossa  era  già  venuto  alla  luce  nel  i5o8  in  Venezia,  per  i  tipi  del 
Sessa  (v.  Giorn.  cit.,  XI,  3):  particolarità  questa,  sfuggita  al  Melzi  ed 
al  Tosi,  che  basta  da  sola  a  distruggere  tutte  le  ipotesi  del  Lancetti 
sul  tempo  in  cui  quel  libro  comparve  in  pubblico.  Ma,  quand'  anche 
r  Innamoramento  fosse  stato  impresso  per  la  prima  volta  a  Milano  dai 
Mantegazzi,  non  sarebbe  punto  esatto  ciò  che  il  Lancetti  asseriva; 
che  costoro  cioè,  dovrebbero  averlo  stampato  circa  il  i520,  perchè  non 
prima  del  i5i6  cominciarono  a  lavorare  per  conto  de'  fratelli  da  Le- 
gnano. Al  contrario,  noi  sappiam  oggi  di  certo  che  i  Mantegazzi  im- 
primevan  libri  "  ad  istanza  „  dei  Da  Legnano  fin  cai  i5o8,  giacché  a 
quest'anno  appunto  appartiene  Lo  Innamoramento  de  Lncrecia  e  Eurialo 
I  traducto  per  miser  Io.  Paulo  \  Vermiglions  in  versi  \  rithimi  Ope  \  ra 
Nova,  che  porta  in  calce  la  seguente  indicazione  :  Impressimi  Mediolani 
p.  Petrum  mar  tir  em  et  fratres  de  Mantegatiis  anno  domini  .MCCCCCVIII. 
die  V  Marta.  Ad  instantiam  Io.  lac.  de  Ignano  et  fratribus  suis  (sic). 
Più  che  probabilmente  la  ristampa  milanese  del  Libro  di  Galvano  ap- 
parterrà all'anno  stesso  in  cui  vide  la  luce  questa  rara  opericciuola 
(di  cui,  come  m'  insegna  l' egr.  collega  E.  Motta,  si  ha  un  esemplare 
nella  Trivulziana),  oppure  al  susseguente. 


VARIETÀ  i:>D 


oltremodo  probabile  che  il  «  Fossa  laureato  »,  autore  di  poemi 
cavallereschi,  di  cantari  storici  e  di  maccheronici  carmi,  sia  stato 
tutt'uno  col  cremonese  Matteo,  di  cui  il  Bordigallo  deplorò  rozza- 
mente la  line  precoce. 

Ed  ora  poche  parole  intorno  al  poemetto,  che  giunge  inatteso 
ma  gradito,  ad  accrescere  lo  stuolo  assai  esiguo  sinora  delle  narra- 
zioni in  versi,  alle  quali  l'avventurosa  spedizione  di  Carlo  Vili 
offerse  tra  noi  occasione.  Chi  abbia  letto  qualche  strofa  dell' /«- 
namoramento  di  Galvano,  se  ci  udrà  dire  adesso  che  anche  la 
Venuta  è  degna  del  Fossa,  comprenderà  subito  eh'  essa  è  cosa 
sciatta,  sguaiata,  scritta  con  stile  goffo,  con  linguaggio  che  pre- 
senta un  miscuglio  strano  e  sgradevole  di  latinismi  crudi  e  d'idio- 
tismi lombardi,  qua  e  là  costellato  di  parole  di  gergo,  di  bisticci 
e  di  facezie  inintelligibili  (i)  :  ma  la  barbarie  pedantesca  della  forma 
non  impedisce  che  il  poemetto  riesca  nel  suo  complesso  interessante 
a  leggere.  Il  Fossa  è  nemico  giurato  così  di  Carlo,  che 

se  parti  de  Pranza 
mostrando  ci  naso  storto  e  occhio  e  guanza  (2); 

come  delle  soldatesche  sue,  che  si  piace  descrivere  imbelli  e  disso- 
lute; ei  non  trova  quindi  parole  abbastanza  acerbe  per  pungere 
la  codardia  de'  Napoletani,  che  aprirono  le  porte  al  gallico  inva- 


(1)  Accanto  a  parole  come  sido  (sidus),  pulchro,  intoptdo,  groptdo, 
troviam  spelucare  (strapparsi  i  peli),  pavioni,  e  forme  come  dogando, 
corando,  ecc.  Rispetto  ai  bisticci^  basterà  citare  questi  versi  della  st.  22  : 

quel  viantnano  porta  graphe  e  gri/e 
et  herba  a  orbi  et  urbi  sarà  e  serra 
non.  ci  comiien  che  sbate  sbar/e  o  shofe 
anci  che  cadi  e  chi  re  aterri  in  terra. 

(2)  Alla  bruttezza  di  re  Carlo,  e  specialmente  al  suo  smisurato  naso, 
fa  parecchie  volte  allusione  il  Fossa;  così  str.  9: 


e  str.  21  : 


et  caualcando  nano  de  bon  core 
drieto  al  naso  del  suo  Signore  ; 


Sai  perchè  non  nidi  Carlo   el  passo 
umbra  gli  fece  el  storto  e  longo  naso. 


i36  vAuir.TÀ 


sorc;  e  si  esalta  nel  ricordare  come  papa  Alessandro,  «  de  cliristo.... 
«  el  nero  iiicario  »,  siasi  collegato  colla  «  alma  signoria  »  vii 
S.  Marco,  col  duca  Lodovico,  «  capo  e  signore  de  la  Lombardia  », 
per  cacciare  d'Italia  i  barbari  predoni.  11  ritorno  del  re  dall'Italia 
meridionale,  la  marcia  frettolosa,  l'arrivo  a  Pontrcmoli,  la  gior- 
nata di  Fornovo  sono  descritti  con  sarcastico  linguaggio  dal 
Fossa, che  dà  fiato  però  all'epica  tromba,  quando  dee  celebrare  la 
prodezza  dei  signori  italiani,  che  sul  campo  di  battaglia,  malgrado 
ostacoli  grandi,  tennero  alto  l'onore  nazionale  (i).  Col  racconto 
della  pretesa  rotta  toccata  agli  odiati  oltremontani,  chiude  il 
poeta  r  opera  sua,  pronto  però  a  riprendere  la  penna,  ove  gli  sia 
concesso  registrare  nuove  sconfitte  francesi  : 

Se  idio  me  dà  ulta  cotanti  anni 

che  cerna   cario  a  curio  posto  e  pesto  (2), 
disponi  di  cantar  li  grani  insulti  e  danni 
de  galli  e  lor  pacia  che  fece  eterna:  {sic) 
so  ben  che  alcun  saran  si  storni  e  strani^ 
che  in  me  risuarderano  come  in  lanterna; 
fossa,  sta  forte;  qui  è  la  tua  uictoria: 
farai  de  galli  paci  ampia  memoria. 

F.    NOVATI. 


(i)  Più  d'ogni  altro  troviamo  esaltato  il  marchese  di  Mantova.  Ma 
non  mancan  gli  elogi  al  valore  di  Rodolfo  e  Giovanni  Maria  Gonzaga, 
di  Ascanio  Bentivoglio,  Virginio  Orsini,  del  Conte  di  Pitigliano,  Ra- 
nuccio Farnese,  ecc. 

(2)  Leggi  :  C/te  Carlo  a  curio  posto  e  pesto  cerna.  Errori  come  que- 
sto ,  dovuti  air  ignorante  negligenza  de'  tipografi ,  non  fanno  difetto 
nella  Venuta  del  re  di  Pranza,  e  noi  ne  caveremo  buon  argomento  a 
ritenere  che  il  poemetto  doveva  essere  già  stato  impresso  più  d'una 
volta,  quando  venne  alle  mani  del  Farfengo.  Una  stampa  anteriore 
alla  bresciana  potrebbe  essere  dunque  quella,  che  sotto  il  titolo:  La 
venuta  del  Re  di  Pranza  in  Italia  e  la  rota  (4  fol.,  s.  1.  e.  a.,  una  xilografia 
nel  I  fol.  (m.  io5  X  n?);  niilanese)  si  conserva  presso  la  R.  Biblioteca 
di  Monaco:  P.  o.  it.  4.''  383  (20). 


VARIETÀ  iSy 


Quattro  lettere  inedite 

ed   un   sonetto    pure   inedito 

di  Carlo  Porta. 

Non  riuscirà  discaro  ai  lettori  dell'  Archivio  nostro  trovar 
qui  raccolte  alcune  reliquie  della  copiosa  corrispondenza  tenuta 
da  Carlo  Porta  cogli  amici  suoi;  corrispondenza  della  quale  pur 
troppo  la  maggior  parte  è  andata  dispersa,  tanto  che  solo  pochi 
frammenti  ne  sopravvanzano,  nascosti  nelle  autografoteche  così 
pubbliche  come  private  (i).  Le  lettere  del  massimo  tra  i  poeti 
«meneghini»,  che  lasciò  ad  infinita  distanza  tutti  i  predecessori 
suoi,  benché  disadornamente  dettate,  si  debbono  però  giudicare 
sempre  pregevoli,  siccome  quelle  che  o  giovano  a  spargere  maggior 
lume  sopra  la  cronologia  tanto  incerta  della  sua  produzione 
poetica,  o,  se  non  altro,  ci  fanno  meglio  conoscere  la  schietta 
bontà,  semplicità  e  naturalezza  di  un'  indole  interamente  «  am- 
«  brosiana  ».  Delle  quattro  che  oggi  poniamo  alla  luce,  son  parti- 
colarmente importanti  le  due  prime,  vuoi  perchè  ài  data  certa, 
vuoi  perchè  dirette  al  più  caro  tra  gli  amici  del  poeta  :  Tom- 
maso Grossi  (2),  anche  sul  conto  del  quale  porgono  notizie  non 
prive  di  qualche  interesse. 


(1)  Frammenti  di  poesie  del  Porta,  conservati  dal  nipote  del  poeta, 
d.^  Carlo  Porta,  inseriva  R.  Barbiera  nel  suo  Libro  delle  Curiosità, 
Strenna  pel  1898  (Bergamo,  Cattaneo),  a  p.  21  segg. 

(2)  Una  lettera  del  Porta  al  Grossi  (26  maggio  1819)  venne  di  re- 
cente pubblicata  dal  Fontana  nella  sua  Antologia  Meneghina  (Bellin- 
zona.  Colombi,  1900,  p.  281),  dove  ha  pure  inserito  un  {'rammento  di 
traduzione  del  canto  Vili  deìV  Inferno,  giovandosi  degli  autografi  pos" 
seduti  da  Gaetano  Crespi,  per  dono  dell'  ing.  Grossi,  figlio  del  poeta- 


vauikta 


I  (I). 

Milano f  li  2.8  settembre  1820, 


C.'""  Amico. 


Occupatissimo  come  sono  nel  pagamento  delle  Pensioni,  non  mi 
e  possibile  di  fermarmi  al  tavolo  tanto  tempo  che  basti  per  dirti  ciò 
che  ho  bisogno  di  dire,  e  che  vorrai  che  dica  in  riscontro  alla  tua 
carissima  portatami  dal  Compagnoni.  Scriverò  dunque  domani,  o  dopo 
domani  al  più  tardi.  Intanto  sappia  che  sono  vivo  e  tutto  a  te  col 
cuore,  e  colla  mente.  Scotti  è  venuto  a  pigliar  la  sua  copia.  Ho  avuto 
proprio  gusto  di  conoscerlo.  —  Rossari  non  ha  avuto  la  tua  lettera.  — 
Torti  è  partito  pel  lago  di  Como.  È  una  breve  gita  durante  la  quale 
ti  maturerà  la  risposta  che  deve,  e  riconosce  dovere.  —  Le  spese  della 
lldegonda,  ripeto,  sono  cavate,  ma  domani  scriverò  lungo  lungo  su 
questo  particolare,  e  ti  darò  tutte  le  notizie  che  brami  (2).  —  Dirai  a 
tuo  Zio  che  tengo  due  boette,  ma....  di  quello  !  a  sua  disposizione.  Le 
consegnerò  a  chi  mi  dirai  consegnarle.  —  Caro  Grossi,  vogliami  bene. 
—  Io,  sai,  te  ne  voglio  tantissimo,  e  vorrei  averti  fratello  carnale. 

Addio,  addio 

tutto  tuo  aff.""' 
Carlo    Porta. 


P.  S.  —  Il  S.  Michele  è  fatto;  le  robe  tue  sono  state  benissimo 
accomodate  dalla  premura  indeftessa  del  Pivellin.  Manzoni  non  è  nel 
caso  deplorabile  che  si  figurò  Tosi;    è  bensì  offeso  più    del  consueto 


(i)  L'autografo  si  conserva  nella  Trivulziana. 

(2)  L' lldegonda  uscì  appunto  nel  1820  coi  tipi  Ferrarlo.  Ne  seguì 
nel  1821  la  2.*  edizione,  in  1000  esemplari  e  per  cura  del  medesimo 
tipografo.  (Cfr.  Vismara,  Bibliografìa  di  Tommaso  Grossi,  Como,  1886). 


VARIETÀ  i3q 


dalle  sue  convulsioni  (i),  ma  jeri  le  cose  migliorarono,  perchè  pranzai 
da  Tordorò  (2)  con  persona  che  lo  vide  appunto  jeri  mattina  con  Vi- 
sconti, e  lo  trovò  di  buonissimo  umore.  Tosi  poi  è  a  Busto.  Vi  si  fer- 
merà una  settimana  ancora. 

A  tergo:  .  ^ 

All'  Ornatissimo  Avvocato 

Sig.  Tommaso  Grossi 

TREVIGLIO. 


II  (3). 

Milano,  Il  4  ottobre  1S20. 

Amico  Carissimo. 

Sono  al  solito  occupatissimo,  ma  non  lascerò  partire  il  buon  prete 
che  è  venuto  a  visitarmi  a  tuo  nome  senza  accompagnarlo  con  un  paio 
di  righe.  Bellissimo  quell'originale  Somasco;  sfido  un  vetturale  del 
Pozzo  ad  esser  più  ricco  di  lui  in  isfrontatezza  e  ribalderia  !  Io  gli 
darò  luogo  sicuramente  nella  mia  revista  a  costo  di  farvelo  passare 
un  paio  di  volte.  Qui  si  è  letto  generalissimamente  con  piacere  il  bel- 
r  elogio  che  S.  C.  F.  ha  fatto  di  te  e  della  tua  lldegonda  sul  giornale 


(i)  Il  Manzoni  medesimo  dichiarava  d' aver  compiuto  il  Cinque 
Maggio  in  giorni  di  "convulsione,,.  Aggiungeva,  è  vero:  "  per  modo 
"  di  dire  „  ;  ma  consta  di  sicuro  da  altre  fonti,  non  solo  che  erano  con- 
vulsivi i  mali  che  lo  tormentavano  —  tanto  ch'egli  si  chiamava  "povero 
"  convulsionario  „  —  ma  che  andava  soggetto  a  vere  e  proprie  convul- 
sioni. Già  in  una  lettera  dell'  abate  Giudici  al  Degola  (aprile  1817)  si 
legge  :  "  Manzoni  non  si  è  consigliato  se  non  colle  sue  convulsioni, 
"  contro  le  quali  crede  rimedio  unico  il  viaggio,,.  (Cfr.  Bellezza,  Genio 
e  follia  di  A.  Manzoni,  p.  72). 

(2)  Per  il  Tordorò,  cfr.  Poesie  di  C.  P.,  ediz.  Robecchi,  p.  202. 

(3)  L'  autografo,  per  dono  del  D.''  Grossi,  si  conserva  nella  Nazio. 
naie  di  Brera,  AE.  XV.  7,  48  bis. 


140 


VARIETÀ 


di  Domenica  scorsa;  Elogio  che  ha  in  parte  riconcigliato  col  Giisson  (i) 
li  animi  esacerbati  per  le  fresche  ingiurie  che  si  è  egli  permesso  con- 
tro Manzoni,  Torti  e  parecchi  altri  del  loro  calibro.  Per  quanto  siasi 
studiato  e  domandato  per  sapere  chi  sia  questo  S.  C.  F.,  il  suo  nome 
è  tuttavia  un  enima.  O  la  sarebbe  pur  bella  che  l'autore  dell'articolo 
fosse  il  Pezzi  medesimo  !  e  che  si  fosse  coperto  dj  questa  maschera 
per  r  oggetto  di  dar  corso  e  giusto  valore  alla  moneta  che  spende  ! 
Ti  ricorderai  di  avere  sentito  dal  povero  Dr.  Luigi  De  Breme  che  in 
un  tal  dato  luogo  erano  giunte  a  tal  segno  le  cose  di  quel  Governo 
che  allorché  il  di  lui  rappresentante  voleva  porre  in  discredito  una 
persona  se  la  menava  intorno  seco  in  carrozza.  Ora  Pezzi  all'incontro 
parrebbe  che  per  farsi  veramente  onore  si  fosse  fatto  imprestare  per 
questa  camminata  la  carrozza  di  un  altro  ! 

Ti  compiego  una  graziosa  risposta  in  sestine  del  Pivellin,  all'altra 
parimenti  tua  scritta  in  sestine,  e  graziosa  del  pari.  O  i  begli  ingegni 
che  siete  voi  altri  !  Non  vi  è  robba  che  non  vi  riesca  meravigliosa  in 
versi  ed  in  prosa  ancorché  fatta  così  su'  due  piedi,  e  io  scrivo  a  voi 
altri  di  questa  prosaccia  !  !  Addio,  Addio.  Guardami  il  cuore.  Questo 
viscere  te  lo  prometto  migliore  assai  del  cervello. 


(2)  tutto  tuo  aff. 
C.  Porta. 


rgo; 


All'  Egregio 


Sig."^   Avvocato  Tommaso  Grossi 


TREVIGLIO. 


(i)  Le  appendici  letterarie  della  Gazzetta  di  Milano,  che  aveva  al- 
lora a  redattore  il  Pezzi,  portavano  per  epigrafe  "  Glissons  et  n'ap- 
"  puyons  pas  „  donde  il  titolo  di  Giisson  alle  appendici  stesse.  —  Più 
tardi  (1834-1841)  uscì  il  giornale  dal  vero  e  proprio  titolo  Glissons* 

(2)  Precede  una  parola  illeggibile. 


1 


VARIETÀ  141 


III    (I), 

Milarto  2Cf  seitembre. 


Car.'"''  Cugino. 


Rompo  finalmente  il  longo  silenzio,  ed  adempio  al  tempo  stesso 
tutte  quante  le  commissioni  addossatemi  colla  compitissima  vostra  del 
vafel  a  catta. 

Qui  annesse  per  tanto  troverete  le  desiderate  Poesie  che  implo- 
rano un  benigno  compatimento  :  il  ricercatomi  concerto  /luta,  che 
chiede  il  più  sollecito  ritorno.  Un  sacco  di  complimenti  per  vostro 
uso  :  cento  abbraci  per  Y  amico  Simonetta,  ed  una  fretta  da  casa  del 
diavolo  colla  quale  mi  dichiaro 

Vostro  Aff.^'^o  Cugino 
C.  P 


voltate  alegramente 

Sarevv  vegnuu  sul  lagh  tant  volentera 
a  god  sti  voster  Fest  in  alegria 
che  se  fuss  staa  per-fina  in  Caponera 
avarevv  fa  de  tutt  par  vegni  via. 

La  Volentaa  par  la  mia  part  la  gh'  era 
che  pari  giust  nasuu  par  spassam  via: 
ma  con  la  volentaa  noo  gh'  è  manera, 
senza  l'aiut  di  sold,  da  fa  on  mezz  mia. 


(i)  L'  autografo  è  posseduto  dal  consocio  nob.  D.''  Giuseppe  Luini 
che  ce  ne  favorì  cortesemente  copia.  Egli  l' ebbe  in  dono  dalla  si- 
gnora Antonietta  Maderni  cugina  del  poeta. 


143 


VARIETÀ 


Sì,  el  me  Batdissarin,  s'  era  in  bolletta, 
Malatia  eh'  è  semper  stada  in  frega 
in  chi  se  eiappa  ci  spass  de  fa  el  Poctta. 

E  aben  par  poch  de  che  sia  de  sta  lega, 
me  tocca  sta  deslippa  marcadetta, 
perchè  tant  fa  chi  ten,  che  chi  scortega. 

• 

Questa  mattina  la  Cognata  alle  ore  sei  in  ponto  partì  da  Milano 
accompagnata  da  suo  Padre  e  dalla  sua  femme  de  chambre  per  Bru- 
gola  sul  monte  di  Brianza  (i),  ove  si  tratterà  con  quest'  ultima  fra  le 
monache  di  detto  luogo.  Dicono  alcuni  eternamente. 

Il  Porco  non  ostante  gli  affanni  di  cuore,  di  cui  dice  esser  conti- 
nuamente vessato,  si  conserva  grasso  a  meraviglia  e  d'ottimo  colore, 
e  miglior  apettito. 

A  tergo  : 

A  Monsieur 

Mons.  Balthassar  Maderna 

avec  un  Paqiiét  INTRA. 


IV    (2) 


Amico  carissimo. 

Se  non  ho  potuto  fare  tutto  quello  che  avrei  dovuto  per  unifor- 
marmi a  tuoi  saggissimi  suggerimenti  ho  però  fatto  qualche  cosa  ed 
ho  tolto  almeno  una  stanza  alla  nota  descrizione. 


(t)  Briigora,  villaggio  posto  all'  ingresso  della  Brianza  (fraz.  del 
Comune  di  Montesiro,  già  Monte^  ciré,  di  Monza,  prov.  di  Milano), 
dove  nel  sec.  scorso  esisteva  un  convento  di  Benedettine. 

(2)  La  collezione  d'autografi  Diederichs  dell'Universitaria  d'Am- 
sterdam, donde  è  tratto  questo  viglietto,  contiene  anche  (Busta  7)  una 


VARIETÀ 


14^ 


Leggine  ora  la  riforma  e  dimmi  se  così  come  ora  la  vedi  può  cor- 
rere e  dimmelo  con  la  solita  amicizia.  De'  due  versi  poi  che  ho  posto 
in  fine  dell'ottava  riformata  cassa  quello  che  è  più  cattivo. 

Addio.  Domani  mattina  rimandami  lo  scartafaccio,  se  puoi,  prima 
di  mezzogiorno. 


Tuo  aff."^^  amico 
C.  Porta. 


Casa,  li  12  1817  (i). 


X. 


noterella  di  mano  del  poeta  stesso,  formata  da  vocaboli  sconci  in  la- 
tino con  relativa  traduzione  ed  una  copia  del  sonetto  A  un  contin  Ber- 
gamaschin  (cf.  Poesie  milanesi  di  C,  P.,  Milano,  Belloni,  1869,  p.  199), 
che  si  vorrebbero  spacciare  per  autografi,  ma  tali  non  sono. 

(i)  Nel  margine  inferiore  del  secondo  foglio,  a  tergo,  si  legge, 
d'altra  mano,  l'indirizzo:  Al  sig.^  Cattaneo  Direttore  del  Gabitutto  Nu- 
mismatico. 


BIBLIOGRAFIA 


Dr.  Ernst  Salzer.  —  Ueber  die  Anfdnge  der  Signorie  in  Oberiialien. 
Beitrag  zttr  italienischen  Verfassimgsgeschichte,  Berlin^  Ebering,  1900. 
(Historische  Studien,  XIV). 

La  trasformazione  dei  comuni  italiani  in  signorie  è  uno  dei  fatti 
più  notevoli  nella  storia  del  nostro  diritto  pubblico  e  della  nostra 
coltura.  Da  un  lato  invero  essa  fu  avviamento  alla  formazione  di  pa- 
recchi stati  nazionali;  dall'altro  contribuì  a  rendere  possibile  la  me- 
ravigliosa fioritura  artistica  e  letteraria  del  rinascimento.  Tuttavia, 
tolte  una  non  lunga  dissertazione  del  Muratori  (i)  ed  una  conferenza 
del  Franchetti  (2),  non  si  aveva  sinora  sull'  argomento  un  lavoro  spe- 
ciale; né  a  tale  mancanza  erano  sufficiente  compenso  gli  accenni  sparsi 
nelle  numerose  monografie  e  le  poche  pagine  di  parecchie  fra  le  opere 
di  maggior  mole.  A  riempire,  in  buona  parte  almeno,  tale  lacuna,  viene 
ora  un  giovane  studioso  tedesco,  il  dottor  Ernesto  Salzer,  con  un  la- 
voro, di  cui  era  già  stata  pubblicata  una  breve  parte  (cap.  I,  §  i-i) 
quale  dissertazione  inaugurale,  col  consenso  della  Facoltà  di  Filosofia 
di  Berlino. 

L'opera  non  può  dirsi,  in  senso  assoluto,  di  ricerca  originale.  Dì 
materiale  inedito  vi  si  fa  generalmente  poco  uso  ;  tuttavia  durante  un 
breve  soggiorno  in  Verona  l'autore  trovò  occasione  di  vedere  più  fonti 
manoscritte  dell' Arch.  Comunale  e  le  due  redazioni  ancora  inedite 
degli  statuti  di  quella  città  (1271,  i328)  ;  le  stesse  cioè  di  cui  dà  conto 


(1)  Attt  It,  IV,  697  segg. 

(2)  "  I  primordi  delle  Signorie  e  delle  Compagnie  di  ventura  „,  in 
Vita  Ital.  nel  Trecento,  Milano,  Treves. 


BIBLIOGRAFIA  I45 


ì 


il  Cipolla  nel  suo  recentissimo  "  Compendio  della  Storia  politica  di 
Verona,,.  Anche  alcuni  giorni  da  lui  impiegati  negli  Archivi  di  Man- 
tova e  Modena  non  rimasero  senza  frutto.  11  Salzer  mostra  poi  di  avere 
larga  conoscenza  così  degli  statuti  delle  città  italiane  e  delle  crona- 
che o  storie  municipali,  come  dei  più  recenti  lavori.  Munito  di  questi 
sussidi  egli  ha  facilmente  potuto  raccogliere  in  un  quadro  sintetico  le 
notizie  concernenti  quella  rivoluzione,  che  si  compì  più  o  meno  rapida- 
mente nella  maggior  parte  dei  comuni  dell'  Alta  Italia  nella  seconda 
metà  del  secolo  XIII.  Alla  Toscana  ed  alla  Romagna,  ove  la  signoria 
sorse  in  generale  più  tardi,  V  A.  non  estende  le  sue  ricerche  se  non 
in  poche  occasioni. 

L'origine  delle  tirannidi  si  connette  in  più  modi,  secondo  il  Sal- 
zer, ai  tentativi  politici  di  Federico  IL  Egli  ^.veva  concepito,  com'è 
noto,  il  grandioso  piano  di  riorganizzare  il  regno  italico  in  senso  asso- 
lutistico ed  accentrativo.  Ma  i  tanti  conflitti  economici  e  territoriali, 
che  già  avevano  impedito  alle  città  italiane  di  unirsi  saldamente  in 
una  federazione  repubblicana,  costituivano  un  terribile  ostacolo  anche 
al  generoso  disegno  del  grande  imperatore  svevo.  Forse  egli  ne  avrebbe 
saputo  trionfare,  se,  sventuratamente  pel  nostro  paese,  non  fosse  stato 
così  presto  rapito  dalla  morte.  L'idea  unitaria  fu  accarezzata  invero 
anche  da  Carlo  d'Angiò;  ma  era  ormai  troppo  tardi.  Miglior  fortuna 
ebbe  invece  la  tendenza  verso  l'assolutismo,  pure  inaugurata  da 
Federico.  Le  lotte  intestine,  piaga  antica  delle  città  italiane,  si  erano 
infatti  terribilmente  inasprite,  dacché  il  popolo  aveva  cominciato  ad 
innalzarsi  e  ad  esigere  una  parte  nel  reggimento  dei  comuni,  tenuto 
sin  verso  il  principio  del  secolo  XIV  da  una  duplice  aristocrazia  della 
nascita  e  della  ricchezza.  Si  sentiva  universalmente  il  bisogno  di  pace, 
né  a  comprar  questa  sembrava  troppo  caro  prezzo  una  diminuzione 
di  libertà. 

In  taluni  casi  si  allargarono  i  poteri  del  podestà,  e  si  prolungò, 
prima  per  più  anni,  poi  a  vita,  la  durata  della  sua  carica,  la  quale 
finì  col  convertirsi  in  vero  dominio.  Tuttavia  delle  cinque  maggiori 
signorie  italiane,  una  sola,  quella  degli  Estensi,  ripete  la  sua  origine 
dalla  podesteria. 

Più  frequente  connessione  hanno  le  tirannidi  italiane  col  capita- 
nato del  popolo  e  colla  podesteria  sulla  mercadanza.  Il  movimento 
democratico  del  XIII  secolo  è  in  istretto  rapporto  col  costituirsi  delle 
Arti;  in  queste  il  popolo  si  organizzava  e  si  apparecchiava  alla  lotta 

Arch.   Sior.  Lomb.  —  Anno  XWII   —  Fase.  XXV  io 


I^()  BIBLIOdRAKIA 


propria  emancipazione.  Esso  anzi  giunse  generalmente  a  fon- 
dare, per  dir  così,  uno  stato  nello  stato  sotto  la  direzione  di  Anziani, 
non  del  tutto  dissimili  dagli  antichi  tribuni;  più  tardi  ebbe  anche  un 
proprio  podestà  o  capitano.  Sul  significato  di  questo  secondo  titolo 
regnano  attualmente  due  opposte  opinioni,  delle  quali  il  Salzer  di- 
scorre a  lungo  sia  nel  corso  dell'opera,  sia  in  un'apposita  appendice 
(Excurs  II).  Secondo  gli  uni  il  capitano  del  popolo  avrebbe  esercitate^ 
un  ufficio  principalmente  militare;  secondo  gli  altri  sarebbe  stato 
capo  d'uno  "  stato  di  popolo  „,  costituitosi  in  opposizione  all'antico 
comune.  L'A.  respinge  la  prima  tesi;  accetta,  ma  solo  modificandola, 
la  seconda.  Non  bisogna  esagerare,  egli  pensa,  il  significato  della  se- 
cessione popolare.  La  plebe  si  crea  invero  un  proprio  organamento,  mi 
non  cessa  dal  riconoscere  i  magistrati  del  comune;  solo,  per  difen- 
dersi dagli  abusi  di  questi,  per  controllarne  l'opera,  per  essere  rappre- 
sentata al  loro  cospetto,  essa  si  elegge  dei  capi.  Più  tardi  le  esigenze 
si  accresceranno:  il  capitano  (o  podestà)  del  popolo  prenderà  parte 
all'opera  legislativa  ed  al  governo  dell'intiero  comune  ed  avrà  giuris- 
dizione sempre  più  estesa.  Questo  allargamento  di  attribuzioni  d'una 
magistratura  omai  cittadina  sarà  anche  espresso  da  un  nuovo  titolo  : 
"  capitaneus  generalis  „  ;  e  l' ufficio,  divenuto  quinquennale,  decennale, 
vitalizio,  tenderà  a  trasformarsi  in  una  illimitata  signoria.  Per  questa 
via  s'introdusse  il  dominio  d'un  solo  a  Verona,  a  Milano,  a  Mantova, 
a  Padova....  Non  accenneremo  qui  alle  città  minori,  di  cui  tuttavia 
ragiona  diffusamente  il  Salzer. 

Altra  cosa  che  non  il  capitano  del  popolo  era  il  capitano  della 
guerra.  Questo  ufficio  ebbe,  pel  sorgere  delle  signorie  nell' alta  Italia, 
ristretta  importanza.  Tuttavia  Uberto  Palavicino  parve  per  un  mo- 
mento avviato  a  divenir  potente  in  Milano  ;  e  ben  più  largo  dominio 
avrebbe  forse  costituito  Guglielmo  marchese  di  Monferrato,  se,  quando 
più  la  fortuna  sembrava  arridergli,  non  fosse  caduto  nelle  mani  de' 
suoi  nemici.  Anche  di  questi  due  "  precursori  dei  condottieri  „  si  oc- 
cupa il  Salzer;  né  dimentica  di  porre  in  luce  i  rapporti  fra  l'opera 
loro  ed  il  feudalismo. 

Una  seconda  parte  del  libro,  di  gran  lunga  più  breve  dell'  ante- 
cedente, è  dedicata  all'ulteriore  evoluzione  della  signoria.  L'elezione 
popolare,  nota  l'A.,  rimane  sempre  necessaria,  ma  diviene  col  tempo 
una  semplice  formalità.  All'eletto  è  concesso  il  diritto  di  designarsi 
l'erede;  e  ciò  costituisce  un  naturale  avviamento  all'ereditarietà.  Un 


BIBLIOGRAFIA 


H7 


ordine  legale  di  successione  manca  generalmente  ;  ma  i  figli  naturali 
appaiono  esclusi.  In  pari  tempo  il  signore  si  fa  riconoscere  dall'im- 
peratore o  dal  papa  come  vicario,  e  dà  così  al  proprio  potere  una 
base  nuova,  che  pur  non  esclude  1'  antica.  Noto  è  poi  come  cotali  vi- 
cariati imperiali  o  papali  siano  divenuti  ducati  o  marchesati. 

Da  una  prima  città  la  signoria  si  estende  ad  altre,  ora  per  com- 
pera o  per  conquista,  ora  per  libera  voloiità  di  cittadini  o  per  con- 
cessione dell'imperatore  o  del  pontefice.  La  sanzione  popolare  ed  il 
titolo  di  vicario  si  chiedono  talora  per  legittimare  un  possesso  acqui- 
stato col  denaro  o  colla  violenza.  Nei  primi  tempi  1'  unione  delle  va- 
rie terre  è  puramente  personale.  Le  leggi,  che  il  signore  emana  per 
tutte  le  città  a  lui  soggette,  non  acquistano  forza  obbligatoria,  se  non 
dopo  di  essere  state  registrate  nel  "  volunien  statutorum  „  di  ciascuna 
di  esse.  Come  l'unificazione  divenisse  poi  a  mano  a  mano  più  intima 
FA.  non  studia,  probabilmente  per  non  uscire  dai  confini  cronologici 
propostisi. 

Anche  in  questa  nuova  età  i  tentativi  di  costituire  una  federa- 
zione italica  od  una  monarchia  unitaria  riescono  vani.  Ad  Ezzelino 
da  Romano,  a  Mastino  II  della  Scala,  a  Gian  Galeazzo  Visconti  si  at- 
tribuisce il  sogno  glorioso  del  regno;  sconfitti  o  morti  intempestiva- 
mente non  poterono  tradurlo  in  realtà. 

Nel  reggimento  delle  città  si  conservano  le  antiche  forme;  ma  in 
realtà  il  potere  si  raccoglie  nelle  mani  nel  principe.  Contemporanea- 
mente il  primitivo  carattere  democratico  delle  signorie  tende  a  scom- 
parire. Il  signore  si  dice  tale'  non  più  per  volontà  del  popolo,  ma  per 
grazia  di  Dio;  si  circonda  d'un  cerimoniale  cortigiano  e  cavalleresco, 
ed  affida  ai  nobili  servigi  politici  e  militari.  Accanto  all'aristocrazia 
della  nascita  trova  posto  tuttavia  quella  dell'intelligenza.  Ai  cultori 
delle  lettere  e  delle  scienze  vengono  concesse  esenzioni  da  imposte 
e  dal  servizio  militare  ;  e  i  romanisti  alla  lor  volta  appoggiano  il 
principato,  dandogli  una  sanzione  scientifica  colle  dottrine  del  diritto 
pubblico  romano.  Anche  le  arti  bj|lle  sono  favorite  e  protette,  e  si 
alzano  rapidamente  ad  eccellenza  mirabile.  "  Nauseata  delle  odiose 
lotte  partigiane,  l'età  si  getta  in  braccio  ad  un  principesco  ed  illi- 
mitato assolutismo,  e  cerca  nel  campo  della  coltura  un  compenso 
all'impotenza  politica  „. 

L'intima  relazione  fra  i  conflitti  delle  parti  ed  il  sorgere  dei  prin- 
cipati assoluti,  già  notata  come  da  più  altri  così  da  F.  Schupfer  nella 


I.4S 


niBLKHlKAM.V 


«hiiisa  d'un  suo  magistrale  lavoro,  forse  ignoto  al  Salzer  (i),  è  messa 
assai  bene  in  luce  nell'opera  che  abbiamo  riassunta.  Anche  vi  si  stu- 
dia in  modo  esauriente  il  processo  con  cui  i  capi  delle  l'azioni  giun- 
sero in  più  lene  a  dominare  su  tutti  i  cittadini.  All'incontro  si  sor- 
vola lors(^  un  po'  trojipo  rapidamente  suU'etììcacia,  che  ebbero  le  dot- 
trine (Wl   (iiiitto   iniiiano. 

Sono  aggiunte  al  lavoro  tre  appendici  intorno  a  particolari  que- 
stioni ed  il  testo  dello  statuto  mantovano  sul  capitanato  di  Guido 
Bonacolsi  (1299). 

Il  libro  e  scritto  con  chiarezza  e  con  sobrietà,  e  rappresenta  già 
più  che  una  buona  promessa. 


Giovanni  Seregni. 


C.  Cipolla, —  Compendio  della  storia  politica  di  Verona,  Verona,  Cabianca 
(Libreria  Dante),  1900. 

Sebbene  Verona  non  faccia  veramente  parte  della  nostra  regione, 
pure  la  sua  storia  ha  tante  attinenze  ed  analogie  con  quella  delle 
città  lombarde,  che  non  crediamo  inopportuno  accennare  al  nuovo 
libro  di  C.  Cipolla.  Ove  si  astragga  da  modificazioni  e  da  correzioni 
non  poche,  esso  è  ristampa  d'  un  compendio  già  impresso  or  fa  qual- 
che anno,  come  parte  di  un'opera,  che  si  sta  preparando  dal  eh.  conte 
Luigi  Sormani  Moretti,  senatore  del  regno,  e  che  s'intitola  La  Pro- 
vincia di  Verona  monografia  statistica-economica-aììiministraiiva. 

Come  già  il  titolo  dice,  quest'operetta  tratta  in  particolar  modo 
di  storia  politica.  Più  d'una  volta  tuttavia  si  accenna  sobriamente 
alla  storia  ecclesiastica,  alla  letteraria,  all'artistica,  in  brevi,  ma  ge- 
niali escursioni.  E  talora  l'argomento  stesso  sembrava  richiederle.  A 
parlare  di  Dante  (pp.  210  e  segg.)  l'autore  era  condotto,  ad  esempio, 
ben  naturalmente,  poiché  aveva  a  dj|»correre  di  Bartolomeo  della  Scala, 
la  cui  cortesia  fu  dell'esule  poeta  primo  rifugio  e  primo  ostello:  né 
del  Veltro  dantesco  poteva  tacere,  dopo  di  aver  narrate  le  "  mirabili 
opere  „  di  quel  Cangrande,  in  cui  tanti  (sebbene,  come  oggi  sembra,  a 


(1)  ScHUPFER,  La  società  milanese  alV  epoca  del  risorgimento  del  co- 
mune, (Estratto  dall' Arch.  Giuridico),  Bologna,  1870. 


BIBLIOGRAFIA  I49 


torto)   vollero    ravvisare    il    nemico   della  lupa  bramosa    (pp.    238    e 
segg).  (i). 

La  parte  più  estesa  dell'opera  è  quella  che  riguarda  le  età  più 
gloriose  della  storia  veronese  :  il  periodo  eroico  del  comune  e  delle 
leghe  contro  gli  imperatori  svevi,  e  l' era  più  umana,  ma  non  meno  splen- 
dida, della  signoria  scaligera.  Bei  giorni  per  la  città  delF  Adige  quelli 
in  cui  i  suoi  tiranni  potevano  sognare  la  corona  dei  re  longobardi,  ed 
i  suoi  pittori  raggiungevano  un'eccellenza  ancora  ignota  all' Italia  su- 
periore!... Ma  questa  fiamma  di  vita  politica  ed  intellettuale  n»n  tardò, 
pur  troppo,  ad  oscurarsi:  l'offuscava  il  nuovo  bagliore,  più  intenso  e 
fosco,  della  potenza  viscontea.  Il  5  maggio  i385  il  giovane  Gian  Ga- 
leazzo, altrettanto  ambizioso  quanto  attivo  ed  astuto,  succedeva  in 
Milano  a  quel  Bernabò,  che  il  Cipolla  chiama  debole  (p.  272),  ma  cui 
forse  più  che  l'energia  mancò  la  fortuna.  Due  anni  dopo  il  Conte  di 
Virtù  era  signore  di  Verona....  Del  periodo  della  dominazione  viscon- 
tea, che  d'altronde  non  durò  più  di  diciasette  anni,  l'A.  discorre  piut- 
tosto brevemente  ;  né  meno  rapida  prosegue  la  narrazione  per  le  età 
successive,  dalla  dedizione  della  città  alla  Serenissima  sino  ai  di  nostri. 

Alcune  pagine,  compendiose  e  buone,  sono  dedicate  alle  istituzioni 
cittadine.  Veggansi  principalmente  quelle  che  riguardano  la  costitu- 
zione statutaria  detta  Albertina,  finora  inedita  (p.  184  e  segg.),  gli 
statuti  di  Cangrande  (pp.  246-247),  la  nuova  compilazione  del  145» 
(pp.  304  e  segg.).  Per  chiarire  l'amministrazione  della  città  durante  il 
secolo  XV,  il  Cipolla  ricorse  agli  Atti  del  Consiglio:  né  é  questo  il 
solo  luogo  ove  appaiono  opportunamente  adibiti  materiali  non  ancor 
pubblicati.  Da  un  più  largo  uso  di  fonti  inedite  dissuadeva  l'indole 
stessa  del  lavoro.  Il  quale,  se  è  modesto  di  apparenza  e  di  mole,  è 
però  denso  di  utili  notizie,  e  ben  può  essere  proposto  come  modello 
di  storia  municipale  modernamente  intesa.  Degno  al  tutto  della  rara 
valentia  dell'autore,  esso  dimostra  quanto  si  possa  fare  anche  in  que- 
sto campo  da  chi  molto  sappia  e  molto  ricerchi,  ed  ami  camminare 
per  nuove  vie  piuttosto  che  ricalcare  le  orme  altrui. 


Giovanni  Seregni. 


(i)  Il  eh.  prof.  Giuseppe  Biadego  in  un  recente  ed  assai  notevole 
discorso  su  Dante  e  gli  Scaligeri  (in  Nuovo  Ardi.  Veneto,  t.  XVIII, 
parte  II,  p.  437)  mostra  di  consentire  col  Cipolla  così  nella  questione 
del  Veltro,  come  a  proposito  del  primo  rifugio  dell'Alighieri. 


|50  BIRMUORAI  lA 


Professione  Alfonso.  —  //  Mini  siero  in  Spagna  e  il  processo  del  cardi- 
nale Giulio  Alhcroni.  Studio  storico  documentato.  Torino,  Clausen, 
iS.,S,  pp.  xvi-297. 

Il  titolo  ci  indica  da  solo  l'argomento  e  i  confini  in  cui  è  contenuto 
il  lavoro.  Esso  si  apre  col  1714,  colla  venuta  al  trono  di  Spagna  di  Eli- 
sabetta Farnese  che  doveva  in  gran  i>arte  all'Alberoni,  rappresentante  di 
Parma  a  Madrid,  l'alto  grado  a  cui  era  salita;  espone  roi>era  politica 
dell'  Alberoni  stesso  che,  consigliere  ufficioso  del  re,  ascoltatissimo  a  corte, 
fu,  per  qualche  anno,  il  personaggio  più  importante  della  monarchia  fino 
cioè  al  dicembre  del  1719  in  cui  il  re  fu  obbligato  a  licenziarlo  dalla  Spa- 
gna, e  si  chiude  col  processo  che,  dopo  la  caduta,  intentò  all'  infelice  mi- 
nistro Clemente  XI,  e  finì  poi  il  successore  Innocenzo  XIII. 

Notiamo  subito  che  1'  Alberoni,  come  uomo  politico,  ci  appare  sotto 
un  aspetto  in  parte  nuovo;  direi  che  FA.  solleva  un  lembo  di  quel  velo 
che  si  stendeva  fitto  e  misterioso  su  quella  figura  chiusa  ed  impenetrabile 
di  diplomatico,  finora  sfuggita  a  coloro  che  hanno  cercato  svelarla.  E  colla 
figura  dell'  Alberoni  si  designa  pure,  talvolta  con  lati  nuovi,  la  storia  in- 
tricatissima dei  cinque  anni  171 5-1 720,  colle  infinite  complicazioni  diplo- 
matiche in  cui  le  rivalità  fra  gli  Asburgo  e  i  Borboni  di  Spagna  coinval- 
sero quasi  tutta  1'  Europa,  non  pacificata  coi  trattati  che  seguirono  la 
guerra  di  successione  di  Spagna. 

Carlo  d'Asburgo  aveva  avuto  troppo  poco  dei  vecchi  possessi  spet- 
tanti un  giorno  a  principi  della  sua  casa,  e  Filippo  di  Borbone  mal  tolle- 
rava una  Spagna  spogliata  di  terre  che  da  secoli  le  erano  soggette:  fra 
loro  quindi  le  discordie  si  erano  solo  assopite,  non  troncate  ;  eran  pronte 
a  risorgere  alla  prima  occasione. 

In  questa  contesa  l' Italia  era  direttamente  interessata  :  il  predominio 
austriaco  stava  per  stendersi  su  tutta  la  penisola,  che  l'imperatore,  padrone 
del  Milanese,  del  Napoletano,  della  Sardegna,  aspirava  pure  a  Sicilia  che 
r  Inghilterra  aveva  ottenuta  per  Vittorio  Amedeo  II,  e  sperava  trarre  pro- 
fitto dalle  successioni  di  Parma  e  Toscana,  che  stavano  per  aprirsi.  La  Spa- 
gna, che  aspirava  ai  vecchi  possessi  italiani  pèrduti  non  avrebbe  cercato 
di  rimetter  piede  in  Italia,  ed  opporsi  all'  Austria,  ora  che  aveva  per  re- 
gina una  principessa  italiana  e  ad  un  diplomatico  italiano  aveva  affidata 
la  direzione  della  sua  politica? 


BIBLIOGRAFIA  IDI 


Ma  le  potenze  che  avevano  sottoscritto  ad  Utrecht,  e  garantita  la  neu- 
tralità italiana,  qual  parte  avrebbero  presa  in  tutte  queste  contese  ?  come 
avrebbero  cercato  assopirle  e  risolvere  le  questioni?  Vediamo  come  l'A. 
espone  questo  intricato  inviluppo  diplomatico,  del  quale,  alla  luce  di  do- 
cumenti nuovi,  ci  svela  segreti  finora  ignorati,  e  tentiamo  di  segnare  le 
linee  generali  della  figura  dell'  Alberoni  ministro,  che  predomina  in  tutto 
il  quadro,  valendoci  dei  dati  che  questi  studi  ci  permettono  di  usare  per 
ricostruirla  al  nostro  pensiero. 


L'  opera  dell'  Alberoni  nella  Spagna  dapprima  si  restrinse  ad  aiutare 
EHsabetta  Farnese  a  vincere,  e  all'  interno  e  all'  esterno,  quelle  difficoltà 
che  potevano  impedirle  il  libero  esercizio  del  suo  predominio.  All'  interno 
si  era  dovuto  abbattere  la  potente  principessa  Orsini  e  tutto  quel  partito 
francese  allora  spadroneggiante,  che  pure  aveva  già  introdotte  in  Spagna 
utili  nforme,  sulle  rovine  del  quale  si  era  innalzato  il  partito  italiano,  con 
a  capo  r  Alberoni,  che,  rimanendo  pur  sempre  il  rappresentante  ufficiale 
del  duca  di  Parma,  il  consigliere  ufficioso  del  re  e  della  regina,  divenne  il 
vero  «  deus  ex  machina  »  della  monarchia.  All'estero  l'abilità  dell' Albe- 
roni aveva  procurate  alla  regina  le  simpatie  del  vecchio  Luigi  XIV  e  della 
sua  corte,  e  non  vi  erano  state  noie  per  le  novità  avvenute.  Ma,  morto 
Luigi  XIV,  venuta  la  reggenza  francese  nelle  mani  dell'Orléans,  cominciò 
r  opera  originale  dell'  Alberoni,  che  staccò  in  primo  luogo  la  Spagna  dal 
protettorato  a  cui  la  Francia  1'  aveva  fino  ad  allora  sottomessa,  per  orien- 
tarla verso  r  Olanda  e  1'  Inghilterra,  la  cui  amicizia  le  sarebbe  stata  utile 
se  avesse  voluto  ripensare  alle  cose  d'Italia:  e  coli' Olanda  e  coli' Inghil- 
terra avviò  trattati  commerciali,  che  avrebbero  potuto  cambiarsi  in  politici. 
E  alle  cose  d'  Italia  1'  Alberoni  pensava  davvero.  Le  ambizioni  austriache, 
non  ancor  soddisfatte,  *impensierivano  i  principi  italiani  e,  sopra  tutti,  il 
Farnese  di  Parma,  che  aveva  assai  a  temerne,  e  che  lottava  a  tutt'  uomo, 
ma  con  deboli  forze,  invano  favorito  dall'Inghilterra,  fautrice  dello  statu 
quo,  contro  quella  potenza  invadente.  Dalla  politica  farnesiana,  molto  bene 
delineata  dall'  autore,  si  ispira  la  politica  dell'Alberoni  la  quale  vorrà  pure 
cercar  di  distruggere  quella  preponderanza  pericolosa  per  1'  Italia  a  cui  i 
principi  italiani  non  sanno  far  ostacolo,  non  commossi  né  dal  pericolo,  né 
dalla  voce  del  Farnese.  L' Alberoni  vi  opporrà  la  Spagna,  il  cui  intervento," 
in  quel  momento,  vorrebbe  dire  la  libertà  della  penisola,  la  sicurezza  e  la 
indipendenza  dei  principi. 


52  BIBLIOGRAFU 


Ma  per  allrontarsi  al  cimento,  bisognava  che  la  Spajfna  risorgesse  a 
nuova  vita,  che  si  mettesse  in  grado  di  avere  una  finanza  florida,  un  eser- 
cito ed  una  flotta.  Inghilterra  ed  Olanda  le  sarebbero  state  favorevoli, 
o  ahneno  così  si  sperava;  non  la  Francia  su  cui  non  si  sarebbe  più  po- 
tuto far  conto  alcuno,  giacché  il  reggente  era  stato  obbligato  ad  abbando- 
nare la  vecchia  politica  di  Luigi  XIV,  che  voleva  dire  amicizia  colla  Spa- 
gna, per  rivolgersi  all'  Inghilterra  allo  scopo  di  farsene  un  sostegno  contro 
le  pretese  di  Filippo  V,  che  non  aveva  mai  smesse  le  ambizioni  di  diventar 
reggente,  o  di  avere  il  trono  francese  per  sé  o  per  qualcuno  dei  suoi  prin- 
cipi, se  fosse  venuto  meno  il  debole  e  malaticcio  Luigi  XV. 

L' Alberoni  contava  pure  sul  papa,  e  per  farsene  un  amico  orientava 
in  nuovo  modo  la  politica  ecclesiastica  e  migliorava  le  relazioni  fra  la  Spa- 
gna e  la  S.  S.  assai  tese  quando  egli  era  venuto  al  potere,  sì  che  a  Roma 
potè  apparire  come  benemerito  della  religione. 

In  questi  frangenti,  propizia  per  l' Alberoni,  venne  la  lotta  dei  Turchi 
contro  Venezia,  nella  quale  era  tosto  impigliata  anche  1'  Austria. 


I  Turchi  si  eran  mossi  verso  l'  occidente  solo  dopo  finita  la  guerra 
di  successione  di  Spagna  :  Venezia,  minacciata  per  la  prima,  incapace  a 
resistere  da  sola,  aveva  chiesto  aiuto  alla  cristianità  e  trascinato  nella 
lotta  r  Austria  pur  minacciata.  Prima  però  di  entrare  in  campagna,  l'Au- 
stria aveva  voluto  essere  assicurata  alle  spalle  contro  Filippo  V  e  i  prin- 
cipi italiani,  e  per  farla  tranquilla,  si  erano  adoperate  Inghilterra,  Francia, 
Venezia,  la  prima  sopratutto  che  era  la  più  zelante  fautrice  della  conser- 
vazione della  pace  fra  le  potenze  europee.  A  Spagna  spiacque  naturalmente 
questo  contegno  dell'  Inghilterra,  ma  dovette  acconciarvisi,  e  concorrere  an- 
ch' essa  alla  lotta  contro  i  Turchi,  spedendo  vascelli  e  galee  in  Levante 
(1716). 

L'Austria  fu  vittoriosa  (b.  di  Patervaradino  12  ag.  1716):  e  le  sue 
vittorie  frastornarono  i  disegni  dell'  Alberoni  che  contava  su  una  guerra 
più  lunga  e  difficile.  Una  si  grave  minaccia  sospesa  più  a  lungo  suU'  Au- 
stria, avrebbe  permesso  all'  Alberoni  di  raccogliere  i  principi  d'  Italia  in 
lina  lega  contro  l' imperatore.  S'  era  adoperato  a  questo  scopo,  ma  aveva 
trovato  in  Italia  una  certa  freddezza  :  che  la  Spagna  ispirava  poca  fiducia 
e  meno  ancora  l'  Alberoni,  la  cui  posizione  era  si  incerta,  o  almeno  pa- 
reva, che  egli  non  aveva  punto  titolo  di  ministro,  solo  tutto    poteva    per 


1 


BIBLIOGRAFIA 


53 


il  favore  del  re  e  della  regina.  L'  Alberoiii  ebbe  inoltre  il  torto  di  non 
comprendere  il  piano  politico  dell'  Inghilterra,  rispetto  alla  quale  si  faceva 
delle  grandi  illusioni  :  e  il  pericolo  era  cresciuto  quando  all'  Inghilterra  si 
era  unita  la  Francia  del  reggente,  che  in  quell'amicizia  trovava  la  sua  si- 
curezza e  air  interno  contro  il  partito  spagnuolo,  e  all'esterno  contro  Vienna 
e  Madrid  :  coli'  Inghilterra  e  colla  Francia  era  pur  stata  trascinata  1'  Olanda 
nella  triplice  del  4  gennaio  1717,  la  qual  lega  aveva  scopo  essenzialmente 
pacifico  ;  anzi  si  proponeva  di  conciliare  finalmente  Austria  e  Spagna,  e  por 
termine  alle  agitazioni  Europee  :  anche  la  Francia  sarebbe  stata  più  sicura 
da  Spagna  quando  questa  non  avesse  avuto  più  nulla  a  temere  da  Vienna. 
Però  la  conciliazione  era  impossibile  sebbene  1'  Inghilterra  dichiarasse 
formalmente  all'  impero  che  non  1'  avrebbe  sostenuto  mai  nelle  sue  pre- 
tese suir  Italia  e  sulla  Spagna,  sebbene  promettesse  la  successione  dì 
Parma  e  Toscana  ai  figli  delia  Farnese.  L'  Inghilterra  aveva  assunto  un 
posto  importantissimo  nella  politica  d'  Europa  e  voleva  diventare  il  per- 
nio dell'  equilibrio  fra  le  potenze.  Né  la  Spagna  né  1'  Austria  potevano 
entrare  nelle  sue  viste,  colle  loro  pretese,  sebbene  pronte  tutte  e  due  a 
tenderle  la  mano  colla  speranza  di  guadagnarsela.  Né  meglio  potevano 
riescire  i  piani  di  Clemente  XI,  che  dalla  conciliazione  pur  da  lui  tentata 
fra  Austria  e  Spagna  avrebbe  voluto  trarre  una  lega  di  potenze  cattoliche, 
aggiungendovi  Savoia,  contro  la  triplice  protestante  :  la  Spagna  voleva  la 
guerra  e  non  la  pace  coli'  Austria  contro  la  quale  avrebbe  voluto  poter 
apporre  una  sua  lega  coli'  Olanda  e  Inghilterra,  staccandone  la  Francia. 
E  alla  guerra,  da  farsi  precisamente  in  Italia,  1'  Alberoni  intanto  si  andava 
preparando  con  gran  cura,  spinto  pur  dalla  Farnese  che  voleva  in  Italia 
uno  stato  indipendente  per  sé  e  per  i  figli  e  per  far  gli  apparecchi  senza 
destar  sospetto,  gli  valeva  il  pretesto  della  guerra  turca  e  dei  sussidi  che 
anche  nel  1717  avrebbe  dovuto  mandar  in  levante.  Valendosi  di  questi 
pretesti  si  armava  con  attività  febbrile,  destando  sospetti  nelle  potenze,  che 
subodoravano  qualcosa  di  pericoloso  in  quegli  apparecchi  soverchi  per 
l'Oriente,  e  sopratutto  dubitava  e  temeva  Vittorio  Amedeo  II,  così  mal 
sicuro  nei  suoi  nuovi  possessi,  non  vincolato  da  speciale  amicizia  colla 
Spagna,  e  di  più  sospettato  dall'Austria. 

Mancava  però  ancora  il  casns  belli  per  poter  aggredire  la  rivale,  che 
aggredirla  senza  un  pretesto,  malgrado  tutti  i  diritti,  sarebbe  parso  al- 
l' Alberoni  ingiusto  :  quando  venne  a  proposito  1'  arresto  in  Lombardia 
del  Molinez,  del  grande  inquisitore  spagnuolo,  mentre  da  Roma  andava 
in  Ispagna.  Il  re  ed  il  suo  consiglio  avrebbero  voluto  subito    la   guerra  : 


1D4 


BIUI.IOGKAFIA 


1'  Alberoni,  che  era  andato  preparandola  con  tanta  cura,  invece  non  la 
volle.  Perchè  ?  Non  era  lui  il  grande  fautore  della  guerra  ?  è  forse  vero 
che  1' Alberoni  fu  costretto  da  volontà  superiore  ad  aggredir  l'Austria  in 
Italia?  Le  ricerche  del  Professione  mostrerebbero  invece  che  ben  diversa 
ùi  r  opera  dell'  Alberoni  da  quella  che  si  crede  comunemente. 

L'  Alberoni,  subito  dopo  il  caso  Molìnez,  accaduto  alla  fine  di  mag- 
gio, volle  difi'erire  l'assalto  j^er  più  ragioni,  e  vi  riesci.  Prima  di  tutto 
non  era  pronto  ancora,  poi  credeva  bene  aspettare  che  1'  Austria  fosse 
entrata  in  campagna  coi  turchi  prima  di  assalirla  alle  spalle:  ma  fu  un 
interesse  suo  personale,  che  pur  poteva  influire  suU' andamento  delle  cose 
pubbliche,  che  contribuì  sopra  tutto  a  far  sospendere  le  ostilità.  L' Albe- 
roni sperava  esser  fatto  cardinale,  anzi  lavorava  attivamente,  aiutato  dalla 
regina,  per  divenirlo  :  alla  sua  nomina  egli  collegava  davanti  al  i^apa  la 
soluzione  delle  questioni  ecclesiastiche  con  Roma,  e  l' invio  delle  forze  in 
levante,  che  non  partivano  mai.  Nel  principio  di  giugno,  quando  il  re  vo- 
leva far  la  guerra,  egli  era  proprio  in  tutto  1'  ardore  della  caccia  all'  alta 
dignità,  che  avrebbe  resa  più  stabile  la  sua  posizione,  e  se  si  fosse  scoperto 
così  presto,  il  papa  sì  sarebbe  rivolto  all'Austria,  eia  sua  promozione  sa- 
rebbe sfumata. 

Il  12  luglio  ebbe  finalmente  la  porpora  sì  ambita,  concessagli  appunto 
perchè  aiutasse  a  risolvere  le  questioni  dibattute  fra  la  Spagna  e  la  S.  S. 
e  affrettasse  l' invio  delle  navi  in  oriente.  Allora  si  credette  al  sicuro  e 
pensò  di  assalir  l'  Austria,  in  Italia  e  precisamente  in  Sardegna,  facile 
a  prendersi  ora,  facile  a  conservarsi  poi.  All' Alberoni  deve  dunque  attri- 
buirsi, come  il  Professione  sostiene,  tutta  la  responsabilità  dell'  impresa,  da 
lui  voluta  e  meditata,  per  quanto  egli  cerchi  schermirsi  dal  grave  pondo 
e  gettar  tutta  la  colpa  sul  re  e  sul  consiglio,  e  abilmente  valersi  di  quello 
che  egli  aveva  fatto  e  scritto  nel  giugno  per  sospendere  1'  impresa  come 
se  egli  r  avesse  sempre  combattuta.  Ed  è  curioso  notare  come  avesse  sa- 
puto abilmente  circuire  il  nunzio  pontificio,  da  farlo  come  il  suo  portavoce, 
il  suo  difensore,  e  osargli  dire  :  che  ora  anche  luì  vedeva  bene  quanto  fosse 
utile  al  papa  avere  alla  corte  di  Madrid  un  cardinale,  che  cosi  curava  gli 
interessi  della  S.  S.  . 


Per  questo    passo   audace   tutta  la  diplomazia   europea   fu    sossopra. 
Vienna  si  rivolse  alle  potenze  che  1'  avevano  assicurata  alle  spalle  mentre 


BIBLIOGRAFIA  IDD 


€ssa  avrebbe  g-uerreggiato  in  Levante,  disposta,  appena  possibile,  a  farsi 
ragione  da  sé:  sorgevano  sospetti  su  tutti,  in  ogni  dove,  sui  principi  di 
Savoia,  di  Parma,  sul  Papa  come  conniventi  :  1'  Inghilterra  era  afFacendata 
più  di  tutti  per  togliere  le  armi  di  mano  ai  contendenti;  ma  urtava  nei 
soliti  scogli.  La  Spagna  voleva  più  che  mai  la  guerra,  sperava  nelle  sim- 
patie dell'  Olanda,  sperava  che  1'  Inghilterra  non  si  sarebbe  mai  schierata 
coi  suoi  nemici,  che  la  Francia  prima  che  la  guerra  colla  Spagna  avrebbe 
avuta  la  guerra  civile  per  1'  insorgere  del  partito  spagnuolo.  Ma  si  illuse 
assai  :  1'  Inghilterra  stava  per  la  pace  ad  ogni  costo,  pronta  a  cedere  Gi- 
bilterra, se  occorreva,  e  a  sostenere  la  successione  di  un  figlio  della  Far- 
nese a  Parma  e  in  Toscana,  a  permettere  che  1'  impero  occupasse  la  Si- 
cilia, purché  però  la  Sardegna  fosse  destinata   a  Vittorio  Amedeo  IL 

Intorno  all'  Alberoni  si  andava  facendo  il  vuoto  e  gli  si  era  alienato 
anche  1'  animo  del  papa  davanti  a  cui  1'  Austria  l'aveva  accusato  di  essere 
d' intesa  coi  turchi  e  coi  ribelli  ungheresi,  personificati  nel  principe  Fran- 
cesco Ràkóczi.  Il  Professione  crede  falsa  del  tutto  la  prima  accusa  :  è 
meno  alieno  dall'  ammettere  i  rapporti  col  Ràkóczi,  che  aveva  sperato  nella 
Spagna,  da  cui  però  in  fondo  avrebbe  avuto  poco  più  che  parole.  I  rap- 
porti col  papa  si  fecero  anzi  tanto  ostili  che  l'  Alberoni  non  ebbe  la  bolla 
che  doveva  nominarlo  arcivescovo  di  Siviglia,  furono  sospesi  tutti  gli  in- 
dulti di  cui  godeva  la  Spagna  per  ricavar  sussidi  dei  beni  ecclesiastici,  si 
sospesero  le  relazioni  diplomatiche  fra  le  due  corti. 

Malgrado  tutto  ciò,  anzi  durante  tutti  questi  negoziati,  1'  Alberoni, 
sempre  col  pretesto  dei  turchi,  allestiva  quelle  forze  che  nel  luglio  del  1718 
sbarcava  in  Sicilia,  aggredendo,  contro  ogni  diritto,  Vittorio  Amedeo  li 
che  a  ragione  temeva  per  sé  in  tutto  quell'armeggio  e  trattava  a  Vienna, 
trattava  a  Madrid,  dove  però  si  era  molto  freddi  con  lui.  Il  cardinale  si 
era  giustificato  col  dire  che  aveva  dovuto  prevenir  gli  imperiali,  che  pre- 
paravano un  colpo  sulla  Sicilia. 


Al  nuovo  tentativo,  l'Austria  si  unì  alla  triplice,  accettandone  il  pro- 
gramma (2  ag.  17 18).  Il  primogenito  della  F^arnese,  D.  Carlos,  avrebbe 
avuto  Parma  e  Toscana  ma  come  feudi  imperiali  :  la  Sicilia  sarebbe  stata 
data  all'  impero,  la  Sardegna  a  Vittorio  Amedeo  II  ;  Savoia  e  Spagna 
avrebbero  potuto  esser  costrette  colle  armi  ad  accettare  la  pacificazione. 
Alla    quadruplice    Vittorio    Amedeo  II  aderì  tosto,  dopo    sterili    proteste. 


l56  BIBLIOGRAFIA 


(S  nov.  1718)  e  fu  re  di  Sarclegfna.  L'Alberoni  invece  non  volle  saperne 
di  cedere  neppur  quando  l' Inghilterra,  che  mostrava  di  voler  far  sul  serio, 
mandata  una  flotta  nel  Mediterraneo,  a  capo  Passero  aveva  distrutta  la 
flotta  Spagnuola  (11  ag.  1718)  e  gli  imperiali  erano  scesi  in  Calabria.  Egli 
cercava  destar  il  sospetto  fra  gli  alleati,  far  credere  che  l'Inghilterra  di 
sotto  mano  aveva  favorito  la  spedizione  spagnuola  in  Sicilia,  ma  dovette 
accorgersi  tosto  che  l' Inghilterra  era  il  pernio  della  politica  della  quadru- 
plice, la  forza  della  lega,  e  contro  essa  rivolse  tutte  la  sue  arti.  Cercò  ap- 
profittare dei  piani  di  Carlo  XII  di  Svezia  che  voleva  rialzare  il  suo  paese 
a  danno  dei  suoi  nemici  fra  cui  era  l'Inghilterra,  ma  Carlo  XII  fu  uc- 
ciso Tu  die.  1718:  favorì  uno  sbarco  del  pretendente  Stuardico  contro 
Giorgio  I,  e  questo  fallì  completamente,  né  miglior  risultato  ebbe  in  Fran- 
cia la  congiura  dei  legittimisti,  denominata  dall'  ambasciatore  spagnuolo 
il  Cellamare  che  vi  ebbe  parte,  collo  scopo  di  mutar  1'  indirizzo  politico  che 
la  Francia  seguiva  ;  ma  che  solo  porse  occasione  alla  Francia  di  dichiarar 
la  guerra  alla  Spagna,  (9  genn.  1719)  come  prima  aveva  già  fatto  l'  In- 
ghilterra (2S  die.  1718).  Francesi  ed  Inglesi  distrussero  i  cantieri  e  la  na- 
scente marina  spagnuola,  la  Sicilia  fu  occupata  dagli  imperiali  ;  impellali 
e  savoiardi  occuparono  la  Sardegna,  quella  che  l'Alberoni  voleva  ritenere 
ad  ogni  costo;  nulla  c'era  a  sperare  dai  principi  italiani.  Allora,  quando 
vide  spezzarsi  in  sua  mano  tutte  le  armi  impugnate,  allora  solo  l'Alberoni 
volle  trattare,  ma  le  potenze,  e  colla  forza  e  cogli  imbrogli,  obbligarono  il 
re  ad  allontanarlo,  e  così  il  5  die.  17 19  era  licenziato  dalla  Spagna.  — 
Filippo  V  trattò  colla  quadruplice:  avrebbe  voluto  che  Parma  e  Toscana 
fossero  libere  dai  diritti  feudali  dell'impero;  che  Sicilia  fosse  reversibile 
a  Spagna  se  si  estinguesse  il  ramo  maschile  degli  Absburgo,  ma  ninna 
concessione  gli  fu  fatta  e  senza  mutar  nulla  dovette  sottoscrivere  alla 
volontà  delle  potenze  (16  febb.  1720).  Le  questioni  che  sarebbero  sorte 
in  seguito  a  questo  patto  avrebbero  dovuto  essere  accomodate  nel  con- 
gresso che  si  sarebbe  raccolto  a  Cambrai.  E  questioni  ne  sarebbero  sorte 
davvero  :  i  principi  italiani  rimanevano  in  piena  balia  dell'Austria  senza 
speranza  alcuna,  ora  che  la  Spagna  aveva  fatto  la  pace,  e  perciò  Vit- 
torio Amedeo  II  metteva  avanti  progetti  di  riordinare  in  modo  stabile 
l'  Italia  (i)  ;  Cosimo  III  di  Toscana  protestava  perchè  si  fosse  disposto  della 


(i)  Curioso  un  progetto  di  cedere  la  Savoia  alla  Francia  per  un  com- 
penso adeguato  in  Italia,  (p.  247). 


BIBLIOGRAFIA  I  3' 


successione  dei  suoi  domini  senza  tener  conto  dei  diritti  della  sorella  elet- 
trice del  Palatinato,  Clemente  XI  voleva  mantenuti  i  suoi  diritti  feudali  su 
Parma  e  Piacenza,  mentre  la  quadruplice  alleanza  riconosceva  questo  di- 
ritto all'  imperatore. 

Ma  ninna  questione  si  risolse  a  Cambrai,  dove,  coi  rappresentanti 
delle  potenze  che  avevano  combattuto,  era  pure  stato  ammesso  un  legato 
del  papa:  i  dibattiti  finirono  quando  nel  1725  la  Spagna  si  riconciliava, 
dopo  molte  vicende^  in  modo  definitivo  coll'Austria,  però  ogni  cosa  rima- 
neva sospesa.  Le  questioni  italiane  saranno  riprese  e  risolte  dalla  diplomazia 
dopo  le  guerre  di  successione  polacca  ed  austriaca. 


Contro  il  caduto  che,  spogliato  in  Ispagna  stessa  delle  sue  carte,  aveva 
trovato  onorato  rifugio  nelle  terre  della  repubblica  genovese,  fu  subito  un 
accannirsi  di  nemici  :  Spagna,  Austria,  il  papa,  il  Farnese  stesso.  L' Au- 
stria avrebbe  voluto  che  gli  fosse  tolto  il  berretto  cardinalizio;  il  papa  si 
contentò  dì  proibirgli  che  si  facesse  ordinar  vescovo  sebbene  avesse  già 
le  bolle  per  la  chiesa  di  Malaga,  volle  averlo  in  sua  mano  per  chiuderlo, 
a  buon  conto,  in  Castel  S.  Angelo  e  iniziò  un  processo  contro  di  lui.  Ma 
averlo  in  sua  mano  non  gli  fu  possibile,  per  la  fermezza  della  repubblica 
che  rifiutò  di  consegnarlo,  e  poi  per  1'  abilità  dell'  Alberoni  nel  tenersi  ce- 
lato quando  credette  meglio  allontanarsi  dalla  Liguria.  Si  potè  però  iniziare 
il  processo  affidato  ad  apposita  commissione,  (marzo  1720),  che  cominciò 
a  far  raccogliere  prove  per  la  reità  del  cardinale,  di  cui  si  metteva  in  di- 
scussione la  vita  pubblica  e  la  privata,  sulla  quale,  appoggiandosi  .alle  de- 
posizioni dei  suoi  famigliari,  l'autore  scrive  pagine  curiose  e  punto  edi- 
ficanti. Si  possono  facilmente  immaginare  quali  accuse  gli  fossero  rivolte  : 
riguardano  la  deviazione  delle  forze  spagnuole  del  1717  a  lui  attribuita, 
la  rottura  delle  relazioni  fra  la  Spagna  e  la  S.  Sede,  di  cui  sarebbe  stato 
causa,  per  il  negatogli  passaggio  all'  arcivescovado  di  Siviglia  :  le  relazioni 
col  Ràkóczi,  l'aver  intercettato  i  brevi  diretti  ai  vescovi  di  Spagna  e  delle 
Indie,  con  cui  sospendevansi  i  sussidi  ecclesiastici  al  governo  che  li  avrebbe 
così  riscossi  indebitamente.  Poi  v'erano  accuse  di  maliversazioni  nell'am- 
ministrazione, di  abuso  di  fiducia,  accuse  di  empietà  privata,  di  irreligione, 
di  irriverenza  verso  papi  e  cardinali,  ecc. 

L' Alberoni  non  volle  comparire  avanti  ai  suoi    giudici,    perchè    non 
riconosceva  come  legale  il  processo  ;  ma  con  lettere  private,  dove  giusti- 


l38  niBLIOOnAFlA 


ticava  il  suo  operato,  provvide  alla  propria  difesa.  Però  di  tanto  accani- 
mento, di  tante  macchine  mosse  contro  l'Alberoni,  in  breve  nulla  sarebbe 
rimasto.  Morto  Clemente  XI,  il  nemico  dell' Alberoni,  tutto  fu  appianato 
dal  successore  di  lui  Innocenzo  XIII,  il  quale  trovò  che  le  accuse  non 
erano  punto  provate  e  finì  per  assolvere  il  cardinale,  destinato  a  prestare 
ancora  alla  chiesa  dei  servizi  importanti,  a  vedere,  nel  corso  della  sua 
lunga  vita,  la  soluzione  di  quei  problemi  che  egli,  con  mezzi  insufficienti, 
aveva  osato  affrontare. 


■K- 
-X-    * 


Nella  figura  del  diplomatico  piacentino  quale  ci  appare  dallo  studio 
del  Professione,  molti  aspetti  son  nuovi,  in  specie  quei  che  riguardano  la 
partecipazione  dell'Alberoni  all'impresa  di  Sardegna  del  171 7,  la  condotta 
di  lui  verso  il  papa  a  proposito  del  cardinalato,  le  sue  relazioni  col  Ràkóczi. 
Tutta  la  politica  alberoniana  si  illumina  di  nuova  luce  e  la  sua  italianità 
appare  evidente,  mentre  pure  cerca  fare  il  vantaggio  di  Spagna.  Sono  pur 
nuovi  molti  particolari  della  intricatissima  storia  diplomatica  di  quei  tor- 
bidi anni,  che  l'A.  ha  saputo  con  bravura  raccontare  ancora  una  volta. 
E  in  questa  ampia  ricerca  e  discussione  di  fonti  sta  il  merito  principale 
del  lavoro,  che,  come  ho  detto,  è  fecondo  di  buoni  risultati  (i). 


(1)  L'A.  sa  benissimo  che  in  campo  si  vasto  non  è  mai  possibile  dire 
di  aver  esaurite  le  ricerche.  Non  farò  quindi  all'A.  il  rimprovero  di  non 
aver  parlato  di  una  miscellanea  di  carte  Alberoniane,  conservata  nell'Am- 
brosiana di  Milano  (&  173  sup.)  dove,  oltre  al  sonetto  che  l'A.  ripubblica  a 
p.  215,  son  molti  altri  documenti  che  si  riferiscono  al  periodo  studiato. 
Sono,  per  lo  più  cose  note  e  che  1'  autore  ha  trovato  anche  altrove,  molte 
son  già  pubblicate.  Ricorderò  che  fra  l'altro  tre  abbozzi  della  vita  del  car- 
dinale son  lì  contenuti  :  uno  è  quello  del  prevosto  Filippo  Bellardi,  tutto  a 
difesa  dell'Alberoni,  un  secondo  invece  è  parzialissimo  contro  l'Alberoni, 
che  presenta  sotto  la  luce  più  fosca.  Il  terzo  è  nella  piccola  raccolta  Malpeli, 
lì  pur  conservata  sotto  il  titolo  :  «  brieve  ristretto  della  vita,  fortuna  e  di- 
sgrazie dell' Em.  sig.  Cardinal  Giulio  Alberoni  Piacentino,  e  scritture  uscite 
in  tempo  delle  sue  travagliose  circostanze,  raccolte  da  me  Giov.  Battista 
Malpeli  l'anno  1720-1721  »  in  cui  son  comprese  oltre  l'abbozzo  citato 
molte  delle  note  lettere  che  1*  Alberoni  scrisse  a  sua  difesa,  le  note  prove 
che  tendono  a  scagionarlo  dall' aver  voluta  lui  l'aggressione  del  17 17  : 
cose,  in  una  parola,  note  nel  loro  complesso,  ma  che  forse  all'  autore 
così  pratico  della  letteratura  Alberoniana  avrebbero  presentato  qualche  in- 
teresse. Chi  sa  poi  se  in  tutta  la  raccolta  proprio  nulla  sia  nuovo  ? 

In  questa  misceli,  è  il  sonetto  che  l'A.  pubblica  a  pag.  215   dopo    il 


BIBLIOGRAFIA  •    I  5q 


E  basterebbe,  a  persuadersene,  dare  uno  sguarde  a  quello  che  la  cri- 
tica aveva  detto  tìiiora  suU'Alberoni  e  leggere  le  pagine  riassuntive  ciie 
su  questo  argomento  scriveva  il  Boglietti  (//  cardinale  Alberoni  diploma- 
tico e  uomo  di  slato  in  N.  Antol^  '^94,  fase,  i.*  pp.  90-121}  a  proposito 
dell'importante  pubblicazione  del  Bourgeois.  L' A.  potrà  darci  dunque  un 
vero  libro  suU'  Alberoni.  Egli  ne  ha  già  studiato  in  gran  parte  il  periodo 
della  vita  anteriore  al  17 14,  ora  giunge  coi  suoi  studi  fino  al  1723,  ne  ha 
quindi  ricercato  forse  il  periodo  più  difficile  :  potrebbe  quindi  facilmente 
completare  i  suoi  studi.  Ma  finora  il  libro  non  c'è:  Il  volume  che  1' A. 
ci  presenta  è  una  raccolta  di  documenti  ordinati  e  studiati  ma  nulla  più. 
E  ciò  dico  per  la  fatica  non  lieve  che  si  prova  nel  leggerlo,  e  peggio 
nel  cercare  di  orizzontarsi  in  quel  labirinto  di  ricerche,  dove  non  è  sem- 
pre facile  trovare  il  filo  conduttore,  dove  manca  lo  svolgimento  chiaro  e 
limpido  dì  un  pensiero  nettamente  affermato.  E  pare  che  l' autore  non 
curi  di  far  riposare  un  po'  il  suo  lettore,  di  aiutarlo  a  raccapezzarsi. 

Il  dramma  che  comincia  col  1714  non  è  che  la  conseguenza  di  avve- 
nimenti anteriori,  anzi  il  loro  svolgimento,  o  meglio  il  loro  seguito  :  l'A. 
avrebbe  fatto  certo  assai  bene  a  riassumere  quei  precedenti  che  sono  come 
Tantefatto  del  suo  racconto  e  mostrare  come  si  vadano  svolgendo  principi 
già  prima  stabiliti  :  pur  bello  sarebbe  stato  se  egli  avesse  tracciato,  anche 
con  pochi  tratti  ma  sicuri,  l'indirizzo  seguito  dalle  potenze,  in  modo  che 
il  lettore  avesse  come  un  filo  conduttore  da  seguire,  senza  perderlo  di  vista 
mai.  La  Francia  del  reggente  non  è  quella  di  Luigi  XIV  e  l'A.  l'ha  detto 
più  volte.  Io  preferirei  avesse  detto  tutto  in  una  volta  sola  e  di  proposito 


Carini  ed  il  De  Castro,  e  e'  è  pure  un  curioso  «  Epitaphjum  Inter  vivos 
cardinalis  Alberoni  »  con  a  tergo  1'  anagramma  di  Giulio  Alberone  cioè 
«  il  liberò  Genova  ».  Il  resto  della  misceli,  riguarda  periodi  posteriori  della 
vita  dell'Alberoni.  In  generale  dunque  la  miscellanea  appare  per  noi  poco 
importante  ;  sarei  stato  però  più  contento  che  questo  l'avesse  detto  l'A.  il 
quale  senza  difficoltà,  avrebbe  potuto  far  risaltare  se  v'è  qualcosa  in  essa 
degna  di  nota,  o  se  proprio  nulla  meriti  l'attenzione  dello  studioso. 

A  p.  268  del  suo  lavoro  l'A.  cita  in  nota  V  Misto  ire  du  Cardinal  Al- 
beroni.... par  M.  I.  Ruossetj  ecc.  Neil' Ambrosiana  ne  son  tre  diverse  re- 
dazioni. In  fronte  ad  una  col  titolo:  Istoria  del  Cardinal  Alberoni....  scritta 
in  spagnuolo  e  ultimamente  tradotta  dal  francese  con  aggiunta  di  quanto  e 
seguito  fino  a  22  marzo  del  1720  (Ambros.  S.  M.  CC.  II,  25)  è  la  seguente 
nota:  «  Si  dicono  stampate  le  vite  e  una  si  trova  nel  colleggio  Alberoni  in 
Piacenza  colle  postille  e  correzioni  fatte  dall'  istesso  Em.  Alberoni  ». 

Altra  redaz.  più  ricca  di  documenti  è  stampata  ad  Amsterdam  nel 
1720  e  si  intitola  2.'  edizione. 


l60  BIBLIOGRAFIA 


e  non  tli  passaggio.  L*  Inghitterra  ò  la  moderatrice  della  politica  d'allora, 
e  vuol  la  pace,  malgrado  tutte  le  insinuazioni  contrarie  ddl'Alberoni  :  non 
sarebbe  bene  che  il  lettore  l'avesse  visto  chiaro  fin  da  principio?  Qual'c  la 
politica  di  Vittorio  Amedeo  II  (i)  in  specie  riguardo  alla  Spagna?  con 
<]uanti  sforzi  riesce  il  lettore  a  saperlo  !  (>). 

Tutto  ciò  non  to.uflie  il  pregio  al  lavoro  in  cui  dobbiamo  cercare  quel 
che  c'è  di  nuovo  e  di  buono  ed  apprezzarlo,  e  qui  nuovo  e  buono  vanno 
perfettamente  d'  accordo. 


Giuseppe  Calligaris. 


Dott.  F.  Carlo  Decio.  —  La  peste  in  Milano  nell'anno  14S1  e  il  primo 
lazzaretto  a  Cusago.  Appunti  storici  e  note  inedite  tratte  dagli  archivi 
milanesi,  con  4  illustrazioni  e  2  fac-simili,  Milano^  Cogliati,  1900. 

Diligente  e  interessante  memoria,  ricca  di  particolari  intorno  alla 
peste  del  I45i,  somministrati  in  gran  parte  dalle  Ordinazioni  capito- 
lari, che  si  conservano  nell'Archivio  dell'Ospedale  maggiore. 

Premette  l' autore  alcuni  cenni  intorno  alle  pestilenze  che  infe- 
starono Milano  prima  del  1451,  intesi  a  correggere  o  a  completare, 
coU'aiuto  di  documenti  fornitigli  in  special  modo  dall'Archivio  storico 
civico,  le  notizie  del  Corradi  (Annali  delle  epidemie  occorse  in  Italia). 
Da  tali  cenni  apprendiamo  come  i  Visconti,  e  particolarmente  il  conte 
di  Virtù  e  Filippo  Maria,  rivolgessero  ogni  cura  non  solo  ad  alleviare 
ma  ben  anco  a  prevenire  il  male.  Le  buone  tradizioni  viscontee,  ri- 
guardo alla  tutela  della  pubblica  sanità,  furon  continuate  dalla  re- 
pubblica ambrosiana,  la  quale,  fin  da'  suoi  principi],  quando  la  peste, 
che   aveva   fatto  strage  in  Venezia  nel  giugno  1447,  passava  in  Lom- 


(1)  Noto  una  svista  certo  sfuggita  all' A.  che  a  p.  36  dice  aver  Vit- 
torio Amedeo  II  appena  potè  cambiata  la  lontana  Sicilia  colla  vicina  Sar- 
degna. Svista  che  è  corretta  da  tutto  il  racconto. 

(2)  L'A.  trascura  affatto  quella  che  direi  descrizione  di  ambiente,  tanto 
utile  in  simili  studi;  sintesi  diffirile,  che  il  lettore  fa  da  se  con  fatica.  Come 
è  infelice  e  manchevole  la  descrizione  delle  condizioni  e  del  governo  della 
Spagna  nel  1714,  dove  tutto  era  nuovo  ed  incerto,  a  cominciar  dalla  mo- 
narchia, !  Come  è  monco  e  confuso  l'accenno  (p.  258)  alle  cause  della  mu- 
tata politica  di  Filippo  V  che  nel  1725  si  conciliò  in  modo  definitivo  col- 
r  Austria  ! 


DIBI.IOGRAFIA 


bardia,  emanò  una  lunga  serie  di  disposizioni  profilattiche  (Archivio 
storico  civico)  intese  ad  isolare  la  città,  norme  di  non  scarso  valore 
circa  la  denuncia  dei  casi  morbosi  e  regole  speciali  pei  seppellimenti. 
Nel  medesimo  tempo  quel  Governo,  pensando  ad  un  migliore  assetto 
delle  opere  pie,  le  cui  sostanze  (com'è  provato  da  un  documento  del 
medesimo  archivio)  eran  dilapidate  dalle  corporazioni  religiose,  prov- 
vedeva a  radicali  riforme  nella  erogazione  della  pubblica  beneficenza. 
Una  casa  pei  poveri  ed  infermi  aperta  sulla  piazza  del  Castello  di 
P.  Giovia,  un'altra  allestita  nel  villaggio  di  Cusago  pei  poveri  che 
non  avesser  trovato  posto  in  altri  ospedali,  la  quale  fu  oggetto  di 
continue  e  diligenti  provvidenze,  provano  l'interesse  di  quei  cafHmn 
e  difensori  pel  pubblico  bene.  Quella  domus  disagi,  che  probabilmente 
faceva  parte  dei  beni  ducali,  veniva  non  molto  dopo  (agosto  1448) 
formalmente  donata,  coi  suoi  poderi  e  redditi,  dal  Governo  ai  deputati 
degli  Ospedali  di  Milano  e  destinata  ai  poveri  ed  agli  infetti  in  tempo 
d'epidemia.  In  quell'anno  Milano  fu  immune  dal  morbo,  e  l'A.  lo  di- 
mostra contro  le  inesatte  asserzioni  del  Canetta  e  d'altri:  tuttavia  il 
Governo  tentava  ogni  mezzo  per  tener  lontano  il  flagello,  che  andava 
serpeggiando  nell'alta  Italia  e  mirava  innanzi  tutto,  coU'inviare  i  po- 
veri a  Cusago,  a  sfollare  la  città  dai  miserabili,  che  per  la  carestia  e 
l'assedio  andavano  ogni  giorno  crescendo  di  numero.  La  peste,  bub- 
bonica senza  dubbio,  perchè  in  un  documento  dell'archivio  di  Stato 
si  accenna  più  volte  al  gavocciolo  (p.  84),  comparve  in  Milano  nel 
1450  e  divampò  nel  '5i.  La  domus  disagi,  secondo  lo  spirito  della  do- 
nazione del  1448,  fu  subito  destinata  a  lazzaretto,  certo  per  conces- 
sione precaria  di  Francesco  Sforza,  giacché  quei  beni  dovevan  esser 
tornati  di  ragione  ducale.  Le  ordinazioni  capitolari  succitate  danno 
modo  all'A.  di  esporre  l'opera  benefica  delle  autorità,  sia  in  favor  di 
Cusago,  come  d'altri  istituti  nell'interno  della  città  e  specialmente 
delle  domus  montanae,  situate  sull'area  ove  poi  sorse  l'Ospedal  mag- 
giore e  anch'esse  asilo  di  appestati.  Quelle  ordinazioni,  laconiche  ma 
diligenti,  provano  che  in  mezzo  allo  sgomento  generale,  si  faceva 
quant'era  possibile  per  alleviare  la  sventura.  Un  elenco,  pur  troppo 
appena  cominciato,  degli  infetti  inviati  a  Cusago  dà  pel  27-29  aprile 
ipi  la  cifra  di  95.  —  Non  si  trascurava  neppur  la  disinfezione,  fin 
dove  la  scienza  dei  tempi  lo  consentiva:  un  apposito  personale  ve- 
niva destinato  allo  spurgo  delle  case,  delle  masserizie  e,  par  certo, 
anche   del   vestiario  (lavandcrii  et  domorum  n  ctatores)  :  personale  che 

Arch.  Sior.  Lovib.  —  Anno  XXVII.  —  Fase.  XXV.  .  ii 


l52  BIBLIOGRAFIA 

non  mancava  di  abbandonarsi  spesso  a  ladronecci  ;  il  Duca  dovette 
ordinare  al  Comune  reiezione  di  un  capitano  di  giustizia  apposito^ 
per  frenarlo  (Ardi.  St.  civ.).  Quanti  i  morti  durante  l'orribile  flagello? 
Pur  troppo  l'autore  non  può  rispondere  che  imperfettamente  alla 
domanda,  giacché  i  bollettini  quotidiani  che  il  tribunale  della  sanità 
mandava  al  Duca  (conservati  nell'Archivio  di  Stato),  si  limitano  al- 
l'ultimo trimestre  del  1451.  Le  vite  mancate  furon  3o2  negli  ultimi 
tre  giorni  di  settembre,  1689  in  ottobre,  298  in  novembre  e  74  in  di- 
cembre :  ma  il  morbo  era  oramai  in  decadenza  e  ben  altra  dovette 
esser  la  mortalità  nei  mesi  antecedenti.  Il  Simonetta  accenna  a  200 
decessi  ai  giorno  ! 

Lo  stabilire  l'esatta  sede  o  ricercare  le  traccie  di  quel  primitivo 
ricovero  di  Cusago  è  opera  ben  difficile  per  non  dire  impossibile  ; 
l'A.  stesso  lo  confessa,  tuttavia,  osservando  la  Cascina  Palazzetta,  un 
edificio  abbandonato  ad  uso  colonico,  oltre  un  sessanta  metri  dal  ca- 
stello, in  cui  riscontransi  le  stesse  forme  costruttive  del  grande  qua- 
drato, edificio  sulla  cui  originaria  destinazione  rimase  dubbioso  anche 
il  Mongeri,  il  dott.  Decio  si  domanda  se  per  avventura  non  sia  stato 
quello  il  nostro  primitivo  lazzaretto.  Non  manca  qualche  buona  ra- 
gione per  avvalorare  l'ipotesi,  ma  è  questo  un  argomento  che  mi  ba- 
sta avere  accennato. 

Ettore  Verga. 


A 


BOLLETTINO  DI  BIBLIOGRAFIA   STORICA  LOMBARDA 

{dìcembi'e  i8gg  —  marzo   igoo). 


I  libri  segnati  con  asterisco  pervennero  alla  Biblioteca  Sociale. 

Alilia  (Gius.  Cesare).  Le  Alpi  nostre  e  la  Lombardia  montana  tra 
l'Adda  e  il  Mincio;  Le  Alpi  nostre  e  la  Lombardia  montana  tra 
la  Sesia  e  l'Adda:  libri  di  lettura  per  le  scuole  elementari  supe- 
riori, pubblicati  per  disposizione  del  ministero  della  pubblica  istru- 
zione. —  Bergamo,  Istituto  italiano  d'arti  grafiche,  edit.,  1899, 
in- 16  fig.,  pp.   175  con  tavola;  p.   170  con  tavola. 

■'  Al>l)iatc;s;i*aii»io.  Pro  Serafino  Dell'Uomo.  Abbiategrasso,  1 1  marzo 
1900.  Numero  unico.  Ibi.,  pp.  4  con  ritr.  —  Lodi,  tip.  Wilmant, 
1900. 

Fucilato  dagli  Austriaci  in  Abbiategrasso,  il  5  genn.  1849. 

Agiografia.  —  Vedi  Anibrosiiis,  Baimard,  Bianchini,  Borromeo,  Dacicr, 
Lanfranchi,  Mascheroni,  Nodari,  Pasini. 

As:nelli  (Giovanni).  Una  piccola  città  lombarda  (Lodi)  durante  la 
Repubblica  Cisalpina  —  (Maggio  1796  —  aprile  1799).  —  Archivio 
storico  italiano,  disp.  4.'',  1899. 

I.  Battaglia  del  Ponte.  IL  Requisizioni,  contribuzioni.  HI.  Tu- 
multi, disordini,  ribellioni.  IV.  Amministrazione  cittadina,  costu- 
manze, giornali.  V.  Coccarda,  alberi  della  libertà,  feste  civili.  VJ. 
Nobiltà,  titoli,  stemmi  gentilizi.  VII.  Circoli  costituzionali.  Vili.  Mi- 
lizia. IX.  Clero  giacobino,  cose  di  religione. 

—  Il  vecchio  camposanto  di  Lodi  :  memoria.  —  Lodi,  deputazione 
storico-artistica  editr.  (tip.  Quirico  e  Camagni),  1899,  in-4,  pp.  27. 

Alcaiiclrl  (V.  Emanuele).  M.°  Meo  Bevilacqua  di  Fabriano  domici- 
liato in  Sanseverino  capo  degli  ingegneri  di  Francesco  Sforza 
(1439-1448).  —  Arte  e  storia,  n.   11,  1899. 

Allaiii.  Pline  le  Jeune  avocat.  —  Besan^on,  Millot  Frcres,  1899, 
in-8,  pp.  69. 


164  BIBLIOGRAFIA 


Aiiialil  (daet.).  viiaiidi  e  piccoli:  critica  letteraria.  —  Napoli,  ti- 
pogratìa  Priore,  edit.,  1899,  in-r6. 

i3.  P'oscolo  e  Antonietta  Fagnani. 

AmliroMliiit  (S.ì.  De  officiis  libri  tres,  edidit  doctor  Johannes  Ta- 
rn ietti  us.  Editi o  altera.  —  Augttstac  Taurinontm,  typ.  Salesiana, 
1899,  in-16,  pp.  203.  ["  Latini  christiani  scriptores  scholarum  „  Vili]. 

*  /tniliroKcili  (Solonc).  Le  medaglie  di  Alessandro  Volta.  (Con  ili.  e 

tav.).  —  Rivista  italiana  di  numisìnatica,  a.  XII,  1899,  fase.  IV. 

Amiir  (L')  a  la  proa  :  antica  ballata  tedesca  tramutata  da  Giuseppe 
Bianchi  in  dialetto  bresciano.  —  Padova,  tip.  Gallina,  1899,  in-16, 
pp.  i5.  (Nozze  Barziza-Pcri). 

*  Anclrieli  (dott.  Gianluigi).  Memorie  longobardiche  bellunesi.  \Fine\ 

—  Ateneo  Veneto,  settembre-ottobre  1899. 

*  JLiinuario  ilella  iliolilltà  Italiana.  Anno  XXII,  1900.  —  Bari, 

Direzione  del  Giornale  Araldico,  1900,  in-32,  pp.  xxiv-1496  e  tav.  ili. 

Edizione  nuovamente  corretta  e  aumentata,  contenente  le  no- 
tizie storiche,  i  titoli  nobiliari  e  la  descrizione  dell'arme  di  circa 
2000  famiglie,  nonché  lo  stato  personale  completo  di  770  di  esse, 
e  la  genealogia  di  100  famiglie  per  la  prima  volta  inserite.  Di  quelle 
lombarde  —  nuovo  inserite  —  notiamo:  Bagatti-Valsecchi  (Mi- 
lano); Besozzi  (Milano);  Giorgi  di  Vistarino  (Pavia);  Lochis  (Ber- 
gamo); Magnaguti  (Mantova);  Del  Mayno  di  Bordolano  (Pavia); 
Del  Mayno  di  Crespiatica  (Milano);  Negri  della  Torre  (Pavia); 
Padulli  (Milano);  ParOxNA  (Pavia);  Robolini  (Pavia);  Scheibler 
(Milano). 

Antonini  (dott.  G.).  Guglielmo  Grataroli  [medico  del  5oo].  —  Ber- 
gamo, Istituto  ital.  d'arti  grafiche,  1899,  in-8,  pp.  9. 

Dalla  lettura  tenuta  all'Ateneo  di  Bergamo  Sull'opera  e  i  pre- 
cursori di  C.  Lombroso,  il  4  giugno  1899. 

Araldica  e  genealogia.  —  Vedi  Annuario,  Bollettino,  Brano,  Cipollini, 
Gonzaga,  Kitpke,  Salis,  Schmid,  Sforza. 

Arl)ib  (Ed.).  Cinquant' anni  di  storia  parlamentare  nel  regno  d'Italia. 
Volume  I.  (Le  quattro  prime  legislature,  dair8  maggio  1848  al  21 
novembre  i853).  —  Roma,  tip.  della  Camera  dei  Deputati,  i8c8 
in-8,  pp.  V11J-771. 

^  Arcbivio  sitorico  per  la  città  e  comuni  del  circondario 
di  Lodi  diretto  da  Giovanni  Agnelli.  Anno  XVIII,  fase.  IV.  — 
Lodi,  tip.  Quirico  e  Camagn',  1899. 

Ospedali  Lodigiani  :    Santa  Elisabetta.  —   Bocche  di  Muzza  e 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA  l65 

loro  portata  nelFanno  iSiy.  —  Castello  di  Lodi  {1450-57),  —  Con- 
fini meridionali  del  Lodigiano  (i635-i783).  —  ÌDocuinenti  Codo- 
gnesi  (1573-1591).  —  6,^  e  7.*  Relazione  deirUfficio  Regionale  lom- 
bardo. (Circondano  di  Lodi).  —  Agnelli  (Giovanni).  Della  venuta 
di  Massimiliano  Sforza  nel  ducato  di  Milano  secondo  le  cronache 
e  i  documenti  lodigiani.  [Coyit.  nel  p.  f.fasc.].  —  Sul  primo  anno  del 
secolo.  —  Rendiconto  della  Deputazione  storico-artistica  di  Lodi. 

Arienla  (Giulio).  Santuario  di  Varallo.  Cappelle  VI-IX.  —  Arte  e 
Storia,  n.  14,  1899. 

Ariiabolcii  (Alessandro).  Un'ode  a  Pari  ni.  —  Provincia  di  Como  della 
domenica,  n.  254,  1899. 

Agg.  :  RoNDANi  (Alberto).  Al  Parini  (sonetto),  in  "  Gazzetta  del 
popolo  della  domenica  „,  n.  4,  1900. 

Arcuaprinio  (G.).  Note  storiche  messinesi  dei  secoli  XV  e  XVL  — 
Atti  delV Accademia  peloritana  di  Messina,   1897-98. 

Il  testamento  di  Costantino  Lascaris. 

Ai'nctb  (Alfred,  Ritter  von).  Biographie  des  Ftìrsten  Kaunitz.  Ein 
Fragment.  —  W  i  e  n ,  Gerold,  1899,  gr-,  ìit^-8,  pp.  201. 

Arte.  —  Vedi  Agnelli,  A  leandri,  Ambrosoli,  A r lenta,  Barbier,  Belve- 
dere, Berchet,  Bertoglio^  Bianchi,  Bibb,  Biscaro,  Bollettino,  Brimo, 
Caroiti,  Coìfi,  Colmegni,  Commentari,  Corti,  Documenti,  Duomo, 
Edifici,  Fabriczy,  Faconti,  Filippini,  Firmenich,  F'rizzoni,  Fuma- 
galli, Gauthiez,  Kristeller,  Lavori,  Leonardo,  Liguria,  Luzio,  Ma- 
laguzzi.  Metani,  Meyer,  Milano,  Monticelli,  Miintz,  Muzio,  Pesce, 
Poggi,  Rivista,  Sant"  Ambrogio,  Somof,  Steinmann,  Taramelli,  Zim- 
mermann. 

KalossI  (G.).  Il  patriottismo  di  A.  Manzoni.  —  La  Scintilla,  XII,  47. 

Itarltiei*  ile  llontaiilt  (X.).  Le  trésor  de  l'église  Saint-Ambroise  à 
Milan  (cont.).  —  Rcvue  de  Vart  chrétien,  marzo  1900. 

Jtartoli  (Francesco).  Per  la  designazione  topografica  di  Bedriaco.  — 
Il  Torrazzo,  di  Cremona,  n.  10,  io  ottobre  1899. 

Ilauiiard.  Histoire  de  Saint-Ambroise. ,  3.*^  edit.  revue.  —  Paris, 
Ch.  Pouissielgue,  1899,  in-8  fig. 

*  lleer  (Adolf).  Die  oesterreichische  Handelspolitik  unter  Maria  The- 
resia  und  Joseph  II.  —  Archiv  fiir  oesterr.  Geschichte,  Bd.  86,  I. 
Hàlfte  (1898-99). 

Cfr.  pp.  64  segg.,  171  segg.  per  le  convenzioni  commerciali  a 
favore  di  Milano  e  di  Mantova  stipulate  dal  conte  Cristiani  (1768 
e  seg.).  A  p.  77  e  i85  per  le  relazioni  del  conto  Belgioioso,  am- 
basciatore austriaco  a  Londra  (1782). 


1 


iCn'ì  BIBLIOGKAKiA 


*  IBollfxy.»  (!'.).  Cappuccini,  Camilliani  e...  Manzoni.  —  Perseveratila, 

26  Icbbrajo  1900. 

A  proposito  dell' opuscolo:  /  Padri  ('aniilHani  a  Milano.  (Ivi, 
tip.  Pulzato  e  Giani,  1900). 

*'  llelfraiiil  (Luca).  L' iniluenza  oltramontana  nella  costruzione  del 
Duomo  di  iVlilano.  —  Perseveranza,  12  e  14  gennaio  1900. 

—  Giuseppe  Brentano,  nel  X  anniversario  di  sua  morte.  —  Milane», 

tip.  A.  Allegretti,  1899,  in-8,  pp.  i5. 

—  11  restauro  della  Chiesa  delle  Grazie  in  Milano  e  le  decorazioni  a 

graffito,  nel  secolo  XV.  Con  11.  —  Monitore  tecnico,  n.  4,  a.  VI,  1900. 

*  —  La  tutela  artistica   del   Duomo  di  Milano  nell'ultimo  quarto  del 

secolo.  XIX.  —  Milano,  tip.  Pagnoni,  1900,  in-8,  pp.  59. 

IlcIvcdtTc  (II)  di  Praga.  Un  edificio  italiano  del  Cinquecento  scono- 
sciuto in  Italia.  Con  ili.  —  Arte  italiana  decorativa,  a.  Vili,  n.  3, 
1899. 

Casa  di  delizie  della  regina  Anna  cominciata  per  ordine  del- 
l'imperatore  Ferdinando  in  omaggio  della  sua  consorte,  Ta.  i534, 
da  un  maestro  italiano,  e  poi  continuato  da  maestri  italiani  fino 
al  suo  compimento,  intorno  al  i558.  I  tre  principali  maestri  inven- 
tori, ed  esecutori  del  Belvedere  furono  Giovanni  Spazio,  figlio  di 
Jacopo,  di  Val  Intelvi,  rampollo  di  una  famiglia  di  artisti,  la  quale 
già  in  diverse  occasioni  aveva  prestato  eccellenti  servigi  alla  casa 
d'Absburgo,  Paolo  Stella  milanese,  noto  già  nella  storia  dell'arte 
italiana,  ove  teneva  un  posto  secondario,  e  Pietro  Ferrabosco  di 
Lajno  (V.  Intelvi).  Lo  Spazio  è  il  vero  creatore  del  Belvedere,  non 
il  Ferrabosco  già  presentato  come  tale,  e  succeduto  nei  lavori  nel 
i552;  lo  Stella  è  il  creatore  invece  della  magnifica  ornamentazione 
plastica  del  Belvedere. 

"  Bcrcliciii  (Victor  van).  Guichard  Tavel,  évéque  de  Sion,  1342-1875. 
Étude  sur  le  Vallais  au  XIV*^  siècle.  —  Jahrbuch  fiìr  Schiveizeri- 
sche  Geschichte,  t.  XXIV  (1899). 

In  questo  pregevole  studio  storico-biografico  sono  a  notarsi 
particolarmente,  per  la  storia  del  passaggio  del  Sempi one  e  rela- 
zioni commerciali  tra  i  Vallesani  e  la  Lombardia,  il  cap.  II  "  Le 
commerce  en  Vallais,  1843-1349  „,  a  p.  92-116  e  l'appendice  II  "  No- 
tes complémcntaires  sur  le  commerce  en  Vallais  „  a  p.  287-292. 
—  Nel  cap.  V  "  Dernières  années  de  l'épiscopat,  1861-1875  "  a  pa- 
gina 266-277  seg.  è  il  discorso  della  lotta  tra  il  papa  e  Bernabò  e 
Galeazzo  Visconti  per  la  supremazia  politica  nella  penisola:  tra 
i  documenti  in  appendice  notiamo  i  n.  XXV.  (Gregorio  XI  al  ve- 
scovo Guiscardo  di  Sion  a  riguardo  dei  mercenarj    che  si  recano 


ì 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFL\    STORICA    LOMBARDA  167 


al  soldo  di  Bernabò  Visconti,  1372,  24  ottobre);  XXVI.  (Gregorio 
XI  spinge  il  vescovo  Guiscardo  ad  ingaggiare  i  comuni  vallesani 
nella  guerra  contro  i  Visconti,  1872,  9  dicembre);  XXVII.  (Gre- 
gorio XI  scrive  al  vescovo  Guiscardo  a  proposito  di  Antonio  Grassi 
mercante  di  Milano,  1874,  28  marzo);  XXVIII.  (Gregorio  XI  in- 
gaggia il  vescovo  Guiscai-do  a  venire  in  soccorso  degli  Ossolani 
rivoltatisi  contro  a  Galeazzo  Visconti,  1874,  7  agosto)  ;  XXIX.  (Gre- 
gorio XI  ripete  il  suo  appello  in  favore  dei  ribelli  dell'  Ossola, 
1874,  8  ottobre). 

"  IScrclict  (ing.  Federico).  Le  sale  d'armi  del  Consiglio  dei  dieci  nel 
palazzo  ducale  di  Venezia.  —  Atti  del  R.  Istituto  Veneto  di  scienze 
e  lettere,  t.  LIX,  disp.  II  (1900). 

Vi  si  conservavano  due  statue  intiere  di  jnarmo,  l'una  rappre- 
sentante Francesco  Sforza,  duca  di  Milano,  che  militò  al  servizio 
della  Repubblica  e  vinse  nel  1489  a  Verona  il  Piccinino,  capitano 
dei  Visconti  e  V  altra  Bianca  Maria  Visconti  sua  moglie.  Queste 
due  statue  si  trovano  oggidì  nel  Museo  di  Vicenza  (cfr.  p.  141), 
per  dono  del  conte  Da  Velo.  Vi  esisteva  ed  è  ora  nel  R.  Arsenale 
u]ia  piccola  armatura  di  ferro  da  fanciullo  con  mazza  ferrata  nella 
destra  e  pugnale  nella  sinistra,  colla  iscrizione:  Fu  trovato  nel  fatto 
d'arme  di  Marignan  calpestato  da  cavalli  (cfr.  p.  i58  e  disegno  a  pa- 
gina i55). 

Nella  torricella  pei  prigionieri  nel  palazzo  ducale  furono  posti 
i  sette  capi  e  governatori  francigeni  fatti  prigionieri  nel  recupero 
di  Treviglio,  i  quali  nel!'  agosto  del  i5o9  ne  vennero  sloggiati 
quando  fu  condotto  a  Venezia  e  posto  in  torresella  il  Marchese 
di  Mantova  Giov.  Francesco  II  Gonzaga,  preso  a  tradimento  da 
quattro  villani  a  Isola  della  Scala  "  et  fò  conzà  la  toresela  con 
tapezerie,  coltre  d'  oro,  etc,  per  il  marchese,  che  era  molto  ma- 
lànchonico  et  havea  mal  franzoso,,.  In  questa  prigione  della  tor- 
resella furono  ancora  custoditi,  tra  i  molti  prigionieri  d'  impor- 
tanza, Luchino  da  Cremona,  che  il  81  gennaio  1458  vi  scrisse 
sulla  muraglia  il  dìsce  pati,  che  leggesi  ancora;  Sagramoro  Vi- 
sconti di  Milano,  i5i2,  che  poi  militò  sotto  la  Repubblica  e  morì 
nella  rotta  di  Padova,  l'ottobre  del  i5i8;  il  cardinale  Ascanio  Sforza 
nel  marzo  1514  e  Contin  da  Martinengg,  condottiero  veneziano  "  per 
sospetto  di  tradimento  stette  mesi  i5  „.  Uscì  Tu  novembre  i588 
con  piegieria  di  ducati  i5  mila,  (Cfr.  p.  120,  180,  192). 

ìStcrg:aiiia«clii  (sac.  Domenico).  L'architetto  del  monumento  sepol- 
crale del  I  duca  di  Sabbioncta,  Vespasiano  Gonzaga.  —  Gazzetta 
di  Mantova,  n.  74,  1899. 

i^ERGAMO.  —  Vedi  Annuario,  Antonini,  Colonibani,  Lanfranchi,  Masche- 
roni, Muzio,  Nevati,  Stiiòel,   Tasso. 


|(i8  lUIil.lOijUAllA 


BcrlnnM  (Emilio).  Postilla  Manzoniana:  La  monaca  di  Monza.  — 
Oiormile  storico  della  letteraUtrn  italiana,  fase.  io3  (1900). 

—  La  paura  nei  Promessi  Sposi.  —  Spezia,  1900. 

Berloc:!  Io-Pisa  ni  (Napoleone).  L*altare  d'oro  in  S.  Amhr'.uiM  di  Mi- 
lano. —  Arte  e  storia,  n.  14,  1899. 

Agg.:  Sant'Ambrogio  (D.).  Ancora  dell'altare  d'oro  di  S.  Am- 
brogio, nel  n.  i5-i6. 

—  Il  castello  di  Rosate    nel    circondario    di    Abbiategrasso.  —  Artf  <• 

storia,  n.  8-4,  1900. 

Borlolfil  (Alfonso).  Prose  critiche  di  storia  e  d'arte.  —  Firenze, 
Sansoni,  edit.  1900,  in-16. 

1.  L'ode  per  T  inclita  Nice.  2.  Il  Parini  illustrato.  3.  Storia  del 
Giorno.  4.  Il  Duranti  e  il  Parini.  5.  Ancora  di  un  amore  e  di  un'ode 
del  Foscolo.  6.  P'ra  ville  foscoliane.  7-8.  Pietro  Giordani. 

Bianclii  (ing.  C).  La  nuova  Chiesa  parrocchiale  di  Cassano  d'Adda, 
arch.  Cesare  Nava  (con  ili.).  —  Edilizia  moderna,  agosto  1899. 

Biaiiclilul  (Mar.).  Celebrandosi  in  Revere  il  centenario  di  S.  Au- 
relio martire,  ottobre  1899:  carme.  —  Mantova,  eredi  Segna, 
1899,  in-8,  pp.  8. 

Biaxzl  (cap.  F.).  La  navigazione  nel  Lago  Maggiore  (dalla  "  Rivista 
]Marittima  „).  —  Eco  del  Vertano,  di  Arona,  n.  4  e  segg.,  1900. 

Bllftl»  (A.  B,).  Santa  Maria  dei  Miracoli  and  the  Lombardi.  —  Ame- 
rican Architect,  di  Boston,  novembre  1899  e  prec. 

Biografie.  —  Vedi  Antonini,  Arncih,  Bonomi,  Bornate,  Ceroni,  Cipol- 
lini, Coggi,  Colombani,  Fabba,  Filippini,  Fiorini,  Fnnck,  Intra,  Lo- 
catelli.  Lodi,  LoParco,  Majocchi,  '  Mandatari,  Manzoni,  Massarani, 
Mazzini,  Negri,  Fantini,  Patrucco,  Plinio,  Sclieid,  Secretant,  Simon- 
celli,  Sommi,  Stefani,   Tasso,   Valeri,   Vinson,    Virgilio,   Volta. 

*  Blscaro  (dott.  Gerolamo).  Note  storico-artistiche  sulla  Cattedrale 
di  Treviso.  —  Nuovo  Ar^iivio   Veneto,  t.  XVIII,  p.  I,  J899. 

Architetto  della  Cappella  del  Santissimo  sembra  sia  stato  An- 
tonio Lombardo,  figlio  e  fratello  dei  non  meno  celebri  scultori  ed 
architetti  Pietro  e  Tullio  Lombardo.  —  Lavori  di  m.''"  Antonio 
Maria  da  Milano  "  tajapiera  „  (i5o5-i5o9)  che  scolpì  la  tomba  del 
Priore  di  S.  Giovanni  dal  Tempio,  Lodovico  Marcello,  e  costruì 
il  presbiterio  e  l'abside  della  Chiesa  del  Priorato.  —  La  maggior 
parte  delle  opere  di  scultura  sono  dei  fratelli  Gio.  Battista  e  Lo- 
renzo Bregno,  chiamati    anche    Breg.xoni  o  dai  Brioni  oriundi  da 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA  169 

Ostello,  sul  Lago  di  Lugano,  ed  appartenenti  ad  una  famiglia  dalla 
quale  uscì  una  schiera  numerosa  di  scultori  ed  architetti. 

lloisHonaclc  (D.).  Les  négociations  entre  Louis  XII  et  Ferdinand  le 
Catholique,  le  traité  du  P''  avril  i5i3.  —  Reviie  d'histoire  moderne 
et  contemporainCf  novembre-dicembre  1899. 

*  Bollettino  «torico  della  Svìzzera  Italiana.  Anno  XXI,  1899, 
n.  10-12.  —  Belli  n  zona.  Colombi. 

La  famiglia  Schenardi  [valtellinese].  Note  genealogiche.  \Con- 
iiimazionc  e  fine].  —  Per  la  storia  degli  anni  1798-1803  :  Accuse  e 
difese  dei  Patrioti.  —  I  Rusca,  signori  di  Locamo,  di  Luino,  di  Val 
Intelvi,  ecc.  [Cont.  —  Notizie  e  documenti  per  la  contessa  Eleo- 
nora Rusca  da  Correggio].  —  Una  fontana  dei  Trivulzio  in  Bel- 
linzona?...  [quella  riprodotta  nel  cortile  della  rocchetta  del  castello 
di  Milano  dall'arch.  Beltrami].  —  Das  Geleit  am  Gotthard.  [Contri- 
buto alla  spiegazione  della  leggenda  di  G.  Teli,  del  d.""  T.  di  Lie- 
benau].  —  Documenti  svizzeri  del  quattrocento  di  Milano:  I  Can- 
toni cattolici  e  l'Ossola  (i533);  Condoglianze  svizzere  per  Beatrice 
d'Este.  —  Lettere  di  sovrani,  principi  e  prelati  dirette  a  Pio  IV, 
al  cardinale  Borromeo  e  ad  altri  (i56i-i63o).  Dagli  autografi  in  casa 
Paleari  a  Morcote.  [Cont.  Lettere  di  Anna  Borromeo  Colonna,  Ca- 
milla Borromeo  Gonzaga,  arciduca  Carlo  d'Austria,  card.  Morone 
e  Margherita  di  Parma  i565].  —  Varietà:  Stampe  storiche  poco 
conosciute.  —  Bollettino  bibliografico. 

Bonomi  (Celso).  M.  Gianfrancesco  Straparola  da  Caravaggio:  confe- 
renza letta  il  IO  settembre  1899  in  Caravaggio.  —  Pavia,  tipo- 
grafia frat.  Fusi,  1899,  in-8,  pp.  49.  (Nozze  Bietti-Gallavresi). 

Segue:  Fortunio  e  Doralice:  favola  (IV  cella  III  notte)  dello 
Straparola. 

Bornate  (Carlo).  Commemorazione  di  Mercurino  da  Gattinara,  gran 
cancelliere  di  Carlo  V,  tenuta  in  Gattinara  il  19  novembre  1899. 
—  Supplemento  al  giornale  U Operaio,  n.  56,  1899. 

Agg.  :  Tallone  (Armando).  Mercurino  da  Gattinara,  in  La  Sesia, 
di  Vercelli,  12  dicembre  1899. 

Borromeo.  —  Vedi  Bollettiyio,  Bricciole.  - 

Bouvier  (Felix).  Bonaparte  en  Italie  (1796).  —  Paris,  Cerf,  1900, 
in-8,  pp.  xi-745  et  pi. 

Cfr.  i  cenni  bibliografici  di  G.  Roberti  in  "  Illustrazione  Ita- 
liana „,  n.  7,  1900,  e  di  Camillo  Giussani  in  "La  Perseveranza  „, 
25  gennaio  1900. 

BrajBi'ajiCrnolo  (Giov.)  e  Bettazzi  (Ern.).  Il  risorgimento  nazionale 
1815-1878.  —  Torino,  ditta  G.  B.  Petrini  di  Giov.  Gallizio  edi- 
tore, 1899,  in-8,  pp.  419. 


lyo 


lUIU.lOdKAIlA 


I.  I  .1  caduta  del  regno  italico.  4.  Le  società  segrete.  6.  La  ri- 
voluzione pieinoiìtese.  j3.  Le  cinque  giornate  di  Milano.  14.  La 
pi  ima  campagna  dell'  indipendenza.  i5.  Dall'armistizio  di  Salasco 
alla  battaglia  di  Novara.  16.  Tramonto  della  libertà.  17.  Vincitori 
e  vinti.  18.  11  decennio  di  raccoglimento.  19.  Terza  guerra  d'in- 
dipendenza. / 

Brescia.  —  Vedi  A  unir,  Bibb,  Commentari,  Losio,  Me/ani,  Papa,  Vinson. 

Ilricc'iolc  wtoriclte.  —  //  Sempiotic,  di  Aron  a,  n.  53,  1899. 

Vi  si  riproduce  buona  parte  di  una  lettera  che  S.  Carlo  Bor- 
romeo scriveva  da  Arona  il  19  ottobre  1584,  pochi  giorni  prima 
della  sua  morte.  È  tolta  da  un  numero  unico  pubblicato  a  Firenze 
nel  solenne  ingresso  dell'  arcivescovo  Mistrangelo. 

Bi*o.4(a€lola  (G.).  Vita  ed  opere  di  Paolo  Diacono.  —  Givi  dal  e, 
tip.  F.  Strazzolini,  1899,  in-16,  pp.  70. 

*  Bi'iickner  (Wilh.).  Die  Diphthonge  germanischer  Lehnwòrter  im 
Italienischen.  —  Zeitschrift  fiir  Romanischc  PJnlologie,  XXIV  Bd. 
Heft  I,  1900. 

Con  esempi  dei  dialetti  lombardi.  —  Agg.  nel  med.  fase,  a  pa- 
gina 127:  ScHUCHARDT  (H.).  Romanischc  Etymologien:  Xessin  (Ar- 
bedo)  :  papadùu. 

Bruno  (Agostino).  Il  podestà  Beccario  Beccaria.  —  Biilleitino  della  so- 
cietà storica  Savon.se,  1899,  a.  II,  numeri  8-4,  p.  148-151. 

—  (F.).  Un  crocifisso  di  Giovanni  da  Montorfano.  —  Biillettino  della  so- 
cietà storica  Savonese,  1899,  a.  Il,  n.  1-2,  p.  66-70. 

Briiiiclietli  (Ampellio).  La  Società  del  Giardino  in  Milano.  Memorie 
ed  appunti.  —  Milano,  Zanaboni  e  Gabuzzi,  1899,  in-i6,  pp.  184. 
Narra  le  vicende  della  fiorente  Società  del  Giardino,  dal  1788, 
anno  del  suo  inizio,  fino  ai  di  nostri. 

Biirckliarclt  (J.).  La  civiltà  del  rinascimento  in  Italia.  Trad.  ital.  di 
Valbusa.  Nuova  ediz.  accresciuta  da  G.  Zippel.  Voi.  I.  —  Firenze, 
Sansoni,  1899,  ii^A  pp.  xxii-835. 

Btii*g;ada  (G.).  "Il  Talismano,,  di  W.  Scott  e  i  "Promessi  Sposi  „. 
—  Fanfulla  della  domenica,  n.  3,  1900. 

Cairo  (Giov.)  e  Oiarelli  (F.).  Codogno  e  il  suo  territorio  nella  cro- 
naca e  nella  storia.  Voi.  II,  fase.  48-44.  —  Codogno,  tip.  edi- 
trice A.  G.  Cairo,  1899,  in-8,  pp.  225-256. 

Campana  (L).  Marengo.  Étude  raisoìmée  des  opérations  militaires 
qui  ont  eu  pour  théàtre  l'Italie  et  TAUemagne  au  printemps  1800 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFLl    STORICA    LOMBARDA  I7I 

d'après  la  correspondance  et  les  mémoires  de  Napoléon.  —  Pa- 
ris, impr.  Le  Normand,  1900,  iii-8  fig.,  pp.  216. 

'■  CaniiìRni  (dott.  Annibale).  Una  insigne  collezione  di  autografi.  (Car- 
teggio Angeloni-Rolandi-Giannini).  Notizia  e  Catalogo.  —  Milano, 
Albrighi,  Segati  e  C,  1900,  in-8,  pp.  xv-42. 

Catalogo  dei  mss.  e  autografi  della  importante  collezione  Ro- 
land], conservata  nel  Museo  Civico  di  Varallo,  e  dal  C.  riordi- 
nata. Intendasi  del  Rolandi,  il  noto  librajo  ed  editore  in  Londra, 
dove  fu  amico  e  protettore  (1801-1862)  del  Foscolo,  del  Pecchio, 
del  Rossetti,  del  Berchet,  dell'  Ugoni  e  di  tant'  altri  illustri  pro- 
fughi italiani.  —  Tra  i  carteggi  diretti  al  Rolandi  notiamo  quelli 
dell'Amari,  delFAngeloni,  dell'Arrivabeiie,  del  Berchet,  del  Bossi, 
del  Canina,  di  Gino  Capponi,  del  Gioberti,  del  Della  Marmora, 
del  Mamiani,  del  Manzoni,  del  Mazzini,  del  dall'Ongaro,  dell'Orioli, 
dell'Orsini,  del  Panizzi,  del  Petroni,  del  Pezzono,  del  Polidori,  del 
Rossetti,  del  Santarosa,  del  Tommaseo,  del  Torri  e  dell'Ugoni.  — 
Vi  troviamo  elencate  lettere  (e  sempre  con  breve,  chiaro  sunto) 
dell' Angeloni  alla  Milesi-Mojon,  a  Gabriele  Rossetti,  'al  duca  di 
Lodi  Melzi,  ecc.  E  ve  ne  hanno,  dirette  a  diversi,  di  Giulio  Car- 
cano,  Paolo  Ferrari,  Tommaso  Grossi,  Alessandro  e  Pier  Luigi 
Manzoni,  Giacomo  Medici,  duca  di  Lodi  Melzi,  Bianca  Milesi-Mo- 
jon, Vincenzo  Monti,  L.  A.  Muratori,  G.  Pecchio,  gen.  Domenico 
Pi^o  e  Camillo  Ugoni.  Notevoli  i  mss.,  abbozzi  e  stampe  del  Fo- 
scolo, che  servirono  al  Mazzini  ed  al  Rolandi  per  l'edizione  lon- 
dinese della  Divina  Commedia. 

Cancvari  (sac.  prof.  Enrico).  Lo  stile  del  Marino  nell'Adone.  Cap.  1. 
La  imitazione  da  Omero  al  Tasso.  §  4.  Da  varii.  (3.°.  Gerolamo 
Vida  e  Famiano  Strada.  —  Scuola  Cattolica,  nov.-dic.  1899. 

Cappi  (R.).  -Castelleone  nella  carestia,  negli  alloggiamenti  e  nella  pe- 
ste (1621-1632).  —  Atti  e  comunicazioni  del  Circolo  di  studj  Crtmo- 
nesi,  II,  I,  1899. 

Carotti  (Giulio).  Pitture  decorative  di  vòlte  in  Lombardia.  Con  tav. 
e  fig.  —  Arte  italiana  decorativa,  a.  Vili,  1899,  n.  8. 

I.  Vòlta  dipinta  dal  Borgognone  nella  sagrestia  di  S.  Maria 
della  Passione  in  Milano.  IL  Decorazione  della  vòlta  nella  cap- 
pella degli  Apostoli  nel  Santuario  di  Saronno.  Opera  di  Bernardino 
Luini. 

'•  Carreri  (F.  C).  Un  aneddoto  della  contessa  Matilde.  —  Atti  e  Me- 
morie R.  Deputazione  di  storia  patria,  di  Modena,  serie  IV,  voi.  IX 
(1899). 

Doc.  del  1107  tolto  dall'Archivio  Gonzaga  in  Mantova. 

CarUvrl^lit  (lulia).  Beatrice  d'  Este  duchess  of  Milan,  1475-1497.  — 
N  e  w  -  Y  o  r  k  ,  Dulton  and  C.e  1899,  in-8. 


173  BIBLIOGRAFIA 


€^nwnno%-a  (Eugenio).  Lodovico  il  Moro,  1479,  —  Siena,  1899. 

Caliiloffo  della  mostra  pariniana  nella  biblioteca  nazionale  di  Brera, 
Milano,  26  novenìbrc  1899.  —  Milano,  tip.  M.  Hcllinzaghi,  1899, 
in -8,  pp.  37. 

Cenni  (Q.).  L'artiglieria  italiana  nelle  gifer;-e  napoleoniche.  Con  ili. 
—  Rivista  lii  artiglieria  e  genio,  novembre  1899. 

Artiglieria  lombarda  1796.  —  Idem  bresciana  1796.  —  Jc/cni  Ci- 
salpina 1797  e  1798.  —  Artiglieria  delle  divisioni  Pino  (ex  Cisal- 
pina) e  Lecchi  (ex  Italica).  —  Scuola  teoretica  d'  artiglieria  in 
Pavia.  —  Il  capitano  Giacinto  Biondini,  1800  (a  Corteolona),  — 
Nella  parte  II:  storia  dell'artiglieria  del  Regno  d'Italia  e  sua  par- 
tecipazione alle  campagne  1805-1814. 

Ceroni  (prof.  G.  B.)^  La  prima  vita  del  R.  Istituto  nazionale  pei  sor- 
domuti in  Milano  e  l'opera  importante  di  Giuseppe  Bagutti  da 
Rovio.  —  Relazioni.  Note.  Appunti.  Documenti.  —  Milano,  fra- 
telli Bocca  editori,  1900,  gr.,  in-8,  pp.  xLviii-235-8r,  con  ritr.,  ili.  e 
fac-simile. 

Cliatelaln  (Éniile^  Un  palimpseste  inconnu  de  Pline  l'Ancien  (con- 
serve au  grand  séininaire  d'Autun).  —  Journal  des  savants,  gen- 
najo  1900. 

Cian  (V.).  Un  codice  ignoto  di  rime  volgari  appartenuto  a  B.  Casti- 
glione. Appendice;  Indice  dei  capoversi;  Note  aggiunte.  —  Gior- 
nale storico  della  letteratura  italiana,  fase.  io3  (1900). 

Cipollini  (Antonio).  Carlo  Maria  Maggi;  con  introduzione,  comme- 
morazione, note  ed  una  nuova  tavola  genealogica  della  famiglia 
Maggi.  —  Milano,  U.  Hoepli,  1900. 

Cfr.  i  cenni  di  R.  Barbiera  in  "  Illustrazione  italiana  „,  n.  7,  1900. 

Cog;gl  (G.).  Glorie  Cremonesi  meno  note.  Il  letterato  Giuseppe  Mon- 
tani (1789-1833).  —  //  Torrazzo,  n.  14,  io  dicembre  1899. 

*  Co^o  (G.).  La  guerra  di  Venezia  contro  i  Turchi  (1499-1501).  —  Nuovo 

Archivio  Veneto,  t.  XVIII,  parte  I  e  II  (Venezia,  1899-1900). 

Esame  minuto  delle  fonti  contemporanee;  la  politica  di  Lo- 
dovico il  Moro  eccitante  il  Turco  contro  la  Repubblica. 

ColarletI  Tosti  (prof.  P.  G.).  Dinanzi  alla  Gioconda  di  Leonardo  da 
Vinci.  —  Arte  e  storia,  n.  18-20,  1899. 

*  Colli  (B.).  Di  una  recente  interpretazione  data  alle  sculture  dell'ar- 

chivolto nella  porta  settentrionale  del  duomo  di  Modena.  —  Atti 
e  Memorie  della  R.  Deputazione  di  storia  patria,  serie  IV,  voi.  IX 
(1899)  e  tav. 

Interessante  per  l'architettura  lombarda  medioevale. 


BOLLETTINO    DI    BIBL10GRAFL\    STORICA    LOMBARDA  ]■-::> 

€oliiie$-iii  (prof.  Aurelio).  L'esposizione  artistica  di  Como  1899.  Arte 
Sacra.  —  Monitore  tecnico,  n.  25,  1899. 

Colonibaiiì  (Alfredo).  L'opera  italiana  nel  secolo  XIX.  —  Milano: 
tip.  del  "Corriere  della  Sera,,,  1900,  in-4  fìg. 

4.  Gaetano  Donizetti.  5.  Giuseppe  Verdi. 

Coloinho  (Angelo).  Comune  e  provincia  di  Como  :  n-ozioni  di  geo- 
grafia per  la  terza  classe  elementare  di  Como,  s.'^  ediz.  —  Como, 
V.  Omarini  edit.,  1899,  in-8,  pp.  82,  con  3  tav. 

*  —  La  fondazione  della  Villa  Sforzesca  secondo  Simone  del  Pozzo  e 

i  documenti  dell'  Archivio  Vigevanasco.  {ContX    —    Bollettino  sto- 
rico-bibliografico subalpino,  a.  IV,  n.  IV-VI  (1899). 

■^  Comancliiii  (Alfredo).  L'Italia  nei  Cento  Anni  del  sec.  XIX  giorno 
per  giorno  illustrata.  —  Milano,  Antonio  Vallardi,  1900,  di- 
spense 2-6,  in-16  ili.  pp.  49-828. 

Sempre  preponderante  la  parte  concernente  Milano  e  la  Lom- 
bardia in  queste  5  dispense  che  abbracciano  gli  anni  1802-1808,  e 
che  vanno  notate  per  le  copiose  e  belle  illustrazioni  in  tavole 
fuori  testo,  pagine  intere  nel  testo  e  incisioni  intercalatevi. 

*  Coiiinieiitari  cleirAlcneo  eli  Bretiela  per  l'anno  1899.  —  In-8. 

Brescia,  tip.  Apollonio,  1899. 

MoLMENTi  (P.).  Lettere  del  Barone  di  Ransonnett  all'architetto 
Vantini  intorno  all'opera  del  pittore  Moretto.  —  Cassa  (avv.  A.) 
Di  un  processo  ad  civilitates,  svoltosi  nella  nostra  città  l'a.  1646 
Documenti  e  considerazicni. 

Como  e  Valtelll\a.  —  Vedi  Belvedere,  Bibb,  Biscaro,  Bollettino,  Ce- 
roni, Colmegni,  Colombo,  Faggion,  Fiorini,  Gauthiez,  Heigenmooser, 
Jeckliu,  Lavori,  Malaguzzi,  Negri,  Fantini,  Periodico,  Pesce,  Plinio, 
Rivista,  Roit,  Salis,  Schellhass,  Secretante  Steinmann,  TarameUi,  Va* 
ler,   Volta. 

Cordara  (Giulio  Cesare).  Scritti  inediti  e  documenti  relativi.  —  M  o- 
dena,  tip.  della  Società  tipogr.  antica  tip.  Soliani,  1899,  ln-4  fig., 
pp.  89  con  fac-simile  e  tavola.  (Pubbl.  dal  prof.  Giuseppe  Alber- 
totti  per  il  5o.°  anniversario  di  laurea  dottorale  di  Giovanni  Al- 
bertotti). 

I.  Prefazione.  —  2.  Scritti  del  Cordara:  lettere  al  Lagomar- 
sini  ;  lettera  ad  Eugenio  Guasco;  dedica  al  principe  Albani  del 
poema  La  fondazione  di  Nizza;  lettere  al  Tiraboschi  :  sonetto  ed 
iscrizione  riguardanti  Calamandrana.  —  3.  Bibliografia.  —  4.  Ap- 
pendice: intestazioni  delle  poesie  inedite  contenute  nei  volumi 
(n.  144  e  n.  145  della  bibliografìa)  ;  due  sonetti. 


BIBLIOGRAFIA 


('4>rlo  (dott.  Lodovico).  Giuseppe  Parini.  Con  ili.  —  Raccoglitore  delle 
cartoline  illustrate,  a.  I,  n.  9,  novembre  1899. 

('orli  (ardi.  E.).  Lavori  in  ferro  della  Chiesa  di  Solaro  (ser.  XVII). 
—  Monitore  tecnico y  n.  2,   1900. 

Agg.  del  mcd.  A.:  Pro  Domo,  nel  n.  5  (1900). 

Cremona.  —  Vedi  Bartoli,  Berchet,  Canevari,  Cappi,  Coggi,  Galli,  Hol- 
(ler-Egger,  Mencik,  Pasini,  Roberti,  Salveraglio,  Simonsfeld,  Sommi, 
Stiìchelbcrg. 

Cresciiil  (V.).  Rambaut  de  Vaqueiras  et  le  marquis  Boniface  de 
Montferrat.  Nouvelles  observations.  —  Annales  da  midi,  ott.  1899. 

Agg.:  MoRiN-PoNS  (H.).  Monnaie  d'or  de  Guillaume  Paléologue, 
marquis  de  Montferrat,  in  Reviic  belge  de  numismatique,  n.  2,  1899. 

€i*i%'clliicci  (A.).  Ad  Pauli  Diac.  Hist.  Lang.  II,  i3  et  Ven.  Fort,  de 
Vita  Martini,  IV,  vv.  640-655.  —  Studi  storici.  Vili,  3  (1899). 

Dacicr  Henrictte.  La  lemme  d'après  Saint  Ambroise.  —  Paris, 
Ch.  Amat,  1899,  in-16  fig. 

*  Dccio  (dott.  F.  Carlo).  La  peste  in  Milano  nell'anno  1451  e  il  primo 
Lazzaretto  a  Cusago.  Appunti  storici  e  note  inedite  tratte  dagli 
archivj  milanesi.  Con  4  illustrazioni  e  2  fac-simili.  —  Milano. 
Cogliati,  1900,  in-4  ili.,  pp.  35. 

Me  (Miiarinoiii  (Eugenio).  I  conservatori  di  musica  e  il  conserva- 
torio di  Milano.  —  Annuario  dell'arte  lirica  e  coreografica  italiana. 
Milano,  1898-99. 

De^aìvre  (Leo).  Les  almanachs  poitevins  aux  types  de  Larivey,  de 
d'Argoly  et  de  Milan.  (Extr.  du  Bulletin  de  la  Sociéié  des  antiqiiai- 
rcs  de  rOuest).  —  P  o  i  t  i  e  r  s  ,  impr.  Blais  et  Roy,  1899,  in-8,  12  pp. 

Wetlesscn  (D.).  Untersuchungen  uber  die  Zusammensetzung  der  Na- 
turgeschichte  des  Plinius.  —  In-8.  Berlin,  Weidmann,  1900. 

De  Vivo  (prof.  Catello).  Su  l'Aminta  di  T.  Tasso,  saggio  critico.  — 
Napoli,  tip.  Guerrera,  1899,  in-i6,  pp.  71. 

Dociimcnli  su  Bernardino  de' Rossi,  pittore  pavese.  [Dal  Ticino  di 
Pavia,  n.  i23,  18  ott.  1899I.  —  L'Arte,  a.  II,  fase,  XI-XII,  novembre- 
dicembre  1899. 

Oouavci*  (F.).  Lettere  di  Bianca  Rebizzo  a  Vincenzo  Ricci.  —  Gior- 
nale storico  e  letterario  della  Liguria,  a.  I,  fase.  I-II,  1900. 

Su  Bianca  De  Simoni,  moglie  a  Lazzaro  Rebizzo,  che  da  Mi- 
lano l'aveva  trasportata  a  Genova  facendole  condurre  vita  comoda 


BOLLETTINO    DI    B1BLI0GRAFL\    STORICA    LOMBARDA 


17? 


ed  elegante,  malgrado  i  cenni  biografici  del  Crocco,  manca  un  la- 
voro sul  genere  di  quello  che  R.  Barbiera  compiè  intorno  al  sa- 
lotto della  Contessa  Mafìei.  In  casa  della  Rebizzo  frequentavano 
i  migliori  cittadini  di  Genova  e  moltissimi  dei  rifugiati  politici, 
prima  e  dopo  il  1848.  Sei  lettere  si  riproducono  della  Rebizzo  di- 
rette dall'aprile  al  giugno  del  '48  al  marchese  Ricci,  quando  egli 
era  ministro  dell'  interno  di  Carlo  Alberto. 

Diiboiilox  et  Folliet.  Le  general  Dupas  —  Italie  —  Égypte  —  Grande 
Armée,  1792-1813.  —  Paris,  Chapelot,  1899,  in-8. 

Duomo  di  llìlaiio.  —  La  questione  della  facciata  del  Duomo.  — 
La  Perseveranza,  2.2,  gennajo  1900. 

Riassunto  della  conferenza  a  favore  della  facciata  attuale,  te- 
nuta dal  d/  Carotti  al  Circolo  filologico. 

Duomo  di  Milano.  —  Vedi  Beltraiìii,  Manfredini,  Mdani,  Sanf  Ambrogio. 

Ecclesiastica.  —  Vedi  Agiografia,  Barbier,  Berioglio,  Bianchi,  Bollet- 
tino, Cordara,  Fricdcnsbiirg,  Kiipke,  Lucchini,  Meyer,  Morin,  Schell- 
hass,  Stiickelbcrg,   Tocco. 

Edifici  militari»  Prospetti  e  particolari  architettonici.  Dispensa  3.''^  : 
Cavallerizza  detta  del  Castello  di  Milano.  Un  foglio  di  testo  e  una 
tav.  in  lit.,  33  X  4^  cm.  —  Roma,  Ministero  della  Guerra,  1900. 

Ejfiiiciiliardt  (Frz.).  Bosisio.  —  Die  Ziikunff,  Vili,  8. 

Fallila  (C.  F.).  Maria  Gaetana  Agnesi.  —  Rassegna  nazionale,  16  feb- 
brajo  1900, 

Faliriczy  (C.  von).  Ambrogio  Volpi  da  Casal-Monferrato.  —  Reper- 
torium  far  Kimstimssenschaft  XXII  Bd.,  4  Heft,  1899,  p.  889. 

Riassunto  dell'articolo  del  d.*"  Sant'Ambrogio  sul  Volpi,  autore 
del  tabernacolo  sulFaltar  maggiore  della  Certosa  di  Pavia,  eseguito 
nel  i568. 

Facoiiti  (Arturo).  Milano  vecchia  che  scompare  [via  e  piazza  delle 
Galline].  —  Il  carcere  della  Malastalla.  —  La  Perseveranza,  8  e  i3 
gennajo  1900. 

Fas;g:ion  (prof.  B.).  Il  viaggio  di  Magellano  e  il  De  orbe  ambito  di 
Pietro  Martire  d'Anghiera.  —  Ferrara,  stab.  tip.  ditta  G.  Bre- 
sciani, 1899,  in-8,  pp.  44. 

*  FilelTo  (Francesco).  Al  doge  Francesco  Foscari  per  gli  esuli  Zaratini. 
Orazione,  edita  per  la  prima  volta  da  Giovanni  Benadduci  secondo 
il  codice  H.  III.  8  della  Biblioteca  nazionale  di  Torino.  —  To- 
lentino, tip.  Fr.  Filelfo,  1900,  in-8  gr.,  pp.  14.  (Nozze  Bezzi-Pace). 


\r6  BIBLIOGHAFIA 


AI  testo  di  questa  breve  orazione,  il  H.  la  seguire  V  elenco 
delle  altre  orazioni,  latine  e  volgari,  del  Kileltb,  delle  quali  non 
gli  sembra  quasi  fatta  finora  menzione  dagli  storici  [non  ve  n'  ha 
di  argomento  milanese],  riserbandosi  di  pubblicare  in  altra  occa- 
sione quello  di  altri  suoi  componimenti  letterari  di  genere  diverso, 
egualmente  sfuggiti  finora  alle  indagini  degli  studiosi.  [V.  Foschirti]. 

Flll|i|>inl  (dott.  Enrico).  Piermariniana.  Saggio  sulla  bibliografia  e 
sugli  autografi  dell'architetto  Giuseppe  Piermarini. —  F'oligno, 
tip.  S.  Carlo,  1900,  in-16,  pp.  40.  (Dalla  "  Gazzetta  di  Foligno  „, 
a.  XV,  n.  22-5 1). 

Filologia  e  storia  letteraria.  —  Vedi  Amalfi,  Amiir,  Arenaprimo, 
Bonomi,  Briickner,  Campani,  Canevari,  Clan,  Cipollini,  Cordava, 
Faggion,  Filelfo,  Folengo,  Fontana,  Fumagalli,  Funck,  Gabrielli, 
Lo  Parco,  Mandalari,  Manzoni,  Marzi,  Mascheroni,  Milano,  Miill- 
ner.  Mussato,  Novali,  Patrucco,  Plinio,  Rostagno,  Sacchi,  Salvioni, 
Schanzer,  Scheid,  Spinelli,   Tasso,   Tedc^hi,    Virgilio. 

Fiorini  (V.).  Gli  scritti  di  Carlo  Alberto  sul  1821.  —  Roma,  1899. 
("  Biblioteca  del  Risorgimento  italiano  „,  1.''  serie,  voi.  XII). 

—  C.  Cantù  e  F.  D.  Guerrazzi  (lettere  inedite,  a.  1868).  —  Rivista  d'I- 
talia, i5  geiinajo  1900. 

FirnieiBick-lticliarlx  (E.).  Der  Meister  des  big.  Bartholomàùs.  Stu- 
die  zur  Geschichte  der  altkòlnischen  Malerschule.  —  Zeitschrift 
Jiìr  kirchliche  Knnst,  a.  XII,  fase.  IX,  1899. 

A  p.  270,  272,  disegno  e  notizie  sul  trittico  "  La  nascita  di 
Cristo  „,  fatto  per  Francesco  Sforza,  ora  nella  R.  Galleria  di  Bru- 
selles. 

Foà  (Arturo).  Isabella  Roncioni  e  Teresa  (Jacopo  Ortis;  1799-1803).  — 
Flegrea,  n.  5-6,  20  dicembre  1899  (Napoli). 

Folengo  (T.).  U Agiomachia  edita  con  introduzione  e  note  dal  dottor 
prof.  A.  Rafanelli.  II.  Passio  Sancti  Apollinaris  pontificis.  —  Sa- 
lerno, Fruscione  e  Negri,  1899. 

Fontana  (Ferdinando)  Antologia  Meneghina.  —  B  e  1 1  i  n  z  o  n  a ,  sta- 
bilimento tip.  Colombi,  1900,  in-4  gr.,  pp.  xxxvi-428,  con  ritratto  e 
fac-simili. 

Fosclilni  (Lu.  M.).  Polemica  d'altri  tempi;  ricorrendo  le  feste  cen- 
tenarie di  F.  Filelfo.  (Estr.  dalla  Rivista  novissima,  voi.  lì,  fase.  II). 
—  Napoli,  stab.  tip.  di  Gennaro  M.  Priore,  1899,  in-8,  pp.  28. 

*  Frleileniiihurg;  (W:?lter).  Der  Briefwechsel  Gasparo  Contarini's  rait 
Ercole  Gonzaga,  nebst  einem  Briefe  Giovanni  Pietro  Carafa's.  — 
Qnellen  und  Forschungen  dell'  Istituto  storico  prussiano  in  Roma, 
voi.  III,  fase.  I  (1900). 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGR AFLV    STORICA    LOMBARDA 


// 


Wrif/Aoni  (G.).  La  R.  Pinacoteca  di  Brera  in  Milano  nuovamente  il- 
lustrata dalla  ditta  Braun  e  C.'  di  Dornach  (Alsazia)  e  Parigi.  — 
^rte  e  storia,  n.  14,  1899. 

Discorre  del  volume  Les  peinhires  de  la  Pinacothèque  Royale, 
palais  Brera  à  Milaii.  Maison  Ad.  Braun  et  C.  ■=  (Paris  et  New-York, 
1899). 

Fiiiiiaft'alli  (Giuseppe).  Una  lettera  inedita  di  Bodoni,  in-4  ili.  (Nozze 
Bemporad-Benedetti).  —  Bergamo. 

Colla  quale  il  celebre  tipografo  accompagna  al  Tiraboschi  un 
esemplare  dell'Aristodemo.  V'ha  unita  la  riproduzione  in  fotocal- 
cografia del  ritratto  bellissimo  del  Bodoni,  dipinto  dall'  Appiani, 
che  si  conserva  nella  pinacoteca  parmense. 

FiiBK'k-Breiitaiio  (Fr.).  Une  faculté  de  médecine  au  XV*^  siècle.  — 
Reviie  des  étitdes  historiqiies,  t.  II,  n.   1,  gennajo-febbrajo   1900. 

Secondo  la  biografìa  del  Ferrari  de  Grado,  prof,  a  Pavia,  1432- 
1472,  pubblicata  dal  d.''  H.  M.  Ferrari. 

<;alìi*iclli  (A.).  Il  poeta  soldato  (a  proposito  della  pubbl.  del  Manto- 
vani su  I.  Nievo).  —  Fanfidla  della  domenica,  n.  3,  1900. 

—  (G>).  Leonardo  da  Vinci  filosofo  e  letterato.  —  Rivista  bibliografica 
italiana  (Firenze,  IV,  23-24). 

<;;ialilei  (Galileo).  Le  opere.  Edizione  nazionale.  Voi.  IX.  —  F  i  r  e  n  z  e. 
Barbèra,  1899,  in-4  fi»- 

I.  Scritti  letterari:  2.  Considerazioni   al  Tasso. 

«filili  (P.).  Janello  Torriani.  —  Il  Torrazzo,  a.  II,  n.  3  (1900). 

Garofalo  (F.  P.).  Encore  un  mot  sur  la  question  du  passage  des  Al- 
pe5  par  Hannibal.  —  Reviie  de  V  instriictìon  ptibliqitc  cn  Belgique, 
n.  5,   1899. 

"  On  ne  pourra  jamais  connaìtre  quelle  voie  a  suivie  le  grand 
Carthaginois„. 

C.aiifly  (Alice  Freiin  von).  Tasso's  letzter  Traum.  Gedicht.  —  Bìihne 
und  Wclt,  2  Jahrg.  n.  5  (1899). 

C;aiilliicK  (P.).  Notes  sur  Bernardino  Luini.  III.  —  Gazette  des  beanx 
arts,  gennajo  1900. 

<^avas:nin  (prof.  Kob.).  La  legge  secondo  un  grande  poeta  italiano 
(Parini):  breve  commento  al  principio.  —  Venezia,  tipografia 
F.  Garzia  e  C,   1900,  in-8,  pp.  8. 

€;eblini*€lc  (E.).  La  mort  de  Gaston  de  Foix.  —  Revite  poliiique  et  Ut- 
ter  air  e,  5  febbrajo  1900. 

Arch.  Star.  Lomb,  —   Anuo  XXV IL    -  Fase.  XXV.  12 


fìlHi.lJliKAI-iA 


€■«'■1(111*  (<i.).  (1.  l'ariiii  nel  primo  centenario  della  sua  Jiiortc  — 
C  a  s  t  e  1  V  e  t  r  a  n  o  ,  Lentini,  1899. 

—  Rosmini  e  Gioberti.  —   Annali  della  K.  .S<  udì  n.  ..,,,11  - 

di  l^sa.  Filosofia  e  filologia,  voi.  XI II,  1899. 

<;liÌ!i»alherll  (Ida).  Saggio  critico  sulla  letteratura  storica  del  Risor- 
liinicnto  italiano  durante  il  secondo  periodo  delle  guerre  d'  indi- 
pendenza ((859-1860).  —  Lodi,  tip.  dell'Avo,  1899,  in-8gr.,  pp.  2k5. 

(■iovaniilnl  (Gemma).  Le  donne  di  casa  Savoja  dalle  origini  della 
famiglia  lino  ai  nòstri  giorni.  —  Milano,  Cogliati,  1900,  in-8, 
con  ritratto. 

Vili.  Maria,  moglie  di  Filippo  Maria  Visconti,  n.  1411,  m.  1458 
|m.  invece  nel  1469,  cfr.  Arch.stor.  lomh.,  1892,  p.  386 1.  —  XL  Bona, 
moglie  dì  Galeazzo  Sforza,  n.  1449,  m.  i5o3  (con  ritr.).  —  XVIII. 
Mai'gh'ì'ita  di  Savoja,  duchessa  di  Mantova,  n.  1589,  m.  i655  (con 
ritratto).  Lavoro  di  compilazione. 

Gonzaga.  —  Vedi  Bergamaschi,  Friedensbiirg,  Kristellcr,  Kiipkc,  Lazio, 
Rivoire,  Rostagno,  Sforza,  Spinelli. 

<«rafTeo  (Salvatore).  Giuseppe  Parini  :  suoi  tempi,  sua  vita,  sue  open:, 
in  occasione  del  centenario  della  sua  morte,   i5  agosto  1799-1899. 

—  Palermo,  Casa  edit.  Era  Nova,  1900,  in-16,  p.  82. 

€^re$;oi*ìo  (G.  de).  Ultima  parola  sulla  varia  origine  del  San  Fratel- 
lano,  Nicosiano  e  Piazzese.  —  Romania,  n.  109. 

Origine  alto-novarese  della  parlata  sanfratellana. 

<>i*cppi  (Graf  von).  Erinnerungen  eines  alten  Diplomaten.  II.  Wien, 
September  1842  bis  Juni  1848.  —  Deutschi  Reviie,  24  Jahrg.,  di- 
cembre 1899. 

d'Ogni  (Tommaso).  Marco  Visconti  :  storia  del  trecento  cavata  dalle 
cronache  di  quel  tempo.  —  Firenze,  tip.  A.  Salani,  1900,  in-16 
pp.  287  con  tavola.  ("Biblioteca  Salani  illustrata,,,  n.  21). 

Ilartiiianii  (L.  M.).  Zur  Feier  des  Paulus  Diaconus.  —  Die  Nation, 
XVI,  n.  52. 

—  Bcmerkungen  zu  den  àltesten  langobardisclien  Kònigsurkunden.  — 

Nciies  Archiv  fiìr  altere  dcutsche  Geschichte,  Ed.  25,  Heft  2. 

Ilcigenmooser  (I.).  Rechenbuch  von  Wertema  von  Plurs  \Piuro\ 
von  1593.  —  Zùtschrift  des  Miìnchner  Altertiuns-Vereins,  Jahrg.  9 
(1898). 

IIocl;^kiii  (Th.).  The  Historical  Congress  at  Civicale  [Paolo  Diacono]. 

—  The  Conteìnporary  Revieiv,   novembre  1899. 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA 


^79 


Ifotlg^kiii  (Th.)-  Italy  and  her  invaders.  Voi.  VII:  744-774,  Iran kisrh 
nations  ;  volume  Vili:  774-814,  frankisch  empire.  —  London, 
Frowde,  1900,  in-8,  pp.  756,  ili. 

llolflcr-l<]s:ft-ei*  (O.).  Ueter  die  "  Annales  Cremonenses  „.  —  Ntues 
Avcìiiv  fiir  altere  deutsche  Geschichic,  Bd.  25,  Ilel't  2. 

Iloltzniaiiii  (Robert).  Die  Urkunden  Kònig  Arduins.  —  Neues  Ar- 
cliiv,  2.5  Bd.,  2  Heft  (1900). 

"  IIiielTer  (IL).  La  campagne  de  1799.  L'armée  russe  en  Suisse.  — 
Reviie  lìistorique,  marzo-aprile  1900. 

T.  Souvarof  a-t-il  appris  à  temps  que  la  route  du  Gothard  se 
termine  brusquement  à  Alteri'?  —  IL  Les  troupes  russes  jugées 
par  Kosciusko. 

Infra  (G.  B.).  Mons.  Antonio  Parazzi.  —  Mantova,  tip.  della  Gaz- 
zetta,  1900,  in-8,  pp.  14. 

Agg.  Grablnsky  (G.).  Mons.  Antonio  Parazzi,  in  Rassegna  na- 
zionale, 16  febbrajo   1900. 

"  laeliino  (Giovanni).  Storiografìa  Alessandrina.  (Alessandria  dalle 
sue  origini  alla  pace  di  Costanza).  —  Rivista  di  storia  e  archeologia 
di  Alessandria,  a.  Vili,  luglio-settembre  1899. 

leckllii  (Fritz).  Die  Kanzlei-Akten  der  Regentschalt  des  Bistums 
Chur  aus  den  Jahren  1499-1500.  Als  Fortsetzung  von  Mohrs  Cedex 
diplomaticus  VII.  Band.  —  XX Vili  lahresbericht  der  hisior.-antiq. 
Gesellschaft  von  Graiibùnden  (Chur,  1899). 

Qualche  documento  degli  anni  1499-1500  per  le  relazioni  tra 
i  Grigioni,  Poschiavo,  la  Val  Bregaglia,  la  Valtellina  e  il  duca  di 
Milano.  Salvacondotti  per  Galeazzo  Visconti  e  Gio.  Angelo  Porro, 
legati  del  Moro  alla  dieta  grigione,  e  lettera  al  Trivulzio. 

''  lung;  (lulius).  Bobbio,  Veleia,  Bardi.  Topographisch-historische  Ex- 
curse.  —  Mittheilungen  des  Instititts  fiìr  oesterreichische  Geschichts- 
forschung,  XX  Bd.,  4  Heft  (1899). 

I.  Bobbio.  2.  Veleia  und  das  piacenti nische  Geliinde  [utile  per  la 
calata  del  Barbarossa  e  di  Corradino  di  Svevia\  3.  Bardi  und  die 
Apenniìiiibergange  [guerre  dei  Piacentini  e  dei  feudatarj  Pallavi- 
cini, Landi,  Scotti  coi  Cremonesi].  4.  Bardi  ini  frùheren  Mittelalter. 
—  Interessante  monografia  per  la  topogralìa  storica  lombarda. 

*  Kelir  (P.).  Papsturkunden  in  Venczien  und  Friaul.  Berichte  tìber 
die  Forschungen  L.  Schiaparelli's.  (Aus  den  "  Nachrichten  der 
K.  Gesellschaft  der  Wisserschaften  zu  Gottingen,  Philol.-histor. 
Klasse  „,  1899,  Mefte  2-3)  in-4.  [Gottingen,  1900]. 

Cfr.'  pp.  198-99  e  221  per  le  bolle  degli   Archi vj  di  Mantova. 


l80  BIBMOGRAKIA 


l4iiai»|>ri'(  (L.).  Bladzijdcn  uit  de  bcschavingsgcschiedenis  dcr  Lan- 
gobardcn.  —  Asson,  vaii  Gorcuni;  in-8,  pp.  viii-79. 

Morii  ((iottfried).  Die  Kntstehung  dcr  italiciiischen  Rcpul^lik  (180J-2). 

—  Ilistorisc/ie  Zfiisc/irift  2.*'^''  Ilcft,  Bd,  84  (Monaco,  1900). 

Kraiiìn  (V.).  Itinerarium  Maxiiniliani  J,  i5o8-j5i8.  —  W  i  e  n ,  Gcrold, 
1899,  in-8  gr.,  pp.  90. 

KriKlcllor  (Paul),  l^arbara  von  Brandenburg,  Markgràfìn  von  Mantua. 

—  llolìcuzoUenì-lahrbHcìì,  1899.    (Berlin-Leipzig,  Gieseckc  und  Dc- 
vrient),  pp.  66-85,  in-4,  con  ili.  e  2  tav. 

]5iograria  di  Barbara  di  Brandenburgo,  nìarchesa  di  Mantova, 
con  speciale  riguardo  alTambiente  artistico.  Lavoro  che  ci  prcan- 
nuncia  Ciucilo  consacrato  al  Mantegna  che  il  K.  sta  per  dar  in  luce. 

*  Kii|>ke  (Georg.).  Uas  Familienarchiv  der  Capilupi  zu  Mantua.  L 
Die  Correspondcnzen  Ippolito  Capilupi's,  Gesandten  der  Gonzaga 
in  Rom,  pàpstlichen  Nuntius  in  Venedig.  —  Oitellcn  tind  Forscìnm- 
_grn  aits  iialien.  Arcliiven  imd  Bibliothr.ken  herausgegb.  7'0)n  Kg/.  Prcus- 
sischen  Histor.  Insiitnt  hi  Rom,  Bd.  Ili,  Helt  i  (1900). 

I^  a  n  Tra  II  e  Ili  (can.  Isacco  Maria).  La  gemma  di  Bergamo  ossia  .S.  Grata 
Vergine.  —  Bergamo,  tip.  S.  Alessandro,  1899,  in-16,  pp.  3o. 

Iiatte«  (Alessandro).  La  campana  serale  nei  sècoli  XIII  e  XIV  se- 
condo gli  Statuti  delle  città  italiane.  (Estratto  dalla  "  Biblioteca 
storico-critica  della  letteratura  dantesca,,,  voi.  IX-X).  —  Bolo- 
gna, N.  Zanichelli,  1899,  in-8,  pp.  16. 

L.a%'oi*i  (Alcuni)  d'arte  nella  città  di  Spili mbergo.  Con  tav.,  dettagli 
e  figure.  —  Arte  italiana  decorativa,  a.  Vili,  n.  7,  1899. 

Nel  duomo  la  porta  settentrionale  è  opera  di  maestro  Zenone 
da  Campione  (iSyó)  ;  gli  ornarnenti  della  Cappella  del  Rosario  (1490) 
sono  di  Giovanni  Antonio  Pilacarte,  figlio  di  Tomaso,  di  Carona, 
villaggio,  ove  nacque  fra  tanti  architetti  e  scultori,  il  padre  del 
gran  Pietro  Lombardo.  Il  Pilacarte  fece  altri  lavori  in  Spilimbergo. 
(—  Altre  illustrazioni  nei  n.  8-9). 

L.eoiiai*ilo  <la  Viiici.  —  Oitarterly  Revieiv,  ottobre  1899. 

Leonardo  da  Vinci.  —  Vedi   Colar ieti,   Gabrielli,  Mazzoni. 

Lielicnaii  (d.'"  Th.).  Die  Schlacht  bei  Bex  vom  Jahre  574.  —  Katho- 
lische  Stinveizer-Blattcr,  1899,  p.  484-85. 

Sconfitta  dei  duci  longobardi  Taloardo  e  Muccio  presso  Bex 
ncir  a.  574. 

I^igiiria,  Piemonte  e  Lombardia.  Catalogo  delle  riproduzioni  foto- 
grafiche dei  fratelli  Alinari.  —   In-8.  Firenze,  Barbèra,  1899.     . 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA  l8l 


lioeatclli  (C).  Maria  Gaetana  Agnesi.   —   Milano,  1899. 

Lodi.  —  Viaggiatori  italiani:  Alessandro  Lodi  {•{'  1648).  —  L" Universo, 
n.  23,  1899,  i5  dicembre. 

Lodi.  —  Vedi  Agnelli,  Archivio,  Cairo,  Mencik,  Poggi. 

Longobardi.  —  Vedi  Andrichy  Hartmann,  Knappert,  Liebenau,  Paolo 
Diacono. 

Lo  Pare»  (Francesco).  Aulo  Giano  Parrasio.  Studio  biografico-critico. 
—  Vasto,  tip.  Anelli,  1899,  in-8,  pp.  xiv-190. 

Interessa  il  soggiorno  del  Parrasio  in  Milano. 

I^oisio  (prof.  Luigi).  Pel  cinquantenario  delle  dieci  giornate  di  Bre- 
scia. —  Brescia,  tip,  Apollonio,  1899,  in-12,  pp.  47. 

ffaiccliini  (L.).  Storia  deirantica  basilica  di  S.  Maria  in  Scandolara 
Rivara.  —  Boz.zolo,  tip.  G.  Dallo  e  figlio,  1899,  in-i6,  pp.  40. 

ruxio  (Alessandro).  La  "  Madonna  della  Vittoria  „  del  Mantegna. 
Con  il]..  —  Emporiuni,  novembre  1899. 

Con  nuovi  documenti  e  correzioni  al  lavoro  del  Portioli,  il 
L.  rita  la  storia  del  celebre  quadro,  ora  al  Louvre,  ed  espone  per 
qual  motivo  vi  sia  sostituita  S.  Elisabetta  a  Isabella  Gonzaga,  che 
originariamente  doveva  figurarvi. 

—  Un'  apologia  di  Salvotti.  —  Perseveranza,  7  gennajo  1900. 

A  proposito  dell'opuscolo  di  Ugo  Salvotti,  nipote  dell'  inqui- 
sitore dei  processi  del  ventuno:  "  Un  po' di  critica  al  Y.  Gonfa- 
lonieri di  A.  D'Ancona  „   (Trento,  tip.  Scottoni-Vitti). 

llaCli.  Due  lettere  inedite  di  A.  Volta.  —  Annuario  storico  meteorolo- 
gico italiano,  voi.  II  (1899).  Torino,  1900. 

*  llajocclii  (Rodolfo).  Catalano  Cristiani,  notajo  visconteo.  Ricerche 
biografiche.  —  Pavia,  tip.  Artigianelli,  1900,  in-8  gr.,  pp.  45. 

ilalaKuzxi- Valeri  (Francesco).  Contributo  alla  storia  della  scultura 
a  Bologna  nel  quattrocento.  — •  Repertoriiim  fiìr  Knnstwisscnschaft, 
XXII  Bd.,  4  Heft,  1899. 

Per  Sperandio  da  Mantova  (1478)  cfr.  p.  290  segg.  —  Giacomo 
e  Stefano  da  Vigevano  lavorarono  nell'oratorio  de'  Domenicani  a 
Ronzano,  fuori  della  città,  nel  1488  e  a  loro  devonsi  forse  i  mo- 
delli per  le  decorazioni  in  terra  cotta.  Andrea  da  Conio  costruiva 
e  ornava  in  marmo  un  pogginolo  nel  giardino  degli  Anziani  in- 
torno al  1489  (cfr.  p.  298). 

—  Una  Madonna  del  Bergognone.  —   Rassegna  bibliografica   deW  art^ 

italiana,  a.  II,  n.  11-12,  1899. 

Quella  esposta  nella  mostra  d'  arte  sacra  di  Como. 


r^inr.iOGRAFiA 


lliinilalarl  {M.>.  Il  Handcllo  in  Calabria.  —  Catania,  Mattei  e  C, 
1899.  |V.  l\ìinivco\, 

llHiifriMliiii  (ing.  Achille).  La  facciata  del  Duomo  di  Milano.  —  Mo- 
nilorc  tecnico,  gcnnajo  J900. 

M.\NTOVA.  —  Vedi  Annuario,  Becr,  Bianchini,  Carreri,  Cian,  Folen^L^o, 
Gonzaga,  Intra,  Kehr,  Kupke,  Lucchini,  Luzio,  Malaguzzi,  Mcncik, 
Monticelli,  Nodari,   Virgilio. 

llniiKoiil  (A.).  I  Promessi  Sposi.  Storia  milanese  del  secolo  XVL 
scoperta  e  rifatta.  Nuova  edizione  a  cura  di  Alfonso  Ccrquetti, 
illustrata  da  Gaetano  Previati  e  preceduta  dai  cenni  biografici  per 
Luca  Bcltraini.  —  Milano,  U.  Hoepli;  1899,  in-4  fig.,  pp.  xxxiii- 
7i5  e  i3  tav.  in  eliotipia. 

*  —  Scritti  postumi,  pubblicati  da  Pietro  Brambilla  a  cura  di  Giovanni 
Sforza.  Voi.  I.  —  Milano,  Rechiedei,  in-8,  pp.  428. 

Cfr.  la  recensione  del  prof.  Vitt.  Ferrari  nella  "  Perseveranza  „ 
12  febbrajo  1900. 

—  Prenestini  (V.).  Manzoniana;  Giannini  (A.).  L'Introduzione  ai  "  Pro- 
messi Sposi,,;  Villani  (C).  11  sentimento  della  natura  nei  "Pro- 
messi Sposi  „.  —  Roma  Letteraria,  VII,   14,  17,  20. 

Manzoni.  —  Vedi  Balossi,  Bellezza,  Bertana,  Burgada,  Scherillo,  Zoccoli. 

ilarin<llfi  (G.  S.).  Hannibal's  route  over  the  Alps.  —  The  Classical 
Review,   voi.  XIII,  n.  5  (1899). 

ilarmottan  (P.).  Voyage  du  prince  Eugòne  à  Modène  en  1810.  — 
Carnet  historique  et  littéraire  di  Parigi,  i5  agosto  1899. 

Estr.  dalla  cronaca  modenese  dell'abate  Rovatti,  nell'Archivio 
di  Stato  modenese. 

lla»chci*oiii.  —  Ricordo  delle  feste  in  onore  del  s.  martire  Vittore 
in  Brembate  di  Sotto,  settembre  1899.  —  Bergamo,  stab.  tipo- 
grafico Bolis,  1899,  in-8,  pp.  12. 

Contiene  una  poesia   di    Lorenzo  Mascheroni    intitolata:  Per 
la  festa  di  ss.  reliquie  in  Brembate,  1782. 

ilassarani  (Tulio).  Carlo  Baravalle.  Conritr.  —  Illustrazione  italiana, 
n.  7,  1900. 

May  (L).  Die  Mailànder  Demosthcnes  =  Handschrift  D.  112  sup.  — 
Neue  ,philologische  Rundschau,  n.  28  (1899). 

Mazzi  (dott.  Curzio).  Le  Carte  di  Pietro  Giordani  nella  Laurenziana. 
—  Rivista  delle  biblioteche,  a.  XI,  n.  i,  1900. 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA  l83 

liaxxiiii  (Ubaldo).  Sopra  gli  autori  di  due  relazioni  anonime  di  Ge- 
nova,. —  Giornale  storico  della  Liguria,  a.  I,  fase,  I-II,  1900. 

La  2.'^  del  i588,  e  già  edita  dal  Camerini  e  dall'  Isola,  è  iden- 
tificata come  lavoro  del  milanese  Francesco  Marcaldi.  Ma  di  que- 
st' autore,  il  M.  avrebbe  potuto  dir  di  più,  in  linea  biografica:  ne 
ha  discorso  l'Avetta  in  questo  medesimo  Ar eluvio  nel  1890. 

llaxzotii  (G.).  Leonardo  da  Vinci  scrittore.  —  Nuova  Antologia,  i.°  gen- 
naio 1900. 

"  Meicr  (p.  Gabriel).  Die  Fortschritte  der  Palaeographie  mit  Hilfe 
der  Photographie.  Ein  bibliographischer  Versuch.  —  Centralblatt 
fiir  Bibliot/icksiuesen,  fase.  I-III,  1900. 

Interessante  saggio  bibliografico  delle  pubblicazioni  paleogra- 
fiche curate  col  sussidio  della  fotografia.  Non  si  tratta  di  un  nudo 
elenco  bibliografico,  ma  di  larghi  riferimenti  suU'  argomento.  È 
fatta  la  dovuta  parte  alle  pubblicazioni  italiane  del  Monaci,  del 
Vitelli,  del  Paoli  e  d'  altri.  Di  stampate  a  Milano  notansi  la  tra- 
duzione Fumagalli  del  Thompson  (Manuali  Hoepli,  1890),  l'edizione 
Ceriani-Porro  del  Rotolo  Opistografo  del  principe  Pio  di  Savoja 
ri883)  e  quella  Warren  de\Y  Antifonario  irlandese  di  /:?<7;7^w  del- 
l'Ambrosiana (1893). 

llelaiii  (A.).  Il  monumento  di  Marc' Antonio  Martinengo  della  Pal- 
lata a  Brescia.  —  Arte  e  storia,  n.  9-10,  1899. 

—  La  restauration  d'un  monument  de  Bramante.  —  Duomo  di  Milano. 

—  Constritction  moderne ,   12  agosto  1899  e   J7,  20  febbrajo   1900. 

*  llencik  (Ferd.).  Die  Reise  Maximilian  II  nach  Spanien  im  Jahre 
1548  —  Archiv  fiìr  oesterreicìiische  Geschichte,  Bd.  86,  I.^t^^  Hàlfte 
{1899). 

Viaggio  dell'arciduca  Massimiliano  in  Ispagna,  nell'a.  1548,  per 
governarvi  il  paese  in  assenza  dell'  imperatore  Carlo  V.  E  come 
reggente  e  più  ancora  come  indicato  fidanzato  dell'  infante  Maria, 
il  viaggio  ebbe  luogo  con  seguito  ed  apparati  degni  del  viaggia- 
tore illustre.  Da  Augusta  per  la  via  del  Tirolo  giungeva  a  Man- 
tova (3o  giugno)  e  per  Cremona,  Pizzighettone,  Lodi,  Vigevano, 
Alessandria  a  Genova  (22  luglio)  dove  s' imbarcò.  A  pp.  299  segg. 
si   riportano  le  spese  fatte  in  quei  diversi  paesi. 

Mejcr  (Alfred  Gotthold).  Die  Certosa  bei  Pavia.  —  B  e  r  1  i  n  -  S  t  u  1 1- 
gart,  W.  Spemann,  1899.  in-4,  con  19  fototipie  nel  testo  e  7  tav. 

—  (Wilhelm).  Die  Spaltung  des  Patriarchats  Aquileja.   —  Abìiandltm- 

gen  der  Gesellschaft  der   IVissenschaften  zu  Gòttingen,  1898. 

"  Uilano  Nanitarin.  Anno  V  (1900).  — -  Milano,  tip,  Faverio  di 
P,  Gonfalonieri,   1900,  in- 16,  pp.  820. 


184  BIBLIOGUAKIA 


1 


Milano.  —  Vòlta  di  una  Cappella  nella  Chiesa  di  S.  Angelo  a  Milano, 
~  Seconda  metà  del  secolo  XVI.  (Scuola  del  prof.  Pogliaghi  ncl- 
l'Accadeniia  di  Brera  a  Milano).  Cromolitogralia  [senza  testo].  — 
Arte  italiana  decorativa,  a.  Vili,  n.  3,  tav.  i3.^  (1899). 

—  Stoffe  del  Museo  Poldi-Pezzoli  in  Milano,  secoli  XV  e  XVJ.  (Pro- 

lessor  A.  Deon  dipinse  dagli  originali).  Cromolitografia  [senza  te- 
sto], —  Arte  italiana  decorativa,  a.  Vili,  n.  4,  1899,  tav.  19." 

—  istruzione  comunale.    —    Dizionario  illustrato  di  pedagogia  di   Mar- 

tinazzoli  e  Credaro,  voi.  Il,  fase.  87."^,  p.  697-7] 2. 

Milano.  —  Vedi  Annuario,  Barbier,  Beer,  Belvedere,  Bollettino,  Bruno, 
Bruschetti,  Ceroni,  Cipollini,  Comandini,  Decio,  De  Guarinoni,  De- 
saivre,  Donaver,  Duomo,  Edifici,  F^aconti,  Filippini,  Fontana,  Friz- 
zoni,  Locatelli,  Lo  Parco,  Manzoni,  Mazzini,  Monaci,  Morin,  Pri- 
nianti,  Rerum,  Rott,  Sant^ Ambrogio,   Vallardi,   Valej::i. 

Minoia  (Mario).  Commemorazione  di  Giuseppe  Parini,  tenuta  in  Lodi 
il  24  settembre  1899.  —  Lodi,  tip.  Operaja,  1899,  in-16,  pp.  62. 

llonaeì  (Ernesto).  Esempì  di  scrittura  latina  dal  sec.  I  di  Cristo  al 
XVIII  per  servire  all'insegnamento  paleografico  nelle  scuole  uni- 
versitarie, —  Roma,  Lux,  1898,  in-16,  pp.  8  e  52  tavolette. 

Tra  gli  esempì  inediti,  la  tav.  82.^  con  i  primi  22  versi  della 
Comedia,  secondo  il  cod.  braidense,  del  1847  circa.  —  Agg.  la  2/'* 
edizione  della  "  Paleographia  „  del  Thompson,  trad.  Fumagalli  (Ma- 
nuali Iloepli,  1899). 

lloiitieelli  (ing.  M.).  Una  nuova  opera  d'  arte  nella  chiesa  di  Osti- 
glia.    —  Monitore  tecnico,  n.   i,  1900. 

Monza.  —  Vedi  Bertana. 

Morin  (G.).  La  sputation,  rite  baptismal  de  Féglise  de  Milan  au  IV^ 
siede.  —  Revue  Bénédectine,  settembre  1899. 

MoKto  (Andrea  da),  L'  arma  del  genio  dello  Stato  Romano  durante 
la  guerra  per  V  indipendenza  d' Italia  del  1848  e  del  1849.  —  Ri- 
vista di  artigli:ria  e  genio,  ottobre  1899. 

lIottc-Koiig-e  (general  de  la).  Souvenirs  &  Campagnes.  Troisième 
serie:  Campagne  d'Italie  (1869),  in-8.  —  Paris,  Lethielleux  P., 
éditeur,   1900. 

Miìllnci*  (Karl.).  Reden  und  Briefe  italienischer  Humanisten.  Ein 
Beitrag  zur  Geschichte  der  Pàdagogik  des  Humanismas.  —  W  i  e  n , 
Alfred  Hòlder,  1899,  in-8,  pp.  3o5-x. 

Lettere  ed  orazioni  di  Gasparino  Barzizza  e  Francesco  Filello. 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA 


i85 


Miìntx  (E.).  L'ancieii  Maìtrc-autel  de  la  Chartreuse  de  Pavie.  — 
C/ironique  des  arts,  n.  d>g,  i6  dicembre  1899. 

L'altare  di  Carpiano  secondo  gli  articoli  del  d.'"  Sant'Ambrogio. 

iluiizcr  (F.).  Die  Quelle  des  Tacitus  far  die  Germanenkriege.  Anhang  : 
die  prokuratorische  Laut^balm  des  àlteren  Plinius.  --  Bonncr  Jahr- 
biìcher,  fase.  104. 

HtisiMato  (Albertino).  Ecerinide.  Tragedia  a  cura  di  Luigi  Padrin  con 
uno  studio  di  Giosuè  Carducci.  —  Bologna,  Zanichelli,  iqoo, 
in-8  gr.,  pp.  Lix-283. 

lliiMtard  (Wilfred  P.).  Tennyson  and  Virgil.  (Reprinted  from  the 
"  American  Journal  of  Philology  „,  voi.  XX,  n.  2).  —  Baltimore, 
1899,  in-8,  pp.  II. 

Cfr.  Bollettino  di  filologia  classica,  a.  VI,  n.  7,  p.  i63. 

lliizio  (V.).  Tre  disegni  dei  Fantoni,  intagliatori  bergamaschi.  (Con 
3  ili.).  —  Arte  italiana  decorativa,  a.  Vili,  1899,  n.  4. 

Napoleonica.  —  Vedi  Agnelli,  Bouvier,  Campana,  Campani,  Cenni,  Co- 
inandini,  Duhonloz,  Hneffcr,  Koch,  Marnioiian,  Bellini,   Tiietey. 


]%[egi*l  (Gaetano).  R.  Bonfadini. 


Matura  fd  .irte,   i5  nov.   1899. 


.\oflai*i  (FiL).  Osservazioni  critiche  sulla  vita  di  S.  Longino  martire 
neir  Ada  sanctorum  dei  pp.  Bollandisti,  ossia  difesa  della  tradi- 
zione mantovana  sul  lateral  sangue  di  N.  S.  G.  C.  conservato  nella 
basilica  di  S.  Andrea  in  Mantova.  —  Pavia,  tip.  dell'istituto 
Artigianelli,  1899,  in-8,  pp.  i3i. 

Novara  e  Ossola.  —  Vedi  Arienta,  Berchcm,  Biazzi,  Bollettino,  Bor- 
nate.  Campani,   Colombo,  Schmid,  Sforzesca,  Strobl. 

*  .\ovati  (F.).    I   Gogliardi    e   la   poesia   medievale.   —  Biblioteca  delle 

scuole  italiane,  gennajo  1900. 

*  —  Indagini  e  postille  dantesche.  Serie  prima.  —  In-8  gr.  B  o  1  o  g  n  a, 

ditta  Nicola  Zanichelli,  1899.  ["Biblioteca  storico-critica  della  let- 
teratura dantesca,  diretta  da  G.  L.  Passerini  e  da  P.  Papa  „,  IX-X]. 

III.  La  suprema  aspirazione  di  Dante  [coronazione  poetica  di 
Albertino  Mussato  e  di  Bono  da  Bergamo  "  inafìerabil  fantasma, 
per  entro  la  secolar  notte  d' obblio  che  lo  ravvolge  „].  IV.  Come 
Manfredi  s'è  salvato,  [Vi  è  largamente  discorso  di  Enrico  contedi 
Sparvara,  del  potente  casato  pavese  dei  conti  di  Lomello,  coe- 
taneo di  fra  Jacopo  d'Acqui,  l'autore  é&W Imago  Mundi,  che  dif- 
fuse la  tradizione  delle  parole  supreme  dello  Svevo  raccolte  da 
un  "conte  Enrico,,].  V.  La  ^^  squilla  di  lontano,,  è  quella  deW  Ave 


niBLIOGRAKIA 


Marini*  [opina  sia  invece  quella  »-he  suona  a  compieta,  l'ultima 
delle  ore  canoniche,  che  chiude  gli  uffici  diurni,  e,  col  canto  de  1- 
l'inno  Te  lucis  ante,  invoca  la  protezione  divina  per  la  notte  im- 
minente. In  appendice  a  questa  postilla  ed  in  servizio  di  essa  v 
listampata,  ampliata  e  rifatta,  la  nota  del  prof.  A.  Lattes  sulla: 
"  Campana  serale  nei  sec.  XIJI  e  XIV  „,  con  molti  esempi  dell'Ave 
Maria  serale  negli  statuti  delle  città  lombarde,  prime  Pavia  e  Mi- 
lano]. VI.  La  vipera  che  *l  Melanese  accampa  [Il  verso,  Piirg.  Vili,; 
80,  allude  ad  una  consuetudine  dell'esercito  milanese  di  non  porre 
mai  le  tende,  quando  campeggiava  armato,  se  prima  in  luogo  per- 
spicuo non  avesse  vista  sventolare  l' insegna  del  biscione,  data  dal 
Comune  ai  Visconti]. 

Ottone  (G.).  Il  partito  della  guerra  in  Lomellina  nel  1848-49.  —  M  i- 
1  a  n  o ,  E.  Trcvisini,  1899,  in-16,  pp.  vn-107. 

l*a$;ine  del  riMors^iniento  italiano:  conferenze  tenute  presso 
l'Associazione  generale  degl'impiegati  civili  di  Milano  nell'aprile 
e  maggio  1899.  —  Milano,  tip.  Elzeviriana  di  Guidetti  e  Mon- 
dini,  1899,  in-8,  pp.  83. 

CoRio  (L.).  Federico  Gonfalonieri  e  gli  uomini  del  Concilia- 
tore. —  FoRMENTO  (G.).  La  conversione  di  Cari'  Alberto. 

I*autini  (Romualdo).  Arte  antica  a  Pistoia  ed  a  Como.  —  Flegrea, 
n.  5-6,  dicembre   1899  (Napoli). 

l*aolo  Uiaeono  (XI  Centenario  di)  :  numero  unico  (settembre  1899) 
—  C  i  V  i  d  a  1  e  ,  tip.  Strazzolini,  1899,  fol.,  pp.  8. 

—  Studi  recenti.  —  Ciiiltà  cattolica,  quad.  1188  (1900). 

Elogi  del  lavoro  del  prof.  Calligaris,  pubblicato  in  quest' ^r- 
cliivio  (fase.  Ili,  1899). 

Paolo  Diacois-q.  —  Vedi  Brosavola,  Crivcllitcci,  Hartmauìi,  Hodgkin. 

*  Papa  (Ulisse).  I  Valsabbini  a  Desenzano,  saccheggio  del  mercato 
(1764).  —  Nuovo  Archivio   Veneto,  t.  XVIII,  parte  I  (1899). 

I*ai'3iii  (Il  centenario  del)  e  l'origine  del  "  Giorno  „.  —  Civiltà  catto 
lica,  quadd.  1187  e  1190  [cont.  e  fine]. 

Fra  tutti  gli  autori  fin  qui  citati  dai  critici  come  pretese  fonti 
d' ispirazione  al  Giorno,  "  nessuno  arieggia  tanto  da  vicino  all'im- 
mortale satira  pariniana,  quanto  la  satira  latina  del  Lucchesini. 
Ciò  non  ostante  però,  si  opina  che  se  il  Parini,  conobbe  e  studiò 
il  Lucchesini,  e  ne  trasse  qualche  fugace  ispirazione  alla  sua  sa- 
tira, rimane  ancora  originale  „. 

Parini.  —  Vedi  Arnaholdi,  Bertoldi,  Catalogo,  Corio,  Eyssenhardt,  Gava- 
gnin,  Gentile,  Grajfeo,  Minoja,  Barocchi,  Pavanelli,  Puliti,  Salvera- 
glio,  Scherillo,   Vosslcr. 


ROLT.ETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA  187 

l*arocelii  (L.  M.).  G.  Parini  e  il  tine  dell'arte.  —  Giornale  Arcadico^ 
gennajo  1900. 

Pa^ical  (C).  A  proposito  della  vita  di  Plauto.  —  Rivista  di  filologia 
e  d^  istruzione  classica,  XXVJII,  fase.  1. 

Su  una  nota  di  un  Codice  Ambrosiano  di  Plauto  :  osservazioni 
e  riscontri. 

Pasini  FraMMoni  (Ferruccio).  La  ven.  Angela  Serafina  Frassoni  ab- 
badessa  nel  Monastero  del  Corpus  Domini  in  Cremona.  —  Rocca 
S.  C  a  s  e  i  a  n  o  ,  tip.  Cappelli,  1899,  in-8. 

■•atrnceo  (prof.  C.  E.).  Il  soggiorno  di  Matteo  Randello  in  Pinerolo 
[i536-i537]  (con  notizie  e  lettere  inedite).  —  Pinerolo,  tip.  so- 
ciale editrice,  1900,  in-8  picc,  p.  28. 

*  Pa%^anello  (A.  F.).  Per  una  variante  del   "  Giorn»  „.    -  Rivista  men- 

sile di  lettere,  di  storia  e  d'arte,  a.  l,  n.  i.    (Casalmaggiore,  1900). 

Pavia.  —  Vedi  Annuario,  Cenni,  Documenti,  Fahriczy,  Funck,  Jung, 
Majocclìi,  Meyer,  Miìntz ,  Novali,  Simone elli,  Stefani,  Taramelli, 
IVauters. 

I*éll«9wicr  (L.  G.).  Quelques  lettres  ducales  de  Louis  Xll.  —  Revue 
des  langues  romancs,  luglio-agosto   1899. 

—  Note  sur  les  relations  de  Louis  XII  et  de  Lucques.  ("  Notes  ita- 
liennes  d'histoire  de  France  „,  n.  24).  —  Extr.  de  la  Correspondance 
historique  et  arc/icologique.  —  S  a  i  n  t  -  D  e  n  i  s  ,  impr.  H.  Bouillant, 
in-8,  pp.  6. 

*  —  Sur  quelques  épisodes  de  l'expédition  de  Charles  Vili  en  Italie. 

(I.  Charles  VIII  à  Casal  1494.  II.  Pian  de  la  campagne  maritiine 
d'octobre  1494.  III.  Louis  d'Orléans  et  Ludovic  Sforza  en  avril 
1495.  IV.  Deux  lettres  de  Louis  d'Orléans  pendant  le  siége  de  No- 
vare  (juillet-aout  1898).  V.  La  situation  politique  de  la  France  vers 
le  milieu  de  l'année  (1496)).  —  Revue  historique,  marzo-aprile  1900. 

*  l*ellini  (Silvio).    La  sommossa    di    Milano   del  20  aprile    1814  e  la 

morte  del  Prina  secondo  un  testimonio  oculare.  —  Giuseppe  Prina 
alla  Consulta  dei  Cisalpini.  —  Rivista  mensile  di  lettere,  di  storia 
e  d'arte,  a.  I,  n.  i  e  2,  gennajo  e  febbrajo   1900.  (Casalmaggiore). 

l*cllisMÌei*  (G.).  L'origine  de  la  pile  de  Volta.  Dehérain  (IL).  Val  Bre- 
gaglia  et  Valtelline.  —  La  Nature,  20  gennajo   1900. 

*  l*ei*iiiflic(»  della  Società  Storica  per  la  Provincia  e  antica  diocesi 

di  Como.  Fase,  48.^^  —  Como,  Ostinelli,  die.  1899,  in-8  gr. 

Fossati  (d.""  Fr.).' Codice  diplomatico  della  Rezia.  [Cent,  anni 
1252-1284].  —  Rivista  archeologica  della  Provincia  di  Como  [cfr.  alla 
parola  Rivista  in  cjuesto  fascicolo]. 


BIBLIOGRAFIA 


l»e«»ce  (BriìvenutcO.  Genova  nell*  arte  decorativa.  Con  tav.  e  ili.  — 
.Irk  italiana  decorativa,  a.  Vili,  n.  4,  5  e  6,  1899. 

Lavori  in  GenovR  di  artisti  lonibardì  r*  cUdla  pln^a  luiianr-^*- 
e  comasca. 

Plinio.  —  Vedi  .lllaiii,  ('/intelaili,  Detlesseji,  Miinser,  Sc/iiillz. 

P€»s:jk:I  (Vittorio).  Spigolature  di  storia  e  di  epigrafia  savonese.  —  Bui- 
lettino  Società  storica  savonese,  1899,  ^-  ^h  "•  i-2- 

Fortificazioni  di  Savona  (1215-1473-1476).  Costruttore  del  castello 
fu  Alberto  d'Albisola  e  da  documenti  dell'  archivio  milanese  rile- 
vasi che  Bartolomeo  da  Comazzo  ingegnere  lodi  giano  si  trovava 
in  Savona  nel  1478  a  fine  di  eseguire  i  lavori  da  lui  proposti  per 
la  Darsena  e  lo  Sperone,  e  al  medesimo  intento,  vi  tornò  nel  1476  ; 

anno  in  cui  fu  anche  alla  Spezia. 
# 
l*riiiiaiiti  (Augusto).    Un  capriccio    della    Malibran.  —    Gazzetta  del 
popolo  della  domenica,  n.  2,  1900. 

A  proposito  delVAmelia  del  Rossi,  data  alla  Scala  (1834). 

Puliti  (Giulio).  Centenario  Pariniano  :  Le  feste  di  Milano.  Con  ili. — 
Emporium,  dicembre  1899. 

Kcriiiii  9$cri|>Cor.  I  partiti  politici  milanesi  nel  secolo  XIX.  —  Mi- 
lano.  Educazione  politica,  edit.  (tip.  A.  Koschitz  e  C,  1899,  in-16, 
pp.  189).  "Biblioteca  dell'  Educazione  politica,,. 

Risorgimento  nazionale.  —  Vedi  Abhintegrasso,  Arbib,  Bragagnolo, 
Campani,  Donaver,  Fiorini,  Gabrielli,  Gentil',  Ghisalberti,  Greppi, 
Losio,  Luzio,  Mosto,  Mott'.,  Ottone,  Pagine,  Pellini,  Rerum,  Schup- 
fer.  Sforzesca,  Strobl,  Zanichelli. 

*  Rivìwta  a  reticolo;;  Ica  della  Provincia  di  Como.  Fase.  42.*^, 

dicembre  1899,  in-8  gr.  —  Como,  Ostinelli  (x\nnessa  pi  Periodico 
della  Società  storica  comense,  fase.  48.°). 

Gemelli  (G.).  Alcune  notizie  sui  Carpano  pittori  comaschi.  — 
Garovaglio  (A.).  Monumenti  cupelliformi  sul  Comasco.  Notizie.  — 
Baserga  (sac.  d.  Giov.).  Recenti  scoperte  preistoriche  nella  Valle 
d' Intelvi.  —  Galli  (Giov.  Antonio).  Scoperta  di  una  tavola  cupel- 
liforme  a  Rondineto.  —  Magni  (dott.  Antonio).  Tombe  della  prima 
età  del  ferro  ad  Erba. 

*  RiYoire  (P.).  Contributo  alla  storia  delle  relazioni  tra  Carlo  Ema- 

nuele I  e  Ferdinando  Gonzaga.  —  Bollettino  storico-bibliografico  sub- 
alpino, a.  IV,  n.  4-6  (1899). 

Roberti  (G.).  Un  mecenate  della  liuteria  :  Il  conte  Cozio  di  Salabue. 
—  Gazzetta  musicale,  n.  84,  1899. 


1 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA  l8r) 


ItoKSìllia  (G.).  Per  e  contro  Sofronia.  (Risposta  al  prof.  G.  di  Niscia), 
—  Rassegna  critica  della  letteratura  italiana,  a.  1\',  n.  7-9  (1899Ì. 

K«».«i»las:no  (Enrico).  Ancora  del  "  Monumentimi  Gonzagium  „  e  del 
suo  autore.  —  La  Bibliofilia,  voi.  I,  disp.  VIII-IX. 

"^  Itolt  (Ed.).  Les  missions  diplomatiques  de  Pomponne  de  Bellièvre 
en  Suisse  et  aux  Grisons  (i56o-i574).  —  Revue  a'histoire  diplonia- 
tique,  n.   i,  1900. 

A  difesa  degl'  interessi  francesi  nei  Grigioni  contro  le  prati- 
che spagnuole  a  mezzo  degli  ambasciatori  milanesi  Adriano  de 
Verbecq,  Giovanni  d'Anguissola,  governatore  di  Como,  Londina, 
Ascanio  Marso,  senator  Molina  e  Pompeo  della  Croce. 

*  !§s«eclii  (Maria  Fanny).    Lettere  inedite  di  Clotilde  Tambroni  pub- 

blicate e  annotate.  Con  ritr.  —  Milano,  ditta  Giacomo  Agnelli, 
1900,  in-8,  pp.  i3. 

3  lettere  dell'a.  1808-1804  dall'  Università  di  Bologna,  ove  te- 
neva la  cattedra  di  lettere  greche,  dirette  ai  ministri  degli  affari 
interni  della  Repubblica  italiana,  Giovanni  Villa  e  Felici,  ed  al 
vice-presidente  Francesco  Melzi.  Gli  autografi  si  conservano  nel- 
r  Archivio  di  Stato  milanese. 

iSaliw-lfio^lio  (P.  Nikolaus).  Register  der  im  Archiv  des  Geschlechts- 
verbandes  derer  von  Salis  befindlichen  Pergamenturkunden,  — 
S  i  g  m  a  r  i  n  g  e  11 ,  1898. 

*  ^alveraglio  (F.).  Parini  e  Cremona.  —  //  Torrazzo,  II,  i   (1900). 

*  —  Gli  arazzi  del  nostro  Duomo.  II.  —  //  Torrazzo  di  Cremona,  n.  11, 

25  ottobre  1899. 

^al%ioiii  (C).  Note  etimologiche  e  lessicali.  —  Romania,  n.  109. 

*  Kaiit\4Lniliros:ìo  (D.).  Un  bassorilievo  del  Rinascimento  lombardo 

in  una  sala  del  Monte  di  Pietà  di   Milano.    Con  i  tav.  —  //  Poli- 
tecnico, novembre  1899. 

Agg.  :  Fabriczy  (C.  von).  Das  Marmorrelief  einer  Pietà,  in  AV- 
pertorimn  fi'tr  Knnsiivissenschaft,  XXII,  6  (1899). 

''  —  Una  lapide  sepolcrale  in  Milano  nello  stile  di  Antonio  Rossel- 
lino.  —  Lega  Lombarda,  i3  e  17  gennajo  1900. 

Lungo  la  parete  a  destra  di  clii  entra  nella  Cappella  del  Ro- 
sario di  S.  M.  delle  Grazie. 

—  La  nuova  facciata  del  Duomo  di  Milano.  (Versi).  —  Domenica  del 
Corriere,  18  febbrajo  1900. 

*  —  L'antico  aitar  maggiore  del  Duomo  di  Milano,  del  1418.  —  La  la- 


IQO  BIBLIOGRAFI  \ 


i 


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Fabbrica  drl  Duomo  di  Milano.  —  Lega  Lombarda^  23  e  27  gcii- 
najo;  3-5  Icbbrajt)  1900. 

*  .^aiil*i%nilii*OKÌo  (1).).  11  pozzo  progettato  a  «'ompiinonto  del  cortile 

del  palazzo  di  Brera  (con  ili.).  —  //  Poìilvcnico,  gcniiajo  J900. 

Sant'Ambrogio.  —  Vedi  Bertoglio,  Fabriczy,  Indovinello,  Muntz. 

^c'Iian^er  (Alice).  Il  Romanticismo  in  Italia.  —  Umbria,  marzo-mag- 
gio 1899.  (Perugia,  tip.  Umbra). 

fNic*licicl  (N.).  P.  Nikolaus  Avancini  S.  J.,  cin  osterreichisclicr  Dicbter 
(l(^s  17.  Jahrhunderts  (48  pp.  in-8).  —  Programm  Feldkircli  (Piv.  Gym- 
iias.  an  der  Stella  Matutina). 

*  «eliellliass(Karl).  Aktenzur  Retbrmthàtigkeit  Felician  Ninguarda's 

insbesondere  in  Baiern  und  Oesterreich  vvahrend  der  lahre  1672 
bis  1577.  (Forts.  von  Band.  I,  p.  89-108,  u.  204-260,  Bd.  2,  p.  41-115, 
u.  228-284).  —  Ouellen  tind  Forschungen  aiis  ital.  Archiven  und  Bi- 
bliotheken  herausgegb.  vom  K.  Preussischcn  Histor.  Insiitut  in  Rom, 
■      Bd.  Ili,  Heft  I  (Rom,  1900). 

Nc'lierillo  (M.).  Curiosità  Manzoniana.  —  Biblioteca  delle  scuole  ita- 
liait',  gennajo  1900. 

Agg.  dello  S.  il  discorso  per  la  testa  d'inaugurazione  della 
Mostra  Pariniana  a  Brera,  nella  Perseveranza  (suppl.  al  n.  28  no- 
vembre 1899). 

Schmid  (Ferd.).  Der  Urnavasturm  in  Naters  und  scine  Besitzcr  ini 
i3.  lahrhundert.  Eine  genealogische  Studie.  —  Bldtter  aus  der 
lValliser-=Geschichte,  II.  Bd.  (Jahrg.  1898-99  —  Sitten,  1899). 

La  torre  di  Ornavasso  in  Naters  ed  i  suoi  proprietari  nel  XIII 
secolo.  Studio  genealogico. 

!l»cliiillx  (M.).  De  Plinii  Epistolis  quaestiones  chronologicae.  Dissert. 
inaug.  —  Berolini,  ìi^yev  u.  Miiller,  1899,  in-8,  pp.  42. 

S»cliiipf*er  (avv.  Car.).  L'ordinamento  amministrativo  negli  stati  ita- 
liani prima  della  unificazione  legislativa.  —  Milano,  stab.  tipo- 
grafico Società  editrice  libraria,  1900,  in-8. 

4.  L'  amministrazione  del  regno  Lombardo-Veneto. 

decretali t  (G.).  R.  Bontadini.  —  Nuova  Antologia,  1.°  dicembre  1899. 

[V.  Negri]. 

*  Segrc  (A.).  Carlo  II  duca  di  Savoja  e  le  guerre  d'Italia  Ira  Francia 

e  Spagna  dal  i5i5  al  i525.  (Estr.  Atti  Accademia  delle  scienze,  XXXV). 
Torino,  1900,  in-8,  pp.  56. 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA  Kìl 

"  Srorza.  —  Un  indovinello  Sforzesco.  —  Donieìiica  del  Corrirrc,  n.  i, 
7  gennajo,  e  n.  8^  25  tebbrajo   1900. 

Soluzione  che  deir  enigma  sforzesca  (zv.r,liy.o^),  scolpito  nel 
castello  di  Milano,  ha  offèrto  il  socio  cav.  Ugo  Ruberti  di  Qui- 
stello  (Mantova).  11  d.''  Sant'Ambrogio,  lìn  dal  1895  aveva  propo- 
sto la  interpretazione  di  .IMIMOM,  a  vece  deìYAMOMOS  dei 
Gonzaga,  ovvero  una  distinta  impresa  degli  Sforza,  allusiva  alla 
pigna  sforzesca. 

Sforza  e  Visconti.  —  Vedi  ^ìlcaudri,  Archivio,  Bercile f,  Bcrchcm,  Bois- 
soìiadc,  BoUettiìio,  Bornaie,  Cartivright,  Casanova,  Cogo,  Coloni  ho, 
Uccio,  FU  elfo,  Finnenich^  Gehhardt,  Giovami  ini,  Grossi,  Gregorio, 
Icckliìi,  Kraus,  Majocchi,  Miìlliier,  Novati,  Pclissier,   Vaissière. 

SfoiViefica:  21  marzo  1849.  Numero  unico  commemorativo  per  cura 
del  Comitato  nel  I  Cinquantenario  1899.  —  Vigevano,  tip.  Na- 
zionale, 1899,  in-4,  pp.  16. 

*  <^i  111  Oli  celli  (Vincenzo).  Commemorazione  del  prof.  Luigi  Cossa.  — 
Rendiconti  Istituto  Lombardo,    seri-e  II,  voi.  XXXIII,  fase.  1  (1900). 

^■111  Oli  ««felci  (H.).  Kleine  Beitràge  zur  Geschichte  der  Staufer.  — 
Neues  Arcliiv  fiìr  altere  deutsche  Geschichtskunde,  tom.  XXV,  p.  699 
seg.  (1900). 

Diplomi  di  Federico  I  esaminati  nella  primavera  1899  dal  S. 
nell'Archivio  comunale  di  Cremona  e  in  quello  di  Stato  a  Parma. 

^oliei'i  (prof.  Gaetano):  L'antica  casa  degli  Attcndoli  Sforza  in  Co- 
tignola  e  gli  uomini  illustri  cotignolesi.  —  Ravenna,  tip.  Ra- 
vegnana,  1899,  in-8,  pp.  87,  con  7  tavole. 

"^  Soiiiini  Picciiarcli  (Giorgio).  Ruggero  Manna  e  Gioachino  Ros- 
sini. —  //  Torrazzo  di  Cremona,  n.  i5,  25  dicembre  1899. 

Ak>inof  (A.).  Catalogne  de  la  galerie  dcs  tableaux  de  l'Ermitage  Im- 
periale. I  partie:  Les  écoles  d'Italie  et  d'Espagne.  —  Saint  P  e- 
t  e  r  s  b  o  u  r  g  ,    1899. 

*  Sipiuclli  (A.  G.).  Di  Mario  Nizzoli.  (Seconda  aggiunta  al  Tiraboschi: 
Bibl.  Mod.  —  Vedi  :  Rassegna  Emiliana,  Modena,  a.  II,  1890).  — 
Atti  e  Memorie  R.  Deputazion'  di  storia  patria,  di  Modena,  s.  IV, 
voi.  IX  (1899). 

Privilegio  di  Francesco  II  Sforza  ceira.  i535  per  la  stampa 
delle  Observationes  in  M.  T.  Ciceronem,  indicato  già  nell'  Archivio 
lombardo,  XXI,  279.  —  Lettera  del  Nizzoli  diretta  a  Vespasiano 
Gonzaga  "  ex  academia  nostra  Sabblonetana  Non.  Jun.  del  :563„. 
In  essa  si  rispecchia  l' intimità  che  correva  tra  il  Gonzaga  ed  il 
Nizzoli,  e  la  pace  degli  studj,  che  egli,  già  vecchio,  in  Sabbioneta 
godeva. 


iilBiJOUUAKlA 


!^t«^raiil  (Aristide).  In  omaggio  a  Lazzaro  Spallanzani  nel  centenari»^ 
cirlla  sua  morte.  —  Aiti  e  Memorie  della  R.  Accademia  delie  scienze 
(li  Padova,  voi.  XV,  disp.  3."  (1899). 

ì^fciniiiHiiii  (K.ì.  Andrea  Bregno  [di  Osteno]. —  laìirbudi  dei  Musri 
Prussiani,  XX,  lasc.  Ili,  1899. 

ftilrolil  (Aduli).  Mortara  und  Novara.  Kurze  Darstellung  des  Feldzu- 
ges  1849  in  Italien  mit  besonderer  Berùcksiehtigung  dar  Schlach- 
ten  von  Mortara  und  Novara.  —  W  i  e  n  ,  Seidel  u.  Sohn,  1900,  in-8, 
pp.  76  ili. 

*  j^liihc^l  (Bruno).  Einige  Relationcn  iiber  die  Annada  i588.  —  Mit- 
ihcilitngeyt  des  Insiitttis  fiir  oesterreichische  Gcschichtsforscìmng,  Bd. 
XX,  Ileft  4  (1899). 

Si  elencano  le  relazioni  a  stampa  coeve  della  catastrofe  del- 
VArmada.  A  p.  629,  tra  le  traduzioni  italiane,  si  nota  Y  opuscolo 
edito  dal  Comin  Ventura  in  Bergamo  nel  iSgS:  Asserte  Ragioni 
d'incerto  Inglese  del  mal' evento  della  poderosa  Armata  Spagnnola  ne 
i  Mari  d' Inghilterra  l'anno  MDLX XX Vili  (in-4,  89  carte).  Con  de- 
dica dello  stampatore  al  conte  Marc'Antonio  Martinengo  di  Villa 
Chiara.  (Bergamo,  5  giugno  1598). 

iPitiìekelberg  (E.  A.).  Von  dem  bòsen  Geist  zu  Appenzell.  —  Archives 
suisscs  des  traditions  populaires,  a.  Ili,  fase.  II.  (Zurigo,  1899),  p.  154. 

Spiriti  comparsi  in  una  casa  di  Appenzell,  dopo  la  visita  fat- 
tavi dal  nunzio  pontificio  vescovo  Bongmi  di  Vercelli.  —  In  un 
codice  della  Comunale  di  Lucerna,  stanno  dei  versi  del  Bonomi  in- 
giuriosi per  la  città  di  Zurigo,  scritti  nel  i58o  al  basso  di  una  carta 
geografica  nel  convento  di  Ittingen  (cfr.  Katalog  der  Biìrgerbihlio- 
thek  in  Luzern,  1840,  p.  52o). 

Taraiìielli  (A.),  Stalli  e  mobili  gotici  nel  Piemonte,  —  Arte  italiana 
decorativa,  a.  Vili,  n.  io,  1899. 

Stalli  del  vecchio  duomo  di  Asti  di  Baldino  de  Siirso  da  Pavia 

(1477)- 

—  Esposizione  d'arte  sacra  antica  in  Como.  Con  ili.  —  Emporiumy  no- 

vembre 1899. 

—  L'Esposizione  d'arte  sacra  in  Como.  —  Arte  italiana  decorativa,  anno 

Vili,  1899,  n.  IO. 

Tasso  (T.).  Rime.  Edizione  critica  su  i  mss.  e  le  antiche  stampe,  a 
cura  di  A.  Solerti.  Voi.  III.  —  Bologna,  Romagnoli-Dall'Acqua, 
1900,  in-8.  (Pubbl.  a  cura  della  R.  Commissione  pei  testi  di  lingua). 

Tasso.  —  Vedi  Canevari,  De   Vivo,  Galilei,  Gaudy,  Rosalba. 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA  IqS 


Teilesclii  (Paolo).  Una  lauda  lombarda  nel  natale.   (Pagina  folklori- 
stica).  ~  Naiitra  ed  Arte,  i5  febbrajo  1899,  p.  178. 

Toe<'0  (F.).  Il  processo  dei  Guglielmiti.  Terza  e  quarta  nota.  —  Reit- 
dicoiìii  R.  Accadcniia  dei  Lincei,  s.  V,  voi.  Vili,  fase.  IX-X  (1899). 

Trivulzio.  —  Vedi  BoUetiino,  Jccklin. 

Troncone  (ing.  E.).  I  cimelii  di  Volta.  —  Mouiiore  tecnico,  n.  18,  1899. 

XHete.r  (Louis).  Un  general  de  Farmée  d'Italie,  Sérurier  (1742-1819Ì. 
—  Paris^  Berger-Levrault,   1899,  in-8,  pp.  vii-38o. 

*  Vni«MÌèrc  (Pierre  de).  Jean  Barrillon  et  son  Journal  des  sept  pre- 

mières  années  du  regne  de  Franc^ois  1^'"".  —  Rtvtie  dUiistoire  diplo- 
ììiaiiqite,  n.   1,  1900. 

Si  segnala  F  interesse  che  il /owrwrt/ di  Barillon  (ora  stampato^ 
2  voi.  Paris,  1897-99)  oftre  per  la  campagna  di  Lombardia  del  i5i5, 
l'introduzione  in  Francia  del  Concordato,  la  candidatura  di  Pran- 
cesco  I  all'impero  e  le  conferenze  di  Caiais  del  j52i. 

*  Vallardi.  —  Un  secolo  e  mezzo  di  vita  editoriale,  1750-1900.  Ricordo 

della  ditta  editrice  Antonio  Vallardi.  —  Milano,  coi  tipi  dello 
stabilimento  dell'editore  K.  Vallardi,  1900,  in-8  obi.  ili,,  pp.  38. 

Opuscolo,  elegantemente  illustrato,  in  cui  sono  raccolte  le  vi; 
cende  della  casa  Vallardi  a  partire  dal  1760  —  da  quando  un  Fran- 
cesco Vallai  di  successe  al  suo  congiunto  Giulio  Scaccia  libra] o 
di  bel  nome  a  quei  tempi,  che  aveva  bottega  in  Milano,  sull'  an- 
golo della  contrada  di  S.  Margherita  o  dei  Libraj  e  il  vicolo  del- 
l'Aquila, —  sino  a  tutto  il  1899.  Per  un  casette  toccato  al  Vallardi 
al  tempo  della  Repubblica  Cisalpina  nel  1799,  cfr.  Giornale  della 
Libreria,  n.  20,  1888. 

Valer  (d.').  Urkunden  aus  dem  Mailànderarchiv  aus.  der  Zeit  der 
Schlacht  an  der  Calven.  —  Jahrbucii  der  "  Neiien  Bitndner  Zeiimt^  „ 
prò  1900  (Chur,  Sprecher  und  Valer,  1900),  pp.  i35-i56. 

Valeri  (Antonio).  Goethe  a  Roma.  —  Roma,  Società  Dante  Ali- 
ghieri, editrice,  1900. 

Contributo  alla  biografia  del  gran  poeta  tedesco  ed  al  suo  ro- 
manzetto romano  intrecciato  con  la  "  bella  Milanese  „  (1787),  il  di 
cui  nome  sin'  oggi  sconosciuto,  il  Valeri  ha  scoperto.  Ella  si 
chiamò  Maddalena  Riggi. 

Vincoli  (I.).  Notice  sur  quelques  jésuites  qui  se  sont  occupés  du  ta- 
moul;  le  P.  Beschi.  —  Revite  de  lingitistiqur  et  de  philologie  coni- 
parie,  gennajo  1900. 

Arch.  Star.  Loi/iò.  —  Anno  XXVII  —  Fase.  XXV.  15 


104 


BllJMOOUAKlA 


1)(]  |).  Hcsclii,  tli  Castiglione  delle  Stivici^  (j68o)  s'era  già 
(UTupatu  il  Tcza  (cir.  Rendiconti  Lincei,  s.  V,  voi.  Vili,  fas» .  VII- 
VIII,  1899). 

^irjrili»*  —  Barone  (Giuseppe).  Il  dolore  del  Virgilio  dantesco.  — 
Roma,  K.  Locschcr,  in-8,  pp.  60. 

Agg.  :  Baktoli  (Alfredo).  La  lingua  e  la  metrica  di  Virgilio. 
(Pistoja,  F'iori,  1899,  in-8,  pp.  i35);  —  Bellino  (H.).  Studicn  tìber 
die  Compositionskunst  Vergil's  in  der  Aeneide  (gr.  in-8.  Leipzij., 
Dieterich)  ;  —  Combarieu  (d.''  Jules).  Fragments  de  l'Eneide  en  mu- 
sique  d'après  un  manuscrit  inédit.  Fac-similés  phototypiques  prc  - 
ccdés  d'une  introduction.  (Paris,  Picard,  1898,  gr.  in-8  ili.);  —  Ro- 
Mizi  (Augusto).  Antologia  omerica  e  virgiliana.  2.*  ediz.  (Torino, 
Paravia,  in-16)  ;  —  Sabbadlni  (Remigio).  Il  primitivo  disegno  del- 
TEneide  e  la  composizione  dei  libri  I-III.  (Torino,  Loescher)  ;  — 
Sabbadlni  (R.).  Il  verso  più  difficile  dell'Eneide,  IV,  486  (in  "  Ri- 
vista  di  filologia  classica  ,,,  XXVIII,  fase.  I);  —  Schanz  (M.).  Die 
Idee  der  ersten  Ecloge  Vergils  (in  "  Rheinisches  Mitseum  „  N.  F. 
55  Bd.,  I  Heft)  ;  —  Walter  (Fr.).  Zur  Textbehandlung  und  Autor- 
frage  des  Aetna  —  (in  "  Bldffer  fiir  das  Gymnasial  Schuhvesen  ,,^ 
XXXV,  5.  [L'A.  crede  che  sia  un'  opera  giovanile  di  Virgilio]). 

ViRciiLio.  —  Vedi  Mustard. 

Volta  (prof.  Alessandro,  junior).  Sull'  opportunità  di  raccogliere  in 
una  pubblicazione  unica  le  opere  sparse  di  Alessandro  Volta.  — 
Como,  tip.  Bernardoni,  1899,  in-8,  pp.  io.  ["  Atti  del  primo  con- 
gresso nazionale  di  elettricisti  „]. 

Sopra  una  nuova  lettera  inedita  di  Alessandro  Volta,  [pubblicata 

a  cura  del]  padre  Timoteo  Bertelli.  —  Pavia,  tip.  fratelli  Fusi, 
1900^  in-8,  pp.  14.  Estr.  dalla  Rivista  di  fisica,  matematica  e  scienze 
naturali,  fase,  di  gennajo   1900. 

—  e  l'Accademia  delle  scienze  di  Parigi.  —  U Elettricista,  a.  VIII,  n.  12. 

(Roma,  1899). 

—  Tre  ricordi  delle  feste  volti ane.  —  Civiltà  Ca/ZoZ/ra;,  quad.  1 188  (1900). 

Volta.  —  Vedi  Ambrosoli,  Maffi,  Pellissier,   Troncone. 

Vossler  (K.).  Giuseppe  Parini  als  Satiriker.  —  Bcilage  dell'  A llgc- 
jneine  Zeitung,  n.  190,  1899. 

Waiitcris.  Ouelques  mots  sur  André  Vésale,  ses  ascendants,  sa  fa- 
mille  et  sa  demeure  à  Bruxelles,  nommée  la  maison  de  Vésale. 
—  Mémoircs  coitronnés  pidA.  par  l\4cad.  des  scienccs  de  Belgique,  t.  55 
(1898). 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA  Tf)D 


^%''olf«>oii  {A.  M.).  The  Ballot,  and  other  Forms  of  Voting  in  the  Ita- 
li an  Cominunes.  —  T/ie  American  Historical  Rcvicw,  V,  i. 

J!;anieliclli  (Domenico).  Studi  di  storia  costituzionale  e  politica  del 
risorgimento  italiano.  —  Bologna,  Zanichelli,  1900,  in-i6. 

Cfr.  in  ispecie:  8.  Le  poesie  politiche  di  Giovanni  Ber  chef;  9.  La 
rivoluzione  del  icS'^à'  e  le  poesie  politiche  di  Giovanni  Prati. 

Ziiiiiuernianit   (H.).    Tranquillo    Cremona.    —  Die  Kunst=-Halle,  5 
Jahrg.,  n.  6  e  prec.  (1899). 

boccoli  (C).   Tre  intelligenze  alte.    —   La  vita  internazionale,  20  no- 
vembre 1899. 

Rosmini,  Manzoni  e  Mazzini. 


APPUNTI  E  NOTIZII 


/^  Cronaca  degli  Istituti  Scientifici  Milanesi  (i).  —  R.  Archivio 
di  Staio  in  Milano,  —  Un  recente  dono  di  un  egregio  e  benemerito 
gentiluomo,  il  Conte  Giorgio  Dal  Verme,  ha  arricchito  1'  Archivio  di 
Stato,  in  Milano,  di  un  pregevolis-iimo  codice  della  Hisioria  familia- 
rum  vetustanim  et  nobilium  Mediolani,  celebre  compilazione  delPeruditu 
giureconsulto  e  genealogista  milanese  Raftaele  Fagnani.  È  noto  che 
l'Ambrosiana,  per  lascito  del  Marchese  Fagnani,  morto  nel  1840,  ul- 
timo di  questo  casato,  possiede  un  codice  della  stessa  Historia  diviso 
in  14  volumi,  segnato  "  F.  S.  VII,  1-14  „  ;  corredato  di  una  appendice 
di  fogli  volanti,  codice  in  cui  la  massa  generale  del  testo  è  tutta  di 
mano  dell'autore  e  intramezzata  di  pezze  originali  di  collaboratori  e 
di  documenti  allegati.  Inoltre  possiede  l'Ambrosiana  una  bella  copia, 
di  una  mano  del  sec.  XVII  (segnatura  citata),  ma  non  completa,  che 
comprende  la  serie  di  famiglie  registrate  alfabeticamente  dalla  A  alla  /. 
Il  codice  vermense,  ora  pervenuto  all'Archivio  di  Stato,  ha  il  vantag- 
gio di  offrire  una  trascrizione  non  soltanto  autentica,  perchè  condotta 
sotto  gli  occhi  dell'autore,  ma  che  rappresenta  la  redazione  definitiva. 
Le  famiglie  vi  sono  illustrate  pure  per  ordine  alfabetico,  ma  in  serie 
completa  e  dalla  A  alla  Z,  divise  in  9grossissimi  volumi  in  Ibi.  grande; 
la  scrittura  minuscola,  nitidamente  formata,  tondeggiante,  serrata,  ele- 
gante, di  tipo  che  ancor  risente  dell'umanistico,  tutta  di  una  maniera 
e  di  una  mano;  il  testo  assai  corretto   e    collazionato,  ritoccato  e  an- 


(1)  Sotto  questo  titolo  iniziamo  una  nuova  rubrica  che  sarà  con- 
tinuata nei  prossimi  fascicoli,  e  che  terrà  i  nostri  soci  al  corrente  della 
vita  scientifica  di  cui  è  centro  Milano.  Né  mancheremo  di  dare,  pos- 
sibilmente, notizie  degli  Istituti  scientifici  delle  altre  città  della  Lom- 
bardia. 


APPUNTI    E    notìzie  iqj 


notato  di  mano  del  Fagnani.  Anzi  l'autore  ad  autenticare  palesemente 
il  codice  aggiunse  nel  I  volume  due  autografe  attestazioni,  1'  una  sul 
margine  superiore  della  e.  i,  l'altra  a  e.  5,  recto,  quest'ultima  contras- 
segnata della  tirma  e  del  suggello  dell'autore,  aderente  e  impresso  su 
aizza,  giusta  il  vecchio  rito  sigillare  medievale.  Il  codice  vermense,  di 
chiara  e  sicura  lezione,  licenziato  dallo  stesso  autore,  reca  un  non  tra- 
scurabile riscontro  al  testo  del  codice  ambrosiano,  il  quale  in  varii 
luoghi  ha  incertezze  proprie  dei  dettati  di  primo  getto,  e  non  rare 
lacune. 

Pure  dell'Archivio  di  Stato  in  Milano  sono  da  accennare  alcuni 
nuovissimi  lavori  di  ordinamento,  che  hanno  rilevato  alla  portata  de- 
gli studiosi  un  prezioso  materiale  per  Ja  storia  della  prima  età  del 
comune  di  Mantova  e  del  torbido  periodo  della  dominazione  bona- 
colsiana.  Più  di  i5  mila  pergamene,  già  ordinate  apparentemqnte  in 
due  serie  cronologiche,  distinte  coi  titoli  Monastero  di  S.  Beriedeito 
di  Poliroìic  e  di  Pergamene  varie  mantovane,  furono  prese  a  riordi- 
nare, ai  primi  di  gennaio  p.  p.,  da  due  volonterosi  e  valorosi  allievi 
della  R.  Accademia  scientifico-letteraria,  i  dottori  Giuseppe  Bonelli  e 
Giuseppe  Vittani,  i  quali,  seguendo  sagacemente  in  quella  massa  ete- 
rogenea ed  arruffata  la  traccia  di  antiche  segnature  notate  nel  tergo 
delle  singole  pergamene,  ricostituirono  varie  importanti  unità  archi- 
vistiche, di  cui  giova  qui  dare  un  sommario  elenco  : 

iio5-i6i5:  Monastero  di  S.  Benedetto  di  Polirone  (ciica2000  per- 
gamene, non  computate  quelle  dei  secoli  X  e  XI,  da  tempo  parecchio 
annesse  al  così  detto  Museo  diplomatico,  e  note,  con  tal  segnatura, 
agli  studiosi). 

iiOD-i6oD.  Convento  di  S.  Giovanni  Evangelista  (circa  400  perg.). 

1140-1670:  Monasteri  di  S<  Ruffino  e  di  S.  Chiara  del  Teieto  (circa 
2000  perg.). 

i20D-i6oo:  Convento  di  S.  Agnese  (circa  400  perg.). 

] 255-1596.  Monastero  di  S.  Maria  di  Gradara  (circa  100  perg.). 

1290-1711:  Monastero  di   S.  Barnaba  (circa  i5oo  perg.). 

i3oo-i6od:  Monastero  di  S.  Maria  del  Monte  Carmelo  (circa  3oo 
pergam.ene). 

i36o-i655  :  Chiese  di  S.  Domenico  e  di  S.  Bartolomeo,  de' Parati 
Predicatori  (circa  200  perg.). 

1889-1681  :  Monastero  della  SS.  Trinità  di  Castelnuovo  presso  Man- 
tova (circa  3oo  perg.). 

1450-1600:  Monastero  di    S.  Elisabetta  (circa  100  perg.). 


If)8  APPUNTI    E    NOTIZIE 


\"  hanno  inoltr*'  pjrioli  fondi  do' soppressi  monasteri  di  S.  Giro- 
lamo, di  S.  Lucia^  di  S.  Nicola  da  Tolentino  di  Viadana  (dal  1200  al 
jóoo,  più  di  3oD  perg.),  e  fondi  privati  delle  faini'rTK'  inantnvan<>  Ali- 
prandi,  Averari,  De  Betto,  Pavesi,  ecc. 

I)i  alta  iini)ortanza  risultarono  i  fondi  di  S.  Benedetto  di  Polirono, 
(li  S.  Maria  di  Gradara  e  di  S.  Chiara  del  Teieto,  ricchi  di  monumenti 
del  periodo  anteriore  alla  signoria  dei  Gonzaga.  Sono  atti  dei  più  an- 
tichi Podestà  illustranti  i  periodi  di  libero  reggimento  comunale  o  sog- 
-gctti  all'influenze  dei  da  S.  Bonifacio,  dei  da  Este,  dei  da  Correggio, 
dei  da  Casaloldo,  dei  da  Marcarla,  dei  Calorosi,  da  Saviola,  dalla  Ripa, 
dei  Zanicalli,  Avvocati,  Agnelli,  ecc.,  e  l'intero  periodo  del  dominio  di 
Pinamonte  Bonacolsi  e  de'  suoi  discendenti.  Una  serie  d'atti  testimo- 
niali della  metà  del  secolo  XIII  riguarda  l'uso  di  saline  in  Chioggia  di 
ragione  dell'Abbate  di  Polirono.  Altri  atti  testimoniali  del  1298  portano 
luce  sugli  ultimi  anni  della  signoria  di  Pinamonte,  e  sui  contrasti  che 
la  sua  successione  provocò  fra  i  suoi  figli,  Bardellone  e  Tagino  (1291- 
1293).  L'archivio  privato  di  Anastasia  da  Coppa,  relitta  di  Bardellone, 
aggiunge  notizie  sulla  fine  di  Bardellone,  sull'  unica  sua  figlia,  Dalia, 
Badessa  del  Teieto,  e  sugli  avi  di  Anastasia,  i  da  Coppa  e  i  da  Ro- 
digo.  E  infiniti  altri  documenti  illuminano  in  ogni  parte  e  sotto  ogni 
aspetto  la  vita  pubblica  e  privata  di  Mantova  nel  suo  più  oscuro  pe- 
riodo pregonzaghesco,  e  le  origini  e  le  vicende  genealogiche  delle  sue 
maggiori  famiglie,  non  esclusa  quella  che,  nei  rapporti  con  Sordello, 
richiama  più  viva  la  curiosità  e  le  indagini,  la  famiglia  de' condomini 
di  Coito,  Visconti  e  Cattaui. 

^\  Tra  i  preziosi  cimeli  onde  s'inorgogliva  la  libreria  Archinto 
in  Milano,  a  mezzo  il  secolo  presente,  si  contavano  alcune  reliquie 
della  raccolta  di  manoscritti  posseduta  nel  trecento  da  quel  Bruzio 
Visconti,  figlio  illegittimo  di  Luchino,  non  meno  famoso  nelle  storie 
del  tempo  per  la  perfidia  sua  che  per  l' amore  agli  studi  ed  alla  poe- 
sia, da  lui  non  infelicemente  coltivata.  Codeste  reliquie,  che  consiste- 
vano negli  esemplari  di  due  opere  dedicate  dai  loro  autori  al  Visconti, 
formano  oggi  ornamento  della  Nazionale  di  Parigi;  e  sono  l'una  un 
codice  del  trattato  De  philosophia  morali,  composto  da  fra  Luca  de' 
Mannelli  ;  l' altra  un  ms.  d'  un  poema  volgare  di  Bartolomeo  di  Bartoli 
da  Bologna  sulle  virtù  e  le  scienze.  Il  libro  del  Mannelli  va  adorno 
d'un  frontispizio  riccamente  miniato,  che  dentro  12  niedaglioncini  of- 


APPUNTI    E    NOTIZIE  IQQ 


tre  la  veduta  d'altrettante  città  sottoposte  alla  metà  del  sec.  XIV  al 
dominio  de'  Visconti;  ma  il  cod.  di  Bartolomeo  lo  supera  di  gran 
lunga  in  pregio  artistico,  giacché  esso  è  tutto  arricchito  da  miniature 
finissime,  rappresentanti  le  virtù  e  le  scienze.  Una  di  queste  minia- 
ture fu  riprodotta  già  dal  Litta  nelle  Famiglie  celebri  d" Italia,  to.  VII, 
Visconti  di  Milano,  tav.  XVIII;  e  sebbene  l'incisione  del  Bramati 
ne  sia  specchio  infedele,  serve  tuttavia  a  provare  di  quale  valore  debba 
stimarsi  per  la  storia  della  miniatura  italiana  nel  sec.  XIV  il  prezioso 
volume.  Siamo  dunque  ben  lieti  di  poter  annunziare  che  l'intero  co- 
dice Paiigino  già  Archinto  verrà  ora  pubblicato  integralmente  a  fac- 
simile per  opera  del  valente  ufficiale  della  Nazionale  di  Parigi,  il  ben 
noto  italianista  prof.  Leone  Dorez. 

/^  Fra  le  tesi  di  laurea  ùqW  Ecole  d  s  C/m?'tes  di  Parigi,  sostenute 
il  29  gennajo  scorso,  notiamo  quella  di  Leone  Gauthier,  Gli  Ebrei  e  i 
Lombardi  nelle  due  Bor gogne;  studio  sul  commercio  del  denaro  nei 
secoli  XIII  e  XIV. 

/^  Alessandro  Luzio  ha  descritto  nella  Gazzetta  di  Mantova  (7-8 
agosto  1899),  una  caccia  data  nel  1459  in  Firenze  in  onore  del  giovine 
Galeazzo  Maria  Sforza,  caccia  nella  quale  figurarono  anche  dei  leoni. 
E  di  leoni  mandati  ai  Fiorentini  dal  duca  di  Milano  nel  1453  fece  ri- 
cordo il  Magenta  {Visconti  e  Sforza,  l,  467)  ed  altri,  donati  da  Lodo- 
vico il  Moro  al  marchese  di  Mantova  nel  1492,  citarono  in  questo 
Archivio  il  Luzio  per  lo  appunto  ed  il  Renier  (XVII,  1890,  p.  346). 

Nel  1462  già  il  re  di  Tunisi  aveva  mandato  a  donare  a  Francesco 
Sforza  cavalli,  cani,  falconi,  un  camello  ed  un  leone  {Ardi.  Stor.  Lom- 
bardo, \Q-jS,  p.  162  —  Boll.  Stor.  Svizzero  Ital.,  1888,  p.  io5).  A  quel 
leone,  non  troppo  quieto,  e  che  fu  forse  del  numero  di  quelli  spediti 
nell'anno  susseguente  a  Firenze,  allude  la  seguente  lettera  diretta  al 
segr.  ducale  Cicco  Simonetta  {Arc/i.  di  Stato,  Carteggio  sforzesco). 

Mag.^^  ac  potens  domine  honorandissime.  Aviso  la  M.  V.  come 
ho  fato  fare  la  cassa  per  el  liono  et  ho  calchullata  la  spexa;  gli  è 
bisogne  cavagli  {cavalli)  duy  per  essa  cassa  con  el  leone  et  homini 
duy  per  menare  li  cavagli,  anchora  uno  cavallo  per  la  persona  mia 
et  uno  famellio  per  curare  esso  leone;  respetto  a  my  in  tuto  sono 
aparegiato.  Jtem  prego  la  M.  V.  voglia  avisaie  el  Signore  come  el 
leone  scarpa  lusso  (l' uscio)  de  la  camera  et  ho  grande  faticha  a  go- 
vernarlo, onde  me  dubito  non  li  corra  qualche  perichulo  perchè  eli' è 


200  A  I- l'I    ^  Il      I       Nul  l/ll 


tanto  posstnh.  li  m  quanto  la  Segnoria  sua  lo  voglia  tcnirc,  «^li 
bixc)gno  providcic  di  una  catnera  niazorf*  et  pyù  Torte  però  che  con 
grandissimo  inginio  et  periculo  lo  manozo.  Prego  la  M.  V.  proveda 
per  modo  habia  prestissima  expeditione  et  sapia  unde  bavere  li  di- 
nari per  le  spexe.  Non  altro  per  questa,  me  rccomaiulo  alla  M.  V. 
Ex  Mediolano  XXIIJ  Maj  1452. 

Jtem  se  la  M.  V.  li  piacesse  pyu  una  rossa  <lia  una  altra  a  lanciata 
mia  di  Fiorenza  me  offerisco  a  tare  quello  vi  piace. 

Ejusdem  mag/''^  vestre 

,     fidelissiinits  scrvifor 
Bassianus    de    Putheo 
cum  rccomcndatione. 


E  di  leoni  da  mandarsi  oltre  Bologna,  fors' ancora  a  Firenze,  nel 
1467,  è  menzione  in  altra  lettera  dell' archivio  milanese,  da  Giovanni 
Giappano,  sescalco  ducale,  diretta  allo  Sforza,  da  Milano  ai  22  ottobre: 

111. "IO  Signore  mio.  Inteso  apieno  quanto  Vostra  Signoria  mi  ha 
scripto  circha  la  expeditione  de  Johanne  petro  Cacia:  misse  subito 
tanti  magistri  ad  lavoro,  sì  recamatori  per  far  fare  le  coperte  cum  le 
arme  ducali,  conio  etiandio  magistri  da  legname  per  far  fare  le  gabbie 
di  leoni  in  modo  che  sabbato  futuro,  bavero  ogni  cosa  in  puncto  circa 
questo.  Quanto  specta  dal  canto  mio,  ho  appresso  continue  cum  istan- 
tia  solicitato  li  magistri  per  la  recuperatione  del  dinaro  per  spaciare 
dicto  lohanne  petro,  pur  usque  nunc  non  gli  vedo  né  principio  de  spa- 
ciamento,  né  speranza  de  bavere  spaciamento.  Non  cessare  però  che 
cum  istantia  domane  et  laltro  non  soliciti  dicti  magistri  per  questa 
expeditione:  sene  potrò  bavere  conclusione  bene  erit:  caso  che  non, 
ne  avisarò  vostra  Sig."-^  o  per  dicto  Johanne  petro  o  per  altra  via. 
Avisando  essa  Vostra  Sig.^-i  che  ad  mandare  quisti  leoni^  montarà 
una  grossa  spesa,  perché  prima  le  gabbie  serano  molto  grave  perchè 
le  conviene  fare  ferme  per  la  grossezza  di  leoni,  et  li  leoni  anche 
sonno  grossi,  in  modo  che  gli  bisogna  dui  muUi  a  portarne  uno  in 
modo  de  sbarra:  et  andare  dui  mulli  in  questa  forma,  per  li  passi 
stretti  che  sono  per  le  alpe  non  saria  possibile  se  potessero  voltare, 
secundo  che  intendo  da  persone  pratiche  del  paese.  Et  sarà  necessario 
da  Pianoro  in  là,  farli  portare  a  braze  da  homini  per  diete  montagne, 
ove  gli  andarà  molti  buomini  ad  questo  officio  per  la  graveza  de  le 
gabbie  et  de  li  animali,  che  pur  sonno  grandi.  Siche  la  spesa  montarà 
assai,  pur  vederò  de  avantegiare  circha  questa  spesa  vostra  Sig.'^  più 
che  me  sarà  possibile. 


APPUNTI    E    NOTIZIE  20  1 


/^  Tra  i  mss.  in  vendita  a  Lipsia  (Catalogo  O.  Harrassowitz,  n.  25o\ 
troviamo  due  commenti  ad  Aristotile.  Il  primo  "  super  libro  praedica- 
mentorum  arist.  „  porta  Texplicit:  "Scriptum  et  fìnitum  die  ultimo 
mensis  Junij  MCCCCXXV  per  me  Antoninm  de  Magio  de  Novaria  in 
artibus  Papiae  studentem  „.  Anche  il  secondo  "  quaestiones  Magistri 
Meseni  super  II  libro  pyer.  {sic:  leggi  Periermenias)  Arist.  „  porta  la 
medesima  sottoscrizione  colla  data  i3  giugno  1425  (prezzo  :  20  marchi). 
Dal  medesimo  antiquario  è  pure  offerto  un  Seneca  [Epistolantm  ad 
Lucilium  libri  XXL  Senecae  epitaplìiuin.  Senecae  et  Pauli  Apost.  cpistolae), 
cod.  del  sec.  XV,  in  tbl.  di  106  Ibi.  membranaceo.  Ha  sul  i.°  foglio 
un'iniziale  in  oro  e  colori  miniata,  col  ritratto  di  Seneca,  e  nel  testo 
lettere  in  rosso.  L'explicit  "fine  facta  pia,  laudetur  virgo  Maria,,  è 
seguito  da  un  ex-libris  di  calligrafia  posteriore:'  "Iste  epistole  Pauli 
et  Senecae  sunt  Petri  Gallarati  et  fratrum  „.  Probabilmente  il  codice 
appartenne  a  Paolo  e  fratelli  Gallarati,  milanesi. 

* ^  Il  sig.»"  Mirko  Breyer  ha  raccolto  sotto  il  titolo  :  Ncsto  Gradje 
sfarai  hrvaiskoi  hnjisevno-kultunioj  povjesti  (Kaizevac,  tip.  Neuberg, 
1898,  in-8,  pp.  77)  alcune  notizie  bibliografiche  consacrate  a  fatti  e 
personaggi  della  Croazia  e  della  Dalmazia.  Vi  è  a  notare  un  impor- 
tante articolo  sullo  stampatore  Bonino  de  Bonini  (Dobrisa  Dobric) 
originario  di  Ragusa,  che,  nel  secolo  XV,  esercitò  l'arte  sua  a  Venezia, 
a  Verona,  a  Brescia  e  da  ultimo  a  Lione.  L'*articolo  si  chiude  colla 
lista  delle  edizioni  da  lui  datate.  \Bibliographe  moderne,  novembre-di- 
cembre 1899,  p.  415  ]. 

^%  Di  lancilo  Torriano,  celebre  meccanico  ed  orologiaio  cremonese, 
che  Faniano  Strada  qualifica  l'Archimede  di  quel  tempo,  e  che,  con- 
dotto in  Ispagna  da  Carlo  V,  v'inventò  la  macchina  da  cui  a  Toledo 
l'acqua  del  Tago  è  sollevata  fino  alla  cima  dell'Alcazar,  ha  recente- 
mente rinfrescata  la  memoria  P.  Galli  nel  Torrazzo  di  Cremona  (nu- 
mero 3,  a.  II). 

Un  particolare  inedito  che  lo  conceriTC  ci  è  offerto  dall' istrumcnto 
notarile  28  maggio  i55o,  a  rog.  notajo  Dionigi  Allegranza  seniore,  di  Mi- 
lano che  le  concerne  {Cod.  Triv.  n."  1824,  fol.  811).  Di  quel  giorno  ed  anno 
sono  i  patti  di  Magister  lanelliis  de  TorrianisjiL  q.m  domini  Girardi,  abit. 
in  Milano,  a  Porta  Nuova,  nella  parrocchia  di  S.  Benedetto,  con  i 
quali  promette  di  accettare  in  sua  casa  e  istruire  Sigismondo  de  Ba- 
cilieri   di   Ferrara  "  ad  adiscendum  artem,  et  exercitium   contìciendi 


202  APPUNTI    E    NOTIZIE 


"  orologios,  et  ad  laboraiuluiii  in  ai^Dtlicca  ditti  di.inini  lantlli  „.  Che 
il  Torriaii"  n.  I  i55o  tenesse  bottega  in  Milano  non  sembra  constusso 
finora. 

^\  È  sempre  tema  dei  discorsi  cittadini  la  costruzione  del  nuovo 
palazzo  postale  di  Milano.  Non  dispiacerà  intendere  che  nelTa.  i573; 
quando  per  la  morte  di  Tomaso  Marini  il  suo  palazzo  decadde  al  fisco, 
la  Camera  di  Governo  avesse  pensato  di  collocarvi  "  la  Gabella  del 
"sale,  la  zecca  e  la  posta,  3  imprese  regie,  le  quali  ivi  fossero  unite,,. 
I  Gesuiti  di  S.  Fedele,  appoggiati  dal  Preposto  di  S.  Maria  della  Scala 
e  dai  Confratelli  di  S.  Giovanni  decollato,  fecero  opposizione  a  tal 
impianto  mostrando  il  "  travaglio  della  zecca  vicina,,,  che  avrebbe 
dato  del  disturbo  alla  chiesa  di  S.  Fedele  per  le  funzioni.  "  E  cosi  dalla 
"  Camera  si  pensò  a  vercerlo  e  se  ne  cavò  di  prezzo  più  di  So  mila 
"scudi,,.  Tanto  è  esposto  nel  cod.  1717  (fol.  106 1.*^)  della  Triviilziana, 
che  contiene  la  storia  annalistica  della  casa  gesuitica  in  Milano. 

^\  Nel  giornale  La  Provincia,  Il  Corriere  di  Cremona,  delSgcnnajo 
1900  (a.  XLII,  n.  2),  è  degno  di  nota  un  articolo  di  F^der.  Sacchi  sul- 
r  "  imminente  distruzione  d'affreschi  di  pennello  cremonese  „  a  Lon» 
dra.  Si  tratta  di  due  grandi  pitture  a  fresco,  rappresentanti  la  Croci- 
fissione e  l'Ascensione  di  Cristo,  che  nel  primo  trentennio  del  secolo 
presente  furono  eseguiti^  dal  pittore  cremonese  Agostino  Aglio  per  la 
chiesa  cattolica  di  S.  Maria  in  Londra,  la  decorazione  della  quale 
era  stata  affidata  allo  scultore  milanese  Comolli;  l'uno,  quale  sfondo 
pittorico  all'aitar  maggiore,  l'altro  come  ornato  centrale  della  vòlta 
del  tempio.  La  chiesa  di  S.  Maria,  che  s'erge  nel  bel  mezzo  della 
City,  nel  luogo  detto  Moordfields,  non  data  che  dal  1820;  ma  la  sua 
solidità  era  messa  da  un  pezzo  in  forse  della  ferrovia  sotterranea 
metropolitana  che  le  passa  daccanto.  Il  Consiglio  d'Amministrazione 
del  fondo  ecclesiastico  cattolico  della  diocesi  di  Westminster,  ha  quindi 
deciso  di  venderla  ad  una  società  edilizia  della  City  stessa  per  la 
somma  di  200,000  sterline  (cinque  milioni  di  lire).  I  fedeli  avranno 
d'ora  innanzi  un  tempio  più  bello,  più  solido  in  una  località  più  pro- 
pizia alla  preghiera;  ma  gli  affreschi  dell'Aglio  dovranno  invece  pre- 
cipitar al  suolo  insieme  all'edificio  di  cui  erano  precipuo  adornamento, 
ove  non  si  trovi  il  modo  di  salvarli  trasporiandoli  su  tela;  ciò  che 
forse  verrà  eseguito. 

*^  Del  Dizionario  di  abbreviature    latine  ed  italiane  (Milano,    Hoe- 
pli,  1899),    fatica   del   socio   d.''   Adriano    Cappelli,    è    sotto    stampa  a- 


1 


APPUNTI    E    NOTIZIE  20D 


Lipsia    (editore    il    Weber)  la   traduzione   tedesca,    con   aggiunte    nel 

lesto. 

,/■;,  Tra  i  nuovi  cambi  dell'  Arcìiivìo  notiamo  la  Rivista  di  storia 
r.nfica  e  sciciizc  ajliii  diretta  dal  prof.  Giacomo  Tropea  (Messina),  e 
le  OucUcìi  Ili  ut  Forsc/ìuiigcii  aiis  italicìiisclìcn  Archiven  unti  Bibliotheken 
pubblicate  dall'Istituto  storico  prussiano  di  Roma.  In  quest'ultime, 
oltre  a  lavori  speciali  intorno  al  vescovo  Ninguarda,  ai  nunzi  e  car- 
dinali Gonzaga  e  Capilupi,  è  abbondante  la  rubrica  delle  notizie  con- 
cernenti le  pubblicazioni  storiche  italiane,  e  Y Archivio  nostro  vi  è  men- 
zionato con  lode. 

^\  Delle  Mitiìiciluìigrìì  dell'  Istituto  storico  austriaco  è  uscito  utile 
a  notarsi,  l'indice  dei  volumi  XI-XX  e  suppl.  III-V,  curato  da  Ga- 
spare Schwarzc. 

/^  Annunciamo  volontieri  la  comparsa  delle  nuove  riviste  di  storia 
e  letteratura.  Così  abbiamo  sott'  occhio  i  primi  due  numeri  della  Ri- 
vista ììiensile  di  lettere,  di  storia  e  d"  arte  diretta  dal  prof.  A.  F.  Pava- 
nello  (Casalmaggiore,  tip.  Granata,  1900).  Notevoli  in  essi  gli  articoli 
di  S.  Pellini:  "La  sommossa  di  Milano  del  20  aprile  1814  e  la  morte 
del  Trina  secor.do  un  testimone  oculare  „  e  "  Giuseppe  Trina  alla  Con- 
sulta dei  Cisalpini,,,  Trattasi  di  una  lettera  del  novarese  Gaudenzio 
Ciallone  in  Milano  (20  aprile  1814)  all'  avv.  Bianchini  di  Novara,  e  di 
una  relazione  autografa  dello  sciagurato  Ministro  alla  Municipalità  di 
Novara  (Lione,  29  gennajo  1802),  documento  tìn  qui  sfuggito  agii  sto- 
rici e  che  porge  minuti  ragguagli  del  Comizio  di  Lione. 

/■^  Achille  Neri  e  Ubaldo  Mazzini  c'inviano  il  i."  fascicolo  del 
< iioniaìe  storico  e  letterario  della  Liguria.  E,  si  capisce,  la  risurre- 
zione e  (^ontinuazione  di  quel  vecchio  Giornale  ligitstico  anche  oggi 
hirgamente  consultato  e  con  vero  profitto.  Il  Mazzini  vi  discorre  de- 
gli "  Autori  di  due  relazioni  anonime  di  Genova  „,  e  la  seconda  del 
X\T  secolo  è  identificata  come  lavoro  del  milanese  Francesco  Mar- 
caldi,  del  quale  1'  Avetta  ebbe  ad  occuparsi  già  nel  nostro  Archivio 
{1890). 

/^  Rimasta  interrotta,  per  la  morte  dell'  illustre  Ruggero  Bonghi, 
la  pubblicazione  delle  Opere  inedite  o  rare  di  Alessandro  Manzoni^  da 
lui  diretta,  il  senatore  Pietro  Brambilla,  erede  dei  manoscritti  del 
grande  scrittore  Milanese,  affidò  la  cura  di  far  conoscere  al  pubblico 


204  APPUNTI    E    NOTIZIE 


impaziente  quanta  ancora  restava  di  inedito  •>  pcxo  nolo  di  {.|ucl  pre- 
zioso patrimonio  letterario,  al  chiar.  signor  cav.  Giovanni  Sforza,  di- 
rettore dell'Archivio  di  Stato  di  Massa,  giù  conosciuto  per  i  suoi  studi 
manzoniani.  Il  cavalicr  Sforza  portò  subito  a  line  la  stampa  del  V  ed 
ultimo  volume  delle  Opere  inediti'  o  rare,  lasciato  incompiuto  dal  Hon- 
ghi  :  e  diede  principio  a  una  nuova  serie  di  Scritti  postumi. 

»I1  primo  volume,  ora  uscito  in  luce,  contiene  la  Lettera  sul  Roman- 
ticismo, secondo  il  manoscritto  autografo  del  1828,  con  a  fronte  le  cor- 
rezioni che  il  Manzoni  vi  fece  il  1871  ;  la  Risciacquatura  in  Arno  dei 
Promessi  Sposi,  cioè  la  prima,  seconda,  terza  e  quarta  minuta  dell' 7;^- 
troduzione,  e  il  testo  di  essa  nelle  due  edizioni  del  1825  e  1840,  con 
le  correzioni  autografe;  \c  parole  e  le  frasi  dialettali,  frammento  inedito 
d'un  discorso  che  doveva  essere  di  corredo  alla  prima  edizione  del 
Romanzo  ;  un  Saggio  delle  correzioni  ai  Promessi  Sposi,  fatte  dal  Man- 
zoni sulle  bozze  di  stampa  dell'edizione  principe;  le  C(jrrczioni  auto- 
grafe ai  Promessi  Sposi,  di  G.  B.  Niccolini  e  di  Gaetano  Cloni  ;  la  Let- 
tera al  Casanova  sulle  correzioni  al  Romanzo,  secondo  la  prima  mi- 
nuta e  nel  testo  definitivo;  parole  e  frasi  del  popolo  di  P'irenze  rac- 
colte dal  Manzoni,  e  suggerite  a  lui  dall'Emilia  Luti,  dalla  marchesa 
Marianna  Rinuccini  Trivulzio  e  da  altri  toscani. 

./^  Qualche  tempo  fa  il  socio  prof.  Serafino  Ricci  tenne  alla  Fa- 
miglia  Artistica  in  Milano  una  conferenza  col  titolo  La  Gipsoteca  diarie 
a  Milano,  per  esporre  un  suo  progetto,  che  fu  accolto  molto  favore- 
volmente, non  solo  dalla  stampa  cittadina,  ma  anche  da  altri  giornali 
e  riviste,  quali,  p.  e.,  il  Fanfulla  della  Domenica  e  la  Nuova  Antologia. 

Si  tratterebbe  di  formare  una  raccolta  di  riproduzioni  in  gesso  di 
opere  plastiche,  prima  greche  e  romane,  e  poi,  in  ordine  di  tempo, 
cristiane,  bisantine,  medioevali  e  del  Rinascimento,  ordinate  per  scuole 
e  per  artisti,  e  ravvivate  da  brevi  note  dichiarative  e  da  molte  foto- 
grafie di  confronto  con  altre  opere  d'arte.  Questa  Gipsoteca  dovrebbe 
supplire  per  la  parte  classica  alla  mancanza  di  capolavori  antichi  a 
Milano,  e  completare,  per  la  parte  medioevale,  la  serie  dei  monu- 
menti, specie  dell'arte  lombarda  e  gotica,  che  si  ammirano  nel  Museo 
archeologico,  testé  riordinato  dalla  benemerita  Consulta  archeologica 
nel  Castello  Sforzesco.  Un  museo  di  tal  genere,  messo  a  disposizione 
di  chi  insegna  e  di  chi  studia,  dovrebbe  mostrare  1'  anima,  per  così 
dire,  delle  varie  epoche  storiche  nelle  fasi  evolutive  dell'arte,  giove- 


1 


APPUNTI    E    NOTIZIE  20D 


rebbe  non  solo  agli  artisti  e  agli  archeologi,  ma  anche  agli  studenti 
delle  Accademie  e  dei  Licei  della  città,  (quale  complemento  alla  loro 
coltura  filologica,  storica  ed  artistica,  mentre  sarebbe  di  decoro  e  di 
vantaggio  anche  alla  città,  che,  pur  avendo  molto  culto  per  1'  arte, 
manca  di  una  tale  istituzione. 

Speriamo  che  la  liberalità  del  Governo,  del  Comune  e  dei  privati 
conduca  ad  effetto,  almeno  in  parte,  l'iniziativa  del  prof.  Ricci,  inau- 
gurando presto  in  Milano  una  sezione  di  questo  grandioso  Museo 
plastico. 


■\   11  27  dicembre  1899  moriva  in  Viadana  il  socio    Mons.    Antonio 
Parazzi,  arciprete  di  quella  località,  in  età  d'anni  76.  Dedicò  tutta  la 
sua  vita  alla  terra  natia,  che  illustrò  con  parecchie  pubblicazioni,  prin- 
cipali   di  esse  quelle  intorno  alle    Origini  e  vicende   di   Viadana   e  suo 
distretto,  e  con  la  fondazione    di    un    museo  notevole   per   la   raccolta 
paleoetnologica.  Dei  lavori  del   defunto    socio,  in  parte  esaminati  dal 
nostro  Archivio,  e  de'  quali  oggi  la  biblioteca  sociale  possiede  la  serie 
completa  per  la  cortesia   dal   cav.  G.    B.  Intra,   ecco  la  lista:    Depositi 
antestorici  in  VIiò  Cremonese  (in-8,  Parma,  Battei,  1890)  ;    La  chiesa  e  la 
torre  di  Fossa  Caprara,    Note   archeologico-artistiche   (in-12,   Cremona, 
Montaldi,  1892);  Di  Francesco  Antonio  Pinola,  scultore  in  legno  e  in  pla- 
stica viadanese  (in-8,  Viadana,  Reinagni,  1892);  Siti  corso  antico  dei  fiumi 
Po,  Og/io  e  Addii  nel  distretto  di   Viadana,  secondo  le  ultime  ricerche 
(in-8,  Mantova,  Mondovì,  1898);    Origini  e  vicende  di  Viadana  e  suo  di- 
stretto (Mantova,  Mondovì,  1893-1895-1899,  4  voi.  in-8);  La  musica   gre- 
goriana risorta  e  un  breve  metodo  per  eseguirla  (in-8,  Firenze,  Rassegna 
Nazionale,  1894);  Obbiezioni  sul  corso  antico  dell'  Adda,  Memoria  (in-8, 
Mantova,  Mondovì,  1896);  Statuti  di  Cicognara  e  atto  di  giuramento  del 
12/j   integralmente  edito  (in-8,  Cremona,  tip.  della  Provincia,  1896).  Per 
più    ampie    necrologie    del    benemerito  uomo  rimandiamo    alle    com- 
memorazioni del  socio  cav.  G.  B.  Intra  (Mantova,  tip.  della  Gazzetta, 
1900,  in-8,  pp.  14)  e  di   G.  Grabinsky   nella  Rassegna  Nazionale,  i6  feb- 
])raio  1900. 

■r  II  21  febbraio  1900  altro  socio  defunto:  il  march.  Norberto  del 
Mayno,  che  non  mancò  di  fare  il  suo  dovere  nelle  guerre  dell'indi- 
pendenza italiana. 


ATTI  DELLA  SOCIETÀ  STORICA  LOMBARDA 


ELENCO  DEI  SOCIO 

Patrono 
S.    M.    IL    RE. 

Priìsidente  Onorario 
Calvi  nob.  dott.  Felice 

Presidenza 
Novati  dott.  prof.  Francesco,  Presidente 
Greppi  nob.  avv.  Emanuele,  Vice-Presidente 
Vignati  prof.  comm.  Cesare  » 

Ambrosoli  ciott.  cav.  Solone,  Consigliere 
Malaguzzi  Valeri  conte  Ippolito     » 
Seletti  avv.  cav.  Emilio  » 

Visconti  march.  Carlo  Ermes  » 

Motta  ing.  Emilio,  Segretario 
Calligaris  prof.  Giuseppe,  Vice-Segretario 
Carotti  dott.  cav.  Giulio  » 

Nogara  dott.  Bartolomeo,  Bibliotecario 


S.  M.  IL  RE  UMBERTO  I 
S.  M.  LA  REGINA  MARGHERITA. 

Adamoli  ing.  Giulio,  senatore  Albuzzi  sac.  Luigi 

del  Regno  Ambrosoli  dott.  cav.  Solone 

Agnelli  prof.  Giovanni  Annoni    conte   Aldo,   sen.  del 
Albertoni  nob.  Muzio  Luiui  Re^no 


■&' 


(•')  I  segnati  con  asterisco  sono  soci  fondatori. 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA 


ÌO7 


Ascoli  prof.  I.  Graziadio,  sen. 

del  Regno 
Bagatti  Valsecchi  nob.  Fausto 
Bagatti  Valsecchi  nob.  Giuseppe 
Banfi  rag.  cav.  Eugenio 
*Barbiano  di    Belgioioso    conte 
Emilio 
Barbò  nob.  Lodovico 
Bazzero  avv.  cav.  Carlo 
Bellini  avv.  cav.  Giuseppe 
Bellocchio  avv.  Alessandro 
Benaglia  avv.  comm.  Demetrio 
Benzoni  march.  Baldassare 
Berenzi  sac.  prof.  Angelo 
Besozzi  nob.  dott.  Paolo 
Bignami    Sorniani     ing.     cav. 

Emilio 
Bognetti   dott.  prof.  Giovanni 
Boito  arch.  comm.  Camillo 
Bolter  rag.  cav.  Gaetano 
Borromeo  Arese  contessa  Elisa 
Borromeo  conte  Febo 
Bottini  prof.  Pietro 
Bozzi  rag.  Marcello 
Bozzoni  cav.  Francesco 
Brambilla  prof.  dott.  sac.  Gio- 
vanni 
Brambilla  comm.   Pietro,   sen. 


del  Regno 


Brivio  march-ese  Giacomo 
Butti  prof.  Attilio 
Butturini  Mattia 
Buzzatti  prof.  Giulio  Cesare 
Gagnola  nob.  Giambattista 
Gagnola    nob.    Guido,  deputa- 
to al  Parlamento 


Cairati  ine.  cav.  Michele 
Calligaris  prof.  Giuseppe 
*  Calvi  nob.  dott.  Felice 
Calvi  nob.  dott.  Gerolamo 
Cambiasi  comm.  Pompeo 
Camozzi  Vertova  conte  Giam- 
battista, sen.  del  Regno 
Capilupi  ing.  march.  Alberto 
Caporali  dott.  Vincenzo 
Cappelli  dott.  Adriano,  archiv. 
Cardani  rag.  cav.  Paolo 
Carena  conte  Gian  Giuseppe 
Carnevali  avv.  Luigi 
Carotti  dott,  cav.  Giulio 
Casali  conte  Giuseppe 
Casanova  nob.  cav.  Enrico 
Casanova  Giuseppe 
Casati  conte  Alfonso 
Casati  conte  Gabrio 
Castelli  avv.  cav.  Pompeo 
Cavagna  Sangiuliani  conte  An- 
tonio 
Cesa-Bianchi  ing.  arch.   Paolo 
Gian  dott.  prof.  Vittorio 
Cicogna  conte  Gianpietro 
decotti  prof.  Ettore 
Cipolla  conte  prof.  Carlo 
Cipollini  prof.  Antonio 
Colombo  prof.  Elia 
Colombo  Guido,  archivista 
Comani  prof.  F.  E. 
Conti  dott.  Emilio,  dep.  al  Par- 
lamento 
Conti  Maggi  Luisa 
Cornaggia-Medici    nob.    Carlo 
Ottavio 


IO» 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STOUICA    LOMBARDA 


(jcspi  ilott.   Attilio  Luii^i 
(ircspi  comm.  Cristoforo 
Crivelli  nnb.    dei    maivli.    ca\. 

Luigi 
D'Adda    nob.  Carlo,    sen.   del 

Regno 
Da  Ponte  nob.  Pietro 
De  Angeli  comm.  Ernesto,  sen. 

del  Regnò 
Decio  dott.  Carlo 
De  Herra  nob.  avv.  Cesare 
De  Leva  nob.  cav.  Massimiliano 
Del  Mayno  nob.  Cesare 
De  Mojana  nob.  cav.  Alberto 
De  Simoni  ing.  Giovanni 
Doniselli  dott.  Alfredo 
Esengrini  cap.  cav.  Luigi 
Fé  d'Ostiani  nob.  mons.  Fran- 
cesco Luigi 
Ferrai  prof.  Luigi  Alberto 
Ferrari  dott.  prof.  Vittorio 
Fontana  avv.  comm.  Leone 
Foucault  Daugnon  conte  Fran- 
cesco 
Franchetti  cav.  Giuseppe 
Frisiani  nob.  dott.  Carlo 
Frizzi  dott.  cav.  Lazzaro 
Fumagalli  Carlo 
Fumagalli  Francesco 
Fumagalli  prof.  Giuseppe,  bi- 
bliotecario   della    Nazionale 
di  Milano 
Gabba  avv.    Bassano ,    dep.  al 

Parlamento 
Gaffuri  cav.  Paolo 


Gallarati  Giuseppe,  archivista 
G  a  Ila  V  resi  Giuseppe 
Galliani  cav.  Attilio 
Garovaglio  dott.  cav.  Alfonso 
Gatti  dott.  Francesco 
Gavazzi  cav.  Giuseppe 

*  Ghiotti  Casnedi  Luisa 
(jhisi  Enrico 

Giachi  arch.  cav.  Giovanni 
*Giovio  conte  Giovanni 
Giulini  nob.  Alessandro 
Gnecchi  cav.  Ercole 
Gnecchi  cav.  Francesco 
Gonzaga  principe  Ferrante- 
Gori  nob.  Pietro 

*  Greppi  nob.  Alessandro 
Greppi  nob.  Antonio 
Greppi    nob.    avv.   Emanuele, 

dep.  al  Parlamento 

*  Greppi  conte  comm.  Giuseppe 
Greppi  nob.  Lorenzo 
Guastalla  com.m.  colonn.  Enrico 
Guerrieri  Gonzaga  march.  Car- 
lo, sen.  del  Regno 

Hortis  Attilio  (Socio  perpetuo) 
Intra  prof.  cav.  G.  B. 
*Labus  avv.  comm.  Stefano 
Lanzani  dott.  prof.   Francesco 
Lanzoni  Giuseppe 
Lattes  dott.  prof.  Alessandro 
Lattes  prof.  comm.  Elia  (Socio 

perpetuo-benemerito) 
Leone  not.  cav.  Camillo  (Socio 

perpetuo) 
Linati  in^.  Eugenio 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA 


200 


Luini  nob.  dott.  Giuseppe 
Lurani  Cernuschi  conte  Fran- 
cesco 
Luzio  dott.  Alessandro,  diret- 
tore  dell'Archivio  di   Stato 
in  Mantova 
Maggi  nob.  avv.  Giovanni 
Magistretti  canon,  dott.  Marco 
Magistretti  prof.  Pietro 
Majocchi  prof.  Rodolfo 
Malaguzzi  Valeri  conte  Fran- 
cesco 
Malaguzzi   Valeri  conte   Ippo- 
lito ,  direttore  dell'  Archivio 
di  Stato  in  Milano 
Mapelli  nob.  Gerolamo 
Marietti  dott.  Antonio 
Marietti  dott.  Giuseppe 
Martini  prof.  cav.  Emidio,  bi- 
bliotecario dell'Università  di 
Napoli 
*Massarani  dott.  comm.  Tulio, 
sen.  del  Regno 
Mazzatinti  dott.  prof.Giuseppe 
Melzi  nob.  Lodovico 
Melzi  d'Eril  Giovanni,  duca  di 

Lodi 
Moretti  prof.  arch.  Gaetano 
Motta  ing.  Emilio 
Nazzari  Andrea 
Negri   dott.   comm.  Gaetano, 

sen.  del  Regno 
Negroni  Prato  Morosini  con- 
tessa Giuseppina 
Nervegna  cav.  Giuseppe 

Arck.  Star.  Lomb.  —  Anno  XXVII.  — 


Nizzoli  dott.  Alessandro 
Nodari  mons.  primic.  Filippo 
Nogara  dott.  Bartolomeo 
Noseda  cav.  Aldo 
Novati  dott.  prof.  Francesco 
Novati  dott.  Leandro 
Odazio  conte  ing.  Ernesto 
Osio  ten.-gener.  nob.  Egidio 
Pellegrini  dott.  sac.  Carlo 
Pietrasanta  prof.  Pagano 
Pio  di  Savoia  princ.  Giovanni 
Pisa  ing.  Giulio 
Pisani  Dossi  nob.   comm.  Al- 
berto 

*  Ponti  cav.  Ettore 

*Prinetti  comm.  Carlo,  sen.  del 
Regno 

*Pullè  conte  cav.  Leopoldo,  dep. 
al  Parlamento 
Quajotto  Luigi 
Ramazzini  dott.  Amilcare 
Ratti  dott.  sac.  Achille 
Redaelli  dott.  Carlo 
Ragazzoni  cav.  Cesare 
Renier  prof.  Rodolfo 
Restori  prof.  Antonio 
Rezzonico  dott.  comm.  Antonio 
Ricci  prof.  Serafino 
Riva  Giuseppe 

Rocca-Saporiti  march.  Marcello 
Rognoni  avv.  Camillo 
Rolando  dott.  prof.  Antonio 
RoUone  prof.  Luigi 
Romano  prof.  Giacinto 
Ronchetti  rag.  Agostino 

Fase.  X.vV.  14 


210 


AMI   i)i:lla  società  storica   lombarda 


Rosetti  ing.  Emilio 
Rossi  prof.  Vittorio 
Rubcrti  cav.  Ugo 
Isotta  sacerdote  cav.  Paolo 
Rusconi  avv.  Rinaldo 
Sala  nob.  Gerolamo 
Salvadego  nob.  Giuseppe 
Sant'Ambrogio  dott.  Diego 
Sanvisenti  dott.  Bernardo 
Savio  prof.  uff.  Enrico 
Scherillo  dott.  prof.  Michele 
Secco  Suardo  conte   avv.   Ge- 
rolamo 
Segafredo  prof.  Giacomo 
Seletti  avv.  cav.  Emilio 
Seregni  prof.  Giovanni 
Silvestri  comm.  Giovanni 
'■•'  Sola  conte  comm.  Andrea,  dep. 
al  Parlamento 
Sola  Spech  contessa  Amalia 
Sommi  de' marchesi  Picenardi 

comm.  Guido 
Soragna  Melzi  marchesa  Luigia 
Sormani   Andreani   conte   Lo- 
renzo 
Sorniani   Andreani  Verri  con- 
tessa Carolina 
Tassoni  Estense  dott.  marchese 
Alessandro 
*  Taverna  conte  comm.  generale 
Rinaldo,  sen.  del  Regno 
Thaon  di   Revel   conte   Geno- 
va, generale,  sen.  del  Regn 


Tizzoni  cav.  Pietro 
*Trivulzio   principe  Gian    Gia- 
como, sen.  del  Regno 
Trivulzio  march.   Luigi  Albe- 
rico 

*  Trotti  Bentivoglio  march.  Lo- 

dovico, sen.  del  Regno 
Vegezzi  dott.  Angelo 
Venini  Antonio 
Verga  dott.  Ettore 
Vergani  dott.  cav.  Giovanni 
Vignati  comm.  prof.  Cesare 
Vigoni  nob.    Giulio,    sen.    del 

Regno 
Vigoni  nob.  comm.  Giuseppe 
Villa   Pernice   donna  Rachele 

(Socia  perpetua) 

*  Visconti   marchese   cav.  Carlo 

Ermes 

Visconti  di  Modrone  duca  Gui- 
do, sen.  del  Regno 

Visconti  Venosta  march.  Emi- 
lio, sen.  del  Regno 

Visconti  Venosta  nob.  dott.- 
comm.  Giovanni 

Vitali  sacerdote  comm.  Luigi 

Vittadini  Gio.  Battista 

Volta  nob.  avv.  Zanino 

Zanardelli  avv.  comm.  Giu- 
seppe, deput.  al  Parlamento 

Zanelli  prof.  Agostino 

Zanzi  dott.  cav.  Luigi 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA  211 


Adiinan:{a   Generale  del  2S  gennaio  icfoo. 

Presidenza  del  Presidente  dott.  F.  Novati, 

Alle  ore  14,  letto  ed  approvato  il  processo  verbale  della  pre- 
cedente Adunanza,  17  dicembre  1899,  il  nuovo  Presidente,  assu- 
mendo le  sue  funzioni,  inaugura  la  100.''^  riunione  sociale  colle 
seguenti  parole  : 

Egregi  Signori  e  Colleghi, 

Ov'  io  misurassi  alla  stregua  de'  meriti  miei,  che  son  così 
scarsi,  l'altezza  dell'ufficio  al  quale  la  benignità  vostra  s'è  pia- 
ciuta chiamarmi,  che  potrei  fare  se  non  rimanere  esitante  e  con- 
fuso, scorgendo  come  molti  e  molt'  altri,  benemeriti  degli  studi 
che  noi  tutti  coltiviamo,  avrebbero  a  ben  maggiore  ragione  po- 
tuto venirmi  preferiti?  Ma  cjuando  mi  soccorre  al  pensiero  che 
Voi,  collocandomi  in  cotesto  seggio,  sul  quale  tanti  preclari  in- 
gegni si  sono  succeduti,  aveste  più  che  altro  nell'animo  dì  rico- 
noscere e  premiare,  se  così  m'è  lecito  dire,  l'alletto  ond' io  ho 
sempre  proseguito  questo  nostro  Sodalizio,  trovo  in  me  stesso  ar- 
gomento non  già  ad  esaltarmi,  per  fermo,  bensì  a  riprendere 
coraggio  e  speranza  di  non  riuscire  alla  prova  de'  fatti  troppo 
indegno  della  fiducia,  onde  Voi  mi  foste  tanto  cortesi.  E  difatti 
per  la  Società  nostra  io  ho  nudrito  e  nudrisco  in  cuore  un  attac- 
camento sincero  e  profondo,  alimentato  non  soltanto  dalla  lun- 
ghezza del  tempo  trascorso,  dacché  mi  toccò  la  sorte  d'  entrare, 
gregario  umile  ma  ardente,  a  farne  parte  (vent'  anni  e  più  di 
tirocinio  concedono  un  certo  dritto  a  proclamarsi  anziani,  non  è 
egli  vero,  o  Signori?);  ma  altresì  da  molte  particolari  circostanze 
strettamente  connesse  alla  mia  modesta  carriera  di  studioso.  Nel- 
V Arclii]io  Storico  Lombardo,  periodico  già  fin  dai  suoi  primordi 
pregiato  in  Italia  e  fuori  per  severità  di  metodo  e  ricchezza  di 
documenti  atti  ad  illustrare  le  vicende  civili,  letterarie  ed  artistiche 
della  nostra  regione,  vide  la  luce  taluno  de'  mìei  primi  lavori  di 
storia  lombarda,  e  più  particolarmente  cremonese;  alla  R.  Depu- 
tazione di  Storia  Patria  per  le  antiche  provincie  e  la  Lombardia 


l    DELLA    SOCILTX    STCIWCA    LOMBAHDA 


m 


io  lui  .i^^rcgato,  or  soii  pur  quattro  lustri,  per  il  benevolo  inter- 
vento dell' ottimo  conte  G.  Porro-l.ambcrtenghi,  che  presiedeva 
allora  la  Società  nostra;  nella  redazione  dell' ylrt'/j/i'/o  stesso  ebbi 
luogo  fin  da  quando  per  la  morte  di  quel  valentuomo,  il  seggio 
presidenziale  rimasto  vacante,  tornò  ad  esser  occupato  dal  maj;- 
giore  tra  quanti  storici  lombardi  illustrarono  il  secolo  che  sta 
per  spirare:  Cesare  Gantù;  più  tardi  infine,  chiamato  a  far  parte 
del  Consiglio  di  Presidenza,  potei  all'incremento  delle  discipline 
a  noi  care  dedicar  anch'  io  la  mia  poca  attività,  accanto  ad  egrtgi 
e  valorosi  colleghi,  che  tuttora  sono  ornamento  e  decoro  delle 
nostre  assemblee. 

Queste  personali  reminiscenze  non  vi  sembrino,  o  Signori, 
inopportune  o  superflue.  Io  le  ho  volute  accennare  solamente 
perchè  esse  mi  porgono  il  destro  di  riaffermarvi  ancora  una  volta 
quanto  io  vada  lieto  e  superbo  dell'amplissima  testimonianza  di 
benevolenza  e  di  stima  che  m'avete  impartita:  quanto  tenace  ed 
incrollabile  sia  il  proposito  mio  di  far  tutto  quello  che  sarà  in 
mio  potere,  perchè  la  Società  nostra  proceda  con  passo  sempre  più 
franco  e  spedito  per  la  via  finora  battuta,  mantenendo  intatta 
quella  fama  di  serietà  e  di  dottrina  che  ha  saputo  guadagnarsi 
per  tutto  ciò  che  concerne  alle  storiche  discipline,  ed  acquistando 
sempre  maggior  credito,  autorità  e  favore  così  in  quest'elettis- 
sima città,  che  ne  fu  la  culla  e  ne  sarà  sempre  la  sede,  come  in 
ogni  altra  parte  della  terra  Lombarda. 

Noi  viviamo,  o  Signori,  in  un  momento  ben  singolare  sotto  più 
e  più  rispetti,  in  cui  il  bene  ed  il  malesi  contrastano  con  accani- 
mento forse  non  mai  prima  vedutoli  possesso  dell'umana  famiglia. 
Accanto  ad  un  fiorir  mirabile  d'  ogni  dottrina,  s'appalesa  un  vio"- 
lento,  direi  quasi,  barbarico  impulso  d'odio  contro  la  scienza;  men- 
tre taluni,  sdegnosi  dell'età  presente,  bramosi,  come  già  il  Petrarca, 
di  vivere  co'  trapassati,  rievocano  con  riverente  sollecitudine  i 
tempi  che  furono,  e  dalle  memorie  di  essi  traggono  inesauribil 
copia  d'ammonimenti  ed  ammaestramenti  per  l'avvenire;  altri 
invece  si  sforzano  di  spezzare  ogni  vincolo  che  alle  età  remote  ci 
lega,  ed  in  nome  di  non  so  quale  loro  scienza  negligono  e  disde- 
gnano quella  che  dall'antichità  in  poi  e  stata  sempre  riconosciuta 
come  la  «  scienza  »,  per  eccellenza,  la  guida  sicura  ed  infallibile 
dell'umanità  sul  cammino  del  progresso:  la  storia.  Chi  chiama  fole, 
superstizioni,  vecchiumi  ed  errori  tutto  quanto  costituisce  il  patri- 
monio della  nostra  cultura,  della  nostra  educazione  intellettuale  e 
^civile,  giusto  è  che  ricusi  di  porgere  l'orecchio  alla  vo:e  della  storia 


ATTI  DELLA  SOCIETÀ  STORICA  LOMBARDA  2l3 


e  se  ne  faccia  bctfe.  Pur  fa  mestieri  fronteggiare  questi  novelli  ico- 
noclasti; ed  a  c'ò  non  si  potrà  riuscire  se  non  alimentando  sol- 
lecitamente in  cuore  alle  generazioni  che  sorgono  il  culto  per  il 
passato,  culto  non  superstizioso,  ma  sereno,  scevro  di  passioni  e 
di  pregiudizi,  propugnatore  di  civiltà  e  di  sapienza.  A  cotest'o- 
pera  salutare  la  Società  Storica  Lombarda  ha  sempre  presa  larga 
parte:  ed  il  mio  più  fervido  voto  si  è  questo  che,  anche  per  il 
futuro,  grazie  ai  nostri  sforzi  comuni,  siffatta  parte  divenga  sem- 
pre più  larga,  più  intensa,  più  sentita. 


Viene  in  seguito  data  partecipazione  della  morte  del  socio 
monsig.  Antonio  Paraci  ài  Viadana,  che  con  tanta  attività  e 
tanto  amore  illustrò  la  storia  del  luogo  nativo,  e  vi  fondò  un 
museo  non  trascurabile  di  paleoetnologia. 

Si  legge  una  nuova  lettera  della  Società  Storica  Siciliana, 
colla  quale  è  richiesta  la  Società  nostra  di  volere  inoltrarle  i 
temi  da  lei  proposti  per  l'imminente  Congresso  Storico  Italiano 
in  Palermo  (aprile  1900).  I  soci  che  avessero  proposte  da  fare,  sono 
invitati  a  presentarle  alla  Presidenza. 

Il  d.'"  Nogara,  nuovo  bibliotecario,  rende  conto  dei  libri  do- 
nati dai  soci  comm.  Vignati,  donna  Rachele  Villa-Pernice  e  prof. 
Novati,  e  fa  caldo  appello  ai  soci  presenti  perchè  vogliano  con- 
correre, coir  omaggio  di  libri  e  di  loro  pubblicazioni,  all'incre- 
mento, assai  desiderato,  della  biblioteca  sociale,  scarseggiante  in 
ispecial  modo  di  vecchie  opere  di  storia  milanese  e  lombarda.  Il 
d/  Garovaglio  promette  di  rispondere  all'appello,  avendo  parecchi 
doppioni  dei  desiderati  libri,  e  il  Presidente  ne  lo  ringrazia  in  an- 
ticipazione. 

Presentato  dal  Cons.  Seletti  il  Bilancio  Consuntivo  dell'anno 
]8[)()  colle  relative  pezze  giustificative,  esso  viene  demandato  al- 
l'esame dei  Revisori,  confermati  per  acclamazione  nelle  persone 
dei  sigg.  d.*"  A.  Garovaglio,  avv.  G.  Maggi  e  dJ  G.  Luvini. 

È  all'ordine  del  giorno  la  domitnda,  regolarmente  firmata  da 
dieci  soci,  e  inoltrata  dal  cons.  Ambrosoli,  per    la    modificazione 


21^.  ATTI     bKl.i.A     >Oi.il.l  A     7.ÌOKH.A     I,UMliAKI)\ 

dell'articolo  X  dello  Statuto  nel  senso  che  venga  abolita  la  tassa 
d'ingresso  di  L.  io  per  i  soci  nuovi.  Non  essendo  presente  il  nu- 
mero di  '3o  soci,  richiesto  dallo  Statuto,  la  votazione  è  riman- 
data alla  prossima  riunione.  Sull'epoca  della  medesima  e  sulle 
modalità  da  adottarsi  nel  caso  che  la  nuova  adunanza  andasse 
deserta  per  difetto  del  numero  legale,  parlano  i  soci  <.\J  Kicci, 
d.""  Nogara,  march.  Visconti  e  ing.  Bignami.  11  Presidente  pro- 
mette che  la  riunione  si  terrà  il  più  presto  possibile,  presentato 
che  sia  il  rapporto  dei  revisori.  In  pari  tempo  comunica  che  è 
nelle  vedute  del  Consiglio  direttivo  di  organizzare  un  corso  di 
conferenze  storiche  a  profitto  dei  soci,  che  s'inaugurerà,  appena 
la  stagione  fattasi  più  mite,  permetterà  un  miglior  uso  del  locale 
sociale,  con  quella  del  prof.  Simoncelli,  dell'Università  di  Pavia, 
intorno  al  nuovo  indirizzo  dato  alla  storia  ecclesiastica  dal  car- 
dinal Baronio. 

Passatosi  alla  votazione  dei  candidati,  vengono  ad  unanimità 
di  voci  accettati  a  soci  i  signori:  Bognetti  dott.  prof.  Giovanni, 
Crespi  dott.  Attilio  Luigi,  Decio  dott.  Carlo,  Ferrari  dott.  prof. 
Vittorio,  Malaguzzi-Valeri  conte  Francesco,  Sanvisenti  dott.  Ber- 
nardo, Scherillo  prof.  Michele,  Silvestri  comm.  Giovanni  e  Tri- 
vulzio  march.  Luigi,  in  Milano,  Brambilla  prof.  dott.  Giovanni 
e  Novati  dott.  Leandro,  in  Cremona,  Galluri  cav.  Paolo  in 
Bergamo,  Cipolla  conte  prof.  Carlo  e  Lattes  dott.  prof.  Alessan- 
dro in  Torino  e  Zanelli  prof.  Agostino,  in  Roma. 

La  seduta  è  levata  alle  ore   10^/2. 

Il  Presidente  : 
F.  Nova  TI. 


//  Segretario  : 
E.  Motta. 


SECONDA  RELAZIONE  SUI  LAVORI  INTRAPRESI 

PER    IL 

REGESTO  DIPLOMATICO  VISCONTEO 

DALLA  COMMISSIONE  A  CIÒ  NOMINATA(i) 


(Relatore  Prof.  F.  NOVATI) 


Sig  nori, 

dal  giorno  in  cui  per  incarico  della  Commissione  da  Voi  designata 
air  ufficio  di  sovraintendere  alla  compilazione  ed  alla  stampa  del 
Regesto  Diplomatico  Visconteo,  io  ebbi  l'ambito  onore  di  signi- 
ficarvi succintamente  quali  fossero  i  nostri  disegni,  quali  i  mezzi, 
onde  intendevamo  valerci  per  tradurli  ad  effetto,  quali  infine  i 
frutti  delle  investigazioni  preliminari  e  de'  primi  assaggi,  pochi 
mesi  sono  trascorsi;  essi  non  furono  però  davvero  infecondi  per  la 
nostra  intrapresa.  Molto  invece  si  è  fatto,  ove  alla  brevità  del 
tempo  si  rivolga  il  pensiero,  in  cotest' intervallo;  ma  dell'ardore 
raddoppiatosi,  ove  fosse  possibile  in  noi,  tutto  il  merito  è  vostro  : 
giacché  la  benevolenza  e  gli  incoraggiamenti,  de'  quali  ci  foste 
larghi  fin  dall'  inizio,  ci  inanimarono  e  sostennero  nel  movere  i 
primi  passi  suU'ancor  ignoto  cammino. 

Anche  nel  corso  dell'anno  che  sta  per  spirare,  e  precisamente      Esplorazione 
nella  stagione  estiva  ed  autunnale,   la  Commissione  giudicò  con- 
veniente affidare  ai  due  giovani   e    solerti    collaboratori,  alle  cui 


di  archivi  italiani 

eseguita 

nello  scorso 

.uitiUHio  ; 


(i)  Vedi  quest'  Archivio,  a.  XXVI,  1899,  p.  217  sgg. 


ir;      1.1    I    I    \      -.  w    ,  r    r    .      .  |-<  MMI     \      l.(.'MIJAI(l)A 


linimenti  cure    era    stata    demandata   i^ià    l'esplorazione  degli  ar- 
chivi dì  Modena  e  di  Lucca,  un  nuovo    incarico:    ^juello  cioè  di 
tare  oj^getto  di  studio  altri  depositi  scientifici,    non  peranco  ten- 
I  tati.  Fu  stabilito  pertanto  che  il  sig.  Giuseppe  Riva  si  recasse  a 

''"'^^""■''     visitare  gli  archivi  di  Stato  di  Pisa,  Siena,  Firenze,  e,  subordina- 
^  taiiientc,    anche  i  comunali    d'Arezzo  e  di  Pistoia;  il  dott.  Gio- 

t  l'ist.-i.»  ;        vanni  Seregni  poi  ebbe  commissione    di  portarsi   a  Vicenza  ed  a 

vial   dott.    Serenili      ,.  .  ,,  ,.        .^.         ...  ^       .  ... 

Venezia,  nelle  quali  citta  già  si  sapeva  per  cortesi  comunicazioni 
Velici...  conseguite  da  persone  competenti  che  nelle  biblioteche  e  negli  ar- 
chivi conscrvavasi  una  pregevole  copia  di  documenti  viscontei.  Fln- 
trambi  i  nostri  consoci  accolsero  premurosamente  V  invito,  e  con 
lodevole  alacrità  dentro  lo  spazio  di  tempo  loro  prefisso  condus- 
sero a  compimento  il  lavoro  assegnato,  secondochè  testificano  le 
accurate  e  ben  nutrite  Relazioni,  che  del  loro  viaggio  hanno  pre- 
sentato alla  Commissione,  e  che  qui  si  pubblicano  ad  appagare 
la  legittima  curiosità  vostra  e  degli  altri  studiosi,  i  quali  ne  at- 
tingeranno lumi  parecchi  sopra  un  cospicuo  materiale  archivi- 
stico, rimasto  sin  qui  pressoché  sconosciu.to.  La  messe  raccolta 
dal  Riva  e  dal  Seregni  è  davvero  assai  ricca:  si  tratta  di  più  che 
mille  trecento  documenti,  i  quali  vengono  ad  impinguare  la  silloge 
nostra,  pressoché  tutti  spettanti  alla  seconda  metà  del  sec.  XIV,  e 
concernenti  a  quel  momento,  che  fu, senza  dubbio  il  più  glorioso 
della  storia  viscontea,  quando  cioè  il  biscione  vittorioso  dilatava, 
auspice  Gian  Galeazzo,  il  suo  predominio  sovra  mezza  V  Italia. 

dagini  del  Mcntrc   qucsti    due   egrcgt   cooperatori    nostri   attendevano  a 

compiere  cosi  sollecitamente  l'ufficio  loro,  un  altro  egregio  col- 
di  Stato  di  lega,  il  professore  G.  Calligaris,  proseguiva  dal  canto  suo  lo  spo- 
glio delle  varie  «  Categorie  »  dell'  archivio  di  Stato  di  Torino, 
dove  sorridevagli  la  speranza  di  rintracciar  roba  che  facesse  per 
noi.  Né  le  sue  lusinghe  andarono  fallite,  giacché  così  dalla  Cate- 
goria Milanese^  Divisione  Città  e  Ducato,  come  dall'altra  Lettere 
di  pt^incipi  forestieri.  Divisione  Milano,  egli  riuscì  a  spigolare 
non  pochi  documenti  viscontei,  vuoi  copiati  a  Milano,  vuoi  da 
Milano  trasportati  nell'originale  a  Torino,  in  quel  breve  periodo 


e 

ic,   come    ri  Hiltii 

dalle 

<cla/i(iiii    loro. 

fruttò 

a  cognizione  di 

pili   clic  I  ^oo 

11 

lovi     ilocumcnti 

viscontei. 

Altre 
]->rof.    Calligaris 
iicir  Archivio 


'l'orino. 


e  noi 

Civico  di 

S.  Carpotoro. 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA  217 

nel  quale  la  città  nostra  fu  occupata  dalle  truppe  sarde,  mentre 
ferveva  la  guerra  di  successione  al  trono  di  Polonia  (lySG).  Il 
prof.  Calligaris,  del  resto,  continuerà  nelle  prossime  vacanze  au- 
tunnali r  impreso  spoglio;  e  non  dispera  di  mettere  le  mani  sopra 
materiali  più  copiosi  e  più  interessanti  di  quelli  fin  qui  rinvenuti. 

Anche  nell'  archivio  civico  milanese  il  nostro  collega  ha  con- 
tinuato le  indagini  già  iniziate,  spogliando  (come  altra  volta  di- 
cemmo) sette  volumi  di  sentenze  di  podestà  di  Milano,  che  ab- 
bracciano un  mezzo  secolo,  dal  i385  al  1429.  Ricchi  di  notizie 
sulle  funzioni  della  prima  magistratura  cittadina,  sulla  curia  sua, 
sull'amministrazione  della  giustizia,  questi  volumi  non  gli  hanno 
però  ofl'erto  che  yin  solo  documento  il  quale  giovi  al  nostro  fine. 
Più  proficuo  invece  è  stato  1'  esame,  cui  il  dott.  Seregni  ha  sotto- 
posti i  registri  del  Tribunale  di  Provvisione  e  le  Lettere  Du- 
cali, esame  già  cominciato  tempo  addietro,  ed  ora  definitivamente 
condotto  a  termine.  A  corredo  di  questo  suo  lavoro,  il  Seregni 
ha  compiuto  altresì  lo  spoglio  di  due  manoscritti,  posseduti  dalla 
nostra  Società,  a  cui  pervennero  per  lascito  del  compianto  socio 
ragionier  Formentini,  i  quali  son  copia,  non  integrale  però,  d'una 
raccolta  di  lettere  dirette  tra  il  1389  ed  il  1396  ai  magistrati  mi-      questo  lavoro 

1  •      ì        r^  •  /->     1  /A  •  •  n  -,         1^-^    spogliato    poi 

lanesi  da  uiovan  Galeazzo.  Questa  copia,  eseguita  ranno  i72òda        due  codici 
Costanzo  D'  Adda,  benemerito  amatore  di  patrie  memorie,  ha  for-     posseUiui  d^iii 
nito  al  Seregni    quasi  un    centinaio    di    documenti  per  il   futuro 
Regesto  (1). 


Da   qiijsto 

Archivio 

il  dott.  Seregni 

lia  tratto    pure   in 

luce 

documeiiii. 


a   completar 


Società   di    lettere 


Anche  com-iotta 

a   termine  e 

la  copia 

dell'  Inventario 


Rammentiamo  per  ultimo  come  il  sacerdote  Cervini  dell'Am- 
brosiana, al  quale  è  stata  affidata  la  trascrizione  in  apposite  schede 
del  ricchissimo  Inventario  delle  carte  viscontee  esistenti  l'a.  1430 
nel  Castello  di  Pavia,  sia  giunto  alla  fine  del  suo  lungo  lavoro,  Ambrosiano, 
ed  abbia  consegnato  alla  Commissione  le  duemila  e.  più  schede, 
racchiudenti  il  transunto  di  diplomi,  privilegi,  ecc.,  emanati  dai 

(i)  Vedi  la  Relazione  che  ci  questo  suo  lavoro  ha  stesa  il  Seregni 
o  che  pur  essa  vieii  ora  data  alla  luce  (n.  IV). 


i8 


ATII    DICLl  A    SOCII    1  V     STOKICA     I.OMH  A  l<  DA 


signori  di  Milano  per  tutto  il  secolo  XIV,  la  più  parte  ilc\jLiali 
è  andata,  nelle  traversie  cui  furono  soggetti  la  libreria  e  V  ar- 
c!ii\io  del   C-nstcllo  di   Pavia,  distrutta  e  dispersa. 


Nuove 
pratiche   per  lo 

spoglio  dei 

1  Iterigli  esisteni 

ncll'  Archivio 

-urico  Goiizag.i 


Il  vivissimo  interesse  col  quale  gli  studiosi  italiani  e  stranieri 
hanno  accolto  l'iniziativa  della  nostra  Società  risulterà  poi,  a  tacer 
d'  altri  fatti,  manifesto  da  quanto  ora  passo  a  dire.  Già  nella  pre- 
cedente Relazione  s'era  avvertito  come  il  cav.  Stefano  Davari^ 
direttore  dell'  allora  indipendente  Archivio  Storico  Gonzaga  di 
Mantova,  si  fosse  spontaneamente  offerto  di  favorirci  gli  spogli  di 
tutti  i  documenti  e  delle  lettere  viscontee  che  quel  preziosissimo 
deposito  racchiude.  Ma  varie  ragioni  d'  indole  personale  avendo 
poi  dissuaso  il  cav.  Davari  dal  mantenere  1'  impegno  cui  erasì 
sobbarcato,  un  altro  valoroso  ufficiale  del  R.  Archivio  di  Stato 
in  Mantova,  il  sotto  archivista  sig.  Ferruccio  Partesotti,  s'  e  di- 
chiarato pronto  a  prenderne  le  veci.  Di  questo  nobile  e  disinte- 
ressato proposito  del  sig.  Partesotti,  il  suo  diretto  superiore,  il 
iniziativa  del  ^Qtt.  Alcssandro  Luzio,    alle    cui  sapienti  cure  entrambi   gli    ar- 

Direttore  "^ 

quell'Archivio  chivì  mantovani    sono    adesso    affidati,  ha  voluto    darci   certezza 
di  Stato.        colla  lettera,  che  qui  reputiamo  opportuno  trascrivere: 


affidato 
il  si2.  Partesotti 


OnorJ^  Presidente  della  Società  Storica  Lombarda, 


Mi  pregio  di  assicurare  che  questa  Direzione  ha  il  più  vivo  de- 
siderio di  contribuire  degnamente  col  copioso  materiale  mantovano 
al  Regesto  diplomatico  visconteo,  iniziato  da  cotesta  benemerita  Società. 

Lo  spoglio  ed  il  sunto  dei  documenti  dell'  Archivio  Gonzaga  sa- 
ranno affidati  ad  un  valente  e  solerte  impiegato  di  quest'Archivio  di 
Stato,  all'egregio  sotto-archivista  Ferruccio  Partesotti,  che  (neson  certo 
e  credo  poterne  rispondere)  eseguirà  il  suo  compito  con  piena  soddi- 
sfazione di  codesta  Società  e  degli  studiosi. 

Avverto  però  che  sia  per  la  mole  grandissima  del  materiale  man- 
tovano, sia  per  il  fatto  che  l'Archivio  Gonzaga  non  fu  ancora  (in  causa 
d'uggiose  difficoltà  burocratiche)  eftettivamente  riunito  all'Archivio  di 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA 


219 


Stato,  il  lavoro  del  Regesto  diplomatico  visconteo  non  potrà  essere  in- 
trapreso ed  ultimato  con  tutta  quella  sollecitudine  che  sarebbe  desi- 
derabile. 

Voglia  Ella,  intanto,  on.'^  sig.  Presidente,  trasmettermi  le  istruzioni 
che  io  passerò  all'egregio  sig.  Partesotti  ;  ed  Ella  mi  abbia  con  parti- 
colar  stima  ed  ossequio. 


Mantova,  i3  febbraio  1900. 


dev.'iio 
A.   Luzio. 


Un  altr'Archivio,  resplorazione  del  quale  stava  grandemente 
a  cuore  della  Commissione,  che  non  si  dissimulava  però  le  diffi- 
coltà assai  gravi  le  quali  si  opponevano  all'effettuazione  dei  de- 
sideri suoi,  era  quello  comunale  di  Reggio  Emilia.  Della  ragio- 
nevolezza di  queste  nostre  aspirazioni  voi  potrete  agevolmente 
persuadervi,  o  Signori,  quand'  io  vi  dirò  che  in  queir  Archivio, 
che  fu  con  tanta  paziente  sagacia  non  semplicemente  ordinato, 
ma  addirittura  creato  dal  suo  primo  e  benemerito  direttore,  il 
nostro  collega  conte  Ippolito  Malaguzzi,  e  che  ora  si  trova  affi- 
dato allo  zelo  del  cav.  A.  Catelani;  esiste  una  preziosissima  serie 
di  documenti  originali  viscontei,  spettanti  pressoché  tutti  a  quel 
trentennio,  durante  il  quale  la  piccola  ma  fiera  città  Emiliana  si 
piegò  al  giogo  della  vipera  milanese:  dal  iSyi  cioè  fino  al  1404 
circa.  Non  meno  pregevole  che  per  l' indole  è  questo  ammasso  di 
documenti  rilevanti  per  il  numero,  giacché,  a  tacere  delle  carte 
appartenenti  a  tempi  anteriori,  quelle  che  si  riferiscono  al  reggi- 
mento di  Bernabò  e  di  Gian  Galeazzo  Visconti  assommano  a  due- 
mila circa. 

Facile  è  il  comprendere,  o  Signori,  come  tanta  ricchezza  al- 
lettasse insieme  ed  impaurisse  la  Commissione.  Ed  ecco  un  egre- 
gio studioso,  il  dott.  F.  E.  Comani,  insegnante  di  storia  nel  Regio 
Liceo  ài  Reggio,  avuta  notizia  dalla  prima  nostra  Relazione  dei 
disegni  della  Società,  farsi  innanzi  ad  offrirci  spontaneo    la  sua 


L'esplorazione 

dell'  Archivio 

comunale 

di 

Re2:sJ;io    Emilia 


ricchissimo    di 

materiali 

imiiortaiiti. 


.USSUlUA 

dal    prof. 
F.    V.    Conni 


•221)  ATM     M.l.lA    SUCll.lA     STOHICA     I.OMI{Aia»A 

cfticacc  collaborazione.  Accordatosi  con  noi,  nell'occasione  di  ima 
nostra  corsa  a  Rci^gio,  egli  si  accinse  subito  al  lavoro,  e  nella 
Relazione  testé  inviataci  e  della  quale  reputiamo  opportuno  met- 
tere qui  in  luce  il  testo  (n.  II),  diede  ragguagli  sommari  sì,  ma 
precisi  sopra  l'amplissimo  materiale,  che  verrà  man  mano  tran- 
suntando in  prò  del  nostro  Repertorio. 

Ove  si  consideri  adesso,  Signori,  che  così  il  prol.  (.omuni, 
come  il  sig.  Partcsotti,  al  pari  de'  consoci  nostri  Calligaris,  Riva, 
Seregni,  sono  mossi  ad  assumere  codesti  lavori,  non  meno  lunghi 
che  faticosi,  dall'unico,  nobilissimo  desiderio  di  giovare  agli  studi 
storici,  favorendo  l'impresa  a  cui  abbiamo  posto  mano;  la  So- 
cietà nostra  non  potrà  che  rallegrarsi  con  sé  stessa  d'  aver  mercè 
la  sua  iniziativa  e  l'aiuto  d'un  suo  generoso  fautore,  eccitata  una 
tanto  degna  e  feconda  gara  d' indagini  dintorno  a  quel  periodo, 
che  se  non  può  forse  dirsi  il  più  glorioso,  è  certo  il  più  importante 
dùWa  storia  di  Milano  e  della  dinastia  che  delia  città  nostra  resso 
per  due  secoli  circa  i  destini.  Il  giorno,  che  oramai  non  ci  sem- 
bra più  tanto  lontano,  nel  quale  l' ingente  mole  dei  documenti 
usciti  dalla  cancelleria  viscontea  ne' secoli  XIII  e  XIV  ritornerà, 
diligentemente  discussa  e  vagliata,  alla  luce,  dinanzi  all'  immenso 
contributo  di  ragguagli  sconosciuti  e  preziosi  che  ne  deriveranno 
per  la  storia  politica,  civile,  religiosa,  economica  di  tutta  l'Italia, 
per  la  genealogia  delle  più  insigni  casate  lombarde,  per  la  geo- 
grafia, la  topografia  e  la  toponomastica  regionali,  la  Società  Sto- 
rica Lombarda  poirà  davvero  con  un  sentimento  di  giusto  orgo- 
glio applicare  a  se  medesima  le  parole  del  poeta  latino: 

Exegi  monumentum  aere  perenni us 

Regalique  situ  pyraniidum  altius, 

Ouod  non  imber  edax,  non  Aquilo  impotens 

Possit  diruere,  aut  innumerabilis 

Annorum  series  et  fuga  temporum.  , 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA  221 


ALLEGATO  L 


Prime   informazioni  sui   documenti  viscontei 
del  r.  Archivio  di  Stato  in  Reggio  d'  Emilia 


Lettera  del  prof.  F.  E.  COMANI 

iill'  on.   Commissione  pel  Repertorio  Diplomatico   Visconteo 


Oliar.  Commiss,  pel  Repertorio  Diplomatico   Visconteo, 

dacché  mi  fu  partecipato  per  mezzo  dell'illustre  sig.  prof.  F.  Novati^ 
che  codesta  on.  Comanissione  gradiva  la  mia  offerta  di  spogliare  i 
fondi  viscontei  del  r.  Archivio  di  Stato  in  Reggio  d'Emilia  (e  fu  nel 
luglio  p.  p.).,  mi  posi  air  opera  ed  impiegai  in  questo  lavoro  tutte 
le  ore  lasciatemi  libere  dalle  mie  occupazioni.  Ma  tanto  grande  è  il 
numero  dei  documenti  e  di  tal  natura  le  difficoltà  di  farne  un  inven- 
tario, il  quale  non  sia  un'abborracciatura  (difficoltà  su  cui  tornerò  nel 
corso  di  questa  mia  informazione),  che,  sebbene  io  abbia  già  fatto  il 
sunto  di  879  veri  e  propri  documenti  viscontei  e  d'un  centinaio  di 
lettere  ed  atti  di  ufficiali  del  governo  visconteo  (non  compresi  fra 
questi  il  podestà,  né  gli  ufficiali  della  sua  curia,  né  quelli  propri  del 
Comune),  devo  tuttavia  astenermi  per  breve  tempo  ancora""  dal  fare 
una  vera  e  propria  relazione,  come  quelle  che  poterono  presentare  i 
signori  Riva  e  prof.  Seregni  ;  e  devo  contenermi  invece  entro  i  limiti 
d'una  prima  informazione.  Confido  tuttavia  di  aver  fatto  quanto  era 
possibile  perché  questa  informazione  non  riuscisse  troppo  gcneric?, 
anzi  sufficiente  a  dare  a  codesta  on.  Commissione  un'idea  esatta  della 
natura  e  dell' importanza  del  l'ondo  visconteo  depositato  in  quest'ar- 
chivio. 


SITI    DEf-LA    SOCIETÀ    STOKICA    LOMBARDA 


.Uk 


l<(^-ii>  iieirEinilia,  venduta  con  solenne  stiuiiìonto  (i)  da  l*'<  Itiiiio 
dei  Gonzaga  a  Bernabò  Visconti  nel  1871,  non   recalcitio    alla  nuova  do- 

uMut,.  niinazione;  e  dopo  aver  obbedito  a  Bernabò,  obbedì  a  Giangaleazzo 
V  per  qualche  anno  al  suo  immediato  successore.  Sebbene  però  l'atto 
di  vendita  inchiudesse  l'intero  episcopato  reggiano,  non  pochi  signori 
dei  contado  preferirono  l'amicizia  estense  alla  sudditanza  viscontea 
o  tennero  un  contegno  sospetto  ed  incostante;  fra  i  quali  notiamo  i 
signori  di  Correggio,  divisi  essi  medesimi  Ira  i  due  partiti  estense 
e  visconteo;  ma  poco  lìdi  ad  ogni  modo,  anche  quando  erano  amici  (2). 
Se  si  aggiunga  poi  che  le  terre  del  Reggiano  furono  teatro  più  volte 
delle  guerre  viscontee  e  più  spesso  ancora  furono  attraversate  da  mi- 
lizie (ciò  che  portava  sempre  una  lunga  e  minuziosa  corrispondenza 
fra  il  governo  ed  il  Reggimento),  da  tutte  queste  considerazioni  ap- 
pare chiarissimo  l'interesse  non  piccolo  che  presentano  le  ricerche 
nell'archivio  reggiano. 

Le  prime  ricerche  naturalmente  si  rivolgono  a  rintracciare  docu- 
menti viscontei  anteriori  al  dominio.  Ma  se  qui  possono  trovarsi  al- 
cuni decreti  dei  predecessori  di  Bernabò  comunicati  da  costui  o  dai 
suoi  successori,  pochissimi  sono  invece  i  documenti  veri  e  propri  da 
loro  medesimi  spediti  (3).  La  ricchezza  incomincia  veramente  coll'e- 
poca  di  Bernabò  e,  se  fosse  lecito  dire  così,  diventa  sovrabbondanza 
nei  diciasette  anni  del  governo  di  Giangaleazzo.  La  mirabile  conser- 
vazione di  serie  voluminose  e  continuate,  già  notata  in  questo  archi- 
vio dal  Bonaini,  è  ancora  più  evidente  dopo  il  riordinamento  del 
Livi  (4).  I  documenti   statuali,   amministrativi  e    militari   d'  un   intero 


(1)  Archivio  di  Reggio,  Capitoli.  Serie  crono/,  di  documenti: 
1871,  maggio  17  (copia  autentica  in  pergamena  del  secolo  XIV). 

(2)  TiRABoscHi,  Memorie  storiche  modenesi  (Modena,  1794-5),  III, 
pp.  5o  sgg.,  V,  52  sgg. 

(3)  Fin  qui  ne  ho  contati  due  dell'arcivescovo  Giovanni  (Capitoli. 
Liber  grossiis  antiqmts,  e.  408:  2  lettere  del  i35i^  maggio  9;  i352,  ot- 
tobre 25;  ripetute  nella  serie  Estimo:  Copie  di  documenti  relativi  al- 
l\siimo,  carta  2  r.),  uno  di  Luchino  e  Giovanni  (1346,  giugno  9,  E  s  t  i- 
m  o  :  ibid.,  carta  2  tergo)  uno  di  Bernabò  e  Galeazzo  II  (i354,  ottobre  6, 
ibid.,  carta  2  tergo)  ed  uno  di  Galeazzo  II  del  i36i  (Ospedale  di  Santa 
Maria  Nuova).  In  tutto  cinque. 

(4)  Livi,  L'archivio  municipale  di  Reggio  neW Emilia  (Reggio,  1877). 
Cfr.  le  sue  correzioni  al  Bonaini,  Gli  archivi  delle  Provincie  deW  Emilia 
(Firenze,  1861),  a  pp.  6-7  dell'  opuscolo. 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA 


223 


trentennio  di  quel  governo  visconteo,  la  cui  instancabile  e  multiforme 
attività  desta  sempre  più  V  ammirazione  degli  storici,  si  conservano 
qui  in  tal  numero  che  ci  è  dato  seguire  per  interi  anni  il  corso  degli 
affari  e  l'opera  del  governo  in  modo  da  non  poter  desiderare  di  più. 
Il  carteggio  di  Giangaleazzo  col  Reggimento  (podestà,  capitano  ed  altri 
ufficip.li  governativi)  si  conserva  per  la  massima  parte  e,  ciò  che  ne 
aumenta  l'interesse,  negli  originali.  A  fianco  di  lunghe  filze  di  lettere 
di  stato  stanno  ancora  perfino  le  frequenti  commissioni  di  "  canes 
leporarios,  noctuas  et  useletos  qui  sciant  bene  et  dulciter  canere  „, 
ossequiosamente  conservate  dai  Podestà.  Per  tal  modo,  fra  documenti 
importanti  e  curiose  inezie,  il  mio  spoglio  fino  a  questo  momento  mi 
dà  ^44  documenti  originali  usciti  dalla  cancelleria  viscontea  negli  anni 
ijSj-jjcfO,  più  un  centinaio  di  letiere  provenienti  dai  diversi  ufficiali 
del  governo,  sia  dagli  ufficiali  generali  di  Milano,  sia  da  quelli  residenti 
in  Parma  con  giurisdizione  sopra  Reggio,  e  particolarmente  dal  refe- 
rendario che  era  comune  alle  due  città.  La  serie  dei  Registri  di  de- 
creti e  lettere  viene  poi  in  sussidio  al  Carteggio,  e  diversi  altri  Regi- 
stri d'  altre  serie  colmano  le  lacune  che  si  trovano  nei  Registri  delle 
lettere  ricevute  dagli  Anziani  del  Comune;  cosicché  ai  644  documenti 
sopraccennati  già  ne  posso  aggiungere  altri  3o2  conservati  soltanto  in 
copia.  E  si  noti  che  il  mio  spoglio  non  s'è  esteso  oltre  la  metà  di  que- 
ste ricchissime  serie. 

Tale  abbondanza  spiegherà  alla  Commissione  il  tempo  impiegato  Caus 


nello  spoglio.  Ma  è  necessario  che  io  la  informi  anche  di  un'altra  cir- 
costanza che,  non  solo  rende  più  lungo  il  mio  lavoro,  ma  impedisce 
un  inventario  e  può  rendere  le  ricerche  stesse  in  questo  archivio  un 
poco  difficili.  Questa  è  la  straordinaria  frequenza  di  duplicati  e  tripli- 
cati d'uno  stesso  documento,  difficili  dà  riconoscersi;  la  qual  cosa  ac- 
cade per  tre  motivi  :  i.°  La  serie  dei  Registri  delle  lettere  e  dei  decreti 
corre  per  molti  anni  parallela  a  quella  del  Carteggio  del  Reggimento; 
ma  i  Registri  non  conservano  l'ordine  cronologico,  sia  perchè  d' ordina- 
rio le  lettere  vi  fossero  registrate  secondo  l'ordine  di  presentazione,  sia 
perchè  (almeno  in  certi  casi)  ragioni  speciali  facevano  anteporre  o 
posporre  lettere  giudicate  più  urgenti  di  altre  o  tenute  da  parte  fino 
all'arrivo  d'un' altra  sullo  stesso  argomento.  2.°  I  registri  non  sono 
tutti  propriamente  libri  destinati  a  copiarvi  le  lettere  di  mano  in 
mano;  alcuni  sono  vere  e  proprie  collezioni  di  lettere,  decreti,  ordini. 


che  rallentano 
la  ricerca. 


324 


ATTI  DELLA  SOCIETÀ  STORICA  LOMBARDA 


rescritti,  gride  relative  ad  un  determinato  argomento.  In  questo  caso 
l'ordine  cronologico  non  è  quasi  affatto  rispettato  e  le  date  stesse 
apposte  modernamente  all'esterno  di  codesti  libri  traggono  in  inganno; 
perchè  in  generale  chi  ve  le  appose  non  avvertì  la  natura  del  libro, 
non  badò  che  alla  prima  ed  all'ultima  data  e  trascurò  quelle  dei  do- 
cumenti intermedi,  spesso  anteriori  al  primo  o  posteriori  all'ultiir^p. 
3.°  Alcuni  registri  furono  formati  legando  insieme  quaderni  di  diversi 
registri  sincroni  ;  e  quindi  vi  si  trovano  più  volte  le  stesse  lettere  (i). 
In  tali  condizioni  non  v'è  memoria  ferrea  od  espediente  che  aiuti  a 
riconoscere  subito  i  duplicati  e  triplicati,  tranne  quello  di  fare  uno 
spoglio  preliminare  succinto,  ma  esattissimo,  d'una  serie,  indi  proce- 
dere allo  spoglio  d'un'altra,  confrontando  continuamente  i  due  spogli 
e  rimandando  l'inventario  alla  fine  del  lento  e  faticoso  lavoro.  Che 
varrebbe  infatti  il  dire  che  una  serie  si  compone  di  200  documenti, 
quando  fossero  tutti  duplicati  di  altri  contenuti  in  altre  serie  ?  Per 
non  accumulare  delle  cifre  statistiche  così  inutili,  io  ho  incominciato 
un  piccolo  regesto  italiano  in  attesa  delle  istruzioni  pel  regesto  latino 
e  compiuto  che  la  Commissione  desidera;  e  le  mie  schede  mi  servono 
per  i  continui  e  necessari  confronti.  Il  lavoro  esige  tempo  e  fatica. 
Nulla  purtroppo  vi  è  nell'archivio  già  preparato  per  rendere  più  celere 
un  simile  lavoro.  Malgrado  la  solerzia  dei  diversi  archivisti,  la  dot- 
trina e  la  squisita  cortesia  dell'attuale  reggente  sig.  prof.  cav.  A.  Ca- 
telani,  la  massima  parte  di  quei  sussidi,  di  cui  lamentava  la  mancanza 
il  Livi  nel  1877,  fanno  ancora  difetto;  e  lo  studioso  se  ne  accorge.  Il 


(i)  Darò  alcuni  esempì  i  quali  dimostrano  all'  evidenza  la  neces- 
sità di  leggere  i  Carteggi  ed  i  Registri  da  capo  a  fondo,  fin  da  quando 
se  ne  fa  un  primo  esame.  Il  Registro  ij'ji-ij'j2  (che,  per  giunta,  è 
chiamato  Registro  di  Provvigioni  perchè  ne  contiene  alcune,  ma  in 
realtà  è  un  registro  di  lettere)  si  compone  di  almeno  tre  parti,  mala- 
mente riunite  da  un  legatore.  La  i.^  è  registro  vero  e  proprio;  la  2.* 
un  liber  cridarum;  la  3.^  parte  è  un  frammento  di  registro  sincrono 
a  quello  della  i.*  parte,  ma  contenente  anche  documenti  che  nella  i.^ 
parte  non  sono  registrati.  Un  vero  pazientino,  come  si  vede!  —  Un 
registro,  chiamato  del  1402-1404,  contiene  a  carte  loi  una  lettera 
del  1396;  un  altro,  segnato  1401-1404,  ne  contiene  anche  del  1389  ed 
è  una  raccolta  di  ordini  sulla  milizia.  —  Questi  esempi  mostrano  pure 
che  non  si  è  finito  lo  spoglio,  quando  s'è  giunti  alle  filze  od  alle  pa- 
gine in  cui  trovasi  la  data  1402;  e  che  soltanto  verificando  coi  propri 
occhi  in  tutte  le  serie,  anche  ritenute  posteriori  al  periodo  da  stu- 
diarsi, può  acquistarsi  una  relativa  certezza  di  aver  esauriti  i  docu- 
menti viscontei. 


ATTI    DELLA    SOC.ILTA    STORICA     LOMBARDA 


Liber  grossus  antiqiiiis  o  liber  "  Pax  Constantiae  „  manca  tuttavia  di  un 
indice  adatto;  e  poiché  si  compone  di  parti  non  omogenee,  scritte  in 
varie  epoche,  riunite  in  un  solo  volume  senz'  ordine  (almeno  appa- 
rente) ed  i  documenti  si  succedono  senza  rispetto  alla  cronologia, 
ogni  studioso  che  vuol  fare  una  ricerca  deve  scorrerlo  tutto.  Io,  che 
sono  stato  tra  i  fortunati,  vi  ho  rinvenuto,  dopo  aver  esaminate  at- 
tentamente 4o3  carte,  un  atto  scritto  sulla  403."*  in  cui  sono  inserite 
due  lettere  dell'arcivescovo  Giovanni  Visconti!  La  serie  dei  Capitoli, 
a  cui  appartiene  il  Liber  grossus,  presenta  pure  l'altro  inconveniente 
che  le  copertine,  in  cui  sono  raccolti  i  documenti,  portano  semplice- 
mente una  data  o  due,  delle  quali  non  ci  si  può  assolutamente  fidare  ; 
non  già  perchè  siano  inesatte,  ma  perchè  si  riferiscono  ad  uno  o  due 
documenti,  non  a  tutti  quelli  che  si  trovano  in  un  quaderno  o  foglio^ 
Anche  qui  bisogna  leggere  tutto  per  giudicare  da  sé. 

Prima  di  venire  ai  risultati  statistici  del  mio  spoglio,  mi  sia  le-  Qiùstione 
cito  accennare  ancora  ad  una  circostanza,  che  avrà  certamente  già  cronoio-.c-i. 
occupata  codesta  Commissione  e  che  rende  qui  certe  volte  facile  l'er- 
rore. L'  ordinatore  dei  documenti  reggiani  non  tenne  conto  dell'  uso 
che  aveva  la  cancelleria  di  Milano,  di  datare  i  suoi  documenti  a  na- 
iivitate  (i);  quindi  i  documenti  25-3i  dicembre  d'ogni  anno  sono  col- 
locati insieme  a  quelli  dell'anno  successivo,  anzi  in  coda  al  medesimo, 
mentre  secondo  lo  stile  comune  dovrebbero  essere  collocati  in  coda 
all'  anno  antecedente  a  quello  che  portano  segnato  nella  datazione 
appostavi  dalla  cancelleria  milanese.  La  direzione  dell'Archivio  ora 
ha  le  sue  buone  ragioni  per  non  cambiar  loro  di  posto  ;  ma  nel  re- 
pertorio che  codesta  Commissione  intende  di  pubblicare,  desidera 
essa  che  i  documenti  siano  iscritti  sotto  l'anno  al  quale  le  filze  del- 
l'archivio  si  riferiscono  erroneamente,  o  sotto  l'anno  al  quale  vera- 
mente i  documenti  appartengono  secondo  lo  siile  comune  ? 


E  finalmente  mi  sia  permesso  di  sollevare  un  dubbio  a  proposito 


Osserv.izio'.'.c 


dei  decreti  viscontei,  che  qui  si  trovano    in  grandissimo   numero  (2).        sui  Jccroj 


(i)  I  documenti  reggiani  parlano  da  se.  Del  resto  vedi  Paoli,  Pa- 
leografia diplomatica  (Firenze,  1900),  III,  173, 

(2)  È  degno  d'essere  segnalato  il  Registro  di  decreti,  che  già  formò 
un    bel    volume    ed    ora  è  squinternato,  privo   di   copertina  e  di  due 

Arch.  Star.  Lomò.    -'Anno  XXVII.   —   Fase.  XXV.  i; 


V     degli 
«pogli  fatti. 


220  AITI     m.l.l.X     >ui   ILI  \     >Jul<li.A     LO.MHAIUJA 

11)  buon  numero  di  decreti  viscontei  sono  già  a  stampa.  Intendi' 
Ton.  Commissione  di  incaricare  un  solo  collaboratore  di  spogliare  li- 
collezioni  stampate  e  di  aggiungere  alle  nostre  schede  le  indicazioni 
relative;  oppure  devo  io  stesso  verificare  quali  decreti  siano  a  stampa? 
Mi  permetto  di  far  osservare  che  alcune  di  codeste  stampe  sono  piut- 
tosto rare,  e  che  non  mi  sarà  facile  averle  presso  di  ine  tutto  il  tempi» 
necessario. 

Vengo  ora  alle  notizie  statistiche. 

La  parte  storica  del  r.  Archivio  di  Stato  di  Reggio  nell' Emilia 
si  compone  delle  parti  seguenti  : 

Archivio  comunale ordinato 

Archivio  delle  opere  pie quasi  del  tutto  ordinato 

Archivio  giudiziario ordinato 

Archivio  Turri da  ordinarsi 

I  miei  spogli,  limitati  finora  ad  una  parte  dell' ARCHIVIO  CO- 
MUNALE, hanno  dato  i  seguenti  risultati  dopo  latta  l'eliminazione 
dei  duplicati  e  triplicati: 

ClassieSerie  Numero  dei 

documenti  viscontei 
CAPITOLI 

Liber  grossus  antiquus 2 

[  lettere         7 
Serie  cronologica  di  documenti )       atti 

(       diversi  4 

CARTEGGI 

Carteggio  del  Reggimento  i385-i390 544 

A  riportarsi     557 


carte  intermedie.  È  di  bella  scrittura,  su  pergamena.  Contiene  172 
documenti  fra  decreti  e  lettere  accompagnatorie.  Pare  una  raccolta, 
piuttosto  che  un  libro  in  cui  si  registrassero  di  mano  in  mano  i  nuovi 
decreti.  È  pure  da  studiarsi  lo  Statuto  del  IJ92  riformato  per  volontà 
di  Giangaleazzo.  C'è  anche  uno  Statuto  del  ijji  di  Bernabò  Visconti  ; 
ma  è  il  risultato  d'  un  lavoro  di  revisione  già  compiuto  sotto  i  Gon- 
zaga e  pubblicato  al  principio  della  signoria  di  Bernabò. 


4 


ATTI    BELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA 


Riporto  SSy 

Registri  di  lettere  e  decreti  : 

Registri  propriamente  detti  ijy I-I j88 iSo 

Registro  di  decreti  di  Giangaìeazzo  fino  al  ij^J  .     .     .  172 


ESTIMO 
Copie  di  documenti  relativi  all'estimo 


DAZI,  GABELLE  E  BENI 

Statuti  dei  dazi  e  gabelle  del  Comune  (i3ii-i4i5): 

Statata  datioruni  civitatis  Rcgij  ijSS 16 

Statata  datioruiìi  et  gahcUarimi  ijjó 1  (i) 

MAGISTRATO  DELLE  SCUOLE 

Carte  varie  relative  alle  pubbliche  scuole i 

Totale        879 


Nelle  altre  classi  e  serie  furono  fatti  assaggi  e  da  me  e  dal  cor- 
tese sig.  Reggente  dell'Archivio.  Questi  assaggi  m'indussero  nella 
convinzione  che  un  lunghissimo  lavoro  sarà  necessario  per  potersi 
accertare  quali  siano  le  serie  dell'  età  viscontea  che  non  contengano 
almeno  m  e  n  z  i  o  n  e  di  documenti  viscontei.  Noterò  che  la  ricchis- 
sima raccolta  dell'  Ospedale  di  S.  Maria  Nuova,  ancora  disordinata,  offre 
subito  a  portata  di  mano  un  atto  di  Galeazzo  II  Visconti  ;  e  che  nella 
Caria  del  Podestà,  la  quale  comprende  82  volumi  ed  una  grossissima 
rilza  di  quest'epoca,  è  certo  che  devonsi  trovare  notizie  di  documenti 
visc(i^itei,  anche  perchè  in  un  volumetto  di  Attif  citazioni,  proclami, 
(•ondami',  preso  a  caso,  trovai  subito  menzione  di  due  lettere  di 
Giangaìeazzo. 

Ciò  premesso,  posso  affermare  che  un  buon  numero  di  documenti 
viscontei  trovasi  ancora  nelle  seguenti  serie: 


Ri 

sultato 

degli 

i  assag^n 

a'  al 

tre  serie. 

(i)  A  tergo  dell'ultima  carta.  È  di  Carlo  Visconti,  1872,  marzo   5. 


TTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBAUDA 


CARTEGGI 

Carteggio  del  Reggimento  1391-J403;  in(>lt()  ricco. 

Registri  di  decreti  e  lettre  j385-i389;  iSqo  (un  solo  quaderno), 
1891-96;  1401-1404,  j 402-1404  (1);  quaderno  detto  degli  anni  1392-1899, 
che  in  realtà  va  dai  i385  al  1400.  La  maggior  parte  delle  lettere  tra- 
scritte in  questi  registri  sono  viscontee. 

Carteggio  degli  Anziani.-  È  una  raccolta  molto  più  povera  del  Car- 
teggio del  Reggimento,  ma  darà  un  certo  numero  di  documenti. 


CONSIGLI 

Provvigioni  degli  Anziani  1889-1402. 

Provvigioni  dei  Magistrati  sulle  entrate.  Un  ricchissimo  registro  di 
questa  serie,  supplisce  in  parte  alla  mancanza  dei  Registri  delle  let- 
tere e  del  carteggio  degli  anni  1872-1375;  altri  ancora  contengono 
molte  copie  di  lettere. 


MAGISTRATO  DELLA  GUERRA 

Ordinamento  circa  la  milizia  sotto  i  Visconti.  Un  volumetto  di   or- 
dini e  lettere. 


STATUTI 

Statato  del  IJ92  riformato  per  ordine  di  Giangaleazzo. 
Statuti  diversi  con  copie  di  lettere  e  decreti  viscontei  (2) 


GRIDE 
Raccolta  di  gride  dal  ijij  in  poi  (3). 


(1)  Su  questi  registri  vedi  p.  224,  nota  i. 

(2)  Sul  registro  dei  decreti  fino  il  1897  vedi  sopra  a  pag.  2r5,  nota  i, 
(8)  Del  Liber  cridaritm  ho  detto  a  pag.  224,  nota  t. 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORILA    LOMBARDA 


sul  numero 
:i   Jncuniciiti 


CURIA  DEL  PODESTÀ 

Coìi-ìaìììU',  Jìiquisiziom  criminali,  Atti  e  processi  civili  r  criuiiiiali  , 
Minute  if  atti,  citazioni,  ecc. 

Dagli  inventari  dell'Archivio  è  poi  lecito  dedurre  che  altre  serie,  ipote 

le  quali  sarebbe  troppo  lungo  T  enumerare,  possano  dare  altri  contri- 
buti al  Repertorio  diplomatico  visconteo.  Per  ora  si  può  assicurare 
che  il  numero  totale  dei  documenti  viscontei  dell'Archivio  reggiano 
non    sarà    inferiore    ai    due    mila. 

Fra  qualche  tempo  sarò  in  grado  di  dare  particolareggiate  noti- 
zie su  tutte  le  serie  qui  appena  accennate  e  di  presentare  una  rela- 
zione, la  cjuale  potrà  essere  accompagnata  da  notizie  interessanti  sopra 
certe  pratiche  della  Cancelleria  viscontea.  Spero  inoltre  che  la  messe 
dei  documenti  venga  arricchita  da  ricerche  negli  archivi  Vescovile  e 
Capitolare  di  Reggio,  e  torse  nei  Comunali   di   Correggio  e  Novellara. 

E  per  ora,  augurandomi  che  queste  prime  informazioni  incontrino 
la  benevolenza  dell' on.  Commissione,  e  ringraziandola  del  mandato 
affidatomi,  mi  dico 


suo  dev."''^ 
prof.  F.  E.  CoMANi. 

Reggio,  12  dicembre  3899. 


23o  ATTI  I>rLLA   SOCIETÀ   STORICA    LOMBARDA 


ALLEGATO  IL 


I  documenti  viscontei  dal  1279  al  1402 

nei  Regi  Archivi  di  Stato  in  Pisa,  Siena  e  Firenze 

e  negli  Archivi  Comunali 

di  Arezzo  e  di  Pistoia 


Relazione  del  socio  GIUSEPPE  RIVA 


Gnor.  Commissione  pe?^  il  Regesto  Diplomatico    Visconteo, 

anche  quest'anno  il  chiarissimo  prof.  Francesco  Novali,  che  nell'o- 
pera del  Regesto  Diplomatico  Visconteo  ha  tanta  e  così  preziosa  parte, 
ebbe  a  propormi  1'  ambito  incarico  di  esplorare,  in  servigio  della  pro- 
gettata pubblicazione^  altri  Archivi  che  non  fossero  i  milanesi,  ricon- 
fermandomi così  quella  fiducia  che  già  mi  concesse,  nell'agosto  del 
1898,  l'onore  dell'andata  a  Modena. 

Di  quell'Archivio,  relativamente  povero  di  fondi  per  quanto  toc- 
casse al  nostro  periodo;  compreso  come  è  risaputo,  fra  il  1279  e  il 
1402;  ebbi  già  a  notare,  nella  relazione  dello  scorso  anno,  la  conse- 
guente scarsezza  di  documenti  viscontei  (i);  e  quella  constatazione  mi 
ritorna  ora  spontanea  alla  mente  per  maggiore  compiacenza  dei  risul- 
tati di  gran  lunga  più  copiosi,  onde  riuscirono  feconde  le  ricerche  ne- 
gli archivi  toscani  in  genere,  ed  in  singoiar  modo   in  quelli  di  Siena 


(i)  Cfr.  la  Relazione  sui  lavori  intrapresi  per  il  Regesto  Diplom.  P'i<f 
dalla  Comììiissione  a  ciò  nominata,  in  (\mgsì' Ar eh.,  a.  XXVI,  1899,  pa- 
gina 23o. 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA  2  ."^  I 

e  di   Firenze  che^  insieme  con  Pisa,  Arezzo  e  Pistoia,  furono  le  varie 
tappe  della  mia  recente  peregrinazione. 

Ho  detto  risultati  più  copiosi,  ma  non  oserei  aifermare  più  notevoli 
ed  interessanti  nel  rispetto,  specialmente,  della  novità,  poiché,  per 
quanto  riguarda  1'  archivio  Pisano  ed  il  Fiorentino  (dell'  Aretino,  a  ca- 
gione dei  risultati  affatto  negativi,  non  è  da  far  parola),  non  mi  fu  dif- 
licile  rintracciare  le  orme  di  valenti  studiosi  che  mi  avevano  preceduto 
sullo  stesso  cammino  ;  ma  d'  altro  canto,  come  forse  mi  avverrà  di 
chiarire  nel  corso  di  codesta  relazione,  non  del  tutto  inutile  fu  il  ri- 
percorrere anche  da  parte  mia  la  strada  già  da  altri  battuta.  E  va  te- 
nuta presente  un'  altra  considerazione,  senza  della  quale  le  mie  parole 
sonerebbero  per  avventura  molto  più  sconfortanti  di  quello  che  non 
vogliano  ;  e  cioè  l'assoluta  impossibilità  nella  quale  mi  trovai  di  veder 
fondo  a  ciascun  deposito  ;  poiché  se  degli  archivi  di  Arezzo  e  di 
Pistoia,  e  dicasi  anche  di  quel  di  Pisa,  non  fu  ardua  impresa,  a  ca- 
gione del  depauperamento  cui  sono  ridotti,  compiere  lo  spoglio,  non 
così  avvenne  per  depositi  di  tanta  maggiore  importanza  quali  si  pre- 
sentano gli  archivi  di  Siena  e  di  Firenze  ;  epperò  1'  esame  di  soltanto 
taluna  delle  loro  serie  lascia  sempre  adito  a  giustificata  speranza  che 
non  tutta  l'ubertosa  messe  sia  stata  in  egual  modo  raccolta.  S'ag- 
giunga, poi,  che  uno  spoglio  sistematico  di  tutti  i  documenti  di  argo- 
mento visconteo,  lungo  il  non  breve  periodo  assegnato  alle  nostre 
ricerche,  non  venne  peranco  compiuto  in  quegli  archivi,  i  quali  for- 
nirono piuttosto  materia  allo  studio  di  episodi  staccati  nella  storia 
delle  relazioni  che  i  signori  di  Milano  ebbero  con  le  città  toscane. 

In  quanto  ai  criteri  che  mi  furono  di  guida  nella  scelta  dei  do- 
cumenti da  proporre  a  codesta  Onor.  Commissione,  e  nella  compila- 
zione dei  regesti,  nulla  mi  spettava  d'innovare,  e  le  norme  seguite 
per  i  lavori  nell'archivio  Modenese  furono  anche  quest'anno  fedel- 
mente rispettate.  Se  non  che  ini  é  sembrato  utile  talvolta,  a  seconda 
che  i  singoli  casi  consigliavano,  di  esorbitare  un  tratto  dai  limiti  del 
mandato,  pur  ponendo  la  massima  cura  a  che  non  ne  venissero  alte- 
rate le  linee  fondamentali  del  lavoro  ed  il  carattere  suo  originale. 
Cosi,  ad  esempio,  non  mi  feci  scrupolo  di  riportare  più  di  un  docu- 
mento il  quale,  pur  non  essendo  di  argomento  prettamente  visconteo, 
apparisse,  però,  tale  da  riuscire  quasi  un  complemento  necessario  al- 
l'esatta  intelligenza  di  altri  già  inseriti  nella  raccolta;  o  pure  di  dare 
al  sunto  di  taluno  fra  di  essi  un'  estensione  la  quale-  parrebbe   scon- 


332  ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STOHICA     l.UMIJAKDA 


venire  con  quelle  dei  rimanenti,  ma  fu  suggerita  da  speciali  ragioni  di 
opportunità;  o  finalmente  di  ricopiare  integralmente  il  documento, 
quando  la  brevità  sua  ebbe  a  permettere  tale  vantaggio  incomparabile, 
come  ognun  vede,  con  quello  di  un  semplice  sunto,  sebbene  fedele  <» 
riferito  alla  parte  veramente  sostanziale. 

Ma,  air  infuori  dell'orditura  normale  del  lavoro,  mi  parve,  dirò 
subito,  necessario  aggiungere  un  indice  alfabetico  delle  persone  e  dei 
luoghi  nominati  nelle  schede,  affinchè  gli  opportuni  richiami  possano, 
facilitare  le  ricerche  ed  i  raftVonti,  e  tale  innovazione;  che  non  riu- 
scirà, io  credo,  sgradita;  valga  a  predisporre  il  primo  schema  di  quel- 
r  indice  generale  entro  il  quale  la  materia  dell'  intero  Regesto  verrà 
a  suo  tempo  distribuita.  E,  per  quanto  riguarda  il  tipo  dell'indice 
stesso,  nutro  fiducia  che  la  pazienza  da  me  durata  nel  lavoro  non 
sia  stata  indarno,  giacché,  come  per  molti  nomi  di  luoghi  e  di  per- 
sone, che  ebbero  nella  storia  parti  secondarie  o  forse  ora  per  la 
prima  volta  risorgono  da  secolare  dimenticanza,  mi  accontentai  del 
semplice  richiamo  alla  scheda  che  ne  faccia  menzione  ;  così  per  altri 
che  della  storia  sono  invece  magna  pars  e  ricorrono  spesso  nei  nostri 
regesti  (i),  credetti  indispensabile  aggiungere  a  ciascuno  dei  richiami, 
o  a  ciascun  gruppo  di  essi,  secondo  era  possibile,  l'indicazione  som- 
maria dei  singoli  fatti  cui  si  faceva  riferimento,  perchè  la  serie  non 
breve  dei  numeri  accompagnanti,  ad  esempio,  i  grandi  nomi  dei  co- 
muni di  Firenze,  di  Siena,  di  Bologna,  di  Perugia  o  dei  vari  signori, 
a  cominciare  dai  milanesi,  che  reggevano  le  sorti  della  penisola,  non 
riuscisse  un  laberinto  inestricabile,  o,  quel  che  è  peggio,  non  servisse, 
in  fin  dei  conti,  quasi  a  nulla. 

Non  un  sol  nome,  però,  tralasciai  ;  o  almeno  posi  somma  cura  a 
che  nessuna  ommissione  risultasse  nell'indice;  ben  sapendo  quanto 
air  interesse  degli  studiosi,  che  di  un'  opera  del  genere  della  proget- 
tata si  valgono  per  fini  così  molteplici,  traendone  tanta  varietà  di 
frutti,  avrebbero  pregiudicato  esclusioni  siffatte.  E  poiché  codesta  Onor. 
Commissione  ebbe  a  decidersi  per  1'  uso  del  latino  nei  Regesti,  non 
mi  parve  conveniente  che  l'indice  fosse  un'eccezione  alla  giudiziosa 


(i)  Le  schede  sono  numerate  progressivamente  secondo   1'  ordine 
cronologico.  Nell'indice  si  fa  riferimento  ai  numeri  rossi. 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA  233 


Avuti  così  i  primi  necessari  ragguagli,  T  Onor.  Commissione^  alla 
quale  mi  rivolgo,  abbia  la  compiacenza  di  rilare  con  me  il  dilettevole 
viaggio  in  Toscana,  soffermandosi  primamente  nel 


R.  ARCHIVIO  DI  STATO  IN  PISA 


dove,  munito  di  lusinghiere  lettere  di  presentazione  fornitemi  dal 
ch."i"  prof.  Novati  per  il  Direttore  sig.  cav.  Tanfani-Centofanti  e  per 
l'Archivista  sig.  cav.  prof.  Clemente  Lupi,  incominciai  i  lavori  il 
giorno  8  di  agosto  per  metter^d  fine  il  21  dello  stesso  mese. 

Grazie  alla  cortesia  con  la  quale  fui  accolto  da  quelle  egregie 
persone,  potei  rendermi  subito  esatto  conto  dell'ordine  e  della  esten- 
sione delle  mie  ricerche,  le  quali  volsi  fin  dal  primo  giorno  a  quella 
parte  dell'Archivio  che,  sotto  la  classificazione  di  Divisione  A,  com- 
prende sino  a  tutto  il  1406  quanto  ancora  rimane,  per  quel  tempo,  dei 
registri  e  delle  carte  dell'  antico  Comune  di  Pisa. 


L'  Archivio  del   Comune. 

Nell'Archivio  del  Comune  di  Pisa,  divisione  A,  è  primamente  di- 
stinta una  Parte  Generale,  la  quale  raggruppa  sotto  di  sé,  in  due  ca- 
tegorie, gli  Statitii,  dal  secolo  XIII  al  XVI,  e  gli  Istriitneniari,  nella 
maggior  parte  registri  o  frammenti  di  registri  che  ci  conservano  le 
copie  di  atti  diversissimi;  quali  privilegi,  elezioni  d'ufficiali,  amba- 
scerie, rogiti  di  compere  o  di  vendita,  ecc.,  ecc.;  che  non  siano  di  ca- 
rattere prettamente  deliberativo,  come  avviene,  invece,  per  gli  atti  scr- 
inatici dagli  altri  registri,  ad  esempio,  della  Cancelleria'^  del  Connine  o 
di  quella  degli  Anziani. 

IsTRUMENTARi.  —  Accade  talvolta  che  i  volumi  degli  Statuti  ci 
serbino,  intercalate  od  in  fine,  copie  di  lettere,  o  di  concessioni,  o  di 
documenti  di  altro  genere  che  possano  interessare  la  storia,  in  genere 
V  non  soltanto  quella  in  particolare  delle  singole  costituzioni  muni- 
cipali ;  ma  un  recente  inventario  manoscritto  degli  Statuti  pisani  non 
faceva  menzione  alcuna  di  tali  interpolazioni,  e  d'altro  conto  la  lon- 


234  ^'''*'    DKLLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA 

tana  speranza  ili  quahlir  scoperta  non  doveva  indugiarmi  nell'esame 
della  numerosa  serie,  quando  un'altra,  quella  degli  Istrumentarl,  po- 
teva oflVirnii  risultati  più  sicuri  e  più  pronti.  A  quest'  ultima,  adun- 
que, mi  attenni  subito,  compiendo  lo  spoglio  dei  seguenti  volumi  : 

(i)  *  27-1         Istrumcnti  diversi  in  togli  volanti  o  in  quaderni 

con  due  indici  di  privilegi  e  altri  istrumenti.  1180-J406 
28-2  Confederazione  di  Firenze,  Genova,  Lucca  e 
poi  di  Pistoia  contro  Pisa.  Libretto  in  perga- 
mena di  9  fogli,  rilegato  in  assicelle  rivestite  di 
pelle,  con  borchie  metalliche.  —"Codesto  volu- 
metto contiene  l'atto  della  lega  fra  Genova, 
Lucca  e  Firenze  contro  Pisa  alla  quale  inter- 
venne, come  procuratore  del  Comune  di  Firenze, 
insieme  con  Manette  Benincasa,  ser  Brunetto 
Latini.  Il  documento,-,  che  è  del  i3  ottobre,  te- 
stimonia il  più  notevole  atto  della  vita  politica 
del  Latini  e  si  trova  anche  nell'  Archivio  di 
Stato  fiorentino  (Capitoli  del  Comune,  voi. 
XLIV,  fol.  34  a).  Venne  pubblicato  nel  Li  ber 
iitriiim  ReipubUcae  Gemtensis  in  Hist.  Patriae 
Mon.,  Torino,  1857,  tomo  II,  pagg.  60  sgg.  Cfr. 
r  appendice  I  aggiunta  da  I.  Del  Lungo  al- 
l' opera  di  Thor  Sundby,  Della  vita  e  delle 
o,pere  di  Brunetto  Latini,  monografia  tradotta 
dall'  originale  danese  per  cura  di  R.  Renier,  ecc., 
Firenze,  succ.  Le  Mounier,  1884,  pagg.  207  sgg.  1284 

*  29-3        Paces  o  Protocollo  di  Capitoli,  ossia  instrumenti 

diversi  con  potentati  e  privilegi  pontifici.  Re- 
gistro di  f.  171.  .  i3oo-i399 

*  3i-5        Rogiti  diversi  ed  elezioni  d'ufficiali.  Due  fasci- 

coli cartacei,  il  primo  dei  quali  di  f.  46   ed   il 

secondo  di  f.  49.  1341-1344 


(i)  Riporto  la  numerazione  nuova  dell'Inventario  che  si  ha  nel- 
l'Archivio di  Pisa.  Il  primo  numero  si  riferisce  alla  Divisione,  il  se- 
condo alla  serie  speciale.  Contrassegno  con  un  asterisco  quei  Registri 
che  diedero  materia  per  le  schede. 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA  235 

*  32-6  Come  sopra.  Reg.  di  f.  ii.  1845 
33-7  M             »         „           „     48.  1348 
34-8  ,,             „         „           „   122.  1 349-1 35 1 
35-9  "  Rogitorum  et  iiistrumentorum  liber  factus  et 

"  compositus  de  et  prò  negotiis  pisani  Comu- 

"  nis„.  Reg.  di  fogli  98.  i363-i364 

37-ji  Elezioni  d'ufficiali  e  Decreti  di  Giovanni  del- 
l'Agnello doge  di  Pisa.  F.  5o.  i365-i367 

44-18  Privilegi  d'imperatori,  principi  e  papi  al  co- 
mune di  Pisa  e  ad  altri  e  documenti  diversi. 
Copie  dei  secoli  XV  e  XVI.  F.  17  non  numerati.     1102-1509 

45-19  Privilegia.  Copia  del  sec.  XIV.  F.  14  non  nu- 
merati. 1 162-1355 

Il  Registro  36-io  e  quelli  dal  38-io  al  48-17  non  comprendevano 
che  atti  di  elezioni  di  ufficiali  e  non  mi  feci,  pertanto,  scrupolo  di 
trascurarli;  come  pure  non  poteva  interessarmi  il  80-4,  semplice  co- 
piano degli  atti  "  in  curia  Regis  Sicilie  per  ambaxiatores  Comunis 
"  Pisarum  „  in  una  causa  di  rappresaglie. 

Cancelleria  del  Comune.  —  Della  massima  importanza  si  palesa- 
vano, invece,  tutti  i  registri  offertimi  dalla  Cancelleria  del  Comune  in 
quanto,  per  tutta  la  ricca  serie  di  quei  volumi,  pur  troppo  frammen- 
tari e  guasti  nella  maggior  parte,  si  trovano  disseminate  le  traccie  più 
<:ospicue  dell'antica  attività  comunale;  ed  ai  Consigli  del  Senato  e 
della  Credenza  si  alternano  i  Consigli  dei  Quaranta  e  dei  Settanta,  le 
provvisioni  dei  Savi,  le  ambascerie  ed  anche  le  missive  e  le  responsive, 
sebbene  tal  genere  di  documenti  si  trovi  più  propriamente  raccolto 
nella  breve  serie  del  Carteggio  del  Comune.  Per  rendersi  conto  del 
valore  della  categoria  accennata,  codesta  Onor.  Commissione  non  ha 
<he  da  scorrere  il  seguente  elenco  di  Registri  ;  tutti,  ad  eccezione  del 
primo,  diligentemente  spogliati: 

47-1         Istruzioni  ad  ambasciatori.  1198  1207 

*  48-2        Consigli  e  Consiglieri   del   Senato,   Provisiones 

sapientiimt  virorum  ab  Antianis  cleciorum,  amha- 
xiate  pisani  Comunis.  F.  189.  1818-1819 

49-8  Consilia,  provisiones  et  ambaxiate  pisani  Comu- 
nis et  alia  prò  sex  mcnsibus.  F.  84.  ]823 


236  ATTI    DKM.A    SOCIETÀ    STOKICA    LOMBARDA 


*  5o-4        Consigli,  provis/ones,  aiithnxiatc.  V.  io3.  3325-i326 
5i-5         Provvisioni.  È  un  unirò  f.  cartaceo  contenente 

una  provv.  dei  Savi  del  28  giugno.  i333 

52-6        Provvisioni.  F.  46.  1 335- j 336 

53-7  Consigli;  provisioms  snpicììtiimi  vironiiii  />/s.  r/77- 
iaiis  a  dom.  Anthianis  electonim  e  Officiales  Pi- 
sani Comuni  s  elee  ti  per  sapientes  7uros.  F.  49.  Vi 
è  annesso  un  f.  volante  ;  che  non  pare  staccato 
da  registro;  contenente  un  Consiglio  del    1344.   1340-J341 

*  54-8         Consigli  e  Provvisioni.  F.  54.  1345 

*  55-9        Consiglieri,    provisioncs   facte    a   sapieniihiis   vi- 

ris,  (te,  arnhaxiate  et  clectiones  officiaìiiitn  fatte 
da'  Savi  e  alcune  dal  Consiglio  degli  Anziani. 
F.  40.  i3.|6 

*  56-IO       Consigli  e  Consiglieri,  provvisioni  ed  amhaxiate. 

F.  79.  3  35o 

*  57-11       Provvisioni.  F.  3o.  ]35o-i35i 
58-12      Consigli.  F.  5.  i354 
69-13      Ambaxiate.                                                                     i355 
60-14      Provvisioni.  F.  48.  i356 
6i-t5       Elcctioncs  sappientitun  ad  rformanduni  officia  dei 

castelli  lucchesi.  F.  7.  i356 

"  62-16       Consigli  e  Consiglieri,  provisioncs,  clectiones  offi- 

cialiimi  pisani  comunis,  F.  70.  i358 

63-17      Consigli.  Frammenti   di   due   carte   contenenti 

due  Consigli  del  Senato.  i359 

"  64-18      Provvisioni  ed  Ambasciate.  F.  20.  i36o 

"  65-19      Provvisioni.  F.  1-48  e  2i-3i.  i36i 

'  66-20       Consilia  e  provvisioni.  F.  43.  1372 

66-71       Provisioncs  et  Consilia  mai  or  is  Cancellar  ie  pisani 

Comunis  e  Consiglieri.  F.  5o.  1377 

68-22      Consigli.  F.  5.  1378 

69-23      Provvisioni,  Consigli  e  Consiglieri.  F.  25.  i383-i384 

70-24      Provisioncs  et  Consilia  Maioris  Cancellar  ie  pisani 

Comunis.  F.  47.  1 386- 1387 

71-25  Ambasciate.  È  un'  ambasciata,  fatta  ai  tempi 
di  Pietro  Gambacorti,  a  Tunisi  e  ce  ne  serbano 
traccia  due  lacerti  di  foglio.  i38...?  o  137...? 

*  72-26      Provisioncs  e  consiliarii  cheti  (?)  de  Consilio  Se- 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA 


natus  et  Credzntìae  doìninonun  antianoriiììi.  F.  45. 
Il  titolo  del  Registro  accenna  anche  alia  De- 
creta Cancellerie  maioris  che  ora  mancano.  1391-3392 

73-27  Ambasciate.  È  la  sola  ambasciata  affidata  a 
Niccolò  Lanfreducci  per  il  re  di  Tunisi.  Cfr. 
Dipi.  Arabi,  serie  II,  n.°  XXXIV,  p.  307.  3393 

74-28  Consilia  et  Sanctiones  Pisani  Sinatits  ab  anno 
ijiy  itsqiie  ad  ijjS;  ma  veramente  le  delibe- 
razioni giungono  al  i36i.  F.  232  i3i7-i36i 

75-29  Vacchetta  contenente  minute  di  provvisioni  de' 
Savi  e  una  nota  di  consiglieri  della  Credenza. 
F.  3.  i3o5 

*  76-30       Vachecta  in  qua  scripte  siint  Provisiones   sapien- 

titnn  viroruni  et  alia  pisani  Comunis,  ossia  mi- 
nute di  provvisioni,  monstra  Officialis  Grasse, 
monstra  generalis  familie  domini  Execiitoris  civi- 
taiis  pisane,  e  nomi  di  cittadini  e  schedole  scritte 
e  poi  Notarli  ^famuli  d'ufficiale  incerto.  Ap- 
punti congeneri  di  tempo  incerto.  F.  80.  1400-1402 
77-3i  Schede  contenenti  nomi  di  Savi  con  note  rela- 
tive a  quelli  che  non  intervennero  alla  tratta- 
zione di  certi  affari.                                                      Sec.  XIV 

(metà  circa) 

*  78-32       Ambasciata  e  lettere  credenziali    dei    Capitani 

delle    Sette    Arti    contro    un'Ambasciata   degli 

Anziani.  F.  i.  i4o3abInc. 

Carteggio  del  Comune.  —  Questa  serie  offriva  i  due  registri: 

*  79-1         Lettere  del  Comune;  F.  163-212;  1182  e  1371-1373 
80-2         Lettere  del  Comune  e  a  privati  per  cose  pub- 
bliche; 1184-1378 

dei  quali  soltanto  il  primo  diede  sei  regesti  appropriati  al  mio  assunto, 
che  il  secondo  conteneva  una  ventina  circa  di  documenti  riguardanti 
le  relazioni  commerciali  di  Pisa  con  l'Oriente  e  le  Repubbliche  ma- 
rittime consorelle. 

Cancelleria  degli  Anzianl  —  A  differenza  delle  serie  sopra  enun- 
ciate, di  questa,  non  meno  importante  della  Cancelleria  del  Comune 
ma  senza  paragone  più  copiosa,  non  mi  fu  possibile  esaurire  lo  spoglio, 


138  ATTI  DELLA  SOCIETÀ  STORICA  LOMBARDA 

poiché  i  123  volumi  dell* intera  raccolta;  contenenti  le  provvisioni 
degli  Anziani,  i  Consigli  del  Popolo  e  atti  di  vario  genere  del  129B 
al  i4o5;  avrebbero  richiesto  un  esame  molto  più  prolungato  di  quello 
«he  i  giorni  assegnati  alla  mia  residenza  in  Pisa  permettessero.  Fu 
j^iuoco forza,  quindi,  di  limitare  l'esplorazione,  in  questo  campo,  a  (irca 
metà  dei  registri,  con  V  avvertenza,  però,  di  procedere,  nella  scelta, 
non  secondo  T  ordine  cronologico  dato  dalla  disposizione  stessa  della 
serie,  ma  piuttosto  saltuariamente,  affin(^hè  il  vantaggio  non  l'osse  ri- 
stretto entro  una  breve  successione  di  anni  e  desse,  per  converso,  la 
possibilità  di  apprezzare  il  valore  di  codesto  fonte  in  riguardo  ai  di- 
versi momenti  del  nostro  periodo  storico.  Ma  in  gran  parte;  giova 
avvertirlo;  le  ricerche  andarono  deluse,  e  subito  può  farne  attestcìzionc 
l'elenco  dei  registri,  che  segue: 

-81- [  Provisiones  pecuniarie,  prov.  extraordinarie,  Con- 
silia et  Consiliarii,  lettere  a  diversi  ufficiali  del 
Contado,  ecc.  F.  loc.  Ricorrono  spesso  in  questo 
volume  le  provvisioni  pecuniarie  per  ambasce- 
rie, ma  di  ambascerie  a  Milano  nessun  cenno.    1298 

82-2        Provvisioni  ordinarie,  cxtraord.,  Consilia  et  Con- 

siliarii,  etc.  F.  100.  i3oo 

83-3         Provvisioni  ord.,  ex  ir  aordinarie,    Cons.  e  Consi- 

liarii, extraordinaria  quaedant,  Officiales,  etc.  F.  90.    i3o5 

84-4        Provisionss  ord.  et  extraord.  F.  49.  i3ii 

85-5  Provisiones  extraord.,  Cons.  et  Consiliarii,  Offi- 
cia, eie.  F.  184.  i3i5 

86-6  Provisiones  ord.  et  pecuniarie,  Consilia  et  Con- 
siliarii. F.  72.  1817 

87-7         Provvisioni  ord.,  straord.,    cons.    e    consiglieri. 

F.  69.  i3i9-i320 

88-8  Provisiones  ord.,  extraord..  Consigli.  F.  loi.  In 
questo  volume  ho  trovato  più  volte  delle  prov- 
vigioni pecuniarie  "  prò  ambaxiatoribus  in 
partibus  Lombardie  „.  i322-j323 

89-9        Provvisioni  ord.,  extraord.,   Cons.  e    Consiliarii, 

elezioni  d'ufficiali.  F.  289.  i323 

90-10      Provisiones  ord.,    extraord.,    Officia,    licenze    di 

armi.  F.  95.  1824 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBAUDA  2^() 

91-11       Provisioncs   ord.,   cxtraord.,    Cons.  e  Consiliarii. 

F.  147.  i325 

92-12      Pi'ovisiones  extraord,  et  alia  cxtraord.  F.  48.  1327-1328 
93-i3      Provisiones   ord.,    extraord.,    atti   varii   stipulati 

dagli  Anziani,  ecc.  F.  76.  —     — 

ii8-38     Provisiones  extraord.  F.  Si.  i35o-i35i 

128-48     Provvisioni  ord.,  extraord.,  stipeìidiarioniìii.  F.  142.  i356-i357 

*  141-61  Ord.  provisiones,  di  stipendiar!,  Offitia.  F.  107.  i36ó 
142-62  Provvisioni  straord.  F.  48.  1869 
148-68  Provvisioni  ord.,  extraord.,  di  stip.  F.  167.  1869 
144-64     Ord.,    extraord. y   altre    provvisioni   straord.^    di 

stip.  F.  209.  1869- :i  870 

145-65     Ordinarie.  F.  69.  1870 

146-66    Provvisioni  di  stip.  F.  11.  1870 

*  147-67     Provvisioni  ord.  extraord.  di  stip.  F.  5o.  1871 

*  148-68     Provvisioni  ord.,  extraord.,   Cons.  e    Consiliarii, 

Officia.  F.  i85.  1871 

149-69     Ordinaria.  F.  5o.  1878 

i5o-7o     Stipendiariorum.  F.  49.  1874 

1 51-71     Extraordinaria.  F.  6.  1875 

152-72     Ordinaria,  extraord.,  stip.  F.  149.  1875 
153-78     Ord.,  straord.,  stip.,  Cons.  e  consiliarii,  elez.  di 

ufficiali.  F.  76.  1875 

154-74    Extraordinaria.  F.  44.  1875-3876 

178-98     Provvisioni  di  stip.  F.  1.  1890 

174-94    Extraord.,  stip.,  elez.  d'ufficiali.  F.  78.  1891 

175-95     Stipendiariorum.  F.  49,  1892-1898 

175  95     Provvisioni  ord.  F.  2.  1898 

177-97    Extraordinaria.  F.  41.  1894-1856 

178-98    Provvisioni  straord.  F.  2.  1394 

i85-io5  Ord.  provisioncs,  extraord.  F.  56.  ] 898-3899 

*  186-106  Extraord.,  stip.,  Offitia.  Y.  90.  1899 
187-107  Provvisioni  di  stip.  F.  11.  1899 

"  188-108  Provvisioni  ord.,  extraord.,  Offitia.  F.  81.  1400 

*  189-109  Extraordinaria.  F.  9.  1400 

*  190-110  Extraord.,  Cons.  e  Consiliarii,  elez.  d'uff.  F.  49.   1401 
191-111  Provvisioni  straord.  ¥.  2.  1408  ab  Inc. 
192-112  Provisiones  extraord.,  di  stip.  P^  98.                 1408-1404  a.  I. 


340  ATTI  dkllà  società  storica  lombarda 


(Il  ^(iiiri/oiics  Pisdiii  S  na/iis  nh  (ìiiiio  i  }jfj 

(Ili  140S'  ^«  226.  j  359- 1405 

*   198-1J8  Copie  autcntifhc  ili    l'ios  \  isioni  dc'^li  Anziani.    ]3o5-i392 

e senza data 
199-J19  l'etizioni  private  agli  Anziani  i3oo-i393 

e  senza data 
200-Jio  Carte  info;-mi   «-on   appunti  i)f  r  il  disl)rÌ2;o  degli 

aifari.  1298-1384  e  s.  d. 

202-122  Minute  di  Consigli  del  Popolo.  1298-1384  o  i385 

Quantunque  lo  spoglio  dei  48  volumi  ora  elencati;  neanche  la 
metà  dell'intera  raccolta;  abbia  fruttato  soltanto  25  regesti,  pur  non 
riterrei  partito  accorto  e  prudente  economia  di  tempo  il  trascurare, 
in  vista  della  scarsezza  dei  risultati,  i  rimanenti  7v5,  i  quali,  per  altro, 
vogliono  essere  ridotti  a  56,  in  quanto  i  registri  dal  193  al  196  riguar- 
dano gli  anni  1404  e  1405  ed  i  registri  122,  12^,  i25,  139,  140,  i65,  168, 
170,  172,  180,  181,  182,  184,  201  e  2o3  non  possono,  per  il  genere  di 
provvisioni  e  di  atti  che  ci  conservano,  quasi  tutti  relativi  a  stipen- 
diar!, fare  al  caso  nostro. 

A  chi  pertanto  ritornasse  a  Pisa  per  i  lavori  del  Regesto  Diplo- 
matico Visconteo  resterebbero  da  esaminare,  di   codesta   serie,   i    vo- 


(1)  Il  registro  reca  questo  titolo  :  "  Liber  Consiliorum  et  certarum 
''  provisionum  et  ordinamentorum  pisani  communis  et  populi  qui  stare 
"  et  esse  debet  penes  Cancellarium  dominorum  Antianorum  pisani 
"  populi,  factus  et  compositus  regnante  serenissimo  principe  et  do- 
"  mino  domino  Karolo  Quarto  divina  favente  clementia  Romanorum 
"  Imperatore  semper  Augusto  et  Boemie  Rege,  Anno  domini  ab  In- 
"  carnatione  eiusdem  Millesimo  trecentesimo  quinquagesimo  nono, 
"  Indictione  undecima,  de  mense  Aprilis  „.  In  più  d'  una  delle  prov- 
visioni contenute  in.  questo  Reg.  ;  che  fa  propriamente  parte  della 
Appendice  alla  Cancelleria  degli  Anziani  ;  sono  ricordati  i  patti  per  i 
quali  la  città  di  Pisa  era  legata  al  duca  di  Milano.  Ad  eccezione,  però, 
del  semplice  estratto  di  una  ambasceria,  che  riporto  nelle  schede  sotto 
il  9  febbraio  1399,  non  è  dato  ritrovarvi  alcun  atto  che  non  sia  del- 
l'ordinaria amministrazione,  la  quale,  anche  sotto  il  nuovo  Signore, 
si  perpetua,  di  poco  mutata,  nelle  sue  forme  tradizionali.  A  meno  che 
l'intervento,  in  ogni  consiglio,  del  luogotenente  ducale  non  voglia  far 
credere  che  tutti  i  provvedimenti  dei  rettori  pisani  fossero  inspirati 
dal  Visconti;  ciò  che,  se  per  alcuni  casi  di  straordinaria  importanza 
può  parer  probabile,  per  la  generalità  delle  deliberazioni  è  senza  dub- 
bio assurdo. 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA  24I 

lumi  dal  94  al  117,  che  abbracciano  gli  anni  i33o-i35o  :  dal  119  al  121 
per  gli  anni  i354-i355;  dal  J26  al  i38  per  gii  anni  1357-1364;  dal  i55 
al  164  per  gli  anni  1376-1384;  ed  infine  i  volumi  166  e  167  (i386-i387), 
171  e  172  (1389-1390)  e  i83  (1397). 

Carteggio  degli  Anziani.  —  Come  la  Cancelleria  del  Comune, 
così  quella  degli  Anziani  ha  raccolto  in  apposita  serie  il  proprio  Car- 
teggio, che  numera  i  seguenti  io  registri  : 

204-1  Lettere  degli  Anziani,  i333-i335;  f.  i25. 

2o5-2         „  „  „  1340-1342;  f.  lOI, 

*  206-3         „             „             „  i36i-i362;  f.  198. 
^  207-4         „             „             „  1869;  f.  44. 

*  2o8-5         „  ,,  „  1875-1376;  i\  140-144  e  f.  102-189. 

*  209-6  „  „  „  1379-1880;    f.    202-252. 

"210-7         >?  Jt  w  1385-1 386;  f.  i5-63. 

*  211-8         „             „             „  1393-1394;  f.  145-198  e  f.  242-286. 
212-9        jj             V             t>  sec. XIV (non  molto primaedopolametà) 
2i3-i  Lettera  agli  Anziani ,  i3oo. 

Tanto  per  questi  copiar!  di  lettere  degli  Anziani,  come  per  i  re- 
gistri della  loro  Cancelleria  conviene  la  medesima  osservazione,  e  cioè, 
che  dagli  atti  di  una  tale  magistratura,  essenzialmente  esecutiva,  non 
potevano  attendersi  in  gran  numero  documenti  che  uscissero  dalla 
cerchia  degli  affari  più  comuni.  Le  eccezioni  sono  generalmente  scarse 
e  scarse  furono  pure  nel  rispetto  delle  mie  ricerche,  ma  tali  però, 
per  ciò  che  riguarda  in  singoiar  modo  il  Carteggio,  da  non  farmi 
rimpiangere  il  tempo  occupato  nell'  esame  della  breve  serie,  la  quale 
pose  termine  alF  esplorazione  della  parte  comunale  dell'  archivio  Pi- 
sano. 

E  infatti  non  era  da  spendere  altro  tempo  per  le  rimanenti  18  serie 
annoverate  dalla  Divisione  A,  lontane  affatto,  come  il  loro  titolo  stesso 
fa  arguire,  dal  poter  aumentare  la  raccolta  de'  miei  regesti,  quantun- 
que la  scrupolosità,  non  mai  eccessiva,  del  ricercatore  potrebbe  spin- 
gersi fino  a  non  trascurare  F  esame  delle  due  serie  Carte  diverse  e 
Massa  delle  Prestanze.  Ad  ogni  modo,  a  me  ne  mancò  V  opportunità  (1). 

(1)  Le  rimanenti  serie  della  Divisione  A  sono  le  seguenti:  Consoli 
del  Mare  {1246),  num.  46;  Breve  vctits  Anthianorum  (liste  di  nomi  degli 

Arc'i.   Stor.   Loinb.  —  Aimo   XX.VI[.  —  V asc.   XXV.  i6 


j^3  ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBAlU)  \ 


L'  Archivio  Diplomatico. 

Rimasto  contento,  come  lui,  ad  esplorazioni  parziali  e  limitate,  le 
indicazioni  che  io  posso  fornire  a  codesta  Onor.  Commissione  circa 
gli  altri  fondi  dell*  archivio  di  Pisa,  sono  necessariamente  sommarie, 
ma  non  per  questo  insufficienti  ad  accertare  i  risultati  forse  del  tutto 
negativi  che  attenderanno  le  ricerche  per  questa  parte. 

L'esame  primamente  intrapreso  dell'Archivio  Diplomatico  vuole, 
infatti,  che  dica  subito  come  la  serie  degli  Atti  Pubblici  non  corrispose 
per  nulla  all'aspettazione.  Solo  82,  nei  limiti  del  Regesto  Visconteo, 
erano  i  documenti,  e,  nella  massima  parte,  interessanti  lo  studio  delle 
relazioni  di  Pisa  coi  pontefici,  coi  re  d'Aragona  e  con  Tunisi;  nò 
fu  in  mio  potere  di  assicurarmi  se  le  pergamene  che  ricorrono  piut- 
tosto frequenti,  scritte  in  lingua  saracena,  accennassero,  per  avven- 
tura, a  cose  milanesi  '  Nello  schedario  di  quelle  poche  carte  figura 
anche  l'investitura  feudale  che  Francesco  Barbavara,  procuratore  du- 
cale, faceva  in  Milano,  l'S  di  giugno  del  1899,  nella  persona  di  Bene- 
detto d'  Oddone  de'  Maccaioni  de'  Gualandi  cittadino  pisano  e  dottor 
di  leggi  (i);  ma  di  fatto  nell'Archivio  Diplomatico  tale  pergamena 
non  esiste  e  giova  sempre  riferirsi  al  Registro  27-1  degli  Istrumentan 
del  Comune,  dov'  è  conservata  una  copia  dell'  atto. 

Non  così  povere,  ma  di  gran  lunga  meno  interessanti,  sono  le 
provenienze  dei  fondi  privati,  per  le  quali,  fortunatamente,  si    hanno 


Anziani  dal  1289  al  1409),  214-215;  Carte  diverse,  216-219;  Camera  del 
Comune:  Entrate,  220  —  Uscite,  221-228;  Massario  della  Camera,  224; 
Imposte  Dirette,  226;  Massa  delle  Prestanze,  226-288;  Esattore  della 
taglia  e  colletta  sopra  i  creditori  in  Massa  et  Prj^stansone  pisani  Coiiiit- 
nis,  289;  Gabella  delle  Porte  e  Gabella  Maggiore,  240-258;  Gabella  del 
Vino,  254-255;  Dogana  del  Sale  in  Pisa,  256;  Capitani  della  Vena  del 
Ferro  nell'Isola  dell'Elba,  257-260;  Potestà,  261;  Curia  della  legge, 
282;  Modulatori  d'ufficiali  pubblici,  268;  Potesteria  di  Bibbiena,  264; 
Capitanie  di  Vada  e  Rosignano,  265  ;  Acta  collegii  notariorum,  266-268. 
(i)  Vedi  delle  schede  pisane  la  102.''^  Questo  doc.  si  trova  anche 
nell'Arch.  di  Stato  in  Milano  in  F6'//<:/i  ^^ /«z;^s/////r^.  Duca  G.  Galeazzo 
Conte  di  Virtù,  Reg."  B  alias  1898-1899,  f.  i5o  b.  Cfr.  G.  Romano,  Re- 
gesto degli  Atti  notarili  di  C.  Cristiani  dal  ij()i  al  1J99  in  qu.cs>VArch.^ 
a.   XXI,  1894,  doc.  CCCCLXVIL 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA 


nell'Archivio  pisano  diligenti  spogli  manoscritti,  che  mi  abbrevia- 
rono di  non  poco  l'esame  dei  depositi  già  dei  Monasteri  di  S.  Mar- 
tino, di  S.  Bernardo,  del  Carmine,  di  S.  Benedetto  e  di  S.  Francesco. 
Anche  da  questo  lato,  però,  risultanze  perfettamente  nulle;  e  non 
è  certo  avventatezza  di  giudizio  il  credere  che  egual  delusione 
avrebbe  coronato  la  ricerca  negli  altri  spogli  relativi  agli  Spedali 
Riuniti,  a  quello  dei  Trovatelli,  a  S.  Anna  e  S.  Carlo  all'Orto,  alla  già 
Casa  di  Misericordia,  ecc.,  ecc.  Vorrei,  ciò  non  ostante,  stabilire  delle 
eccezioni  per  i  fondi  dell'Opera  del  Duomo  e  dell'Ordine  di  Santo 
Stefano,  considerata  la  possibilità,  per  quest'  ultimo,  che  le  così  dette 
provante  di  nobiltà,  con  le  quali  veniva  sollecitato  l' onore  di  essere 
inscritti  nell'ambito  cavalierato,  ci  serbino,  fra  gli  allegati,  copie  di 
documenti  interessanti  il  Regesto.  Così  io  faccio  tesoro  del  prezioso 
suggerimento  del  ch."^^  cav.  prof.  Lupi,  al  quale  non  giungano  sgra- 
dite le  mie  povere  parole  di  riconoscenza  per  i  validi  aiuti  onde  egli 
jni  fu  cortese  durante  tutta  la  mia  dimora  in  Pisa  (i). 

In  conclusione,  la  serie  degli  Atti  Privati  dell'Archivio  Diploma- 
tico offre  ben  poche  cagioni  a  bene  sperare,  e  tutt' al  più  le  ulteriori 
ricerche  in  quel  campo  dovranno  restringersi  ad  una  rapida  lettura 
degli  spogli  (2).  E  sarà  pur  buona  cosa  il  non  trascurare  le  filze  dei 
manoscritti  del  comm.  Francesco  Bonaini,  conservati  nell'Archivio  e 
pregevolissimi  per  un  numero  considerevole  di  estratti,  di  transunti 
e  di  copie  così  di  documenti  pisani  come  di  fiorentini  e  di  toscani 
in  genere  (3):  splendido  attestato  della  operosità  di  quel  compianto 
valentuomo. 


(i)  Speciali  ringraziamenti  devo  pur  porgere  al  signor  Guglielmo 
Tacchi,  cortesissimo  impiegato  dell' archivio  Pisano,  che  in  ogni  modo 
si  prestò  a  facilitare  le  mie  ricerche. 

(2)  Altri  fondi  dell' Arch.  Diplomatico  sarebbero  il  R.  Acquisto 
Scheggi,  il  Dono  Paganini,  il  R.  Acquisto  Cappelli,  il  Deposito  Galletti, 
il  Deposito  Bonaini,  il  Dono  Tribolati,  il  Dono  Micheli,  il  Dono  Supino, 
il  Deposito  Simoncelli,  ecc.,  ecc.  È  pure  da  far  menzione  degli  Archivi 
privati;  ora  in  possesso  del  Regio;  Cappelli-Mosca,  Da  Scorno,  Nelli^ 
Rad  e  Dell'  Hoste  e  Savi-Filippi. 

(3)  La  Filza  IV,  ad  esempio,  contiene  :  2.  Spogli  di  archivi  pisani 
e  specialmente  dell'  opera  del  Duomo,  secc.  XIII-XIV  ;  4.  Spoglio 
delle  pergamene  Galletti  e  spoglio  sommario  delle  carte  di  casa  Ron- 
doni, secc.  XII-XIV;  5.  Spogli  degli  atti  straordinari  della  Curia  Ar- 
civescovile, sec.  XIV;  6.  Spoglio  delle  cartapecore  dell'Arcivescovado; 
7.  Spoglio  dcJle  carte  pisane  del  Diplomatico    di    Firenze  —  Estratto 


'  }  1  ATTI    DLLLA    SOCIKTA    STORICA    LOMBARDA 


11  frutto  (Icvii  iiikIm  i  l;Ì<hiiì  di  lavoro  dedicati  all' Archivio  pisano 
(  iii.i  I  a])i)r(S(  ntaln  da  [60  rc.ui  -ti  clic  inc<)iniiician()  dal  23  gennaio 
i3j8pcr  lìnirc  col  20  aprile  ì.\o:ì. 

Non  è  nella  mia  intenzione;  uc^  trattandosi  di  rendere  semplice 
(onlo  del  mio  operato,  e  questa  l'occa-^ioiK  più  favorevole  ;  di  intrat- 
icncriiii  |)aiticolarmente  su  ])ai(  crhi  dei  documenti  pisani  da  me  ri- 
portati, che  pur  si  prcst(  i(  blx  ro  a  qualche  illustrazione  non  del  tutto 
inutile;  ma,  più  clic  alliovc,  mi  scmbi-a  opj)ortun(j  di  ricordare  qui 
due  documenti  dell'Archivio  lìorentino,  i  quali  riflettono  non  poca 
luce  su  episodi  altrettanto  oscuri  quanto  degni  di  nota  della  storia 
pisana. 

Il  primo,  già  pubblicato  dall'Abruzzese  (1),  è  una  lettera  del  jo 
rgosto  1841,  mandata  dall'  ambasciatore  fiorentino  residente  a  Pisa, 
alla  propria  Signoria,  che  spiega  a  meraviglia  il  fatto  a  prima  vista 
inverosimile  dell' alleanza  conchiusa  da  Luchino  Visconti  con  Pisa; 
la  repubblica  che  egli  cercò  sempre  di  ostacolare  ne'  suoi  progressi. 
Si  tratta,  cioè,  del  tradimento  per  il  quale  il  comune  di  Pisa,  arre- 
stando "  Messer  Francescho  o  vero  Francescuolo  della  Posteria  da 
"  Melano  „;  il  marito  di  quell'infelice  Margherita  che,  secondo  l' A- 
zario,  alia  fiiit  Heciiba  (2);  "  con  cjuattro  suoi  figliuoli  „,  cercò,  con 
questa  che  a  buon  diritto  i  due  Ammirato  chiamano  "  scelleratezza (3)  „, 
di   "  piacere  al  detto  Messer  Luchino  segnore  di  Melano  „    e  solleci- 


di  docc.  pisani  dell' Arch.  delle  Riformagioni  —  Estratto  dei  Proto- 
colli deirArch.  dei  Contratti  a  Firenze;  8.  Spoglio  dell' Arch.  e  Libre- 
ria del  Seminario  di  Pisa;  14.  Spogli  di  lettere  degli  Anziani  dal  1379 
al  1400;  ecc.,  ecc.  Nella  Filza  V  (Carte  e  copie  di  mss.  pisani)  si  hanno: 
2.  Carte  pisane  alcune  delle  quali  sono  di  mano  di  Ranieri  Tempesti  : 
9.  Docc.  pisani,  alcuni  de'  quali  appartengono  alla  famiglia  Da  Scorno, 
.sec.  XIV.  Nella  VII:  Copie  di  docc.  pisani  dal  1277  al  1292;  nella  VII!  ; 
Copie  dal  1292  al  i3ii;  nella  IX:  Copie  dal  i3ii  al  sec.  XVIII  ;  nella 
XXIII:  Copie  di  docc.  diversi  dal  sec.  XII  al  XVIII. 

(i)  A.  Abruzzese,  Della  lega  dei  Pisani  con  Luchino  V  nelV impresa 
di  Lucca,  in  Studi  storici  di  A.  Crivellucci  ed  E.  Pais,  voi.  Ili,  1894,  pagg. 
331-337. 

(2)  Retri  Azarh,  Clironicon  in  Muratori,  Rerum  Italie.  Script., 
voi.  XVI,  e.  3i8. 

(3)  Ammirato,  Storie  fior cniine,  P.  I,  t.  II,  pag.  352.  . 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA  24D 


tarne  gli  aiuti  contro  di  Lucca,  fastidiosa  vicina.  E  gli  aiuti  vennero 
infatti  dopo  la  lega  decennale  pattuita  a  Milano,  fra  il  Comune  di  Pisa 
e  Luchino,  il  12  agosto  1841  (i),  ma  non  mancarono  anche  "  biasimi 
"  e  vergogne  di  questi  mercatanti  genovesi  „  ;  quei  Genovesi  che,  poco 
più  di  cinquantanni  prima,  avevano  fiaccato,  alla  Meloria,  l'orgoglio 
pisano;   "  e  da  tutta  maniera  di  giente  marina  „. 

Il  secondo  fra  i  documenti  accennati,  del  gennaio  1898,  è  un  par- 
ticolareggiato ragguaglio  della  Signoria  fiorentina  a'  suoi  "  oratoribus 
Venetiis  constitutis  prò  pace  „  sulF  audace  colpo  di  mano  tentato,  a 
mezzo  del  Savello,  del  Pallavicino  e  del  Diversi^  dal  Conte  di  Virtù 
su  Iacopo  d'Appiano  per  aver  Pisa  ed  il  territorio;  e  venne  pubbli- 
cato, insieme  con  altri  documenti  tratti  dagli  Archivi  lucchese  e  mi- 
lanese, dallo  Scaramella  (2).  A  questo  proposito,  si  aggiunga  ora  anche 


(1)  Vedi  la  2/^  delle  schede  pisane,  e  cfr.  Giulini,  Memorie  spet- 
tanti alla  storia  della  città  e  campagna  di  Milano,  Milano,  Colombo,  1854- 
57,  voi.  V,  pagg.  29Ò-293. 

(2)  Scaramella,  La  dominazione  viscontea  in  Pisa  (ij(j(j-i4oj) 
Con  documenti  inediti,  in  Studi  Storici,  citati,  voi.  Ili,  1894;  pag.  4ó5; 
cfr.  App.  IV  e  V.  Lo  Scaramella  si  propone,  nel  suo  studio,  di  inve- 
stigare gli  intrighi  del  Conte  di  Virtù  per  sottomettere  la  croce  pisana 
alla  biscia  viscontea,  e  di  illustrare  quindi  le  vicende  della  signoria 
sua  e  del  figlio  Gabriele  Maria  sulla  città  soggiogata.  Egli,  però,  prende 
le  mosse  della  pace  che  Pietro  Gambacorti  e  Firenze  firmavano  in 
Pisa  il  3  ottobre  del  1889  (cfr.  Osio,  Docc.  Diplomatici,  ecc.,  v.  I,  p.  38o, 
doc.  CCI)  per  rafìorzarsi  vicendevolmente  contro  le  pretese  e  le  pro- 
babili violenze  del  signore  di  Milano,  trascurando  così  tutti  i  docu- 
menti i  quali  attestano  dal  1878  in  poi  altre  notevoli  relazioni  col 
Conte  di  Virtù,  secondo  appare  nelle  nostre  schede,  dalla  79.^  alla  86.'^ 
Le  schede  pisane,  contrassegnate  dai  numeri  100,  102,  109,  ii3-ii8^ 
120-125,  127-188,  135-14T,  mostreranno  pure  come  lo  S.  abbia  trascurato 
anche  altri  atti  importanti  di  speciale  interesse  per  il  periodo  delle 
sue  ricerche.  Ma  il  peggio  è  che,  nel  riportare  per  esteso  o  parzial- 
mente i  documenti,  lo  S.  trova  modo  di  intercalare  delle  varianti  dav- 
vero sbalorditoie.  L' ambasciatore  visconteo  Lucterius  de  Rusconibus 
diventa  nella  trascrizione  dello  S.  de  Eustonihus  (op.  cit.,  app.  I);  la 
provvisione  presa  dai  Savi  il  20  aprile  del  1891  aftinché  "  mictatur 
"  unus  ambaxiator  Mediolanum  ad  dominum  Comitem  Virtutum  expo- 
"  siturus  ei....  damna  robbarias  et  alia  enormia  que  fiunt  in  territorio 
"  pisano  contra  pisanos  et  districtuales  pisanos  per  gentes  Scnarum  et 
"  supplicaturus  eius  celsitudini  ut  apponere  dignetur  remedium  oppor- 
"  tunum  ut  talia  enormia  non  patrentur  ,,  ;  (Cancelleria  del  Coin.,  72-26- 
f.  19  a);  subisce  trasformazioni  di  codesto  genere:  "mictatur  amba- 
"  xiator  militum  (?)  ad  dominum....  damna....  quo  sunt....  contra  Pi- 
"  sanos  et  districtualia  Pisarum....  ut.. .  illa  enormia....  non  psterentur!  „ 


24<>  AMI    1)I:LLA    MM.jr.lA    muhh.a    ì.i^.mhakim 


un  documento  scnts;  (kll'S  i^tnnaio  1898,  nel  quale  si  delibera  dal 
Concistoro  che  i  Priori  "  statini  rcstringant  se  cum  coniniissariis  do- 
"  mini....  ducis  Mediolani....  et  una  cum  cis  scribant  domino  prelibato 
"  de  novitatibus  noviter  occursis  in  civitate  Pisarum  vidclicet  prò 
"  roljbaria  facta  Paulo  de  SabcUis  et  eius  comitive  et  rogent  domi- 
"  num  quod  velit...  providere  „  i  Senesi  "  de  gentibus  armorum  ut 
"  possint  se  delcndere  „.  Veniva  quindi  deliberata  anche  un'amba- 
sceria ad  Iacopo  d'Appiano  ed  agli  Anziani  di  Pisa  "  ad  dolendum 
"  cum  eis  de  casibus  occursis  (1)  „. 


R.  ARCHIVIO  DI  STATO  IN  SIENA. 


Da  Pisa  mi  trasferii  a  Siena  il  21  dell'agosto,  a  sera,  per  presen- 
tarmi, la  mattina  dopo,  al  ch.'"«  prof.  cav.  Alessandro  Lisini,  che  con 
tanta  cura  e  rara  competenza  sovrintende  a  quel  R.  Archivio  di  Stato, 
copioso  ed  ordinatissimo.  Ne  ebbi  le  più  gentili  profferte  di  aiuto  ed 
i  più  utili  avvertimenti,  ond'  è  che,  sicurato  da  così  valida  guida, 
potei  intraprendere  subito  i  lavori,  incominciando  dallo  scorrere  un 
inventario,  opera  pregevole  del  prof.  Lisini  stesso  ed  or  non  è  molto 
dato  alle  stampe  (2),    il  quale   mette  rapidamente  lo  studioso   in  con- 


Consimili  irregolarità  ed  abbagli  di  trascrizione  sono  nei  docc.  del 
2  maggio  1891  (op.  cit.,  p.  426);  del  22  maggio  (app.  II),  dove  l'am- 
basciatore visconteo  Heugherannis,  il  noto  Enghiramo  de'  Bracchi,  di- 
venta un  Heragheramtis,  e  Io  S.  non  ha  posto  mente  che  la  ragione 
paleografica  e  grammaticale  volevano  si  dicesse  "  casum  infortuitum 
"  gentibus  ipsius  domini....  occursum  „,  e  non  "  casum  infortuitum  ^fw- 
"  tis  ipsius  domini....  occursum  „  :  del  3i  maggio  1899  (p.  485),  del  21 
giugno  (app.  VII),  dell' 8  luglio  (p.  488),  ecc.  Taccio  di  molte  inesat- 
tezze cronologiche  e  di  errori  d'altro  genere  che  consiglierebbero 
una  completa  revisione  della  pubblicazione  dello  Scaramella. 

(i)  R.  Arch.  di  Stato  in  Siena,  Concistoro,  voi.  CLXXXXII-201, 
fol.  4  b.  Giova  pur  avvertire  che,  contemporaneamente  allo  Scaramellar 
altri  quattro  docc.  importantissimi  per  l'esatto  apprezzamento  di  questo 
fatto  rendeva  noti  il  prof.  Giacinto  Romano,  op.  cit.,  docc.  CCCLXXV, 
CCCLXXVII,  CCCLXXXV,  CCCLXXXVI. 

(2j  Inventario  Generale  del  R.  Archivio  di  Stato  in  Siena,  Parte 
prima  (Diplomatico  —  Statuti  —  Capitoli),  Siena,  Tip.  e  Lit.  Sordo- 
Muti  di  L.  Lazzeri,  1899. 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA  247 

dizione  di  abbracciare  e  apprezzare  nel  complesso  e  nei  particolari 
i  cospicui  materiali  onde  sono  ricche  le  serie  dei  Diplomi,  degli  Sta- 
tiiii  e  dei   Capitoli. 

Gli  Statuti;  per  le  medesime  considerazioni  che  mi  indussero  a 
trascurare  j  pisani;  non  potevano  fare  al  caso  mio,  e  mi  rivolsi  senza 
por  tempo  in  mezzo  all' 


Archivio  Diplomatico. 

del  quale  non  starò  a  numerare  tutte  le  varie  serie  che  lo  distinguono; 
giacché  dovrei  ripetere  quanto  venne  già  pubblicato  nell'inventario 
del  prof.  Lisini;  restringendomi  ad  accennare  soltanto  quelle  che  fu- 
rono oggetto  particolare  delle  mie  ricerche. 

Archivio  delle  Riformagioni.  —  I  (n.  i)  —  Le  Riformagioni,  parte 
notevolissima  dell'Archivio  Diplomatico  senese,  sono  distinte  in  più 
serie,  la  prima  delle  quali,  contrassegnata  semplicemente  dal  numero 
I,  è  copiosa  di  ben  6972  pergamene,  dal  29  decembre  814  al  16  gen- 
naio 1790,  passate  dall'Archivio  delle  Riformagioni  a  quello  di  Stato 
fin  dal  primo  anno  della  sua  instituzione. 

E  opera  oltremodo  lunga  e  laboriosa  sarebbe  la  ricerca  in  questa 
ragguardevole  raccolta;  che,  insieme  con  diplomi  di  imperatori  e  bolle 
e  brevi  di  pontefici,  ci  conserva  atti  di  leghe,  di  capitolazioni  e  di 
affari  diversissimi,  quali  franchigie,  sottomissioni,  ecc.,  così  da  riguar- 
dare non  solo  la  terra  ed  il  contado  di  Siena,  ma  benanco  gli  altri 
Comuni  ed  i  Principati  d'Italia;  se  non  soccorressero  vari  spogli  an- 
tichi; ottimi,  fra  i  quali,  gli  indici  accurati,  tuttora  inediti,  che  nei 
secoli  XVII  e  XVIII,  compilavano  il  sacerdote  Antonio  Sestigiani  ed 
il  cav.  Giovanni  Antonio  Pecci,  a  comodità  propria  e  degli  studiosi. 

Dell'opera  del  secondo,  intitolata  "  Indice  dell'Archivio  delle 
"  Riformagioni  di  Siena  contenente  lo  Spoglio  delle  Cartapecore;  1778  „ 
e  divisa  in  più  tomi;  il  primo  dei  quali  giunge  sino  al  1284  ed  il  se- 
condo al  i55o;  mi  giovai  a  preferenza,  come  di  quella  che  mi  venne 
;5Uggerita  più  precisa  e  rispondente  al  mio  scopo  di  unire  alla  sica- 
rezza  delle  ricerche  la  maggior  sollecitudine  possibile. 

L'importante  serie  diede  per  risultato  17  regesti;  ma  non  va  ta- 
(  iuto  come  di  alcune  pergamene,  sunteggiate  con  le  più  accurate  in- 
dicazioni, nello  spoglio,  non  fu  possibile,  nonostante  le  ricerche  dili- 


24S  ^  ITI     l'I  II   \    SOCIETÀ    STORICA    I.OMnAIM),\ 


{pentissi me  di  quei  rortcsi  impiegati,  rintracciare  i  corrispondciili  ori- 
jj;inali.  Mi  sia  permesso  citare  un  caso  solo:  Nel  tomo  li  clcirindicc 
Pecci,  al  numero  progressivo  1975  (i),  si  trova  che  ai  19  di  niaggicj 
del  1398,  por  rogito  di  Catelano  Cristiani  e  a  mezzo  di  suoi  procura- 
tori, il  ConiuiK^  di  Siena  approva  la  tregua  firmata  l'ii  maggio  ap- 
pena scorso  tra  il  Duca  di  Milano  e  gli  aderenti  da  una  parte,  ed  il 
Doge  di  Venezia  co'  suoi  alleati  dall'altra,  promettendo  in  termine 
di  tre  mesi  di  ratificarla.  La  pergamena  corrispondente  manca,  ma 
per  fortuna  serba  copia  dell'atto  il  Registro  di  Feudi  e  di  Investiture 
dell'Archivio  di  Stato  milanese,  che  ebbi  già  occasione  di  ricordare  (2) 
e  dal  quale  apprendiamo  come  per  tale  bisogna  furono  procuratori 
del  comune  Senese  il  nobile  Guido  Gnidi  e  ser  Giovanni  di  Cristoforo 
notaio.  In  considerazione  di  tali  riscontri  e  della  possibilità  che  altro 
ricerche,  o  meglio  ancora  casi  fortunati,  ritornino  alla  luce  le  perga- 
mene ora  smarrite,  ho  creduto  bene  di  non  trascurare  anche  queste 
semplici,  ma  precise,  indicazioni  di  spoglio,  le  quali  assumono  talvolta 
la  forma  e  l'estensione  di  veri  e  propri  regesti,  e,  nella  mancanza 
assoluta  del  documento,  valgono,  se  non  altro,  a  testimoniarci  un 
fatto. 

Le  Riformagioni  continuano  con  la 
Balzana  (n.  2).  —  Da  questo  nome  era  distinta,  nella  suppellettile 
dell'antica  cancelleria  senese,  una  cassa  fregiata  dello  stemma  muni- 
cipale che,  come  è  risaputo,  rappresenta  uno  scudo  spaccato  di  bianco 
e  di  nero.  Le  carte  tolte  di  là,  e  per  avventura  altre  aggiuntevi  in 
seguito,  costituiscono  ora,  in  numero  di  128,  la  serie  seconda  delle  Ri- 
formagioni, la  quale  va  dal  marzo  del  1089  al  9  decembre  del  1474. 
Anche  in  questa  serie  le  pergamene  sono  di  svariato  argomento,  ma 
acquistano  pregio  speciale  per  alcuni  diplomi  concessi  dagli  Impera- 
tori che  da  Ottone  IV  (1209)  si  successero  fino  a  Carlo  IV  (1369)  e 
per  parecchie  bolle  da  Eugenio  III  (ii53)  ad  Eugenio  IV  (1432). 

Un  "  Repertorio  delle  scritture  esistenti  nella  Cassa  della  Balzana  „, 
compiuto,  non  saprei  da  chi,  nel  1725,  mi  permise  di  esaurire  con  no- 
tevole prestezza  anche  lo  spoglio  di  codesta  collezione,  la  quale  diede 
un  solo  diploma  originale,  datato  da  Pavia  l'ii  agosto  1399  e  rogato 


(1)  Cfr.  delle  schede  senesi  la  184.^ 

(2)  Reg.*^  B  aliaSf    1398-1399,  fol.  26  a.    Cfr.  Romano,  op.  cìt.,  doc. 
CCCLXXX. 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA  24Q 

da  "  Ubertus  December  de  Viglevano  Comes  Pallatinus  „.  E  invero^ 
l'intervento  del  letterato  illustre  non  par  sconvenire  alla  solennità 
dell'atto  col  quale  il  duca  di  Milano  delegava  suoi  rappresentanti  a 
ricevere  il  pieno  dominio  della  gentil  Siena  (i). 

Nè^  sempre  nella  categoria  delle  Riformagioni^  poteva  essere  in- 
tralasciata la  serie  designata  dal  nome  della 

Lupa  (n.  5).  —  In  questa  raccolta;  che  annovera  loo  cartapecore  dal 
IO  agosto  1298  al  18  settembre  1788  ed  è,  rispetto  alle  altre  della  me- 
desima categoria,  piuttosto  povera;  sono  pure,  come  avverte  l' Inven- 
tario del  prof.  Lisini,  a  pagina  11,  "  bolle  di  papa  Urbano  VI,  di 
"  Giovanni  XXIII,  di  Sisto  IV,  di  Clemente  VII.  di  Paolo  III,  di  Gre- 
"  gorio  XIII  e  di  altri  papi  fino  a  Clemente  XII  ,,,  quasi  che  le  carte 
di  provenienza  romana  fossero  messe  di  proposito  e  di  preferenza 
sotto  la  custodia  del  simbolo  particolare  alla  Città  eterna.  Né  vi 
fanno  difetto  instrumenti  di  leghe  e  di  trattati  conchiusi  dal  Comune 
di  Siena  e  da  altri  coi  Re  di  Napoli  specialmente  e  coi  Duchi  di  Mi- 
lano, ma  per  gli  anni  dal  1279  al  1402  nessuna  traccia  di  documenti 
viscontei. 

Una  quarta  collezione  di  pergamene,  che  il  Governatore  mons. 
Agnolo  Niccolini  faceva  trasportare  da  Massa  a  Siena  nel  1564,  costi- 
tuisce la  sesta  serie  dell'Archivio  delle  Riformagioni,  col  titolo  per 
r  appunto  di 

Città  di  Massa  (n.  6).  —  Presentemente  sono  896  le  pergamene  di 
codesta  serie,  interessante  un  lungo  periodo  di  anni  dal  luglio  del 
764  al  12  decembre  del  i58t,  ma  la  raccolta  numerava  dapprima  altri 
254  diplomi,  che  tanti  ne  passarono  infatti  all'Archivio  di  Stato  fio- 
rentino. E  al  sacerdote  Pietro  Paolo  Pizzetti  si  deve  uno  "  Spoglio 
"  dell'Archivio  di  Massa  fatto  di  ordine  di  S.  A.  R.  Pietro  Leopoldo 
"  Arciduca  di  Austria  e  Gran  Duca  di  Toscana,  etc.  „  dell'anno  1780; 
con  la  scorta  del  quale  altri  6  documenti  viscontei  furono  rintracciati 
facilmente  frammezzo  a  tutte  le  altre  carte  di  genere  diverso  e  di 
varia  importanza. 

Diplomatico.  —  La  parte  diplomatica  del  Regio  Archivio  se- 
nese comprende,  oltre    a  quelle   delle    Riformagioni,   parecchie   altre 


(i)  Schede  senesi,  n.  208. 


250  ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA 


serie  distinte  in  gruppi  speciali  a  seconda  dclhi  l()r(»  provenienza, 
come  sarebbero  a  dire:  Archivio  Generale  dei  Contratti  (n.  8),  dal  sec. 
XI  al  1779;  R.  Prefeltura  (n.  9),  1233-1773;  R.  Università  degli  Studi 
(n.  10),  1244-1795;  Biblioteca  Comunale  (n.  11),  1176-1756;  Opera. Me- 
tropolitana (n.  12),  1002-1680;  ecc.,  ecc.;  ma  l'esame  dell'Inventario 
già  più  volte  ricordato  ed  i  cortesi  schiarimenti  avuti  mi  dissuasero 
dall' indagare  in  altre  serie  che  non  fosse  quella  denominata  ancora 
dalla 

Città  di  Massa  (n.  14)  — ,  la  quale  conta  284  pergamene,  dal  luglio 
del  754  al  20  marzo  del  1756,  ed  è  fornita  di  uno  "  Spoglio  ed  Indice 
"  delle  Cartapecore  di  Massa  nuovamente  riordinate  e  disposte  per  or- 
"  dine  cronologico,  ed  esistenti  nel  pubblico  generale  Archivio  delle 
"  Riformagioni  della  Città  di  Siena  in  quesf'anno  1840  „.  I  risultati, 
per  questa  serie,  sono  rappresentati  dalle  schede  29.^  e  232.^ 


I  Capitoli. 

Sotto  questa  denominazione  "  trovansi  raccolti,  oltre  a  quei  re- 
"  gistri  chiamati  in  Siena  Caleffi,  contenenti  gli  atti  riguardanti  il 
'*  Comune,  anche  tutte  le  scritture,  tanto  originali  che  in  copia  au- 
"  tentica  o  no  di  alleanze,  di  paci,  di  convenzioni  stipulate  con  i  paesi 
'*  limi  troll  e  con  gli  altri  Stati  d'Italia;  e  vi  sono  compresi  altresì 
"  i  privilegi,  le  concessioni,  le  sottomissioni  delle  città,  terre  e  ca- 
"  stelli  che  fecero  parte  del  dominio  della  Repubblica,  quando  peral- 
"  tro  quei  documenti,  scritti  sia  in  pergamena  sia  in  carta  di  lino, 
"  hanno  forma  di  libro,  'di  quaderno  o  di  semplice  foglio  piegato  (i)„. 

Nessuna  differenza,  adunque,  eccettuando  forse  i  Caleffi,  fra  i  Ca- 
pitoli e  r  Archivio  Diplomatico  per  quanto  concerne  alla  materia  dei 
documenti,  la  distinzione  dei  quali  nelle  due  serie  sopra  accennate  fu 
suggerita  piuttosto  dalla  forma  con  la  quale  i  documenti  stessi  ci  sono 
pervenuti,  che  non  da  altre  considerazioni.  L'importanza  della  serie 
dei  Capitoli  rispetto  a  quella  del  Diplomatico  è,  quindi,  presso  che 
la  medesima,  se  non,  forse,  anche  maggiore,  tenuto  calcolo  delle  fonti 
copiosissime  e  preziose  che  sono  i  Caleffi. 


\)  Inventario  cit.,  sotto  Capitoli. 


AITI   di:lla   società  sto h ha  lombarda 


I  "  Caleffi  „.  —  Dei  Caleffi  ;  che  sono  gli  instruinentari  del  Co- 
mune senese  contenenti  e  atti  copiati  a  forma  di  registro  senza  auten- 
ticazione notarile  e  insti umenti  originali  e  copie  autentiche,  tutte 
riuniJie  in  grossi  volumi  ;  si  è  disputato  circa  T  etimologia  e  la  signi- 
iìcazione  del  nome,  in  apparenza  tanto  strano,  col  quale  sono  desi- 
gnati e  che  in  Siena  e  nel  contado  servì  anche  ad  indicare  quel  libro 
pubblico  dove  si  annotavano  i  debitori  morosi  delle  casse  municipali; 
né  par  meraviglia  che  volgarmente  la  designazione  del  libro  più  ido- 
neo a  scuotere  la  coscienza  popolare  con  lo  spauracchio  della  fisca- 
lità, passasse  in  seguito  a  comprendere  gli  altri  registri  in  genere 
deir  azienda  comunale.  Comunque  ciò  sia  ed  in  qualunque  modo  si 
voglia  spiegare  il  fatto  di  Caleffo  usato  anche  come  nome  proprio  di 
persona;  e  cioè  Caleffino  olim  Caleffi-,  in  un  Instrumentario  del  Co- 
mune di  Colle  di  Val  d'Elsa,  a  noi  basti  di  rilevare  come  T  Archivio 
senese  conserva  tuttora,  e  in  ottimo  stato,  cinque  di  questi  prege- 
voli volumi  distinti  dal  colore  speciale  delle  colossali  coperture  o  da 
altre  particolarità  caratteristiche,  onde  accanto  al  Caleffo  Rosso  ab- 
biamo il  Bianco^  o  dcll^  Assunta,  il   Vecchio,  il  Nero  ed  il  Caleffeito. 

II  solo  Caleffo  Rosso  (n.  4  dalla  serie  dei  Caleffi);  voluminoso  co- 
dice membranaceo,  in  foglio  grande  rilegato  in  asse,  scritto  da  più 
mani  nei  secoli  XIV  e  XV  in  carte  270;  non  deluse,  però,  le  grandi 
speranze  concepite,  fornendomi  6  documenti  del  1889;  relativi  alle  le- 
ghe stipulate  da  Giangaleazzo  Visconti  con  Siena  e  poscia  anche  con 
Firenze,  Bologna,  Perugia,  Alberto  d'Este,  Francesco  Gonzaga,  i  Ma- 
latesta,  Antonio  da  Montefeltro,  gli  Ordellaffi  e  Pietro  Gambacorti; 
e  del  1895,  circa  il  compromesso  fatto  nel  Conte  di  Virtù  per  parte  del 
Comune  di  Siena  e  di  Bertoldo  dei  Conti  Orsini  di  Suana  a  propo- 
sito del  possesso  di  Scerpena  così  lungamente  contrastato. 

I  Capitoli.  —  Alquanto  più  proficuo  fu  l' esame  degli  altri  numeri 
dtlla  serie  dei  Capitoli,  che  ora  sono  semplici  fogli  piegati,  ora  qua- 
derni, ora  fascicoli,  membranacei  o  cartacei,  talvolta  anche  veri  e 
propri  volumi,  e  tra  i  quali  nutrii  speranza  di  poter  rintracciare;  come 
già  mi  era  avvenuto  nel  Diplomatico;  qualche  documento  di  perti- 
nenza alla  città  di  Massa,  poiché  tale  probabilità  presentavano  i  se- 
guenti numeri  : 

N.  IO.   —  1209,  marzo  i3  —  1400.    "   Istrumenti,    consulti  e  liti 
*'  dal  MCCCX  al  MCCCC.  —  Num.  MCXXVI  e  MCXXVII.  —  Sono  atti 


ATTI    DELLA    SOCItTA    STORICA    I.OMBAIU.A 


'•  filativi  allo  giurisdizioni  del  Comune  di  Massa  Marittima,  lc<i;ati  in- 
••  >i( me  <  contrassegnati  ciascuno  con  numero  progressivo  dall'  i  al 
*'  33.     -  Mazzo  di  fogli  cartacei  „. 

.V.  //.  —  i365-i474,  novembre  14.  "  Inventari,  compromessi, 
"  consulti,  sentenze  e  paci.  —  Num.  MCXXVlh  e  MCXXIX.  —  Sono 
"  atti  come  sopra,  contrassegnati  ciascuno  dal  numero  progressivo 
"  dall'i  al  68.  —  Mazzo  di  fogli  cartacei  „. 

iV.  12.  —  Sec.  Xlll-Sec.  XVIII.  —  "  Lettere  e  scritture  varie 
"  spettanti  al  Comune  di  Massa  Marittima.  —  Mazzo  di  fogli  car- 
"  tacci  (lì  „. 

Ma  queste  carte;  di  importanza,  per  altro^  assai  scarsa  in  riguardo 
alla  storia  generale;  non  mi  procacciarono  la  ricercata  sorpresa  e  così 
pure  il  numero  24;  che,  sotto  il  titolo  di  "  Instrumenti  della  lega 
''  guelfa  toscana  „,  contiene  vari  rogiti  del  notaio  senese  Johannes 
Paganelli,  dal  1287  al  1298;  deluse  le  mie  aspettative:  ciò  che  fortu- 
natamente non  avvenne  per  i  numeri  qui  sotto  elencati,  i  quali  for- 
nirono interessante  materia  a  33  nuove  schede: 

N.  y4.  —  1869,  ottobre  25.  Atto  della  lega  firmala  contro  Ber- 
nabò Visconti  fra  Urbano  V  ed  il  Comune  di  Firenze.  I  quattro  fogli, 
in  parte  laceri,  di  codesto  quaderno  cartaceo  ci  serbano  i  soli  capitoli 
della  lega,  ma  non  il  principio  che  andò,  col  primo  foglio,  perduto. 

N.  80.  —  1875,  novembre  27.  È  un  quaderno  membranaceo  di  6 
fogli,  r  ultimo  dei  quali  in  bianco,  contenente  la  lega  stretta  da  Ber- 
nabò con  Siena  e  con  Firenze. 

N.  joi.  —  1889,  ottobre  9.  Si  tratta  della  lega  già  ricordata  a 
proposito  del  Caleffo  Rosso  e  che  qui  ci  viene  conservata  in  7  fogli 
membranacei  non  numerati,  l'ultimo  dei  quali  non  scritto,  per  copia 
autentica  di  "  lacobus  quondam  Manni  civis  Senarum  „,  il  noto  amico 
di  Coluccio  Salutati. 

N.  102.  —  1890,  ottobre  9  —  1400,  marzo  16.  "  Affari  di  Gian- 
"  galeazzo  Visconti  colla  Repubblica  di  Siena  „.  È  un  "  inserto  car- 
"  taceo,  in  foglio  piccolo,  di  carte  99,  ad  eccezione  dell'  ultimo  qua- 
"  derno  (contenente  il  documento  del  1400)  che  è  membranaceo  e 
"  mutilo  nelle  prime  carte  „,  contenente  documenti  di  capitolazioni, 
di  leghe,  di  paci,  ecc.  celebrate  tra  il  Visconti  ed  il  comune   Senese, 


(1)  Inventario,  cit.,  pag.  i65. 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICIA    LOMBARDA  2d.'> 


nonché  altri  Comuni  e  Signorie,  con  spiccata  prevalenza  degli  atti 
riguardanti  i  patti  onde  fu  regolata  la  dedizione  di  Siena  al  Duca  di 
Milano  (i). 

A''.  loj.  —  139O;  gennaio  27  —  1391.  marzo  29.  Quaderno  mem- 
branaceo in  foglio  piccolo,  di  carte  4  non  numerate,  con  due  atti  re- 
lativi ad  un  nuovo  compromesso  nel  Conte  di  Virtù  da  parte  del  Co- 
mune di  Siena  e  del  Conte  Bertoldo  Orsini. 

N.  104.  —  1855,  agosto  18  —  settembre  24.  Altri  atti  relativi 
al  compromesso  accennato,  che  ci  vengono  conservati  da  un  piccolo 
codice  cartaceo  di  fogli  44. 

N.  loj.  —  1895.  "  Atti  nella  causa  tra  il  Comune  di  Siena  e  il 
''  Conte  Bertoldo  degli  Orsini  per  il  castello  di  Scerpena  vertente 
"  dinanzi  al  Commissario  del  Conte  di  Virtù  eletto  arbitro  dalle 
•"  parti.  ^-  Codice  cartaceo  in  foglio  piccolo  legato  in  pergamena,  di 
^'  carte  195  (2)  „. 

N.  106.  —  1836,  maggio  16.  Quaderno  membranaceo  in  foglio 
piccolo  di  carte  8  non  numicrate.  I  procuratori  di  Giangaleazzo  Vi- 
sconti, di  Pisa,  di  Perugia  e  di  Siena  da  una  parte,  e  quelli  di  Firenze, 
di  Bologna,  di  Nicolò  d"'Este,  di  Francesco  Gonzaga,  di  Francesco  da 
Carrara,  dei  Malatesta,  di  Astorgio  Manfredi,  di  Lucca,  degli  Alidosi 
e  di  Città  di  Castello  dall'altra,  firmano  una  lega  quinquennale. 

A^.  loy.  —  1859,  decembre  11.  Quaderno  simile  al  precedente 
di  carte  6  non  numerate,  l'ultima  delle  quali  in  bianco,  che  ci  serba 
altra  delle  convenzioni  per  la  sommessione  di  Siena  al  Conte  di  Virtù. 

Esaurite,  così,  codeste  parti  notevoli  dell'  Archivio  senese,  occor- 
reva rivolgersi  a  due  altre  importantissime  serie,  onde  quel  deposito 


(i)  Inventario,  cit.,  pag.  186.  A  proposito  di  questo  inserto  cartaceo 
giova  pur  sapere  che,  in  calce  ad  un  indice  di  mano  moderna,  nel 
quale  sono  elencati  i  documenti  compresi  nel  volume,  una  nota  recen- 
tissima avverte  che  i  documenti  stessi  furono  tutti  "  spogliati  per 
studio  ad  hoc  „.  Avvertimento  inutile  e  contrario  ai  regolamenti  degli 
archivi  pubblici. 

(2)  Inventario,  cit.,  pag.  186.  Tanto  per  il  num.  104  che  per  il  io5 
non  diedi,  naturalmente,  il  regesto  dei  singoli  atti  compresi  nei  due 
codici,  che  solo  di  riflesso  interessano  il  Visconti,  giacché  tutta  la 
faccenda  venne  condotta  e  disbrigata  dal  commissario  Rolando  da 
Sommo,  famosissimo  dottor  di  leggi.  Mi  accontentai  di  riportare  in  due 
separate  schede  l'indicazione  comprensiva  del  contenuto  dei  codici, 
mancando  in  essi  la  procura  del  signore  di  Milano  nel   suo  delegato. 


254  ^^"'*    DELLA  SOCIETÀ   STORICA    LOMBARDA 

rLÌcolarmcnt(*  pregiato  v  Unito  lume  dfMiva  alla  conos<cnza  non 
-"In  (lei  rivolgimenti  e  delle  ijiiziative  interne  del  comune  di  Siena, 
ma  anche  delle  relazioni  che  la  lìorcntc  Repubblica  ebbe  con  altri  molti 
Comuni  e  con  varie  Signorie.  Voglio  accennare,  cioè,  alle  serie  dei 
numerosi  volumi  che  ci  serbano,  per  lungo  tratto  di  tempo  e  con  una 
continuità  rara  a  trovarsi  in  raccolte  di  simil  genere,  le  deliberazioni 
del  Consiglio  Generale  e  del  Concistoro  :  i  due  massimi  orsfani  della 
vita  pubblica  senese  ai  tempi  della  libertà. 

Il  Consiglio  Generale. 

Il  Consiglio  Generale  senese,  detto  anche,  dallo  speciale  mezzo 
di  richiamo  dei  Consiglieri,  Consiglio  della  Campana  (Generale  Con- 
silium  Campane  Comunis  Senarum),  va  considerato  come  il  deposi- 
tario della  suprema  .potestà  del  Comune,  in  quanto  vediamo  ad  esso 
affidate  la  trattazione  degli  affari  più  gelosi  ed  importanti,  sì  in  tempo 
di  pace  che  in  occasione  di  guerre,  la  conclusione  dei  trattati  e  delle 
alleanze,  così  di  piccolo  come  di  grande  rilievo,  le  approvazioni  dei 
,capitoli  di  tregua,  le  massime  questioni  giurisdizionali  ed  i  provvedi- 
menti economici  di  maggior  momento.  Il  Podestà  od  un  suo  rappre- 
sentante presiede  le  adunanze  e,  normalmente,  fa  le  proposte. 

Lo  studio  dell'intera  serie  di  tali  deliberazioni;  numerosa  di  più 
di  duecento  volumi,  tutti  membranacei,  in  foglio  grande,  rilegati  in 
asse;  avrebbe  richiesto  tempo  e  fatica  non  lieve,  se  anche  questa  ri- 
cerca non  avesse  facilitato  e  abbreviato  un  diligente  manoscritto  della 
line  del  secolo  scorso,  e  precisamente  del  ryyS,  intitolato  "  Indice 
"  dell'Archivio  delle  Riformagioni  di  Siena  contenente  le  delibera- 
"  zioni  del  Consiglio  Generale  „.  L'attento  esame  del  primo  fra  i  due 
grossi  tomi  che  compongono  codesto  indice,  non  mi  additò  nulla  che 
potesse  interessare  il  Regesto;  ma  il  secondo  scoprì,  invece,  traccio 
notevolissime,  affidato  alle  quali  intrapresi  lo  spoglio  dei  seguenti  17 
registri,  che  fruttarono  in  tutto  70  documenti  viscontei  nella  misura 
rispettivamente  segnata  tra  parentesi: 

(1)    CL-148.  —  i35i,  gennaio-giugno  (doc.  1), 
CLI-149.  —  i35i,  luglio-decembre  (doc.  i). 


(1)  Il  numero  romano  rammenta  la  vecchia  segnatura;  l'arabico 
ìndica  la  nuova.  Ad  agevolare  i  riscontri  e  le  ricerche  e  l'uno  e  l'ai, 
tro  sono  d'egual  interesse.  Ciò  valga  anche  per  la  serie  del  Concistoro- 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA  2DD 

CLIV-i52.  —  i353,  gennaio-giugno  (nulla). 
CLX-i58.  —  i356,  luglio-decembre  (doc.  i). 
CLXXI-168.  —  i36i,  luglio-decembre  (doc.  1). 
CLXXVI-172.  —  i365,  luglio-decembre  (docc.  2). 
CLXXVII-174.  —  i366,  gennaio-giugno  (docc.  6). 
CLXXXII-179.  —  1369^  gennaio-decembre  (docc.  2). 
CLXXXVIII-185.  —  1875,  gennaio-decembre  (docc.  2). 
CLXXXIX-186.  —  1376,  gennaio-decembre  (doc.  i). 
CXC-187.  —  1378,  gennaio-giugno  (docc,  2). 
CC-195.  —  i385,  maggio  —  i386,  marzo  (docc.  2). 
CCI-196.  —  1387,  marzo  —  iSqi,  marzo  (doc.  1). 
CCII-197.  —  1391^  aprile  —  1895,  decembre  (docc.  9). 
CCIII-198.  —  1396,  gennaio  —  1899,  aprile  (docc.  14). 
CCIV-199.  —  1899,  maggio  —  1401,  marzo  (docc.  16). 
CCV-200.  —  1401,  marzo  —  1408,  marzo  (docc.  9). 

I  documenti  viscontei  di  questa  interessante  raccolta  principiano 
dal  i3  maggio  i35i;  col  riferirsi  alla  lega  guelfa  formatasi  "  propter 
"  adventum  pestifere  gentis  domini  Mediolanensis  quereiitis  conculca- 
"  tionem....  libertatis....  communium....  Tuscie  (i)  „  ;  per  giungere  sino 
al  26  settembre  1402,  sotto  il  qual  giorno  si  trova  l'ultima  delibera- 
zione che  il  Consiglio  Generale  senese  celebrava  con  la  debita  solen- 
nità in  riguardo  a  Giangaleazzo  Visconti,  di  recente  morto,  appunto 
"  prò  fiendis  honorabiliter  exequiis  „  all'  inclita  sua  memoria  (2). 
Entro  questi  limiti,  gli  altri  documenti  riflettono  la  venuta  in  Toscana 
delle  genti  di  Giovanni  Visconti  arcivescovo,  i  replicati  maneggi'  di 
Bernabò  con  Siena  e  con  Firenze  in  servigio  della  sua  politica  astuta 
e  senza  scrupoli,  le  alterne  vicende  delle  relazioni  intercorse  fra  Siena 
ed  il  Conte  di  Virtù  prima  e  dopo  che  quella  città  ebbe  a  fare  com- 
pleta soggezione  di  sé  stessa  a  lui.  E  di  queste  nuove  schede  meri- 
tano per  avventura  uno  schiarimento  soltanto  la  55.^  e  la  56. '"^  (1878, 
marzo  22  e  aprile  1)  per  avvertire  come  la  pace  della  quale  è  fatta 
menzione  in  esse,  sia  quella  promossa  da  Bernabò  fra  la  Chiesa  da 
una  parte;  rappresentata  dal  legato  pontificio  Cardinale  della  Grangia 
o  d'Amiens;  ed  i  Fiorentini  dall'altra,  e  che  diede  luogo,  nel   marzo 


(i)  Schede  i.-'*  e  2.'' 
(2)  Scheda  254.'' 


2bC)  ATM    DELLA    SOCIKTÀ    STORICA    LOMBARDA 


<lcl  J378,  al  convegno  di  Sarzana  così  bruscamente  interrotto   dall' im- 
provvisa morte  di   i)apa  Gregorio  XI  (1). 


Il   Concistoro. 

Accanto  al  Consiglio  Generale ,  rappresentante  la  Repubblica 
nelle  sue  più  alte  prerogative,  ha  onorevole  posto  il  Concistoro  che 
Ira  i  vari  magistrati  del  comune  Senese,  più  si  accosta,  per  affinità 
ed  importanza  di  funzioni  e  di  poteri,  a  quella  suprema  instituzione 
repubblicana  (2).  Di  essa  è,  anzi,  quasi  un  complemento,  reso  ne- 
cessario dalla  tradizione  e  dagli  ordinamenti  municipali,  i  quali, 
mentre,  ad  esempio,  volevano  riservata  al  Consiglio  Generale  la  no- 
mina degli  ufficiali  subalterni  del  Comune;  come  sarebbero  i  Prov- 
veditori di  Biccherna,  gli  Ufficiali  dei  Paschi,  quelli  del  Sale  e  dei 
Pupilli,  i  Podestà,  i  Vicarii  e  così  via;  dava  per  altro  al  Concistoro 
il  diritto  di  proporre  i  nomi  sui  quali  la  scelta  dovesse  restringersi. 
Al  Concistoro,  poi,  spettava;  nonché  la  nomina  di  deputazioni  citta- 
dine elette  a  tempo  per  lo  studio  di  certe  determinate  questioni  ;  la 
disamina  degli  affari  di  qualunque  specie  ed  entità,  preventiva  alle 
deliberazioni  che  su  di  essi  prendevano  poscia  o  il  Consiglio  del  Po- 
polo o  quello  Generale;  così  che,  pur  fatta  ragione  della  sua  dipen- 
denza da  questi  due  poteri  superiori,  le  decisioni  del  Concistoro;  alle 
volte  definitive,  alle  volte  sul?  conditione;  serbano  le  traccie  di  tutta, 
si  può  dire,  V  attività  amministrativa  e  politica  del  Comune,  nelle 
sue  multiformi  manifestazioni:  dalle  semplici  nomine  di  ufficiali  a  quelle 
solenni  di  ambascerie  a  potenze  estere;  dalle  provvisioni  ordinarie 
per  il  pagamento  di  piccole  spese  a  quelle  per  i  contributi  da  pat- 
tuirsi in  una  alleanza;  dalle  proposte  per  regolare  l'obbedienza  di 
un  castello  del  territorio  ai  capitoli  consacranti  il  sacrificio  della  au- 
tonomia e  della  libertà  comunale  al  despotismo  di  una  signoria  stra- 
niera. 


(i)  Cfr.  GiuLiNi,  op.  cit.,  voi.  V,  pagg.  601-602. 

(2)  Al  Concistoro  parteciparono,  a  seconda  dei  tempi  e  delle  cir- 
costanze, i  domini  Novem,  i  domini  Diiodecim,  i  Priori,  i  Gonfalonieri, 
il  Capitano  del  Popolo,  il  Luogotenente  Ducale,  cittadini  a  ciò  requi- 
siti, ecc. 


ATTI    DELLA.    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA 


La  quale  immensa  varietà  di  provvedimenti  ci  è  conservata;  dal 
gennaio  del  i338,  sotto  il  governo  dei  Nove,  lino  ad  oltre  il  1408;  in 
una  serie  di  più  che  220  volumi  cartacei,  di  piccolo  formato  e  rilegati 
in  pergamena,  ciascuno  dei  quali  riflette  una  gestione  bimensile  della 
magistratura  e,  nei  primi  della  serie,  riporta  anche  le  deliberazioni 
del  Consiglio  del  Popolo  corrispondenti  a  quelle  del  Concistoro.  Un 
altro  spoglio  compiuto  nel  1778  e  compreso  in  due  volumi  manoscritti 
dal  titolo  "  Indice  dell'Archivio  delle  Riformagioni  di  Siena  contenente 
le  deliberazioni  del  Concistoro  „  (il  secondo  volume  incomincia  col 
novembre  del  1347),  è  utilissimo  complemento  della  raccolta,  l'esame 
della  quale  mise  in  luce  126  documenti  di  soggetto  visconteo,  distri- 
buiti, registro  per  registro,  nel  modo  seguente: 

III-3.  —  i35i,  settembre-ottobre  (docc,  5). 

V-5.  —  i355,  gennaio-febbraio  (docc.  4). 

VI-6.  —  i355,  marzo-aprile  (doc.  i). 

XIX-20.  —  i36o,  luglio-agosto   (docc.  3). 

XXI-22.  —  i362,  marzo-aprile  (docc.  6). 

XLVII-52.  —  1369,  luglio-agosto  (doc.  1). 

L-55.  —  1370,  maggio-giugno  (docc.  2). 

LXX-77.  —  1375,  luglio-agosto  (doc.  i). 

LXXXVIlI-97.  —  1379,  maggio-giugno  (doc.  i). 

XCV-io5.  —  i38o,  novembre-decembre  (doc.  1). 

XCVII-107.  —  i38i,  marzo-aprile  (doc.  i). 

Cl-iir.  —  i38i,  novembre-decembre  (doc.  1). 

CXV^1I-T27.  —  i385,  luglio-agosto  (docc.  2).  Questi  due  documenti 
sono  nelle  schede  61.^  e  63.^  e,  come  anche  il  docu- 
mento della  scheda  62.%  riguardano  certamente  le  trat- 
tative per  la  lega  che  fu  poi,  nel  novembre  i385,  sti- 
pulata fra  il  Conte  di  Virtù  e  i  Comuni  di  Firenze, 
Bologna,  Pisa,  Lucca,  Perugia  e  Siena  contro  le  com- 
pagnie di  ventura.  Cfr.  Giulini,  op.  cit.,  voi.  V,  p.  677. 

CXXlI-i32.  —  i386,  luglio-agosto  (docc.  2). 

CXXVI-I36.  —  1887,  marzo-aprile  (docc.  3). 

CXXIX-139.  —  1387,  settembre-ottobre  (doc.  1). 

CXXX-140.  —  1387,  novembre-decembre  (docc.  9).  Nel  documento 
della  scheda  79.%  che  è  del  29  decembre,  si  accenna 
alla  probabile  morte  imminente  della  madre  di  Gian- 

Arck.  Stor.  Loi.il.  —  Anno  XX VII.  —  Fase.  XXV.  17 


258  ATTI    DIJ.LA    SOCIKTÀ    STORICA    LOMBARDA 

galeazze  »,  I-Jianca  di  Savoia,  che  diiv  giorni  dcjpo  av- 
\(i.i\;i   iiiliitti   la  pi'cvisionc. 

CXXXI-141.  —  j388,  gcniiaio-lebbraio  (doc.  1). 

rXXXIV-i.i3.  —  i388,  maggio-giugno  (docc.  3). 

(  XX.WI  1  ||.  —  i388,  settembre-ottobre  (do*.  1  k  hitivo  alla  se^ 
unita  nascita  di  Giovanni  Maria  Visconti). 

CXXXVlll-i  17.  —  1889,  gennaio-febbraio  (docc.  2).  Questi  due  du- 
I  iiiiK  riti,  dell'  II  e  del  12  gennaio,  sono  compresi  nelle 
schede  85.*''  e  86.'^  e  si  rileriscono  alla  richiesta  che  il 
Conte  di  Virtù  fece  presso  il  Comune  di  Siena,  del 
maestro  "  Marsilius  de  Sancta  Sophia  phisicus  sala- 
"  riatus  Comunis  Senarum  ad  legendo  (sic)  fac-ultates 
"medicine,,,  onde  giovarsene  "  prò  reformatione  stu* 
"  dii  patavini,,.  Il  Romano,  op.  cit.^  doc.  CCXLVIII, 
ricorda  un  giuramento  di  fedeltà  prestato  da  Marsilio 
in  Pavia  il  4  ottobre  1896  a  proposito  di  un  certo  "  of- 
lìcium  suum  „  che  pare  fosse  quello  di  medico  di  corte. 
Maestro  Marsilio;  del  quale  il  Romano  fa  cenno  anche 
neir  altro  suo  studio  sopra  Giangaleaz2o  V  avvelena- 
tore, in  quest'are//.,  a.  XXI,  1894,  fase.  Ili,  pag.  819; 
era  padovano  e  figlio  di  Nicolò,  e  "  fu,  al  dire  di  Mi- 
"  chele  Savonarola  [De  inagnificis  ornanientis  civitaiis 
^^  patavlnae)  uomo  più  che  umano,  divino  e  principe 
"di  tutti  i  medici  del  suo  tempo,,.  Così  il  Vedova 
{Biografi 3  degli  scrittori  padovani,  Padova,  coi  tipi  della 
Minerva,  MDCCCXXXII,  pag.  216),  dal  quale  appren- 
diamo che  Marsilio  appare  già  sin  dal  1867  aggregato 
al  Collegio  dei  Medici  padovani  col  titolo  di  Profes- 
sore, e  nel  1889,  per  ragioni  non  ben  chiare,  lontano 
dalla  patria.  Fra  le  varie  ipotesi,  sembra  più  probabile 
al  Vedova  che  il  Santa  Sofìa  ne  fosse  partito  per  la 
fiera  avversione  che  egli  nutriva  contro  il  Visconti, 
il  quale  per  altro  nella  pace  firmata  il  gennaio  del 
1892  col  principe  Carrarese  poneva  nei  capitoli  anche 
la  restituzione  dei  beni  e  dei  diritti  già  tolti  a  Mar- 
silio, in  patria.  Il  Vedova  non  seppe  precisare  Tanno 
nel  quale  il  dotto  padovano  salì  con  molto  onore  la 
cattedra  di  Pavia  e  non    accenna    alla  sua  dimora  in 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA  239 


Siena.  Da  Pavia  Marsilio  si  trasferì  nel  1899  a  Pia- 
cenza e,  morto  il  Visconti^  secondo  le  migliori  con- 
getture, a  Bologna,  dove  cessò  di  vivere  nel  1405.  (Ve- 
dova, op.  cit.,  pagg.  216-218). 

CXXXIX-148.  —  1389,  marzo-aprile  (doc.  i). 

CXLI-i5o.  —  i?89,  luglio-agosto  (docc.  2). 

CXLII-i5i.  —  1889,  settembre-ottobre  (docc.  5). 

CXLIV-i53.  —  1890,  gennaio-febbraio  (docc.  4). 

CXLVI-i55.  —  1890,  maggio-giugno  (docc.  5). 

CLI-160.  —  1891,  marzo-aprile  (docc.  4). 

CLI1-i6j;.  —  1891,  maggio-giugno  (docc.  4). 

CLIII-162.  —  1891,  luglio-agosto  (doc.  1). 

CLIV-163.  —  1891,  settembre-ottobre  (nulla). 

CLVI-i65.  —  1892,  gennaio-tebbraio  (doc.  i). 

CLVII-166.  —  1892,  marzo-aprile  (doc.  i). 

CLXI-170.  —  1892,  novembre-decembre  (doc.  i). 

CLXIII-172.  —  1898,  marzo-aprile  (doc.  i). 

CLXIV-178.  —  1898,  maggio-giugno  (doc.  i). 

CLXVI-175.  —  1898,  settembre-ottobre  (doc.  i). 

CLXXIV-188.  —  1894,  novembre-decembre  (doc.  i). 

CLXXV-184.  —  1895,  marzo-aprile  (doc.  i). 

CLXXVI-i85.  —  1895,  maggio-giugno  (nulla). 

CLXXVII-186.  —  1895,  luglio-agosto  (docc.  4). 

CLXXXII-201.  —  1898,  gennaio-febbraio  (doc.  i). 

CLXXXVII-196.  —  1897,  marzo-aprile  (docc.  2). 

CLXXXVIII-197.  —  1897,  Diaggio-giugno  (docc.  2). 

CLXXXIX-198.  ~  1897,  luglio-agosto  (docc.  8). 

CXC-199.  —  1897,  settembre-ottobre  (doc.  i). 

CXCIV-208.  —  1898,  maggio-giugno  (doc.  1). 

CXCVIII-207.  —  1899,  gennaio-febbraio  (docc.  2). 

CXCIX-208.  —  1899,  marzo-aprile  (docc.  2). 

CCI-210.  —  1899,  luglio-agosto  (doc.  i). 

CCII-211.  —  1899,  settembre-ottobre  (docc.  2). 

CCIV-218.  —  T400,  gennaio-febbraio  (docc.  4). 

CCIX-218.  —  1400,  novembre-dicembre  (docc.  2). 

CCXII-221.  —  1401,  maggio-giugno  (docc.  8). 

CCXV-224.  —  T401,  novembre-decembre  (doc.  i). 

CCXVni-227.  —  1402,  luglio-agosto  (doc.  1). 

CCXIX-228.  —  1402,  settembre-ottobre  (docc.  3). 


200  AMI    DKLLA    SOCIETÀ    STOKICA    LOMBARDA 


Starei  per  dire  che  la  presente  serie  l'ornirebbe  da  sola  bastevole 
materia  per  uno  studio  quasi  completo  delle  relazioni  passate  fra  i 
Sijriuiri  di  Milano,  da  Giovanni  arcivescovo  al  Conte  di  Virtù,  e  la 
Repubblica  senese,  tanti  sono  e  di  così  vàrio  genere  i  fatti  dei  quali 
le  deliberazioni  del  Concistoro  ci  serbano  memoria.  E,  per  incomin- 
ciare dal  i35j;  del  qual  anno  sono  i  primi  regesti;  è  notevole  l'am- 
basceria che  Giovanni  Visconti  mandava,  nell'ottobre,  a  Siena  per 
lamentarsi  con  quel  Comune  degli  aiuti  promessi  ai  Fiorentini  "  eius 
"  capitalibus  ynimicis  „  affinchè  "  potentie  et  iniquitati  crudelissime 
"  tirannidis  domini  Mediolani  archiepiscopi  resisteretur  et  resisti  pos- 
"  set  „  (i35i,  ottobre  12-19).  Ma,  quattro  anni  più  tardi,  la  diffidenza 
dei  Senesi  per  la  insidiosa  vipera  par  cessata,  che,  a  richiesta  del  se- 
condo Galeazzo,  il  Comune  mandava  a  Milano  un  sussidio  di  gente 
d'arme,  il  quale  doveva  forse  servire  a  rendere  ancora  più  paurosa 
air  imperatore  Carlo  IV  la  ospitalità,  circondata  di  tanti  apparati  bel- 
licosi, offertagli  dai  fratelli  Visconti  (i355,  gennaio  i5-i8)  (i);  né  man- 
cano le  più  lusinghiere  congratulazioni  per  lieti  successi  delle  milizie 
milanesi  contro  quelle  di  Pavia  (i355,  aprile  28). 

Nel  1862  ricompaiono  più  insistenti  e  più  forti  le  apprensioni  per 
la  venuta  in  Toscana  delle  compagnie  assoldate  da  Bernabò  (i36o, 
aprile  io  —  marzo  3i;  1870,  maggio  18);  al  quale,  per  altro,  basta 
l'animo  di  offrire  in  seguito  tutte  le  sue  forze  a  Siena,  per  lo  ster- 
minio delle  soldatesche  di  ventura  "  volentium  occupare  Ytaliam  „ 
(i38o,  novembre  2).  Una  prova,  però,  della  circospezione  con  la  quale 
le  sue  proposte  erano  sempre  accolte  è  chiarissima  nella  diffidenza  non 
dissimulata  dal  comune  Senese  quando,  nel  1875  (luglio  27),  si  trattò  di 
seguire  Y  esempio  di  Firenze  nel  far  lega  con  lui. 

Nella  serie  del  Concistoro  il  nome  del  Conte  di  Virtù  appare  per 
la  prima  volta  a  proposito  del  progettato  suo  matrimonio  con  Isabella 
figlia  al  Re  di  Francia,  che,  annunciato  a  Siena,  si  ebbe  da  quel  Co- 
mune le  più  ampie  approvazioni  e  congratulazioni  (1860,  luglio  21-22). 
Questo  nel  1860.  Diciannove  anni  dopo,  certa  gente  d'armi  che  Gian- 
galeazzo  Visconti  aveva  ragunato  "  in  civitate  Pisarum  et  extra  „  fa- 
ceva dubitare  ai  buoni  Senesi  fosse  quello  un  preparativo  ai  danni 
della  città  loro,  epperò,  di  pieno  mandato   del  Consiglio  Generale,  il 


(i)  Cfr.  GiuLiNi,  op.  cit.,  voi.  V,  pagg.  897  e  se< 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA  2bl 


Concistoro  si  affrettava  ad  ordinare  un'  ambasceria  a  Pisa,  che  appu- 
rasse i  sospetti  (1379,  maggio  12);  ma  la  cosa  dobbiamo  credere  chte 
non  ebbe  altro  seguito,  giacché  di  questo  episodio  1'  archivio  di  Siena 
non  serba  ulteriore  menzione.  Evidentemente  le  genti  d'  arme,  cagione 
di  tanta  apprensione  alla  Repubblica  senese,  erano  quelle  raccolte  dal 
Conte  di  Virtù  nel  porto  pisano  allo  scopo  di  preparare  onorevole  e 
isicura  scorta  alla  principessa  Maria,  erede  della  corona  siciliana,  che 
egli  si  apprestava  a  condurre  in  isposa.  A  tal  uopo  il  Visconti  aveva 
assunto  in  suo  servigio  anche  navi  del  porto  livornese,  come  ci  assi- 
cura una  provvisione  degli  Anziani  di  Pisa  del  i3  maggio  1879  con 
la  quale  si  comanda  a  Bartolomeo  de  Tantulis,  podestà  di  Livorno,  di 
mandare  immantinenti  a  Pisa,  per  una  certa  necessità  del  Comune, 
"  tucte  le  barche  duno  centonaio  e  mezzo  o  de  inde  in  giù  le  quali 
"  ìion  siano  obligate  ,per  li  servigi  del  signore....  lo  Conte  de  Viriti  „  (i). 
Ed  è  risaputo  che  la  flotta  viscontea  veniva  poi  incendiata  ad  opera 
del  Re  d'Aragona  (2). 

La  politica  ambigua  e  tergiversante,  sfruttata  da  Giangaleazzo  nelle 
controversie  tra  il  papa  Urbano  VI  e  l'antipapa  Clemente  VII,  riceve 
nuova  illustrazione  dall'ambasciata  che  il  Signore  di  Milano  trovava 
opportuno  di  far  esporre,  il  18  agosto  del  i386,  ai  Priori  e  ad  alcuni 
cittadini  senesi,  appositamente  requisiti,  "  circa....  Urbanum  papam 
"  sexcumet  quosdam  cardinales  tam  fugitivos  quam  captivos  et....  circa 
"  reconciliationem  eorundem....  et  circa  reintegrationem  sancte  matris 
"  Ecclesie  „  per  far  conoscere  e  giustificare  "  in  effectu  opera  et  ac- 
'' tiones  dicti  domini  Comitis  Virtutum  patratas  perenni  circa  recon- 
'' ciliationem  et  reintegrationem  predictas,,.  E  da  questo  momento  à 
rapporti  si  fanno  più  stretti  e  più  frequenti,  attestati  come  sono  dalle 
trattative  per  la  lega  del  Conte  di  Virtù  con  Siena,  Pisa,  Firenze  e 
Bologna  (1887,  aprile  12  -r-  marzo  28);  dall'annuncio  dato  ai  Senesi 
della  presa  di  Verona  (ottobre  29)  ;  e  da  altri  affari  di  minor  conto, 
sino  a  tanto  che  le  proteste  e  gli  atti  di  mutua  amicizia  e  benevolenza 
si  palesano,  da  parte  del  Comune  di  Siena,  piuttosto  di  sommessione, 
come  è  lecito  arguire  dall' ambasceria  senese  del  novembre  1887,  che 
al  Conte  di  Virtù  offriva  "  totum  posse  Comunis  ad  eius  servitia  „   e 


(i)  Arch.  di  Stato  in  Pisa,  Arch.   del  Comune,   Div.  A,  Carteggio 
degli  Anziani,  209-6,  fol.  226  a.  Cfr.  la  80.*  scheda  pisana. 
(2)  GiuLLM,  op.  cit.,  voi.  V,  pag.  607. 


iC)2  ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA 


più  esplicitamente  dalla  <  niicoidia  clie  si  yoUr  ottenere  da  Giovanni 
degli  Ubaldini,  capitano  visconteo,  anciie  eoi  .sacriticio  di  sci  mila  fio- 
rini d'oro,  salvo  però,  riferire  al  Signore  di  Milano  che  "sui  respectu 
"  dieta  concordia  sit  facta  „   (iSSy,  novembre  2  --   i388,  gennaio  5). 

Un'altra  ambasceria  del  Comune  di  Si(Mia  mandata  a  Giangaleazzo 
nel  i388  (giugno  5-8)  con  capitoli  predisposti  per  "  certi  savi  huomini 
"  electi  e  li  magnifici  Signori  Signori  Priori  „,  prelude  alla  lega  quin- 
quennale firmata  fra  le  due  parti  in  Pisa,  il  22  settembre  del  1389,  "  sin- 
"  gulariter  et  nominatim  contra  Comune  Plorcntic  „  (i):  prima  avvisa- 
glia, codesta,  della  guerra  che,  incominciata  nel  1890,  durò  per  dodici 
anni  e  fu,  al  dire  di  Leonardo  Aretino,  la  maggiore  che  i  Fiorentini 
avessero  mai  sostenuto  "  perocché  la  città  in  quel  tempo  d'  uomini 
"  e  di  ricchezze  grandemente  fioriva  e  pigliava  questa  contesa  contro 
"  a  potentissimo  nemico,  il  cui  dominio  per  la  sua  grandezza  era  in 
"  Italia  simile  a  uno  regno  {2)  „. 

Siena  non  seppe  resistere  e  fece  sua  la  causa  del  nuovo  tiranno, 
non  repudiando  nemmeno  i  segni  della  palese  sottomissione,  che,  in 
questa  medesima  guerra  mossa  contro  il  più  forte  baluardo  della  li- 
bertà repubblicana,  essa  si  ritiene  onorata  di  porre  "  arma  domini  Co- 
"  mitis  Virtutum  super  arma  Comunis  Senarum  in  vexillo  dicti  Comu- 
"  nis  portando  in  exercitu  contra  Florentinos  „  (maggio  7);  e,  pochi 
giorni  dopo,  ordina  che  la  moneta  viscontea  abbia  libero  corso  nella 
città  e  nel  territorio  senese,  come  moneta  paesana  (maggio  3o);  e,  in 
occasione  della  morte  di  Giovanni  Ubaldini,  non  disdegna  di  acco- 
glierne le  spoglie  nella  propria  Cattedrale,  con  onoranze  solennissime 
(giugno  24-28). 

Non  è  meraviglia,  quindi,  se,  il  i3  marzo  dell'  anno  seguente,  An- 
dreasio  Cavalcabò,  commissario  del  Visconti,  si  faccia  a  chiedere  senza 
ambagi  la  piena  signoria  di  Siena  per  il  duca  di  Milano.  Lo  stesso 
giorno  una  commissione  di  cittadini  senesi,  a  tal  uopo  nominata,  ri- 
sponde "  che  come  più  volte  al  signore  Messer  lo  Conte  di  Virtù 
"  aviamo  fatto  sperare  per  nostri  speciali  ambasciadori  così  bora  con 
"  viva  voce  diciamo  et  confermiamo  a  esso  messer  Andreasso  ....  che 
"siamo  contenti  et  de  singolare  gratia  dimandiamo  et  suplichiamo  la 


(1)  Scheda  98.''.  Cfr.  i  docc.  dal  3i  marzo   1889  al  18  ottobre. 

(2)  Cfr.  L.  Frati,  La  lega  dei  Bolognesi  e  dei  Fiorentini  contro  Gio- 
van  Galeazzo   V  [iJ^S^-ijc/o],  in  quest'  Arc/i.,   a.  XVI,  1889,  pag.  21. 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA  20:) 

"  signoria  sua  che  per  sua  benignità  degni  e  voglia  prendere  et  accet- 
"  tare  el  dominio  e  governo  della  città  di  Siena  suo  contado  et  di- 
**  stretto  et  di  noi  suoi  devoti  figliuoli  et  servidori  et  regerci  et  go- 
"  vernarci  come  parrà  a  la  excelentia  sua  convenirsi,  e  discendendo 
"  ai  modi  si  dice  e  si  afferma  noi  essère   aparechiati    darli   donare  la 

"città  di  Siena  suo  contado  et  distretto si  che  possa  liberamente 

"  fare  et  disponere  in  tutto  come  dela  città  di  Melano  o  di  Pav  ^'  o  di 
"  qualunque  altra  più  sottoposta  a  lui  „.  Seguono  su  di  ciò  replicate 
trattative,  che  per  altro  non  conducono  ad  una  ufficiale  e  formale  de- 
dizione, ma  intanto  il  signore  di  Milano  mette  a  prova  l'affetto  dei 
nuovi  sudditi  volontari  con  la  richiesta,  in  soli  dieci  giorni,  dal  i3  al 
23  giugno,  di  tre  prestiti,  che  gli  vengono  tosto  concessi  "  sine  reci- 
"  piendo  aliqua  fideiussione,,.  Più  che  a  garantirsi  da  ulteriori  pre- 
tese del  Visconti,  Siena  pensa  a  dimostrare  pubblicamente  il  desiderio 
della  nuova  signoria,  che  ucciderà  per  sempre  la  libertà  municipale, 
col  far  dipingere  le  armi  viscontee  "  in  frontespitio  palatii  comunis 
"  et  ad  portas  civitatis  ,,,  affinchè  "  signa  extrinseca  patulent  qualis  sit 
"  amor  intrinsecus  „   (luglio  26)  (i). 

Le  ambascerie  si  succedono  alle  ambascerie  per  diversi  affari  che 
Siena  sottomette  al  proprio  Signore;  solennissima  quella  e  noji  da 
meno  della  singoiar  circostanza  "  cui  per  Senenses  equale  reddi  non 
"  potest ,,,  le  feste  deliberate,^  nel  1895  (luglio  10  —  settembre  28), 
"  occasione  ducalis  dignitatis  nuper  Illustri  principi  et  excelso  do- 
"  mino  nostro  Gomiti  Virtutum  per  summum   Cesarem  concesse  „. 

Ma  soltanto  al  i.°  d'agosto  del  1899  è  risaputo  che  gli  oratori  se- 
nesi risiedenti  a  Pavia  annunziano   "  quali  ter  lUustris  dominus  noster 

•"  dux  etc acceptavit  oblationem    sibi    factam  de  dominio  civitatis 

"  Senarum  „,  e  tale  nuova  è  festeggiata  con  grandi  e  pubbliche  dimo- 
strazioni di  giubilo,  pulsando  campanas  tubas  et  alia  instrumenta  et 
hoc  sero  faciendo  luminariam  in  turribus.  Da  questo  momento  il  Duca 
di  Milano  aggiunge  a'  suoi  titoli  anche  quello  di  Signore  di  Siena  (2), 


(i)  Nel  1898,  ai  IO  di  giugno,  il  Concistoro  fa  fare  la  stima  "  trium 
"  bisciarum  pictarum  ex  parte  Comunis  Senarum  „,  e  ai  7  di  settem- 
bre paga  20  fiorini  d'oro  a  tre  pittori  "  prò  ipsoruin  labore  et  manu- 
"factura....  prò  pictura  armorum  domini  Comitis  Virtutum  que  pin- 
"  serunt  ad  ianuam  Camolliensem  „. 

(2)  Il  GiuLiNi,  op.  cit.,  voi.  V,  pagg.  778-774  riferiva  sulla  sola  au- 
torità del  Sozomeno,  e  quasi  dubitando,  che  i  Senesi  dichiararono  loro 
Signore,  fin  dal  1891,  Giangaleazzo,  il  quale  destinò  a  governarli  An- 


ATTI     DIvI-LX    SOl'.M.TA     SH.)I<U   A     I.U.M  l'.A  l<  |)A 


e  j_,]i  ,1  ti  ,|i  ..mNsIi  (,'(. inane  scrinano  d'importanza,  sostituito  come 
viene  ad  essi  la  volontà  ed  il  beneplacito  del  luogotenente  ducale, 
Irdele  interpreto  dei  voleri  del  nuovo  padrone. 

Tutt'  al  più  il  Concistoro  delibererà  circa  le  feste  per  commemo- 
rare la  translazionc  del  dominio  di  Perugia  "  facta  et  data  domino 
"duci  Mediolani  „  (1400,  gennaio  22);  oppure  prenderà  atto  dei  savi 
consigli  espressi  dal  signore  di  Milano  perchè  alle  gabelle  del  Co- 
mune si  assicurino  maggiori  introiti  col  metterle  in  vendita,  quale  e 
uso  in  Pisa  e  nelle  città  lombarde,  e  non  con  T  esercirle  d'ufficio 
(1401,  maggio  4-26);  o  iniìne  si  prenderà  cura  a  che  con  pubbliche  al- 
legrezze il  popolo  partecipi  all'alta  soddisfazione  ducale  per  i  recenti 
successi  "  contra  hostiles  gentes  lige  „  ;  la  qual  deliberazione,  dell' 8 
luglio  1402,  riflette  certamente  la  vittoria  ottenuta  dalle  armi  viscontee 
a  Casalecchio  il  26  di  giugno  e  la  presa  di  Bologna  che  seguì  subito 
dopo,  giacché  il  Duca  s'  affrettava  a  spargere  per  tutti  i  suoi  stati  la 
novella  dei  fausti  avvenimenti  con  due  lettere  circolari  date  da  Pa- 
via il  27  di  giugno  ed  il  2  luglio  (i). 

Il  lutto  della  morte  di  Giangaleazzo  fu  condegnamente  solenniz- 
zato dalla  città  di  Siena,  e  per  più  tempo,  a  tenore  di  un  provvedi- 
mento concistoriale  del  29  settembre  1402,  i  Priori,  il  Capitano  del 
Popolo,  il  notaio  del  Concistoro  ed,  insieme  con  essi,  i  loro  "  fami- 
"  liarii  superiores  „,  vestirono  le  gramaglie  a  spese  del  Comune;  ciò 
che  per  altro  non  impedirà  al  Comune  stesso,  due  anni  dopo,  di  ri- 
compensare con  esenzioni  censuarie  e  notevoli  privilegi  la  città  di 
Massa  per  1'  eroismo  e  le  fatiche  durale  nello  scacciare  dalla  propria 
rocca  le  soldatesche  del  duca  di  Milano  (2)  ;  dopo  d'aver  firmato,  d'al- 
tro canto,  fra  i  patti  di  una  nuova  lega  con  Firenze,  anche  quello  di 
espellere  pubblicamente  dalla  città  e  dal  territorio  il  luogotenente  con 
tutti  gli  ufficiali  del  duca  e  della  duchessa  di  Milano,  e  di  cancellare 
al  più  presto  tutte  le  armi,  le  insegne,  le  pitture  e  le  sculture  che 
ancora  attestassero  il  dominio  visconteo  (3). 


dreasio  Cavalcabò  in  qualità  di  senatore,  ma  s'afìrettava  ad  avvertire 
che  egli  non  trovava  "  che  Giovan  Galeazzo  assumesse  il  titolo  di  Si- 
*'  gnore  di  Siena,  se  non  nell'  anno  1899  „ . 
(i)  GiuLiNi,  op.  cit,  voi.  VI,  pagg.  47-48. 

(2)  Arch.  di  Stato  in  Siena,  Riformagioni,  Città  di  Massa,  1404, 
aprile  18. 

(3)  L'atto  di  questa  pace,  rogata  in  Firenze  da  Vivianus  Nerii  il 
6  aprile  del  1404,  ind.  XII,  si  trova  nell'  Arch.  di  Stato  in  Firenze, 
Capitoli  del  Comune,  voi.  XI,  fol.  238  a. 


ATTI  DELLA  SOCIETÀ  STORICA  LOMBARDA  2ÒD 


Tali  furono  i  risultati  offerti  dall'Archivio  senese  nei  i3  giorni, 
che  credetti  necessario  di  dedicarv'  dal  22  agosto  al  5  settembre.  Li 
rappresentano  ora  265  schede  che  mi  pregio  di  sottoporre  al  compe- 
tente giudizio  di  codesta  oiior.  Commissione.  La  quale  vuol  essere 
avvertita  che  una  sola  serie  resterebbe  pertanto  da  esplorare  in  quel- 
l'Archivio: quella  cioè,  del  Carteggio,  pur  essa,  a  somiglianza  delle 
altre  esaminate,  doviziosa  e  notevole,  e  tale;  come  fanno  sempre  sup- 
porre documenti  di  simil  genere;  da  procacciare  risultati  nuovi  ed 
importanti  (1).  AH' infuori  anche  della  mancanza  del  tempo  a  ciò  ne- 
cessario, mi  distolse  dall' esaminare  la  raccolta  del  Carteggio  la  circo- 
stanza, pur  da  tener  presente,  che  nei  giorni  della  mia  permanenza 
a  Siena,  si  attendeva  appunto,  ad  opera  di  quei  solerti  impiegati,  al- 
l'ordinamento della  voluminosa  serie,  così  da  facilitarne  agli  studiosi 
la  non  lieve  fatica  dello  spoglio. 

Le  lettere,  quasi  tutte  originali,  e  per  lo  più  in  ottimo  stato  di 
conservazione,  vengono  ordinate  cronologicamente  e  intercalate  tra 
foglio  e  foglio  di  appositi  volumi  a  foggia  di  custodia.  Ogni  volume 
vien  pure  provvisto  di  uno  schema  di  indice  alfabetico  allo  scopo  di 
favorire  la  ricerca  dei  nomi. 

Dal  1279  al  1408  i  volumi  del  Carteggio,  contenenti  in  media  cen- 
toventi lettere  per  ciascuno,  raggiungono  la  bella  cifra  di  84;  ma  coi 
primi  quattro  si  perviene  già  al  i368;  onde,  col  solo  soccorso  di  un 
indice,  sono  più  migliaia  di  lettere  che  vogliono  essere  attentamente 
spogliate  affinchè  la  ricerca  nell'Archivio  di  Siena  possa  dirsi  in  ogni 
sua  parte  compiuta.  Tale  lavoro,  però,  in  considerazione  della  rara 
importanza  della  serie,  è  assolutamente  necessario. 

(1)  A  proposito  ancora  delle  Riformagioni  senesi  (Ardi.  Diploma- 
tico) mi  si  permetta  di  ricordare,  perchè  di  interesse  tutto  lombardo, 
un  quinterno,  posto  sotto  il  i3i2,  nel  quale  sono  copiati  gli  instru- 
menti della  lega  contratta  fra  Ghiberto  da  Correggio  e  gli  altri  nobili 
della  città  di  Parma  e  Reggio  da  una  parte  e  i  sindaci  di  Bologna, 
Firenze,  Lucca,  Siena,  il  procuratore  di  messer  Guido  della  Torre  e 
de'  suoi  seguaci  e  i  fuorusciti  guelfi  di  Cremona  e  di  Modena,  dal- 
l' altra.  Vi  sono  le  procure  dei  confederati  a  stipulare  la  lega,  1'  atto 
della  medesima  e  gli  stipendi  fìssati  per  Ghiberto  da  Correggio.  La 
copia  è  di  mano  di  Giovanni  di  Gherardino  Ferfolini. 


Amos  Mantegazza,  gerente-responsabile. 


Milano,  ti/>.  Pietro  Faverio  di  Confalonieri  Pietro,  vìa  Gozzndini,  -f^'4g. 


ARDENGO  FOLPERTl 

MAESTRO  DELLI-  ENTRATE  DI  E.  M.  \ISCONTI 


STIDII    E    RICERCHE    DI    STORIA    PAVESE 


DI  Ardengo  Folperti,  l'uomo  che  maggiormente  si  ricorda 
fra  i  discendenti  della  antica  famiglia  pavese,  troviamo 
ripetuto  il  nome  dagli  storici  nostri,  i  quali  lo  magni- 
ficarono a  cagione  specialmente  della  generosità  con  cui  concorse 
alla  erezione  in  Pavia  del  tempio  di  S.  Tommaso. 

La  sua  memoria,  poi,  si  può  dire  in  questi  ultimi  anni  rin- 
verdita dal  fatto  che  una  parte  del  suo  funebre  monumento,  sal- 
vata da  un  trafugamento  all'estero,  e  collocata,  per  ragioni  finan- 
ziarie, sotto  le  splendide  volte  della  Certosa  (i),  attira  gli  sguardi 
del  pubblico  che  va  chiedendosi  di  chi  sia  mai  quella  bella  hgura 
marmorea  e  quale  relazione  abbia  per  avventura  con  quel  tem- 
pio sontuoso. 


(i)  Beltrami  {Certosa  di  Pavia,  voi.  I,  pag.  ii5  seg.),  dice  che  il 
monumento  fu  collocato  nella  navata  trasversale  della  Certosa,  perchè 
"  la  effigie  del  Folperti  colle  particolarità  delF  abbigliamento,  colle 
imprese  e  colla  tecnica  di  esecuzione  costituisce  un  documento  ge- 
nuino, il  solo  che  ci  riporti  all'epoca  viscontea,  mentre  le  meraviglie 
tutte  del  tempio  non  ci  possono  riportare  al  di  là  dell'  epoca  sforze- 
sca,,. A  questa  stregua  si  potrebbe  collocare  nella  Certosa  qualunque 
monumento  dell'epoca  viscontea.  Va  notato  anche  che  il  Beltrami  par- 
tiva dal  falso  supposto  che  Ardengo  fosse  stato  maestro  delle  entrate 
di  Gian  Galeazzo  Visconti,  fondatore  della  Certosa;  il  che  non  è. 

ArJi.   Stor.  Lo,.ib,  —   Anno  XXVll.   —    Fase.  XXVI.  j8 


268  AHiJi.yy.u    t-OLl'UHTl 


Questo  nostro  lavoro  risponde  alla  giusta  curiosità  di  molti: 
ma,  quel  che  è  più,  mira  a  dare  del  personaggio  notizie  più  co- 
piose e  più  esatte  di  quelle  avutesi  finora  e  a  metterne  la  vita  e 
le  azioni  nella  loro  vera   e  storica  luce. 

Certamente  dispiace  il  dover  contraddire  e  far  notare  le  fal- 
sità e  le  incongruenze  in  cui  caddero  tanti  cultori  della  storia 
pavese:  e  più  gravoso  riesce  il  togliere  ad  un  uomo  gran  parte 
di  quell'aureola  da  cui  fu  circondato.  Ma  al  disopra  d'  ogni  ri- 
guardo, debbono  stare  i  diritti  della  verità,  ed  è  dettame  di  co- 
scienza e  di  giustizia  tagliar  la  strada   agli  errori. 

Né  ci  si  rimproveri  di  aver  voluto  palesare  segreti  di  co- 
scienza ;  i  fatti  che  esporremo  non  furono  mai  segreti,  anzi  no- 
torii  e  pubblicissimi;  tant'  è  che  gli  atti  e  i  documenti,  sia  del- 
l' autorità  politica,  sia  della  ecclesiastica,  che  costituiscono  il  fon- 
damento di  questo  lavoro,  furono  affissi  in  pubblico  nei  luoghi 
stabiliti  per  le  proclamazioni  ufficiali,  affinchè  tutti  ne  avessero 
notizia. 

Chi  spinge  lo  sguardo  sull'alto  delle  mura  esteriori  del  Coro 
del  tempio  di  S.  Tommaso  vi  scorge  infissi  parecchi  stemmi  mar- 
morei della  famiglia  Folperti.  Essi  spiccavano  anche  sulle  interne 
pareti  del  tempio,  al  dì  sopra  dell'aitar  maggiore,  presso  il  quale 
stava  un  insigne  mausoleo  ed  una  lunga  iscrizione  laudativa  di 
Ardengo  Folperti.  Aveva  costui  fatto  edificare  a  sue  spese  tutta 
quella  parte  notabile  della  grande  chiesa  e  quegli  stemmi,  quel 
mausoleo  e  quel  diffuso  elogio,  stettero,  almeno  in  parte,  sino  alla 
fine  del  secolo  passato  ad  attestare  tanta  munificenza  ed  a  ricor- 
dare i  meriti  eia  vita  del  nobile  benefattore.  Il  testo  della  epigrafe 
laudativa  di  Ardengo  fu  già  pubblicato  dal  Mezzadri  (i),  poi  dal 
Robolini  (2);  ma  qui  è  necessario    ripeterlo,  perchè  è  il  solo  fra 


(i)  Mezzadri:  //  trionfo  della  religione  —  Storia  della  basilica  dei 
SS.  Gervasio  e  Protasio,  ecc.  Pavia,  Ghidini,  1729,  p.  i5. 

(2)  Robolini  :  Notizie  appartenenti  alla  storia  della  sua  patria,  voi.  V, 
parte  I,  p.  i5i. 


MAESTRO      DELLE    ENTRATE    DI    F.    M.    VISCONTI  269 

i  documenti  rimasti  che  valga  a  stabilire  parecchie  date  della  vita 
dell'  uomo,  e  perchè,  come  vedremo,  serve  a  lumeggiarne  il  ca- 
rattere. 

«  Ad  honorem  Excelsi  et  Omnipotentis  Dei,  etc.  Anno  do- 
mini mcccc°v°  spectabilis  et  clarus  miles  dominus  Ardengus  de 
Folpertis,  urbis  Papié  civis  egregius,  natus  olim  generosi  et  no- 
bilis  viri  lohannis  Petri,  fecit  hanc  excellentem  capellam  con- 
strui,  etc,  hunc  nempe  suapte  natura  primis  rerum  bene  geren- 
darum  accensum  studiis,  memoranda  suorum  exempla  predeces- 
sorum  non  mediocriter  acuebant,  etc.  Non  igitur  ambitione  sed 
devotione  sincera,  tamquam  verus  Christicola  dextris  cupiens  au- 
spiciis  venerandum  nomen  suorum  excitare  majorum  et  famam 
propagare.  Miles  fuit  solemniter  procreatus  in  festo  Sancti  Ste- 
phani  prothomartyris  gloriosi,  in  ecclesia  Beati  Quirici  corusci 
militis  et  invicti  (rasura  di  più  che  una  linea)  multis  presentibus 
autenticis  venerabilibusque  personis,  ceu  publica  docent  scripta 
celebrata  per  Francischinum  de  Bellisomis  filium  domini  lacobi,  no- 
tarium  publicum  papiensem.  Hic  etiam  juxtus  ac  pius  miles  di- 
vino tactus  monitu  hinc  secum  anteactam  sancte  recensens  vitam, 
illinc  ad  novissimum  diem  velut  jam  instantem  devotissime  se  se 
referens,  litteras  indulgentie  a  pena  et  culpa,  perpetuo  valituras, 
a  Summo  Pontifice  Innocentio  Septimo,  largas  et  gratiosas,  con- 
trita mente  singulariter  impetravit,  etc.  Prefatus  autem  generosi 
miles  animi  dominus  Ardengus  de  Folpertis  astris  et  celo  Dei  pla- 
cido nutu  faventibus,  natus  est  anno  m^  ccc°  lx°,  xi°  junii,  qui 
moralibus  pollens  virtutibus,  magnanimitate  notus,  singulari  qua- 
dam  humanitate  in  omnes,  pietate  in  egenos,  dilectione  in  pa- 
triam,  summa  in  Deum  et  proxim.um  caritate,  quousque  in  ulti- 
mum  vite  diem,  claruit  super  multos.  Tandem  post  conspicua 
vite  ejus  opera,  de  hac  valle  tenebrarum  ad  eternam  ìucem  per 
eum  qui  miserat  evocatus,  m°  cccc°  {lacuna)  die  (lacuna)  mensis 
(lacuna)  felicem  animam  summo  letus  reddidit  conditori.  Cuius 
fortunate  corporis  reliquie  presenti  sarcophago  non  minus.  devote 
quam  honorifice  sunt  incluse  ». 

Un  altro  monumento    scritto,    riguardante    il   Folperti,  è  la 


270  AUDLNUU    lUI.IMKTI 


pietra  sepolcrale  che  ora  sta  nella  navata  trasversale  della  Cer- 
tosa di  Pavia.  Vi  e  effigiato  Ardengo,  giacente,  senza  barba,  co- 
perto di  lunga  cappa  a  larghe  maniche  ed  alto  colletto;  ha  ber- 
retto in  capo  e,  colle  mani  inguantate  e  incrociate  sul  petto,  tiene 
la  spada.  In  alto,  ai  lati  del  capo,  sono  scolpiti  a  rilievo  due  scudi 
a  pavese;  nel  sinistro  sono  tre  rose  e  tre  gigli  alternati,  nel  de- 
stro un  elmo  col  cimiero  a  testa  d'aquila.  AH' ingiro  della  lastra 
trovasi  la  seguente  iscrizione  in  caratteri  gotici,  che  comincia  dal 

basso  a  sinistra  :  OSTOLI  •  Q  •  DNS  •  ARDINGVS  •  PER- 

VENIT  •  IN  •  LVCEM  •  ANO  •  M  •  GGG  •  LX  •  DIE  •  XI  •  IVNII  • 
ET  •  OBIIT  •  ANNO  (piccola  rasura  e  poi  spazio  in  bianco) 
GVIVS  •  ANIMA  •  REQVIESGAT  •  IN  •  PAGE  •  AMEN. 

La  iscrizione,  come  la  precedente,  indica  soltanto  l'anno  e  il 
giorno  della  nascita  dì  Ardengo:  la  data  della  morte  non  fu  in- 
cisa; e  credo  che  la  piccola  rasura  non  abbia  cancellato  che  la 
indicazione  MGGGG.  E  quindi  evidente  che  Ardengo  si  era  pre- 
parato il  mausoleo  ancor  vivente:  aveva  lasciato  in  bianco  la  data 
della,  morte  perchè  fosse  scolpita  quando  questa  fosse  avvenuta  : 
il  che  nessuno  si  curò  di  fare. 

Passiamo  agli  scrittori  di  storia  pavese:  i  quali,  parrà  strano, 
non  si  curarono  di  illustrare  il  lodatissìmo  Ardengo  sino  ad  un 
tempo  relativamente  recente. 

Infatti  il  Gualla,  nel  i5o5,  pur  avendo  opportunità  di  toc- 
care di  Ardengo  non  ne  dice  motto  (0;  anche  il  Breventano 
non  ha  che  una  parola  generica:  «  La  sagrestia  della  Ghiesa  di 
S.  Thomaso  fu  fatta  fabricare  dalla  molto  nobile  famiglia  de 
Bottigelli  :  et  la  Gapella  grande  dessa  Ghiesa  dall'antica  famiglia 
de  Folperti  (2)  ».  E  lo  Spelta  che  primo  imbocca  la  tromba  epica  : 
«  Nò  forse  senza  ragione  in  questo  luogo  sarei  ripreso,  se  inave- 
dutamente  passassi  con  silentio  la  virtù,  bontà  et  religione  di  Ar- 


(i)  Iac.  Guallae:  Sanctuariiim  Papiae.  Pavia,  Borgofranco,  i5o5, 
nella  Vita  di  S.  Rodobaldo. 

(2)  Stef.  Breventano:  Histor.  della  antichità,  nobiltà  et  delle  cose 
notabili  dellcir  città  di  Pavia.  Pavia,  Bartoli,  1570,  p.  95. 


MAESTRO    DELLE    ENTRATE    DI    F.    M.    VISCONTI 


dengo  Folperti  Mezabarba;  il  quale  di  fama  molto  celebre  nel 
valor  delle  armi  e  nella  bontà  Christiana,  tra  le  altre  cose  si  diede 
à  conoscere  per  ili.  cittadino  pavese  quando  eresse  et  ornò  di  pit- 
ture, vasi  e  paramenti  sacri  la  Cappella  maggiore  di  S.  Thomaso, 
come  chiaramente  dimostra  una  pietra  posta  a  man  diritta  del- 
l'istessa  cappella  o  choro;  ove  egli  fu  l'anno  di  nostra  salute  1400 
con  honore  e  pompa  funebre  solennemente  sepolto  (i)  ». 

Nella  sua  smania  di  adulazione  lo  Spelta,  che  primo  inau- 
gura la  leggenda  del  valor  delle  armi  dì  Ardengo,  non  si  accorse 
di  una  grande  incongruenza  in  cui  cadde.  La  pietra  laudativa, 
che  egli  cita,  narra  che  Ardengo  fece  costrurre  la  cappella  di 
S.  Tommaso  nel  1405  :  lo  Spelta,  senza  por  mente  alla  lacuna 
che  nella  lapide  segue  V  indicazione  della  data  di  morte  del  fon- 
datore, assicura  senz'  altro  eh'  esso  fu  sepolto  nel   1400  (2). 

Nessuno  però  fece  eco  alle  iperboli  dello  Spelta.  Il  mansio- 
nario Gio.  Batt.  De  Gasparis  nel  suo  Diario  (3),  parlando  dì 
S.  Tommaso,  ha  questo  solo  inciso:  «facendo  fabricare  la  Cap- 
pella Maggiore  del  Coro  la  Casa  de  Mezzabarba  e  Folperti  a  loro 
spesa  ». 

Egualmente  moderato  è  il  P.  Romualdo  Ghisoni  il  quale 
scrive:  «Anno  postea  1403  feliciter  assurgente  ecclesiae  aedificio, 
Ardengus  Folpertus,  annuentibus  Fratribus  Conventus,  proprio 
sumptu,  majorem  capellam  cum  odaeo  construxit,  de  quo  habetur 
inibi  inscriptio  (4)  ». 


(i)  Ant.  Mar.  Spelta  :  Histor.  delle  viti  di  tutti  i  Vescovi....  di  Pavia. 
Pavia,  Bartoli,  1597,  P-  279- 

(2)  Dallo  Spelta  furono  ingannati  anche  i  Padri  Domenicani  di 
S.  Tommaso  che  nel  i6i3  fecero  apporre  nel  Coro  della  loro  Chiesa 
la  seguente  epigrafe  :  "  Sacellum  hoc  ab  ilhistribus  Folpertis  erectiim  anno 
domini  m.  ecce,  ab  huius  caenobii  patribiis  instaitratiun  exornatumque  ftiit 
anno  mdcxuj  „. 

(3)  Giov.  Batt.  De  Gasparis  :  Diario.  Ms.  del  Museo  Civico  di  sto- 
ria patria  di  Pavia,  copiato  da  Luigi  Fenini,  p.  48,  verso;  sotto  il  giorno 
21  dicembre. 

(4)  P.  Romual.  Ghisoni  :  Flavia  Papia  Sacra.  Pavia,  1699,  parte  I, 
pagina  82. 


272  ARDENGO    rOLPERTI 


Bernardino  Mezzadri  e  il  primo  che  pubblica  il  testo  dell'epi- 
grafe di  Ardcngo,  però  con  parecchie  mende;  parla  brevemente 
del  Folpcrti  sul  tono  dello  Spelta,  di  cui  ripete  ingenuamente 
anche  il  grosso  errore,  dicendo  il  Folperti  morto  nel   1400  (i). 

Meglio  di  tutti  parlò  del  Folperti  il  chiaro  principe  degli 
storici  pavesi,  il  Robolini.  Egli  riporta  la  lunga  iscrizione  e  la 
esamina  (2);  descrive,  seguendo  un  manoscritto  del  secolo  XVII, 
il  mausoleo  di  Ardengo  (3);  ci  sa  dire  di  lui  che  nel  iSqB  attese 
alla  correzione  degli  Statuta  di  Pavia  (4);  che  nel  1404  era  teso- 
riere generale  e  maestro  delle  entrate  di  Filippo  Maria  Visconti 
che  gli  concedette  in  quell'  anno  di  fortificare  il  suo  castello  di 
Scaldasole  (5);  ci  ricorda  la  costituzione  di  dote  di  Andriola  Ole- 
vano  andata  sposa  nel  1413  ad  Ardengo  (6):  e  finalmente  lo  in- 
dica Podestà  di  Vigevano  nel  1429,  aggiungendo  che  si  ebbe  con- 
iìscato  il  castello  di  Scaldasole  dal  Duca  perchè  «  condannato  nel 
sindicato  (7)».  Ma  in  mezzo  a  tutte  queste  notizie,  il  Robolini 
cade  nello  strano  abbaglio  di  creare  due  Ardenghi  Folperti.  Ed 
ecco  come  :  «  Noi  siamo  all'  oscuro  dell'  anno  in  cui  Ardengo  Fol- 
perti passò  di  questa  valle  di  tenebre  all'  eterna  luce,  perchè  nel 
riferito  epitaffio  dopo  le  cifre  mcccc  vi  è  una  lacuna  ;  né  tanto 
meno  si  può  supporre  che  cessasse  di  vivere  nel  1400,  mentre  tro- 
viamo espresso  nel  medesimo  epitaffio  che  esso  Ardengo  nel  1405 
fece  costrurre  la  narrata  cappella.  Sembrar  quindi  potrebbe  che 
r  anno  di  sua  morte  dovesse  appartenere  al  1409,  in  cui  Bossi, 
Istor.  Pai'.,  insegna  che  fu  nominato  maestro  delle  entrate  Gia- 
como Naxi  in  luogo  di  Ardengo  Folperti».  Io  non  tacerò  che  ve- 


(i)  Mezzadri  :  Storia  della  basilica  dei  SS.  Gervasio  e  Proiasio,  ecc., 
p.  i5  seg. 

(2)  Robolini:   Notizie  stor.    di   Pavia,  voi.  Ili,   p.  363  seg.,  voi.  V, 
parte  I,  p.  i5i  seg. 

(3)  Robolini  :  Ibidem. 

(4)  Robolini:  Loc.  cit.,  voi.  V,  part.  I,  p.  271. 

(5)  Robolini  :  Voi.  V,  part.  I,  p.  366. 

(6)  Robolini:  Voi.  V,  part.  I,  p.  396. 
{7)  Robolini:  Voi.  V,  part.  I,  p.  375. 


MAESTRO    DELLE    ENTRATE    DI    F.    M.    VISCONTI  273 

ramente  in  una  pergamena  da  me  posseduta  dell'  1 1  settembre  141 3 
si  vede  nominato  lo  spettabile  ed  egregio  milite  Ardengo  Folperti 
del  fu  sig.  Gio.  Pietro,  che  accetta  la  costituzione  della  dote  fatta 
alla  di  lui^posa  Andriola  Olevano  figlia  del  fu  nob.  sig.  Gasparo, 
(pergam.  280).  Anche  l'Ardengo  di  cui  parla  l' iscrizione  è  ivi  qua- 
lificato figlio  di  Gio.  Pietro  e  nella  iscrizione  venendo  indicato 
che  il  suddetto  Ardengo  nacque  nel  i36o,  nel  141 3  avrebbe  avuto 
l'età  di  soli  anni  53.  D'altra  parte  abbiamo  dal  Bossi,  Hist.  Par., 
che  nel  1430  «  il  Conte  Duca  tolse  il  castello  di  Scaldasole  ad 
Ardengo  Folperti  Podestà  di  Vigevano  1'  anno  1429  condannato 
nel  sindicato,  qual  castello  fu  poi  restituito  a' suoi  figli  nel  1451 
dal  Conte  Duca  Francesco  Sforza  ».  Dietro  il  fin  qui  esposto  os- 
servando che  neir  epitafìfio  non  viene  fatta  alcuna  menzione  nò 
di  moglie  ne  di  figli  dell'  ivi  lodato  Ardengo,  opinerei  che  diverso 
dal  medesimo  sia  l'Ardengo  che  viveva  nel  141 3  e  nel  1430  e  con 
ciò  parmi  potersi  stabilire  che  il  monumento  sepolcrale  sopra  de- 
scritto sia  un  lavoro  stato  eseguito  non  più  tardi  del   1410(1)». 

Parlò  quindi  del  Folperti  il  comm.  dott.  Carlo  Dell'  Acqua 
in  due  suoi  scritti  (2),  sorvolando  però  sulle  circostanze  della  sua 
vita  e  dicendo  solo  della  fondazione  del  coro  di  S.  Tommaso  e 
degli  ufìiizi  da  lui  occupati  di  uomo  d'armi  e  di  Maestro  delle  en- 
trate di  Giovan  Galeazzo  Visconti.  Notiamo  subito  che  gli  ufifici 
da  Ardengo  sostenuti  furono  tutti  civili,  quantunque  egli  facesse 
molto  caso  della  sua  qualità  onorifica  di  miles.  È  poi  inesatto 
dirlo  Maestro  delle  entrate  di  Giovan  Galeazzo  Visconti,  giacché 
Ardengo  tenne  tale  uffizio  sotto  Filippo  Maria. 

Carlo  Magenta  scrisse  sui  lavori  fatti  eseguire  in  S.  Tom- 
maso dal  Folperti:  di  lui  non  ci  disse  altro  che  nacque  l'  11  giu- 
gno 1340  (errore  di  stampa  per  i36o),  e  che  morì  molto  proba- 
bilmente nel  1408  (3);  senza  accennare  alcun  fondamento  di  questa 
probabilità. 


(1)  RoBOLLM  :  Loc.  cit.,  voi.  V,  part.  I,  p.  154  seg. 

(2)  Ricordi  storici-biografici  pavesi.  Pavia,  Fusi,  1870,  p.  87  —  e  :  // 
Comune  de'  Corpi  Santi  di  Pavia,  ecc.  Pavia,  Fusi,  1877,  p.  96  seg. 

(3)  /  Visconti  e  gli  Sforza  nel  Castello  di  Pavia,  voi.  I,  p.  362. 


ay4 


AUDKNGO    KOLPERTI 


li  cornili.  Giovanni  Vidari,  parlando  per  incidenza  di  Ar- 
dcngo,  scrive  che  «  riparando  ad  un  atto  ingiusto,  il  duca  F'ran- 
cesco  (Sforza)  rese  ad  Ardcngo  Folperti  già  podestà  di  Vigevano, 
il  castello  di  Scaldasole  che  Filippo  Maria,  per  maLsospetto  di 
fellonia,  gli  aveva  tolto  nel  1429  (i)  ».  Pel  Vidari  dunque  Ar- 
dengo  Folperti  era  ancor  in  vita  nel  143 1;  occorre  appena  notare 
che  la  restituzione  era  dallo  Sforza  fatta  ai  figli  di  Ardengo,  e 
vedremo  che  la  colpa  di  costui  presso  Filippo  Maria  era  molto 
diversa  dall' accennata  dì  fellonia. 

Anch'  io  scrissi  del  Folperti  trattando  della  Chiesa  di  S.  Tom- 
maso (2)  ;  ma  non  approfondita  la  questione,  e  attenendomi  a 
quanto  avevano  scritto  il  Robolini,  il  Dell'Acqua  ed  il  Magenta, 
ne  ripetei  le  parole  e  le  inesattezze. 

Ne  parlò  in  seguito  il  nob.  Zanino  Volta  dando  notizia  di 
alcuni  atti  del  notajo  Cristiani  del  1416  e  del  1417,  in  cui  Ar- 
dengo, che  egli  chiama  «  ricchissimo,  benefico  e  pio  personaggio  », 
figura.  Il  Volta,  con  giusto  acume,  riassunti  gli  errori  dei  bio- 
grafi di  Ardengo,  rifiuta  l'ipotesi  del  Robolini  dell'esistenza  dei 
due  personaggi  omonimi,  e  conclude  nulla  ostare  «  che  il  cava- 
liere Ardengo  siasi  ammogliato  a  53  anni,  cioè  dopo  1'  erezione 
del  suo  grandioso  mausoleo;  che  abbia  avuto  parecchi  figli  —  sa- 
rebbero sette  —  e  che  sia  vissuto  settuagenario,  come  doveva  es- 
sere nel   1430  (3)  ». 

Ultimo  a  scrivere  del  Folperti  fa  il  Beltrami,  ma  lo  fece  bre- 
vemente e  quasi  per  incidente  illustrandone  la  pietra  sepolcrale 
ora  alla  Certosa.  Lo  disse  «  nobile  cittadino  pavese,  uomo  d'armi 
e  maestro  delle  entrate  di  Gian  Galeazzo  Visconti,  cui  si  deve  il 
compimento  della  chiesa  di  S.  Tommaso  in  Pavia,  nella  quale  il 
Folperti  venne  sepolto  (4)  ».  Ripeto    che  il  Folperti   non  fu  mai 


(1)  Fratnmeutl  cronistor.  dell'Agro  ticinese,  voi.  II,  p.  io3. 

(2)  La  Chiesa  e  il  Convento  di  S.   Tommaso  in  Pavia.  Pavia,  Arti- 
gianelli, 1895,  p.  3i  seg.  • 

(3)  Volta  :   Un  giuramento    di  fedeltà  a  Beatrice  di  Tenda,  ecc.,  in 
Archivio  Storico  Lombardo,  1895,  II,  p.  820. 

(4)  Beltrami:  Certosa  di  Pavia,  voi.  I,  p.  ii5. 


MAESTRO    DELLE    ENTRATE    DI    F.    M.    VISCONTI  275 

uomo  d'armi,  e  che  ebbe  rapporti  con  Filippo   Maria  e  non  con 
Giovan  Galeazzo  Visconti. 

Del  fin  qui  esposto  il  lettore  può  farsi  facilmente  adeguata 
idea  delle  incertezze  e  delle  lacune  molto  gravi  che  rendono  an- 
cora oscura  la  vita  di  Ardengo  Folperti. 

10  tenterò  sulla  scorta  dei  documenti  di  rompere  questa  oscu- 
rità e  di  far  meglio  conoscere  quell'  uomo. 

Astrìs  et  celo  dey  placido  niitu  faventibiis,  come  Ardengo 
Folperti  faceva  incidere  sul  suo  epitaffio,  egli  nasceva  in  Pavia 
agli  II  di  giugno  del  i36o.  L'indicazione  cronologica  è  sicura 
perchè  ci  è  attestata  dalle  due  epigrafi  che  già  si  sono  riportate. 
Queste  ci  indicano  altresì  nel  nobile  Giovan  Pietro  il  padre  del 
nostro  :  la  sua  madre,  come  trovo  nelle  schede  del  sig.  Carlo  Ma- 
razzi  (i),  era  una  Andriola,  figlia  di  Ardengo  della  Volta  ricco 
cittadino  di  Pavia  (2). 

Dei  primi  anni  di  Ardengo  nulla  sappiamo:  certo  però  dob- 
biamo riportare  alla  sua  infanzia  il  vezzeggiativo  di  Ardenghino, 
con  cui  andò  sempre  distinto,  giacché  nei  documenti  anche  della 
sua  virilità  lo  vedremo  indifferentemente  chiamato  xArdengo,  o 
Ardenghino.  Questo  nome  che,  per  la  prima  volta  fu  apposto  ad 
un  discendente  della  famiglia  Folperti,  diverrà  poi  comune  in 
essa:  ad  Ardengo  nostro  fu  imposto  per  ricordare  il  nome  del 
suo  nonno  materno. 

11  fatto  che  nel  iSgS  il  Folperti  fu  chiamato  dai  concittadini 
a  far  parte  della  commissione  dei  legisti  incaricati  della  nuova 
compilazione,  o  correzione,  degli  Statuti  comunali  pavesi,  può  far 
ritenere  che  Ardengo  abbia  percorso  gli  studii  legali  nella  nostra 
università,  i  quali  del  resto  erano  allora  il  mezzo  più  sicuro  per 


(i)  È  doveroso  l'esprimere  la  mia  riconoscenza  al  sig.  Carlo  Ma- 
rozzi  per  la  generosità  con  cui  ha  messo  a  mia  disposizione  le  sue 
schede,  frutto  di  un  Ventennio  di  ricerche  e  di  studio  sui  documenti 
dei  nostri  archivi i  e  di  quelli  di  Milano. 

(2)  Ardengo  della  Volta  era  notajo.  Di  lui  è  un  atto  fra  le  Perga- 
mate  Comunali  del  Museo  Civico  (n.  114)  dell'anno  1297. 


27Ò  AKl>hNoU    KOLI'LUTl 


i^iungere  agli  ullizii  più  ambiti  ed  ai  più  alti  onori.  In  realtà  però 
non  fece  che  gli  studii  del  notariato,  come  appare  da  un  docu- 
mento del  nostro  Archivio  Notarile.  In  un  volume  in  pergamena 
contenente  l'elenco  dei  notaj  pavesi,  compilato  nel  1439  sulle  ma- 
tricole degli  anni  1284,  i334,  13/4,  rinnovate  tain  propter  coriim 
vetustatem,  qiiam  ctiam  quia  siciit  decet  bene  ordinata  non  sunt, 
Icggesi  che  fu  ascritto  nel  Collegio  dei  Notaj  di  Pavia  «  Arden- 
ghiniis  de  folpertis  filiiis  quondam  lohannis  Petri,  mccclxxxiii 
die  XX  junii  (i)  ».  Due  cose  adunque  di  qui  si  imparano;  che 
cioè  Ardengo,  fatti  gli  studii  del  notariato,  entrò  nel  Collegio 
dei  Notaj  ai  20  giugno  del  i383;  e  che  in  questo  tempo  era  or- 
fano del  padre. 

Non  ho  trovato  documento  che  dimostri  avere  il  Folperti 
realmente  esercitata  l'arte  del  notariato:  credo  che  delle  cogni- 
zioni e  dell'arte  sua  egli  si  sia  valso  unicamente  per  sé.  Per  la 
morte  del  padre,  Ardengo  ancor  giovane  dovette  applicarsi  agli 
affari  :  i  documenti,  che  in  seguito  vedremo,  provano  eh'  egli  fu 
banchiere  fortunatissimo  e  più  che  sagace  :  d'  altronde  i  Folperti 
non  credevano  punto,  come  altri  ed  altri  dei  nobili  d'  allora,  di 
abbassare  o  di  far  sfregio  alla  loro  nobiltà  tenendo  agenzie  di 
cambio  e  di  prestito  e  banche.  Una  pergamena  del  20  novembre 
i33o  attesta  che  la  banca  (iabulam)  dei  Folperti  era  allora  «  5;^- 
tam  in  capite  Rualeche  Mer^arie  et  Atrii  Sancii  Syri  (2)  »,  pro- 
prio nel  cuore  della  Pavia  commerciale. 

Il  primo  cenno  di  Ardengo  Folperti   negli  atti   pubblici  noi 


(i)  Matricida  Notarior.  Pap.,  fol.  Ili,  tergo.  In  Archivio  Notarile 
di  Pavia. 

(2)  Museo  Civ.  di  Stor.  Patr.  Legato  Bonctta  :  Pergamena  n.  3.  In- 
vestitura fatta  da  Bernardino  Bottigella  nei  fratelli  Rolando  e  Giaco- 
mino Fiamberti  del  fu  Oliviero,  di  una  terra  che  i  detti  Fiamberti 
hanno  comperata  da  Agnesina  moglie  del  fu  Roglerio  Folperti,  e  ma- 
dre di  Margarina,  Antonino,  Giovanni  e  Regalina  Folperti.  Fra  i  te- 
stimoni figura  anche  un  Franceschino  Folperti.  ' —  Che  tabtdam  debba 
essere  inteso  per  banca  è  provato  dall'articolo  65  del  De  Regimine  Po- 
testatis  (Pavia,  ediz.  i5o5),  ove  si  dice  che  :  "  omnes  campsoreSf  seit  te- 
neittes....  cambium,  tabulam  seti  banchiim  pectmie  seti  monete  „,  ecc. 


MAESTRO    DELLE    ENTRATE    DI    F.    M.    VISCONTI 


troviamo  in  un  verbale  di  adunanza  del  Consiglio  di  Provvisione 
di  Pavia,  in  data  3o  maggio  i386,  tenuta  per  determinare  a  chi 
spettassero  le  spese  di  riparazione  «  stratarum  Ver:{ai'ii,  Cave  et 
uliarum  ».  Ardengo  figura  tra  i  Sapienti  di  Provvisione,  insieme 
a  Catelano  Cristiani,  il  famoso  notajo  visconteo  (i),  a  Rainu- 
cello  Riscossi,  a  Giacomino  de  Trafileriis,  a  Ciximolo  Taverna, 
a  Martinolo  Vimercati,  a  Giovanni  Preottoni  e  a  Branchello 
Bassi  (2).  Ardengo  è  il  secondo  de' sapienti  e  sussegue  a  Catelano 
Cristiani;  nel  verbale  sono  soppressi  tutti  i  titoli  nobiliari  e  d'o- 
nore, quindi  si  legge  semplicemente  :  Ardenghiis  de  folpertis.  Que- 
sta carica  da  lui  coperta,  a  soli  26  anni,  mostra  la  considerazione 
in  cui  egli  era  già  salito:  giacché  se  in  quei  tempi  moltissimo  va- 
leva la  nobità  dei  natali  al  raggiungimento  dei  pubblici  uffizii, 
era  pur  stragrande  il  numero  di  coloro  che  potevano  aspirare  ad 
essi,  quindi  la  necessità  di  emergere  ;  senza  poi  dire  che  i  dodici 
sapienti  di  Provvisione,  giusta  le  disposizioni  statutarie,  dovevansi 
eleggere  fra  i  cittadini  pavesi  più  a  discreti  et  prudentes  (3)». 

Ma  Ardengo  mirava  ài  preferenza  agli  incarichi  retribuiti, 
come  del  resto  facevano  tutti  i  nobili  d'  allora.  Potè  conseguire 
r  intento  nel  1389,  quando  fu  eletto  ragioniere  del  Comune,  in 
luogo  di  Olivello  de  Furnariis.  La  notizia  è  desunta  dal  Register 
Biilletariim  di  quell'  anno,  ove  ai  fogli  96  e  97  leggesi  :  «  Olivellus 
de    Furnariis    Rationator  Comunis  Papié   prò   eius  salario  ordi- 


(i)  Per  conoscere  T  importanza  del  notajo  Cristiani,  vedi  i  preziosi 
lavori  del  eh.  prof.  Giacinto  Romano  :  La  Cartella  del  notajo  C.  Cri- 
stiani nell'Archivio  di  Pavia,  nelF  "  Arch.  stor.  lomb.  „,  settembre  1889, 
p.  679  seg.  —  e  :  Regesto  degli  atti  notarili  di  C.  Cristiani  dal  ijpi  al 
i3<)9,  fase.  Ili  del  1894  ^  segg.  ;  così  pare  Zanino  Volta  :  Un  giura- 
mento di  fedeltà  a  Beatrice  di  Tenda,  ecc.,  ibidem,  dicembre  1895,  pa- 
gina 285  segg. 

(2)  Statuti,  Decreti  e  Provvisioni  sull*  Ufficio  del  Giudice  delle  strade 
dal  ij66  al  lóyj.  Ms.  del  Museo  Civ.  di  S.  P.,  fol.  i3  recto,  degli  Sta- 
tuti del  Giudice  delle  Strade. 

(3)  Statuta  Papié,  Rubr.  XXVII  de  ellectione  duodecim  sapien- 
tum,  etc.  Gli  Statuti,  nella  redazione  in  cui  oggi  li  abbiamo,  sono  del 
1398;  dipendono  però  nella  parte  sostanziale  da  altri  più  antichi. 


278 


ARDENGO    FOLPERTI 


nario  Hor.  9,12  tcrtiolorum,  et  prò  cius  salario  extraordinario 
tìor.  6,8  tertiol.  Eidem  Olivello  subrogatus  luit  Ardenghinus  de 
tblpertis  (i)  ». 

I  documenti  poi  si  tacciono  di  Ardendo  sino  al  r3gi.  Il  Re- 
gistro delle  Bollette  del  Comune  di  Pavia  per  Tanno  i.^or,  ci 
fornisce  notizia  dell'  attività  negli  affari  del  Folperti,  giacché  tro- 
viamo che  egli  ha  preso,  con  alcuni  socii,  in  appalto  il  dazio  delle 
mercanzìe  per  la  città  e  pel  distretto  pavese.  La  nota  del  Regi- 
stro dice  così:  «  Restaurum  Ardenghino  de  folpertis  et  sociis,  in- 
cantatoribus  et  participibus  datii  Mercadantie  Civitatis  et  distric- 
tus  Papié  (2)  ». 

Nello  stesso  anno  iBpi,  ai  4  di  novembre,  si  ha  una  sentenza 
pronunciata  dal  Podestà  di  Pavia  contro  alcuni  pescatori,  i  quali 
avevano  danneggiato  il  nobile  Antonio  Lucini,  violando  i  suoi 
diritti  di  pesca  riservata.  Tra  i  testimoni  della  sentenza  figura 
il  nostro  «  Ardenghino  de  folpertis  »  senz'  altra  specifìcazione  o 
titolo  (3).  Questo  prova  come  il  Folperti  fosse  in  relazione  coi 
personaggi  della  corte  viscontea  e  si  preparasse  così  il  terreno  a 
raggiungere  quegli  onori,  che  poi  in  restltà  consegui.  Il  nobile 
Antonio  de  Lucino  era  cancelliere  e  secretario  di  Gian  Galeazzo 
Visconti  :  Giovanni  Oliarli  procuratore  del  Lucini,  che  aveva  ot- 
tenuta la  sentenza,  era  il  notajo  che  il  Visconti  onorò  della  sua 
tìducia. 

Gli  affari  del  suo  banco,  i  pubblici  incarichi,  le  alte  aderenze 
in  corte  erano  i  mezzi  che  Ardengo  con  tutto  acume  usava  per 
raggiungere,  insieme  all'aumento  delle  sostanze,  quella  notorietà 
e  quella  gloria  dì  cui  era  avidissimo. 

E  le  occasioni  per  farsi  innanzi  non  gli  mancarono  certo. 
Gian  Galeazzo  Visconti  aveva  deliberato  grandi  riforme  legisla- 
tive; gli  statuti  che  reggevano  le  città  da  lui  dipendenti  dovevano 
essere  rimaneggiati  e  svecchiati:  Pavia  si  mise  all'opera  di  revi- 


(1)  Register  Bulkttar.  ijSc^,  nella  copia  presso  di  me,  p.  SS-Sp. 

(2)  Regist.  Bullettar.  Anni  ijgi,  fol.  167.  Nella  mia  copia,  p.  76. 

(3)  Museo  Civ.  di  S.  P.  Per  gamme  Brambilla,  n.  35. 


MAESTRO    DELLE    ENTRATE    DI    F.    M.    VISCONTI 


sione  delle  sue  leggi  sino  dal  i38i.  Ardengo  non  figura  tra  i  ri- 
formatori statutarii  di  quest'anno:  è  molto  probabile  che  solo 
nel  1391  egli  fosse  stato  chiamato  a  questo  lavoro.  È  infatti  a 
sapere  che,  sebbene  i  nostri  statuti  comunali  siano  del  i39?,  pure 
si  lavorava  alla  loro  riforma  sin  dal  1391:  il  Parodi  ci  ha  con- 
servato due  lettere  che  lo  provano  (i).  Laonde  essendo  certo  che 
Ardengo  partecipò  alla  riforma  statutaria  approvata  da  Gian  Ga- 
leazzo nel  1393,  conviea  credere  che  al  lavoro  il  Folperti  fosse 
chiamato  nel  1391.  Quale  parte  egli  abbia  avuto  in  questa  ri- 
forma non  è  possibile  precisare;  credo  però  che  la  sua  opera  fu 
preziosa  specialmente  per  quanto  riguardava  la  parte  finanziaria 
e  commerciale  della  legislazione  (2).  Comunque,  la  prova  della 
partecipazione  di  Ardengo  a  questo  lavoro,  sta  nel  proemio  degli 
Statuta  Civilia  del  i393,  ove  è  detto  ch'essi  furono  compilati  per 
opera  «  priidentiim  viroriim  dominorum  Giialtrini  de  Zai^iis  i.  11. 
doctoris,  domini  Petri  de  Curte  legum  doctoris^  d,  lacobi  man- 
giaria  legum  doctoris,  d.  Christophori  de  maletis  utriusque  doc- 
toris,  d.  Io.  Francisci  de  Mangano  11.  iuris  periti,  d.  Carnele- 
varii  de  Astulfis  legum  doctoris,  libertini  de  Nigris,  Andrini  de 
la  cadrona,  Chatelani  de  Christianis,  lohannis  de  Oliariis,  Co- 
lumbelli  de  Medicis,  Bonaccursii  de  Sclafenatis,  et  Ardenghim 
DE  FoLPERTis,  omnìum  prefate  civitatis  civium  ejusdemque  auc^o- 
ritate  consilii  diati  operis  revisorum  (3)  ». 


(i)  Iac.  Parodi::  Ada  Studii  Ticinensis,  voi.  A,  anno  iSgi.  Ms.  del 
Rettorato  delF  Univ.  di  Pavia.  Per  quanto  riguarda  gli  statuti  pavesi 
in  generale  vedi  Magenta  :  /  Visconti  e  gii  Sforza,  ecc.,  voi.  I,  p.  260 
in  nota. 

(2)  Forse  Ardengo  fu  chiamato  nella  Commissione  come  rappre- 
sentante del  Comune.  Ma  non  ne  saprei  dare  la  prova. 

(3)  Statuta  de  Regimine  Pretoris  civilia  et  criminalia  civitatis  et  Co- 
miiatus  Papié,  etc,  fol.  C  recto.  Pavia,  Borgofranco,  i5o5.  Alcuni  scrit- 
tori pavesi  attribuiscono  la  riforma  a  Baldo.  Il  Pietragrassa  {Note  niarg. 
della  storia  di  Pavia,  copia  del  Fenini,  p.  20,  verso,  in  Museo  Civ.  S.  P.) 
cerca  di  conciliare  scrivendo  :  "  Nell'anno  stesso  (1893)  i  Pavesi  cor- 
ressero i  loro  statuti  secondo  il  Consiglio  di  Gualterino  Zazio....  Ar- 
denghino  Folperti,  tutti  nobili  uomini  prudenti  et  di  molta  pratica 
nel  foro,  che  con  partecipazione  di  Baldo  Perugino  primario  lettore 
di  quello  studio  et  Monarca  delle  leggi,  il  tutto  fecero  „. 


28o  ARDENGO    FOLPERTI 


Fra  le  pergamene  Bottigella  Jcl  Museo  Civico  di  Storia  Pa- 
tria troviamo  un  documento  che  si  riferisce  ad  atti  compiuti  da 
Ardengo  nel  1396.  Ai  3o  d'agosto  di  quest'anno  a  Ardenfrhinus 
de  Folpertis  filiiis  quondam  lohannis  Petri  »,  avendo  comperato 
da  Luchcto  de  Garbatiis  una  casa  in  Pavia  in  parrocchia  di  San 
Pietro  in  Vincoli,  ne  dà  investitura  perpetua  ad  un  Zanino  Bot- 
tigella, orefice,  figlio  del  fu  Bcrgonzino,  per  1'  annuo  canone  di 
fiorini  venticinque  (.  boni  aiiri  et  justi  ponderis  »  da  pagarsi  in 
due  rate,  alle  calende  di  febbrajo  e  di  agosto  (i).  Nel  documento 
il  Folperti  è  sempre  chiamato  col  diminutivo  Ardenghino,  senza 
accenno  a  titoli  nobiliari:  e  dall'essere  1' atto  stato  celebrato  nel 
palazzo  comunale  «  in  curia  comunis  papié,  videlicet  in  camera 
collega  judicum  civitatis  papié  »  si  può  supporre  che  Ardengo 
tenesse  ancora  l'ufìiicio  di  ragioniere. 

Il  livello  di  cui  è  parola  nell' istromento,  fu  nel  25  luglio 
1398,  con  atto  a  rogito  Gio.  Oliarli,  venduto  dal  Folperti  a  Ni- 
colino  Beccaria  del  fu  Stefano,  il  quale  ai  16  luglio  del  1399  lo 
vendeva  a  sua  volta  ai  fratelli  Luchino  ed  Andriolo  Astolfi  del 
fu  Giovanni  (2). 

Alla  fine  del  1396,  e  precisamente  ai  12  novembre,  Ardengo 
accresceva  i  beni  paterni  di  Scaldasele,  in  territorio  di  Sannaz- 
zaro  di  Lomellina.  Con  istrumento  steso  dal  notajo  Calegari  egli 
comperava  da  Giovanni  Campeggi  fu  Colombo,  alcuni  campi  in 
quel  luogo,  che  per  le  sue  cure  doveva  fra  poco  diventare  uno 
dei  più  ameni  e  sicuri  soggiorni  della  campagna  pavese  (3). 

Un  ricordo  storico  che  riguarda  il  Folperti  nell'  anno  1397 
ci  è  stato  conservato  dal  Bossi,  Istor,  Pav.,  e  pubblicato  dal  Ro- 
bolini  (4).  E  la  lunga  descrizione  delle  feste  e  della  solennità  con 
cui  fu  ricevuto  in  Pavia  nel  3  febbrajo  1397  ^^  duca  Gian  Ga- 
leazzo Visconti,  venuto  a  prendere  possesso  della  Contea.  E  inu- 


(1)  Museo  Civ.  di  S.  P.  —  Pergam.  BoWgella,  n.  64. 

(2)  Museo  Civ.  di  S.  P.  —  Pergam.  Bottigella,  n.  71. 

(3)  Arch.  Notar,  di  Pavia.  Carte  Monastero  di  S.  Salvatore. 

(4)  RoBOLiNi  :  Op.  cit.,  voi.  V,  part.  I,  p.  297  seg. 


MAESTRO    DELLE    ENTRATE    DI    F.    M.    VISCONTI  28 1 

tile  riassumere  il  documento,  che  del  resto  fu  già  anche  compen- 
diato dal  Magenta  (i)  :  dirò  solo,  per  quanto  riguarda  il  nostro 
argomento,  che  Ardenghino  Folperti  figura  fra  i  regolatori  dei 
nobili  personaggi  della  seconda  squadra  che  reggevano  il  baldac- 
chino sotto  cui  incedeva  il  duca  (2).  Ardengo  ha  quale  compagno 
d'ufificio  Nicolino  Beccaria  già  ricordato:  essi  debbono  regolare  e 
dirigere  le  mosse  di  uomini  i  cui  nomi  sono  famosissimi  nella 
storia  pavese  della  fine  del  secolo  XIV,  quali  un  Castellino  Bec- 
caria, un  Conte  Marsilio  Langosco,  un  Gualterino  Zazii,  un 
Giacomo  Mangiarla,  un  Cristoforo  Maleta,  un  Gualterino  de  Ga- 
rifaxiis,  ecc. 

Fra  i  nomi  che  in  questo  documento  sono  ricordati  spicca 
per  noi  quello  di  un  Giovan  Pietro  Folperti,  elencato  fra  i  gio- 
stratori. Di  lui  dovremo  parlare  in  seguito,  e  ne  vedremo  gli 
stretti  rapporti  con  Ardengo.  Questi,  intanto  attendeva  alla  ra- 
gioneria del  Comune.  In  un  mandato  di  pagamento,  conservatoci 
dal  Parodi  (3),  leggiamo  che  «  Ardenghiniis  de  Folperti  rationa- 
tor  Comiinis  Papié  »,  ai  5  di  luglio  iSgy,  per  ordine  di  Giacomino 
Porro  autorizza  il  pagamento  del  salario  ad  Antonio  Cusani  pro- 
fessore di  medicina  nell'Università.  Questo  ufficio,  di  natura  tutta 
finanziaria,  era  più  che  adatto  pel  Folperti  esperto  nella  conta- 
bilità e  nei  maneggi  della  finanza.  Collega  al  Folperti  nella  ra- 
gioneria del  Comune  era  un  Emanuele  Muggetti,  come  si  ha  da 
altri  documenti  presso  il  Parodi. 

Anche  nel  (SqS  il  Folperti  era  ragioniere  del  Comune.  In 
una  lettera  ducale  del  17  giugno  1398,  che  riguarda  l'appalto  del 
Postribolo  di  Pavia  deliberato  ad  Anastasia  di  Venezia  (4),  si  dà 


(i)  Magenta  :  /  Visconti  e  gli  Sforza,  ecc.,  voi.  I,  p.  194  seg. 

(2)  Questo  Baldacchino  (pallium)  era  portato  da  24  nobili  e  dottori, 
vestiti  di  bianco  e  divisi  in  tre  schiere,  ciascuna  delle  quali  aveva  due 
regolatori  "  qui  predictis  portantibus,  in  eorum  mutationibus  et  in  aliis 
opportunitatibus,  ministrabant  „ .  Robolini  :  /oc.  cit.,  p.  298. 

(3)  Jacob.  Parodii  :  Acta  Studii  Ticinens.,  voi.  A,  anno  1897.  Ms.  del- 
l'Archivio del  Rettorato  dell'Università.  Copia  presso  di  me,  p.  35o. 

(4)  Museo  Civ.  di  S.  P.  —   Daziario    in   pergam.   Voi.  C,    fol.  291 


282  AKiJhNOO    ^OLl•l.l<Tl 


incarico  ad  Ardenghino  de  P'olpertis  e  ad  Kmanuelc  de  Mugctis 
«  racionatores  comttnis  nostri  Papié  »  di  stabilire  un  certo  com- 
penso da  pagarsi  dalla  detta  Anastasia  agli  appaltatori  della  ga- 
bella del  vino. 

Dal  i3q8  al  1403  i  documenti  da  noi  consultati  tacciono  di 
Ardengo  Folperti;  lo  vedo  solo  apparire  fuggevolmente  tra  i  te- 
stimoni che  assistono,  agli  1 1  luglio  del  1400,  al  testamento  del 
pavese  Pierino  Bertoni  (i).  Quando,  in  seguito  alla  morte  di  Gian 
Galeazzo,  tutto  lo  stato  visconteo  si  trovò  in  gravissimo  scompi- 
glio per  le  sollevazioni  e  le  rivolte  delle  fazioni,  per  le  ambizioni 
e  le  cupidigie  dei  signori  già  vittime  della  potenza  del  defunto 
duca  e  per  la  debolezza  dei  minorenni  figli  di  lui  (2),  Ardengo 
Folperti  si  tenne  estraneo  ad  ogni  manifestazione,  attendendo  al 
suo  banco  ed  al  suo  ufficio  di  ragioniere. 

Trovo  in  data  del  28  dicembre  1403  una  lettera  del  famoso 
milite  Castellino  Beccaria  del  fu  Fiorello,  diretta  al  Comune,  colla 
quale  provvede  alle  nomine  di  ufficiali  municipali  od  alla  con- 
ferma nei  loro  uffizi.  Tra  i  confermati  è  nominato  anche  «  A?^- 
denghiniis  de  folpertis  (3)  »  :  credo  perciò  che  continuasse  a  tenere 
la  ragioneria  del  Comune,  quantunque  nel  documento  non  sia 
specificato  l'incarico  che  gli  si  conferma:  ad  ogni  modo,  è  certo 
che  nel  1403  Ardengo  era  ancora  addetto  agli  ufficii  municipali. 

Nel  1404  un  onorevole  incarico  fu  dato  ad  Ardengo,  in  vista 
della  sua  competenza  ed  abilità  in  tutto  quanto  riguardava  le 
finanze.  Aggravata  la  cittadinanza  dai  continui  contributi  e  bal- 
zelli, resi  necessari  dalJe  guerre  e  dalle    turbate   condizioni  dello 


recto,  pubblicato  dal  prof.  comm.  P.  Pavesi  :  //  Bordello  di  Pavia  dal 
XIV al  XVII  secolo,  ecc.^  in  Memor.  dell' Istit.  Lombardo,  1897,  ^^^^-  X^/ 
p.  3o8,  docum.  IX. 

(1)  Archiv.  Notarile  di  Pavia.  Rogiti  di  Simoniiio  Parona. 

(2)  Vedi  le  condizioni  di  Pavia  e  di  Milano  in  queste  circostanze 
gravissime,  da  me  descritte  sulla  scorta  di  nuovi  documenti  in  :  Fran- 
cesco Barbavara  diirant:  la  reggenza  di  Caterina  Visconti,  in  Misceli,  di 
storia  ital,  sez.  Ili,  tom.  IV,  p.  269  seg.,  1897. 

(3)  Museo  Civ.  di  S.  P.  —  Lettere  ducali,  Cartella  II,  anno  1408. 


MAESTRO    DELLE    ENTRATE    DI    F.    M.    VISCONTI  283 

Stato,  Pavia  aveva  cercato  un  po' di  sollievo,  presentando  all'ap- 
provazione della  duchessa  reggente  Caterina  Visconti,  alcuni  ca- 
pitoli diretti  a  diminuire  la  crudezza  di  una  taglia,  o  tassa  stra- 
ordinaria, imposta  ai  Pavesi  ed  a  regolare  la  imposizione  del 
balzello  sui  focolari,  rendendolo  più  mite  €  più  equo.  Al  nuovo 
lavoro  di  ripartizione  della  imposta,  alla  stesa  dei  capitoli,  a  so- 
stenerne la  ragionevolezza  innanzi  ai  maestri  generali  delle  entrate 
ed  al  Consiglio  di  reggenza,  si  elesse  il  nostro  Ardengo,  che,  com- 
piuto il  lavoro,  fu  spedito  col  dottor  in  leggi  Cristoforo  Maletta, 
Ambrogio  de  Bozzoli  e  Catelano  Cristiani,  ambasciatore  alla  du- 
chessa (i).  Una  lettera  della  reggente  al  Comune  di  Pavia,  in  data 

(i)  Nel  Parodi  [Acfa  Stitdil  Tic,  voi.  B,  p.  82)  è  la  deliberazione 
della  Provvisione  riguardante  questa  ambascieria  tolta  dai  Registri 
di  Provv.,  1405,  fol.  26.  "  Die  4  martii  1404.  Item  elegerunt  prò  am- 
bassiatoribus  Comunis  Papié  ire  debentibus  Mediolanum  cum  litteris 
credentialibus  dicti  Comunis,  directivis  ili. me  dne  due  nostre  du- 
cisse,  etc,  prò  reductione  talee  et  certis  aliis  fiendis,  egr.  legum  doct. 
d.  Christophorum  de  Ivlaletis,  Ambrosium  de  Bozulis,  Chatelanum  de 
Christiaiiis  et  Ardenghum  de  Folpertis,  quibus  providerunt  de  flore- 
nis  20,  videlicet  5  prò  quolibet  ipsorum  et  de  equis  tribus,  et  quod 
eisdem  fiat  bulleta  dictorum  florenum  20  prò  tribus  diebus  ,..  Il  vedere 
accordati  dal  Comune  tre  cavalli  pel  viaggio  di  quattro  ambasciatori, 
fa  supporre  che  alcuno  di  essi  era  già  a  Milano.  Difatti  una  lettera 
dello  stesso  Ardengo  al  Comune  di  Pavia,  ci  avverte  che  egli  si  tro- 
vava già  a  Milano  per  trattare  privatamente  la  cosa.  La  lettera  non 
reca  l'anno,  ma  è  evidentemente  del  1404:  allude  all'ambascieria  presso 
la  duchessa,  anzi  fa  premura  al  Comune  che  solleciti  l'arrivo  degli  in- 
caricati suoi  a  Milano.  Ecco  il  curioso  documento:  l'unica  lettera  ri- 
mastaci di  Ardengo. 

"  Egregi  viri  et  honorandi  tamquam  fratres.  Miror  valde  quare  huc 
non  accesserint  prò  parte  Comunis  alias  deputati  ad  veniendum,  quo- 
niam  si  venissent,  vel  in  brevi  contingat  ipsos  venire,  ex  hiis  que  per- 
cipere  possum  non  dubito  ipsos  habere  intentum  suum  ab  Illustris- 
sima Domina  Domina  nostra.  Quare  provideatis  quod  statim,  omni 
mora  et  exceptione  rejectis,  huc  celleriter  accedatur:  qu^oniam  omnis 
mora  erit  nobis  valde  nociva  :  et  predicta  vobis  non  scribo  sine  causa 
et  scio  quid  dico.  Et  in  presenti  negocio  non  procedatis  lento  passu, 
quia  accidit  in  poncto  quod  non  contingit  in  bora.  Faciatis  provider! 
noncio,  quem  illuc  transmissi,  ista  solla  de  causa,  de  soldis  sedecim 
imper.  Dat.  Mediolani,  quinto  Marcii. 

Ardenghinus  de  Folopertis. 

Arch.   Star.   Lomb.  —  Anno  XW!',  —  Fase.  XXVI.  19 


2^4  ARDENGO    FOLPERTI 

5  marzo  1404,  accusa  ricevuta  dei  capitoli,  ed  autorizza  il  Ma- 
Ictta  ad  esporre  ai  reggitori  del  Comune  la  sua  risposta  (i).  Una 
lettera  di  Filippo  Maria,  conte  di  Pavia,  del  17  marzo  assicura 
che  i  capitoli  furono  approvati  e  concessi  alla  città  (2). 

Ed  eccoci  ora  alla  parte  più  notevole  della  vita  del  Folperti. 
Per  le  disastrose  vicende  che  stava  attraversando  la  già  potente 
famiglia  ducale,  Filippo  Maria  Visconti  trovavasi  in  grandi  an- 
gustie, circondato  come  era  da  signori  potenti  e  malfidi,  immerso 
in  deplorevoli  strettezze  finanziarie,  sempre  timoroso  che  il  suo 
potere  e  la  sua  Contea  gli  sfuggissero  di  mano.  Il  denaro  del  Fol- 
perti e  la  sua  abilità  potevano  essergli  di  grande  vantaggio  :  Fi- 
lippo Maria  pertanto  stese  la  mano  al  ricco  rationator  del  Co- 
mune. Il  Folperti  seppe  apprezzare  tutti  i  vantaggi  del  momento: 
offerse  la  sua  borsa  e  i  suoi  servigi  al  Conte,  ben  sapendo  che  li 
collocava  ad  un  interesse  molto  rimunerativo.  Dal  palazzo  del 
Comune,  passò  pertanto  nel  castello,  alla  corte  del  Conte.  Il  Pie- 
tragrassa,  sotto  l'anno  1404,  ci  dice  che  il  Folperti  fu  eletto  «  te- 
soriere, ossia  questore  generale  di  tutte  le  entrate  comitali  di  Pavia 
et  della  scuossa  delle  gabelle  et  Dazi  (3)  »  —  in  realtà  però,  Ar- 
dengo  non  fu  tesoriere,  né  questore,  sì  ben  maestro  delle  entrate  (4). 


(i)  Ducissa  Medio!.,  etc.  Dilecti  nostri.  Accepimus  capitula  illius 
nostre  comunitatis,  nobis  per  egr.  et  sapient.  legum  doct.  ac  nobilem 
dilectos  nostros,  d.  Christoph,  de  Maletis  et  Ardenghinum  de  folpertis 
presentata.  Quibus  responsum  exhibuimus,  quemadmodum  ad  vos  pre- 
fatus  d.  Christoph orus  regrediens,  vobis  nostri  parte,  vive  vocis  ora- 
culo  reserabit.  Dat.  Mediolani  die  V  Marcii  mcccciiij.  Theodorus.  — 
Museo  Civ.  di  S.  P.  —  Lettere  ducali,  Cartella  II,  anno  1404. 

(2)  Museo  Civ.  di  S.  P.  —  Lettere  ducali.  Cartella  II,  anno  1404. 

(3)  PiETRAGRASSA  i  Note  marg.  della  storia  di  Pavia,  copia  Fenini, 
p.  21  verso  :  Ms.  Museo  Civ.  di  S.  P. 

(4)  Un  mutilo  documento  che  il  Robolini  pubblica  dalle  schede 
Capsoni,  dice  :  "  1404,  die  6  mensis  lanuarii  ex  impositione  dominorum 

magistrorum  intratarum  prefati  domini Ardenghinus  de  folpertis 

gen.  thes ....  prefati,  etc.  „.  Pare  dal  contesto  che  Ardengo  è  tesoriere 
generale,  ufficio  allatto  distinto  da  quello  di  Maestro  delle  entrate.  Bi- 
sogna credere  che  il  Capsoni  abbia  letto  male  quel  documento.  Ro- 
bolini: op.  cit.,  woì.  V,  part.  I,  p.  366. 


MAESTRO    DELLE    ENTRATE    DI    F.    M.    VISCONTI  20D 

Nell'uffizio,  come  sempre,  Ardengo  aveva  un  collega,  ed  era  quel 
Nicolino  Beccaria  del  fu  Stefano,  di  cui  già  abbiamo  parlato. 

La  prima  testimonianza  officiale  riguardante  il  nuovo  ufficio 
assunto  dal  Folperti  sul  principio  dell'anno  1404,  è  una  lettera 
di  Filippo  Maria,  del  28  aprile,  diretta  al  Podestà  di  Pavia,  colla 
quale  il  Conte  accorda  ad  Ardenghino  V  autorizzazione  di  forti- 
ficare il  luogo  di  Scaldasole.  È  questa  terra  assai  vicina  a  San- 
nazzaro  de'  Burgondi  nella  Lomellina,  e  cominciò  ad  avere  qual- 
che rinomanza  precisamente  ai  tempi  di  Ardengo.  Gli  storici 
lomellinesi  cominciano  le  loro  memorie  su  quel  luogo  appunto 
dalla  fortificazione  che  ne  fece  Ardengo  nel  1404;  notizie  ante- 
riori non  conoscono  (i).  Però  nelle  schede  del  nob.  sig.  Carlo  Ma- 
rozzi  trovo  ricordato  un  istromento  del  22  aprile  i334,  rogato  da 
Pietro  Campeggi,  col  quale  i  nobili  Campeggi  danno  in  investi- 
tura perpetua  a  Rainucino  Folperti  ed  a'  suoi  figli  la  quarta 
parte  per  indiviso  della  torre  e  castello  di  Scaldasole  con  le  an- 
nesse giurisdizioni.  Dal  documento  però  parrebbe  assodato  che  i 
Folperti  possedessero  in  quel  luogo  già  prima  del  i334  (2):  la 
loro  proprietà  andò  di  mano  in  mano  estendendosi  con  nuovi 
acquisti,  sino  a  che  il  castello  stesso  divenne  il  centro  di  un  la- 
tifondo di  più  che  mille  pertiche,  come  trovo  detto  nelle  citate 
schede.  Sia  dunque  che  il  castello  minacciasse  rovina,  sia  che  Ar- 
dengo amasse  di  trovarsi  nella  sua  casa  di  campagna  al  sicuro  da 
ogni  assalto  delle  numerose  bande  di  facinorosi  ehe  in  questi  tur- 
bolentissimi tempi  scorazzavano  per  l'agro  pavese,  chiese  ed  ot- 
tenne dal  Conte  di  Pavia  l'autorizzazione  a  fortificare  quel  luogo. 
Nella  lettera  di  licenza  il  principe  chiama  Ardengo  maestro  delle 
nostre  entrate,  gli  dà  il  titolo  di  nobile,  e  ricorda  le  sue  bene- 
merenze per  cui  non  poteva  rispondere  con  un  rifiuto  alla  sua 
domanda.  Non  lo  dispensa  tuttavia    dal    prestare  la    cauzione  di 

(1)  E....  P....  :  Annuario  storico  statisi.  Lomeìlino  per  l'  anno  iSjj, 
Mortara,  Cortellezzi,  1872,  p.  220.  —  Giovanni  Gazzaniga  :  Storia  di 
Sannazzaro  de'  Burgondi.  Mortara,  Cortellezzi,  1895,  voi.  II,  p.  71. 

(2)  Nella  vendita  fatta  dai  Campeggi,  nel  descrivere  le  coerenze 
dei  beni  venduti  tei  nominano  i  possessi  dei  compratori  Folperti. 


ARDENGO    FOLPEKTl 


mille  fiorini,  che  i  decreti  di  Gian  Galeazzo,  rinnovati  dalla  du- 
chessa reggente,  esigevano  da  chi  volesse  tenere  un  luogo  fortifi- 
cato (i).  Ardengo  fece  riparare  e  fortificare  Scaldasole  in  modo 
splendido:  il  Gazzaniga  difatti  dice  quel  luogo  «  molto  conside- 
revole per....  la  magnificenza  dell'annesso  castello,  tutto  fiancheg- 
giato da  profondi  fossati  e  guernito  di  merli,  come  tuttora  ve- 
desì  (2)  ». 

Per  ritornare  ora  alle  cariche  civili  del  Folperti,  dirò  che  ho 
pur  rinvenuto  un  documento  del  12  maggio  1404  nel  quale  Ar- 
denghiniis  si  firma  come  maestro  delle  entrate  comitali  :  altri  do- 
cumenti simili  sono  pur  quelli  in  data  dei  4,  11,  3i  luglio,  del 
3i  agosto,  del  25  settembre,  del  7  e  del  24  novembre,  del  i3  di- 
cembre dello  stesso  anno  (3).  Non  regge  pertanto,  come  si  è  no- 
tato, l'asserzione  di  coloro  che  fecero  di  Ardengo  un  maestro 
delle  entrate  di  Giovan  Galeazzo  Visconti. 

Raggiunta  così  una  delle  più  alte  cariche,  il  Folperti  tosto 
comprese  che  bisognava  con  atti  di  generosità  e  di  grandezza  im- 
pressionare favorevolmente  l'opinione  pubblica  che  forse,  sottovoce 
o  non,  mormorava  contro  l'antico  banchiere.  Bisognava  rompere 
quell'aria  di  ostilità  e  di  diffidenza  da  cui  Ardengo  si  trovava 
circondato,  mostrando  ai  nobili,  che  il  commerciante  salito  in 
alto  era  nobile  al  par  di  loro,  capace  più  di  loro,  di  atti  princi- 
pescamente munifici  e  generosi:  al  popolo  che  il  duro  banchiere 


(1)  Comes  Papié  ac  dominus  Verone.  Exigentibus  benemeritis  viri 
nobilis  Ardenghitii  de  Folpertis  Magistri  intratarmn  nostrarutn,  eideni 
concessimus  licentiam  fortifìcandi  et  murandi  seu  fortificari  et  murari 
faciendi  et  in  bono  ac  tiito  fortilitio  ponendi  locum  Scaldasolis  Comi- 
tatus  nostri  papié.  Ea  propter  mandamus  tibi  quatenus  ab  ipso  Ar- 
denghino  recipere  debeas  idoneam  satisdationem  de  florenis  mille  prò 
dicto  fortilitio,  juxta  formam,  occaxione  similium ,  alias  percipi  con- 
suetam,  quam  nobis  in  scriptis  ordinate  transmitas  subsequenter.  Dat. 
Papié  die  28  Aprilis  1404.  Johannes. 

A  fergo  : -Egregio  Viro  Potestati  nostre  Papié. 

Museo  Civ.  di  S.  P.  —  Le/fere  duca/i,  Cart.  II,  anno  1404. 
,{2)  Gazzaniga:  Storia  di  Sannazzaro  de' Burgondi,  voi.  II,  p.  71. 

^3)  Museo  Civ.  di  S.  P.  —  Lettere  ducali,  Cart.  II,  anno  1404. 


MAESTRO    DELLE    ENTRATE    DI    F.    M.    VISCONTI  287 

di  un  dì,  aveva  un  cuor  largo  e  caritatevole,  un  sommo  amore 
alla  giustizia.  I  documenti  più  chiari  ci  furono  di  guida  sicura 
in  questo  punto  della  vita  del  Folperti.  Di  uno  di  questi  docu- 
menti, in  data  del  9  novembre  1404,  io  ho  pubblicato  nel  1896  il 
transunto,  conservato  nei  manoscritti  Annali  del  Convento  di 
S.  Tommaso  del  Padre  Rilucenti  (i):  ora  ho  la  fortuna  di  rias- 
sumere il  documento  originale  che  mi  fu  comunicato  dal  già  lo- 
dato sig.  Carlo  Marozzi  (2). 

Poco  dopo  i  vesperi  del  9  novembre,  per  mandato  del  Padre 
Pietro  de  Ardiciis  di  Piacenza,  Priore  dei  domenicani  di  S.  Tom- 
maso di  Pavia,  si  adunano  a  capitolo  tutti  i  religiosi  di  quel  con- 
vento, in  numero  di  17,  e  ad  essi  il  detto  Priore  espone  che  il 
nobil  uomo  Ardengo  de  Folpertis  del  fu  sig.  Gian  Pietro,  i(  prop- 
tcr  maximam  devotionem  quam  habet  ad  beatissimiim  apostolum 
sanctum  Thomam  et  ad  dietimi  ordinem  et  convention  »,  domanda 
l'autorizzazione  a  far  erigere  a  tutte  sue  spese  la  Cappella  Mag- 
giore di  detta  Chiesa  (la  cui  costruzione,  cominciata  nel  i32o(3) 
non  era  ancor  stata  condotta  a  termine).  Alla  domanda  però  erano 
annesse  delle  condizioni,  e  cioè: 

1.  La  Cappella  sarebbe  di  proprietà  dei  Folperti,  e  man- 
cando essi,  dei  Mezzabarba:  e  ciò  in  perpetuo,  in  modo  che  anche 
estinguendosi  le  due  famiglie,  i  religiosi  non  l'avrebbero  potuto 
cedere  od  assegnare  ad  altri. 

2.  Nessuno,  air  infuori  dei  patroni,  potrel)be  essere  sepolto 
nella  medesima. 

3.  Che  il  Folperti  sarebbe  libero  anche  nel  modo  di  dotare 
la  Cappella,  supposto  però  sempre  il  consenso  del  Priore  del  Con- 
vento. 

4.  Che  i  Folperti  avrebbero  potuto  stabilire  in  essa  i  loro 
sepolcri  gentilizii,   e   far   dipingere   dentro  e  fuori  di  essa  il  loro 


(1)  Majocchi  :  La  Chiesa  e  il  Convento  di  S.  Tommaso  in  Pavia,  pa- 
gina 3i  seg. 

(2)  Vedi  copia  dell'  atto  in  Museo  Civ.  di  S.  P. 

(3)  Majocchi:  Op.  cit.,  p.  22  seg. 


288  ARDENGO    FOLPERTI 


Stemma,  che  non  sarebbe  mai  stato  rimosso,  anche  quando  la  loro 
famiglia  fosse  estinta. 

Esposto  questo,  il  Priore  faceva  notare  ai  religiosi  le  stret- 
tezze finanziarie  del  Convento,  per  le  quali  «  ipse  locus  capello 
magne  poterti  remanere  inhedificatus  »  ;  aggiungeva  che  la  esibi- 
zione del.  Folperti  a  lui  sembrava  di  grande  vantaggio  al  Con- 
vento; domandava  che  cosa  pensassero  essi  in  proposito.  «  In  con» 
cardia  et  nomine  discrepante  »,  dichiararono  doversi  far  di  tutto 
«  quod  dieta  assignatio  fiat  et  fieri  debeat  »  e  della  loro  delibe- 
razione fecero  stendere  pubblico  strumento  «  et  hoc  prò  primo 
tractatu  ». 

Il  giorno  seguente,  i  religiosi  ripeterono  l'atto  «  prò  seciindo 
tractatu»  e  il  giorno  ii   «prò  tertio  tractatu  ». 

Nel  giorno  17,  alle  ore  tre,  si  addiviene,  presente  Ardengo 
Folperti,  air  istrumento  definitivo  di  assegnazione  della  detta 
Cappella,  alle  condizioni  sovraesposte  ;  concorrendo  col  suo  con- 
senso e  colla  sua  approvazione  anche  il  Padre  Antonio  Sannaz- 
zari.  Priore  di  Vercelli  e  provinciale  dei  domenicani  di  Lombar- 
dia, il  quale  con  lettera  da  Novara  ai  i3  dello  stesso  novembre, 
approva  la  concessione,  ringraziando  e  congratulandosi  «  cum  ca- 
tholico  nostri  ordinis  singulari  et  intimo  cordialiter  dilectori  no- 
bili domino  Ardengho  de  Folpertis  n. 

Se  stiamo  dunque  all'attestazione  di  questo  documento  e  se 
ci  lasciamo  persuadere  dalla  magniloquente  iscrizione  funeraria 
d'Ardengo,  che  abbiam  recato  in  principio  di  questo  lavoro,  par- 
rebbe che  la  munificenza  del  Folperti  non  avesse  altro  stimolo 
che  la  divozione,  la  pietà,  l'amore  verso  S.  Tommaso  apostolo  e 
verso  i  figli  di  S.  Domenico.  Ma  un  gruppo  di  documenti  degli 
stessi  giorni,  viene  a  portare  una  nota  molto  discordante  e  stonata. 

Lo  stesso  giorno  17  novembre  1404  sulla  sera  {in  Sero)  Ar- 
dengo si  presenta,  nel  palazzo  vescovile,  al  Vescovo  di  Pavia  Fra 
Pietro  Grassi  dell'ordine  degli  Umiliati,  insieme  al  cancelliere  del 
Vescovo  Albertolo  Griffi  e  con  più  di  quattro  testimoni.  Là,  con 
tutta  franchezza  confessa  di  aver  peccato  di  usura,  perchè  «  ab 
olim  (da  molto  tempo)  ipse  exercuit  feneratitiam  artem,  pecunias 


MAESTRO    DELLE    ENTRATE    DI    F.    M.    VISCONTI 


suas  concedendo  mutuo  sub  iisiiris  (ad  interesse)  et  usuras  reci- 
piendo  ».  Però  «  nolens  amplius  in  peccato  ipso  perseverare  »  e, 
pentito,  promette  solennemente  al  Vescovo  «  de  cetero  artem  ip- 
sam  non  exercere,  nec  usuras  petere,  nec  recipere»y  e  di  resti- 
tuire il  mal  tolto  e  riparare  ai  danni  cagionati,  certi  ed  incerti. 
Si  sottomette  pertanto  al  giudizio  del  Vescovo  o  del  suo  Vicario, 
accettando  sin  d'allora  la  loro  sentenza  sommaria,  ed  obbligan- 
dosi a  non  appellare,  ed  a  rimettere  altresì  nelle  mani  del  Ve- 
scovo tutti  i  libri,  i  registri,  le  scritture  e  gli  istrumenti  «  usu- 
r ariani  pravitatem  sapientia  »,  perchè  su  di  essi  possano  stabilire 
i  danni  fatti  e  le  riparazioni  da  farsi.  Costituisce  suo  fidejussore 
Zanino  Fornari  banchiere  pavese,  vincolando  a  pegno  tutti  i  beni 
suoi  e  quelli  de]  fidejussore  che  il  Vescovo  potrà  sequestrare  e 
vendere  per  la  ii  plenam  et  completam  sollutionem  et  satisfactio- 
nem  oiJinium  predictorum  » .  Finalmente  prega  il  Vescovo  a  far 
eseguire  una  pubblica  grida  perchè  i  danneggiati  possano  produrre 
le  loro  ragioni  ed  ottenere  la  dovuta  riparazione.  Il  Vescovo  di- 
chiara di  accettare  il  mandato  conferitogli,  «  ipsiusque  Ardenghini 
pium  propositum  commendavit  et  commendat  ».  Di  tutto  ciò  si  fa 
stendere  dal  cancelliere  Albertolo  Griffi  pubblico  istromento,  alla 
presenza  di  Antonio  de  Zeno  dottore  in  diritto,  canonico  della 
cattedrale  e  vicario  vescovile,  di  Fra  Ottobono  da  Quargnento 
capellano  vescovile,  di  Domenico  Mezzabarba  fu  Giovanni^  di 
Bernabò  Bonora  fu  Giovanni  e  di  molti  altri. 

Compiuto  quest'  atto,  il  Vescovo,  sempre  presenti  i  suddetti 
testimoni,  con  speciale  strumento  impose  a  Giovanni  Guarneri, 
pubblico  trombetta  e  precone  di  far  la  grida  sulla  piazza  del  Re- 
gisole  e  in  tutti  gli  altri  luoghi  consueti  della  città  ;  affiggendo 
poi  una  copia  scritta  della  sua  grida  al  pilastro  della  Curia  Ve- 
scovile, al  pilastro  del  Regisole  e  in  tutti  gli  altri  luoghi,  anche 
dei  suburbii,  ove  sogliono  farsi  le  affissioni.  Gli  si  fa  obbligo  poi 
di  dar  relazione  sull'esecuzione  del  ricevuto  mandato.  Diamo  la 
versione  letterale  del  tenore  della  grida  : 

«  Sia  noto  a  tutti  ed  a  ciascuno  che  il  nobile  ed  egregio  uomo 
Ardenghino  de  Folpertis  comparve  dinanzi   al   Reverendo  Padre 


•2f)0  AHUENGO    FOLl»EHTI 


in  Cristo  e  Signore  Fra  Pietro  per  la  grazia  di  Dio  e  della  Sede 
Apostolica  Vescovo  di  Pavia  e  Conte,  ed  a  lui  disse  ed  espose  di 
essere  pronto  e  preparato  a  rendere  e  integralmente  restituire  le 
usure  ed  i  furti  da  lui  commessi,  a  tutti  coloro  che  lo  avranno 
domandato  ed  a  cui  si  dovesse,  secondo  il  giudizio,  la  tassazione 
e  l'arbitrio  dello  stesso  monsignor  Vescovo  o  del  suo  Vicario,  som- 
mariamente e  senza  strepito  né  figura  di  giudizio.  Per  ciò  da  parte 
e  per  comando  dello  stesso  mons.  Vescovo  si  avvisano,  si  citano 
e  si  domandano  tutti  e  singoli,  di  qualunque  stato,  grado,  ordine 
o  condizione  siano,  volenti  ripetere  dallo  stesso  Ardenghino  le 
usure  ed  i  furti,  perchè,  entro  due  mesi  prossimi  futuri,  debbano 
far  la  loro  domanda  innanzi  al  Vescovo  o  al  suo  Vicario  e  pre- 
sentare in  iscritto,  o  anche  a  vece,  la  loro  istanza.  Sopra  di  questa 
mons.  Vescovo  o  il  suo  Vicario  renderanno  giustizia  a  ciascun 
chiedente,  sommariamente  e  rejetta  ogni  cavillazione,  e  sarà  a 
ciascuno  fatto  pieno  ed  integro  pagamento  alla  banca  di  Zanino 
Fornari  banchiere  pubblico  di  Pavia,  presso  del  quale  lo  stesso 
Ardenghino  fece  deposito  della  somma  sufficiente  per  pagare  tutti 
i  richiedenti  e  doventi  avere  secondo  verrà  tassato  dal  prefato 
mons.  Vescovo  o  dal  suo  Vicario.  Altrimenti,  passato  detto  ter- 
mine di  due  mesi,  lo  stesso  mons.  Vescovo  procederà  all'  assolu- 
zione di  Ardenghino  e  allo  svincolo  de'  suoi  beni  come  meglio 
gli  jparrsL  di  procedere,  non  tenendo  conto  alcuno  dei  non  com- 
parsi e  della  loro  assenza  ». 

All'  indomani,  sulla  sera,  il  cancelliere  Griffi  con  atto  pub- 
blico registra  la  relazione  fatta  dal  trombetta  sull'esecuzione  della 
grida  (I). 

Della  impressione  prodotta  nella  cittadinanza  pavese  d'allora 
da  questi  atti,  non  dobbiamo  certamente  giudicare  da  quella  che 
avrebbero  prodotto  su  di  noi  nelle  nostre  presenti  circostanze.  Bi- 
sogna pensare  che  allora  di  nobili  usuraj,  ladri,  assassini,  stupra- 
tori non  era  penuria,  erano  rari  soltanto  quelli  che  al  male  cer- 


(i)  Vedi  copia  di  questi  atti  in  Museo  Civ.  di  S.  P. 


MAESTRO    DELLE    ENTRATE    DI    F.    M.    VISCONTI  29I 

cassero  poi  di  riparare.  La  procedura  ecclesiastica,  alla  quale 
Ardengo  volontariamenì:e  si  sottomette  non  era  d'altronde  cosa 
inusitata;  anzi  era  assai  più  frequente  di  quel  che  pensiamo.  Così 
abbiamo  un  documento  del  27  agosto  i'363  che  ci  ricorda  il  pro- 
cesso ecclesiastico,  seguito  nelle  stesse  identiche  circostanze  del 
nostro,  contro  un  Minolo  de  Ferrariis  de  Gradi,  usurajo  di  Mi- 
lano: il  vedere  la  rispondenza  esatta  tra  questo  documento  mila- 
nese e  il  nostro,  fa  pensare  ad  un  formulario  generale  che  si  aveva 
per  tali  casi,  ciò  che  fa  anche  supporre  come  questi  non  fossero 
infrequenti  (i).  Ricordo  anche  un  altro  atto  milanese  del  5  mag- 
gio 1400,  col  quale  un  Arasmolo  del  fu  Franciscolo  de  Coppa  di 
Milano,  promette  solennemente  la  restituzione  delie  usure  del  ge- 
nitore defunto,  iisurariiim  manifestiim,  sino  alla  somma  di  200 
fiorini  (2).  Dobbiamo  anche  per  giudicare  equamente  di  Ardengo 
riportarci  alle  idee  del  suo  tempo  sull'usura,  alle  leggi  che  la  col- 
pivano (3),  alle  condizioni  generali  della  società.  Per  tutto  ciò, 
ritornando  al  caso  nostro,  io  credo  che  non  saranno  mancate  le 
critiche  e  le  punture  acerbe  contro  Ardengo  Folperti,  ma  che,  in 
generale,  non  gli  saranno  nemmeno  mancate  le  attestazioni  della 
più  grande  simpatia.  Giacche  se  è  vero  che  il  popolo  è  giudice 
severo,  è  pur  vero  che  il  pubblico  disprezzo  si  cambia  in  ammi- 
razione calda  e  piena  quando  il  reo,  obbedendo  alle  voci  della 
moralità  e  della  coscienza,  pubblicamente  ripara  al  male  ed  al 
danno  cagionato.  Di  questo  era  sicurissimo  anche  il  Folperti,  il 
quale  confessandosi  reo  d'usura,  asseriva  che  se  è  proprio  degli 
uomini  il  peccare,  è  invece  degli  angeli  la  emenda  e  la  riparazione 
«  attendens  qiiod  humanum  est  peccare,  et  angelicum  emendare  ». 
Questi  fatti  avranno  operato  anche  suU'  animo  di  Filippo 
Maria  Visconti:  il  quale,    grato   ad    Ardengo  degli   ajuti  che  col 


(i)  Cfr.  Motta:  Notai  milanesi  del  trecento,  in  Arch.  Stor.  Lomb., 
dicembre  1895,  p.  871. 

{2)  Motta:  Lue.  cit.,  p.  357. 

(3)  Decreti  per  la  giurisdizione  ecclesiastica  sugli  usuraj  sono  in 
data  18  agosto  1889,  nel  Registr.  Panigarola,  B,  70,  in  Archivio  di  Stato 
di  Milano. 


292 


ARDKNGO    FOLPERTI 


denaro  e  coll'opera  gli  prestava,  deliberò  di  concedergli  pubbliche 
onorificenze,  creandolo  cavaliere,  ossia  ascrivendolo  con  pompose 
cerimonie  alla  milizia  {miles).  Il  lettore  ricorderà  che  nella  lunga 
epigrafe  di  Ardengo  sì  legge:  «  Miies  ftiit  solemniter  procreattis 
in  feste)  Sancii  Stephani  protìwmartiris  gloriosi  in  ecclesia  beati 
Quinci  corusci  militis  et  invicti ... . .  mitltis  presentibus  autenticis 
venerabilibusque  personis  ceti  ptiblica  docent  scripta  celebrata  per 
Frane,  de  bellisomis  filium  d.  lacobi  notar,  pubi. papiensem  ».  Ma 
gli  atti  del  Bellisomi  andarono  perduti  nella  maggior  parte,  e 
quindi  per  quanto  riguarda  questa  circostanza  dobbiamo  proce- 
dere per  induzione.  La  epigrafe  succitata,  è  stata  nel  marmo  ori- 
ginale scalpellata  e  cancellata  dopo  la  parola  invicti  per  uno  spa- 
zio di  più  che  una  linea,  proprio  nel  punto  ove  era  indicato  l'anno 
della  cerimonia  e  il  nome  delle  autorità  e  dei  personaggi  che  la 
celebrarono  o  vi  assistettero.  Il  perchè  di  questa  cancellazione  ve- 
dremo poi.  Però  dal  complesso  delle  circostanze  suesposte,  tutte 
favorevoli  ad  Ardengo,  e  dal  fatto  che  nei  documenti  del  marzo 
1405,  come  vedremo,  gli  si  dà  questo  titolo  di  miles,  siamo  in- 
dotti a  ritenere  che  la  solenne  ascrizione  sua  alla  cavalleria  o  mi- 
lizia avvenne  nella  festa  di  S.  Stefano  del  1404.  Qui  è  anche  da 
notare  l'abbaglio  in  cui  sono  caduti  parecchi  storici  dallo  Spelta 
al  Beltrami,  i  quali  hanno  fatto  di  Ardengo  Folperti  un  uomo 
d'  armi.  Essi  furono  tratti  in  inganno  dall'  appellativo  miles,  il 
quale  anziché  di  professione,  è  puramente  titolo  d'onore  e  di  no- 
biltà, che  si  accordava  a  uomini,  eminenti  anche  per  soli  meriti 
civili,  senza  che  punto  si  fossero  impacciati  di  lancie  e  di  spade. 
Né  deve  recar  meraviglia  il  veder  sulla  pietra  sepolcrale  di  Ar- 
dengo la  sua  effigie  recante  fra  le  mani  uno  spadone.  Era  il  sim- 
bolo della  milizia  a  cui  il  defunto  era  ascritto,  era  il  distintivo 
della  onorificenza  di  cui  era  stato  insignito.  Non  è  qui  il  luogo 
di  trattenersi  sulle  vicende  della  cavalleria,  né  di  dar,  anche  in 
compendio,  la  descrizione  della  solennità  con  cui  si  celebrava  la 
creazione  di  un  milite.  Rimando  il  lettore  voglioso  di  saperne, 
alla  dissertazione  seconda  del  Ferrario  (i).    Piuttosto  aggiungerò 

(1)  Storia  ed  analisi  degli  ant.  romanzi  di  cavalleria,  voi.  I,  p^  187-230.  • 


MAESTRO    DELLE    ENTRATE    DI    F.    M.    VISCONTI  293 

che  la  chiesa  di  San  Quirico,  ove  avvenne  la  creazione  di  Ar- 
dengo  a  cavaliere,  vuoisi  sia  V  attuale  archivio  municipale,  già 
oratorio  di  casa  Mezzabarba  (i).  Di  tale  chiesa  si  citano  memorie 
che  risalgono  alla  fine  del  secolo  XI  :  di  essa  parlò  l'Anonimo 
Ticinese;  e  nel  già  ricordato  documento  del  17  novembre  1404 
tale  chiesa  viene  indicata  come  parrocchia,  precisamente  quella 
sotto  la  quale  era  T  abitazione  del  Folperti  «  Ardenghinus  civis 
papié,  habitator  Porte  Pallacensis,  parochie  Santi  Qiiirici  ». 

Veniamo  all'anno  1405. 

Innanzi  tutto  è  da  notarsi  che  in  quest'anno  Ardengo  con- 
tinua nella  sua  Cctrica  di  maestro  delle  entrate  di  Filippo  Maria  : 
ne  fanno  fede  due  lettere  del  conte  di  Pavia,  controfirmate  da 
Ardengo,  in  data  5  maggio  e  20  giugno  1403  (2).  È  meritevole 
di  nota  che,  mentre  il  Folperti  l'anno  innanzi  firmava  costante- 
mente Ardenghinus  ora  invece  colla  stessa  costanza  si  firma  Ar- 
denghus.  Ciò  distrugge  totalmente  l'opinione  di  coloro  che  per 
trovar  un  appoggio  all'idea  del  Robolini  di  distinguere  i  due  Ar- 
dengo Folperti,  pretesero  che  l'Ardengo  fosse  persona  diversa  dal- 
l'Ardenghino.  Anche  l'esame  degli  altri  documenti  che  abbiamo 
recato  e  che  recheremo,  dimostra  all'evidenza  come  lo  stesso  per- 
sonaggio sia  chiamato  Ardengo  ed  Ardenghino  senza  distinzione. 

È  dell'  8  febbrajo  1405  un  documento  vescovile  riguardante 
la  questione  delle  usure  del  Folperti,  rogato  dal  solito  cancelliere 
di  curia  Albertolo  Grifiì.  Il  documento  incomincia  col  dare  un 
cenno  dei  fatti  passati  tra  il  Vescovo  e  il  Folperti:  ricorda  la  co- 
stui confessione,  le  sue    promesse,    l' accettazione    del    Vescovo  di 


(i)  Capsoni  :  Notizie  risguardanti  la  città  di  Pavia  raccolte  da  un  suo 
cittadino.  Pavia,  Fusi,  1876,  p.  35i.  Appare  anche  dall'iscrizione  già 
esistente  nell'oratorio  e  riportata  dal  Bossi  [Memor.  Novo  antiq.  Ms. 
del  Museo  Civ.  di  S.  P.,  p.  876)  :  "  Oratoriuin  Nob.  Familiae  DD.  Co- 
mitum  Fratr.  de  Mediabarba  noviter  constructum  a  fundameritis,  causa 
deniolitionis  veteris  et  antiquae,  ibi  prope,  ecclesiae,  et  occasione  no- 
vae  aedificationis  Palatii  eiusdem  Nob.  Familiae,  prò  majori  et  ele- 
gantiori  commodo  audiendi  Sacrum  „.  La  nuova  edificazione  è  del  1784. 

(2)  Museo  Civ.  di  S.  P.  —  L'attere  ducali,  Cart.  II,  anno  1405. 


»p4  AnDENGO    KOLPERTI 


occuparsi  della  restituzione  ai  danneggiati,  le  gride  pubbliche  fatte 
.1  tale  scopo,  i  registri  ed  i  libri  da  Ardengo  consegnati  al  Ve- 
scovo per  la  giusta  procedura.  Narra  il  documento  che,  allo  spi- 
rare del  termine  stabilito  dalla  grida,  si  fecero  innanzi  parecchi 
dei  danneggiati,  i  quali  dal  Vicario  Antonio  de  Zeno,  dopo  l'esi- 
bizione dei  documenti,  furono  soddisfatti.  Bisognava  ora  provve- 
dere al  modo  di  compensare  i  danni  fatti  da  Ardengo  a  coloro 
che  non  si  potevano  determinare  (danni  che  i  documenti  chia- 
mano incerta);  e  il  Vescovo,  studiati  i  registri  e  le  operazioni 
bancarie  del  Folperti,  trattato  e  discusso  con  lui  «  qitampluries, 
super  ipsìs  omnibus  et  dependentibus,  emergentibus  et  connexis  ab 
cisdem  »,  finisce  col  proferire  questa  sentenza  :  «  Taxamus,  limit- 
tamus  et  decernimus  male  ablata  incerta^  extorta  per  ipsum  do- 
minum  Ardenghum,  fuisse  et  esse  tria  millia  florenorum  aureo- 
rum,  ipsumque  dominuni  Ardenghum,  in  nostri  presentia  consti- 
tutum,  ad  huiusmodi  tria  millia  Jlorenorum  auri,  in  pios  usus 
convertenda  et  dispensanda,  condempnamus  et  condempnatum  esse 
decernimus  et  declaramus  per  hec  scripta  ».  Aggrava  la  coscienza 
dì  Ardengo  per  l'adempimento  integrale  della  condanna,  lasciando 
a  lui  di  dispensare  la  somma  a  cui  fu  condannato  «  in  pios  usus 
ut  sibi  videbitur  »  ed  ordina  sia  la  sentenza  redatta  in  atto  pub- 
blico, alla  presenza  di  Giacomo  de  Nebiis  prevosto  di  S.  Michele 
maggiore,  dello  spettabile  signor  Nicolino  Beccaria  e  di  Francesco 
Bellisomi,  il  maestro  delle  entrate  e  il  notajo  che  già  conosciamo  (i). 
Una  sola  osservazione.  Gli  studii  del  Brambilla  (2)  provano 
che  il  fiorino  d'oro  a  quei  tempi  corrisponderebbe  a  gr.  3,644  come 
peso  normale.  Oggi  quei  gr.  3,544  d*oro  puro  in  moneta,  pel  rap- 
porto dell'oro  all'argento  da  uno  a  quindici  e  me:{{0,  avrebbero 
il  valore  di  italiane  lire  dodici;  ma  nel  1400  il  detto  rapporto 
non  era  che  di  poco  superiore  a  quello  di  uno  a  dieci,  epperò 
r  indicato  valore  discenderebbe  a  lire  otto.  Le  uxura's  et  male 
ablata  incerta  di  Ardengo  Folperti  risponderebbero  quindi  ad  un 


(i)  Vedi  copia  dell'  atto  in  Museo  Civ.  di  S.  P. 
(2)  Monet:  di  Pavia,  ecc.,  p.  890. 


MAESTRO    DELLE    ENTRATE    DI    F.    M.    VISCONTI  2QD 


capitale  di  quasi  venticinque  mila  lire,  e  dato  il  quadruplo  va- 
lore della  moneta  a  quei  tempi  per  rispetto  alla  nostra,  farebbero 
una  somma  che  oggi  si  stimerebbe  di  quasi  centomila  lire. 

Gli  obblighi  che  Ardengo,  e  per  la  sentenza  del  Vescovo  e 
per  la  costruzione  della  Cappella  Maggiore  dì  S.  Tommaso,  si  era 
assunto  erano  veramente  gravi:  le  sue  finanze  per  quanto  flori- 
dissime ed  abbondanti,  ne  avrebbero  sentito  un  fiero  contraccolpo. 
Ma  non  per  nulla  Ardengo  era  avvedutissimo. 

Obbligato  dalla  sentenza  vescovile  ad  erogare  tremila  fiorini 
d'oro  in  pii  usi,  egli  pensò  di  adoperarli  precisamente  nella  fab- 
brica di  S.  Tommaso:  così  egli  adempiva  all'obbligo  fattogli,  e 
risparmiava  le  spese  della  costruzione.  A  dir  vero,  il  Vescovo  non 
troppo  bene  accolse  1'  espediente  del  Folperti  :  difatti  nell'  istro- 
mento  di  condanna,  8  febbrajo  1405,  era  detto  chiaramente  che 
i  tre  mila  fiorini  sarebbero  stati  dal  Folperti  consegnati  al  Ve- 
scovo come  rappresentante  dei  poveri  di  Cristo  della  città  e  della 
diocesi  di  Pavia,  che  li  avrebbe  dispensati  a  piacimento  suo  (i), 
e  solo  con  riferimento  a  questa  pattuizione  si  doveva  spiegare 
r  inciso  della  sentenza,  già  da  noi  riportato,  che  lasciava  ad  Ar- 
dengo facoltà  di  erogarli  in  pios  iisiis  ut  sibi  videhitur.  Ma  il 
Folperti  si  attaccò  strettamente  a  questo  inciso  della  sentenza, 
che  era  favorevole  al  suo  disegno,  e  agli  11  di  marzo  dello  stesso 
anno  1403  si  addivenne,  nel  palazzo  vescovile,  alla  celebrazione 
di  uno  strumento  che  è  l'ultimo  episodio  di  tutta  questa  faccenda. 
L' istromento  comincia  dalla  narrazione  delle  promesse  e  delle  ob- 
bligazioni assuntesi  dal  Folperti:  dice  delle  gride  pubbliche,  del 
pagamento  fatto  dei  danni  certi,  della  tassazione  dei  danni  in- 
certi in  fiorini  tre  mila  d' oro  da  dispensarsi  in  usi  pii.  Ora,  dice 
r  istromento,  considerando  il  Folperti  che  «  hedifficare  ecclesias 
piiim  est  et  meritorium  »,    con    pubblico    atto    rogato    dal    solito 


(1)  "  Male  ablata....  incerta  restituere,  solvere  et  dare....  nobis  pa- 
terno nomine  pauperuin  Christi  civitatis  et  diocesis  papiensis,  vel  le- 
gitimo  sindico  et  procuratori  pauperum  predictorum,  dispensanda  pau- 
peribus  proiit  nobis  videbitur,,. 


296 


ARDENGO    FOLPERTI 


Franccschino  Bcllisomi,  si  era  obbligato  a  dare  i  tre  mila  fiorini 
«  ad  qite  condcmpnatiis  extiterat  »  per  la  costruzione  della  cap- 
pella maggiore  di  S.  Tommaso.  Si  mostra  detto  atto  di  erogazione 
e  di  obbligazione  al  Vescovo,  che  «  paterno  nomine  pauperum 
Cliristi  »  lo  approva  e  lo  conferma,  e  insieme  dichiara  solenne- 
mente di  assolvere  e  liberare  Ardengo  da  ogni  obbligazione  con- 
tratta e  da  qualsivoglia  debito  e  restituzione.  Quindi  il  Vescovo 
ordina  si  compili  pubblico  strumento  di  assoluzione  e  liberazione 
di  Ardengo,  istrumento  ricevuto  da  Albertolo  Griffi  cancelliere 
di  curia,  alla  presenza  di  Gualterino  de  Zaziis  dottore  in  ambe 
le  leggi,  di  Ottobono  da  Quargnento  cappellano  vescovile,  di  Fran- 
ciscolo  de  Bimio  milanese,  cancelliere  del  Vescovo,  e  di  Francc- 
schino Bellisomi  notajo  di  Pavia  (i). 

In  questa  maniera  Ardengo  si  era  posto  in  regola  colle  esi- 
genze della  coscienza  e  della  moralità.  Ed  è  forse  in  questo  tempo 
che  egli  scrisse  al  Pontefice  Innocenzo  VII  per  ottenere  lettere  di 
assoluzione  e  di  indulgenza,  ricordate  nel!'  iscrizione  funebre  del 
Folperti:  «  Hic  etiam  justus  ac  plus  miles,  divino  tactus  monitii, 
hinc  seenni  ante  aetam  sanate  recensens  viiam,  illinc  ad  novis- 
simum  diem  veliit  jani  instantem  devotissime  se  se  referens,  lit- 
teras  indulgentie  a  pena  et  culpa,  perpetuo  valituras,  a  Siimmo 
Pontifice  Innocentio  septimo,  largas  et  gratiosas  contrita  mente 
singnlariter  impetrava». 

Noi  non  abbiamo  la  pretesa  di  giudicare  tutti  questi  atti  di 
Ardengo:  tuttavia  non  possiamo  tacere  l'impressione  che  proviamo 
considerando  le  apparenze.  Errare  hiimamim  est,  ci  dice  Ardengo, 
e  non  abbiamo  difficoltà  ad  ammettere  :  si  possono  quindi  in  certo 
qual  modo  scusare,  o  meglio  dimenticare,  le  sue  indelicate  specu- 
lazioni: anzi,  vedendo  come  egli  ne  fece  pubblicamente  ammenda 
si  può  partecipare  a  quel  movimento  di  simpatia  con  cui  i  suoi 
contemporanei  accolsero  il  suo  ravvedimento.  Ma  questo  era  sin- 


(i)  Vedi  copia  dell'  atto  in  Museo  Civ.  di  S.  P.  —  È  in  quest'atto 
dell'  II  marzo  1406  che,  per  la  prima  volta,  il  Folperti  è  chiamato  egrc- 
gius  speciabilisqiie  miles. 


MAESTRO    DELLE    ENTRATE    DI    F.    M.    VISCONTI  297 

cero?  Nei  secreti  di  quell'anima  Dio  solo  può  penetrare.  Tenendo 
conto  delle  apparenze,  anche  ammessa  la  religiosità  e  la  coscienza 
dell'uomo,  stanno  sempre  molte  circostanze  che  lasciano  indovi- 
nare come  nelle  sue  azioni  Ardengo  era  guidato  da  una  grande 
ambizione.  Tutta  la  grande  fabbrica  di  S.  Tommaso  è  una  auto- 
apoteosi e  il  tempio  si  traduce  in  una  esposizione  delle  sue  in- 
segne gentilizie,  in  una  galleria  di  scultura  e  pittura  adorna  sol- 
tanto di  ritratti  e  di  statue  del  fondatore,  in  una  collezione  di 
iscrizioni,  forse  da  lui  stesso  dettate,  certamente  da  lui  ispirate, 
corrette  e  rivedute  nelle  quali  si  leggono  le  più  smaccate  lodi  e 
i  panegirici  più  scioccamente  laudativi  di  lui  ancor  vivente  (i). 
Un  uomo  che  veramente  ha  pianto  su'  suoi  trascorsi,  non  opera 
così.  Ardengo  ha  ancora  nelle  orecchie  il  suono  della  sentenza  che 
lo  condanna  alla  restituzione  di  un  ingente  capitale,  e  si  fa  di- 
pingere ai  piedi  di  S.  Domenico  e  della  Croce,  si  fa  scolpire  presso 
la  Vergine,  e  abbracciato  da  un  angelo  che  lo  porta  al  cielo;  fa 
murare  una  lapide  in  cui  si  dice  a  verus  christicola;  jiistus  ac 
piiis  miles  ;  moralibus  pollens  virtutibus,  magnanimitate  notus ; 
singulari  quadam  humanitate  in  omnes,  pìetate  in  egenos,  dilec- 
tione  in  patriam,  stimma  in  Deum  et  proximum  cavitate,  iisque 
in  iiltimum  vite  diem  clariiit  super  multos  ».  Fatta  pur  anche  ra- 
gione dei  tempi  e  delle  idee,  si  può  sempre  domandare  :  E  ciò 
serio  ?  E  sincero  ? 

Consideriamo  ora  quanto  Ardengo  abbia  fatto  nel  tempio  di 
S.  Tommaso.  Le  deplorevoli  condizioni  alle  quali  oggi  quel  tem- 
pio è  ridotto,  non  ci  permettono  di  ammirare  le  splendide  bel- 
lezze dell'  interno  :  tuttavia  ce  ne  danno  una  idea  le  costruzioni 
dell'  esterno  ancora  ben  conservate.  Al  Folperti  si  deve  tutta  la 
parte  posteriore  della    chiesa,    quella    che    ancora  reca  in  grandi 


(i)  Che  la  epigrafe,  oggi  conservata  nel  Museo  Civ.  di  S.  P.,  sia 
stata  posta  ad  onor  di  Ardengo,  ancora  lui  vivente,  è  provato  dal  fatto 
che  mentre  si  hanno  in  essa  tutte  le  notazioni  cronologiche  fino  al 
1406;  sono  in  bianco  quelle  che  si  riferiscono  all'  anno,  al  mese,  al 
giorno  della  sua  morte. 


-i.N  AKDLNCIO    I()I.I'J:RTI 


^ 


tavole  marmoree  le  sue  insegne  gentilizie,  e  che  si  può  ammirare 
Jalla  piazzetta  e  dalla  via  Felice  Cavallotti.  Quanto  all'interno, 
dobbiamo  rimetterci  alle  afférmazioni  dell'iscrizione  sepolcrale  che 
dice  aver  Ardendo  fatta  costrurre  «  liane  excellentem  capellam  et 
totani  his  pietiiris  eminentibiis  exornari,  eonspieuis  insiiper  li- 
bris,  fulgenti  caliee,  splendidis  pavamentis,  fietisqiie  in  perpetiium 
exsolvendis  lociipletavit  (i)».  Più  minute  notizie  però  dobbiamo 
ad  un  anonimo  domenicano  del  secolo  XVII,  che  i  lavori  di  Ar- 
dengo  Folperti  descrisse  così  :  «  Questo  gran  signore  Ardengo  Fol- 
perti  siccome  vivendo  aveva  obbligato  per  cosi  dire  tutti  i  suoi 
pensieri  ed  i  suoi  affetti  a'  figli  del  Patriarca  Domenico,  così  anche 
morendo  volle  in  pegno  di  cordialissimo  amore  depositare  le  sue 
gloriose  ceneri  a'  medemi,  onde  non  solo  si  fé  dipingere  genuflesso 
vestito  d^abito  porporino  nella  finestra  maggiore  del  Coro  avanti 
r  immagine  di  S.  Domenico  et  anche  in  quattro  parti  nella  su- 
blime vòlta  del  Coro  avanti  V  immagine  della  S.  Croce  (2),  ma 
volle  di  più  farsi  innalzare  un  memorabil  sepolcro  sopra  le  sedie 
dei  religiosi  nella  parte  sinistra  del  medemo.  Ivi  si  scopre  l'arca 
nella  quale  sono  scolpite  tre  figure  d'  huomo  similiantissime,  cia- 
scuna delle  quali  impugna  con  l' istessa  mano  un  libro,  e  queste 
simboleggiano  la  SS. ma  Trinità,  indi  sopra  l'arca  si  mira  tra  due 
leoncini  che  scambievolmente  si  vagheggiano  la  statua  marmorea 
del  sig.  Ardengo  benefattore  che  fa  orazione  alla  Beatissima  Ver- 
gine con  il  Bambino  tra  le  braccia,  ombreggiata  da  un  Angelo, 
tutte  figure  marmoree.  Sopra  il  simulacro  della  Vergine  si  vede 
un  mestissimo  Ecee  Homo    di  marmo,  a  cui  vengono  ingegnosa- 


(i)  Anche  questa  affermazione  della  dotazione  della  cappella  con 
fìtti  perpetui  è  prova  che  V  iscrizione  venne  posta  dallo  stesso  Ar- 
dengo, alla  fine  dei  lavori  di  costruzione.  La  cappella  non  venne  mai 
da  lui  dotata  :  solo  nel  testamento  del  1424,  come  vedremo,  le  si  at- 
tribuisce per  unica  dotazione  una  ancona. 

(2)  Sarebbero  quindi  almeno  due  ritratti  di  Ardengo,  l'uno  in  pit- 
tura a  vetri  sulla  grande  finestra,  l' altro  ad  affresco  sulla  vòlta.  Dico 
almeno  giacché  il  senso  materiale  del  racconto  del  frate  pare  indichi 
Ardengo  dipinto  in  4  luoghi  della  volta. 


MAESTRO    DELLE    ENTRATE    DI    Fi    M.    VISCONTI  2qQ 


mente  di  sopra  connesse  le  statue  di  Adamo  ed  Eva  scolpite  in 
due  colonne  parimente  marmoree  fatte  a  figura  di  piramide.  Po- 
scia sopra  di  queste  si  mira  il  simulacro  di  un  Angelo  che  tiene 
fra  le  braccia  1'  anima  di  questo  gran  benefattore  quasi  che  vo- 
glia offerirla  a  Dio  per  l'eternità  beata  (i).  In  più  luoghi  del  Coro 
nella  parte  tanto  interiore  quanto  esteriore  si  mirano  o  dipinte, 
o  scolpite  in  marmo,  di  questa  nobilissima  Casa  le  insegne,  con- 
sistenti in  tre  porporine  rose  separate  da  tre  porporini  gigli  tutti 
in  campo  d'oro  (2)  ».  Lo  stesso  religioso  continua  dando  la  ver- 
sione della  lunga  iscrizione  funeraria  d'Ardengo)  dicendo  che  era 
collocata  nel  mezzo  del  Coro.  Non  fa  parola  però  della  pietra  se- 
polcrale con  un'  altra  effigie  d'Ardengo,  quella  oggi  alla  Certosa. 
Stando  alla  descrizione  del  frate  parrebbe  eh'  essa  non  facesse 
parte  del  mausoleo  :  in  questo  caso,  credo,  avrà  servito  a  rico- 
prire il  loculo  del  pavimento  del  Coro,  in  cui  era  riposto  il  ca- 
davere d'Ardengo,  contrariamente  a  quanto  dice  1'  iscrizione  che 
lo  vuole  racchiuso  nell'  arca  del  mausoleo  (3). 

Il  Robolini  si  propone  la  domanda  se  autore  di  questo  mar- 
moreo mausoleo  sia  Iacopino  da  Tradate,  di  cui  è  opera  la  statua 
di  Martino  V  fatta  erigere  da  Filippo  Maria  nel  Duomo  di  Mi- 
lano. Ma  alla  domanda  1'  illustre  storico  si  dimenticò  di  rispon- 
dere (4).  Rispose  invece  il  prof.  Magenta  dicendo  che  «  potrebbe 
forse  darsi  che,  trattandosi  di  un  grandioso  monumento  ordinato 
da  un  così  ricco  signore  quale  era  il  Folperti,  sia  stato  allogato 
a  Iacopino  da  Tradate,  di  certo  annoverato  fra  i  più  famosi  scul- 
tori di  quel  secolo  (5)  »  ;  ma  la  cosa  è  molto  incerta  ed  anche  il 
Magenta  ammette  che  è  arduo  il  designare  lo  scultore  dell'opera. 


(i)  Sarebbero  quindi  altri  due  ritratti  in  scultura  di  Ardengo. 

(2)  Robolini  :  Op.  cit.,  voi.  V,  part.  I,  p.  i5i  seg.  —  Maiocchi  :  La 
Chiesa  e  il  Conv.  di  S.   Tomm.,  p.  40  seg. 

(3)  Comunque  sia,  è  un  terzo  ritratto  marmoreo  del  Folperti.  In 
tutto  quindi  si  avevano  di  lui,  nella  stessa  cappella,  almeno  cinque  ri- 
tratti, se  non  di  più. 

(4)  Robolini  :  Op.  cit.,  voi.  V,  part.  I,  p.  i55. 

(5)  Magenta  :  /  Visconti  e  gli  Sforza,  ecc.,  voi.  I,  p.  362. 

Arch.  Stor.  Loinb.  —  Anno  \XV1I,   —  l'asc.  XXVI,  20 


m 


AIIDKNGO    KOI.PKUTI 


Dobbiamo  aggiungere  che  di  tutti  i  dipinti,  oggi  più  non  ri 
mane  vestigio:  delle  sculture  sussistono  ancora  alcuni  stemmi  al 
l'esterno  ed  all'interno  del  tempio,  la  pietra  sepolcrale  alla  Cer- 
tosa, qualche  altro  avanzo  nel  giardino  Franchi-Maggi  a  S.  Pietro 
in  Verzolo  presso  Pavia,  e  nel  Museo  Civico  la  lunga  iscrizione 
funeraria.  Il  Robolini  assevera  che  la  dispersione  avvenne  «  ncl- 
r  occasione  che  fu  soppressa  la  detta  chiesa  »,  ma  che  i  pezzi  del 
monumento  si  conservavano  presso  la  nobile  famiglia  Folperti  (i). 
La  pietra  sepolcrale  della  Certosa  e  la  iscrizione  del  Museo  Ci- 
vico, provengono  dalla  villa  Franchi-Maggi  (2). 

I  lavori  per  la  costruzione  della  cappella  in  S.  Tommaso  in- 
cominciati nel  1405,  a  giudizio  del  Magenta  (3),  si  possono  rite- 
nere compiuti  verso  il   1410. 

Frattanto  che  era  di  Ardengo  ? 

Dopo  il  1405  i  documenti  che  lo  riguardano  sono  molto  rari: 
si  ìia  di  tempo  in  tempo  qualche  sprazzo  di  luce,  ma  torna  dìf- 
lìcile  in  tanta  penuria  la  ricostruzione  della  sua  vita.  È  certo  però 
che  nel  1406  Ardengo  ritenne  la  sua  carica  di  maestro  delle  en- 
trate, presso  Filippo  Maria,  e  lo  provano  le  lettere  di  questi,  con- 
trofirmate da  Ardengo  in  quella  qualità,  dei  giorni  i3  e  21  gen- 
najo,  i3  febbrajo,  29  giugno  e  14  ottobre  (4).  Rimane  nell'ufficio 
per  tutto  l'anno  1407,  come  appare  dalle  lettere  comitali  in  data 
del  18  aprile,  del  i3  maggio,  del  22  giugno  e  del  17  dicembre  (5). 
Sembra  invece  che  abbandonasse  la  carica  verso  la  metà  dell'anno 
1408;  giacché  mentre  nelle  lettere  11  aprile  e  2  maggio  Ardengo 
appare  ancora  maestro  delle  entrate,  in  quelle  del  3o  agosto  tro- 
viamo al  suo  posto  firmato  un  lacopiis  (6).  Questi  è  il  Giacomo 
de  Naxiis,  che  il  Robolini  dice  eletto  a  quell'  ufficio  nel  1409,  e 
gli  dà  motivo  di  credere  che  Ardengo  morisse  in  quell'anno  (7). 


(i)  Robolini:  Q/>.  cit.,  voi.  V,  part.  I,  p.  i5i. 

(2)  Dell'Acqua  :  //  Com.  dei  Corpi  Santi  di  Pavia,  p.  96. 

(3)  Magenta  :  Op.  cit.,  voi.  l,  p.  362^  nota. 

(4)  Museo  Civ.  di  S.  P.  —  Lettere  ducali,  Cart.  Ili,  anno  1406. 

(5)  Ibidem.  Cart.  Ili,  anno  1407. 

(6)  Ibidem.  Cart.  Ili,  anno  1408. 

(7)  Robolini:  Op.  cit.,  voi.  V,  part.  I,  p.  164. 


i 


MAESTRO    DELLE    ENTRATE    DI    V.    M.    VISCONTI  .^O  I 

Ma  come  non  è  esatto  il  rimandare  la  nomina  del  Naxiis  al 
1409  (i),  così  non  regge  la  supposizione  della  morte  di  Ardengo. 
I  documenti  che  esamineremo  dimostrano  che  Ardengo  visse  an- 
cora a  lungo:  l'aver  cessato  dall'ufficio,  a  nostro  parere,  dipende 
da  circostanze  dolorose  che  colpirono  la  sua  famiglia. 

Di  questa  non  abbiamo  ancora  parlato,  giacché  i  documenti 
non  ce  ne  hanno  porta  occasione,  ora  il  collegamento  dei  fatti  ci 
obbliga  a  dirne  qualche  cosa.  Il  Robolini  vedendo  che  nella  iscri- 
zione sepolcrale  d'Ardengo,  murata  in  S.  Tommaso  poco  dopo  il 
1405,  non  si  fa  menzione  né  di  moglie,  né  di  figli,  arguì  che  al- 
lora Ardengo  fosse  solo;  scrisse  in  seguito  che  questi  prese  moglie 
nel  141 3,  appoggiato  all'  istrumento  dotale  della  sua  sposa  An- 
driola  de  Olevano  (2).  Il  nob.  Zanino  Volta  ammette  il  matri- 
monio del  F'olperti  con  Andriola  nel  141 3,  e  dice  che  Ardengo 
ne  ebbe  sette  hgli  (3).  Ora  tutto  questo  non  è  esatto. 

Il  testamento  del  Folperti  dell'  anno  1424,  del  quale  dovremo 
in  seguito  parlare,  ci  fornisce  notizie  sin  qui  ignorate.  Noi  impa- 
riamo da  quell'atto  che  Ardengo  si  sposò  giovanissimo  :  la  sua 
compagna  era  di  nobile  famiglia  pavese,  si  chiamava  Maddalena 
de  Curte,  e  gli  aveva  portato  in  dote  quattrocento  fiorini  d'oro  (4). 
Da  questo  matrimonio  nacquero  parecchi  figli:  il  primogenito,  a 
ricordo  del  padre  di  Ardengo,   fu   chiamato  Giovan  Pietro^  ed  è 


(i)  Il  Robolini  (v.  part.  I;  p.  869)  pubblicando  gli  appunti  del  Comi, 
pone  giustamente  la  cessazione  dall'  ufficio  di  Ardengo  al  1408.  Leg- 
gesi  :  "  1408.  Maestro  delle  entrate  Giacomo  Naxi  in  luogo  di  Ardengo 
Folperti  „. 

(2)  Robolini  :  Op.  cit.,  voi.  V,  part.  I,  p.  895. 

(3)  Volta  :  Un  giuram.  di  fedeltà,  ecc.^  in  Arch.  Stor.  Lomb.,  1895, 
dicembre,  p.  82  . 

(4)  Questa  circostanza  della  dote  di  Maddalena  Corti  desumo  da 
un  documento  (20  marzo  1480)  del  Museo  Civ.  di  S.  P.,  di  cui  parle- 
remo a  suo  luogo  {Lettere  ducali,  Cart.  IV,  anno  1480).  Del  primo  ma- 
trimonio di  Ardengo  con  Maddalena  Corti,  è  detto  in  un  istromento 
di  transazione  tra  i  figli  di  Ardengo  Folperti  e  Andriola  Olevano  di 
lui  seconda  moglie,  rogato  da  Leonardo  de  Lege,  20  marzo  1444,  in 
Archivio  Notarile  di  Pavia.  (Parte  Antica,  Cassa  100). 


3o2  AHDENGO    FOLPERTf 


quel  Gian  Pietro  Folperti  ricordato  fra  i  giostratori  nell'  ingresso 
Ji  Gian  Galeazzo  Visconti  in  Pavia  nel  1397:  gli  altri  si  chia- 
marono Nicolò  e  Stefano  e  le  due  figlie,  Margarina  e  Maddalena. 
11  fatto  della  rinunzia  di  Ardengo  all'  uffizio  di  maestro  delle  en- 
trate, credo  si  debba  spiegare  colla  morte  della  moglie  e  del  pri- 
mogenito. È  certo  che  nel  141 3  Ardengo  era  vedovo;  ed  è  pure 
notizia  assodata  che  il  primogenito  Gian  Pietro  morì  molto  gio- 
vane. Nel  testamento  già  ricordato,  e  nominato  un  Salimbenc 
Folperti  che  Ardengo  dice  figlio  del  morto  Gian  Pietro,  e  che  nel 
1424,  anno  del  testamento,  era  già  monaco  professo  nel  convento 
dei  Benedettini  di  Padova,  col  nome  di  Padre  Mauro.  Mi  è  riu- 
scito anche  di  trovar  notizia  della  sposa  del  detto  Gian  Pietro  : 
essa  è  la  nob.  Nicolina  Sannazzari,  figlia  di  quel  Facino  il  cui 
nome  ricorre  così  frequente  nei  documenti  di  questo  periodo  (i). 
Nel  Breviario  ai  Giacomazzo  de  Sedaciis  si  ha  un  istromento  di 
divisione  del  1434,  nel  quale  rifacendosi  la  storia  di  certi  possessi 
si  dice:  «  Cum  quondam  spectabilis  milles  d.  Ardenghus  de  Fol- 
pertis...,  dederit  et  tradiderit  domine  Nicholine  de  Sanato  Na:[ari<> 
olim.  jìlie  quondam  domini  F acini ,  et  olim  ipsius  domini  Arden- 
ghi  niirus,  uxori  quondam  lohannis  Petri  de  Folpertis,  olimfilii 
ipsius  quondam  domini  Ardenghi,  etc.  (2)  ».  Considerata  la  pro- 
fessione monastica  già  emessa  nel  1424  dal  figlio  di  Giovan  Pietro 
•si  può   approssimativamente   stabilire    l'anno  del  matrimonio  di 


(1)  Facino  Sannazzari  era  fra  i  portatori  del  baldacchino  nell'  in- 
gresso di  Gian  Galeazzo  in  Pavia  del  1897:  vedi  Robolini:  op.  cit.,  vo- 
lume V,  part.  I,  p.  3oo.  Il  documento  più  importante  che  lo  riguardi 
ci  dà  notizia  dell'  incarico  da  lui  avuto  di  stabilire  una  tregua  tra  Fi- 
lippo Maria  Visconti  e  i  Nobili  e  gli  uomini  di  Cigognola,  Pietra,  Pie- 
tralino,  Castana,  Mornico,  Montesegale  e  Zucarello.  È  una  lettera  del 
14  febbrajo  1406.  Museo  Civ.  di  S.  P.  —  Lettere  ducali,  Cart.  IH,  anno 
1406.  Con  lettera  del  1408,  8  ottobre,  Filippo  Maria  lo  elesse  a  vegliare 
per  la  sicurezza  del  territorio  pavese  presso  1'  Olona  contro  i  ribelli 
di  S.  Angelo  (Lodigiano),  ibidem.  Vedi  di  lui  anche  in  Muratori,  Rer. 
Hai.  Script.,  voi.  XVII,  pag.  674. 

(2)  Abbreviature  del  Notajo  Giacomazzo  de  Sedaciis,  4  genn.  1484. 
Ms.  del  Museo  Civ.  di  S.  P. 


MAESTRO    DELLE    ENTRATE    DI    F.    M.    VISCONTI  3o3 

Gian  Pietro  e  di  conseguenza  anche  quello  delle  prime  nozze  di 
Ardengo. 

La  morte  della  moglie  e  del  primogenito  avranno  certamente 
colpito  nel  cuore  il  Folperti  :  ma  trovandosi  con  quattro  figli, 
colla  nuora  e  col  nipotino  in  tenera  età,  gli  fu  necessario  pen- 
sare ad  altre  nozze.  E  queste  difatti  egli  contrasse  nel  1413,  quando 
già  aveva  raggiunti  i  53  anni,  impalmando  una  nobile  pavese, 
Andriola  figlia  del  fu  Gaspare  de  Olevano.  Di  questo  secondo 
matrimonio  del  Folperti  rimane  prova  l' istrumento  di  costitu- 
zione di  dote  di  Andriola  (i),  fattoci  conoscere  dal  Robolini  che 
lo  aveva  fra  le  sue  pergamene.  Il  riassunto  che  egli  ce  ne  dà  è 
il  seguente:  «  1413.  11  settembre.  Dote  nella  somma  di  fiorini  3oo, 
ad  compiitum  soldorum  triginta  diioriim  imperialium  prò  singido 
floreno,  costituita  ad  Andriola  Olevano  figlia  del  fu  nob.  sig.  Ga- 
spare, sposa  dello  spettabile  ed  egregio  milite  Ardengo  Folperti 
del  fu  sig.  Giovanni  Pietro  (2)  ».  Ho  letto  la  pergamena  origi- 
nale, ora  nella  biblioteca  universitaria  (3),  e  da  essa  risulta  che 
la  nobil  donna  Antonia  de  Olevano  del  fu  Michele,  vedova  di 
Gaspare  Olevano,  insieme  al  proprio  figliuolo  Zanone  promettono 
in  dote  ad  Andriola  loro  rispettiva  figlia  e  sorella,  fiorini  3oo  che 
si  dovranno  consegnare  e  numerare  «  ad  omnimodam  requisitìo- 
nem  »  dello  spettabile  ed  egregio  milite  Ardengo  de  Folpertis  del 
fu  Gian  Pietro,  di  cui  Andriola  è  detta  «  sponsa  et  iixor  futura  ». 
L'istrumento  in  discorso  fu  rogato  dal  notajo  Zanone  de  Strata 
fu  Castellino,  nella  casa  degli  Olevano  in  Pavia  i<  in  porta  per- 
tuxiij  in  parochia  Sancte  Euffomie  »,  alla  presenza  dei  testimoni  : 
Giovanni  de  la  ripa  dottor  in  leggi  figlio  del  fu  sig.  {in  bianco}; 


(1)  Testificano  in  modo  indubitabile  queste  seconde  nozze  di  Ar- 
dengo anche  il  suo  testamento  del  1424,  e  l'atto  di  transazione  già  ri- 
cordato del  20  marzo  1444  rog.  Leonardo  de  Lege,  in  cui  è  detto  frp. 
altro  :  "  snccessiveque  mortua  dieta  domina  Magdalena  (de  Curte)  in  ma- 
trimonio, ipse  dominUs  Ardenghus  in  iixorem  suscepcrit  dominam  Andrio- 
lam  de  Olevano,  etc.  „. 

(2)  Robolini  :  Op.  cit.,  voi.  V,  part.  I,  p.  896. 

(3)  Bibliot.  Univers.  di  Pavia.  —  Pergamene  Comi,  n.  248  e  n.  79. 


3o4  ARDENGO    FOLI» ERTI 


Gualtercllo  Sannazzari  del  fu  Antonio;  Antonio  Sannazzari  detto 
Moretto,  fìllio  dciranzidctto  (ìualterello  ;  Bartolomeo  Isimbardi 
notajo,  del  l'u  Giorgio;  Antonio  de  Olcvano  arciprete  di  S.  Marin 
di  Rovescala  ;  Nicolino  Folperti  del  fu  Giovanni. 

Nuova  prole  e  numerosa  si  ebbe  Ardengo  dalla  Olevano,  quan- 
tunque egli  più  non  fosse  in  giovane  età.  Negli  undici  anni  di 
matrimonio,  quanti  appunto  decorrono  dalla  data  della  costitu- 
zione della  dote,  a  quella  del  testamento  (i  settembre  1424),  nac- 
quero al  P'olpcrti  altri  cinque  figliuoli,  i  di  cui  nomi,  secondo 
l'ordine  con  cui  nel  citato  testamento  sono  rammentati,  sono 
Gaspare  (a  ricordare  il  padre  di  Andriola  Olcvano),  Benedetto, 
Gian  Pietro  (in  memoria  del  primogenito  defunto),  Lorenzo  e 
Giovanni  Paolo.  Dieci  figli  ebbe  pertanto  Ardengo  :  ma  è  da  no- 
tarsi che  questi  appajono  da  documenti  non  posteriori  all'  anno 
1424,  mentre  Ardengo,  come  vedremo,  morì  nel  1430.  Ora,  nel  te- 
stamento del  14-4,  il  Folperti  accenna  ripetutamente  alla  possi- 
bilità che  «  iixor  mea  deinceps  conceperit  et  in  lucem  perduceret 
imam  filiam  seu  plures  Jìlias  »,  oppure  «  alios  filios  masculos.... 
iiniun  rei  pliires  ».  E  che  altri  ne  abbia  in  realtà  avuti  appare 
dal  già  ricordato  istromento  20  marzo  1444  dell'Archivio  Nota- 
rile, ove  tra  i  figli  è  nominato  un  Tristano  e  un  Francesco 
Paolo  (i).  Invece  adunque  dei  sette  figli  che  il  Volta  attribuisce 
ad  Ardengo  (2),  questo  ne  avrebbe  avuto  almeno  undici,  di  cui 
nove  maschi  e  due  femmine.  Diciamo  subito  che  oltre  al  primo- 
genito Gian  Pietro,  premorì  ad  Ardengo  anche  il  primogenito  di 
Andriola,  Gaspare  :  lo  si  desume  dal  citato  istromento  del  1444  (3). 
Le  due  figlie,  Margarina  e  Maddalena,  secondo  il  testamento,  fu- 


(i)  Qucst'  ultimo  forse  si  può  identificare  col  Gio.  Paolo  del  testa- 
mento. Ad  ogni  modo  1' esistenza  di  un  altro  figlio,  Tristano,  è  sicura. 

(2)  Z.  Volta  :  Un  giuram.  di  fedeltà,  ecc.,  in  Arch.  Star.  Lomb., 
1895,  dicembre,  p.  821. 

(3)  ....  deindeque  decesserit  dictus  dns.  Ardenghus  relictis  super- 
fttitibus  et  superviventibus  dictis  dominis  Steffano,  Nicolao,  lohanne, 
Petro,  Laurentio,  Frane,  (o  loh.)  Paulo,  ac  Benedicto  et  Tristano  om- 
nibus eius  fìliis.... 


MAESTRO    DELLE    ENTRATE    I>I    F.    M.    VISCONTI  3o5 

rono  presto  collocate  a  marito:  il  padre,  oltre  le  vesti  ed  i  mo- 
bili, costituì  loro  cinquecento  fiorini  a  titolo  di  dote,  da  pagarsi 
alla  sua  morte,  e  ciò  con  due  strumenti  rogati  1'  uno  da  Giovanni 
Bottigella,  l'altro  da  Simone  Spelta.  Ho  fatto  ricerca  delle  abbre- 
viature di  questi  notaj,  per  poter  conoscere  e  l'anno  degli  avve- 
nuti matrimoni  e  quali  fossero  i  generi  che  il  Folperti  si  era 
scelto;  ma  nei  nostri  archivi  tali  atti  non  si  trovano.  Possiamo 
solamente  presumere  che  tali  matrimoni  avvennero  sul  principio 
del  1400;  il  già  ricordato  atto  di  transazione  del  20  marzo  1444 
però,  ricorda  il  conte  palatino,  dottor  in  leggi  e  milite,  Giorgio 
de  Tortis,  figlio  del  fu  dottor  in  leggi,  milite  e  conte  Torberto, 
quale  «  cognatus  fratriim  de  Folpertis  »,  ma  niente  di  più  preciso. 

Continuando  ora  ad  esporre  cronologicamente  i  documenti 
che  si  riferiscono  al  Folperti,  ricorderemo  per  1'  anno  141 5  una 
questione  per  possesso  di  beni  che  Ardengo  ebbe  a  sostenere  col 
nobile  Giovanni  Beccaria  del  Mezzano.  Essa  fu  terminata  con 
una  sentenza  arbitramentale,  ai  26  agosto,  il  cui  testo  può  leg- 
gersi nel  minutario  del  notajo  Giacomazzo  de  Sedaciis  (i). 

Ai  29  agosto  dello  stesso  anno  il  notajo  ducale  .Giovanni 
Oleari  stendeva  un  atto  di  donazione  fatta  da  Ardengo  a  favore 
di  Andrea  de  Galvaneis,  di  Mantova,  che  allora  era  capitano  della 
Cittadella  di  Pavia.  Trattavasi  di  crediti  e  di  diritti  che  Ardengo 
aveva  verso  un  tal  Francesco  de  Corni  del  ^a  Bertola  (2). 

Per  l'anno  1416,  troviamo  ai  6  di  marzo,  un  atto  rogato  dal 
notajo  Catelano  Cristiani,  in  Milano  nel  Castello  di  Porta  Giovia. 
Il  Folperti  per  i3o  fiorini  d'oro  vende  a  Nicolò  Seratico  del  fu 
dottor  in  legge  Proxello,  castellano  di  quella  rocca  ducale,  il  do- 
minio diretto  di  alcune  terre,  investite  a  Giovanni  de  Camporo- 
tondo  di  Broni,  che  paga  in  affitto  5  fiorini  all'anno.  Tali  terre, 
di  cui  il  Folperti  aveva  dato  la  investitura  al  Camporotondo  solo 
ai  7  febbrajo  di  quest'  anno  con  istromento  rogato  da  Giovanni 
Bottigella,  erano  situate  nel  territorio  di  Campospinoso    nell'Ol- 


(1)  Archivio  Notarile  di  Pavia.  —  Schede  Marozsi. 
(i)  Se  lied;  Mar  02  zi. 


3o6  AUDKNGO    J-OLl'l.UTl 


trcpò,  ci  crono  di  circa  io(>  pertiche,  coli' aggiunta  in  più  di  23. 
pertiche  di  vigna  in  Stradella.  Alla  vendita  assistono  come  testi- 
monii  Agostino  Schiaffinati  del  fu  Uberto,  Alessandrino  da  Cai- 
ciacararia  del  tu  Zanone,  e  Sassolo  da  Monza  fu  Giacomo  (i). 

Ai  14  marzo  dello  stesso  anno  141 6  il  Folperti,  per  38o  fio- 
rini monete  veteris,  ctào.  alla  sua  nuora  Nicolina  Sannazzari,  ve- 
dova di  Gian  Pietro,  alcune  proprietà  e  il  diritto  di  percezione 
di  alcuni  fitti  perpetui  gravanti  su  case  e  terre  da  lui  possedute 
nel  territorio  di  Sannazzaro  (2). 

Questa  cessione  di  beni  fatta  da  Ardengo  alla  nuora  penso 
si  possa  ritenere  una  restituzione  della  dote  da  lei  portata  al  de- 
funto suo  marito  Gian  Pietro.  Ardengo  l'aveva  fino  ad  ora  trat- 
tenuta in  amministrazione,  certo  credendo  dovesse  toccare  un  dì 
a  Salimbcne  nipote  suo  e  figlio  di  Gian  Pietro.  Ma  avendo  Sa- 
limbene  rinunciato  al  mondo  per  chiudersi  a  Padova  nel  convento 
dei  Benedettini,  la  dote  tornava  ancora  di  pien  diritto  alla  madre, 
cui  fu  restituita.  Tanto  è  vero  che  essa,  come  lo  accenna  il  detto 
istromento,  il  dì  dopo  (i5  marzo  141 6),  donava  le  terre  e  gli  af- 
fitti alle  proprie  sorelle  Elena,  Caterina  ed  Isabetta  perchè  si 
costituissero  una  dote  di  cento  fiorini  per  ciascuna  ,  salvo  però 
l'usufrutto  che  lasciava  all'ancor  vivente  Facino  Sannazzari  loro 
padre.  Questo  istromento  pertanto  può  indirettamente  stabilire 
il  tempo  in  cui  Salimbene  Folperti  entrava  nell'  ordine  benedet- 
tino (3). 


(i)  Arch.  della  R.  Univers.  di  Pavia.  —  Protocollo  Rogiti  Catelano 
Cristiani.  Imparai  l'esistenza  di  quest'atto  da  Z.  Volta,  loc.  cit.,  p.  822. 

(2)  GiACOMAzzo  DE  Sedaciis  :  Abbreviature,  anno  1484,  4  genn.,  p.  10. 
Ms.  del  Museo  Civ.  di  S.  P. 

(3)  Di  questo  Salimbene  (in  religione  Padre  Mauro),  dice  il  Fede- 
rici [Bibliot.  di  S.  Giustina  di  Padova.  Padova,  i8i5,  p.  45),  che  entrò 
in  religione  nel  141 1.  Fu  successore  a  Lodovico  Barbo  nell'abbazia,  e 
la  resse  per  cinque  volte  in  vario  tempo.  Fu  sei  volte  Presidente  della 
Congregazione  di  S.  Giustina,  e  terminò  di  vivere  nel  1457.  Uomo  di 
molto  ingegno,  coltivò  le  lettere  e  specialmente  la  poesia  latina,  come 
si  vede  dall'epitaffio  che  scrisse  pel  Barbo.  Ingrandì  il  Monastero  con 
belle  fabbriche  ;  fece  dipingere  dal  Mantegna  il  quadro  di  S.  Lucia,  ecc. 


MAESTRO    DELLE    ENTRATE    DI    F.    M.    VISCONTI  "ÒOJ 

Per  di  più,  se  noi  uniamo  alcune  circostanze  che  risultano 
da  questo  istromento  colle  altre  che  ci  sono  date  dal  testamento 
del  1424,  si  può  stabilire  che  i  latifondi  dei  Folperti  debbono  la 
loro  origine  in  gran  parte  all'  avvedutezza  di  Ardengo  che  li  com- 
però, e  possiam.o  anche  dire  che  il  tempo  in  cui  avvenne  la  mag- 
gior parte  di  queste  compere  è  da  limitarsi  nell'ultimo  decennio 
del  secolo  XIV  e  nel  primo  del  XV.  Standosi  nel  suo  castello  di 
Scaldasole,  il  Folperti  vegliava  sul  miglioramento  de'  suoi  possessi 
e  sul  loro  ampliamento  e  valendosi  de'  suoi  potenti  mezzi  finan- 
ziarli, a  poco  a  poco  assorbiva  i  piccoli  proprietarii  suoi  vicini, 
ai  quali  però  lasciava  il  dominio  utile,  assicurandosi  con  investi- 
ture un  buon  reddito  annuale.  Alcune  di  queste  investiture,  che 
generalmente  faceva  subito  dopo  l' istromento  di  vendita,  sono 
accennate  nell'  atto  di  Giacomazzo  de  Sedaciis  già  ricordato  ;  e 
sono  quelle  a  rogito  del  notajo  Franceschino  de  Bulciis,  in  data 
19  dicembre  1399  per  una  vigna  di  28  pertiche  investita  ai  con- 
sorti de  Tabernariis:  dello  stesso  anno  1399  per  un  sedime  e  una 
casa  di  Pietro  Santi:  del  4  agosto  140 1  per  una  vigna  di  i3  per- 
tiche agli  eredi  di  Guido  de  Millinis:  degli  11  ottobre  1401  per 
12  pertiche  di  terra  coltiva;  del  2  marzo  1402  per  altre  sette 
pertiche:  del  22  agosto  1403  per  le  terre  investite  ai  fratelli  de 
Canibus. 

Altri  piccoli  acquisti  del  Folperti,  sempre  nel  territorio  dì 
Sannazzaro,  appajono  dal  testamento  del  1424,  indipendenti,  come 
i  sopra  accennati,  dalla  possessione  di  Scaldasole.  Sono  :  un  prato 
di  26  pertiche  venduto  ad  Ardengo  da  Antonio  de  Landriano  : 
altri  prati  per  236  pertiche  che  comprò  dagli  eredi  del  fu  Zilello 
Sannazzari  e  da  Giovanni  de  Burdo:  due  prati  di  circa  trenta 
pertiche  vendutigli  da  Giorgio  de  Rubeis:  altre  3o  pertiche  di 
prato  acquistate  da  Andriolo  de  Medicis  :  tre  prati  di  45  pertiche 
comprati    da    Tortorino  Torta  di  Frascarolo  :    un  altro  prato  di 


Cfr.  Iacobi  Oavacii  :  Histor.  Caenobii  S,  lustina)  Patav.,  lib.  VI,  Vene- 
tiis,  1606  —  e  per  l'epitaffio  del  Barbo,  Salomoni  :  Inscriptiones  Urbis 
Patav,,  etc. 


3o8  AUl>i.i>00    JOLl'l.HTI 


'31  pertiche  vendutogli  dai  già  menzionati  credi  di  ZilcUo  San- 
nazzari  :  7  pertiche  comprate  da  Andriolo  de  Medicis:  4  prati  di 
100  pertiche  che  Ardengo  comprò  da  Facino  Sannazzari  il  padre 
di  Nicolina  sposa  di  Gian  Pietro:  un  totale  di  5o5  pertiche  di 
terreno.  Ne  certamente  qui  sta  il  tutto:  forse  nell'archivio  di  fa- 
miglia dei  Folperti  si  potrebbero  trovare  altre  prove  della  atti- 
vità e  della  diligenza  economica  di  Ardengo. 

Un  documento  del  16  febbrajo  141 7,  fra  i  rogiti  del  notajo 
Cristiani  dell'  Archivio  dell'  Università,  ci  mostra  Ardengo  fra  i 
testimoni  di  una  procura,  rogata  nel  palazzo  ducale  di  Milano, 
n  in  curia  Arenghi  illustrissimi  principis  ».  Lo  spettabile  milite 
Antonio  de  Curte  del  fu  Matteo,  desiderando  di  essere  padrino 
nel  battesimo  di  un  figliuolo  dello  spettabile  Giacomo  de  Mi- 
chaelis  maestro  delle  entrate  ordinarie  dei  duca,  né  potendo  per 
parecchie  circostanze  intervenire  alla  cerimonia,  stabilisce  come 
procuratore  suo  per  quell'  occasione,  lo  spettabile  sig.  Cristoforo 
de  Premenugo  di  Milano  (i)  tesoriere  generale  di  Filippo  Maria. 
All'atto  presenziano  il  conte  palatino  milite  e  dottor  in  leggi  Tur- 
berto  de  Tortis,  il  milite  Ardengo  de  Folpertis,  Pedrino  de  Curte, 
e  Cassano  Santi  del  fu  Simonino  di  Caselle  (2). 

Naturalmente  ad  un  signore  così  ricco  come  il  Folperti,  non 
mancavano  di  attaccarsi  con  avidità  i  rappresentanti  del  fisco  vi- 
sconteo, sempre  così  bisognoso.  Il  duca  nel  1417  aveva  ordinata 
la  compilazione  di  un  nuovo  estimo,  e  come  era  proprio  della 
procedura  spiccia  ed  arbitraria  dei  Visconti,  per  sostenerne  le 
spese,  aveva  imposto  a  venti  cittadini  pavesi  dei  più  ricchi,  che 
pagassero  200  fiorini,  ingiungendo  che  v  predicti  denarii  cifra 
festum  paschatis  infalibiliter    habeantiir,    ne    exinde  dicti  extimi 


(i)  Nelle  carte  municipali  di  Provvisione  (Archivio  Vecchio  Co- 
munale, Pacco  I)  trovo  che  il  Premenugo  era  anche  cittadino  di  Pavia, 
e  che  in  questa  città  abitava  in  Parrocchia  di  S.  Giorgio  in  Monte 
Falcone,  nel  1416. 

(2)  Protocollo,  Rogiti  Catelano  Cristiani  :  Ms.  Archivio  della  R.  Uni- 
versità. Cfr.  Z.  Volta  in  Ardi.  Stor.  Lomb.,  1895,  p.  325. 


MAESTRO    DELLE    ENTRATE    DI    F.    M.    VISCONTI  309 

perfectio  venìat  retardari  (i)  ».  Il  Podestà,  cui  fu  commessa  l'ese- 
cuzione deir  ordine  ducale,  ai  2  di  aprile  del  1417,  manda  un 
usciere  comunale,  il  quale  «  dicat  et  precipiat  infrascriptis  om- 
nibus et  singulis  »  che  sotto  pena  di  10  fiorini,  «  crastina  die, 
per  totani  diem,  debeant  solvisse  et  numerasse  thexaiirario  flo- 
renos  decem,  cuilibet  eorum  impositis  per  litteras  illustrissimi  do- 
mini nostri  ».  I  nomi  poi  dei  fortunati,  colpiti  così  inopinatamente, 
«  sunt  hec,  videlicet  Dominus  Ardenghus  de  Folpertis,  Blaxius 
de  Ottonibus,  Antonius  Salicus,  Johannes  Petrus  de  Vallate, 
Antonius  Guargualia,  Dominus  Iohannes  de  Oliariis,  lacobus 
Mediabarba,  loh.  Marchus  de  Jìambertis,  lacobus  de  Zapis,  Mi- 
chael de  Pe^aniSj  Ardenghinus  de  Becharia,  Luchinus  de  AstulfiSj 
leronimus  Barachanus,  Cristophorus  de  Coda^iis,  Francischus 
de  bernerio  ».  Il  documento  attesta  la  considerazione  in  cui  era 
tenuto  Ardengo:  non  solo  lo  si  mette  primo  fra  i  ricchi  che  deb- 
bono pagare  la  straordinaria  imposizione:  ma  fra  tanti  nomi  di 
potenti  e  nobili  pavesi,  a  quelli  soltanto  di  Ardengo  e  di  Gio- 
vanni Oliarli,  il  notajo  ducale,  si  premette  il  contrassegno  di  di- 
stinzione Dominus. 

Quantunque  questo  genere  di  distinzione  poco  garbasse  ad 
Ardengo,  pur  dovette  sopportarlo  per  molti  anni,  giacché  solo 
nel  14 19  egli  ottenne  il  desiderato  privilegio  di  esen:{ione. 

Una  grande  ingiustizia,  questa.  Giacché  è  facile  il  compren- 
dere che  l'esenzione,  non  diminuendo  affatto  il  totale  delle  tasse 
e  delle  imposizioni,  portava  con  sé  un  maggior  aggravio  per  gli 
altri  cittadini  ;  oltrediché,  essendo  1'  esenzione  concessa  ai  perso- 
naggi ricchi  di  nobiltà  e  di  rendite,  ne  derivava  che  i  colpiti  erano 
precisamente  i  poveri  che  meno  avrebbero  dovuto  pagare.  Co- 
munque, Ardengo  Folperti  fu  lietissimo  il  dì  in  cui  il  duca  di 
Milano,  memore  dei  servigi  di  lui,  gli  concedeva  insieme  alla  di- 
gnità di  suo  famigliare  e  commensale,  anche  l'altra  onorificenza, 
più  sensibile,  della  esenzione  da  ogni   tassa  e  gravezza   sia  perso-. 


(1)  Museo  Civ.  di  S.  P.  —  Lettere  ducali,  Cart.  Ili,  anno  1417. 


3  10  AHOKNGO    lOLPEUTI 


naie  che  reale.  II  documento,  che  comprova  questi  favori  concessi 
dal  duca  di  Milano  ad  Ardengo,  più  non  esiste,  o  almeno  non  mi 
ì'u  dato  ritrovarlo.  Però  nel  Registro  delle  Immunità  del  nostro 
Archivio  Vecchio  Municipale  ho  letta  la  seguente  annotazione  : 
«  1410-  Immiinitas  ab  oneribus  favore  egregii  militis  domini  Ar- 
denglìi  de  Folpertis,  commensalis  et  familiaris  domestici  diicis 
Mediolani  domini  nostri  (i)  ». 

Ed  ora  abbiamo  dinanzi  una  serie  di  documenti  che  raccolsi 
neir  Archivio  del  Comune  di  Vigevano  e  che  ci  permette  di  se- 
guire lo  svolgimento  della  vita  di  Ardengo,  in  un  periodo  rima- 
sto affatto  ignorato  agli  studiosi  pavesi. 

Filippo  Maria  nel  1418  deliberò  di  far  eseguire  alcuni  lavori 
di  ampliamento  e  di  abbellimento  al  suo  castello  di  Vigevano» 
Un  documento,  come  vedremo,  parla  della  costruzione  di  una 
sala:  la  somma  però,  piuttosto  forte,  richiesta  dal  duca,  come 
contributo  del  Comune  di  Vigevano,  lascia  supporre  la  impor- 
tanza dell'opera.  A  dirigerla,  non  certo  come  ingegnere,  ma  come 
economo  e  regolatore  generale,  il  duca  chiamò  Ardengo  Folperti: 
i  lavori  di  abbellimento  e  di  difesa  che  questi  aveva  eseguiti  nel 
suo  castello  di  Scaldasole,  erano  affidamento  al  duca  della  com- 
petenza e  della  capacità  del  suo  famigliare. 

Il  primo  documento  concernente  questi  fatti,  è  del  i5  di  ago- 
sto 1418:  in  esso  troviamo  Ardengo  alle  prese  col  Consiglio  di 
Provvisione  di  Vigevano  per  ottenere  i  denari  imposti  al  Comune 
per  l'opera.  Trascrivo  dai  verbali  della  seduta  consigliare  di  quel 
dì,  la  parte  più  importante: 

«  1418,  die  decimaqiiinta  Augusti....  Prefatus  dominus  pote- 
stas  exposuit  parte  domini  Ardengi  quod  eligere  possint  alterimi 
ex  duobus  partitis,  videlicet  iitrum  velint  dare  omnia  carrigia  et 
laboratores  necessarios  et  opportunos  ad  laboreria  in  castro  fienda, 


(i)  È  un  registro,  compilato  dall'archivista  e  cancelliere  comunale 
Giuseppe  Antonio  Gatterra,  nel  quale  sono  descritte  in  compendio  le 
carte  e  i  documenti  allora  esistenti  in  Archivio,  in  materia  di  Immu- 
nità ed  Esenzioni. 


MAESTRO    DELLE    ENTRATE    DI    F.    M.    VISCONTI  3ll 

an  velini  concordium  cum  prelibato  domino  domino  nostro  (i)  ». 
Come  si  vede,  Ardengo  proponeva  al  Comune  o  di  provvedere 
carri  e  lavoratori,  o  ài  pagare  una  somma  da  stabilirsi  d'accordo 
col  duca.  In  quella  adunanza  la  Provvisione  vigevanese,  dopo  ma- 
tura discussione,  si  appigliò  alla  prima  proposta. 

Ai  6  del  successivo  settembre,  i  dodici  Sapienti  eleggono  Pietro 
Marco  Vallario,  Antonio  Colli,  Giovanni  de  Cochis,  Uberto  Pa- 
rona  e  Lazzaro  Colli,  «  qui  sint  unaa  ciim  domino  Ardengo  ad 
videndum..,.  omnia  que  fieri  contingent  prò  ea  sarà  una,  qiiam 
Ilhistriss.  D.  D.  noster,  de  novo  viilt  in  castro  fieri».  Qui  ap- 
pare specificato  il  lavoro  che  si  intraprendeva  nel  castello.  Nella 
stessa  adunanza  si  delibera  di  pagare  ad  Ardengo  le  spese  fatte 
pel  sopraluogo  :  «  ordinaverunt  qiiod  fiant  expense  siiprascripto 
domino  Ardengho  prò  quatiior  vel  sex  diebus,  qnibiis  Viglevani 
stetit».  Nell'adunanza  del  9  ottobre,  «  ordinaverunt  et  delibera- 
veriint,  nemine  discrepante,  quod provideatur  spectabili  et  egregio 
militi  domino  Ardengho  de  Folpertis  de  laboratoribus  diicentis, 
ad  omnem  eiiis  requisitionem,  et  qiiod  solvatur  per  Commune  ad 
computiim  de  solidis  novem  prò  opere,  et  quoad  tempus  de  alio 
providebitiir  ».  Il  Comune  adunque  accordava  ad  Ardengo,  pei 
lavori,  una  schiera  di  duecento  operai,  che  esso  pagava  in  ragione 
di  soldi  nove  ogni  giornata  di  lavoro,  non  determinando  però  fino 
a  quando  avrebbe  sostenuto  tali  spese. 

Forse  questo  non  piacque  ad  Ardengo  :  epperò,  dopo  non  so 
quali  vicende,  dovette  il  Comune  intendersi  col  duca  e,  invece 
degli  opera),  obbligarsi  a  dare  al  direttore  dei  lavori  la  somma 
di  ii5o  fiorini.  E  fu  necessità  pel  Comune  di  imporre  una  taglia 
per  aver  quella  somma.  Nell'adunanza  di  Provvisione  del  28  ot- 
tobre, il  Podestà,  detto  ai  Sapienti  che  lo  «  spectabilis  miles  do- 
miniis  Ardengiis  de  Folpertis  petebat  quod  volebat  denarios  a  Co- 


(i)  Tutti  questi  documenti,  ove  non  si  accenni  altra  fonte,  sono 
tratti  dal  Registro  dei  Convocati  della  Provvisione,  dell'Archivio  Co- 
munale di  Vigevano,  voi.  II,  dall'anno  1409  al  142.3.  Inventario  gene- 
rale, art.  52,  paragr.  i. 


3l2  ARDENGO   FOLPERTI 


munc,  occaxione  conventionis  facte  per  Comune  prò  florenis  MCL 
cimi  stiprascripto  domino  Ardendo,  occaxione  carigii  et  labora- 
toriim  qiios  opportebat  dare  per  Comune  ad  laborerium  nuper  in- 
ceptiim  in  Castro  Superiori  »,  dopo  animata  discussione  si  stabilì 
a  quod  imponatur  tallea  de  imperialibus  XV  solvenda  hinc  ad 
dies  XV proxime  venturos,  prò  dando  dicto  domino  Ardenglio, 
occaxione  suprascripta  ». 

Il  repentino  cambiamento  della  convenzione  prima  stipulata, 
e  più  la  taglia  per  raccoglier  la  somma  richiesta  nei  nuovi  patti, 
produssero  un  grave  malcontento  in  Vigevano:  e  ne  è  prova  la 
seduta  di  Provvisione  del  4  novembre,  nella  quale  si  delibera  la 
nomina  di  una  Commissione,  incaricata  di  riferire  ad  Ardengo  i 
lamenti  causati  dalla  fatta  mutazione.  Quale  soddisfazione  otte- 
nesse questa  Commissione,  non  è  detto,  ma  è  facile  immaginare. 
I  Vigevanesi  pagarono  a  rate  la  taglia  :  la  Provvisione  passava  i 
denari  incassati  ad  Ardengo,  ma  ai  18  dicembre,  perchè  non  fu 
versata  integralmente  una  rata,  dovettero  i  Sapienti  dare  «  bay- 
liam  Consulibus  Comunis  Viglevani  recuperandi  Jlorenos  XVIJ, 
quoquomodo  poterint  melius  recuperavi,  prò  dando  domino  Ar- 
dengìio  de  Folpertis,  qui  debet  habere  prò  resto  talee  ^y. 

I  lavori  continuarono  per  tutto  l'anno  1419:  ma  due  soli  do- 
cumenti si  hanno  in  cui  ricorre  il  nome  di  Ardengo.  Il  primo  è 
la  deliberazione  della  Provvisione  di  pagare  al  Folperti,  ai  19 
febbrajo,  la  rata  di  25o  fiorini  «prò  resto  solutionis  de  florenis 
MCL  ex  conventione  facta  cum  Illustrissimo  D.  D.  nostro  yy.  Il 
secondo  è  una  lettera  ducale  dell' 8  giugno. 

«  Dux  Mediolani,  etc.  ». 

«  Certificati  per  litteras  egregii  militis  domini  Ardengi  de 
«  Folpertis  intendentis  circa  laboreria  Castri  Nostri  Viglevani, 
«  quod  Commune  et  homines  diete  nostre  terre  Viglevani ,  ex- 
«  bursarunt  et  solverunt  florenos  centuni  decem  prò  integra  sa- 
«  tisfactione  florenorum  mille  centum  quinquaginta  ,  quos  prò 
«  primi  termini  obligatione  solvere  tenebantur,  juxta  conventio- 
«  nes  et  pacta  per  ipsum  dominum  Ardenghum  alias  secum  facta, 
«  loco  carrigiorum  que  fieri  facere,  et  laboratorum  quos  dare  de- 


MAESTf^O    DELLE    ENTRATE    DI    F.    M.    VISCONTI  .-)  K> 

«  bebant,  occasione  primi  laborerii  principiati  et  finiendi  in  Ca- 
<(  stro  nostro  predicto,  tenore  presentium  ipsos  Commune  et  ho- 
«  mines  ac  singulares  personas  diete  nostre  terre ,  a  dieta  prima 
«  obligatione  absolvimus  et  penitus  liberamus.  In  quorum,  etc. 
«  Dat.  Mediolani ,  die  octavo  junii  MCCGCXIX,  duodecima  in- 
«  dictione  (i)  ». 

È  notevole  anche  la  deliberazione  della  Provvisione,  in  data 
3  settembre  1419,  di  far  un  dono  al  duca,  al  suo  segretario  Gio- 
vanni de  Corvinis  d'  Arezzo  e  ad  Ardengo  nostro.  «  Item,  oi~di- 
naveriintj  nemine  discrepante,  qiiod  Consules  terre  Viglevani 
emant  prò  Comuni  Viglevani  mansios  (manzi)  diios,  caiissa  ser- 
viendi  Illustrissimo  D.  D.  Nostro.  Item  quod  suprascripti  Con- 
sules emant  ut  supra  payra  (paia)  duodecim  pollastrorum,  caussa 
serviendi  domino  Ardengho  et  domino  lohanni  de  Aretio  ». 

Questi  documenti  dimostrano  che  al  Comune  di  Vigevano 
era  stata  imposta  una  prima  contribuzione  di  fiorini  11 5o -che  si 
terminò  di  pagare  ratealmente  al  principio  di  giugno  del  1419. 
Cominciò  allora  il  pagamento  di  una  seconda  contribuzione,  che, 
credo,  fosse  ugualmente  fissata  in  fiorini  11 5o:  dai  registri  non 
ho  potuto  desumere  notizie  particolareggiate,  ma  una  prova  del- 
l'asserto la  si  può  forse  trovare  nella  deliberazione  dei  Sapienti, 
del  17  gennajo  1420,  con  cui  si  manda  Vincenzo  de  Bergondiis 
al  castello  di  Scaldasole  per  farsi  rilasciare  in  scriptis  da  Ardengo 
la  dichiarazione  d'aver  ricevuto  dai  Vigevanesi,  dal  principio  dei 
lavori,  la  somma  di  fiorini  2200. 

Il  Comune  però  era  stremato.  Lo  si  deduce  dal  fatto  che 
avendo  il  duca  ordinato  si  pagassero  200  fiorini  ad  Ardengo  (.^  su- 
perstiti (soprastante)  laborerii  quod  jìt  in  Castro  Viglevani  ^^^  la 
Provvisione,  ai  i3  gennajo  1420,  incarica  Vincenzo  de  Bergondiis 
di  recarsi  «  ad  Scaldasolem,  locuturum  cum  domino  Ardengo, 
quatenus  ipse  dominus  Ardenghus  hanc  Comunitatem   expectare 


(i)  Questa  lettera  trovasi  nel  volume   in  pergamena   degli  Statuti 
di  Vigevano,  Invent.  gener.,  art.  41,  paragr.  i,  folio  79  recto. 


3li  ARDENuU    Jul.lM-KTl 


velit  usquc  ad  unum  mensem  proxime  futurum,  de  Jìorcnis  CC, 
quia  interim  Comune   Viglevani  tenebit  modum  recuperandi  ». 

Intanto  Ardcngo  aveva  ricevuto  una  nuova  distinzione  dal 
duca.  Da  soprastante  ai  lavori  del  castello,  Filippo  Maria  chia- 
mava il  Folperti  all'ufficio  di  Podestà  di  Vigevano.  Quantunque 
io  non  abbia  trovata  la  lettera  di  nomina,  credo  però  che,  se- 
condo il  solito,  essa  giunse  ad  Ardengo  sulla  fine  del  1419.  Nei 
libri  dei  Convocati  del  Consiglio  di  Provvisione  di  Vigevano,  tro- 
viamo podestà  sul  principio  del  1420  il  nobile  Angelo  da  Pontre- 
moli,  il  quale  presiede  per  l'ultima  volta  alla  seduta  del  Consiglio, 
ai  3i  marzo  1420.  Ai  21  aprile  dello  stesso  anno  Ardengo  Folperti 
per  la  prima  volta  presiede  la  adunanza  consigliare  come  Pode- 
stà. Nel  verbale  non  si  fa  cenno  di  immissione  in  possesso  del- 
l'ufficio, nò  della  presentazione  delle  lettere  di  nomina,  né  del 
giuramento  prestato,  cose  tutte  che  invece  si  notano  con  cura  e 
con  molta  utilità  degli  studiosi  nei  Convocati  della  Provvisione 
di  Pavia  al  cambiamento  di  ogni  Podestà.  Però  possiamo  credere 
che  Ardengo  assumesse  la  nuova  carica  nella  prima  metà  del- 
l' aprile  1420.  Da  quel  verbale  appare  che  Ardengo  aveva  con- 
dotto seco  a  Vigevano,  come  suo  Vicario,  il  giurisperito  Cristo- 
foro de  Georgiis. 

E  necessità  dire  che  la  Podesteria  di  Ardengo  non  si  distinse 
per  fatto  alcuno  straordinario:  ho  esaminato  con  cura  gli  atti 
comunali  vigcvanesi  di  quegli  anni,  ma  non  ho  trovato  cosa  che 
m.eriti  ricordo.  Piuttosto  è  degna  di  menzione  la  lunga  durata 
della  Podesteria  di  Ardengo,  da  esso  tenuta  senza  interruzione 
dal  1420  al   1429. 

Nel  1422  Ardengo  mutò  Vicario.  Dimesso  Cristoforo  Giorgi, 
<issunse  il  novarese  Giovanni  de  Momo:  ma  ai  23  agosto  del  1423 
il  Giorgi  ritorna  alla  abbandonata  carica. 

Nel  1424  la  peste  scoppiò  nella  Lomellina  e  pare  che  Vige- 
vano fosse  uno  dei  centri  più  infetti.  Il  duca  dal  suo  sicuro  ritiro 
di  Abiate,  scrisse  ai  29  luglio  ad  Ardengo  imponendogli  che  tutti 
i  dì,  sentita  la  relazione  del  medico  Bartolomeo  de  Basticis,  gli 
scrivesse  minutamente  sulle  condizioni  sanitarie  del  borgo. 


MAESTRO    DELLE    ENTRATE    DI    E.    M.    VISCONTI  3l5 


Pur  troppo  la  peste  decimava  Vigevano:  credo  raggiungesse 
il  suo  più  acuto  periodo  dopo  la  metà  di  agosto:  lo  desumo  an- 
che dal  fatto  che  Ardengo  trovò  necessario  di  dettare  il  suo  te- 
stamento. 

Esso  è  in  data  del  i  settembre  1424;  è  fatto  «  in  Viglevano, 
videlicet  in  domo  et  palacio  Comunis  Viglevani,  habitacionis  in- 
frascripti  domini  Potestatis  »^  e  mostra  la  preoccupazione  di  Ar- 
dengo di  cader  malato,  dichiarando  di  testare  perchè  «  ciim  cor- 
pus sanitate  vigetj  mens  interior^  in  se  ipsa  collecta,  pleniori 
iitittir  ratione,  quia  non  cogitiir  id  cogitare  qiiod  dolet  ìk 

Riassumendo  questo  lunghissimo  documento,  troviamo  che 
Ardengo,  annullati  dapprima  tutti  gli  atti  con  cui  antecedente- 
mente aveva  disposto  delle  sue  sostanze,  fa  obbligo  agli  eredi  di 
soddisfare  tutti  coloro  che  potessero  mai  vantare  crediti  verso  di 
lui,  stando  però  alle  note  de'  suoi  libri  e  de'  suoi  registri  «  mea 
propria  manti  scriptis  tam  in  carta  quam  in  papiro  ».  Vuole  poi 
che  per  la  dote  promessa  alla  Cappella  di  S.  Tommaso  in  Pavia, 
gli  eredi  diano  a  quel  Convento  «  Antonam  imam  (un  grande  qua- 
dro) pulcerrimam,  ponendam  ad  altare  diete  Capelle,  qiie  constitit 
(costò)  pliisquam /lorenos  septecentum  »,  credendo  con  ciò  di  essersi 
sufficientemente  sdebitato  della  fatta  promessa  di  dote,  «  etiam  at- 
tentis  magnis  expensis  quam  feci  ab  hodie  retro  in  ipsa  capella  ». 

Lascia  alla  chiesa  di  S.  Giuliano  in  Scaldasole  un  calice  d'ar- 
gento, un  paramento  «  de  ^ambeloto  rubro  »,  ed  un  messale. 

Lascia  alla  moglie  Andriola  de  Olevano  la  dote  di  3oo  fio- 
rini col  terzo  di  più  voluto  dalla  legge.  Che  se  essa  «  stare  vo- 
luerit  in  viduitate  »  le  lascia  anche  vitto,  vestito  ed  abitazione, 
oltre  168  fiorini  net  omnes  vestes,  anullos  et  jocalia,  quas,  quos 
et  que  habet  aportare  suo  ». 

Al  nipote  Salimbene,  religioso  benedettino,  figlio  del  defunto 
primogenito  del  testatore,  lascia  5o  fiorini,  perchè  già  «  renun- 
ciavit  omnibus  que  petere  posset  ».  Alle  figlie  Margarina  e  Mad- 
dalena ordina  sia  pagata  la  dote  promessa  all'  alto  del  loro  ma- 
trimonio; disponendo  altresì  che  nel  caso  gli  nascesse  altra  figlia, 
questa  debba  avere  come  le  sorelle. 

Arch.  Sior.   Lomb.  —   Anno  XX VII.   —  Fase.  XXVI.  2i 


3l6  ARDENGO    FOLPERTI 


Perchè  poi  il  Castello  di  Scaldasole  colle  pertinenze  rimanga 
sempre  in  famiglia,  proibisce  a'  suoi  figli,  specialmente  a  Nicolò, 
di  alienarlo,  «  ita  quod  predictiim  castrum  meum.,.j  non  transeat 
extra  a  fertile  ione  m  illoriim  de  folpertis,  sed  remaneat  perpetuo  et 
in  injìnitiim  ». 

Nomina  suoi  eredi  universali  i  figli  Nicolò,  Stefano,  Gaspare, 
Benedetto,  Gian  Pietro,  Lorenzo  e  Gian  Paolo:  però  ai  due  primi, 
come  figli  della  prima  moglie  Maddalena  de  Curte,  lascia  la  metà 
prò  indiviso  del  Castello  di  Scaldasole  e  delle  terre  annesse,  e  per 
di  più  la  proprietà  di  quelle  5o5  pertiche  di  terreno  costituenti 
la  possessione  di  Sannazzaro,  indipendente  da  Scaldasole,  di  cui 
già  abbiamo  dato,  un  minuto  ragguaglio.  Fa  loro  però  l'obbligo 
di  pagare  le  doti  delle  loro  mogli  e  della  loro  madre  Maddalena, 
sicché  gli  altri  fratelli  e  la  matrigna  Andriola  non  abbiano  alcun 
peso  sulle  loro  porzioni. 

Ai  figli  del  secondo  matrimonio,  cioè  a  Gaspare,  Benedetto, 
Gian  Pietro,  Lorenzo  e  Gian  Paolo,  lascia  l'altra  metà  prò  in- 
diviso  delle  terre  e  del  Castello  di  Scaldasole,  più  la  casa  di  Pavia, 
«  in  qua  habito  quando  suni  in  Papia  »  e  l'altra  casa  «  quam  te- 
neo  ibi'  prope,  ab  allia  parte  vie,  et  ubi  teneo  equos  meos  »  e  tutta 
la  rimanente  possessione  di  Sannazzaro,  coli' onere  però  di  pagare 
la  dote  della  lor  madre  Andriola,  in  modo  che  per  questa  non 
siano  gravati  i  fratelli  Nicolò  e  Stefano. 

Tutti  gli  altri  beni  mobili  ed  immobili  lascia  in  esatte  por- 
zioni da  dividersi  tra  i  figli  maschi  :  colla  clausola  che  nascen- 
dogli altri  maschi,  questi  abbiano  gli  stessi  diritti  dei  fratelli. 

Considera  poi  il  caso  che  alcuno  de'  suddetti  suoi  figli  mo- 
risse lasciando  solo  una  figlia.  Questa  non  deve  succedere  nei  di- 
ritti del  padre,  che  spetteranno  invece  ai  di  lui  fratelli  :  solo  si 
dovrà  all'orfana  costituire  una  dote  di  quattrocento  fiorini.  Che 
se  morissero  tutti  i  maschi,  allora  soltanto,  le  femmine  potranno 
succedere  nel  possesso  di  Scaldasole,  ma  perderanno  la  proprietà 
di  tutte  le  altre  terre  e  case,  che  saranno  vendute  al  miglior  of- 
ferente dagli  infrascritti  fideicommissari,  distribuito  il  ricavo  in 
quella  miglior  maniera  che  loro  piacerà.   Curiosa  però  la  condì- 


MAESTRO    DELLE    ENTRATE    DI    F.    M.    VISCONTI 


zione  :  «  ita  tamen  qiiod  dominus  Episcopus  Papié,  nec  alia  per- 
sona tiinc  representans  sedem  episcopatus  ipsiiis  papiensis,  possit 
de  predictis  se  intromittere,  etiam  si  dicti  Commissarii  mei  fidei- 
comissarii  forent  negligentes  et  remissin.  Questa  esclusione  del 
Vescovo  è  un  grave  indizio  del  malcontento  causato  in  Ardengo 
dalla  sentenza  vescovile  del  1406  :  ne  abbiam  già  detto  qualche  cosa. 

Il  testamento  considera  poi  il  caso  della  morte  di  tutti  i  di- 
scendenti diretti,  maschi  e  femmine,  di  Ardengo.  In  tal  caso  il 
testatore  chiama  suoi  eredi  il  Maestro  Santino  e  Lanfranco  fra- 
telli Folperti,  figli  del  fu  Maestro  Musso;  Filippino  Folperti  del 
fu  Francesco;  e  Antonio  Folperti  del  fu  Agostino  e  loro  discen- 
denti, ma  solo  pel  possesso  di  Scaldasole,  dovendo  gli  altri  beni 
andar  venduti,  come  è  detto  sopra,  e  il  loro  prezzo  distribuito 
in  puellis  maritandis,  esclusa  ogni  ingerenza  del  Vescovo  e  di 
qualunque  suo  rappresentante. 

Nomina  tutori  de'  suoi  figli  minorenni,  insieme  ad  Andriola 
loro  madre,  il  milite  e  dottor  in  leggi  Turberto  de  Tortis,  Ste- 
fano de  Riciis  e  suo  tìglio  Zanino,  Agostino  Schiaffinati,  Gia- 
como e  Francesco  Bellisomi  del  fu  Giacomo  (i).   Esecutori  testa- 


(i)  Di  questi  personaggi  è  notissimo  il  Conte  palatino  Turberto 
Torti  che  già  abbiam  nominato,  padre  di  Giorgio,  marito  di  una  figlia 
di  Ardengo ,  più  volte  Abate  di  Provvisione  di  Pavia,  oratore  e  am- 
basciatore della  città,  professore  di  leggi  nelF  Università  dal  1408  al 
1416  {Memor.  e  docum.  per  la  stor.  dell'  Univ.  di  Pavia.  Pavia,  Bizzoni, 
1878,  voi.  I,  p.  34)  e  consigliere  ducale.  —  Stefano  de  Riciis  appare 
nelle  nostre  carte  municipali  fra  i  Presidenti  di  Provvisione  di  Pavia 
nel  primo  decennio  del  secolo  XV  :  il  suo  figlio  Zanino  cominciò  la 
sua  carriera  come  cancelliere  di  Facino  Cane  (Andr.  Billii,  Histor. 
McdioL,  in  Muratori:  Rev.  Ital.  Script.,  XIX,  45),  innalzandosi  poi  a 
somma  potenza  come  confidente  di  Filippo  Maria  e  suo  secretarlo 
(Volta  :  Un  giuram.  di  fedeltà,  ecc.,  p.  828).  Di  lui  e  di  Oldrado  Lam- 
pugnani  scrive  amaramente  il  Billia  [loc.  cit.,  ']2)  "  quorum  aemulatio- 
iiibus  Curia  aestuabat.  Multo  vero  Civitati  nostrae  id  salubrius  eiusmodi 
homines  numquam  natos  esse  !  „.  —  Il  Francesco  Bellisomi  del  fu  Gia- 
como è  il  notajo  pavese,  specialmente  caro  ad  Ardengo.  Trovo  di  lui 
che  nel  1406  ai  26  di  settembre  si  sposò  con  una  Rosina  Folperti  fi- 
glia del  maestro  Musso  del  fu  Giovanni,  la  quale  portò  in  dote  3oo 
fiorini.  Museo  Civ.  di  S.  P.  —  Pergamene  Bottigella,  n.  75. 


•3|8  '  AIIDENGO    hUl.l'i.Kil 


mcntari  sono  designati  Francesco  Bellisomi  e  i  Consoli  del  Col- 
legio dei  Mercanti  di  Pavia. 

F'inalmcnte  stabilisce  che  il  possessore  del  Castello  di  Scal- 
dasolc  dovrà  sempre  offrire  ospitalità  in  esso,  agli  altri  suoi  fra- 
telli o  nipoti  «  tempore  cuiuscumque  guerre....  ad  hoc  ut  melius 
gaudere  possint  possessionem  de  Sanato  N avario  ^u  Che  se  per 
dette  guerre  non  potranno  ricavare  frutto  dalla  loro  possessione, 
allora  il  padrone  di  Scaldasole,  oltre  l'ospitalità,  sarà  tenuto  a 
provvederli  del  vitto  e  del  vestito,  però  «  tantumodo  guerra  du^ 
rante  ». 

Il  testamento  si  chiude  col  solito  formolario,  colla  firma  di 
Ardengo  e  la  indicazione  dei  testimoni,  che  sono  il  giurisperito 
Pietro  de  Cochis,  Guidetto  de  Georgiis  del  fu  Robinio,  Cristoforo 
de  Georgiis  figlio  di  Guidetto,  Serafino  de  Parona  del  fu  Fran- 
cesco, Simone  de  Belaciis  del  fu  Filippo,  Tommaso  de  Silva  del 
fu  Guarnerio,  Giacomo  de  Gravalona  del  fu  Girardo.  Sono  se- 
condi nota)  Giacomo  de  Guastamiliis  del  fu  Pietro  e  Giacomo 
de  Parona  fu  Francesco.  Segue  la  firma  del  notajo  trascrittore 
dell'atto  Giovannino  de  Podexiis  del  fu  Stefano  di  Vigevano,  e 
del  notajo  rogante  Uberto  de  Parona  del  fu  Francesco  (i). 

La  peste,  che  cessati  i  calori  della  stagione,  cominciò  a  de- 
crescere, non  volle  fra  le  sue  vittime  il  nostro  Ardengo  :  sembra 
invece  avesse  colpito  il  Cristoforo  Giorgi,  giacché  ai  3o  settembre 
1424  i  Convocati  del  Comune  ci  presentano  quale  nuovo  Vicario 
del  Folperti  il  giurista  Vittorio  de  Cixera.  A  costui  succede  nel 
novembre  1423  Stefano  de  Grassis  licenziato  in  diritto  civile,  che 
tenne  la  carica  per  poco  tempo,  avendo  ceduto  il  posto  nei  primi 
mesi  del  1426  ad  un  Melchiorre  de  Grassis.  Oltre  al  Vicario,  il 
Folperti  nel  1426  aveva  un  luogotenente,  Tomaino  de  Gentilibus  : 
i  due  ufficii  che  sembra  dovessero  compenetrarsi,  sono  invece  net- 
tamente distinti  e  separati,  nel  verbale  dell'adunanza  di  Provvi- 
sione del  primo  novembre   1426.    Ultimo  dei  Vicarii   di  Ardengo 


(i)  Copia  del  testamento  è  in  Museo  Civ.  di  S.  P. 


MAESTRO    DELLE    ENTRATE    DI    F.    M.    VISCONTI  3l9 

fu  Lorenzo  de  Longis,  che  entrò    in    ufficio    nel   1427  e  lo  tenne 
sino  al  termine  della  Podesteria  di  Ardengo. 

Dobbiamo  qui  notare  che  il  Folpertì, 'anche  stando  a  Vige- 
vano ,  pigliava  parte  attiva  agli  affari  in  Pavia.  Nel  Registro 
delle  Lettere  del  1426,  troviamo  questo  accenno  a  lui  :  «  Qiiod 
circa  deliberationem  Datiorum  Papié  standum  et  credendum  sit 
domino  Ardengìw  de  Folpertis,  executioniqiie  mittendum  quicqtiid 
per  ipsiim  ordinatum  fiierit  (i)». 

Ai  26  gennajo  del  1429  il  duca  Filippo  Maria  emanava  una 
lettera  minacciosa  contro  gli  ufficiali  prevaricatori  ed  ingiusti. 
Stanco  il  duca  delle  estorsioni  che  da  costoro  si  commettevano, 
delle  violenze  e  della  disonestà  della  loro  amministrazione,  cercò 
di  provvedere  con  severissime  pene  al  rimedio,  e  perchè  i  con- 
travventori fossero  tosto  scoperti  e  puniti,  ordinò  che  ogni  pub- 
blico officiale  fosse  sottoposto  ad  un  minuto  e  scupoloso  rendiconto 
ogni  sei  mesi.  La  lettera  ducale  è  già  stata  pubblicata  :  da  essa 
i  funzionarli  disonesti  sono  condannati  alla  perdita  del  loro  uf- 
ficio, alla  restituzione  del  quadruplo  ai  danneggiati,  e  da  dieci 
tratti  di  corda  sino  all'  ultimo  supplizio,  a  giudizio  e  sentenza 
del  loro  sindacatore  (2). 

Sono  convinto  che  Ardengo  nel  ricevere  questa  lettera  e  nel 
farla  registrare  nel  volume  degli  Statuti  di  Vigevano  (3),  era 
molto  lontano  dal  credere  che  essa  dovesse  fare  di  lui  uno  dtì 
primi  capri  espiatoria  Molti  dei  decreti  ducali  eran  rimasti  let- 
tera morta:  molti  dei  colpevoli  avevan  sin  qui  saputo  sfuggire 
alle  conseguenze  dei  loro  soprusi  :  può  anche  essere  che  Ardengo 
si  sentisse  affatto  sicuro  del  suo  operato. 

Verso  la  metà  dell'anno  1429  scadeva  il  termine  della  Pode- 
steria di  Ardengo  Folperti.  I  registri  dei  Convocati  vigevanesi  ce 
lo  mostrano  presiedere  1'  adunanza  di  Provvisione  ai  29  giugno 
1429:  l'adunanza  che  si  tenne  ai  9  agosto  è  invece  presieduta  dal 


(i)  Registr.  Litter.,  anni  1426  :  copia  presso  di  me,  p.  i. 

(2)  Antiqua  Diiciim  Mediol.  decreta.  Milano,  1654,  p.  lóS,  264. 

(3)  Statuii  di  Vigevano,  cit.,  fol.  81  recto. 


320  ARDLNGO    FOLPERTI 


nuovo  Podestà  Ruffino  de  Bastis  di  Valenza.  Si  può  credere  quindi 
che  la  magistratura  di  Ardengo  terminò  nella  prima  metà  del  lu- 
glio 1429:  da  questo  tempo  egli  dovette  accingersi  a  dar  conto 
della  sua  lunga  amministrazione  al  sindacatore  che  il  duca  avrebbe 
designato. 

Io  qui  non  ho  a  guida  che  un  documento  del  21  maggio  146 1, 
da  me  trovato  nel  Regìster  Litterarum  del  1435  del  Museo  Ci- 
vico di  Pavia  (i).  In  esso  sono  ricordati  due  atti  stesi  dal  notajo 
Dionigi  de  Cavanago  che  sarebbero  di  singolare  importanza  per 
lo  svolgimento  di  questo  punto  scabroso;  ma  non  avendoli  potuto 
rintracciare,  è  necessità  attenersi  alla  compendiosa  narrazione  del 
succitato  documento. 

Chi  dovette  giudicare  dell'  amministrazione  di  Ardengo  fu  il 
Vicario  generale  del  duca,  Bonifacio  de  Guarneriis  di  Padova, 
milite  e  dottore  in  leggi.  Il  suo  lavoro  di  revisione  fu  molto  lungo 
giacché  non  potè  concluderlo  che  ai  29  settembre  J429,  con  una 
sentenza,  scritta  dal  notajo  Dionigi  de  Cavanago,  nella  quale,  pur 
troppo,  Ardengo  Folperti  era  condannato  «  in  certis  peciiniarum 
quantitatibiis  applicatis  Camere  illustrissimi  domini  filipi  marie 
ducis  Mediolani  » . 

Suppongo  che  Ardengo  si  sia  difeso  con  tutta  l'energia,  per- 
chè la  sentenza  non  ebbe  esecuzione.  Forse  Ardengo  si  appellò  al 
duca  direttamente,  cercò  si  rinnovasse  il  giudizio:  il  colpo  però 
era  troppo  forte;  la  sentenza  che  gli  toglieva  l'onore,  gli  tolse 
anche  la  vita. 

Sul  principio  del  1430  il  Folperti  gravemente  infermiò  e  credo 
che  alla  fine  di  gennajo  egli  spirasse.  Senza  onori  di  sorta,  forse 
nemmeno  accompagnato  dai  figli  trepidanti,  il  suo  corpo  fu  por- 
tato a  seppellire  in  S.  Tommaso  di  Pavia,  dove  vivente  si  era 
preparata  sontuosissima  sepoltura.  Giacque  dimenticato,  anzi  rin- 


(i)  Museo,  Ci v.  di  S.  P.  —  Liber  Registri  littcrar.  diical,  anno  i4SS> 
fol.  69  tergo  e  seg.  —  È  il  decreto  21  maggio  1451,  con  cui  Francesco 
Sforza  restituisce  ai  Folperti  i  beni  confiscati  ad  Ardengo. 


AESTRO    DELLE    ENTRATE    DI    F.    M.    VISCONTI  ?>2 


I  figli  Stessi,  nella  angoscia  del  momento,  non  si  curarono  di 
far  compiere  la  già  esistente  iscrizione  funebre  del  padre,  facendo 
in  essa  completare  le  notazioni  cronologiche  della  morte.  Se  si 
possono  scusare  in  quei  primi  momenti,  non  lo  possono  per  il 
tempo  in  cui  raggiunsero  potenza,  onori  e  ricchezze  a  pochi  anni 
dalla  catastrofe  del  padre.  Gli  amici  che  erano  stati  presenti  alla 
creazione  di  cavaliere  d'Ardengo,  si  affrettarono  a  far  cancellare 
i  loro  nomi  dalla  stessa  iscrizione,  che  ricordava  le  particolarità 
di  quella  cerimonia.  Una  vita  intera,  spesa-  pel  raggiungimento 
della  fama  e  degli  onori,  si  chiudeva  colla  più  triste  e  desolante 
catastrofe. 

Forse  non  era  ancor  calato  nel  sepolcro  il  cadavere  di  Ar- 
dengo  e  già  usciva  una  sentenza  di  «  conjìscationis  omnium  ho- 
norum siiorum,  salvo  jiire  ascendentiiim  et  descendentium  et  om- 
nium et  singulorum  de  jiire  habere  debenciiim  >)  y  sentenza  consa- 
crata in  atto  pubblico  dal  notajo-Dionigi  de  Cavanago,  ai  4  feb- 
brajo  del  1430. 

Immediatamente  giungeva  da  Milano  al  Podestà  di  Pavia  un 
ordine  del  duca  :  «  quod  piiblicari  debeat  proclama  prò  bonis  que 
fuerunt  quondam  Ardenghi  de  Folpertis,  Camere  ducali  confi- 
scatisi ut  jus  habere  pretendentes  in  dictis  eiiis  bonis,  compareant 
termino  dierum  A'A'A'  (i)  ». 

I  figli  di  Ardengo  fecero  valere  i  loro  diritti:  rimane  ancora 
nel  Museo  Civico  il  verbale  della  comparsa  fatta  dal  dottor  in 
leggi  Stefano  Folperti,  a  nome  anche  del  fratello  Nicolò,  innanzi 
a  Giovanni  Grimaldi  Podestà  di  Pavia,  ai  20  marzo  1430,  per  re- 
clamare i  beni  del  loro  padre  <( pridie  confiscatis  (2)».  Dichiara 
nel  reclamo  che  la  sentenza  di  condanna,  la  confisca,  i  proclami 
e  tutta  la  procedura  contro  Ardengo  u  finisse  et  esse  nullas  et 
nullius  valoris  et  momenti  ny  opponendo  che  u  processeriint  ex 
abriipto  et  de  facto    et   sine  cause  cognitione  :    Item   et  preter  et 


(i)  Dal  compendio  del  Rsgist.  Litter.  diical.,  anni  1430,  fol.  22,  del- 
l'Arch.  Municipale.  Copia  presso  di  me,  p.  91. 

(2)  Museo  Civ.  di  S.  P.  —  Lettere  ducali,  Cart.  IV,  anno  i4?o. 


XRDKNOO  KOLPEKTI  MAESTRO  DKLLK  KNT»  ATR  DI  K.  M.  VISCONTI 

coììtra  formam  jiiris,  ctc.  ».  Intanto  egli  domanda  per  se  e  pel 
fratello  la  dote  della  tu  loro  madre  Maddalena  de  Curte,  in  400 
riorini  cum  tertio  pliiri,  oltre  la  legittima  che  loro  spetta  sui  beni 
confiscati,  qite  ascendi t  ad  dimidiam  totiiis  hereditatis.  Promette 
i<  jtira  et  eorum  lef^itimas  probationes  prodiicere  in  Mediolano 
corani  magistt^s  (generali  delle  entrate  ducali)  ». 

La  vedova  di  Ardengo,  Andriola  Olevano,  e  gli  altri  figli, 
non  avranno  trascurato  da  parte  loro  le  opposizioni:  alla  fine, 
parte  dei  beni  fu  loro  restituita,  ma  non  cessarono  per  questo 
dal  far  causa  contro  la  Camera  Ducale,  causa  che  si  protrasse 
per  anni  ed  anni,  sin  che  fu  troncata  dal  decreto  di  Francesco 
Sforza,  in  data  21  maggio  145 1,  col  quale,  in  vista  specialmente 
delle  benemerenze  di  Stefano  Folperti  avvocato  concistoriale,  fu- 
rono restituiti  tutti  i  confiscati  beni,  a  lui  ed  a'  suoi  fratelli  Lo- 
renzo, Nicolò,  e  Giovanni  Pietro  (i). 

Ho  finito. 

Certamente  mi  dispiace  il  depor  la  penna  senza  nulla  dire 
di  questi  figli  di  Ardengo,  che  colla  loro  virtù,  col  sapere,  colle 
cariche  onorifiche,  seppero  rialzare  il  nome  della  loro  famiglia  a 
quella  altezza,  e  forse  maggiore,  alla  quale  Ardengo  l'aveva  por- 
tato prima  della  sua  catastrofe.  Ma  i  limiti  del  lavoro  non  lo 
permettono  :  può  darsi  che  io  abbia  a  ritornare  sull'  argomento 
che  è  di  non  poca  importanza  anche  per  la  storia  del  governo 
di  Francesco  Sforza. 

Prof.  sac.  Rodolfo  Majocchi. 


(1)  Copia  del  decreto  è  in  Liber  Regisfr.  Litier.  ducaL,  anno  145 J> 
fol.  69  tergo  e  seg.  del  Museo  Civ.  di  S.  P. 


MASTRI  DA  MURO  E  ARCHITETTI  LOMBARDI 

IN 

SANSEVERINO-MARCHE  NEL  SECOLO  XV 


Memorie  e  documenti  dell* Archivio  Comunale  della  suddetta  Città 


M dalle  montagne  lombarde  scesero  in  tutte  le 

a  Provincie  italiane  quei  maestri  muratori,  scal- 
ci pellini  che  oggidì  sarebbero  acclamati  per  ^c- 
«  celienti  architetti  e  scultori  ». 

(Bertolotti  —  Artisti  lombardi  a  Roma). 


NELLA  importante  opera  del  Merzario  su  —  /  Maestri  Co- 
macini  —  (Milano,  Agnelli,  1893,  voi.  2.*^,  pag.  323)  si 
legge  il  seguente  periodo  riferibile  alla  città  di  Sanseve- 
rino-Marche  :  —  «  Deviamo  per  un  momento  verso  Sanseverino, 
«l'antica  Settempeda,  dianzi  da  noi  ricordata,  in  postura  cen- 
«  trale  e  ubertosa.  Qui  non  abbiamo  che  a  confortarci  della  ve- 
'<  duta  del  bel  tempio  di  S.  Maria  del  Glorioso  disegnato  da  Mae- 
«  stro  Rocco,  da  noi  ritrovato  fra  i  Comacini  a  Vicenza,  a  Spello, 
«  a  Perugia,  a  Spoleto;  e  a  raccogliere  la  memoria  che  nella  chiesa 
«  di  S.  Francesco  stava  un  sepolcreto,  a  fior  di  terra,  entro  Tab- 
«  side  a  man  destra,  saliti  tre  scalini,  destinato  alla  tumulazione 
«  dei  fratelli  Comacini  —  Fratres  Comacenii  —  come  dicevano 
«  le  parole  intagliate  sulla  pietra  sepolcrale,  su  cui  vedevansi  scol- 
«  piti  anche  i  segni  o  simboli  della  fratellanza  o  maestranza,  l'ar- 
ce chipenzolo,  la  cazzuola  e  il  martello,  colla  data  corrosa  del  i3oo 
«o  1400.  Sfortunatamente  quella  chiesa  fu  dopo  il  1866  sconsa- 
«  crata,  venduta  e  demolita;  nella  furia  della   demolizione  cadde 


MAsTin   DA    MI  i'<»   i;   AKc.niTiiTTi  i.OMnAitni 


«  un  muro,  che  mandò  in  frantumi  il  sepolcreto  e  la  lapide  ri- 
«  cordante  i  fratelli  Comacini.  Il  quale  fatto  forse  starebbe  ad 
«  attcstare  che  in  Sanseverino,  che  è  luogo  donde  si  spartiscono 
«  le  vie  per  recarsi  a  Fermo,  Penna,  Macerata,  Iesi  e  Ancona,  i 
^(Comacini  avevano  fissato  la  loro  sede  lontana  dai  tumulti,  ben 
«  provvista  di  vettovaglia,  e  qui  avevano  forse  la  schola  e  il  la- 
«  borerium,  la  infermeria  e  il  sepolcreto  in  comune,  e  perciò  oltre 
«che  inagistri  amavano  chiamarsi,  ed  erano:  fratres  fratelli». 
Quale  unico  esempio  dell'arte  Comacina  in  Sanseverino  si  ri- 
corda dal  Merzario  il  tempio  di  S.  Maria  del  Glorioso,  oggi  me- 
ritamente annoverato  fra  i  monumenti  nazionali  (i),  architettato 
da  M.*^  Rocco  vicentino  nel  iSig,  enon  già  nel  i52i  come  asse- 
risce lo  stesso  autore  a  pag.  3o5  (voi.  2.");  però  si  potrebbe  ag- 
giungere l'antichissima  chiesa  di  S.  Lorenzo  in  Doliolo  di  carat- 
tere basilicale,  edificata  innanzi  al  mille  e  deformata  qualche  se- 
colo  fa,  la  quale  ha  tre  navate,  un'  abside  ed  una  cripta,  la  volta 
a  crociera  nelle  navi  minori,  la  nave  maggiore  in  origine  a  sem- 
plice incavallatura  di  legname,  ora  sostituita  da  volta  di  tutto 
sesto,  grosse  colonne  cilindriche  a  divisione  delle  navate  con  ca- 
pitelli cubici  attualmente  coperti  da  un  rinfazzo  di  gesso;  la  chie- 
suola eremitica  di  5.  Eustachio  de  Domora  nella  stretta  gola  dei 
monti  di  Mambrica,  parte  scavata  nel  vivo  sasso  e  parte  costruita 
fra  rXI  ed  il  XIII  secolo;  V  antico  Duomo  con  belli  esempi  di 
architettura  romano-italica  o  lombarda,  recentemente  scoperti 
nel  Postico,  e  con  una  porticina  arco-acuta  decorata  da  colonnine 
cilindriche  in  marmo  e  da  cordoni  e  fregi  di  laterizio  a  fogliami; 
alcuni  capitelli  di  stile  lombardo-bizantino  nel  chiostro  annesso 
al  detto- antico  Duomo;  l'altra  porta  dello  stile  medesimo,  tutta 
in  laterizio  con  minutissimi  lavori  di  foglie,  frutta  ed  animali, 
nella  chiesa  di  5.  Maria  delle  Grafie;  e,  fra  le  costruzioni  tre- 
centistiche di  carattere  ogivale,  la  facciata  e  la  torre  del  menzio- 


(i)  Veggansi  per  questo  Tempio  le  Memorie  storiche  di  S.  Maria 
del  Glorioso  di  G.  Ranaldi  (Macerata,  Cortesi,  1837). 


1 


HI    SANSKVERINO-MARCHE    NEL    SECOLO    XV  323 

nato  Duomo,  ia  torre  di  S.  Lorenzo,  la  chiesuola  di  S.  Antonio 
di  Cesalonga, 

Anche  in  questi  edifizi  si  scorgerebbe  facilmente  l'azione  o 
l'influenza  dei  Comacini,  ossia  lombardi,  dal  X  al  XIV  secolo; 
come  si  scorgerebbe  anche  nell'esistenza  di  un'antichissima  Fra- 
ternità di  falegnami,  muratori  e  fornaciari  in  Sanseverino  la 
quale  nel  i3o8  avea  diritto,  colle  altre  Università  delle  arti,  alla 
elezione  del  Console  Municipale  (i). 

Il  Merzario  non  cita  la  fonte  da  cui  attinse  la  notizia  rela- 
tiva al  sepolcreto  dei  fratelli  Comacini,  già  esistente  nella  chiesa 


(i)  Nel  libro  delle  Riformanze  di  questo  Comune  per  gli  amii  dal 
^3o7  al  i3o8,  a.  e.  197^  sotto  il  22  maggio  di  detto  anno  i3o8  trovo  l' in- 
dicazione delle  arti  aventi  diritto  alla  nomina  del  Console  : 

—  "  In  primis  quod  de  mensibus  proxime  accessuris. 

:        1     Artes  Magistì'orum  lignaminis,   Miiraiorum  el  Fornachia- 


^  ^"^      .  (     riorum,  atte  sunt  in  ima  Fraternità,  habeant  Consulem  „  — 
"  Augusti   I 

€  nello  stesso  libro,  a  e.  122,  in  data  io  marzo  anno  suddetto,  trovo 
che  "  Magister  Ugolinus  Thomaxij  quondam  de  faventia  et  nimc  de  Sanato 
"  Severino,  prò  se  et  nomine  et  vice  infrascriptorum  hominum  de  Ma- 
"  gistri  lapidum....  sms  sotiis  „  chiedeva  un  compenso  per  aver  demo- 
lito la  torre  Canonica  in  Cingoli.  I  soci  di  M.°  Ugolino  sono  ivi  così 
nominati  : 


"  Nicolatis  Jacob  i  Murator  Raynerius  A  e  ti  Feste 

"  Magister  Franciscus  Petrus  Acti  Feste 

"  Angelus  Aresti  Franzonus  Murator 

"  yenturellus  Benvenuti  Acti  Magister  Jacobus  de  Moietinis 

"  Guadagnus  de  Fabbriano  Magister  Ugolinus  Venturelli 

"  Bartolutius  Bartolomei  Jamleti  Bertramus  Grimaldutij 

"  Benenutus  Magister  Johannes  Murator 

"  Guieri  Pretatami  Boniohannes  de  Carpignano 

"  Cagnus  Cosar  e  Ili  Guilielmus  Guarnionne 

"  Boniohann':s  Salimbene  Franciscus  de  Gallio 

Ora  non  è  assolutamente  esclusa  1'  origine  comaclna  o  lombarda 
di  quel  M."  Ugolino  di  Tommaso,  che  potè  esser  detto  già  di  Faenza 
dal  luogo  donde  venne  in  Sanseverino  anziché  da  quello  di  origine, 
<:ome  non  è  esclusa  per  alcuni  de'  suoi  compagni  e  specialmente  pel 
Beltramo  di  Grimalduccio. 


MV-vTIM     I»\     M!    l-o     I        \  KM  Hill    111     l.<)MliAUl>J 


Al  S.  Francesco;  ma,  quantunque  in  una  raccolta  delle  iscrizioni 
scttempedane,  fatta  da  D.  Bernardino  Crivelli  nel  decorso  secolo 
e  completata  da  Giuseppe  Ranaldi  nel  principio  del  secolo  vol- 
gente (ms.  Bibliotec.  Com.''^  di  Sanseverino),  non  si  trovi  regi- 
strata quella  sepolcrale  dei  Comacini  in  S.  Francesco,  debbo  ri- 
tenere esatta  la  notizia,  non  tanto  perchè  reca  indicazioni  precise 
del  sepolcreto,  quanto  perchè  realmente  numerosi  maestri  lom- 
bardi ebbero,  nei  secoli  scorsi,  la  loro  sede  in  Sanseverino,  come 
opinò  il  Merzario,  e,  per  conseguenza,  dovettero  avere  qui  anche 
la  sepoltura  in  comune. 

Fra  le  molteplici  notizie  che  da  vari  anni  vado  spigolando 
nei  documenti  dell'Archivio  Comunale  di  Sanseverino,  affidato 
alla  mia  custodia,  e  massime  nei  libri  delle  Riformanze  e  dei 
Camcrlingati  del  secolo  XV,  che  sono  le  fonti  più  copiose  per  la 
storia  artistica  ,  ne  trovo  parecchie  riferibili  ai  diversi  Maestri 
lombardi  o  Comacini  (muratori,  scalpellini,  carpentarii)  i  quali 
specialmente  nel  secolo  ora  menzionato,  si  stabilirono  in  questa, 
come  nelle  altre  città  e  terre  italiane,  e  vi  tennero  il  primato 
neir  arte  edilizia. 

Il  Bertolotti  nella  sua .  dotta  pubblicazione  sui  —  Maestri 
Lombardi  a  Roma  nei  secoli  XVj  XVI e  XVII  —  (Milano,  Hoe- 
pli,  1881)  giustamente  osservò  che  —  (<  ogni  più  piccola  emana- 
«  zione  dello  spirito  umano  merita  di  essere  studiata,  senza  il 
«  quale  studio  mai  si  potranno  stabilire  le  fondamenta  di  una 
{(  vera  storia  degli  artisti  »  —  ;  c[uindi  anche  questa  mia  raccolta 
di  memorie  e  di  documenti  sui  mastri  da  muro  e  architetti  lom- 
bardi in  Sanseverino,  per  quanto  disadorna,  potrà  servire,  se  non 
altro,  ad  utili  raffronti  colle  precedenti  pubblicazioni  e  con  quelle 
che  mi  auguro  vengano  in  luce  sullo  stesso  argomento. 


* 


La  serie  delle  mie  spigolature  s' inizia  con  due  pagamenti 
fatiti  «  Magistro  Xpoforo  Magistri  lacobi  de  Placentia  muratori  » 
per  ordine  del  magnifico   signore  Antonio  Smeducci,  uno  di  du- 


]N    SANSEVERINC-MARCHE    NEL    SECOLO    XV  827 

cati  19  e  soldi  27,  il  23  luglio  I4i5;  l'altro  di  ducati  2  il  14  feb- 
braio 1416.  (Carte  smeduccesche  —  lib.  entrate  e  spese  1413-16, 
-e.  147-178).  Il  Camerario,  cui  dovevano  premere  le  partite  sol- 
tanto e  non  1'  artista,  tralasciò  di  specificare  il  lavoro  eseguito 
da  M.°  Cristoforo  e  notò  soltanto  che  il  secondo  pagamento  si 
kce  «  ex  dono  »  dello  stesso  Smeducci.  Però,  avuto  riguardo  alla 
spesa  di  oltre  19  ducati  ed  al  dono  aggiuntovi  di  altri  due  du- 
cati, può  credersi  che  si  trattasse  di  un'  opera  di  qualche  entità, 
della  quale  il  signore  committente  si  trovò  pienamente  soddisfatto. 

Non  ho  altre  notizie  fino  al  1432  nel  quale  anno  ai  21  di 
marzo  risulta  presentata  al  Consiglio  Credenziale  una  supplica 
«  prò  parte  Magistri  Petri  de  Como  Miiratoris  »  nella  quale, 
esponendo  <-  quod  ipse  Magister  Petrus  intendit  et  vult  habitare 
«  in  dieta  terra  Sancti  Severini  et  sub  dominio  V.  M.  D.  et  huius 
«  Comunitatis  predicte  vivere  et  mori  una  cum  sua  familia.... 
<(  etiam  quod  ipse  est  homus  pauperus  ita  quod  non  habet  unde 
«  possit  aliquam  domum  prò  sua  habitatione  emere  »,  M."  Pietro 
chiedeva  che  il  Comune  gli  concedesse  una  casa  e  lo  esentasse, 
almeno  per  12  anni,  da  ogni  onere  e  gravezza  reale  e  personale. 
Offeriva  poi  «  se  paratum  servire  dicto  Comuni  et  aliis  homini- 
«  bus  diete  terre  iuxta  suum  posse  de  arte  sua  ». 

Il  Consiglio  deliberò  si  rescrivesse: 

—  «  Ex  Dominorum  Consulis  et  Priorum  ac  Concilii  Cre- 
«  dentie  deliberatione,  iuxta  reformationis  seriem  in  favorem  fo- 
«  rensium  terram  hanc  habitare  venientium  edite,  per  proximis 
«  futuris  decem  annis  exemptio  petita  conceditur.  Domus  vero 
«  concessio  Dominis  Consulis  et  Prioribus  presentis  et  futuris  vq- 
«  mictitur,  qui  quicquid  faciunt  ratum  habeatur  et  firmum.  Dat. 
«  in  palatio  solite  residentie  dictorum  Dominorum,  mccccxxxii, 
«  ind.  X  et  die  xxj  martij  ».  —  (Riformanze,  i43i-33,  e.  69  e  70). 

M.°  Pietro  non  si  tenne  pago  di  una  concessione  così  limi- 
tata perchè  il  9  giugno  dello  stesso  anno  1432  «  prò  parte  fide- 
«  lissimi  servitoris  Peiri  Jacobi  de  Como  provincie  lombardie  ma- 


328  .MASTKI     i>\     MLUU     i:    AHCHITKTTI     LOMBARDI 

u  gistri  lapidum '>  presentavasi  un'altra  supplica  al  Consiglio  di 
Credenza  nella  quale  si  esponeva  «  quod  ipse  (Magister  Petrus) 
«  est  involutus  certis  debitis  cum  quibusdam  forcnsibus  de  quibus 
«  timet  ne  ipsum  vocari  faciant  hic,  et  quod  ipse  pauperus  est  in 
«  superlativo  gradu  nec  valet  dieta  debita  satisfacere  de  presenti  » 
e  si  domandava  che  «  a  creditoribus  eius  forensibus  non  possit 
«  conveniri  in  dieta  terra  per  triennium  »,  insistendo  anche  nella 
richiesta  di  una  casa  per  abitazione. 

Dunque  Maestro  Pietro  di  Iacopo  da  Como  veniva  qua  nella 
speranza  di  guadagnare  tanto  da  vivere  colla  famiglia  e  da  pa- 
gare i  debiti  contratti  nelle  precedenti  peregrinazioni;  però  quella 
sua  povertà  superlativa  dovette  sembrare  al  Consiglio  un  po' esa- 
gerata mentre  su  tale  seconda  istanza  fu  ordinato  il  rescritto: 

«  Consul  Artium,  etc...  Dictam  supplicationem,  benignis  per 
«  quantum  possumus  favoribus  prosequentes,  eundem  per  duos 
«  annos  proximos  futuros,  quantum  in  Comuni  arbitrio  sit,  a  dic- 
«  tis  creditoribus  in  nostro  territorio  assecuramus;  circa  aliam 
«  vero  partem,  alias  in  alia  inde  facta  petitione  responsum  exi- 
«  stisse  meminemus.  Dat.  in  palatio,  etc...  anno  domini  mccccxxxi)^ 
«  ind.  X,  et  die  viiij  mensis  junij  ».  —  (Rifornì.,  voi.  cit.,  e.  127)» 

Trovo  poi  che  nel  giugno  1484  era  qui  un  M.°  Giorgio,  altro 
muratore  comasco  forse  figliuolo  del  M.  Pietro  sopra  nominato, 
al  quale  il  Comune  aveva  appaltato  la  ricostruzione  di  un  tratto 
delle  mura  presso  la  Boccetta  (oggi  Porta  Farina)  : 

1434 giugno.  —  «  Mastro    Giorgio   da    Como  muratore  rece- 

«  vecte  una  bollecta  per  parte  de  lo  cottemo  dello  muro  della 
«  boccetta,  una  soma  de  grano  p.  libr.  vj  ».  —  (Camerlingato^ 
1429-34,  e.  96). 

Poco  appresso,  insieme  allo  stesso  M.°  Giorgio,  altri  Mae- 
stri lombardi  erano  impiegati  a  risarcire  le  mura  castellane,  a 
restaurare  pubblici    edifizi,   a    trasportare    macerie,   cavar  pietra. 


1 


IN    SANSEVERINO-MARCHE    NEL    SECOLO    XV  320 

cuocer  calce  ecc  ;  né  si  giudichi  da  siffatti  lavori  il  merito  degli 
artisti,  perchè  questi,  nei  secoli  passati,  non  isdegnavano  di  occu- 
parsi anche  in  opere  di  poca  entità.  Il  continuo  lavoro  del  mu- 
ratore e  dello  scalpellino  pel  progresso  continuo  creava  V  archi- 
tetto, r  ingegnere,  lo  scultore  ;  di  guisa  che,  siccome  notò  il  Ber- 
tolotti  (opera  citata)  «  sotto  l'umile  qualifica  di  Mastro  muratore, 
«  Mastro  Carpentarius,  Mastro  scalpellino  si  nascondevano  quasi 
«sempre  eccellenti  architetti,  ingegneri,  scultori». 

Ecco  intanto  le  partite  riferibili  agli  accennati  lavori: 

1439.  12  novembre.  —  «  Magistro  lohanni  Leonis  de  Como,  Car- 
V  pentario  »  —  pagamento  di  un  ducato  per  riparazioni  ese- 
guite nel  palazzo  di  residenza  dei  signori  Console  e  Priori. 
(Camerling.,   1439-41,  e.  3). 

1440.  9  aprile.  —  «  Magistro  Biasio  lombardo^  cum  duobus  so- 
«  tiis  »  —  pagamento  di  sei  bolognini  per  avere  costruito  un 
tratto  delle  mura  morte  presso  la  chiesa  di  S.  Mariano,  oggi 
S.  Caterina  (ibid.,  e.  21). 

22  settembre.  —   «  Magistro    Georgio    lombardo,    Carpen- 

«  tarlo  »  —  tre  lire  per  aver  rimosso  dalla  casa  della  custo- 
dia le  tegole  e  i  legnami  serviti  per  coprire  la  Porta  di  S.  Lo- 
renzo, oggi  Porta  Romana,  e  la  casa  dei  Molini  pubblici 
(ibid.,  e.  44). 

12  ottobre.  Al  suddetto,  lire  io  per  rimozione  delle  macerie 

del  soffitto,  due  volte  ruinato,  nella  camera  del  Podestà,  ed 
altre  6  per  demolizione  di  un  muro  nella  casa  della  custodia, 
a  fine  di  adoperare  le  pietre  nella  costruzione  delle  mura 
presso  S.  Mariano  (ibid.,  e.  46). 

3i  ottobre.    Al    suddetto,    lire  34,   e  denari  4,  per  parte  di 

pagamento  delle  mura  di  cui  sopra  (ibid.,  e.  47). 

1445.  22  dicembre.  —  «  Magistro  Laurentio  lombardo  et  Angelo 
«  de  Matelica  »  —  bolognini  20,  per  quattro  giorni  di  lavoro 
impiegati  a  fare  la  scala,  riattare  le  porte,  le  finestre  e  la 
lettiera  nella  camera  del  Socio  Milite  sopra  le  carceri. —  (Ca- 
merling., 1445-46,  e.  57). 


3?0  MASTRI    DA    MURO    E    ARCHITETTI    LOMBARDI 

144?.  3i  dicembre.--  ^^  Magistro  Guiglielmo  lombardo  »  una  soma 
di  grano,  del  valore  di  lire  12,  pel  cottimo  di  un  calcinino 
(ibid.,  e.  39). 

1446.  3  gennaro.  —  «  Albino  lombardo  Magistro  nuperrime  con- 
ce ducto  per  superstitcs  murorum,  prò  uno  mense  incepto  ho- 
«  die  et  ut  sequitur  iìmcrìdo,  ciim  diiobus  famulis  sh'e  sotiis, 
«  cum  salario  octo  tloreni  prò  singulo  mense,  ad  evellendum 
«  lapides  prò  fundamentis  murorum  comunis  »,  mezza  soma 
di  grano  (ibid.,  e.  63). 

3i  gennaro.  Al  suddetto,  lire  20  a  saldo  e.  s.  (ibid.,  e.  65). 

11  22  agosto    1449  venivano  presentate   al  Consiglio  Creden- 
ziale queste  due  istanze: 

«  V.  M.  D. 

«  Supplicasi  humilmente  per  parte  de  Corto  et  Giiasparri  lom- 
«  bardi  habitatori  della  terra  de  Sancto  Severino  fidelissimi  ser- 
«  vidori  de  questa  Comunità  dicenti  et  exponenti  comò  ipsi  sup- 
«  plicanti  de  questi  dì  passati,  forse  due  mesi  e.  comperarono  una 
«vigna  dallo  Grasso  per  prezzo  d'octo  fiorini;  et  come  persone 
«  forestieri  et  ignoranti  delli  statuti  di  questa  terra  non  hanno 
«  pagata  licentia,  per  la  qualcosa  sono  stati  accusati  al  podestà 
«  et  sono  costretti  ad  pagare  secondo  la  forma  delli  statuti  pre- 
«  dicti.  Onde  li  dicti  supplicanti  ricorrono  alli  pie  delle  V.  M.  S. 
«  si  degni  per  amore  di  dio,  considerato  che  sono  poveri  huomini 
«  et  hanno  volontà  de  vivere  et  morire  in  questa  terra,  della  dieta 
<c  pena  farli  quella  gratia  che  alle  V.  M.  D.  pare,  considerata  la 
«  dieta  ignorantia.  Et  questa  la  dimandano  alloro  essere  facta  per 
«  amore  de  Dio  et  de  gratia  spetiale  dalle  V.  M.  S.  le  quali  idio 
«sempre  la  cresca  et  conserve  de  bene  in  meglo);. 

«  V.  M.  S. 
«  Supplicasi  humilmente  per  parte  di  Maestro  Giovanni  lombardo 
«  fidelissimo  servitore  de  questa  Comunità  il  quale  dice  et  expone 
«  essere  venuto  in  questa  terra  per  habitare   et  vivere   et  morire 
«  una  coglaltri  huomini  di  questa  terra,  et  acci  tolto  mogie  cioè 


IN    SANSEVERINO-MARCHE    NEL    SECOLO    XV  33 1 

tu  quella  che  fu  di  Giovanni  di  Bocconcello,  et  havendo  tolta  la 
«  dieta  donna  non  sapendo  li  bisognasse  pagare  licentia  ne  altro 
«  delli  beni  della  dieta  donna,  è  stato  accusato  che  non  ha  pa- 
ce gato  la  dieta  licentia  et  costretto  dal  Podestà  a  pagare  cinquanta 
«  lire  secondo  la  forma  delli  statuti  di  questa  terra.  Per  la  qual- 
«  cosa  il  dicto  supplicante  ricorre  allipiè  delle  prefate  V.  M.  D. 
«  si  degni  haverlo  per  raccomandato,  considerato  luj  essere  fore- 
c:  stiero  e  non  sappiendo  li  ordini  di  questa  terra  è  stata  leggiera 
«  cosa  errare,  et  prega  per  Dio  farseli  gratia  della  dieta  pena  la 
«  quale  bisognando  pagarla  prima  sanderia  con  Dio  che  li  pos- 
«  sesse  pagare;  et  questo  lo  domanda  di  gratia  singularissima  alle 
«  V.  M.  S.  le  quali  idio  sempre  le  governi  de  bene  in  meglo  ».  — 

Sulle  quali  istanze  il  Consiglio  deliberò  di  condonare  la  parte 
delle  multe  spettante  al  Comune.  (Voi.  Riformanze,  1448-40,  e.  i32 
e  i33). 

Ciò  attesta  che,  alla  metà  del  secolo  XV,  varie  famiglie  di 
Maestri  lombardi  avevano  fissato  la  loro  sede  in  Sanseverino  tro- 
vandovi tranquillità,  abbondanza  e  lavoro. 

I  due  lombardi  Corto  e  Gaspare  erano  certamente  maestri 
muratori  e  quel  M.°  Giovanni,  che  da  poco  avea  tolto  moglie 
ed  ignorava  ancora  le  leggi  e  le  usanze  di  qui,  mi  sembra  di- 
verso dall'  altro  M."  Giovanni  di  Leone  da  Como  ricordato  sotto 
Tanno  1439.  Il  M.°  Albino  poi,  che  fu  impiegato  nel  gennaro  1446 
a  cavar  pietre  per  le  mura  castellane,  era  comasco  e  figliuolo  di 
Donato,  come  si  rileva  dai  seguenti  contratti  con  lui  stipolati  per 
la  costruzione  di  due  archi  presso  la  chiesa  della  Misericordia  e 
per  la  ricostruzione  del  ponte  di  Sanseverino  presso  il  Borgo  di 
Fontenuova. 

1449  —  //  dicembre, 

—  «  Nicolaus  Lodovici  et  Consedente  Severini  superstites  mu- 

a  rorum  Comunis  diete  terre  Sancti  Severini,   in  sala  palatii  so- 

«  lite  residentie  Magnificorum    dominorum    Consulis  et  Priorum 

«  existentes,  dederunt  ad  coptimum   Magistro  Albino  Donati  de 

Arch.  Stor.  Lomb.  —  Anno  XXVII  —  Fase.  XXVI.  aa 


332  MVSTKI    I>A    Mino    j;    AHCHITKTTI    LOMBARDI 


»)  Como  duos  arcus  Comunis  iuxta  Misericordiam,  cum  hoc  pacto 
«  quod  dictus  Albinus  teneatur  faccrc  murorum  supra  dictos  ar- 
u  cus  et  ponere  tectum  aut  ad  cannas  striatas  aut  ad  correntes 
M  ad  illa  temperie  ecclesie  predicte  Misericordie  et  Comune  te- 
«  neatur  dare  dicto  Magistro  Albino  presenti,  audienti  et  accep- 
«  tanti  omncs  ferramentum;  et  dictus  Albinus  predicta  tacere  pro- 
«  misit  suis  sumptibus  et  prò  pretio  quinque  ducatorum  ad  ra- 
«  tionem  XL  bonon.  prò  quolibet  ducato  et  unius  salme  grani  ». 

1450  —  2  febbraro. 
—  «  Magnifici  Domini  Consul  et  Priores  terre  Sancci  Seve- 
«  rini  in  sala  commensali  palati)'  eorum  solite  residentie  existentes, 
«  mediantibus  Nicolao  Lodovici  et  Consedente  Beverini,  accoptu- 
((  maverunt  et  dederunt  ad  coctimum  Magistro  Albino  Donati  de 
«  Como  lombardo  presenti,  intelligenti  et  acceptanti,  Pontem  Sancti 
«  Severini  cum  hic  pactis  videlicet,  quod  dictus  Albinus  teneatur 
«  diruere  seu  sublamare  totum  illud  quod  est  factum  et  degua- 
(f  statum  de  dicto  Ponte  usque  ad  primum  filum  lapidum  gros- 
se sorum  preter  arcum  et  denuum  reficere,  ac  etiam  debeat  remu- 
«  rare  totum  vacum  pontis  et  matonare  dictum  pontem  ad  can- 
«  tum  per  cultellum  et  facere  parapectum  ad  libitum  et  benepla- 
«  citum  Comunis  et  inclavare  dictum.  pontem  etiam  ad  libitum 
«  Comunis,  quod  Comune  teneatur  dare  dicto  Albino  omne  for- 
«  nimentum,  et  hoc  prò  pretio  viginti  florenorum  ad  ration.  XL 
«  bonon.  prò  quolibet  floreno  ».  —  (Lib.  Riform.  1449-50,  e.  7  e  24). 

Abbiamo   anche   due   partite   di   spesa  relative  alle   opere  di 
cui  sopra  : 

1449 dicembre.  —  «  Magistro  Albino  Donati  lombardo  mura- 
ci tori  »   una  soma  di  grano.  —  CamerL,  1449-50,  e.  57). 
1450 marzo.  Al  suddetto,  altra  soma  di  grano  e.  s.(ibid.,  e.  73). 

I  due  archi  presso    la    Misericordia    erano    indubbiamente 
quelli  che  formavano    l'antica    Loggia   in  cui   trattavaiisi  gli  af- 


IN    SANSEVERINO-MARCHE    NEL    SECOLO    XV  ?33 

fari  pubblici  e  dove  adunavasi  alcune  volte  il  Consiglio  Comu- 
nale. La  detta  Loggia,  corrispondente  sotto  la  casa  già  della  mia 
famiglia,  oggi  degli  eredi  Caccialupi-Olivieri,  esistette  fino  al  prin- 
cipio di  questo  secolo  e  venne  fatta  chiudere  precisamente  Tanno 
1801  da  Luigi  Aleandri  mio  bisavolo  con  autorizzazione  del  Con- 
siglio (vedi  decreti  concil.,  1796-1801,  e.  85). 

Il  Ponte  di  S.  Severino,  ad  un  solo  grande  arco,  alto  m.  18 
e  lungo  m.  20,  è  antichissimo  e  viene  ricordato  in  documenti  de- 
gli anni  1197  e  1198.  Fu  restaurato  nel  i3o8  e  ricostruito  nel  1404 
al  tempo  del  magnifico  signore  Onofrio  Smeducci,  come  si  leg- 
geva nella  seguente  iscrizione  a  caratteri  gotici  che  venne  poi 
abrasa  : 

ANNO  •  DOMINI  *  MCCCCIIII  '  TENPORE  *  SS  *  DNI  * 
INNOCENTII  •  PAPE  *  VII  *  ET  *  MAG  *  DNI  *  HONVFRII  * 
COLIE  •  SMIDVTII  *  PRO  *  S  *  ROM  *  ECCLESIA 
VICARI!  *  GENERALIS  *  TERRE  *  SANCTI  .  SEVERINI  * 
ET  •  DISTRICTVS  *  HIC  *  PONS  *  CONSTRVCTVS  *  EST 

Per  il  lavoro  degli  archi  e  più  per  quello  del  Ponte,  dove  il 
già  fatto  dovevasi  demolire  fino  alla  prima  fila  delle  pietre  grosse, 
cioè  per  tutta  l'elevazione,  occorreva  sicuramente  l'opera  di  un'a- 
bile artista,  e  tale  dovette  essere  M.°  Albino  quantunque  mode- 
stamente qualificato  muratore.  Egli  costruì  senza  dubbio  anche 
r  Edicola  che  tutt'ora  esiste  a  capo  del  Ponte  di  S.  Severino  verso 
il  Borgo  di  Fontenuova,  la  quale  pure  nel  secolo  XVII  era  detta 
la  pittura  di  Maestro  Albino  (i).  Vi  è  dipinta  a  fresco  una  Ma- 
donna che  si  attribuisce  al  sanseverinate  Giacomo  di  Salimbene, 
quello  stesso  che  nel  141 6  dipinse  col  fratello  Lorenzo  l'oratorio 
di  S.  Giovanni  in  Urbino;  e  se  tale  attribuzione  non  è  errata  se 
ne  dedurrebbe  che  il  minore  dei  fratelli  Salimbeni  visse  oltre  i 
70  anni. 


(i)  Voi.  Riformanze,  1618-21,  e.  97. 


334  MASTRI    DA    MURO    E    ARCHITETTI    LOMBARDI 

Continuando  nelle  ricerche  trovo  una  partita  di  entrata  co- 
munale riferibile  al  M."  Giovanni  lombardo  sopra  nominato  e 
ad  un  altro  muratore  Comacino  col  quale  ebbe  questione: 

1450 marzo.  —  «  Magistro  Johanne  lombardo  habitatorc  terre 

«  Sancti  Beverini  prò  malefìtio  per  eum  commisso  contra  Bel- 
ìi tramutìi  muratorem  de  Como  habitatorem  terre  Sancti  Se- 
«  verini  »,  il  Camerario  riceve  lire  2  e  soldi  8  per  multa.  — 
(Camerl.,  1449-50,  e.  71). 

Sotto  il  27  giugno  1451  è  registrato  il  cottimo  con  M.""  Al- 
bino dì  Donato  per  ricostruire  «  uno  pezo  di  muro  rupto  posto 
«  infra  lo  torrone  de  Sancto  Salvatore  et  lu  portu  de  Sancto  Lo- 
ft renzo  ».  Il  Comune  doveva  dare  e  far  trasportare  sul  luogo 
pietra,  calce,  rena  e  legname  per  l'armatura;  il  prezzo  convenuto 
era  di  lire  10  per  ogni  canna  di  muro  della  grossezza  di  due  piedi; 
lo  scavo  dei  fondamenti  fino  a  quattro  piedi  sotto  il  piano  stra- 
dale stava  a  carico  di  M."  Albino,  occorrendo  approfondirlo  mag- 
giormente il  Comune  dovea  pagare  l'aumento  di  spesa.  Esistendo 
poi  una  riformanza  del  14  giugno  la  quale  prescriveva  che  i  la- 
vori delle  mura  castellane  non  potessero  interrompersi  fino  al 
loro  compimento,  pena  la  multa  di  5  fiorini,  M.**  Albino  veniva 
anche  esonerato  dall'osservanza  di  tale  prescrizione.  —  (Rifor- 
manze,   1451-52,  e.  8). 

Dal  libro  dei  processi  criminali  («  maleficiorum  »)  dell'anno 
1452  rilevo  il  nome  di  un  altro  lombardo,  probabilmente  mura- 
tore: —  «  Villanum  Jaccomini  de  Lombardia  habitatorem  terre 
cv  Sancti  Severini  »  —  condannato  il  19  giugno  di  detto  anno  al- 
l'ammenda  di  lire  5  e  soldi  12  per  avere  percosso  in  faccia  «  cum 
«  sanguinis  effusione  »,  certo  Antonello  di  Domenico  di  Giovanni 
da  Sanseverino.  —  (Lib.  Malefic,  an.  sud.,  e.   102). 

Merita  di  essere  qui  riportato  un  altro  contratto  col  M."  Al- 
bino di  Donato  da  Como  per  il  restauro  della  Porta  di  S.  Fran- 
cesco. 


IN    SANSEVERINO-MARCHE    NEL    SECOLO    XV  335 


1453  —  IO  agosto, 

—  «  Infrascripta  sunt  capitala  et  pacta  inita  et  facta  inter 
«  magnificos  dominos  Consulem  et  Priores  terre  Sancti  Severini 
«  existentes  in  Cancellaria  Comunis  Sancti  Severini,  cum  pre- 
«  sentia,  auctoritate  et  voluntate  ser  Antonij  Petri  unus  ex  su- 
«  perstitibus  super  fabrica  murorum  dicti  Comunis  cum  voce  et 
«  licentia,  ut  dixit,  ac  voluntate  aliorum  suorum  sotiorum  su- 
«  perstitum,  ex  una  parte  et  Magistrum  Albinum  Donati  lom- 
«  bardum  muratorem  et  habitatorem  terre  Sancti  Severini,  ex 
«  alia  parte,  de  fabrica  et  reformatione  hedifitii  porte  et  turronis 
«porte  Sancti  Francisci  videlicet  quia: 

«  Idem  Magister  Albinus  promixit  murare  et  fabricare,  bono 
«  et  perfecto  ope  et  laborerio,  sua  magistria,  labore  et  reparatione, 
«  dictam  portam  videlicet  partem  eius  ruinatam  et  que  minatur 
«  ruinam,  cumi  scarpis  in  spallectis  ipsius  a  parte  exteriori,  et  di- 
«  ruynare  et  exonerare  totum  hedifitium  fractum  et  quod  mi- 
«  natur  ruinam,  et  fodere  et  cavari  facere  fundamenta  opportuna 
«  funditus  usquc  in  vij  pedibus  inclusive,  amplitudinis  ad  volun- 
«  tatem  superstantium;  et  si  minus  funditus  reperiatur  fundamen- 
«  tum  firmum  diminuatur  prò  rata  pretium  coptumi  et  si  magis 
«  et  ultra  septem  ped.  foret  necesse  fundare,  ut  sit  firmum  fun- 
<(  damentum,  fiat  illud  plus  cavationis  expensis  Comunis  et  non 
«  intelligatur  in  coptumo.  Et  promisit  totum  laborerium  neces- 
«  sarium  in  dieta  porta  facere  ad  sensum  et  voluntatem  super- 
«  stantium  prò  coptumo  et  pretio  decem  librarum  denariorum 
«  prò  qualibct  canna  muri  comunis  duorum  pedum  grossitudinis 
«  et  xvj  pedum  amplitudinis.  Et  in  hoc  teneatur  facere  portam 
«  saracenescam  seu  scarcatoriam  de  cantis  a  parte  exteriori  et  fa- 
«  cere  duas  voltas  cum  quatuor  plombatoriis  super  portam  et  cum 
«  arcis  et  aliis  neccssariis  ad  voluntatem  dictorum  supertitum. 
«  Et  promisit  smaltare  totam  maltam  necessariam  prò  dicto  la- 
«  borerio  et  rabboccare  et  pulcrum  et  utilem  facere  iuxta  posse 
«  et  secundum  iudicium  cuiuslibet  Magistri  intelligentis,  et  cm- 
«  nibus  suis  sumptibus  et  expensis  et  omni  suo  resico,  periculo  et 


336  MASIHI     1>A     MI  i-o    1.     AHl.UllLTTl     LOMBAUl;! 

"  fortuna;  si  non  bene    fabricaverit   de  omni  damno  et  interesse 
«  dicti  Comunis  stando. 

«  Et  Comune  sibi  teneatur  solvere  ad  dictam  rationem  x  li- 
«  brarum  procannam,  sccundum  laborerium  quod  fecerit,  prò  rata 
«  de  mense  in  menscm,  et  dare  et  portari  facere  ad  pedem  dicti 
«  laborerii  omnia  necessaria  videlicet  calcina,  arena,  lapides,  can- 
«  tos,  aquas,  ferrum,  lignamina,  armaturas  et  alia  omnia  actra- 
«  menta  opportuna  expensis  ipsius  Comunis.  Et  super  toto  dicto 
«  coptumo  dare  sibi  mediam  salmam  grani  ultra  dictum  pretium 
«  pecuniarium.  Actum  in  Cancellaria  Comunis  presentibus  Far- 
ce teguelfa  et  Marino  Alegrini  de  Sancto  Severino  testibus  ».  — 
(Voi.  Rifornì.,   1453-56,  e.  58). 

La' Porta  di  S.  Francesco  esiste  tutt'ora  ma  ridotta  in  cat- 
tive condizioni  statiche;  vi  si  notano  le  scarpate  nelle  spallette 
esteriori  ed  anche  il  taglio  nella  vòlta  ed  i  canali  nelle  pareti 
interne  per  lo  scarico  della  saracinesca. 

Intanto  continuavano  alacremente  i  lavori  di  restauro  alle 
mura  castellane  ed  ai  diversi  fortilizi  del  Comune,  e  vi  erano  oc- 
cupati parecchi  Maestri  lombardi. 

Il  28  settembre  dello  stesso  anno  1453  «  Magister  Andreas 
«  Milanensis  murator,  personaliter  constitutus  coram  prenomina- 
«  tis  Magnificis  Dominis  Consule  et  Prioribus,  sponte  promixit  et 
«  se  convenit  murare  et  fabricare  murum  Comunis  Castri  Collis 
'  «  Lucis  districtus  Sancti  Severini  qui  nunc  minatur  ruinam,  quem 
«  ipse  vidit  et  prout  sibi  ordinaverunt  Massarii  dicti  Castri ,  et 
«  ipsum  murum  vetus  primo  ruinare  et  demum  in  forma  bona 
«  et  utile  atque  perfecta  reficere  et  fabricare  suo  resico,  periculo 
«  et  fortuna  de  bona  magistria  et  bono  fundamento  ».  Fu  stabi- 
lito il  prezzo  di  lire  9  per  ogni  canna  di  muro,  con  che  gli  uo- 
mini del  Castello  di  Colleluce  fornissero  il  necessario  alla  fab- 
brica ed  aiutassero  M.°  Andrea  nella  demolizione  del  muro  vec- 
chio in  un  giorno  festivo  (voi.  citato,  e.  70). 

Il  28  ottobre  successivo  M.°  Beltramo  lombardo,  muratore 
abitante  in  Sanseverino    (forse  quello  stesso   Comacino  ricordato 


IN    SANSEVERINO'xMARCHE    NEL    SECOLO    XV 


337 


sotto  l'anno  i45o)  prometteva  al  Console  ed  ai  Priori,  «prò  se 
«et  suis  sotiis»,  di  ricostruire  la  parete  inferiore  della  casa  del 
postribolo,  colle  solite  condizioni  e  per  il  prezzo  di  lire  9  alla 
canna  (ibid.,  e.  77). 

Figliuoli  di  quel  M."  Guglielmo  lombardo,  precedentemente 
nominato  air  anno  1445,  dovettero  essere  «  Ubaldinus  et  Atigu- 
i<  stiniis  Guiglielmi  de  Como  lombàì^die  muratores  »  i  quali  con 
atto  del  4  febbraro  1454  «  se  sponte  promixerunt  cum  eorum 
«  personis  servire  dicto  Comuni  Sancti  Severini  de  eorum  arte 
«  et  in  omni  ministerio  dicto  Comuni  opportuno,  circa  fabri- 
«  Cam  murorum  et  reparationem  hedificiorum  et  rerum  dictì 
«  Comunis  et  circa  cavationem  et  ruinationem  lapidum  de  fun- 
«  damentis  et  aliis  locis  opportunis  et  circa  omnia  eis  possibilia 
«  de  dicto  ministerio,  recopriendo  domos  et  alia  faciendo  prout 
«  dicto  Comuni  fuerit  opportunum,  uno  anno  continuo  proxime 
<:  futuro  incipiendo  die  crastina  et  ut  sequitur  fìniendo,  exceptis 
«  diebus  pasqualibus,  dominicalibus,  festivitatum  Sancte  Marie  et 
«  omnium  apostolorum  et  angelorum  »  colla  mercede  di  quattro 
fiorini  e  sei  bolognini  ambedue  per  ciascun  mese  ;  come  pure  «  Al- 
«  bertus  germanus  predictorum  Uh  aldini  et  Augustini  »  che  simil- 
mente «  conduxit  se  cum  dicto  Comuni  cum  dictis  pactis  factis 
«  cum  superstitibus  et  prò  rata  dicti  salarli  ad  serviendum  prò 
«dicto  tempore,  et  incepit  die  xv  aprilis  1454»  (voi.  cit.,  e.   119). 

In  data  del  12  novembre  stesso  anno  1454  i  soprastanti  alla 
fabbrica  delle  mura  stipolarono  con  «  Magistriim  Tìiomam  Ra- 
»fanini  lombardum  muratorem  »  un  altro  appalto  per  la  costru- 
zione dei  parapetti  e  dei  merli  sopra  i  nuovi  torrioni  di  S.  Ca- 
terina, Porta  S.  Francesco  e  Porta  della  Valle,  non  che  sopra  le 
mura,  pure  da  farsi,  fino  al  torrione  di  S.  Nicolò,  per  il  prezzo 
di  25  bolognini  ogni  canna  ài  muratura,  7  bolognini  ogni  canna 
di  mattonato  a  coltello  e  2  fiorini  ogni  canna  di  mura  nuove, 
ornendo  il  Comune  quanto  era  necessario  (ibid.,  e.  23o). 

Nell'anno  seguente  1455  ai  27  di  marzo  «  Magister  Bertus 
«  Andrioli  de  Como  provincia  lombardie  murator  »  ebbe  in  ap- 
palto la  costruzione  di  due   nuovi  torrioni,    uno  presso  la  porta 


.,..^,  MASTKl    IJA     iMl   KU    L    AKCIIJILIII     LUMI'.AHUl 

del  Bottaccio,  V  altro  fra  la  porta  Boccetta  e  il  torrione  «  chioc- 
cine  V  perii  prezzo  di  io  lire  ogni  canna  di  muro  lungo  12  piedi 
e  largo  6;  ebbe  similmente  il  cottimo  per  comporre  e  cuocere  un 
calcinaro  colla  mercede  di  nove  fiorini,  restando  il  combustibile 
a  carico  del  Comune  (Riform.,  1455-58,  e.  9). 

Addì  23  giugno  dell'  anno  medesimo  «  Magister  Bartholo- 
«  meus  de  Dilancionem  (Bcllinzona)  et  Magister  Petrus  de  Como 
ii  Provincie  lombardie  »  ebbero  in  appalto  la  ricostruzione  di  parte 
delle  mura  del  Castello  di  Serralta  dal  torrione  S.  Angelo  allo 
spigolo  della  chiesa  di  S.  Apollinare,  facendo  quivi  una  torricella 
o  guardiola.  Fu  convenuto  il  prezzo  di  lire  9  per  ogni  canna  di 
muro  grosso  due  piedi  (ibid.,  e.  29). 

Il  21  dicembre  1456  Tommaso  Sassolini  e  Luca  Sernuti,  de- 
putati alla  fabbrica  della  casa  per  la  scuola  e  l'abitazione  del 
Maestro  di  grammatica,  appaltavano  i  lavori  relativi  «  Magistro 
«  Georgio  de   Varese  provincie  lombardie  »  (ibid.,  e.  3 12). 

Con  successivi  contratti  del  i."e  23  ottobre  1437  M.°  Andrea 
da  Milano,  dianzi  ricordato,  obbligavasi  a  costruire  il  muro  con 
scarpa  ed  il  rivellino  presso  Porta  S.  Francesco  accanto  al  pa- 
lazzo del  dormitorio  ed  il  23  novembre  susseguente  «  Magister 
«  Petrus  Fidelis  de  Como  »,  quello  stesso  poco  prima  nominato, 
promise  di  eseguire  altri  lavori  nel  Castello  di  Serralta,  compreso 
il  rivellino  dinanzi  alla  porta  (ibid.,  e.  257,  265  e  272). 

Il  28  marzo  1458  M.°  Tommaso  di  Rafanino,  il  quale  era 
«  de  Axo  Comitatus  Mediolani  »  stipole  coi  soprastanti  alla  fab- 
brica delle  mura  V  appalto  per  demolire  e  ricostruire  il  torrione 
dietro  la  casa  di  Malatesta,  coi  soliti  patti  e  mediante  il  com- 
penso di  nove  lire  e  mezza  per  ogni  canna  di  murato  (Rifor- 
manze,   1458-59,  e.  20). 

Avveniva  allora  il  rinnovamento  di  quasi  tutte  le  opere  di 
fortificazione  tanto  nel  Castello  di  Sanseverino,  quanto  nel  vasto 
suo  territorio;  ecco  di  fatti  altre  partite  di  spese  riflettenti  nella 
maggior  parte  quei  lavori,  ed  ecco  altri  nomi  di  maestri  lombardi. 

1459 marzo.  A  M.°  Giovanni  lombardo,  per  aver  fatto  il  ri- 
vellino nel  Castello  di  Colleluce,  un  fiorino. 


IN    SANSEVERINO-MARCHE    NEL    SECOLO    XV  339 

1459.  A  M."  Berto  di  Andreolo  da  Como  per  un  calcinaro,  fio- 
rini 8  e  bolognini  20. 

Al  suddetto  per  restauro  nel  Palazzo  Consolare,  20  bolognini. 

Al  suddetto  per  cavazione  di  pietra  pel  torrione  di  S.  Ma- 
riano e  per  avere  rimurato  e  mattonato  il  Recessore  dei  Mo- 
lini  di  Cesalonga,   20    bolognini   (Camerl.,  1459-62,  e.  5  e  6). 

....  aprile.  —  «  Magistro    Stefano    Antoni]   lombardo  »    per 

cottimo  del  torrione  di  S.  Michele,  una  soma  di  grano  valu- 
tata  IO  bolognini  (ivi,  e.  11). 

....  maggio.  —  Al  suddetto  M.°  Stefano  di  Antonio  «  de  Me- 

K  diolano  »  altra  soma  di  grano  e.  s.  (ibid.,  e.  19). 

....  giugno.  —  Allo  stesso    pei    lavori  del    detto  torrione  di 

S.  Michele  situato  «  propc  domum  Malateste  »  fiorini  22,  bo- 
lognini 2  e  denari  20  (ibid.,  e.  27). 

luglio.  —  A  M.°  Berto  di  Andreolo  per  due  speroni  fatti  nella 

fontana  delle  sette  cannelle  e  per  ricostruzione  del  ponte  alla 
Porta  di  S.  Maria  del  mercato,  fiorini  3  e  boi.  20  (ibid.,  e.  34). 

....  agosto.  —  «  Magistro  Petro  Fidelis  et  Magistro  Cristo- 

i^foro  lombardis,  prò  duodecim  operibus  datis  ad  carpiendum 
«  lapides  prò  elusa  molendinorum,  videlicet  sex  magistri  ad 
«  rationem  bonon.  quatuor:  in  totum  fior,  i  et  bon.  14» 
(ibid.,  e.  42). 

Tralascio  altri  pagamenti  per  i  lavori  delle  mura  e  del  tor- 
rione di.  S:  Mariano,  del  torrione  di  S.  Michele,  della  Cancelleria 
vecchia,  della  Chiusa  del  Molino,  del  Ponte  delle  Folle,  ecc.,  fatti 
ai  Maestri  Stefano  d'Antonio  e  Berto  di  Andreolo  ;  noto  soltanto 
che  quest'ultimo  il  4 settembre  1459  fece  contratto  coi  soprastanti 
comunali  per  rifare  i  barbacani,  beccatelli,  parapetti,  merli  e  quanto 
altro  occorresse  nel  fortilizio  di  Carpignano,  pattuendo  il  prezzo 
di  due  fiorini  per  ogni  canna  di  murato  (Riform.,  1458-59,  e.  168). 
Proseguendo  nello  spoglio  dei  Camerlingati  rilevo: 

1459 settembre.  —  «  Magistro  Antonio  Simonis  lombardo  mu- 

«  ratori  »  per  lavori  alla  Chiusa  del  vallato,  boi.  20.  —  (Ca- 
merlingato,  1459-62,  e.  48). 


340  MASTRI    DA    MI  RO    E    ARCHITETTI    LOMBARDI 

1439 dicembre.  —   A  M.°   Pietro   di   Fedele   per   aver  fatto  i 

parapetti  ed  i  merli  nel  castello  di  Pitino,  fiorini  4,  boi.  26, 
den.   14  (ibid.,  e.  73). 

1460 gennaro.  —  «  Magistro  Antonio   Jacobi  de   Cumis  lom- 

«  bardo  muratori  »  per  il  cottimo  del  torrione  di  S.  Maria 
dì  maggio  dietro  la  casa  di  Ser  Giuliano  Sernuti,  una  soma 
di  grano  che  vale  un  fiorino  (ibid.,  e.  82). 

....  lebbraro.  —  A  M.°  Giovanni  lombardo  che  demolì  due 

balestriere  nel  torrione  dietro  la  casa  di  Lazzaro  da  Paterno, 
bolognini  6  (ibid.,  e.  88). 

....  marzo.  —  «  Magistro  Antonio  Primi  lombardo  mura- 
li tori  »  per  lavori  diversi,  fiorini  4  e  boi.  32  (ibid.  e.  94). 
«  Magistro  Johanni  Johannis  de  Mediolano  muratori  »,  come 
sopra,  fiorini  2,  boi.  36  (ibid.). 

....  aprile.  —  a  Johanni  Donati  de  Como  lombardo  y^  (fra- 
tello di  M."  Albino)  per  due  giornate  a  cavar  pietre,  bolo- 
gnini 8  (ivi,  e.  io5^°). 
— -  ....  maggio.  —  A  M.°  Albino  di  Donato  per  parte  del  cot- 
timo della  portella  nel  piano  della  chiesa  di  S.  Maria,  mezza 
soma  di  grano  (ibid.,  e.  112^°). 

—  (f  Magistro  Cristoforo  Primi  de  Cumo  lombardo  »  (fratello 
di  M.°  Antonio  e,  probabilmente  lo  stesso  Cristoforo  nomi- 
nato sotto  Tanno  precedente)  per  lavori  fatti  nel  Castello  di 
Serralta,  fiorini  40,  bolognini   17  e  denari   18  (ibid.,  e.  ii3). 

—  Ai  maestri  Giovanni  di  Donato  e  Pietro  di  Fedele  per  la- 
vori al  rivellino  e  alla  portella  di  S.  Lorenzo,  fiorini  2,  bo- 
lognini 20  e  denari  9  (ibid.,  e.  ii6*°). 

....  giugno.  —  «  Magistro  Tìiome  lombardo  habitatori  li- 
citi »  per  rifare  il  canestro  della  torre  di  Elcito,  fiorini  4 
(ibid.,  e.  122^°).  Non  pare  che  M.**  Tommaso,  abitante  nel 
Castello  di  Elcito  fosse  il  medesimo  Tommaso  di  Rafanino 
da  Asso  sopra  ricordato. 

....  agosto.  —   Il  Magistro  Petro  Donati  lombardo  )>  per  avere 

ricoperto  il  Molino  del  Comune,  bolognini  28  (ibid.,  e.  141). 

— —   ....  settembre.  —  «  Magistro   Johanni   Zeno  lombardo  mu- 


IN    SANSEVERINO-MARCHE    NEL    SECOLO    XV  3^1 

«  ratori  »  per  parte  di  pagamento  dei  merli  sopra  la  porta 
della  valle,  boi.  io  (ibid.,  e.  i5o).  Questo  M.°  Giovanni  Zeno 
è  lo  stesso  Giovanni  di  Giovanni  da  Milano  e  fors'  anche  il 
medesimo  M.°  Giovanni  il  quale  avea  tolto  moglie  in  San- 
severino  poco  innanzi  all'agosto  1449.  Di  fatti  si  trova  sotto 
lo  stesso  mese  di  ottobre  1460  un  altro  pagamento  di  un  fio- 
rino e  IO  bolognini  a  M.°  Giovanni  di  Giovanni  ed  a  mar- 
gine della  partita  si  legge  <.<  Zeni  lombardi  »  (ibid.,  e.   i58). 

Che  i  Maestri  lombardi  trovassero  qui  tutti  gli  agii  di  una 
vita  tranquilla  ed  un  lavoro  continuo  e  rimunerativo,  si  potrebbe 
argomentare  anche  dalla  seguente  istanza  presentata  al  Consiglio 
Credenziale  il  21   novemibre  dello  stesso  anno  1460. 

«  V.  M.  D. 

«  Supplicase  et  humelemente  se  prega  per  parte  del  vostro  minimo 
«  et  fìdelissimo  servidore  Magistro  Johanni  de  Petri  del  Conta  de 
«  Como  con  ciò  sia  cosa  che  più  tempi  fa  io  sia  praticato  per  lu 
«  mundo  et  in  più  terre  tra  le  quali  me  piaciuto  più  la  vostra 
«  terra  de  Sancto  Severino  che  ninna  delle  altre  che  io  aggia  ve- 
«  duta  et  per  che  agio  in  tucto  abandonare  la  mia  patria,  piacendo 
«  alle  V.  S.,  me  contentarla  habitare,  vivere  et  morire  nel  vostro 
«  castello  de  Colleluce,  et  per  che  ho  intiso  che  lu  Comune  ha 
«  reformato  che  qualunche  forestere  vole  venire  ad  habitare  ad 
«  Sancto  Severino,  o  in  suo  destrictu,  lu  fa  usente^  XXX  anni  se- 
«  condo  appare  per  mano  de  Ser  Stefano  già  vostro  Cancelleri, 
«  per  tanto  recorro  alle  prefate  V.  M.  S.  pregando  quelle  che  me 
((  voglano  fare  la  dieta  exentione  admino  per  anni  vinti  et  do- 
«  narme  doi  pezi  de  terra  sodi  de  poco  valore  posti  nella  sindi- 
«  catu  de  Colleluce,  uno  nella  contrada  de  Collelungo,  lungo  le 
«  cose  de  Francionello  et  laltro  nella  contrada  de  Mamegliano 
«  lungo  le  cose  de  Antonello  de  Sirotto  della  Serra,  offerendome 
«  comparare  prestamente  nel  dicto  castello  una  casa  ad  fine  ve 
«  voglo  certificare  la  mia  promissione  offerendome  sempre  a  tucti 
«  vostri  piaceri  et  comandi  ».  —  A  M.°  Giovanni  venne  concesso. 


MASTRI    IM     MIJKO    li    AKCHiriM  II     ..o.n  hA  .v  i>l 


con  voti  unanimi,  tutto  quanto  domandava  in  termini  così  gen- 
tili ed  obbliganti.  —  (Voi.  Riform.,  1459-61,  e.  235). 

In  tutti  i  principali  lavori  edilizi  il  Comune  era  servito  da 
lombardi  come  si  è  già  veduto  e  come  si  può  scorgere  anche  da 
queste  altre  partite  che  ricavo,  proseguendo  nello  spoglio  dei  Ca- 
merlingati: 

1460 novembre.  —  «  Magistro   Tìwme  Ser  Antonii  de  Nexio 

«  de  partibus  lombardie  »  per  una  canna,  3  piedi  ed  11  pol- 
lici di  muro  fatto  nel  castello  dell'  Isola  ;  più  per  canne  4, 
piedi  i3  e  pollici  i5  di  merli  e  parapetti;  in  tutto  fiorini  6, 
bolognini  37  e  denari  23.  —  (Gamerl.,  1459-62,  e.  iGS^''). 

Questo  M."  Tommaso  di  Ser  Antonio  da  Nesso  doveva  es- 
sere lo  stesso  che^nel  giugno  precedente  abitava  nel  castello  di 
Elcito,  prossimo  a  quello  dell'  Isola. 

....  dicembre.  —  «  Magistro    Beltramo  Antonii  miiratorii  » 

per  parte  del  cottimo  dei  parapetti  e  merli  fatti  nel  castello 
di  Golleluce,  un  fiorino  e  10  bolognini  (ibid.,  e.  175). 

1461 aprile.  —    «  Magistro    Johanne  Johannis    de    Cai    lom- 

«  bardo  »  socio  di  M.*^  Beltramo,  una  soma  di  grano  pei  sud- 
detti lavori  a  Golleluce  (ibid.,  e.  206*°). 

Dunque  il  sopra  nominato  Giovanni  di  Giovanni  ZenOj, 
era  nativo  di  Cai  (forse  Ga')  in  provincia  di  Milano. 

....  maggio.  —  Al  suddetto  per  muro  grosso  e  volta  nel  ca- 
stello di  Golleluce  e  per  adattamento  «  iinius  chioche  »  presso 
la  porta  di  detto  castello  (ibid.,  e.  21 3'°). 

....  ottobre.  —  A  M.'^  Berto  di  Andreolo  per  residuo  di  la- 
vori nella  fonte  della  valle,  fiorini  2  e  bolognini  20  (idid., 
e.  257). 

1462 febbraro.  —  A  M.®  Tommaso  lombardo  «  qui  readunavit 

«  lapides  muri  Jardini  minati  »  fiorini  16  e  bolognini  8  (ibid., 
e.  287^°). 

Ecco  una  memoria  dell'antico  giardino  pubblico  (FfriWar/o) 


IN    SANSEVERINO-MARCHE    NEL    SECOLO    XV  'Ò^'i 

che  Stava  dinanzi. al  Palazzo  Consolare  dov'è  attualmente  l'orto 
del  Monastero  di  S.  Chiara. 

In  data  del  29  aprile  1462  trovo  il  contratto  col  quale  i 
magnifici  signori  Console  e  Priori,  unitamente  a  Simone  Ser- 
vanzi  e  Consedente  di  Severino  soprastanti  alla  fabbrica,  appal- 
tarono «  Primo  Andreoli  de  partibiis  Lombardie  prò  se  recipienti 
«  et  promittenti,  et  vice  et  nomine  Berti  eiiis  fratris  carnalis 
«  prò  quo  ipse  promisit  de  rato  »  la  costruzione  di  un  tratto  delle 
mura  castellane  dietro  la  chiesa  di  S.  Maria  di  Maggio  fra  un 
torrione  e  l'altro,  per  la  mercede  di  lire  otto  e  colle  ^solite  con- 
dizioni. —  (Voi.  Riform.,  1461-63,  e.  420). 

Quel  Corto  lombardo  che  vedemmo  ricordato  sotto  1'  anno 
1449,  dimorava  ancora  in  Sanseverino  il  21  marzo  1463,  quando 
venne  da  lui  presentata  al  Consiglio  di  Credenza  la  seguente 
istanza  : 

—  «  M.  D.  Ciirtus  Lombardiis  habitator  terre  Sancti  Seve- 
«  rini,  V.  M.  D.  humilis  et  devotus  servus,  humiliter  supplicando 
«  exponit  qualiter  per  presentem  Dominum  Potestatem  cogitur  ad 
«  solvendum  certam  pecuniam,  sumptam  asserta  causa  quod  ac- 
«  cessit  ad  castrum  frontalis  tempore  quo  vigebat  ibi  pestis;  et 
«  quia  supplicans  ipse  est  surdus  auribus  et  quasi  intellectu  et  est 
«  pauper  et  mendicus,  et  dictum  nime  fiat  possessor,  ut  est  notum 
«  D.  V.,  et  attento  quod,  dum  rediit,  fuit  sibi  injunctum  quod, 
«  in  penitentiam  sue  trasgressionis  ignoranter,  quod  staret  extra 
«  terram  per  plures  et  plures  dies  et  sic  stetit;  quatenus  V.  M.  D. 
«  intuitu  pietatis  et  misericordie  dignetur  ipsi  miserrimo  suppli- 
«  canti  gratiam  liberalem  facere,  ut  Deus  V.  M.  D.  augere  digne- 
«  tur  ad  vota  ».  —  .  * 

Su  questa  istanza  il  «  Vir  probus  Galassus  Procaccitti,  unus 
«  ex  consiliariis  »,  opinò  che  «  attentis  narratis  fiat  ei  gratia  libe- 
«  rali  prò  ista  vice  »  e  la  proposta  fu  approvata  all'  unanimità. 
—  (Riform.,  voi.  cit.,  e.  563»°). 


^44 


MASTRI    i'A     MLUO    L    AlU.HlTi.lJI     LOMiiAKl;! 


Il  Giovanni  di  Pietro  da  Como,  a  cui  era  piaciuto  questo 
paese  più  di  tutti  gli  altri  da  lui  visitati,  e  che  aveva  scelto  per 
sua  dimora  il  castello  di  Collcluce,  vi  si  trovava  ancora  e  vi  ese- 
guiva dei  lavori  nello  stesso  anno  1463  come  appare  dalle  seguenti 
partite: 

1463 marzo.  —  «  Magistro   lohéinnì  lombardo    habitatori  in 

«  Castro  Collis  Lucis,  quia  matonavit  castellum  turrioni  in 
«  quo  stant  custodes  in  dicto  castro,  bonon.  decem  ».  — 

....  agosto.  —  «  Magistro    lohanni    lombardo   Castri   Collis 

«  Lucis,  qui  fecit  unum  hostium  et  unam  scalam  in  turrono 
«  Comunis  in  quo  habitat  Castellanus  Castri  Collis  Lucis, 
«  bon.  vigintiquatuor  ».  —  (Camerling.,  1462-63,  e.  385  e  421). 

Abbiamo  poi  notizia  dei  Maestri  lombardi  Jacopo  e  Gu- 
glielmo di  Giovanni  da  Milano;  Giovannone  e  Giovanni  di  Ber- 
nardo da  Como  ;  Girono,  o  Girolamo,  di  Donato  (fratello  dei  Co- 
macini  M."  Albino,  Giovanni  e  Pietro  già  ricordati).  Martino;  Gu- 
glielmo di  Bartolomeo,  ed  Antonio  di  Tommaso  da  Ponto  (forse 
Ponte  presso  Sonvico)  in  queste  altre  partite  : 

1463.  —  16  giugno.  —  <■<.  Magistro  lacobo  et  Magistro  Giiilgelmo 

<f  Johannis  lombardis  miiratoribus  »  per  parte  di  pagamento 

del  torrione  sopra  la  porta  del  mercato,  fiorini  6.  —  Camer- 

lingato,  1463-67,  e.  383^°). 
21  giugno.  —    ^<  Magistro    lannono  et   Magistro    Io.  Ber- 

«  nardi  de  Como  lombardis  »   per  un  calcinare  a  Cesalonga, 

fiorini  9  (ibid.). 
12  novembre.  —   «  Magistro  lacobo  Johannis  de  Mediolano 

M  lombardo  muratori  »  mezza  soma  di  grano  valutata  3o  bo- 

lognini,  per  parte  di  pagamento  del  torrione   sopra  la  porta 

del  mercato  (ibid.,  e.  6i3). 
1466.     8  febbraro.  —  «  Magistro  Petro  Donati  et  Jeronimo   eiiis 

ufrater^  lombardis  »   per  altro  calcinaro  a  Cesalonga,  fiorini  9 

(ibid.,  e.  633). 


IN    SANSEVERINO-MARCHE    NEL    SECOLO    XV  3^5 

1466.  24  febbraro.  —   «  Magistro  Antonio   Tìiome  lombardo  »  per 

sette  giorni  impiegati  a  cavar  pietre  e  per  restauro  «  coquine 

«  palatii  »,  bolognini  28  (ibid.,  e.  365^°). 
'    18  febbraro.  —   «  Magistro   Antonio   et  Magistro  Martino 

«  lombardis  »    (erano    forse    fratelli)    per    altre  6  giornate  a 

cavar  pietra,  boi.  24  (ibid.,  e.  636^''). 
16  marzo.  —  «  Magistro  Antonio   Thome  de  Ponto  et  sotiis 

«  muratoribiis  prò  decem  diebus  quibus  steterunt  in  attando 

«  buccas    Fullarum    et    faciendo    presepe   in    Molendinis  Co- 

«  munis  »  un  fiorino  (ibid.^  e.  643). 
9  aprile.  —  «  Magistro    Petro   et  Magistro   Girono    lom- 

«  bardis  »  per  restauro  al  tetto  della  casa  del  Comune  presso 

la  Misericordia,  2  fiorini  (ibid.,  e.  649). 

Risulta  che  al  Consiglio  Credenziale  del  giorno  16  giugno 
1466  «  fuerunt  lecta  capitula  et  oblationes  Magistri  Jacobi  Jo. 
«  lombardi  et  Magistri  Dominici  Barlesii  de  Caldarola  super  fa- 
ce bricatione  et  constructione  Pontis  Sancti  Lazari  »  e  che,  sulla 
relativa  proposta  di  cottimo,  si  ebbero  voti  23  favorevoli  ed  uno 
contrario.  —  (Riform.,  1463-66,  e.  902. 

Lo  stesso  «  Magister  Jacobiis  lohannis  de  Mediolano  »  ebbe 
il  5  aprile  dell'anno  successivo  l'appalto  per  cottura  di  un  calci- 
naro.  —  (Riform.,  1467,  e.  4). 

Li  12  febbraro  1469  il  Console  ed  i  Priori,  col  consenso  dei 
soprastanti,  appaltarono  «  Magistro  Beltramo  Antoni]  de  Cumo 
«  muratori  »  la  costruzione  di  un  tratto  delle  mura  del  castello 
di  Colleluce  a  mano  sinistra  entrando  nella  porta,  presso  le  altre 
mura  nuove  ed  il  torrione,  pattuendo  la  mercede  di  due  fiorini 
per  ogni  canna  di  murato.  —  (Riform.,  1468-70,  e.  120^").  Poco  ap- 
presso, il  29  aprile,  appaltarono  allo  stesso  M.°  Beltramo  un  altro 
tratto  di  mura  del  menzionato  castello  cioè  «  murum  grossum  ut 
«  erit  opus  parapettum  et  merulos  »  dal  terzo  al  quarto  torrione 
a  mano  destra,  murando  primieramente  il  torrione  della  porta  ; 
e  ciò  per  Io  stesso  prezzo  di  2  fiorini  alla  canna  quanto  al  muro 
e  di  bolognini  35  pei  parapetti  e  merli  (ibid.,  e.   144^"). 


3^.6  MASim     DA     MI!.)     i:     AKl   111  1  l.I  1  1     L(.MI5AIU)I 


I  medesimi  Console,  Priori  e  soprastanti  addì  23  dicembre  1470 
«  locavcrunt  Magistro  Tannino  Manfredi  lombardo,  presenti  et 
«  acceptanti,  fornacem  Comunis  ad  laborandum  latcres  prò  estate 
«  proxima  futura  cum  pactis,  modis  et  capitulis  consuetis  tempo- 
«  ribus  preteritis  »  (ibid.,  e.  61  ^°). 

Con  atto  del  :o  marzo  1471  «  Magister  Beltramus  Antonii 
«  lombardus  et  Magister  Bactista  Primi  de  Morbio  Comitatiis 
«  Civitatis  Comi  »  si  obbligavano  a  cuocere  un  calcinaro  a  piò 
del  monte  di  Colleluce,  colla  mercede  di  due  bolognini  per  ogni 
soma  di  calce  (Riform.,  1470-72,  e.  81):  dunque  Primo  di  An- 
dreolo  e  Berto  suo  fratello,  sopra  nominati,  erano  veramente  na- 
tivi di  Morbio  presso  Como. 

II  21  maggio  1475  supplicavasi  il  Consiglio  per  parte  «  Tornei 
«  Magistri  Petri  de  Lombardia  habitatori  Castri  Sancti  Petri  » 
(probabilmente  lo  stesso  M.°  Tommaso  lombardo  abitante  in  El- 
cito,  del  quale  si  fa  menzione  sotto  l'anno  1460)  per  ottenere  l'esen- 
zione dalle  solite  gravezze,  esponendo  che  l'Università  di  quel  ca- 
stello aveagli  donato  «  quoddam  spatium  in  dicto  castro  iuxta 
«  res  Bactiste  Antonii  Marini  a  duobus,  mediante  rugiarias  muros 
«  Comunis  dicti  Castri  »  ;  e  fu  concessa  l'esenzione  per  dieci  anni. 

—  (Riform.,   1471-75,  e.  266^°). 

Altra  supplica  presentavasi  al  medesimo  Consiglio  il  21  set- 
tembre susseguente  «  prò  parte  Gregorii  de  Como  lombardi  ha- 
«  bitatoris  terre  Sancti  Severini  »,  onde  ottenere  la  diminuzione 
di  pena  pecuniaria  a  cui  era  stato  condannato  per  avere  percosso 
«cum  basta  jannette  »  un  certo  Luca  Schiavone;  e  la  grazia 
venne  accordata.  —  (Riform.,  1475-78,  e.  2^^). 

Esiste  poi,  sotto  la  data  del  22  giugno  1477,  questa  istanza 
presentata  al  Consiglio  di  Credenza  : 

—  «  V.  M.  D.  supplica  el  devotissimo  Mastro  Andrea  da  Cre- 
«  mona  de  le  V.  M.  S.  fidelissimo  servidore  exponente  come  a  li 
«  dì  passati  essendo  iurato,  suspectu  et  fugitivo  fo  misso  in  prì- 
«  gione  li  fo  trovato  uno  pugnale  ligato  da  la  corte  del  Potestà, 
«  quale  portava    volendo    andare  fora    de  la  terra  per   certi  suoi 


IN    SANSEVERINO-MARCHE    NEL    SECOLO    XV  847 

«  bisogni,  per  la  quale  cosa  è  constrictu  ad  pagare  la  pena  cioè 
«  libre  diece  de  denari,  et  benché  ipso  Magistro  Andrea  creda  ha- 
«  vere  qualche  defesa  de  rasione  et  iusta,  si  che  era  ia  quasi  in 
«  camino,  cusì  perchè  lu  dicto  pugnale  era  lìgato  et  etiam  creda 
«che,  secondo  la  forma  delli  statuti,  la  pena  sia! minore  de  deco, 
«  libre,  nientemeno  ipso  supplicante,  essendo  poverissimo  et  non 
«  havendo  modo  alcuno  ad  piatire,  presupponendo  bavere  errato 
«recorre  humelemente  ale  prefate  V.  M.  S.  che  se  degneno  ad 
«  esso  Magistro  Andrea  fare  gratia  .liberale  de  tucto  o  de  parte 
«  secondo  ale  V.  M.  S.  piacerà,  non  obstante  statuti,  ordeni,  etc.  »  ; 
alla  quale  istanza  va  unita  la  seguente  dichiarazione: 

—  «  Io  Bernardino  de  Nicola  Camerlingo  del  Comune  ho  receuto 
«  da  Mastro  Andrea  soprascripto,  bolognini  XXV  per  casione  de 
«  la  soprascripta  supplicatione,  adì  20  de  jugno  1477  *'•  — 

La  giustizia  di  quei  tempi  non  aveva  molti  riguardi  di  li- 
bertà individuale  nell'  impadronirsi  di  chi  credeva  reo,  bastando 
il  minimo  sospetto,  e  forse  M."  Andrea  da  Cremona  avea  smo- 
dato in  qualche  rissa,  chiasso  notturno,  diverbio  d'arte,  ecc.,  tanto 
da  rendersi  sospetto  e  fuggitivo;  ma  non  dovea  trattarsi  di  reato 
grave  o  disonorante*  perchè  a  lui  pure  fu  concessa  V  implorata 
grazia  con  21  voti  favorevoli  ed  uno  solo  contrario. 

Tornando  all'  esame  dei  libri  di  entrate  e  spese  comunali, 
fonti  sempre  copiose  di  notizie  artistiche,  trovo  in  essi  altre  me- 
morie di  Maestri  lombardi:  altre  ne  riscontro  nei  libri  delle  Ri- 
forma nze  : 

r478 gennaro.  —  «  Magistro  Jacobo  Michaelis  lombardo  for- 

«  naciario  Comunis  »  fiorini  i3  per  residuale  pagamento  della 
cuocitura  di  14200  mattoni  e  35oo  tegole.  —  (Camerlingato, 
1478-79,  e.  io3).  Il  detto  M.°  Jacopo  di  Michele  era  «  de  No- 
«  varia  regione  lombardie  »  come  risulta  da  un  contratto  con 
lui  stipolato  il  27  aprile  dello  stesso  anno  1478  «  ad  facien- 
«  dum  lateres  et  coppos  apud  fornaces  Comunis  ».  —  (Rifor- 
manze,  1478-80,  e.  29*"). 

Arch.  Stor.  Lomb.  —  Anno  XXVII.  —  Fas-c.  XXVI.  23 


?48 


AKCHm/lTl    LOMBARDI 


i^7g febbraro.  —  «  Matheo  lombardo  habitatori  castri  Fron- 

«taliswUn  fiorino  pel  canale  fatto  nel    molino  del  Comune 
in  Frontale  (Canierl.,  e.   io5). 

....  aprile.  —  u  Dominico   lombardo    bononienos   duodecim 

«quia  duobus  diebus  cquitavit  apud  domum  ferri  suis  sum» 
.  «  ptibus  »  (ibid.,  e.  123). 

»...  maggio.  —   n  Magistro  Antonio  Basi  de  Cu  ino  »  fiorini  3 

per  parte  del  pagamento  di  io  fiorini  dovutogli  per  copertura 
della  suddetta  casa  del  ferro  (ibid.,  e.  126°)- 

1470 —  a  Ber ardino  lombardo  et  duobus  eius  famulis  »  per 

due  giorni  impiegati  a  riparare  il  condotto  della  fonte  della 
valle,  e  per  altri  lavori,  boi.  34  (ibid.,  e.  176'^). 

Quest'ultimo  lombardo  era  lo  stesso  «  Berardinus  Antoni] 
«  ìombardus  »  che  il  19  dicembre  del  medesimo  anno  1479 
faceva  istanza  al  Consiglio  perchè,  avendo  già  eseguito  i  la- 
vori alla  casa  del  ferro  in  unione  a  M.^  Antonio  di  Boso  da 
Como,  defunto,  non  eragli  stata  pagata  la  sua  porzione  di 
mercede  «  respectu  morbis  subsequentis  ».  Ciò  dimostra  che 
in  Sanseverino  aveva  infierito  il  morbo  pestilenziale.  —  (Ri- 
formanze,  1478-80,  e.   i59^°). 

1480.  18  marzo.  —  «  Magistro  Antonio  de  Cumo  »  fiorino  i  e  bo- 
lognini  20  per  riparazione  della  trasanna  nel  Palazzo  Conso- 
lare. —  (Camerl.,  1479-84,  e.  16). 

25  maggio.  —  Il  Console  ed  i  Priori,  unitamente  a  Nicolò 

di  Lodovico,  Gualtiero  di  Pietro  e  Cola  Sassolini  soprastanti, 
appaltarono  sotto  questo  giorno  «  Magistro  luliano  lombardo^ 
«  presenti  et  acceptanti  suo  proprio  nomine  ac  etiam  nomine 
n  Magistri  Petri  lombardi  ^y^  la  fabbrica  jdelle  mura  nel  ca- 
stello di  Monte  Acuto  con  parapetti,  merli  e  bertesconi,  alle 
stesse  condizioni  prima  stipolate  con  M.°  Bartolomeo  di  Pie- 
tro ,da  Fabriano  che,  a  quanto  sembra,  non  eseguì  più  il  la- 
vg^ro.  —  (Rifornì.,  voi.  ,.cit.,.  e.  206). 

1481.  :?0P  maggio.  —  Al  Consiglio  Credenziale  supplicavasi  «prò 
«  parte, V.  M.  D.  fidelissimi  Antonii  Tinicchini  de  Cumo  lom- 
«  bardi  »  (lo  stesso  Antonio  da  Como  poc'  anzi  nominato)  il 


IN    SANSEVERINO-MARCHE    NEL    SECOLO    XV  349 

quale,  volendo  fissare  qui  il  suo  domicilio  ed  avendovi  già 
tolto  moglie,  chiedeva  le  solite  esenzioni  che  gii /vennero  ac- 
cordate per  IO  anni.  —  (Riform.,  1480-83,  e.  76-°). 
1481.  3i  maggio.  —  (.(.  Magistro  Salino  lombardo  ì^  per  lavori  di 
restauro  alla  fonte  della  valle  ed  alla  casa  del  ferro,  fiorini  1 
e  boi.  25.  —  (Camerling.,  voi.  cit.,  e.  77''').  Questo  M.°  Salino 
sembra  lo  stesso  che  nel  1467  architettò  una  chiesa  per  i  frati 
minori  di  Penna  S.  Giovanni,  nella  quale  fu  posta  la  seguente 
iscrizione  riportata  dal  Ricci  {Memorie  delle,  arti  e  degli  ar- 
tisti nella  Marca  d'Ancona.  —  Macerata,  xMancini,  1834,  vo- 
lume I,  p.  137). 

IN  *  NOMINE  •  DOMINI   •  JESV 
A  *   D  •   MCCCCLVII  •  LOCVS  *  ISTE  *  FERE  *  TOTVS  .  FA- 
CTVS  *   EST  •  HIC  •  VIVENTIBVS  *  CONTERRIGENIS  * 
FRATRIBVS  *  MAGISTRO  *  SANTE   *   BONCORDE  *  MA- 
GISTRO •  CATHERINO  '  FRATRE  *  ALEXANDRO  *  FRA- 
TRE  •  FRANCISCO  *  ET  FRATRE  '  ANGELO  *  ARCHI- 
TECTORIS  •  MAGISTER   *   SALINVS  *  LOMBARDVS  ' 

3i  luglio.  —  Ci  Magistro  Salino  lombardo  ciim  duobus  so- 
ci tiis  et  diiobus  manualibus  »  fiorini  2  e  bolognini  36  per  la- 
vori al  muro  del  vallato  (Camerling.,  voi.  cit.,  e.  89). 

12  agosto.  —  Allo  Stesso  M."  Salino,  per  riparazioni  al  tetto 

del  Palazzo  e  della  Torre  comunale,  2  fiorini  e  12  bolognini 
(ibid.,  e.  92). 

29  dicembre.  —  A   M.""  Antonio   di   Tinicchino    da    Como 

un  quarto  di  soma  di  grano  per  elargizione  del  Consiglio 
(ibid.,  e.  1 1  r"). 

1482.  18  gennaro.  —  «  Magistro  Venture  lombardo  prò  manifac- 
«.  tura  presepii  suptus  cancellariam  et  resarcituram  presepi! 
«  in  stabulo  novo,  et  uno  manuali  ad  removendum  certum 
«  terrenum  iuxta  murorum  camere  Cancellarli  »  un  fiorino  e 
«  IO  bolognini  (ibid.,  e.   116). 

27  gennaro.  —   «  Magistro   lohanni   Stefani   lombardo  prò 


350  MASTRI    DA    MURO    E    ARCHITETTI     LOMBARDI 


"  manifactura  prescpii  in  domo  Scaramuctic  »  5  bolognini 
(ibid.,  e.  1 17). 

1482.  28  aprile.  —  «  Magistro  Thome  lombardo  de  Monte  S:'  Ma- 
«  rie  in  Cassiano  »  —  (proveniente  da  Monte  Cassiano)  una 
soma  e  mezza  di  grano  (ibid.,  e.  i3i). 

II  giugno.  —  V.  Magistro    Antonio   lombardo  >^    un    fiorino 

per  mattonatura  di  strada  dinanzi  alla  casa  di  Jacopo  Par- 
teguelfa  (ibid.,  e.  141). 

6  ottobre.  —  Sotto  questa  data    «  Magister  Albinus  lom- 

('  bardus  »  (Albino  di  Donato  da  Como?)  domandava  al  Con- 
siglio Credenziale  che  gli  venisse  diminuita  1'  imposta  per  il 
salario  del  Podestà.  —  (Voi.  Riform.,  1480-83,  e.   iSj). 

3o  ottobre.  —  «  Magistro  Salino  prò  matonatura  vie  nove  » 

14  denari.  —  (Camerling.,  voi.  cit.,  e.   i63^"). 

3o  novembre.  —  «  Venture  lombardo  »  bolognini  18  per  mat- 
tonatura presso  il  ponte  di  Porta   S.  Lorenzo  (ibid.,  e.    170). 

1483 febbraro.   —    Al  medesimo    per    restauri  nella   suddetta 

porta,  bolognini  23. 

....  settembre.  —   Allo    stesso   per    costruzione  di   rivellino, 

DO  bolognini  (ibid.,  e.  207^°). 

Ed  ecco  altre  curiosità  fornite  dai  libri  delle  Riformanze  : 

In  data  i."  marzo  1489  fu  pronunziato  il  lodo  nella  causa 
vertente  tra  il  Comune,  in  rappresentanza  della  Badia  di  Valfu- 
cina,  e  «  Magistrum  Leonem  lombardimi  habitatorem  teiere  Cin- 
«  giili  »  riguardo  al  pagamento  di  lavori  eseguiti  dal  detto  M." 
Leone  nella  menzionata  Badia.  Gli  arbitri.  Guidone  di  Graziano 
e  Mr  Giuliano  lombardo,  dichiararono  che  per  cottura  di  circa 
trecento  some  di  calce,  per  scoltura  di  cinque  finestre  in  pietra, 
per  fattura  di  un  camino  grande  quadrato,  per  pianellatura  del 
tetto  della  cucina,  per  una  canna  di  murato  e  per  alcuni  altri 
lavori  M.°  Leone  dovesse  ricevere  20  fiorini.  —  (Riformanze,  1488- 
92,  e.  17-°).  Dunque  M."  Leone  era  muratore  e  scalpellino  e  forse 
anche  meglio  architetto  e  scultore. 


IN    SANSEVERINO-MARCHE    NEL    SECOLO    XV  35  I 

Il  7  fcbbraro  1490  proponevasi  al  Consiglio  Credenziale  di 
deliberare  «  super  supplicatione  Magistri  lohanni  lombardi  mii- 
«  ratoris  petentis  eum  admicti  in  comitativum  et  fieri  exemptem 
«  realiter  et  personaliter  prò  tempore  quo  videbitur  dicto  cou- 
rt silio  »,  e  la  risoluzione  fu  che  «  dictus  Magister  Johannes  fiat 
«  exentes  per  decennium,  reservata  gabella  macinatus  »  (ibid.,  e.  69). 

Addì  28  marzo  susseguente  il  medesimo  Consiglio  era  chia- 
mato a  risolvere  «  super  supplicatione  Francisci  lombardi  qui 
«  dudum  fuit  positum  in  fractionibus  Comunis  prò  villa  Cogno- 
«  rum  et  a  pluribus  annis  antea  habitavérit  in  terra  Sancti  Se- 
«  verini,  petit  ergo  de  hic  in  posterum  admitti  et  recepì  prò  ter- 
«  rigena  ad  omni  ossequia  et  factiones  Comunis  »,  quale  istanza 
fu  accolta  giusta  il  suo  tenore  (ibid.,  e.  92*°). 

Similmente  il  17  gennaro  149 1  «  super  supplicatione  Blaxii 
e  Georgii  lombardi,  qui  habitare  vult  in  terra  Sancti  Severini 
«  et  emit  domum  in  quarterio  Sancte  Marie,  petit  subventione 
«  prò  emendis  cuppis  prò  coperimento  diete  domus  »  lo  stesso 
Consiglio  accordava  il  sussidio  per  mille  tegole  (ibid.,  e.  161). 

Nel  Consiglio  generale  del  i.°  marzo  1493  «super  supplica- 
«  tione  Berardini  lombardi  habitatoris  castri  Sancti  Petri,  dicentis 
«  suo  animo  esse  vivere  et  mori  in  dicto  castro,  in  quo  intendit 
«  construere  domum;  itaque  petit  exemptionem  a  solutione  ab- 
«  boccatorum  »  l'istanza  veniva  accolta  e  l'esenzione  concessa  per 
5  anni.  —  (Riform.,   1492-150G,  e.  88'°). 

L'anno  medesimo,  in  seduta  dell'  11  giugno  il  Consiglio  Cre- 
denziale «  super  supplicatione  Mathei  lombardi  habitatoris  castri 
«  Frontalis,  dicentis  velie  hedificari  unum  molendinum  ad  maci- 
«  nandum  granum  in  territorio  dicti  castri....  petit  ei  concedatur 
«  aquam  a  Comunis  »  annuiva  concedendo  l'acqua  pel  nuovo  mo- 
lino (ibid.,  e.  74). 

Finalmente  il  Consiglio  stesso  nel  3  novembre  1495  accoglieva 
favorevolmente  l'altra  domanda  «  Antonii  Johannis  lombardi  ha- 
('  bitatoris  castri  Insule  petentis  gratiam  de  solutione  bucarum  » 
(ibid.,  e.  220  e  221). 

I  nomi  di  alcuni  altri  Maestri  Comacini  che  furono  in  San- 


352  ^rASTRl  da  muro  e  architettf  lombardi 

Severino  neirultimò  decennio  del  secolo  XV  si  riscontrano  nelle 
seguenti  partite  dei  Camerlingati  colle  quali  pongo  termine  alle 
mie  spigolature. 

1402.  ....  dicembre.  —  «  Magistro  Beltramo  »  per  residuo  di  mer- 
cede pei  lavori  alla  fonte  della  valle  fiorino  i  e  bolognino  i. 

—  (Camerling;,  1492-97,. e.  V). 

1493 febbraro.  —    0  Magistro  Petro  et  Magistro  Ambrosio 

u  lombardis  »  per  l'armatura  del  tetto  del  postribolo  14  bo- 

lognini.(ibid.,  e.  3'"), 
....  marzo.  ^-  «  Magistro  Berardiito  lombardo  »   fiorini  11 

per  cottura  di  calce  (ibid.,  e.  io). 
....  aprile.  —  k  Magistro  Jacobino  et  Magistro  Johanni  lom- 

«  bardis  »   fiorini  5  per  la  fabbrica  della  chiesa  di  S.  Andrea 

(ibid.,.  e.  12). 

1494.  ....  aprile.  —  «  Magistro  Jacobo  et  Magistro  Angelino  lom- 
«  bardis  »  altri  5  fiorini  per  la  fabbrica  suddetta  (ibid.,  e.  33). 

....novembre.  —  (i  Magistro  Nicolao  lombardo  »   bolognini 

16  per  lavori  nella  scuola  (ibid.,  e.  Sq-"). 

'    ....  dicembre.  —^  «  Donato  lombardo  de  Castro  Sancti  Petri  » 

per  quattro  giorni  impiegati   a  risarcire   il   molino  di  Castel 
,   S.  Pietro  20  bolognini  (ibid.,  e.  61). 

1495,  ....  gennaro.  —  v  Lombardis  murantibus  ad  portam  fontis 
«  et  boctatium  »   3  fiorini  (ibid.,  e.  G6). 

— -—  ....  meiV zo,—  u  A  Joh amie  lombardo  prò  rixa  habita  cum 
n  Angustino  lombardo  ^y   bolognini  14  (ibid.,  e.  73). 

....  luglio.  —  «  Magistro    Gabrieli   et  Magistro  Angustino 

(.1  lombardis  prò  armatura  facta  prò  pingendo  arma  supe- 
«  riorum  »  6  bolognini  (ibid.,  e.  94^°). 

—  «  Magistro  Beltramo,  Magistro  Petro  et  Magistro  Ga- 
«  brieli  »  per  lavori  al  bottaccio  e  alla  fonte  della  valle  bo- 
lognini 3o  (ibid.,  e.  9 5''=). 

....  novembre.  —    «  Magistro   Georgio   muratore   prò  acta- 

«  tura  finestre  scole  >♦    16  bolognini  (ibid.,  e.   109*°). 

— —  ....  dicembre.  —  «Magistro  Stefano  lombardo  »  boi.  29  per 
tre  giorni  impiegati  a  restaurare  la  scuola  (ibid.,  e.  114-''). 


ÌN    SÀNSEVÉRINO-MARCHE    NEL    SECOLO    XV  353 

1496 febbraro.  —  «  Magistro  Francisco  lombardo    prò  clau- 

«  sura  duorum  vadorum    in    muris   Comunis  »    bolognini   io 

(ibid.,  e.   122*^). 

—  «  Donato  lombardo  prò  armatura  tecti  »   2  boi.  (ibid.). 
1498.  ....'  gennaro.  — -  «  Magistro  Jacomino  »   un  fiorino  ed  un  bo- 

lognino  per  restauri  alla  porta  della  camera  del  Giudice.  — 

(Camerling.,  1498-1502,  e.  4). 
....  marzo.  —   «  Magistro  Johanni  lornbardo  »  8  fioHni  per 

fattura  del  casello  alla  porta  della  fonte  (ibid.,  e.  ro^^). 
....  aprile.  —  Al  suddetto  per  parte  di  pagamento  delle  mura 

presso  porta  mercato  un  fiorino  (ibid.,  e.   12*°). 
....  maggio.  —  «  M'agistro   Ambrosio   et  Magistro  Bonora 

«  lombardis  de  Ficano  »   fiorini  3   per   lavori   al   rivellino  di 

Ficano  (ibid.,  e.   17^°). 
....  ottobre.  —    «  Magistro   Johanni  lombardo  »   per  i  sud- 
detti   lavori    alla    porta  del    mercato  fiorini  3, e  bolognini  6 

(ibid.,  e.  33). 

Non  ho  creduto  di  proseguire  le  ricerche  oltre  il  sec.  XV 
perchè  le  notizie. che  avrei  potuto  raccogliere  non  sarebbero  state 
tanto  interessanti  da  compensare  la  fatica  necessaria  a  consultare 
un  numero  abbastanza  rilevante  di  codici  e  .registri,  dove  la  so- 
verchia concisione  e  la  poca  chiarezza  avrebbero  reso  più  penose 
ancora  le  ricerche  medesime: 

Rilevo  però  che  anche  dopo  il  i5oo  diversi  Maestri  lombardi 
ebbero  sede  in  Sanseverino  e  che  varie  famiglie  sanseverinesi  tras- 
sero origine  della  lombardia. 

Concludo  col  notare  che  nel  volume  degli  —  Ordini  e  de- 
creti dei  superiori  —  dal  iSiy  al  1 323  è  registrato  un  elenco 
«  omnium  et  singulorum  fumantium  »  dì  Sanseverino  e  delle  ville 
del  suo  territorio;  nel  quale  elenco,  compilato  Tanno  iShj,  trovo 
compresi: 


354 


MASTRI    DA    MURO    E    ARCHITETTI    LOMBARDI 


«  De  quarterio  Sancte  Marie. 

«  Berardinus  Magistri  Albini sold.  12 

«  Magister  Stefaniis  lombardiis »  4 

«  Baptista  lombardus »  4 

«  Magister  Martinus  lombardus »  4 

'(  Magister  Petrimis  lombardus »  4 

«  De  quarterio  Sancii  Laurentij. 

«  Heredes  Jannini  lombardi sold.  4 

«  Magister  Donatiis  Antonii  lombardus  ...  »  4 

«  Magister  Ambrosius  Jeronimi  lombardus.     .  »  4 

«  Magister  Jo.  Cremonensis »  4» 


ELENCO  DEI   MAESTRI    LOMBARDI 
sopra  ricordati 


Agostino 

Alberto 

Albino 

Ambrogio 

Andrea 

Andrea 

Angelino 

An'onio 

Antonio 


di  Guglielmo 

da  Como 

di  Guglielmo 

da  Como 

di  Donato 

da  Como 

di  Girolamo 

da  Cremona 

da  Milano 

di  Boso 

da  Como 

di  Jacopo 

da  Como 

IN    SANSEVERINO-MARCHE    NEL    SECOLO    XV 


33: 


Antonio 

Antonio 

Antonio 

Antonio 

Antonio 

Bartolomeo 

Battista 

Beltramo 

Bernardino 

Bernardino 

Berto 

Biagio 

Biagio 

Bonora 

Cristoforo 

Cristoforo 

Corto 

Domenico 

Donato 

Francesco 

Gabriele 

Gaspare 

Giorgio 

Giorgio 

Giovanni 

Giovaifni 

Giovanni 

Giovanni 

Giovanni 

Giovanni 

Giovanni 

Giovannino 

Giovannone 

Giuliano 


di  Giovanni 
di  Primo 
di  Simone 
di  Tommaso 
di  Tinicchino 

di  Primo 
di  Antonio 
di  Antonio 
di  M.°  Albino 
di  Andreolo 

di  Giorgio 

di  Jacopo 
di  Primo 


di  Antonio 


di  Leone 

di  Giovanni  Zeno 

di  Donato 

di  Pietro 

di  Bernardo 

di  Stefano 


da  Morbio  (i) 

da  Ponte  (2) 
d?.  Como 
da  Bellinzona 
da  Morbio 
da  Como 

da  Como 
da  Morbio 

da  Como 

da  Piacenza 
da  Morbio 


di  Manfredo 
di  Bernardo 


da  Como 
da  Varese 
da  Como 
da  Milano  (3) 
da  Como 
da  Como 
da  Como 

da  Cremona 

da  Como 


(i)  (presso  Como). 

(2)  (presso  Sonvico  ?). 

(3)  (o  da  Ca'). 


356 


MASTRI    DA    MUnO   V.   ARCHITETTI  rOMBÀRDI,   KCC. 


Girolamo 

Gregorio 

Guglielmo 

Jacopo 

Jacopo 

Jacomino 

Leone 

Lorenzo 

Martino 

Matteo 

Nicola 

Petrino 

Pietro 

Pietro 

Pietro 

Primo 

Salino 

Stefano 

Stefano 

Tommaso 

Tommaso,  o 

Tommaso 

Tommaso 

Ubaldino 

Ventura 

Villano 


(li  Donato 

di  Giovanni 
di  Giovanni 
di  Michele 


di  Jacopo 
di  Fedele 
di  Donato 
di  Andreolo 

di  Antonio 

di  Ser  Antonio 
Tomeo  di  M.°  Pietro 
di  Rafanino 


di  Guglielmo 
di  Jacomino 


da  Como 
da  Como 

da  Milano  (i) 
da  Novara 


da  Como 
da  Como 
da  Como 
da  Morbio 


da  Milano 

da  Nesso 

da  Asso 

da  Como 

. 

(2) 


Vittorio  Em.  Aleandri. 


(i)  (forse  Zeno  da  Cà?). 

(2)  (venuto  da  Montecassiano). 


UN  EPISODIO  DELLA  LOTTA 

TRA  FRANCfA.  E  SPAGNA  A  MEZZO  IL  CINQUECENTO 


CARLO  DUCA  DI   SAVOIA 

E   LE    SUE   DISCORDIE   CON  FERRANTE    GONZAGA 


SOMMARIO.  —  I.  Scoraggiamento  del  Duca  Carlo  nel  i55o.  Trattative 
di  pace  con  Francia.  Insuccesso.  —  2.  La  guerra  di  Parma.  I  Fran- 
cesi approfittano  della  lontananza  di  D.  Ferrante  Gonzaga,  luogo- 
tenente imperiale  in  Lombardia,  e  riprendono  le  armi.  Nuove  trat- 
tative di  pace  condotte  da  Giacomo  Provana  di.Leynì  e  da  mon- 
signor di  Thaurines,  e  nuovo  insuccesso  (i55i-52).  —  3,  I  Francesi 
prevalgono  in  Piemonte.  Mala  riuscita  del  Gonzaga  ed  oppressione 
delle  terre  sabaude.  Lamenti  del  Duca.  D.  Ferrante  a  Vercelli.  Vio- 
lenta sua  spiegazione  col  Duca  (2  novembre  i552).  Conclusione. 


I.  —  Nel  i55o  il  Duca  Carlo  di  Savoia  era  profondamente 
scoraggiato.  L'ardire  e  le  insidie  francesi,  le  ostilità  di  Ferrante 
Gonzaga,  luogotenente  imperiale  in  Lombardia,  la  condizione 
miserrima  delle  poche  terre  che  ancora  gli  ubbidivano,  avevano 
talmente  scosso  la  sua  fede  in  un  avvenire  prospero,  che  egli  ac- 
carezzava l'idea  nutrita  da  tanti  anni  di  un  accorcio  col  re  con 
singolare  e  nuova  tenacità  (i).  Il  Pontefice  Giulio  IH  l'incorag- 


(i).  V.  i  mì^ì  Appunti  sul  ducato  di  Carlo  II  di  Savoia  tra  il  1^46 
ed  il  ijjo,  estratto  dai  Rendiconti  della  R.  Accademia  dei  Lincei.  Classe 
di  scienze  morali ,  storiche  e  filologiche ,  \ol.  IX  (1900,  gennaio-feb- 
braio). —  Da  lunghi  anni  il  Duca  aveva  sollecitato  invano  gli  aiuti 
dell'impero  per  riavere  le  sue  terre,  v.  Tausserat-Radel,  Correspon- 
dance  poliiiqtie  de  Guillaume  Pellicier  ambassadeur  de  France  à  Venise 
(1540-42).  Paris,  Alcan,  1899,  pag.  33o.  Pellicier  al  re.  Venezia  20  giu- 
gno 1541. 


358  UN    EPISODIO    DELLA    LOTTA 

giava  su  questa  via  (i).  Il  cardinale  Alessandro  Farnese,  protet- 
tore di  Francia  presso  la  Santa  Sede,  mostrava  nell* aprile  di 
quell'anno  ottima  disposizione  a  favorire  le  cose  sabaude  ed  usava 
termini  molto  cordiali  col  vescovo  di  Vercelli,  Pier  Francesco 
Ferrerò  (2),  e  col  conte  Lodovico  di  Chatellard,  ambasciatore 
straordinario  del  principe  di  Piemonte,  Emanuele  Filiberto  (3). 
Due  altri  oratori  sabaudi,  di  cui  uno,  giunto  allora  a  Roma, 
Carlo  di  Mombello,  conte  di  Frossasco ,  e  Carlo  Malopera  di 
S.  Michele,  erano  accolti  dal  Pontefice  con  ogni  onore:  ebbero 
udienza  in  concistoro  accompagnati  da  ben  trecento  cavalli  e  da 
notevole  seguito  di  vescovi  ed  arcivescovi  (4).  Il  Duca,  amareg- 
giato dalla  lunga  ed  accanita  disputa  sostenuta  con  D.  Ferrante 
Gonzaga,  il  quale  aveva  favorito  con  raffinata  malignità  i  ten- 
tativi franco-genovesi  ai  danni  della  gabella  del  sale  di  Nizza  , 
accordando  il  passo  nelle  terre  piemontesi  al  sale  di  Genova  (5), 
dietro  le  amorevoli  dimostrazioni  della  S.  Sede  riapri  l'animo 
alla  speranza.  Una  visita  ricevuta  a  Vercelli  dal  duca  di  Ne- 
mours,   Giacomo  di  Savoia,   suo    nipote  (6),  il  quale  andava  a 


(i)  CiBRARio  :  Origini  e  progressi  delle  istituzioni  della  monarchia  di 
Savoia  sino  alla  costituzione  del  regno  d^ Italia,  voi.  II  (Firenze,  Cellini, 
1869),  p.  262.  —  Arch.  di  Stato  di  Torino,  Roma,  Lettere  ministri,  m.  2, 
Carlo  Malopera  di  S.  Michele  al  Duca,  lett.  varie.  —  Circa  la  storia 
piemontese  di  questi  anni,  v.  tra  Taltro  Adriani^  La  guerra  e  la  domi- 
nazione dei  francesi  in  Piemonte  dal F  anno  IS36  al  iSS9'  Torino,  1867. 

(2)  V.  notizie  sul  Ferrerò  in  Dionisotti:  Memorie  storiche  della  città 
di  Vercelli,  ecc.  Biella,  Amosso,  iBói,  p.  277  e  seg. 

(^  Arch.  di  Stato  di  Torino,  loc.  cit.,  mazzo  i.°  Ferrerò  al  prin- 
cipe di  Piemonte.  Roma^  22  aprile  i55o. 

(4)  V.  mazzo  2°  Frossasco  e  Malopera  al  principe  di  Piemonte. 
Roma,  23  aprile  i55o.  —  Il  Frossasco  erasi  recato  a  Roma  per  giurare 
fedeltà  ed  ossequenza  in  nome  del  Duca  a  Giulio  III,  nuovo  Pontefice. 

(5)  V.  il  mio  Una  questione  tra  Carlo  III,  duca  di  Savoia  e  D.  Fer- 
rante Gonzaga,  luogotenente  imperiale  in  Italia,  nel  jjjo.  Torino,  Clau- 
sen,  1896  (estr.  dagli  Atti  della  R.  Accademia  delle  Scienze  di  Torino, 
voi.  XXXII)  e  Appunti  sul  ducato  di  Carlo  II,  ecc.,  pag.  20-24.  —  V.  an- 
che Arch.  di  Stato  di  Torino,  Lettere  particolari ,  Tommaso  Valperga 
al  Duca.  Milano.  22  marzo  e  Vercelli,  i  aprile  i55o. 

(6)  Giacomo  era  figlio  di  Filippo  di  Savoia,  conte  del  Genevese  e 
duca  di  Nemours,  fratello  del  nostro  Duca. 


TRA    FRANCIA    E    SPAGNA  BdQ 

Roma  col  maresciallo  Roberto  de  la  Mark,  gli  porse  occasione 
nella  metà  d'aprile  di  quell'anno  di  ritentare  l'opera  già  tante 
volte  fallita  (i).  Il  Nemours  a  Roma  fu  visitato  alla  sua  volta 
dal  Frossasco  e  dal  Malopera  (2).  Quando  poi,  dopo  un  lungo  giro 
per  Venezia  e  Ferrara  (3),  fece  ritorno  in  Piemonte,  si  fermò  di 
nuovo  col  de  la  Mark  a  Vercelli,  ed  offrì  allo  zio  i  suoi  servigi. 
Il  Duca  pregò  i  due  personaggi  di  tutelare  i  suoi  interessi  e  ram- 
mentare al  re  Enrico  II  tre  desideri  da  lui  espressi  già  tante  volte: 
l'amicizia  di  Francia,  la  restituzione  degli  stati  ed  il  modo  d'es- 
sere utile  ad  esso  re.  Il  de  la  Mark  rispose  subito  che  il  primo 
ed  il  terzo  desiderio  avrebb'egli  raggiunto  certo  fra  pochi  anni, 
ma  quanto  al  secondo  che  doveva  attendersi  dal  re  solo  un  com- 
penso alle  terre  perdute  (4).  Era  la  solita  risposta  che  i  Francesi 
davano  alle  aperture  del  Duca,  delle  quali  Enrico  II  pareva  farsi 
gioco  (5).  Carlo  tuttavia,  pur  dichiarando  di  non  accettare  com- 


(i)  RiBiER  :  Leitres  et  mémoires  d^Estat,  des  Roys,  princes,  ambassa- 
deurs  et  autres  ministres  sous  les  Régnes  de  Francois  1^^,  Henri  li  et  Fran- 
cois li,  tomo  2.°  (Parigi,  Clouzier  e  Ambovyn,  MDCLX'VI),  p.  267.  Ro- 
berto de  la  Mark  al  conestabile,  Anna  di  Montmorency.  Torino,  18 
aprile  i55o.  —  Il  de  la  Mark  non  fece  visita  al  Duca,  mandò  però  a 
scusarsi,  ed  il  gentiluomo  da  lui  inviato  al  ritorno  gli  confermò  le 
speranze  del  Duca  in  una  buona  pace  "  par  les  plaintes  et  larnies  que 
ledit  Due  ne  luy  a  esparguées  à  son  arrivée,  de  sorte  que  pour  le 
moins  nous  s9aurons  ce  qu'il  a  sur  le  coeur,,. 

(2)  Arch.  di  Stato  di  Torino,  Roma,  Lett.  ministri,  va.  2.^  Frossasco 
e  Malopera  al  principe.  Roma,  28  maggio  i55o. 

(3)  Id.  Malopera  al  principe.  Roma,  7  luglio  i55o.  "  Mons.  di  Ne- 
mours è  partito  V  altr"  eri  di  qua  per  le  poste  con  il  Marechial  della 
Marchia  per  la  volta  di  Venetia,  Ferrara  et  poi  Vercelli.  Si  mottegia 
di  darli  moglie  in  Ferrara,  ma  non  Iho  per  certo  „. 

(4)  Arch.  di  Stato  di  Torino,  Registri  lettere  della  corte,  i536-5o, 
fol.  804.  Al  principe  di  Piemonte,  a  Gio.  Tommaso  Langosco,  conte 
di  Stroppiana,  amb.''^  del  Duca  nella  corte  imperiale.  Vercelli,  i5  ago- 
sto i55o. 

(5)  RmiER,  II,  274.  Il  re  al  de  la  Mark.  S.  Germain  en  Laye,  3  ot- 
tobre i55o.  —  Il  contenuto  di  questa  lettera  mi  fa  dubitare  circa 
la  data  di  essa.  Il  re  scrive  al  de  la  Mark  d'aver  inteso  quanto  il  Ne- 
mours aveva  riportato  dal  Duca,  ed  approva  "  qu'en  retournant  par 
de  9à  „  ,  cioè  da  Roma  in  Francia,    anch'esso  de  la  Mark  si  rechi  a 


360  UN    EPISODIO    DELLA    LOTTA 


pensi,  bensì  volere  la  restituzione  pura  e  semplice  dei  suoi  possessi, 
pregò  i  due  signori  a  sollecitarne  il  re,  e,  rivoltosi  al  Nemours, 
aggiunse  che  come  suo  nipote  spettava  a  lui  di  far  presente  al 
sovrano  francese  i  torti  usatigli  e  la  necessità  di  una  sollecita 
riparazione  (i).^ 

Il  buon  Duca,  eccitato  dagli  ultimi  avvenimenti,  non  s'ac- 
corgeva che  le  sue  insistenze  e  le  suppliche  riuscivano  all'effetto 
opposto,  e  diminuivano  le  già  scarse  probabilità  di  un  accordo. 
Egli  con  fermezza  lodevole  non  voleva  cedere  un  palmo  di  terra; 
ma  era  del  tutto  chimerico  il  supporre  che  Enrico  li  a  sua  volta 
abbandonasse  per  solo  omaggio  alla  giustizia  terre  conquistate 
col  valore  e  col  sangue  dei  suoi  soldati,  e  ch'egli,  il  vinto  Duca,  era 
incapace  a  ricuperare  (2).  Eppure  Carlo,  in  cui  l'idea  di  simile 
accordo  aveva  assunto  forma  di  vera  fissazione,  non  appena  il 
de  la  Mark  ed  il  Nemours  furono  partiti,  scrisse  al  conestabile 
Anna  di  Montmorency,  al  quale  pure  lo  univano  vincoli  di  pa- 
rentela (3),   pregandolo  di  usare  la    sua    influenza  presso  il  re  e 


Vercelli  o  dove  sia  il  Duca  e  gli  prometta  in  termini  generali  T  af- 
fetto e  l'amicizia  sua,  quando  sinceramente  egli  si  volga  alla  sua 
parte.  Dunque  il  re  conosceva  solo  la  i.^  visita  fatta  dal  Nemours 
al  Duca  nell'aprile,  non  la  seconda,  e  che  inoltre  il  de  la  Mark  ed  il 
Nemours  stesso  erano  ancora  a  Roma  o  nel  viaggio  di  ritorno.  Dalle 
lettere  citate  nelle  note  precedenti  si  vede  che  la  data  della  presente 
deve  essere  corretta  almeno  di  un  mese. 

(1)  Lett.  cit.  del  Duca  allo  Stroppiana.  "  Et  dadvantaige  Jay  dict 
à  mon  nepveu  que  estoit  à  luy  de  fere  entendre  audit  Roy  le  grand 
tort  quii  a  de  moy  et  de  solliciter  la  diete  restitution  de  mes  estatz, 
veu  que  je  le  tiens  pour  mon  deuxiesme  {filiS?)  et  il  pourroit  plus- 
tost  tenir  ces  propos  au  Roy  que  point  daultre,  car  le  Roy  ne  pren- 
droit  point  en  maulvaise  part  ce  que  luy  en  diroit  „. 

(2)  Era  la  risposta  già  data  da  Francesco  I  nel  1541 ,  v.  Secken- 
DORF,  Commentariiis  historico  et  apologeticus  de  Luther anismo  sivs  de  re- 
formatiom  religionis  diictu  Martini  Luthcri....  recepta  et  stabilita.  Franco- 
furti et  Lipsiae,  1792,  voi.  Ili,  pag.  366,  e  Janssen,  Geschichte  der 
dcutschen  Volkes  seit  dem  Atisgang  des  Mitielaltcrs ,  voi.  Ili,  Freiburg 
i.  B.  Herderische  Verlagshandlung,  1892,  p.  4S0. 

(3)  Anna  di  Montmorency  aveva  sposato  Maddalena  di  Savoia,  fi- 
glia di  Renato,  il  Bastardo,  fratello  naturale  del  nostro  Duca. 


TRA    FRANCIA    E    SPAGNA  36 I 

persuadere  questo  a  tale  opera  di  pace  e  di  giustizia  (i).  E  designava 
nel  tempo  stesso  di  mandare  alla  corte  francese  un  gentiluomo 
per  avere  al  più  presto  dal  Montmorency  a  bocca  o  per  iscritto 
una  risposta.  Per  fortuna  in  questo,  come  in  tutto,  avviò  prima 
D.  Ferrante,  il  quale  vedendo  menomata  da  simili  insistenze 
anche  la  riputazione  del  suo  signore,  gli  fece  presente  non  essere 
decoroso  un  tal  passo,  se  non  altro  perche  avrebbe  favorito  nel  Mont- 
morency l'idea  che  esso  Duca  agisse  privo  di  speranza  nell'aiuto 
imperiale  (2).  L'osservazione  del  Gonzaga  era  giusta,  ma  contem- 
poraneamente il  Malopera,  che  conosceva  quanto  il  Duca  fosse 
smanioso  della  pace  definitiva,  parlò  della  cosa  al  Pontefice:  aver- 
gli S.  S.^^^  altre  volte  promesso  di  interporre  l'opera  sua  a  prò' 
del  Duca;  volesse  dunque  adoperarvisi  e  tener  memoria  delle 
misere  condizioni  sabaude.  Giulio  III  si  scusò  di  non  aver  ancora 


(i)  Arch.  di  Stato  di  Torino,  Registri  cit,  fol.  3ii.  Al  Montmo- 
rency, 27  settembre  i55o.  —  Il  duca  mandò  la  lettera  a  Carlo  di  Cosse, 
signore  di  Brissac,  nuovo  comandante  dei  Francesi  in  Piemonte,  per- 
chè la  facesse  pervenire  a  destinazione,  v.  id.  Il  duca  al  Brissac.  —  La 
suddetta  lettera  al  Montmorency  fu  pubblicata  dal  Ribier,  II,  284,  — 
V.  anche  Decrue:  Anna,  Due  de  Montmorency,  conéstable  et  pair  de 
Frànc3  sous  Ics  rois  Henri  II,  Francois  II  et  Charles  IX.  Paris,  Plon, 
1889,  p.  102. 

(2)  Arch.  di  Stato  di  Torino,  Mantova,  Lettere  principi,  mazzo  i.'^ 
D.  Ferrante  al  Duca.  Milano,  16  novembre  i55o  "  ....  a  me  pareva,  come 
pur  adesso  tuttavia  mi  pare,  che  non  si  dovesse  né  debbi  in  niunmodo, 
per  quello  che  principalmente  tocca  alla  reputazione  di  V.  Ex.*,  altra- 
mente mandar  dal  detto  Contestabile  .per  la  detta  risposta,  et  tanto 
meno,  quanto  che  egli  fin'hora  non  si  è  curato  mandarla,  né  haver 
fatto  altro  sembiante,  per  il  qual  comprender  si  possi  ch'egli  babbi  ha- 
vuto  ad  caro  quello  che  l'Ex.*  V.  gli  ha  scritto.  Anco  si  comprende 
col  non  responder  non  esserli  stato  satisfatorio.  Però  come  ho  detto 
non  mi  par  che  convenga  né  alla  reputation  né  a  ser."  suo  mandarli 
per  tal  effetto  persona  alcuna,  né  sopra  di  ciò  farli  più  altra  instan- 
tia per  li  respetti  che  V.  Ex.^  sa,  et  per  non  affettarli  tanto  il  negocio 
che  babbi  il  detto  contestabile  certamente  a  persuadersi  che  di  pura 
necessità  sia  costretta  ricercar  acordo,  et  che  del  tutto  l'Ex.*  V.  babbi 
perso  la  speranza  di  puoter  col  seguito  et  brazo  di  sua  M.*^  esser  re- 
stituito nel  stato  suo,  che  in  questo  ci  andarebbe  troppo  di  sua  repu- 
tatione,  come  quello  con  sua  molta  prudenza  può  considerar,,. 


362  UN   EPISODIO    DELLA    LOTTA 

scritto,  dicendo  attendere  di  giorno  in  giorno  avvisi  di  Francia 
per  conoscere  le  intenzioni  regie,  fino  allora  poco  inclinevoli  ad 
accomodamento,  e  che  poi  si  sarebbe  aperto  anche  coli' imperatore 
per  appianare  le  difficoltà  (i).  Giunsero  finalmente  le  attese  no- 
tizie e  furono  ben  poco  soddisfacenti.  Alle  parole  di  un  segretario 
del  cardinale  Ippolito  d'Este,  che  scongiurava  il  re  di  rendere 
il  Piemonte  al  legittimo  signore,  portando  innanzi  l'esempio 
dell'  imperatore,  il  quale  pur  avendo  facilità  di  tenere  Firenze 
sotto  il  suo  dominio  aveva  preferito  lasciarvi  un  principe  indi- 
pendente a  governarla,  Enrico  II  rispose  con  inflessibile  pertina- 
cia essere  sua  volontà  di  conservare  quanto  le  armi  francesi  te- 
nevano; che  non  rifiutava  trattative  col  Duca,  ma  prima  voleva 
che  questi  si  recasse  in  luogo  libero  da  presidio  ed  ingerenze 
imperiali.  Il  cardinale  comunicò  queste  notizie  al  Malopcra,  e 
suggerì  come  espediente  di  rivolgersi  nuovamente  al  conestabile. 
Rispose  il  Malopera  parergli  la  cosa  inutile  dopo  le  espressioni 
del  re,  poiché  mai  il  Duca  avrebbe  rotto  i  legami  che  1'  univano 
all'imperatore.  Il  cardinale  assicurò  che  se  il  re  parlava  per  bocca 
sua  di  accordo,  non  voleva  certo  ingannarlo,  ed  in  conclusione 
ripetè  essere  più  che  necessario,  indispensabile,  l'invio  alla  corte 
francese,  al  fianco  del  conestabile,  d'una  persona  confidente.  Il 
Malopera  avrebbe  voluto  interessare  alla  causa  del  povero  Duca 
gli  altri  ambasciatori  residenti  a  Roma.  Si  aprì  con  quello  me- 
diceo, gli  fece  presente  l'importanza  che  anche  pel  Duca  Cosimo 
doveva  avere  la  reintegrazione  di  Carlo,  e  come  alla  morte  del- 


(i)  Id.,  Roma,  Lettere  ministri,  m.  2.°  Malopera  al  duca.  Roma,  2 
novembre  i55o.  —  Si  noti  che  anche  Emanuele  Filiberto  coglieva  le 
occasioni  opportune  per  sollecitare  il  Pontefice  a  tale  opera:  ad  es., 
nella  missione  del  Chatellard  citata,  v.  Arch.  di  Stato  di  Torino,  Let- 
tere cardinali,  m.  2  °  Cristoforo  Madruzzo,  cardinale  vescovo  di  Trento, 
al  Duca,  Trento,  i5  marzo  i55o.  Dal  sig.  di  Chatellard  ha  inteso  l'uffi- 
cio che  andava  a  compiere  in  Roma.  "  Piaccia  intanto  a  N.  S.  Dio  d' in- 
spirar a  sua  Beat.i<=  fra  le  prime  demostracioni  di  buona  intelligenza 
con  sua  M.^^  una  ferma  voluntà  d'aggiustar  le  cose  di  V.  Ex.%  che  que- 
sta sarà  veramente  opra  da  giusto  et  santo  Pontefice  et  che  darà  piena 
credenza  al  mondo  dei  buoni  principi  che  di  lei  si  veggono  „. 


TRA    FRANCIA    E    SPAGNA  363 

l'imperatore,  se  le  cose  duravano  nello  stato  di  quei  giorni, 
anche  la  Toscana  potesse  averne  pericolo.  Promise  l'oratore 
mediceo  di  scrivere  a  Cosimo  e  fare  quanto  stava  in  lui.'  Ma, 
l'opera  dell'ambasciatore  sabaudo  era  incagliata  dalla  disputa 
di  precedenza  colla  Repubblica  veneta:  per  essa  il  Malopera  non 
si  presentava  nelle  funzioni  pubbliche  o  nei  concistori,  quando 
vi  si  trovava  l'oratore  veneto.  Egli  non  poteva  quindi  agire  con- 
venientemente anche  presso  i  cardinali  per  gli  interessi  del  suo 
principe  (i). 

Il  Duca  approvò  il  consiglio  del  cardinale  di  Ferrara,  mandò 
a  Parigi  il  segretario  Richard  per  sollecitare  la  risposta  del  Mont- 
morency,  che  tardava  molto  (2).  Inoltre  fece  pregare  il  cardinale 
di  scrivere  al  fratel  suo  Ercole  II,  duca  di  Ferrara,  al  cognato 
Francesco  di  Lorena,  duca  di  Guisa,  ed  al  cardinale  Carlo,  fra- 
tello di  questo,  perchè  tutti  unissero  i  loro  uffici  a  quelli  del 
Richard.  Avvertì  in  ultimo  il  Malopera  di  non  considerarsi  come 
ambasciatore,  ma  semplice  agente,  e  di  entrare  quindi  senza  dif- 
ficoltà nei  concistori  e  nella  cappella  pontificia  dopo  l' orator 
veneto  (3). 


(i)  Id.,  Roma,  Lettere  ministri,  m.  2.°  Malopera  al  Duca.  Roma,  3i 
gennaio  i55i  (cifrata)  "  ....  Se  non  fusse  questa  benedetta  diferentia 
di  precedentia  con  Venetiani,  la  quale  m' impedisse  che  non  mi  trovo 
alle  capelle  papali  et  altre  congregationi,  dove  ben  spesso  gli  è  ramb.*"® 
suo  et  tutti  altri  eccetto  io,  quale  non  mi  ci  trovo,  eccetto  quando  so 
di  certo  che  quello  de  Venetiani  non  gli  viene,  potrei  far  delle  pra- 
tiche ordinariamente.  Il  che  cede  in  maggior  disavantagio  di  V.  E., 
perchè  si  viene  a  smarire  il  loco  eh'  è  poi  inante  a  tutti  altri  Duchi 
et  fuge  l'occasione  del  negociar  con  Ihoro  et  con  li  cardinali  cosse  che 
sariano  di  rilevo  et  insieme  di  reputatione.  Et  il  card.*^  de  Medici  molte 
volte  me  lo  ha  ricordato,  dicendo  che  in  questo  caso  V.  Ex.  doveria 
chiuder  gl'occhij,  poiché  Ihoro  tengano  il  possesso  in  tutte  le  corte  et 
restan  banditi  quelli  di  V.  E.  da  tutte  le  cerimonie  et  congregationi 
honorevoli....  „. 

(2)  Id.,  Vienna,  Lettere  ministri,  m.  i."  Ugo  Michaud  al  Duca.  Bru- 
xelles, IO  febbraio  i55i.  Il  Michaud  era  controllore  della  casa  di  Ema- 
nuele Filiberto. 

(3)  Id.,  il  Duca  ai  Malopera,  20  febbràio  i55i.  —  Fu  il  cardinale  di 
Ferrara  meravigliato  del    poco    interesse  che  il  concstabile  prendeva 

Arch.  Stor.  Lomb.   —  Anno  XXVII.  —   Fase.  XXVI.  24 


364  ^^    EPISODIO    DKLLA    LOTTA 

Agli  ultimi  di  febbraio  od  ai  primi  di  marzo  i53i  giunse  la 
risposta  del  conestabile:  conteneva  le  solite  espressioni  generali  e 
chiedeva  l'invio  alla  corte  non  più  d'un  segretario,  ma  d'un 
gentiluomo  per  trattare  la  pace  desiderata.  Il  vescovo  d'  Arras, 
Antonio  Perrenot  di  Granvellc,  a  cui  l'ambasciatore  ducale,  Gio. 
Tommaso  Langosco,  conte  di  Stroppiana,  comunicò  la  risposta, 
disse  che  erano  tutte  baie  per  tirare  in  lungo  le  trattative,  e  che 
il  re  avrebbe  persistito  nell'antica  volontà  di  nulla  restituire  (i). 
Rimase  al  Duca  per  solo  conforto  la  benevolenza  del  Pontefice 
Giulio  III,  che  nel  concedere  al  re  di  Francia  un  indulto  pei 
suoi  stati,  ne  escluse  la  Savoia  ed  il  Piemonte,  mostrando  così 
di  riconoscere  i  diritti  di  Carlo  su  le  perdute  terre  (2). 


2.  —  E  già  coi  fatti  i  Francesi  dimostravano  le  loro  vere 
intenzioni.  Nel  i55o  era  succeduto  al  defunto  principe  di  Melfi, 
Giovanni  Caracciolo  (3),  come  luogotenente  del  re  in  Piemonte 
Carlo  di  Cosse,  signore  di  Brissac,  maresciallo  dì  Francia,  e  po- 
chi mesi  dopo,  proprio  quando  s' attendeva  a  Vercelli  la  risposta 
del  Montmorency,  veniva  scoperta  nel  gennaio  i55i  una  congiura 
a  Nizza,  macchinata  con  isquisita  abilità  (4).  Ben  peggio  fu  quando 


alle  cose  del  Duca,  e  rispose  al  Malopera  che  certo  il  fratel  suo,  il  co- 
gnato ed  il  cardinale  di  Guisa  avrebbero  operato  attivamente,  ma  che 
temeva  coli' intrometterli  di  offendere  il  conestabile,  v.  id.,  Malopera 
al  Duca.  Roma,  12  maggio  i55i. 

(i)  Id.,  mazzo  2.°  Stroppiana  al  Duca.  Augusta,  7  aprile  i55i. 

(2)  CiBRARio  :  Op.  cit.,  II,  262.  —  Arch.  di  Stato  di  Torino,  Roma, 
Lettere  ministri,  m.  2."  Carlo  Malopera  di  S.  Michele  al  Duca.  Roma, 
23  ottobre  i55o.  7—  E  già  nel  luglio  di  queir  anno  il  Pontefice  aveva 
rifiutato  uguale  domanda,  v.  id.,  Roma,  7  luglio  i55o. 

(3)  V.  nel  Caracciolo  D'  Ayala  :  Giovanni  Caracciolo,  principe  di 
Melfi,  duca  d^ Ascoli,  in  Archivio  storico  italiano,  serie  3.%  XV  (1872). 

(4)  Al  primo  sentore  D.  Ferrante  mandò  a  Nizza  un  abile  soldato 
piemontese,  Giorgio  Costa,  conte  della  Trinità  (Arch.  di  Stato  di  To- 
rino, Mantova,  Lettere  principi,  D.  Ferrante  al  duca.  Milano,  i  febbraio 
i55i)  ed  il  capitano  Oddone  Provana.  Erasi  arrestato  nel  castello  di 
quella  città   un    Chiafìredo  Tapparelle    di  Savigliano,    soldato,  grave- 


TRA    FRANCIA    E    SPAGNA  365 

il  pontefice  decise  d'accordo  con  D.  Ferrante  di  combattere  Orazio 
Farnese,  che  negava  la  restituzione  di  Parma  alla  Chiesa.  D.  Fer- 
rante, che  in  altri  tempi  aveva  riconosciuto  la  difficoltà  di  man- 
tenere il  Piemonte  e  sbarazzarlo  dei  Francesi,  al  punto  da  con- 
sigliarne la  distruzione  completa,  perchè  il  nemico  non  vi  trovasse 
alimento,  abbandonò,  si  può  dire,  le  terre  sabaude  a  sé  stesse, 
detraendo  quanti  soldati  esperti  vi  si  trovavano  (i),  per  invadere 
il  Parmigiano  e  stringere  Parma  e  la  Mirandola.  Di  più  accorgen- 
dosi che  il  Brissac  per  soccorrere  il  Farnese  mandava  di  nascosto  i 


mente  indiziato  nella  congiura  per  sequestro  di  sue  lettere.  D.  Fer- 
rante voleva  per  via  di  Genova  farlo  trasportare  a  Vercelli  o  Milano 
ed  esaminarlo  (id.^  Casale,  23  febbraio  i55i,  v.  anche  Registri  lettere 
della  corte  i55i-53,  fol.  14.  A  D.  Ferrante,  Vercelli,  20  febbraio  i55i). 
Ma  il  IO  febbraio  V  imputato  alla  presenza  del  conte  della  Trinità, 
di  Oddone  Provana  e  di  Filiberto  Gallatero,  segretario  del  castellano, 
fra  Paolo  Simeone  dei  Balbi,  depose  in  un  interrogatorio  che,  avendo 
ricercato  per  mezzo  di  un  Corrado  Tapparello  dal  Brissac  permesso 
di  entrare  al  servizio  del  castello  di  Nizza,  fu  istigato  dal  suddetto 
Corrado  di  dare  il  castello  in  mano  ai  Francesi,  quando  si  trovasse 
sul  luogo.  Egli  fu  presentato  anche  al  Brissac,  che  reiterò  1'  esorta- 
zione e  gli  concesse  il  desiderato  permesso.  Andò  dippoi  nel  castello, 
e  qui  ricevette  una  lettera  di  Corrado  Tapparello,  trasmessagli  da  un 
Giorgio  Bellino,  alla  quale  fece  risposta.  Giurò  in  ultirho  di  non  aver  fatto 
altro,  né  parlato  della  cosa  con  alcuno  (id.,  Mantova,  Lettere  ,J)rincipi^ 
D.  Ferrante  al  Duca,  Vigevano,  20  febbraio  i55i  e  dichiarazione  di 
Filiberto  Gallatero,  io  febbraio  i55i).  Ad  ogni  modo  il  Duca  d'accordo 
con  D.  Ferrante  diede  ordine  fosse  V  inquisito  trasportato  a  Genova, 
e  di  qui  a  Vercelli  (id.,  D.  Ferrante  al  Duca.  Vigevano,  20  febbraio  e 
4  marzo  i55i.  —  Registri  cit.,  fol.  14,  16.  Istruzione  al  Valperga,  20 
febbraio  i55i). 

(i)  Arch.  di  Stato  di  Torino,  Mantova,  Lettere  principi ,  D.  Ferrante 
al  Duca.  Milano,  19  aprile  i55i.  Dice  aver  dato  ordini  per  l'aumento 
delle  fortificazioni  nelle  terre  piemontesi,  ma  che  pregava  il  Duca  di 
adoperare  durante  la  guerra  di  Parma  in  Asti ,  a  Chieri,  a  Possano, 
a  Crescentino,  e  Cherasco  ed  in  qualche  altra  terra  gente  del  paese. 
—  Impediva  pure  D.  Ferrante  che  a  Chieri  si  facesse  la  solita  festa 
annuale,  certo  per  evitare  disordini  ed  occasioni  propizie  ai  Francesi 
ma  con  malcontento  di  quei  cittadini.  Id.,  Milano,  3  maggio  i55i. 
Circa  le  proposte  di  D.  Ferrante  di  devastare  il  Piemonte,  v.  special- 
mente GosELLiNi  :  Vita  di  Don  Ferrante  Gonzaga,  principe  di  Molfetta. 
Pisa,  Capurro,  1821,  p.  55-6i. 


366  UN    EPISODIO    DELLA    LOTTA 

soldati  delle  compagnie  italiane  che  servivano  nel  suo  esercito 
verso  le  città  assediate,  diede  morte  a  quanti  gli  capitarono  sotto 
mano  (i).  Ora  i  Francesi  sapevano  da  fonte  certa  che  l'impera- 
tore Carlo  V  non  avrebbe  mai  sottoscritto  una  pace  definitiva, 
se  prima  il  duca  di  Savoia,  privo  degli  stati  per  aver  seguito  le 
sue  parti,  non  veniva  restituito  nelle  terre  perdute,  ed  in  mo- 
mento opportuno  avrebbe  cercato  di  strappar  loro  quanto  pos- 
sedevano in  Italia  (2).  Colse  quindi  il  Brissac  l'occasione  che  gli 
si  presentava  di  riaprire  le  ostilità  in  Piemonte  nell'  assenza  di 
D.  Ferrante  e  ciò  fece  proprio  quando  il  luogotenente  cesareo  era 
trattenuto  sotto  la  Mirandola.  Era  tornato  allora  di  Germania 
il  principe  di  Spagna,  D.  Filippo,  che  accompagnato  da  Em. 
Filiberto  si  recava  in  Ispagna,  a  Barcellona.  Carlo  andò  a  Milano 
per  vederlo  e  cattivarselo.  V'ebbe  accoglienza  affabile,  come 
sempre,  e  promessa  di  pronto  rinvio  del  figlio  suo  (3). 

Nel  settembre  i55i  adunque  i  Francesi  senza  dichiarazione 
di  guerra  attaccarono  Chieri,  S.  Damiano  e  varie  terre  dell'  As- 
tigiano e  del  Monferrato,  rendendosene  padroni.  Inoltre  sulla  via 
che  da  Lanzo  conduce  a  Vercelli  catturarono  il  castellano  di 
Lanzo,  Giacomo  Provana  di  Leynì,  maggiordomo  di  Em.  Fili- 
berto ed  uno  dei  principali  personaggi  dello  stato  piemontese  (4). 


(i)  March  AND  :  Charles  I-^  de  Cosse,  comte  de  Brissac  et  marèe  hai  de 
France,  iSoy-óS.  Paris,  Champion,  1889,^  p.  124-25. 

(2)  RiBiER,  II,  184-86.  Il  sig.  di  Gié  al  re,  Roma,  i3  gennaio  1549, 
p.  208-10.  II  cardinale  Du  Bellay  al  re,  Roma,  12  maggio  1649,  p.  211, 
id.,  id.,  Roma,  28  maggio  1549. 

(3)  Arch.  di  Stato  di  Torino,  Registro  cit.,  fol.  So,  47.  Al  gran  priore 
Simeone,  Milano,  25  giugno  i55i.  All'imperatore,  Vercelli,  agosto  i55i. 

—  Neir  anno  precedente  era  tornato  di  Spagna  Massimiliano  d'Austria, 
arciduca  e  figlio  del  re  dei  Romani,  Ferdinando.  Il  Duca,  non  avendo 
potuto  visitarlo,  vi  aveva  mandato  Gio.  Amedeo  Valperga  di  Masino, 
V.  id.  Lettere  particolari,  Masino  al  principe.  Sale,  27  ottobre  i55o. 

(4)  PiNGONE,  Augusta  Taurinorum.  Torino,  Bevilacqua,  1577,  pag.  78. 

—  Memorie  di  'un  terrazzano  di  Rivoli  dal  ijjj  al  ijSó ,  in  Miscel- 
lanea di  storia  italiana,  VI,  619.  —  Marchand,  p.  127,  ed  il  mio  Un 
gentiluomo  piemontese  della  prima  metà  del  secolo  XVI,  Giacomo  Provana 
di  Leynì.  Genova,  Sordomuti,  1897,  p.  48  (estr.  dal  Giornale  Ligustico). 

—  La  dichiarazione  di  guerra  ebbe  luogo  solo  il  12  settembre. 


TRA    FRANCIA    E    SPAGNA  867 

Naturalmente  D.  Ferrante  all'annunzio  delle  ostilità  francesi, 
dovette  abbandonare  1'  assedio  di  Parma  e  della  Mirandola,  dove 
incontrava  anche  una  resistenza  tenace,  e  dirigersi  tosto  verso  il 
Piemonte  (i).  Nella  seconda  metà  d'ottobre  era  in  Asti  e  pren- 
deva alcune  disposizioni  per  proteggere  il  Vercellese  (2).  Ormai 
la  guerra  colla  Francia  era  ripresa,  e  con  inizi  così  cattivi  che 
il  Duca  ripensava  nuovamente  ad  accordarsi  col  re. 

Il  maresciallo  conte  Renato  di  Challant,  principale  ministro 
del  Duca,  teneva  da  vari  anni  aperte  alcune  trattative  con  En- 
rico II  per  mezzo  d'  un  maggiordomo  del  duca  di  Nemours.  Ora 
Giacomo  Provana  di  Leynì  durante  la  sua  breve  prigionia  offrì 
al  Brissac  di  venij^e  ad  un  accordo.  Il  Boyvin  du  Villars  scrive 
anzi  avere  il  Leynì  promesso  al  maresciallo  che  il  Duca  fatta  la 
pace  avrebbe  preso  le  armi  pel  re  ed  a  lui  rimesso  Vercelli,  Ivrea, 
Masino,  S.  Germano,  Crescentino,  Chivasso,  Cuneo,  Fossano  e  la 
contea  di  Nizza  (3).  Queste  parole  contengono  senza  dubbio 
molte  falsità;  non  si  vedrebbe  infatti  quale  profitto  sarebbe  venuto 
al  Duca  collo  spogliarsi  del  resto  dei  suoi  stati  per  acquistare 
r  amicizia  del  re,  e  non  è  ammissibile  che  fosse  disposto  a  dichia- 
rarsi nemico  dell'  imperatore.  Di  vero  nelle  affermazioni  del  Boyvin 
non  v'  è  probabilmente  altro  che  qualche  discorso  tra  il  Leyni 
ed  il  Brissac  circa  un   tentativo  di  accordo.  Il  Boyvin  aggiunge 


(i)  De  Leva  :  La  guerra  di  papa  Giulio  HI  contro  Orazio  Farnese 
sino  al  principio  delle  negoziazioni  di  pace  con  la  Francia,  in  Rivista  sto- 
rica italiana,  l,  1884,  p.  675.  —  Circa  la  guerra  di  Parma,  v.  anche 
Balan,  Gli  assedii  della  Mirandola  di  Papa  Giulio  II  nel  ijii  e  di  Papa 
Giulio  III  nel  isji  e  ijs^  narrati  secondo  i  piti  recenti  documenti.  Mi- 
randola, 1876. 

(2)  Arch.  di  Stato  di  Torino,  Mantova,  Lettere  principi,  D.  Ferrante, 
al  Duca.  Asti,  22  ottobre  i55i.  Voglia  il  Duca  favorire  il  capitano  Nic- 
colò Secco,  che  ha  avuto  da  lui  incarico  di  fortificare  Crescentino, 
scudo  e  riparo  di  tutto  il  Vercellese,  ed.  dal  Promis  :  Cento  lettere  con- 
cernenti la  storia  del  Piemonte  dal  1S44  al  1S92,  in  Miscellanea  di  storia 
italiana,  IX  (1870). 

(3)  Boyvin  du  Villars:  Mémoires  (in  Collection  des  Mémaires,  ecc., 
del  Petitot,  tomo  XXVIII),  Parigi,  1822,  p.  435. 


I   N     1  IMSODIO    DliLF.A     LOTTA 


che  il  Rrissac,  vedendo  nella  pace  col  Duca  la  certezza  di  pren- 
dere Milano,  mandò  senza  indugio  al  re  per  indurlo  ad  accet- 
tare le  offerte,  e  concedere  al  Duca  il  titolo  di  luogotenente 
generale  in  Italia  ed  a  lui  stesso  il  secondo  posto.  Essere  la  pro- 
posta stata  discussa  nel  consiglio  reale ,  ma  che  gli  avversari 
del  maresciallo  espressero  dubbi  sulle  promesse  del  Leynì,  ed  in 
conclusione  avere  il  re  ordinato  al  Brissac  di  liberare  «  gracieuse- 
ment  »  il  prigioniero,  perchè  avvertisse  il  Duca  d'ogni  cosa,  e 
portasse  in  seguito  qualche  maggior  garanzia  delle  intenzioni  du- 
cali. Il  Brissac  ubbidì  ed  il  sig.  di  Leynì  tornò  senz'  altra  assicu- 
razione «  que  celle  d'une  foible  esperance  »,  la  quale  irritò  tal- 
mente il  Duca  «  qu' il  se  remit  plus  fort  que  jamais  à  la  patience 
et  à  la  poursuite  des  armes  en  faveur  de  T  Empereur  »  (i). 

Anche  questo  racconto  del  Boyvin  contiene  grandi  inesat- 
tezze ed  invenzioni.  Che  il  Provana  abbia  nella  sua  prigionia 
continuato  le  pratiche  d'accordo,  mai  cessate  in  tutto  il  i55i(2), 
è  probabilissimo,  ma  che  dal  suo  insuccesso  siasi  indotto  il  Duca 
a  rompere  bruscamente  le  trattative  è  smentito  dai  fatti  almeno 
per  l'epoca  di  cui  discorre  l'autore.  Nel  novembre  infatti  di 
quell'anno,  proprio  mentre  il  Brissac  approfittando  della  lentezza 
del  Gonzaga,  assaliva  improvvisamente  Lanzo  ed  in  pochi  giorni 
se  n'  impadroniva  (3),  il  signor  di  Thaurines,  ufficiale  francese  (4), 


(1)  Id.,  p.  435-37. 

(2)  Trovo  che  nel  giugno  i55i  il  Duca  di  Ferrara,  Ercole  II  d'Este, 
mandò  al  duca  Antonio  Maria  di  Savoia,  signore  di  Collegno,  certo 
per  riaprire  negoziati  con  Francia.  Arch.  di  Stato  di  Torino,  Ferrara, 
Lettere  principi,  m.  i.°  Ercole  li  al  Duca.  Modena,  11  giugno  i55i. 

(3)  11  Marchand,  p.  192,  seguendo  il  Boyvin  du  Villars  ed  il  Mon- 
luc  attribuisce  la  presa  di  Lanzo  al  i552,  nel  gennaio.  Invece  è  dei 
primi  di  dicembre,  v.  Gosellini  :  Compendio  storico  della  guerra  di 
Parma  e  del  Piemonte,  i548-53,  pubbl.  da  A.  Ceruti  in  Mise,  di  storia 
italiana,  XVII  (1878),  p.  178-89,  v.  anche  Un  gentiluomo  piemontese,  ecc., 
pagina  44-46. 

(4)  Nel  1541  il  Duca  ebbe  a  lagnarsi  delle  ostilità  di  mons.  di  Thau- 
rines contro  un  nobile  del  contado  di  Nizza,  il  sig.  di  Gattières.  Vedi 
Arch.  di  Stato  di  Torino,  Registro  cit.,  i54i-53,  fol.  48.  A  mons.  di 
Thaurmes  e  Memoriale  al  sig.  di  Freilino  di  quel  che  deve  dire  al 
Thaurines.  Nizza,  9  aprile  1541. 


TRA    FRANCIA    E    SPAGNA 


36n 


per  mezzo  di  Luigi  Oddiiiet  sig.  di  Montfort,  savoiardo,  già  sud- 
dito del  Duca  ed  ora.  fedele  al  re,  risollevò  le  proposte  di  accordo. 
Lo  Stroppiana  ne  informò  l'imperatore  ed  i  suoi  ministri.  Carlo  V, 
che  allora  si  trovava  ad  Innsbruck,  scrisse  ad  Em.  Filiberto  di- 
cendo di  non  avere  osservazioni  a  fare,  poiché  mirava  solo  all'in- 
teresse del  Duca.  Sembrargli  tuttavia  che  non  doveva  «  ser  todo 
agua  limpia  »  e  sperare  che  il  Duca  lo  terrebbe  al  corrente  circa 
il  seguito  delle  trattative  (i).  H  sig.  di  Leynì,  dopo  la  caduta  di 


(i)  Biblioteca  Civica  di  Torino,  Raccolta  Cossilla,  Lettere  di  prin- 
cipi, Carlo  V  ad  Emanuele  Filiberto,  Innsbruck,  9  dicembre  i55i.  "  Ca- 
rolus  Divina  favente  clementia  Romanorum  Imperator  Augustus.  — 
lU.'ii-  Princeps  consanguinee  nostro  Char.^e  —  Por  la  carta  que  nos 
screvistes  de  vuestra  mano,  havemos  visto  la  speranza  que  teniades  de 
f  echar  los  franceses  de  Italia,  ponendose  en  execucion  el  discurso  que 
OS  comunicò  el  seilor  Fernando.  Pero  corno  aquel  haya  cessado  de 
presente  por  las  causas  y  segun  que  del  mismó  haureys  entendido, 
no  havrà  para  que  alargarnos  en  està  mas  de  certifficaros  que  lo  que 
summamente  desseamos  es  veros  resti tuj do  en  vuestro  stado,  comò 
plazerà  a  Dios  que  algun  dia  se  pueda  poner  en  effecto.  En  lo  de- 
màs  OS  nos  agraderemos  el  aviso  que  nos  days  de  la  plàtica  que  Fran- 
geses  han  comencado  a  mover  al  Duque  vuestro  padre ,  com.o  quiera 
que  creamos  ser  la  misma  de  que  el  nos  ha  dado  noticia  por  su  em- 
baxador,  la  qual  dize  que  ha  sido  movida  por  Mon.'"  de  Taurines,  por 
medio  de  Mos.  de  Monfort,  vassallo  d,e  vuestro  padre.  Y  assi  quanto  a 
esto  no  senos  offrece  que  dezir,  sino  que  comò  de  nuestra  parte  no 
se  le  pretenda  sino  vuestro  benefficio,  comò  es  mucha  razon,  y  vos 
mismo  OS  podeys  persuadir  de  las  Causas  que  para  ellos  hay,  es  de- 
sperar al  fundamento  y  pie  con  que  caminan  frangeses,  pues  no  deve 
ser  todo  agua  limpia  para  conforme  a  elio,  ylo  que  tenemos  por  cierto 
que  nos  avisarà  el  Duque  vuestro  padre,  del  progresso  de  la  dicha 
plàtica,  y  a  lo  que  vos  tambien  procurareys  entender  por  vuestra  parte, 
poderos  advertir  y  aconsejar  de  la  vuestra  lo  que  nos  pare(;:erà  mas 
convenir  al  bien  de  vuestros  negocios  con  el  amor  y  zelo  que  si  nos 
fuesen  proprios,  pués  por  tales  los  tenemos.  De  Hispruch,  a.  Villi  de 
Deziembre  MDLI. 

Carolus. 
retro  :  "  111.'"  Emanuel!  Phi- 
liberto  Pedemonti  Prin- 
cipi, Corniti  Astensi  Et 
Marchioni  Ceve  Consan- 
guineo Nostro  charis- 
simo  „.  Vargas. 


3^0  UN    EPISODIO    DE1,LA    LOTTA 

Lanzo,  della  quale  era  castellano,  conferì  pur  egli  col  Brissac,  il 
quale  infine  promise  a  nome  del  re  la  restituzione  della  Savoia 
e  della  Brcssa,  buoni  uffici  cogli  Svizzeri  per  Io  sgombro  dei  ba- 
liaggi  da  essi  occupati  fin  dal  i536,  ed  un  compenso  in  Francia 
per  le  terre  piemontesi.  Assicurava  la  mano  di  Margherita  di 
Valois  sorella  del  re,  al  principe  di  Piemonte,  Em.  Filiberto  (i). 
Il  Duca  accolse  le  proposte  con  mediocre  soddisfazione,  non  vo- 
lendo assolutamente  rinunziare  al  Piemonte.  Mandò  tuttavia  il 
conte  Lodovico  di  Chatellard  ad  Innsbruck  per  comunicare  all'im- 
peratore ed  al  vescovo  d'  Arras  il  risultato  della  negoziazione,  ed 
ambidue  consigliarono  di  respingere  le  proposte.  E  già  Carlo 
senza  attendere  il  responso  imperiale  aveva  espresso  al  Brissac  il 
suo  malcontento  (2). 


3.  —  In  conclusione  dopo  tanto  travaglio  le  cose  restavano 
al  punto  di  prima,  anzi  i  Francesi  prendevano  ardire  e  minac- 
ciavano d'impadronirsi  delle  ultime  terre  sabaude  e  di  Milano 
stessa  (3).  Avevano  buon  giuoco,  perchè  D.  Ferrante,  privo  di 
danaro,  lasciava  i  presidi  senza  paghe,  sicché  le  truppe  gravavano 
tutte  sugli  abitanti  e  commettevano  infinite  angherie,  che  trita- 
vano anche  i  più  fedeli  sudditi  del  Duca.  La  valle  d'Aosta,  non 
ostante  una  piccola  somma  di  danaro  mandata  dal  Gonzaga  (4), 
essendo  aperta  da  ogni  parte  ,  era  minacciata  ad  un  tempo  dai 
Vallesani  e  dai  Francesi  (5).  Costigliole  rifiutava  presidi  e  rice- 
veva a  fucilate  i  soldati  del  Gonzaga  (6).  Crescentino  gemeva  , 
oppressa  dal  governatore  Nicolò  Secco,  che  faceva  vivere  i  soldati  a 


(i)  Un  gentiluomo,  ecc.,  p.  46-47. 

(2)  Id.,  p.  47-5o,  lett.  dello  Stroppiana. 

(3)  Marchand,  p.  194-96. 

(4)  Arch.  di  Stato  di  Torino,  Mantova,  Lettere  principi,   m.  i.°  D.  Fer- 
rante al  Duca.  Manda  nei  due  forti  di  Hard  e  Monjovet  5oo  scudi. 

(5)  Id.,  Memoriale  del  Duca  a   ?  Vercelli,  i5  dicembre  i55i.  Manda 
avvertimenti  a  D.  Ferrante  sulla  valle  d'Aosta. 

(6)  Id.,  D.  Ferrante  al  Duca,  Casale,  6  marzo  i552. 


i 


TRA    FRANCIA    E    SPAGNA  ?>y  l 

Spese  della  terra (i).  Per  calmarla  convenne  richiamare  il  Secco (2). 
Possano  negava  consegna  di  2000  sacchi  di  grano  (3),  gli  abitanti 
di  S.  Germano  istigavano  i  soldati  a  disertare  (4),  e,  quel  ch'era 
peggio,  i  presidi  di  Vercelli  e  di  Nizza  soffrivano  per  mancanza 
di  paghe  (5).  Per  misura  di  prudenza  il  sig.  di  Masino,  governa- 
tore d'Asti,  rinunziava  ad  eseguire  le  confische  dei  bèni  sui  ri- 
belli e  banditi  dello  stato  (6).  I  lamenti  del  Duca  erano  con- 
tinui e  sdegnosi.  Egli  provava  vera  irritazione  contro  il  luogote- 
nente imperiale,  perchè  questi,  sebbene  cercasse  scusa  nella  scarsità 
di  danaro,  a  lui  pareva  realmente  di  mala  voglia,  negando  dì 
continuo  al  castellano  di  Nizza,  fra  Paolo  Simeone  dei  Balbi,  tre 
cannoni,  che  il  valente  soldato  riteneva  indispensabili  a  difendere 
la  piazza  (7).   Anzi   dava  il  Gonzaga  ordine  di  estrarre  da  varie 


(1)  Arch.  di  Stato  di  Torino,  Registri  cit.,  fol.  177.  Il  Duca  al  ca- 
pitano di  Crescentino.  Vercelli,  i5  gennaio  i552. 

(2)  Id.,  Mantova,  Lettere  principi,  lett.  di  D.  Ferrante  al  Duca.  Bene, 
i5  giugno  1559.  —  CiBRARio,  II,  264. 

(3)  Lett.  cit.  di  D.  Ferrante  del  6  marzo  i552. 

(4)  Id.,  II  maggio  i552. 

(5)  Arch.  di  Stato  di  Torino.  Registri  cit.,  fol.  80.  Memoriale  al 
maggiordomo  Cristoforo  Due.  Vercelli,  23  gennaio  i552. 

(6)  Id.,  Lettere  particolari,  Gio.  Amedeo  Valperga  di  Masino  al  Duca. 
Asti,  27  màggio  i55i. 

(7)  V.  il  mio  L'opera  politico-militare  di  Andrea  Provana  di  Leynì 
dello  stato  sabaudo  dal  iJSJ  «^  ^SJ9  (estr.  dalle  Memorie  della  R.  Ac- 
cademia dei  Lincei,  voi.  VI,  p.  III).  Roma,  1898,  p.  14-16.  —  Arch.  di 
Stato  di  Torino,  Mantova,  Lettere  principi.  Copia  d'un  capitolo  di  D. 
Ferrante  all'Imperatore,  Milano,  12  febbraio  i552.  "Egli  è  vero  che, 
come  V.  M.  sa,  potrò  malamente  supplire  ci  danari  di  qua  al  difetto  de 
lo  assignamento  fatto  al  detto  castello  {di  Nizza)  in  Sicilia  (che  di 
quel  di  Napoli  son  quasi  sicuro),  se  io  non  ne  bavero  più  di  quelli  che 
al  presente  io  mi  habbia;  ma  così  in  questo,  come  in  quel  più  ch'I 
detto  Castellano  ricerca,  farò  in  ogni  modo  et  senza  eccettione  quel  più 
che  mi  sarà  possibile  „.  —  L'imperatore  aveva  dato  ordine  che  i  viceré 
di  Napoli  e  di  Sicilia  pagassero  il  presidio  del  castello  di  Nizza,  — 
v.  pei  cannoni  negati  da  D.  Ferrante,  id.,  lett.  cit.  di  D.  Ferrante  del 
i5  giugno.  "  Delli  tre  pezzi  de  artilleria  de  li  quali  li  fa  instancia  il 
prior  di  Barletta,  io  non  ho  modo  alcuno  di  poter  in  questo  servire 
a  V.  Ex.^  né  compiacer  a  lui,  et  se  lo  potesse  far  creda  che  lo  farebbe 


372  LN    EPISODIO    DELLA    LOTTA 


ciuà     piemontesi  palle  da  cannonced  artiglierie  per  trasportarle 
ad  Alessandria:  un  cannone  e  varie  rhunizioni  furono  tolte  per- 
sino da  Vercelli,  che  importava  più  che  mai  di  tutelare,  essendo 
ora  la  capitale  dello  stato  (i). 

Una  speranza  rimaneva  al  Duca,  che  aperta  com'era  la  guerra 
con  Francia,  il  Gonzaga  la  conducesse  attivamente  e  si  mostrasse 
degno  della  sua  fama.  Em.  Filiberto,  tornato  da  Barcellona,  aveva 
ricevuto  agli  ultimi  del  i35i  il  comando  della  gente  d' arme  nel- 
l'esercito imperiale  d'Italia  (2).  Tutti  attendevano  grandi  risultati, 
e  fu  invece  una  vera  delusione  (3).  Presa  Bra(4)  D.  Ferrante  ces- 
san4o  dai  progressi  nel  Piemonte,  si  rivolse  al  marchesato  di  Sa- 
luzzo,  senza  curarsi  di  sovvenire  i  presidi  dove  i  soldati  vivevano 
di  pan  nero,  soffrivano  la  fame  ed  angariavano  gli  abitanti.  Il  Duca, 
che  vedeva  troncato  così  d'un  subito  il  ricupero  delle  sue  terre 
ancora  in  mano  di  Francia,  non  sapeva  darsene  pace.  «  Lon  voyt 
asses  »  scriveva  ad  Ugo  Michaud,  «  que  les  affères  et  succès  du 
camp  ne  redondent  à  point  dhonneur  de  mon  fìlz,  daultant  que  lon 
va  cherchant  des  lieux  qui  sont  mediatement  subgestz  à  aultres  et 
employe  lon  ces  forces  pour  leur  bien.  Et  en  lieu  de  ce  pouvoit 
lon  bien  prendre  le  chemin  de  Villefranche  pour  la  prendre....  Au 
surplus  les  villes  de  preside  sont  constitueez  en  telle  extremité  de 


di  bon  core  „. —  Si  noti  che  fin  dal  febbraio  l'imperatore  aveva  man- 
dato su  tal  materia  al  Gonzaga  ordine  categorico,  v.  Uopera  politico- 
militare,  ecc.,  p.  16,  n.  2. 

(1)  Arch.  di  Stato  di  Torino,  Mantova,  Lettere  principi,  D.  Ferrante 
al  Duca.  Milano,  12  aprile  i552. 

(2)  Ricotti,  II,  20;  Marchand,  p.  2o3.  —  Arch.  di  Stato  di  Torino, 
loc.  cit.,  D.  Ferrante  al  Duca.  Casale,  19  dicembre  i55i. 

(3)  In  altri  tempi  D.  Ferrante  aveva  con  fuoco  incoraggiato  l' im- 
peratore alla  guerra  in  Piemonte.  Vedi  Tausserat-Radel^  Correspon- 
dance  politique  de  G.  Pellicier,  pag.  210.  Pellicier  al  re.  Venezia,  11  gen- 
naio 1541. 

(4)  Ricotti,  loc.  cit.;  Marchand,  id.  Bibl.  di  S.  M.  in  Torino,  Mss. 
di  st.  patr.,  n»  1072.  Stroppiana  al  principe  di  Piemonte.  Innsbruck, 
i3  marzo  i552.  —  Su  questi  fatti  v.  in  genere  Tosi  :  De  vita  Em.  Phi- 
liberti.  Torino ,  iSgó,  p.  60-62.  Cambiano  di  Ruffia  :  Historico  discorso 
in  M.  h.,  p.  SS,  I,  col.  1102-4. 


TRA    FRANCIA    E    SPAGNA  l}jl> 


grande  misere  quelles  nen  peulent  plus  (i)  »,  Ai  lamenti  inces- 
santi del  Duca  si  univano  concordi  le  censure  d'un  notevole  mini- 
stro imperiale  (2).  D.  Ferrante  occupato  il  Saluzzese,  rientrò  in 
Piemonte  e  pose  l'assedio  a  Bene,  il  cui  signore,  Gio.  Luigi  Costa, 
seguiva  le  parti  di  Francia.  L'assedio  duro  e  lungo,  essendo  la 
terra  difesa  dal  Monluc,  trattenne  il  Gonzaga  e  diede  tempo  ai 
Francesi  di  ricuperare  il  Saluzzese,  di  prendere  Verrua  e  Ceva. 
Il  Gonzaga  disperato  tolse  l'assedio,  ricuperò  Ceva,  e  quindi  alla 
fin  di  luglio,  umiliato  degli  insuccessi  e,  sembra,  malandato  in 
salute,  abbandonò  l'esercito  e  fece  ritorno  a  Milano  (3).  Anche  un 
disegno  di  tregua  colla  Francia  nell'agosto  di  quell'anno  falliva  (4): 
sicché  le  città  piemontesi,  disperando  miglior  fortuna,  apparivano 
decise  a  non  più  tollerare  spagnuoli  nelle  loro  mura.  Ivrea  tra 
le  altre  si  sollevò  contro  il  governatore,  Cristoforo  Morales,  che 
le  spremeva  di  continuo  danaro.  Ad  evitare  mali  peggiori  il  Duca 
aveva  fatto  presente  al  Gonzaga  gli  abusi  (5),  ma  la  risposta  era 


(i)  Arch.  di  Stato  di  Torino,  Lettere  principi,  Duchi  di  Savoia,  m.  4.° 
Il  Duca  al  Michaud.  Vercelli,  4  giugno  i552. 

(2)  Id.,  Vienna,  Lettere  ministri,  m.  2.°  Stroppiana  al  Duca.  Inns- 
bruck,  7  marzo  i552  (cifrato).  "  Don  Giovanni  Manrique  ha  detto  per 
quel  che  m'è  stato  riferito  da  buon  luogo  cose  enormi  et  horribili  a 
S.  M.  delli  mali  trattamenti  et  disordini  che  li  soldati  facevano  in 
Piemonte  ascrivendo  la  colpa  di  ogni  cosa  a  D.  Ferrante,  cantra  qual 
ha  cantato  da  Orlando  (sic).  Et  ne  ha  dato  molte  querelle  a  bocca  et  in 
iscritto  et  he  stato  meglio  che  lui  le  babbi  fatto  che  noi,  perchè  se 
gli  presterà  più  credito.  Perà  non  mancho  procurare  provisione  etiam- 
dio  dal  canto  nostro,,.  Il  Manrique  aveva  infatti  promesso  di  parlare 
a  favore  del  Duca.  V.  id.,  Lettere  particolari,  Tommaso  Valperga  al  Duca. 
Casale,  6  febbraio  i552. 

(3)  Ricotti,  p.  20-22;  Marchand,  p.  206-9.  —  Arch.  di  Stato  di  To- 
rino, Mantova,  Lettere  principi,  D.  Ferrante  al  Duca.  Milano,  3o  luglio  i552. 

(4)  Id.,  Lettere  particolari,  Gio.  Amedeo  Valperga  di  Masino  al  Duca. 
Asti, 8  agosto  i552.  Id„  Tommaso  Valperga  al  Duca.  Ivrea,  i3  agosto  i552. 

(5)  Ricotti,  II,  21.  —  Carteggio  e  Memorie  (Bibl.  di  S.  M.  in  To- 
rino, Mss.  di  st.  patria,  n.  56o)  voi.  I,  n.  118.  —  Arch.  di  Stato  di  To- 
rino, Mantova,  Lettere  principi,  D.  Ferrante  al  Duca.  Milano,  3o  luglio 
i552.  —  Mancavano  nell'esercito  stesso  i  danari  per  pagare  le  genti. 
lù.,  Lettere  particolari,  Tommaso  Valperga  al  Duca.  Ivrea,  24  agosto  i552. 


3^J.  UN    EPISODIO   DELLA    LOTTA 


Stata  doversi  fortificare  la  piazza  ci'  Ivrea  ad  ogni  costo  e  quindi 
gli  abitanti  si  rassegnassero  a  sborsare  il  danaro  occorrente  (i). 
Em.  Filiberto,  addolorato  ed  impotente,  abbandonava  l'esercito 
del  Gonzaga  e  tornava  nelle  Fiandre,  a  raccogliere  in  terra  stra- 
niera quegli  allori  che  la  mala  sorte  gli  negava  nella  patria  sua  (2). 
Il  Duca  avrebbe  voluto  almeno  riconfortare  Nizza,  e  visi- 
tarla personalmente.  Colà,  sotto  il  tiepido  clima  di  Provenza,  la 
sua  salute,  alterata  negli  ultimi  anni,  avrebbe  forse  trovato  mi- 
miglioramento.  Ma  il  Gonzaga  ne  lo  sconsigliò  (3).  I  Francesi 
del  resto  continuavano  le  ostilità  e  D.  Ferrante  aumentava  i  pre- 
sidi nelle  città  sabaude,  lasciando  i  soldati  vivere  sempre  a  di- 
screzione: una  compagnia  di  tedeschi  fu  introdotta  a  Vercelli,  una 
ad  Ivrea,  tre  a  Crescentino  (4).  Intanto  ad  Asti  gli  Spagnuoli  si 
ammutinavano  per  mancanza  di  paghe,  e  D.  Ferrante  li  acquetava 
con  nuovi  balzelli  che  spillava  dalla  città  in  attesa  ,  di  soccorsi 
imperiali.  Il  comune  naturalmente  si  lagnava,  ma  il  luogotenente 
imperiale  si  stringeva  nelle  spalle:  non  saper  che  fare,  mancargli 
i  mezzi  per  provvedere  (5).  A  Costigliele  poi  D.  Ferrante  si  per- 
mise arbitrii  che  offendevano  la  dignità  del  Duca  (6),  e  prestando 
orecchio  a  sospetti  insinuatigli  da  gente  interessata  fece  arrestare 
Giorgio  Costa,  conte  della  Trinità,  uno  dei  più  illustri  capitani 
piemontesi  del  suo  tempo,  perchè  era  governatore  di  Busca  quando 


(1)  Lett.  cit.  di  D.  Ferrante  del  3o  luglio. 

(2)  Tosi:  De  vita  Em.  Philiberti,  p.  63.  Guichenon:  Histoire  généa- 
logique  de  la  maison  de  Savoye,  tomo  2.°  (Torino,  1778),  p.  287.  Ricotti, 
II,  22.  L'opera  politico-militare,  ecc.,  p.  20, 

(3)  Lett.  cit.  del  Gonzaga  dal  campo  sotto  Bene,  11  luglio  i552. 

(4)  Arch.  di  Stato  di  Torino,  Mantova,  Lettere  principi,  D.  Ferrante 
al  Duca.  Milano,  12  agosto  i552.  —  Crescentino  era  oppressa  in  quei 
giorni  dal  suo  nuovo  governatore,  Biagio  di  Somma,  che  pretendeva 
ben  3  scudi  al  giorno  di  imposta  dal  comune.  Lo  stesso  D.  Ferrante 
trovò  la  somma  eccessiva  e  promise  di  mettervi  riparo,  v.  id.  Dal 
campo  sotto  Bene,  i5  giugno  i552. 

(5)  Id.,  Memoriale  del  Duca  a  Cristoforo  Due,  settembre  i552,  colle 
risposte  di  D.  Ferrante. 

(6)  Arch.  di  Stato  di  Torino,  Vienna,  Lettere  ministri,  m.  2.°  Strop- 
pìana  al  Duca.  Innsbruck,  i5  e  20  marzo  i552. 


TRA    FRANCIA    E    SPAGNA  3/5 

i  Francesi  assediarono  la  piazza  e  senza  grave  fatica  l'ebbero  per 
capitolazione  (i).  Il  Duca  stanco  di  tanti  soprusi  e  che  i  suoi  sud- 
diti avessero  a  soffrire  più  dalle  opere  imperiali  che  dalle  ostilità 
francesi,  e  di  vivere  in  continuo  timore  per  Nizza,  aveva  mandato 
a  Milano  il  conte  di  Frossasco ,  Carlo  di  Mombello ,  il  sig.  di 
Nerieu  ed  il  maggiordomo  Cristoforo  Due  (2)  per  agire  efficace- 
mente sul  Gonzaga,  ma  senza  esito. 

Tuttavia  alla  corte  imperiale  ben  si  conoscevano  i  giusti 
motivi  di  lagnanza  del  nostro  principe.  Il  conte  di  Stroppiana 
ed  Km.  Filiberto,  colà  tornati,  avevano  parlato  con  efficacia.  E 
l'imperatore  nel  mese  di  aprile  i352  in  occasione  della  nuova 
guerra  con  Francia  nelle  Fiandre  e  nella  Franca  Contea  già 
pensava  di  richiamare  il  Gonzaga  per  affidargli  il  suo  esercito 
in  quelle  regioni  e  surrogarlo  nella  penisola  con  qualche  altro 
duce  più  favorevole  agli  interessi  sabaudi  (3).  Egli   voleva   tute- 


(i)  Bibl.  di  S.  M.  in  Torino,  Mss.  di  sioria  patria,  n.  1072,  Lettere 
di  negozi  del  sec.  XVI,  Paolo  Vagnone  al  Duca.  Cuneo,  21-  ottobre  i552. 
V.  E.  avrà  inteso  l'arresto  del  conte  della  Trinità.  Se  fossi  convinto 
della  sua  colpa  non  parlerei.  "  Tuttavia  egli  mi  pare  che  le  attioni  di 
questo  gentiluomo  che  ha  fatto  per  lo  passato  in  servicio  di  V.  Ecc. 
siano  state  tali  che  agevolmente  da  quelle  si  può  fare  giudicio  buono 
della  fedeltà  sua,  onde  potria  esser  che  questa  vessatione  che  gli  è 
venuta  alle  spalle  procedesse  solamente,  come  spesse  volte  accadde, 
dalla  perfidia  di  alcuni  suoi  emuli  e  calunniatori,  i  quali  si  sforzeranno 
più  tosto  di  offuscar  la  verità  che  di  scoprirla.  E  quando  anchora  que- 
sto avenisse  per  querelle  dei  popoli  sottoposti  al  suo  governo,  mi  par- 
ria  che  ogni  dovere  voglia  che  il  giudicio  fosse  di  V.  E.  Per  il  che 
per  ogni  conveniente  rispetto  mi  è  parso  di  supplicarla  con  questa 
mia  e  ricordarle  che  in  cosa  tanto  importante  nel  honor  di  un  suo 
fedele  vassallo  di  tale  qualità  che  hoggi  ne  ha  pochi  suoi  pari  al  suo 
servicio,  che  sia  contenta  di  aprir  bene  gli  occhi  et  haverlo  per  rico- 
mandato „.  —  Circa  la  resa  di  Busca  il  18  agosto  ed  i  sospetti  sul 
conte  della  Trinità,  v.  Gosellini,  Guerra  di  Parma  e  di  Piemonte,  ecc. 
pag.  284. 

(2)  Arch.  di  Stato  di  Torino,  Registro  cit.,  fol.  161.  Il  Duca  al  gran 
priore.  Vercelli,  19  agosto  i552,  —  id.,  Mantova,  Lettere  principi,  Me- 
moriale cit.  al  Due,  settembre  i552. 

(3)  Id.,  Vienna,  Lettere  ministri,  m.  2."  Stroppiana  ad  Em.  Filiberto. 
Innsbruck,  io  aprile  i552  "....et  idio  sa  che  allegrezza  fu  la  mia,,. 


376 


UN    EPISODIO    DELLA    LOTTA 


lare  la  dif^nità  del  Gonzaga,  che  da  ben  trent'  anni  lo  serviva 
fedelmente.  Ma  la  guerra  di  Piemonte  distolse  Carlo  V  dal  primo 
consiglio  (i).  Però  la  caduta  di  Verrua  ed  i  successi  dei  Francesi 
fecero  impressione  sinistra  alla  corte.  L'imperatore  cominciò  a  me- 
ravigliarsi che  un  vecchio  e  sperimentato  capitano,  quale  era  il  Gon- 
zaga, fosse  con  tanta  facilità  tenuto  in  iscacco  dal  nemico  (2). 
Le  angherie  numerose  che  il  Duca  faceva  di  continuo  note  (3)  lo 
indussero  in  ultimo  a  mandare  un  buon  soccorso  in  danaro  al 
suo  luogotenente  e,  pare,  anche  rimproveri  sulle  cose  della  guerra 
e  sulla  condotta  dei  soldati  delle  terre  piemontesi  (4). 

L'arrivo  delle  lettere  imperiali  a  Milano  commossero  D.  Fer- 
rante. In  tutta  la  vita  sua  questi  non  aveva  mai  ambito  altro 
che  la  stima  e  l'affetto  di  Carlo  V,  e  s'accorgeva  ora  che  la 
sua  condotta  veniva  dal  potente  sovrano  severamente  censurata. 
Il  suo  sdegno  si  rivolse  contro  il  Duca  ,  al  quale  attribuiva  la 
diminuzione  della  sua  fama  in  corte,  e  nella  metà  d'ottobre 
dello  stesso  anno  parti  da  Milano.  Per  Alessandria  e  Casale  (5) 
giunse  il  2  novembre  a  Vercelli ,  e  senza  indugio  si  recò  al  pa- 
lazzo ducale  e  coi  principali  del  suo  consiglio  si  presentò  al  Duca, 
che  era  pur  esso  fiancheggiato  dai  suoi  ministri,  e  con  tono  al- 
tezzoso, usando  espressioni  e  modi  che  ben  palesavano  l'ira  pro- 
fonda da  cui  era  dominato,  ebbe  una  spiegazione  violenta  con- 
servataci in  un  documento,  che  pubblicherò  integralmente  (6). 


(i)  Id.,  lett.  cit. 

(2)  Id.,  Stroppiana  a  id.,  Bressanone,  27  luglio  i552.  È  arrivata  le 
lettera  di  V.  E.  del  12  di  questo  "  nuntia  della  perdita  di  Verna,  che 
molto  he  dispiaciuta  a  S.  M. ,  qual  si  he  donata  al  orso  in  sentir  cha 
noi  tenian  la  campagna  con  tanta  bona  gente  e  che  quatro  gatte  de 
nemici  ne  piglian  le  fortalesse  sopra  l'óchij  di  tanta  importanza  com'hè 
quella.  Non  ne  so  che  dire,  sì  non  che  nostro  sig.  Iddio  he  irato  cen- 
tra noi  „, 

(3)  Id.,  il  Duca  allo  Stroppiana.  Vercelli,  14  agosto  i552. 

(4)  Lett.  cit.  dello  Stroppiana  del  27  luglio. 

(5)  Arch.  di  Stato  di  Torino,  Mantova,  Lettere  principi,  m.  i.°  D.  Fer- 
rante al  Duca.  Alessandia,  24  ottobre  i552. 

(6)  Id.  "  Sommaire  des  propos  tenuz  entre  Monseig^'  et  le  s'  don 
Fernande  „. 


TRA    FRANCIA    E    SPAGNA 


'// 


«Le  y  de  novembre  i552  le  s/  don  Fernando  est  arrivé  à 
Verceil  et  est  venu  louger  au  pallays  de  Monseigneur.  Apprès 
avoir  esté  retiré,  Jl  est  venu  trouver  mondict  seigneur  en  sa 
chambre,  et  là  tous  deux  ont  fait  approucher  les  principaux  de 
leurs  conseils.  Assavoir  du  cousté  de  mondict  seigneur  mons/  de 
Fruzasch  (i),  le  conte  d'Arignan  (2),  le  gouverneur  de  Verceil, 
mons/  le  maistre  Due  (3),  et  mons/  de  Luserne  (4),  mons/  de 
Bressy  (5),  et  Rovasende  (6).  De  laultre  part  les  s/  Fauzin  (7) 
....de  Gonzaga,  Vespasian  Gonzaga,  don  Francisco  de  Biamonte,  y 
entremit  aussy  le  maistre  de  camp  Saint  Miguel  (8)  et  le 
secr.-  Evasio.  Tous  ceulx  cy  estantz  convoquez  le  s.""  don  Fer- 
nando a  commencé  à  dire: 

Perchè  in  la  corte  de  sua  M^  da  qualche  tempo  in  qua  si 
-parla  vulvarmente 'che  suopra  li  statj  del  s.^  Duca  da  questo 
essercito  si  fanno  delle  estorsioni  et  sassinamentj ,  qual  Infamia 
credo  esser  proceduta  dalla  gente  di  v.  Ex."^  et  è  stata  confirmata 
dapoi  chel  s.^  Principe  vostro  figliuolo  è  gionto  alla  corte,  tal 
che  ogni  uno  tiene  et  ine  et  Ij  capi  di  detto  essercito  per  ladri 
et  sassini.  Io  son  venuto  da  v.  Ex^  per  lamentarmi  di  questo  in 
preseritia  di  questi  s.'^^  et  intendere  quali  suono  questi  sassina- 
menti  che  si  pretende  esser  stati  fatti,  che,  essendo  cosa  che  tanto 
mi  tocca  alhonore,  non  posso  ne  devo  mancar  di  rissentirmene  et 
cercar  quelli  debiti  mei:{i  con  li  quali  V  honor  mio  et  de  tanti 
cavaglieri  sia  ristaurato  et  venghi  a  perder  sua  MJ"  la  mala 
opinione  che  ha  conservata  di  me  et  di  loro  da  tal  Infamatione, 
che  questa  non  deve  esser  la  ricompensa  di  anni  XXX  che  ho 
spesi  tanto  fidelmente  in  li  serviti]  di  sua  MJ\  ne  anche  deve  esser 


(1)  Carlo  di  Monbello,  conte  di  Frossasco. 

(2)  Gio.  Francesco  Costa,  conte  d'Arignano. 

(3)  Cristoforo  Due,  maggiordomo  del  Duca. 

(4)  Carlo  Manfredi  dei  sigg.  di  Luserna. 

(5)  Lodovico  (Luigi)  Gallier  sig.''^  di  Bressieu. 

(6)  Antonio  sig.''^  di  Rovasenda. 

(7)  Sigismondo  Fauzino. 

(8)  San  Miguel. 


?78  IN    EPISODIO   DELLA    LOTTA 

ricompensa  de  lamorevole:{:{a  che  sempre  ho  portata  a  /'  Ex.''  v. 
et  del  predetto  s.''  Principe  suo  figliuolo  et  del  rispetto  che  ho 
sempre  havuto  alle  cose  vostre»  Et  se  li  stati  loro  hanno  patito 
delle  grave:{\e  et  carichi  infiniti,  ne  suono  stato  molto  dispiace- 
vole et  haverei  voluto  col  mio  proprio  puoterli  ?'imediar,  ma  il  non 
esser  lessercito  pagato  è  stato  causa  che  suono  stato  costretto  pro- 
veder alla  gente  de  suoi  debiti  tassi,  perchè  vivesse  ragionevolmente, 
non  a  discretione,  come  si  faceva  altre  volte  nel  stato  de  Milano, 
et  per  me  ho  sempre  laudato  et  suono  stato  di  parere  che  doves- 
sero far  querella  a  sua  MJ^  et  domandar  esser  allegeriti,  perchè 
io  non  li  puoteva  rimediare.  Ma  quanto  ad  assassinamentj  et 
estorsioni  che  si  sieno  fatte,  v.  Ex.""  non  me  gli  ha  anchora  fatto 
Intendere,  che,  quando  gli  havesse  saputo,  ci  haveria  provisto.  Et 
perchè  sapendogli,  per  il  carricho  che  tengo  da  sua  M,^  et  so- 
disfattione  de  V  honor  mio,  intendo  farne  quella  dimostratione  che 
si  conviene,  supplico  v.  iTx.^  contentarsi  che  si  toglino  le  debite 
informationi  et  deputar  per  questo  un  suo  qual  assista  con  quello 
che  di  parte  mia  sera  commesso,  O  che  v.  Ex.'^  con  una  sua 
lettera  mi  vegni  a  giustificar  apresso  sua  M."-  per  no  lassiarmi 
in  la  sua  disgratia,  dove  voi  et  vostro  figliuolo  m' havete  posto. 
U  uno  de  questi  doi  partiti  v.  Ex."^  non  mi  può  negare. 

A  ce  Monseigneur  a  respondu:  «Il  est  vray  que  voyant  les 
grandes  et  insuperables  charges  de  mes  pouvres  pais,  les  inconve- 
nientz  et  desordres  que  en  venoyent  Et  les  maulvais  trectementz 
quon  faisoit  à  mes  subgectz,  Jay  esté  constrainct  en  Importuner 
sa  M/'^  et  luy  supplier  que  luy  pleust  pourveoir  et  remedier  par 
le  moyen  des  payes,  remonstrant  quii  nestait  possible  de  supporter 
dadventaige,  et  tant  plus  vouluntiers  lay  je  fait  que  de  ce  fere 
Jay  esté  persuade  par  v.  Ex.",  de  la  quelle  ne  se  trouvera  point 
que  mon  filz  ny  mon  embassadeur  ayent  parie  en  mauvaise  part 
à  sa  ma.^^'  Bien  a  lon  fait  entendre  que  v.  Ex.<^«  sescusoit  de  ne 
pouvoir  remedier  aux  Ibulles  et  charges  dudict  pais  sous  la  forme 
du  dict  payement.  Au  demourant  Je  tiens  vostre  ex.=  bien  sou- 
venante  des  plaintifs  quen  diverses  fois  vous  ont  esté  faitz  tant 
par  mes  ambassadeurs  quay  envoyé  par  devers  vous,  comme  par 


TRA    FRANCIA    E    SPAGNA  Syp 

les  lettres  que  vous  ay  escriptes  et  par  les  supplications  et  requestes 
dcs  subgectz  que  vous  ay  envoyees.  Quest  en  substance  ce  mesmes 
dont  vous  plaignes ,  dont  Rovaxende  qui  est  Jcy,  vous  saura 
donner  tesmoignage  mesmes  de  ce  qui  occourust  a  Ozegne,  ou 
furent  brusleez  cassines,  prins  bestiai,  des  homm.es  du  lieu  faictz 
prisonniers,  qui  furent  laschez  moyemant  taille».  —  Sur  ce  point 
le  s/  don  Fernando  monstrant  de  ne  sen  souvenir  demande  audict 
Rovaxende  que  cestoit,  et  luy  respondist: 

«  Già  suono  molti  mesi  cìiel  Duca  mio  5.*"''  mi  mandò  una 
lettera  della  contessa  di  O^egna,  per  la  quale  si  lamentava  del- 
Ij  excessi  che  dice  il  5.^  ducay  A  qualj  supplicai  v.  Ex^  voler 
proveder  ».  Ha  dist  le  s/  don  Fernando:  «  Guardate  bene  quel  che 
dicete j  signor  ^ì.  Dist  Rovaxende:  (■<■  E  cusì,  e  che  sia  il  vero  io 
remissi  la  lettera  al  sJ  Evasio,  la  qual  non  ho  dapoi  potuto  re- 
cuperar ».  Monseigneur  dist  dàdventaige  les  mauvais  trectementz 
faictz  par  le  conte  de  Desane,  Je:  Ma.  tizon  (Gio.  Maria  Ti:({one(ì)y 
sig.'^^  di  Desana)  ou  soit  sa  compajgnie  en  certaine  ville  du 
Vercellois.  A  quoy  le  s.''  don  Fernando:  «  Io  credo  che  il  conte 
non  haverà  fatto  cosa  che  non  deve  fare,  et  che  haverà  delti 
emulj  quali  erano  causa  di  questo,  per  quello  che  assai  si  sapeva, 
et  tutto  questo  si  faceva  per  una  certa  invidia  ».  Et  fest  appeller 
ledict  conte,  disant:  «  //  s."  duca  si  lamenta  di  voi  de  certi  sas- 
sinamenti  che  havete  fatti  suopra  un  luoco  del  Vercellese.  Se  voi 
V  haverete  fatto,  vi  castigare  di  manera  che  sarete  essempio  ad 
altri  ».  Le  dict  conte  respondant  dict:  «  III.'"'  s.""',  non  ho  fatto 
cosa  che  non  debbi  far'  un  par  mio  huomo  da  bene,  et  per  so- 
stenta."" di  Ihuonor  mio  me  constituirò  con  qual  si  vogli  in  me:{:{0 
di  quattro  piche,  et  sei  si  triiova  che  io  habbia  fatto  sassina.^"^ 
suono  qui  per  ricever  il  castigo  che  meriterò  da  v.  Ex.""'"  ».  Et 
aultres  parolles  dict  il   pour   sa   Justiffication.   Monseigneur    luy 

(i)  V.  in  questo  personaggio  il  Cazzerà  :  Memorie  storiche  dei  Tiz- 
zoni conti  di  Desana;  e  notizia  delle  loro  monete  [in  Memoria  della  R.  Ac- 
cademia delle  Scienze  di  Torino,  serie  II,  tomo  IV,  (1842)],  pag  86-87,0 
DioNisoTTi:  Il  Comune  di  Desana  e  la  famiglia  patrizia  del  Tizzoni. 
Torino,  Bona,  1895,  pag.  19  e  ss. 

Arch.  Sior.  Lomè.  —  Anno  XXVII.  —  Fase.  XXVI.  2; 


380  l  ^'     i-ii:>.ul*10    JitLLA    LOTTA 

dist  quesy  bien  luy  estoit  absent,  son  Lieutetant  y  estoit  et  son  Al- 
le ic  lOt  adiouxta  mondici  seigneur  aultres  cas  dinsolences  faictes 
par  le  capp."'  Nycolo  Sec  du  temps  quii  estoit  au  gouvernement 
de  Cressentin,  Et  aussy  par  le  conte  Gentil  Beccaria  ,  quant  il 
estoit  au  gouvernement  de  Sainct  German,  dont  faisoyent  iby 
les  supplications  envoyeez  et  les  mémoires  de  ses  Ambassadeurs. 
Lesquelles  querelles  ledict  s/  don  Fernando  demandoit  fussent 
.lustiffiez.  Et  quant  a  Nycolò  Sec  le  s/  don  Fernando  prend  la 
parolle  Et  dist:  «  Che  cosa  ha  fatto  costui?  Se  ben  hafatt'o  repre- 
saglie  suopra  le  terre  di  v.  Ex:^  non  era  per  altro,  se  non  per- 
chè collor  che  doviano  pagar  loro  tassi  et  contributioni  non  pa- 
gaveno  et  che  cussi  è  stato  sfor:^ato  di  far.  Et  il  conte  Gentile 
che  ha  fatto  ?  se  loro  hanno  voluto  eseguir  li  ordini  miei  et  tassi 
fatti  non  bisogna  per  questo  improperarlj  di  sassinamenti  ». 

Respondant  Monseìgneur  dict:  «  Quand  les  ordres  de  vostre 
Ex.  Et  le  taux  fait  fussent  observez,  Ce  seroit  le  moins  mal.  Mais 
de  composer  et  leur  enjoindre  peines  pecunielles  à  mes  subgectz 
cella  nappertenoit  à  eulx.  Et  que  lon  navoit  assez  quen  ceste  ville 
lon  fait  payer  contributions  pour  sept  cens  et  septcente  deux  sol- 
datz,  ou"  Il  ny  en  a  Jamais  heu  de  plus  que  denviron  trois  cens, 
non  comprins  la  charge  que  la  cité  supporte  de  dix  femmes  dadven- 
taige  et  de  cent  dix  chevaulx  ».  Le  s.''  don  Fernando  respond: 
«  Io  so  chel  maestro  di  campo  San  Miquel  non  è  pagato  seno  per 
più  che  importa  la  provisione  che  gli  dà  sua  MJ'"-  et  in  tal  con- 
formità intendo  che  debbia  essiger  le  suoe  tasse  et  contributioni  ». 
Et  de  mesmes  respondist  ledict  maistre  de  camp  quii  nexigeoit 
si  non  la  semblable  provision  quii  avoit  de  l'empereur.  Auquel 
Monseigneur  dixt:  «  Vous  scaves  bien  que  maves  dict  que  ne  veu- 
lies  vous  tenir  aux  ordres  du  s.""  don  Fernando,  Et  que  voulies 
estre  poyé  à  raison  que  dessus  ».  Continuant  le  s.""  don  Fernando 
replicque:  «  L'infamia  che  io  con  tutto  lessercito patimo  è  tale  che 
io  non  puosso  manco  di  pregar  v.  Ex."^  che  si  voglia  contentar 
di  luno  delti  doi  partiti,  o  di  scriver  a  sua  Af.-'  in  satisfattione  di 
Ihonor  mio,  o  che  si  prendino  queste  informaiioni  delti  sassina- 
menti et  estorsioni  fattey  per  li  quali  consterà  se  io   ho  particu- 


TRA    FRANCIA    E    SPAGNA 


larmente  cavato  ogni  giorno  li  trecento  sciiti  dallj  stati  di  v. 
Ex."^ ,  come  alcuni  voleno  inferire,  che  mi  troverò  anchora  sessanta 
milla  scuti  et  più  per  riparar  tal  danno.  Et  quando  v.  Ex."^  mi 
negasse  questa  gratia  mi  farla  gran  tortOy  et  tanto  magiormente 
non  me  lo  deve  negare  che  del  tempo  dil  fu  marchese  del  Guasto 
a  linstantia  di  v.  Ex.'^  fureno  tolte  informationi,  essendo  lui  in 
officio,  come  ogniun  sa,  le  quali  ho  viste,  et  furono  mandate  a 
vostra^  medesima  Instan:{a  a  sua  MJ^"-  Appresso  la  qiialle  par 
che  voi  et  vostro  figliuolo  andate  a  tal  mira  di  mettermi  disgra- 
tia,  il  che  non  merita  lamorevolena  che  vi  ho  sempre  portata  et 
la  servitù  fattavi,  dalla  quale  mi  sete  molto  obligato.  Et  da  questo 
nasserà  che  in  luogo  della  ricompensa  che  aspetto  da  sua  MJ'"- 
della  continua  et  fidel  servitù  fattale  In  trenta  anni,  le  parrà 
havermi  assai  satisfatto  in  lassarmi  la  vita.  Et  perchè  il  s.''  Don 
Alvaro  (D.  Alvaro  di  Sandez,  castellano  di  Milano)  è  ancora  lui 
notato  haver  essegito  notabile  somme  de  dinari  dalle  langhe, 
v.  Ecc.'"-  sarà  anche  contenta  se  dia  un  aggionto  a  lauditore  dil 
campo  per  parte  di  v.  Ecc:^  per  la  sumptione  delle  debite  infor- 
matione  suopra  di  questo ,  acciochè  trovandosi  esser  cusì  facci 
parimente  lui  quella  satisfattione  che  si  conviene  ». 

Monseigneur  Replique:  «  Jamais  na  esté  touché  ceste  corde 
de  parler  de  vostre  Ex.'^%  ny  par  mon  filz,  ny  par  mon  amba/ 
Car  Je  me  suis  tousiours  apperceu  de  la  bonne  volante  que 
maves  porte  et  a  mondict  filz,  Et  que  noz  travauls  et  misères 
vous  ont  despleu  et  desplaisent.  Et  quant  à  prendre  Informations 
contre  les  aultres  lon  peult  assez  comprendre  que  les  pouvres  gens 
noseront  deposer  la  verité  pour  peur  de  tomber  en  plus  grands 
Jnconvenientz,  avec  ce  que  quant  bien  II  se  cousteroit  de  telles 
extorsions,  Je  croy  que  vostre  ex.^^  ne  tient  pas  charge  den  ram- 
borser  les  subgectz  qui  ont  esté  dompmaigez,  Joinct  aussy  que 
par  le  passe  nen  a  esté  fait  petite  demonstrance,  Tellement  quilz 
nont  besoing  pour  maintenant  de  telle  fascherie.  Et  vous  prie 
vous  en  contenter  et  avoir  mesdicts  subgectz  pour  recommandez 
Jouxte  lentière  fiance  quay  tousjours  heu  en  vostre  ex."». 


382  IN    EI»lSOr)IO    DELLA    LOTTA 


D.  Ferrante  non  era  del  tutto  colpevole.  Privo  di  mezzi  od 
in  grande  penuria  non  poteva  egli  sopperire  alle  spese  d'una 
grande  guerra  e  cacciare  i  Francesi  di  Piemonte.  Tant' e  che  i 
luogotenenti  imperiali  che  lo  precedettero  e  lo  seguirono  durante 
l'occupazione  francese  in  Piemonte,  non  ebbero  miglior  fortuna. 
Il  marchese  del  Vasto,  Alfonso  d'Avalos,  non  aveva  fatto  meglio, 
il  successore  del  Gonzaga,  Ferdinando  di  Toledo,  duca  d'Alba, 
pur  avendo  sotto  mano  un  fortissimo  esercito,  dovrà  ritirarsi  da 
Santià.  Solo  il  duca  di  Sessa,  Gonzalo  de  Cordova,  farà  meglio, 
perche  in  migliori  condizioni.  Giuliano  Gosellini,  segretario  del 
Goiizaga,  e  da  lui  incaricato  di  scagionarlo  delle  accuse  mos- 
segli (i),  troverà  dunque  ottimi  argomenti  a  discolpa  del  suo 
signore  (2).  Ed  anche  Giuseppe  Cambiano  di  Ruffia,  storico 
piemontese  quasi  contemporaneo,  non  certo  inclinato  a  favorire 
il  luogotenente  imperiale,  farà  notare  come  anche  senza  cattivi 
intendimenti  il  Gonzaga  non  potesse  ottenere  grandi  risultati  (3). 
Ma  vi  sono  fatti  nella  condotta  del    Gonzaga   che   non    trovano 


(i)  Gosellini:  Lettere,  Venezia,  Megietti,  1592,  p.  5o.  D.  Ferrante 
al  Gosellini,  Como,  3  giugno  i557.  "  Magnifico  amico  caro.  Io  mi  com- 
metto a  lungo  camino,  et  molto  infermo,  corno  havete  veduto  ;  per- 
ciochè  se  Dio  disporrà  pur  di  me,  intendo  che  si  publichi  quel  vo- 
lume, ch'io  di  me  diedi  all'Imperatore,  sì  perchè  la  verità  di  quello 
mi  difenda  come  fece  allhora,  et  sì  perchè  altri,  a  cui  quella  copia 
fosse  capitata,  non  la  publicasse  per  suoi  disegni,  diversa  dal  vero. 
Questo  pietoso  uffitio  devete  alla  memoria  di  chi  ha  sempre  confidato 
tanto  di  voi,  e  più  alla  verità.  E  tutti  i  miei  figliuoli,  ricerchi  da  voi, 
vi  aiuteranno  alla  detta  pubbli  catione.  State  sano.  Da  Como,  a  iij  di 
giugno  i557 

vostro  Ferrante  Gonzaga,,. 

Il  volume  a  cui  qui  si  accenna  è  certo  la  Guerra  di  Parma  e  di 
Piemonte  già  cit. 

(2)  V.  oltre  la  Guerra  di  Parma  e  Piemonte  la  discolpa  che  fa  il 
Gosellini  in  altra  opera  della  campagna  suddetta  {Vita  di D.  Ferrando 
Gonzaga.  Pisa,  Cappurro,  1821,  p.  168-247). 

(3)  Ruffia:  Historico  discorso  (M.  h.  p.  SS.  I),  col.  iio5.  "  Restava 
opinione  al  mondo,  che  il  lasciar  così  D.  Ferrante  perdere  le  cose  del 
Duca  di  Savoia  in  questi  stati  procedesse  da  qualche  secreto  odio, 
ch'egli  havesse  alla  casa;  ma  se  consideraremo,  che  non  fece  maggior 
frutto  a  San  Damiano  et  nel  Monferrato  eh'  era  d'un  Duca  suo  parente, 
convien  dire  che  questo  più  tosto   procedesse  dalla  mala  fortuna  del 


TRA    FRANCIA    E    SPAGNA  383 


scuse  né  giustificazioni.  Le  insidie  occulte  a  danno  del  Duca,  i 
favori  suoi  ai  Francesi  e  Genovesi  nella  questione  del  sale,  non 
ostante  sapesse  che  avrebbe  procurato  la  rovina  delle  ultime  ri- 
sorse ducali,  gli  arbitrii  suoi  e  dei  suoi  capitani  con  usurpazioni 
delTautorità  sovrana  (i),  i  pesi  addossati  alle  povere  città  pie- 
montesi non  sempre  per  vera  necessità  che  lo  stringesse,  ed  infine 
la  barbara  proposta  di  ridurre  il  Piemonte  a  deserto,  e  l'abban- 
dono a  sé  stessa  di  Nizza,  pur  sapendola  base  del  ducato  non 
solo,  ma  della  supremazia  imperiale  in  Italia,  sono  colpe  che 
proiettano  luce  sinistra  sull'immagine  di  quel  duce,  le  cui  qualità 
militari  e  politiche  erano  dall'imperatore  giustamente  apprez- 
zate (2). 

La  guerra  continuò  nel  i553,  infelice  per  le  armi  imperiali. 
Alba  cadde  in  mano  ai  Francesi,  S.  Damiano,  che  il  Gonzaga 
volle  assediare,  resistette,  e  1'  obbligò  alla  ritirata,  come  avvenne 


bon  Duca  Carlo,  et  perchè  maggiore  fosse  la  gloria  del  figliolo  in,  ricu- 
perare ad  un  tempo  quello  che  in  molti  anni  s'  era  perduto  „,  oltre 
che  i  Francesi,  dovendo  conservare  quanto  avevano  occupato,  vi  po- 
nevano maggior  impegno  del  Gonzaga,  che  combatteva  solo  per  gli 
interessi  di  un  terzo,  il  Duca. 

(i)  Ad  esempio  l'imperatore  aveva  ordinato  a  D.  Ferrante  di  non 
più  esigere  il  dazio  di  un  testone  nelle  terre  ducali,  secondo  faceva 
da  anni  arbitrariamente.  Egli  invece  d'  ubbidire  continuò  nelF  antico 
sistema.  Arch.  di  Stato  di  Torino,  Vienna,  Lettere  ministrif  m.  2.°  Il 
Duca  allo  Stroppiana.  Vercelli,  14  agosto  i552.  Stroppiana  al  Duca. 
Spira,  3  dicembre  i552. 

(2)  D.  Ferrante  morì  a  Bruxelles  il  i5  novembre  iSSy  dopo  aver 
perduto  il  governo  di  Lombardia,  v.,  oltre  alla  Vita  del  Gosellini, 
Calvi  :  //  gran  cancelliere  Francesco  Taverna,  conte  di  Landiano  e  il  suo 
processo  secondo  nuovi  documenti  [in  Arch.  stor.  lombardo,  IX  (1882)]  ed 
il  mio  U opera  politico-militare,  ecc.,  p.  38-89.  —  F^^  comprendere  quale 
fosse  la  condizione  delle  terre  sabaude  nella  fine  del  i552  si  leggano 
le  poche,  ma  espressive  parole  di  un  ministro  ducale.  Arch.  di  Stato 
di  Torino^  Lettere  particolari,  Tommaso  Valperga  al  principe  di  Pie- 
monte. Alessandria,  16  dicembre  i552.  "  Circa  al  paese  suo,  come  de 
altri  domini,  dico  resolutamente  che  è  minato  il  tuto,  perchè  quando 
li  soldati  hanno  una  paga  convien  che  viveno  un'  altra  et  più  sopra 
il  paese,  et  non  li  vai  diligentia  né  osservatione  de  ordini,  che  quando 
il  soldato  non  è  pagato  convien  che  viva  di  qualche  sorte  et  tanto 
hano  vivuto  che,  se  Dio  et  sua  Max.t^  per  sua  mano  non  ci  provede, 
morirano  mezi  li  populi  di  necesità,   perche  non  li  vedo  rimedio  al- 


384  ^^    EPISODIO    DELLA    LOTTA    TRA    FRANCIA    E    SPAGNA 


pure  in  Germania  all'esercito  di  Carlo  V  sotto  Metz  (i).  11  duca 
sopravisse  poco  a  questi  infortuni.  La  sua  salute,  scossa  da  molti 
anni  (2),  peggiorata  nel  i55o  (3),  lo  condusse  presto  alla  tomba. 
Egli  spirò  la  notte  del  16  al  17  agosto  in  Vercelli,  affranto  dai 
dolori  fisici  e  morali,  privo  anche  del  conforto  di  abbracciare  per 
r  ultima  volta  1'  unico  figlio,  nel  quale  stava  riposta  la  sola  spe- 
ranza di  miglior  avvenire  per  lui  e  pei  suoi  popoli  (4). 

Arturo  Segre. 


cuno,  et  non  valle  più  industria  né  sotileza,  quando  non  ce  alcuna 
forma  di  entertenimento.  Cossi  dal  canto  suo  piacerà  de  prenderli  il 
meglior  espediente,  che  de  qua  non  si  mancherà  nisuna  volta,,. 

(i)  Marchand,  p.  2i5.  —  Arch.  di  Stato  di  Torino,  Vienna,  Lettere 
ministri,  m.  2.°  Stroppiana  al  Duca.  Spira,  3i  dicembre  i553. 

(2)  Id.,  Registri  cit.,  fol.  278.  11  Duca  ad  Eman.  (Filiberto.  Vercelli, 
28  novembre  1549. 

(3)  Era  un  insulto  apoplettico,  Ricotti,  I,  285;  Cibrario,  II,  262.  — 
Arch.  di  Stato  di  Torino,  Mantova,  Lettere  principi,  I,  D.  Ferrante  al 
principe  di  Piemonte.  Milano,  4  ottobre  i55o.  "  Mi  duole  di  esser 
astretto  a  darle  nuova  sì  trista;  non  di  meno  ho  pensato  esser  me- 
glio il  far  così  che  il  non  dargliela,  importandole  tanto  lo  haverla. 
Io  qui  non  mancherò  di  fare  quanto  mi  sarà  possibile  per  conserva- 
tione  di  quello  stato  et  per  servitio  di  S.  M.  et  di  V.  Ex.,  la  quale  io 
ho  sempre  amata  et  stimata  assai ,  et  per  assicurarla  di  questo  ho  vo- 
luto scriverle  la  presente.  Ma  ella  dal  canto  suo  procuri  con  S.  M.  et 
con  seco  medesima  che  si  rimedij  di  costà  ambedue  a  quello  in  che 
stimerete  esser  maggiore  il  bisogno,  et  che  da  me  non  si  possa  fare, 
acciò  che  non  ci  sopravenga  cosa  alcuna  impremeditata,  dove  a  Dio 
piacesse  di  chiamar  a  sé  1'  111.™°  et  Ex."io  sig/  duca,  il  che  sia  secondo 
la  santa  sua  volontà,,. 

(4)  Cibrario:  Cronologia  de^ Principi  di  Savoia  rettificata  [in  Memo- 
ria della  J^.  Accademia  delle  Scienze  di  Torino,  serie  II,  tomo  I,  (1832)], 
pag.  398.  Ricotti,  I,  286.  —  V.  le  disposizioni  date  da  Em.  Filiberto  in 
caso  di  morte  del  padre  fin  dal  i55o  (febbraio)  in  Ricotti  :  Degli  scritti 
di  Em.  Filiberto  (in  Mem.  della  R.  Accademia  delle  Scienze  di  Torino^ 
serie  2.%  XVII),  p.  142-48,  doc.  33. 


VARIETÀ 


Usi  cancellereschi  viscontei. 

L'archivio  di  Stato  in  Reggio  d'Emilia  è  molto  ricco  di 
materia  viscontea,  possedendo  circa  2000  documenti  provenienti 
dalla  Cancelleria  viscontea,  la  metà  dei  quali  sono  in  originale  (i). 
Questa  bella  raccolta  si  presta  a  vario  genere  di  studi,  sia  che 
si  considerino  il  contenuto  storico,  oppure  i  caratteri  estrinseci 
dei  documenti  che  la  compongono;  e  credo  perciò  opportuno  di 
sottoporre  al  giudizio  degli  studiosi  certe  osservazioni  sopra  alcuni 
di  codesti  caratteri  estrinseci,  che  gettano  maggior  luce  sopra  usi 
della  Cancelleria  viscontea,  non  del  tutto  sconosciuti  certamente, 
ma  nemmeno,  a  quanto  io  sappia,  sufficentemente  illustrati  fin  qui. 


I. 
Uso  del  sigillo  grande  e  del  piccolo. 

Giangaleazzo  Visconti,  che  tante  cose  innovò  e  a  tante  altre 
diede  regolare  assetto,  lasciò  traccia  dell'opera  sua  anche  negli 
usi  cancellereschi.  Un'importante  sua  lettera  riguarda  appunto  le 
regole  per  l'uso  dei  sigilli. 


(i)  Vedi  la  mia  Informazione  alla  Commissione  pel  Repertorio  di- 
plomatico visconteo  in  c{\XQSt' Archivio ,  anno  corrente,  fase.  I,  pp.  221  sgg. 


386  VARIETÀ 


Egli  aveva  continuato  per  un  certo  tempo  a  sigillare  una 
parte  delle  sue  lettere  con  un  sigillo  particolare,  chiamato  uffi- 
cialmente parviim  sigillum  in  contrapposizione  al  sigillum  ma- 
gnum  solitum.  Ma  senza  curarsi  di  dare  agli  ufficiali  che  ricevevan 
gli  ordini  impartiti  con  simili  lettere,  le  norme  necessarie,  affin- 
chè potessero  distinguere  i  casi  in  cui  il  sigillo  piccolo  era  valido 
da  quelli  in  cui  non  lo  era,  s'era  limitato  a  far  menzione  del 
sigillo  piccolo  prima  o  dopo  la  data  della  lettera  a  cui  esso  era 
apposto.  Finalmente  il  20  ottobre  i385  sentì  il  bisogno  di  dare 
codeste  norme;  e  quindi  con  una  di  quelle  lettere  che  si  consi- 
deravano equivalenti  ad  un  decreto,  sebbene  non  aressero  le  forme 
solenni  proprie  dei  decreti  (i),  stabilì  che  il  sigillo  piccolo  avesse 


(i)  Sebbene  sia  uso  antico  di  non  badar  troppo  alla  differenza  fra 
codeste  lettere  ed  i  decreti  formali,  la  differenza  esiste;  e  non  doveva 
essere  priva  d' importanza  a  quei  tempi,  giacché  la  Cancelleria  la  no- 
tava nei  due  modi  seguenti:  i.*^  avvertendo  nel  testo  di  una  lettera 
con  apposita  formola  che  essa  era  lettera  ma  doveva  essere  osservata 
come  un  decreto  {"  Has  nostras  litteras  prò  lege  et  decreto  inviolabi- 
liter  observando  „  si  legge  in  Antiqua  ducum  Mediolani  decreta,  Milano, 
1654,  pp.  149,  289  ed  altrove)  :  2.°  spedendo  codeste  lettere  in  modo 
diverso  dai  decreti.  Delle  lettere  si  facevano  tanti  originali  che  veni- 
vano indirizzati  agli  ufficiali  incaricati  dell'  esecuzione.  Dei  decreti  si 
facevano  copie,  le  quali  venivano  spedite  entro  una  lettera  accompa- 
gnatoria indirizzata  agli  ufficiali  suddetti.  La  forma  delle  lettere,  tol- 
tane la  clausula  prò  lege  et  decreto  etc,  sopra  riferita,  non  si  distingue 
da  quella  delle  lettere  comuni  :  la  forma  dei  decreti  è  ben  diversa.  Le 
lettere  cominciano  Dominus  Mediolani,  i  decreti  Nos  N.  N.  dominus  Me- 
diolani; le  lettere  non  hanno  (se  non  forse  per  rara  eccezione)  il  numero 
dell'  indizione  e  l'ordine  di.suggellazione  ("  nostri  sigilli  munimine  jus- 
simus  roborari  „),  che  nei  decreti  non  manca  mai;  le  lettere  hanno 
per  lo  più  la  formola  di  sanzione  volumus  et  mandamus,  i  decreti  ag- 
giungono edicimus  et  iubemus.  E  poi  cosa  degna  di  nota,  che  quelli  che 
anche  nel  linguaggio  cancelleresco  d'allora  si  chiamavano  propria- 
mente decreti ,  hanno  forma  identica  alle  lettere  patenti;  anzi 
sono  vere  lettere  patenti,  come  si  rileva  dalla  formola  seguente,  con 
cui  si  chiude  un  decreto  di  Giovanni  e  Luchino,  dato  a  Milano  1' 8 
giugno  1346:  ^^ In  cuius  decreti  testimonium  has  patentes  conscribi  et 
registrari  iussimus,  etc.  „  {Antiqua  decreta,  cit.  p.  133).  —  Faccio  notare 
che  le  patenti  con  valor  di  legge  furono  in  uso  fino  a  tempi  recenti 
sotto  i  cessati  governi  italiani,  p.  es.  sotto  il  governo  sardo. 


VARIETÀ  387 


lo  Stesso  valore  del  grande  solito,  eccettuati  però  i  cinque  casi 
seguenti,  nei  quali  non  potevasi  usare  e  non  era  valido  che  il 
sigillo  grande:  i)  ordini  di  ricevere  truppe  in  una  città,  2)  nomine 
d'ufficiali  e  castellani,  3)  grazie  e  sospensioni  di  processi,  4)  do- 
nazioni e  concessioni,  5)  ordini  implicanti  deroga  ai  diritti  di 
qualche  persona  in  liti,  sentenze  od  altri  atti  legali  di  carattere 
civile. 

Questa  lettera,  essendo  una  specie  di  circolare  e  contenendo 
l'ordine  che  la  si  inserisse  negli  Statuti,  deve  probabilmente  tro- 
varsi ancora  fra  le  carte  di  molti  archivi.  In  quello  di  Pavia  la 
trovò  per  primo  il  Magenta  e  la  diede  alle  stampe  (i).  Il  suo 
testo  però  è  tanto  scorretto  che  io  credo  di  far  cosa  utile  agli 
studiosi,  offrendo  loro,  in  appendice  a  questo  scritto,  un  testo 
migliore,  preso  fedelmente  dall'originale  che  trovasi  nell'Archivio 
di  Reggio  (vedi  documento  I). 

Trovandomi  poi  innanzi  tante  lettere  originali,  ho  voluto 
fare  qualche  altra  ricerca  intorno  all'uso  dei  sigilli,  a  maggiore 
illustrazione  di  questa  lettera  interessantissima.  Del  sigillo  piccolo 
—  che  era  quel  medesimo  con  cui  la  lettera  del  20  ottobre  i385 
era  stata  sigillata  (u  cuius  forma  presentes  sigillantiir  ^^ ^  è  detto 
nel  testo  della  lettera)  —  non  ho  potuta  trovare  un'impronta 
nitida  né  in  questo  né  in  altri  documenti  reggiani;  perchè  la 
cera,  avendo  subito  (a  cagione  dell' ammonticchiamento  delle  carte) 
una  forte  compressione,  s'è  staccata  o  del  tutto  od  in  gran  parte 
e  non  ha  lasciato  che  una  macchia  rotonda  caratteristica.  Da 
questa  macchia  appare  chiaro,  però,  che  il  sigillo  piccolo  era  ro- 
tondo e  del  diametro  di  circa  mm.  25;  e  non  è  quindi  cosa  dif- 
ficile distinguere  le  lettere,  a  cui  era  apposto,  da  quelle  che  ancora 
hanno  od  evidentemente  avevano  invece  un  sigillo  molto  più 
grande,  del  diametro  di  circa  mm.  58.  Esaminando  e  paragonando 
le  lettere  della  prima  con  quelle  della  seconda  specie,  sono  arri- 
vato a  conchiudere  che  la  lettera  del  20  ottobre  i385  deve  inter- 


(i)  Magenta,  /  Visconti  e  gli  Sforza  nel  castello  di  Pavia.  Milano, 
i883,  II,  doc.  n.  LXXIII,  p.  52. 


388  VARIETÀ 


prctarsi  in  un  modo  diverso  da  quello  che  a  prima  vista  sembre- 
rebbe il  più  semplice;  e  dalla  interpretazione  più  complessa,  ma 
pur  dimostrata  vera  dai  documenti,  ho  visto  nascere  poi  una 
curiosa  quistione  di  sfragistica. 

A  prima  vista,  dal  contesto  della  lettera  20  ottobre  i385 
potrebbe  sembrare  che  Giangaleazzo  intendesse  di  sostituire 
il  sigillo  piccolo  al  grande  nella  maggior  parte  dei  casi,  riservando 
l'uso  del  grande  ai  soli  cinque  casi  sopra  riferiti;  ma  il  vero 
significato  dell'ordine  è  molto  diverso.  Infatti  basta  osservare  due 
cose:  i.°  che  nella  lettera  del  20  ottobre  i385  il  sigillo  grande  è 
chiamato  solito  {k  sigillum  nostrum  magnum  solitum»),  e  si 
dispone  affinchè  «  omnes  litteras  qiie  sigillo  parvo  sigillate  fue- 
rint  »  vengano  osservate  «  ac  si  sigillate  forent  sigillo  magno 
solito»;  2.°  che  le  lettere  intorno  ad  affari  correnti  ed  ordinari 
d'amministrazione  (le  quali  formano  di  gran  lunga  il  maggior 
numero  nel  fondo  reggiano)  hanno  il  sigillo  di  mm.  58  e.  e  non 
già  quello  di  mm.  25  e;  —  per  convincersi  che  dopo  il  20  ottobre 
i385  il  sigillo  grande  continua  ad  essere,  come  prima,  il  sigillo 
solito,  cioè  adoperato  ordinariamente.  La  lettera  del  20  ottobre 
i385  fu  dunque  scritta  coli' intento  di  equiparare  il  sigillo  minore 
al  sigillo  maggiore  (eccezion  fatta  d'alcuni  casi),  non  già  coli' in- 
tento di  sostituire  quello  a  questo;  era  insomma  un  regolamento 
per  l'uso    promiscuo    dei  due  sigilli. 

Come  nacque  codesto  uso  promiscuo  e  perchè  si  sentì  il 
bisogno  di  regolarlo?  Un  indizio  del  «  come  »  troviamo  in  un 
documento  del  i38o,  edito  dall' Osio(i),  dove  Giangaleazzo  Vi- 
sconti avverte  che  sigilla  col  sigillo  piccolo  perchè  non  ha  seco 
il  grande  («  sub  sigillo  pativo  nostri  comitis  [scil.  Virtiitum] 
ab  sente  magno  y^).  Il  documento  è  datato  da  Milano;  e  quindi 
si  capisce  benissimo  perchè  Giangaleazzo  non  avesse  con  sé  in 
quella  città  il  «uo  gran  sigillo,  ossia  il  vero  sigillo  di  Stato,  il 
quale  doveva  allora  trovarsi  in  Pavia  che  era  la  capitale  dei  do- 


(i)  Osio,  Doc.  diplom.,  I,  p.  207:  i380;  luglio  16,  Milano. 


VARIETÀ  389 


mini  allora  da  lui  posseduti;  mentre  aveva  seco  un  altro  sigillo 
più  piccolo,  che  abitualmente  non  serviva  per  lettere  di  Stato  e 
che  doveva  dunque  essere  un  sigillo  privato  del  principe.  Altri 
indizi  sempre  più  convincenti  per  rispondere  all'una  ed  all'altra 
domanda  ci  offrono  poi  i  documenti  reggiani  originali  anteriori 
al  20  ottobre  i385.  Questi  originali  sono  36  (i)  e  cominciano  dal 
14  agosto  del  medesimo  anno:  il  loro  numero  è  dunque  conside- 
revole, essendo  cosa  certa  che  in  67  giorni  il  governo  visconteo 
non  potè  dirigere  un  numero  molto  maggiore  di  lettere  al  Podestà 
ed  al  Capitano  della  città  di  Reggio,  ai  quali  sono  indirizzate  le 
36  lettere  conservate.  È  perciò  lecito  di  attribuire  molta  impor- 
tanza alle  osservazioni,  anche  statistiche,  che  possono  farsi  sopra 
codesti  documenti.  Ora  si  nota  che  delle  36  lettere  4  sole  hanno 
il  sigillo  piccolo;  e  queste  sono  tutt'  e  quattro  datate  da  Melegnano 
e  trattano  tutt'e  quattro  di  argomenti  che  evidentemente  erano 
di  personale  competenza  del  Signore,  non  già  perchè  avessero  una 
particolare  importanza  per  V  amministrazione  dello  Stato ,  ma 
anzi  perchè  riguardavano  la  corte  e  le  sue  cacce  riservate.  Ar- 
gomento consimile  diede  occasione,  il  7  d'ottobre  i385,  ad  una 
lettera  con  valor  di  decreto,  che  1'  Archivio  di  Reggio  possiede 
soltanto  in  copia  autentica  ma  anch'  essa  però  con  la  menzione 
espressa  del  sigillo  piccolo  (2). 

Ecco  un  brevissimo  transunto  dei  cinque  documenti: 

i385.  Settembre  26,  Melegnano  -  G.  G.  Visconti  chiede  al  podestà 

di  Reggio  dei  buoni  levrieri. 

»       Ottobre,       7,  »  -  Il  med.°  ordina  al  med.°  di  man- 

dare tutti  i  giorni  a  Pavia  il  bol- 
lettino della  sanità  pubblica  (3). 

>>       Ottobre,       7,  »  -  Il  med."  ordina  con  lettera-de- 

creto   di    punire   colla    perdita 


(i)  Archivio  di  Reggio.  Carteggio  del  Reggimento,  i385. 

(2)  Ivi:  Registro  di  decreti  Ij8j-ij94   a    carte  2  t.° 

(3)  Era  tempo  di  peste.  Vedi  Chron.  placent.  in  R.  I.  S.,  XVI,  646,  C-E. 


3qo  varietà 


della  metà  dei  beni  chi  prenda 
un  cervo  od  una  cerva  (i). 
i385    Ottobre,      ii,  Melegnano  -  Il  med."  chiede  al   mcd."  ed  al 

Capitano  minute   informazioni 
per  compilare  ììLiber  officioriim 
et  Castellaniarum. 
»       Ottobre,      19,  »  -  Il  med.°  dispone  intorno  al  mo- 

do di  dividere  i  proventi  delle 
multe  di  cui  sono  colpiti  coloro 
che  prendono  cervi. 

Osservando  questo  transunto  si  riconoscerà  che  le  due  ultime 
lettere  (11  e  19  ottobre)  munite  del  sigillo  piccolo  e  la  lettera- 
decreto  del  7  ottobre,  sebbene  trattino  ancora  d'affari  interessanti 
la  Corte (2),  cominciano  già  ad  invadere  il  campo  dell'amministra- 
zione generale  dello  Stato  e  quello  del  diritto  pubblico,  special^ 
mente  la  lettera-decreto  che  impone  una  pena  gravissima,  e 
l'ultima  lettera  che  dispone  intorno  al  modo  di  ripartire  il  pro- 
vento di  un'entrata  straordinaria.  Chi  sa  mai  quante  altre  volte 
casi  consimili  si  saranno  presentati  !  Era  quindi  naturale  che 
Giangaleazzo  dovesse  temere  che  qualche  dubbio  sorgesse  nell'a- 
nimo dei  suoi  funzionari  intorno  alla  validità  di  consimili  docu- 
menti; tanto  più  che  il  sigillo  era  allora  d'importanza  grandissima, 
perchè  le  lettere  non  portavano  la  segnatura  di  Giangaleazzo  ma 
soltanto  quelle  dei  segretari;  e  un  funzionario  che  riceveva  una 
lettera  irregolarmente  sigillata,  poteva  concepire  il  sospetto  che 
i  segretari  avessero  tentato  di  sorprendere  la  sua  buona  fede 
abusando  di  un  suggello  a  loro  affidato.  Giangaleazzo  perciò 
credette  bene  di  dare  una  regola  generale  e  la  diede  colla  lettera 


(1)  Questa  lettera-decreto  non  si  trova  sotto  la  data  7  ottobre  i385 
negli  Antiqua  decreta  ;  ma  sotto  la  data  28  dicembre  1893,  a  p.  197,  c'è 
un  decreto  molto  somigliante.  Sulla  caccia  dei  cervi  vi  sono  poi  altre 
disposizioni  di  anni  successivi  (pp.  207,  212). 

(2)  Anche  il  Liber  officioriim  era  di  evidente  necessità  per  la  segre- 
teria della  Corte. 


VARIETÀ  3gr 


20  ottobre  i385,  la  quale  (cosa  da  notarsi)  è  posteriore  di  solo 
un  giorno  alla  lettera  sigillata  col  sigillo  piccolo  sopra  ricordata 
che  disponeva  in  materia  finanziaria. 

Dopo  il  20  ottobre  1385  le  lettere  di  Stato  con  sigillo  piccolo 
non  sono  nel  carteggio  reggiano  più  numerose  di  prima,  sebbene 
la  ricchezza  di  esso  non  diminuisca  (i).  Vi  sono  però  lettere  col 
sigillo  piccolo  di  argomento  importantissimo;  com'è  ad  esempio 
quella  del  24  dicembre  i385,  con  cui  Giangaleazzo  proibisce  a 
chiunque  di  costruire  fortezze  nei  suoi  territori  senza  licenza  (2). 
Ora  io  ho  notato  che  questa  e  tutte  le  altre  lettere  di  Stato 
sigillate  col  piccolo  sigillo  cadutemi  sott'occhio  non  sono  datate 
mai  da  Milano;  la  lettera  del  24  dicembre  i385  è  datata  da 
Piacenza,  altre  da  Pavia,  Abbiategrasso  o  da  altra  di  quelle  resi- 
denze che  Giangaleazzo  andava,  nei  mesi  buoni  dell'anno,  mutando 
abbastanza  di  frequente.  E  ciò  mi  porta  a  conchiudere  che  la 
differenza  fra  i  due  sigilli  possa  definirsi  così:  il  sigillo  grande 
era  quello  che  avrebbe  dovuto  apporsi  di  regola  ai  documenti 
di  Stato;  il  sigillo  piccolo  era  quello  della  Segreteria  di  corte, 
usato  di  regola  per  gli  affari  di  corte  e  correlativi,  usato  eccezio- 
nalmente per  documenti  di  Stato.  Quando  si  ricorreva  al  sigillo 
piccolo  in  via  eccezionale?  E  chiaro  che,  dopo  le  disposizioni  date 
con  la  lettera  20  ottobre  i385,  Giangaleazzo  avrebbe  anche  po- 
tuto fare  uso  molto  largo  del  sigillo  piccolo,  se  avesse  voluto;  ma 
gli  officiali  della  sua  Curia  in  Milano  (3)  non  ne  facevano  uso, 
perchè  il  sigillo  piccolo  non  era  a  loro  disposizione;  ed  egli  me- 
desimo non  se  ne  serviva  per  affari  di  Stato,  quand'era  a  Milano. 
Egli  continuava  a  servirsene,  come  aveva  fatto  fino  dal  i38o; 
absente  magno.  Il  grande  dopo  il  i385  abitualmente  era  a  Milano; 


(i)  Vedi  un  po'  di  statistica  nella  mia  soprai:itata  Informazione. 

(2)  Archivio  è  Carteggio  citt.  —  Anche  su  questa  materia  troviamo 
disposizioni  consimili  negli  Antiqua  decreta;  ma  sono  tutte  posteriori. 
La  più  antica  è  del  1892  (p.  178),  segue  una  del  1894  (p.  207)  ed  altre 
di  anni  successivi. 

(3)  È  superfluo  avvertire  che  al  tempo  di  Giangaleazzo  la  Curia 
o  la  Corte  non  sono  più  la  stessa  cosa. 


3o3  VARIETÀ 


quindi  Giangaleazzo  aveva  occasione  di  servirsi  del  piccolo  solo 
fuor  di  Milano.  Perciò  si  può  ritenere  che  un  documento  di  lui 
in  materia  di  Stato  col  sigillo  piccolo  proviene  direttamente  dalla 
Segreteria  di  Corte  e  non  è  datato  da  Milano.  E  ad  ulteriore 
conferma  di  ques' opinione  intorno  alla  natura  ed  all'uso  del 
sigillo  piccolo,  vale  anche  il  fatto  che  le  lettere,  a  cui  esso  è  ap- 
posto, erano  evidentemente  spedite  con  minori  formalità  delle 
lettere  ordinarie  di  Stato  col  sigillo  grande.  Queste  infatti  hanno 
sempre  sotto  il  sigillo  stesso  la  segnatura  di  una  persona  che 
sarà  stata  quella  che  vi  apponeva  il  sigillo,  e  che  non  è  (salvo 
forse  qualche  eccezione  possibile)  la  segnatura  di  quei  medesimi 
officiali  che  segnavano  in  calce  alla  lettera  nell'interno;  mentre 
invece  le  lettere  col  sigillo  piccolo  hanno  una  sola  segnatura  in- 
terna e  nessuna  sotto  il  sigillo  (i).  Dunque  a  formare  e  spedire 
una  lettera  col  sigillo  piccolo  occorrevano  minor  numero  di  per- 
sone e  s'andava  più  alla  spiccia;  ciò  che  s'accorda  benissimo  col 
concetto  di  lettera  che  il  Signore  in  persona  s'occupava  di  far 
spedire  da  una  residenza  transitoria,  lontana  dalla  Curia,  usando 
il  sigillo  piccolo  per  pura  necessità. 

Un'  obbiezione,  a  prima  vista  molto  grave,  sembra  potersi 
muovere  a  questa  spiegazione  della  lettera  del  20  ottobre  i385; 
e  già  mi  fu  mossa  da  un  chiaro  cultore  degli  studi  storici  mila- 
nesi (2),  al  quale  devo  professarmi  grato  d'avermi  cortesemente 
avvertito  e  di  questa  e  d'  altre  cose  importanti. 

Nel  r.  Archivio  pi  Stato  di  Milano  (3)  esiste  un  documento  del 
1451,  che  i  lettori  troveranno  nell'appendice  a  questo  scritto 
(doc.  II),  dal  quale  si  apprende  che  sotto  il  governo  di  Filippo 
Maria  Visconti,  l'uso  dei  due  sigilli  era  soggetto  a  regole  assai 
diverse  da  quelle  che  io  ho  creduto  di  poter  dimostrare  essere 
stato  in  vigore  al  tempo  di  Giangaleazzo.  Infatti  lo  scrittore  di 
quel  documento,  Lanzalotto  Grotti,  addetto  prima  alla  cancelleria 


(i)  Vi  sono  eccezioni  ma  poco  frequenti. 

(2)  Il  sig.  ing.  E.  Motta. 

(3)  Archivio  di  Stato  di  Milano:  Carteggio  sforzesco,  a.  1451. 


VARIETÀ  393 


di  Filippo  Maria  Visconti  e  poi  a  quella  di  Francesco  Sforza , 
scrive  che  a  tempo  di  Filippo  Maria  le  littere  comune  che  tiito 
el  dì  se  ordeneno  per  lo  Consilio,  egli  non  le  segniava  ne  sigil- 
lava, ma  le  sigillava  lo  Secretarlo  con  uno  sigillo  minore; 
e  per  maggior  chiarezza  aggiunge  che  al  tempo  del  prelibato 
duca  passato  se  sigelavano  del  ditto  sigillo  grande  solamente 
lettere  di  grazie,  di  donazioni  di  terre,  possessioni  ed  altre  cose, 
le  lettere  degli  officiali  e  castellani  e  tutti  i  contrassegni  che  si 
davano  ai  castellani.  Le  altre  lettere  che  il  CrQf  ti  chiama  comuni 
avevano  il  sigillo  piccolo. 

Da  questa  lettera  vien  fuori  la  seguente  curiosa  quistione  di 
sfragistica  :  Essendo  indubitabile  che  le  notizie  date  dal  Grotti 
sono  diverse  da  quelle  date  dai  documenti  da  noi  prima  esaminati, 
come,  quando  e  perchè  mutarono  le  regole  di  cancelleria?  Nei 
documenti  dei  successori  di  Giangaleazzo  bisognerà  cercare  la 
risposta.  A  me,  che  non  ho  sott'  occhio  altri  originali  fuorché 
quelli  di  Giangaleazzo,  basti  di  far  notare  che  l'importante  let- 
tera del»  Grotti  non  infirma  l'opinione  da  me  manifestata  intorno 
al  modo  d'interpretare  la  lettera  di  Giangaleazzo  del  20  ottobre 
i385;  perchè  questa  dice  espressamente  che  il  sigillo  grande  era 
il  solito  e  i  documenti  reggiani  dimostrano  in  modo  luminoso 
la  prevalenza  del  sigillo  grande  sul  piccolo  nelle  lettere  di  Stato. 
Ciò  che  è  provato  da  documenti  sincroni ,  non  può  esser  dimo- 
strato falso  da  una  lettera  del  145 1.  Del  resto  questa  lettera  stessa 
contiene  cose  che  sufficentemente  illuminano  la  vera  natura  del 
sigillo  piccolo.  Questo  sigillo,  dice  il  Grotti,  si  appone  alle  lettere 
comuni  ordinate  dal  Gonsiglio  ducale;  ed  ora  invece  ho  dovuto 
sigillarle  io  col  sigillo  grande,  «  wo/i  siando  qui  altro  sigillo  apresso 
al  Secretarlo  ».  Dunque  anche  nel  145 1,  codeste  lettere  che  avreb- 
bero dovuto  avere,  secondo  il  Grotti,  il  sigillo  piccolo,  venivano 
e  ordinate  »  da  coloro  che  erano  più  dappresso  alla  persona  del 
Duca;  e  il  sigillo  piccolo  non  era  affidato,  nemmeno  nel  1451,  alla 
Cancelleria  di  Stato,  cosicché,  essendo  lontano  il  Duca,  non  si 
poteva  adoperarlo  e  si  usava  sempre  il  grande.  A  me  pare  che  tutto 
questo  non  infirmi,  ma  corrobori  la  mia    opinione    intorno    alle 


394 


VARIKTA 


origini  dell'uso  del  sigillo  piccolo  nelle  lettera  di  Stato.  E  quanto 
poi  al  modo  nel  quale  il  sigillo  piccolo  arrivò  ad  avere  col  tempo 
la  prevalenza,  i  documenti  soli,  ho  già  detto,  possono  informar- 
cene; intanto  si  può  ben  supporre  che  l'uso  del  sigillo  piccolo 
non  tardasse  molto  ad  essere  concesso  ai  membri  del  Consiglio 
segreto  e  così  finisse  pian  piano  per  prevalere. 

Checché  ne  sia  di  questo,  mi  sia  lecito  esortare  quanti  hanno 
occasione  di  pubblicare  documenti  viscontei  a  non  trascurare  di 
tener  nota  della  qaialità  dei  sigilli.  E  ciò  non  per  una  semplice 
curiosità  storica;  ma  perchè  è  cosa  di  molta  importanza  il  poter 
distinguere  da  un  indizio  qualunque  l'ufficio  eia  persona  da  cui 
i  documenti  viscontei  provengono,  come  più  ampiamente  sarà 
dimostrato  dalla  osservazione,  che  segue,  sulla  data  del  luogo. 


IL 


Data  del  luogo. 
Lettere  d'  ufficio  e  lettere  del  Signore. 

E  noto  che  sotto  i  Visconti  andò  sviluppandosi  una  forma 
d'  amministrazione  che  sempre  più  s'  avvicina  al  tipo  moderno. 
Ed  è  noto  pure  che  al  tempo  di  Giangaleazzo  Visconti  l'azione 
personale  del  Signore  non  esercitavasi  più  altro  che  nel  disbrigo 
d'una  parte  sola  degli  affari  di  Stato;  perchè  già  v'erano  uffici  che 
regolarmente  funzionavano  da  sé  come  i  nostri  ministeri,  o  pres- 
s'  a  poco,  in  modo  che  la  volontà  del  Signore  interveniva  rara- 
mente nel  disbrigo  degli  affari  ordinafi  loro  affidati,  per  quanto 
questi  fossero  molto  importanti  (i).  Certi  funzionari  ricevevano 
una  vera  e  propria  delegazione  di  poteri,  che  inchiudeva  la  fa- 
coltà di  sbrigare  affari  a  nome  ed  in  vece  del  Signore.  Il  29  agosto 

(i)Xfr.  Fertile,  Storia  del  dir.  ital.  -,  II,  parte  I,  §  52. 


VARIETÀ  3g3 


i'385  Giangahazzo  scriveva  infatti  al  podestà  di  Pavia  disponendo 
quanto  segue:  «  Volumiis  qiiod  in  casti  quo  aliqui  ambasciato- 
res  atiquorum  dominoriim  aiit  ìiominum  tam  nostromim  qiiam 
aliunde  in  iurisdictione  per  nos  tibi  commissa  venire  contingat, 
co  quia  velini  ad  nostrani  presentiam  accedere,  eisdem  percipias 
quod  Mediolanum  se  transferant  corani  Consilio  nostro  ibidem 
existenti,  quod  ipsis  super  omnibus  qiie  p etere  vellent 
respondebit  ad  plenum  »  (i).  Questo  documento  che  il  suo 
editore,  il  Magenta,  interpretava  come  se  fosse  un  ordine  d'im- 
porre agli  ambasciatori  di  palesare  al  Consiglio  l'oggetto  della 
loro  visita  prima  di  venir  ammessi  alla  presenza  del  Signore,  e 
commentava  con  questa  sentenza:  «che  la  diffidenza  è  propria 
del  tiranno  »  (2),  ha  evidentemente  tutt'altro  significato.  La  dif- 
fidenza non  e'  entra  per  nulla  (forse  che  Giangaleazzo  poteva 
temere  d'essere  ucciso  da  qualche  ambasciatore?)  e  le  parole  con- 
silium  nostrum  respondebit  ad  plenum  dimostrano  che  il  Consiglio 
aveva  avuto  una.  delegazione  di  poteri  tendente  a  sostituire  al 
governo  personale  del  Signore  un  governo  che  oggi  chiameremmo 
barbaramente  «burocratico»:  l'amministrazione  doveva  andar 
da  sé,  il  rivolgersi  al  capo  supremo  dello  Stato  -doveva  essere 
un'eccezione.  E  la  era  difatti,  come  nota  lo  stesso  Magenta;  tanto 


(i)  Presso  Magenta,  op.  cit.,  II,  p.  5o,  doc.  n.  LXIX:  i385,  ago- 
sto 29,  Milano.  Una  disposizione  simile  trovasi  in  una  lettera  del  14 
settembre  i385  da  Milano  al  podestà  di  Reggio  (Archivio  di  Reggio. 
Carteggio  del  Reggimento)  e  non  ebbe  carattere  transitorio,  ma  stabile. 
Gli  ambasciatori  andavano  a  Milano  anche  nel  i388  ed  erano  ricevuti 
e  licenziati,  nel  nome  del  Principe,  dai  Maestri  delle  Entrate;  mentre 
Giangaleazzo  era  ad  Abbiategrasso  (Archivio  e  Carteggio  cit.,  i388,  ot- 
tobre 3o;  Registro  anziani  ij8j-8g,  carta  56;  e  cfr.  Osio,  Doc.  dipl.,l, 
pp.  278-274,  n.  CXCVII).  Un  ambasciatore  reggiano,  Zanotto  della  Ta- 
vola, che  nel  1388  voleva  ad  ogni  costo  parlare  con  Giangaleazzo, 
narra  in  una  sua  gustosa  lettera  un  diverbio  gravissimo  che  ebbe  per 
questo  con  i  Maestri  delle  Entrate,  i  quali  gli  sospesero  la  diaria  che 
gli  spettava;  ond'egli  andò  bensì  a  Pavia,  ma  spendendo  del  proprio 
(Archivio  e  Carteggio  cit.,  1388,  gennaio  19,  Milano;  Zanotto  della  Ta- 
vola agli  Anziani  del  Com.  di  Reggio).  Non  consta  se  fu  ricevuto. 

(2)  Magenta,  op.  cit.,  I.  p,  174  e  n.  3 

Arck.  Stor.   Lomb.  —  Anno  XXVII.  —  Fas;.  XXVI.  ib 


396  VAKIETÀ 


die  una  fonte  da  lui  citata  dice  che  «  era  gran  maistro  »  chi 
riusciva  a  parlare  con  Giangaleazzo  anziché  coi  ministri  (i). 

Potendo  sbrigare  atfari,  i  Consiglieri  dovevano  avere  anche 
la  facoltà  di  spedire  le  lettere  relative.  La  cosa  è  naturale;  e  del 
resto  ce  lo  dice  lo  stesso  Giangaleazzo  in  un  documento  del  24 
agosto  1392,  quando,  costituendo  un  nuovo  Consiglio  a  Verona 
per  le  provincie  da  lui  possedute  oltre  il  Mincio,  determina  che 
quei  Consiglieri  «  potestatem  habcant  in  expediendis  litteris  et 
siipplicationibiis  ipsis  exhibendis,  qiiam  habent  pr esenti a- 
liter  spectabiles  et  egregi]  de  Consilio  nostro  Me- 
di olani Volumus  quod....  ad  prenominatos  accedatis....  accep- 

tiiri  ab  eisdem  efficacem  et  celereni  expeditioneni  in  his  videlicet 
casibus  in  et  super  qiiibus  est  eis  per  nos  arbitrium  attribu- 
tumn.  Soltanto  nei  casi  a  lui  riservati  gli  affari  saranno  trattati 
in  corte  ed  i  Segretari  presenteranno  a  lui  le  risposte  preparate  ; 
«  qui  secretarij,  postquam  erunt  vise  a  nobis,  ipsas  expedient  et 
expeditas  sub  nostro  magno  sigillo  Ulne  transmittent  »  (2).  Queste 


(i)  Magenta,  op.  cit.,  I,  p.  298  e  n.  5.  —  Notiamo  qui  che  il  For- 
MENTiNi  neir  opera  //  Bucato  di  Milano,  Milano,  1877,  pp.  52-53,  aiferma 
che  gli  ambasciatori  ed  oratoli  delle  città  soggette  a  Giangaleazzo 
"  dovevano  risiedere  presso  la  corte  „.  Io  non  saprei  donde  po- 
tesse il  F.  trarre  questa  notizia  ;  certamente  però  essa  è  falsa,  almeno 
per  i  primi  anni  del  governo  di  Giangaleazzo,  e  tale  la  dimostrano 
molti  documenti,  fra  i  quali  i  due  sopra  citati  ed  altri  due  dell'  Ar- 
chivio di  Reggio  {Carteggio  del  Reggimento).  In  uno  di  questi  del  i3  ot- 
tobre i385  (Milano)  Giangaleazzo  ordina  al  podestà  di  Reggio  che  le 
Comunità  non  mandino  ambasciatori  senza  preavvisare  delle  cause 
per  cui  vanno  {....des  talein  ordinem  quod  per  aliqua  comunia  supposita 
tue  Jurisdictioni  aliqui  ambaxiaiores  ad  nos  nullatcnus  mitantur,  ncc  ac- 
cedant,  nisi  prius  facta  nobis  notificatione  de  predictis  causis ,  quibus  vd- 
leni  ipsos  ambaxiatores  ad  nos  accedere,  et  nisi  habuerint  responsionem  a 
nobis).  L'altro  del  i5  settembre  i386  concede  al  Comune  di  Reggio 
di  mandare  ambasciatori  una  volta  al  mese. 

(2)  Tutto  il  doc.  trovasi  presso  il  Vergi,  Storia  della  Marca  trivigiana 
e  veronese,  tomo  XVII.  Venezia,  1790,  p.  179  e  doc.  n.  MDCCCXLVI  ; 
un  breve  estratto  si  può  vedere  in  Fertile,  op.  cit.,  §  52,  n.  80.  —  La 
menzione  del  sigillo  grande  per  le  lettere  riflettenti  i  casi  riservati  al 
Signore  non  contraddice  a  quanto  nella  prima  parte  di  questo  scritto 


VARIETÀ 


.')97 


usanze,  una  volta  introdotte,  non  vennero  più  tolte  e  duravano 
ancora  al  tempo  di  Lodovico  il  Moro,  sebbene  questo  principe 
s'  occupasse  personalmente  di  una  gran  parte  degli  affari  di 
Stato([). 

Ora,  come  in  generale  avveniva  nel  Medio  Evo,  che  le  isti- 
tuzioni nuove  svolgendosi  lentamente  dalle  antiche  conservavano 
ancora  per  molto  tempo  le  forme  e  gli  usi  di  quelle  da  cui  si 
svolgevano,  così,  mentre  si  andavano  determinando  ed  assodando 
le  funzioni  proprie  dei  Consiglieri  e  l'opera  loro  sostituiva  sempre 
più  spesso  l'opera  personale  del  principe,  gli  usi  della  Cancel- 
leria non  si  mutavano  invece  con  altrettanta  rapidità  e  la  forma 
delle  lettere,  che  la  Curia  spediva,  rimaneva  inalterata.  Le  lettere 
del  Signore,  come  si  sa,  non  erano  firmate  da  lui:  sebbene  inte- 
state colle  parole  Domimis  Mediolani,  portavano  le  firme  di 
altre  persone,  che  erano  suoi  officiali  e  segretari.  Chi  riceveva 
la  lettera  restava  persuaso  della  sua  autenticità  dall'intestazione, 
dal  sigillo  e  dalla  conoscenza  che  aveva  di  codeste  segnature  di 
ufficiali  e  segretari,  e  un  poco  (io  credo)  anche  dalla  persona  del 
portatore  che  era  un  cavallaro  del  principe.  Non  occorrendo 
dunque  la  firma  del  Signore,  i  funzionari  a  cui  era  concesso  di 
spedir  lettere  in  suo  nome  e  vece  non  sentirono  il  bisogno  di 
adottare  una  nuova  formola  per  le  lettere  che  essi  erano  abilitati 
a  spedire;  ma  continuarono  a  usare  la  formola  stessa  che  il  prin- 
cipe adoperava.  E  forse  allora  parve  naturalissimo  quel  che  a 
noi  pare,  a  prima  vista,  un  po'  strano;  perchè  "probabilmente  si 


si  è  detto  intorno  all'uso  dei  due  sigilli.  È  evidente  che,  stante  Fam- 
plissima  delegazione  di  poteri  concessa  al  Consiglio  veronese,  i  sud- 
diti di  quelle  parti  non  avevano  più  bisogno  di  rivolgersi  al  Signore 
tranne  che  per  grazie,  privilegi,  nomine  ed  altri  casi  che,  anche  a 
norma  della  lettera  sui  sigilli  20  ottobre  i385,  esigevano  il  sigillo 
grande.  Ciò  non  toglie  che  Giangaleazzo,  se  voleva  scrivere  di  sua 
propria  iniziativa  sopra  aifari  diversi  da  quelli,  potesse  valersi  del 
sigillo  piccolo. 

(i)  Porro,  Modi  dell'  amministrazione  pubblica  sotto  gli  Sforza  in 
quesi'  Archivio,  Vili,  716. 


VARIETÀ 


pensò  che  se  i  funzionari  agivano  in  nome  e  vece  del  principe, 
dovevano  dunque  fare  ciò  che  egli  avrebbe  fatto,  e  nei  modi  me- 
desimi in  cui  egli  lo  avrebbe  fatto.  Anche  nelle  moderne  ammi- 
nistrazioni, del  resto,  sonvi  funzionari  abilitati  a  firmare  colla 
clausola  d'ordine  del  Ministro,  che  appongono  la  loro  firma  a 
documenti  eguali  a  quelli  che  il  Ministro  firmerebbe  ed  intestati 
in  suo  nome,  sebbene  egli  non  li  abbia  veduti;  perchè  la  clausola 
d* ordine  del  Ministro  vuol  dire  che  il  funzionario  che  firma  ha 
ricevuta  una  delegazione  generica  della  facoltà  di  firmare  simili 
atti,  non  già  un  vero  e  proprio  ordine  specifico  di  firmare  quel 
determinato  atto.  E  come  oggi  sono  in  certi  casi  indispensabili 
questi  atti  intestati  col  nome  d'  un'  autorità  e  firmati  d'  ordine 
da  un  suo  dipendente,  e  non  potrebbero  essere  validamente  sosti- 
tuiti da  una  lettera  scritta  e  firmata  in  nome  proprio  da  questo 
dipendente;  così  al  tempo  di  Giangaleazzo  Visconti  i  funzionari 
che  avevano  delegazione  di  potere  dovevano  fingere  che  le  lettere 
provenissero  tutte  dal  Signore,  avvalorandole  a  tal  uopo  con 
la  intestazione  ed  il  sigillo;  perchè  legalmente  soltanto  al  Signore 
(che  era  ancora  considerato  come  supremo  amministratore  diretto, 
non  solo  dello  Stato  ,  ma  di  tutti  i  Comuni  che  componevano 
lo  Stato)  spettava  il  diritto  di  dare  ordini  nelle  materie  di  cui 
la  lettera  trattava,  ed  una  lettera  scritta  a  nome  loro  proprio 
non  sarebbe  stata  valida.  —  I  funzionari  che  effettivamente 
erano  i  veri  autori  della  lettera  stessa,  si  accontentavano  d\ 
segnarla  in  calce,  a  destra.  Godeste  segnature  facevano  allora 
comprendere  agli  esperti  che  la  lettera  proveniva  da  funzionari 
con  delegazione  di  potere,  perchè  essi  sapevano  chi  erano  codesti 
funzionari.  Ma  noi  come  possiamo  fare  una  simile  distinzione, 
se  non  possediamo  una  «  gerarchia  »  completa  di  tutti  i  ministri 
e  segretari  dei  Visconti  da  Giangaleazzo  in  avanti?  In  alcuni 
casi  abbiamo  notizie,  in  altre  totalmente  ci  mancano.  Dobbiamo 
forse  perciò  rinunciare  del  tutto  a  fare  la  distinzione? 

Non  possiamo  rinunciarvi  per  la  sua  grande  importanza  sto- 
rica. Ricorderò  agii  studiosi  di  diplomatica  quanta  importanza 
abbia  avuta  la  ricerca  dei  veri  autori  dei  documenti  imperiali  e 


VARIETÀ  ^99 


dei  documenti  dei  re  di  Francia  (i).  Oltre  tutte  le  questioni  di- 
plomatiche che  un  simile  stùdio  ha  risolte  —  fra  cui  importanti 
quistioni  di  date  —  esso  ha  gettato  luce  sulla  politica  e  sul  go- 
verno di  certi  sovrani.  Particolarmente  istruttivo  per  noi  è  il 
fatto  che  questo  studio  ha  chiaramente  dimostrata  vera  1'  asser- 
zione di  coloro  che  affermavano  avere  il  re  Filippo  il  bello  ab- 
bandonata gran  parte  delle  sue  cure  dello  Stato  nelle  mani  dei 
suoi  ministri  che,  lui  assente,  spedivano  importanti  documenti 
in  suo  nome.  Da  questa  circostanza  il  giudizio  storico  su  quel 
re  e  sul  suo  governo  viene  di  molto  modificato;  e  l'affermazione 
dei  cronisti  che  dicono  aver  egli  piuttosto  regnato  che  gover- 
nato (2),  riceve  efficace  conferma.  Ora  non  dirò  che  sia  probabile 
che  uno  studio  dei  docunenti  viscontei  da  questo  punto  di  vista 
conduca  a  simili  conclusioni;  ma  certamente  il  grado  di  respon- 
sabilità personale  dei  Signori  viscontei  per  certi  documenti  scritti 
in  loro  nome  potrà  esserne  o  diminuito  od  aumentato  :  alcuni 
dei  documenti,  cessando  di  essere  considerati  per  quel  che  non 
sono,  cioè  per  veri  atti  della  personale  volontà  del  Signore,  per- 
deranno alquanto  di  valore  o  ne  avranno  uno  diverso  da  quello 
che  loro  sarebbe  altrimenti  attribuito;  e  quegli  altri  che  risulte- 
ranno essere  veramente  atti  della  personale  volontà  del  Signore, 
formeranno  invece  una  classe  particolarmente  preziosa. 

Addurrò  alcuni  esempi  della  necessità,  che  direi  urgente,  di 
risolvere  codesta  quistione;  esempi  i  quali  mi  apriranno  la  via 
a  proporne  una  soluzione. 

Il  Giulini,  volendo  mostrare  che  il  Chronicon  placentinum 
di  Giovanni  de  Mussis  è  in  errore  quando  afferma  che  al  prin- 
cipio di  dicembre  del  i385  Giangaleazzo  Visconti  era  a  Piacenza  (3) 
oppone  alla  testimonianza  del  Cronista  documenti  datati  da  Mi- 


(i)  Paoli,  Prog.  di  Paleografia  e  Diplomatica.  HI,  Firenze,  1900,  pa- 
gine 209-211. 

(2)  Cfr.  La  VISSE  et  Rambaud,  Histoire  generale,  III,  Paris,  1894,  pa- 
gine II,  12,  i3,  55. 

(3)  Chron.  plac.  in  R.  I.  S.,  XVI,  544  D. 


400 


VAKIETA 


lano  il  7.  dicembre,  i  quali  dovrebbero  provare  (a  suo  credere) 
che  a  quella  data  Giangaleazzo  era  a  Milano  (i).  Altri  autori 
seguirono  il  Giulini  nella  sua  argomentazione  e  si  trovarono, 
senza  loro  colpa,  ingannati.  Infatti  nella  recente  polemica  fra  il 
Promano  ed  il  Camus,  a  proposito  dell'andata  di  Amedeo  VII  di 
Savoia  a  Piacenza  nel  novembre  i385  in  relazione  col  matrimonio 
fra  Luigi  di  Turenna  e  Valentina  Visconti,  il  Romano  mise  in 
dubbio  la  presenza  di  Giangaleazzo  in  quel  mese  a  Piacenza, 
valendosi  dell'argomento  stesso  di  cui  s'era  valso  il  Giulini;  ed 
invece  il  Camus  potè  pubblicare  un  trattato  del  25  novembre 
i385  fra  Giangaleazzo  ed  Amedeo,  datato  appunto  da  Piacenza  (2). 
E  non  solo,  devo  aggiungere  io,  Giangaleazzo  era  a  Piacenza  il 
25,  ma  diversi  giorni  prima,  cioè  almeno  dal  21  novembre;  poi- 
ché già  spediva  il  giorno  22  documenti  importanti  che  mostra- 
vano aver  egli  avuto  agio  d'occuparsi  di  affari  di  Stato  e  di  far 
preparare  le  relative  lettere;  e  da  Milano  poi  mancava  probabil- 
m.ente  da  molti  giorni,  poiché  l'archivio  di  Reggio  ci  offre  sette 
lettere  di  lui,  datate  da  Melegnano  che  portano  le  seguenti  date 
IO  ottobre  (3);  11,  19,  20  e  28  ottobre;  i.°  novembre  (4),  11  no- 
vembre (5).  Quanto  poi  alla  sua  permanenza  in  Piacenza,  questa 
a  stare  ai  documenti  reggiani  si  protrasse  almeno  fino  all' 11  di 
gennaio  del  i386  (6);  e  durò  quindi  circa  due  mesi  come  dicono 
gli  Annales  mediolanenses  (7),  i  quali  non  è  da  meravigliarsi  che 


(i)  Giulini,  Continuai,  delle  mem.  storiche,  ecc.,  libro  LXXII,  a.  i385. 
parte  H,  p-.  387. 

(2)  È  appena  necessario  che  io  dichiari  che,  se  accenno  a  questa 
polemica,  lo  faccio  unicamente  per  ragione  scientifica;  ben  lontano 
dall'idea  di  volermi  intromettere  nella  disputa  fra  i  due  egregi  uo- 
mini, ad  uno  dei  quali,  il  eh.  prof.  Romano,  mi  legano  sentimenti  di 
gratitudine  e  di  rispettosa  amicizia. 

(3)  Trovasi  nel  Registro  anziani  ij8j-ij8()  a.  carte  io  r.° 

(4)  Questi  altri  cinque  trovansi  nel  Carteggio  del  Reggimento. 

(5)  Trovasi  nel  succitato  R.'gistro  anziani  a  carte  i3  t.° 

(6)  Archivio  di  Reggio.  Carteggio  del  Reggimento. 

(7)  "  Se  reduxerat  Placzntiz  ubi  stetit  per  d  u  0  s  m  e  n  s  e  s  cum  tota 
Curia,,.  Ann.  Me.iiol.  in  R.  I.  S.,  XVI,  800  C. 


I 


VARIETÀ  40  ] 


la  vincano  qui  sopra  ogni  altra  cronaca,  quando  si  pensi  che 
proprio  conia  rubrica  del  i385  il  compilatore  di  codesti  Annales 
incomincia  a  far  uso  della  cronaca  di  quel  Giovanni  Balducchino, 
parmigiano,  il  quale  nel  i385  era  già  in  rapporti  personali  con 
Giangaleazzo  e  già  era  forse  entrato  a  far  parte  della  sua  corte  (i). 
Ma  durante  tutto  il  tempo  di  questa  ben  lunga  assenza  di  Gian- 
galeazzo da  Milano  la  cancelleria  milanese  continuava  a  spedire 
in  abbondanza  lettere  e  decreti  in  nome  di  lui,  in  tutto  identici 
per  forma,  fuorché  nella  data  e  qualche  volta  nel  suggello,  a 
quelli  che  Giangaleazzo  spediva  dalle  sue  residenze;  e  l'archivio 
di  Reggio,  mentre  conserva  venticinque  lettere  e  due  decreti  datati 
da  Milano  nei  giorni  22  novembre  i385,  io  gennaio  i386,  con- 
serva dieci  lettere  ed  un  decreto  datati  da  Piacenza  in  questo 
medesimo  spazio  di  tempo  (2).  Fra  questi  documenti  reggiani  ve 
ne  sono  alcuni  che  ci  pongono  in  presenza  di  fatti  ben  curiosi 
e  che,  accuratamente  esaminati,  dimostrano  all'evidenza  la  neces- 
sità, di  cui  discorriamo,  di  distinguere  i  documenti  d'ufficio  dalle 
vere  lettere  del  Signore. 


(1)  Ferrai,  Gli  Annales  Mediolanenses^  ecc.,  \n  qncsi^ Archivio,  XVII 
(1890),  pp.  294-296. 

{2)  Da  Milano:  i385,  novembre  22  (due),   28  (due),   24,  28;  dicem- 
bre 6,  IO,  II,  i3,  14  (due),  i5,  16  (due),  18,  19.  i386, 
gennaio  6,  8,  io  {Carteggio  del  Reggimento). 
i385,  novembre  21,   22  (due);    dicembre    i5.  i386^ 
gennaio  io  {Registro  anziani  ijSj-Sy  a  carte  io 
t.°,  II,  i3  r.°). 
i385,  novembre  28,  dicembre  6  {Registro  di  decreti 
ijSj-jj^j  a  carte  4). 
Da  Piacenza:  i385,  dicembre    12,   21,   24.    i386,  gennaio  6,  9,  11 
{Carteggio  del  Reggimento). 
i385,  novembre  22  (due)  ;  dicembre  i,  dicembre  22 
{Registro  anziani  ijSy-ijSj  a  carte  11  r.°,  19  t.*^ 
IO  t.°,  12  r.°). 
i386,   gennaio   9   {Registro  di  decreti  ijSj-Jj^j  a 
carte  4). 
Anche  tra  gli  Antiqua  decreta   ce   n'  è    uno  proveniente  da  Milano  in 
data  28  novembre  i385,  a  p.  90. 


403 


VARIETÀ 


Giangaleazzo  Visconti,  convinto  delle  cattive  condizioni  in 
cui  trovavasi  il  comune  di  Reggio,  riduceva  le  imposizioni  che 
gravavano  su  questa  città,  esonerandola  anzitutto  dal  contributo 
per  le  spese  straordinarie  (i).  Parve  al  comune  che  questo  eso- 
nero non  fosse  ancora  sufticente  e  mandò  uno  speciale  ambascia- 
tore per  ottenere  concessioni  ancora  più  larghe.  Naturalmente 
l'ambasciatore  andò  a  Milano,  com'era  d'obbligo  a  tenore  delle 
lettere  sopra  ricordate  (2).  Quivi  fece  del  suo  meglio,  ma  nulla 
ottenne;  che  anzi,  licenziato  l'ambasciatore,  si  scriveva  da  Milano 
il  21  di  novembre  i385  una  severissima  lettera  di  rimprovero  al 
comune  di  Reggio,  per  la  sua  vergognosa  renitenza  a  pagare  un  con- 
tributo necessario  e  già  ridotto  generosamente  dal  principe  in 
misura  tollerabilissima  »  (3).  Questa  lettera  è  redatta  nella  solita 
forma,  coli' intestazione  Dominus  Mediolani ;  ma  non  ha  la  se- 
gnatura di  un  semplice  segretario,  bensì  quella  d'  uno  dei  più 
autorevoli  officiali,  membro  del  magistrato  supremo  delle  entrate, 
Nicoletus,  cioè  Nicolò  de'  Diversi,  persona  di  sì  gran  conto  che 
Giangaleazzo  gli  tenne  perfino  un  figliuolo  a  battesimo  (4).  Gli 
Anziani  di  Reggio  non  ignoravano  certamente  che  il  vero  autore 
della  lettera  era  Nicolò  de'  Diversi  e  che  Giangaleazzo  non  si 
trovava  neppure  a. Milano,  ma  a  Piacenza;  e  quindi  trovarono 
modo  di  far  sapere  a  Giangaleazzo  che  Reggio  era  ancor  tanto 
gravata  da  non  poter  tollerare  le  imposte,  per  modo  che  «  aliqui 
cives  regini  detenti  erant  ocaxione  intratarum  insuportabilium 
que  petehantur  dicto  comuni  »  (5).  Ben  lungi   dal  mostrarsi  adi- 


(i)  Archivio  di  Reggio.  Carteggio  del  Reggimento,  i385,  ottobre  3i. 

(2)  Vedi  a  p.  5  t.,  nota  i. 

(3)  Vedi  il  documento  III. 

(4)  Vedi  su  questo  personaggio  C.  Salutati,  Epistolario,  ed.  No- 
vali, v.  II,  p.  i36  sgg.  e  aggiungi  :  Romano,  La  cartella  del  notaio  Cri- 
stiani, XVII  (1393,  giugno  24)  in  q\xesi' Arch.,  XVI,  p.  683.  Nota  però 
che  mentre  il  Novati  trovò  menzione  di  Nicoletto  quale  magister  in- 
tratarum solo  nel  1389,  molte  lettere  dell'anno  i385,  che  si  trovano 
nell'Archivio  di  Reggio,  relative  ad  affari  di  competenza  di  quel  magi- 
strato, portano  già  la  sua  segnatura. 

(5)  Vedi  il  documento  IV. 


VARIETÀ  403 


rato  o  dal  ripetere  quanto  era  stato  detto  nella  lettera  del  21 
novembre,  Giangaleazzo  invece  scrive  subito  al  Reggimento  ed 
agli  Anziani  manifestando  tutta  la  sua  meraviglia,  sospendendo 
ogni  applicazione  d'imposte  e  chiedendo  d'urgenza  l'invio  di  due 
ambasciatori  alla  corte  in  Piacenza  (i).  Vanno  gli  ambasciatori 
ed  il  23  dicembre  son  di  ritorno,  portando  seco  una  bellissima 
lettera  di  Giangaleazzo  data  da  Piacenza  il  giorno  antecedente, 
della  quale  nulla  si  può  immaginare  che  più  contrasti  con  quella 
partita  da  Milano  il  21  novembre.  Con  essa  infatti,  riconoscendo 
l'attuale  miseria  di  Reggio  e  la  passata  oppressione,  Giangaleazzo 
vanta  la  bontà  del  suo  governo  e  dichiara  di  non  voler  preten  • 
dere  dai  Reggiani  più  di  quel  tanto  che  i  loro  ambasciatori  ave- 
vano spontaneamente  offerto,  vale  a  dire  5oo  fiorini  al  mese  (2). 
Crescerà  il  contributo  negli  anni  avvenire,  se  il  provento  dei 
dazi  crescerà  anch'  esso.  Frattanto  egli  dà  norme  eque  e  severe 
perchè  l' imposta  venga  distribuita  con  la  maggiore  giustizia  fra 
cittadini  e  distrettuali,  ricchi  e  poveri;  di  nuli' altro  si  mostra 
preoccupato  se  non  dell'  incremento  della  città  e  della  buona  di- 
stribuzione dell'imposta  (3).  Così  Giangaleazzo  faceva  tutto  il 
contrario  di  quanto  altri  avevano  scritto  da  Milano  il  21  no- 
vembre, sebbene,  chi  aveva  scritta  quella  lettera  fosse  autorizzato 
a  servirsi  del  suo  nome  e  del  suo  sigillo  e  perfino  a  minacciare 
i  Reggiani  colla  formola  ben  nota  :  «  aliter  erimus  de  vobis  male 
contentici  (4). 

Ora  pensiamo  che  cosa  si  direbbe  di  Giangaleazzo  se  per  un 
caso,   molto   facile  a  darsi,  noi    ignorassimo  che  il   21  novembre 


(i)  Vedi  il  documento  IV. 

(2)  Ed  era  proprio  vero  che  avevano  ofìerto  codesta  somma.  Lo 
dice  il  Gazata,  cronista  reggiano  contemporaneo  ed  autorevolissimo  : 
"  secundum  quod  petierunt  „  (in  R,  I.  S.,  XVIIJ,  92  C). 

(3)  Vedi  docum.  V. 

(4)  Simili  formole  ed  anche  più  gravi  si  scrivevano  altre  volte  in 
assenza  del  Signore  ed  in  suo  nome.  Così  in  una  lettera  del  14  dicem- 
bre i385  da  Milano  si  legge  "sub  pena  indignationis  nostre  „,  mentre 
Giangaleazzo  era  a  Piacènza. 


404 


V AHlhTÀ 


egli  non  era  a  Milano  e  quindi  credessimo  che  anche  la  lettera 
del  2  1  fosse  veramente  sua!  Naturalmente  si  dovrebbe  dire  che 
il  2  1  novembre  aveva  in  animo  di  non  cedere,  il  i."  dicembre 
senza  causa  sufficente  cominciava  a  piegare,  il  22  si  umiliava 
fino  ad  accettare  quel  che  gli  davano;  prima  licenziava  amba- 
sciatori con  un  rabbuffo,  poi  li  richiamava  trattandoli  dolcemente. 
Una  condotta  debole,  strana,  del  tutto  contraria  a  quanto  per 
altra  via  sappiamo  di  codesto  principe:  ecco  che  cosa  crederemmo 
di  poter  osservare.  Eppure  non  ci  sarebbe  nulla  di  vero  in  tutto 
questo,  la  verità  essendo  invece  che  il  21  novembre  il  magi- 
strato delle  entrate  aveva  fatto  l'ufficio  snodi  finanziere  severo, 
dando  un  rabbuffo  ai  Reggiani;  mentre  in  dicembre  il  principe, 
informato  abilmente  da  questi,  faceva  quello  che  egli  solo  aveva 
facoltà  di  fare,  .usava  cioè  una  particolarissima  indulgenza  e  sa- 
crificava le  ragioni  della  finanza  a  considerazioni  di  buona  poli- 
tica e  di  pubblica  economia  (il  ripopolamento  di  Reggio).  —  E 
se,  invece,  di  tutte  le  memorie  di  queste  trattative  non  restasse 
altro  che  la  lettera  del  21  novembre  ed  ignorassimo  che  non  è 
opera  sua,  allora  che  cosa  non  diremmo  noi,  a  torlo,  per  biasimare 
il  duro  animo  e  la  fiscalità  di  Giangaleazzo  ? 

Evidentemente  dunque  la  distinzione  delle  lettere  del  Signore 
dalle  lettere  d'ufficio  è  necessaria.  Il  futuro  repertorio  diploma- 
tico visconteo  dimostrerà  che  i  documenti  datati  da  Milano  in 
assenza  del  Signore  sono  in  numero  straordinario  e  d'ogni  specie. 
Ho  già  menzionati  esempi  curiosi  di  lettere  e  decreti;  aggiungerò 
ancora  un  esempio,  che  non  sembrerebbe  a  primo  aspetto  possi- 
bile: il  giorno  8  di  gennaio  i386,  durante  la  permanenza  di  Gian- 
galeazzo a  Piacenza,  una  lettera  proveniente  da  Milano  imponeva 
perfino  nuovi  dazi  ai  Reggiani  (i). 

Ma  gli  esempi  fin  qui  addotti  ci  provano  che  due  indizi  esi- 
stono per  determinare  se  una  lettera  è  veramente  del  Signore  o 
d'un  suo  officiale: 

a)  l'esame  del  sigillo, 

b)  la  data  del  luogo. 

(i)  Archivio  di  Reggio.  Carteggio  del  Reggimento,  i386. 


VARIETÀ  40  D 


a)  Il  sigillo  piccolo,  secondo  la  mia  opinione,  è  al  tempo  di 
Giangaleazzo  il  sigillo  del  Signore:  le  lettere  che  lo  portano, 
sono  sue;  quelle  che  non  lo  portano  possono  non  es- 
sere   sue. 

b)  Le  lettere  non  datate  da  Milano  sono  lettere  del  Signore; 
le  lettere  datate  da  Milano  devono  sempre  mettersi  al  confronto 
con  tutte  le  lettere  ed  i  decreti  del  medesimo  giorno  e  giorni 
vicini,  a  fine  di  determinare  se  realmente  in  quel  giorno  Gian- 
galeazzo era  a  Milano.  Lettere  e  decreti  dati  da  Milano, 
senza  il  conforto  d'altri  giudizi,  non  provano  che 
Giangaleazzo   ivi   si   trovasse    realmente. 

Per  valersi  con  sicurezza  del  secondo  indizio  sarebbero  dunque 
necessario  un  Repertorio  compiuto  ed  un  Itinerario  di  Gianga- 
leazzo; ma  r  Itinerario  stesso  non  tornerà  utile  se  il  suo  compi- 
latore non  terrà  conto  della  difficoltà  di  determinare  quando 
effettivamente  Giangaleazzo  era  a  Milano. 

E  quando  pure  sia  provato  che  Giangaleazzo  era  a  Milano, 
ancora  non  dovrà  affermarsi  troppo  facilmente  che  un  documento 
dato  da  Milano  è  propria  opera  sua;  anzi  sarà  necessario  uno 
studio  accuratissimo  delle  attribuzioni  e  dei  diritti  dei  grandi 
officiali  dello  Stato  per  determinare  se  la  lettera  è  veramente  da 
mettere  fra  quelle  che  il  principe,  come  dice  Giangaleazzo  in  un 
suo  documento  sopracitato,  «  aveva  vedute  »  {visae  erunt  a  no- 
bis)  (I). 

F.    E.    COMANI. 


(1)  Altre  osservazioni  si  pubblicheranno  nel  prossimo  fascicolo. 


4o6 


VAKIKTA 


DOCUMENTI 


I. 

ij8j,  ottobre  20.  Me  legnano. 

(Archivio  di  Reggio  E.    Carteggio  del  Reggimento) 

"  Dominus  Mediolani  etc.  Comes 
virtùtum  Imperialis  vicarius  generalis. 

Volumus  et  vobis  mandamus,  quatenus  omnes  litteras  nostras,  que 
sigillo  nostro  paruo  sigillate  fuerint  obseruetis,  ac  in  omnibus  et  per 
omnia  executioni  mandetis  ac  si  sigillate  forent  sigillo  nostro  magno 
solito.  Exceptis  dumtaxat  et  specialiter  reseruatis  casibus  infrascriptis, 
in  quibus  eas  tales  litteras  sigillatas  nostro  paruo  sigillo  nolumus  quod 
obseruetis.  Videlicet  quod  vigore  dictarum  talium  litterarum  nulas  {sic) 
gentes  armigeras  recipiatis,  nisi  sit  causa  faciendi  transitum,  et  isto 
eciain  casu,  in  tam  modica  quantitate,  quod  sine  aliquo  periculo  diete 
nostre  Ciuitatis  recipi  possint.  Item  quod  littere  officiorum  seu  castel- 
laniarum  sigillate  nostro  paruo  sigillo  non  valleant  nec  vlla  eis  obe- 
diencia  prebeatur.  Item  quod  ipsarum  vigore  condennationes  alique 
seu  banna  vel  processus,  de  quibus  nos  graciam  facere  quoque  modo 
contingeret,  nullatenus  possint  vel  debeant  canzellari,  suspendi,  vel 
qualitercunque  aliter  irritari.  Item  quod  alique  donationes  seu  con- 
cessi ones,  quas  facere  nos  contingere t,  non  valleant  nec  seruentur, 
vigore  dictarum  talium  litterarum  nostrarum  sigillatarum  nostro  paruo 
sigillo.  Item  quod  in  littigijs  causis  compromissis,  questionibus  et  sen- 
tencijs,  tam  preteritis,  quam  pendentibus,  et  futuris,  vigore  talium  lit- 
terarum dicto  nostro  sigillo  paruo  sigillatarum,  nullius  possit  juribus 
derogari.  In  reliquis  autem  quibuscumque  casibus,  dictas  litteras,  que 
nostro  paruo  sigillo,  cuius  forma  presentes  sigillantur,  sigillate  fuerint, 
ad  plenum  et  sine  deffectu  vUo,   seu   excusatione  seruetis,  et  seruari 


VARIETÀ  407 


laciatis.  Mandantes  vobis,  ut  has  nostras  litteras  in  volumine  statu- 
torum  Ciuitatis  nostre  Regij  registrar!  et  inseri  faciatis.  dat.  Mele- 
gnani  sub  nostro  paruo  sigillo,  die  xx  octubris  Mccclxxxv. 

Andriolus. 

Recepta  die  xxviij  oct. 

A  tergo  : 

Egregijs  viris"  Potest.iti  ef  •  Capitaneo  nostris 
Regij  presentibus  et  futuris 

sul  margine  a  sinistra  impronta  lasciata  dalla  cera  del  sigillo  piccolo. 


IL 

I4SI,  dicembre  28.  Milano. 

(Archivio  di  Stato  in  Milano.   Carteggio  sforzesco). 

111."!=  princeps  et  ex.'^ie  domine  domine  mi  singularissime.  Ho  re- 
cevute  le  humanissime  lettere  de  la  Ex.^»»  Vostra  per  le  qualle  ella 
scrive  de  la  reformatione  de  lo  ordine  de  sigillare  et  signiare  et  re- 
dure a  quello  ordine  come  era  al  tempo  del  IlL'^'o  S.  passato.  La  qualle 
cessa  me  piace  quanto  se  possa  dire  et  è  molto  laudevole  secundo  bene 
per  sua  alta  prudentia  dice  la  S.  V.'^  de  servare  li  ditti  ordini  né  se 
poterla  dire  meglio.  Regratiando  infinite  volte  essa  Ex.^  V/^  ove  che 
per  sua  humanità  dice  non  intendere  per  questo  levare  a  mi  prehe- 
minentia  ne  officio,  etc.  Questo  è  per  lafiectione  qualle  essa  Ex.  «ìa  per 
sua  gratia  più  che  per  mei  meriti  sempre  me  ha  portato  et  porta.  La 
qualle  me  studiare  de  satisfare  con  uno  continuato  desiderio  de  sem- 
pre bene  et  fidelmente  servire.  Advisando  la  sublimità  V.'*  che  per 
questo  a  mi  non  se  leva  preheminentia  alcuna,  perchè  queste  talle 
littere  comune  che  tuto  el  dì  se  ordeneno  per  lo  Vostro  Consilio  io 
non  le  segniava  ne  sigillava  al  tempo  del  prelibato  S.''  duca  passato, 
ma  le  sigillava  lo  Secretario  con  uno  sigillo  minore  lo  quale  ha  fatto 
bene  la  Ex.^'«  V.''^  seguitando  pure  quello  modo  ad  dare  ali  presente 
vostri  secretarij  fideli  et  sufficientissimi.  Et  per  chiariri  de  tutto  la 
mente  vostra  le  lettere  qualle  al  tempo  de  prelibato  duca  passato  se 


4^08  VAKll.TÀ 


sigelavcno  del  ditto  sigillo  grande  segniate  per  mi  erano  solamente 
lettere  de  gratie,  de  donatione,  de  terre,  possessione  et  altre  cosse, 
lettere  de  tutti  li  officij,  et  de  tuti  li  castellani,  et  de  luti  li  contra- 
sìgni  se  daseveno  ali  castellani.  Queste  predicte  cosse  erano  alora  ex- 
pedite  per  mi  et  per  lo  ditto  Sigillo  grande.  Et  non  le  altre  lettere 
predicte  comune  de  le  qualle  bora  scrive  la  S.  V."^*  le  qualle  me  bi- 
sogniato  sigillare  a  mi  nel  tempo  vostro  non  siando  qui  altro  sigillo 
apresso  al  Secretarlo.  De  quelle  altre  predicte  de  gratie,  de  ofbcij,  do- 
natione,  etc.  da  poi  cbe  la  Ex.»»»  V.'^  me  dedde  sigillo  mai  non  me  nò 
presentata  alcuna  per  sigillare,  et  per  consequente  non  le  bo  sigillate  ma 
se  me  serano  portate  le  expedirò  sempre  secondo  scrive  la  Ex.»'»  V.'^''* 
Non  me  siande  anchora  portate  non  me  sera  però  per  questo  tolta 
preheminentia  alcuna,  comò  quello  che  de  lettere  cbe  io  expedisso  al 
tempo  del  prelibato  duca  passato  ne  al  tempo  de  la  Ex.tia  Vostra  mai 
ne  guadagniasse  uno'  solo  dinaro,  né  intendo  de  guadagniarne.  Ma  a 
mi  è  stato  assai  sempre  et  cussi  voglio  sia  per  lo  presente  et  per  lo 
aveniri  de  fare  el  debito  et  bonore  mio.  Dat.  Mediolani  die  xviiij  de- 
cembris  Mcccc°l  primo. 
Ejusdem  Vestre 


devotissimiis  servitor  Laxzalotus  de  Crottis. 


....  principi  ac  ex.mo  domino  domino  meo 
....  arissimo  domino  Duci  Mediolani  etc. 
Anglerieque  Corniti  ac  Cremone  domino  etc. 

Cito,  Cito  quia  prò  re 

....  anti. 


III. 

ij8j,  novembre  21,  Milano. 
(Archivio  di  Reggio.  Registro  anziani,  i385-89,,  carta  io  t.^. 

••  Dominus  Mediolani  etc.  Comes  virtutum 
Imperialis  zicaritis  generalis. 

Recepimus  literas  vestras  responsiuas  ad  nostras,  super  facto  pro- 
uisionis  adbibende  per  vos,  per  quam  ad  expensam  ordinariam  incum- 


VARIETÀ  409 


bentem  comuni  nostro  Regij,  per  viam  daciorum  imponendorum  a 
kallendis  Januarij  proxime  futuri  inantea  suppleatur.  Notauimusque  di- 
ligenter  friuolas  excusationes  aligatas  in  illis,  per  quas  concludere  nissi 
[invece  di  nisi)  estis,  quod  illi  floreni  sexcenliseptuagintanouem,  quos 
capit  expensa  incumbens  ipsi  nostre  ciuitati  vllo  modo  recuperari  non 
possent,  sine  consumptione  ciuitatis  de  qua  quidem  parte  (?)  quam 
videmini  magis  agrauari,  fuimus  et  sumus  granditer  admirati,  maxime 
considerato  quod  si  fuissetis  diligentes  Interpretatores  predictarum  lite- 
rarum  nostrarum,et  ad  ipsas  passi  fuissetis  extendi  iuste  considerationis 
intellectum,  profecto  non  accessissetis  ad  responsionem  tam  inanem. 
Nam  sicut  iamdicte  nostre  litere  difusa  naratione  continebant,  conside- 
rauimus  statum  diete  nostre  ciuitatis,  et  quicquid  predictarum  vestrarum 
literarum  expressio  substantialiter  denotauit,  et  ad  illa  respectum  ha- 
bentes  curialiter(i)  pertransiuimus  in  distributione  expensarum,  de  qui- 
bus  ipse  nostre  litere  mentionem  faciebant,  et  de  quibus  nullam  portio- 
nem  vobis  atribui  voluimus,  contenti  solum,  quod  ad  expensam  comuni 
diete  nostre  ciuitatis  incombentem,  et  ad  nihil  aliud,  per  ipsum  nostrum 
comune  suppleretur.  Circa  quam  expensam  difficultatem  obicere,  eru- 
bescere  deberetis,  atenta  multitudine  nobis  incumbentium  expensarum, 
eciam  considerato  quod  non  est  tam  minima  terra,  nedum  ciuitas  quan- 
tumcunque  sit  status  deterioris,  que  nostris  in  hac  parte  requisitio- 
nibus  contradixerit.  Et  propterea  non  obstantibus  rationibus  tam  per 
ipsas  vestras  literas,  quam  per  Gabriellem  de  Tintis  anbasiatorem  [sic) 
vestrum  alegatis,  detis  ordinem  et  effectualiter  faciatis  quod  ipse  nostre 
litere  sortiantur  effectum  suum,  quia  sic  est  nostre  intentionis,  et  vo- 
lumus  omni  difficultatis  obstaculo  sublato.  Aliter  erimus  de  vobis  male 
contenti.  Dat.  Mediolani.  die  xxj.  nouembris.  Mccclxxxv. 


NlCOLETUS. 

Ancianis  Ciuitatis  nostre  Regij. 


(i)  Riferendolo  ad  haoentes  vale  quanto  diligenter,  riferendolo  2l  per- 
transiuimus vale  quanto  humaniter.  Cfr.  Ducange,  ed.  Favre  (Niort,  1883), 
ad  voc.  Curialis,  4. 


410 


VARIKTA 


IV. 

ijSj,  dicembre  i.   Piacenza, 
{ili  supra,  carta  io  t.). 

Dominus  Medio/ani  etc.  Comes 
virtittttm,  Imperialis  vicariits  generalis. 

Inteleximus  aliquos  ciues  nostros  reginos  detentos  esse  ocaxione 
Intratarum  insuportabilium  que  petuntur  dicto  nostro  comuni  de  quo 
plurimum  admiramur,  cum  nostre  non  fuerit  intentionis  neque  sit, 
quod  comune  nostrum  Regij  prò  predictis  intolerabiliter  agrauetur, 
sed  solummodo  respondeat  de  eo  quod  sibi  possibile  sit,  utque  con- 
ueniens  prò  manutenendo  statum  nostrum  et  ipsius  nostri  comunis. 
Et  propterea  volumus  et  vobis  mandamus  quatenus  si  qui  ex  nostris 
ciuibus  reginis  sint  Ibrtasse  dieta  ocaxione  detenti,  ipsos  relaxari  sta- 
tim  libere  laciatis,  quodque  ad  nos  indilate  placentiam  transmittatis 
duos  discretos  Ambasiatores  instructos  piene  de  omnibus  condicioni- 
bus  et  intratis  dicti  nostri  comunis,  cum  quibus  conferre  et  conue- 
nientem  ordinem  capere  valeamus  non  permitentes  interim  circa  fac- 
tum dictarum  intratarum  aliquam  nouitatem  fieri  quousque  super  hoc 
aliud  a  nobis  receperitis  in  mandatis.  Dat.  placentie.  die  primo  decem- 
bris  M°ccclxxxv. 

Pasquinus. 


Nobilibus  viris"  potestati  Capitaneo"  Refferendario  et"  sapientibus 
nostris  regij. 


VARIETÀ 


411 


ij^Sf  Dicembre   22.  Piacenza, 
{ili  siipra  a  carta  12  r.^'). 

Dominits  Mediolani  eie.  Comes  vìrìttimn 
Imperialis  vicarius  generalis. 

lUud  circa  quod,  principaliter  et  super  cuncta  tota  nostra  uersatur 
intentio  est,  quod  ciuitates  et  terre  nostre  taliter  in  omnibus  regulen- 
tur  specialiter  in  facto  intractarum  daciorum  et  gabelarum  quod  re- 
spondendo  camere  nostre,  de  quantitate  suportabili,  dietim  sub  nostro 
dominio,  prestante  largitore  bonorum  omnium,  personarum  pluralitate 
et  diuiciarum  copijs  augmententur.  Eatenus  non  ignari  quod  eo  regina 
nostra  ciuitas  malori  eget  tauore  et  beneficio  gracie  nostre  quo  pre 
ceteris  oppressa,  quasi  usque  ad  extremam  depopulacionem  fuit,  mul- 
tis  jam  temporibus  retroactis,  contenti  sumus  quod  comune  nostrum 
regij,  a  kalendis  Januarij  proxime  futuri  in  antea,  respondeat  camere 
nostre  de  salario  et  prouisione  florenorum  quingentorum  dumtaxat 
singulo  mense,  quam"  Ambaxiatores  vestri  qui  ad  nostrum  fuere  con- 
spectum,  nobis  prò  parte  dicti  nostri  comunis  voluntate  spontanea  ob- 
tulerunt,  affirmantes  dictum  comune  nostrum  ex  solutione  pretaxate 
quantitatis  in  aliquo  non  granari,  ciuitatemque  nostrani  cum  eius  di- 
strictu  suscepturam  dietim  adeo  grande,  ac  euidens  incrementum,  quod 
illamet  dacia  que  nunc  in  nostra  ciuitate,  et  districtu,  ponentur  suc- 
cessiuis  multiplicabuntur  annis  per  modum  quod  crescentibus  dacijs 
ipsis,  crescet  eciam  de  anno  in  annum,  salarium  nostrum,  absque  uUa 
prorsus  oppressione,  uel  difficultate  ciuitatis  nostre  predicte.  Veruni 
quia  in  mente  nostra  firmauimus,  quod  in  ciuitatibus  et  terris  nostris, 
nulla  in  futuro  imponantur  nona  dacia,  vel  illa  que  hoc  anno  impo- 
sita  fuerint,  agrauentur,  quia  omnis  innouatio,  que  fieret  quantum- 
cumque  parua  causa  esset  faciendi  quod**  ciues  nostri  regini,  dispersi 
per  alienas  terras,  repatriare   omniitterent  uel  difierent  (i).  Volumus, 


(t)  Probabilmente  1'  originale  diceva  differrent. 

Arch.  Stor.  Lomb,  —  Anno  XXVII.   —  Fase.  XXVI. 


413 


VARIETÀ 


et  vobis  mandamus,  quatcnus  diligentissimc  circumspectis  omnibus, 
aduertatis  quod  prò  recuperatione  dicti  nostri  salarij  dacia  imponan- 
tur,  qua"  mangnis  (s/V)"  mediocribus  et"  paruis,  ac"  ciuibus  et"  distric- 
tualibus  diete  nostre  ciuitatis,  magia  comunia  magisque  supportabilia, 
ot  minus  inditferenter  omnibus  sint  exosa,  et  que  multiplicante  bono 
statu  ipsius  nostre  ciuitatis,  taliter  augmententur,  quod  salarium  no- 
strum augmentetur,  de  anno  in  annum,  absque  eo  quod  prò  manu- 
tentione  mangna  et  sumptuosa  status  nostri,  et  ilesa  conseruatione  uc- 
strum,  et  aliorum  nostrorum"  subditorum  causam  habeamus  comune 
nostrum  reginum,  contra  fixum  conceptum  nostrum  aliqualiter  agra- 
uandi,  scientes  quod  illuc  aliquos  ex  nostris,  notabiles  solempnesque 
viros  informaturos  se,  relacturosque  nobis,  utrum  in  ponendo  dieta  da- 
cia, equalitatem  seruaueritis,  et  adimpleueritis  quod  mandamus  an  ne, 
int'allibilitertransniitemus;reuocaturis  vestrisdampno  et  expensis,  quic 
quid  inequalitatis  et  contra  hanc  nostram  intentionem  compererimus 
uos  fecisse.  dat.  placentie.  xxij  decembris  M'^ccclxxxv. 

Pasquinus. 

Nobili  (i)  et  prudentibus  viris"  Potestati"  Referendario"   Ancianis, 
et  comuni  nostro  Regij. 

Presentata  per"  Ambaxiatores  die  xxiij  decembris. 


(i)  Questo  titolo  spetta  al  solo  podestà  e  perciò  è  al  singolare. 


VARIETÀ  41 


Un  organo  a  Cremona  nel  144fl. 

Alla  nostra  memoria  «  Musici  alla  corte  desìi  Sforza  »  com- 
parsa  nel  1887  in  questo  Archivio  potremmo  fin  d'ora  far  seguire 
una  assai  copiosa  ed  interessante  appendice.  Ma  sarà  per  un'altra 
occasione  e  forse  per  un  totale  rifacimento  del  lavoro.  Ci  soffer- 
miamo oggi  invece  alla  comunicazione  di  un  documento  di  ca- 
pitale importanza  per  la  storia  degli  organi  in  Lombardia  nella 
prima  metà  del  quattrocento  (i). 

Trattasi  dei  patti  concordati  addì  16  ottobre  1441  (2)  fra  il  Com- 
mendatore di  S.  Antonio  Daniata  e  maestro  Matteo  d'Allemagna, 
organista,  per  la  costruzione  di  un  organo  per  la  chiesa  di  S.  An- 
tonio in  Cremona  (3).  Per  l' interesse  artistico  che  offrono,  si  ripro- 
ducono in  extenso,  avvertendo  che  ad  essi  va  compiegato,  in  ar- 
chivio,  il  disegno  originale  dell'organo  costruendo  (4).  Se  ne  ag- 


(1)  Di  una  vertenza  tra  Martino  de'  Sercondi  da  Concorezzo,  pro- 
fesso umiliato  a  S.  Calimero  di  Milano,  ed  Egidio  di  Bruges,  musico 
fiammingo  in  Pavia  ed  in  Venezia,  per  la  vendita  abusiva  di  un  or- 
gano nell'a.  1379,  cfr.  un  nostro  documento  in  Arch.  Stor.  Lomb.,  1895, 
li,  343.  —  Dell'  organo  fabbricato  nel  1473  per  la  corte  sforzesca  da 
Isacco,  figlio  di  Giovanni  Argiropulo,  ha  rinfrescata  la  memoria,  con 
nuovi  documenti,  il  consocio  d/  A.  Cappelli  {Ardi.  Stor.  Lomb.,  XVIII, 
1891,  p.  171).  Ancor  per  la  storia  degli  organi  provveduti  alla  corte 
sforzesca  da  Pasino  degli  Eustachi  nel  1466  e  da  Marchesino  Stanga 
nel  1492  (fattura  dell' organaro  bernese  Lieb),  cfr.  i  documenti  editi  in 
Boll.  Stor.  Pavese,  I,  1893,  p.  97  e  Boll.  Stor.  Sviz;s.  Jtal.,  1891,  p.  55. 
A  Marchesino  deve  il  suo  primo  organo  (1490)  la  chiesa  delle  Grazie 
di  Milano  {Arch.  Stor.  Lomb.,  1879,  p.  225). 

{2)  Arch.  di  Stato  di  Milano.  Fondo  di  religione:  Cremona:  Con- 
venti: S.  Antonio  Daniata  OO.  VV.  —  Ce  li  segnalò  per  primo  il 
defunto  archivista  Reina,  che  volle  anche  favorirci  copia  del  docu- 
mento e  del  di-segno  annesso. 

(3)  Per  l'ospedale  e  la  chiesa  di  S.  Antonio,  cfr.  Novati,  /  Codici 
Trotti-Trivuhio  (in  Giornale  storico,  IX,  fase.  25-26,  p.  143  segg.). 

(4)  Il  disegno  è  di  sicuro  d'  egual  epoca.  E  colorato  anche  sì,  ciò 
che  lo  rende  maggiormente  prezioso:  pure,  certe  tinte   di  colori   pò- 


414 


VA  in  ITA 


giunge  qui  la  riproduzione  comechè  del  disegno  forse  il  più  an- 
tico che  da  noi  si  conosca  di  organi  medioevali  :  unico  fra  quelli 
lombardi  del  tempo  (5). 

Tra  i  diversi  organari  tedeschi,  da  noi  ricordati  nella  prece- 
dente nostra  memoria,  e  ne  citammo  taluni  insigni,  quali  ad  es.  Ber- 
nardo d'Allcmagna  che  operò  in  S.  Ambrogio  e  nel  Duomo  di 
Milano  negli  anni  1457-63(6),  non  figura  questo  Matteo  d'Alle- 
magna,  di  certo  un  valente  artefice,  a  giudicarlo  dal  fatto  che  da 
Mantova,  ove  di  quel  tempo  sembra  dimorasse,  si  chiamava  appo- 
sitamente a  Cremona. 

Ma  ecco  i  patti  stabiliti  : 

MCCCCXLI  die  XVI  Ociobris. 

Questi  sono  li  patti  entro  messer  lo  comandador  da  Cremona  da  una 
parte  e  magistro  Matheo  da  la  Magna  organista  da  l'altra  videlicet. 

Primo  chel  dito  magistro  Matheo  sia  tegnuto  e  obligato  a  far  uno 
organo  al  dito  messer  lo  comandador  (za  in  casa  soa)  bono  e  perfe- 
tamente  e  poUidamente  e  zentilmente  lavorato  intanto  quanto  se  possa 
pensare  e  fare,  la  cassa  del  quale  sia  longa  braza  III  e  3,  e  le  cane 
mazore  sia  longe  secundo  la  debita  proportione  e  al  quanto  più  longe 
secundo  che  piasarà  al  dito  messer  lo  comandator  e  che  lalteza  de 
dito  organo  compensando  el  pè  cum  la  cassa  sia  braza  Vili  a  la  me- 
sura  del  brazo  da  Cremona. 

Item  chel  dito  organo  sia  perfetissimo  e  de  perfetissima  sonori- 
tade  e  suavitade  e  de  quanta  perfectione  se  pò  dire  al  juditio  de  II 
over  III  magistri  che  se  intendon  bene  de  simili  instrumenti,  e  in  caso 


trebberò  far  credere  che  il  foglio  sia  stato  colorito  alquanto  tempo 
dopo,  forse  nel  cinquecento  nella  ricorrenza  d' un  ristauro  dell'  or- 
gano. Ad  ogni  modo  il  disegno  a  penna  è  del  quattrocento. 

(5)  Non  facciamo  citazioni  di  affreschi  o  di  quadri.  La  silografia 
di  un  organo  del  quattrocento  è  sul  frontispizio  della  Theorica  Musi- 
cae  del  Gaffuri  (Milano,  1496).  Del  celebre  musico  lodigiano  diremo 
forse  presto  in  altro  periodico. 

(6)  Che  costruisse  l'organo  di  S.  Ambrogio  provammo  in  Ardi. 
Stor.  Lomh.,  1898,  p.  212. 


VARIETÀ 


4'^ 


^U,  \AKU.IV 

elici  sia  lodato  e  aprovato  per  quelli  magistri  electi  comunamente,  el 
dito  comandator  sia  tegnuto  de  acetarlo  e  tegnirlo.  Ma  in  caso  ciiel 
non  l'osse  così  bono  e  si  fato  ne  laza  uno  altro  si  fatto  el  dito  magi- 
-tic  o\cr  reconza  questo  per  modo  chel  habia  le  conditione  scrite  de 
sopra. 

Item  chel  dito  magistro  Matheo  sia  tegnuto  a  fare  el  dito  organo 
conipidamente  cum  tute  le  soe  penditie  a  tute  soe  spese.  Salvo  chel 
dito  coriiandator  ie  debia  dare  la  habitatione  in  casa  soa,  e  farge  le 
spese  de  mangiar  e  de  bever  conventualmente  e  segundo  che  è  usanza 
in  questa  casa  de  Sancto  Antonio. 

Item  chel  sia  tegnuto  a  fare  el  dito  organo  tuto  ala  moderna,  cum 
le  soe  apenditie  e  chel  habia  Tasti  XXVII  fornidi  di  soy  semitoni. 
Segundo  el  disegno  portado  da  mantua. 

Item  chel  dito  magistro  Matheo  sia  tegnuto  a  fare  larmario  bello 
e  bono,  zoè  merlato  e  depento  per  lo  dito  organo. 

Item  chel  dito  magistro  Matheo  statim  et  incontinenti  debia  co- 
menzare  la  opera  del  dito  organo  e  continuarla  fin  a  tanto  che  la  sia 
compita  del  tuto  e  non  possa  ni  debia  fare  alguna  altra  opera. 

Item  che  passadi  alcuni  mesi  da  pò  chel  dito  organo  sarà  fato,  el 
dito  magistro  ad  ogni  requesta  del  comandator  sia  tegnuto  e  obligato 
de  vegnir  a  temperare  e  reformare  el  dito  organo. 

Item  chel  dito  comandator  al  dito  magistro  Matheo  fato  chel  ba- 
vera el  predito  organo  ay  modi  sopra  scriti,  sia  tegauto  de  dare  per 
so  pagamento  e  mercede  ducati  LXX  de  boro  e  in  caso  che  dito  mai- 
stro  fazando  la  opera  havesse  besogna  de  deneri  per  pagare  e  com- 
prare quello  che  sera  necessario  per  lo  dito  organo,  el  dito  coman- 
dator li  debia  sborsare  e  sirano  possa  computati  in  la  summa  pre- 
dita, et  etc. 

Acta  et  conclusa  fuerunt  pacta  suprascripta  Inter  partes  antedictas 
die  et  millesimo  suprascripto  presentibus  Egregio  utriusque  doctore 
domino  luca  de  vernacijs,  dom.  Andrea  de  Cipellis  Monacho  Sancti 
Thome  Cremone  et  fratre  David  de  uspinelis  (i)  Ordinis  Sancti  Anto- 
ni] viennensis. 

MCCCCXLII  die  Vili  Aprilis.  Solvi  manus  suprascripto  Magistro 
Matheo  prò  opere  organi  suprascripti  Due.  LXX.  aurj. 


(i)  Per  gli  Uspinelli,  cfr.  Novati,  /oc.  cìt.,  p.   145  segg. 


VARIETÀ  417 


La  chiusa  del  documento  prova  che  l'organo  venne  realmente 
fabbricato  e,  con  piena  soddisfazione  del  committente,  pagato  ai 
9  aprile  1442  nei  convenuti  ducati  70  d'oro.  Ma  qual  fine  toccò 
all'organo  medesimo?  durò  a  lungo?  subì  presto  dei  restauri? 
le  storie  cremonesi,  almeno  quelle  da  noi  consultate,  non  ce  lo 
seppero  dire  (2). 


E.    MOTT. 


(2)  Per  Carlo  Maineri  eccellente  organista  e  miniatore  in  Cremona 
nel  1471,  cfr.  Ardi.  Stor.  Lomb.,  Il,  1894,  p.  5oi.  Per  l'organo  della 
cattedrale  cremonese,  cfr.  i  lavori  del  Lucchini  (Casalmaggiore,  1887) 
e  del  Sacchi  [Gazzetta  Musicale,  1897). 


BIBLIOGRAFIA 


KiENER  Fritz.  —  Vcrfassimgsgeschichte  der  Provence  seit  dcr  Ostgo- 
ilicnhcrrschaft  bis  zur  Errichtung  der  Konsulate.  —  In-8 ,  Leip- 
zig,  1900. 

Neir  esporre  la  storia  costituzionale  della  Provenza,  il  Kiener 
prende  le  mosse  dalla  dominazione  ostrogota.  Nel  5io,  a  suo  giudizio, 
Teodorico  avrebbe  ottenuta  dai  Visigoti  la  striscia  di  terra  eh'  essi 
possedevano  lungo  il  Mediterraneo  dalle  Alpi  ai  Pirenei,  quale  com- 
penso per  l'aiuto  da  lui  prestato  alla  nazione  sorella,  allorché,  caduto 
il  re  Alarico  II  a  Vouglè,  Franchi  e  Burgundi  ne  avevano  invaso  il 
paese. 

Alcuni  hanno  supposto  che  sino  al  Rodano  Teodorico  governasse 
in  nome  proprio;  al  di  là,  come  in  Ispagna,  quale  tutore  del  nipote 
Amalarico,  figlio  di  Alarico.  L'A.,  seguendo  Procopio,  stima  invece  che 
il  littorale  gallico  al  di  là  del  Rodano  sia  stato  reso  dagli  Ostrogoti 
ai  Visigoti  solo  dopo  la  morte  di  Teodorico. 

L'ordinamento  della  Provenza  sotto  gli  Ostrogoti  è  simile  a  quello 
dell'  Italia.  L' amministrazione  civile  è  affidata  ai  Romani,  il  governo 
delle  milizie  ai  Goti.  Da  un  lato,  il  prefetto  del  pretorio  e  il  vicario; 
dall'altro,  i  comites.  Così  il  Kiener,  che  in  ciò  d'altronde  non  si  allon- 
tana dalle  idee  più  generalmente  accettate. 

Nel  536  Vitige  cede  ai  Merovingi  il  paese  fra  il  Rodano,  la  Du- 
rance,  le  Alpi  ed  il  mare,  ossidi  Ì2i provincia  Ga/lia^  ostrogota.  11  nome 
di  Provincia,  conservato  poi  dai  Franchi  alla  regione,  si  estese  verso 
la  fine  del  settimo  secolo  ad  un  territorio  più  vasto.  Il  Kiener  studia 
qui  diligentemente  quali  fossero  gli  elementi  etnici  della  popolazione, 
quali  le  condizioni  economiche  della  città  e  delle  campagne,  quali  le 
ragioni  del  precoce  svolgimento  del  sistema  feudale.  Reggeva  l'intiera 
regione  un  patricius,  il  cui  ufficio  è  considerato  dall'A.  come  una  ma- 
gistratura affatto  sui  generis;  da  lui  dipendevano  dei  viccdomini,  uno 


BIBLIOGRAFIA  419 


probabilmente  per  ciascuno  dei  pagi  o  cantoni  in  cui  il  paese  era 
diviso. 

Nel  corso  dell'  ottavo  e  del  nono  secolo  la  Provenza  tu  assimilata 
al  resto  della  Francia.  La  procedura  germanica  sostituì  la  romana,  la 
dignità  comitale  il  patriziato.  Il  paese  fu  prima  diviso  in  più  contee  ; 
più  tardi  queste  furono  riunite  in  una  sola,  il  che  rese  necessaria  l'isti- 
tuzione dei  vicecomites.  Entrata  a  far  parte  del  regno  di  Borgogna,  ed 
in  età  posteriore  dell'  impero  romano-germanico,  la  regione  conservò 
pur  tuttavia  un  ordinamento  proprio  ed  un  peculiare  carattere.  — 
Per  questo  periodo  pure  il  Kiener  non  si  limita  alle  sole  ricerche  di 
diritto  costituzionale  ;  ma  studia  la  vita  pubblica  sotto  tutti  i  suoi  mol- 
teplici aspetti.  Di  singolare  interesse,  anche  per  la  possibilità  di  raf- 
fronti colle  cose  italiane,  sono  le  molte  pagine  dedicate  alla  complessa 
evoluzione  del  feudalismo,  agevolata  in  Provenza  da  circostanze  spe- 
ciali. La  classe  dei  guerrieri,  vincitrice  degli  esterni  nemici  ed  in  modo 
speciale  degli  infesti  Saraceni,  riuscì  a  conquistaffe  per  sé  sola  la  ric- 
chezza ed  il  potere  :  ed  elevatasi  così  al  di  sopra  d'ogni  ordine  sociale 
e  d'ogni  materiale  angustia,  potè  dare  alla  sua  vita  un  senso  più  alto, 
potè  crearsi  ideali  raffinati.  Per  la  prima  volta  allora,  dacché  l'antica 
civiltà  era  tramontata,  sorse  una  nuova  cultura,  ristretta,  se  si  vuole, 
ma  originale.  La  cavalleria  provenzale  arricchì  anzi  l'Occidente  d'un 
prezioso  concetto;  1' amore  considerato  come  passione,  la  dama  pareg- 
giata al  signore  feudale  e  fatta  oggetto  di  trepido  omaggio. 

Ma  il  feudalismo  aveva  distrutta  ogni  forte  organizzazione,  abban- 
donando il  paese  agli  orrori  dell'  interna  anarchia  e  d'  una  guerra  con- 
tinua. Il  bisogno  d'ordine  e  di  pace  indusse  allora  le  popolazioni  delle 
città  a  crearsi  esse  stesse  un  nuovo  organamento.  Le  varie  classi  s'ac- 
cordarono; i  cittadini  giurarono  l'alleanza,  e,  sull'esempio  certamente 
dei  comuni  italiani,  si  scelsero  dei  capi  col  nome  di  consoli.  La  prima 
menzione  di  questi  si  ha  a  Marsiglia  nel  1128;  le  città  italiane  ave- 
vano cioè  precedute  le  provenzali  d'una  quarantina  d'anni  airincirca. 
La  somiglianza  fra  i  comuni  dell'  uno  e .  dell'  altro  paese  non  è  però 
grande;  in  questi  ed  in  quelli  si  hanno  i  consoli  ed  il  consiglio  gene- 
rale ;  ma  se  appena  si  entra  nello  studio  delle  particolarità,  si  avver- 
tono le  differenze.  Il  consolato  provenzale  infatti  ha  minore  potere  ed 
organizzazione  più  semplice  che  quello  delle  città  nostre. 

Era  desso  una  creazione  nuova  ?  L'A.  risponde  affermativamente, 
perocché  per  l'età  anteriore  non  si  rinviene  traccia  alcuna  di  una 
qualsiasi  unità  cittadina. 


^20  niBI.lOGKAHA 


Il  nuovo  istituto  si  diffuse  rapidamente  nella  Provenza,  non  solo 
pel  generale  desiderio  di  tranquillità  e  pel  consueto  spirito  di  imita- 
zione; ma  anche  per  condizioni  economiche,  per  gioiti  interessi,  che 
esigevano  tutela.  Dapprima  i  comuni  curarono  l'amministrazione  in- 
terna, la  giustizia,  la  difesa;  più  tardi  si  occuparono  pure  della  do- 
gana e  del  mercato.  Non  tutti  però  ebbero  uguali  competenze  ed  at- 
tribuzioni ;  i  più  non  ottennero  l' indipendenza  piena  e  rimasero,  per 
così  dire,  a  mezza  strada.  Anche  le  repubbliche,  che  riuscirono  a  con- 
quistarsi i  poteri  sovrani,  ebbero  una  vita  assai  agitata  e  turbolenta, 
e  finirono  col  cedere  alle  forze  superiori  di  Carlo  d'Angiò. 

L'A.  studia  in  particolare  l'evoluzione  di  ciascuna  città.  Di  Nizza 
si  occupa,  sulla  scorta  di  Cais  de  Pierlas,  a  pp.  221-226.  Notevoli  gli 
accenni  ai  rapporti  commerciali  con  Pisa  (p.  224)  ed  a  qualche  affi- 
nità coi  comuni  lombardi  nell'amministrazione  della  giustizia  (p.  226). 

Il  Kiener  si  è  valso  largamente  così  dei  materiali  già  editi,  come 
di  quelli,  che  gli  fornirono  le  biblioteche  e  gli  archivi  di  Provenza  e 
di  Lione.  Anche  le  non  poche  notizie  che  già  si  possedevano,  ma  che 
troppo  erano  disperse,  acquistano  nuova  importanza,  coordinate,  come 
or  sono,  in  una  esposizione  sistematica  e  veramente  organica.  L'opera 
non  può  quindi  riuscire  che  di  grande  utilità. 


Giovanni  Seregni. 


Bernicoli  Silvio.  —  Governi  di  Ravenna  e  di  Romagna  dalla  fine  del 
secolo  XII  alla  fine  del  secolo  XIX.  Tavole  di  cronologia  (Conti, 
rettori,  legati  e  presidi  della  Romagna  ;  podestà,  vicari  e  giudici 
loro,  governatori,  legati,  vice-legati,  prefetti  di  Ravenna  ;  podestà 
di  alcuni  altri  luoghi  d' Italia.  —  In-4.  Ravenna,  tip.  e  lit.  Rave- 
gnana,  1898. 

L'autore,  vice-bibliotecario  della  Classense,  ci  offre  in  queste  sue 
tavole  cronologiche  un  esempio  di  quel  che  s  i  dovrebbe  attivare  per 
la  serie  dei  consoli,  podestà,  ecc.,  di  Milano  e  di  Lombardia  —  tut- 
tora mancante  al  completo,  malgrado  le  liste  date  dal  Giulini  e  le 
aggiunte  di  altri,  comprese  quelle  utilissime  del  sac.  dottor  Ratti  nel 
nostro  Archivio  (1895,  p.  363  segg.).  Caviamone  i  nomi,  in  ordine  ben 
inteso  cronologico,  dei  Lombardi  che  nella  Romagna  ed  in  Ravenna 
tennero  di  tali  cariche  : 


BIBLIOGRAFIA  42  I 


Romagna.  : —  1221.  Gotiifredo  di  Biandraie,  rettore  di  Romagna 
per  Federico  II  Imperatore.  —  i2jj.  Carnevale  de'  Giorgi  di  Pavia, 
conte  e  rettore  pej:  Federico  II.  —  IJ02.  Uberto  Noti  milanese,  giu- 
dice generale.  —  J^joj.  Teobaldo  Br usati  di  Brescia,  conte  e  rettore 
di  Romagna  per  Benedetto  XI.  —  Giacomo  Br  usati,  vicario.  —  iJSJ' 
Rizzardo  de  Gaffari  di  Mantova,  marescalco.  —  1J12.  Sigismondo  Gon- 
zaga, legato  di  Bologna  e  di  Ravenna  e  vicario  del  Papa  in  Roma- 
gna. —  ijóo  e  is^j.  Carlo  Borromeo  milanese,  card,  legato  di  Bologna 
e  di  Romagna.  —  iJ^J-  Girolamo  Federici  di  Treviglio,  vescovo  di  Mar- 
turano,  vice-legato  o  presidente.  —  ijj6.  Francesco  Sangiorgio  de' conti 
di  Biandrate,  presidente.  —  //<?<?.  Giulio  Schiaffinati  milanese,  idem.  — 
IS9J.  Fr.  Sangiorgio  de' conti  di  Biandrate,  vescovo  d'Aqui,  idem.  — 
JjpS.  Lo  stesso,  cardinale  di  S.  Clemente,  legato.  —  Marsiglio  Lan- 
driani  milanese,  vescovo  di  Vigevano,  presidente.  —  162J.  Girolamo 
Vidoni  cremonese,  idem.  —  16 j'].  Conte  Onorato  Visconti  milanese, 
arcivescovo  di  Larissa,  idem.  —  1640.  Pietro  Vidoni,  cremonese,  vice- 
legato. —  i^Sl'  Giberto  card.  Borromeo,  legato  (aggregato  alla  nobiltà 
ravennate  nel  1660).  —  j6-j6.  Giov.  Antonio  Secco-Borella  milanese, 
A  ice-legato.  —  168 1.  M.  Giorgio  Barni  di  Lodi,  idem  (aggregato  alla  no- 
biltà ravennate  nel  i685).  —  16^4  ^97^  Giulio  Resta  milanese,  vice- 
legato. —  170J.  Girolamo  Are/unto  milanese,  vice-legato.  —  iyo6.  Gae- 
tano Stampa,  idem.  —  ^7j8.  Antonio  Biglia,  idem.  —  ^7^6.  Gian  Fran- 
cesco Stoppani  milanese,  legato  (nobile  ravennate  nel  1757).  —  1761. 
Ignazio  Michele  card.  Crivelli  milanese,  legato.  —  1769.  Vitaliano  Bor- 
romeo, card,  legato.  —  ^770.  Gio.  Filippo  G aliar ati-Sc otti,    vice-legato. 

—  1776.  Giovanni  Caccia-Piatti  novarese,  vice-legato.  —  i77^-  Luigi 
card.  Valenti  Gonzaga  di  Mantova,  legato.  —  1795-  Antonio  card.  Du- 
gnani  milanese,  legato. 

Ravenna.  —  11 97-  Giovanni  da  Crema,  giudice  del  podestà.  — 
1206.  Guido  da  Pirovano,  podestà.  —  1207.  Uguccio  da  Cremona,  idem. 

—  1210,  Guazzone,  cremonese,  idem.  —  1219.  Riniero  da  Mantova,  vi- 
cario. —  1222.  Gallino  d'Alliate,  podestà.  —  122^  e  1229.  Sozzo  Col- 
leoni, idem.  —  i2S4>  Azzo  da  Pirovano,  idem.  Bartol.  da  Mantova,  giu- 
dice. —  1289.  Sinibaldo  Gabbi  di  Pavia,  giudice  e  assessore.  —  1J04. 
Dandino  de  Nupciis  da  Cremona,  giudice  e  assessore.  —  ijii.  Raimon- 
dino  Algisi  da  Cremona,  giudice.  —  132S'  Corrado  da  Milano,  giudice 
e  assessore.  —  1J26.  Bartolomeo  Verdelli  da  Cremona,  idem.  —  1330. 
Criovanni  da  Caudino  di  Crema,   idem.  —  133 1'  Daniele  de'  Paterni  di 


^22  BIBLIOGRAFIA 


Lodi,  idem.  —  1342.  Egidio  da  Pavia,  giudice  e  vicario.  —  ij4t.  Viti- 
cijiiiurra  Ansoldi  di  Cremona,  idem.  —  147 7'  Giacomo  Soardi  di  Ber- 
gam(>,  giudice  al  criminale.  —  ijoó,  Gio.  Ballista  Fenaroli  di  Brescia, 
vicario  e  assessore.  —  ///J.  Bernardino  Tigliardini  di  Brescia,  pode- 
stà. —  ij2j.  Carlo  da  Villanova  di  Mantova,  governatore.  Uditore: 
G.  B.  Scapoli  da  Mantova.  —  ij2j.  Tideo  Gadio,  mantovano,  podestà. 
—  IS42.  Trivulzio  Gualtieri  d'  Orvieto,  podestà.  —  iJSS-  Bartolomeo 
Griffìo  da  Salò,  podestà.  —  15^4.  Giulio  Ungaresi  di  Milano,  vice-go- 
vernatore. —  Gio.  Battista  Aresi  d\  Milano,  governatore.  —  Giulio  Gal- 
biati,  idem.  —  ij6S.  Giov.  Maria  Brugnoli  di  Pavia,  governatore.  — 
JJQI.  Orazio  Mainoldi  di  Cremona,  governatore.  —  i62y.  Vignato  Vi- 
gnati, vice-governatore. 

In  un'  "Appendice,,  che  offre  i  nomi  di  podestà  di  altri  luoghi, 
menzionati  nei  documenti  sui  quali  sono  stati  compilati  i  regesti  dal 
Bernicoli  si  notano  un  Filippus  de  Ardiciis  de  Viglevano,  leg.,  doct.  vi- 
cario di  Belluno  nel  1422;  un  Bonacursus  de  Sorixina,  podestà  di  Bo- 
logna nel  1257;  ^^^'^  Pompilius  de  Pretis  de  Ravenna,  judex  podestatis, 
di  Brescia  ;  un  Coradus  de  Snrexina  podestà  di  Faenza  nel  i256  ;  un 
Io.  Bapt.  Fachinus  de  Manina,  vicario  di  Ferrara  nel  1609;  un  Bernar- 
dimis  de  Polenta,  podestà  di  Milano  nel  1290,  col  suo  giudice  ed  as- 
sessore Johannes  de  Pergolinis. 


E.  M. 


Majocchi  Rodolfo.  —  Catelano  Cristiani  notaio  visconteo.  Ricerche  bio- 
grafiche. —  Pavia,  Artigianelli,  1900,  pp.  64  in-8 

La  vita  del  notaio  Catelano  Cristiani  non  è  ancora  tessuta,  e  TA. 
con  questo  suo  modesto  e  utilissimo  lavoretto  vuole  preparare  la 
materia  al  futuro  biografo.  "  Questo  mio  lavoro,  dice  egli  stesso  (p.  4), 
non  ha  la  pretesa  di  esporre  fatti  e  circostanze  straordinarie;  bensì 
segue  minutamente  lo  svolgersi  della  vita  privata  del  famoso  notaio, 
facendo  conoscere  le  origini  della  sua  famiglia,  i  suoi  due  matrimoni, 
la  numerosa  figliuolanza,  gli  onori  e  le  cariche,  il  continuo  accresci- 
mento del  patrimonio  e  in  fine  il  suo  testamento  „.  Vuole  insomma 
completare  con  notizie  intime  e  meno  note  le  importantissime  già 
date  dal.  prof.  Giacinto  Romano,  ch^  nei  molti  suoi  lavori  sui  Visconti 


BIBLIOGRAFIA  423 


mette  in  luce  la  grande  importanza  di  questo  notaio,  i  cui  atti  sono 
certamente  la  principale  fonte  storica  viscontea.  Le  pazienti  e  nume- 
rosissime ricerche  del  prof.  Majocchi  nel  Museo  Civico  di  Storia  Patria 
di  Pavia,  neW Archivio  notarile,  nelle  Schede  del  nob.  sig.  Carlo  Marozzi, 
benemerito  e  infaticato  ricercatore  di  notizie  e  documenti  genealogici, 
nelle  Schede  Uditesi  di  Girolamo  Bossi,  nelle  Pergamene  Cristiani  del 
Seminario  di  Pavia,  in  manoscritti  deìV  Archivio  Vecchio  Comunale  e 
dell'  Università  di  Pavia,  hanno  dato  una  buona  messe  di  notizie,  che, 
insieme  con  quelle  già  pubblicate,  e  dall'autore  insieme  raccolte,  per- 
mettono di  abbracciare  tutta  la  vita  del  notaio  visconteo. 

Dopo  aver  accennato  ai  possessi  della  famiglia  Cristiani,  aggiun- 
gendo qualche  particolare  a  ciò  che  già  aveva  detto  il  Romano,  passa 
a  parlare  degli  antenati,  di  cui  però  non  riesce  a  dare  la  genealogia, 
riportando  interi  o  in  parte  documenti  che  servono  a  meglio  chiarire 
la  esposizione.  Induce  con  probabilità  che  Catelano  con  altri  tre  fra- 
telli, Agostina,  Antonio  e  Giacomo,  sia  nato  da  un  Franceschino, 
giurisperito  e  figlio  di  un  Tedisio;  non  già  da  un  PYanceschino,  notaio, 
e  figlio  di  Rodolfo.  Prova  con  atti  che  Catelano  rogò  prima  del  1884, 
e  ne  segue  poi  passo  passo  1'  attività  notarile  per  gli  anni  i385  e  i386. 
Intorno  alla  fine  dell'  86  o  sul  principio  dell'  87  pensa  che  entrasse 
come  notaio  al  servizio  visconteo,  e  riporta  a  conferma  di  ciò  un  giu- 
ramento di  fedeltà  della  città  di  Asti  al  Conte  di  Virtù,  rogato  dal 
Cristiani.  L'anno  1887  Catelano  eredita  insieme  coi  fratelli  una  terza 
parte  dei  beni  di  un  suo  parente,  il  notaio  Tomaino  Mangano,  ed  entra 
sempre  più  nella  fiducia  del  Visconti  che  gli  affida  delicati  incarichi 
e  gli  concede  privilegi  ed  esenzioni  da  tasse.  Nel  1898  il  Cristiani  ot- 
tiene la  cittadinanza  milanese  insieme  con  tutti  i  suoi  parenti,  ed 
entra  nella  Commissione  per  la  revisione  degli  Statuti  di  Pavia. 

L'A.  lo  segue  per  gli  anni  1894-1401  in  molti  atti  di  compera,  af- 
fitto di  beni  e  di  case,  di  eredità,  di  investiture,  ecc.  Il  1402,  anno  della 
morte  di  G.  Galeazzo  Visconti,  il  M.,  appoggiandosi  ad  una  attesta- 
zione di  Gerolamo  Bossi ,  congettura  non  essere  impossibile  che  il 
Cristiani  rogasse  il  testamento  del  duca. 

Dal  1402  pare  che  le  cose  volgessero  amale  per  il  Cristiani,  che 
abbandonò  anche  l'ufficio  di  notaio  ducale;  ma  nel  1412,  Filippo 
M.  Visconti  lo  prese  di  nuovo  sotto  la  sua  protezione,  concedendogli 
favori  e  varie  immunità,  tra  le  quali  una  per  i  dieci  figli  che  erano: 
Marietta,  Giovanna,  Parmina,  Giovanni,  Antonio,  Francesco,  Michele, 
Luigi,  Tedisio  e  Nicola. 


424  BlBMOGnAFlA 


Poche  notizie  in  seguito,  tranne  la  eredità  dal  fratello  Antonio  di 
beni  della  campagna  di  Milano,  di  Berbenno  e  di  Montagna  in  Valtel- 
lina nel  '17  e  la  esenzione  di  alcune  tasse,  ecc.  nel  '27  e  nel  '3o.  Circa 
il  1482  chiuse  la  abbastanza  lunga  sua  vita  (era  nato  circa  il  i356),  e 
nel  testamento,  eccetto  alcuni  legati  alle  figlie  e  a  chiese,  ripartì  Ira  i 
cinque  maschi  rimastigli,  Giovanni,  Francesco,  Luigi,  Tedisio  e  Ni- 
cola, i  suoi  beni,  che  un  altro  documento  riportato  dal  Majocchi  ci 
dice  essere  stati  molti  e  dispersi  nella  Campagna  di  Pavia,  a  Torre 
del  Mangano,  a  S.  Martino  Siconiario,  a  Casteggio,  a  Robecco,  a  Chi- 
gnolo,  a  Caselle,  a  Cava,  a  Castel  Lanibro,  ecc.  Finisce  il  lavoro  con 
un  atto  enumerante  mobili  e  vesti  che  potranno  servire  allo  stu- 
dioso della  storia  del  costume. 


Ettore  Galli. 


Mariani  Mariano. —  Vita  Univer  sitar  la  Pavese  nel  secolo  XV.  —-Pavia, 
Tip.  Artigianelli,  1899.  pp.  141  in-i6. 

Sono  quattro  conferenze  che  l' A.  tenne  all'  Associazione  degli 
Impiegati  Civili  a  Pavia.  La  prima  tratta  dell' amore  e  delle  cure  che 
i  duchi  ebbero  sempre  per  mantenere  e  far  fiorire  lo  Studio;  la  se- 
conda concerne  le  relazioni  tra  Pavesi  e  Università,  e  la  nomina  dei 
professori;  la  terza  spiega  l'ordinamento  dello  Studio;  la  quarta  ri- 
guarda gli  stipendi  dei  professori  e  gli  studenti. 

Le  notizie  sono  desunte  da  alcuni  volumi  manoscritti  del  Museo 
Civico  di  Storia  Patria  di  Pavia,  contenenti  trascrizioni  di  originali  o 
di  copie  autentiche  di  documenti  che  riguardano  l'Università. 

L'autore  dimostra  come  i  vari  duchi  si  compiacessero  del  loro 
Studio  di  Pavia,  e  si  adoperassero  per  accrescerne  il  lustro  con  pro- 
fessori insigni  e  con  studenti  che  richiamavano  per  mezzo  di  faci- 
litazioni, esenzioni  e  privilegi.  Commenta  in  proposito  una  Supplica 
di  rettori  e  professori  indirizzata  al  duca  il  28  maggio  1402  da  Piacenza, 
dove  tre  anni  prima  si  era  trasferito  lo  Studio  per  causa  della  peste. 
Tra  le  varie  domande  che  vi  si  leggono,  curiosa  e  degna  di  essere 
studiata  e  illustrata  con  le  condizioni  economiche  e  sociali  di  Pavia 
a  quel  tempo,  è  la  domanda  che  fossero  fissate  3oo  case  da  affittarsi 
esclusivamente  a  professori  e  studenti  ad  un  prezzo  non  superiore  al 
quattro  o  al  cinque  per  cento  del  valore  delle  case  stesse. 


BIBLIOGRAFIA  435 


Con  molti  documenti  l'A.  la  vedere  con  quale  rigore  il  duca  esi- 
gesse da  professori  e  da  studenti  l'esatta  osservanza  dei  loro  doveri. 
Per  questo  incaricava  i  bidelli  di  vigilare  l'opera  dei  professori,  vie- 
tava agli  studenti  il  cambiamento  di  Università,  e  concedeva  loro 
esenzioni  ed  immunità  che  spesso  suscitarono  malumori  nella  citta- 
dinanza. 

I  Pavesi  però  furono  sempre  gelosi  custodi  della  integrità  e  con- 
servazione della  loro  Università;  e  spesso  fecero  istanze  presso  il 
duca  perchè  o  con  aumenti  di  stipendio,  o  con  pronto  e  regolare  paga- 
mento delle  mesate,  che  spesso  si  facevano  aspettare,  trattenesse  pro- 
fessori che  se  ne  volevano  andare  trascinando  seco  anche  gli  studenti. 
E  anche  quando  la  minaccia  venne  di  fuori  i  Pavesi  seppero  sempre 
provvedere  interponendo  i  loro  buoni  uffici.  Così  nel  1408,  dopo  quattro 
anni  di  assenza  ottennero  che  lo  Studio  fosse  riportato  da  Piacenza 
a  Pavia;  scongiurarono  il  pericolo  di  perderlo  il  1428  per  causa  dei 
Parmensi,  il  1448  per  i  Milanesi  e  il  1474  di  nuovo  per  i  Parmensi. 

La  nomina  dei  professori  e  dei  bidelli  (allora  assai  più  importanti 
di  oggi)  spettava  di  diritto  al  principe,  che  sempre  se  la  riservò  per 
quanto  ripetutamente  i  Pavesi  avessero  cercato  di  avocarla  a  sé. 

Per  la  scelta,  o  assumeva  il  duca  informazioni  in  proposito^  o  si 
imponeva  la  fama  delF  insegnante,  o  le  Facoltà  e  i  Sapienti  di  Prov- 
visione  facevano  la  proposta,  o  inoltravano  domanda  gli  stessi  interes- 
sati, o  valevano  le  raccomandazioni  di  potenti.  Le  nomine  però,  non 
cadevano  che  su  doctores  o  insegnanti  di  qualche  gradus. 

L'Università  detta  Studio  generale,  era  formata  di  due  Corporazioni 
di  studenti,  cioè  dei  giuristi  (numerosissima  e  composta  anche  di  mol- 
tissimi stranieri)  e  degli  artisti  e  medici.  Cancelliere  dello  Studio  era  il 
Vescovo  di  Pavia.  Altre  cariche  erano  quelle  del  Rettore  delle  due  Cor- 
porazioni o  Facoltà,  che  era  sempre  uno  studente  eletto  da  studenti, 
dei  Dodici  Statutari  (pure  studenti)  che  presiedevano  allo  Statuto,  dei 
Dódici  Consigliar i  (pure  studenti)  che  col  Rettore  sovrasiedevano  al- 
l'intera Università,  dei  due  Sindaci  (studenti)  cioè  controllori  ed  ispet- 
tori, ééìV  Economo  e  del  Notaio  o  Segretario,  ognuno  dei  quali  aveva  pro- 
prie attribuzioni.  V'erano  inoltre  i  bidelli  generali  e  speciali,  gli  sta- 
zionari o  venditori  di  libri,  i  legatori,  i  copisti  che  erano  in  qualche 
modo  addetti  all'Università  per  la  grande  bisogna  dei  libri.  Nella 
chiesa  di  S.  Tomaso,  che  era  la  chiesa  dell'Università,  era  depositata 
la  Cassa  dello  Studio,  contenente  il  Sigillo  universitario,  gli  Statuti, 


4i6 


BIBLICGRAKIA 


chiusa  a  tre  chiavi  tenute  dal  rettore,  da  uno  statutario  e  da  un  con- 
sigliarlo. 

Dopo  aver  detto  delle  varie  materie,  l'A.  passa  a  parlare  dei  pro- 
fessori che  erano  ordinari  e  straordinari,  delle  lezioni  mattutine  e 
vespertine,  e  di  lezioni  l'estive  fatte  da  studenti  italiani  e  forestieri. 

La  sede  dello  Studio  fu  da  prima  il  Palazzo  del  Popolo  {Mercato 
Coperto),  aggiuntevi  poi  altre  aule  appigionate  qua  e  là;  con  Francesco 
Sforza  fu  portata  in  un  palazzo  che  sorgeva  al  posto  del  moderno 
fabbricato.  Cominciamento  e  fine  delle  lezioni  erano  dati  da  una  can> 
pana  della  torre  maggiore  e  da  un  orologio  pubblico  posto  sul  castello. 

Il  nome  dei  professori  era  scritto  in  rotoli  annuali  dai  quali  si 
rileva  che  alcuni  insegnanti,  pure  appartenendo  allo  Studio,  ed  es- 
sendo pagati  da  esso,  non  professavano  a  Pavia.  È  questo  il  caso  del 
Filelfo  e  di  molti  altri  famosissimi,  incaricati  di  leggere  a  Milano. 

Gli  stipendi  di  rettori  e  professori,  che  variavano  secondo  i  tempi, 
secondo  le  materie  e  secondo  gli  uomini ,  non  erano  di  sovente  pa- 
gati a  tempo  debito,  e  furono  spesso  causa  di  pericolo  per  lo  Studio. 

Da  ultimo,  accennato  al  divieto  fatto  ai  professori  di  esercitare 
la  medicina  e  l'avvocatura,  si  viene  a  dire  degli  studenti^  della  loro 
vita  tumultuosa  e  dissoluta,  di  guai  seri  nati  fra  loro  e  i  cittadini, 
della  loro  condotta  prepotente  ed  immorale,  delle  condizioni  econo- 
miche talora  gravi  di  studenti  e  professori ,  e  della  istituzione  di  un 
banchiere  (uxurarius)  per  provvedervi. 

È,  come  si  vede,  una  buona  messe  di  notizie  ingegnosamente  rag- 
gruppate, che  dipingono  a  colori  molto  vivi  le  condizioni  non  solo 
dello  Studio,  ma  della  stessa  città  di  Pavia.  È  una  pagina  bella  ed 
utile  per  la  conoscenza  di  un  periodo  di  storia,  che  non  può  più  re- 
stringersi a  pochi  fatti  militari  e  politici.  Due  cose  però,  ce  lo  per- 
metta Fautore,  si  sarebbero  desiderate:  che,  specialmente  nella  prima 
conferenza,  per  quella  serenità  che  deve  sempre  informare  le  opere 
storiche,  si  fossero  lasciate  da  parte  certe  stonate  osservazioni  su  cose 
presenti;  e  che  in  fine  molte  preziosissime  notizie,  che  nella  narrazione 
hanno  assunto  un  valore  molto  superficiale  e  puramente  descrittivo, 
per  il  loro  carattere  spiccatamente  economico  e  sociale,  si  fossero 
considerate  un  po'  più  profondamente,  fossero  poste  nel  loro  ambiente; 
così  che  oltre  ad  acquistare  esse  tutta  la  importanza  che  hanno  per 
sé,  avrebbero  contribuito  a  illuminare  di  luce  nuova  molti  fatti  cji 
quel  maraviglioso  secolo  che  è  il  quattrocento. 

Ettore  Galli. 


BIBLIOGRAFIA  427 


Fontana  Ferdinando.  —  Antologia  Meneghina.  —  Bellinzona,  Colombi, 
1900,  pp.  xxxvi-428,  in-4  ili. 

In  quest'  opera  vuole  il  Fontana  esporre  popolarmente  le  vicende 
della  letteratura  meneghina  intesa  nel  suo  senso  più  largo  :  troppo  largo, 
anzi,  poiché  l'autore  non  si  perita  di  considerare  come  varietà  del  dia- 
letto milanese  i  vernacoli  del  varesotto  e  quelli  ben  anco  del  Canton 
Ticino  ! 

Dello  svolgimento  di  questa  letteratura  dialettale,  così  nella  città 
come  nel  contado,  e  delle  maschere  locali,  che  in  essa  appaiono,  parla 
brevemente  il  compilatore  in  una  spigliata  prefazione,  ove  coglie  l'op- 
portunità d' intessere  una  sorta  di  panegirico  del  popolo  milanese, 
della  sua  indole,  della  sua  storia,  della  sua  poesia.  Non  a  tutti  i  giu- 
dizi ivi  espressi  potremmo  invero  aderire.  Non  crediamo  ad  esempio 
che  il  comune  di  Milano  avesse  sin  dall'origine  carattere  democratico; 
poiché  nella  nostra  città,  come  altrove,  il  popolo  minuto  non  acquistò 
importanza,  se  non  dopo  una  lunga  lotta,  che  si  combattè  special- 
mente nei  primi  decenni  del  secolo  XIII. 

Le  parti  meno  felici  del  lavoro  (diciamolo  tosto)  sono  la  breve 
trattazione  intorno  alle  origini  ed  all'  estensione  del  dialetto  milanese, 
ed  i  capitoli  relativi  ai  più  antichi  scrittori,  che  in  esso  poetarono. 
Fanno  qui  difetto  pur  troppo  1'  originalità  del  contenuto  e  la  moder- 
nità della  critica.  Meglio  riesce  il  Fontana  laddove  tratta  di  poeti  più 
recenti  e  più  popalarmente  noti. 

Opportunamente  é  seguito  nel  libro  l'ordine  cronologico  ;  ai  saggi 
di  ciascun  autore  è  preposto  un  cenno  biografico  or  più,  or  meno 
esteso. 

Il  compilatore  ha  avuto  l'ottima  idea  di  ripubblicare  per  intiero 
(pp.  17-57),  i  Rabisch  delF Accademia  della  Val  di  Bregno,  che  erano  or- 
mai presso  che  irreperibili.  La  ristampa  di  questo  prezioso  cimelio 
letterario  e  linguistico  é  condotta  sulla  seconda  edizione  (del  1627),  ed 
e  corredata  da  un  cenno  storico  dell'egregio  avv.  Brenne  Bertoni  sui 
Bleniesi  a  Milano.  Poco  più  oltre  (pp.  63-76)  si  trova  pure  riprodotto 
integralmente,  conforme  all'edizione  del  1750,  il  Varon  Milanes  coU'ag- 
giunta  del  Prissian. 

Al  Maggi  è  tributato  il  dovuto  onore,  poiché  se  ne  riferiscono  non 

Arch.  Star.  Lomb.  -^  .Vnno  XXVII  —  Fase.  XXVI.  28 


428  BIBLIOGRAFIA 


poche  poesie,  oltre  alla  favola  ed  ai  brani  più  notevoli  delle  comme- 
die. Molto  pure  del  Balestrieri. 

Del  Porta,  le  cui  opere  sono  notissime,  il  Fontana  nulla  riporta 
luorchè  alcuni  versi  inediti  ed  una  lettera,  pure  inedita,  al  Grossi.  E 
non  possiamo  in  questo  disapprovarlo .  il  posto  dei  sommi,  ove  si 
astragga  da  casi  specialissimi,  non  è  nelle  antologie. 

Molte  e  molte  pagine,  troppe  forse,  son  dedicate  ai  contempora- 
nei (compresi  i  viventi):  tre  sole  invece  agli  anonimi.  Ed  è  peccato, 
poiché  in  una  congerie,  ch'egli  stesso  dichiara  "immensa,,,  il  Fon- 
tana non  avrebbe  durato  fatica  a  scovare  materiali  preziosi  per  la 
storia  e  per  la  psicologia  della  popolazione  milanese. 

Un'  appendice  intitolata  Gli  Amici  contiene  notizie  biografiche  di 
coloro,  che  hanno  scritto  intorno  al  dialetto  di  Milano  ed  alla  sua  let- 
teratura. 

In  complesso,  si  desidererebbe  nell'  opera,  utile  certo  per  ricchezza 
di  materiali,  un'  impronta  più  modernamente  scientifica  ed  un'  unità 
organica  maggiore.  È  tuttavia  innegabile  il  merito  di  chi  1'  ha  compi- 
lata con  lavoro  lungo  davvero  e  paziente. 


GiovAN-M  Seregni. 


Luisa  Anzoletti.   —   Maria   Gaetana  Agnesi,   Milano,   Cogliati,   1900, 
pp.  495. 

Fortunato  caso  fu  certo  che  lo  scrivere  di  Maria  Gaetana  Agnesi 
toccasse  ad  una  donna  al  pari  di  quella  ornata  di  profonda  e  varia 
coltura,  addestrata  allo  studio  delle  più  severe  discipline  e  pur  tutta 
infiammata  da  queir  entusiasmo  per  le  cose  buone  onde  1'  autrice  delle 
Istituzioni  analitiche  fu  tratta  a  edificar  sulla  scienza  la  carità.  Luisa 
Anzoletti  aveva  tutte  le  doti  per  comprendere  lo  spirito  non  meno 
che  la  mente  di  quella  donna  singolare,  e  ci  ha  dato  non  una  semplice 
biografia,  ma  una  storia  fedele  e  compiuta  della  vita  intellettuale  e 
morale  di  lei.  È  un  libro  per  molti  rispetti  ammirabile:  ricco  di  dot- 
trina e  di  critica  soda  e  scrupolosa,  quale  oggi  si  richiede  in  chi  vo- 
glia comunque  scrutare  il  passato,  denso  di  pensiero,  adorno  delle  più 
pure  eleganze  della  lingua  e  tutto  invaso  da  una  dolce  e  serena  poesia, 
che  penetra  per  ogni  dove  ed  ogni  pensiero  tramuta  in  imagine  vitale. 


BIBLIOGRAFIA  429 


A  questa  poesia  gentile,  che  è  pur  tanta  parte  in  un  libro  consacrato 
ad  una  idealizzatrice  della  scienza  e  della  carità ,  qual  fu  V  Agnesi , 
non  è  lecito  a  me  fare  su  queste  pagine  più  che  un  accenno:  qui  si 
conviene  tener  conto  dell'elemento,  dirò  così,  positivo  dell'opera.  Il 
quale  non  è  né  scarso  né  modesto. 

Il  canonico  Anton  Francesco  Frisi ,  che  primo  tessè  V  elogio  di 
Gaetana  e,  sebbene  troppo  indulgesse  all'elogio  e  troppo  poco  alla 
storia,  ebbe  il  merito  di  lasciar  ricordo  di  quella  carità,  che  altrimenti 
sarebbe  stata  una  pura  tradizione,  fu  seguito  da  altri  i  quali  non  fe- 
cero se  non  accumulare  inesattezze  o  perpetuare  leggende.  —  L'  An- 
zoletti  si  rifa  da  capo,  riferendosi  all'Agnesi  stessa,  interrogando  tutte 
le  carte  di  lei,  specialmerfte  quelle  in  cui  la  critica  non  erasi  ancor 
mai  esercitata.  Prima  così  a  cadere  è  la  leggenda  del  patriziato,  dal 
Frisi  e  dagli  altri  attribuito  a  Pietro  Agnesi,  il  quale  ebbe,  solo  nel  1740, 
il  titolo  di  Don,  annesso  al  feudo  di  Montevecchia,  ma  il  patriziato 
milanese,  quantunque  ardentemente  desiderasse,  mai  non  ottenne  ;  leg- 
genda che  nulla  aggiungeva  viva  e  nulla  detrae  morta  alla  eccellenza 
di  Gaetana  "  nata  a  dar  nobiltà  al  suo  tempo,  non  a  riceverne  „. 

Quando  nacque  l' Agnesi  respiravasi  nel  mondo  politico  un'aria 
di  burrasca,  ma  in  quello  letterario  pesava  un'  afa  sonnolenta  ;  vive- 
vano sì  Vico  e  Muratori,  ma  in* mezzo  alla  generale  inerzia  degli  spi- 
riti ;  era  età  di  boria  vana,  il  pensiero  si  muoveva  nella  vacuità  acca- 
demica. E  nelle  accademie  diede  l' Agnesi  le  prime  prove  del  suo  sa- 
pere, acquistato  con  meravigliosa  rapidità:  a  nove  anni  nella /«/«^s/r« 
umbratilis  di  casa  sua,  onde  tanto  compiace  vasi  il  padre,  recitò  una 
orazione  in  latino  contro  quelli  che  voglion  preclusa  alle  donne  la 
via  della  scienza  o,  in  termini  più  moderni,  contro  gli  antifemministi. 
U  oratio  agnesiana  si  ricollega  a  tutto  un  movimento  femminista  par- 
tito dai  Ricovrati  di  Padova,  quando,  nel  1722,  il  Vallisnieri,  Principe 
di  quella  accademia,  propose  il  tema  "  Se  le  donne  si  debbono  am- 
mettere allo  studio  delle  scienze  e  delle  arti  nobili  „,  tema  discusso 
da  parecchi  fra  i  begli  ingegni  di  quel  tempo  e,  in  modo  egregio, 
dalla  scrittrice  sanese  Aretafila  Savini  de  Rossi,  con  un  discorso  sodo 
ed  elevato,  dall'argomentazione  franca  e  geniale,  dalla  lingua  fresca 
e  purissima,  che  fece  cascar  le  armi  di  mano  anche  ai  più  fieri  av- 
versari della  causa  femminile.  Ultima  nella  serie  di  questi  componi- 
menti veniva  V  orazione  della  giovinetta  Gaetana,  intorno  alla  quale 
si  formò  pure  una  leggenda  che  glie  ne  attribuì  la  composizione;  m 


^30  BIBLIOGRAFIA 


anrhr  qui  TAnzoletti;  calma  e  sagace  nel  suo  giudizio,  rimette  le 
l)osto  e  dimostra  che  l'orazione  fu  scritta  in  italiano  dal  pre- 
< cuore,  il  padre  Gemelli,  e  da  quella  tradotta  in  latino  e  imparata  a 
memoria,  e  la  giudica  nulla  più  che  un  imparaticcio,  testimonio  della 
scuola  falsa  e  decrepita  a  cui  nei  primi  anni  fu  l' Agnesi  assoggettata. 

Alla  Ora/io  segue  un  decennio  di  costante  applicazione  allo  studio 
delle  lingue:  sette  ne  imparò,  compreso  il  greco  e  l'ebraico.  Neppure 
su  questo  periodo  trascura  l'Anzoletti  di  soffermarsi;  essa  vuol  con- 
siderare r  Agnesi  anche  come  cultrice  degli  studi  di  lingue  e,  a  tale 
scopo,  esamina  quella  copiosa  raccolta  di  manoscritti  inediti,  conser- 
vati neir  Ambro^siana,  che  tutti,  senza  averli  veduti,  segnalano  come 
un  santuario  pieno  d' imperscrutabili  misteri.  Non  ne  ricava  molto,  a 
dir  vero,  ma  abbastanza  per  sfatare  qualche  altra  leggenda  :  una  rac- 
colta di  vocaboli  ebraici,  una  amplissima  di  greci  (i3ooo)  coi  corris- 
pondenti latini,  scritta,  è  chiaro,  per  esercizio  di  memoria,  e  un 
opuscolo  mitologico  da  lei  tradotto  in  greco,  quelFopuscolo  che  por- 
geva a  Defendente  Sacchi  occasione  di  scrivere:  "  a  nove  anni  sapeva 
sì  di  greco  e  di  latino  che  tradusse  in  greco  una  mitologia  „,  mentre 
non  si  tratta  che  di  poche  pagine  d'una  lezioncina  affatto  elementare; 
infine  due  libri  di  supplemento  a  Quinto  Curzio  colla  traduzione  ita- 
liana, francese,  tedesca  e  greca  sotto  il  testo,  da  lei  medesima  trascritto. 
Tutti  questi  studi,  quantunque  non  fossero  fine  a  sé  stessi,  ma  solo 
tendessero  a  procurar  nuove  chiavi  del  sapere,  furon  condotti,  come 
si  vede,  con  costanza  e  con  metodo  non  comuni. 

A  un  lavoro  più  geniale  e  più  fecondo  diec  e  occasione  la  venuta  a 
Milano  del  celebre  professore  di  poesia  Gerolamo  Tagliazucchi  mo- 
denese ;  accolto  con  entusiasmo  in  casa  Agnesi,  intraprese  l'istruzione 
di  Gaetana,  e  cominciò  allora  per  lei  un'  epoca  nuova  :  si  tolse  alle 
accademiche  pedanterie  tutte  d'  esercizio  meccanico  e  di  falsariga,  per 
adottar  metodi  più  ragionevoli  e  più  acconci  a  sviluppare  la  sua  per- 
sonalità. Ma  il  Tagliazucchi,  chiamato  alF  Università  di  Torino,  do- 
vette presto  abbandonare  la  sua  scolara;  ed  eccola  dedicarsi  con  nuovi 
maestri  a  nuove  discipline  :  il  pavese  Carlo  Belloni  la  inizia  alla  filo- 
sofia, e  più  tardi,  a  cominciare  dal  1787,  e  in  filosofia  e  in  matematica 
la  istruiscono  il  padre  Somasco  Manara  e  il  Teatino  Michele  Casati, 
non  già  con  un  corso  regolare  di  lezioni,  come  sembra  credere  il 
Frisi,  perchè  entrambi  eran  legati  a  cattedre  lontane  da  Milano,  ma 
con  una  lunga  e  non  interrotta  corrispondenza,  di  cui  qualche  traccia 
fu  dato  all'Anzoletti  trovare  nella  biblioteca  Ambrosiana. 


BIBLIOGRAFIA  48 1 


Neppur  r  erudizione  filosofica  delFAgnesi  sfuggì  alla  leggenda.  Sin- 
golare certo  quella  erudizione  ma  non  miracolosa.  Il  metodo  delle  scuoje 
d' allora  era,  come  diceva  Pietro  Verri,  tutto  idee  e  parole  senza  base 
e,  quantunque  educata  fuori  delle  pubbliche  scuole,  Gaetana  non  si 
solleva  sopra  il  livello  comune  del  sapere  nella  prima  metà  del  set- 
tecento; r  originalità  del  suo  ingegno  non  va  ricercata  nelle  sue  di- 
squisizioni filosofiche.  I  biografi  han  gridato  al  miracolo,  ma  non  han 
sollevato  la  cortina  che  nascondeva  i  venticinque  volumi  di  mano- 
scritti inediti  dell'Ambrosiana  :  TAnzoletti  lo  ha  fatto  e  nulla  di  me- 
raviglioso ha  trovato.  Ella  ha  esaminato  innanzi  tutto  le  Propositiones 
philosophicae  (stampate  nel  1788),  discusse  in  più  volte  e  non  in  una 
sola  come  i  biografi  asseriscono  ;  il  prospetto  delle  tesi  è  vasto  come 
una  mezza  enciclopedia,  ma  non  sono  che  brevissime  enunciazioni 
del  tema,  rivelan  l'ordine  e  il  macchinismo  della  disputa,  ma  non  di- 
cono in  qual  modo  fossero  disputate,  né  posson  darci  una  impronta 
originale  del  pensiero  di  lei.  Inoltre  l'instituire  discussioni  di  tal  ge- 
nere era  cosa  assai  men  difficile  che  non  sembri;  le  esigenze  delle 
scuole  d'allora  eran  modeste,  gli  autori  che  facevan  testo  e  a  cui  ba- 
stava riferirsi  contavansi  sulle  dita,  e  solo  di  quelli  sembra  l'Agnesi 
aver  avuto  cognizione,  cognizione  che  non  va  oltre  qualche  breve  passo 
citato  a  proposito.  Nò  migliori  saggi  del  suo  pensiero  filosofico  danno 
i  famosi  venticinque  volumi  :  essi  non  contengono  che  le  lezioni,  colle 
quali  Gaetana  si  addestrò  alla  filosofia,  lezioni  che  avrà  avuto  dai  mae- 
stri per  studiare  privatamente:  il  lavoro  suo  ci  entra  per  poco,  e  si 
può  esser  certi  ch'ella  non  si  appassionava  gran  fatto  pei  filosofi  delle 
scuole,  ma  prendeva  le  tesi  come  le  venivan  date  e  intorno  a  quelle 
faceva  la  sua  discussione  accademica.  La  fisica  e  la  geologia,  di  cui 
pure  si  occupano  que'  manoscritti,  non  aveva  diverso  trattamento;  non 
un  pensiero,  non  un  sentimento  originale:  Gaetana  Agnesi  nella  sua 
prima  età  studiò  moltissimo  ma  non  diversamente  dal  modo  con  cui  allora 
si  studiava.  Le  famose  dispute  filosofiche  da  lei  sostenute  in  casa,  sa- 
rebbero state,  secondo  i  biografi,  improvvisate  sempre,  ma  i  documenti 
provano  che,  almeno  qualche  volta  eran  preparate:  in  una  raccolta 
di  tesi  inedita,  in  gran  parte  autografa,  si  trovan  botte  e  risposte  d'in- 
troduzione e  di  conclusione,  i  complimenti  retorici  a  frasi  fatte  ò  per 
rispondere  o  per  dar  lode  al  lodatore,  le  dispute  stesse  ritornavano 
ben  sovente  sul  medesimo  argomento:  un  repertorio  dunque  come  pei 
virtuosi  d'arte  lirica  o  drammatica.  Ma  che  monta?  quelle  accademie 


432  BIBLIOGRAFIA 


cran  fatte  per  volontà  del  padre,  e  quantunque  tutti  ne  fossero  entu- 
siasti e  un  Charles  de  Brosses  giudicasse  l'Agnesi  un  phcnomène  litté- 
rairc,  una  cosa  più  stupenda  que  le  dòme  de  Milan,  non  e  detto  ch'ella 
le  prendesse  sul  serio. 


*  * 


Ma  cessa  finalmente  Gaetana  di  essere  una  rarità  da  museo,  la 
sua  personalità  sta  per  svolgersi  ed  affermarsi;  con  acuto  occhio  ne 
scorge  TAnzoletti  i  primi  indizi  tra  una  pagina  e  l'altra  della  suppel- 
lettile inedita.  L'ingegno  critico  di  lei  si  manifesta  la  prima  volta 
nella  risoluzione  di  alcune  difficoltà  trovate  nel  Trattato  analitico  delle 
sezioni  coniche  dell' Hopital,  difficoltà  che  una  lettera  del  Belloni  di- 
mostra essere  state  enormi,  e  appare  ancor  più  chiaro  e  profondo  in 
una  risposta  a  G.  B.  Bertucci,  poeta  ed  erudito,  che  l'aveva  richiesta 
d'un  giudizio  intorno  ad  un  suo  manoscritto  De  telluris  ac  siderum  vita: 
quella  lettera,  dice  l'Anzoletti,  meriterebbe  di  essere  chiamata  un 
saggio  di  letteratura  manzoniana:  in  essa,  come  del  resto  in  tutte  le 
scritture  dell' Agnesi,  "  un  gusto  naturale  sovraneggiante,  una  sublime 
passione  della  verità,  una  eccessiva  delicatezza  di  coscienza  abbellita 
da  quel  candore  d'animo  e  da  quella  schietta  modestia  che  è  la  più 
amabile  divisa  della  grandezza:  un  fine  morale  non  mai  perduto  di 
vista  un  istante  e  sopratutto  una  eccelsa  unità  di  ragione  filosofica  e 
di  sentimento  religioso,  per  cui  idee  e  cognizioni,  veri  fisici  e  veri  morali, 
concetti  e  forma  tutto  si  armonizza,,.  Ho  citato  letteralmente  questo 
brano  perchè  ci  rivela  come  l'Anzoletti  abbia  saputo  scrutare  l'intima 
natura  dell'Agnesi  e  comprendere  l'unità  mirabile  e  l'armonia  del  suo 
spirito,  che  non  lascian  vedere  ove  finisca  la  scienziata  e  cominci  la 
donna  di  leligione. 

Ed  eccoci  alle  Istituzioni  analitiche,  frutto  degli  insegnamenti  d'un 
nuovo  maestro  ed  amico,  il  Padre  barnabita  Ramiro  Rampinelli.  A 
quel  libro  è  principalmente  dovuta  la  grande  fama  di  lei;  ed  era 
davvero  un  libro  magistrale  e  per  la  forma  agevole  e  piana,  ben  di- 
versa dalla  prosa  infiacchita  del  settecento,  e  per  la  chiarezza  del- 
l'espressione scientifica,  e  per  la  facilità  delle  dimostrazioni  che  toglieva 
ai  giovani  ogni  difficoltà.  Gli  elogi  furono  illimitati  ed  universali,  di- 
cono i  biografi,  ma  l'Anzoletti  non  si  è  accontentata  di  questa  nuda 
asserzione,  essa  ha  voluto,  com'era  giusto,  cercarne  le  prove,  trasce- 


BIBLIOGRAFIA  4.-' 


gliendo  dal  carteggio  ambrosiano  i  giudizi  che  gli  scienziati  più  emi- 
nenti dell'epoca,  quali  il  Poleni,  editore  di  Vitruvio,  il  Griselini,  Fr. 
M.  Zanotti  ed  altri  pronunciarono  intorno  a  quell'opera;  e  studiando 
la  fortuna  delle  Istituzioni  all'estero  ed  i  pareri  de'  critici  d'oltr'alpe  : 
entusiasti  ne  erano  il  signor  De  Fontaneu  e  M.  De  Montigny,  il  ge- 
niale applicatore  della  scienza  alla  industria,  V Academie  des  Sciences 
le  giudicava  il  miglior  libro  del  genere  e  deplorava,  per  la  prima  volta 
forse,  che  gli  statuti  escludessero  dal  suo  grembo  le  donne;  a  distanza 
di  venticinque  e  cinquantanni  esse  furon  tradotte  in  francese  ed  in 
inglese;  la  traduzione  del  Colson,  il  commentatore  di  Newton,  pub- 
blicata a  Londra  nel  1801,   fu  accolta  trionfalmente  dalla  critica  bri- 

Ij  tannica,  quando  già  mezzo  secolo  di  progresso  scientifico  vi  era  pas- 
sato sopra  :  ne  è  prova  un  lungo  e  bell'articolo  dell' Edimòurg/t  Revieiv 

||  (ott.  i8o3)  che  l'Anzoletti  riassume.  Per  far  opera  in  tutto  completa, 
la  nostra  autrice  ha  interrogato  anche  i  moderni,  e,  come  sintesi  sto- 
rica e  critica,  riporta  il  giudizio^  da  lei  medesima  chiesto,'di  due  emi- 
nenti scienziati  italiani,  Giovanni  Schiaparelli  e  il  prof.  Loria  dell'U- 
niversità di  Genova;  il  primo  rifa  in  breve  la  storia  della  materia 
trattata  dall'Agnesi  e  ne  considera  l'opera  in  relazione  alle  condizioni 
della  scienza  in  quel  tempo,  il  secondo  sintetizza  le  testimonianze  circa 
la. parte  che  le  Istituzioni  hanno  avuto  nel  promuovere  il  progresso 
della  matematica. 

Così  anche  i  profani  posson  formarsi  un  concetto  del  valore  scien- 
ifico  dell'opera  capitale  dell' Agnesi,  ed  anche  i  profani  comprendono 
che,  per  quanto  grande  ne  sia  il  valore,  esso  non  giustifica  l'esagera- 
zione di  alcuni  che  la  paragonarono  a  Gerolamo  Cardano  e  al  Leib- 
nitz:  l'Agnesi  non  può  stare  fra  gli  scopritori  di  nuovi  veri,  essa  ebbe 
solo  ed  attuò  un  concetto  nuovo  per  popolarizzare  in  Italia  lo  studio 
della  geometria  e  dell'algebra,  e  qui  sta  il  suo  merito,  non  piccolo,  del 
resto,  e  ben  degno  dell'onore  di  quella  cattedra  che  Benedetto  XIV  le 
destinò  nell'  Università  di  Bologna  e  ch'ella,  per  più  ragioni,  a  cui  non 
fu  certo  estranea  una  invincibile  modestia,  non  salì  mai  :  e  ciò  sia  detto 
con  buona  pace  di  que'  biografi  che  ve  l'han  fatta  insegnare  per  qua- 
rantotto anni  !  Alle  pompe  non  era  inclinata  Gaetana  Agnesi,  neppur 
quand'essa  fossero  il  più  legittimo  riconoscimento  dei  suoi  meriti  ;  un'al- 
tra vocazione  la  chiamava,  quella  della  carità  e  del  sacrificio.  Le  Istitu- 
zioni analitiche  segnano  il  colmo  della  sua  carriera:  dopo  la  loro  pub- 
blicazione ella  sembra  cessare  da  ogni  attività  scientifica,  per  dedicarsi 


434 


BIDLIUGKAKIA 


ai  poveri,  agli  ammalati,  di  cui  riempie  i  suoi  appartamenti,  e  se  di  tratto 
in  tratto  si  presta  a  sostenere  qualche  disputa  dotta,  e  la  virtù  dell'ubbi- 
dienza che  la  induce  a  non  dispiacere  al  padre  :  ma  dopo  la  morte  di 
Don  Pietro  (1752),  ogni  legame  è  sciolto  ed  ella  segue  franca  e  sicura  la 
propria  strada.  Fu  il  disprezzo  pel  mondo,  fu  T  indifferenza  dei  con^ 
cittadini  i  quali,  svaniti  i  primi  entusiasmi,  parvero  dimenticarla,  che 
l'allontanarono  dalla  scienza  per  darla  ad  una  vita  di  religione?  No, 
risponde  TAnzoletti  "da  una  ambizione  crucciata  non  nasce  il  fiore 
più  ammirando  della  virtù,,.  Il  mistero  psicologico  che  avvolgeva  fi- 
nora quel  brusco  passaggio  è  rivelato  da  un  documento  nuovo,  pro- 
prietà di  casa  Borromeo:  è  il  primo  dei  tre  scritti  ascetici  dell' Agnesi, 
di  cui  dava  notizia  il  canonico  Frisi,  ma  che  era  sempre  stato  irrepe- 
ribile: da  quell'autografo,  riportato  per  intero  nel  copioso  e  interes- 
sante appendice,  apprendiamo  quali  fossero  le  meditazioni  da  lei  pre- 
dilette nel  corso  più  lungo  della  sua  vita  e  traggiamo  una  evidentissima 
prova  che,  cessati  gli  studi  matematici,  la  teologia  divenne  l'oggetto 
supremo  del  pensiero  e  degli  affetti  di  lei.  Né  anche  in  questo  campo 
di  studi  le  mancaron  soddisfazioni,  che  l'Arcivescovo  Pozzobonelli 
sempre  la  tenne  in  altissima  estimazione  e  la  richiese  talora  del  suo 
giudizio  intorno  ad  opere  di  dubbia  ortodossia  :  una  scrittura  di  lei 
intorno  ad  un  libro  del  Marchese  Paolo  Gorini  Corio,  messo  all'indice, 
mostra  una  vasta  e  matura  dottrina  in  materia  di  dogmatica,  di  mo- 
rale e  di  storia  ecclesiastica  e  quell'ingegno  che,  per  essere  esercitato 
in  un  campo  assai  diverso,  nulla  ha  perduto  del  suo  acume. 

Qui,  riassunto  il  lavoro  storico  e  critico,  il  quale,  anche  da  questi 
brevi  cenni,  apparirà,  spero,  esauriente  e  definitivo,  mi  conviene  fer- 
marmi. Quella  parte  del  libro  ove  è  narrato  l'ultimo  trentennio  della 
vita  di  Gaetana,  da  quando  cioè  (1771)  l'Arcivescovo  la  prescelse  a  di- 
rigere il  riparto  femminile  nel  luogo  pio  Trivulzio,  è  tutto  un  inno  di 
poesia  alle  virtù  sublimi  di  lei,  che  si  ammira  ma  non  si  può  rias- 
sumere. L'autrice  vi  sfoga  molti  e  nobili  sentimenti,  vi  alterna  osser- 
vazioni ponderate,  tratti  di  spirito,  slanci  di  entusiasmo,  e  voci  di 
rimpianto  per  molte  cose  che  discordano  dai  suoi  ideali  purissimi,  e 
ciò  senza  turbare  l'armonia  dell'  opera  dove  tutti  gli  elementi  sono 
mirabilmente  contemperati  e  fusi.  Lei  felice  che  la  genialità  sa  di- 
sposare alla  dottrina,  e  nel  documento,  che  per  se  è  rigido  cadavere, 
infondere  il  calore  della  vita. 

Ettore  Verga. 


BIBLIOGRAFIA  4DD 


ScHERiLLO  M.  —  Spigolature  Par'miane  in  documenti  inediti.  —  Napoli,  tip. 
Giannini,  1900  (in-8  gr.,  pp.  23).  Estr.  dagli  Studi  di  letteratura  ita- 
liana, V.  II. 

Tra  i  ricordi  più  interessanti  delle  teste  pariniane  celebrate  lo  scorso 
inverno  nella  nostra  Milano  ci  piace  ricordare  questa  recentissima  pub- 
blicazione dell'egregio  consocio  prof.  Michele  Scherillo,  intitolata  S/>/§-o- 
lature  Pariniane  in  documenti  inediti.  Sono  appunti  presi  di  sui  documenti, 
in  gran  parte  sconosciuti,  che  vennero  alla  luce  in  occasione  della  mo- 
stra pariniana  fatta  nella  sala  di  Maria  Teresa  presso  la  biblioteca  di 
Brera;  quali  Y Inventario  della  sostanza  lasciata  dal  Parini,  redatto  il 
i5  agosto  1799,  cioè  il  giorno  stesso  della  morte  del  poeta,  a  cura  del 
Vimercati  e  del  Frapolli,  che  il  Parini  aveva  scelto  a  suoi  esecutori  testa- 
mentari un  anno  prima;  l'elenco  dei  libri,  che  il  grand'uomo  possedeva, 
sulla  scorta  del  quale  l'ingegnoso  commentatore  si  piace  intessere 
nuove  ricerche  intorno  ai  fonti  donde  l'artista  derivò  orl'una  or  l'altra 
di  quelle  inspirazioni  che  suggerivangli  poi  le  scene  del  Giorno;  una 
lista,  poco  lieta!,  dei  debiti  e  crediti  del  defunto  (assai  men  numerosi 
i  secondi  dei  primi),  ecc.  Notevole  è  pure  la  descrizione  che  lo  Sche- 
rillo  ci  dà  d'alcuni  autografi  pariniani,  tra  cui  cospicuo  il  fascicoletto 
contenente  l' ode  Per  l* inclita  Nice,  offerto  alla  Castelbarco  stessa  con 
contegnosa  dedica  in  prosa  che  contrasta  non  poco  coi  poetici  ardi- 
menti dell'ode  (i).  È  insomma  questo,  come  si  vede,  un  attraente  ma- 
nipolo di  curiosità  pariniane;  ognuna  delle  quali  riceve  maggior  lustro 
dai  dotti  e  garbati  commenti  ond'è  adornata,  come  una  gemma  acquista 
novello  splendore  mercè  1'  abile  mano  dell'  artefice  che  la  vien  sfac- 
cettando. 

F.  N. 


(i)  Essa  è  tale:  "L'Inclita  Nice  è  supplicata  di  riconoscere  sotto 
"  la  forma  poetica  de' seguenti  versi  i  veri  sentimenti  da  cui  proven- 
"  gono  :  cioè  il  rispetto,  l'ammirazione  e  la  riconoscenza  dell'Autore 
"  per  l'esimie  qualità  di  Lei,  e  per  la  singolare  benignità  con  cui  Ella 
"  si  degna  di  onorarlo  „. 


BOLLETTINO  DI  BIBLIOGRAFIA  STORICA  LOMBARDì 

(marzo-giugno  igoo). 


I  libri  segnati  c^n  asterisco  pervennero  alla  Biblioteca  Sociale. 

.4bati  (sac.  Isaia).  Un  secolo  e  mezzo  di  sani  esempii:  monografia  sulla 
chiesa  prepositurale  di  Castione  della  Presolana.  —  Bergamo,  sta- 
bilimento tip.  S.  Alessandro,  1899,  in-i6,  pp.  180  con  2  prospetti. 

Ada  ecclesiae  mediolanensis  ab  ejus  initiis  usque  ad  nostram  aetatem, 
opera  et  studio  presb.  Achillis  Ratti.  Voi.  IV,  fase.  55.  —  Medio- 
1  a  n  i  ,  R.  Ferrari,  1900,  in-4,  col.  641  a  720. 

Agiografia.  —  Vedi  Barbier,  Borgognoni,  Borromeo,  Brambilla,  Gon- 
zaga, Mancinelli,  Nodari,  Scandella. 

Aunonì.  Pel  museo  etnografico-geografico  da  istituirsi  in  iMilano.  — 
V Esplorazione  commerciale,  a,  XV,  n.  2-3  (Milano,  1900). 

Antonini  (G.).  I  precursori  di  C.  Lombroso.  —  Torino,  Bocca,  1900, 
in-i6,  pp.  172. 

Cfr.  il  cap.  III:    G.   B.    della  Porta    e    Guglielmo   Grataroli  [di 
Bergamo]. 

*  Anzoletti  (Luisa).  Maria  Gaetana  Agnesi.  —  Milano,  Cogliati,  1900, 
in-8  gr.  ili.,  pp.  495. 

Cfr.  i  cenni  bibliogr.  in  questo  fascicolo  deW Archivio, 

Appnnti  sommari  sulle  campagne  del  1848,  1849,  1866  in  Italia  (Scuola 
di  guerra,  anno  1899-900).  —  Torino,  tip.  Roux  e  Viarengo,  1899, 
in-4,  pp.  52. 

Araldica  e  genealogia.  —  Vedi  Bollettino,  Carreri,  Corti,  De  Gitber- 
natis,  Lettere,  Litta,  Marozzi,  Simeoni. 

Archeologia.  —  Vedi  Annoiti,  Galloni,  Giulini,  Periodico,  Ulrich. 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA  437 

^  Arcliivio  storico  per  la  città  e  comuni  del  circondario 
di  Lodi.  Anno  XIX,  fase.  I.  —  Lodi,  Quirìco  e  Camagni,  1900. 
Agnelli  (G.).  Ospedali  Lodigiani  :  Ospedale  di  S.  Antonio.  — 
Lo  stesso.  Della  venuta  di  Massimiliano  Sforza  nel  ducato  di  Milano 
secondo  le  cronache  e  i  documenti  lodigiani  \^Cont.  e  fine'].  —  Causa 
tra  il  comune  di  Cremona,  il  monastero  di  S.  Sisto  di  Piacenza  e  An- 
selmo Selvatico  crociato  per  la  giurisdizione  di  Castelnuovo  Bocca 
d'Adda  [Dal  Codice  diplomatico  Cremonese  dell'  Astegiano].  —  Ba- 
roni (avv.  Gio.).  Il  SS.  Crocifisso  della  Maddalena.  Note  storiche.  — 
Atti  della  Deputazione  storico-artistica  lodigiana. 

jtrienta  (Giulio).  Un  quadro  di  Ruggero  Vander  Weyden  al  Santuario 
di  Varallo.  —  Arte  e  Storia,  n.  7,  1900. 

Arte.  —  Vedi  Ar lenta,  Bach,  Barbier,  Beltrami ,  Bertaux ,  Blanquart , 
Brescia,  Carotti,  Dell'Acqua,  Delarnelle,  Esposizione,  Fabriczy,  For- 
nari,  Fournier,  Fregio,  Frizzoni,  Galleria,  Gaitthiez,  Giulini,  Guida, 
Lafenestre,  Leonardo,  Malaguzzi,  Milano,  Moretti,  Muzio,  Navenne, 
Noseda,  Ojetti,  Philippi,  Prout,  Rocchi,  Rushfurth ,  San f  Ambrogio , 
Schweitzer. 

Arullani  (Vittorio  Amedeo).  Questioncella  pariniana.  —  Fan/ulta  della 
domenica,  n.  20,  1900. 

Atti  della  Associazione  elettrotecnica  italiana.  Voi.  3.  —  Milano,  1900. 
Righi.  Volta  e  la  pila.  —    Mascart.  Volta  in  Francia.  —  Bar- 
ZANÒ.  Contributo  alla  bibliografia  voltiana.  —  Volta.  Sulla  opportu- 
nità di  raccogliere  in  una  unica  pubblicazione  le  opere  sparse  di  Ales- 
sandro Volta. 

Bacìi  (Max).  Die  illustrierten  Vitruv-Ausgaben    des    XVI    lahrhunderts. 
Mit  ili.  —  Zeitschrift  ftirBucherfreunde,  IV,  2-3,  maggio-giugno  1900. 
A  pp.  51-52  si  discorre  dell' edizione  del  Vitruvio,  a  cura  del  Ce- 
sariano,  fatta  da  Gottardo  da  Ponte  in  Como  nel  1521  e  si  riproduce 
la  vignetta  a  p.  166. 

Balzani  (Ugo).  Le  cronache  italiane  nel  medio  evo  descritte  da  Ugo 
Balzani.  Seconda  edizione  riveduta.  —  Milano,  U.  Hoepli,  1900, 
in-i6,  pp.  xj-323. 

*  ll'iiranfii  (Carlo).  Verdi  e  il  nostro  Conservatorio.  —  La  Perseveranza, 
12  marzo  1900. 

Sfata  la  fiaba  oramai  vieta  che  Verdi  non  sia  riuscito  a  superare 
gli  esami  di  ammissione  al  Conservatorio  di  Milano  nel  1832. 

Itarhier  de  llontault  (X.).  Le  trésor  de  l'Eglise  Saint-Ambroise,  à 
Milan.  —  Reviie  de  l'art  chrètien,  2."''^  livr.,  1900  {Coni.). 

—  La  Vierge  miraculeuse  de  Ré  au  diocèse  de  Novara  (Italie).  —  P  o  i- 
tiers,  imp.  Blais  et  Roy,  1900,  in-8,  pp.  12. 


438 


BIBLIOGHAKIA 


A  proposito  di  un  quadro  del  secolo  XV'I  conservato  nella  gal- 
leria della  sig."»  Barbier  de  Montault,  a  Poitiers. 

Barlilera  (R.).  Carlo  Bini  ne'  suoi  scritti  e  nei  processi  inediti  della  Gio- 
vine Italia.  —  Illustrazione  italiana,  n.  io,  1900. 

Documenti  dell'Archivio  di  Stato  di  Milano.  —  Agg.  nel  n.  17: 
Mario  (ved.  Jessie).  Cospiratori  della  Giovine  Italia. 

Beatrice  irKMtc.  —   The  Atke?meum,  n.  3771  (1900). 

Beltranil  (ardi.  Luca).  Pax....  Pax....  (A  proposito  degli  oratorii  pero- 
siani).  —  Corriere  della  Sera,  n.  113,  1900. 

Cenni  artistici  sulla  riconsacrata  chiesa  di  S.  Maria  della  Pace. 

—  11  coronamento  nella  fronte    del    duomo  di  Milano    in  base  ad  antichi 

disegni  in  parte  inediti,  con  prefazione  in  risposta  al  voto  di  sette  ar- 
chitetti. —  Milano,  tip.  U.  Allegretti,  1900,  in-4  fig.,  pp.  64,  con 
tre  tavole. 

—  I  ISIusei  d'  arte  nel  Castello  Sforzesco  ;    Ricordi  del   Castello  Sforzesco 

(inaugurandosi  i  Musei  d'arte).  —  Corriere  della  Sera,  n.  119  e  126, 
1900. 

—  La  vita  nel  Castello  di  Milano   al   tempo    degli  Sforza.  —  Milano, 

U.  Allegretti,   1900. 

—  Il  ritratto  di  Ambrosino  da  Longhignana,  capitano  generale  nella  Guar- 

dia ducale,  nel  Castello  Sforzesco.  —  La  Perseveranza,  7  maggio  1900. 

—  Disegni  di  architettura.    N.  7  della  serie.  —  Edilizia  Moderna,    marzo 

1900. 

//  Duomo  di  Mdano  verso  il  1730  (disegno  inedito,  nella  colle- 
zione co.  Cibrario  di  Torino). 

Bergamo.  —  Vedi  Abati,  Antonini,  Bisoni,  Carreri,  Documenti,  Gagliardi f 
Mascheroni,  Mattioli,  Pelaez,  Pineta,  Prout,   Tasso. 

Bernardini  (arch.  Giulio).  L'assalto  di  Francesco  Sforza  alla  Terra  di 
Pescia  (1430).  —  Arte  e  Storia,  n.  9-10,   1900. 

*  Bertana  (E.).  Intorno  al  sermone    del    Monti    sulla    •  Mitologia».  — 

Giornale  storico  e  letterario  della  Liguria,    a.  I,  fase.  III-IV,  1900. 

*  Bertaiix  (E.).  L'arco  e  la  porta  trionfale  d'Alfonso  e  Ferdinando  d'Ara- 

gona a  Castel  Nuovo.  —  Archivio  storico  per  le  Provincie  Napoletane, 
a.  XXV,  fase.  I  (1900). 

Importante  monografia  che  riassumendo ,  coli'  aggiunta  di  nuove 
osservazioni,  i  risultati  esposti  dal  Fabriczy,  determina  l'opera  di  Pietro 
da  Milano,  come  architetto  e  come  scultore  dell'Arco  trionfale  (1455- 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA 


439 


1473).  Pietro  da  Milano,  che  è  il  lombardo  Pietro  di  Giovanni  di  Mar- 
tino da  Viconago,  e  identico  coU'omonimo  celebre  medag^lista,  prima 
di  esser  chiamato  a  Napoli ,  dove  morì  nel  1478  ,  aveva  lavorato  a 
Siena,  a  Orvieto  ed  a  Roma. 


Berzevicxy  (Albert).  Italia,  ùti  rajzok  es  tanalmànyok,  harmincz  kép- 
melléklettel  (Italia,  studi  e  schizzi  di  viaggio  con  l'aggiunta  di  30  ve- 
dute). —  Budapest,  Franklin-Tàrsulat,  1899,  in-8,  pp.  viii-215. 

L'A.  dedica  tanti  capitoli  separati  alle  varie  città  da  lui  visitate, 
così  a  Milauo,  descrivendone  le  bellezze  naturali  e  artistiche,  e  i  ri- 
cordi storici.  Per  quanto  riflette  la  Toscana  cfr.  la  recensione  del  Gior- 
gettì  in  Arch,  stor.  ital.,  fase.  I,  1900,  p.  189  segg. 


BcMta.  Sull'origine  dei  comuni  rurali, 
a.  Ili,  n.  6  (Roma,  1899). 


Rivista  italiana  di  sociologia^ 


Betloni  (Pio).  Antonio  Stoppani  :  conferenza.  —  Atti  del  IV  Congresso 
meteorologico  italiano  (Torino,  1899)  [vedi  Kraus]. 

Biadeg^o  (Giuseppe).  La  dominazione  austriaca  e  il  sentimento  pubblico 
a  Verona  dal  1814  al  1847.  —  Roma,  Società  editrice  D.  Alighieri, 
1899,  in-i6,  pp.  190  [«  Bibl.  storica  del  Risorg.  ital.  »,    s.  II,  n.  3]. 

Il  B.  si  sofferma  a  lungo,  rettificando  l'Adryane  e  il  Gonfalonieri, 
sui  particolari  del  passaggio  nel  '24  da  Verona  del  convoglio  dei  con- 
dannati allo  Spielberg. 

*  —  Alessandro  Volta  a  Ginevra  nel  1787.  Comunicazione.  —  Atti  R.  Isti- 
tuto  Veneto  di  scienze  e  lettere,  t.  LIX,  parte  II  (1900),   p.  563-68. 

Biaitcliini  (D.).  Una  lettera  inedita  di  Ugo  Foscolo.  —  Rivista  d' Italia, 
III,  2  (febbrajo  1900). 

È  senza  data,  ma  del  dicembre  1808,  e  scritta  da  Pavia  a  V.  Monti. 
Il  Foscolo  stabilisce  quali  lavori  lo  terranno  occupato  negli  anni  1810-15. 

Bincloni  (Giuseppe).  La  topografia  del  romanzo  «I  Promessi  Sposi». 
Parte  seconda:  L esilio.  Corredata  di  numerose  tavole  e  illustrazioni. 
—  Milano,  Cogliati,   1900,  in-i6,  pp.  viii-281. 

Biografie.  —  Vedi  Antonini,  Anzoletii,  Barassi,  Bettoni,  Bianchini,  Can- 
tar, Cervesato,  Cessi,  Checchia,  Chiappelli,  Commetnorazione,  De  Gii- 
bernatis,  Foiirnier,  Gabba,  Gagliardi,  Gauthiez,  Giussani,  Greppi, 
Immich,  Kraus,  Litta,  Luzzaiti,  Manzoni,  Mattioli,  Meda,  Michieli, 
Mosso,  Parini,  Ravanello,  Pelaez,  Plinio,  Poggi,  Sabbadini,  Sforza, 
Tasso,   Tortoli,   Virgilio,   Volta,  Zoja. 

Blscaro  (G.).  Contributo  alla  storia  del  diritto  cambiario.  —  Rivista  ita- 
liana per  le  scienze  giuridiche,  voi.  XXIX,  fase.  I-II  (1900). 


440  BIBLIOGKAFIA 


Il  documento  più  importante,  in  data  28  gennajo  1332,  concerne 
il  pap:amento  ili  una  lettera  di  cambio  di  100  lire  grosse  tratta  in  Mi- 
lano da  Aliprandolo  Ser  Rainerio  sopra  Reoldolo  Ser  Kainerio  a  fa- 
vore di  Giovanolo  Dei  Bugi,  pagabile  in  Venezia  a  io  giorni  vista, 
per  altrettante  versate  noviine  cambiiW  13  dicembre  1351  da  Lanfran- 
colo  Dei  Bugi  ad  Aliprandolo. 

Bluonl  (sac.  dott.  G.).  Gli  Ungheri  in  Italia  (studio  storico-critico).  Ca- 
pitolo IV.  Le  irruzioni.  —  Scuola  Cattolica,  marzo-aprile  1900  e  seg. 

/.'  irruzione,  (Gli  Ungari  a  Bergamo,  a  Como,  a  Milano,  a  Pavia, 
a  Vercelli). 

Blanqiiart  (F.  M.-A.).  La  Chapelle  de  Gaillon  et  les  fresques  d'An- 
drea Solario.  —  Bulletin  de  la  Società  des  amis  des  arts  du  departe- 
ment  de  V  Eure,  n.  XIV  (Evreux,  Ch.  Hérissey),  av.  ili. 

Gaillon  era  la  dimora  del  cardinale  d'Amboise,  nel  XVI  secolo. 
L'A.  vi  ha  visitato  accuratamente  le  rovine  ancora  esistenti  e  rimar- 
catovi gli  affreschi  che  illustra.  Rappresentano  personaggi  della  fami- 
glia d'Amboise. 

Bolssonade  (P.).  Les  négociations  entre  Louis  et  Ferdinand  le  Catho- 
lique  ;  la  trève  du  I^c  avril  1313.  —  Revue  d'histoir e  moderne  et  con- 
temporaine,  t.  I,  1899,  n.  4. 

*  Bollettino  storico  della  Svìzzera  Italiana.  A.  XXII,  1900, 
n.  1-3,  gennajo-marzo. —  In-8  gr.  Bellinzona,    Colombi. 

I  Rusca,  signori  di  Locamo,  di  Luino,  di  Val  Intelvi,  ecc.,  1439- 
1512  {^Cotit.  anni  1499-1310].  —  Gaudenzio  Merula  e  Martino  Muralto 
[a  proposito  del  lavoro  del  Butti  in  questo  Archivio  e  con  notizie  sul 
Muralto].  —  Lettere  di  sovrani,  principi  e  prelati  dirette  a  Pio  IV,  al 
cardinale  Borromeo  e  ad  altri  (1561-1630).  Dagli  autografi  in  casa  Pa- 
leari  a  Morcote  [Cont.].  —  Parini  e  il  Ticino.  —  Gli  Statuti  di  Bia- 
sca  dell'anno  1434.  —  Avvisi  bellinzonesi  ed  intrighi  del  Trivulzio 
(i497ri499).  —  Inventario  dei  documenti  dell'  Archivio  Torriani  in 
Mendrisio  [1523-1543.   Coni.'].  —  Bollettino  bibliografico. 

*  Bonetti  (Carlo).  La  sorpresa  di  Cremona,  2  febbrajo  1702,  desunta  da 
manoscritti,  rapporti  e  stampe  dell'epoca.  —  La  Provincia  di  Cre- 
mona, n.  74-76,  31  marzo  —  2  aprile   1900. 

Bong^lil  (R.).  Pensieri  inediti  (con  ricordi  biografici  di  F.  Crispi).  — 
Lucerà,  1899,  in-8,  pp.  99. 

Pensieri  che  il  B.  lasciò  dispersi  fra  le  sue  carte.  Il  pensiero  92 
riguarda  il  Parini,  che,  a  detta  del  B.,  può  dare  nelle  liriche  un'idea 
di  Pindaro  a  chi  ignori  il  greco;  i  n.  116  e  119  il  Pellico.  Seguono 
ventuno  Pensieri  di  A.  Manzoni  raccolti  dal  Bonghi  (1853-55),  di  so- 
stanza manzoniana  sì,  ma  di  forma  bonghiana  aggressiva  e  acrimoniosa. 


BOLLETTINO    DI    B1BLI0GRAFL\    STORICA    LOMBARDA  44 1 

Boniforti  (can.  Luigi).  Religione  e  pàtria  :  alcuni  vecchi  scritti  del  ca- 
nonico L.  Boniforti,  con  sue  note,  ed  un  carme  inedito  dell'  avv.  Fe- 
lice Devecchi,  raccolti  per  la  Piccola  Cronaca  Aronese.  —  Arona, 
tip.   Economica,  1900,  in-i6,  pp.  162. 

Boniict  (R.).  Féte  donnée  en  l'honneur  de  l'armée  d'Italie,  io  ventóse^ 

an  V.  —  Revolution  fran^aise,  febbrajo  1900. 

» 

Borgognoni  (mons.  Car.  M.).  Orazione  panegirica  in  lode  di  S.  Omo- 
bono,  recitata  nella  cattedrale  di  Cremona  il  dì  13  novembre  1899  nel 
chiudersi  delle  feste  centenarie  celebrate  in  quella  città.  —  M  o  d  e  n  a  , 
tip.  Imm.  Concezione,  1899,  in-8,  pp.  27. 

Borromeo.  —  Vedi  Bollettino,  Chiappelli,  Hohr,  Meier,  Motta. 

Brainliilla  (sac.  Giovanni).  Vita  di  S.  Omobono,  con  brevi  cenni  sto- 
rici sulla  antica  arcipretura  plebana  di  Pieve  Curata  e  sull'oratorio  di 
S.  Omobono  in  Cà  de'  Corti.  —  Cremona,  tip.  E.  Leoni,  1900, 
in-i6,  pp.  38. 

*  Brandileonc  (Francesco).  Note  al  cap.  XXX  dell'Editto  di  Liutprando. 
Memoria  letta  alla  R.  Accademia  di  scienze  morali  e  politiche  della 
Società  Reale  di  Napoli  (Estr.  dal  voi.  XXXI  degli  Atti).  —Na- 
poli, tip.  della  R.  Università  di  A.  Tessitore  e  figlio,  1900,  in-8, 
PP-  31. 

Brandstetter  (losep.  Leop.).  Chronologische  Differenzen  (Separatab- 
zijge  aus  den  «  Kathol.  Schweizerblàtter  »  ).  —  L  u  z  e  r  n ,  Ràber,  1900, 
in-8,  pp.  6. 

A  proposito  di  taluni  documenti  editi  nel  Periodico  della  Società 
storica  coìnense  [«  Codice  diplomatico  della  Rezia  »]  le  di  cui  date  sono 
state  interpretate  erroneamente,  non  essendosi  tenuto  il  debito  calcolo 
A^Wexeunte  mense. 

Brescia.  Monumento  Martinengo  in  Brescia.  Rilievo  e  disegno  di  Al- 
fredo Premoli.  2  tavole  [senza  testo].  —  Memorie  di  un  ArchitettOy 
voi.  IX,  n.  XI  (Torino,  1899). 

Brescia.  —  Vedi  Breyer,  Cantar,  Catalogo,  Fabriczy,  Marinelli,  Scan- 
della. 

Breyer  (Mirko).  Nesto  Gradje  staroi  kruatskoi  kujizevno-kulturnoj  po- 
vjesti.  —  Krizevac,  tip.  Neuberg,  1898,  in-8,  pp.  77. 

Notizie  bibliografiche  consacrate  a  fatti  e  personaggi  della  Croazia 
e  della  Dalmazia,  con  un  articolo  speciale  sullo  stampatore  Bonino  de 
Bonini  (Dobrisa  Dobric)  originario  di  Ragusa,  che,  nel  secolo  XV  eser- 
citò l'arte  sua  a  Brescia  ed  in  altre  città  italiane,  da  ultimo  a  Lione. 

Unisoni  (E.).  Von  Luzern  nach  Mailand.  Ein  Reisefuhrer.  —  B  e  1 1  i  n- 
zona,  Colombi,  1900. 


442 


BIBMOGUAFIA 


<;airo  ((iiov.  v  (^larelll  (F.).  Codogno  e  il  suo  territorio  nella  ero- 
naca  e  nella  storia.  Voi.  II,  fase.  XLV.  —  Codogno,  tip.  Cairo, 
1900,  in-8,  p.  257  a  272. 

Cnnipagne  del  principe  Eugenio  di  Savoia:  opera  pubblicata  dalla 
divisione  storica  dell'I,  e  R.  Archivio  di  guerra  in  base  a  documenti 
ufficiali  ed  altre  fonti  autentiche,  fatta  tradurre  e  stampare  da  S.  M. 
Umberto  I,  re  d'Italia.  Serie  II,  voi.  Ill-V  (Guerra  per  la  succes- 
sione di  Spagna  :  campagne  del  1710-1712).  —  Torino,  tip.  L.  Roux 
e  C,  1898-1900,  3  voi.,  p.  xxviij-486-439  ;  XIIIJ-457-155  ;  xx-366-312, 
con  16  tav.  e  prospetto. 

—  del  1848-49  dell'  esercito  Sardo.   Testo   del  generale  Severino  Zanelli. 

Litografie  del  conte  Stanislao  Grimaldi,  riprodotte  da  Pietro  Carlevaris. 

—  Torino,  tip.  Cassone,  1899,  con  35  tav.  in  eliotipia. 

Cantone  (M.).  Sulla  vita  scientifica  di  A.  Volta.  Discorso  letto  nella 
R.  Università  di  Pavia  in  occasione  del  primo   centenario  della  Pila. 

—  Z'  Elettricità^  1899. 

Cantor  (Moritz).  Varlesungen  iiber  Geschichte  der  Mathematik.  II  Band, 
von  1200-1668.  2.^^^  Auflage. —  Gr.  in-8.  Leipzig,  Teubner,   1900. 

XII.  V epoca  14S0-1S00  (56.  Alberti,  Leonardo  da  Vinci.  57.  Luca 
Paciolo.  58.  Altri  matematici  italiani).  XIII.  U  epoca  1500-1550  (64. 
Matematici  italiani.  L'equazione  cubica.  65.  Opere  di  G.  Cardano.  66. 
Opere  di  Tartaglia).  XV.  L'epoca  1600-1668  (78.  Cavalieri,  Kepler). 

Capelli  (L.  M.).  Conferenze  dantesche  a  Milano.  —  Giornale  Dantesco^ 
s.   III,  quad.  I. 

Carducci  (G.).  Rerum  italicarum  scriptores  di  L.  A.  Muratori.  —  Nuova 
Antologia,  i.°  maggio  1900. 

—  L.  A.  Muratori  e  la  Società    Palatina    milanese.    —    Rivista   (T  Italia, 

i5  maggio  1900. 

Carotti  (Giulio).  I  nuovi  Musei  del  Castello  di  Milano  (I  e  II).  —  Illu- 
strazione Italiana,  n.  20,  1900,  con  ili. 

—  Del  duomo  di  Milano  e  della   sua    facciata    (Con   ili.).  —    Emporium, 

aprile  1900. 

Carraroli  (D.).  L'Ossola  e  i  dintorni.  —  Natura  ed  Arte,  1."  maggio 
1900. 

*  Carreri  (F.  C).  Due  lettere  inedite  di  Cabrino  Fondulo.  —  Rivista 
meìisile  di  lettere,  di  storia  e  d' arte  di  Casalmaggiore,  a.  I,  n.  3,  1900. 

Dell'anno  1412  e  riflettenti  la  terra  di  S.  Lorenzo  de'  Picenardi. 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA  443 

*  Carreri  (F.  C).    Privilegi   di   casa  Frassoni    [-Faccliini,   di    Bergamo- 

Mantova].  —  Giornale  araldico,  a.  XXVII,  n.  9  (1899). 

Catalogno  della  Biblioteca  del  Collegio  dei  Ragionieri  di  Milano.  Parte  I. 
—  Milano,  19CO. 

—  di  una  interessante  raccolta  di  quadri,  disegni,  acquerelli,  incisioni,  mi- 

niature ed  oggetti  dive,rsi  riguardanti  specialmente  Milano,  la  Lom- 
bardia, Napoleone  I,  il  Risorgimento  nazionale  e  Garibaldi.  —  Mi- 
lano, L.  Marchi,  1900,  in-8,  pp.  35  [^Vendile  Sambon^  a.  XXIII, 
n.  189J. 

—  generale  dei  libri  acquistati  dalla  società  di  lettura  in  Brescia  al  31  di- 

cembre 1899.  —  Brescia,  tip.  Apollonio,  1900,  in-8,  pp.  20. 

Cenni  storici  del  R.  Istituto  tecnico  superiore  di  Milano,  e  programma 
dell'anno  1899-1900.  —  Milano,  tip.  Galli  e  Raimondi,  1900,  in-8, 
PP-  133- 

*  CeraniOli  (F.).    Gregorio  XI  e  Giovanna  I    Regina   di  Napoli.  Docu- 

menti inediti  dell'Archivio  Vaticano  {Cotti,  e  fine).  —  Archivio  Sto- 
rico Napoletano,  fase.  III-IV,  1899. 

.  Interessante  la  lettera  del  14  agosto  1372  da  Avignone  del  papa 
alla  regina  Giovanna,  dove  si  parla  delle  truppe  pontificie  occupate 
in  Lombardia  ai  danni  di  Bernabò  e  Galeazzo  Visconti.  —  Agg.  l'al- 
tra di  Gregorio  XI  (IV  Idus  decembris)  perchè  mandi  nunzi  «  prò  fa- 
cienda  tregua  »  coi  Visconti. 

*  Ccri'esato  (Arnaldo).  Giovanni  De  Castro.  —  Ateneo  Veneto,  marzo- 

aprile  1900. 

*  Cessi  (Camillo).  Intorno   al    Falsificatore  del  Trattato    «  De  Orthogra- 

phia  »  attribuito  ad  Apuleio.  —  Ateneo  Veneto,  a.  XXIII,  voi.  I,  fa- 
scicolo I,  gennajo-febbrajo  1900. 

Pare  troppo  diffìcile  al  C.  di  provare  che  Celio  Rodigino  (Ric- 
chieri)  ne  fosse  il  falsificatore.  Il  Rodigino  nel  15 16  fu  chiamato  a  Mi- 
lano da  Francesco  I  ;  dal  1519  al  1523  vi  insegnò,  ascritto  fra  i  pro- 
fessori dell'  Università  di  Pavia. 

Checcliia  (Giuseppe).  Poeti,  prosatori  e  filosofi  nel  secolo  che  muore. 
Studi,  ritratti  e  bozzetti.  —  Caserta,  Salvatore  Marino,  1900. 

Ascoli,  Boito,  Cavallotti,  Mantegazza,  Manzoni,  Massarani,  Nievo, 
Rajna,  Verdi,  ecc.,  ecc. 

*  Clilappelli  (A.).  Il  Maestro   Vincenzo  Ruffo  a  Pistoja.  —  Bullettino 

storico  pistojese,  a.  I,  1899,  fase.  I. 

Del  Ruffo,  veronese,  ha  pubblicato  nella  Rivista  vmsicale  italiana 
(III,  4  e  IV,  2)  uno  studio  biografico  assai  accurato  il  Torri.  Il  C.  of- 

ArcJi.  Star.  Lomb.  —  Anno  XXVIl,  —  Fase.  XXVI,  29 


1 1 


BIBLIOGRAFIA 


fre  qui  le  notizie,  quasi  ignorate,  sulla  permanenza  a  Pistoja  di  questo 
celebre  Maestro,  e  cosi  completano  lo  studio  del  Torri.  S.  Carlo  liorro- 
meo,  arcivescovo  di  Milano,  tenne  il  Ruffo  carissimo,  ed  ebbe  da  lui  inci- 
tamento a  patrocinare  e  sostenere  la  riforma  della  musica  sacra  (Ratti, 
Acia,  II,  69).  Al  Borromeo  il  Ruffo  dedicava  la  composizione  di  varie 
messe,  che  sono  a  stampa,  e  si  conoscono  col  nome  di  messe  Bor- 
romee.  In  Milano  venne  nel  1563  il  Ruffo,  a  surrogare  il  maestro  Bar- 
tolomeo Torresan,  come  maestro  della  Cappella  del  Duomo,  col  salario 
mensile  di  lire  20.  E  in  Milano  rimase  il  Ruffo  per  io  anni,  eserci- 
tando con  molta  lode  il  suo  ufficio,  finché  nel  1573  non  lo  rinunziò 
per  passare  maestro  di  cappella  nel  Duomo  di  Pistoja.  Quale  poi  fosse 
la  causa  che  determinasse  il  Ruffo  a  tale  cambiamento,  al  Chiappelli 
non  è  riuscito  possibile  precisare. 

*  Cipollini  (Antonio).    Due  sonetti    inediti  di  Carlo  Tenca    nel  Museo 

del  Risorgimento.  —  La  Perseveranza,  23  marzo  1900. 

Colombo  (prof.  F.).  Parini  e  il  suo  secolo:  versi  martelliani.  —  Mi- 
lano, tip.  U.  Allegretti,  1900,  in-8  fig.,  pp.  27,  con  due  tavole  fac- 
simile. 

Segue  un  fac-simile  di  un  sonetto  di  Giuseppe  Parini,  scritto  due 
ore  prima  della  sua  morte  (Estr.  dalla  Scuola  secondaria). 

Coiiiaudìni  (A.).  L' Italia  nei  Cento  Anni  del  sec.  XIX  giorno  per  giorno 
illustrata.  —  Milano,  A.  Vallardi,  1900,  dispense  7-9,  in-16  ili.,  pa- 
gine 329-504. 

Regno  d'Italia:  dicembre  1808  —  agosto  1811. 

—  Marengo.  Numero  unico,  1800,  14  giugno  —  1900.  —  Milano,  An- 
tonio Vallardi,  edit.,  in  fol.,  pp.  16  con  ili. 

1 799-1800  —  Bonaparte  passa  le  Alpi  —  In  Milano  —  La  batta- 
glia di  Marengo  —  La  Legione  Italica  —  La  tregua  di  Alessandria  — 
Bonaparte  vittorioso  a  Milano  —  Le  onoranze  a  Desaix  —  Napoleone 
a  Marengo  il  1805  —  ^-^  seconda  Cisalpina  —  Marengo  nelle  monete. 

*  Conielli  (G.  B.).  Di  Girolamo  Ranuzzi    secondo  Conte  della    Porretta 

[1434-1496].  —  Atti  e  Memorie  della  R.  Deputazione  di  storia  patria 
per  le  Romagne,  s.  Ili,  voi.  XVII,  fase.  IV-Vl  (1899-1900). 

Da  due  lettere  famigliari  che  gli  dirigeva  il  celebre  card.  Ja- 
copo degli  Ammanati,  vescovo  di  Pavia  (e  riprodotte  tra  i  documenti 
in  appendice)  sappiamo  che  nel  1465  il  Ranuzzi  attendeva  alla  cura, 
non  sappiamo  se  in  Roma  od  altrove,  di  un  suo  onorando  cliente, 
l'  arcivescovo  di  Milano  cardinal  Nardini.  Interessano  di  questo  lavoro 
biografico  i  capp.  Ili  Guerra  di  Romagjia  e  IV  Battaglia  delfldice, 
per  la  parte  presavi  dal  giovine  Galeazzo  Maria  Sforza  e  da  Bartolo- 
meo Colleonì  :  di  più  ancora  i  capp.  VII  Cola  Montano  e  Girolamo 
Ranuzzi^  Vili    La  fine  di   Cola  Montano,  L'appendice  III:  I  Bolo- 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA  44^ 


gitesi  e  la  morte  del  duca  Galeazzo  Maria  offre  4  lettere  degli  An- 
ziani di  Bologna  alla  duchessa  vedova  Bona  di  Savoja,  in  data  28 
dicembre  1476  e  2,  4  e  22  genn.  1477. 

Comineiiiorazioiie  dei  defunti  benefattori  e  distribuzione  dei  premi 
nell'Orfanotrofio  maschile  dei  Martinitt  in  Milano,  22  ottobre  1899.  — 
Milano,  tip.  Gius.  Rozza,  1899,  in-8,  pp.  46. 

Como  e  Valtellina.  —  Vedi  Bach,  Bisoni,  Bollettino,  Brandsietter, 
Corti,  Fabriczy,  Gauthiez,  Heusler,  Hiìffer,  ImmicJi,  Lago  Maggiore, 
Luszatti,  Periodico,  Plinio,  Sarioriits,   Tismar,   Ulrich,   Volta. 

Corrcspoudancc  politique  de  Guillaume  Pellicier,  ambassadeur  de 
Franca  à  Venise  (1540-1542),  par  A.  Tatisserat-Radel  (T.  Vili  de 
l' Inventaire  analytique  du  ministère  des  Affaires  étrangères).  —  Pa- 
ris, Alcan,   1900,  in-8,  pp.  lxxiii-8ii. 

*  Corti  (Giampiero).    Famiglia    San  Pjenedetto    (di  Como).    —    Giornale 

araldico,  a.  XXVII,  n.  9  (1899). 

Couvrcu  (Emile).  Les  Suisses  à  Marignan.  —  Bibliotheque  Univer selle, 
aprile  1900, 

€o2;za-L.iizi  (G.).  Memoria  di  T.  Tasso.  —  Giornale  arcadico,  febb.  1900. 

Cremona.  —  Vedi  Archivio,  Bonetti,  Borgognoni,  Brambilla,  Carreri, 
Documenti,  Fissore,  Fottrnier,  Frankel,  Schweitzer. 

Crivellnccl  (A.).  L'  epistola  rogatoria  nel  diritto  ecclesiastico  longo- 
bardo. —  S tildi  storici,  voi.  Vili,  fase.  IV. 

—  Di  alcune  questioni  relative  alla  vita  di  Paolo  Diacono  storico  de'  Lon- 
gobardi. —  Studi  storici,  XI,   1  (1900). 

[Crocloni].  —  20  febbrajo  igoo.  Nozze  Grassi- Morici.  —  V  e  1 1  e  t  r  i  , 
tipografia  Pio  Stracca,  1900  (in-8,  pp.  7). 

Il  prof.  Crocioni  per  le  nozze  della  sig.  Clotilde  Morici  col  signor 
Arn.  Grassi  dà  in  luce  insieme  ad  una  lettera  di  G.  Rossini  al  mae- 
stro Carlo  Conti  di  Arpino  (1796-186S),  contrappuntista  ed  armonista 
famoso,  vice-direttore  del  Conservatorio  di  S.  Pietro  in  Majella ,  due 
lettere  allo  stesso  del  poeta  Felice  Romani,  scritte  entrambe  da  Mi- 
lano, l'una  del  15  marzo  1830,  l'altra  del  5  genn.  1861. 

Cug^nac  (capitaine  de).  Campagne  de  l'armée  de  réserve  en  1800.  P""'" 
partie.  Passage  du  Grand  Saint-Bernard.  —  Paris,  Chapelot,  1900, 
in-8,  pp.  vi-727  et  pi. 

*  Daiiirla  (M.).  Mercurino  de  Gattinara,    Gran  canciller  de  Espana.  — 

Boletin  de  la  R.  Academia  de  la  hisioria,  XXXV,  VI,  1899. 
Resoconto  della  memoria  del  barone  Claretta  sul  Gattinara. 


446 


BIBLIOGRAFIA 


De  GMlu'rnnllH  (Angelo).  Lettere  amorose  di  donne  italiane  nel  set- 
tecento. —  Rivista  iV  Italia y  15  febbrajo  1900. 

Lettere  dirette  a  don  Luigi  Silva,  dei  conti  di  liiandratc,  accade- 
mico residente  a  Lodi  dalle  gentildonne  :  Arborio  Gattinara  Roma- 
gnano  di  Virle,  tenzoni  Silvia,  nata  contessa  Pellegrini,  Berretti  con- 
tessa Maria,  nata  Civaschi,  liondenti  cont.  Costanza,  nata  Sanseverino, 
Bonfadini  Adriana,  nata  Doltìn,  Cristiani  cont.  Angelica,  nata  Ferrari, 
Imbonati  cont.  Francesca,  nata  Bicetti,  Fenaroli  Camilla,  nata  con- 
tessa Solar  d'Asti,  Masnaghi  Teresa,  nata  Martinez,  Mezzabarba  con- 
tessa Anna,  nata  Mancassoli,  Romilli  cont.  Eleonora,  nata  Colleoni, 
Sanseverino  cont.  Paola,  nata  Martinengo,  Toffetti  Zilia,  nata  Priula. 

Dcir  Acqua  (dott.  Girolamo).  La  basilica  di  S.  Salvatore  presso  Pavia. 
—  Pavia,  tip.  frat.  Fusi,  1900,  in-i6,  pp.  24. 

lìclartiellc  (Louis).  I  ritratti  di  Guidobaldo  di  Montefeltro  e  di  Elisa- 
betta Gonzaga  nelle  Gallerie  di  Firenze.  —  V  Arie,  a.  Ili,  fase.  I-IV, 
p.  147  seg.  (1900). 

Dctlesiscn  (D.).  Untersuchungen  uber  die  Zusammensetzung  der  Natur- 
geschichte  des  Plinius.  —  Berlin,    Weidmann,  1899,    in-8,   pp.  96. 

De  Toni  (G.  B.).  Osservazioni  di  L.  da  Vinci  intorno  ai  fenomeni  di 
capillarità.  —  Rivista  di  fisica,  matematica  e  scienze  naturali,  a.  I, 
n.  I,  gennajo  1900  (Pavia,  Fusi). 

*  Documenti  dell'Archivio  Colonna  pubblicati  in  occasione  delle  nozze 
di  donna  Isabella  de'  principi  Colonna  col  marchese  Angiolo  Chigi- 
Zondadari.  Vili  gennajo  MDCCCC.  —  Roma,  tip.  Forzani,  1900, 
in-8  gr.,  pp.  45. 

Dei  3  documenti  qui  pubblicati  notiamo  il  primo  :  Istromenio  nu- 
ziale di  Isabella  Colonna  figlia  di  Vespasiano  e  di  Giulia  Gonzaga^ 
la  bellissima  contessa  de'  P'ondi,  con  Filippo  de  la  Noy  principe  di  Sul- 
mona, figlio  del  viceré  di  Carlo  V,  Carlo  di  La  Noy,  al  quale  Fran- 
cesco I  consegnò  la  spada  nella  battaglia  di  Pavia  (1336,  28  febb.).  — 
Il  terzo  documento  offre  l' inventario  di  due  galere  appartenenti  a 
Marc' Antonio  Colonna  il  Grande,  dell'anno  1365,  sei  anni  prima  della 
battaglia  di  Lepanto  :  nella  ciurma  figuravano,  fra  altri  :  Benedetto  di 
tomaso  sanapi  viilanese,  Matheo  da  Milano  alias  franzesino,  Francesco 
di  leronimo  fontana  milanese,  Gio.  Giacomo  di  gio.  palilo  rozzo  da 
Milano,  sulla  «Capitana»;  e  Antonio  di  francesco  bergamasco  ,  Fr' 
Gottardo  di  Jacopo  da  Cremona  sulla  <l  Colonna  f>. 

Ecclesiastica.  —  Vedi  Abati,  Ada,  Agiografia,  Archivio,  Barbier,  Bel- 
trami,  Bollettino,  Dell'  Acqua,  Faraglia,  Immich,  Mattioli,  Motta, 
Padri,  Poggi,  Ratti,  Riva. 

Elsasser  (W.).  Die  Funktion  des  Auges  bei  Leonardo  da  Vinci.  —  Zeii- 
schrifi  fùr  Mathematih,  45,  i. 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA  447 

Kspofiixloiic  (I.a)  delle  stampe  a  chiaroscuro  alla  Galleria  Nazionale  di 
Roma.  —  VArte,  a.   Ili,  1900,  fase.  I-IV. 

A  p.  174  seg.  notizie  per  Andrea  Andreani  incisore  mantovano 
del  XVI  secolo.  L'  opera  più  rilevante  che  ci  resta  di  lui  è  il  Trionfo 
di  Giulio  Cesare  del  Mantegna,  inciso  a  chiaroscuro  in  4  forme  nel 
1599  su  i  disegni  di  Bernardo  Malpizzi,  pittore  mantovano. 

Kiiliel  (K.).  Aus  dem  papstlichen  Konsistorialarchiv-Band  C.  303.  — 
Romische  QuArtalschrift,  XIII,  2-3,  1899. 

Ne  trae  anche  le  note  del  card.  Ascanio  Sforza,  vice  cancelliere 
della  Curia  (1498-1499). 

Fabricxy  (C.  von).  Der  Triumphbogen  Alfonsos  I  am  Castel  Nuovo  zu 
Neapel.  —  Jahrhuch  dei  Musei  Prussiani,  1899,  fase.  l-II. 

Porta  monumentale  cominciata  sotto  la  direzione  di  Pietro  da 
Milano  nel  1455  e  da  lui  finita  nel  1470  [Vedi  Bertaux]. 

—  Die  «  Pax  »  von  Chiavenna  —  Der  alte  Dom  von  Brescia,  die  sogen- 
nante  Rotonda.  —  Reperioriuin  f'ùr  Kunstwissenschaft,  XXIII,  i  (1900). 

Notizie  desunte  dagli  articoli  del  Sant'  Ambrogio  («  Lega  Lom- 
barda »)  e  del  Mercanti  (1  Emporium  »). 

Fabry.  Histoire  de  l'armée  d'Italie  (1796-97)  :  de  Loano  à  février  1797. 
—  Paris,  Champion,  1900,  2  voi.  in-8, 

Farag;lla  (N.  F.).  Il  libro  di  S.  Marta.  —  Napoli  Nobilissima,  febb.  1900. 
È  un  libro  in  pergamena  esistente  nell'Archivio  di  Stato  di  Mi- 
lano, contenente  gli  stemmi  miniati  delle  persone  più  insigni  ascritti 
in  altri  tempi  al  Collegio  dei  disciplinati  eretto  nella  chiesa  di  S.  Marta. 
Qui  discorre  il  Y.  della  suddetta  chiesa  edificata  nel  secolo  XV  {^Ri- 
vista stori  ital.,  2,  1900,  p.  147). 

*  Fellciangrcli  (B.).  Sull'acquisto  di  Pesaro  fatto  da  Cesare  Borgia.  Ri- 
cerche. —  Camerino,  tip.  Savini,  1900,  in-8  gr.,  pp.  loi. 

Buon  lavoro  che,  sulla  scorta  di  documenti  nuovi  degli  archivi  di 
Milano  e  di  Mantova,  illustra  le  relazioni  tra  Giovanni  Sforza  e  Lo- 
dovico il  Moro,  le  cause  della  ribellione  di  Pesaro  nell'ottobre  del 
1500,  il  contegno  ed  il  carattere  dello  Sforza,  già  marito  di  Lucrezia 
Borgia. 

Filippini  (G.).  Le  campane  del  comune  di  Pavia.  —  Archivio  per  lo 
studio  delle  tradizioni  popolari,  ottobre-dicembre  1899. 

Filologia  e  storia  letteraria,  —  Yedì  Berfana,  Bianchini,  Bolle/fino, 
Breyer,  Cessi,  Checchia,  Cipollini,  Camelli,  De  Gtibernatis,  Foscolo, 
Frànkel,  Fratelli,  Froitula,  Grossi,  Gulli,  Lehnert,  Lazio,  Manda- 
tari, Manzoni,  Mascheroni ,  Mattioli ,  Murari,  Parini ,  Pavanello , 
Pelaez,  Plinio,  Piccioni,  Renda,  Rua ,  Sabbadini,  Salvi oni.  Tasso, 
Toldo,   Vasi,   Virgilio,  Zimmerli. 


^8  BIBLIOGRAFIA 


PlMMorc  (K.).   Les  maìtres  luthiers.  —  Paris,  Gauthiert  Villars,  igoo. 

FonlanM  (Bart.).  Renata  di  Francia,  duchessa  di  Ferrara,  sui  documenti 
dell'  archivio  Estense,  del  Mediceo,  del  Gonzaga  e  dell'  archivio  se- 
creto vaticano  (1361-1373).  —  Roma,  tip.  Forzani,  1899,  in-8,  pa- 
gine lij-412  con  tavola. 

FornnrI  {?.).  Il  R.  Istituto  nazionale  pei  sordo-muti  in  Milano  e  la 
R.  scuola  normale  Girolamo  Cardano  per  allievi  maestri  e  maestre  : 
cenni  storico-critici  sull'istruzione  dell'Istituto  fino  ad  oggi  1803-900. 
—  Milano,  tip.  S.  Giuseppe,  1900,  in-8,  pp.  74.  Segue:  Fac-simile 
del  testamento  figurato  del  sordomuto  Luca  Riva  milanese,  MDCXXIV. 
Milano,  litogr.  Francioli  e  C,  1899. 

Foscolo  (Ugo).  Dei  sepolcri:  carme,  col  commento  di  Ugo  Angelo  Ca- 
nello,  ad  uso  delle  scuole.  5.'  ediz.  corretta  ed  ampliata,  con  1'  ag- 
giunta delle  epistole  sui  sepolcri  di  I.  Pindemonte  e  G.  Torti,  anno- 
tate da  Antonio  Belloni.  —  Padova,  Angelo  Draghi,  edit.,  1900, 
in-i6,  pp.  XI-178. 

Foscolo.  —  Vedi  Bianchini^  Pélissler. 

Fouriiier  Sarlovézc.  Sofonisba  Anguissola  et  ses  soeurs.  —  Paris, 
Ollendorf,  1900. 

Friinkel  (L.).  Andrea  Guarna,  Johann  Spangenberg  und  das  t  Bellilm 
grammaticale  » .  —  Zeitschrift  far  vergleichende  LiUe7'aùirgeschichle, 
N.  F.,  XIII,  4-3  (1900). 

Intorno  al  «  Bellum  grammaticale  »  del  Guarna,  patrizio  cremo- 
nese, ed  alle  sue  varie  edizioni  (principe  quella  di  Cremona  dell'a.  1311) 
con  encomi  all'  autore  dei  cremonesi  Gieronimo  Fondulo  e  Gaspare 
Aviati. 

Fregio  del  1500  a  Locate-Triulzi  (Con  ili.).  —  Monitore  tecnico,  n.  9, 
30  marzo  1900. 

Frittelli  (Ugo).  Giannantonio  de'  Pandoni  detto  il  Porcellio:  studio  cri- 
tico. —  Firenze,  ditta  Paravia,   1900,  in-8,  pp.  ix-iSg. 

Poeta  alla  Corte  Sforzesca. 

Frizzoni  (G.).  Das  Museo  Poldi  Pezzoli  in  Maìland  in  seiner  neuen  Um- 
gestaltung.  —  Zeitschrift  far  bildende  Kunst,  XI,  8  (1900). 

Frotula  del  Gagliano  a  Gian  Galeazzo  Visconti,  conte  di  Virtù  e  signore 
di  Milano,  1391  [poemetto].  —  Milano,  tip.  M.  Bellinzaghi,  1900, 
in-8,  pp.  26.  Edizione  di  soli  70  esemplari.  Pubblicata  da  V.  Forcella 
per  le  nozze  Sinigaglia-Madureri. 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA  449 

Fueter  (E,).  Der  Antheil  der  Eidgenossenschaft  an  der  Wahl  Karls  V. 
—  Basel,  1900  (Jnaug.  Dissertation,  pp.  73). 

La  parte  presa  dagli  Svizzeri  nell'elezione^  dell'imperatore  Carlo  V. 

Ciabba  (C.  F.).  Maria  Gaetana  Agnesi.  —  Rassegna  Nazionale^  16  feb- 
brajo  1900  [v,  Anzoleiti]. 

Ciag^liardi  (Emilio).  Un  altro  centenario  [di  Lorenzo  Mascheroni  '\  30 
luglio  1800].  —  //  Salotto,  a.  I,  fase.  II,    15  marzo  1900  (Milapo). 

Galleria  (La)  Crespi  in  Milano.  Note  e  raffronti  di  Adolfo  Venturi  con 
CXCVI  incisioni  fototipografiche  e  XXXVIII  fotocalcografiche.  —  Mi- 
lano, U.  Hoepli,  editore.  Tipi  dell'Officina  Poligrafica  Romana, 
M.  D.  ecce,  in-4  fig.,  pp.  372. 

Galloni  (E.).  Mergozzo  e  l'antica  necropoli  scoperta  sulla  riva  del  suo 
lago.  —  Milano,  Menotti  Bassani,  1900,  pp.  39,  in-8  fig. 

Gautliicz  (P.).  Notes  sur  Bernardino  Luini  {fine).  —  Casette  des  beaux 
arts,  marzo  1900. 

Agg.  pel- Luini,  ma  senza  novità,  l'articolo  «  Kunst  und  Kiinstler 
im  siidlichen  Tessin  »  in  Revue  officielle  des  ètr anger s  de  Lugano ^ 
n.  I,  1900. 

*  Giiilini  (Alessandro).  I  tentativi  di  demolizione   degli  Archi  di  Porta 

Nuova  (1822-1869).  —  Milano,    tip.  Pulzato  e  Giani,    1900,    in-i6, 
pp.  36. 

Giusfiaiii  Carlo  —  CiccoUi  Ettore.  Con  ritr.  —  Illustrazione  Italianay 
n.  17,   1900. 

Gonzaga.  —  Vedi  Delarnelle,  Documenti,  Fontana,  Lehnert,  Lazio,  Man- 
cinelli,  Meier,  Pélissier,  Sfinge,   Vitalini. 

*  Greppi  (conte  Giuseppe).  La  rivoluzione  francese  nel  carteggio  di  un 

osservatore  italiano  (Paolo  Greppi)  raccolto  e  ordinato.   Volume  I.  — 
Milano,  Ulrico  Hoepli,  1900,  in-8,  pp.  xiii-399  e  ritratto. 

Grimaldi  (V.).  Andrea  Chénier  e  Giuseppe  Parini.  —  Rassegna  nazio- 
nale, i."  aprile   1900. 

[(irosfii  (Tommaso)].  I  Lombardi  alla  prima  crociata:  dramma  lirico  in 
quattro  atti,  ridotto  e  compendiato  ad  uso  privato  del  collegio  S.  Fran- 
cesco in  Lodi  per  il  carnevale  1900.  Musica  di  G.  Verdi.  —  Lodi, 
tip.  Quirico  e  Camagni,  1900,  in-i6,  pp.  36. 

Giiglielmino  (F.).  Noterella  Manzoniana.  —  Le  Grazie,  di  Catania,  li,  2. 

Vuol  provare  che  nell'  episodio  di  Ambrogio  sagrestano,  il  quale, 
alle  grida  di  don  Abbondio,  si  mette   a  sonare  la  campana,    il  Man- 


450  BIBLIOGRAFIA 


zoni  si  ricordasse  di  una  scena  molto  simile  che  il  Batacchi  racconta 
nel  Zibaldone  (VI,  122). 

Oiilda  Alta  Italia  coi  paesi  limitrofi  di  Nizza,  Trentino,  Trieste  ed  Istria. 
Nuova  ediz.  completamente  rifatta.  —  Milano,  Treves,  1900,  in-16, 
pp.  560  con*  3  carte. 

*  —  sommaria  del  Museo  archeologico  ed  artistico  nel  Castello  Sforzesco 

di  Milano.  —  Milano,  tip.  A.  Lombardi,   1900,  in-8,  pp.  30. 

Oiilll  (A.).  Dell'  Ecerinis  di  Albertino  Mussato:  nota  critica.  —  Pa- 
lermo, A.  Reber,  1900,  in-8,  pp.  27. 

Ilacliler  (Konrad).  Prosperidad  y  decadencia  econòmica  de  Espana  du- 
rante el  siglo  XVI.  Version  del  texto  alemàn  con  un  pròlogo  de  Fran- 
cisco de  Laiglesia.  —  Madrid,  Est.  tip.  de  la  Vinda  é  Hijos  de 
Tillo,  1899,  gr.  in-8,  pp.  xxv-288. 

—  Quelques  incunables  espagnols  relatifs  à  Christophe  Colomb.  —  Le  Bi- 
bliographe  moderne,  III,   1899,  n.  18,  novembre-dicembre. 

Vi  è  trattato  dalla  celebre  piagnette  dell'Ambrosiana,  la  lettera 
di  C.  Colombo  diretta  a  Luigi  de  Santangel ,  pubbl.  dal  d'Adda, 
come  si  sa ,  e  che  si  prova  uscita  dall'  officina  tipografica  di  Pietro 
Giraldi  e  Michele  de  Planes  a  Valladolid. 

Hairter  (E.).  Volkstiimliches  aus  dem  Rheinvvald.  3.  Redensart:  's  ist 
en  Triv'ùlsch.  —  Bundnerisches  Monatsblatt,  1899,  P-  3  ^^Z' 

Folk-lore  nel  Rheinwald  (Grigioni) :  3.  Espressione:  'sisten  Tri- 
v'ùlsch (è  un  Trivulzio),  reminiscenza  del  dominio  dei  Trivulzio  in 
quella  valle. 

Hensel  (Alfred),  t  De  regno  Italiae  libri  viginti  »  von  Carlo  Sigonrio, 
Eine  quellenkritische  Untersuchung  [Historische  Studien,  veroffentl. 
von  E.  Ebenring.  Heft  XIII].  —  Berlin,  E.  Ebering,  r900,  in-8, 
pp.  90  u.  2  Bl. 

Heusler  (A.).  Die  Statuten  von  Bellinzona.  I.  —  Zeitschrift  f'ùr  schivei- 
zer.  Rechi ^  N.  F.  18. 

Hiiizelin  (E.).  Notes  sur  l'Italie  septentrionale.  —  Revue  pour  lesjeimes 
filles^  20  marzo  1900. 

Holin  (W.).  Barmherzige  Schwestern  vom  hi.  Karl  Borromaeus  1652- 
1900.  Bilder  aus  der  Geschichte  der  kathol.  Charitas.  Entworfen  von 
C.  Brentano,  I.  von  Gòrres  u.  s.  w.  hrsg.  von  W.  Hohn.  —  In-4, 
Trier,  Paulinus-Druckerei,   1900. 

*  HiilTcr  (Hermann).  Ueber    den   Zug  Suworovvs  durch  die  Schweiz  im 

Jahre  1799.  —  Mittheilungen  des  Instituts  far  oesferr,   Geschichtsfor- 
schung,  XXI,  2  (1900). 


BOLLETTINO    LI    BIBLIOGRAFIA    STCKICA    LOMBARDA  461 


I.  Piano  strategico  di  Suworow.  II.  Seppe  Suworow  a  tempo,  che 
la  strada  del  Gottardo  terminava  presso  Altorf?  III.  Il  supposto  pas- 
saggio di  Lecourbe  per  il  Bazberg  nella  notte  24-23  settembre  1799. 
IV.  Il  combattimento  al  Ponte  del  Diavolo,  25  sett.  1799.  V.  La  bat- 
taglia al  ponte  Suworow  nella  valle  della  Muota  al  i."  ottobre  1799 
e  il  generale  aiutante  Lacour.  [Cfr.  la  memoria  del  medesimo  A.  sul 
Suworow  pubblicata  nella  Revue  historique^  marzo-aprile  1900,  e  ci- 
tata in  Arch.  stor.  loinb.^  I,  1900,  p.  179]. 

Tmniicli  (Max).  Papst  Innocenz  XI,  1676-1^89.  Beitrage  zur  Geschichte 
seiner  Politik  und  zur  Charakteristik  seiner  Persònlichkeit.  —  Ber- 
lin, Speyer  u.  Peter,  1900,  in-8,  pp.  113. 

Papa  Innocenzo  XI  [Odescalchi,  di  ComoJ  1676-1689.  Contributi 
alla  storia  della  sua  politica  ed  alla  caratteristica   della  sua  persona. 

lorga  (N.).  Notes  et  extraits  pour  servir  à  l'histoire  des  Croisades  au  XV^ 
siècle.  I  e  il  sèries,  —  In-8  gr.  Paris,  E.  Leroux,  1899. 

Il  2."  volume  si  chiude  con  una  appendice  che  reca  brani  di  poesie 
politiche  (1413-1433)  di  Giovanni  Stella,  di  mastro  Nicolò  cieco  e  di 
mastro  Prospero,  tolte  da  mss.  dell'Ambrosiana  di  Milano,  quindi  altri 
documenti  (1440-1433)  degli  archivi  e  biblioteche  di  Milano. 

*  Kelir  (P.).  Papsturkunden  in  Parma  und  Piacenza.  Bericht  liber  die 
Forschungen  von  L.  Schiaparelli.  (Aus  d.n  «  Nachrichten  der  K.  Ge- 
sellschaft  der  Wissenschaften  zu  Gottingen  ,  Philologisch-historische 
Klasse»,  1500,  Heft,  I).  In-4,  pp.  75. 

KraiiK  (F.  X.).  Antonio  Stoppani.  —  Dentsche  Rundschau^  aprile  1900. 
[Trad.  e  ripr.  in  Minerva,  n.  20,  1500]. 

B.afenestrc  (G.).  La  peinture  italienne.  T.  I.  Depuis  les  origines  jusqu'à 
la  fin  du  XV-"  siècle.  —  Paris,    May  1900,  p.  360. 

I^ag^o  ilag^iorc  (II)  nel  1500.  Descrittione  di  Macagno  di  sotto  feudo 
imperiale  de'  sig.  Conti  Mandali.  —  //  Lago,  di  Luino,  n.  3^),  1900, 
e  seg. 

È  la  riproduzione  della  descrizione  data  dal  p.  Morigia  nella  sua 
nota  Nobiltà  del  Lago  Maggiore. 

liClincrdt  (Max).  Cencio  und  Agapito  de'  Rustici.  Neue  Beitrage  zur 
Geschichte  des  Humanismus  in  Italien.  —  Zeitschrìft  far  vergleichende 
Lilteraturgeschichte,  N.  F.  Bd.  XVI,  H.  '/.}  (1900). 

A  p.  167  seg.  è  riportato  un  «  Carmen  »  di  Agapito  Rustici  «  ad 
generosissimum  clarissimumque  heroem  Carolum  Gonzagam  » . 

lielaiid  (Charles  Godfrey  .  The  unpublished  Legends  of  Virgil.  —  Lon- 
don ,  EUiot  Stock,  1899,  in-8,  pp.  xx-208. 

A^ch.   Stor.   Lo., il-.  —   An'.io  XXVll.   —   Tas-.  XXVI.  2) 


^52  BIBLIOGRAFIA 


l.connr<l«»  cln  Vinci.  Il  Codice  Atlantico.  Fase.  XVI-XVII.  —  R  o  m  a  > 
tip.  della  K.  Accademia  dei  Lincei  (Milano,  U.  Iloepli,  edit.),  1900, 
fase.  XVI-XVII,  fol.  p.  r)4i-728  con  80  tavole. 

Aus  Lionardos  «  Tractat  von  der  Malerei  ».  —  Der  Kunsiwari,  XIII, 

13  (1900). 

Leonardo.  —  Vedi  Cantor,  De  Toni,  Elsdsscr,  Mcicr,  Paesani,  Pons, 
Rosenberg,  Sachs. 

Lettere  di  storia  e  archeolojjia  a  Giovanni  Gozzadini  [1833-1865],  pub- 
blicate da  Nerio  Malvezzi  con  prefazione  di  G.  Carducci.  Voi.  1.  — 
Bologna,  Zanichelli,   1898. 

II  lettere  di  Pompeo  Litta,  dal  1836  al  1850,  e  versano  tutte  su 
argomenti  genealogici  concernenti  famiglie  bolognesi.  Altre  lettere  del- 
l' Odorici  trattano  delle  Croci  marmoree  che  erano  nelle  vie  di  Bo- 
logna e  che  il  Gozzadini  illustrò  poi. 

Litta  (Pompeo).  Bentivoglio  di  Bologna,  ramo  di  Ferrara:  estratto  dalle 
famiglie  celebri  d'  Italia,  di  Litta  Pompeo,  ediz.  Giusti  Paolo  Emilio, 
Milano,  1819  [a  cura  di  Ettore  Pecorini].  —  Bologna,  tip.  Zamo- 
rani  e  Albertazzi,  1899,  in-8,  pp.  20. 

Loor.  —  Vedi  Archivio,  Cairo,  De  Gubernaiis. 

Lombarclo  Radice  (G.).  Uno  storico  italiano  della  Rivoluzione  Fran- 
cese (Alessandro  Manzoni).  —  Studi  storici^  9,  i  (1900). 

Longobardi.  —  Vedi  Brandileone,  Crivelliicci,  Neiimcycr,  Ratti. 

LiiJiiSiana.  Alessandro  Volta  e  la  pila  nel  secolo  decimonono.  —  Atti: 
R.  Accademia  dei  Fisiocritici  in  Siena,  s.  IV,  voi.  XI,  n.  4-10  (1899)» 

*  liuzlo  (Alessandro).  Un  pronostico  satiricodi  Pietro  Aretino  (MDXXXIIII) 
edito  ed  illustrato.   —    Bergamo,    Istituto  italiano  d'arti  grafiche, 
1900,  in-8,  pp.  XLI-163  con  fac-simili    [•  Biblioteca  storica  della  lette- 
ratura italiana  »  diretta  da  F.  Novati,  VI]. 
Se  ne  riparlerà. 

—  e  Rcnicr  (R.).  La  coltura  e  le  relazioni  letterarie  di  Isabella  d'Este 
Gonzaga.  —  Giornale  storico  della  letteratura  italiana,  fase.  104-105 
(1900). 

IL  Le  relazioni  letterarie.  2.  Gruppo  ferrarese.  Vi  si  discorre  di  : 
Antonio  Tebaldeo  —  Jacopo  Gallino  —  I  Guarini  —  Niccolò  Paniz- 
zato  —  G.  Battista  Pio  —  Niccolò  Lelio  Cosmico  —  Matteo  Maria 
Bojardo  e  famiglia  —  Lodovico  Ariosto  —  Il  Cieco  da  Ferrara  — 
Bernardo  Tasso  —  Niccolò  da  Correggio  —  Ercole  Strozzi  —  Celio 
Calcagnini  —  Guido  Postumo  Silvestri  —  Lelio  Manfredi  —  Frate 
Francesco  da  Ferrara  —  Pellegrino  Prisciani  [v.  Renda]. 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA  453 


Luzxatti  (L.).  Romualdo  Bonfadinì.  —  Nuova  Antologia^  i."  giugno  1900. 

llala|;;uzxl  (Francesco).  Nuovi  documenti  su  pittori  del  XV  secolo  tratti 
dalle  carte  del  periodo  sforzesco.  —  L'Arte,  a.  Ili,  1900,  fase.  I-IV, 
p.  144  seg. 

Matteo  Pasti.  Baldassare  d'  Este.  Giovanni  da  Milano.  Bonifacio 
Bembo.  Cristoforo  da  Cremona.  Vincenzo  (Poppa)  da  Brescia.  Leo- 
nardo da  Cremona.  Zanetto.  Ambrogio  de  Predis.  Antonello  da  Mes- 
sina [Alcuni  di  questi  documenti  sono  però  già  editi]. 

*  Hanacorcla  (Giuseppe  e  Guido).    La  corte   piemontese   e  le  ricerche 

storiche  di  L.  A.  Muratori  in  Piemonte.  —  Atti  R.  Accademia  delle 
scienze,  voi.  XXXV,  disp.  6.'  (1900). 

Mancinelli  (mons.  Pasq.).  Il  Gonzaga  ed  il  gesuita  moderno:  prolu- 
sione letta  nel  trattenimento  accademico  tenuto  nel  seminario  vesco- 
vile di  Città  Pieve  in  onore  di  S.  Luigi  Gonzaga,  in  occasione  del 
terzo  centenario  di  sua  preziosa  morte.  —  Città  della  Pieve, 
tip.  Melosio,  1899,  in-8,  pp.  12. 

Haiiflalari  (Mario).  I  proverbi  del  Bandello.  —  Catania,  N.  Gian- 
netta, in-i6,  pp.  21Ó  [«  Semprevivi  ».   Bibliot.  popol.  contemp.  n.  24]. 

*  llanfredf  (Silio).  L' insurrezione  e  il  sacco  di  Pavia  nel  maggio  1796. 

Monografia  storica  documentata.  —  Pavia,    libreria  edit.   Giuseppe 
Trattini,  1900,  in-8  gr.,  pp.  x-220. 

I.  Le  fonti.  IL  Pavia  sotto  la  dominazione  austriaca,  l'arrivo  delle 
truppe  francesi.  HI.  L'  insurrezione.  IV.  Il  sacco.  V.  I  processi. 

Mantova.  —  Vedi  Carreri,  Esposizione,  Gonzaga,  Ltizio ,  Malaguzsi .^ 
Nodari,  Rambaldi,   Toldo,   Trotter,   Virgilio. 

Manzoni.  —  Vedi  Bindoni,  Bonghi,  Checchia,  Guglielmino,  LombardOy 
Ravaglia,  Rodriguez,  Sacchi,   Valeggia, 

*  Mariani  (prof.  M.).  Cenni  storici  intorno  all'Università.  —  Animarlo 

della  R.   Università  di  Pavia.  Anno  scolastico  1899-1900. 

Con  un  «  Saggio  di  bibliografia  storica  e  descrittiva  dell'  Univer- 
sità di  Pavia  »  dovuto  a  Zanino  Volta.  Cenni  e  Saggio  abbastanza  in- 
completi. • 

Marinelli  (prof.  Giovanni).  Le  Provincie  d'Italia:  brevi  cenni  geogra- 
fici, statistici  e  storici  per  lo  studio  della  geografia  patria  nelle  scuole 
elementari,  secondo  i  programmi  29  novembre  1894  :  Provincia  di 
Brescia,  di  Luigi  Filippo  De  Magistris.  Provincia  di  Pavia,  del  me- 
desimo. —  Roma,  Soc.  edit.  •  Dante  Alighieri  » ,  1900,  in-i6,  pa- 
gine 14  e  pp.  12. 

*  Marezzi  (Carlo).  Famiglia  Pasquali  (di  Pavia).  —    Giornale  araldico 

a.  XXVII,  n.  9  (1899). 


BIBLIOGRAFIA 

Manclieroiii     !..  .   I.'Iiuiio:   versi  sciolti  a   Lesbia  Cidonia,  con  ititio 
duzione  e  commento  tli  Ambrogio  Mondino.  —   Torino,    Paravi 
1900,  in-i6,  pp.  Ì06. 

AlatCioli  (N.).  Il  trecentista  scrittore  fra  Giovanni  da  Bergamo  dell' o; 
dine  Roniitano  di  S.  Agostino.  —  Giornale  arcadico,  aprile  1900. 

ile<la' (Filippo).  La  Signora  di  Monza:  conferenza  tenuta  la  sera  del  18 
dicembre  1898  alle  associazioni  cattoliche  monzesi.  —  Milano,  ti- 
pografia edit.  Artigianelli,  1900,  in-16,  pp.  30. 

*  lleicr  (p.  Gabriel).    Die  Fortschritte   der  Palaeographie   mit  Hilfe  der 

Photographie.  Ein  bibliographischer  Versuch.  —  Centralblatl  f'ùr  Bi- 
bliothekivcsen^  maggio-giugno  1900  \cont.  e  fine]. 

Cfr.  Arch.  star,  lonib.,  I,  1900,  p.  i83.  —  Qui  si  notano  le  di- 
verse edizioni  fototipiche  dei  mss.  di  L.  da  Vifici  (n.  276-281);  il  7^/- 
scottrs  de  saint  Louis  de  Gonzagne  a  Philippe  II  roi  d' Espagne  (edi- 
zione fac-simile  :  Tournai,  1891,  n.  287);  i  Manoscritti,  cimeli,  ricordi 
di  Torquato  Tasso  (a  cura  Biagi  e  Solerti.  Roma,  Danesi,  1897,  nu- 
mero 294)  ,  il  Manuscrit  5/<?;'2'«  dell'Azeglio  (Londres,  1860,  n.  295); 
le  Velntures  des  mss.  de  Virgile  del  de  Nolhac  (u  Mélanges  »  dì  Roma, 
1884,  n.  315);  i  Codici  7niniati  di  Brera  (ediz.  Carta);  il  Libro  d'Ore 
Borromeo  (ediz.  Beltrami)  ;  il  Bréviaire  de  Marie  de  Savoie,  duchesse 
de  Mìlan  (ediz.  Mugnier,  n.  332,  335,  338)  ;  e  V Arte  negli  arredi  sacri 
della  Lombardia  (ediz.  Beltrami,  n,  397). 

*  .llìcliieli  (A.  Augusto).  Giuseppe  Greatti  [1738-1812].   —  Ateneo    Ve- 

neto, gennajo-febbrajo  1900. 

Dopo  il  trattato  di  Campoformio,  il  Greatti  passò  a  Milano,  dove 
trovò  il  Foscolo  che  1'  aveva  di  poco  preceduto  e  con  lui  altri  amici 
antichi  e  nuovi  dai  quali  raccomandato  potè  ottenere,  ma  per  poco, 
il  posto  di  prefetto  della  Braidense. 

llllano.  —  La  Pusterla  dei  Fabbri  (Con  3  ili.).  —  Illustrazione  italiana, 
n.  II,   1900. 

—  Armadio  pensile  nel  Civico  Museo  artistico-industriale  di  Milano,  se- 
colo XVL  —  Stipo-scrivania  fine  sec.  XVI  ;  ringhiera  di  ferro,  prin- 
cipio sec.  XVIII;  piccola  inferriata  fine  del  sec.  XVII,  nel  predetto 
museo.  —  Arte  italiana  decorativa,  a.  IX,  1900,  fase.  I-II  [dettagli, 
senza  testo]. 

Milano.  —  Vedi  Ada,  Annoni,  AnzolcUì,  Barassi.  Barbier,  Beltrami, 
Bertaux,  Berzeviczy,  Bettoni,.  Biscaro,  Bisoni,  Brusoni,  Cantar,  Ca- 
pelli, Carota,  Catalogo,  Cenni,  Cessi,  Chiapelli,  Comandini,  Comme- 
morazione, Crociani,  Documenti,  Farnari,  Frizzani,  Galleria,  Giidini, 
Greppi,  Guida,  Manzoni,  Miralles,  Moretti,  Muzio,  Noseda y  Nurra, 
Pagani,  Padri ,  Par  ini ,  Pélissier ,  Piccioni,  Pipi  a,  Poggi,  Rajna , 
Sacco,  San f  Ambrogio.   Vignali. 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA  4DD 

Miralleis  (José).  Carta  de  Felipe  IV  al  Cabildo  de  Mallorca  sobre  la  pe- 
ste en  Milàn  (1630).  —  Boletin  de  la  Sociedad  arqueológica  Luliaiia, 
febbrajo-marzo  1900. 

ilolineri  (G.  B.}.  H  poeta  soldato.  Ippolito  Nievo. —  Illustrazione  Ita- 
liana^ II.  ii_,  1900. 

lloltkcfi  kriegsgeschichtliche  Arbeiten.  Kritische  Aufsatze  zur  Geschichte 
der  FeldzLige  von  1809,  1859,  1864,  1866  und  1870-71.  Hrsgegb.  vom 
Grossen  Generalstabe,  Abtheilung  fur  Kriegsgeschichte.  Mit  Ueber- 
sichtskarten,  Planeii  und  Skizzen.  —  Berlin,  Mittler  u.  Sohn,  1899, 
gr.  in-8,  pp.  x-2i6  [«  Moltkes  militàrische  Werke  »,  III,  2]. 

Memorie  critiche  per  la  storia   delle  campagne  degli    anni  1809, 
1839,  1864,  1866  e  1870. 

IMoncey  (Le  general)  en  Cisalpine  (180 1).  Lettres  au  Ministre  de  la 
Guerre  et  au  Premier  Consul.  —  Noiivelle  Revue  rétrospective,  n.  67 
(1899), 

IMonclolfo  (R.).  L'eredità  in  Torquato  Tasso.  —  Archivio  di  psichiatria, 


Monza.  —  Vedi  Meda,  Riva,  Rodriguez. 

Moretti  (G.).  vStudi  e  concorsi  dell'architetto  Attilio  Carminati  (La  siste- 
mazione della  piazza  del  Duomo  di  Milano).  Con  ili.  —  Edilizia  mo- 
derna, marzo  1900. 

llo^so  (Angelo).  I  manoscritti  di  Lazzaro  Spallanzani  esistenti  in  Torino. 
—  3Ieinorie  della  R.  Accademia  delle  scienze^  di  Torino,  s.  II,  t.  XLIX 

(19C0). 

Motta  (E.).  Francesco  Maria  Zoppi,  da  Cannobio,  vescovo  di  Massa  e 
Carrara.  —  Il  ven.  Giov.  Antonio  Cantova  di  Intra.  —  //  Sempione  di 
Arona,  n.  16  e  22,   1900. 

Due  lettere  inedite  :  la  prima  dello  Zoppi  in  data  Massa,  22  no- 
vembre 1829,  la  seconda,  interessante  la  storia  letteraria  ed  ecclesia- 
stica del  Messico,  in  data  Messico,  ^  genn.  1718. 

—  Personaggi  celebri  all'  Isola  Bella.  (Prime  spigolature).  —  Locamo. 
Liste  officielle  des  étrangers,  V,   1900,  n.  12  e  13. 

*  Murari  (Rocco).  I  due  epigrammi  e  una  lettera  inedita  di  Giovanni 
Cotta  a  Marin  Sanudo.  —  Ateneo   Veneto,  marzo-aprile  1900. 

Nella  lettera  (Legnago,  7  agosto  1301)  diretta  al  Sanudo,  questore 
a  Verona,  si  fa  menzione  di  Jacopo  Antiquario,  il  noto  umanista  pe- 
rugino, addetto  alla  cancelleria  ducale  in  Milano  durante  e  dopo  la 
signoria  sforzesca. 


^56  BIBLIOGRAFIA 


MuuATcjKi.         \'ecli  Cani  lice  if  Manacorda. 

MusKi,  HinLioTECHE,  Archivj.  —  Vedi  Annoni,  Barbiera,  Bt-ltraiìii,  di- 
rotti, Catalogo,  Cipollini,  Fornari,  Faraglia^  Frizzotii,  Galleria, 
Guida,  Jorga,  Haeblcr,  Mie  hi  e  li,  Miier,  Muzio,  Noseda,  Rossi,  Vignoli. 

lliiifJo  (Virginio).  Vecchi  cuoi  artistici  nella  raccolta  dei  signori  Mora  .1 
Milano.  Con  tav.  e  ili.  —  Arie,  ilaliaiia  decorativa,  a.  Vili,  1899,  nu- 
meri 12  e  seg. 

Napoleonica.  —  Vedi  Bonnet,  Catalogo,  Cotnandini,  Cugnae,  Fabry, 
Greppi ,  Hitffer ,  Lombardo ,  Manfredi ,  Moneey  ,  Murra  ,  Pélissier , 
Rivista. 

I%a venne  (F.  de).  Annibal  Carrache  et  le  cardinal  Odoardo  Farnese.  — 
Revtie  des  deux  vtondeSy  1.*  marzo  1900. 

.^cnnicyer  (K.).  Notìzen  zur  Litteraturgeschichte  des  longobardischen 
Reciits.  —  Zeitschrift  der  Savig7iy~'Sti/timg,  Weimar  (1899). 

IVifueia  (G.  di).  Ancora  Sofronia.  —  Rassegna  critica  della  letteratura 
italiana,  a.  IV,  1899,  n.    10-12  (Napoli). 

Nessuna  prova  sinora  sostiene  l'opinione  che  il  Tasso  ripudiasse 
definitivamente  prima  della  stampa  del  suo  poema  I'  episodio  di  So- 
fronia. 

[\odari  (F.)].  Osservazioni  critiche  sulla  vita  di  San  Longino  martire 
nell'Acta  Sanctorum  dei  PP.  Bollandisti,  ossia  difesa  della  tradizione 
Mantovana  sul  lateral  sangue  di  N.  S.  G.  C.  conservato  nella  basilica 
di  S.  Andrea  in  Mantova.  —  Pavia,  tip.  Ist.  Artigianelli,  1899, 
in-8,  pp.  131. 

I  Bollandisti  replicano,  in  opposizione,  nel  fase.  I,  1900,  degli 
Analecta,  p.  45-48. 

Monieda  (Aldo).  [Il  Misovulgo].  Il  nuovo  assetto  del  Museo  Poidi-Pezzoli 
a  Milano.  Con  tav.  e  ili.  —  Arte  italiufia  decorativa,  a.  IX,  1900,  n.  i. 

Novara  e  Ossola.  —  Vedi  Ar lenta,  Barbier,  Boni/orti,  Carraroli ,  Va- 
nirla, Galloni,  Motta,   Tortoli,  Zimmerli. 

]%urra  (P.).  Come  finì  a  Milano  l'anno  1799.  Suwaroff  e  gli  Austro-Russi. 
Ilhistr azione  Italiana,  3i  dicembre  1899. 

Agg.  Rambaud  (A.).  Le  feld-maréchal  Souvarof  in  Reviie  bleue,  8  e 
15  luglio  1899. 

Ojetti  (Ugo).  La  pittura  lombarda  nel  secolo  XIX.  —  Corriere  della  Sera, 
n.  146,  1900. 

Or»!  (Pietro).  Modem  Italy,  1748-1898.  —  London,  Fischer  Unvvin, 
1900,  in-8  ili.,  pp.  xxiii-404. 


I 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA  457 

Paesani  (Giovanni).  Il  Cenacolo  di  Leonardo  da  Vinci  (nel  4.**  cente- 
nario del  suo  scoprimento).  —  Gazzetta  del  popolo  della  domenica,  nu- 
mero 12,   1900. 

Agg.  nella  medesima  Gazzetta  (n.  17):  Einaudi  Costanzo.  L.  da 
Vinci. 

*  PajKaui  (Gentile).  Milano  e  Aimone  di  Savoja.    —  La  Perseveranza, 

28  marzo  1900. 

Padri  (I)  camiliani  a  Milano.  —  Milano,  tip.  Pulzato  e  Giani,  1900, 
in-16,  pp.  63. 

Pariiii  (Giuseppe).  Il  «giorno»  eie  codi».  Edizione  integra  con  com- 
mento di  Luigi  Valmaggi.  Aggiuntovi  il  dialogo  della  nobiltà.  —  To- 
rino, Fr.  Casanova,  edit.,  1899,  in-16,  pp.  xi-496. 

pARiNi.  —  Vedi  Aridlani,  Bollettino,  Bonghi,  Colombo,  Grimaldi,  Rilloy 
Scherìllo,  Sinigaglia. 

*  Pavanello  (F.).  Gaspare  Stampa   (Note  critiche).  —  Rivista  mensile 

di  lettere  e  di  storia  di  Casalmaggiore,  a.  I,  n.  4,  1900  e  seg. 

Pavia.  —  Vedi  Bisoni,  Cessi,  Dell'Acqua,  Filippini,  Man/redi,  Mariani, 
Marozziy  Mosso,  Salvioni,  Sant'Ambrogio,  Zoja. 

*  Pelaex    (prof.  Mario).    Lettere   di    Girolamo   Tiraboschi    a   Tommaso 

Trenta.  —  Atti  della  R.  Accademia  lucchese  di  scienze  e  lettere,  t.  XXX 
(1900). 

*  Pólisslcr  (L.  G.).  Note  e  documenti  su  Luigi  XII  e  Lodovico  Sforza. 

—  Archivio  storico  italiano^  fase.  I,  1900  \cont.  e  fine\, 

VII.  Sulla  sistemazione  dell'affare  di  Felizzano  (1499).  —  Vili. 
Una  lettera  di  Isabella  d'Este,  marchesa  di  Mantova  (3  maggio  1498, 
all'oratore  ferrarese  Costabili).  —  IX.  Sopra  un  periodo  francese  della 
diplomazia  veneziana  (aprile-agosto  1499).  —  X.  Concentramento  del- 
l'esercito francese  nell'Astigiano  nel  1499.  —  XI.  Ragguagli  sulle  forze 
mihtari  milanesi  negli  ultimi  mesi  del  1498.  —  XII.  Castellani  e  of- 
ficiali eletti  dal  duca  Lodovico  Sforza  nella  sua  breve  restaurazione 
del  1500. 

*  —  Le  fonds  Fabre-Albany  à  la  Bibliothèque  Municipale  de  Montpellier. 

—  Centralblatt  f'ùr  Bibliothekswesen,  maggio-giugno  1900. 

Lettere  di  Luigi  di  Bréme  e  del  Foscolo  alla  contessa  d'  Albany 
(Milano,  1807-1819),  già  note.  —  Per  i  mss.  dell'Alfieri,  dalla  contessa 
Albany  legati  alla  Braidense  cfr.  Arch.  stor.  lomb.,  XIII,  1886,  p.  419. 

—  Pétition  d'une  abandonnée  (Milan,  1802).  —  Corréspondance  Archéolo- 
gique,   1900. 


438 


BIBLIOGRAFIA 


t  Stendhal  a  voulu  (lue  son  épitaphe  le  dit  Milanais,  parce  <iu'.! 
Milan  »  u  il  a  vécu,  —  il  a  aimé,  —  il  a  ecrit  •.  Cette  épitaphe  aii- 
rait  pu  convenir  a  plus  d'un  soldat  des  armées  consulaires  ou  inij)* 
riales,  —  dans  ses  premiers  termes  au  moins.  Le  Languedocien  An- 
toine  Cahier,  par  exemple,  a,  lui  aussi,  vecu  et  aimé  a  Milan,  mais 
il  n'y  écrivait  pas  —  et  c'est  son  silence  obstiné  qui  amena  une  de  ses 
victimes  [Rachele  Consonni  j  à  adresser  au  préfet  de  l'Herault,  en  1802, 
la  •  pétition  »  che  il  P.  pubblica  per  esteso,  aggiungendo  le  notizie  in- 
viatele in  seguito  d'officio  intorno  al  di  lei  seduttore,  assassino  e  bigamo. 

*  Periodico   della  Società   Storica  per  la  Provincia  e  antica   diocesi  di 

Como.  P'asc.  49.*  —  Como,  Ostinelli,  1900,  in-8  gr. 

Scolari  (F\).  Plinio  il  giovine  oratore  [I.  Plinio  davanti  alla  cri- 
tica. II.  Studi  retorici  di  Plinio.  III.  Arringhe  di  Plinio.  IV.  Meriti 
oratori!  di  Plinio  e  sue  idee  sull'eloquenza  (segue  l'A.  le  traccie  del- 
PAUain,  aggiungendovi  del  suo  ricerche  nuove  e  nuove  considerazioni)!- 
—  GiussANi  (A.).  Due  cippi  romani  scoperti  in  Olonio. 

Pliilippi  (Ad.).  Kunstgeschtliche  Einzeldarstellungen.  N.  io,  u.   11,  IV 

Bd.;  I  u.  2  Lief.  gr.  in-8.  —  Leipzig,  Seemann,  1900. 

IO,  IV,  I.  L'Italia  nell'epoca  del  Barocco  (Caravaggio  e  Ribera). 

Piccloui  (Luigi).  Recensione  del  lavoro  di  L.  Ferrari,  Del  «Caffé», 
periodico  milanese  del  sec.  XVIII.  —  Rassegna  critici  della  lettera- 
tura italiana,  a.   IV,  1899,  n.  11-12,  a  p.  242-50. 

Molti  appunti. 

*  Pig^eon  (Amédée).  Les  prétensions  de  la  France  sur  les  duchés  de  Parme 

et  Plaisance  [1515-1547].  —  Revue  cC histoire  dipiomatique,  n.  2,  1900. 

*  Piiietti  (Angelo).  Una  supplica  alla   Serenissima  contro  gli  Ebrei.  — 

Nuovo  Archivio   Veneto,  tomo  XIX,  parte  I  (1900). 

Supplica  della  comunità  di  Martinengo  dell'  a.  1507,  con  notizie 
intorno  agli  Ebrei  in  Bergamo  nel  quattrocento. 

Pipla  (U.).  Comune  e  Duomo  (a  proposito  della  riforma  della  facciata 
del  Duomo  di  Milano).  —  //  Filangieri,  a,.  XXV,  n.  5,  1900. 

Plinio.  —  Vedi  Detlesseii,  Periodico. 

*  Pos:gl  (Vittorio).  Un  favorito  di  Giulio  IL  —  Giornale  storico  e  lette- 

rario della  Liguria,  a.  I,  fase.  3-4,  1900. 

Gerolamo  de' Capitani  d'Arzago,  vescovo  di  Nizza  (13 11)  e  prima 
preposto  della  Mirandola.  Titolare  di  una  medaglia  coniata  *  in  me- 
moriam  »  di  papa  Giulio  IL  I  rapporti  personali  dell'Arzago  con  papa 
Giulio,  ai  quali  allude  la  parola  «  alumnus  »  nel  dritto  della  medaglia, 
non  sono  ben  chiari. 


BOLLETTINO     DI     BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA  4:?9 

Pons.  Leonardo  da  Vinci.  —  Rivista  ligure  di  scienze,  lettere  ed  arti, 
gennajo  1900. 

Proficli  (F.).  Kleine  Beitrage  von  Ariost  und  Tasso.  —  Zeitschrift  f'ùr 
die  oesterreichischen  Gyinnasien,  50  Jahrg.,  n.   12  (1900). 

Proiit  (E.).  Auber's  «  Le  Philtre  »  and  Donizetti's  «  L'Elisire  d'amore  ». 
A  comparaison.  —  Montly  Musical  Record,  febbrajo-aprilei9oo  (Londra). 

Puccinelll  (can.  Torquato).  Torquato  Tasso  :  carme  latino  conversione 
italiana.  —  Livorno,  tip.  Meucci,  1899,  in-8,  pp.  20  [Per  il  50." 
anniversario  della  messa  novella  dell'autore]. 

Kaeiuy  (Ch.  de).  Schinner  et  Supersaxo.  —  Revue  historique  vandoise, 
1899. 

Rajna  (Michele).  L'eclisse  solare  del  28  maggio  1900.  —  La  Perseve- 
ranza, 22  maggio  1900. 

Con  accenni  agli  eclissi  degli  anni  1804  e  1842  visibili  in  Lom- 
bardia. 

*  Rambalcli  (P.  L.).    Soldati  cattivi  soggetti.    —    Nuovo  Archivio   Ve- 

neto, t.  XIX,  p.  I,  1900. 

Gli  stipendiarj  inglesi  ed  italiani  che  il  25  febbrajo  1381  lasciarono 
il  campo  di  Mestre  lagnandosi  di  non  aver  ricevute  le  paghe  dopo  i 
loro  lodevoli  servigi,  e  recatisi  a  fogliano  ricevettero  dal  Carrarese 
vettovaglie  e  poterono  per  sua  concessione  rimanere  alcuni  dì  sul  ter- 
ritorio trevigiano.  Un  interessante  documento  veneziano  pubblicato  dal 
Sardagna  non  pone  in  dubbio  la  corruzione  per  opera  del  Carrarese, 
e  cresce  la  misura  della  colpa  dei  soldati  oltre  ciò  che  è  già  riferito 
dai  cronisti.  Questo  documento  è  una  lettera  della  Signoria  inviata  a 
Bernabò  Visconti  e  ad  altri  principi,  in  su  la  fine  di  marzo  o  a'  primi 
di  aprile:  in  essa  i  soldati  traditori  sono  segnalati  uno  per  uno,  e  con 
certe  croci  è  indicato  anche  il  grado  della  loro  «  iniquità  »  perchè  da 
tutti  fossero  in  seguito  tenuti  lontani  come  vili  e  fedifraghi.  Forse  può 
sembrare  che  il  governo  dogale  abbia  data  soverchia  importanza  a  quei 
soldati  cattivi  soggetti  ;  ma  è  invece  curioso  sapere  che  la  lettera  della 
Signoria  non  è  che  una  dignitosa  risposta  ad  un'  altra  lettera  circo- 
lare che  que'  soldati  medesimi  avevano  indirizzata  ai  potentati  italiani 
il  5  marzo,  da  Padova.  Lettera  che  tende  a  mostrare  le  buone  ragioni 
della  loro  diserzione  con  vergogna  di  Venezia  ;  ma  il  luogo  stesso 
donde  era  inviata  attestava  1*  corruzione.  E  il  Rambaldi  pubblica,  il- 
lustrandola, la  copia  ricevuta  da  Lodovico  Gonzaga,  traendola  dall'Ar- 
chivio di  Mantova. 

*  Ratti  (Achille).   L'Omeliario  detto    di    Carlo  Magno  e    l' Omeliario  di 

Alano  di    Farfa.   Nota.    —    Rendiconti  Istituto  Lombardo,   s.  II,  vo- 
lume XXXIII,  fase.  IX  (1903)  [vedi  Acta\, 


fio  BIBLIOGRAFIA 


4^)0 


Argomento  è  quell'Omeliario,  che  di  Carlo  Magno  è  detto,  ma 
del  (juale  Paolo  Diacono  fu  l'autore  ed  il  compilatore. 

Ila%aff;lla  (K.).  Quo  vadis  e  i  Promessi  Sposi  :  studio  parallelo.  —  Bo- 
logna, L.  Beltrami  (libr.  Treves),  1900,  in-8. 

Renda  (Umberto).  Recensione  degli  Studi  folenghiani  di  A.  Luzio.  — 
Giornale  storico  della  leiieratura  italiana,  fase.  104  (1900),  pp.  371-401. 

Ilenier  (Rodolfo).  V.  Luzio, 

Itlllo  (N.).  Il  primo  centenario  di  G.  Parini.  —  Napoli,  Pierro  e  Ve- 
raldi,  1900. 

—  Il  centenario  del  Parini  e  l'origine  del  «  Giorno».  —  Roma,  Befani, 
1900. 

Risorgimento  nazionale.  —  Vedi  Appunti,  Barbiera,  Biadego,  Boniforti, 
Campagne,  Catalogo,  Cipollini,  Luzzatti ,  Molinari ,  Moltke ,  Orsi, 

Trevisan. 

*  Hi¥a  (Giuseppe).  Il  giovedì  e  il  venerdì    santo  a  Monza    sul  principio 

di  questo  secolo.  —  La  Perseuerauza,  12-13  apnle  1900. 

I.  Oratori  sacri.  II.  Processioni  simboliche. 

*  Ri%'S»ta  di  storia,  arte,  archeologia  della  Provincia  di  Alessandria.  Fa- 

scicolo speciale  dedicato  alla  storia  del  periodo  napoleonico  in  occa- 
sione del  centenario  della  battaglia  di  Marengo.  In-4.  —  Alessan- 
dria, tip.  G.  Chiari,  1900  [Della  «Rivista»  a.  IX,  fase.  XXIX, 
gennajo-marzo  1900]. 

Itoeclii  (ten.  col.  E.).  Francesco  di  Giorgio  Martini  architetto  civile  e 
militare  (con  3  tav.).  —  Rivista  di  artiglieria  e  gefiio,    maggio  1900. 

Architetto  chiamato  anche  a  Milano  dagli  Sforza. 

Koflri^iiex  (F.).  Il  ritratto  della  Signora  di  Monza  nei  Promessi  Sposi 
di  A.  Manzoni.  —  Iride  Mainertina,  di  Reggio  Calabria,  a.  Ili,  nu- 
mero 2-3. 

*  Romano  (G.).    Niccolò    Spinelli    da   Giovinazzo,    diplomatico   del  se- 

colo XIV.  —  Archivio  storico  napoletano^  XXIV,  3,  1899,  e  cont. 

Nel  1355  fu  in  Bologna  al  servizio  di  Giovanni  da  Oleggio,  fat- 
tosi signore  della  città,  che  lo  man^  ambasciatore  al  card.  Albornoz, 
legato  di  Innocenzo  V  che  voleva  ricuperare  le  terre  della  Chiesa.  In- 
dusse l 'Oleggio  ad  abbandonare  le  parti  di  Bernabò  Visconti  per  ab- 
bracciare quelle  del  legato,  e  ne  ricevette  in  cambio  di  Bologna  il 
vicariato  di  Fermo  e  la  rettoria  della  Marca  (1360).  Lo  Spinelli  passò 
allora  al  servizio  della  Chiesa,  ed  in  missione  ad  Avignone  e  in  altre 
occasioni  ebbe  incarichi  nelle  questioni  politiche  ardenti  tra  Chiesa  e 
Visconti. 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA  46 1 

Rosenberg^  (Ad.).  Das  Abendmahl  Leonardos  da  Vinci.  (Mit  Abb.  iind 
Kunstbeilage).  —  Daheiin  ^  XXXVI,  n.  27-28  (1900). 

Ros»«i  (Gerolamo).  I  Grimaldi  di  Ventimiglia  (Estr.    dalla  Miscellanea  dì 

sloria  ilaliana^  s.  Ili,  voi.  II).  —  Torino,   Paravia,  1899. 

Secondo  documenti  dell'Archivio  di  Stato  di  Milano  (1251-1502) 
per  le  relazioni  de'  Grimaldi  e  dei  Genovesi  co'  Visconti  e  più  cogli 
Sforza. 

Hiia  (G.).  Una  antica  rivista  politico-umoristica  d' Italia  imbastita  sopra 
un  sonetto  del  Petrarca.  —  Giornale  storico,  fase.  104-103  (1900). 

Si  tratta  di  14  Imprese  dei  primi  anni  del  sec.  XVII,  alle  quali 
sono  attribuiti  per  motti  in  giusto  ordine  i  versi  del  sonetto  del  Pe- 
trarca «  Pace  non  trovo  e  non  ho  da  far  guerra  ».  E  cioè  «  Imprese 
con  li  loro  motti  sovra  li  principi  e  personaggi  che  intervengono  nella 
presente  guerra  del  Monferrato  l'anno  161 3  »  (intervengono  il  duca  di 
Mantova,  don  Vincenzo  Gonzaga,  il  governatore  di  Milano  marchese 
dell'Hinoyosa,  e  Mantova). 

Rtisliforlli  (G.).  Carlo  CrivelH.  —  New- York,  Macmillan,  1900. 

jSalibaflini  (R.).  Dante  scriveva  «  Virgilio  »  o  «  Vergilio  ?  »  —  dar'- 
naie  Storico,  fase.  104-103  (1900). 

—  Nuove  notizie  e  nuovi  documenti  su  Ognibene  de'  Bonisoli  Leoniceno. 
—  Antologia   Veneta,  gennajo-febbrajo  1900  (Belluno). 

taccili  (E.).  L'elemento  religioso  nell'arte  del  Manzoni.  —  Pavia, 
fratelli  Fusi,  tip.,  1899,  in-8,  pp.  11  [Estr.  dalla  Rivista  filosofica^ 
1899,  fase.  IV-VJ. 

^aeco  (prof.  Antonio).  Il  Duomo  di  Milano  e  la  sua  facciata.  —  Arte  e 
Storia,  n.  6,   1900  e  prec. 

^aclis  (Otto).  Lionardo  da  Vinci.  —   Wiener  Rimdschau,  IV  Jahrg,  n.  6 

(1900). 

Salvioni  (Carlo).  Il  pianto  delle  Marie    in  antico  volgare  marchigiano. 
Nota.  —  Rendiconti  R.  Accademia  dei  Lincei,  voi.  Vili,  1900. 
Dal  Codice  n.  42  della  Biblioteca  Universitaria  di  Pavia. 

*  —  Sul  valore  della  lira  bolognese  {cont.),  —  Atti  e  Memorie  della  R.  De- 

putazione di  storia  patria  per   le  Provincie   di  Romagna,    s.  III,  vo- 
lume XVII,  fase.  IV-VI  (1899). 

XIII.  Provvedimenti  monetarii  dal  1393  al  1402.  Coniazione  dei 
quattrini  [importante  per  le  coniazioni  viscontee  in  Bologna  e  per  i 
calcoli  di  ragguaglio  dei  quattrini  ed  altre  monete  dell'  epoca]. 

*  Sant' Amlirosio  (Diego).  Il  Pantheon  d' Agrippa  e  la  Basilica  Am- 

brosiana. —  Arte  e  Storia,  n.  7,  1900. 


BIBLIOGRAFIA 


*  Nnnt*;tiiilirog;lo  (Diegfo).  Quando  fu  relegato  nella  Sagrestia  vecchia 

il  trittico  d'avorio  dell' Knibriachi  e  della  collocazione  sua  nella  Cer- 
tosa  di    Pavia.  —  //  Monitore  tecnico,  a.  VI,  1900,  n.   14. 

*  —  Un  dipinto  votivo  del  castello    di    Porta  Giovia  ;    Il  fregio  a  puttini 

della  Certosa  di  Pavia  ;  L'  affresco  di  bernardino  Luini  nella  chiesa 
parrocchiale  di  Carpiano  ;  Il  Reliquiario  dei  Santi  Innocenti  nella  Ba- 
silica Ambrosiana.  —  Lega  Lombarda,  io  maggio  ;  15  maggio;  2\  mag- 
gio ;  4  giugno  1900. 

Sartorlus  (A.  Freiherr  von  Waltershausen).  Die  Germanisierung  der 
Ratoromanen  in  der  Schweiz.  Mit  i  Karte.  —  Stuttgart,  Engel- 
lìorn,  1900,  gr.  in-8. 

Kcanclella  (sac.  Gaetano).  Vita  della  venerabile  Bartolomea  Capitanio 
di  Lovere)  principale  fondatrice  delle  scuole  della  carità.  XVI  edi- 
zione. —  Brescia,  tip.  istituto  Pavoni,  1899,  in-i6,  pp.  347. 

Sclierillo  (M.).    Spigolature  Pariniane  in  documenti   inediti.  —  Studi 
di  letteratura  italiana,  voi.  II  (Napoli,  1900). 
Cfr.  i  cenni  bibliografici  in  questo  fascicolo. 

JScli^veifaser  (Eugenio).  La  scuola  pittorica  cremonese  (Ricordo  del- 
l'Esposizione  d'arte  sacra  in  Cremona).  Con  ili.  —  V  Arte,  a.  III, 
1900,  fase.  I-IV. 

Segre  (Arturo).  Delle  relazioni  tra  Savoja  e  Venezia  da  Amedeo  VI  a 
Carlo  II  (III)  [1336-1553].  —  Memorie  della  R.  Accademia  delle  scienze 
di  Torino,  s.  II,  t.  XLIX  (1900). 

Importanti  per  le  relazioni  dei  duchi  di  Savoja  con  Filippo  Maria 
Visconti  e  con  gli  Sforza. 

Sfing;e.  <i  Femminismo»  storico.  Isabella  d' Este  Gonzaga.  —  Fanfulla 
della  domenica,  n.  9-10,  1900. 

Sforza  e  Visconti.  —  Vedi  Archivio,  Beatrice,  Beltrami,  Bernardini, 
Boissonade,  Cerasoli,  Comelli,  Coiivreii,  Vanirla,  Eiibel ,  Felician- 
geli.  Fratelli,  Frollila,  Fueter,  Haebler,  Malaguzzi,  Meier,  Murari, 
Pélissier,  Racmy,  Rambaldi,  Romano,  Rossi,  Salvioni,  Segre,  Verga, 
Vcrnon. 

*  Simeonì  (dott.  Luigi).  Gli  antichi  possessori  del  castello  di  Soave.  — 

jVuoz'o  Archivio   Veneto,  t.  XIX,  p.  I,  1900. 

Due  documenti  che  provano  come  il  castello  appartenesse  fin  dai 
primi  anni  del  secolo  XIII  alla  famiglia  Greppi  (di  Verona),  e  mo- 
strano quando  e  come  esso  venne  in  mano  degli  Scaligeri. 

Siiiig;ag;lia  (Gior.).  Un  poeta  sociale  nel  secolo  XVIII  [Giuseppe  Pa- 
rinij.  —  Milano,  Carlo  Aliprandi,  edit.,  1900,  in-i6,  pp.  51,  con 
ritratto. 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA  468 

ji|»»niigliana.  Una  lettera  inedita  di  Volta.  —  //  Nuovo  Cimenio,  di- 
cembre 1899  (Pisa). 

Tasso.  —  Vedi  Cozza,  Meìer  ,  Mondolfo ,  Niscia ,  Prosch ,  Pitccinelli , 
V ac alili z zo ,   Voglie. 

Tinmar  (Frz.).  Die  Reise  nach  den  oberitalienischen  Seen  :  Como-See, 
Lugano-See,  Lago  Maggiore,  Garda-See  und  Mailand.  Praktisches  Rei- 
sehandbuch,  3.  Aufl.  —  12."  Berlin,  A.  Goldschmidt,  1900  [«  Grie- 
ben's  Reiscbiìcher  13]. 

Toldo  (?.)•  Le  courtisan  dans  la  littérature  fran^aise  et  ses  rapports  avec 
l'oeuvre  du  Castiglione.  —  Archiv  fì\r  das  Studium  der  neuern  Spra- 
chen  und  LitteratnreUy  CIV,  i,  2. 

Tortoli  (Giovanni).  Elogio  di  Carlo  Negroni,  accademico  corrispondente. 
—  Alli  R.  Accademia  della  Crusca  (adunanza  pubblica, '7  genn.  1900). 
*  Cfr.  2Ci\<:^^  Rassegna  nazionale,  16  marzo  1900. 

Tra^^iil  (A.).  Peschiera:  sue  origini  e  vicende.  —  C  h  i  et  i ,  Marchionne, 
1899,  in-8,  pp.  63  con  3  tav. 

Trevisian  (Francesco).  La  letteratura  piemontese  e  Carlo  Alberto  nel 
patrio  risorgimento.  —  Rassegna  nazionale,  iG  marzo  1900. 

Agg.  Berti  (D.)-  Carlo  Alberto  avanti  il  regno,  in  N.  Antologia^ 
13  marzo  1900. 

Trivulzio.  —  Vedi  Bollettino,  Fregio,  Haffter. 

Trotter  (A.).  Canzonette  infantili  mantovane.  —  Archivio  per  lo  studio 
delle  tradizioni  popolari,  ottobre-dicembre  1899. 

Turiicr  (C.  H.).  Eusebius  of  Vercelli.  —  Journ.  Theol.  Stud.  i.  1,  ot- 
tobre 1899. 

Il  probabile  autore   del    «  Ouicumque  vult  »    nella  seconda  metà 
del  IV  secolo. 

l'iricli  (R.).  Das  Graberfeld  von  Cerinasca-Arbedo.  —  Anzeiger  f'ùr 
schzveìzerische  Altertumskunde,  n.  4,  1899,  con  4  tav.  {cont.  e  fine). 

Vaccalliizzo  (N.).  I  lettori  della  «  Gerusalemme  liberata  ».  —  Rassegna 
Pugliese,  XVI,  8. 

"  Valeg:8:la  (G.).  La  risciacquatura  in  Arno  de'  «  Promessi  Sposi  ».  — 
Giornale  storico  e  letterario  della  Liguria,  a.  I,  1900,  n.  3-4. 

*  Vani  (L.).  Ricordi  delle  Colonie  Lombarde  di  Sicilia.  —  Archivio  Sto- 

rico Siciliano,  a.  XXIV,  fase.  III-IV  (1900). 

*  Ver;$a  (Ettore),  Documenti  di  storia  perugina  estratti  dagli  Archi vj  di 

Milano.  —  Bollettino  della  R.  Deputazione  di  storia  patria  per  r  Um- 
bria, a.  VI,  fase.  I,  1900  [cont.  e  fine]. 


464  BIBLIOGRAFIA 


Degli  anni  1481-1533.  Relazioni  tra  i  Bagjioni  e  gli  Sforza;  do- 
cumenti varj  per  Niccola  e  Giace  mo  Antiquario. 

*  Wernon  (K.  Dorothea).  The  constitutional  position  of  Cosimo  de' Me- 

dici. —   The  cìiglish  historical  RevieiVy  aprile  1900. 
Relazioni  di  Cosimo  con  Francesco  Sforza  (1449). 

*  Vlffiioli  (Tito).    I  Musei  moderni  di  storia  naturale.    Nota.  —  Rendi- 

conti Istituto  Lombardo,  s.  II,  voi.  XXXIII,  fase.  V-IX  (1900). 
Storia  del  Museo  di  storia  naturale  di  Milano  dal  1838  al  1893. 

VJrn^lllo.  —  Bartoli  (Alfr.).  La  lingua  e  la  materia  di  Virgilio.  —  P  i- 
stoja,  tip.  Fiori,  1900,  in-8,  pp.  135. 

Agg.  per  gli  studj  vergiliani  :  Bellino  (H.).  Studien  iiber  die 
Compositionskunst  Vergils  in  der  Aeneide  (Leipzig,  Dieterich,  1899, 
gr.  in-8,  pp.  VI-250);  BuRD  (A.  A.).  Sophocles  interpreted  by  V'irai! 
(in  Hermathena,  n.  XXV);  Evverett  (W.).  Upon  Virgil  Aeneid,  VI, 
893-898  ;  Scuter  (A.).  On  Virgil,  Aeneid,  XII,  813-818  (in  The  Clas- 
sical  Revieiv,  aprile  1900);  Granger  (F.).  Folklore  in  Virgile  {The 
Classical  Revie7v,  voi.  XIII,  n.  9)  ;  D'Ovidio  (F.).  Due  riscontri  fra 
1'  t  Eneide»  e  la  <  D.  Commedia»  (in  Aieìie  e  Roma,  II,  12);  Sab- 
BADiNi  (R.).  Il  verso  più  difficile  dell'  «  Eneide  »>,  IV,  436  (in  Rivista 
di  filologia  e  rf'  istruzione  classica,  28,  I)  ;  Weinberger  (W.).  Vergil 
als  Cicero  (in   Wiener  Studien,  XXI,  2). 

Virgilio.  —  Vedi  Leland,  Sahbadini. 

*  Vitalini  (O.).  Zecchino  di  Francesco  Gonzaga,  principe  di  Castiglione 

delle  Stiviere.  Con  ili.  —  Rivista  italiana  di  numismatica,  fase.  I,  igoo. 

W^og;ti«  (E.  M.  Vie. te  de).  Le  rappel  des  ombres.  —  Paris,  Colin  et  C. 
1900,  in-8  gr. 

La  commémoration  du  Tasse. 
\*OLTA.  —  Vedi  Atti,  Biadego,  Cantone,  Lussana,  Somigliana. 

Zininierli  (d.^*  J.).  Die  deutsch-franzòsische  Sprachgrenze  in  der  Schweiz. 
III.  Theil  :  Die  Sprachgrenze  im  Wallis.  —  B  ase  1 ,  H.  Georg,  1899^ 
in-8,  pp.  1V-154  e  carte  e  tabelle. 

I  confini  linguistici  tedesco-francesi  della  Svizzera.  III.  Il  confine 
del  Vallese  [pur  troppo  senza  tener  calcolo  delle  colonie  tedesche  del- 
l'Ossola  e  della  Val  Sesia]. 

iRoJa.  —  In  memoria  di  Giovanni  Zoja,  morto  in  Pavia  il  15  dicembre 
1899.  —  Pavia,  tip.  cooperativa,  1900,  in-8,  pp.  48. 

Agg.  le  commemorazioni  dettate  dal  prof.  Leopoldo  alaggi  in  Bol- 
lettino scientifico  di  Pavia,  n.  4,  1899,  e  dal  prof.  C.  Golgi  nell'  An- 
nuario igeo  dell'  Università  di  Pavia  [con  bibliografia  delle  pubblica- 
zioni dello  Zoja]. 


APPUNTI    E    NOTIZIE 


/^  Cronaca  degli  Istituti  Scientifici  Milanesi.  —  Archivio  sto- 
rico civico.  A  questo  Archivio,  prezioso  per  la  storia  sociale  ed 
economica  di  Milano,  già  da  tempo  furon  destinati  belli  ed  ampi 
locali  nel  Castello,  ma,  mentre  altri  civici  istituti  di  pubblica  istru- 
zione han  già  trovato  nel  superbo  edificio  sforzesco  la  loro  dimora 
definitiva,  esso,  trascurato  dal  Comune  assai  più  che  non  meriti, 
ancora  l'attende,  né  si  sa  quando  potrà  averla.  La  instabilità  della 
sede  non  può  che  distrarre  da  parecchi  lavori  d'ordinamento  interno, 
intesi  a  facilitare  studi  e  ricerche;  tuttavia  a  tutto  quello  che,  nel- 
Toccasion  del  trasporto,  non  richiederà  nuovi  mutamenti,  si  va  atten- 
dendo con  cura.  A  parte  la  compilazione  continua  di  richiami,  che 
vengon  disseminati  in  tutte  le  categorie  dell'Archivio,  fu,  or  non  è 
molto,  compiuto  il  regesto  dei  sette  codici  di  sentenze  dei  Podestà 
(i385-i4io),  buona  fonte  per  lo  studio  della  criminalità  e  dell'ordina- 
mento giudiziario  in  Milano  in  quell'epoca;  fu  iniziato  un  regesto  di 
tutta  la  classe  Ambasciatori ,  una  delle  più  interessanti,  giacché  il 
Municipio,  com'  é  noto,  manteneva,  a  Madrid  prima  e  a  Vienna  poi,, 
agenti  speciali  per  tutelare  gli  interessi  economici  e  strappare  al  Go- 
verno, coir  insistenza  più  ostinata,  agevolezze  e  riforme;  si  van  to- 
gliendo dalle  cartelle  i  numerosissimi  opuscoli  a  stampa  che  vi  erano 
stati  confusi,  da  altri,  coi  documenti,  per  ordinarli  secondo  le  materie 
e  catalogarli;  si  sta  compiendo  un  indice  particolareggiato,  pagina 
per  pagina,  di  quella  preziosissima  raccolta  Bianconi  che  contiene  i 
disegni  originali  degli  antichi  edifici  di  Milano;  si  é  disseppellita,  dal 
fondo  di  alcuni  cassettoni,  ordinata  e  classificata,  una  pregevole  colle- 
zione di  stampe  antiche  milanesi,  di  stampe  classiche  dei  secoli  XVI, 
XVII  e  XVIII,  fra  le  quali  si  ammirano  incisioni  del  Suavius,  del  Caracci, 


46Ò  APPINTI    E    NOTIZIK 


^ta,  di  Guido  Reni,  del  Ribera,  ci  Salvator  Rosa,  di  Alian.et, 
di  Haedelink,  grotteschi,  vignette,  e  grandi  ripro.duzioni  da  Rafi'aello 
e  da  Tiziano,  del  Cinquecento,  e  di  disegni  originali  alcuni  dei  quali 
col  nome  del  Parmigianino,  di  Quercino  da  Cento  e  di  G.  B.  Tiepolo, 
nonché  un  disegno  originale  di  Giuseppe  Bossi,  rappresentante  F/'- 
nere  e  Urania  che  visitano  la  scuola  di  Leonardo.  Ad  alcuni  di  questi 
lavori  presta  volontariamente  un  aiuto  degno  di  encomio  e  di  rico- 
noscenza il  giovane  studente  di  lettere,  signor  Ugo  Nebbia.  Nel  pro- 
gramma infine  dei  lavori  d'Archivio  è  pure  un  regesto  dei  Registri  di 
Provvisione,  dal  i385  al  1402,  che  sarà  non  disprezzabile  supplemento 
al  Regesto  Visconteo,  al  quale  con  tanta  alacrità  si  attende  ora  dalla 
nostra  Società. 

/^  Invitata  cortesemente  dall'  on.  Presidente  Delegato  della  Con- 
sulta del  Museo  Archeologico,  Fon.  dott.  Giulio  Pisa,  con  lettera  del 
2  maggio  1900  a  voler  acconsentire  che  la  cerimonia  solenne  dell'inau- 
gurazione dei  due  Musei  Archeologico  ed  Artistico  Municipale,  ospi- 
tati ormai  signorilmente  nel  Castello  Sforzesco ,  s''  effettuasse  nella 
grande  aula  spettante  alla  Società  nostra,  la  Presidenza  annuì  premu- 
rosa alla  lusinghiera  richiesta,  giacché,  come  credè  opportuno  notare 
nel  concedere  il  suo  assenso,  essa  non  può  non  manifestare  in  ogni  cir- 
costanza pieno  ed  intero  il  proprio  benevolo  interesse  per  tutto  quanto 
concerne  la  vita  intellettuale  e  scientifica  di  Milano.  Perciò,  il  giorno  io 
dello  stesso  mese,  alle  ore  dieci,  nella  sala  nostra,  riccamente  addob- 
bata d'arazzi,  adorna  di  piante  verdi,  di  tricolori  vessilli,  ebbe  luogo 
la  cerimonia  inaugurale.  Giunte  all'ora  indicata  le  autorità,  esse  s'as- 
sisero  ad  un  grande  tavolo,  collocato  proprio  al  di  sotto  del  busto  di 
Re  Umberto  I  e  della  lapide  che  commemora  la  parte  avuta  dalli 
Società  nostra  nella  conservazione  del  Castello.  Presiedeva  il  prefetto, 
comm.  Alfazio,  che  aveva  alla  sua  destra  il  generale  Ferrerò,  il  pro- 
fessor Novati,  nostro  Presidente,  il  cav.  Carotti  ;  alla  sinistra  il  pro- 
sindaco comm.  Mussi,  il  comm.  Manusardi,  presidente  della  Deputa- 
zione Provinciale,  e  il  comm.  Lucini  procuratore  generale.  Nella  sala, 
gremita  di  gente,  si  notavano  poi  tutte  le  più  spiccate  individualità 
cittadine,  tra  le  quali  non  pochi  membri  della  Società  nostra,  i  consi- 
glieri Ambrosoli,  Seletti,  il  segretario  ing.  Motta,  ed  i  rappresentanti  di 
molte  città  lombarde,  le  commissioni  direttive  dei  Musei  di  Como,  di 
Pavia,  Lodi,  dell'Accademia  Carrara  di  Bergamo,  Ala  Ponzone  di  Cre- 
mona, Malaspina  di  Pavia,  ecc. 


APPUNTI    E    NOTIZIE  467 


Prese  primo  la  parola  il  Prefetto,  il  quale,  come  rappresentante 
del  governo,  disse  la  sua  soddisfazione  per  l'incarico  avuto;  quindi 
sorse  a  parlare  il  dott.  Pisa ,  assessore  per  l' istruzione  secondaria, 
che,  dopo  avere  riapidamente  ricordate  le  origini  e  le  vicende  dei  due 
Musei,  rese  il  debito  omaggio  a  colui  che  per  lunghi  anni  consacrò 
la  miglior  parte  del  suo  tempo  e  la  sua  somma  competenza  al  riordi- 
namento ed  air  incremento  delle  collezioni  municipali  d'  arte,  il  mar- 
chese Carlo  Ermes  Visconti,  uno  dei  nostri  più  amati  ed  operosi  rap- 
presentanti. 

Finiti  i  due  brevi  discorsi,  il  pro-sindaco  invitò  gli  intervenuti  a 
far  corteggio  alle  autorità  nella  visita  ai  due  Musei  che  si  schiudevano 
per  la  prima  volta  al  pubblico  afìbllato  e  plaudente.  E  così  la  ceri- 
monia si  chiuse:  cerimonia  semplice  in  sé  stessa,  ma  tale  da  lasciare 
in  chi  ebbe  la  sorte  di  parteciparvi  un  ben  gradito  ricordo. 

/^  Il  Consiglio  di  Presidenza,  bramoso  di  dare  sempre  nuove  prove 
della  sua  attività  nel  campo  delle  storiche  discipline,  air  incremento 
delle  quali  la  Società  nostra  è  destinata,  ha  in  una  delle  sue  ultima 
adunanze  deliberato  di  riprendere  la  pubblicazione  della  Bibìioiheca 
bistorica  italica,  che  dopo  l'edizione  del  Codice  Laudense  fatta  a  cura 
del  compianto  prof.  Vignati  era  rimasta  sospesa.  E  se  ne  è  iniziata  la 
nuova  serie  nel  formato  stesso  deWArc/tivio,  con  un  lavoro  del  conte 
Carlo  Cipolla,  professore  di  storia  moderna  nella  R.  Università  di  To- 
rino, sulle  Relazioni  tra  Mantova  e  Verona  nel  secolo  XIII;  magistrale 
raccolta  di  più  che  duecento  documenti,  pressoché  tutti  inediti  e  sco- 
nosciuti, riprodotti  per  intero  o  per  sunto  ed  opportunamente  illu- 
strati, la  quale  sparge  vivissima  luce  sopra  le  continue  guerre  che  eb- 
bero luogo  nel  Dugento  tra  Mantovani  e  Veronesi,  e  convolsero  nel 
loro  turbine  pressoché  tutte  le  città  di  Lombardia.  L'opera,  attesa  con 
vivo  interesse  da  quanti  sono  in  Italia  e  fuori  cultori  della  nostra 
storia  medievale,  è  già  sotto  i  torchi  e  si  potrà  dare  in  pubblico  sulla 
Tuie  dell'autunno.  Ogni  socio  ne  riceverà,  secondo  che  é  stato  stabi- 
lito, gratuitamente  un  esemplare. 

^*^  Pure  in  omaggio  al  desiderio  manifestato  da  parecchi  soci,  che 
nel  programma  del  nostro  sodalizio  trovasse  luogo  qualche  escursione 
a  località  vicine,  degne  d'essere  visitate  per  l'importanza  dei  loro  mo- 
numenti archeologici,  storici  ed  artistici,  il  Consiglio  deliberava  mesi 

Arch.  Star,  Lo,;il:  —  Anno  XXVH.   —  Fase.  XXVI.  ;r 


468  APPUNTI    E    NOTIZIE 


si»no  di  lare  una  prima  gita  alla  Rocca  d'Angcra  sul  Lago  Maggiore. 
La  passeggiata  ebbe  difìatti  luogo  la  domenica,  giorno  27  maggio  scorso, 
e  sotto  tutti  i  rapporti  ebbe  lietissimo  risultato.  Trattandosi  di  un 
primo  tentativo,  il  drappello  dei  partecipanti  alla  gita  non  fu  grande, 
ma  sceltissimo,  quale  è  da  augurare  che  si  rinnovi  in  occasione  d'una 
seconda  escursione,  da  tenersi  nella  prossima  primavera.  La  gita  ad 
Angera  riuscì  più  aggradevole,  grazie  alla  cortesia  dei  Conti  Borromeo, 
signori  della  Rocca,  e  della  sig.*  Maria  Castiglioni,  sorella  del  nostro 
socio  dott.  Alfonso  Garovaglio,  dimorante  in  Angera. 

/^  Il  socio  sig.  Carlo  Fumagalli  di  Monza,  tanto  benemerito  degli 
studi  artistici  della  Lombardia  per  le  sue  Reminiscenze  di  storia  e  d'arte, 
edite  in  collaborazione  con  L.  Beltrami  e  D.  Sant'Ambrogio,  e  per  la 
monografia  sul  Castello  di  Malpaga  ha  fatto  alla  nostra  Società  di  que- 
sti giorni  un  dono  non  meno  prezioso  che  gradito.  Rilegata  in  due 
eleganti  cartelle  coir  intestazione  sul  dorso:  Appendice  alle  Remini- 
scenze, egli  ha  offerto  alla  Società  una  scelta  delle  fotografie  da 
lui  eseguite  con  quella  perizia  che  tutti  gli  riconoscono ,  dei  molti  e 
importanti  monumenti,  sparsi  nelle  diverse  località  della  Lombardia 
ed  anche  in  Milano,  che  nei  tre  volumi  già  editi  delle  Reminiscenze  non 
hanno  trovato  luogo.  Son  cinquanta  fotografie,  tutte  interessanti  e  fi- 
nissime, che  ci  fanno  passar  sott' occhio  le  bellezze  architettoniche  e 
pittoriche  della  badia  di  S.  Pietro  di  Civate,  Mirasele,  Vimodrone,  dei 
castelli  di  Bellosco  e  di  Bereguardo,  delle  chiese  e  conventi  di  Agliate, 
Casoretto,  Solaro,  di  monumenti  in  Sulbiate,  Nova  milanese,  Redece- 
sio,  Barzanò,  Moncucco  ed  in  special  modo  in  Monza.  Taluni  dei  mo- 
numenti ch'esse  riproducono  —  e  ciò  accresce  il  loro  pregio  —  sono 
ormai  pur  troppo  spariti. 

La  raccolta  così  gentilmente  donata  costituirà  la  base  di  una  col- 
lezione di  fotografie,  stampe,  calchi  di  monumenti,  iscrizioni,  ecc.,  con- 
cernenti la  Lombardia,  che  la  Presidenza  intende  raccogliere  nei  lo- 
cali sociali.  All'uopo  chiede  ai  molti  soci,  dilettanti  di  fotografia,  di 
voler  aiutare  l' impresa,  imitando  lo  splendido  esempio  dato  dal  socio 
Fumagalli,  che  ci  promette  altri  graditissimi  doni. 

/^  La  R.  Deputazione  di  Storia  patria  per  le  antiche  Provincie  e  la 
Lombardia  tenne  l'annuale  sua  riunione  in  Torino  il  giorno  26  aprile 
p.  p.  Dopo  le  comunicazioni  fatte  dal  segretario  barone  A.  Manno  in- 


APPUNTI    E    NOTIZIE  469 


torno  ai  lavori  sotto  stampa  od  in  preparazione  (quali  il  Liber  poteris 
di  Brescia,  a  cura  di  mons.  Fé  d'Ostiani,  ed  i  Documenti  per  la  storia 
della  libreria  Visconteo-Sforzesca,  a  cura  di  E.  Motta  e  A.  Cappelli),  e  la 
commemorazione  del  defunto  socio  barone  Gaudenzio  Claretta,  si  passò 
a  proclamare  in  nuovi  soci  effettivi,  i  sigg.  :  conte  Ippolito  Malaguzzi-Va- 
leri,  direttore  delFArchivio  di  Stato  di  Milano,  nostro  benemerito  con- 
sigliere, nob.  Pietro  da  Ponte  in  Brescia,  cav.  Lorenzo  Bertano  in  Cuneo, 
prof.  sac.  Francesco  Gasparolo  in  Alessandria,  avv.  Ferdinando  Rondò- 
lino  in  Torino.  A  soci  corrispondenti  riuscirono  eletti  per  la  Lombar- 
dia i  sigg.:  prof.  Biagini  p.  Enrico  in  Lodi,  prof.  Giacitiio  Gaggia  in 
Brescia,  d.'^  Alessandro  Litzio,  direttore  dell'Archivio  di  Stato  in  Man- 
tova e  principe  Gian  Giacomo  Trivulzio  in  Milano. 

/^  Una  delle  più  cospicue  pinacoteche  private  che  l'Italia  pos- 
segga, vero  ornamento  della  città  nostra,  la  Galleria  del  comm.  Benigno 
Cristoforo  Crespi,  ha  trovato  or  ora  un  degno  illustratore  nel  chiaris- 
simo storico  dell'  arte,  comm.  Adolfo  Venturi,  il  quale  ha  dato  alla 
luce,  col  titolo  :  La  Galleria  Crespi  in  Milano,  un  volume  in  quarto 
grande  di  pagine  845  adorno  di  38  mirabili  fotocalcografie  e  di  196 
fototipografie,  stampato  pe'  tipi  dell'  officina  Poligrafica  Romana,  per 
conto  di  Ulrico  Hoepli.  Il  libro,  sia  per  l' importanza  eccezionale  della 
Quadreria  che  illustra,  sia  per  la  grandissima  fama  dell'Autore,  è 
meritevole  d'  un'  accurata  recensione,  che  speriamo  di  poter  offerire 
tra  breve  ai  lettori  éelV Archivio.  Queste  poche  parole  non  hanno  altro 
intento  da  quello  in  fuori  di  segnalare  la  comparsa  d'  un'  opera,  de- 
stinata a  prendere  luogo  tra  le  più  ragguardevoli  che  intorno  alla 
storia  dell'  arte  della  pittura  in  Italia  siano  venute  alla  luce  in  questi 
ultimi  tempi,  ed  insieme  richiamare  l'attenzione  del  pubblico  studioso 
sulle  benemerenze  che  quell'appassionato  ed  intelligentissimo  racco- 
glitore ed  amatore  dell'arte,  che  è  il  comm.  Crespi,  va  ogni  dì  più 
acquistando  verso  il  nostro  paese.  La  signorile  munificenza  con  cui 
egli  ha  curata  la  stampa  di  questo  splendido  volume,  è  ben  degna 
di  lui,  e  dell'  affettuosa  cura  con  cui  egli  si  oppone  all'  esodo  dei  nostri 
artistici  tesori,  dal  suolo,  ove  sbocciarono,  dando  loro  nelle  sale  della 
sua  Pinacoteca  una  sede  che  non  ha  nulla  da  invidiare  alle  più  cele- 
brate dalla  storia. 


470 


APPUNTI    E    NOTIZIE 


/^  Pubblicando  un  documento  intorno  alla  fratellanza,  matricola  e 
scuola  dei  sarti  in  Martincngo,  nel  secolo  XV;  il  sig.  Angelo  Pinetti  (i) 
rannoda  adesso  varie  notizie  relative  a  diciassette  paratici  bergama- 
schi e  specialmente  all'Università  dei  mercanti,  di  cui  studia  l'orga- 
nizzazione e  le  funzioni,  non  dissimili,  si  direbbe,  da  quelle  dell'Uni- 
versità milanese,  quali  ci  appaiono  negli  statuti  del  1396.  Accenna  alla 
floridezza  dell'  industria  bergamasca,  particolarmente  di  quella  del  la- 
nificio, vigilata  in  modo  speciale  da  tutte  le  comunità,  e  riporta  al- 
cune deliberazioni  consigliari  sui  tessitori,  assai  rigide  nel  tutelare  la 
qualità  della  merce  e  del  lavoro  ed  improntate  a  quella  intransigente 
fiscalità  che  raggiungerà  il  colmo  nel  secolo  seguente.  Chiude  parlando 
dell'industria  dei  giubboni  (zuponi)  di  fustagno,  viva,  più  che  altrove, 
in  Martinengo,  alla  quale  si  collega  la  confraternita  dei  sarti  già  fio- 
rente nel  1492,  e  riferisce  il  documento  che  ha  dato  motivo  all'  opu- 
scolo, un  istrumento,  cioè,  di  procura  dalla  fratellanza  rilasciato  a  un 
De  Rossis,  dal  quale  si  rileva  qualche  dato  intorno  all'  organizzazione 
e  agli  scopi  del  paratico.  —  L'opuscolo  del  prof.  Pinetti,  così  com'  è, 
non  ci  apprende  molto  di  nuovo,  ma  è  promessa  di  studi  più  larghi 
e  più  fecondi. 

/^  Il  dott.  degli  Azzi  in  un  fascicoletto  dal  titolo:  Della  polizia 
negli  statuti  dei  comuni  del  medio  evo,  Prolegomeni,  Perugia,  1900, 
p.  23,  espone  il  disegno  di  un'opera  futura  intesa  a  studiare  la  fun- 
zione della  Polizia  nel  medio  evo,  riducendo  a  sistema  le  norme  sparse 
nelle  infinite  leggi  del  tempo,  rilevando  i  punti  più  caratteristici  delle 
diverse  legislazioni,  e  ricostruendo  alcuni  degli  istituti  giuridici  più 
notevoli.  Quest'opera  andrebbe  così  divisa:  I.  Polizia  protettrice  o  di 
pubblica  sicurezza:  =  disposizioni  per  la  tutela  dell'ordine  pubblico, 
repressione  delle  vendette  e  guerre  private,  rappresaglie,  paci,  tregue 
e  ferie;  regolamento  del  diritto  di  riunione  e  d'associazione;  legisla- 
zione contro  i  nobili  allo  scopo  di  contener  gli  odi  partigiani;  rego- 
lamenti per  l'accattonaggio,  il  vagabondaggio,  i  forestieri;  vigilanza 
dei  pregiudicati  e  sospetti,  tutela  della  persona  e  della  proprietà.  — 
II.  Polizia  sanitària:  =  norme  per  la   salubrità  delle  acque  e  l'igiene 


(i)  La  fratellanza  artigiana  dei  sarti  in  Martinengo,   contributo  alla 
storia  delle  corporazioni  delle  arti  [bergamasche.   Bergamo,    1899,  p.  24. 


APPUNTI    E    NOTIZIE  47 1 


dell'aria;  per  le  industrie  insalubri  e  incomode,  perla  confezione  e 
vendita  di  sostanze  alimentari;  disposizioni  contro  le  epidemie  e  sorve- 
glianza degli  ospedali  ;  misure  preventive  contro  i  morbi  celtici,  ecc.  — 
III.  Polizia  ausiliatrice  o  di  pubblica  beneficenza  :  =  organizzazione  del 
lavoro  manifatturiero  e  governo  delle  proprietà  collettive  (comunanze, 
comunaglie,  vicinati);  regolamenti  intesi  a  disciplinare  l'istituto  del- 
l' enfiteusi  allo  scopo  di  favorire  la  piccola  industria  terriera,  repres- 
sione del  bagarinaggio  sulle  derrate,  tassa  ufficiale  dei  prezzi,  ordini 
sull'usura;  misure  preventive  contro  la  carestia,  provvisioni  per  la  tu- 
tela del  patrimonio  dei  poveri,  ecc.  —  IV.  Polizia  dei  costumi:  =  leggi 
suntuarie  e  sulla  prostituzione  e  sul  libertinaggio  ;  tutela  della  mora- 
lità contro  i  pubblici  scandali;  disposizioni  contro  l'adulterio  e  la  so- 
domia; legislazione  sui  giuochi. 

L'opera  così  divisa  riuscirebbe  dunque  un  bel  quadro  della  vita 
comunale  italiana,  perchè  la  materia  della  polizia  ha  sviluppo  gran- 
dissimo, non  solo  negli  statuti  delle  città  ma  anche  in  quelle  dei  pic- 
coli centri  secondari  e  rurali,  e  potrebbe  essere  un  prezioso  comple- 
mento al  recente  e  magistrale  lavoro  del  Kohler  [Das  Strafrecht  def 
italienischen  Statuten),  che  alla  polizia  consacra  solo  poche  pagine.  Il 
dott.  degli  Azzi  non  è  nuovo  allo  studio  degli  statuti  medievali;  già 
ne  diede  buoni  saggi  in  due  lavori  :  Le  rappresaglie  negli  statuti  Peru- 
gini, negli  "  Annali  della  Università  di  Perugia  „,  voi.  V  (iSgS)  e  / 
capitani  del  contado  nel  Comune  di  Perugia  (ibid.,  voi.  VI).  Esso  attende 
ora  alla  traduzione  del  mentovato  libro  del  Kohler,  che  correderà  di 
molte  note  ed  aggiunte  e  di  un'ampia  bibliografia;  è  dunque  lecito 
aspettarsi  da  lui  1'  effettuazione  del  suo  lodevole  disegno. 

/^  Sono  entrate,  per  acquisto,  nel  Museo  Nazionale  Germanico  di 
Norimberga  le  preziose  croci  d' oro  langobarde,  trovate  nel  frugare 
diverse  tombe  di  guerrieri  langobardi  in  Benevento,  Cividale  del 
Friuli  e  Monza,  già  appartenenti  alla  celebre  collezione  di  Carlo  Mor- 
bio.  Ecco  così  de'  cimeli  importantissimi  per  la  storia  italiana  migrati 
air  estero  senza  speranza  di  ritorno. 

/*  Tra  le  tesi  sostenute  nel  XII  Corso  dell*  Istituto  storico  au- 
striaco (1897-1899)  notiamo  quella  del  laureato  d.""  H.  Uebersberger, 
//  Cardinal  Federico  Borromeo  e  la  sua  opera    "  De  pictura  libri  duo  „. 


472 


APPUNTI    E    NOTIZIE 


/^  Rettifica.  —  Il  prof.  Comani  desidera  di  aggiungere  a  quanto 
è  detto  nelle  sue  Informazioni  sui  documenti  viscontei  di  Reggio  Emilia 
pubblicate  nel  precedente  lascicelo  (v.  p.  224  sgg.),  intorno  ad  indica- 
zioni cronologiche  malsicure  e  legature  inopportune  di  registri  diversi 
in  un  solo  volume,  che  questi  errori  risalgono  al  secolo  passato,  e  quindi 
le  sue  osservazioni  non  toccano  affatto  i  benemeriti  studiosi  che  or- 
dinarono e  conservarono  l'Archivio  Reggiano  nel  secolo  attuale.  Av- 
verte ancora  che  vi  sono  due  raccolte  di  documenti  dell'  Ospedale  di 
S.  Maria  Nuova;  la  più  antica  di  esse  è  già  ordinata  da  tempo  e  solo 
la  più  recente  è  da  ordinarsi. 


t  11  28  maggio  moriva  in  Milano  il  comin.  Pietro  Brambilla,  Se- 
natore del  Regno,  Presidente  della  Società  bibliografica  italiana.  Avendo 
condotto  in  moglie  una  nipote  di  Alessandro  Manzoni,  divenne  il  pro- 
prietario dei  diritti  d'autore  per  gli  scritti  del  grande  poeta,  di  cui 
acquistò  anche  le  scritture  inedite,  delle  quali  con  grande  amore  at- 
tendeva alla  pubblicazione.  E  pochi  mesi  sono  era  uscito  il  voi.  I  de- 
gli Scritti  postumi  di  A.  M.  Assai  benemerito  degli  studi  si  rese  an- 
cora colla  istituzione  a  Brera  della  "  Sala  Manzoniana  „,  che  raccoglie 
preziosi  autografi  e  quanto  dal  Manzoni  e  sul  Manzoni  fu  pubblicato 
in  tutto  il  mondo.  La  Società  bibliografica  italiana  ad  onorare  il  suo 
amato  Presidente  ha  deliberato  di  bandire  un  concorso  a  premio,  per 
un'opera  bibliografica  su  argomento  da  fissarsi  prossimamente,  in  un 
alle  norme  del  concorso  medesimo.  Il  premio  dovrà  essere  assegnato 
nella  Riunione  Generale  del  1901. 

t  II  25  giugno  pure  in  Milano  il  nob.  Carlo  d'Adda,  Senatore  del 
Regno  "  carattere  di  antica  tempra  —  il  cui  nome  si  associa  —  ai  più 
splendidi  momenti  —  del  risorgimento  nazionale  —  preclaro  esempio 
ai  cittadini  —  di  patriottismo  unito  alla  fede  ,,. 


Cesare  Vignati 


Il  giorno  24  dello  scorso  mese  di  giugno  si  spegneva  alle  ore  17 
nella  sua  tranquilla  abitazione  di  via  Pontaccio  il  sac.  prof.  Cesare 
Vignati,  commendatore  della  Corona  d' Italia,  ufficiale  Mauriziano,  Pre- 
side emerito  del  Liceo  Parini,  Vice-Presidente  della  R.  Deputazione 
sopra  gli  studi  di  storia  patria  per  le  antiche  provincie  e  la  Lombar- 
dia, socio  corrispondente  del  R.  Istituto  Lombardo  di  Scienze  e  Let- 
tere, Vice-Presidente  amatissimo  della  nostra  Società. 

I  funerali  ebbero  luogo  il  26  alle  ore  17.  Il  carro  funebre,  sem- 
plicissimo, senza  fiori,  per  espressa  volontà  dell'  illustre  estinto,  mosse 
dalla  casa  per  la  chiesa  di  S.  Marco,  donde  si  recò  poscia  al  Cimitero 
Monumentale.  Lo  seguiva  una  schiera  non  molto  numerosa  ma  eletta 
d'ammiratori,  d'amici,  di  discepoli  ;  precedeva  un  gruppo  di  vispi  bam- 
bini mandati  dall'Asilo  di  Affori,  che  il  Vignati  aveva  alquant'  anni 
or  sono  fondato.  Ai  cordoni  del  carro,  oltreché  un  rappresentante 
della  città  di  Lodi,  stavano  il  prof.  Novati  che  insieme  alla  Società 
nostra  rappresentava  il  R.  Istituto  Lombardo  di  Scienze  e  Lettere,  il 
cav.  Seletti  per  la  Deputazione  di  Storia  Patria,  l'on.  Greppi,  altro 
nostro  vice-presidente,  il  cav.  Belletti,  Preside  del  Liceo  di  Vigevano^ 
nipote  del  defunto.  Al  Monumentale,  dove  la  salma  fu  deposta  nell'at- 
tesa di  ripartire  per  Lodi  (essendosi  il  Vignati  preparato  vivente  in 
patria  il  sepolcro)^  il  prof.  Novati  pronunziò  le  seguenti  parole  : 

V'hanno,  o  signori,  taluni  uomini,  ai  quali  la  benignità  del  destino 
sembra  concedere  una  vita  che  si  prolunga  al  di  là  de'  confini  pre- 
scritti con  implacata  rigidità  dalla  natura  alla  più  parte  de'  mortali  ; 
quasi  come  se  a  loro  incombesse  l'ufficio  di  rimanere  in  mezzo  alle 
generazioni  novelle  a  ricordo  insieme  ed  esempio  delle  trapassate.  Uno 
di  questi  uomini  appunto  fu  Cesare  Vignati,  colui  che  abbiamo  ac- 
compagnato gravi  e  mesti  sin  a  questo   melanconico    asilo  de'  morti. 


474 


NKCROI.OGIO 


dond'egli  partirà  di  nuovo,  domani,  per  chiedere  l'eterno  riposo  ;l 
quel  terreno  dove  fu  "  nudrito  così  dolcemente  „:  colui,  dico,  ch'io 
or  m'appresto  a  commemorare  con  brevità  di  parole  (che  a  cuor  com- 
mosso mal  s' addice  lungo  discorso),  in  nome  della  Società  Storica 
Lombarda,  che  l'ebbe  fino  dagli  inizi  suoi  membro  operoso,  saggio 
consigliere,  venerato  Vice-Presidente;  in  nome  ancora  del  Reale  Isti- 
tuto Lombardo  di  scienze  e  lettere,  che  l'aveva  eletto  già  suo  socio 
corrispondente,  e  s' apprestava  a  dargli  segno  di  maggior  onoranza, 
ove  la  morte  non  fosse  sopravvenuta  a  rendere  immobile  e  muto  per 
sempre  il  buon  vegliardo  che,  ancor  pochi  mesi  sono,  soleva  apparire 
in  mezzo  a  noi  vigoroso,  lieto  e  sereno. 

Davvero,  o  signori,  Cesare  Vignati  stava  ancora  tra  noi  a  docu- 
mento d'  un'  età  tramontata,  la  quale,  a  breve  distanza  d'anni,  ci  appar 
già  quasi  ravvolta,  tanto  profondo  è  stato  il  mutamento  d' idee,  di  sen- 
timenti, di  consuetudini,  nelle  nebbie  misteriose,  onde  suol  ricingersi 
il  passato  lontano.  Nato  a  Lodi  nel  1814,  quando  appunto  crollava  il 
colosso  imperiale,  egli  assistette,  fanciullo,  all'instaurarsi  in  Lombardia 
della  signoria  straniera,  già  antica,  ma  scaduta,  e  di  benefica  ch'era 
stata  un  tempo,  tramutata  in  malvagia:  giovinetto  trascorse  tristemente 
quel  periodo  angoscioso  d'  attesa,  durante  il  quale  ciascuno  fissava  gli 
occhi  desiosi  nel  cielo  buio  e  minaccevole,  sperando  insieme  e  dispe- 
rando che  le  tenebre  si  diradassero,  che  V  alba  apparisse.  E  l' alba 
apparve,  e  trovò  lui,  fremente  di  sensi  generosi,  rivestito  d'un  abito 
sacerdotale,  il  quale  però  non  tolse  che  ai  magnifici  entusiasmi  di 
queir  ora  solenne,  il  Vignati  non  partecipasse  con  arder  vivo  di  pa- 
triota provato  alla  scuola  della  sventura.  Giacché  il  Nostro  fé  degna- 
mente parte  di  quel  clero  lombardo,  il  quale  si  illustrò  con  tante 
magnanime  azioni  nell'  epopea  del  nostro  riscatto,  ed  alla  pietà  sincera, 
fervente  seppe  disposare  1'  afietto  per  la  terra  natale,  il  culto  operoso 
per  gli  studi. 

Fin  dai  suoi  anni  giovanili  il  Vignati  s'era  rivolto  difatti  a  ricer- 
care con  tenerezza  figliale  le  memorie  della  sua  Lodi.  Le  indagini  di 
storia  municipale,  una  volta  forse  troppo  pregiate  in  Italia,  son  oggi 
lasciate  alquanto  in  abbandono  :  quel  sentimento  spontaneo  e  schietto  che 
spronava  ogni  intelletto  colto,  ogni  cuore  bennato  a  voler  conoscere  il 
passato  del  proprio  luogo  natale,  a  rievocare  dintorno  a  sé,  nel  paesag- 
gio familiare,  le  ombre  dei  padri  e  degli  avi,  a  celebrare  insomma, 
come  direbbe  Orazio,  domestica  facta;  va  oramai  illanguidendo  dinanzi 


NECROLOGIO  47D 


all'impeto  irruente  d'un  cosmopolitismo  gelido  o  brutale,  il  qual  non 
solo  pretende  che  ci  scordiamo  del  picciol  nido  dove  siamo  cresciuti, 
ma  altresì  della  grande  patria  comune.  Ma  il  Vignati,  nato  in  tempi 
ben  diversi,  amava  di  vero  affetto  la  sua  Lodi,  la  città,  dove  un  suo 
antenato  erasi  eretto  in  signore  ne'  giorni  in  cui,  fiaccata  colla  morte 
di  Giangaleazzo  Visconti  V  alterigia  del  biscione  milanese,  tutta  Lom- 
bardia sussultava  per  un  moto  incomposto  di  ribellione  e  pullula- 
vano d'  ogni  parte  i  tiranni.  Egli  dedicò  quindi  la  miglior  parte  del 
suo  ingegno,  de'  suoi  studi,  del  tempo  suo  a  raccogliere,  ad  esumare 
dalla  polvere  di  archivi,  di  biblioteche  documenti  e  diplomi:  e  così 
a  poco  a  poco,  preceduto  da  monografie  e  da  saggi  di  più  particolar 
carattere,  venne  elevandosi  quel  monumento  pregevolissimo  della  sto- 
ria di  Lodi,  che  è  il  Codice  Diplomatico  Laudense,  nel  quale  la  città 
lombarda,  or  amica  or  nemica  (e  più  nemica  che  amica)  della  vicina 
Milano,  vede  riprodotta  a  caratteri  indelebili  la  serie  delle  sue  vicende 
dai  tempi  romani  fino  al  termine  del  medio  evo.  Con  quest'opera, 
frutto  di  lunghe  e  perseveranti  fatiche,  il  Vignati  coronò  la  sua  vita 
di  studioso:  si  assicurò  un  luogo  cospicuo  tra  i  cultori  della  storia 
municipale  italiana;  ed  anche  quando  dinanzi  all'incessante  progredir 
della  scienza  il  lavoro  suo  venisse  —  inevitabile  destino  delle  opere 
d'erudizione  —  a  scemar  di  valore,  il  nome  di  chi  l'ha  condotto  a  com- 
pimento rimarrebbe  pur  sempre  annoverato  con  lode  tra  quelli  di 
coloro  i  quali  nella  prima  metà  del  secolo  XIX  più  efficacemente 
cooperarono  ad  iniziare  quel  risveglio  delle  discipline  storiche,  che 
è  vanto  non  mediocre  dei  giorni  presenti. 

Io  ho  voluto,  signori,  con  pochi  e  misurati  tocchi  richiamare  di- 
nanzi al  vostro  pensiero  la  mite  figura  dello  studioso,  del  dotto,  che 
tutti  abbiamo  rispettato  ed  amato:  vero  dotto,  studioso  vero,  che  ac- 
coppiò all'erudizione  più  eietta  la  modestia  più  sincera,  né  delle  sue  fa- 
tiche volle  mai  menar  vanto  né  farsene  strumento  di  fini  ambiziosi. 
Dell'uomo,  del  sacerdote  io  non  posso  né  debbo  parlare:  sol  dirò, 
per  adoperare  ancora  una  volta  l'affettuosa  espressione  dantesca,  che 
la  "  cara  immagine  paterna  „  dell'illustre  estinto  ci  rimarrà  sempre 
fitta  in  cuore:  essa  sorgerà  sempre  dinanzi  a  noi  quante  volte  ci  verrà 
fatto  di  raccoglierci  in  quelle  sale  del  Castello ,  eh'  egli  frequentava 
con  tanto  trasporto,  lieto  di  vedere  la  Società,  eh' eragli  carissima, 
svilupparsi  e  fiorire. in  quella  reggia  sforzesca ,  eh' essa  ha  cooperato 
a  salvare,  facendo  opera  degna  delle  proprie  tradizioni ,  da  una  bar- 
barica distruzione. 


i: 


NECROLOGIO 


Air  efficace  commemorazione  del  nostro  Presidente  i'e'  seguire  po- 
che parole  il  rappresentante  di  Lodi,  e  così  la  triste  cerimonia  ebbe  fine. 


A  ricordo  dell'  uomo  tanto  stimato  ed  amato  dalla  Società  nostra,  per 
la  quale  egli  nutrì  un  attaccamento,  di  cui  pur  morendo  volle  darle  prova, 
instituendola erede  di  alquanti  libri  e  d'una  raccoltina  di  documenti  cre- 
monesi, ch'egli  aveva  fatte  trascrivere  dagli  originali;  aggiungeremo 
adesso  qui  pochi  sommari  cenni  sulla  sua  vita  modestamente  operosa 
e  sui  suoi  lavori.  Il  Vignati,  secondochè  desumiamo  da  un  Cenno  bio- 
grafico, impresso  dal  Corriere  dell* Adda,  gazzetta  di  Lodi,  del  2  dicem- 
bre 1886,  che  fu  anche  tirato  a  parte,  ed  è  traduzione  aumentata  e 
corretta  d'altra  breve  scrittura  inserita  nel  Biographisches  Lexikon  der 
Kaisert/mm  Oesterreicbs  di  C.  von  Wurzbach  (Vienna,  1884,  voi.  L,  pa- 
gine 290-91);  era  nato  a  Lodi  il  14  settembre  del  1814.  Fatti  i  primi 
studi  in  patria,  entrò  poi  nel  Seminario  di  Milano  per  attendervi  alla 
teologia:  quindi,  ricevuti  gli  ordini  sacri,  ritornò  alla  città  nativa  dove 
assunse  la  direzione  della  Gazzetta  provinciale  di  Lodi,  che  tenne  per 
quattro  lustri.  Alcun  tempo  insegnò  pure  lettere  italiane  nel  patrio 
Seminario,  e  nel  1847  ebbe  anche  ufficio  governativo;  ma,  caduto  in 
sospetto  per  le  sue  idee  liberali,  e  la  parte  che  prese  nei  moti  del 
1848,  gli  fu  l'anno  appresso  tolta  la  catted;-a.  Allora  ei  si  dedicò  al- 
l' insegnamento  privato,  e  nel  i855  alla  cura  delle  anime,  conseguendo 
l'Arcipretura  di  Mairano  e  quindi  di  Massalengo  nella  diocesi  di  Lodi. 

Dopo  la  costituzione  del  nuovo  regno,  spregiando  lusinghiere  of- 
ferte di  burocratici  impieghi  in  altre  città,  egli  preferì  ottener  un  mo- 
desto ufficio  in  patria  per  attendervi  ai  propri  studi.  Ed  il  Museo  di 
Lodi  va  debitore  a  lui  della  sua  fondazione.  Più  tardi  però  ei  si  ri- 
solse ad  allontanarsi  dalla  terra  natale,  e  fu  allora  nominato  prima 
preside  del  R.  Liceo  di  Como  (1870);  quindi  di  quello  di  Pavia  (1875) 
e  per  ultimo  del  Parini  di  Milano  (1882).  Quest'ultima  carica  ei  resse 
con  zelo  e  con  amore  per  parecchi  anni ,  finché  stanco  si  ridusse  a 
vita  privata,  gustando  un  riposo  di  cui  era  ben  degno. 

Le  pubblicazioni  del  Vignati,  oltreché  nel  già  citato  cenno  del 
von  Wursbach,  dove  però  son  rammentate  solo  in  parte  e  sommaria- 
mente, rinvengonsi  enumerate  con  quella  minuziosa  accuratezza,  che  è 
precipuo  carattere  di  tutte  le  opere  dell'  erudito  bibliofilo  piemontese. 


NECROLOGIO  477 


il  barone  A.  Manno,  nel  volume  L'opera  cinquantenaria  della  R.  Depu- 
tazione di  Storia  patria  di  Torino  (Torino,  Bocca,  1884,  p.  447).  Non  ci 
sembra  però  inutile  di  riprodurne  qui  l'elenco  a  rendere  meno  incom- 
piuta questa  disadorna  commemorazione  del  venerando  vegliardo,  la 
cui  dipartita  è  stata  tanto  amara  a  coloro  che  stimavano  in  lui  l'one- 
stà impeccabile,  la  bontà   spontanea  dell'animo,    1'  elevatezza  grande 


SCRITTI  A  STAMPA  DI  C.  VIGNATI. 

1.  Ricor dazione  funebre  di  Paolo  Locatelli  arciprete,  parroco  di  S.  Gual- 

tiero nei  sobborghi  di  Lodi.  —  In-4.  Lodi,  Wilmant,  1845. 

2.  Memorie  importanti  alla  storia  della  pittura  ed  alla  storia  civile  di  Lodi, 
tratte  dalla  chiesa  di  S.  Francesco  della  medesima  città  prima  degli 
attuali  restauri.  —  In-8.  Lodi,  Wilmant,  1845. 

3.  Biografia  di  Mons.  Antonio  Pezzoni  da  Lodi,   Vescovo  di  Esbonen.  — 

In-8.  Lodi,  Wilmant,  1845. 

4.  Fiori  sulla  tomba  di  Emilia  Lavelli  De  Capitani.  —  In-8.  Lodi,  1846. 

5.  Di  alcune  divulgatissime  mummificazioni  e  del  nuovo  trovato  del  pro- 
fessore Paolo  Gorini.  —  In-16.  Lodi,  Wilmant,  1847. 

6.  Storie  lodigiane  dall'origine  alla  caduta  del  Romano  Impero.  —  In-8. 

Lodi,  Wilmant,  1847. 

7.  Catechismo  elementare  della  dottrina  cristiana.  —  In-8.  Lodi,  Wil- 
mant, i85i. 

8.  Sofronia  e  Olindo,  episodio  della  Gerusalemme  liberata,  tradotta 
in  dialetto  lodigiano  da  Francesco  de  Lemene.  Prima  pubblicazione 
con  note  filologiche.  —  In-8.  Lodi,  Wilmant,  i852. 

9.  Lezioni  di  letteratura  italiana.  —  In-16.  Lodi,  Wilmant,  i853. 

10.  Elogio  di  Maffeo  Vegio  da  Lodi.  —  In-8.  Lodi,  Wilmant,  1854. 

11.  Corso  elementare  di  storia  sacra.  —  In-i6.  Lodi,  Wilmant,  i855. 

12.  Di  Sant'Alberto  Quadrelli  vescovo  di  Lodi.  —  In-8.    Lodi,  Wilmant, 

i856. 

i3.  Sposa  Francesca,  di  Francesco  De  Lemene,   colla  vita  dell'autore.  — 
In-i6.  Lodi,  Wilmant,  1857. 


478  NECROLOGIO 


14.  Lodi  r  il  sito  territorio.  —  In-8.  Milano,  Cainii  e  Corona,  1860. 

i5.  Deile  pretese  di  Crema  di  avere  ima  autonomia  provinciale.  —  In-8. 
Lodi,  Wilmant,  1861. 

16.  Guida  storico-artistica  di  Lodi.  —  In-8.  Lodi,  Wilmant,  1864. 

17.  Educandato  femminile  delle  Dame  inglesi  in  Lodi.  —  In-8.  Lodi,  Wil- 

mant, i865. 

18.  //  canale  Muzza  e  l' irrigazione  nel  territorio  lodigiano.  —  In -8.  To- 
rino, Negro  edit.,  1866. 

19.  Storia  diplomatica  della  Lega  Lombarda,  con  XXV   documenti  ine- 

diti. —  ln-4.  Milano,  Agnelli,  1866. 

20.  Istruzione  ed  educazione.  —  In-8.  Lodi,  Wilmant,  1869. 

21.  Mainfredo  della  Croce  e  il  borgo  di  Rosate,  in   Archivio  storico  lom- 

bardo, II,  1875. 

22.  L' importanza  della  battaglia  di   Legnano.  —  In-8.  Milano,    Bernar- 

doni,  1876. 

23.  L^  istruzione  secondaria  classica   in   Pavia.  —  In-8.    Pavia,  Bizzoni, 

1877. 

24.  Codice  diplomatico  Laudense.  —  In-4.   2  voi.  Milano,    Brigola,    1879. 
[Bibliotheca  historica  italica,  voi.  II  e  III]. 

25.  Una  scomunica  di  Ottone  Visconti  arcivescovo  di  Milano.  —  Archivio 
storico  lombardo,  Vili,  1881. 

26.  Statuti  vecchi  di  Lodi.  —  In -4.  Milano,  Bortolotti,  1884. 


Da  molti  istituti  scientifici,  società  storiche,  accademie  e  privati 
son  pervenute  alla  Presidenza  lettere  di  condoglianza  per  la  perdita 
del  nostro  ottimo  Vice-Presidente. 

La  Società  Storica  Lombarda  esprime  qui  a  tutti  i  cortesi  che  si 
vollero  associare  al  suo  lutto  l'espressione  rispettosa  e  cordiale  della 
propria  gratitudine. 


ATTI  DELLA  SOCIETÀ  STORICA  LOMBARDA 


Adiinam^a  generale  del  /."  aprile  ipoo. 
Presidenza  del  Presidente  dott.  F.  Novati. 


L'adunanza,  raggiunto  il  numero  legale  dei  soci,  si  apre  alle  ore  14 
colla  approvazione  del  verbale  della  precedente  seduta. 

Commemorato  il  defunto  socio  marchese  Norberto  del  Mayno  e 
mandato  al  convalescente  Vice-Presidente  comm.  Vignati  il  reverente 
augurio  di  un  pieno  ristabilimento,  il  Presidente  comunica  la  lista  dei 
libri  donati  dai  soci  senatore  Brambilla,  prof.  Intra,  dott.  Decio,  dott. 
Nogara  e  dott.  Verga.  Presenta  inoltre  al  completo  le  schede  prepa- 
rate per  il  Regesto  Visconteo  dai  soci  Seregni  e  Riva  e  dal  sac.  Cervini 
della  Biblioteca  Ambrosiana. 

Si  dà  in  seguito  lettura  di  una  circolare  a  stampa  della  Società 
storica  siciliana  colla  quale,  per  motivi  più  o  meno  giustificati,  essa 
rinunzia  all'  esecuzione  del  mandato  conferitole  di  tenere  nel  corrente 
anno- il  VII  Congresso  storico  Italiano  in  Palermo.  L'assemblea,  non 
troppo  soddisfatta,  ne  prende  atto. 

Il  Presidente  legge  quindi  la  lettera  che  egli,  interprete  dei  voti  e 
del  sentimento  della  maggioranza  dei  soci,  ha  creduto  dovere  indi- 
rizzare al  Pro-Sindaco  di  Milano  per  rammaricarsi  vivamente  che  la 
Rappresentanza  municipale  non  abbia  rispettata  la  vecchia  Pusterla 
dei  Fabbri,  decretandone  la  demolizione  (vedi  Allegato  A).  Il  dott. 
Nogara  applaude  all'  iniziativa  presidenziale,  ma  in  pari  tempo  crede 
utile  suftragarla  con  un  voto  solenne  della  Società.  Voto  che  concre- 
tato dal  sen.  Negri  e  da  altri  soci  viene  approvato  all'unanimità  nel- 
l'ordine del  giorno  seguente  :  "  L'assemblea,  associandosi  all'iniziativa 


480  ATT!    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA 

del  SUO  Presidente,  e  ricordando  le  deliberazioni  del  21  maggio  i885, 
fa  voti  perchè  l'Autorità  Municipale  voglia  conservare  al  rispetto  dt  i 
cittadini  questi  avanzi  della  cerchia  antica  „.  11  cons.  Selciti  domanda^ 
e  si  adotta,  che  del  voto  venga  trasmessa  con  sollecitudine  copia 
air  Ufficio  Regionale  per  la  conservazione  dei  monumenti  della  Lom- 
bardia ed  alla  Commissione  Provinciale  conservatrice  dei  monu- 
menti. 

L'avv.  Maggi  legge  in  seguito  il  rapporto  dei  Revisori  del  con- 
suntivo ^[899  conchiudente  a  piena  approvazione,  e  viene  ratificato  a 
pieni  voti  (vedi  Allegato  B). 

E,  presente  il  numero  dei  30  soci  richiesto  dallo  statuto,  si  adotta 
la  modificazione  già  proposta  nella  precedente  assemblea  dell'art.  X 
dello  Statuto  Sociale  :  e  così  rimane  abolita  la  tassa  d' ingresso  di  L.  io 
per  i  nuovi  soci. 

La  seduta  si  chiude  coli' ammissione  a  soci  dei  candidati:  nob. 
Muzio  Albertoni,  conte  Febo  Borromeo,  prof.  dott.  Vittorio  Cian,  prof. 
E.  F.  Comani,  dott.  Alessandro  Luzio,  cav.  Aldo  Noseda,  marchese 
dott.  Alessandro  Tassoni  Estense  e  prof.  Giulio  Cesare  Ruzzati. 

//  Presidente: 

F.    NOVATI. 

Il  Segretario: 
E.  Motta. 


Allegato  A. 

Illustre  Signore, 

fin  dal  1888,  fin  da  quando  cioè  l'erezione  del  nuovo  quartiere  di 
Porta  Genova  stava  per  essere  iniziata,  questa  Società  Storica  Lom- 
barda, ospitando  nelle  pagine  del  proprio  Archivio  uno  studio  con 
cui  si  metteva  dottamente  in  rilievo  l'importanza  storica  ed  archeo- 
logica dell'Arco  de'  Fabbri,  si  associava  al  voto  espresso  dalla  Con- 
sulta Archeologica  Milanese  perchè  il  singoiar  monumento  fosse  sot- 
tratto alla  distruzione.  Unico  avanzo  di  quella  serie  di  pusterle  (se 
dieci  o  dodici  non  sanno  dirci  con  sicurezza  i  vecchi  cronisti)  che, 
intercalate  alle  sei  porte  maggiori,  schiudevano  adito  alla  campagna, 


ATTI    DELLA.    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA  48 1 

esso  possedeva  e  possiede  di  più  un  peculiare  interesse  per  la  citta- 
dinanza nostra  in  quanto  che,  com'  è  notissimo  a  tutti,  per  secoli  e 
secoli  vi  trassero  ad  accendere  lampade  votive  dinanzi  al  simulacro 
che  vi  stava  infisso,  le  novelle  spose,  le  liminote  milanesi.  Per  siffatte 
ragioni,  alle  quali  quella  pur  s'aggiungeva  che  dalla  conservazione 
della  Pusterla  non  scaturiva  verun  ostacolo  alla  viabilità,  la  società 
nostra  nudrì  sempre  ferma  speranza  che  i  suoi  voti  non  andrebbero 
delusi:  e  nuovo  conforto  a  tal  credenza  le  venne,  non  è  ancora  un 
anno,  dal  fatto  che,  demolite  le  costruzioni  seriori,  ond' era  deturpato 
il  vecchio  Arco,  la  passata  Amministrazione  comunale  s'acquetò  nel 
proposito  di  mantenerlo  in  piedi.  Ed  ecco  invece  or  ora  con  delibe- 
razione che,  possiamo  ben  dirlo,  non  tornò  meno  incresciosa  che  inat- 
tesa a  molta  parte  della  cittadinanza,  il  municipale  Consiglio  sanzio- 
nare all'opposto  la  demolizione  dell'avanzo  venerando. 

Illustrissimo  Signore!  Come  rappresentante  di  cotesto  Sodalizio, 
i  membri  del  quale,  senza  vane  superstizioni  d'antiquari,  ma  con 
cuore  ed  intelletto  di  studiosi  e  di  cittadini,  bramano  vedere  rispet- 
tate le  memorie  della  patria  loro,  io  debbo  vivamente  deplorare  la 
risoluzione  che  l'Amministrazione  dalla  S.  V.  I.  presieduta,  s'è  cre- 
duta in  diritto  d'adottare.  E  l'amore  ben  noto,  onde  la  S.  V.  I. 
prosegue  i  ricordi  della  sua  Milano,  mi  dà  adito  a  sperare  che  Ella 
vorrà  saggiamente  temperare  le  dannose  conseguenze  di  cosiffatta 
deliberazione.  All' Arco  de'  Fabbri,  reliquia  di  quella  cerchia  di  mura, 
onde  Milano  si  fé  schermo,  quando  per  virtù  di  popolo  risorse  tanto 
mirabilmente  dalle  rovine  cui  l' aveva  dannata  la  "  tedesca  rabbia  „  ; 
di  quelle  mura  che  la  tutelarono  altresì  dagli  assalti  d'un  altro  prepo- 
tente, Federigo  II,  si  collegano  memorie  da  cui  essa  non  può  trarre 
che  vanto.  Ma  quando  anche  ciò  non  fosse,  o  non  si  discosta  esso 
dal  sentiero  del  civile  progresso  quel  popolo  che  neglige  o  rinnega  il 
proprio  passato,  e  chiude  l'orecchio  agli  ammonimenti  sempre  impar- 
ziali e  salutari  della  sua  storia? 

Gradisca,  illustre  Signore,  i  miei  più  rispettosi  ossequi. 

Della  S.  V.  I.  dev.° 

F.    NOVATI. 

Milano,  20  marzo  igoo. 


^82  ATTI     DIXLA    SOCIETÀ    STOHICA    L0MBA1<1>A 


AlLKCAK)    U. 

Onorevoli  Colleglli, 

La  commissione  dei  revisori  da  voi  scelta  per  1'  esame  del  con- 
suntivo sociale  1899,  inizia  la  Relazione  col  ringraziarvi  della  fiducia 
che  anche  quest'anno  le  avete  voluto  dimostrare,  con  un  incarico  che 
è  per  sé  stesso  un  attestato  di  stima. 

La  commissione  ha  preso  in  esame  il  consuntivo  1899,  e  lo  trovò 
anzitutto  pienamente  assistito  e  provato  dalle  sue  pezze  giustificative. 

Inoltre  il  consuntivo  di  poco  si  scosta  dalle  previsioni  del  pre- 
ventivo, stato  a  suo  tempo  da  voi  approvato. 

Le  entrate  di  L.  7715  del  preventivo  furono  invece  di  L.  7684.25 
tenuto  calcolo  della  partita  di  giro  colla  ditta  Bocca.  Furono  adunque 
inferiori  di  sole  L.  180.75  alle  previste:  cifra  insignificante  in  un  bi- 
lancio di  L.  35i5i.o8. 

Le  uscite,  preventivate  in  L.  583o,  furono  nella  parte  ordinaria 
di  L.  5197.97  (alle  quali  aggiunte  L.  985,  spesa  straordinaria  per  il  re- 
pertorio diplomatico  Visconteo),  salirono  a  L.  6182.97. 

L'avanzo  perciò  presunto  in  L.  i885,  a  bilancio  ordinario  fu  effet- 
tivamente di  L.  2886.28,  superiore  al  previsto  :  dal  quale  dedotte  le 
L.  985  del  regesto  Visconteo  (bilancio  straordinario)  l'avanzo  fu  di 
L.  1451.28. 

La  donazione  di  L.  3ooo,  stata  versata  anticipatamente  dal  Socio 
benemerito  commendator  Lattes,  venne  posta  sul  nostro  libretto  della 
Banca  Popolare  in  conto  corrente,  e  della  stessa  furono  finóra  erogate 

nel  189S L.     565.15 

nel  1899 „     935.00 


i 


in  tutto  perciò .     .     .  L.  i5oo.i5 

metà  importo  della  donazione  totale. 

È  consolante  il  constatare  che  furono  preventivate  L.  4000  come 
contributo  ordinario  per  dugento  Soci,  e  se  ne  ebbero  invece  L.  4240 
per  Soci  212  :  che  fu  preveduta  1'  entrata  di  io  soci  nuovi  mentre  se 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA  483 

ne  ebbero  dodici:  e  che  mentre  si  presumevano  L.  loo  per  quote  in 
arretrato,  le  quote  del  1899  furono  invece  integralmente  pagate  dai  Soci. 

È  pur  bello  il  *constata^re  che  il  compenso  agli  autori  di  tante 
pregevoli  monografìe  del  nostro  Archivio  ammontò  a  sole  L.  i362.  Il 
disinteresse  degli  autori  merita  una  lode  speciale,  giacché  il  bilancio 
acconsentirebbe  loro  un  maggior  compenso,  ed  essi  lasciano  così  a 
disposizione  della  società  un  annuo  avanzo,  col  quale  si  possono  ini- 
ziare e  proseguire  quei  lavori  straordinari,  che  tengono  sempre  più 
alto  il  credito  della  Società  Storica  Lombarda.  Le  spese  di  provvi- 
gioni, stampa,  biblioteca,  scritturazioni,  posta,  telegrammi,  ecc.,  sono 
pressapoco  eguali  a  quelle  degli  scorsi  anni,  state  sempre  approvate 
dalla  vostra  Assemblea,  e  perciò  non  crediamo  sia  il  caso  di  farvi 
osservazioni  speciali. 

Premesse  queste  brevi  osservazioni,  la  commissione  dei  revisori, 
mentre  plaude  all'  opera  sempre  intelligente  e  coscienziosa  del  con- 
siglio di  presidenza  della  nostra  Società,  invita  gli  onorevoli  colleghi 
ad  approvare  pienamente  il  bilancio  consuntivo  del  1899,  e  di  nuovo 
li  ringrazia  dal  meglio  del  cuore. 

Avv.  Giovanni  Maggi 
Dott.  Alfonso  Garovaglio 
Dott.  Giuseppe  Luinl 

Marzo  ipoo. 


Arch.  Stor.  Lomh.  —  Anno  XXVII.  —  Fase.  XXVI. 


SECONDA  RELAZIONE  SUI  LAVORI  INTRAPRESI 

PER   IL 

REGESTO  DIPLOMATICO  VISCONTEO 

DALLA  COMMISSIONE  A  CIÒ  NOMINATA(i) 


(Relatore  Prof.  F.  NOVATI) 


{Continuazione  e  fine) 


ALLEGATO  II. 


I  documenti  viscontei  dal  1279  al  1402  J 

nei  Regi  Archivi  di  Stato  in  Pisa,  Siena  e  Firenze 
e  negli  Archivi  Comunali 
di  Arezzo  e  di  Pistoia 


Relazione  del  socio  GIUSEPPE  RIVA 


ARCHIVIO    COMUNALE   DI    AREZZO. 

La  patria  di  Guido  Monaco  mi  accolse  la  sera  del  6  di  settembre 
e  mi  fu  ospite  cortese  per  sei  giorni  consecutivi,  dei  quali  quattro 
soli  dedicati  all'  esplorazione  dell'  Archivio  Comunale  aretino,  giacché, 
nel  breve  periodo,  ricorsero  e  la  Natività  di  Maria  e  una   domenica. 

Avuta  notizia  degli  scopi  della  mia  missione,  il  chiar.  prof.  Ubaldo 
Pasqui,  che  con  amorosa  sollecitudine  sovrintende  a  queir  impoverito 
deposito,  non  tardò  a  mettermi  sull'avviso   che  forse  le  mie  ricerche 


(i)  Vedi  quest'Archivio,  a.  XXVI,  1899,  p.  217  sgg. 


ATTI    DELLA   SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA  485 

avrebbero  sortito  risultati  affatto  negativi  ;  né,  per  vero  dire,  V  accu- 
rata rassegna  delle  varie  serie,  che  ci  conservano  i  documenti  del  XIV 
e  del  XV  secolo,  smentì  T avvertimento.  Nulla,  infatti,  nell'Archivio 
aretino  di  riferentesi  a  cose  milanesi  e  tanto  meno  alle  viscontee. 

I  tre  grossi  volumi  membranacei  in  foglio  grande  che  ci  serbano 
le  "  Provisiones  Comunis  Aretii  „,  nelle  deliberazioni  del  suo  Consi- 
glio Generale,  dal  i383  al  1403,  con  la  seguente  distribuzione  crono- 
logica: 

Voi.  I.  —  Dal  i383  al  i388  ;  fol.  i36  ; 
Voi.  II.  —  „  i388  „  1393  ;  fol.  161  ; 
Voi.  III.  —    „     1393   „    1403  ;  fol.  202  (i)  ; 

non  contengono  decisioni  le  qupli  riguardino  altre  relazioni  che  con 
Firenze  ed  altri  affari  che  non  siano  d' interesse  tutf  affatto  munici- 
pale. Raramente  vi  sono  ricordati  i  Comuni  di  Cortona,  di  Città  di 
Castello  e  altri  limitrofi  ;  una  sol  volta  ricorre  una  provvisione  con- 
cernente la  città  di  Bologna.  Le  provvisioni  ;  del  genere  più  disparato 
e  della  più  varia  importanza  ;  si  succedono  fitte  fitte  ;  dalle  spese  per 
acquisti  di  carta  in  servizio  della  cancelleria  comunale,  alle  ambasce- 
rie ;  ma,  anche  in  riguardo  alle  ambascerie,  quasi  tutte  destinate  a  Fi- 
renze, le  deliberazioni  vertono  piuttosto  sul  numero  di  quelli  che  le 
debbano  comporre  e  sul  relativo  onere  da  sostenersi  per  il  Comune, 
che  non  sul  loro  oggetto  speciale  ;  ciò  che  attesta  il  pieno  rimettersi 
di  Arezzo  nella  potente  vicina,  dalla  quale  il  minor  Comune  si  cura, 
più  che  d'  altro ,  d'  ottenere  imposizioni  maggiormente  adeguate  alla 
"  impotentia  civium  aretinorum  satis  nota  (2),,. 

Del  pari  infruttuosa  fu  la  ricerca  nella  serie  delle  Pergamene  e 
Carte  varie,  che  conta  in  tutto  278  documenti,  dei  quali  5  appartenenti 
al  secolo  XIII,  55  al  XIV  e  5  ancora  al  XV  ;  e  ormai  non  occorre  ri- 


(i)  La  serie  continua  fino  al  voi.  XXX  che  contiene  le  provvi- 
sioni dal  i588  al  i595. 

(2)  Così  in  una  deliberazione  del  Consiglio  del  Popolo  fiorentino 
celebrata  il  3o  marzo  i388.  Un  secondo  atto  congenere  dell'aprile  1891 
accenna  pure  all'  "  impotentia  que  adhuc  viget  in  civibus  aretinis  „. 
Questi  ed  altri  documenti  consimili  sono  nell'archivio  Aretino  in  Per- 
gamene e  Carte  varie. 


j.8t*)  ATTI    DhLLA    >U(,lh  lA    MuUH.A     LOMBAUDA 

potere  come  egual  sorte  delle  precedenti  sia  toccata  alle  restanti  serie 
dell' Archivio  (i). 


R.  ARCHIVIO  DI  STATO  IN  FIRENZE. 

È  inutile  rammentare  come  il  Regio  Archivio  di  Stato  in  Fi- 
renze sia,  senza  dubbio,  da  annoverarsi  fra  i  depositi  scientifici  più 
ragguardevoli,  se  non  da  ritenersi  addirittura  il  massimo  che  vanti 
r  Italia;  e  ciò  è  consentaneo  alle  tradizioni  storiche  della  gloriosissima 
Repubblica  che  tanta  e  così  cospicua  parte  ebbe  nei  rivolgimenti  po- 
litici della  patria  nostra,  poiché  la  cancelleria  fiorentina  ha  recato  il 
suo  contributo  d'attività  in  presso  che  tutte,  si  può  dire,  le  questioni 
di  maggior  interesse  che  si  siano  afiacciate  nella  vita  pubblica  italiana 
di  parecchi  secoli.  Fortunatamente,  dell'  immensa  copia  di  materiali 
una  quantità  grandissima  non  ci  venne  invidiata  dal  tempo  ed  allo 
studioso  si  offre  un  campo  assai  vasto  da  spigolare. 

Quando,  il  14  di  settembre,  m'  accinsi  all'  ingente  spoglio,  gli  schia- 
rimenti avuti  con  l'usata  cortesia  dai  signori  cav.  Alessandro  Gherardi 
e  dott.  Demetrio  Marzi  mi  persuasero  tosto  che  ad  esaurire  in  tutte 
le  sue  parti  la  ricerca,  non  sarebbero  state  sufficienti  parecchie  setti- 
mane di  lavoro  paziente  ed  indefesso;  epperò,  anche  per  l'archivio 
Fiorentino,  come  già  per  il  Senese,  dovetti  far  buon  viso  alla  neces- 
sità di  restringere  l'esplorazione  entro  determinati  limiti  in  guisa  da 
poter  offrire  un  saggio  delle  serie  più  importanti,  quale  sarebbe,  ad 
esempio,  quella  costituita  dai 


(i)  Le  altre  serie  dell'  archivio  Aretino  interessanti  il  nostro  pe- 
riodo storico  sono  le  seguenti:  Pergamene  del  Ministero  della  SS.  An- 
nunziata, 1241-1462;  Manoscritti  diversi,  i3ii  -  sec.  XVI  ;  Protocolli 
d'antichi  notai  aretini,  1280-1431  ;  Capitoli,  Statuti,  Leggi  e  Ordini  del 
Collegio  de' Dottori  e  Notai,  1339-1739;  Statuti  del  Comune,  Riforme, 
1342-1784;  Statuti,  Riforme,  Ordini  e  Tariffe  della  Dogana,  1345-1696; 
Deliberazioni  dei  Priori,  1388-1773  ;  Deliberazioni  del  Collegio  e  Con- 
siglio, 1384-1397;  Estrazioni  degli  Uffici  pubblici  di  Città  e  delle  Cor- 
tine, 1388-1410;  Registri  di  lettere,  i395-i4o3;  Giornali  di  decreti  co- 
munitativi,  1393-1408;  Daziaiuoli  della  Città,  1386-1402. 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA  487 


Capitoli  del  Comune. 

I  Capitoli  del  Comune;  grossi  registri  in  massima  parte  membra- 
nacei, nei  quali  ritrovi  le  copie  degli  atti  più  notevoli  della  Repub- 
blica nelle  sue  alte  funzioni  di  stato,  come  sarebbero  a  dire  paci,  leghe, 
sottomissioni  di  terre  e  di  castelli,  procure  ad  agire  in  nome  del  Co- 
mune, compromessi  e  così  via;  sono  forniti  d'un  inventario  a  forma 
di  regesto,  riguardante  ;  in  due  volumi  dati  alle  stampe  nel  1866  e  nel 
1893  per  cura  della  R.  Sopraintendenza  Generale  degli  Archivi  To- 
scani, allora  affidata  a  Francesco  Bonaini  (1)  ;  una  porzione  abbastanza 
rilevante  della  serie,  per  i  rimanenti  registri  della  quale  soccorre  poi 
uno  spoglio  manoscritto  di  recente  compilazione. 

Grazie  a  codesti  utilissimi  inventari,  la  rassegna  di  19  volumi  del- 
l' importante  categoria  fu  compiuta  in  tempo  relativamente  breve  e 
con  risultati  non  inferiori  a  quanto  era  naturalmente  da  ripromettersi, 
considerato  il  genere  degli  atti  da  esaminarsi,  riflettenti,  salvo  poche 
eccezioni,  la  politica  esterna  del  Comune  e  le  sue  relazioni  con  gli 
altri  stati  italiani. 

I  volumi  spogliati  furono  i  seguenti  : 

Volume  L  —  Dal  1824  al  1894;  codice  membranaceo,  in  foglio, 
legato  in  asse,  scritto  nei  secoli  XIV  e  XV  da  più  mani.  Carte  nu- 
merate 225. 

Da  questo  primo  registro  credetti  opportuno  di  riportare  sei  fra 
i  documenti  più  notevoli  riguardanti  i  rapporti  del  Comune  di  Firenze 
coi  capitani  di  ventura  Giovanni  Agudo  e  Corrado  conte  d'Alchim- 
bergh,  negli  anni  1876  e  1891,  durante  la  guerra  con  Giangaleazzo  Vi- 
sconti ed  i  suoi  aderenti,  primi  fra  i  quali  i  Senesi.  A  proposito  del- 
l'Agudo,  il  volume  I  ci  serba  altri  atti;  che  non  interessano,  però,  il 
Regesto  Visconteo  ;  relativi  alla  sua  transazione  col  Comune  di  Fi- 
renze, avendo  egli  voluto  abbandonarne,  nel  1898,  il  servizio  e  "  ad 
"  patriam  antiquam  redire....  aetate  iam  longeva  fessus  et  infirmitate 
"  gravatus  „  (1898,  marzo  11,  12,  18;  ff.  164  b  —  167  a;  1894,  gennaio 
10,  II  ;  fi'.  170  a  —  178  b). 


(i)  Documenti  degli  Archivi  Toscani  pubblicati  per  cura  della  R.  So- 
praintendenza Generale  degli  Archivi  medesimi.  1  Capitoli  del  Comune  di 
Firenze,  invntario  e  regesto,  in  Firenze,  coi  tipi  di  M.  Cellini  e  C,  nella 
Galileiana,  mdccclxvi-mdcccxciii,  volumi  2. 


^.88  ATTI    DELLA    SOCIETÀ   STORICA    LOMBARDA 

Volume  IL  —  Dal  i323  al  i385;  codice  membranaceo,  in  loglio, 
legato  in  asse,  scritto  da  più  mani  nei  secoli  XIV  e  XV,  di  carte  nu- 
merate 222. 

Due  regesti  del  9  e  dell'  11  agosto  iSSy  riportano  le  condizioni 
circa  il  richiamo  dei  banditi  imposte  da  Giovanni  Visconti  arcivescovo 
al  Comune  fiorentino  in  seguito  alla  pace  di  Sarzana  del  i353. 

Volume  XI.  —  Dal  1327  al  1410;  codice  in  parte  membranaceo 
ed  in  parte  cartaceo,  in  foglio,  legato  in  asse.  È  scritto,  da  più  mani, 
nei  secoli  XIV  e  XV,  con  carte  numerate  271. 

Il  presente  volume  aggiunge  12  regesti,  i  primi  due  dei  quali,  del 
16  ottobre  1390,  riflettono  la  convenzione  stipulata  dal  Conte  d'Arma- 
gnac  con  P'irenze  ai  danni  del  Signore  di  Milano  "  qui....  conetur  se- 
"  pelire  et  contundere  Italicam  libertatem  et  precipue  Florentinam  „  ; 
e  i  rimanenti  le  trattative  esperite,  nel  1396,  dal  Visconti  per  amicarsi 
la  Repubblica  fiorentina  con  la  concordia  che  ne  seguì  ai  16  di  mag- 
gio; e  infine  la  pace  di  Pavia  del  1398  fra  il  Visconti  stesso  e  An- 
tonio Venerio  doge  di  Venezia. 

Volume  XIL  —  Dal  1 336  al  1407;  codice  membranaceo,  in  foglio, 
legato  in  asse.  I  quaderni,  scritti  da  più  mani  nei  secoli  XIV  e  XV, 
sono  di  vario  formato  e  conservano  particolari  numerazioni  ripetute 
forse  dai  registri  diversi  dei  quali  ebbero  prima  a  far  parte.  La  nu- 
merazione complessiva  conta  268  carte. 

I  20  regesti  forniti  da  codesto  volume  recano  un  nuovo  contributo, 
di  notizie  e  di  documenti  per  lo  studio  delle  relazioni  intercorse,  dal 
i38o  al  1399,  fra  i  Signori  di  Milano,  le  Leghe  Toscane  e  l'altre  pro- 
mosse da  Firenze,  e  per  la  cognizione  dei  maneggi  di  Firenze  e  di 
Bologna  specialmente,  onde  assicurare  l' intervento  di  Stefano  duca 
di  Baviera  ai  danni  del  Conte  di  Virtù. 

Volume  XIII.  —  Dal  i326  al  1392;  codice  membranaceo,  in  fo- 
glio, legato  in  asse,  di  mano  del  secolo  XIV,  con  carte  numerate  202. 

Altri  7  documenti  interessanti  il  Regesto  Visconteo  ci  sono  ser- 
bati dal  volume  XIII  dei  Capitoli.  Cinque  fra  essi  si  riconnettono  alla 
pace  di  Sarzana  del  i353  ed  i  rimanenti  due  al  lodo  di  Genova  del  1392. 
Volume  XIV.  —  Dal  i3oi  al  1401;  codice  membranaceo,  in  fo- 
glio, legato  in  asse,  di  più  mani  dei  secoli  XIV  e  XV.  Carte  nume- 
rate 194. 

Cotesto  registro,  notevole  anche  perchè  ci  conserva,  intercalata 
tra  foglio  e  foglio,  più  d'una  pergamena  originale,  aumenta  ancora  di 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA  489 

due  i  regesti  relativi  alla  pace  di  Sarzana;  che,  oltre  ad  una  copia 
dell'atto  solennissimo,  fornisce  la  ratifica  fattane  dai  Pisani  ;  e  così 
pure  aggiunge  nuovi  documenti  ad  illustrare  il  provocato  intervento 
del  duca  di  Baviera  contro  il  Signore  di  Milano  ed,  insieme  con 
esso,  i  patti  firmati  nella  pace  generale  di  Genova  del  26  gennaio  1892 
e  nella  formidabile  lega  veneto-fiorentina  di  sei  anni  dopo.  Un  solo 
documento  del  1401  ho  creduto  bene  di  riportare  con  gli  accennati 
perchè  ci  parla  delle  convenzioni  seguite  fra  Roberto  imperatore  ed 
il  Comune  di  Firenze  "  in  ....  Comitis  Virtutum  et  status  eius  ruinam 
"  exterminium  exitium  et  iacturam  „.  In  tutto  16  nuovi  transunti. 

Volume  XV.  —  Dal  1884  al  1414;  codice  cartaceo,  in  foglio,  ri- 
legato in  asse,  scritto  da  più  mani  nei  secoli  XIV  e  XV,  con  carte 
292  numerate. 

Nessun  documento  visconteo  in  codesta  copiosa  raccolta  di  atti 
che  sono  per  lo  più  sottomissioni  di  terre  e  di  castelli  al  Comune 
fiorentino. 

Volume  XVI.  —  Il  codice  segnato  col  numero  XVI  è  tutto  car- 
taceo air  infuori  della  prima  carta  che  è  pergamenacea.  È  in  foglio, 
legato  in  asse,  scritto  da  più  mani  nei  secoli  XIV,  XV  e  XVI,  e  serba, 
come  nella  numerazione,  una  divisione  nelle  materie.  La  prima  parte 
è  un  copiarlo  di  lettere  e  la  seconda  una  raccolta  di  copie  di  docu- 
menti a  modo  dei  rimanenti  registri  della  presente  serie. 

I  20  regesti  desunti  da  codesto  volume  sono  compresi  fra  gli  anni 
1821  e  1870  e  si  riferiscono  parzialmente  ad  alcune  lettere  di  Gio- 
vanni XXII  contenenti  notevoli  accenni  ai  fratelli  Visconti  "  et  sequa- 
"  ces  ipsorum  de  heretica  labe  damnati  rebelles  quoque....  atque  fide- 
"  lium  persecutores  immanes  „.  Seguono  altre  lettere  di  Clemente  VI, 
Innocenzo  VI,  Urbano  V,  Carlo  IV  imperatore,  Pietro  Corsini  cardi- 
nale fiorentino  e  Guido  de  Boulogne  "  Portuensis  Episcopus  Cardi- 
"  nalis  „,  tutte  di  speciale  interesse  per  la  storia  delle  contese  che  in- 
fierirono tra  la  Chiesa  ed  i  Signori  milanesi. 

Volume  XXII.  —  Codice  membranaceo,  in  foglio,  legato  in  asse, 
di  carte  numerate  209,  delle  quali  22  mancanti,  scritte  da  più  mani 
nei  secoli  XIV  e  XV. 

Ho  riportato  dal  foglio  200  b  un  atto  del  12  ottobre  i865,  mutilo 
della  fine  ;  poiché  andò  perduto  il  foglio  seguente  ;  col  quale  vien  re- 
golata r  assunzione  di  Ambrogio,  di  Bernabò  Visconti  e  d'  altri  capi- 
ani  di  ventura,  al  servizio  della  Repubblica  di  Firenze. 


490  ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBAHDA 

Volume  XX y,  —  Codice  iiicnibranaceo,  in  loglio,  legato  in  asse, 
scritto  da  più  mani  nei  secoli  XIV  e  seguenti.  Carte  numerate  23o. 

La  lega  o,  per  meglio  dire,  le  varie  leghe  formatesi,  nel  corso  del 
i336,  ai  danni  di  Mastino  e  di  Alberto  della  Scala,  partecipe  anche 
Azzone  Visconti,  e  la  pace  conchiusa  dai  contendenti  nel  i338,  occu- 
pano IO  dei  96  regesti  tolti  al  volume  XXV  dei  Capitoli.  I  rimanenti 
86,  compresi  Ira  gli  anni  i353  e  iSSy,  sono  altre  copie  di  documenti 
illustrativi  della  pace  di  Sarzana  promossa  dall'Arcivescovo  Giovanni. 
Volume  XXVII.  —  Codice  membranaceo,  in  fogli  di  diverso  for- 
mato, legato  in  asse  e  scritto  da  più  mani  nei  secoli  XIV  e  XV.  Com- 
prende tre  distinte  numerazioni,  la  prima  delle  quali,  in  numeri  ro- 
mani, va  dall'I  al  XCII,  la  seconda,  in  arabici,  dall'i  al  84  e  la  terza, 
pure  in  numeri  arabici,  dal  5  al  i53. 

Si  apprendono  dalla  terza  suddivisione  del  codice  XXVII  otto  do- 
cumenti interessanti  le  leghe  promosse  dal  1869  al  1871,  per  opera 
principale  di  Urbano  V,  fra  i  Comuni  di  Firenze,  Lucca,  Pisa,  Bolo- 
gna, gli  Estensi,  il  Gonzaga,  ecc.  da  una  parte,  e  la  Chiesa  dall'altra, 
"  ad  exterminium....  presertim  Bernabovis  de  Vicecomitibus,  non  ob- 
"  stante  quocumque  vicariatu  quod  se  habere  pretendat,  qui  pacem 
"  quietem  et  tranquillum  statum  Ytalie  perturbavit  et  perturbare  non 
"  cessat  ac  nititur  sub  iugo  tyrapnico  subjugare  „. 

Volume  XXXII.  —  Codice  inembranaceo,  in  foglio,  legato  in  asse, 
scritto  da  più  mani  nei  secoli  XIV  e  XV.  Carte  numerate  282. 

I  33  regesti  riferiti  dal  volume  XXXII  concernono  in  special  modo 
la  concordia  generale  che  il  19  luglio  i333  poneva  fine  alle  ostilità 
passate  fra  Giovanni  re  di  Boemia,  le  città  di  Parma,  Cremona,  Reg- 
gio, Modena  e  Lucca,  i  Signori  Della  Scala,  gli  Estensi,  Luigi  Gonzaga, 
Azzone  Visconti,  Franchino  Rusconi,  il  Comune  di  Firenze  e  Roberto 
re  di  Gerusalemme  e  di  Sicilia.  Alla  qual  pace  seguono  poi  leghe  ed 
accordi  parziali  cui  il  Visconti  interviene  a  tutela  degli  interessi  della 
sua  politica.  E  Azzone  Visconti  riappare  in  un  secondo  manipolo  di 
documenti,  dal  i336  al  i338,  che  vanno  aggiunti  a  quelli  già  segnalati 
a  proposito  del  volume  XXV  di  codesta  raccolta,  come  pertinenti  alle 
leghe  firmate  dal  Signore  di  Milano  contro  i  Della  Scala  ed  alla  pace 
con  essi. 

Volume  XXXIII.  —  Codice  simile  al  precedente,  di  carte  nume- 
rate 194,  delle  quali  26  mancanti. 

Anche  i  9  regesti  dati  da  codesto  volume  si  riannodano  ai  docu- 


ATTI    DELLA.    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA  49 1 

menti  del  i336  e  del  i338  contenuti    nei  codici  XXV  e  XXXII,  ecce- 
zion fatta  per  due  del  i338  e  due  del  1839. 

Volume  XXXV.  —  Codice  membranaceo  simile  al  precedente 
ma  i  fogli  sono  di  vario  formato  e  le  carte  numerate  sommano  a  281. 
Un  primo  documento  di  codesto  volume  riferisce  la  lega  quin- 
quennale firmata  a  Legnano,  il  3i  agosto  del  1385,  fra  Giangaleazzo 
Visconti  ed  i  Comuni  di  Firenze  e  di  Bologna;  un  secondo,  del  1890, 
ripete  un  atto  già  rilevato  dal  volume  XII;  un  terzo,  dell'  istesso  anno, 
riflette  pure  il  medesimo  argomento. 

Volume  XXXIX.  —  Codice  membranaceo,  in  foglio  piccolo,  le- 
gato in  asse,  costituito  da  più  fascicoli  staccati  l'uno  dall'  altro  ma  nu- 
merati complessivamente  in  carte  226.  La  distinzione  dei  fascicoli  ri- 
specchia una  certa  distinzione  anche  della  materia. 

Nel  codice  XXXIX  si  riscontrano  altre  i5  copie  di  atti  riferentisi 
alla  pace  di  Sarzana  (i352-i353)  e  al  lodo  di  Genova  del  1891. 

Volume  XL.  —  "  Il  presente  Tomo  contiene  le  Elezioni  et  estra- 
"  zioni  di  Ufficiali,  Ambasciatori,  Castellani  del  Comune  di  Firenze  dal 
"  i33i  al  i3  giugno  i336„.  Così  il  titolo  del  codice,  che  è  pergame- 
naceo, in  foglio  piccolo,  rilegato  in  asse,  con  carte  numerate  252,  delle 
quali  mancano  le  tre  dalla  241.^  alla  248.%  scritto  da  più  mani  nel  se- 
colo XIV. 

Codesto  è  l'unico  volume  della  serie  dei  Capitoli  che  non  mi  fu 
possibile  di  spogliare  con  tutta  quella  cura  che  un  esame  sommario 
della  materia  in  esso  contenuta  mi  chiarì  opportuna.  Nel  registro  ri- 
corrono con  qualche  frequenza  le  ambascerie  a  Milano  e  le  risposte 
ad  ambascerie  milanesi,  accompagnate,  quasi  sempre,  da  una  perspi- 
cua, se  non  diffusa,  designazione  del  loro  oggetto,  così  da  renderne 
vieppiù  interessante  la  notizia. 

Volume  XLL  —  Codice  pergamenaceo,  in  foglio,  legato  in  asse, 
distribuito  in  vari  quaderni  che  conservano  analoga  distinzione  della 
materia  compresa  in  285  carte  numerate  e  scritte  da  più  mani  nel  se- 
colo XIV  e  sul  principio  del  seguente. 

I  risultati  furono  qui  perfettamente  negativi,  nonostante  i  molti 
favorevoli  indizi. 

Volume  XLII.  —  Più  che  d'  un  volume,  per  i  documenti  rac- 
colti sotto  il  numero  XLII,  si  tratta  di  frammenti  di  registri  mem- 
branacei i  quali  contengono,  da  carte  i  a  carte  47,  gli  Ordini  di  Giu- 
stizia del  18  gennaio  1292,  e  da  carte  49  a  carte  i35  atti  di  leghe,  di 


492  ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA 

società,  ecc.,  a  somiglianza  degli  altri  volumi  della  serie,  ed,  insieme 
con  essi,  lettere  di  vario  argomento,  tanto  missive  quanto  responsive, 
ed  ambascerie  fiorentine  a  parecchie  città  e  castelli.  Le  pergamene 
dalla  carta  89.*  alla  i35."  sono  raccolte  e  legate  in  un  volume  a  parte, 
con  copertura  di  cartone,  che  è  pure  segnato  col  numero  XLII;  e  i 
documenti  che  esse  ci  serbano,  vanno  riferiti  specialmente  alle  trat- 
tative dei  Signori  Della  Scala  col  Comune  di  Firenze  per  V  acquisto 
di  Lucca,  ed  ai  negoziati  di  Firenze  per  stringer  pace  fra  i  Signori  di 
Pietramala  e  la  città  di  Perugia.  Numerose  e  interessantissime  sono 
a  questo  proposito  le  lettere,  tutte  in  copia  autenticata. 

Anche  nel  rispetto  delle  ricerche  viscontee,  il  volume  non  mancò 
di  oftrire  17  regesti,  dodici  dei  quali  di  lettere,  che  sono  sfortunata- 
mente prive,  nelle  designazioni  cronologiche,  dell'anno  in  cui  furono 
scritte.  Ma;  e  per  l'indizio  dei  fatti  importanti  in  esse  memorati  e  per 
la  circostanza  che,  in  grazia  all'avvertenza  preposta  alle  copie  dal  no- 
taio fiorentino  "  Locterius  Salvi  de  Cerreto  (i)  „,  dobbiamo  ritenere 
tali  lettere  posteriori  al  i335;  non  riuscirà  difficile  a  chi  esaminerà  di 
proposito  le  mie  schede  ;  dove,  salvo  poche  eccezioni,  ho  creduto  bene 
di  riferire  integralmente  codesti  documenti;  assegnare  a  ciascuno  il 
suo  giusto  tempo. 

Dalla  prima  lettera,  di  Azzone  Visconti  al  Comune  di  Firenze,  che 
porta  la  data  dell'ultimo  di  settembre,  si  apprende  come  i  Fiorentini 
avessero  eletto  a  loro  podestà  Ponzino  Ponzone^  il  famoso  milite  cre- 
monese, capitano  della  fazione  dei  Maltraversi,  il  quale  ebbe  tanta 
parte  nei  rivolgimenti  politici  che  precedettero  immediatamente  la 
sottomissione  della  sua  patria  al  Signore  di  Milano.  Azzone  si  dice 
lietissimo  della  nomina,  ma  aggiunge  di  non  poter  accondiscendere  al 
desiderio  che  i  Fiorentini  avevano  del  Ponzone  "  cum  multis  et  ma- 
"  ximis  negotiis,  peragendis  ad  presens  indigeamur  sua  persona  (2)  „. 


(i)  Capitoli  del  Comune,  voi.  XLII,  fol.  62  a. 

(2)  Ponzino  dei  Ponzoni,  di  famiglia  originariamente  guelfa,  ma 
poscia,  per  mutate  condizioni  di  cose,  fervente  fautrice  della  parte 
ghibellina,  aveva  già  fin  dal  1814  coperto  la  carica  podestarile  nella 
città  di  Padova.  Un  Ponzio  Ponzone  appare,  nel  i33i,  vicario  del  Re 
Giovanni  di  Boemia  in  Parma,  ma  non  saprei  accertare  se  si  tratta 
del  nostro.  V.  Astegiano,  Codice  Diplomatico  Cremonese  in  Hist.  Pa- 
triae  Mommi.  Torino,  1895-1898,  voi.  II,  pagg.  228-224;  e  cfr.  Wììsten- 
FELD,  Serie  dei  Rettori  dati  da  Cremona  ad  altri  Cornimi  in  Robolotti, 
Repertorio  Diplomatico  Cremonese.  Cremona,  Ronzi  e  Signori,  1878,  pa- 
gine 287-288. 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA  493 

Ora,  è  noto  come  la  città  di  Cremona,  strenuamente  difesa  dal  Pon- 
zone,  si  sia  arresa  alle  armi  viscontee  il  i5  luglio  del  i334,  ed  è  ov- 
vio, pertanto,  argomentare  che  non  prima  di  questo  tempo  Azzone 
abbia  avuto  modo  di  palesare  con  la  lettera  accennata  la  sua  grande 
stima  per  il  nobile  cremonese,  il  quale;  giova  pur  avvertirlo;  si  era 
acquistato  non  picciol  titolo  alla  benemerenza  ed  alla  fiducia  dei  Si- 
gnori milanesi  fin  dal  i3i8;  da  quando,  cioè,  insieme  coi  fuorusciti 
ghibellini,  cremonesi,  si  era  accordato  coi  Signori  Della  Scala,  con 
Matteo  Visconti  e  con  Passerino  Buonaccolsi  per  tentare  sulla  sua 
patria  quel  famoso  colpo  di  mano  che  lo  condusse  ad  esserne  gridato 
signore.  E  s'aggiunga  che,  scacciato  nuovamente  dalla  città  Y  anno 
dopo,  vi  rimetteva  piede  in  grazia  degli  aiuti  d'  un  altro  Visconti  ; 
Galeazzo  (i). 

La  seconda  lettera,  del  22  marzo,  è  pur  essa  di  Azzone  al  Comune 
fiorentino  e  non  saprei  veramente  a  qual  anno  riferirla.  Il  Visconte 
raccomanda  vivamente  i  conti  Guido  ed  Alberto  di  Mutiliana  perchè 
siano  reintegrati  nei  loro  possessi.  La  terza,  del  28  aprile,  è  in  favore 
di  Giovanni  "de  Flisco  „;  la  quarta  dell' 8  ottobre,  va  ricondotta  ne- 
cessariamente al  j337,  poiché  Azzone  annuncia  in  essa  l'entrata  delle 
truppe  viscontee  in  "  civitatem  veterem  Brixie  „  (2);  la  quinta,  invece, 
che  è  del  17  agosto,  al  i339,  in  quanto  concerne  la  partecipazione 
fatta  da  Giovanni  e  Luchino  Visconti  al  Comune  di  Firenze  della 
morte  d' Azzone,  seguita,  secondo  il  Corio  (3),  ai  14  del  mese  e  del- 
l'anno citato,  e,  secondo  il  Giulini  (4),  perfettamente  d'accordo  col 
nostro  documento,  due  giorni  dopo. 

Due  altre  lettere  d'  Azzone  riguardano  la  presa  di  Piacenza  (19 
decembre)  e  "  certum  casum  occursum  in  personam  Ghavi  „  fami- 
gliare del  Signore  di  Milano  e  figlio  di  "  Puccarellus  „  o  "  Puzzarellus 
de  Vicecomitibus  de  Pisis  „  che  insieme  con  "  Ghabrioctus  de  Otto- 
bellis  „  era  stato  mandato,  per  affari  del  Visconte  "  ad  partes  Tuscie  „  ; 
e  ciò  "  occasione  cuiusdam  improvisi  rumoris  in  eorum  hospitio  facti  „ 
(3  ottobre). 


(1)  ASTEGIANO,    Op.    Cit.,   Vol.    II,    pagg.   321-324. 

(2)  Giulini,  op.  cit.,  voi.  V,  pag.  253. 

(3)  Corio,  Storta  di  Mi/aiw.  Milano,  F.  Colombo,  mdccclv-lvii,  vo- 
lume II,  pag.  i3i. 

(4)  Giulini,  op.  cit.,  voi.  V,  pag.  271. 


494  ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA 

Volume  XLIV.  —  Codice  pergamenaceo,  in  foglio  grande,  legato 
in  asse,  di  carte  numerate  269,  scritto  da  più  mani  nei  secoli  XIV  e 
seguenti. 

Il  registro  segnato  col  numero  XLIV  non  contiene  traccia  alcuna 
di  atti  concernenti  il  Regesto  Visconteo,  ma  si  apre  per  altro  con 
una  serie  di  documenti  che  per  il  tempo  cui  risalgono  e  per  l' impor- 
tanza del  loro  argomento  non  possono  a  meno  d'  interessare  viva- 
mente gli  studiosi  della  storia  lombarda  in  genere  e  quella  in  specie 
delle  relazioni  intercorse  nel  secolo  XIII  fra  le  città  dell'Alta  Italia 
ed  il  Comune  di  Firenze. 

Si  tratta  di  parecchie  convenzioni  stipulate  dal  9  aprile  al  16 
luglio  del  1279,  tra  Firenze,  Venezia,  Padova,  Milano,  Modena,  Reggio, 
Parma,  Cremona  e  Bergamo,  all'intento  di  "  obviare  malitiis  civium... 
"  fugientium  cum  pecunia  aliena  et  assessinorum  qui,  pecunia  con- 
"  rupti,  homines  feriunt  et  occidunt  „  (i),  assicurandone  la  cattura  in 
ciascuna  delle  città  nominate. 

A  codesto  scopo,  il  9  aprile,  Firenze  nominava  suo  procuratore 
"  Dogius  de  Burgo  iurisperitus  „  che  dapprima,  il  27  dello  stesso 
mese,  stipulava  1'  accordo  a  Venezia  "  corani  nobili  viro  domino  Ar- 
"  molao  Justo  vices  ducis  gerenti  ob  infirmitatem  illustris  domini  Jacobi 
"  Contereni  dey  gratie  Venetiarum  Dalmacie  atque  Cloacie  incliti 
"  ducis  „  ;  passando  in  seguito  a  Padova,  dove,  il  penultimo  di  maggio 
s'accordava  col  procuratore  della  città  "Jacobinus  quondam  domini 
"  Parcitatis  notarius  „  ;  e  di  là  a  Modena,  che  elesse  a  suo  rappresen- 
tante nella  firma  della  convenzione  il  proprio  banditore  Zaccaria  Ma- 
scharini  (12  giugno)  ;  e  quindi  a  Reggio,  per  intendersi  con  quel  dele- 
gato "  Bernardinus  de  Sancto  Dalmazio  „  (16  giugno)  ;  a  Parma,  rap- 
presentata per  tale  bisogna  dal  notaio  "  Jacobus  de  Grossis  „  (28-24 
giugno);  a  Cremona,  che  faceva  trattare  con  l'inviato  fiorentino  il  tu- 
butore  del  Comune  "  Guillelmus  „  (2-3  luglio)  ;  a  Bergamo,  V  adesione 
della  qual  città  alla  convenzione  è  firmata  per  parte  del  Comune  da 
"  Bertoldus  de  Guidoccis  jurisperitus  „  (12  luglio). 

L'ultima  tappa  del  procuratore  fiorentino  fu  Milano,  dove,  il  i5 
luglio,  il  Consiglio  degli  ottocento,  riunito  "  in  palatio  novo  Comunis  „ 
sotto  la  presidenza  di  "Giullus  de  Guilizzono  index  et  assessor  domini 


(1)  Capitoli  del  Comune,  voi.  XLIV,  fol.  5  a. 


\ 


ATTI    DELLA   SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA  496 

^'  Loccerii  Rusche  potestatis  „,  nominava  a  rappresentare  il  Comune 
^'  Raynerium  Garivoldum  hostiarium  Camere  Palatii  Comunis  Medio- 
^'  lani  „  che,  nel  giorno  seguente,  stipulava  il  contratto  (i). 

Volume XLV.  —  È  un  codice  membranaceo,  in  foglio  grande,  legato 
in  asse,  di  carte  numerate  149  e  scritto  da  più  mani  in  secoli  diversi, 
che  non  aggiunse  nulla  alla  materia  del  Regesto  Visconteo. 

Volume  L.  —  A  proposito  del  volume  L,  V  inventario  manoscritto 
dei  Capitoli,  che  avemmo  occasione  di  citare,  avverte  che  "  questa 
"  filza  in  carta  bambagina  ha  in  principio  due  istrumenti  in  carta 
"  pecora  „;  i  quali  non  interessavano,  però,  le  nostre  ricerche;  e  che 
dalla  carta  3  alla  carta  io3  si  hanno  documenti  riguardanti  la  città 
d'Arezzo,  "e  specialmente  l'alta  protezione  della  Repubblica  fio- 
"  rentina  „  su  di  essa. 

Dal  canto  mio  ebbi  modo  di  attingere  a  codesta  fonte  la  cogni- 
zione di  due  soli  documenti,  del  1898,  cui  va  riconosciuto,  a  nostro 
riguardo,  un  interesse  assai  scarso.  S'  aggiunga  che  della  "  copia  di 
"  mandato  fatta  da  Giovan  Galeazzo  Visconti  duca  di  Milano  e  Conte 
"  di  Virtù  a  far  la  Lega  in  nome  suo  e  de'  suoi  aderenti  con  le  Comu- 
"  nità  di  Firenze  e  di  Bologna  e  altri  „  l'anno  1896,  ci  vien  serbata, 
nel  volume  L,  soltanto  la  copertina,  recante  per  l'appunto  tale  indi- 
cazione, giacché  la  copia  manca,  e  da  molto  tempo,  se  pur  è  lecito 
arguirlo  dal  fatto  che  l' inventario  manoscritto  dei  Capitoli  non  ne  fa 
menzione  alcuna. 


LE     RIFORMAGIONI. 

Atti    Pubblici. 

Eccezione  fatta,  adunque,  per  il  volume  distinto  col  numero  XL, 
la  serie  dei  Capitoli  del  Comune  fu  esaurita  in  tutte  le  sue  parti. 

Non  così  quella  delle  Riformagioni  per  quanto  concerne  gli  Atti 
Pubblici  ;  importante  raccolta  di  pergamene  e  di  quaderni  membranacei, 
che,  neir  originale  od  in  copie  autentiche,    ci  serbano  atti  molteplici 


(i)  I  regesti  di  codesti  atti,  in  numero  di  16,  sono  riportati  som- 
mariamente in  appendice  alle  schede  fiorentine.  Sul  podestà  di  Milano 
per  l'anno  1279,  Loterio  Rusca,  qui  nominato,  cfr.  Giumni,  op.  cit.,  vo- 
lume IV,  p.  659. 


496  ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA 

della  gestione  politica  comunale  e  rispecchiano  per  lungo  ordine  di 
anni,  l'andamento  della  vita  pubblica  fiorentina  ed  italiana  ad  un 
tempo;  poiché,  dopo  la  visita  e  l'esplorazione  dei  minori  Archivi  di 
Pisa,  di  Siena  e  di  Arezzo,  il  fatto  che  maggiormente  colpisce  chi  si 
accinge  all'esame  del  massimo  deposito  fiorentino  è  per  l'appunto 
codesto  sopravvento  che  sulle  memorie  precipuamente  municipali, 
hanno  quelle  di  interesse  generale;  ma  d'altro  canto  la  considerazione 
delle  notevoli  vicende  onde  la  storia  del  Comune  di  Firenze  è  intes- 
suta, spiega  a  meraviglia  il  fenomeno,  tutto  proprio  delle  grandi  città. 

Di  codesta  categoria  di  documenti;  nella  quale  si  trovano  in  gran 
numero  gli  originali  o  nuove  copie  degli  atti  serbatici  dai  Capitoli  ; 
posso  offrire  soltanto  un  piccolo  saggio,  che  basterà  per  altro  a  chia- 
rirne l'importanza. 

Il  saggio  fu  desunto  in  massima  parte  con  la  scorta  di  tre  volumi 
degli  inventari  manoscritti,  e  precisamente  del  III,  del  IV  e  del  VI, 
che  in  bell'ordine  e  con  designazioni  ampie  e  precise,  riportano  gli 
spogli  delle  singole  pergamene  suddivise  in  gruppi  a  seconda  del- 
l'argomento cui  si  riferiscono.  Così,  accanto  ad  un  gruppo  intitolato 
"  Comune  di  Firenze  con  Milano  „,  ne  abbiamo  altri  che,  ad  esempio, 
palesano  la  natura  del  loro  contenuto  coi  titoli  "  Comune  di  Firenze 
con  il  duca  di  Ferrara  e  di  Modena  „,  "  Firenze  con  Venezia  „,  '*  Fi- 
renze con  Mantova  „,  "  Comune  di  Firenze  con  Siena  prima  che  fosse 
sottoposta  „,  ecc.,  ecc. 

Volume  III.  —  "  Ristretto  cronologico  degli  Atti  Pubblici  del 
Comune  di  Firenze;  Tomo  III  „. 

Codesto  volume  aumentò  la  mia  raccolta  di  144  schede  concer- 
nenti originali  ed  apografi  di  documenti  in  parte  nuovi  ed  in  parte 
già  attinti  ad  altre  fonti,  per  quanto  riflette  gli  anni  i353,  i385,  i39i> 
1392  e  1398. 

Gli  atti  del  i353,  non  occorre  dirlo,  illustrano  ancora  la  famosa 
pace  promossa  a  Sarzana  dall'  Arcivescovo  Giovanni  Visconti,  e  sono 
compresi  quasi  tutti  in  dieci  quinterni  membranacei,  in  foglio  grande, 
di  carte  numerate  83,  riuniti  entro  una  copertina  di  carta  segnata 
col  numero  III  in  rosso.  L'ultimo  quinterno,  dalla  carta  76  in  avanti, 
è  di  formato  più  piccolo  dei  rimanenti  (1). 

(i)  Nelle  schede,  codesta  fonte  è  indicata:  "  Riformagioni,  Atti 
Pubblici,  fase.  III  „. 


ATTI     DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA  497 

I  documenti  del  1892  si  riferiscono  al  lodo  pronunciato,  nel  mese 
di  gennaio,  in  Genova,  e  pur  essi,  in  gran  parte,  sono  raccolti  in  sei 
quaderni  pergamenacei,  in  foglio  grande,  di  carte  numerate  48,  segnati 
comprensivamente  col  numero  rosso  LXIII  (i);  ma  d'altro  canto  le 
Riformagìoni  fiorentine  conservano  anche  una  lunga  serie  di  ratifiche 
celebrate  da  Principi,  Comuni,  Signori  e  private  persone  che  erano 
nominate  nel  lodo  o  per  volerne  godere  i  vantaggi  o  per  doverne  ri- 
conoscerne le  imposizioni. 

II  28  febbraio,  ratificava  Filippo  de'  Roberti  signore  di  Tripoli; 
il  7  aprile,  Francesco  Gabbrielli  signore  di  Gubbio  raccomandato  del 
Comune  di  Firenze;  il  3i  marzo,  il  Comune  di  Modigliana  e  quello 
di  Montepulciano  (2);  il  2  aprile,  Roberto  Conte  di  Battifolle;  il  7 
marzo,  Jacopino  ed  i  fratelli  di  Rodiglia;  il  3i,  Alberto  di  Alamanno 
di  Petramala;  il  28,  Antonio  di  Francesco  Conte  di  Modigliana;  il  2 
aprile,  il  Comune  di  Castiglione  fiorentino;  il  3,  Francesco  ed  altri 
dei  Conti  di  Battifolle;  il  7  marzo,  Guido  ed  altri  dei  Conti  di  Mo- 
digliana; in  altro  giorno  non  precisato,  Alberghettino  Manfredi,  si- 
gnore di  Faenza;  il  28  febbraio.  Marco  de'  Pii  signore  di  Carpi  e 
Novara;  il  25  marzo,  Niccolò  del  Conte  Bandino  di  Rumena;  il  16 
aprile.  Guido  di  Tancredi  dei  Conti  di  Modigliana;  il  io  marzo,  il 
Conte  di  Rumena;  il  3o,  il  Conte  Giovanni  del  Conte  Bandino  già 
nominato,  signore  di  Ragginopoli  ;  1'  8,  Alberguccio  e  Niccolò  dei  No- 
bili da  Monte  Cuccioli  governatore  d'  alcune  terre  del  distretto  mo- 
denese per  Alberto  Marchese  estense  ;  il  3i,  Alberto  d'Este  Marchese 
di  Ferrara  e  Malatesta  di  Francesco  Conte  di  Dovadola;  il  5,  Salvatico 
signore  delle  terre  e  dei  castelli  di  Sarettia  nella  diocesi  di  Reggio; 
il  i5,  Bernardino  ed  altri  da  Polenta,  signori  e  vicarii  generali  di 
Ravenna  a  nome  della  Chiesa;  il  27,  il  Comune  di  Colle;  il  2,  Fran- 
cesco Juniore  da  Carrara  e  Alberto  Marchese  d'Este  insieme  coi  loro 
aderenti  e  raccomandati;  il  28,  Giovanni  Manfredi  signore  di  Faenza; 
r  8,  Orlandino  da  Fogliano  signore  di  Bosio  ;  il  5,  Lodovico  da  Zago- 
nara  Conte  di  Conio  e  di  Zagonara  in  Romagna;  sul  principio  del 
1893,  Farinata  di  Bustaccio  degli  libertini;  il  20  marzo  di  quest'anno, 


(i)  Per  le  schede  vale  l'indicazione;  "  Riformagioni,  Atti  Pubblici 
fase.  LXIII,,. 

(2)  La  ratifica  del  Comune  di  Montepulciano  veniva  trasmessa  a 
Firenze  il  i.°  aprile. 


498  ATTI    DELLA    SOCIETÀ.    STORICA    LOMBARDA 

infine;  l'Adorno,  doge  di  Genova,  diciiiarava  compreso  n«'lla  pRve 
anche  Andreine  di  Biordo  degli   Libertini. 

Altri  documenti  di  soggetto  visconteo,  che  non  mi  fu  possibile 
per  mancanza  di  tempo,  accogliere  nei  regesti,  sarà  pur  facile  rin- 
tracciare sotto  gli  anni  i35i,  i353,  1870-71,  1875,  1878-79,  1884-85,  1892 
e  1896-1400. 

Volume  IV.  —  "  Ristretto  Cronologico  degli  Atti  Pubblici  del 
Comune  di  Firenze  —  Spoglio  dei  Tomi  XX  a  XXVIII  „. 

Volimie  VI.  —  "  Ristretto  Cronologico  degli  Atti  pubblici  del 
Comun'e  di  Firenze  —  Spoglio  dei  Tomi  di  Suppl.  XLIV-XLVIII  „. 

Con  questi  due  volumi  si  accrebbe  di  altri  16  documenti  il  saggio 
delle  Riformagioni  senza  però  conferire  ad  esso  ulteriore  varietà,  in 
quanto  i  nuovi  regesti  ripetono  atti  già  offerti  dai  volumi  precedenti, 
e  riflettono  il  loro  stesso  argomento. 

LEGAZIONI   E    COMMISSARIE. 

Una  serie  speciale,  non  molto  copiosa  ma  non  per  questo  meno 
delle  altre  degna  di  nota,  è  dedicata  nell'Archivio  fiorentino,  alle 
Legazioni  e  Commissarie,  che  ci  conservano,  cioè,  le  istruzioni  dei 
Signori  e  dei  Dieci  di  Balìa  agli  oratori  mandati  a  città  ed  a  Prin- 
cipi per  le  varie  contingenze  del  Comune,  e  insieme  con  esse,  le 
relazioni  che  gli  ambasciatori  facevano  poscia  ai  rispettivi  Ufficii  del 
loro  operato  e  dei  risultati  della  missione.  Le  legazioni  da  parte  dei 
Signori  incominciano  col  1898,  ma,  aggiunti  alla  serie  principale,  si 
hanno  altri  5  registri  di  rapporti,  di  risposte  e  di  verbali  che  prin- 
cipiano dal  1895;  col  qual  anno  s'  inaugura  pure  la  serie  delle  am- 
bascerie e  delle  missioni  diplomatiche  spettanti  ai  dieci  di  Balìa. 
Seguono  quelle  degli  otto  di  Pratica,  incominciando,  però,  dal  1480. 

Anche  per  codesta  serie  fu  giuocoforza  accontentarmi  d'  un  sem- 
plice saggio  desunto  dai  registri  numerati  i,  2  (A),  2  (B)  e  28,  che 
diedero  complessivamente  5i  regesti,  i  quali  non  dubito  varranno  a 
persuadere  la  necessità  d'  un  esame  completo  della  raccolta. 

Registro  i.  —  "  Dieci  di  Balìa:  Legazioni  e  Commissarie,  Rapporti 
di  Oratori  „.  Codesto  primo  registro  conta  71  fogli  cartacei,  di  piccolo 
formato,  numerati  fino  al  66,  ed  è  rilegato  in  pergamena. 

Le  relazioni  in  esso  contenute  vanno  dal  1895  al  1401  e  risguar- 
dano;  ciò  che    accade   anche  per  i  rimanenti   registri   della  presente 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA  499 


serie;  affari  disparatissimi  e  della  più  varia  importanza,  vuoi  politica 
vuoi  amministrativa.  Ma  da  quei  rapporti  risulta  sempre  e  ricorre 
con  straordinaria  insistenza;  poiché  si  rivela  anche  là  dove  parrebbe 
mancare  ogni  pretesto;  la  preoccupazione  grandissima  che  in  Firenze 
destavano  le  mire  ambiziose  del  duca  di  Milano,  a  proposito  del 
quale  non  sono  raccomandazioni  che  bastino  ed  a  Bologna,  ed  a  Pe- 
rugia, e  al  Pontefice,  e  ai  Signori  di  Lombardia,  perchè  si  guardino 
dalla  biscia  viscontea  usata  a  mescere  il  veleno  della  tirannide  col 
dolce  delle  lusinghe  e  delle  magnifiche  profferte.  Non  mancano  lega- 
zioni a  Milano,  ma  gli  ambasciatóri  fiorentini  lasciano  trapelare  per 
i  primi  quanta  poca  fede  si  convenga  prestare  alle  attestazioni  e 
alle  proteste  del  duca  che  egli  altro  non  voglia  e  non  ricerchi  se  non 
la  pace  d'Italia  a  costo  anche  de'  suoi  pretesi  diritti.  Firenze  non 
cessa  dal  provvedere  alla  propria  sicurezza  e  di  ciò  parecchie  testi- 
monianze offre  il  nostro  registro  nei  riguardi  specialmente  della  pro- 
vocata spedizione  in  Italia  del  Conte  d'Armagnac. 

Registro  2  [A).  —  "  Signori,  Legazioni  e  Commissarie,  Istruzioni, 
n.  2  (1399-1406)  „.  Volume  cartaceo,  in  foglio  piccolo,  rilegato  in  per- 
gamena, di  carte  numerate  79. 

Le  fortunate  imprese  del  Conte  di  Virtù  accrescono  sempre  più 
il  timore  e  la  preoccupazione  nella  Signoria  Fiorentina,  che  non  tra- 
lascia occasione  per  mostrare  a  quanti  possono  aver  ragioni  per 
temere  del  Visconti  "  come  il  Duca  possiede  in  Toscana  più  di  cento 
"  miglia  di  riviera  di  mare.  E  queste  terre  a  comperate  cosi  vitupe- 
"  rosamente  nel  paese  et  che  stando  eglino  e  gli  altri  pure  a  vedere 
"  si  fa  e  si  farà  sì  forte  che  riparo  non  sia  che  tutti  venghino  sotto 
"  il  giogo  „  (i);  come  già  accadde  ai  Pisani  ed  ai  Senesi,  l'esempio 
dei  quali  "  mostra  chiaro  lui  non  riputare  nulla  suo  se  non  quello 
"  che  tiene  e  signoreggia  „  (2),  onde  il  bisogno  di  unirsi  e  di  ricor- 
rere all'aiuto  altrui,  e  del  Papa  principalmente,  perchè  "voglia 
"  diligentemente  aver  l'occhio  alla  conservatione  d'Italia  et  in  sin- 
'•  gularità  della  sua  libertà  come  quella  che  sempre  fu  congiunta  chon 
"  santa  chiesa  e  non  piccolo   sostegno  di  essa  „  (3);   e  ciò   sempre  a 


(r)  Ambasceria  a  Bologna  di  Andrea  Vettori,  1899(1400),  marzo  5; 
f.  29  b. 

(2)  Amb.  di  Filippo  Corsini  e  Cristoforo  d'Anfrione  degli  Spini 
a  Perugia  ed  a  Cortona,  1899,  decembre  24;  f.  21  a. 

(8)  Amb.  di  maestro  Grazia  al  Papa,  14C0  (1401),  febbraio  4;  f.  89^. 

Arck.  Stor.  Lomb.  —  Anno  XXVII,  —  Fase  XX.VI  35 


500  ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA 

line  "  che  questa  biscia  non  abbia  sì  lunga  coda  „  (i).  Di  grande  in- 
teresse sono  poi  le  ambascerie  all'Imperatore  per  afìrettarne  l'inter- 
vento in  soccorso  della  minacciata  libertà  d'Italia. 

Registro  2  (B).  —  "  Signori,  Legazioni  e  Commissarie,  Rapporti 
d'Oratori,  n.  2,  dal  iSgS  al  1408  „.  Volume  simile  ai  precedenti. 

Alle  pratiche  già  accennate  per  l'intervento  di  Roberto  di  Ba- 
viera contro  il  Duca  di  Milano  ed  ai  tentativi  esperiti  dalla  Signoria 
fiorentina  presso  varie  città  e  principi  italiani,  il  Papa  compreso, 
all'intento  di  preparare  favorevole  accoglienza  e  terreno  sicuro  alla 
prossima  spedizione  imperiale,  si  riferiscono  precipuamente  le  rela- 
zioni comprese  nel  Registro  2  (B),  dove  è  pur  notevole  una  lusinghiera 
ambasciata  spedita  da  Firenze  al  Conte  di  Virtù  per  rallegrarsi  con 
lui  del  titolo  ducale  da  poco  ottenuto  e  per  iscusarsi  di  non  so  qual 
"  indugio  del  compromesso  tra  il  Conte  Giovanni  da  Barbiano  e  il 
"  Marchese  et  Astore  „.  La  legazione  è  accompagnata  col  regalo  di 
otto  robe  di  velluto  e  con  l'incarico  di  visitare  la  "  donna  „  del  Duca 
che,  "  rispose  accettando  le  proferte  di  questo  comune  et  proferendosi 
assai  „  (2). 

Registro  28.  —  "  Signori,  Legazioni  e  Commissarie,  Elezioni,  Istru- 
zioni, n.  28  „.  11  presente  registro,  a  somiglianza  degli  altri  della 
medesima  serie  cartaceo  ed  in  foglio  piccolo,  è  numerato  dal  7  air82 
e  contiene  le  istruzioni  agli  ambasciatori  fiorentini  dall'anno  1401 
al  1629. 

Delle  quali  istruzioni  mi  sembrarono  degne  d'  essere  riferite 
quelle  relative  all'ambasceria  di  messer  Tomaso  Sacchetti,  Filippo 
Corsini,  Rinaldo  Gianfigliazzi  e  Maso  degli  Albizi  mandati,  nel  no- 
vembre del  1401,  all'Imperatore  con  l'intento  precipuo  di  renderlo 
avvertito  come  "  el  crudele  e  ingiustissimo  tyranno  Jovangaleas  non 
"  conte  di  vertu  cerne  s'intitola  ma  fonte  d' ogni  vitio  et  di  tradi- 
"  mento  „,  era  "  venuto  tanto  avanti  chon  sua  malitia  che  esso  aveva 
"dato  ordine  fare  morire  lui  e  la  sacratissima  augusta  donna  sua  et 
"  suoi  gloriosi  figliuoli  chon  crudele  veleno  „  ;  coonestando  la  sup- 
posizione della  spaventosa  trama;  sventata  solo  perchè  in  tempo  s'era 


(1)  Amb.  di  Agnolo  di  Luigi  degli  Spini  in  Lombardia,  1400  (1401), 
febbraio  16;  f.  41  a. 

(2)  Relazione,   in    datala  settembre   1895,   dell'ambasceria  com- 
piuta a  Milano  dal  26  agosto  al  20  settembre;  f.  1  b. 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA  5o  I 


interposta  "  la  dextera  dell' onipotente  dio  „;  con  l'esempio  di  tanti 
altri  che  il  Duca  aveva  spento  in  cotal  guisa  (i). 

Il  Carteggio. 

Il  saggio  si  assotiglia  ancora  più  per  i  documenti  del  Carteggio 
fiorentino  che,  secondo  una  tavola  cortesemente  fornitami  dal  signor 
Alfredo  Municchi,  solerte  impiegato  di  quell'  Archivio,  è  distribuito 
nel  modo  seguente  (2)  : 

/     Minutari,  i3io 

,,,     ,  ,1-^   Cancelleria    \     Originali 

T  1        Missive        < 

i  ]  j  '     Registri,  i3o8 

SIGNORI     1  12.^  Cancelleria   —     Registri,  1441 

Responsive   —    Incominciano    con    frammenti    degli 

anni  i3oi-i3io. 

Ebbi  campo,  cioè,  di  esaminare  appena  i  registri  I  e  II  dei  Mi- 
nutari della  prima  Cancelleria  (3)  ;  che  sono  un  inserto  di  fogli  cartacei 
di  vario  formato,  numerati  secondo  la  progressione  cronologica;  dai 
quali  credetti  bene  togliere  quattro  regesti  di  lettere  del  i3io  e  del 
i3ii.  Ma  non  occorre  dire,  io  credo,  che  l'intera  serie,  promettitrice 
di  risultati  notevolissimi,  vuol  essere  interamente  spogliata.  Neil'  at- 
tesa, intanto,  dello  spoglio  definitivo,  non  sarà  inutile  riferire  col 
sussidio  degli  inventari  manoscritti  dell'Archivio  fiorentino  (4),  le 
indicazioni  delle  lettere  d'  argomento  visconteo  che  il  Carteggio  ci 
conserva.  L' esame  dei  singoli  documenti  consiglierà  poi  la  Ig^ro  in- 
clusione od  esclusione  dal  Regesto  (5); 


(1)  Questo  doc.  è  una  bella  aggiunta  a  quelli  pubblicati  dal  Ro- 
mano nella  monografia  citata  su  Giangaleazzo    Visconti  avvelenatore. 

(2)  Gli  anni  segnati  nella  tavola  indicano  donde  incominciano  le 
varie  serie.  Alle  serie  dei  Signori  seguono  quelle  dei  Dicci  di  Balìa 
e  degli  Otto  di  Pratica,  che  principiano  solo  col  1413  per  giungere 
sino  al  1471. 

(3)  Signori,  Carteggio,  Missive,  Minutari,  i.^  Cancelleria,  I  e  IL 

(4)  Spoglio  del  Carteggio  Universale  della  Repubblica  di  Firenze 
compilato  da  Filippo  Brunetti.  Tomi  2. 

(4)  Uso  le  seguenti  abbreviazioni:  F. -Filza;  d.  S.  -  della  Signoria 
(missive);  a.  S.  -  alla  Signoria  (responsive);  d.  D.  -  dei  Dieci  (miss.); 
a.  D.  -  ai  Dieci  (respons.).  Segno  tra  parentesi  l'argomento  princi- 
pale cui  le  lettere  si  riferiscono. 


502  ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA 

i3i4,  marzo  18,  19  —  F.  VI  d.  S. 

1844,  aprile  5,  6  —  F.  IX  d.  S.  —  (Guerra  di  Luchino  Visconti  contro 
Pisa). 

i35o,  aprile,  settembre  24,  16;  novembre  16  —  F.  X  d.  S.  (Giovanni 
Visconti). 

i35i,  marzo  7,  25;  maggio  g,  17,  28;  giugno  12;  luglio  24;  agosto  4,  5, 
li,  16,  £0,  26,  27;  settembre  2,  4,  16;  ottobre  3 5,  s3,  25,  28;  no- 
vembre 26;  decembre  17  —  F.  X  d.  S.  (Giovanni  Visconti). 

i352,  aprile  14;  maggio  9,  i3,  i5,  22,  25;  giugno  21,  23,  3o  —  F.  X  d.  S. 
(Giovanni  Visconti). 

i352,  luglio  6;  agosto  6;  novembre  19,  i5;  decembre  3i  —  F.  XI  d.  S. 
(Giovanni  Visconti). 

i353,  gennaio  5;  gennaio  3i  —  febbraio  27;  marzo  3,  i3;  marzo  i3; 
aprile  i;  aprile  10,  11,  18,  25,  3o;  maggio  3,  3i;  luglio  9,  i3; 
settembre  27;  —  F.  XI  d.  S.  (Giovanni  Visconti,  a  proposito 
specialmente  della  pace  di  Sarzana). 

1354,  aprile  27;  ottobre  23;  novembre  19;  decembre  5  —  F.  XI  d.  S. 
(Giovanni  Visconti). 

i355,  gennaio  7;  maggio  19  —  F.  XI  d.  S.  (Sulla  progettata  vendita  di 
Lucca  ai  Visconti). 

i355,  giugno  21  ed  altre  sei  lettere  senza  data  —  F.  IV  a.  S.  (Bernabò 
Visconti,  a  proposito  specialmente  delle  sue  trattative  con  l'Im- 
peratore per  la  compera  di  Pisa). 

i355,  luglio  5  —  F.  XI  d.  S.  (Come  sopra). 

i359,  febbraio  20,  22  —  F.  V  a.  S.  (Bernabò  e  Galeazzo  Visconti). 

1364,  settembre  9,  io,  i3  —  ¥.  VI  a.  S.  (Sono  quindici  lettere  in  mas 
sima  parte  di  Giovanni  dell'Agnello,  signore  di  Pisa,  in  riguardo 
alla  pace  di  Sarzana  del  i353). 

1864,  settembre  i5  —  F.  XII  d.  S.  (Bernabò  ed  Ambrogio  Visconti). 

i365,  gennaio  3o;  marzo  16;  agosto  i;  settembre  io,  i3,  i5,  19,  27  — 
F.  XII  d.  S.   (Come  sopra). 

i366,  giugno  23;  decembre  18  —  F.  XIII  d.  S.  (Circa  il  matrimonio  di 
Taddea,  figlia  di  Bernabò  V,  con  Stefano  Duca  del  Reno  e  di 
Baviera). 

1867,  maggio  26;  luglio  7  —  F.  XIII  d.  S.  (Matrimonio  di  Marco  Vi- 
sconti con  la  figliuola  del  Duca  di  Baviera;  pace  fra  i  Signori 
di  Milano  e  Genova). 

i386,  marzo  i3,  25,  28;  aprile  16;  giugno  8,  26;  luglio  21  —  F.  I  d.  D. 
(Conte  di  Virtù). 


ATTI  DELLA  SOCIETÀ  STORICA  LOMBARDA  5o3 

i388,  febbraio  i8;  aprile  8;  maggio  4;  luglio  7,  19,  21,  22,  25,  3i;  agosto 
i3,  19;  settembre  6;  ottobre  7;  novembre  19,  27;  decembre  26 
—  F.  I  d.  D.  (Affari  diversi  col  Conte  di  Virtù;  espulsione  di 
Carlo  Visconti  dal  territorio  fiorentino). 

1889,  gennaio  14,  20,  22;  febbraio  4;  marzo  12,  i5,  16;  aprile  io;  mag- 
gio 2^  21,  29;  giugno  5,  8,  28;  luglio  i5,  26;  agosto  9,  14,  19; 
ottobre  i,  5;  novembre  7  —  F.  I  d.  D.  (Affari  diversi  col  Conte 
di  Virtù). 

J390,  maggio  2  —  F.  I  d.  S.  (Come  sopra). 

1891,  febbraio  ti  —  F.  I  d.  S.  (Come  sopra). 

1895,  agosto  26  —  F.  I  a.  D.  (Come  sopra). 

1895,  settembre  20  —  F.  VII  a.  S.  (Come  sopra). 

1895,  decembre  20  —  F.  I  a.  D.  (Come  sopra). 

1896,  luglio  14  —  F.  I  a.  D.  (Come  sopra). 
1896,  luglio  14  —  F.  VII  a  S.  (Come  sopra). 

1896,  luglio  21;  agosto  3,  4;  decembre  i5,  27,  80  —  F.  I  a.  D.  (Come 
sopra). 

1897,  gennaio  12,  22;  febbraio  7  —  F.  I  a.  D.  (Come  sopra). 

1897,  febbraio  7;  aprile  7;  luglio  24;  settembre  6;  ottobre  18  —  F.  VII 
d.  S.  (Come  sopra). 

1898,  gennaio  6,  9;  febbraio  20;  marzo  io;  maggio  27;  giugno  i  — 
F.  VII  d.  S.  (Come  sopra). 

1898,  agosto  I  —  F.  I  a.  D.  (Come  sopra). 

1899,  aprile  27,  28;  gennaio  7;  giugno  i  —  F.  VII  a.  S.  (Come  sopra; 
esortazioni  ai  Perugini  perchè  si  guardino  dal  Signore  di  Milano). 

1899,  luglio  i5  —  F.  XI  a.  S.  (Affari  diversi  col  Conte  di  Virtù). 
1899,  agosto  7;   settembre  28  —    F.  XV    d.  S.   e    F.   VII  a.  S.  (Come 

sopra). 
1899,  ottobre  8  —  F.  XV  d.  S.  (Come  sopra). 
1899,  ottobre  19  —  F.  XV  d.  S.  e  F.  VII  a.  S.  (Come  sopra). 
1899,  novembre  i5  —  F.  XV  d.  S.  (Come  sopra). 
1899,  decembre  24  —  F.  XI  d.  S.  e  F.  VII  a.  S.  (Come  sopra). 
1400,  gennaio  i3  —  F.  XV  d.  S.  e  F.  VII  a.  S.  (Come  sopra). 
1400,  gennaio  18  —  F.  XI  d.  S.  e  F.  VII  a.  S.  (Come  sopra). 
1400,  gennaio  20  —  F.  XV  d.  S.  (Come  sopra). 
1400,  gennaio  26,  27;  febbraio  i,  ....;  —  FF.   XI  e  XV  d.  S.  e  F.  VII 

a,  S.  (Come  sopra). 
1400,  febbraio  24,  27;  marzo  9  —  F.  I  a.  D.  (Come  sopra). 


504  ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA 

1400,  maggio  i3  —  F.  XV  d.  S.  t;  F.  VII  a.  S.  (Come  sopra). 

1401,  gennaio  3o;  febbraio  4;  marzo  4;  aprile  4;   luglio  i5  —    F.  XV 
d.  S.  e  F.  VII  a.  S.  (Come  sopra). 

1401,  aprile  23;  maggio  i3  —  F.  1  a.  D.  (Come  sopra). 

1401,  novembre  12  —  F.  XIV  d.  S.  e  F.  VII  a.  S.  (Come  sopra). 

1402,  aprile  11,20;  giugno  22;  luglio  i3  —  F.  XV  d.  S.  e  F.  VII  a.  S. 
(Come  sopra). 

1402,  luglio  3i  ;  ottobre  —  F.  Vili  a.  S.  (Come  sopra). 
1402,  ottobre  16  —  F.  VII  a.  S.  (Come  sopra). 

*  * 

In  tal  modo  i  14  giorni  di  lavoro  durati  nell'Archivio  di  Firenze, 
dal  14  al  3o  di  settembre,  fruttarono  la  raccolta  di  5io  regesti  all' in- 
circa; ma  l'esplorazione  di  quel  grandioso  deposito  non  può  dirsi 
neanche  condotta  a  mezzo.  Restano  da  compiere  gli  spogli  degli  Atti 
pubblici,  delle  Legazioni  e  del  Carteggio,  appena  iniziati,  e  occorre 
pure  intraprendere  l'esame  delle  Provvisioni,  che  la  tavola  sopra  ac- 
cennata riferisce  con  queste  distinzioni: 

I.  Registri 1284- 

II.  Protocolli 1281. 

III.  Duplicati    i3i8. 

IV.  Frammenti    ....  1289-1312. 

Le  provvisioni;  che  comprendono  le  deliberazioni  del  Consiglio 
dei  Cento  e  di  quelli  del  Podestà,  del  Capitano,  del  Popolo  e  del 
Comune;  non  vanno,  fortunatamente,  prive  d'un  accurato  schedario 
a  foggia  di  regesto,  che  faciliterà  di  non  poco  lo  spoglio  della  nuova 
serie;  la  quale  esaurirà  le  ricerche  possibili  nell'Archivio  fiorentino, 
a  meno  che  non  si  creda  necessario  di  scorrere  anche  le  molte  filze 
di  documenti;  un  centinaio  circa;  che  costituiscono  1'  "Archivio  Me- 
diceo avanti  il  Principato  „. 


ARCHIVIO  COMUNALE  DI  PISTOIA. 

A  Pistoia  mi  ritrovai  il  2  di  ottobre;  e,  in  grazia  dei  cortesi  aiuti 
prestatimi  dall' avv.  Luigi  Chiappelli,  valente  ricercatore  delle  me- 
morie Pistoiesi,  e  dal   prof.  Alfredo  Chiti,   preposto  a  quell'Archivio 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA 


5o5 


Comunale,  mi  fu  consentito  di  compiere  l'esame  del  nuovo  deposito 
nel  termine  di  tre  giorni  ;  quanti,  cioè,  bastavano  allo,  spoglio  della 
serie  delle  Riformagioni  e  della  poverissima  raccolta  del  Carteggio 
che  sole  potevano  offrire  qualche  speranza  di*  buon  risultato.  . 

Trentadue  furono  i  volumi  delle  Riformagioni  che  ritenni  pru- 
dente di  esaminare,  ma  quei  grossi  registri  pergamenacei,  dalle  pode- 
rose rilegature  in  asse,  corrisposero  in  misura  assai  scarsa  alla  mia 
aspettativa,  così  che  a  mala  pena  i  risultati  possono  sommarsi  a  12 
regesti  d'importanza  assai  discutibile.  Gioverà,  ad  ogni  modo,  rife- 
rirne qui  l'elenco,  ritornando  a  segnare  con  un  asterisco  quei  volumi 
che  diedero  materia  al  Regesto  Visconteo: 

Volume  IV,  —  Anno  1821  —  Numerazioni  diverse. 
Volume    V.   —      „       i33o  —  Fol.  1-67;  3-6o. 
Volume  V  bis.  —  i33o-i338  —  Fol.  1-79;  i-i3. 
Volume  VI.  —  Anni  i33i  e  1862  —  Fol.  26,  cui  seguono  gli  Sta- 
tuti della  Corporazione  Beati  Jacobi  Apostoli. 

*  Volume  VII.  —  "Questo    libro    contiene    vari  ordini.    Leggi    e 

"  Provvisioni  fatte  da'  fiorentini  sopra  la  città  di  Pistoia  in 
"  vigore  dell'autorità  e  balìa  datali  dai  Pistoiesi  e  contiene 
"  ancora  vari  statuti,  riforme,  provvisioni  ed  altro  fatto  dai 
"  medesimi  Pistoiesi  e  tutte  queste  Leggi  e  Statuti  et  altro 
"  come  sono,  appariscono  fatte  di  più  tempi  che  pare  co- 
"  mincino  del  i33i  fino  al  1378  salvo,  ecc.  „  Così  il  titolo  del 
volume  che  è  membranaceo,  in  foglio,  legato  in  asse  e  nu- 
merato variamente:  1-16;  1-4;  23  fogli  non  numerati;  1-12;  6 
fogli  non  num.;  86-96;  7  fogli  non  numerati;  72-75;.  68-71; 
66-67;  80-81;  23  fogli  non  numerati. 
'^ Volume  Vili.  —  "Riforme  del  Generale  Consiglio  del  Popolo 
"  dell'anno  i332  „.  Volume  pergamenaceo,  in  foglio,  legato 
in  asse,  numerato  dall'  i  al  iii  e  poscia  dall'  i  al  9  e  ancora 
dal  5  al  79.  Le  tre  numerazioni  sono  precedute  ciascuna  da 
una  rubrica. 
Volume  IX.  —  Anno  i33i  —  Fogli  90. 

*  Volume  X.  —  "Riforme  ed  altre  varie  scritture  dall'anno  1396 

"  al  i338  „.  Registro  membranaceo,  in  foglio,  legato  in  asse 
con  le  numerazioni  1-88;  1-88;  1-74;  1-77;  i-36. 
Volume  XL  —  i339-i342  —  Fogli  1-67;  i-53;  1-41;  i-36;  1-6. 


5o6  ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA 

Volume  JCJI.  —  1843- 1844  —  P'ogli  1-96;  1-46. 

Volume  XIII  —  1344-1345  —  Fogli  1-81;  1-8. 

Volume  XIX.  —  1845-1848  —  Fogli  1-60;  i-63;  1-48;  1-21. 

Volume  XX.  —  i348-i358  —  Fogli  i-5i  ;  1-18;  i-58;  1-41. 

Volume  XXI.  —  i853-i356  —  Fogli  i.5o;  1-81;  1-16. 

Volume  XXIII.  —  "ìlilorme  ed  altre  Provisioni  del  Consiglio 
"  del  Popolo  deiranno  1881  e  successivi.  Lettere  del  Duca 
"  d'Atene  e  atti  del  di  lui  governo  in  Pistoia  „.  Fogli  1-42;  1-16. 

Volume  XXIV.  —  1873-1874  —  Fogli  i-56;  1-20. 

*  Volume  XXV.  —  "  Riforme  ed  altre  Provisioni  delli  anni  1875 

e  1876,,.  Registro  simile  ai  precedenti,  di  fogli  numerati  76 

preceduti  da  rubrica. 
Volume  XX VI.  —  1876-1877  —  Fogli  1-207;  1-16. 
Volume  XXVII.  —  1878-1883  —  Fogli  842. 
Volume  XXVIII.  —  i358-i866  —  Fogli  1-92;  1-90;  25-41. 

*  Volume  XXIX.  —  "  Riforme  ed  altre  Provisioni  delli  anni  1867 

e  i368  „.  Registro  simile  ai  precedenti,  di  varia  numerazione 
(io  fogli  non  numerati;  1-61;  68-70;  i52;  i55. 

*  Volume  XXX.  —  "Riforme  ed  altre  Provisioni  dell'anno  i368 

al  1871  „.  Registro   simile  ai  precedenti,   di  fogli   numerati 

1J4.  Mancano  le  carte  112-118. 
Volume  XXXI.  —  1866-1867  —  Fogli  80.  Manca  la  carta  2.^ 
Volume  XXXIV.  —  i385-i389  —  Fogli  1-40;   1-82;  2;  85;  46-55; 

4;  i-ii;  8;  8. 
Volume  XXXV  —  i888-i885  —  Fogli  86. 
Volume  XXX  VI.  —  1887-1889  —  Fogli  72. 

*  Volume  XXXVII.  —  "  Libro  contenente  ordinamenti  e  delibe- 

razioni  delli   anni   1890  e  1891  „.    Registro   simile  ai  prece- 
denti, con  due  numerazioni:  1-18;  1-144. 

Volume  XXXVIII.  —  1892-1894   —   Fogli    1-144;    118-122;    148; 
191-206. 
.    Volume  XXXIX.  —  1897-1899  —  Fogli  175. 

Volume  XL.  —  i255-i382  —  Numerazioni  diverse. 

Volume  XLI.  —  1896-1400  —  Fogli  49. 

Volume  XLIIL  —  1401-1405  —  Fogli  258. 

Le  schede  pistoiesi  6.^  e  7.^,  aggiunte  alle  12  delle  Provisioni,  rap- 
presentano i  risultati    ottenuti    dalF  esame    del   Carteggio.    La   prima 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA  DO7 


lettera,  presumibilmente  del  i35o,  venne  tratta  da  una  cartella  segnata 
"  Spedale  del   Prato  del  Vescovo  „   e   accenna   alla    "  grande  guerra 

che la  r  arcivescovo  di  Milano,,  intorno  a  Bologna;  la  seconda,  da 

assegnarsi  certamente  al  1864,  mi  venne  fornita,  in  copia,  dall' avv. 
Luigi  Chiappelli,  né  mi  fu  possibile  rintracciarne  V  originale  esistente 
neir  Archivio  Comunale,  al  riordinamento  del  quale  attende  ora,  con 
lodevole  solerzia,  il  prof.  Chiti.  Anche  questa  lettera,  di  Filippo  di 
messer  Marco  da  Volterra  a  Ser  Piero  di  ser  Jacopo  di  messer  Vanni 
in  Pistoia,  è,  come  la  prima,  di  carattere  privato,  ma,  fra  V  altre  no- 
tizie, dà  anche  quella  della  venuta  in  Milano  del  "  Cardinale  di 
"  Crungni....  a  levare  lonterdicto  e  ricomunichare  messer  Barnabo  e 
"  suoi  e  dee  riavere  per  la  chiesa  Lucho  e  Taltre  terre  chello  singnore 
"  di  melano  tiene  di  quelle  di  bolongna,  e  accio  manda  atorno  la  po- 
"  sessione  uno  suo  nepote,  e  dee  avere  messer  Barnabo  dalla  chiesa 
"  in  X  anni  V  cento  migliaia  di  fiorini.  „  Nulla,  adunque,  di  notevole 
anche  in  codesta  serie. 


L' Archivio  Comunale  di  Pistoia  pose  termine  alla  mia  peregri- 
nazione; e  qui  ha  pur  fine  la  mia  non  breve  relazione,  cresciuta  ne- 
cessariamente di  mole  in  confronto  di  quella  dello  scorso  anno,  e  per 
il  maggior  numero  degli  Archivi  esplorati,  e  per  la  quantità  più 
rilevante  della  materia  ch'essa  riflette. 

Ho  ferma  certezza,  per  quanto  riguarda  l'operosità  e  la  diligenza 
usata  nelle  ricerche,  di  non  essere  in  nulla  venuto  meno  alla  fiducia 
riconfermatami  da  codesta  Onorevole  Commissione,  alla  quale,  insieme 
con  la  relazione,  presento  la  raccolta  delle  schede,  sempre  disposto 
a  fornire  quegli  altri  schiarimenti  e  quelle  maggiori  spiegazioni  che 
si  rendessero  necessarie. 

A  me  non  rimane  ora  che  di  porgere  vivi  ringraziamenti  e  di 
protestare  la  massima  riconoscenza  per  l' incarico  affidatomi  che,  in- 
sieme con  la  soddisfazione  di  collaborare  ad  un'  opera  di  tanto  inte- 
resse, qual'  è  il  Regesto  Diplomatico  Visconteo,  mi  offrì  1'  opportunità 
di  compiere  un  viaggio  altamente  istruttivo  e  di  accrescere  senza 
paragone  il  piccolo  patrimonio  delle  mie  cognizioni  storiche. 

Monjsa,  gennaio  ipoo. 

Il  Socio 
Giuseppe  Riva. 


Al    II     1)1    II   A     SOC.IITV     SrOKICV      I.OMIiARDA 


ALLEGATO    IV 


L 

I  documenti  viscontei   (1  272^-140  2) 
nell'Archivio    Municipale   di    Milano 


Onor,  Commiss,  per  il  Repertorio  Diplom.    Visconteo. 

Credo  mio  dovere  il  dare  qualche  notizia  intorno  ai  limiti  ed  ai 
risultamenti  delle  ricerche  da  me  compiute,  per  incarico  di  cotesta  Ono- 
revole Commissione,  nell'Archivio  Municipale  della  nostra  città. 

I  documenti  viscontei  da  questo  posseduti  si  contengono,  da  po- 
chissimi in  fuori,  nei  Registri  delle  Lettere  Ducali,  delle  Provvisioni 
e  delle  Sentenze  del  Podestà.  L' incarico  di  esplorare  queste  ultime 
fu  assunto  dal  chiarissimo  dott.  Calligaris;  gli  altri  fondi,  da  me  spo- 
gliati, diedero  una  messe  di  più  che  trecento  carte.  La  prima,  desunta, 
al  pari  d'  altre  non  poche,  da  documenti  posteriori,  risale  al  2  settem- 
bre 1334:  l'ultima,  fra  quelle  antecedenti  alla  morte  del  primo  duca, 
porta,  per  errore  o  per  voluto  inganno,  la  data  del  domani  di  questa, 
ossia  del  4  settembre  1402,  pur  essendo,  come  appare  dal  contesto 
medesimo,  una  lettera  di  Gian  Galeazzo. 

Lettere  Ducali  (i). 

Un  primo  registro  di  Lettere  Ducali  (1389-1396)  andò  da  tempo 
perduto.  Di  esso  però  si  conserva  nell'Archivio  Civico  un  indice  com- 
pilato sul  finire  del  secolo  scorso  dall'archivista  Lualdi  da  Piacenza; 
ed  ivi  si  ha   brevemente  riassunta   la  materia  dei  singoli  documenti. 


(i)  Le  indichiamo  nelle  schede  mediante  le  sigle  L.  D. 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA  SOQ 

Tre  fra  questi,  tutti  dell'  anno  1889,  si  trovano  anche  copiati,  due  •  per 
intiero,  l' altro  parzialmente,  in  un  Repertorio  Cronologico  esistente 
neir Archivio  medesimo  ;  cosicché  ci  fu  possibile  tenerne  calcolo  nello 
spoglio  (i).  Più  altri,  dati  da  diverse  fonti,  furono  già  editi  in  opere  a 
stampa,  e  massimamente  nel  Ducato  di  Milano  del  Formentini  (2)  ;  pa- 
rimenti si  potranno  di  non  pochi  rinvenire  altrove  gli  originali  o  altre 
copie.  Del  rimanente,  il  dottor  Ettore  Verga,  direttore  dell'Archivio 
Municipale,  con  gentilezza  squisita  ci  ha  dichiarato,  che  sarebbe  pronto 
a  trascrivere  sulle  apposite  schede  i  sommari  del  Lualdi,  qualora  ne 
fosse  richiesto  da  cotesta  Onorevole  Commissione 

Il  massimo  numero  dei  documenti  riassunti  nelle  nostre  schede, 
(atti  di  nomina  di  pubblici  ufficiali,  imposizioni  di  taglie,  esenzioni  da 
imposte,  privilegi  di  varia  natura,  ordini  di  festeggiamenti  per  vittorie 
o  per  annessioni  di  nuove  terre  allo  stato,  ecc.),  fu  dato  dai  due  Re- 
gistri di  Lettere  Ducali  degli  anni  1895-1409,  1401-1403.  Le  copie  con- 
tenute ad  un  tempo  in  entrambi  questi  codici  sono  ben  poche,  diver. 
samente  da  ciò  che  V  intitolazione  cronologica  indurrebbe  ad  aspettare. 

Nell'uno  e  nell'altro  si  ritrovano,  frammisti  alle  lettere  del  Si- 
gnore o  cel  Duca,  alcuni  atti  di  altre  autorità;  generalmente  del  Vi- 
cario e  dei  Dodici  presiedenti  al  Tribunale  delle  Provvisioni.  Sono  in 
questo  numero,  ad  esempio,  varie  gride,  colle  quali  s'  interdice  1'  am- 
ministrazione dei  beni  ad  alcuni  giocatori  biscatie  et  taxilorum  (3),  e 
molte  concessioni  d'immunità  da  imposte,  per  un  periodo  di  venti- 
cinque anni,  per  cascine  nuovamente  edificate  (4).  Di  tali  decreti,  non 
emananti  dalla  Cancelleria  Ducale,  non  ci  siamo  naturalmente  occupati. 

Tre  carte  ci  furono  fornite  da  registri  posteriori;  una,  del  19  ago- 
sto 1864,  dal  codice  L.  D.,  1410-18  ;  due,  del  24  giugno  e  del  7  novem- 
bre dell'  anno  1401,  da  L.  D.,  1462-72. 


(i)  La  fonte  è  indicata  coll'abbreviazione  Chron.  —  {ExL.D,  1J89-96). 

(2)  Questi  li  trasse  probabilmente  da  certo  suo  codice,  ora  posse- 
duto dalla  Società  Storica  Lombarda;  ed  appunto  ci  proponiamo  d'esa- 
minarlo. 

(8)  Vedasi  ad  es.  una  grida  del  7  maggio  1894  in  L.  D.,  1895-1409, 
fol.  108. 

(4)  Un  esempio  si  può  vedere  in  L.  D.,  1895-1409,  fol.  2  (carta  del 
giorno  8  giugno  1895);  cfr.  Statuti  di  Milano,  (ed.  Carpano;  Milano, 
1588-85),  voi.  II,  p.  79. 


5  IO  ATTI   DELLA    SOCIE  lÀ    STORICA    LOMBARDA 


Registri  DELLE  Provvisioni  (i). 

Nel  primo  registro  di  questa  serie  (R.  P.,  i385-88)  si  legge  a  carte 
34  la  copia  d'  un  atto  del  9  ottobre  i352  (2).  Esso  fu  ivi  trascritto  il 
24  marzo  i386  a  petizione  di  privati,  atteso  massimamente  (come  è 
4ctto  in  una  nota,  che  segue  alla  sottoscrizione  del  notaio),  "  quod 
tallis  provtxio  non  r  eperir  et  ur  in  aliquo  libro  existenti  de  presenti  propter 
combustionem  scripturarum  que  erant  ad  offiiium  provixionum  se  combust.... 
de  anno  proxime  preterito  „.  L'UfiScio  delle  Provvisioni  ed  i  documenti 
in  esso  conservati  erano  dunque  stati  preda  del  fuoco  nel  i385.  Così 
si  spiega  come  solo  da  questa  data  abbia  principio  la  serie  dei  regi- 
stri oggi  esistenti  nelFArchivio  Municipale  della  nostra  città.  E  poi- 
ché, sventuratamente,  la  filza  presenta  una  lacuna  frali  3398  ed  il  1406, 
così  le  nostre  ricerche  si  dovettero  limitare  ai  due  soli  registri  degli 
anni  i335-88,  1889-97. 

Per  buona  ventura,  tuttavia,  Y  esame  di  questi  codici  non  fu  in- 
fruttuoso. Pur  lasciando  da  parte,  per  non  vagare  inutilmente  fuori 
dei  prefissi  confini,  le  Provvisioni  che  non  avevano  diretto  rapporto 
con  atti  della  Cancelleria  Viscontea,  ebbi  a  raccogliere  non  isprege- 
vole  numero  di  documenti;  per  massima  parte  lettere  del  Signore  o 
del  Duca,  talora  isolate,  più  spesso  inserite  in  decreti  del  Vicario  e 
dei  Dodici  (3).  Tali  carte  contengono  generalmente  concessioni  di 
cittadinanza,  ordini  per  oblazioni  a  diverse  chiese,  sospensioni  di 
cause,  ecc. 

Altre  Fonti. 

Alcuni  documenti  infine  furono  trovati  in  altri  fondi  dell'  Archi- 
vio ;  uno  cioè  (del  1872)  si  rinvenne  riassunto  in  una  nota  manoscritta 
sotto  Località  —  Maggiore  {Lago);  altri  cinque,  trascritti  in  un  codice, 


(i)  Nelle  schede  R.  P. 

(2)  Cfr.  Osio,  Docum.  Diplom.  Milano,  1864,  voi.  I,  p.  ii5,  doc.  LXI 
(da  altra  copia  autentica). 

(3)  Ho  indicata  la  fonte  di  questi  documenti  ora  colle  parole;  Hae 
litterae  transcripiae  reperiuntur  in  Decreto,  etc,  ora  più  brevemente  così  : 
In  Decreto  Officii  Provisionis  diei,  etc;  oppure:  In  Provisione  dici,  etc. 
Naturalmente,  segue  poi  sempre  l'indicazione  del  foglio  e  del  registro. 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ.     STORICA    LOMBARDA  5ll 

(cartaceo,  come  tutti  i  sin  qui  accennati),  che  riguarda  gli  inizi  della 
fabbrica  del  Duomo.  Un  rozzo  disegno  di  chiesa  vedesi  sulla  coperta; 
sul  verso  di  questa  si  legge  come  titolo  Liber  Ecclesie  Maioris  Medio- 
lani  silicei  beate  Virginis  Marie,  e  più  in  alto,  in  caratteri  più  recenti, 
ab  anno  ijSj  nsque  1400  (i).  Questo  breve  registro  ci  fornì  un  decreto 
visconteo  del  i5  ottobre  1887:  un  atto  del  26  marzo  1400,  ove  è  ricor- 
dato il  cavaliere  {miles)  Antonio  de  Vicecomitibus ,  e  tre  carte  infine, 
del  i5  dicembre  1897,  del  i  gennaio  1898,  del  io  maggio  1899,  che  si 
riferiscono  ad  un  Luchino  Visconti,  tesoriere  della  fabbrica  per  l'Os- 
sola e  sovraintendente  agli  scavi  della  Gandolia. 


Nel  redigere  queste  schede  fu  mia  cura  attenermi  alle  norme  ge- 
nerali stabilite  da  cotesta  Onorevole  Commissione.  Ogni  qualvolta  mi 
fu  dato  di  trovar  edito  in  questa  o  in  quell'opera  a  stampa  1'  uno  o 
l'altro  dei  documenti  da  me  veduti,  non  lasciai  d'aggiungere  questa 
alle  altre  indicazioni. 

Debbo  infine  ricordare,  con  vivo  senso  di  gratitudine,  il  solerte 
direttore  dell'Archivio  Municipale  di  Milano,  dott.  Ettore  Verga,  che 
in  più  modi  mi  rese  agevole  il  lavoro,  e  largamente  mi  giovò  colla 
sua  assisteoiza. 

Ed  ora,  voglia  cotesta  esimia  Commissione  giudicare  benignamente 
l'opera  mia.  Non  me  ne  dissimulo  le  imperfezioni;  ma  sono  pur  con- 
scio d'essermi  adoperato  per  quanto  era  in  me,  acciocché  non  appa- 
rissi  indegno  della  fiducia  in  me  posta. 

Milano,  maggio  i8gg, 

Giovanni  Seregnl 


(i)  A  questo  codice  rimando  nelle  schede  colle  sigle  L.  E.  M. 


5l2  ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA 


I  documenti  viscontei  del  ms.  Formentini. 


Onor.  Commiss,  per  il  Repertorio  Diplomatico   Visconteo. 

Gli  ottantasette  documenti,  di  cui  qui  unisco  il  riassunto,  si  ritro- 
vano in  due  volumi  manoscritti,  appartenenti  già  al  compianto  ragio- 
niere Formentini,  ed  ora  alla  Società  Storica  Lombarda  (i).  Ivi  essi 
furono  tutti  copiati  da  un  codice  di  lettere  di  Gian  Galeazzo  Visconti 
alle  autorità  municipali  di  Milano  degli  anni  1389-1896;  codice  che, 
come  abbiamo  avvertito  nella  Relazione  sui  Documenti  Viscontei  del- 
TArchivio  Civico  Milanese,  andò  perduto. 

Già  un'  altra  volta  questo  avventuroso  copiano  erasi  smarrito. 
Volle  la  buona  fortuna,  che  nel  1726  lo  ritrovasse  in  casa  sua,  nescius 
quo  fato,  vino  dei  sessanta  decurioni  di  Milano,  Don  Guido  Brivio,  da 
cui  lo  ottenne  Don  Costanzo  Maria  D'Adda,  decurione  egli  pure  e 
Tribuno  della  milizia  urbana  di  Porta  Ticinese.  Questi  dispose,  affin- 
chè il  codice  fosse  conservato  insieme  cogli  altri  monumenti  della 
storia  cittadina;  ed  estrattene  alcune  carte,  che  più  gli  sembravan 
notevoli  {aliqua  notabiliorà),  le  copiò  nel  secondo  dei  volumi  ora  pos- 
seduti dalla  nostra  Società.  Così  è  narrato  in  una  prefazione  a  questo 
appunto  premessa. 

Segue  a  tal  proemio  V  indice  dei  documenti  trascritti  nel  libro  ; 
di  poi  si  hanno  le  lettere  stesse,  ordinate,  salvo  poche  eccezioni,  cro- 
nologicamente; infine  due  indici  compilati  dal  D'Adda;  l'uno,  invero 
assai  succinto,  di  tutti  i  documenti,  che  si  contenevano  nel  codice  rin- 
venuto, l'altro,  molto  copioso  e  pregevole,  dei  nomi  è  delle  cose,  di 
cui  in  essi  documenti  era  fatta  menzione.  In  entrambi  questi  indici 
tuttavia  il  D'Adda  non  rimanda  alle  pagine  del  manoscritto  originale, 

(i)  Li  indichiamo  nelle  schede  colle  sigle  S.  S.  L.  I.  ;  S.  S.  L.  II. 


ATTI  DELLA  SOCIETÀ  STORICA  LOMBARDA  5l3 

ma  a  quelle  d'una  copia,  che  Don  Guido  Brivio  ne  aveva  tratto,  e  che 
il  Conte  Gabriele  Verri,  reggitore  della  città,  gli  aveva  concesso  di 
conservare.  E  chi  sa  se  tale  esemplare  non  si  trovi  ancora  presso  qual- 
che signorile  famiglia  della  nostra  città? 

Quanto  all'  originale,  esso  si  perdette  verosimilmente,  per  la  se- 
conda volta,  sul  finire  del  secolo  scorso  o  sul  cominciare  del  nostro  ; 
perocché  di  quegli  anni  T  archivista  Lualdi  ne  compilò,  con  qualche 
maggior  larghezza  che  il  D'Adda,  l' indice  dei  documenti,  che  ancora 
si  può  vedere  nell'Archivio  Municipale  (i). 

Già  prima  di  quel  tempo,  secondo  ogni  probabilità,  erano  state 
trascritte  da  tale  volume  nel  primo  dei  codici  della  Società  nostra  cin- 
que carte;  quelle  cioè  del  3  aprile  e  del  21  giugno  1889,  del  4  agosto 
1892,  del  23  dicembre  1894,  del  21  luglio  1895  (2)  (schede  4.%  8.%  47.% 
62.^,  76.^).  In  calce  a  ciascuna  di  queste  copie  è  indicato  il  foglio  del 
registro  originale.  Ed  è  a  notarsi  che,  ad  eccezione  della  prima,  esse 
si  leggono  pure  nell'  altro  dei  nostri  due  libri  manoscritti. 

Sono  pertanto  ben  lieto  di  poter  consegnare  a  cotesta  Onorevole 
Commissione  un'altra  breve  serie  di  schede,  quasi  a  complemento  di 
quelle  date  dall'  esplorazione  del  nostro  Civico  Archivio.  Alcuni  fra  i 
documenti  qui  riassunti  furono  già  pubblicati  (e  lo  indichiamo)  dal 
Formentini  e  da  altri;  i  più  ci  sembrano  inediti. 

Ci  è  grata  l'opportunità,  che  ne  è  porta,  di  attestare  nuovamente 
ai  singoli  membri  di  cotesta  esimia  Commissione  la  nostra  massima 
stima. 

Milano,  ij;  luglio  iSpp. 

Giovanni  Seregni. 


(i)  Vedi  la  nostra  Relazione  sui  Documenti  Viscontei  di  tale  Ar- 
chivio. 

(2)  Nella  copia  in  S.  S.  L.  I  si  legge  la  data  21  luglio  i885;  leg- 
gesi  invece  1895  nelle  altre  copie  in  S.  S.  L.  II  e  nel  volume  di  Let- 
tere Ducali  degli  anni  1410-1418  (Archivio  Municipale).  Che  la  seconda 
lezione  sia  la  vera,  è  evidente.  In  tale  anno  infatti  si  dovette  prestare 
il  giuramento  al  nuovo  Duca,  secondo  ciò  che  nel  documento  si  dice. 


5 14  ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA 


III. 

I  documenti  viscontei  dal  1272  al  1402 
negli  Archivi   di   Vicenza   e  di   Venezia. 


Relazione  del  socio  d.'  GIOVANNI  SEREGNI 


Onor,  Commiss,  per  il  Regesto  Diplomatico   Visconteo, 

Negli  scorsi  mesi  di  luglio  e  dì  agosto,  per  lo  spazio  di  circa  qua- 
ranta giorni,  attesi,  secondo  V  incarico  di  cui  cotesta  esimia  Commis- 
sione volle  anche  quest'anno  onorarmi,  ad  esplorare  gli  archivi  di  Vi- 
cenza e  di  Venezia,  ed  a  riassumere  i  documenti  viscontei,  che  in  essi 
si  conservano.  Sarei  stato  lietissimo,  se  avessi  potuto,  come  bramavo, 
recarmi  per  simile  scopo  anche  a  Verona;  pur  troppo  non  mi  bastò  il 
tempo.  Le  giornate  e  V  opera,  che  dovetti  spendere  nelle  altre  due 
città,  non  furono  tuttavia  senza  buon  frutto.  Le  scritture  da  me  ve- 
dute nei  vari  archivi  vicentini  ed  in  quello  dei  Frari  a  Venezia  (due- 
cento circa  le  prime,  più  di  centoquaranta  le  seconde),  rappresentano, 
per  quel  eh'  io  posso  affermare,  quanto  era  ivi  a  trovarsi  che  facesse 
per  noi.  E  mentre  sono  ora  lieto  di  presentarne  il  compiuto  reper- 
torio, stimo  opportuno  illustrar  questo  con  brevi  note  e  rendere  ra- 
gione ad  un  tempo  dell'ordine  e  dei  criteri  da  me  seguiti  nella  ricerca. 


ARCHIVI  DI  VICENZA. 

"  Neil'  antico  Archivio  Comunale  di  Vicenza  si  conserva  un  grosso 
volume  in  pergamena,  contenente  esso  solo  alcune  centinaia  di  lettere 
(in  copia)  indirizzate  dal  Visconti  ai  podestà  di  Vicenza,  e  tutte  in 
materia  di  governo  della  città.  Altri  documenti  poi  si  leggono  sparsi 
qua  e  là  nell'  istesso  archivio  e  in   quelli  delle  soppresse  corporazioni 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA  5  lS 

religiose  „.  Così  scriveva  alla  Società  Storica  Lombarda  addì  24  feb-» 
braio  1898  il  chiarissimo  signore  cav.  Don  Domenico  Bortolan,  diret- 
tore della  Biblioteca  della  città  di  Vicenza,  cui  l'Archivio  Comunale 
è  congiunto. 

Appena  giunto  a  Vicenza,  intrapresi  pertanto  lo  spoglio  del  co- 
dice, cui  tale  lettera  alludeva  (Libro  H).  Mi  volsi  poscia  ad  esaminare 
le  altre  fonti  dell'  Archivio  Comunale  e  della  Biblioteca,  nonché  le 
carte  dei  monasteri  soppressi.  Infine,  seguendo  le.  indicazioni  forni- 
temi con  somma  cortesia  dal  cav.  Bortolan,  esplorai  gli  altri  archivi 
pubblici  e  privati  della  città,  così  che  non  rimanesse  necessità  alcuna 
di  nuove  ricerche  a  Vicenza.  Parlerò  adunque  de'  miei  lavori  nell'or^ 
dine  medesimo  che  in  essi  ebbi  a  seguire. 


A.  —  Archivio  Comunale. 

I.  Il  Libro  H. 

Questo  codice  membranaceo,  segnato  ora  colla  lettera  H  e  col  nu- 
mero 777  dell'inventario  (i),  era  detto  una  volta  Libro  N  od  Albo 
Vecchio.  Francesco  Fortunato  Vigna,  nel  suo  Zibaldone,  usa  sempre 
r  una  o  l'altra  di  queste  due  denominazioni. 

Sono  in  esso  trascritte  le  lettere  dirette  al  Podestà  di  Vicenza  dai 
vari  signori,  cui  la  città  fu  soggetta,  dal  1877  ^1 1426.  I  primi  quaran- 
tatre fogli  sono  occupati  per  la  massima  parte  da  lettere  degli  Scali- 
geri ;  tuttavia  a  carte  i,  i5  v.°,  84,  si  leggono  tre  documenti  dell'  età 
viscontea,  dei  quali  il  secondo  è  però  posteriore  alla  morte  di  Gian 
Galeazzo.  Dal  foglio  44  ha  principio  una  serie  di  missive  e  decreti  del 
Conte  di  Virtù,  la  quale  continua,  poco  ordinata,  ma  non  interrotta,  sino 
a  carte  92.  Nei  fogli  92-115  si  hanno  lettere  del  doge  Michele  Steno 
ed  altre  scritture  dell'età  sua,  astrazion  fatta  da  un  decreto  mutilo 
del  Signore  di  Milano  a  fol.  no  v.°  (scheda  4).  A  carte  116  si  ritro- 
vano di  bel  nuovo  documenti  viscontei,  e  questi  continuano  (salvo 
un'  ultima  interruzione  ai  fogli  118-120,  occupati  da  diversi  statuti), 
sino  a  carte  i33  ;  senonchè  deve  notarsi  che  le  lettere  trascritte  negli 
ultimi  tre  fogli,  portando  i  nomi  della  Duchessa  reggente  e  de'  suoi 


(i)  Nelle  schede  1'  ho  citato  con  ambo  le  indicazioni:  H  777. 

Arch.  Stor.   Lomb.  —  Anno  XXVII.  —  Fase,  XXVI,  34 


5l6  ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA 

tìgli  (anni  1402-1404),  escono  già  dai  confini,  entro  i  quali  ci  siamo 
prefissi  di  rimanere.  Dal  foglio  184  sino  alla  fine  del  volume  non  si 
hanno  più  che  epistole  dei  dogi  Michele  Steno,  Tomaso  Mocenigo  e 
Francesco  Foscari,  e  diversi  atti  della  medesima  età. 

I  documenti  viscontei  contenuti  in  questo  registro,  ove  non  si  com- 
putino le  lettere  posteriori  alla  morte  di  Gian  Galeazzo,  si  riducono 
a  centotrentacinque  ;  un  numero  alquanto  minore  di  quello  che  ci  si 
ora  lasciato  sperare.  In  tale  somma  sono  compresi  una  cinquantina  di 
provvedimenti  e  statuti  composti  dal  principe  per  tutte  le  città  sog- 
gette al  suo  dominio,  e  già  pubblicati  per  gran  parte  negli  Antiqua 
Ducum  Mediolani  Decreta  (i). 

Nel  codice  vicentino  il  decreto  è  sovente  inserito  od  allegato  ad 
una  lettera  accompagnatoria  diretta  dal  Signore  o  dal  Duca  (2)  al  Po- 
destà di  Vicenza;  ed  ha  generalmente  la  stessa  data  della  missiva  od 
una  data  di  poco  anteriore.  Taluni  appaiono  privi  di  note  croniche  ; 
ed  a  quelli  fra  essi,  che  trovai  editi  negli  A.  D.  D.,  credetti  opportuno 
assegnare,  scrivendola  fra  parentesi,  la  data  sotto  cui  erano  stati  spe- 
diti al  Podestà  di  Milano.  Così  feci  nelle  prime  quattro  schede  ed  in 
quelle  segnate  coi  n.  iii-ii3,  179-181.  Parimenti  si  vedrà  chiusa  fra  pa- 
rentesi la  data  del  doc.  26,  indotta  per  analogia  da  quella  della  let- 
tera affatto  simile,  che  ad  esso  precede  (doc.  25). 

II  decreto  3o  settembre  1892  (scheda  81)  porta  negli  A.  D.  D.  la 
data  3o  settembre  1897  ;  ma  si  tratta  evidentemente  d'  un  errore.  In 
primo  luogo  infatti  Gian  Galeazzo  vi  si  chiama  Dominus  Mediolani  an- 
ziché Dux  :  ed  in  tale  lezione  convengono  così  il  codice  vicentino 
come  il  volume  anzidetto.  Secondariamente  la  lettera  accompagnatoria 
al  Podestà  di  Vicenza  è  del  i  aprile  1893  (vedi  scheda  92),  cosicché  il 
dubbio  non  è  possibile. 

Il  decreto  non  datato  concernente  T  estradizione  dei  banditi  e  mal- 
fattori dei  domini  veneti,  che  abbiamo  riassunto  nella  scheda  82,  è 
allegato  a  lettera  del  17  luglio  1889,  e  forse  é  del  14  dello  stesso  mese» 
Sotto  tal  data  infatti  un  simile  decreto  si  legge  nei  Libri  Commemo- 
riali della  Repubblica  Veneta  (scheda  112  fra  le  veneziane). 

Noteremo  infine,  che  uno  fra  i  documenti  del  codice  H  (scheda  46), 
piuttosto  breve,  ma  abbastanza  importante,  fu  da  noi  copiato  per  in- 
tiero anziché  compendiato. 


(1)  Quest'  opera  (Milano,  1654)  è  da  me  citata  colle  sigle  A.  D.  D. 

(2)  In  un  solo  caso  (scheda  i38)  da'  suoi  ufficiali. 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA  5l7 


2.   Altri    fondi   della    Biblioteca   Bertoliana 
E  dell'Archivio  di  Torre. 

Gli  altri  fondi  della  Biblioteca  Bertoliana  e  dell* Archivio  di  Torre 
si  possono  agevolmente  distribuire  in  tre  classi: 

a)  manoscritti  di  età  recente  ; 

b)  codici  della  Libreria  Gonzati  ; 
e)  archivio  di  Torre. 

a)  Manoscritti  di  età  recente.  —  In  questa  prima  categoria 
comprendiamo  il  noto  Zibaldone  del  Vigna,  composto  di  tredici  libri 
manoscritti,  la  Miscellanea  del  Macca,  in  altrettanti  tomi,  ed  il  Codice 
Diplomatico  Vicentino  del  medesimo,  in  due  volumi. 

In  queste  tre  collezioni,  da  me  consultate  per  suggerimento  del- 
l'egregio cav.  Bortolan,  trovai  utili  indicazioni  per  le  ricerche  poste- 
riori, nonché  le  copie  di  alcuni  documenti  estranei  all'  archivio. 

Nel  XIII  tomo  dello  Zibaldone  del  Vigna  rinvenni  un'  investitura 
feudale  fatta  il  4  aprile  1891  dal  marchese  Malaspina  e  dal  Capitano 
di  Vicenza,  quali  rappresentanti  del  Visconti,  a  favore  di  Pietro  Birlo 
(scheda  53).  L'autentico  esisteva  presso  il  nobile  Pietro  Palazzi;  così 
il  Vigna  asserisce.  Un'altra  copia  ne  vidi  poscia  nel  privato  archivio 
dei  conti  Porto-Godi-Piovene. 

Il  I  volume  del  Codice  Diplomatico  Vicentino  mi  offrì ,  trascritto ,. 
un  diploma  visconteo  del  6  maggio  1892  a  favore  di  Lonigo  (scheda  70), 
che  il  Macca  scrive  d'aver  rinvenuto  nell'  archivio  di  casa  Pagelli  a 
S.  Francesco  di  Vicenza.  Tale  collezione  non  si  ritrova  più  nella  città,, 
e  non  è  facile  sapere  se  sia  andata  dispersa  o  sia  stata  trasportata 
altrove. 

Taccio  di  non  pochi  altri  documenti,  di  cui  i  codici  dell'Archivio 
di  Torre  o  le  carte  delle  Congregazioni  Religiose  mi  fornirono  in  se- 
guito o  gli  originali  o  copie  più  dirette. 

b)  Codici  della  Libreria  Gonzati.  —  I  manoscritti  del  Vigna  e 
del  Macca  di  cui  ho  testé  fatto  parola,  sono  ora  posti  nella  Libreria 
Gonzati,  sebbene  questa  collocazione  non  appaia  ancora  segnata  sulla 
coperta.  Questa  libreria  comprende,  oltre  a  non  pochi  volumi  a  stampa, 
parecchi  codici  antichi;  tre  dei  quali  mi  offrirono  qualche  buon  do- 
cumento. Sono  essi  : 


5l8  ATTI    DELLA    SOCIKT A.    STORICA    LOMBARDA. 

i,o  _  \\  codice  22.  8.  5  (già  769  dell'Inventario);  Statuta  Vin- 
ccnlic  MCCCXXVl.  Oltre  agli  statuti  si  leggono  però  a  carte  i83  e 
seguenti  lettere  di  dogi  veneti  e  d'altri  principi;  Ira  queste  quattro 
di  Gian  Galeazzo  Visconti  (doc.  6,  48,  46,  56)  ; 

2°  —  il  codice  26.  5.  14:  De  B.  Ioanne  Se  ledo  Vicentino  Disci- 
pulo  S.  Dominici  sacrae  Miscelanae  ad  ipsius  mirabilem  vitam  conscriben- 
dam  accommodatae  (Le  pagine  non  son  numerate).  Contiene  fra  altro 
le  copie  di  due  diplomi  di  Gian  Galeazzo  a  favore  del  cavaliere  Gior- 
gio Cavalli;  Conte  di  Sant'  Orso  (schede  146  e  149).  Li  ritrovai  del  re- 
sto trascritti  anche  altrove,  vale  a  dire  nelle  collezioni  del  Vigna  e 
del  Macca  ed  in  un  codice  dell'  archivio  Capra; 

3.0  —  il  codice  i8.  9.  I  :  Illusirium  et  nobiliion  de  Thienis  privi- 
legiorwn  collecta  ab  autenticis  assumpta  per  me  fratrem  Io.  Baptistam 
Vicent.  Ordinis  Eremitarum  sancii  Agostini  (sic)  Anno  MDLXXX  mense 
Decemb.  Ne  trassi  i  numeri  72,  82,  144  del  mio  spoglio. 

Fra  gli  altri  manoscritti  di  questa  serie  mi  sembrò  pure  merite- 
vole d' una  scorsa  quello  segnato  "Libreria  Gonzati ,  22.  8.  8„  (già 
Libro  E,  776  dell'  Inventario).  Ma  la  mia  speranza  fu  delusa.  La  prima 
parte  del  codice  contiene  infatti  statuti  anteriori  al  dominio  visconteo, 
la  seconda  leggi,  ordini  e  decreti  del  periodo  della  veneta  dominazione. 

I  rimanenti  codici  della  libreria  non  hanno  rapporto  colle  ricerche 
nostre.  Quanto  ai  volumi  a  stampa,  mi  convenne,  per  certa  occasione, 
vederne  due,  aventi  per  titolo  il  primo  :  Privilegia  ac  lura  Bassani 
(Venetiis,  MDCL,  Ex  typographia  Ducali  Pinelliana,  Libreria  Gonzati 
4.  6.  26)  ;  il  secondo  :  Statuta  Bassanensia....  (Impressum  Vincenti  e  per 
magistrum  Henricum  de  Sancto  Urso  i5o6,  Libreria  Gonzati,  4.  7.  2). 
E  poiché  entrambi  mi  parvero  piuttosto  rari,  stimai  opportuno  pren- 
dere nota  dei  pochi  diplomi  viscontei,  che  in  essi  si  leggono  (schede 
44,  45,  69,  80,  83). 

e)  Archivio  di  Torre.  —  L'  Archivio  di  Torre  è  propriamente 
l'archivio  storico  della  città.  Le  pergamene  d'antica  data  ch'esso  pos- 
siede sono  ben  poche  ;  poiché,  com'  é  noto,  durante  la  guerra  della 
lega  di  Cambra}'',  le  vecchie  raccolte  cittadine  andarono  distrutte  dal 
fuoco.  Di  qualche  compenso  al  danno  sono  diverse  centinaia  di  co- 
piari  e  di  registri  ;  uno  dei  quali  é  il  medesimo  Libro  H,  da  noi  più 
sopra  descritto. 

Tutti  i  documenti  dell'Archivio  si  trovano  ricordati  e  largamente 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA  5iq 


riassunti  in  un  accuratissimo  Catastico  in  ventisette  grossi  volumi. 
Questo  indice,  da  me  esaminato  colla  massima  diligenza,  mi  diede 
modo  di  ritrovare  non  poche  copie  di  lettere  già  vedute  ed  una  quin- 
dicina di  nuovi  diplomi  sparsi  in  quel  mare  magno. 

Ed  ecco  1'  elenco  dei  libri,  ove  trovai  questi  documenti  : 

i.°  —  Libro  ig,  Bergamena  (48  dell'Inventario):  è  una  collezione 
di  pergamene,  tre  delle  quali,  ivi  segnate  coi  numeri  80,  81,  84,  ema- 
nano dai  rappresentanti  del  Signore  di  Milano  nella  città  di  Vicenza, 
e  concernono  in  modo  più  o  meno  diretto  le  cose  viscontee  (schede 
66,  68,  87)  :  r  ultima  notevole  anche  sotto  T  aspetto  corografico,  è  pure 
trascritta  in 

2.°  —  Albo  Secondo,  grosso  codice  cartaceo,  che  del  rimanente 
non  contiene  se  non  copie  di  scritture  del  periodo  veneto,  ed  in  ispe- 
cie  dei  secoli  XVII-XVIII  ; 

3.°  —  Libro  I  (già  M,  colla  qual  lettera  è  indicato  nello  Zibal- 
done del  Vigna);  in  questo  volume  membranaceo,  segnato  ad  inven- 
tario col  numero  778,  non  si  legge  che  una  sola  lettera  del  Visconti 
(in  copia)  del  giorno  i3  luglio  1890  (scheda  47)  ; 

4.°  —  Libro  O,  San  Giuliano  e  San  Vincenzo;  è  formato  da  più 
codici  membranacei  insieme  legati  :  un  medesimo  documento  si  ritrova 
sovente  copiato  in  vari  di  questi  fascicoli.  Di  qui  abbiamo  ricavato  i 
numeri  42,  49,  5o,  5i,  64  del  nostro  regesto  ; 

5.°-23.°  —  Infine  molti  altri  libri  cartacei,  costituiti  per  la  mas- 
sima parte  da  più  quaderni  od  incartamenti  ciascuno.  I  loro  numeri 
d'  inventario  sono  : 

33,  218,  [Marostica,  Libro  18°), 

36,  225,  {Gambellara,  Libro  <5.°), 

106,  281,  [Esenzioni], 

III,  [Nodari,  t-I<,  Libro  /),  899,  [Libro  <5.°  ir^)  ; 
ii5,  II  [Fiera,  Libro  j.°),  a  cui  debbonsi  aggiungere  i  co- 

i85,  [Territorio,  Libro  22.^),  dici,  che  portano  le  indicazioni: 

189,  [Montagne,  Libro  i.%  Callo  24, 

192,  [Montagne y  Libro  4°),  Callo  jj  [Rasoniero], 

ig3,  [Montagne,  Libro  j°),  Callo  jp, 

200,  [Montagne,  Libro  12°),  Callo  O  [Rasoniero), 


D20 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA 


Nel  Libro  iii  (Nodari,  Kp,  Libro  1),  leggemmo  copia  di  una  lettera 
di  Gian  Galeazzo,  che  già  avevamo  veduta  trascritta  nel  codice  "  Li- 
breria Gonzati,  22,  8,  5  „.  Ambo  le  copie  sventuratamente  sono  incom- 
plete ;  ma  la  prima  contiene  un  capitolo  che  nell'altra  è  omesso.  (Vedi 
scheda  6). 

I  diplomi  riassunti  nelle  schede  18,  28,  98,  169  (dai  Libri  192  e  218) 
sono  a  favore  degli  abitanti  dei  Sette  Comuni,  detti  nel  secondo  •'  Teu- 
tonici „. 

Del  giorno  7  dicembre  1894  il  Libro  i85  riporta  la  vendita  d'  una 
mariganza  compiuta  da  un  procuratore  del  Visconti  (scheda  128). 

Un  ultimo  documento,  una  sentenza  pronunciata  da  Giovan  Ga- 
leazzo Conte  di  Virtù  e  Duca  di  Milano  (scheda  197),  porta  la  data 
80  novembre  1402,  Indizione  X,  martedì  {die  martis)  :  data  assurda,  sia 
perchè  il  Duca  era  morto  sin  dai  primi  di  settembre,  sia  perchè,  come 
è  facile  riconoscere  con  breve  calcolo,  il  3o  novembre  1402  dovette 
cadere  in  giovedì  anziché  in  martedì.  Che  sia  errato  l'anno  non  mi 
sembra  probabile,  poiché  T indizione  corrisponde:  ^^°^^'^  \  dà  infatti 
per  resto  io.  Inclinerei  piuttosto  a  credere  che  a  Novembris  si  debba 
sostituire  Mail  ;  perocché  il  giorno  80  del  maggio  1402,  e  di  tal  mese 
solamente  in  quell'anno,  era  per  l'appunto  un  martedì.  Del  resto  la 
copia,  che  sola  abbiam  potuta  vedere  di  tal  documento  (nel  Libro  899), 
è  piuttosto  recente  e  tutt' altro  che  felice.  Il  nome  del  podestà  di  Vi- 
cenza nel  1898,  Brocardo  Picenardi  da  Cremona,  vi  appare  scritto  così  : 
"  Brocardum  de  Pizzamellis  „. 

8.  Corporazioni  Religiose. 


Fra  gli  archivi  dei  soppressi  monasteri,  che  in  una  col  Comunale, 
si  conservano  nella  Biblioteca  della  città  di  Vicenza,  ebbi  ad  esplo- 
rare, come  contenenti  carte  anteriori  al  1402,  quelli  di  otto  congre- 
gazioni: SS.  Felice  e  Fortunato,  Santa  Corona,  S.  Domenico,  Ogni 
Santi,  S.  Tomaso,  S.  Silvestro,  S.  Lorenzo,  S.  Pietro. 

Queste  raccolte  di  documenti  sono,  a  dir  vero,  tutt' altro  che  or- 
dinate; ma  per  buona  ventura  esistono  di  esse  tutte  diligenti  Cata- 
stici. Grazie  a  questi,  a  non  so  qual  sorte  benigna,  e  più  alla  valentia 
dell'  esperto  cav.  Bortolan,  potei  ritrovare,  nonostante  il  disordine, 
dodici  documenti  compresi  nelle  prime  quattro  fra  le  mentovate  col- 
lezioni. Tre  di  essi  sono  propriamente   lettere  viscontee,  1'  una  del  9 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA  521 

febbraio  1892  (scheda  65)  a  favore  del  monastero  di  Santa  Corona  (i)  ; 
le  due  rimanenti,  del  3  febbraio  1893  e  del  24  luglio  1402  (88  e  196)  a 
vantaggio  delle  Congregazioni  di  San  Domenico  e  d'Ogni  Santi.  Hanno 
rapporto  con  questi  due  diplomi  altre  carte  dei  due  monasteri,  le  quali 
emanano  dal  Podestà  o  dal  Referendario  del  principe  in  Vicenza  (Vedi 
per  San  Domenico  le  schede  Sj,  90,  187  ;  per  Ogni  Santi  i  numeri  76, 
77,  188).  Infine  tre  atti  notarili  del  28  novembre  1891,  appartenenti  al- 
l'archivio della  soppressa  Corporazione  di  San  Felice  (58,  69,  60)  si 
riferiscono,  come  altri  fra  i  documenti  nostri,  alle  vicende  dei  beni 
della  Fattoria  viscontea  nella  città  e  nel  territorio  vicentino  (2). 

Fra  le  scritture  degli  altri  quattro  monasteri  (me  ne  persuase  fa- 
cilmente l'esame  degli  Inventari  di  esse),  nessuna  si  ritrovava  che  fa- 
cesse per  noi. 

B.  —   Altri  Archivi  Pubblici. 

Compiuta  l'esplorazione  dell'Archivio  Comunale,  intrapresi  lo  spo- 
glio di  altri  fondi  di  antiche  scritture,  che  il  cav.  Bortolan  m'  indicava 
come  esistenti  presso  vari  istituti  della  città: 

a)  r  Ospizio  degli  Esposti  ;  e)  la  Congregazione   di  Carità  ; 

b)  l'Ospitale;  d)  l'Archivio  Notarile. 

a)  Ospizio  degli  Esposti. 

Negli  uffici  del  brefotrofio  vicentino,  presso  la  chiesa  di  S.  Rocco, 
si  conservano  le  carte  della  soppressa  Congregazione  ospitaliera  di 
San  Marcello  ;  e  fra  queste,  servendomi  del  Catastico  delle  scritture, 
ed  esplorando  inoltre  direttamente  le  serie  dei  secoli  XIV-XV,  potei 
rinvenire  i  documenti,  di  cui  do  il  riassunto  nelle  schede  89,  98,  157, 
i58.  11  primo  è  una  lettera  viscontea,  il  secondo  la  condanna  d'un  no- 


(i)  Nel  Catastico  delle  scritture  della  Congregazione,  questa  let- 
tera è  ricordata,  per  equivoco,  sotto  la  data  9  aprile  1897;  che  è  al- 
l' incontro  quella  della  redazione  della  copia  da  noi  veduta. 

(2)  A  tergo  del  primo  fra  questi  tre  documenti,  fu  scritta  per  er- 
rore la  data  20  (anziché  28)  novembre.  Lo  sbaglio  fu  quindi  ripetuto 
nel  Catastico  e  nello  Zibaldone  del  Vigna  (XJ,  41). 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBAUDA 


taio  falsarlo  pronunciata  dal  Podestà  di  Vicenza,  il  quale  dichiara 
d'agire  conformemente  a  lettere  d'un  consigliere  del  Visconti.  Di  en- 
trambi questi  atti  le  copie  si  hanno  in  un  codice  (Libro  B),  notevole 
sia  per  eleganza,  sia  per  contenere,  fra  altro,  un  frammento  di  noto 
poemetto  italiano  del  sec.  XIV  (i).  I  due  diplomi  rimanenti,  i  quali 
emanano  da  un  procuratore  del  Duca  di  Milano,  si  leggono  trascritti 
in  altro  registro. 

b)  Ospitale. 

L'Archivio  di  questo  Istituto,  che  risulta  dalla  fusione  di  più  an- 
tichi ospizi,  comprende,  oltre  a  carte  recenziori,  varie  serie  bene  di- 
stinte di  scritture. 

La  più  cospicua  è  quella  dell'Ospitale  di  Sant'Antonio,  e  qui  me- 
ritavano esame,  per  la  data,  due  gruppi  di  pergamene  (anni  1296-1387, 
1387-1404)  e  vari  copiari  (i,  2,  18  dell'Inventario).  Li  scorsi  adunque 
e  tenni  pure  presente  il  Catastico  dei  documenti  (78  dell'Inventario). 
Ma  la  ricerca  non  diede  che  una  pergamena  viscontea  del  7  marzo  1890 
(scheda  41). 

I  due  piccoli  archivi  dei  minori  ospedali  dei  SS.  Ambrogio  e  Bel- 
lino e  di  S.  Bovo,  le  pergamene  e  bombacine  dei  quali  risalgono  ri- 
spettivamente agli  anni  1824  e  1287,  non  mi  offrirono  nulla. 

Nel  Catastico  delle  scritture  d'un  ultimo  Ospitale,  quello  di  San 
Lazzaro,  vidi  riassunto  (119)  un  atto,  del  quale  avevo  già  trovato  un 
esemplare  nell'Arch.  Comunale  (scheda  66)  ;  fra  le  carte  di  S.  Lazzaro 
tuttavia  la  pergamena  più  non  esiste.  In  questa  collezione  non  resta 
dell'età  viscontea  che  un  solo  copiarlo  (Libro  A  —  Livelli  1348-1880), 
ove  nulla  si  trova  che  meriti  menzione  nel  reportorio  nostro. 

Rimanevano  diverse  serie  di  scritture,  provenienti  dalle  eredità  di 
più  famiglie  benefattrici  ;  una  sola  però,  quella  dell'eredità  Serbelloni, 
risultò  aver  principio  da  una  data  anteriore  alla  morte  di  Gian  Ga- 
leazzo, e  ciò  per  una  carta  del  io  agosto  1401  (89  dell'  Inventario;  per- 
gamene e  bombacine  degli  anni  I40i-i538,  i).  Ma  questo  documento 
pure  non  concerne  le  cose  viscontee  se  non  in  guisa  troppo  indiretta. 


(i)  È  il  Lamentum  Virginis,  più  volte  pubblicato.  Il  frammento  che 
si  legge  nel  codice  vicentino  fu  edito  dal  Morsolin  in  Atti  del  R.  Isti- 
tuto Veneto,  Serie  VII,  t.  I,  disp.  io. 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA  D23 

Il  Referendario  del  Duca,  Ghirardus  de  Bobio  de  Suziis,  vi  interviene 
insieme  col  Podestà  di  Vicenza,  lacopus  dì  Terziis,  coi  Sapienti  della 
città  e  con  altri  magistrati  all'elezione  di  un  Antonio  del  quondam 
Bartolomeo  de  Malchiavelli  (nominato  anche  in  più  pergamene  di 
Sant'Antonio),  a  patrono  e  rettore  della  chiesa  di  S.  Vincenzo. 

c)  Congregazione  di  Carità. 

Al  pari  dell'Ospitale,  questo  Istituto  possiede  i  piccoli  archivi  di 
alcuni  antichi  ospizi  della  città  e  di  più  cospicue  famiglie,  di  cui  è 
erede. 

Gli  archivi  degli  Ospitali  dei  Proti  e  di  S.  Valentino  e  delle  fa- 
miglie Quinto-Rubini  e  Sorio  (tutti  e  quattro  con  inventari  delle  scrit- 
ture), non  contengono  documento  alcuno  che  concerna  i  Visconti.  In- 
fruttuoso risultò  parimenti  lo  spoglio  delle  pergamene  e  bombacine 
dell'  Ospitale  dei  SS.  Pietro  e  Paolo.  —  Restavano  ad  esaminarsi  al- 
cuni mazzi  di  bombacine  o  pergamene  di  eredità  varie,  non  numerati 
neppure  nel  generale  Inventario  degli  Archivi  dell'Istituto.  Qui  fui 
più  fortunato,  poiché  rinvenni  i  due  documenti  riassunti  nelle  schede 
71  e  166.  Entrambi  sono  atti  di  rappresentanti  del  Visconti,  e  concer- 
nono i  beni,  che  la  fattoria  di  questo  possedeva  in  Vicenza  e  nel  Vi- 
centino (i).  —  Altre  serie  di  scritture  appartengono  alla  Congregazione 
di  Carità,  ma  tutte  d'età  più  recente. 

*  d)  Archivio  Notarile. 

Fra  i  notai  vissuti  nella  città  e  nel  territorio  di  Vicenza  al  tempo 
di  Gian  Galeazzo  Visconti  o  in  quel  torno,  i  soli,  di  cui  si  conservino 
gli  atti  nell'Arch.  Notarile,  sono  (come  dall'Indice  di  questo  facilmente 
si  rileva)  i  seguenti  :  Bpssio  Gerardo  del  fu  Nicolò,  Chiericati  Valerio 
di  Gregorio,  Gerardo  di  Nodari  dalle  Molle  da  Torrebelyicino,  Ogni- 
ben  Bortolo  del  fu  Enrico,  Pagliarini  Gabriele  del  fu  Vitto,  Palton 
Antonio  fu  Ottolin.  Di  *tutti  passai  in  rassegna  i  registri  e  le  minute, 
ma  solo  in  un  atto  del  notaio  Valerio  Chiericati  trovai  copiata  una 
lettera  viscontea  del  21   agosto  1892  (scheda  79). 


(1)  La  prima  delle  due  pergamene  porta  a  tergo  la  data  1396,  ma 
si  tratta  indubitabilmente  d'un  errore.  Nel  documento  si  legge  in  modo 
abbastanza  chiaro  nonagesimo  sedo.  E  l' indizione  (X)  toglie  ogni  in- 
certezza. 


524  ^"^"^^    DELLA   SOCIETÀ.    STORICA    LOMBARDA 


AU'Arch.  Notarile  è  pure  annesso  quello  della  lamiglia  Capra,  di 
cui  esiste  un  generale  Inventario.  Lo  spoglio  fu  dunque  facile,  ma  non 
diede  se  non  nuove  copie  di  due  documenti  già  veduti  (schede  145 
e  149). 

C.  —  Collezioni  minori. 

A  compiere  l'esplorazione  dei  j^ubblici  Archivi  di  Vicenza,  non 
trascurai  una  visita  a  quello  della  Curia  Vescovile;  ma,  esaminato 
r  Inventario  generale  delle  scritture  ivi  esistenti,  dovetti  riconoscere 
nulla  trovarsi  colà  di  relativo  ai  Visconti:  cosa  che  del  resto  m'aveva 
già  fat'to  prevedere  il  Direttore  dell'Archivio  Comunale. 

Da  questa  egregia  persona  m' erano  anche  stati  additati  alcuni 
archivi  di  private  famiglie  meritevoli,  da  parte  nostra,  di  una  esplo- 
razione. Erano  essi  : 

l'archivio  Loschi,  ora  presso  i  Conti  Zileri; 
l'archivio  Caldogno,  posseduto  ora  dai  Conti  Pagello; 
l'archivio  dei  Conti  Da  Schio; 
l'archivio  dei  Conti  Porto-Godi-Piovene  (1). 

Alla  visita  di  queste  collezioni,  tutte  ordinate  e  provvedute  di  in- 
ventari, dedicai  alcune  ore  negli  ultimi  giorni,  e  per  l'appunto  quelle 
in  cui  i  pubblici  uffici  eran  chiusi.  Debbo  anche  avvertire  che  le  ri- 
cerche mi  furono  dovunque  concesse  e  rese  facili  dalla  gentilezza  squi- 
sita dei  proprietari,...  e  dalla  buona  ventura,  che  mi  permise  di  tro- 
varli a  Vicenza. 

I  due  primi  archivi.  Loschi  e  Caldogno,  nulla  contengono  che  im- 
porti al  nostro  proposito. 

Trovai  invece  un  diploma  originale  di  Gian  Galeazzo  presso  i  Conti 
da  Schio  (scheda  146),  e  più  altri  documenti  jn  casa  Porto-Godi-Pio- 
vene. Di  questi  ultimi,  uno  è  copia  d'  un  atto  del  4  aprile  iSqi,  di  cui 


(i)  In  una  piccola  collezione  di  scritture  posseduta  dal  Conte  Giulio 
Porto  non  si  hanno  diplomi  viscontei;  così  almeno  mi  fu  assicurato 
dal  segretario  della  casa,  con  cui  solo  potei  conferire,  perocché  il  Conte 
non  si  trovava  a  Vicenza. 


ATTI    CELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA  525 

ho  fatto  menzione  a  proposito  dello  Zibaldone  del  Vigna  (scheda  53)  ; 
un  secondo  (24),  pur  non  emanando  direttamente  dal  Signore  di  Mi- 
lano, serve  d'  opportuno  complemento  alla  lettera  di  questo  da  noi 
compendiata  nella  scheda  17;  altri  cinque  sono  diplomi  viscontei  degli 
anni  1392-1393  (schede  84,  gS,  97,  99,  104)  (i). 

Esplorati  anche  questi  minori  archivi,  potei  lasciare  Vicenza  colla 
persuasione  d' avervi  compiuto  in  modo  esauriente  le  ricerche  neces- 
sarie pel  nostro  assunto. 


ARCHIVIO  DI  STATO  IN  VENEZIA. 

Pacta  —  LiBER  Blancus  —  Patti  sciolti  —  Atti  Diplomatici. 

Alla  lettera  del  9  marzo  1898,  con  cui  il  chiarissimo  signore  cava- 
liere Giomo,  reggente  allora  l'Archivio  di  Venezia,  rispondeva  alla 
circolare  di  codesta  onorevole  Commissione,  andava  annesso  un  elenco 
dei  documenti  di  quell'Archivio  riguardanti  i  rapporti  fra  Venezia  ed 
i  Visconti.  Si  avvertiva  inoltre  la- Commissione  medesima,  chele  in- 
dicazioni date  in  tale  nota  si  sarebbero  potute  completare,  prendendo 
ad  esame  i  Regesti  dei  Libri  Commemoriali  della  Repubblica  di  Venezia, 
pubblicati  dalla  R.  Deputazione  Veneta  di  Storia  Patria. 

Innanzi  partir  da  Milano,  avevo  dunque  avuto  cura  di  trascrivere 
il  mentovato  elenco;  ed  all'Archivio  dei  Erari  intrapresi  anzitutto 
l'esame  dei  documenti  ivi  enumerati.  Tutti  li  riassunsi,  sebbene  uno 
fosse  bensì  milanese,  ma  non  già  visconteo.  Come  appare  dal  cenno 
che  ne  do  nella  scheda  a,  esso  è  un  trattato  per  la  fornitura  del  sale 
concluso  fra  Milano  e  Venezia  il  i."  giugno  1804.  Ora  è  noto  che  in 
tale  anno  i  Visconti  erano  esuli  da  Milano.  Fra  i  rimanenti  i  più  sono 
atti  conclusi  dai  Signori  di  Milano  o  da  loro  rappresentanti;  altri 
pochi,  o  strettamente  connessi  coi  precedenti,  o  riguardanti  in  vario 
modo  i  Visconti,  meritavano  pure  di  venir  ricordati.  Tale  è  un  trattato 
del  2  novembre  1299  (scheda  2),  ove  i  sindici  di  Milano  non  appaiono 


(i)  Del  1892  (3o  dicembre)  è  soltanto  il  primo,  che  si  legge  tra- 
scritto in  un  decreto  del  i  luglio  1898.  —  Nel  testo  si  ha  la  data  1898, 
perchè  l'anno  vi  si  considera  incominciato  dal  25  dicembre. 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA 


esplicitamente  eletti  per  volere  o  per  consenso  di  Matteo  Visconti 
(sebbene  sembri  assai  probabile,  che  l'autorità  di  questo  sia  inter- 
venuta a  convalidar  l'elezione);  tali,  vari  atti  di  procura  rilasciati 
dai  Dogi  di  Venezia  a  persone  da  loro  incaricate  di  trattare  coi  nostri 
Signori  (33,  46,  48,  49,  106);  tali,  due  documenti  relativi  alla  pace  del 
i355  fra  Venezia  e  Genova  (52,  54);  tale,  infine,  certa  dichiarazione 
del  26  gennaio  1392(121),  che  modifica  alcuni  articoli  d'una  sentenza 
arbitramentale  del  20  gennaio  (pubblicata  dal  Verci  nella  sua  Storia 
della  Marca  Trivigiana,  to.  XVII,  doc,  p.  54). 

Le  fonti  dei  diplomi  originali  e  delle  copie,  di  cui  è  menzione 
nell'elenco  a  noi  con  tanta  gentilezza  comunicato,  sono  le  seguenti: 

Liber  Blancus  ; 

Pacta;  Voi.  Ili,  IV,  V,  VI; 

Pacta  Secreta,  (Patti  sciolti)  ;      /     ,   .      *         .    ,. 

/     (più  mazzi  di  pergamene). 
Miscellanea,  Atti  Diplomatici.       ) 

Giacché  avevamo  fra  le  mani  queste  serie  di  documenti,  ci  parve 
opportuno  esaminarle  tutte  con. qualche  diligenza.  E  questo  lavoro  non 
fu  inutile,  poiché  ci  permise  di  trovare,  oltre  a  quelli  già  nell'  elenco 
compresi,  qualche  atto  veramente  degno  di  considerazione  da  parte 
nostra.  Innanzi  tutto  rinvenimmo  copia  del  trattato  dell'alleanza  stretta 
il  IO  marzo  i337  da  Venezia,  da  Azzone  Visconti  e  da  altre  città  e 
signorie  contro  gli  Scaligeri  (scheda  i5).  A  questo  documento  si  con- 
nettono pure  i  due  da  noi  riassunti  nella  precedente  e  nella  susse- 
guente scheda.  In  secondo  luogo  prendemmo  cognizione  del  trattato 
di  pace  del  24  gennaio  i339  (i338  stile  veneto,  Ind.  VII),  fra  Venezia, 
Firenze  e  Mastino  della  Scala;  il  Visconti  é  nominato  fra  quelli  che, 
ove  lor  piaccia,  potranno  essere  compresi  nella  pace  (scheda  17).  Di 
poi  non  credemmo  dover  trascurare  i  trattati  di  commercio,  che  le 
città  di  Brescia,  Bergamo,  Como,  Lodi  e  Cremona,  signore  ed  auspice 
Azzone  Visconti,  conclusero  con  Venezia  nel  i339  (schede  18-22,  25-28). 
La  procura  accennata  al  n.  31  si  collega  intimamente  coi  tre  atti  suc- 
cessivi; né  meno  stretto  è  il  rapporto  che  unisce  al  doc.  54  ed  ai 
precedenti  gli  allegati  5^a,  S^b,  e  le  lettere,  che  seguono,  di  Luchino 
Dal  Verme,  luogotenente  dei  Visconti  a  Genova  (55-58,  60). 

Infine,  se  non  sono  direttamente  viscontei,   toccano   tuttavia,  ed 


4 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA  627 

abbastanza  da  vicino,  la  storia  della  casa  dominante  a  Milano  i  docu- 
menti, di  cui  diamo  notizia  nelle  schede  39-44  e  nella  97;  relativi 
quelli  ad  alleanze  contratte  da  Venezia  contro  i  Visconti  negli  anni 
i353-i354,  l'ultimo  a  commissioni  date  da  Antonio  della  Scala  agli 
ambasciatori  veneti  presso  il  Conte  di  Virtù. 

Altre  scritture  non  concernevano  le  cose  nostre  se  non  in  modo 
troppo  mediato;  epperò  ci  limitiamo  a  farne  qui  menzione.  Al  trattato 
d'alleanza  contro  gli  Scaligeri  del  io  marzo  1887  va  unito  un  Contractus 
habitus  inter  Communia  Veneciarum  et  Florentie  ante  quam  fieret  Uga 
ctim  dominis  Lombardie  [stesso  giorno,  io  marzo  1887,  Vcneciis;  in 
Pacta,  V,  f.  48  (5i)  v.°].  Il  Romanin  nella  sua  Storia  (Voi.  Ili,  p.  123), 
ne  dà  il  principio  ed  i  sommi  capi.  Alle  alleanze  strette  da  Venezia 
contro  il  Visconti  nel  i853  e  nell'  anno  successivo,  si  riferiscono,  oltre  a 
quelli  compendiati  da  noi,  vari  documenti  di  nessuna  importanza  per 
l'opera  cui  attendiamo  (P«<7/«  V,  f.  128-129).  Parimenti  alquanti  atti,  che 
non  concernono  i  Visconti,  hanno  rapporto  colla  pace  stretta  fra  Ve- 
nezia e  Genova  nel  i855  {Pacta  V,  fol.  141  v'^,  142).  Del  20  gennaio  1892 
(Genova)  esiste  una  dichiarazione  fatta  dagli  ambasciatori  di  Firenze, 
di  Bologna,  di  Francesco  Carrara,  di  Azzone  d'Este  e  d'altri  alleati 
relativamente  alla  sentenza  arbi tramentale  dello  stesso  giorno  {Pacta 
Secreta  [o  Patti  Sciolti],  33o,  in  una  copia  del  20  aprile  1898).  Infine 
ricorderemo  varie  ratificazioni  di  collegati,  aderenti  alla  tregua  decen- 
nale stipulata  fra  Milano  e  Venezia  nel  i8$8  (Ibid.)  826,  882,  885). 

Libri  Commemoriali. 

Compiuto  lo  spoglio  delle  fonti  summentovate,  mi  sembrò  oppor- 
tuno intraprendere  l'esame  dei  Libri  Commemoriali,  e' precisamente 
dei  primi  nove  fra  essi,  perocché  nei  successivi  si  esce  dal  periodo, 
di  cui  noi  ci  occupiamo  (i).  I  regesti  compilati  dall'esimio  Cav.  Predelli 
e  pubblicati  dalla  R.  Deputazione  Veneta  di  S.  P.  sono  assai  diligenti; 
ma  naturalmente  non  potevo  trascurare  di  procurarmi  diretta  cogni- 
zione delle  scritture  in  essi  riassunti,  e  di  darne  poi  notizia  secondo 
le  norme  stabilite  da  cotesta  Onorevole  Commissione  per  la  redazione 


(i)  Qualche  documento   di  data  anteriore  al  1402  vi  si  ritrova,  a 
dir  vero  :  non  uno  tuttavia  che  riguardi  i  Visconti. 


528 


att;  della  società  storica  lombarda 


del  nostro  Regesto.  Talvolta  ebbi  opportunità  di  far  meglio  conoscere 
qualche  circostanza,  o  di  porne  in  luce  qualche  altra,  omessa  nei 
Regesti  veneti:  all'incontro,  per  alcuni  documenti  assai  lunghi,  che 
trovavo  in  questi  compendiati  con  mirabile  esattezza  e  con  grande 
abbondanza  di  particolari,  mi  permisi  una  maggior  brevità.  Sarà 
intatti  sempre  possibile,  qualora  appaia  necessario,  aggiungere,  colla 
scorta  dei  sullodati  Regesti,  le  notizie  secondarie  da  me  trascurate. 
Tali  documenti  portano  le  date: 

14  novembre    1877;  -  {Regesti,  tomo  III,  Lib.  Vllf,  N.  42;  -  Scheda  88); 


25  marzo 

1379; -  ( 

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23  aprile 

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17  aprile 

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11  maggio 

1398; -( 

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IX,  N.  109;  - 

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3o  settembre 

1398; -( 

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21  marzo 

1400; -  ( 

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26  giugno 

1409;-  ( 

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„     „    186;- 

ìì 

141). 

Anche  qui,  oltre  a  numerose  lettere  viscontee  ed  a  diversi  atti,, 
in  cui  appaiono,  se  non  i  Visconti,  i  loro  rappresentanti  (vedi  le 
schede  io,  i3,  29,  45,  59,  61,  62,  63,  64,  91,  109),  ho  incluso  nello  spoglio 
un  certo  numero  di  documenti,  che  per  svariati  motivi  mi  sembravano 
tali  da  dovere  trovar  posto  nel  Repertorio,  o  da  riuscire  utili  in  qualche 
modo  a  chi  lo  dovrà  redigere.  Così  sotto  i  numeri  8,  9,  12,  67,  77  si 
troverà  notizia  di  concessioni  di  cittadinanza  veneta  ad  Azzone  ed  a 
Luchino,  signori  di  Milano,  a  Giovanni  Visconti  da  Oleggio  ed  a 
Stefano,  nipote  di  questo.  Cittadino  veneto  fu  pure  creato  nel  i332 
un  Franzolo  da  Rho  per  intercessione  speciale  di  Azzone  Visconti 
(scheda  11).  Del  3o  aprile  i339  è  una  lettera  di  Folchino  de  Schiciis 
(scheda  24),  la  quale  è  opportunissimo  allegato  ad  altra  scritta  dal 
Visconti  lo  stesso  giorno  (scheda  23).  Il  doc.  74  allude  a  lettere  di 
Bernabò,  che  più  non  si  possiedono,  a  favore  del  cavaliere  Sagramoro 
de  Pomeriis.  I  doc.  81  e  9$  si  connettono  ai  due,  che  rispettivamente 
li  seguono  (82  e  96).  Similmente  le  scritture,  cui  accenniamo  nelle 
schede  89-90,  si  collegano  in  intima  guisa  al  diploma  compendiato  nella 


(i)  Questo  documento  d'altronde  fu  già  pubblicato  dal  Du  Mont. 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBMiDA  52q 

precedente  (88):  in  questo  infatti  vediamo  Venezia  allearsi  col  Visconti 
ai  danni  di  Genova  (14  novembre  1877),  in  quelle,  accedere  alla  lega 
il  re  di  Cipro.  Sotto  il  n.  i3o  infine  si  ricorda  l'alleanza  conclusa  il 
21  marzo  1898  fra  Venezia,  Firenze,  Bologna  e  i  signori  di  Ferrara, 
Padova  e  Mantova  in  opposizione  al  Duca  di  Milano  (i). 

Hanno  una  più  lontana  relazione  cella  storia  viscontea  altri  docu- 
menti, che  non  abbiamo  stimato  di  dover  riassumere.  Se  ne  potrà 
trovare  notizia  nei  Regesti  dei  Libri  Commemoriali  già  più  volte  lodati 
ai  numeri  seguenti  : 

nel  Tomo  I  (dei  Regesti): 
Comm.  Libro  1/ 81  ; 
„  „       II,  817  ed  allegati; 

nel  Tomo  II: 
Comm.  Libro  IV,  849; 

V,  24,  25,  54,  57,  90; 
„  „       VI,  198,  201,  287,  889; 

nel  Tomo  III: 
Comm.  Libro  VII,  42,  55; 
„     Vili,  82,  287; 
„  „      IX,  82-86,  89-100, 108-107,  iio-ii5,  117-119,  121, 128-125, 

T28,  i3o,  182,   i5i,  i55,   175,  179,  180,  181,  184, 
219-221,  226,  227. 

Altre  serie  di  documentl 

Compiute  le  ricerche  sin  qui  descritte,  stimai  mio  dovere  infor- 
marmi, se  altri  fondi  rimanessero  ad  esplorare.  Il  valente  Cav.  Predelli, 
cui  ero  stato  indirizzato  dall'egregio  uomo,  che  dirige  l'Archivio  di  Ve- 
nezia, il  Comm.  C.  Malagola,  mi  assicurò  adunque,  dietro  mia  istanza, 
nessun' altra  fonte,  oltre  quelle  da  me  già  vedute,  potermi  fornire  nuovi 
documenti  viscontei  :  egli  stesso  infatti  si  era  già  occupato  di  simile 
investigazione  nel  1898,  attendendo  a  redigere  quel  medesimo  elenco. 


(i)  Alcune  di  queste  nostre  schede,  pochissime  d'altronde,  si  rife- 
riscono non  a  veri  documenti,  ma  a  semplici  note,  che  si  ritrovano 
nei  Libri  Commemoriali.  Non  ne  abbiamo  riferite  le  prime  parole,  per 
non  lasciar  credere,  si  trattasse  di  lettere  o  diplomi. 


Al   11     IM    !   I    \     SOf.ll    1  A     SKJKICA     ! ,(  )M  IJ  A  K  I)  A 


che  la  Direzione  dell' Arciiivio  aveva  poi  comunicato  alla  Società 
nostra  (i).  Al  più,  rimaneva  una  scarsa  probabilità  di  rinvenire  qualche 
diploma  visconteo  nella  immensa  .congerie  degli  atti  delle  soppresse 
Corporazioni  Religiose  o  Manimorte.  A  Venezia  furono  inlatti  tras- 
portati, com'è  noto,  gli  archivi  di  non  pochi  monasteri  d'altre  città, 
alcune  delle  quali  per  un  ppriodo  ora  di  più  lustri,  come  Verona, 
ora  di  qualche  anno,  come  Padova,  furono  soggette  ai  Visconti.  Ed 
avendo  a  Vicenza  trovato  qualche  non  ispregievole  documento  nelle 
carte  delle  antiche  corporazioni,  non  credevo  dover  trascurare  a  Ve- 
nezia una  simile  ricerca. 

Sulle  prime  era  a  temersi,  che  questo  spoglio  potesse  esigere  un 
tempo  troppo  lungo  rispetto  alle  probabilità  di  buon  successo;  e  ciò, 
sia  pel  numero  considerevole  delle  collezioni,  cui  conveniva  esami- 
nare, secondo  i  dati  della  "  Statistica  degli  Archivi  Veneti,,  (2),  sia  pel 
non  mediocre  disordine,  in  cui  esse  ancora  si  trovano.  Vennero  for- 
tunatamente in  mio  aiuto  il  Cav.  Predelli,  che  si  compiacque  d'assi- 
stermi in  una  prima  ricognizione  sommaria,  ed  il  Comm.  Malagola, 
il  quale  con  somma  cortesia  mi  permise  di  esaminare  i  registri  ed  i 
mazzi  di  pergamene  delle  manimorte  nelle  sale  stesse  ove  sono  cu- 
stodite, sotto  la  scorta  e  colla  cooperazione  d'un  valente  impiegato  (3). 
In  secondo  luogo,  sia  per  le  informazioni  che  mi  forniva  la  summen- 
tovata  "  Statistica  „  sia  per  diretto  esame,  ritrovai,  che  non  pochi  fra 
questi  archivi  delle  manimorte  non  contenevano  se  non  carte  dei  secoli 
più  recenti.  Di  altri  (S.  Zeno  Maggiore,  SS.  Nazaro  e  Celso,  S.  Leo- 


(i)  Le  Deliberazioni  Miste  del  Senato  e  del  Consiglio  dei  Dieci, 
ricche  di  notizie,  non  contengono  documenti;  che  questi  venivano 
trascritti  altrove  (nei  Pacta,  nei  Commemoriali,  ecc.).  L'esame  di  alcuni 
codici  di  queste  due  vaste  serie  e  le  altrui  asserzioni  me  ne  persuasero. 
Anche  mi  accertai  dell'impossibilità  di  trovare  alcunché  nei  Libri  dei 
Consultori  in  Iure  o  nei  Codici  dell'  Archivio. 

(2)  Quivi  si  leggono  infatti  i  nomi  e  le  località  delle  soppresse 
Congregazioni,  di  cui  si  conservano  le  carte;  talvolta  è  anche  indicato, 
a  quale  periodo  di  tempo  queste  si  riferiscano.  Le  scritture  di  alcuni 
pochi  fra  i  monasteri  ivi  enumerati  (Santa  Maria  delle  Riviere  di 
Brescia,  SS.  Fermo  e  Rustico  di  Lonigo,  Minimi  di  Montegalda  e  di 
Salò,  Conventuali  di  Pieve  di  Sacco)  non  si  poterono  rinvenire,  nono- 
stante reiterate  ricerche. 

(3)  Il  medesimo  Comm.  Malagola  già  da  qualche  giorno  m'aveva 
pure  assai  gentilmente  concesso  di  rimanere  in  Archivio  un'ora  ogni 
dì  oltre  il  termine  regolamentare. 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA  53 1 

nardo  in  Monte,  tutti  e  tre  di  Verona,  Santa  Maria  degli  Angeli  di 
Vicenza,  Santa  Maria  dei  Miracoli  di  Lonigo,  S.  Daniele  in  Monte  e 
S.  Giovanni  Battista  di  Venda,  entrambi  di  Padova)  rinvenni  gli  Indici 
o  Inventari  delle  scritture  ;  e  da  questi  risultò,  non  possedersi  da  tali 
monasteri  diploma  alcuno  dei  Visconti.  Solo  nell'Indice  del  monastero 
di  S.  Maria  dei  Miracoli  (Lonigo)  trovai  riassunta  sotto  la  data  24 
gennaio  1890  un  atto  (rogato  dal  notaio  Giacomo  Paiarini  del  quondam 
Michele),  con  cui  il  Dott.  Andrea  Albinea  Giudice  ed  il  nobile  signore 
Antonio  di  S.  Vitale  di  Parma,  Podestà  di  Vicenza  a  nome  del  Conte 
di  Virtù,  concedevano  il  possesso  di  alcune  terre  a  F.  Alberto,  priore 
del  convento  di  Santa  Eufemia  di  Verona  dell'ordine  eremitano  di 
S.  Agostino.  Il  documento  si  sarebbe  dovuto  trovare  nel  Mazzo  Se- 
condo delle  Pergamene;  ma  questo  mazzo  appunto  ed  altri  fra  i 
primi  risultarono  mancanti. 

Dei  rimanenti  monasteri  (i)  uopo  fu  esplorare  direttamente  i  codici 
e.  le  pergamene  :  ma  il  non  breve  lavoro  riuscì  del  tutto  infecondo. 
In  una  sola  pergamena  della  congregazione  di  S.  Bartolomeo  di  Vi- 
cenza (di  cui  si  hanno  più  copiari  e,  pei  soli  secoli  XIV-XV,  ben  nove 
buste  ripiene  di  rotoli  membranacei)  trovai  nominati,  e  solo  per  inci- 
denza, i  Visconti.  È  dessa  il  rotolo  1886,  del  27  novembre  1389,  e  vi  è 
cenno  dei  danni  subiti  dal  monastero  propier  morialitates  et  guerras, 
qiie  vigncriint  ollim  inier  dominum  Anthoniuni  de  la  Scala,  dom.  Frana- 
scttm  de  Carraria,  ilhistrem  et  serenissinmm  principem  magnificum  domi- 
num [nostrum^  dominum  Comitetn  Virtutum  Mediolani  Vincentie  eie.  im- 
perialem  vicarium  generalem. 

Benché  il  risultato  negativo  di  queste  ultime  ricerche  mi  dolesse, 
trassi  nondimeno  motivo  di  conforto  dal  pensare,  che  oramai  potevo 
asserire,  con  piena  convinzione,  d' aver  veduto  nell'Archivio  di  Stato 
di  Venezia  quanto  meritava  attenzione  da  parte  nostra.  Le  esimie  per- 
sone che  lo  dirigono  mi  dichiararono  inoltre,  d'  essere  pronte  a  rispon- 
dere ad  ogni  nostra  richiesta,  qualora  per  alcuno  dei  documenti  da 
me  veduti  e  riassunti  o  per  altro  che  si  fosse  occorressero  correzioni 
o  schiarimenti. 

Occorre  appena  avvertire,  che  simile  promessa  mi  fu  fatta  anche 
dall'egregio  e  reverendo  signore  il  Cav.  Bortolan,  allorché  mi  congedai 
da  lui. 

(i)  Se  ne  troveranno  i  nomi  nell'  aggiunto  Diario. 

Arch.  Stor.  Lomb.  —  Anno  XXVII.  —  Fase.  XXVI.  ?? 


532  ATTI    DELLA    SOCIETÀ   STORICA    LOMBARDA 

A  questi  chiari  cultori  e  fautori  dei  buoni  studi,  ed  a  quanti  mi 
furono  larghi,  in  questa  occasione,  di  aiuto  cortese,  serbo  animo  gra- 
tissimo. 

Ad  opportuno  compimento  di  questa  relazione,  aggiungo  un  breve 
diario  del  lavoro  da  me  compiuto  nell'una  e  nell'altra  città. 

A  VICENZA. 

Luglio  21.  —  Venerdì.  —  Esame  sommario  del  codice  H  (N.  777  del- 
l'Inventario).  Riassunti  12  documenti 
„       22.  —  Sabato.  —  Riass.  35  doc. 
„       24.  —  Lunedì.  —  Riass.  26  doc. 
„       25.  —  Martedì.  —  Riass.  29  doc. 
„       26.  —  Mercoledì.  —  Riass.  27  doc. 

„       27.  —  Giovedì.  —  Esaurito  il  codice  H.  Visti  pure  ed  esauriti 
i  codici: Libreria Gonzati  22.8.  5.  (già  N. 769 dell'Invent.); 
„  „        26.5.14: 

„  „         28.9.  I. 

Riassunti  in  tutto  i3  doc. 
„       28.  —  Venerdì.  —  Iniziato  lo  spoglio  dello  Zibaldone  del  Vigna. 
„       29.  —  Sabato.  —  Continuato  il  detto  spoglio. 
„       3i.   —  Lunedì.  —  Esaurito  lo  spoglio  medesimo.  Visti  pure  ed 
esauriti  i  codici  "Albo  Secondo,,  e  "Libro  I„  (N.  778 
dell' Invent.);   esaminati  pure  i  volumi  a  stampa  Pri- 
vilegia ac  Jura  Bassani,  Statuta  Bassanensia. 
Riassunti  8  doc. 
Agosto  I.  —  Martedì.  —  (Dalle    io  alle    i3   soltanto,  essendo  questo 
giorno,  per  Vicenza,  semifestivo).  —  Visto  ed   esami- 
nato  per   intiero   il    Codice   diplomatico    Vicentino   dei 
Macca.  Iniziato  pure  lo  spoglio   della  Miscellanea  del 
medesimo.  Riassunti  2  documenti. 
„         2.  —  Mercoledì.  —  Finito  lo  spoglio  della  detta  Miscellanea. 
Cominciata  l'esplorazione  dell'Archivio  di  Torre,  colla 
scorta  degli  Indici  del  medesimo. 
„         3.  —  Giovedì.  —  Continuazione    dello    spoglio    dell'Archivio 
di  Torre. 
Rivedute  più  schede. 
Riassunti  7  documenti. 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA  533 

Agosto  4.  —  Venerdì.  —  Continuazione  dello  spoglio  suddetto. 
Riassunti  3  documenti. 
„         5.  —  Sabato.  —  Continuazione  dello  spoglio  medesimo. 

Riassunti  8  documenti. 
„         7.  —  Lunedì.  —  Terminato  l'esame    dei   codici  appartenenti 
air  Archivio  di  Torre.  Esplorati  gli  archivi  dei  mona- 
steri dei  SS.  Felice  e  Fortunato  e  di  Santa  Corona. 
Riassunti  4  documenti. 
„         8.  —  Martedì.  —  Monasteri  di  S.  Domenico,  d'Ogni  Santi,  di 
S.  Tomaso,  di  S.  Silvestro,  di  S.  Lorenzo,  di  S.  Pietro. 
Riassunti  8  documenti.' 
„         9.  —  Mercoledì.  —  Prima  visita  agli  Archivi  degli  Esposti  e 
dell'Ospitale.  Archivio  Caldogno  in  casa  Pagello. 
Riassunti  2  documenti. 
„       IO.  —  Giovedì.  —  Finito  lo  spoglio  dell'Archivio  degli  Esposti. 
Archivio  Loschi  (in  casa  Zileri).  Curia  Vescovile,  ecc. 
Prima  visita  all'Archivio  Notarile. 
Riassunti  2  documenti. 
„       II.  —  Venerdì.  —  Archivio  dell'Ospitale 


.  esauriti. 
Archivio  Notarile 

Riassunti  2  documenti. 

Sabato.  —  Archivio  Capra  (presso  l'Archivio  Notarile). 

Archivio  della  Congregazione  di  Carità. 

Archivio  dei  Conti  Da  Schio. 

Archivio  dei  Conti  Porto-Godi-Piovene. 

Riassunti  9  documenti. 


A  VENEZIA. 

Agosto  14.  —  Lunedì.  ~  Cominciato  lo  spoglio  del  Liber  Blancus. 

Riassunti  9  documenti. 
„       i5.  —  Martedì.  —  Festa. 
„       16.  —  Mercoledì.  —  Terminato  l'esame  del  Libcr  Blancus. 

Esaminati  per  intiero  Pacta  III  ed  in  parte  Pacta  V. 

Riassunti  14  documenti. 
„       17.  —  Giovedì.  —  Compiuto  lo  spoglio  di  Pacta  V  e  VI. 

Riassunti  22  documenti. 


AITI    DI.I.I.A    SOCIETÀ    STORICA    r.OMUAllDA 


Agosto  i8.  —  Venerdì  —  Esplorati  i  voi.  I,  II  e  IV  della  serie  Poeta, 
e  gli  Atti  Diploinatici  (Miscellanea). 
Iniziato  pure  lo  spoglio  dei  Patti  Sciolti  {Poeta  Seereta). 
Riassunti  8  documenti. 
„       19.  —  Sabato.  —  Terminato  lo  spoglio  dei  Patti  Sciolti. 
Incominciato  Tesarne  dei  Commemoriali,  Libro  I. 
Riassunti  9  documenti. 
„       21.  —  Lunedì.  —  Commemoriali,  Libri  I,  II,  III,  IV,  V. 

Riassunti  24  documenti. 
„       22.  —  Martedì.  —  Commemoriali,   Libro  VI  e  parte  dell' VIII. 

Riassunti  27  documenti. 
^,       23.  —  Mercoledì.  —  Commemoriali,   Libri  VII,   Vili   (il  rima- 
nente), IX  (in  parte). 
Riassunti  25  documenti. 
„       24.  —  Giovedì.  —  Commemoriali^  Libro  IX  (il  rimanente). 

Esame  sommario  dei  successivi    Libri  Commemoriali  e 

delle  altre  fonti. 
Archivi  di  S.  Zeno  Maggiore  e  dei  SS.  Nazaro  e  Celso 

(Verona). 
Archivio  di  S.  Bartolomeo  di  Vicenza  (in  parte). 
Riassunti  9  documenti. 
„  25.  —  Venerdì.  —  Archivi  delle  seguenti  corporazioni:  Ago- 
stiniani di  Santa  Caterina  e  Conventuali  di  S.  Fran- 
cesco (Bassano);  Agostiniani  di  Santa  Maria  della 
Misericordia  in  Pontevico,  S.  Maria  degli  Angeli  della 
Basella,  Convento  di  Lavello,  Madonna  della  Conce- 
zione e  S.  Francesco  di  Longuello  (tutti  di  Ber- 
gamo); S.  Giovanni  Evangelista,  Umiliati  di  Santa 
Maddalena  di  Gambara,  SS.  Filippo  e  Giacomo  (Bre- 
scia); S.  Maria  degli  Ospitalieri  (Cadore);  S.  Bene- 
detto e  S.  Bernardo  (Crema)  ;  S.  Giacomo  (Grigliano)  ; 
S.  Maria  dei  Miracoli  (Lonigo);  Predicatori  di  S.  Rocco 
(Marostica);  S.  Daniele  in  Monte,  Eremitani  di  S.  Ago- 
stino, S.  Cristoforo  e  Santa  Maria  dell'Olmo,  Santa 
Giustina,  S.  Marco  (Padova);  Santa  Maria  (Piazzano); 
Cappuccine  (Sovere);  S.  Benedetto  (Vallalta  o  Val- 
lotta);  Conventuali  (Valcamonica);  S.  Leonardo  in 
Monte   (Verona);  Santa  Maria  degli  Angeli  e  Geroli- 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA  53S 

mini  di  Santa  Maddalena  (Vicenza).  [I  più  fra  questi 
archivi  sono  minuscole  rimanenze  degli  ultimi  secoli]» 
Agosto £0.  —  Sabato.  —  Altri  monasteri,  cioè:  Certosa  di  Camposam- 
piero;  Agostiniani  di  Santa  Maria  del  Prato  (Feltre); 
Santa  Maria  in  Merlara,  Conventuali  di  S.  Francesco 
(Montagnana);  S.  Giovanni  di  Verdara,  S.  Giov.  Bat- 
tista di  Venda,  Santa  Maria  di  Lispida,  Santa  Maria 
della  Riviera,  S.Antonio  (Padova);  Gerolimini  di  Santa 
Maria  delle  Grazie,  Minimi,  S.  Stefano  e  Santa  Maria 
dei  Servi  (Vicenza), 

Continuato   lo   spoglio   delle  carte  di  S.  Bartolomeo  di 
Vicenza. 
„       28.  —  Lunedi.  —  Finita   la   esplorazione    delle   pergamene  di 
S.  Bartolomeo  di  Vicenza. 

Visti  pure  i  codici  di  S.  Michele  di  Candiana  (Padova)» 

Ultima  revisione. 

Ho  così  dato  conto  dell'  opera  mia.  Voglia  cotesta  Onorevole 
Commissione  giudicarla  con  benevolenza,  e  conservarmi  la  sua  fiducia, 
della  quale  nulla  mi  è  maggiormente  prezioso. 

Varese,  14  ottobre  i8^g. 

Giovanni  Seregni. 


NOTA. 

Nelle  schede  a  questa  relazione  allegate  usiamo  le  segnature  se- 
guenti : 

A.  Vie.  —  Archivio  Comunale  di  Vicenza. 

Vie.  —  Vicenza  (altri  Archivi  minori,  pubblici  o  privati). 

Ven.  Frari  —  Archivio  di  Stato  di  Venezia,  neir  antico  convento 
dei  Frari. 

Le  sigle  o  le  indicazioni  rimanenti  o  furono  già  spiegate  in  queste 
pagine,  o  sono  ovvie. 


ELBNCO 

DELLE   OPERE   ED   OPUSCOLI    PERVENUTI   IN   DONO 

ALLA     BIBLIOTECA     DELLA     SOCIETÀ     STORICA     LOMBARDA 

NEL    I."   SEMESTRE   DEL    1 900 


Andreini  Gio.  Battista.  L'Adamo,  sacra  rappresentazione.  Alla  M.  Christ. 
di  Maria  de  Medici  Reina  di  Francia.  —  Milano,  Geronimo  Bordoni, 
libraro,  1613  (d.  d.  s.  prof.  Novati). 

Annoni  Carlo.  Documenti  spettanti  alla  storia  della  S.  Chiesa  Milanese. 
—  Como,  Ostinelli,   1839  (d.  d.  s,  prof.  Novati). 

Annual  Report  of  the  American  Historical  Association  for  the  Year, 
1893.  —  Washington,  Governement  Printing  office,  1899. 

Annuario  della  R.  Accademia  dei  Lincei,  1900,  CCXCVil  della  sua  fon- 
dazione. —  Roma,  tip.  della  R.  Accademia  dei  Lincei,  1900  (d.  del- 
l'Accademia dei  Lincei). 

—  della  nobiltà  italiana.  Anno  XXII,   1900,  in- 16.  —  Bari,  direzione  del 

«Giornale  Araldico»,   1900  (d.  dell' Ed.). 

—  della  R.  Università  di  Pavia,  con  cenni  storici  descrittivi,  in-8.  —  Pa- 

via, tip.  succ.  Bizzoni,   1900  (d.  della  R.  Università  di  Pavia). 

Anzoletti  Luisa.  Maria  Gaetana  Agnesi.  —  Milano,  tip.  edit.  Cogliati, 
1900  (d.  dell'A.). 

Atti  del  Municipio  di  Milano,  annata  1 898-1 899,  2  voi.  —  Milano,  Sor- 
mani  e  Ghidini,  1899  (d.  del  Municipio). 

—  e  Rendiconti  dell'Accademia  Dafnica  di  scienze,  lettere  ed  arti  in  Aci- 

reale. Voi.  VI,  anno  1898,  in-8.  —  Acireale,  tip.  dell'  Etna,  1899 
(d.  dell'Accademia  Dafnica). 

Belgrano  L.  T.  Il  secondo  registro  della  Curia  Arcivescovile  di  Genova 
trascritto  da  Luigi  Beretta.  —  Genova,  tip.  del  R.  Istituto  Sordomuti, 
1888  (d.  d.  s.  prof.  Novati). 

Beltrami  arch.  Luca.  La  tutela  artistica  del  Duomo  di  Milano  nell'  ul- 
timo quarto  del  secolo  XIX,  ìn-8.  —  Milano,  tip.  Pagnoni,  1900  (d. 
dell'A.). 


ELENCO  DELLE  OPERE  E  PUBBLICAZIONI  53' 


Benadduci  Giovanni.  V.  Filelfo. 

Bernicoli  Silvio.  Governi  di  Ravenna  e  di  Romagna  dalla  fine  del  se- 
colo XII  alla  fine  del  secolo  XIX.  Tavole  di  cronologia.  —  Ravenna, 
tip.  Ravegnana,   1898,  in-4  (d.  dell'A.). 

BiADEGO  Giuseppe.  Alessandro  Volta  a  Ginevra  nel  1787.  —  Venezia, 
1900,  in-8  (d.  dell'A.). 

Bianchi  abbé  Alexandre.  La  protection  de  l'enfance  et  les  réformatoires, 
in-8.  —  Milan,  Reggiani,   1899  (d.  delPA.). 

Biffignandi  P.  G.  Storia  di  Vigevano,  in-8.  —  Vigevano,  Spargella,  1870 
(d.  d.  s.  Ambrosoli). 

Bollettino  di  filologia  classica.  A.  V-VI,  189S-1899.  —  Torino,  Loescher 
(d.  d.  s.  Motta). 

Brandileone  prof.  Francesco.  Note  al  cap.  XXX  dell'  Editto  di  Liut- 
prando.  Memoria,  in-8.  —  Napoli,  tip.  della  R.  Università,  1900  (d. 
dell'A.). 

Bullettino  Storico  Pistojese.  A.  I,  fase.  I7IV,  1899;  A.  II,  fase.  I,  1900, 
in-8.  —  Pistoja,  G.  Fiori,  1899-1900  (d.  d.  Società  Pistojese  di  storia 
patria) . 

Calligaris  prof.  G.  Lombardei,  Emilia,  Toscana  (Jahresberichte  der  Ge- 
schichtsvvissenschaft.  Sonderdruch).  —  Berlin,  1899,  Gaertner's  Ver- 
lag,  in-8  (d.  dell'A.). 

Campagne  del  Principe  Eugenio  di  Savoia.  Voi.  XII-XIII-XIV,  con  tre 
allegati  grafici.  —  Torino,  tip.  Roux  Frassati,  1898-1900  (d.  della 
R.  Casa). 

Campani  dott.  Annibale.  Una  insigne  collezione  di  autografi.  (Carteggio 
Angeloni  —  Rolandi  —  Giannini).  Notizia  e  catalogo,  in-8.  —  Mi- 
lano, Albrighi,  Segati  e  C,   1900  (d.  dell'A.). 

Cantù  Cesare.  Storie  Minori.  Voi.  I.  Ezzelino  da  Romano  —  Il  sacro 
macello  —  La  Valtellina  —  Como  —  La  Brianza  —  Venezia.  Voi.  IL 
Storia  di  Milano  —  La  Lombardia  nel  secolo  XVII  —  Parini  e  il  suo 
secolo.  —  Torino,  Unione  tipog.  edit.,  1864-65  (d.  della  socia  perpe- 
tua Donna  Rachele  Villa  Pernice). 

Il  Conciliatore  e  i  Carbonari,  in-8.  —  Milano,  Treves,  1878  (d.  della 

socia  perpetua  Donna  Rachele  Villa  Pernice). 
Carotti  Giulio.  Giovanni    Antonio  Boltraffio  (a  proposito   dell'  acquisto 
della   Tavola  dei   due.  devoti).  —    R.   Galleria  di   Brera   in   Milano, 
fol.   ili.  —  Roma,  a  cura  del  Ministero  dell'  Istr.    Pubblica,  1899  (d. 
d.  s.  A.). 


l.I.L.NUU    DIA.LE    OPKUE    K    PLIJULICAZIONI 


Catalogo  del  Museo  Artistico  Municipale  di  Milano.  —  Milano,  i87<j 
(d.  della  Consulta  Archeologica). 

—  della  Biblioteca  del  Circolo   filologico   milanese  (fino  al  gennajo  1896) 

e  Supplemento  dal  febbrajo  1896  al  settembre  1899.  —  Milano,  Con- 

falonieri,   1896  e  1899,  2  voi.  in-8  (d.  dell' Ed.). 
Cesari  Rocca  c.»c  Colonna.  La  réunion  definitive  de  la  Corse  aux  etais 

de  la  Commune  de  Génes  en  1347»  in-8.  —  Genova,  tip.  Sordomuti, 

1900  (d.  dell'A.). 
Chimenti  sac.  Emilio.  Belcastro  patria  di  S.  Tommaso  d'Aquino,  in-8.  — 

Napoli,  tip.  edit.  elzeviriana,  1900  (d.  dell'A.). 
Cian-Sappa-Flandinet.  Per  nozze  1893.  —  Bergamo,  Istit.  ital.  d'arti  gra- 
fiche,  1894  (d.  d.  s.  prof.  Novati). 
C0RNAGGIA  Carlo  Ottavio.  Le  elezioni  amministrative  a  Milano,  in-8.  — 

Roma,  tip.  della  «  N.  Antologia»,  1899  (d.  d.  s.  A.). 
Decio  dott.  Carlo.  Rettificazioni  storico-critiche  intorno  ad  un  autore  della 

ostetricia  italiana  del  secolo  XVL  —  Milano,  Cogliati,  1896,  in-4. 

—  —  Del  parto  forzato  e  del  taglio  cesareo  in  gravida  agonizzante  purché 

il  feto  sia  vivo  e  vitale.  Studio  storico-critico,  in-8.  —  Milano,  Co- 
gliati, 1896. 

Mostruosità  fetale  'inedita  osservata  nel  secolo  XVI.  Documento  per 

servire  alla  storia  della  teratologia,  in-8.  —  Milano,  Cogliati,   1897. 

Congetture  sull'epoca  della  introduzione  del  forcipe  in  Milano,  in-8. 

—  Milano,  Cogliati,   1898. 

Sopra  due   rarissime   medaglie   mediche  milanesi,   in-8.  —  Milano, 

Cogliati,   1898. 

La  peste  in  Milano  nell'anno  145 1  e  il  primo  lazzaretto  a  Cusago. 

Appunti  storici,  in-4.  —  Milano,  Cogliati,   1900  (d.  del  s.  A.). 

Deputazione  (R.)  Toscana  sugli  studj  di  storia  patria.  V.  Pasqiii. 

Diplomatarium  Veneto-Levantinum  sive  Acta  et  Diplomata  Res  Venetas, 
Graecas  atque  Levantis  illustrantia,  a.  1331-1454.  Pars  II,  in-4.  — 
Venetijs,  sumpt.  Societatis,  1899  (d.  della  R.  Deputazione  Veneta  di 
storia  patria). 

Documenti  dell'Archivio  Colonna  pubblicati  in  occasione  delle  nozze  Co- 
lonna-Chigi Zondadari,  in-8.  —  Roma,  Forzani,  1930  (d.  d.  s.  Motta). 

Feliciangeli  B.  Suir  acquisto  di  Pesaro  fatto  da  Cesare  Borgia.  Ricerche, 
in-8  gr.  —  Camerino,  tip.  Savinì,   1900  (d.  dell'A.). 

Filelfo  Francesco.  Orazione  al  doge  Francesco  Foscari  per  gli  esuli 
Zaratini.  Edita  per  la  prima  volta  da  Giovanni  Benadduci  secondo  il 


ELENCO  DELLE  OPERE  E  PUBBLICAZIONI  5Òg 

codice  H.  IH.  8  della  Biblioteca  nazionale  di  Torino,  in-8.  —  Tolen- 
tino, tip.  Fr.  Filelfo,  1900  (d.  dell' Ed.). 

Fontana  Ferdinando.  Antologia  Meneghina.  —  Bellinzona,  stab.  tipo- 
litografico Eni.  Colombi,   1900  (d.  d.  s.  comm.  G.  Silvestri). 

Fumagalli  prof.  Giuseppe.  Edifici  di  biblioteche  itahane,  in-i6.  —  Fi- 
renze, tip.  Carnesecchi,  1899. 

Di  un'  antica  tavola  di  abbreviazioni  in  un  codice  del  sec.  XV,  in-4. 

—  Firenze,  s.  a. 

V.   Thompson  fd.  d.  s.  A.). 

Gallerie  (Le)  nazionali  italiane.  Notizie  e  documenti.  A.  IV,  fol.  ili.  — 
Roma,   1899  (d.  d.  Ministero  della  Pubbl.  Istruzione). 

Giulini  Alessandro.  I  tentativi  di  demolizione  degli  Archi  di  Porta  Nuova 
([822-1869).  —  Milano,  tip.  Pulzato  e  Giani,   1900  (d.  d.  s.  A.). 

Grasso  Gabriele.  Il  castello  di  Ariano.  Conferenza,  in-8.  —  Ariano,  sta- 
bilimento tipogr.  appulo-irpino,  1900  (d.  dell'A.). 

Greppi  conte  Giuseppe.  La  rivoluzione  francese  nel  Carteggio  di  un  os- 
servatore itahano  (Paolo  Greppi),  in-8.  —  Milano,  U.  Hoepli,  1900 
(d.  d.  s.  A.). 

Guida  sommaria  del  Museo  Archeologico  ed  Artistico  nel  Castello  Sfor- 
zesco di  Milano,  in-8.  —  Milano,  Lombardi,   1900  (d.  d.  s.  Seletti). 

Kehr  P.  Papsturkunden  in  Venezien  und  Friaul.  Berichte  iiber  die  For- 
schungen  L.  Schiaparelli's.  —  Gòttingen,   1899,  in-4. 

Papsturkunden  in  Malta.  Bericht  ùber  die  Forschungen  L.  Schiapa- 
relli's. —  Gòttingen,  1899,  in-4  (<^'  ^'  dott.  Schiaparelli). 

Papsturkunden  in  Parma  und  Piacenza.  Bericht  iiber  die  Forschuri- 

gen  von  L.  Schiaparelli,  in-4.  —  Gòttingen,  1900  (d.  d.  dott.  Schia- 
parelH). 

Kiener  d.""  Fritz.  Verfassungsgeschichte  der  Provence  seit  der  Ostgothen- 
herrschaft  bis  zur  Errichtung  der  Konsulate  (510-1200),  in-8.  —  Leip- 
zig, Dykische  Buchhandlung,    1900  (d.  dell' Ed.). 

La  Mantia  Vito.  Antiche  consuetudini  delle  Città  di  Sicilia,  in-8  gr.  — 
Palermo,  Alberto  Reber,   1900  (d.  dell'A.). 

Lattes  Alessandro.  Il  Diritto  Commerciale  nella  legislazione  statutaria 
delle  città  italiane,  in-8.  --  Milano,  Hoepli,   1884  (d.  d.  s.  A.). 

LisiNi  A.  R.  Archivio  di  Stato  in  Siena.  Indice  sommario  delle  serie  dei 
documenti  al  i.*  gennajo  1900,  in-8.  —  Siena,  tip.  Sordomuti,  1900 
(d.  d.  R.  Archivio  di  Stato  di  Siena). 

Luzio  Alessandro.  Un  pronostico  satirico  di  Pietro  Aretino.  Un  volume 


54<> 


KLFNCO    ì)VAA.i:    ORKKK    1-    l'I  HHI,U:aZIONI 


in-S  ,  p.  xLn-164.  —  Bergamo,  Istituto  italiano  d'arti  grafiche,  1900 
(d.  d.  s.  prof.  Novati). 

Majocchi  Rodolfo.  Catellano  Cristiani,  notajo  visconteo.  Notizie  biogra- 
fiche, in-8.  —  Pavia,  tip.  Artigianelli,  1900  (d.  d.  s.  A.). 

Manfredi  Silio.  L*  insurrezione  e  il  sacco  di  Pavia  nel  maggio  179G.  — 
Pavia,  lib.  edit.  Giuseppe  Trattini  (d.  dell' A.). 

Manzoni  Alessandro.  Opere  inedite  o  rare.  Volumi  5,  in-8.  —  Milano, 
Rechiedei,  1883-1898  (d.  d.  s.  senator  Brambilla). 

La  rivoluzione  francese  del  1789  e  la  rivoluzione  italiana  del  1859, 

in-8.  —  Milano,  Rechiedei,   1889  (d.  d.  s.  senator  Brambilla). 

Scritti  postumi  pubblicati  da  P.  Brambilla  a  cura  di  Giovanni  Sforza, 

in-8.  Voi.  I.  —  Milano,  Rechiedei,  1900  (d.  d.  s.  senator  Brambilla). 

Memorie  storiche  e  documenti  sulla  città  e  sull'antico  principato  di  Carpi. 
Volumi  I-II-III-IV-VI  e  VII  pubblicati  in  Carpi  negli  anni  1877-97 
(d.  d.  s.  prof.  Novati). 

Mercati  Giovanni.  Il  catalogo  della  biblioteca  di  Pomposa ,  in-4.  — 
Roma,  1896  (d.  d.  s.  prof.  Novati). 

Milano  Sanitaria,  1900.  Anno  V  (Direttore:  dott.  Eugenio  Levati), 
in-i6.  —  Milano^  Gonfalonieri,  1900  (d.  dell'Ed.). 

MiROT  Leon.  La  politique  pontificale  et  le  retour  du  Saint-Siège  à  Rome 
en  1376,  in-8.  —  Paris,  Bouillon,  éditeur,  1899  (d.  dell'Ed.). 

Miscellanea  di  storia  veneta  edita  per  cura  della  R.  Dep.  Veneta  di 
storia  patria.  Serie  II,  tomo  VI,  in-8.  —  Venezia,  a  spe^e  della  So- 
cietà, 1899  (d.  della  R.  Dep.  Veneta  di  storia  patria). 

Mitteilungen  des  Oberhessischen'  Geschichtsvereins.  Bande  V-VIII.  — 
Giessen,  Roth,  1894-1899  (d.  d.  s.  Motta). 

Nava  Cesare.  Le  recenti  elezioni  comunali  di  Milano  e  l' insuccesso  dei 
cattolici,  in-8.  —  Roma,  tip.  della  «  N.  Antologia  »,  1900  (d.  d.  s.  mar- 
chese Cornagg^a). 

NoGARA  B.  Nozze  vSoragna  Borghi.  Ai  genitori  dello  sposo.  Milano,  XIX 
aprile  MDCCCC,  fol.  voi.  —  Milano,  tip.  Martinelli,  1900  (d.  d.  s.  A.). 

Novati  Francesco.  La  giovinezza  di  Coluccio  Salutati,  in-8.  —  Torino, 
Loescher,  1888. 

Studi  critici  e  letterari,  in-8.  —  Torino,  Loescher,  1899. 

L' influsso  del  pensiero  latino  sopra  la  civiltà  italiana  nel  Medio  Evo, 

in-8.  —  Milano,  Hoepli,  1899. 

Indagini  e  postille  dantesche.  Serie  I,  in-S.  —  Bologna,  ZanicheUi, 

1899  (d.  d.  s.  A.). 


ELENCO  DELLE  OPERE  E  PUBBLICAZIONI  54I 

NovATi  Francesco.  Diciannove  tra  opuscoli  ed  estratti  di  varie  riviste 
italiane  ed  estere  (d.  d.  s.  A.). 

Parazzi  a.  Depositi  antestorici  in  Vhò  Cremonese,  in-8.  —  Parma,  tipo- 
grafia Battei,  1890. 

—  —  La  chiesa  e  la  torre  di  Fossa  Caprara.  Note  archeologico-artistiche, 

in-i2.  —  Cremona,  tip.  Montaldi,  1892. 

Di  Francesco  Antonio  Pinola,  scultore  in  legno  e  in  plastica  viada- 

nese,  in-8.  —  Viadana,  Remagni,  1892. 

La  musica  gregoriana  risorta  e  un  buon  metodo  per  eseguirla,  in-8. 

—  Firenze,    «  Rassegna  nazionale»,  1894  (d.  d.  s.  G.  B.  Intra). 

Pasqui  Ubaldo.  Documenti  per  la  storia  della  città  di  Arezzo  nel  M.  Evo. 
Voi.  I.  Codice  diplomatico  (an.  650?  —  1180),  in-4  gr.  —  Firenze, 
Vieusseux,  1900  [Documenti  di  storia  italiana  pubbl.  a  cura  della 
R.  Deputaz.  toscana  di  st.  patria,  voi.  X]  (d.  della  R.  Deputaz.  to- 
scana di  storia  patria). 

PiccoLOMiNi  conte  Niccolò.  Il  Monte  dei  Paschi  di  Siena  e  le  Aziende 
in  esso  riunite.  Voi.  VI.  —  Siena,  tip.  e  lit.  Sordomuti,  1900  (d.  della 
Direzione). 

Pro  Serafino  dell'  Uomo.  Abbiategrasso,  11  marzo  1900.  Numero  unico, 
fol.  —  Lodi,  Wilmant  (d.  d.  s.  Motta). 

QuELLEN  und  Forschungen  aus  ital.  Archiven  und  Bibliotheken,  heraus- 
gegb.  vom  Kgl.  Preussischen  Historischen  Institut  in  Rom.  Bde  I-III, 
I.  —  Rom,  Loescher,  1897-1900  (Cambio  dell'  Istituto  storico  prus- 
siano in  Roma). 

Relatorio  da  Directoria  do  Gabinete  "Portuguez  de  lei  turano  Rio  de  Ja- 
neiro, 1893-1898,  in-8  gr.  —  Rio  de  Janeiro,  typ.  do  «  Journal  de 
Commercio»   de  Rodrigues  e  C,  1899  (d.  dell' Ed.). 

Rivista  mensile  di  lettere,  di  storia  e  d'arte  diretta  dal  prof.  dott.  A.  F. 
Pavanello.  A.  I,  n.  1-3.  —  Casalmaggiore,  stab.  G.  Granata,  1900 
(d.  della  Redazione). 

—  di  storia  antica  e  scienze  affini,  diretta  dal  dott.  prof.  Giacomo  Tropea. 

Anni  I  a  IV,  1895-1899.   —  Messina,  1895-1899    (Cambio   della  Dire- 
zione e  d.  d.  s.  Nogara). 
Sacchi  Maria  Fanny.  Autobiografia  di  Defendente  Sacchi,  con  prefazione 
e  commento,  in-8.  —  Pavia,  succ.  Bizzoni,  1899  (d.  d.  *s.  Motta). 

—  —  Lettere  inedite  di  Clotilde  Tambroni  pubblicate  e  annotate,  in-8.  — 

Milano,  Agnelli,  1900  (d.  dell'A.). 
Salzer  dr.  Ernst.    Ueber    die  Anfànge  der  Signorie   in    Oberitalien.  — 
Berlin,  1900.  Verlag  von  E.  Ehering  (d.  dell' Ed.). 


54^  ELENCO  DELLE  OPEHE  E  PUBBLICAZIONI 

Sangioroio  Gaetano.  I  primi  contorni  di  una  storia  commerciale  del  Me- 
diterraneo. —  Roma,  Soc.  edit.  Dante  Alighieri,  kjoo,  in-8  (d.  dell'A.). 

Sant*  Ambrogio  Diego.  Un  bassorilievo  del  rinascimento  lombardo  in  una 
sala  del  Monte  di  Pietà  di  Milano,  in-8.  —  Milano,  tip.  de^l'  Inge- 
gneri, 1899. 

Il  pozzo  progettato  a  compimento  del  cortile  del  palazzo  di  Brera. 

Con  tav.,  in-8.  —  Milano,  tip.  e  lit.  degl'Ingegneri,  1900  (d.  d.  s.  A.). 

Thompson  E.  M.  Paleografia  greca  e  latina.  Trad.  dall'  inglese  con  ag- 
giunte e  note  di  Giuseppe  Fumagalli.  2.'*  ediz.  riveduta  ed  ampliata, 
in-i6.  —  Milano,  U.  Hoepli,  1899  (d.  d.  s.  Fumagalli). 

Un  secolo  e  mezzo  di  vita  editoriale,  1750-1900.  Ricordo  della  ditta  edi- 
trice Antonio  Vallardi,  in-S  picc.  —  Milano,  A.  Vallardi,  1900  (d.  d. 
s.  Motta). 

Schiaparelli  L.  V.  Kehr. 

Torelli  Ruggero.  Sonetti  ed  altre  poesie  in  dialetto  perugino,  in-8.  — 
Milano,  C.  Chiesa  e  F.  Guindani,  1895  (d.  d.  s.  Verga). 

Verga  Ettore.  Saggio  di  studi  su  Bernardo  Bellincioni,  in-8.  —  Milano, 
1892  (d.  d.  s.  A.). 

Vida  Gerolamo.  Cremonensium  orationes  III  ad  versus  Papienses  in  con- 
troversia de  principatu.  —  Cremonae  •  MDL  •  mense  quintil.  (d.  d. 
s.  prof.  Novati). 

Zeitschrift  der  histor.  Gesellschaft  fiir  die  Provinz  Posen.  Jahrgange 
XI-XV.  —  Posen,  Jolowicz,  1896-99  (d.  d.  s.  Motta). 

—  des  Vereins  fùr  Thùringische  Geschichte  u.  Altertumskunde.  Bde  IX-XI. 
—  Jena,  Fischer,  1893-98  (d.  d.  s.  Motta). 


//  Bibliotecario 
B.  Nogara. 


I  N  D  I  e  K 


MEMORIE. 

Il  Rotolo  dell'Archivio  capitolare  di  Novara.  —  Luigi  Schia- 

PARELLI Pag.  5 

Le  leggi  suntuarie  e   la   decadenza   dell'  industria  in   Milano 

(i565-i57o) —  Ettore  Verìga »  40 

Ardengo  Folperti  maestro  delle  entrate  di  F.  M.  Visconti. 
—  Studii  e  ricerche  di  storia  pavese.  —  Prof.  Sac.  Ro- 
dolfo Majocchi »  267 

Mastri  da  muro  e  architetti  lombardi  in  Sanseverino-M arche 
nel  secolo  XV.  —  Memorie  e  documenti  dell'Archivio 
Comunale  della  suddetta  Città.  —  Vittorio  Emanuele 
Aleandri »  323 

Un  episodio  della  lotta  tra  Francia  e  Spagna  a  mezzo  il  cin- 
quecento. —  Carlo  Duca  di  Savoia  e  le  sue  discordie 
con  Ferrante  Gonzaga.  —  Arturo  Segre »  367 

VARIETÀ. 

I  pretesi  rapporti  dei  Milanesi  con  Giovanna  d'Arco  (Contri- 
buto alla  storia  della  contesa  fra  il  Panormita  e  il  Rau- 
dense.  —  Felice  Vismara »  117 

D'un  ignoto  poemetto  del  Fossa  sulla  calata  di  Carlo  Vili  in 

Italia.  —  Francesco  Novati »  126 

Quattro  lettere  inedite   ed  un  sonetto   pure  inedito  di   Carlo 

Porta.  —  X »  137 

Usi  cancellereschi  viscontei.   —  F.  E.  Comani »  385 

Un  organo  a  Cremona  nel  1441.  —  E).  Motta »  413 


544  INDICE 


BIBLIOGRAFIA. 

Salzer  Dr.  Ernst.  —  Ueber  die  Anfftnge  der  Sij;:norie  in 
Oberitalien.  Beitrag  zur  italiilnischeii  Verfassuiigsgeschi- 
clite,  Berlin,  Ebering,  1900.  (Historische  Studien,  XIV). 
—  Giovanni  Seregni Vaq.         144 

Cipolla  C.  —  Compendio  della  storia  politica  di  Verona  , 
Verona,  Cabianca  (Libreria  Dante),  1900.  —  Giovaìini 
Seregni »  14S 

Professione  Alfonso.  —  Il  Ministero  in  Spagna  e  il  pro- 
cesso del  cardinale  Giulio  Alberoni.  Studio  storico  do- 
cumentato, Torino,  Clausen,  189S,  —  Giuseppe  Calligaris,      »  150 

Decio  Dott.  F.  Carlo.  — La  peste  in  Milano  nell'anno  i45i 
•  e  il  primo  lazzaretto  a  Cusago.  Appunti  storici  e  note 
inedite  tratte  dagli  archivi  milanesi ,  con  4  illustrazioni  e 
2  fac-simili,  Milano,  Cogliati,   1900.  —  Ettore  Verga     .       »  160 

KiENER  Fritz.  —  Verfassungsgeschichte  der  Provence  seit 
der  Ostgothenherrschaft  bis  zur  Errichtung  der  Konsulate, 
Leipzig,  1900.  —  Giovanni  Seregni »  418 

Bernicoli  Silvio.  —  Governi  di  Ravenna  e  di  Romagna 
dalla  fine  del  secolo  XII  alla  fine  del  secolo  XIX.  Ravenna, 
tip.  Ravegnana,  1898.  —  E.  M. »  420 

Majocchi  Rodolfo.  —  Catelano  Cristiani  notaio  visconteo. 
Ricerche  biografiche.  Pavia,  Artigianelli,  1900.  —  Ettore 
Galli »  422 

Mariane  Mariano.   —  Vita  Universitaria  Pavese  nel  sec.  XV 

Pavia,  tip.  Artigianelli,  1899.  —  Ettore  Galli  ....      »  424 

Fontana  Ferdinando.  —  Antologia  Meneghina.  Bellinzona, 

Colombi,  1900.  —  Giovanni  Seregni »  427 

Anzoletti  Luisa.  —  Maria  Gaetana  Agnesi.  Milano ,  Co- 
gliati, 1900.  —  Ettore  Verga ..........      »  42S 

ScHERiLLO  M,  —  Spigolature  Pariniane  in  documenti  inediti. 

Napoli,  tip.  Giannini,  1900.  —  F.  N »  485 

Bollettino  di  Bibliografia  Storica  Lombarda  (marzo-giugno  1 900)      »   1 63-436 


INDICE  ?4D 


Appunti  e  Notizie .Pag.  196-465 

NECROLOGIO. 
Cesare  Vignati »  473 

ATTI  DELLA  SOCIETÀ  STORICA  LOMBARDA. 

Elenco  dei  Soci , »  206 

Adunanza  Generale  del  28  gennaio  1900:  verbale    ....       »  211 

Adunanza  Generale  del  i.**  aprile   1900:  verbale »  479 

Relazione  sui  lavori  intrapresi  per  il  Regesto  Diplomatico  Vi- 
sconteo   dalla    Commissione    a    ciò    nominata  :    Relatori 
Prof.  F.  Novali,  F.  E.  Comani,  G.  Riva,  G.  Seregni  .      »   2.5-484 
Elenco  dei  libri  ed  opuscoli  pervenuti  in  dono  alla  Biblioteca 

della  Società  nel  primo  semestre  1900:  B.  Nogara    .     .       »  546 

ILLUSTRAZIONI. 
Organo  a  Cremona  nel  1441 »  4i5 


Amos  M antegazza,  gerente-responsabile. 


Milano,  tip.  Pietro  Faverio  di  Con/alonieri  Pietro,  via  Gozzadini,  47'49. 


ARCHIVIO  STORICO  LOMBARDO 


1 


ARCHIVIO  STORICO 

LOMBARDO 


GIORNALE 

DELLA 

SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA 


SERIE    TERZA 


VOLUME    XIV    —    ANNO    XXVII 


IVI  IIv  ANO 


SEDE 

DELLA    SOCIETÀ 

Castello  Sforzesco 


LIBRERIA 

FRATELLI    BOCCA 

Corso  Vittorio  Em.,  21 


1900 


I 


La  proprietà  letteraria  è  riservata  agli  Autori  dei  singoli  scritti 


Milano,   1900  —  Tip.  Pietro  Gonfalonieri,  Via  Gozzadini,  47-49' 


XXIX  LUGLIO  MDCCCC 


L'inenarrabile  sciagura,  ond'  è  stata  colpita 
l'Italia  in  quell'infausta  notte,  che  vide  un 
iniquo  assassino  alzare  la  mano  parricida 
sopra  UMBERTO  I,  il  più  amato,  il  più  generoso, 
il  più  leale  de'  sovrani,  ha  sollevato  un  grido  d'in- 
dignazione e  d'angoscia  in  tutto  il  mondo  ;  e  l'eco 
ne  risuonerà  ben  lungo,  ben  doloroso  nelle  pagine 
della  storia.  Ma  il  nome  del  re  buono,  divenuto 
il  re  m  art  ir  e,  ha  preso  già  luogo  oramai  tra  quelli 
de'  più  grandi  benefattori  della  patria  nostra ,  di 
coloro  che  colla  mano,  coll'ingegno,  col  sangue  si 
travagliarono  a  farla  libera  ed  una,  e  la  desidera- 
rono (così  piaccia  al  cielo  far  paghi  i  loro  voti  !)  e 
giusta  e  gloriosa.  Dal  tempio  dell'  immortalità,  dove 
la  storia  piacquesi  assegnar  loro  altissimi  scanni, 
insieme  a  Carlo  Alberto,  a  Vittorio  Emanuele  II, 
protendono  le  braccia  al  nipote  magnanimo  ed  in- 
feHce  —  cui  l' ostile  furore  lasciò  incolume  sul 
campo  di  battaglia,  a  Villafranca,  a  Gusto  za ,  e 
doveva  tórre  di  vita  a  Monza,  tra  l'onesta  letizia 
di  popolare    convegno,  il  piombo   vile  d'un  rin- 


X.\l\     I. IGF. IO    MDCC.CC 


negato  I  —  Carlo  Emanuele  I,  Vittorio  Amedeo  II, 
Emanuele  Filiberto  ;  quanti  tra  gli  eletti  spirti  della 
prosapia  sabauda,  pur  in  mezzo  alla  decadenza  mi- 
seranda d'  ogni  nazionale  vigore,  serbaron  fede  in- 
concussa nell'  idea  italiana. 

Il  lutto  della  patria  è  lutto  domestico  per  la 
Società  Storica  Lombarda,  Del  nome  venerato  e  di- 
letto d'  UMBERTO,  fin  dai  primi  suoi  passi,  traen- 
done all'opera  propria  lietissimi  auspici,-  essa  aveva 
fi'egiato  il  suo  albo,  dove  lo  si  vedeva  risplendere 
accanto  a  quello  della  «Margherita  delle  Marghe- 
rite». Ed  essa  andava,  a  buon  dritto,  orgogHosa 
di  vivere  e  prosperare  ormai  da  più  lustri  sotto 
r  egida  tutelare  d'  un  monarca,  cui  niuna  manife- 
stazione dell'  attività  intellettuale  del  suo  paese 
lasciava  indifferente.  Occorre  forse  rammentar  qui 
ciò  che  ninno  tra  noi  può  avere  dimenticato  ?  Al- 
lorquando, tre  anni  or  sono ,  esultante  nell'  accom- 
pimento  d'un  disegno  lungamente  accarezzato,  la 
Società  Storica  Lombarda  inaugurava  la  sua  nuova 
sede  nel  Castello  Sforzesco,  redento  dalla  secolare 
abbiezione,  non  interveniva  egli  forse  a  rendere  più 
solenne,  più  grata  la  famiUare  allegrezza,  in  un  col- 
l'augusta  Consorte,  col  figHo,  rampollo  nobilissimo 
d'una  schiatta  d'  eroi.  Colui,  del  quale  oggi  siam 
pur  troppo  costretti  a  lamentare  la  perdita  crudel- 
mente immatura? 

Un  marmo,  murato  nelle  pareti  di  questo  re- 
cinto, sacro  un  giorno  alla  fede,  dedicato  oggi  al 
culto  severo  delle  patrie  memorie ,  eterna  codesti 


XXIX    LUGLIO    MDCCCC 


ricordi  ;  giocondi  un  tempo,  ade.sso  tristi,  ma  pur 
sempre  cari.  Essi  però  meglio  ancor  che  nel  marmo 
vivono  scolpiti  nel  nostro  cuore.  E  da  questo,  seb- 
bene l'amarezza  del  terribile  momento  l'abbia  vinto 
e  prostrato,  prorompa  ora  un  saluto,  pien  di  do- 
lore insieme  e  di  speranza ,  al  successore  di  Lui 
che  non  è  più,  che,  «  impavido  e  sicuro  »,  sale  al 
trono  paterno  per  continuarvi  nobilmente  le  tra- 
dizioni d'una  stirpe,  cui  governò  sempre  la  reli- 
gione dell'onore  e  del  dovere.  Al  novello  re  d'Italia, 
al  figlio  d' UMBERTO  I,  la  Società  Storica  Lombarda 
s'inchina  riverente  e  fiduciosa.  VIVA  VITTORIO 
EMANUELE  III  ! 


Dal  Castello  Sforzesco. 


Non  appena  si  sparse  nella  Città  nostra  il  funestissimo 
annunzio  della  morte  di  S.  M.  UMBERTO  I,  la  Presidenza 
si  affrettò  a  manifestare  alla  nostra  Augusta  Socia,  S.  M.  la 
REGINA  MARGHERITA,  la  sua  indignazione  ed  il  suo  do- 
lore per  l'inaudito  misfatto  col  telegramma  che  segue  : 


Milano,  SO  luglio  igoo. 

La  Società  Storica  Lombarda,  che  andava  superba 
di  aver  a  patrono  il  magnanimo  Sovrano  atrocemente 
caduto  sotto  il  piombo  assassino,  mentre  manifesta  alla 
Maestà  Vostra  la  propria  costernazione  per  l'esecrabile 
parricidio,  pur  in  mezzo  al  lutto  ineffabile  Vostro,  del- 


NOTITIA  CLERI  MEDIOLANENSIS 

DE   ANNO    1398 
CIRCA   IPSIUS  IMMUNITATEM 


Così  si  intitola  un  codice  cartaceo,  della  fine  del  sec.  XIV, 
copia  di  un  registro,  simile  agli  odierni  ruoli  di  ricche:{:{a 
mobile,  fatta  probabilmente  ad  uso  della  Curia  Arcive- 
scovile (quantunque  ora  appartenga  alla  Biblioteca  del  Capitolo 
Metropolitano  di  Milano,  coli' antica  segnatura  D.  60),  e  che  si 
potrebbe  considerare  quale  lo  Stato  della  Chiesa  Milanese,  o 
Milano  Sacro  dell'anno  1398,  come  volgarmente  si  chiama  questa 
statistica,  la  cui  pubblicazione  si  intrapprese  nell'anno  1761  dal 
tipografo  Arcivescovile  Giovanni  Montano.  —  L'importanza  di 
questo  Stato  della  Diocesi  di  Milano,  sebbene  non  molto  antico, 
è  in  ragione  diretta  della  scarsità  di  documenti  congeneri.  —  Il 
Giulini  (Memorie  di  Milano,  p.  IX,  pag.  112  e  segg.)  ha  tentato 
di  ricostruire  un  Catalogo  delle  Pievi  e  dei  Luogi  della  Cam- 
pagna Milanese,  alla  fine  del  sec.  XII:  ma,  per  quanto  pregevole 
il  suo  lavoro,  non  possiamo  essere  certi  che  sia  completo;  poiché  il 
dotto  scrittore,  dichiara  esplicitamente  di  aver  fatto  l' indice  sol- 
tanto delle  Pievi  e  dei  luoghi  menzionati  nella  sua  opera.  Simile 
Catalogo  si  potrebbe  ricostruire  sul  Liber  notitiae  Sanctoriim  Me- 
diolani  dì  GolTredo  da  Busserò,  Cappellano  di  Rovello  (7  1289);  ma 
un  estratto  del  Goffredo  non  avrebbe  il  pregio  di  un  lavoro  origi- 
nale, come  il  nostro;  sebbene  potrebbe  giovare  per  completare  que- 
sta preziosa  Notitia.  Per  opportuni  confronti,  però,  ho  posto  in  nota, 
indicandoli  colla  sigla  Gof.,  gli  estratti  deWIndice  sommario  (forse 
di  2.^  mano)  delle  chiese  e  altari  di  ciascun  Pieve,  che  si  trova  in 


IO  NOTITIA    CLICKI    MEUIOLAiNLNSlS    DE    ANNO     iSqS 

calce  del  Codice  di  Goffredo,  poiché  la  nostra  Notitia  non  dà  ch< 
la  indicazione  dei  beneficii  o  cappellanie,  probabilmente  il  primo 
cespite  dei  beneficii  parrocchiali  nelle  rispettive  pievi  ;  i  quali  poi 
nel  decorso  dei  secoli  subirono  variazioni,  per  provvedere  ai  bisogni 
delle  popolazioni,  specialmente  durante  il  pontificato  di  S.  Carlo, 
che  darebbe  materia  per  un  lungo  studio  intorno  alla  soppres- 
sione delle  antiche  parrocchie,  alla  unione  di  quelle  preesistenti, 
e  alla  creazione  di  nuove;  pel  quale  studio  riesce  indispensabile 
la  Notitia  che  pubblichiamo. 

Quantunque  posteriore  d'un  secolo  a  Goffredo  da  Busserò,  e 
^.Wlndice  goffrediano  (in  parte  ricopiato  dal  Bonvesin  da  Riva  nel 
De  Magnalibiis  Urbis  Mediolani,  e  anche  dal  Fiamma),  questa 
Notitia  del  1398,  p'oichè  compilata  per  cura  del  Fisco  —  al  quale, 
lo  sappiamo  per  esperienza,  in  ogni  tempo  difficilmente  si  sfugge  — 
è  interessantissima,  perchè  dà  in  modo  presiso  la  divisione  dell'Agro 
Milanese,  alla  fine  del  sec.  XIV,  e  lo  Stato  dì  tutte  le  Pievi,  Parroc- 
chie, Cappelle  del  Diocesi  di  Milano,  le  quali  avessero  un  piccolo 
reddito,  senza  tener  conto  dei  Feudi  ecclesiastici,  degli  Ospedali,  dei 
Monasteri  e  delle  Canoniche;  dati  preziosi  non  meno  per  la  ecclesia- 
stica, che  per  la  storia  civile,  dai  quali  seppero  trarne  partito  il 
Tira  boschi  (Vetej^a  Humiliatoriim  Monumenta)  e  il  Dozio  (Delle 
Pievi  BriantineJ,  —  Per  queste  ragioni,  quantunque  il  Mazzucchelli 
(Osserva:{ioni  sopra  il  Rito  Ambrosiano,  pag.  36/  e  segg.)  abbia 
già  edito  lo  Status  Ecclesiae  Mediolanensis  anni  1466,  ho  stimato 
opportuno  di  pubblicare  nella  sua  integrità  questa  Notitia  del 
1398,  conservando  con  scrupolosa  esattezza  l'ortografia  originale, 
e  perchè  importante  per  la  toponomastica,  e  per  evitare  qualche 
abbaglio,  troppo  facile ,  nel  volere  interpretare  o  correggere,  te- 
nendo conto  dei  nomi  moderni.  Dove  poi  la  lezione  mi  parve 
dubbia,  anche  dopo  avere  consultato  persone  competenti,  ho  ap- 
posto un  punto  interrogativo,  che  potrà  servire  agli  studiosi  nel 
caso  volessero  verificare  l'originale.  Non  ho  poi  omesso  (come  fe- 
cero il  Tiraboschi,  il  Dozio  e  altri,  nei  pochi  estratti  da  loro  pub- 
blicati) le  cifre  di  estimo  di  ciascun  ente ,  perchè  sono  indizi 
della  ricchezza  di  ciascun  paese,  ospedale,  monastero,  tee,  né  vi 


CIRCA    IPSIUS    IMMUNITATEM 


è  a  temere  per  gli  odierni  esattori ,  che  iianno  saputo  superare 
gli  antichi  nei  loro  accertamenti.  Quale  poi  fosse  nel  iSpS  il  va- 
lore della  lira  non  sarebbe  facile  precisarlo:  stando  al  computo 
fatto  dal  prof.  Gentile  Pagani  {Raccolta  Milanese,  gennaio  1888) 
la  lira  imperiale  (i)  usata  nel  Ducato  Milanese,  che  nel  i354  equi- 
valeva a  L.  i5o  delle  nostre,  andò  deprezzando  fino  ad  equiva- 
lere L.  100  nel   1409. 

Le  altre  poche  indicazioni  aggiunte  in  nota,  che  avrei  potuto 
moltiplicare,  mi  parvero  sufficienti  per  illustrare  il  documento, 
già  voluminoso;  per  l'intelligenza  del  medesimo  non  occorrendo 
di  dare  le  notizie  ,  che  facilmente  si  possono  trovare  presso  gli 
scrittori  Milanesi. 

Dott.  Marco  Magistretti. 


(i)  Per  chi  non  lo  ricordasse,  la  lira  imperiale  si  divideva  in  20 
soldi,  ed  il  soldo  equivaleva  a  12  denari. 


12 


NOTITIA    (..L1:KJ    MEDIOLANENSIS    DE    ANNO    iBqS 


NOTITIA  CLERI   MEDIOLANENSIS 

DE   ANNO    I  398 

.     CIRCA    IPSIUS    IMMUNITATKM. 


TABULA  HUIUS  LIBRI, 


1  (*)   Dominus   Archiepiscopus 

Mediolanensis 

2  Domini  Ordinarij  Ecclexie  Me- 

diolanensis 

3  Hobedientie 

4  Canonica  Decumanorum 


16  Canonica  S.  Martini  ad  Corpus 

17  „  S.  Marie  Nove  Me- 

diolani 

18  Monasteria  Mediolani 

19  Hospitalia  Mediolani 

20  Capellani  porte  Horientalis 


5 

»> 

S.  Ambrosij 

21          „             „       Romane 

6 

» 

S.  Nazarij  in  Broli 0 

22          „  ■            „       Ticinensis 

7 

)> 

S.  Tegle 

23          „              „       Verceline 

8 

» 

S.  Georgij  in  Pallatio 

24          „              „       Cumane 

9 

}} 

S.  Stefani  in  Broli 0 

25          „              „       Nove 

IO 

» 

S.  Marie  ad  Folcho- 

26  Canonica  S.  Johannis  de  Mo- 

rinum 

doezia  cum  Capellanis 

II 

w 

S.  Laurentij  Medio- 

27 Capellani  Curie  de  Modoetia 

lani 

28  Canonica  S.  JuUiani   ad   Col- 

12 

1) 

S.  Bertholamei 

loniam 

i3 

V 

S.  Kalimeri 

29  Fratres  et  humiliate   de  Mo- 

14 

» 

S.  Sepulchri 

doetia 

i5 

n 

S.  Protaxij  ad  Mo- 

3o  Canonica  de  Coberta  cum  Ca- 

nachos 

pellanis 

(i)  Per  facilitare  la  consultazione  di  questo  documento,  ho  aggiunto 
a  questa  tavola  e  al  corrispondente  testo  i  numeri  arabici  progressivi, 
che   mancano  nelF  originale. 


CIRCA    IPSIU    IMMUNITATEM 


l3 


3i 

Can 

onica  de  Treno  cum  Capei. 

64  Canonica  de  Grogunzola  cum 

32 

,          de  Cisano        „ 

Capellenis 

33 

,          de  Appiano      „ 

65 

w 

de  Segrate      „ 

34 

,         de  Nerviano    „ 

66 

» 

S.  Donati         „ 

35 

,          de  Perabiago  „ 

67 

» 

S.  Petri  de  Mezate. 

36 

,          de  Raude        „ 

68 

}} 

de  Liscate. 

37 

,          de  Gerenzano  „ 

69 

» 

Ss.  Stefani  et  Zeno. 

38 

de  Dayrago     „ 

nis  de  Decimo. 

39 

,         de  Gallarate    „ 

70 

w 

de  Roxate  cum  Cap- 

40 

,          de  Crena         „ 

71 

w 

S.  Victoris  de  Caxo- 

41 

Dom 

US  Plebis  de  Gallarate 

rate. 

42 

Cane 

mica  de  Angleria  cum  Ca- 
pellanis 

72 

ti 

S.  Juliani    in  Strata 
cum  Capellanis. 

43 

1 

de  Arsago  cum  Cap. 

73 

w 

S.  Alexandri  de  Lo- 

44 

f 

de  Mezana      „ 

cate. 

45 

, 

de  Somma      „ 

74 

u 

S.  Michaelis  deBasi- 

46 

> 

,          de  Brebia        „ 

lichapetri  cum  Cap. 

47 

f 

de  Olzate  Olona  cum 

75 

,, 

de  Dexio         „ 

Capellanis. 

76 

n 

de  Bollate        „ 

48 

1 

de  Legnano    „ 

77 

fi 

de  Marliano    „ 

49 

, 

de  Varixio      „ 

78 

II 

de  Sevixio      „ 

5o 

lì 

de  Sgìanio      „ 

79 

ti 

S.Fidelis  delncaxate. 

5i 

de  Castro    Seprio 

80 

II 

de  Galiano  cum  Cap. 

cum  Capellanis 

81 

II 

de  Inzino        „ 

52 

11 

de   Habiateguazono. 

82 

II 

de    Vicomerchato 

53 

f> 

de  Arsizate  cum  Cap. 

cum  Capellanis 

54 

)t 

de  Clivi 0          „ 

83 

II 

de    Aliate       „ 

55 

V 

de  Travalia     „ 

84 

II 

S.    lohannis     in    la 

56 

w 

de  Lezeduno  „ 

[razia]  bazazia 

57 

» 

de  Canobio      „ 

85 

II 

S.  Viti  ad  Lambrum 

58 

» 

de  Porlezia     „ 

86 

» 

de  BruzanocumCap. 

59 

»; 

de  Criviasca    „ 

87 

II 

de  Prippio       „ 

60 

w 

de   PontiroUo    cum 

88 

II 

de  Bebulcho. 

Capellanis 

89 

II 

de  MassaliacumCap. 

61 

» 

S.Georgij  de  Cornate 

90 

II 

de  Barzanore. 

62 

» 

de  Cornaliano    cum 

91 

II 

de  Uglono  cum  Cap. 

Capellanis 

92 

II 

de  Cariate       „ 

63 

il 

de  Septrra      „ 

93 

II 

de  Leucho. 

H 


NOTITIA    CLERI    MKDIOLANENSIS    DE    ANNO    1  SpS 


94  Canonica  de  Dervio. 

95  „         de  Sellano. 

96  „         de  S.  Martini  montis 

Varene. 

97  „  de  Vallissaxina 

98  In  Giara  Abdue 

99  Canonica    S.    Alexandri     de 

Farra 

100  Ecclexia  S.  Martini  de  Trivilio 

101  „        S.  Marie  de  Bregnano 

102  „        Ss.    Firmi   &   Rustici 

de  Caravazio 

103  „         S.  Marie  extra  Cara- 

vazium 

104  „         Ss.  Marie  et  Johannis 

de  Fornovo 
io5        „        S.   Laurentij    de    Ma- 
xano 


106  Canonica  de  Arsago  cum  Ca- 

pellanis  ultra  Abduam 

107  „         S.  Sigismondi  de  Ri- 

palta 

108  Ecclexia  S.  Marie  de  Caxirate 

109  „         S.  Georgi]  de  Caxirate 

110  „         S.PetrideCalvenvano 

111  „         S.  Nazarij  de  Spino 

112  „         S.  Georgij  de  Pandino 
ii3  Canonica  et  Capellani  de  Po- 
stino 

114  Ecclexia  S.  Marie  et  S.  Lau- 
rentij de  Crignolo 
n5        „         et    Canonici    portus 
Moroni 

116  „         S.  Georgij  etVillalan- 

terio 

117  Capella  S.  Christine. 


Dux  Mediolani  etc.  Papié  ac  Virtutum  Comes.  Sapien.  et  pruden- 
tibus  viris  dno  vicario  et  duodecim  provixionis  communis  nri  Me- 
diolani. 

Ad  tollendum  crebras  manifestationes  (sic)  et  querellas  que  nobis 
dietim  per  plures  et  plures  de  clero  et  civitatis  et  ducatus  nostri  Medio- 
lani diversimode  fiunt.  iniquitates  et  enormitates  in  cleri  ipsius  extimi 
refectione  commissas  fore  allegantes.  volimus  et  vobis  mandamus 
quatenus  una  cum  totidem  adiunctis  ad  hoc  spetialiter  vocandis  elli- 
gatis  sex  vel  octo  de  clero  praedicto  bone  conditionis  et  fame  intelli- 
gentes  ac  deum  timentes.  qui  non  sint  aliqualiter  de  Maioribus  et 
habentibus  maius  extimum  ymo  sint  solum  de  Mediocribus  dicti  cleri 
deinde  elligatis  vos  et  dicti  adiuncti  sex  vel  octo  personas  laycas 
praticas  et  intelligentes  bone  conditionis  et  fame  deumque  timentes. 
quibus  ellectionibus  secutis.  faciatis  quod  praedicti  clerici  et  layci  ut 
supra  elligendi.  delato  prius  sacramento  debito  et  opportuno  praeviis 
bonis  et  expedientibus  informationibus  extimum  supradictuin  secundum 
eorum  rectam  et  puram  conscientiam  corrigant  et  moderent  sic  quod 
equalitas  in  dicto  extimo  protinus  servetur  et  locum  habeat.  Data 
Mediolani  die  X  Aprilis  MCCCLXXXXVIII. 

Raymondus  Jacobinus. 


CIRCA     IPSIUS    IMMUNITATEM 


l5 


Clerici  deputati. 


Layci  deputati. 


D.  Antonius  de  Gluxiano  ordinarius 

D.  Abbas  de  Gratasolio 

D.  Prepositus  de  Dayrago 

D.  Prepositus  de  Glaxiate 

D.  presbiter  Christoforus   S.   Sal- 

vatoris 
D.  pbr.  Albertus  de  Valle 
D.  Magister  hospitalis  sancti  Sim- 

pliziani 
D.  pbr.  Filipus  de  Busero. 


D.  Johannes  de  Cornagijs 

D.  Johannolus  de  Comite 

D.  Johannes  de  Madregnano 

D.  Guidetus  de  Bossiis 

D.  Beltramolus  de  Carbonarijs 

D.  Beltramus  de  Melzio 

D.  Leonardus  Sansonus 

D.  Johannolus  de  porta  romana. 


1.  Doriiinus  Archiepiscopus 

in  extimo L.  600      S.    —     D.     — 

2.  Ordìnarìj  ecclesie  Mediolanensis 

D.  Christoforus  de  Medicis  archipresbyter  ,    .  8  2  8 

Item  prò  ordinaria  (i) i5  5  — 

D.  Leo  de  Veliate  archidiaconus 4  i  4 

Item  prò  ordinaria ]5  5  — 

D.  Antonius  de  Gluxiano 7  2  4 

D.  Matheus  de  Carcano i5  5  — 

D.  Johannes  de  Yspera 3  i  — 

D.  Paganinus  de  Bizozero 5  1  8 

D.  Johannes  de  Homadeis     ........  7  2  4 

D.  Ambrosius  de  Veliate 4  i  4 

D.  Johannes  de  Grassis 3  i  — 


(1)  Nel  sec.  XIV  erano  soltanto  due  le  Dignità  del  Capitolo  degli 
Ordinarli,  T Arciprete  e  l'Arcidiacono;  e  ciascuna  aveva  due  prebende, 
quella  propria  della  Dignità,  e  quella  comune  agli  altri  Canonici,  detta 
Ordinaria. 


l6  NOTITIA    CLERI    MEDIOLA  i>hN.^i.^    Uh    A.NNO     I  SqS 

D.  Thomas  de  Pusterla L.  i5      S.      5    D.    — 

D.  EusebiusReynaproorcliiiariaetCimiliarcha(i)  40  i3  4 

D.  Marchus  de  Vicomerchaio 2  —  8 

D.  Sarandus  de  Cottis i5  5  — 

D.  Paulus  de  Dugiiano 11  3  8 

D.  Antonius  de  Vicecomittibus 4  i  4 

D.  Johannes  de  Crivellis 2  —  8 

D.  Lodovicus  de  Lastrata 4  i  4 

D.  Johannes  de  Carcano ...i  —  4 

D.  Comellus  de  Brippio i5  5  — 

Filius  dni  Thomaxii  de  Vicomerchato.     ...  4  i  4 

D.  Antonius  de  Lauello 3  i  — 

D.  Matheus  de  Carchano  primicerius  major  (2)  6  17  3 


L.    212     S.      4    D. 


(1)  Il  Reyna  era  investito  di  due  benefici,  V Ordinaria  e  il  Cimiliarcaio. 
Il  Cimiliarca  era  amministratore  e  custode  dei  tesori  della  Chiesa  con 
onere  di  manutenzione  dei  sacri  arredi  (v.  MazzucchellI;  op.  cit.  p.  367)  ; 
da  lui  dipendevano  16  Custodi  con  beneficio  di  collazione  del  Cimi- 
liarca stesso  (V.  Beroldus,  ediz.  Magistretti,  Milano,  1894:  pp.  55  et  i55). 

(2)  \J  Ordinario  D.  Matteo  da  Carcano,  oltre  che  investito  del- 
l' Ordinaria,  era  anche  Primicerio  Maggiore,  o  capo  del  Clero  delle  100 
ferule:  soltanto  nel  1441  il  Primiceriato  Maggiore  venne  annoverato 
fra  le  Dignità  del  Capitolo  (V.  Beroldus,  pag.  154Ì.  La  istituzione  di  que- 
sta dignità  è  antichissima  (cfr.  Landulfus,  sen.  1.  i,  e.  3).  Da  lui  dipen- 
devano ed  erano  collati  i  benefici  della  Città,  che,  secondo  la  tradi- 
zione, si  ritenevano  i  più  antichi,  dopo  il  Clero  Metropolitano,  e  le 
Obedentie  (v.  n.  seg.),  istituite  in  diversi  luoghi  della  Diocesi,  indicati 
dalla  loro  denominazione,  ma  che  in  seguito  vennero  concentrate  nella 
chiesa  maggiore.  Senza  discutere  il  valore  della  accennata  tradizione 
(ricordata  anche  in  un  interessante  opuscolo  scritto  da  Francesco  Ca- 
stelli, ordinario  della  chiesa  milanese,  nel  1564,  che  ci  conservò  lo 
stato  del  Clero  Metropolitano  prima  delle  riforme  di  S.  Carlo)  credo 
opportuno  trascrivere  dal  Cod.  Metrop.  "  Liber  Primicerii  Majoris  „ 
scritto  nei  primi  anni  del  secolo  XV,  la  notizia  precisa  dei  beneficiati 
che  costituivano  il  Clero  dei  100  de  ferula,  o  dei  dipendenti  dal  detto 
Primicerio,  che  in  seguito  troviamo  registrati  in  questa  Notitia  Cleri, 

'*  Ordinatio  ferulae  cleri,  seu  centum  presbyterorum,  qui  portare 
debent  Archam  et  Ydeam,  et  in  quadragesima  facere  scrutinium,  et 
baptismum  in  sabbato  sancto  (cfr.  Beroldus,  pp.  81,  92,  ii3,  ii5'i. 

Et  nota  primo  quod  Canonici  canonicae  decumanorum  numero  II 
debent  portare  Ydeam  induti  camixio  et  pianeta  in  festo  purificationis 
anno  currenti  MCCCCXIII.  Similiter  duodecim  ex  ipsis  in  die  Jovis 


CIRCA    IPSIUS    IMMUNITATEM  I7 


3.  Obedientie  (j) 

Filius  Salvarolli  de  Gluxiano  prò   hobedientia 

de  Colliate L.       i       S.     12    D.       i 

Item  prò  hobedientia  de  Carimate  (?)....       i  12  i 


Sancto  debent  interesse  ad  crisma  confìciendum,  et  baptismum  in 
gabbato  sancto  lacere:  necnon  in  lesto  resurrectionis  Domini  prae- 
dictam  Archam  ad  ecclesiam  aescivam  portare ,  in  testo  dedicationis 
ad  ecclesiam  yemalem. 

MCCCCXIIII.  Canonici  S.  Ambrosii  n.  XII  debent  portare  et  facere 
omnia  prout  supra  dictum  est. 

Deinde  Canonici  S.  Teglae  num.  XII,  MCCCCXV  supra  dieta  com- 
plebunt. 

Canonici  S.  Nazarii  num.  XII.  MCCCCXVI,  ut  dictum  est  latient. 

Canonici  S.  Georgi!  in  Palatio,  n.  VIII  cum  IV  canonicis  S.  Bar- 
tholomei  MCCCCXVII. 

Octo  ex  Canonicis  S.  Laurentii  cum  quatuor  canonicis  S.  Naboris 
(i  quali,  in  seguito,  nello  stesso  codice,  sono  detti  Canonici  Sec.  Mariae 
ad  Ftdchorimim  perchè  quivi  vennero  traslati  questi  benefici,  quando 
nella  prima  metà  del  sec.  XIII  la  basilica  naboriana  fu  data  ai  France- 
scani) MCCCCXVIIL 

Octo  ex  Canonicis  S.  Stefani  cum  quatuor  S.  Martini  ad  Corpus 
MCCCCXVIIII. 

Duo  Canonici  S.  Kalimerii  cum  infrascriptis  cappellanis  : 

Primo  {in  Porta  Romana)  Capellanus  S.  Eufemie:  Capellanus 
S.  Joannis  ad  Concham  :  Capellanus  S.  Alexandii  in  Zebedia. 

In  porta  Horientali:  Capellanus  S.  Babillae  sive  S.  Romani:  Ca- 
pellanus S.  Michaelis  sub  Domo. 

In  Porta  nova  Capellanus  S.  Fidelis. 

In  Porta  Cumana  Capellanus  S.  Karpophori. 

In  Porta  Vercellina  Capellanus  S.  Vitalis. 

In  Porta  Ticinensi  Capellanus  S.  Mariae  ad  Circulum.  et  S.  Petri 
in  Campo  Laudensi. 

numero  XII  omnes  isti  debent  simul  portare  in  anno  currenti 
MCCCCXX.  Et  sic  rivertendum  est  a  capite.  „ 

I  cento  delia  ferula  in  origine  chiamavansi  tutti  decumani,  nome 
che  trovasi  usato  anche  fuori  di  Milano;  ma  in  seguito  restò  speciale 
dei  Canonici  addetti  alla  Chiesa  maggiore  Iemale  (v.  n.  4).  Da  un  pro- 
cesso del  1289  (v.  PuRicELLi,  Dissert.  Nazariana,  cap.  CXII)  consta  che 
alla  fine  del  sec.  XIII  il  capellano  di  S.  Carpoforo  non  era  ancora 
compreso  nel  numero  dei  cento,  e  così  pure  il  Capitolo  di  S.  Nazaro, 
quantunque  il  Puricelli  sostenga  che  nel  detto  processo,  invece  di  ca- 
nonici S.  .Naboris,  come  abbiamo  anche  nel  ms.  e  nel  Liber  primicerii 
maj.y  si  debba  leggere  S.  Nazarii,  correzione  questa  afi'atto  arbitraria. 

(i)  In  ordine  gerarchico,   precedevano  i  notai,  i  lettori  ed  i  mazv 
zeconici  (v.  Beroldus,  p.  35),  i  quali,  a  quanto   pare,  non  avevano  be- 

Arc/i.  Star.  Lomh.  —  Anno  XXVII.  —  lasc.  XX VII.  2 


|8  NOTITIA    CLERI    MEDIOLANENSIS    DE    ANNO    I398 

I  l'I.   Lhristoibrus  de  Arisiis  prò  hobedicntia 

Stefìani  gnandete  (?) L.  8      S.    io    D.     io 

D.  Johannes   de    Salotiis   prò    hobedicntia   de 

Clari 4             li             6 

Zanala  de  Dexio  prò  hobedientia  de  Carimate  4             11             6 

D.  Thomas  de  herbapro  hobedientia  de.  (sic).  2               4            10 

Hobedientia  de  Septara  sive  de  Premcnugo  .3  7  2 
pbr.  Laurentius  de  Porris  prò  hobedientia  de 

Birago 2               4             9 

pbr.  Christoforus  de  ortolanis  prò  hobedien- 
tia de.  (sic) 2               4             9 

Guidetus  de  Bossijs  prò  hobedientia  de-Gregna- 

no  m(er)cido i                2              5 

Filius  poiroli  de  Giochis   prò   hobedientia   de 

Varredo i                2              5 

Pbr.    Ambrosius    de    Cerro     prò     hobedientia 

Petri  prealoni —              11              3 

Loco  Ambrosii  de  panigayrclis 4               2             4 

Loco  Fratris  drudi —              11              3 

Loco  Mafioli  de  Castiliono  (i) i                4             5 


L.    39      S.     i3    D.      7 


4.  Canonica  decumanorum  (2) 

D.  Johannes  Carpanus  archipresbyter       .     .  L.     27       S,     19    D.       4 
Pbr.  Ambrosius  de  Cerro i3  19  7 


neficio  proprio;  le  obedienze ,  beneficii  collati  dal  Primicerio  Mag- 
giore, senza  obbligo  di  residenza  nella  chiesa  metropolitana  (v.  Mazzu- 
CHELLi,  op.  cit.),  vennero  soppresse  da  S.  Carlo  (v.  Giulini). 

(i)  Nello  Stato  del  1466  (v.  Mazzuchelli,  o.  c.)  oltre  le  obedientie 
sono  enumerati:  Cappellani  XVI  prò  missis  dicendis. ...  XVI  Cttstodes 
(per  il  servizio)  ed  i  Vegloni  et  Veglonisse,  che  avevano  redditi  molto 
tenui,  cioè  semplici  distribuzioni,  non  beneficii  propriamente  detti. 

(2)  Il  Capitolo  dei  Decumani  serviva  nella  Chiesa  maggiore,  e  come 
leggesi  nello  Stato  del  1466:  "  isti  cantant  primam  missam  bono  mane  „ 
mentre  il  Capitolo  degli  Ordinari  funzionava  alternativamente,  secondo 
4e  stagioni,  nella  Chiesa  Iemale  di  S.  Maria  Maggiore,  e  nella  Chiesa 
Estiva  di  S,  Tecla,  che  aveva  anch'essa  un  clero  o  capitolo  proprio 
(V.  più  avanti  n.  7). 


CIRCA    IPSIUS    IMMUNITATEM  ip 


D.  Conradollus  Cagnolla L.  io 

D.  Ambrosius  de  blanchis  de  Veliate  ....  9 

D.  Antonius  de  Synellis 6 

pbr.  Christolbrus  de  Arixiis 6 

Magister  Johannes  de  Cagnollis 7 

Pbr.  Johannes  ce  Bexutio 7 

lohannolus  dictus  Zanalla  de  Dexio     ....  11 

Guilielmus  de  Arsago 3 

Johannes  de  Ca^^rate 8 

Christolbrus  de  Arixiis 4 

D.  Sarandus  de  Cottis 3 

Capella  sci  Martini  de  La(m)brate 6 

Capella  de  Calvariate 8 


3  D 

•   4 

3 

— 

12 

2 

H 

3 

14 

7 

14 

7 

3 

8 

9 

2 

8 

8 

9 

6 

I 

— 

2 

— 

2 

7 

L.  134      S.      7    D. 
5.  Canonica  Sancti  Ambrosi] 

D.  Praepositus  dee  Canonice L.  33      S. 

D.  Michael  Prealonus 12 

D.  Marcholus  Mondella 11 

D.  pbr.  Franciscus  Sallinbene 14 

Ambrosius  de  Colldirarijs  (sic) 8 

Christolbrus  de  Arixiis :o 

Ambrosius  de  Landriano io 

D.  Antonius  de  Baronibus 5 

Beltramus  de  Robiano 12 

Beltramus  prealonus 6 

D.  Johannes  de  Larmayrola 7 

Lanzarotus  de  Gresago  (?) 11 

Gabriel  de  Marzagoris 11 

Ambrosius  de  Curadis io 

Superstantiaria  (i)  diete  ecclesie 35 


II  u 

.  — 

8 

I 

3 

8 

II 

— 

19 

— 

3 

4 

II 

7 

12 

— 

6 

8 

14 

3 

14 

7 

3 

8 

3 

8 

3 

4 

II 

8 

L.  201       S.     17    D. 


(i)  I  redditi  della  superstantiaria  credo  avessero   uguale  destina- 
zione di  quelli  del  cimiliarcato  della  Chiesa  maggiore. 


20  NOTITIA    CLERI    MEDlOLANLNbl.s    Di:    ANNO     I  SqS 


6.  Canonica  Sancti  Nazari]  in  Brollio  (i) 

D.  Franciscus  de  Buschis  pracpositus  prò  dua- 

bus  praebendis L.  18      S.      6    D 

D.  Antonius  de  Vicecomittibiis  loco  dni  Johan- 

nis  de  Caxelleto .  21                3 

D.  Johannes  de  Nouellina  (?) 19 

D.  Raynoldus  de  RozoUio 10 

D.  Aaron  Spinella i3 

D.  Bassianus  de  Roziis 9 

D.  Gabriel  de  Cuxano 9 

D.  pbr.  Antonius  de  Longo i3 

D.  Filipus  Capelliniis i3 

D.  Michael  de  Roziis  eius  loco   Franciscus   de 

la  Cruce 5 

D.  pbr.  Johannes  de  Vicomerchato 14 

D.  Branda  de  Castiliono 5 

D.  Johannes  de  Salutiis 9 

Curadus  de  Strata i3 

D.  Nicholaus  de  paravicino       .......  12 

.   Magister  Johannes  de  Nava 3 

Capella  sancte  Marie  sita  in  dieta  ecclesia  que 

appellatur  capella  de  la  florana 5 

Capella  sancti  Donati   sive    Bernardi   in   dieta 

ecclesia 2 

Capella  sancti  Johannis  sita  prope  dictam  ec- 

clesiam i 

Capella  sancti  Michaelis  sita  in  dieta  ecclesia.  i 

Capella  sancti  Augustini  sita  in  dieta  ecclexia.  3 

Capella  sancti  Matroniani  ut  supra i 


(i)  Il  dott.  G.  Mercati;  in  nota  a  La  leggenda  dei  Santi  Nazaro  e 
Celso,  (v.  Ambrosiana  =  Distert.  VII,  pag.  58),  opportunamente  ricordò, 
che  Brolo  è  corruzione  della  voce  greca  tv-piSoIlo^j,  hortus. 


— 

3 

3 

•1 

8 

6 

3 

— 

3 

— 

8 

6 

8 

6 

II 

I 

8 

6 

II 

IO 

4 

— 

8 

IO 

14 

— 

I 

— 

IO 

ò 

II 

6 

I 

— 

IO 

6 

CIRCV    IPSIUS    IMMUNITATEM  2  1 

Capella  sancti  Ambrosii  ut  supra L.       i       S.     io    D.      6 

Capella  sancte  Marie  ut  supra 2  —  8 


L.  208      S.     II     D.       I 
7.  Canonica  Sancte  Tegle  (i) 

D.  Paganinus  de  Bezozero  praepositus.     .    .  L.  4      S.       i     D.      4 

Item  prò  canonicatu -4  i  4 

D.  Ambrosius  de  Veliate —  12  3 

Pbr.  Stefanus  de  Medicis  de  Nevate    ....  5  11  io 

Franciscus  de  Monte i  4  4 

D.  pbr.  Dominicus  de  ponzano io  3  4 

D.  Protaxius  de  Bozolanis  (?)  de  Soma    ...  4  9  6 

Antoni  US  Flandronus  (?) 8  19  — 

Marcholus  de  Toschanis i  i3         .7 

D.  Christoforus  de  Medicis 4  9  7 

Pbr.  Augustinus  de  Bugatis —  3  i 

D.  Jacobus  de  Arixio 4  9  6 

Beltramus  de  Cizate i  2  4 

Superstantiaria  diete  ecclesie 66  8  8 

Capella  sancti  Claudi  sita  ut  supra —  i  i 


L.  117  S.     IO  D.      7 
8.  Canonica  Sancti  Georgi!  in  Pallatio 

D.  Johannes  de  Larmayrola L.  16  S.     17  D.      6 

D.  Antonius  de  Gaytonibus 5  11  10 

Antonius  de  Sessa 5  11  io 

pbr.  Vincentius  de  Buttis 4  9  6 

Nichorolus  de  Schanio 4  9  6 


(i)  Dal  processo  del  1289  già  citato,  risulta  che  oltre  il  titolo  di 
S.  Tecla,  questa  chiesa  chiamavasi  anche  del  Salvatore  "  duodecim  in 
canonica  S.  Tegle,  quae  dicitur  ecclesia  Salvatoris,  seu  quod  ita  con 
Suevit  appellari,,.  —  Gof.  nella  Notiiia  Sanctoriim,  etc.  (n.  862)  enu- 
mera 6  chiese  in  Milano  dedicate  al  Salvatore:  "  Eccla  que  nunc  di- 
citur sce  Tegle.  Eccla  que  nunc  dicitur  sci  Dionisii.  Eccla  quo  nunc 
dicitunsce  Radegundii.  Eccla  que  nunc  dicitur  sci  Viti  majoris.  Eccla  sci 
Salvatoris  ad  murum  :  et  sexta  est  eccla  sci  Salvatoris  ad  Scnodochium  „. 


22 


NOTITIA    CLERI    MEDIOLANKNSIS    DE    ANNO    I  3  98 


D.  ConradoUus  Longus L.  4 

D.  pbr.  Girardus  de  Brioscho 5 

D.  Manlredus  de  Gazonibus  (?) 2 

pbr.  Jacobus  de  Brena 7 

D.  Jacobus  de  Arexio 2 

Christoforus  de  Arixiis  (sic) 2 

Gabriel  de  Bellonibus 7 

Capella  sancti  Ambrosii    sita  in  dieta  ecclesia 

per  condam  dominum  Paulum  de  Brayda    .  3 


S. 


9.  Canonica  Sancti  Stefani  in  Broliio 

D.  Pbr.  Degnanus  de  Nava  praepositus  .     .  L.  4 

D.  Gasparinus  de  Muzano  (?) 14 

D.  pbr.  Dominichus  Caxina 10 

D.  Michael  de  Roziis 11 

Christoforus  de  Crassis 11 

D.  Eusebius  Regna  (sic) 13 

Superstantiaria  diete  ecclesie,  h '  — 

Capella  sancti  Christofori  sita  in  dieta  ecclesia 

constructa  per  condam  Nigrum  de  Septara  .  4 

Capella  sancti  Antonii  ut  s 2 

Capella  sancte  Luzie  ut  s 2 

Capella  sancti  Martini  ut  s 2 


9  K 

►.   6 

li 

IO 

16 

— 

14 

6 

4 

9 

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II 

16 

7 

L.    73      S.      8    D. 


S. 


9  U 

».   ò 

— 

8 

— 

4 

14 

II 

H  . 

11 

19 

7 

L.    76      S.      3    D. 


IO.  Canonica  Sancte  IVIarie  ad  Folchorinum  (ij 


Dominus  praepositus  diete  ecclexie     ...  L.     11       S.      3    D.      8 
Loco  dni  Filipoli  de  Bezozero i5  -3  2 


(i)  A  questa  chiesa,  come  è  detto  nel  Liber  Primecerii  Majoris, 
erano  stati  aggregati  i  Canonici  S.  Naboris,  dopo  che  la  loro  basilica 
fu  ceduta,  nel  i255,  ai  frati  minori.  Cfr.  Giulini,  0.  e,  Vili,  p.  122. 


CIRCA    IPSITTS    IMMUNITATEM 


Thomas  de  Homadeis L.  8  S.     19  D.     — 

D.  Thomas  de  Pusterla 11  3  8 

D.  pbr.  Petrus  de  Forsano 9  3  — 

D.  Branda  de  Castiliono 4  9  6 

Filius  Aynulfi  de  Comitte  de  Pusterla     ...  7  16  7 

Johannes  de  Bonis 6  i3  3 


74      S. 


If.  Canonica  Sancti  Laurent!]  Mediolani  (i) 

De  Johannes  Sumaripa  prò  praepositura  et  ca- 

nonicatu L.  16      S. 

Franciscus  de  Alyate 6 

Loco  dni  Cardani 6 

Pbr.  AndrioUus  de  Pado 6 

Lanzarotus  de  Tersago 9 

Pbr.  March olus  de  Robiano 5 

Petrus  de  Mediolano .5 

D.  pbr.  Antonius  de  Carchano 5 

D.  Matheus  de  Borsano 6 

Pbr.  Georgius  Grassus 5 

Prb.  Rugerius  de  Bossiis 2 

Pbr.  Petrus  de  Barbariis i 

Capella   illorum    de    Comxite   que   tenetur   per 

pbr.  Martinum  {?) 4 

Capella  sancti  Petri  ut  s ,     .    ,     .  i 

Superstantiaria  diete  ecclesie 11 


7    I 

).      5 

14 

3 

14 

3 

14 

3 

IO 

2 

II 

IO 

I 

8 

II 

IO 

14 

3 

I 

8 

4 

9 

— 

4 

. 

I 

4 

~ 

4 

3 

8 

L.    93      S.     12    D. 


(i)  Nel  Processo  del  1289  il  teste  Albertino  Conte  (v.  Puricelli,  o.  c, 
p.  572)  rispondeva,  che  di  canonici  appartenenti  al  clero  delle  100  fe- 
rule eranvi  "  in  Sancto  Laurentio  octo,  computatis  quatuor,  qui  con- 
sueverunt  esse  de  ecclesia  Sancti  Eustorgii,  quae  unita  est  cum  illa 
ecclesia  Sancti  Laurentii  (quando,  nel  1220,  secondo  Goffredo  da  Bus- 
serò, nelle  mem.  di  S.  Domenico,  e  secondo  il  Corio,  la  basilica  eustor- 
giana  fu  assegnata  ai  Domenicani)  in  qua  erant  alii  quatuor,  et  sic  sunt 
modo  octo  „. 


•^4 


NOTiTIA    CLERI    MEDIOLANKNSIS    DE    ANNO    1 398 


12.  Canonica  Sancti  Bartholomei  Mediolani  (i) 

Pbr.  Antonius  de  Castiliono  Canonicus    .    .  L.  i       S. 

Marcholus  Toschanus i 

Belt.  de  Cizate i 

Loco  pbr.  Belt.  de  Dulceboni i 


i3    D. 

7 

j3 

7 

3 

5 

i3 

7 

L.      6       S. 


D. 


13.  Canonica  Sancti  Kailmeri 

D.  pbr.  Antonius  de  Molteno L.  12      S. 

Leo  de  Molteno 11 

Pbr.  Johannes  de  Forsano 11 

Capella  sanate  Marie  ut  s 3 

Capella  sancti  Antonii  ut  s 5 


12 

D. 

2 

)6 

11 

9 

10 

7 

2 

— 

8 

L.    44      S.      6    D. 


14.  Canonica  Sancti  Sepuiciiri  (2) 

Pbr.  Sydraah  de  Balbis L.  5  S.     11  D.     io 

Pbr.  Franciscus  de  Veliate 12  6  i 

Pbr.  Franciscus  de  Cortexella 12  6  i 


L.     3o       S.      3    D. 


(1)  Questi  canonicati  fino  al  1120,  secondo  il  Puricelli  {o.  c,  p.  570% 
appartenevano  alla  basilica  di  S.  Dionigi,  che  poi  fu  assegnata  al  mo- 
nastero contiguo,  eretto  per  disposizione   dell'  arcivescovo  Ariberto. 

(2)  In  Gof.  da  Busserò  leggesi  :  "  An.  io36  edificata  est  eccl.  S.  Se- 
pulchri  ad  scuriolum  Mediol.  vz.  an.  16  archìepi  Dni  Heriberti  Me- 
dio!. „. 


CIRCA    IPSIUS    IMMUNITATEM  2D 


15.  Canonica  Sancti  Protaxii  ad  Monachos. 

Melchior  de  Maynerijs L.  ii  S.      3    D.      8 

pbr.  Luchinus  portalupus     ........  9  —            — 

Dns.  Grazinus  (sic)  de  Caymis 11  3              8 

L.  3i  S.      7    D.      4 

■ 

16.  Canonica  Sancti  Martini  ad  Corpus 

Pbr.  Ambrosius  de  Gullasica  cum  tribiis  aliis 

Canonicis ,  L.  7  S.      5     D.      5 


L.      7      S.      5    D.      5 


17.  Canonica  Sancte  IVIarie  Nove  IMediolani  (i) 

Dominus  praepositus  diete  Canonice    ...  L.  12      S. 
Vigintì  Canonici  diete  Canonice  ad  computum 

de  L.  6  prò  quolibet 120 

Clericus  pbri  Vincentij  de  Agris 6 


L.  i38      S.     —    D. 


18.  IMonasteria  iVIedioIani 

Monasterium  Clare  Vallis L.  i5oo  S.     —     D     — 

„              de  Myramundo 3i8  4 

„              de  Gratasolio 228  i3              4 


(1)  È  questa  la  Collegiata,  poi  detta  della  Scala,  fondata  nel  i383, 
in  porta  Nuova.  Più  sotto  fra  le  Cappelle  di  Porta  Vercellina  è  indi- 
cata una  cappella  "  Sancta  Maria  Nova  q.  Jacobi  Schachabarozii  „. 


2(]  NOTITJA    CLERI    MEDIOLANENSIS    DE    ANNO    iSqS 

Monasterium  Sancii  Ambrosi!  (i)    .     .     .     .  L.  726      S.    —    D. 

„             Sancii  Sympliciani 448             — 

Item  Superstantiaria —             — 

Monasterium  Sancii  Gelsi 447 

„              Sancii  Dionisij 2o3 

„              Sanctis  Victoris 228 

„              Sancii  Vinceniii  intus  pratum  .  228 

„              de  Clivate 279 

„              de  Carsenzago 366 

„              de  Brinate 325 

„•             Sancte  Christine 228 

Domus  de  Tempio 177 

Monasterium  de  Calvenzano 95 

„              sive  Canonica  de  Campo  Mortuo  94 

„              de  Figina 81 

Canonica  Sancii  Barnabe  (2) 81 

Monasterium  Maius 284 

„              Sancte  Redegunde 2o3 

„  Horonum  (sic)   cum  Monasterio 

de  Cornate  unito  secum     .     .  loi 

„              Sancte  Margarite 17 

„              Novum 55 

„              Lantaxium 96 

„               Bocheti 55 

„               Sancii  Jacobi 8 

„              Sancte  Marie  in  Valle   ....  20 

„             de  Lantate 9 

„            de  Cambiago  Angelli  Sichi.    .     .  3 

Domus  dominarum  de  Intusvineam    ....  61 

,;                „             Virginum  porte  Ticino nsis  63 


(i)  Dipendenti  dal  Monastero  di  S.  Ambrogio,  sebbene  comprese 
nei  confini  della  Diocesi  milanese,  erano  le  terre  di  Campione,  Li- 
monta  e  Civenna  non  indicate  in  questa  Notitia.  Gli  statuti  civili  e  cri- 
minali di  queste  dipendenze  dell'Abbate  di  S.  Ambrogio  furono  stam- 
pati in  Milano  negli  anni  1689  e  1640. 

(2)  Nello  Status  Eccl.  Med.  del  1466,  edito  dal  Mazzucchelli,  si  legge  : 
"  Monasterium  sci  Barnabe  extra  muros  Mediolani  „  dei  Canonici  Re- 
golari, ora  Collegio  dei  PP.  Barnabiti.  Cfr.  Giulini^  t.  V,  p.  444. 


7 

— 

7 

8 

14 

— 

'4 

— 

14 

— 

II 

— 

II 

— 

18 

— 

IO 

7 

IO 

7 

7 

— 

7 

— 

IO 

— 

7 

— 

14 

— 

18 

— 

19 

— 

12 

— 

19 

— 

3 

— 

6 

6 

i3 

— 

7 

2 

IO 

2 



8 

IO      u 

— 

IO 

— 

i8 

4 

6 

8 

i5 

6 

CIRCA    IPSIUS    IMMUNITATEM  27 

Domus  dominarum  supra  Murum  (?) .    .    .  L.      64      S. 

„  „  Veterum 64 

„  „  de  Archagniago    ....      65 

„  „  de  Cantaluppo      ....      61 

„  „  Sancii  Petri  supra  dorsum      20 

„  „  Sancte  Marie  de  Cambyago       i6 

„  „  Sancii  Auguslini  de  Cam- 

biago 16  —  — 

„  „  de  via  levala  (?)....        9  —  — 

„  „  de  Ranchale 11  3  8 

„  „  Capuciarum  (sic)    de    Co- 

xorizio 22  7  4 

„  „  Sancle   Clare   sive    de    la 

Cyresa ii  3  8 

„  „  Sancii  Petri  in  lerrasancla 

de  Vedano i5  5  — 

„  „  Sancii    Luce    prope    san- 

cium  Franciscum ...        5  i  8 

„  „  Sancte  Caldine  prope  san- 

clum  Symplitianum .    .3  7  2 

„        Sancii  Ambrosii  ad  Coslam    ....        2  —  8 

„        dominarum  de  Viglenlino io  10  2 

„        fratrum  humiliatorum  de  Mirasole  cum 
capella  sancii  Salvaloris  prope  san- 

ctum  Pelrum  ad  Ortum  prò  Lib.  X.     258  —  — 

„        fratrum  humiliatorum  Brayde     .     .     .     3i6  —  — 

„  „  „  de  Vicoboldono     3oo  —  — 

„  „  „  porle     Horien- 

talis  ....     191  —  — 

„  „  „  Sancii  Spirilus    2i3  2  — 

„  „  „  de  Monte  forti     no  14  — 

„  „  „  Sancii  Kalimeri 

cum  domo  de 
Gallarate  et 
domo  de  Gio- 
cano (?)   uni- 

tis  secum .    .     195  —  — 

„  „  „  de  la  Canova  (sic)    45  —  — 


28 


NOTITIA    CLERI    MEDIOLANENSIS    DE    ANNO    l3gS 


Domus  fratrum  humiliatorum  SancteTrinitatisL. 

96      S.    -    D. 

„           „                  „               de  Glaxiate .    . 

210 

— 

— 

„            „                   „               Canoni  ce  Matris 

Domini .    .    . 

24 

— 

— 

de  Otaziis    .    . 

85 

34 

— 

„            „                   „                de  Carugate      . 

5o 

— 

— 

„            „                   „               de  Marliano     . 

79 

10 

— 

„       dominarum  de  Blasono  cum  domo  do- 

minarum  de  Maria  de  Busti 

8 

JO 

6 

Domus  dominarum  humiliatarum  de  Baynera    . 

3 

n 

4 

„                „            Sancte  Marie  ad  Circulum 

cum  domo    de   Aziis.   et 

domo  Sancii  Martini  de 

S(fr)enio  (?)  unitis  secum 

8 

8 

10 

„                „            de  Senadochio  (sic)  .    .    . 

IO 

3 

4 

„                „            de  Tegnono  

I 

2 

5 

„                „            de  Caxirate 

6 

— 

— 

„                „            de  Viglinano  de  Montaziis 

I 

2 

5 

L.  9681      S.     i5     D.      8 


9.  Hospitalia  Mediolani 

Hospitale  BroUij  Mediolani L.  1260 

Item  prò  Capella  de  Ganazio  (sic)  plebis  San 

Juliani 3 

Hospitale  Sancii  Ambrosij 284 

„                „        Siraplitiani i53 

»                »        Gelsi     . , ii5 

„          Novum 193 

Item  prò  domo  fratrum  de  Senago  unita  secum  i 

Hospitale  Sancii  Vincentii  inius  pratum    .    .  106 

»                „        Dionixij 45 

»                        „           LSLZSLTÌ 2l5 

»                „        Nazarij   si  ve   porcorum  (sic)  62 

„           Sancte  Crucis 139 

»                „        Kateline 20 

Domus  fratrum  de  la  Columbeta io 


S. 


18 


D.     - 


4 

— 

8 

6 

18 

— 

— 

6 

i5 

7 

i5 

— 

i5 

— 

17 

— 

6 

— 

8 

4 

3 

+ 

CIRCA    IPSIUS    IMMUNITATEM  29 

Hospitale  Sancii  Martini L.  5  S.    —  D.      8 

„                „        Bernardi 8  3  8 

„           de  la  Magdalena i  — 


L.  2591       S.      3    D.       7 


20.  Porta  Horientalls  (i) 

Capella  Sancti  Jacobi  ad  Rande      .     .     .     .  L.       11       S.      3    D.      8 
„         Sancte  Marie  passerete 6  17  — 


(i)  La  divisione  della  città  in  sei  porte  o  regioni,  e  antichissima; 
né  qui  occorre  provarlo.  Se  per  la  topografìa  milanese  questa  Notitia 
delle  chiese  e  relative  cappellanie  esistenti  alla  fine  del  sec.  XIV  è 
importante;  a  stabilire  l'antichità  di  alcune  di  esse,  ancor  più  gioverà 
conoscere  l'elenco  di  quelle  in  cui,  nei  sec.  IX  e  XI,  si  faceva  la  Sta- 
zione durante  le  processioni  del  triduo  delle  Litanie  Minori.  Questo  si 
può  dedurre  da  due  codici  antichissimi,  cioè  Y  Evang  elistar  io  del  sec.  IX 
(Bibl.  Ambr.,  cod.  :  A.  28  inf.)  ed  il  Lezionario  (del  quale  i  PP.  Bene- 
dettini di  Solesmes  ora  hanno  edito  un  indice  o  Capitulare,  —  Aii- 
ctarium  Solesmense,  voi,  I,  p.  198  e  segg.  —  dove  è  a  notare  che  la  loro 
opinione  relativa  all'età  di  questo  codice  non  è  confermata  dal  giu- 
dizio di  competenti  paleografi,  che  lo  assegnano  al  sec.  XI  piuttosto 
che  al  XII,  come  vorrebbero  gli  eruditi  editori).  L'elenco  delle  chiese 
visitate,  che  qui  riproduciamo,  è  tolto  dal  codice  più  antico  (sec.  IX)^ 
e  le  varianti  o  aggiunte,  segnate  fra  parentesi,  sono  quelle  del  Lezio- 
nario del  sec.  XI. 


Incipit  de  LETANIIS  Triduanis.  ' 

Die  primo.  In  die  sccundo. 

In  SCO  Simpliciano  In  sco  Fidele 

In  SCO  Carpophoro  In  sco  Dionisio 

In  sco  Protasio  (in  campo)  Ad  Concilia  Sanctorum  (Ad  scum 
In  sco  Victore  ad  Ulmum  Romanum).  [Nel  libro  Primi- 

In  sco  Victore  ad  Corpus  cerii  Maj  si  dice:   Capellanus 

In  sco  Martino.  S.  Babbile    sive    S.  Romani]. 

In  sco  Angustino   (Ad  scum  Vin-  In  sco  Stephano 

centium)  In  sco  Kalimero 

In  sco  Ambrosio  In  sca  Agathe 

In  sco  Vitale  In  Basilica  Apostolorum 

In  sca  Valeria  In  sco  Alexandro 

In  sco  Nabore  In  sco  Joanne  (ad  Concam) 

In  sco  Victore    ad  Refugium    (ad  In  Ecclesia  Minore    (ad    Missam) 

Theatrum)  [cioè  S.  Tecla]. 

In  Ecclesia  Malore  (Ad  Missam)  j^j  ^-^  tertio. 

In  sca  Eufymia 


?0 


NOTITI  A    CLERI    MEDIOLANENSIS   DE    ANNO    1 398 


Cappella  Sancti  Salvatoris  in  Senadochio     .  L.  7 

Clericatus  supradicte  ecclexie     ......  3 

Capella  Sancti  Simplitiani i 

„              „.      Viti  in  Pasquirolo 8 

„              „       Petri  ad  hortum 9 

„              „       Martini  in  Compedo    ....  8 

„              „       Raphaellis 4 

„              „       Babille 6 

„        supradicte    ecclexie    prò    presbytero 

Jacobo  de  Inarzio 6 

„        supradicte    ecclexie    prò    presbytero 

Paulo  de  Oddonibus 8 

„         supradicte    ecclexie    prò    presbytero 

Martino 8 

„        Sancti  Zenonis  in  Pasquirollo    ...  2 

„              „       Pauli  in  compedo 7 

„         supradicte  ecclexie 7 

„         Sancti  Michaelis  sub  domo  cum  clerico  7 

„              „       Steffani  ad  Terragium     ...  6 

„              »       Primi 2 

„              „       Georgii  ad  puteum  album  .     .  3 

„              „       Martini  de  Grecho 2 

„         Sancte  Marie  de  Turri 12 

„  „  Eufonie  in  porta  horientali.  .  — 
„        sita  prope  sanctum  Babillam  (i)  quam 

tenet  pbr.  Jacobus  de  Inarzio.    .    .  — 

Sancti  Romani — 


S.     12    D. 

7 
8 

IO 

18 

16 

16 

5 


IO 


IO 

— 

IO 

__ 

'4 

14 

— 

8 

— 

IO 

— 

4 

— 

5 

— 

4 

— 

IO 

2 

IO 

2 

:o 

2 

In  S.  Nazari o  (in  Campo),  [ora 
Tempio  di  S.  M.  dei  Miracoli 
presso  S.  Celso] 

In  SCO  Celso 

In  SCO  Eustorgio 

In  SCO  Laurentio 

In  SCO  Xysto 

In  Basilica  Domini  Salvatoris  (Ad 
scum   Vitum).    [Nel  Beroldo, 


p.  98,  leggesi  :  In  eccl.  S.  Sal- 
vatoris quae  modo  S.  Viti  ap- 
pellatur] 

In  sca  Maria  (ad  circulum) 

In  SCO  Quirico 

In  SCO  Georgio 

In  SCO  Sebastiano 

In  sca  Maria  (Bertrade) 

In  Ecclesia  Majore  (ad  Missam). 


(i)  Nello  Sfato  del   1466  si  legge:  "  Eccla....  S.  Romani.  Alia  Ca- 
pella ibidem  „. 


CIRCA    IPSIUS    IMMUNITATEM  3l 

Gufredolus  Menclozìus  alamanus    maior  cum 

alamano  minori  (i) 44      S.     io    D.    — 

Capella  Sancti  Stefìani  sitajuxta  cohopertum 

sancti  Zenonis  porta  horientalis 3  i  — 

Capella  Sancte  Marie  de  la  stella  sita   extra 

portam  Tousam i  —  4 


L.  193      S.      8    D.      6 
21.  Porta  Romana 

Capella  ecclesie  Sancti  Lazari L.  5      S.     12    D.    — 

„         Sancti  Johannis  ad  concham ....  16  i3  — 

Clericatus  supradicte  ecclexie     ......11  2  — 

Capella  Sancti  Satyri i3  8  — 

„         Sancti  Michaelis  ad  murum  ruptum  .6  io  — 

„         Sancte  Eufomie 6  14 

„         supradicte  ecclexie  prò  presbyteroFatio  6  54  — 

„         Sancti  Victoris  ad  portam  Romanam  (2)  6  14  — 
„         et  Clericatus  Sancti  Johannis  ad  Au- 

girollum  (3) 6  —  — 

„         Sancti  Zenonis  ad  Portam  Romanam  7  —  — 

„         Sancte  Marie  Beltradis  ......  12  —  — 

„         supradicte  ecclexie io  io  — 

„         Sancti  Johannis  evangeliste  sita  ut  s.  7  4  — 

„              „      Mathie  in  Moneta 9  18  — 

„  „      Bartholamey    in  curte    de  Me- 

legnano 6  10  — 

„              „     Johannis  ad  fontes  (4)      ...  3  7  — 


(i)  Alamamis  era  l'investito  del  beneficio  fondato  da  Adelmano 
Menclozzi  nella  Chiesa  di  S.  Giorgio  al  Pozzo  Bianco  (an.  956):  Ala- 
manus minor  era  quello  investito  di  un  altro  beneficio  fondato  da  un 
altro  Menclozzi  (v.  Giulini,  o.  c).  In  un  opuscoletto  del  Frane.  Castelli, 
già  citato,  di  questi  beneficiati  si  legge:  "  sunt  saeculares,  sed  non 
possunt  esse  uxorati,  et  habent  ad  pias  causas  diversa  onera,  et  dece- 
dente   majore    minor   succediti  et  sunt  de  domo  Menclotiorum  „. 

(2)  Nello  Stato  del  1466  è  detta  "  ad  Crucetam  „. 

(3)  In  tempi  a  noi  vicini,  il  volgo  chiamava  questa  chiesa:  S.  Gio- 
vanni in  guggiroo. 

{4)  Nello  Stato  del  1466  è  aggiunto  "  destructa  fuit  propter  curiam 
Arengi.  „ 


32  NOTITIA    CLERI    MKDIOLANENSIS    DE    ANNO    I  SqS 

Catella  Sancii  Andree  ad  niurum  ruptum  .  L.  2  S.      4    1). 

„              „     Johannis  Ytolani 4  io 

„        Sancte  Marie  de  Viglentino  ....  4  10 

Clericatus  supradicte  ecclcxie 5  — 

Capella  Sancti  Vicentii  ad  Septaram      ...  7  10 

„         Sancte  Marie    constructa   in  ecclesia 

sancti  Mathie  in  Mota  (?)....  5  9 

„         Sancti  Stefani  ad  Centenayrollum  in 


Rugabella 


L.     i65      S.      9    D.     10 


22.  Porta  Ticinensis 

Capella  Sancti  Petri  in  curte L.  i      S.      2    D.     — 

„         condam  domini  Ardizoni  de  Cernite  .4  10  — 

„         Sancte  Marie  ad  circulum 6  14  — 

„         supradicte  ecclexie       6  14  — 

„         Sancti  Quirici 5  —  — 

„              „       Petri  in  Campo  Laudensi     .    .  3  7  — 
„         supradicte     ecclexie     prò    presbytero 

Jacobo 6  14  — 

„         Sancti  Petri  in  Caminadela     ....  8  7  — 

„              „       Victoris  ad  puteum 3  7  — 

„       Vitti 8  i3  — 

„              „       Sebastiani     ........  7  14  — 

„         supradicte   ecclexie 7  14  — 

„         Sancti  Maurillij  (i) 6  14  — 

„               „       Alexandri  in  pallatio  (s)  .     .     .  7  14  — 

v              „       Systi 2  2  — 

„  „       Godeardi  sita  extra  portam  Ti- 

cinensem 2  —  8 

,,  „       Antonij  sita  in  ecclexia  Sancti 

Alexandri  in  Zebedia    .     .  i  4.  — 


(lì  In  Goffredo  da  Busserò,   si  legge  :    "  De  S.  Maurilio  est  eccla 
ad  quinque  vias  ubi   vadunt   Ordinarii  „. 

(2)  Nello  Sfato  del  1466  è  detta  semplicemente  "  S.  Alexandrini  „. 


CIRCA    .IPSIUS    IMMUNITATEM  33 

Capella  Sancti  Alexandri  in  Zebedia   .     .     .  L.  ii       S.     —    D.     — 

„         supradicte  ecclexie       7  i5  — 

„         Sancti  Michaelis  ad  Cluxiam  ....  7  —  — 

„         supradicte  ecclexie 6  10  — 

„         Sanctorum  Petri  &  Pauli  sita  in  hospi- 

tale  Sancte  Cateline  Mediolani .  .  4  i  — ' 
„         Sancti  Tranquilli  sita  in  ecclesia  Sancti 

Sebastiani  per  iilos  de  Scarpigeris(?)  3  —  — 
„         Sancte   Marie   sita  in  ecclesia   Sancti 

Quinci  (i)  .........     .  2  —  7 

„         Sancti  Ambrosiiin  Solayrolo      ...  6  12  — 

„              „       Firmi  (2) -2  —  — 


L.  339      S.       9    D. 


23.  Porta  Vercelina 

Capella  Sancti  Petri  supra  dorsum  .     .     .     .  L.  5      S.     it) 
Sanctorum  Stefani^  Zenonis  et  Johannis 

in  parochia  Sancte  Marie  Pedonis  i  2 

Sancti  Petri  ad  Linti  (3) 7  5 

de  Cipis 3  6 

Monasterii  novi 3  — 

Sancti  Mathei  ad  banchetam  ....  6  io 

„       Victoris  ad  theatrum    ....  2  4 

supradicte  ecclexie 8  18 

Sancte  Marie  ad  portam 9  i3 

supradicte  ecclexie .10  io 

Sancte  Marie  Pedonis 3  10 

supradicte  ecclexie 3  — 


(i)  Parrocchiale  distrutta  nel  1610  (Puricelli,  Naz„  e.  64)  situata 
vicino  alla  porta  del  soppresso  Monastero  di  S.  Orsola  [Lattuada,  Descr., 
IV-62). 

(2)  Gof.  indica  anche  una  chiesa  di  S.  Materno,  qui  non  registrata: 
"De  S.  Materno  est....  eccla  ad  Carubium  porte  Ticinensis  „. 

(3)  Si  legge  ad  linti  anche  nello  Stato  del  1466,  ma  forse  era  una 
corruzione  invece  di  et  Lini,  come  ancora  si  denomina  la  piccola 
piazza  in  via  Meravigli. 

Arch.  Star.  Lotnb.  —  Anno  XXVII.  —  Fase  XXVII.  3 


34 


NOTITI  A    (.LF.Rl    MKDIOLANLNSIS    DE    ANNO     l3gS 


Capella  rondam  Enrichi  Schachabarozij  in  pa- 

rochia  Sancte  Marie  Pcdonis     .  L.  3      S.    — 

„        Sancti  Nicholay i              — 

Johannis  supra  muriim.    ...  3              — 

Vitalis 3               2 

Laurentii  in  Civitato     ....  6              io 

Vallerie 14             — 

Petri  intus  vineam 5 

Sancte    Marie  Nove.  q.  Jacobi   Scha- 

chabarozii 4              — 

Sancti  Christofori   in   ecclesia   Sancte 

Marie  ad  portam    ....  —              io 
„       Antonii  in   ecclesia   Sancti   Jo- 
hannis supra  murum     .    .  1              — 
dotata  per  illos  de  Castello  in  ecclesia 

Sancti  Petri  intus  vineam      ...  2              — 


D. 


L.  107      S.     i3    D. 


24.  Porta  Cumana 

Capella  Sancti  Zipriani L.      5      S.     —  D.     — 

,;               „       Damiani  in  carobio      .     .     .     .     i3              —  — 

j,              „       Eusebij 6               5  — 

„              „       Silvestri 6            'io  — 

„              „       Laurentii  ad  torrigium  (sic).     .3              i5  — 

V              „       Illarij 3                2  — 

»              „       Dalmatij 8              18  — 

„              „       Michaelis  ad  Gallum     ....     14              i5  — 

„         Sancte  Marie  secrete 12               5  — 

„         Sancti  Marcelini 4               5  — 

„              „       lohannis  ad  quatuor  fati  e  s   .     .      6              —  — 

„              „       Karpofori 7             —  — 

„         supradicte  ecclexie 7                6  — 

„         Sancti  Protaxii  in  Campo 3                6  — 

„         supradicte  ecclexie   (i)      ......      3                6  — 

(i)  Nello  Sfato  del  1466  si  legge  :  "  S.  Protasii  in  campo,  intus  : 
S,  Protasii  in  campo,  extra,,.  Secondo  l'indicazione  di  L.  Beltrami, 
questa  chiesa  fu  distrutta  per  la  edificazione  del  Castello  sforzesco". 


CIRCA    IPSIUS    IMMUNITATEM  35 

Capella  Sancti  Prosperi L.      2      S.     11     D.     — 

,,  „       Nazarij  ad  Petram  Sanctam      .4  9  — 

„         supradicte  ecclexie -4  9  — 

„  „  „         prò  presbytero  Li- 

bertino de  Lan- 

driano  ....      4  9  — 

„         dotata  in  ecclesia  Sancti   Eusebij   per 

illos  de  S(£'r)azonibus  (?)....     —  12  2 

„         Sancti  Martini  sita  in  ecclesia   Sancti 
Symplitiani  dotata  per  illos  de  Sy- 

cheriis i  —  4 

„         Sancti  Blaxii   sita  in   ecclesia  Sancti 

Marcelini  . i  —  4 

„  „       Thome  in  cruce  sich.  (?)      ,    .      7  16  — 

„         supradicte  ecclexie  (i) 7  16 

„         Sancte  Cateline  in  ecclesia  Sancti  Sim- 

plitiani 2  —  S 

„  .  „       Fidis  in  ecclesia  supradicta      .4  ^  ^ 

„         Sancti  Girardi  ut  supra 9  —  8 

„  „       Blaxij  de  Salvano  (2)    ....      9  —  8 

„         Sanctorum    Georgi]    et   Nycholay    de 

Dergano 2  —  8 

„         Sancti  Johannis  in  ecclesia  Sancti  Sim- 

plitiani 2  —  8 

„  „       Michaellis .       i  —  4 

L.   169      S.       I       D.    2 
25.  Porta  Nova 


Capella  Sancti  Jacobi  in  burgo L.      4      S.     io    D. 

„  „       Domini  (sic)  ad  Maziam   ...      6  8 

Petri  ad  Cornaredum  .     .     .    .      ^  2 


I ,_.,_„„., 

B^fduos  parochianos  sacerdotes  „. 

I^^  (2)  Nello  Sfato  del  1466  si  legge:  «  Sci  Blasii  de  Solvano  de  Der- 

gano „. 


36 


NOTITIA    CLERI    MKDIOLANENSIS   DE    ANNO     1 30)8 


Capclla  Sancii  Andrea  ad  pusterlam  novam  .  L.  1 1 

„             „       Fidelis 3 

„        supradicte  ecclexic 3 

„         Sancti  Martini  ad  noxigiam    ....  7 
„              „       Victoris  ad   Quadraginta   Mar- 

tyres 11 

„              „       Benedicti 5 

„              „       Stefìani  ad  noxigiam     ....  7 
„        Sanctorum  Cateline  et  Nicholay  in  ec- 
clesia Sancti  Petri  ad  Cornaredum  3 
„         Sancte  Cateline  sita  in  ecclesia  Sancti 
Protaxii  ad  Monachos,  quam  tenet 
hospitale  Sancte  Cateline  ....  i 


i5 
18 
16 
i6 


i5 


D. 


L.     69      S.      5    D.     IO 


26.  Canonica  S.  Johannis  de  Modoetia  cum  Capellanis  et  Clericis  eie. 


D.  Stefanus  de  pusterla  archipresbyter    .     .  L.  21 

D.  Franciscus  de  Medicis  de  Sereni o   ....  20 

D.  Jacobus  de  Zanatonibus  (?)  de  Veliate     .     .  28 

D.  Christoforus  de  Arixiis 16 

D.  Robertus  de  PYonzula  (?) 17 

D.  Guglielmus  de  Arsago 8 

D.  pbr.  Paulus  de  Brena 17 

D.  Magister  Symon  de  Casteliono 14 

D.  Paganinus  Mondella 12 

D.  Jacobus  de  Blancis  de  Veliate 9 

D.  Bellinus  de  Lampuguano 7 

D.  Bertinus  (?)  de  Medda i3 

D.  Augustinus  de  Coldirarijs .  4 

D.  Branda  de  Casteliono 3 

D.  Ambrosius  de  Crivellis 7 

D.  Bartholomeus  Ferrarius 6 

D.  Franciscus  de  Biffis -14 

D.  Paulus  de  Fayno 8 

D.  Andrietus  de  Carpanis 5 


S. 


7  i 

).  — 

6 

8 

3 

8 

IO 

6 

IO 

IO 

i3 

— 

IO 

IO 

16 

— 

9 

— 

16 

— 

12 

— 

4 

— 

8 

IO 

6 

— 

12 

— 

12 

— 

8 

— 

H 

— 

8 

— 

CIRCA    IPSIUS    IMMUNITATEM  Z'J 


D.  Bartolomeus  de  Schachabaroziis      .     .     .  L.  i6      S.     12    D.     — 
D.  pbr.  Stefanus  de  Vegiis  eius  loco   D.  F'ran- 

ciscus  de  la  Cruce 4  2  — 

D.  pbr.  Nicholaus  de  Cominis  . 7  14  — 

D.  Johannes  de  Bonis 7  io  — 

D.  Mayfredolus  Gambaloyta 7  io  — 

D.  Johannes  de  Crivellis 11  8  — 

D.  Johannes  de  Novellina     ........  7  12  — 

D.  Georgius  de  Crivellis 6  11  — 

D.  Paganinus  de  Bizozéro 9  4  — 

D.  Ambrosius  de  Blanchis  de  Veliate  ....  9  4  — 

D.  Antonius  de  Blanchis  de  Veliate     ....  4  8  — 

D.  Antonius  de  Valle 4.  8  — 

D.  Christoforus  de  Blanchis  de  Veliate    ...  3  6  — 


L.  334      S.     17      D.    4 
27.  Capellani  Curie  de  Modoetia  (i) 

Capella   de   poronzonibus   in   ecclesia   de   Mo- 
doetia   L.      2      S.     10      D.     4 


(1)  Per  le  illustrazioni  di  questo  titolo  giova  sapere  che  nell'Evan- 
gelistario  monzese,  del  sec.  XI,  secondo  il  Frisi,  Memorie  di  Monza,  ecc.  : 
(III,  65)  havvi  laseg.  memoria  delle  Chiese  stazionali  visitate  dal  Clero 
di  Monza  nelle  Rogazioni:  "  Ordo  litaniarum  Ecclesie  Modoetiensis. 
Prima  die  Statio  ad  S.  Agatham,  ad  S.  Fidelem,  ad  S.  Georgium. 
—  Die  secunda  ad  S.  Mauritium.  ad  S.  Donatum.  ad  S,  Victorem.  ad 
S.  Salvatorem.  —  Die  III.  ad  S.  Petrum.  ad  S.  Laurentium.  ad  S.  Mar- 
tinum.  ad  S.  Blaxium.  ad  S.  Michaelem.  item  ad  S.  Laurentium  „.  Di 
queste  chiese  alcune  erano  appartenenti  a  Monasteri  (v.  più  sotto). 
Cfr.  anche  l'altro  indice  delle  stazionali,  presso  il  Frisi  (III,  201),  il 
quale  dà  anche  una  carta  del  1278,  dalla  quale  si  rileva  che  erano 
alla  dipendenza  del  Capitolo  di  Monza  le  segg: 

Cappella  S.  Michaelis  de  Modoetia      Ecclesia  S.  Alexandri  ad  buschum 

Ecclesia  S.  Fidelis  de  Modoetia  „  „    Carpophori  de  CoUia- 

Mauritii  de   Modoetia  te  (Pieve  di  Seveso) 

Donati  de  Modoetia  „  „    Georgii  deColliate(id.) 

Laurentii  de  Modoetia  „  „    Alexandri  de  Sesto 

Martini  de  Modoetia  „  „    Michaelis  de  Sexto 

Eugenii  de  Concorezo  „  „    Juliani  ad  Colloniam 

(Pieve di  Vimercate)  „  seu  Capella  S.  Victorisde.... 


NOTITIA    CLERI    MEDIOLANENSIS    DE    ANNO      i3q8 


Capella  S.  Marie  de  Veliate L.  2      S.     i6 

„   Carpofori 7  4 

„          „    Assandri  (sic)  ad  buschum      ...  4  9 

„         „    Agate  in  Modoetia —  11 

„          „    Mauritij  in  Modoetia 1  2 

„          „    Mauritij  in  ecclesia  Modoetie     .    .  2  4 
„        supradicte    ecclexie    per  Ant.   de   Li- 

prandis 2  4 

„        supradicte  ecclexie à  7 

„         S.  Micliaelis  in  Modoetia i  2 

„          „    Donati  prope  torratiam 2  4 

„          „    Georgij  apud  vellum  (sic)   ...     .  5  10 

„          „    Fidelis  in  Modoetia 5  io 

„          „    Laurentii  in  curia  de  Modoetia      .  3  7 

„          „    Luzie  in  ecclesia  S.  Johannis      .     .  7  16 

„          „    Martini    .    .    .  ^ i  2 

„          „  Johannis  evangeliste 6  14 

„          „    Alexandri  de  Sexto  Johanne  .    .     .  2.  4 

„          „    Michaelis  de  Sexto  Johanne  ...  2  4 
„         supradicte    ecclesie  quam  tenet  Stefa- 

nus  de  Garbagnate 2  4 

Custodes  S.  Johannis  de  Modoetia 4  9 

Decimaria  quam  tenebat  Otorollus  de  Zunis  (?)  i  2 
Capella  dotata  per  d.  Johannem  de  Vicecomit- 

tibus 3  I 

„            „          „      „    Galeaz  Vicecomitem       .  3  i 


D. 


5j 

3! 

5' 
9J 

9 
2 

5 

9 
10 

IO' 

2 

7; 

5' 
3 

9j 
9i 

9] 
5 


L.    77      S.      7    D,     II 


Monasterium  de  Cremella  (Pieve 

di  Missaglia) 
Ecclesia  S.  Sisinii  de  Cremella 
„  „    Johannis  de  biolziago 

(Bulciago   Pieve   di 
Missaglia) 
Capella  S.   Victoris  de   Modoetia 
Ecclesia    S.    Georgii    de   Calpuno 
(Pieve  di  Missaglia) 


Ecclesia  S.  Joannis  de  Castro  Mar- 
tire(Pieve  di  Incino) 
„         seu  Capella  S.  Mariae  de 
Porenzonis 
Capella  S.  Agathe  de  Modoetia 
„  „    Mauri  ti  i  de  Catiis   de 

Cixinusculo  asina- 
rio  (Pieve  di  Gor- 
gonzola). 


Neil'  Indice  di  Gof.  leggesi  :  "  Archipresbyter  Modoetiae  sine  exem- 
ptis  habet  ecclesias  38  anno  aitar.  60  „  (simile  forma  è  usata  per  tutte 
le  pievi). 


CIRCA    IPSIUS    IMMUNITATEM  -^9 


28.  Canonica  S.  Juliiani  ad  Cologniam  Curie  terre  Modoetie 

D.  Stefanus  de  Naxiis L.  7      S. 

Angelinus  de  Magatis 7 

Andreas  de  Cysate 3 

Ambrosius  de  Conchorizio 5 

Capella  S.  Marie  de  Vimodrono  dotata  de  bonis 

Moreschi  de  puteo  bonello 2 


16    ■ 

D.  7 

16 

i 

9 

6 

II 

IO 

L.  27      S.      5      D.    2 

29.  Fratres  et  humiliate  Curie  IVIodoetie 

Fratres  S.   Agate   de   Modoetia   ordinis    humi- 

liatorum L.  67       S.       2     D.     — 

„        „     Bartholomei  de  Modoetia   cum   do- 
mo fratrum  de  medio  vico    .     .  67                2            — 
„.       „     Michaelis  de   Modoetia   cum   domo 

fratrum  de  Lixono 118 

„      de  Cavanago  (i) .55 

„      de  Ripalta 67 

Domus  dominarum  de  but.°  (?)  bachete   ...  8 

,,.                  ,,             de  Leucho 5 

„        domine  Beatricis  de  Lambro     ....  9 

Domine  humiliate  caputie io 

„                „           de  Bernadigio  de  Modoetia  6 

„                „           de  Blassono        „          „  i 

Hospitale  S.  Girardi  de  Modoetia 83 

Monialles  Monasteri]  de  Crimella 8 

Monasterium  de  Sexto  Johanne 11 

Domine  humiliatae  de  Sexto  Johanne .     ...  2 

Monasterium  de  Ingnio  (sic)  (2) 2 


18 

— 

17 

10 

2 

— 

2 

8 

I 

8 

3 

— 

3 

4 

7 

J 

i5 

II 

17 

— 

19 

6 

3 

8 

4 

IO 

4 

IO 

L.  525      S.       I      D. 


(i)  Prepositura  di  S.  Andrea  di  Cavenago  in  Monza.  Frisi,  li,  178 
e  seg. 

(2)  Leggasi  Ingino,  che  era  una  parte  del  territorio  monzese,  detta 
anche  Incinum  e  Anglinum  dove  trovavasi  il  Monasterium  S.  Mariac 
sub  tur  vis  (Frisi,  III,  278). 


^O  NOTITIA    (  I.I.in    Mi:i)IOr.ANKNSlS    DE    ANNO     ìl^qH 


30.  Canonica  de  Corbeta  cum  Capellanis  et  domibus  (i) 

D.  Enrichus  de  Burris  praepositus  .     .     .     .  L.  7      S. 

Item  prò  Canonicatu 7 

D.  Christoforus  de  Medicis 7 

D.  pbr.  Johannes  de  oddonibiis 7 

D.  Gabriel  de  Bellonibus      . 7 

D.  Johannes  de  Casteliono 7 

Georgius  Galdinus 7 

Johannes  de  Lampugnano 7 

Zanalla  de  Dexio 7 

Petrus  trechus 7 

Mafiollus  de  Schanzijs 7 

Albertinus  de  Castiliono 7 

D.  Gulielmus  de  Pusterla 6 

Franciscus  de  Gallaziis 6 

Capella  S.  Marie  Magdalene  sita   in   dieta   ec- 
clesia       I              i3 


16  D 

•   7 

16 

7 

16 

7 

16 

7 

36 

7 

17 

7 

17 

7 

16 

7 

16 

7 

16 

7 

16 

7 

16 

7 

14 

3 

14 

3 

L.  109      S.     i3    D. 


Capellani  de  Corbeta 

Capella  S.  Martini  de  Manzeta  (sic)  (2)    .     .  L.  6      S. 

„        supradicte  ecclexie 7 

„        S.  Marie  de  Vitudono 8 

„        „    Petri  de  Habiate  Grasso     ....  7 

„        supradicte  ecclexie 8 

„        S.  Andree  de  Casterno 11 

„        „     Marie  de  Bestazio  .......  i 

„         ,,     Marie  de  Manzeta 3 


(i)  Secondo  l'Indice  di  Gof.,  nella  pieve  di  Corbetta  eranvi    "  sine 
canonicis  „  68  chiese  e  86  altari  (v.  più  sotto  le  Domus  plebis  Corbeté). 
(2)  Leggasi  Magenta. 


IO    ] 

3.  6 

4 

3 

19 

— 

16 

7 

5 

9 

3 

8 

2 

5 

5 

I 

CIRCA    IPSIUS    IMMUNITATEM  4I 

Capella  S.  Romeni  (?)  de  Sydriano      .    .     .  L.  7 

„         „     Marie  de  Albayrate  seu  de  Bodio.  6 

„         „    Georgii  ut  supra 9 

„        supradicte  ecclexie  prò  pbro  Beltr.      .  7 

„        S.  Johannis  de  Albayrate 4 

„         „    Marie  de  Carpenzago 2 

„         „   Johannis  de  Cisliano    .     .     .     .     .  7 

„         „    Viti  ad  Bestazium 4 

„         „    Francisci  de  Robecho 2 

„         „    Nazari j  de  Baradigio  (i)       ....  8 

„         „    Nazarij  de  Marchallo 5 

Clericatns  supradicte  ecclexie 2 

Capella  S.  Christophori  de  Ossona 6 

„    Marie  de  Mesero 8 

„    Ambrosij  de  Habiate 4 

dotata  per  Johannem  de  Burris  in  ec- 
clesia de  Corbeta —              17 


»> 


16      D.     7 

12 

2 

9 

2 

4 

9 

9 

6 

i3 

II 

4 

5 

5 

5 

4 

I 

19 

— 

12 

— 

7 

2 

i3 

3 

19 

— 

4 

5 

L.  143      S.     i5    D.    — 


Domus  plebis  Cprbete 

Monasterium  de  Habiate  Grasso L.  188  S.     12  D.     — 

Hospitale  S.  Marie  de  la  Roveda 18  7  — 

Canonica  S.  Petri  ad  Ulmum 190  2  8 

Ecclesia  S.  Marie  Celestinorum  de  Manzeta    .    20  17  — 


L.  417  S.     17    D.  8 

31.  Canonica  de  Treno  cum  Capeilanis  (2) 

D.  Praepositus  diete  Canonice .     .     .     .     .     .  L.     10  S.      —     D.  4 

D.  Stefanus  de  la  Cruce   .     .     .     .- 7             16  7 

Pbr.  Andriollus  de  Bassano 3                7  2 


21       S.      4    D. 


(i)  In  una  carta  del  1148  presso  Giulini  (V,  480)  questo  paese 
(Bareggio)  è  detto  anche  Baradeglo. 

(2)  L' Indice  di  Gof.  dà  nella  pieve  di  Trenno,  sine  exemptiSy  chiese 
20,  altari  26. 


4» 


NOTiTiA  ìaa:\<i  mi:diolani:nsis  de  anno   l'iyS 


<;<n.llnni  supradicte  plebis 

Capclla  S.  Materni  de  Pigino  cum   capella   de 

Quinto 4  S.      9  D.     7 

„        „    Petri  de  Arexio 5  n  io 

„        „    Desideri]  de  Pantanedo 3  19  4 


L.     14      S. 


D. 


32.  Canonica  de  Cisano  cum  Capellanìs  (i) 

D.  Praepositus  diete  Canonico L 

D.  Christoforus  de  Arisiis 

Belt.  de  Cyxate 

Pbr.  Andrietus  Carpanus 

Aluyxius  de  Fossato 

Pbr.  Petrus  de  Forsano 

Ambrosius  de  Laude 


6 

S. 

2 

D.  — 

0 
2 

18 

4 

2 

18 

— 

3 

18 

4 

2 

i5 

2 

2 

i5 

2 

s. 


Capellani  supradicte  plebis. 

Capella  S.  Marie  de  Baziana  unita  cum  capella 

S.  Yllarii  de  Baziana. L.  3 

Capella  Ss.  Protaxij    et   Gervaxij    de   Romano 

cum  Capella  de  Granzino 5 

Capella  S.  Sebastiani  de  Vigangollo  (sic)     .     .  2 

„         S.  Petri  de  Corsicho     .' 2 

„         S.  Malgarite  de  Septimo 4 

„         S.  Ambrosii  de  Trezano 4 

„         S.  Petri  de  Verderio 3 


S.     18      D. 


I 

IO 

— 

8 

~ 

8 

7 

6 

9 

6 

7 

2 

(i)  La  pieve  di  Girano,  secondo  Vindice  di  Gof.^  contava  34  chiese 
e  40  altari,  senza  tener  conto  delle  chiese  esenti. 


CIRCA    IPSIUS    IMMUNITATEM  4> 

S.  Martini  de  Garbagniate   .     .     .     .  L.  4  S.      9  D.     6 

de  Badagio 10  1  4 

S.  Marie  de  Garegnano —  11  8 

de  Axago 7  14  7 

de  Tersago  exempta  a  plebe    ....  3  7  2 


L.    5i       S.     19    D.     II 


33.  Canonica  de  Aplano  cum  Capelianis  (i) 

D.  Parrus  (?)  de  via  lenate  (?)  prepositus    .  L.  7      S.     12      D.    6 

Pbr.  Symon  de  Maynerijs 4  3  6 

Nichorolus  de  Tersago 3  16  — 

Pbr.  Johannes  de  Carnixio 2  7  — 

D.  Mafiolus  de  Carcano 3  7  6 

Pbr.  Ambrosius  de  Carcano 3  16  — 

Martinus  (?)  de  Blanchis 3  7  — 

D.  Johannes  de  Salutiis 4  4  6 

Pbr.  Petrus  de  Carchano 4  3  6 

Galdinolus  de  Mayneriis 3  16  — 

Filipolus  de  Nasis ....4  3  ó 

Gasparolus  Paganus —  11  3 

Pbr.  Jacobus  Sponzonus  (sic) —  11  3 

Pbr.  Antonius  de  Casteliono —  11  3 

Pbr.  Antonius  de  Daverio —  11  3 

Pbr.  lacobus  de  Casgnago —  11  2 

Pbr.  Belt.  de  Bucinigo —  11  2 

Donatus  filius  Bartholi  de  Carchano     ....  —  11  2 

Pbr.  Franciscus  de  Carchano —  11  2 

Eusebius  de  Panzeriis —  11  2 

Godeardus  de  Horrigonibus —  11  2 

Johannollus  dictus  Pagierius  (?) —  11  2 


L.     5o      S.     19      D. 


(i)  Nella  pieve  di  Appiano  V  Indice  di  Gof.,  senza  tener  conto  degli 
esenti,  pone  chiese  44,  altari  56. 


44 


NOTITI  A    CLERI    MElJlOLANENSIS    DK    ANNO    I  BpS 


Capellani  supradicte  plebis 


Capella  de  Rodello L.  1 1 

de  Mòzate 6 

„        S.  Salvatoris  de  Oltrona 2 

„        S.  Johannis  de  Carbonate — 

„        de  Cirimeri  (?) 3 

„         S.  Habundij  de  Limidi 5 

„        S.  Vitti  de  Lomazio 7 

„         supradicte  ecclexie 7 

„         S.  Marie  de  Vetegnano 1 

„         S.  Agate  de  Bulgari 3 

„         S.  Martini  de  Casterno 2 

„        S.  Romerii  (sic)  de  Filiario      ....  3 

„        S.  Marie  de  Fenegrohe 4 

„         S.  Marie  de  Carbonate i 

„        S.  Petri  de  Turate 12 

„        S.  Georgij  de  Lurate i 

„         S.  Georgij  de  Lurago 5 

„        S.  Quirici  de  Fenegrohe  exempta  a  plebe  5 

„        S.  Marie  de  Vogonzate    ......  12 

„         Ss.  Victoris  et  Quirici  de  Locate     .     .  i 

„        S.  Laurentij  de  Vogonzate 2 

„         S.  Marie  de  Bulgari — 

„        S.  Marie  de  Lurate 3 

„         S.  Martini  de  Lurate  Abbatis  exempta 

a  plebe 4 

„         S.  Laurentij  de  Lomatio  constructa  per 

condam  Clericum  de  Lomatio  ...  3 
„         S.  Marie  de  Turate  constructa  per  con- 
dam Azum  (?)  de  Caymis      ....  3 
„         dotata  per  Castellolum  de   Caymis  de 

Bonis 2 

„         S.  Jacobi  sita  in  ecclesia  de  Fenegrohe 

dotata  per  d.  Tamolum  de  Clericis.  3 

„         dotata  per  d.  Gabriollum  de  Caymis   .  3 


0 

D.  8 

H 

2 

4 

9 

11 

2 

7 

I 

II 

IO 

16 

7 

16 

7 

2 

4 

18 

0 
0 

4 

8 

7 

7 

9 

5 

2 

4 

6 

— 

2 

4 

IT 

IO 

li 

IO 

4 

— 

2 

4 

i5 

IO 

II 

2 

7 

I 

CIRCA    IPSIUS    IMMUNITATEM  40 

Capella  S.  Mauritii  de  Turate .  2  S,  "    4  D.     9 

„         S.  Marie  de  Binago 4  9  6 

„         S.  Agate  de  Binago  ........  x  i3  6 

„         dotata    de    Bonis    domini    Protaxij    de 

Caymis 2  —  8 


L.  i35      S.      5      D. 


Humiliate  supradicte  plebis 

Fratres  de  Aplano  ordinis  humiliatorum      .  L.  47  S.     —  D.  — 

Domus  S.  Eufonie  de  Cirimidri  (?) 2  4  9 

L.  49  S.      4  D.     9 

}4.  Canonica  de  Nerviano  cum  Capellanis  (x)^ 

D.  Matheus  de  Borsano  prepositus       .     .     .  L.  17  S.      5  D.       «S 

D.  Franciscus  de  Castiliono 9  3  — 

Loduouichus  (sic)  de  Trincheriis 4  11  io 

D,  Matheus  de  Comitibus .7  i  — 

Loco  D.  Francisci  de  Maynerijs   ......  io  —  4 

„      Ambrosij  de  Gluxiano 7  —  — 

„      Antonìj  de  Caymis 7  —  — 

L.  62  S.       I  D.     10 

Capelle  supradicte  plebis 

Capella  S.  Marie  de  Carono L,  10  S.      i  D.      4 

„        Ss.  Nazarij  et  Angelli  de  Cornaredo   .10  i  4 

„        S.  Petri  de  Serono 17  iS  — 

„        „    Georgij  de  Nerviano 2  7  2 

„         „    Cassiani  de  Venzago 7  16  7 


(i)  Per  Nerviano  Y  Indice  di  Gof.  dà  chiese  3o^  altari  38:  in  questa 
pieve,  -secondo  l' Indice  sudd.,  non  vi  erano  esenti  dalla  giurisdizione 
plebana. 


^6  NOTITIA    CLERI    NEDIOLANENSIS    DE    ANNO    I  SpS 


Capclla  S.  Georgii  de  Udrugio L.  6 

„    Marie  de  Cornaredo 9 

„    Petri  de  Ladenate 6 

„         „    Pctri  de  Polliano j  j 

„        „    Petri  de  Pregnana 4 

„         „    Quirici  de  Polliano 11 

„         „   Johannis  Baptiste  de  Nerviano   .     .  3 
„        „    Marie    Collorine    teritorii    de    Ner- 
viano    2 


4       ] 

0.    3 

0 

2 

3 

1 

3 

6 

9 

8 

7 

8 

7 

2 

12    D. 


Domus  supradicte  plebis 

Monasterium  de  Carrono L.    35      S.     16    D. 

Fratres  de  Serono  cum  duabus  suis  (?)...      4  9 


L.    40       S.      5    D.      6 


35.  Canonica  de  Parabiago  cum  Capellanis  (2) 

D.  Antonius  de  Crivellis  prepositus     ,     .    .  L.  i5 

lohannollus  de  Crivellis 7 

Marcholus  Mondella 5 

Pbr.  Ambrosius  de  Sellanova 6 

Filipinus  de  Cacatosicis 6 

Johanninus  de  Lampugnano 7 


II     D 

'.       2 

2 

4 

— 

8 

14 

3 

14 

3 

2 

7 

L.    48      S.      5    D. 


(2)  Nella  pieve  di  Parabiago  l' Indice  di  Gof.  indica,  sine  exemptis^ 
chiese  2.6,  altari  39, 


CIRCA    IPSIUS    IMMUNITATEM  47 


Capellani  de  Parabiago 

Capella  de  Canegrate L.  i3 

„         „     Uboldono 4 

„         „    Arluno 5 

„        „    Casoretio 5 

„        S.  Bartholomei  exempta  a  plebe      .     .  2 


7 

D. 

5 

9 

6 

II 

IO 

II 

IO 

4 

9 

L.     3i       S.      6    D. 


36.  Canonica  de  Raude  cum  Capellanis 

Capella  de  Raude L.  3      S.       7    D.      2 

„         „    Passana  (sic)  (1) i              i3              7 

„         „    Pasquirollo i5              —            — 

Capellani 

D.  Prepositus  diete  Canonice 19 

D.  Johannes  dictus  Barhuchus  (sic)       ....  8 

Pbr.  Raynerius  de  Carcano 8 

Antonius  de  Oxnago 8 


16 

— 

10 

IO 

IO 

10 

IO 

10 

L.  45       S.      8    D. 
37.  Canonica  de  Gerpnzano 

D.  Prepositus  diete  Canonice L,  i3 

D.  Thomas  de  Vicecomittibus 6 

Pbr.  Comellus  (sic)  Beliate 5 

GasparoUus  Caymus 5 

Petrus  Morexinus 5 

D.  Branda  de  Castiliono 5 

Custos  diete  ecclexie — 


8 

D. 

5 

3 

10 

IO 

IO 

IO 

3 

L.     43      S.       I     D. 
(1)  Leggasi  "  Passerana  „  :  oggidì  dicesi  Passirana. 


48 


NOTITIA    CLERI    MEDIOtANENSIS    DK    ANNO    1 3r,8 


Capellani  suprascripte  plebis 

Capella  S.  Petri  de  Gerenzano L.      2      S.      4    D.      9 

„         S.  Cateline  ut  supra 2  i3  6 


38.  Canonica  de  Dayrago  cum  Capeilanìs  (i) 

D.  Stefanus  de  la  Cruce  prepositus      .     .     .  L.  4 

Item  prò  Canonicatu 8 

D.  Christoforus  de  Medicis 8 

D.  Pbr.  Petrus  de  Forsano 5 

D.  pbr.  Antonius  de  Biffignani.s 5 

Petrollus  Sallinbene  (sic) 6 

Augustinus  de  Colderariis 4 


S.     18    D. 


39 

19 

— 

li 

IO 

II 

IO 

3 

3 

9 

6 

L.    43      S.     16    D. 


Capellani  plebis  Dayragi 

Capella  S.  Salvatorìs  de  Busti  Carulfi      .     .  L.  io 

„         S.  Martini  de  Inveruno io 

„        de  Cuzono 5 

„         „    Casteleto 3 

„         „    Padregnano      3 

„         „    de  Turbigo i 

„        S.  Michaelis  de  Magnago io 

„         S.  Petri  de  Borsano 6 

„        de  Casteno 7 

„         suprascripte  ecclesie 6 

„        de  Archonate 2 

„  -      „    de  Bristicana  (?) 2 


I  D 

•   4 

I 

4 

II 

10 

7 

2 

7 

2 

2 

5 

3 

4 

14 

3 

i5 

7 

12  D.   2 

IO 

IO 

IO 

IO 

(i)  NeW  Indice  dì  Gof,  Dairago,  swe  exemptis,  ha  chiese  46,  altari  57. 


CIRCA    IPSIUS    IMMUNITATExM  49 


Capella  S.  Bartholomei  de  Busti  Carulfì.     .  L.  i  S.      2    D.  5 

„         S.  Mauritii  de  Cuzono i  2  5 

„         S.  Marie  de  Archonate 3  7  2 

„  S.  Marie  de  Borsano  .......  3  7  2 

„         S.  Johannis  de  Casteno i  i3  7 

„         S.  Marie  de  Casteno 2  i3  (?)  8 

„  S.  Thadei  de  S.  AntonioUo  constructa 

per  q.  D.  Villanum   Crivellum  424 

„        de  Tornavento i  5  7 


L.     86      S.     19    D. 


Domus  suprascripte  plebis 

Fratre  hospitalis  S.  Romeni  Busti  Carulfi  .     .      5      S.     11     D.     io 
Ministra  domus  honestarum  de  Dayrago      .     .       i  i3  7 

Domus  humiliatorum   de   Cornaredo   de   Busti 

carulfi  cum  domo  humiliatarum  de  Inveruno 

et  cum  domo  fratris  Bonzii  suprascripti  Burgi     48 
Ministra  domus  nove  de  Casteno     .     .     . 

„  „        S.  Fidelis  de  Lonate  in  burgo 

de  Casteno     .... 
Magister  hospitalis  humiliatorum  S.  Marie   de 

Casteno       

Prelatus  fratrum  humiliatorum   de   Archonate 

L.     5i       S.     16    D. 


39.  Canonica  de  Gallarate  cum  Capellanis  (i) 

D.  Prepositus  diete  ecclexie L.  14  S.       4  D.      8 

Johannes  Marrus 4  i  4 

Jacobus  Marrus 4  i  4 

Antonius  Baronus 4  i  4 


(1)  La  pieve  di  Gallarate,  sine  exemptis,  seco  ndo  T  Indice  di  Gof.  aveva 
chiese  87,  altari  47. 

Ardi.    Star.  Lcmb.  —  Anno  XXVIl.  -  Fase.  XXVll.  4 


45 

i5 

— 

— 

i5 

3 

I 

i3 

7 

2 

i5 

II 

I 

— 

4 

5o 


NOTITIA    CM-Ul    MlCDIOLANENbli    DL    ANNO     ì5c)S 


Franciscus  de  Bossi js I-  4      S. 

Pbr.  Guglielmus  de  Rubeis 4 

Pbr.  Johannes  Cagnolla 4 

Pbr.  Antonius  de  Solbiate 4 

Jacobinus  Cagnolla 4 

Pbr.  Johannes  de  Arsago 4 

Pbr.  Guglielmus  de  Rosonatis 4 

Guidetus  de  Bossijs 3              17 

Gabriel  de  Marzagoris —              i3 

Thomas  de  Baronibus —              i3 

Antonius  de  Lampugnano —              i3 

Raynerius  Cagnolla —              i3 

Laurenzollus  Ferrarius —              i3 

Balsarinus  de  Solbiate —              i3 

L.  62      S.     14    D.     IO 


Capellani  de  Gallarate 

Capella  seu  altare    S.    Petri    martyris    de  Gal- 
larate     L.  — 

„  „         „   ■    „  Ambrosij  situm  in  ecclesia 

de  Gallarate — 

„        S.  Petri  Apostoli  sita  in  burgo  de  Gal- 
larate   3 

„         S.  Antoni]  in  dicto  burgo i 

„         S.  Jacob!  de  Mierago  (sic) — 

„         S.  Ambrosij  de  Lonate  pozoldo  (sic)  .  3 

„         suprascripte  ecclexie 3 

„         S,  Johannis  de  Lonate  pozoldo  ...  2 

„         S.  Martini  de  Ferno 2 

„         S.  Salvatoris  de  Samarate 4 

„         S.  Anastaxij  de  Cardano 6 

„         S.  Johannis  in  suprascripta  ecclesia  .  i 

„         S.  Nazarij  de  Amate i 

„         S.  Georgij  de  Cedrate i 

„         S.  Marie  de  Cassano  Magno  (sic)    .     .  7 

„         S.  Jullij  ut  supra 3 


IO     D. 


17 


16 

2 

— 

4 

18 

II 

18 

II 

18 

II 

i3 

3 

i5 

7 

3 

3 

i5 

7 

2 

5 

2 

5 

16 

7 

7 

2 

CIRCA    IPSIUS    IMMUNITATEM  5l 


Capella  S.  Ambrosij  de  Bolladello     .     .     .     .  L.  6 

„         S.  Marie  de  Peveranzio i 

„         S.  Mauritiì  de  Solbiate 3 

„         S.  Alexandri  de  Albizate 2 

„         S.  Georgij  de  Mierago  (sic) 3 

„         S.  Martini  de  Bexnate 2 

„         S.  Eusebij  de  Cayllo 2 

„         S.  Stefani  de  Ogyona  (sic) 3 

„         S.  Marie  de  Ogyona 2 

„         S.  Zenonis  de  Crena 1 

„         de  la  Cavayra i 

„         S.  Johannis  de  Orago i 

„         S.  Marie  in  Valle  de  Arno  dotata  per 

Johannem  de  Giringelis       ...  2 

„         S  Nichelai  de  Cedrate — 

„        Sancte  (sic)  sita  in  ecclesia  S.  Nazarij 
de  Lonate  dotata  per  D.  Bellinum 

de  S.  Antoniollo  (i) 4 


14    D.      3 

i5 

7 

7 

2 

4 

IO 

7 

2 

4 

IO 

IO 

2 

18 

4 

— 

8 

2 

5 

2 

5 

i3 

7 

— 

8 

II 

3 

L.    84       S. 


40.  Canonica  de  Crena 

Pbr.  Antonius  de  Purixellis L.  i       S.       7     D.     — 

Antonius  de  Blanchis -     .     .  i  7  — 

Antonius  de  Blanchis  (sic) i  7  — 

Johannes  de  Roxonado 1  7  — 

Antonius  de  Cuticis ,.,..  i  7  — 

Pbr.  Antonius  de  Solbiate    . i  7  — 


8      S.       2    D.     — 


(i)  Al  n.  41  sono  indicate  le  case   religiose    della   Pieve   di    Gal- 
larate. 


Sa 


NOTITIA    CLERI    MEDIOLANKNSIS    DE    ANNO    1 398 


41.  Domus  Plebis  de  Gallarafe 

Ministra  domusS.  Marie  de  LonatePozoldo(sic)L.  6      S.      2    D.    — 

„                „       domine  Andriolle  de  S.  Augu- 
stine   2 

„  „       domini  Pagani  Plantanide      .  4 

„  D.  Alegranzine  sive  Fratris  Aycardi  4 

„  domus  D.  Firme  (?) 5 

„  de  Carchano  sive  Syre  (?)      ....  4 

„  domus  veteris  de  Lonate 4 

„  S.  Agate  sive  pbri  Johannis  .     .     .     .  14  (?) 

„  domus  de  Monte 2 

„  „       d.  Cateline  de  Marra      ...  3 

„  dominarum  Virginum  Veteris  Magne 

Gallarate 8 

„  domus  S.  Michaelis  de  Gallarate   .     .  4 

„  dominarum  virginum  domus  parve  de 

de  Gallarate 3 

„  domus  dominarum  de  Cassano  Magno  i 

„  „  „  veteris  de  Cassano 

cum  domo   dominarum  humiliata- 

rum    de   Cassano  unita  secum  .     .  4  i 

„  domus  de  Montegio  de  Samarate  .     .  i  2 

Monasterium  de  la  Cavayra 20  — 

Hospitale  S.  Laurentii  de  Burgo  Gallarate  .     .  2  — 


3 

9 

9 

6 

9 

6 

II 

IO 

1 

4 

I 

4 

I 

,    4 

4 

9 

7 

4 

8 

IO 

I 

4 

I 

— 

i3 

8 

42.  Canonica  de  Angleria  cum  Capellanìs  (i) 


91 


D.  Protaxius  dulcebonus  prepositus 
Porrollus  de  Lexmo  (?) 


.L. 


S.     18      D.     4 
i5  II 


(1)  Alla  Pieve  di  Angera,  sine  exemptis,  secondo  l' Indice  di  Gof,  ap- 
partenevano chiese  35,  altari  42. 


CIRCA    IPSIUS    IMMUNITATEM  53 


Pbr.  Johannes  de  la  Brima L.  2  S.     i5  D.     11 

D.  Rugerius  de  Solbiate 2  i5  11 

Antonius  de  Veliate 2  i5  11 

Pbr.  Jacobus  de  Bezozero 2  i5  11 


L.  17  S.     17  D.     II 
Capellani  suprascripte  plebis 

Capella  de  Nibiono L.  4  S.       9  D.     6 

„        S.  Malgarite  de  Momdra  (?).     ....  3  7  2 

„         „    lohannis  de  Marchallo i  i3  7 

„         „    Martini  de  Monte i  2  5 

Clericatus  suprascripte  ecclesie i  2  5 

Capella  S.  Antonii  de  Orliano i  i3  7 


L.     i3      S.      8    D.      8 
Domus  suprascripte  plebis 

Monasterium  de  Arona  sine  Monasterio  de  la 

Cavayra  (?) L.  167      S.     i5    D.     — 

„  de  Sesto 71  3  4 


L.  238      S.     18    D. 

43.  Canonica  de  Arsago  cum  Capellanls  (i) 

D,  Prepositus  diete  Canonice L.  4       S. 

Antonius  Fiandronus 4 

Martinus  Curadus 3 

Petrus  de  Mediolano 3 

Antonius  de  Cuxano 3 

Franciscus  de  Curte 3 

Eusebius  de  Panzerijs 3 

Thomas  de  Baronibus 3 


9    D. 

6 

9 

6 

18 

18 

18 

18 

18 

18 

L.    32      S.     19    D. 


(i)  ì>ieìV  Indice  di  Gof.  Arsago  (Artiagum)  conta  38  chiese  e  46  al- 
tari ;  in  questa  indicazione  non  si  fa  cenno  di  chiese  esenti. 


NOTITIA    CLERI    MEDI0LANEN8IS    DE    ANNO    I  SpS 


Capellani  suprascriptc  plebis 

Capella  S.  Gaudentij  de  Vinago L.  2      S.       4    D.      9 

„        S.  Petri  de  Quinzano 2  4  9 

„         S.  Blaxij  de  Montenate 2  i3  11 

„        S.  Alexandri  ut  supra i  —  4 

„  S.  Alexandri  de  Samoyrago     ....  2  4  9 

„         S.  Vincentij  de  Menzago —  11  3 

„  S.  Michaelis  de  Mornago    .....  2  4  9 

„         S.  Marie  de  Colognola 6  18  3 

„        S.  Marie  de  Arsago 3  7 

„         S.  Marie  de  Coxorate  (sic) 2  4 

„         S.  Marie  de  Bruzono 3 

„         S.  Syri  de  Albuzago 2  4  9 

„         S.  Jacobi  de  Arsago i  —  4. 

„         S.  Gusmeri  de  Arsago —  i3  3 

„         S.  Firmi  de  Arsago —  i3  3 

„  S.  Naboris  de  Castronavate  (sic).     .     .  i  i3  7 


Stefanus  de  Garzonibus 2 

Pbr.  Albertus  de  Viandrono  (sic) 2  4 

Pbr.  Anselmus  de  Gallarate 2 

Andreas  de  Vicecomittibus 2 

Antonius  de  Bexutio 2 


2 

9 
7  2 


35       S.       7     D. 


44.  Canonica  de  Mezana  cum  Capellanis  (i) 

D.  Prepositus  diete  Canonice L.       4      S.       9    D.      6 


4  9 

9 

4  9 

4  9 


4  9 


PinoUus  de  Bexutio 2  4  9 


L.     17       S.     18     D. 


(i)  La  pieve  di  Mezzana,   secondo    Vindice  di    Gof.,  sine  exemptis, 
contava  chiese  11  e  altari  14. 


CIRCA    IPSIUS    IMMUNITATEM 


55 


Capellani  plebis  Mezane 

Capella    S.    Martini    locorum     de    Zimbri     et 

Cuyroni L.  3  S.      7  D.      2 

„         S.  Marie  de  Lambro  sive  de  Villa      .3  7  2 

„         S.  Stefani  de  Mezana 4  3  5 

„         de  Borderà —  11  3 

„         „   Caxate —  5  7 

Monasterium  de  Pancratij 6  14  3 

L.  18  S.      8  D.     IO 


45.  Canonica  de  Soma  cum  Capellanis  (i) 

D.  Prepositus  diete  Canonice    ......  L,  8 

Pbr,  Anselmus  de  Mozate 2 

Filipinus  Cacatosichus 2 

Dionisius  Bregonzinus 2 

D.  Rodulfus  de  Veliate .  2 

Aluysius  de  Tricheriis i 

Pbr.  Petrus  de  Gallarate 2 

Pbr.  Martinus  de  Busti 2 

L.  27 


19  L 

).  — 

i5 

II 

i5 

II 

i5 

II 

i5 

II 

i5 

7 

i5 

II 

i5 

II 

IO 


Capellani  suprascripte  plebis 


Capella  S.  Michaelis  de  Gullasicha 
„         S.  Eusebij  de  Saxona  (sic) 
„         S.  Martini  de  Vergute  (sic] 
„         S.  Georgij  de  Corzeno 

S.  Marie  de  Gullasicha    . 


L. 


L. 


S. 


7 
7 
7 

8 


D. 


12     vS.     19     D.       7 


(i)  Somma,  sine  exemptis,  secondo  V  Indice  di  Gof.,  aveva    chiese  i3, 
altari  18. 


56 


NOTITI  A    CLERI    MklDIOLANENSIS    DE    ANNO    I  BqS 


46.  Canonica  de  Brebia  cum  Capellanis  (i) 


D.  Prepositus  diete  Canonice L,  3      S. 

Antonius  de  Verate 2 

Mafiolus  de  CoUognolla 2 

Symonolus  de  Pirovano 2 

Pbr.  Otto  de  CoUognolla 2 

Maynollus  Blanchus 2 

Pbr.  Guglielmus  de  Bexutio      . 3 

Pbr.  Gulielmus  de  Gallarate 2 

Pbr.  Johannes  de  Carnixio   .   _ i 

Pbr.  Antonius  de  Lezeduno i 

Antonius  de  Clivio i 

Pbr.  Petrus  de  Bexutio — 

Pbr.  Martinus  de  Carnixio i 

Pbr.   Johannes    de    (Carnixio)    corretto   poi    in 

Besuxio — 

Antoniollus  de  Bexutio — 

Johannes  de  Caranate  (sic) — 

Antonius  de  Bexutio     . — 

Petrollus  de  Comite — 

Pbr.  Johannes  de  Blanchis  de  Bexutio     ...  — 


7  1^ 

•  -'■ 

4 

9 

4 

9 

4 

9 

4 

9 

4 

9 

7 

2 

4 

9 

2 

5 

i3 

7 

i3 

7 

II 

3 

19 

7 

II 

3 

II 

3 

II 

3 

II 

3 

II 

3 

II 

3 

32 


IO     D. 


Capellani  de  Brebia 


Capella  de  Travedona L.  i 

Cocho — 

Carnixio 2 

Gavirate 2 

Brinate — 

Castro  Brebie i 


S. 


2  D. 

5 

L2 

3 

4 

9 

4 

9 

5 

7 

8 

6 

(1)  vindice  di  Gof.   assegna  a  Brebbia  chiese  46,  altari  55,  senza 
contare  le  chiese  esenti. 


CIRCA    IPSIUS    IMMUNITATEM  yS 

Capella  S.  Martini  de  Ispera     .     .     .     .    ^    ^    .  2      S.       8      D.     4 

„         S.  Laureiitii  de  Biandrono  •     ....  3  7  2 

„         S.  Martini  de  Cardana i  2  5 

„         S.  Vitti  de  Bongo  (sic) i  2  5 

„         S.  Quinci  de  Trinate i  i3  7 

„        de  Comabio 4  9  6 

„         S.  Marie  de  Cadrezate 3  7  2 

„         S.  Syri  de  Trivisago     .    ■ 1  2  5 

D.  Prepositus  et  Fratres  seu  Canonici   de   Be- 


xutio 


44 


L.     70      S.     II     D. 
{Continua). 


IL  MUSEO  SHll ALA 


CONTRIBUTO  PER  LA  STORIA 

DELLA 

COLTURA   IN   MILANO    NEL    SECOLO   XVH 


/y  LLA  Pinacoteca  dell'Ambrosiana,  nella  prima  sala  delle 
/  \  pitture,  l'attenzione  dei  visitatori  è  attratta  dalla  vista 
X  X,  di  due  grandi  lenti,  incorniciate  e  giranti  sopra  appo-  m 
siti  piedestalli,  costrutte  nel  secolo  decimosettimo  dal  canonico 
Manfredo  Settala  che  tentava  di  riprodurre  i  famosi  specchi  in- 
cendiari di  Archimede.  Su  di  una  delle  bacheche,  affisse  alla  pa- 
rete, tra  questi  due  specchi,  è  scritto  «  Lavori  in  osso  di  Man- 
fredo Settala  »  ;  e  dentro  si  vedono  rilievi  d' avorio  d'  aspetto 
molto  antico,  scatole,  coltelli  dal  manico  lavorato,  statuette,  vasi 
contorti  e  adorni  di  colonnine,  di  torricelle,  minutaglie  d'osso 
incise  a  pazienza  e  molti  altri  oggetti  che  lungo  sarebbe  descri- 
vere. Tutte  queste  cose  varie  dì  natura  e  di  valore  mescolate  alla 
rinfusa.  Nello  scaffale  vicino,  a  destra,  sono  esposti  istrumenti 
astronomici:  ostrolabii,  righe  pantometre,  sistemi  planetari  gi- 
ranti; e  in  quello  che  segue  si  conservano  rami  di  coralli  incisi, 
cristalli,  piccoli  cammei,  un  medaglione  con  1'  iscrizione  «  Ludu- 
vicus  Septalius»,  che  si  trova  non  si  sa  come  né  perchè  tra  uno 
del  Molière  ed  uno  del  Rousseau. 

Questi  sono  gli  ultimi  disordinati  avanzi  del  Museo  Settala 
che  cosi  ridotti  costituiscono  per  l'Ambrosiana  un'  inutile  ed  in- 
gombrante eredità. 

È  fastidioso  davanti  ai  quadri  del  Borgognone,  del  Moretto 
e  a  quello  dolcissimo    del  Botticelli    distrarsi  ad  osservare   simili 


CONTRIBUTO  PER  LA  STORIA   DELLA  COLTURA   IN  MILANO,  ECC.  5q 


bazzecole.  Ma  ben  diverso  era  il  Museo  Settala  al  tempo  del  suo 
fiorire,  quando  nel  seicento  era  detto  una  delle  meraviglie  di  Mi- 
lano ed  i  personaggi  più  augusti  non  si  fermavano  nella  nostra 
città  senza  visitarlo.  Di  esso  abbiamo  a  stampa  in  latino  una  de- 
scrizione o  catalogo  fatta  nel  1664  da  Paolo  Maria  Terzago  (i) 
poi  tradotta  ed  ampliata  due  anni  dopo  da  Francesco  Scara- 
belli  (2). 

Non  potendosi  controllare  le  troppo  facili  attribuzioni  è  le- 
cito dubitare  se  il  museo  raccogliesse  opere  d'arte  veramente  pre- 
gevoli; certo  nel  seicento  era  un  centro  di  non  poca  importanza 
per  la  diffusione  tra  noi  della  coltura  scientifica.  Vi  si  vedevano 
insieme  ai  meccanismi  per  il  moto  perpetuo  e  insieme  a  certi  ri- 
dicoli balocchi  semoventi,  il  teloscopio,  il  pendolo,  il  compasso  di 
proporzione  del  Galileo  ed  ai  visitatori  si  mostrava  attraverso  ai 
microscopi  «  la  innumerevole  quantità  di  vermicelli  »  che  si  an- 
nidano in  una  goccia  di  sangue,  mentre  si  discuteva  ancora,  per 
dirne  una,  se  l'uccello  del  paradiso  fosse  veramente  la  fenice,  se 
avesse  o  no  i  piedi,  se  vivesse  o  no  d'aria  come  il  camaleonte.  I 
dotti  italiani  e  stranieri  venendolo  a  visitare  s'impegnavano  in 
svariatissime  discussioni  scientifiche  col  nobile  canonico  Manfredo 
che  di  tutto  sapeva  e  di  tutto  si  interessava.  Vi  facevano  capo  in 
modo  speciale  i  gesuiti  ritornati  dalle  lontane  missioni  dell'  India, 
della  Cina  o  delle  Americhe  per  dar  notizia  di  quei  paesi  e  spesso 
vi  lasciavano  in  dono  oggetti  esotici  e  rari. 

Uno  studio  su  quest9  che  si  può  dire  il  primo  dei  musei  mi- 
lanesi, condotto  sulle  descrizioni  sopracitate  e  su  altre  memorie, 
credo  possa  essere  di  qualche  interesse  per  la  storia  della  coltura 
milanese  né  inutile  tornerà  il  tentativo  di  rimettere  in  luce  al- 
cune delle  persone  della  famiglia  Settala  che  maggiormente  coo- 
perarono a  formarlo. 


(i)  Paulus  Terzagus,  Museum  Septalianum.  Dertonae,  1664. 
(2)  Francesco  Scarabelli,   Museo  e  Gallarla   adunata   dal  sapere  e 
dallo  studio  del  signor  Canonico  Manfredo  Settata.  Tortona,  1666. 


60  IL    MUSEO   SETTALA 


I. 

Della  famiglia  Settala,  di  antica  nobiltà  milanese,  si  trovano 
notizie  sufficienti  nelle  opere  d'araldica  e  abbondantissime,  se  non 
sempre  esatte,  ne  olire  una  memoria  composta  da  Carlo  Andrea^ 
Settala  nel  i633  per  ottenere  l'ammissione  al  collegio  dei  giure-j 
consulti  milanesi,  memoria  ristampata  allo  stesso  scopo  nel  1661 
dai  fratelli  Settimo  e  Passaguado  Settala  (i).  E  una  nobiltà  di 
carattere,  per  così  dire,  ecclesiastico,  che  si  gloria  sopratutto 
di  santi,  di  beati,  d'arcivescovi,  di  vescovi  e  d'una  infinità  di 
prelati  (2). 


(i)  All'Ambrosiana  si  conserva  un  esemplare  di  questa  edizione: 
vedi  la  raccolta  di  opuscoli  :  Famiglie  nobili  milanesi^  Lettera  S. 

(2)  Il  più  lontano  capostipite  a  cui  risale  la  tradizione  nobilesca 
della  famiglia  è  detto  parente  di  S.  Senatore,  eletto  arcivescovo  di 
Milano  neir  anno  477.  Essendosi  attorno  a  questo  santo  combattuta 
nel  seicento  una  vera  battaglia  di  erudizione  tra  la  famiglia  dei  Vil- 
lani e  quella  dei  Settala,  la  curia  milanese  con  sentenza  arcivescovile 
del  i5  maggio  1676  decretò  che  S.  Senatore  si  ritenesse  dei  Settala; 
ma  il  Papembroch,  Y  erudito  gesuita,  dimostrò  negli  Ada  Sanctorum 
Mai,  tomo  VI,  p.  770,  la  falsità  di  tre  documenti  sui  quali  si  fonda- 
vano le  pretese  di  quest'  ultima  famiglia.  Neil'  antica  lapide  che,  dopo 
la  riedificazione  di  Milano,  distrutta  dal  Barbarossa,  fu  posta  sulla 
rocca  di  Porta  Romana  tra  i  nomi  dei  consoli  che  nel  1171  fondarono 
le  nuove  mura  è  scritto  per  primo  quello^ di  "  Passaguadus  di  Sép- 
tora  „  ;  e  il  Papembroch  (op.  cit.,  loc.  citato)  vorrebbe  vedere  rap- 
presentato questo  console  nella  prima  figura  del  rozzo  cimelio  di  Porta 
Romana,  di  cui  più  giusta  spiegazione  diede  il  Giulini.  La  supposi- 
zione del  Papembroch  e  la  riproduzione  schematica  che  l'accompagna 
devono  aggiungersi  alle  altre  ricordate  da  Luca  Beltrami  nello  studio 
intorno  alle  sculture  di  Porta  Romana  pubblicato  in  quest'  Archivio, 
a.  XXII,  1895,  p.  335,  dove  si  dà  notizia  di  quanti  descrissero  i  Basso- 
rilievi famosi.  —  Posto  importantissimo  nella  storia  milanese  occupa 
r  arcivescovo  Enrico  Settala  eletto  da  Innocenzo  III  con  un  breve  del 
7  novembre  1213.  —  Meritano  di  essere  citati  ancora  il  beato  Man- 
fredo, che  condusse  vita  eremitica  e  morendo  verso  il  1210,  fu  sepolto 
nella  chiesetta  di  S.  Vitale  nel  paesello  di  Riva  sul  Lago  di  Lugano 
come  ne  dà  notizia  Luigi  Tatti  {Annali  sacri  della  città  di  Como,  i883. 


CONTRIBUTO  PER  LA  STORIA  DELLA  COLTURA  IN   MILANO,  ECC.  ÒI 


Il  primo  della  famiglia  che  abbia  diretta  relazione  col  nostro 
socrgetto  è  il  giureconsulto  Lodovico  Settala,  vissuto  alla  fine  del 
sec.  XV  e  al  principio  del  XVI. 

Si  legge  nel  libro  già  citato  dello  Scarabelli  sul  museo  (i): 
«  Questa  nobil  famiglia  Settala,  qual  sempre  ebbe  pensieri  gene- 
«  rosi,  unì  il  presente  museo  alla  singolare  libreria  della  di  lei  casa: 
«  biblioteca  dissi  singolare  per  la  rarità  delli  manoscritti  e  sin- 
«  golarità  dei  libri  e  per  la  copia  di  essi.  Questa  fu  cominciata  dal 
«  proavo  del  signor  Manfredo,  dico  dal  signor  Lodovico  I.  C.  Col- 
«  legiato  Decurione  e  Regio  questore  di  Milano  ».  Lodovico  era 
figlio  di  un  Francesco  Settala  che  si  trova  notato  insieme  a  Pie- 
tro Anton  Settala  ed  insieme  all'ateniese  Demetrio  Calcondila,  in 
un  documento  del  7  dicembre  1495  che  ricorda  i  componenti  la 
Cancelleria  sforzesca.  Nell'Archivio  di  Stato  di  Milano  esiste  un 
decreto  ducale  dal  quale  possiamo  ricavare  che  nel  1498  Lodovico 
Settala,  avendo  finito  con  lode  gli  studi  delle  leggi,  era  stato  in- 
caricato della  «  lectura  extraordinaria  »  nell'Università  di  Pavia. 
Riporto  in  nota  il  documento  perchè  può  darci  qualche  notizia 
sulle  costumanze  universitarie  d'  allora  (2).    Lodovico  coprì  cari- 


vol.  II,  p.  542)  e  il  beato  Lanfranco  Settala,  che  si  crede  fondatore 
della  chiesa  e  del  convento  di  S.  Marco  a  Milano  dove  dovrebbe  es- 
sere stato  sepolto  in  un  bel  monumento  che  ancora  vi  si  ammira,  opera 
del  trecento,  attribuita  a  Balduccio  da  Pisa  o  alla  sua  scuola  (vedi  Mon- 
GERi,  L'Arte  a  Milano,  p.  2o3  e  Alfredo  Gottol  Meyer,  Lombardische, 
Denkmàler.  Stuttgart,  1893,  p.  29).  Il  monumento  porta  ancora  l'arme 
dei  Settala,  cioè  le  sette  ali  d' oro  in  campo  rosso.  Vi  "è  dubbio  però 
se  il  monumento  sia  stato  fatto  per  Lanfranco  Settala  agostiniano  che 
visse  nel  secolo  XIII  o  per  un  altro  dello  stesso  nome  e  pure  agosti- 
niano che  visse  nel  secolo  dopo  ed  insegnò  teologia  nell'Università  di 
Parigi  (vedi  Denifle-Chatelain,  Chartolarium  Universitatis  Parisiensis, 
tomo  lì,  p.  291. 

(*  Vedi  qMesi'  Archivio,  1891,  p.  268. 

(2)  Il  documento  si  trova  nella  cartella  della  famiglia  Settala  e 
suona  così  :  "  Ludovicus  Maria  Sfortia  Anglus  —  Dux  Mediolani,  etc. 
"  Papiae  Angleriaeque  Comes  ac  Genuae  etiam  Dominus  —  Promotus 
"  est  nuper  a  nobis  ad  Lecturam  institutam  in  Ginnasio  hoc  nostro 
"  Ticinensi  eruditus  legum  scolarus  Dominus  Franciscus  Neapolitanus 
''  qui  prius  lecturam  extraordinariam  optinebat  —  Ad  quam  cum  Alius 


62  IL    MUSEO    SETTALA 


che  importanti  in  quei  fortunosi  anni  nei  quali  si  sfasciava  l'an- 
tico ducato  milanese  ed  ebbe  missioni  diplomatiche  di  un  certo 
valore  come  quella  ricordata  dal  Picinelli  e  dall'Argellati,  a  Fran- 
cesco I  re  di  Francia.  Giurista  e  figlio  di  giuristi  e  di  cancellieri 
ducali  in  un  tempo  in  cui  trionfava  l'erudizione  umanistica  è 
naturale  eh'  egli  si  formasse  in  casa  una  piccola  biblioteca  che  i 
nipoti  andarono  poi  aumentando. 

Nella  galleria  Settala  si  teneva  in  gran  pregio  come  il  qua- 
dro più  bello  il  ritratto  di  Galeazzo  Settala,  fratello  di  Lodovico 
dottore,  che  si  credeva  dipiato  dal  Tiziano.  Galeazzo  era  stato  in 


"  Idoneus  Delligendus  a  Nobis  foret  —  Informati  Dominum  Ludovicum 
"  de  Septara  Civem  Nostrum  Mediolanensem  Pariter  legum  scolarum^ 
"  eo  ingenio  ac  eruditione  esse  ut  Lecturae  ipse  extraordinariae  sit 
"  Egrege  satisfacturus.  Eundem  dominum  Luduvicum  Tenore  praesen- 
"  tium  deligimus  et  deputamus  ab  hac  die  quoad  nobis  placuerit  ad 
"  ipsam  lecturam  extraordinariam  loco  prenominati  Domini  Francisci 
"  Neapolitani  cum  salario  honoribus  oneribus  prerogativis  et  emolu- 
"  mentis  eidem  lecturae  debitae  spectantibus  ac  pertinentibus  —  et 
"  per  precessores  suos  ac  ipsum  Dominum  Franciscum  hactenus  per- 
"  cipi  solitis.  Mandantes  Rectori  luristarum  et  vicecancellario  ipsius 
"  ginnasi  Magistroque  Intratarum  et  Thesaurario  generali  ceterisque 
"  omnibus  et  singulis  quibus  spectat  quatenus  ipsum  dominum  Lodo- 
"  vicum  in  ipsius  Lecturae  possessione  ponant  et  positum  teneant  ac 
"  de  salario  et  ceteris  predictis  respondeant  —  et  faciant  debito  tem- 
"  pore  responderi  „  —  Datae  Papiae  sub  Fide  nostri  sigilli  die  "  Tertio 
Novembris  MCCCCLXXXX  octavo  [in  calce)  Agostinus  Calcus  „. 

In  quest'  Archivio  stesso  (1878,  p.  607)  Giulio  Porro  pubblicò  la 
"pianta  delle  spese  per  l'Università  di  Pavia  nel  1498,,  tolta  da  un 
codice  triulziano  nella  quale  troviamo  appunto  segnato  che  "  Dominus 
"  Luduvicus  de  Septara  „  per  la  "  lectura  luris  civilis  vespertina  „  do- 
vea  ricevere  per  dodici  paghe,  di  lire  4.  io.  5  ciascuna,  lire  54.  5,  e 
"  Dominus  Franciscus  Napolitanus  „  per  dodici  paghe,  a  lire  5. 3.  4, 
lire  62. 1.  Il  Porro  spiega  la  sorprendente  tenuità  di  questi  stipendi 
colF  enorme  differenza  del  valore  della  moneta  a  quei  tempi;  ma  alla 
giustissima  osservazione  giova  aggiungerne  un'  altra  che  si  ricava  dal 
soprascritto  documento  cioè  che  molti  degli  insegnanti  nominati  non 
erano  dei  veri  professori,  bensì  degli  allievi  che  cominciavano  la  loro 
carriera  e  pei  quali  la  paga  era  piuttosto  un  sussidio  che  uno  stipen- 
dio. Infatti  la  maggior  parte  delle  altre  paghe  supera  le  lire  cento  e 
a  Demetrio  Calcondila  ne  erano  assegnate  1162.60  e  a  Giasone  del 
Majno  lire  36oo. 


CONTRIBUTO  PER  LA  STORIA   DELLA  COLTURA   IN  MILANO,  ECC.  63 

giovinezza  paggio  d'onore  del  duca  Lodovico  Sforza  ed  aveva  poi 
Ottenuta  la  nomina  a  capitano  dei  cavalieri  teutonici  che  prima 
dello  scisma  di  Alberto  di  Brandeburgo  avevano  una  sede  anche 
a  Milano.  Nei  due  fratelli  della  nobile  famiglia,  Lodovico  e  Ga- 
leazzo, possiamo  vedere  rappresentati  i  cosidetti  cavalieri  di  toga 
e  quelli  di  cappa  e  spada  :  le  due  grandi  categorie  dei  nobili  d'allora. 

Ma  a  noi  giova,  lasciando  altri  dei  Settala  che  si  fecero  onore 
nelle  armi  e  negli  studi  (i),  giungere  tosto  al  protofisico  Lodovico, 
il  medico  famoso  della  peste  del  i63o,  descritta  dal  Manzoni,  che 
fu  veramente  il  fondatore  del  museo.  Il  dottor  Ercole  Ferrario  in 
un  suo  opuscolo  (2)  studiò  con  molta  cura  le  opere  mediche  del 
Settala  sì  che  per  la  scienza  poco,  io  credo,  si  potrebbe  aggiun- 
gere alle  sue  dotte  osservazioni,  e  d'altra  parte,  Alessandro  Man- 
zoni col  ricordarlo  nel  suo  romanzo  non  solo  rinnovellò  la  fama 
del  medico  coraggioso,  ma  ne  fece  rivivere  la  nobile  figura  in 
quella  sfortunata  battaglia  combattuta  dalla  scienza  preveggente 
contro  il  pregiudizio  ostinato;  di  modo  che  il  vecchio  protofisico 
può  starsi  contento  della  buona  memoria  dei  posteri.  Ma  una 
parte  della  sua  molteplice  attività  resta  ancora  nell'ombra:  quella 
dell'umanista,  del  professore  di  filosofia  greca,  del  leggitore  e  rac- 
coglitore appassionato  di  libri  e  di  cose  belle  e  rare;  e  di  questa 
io  debbo  occuparmi. 

La  medicina  allora  non  andava  mai  scompagnata  dalla  filo- 
sofia. Più  che  l'anatomia  dei  cadaveri,  l'anatomia  e  l'analisi  dei 
periodi  di  Galeno  e  degli  aforismi  dì  Ippocrate  occupavano  ed 
interessavano  i  medici  d'  allora,  e  per  una  infinità  di  questioni 
che  oggi  sarebbero  estranee  ad  ogni  medico  si  agitavano  quei  dotti 
esponendole  e  confutandole  in  poderosi  volumi.  Non  la  chimica 
e  la  fisica,  scienze  che  nascevano  appena,  erano  considerate  le  au- 


(i)  Nel  grande  atlante  dell'  Ortelius  la  carta  geografica  del  ducato 
a  Milano  si  deve  ad  un  Giovanni  Giorgio  Settala,  che  fiorì  verso  il  i55o. 
Vedi  Theatrum  Orbis  Terrarum,  Antverpiae,  1670. 

(2)  Dott.  Ercole  Ferrario,  Intorno  alla  vita  e  alle  opere  ^nediche  di 
Lodovico  Settala  milanese.  Milano,  i856. 


IL    MUSEO    SETTALA 


siliaric  della  medicina,  bensì  la  filologia  e  la  filosofia  parevi 
assai  più  necessarie  alla  lettura  dei  libri  greci  e  latini  e  ad  orien- 
tarsi nelle  sottili  distinzioni  di  quel  mondo  ideale  e  verbale.  Con 
tutta  facilità  passava  il  professore  di  logica  ad  occupare  la  cat- 
tedra di  medicina  ed  il  medico  saliva  a  quella  di  morale  e  spie- 
gava Aristotile.  In  tutti  era  inoltre  una  tendenza,  un  bisogno 
d'  essere  enciclopedici  poiché  facile  riusciva  a  quei  tempi  abbrac- 
ciare in  una  cognizione  universale  tutti  i  vari  studi  ancora  poco 
sviluppati  e  tutte  le  scuole  a  ciò  tendevano.  Anche  Lodovico  Set- 
tala,  nato  nel  i552,  ed  educato  a  Milano  nelle  scuole  dei  gesuiti 
a  S.  Fedele  e  poi  all'Università  di  Pavia  fu,  come  Don  Ferrante, 
enciclopedico. 

Il  medico  milanese  Giovan  Battista  Silvatico  nel  suo  libro  sul 
Collegio  dei  medici  della  nostra  città  (i)  dopo  molte  altre  lodi 
così  scrive  del  nostro  Lodovico  :  «  In  Historia  legenda  assiduus' 
est  et  in  ea  iudicanda  criticus.  Egregia  sua  sane  cum  laude  opu- 
lentissimam  librorum  cuiuscumque  generis  collegit  supellectilem, 
quam  sumptibus  multis,  multaque  diligentia  in  dies  auget.  In  le- 
gendis  libris  omnino  indeffessus  semper  fuit,  ut  non  inaniter  licet 
iocose  magnus  librorum  helluo  a  nonnullis  dicatur.  Rerum  pul- 
crarum  cupiditate  flagrans  est,  bonus,  amabilis,  comes  et  discre- 
tusìì.  Se  noi  potessimo  consultare  i  numerosi  volumi  di  lettere 
scritte  dal  Nostro  e  a  lui  dirette  da  molti  studiosi  del  suo  tempo, 
volumi  che  l'Argellati  ricorda  fra  i  molti  manoscritti  posseduti 
dalla  famiglia  Settala,  facile  sarebbe  il  formarsi  un'idea  su  quella 
società  di  eruditi  nella  quale  egli  rifulse  al  tramontare  del  cin- 
quecento e  al  sorgere  del  seicento.  Ma  poiché  quei  volumi  più  non 
si  trovano  dobbiamo  accontentarci  di  raccogliere  notizie  da  altre 
fonti.  Il  Settala  pubblicava  nel  i5qo  la  traduzione  latina  dell'opera 
di  Ippocrate,  De  aeribus  acquis  et  locis  (2)  emendando  in  molti 
luoghi  il  testo  greco  sulla  scorta   di   codici  antichi  e  dedicava  il 


(i)  Collega  Mediolanensium  Medicorum  origo,  antiquitas.  Mediolani, 
1607:  V.  Ludovicus  Septalius. 

(2)  Librimi  Hippocratis   "  De  aeribus  „,  ecc.  Coloniae,  iSpo. 


CONTRIBUTO  PER  LA  STORIA  DELLA  COLTURA   IN  MILANO,  ECC.  65 

lavoro,  che  doveva  dargli  non  poca  fama,  a  G.  Vincenzo  Pinelli. 
Questo  dotto  padovano,  bella  figura  di  studioso  alla  fine  del  cin- 
quecento, l'amico  fidato  di  Fulvio  Orsini  col  quale  scambiò  un 
grandissimo  numero  di  lettere  conservate  all'  Ambrosiana,  che 
sono,  come  dimostrò  il  De  Nolhac  (i),  una  fonte  copiosissima 
per  la  storia  dell'erudizione  italiana,  presenta  tanta  somiglianza 
col  nostro  Settala  per  quella  larghezza  signorile  con  cui,  occupan- 
dosi di  ogni  genere  di  studi,  raccoglieva  in  casa  propria  quanto 
più  poteva  di  raro  e  di  curioso,  mettendolo  a  disposizione  degli 
amici,  che  mi  piace  di  ricordare  qui  fin  da  principio  l'amicizia 
che  era  tra  di  loro.  Un'  altra  interessante  relazione  del  Settala 
cogli  eruditi  del  tempo  è  quella  con  Enrico  Puteano,  il  dotto 
fiammingo  Van  de  Putte,  un  vero  maniaco  della  erudizione.  La 
lettura  delle  sue  quattro  centurie  di  lettere  delle  quali  molte  sono 
dirette  ad  illustri  milanesi,  al  Settala,  al  Silvatico,  parecchie  a 
Federico  Borromeo,  può  meglio  di  qualunque  altra  cosa  farci  co- 
noscere la  società  di  dotti  milanesi  d'allora. 

In  una  lettera  del  3  dicembre  1600  (2)  scrive  appunto  il  Pu- 
teano a  Giusto  Lipsie  d'essere  venuto  a  Milano,  d'aver  parlato 
felicemente  in  pubblico  e  di  godersi  ora  le  lodi  degli  amici,  primo 
tra  questi,  Lodovico  Settala,  che  ebbe  ogni  premura  per  lui  ed 
eccitò  gli  altri  ad  applaudirlo.  Egli,  soggiunge  in  latino,  fa  ciò 
per  causa  tua,  poiché  egli  ama  te  e  te  continuamente  loda.  Egli 
è  fra  i  più  nobili  milanesi  dottissimo  ed  umanissimo,  ed  io  godo 
della  sua  ospitalità  e  sono  sorretto  dalla  sua  erudizione;  egli  è 
per  me  un  vero  padre.  L'  orazione  alla  quale  allude  il  Puteano 
era  stata  detta  da  lui  in  ringraziamento  della  nomina  a  profes- 
sore di  eloquenza  nelle  scuole  palatine  ed  anche  in  essa  si  leggono 
lodi  del  nostro  Lodovico.  Alcuni  vogliono  che  il  Puteano  dovesse 
al  Settala  anche  la  carica  di  istoriografo  del  re  di  Spagna  (3)  che 

(i)  Pierre  De  Nolhac,  La  biblioihèque  de  Fulvio  Orsini.  Paris,  1887. 

(2)  Erigi  Puteani,  Epistolarum  cenhiriae.  Lovanii,  1612,  Centuria  1, 
lettera  CXII. 

(3)  Vedi  TiRABoscHi,  Storia  della  letteratura  italiana.  Milano,  1822- 
1826,  t.  VII,  p.  1009. 

Arch.  Star.  Lomè»  —  Anno  XXVII.  —  Fase.  XXVII.  e 


C6  •  IL    MUSEO    SETTALA 


a  quest'ultimo,  quale  gran  leggitore  di  libri  storici,  era  stata  prima 
ortcrta.  In  una  lettera  da  Padova  il  Puteano  manda  al  Settala 
nel  1601  la  copia  di  una  lapide  antica  dedicata  ad  Esculapio  (i), 
in  un'altra  gli  propone  una  correzione  ad  un  passo  di  Galeno,  e 
la  sostiene  citando  un'  iscrizione  scoperta  allora  a  Milano  (2).  Si 
deve  pensare  che  solo  nella  forma  queste  sono  lettere  private,  ma 
in  verità  si  scrivevano  per  la  stampa  e  perciò  esse  attestano  oltre 
che  l'amicizia  per  il  dotto  milanese  anche  il  piacere  che  lo  scri- 
vente aveva  di  far  sapere  al  mondo  le  sue  relazioni  con  gli  eru- 
diti della  nostra  città. 

Ma  non  era  necessario  che  per  vivere  in  compagnia  dei  dotti 
il  Settala  andasse  a  cercarli  fuori  di  Milano.  Allora  a  Milano  ben- 
ché non  vi  fosse  una  scuola  universitaria,  non  mancava  quella  vita 


ntellettuale  che  sorse  dal  continuo  convivere  desìi  studiosi  tra  d 


J,W      V^«X       ^^XX^X^^^^       V-V^li    VXTWX^,     V.l^j,X 


loro.  Chi  si  porrà  a  scrivere  la  storia  della  coltura  in  questa  città 
dovrà  studiare  con  cura  il  periodo  alla  fine  del  secolo  XVI,  du- 
rante il  quale  si  va  formando  quell'ambiente  che  darà  vita  ad 
una  istituzione  tanto  importante  nella  storia  della  civiltà  e  che  e 
uno  dei  più  bei  vanti  di  Milano:  la  biblioteca  ambrosiana.  Certo 
essa  non  sarebbe  sorta  senza  l'animosa  lautezza  di  Federico  Borro- 
meo, ma  la  persuasione  di  compiere  un'opera  utile  e  desiderata 
fton  solo  dai  dotti  di  fuori,  ma  da  quanti  anche  in  Milano  si  affa- 
ticavano sui  libri  antichi,  dovette  concorrere  a  determinare  l'atto 
generoso.  Quanta  devota  amicizia  avesse  il  Settala  per  il  cardinal 
Borromeo  lo  attesta  la  dedica  che  gli  fece  dell'opera  De  Peste  et 
pestiferis  effectibus  (3),  che  composta  in  gioventù  dopo  la  peste 
del  1576,  durante  la  quale  il  Settala  aveva  ammirate  le  opere  di 
carità  di  S.  Carlo,  era  stata   pubblicata   solo  nel  1622,  quasi  col 


(i)  Centuria  II,  lettera  LXXII. 

(2)  Centuria  II,  lettera  LXXXVIII. 

(3)  Luduvici  Se,ptalii,  Medici  mediolanensii ,  De  peste  et  pestiferis  effec- 
tibus. Libri  quinque.  Mediolani,  1622,  Anche  T  opera  Analyticarum  et 
Animasticarmn  Dissertationum,  Libri  duo.  Mediolani,  1626,  discussioni 
di  logica  e  di  metafisica  di  Lodovico  Settala,  è  dedicata  al  Cardinal 
Federico. 


CONTRIBUTO  PER  LA  STORIA  DELLA  COLTURA   IN  MILANO,  ECC.  67 

presentimento  che  il  terribile  flagello  avesse  nuovamente  a  deva- 
stare la  Lombardia. 

Anche  Gerolamo  Settala,  fratello  di  Lodovico,  che  occupava 
un  posto  eminente  tra  gli  ecclesiastici  milanesi  quale  penitenzia- 
rio maggiore  della  chiesa  metropolitana,  e  che,  esperto  nel  diritto 
civile  e  canonico,  molto  aveva  giovato  all'arcivescovo  Carlo  e  poi 
a  Federico  in  parecchie  gravissime  liti  e  da  ultimo  era  andato  a 
Roma  a  sollecitare  la  canonizzazione  di  S.  Carlo,  doveva  render 
più  salda  l'amicizia  che  congiungeva  i  Settala  alla  potente  fami- 
glia degli  arcivescovi  milanesi.  Nella  descrizione  della  galleria  set- 
taliana  è  ricordato  (i)  che  «  Donna  Cecilia  Medici  Gonzaga,  ni- 
pote di  papa  Pio  IV,  honorò  i  grandi  meriti  del  signor  Lodovico 
Settala,  dandogli  in  dono  un  anello  con  grossa  Turchesa  inca- 
strata, in  cui  scolpita  in  bassorilievo  è  la  immagine  del  medesimo 
Pontefice  con  l'arme  sue  gentilizie».  Pio  IV,  cioè  Giulio  Angelo 
Medici,  il  papa  milanese  che  era  l'orgoglio  e  il  vanto  della  no- 
biltà cittadina,  era  stato  l'origine  della  potenza  ecclesiastica  dei 
Borromei  :  egli  che  a  S.  Carlo,  figlio  di  sua  sorella  Margherita, 
aveva  dato  la  porpora,  e  al  fratello  di  lui  Federico,  conte  di  Arona, 
affidato  il  comando  dell'esercito  pontificio;  di  modo  che  questo 
dono  è  una  prova  di  più  della  grande  stima  in  che  Lodovico  era 
tenuto  da  tutto  intero  il  parentado  dei  Borromeo.  Non  si  va  quincn 
lungi  dal  vero  immaginando  Lodovico  Settala  come  uno  dei  più 
assidui  frequentatori  della  dotta  casa  del  fondatore  dell'  Am- 
brosiana. 

Abbiamo  notizia  che  nel  i5g4(2)si  era  inaugurata  a  Milano 
in  casa  del  signor  Muzio  Sforza  Colonna  marchese  di  Caravaggio 
l'Accademia  degli  Inquieti  che  si  radunava  ogni  giovedì  ad  udir 
letture  in  latino  ed  in  italiano,  e  che  ad  essa  era  stato  aggregato 
anche  il  Settala,  che  l'ingegno  arguto  e  la  gentilezza  dei  modi 
rendono  certo  uno  dei  meno  noiosi  lettori.  Abbiamo  di  lui  infatti 


(i)  ScARABELLi,  Museo  €  Galleria,  cit,,  p.  114. 

{2)  Vedi  PÀOLO  MoRiGGi,  La  Nobiltà  di  Milano,  Milano,  1619,  lib.  Ili, 
pagina  297. 


68  H'    MUSEO    SETTALA 


un  discorso  intitolato  De  Naeviis  (i),  composto  senza  scrii  inten- 
dimenti, ma  per  intrattenere  piacevolmente  una  dotta  brigata. 
Prendendo  argomento  della  rispondenza  che  egli  crede  esistere 
tra  i  nei  sparsi  sul  corpo  umano,  il  Nostro  tratteggia  un  piccolo 
studio  d'armonia  corporale,  mostrando  le  analogie  che  si  possono 
trovare  fra  le  parti  della  testa  e  le  altre  parti  dell'uomo  e  con 
circonlocuzioni  che  non  mancano  di  arguzia  ci  fa  intendete  ciò  che 
nel  corpo  corrisponde  al  naso,  alla  bocca,  alle  guance.  Brilla  in 
questa  conferenza  quell'arte,  una  volta  tutta  italiana,  di  dire  le 
cose  più  arrischiate  in  modo  conveniente,  o  almeno  senza  offen- 
dere altrui.  II  discorso  piacque  immensamente  ed  il  libro  trovò 
grande  diffusione,  tanto  che  Ambrogio  Biffi  lo  traduceva  in  ita- 
liano, nel  1609,  dicendolo  nella  sua  entusiastica  prefazione,  «  un 
microcosmo  dell'ingegno  del  Seltala  ».  Se  il  dotto  milanese  cre- 
desse o  meno  alla  fisonomia  astrologica  d' allora  si  può  difficil- 
mente stabilire  da  questo  discorso,  ad  ogni  modo  il  processo 
contro  la  infelice  Caterina  Medici  ci  attesta  anche  troppo  chiara- 
mente quanto  anche  in  lui  potesse  la  superstizione.  E  a  questo 
proposito  si  deve  da  noi  ripetere  la  sentenza  che  su  di  lui  pro- 
nunciò il  Manzoni:  che  era,  bensì,  più  avanti  dei  suoi  contem- 
poranei ma  non  se  ne  discostava. 

Dobbiamo  parlare  adesso  brevemente  del  Settala  come  pro- 
fessore di  morale  aristotelica  nelle  scuole  canobiane  di  Milano. 
Erano  queste  scuole  state  fondate  qualche  anno  dopo  la  nascita 
di  lui  per  la  munificenza  del  patrizio  Paolo  Canobio  il  quale  con 
testamento  del  i3  marzo  i554  (2)  aveva  lasciato  il  suo  patrimonio 
all'Ospitale  Maggiore,  perchè  fosse  dato  uno  stipendio  ad  un  no- 
tabile professore  che  «  legga  et  esplani  pubblicamente  li  libri 
c(  dell'Etica  e  della  Politica  d'Aristotele,  ordinariamente  in  quel 
«  modo  ordine  e  tempo  che  il  giudizio  dellaf  coscienza  sua  gli  det- 


(i)  De  Naeviis  —  liber  ttnits  ad  Hieronimimi  Caimiim.  Mediolani;  1626. 

(2)  Neir  Archivio  di  Stato,  nella  cartella  "  Scuole  Canobiane  „  si 
conserva  in  un  libretto  a  stampa  la  copia  del  testamento  di  Paolo 
Canobio  nella  parte  che  riguarda  l'istituzione  di  queste  scuole. 


CONTRIBUTO  PER  LA  STORIA  DELLA  COLTURA  IN   MILANO,  ECC.  69 

«  terà  essere  conveniente  e  profittevole  agli  uditori,  seguendo  nel- 
«  l'etica  la  esposizione  di  Eustratio  e  poi  d'altri  dottori  a  modo 
«  suo  ».  Il  primo  di  questi  professori,  per  designazione  dello  stesso 
Canobio,  era  stato  Ottaviano  Ferrario,  grande  amico  del  nostro 
Settala,  sebbene  più  vecchio  d'assai  e  già  gli  fosse  stato  maestro 
di  morale  a  Pavia.  Lodovico  fu  eletto  professore  delle  canobio  ne 
nel  i6o5  dal  collegio  dei  giuristi  che  lo  dichiararono  omni  excep- 
tione  maior,  e  non  vollero  che  per  la  sua  nomina  si  pubblicasse 
concorso  di  sorta.  Grande  dovette  essere  l'affetto  che  il  Settala  nudrì 
per  queste  scuole,  nate  con  lui  alla  metà  del  secolo  XVI  e  che  egli 
aveva  vedute  crescere  con  quella  forza  che  è  propria  delle  nuove 
istituzioni.  Ne  è  prova  1'  alto  concetto  che  egli  ha  del  suo  ufficio 
di  professore  come  possiamo  vedere  nella  opera  Della  ragion  di 
stato  pubblicata  nel  1628.  Rivendicando  a  sé  il  diritto  di  trattare, 
come  professore  di  morale,  anche  della  politica  egli  scrive:  «  Ne 
«  sia  chi  dica  essere  questa  materia  da  essere  trattata  da  Principi  o 
«  da  Consigliere  o  da  segretario  di  principe  e, non  da  medico  o  fi- 
«  losofo,  perchè  potrò  rispondere  Platone  e  Aristotele,  i  quali  più 
«  di  tutti  si  sono  in  questa  affaticati  e  non  solamente  posti  i 
«  fondamenti  a  quest'arte,  ma  perfettamente  fabbricatala,  essere 
«  stati  filosofi  e  che  io  in  questa  mia  età  di  settantadue  anni, 
«  havendo  osservato  tante  cose  et  attioni  di  Principi  e  Repubbli- 
«  che,  con  non  poca  curiosità,  et  avendo  letto  tanti  storici  di  tante 
«  nazioni  e  linguaggi  e  tanti  scrittori  politici,  poteva  ancora  in 
«  queste  materie  saper  qualche  cosa  e  insegnarla:  e  tanto  più  es- 
«  sendo  più  di  vent'anni  che  in  questa  mia  patria,  nella  famosa 
«  scuola  canobiana  io  leggo  la  filosofìa  attiva  compresa  da  Aristo- 
«  tele  nei  dieci  libri  dei  costumi  a  Nicomachio  suo  figlio  e  negli 
«  otto  politici.  Ne  l'esser  io  medico  impedisce  l'esercitare  l'ingegno 
«  in  altre  materie,  poiché  veggo  essere  stati  accetti  al  mondo  e  agli 
«  uomini  dotti  non  solo  le  mie  opere  medicinali,  ma  ancora  i 
«  commentari  sopra  il  libro  di  Hippocrate  e  sopra  le  quattordici 
«  settioni  dei  problemi  di  Aristotole  ».  In  questo  libro  non  rin- 
viensi  mai  (eppure  l'argomento  ne  presentava  ad  ogni  passo 
l'opportunità!)    la   più  piccola  adulazione  agli  Spagnuoli;  e  scb- 


70 


IL    MUSEO   SETTALA 


bene  molto  si  dovesse  concedere  alla  teoria,  non  dovevano  riuscir 
troppo  gradite  ai  rapaci  ministri  dell'iberica  monarchia  che  spa- 
droneggiavano nel  nostro  paese,  certe  recise  sentenze  contro  le  mal- 
vagitcì  dei  reggitori  e  le  gravezze  straordinarie  senza  legittima 
occasione  imposte  (i).  Lungo  ricordo  e  desiderio  lasciò  il  Settala 
delle  sue  lezioni  nei  giovani  che  si  vantavano  con  orgoglio  di 
averlo  avuto  a  maestro.  Il  Torre,  ad  esempio,  nel  suo  Ritratto  di 
Milano,  parlando  delle  scuole  canobiane  nota:  «  Hebbi  io  la  for- 
«  tuna  nei  miei  primi  anni  d'haver  quivi  per  maestro  della  mo- 
«  rale,  il  saggio  filosofo,  e  per  dir  meglio  il  saputo  Ippocrate  mo- 
«  derno,  Lodovico  Settala,  splendore  de'  letterati  della  nostra  mi- 
«  lanese  patria.  »  Se  ai  meriti  del  Settala  come  letterato  e  filo- 
sofo, aggiungiamo  la  fama  che  gli  aveva  procacciata  lo  studio 
della  medicina  comprenderemo  come  al  principio  del  secolo  egli 
fosse  desiderato  e  invitato  da  molte  università.  Il  duca  di  Ba- 
viera Massimiliano  1  lo  voleva  all'università  di  Ingolstad,  a  co- 
prir la  cattedra  primaria  di  filosofia;  il  duca  di  Toscana  Cosimo  II 
l'invitò  a  Pisa,  l'università  di  Bologna  gli  offrì  la  cattedra  di 
medicina  primaria  con  l'onorario  di  milleduecento  scudi;  ma  il 
senato  veneziano  superò  tutti  gli  altri,  perchè  pur  di  avere  il 
Settala  a  Padova  gli  offrì  l'assegnamento  di  mille  e  cento  zecchini 
ed  inoltre  duecento  altri  per  il  trasporto  della  famiglia.  Ma  il 
Settala  si  trovava  troppo  bene  a  Milano  e  troppo  grande  era  qui 
la  considerazione  che  godeva  il  suo  nobile  casato  perchè  cedesse 
allo  stimolo  di  andare  in   cerca   di  miglior  sorte   in   altri   paesi. 


(i)  Così  ad  esempio  al  Capitolo  14.°  (pag.  56)  "  Fra  tutte  le  cose 
"  che  rendono  vacillante  lo  stato  del  Principe  sono  le  gravezze  stra- 
"  ordinarie  senza  occasione  imposte:  essendo  che  le  gravezze  sono 
"  concesse  dagli  sudditi,  acciò  possa  il  Principe  sortendo  il  suo  grado 
"  mantenere  la  giustizia  fra  loro,  la  quale  come  potranno  sperare  se 
"  si  veggono  ingiustamente  da  lui  spolpare  e  se  alla  giornata  veggono 
"  essere  permesso,  che  le  ordinarie  e  le  straordinarie  siano  da  mini- 
"  stri  rapaci  acerbamente  riscosse  e  accresciute.  Onde  avviene  che  i 
"  popoli  aggravati  sopra  le  forze  si  rivoltano  contro  il  Principe  o  con 
"  qualche  occasione  cercano  darsi  ai  nemici  „.  Queste  parole  si  stam- 
pavano a  Milano  nel  1628,  l'anno  dei  tumulti  per  il  pane. 


CONTRIBUTO  PER  LA  STORIA  DELLA  COLTURA  IN  MILANO,  ECC.  7I 

Intanto  egli  si  era  visto  nascere  ben  diciotto  figlioli  dalla  moglie 
Anna  Arona,  gentildonna  milanese,  e  reggendo  una  famiglia  così 
numerosa  doveva» avere  largo  campo  alla  pratica  delle  teorie  mo- 
rali apprese  dai  suoi  autori.  Facilmente  perciò  si  spiega  l'origine 
del  trattato  (era  quello  il  tempo  dei  trattati)  De  ratione  insti- 
tiienda  et  giibernanda  familia,  che  insieme  a  molti  altri  forse 
fu  presente  al  Manzoni  nel  disegnare  la  tipica  figura  del  suo 
Don  Ferrante.  Il  primogenito  di  Lodovico,  Claudio  Francesco, 
lasciò  la  casa  paterna  per  entrare  assai  giovane  fra  i  gesuiti  e 
morì  prima  del  padre,  nel  collegio  di  Arona.  Un  altro  dei  figlioli, 
Senatore,  era  stato  accolto  nel  i6i5  nel  collegio  dei  fisici  e  s'era 
posto  a  seguire  il  padre  nello  studio  e  nella  pratica  della  medi- 
cina. Senatore,  fu  amico  e  collega  di  Alessandro  Tadino,  ed  i  loro 
nomi,  che  si  trovano  congiunti  nella  storia  della  peste,  si  leggono 
già  prima  incisi  l'uno  presso  l'altro  su  di  una  lapide  posta  al 
comune  amico  Gaspare  Aselli,  il  famoso  scopritore  delle  vene 
lattee,  morto  nel  1626  (i).  Nel  libro  De  lactibiis  sive  Lacteis  Venis, 
ad  attestare  l'esattezza  delle  sue  esperienze  l'Aselli  ricorda  come  vi 
avesse  assistito  anche  Lodovico  Settala,  primo  senza  dubbio  dei 
medici  del  nostro  tempo  la  di  cui  testimonianza  può  da  sola  far 
fede  di  tutto.  Possiamo  quindi  immaginare  la  casa  di  Lodovico 
in  questi  tempi  quasi  come  il  centro  di  una  nuova  scuola  di  me- 
dici, che  dal  vecchio  dottore  imparerà  a  temere  i  mali  contagiosi 
e  a  vigilare  contro  di  essi.  Ma  dei  figlioli  di  Lodovico  chi  mag- 
giormente ci  interessa  è  Manfredo,  il  raccoglitore  del  museo. 
Nato  nel  1600,  fu  mandato  molto  giovane  a  Pavia  e  poi  a  Siena, 
dove  ebbe  a  condiscepolo  ed  amico  Fabio  Chigi,  che  divenne 
Alessandro  VII.  Lodovico  si  giovò  molto  dell'amicizia  che  lo 
univa  ai  duchi  di  Toscana,  per  l'educazione  di  Manfredo,  che  non 
solo,  essendo  a  Pisa,  potè  godere  della  loro  protezione  e  vivere  in 
mezzo  alla  società  più  alta  e  più  dotta,  ma  sulle  galere  del  gran 
duca  ebbe    agio  d'intraprendere  un  lungo   viaggio    di    studio    in 


(  I  )  V.  Forcella,  Iscrizioni  delle  Chiese  e  degli  altri  edifici  di  Milano. 
Milano,  1 889- 1893,  voi.  I,  n.  221. 


72  IL   MUSEO    SETTA  LA 


Oriente,  dapertutto  osservando  gli  usi  e  i  costumi  dei  popoli,  im- 
parandone le  lingue  e  formandosi  quello  spirito  vivace  e  appas- 
sionato che  ammireremo  trasfuso  nel  suo  museo.  Carlo  Andrea, 
l'ultimo  dei  figlioli  di  Lodovico,  si  fé'  prete,  entrò  nel  i633,  poco 
prima  della  morte  del  padre,  nel  collegio  dei  giureconsulti  e  si 
spinse  poi  tanto  avanti  nella  carriera  ecclesiastica  da  essere  nomi- 
nato vescovo  di  Tortona.  Così  l'opera  del  padre  si  moltiplicava 
in  quella  dei  'figlioli  ed  un  fervore  di  vita  intellettuale  si  span- 
deva per  tutta  la  famiglia. 

Non  è  meraviglia  che  in  casa  Settala  una  doviziosa  raccolta 
di  libri  si  venisse  così  accumulando.  Ma  non  basta.  L'amicizia 
con  principi,  duchi  e  personaggi  illustri  italiani  e  forestieri,  do- 
veva portar  con  sé  un  desiderio  di  lusso  e  il  bisogno  di  ornare 
la  casa  di  qualche  opera  d'arte.  Tra  gli  illustri  amici  del  Set- 
tala va  ricordato  lo  splendido  cardinale  Maurizio  di  Savoia  , 
grande  dissipatore  e  protettore  di  letterati  e  di  artisti,  al  quale 
Lodovico  dedicò  i  suoi  commenti  ad  Aristotele  (i)  e  forse  n'ebbe 
in  dono  quell'  «  anello  d'oro  in  cui  il  ritratto  dell' Eminentissimo 
«  Cardinale  Mauritio  di  Savoia  si  riverisce  »  che  troviamo  ricor- 
dato nella  galleria  (2).  La  bella  edizione  dei  commenti  ad  Aristo- 
tele è  ornata  da  un  ritratto  di  Lodovico  inciso  finamente  in  rame, 
sotto  il  quale  il  Puteano  (l'edizione  è  di  Lione,  i632)  fece  porre 
un  suo  epigramma.  La  fronte  alta,  gli  occhi  vivaci,  il  naso  aqui- 
lino e  la  barba  piena,  fluente,  danno  alla  figura  dignità  ed  im- 
ponenza; mentre  la  fisonomia  è  buona,  serena,  da  filosofo  antico. 
Sappiamo  che  la  pittrice  Fede  Gallizia  aveva  disegnato  e  colorito 
mirabilmente  un  piccolo  ritratto  di  Lodovico  che  si  conservava 
in  una  cassetta  di  ebano  leonato,  e  che  da  esso  il  famosissimo 
Sadeler  fiammingo  aveva  cavata  l'incisione  in  rame  che  servì 
probabilmente  alla  stampa  ora  citata  (3).  Fede  Gallizia,  nata  nel 
1578  dal  rinomato  incisore  e  miniatore  trentino  Nunzio,  e  morta 


(i)  Commentari  in  Aristotelis  problemata,  Tomi  tres.  Lugduni,  1682. 

(2)  SCARABELLI,    Op.    cit.,   pag.    Il 6. 

(3)  SCARABELLI,    Op.    cit.^    pag.    211. 


CONTRIBUTO  PER  LA  STORIA  DELLA  COLTURA  IN  MILANO,  ECC.  73 

probabilmente  di  peste  nel  i63o  (i),  era  pittrice  di  qualche  valore 
e  fama  grandissima  al  principio  del  seicento,  sopratutto  tra  le 
famiglie  patrizie  milanesi.  Sembra  che  essa  godesse  continuamente 
la  protezione  dei  Settala,  poiché  nella  galleria  loro  trovavansi 
dieci  quadri  di  sua  mano  e  parecchi  altri  sono  ricordati  in  alcuni 
documenti  privati  di  Isabella  Calusca  moglie  di  Senatore  Settala  (2). 
In  quanto  al  fiammingo  Sadeler,  che  si  confonde  con  tanti  inci- 
sori di  quel  cognome  venuti  quei  tempi  in  Italia,  egli  è  forse  lo 
stesso  che  Enrico  Puteano  ricorda  in  una  lettera  del  1600  datata 
da  Padova,  nella  quale  esorta  il  Settala  ad  ospitarlo  in  casa  pro- 
pria e  a  legarlo  a  sé  con  ogni  beneficio,  perchè  era    un    incisore 


(i)  Vedi  un  mio  piccolo  studio  intitolato  Artisti  Trentini  a  Milano 
—  Nunzio  e  Fede  GalUzia,  iSyS-ióSo  nella  Rivista  Tridentum,  Anno  I, 
fase.  V  (Trento,  Zippel,  1898). 

(2)  Il  nobile  signor  Bentivoglio  Pisani,  che  discende  per  via  col- 
laterale dalla  famiglia  Settala,  possiede  nel  suo  archivio  privato  una 
petizione  che  nel  1698  i  figlioli  di  Senatore  Settala  fecero  alla  loro 
madre  Isabella  Calusca  passata  in  seconde  nozze  col  conte  Panigarola, 
diffidandola  a  restituire  molti  oggetti  che  essa  aveva  portati  nella  casa 
del  secondo  marito.  Alle  specificate  domande  di  varii  oggetti  la  Calusca 
contrappone  osservazioni  giustificative  negando  la  richiesta  restituzione. 
In  questa  nota  troviamo  ricordati  sette  quadri  della  Gallizia  e  di  al- 
cuni si  dice  che  la  Calusca  li  aveva  comperati  da  madonna  Anna 
erede  di  Fede,  di  altri  si  danno  più  interessanti  notizie.  Così  "  un 
"  quadro  di  Santa  Caterina  gli  fu  mandato  da  Madonna  Fede  in  punto 
"  di  morte  per  non  aver  scudi  12  da  restituirgli  de  contanti  che  gli 
"  aveva  dato  in  prestito  dei  suoi  propri  denari  „  e  ancora  "  un  quadro 
"  di  S.  Carlo  piccolo  di  mano  di  Fede  gli  fu  dato  da  detta  Fede  di 
"  festa  un  Natale  come  separatamente»  ne  dava  al  S.  Senatore  an- 
"  cora  et  li  suoi  sono  in  casa  Settala,,.  Attestati  questi  di  una  ben 
meschina  protezione,  ma  la  miseria  del  seicento  non  consentiva  di  me- 
glio. Tra  le  altre  comiche  risposte  della  Calusca  mi  piace  riportare  la 
seguente  che  mostra  come  alla  larghezza  signorile  dello  spendere  pel 
vestito  fosse  subentrata  una  grande  taccagneria.  Si  domandava  "  Un 
"  sottanino  di  damasco  argentino  ornato  con  più  di  venti  lavori  d' oro 
"  fattogli  tial  S.  Senatore  „.  E  la  Calusca  risponde  "  Il  sottanino  ar- 
"  gentino  fu  fatto  nel  1628  e  dopo  averlo  portato  anni  i5  per  non 
"  averne  mai  avuti  altri  se  ne  è  valsa  per  necessità  ed  in  questo  non 
"  è  meraviglia  che  il  signor  Antonio  lo  dimandi  o  se  ne  ricordi,  poi- 
"  che  per  così  lungo  tempo  l'ha  sempre  veduto  innanzi  agli  occhi  „. 


74 


IL    MUSEO    SETTALA 


Jci  più  insigni  e  un  uomo  probo  e  lepido:  insomma  un  vero 
fiammingo.  Fa  in  modo,  conclude  Puteano,  che  noi  possiamo  ve- 
dere tra  breve  la  tua  bella  faccia  scolpita  da  lui  (i).  Nella  de- 
scrizione della  galleria  si  ricorda  uno  scatolino  col  ritratto  di 
Lodovico  «  formato  dal  grande  scultore  per  nome  Milano,  perchè 
«  servisse  a  farne  una  medaglia  di  bronzo  ».  Lo  scatolino  col 
ritratto  si  vede  ancora  all'Ambrosiana  nello  scaffale  che  racchiude 
i  pochi  avanzi  del  disperso  museo  ed  una  medaglia  coniata  su 
quel  modello,  si  conserva  nel  Gabinetto  Mumismatico  di  Brera. 
Tra  le  scolture  troviamo  ricordato  nel  catalogo  un  piccolo  busto 
di  Lodovico,  lavorato  da  Andrea  Biffi,  scultore  coetaneo  del  Set- 
tala,  che  molto  operò  per  il  Duomo.  Io  penso  che  il  Manzoni 
abbia  tratto  ispirazione  da  qualcuno  dei  ritratti  di  Lodovico  a 
ravvivare,  nel  racconto  della  peste,  con  un  tocco  d'artista  un  epi- 
sodio ricordato  in  modo  pedestre  dal  Rigamonti.  La  gente,  che 
tumultua  attorno  alla  bussola  del  protofisico,  grida  «esser  lui  il 
«  capo  di  coloro  che  volevano  che  vi  fosse  la  peste,  lui  che  met- 
«  teva  in  ispavento  la  città,  con  quel  suo  cipiglio,  con  quella  sua 
«  barbacela,  tutto  per  dar  da  fare  ai  medici  ».  La  faccia  grave 
e  pensierosa,  la  barba  imponente,  il  grande  collare  alla  spagnuola 
dovevano  renderlo  infatti  una  maestosa  figura  che  il  popolo  era 
solito  a  riverire  umilmente ,  e  che  solo  in  quei  giorni  di  irri- 
tazione malata  insultava  con  quella  stessa  rabbia  con  cui  spesso 
bestemmia  il  Dio  in  cui  crede.  Il  Settala,  proteggendo  gli  artisti 
per  quanto  era  nelle  sue  forze ,  aiutava  le  geniali  iniziative  del 
cardinale  Federico  che  nell'istituto  dell'Ambrosiana  aveva  dato 
largo  sviluppo  all'  insegnamento  delle  arti,  cui  presiedevano  uo- 
mini che  serbavano  ancora  alta  la  dignità  dell'  arte,  e  che  i  po- 
steri ancora  rispettano.  Di  costoro  era  amico  il  nostro  Settala  e 
questi  egli  accoglieva  nella  sua  casa  pregiandone  e  comperandone 
i  lavori. 

Di  Giovan  Battista  Crespi,  detto  più  comunemente  il  Cerano, 
che,  invitato  alla  corte  dei  Borromei,  insegnava  pittura  all'  Am- 

(i)  E.  PuTEANi,  Epistolarum  centuriae,  Centuria  I,  lett.  XIIII. 


CONTRIBUTO  PER   LA   STORIA  DELLA  COLTURA  IN  MILANO,  ECC.  7:) 

brosiana,  e  che  mori  nello  stesso  anno  nel  quale  scese  nel  sepol- 
cro Lodovico  (i633),  si  ricordano  nella  galleria  settaliana  alcuni 
quadri  «  Uno  grande  singolarmente  stimato,  historiato  dal  suc- 
«  cesso  di  Lucretia  romana  in  atto  di  uccidersi,  con  attorno  i 
«  suoi  parenti,  che  con  diverso  atteggiamento  rimirano  quell'  a- 
«  troce  spettacolo.  Un  altro  piccolo  con  S.  Giacomo  a  cavallo 
«  che  con  la  spada  imbrandita  uccide  e  stende  a  terra  molti  ne- 
«  mici  del  nome  cattolico.  Originale  del  sodetto  Cerano  di  tutta 
«  eccellenza,  dal  medesimo  donato  prima  che  morisse,  in  pegno 
«  del  suo  affetto  ». 

L' opera  certo  più  famosa  che  bella  del  Cerano,  la  statua 
colossale  di  S.  Carlo  ad  Arona,  era  ricordata  nella  galleria  da  un 
piccolo  modello  fatto  dallo  stesso  artista  (i).  Molti  altri  oggetti 
attestavano  una  stretta  amicizia  della  famiglia  per  lui.  «  Due 
«  ovali,  ai  centri  dei  quali  ritratta  la  moglie  e  la  madre  del  fa- 
«  moso  Cerano  (2)  ».  «  Un  San  Giuseppe  dipinto  dal  padre  dello 
«  stesso  Cerano  v.  «  Un  San  Francesco  dipinto  dalla  sua  so- 
ft rella  (3)  ».  «  Capo  del  precursore  Battista  dentro  a  un  disco 
«  sostenuto  dalla  perfida  Erodiade,  lavoro  di  una  figliola  del  me- 
«  desimo  Cerano,  che  poi  si  maritò  col  celebre  pittore  Melchior 
«  Gerardino  ».  Ecco,  insieme  a  Fede  Gallizia,  un'altra  pittrice 
ravvivare  colla  sua  virtuosità  il  gruppo  di  questi  giovani  artisti 
che  sorgono  dalla  scuola  dell'  Ambrosiana  a  combattere  1'  ultima 
e  non  ingloriosa  battaglia  dell'  arte.  Melchior  Gerardini  è  con  Da- 
niele Crespi,  con  Carlo  Francesco  Nuvolone,  con  Ercole  Procac- 
cino, uno  dei  migliori  di  questo  piccolo  drappello.  Del  Gerardini 
si  vantavano  nella  galleria  due  tele,  un  S.  Gerolamo  e  una  Santa 
Lucia,  di  Daniele  Crespi  erano  detti  i  ritratti  dei  figlioli  di  Lo- 
dovico, Manfredo  e  Senatore  ;  del  Procaccino  si  ricordavano  un 
S.  Giovanni  ed  una  Maddalena  penitente.  Pur  troppo  l'anno  della 
peste  fu  fatale  all'  Accademia  dell'  Ambrosiana,  che  dopo  d'allora 


(1)  SCARABELLI,    Op.    cit.,    p.    21 7. 

(2)  Id,,  ibid.,  p.  212. 

(3)  Id.,  ibid.,  p.  259. 


76 


\L    MISEO    SKTTALA 


non  diede  più  segno  di  vita.  —  Nella  scoltura  Milano  aveva  un 
grande  dovere  da  compiere:  terminare  la  fabbrica  del  Duomo  (i) 
Dei  nostri  artisti,  che  incoraggiati  dalla  protezione  dei  Borromei, 
lavorarono  con  molta  lena  attorno  a  questo  monumento,  parecchi 
lasciarono  qualche  loro  opera  nella  galleria  dei  Settala.  Angelo 
De  Marinis,  detto  «  il  gran  siciliano  »,  che  scolpì  per  il  Duomo 
nel  i55ó  la  statua  di  Pio  IV  de'  Medici,  e  poscia  quella  della 
Maddalena,  di  Eva,  di  Santa  Tecla,  trattò  per  il  Settala  con 
molta  pazienza  alcuni  coralli,  effigiando  in  uno  i  due  vecchioni 
e  la  casta  Susanna,  in  un  altro  una  mano.  Questi  coralli  si  ve- 
dono ancora  fra  i  pochi  oggetti  artistici  del  disperso  museo,  che 
sono  all'Ambrosiana.  Gerolamo  Prestinaro,  valente  scultore,  che 
nella  prima  metà  del  secolo  XVI  arricchì  internamente  ed  ester- 
namente di  pregevoli  statue  la  nostra  cattedrale,  è  ricordato  al- 
tresì nella  Galleria  (2)  per  la  sua  statua  di  una  Venere  alta  più 
di  un  braccio.  Una  statuetta  di  Marte  è  detta  di  Gaspare  Vi- 
smara  (3),  che  fra  le  molte  opere  fatte  per  il  Duomo  sul  declina^x* 
del  secolo  XVI  e  nei  primi  del  susseguente,  vanta  il  grandioso 
rilievo  posto  sopra  la  porta  di  mezzo,  rappresentante  la  creazione 
di»  Eva  dalla  d'osta  di  Adamo,  rilievo  del  quale  il  Cerano  aveva 
tracciato  il  disegno.  Ad  insegnare  la  scoltura  era  stato  chiamato 
all'Ambrosiana  Andrea  Biffi,  anch'  egli  uno  degli  scultori  più  ce- 
lebri del  Duomo  in  questo  tempo ,  del  quale  oltre  il  ritratto  di 
Lodovico,  si  enumerano  nella  Galleria  parecchie  figure  di  cera  ed 
altre  sculture. 

Ma  oltre  alle  opere  dei  contemporanei  ricorda  il  catalogo  della 
Galleria  Settala,  un  buon  numero  di  lavori  di  autori  di  ben  maggior 
pregio.  Si  è  già  detto  del  ritratto  dello  zio  di  Lodovico,  il  Cavalier 
teutonico  Galeazzo,  che  vuoisi  dipinto  dal  Tiziano,  e  che  era  tenuto 
come  il  più  prezioso  gioiello  della  famiglia.  Si  citano  ancora  al- 


(i)  Ved.  MoNGERi,  La  facciata  del  Duomo  di  Milano  e  i  suoi  disegni 
antichi  e  moderni,  in  quest'^rc/r.,  a.  XIII,  1886,  p.  298. 

(2)  SCARABELLI,    Op.    cit.,    p.   217^    n.°    7. 

(3)  SCARABELLI,    Op.    cit.,    p.   21 7,    n.°   8 


I 


CONTRIBUTO  PER    LA  STORIA   DELLA  COLTURA   IN  MILANO,  ECC.         77 

cune  statue:  una  Venere  con  putti  di  Giovanni  da  Bologna, 
alcuni  quadri  si  attribuiscono  a  Raffaello,  altri  a  Leonardo  da 
Vinci,  altri  ancora  al  Luino.  A  noi  oggi  non  resta  altro  che  il 
dubbio  che  l'autore  del  catalogo  abbia,  come  di  solito,  largheg- 
giato molto  neir  attribuire  a  sommi  pittori  quadri  forse  mediocri. 
Quel  poco  che  il  museo  conteneva  di  artistico  fu,  a  mio  credere, 
raccolto  tutto  dal  buon  gusto  del  vecchio  protofisico;  Manfredo 
aveva  (come  vedremo)  altri  gusti  ed  altre  tendenze. 

Nel  testamento  di  Lodovico  Settala  quondam  Francesco,  ro- 
gato da  Francesco  Crivelli  notaio  milanese  ai  5  di  giugno  del  i632 
che  si  conserva  alla  biblioteca  di  Brera  fra  i  manoscritti  Morbio, 
oltre  alla  grande  raccolta  di  libri  che  l'instancabile  leggitore  si  era 
venuto  formando,  è  rammentata  espressamente  anche  la  galleria. 
In  questo  suo  testamento  Lodovico  istituisce  eredi  i  suoi  figliuoli, 
Antonio,  Senatore,  Manfredo,  Carlandrea  «  in  egual  porzione,... 
«  sostituendo  gli  uni  agli  altri  in  linea  mascolina  per  fidecom- 
«  messo  con  facoltà  al  signor  Antonio  di  poter  alienare  solo  pei 
«  suoi  bisogni,  dichiarando  che  i  libri  debbono  restare  sempre  in 
«  casa  presso  la  sua  famiglia  e  che  si  debba  fare  il  repertorio  di 
«  detti  libri  e  della  galleria,  sottoponendola  anche  questa  al  fide- 
«  comesso  ».  Il  grande  amore  per  i  suoi  libri,  per  la  sua  casa,  ricca 
di  grati  ed  onorati  ricordi,  la  volontà  e  la  speranza  che  essa  fosse 
conservata  ad  attestare  ai  posteri  la  sua  passione  per  la  coltura 
e  tutte  le  sue  lotte,  sono  dati  abbastanza  importanti  a  lumeggiare 
la  vita  intera  di  questo  uomo  e  lo  spirito  suo  formatosi  in  mezzo 
a  quella  splendida  società  italiana  della  fine  del  cinquecento,  che 
pur  soprafatta  da  tante  sciagure  e  dissanguata  in  tanti  modi, 
non  sapeva  rassegnarsi  a  vivere  mediocremente,  ma  voleva  per  sé 
tutti  i  godimenti  del  sapere,  le  gioie  dell'arte,  ed  aspirava,  pur 
con  sì  poche  forze,  alla  gloria.  Lodovico  Settala  morì  il  12  set- 
tembre i633  e  poco  dopo  cessarono  di  vivere  anche  i  suoi  figlioli 
Antonio  e  Senatore.  Il  fidecommissario  del  testamento  sopracitato 
divenne  perciò  Manfredo  Settala,  e  con  lui  la  biblioteca  e  la  gal- 
leria si  trasformarono  in  un  vero  museo,  del  quale,  come  che 
costituisca  il  principale  soggetto  del  nostro  studio,  è  tempo  di 
venir  adesso  a  discorrere  particolarmente. 


IL    MUSEO    StTTALA 


I 


II. 


Mentre  nel  quattrocento  e  nella  prima  metà  del  cinquecento 
il  desiderio  di  raccogliere  cose  rare  nasceva  sopratutto  dal  piacere 
di  adunare  ogni  bellezza  nella  casa  signorile,  nel  seicento  invece 
anche  il  museo  aspira  a  rappresentare  lo  stato  della  scienza,  si 
prefigge  di  raccogliere  tutto  quanto  possa  dare  un'idea  generale 
del  mondo,  dell'  uomo  e  della  sua  storia. 

Se  leggiamo  i  cataloghi  del  museo  Kircheriano  di  Roma  (i), 
del  museo  Cospiano  di  Bologna  (2),  delle  gallerie  medicee  fioren- 
tine,  vediamo  dapertutto  farsi  manifesto  questo  carattere.  Così 
nel  Musco  Settaliano  gli  oggetti  d'arte  ricordati'  più  avanti  ave- 
vano un'importanza  secondaria  in  confronto  del  medagliere,  delle 
iscrizioni  antiche  della  raccolta  di  rarità  naturali,  di  quella  di 
istrumenti  e  di  meccanismi  per  lo  studio  della  fisica,  di  quella  in- 
fine che  diremo  etnografica,  formata  cioè  di  vesti,  di  armi,  di  libri 
portati  dall'Oriente  e  dalle  Americhe.  Il  voler  tutto  comprendere, 
il  voler  soddisfare  ad  ogni  curiosità  era  naturalmente  di  gran 
danno  al  valore  delle  singole  raccolte,  poiché  l'attività  e  i  mezzi 
limitati  di  un  privato  non  si  potevano  concentrare  con  frutto  su 
alcuna  di  esse.  Ma  questa  dispersione  era  pur  necessaria  se  si 
voleva  dar  degnamente  alle  proprie  raccolte  il  nome  di  Museo. 
L'indipendenza  delle  varie  discipline  fra  loro  non  si  era  ancora 
stabilita:  e  come  abbiamo  visto  della  medicina  che  si  fondeva 
colla  filologia,  così  succedeva  della  storia  naturale,  della  fisica, 
della  storia  delle  antichità,  insomma  lo  scibile  umano,  ad  onta 
dell'opera  limitatrice  del  Galileo  e  di  quelli  che  avevano  ben  com- 


(1)  BoNANNi,  Musami  Kircheriaman  a  P.  Atanasio  Kirchero  S.  I. 
in  Collegio  Rom.  S.  L  Romae,  1709. 

(2)  Lorenzo  Legali  [Dott.  Filosofo,  Medico  e  Pubblico  Professore 
a  Bologna].  Museo  Cospiano  —  Annesso  a  quello  del  famosissimo  Ulisse 
Aldrovandi  e  donato  alla  sua  patria  dal  Sig.  Ferdinando  Cospi.  Bo- 
logna, Monti,  1667. 


CONTRIBUTO  PER  LA  STORIA   DELLA  COLTURA  IN  MILANO,  ECC.  79 

preso  lo  spirito  della  scienza  nuova,  sembrava  ai  più  uno  e  indi- 
visibile. Ulisse  Aldrovandi,  il  naturalista  bolognese,  nella  sua  storia 
naturale  formata  da  ben  tredici  volumi  in  foglio,  parlando  del 
bue  e  del  gallo  raccoglie  tutto  ciò  che  intorno  a  questi  due  ani- 
mali hanno  pensato  gli  antichi,  tutte  le  favole,  i  miracoli,  le  si- 
militudini dei  poeti,  le  rappresentazioni  grafiche.  Scrittori  ed  opere 
di  simile  genere  ve  ne  sono  un  gran  numero  al  principio  del  sei- 
cento, poiché  tale  rimane  il  carattere  della  scienza  d'allora. 

Il  museo  Settala  trovò  de'  descrittori  che  seguirono  il  metodo 
ora  citato  ed  infatti  il  libi"o  del  dottor  fisico  collegiato  Paolo  Maria 
Terzaghi,  pubblicato  nel  1664,  si  dilunga  a  raccogliere  quante 
notizie  può  intorno  ai  vari  oggetti  ricordati,  desumendole  da  scrit- 
tori e  da  poeti,  e  alla  descrizione  fa  seguire  quattro  cosidetti 
«  Luogocentoni  «  sulle  ambre,  sui  cristalli,  sulla  calamita,  sui 
fossili,  dove  espone  le  strane  idee  del  tempo  intorno  alla  natura 
e  al  modo  di  formazione  di  queste  materie.  Nel  1666  Pietro  Sca' 
rabelli.  Dottor  Fisico  di  Voghera  «  per  esaudire  la  molteplicità 
«  delle  istanze  di  Cavalieri  e  Dame  curiose  »  tradusse  in  volgare 
il  libro  del  Terzaghi,  aggiungendovi  parecchie  notizie  relative 
alle  molte  curiosità  entrate  di  recente  nel  Museo,  e  pubblicò  la 
sua  fatica  a  Tortona  dedicandola  al  conte  Bartolomeo  Arese.  Alla 
Biblioteca  Nazionale  di  Firenze  nell'enorme  carteggio  tenuto  dal 
Magliabechi  con  pressoché  tutti  gli  eruditi  del  suo  tempo,  ho 
trovate  anche  dieci  lettere  di  Manfredo  Settala.  In  una  di  queste 
del  17  settembre  1664  egli  scrive:  «  Dall'ordinario  nostro  di  Milano 
«  riceverà  V.  S.  l'Indice  delle  mie  frascherie  e  subito  che  sarà 
«  stampato  il  volgare  glielo  invierò  ».  Il  canonico  Manfredo  fu  cer- 
tamente l'inspiratore  di  queste  due  opere,  ma  senza  curarsene 
molto  (se  diam  retta  alle  sue  parole  or  citate)  egli  mise  a  disposi- 
zione dei  due  dottori  fisici  collegiati  oltre  che  il  museo  anche  la 
ricca  biblioteca  di  casa.  Gli  autori  si  giovarono  ben  più  di  questa 
cfie  di  quello;  infatti  nei  loro  libri  citarono  tutte  le  diverse  sentenze 
che  gli  scrittori  di  cose  naturali  e  descrittori  di  musei  avevano 
esposte  prima  di  loro  sui  vari  argomenti,  ma  non  si  curarono 
mai  coir  osservazione  precisa  degli  oggetti,  di  accertare  quelle  no- 


b'o 


IL    MUSEO   SETTALA 


tizie,  di  sceverare  il  vero  dal  falso.  Perciò  scientificamente  non  fu 
certo  molto  grande  l'importanza  del  musco  milanese.  In  Toscana 
invece  dalle  raccolte  medicee,  formate  cogli  stessi  criteri,  sotto  la 
guida  del  nuovo  metodo  esperimentale,  l'ingegno  acuto  di  Fran- 
cesco Redi  seppe  trarre  grande  vantaggio.  In  una  lettera  diretta 
al  P.  Atanasio  Kirchcr  della  Compagnia  di  Gesù,  fondatore  del 
museo  che  da  lui  tolse  il  nome,  il  Redi  espone  appunto  alcune 
sue  esperienze  intorno  a  diverse  cose  naturali  e  particolarmente 
a  quelle  che  sono  portate  dall'India  e  quindi  mette  garbatamente 
in  canzone  le  bugie,  le  frottole  infinite  che  (spacciate  da  ciarlatani 
o  da  ignoranti)  erano  credute  come  vangelo  da  dottori  fisici  di 
grande  nome  ai  dì  suoi.  Né  è  qui  inutile  digressione  il  ricordare 
l'operetta  dello  scienziato  aretino,  che  contiene  pagine  bellissime, 
ricche  di  quel  «  humour  »  garbato,  direi  quasi  inglese,  di  cui  si 
hanno  così  rari  esempi  nella  nostra  letteratura,  perchè  tra  i  tanti 
libri  dei  quali  egli  ricavò  notizie  per  metterla  insieme,  v'è  citata 
anche  la  descrizione  del  nostro  museo,  che  lo  stesso  Manfredo 
Settala,  come  vedremo  più  avanti,  gli  aveva  mandato  in  dono. 
Parlando  di  alcuni  medicamenti  ai  quali  si  attribuivano  grandi 
effetti  mentre  non  ne  possedevano  alcuno,  il  Redi  scrive  (i)  «Nel 
«  numero  di  questi  è  quell'animale  col  guscio,  quasi  simile  alla 
«  testuggine,  che  nel  Brasile  e  nella  Nuova  Spagna  è  chiamato 
«  Tatoii  e  dagli  Spagnoli  ArmadillOj  descritto  dall'Oviedo,  da 
«  Pietro  Martire,  dal  Gesnero,  da  Giovanni  Leri,  dal  Clusio,  dal 
«  Nierembergo,  dal  Vorm.io  e  dal  Settala  nel  suo  nobile  Museo. 
«  Dicono  alcuni  che  una  dramma  della  sua  scorza,  o  guscio,  pro- 
«  voca  potentemente  il  sudore  a  coloro  che  hanno  il  mal  francese; 
«  e  che  un  ossicino  della  sua  coda  ridotto  in  polvere  impalpabile 
«  e  messone  quanto  un  capo  di  spillo  nell'orecchio,  vale  contro 
«  alla  sordità  e  la  guarisce  infallibilmente.  Tutto  è  mera  favola  ». 


(i)  Esperienze  intorno  a  diverse  cose  naturali  e  particolarmente  a 
quelle  che  ci  sono  portate  dalle  Indie,  fatte  dal  Sig.  Francesco  Redi 
e  scritte  in  una  lettera  al  P.  Atanasio  Kircher  della  Compagnia  di  Gesù 
in  Redi,  Opere,  voi.  IV.  Milano,  Tipografia  dei  Classici,  1811,  pag.  66. 


CONTRIBUTO  PER  LA  STORIA   DELLA  COLTURA  IN  MILANO,   ECC.  8z 

Questo  poteva  attestare  deducendolo  dalle  proprie  esperienze  il 
medico  Redi,  mentre  i  descrittori  del  museo  settaliano  si  accon- 
tentano di  rammentare  in  prova  della  indiscutibile  virtù  della 
polvere  di  Armadillo  le  esperienze  degli  altri.  Benché  solamente 
questa  volta  il  Redi  nomini  il  mus.eo  del  Settala,  pure  tutti  i 
vari  punti  della  sua  operetta  potrebbero  essere  messi  a  confronto 
colle  sopracitate  descrizioni  e  sempre  naturalmente  a  scorno  dei 
dottori  fisici  collegiati  milanesi.  Talvolta  la  loro  credulità  ai  rac- 
conti degli  scrittori  antichi  e  moderni  oltrepassa  ogni  limite  ed 
è  addirittura  ridicola.  Anch'essi  parlano  del  pesce  donna,  al  quale 
accenna  pure  il  Redi  (i).  «  Denti  diversi  di  Lamia  cui  stimo  dì 
«  q.uelle  fiere,  così  scrive  lo  Scarabelli  (2),  che  Dione  Crisostomo 
«  dice  ritrovarsi  nell'Africa,  di  faccia  feminile,  con  le  mammelle 
«  e  il  petto  bello,  quanto  mai  si  possa  con  colori  dipingere.  Onde 
«  si  dice,  che  per  ingannar  gli  h uomini,  de  quali  vivon  fameliche, 
«  mostrai!  loro  il  petto  ignudo  per  allettarli  e  guadagnarsene 
«  la  vicinanza.  Nel  che  pare  che  Geremia  alludesse  con  quelle 
«  parole:  Sed  et  Lamiae  niidaveriint  niammam  ».  Opportunamente 
il  Redi  paragonava  questi  eruditi  credenzoni  ai  rozzi  castellani 
di  Certaldo  che  credevano  veri  gli  effetti  della  penna  e  dei  car- 
boni mostrati  loro  quali  reliquie  incomparabili  da  quel  ribaldis- 
simo ingannatore  mentovato  dal  Boccaccio  (3).  Né  il  medico 
toscano  si  accontentava  solamente  deplorare  tutti  questi  sciocchi 
errori,  ma  ne  spiegava  anche  la  derivazione.  «  I  favolosi  trovati, 
«  egli  scrive  (4),  che  si  raccontano  intorno  ai  medicamenti  mo- 
«  derni,  hanno  per  lo  più  avuta  origine  da  qualche  novelletta  scritta 
«  e  creduta  da  alcuno  degli  antichi  credulissimi  scrittori.  E  chi 
«  non  s'avvede  che  quanto  narra  costui  della  sua  pietra  Mom- 
«  baga  intorno  all'utilità  che  suole  apportare  alle  partorienti,  lo 
«  ha  tolto  di   peso  da  coloro,  che  sognarono  e  descrissero  le  virtù 


(i)  Redi,  op,  cit.,  pag.  67. 

(2)  Scarabelli,  op.  cit.,  pag.  170. 

(3)  Redi,  op.  cit.,  pag.  Co. 

(4)  Id.,  ibid.,  pag.  64. 

4rck.  Stor.  Lomb.  —  Anno  XXVIL  —  Fase.  XXVII. 


82  IL    MUSEO   SETTALA 


i 


«  della  pietra  Aquilina?  »  Naturalmente  anche  il  Tcrzaghi  e  lo 
Scarabclli  ricordano  nel  musco  la  pietra  aquilina  e  ne  raccontano 
i  portenti  (i).  Un'altra  ancora  di  queste  ridicole  credenze,  e  sarà 
l'ultima  citata,  perchè  troppo  si  andrebbe  per  le  lunghe  a  rac- 
coglierle tutte,  era  quella  dejla  pietra  fungifera  che  posta  in  un 
terreno  umido,  in  una  notte  produceva  i  funghi.  Né  è  a  meravi-  fl 
gliarsi,  come  fanno  il  Luzio  e  il  Renier  (2),  che  anche  la  marchesa  '^ 
Isabella  d'Este,  ai  suoi  tempi,  credesse  al  potere  di  essa  quando 
nel  seicento  ne  parla  con  tutta  convinzione  il  Kircher  e  prima 
di  lui  l'avevano  descritta  il  Porta,  lo  Scaligero,  il  Cardano,  il 
Mattioli  e  Ludovico  Bertaldi  che  si  trovano  tutti  citati  dai  de- 
scrittori del  museo  settaliano.  A  noi  sembra  impossibile  che  tanti 
uomini,  che  pure  avean  nome  di  scienziati,  avessero  potuto  ripetere 
notizie  così  strane,  senza  che  alcuno  mai  pensasse  a  sincerarsi, 
facendone  esperimento.  Ma  non  dobbiamo  giudicare  di  essi  troppo 
severamente  con  concetti  moderni.  La  forza  d'inerzia  dominava 
su  tutti  di  modo  che  l'uno  si  rimetteva  interamente  alla  testi- 
monianza dell'altro;  si  desiderava  più  di  saper  molto  che  di  saper 
bene,  poco  importava  che  le  notizie  raccolte  fossero  vere  o  no; 
purché  fossero  state  dette  e  ripetute  da  qualche  grande  dottore 
parevano  degne  di  rispetto  e  di  fede. 

Anche  al  canonico  Manfredo  Settala,  sempre  animato  di 
grande  interesse  per  tutte  le  questioni  naturali,  sembra  mancasse 
un  vero  concetto  scientifico  nell' ordinare  le  sue  raccolte.  Colla 
perseveranza  di  tutta  la  vita,  con  grande  varietà  di  attitudini, 
con  una  dottrina  universale  e  pronta,  con  una  speciale  gentilezza 
di  modi,  egli  aveva  reso  il  suo  museo  un'istituzione  unica  ed  im- 
portante della  città  natale  (3),  ne  aveva  fatto  un  luogo  pieno  di  at- 


(1)  SCARABELLI,  op.  cH.,  pag.  85. 

(2)  //  lusso  d'Isabella  d' Esie  Marchesa  di  Mantova  in  Nuova  Anto- 
logia, i5  luglio  1896,  pag.  299. 

(3)  Alcuni  altri  nobili  raccoglievano,  in  Milano  sopratutto,  monete, 
codici,  cammei;  vedi  ad  esempio  E.  Motta  -  //  Museo  di  un  letterato 
milanese  nel  seicento  (Il  canonico  Giovanni  Valeri).  Bellinzona,  i8p2  — 
ma  nessuno  venne  in  tanta  fama  da  poter  gareggiare  col  Settala. 


CONTRIBUTO  PER  LA   STORIA  DELLA  COLTURA   IN  MILANO,  ECC.  83 

trattive  non  solo  per  gli  studiosi,  ma  per  tutti  quanti  della  scienza 
volevano  cogliere  senza  fatica  i  più  facili  frutti;  e  di  ciò  stava  pago. 
Egli  lasciò  quindi  ad  altri  la  cura  di  scrivere  libri  scientifici  o 
pseudo-scientifici  sul  suo  museo,  a  lui  bastò  imitando  l'Aldrovandi, 
di  far  ritrarre  accuratamente  in  apposite  tavole,  gli  oggetti  più  im- 
portanti delle  sue  raccolte.  «  In  una  certa  parte  della  Galleria, 
«  dice  lo  Scarabelli  (i),  si  conservano  sette  volumi  mezzani  nei 
«  quali  si  vedono  disegnate  e  miniate  dai  più  eccellenti  giovani 
«  pittori  di  Milano,  molte  delle  cose  più  rare  e  cospicue  che  si 
«  trovano  nella  Galleria  stessa  ».  Il  libraio  Karl  W.  Hiersemann 
di  Lipsia  (2),  nel  catalogo  della  sua  biblioteca  antiquaria  offre 
due  volumi  in  quarto  con  centotrentotto  tavole  di  acquerelli  ori- 
ginali dove  sono  raffigurati  trecento  degli  oggetti  più  importanti 
del  museo  Settala,  volumi  che  io  credo  si  possano  identificare  con 
alcuni  di  quelli  più  sopra  indicati,  che  sarebbero  forse  stati  di 
grande  utilità  a  questo  lavoro  quando  li  avessi  potuti  vedere. 

Il  Terzaghi  e  lo  Scarabelli  si  dimenticano  di  indicarci  dove 
precisamente  fosse  collocato  in  Milano  il  nostro  Museo.  Era  allora 
tanto  conosciuto  che  siffatta  notizia  sarebbe  sembrata  superflua; 
oggi  invece  la  ricerca  riesce  disagevole  ed  è  facile  essere  tratti  in 
errore  (3). 


(i)  Scarabelli,  op.  cit.,  pag.  298. 

(2)  Karl  W.  Hiersemann  in  Leipzig,  Kóningsstrasse,  j  -  Katalog.  3184 
Settala  Museo.  2  Quartbànde  mit  i38  Tafeln  von  Original-Aquarellen 
die  3oo  der  wichtigsten  Gegenstànde  darstellen.  Habbleder.  Etwa  1670 
(Besonders  hervorragend  ist  die  Keramische  Ablheilung  mit  sorgfàltig 
ausgefuhrten  Darstellungen  von  chinesischen,  japanischen,  koreanische 
bucharischen,  persichen,  estruskischen,  keramischen  Gegenstànden. 
Alle  Darstellungen  sind  in  sorgsamem,  naturgetreuem  Coiorit  aus- 
gefiihrt  von  D.  Tencalla,  A.  Costa,  Madiolari,  Ferro,  n.  A.) 

(3)  Seletti-Forcella.  Le  iscriz.  Cristiane  Milanesi  poster  al  sec.  IX, 
Codogno  1897,  p.  i85,  descrivendo  un  marmo  inscritto,  ora  esistente 
sotto  il  portico  della  biblioteca  Ambrosiana  "  dove  fu  portato  dalla 
casa  del  canonico  Settala,  nella  qual  casa  fu  veduto  fin  dal  1668  dal 
Gudio,  come  ha  letto  il  Mommsen,  V.  P.  2°  n.  6198  „  asseriscono  che 
"  il  Palazzo  Settala  col  celebrato  suo  Museo,  era  nella  contrada  della 
"  Cavalchina  al    n.  1401    (dovrebbe  essere  1411)   e   propriamente  sul 


8^  IL    MUSEO    SETTALA 


li  Lattuada  (i)  nella  sua  descrizione  di  Milano,  stampata 
nel  1737  quando,  morto  da  più  che  cinquant'anni,  Manfredo, 
il  musco  era  ancora  in  proprietà  della  famiglia  Settala,  ne  deter- 
mina esattamente  la  posizione. 

«  Ella  è  situata  (questa  galleria)  nella  casa  propria  dei  nobili 
«  signori  Settala,  famiglia  delle  più  riguardevoli  di  questa  Metro- 
«  poli;  e  posta  nella  contrada  denominata  del  Pantano,  allorquando 
«  venendo  dalla  croce  piramidale  del  Bottonuto  verso  la  basilica 
«  Nazariana  si  allarga  lo  spazio  abbracciando  il  ramo  abbando- 
a  nato  dall'altra  più  corta  contrada  che  porta  il  nome  di  Posla- 
<(  ghetto;  ed  appunto  in  fin  di  essa  tenendo  la  destra  di  chi  viene 
e  si  trova  e  la  casa  e  la  via  dì  cui  ragioniamo  (2). 

La  casa  di  via  Pantano  N.  26,  che  potrebbe  essere  quella 
con  tanta  minuziosa  cura  indicataci  dal  Lattuada,  non  ha  l'a- 
spetto di  un  palazzo  signorile ,  né  internamente  conserva  (per 
quanto  io  ho  potuto  sapere)  alcun  ricordo  della  nobile  famiglia.  11 
Torre,  che  era,  come  egli  dice  «  un  concalonico  del  Sig.  Manfredo  » 
nel  suo  Ritratto  di  Milano,  dopo  aver  parlato  della  chiesa  di 
S.  Nazzaro  in  Brolio  e  di  due  altre  chiese  che  ora  più  non  esi- 
stono, ricorda  la  galleria  dei  Settala:  «  Giù  di  questa  piazza,  quel 
«  vicino  casamento  nobile  da  noi  scoperto  nel  lato  sinistro  della 


"  l'angolo  dell'attuale  via  Manin  e  piazza  Cavour  „.  La  notizia  è  stata 
tolta  dalla  Milano  nuovamente  descritta  dal  Pittore  Pirovano,  1882,  p.  282, 
dove  si  parla  della  casa  posseduta  dai  discendenti  di  un  altio  ramo 
della  famiglia  Settala. 

(i)  Serviliano  Lattuada.  Descrizione  di  Milano,  —  Milano^  i737- 
Tomo  II,  pag.  145. 

(2)  Da  alcune  carte  esistenti  nell'Archivio  Municipale,  veniamo 
a  sapere  che  Lodovico  Settala,  fisico  colle^iato,  era  nel  1601  divenuto 
padrone  di  due  case  situate  a  Porta  Romana,  nella  parrocchia  di  S.  Na- 
zaro  in  Brolio.  Con  ciò  non  si  vuol  negare  che  la  vera  casa  della  fa- 
miglia, sulla  fine  del  cinquecento,  sorgesse  a  Porta  Orientale.  Ne  è 
indizio  il  sapere  che  nella  peste  del  1576  a  Lodovico  Settala  era  af- 
fidata la  cura  dei  contagiosi  del  sestiere  di  quella  porta,  e  nel  i63o 
suo  figlio  Senatore,  doveva  sovraintendere  ai  medici  di  quel  quartiere. 
Ma  comunque  sia  di  ciò  non  si  può  dubitare  che  il  museo  non  fosse 
nella  casa  di  via  Pantano. 


CONTRIBUTO  PER  LA  STORIA  DELLA  COLTURA  IN  MILANO,  ECC.  85 

«  contrada,  che  dilungasi  qui  per  contro,  si  è  l'abitazione  dei 
«  signori  Settali,  a  cui  fan  capo  quanti  forestieri  sogliono  venire 
«  a  Milano;  le  squisite  qualità  del  Signor  Manfredo  sono  quelle 
«  magiche,  ma  virtuose  Alcine,  che  fanno  sforzare  gli  animi  a 
«  renderli  tributari  d'ossequi  ».  Né  il  Torre  ci  lascia  dubitare 
che,  vivente  Manfredo  (cioè  fino  dal  1679),  il  museo  fosse  in  un 
altro  posto,  perchè,  terminatane  la  descrizione  e  uscito  dalla  casa 
Settala,  dice:  «  La  spaziosa  e  lunga  strada  che  vedesi  di  qua  giun- 
«  gere  fino  all'Aguglia  (ora  più  non  esiste),  eretta  nel  mezzo  di 
«  quattro  vie  chiamasi  contrada  di  Pantano  »  (i).  Si  potrebbe 
credere  che  il  «  concalonico  »,  per  piacere  all'amico,  e  per  esaltare 
maggiormente  anche  in  questa  parte  la  sua  Milano,  esagerasse 
nelle  lodi  del  museo,  ma  la  parola  di  uno  straniero  ci  assi- 
cura che  la  fama  di  esso  e  sopratutto  della  persona  che  l'aveva 
composto  nel  seicento  fu  sempre  e  veramente  non  piccola.  Bal- 
dassare  Monconys  (i6ii-i665),  uno  dei  più  instancabili  e  curiosi 
viaggiatori  del  suo  secolo,  che  sapeva  di  tutto  ed  aveva  legami 
di  amicizia  coi  personaggi  più  dotti  del  tempo,  nel  1664,  accom- 
pagnando in  un  lungo  viaggio  il  figlio  del  duca  di  Luynes,  passò 
per  Milano.  Nei  libri  che  raccolgono  le  memorie  dei  suoi  viaggi 
e  che  sono  pieni  piuttosto  di  cose  curiose  che  importanti,  dopo 
aver  rammentato  il  Duomo  e  il  palazzo  vicereale,  che  dice  grande 
ma  punto  bello,  così  vien  a  parlare  del  nostro:  «  mais  la  chose 
«  la  plus  curieuse  de  cette  Ville  est  M.  le  Chanoine  Septalla, 
«  gentilhomme  ajmé  et  honnoré  de  tous  les  Princes  de  la  Chre- 
«  stiente,  de  tous  le  Curieux,  et  generalement  de  tout  le  monde  ». 
Queste  lodi  sono  fatte  a  Manfredo  per  il  suo  Museo,  che  il  Mon- 
conys ci  descrive  enumerando  gli  oggetti,  che  più  l'avevano  inte- 
ressato. 

Ma  se  noi  volessimo  raccogliere  tutte  le  lodi  che  si  fanno  di 
Manfredo  e  dell'  opera  sua  dagli  scrittori  italiani  del  seicento, 
sarebbe  cosa  lunga  e  noiosa  perchè  molto  uniformi  sono  nelle  loro 
iperboli  questi  instancabili  laudatori.  Ma  anche  se  sulla  scorta  del 

(i)  Torre.  //  ritratto  di  Milano.  Milano,  1674,  pag.  36-38. 


IL    MUSEO    SETTALA 


catalogo,  ci  facessimo  a  visitare  pazientemente  il  musco,  trattando 
anche  noi  degli  «specchi  »,  e  degli  «  istrumenti  matematici  »,  e 
dei  «  vari  horologi  »,  e  de'  «  moti  perpetui  »,  e  dell'  «  ambra  gialla, 
ossia  carabe»,  e  della  «pietra  mirabile  della  calamita»,  e  delle 
«  pietre  bezoariste  »,  e  dei  «  corni  di  unicorno  o  rinoceronte  »  e  di 
cento  e  cento  altre  cose,  prima  si  stancherebbe  la  nostra  pazienza 
che  fossimo  neppur  giunti  a  mezzo  della  via,  lunga  e  faticosa.  Il 
gesuita  Giovan  Battista  Pastorini  in  un  brutto  sonetto  dettato  in 
morte  di  Manfredo,  diceva  che  rivedendo  senza  di  lui  il  grande 
museo,  ogni  cosa  gli  sembrava  aver  perduto  luce  e  bellezza.  *A 
render  gradito  tutto  quell'ammasso  indigesto  di  oggetti  svariati 
era  infatti  necessario  l'uomo  che  ad  uno  ad  uno  li  conosceva  e  li 
amava.  Morto  Manfredo,  in  quelle  stanze  di  via  Pantano  tutto 
perdeva  di  pregio,  e  morti  anche  i  nipoti,  in  cui  almeno  viveva 
il  ricordo  dell'attività  e  dell'entusiasmo  dello  zio,  tutto  si  disper- 
deva malamente.  Noi  dobbiamo  fare  in  modo  quindi  che  Manfredo 
ci  accompagni  nella  nostra  visita,  che  egli  stesso  ci  mostri  in  opera 
i  meccanismi  costrutti  dalle  sue  mani;  eh'  egli  ci  dica  l'importanza 
di  quegli  oggetti,  e  dove  nei  suoi  viaggi  egli  li  aveva  raccolti  e 
chi  li  aveva  a  lui  portati  di  lontano,  ci  nomini  i  donatori  più 
illustri,  ricordi  compiacendosi  le  visite  dei  principi,  dei  potenti, 
ci  inizii  nelle  dispute  sorte  nel  suo  museo  e  continuate  per  let- 
tera contanti  dotti  italiani,  di  Francia, di  Germania  e  d'Inghilterra. 


i 


III. 


La  passione  del  raccogliere  era  forse  sorta  in  lui  già  potente 
quando  giovinetto  di  quindici  anni,  mandato  dal  padre  a  Man- 
tova, aveva  visitate  le  stanze  del  palazzo  ducale,  ripiene  di  tanti 
oggetti  preziosi,  di  tante  insigni  opere  d'arte.  Chissà  quanto  do- 
lore provò  Manfredo  in  quel  terribile  anno  del  i63o,  alla  notizia 
del  sacco  di  Mantova,  immaginando  quei  tesori  con  tanto  studio 
raccolti  dai  magnifici  signori  di  quella  città,  parte  consumati  dalle 
fiamme,  parte  divenuti  preda  di  barbari  rapitori!  Fra  «  le  pietre 


CONTRIBLTO  PER  LA  STORIA  DELLA  COLTURA   IN   MILANO,  ECC.  87 

«  preziose  e  singolari  »  del  Museo  Settala,  si  ricorda  «  una  ma- 
«  lacchita  d'  impareggiabile  bellezza  e  grossa  mezzo  un  pugno  che 
«  fu  ammirata  e  lodata  dal  serenissimo  Duca  di  Mantova,  dalla 
«  cui  presenza  fu  tre  volte  onorato  questo  per  ogni  parte  ammi- 
«  rabile  Museo  r.  Così  lo  Scarabelli  (i),  che  queste  notizie  aveva 
raccolto  dalle  labbra  di  Manfredo  giustamente  orgoglioso  delle 
visite  e  dell'amicizia  di  casa  Gonzaga. 

Numero  maggiore  di  più  dolci  ricordi  avrebbe  evocato  Man- 
fredo, guidandoci  per  le  stanze  del  suo  museo,  dalla  vita  di  stu- 
dente passata  nella  dolce  Toscana. 

Della  avvedutezza  del  vecchio  protofisico  Lodovico  abbiamo 
una  bella  prova  in  questa  preferenza,  data  da  lui,  per  l'educa- 
zione de'  suoi  figlioli,  alle  università  toscane,  le  uniche  che  nel 
rapido  decadere  degli  istituti  italiani  mantenessero  ancora  qualche 
splendore  (2).  Erano  i  tempi  del  Galileo  quando  quel  grande, 
lasciata  Padova,  recavasi  ad  occupare  la  cattedra  nello  studio  di 
Pisa.  Fiorivano  sopratutto  in  Toscana  le  scienze  matematiche  e 
la  semplicità  dell'  esperimento  coli'  evidenza  dimostrativa  soggio- 
gava r  animo  dei  giovani,  liberandoli  alcun  poco  dal  sofisma  sco- 
lastico. Il  lavoro  manuale  era  in  onore.  Manfredo  aveva  avuto 
condiscepolo  a  Siena  Fabio  Ghigi,  che  fu  poi  Alessandro  VII,  e 
sappiamo  che  egli  pure,  il  futuro  pontefice,  oltre  aver  studiato 
filosofia  e  legge  in  queir  università,  si  era  applicato  alle  matema- 
tiche sì  speculative  che  pratiche  «  esercitando  eziandio  acconcia- 
«  tamente  la  mano,  come  scrive  il  suo  biografo,  in  cilindri,  in 
«  concavi  ed  in  convessi  d'  ogni  maniera,  ed  in  lavori  di  rilievo 
«  e  d' intaglio,  e  formando  oriuoli  così  portatili  come  murali  (3).  » 
In  ciò  si  distinse  anche  il  nostro  Manfredo,  che  pure  studiava 
giurisprudenza  a  Siena  e  a  Pisa.  Egli  era  maestro  nel  lavorare, 
al  tornio  «  e  per  T  esquisitezza  sua  nel  tornir  ovato,  dice  il  Pic- 
«  cinelii,  il  serenissimo  gran  Duca,  come  l'Arciduchessa,  oltremodo 


(i)  Op.  cit„  p.  86. 

(2)  TiRABoscHi,  Storia  di  kit.  ital,  Vili,  p.  54. 

(3)  Sforza  Pallavicini,  Vita  di  Alessandro   VII.  Milano,  i643. 


IL   MUSEO   SETTALA 


«  se  gli  affezionarono  (i)  »/  Con  pazienza  e  diligenza  infinita  egli 
riusciva  a  scolpire  e  formare  certe  sue  opere  minute,  che   desta- 
vano una  grande  ammirazione  in  uomini  amanti,  come  voleva  il 
tempo  loro,  del  curioso  e  dello  strano.  Egli    conservava  nel    suo 
museo  «  due  cocchi  con   quattro   cavalli,    con    sopra    di    loro    il 
«  cocchiere  ed  alcune  donne  dentro  :  cocchi  così  piccoli,  che  sotto 
«  r  ala  di  un'  ape  comodamente  si  ricoprono,  — ■  due  piccolissime 
*(  artiglierie  d'avorio  —  un  grano  di  pepe  tornito,  dentro  a  cui 
c<  si  vedono  tutti  i  trentadue  pezzi  degli  scacchi  —  e  ancora  una 
«  ciliegia  d'  avorio  col  suo  nocciolo  al  naturale,  nella   cui    parte 
«  convessa  si  distinguono  scolpiti  al  vivo  cento  capi,  o  sia  teschi 
«  di  morto  e  nella    concava    stan    rinchiusi    tutti    gli   scacchi  ». 
«  Trattenimenti,  soggiunge  lo  Scarabelli,  del  signor  Manfredo  nel 
«  tempo  ch'era  allo  studio  di  Pisa  ».  Ci  restano  alcune  di  queste 
sue  opere  minute,  lavorate   al   torno,  conservate  all' Ambrosiana, 
dove  si  possono  vedere   ancora   le   due  «piccolissime  artiglierie». 
Forse  il  tempo  infinito  speso  in  questi  lavori,  può  a  noi  sembrare 
sprecato;  pure  ci  attesta  una  grande  e  tenace  forza  di  volontà,  che 
rivolta  a  migliori  scopi  avrebbe  potuto  divenire  sorgente   dì  utili 
effetti.  All'. Ambrosiana  si  conservano  ancora  de'  vasi  d'avorio  tor- 
niti da  Manfredo;  alcuni  de'  quali  anzi,  facilmente  possono  identi- 
ficarsi con  altri  dallo  Scarabelli  ricordati  (2).  Non  sono  opere  belle 
di    forma,  perfette    però  nell'esecuzione  (3);   e  guastate   solo  dai 
troppi  e  troppo  complicati  adornamenti.  Di  questi  lavori  molto  si 
compiaceva   il  Nostro,  e  non  solo  come  uomo  desideroso  d'esser  lo- 
dato, ma  anche  come  cittadino,  che  avrebbe  voluto  che  rifiorissero 
in  Italia  quelle  industrie  che  per  il  tempo  addietro  ne  erano  stato 


(i)  PiciNELLi,  Ateneo  dei  letterati  milanesi.  Milano,  1670,  p.  406-407 

(2)  Ad  esempio  a  pag.  201,  i  vasi  n.°  11,  i3  e  i5  che  portano  in 
cima  dei  fiori  variamente  colorati. 

(3)  Vasi  simili  si  vedono  anche  al  R.  Museo  Nazionale  di  Firenze. 
Vedi  la  Guida  per  il  visitatore  del  R.  Museo  Nazionale  neW  antico  palazzo 
del  Podestà  in  Firenze.  Firenze,  Bensini,  1884,  p.  112.  —  Alquanti 
sono  dette  opere  di  Giov.  Ambrogio  Maggione,  celebre  tornitore  mi- 
lanege  che  fioriva  fra  il  1670  e  il  1597,  altri  di  Marco  Hidon  di  Coburgo. 


CONTRIBUTO  PER  LA  ^TORIA  DELLA  COLTURA   UN  MILANO,  ECC.  89 

esclusivo  vanto.  Si  ricordavano  nel  Museo  «  un  vaso  ovato  a  cui 
«  sovra  sta  un  altro  vaso  tornito  a  rosa  co'  loro  coperchi  di  bosso 
«  formati  a  scala  chiocciola,  benché  in  differente  maniera.  Furono 
«  torniti,  leggiamo  nella  descrizione  del  Museo,  dal  signor  Manfredo 
.(  ad  istanza  di  un  gran  personaggio,  che  nel  rimirare  le  opere  a 
«  torno  di  questo  Museo  non  si  persuadeva  che  fossero  parti  del 
«  signor  Manfredo,  ma  anzi  di  artefici  Germani,  onde  convenne 
«  che  in  sua  presenza  egli  alcuni  ne  terminasse  e  gli  facesse  ve- 
«  dere  che  anche  in  Lombardia  vi  fossero  i  patienti  della  Ger- 
«  mania  ».  Il  pregiudizio  che  uom  nobile  non  dovesse  abbassarsi 
a  mestieri  vili  né  lavorare  per  denaro,  né  attendere  alle  industrie 
né  ai  traffici;  pregiudizio  che  la  grandigia  spagnola  aveva  rimesso 
di  moda,  e  si  può  dire  imposto,  impedì  che  le  attitudini  di  Man- 
fredo fossero  di  qualche  utilità  alla  patria,  come  sarebbe  avvenuto, 
se  egli  invece  di  rinchiudersi  nel  museo,  ne  fosse  uscito  e,  circon- 
dato di  bravi  operai,  avesse  saputo  creare  una  grande  ofìlicina,  una 
fabbrica.  Preferiva  invece  insegnare  a  tornire  a  qualche  gran  perso- 
naggio. Il  gesuita  Gian  Battista  Pastorini  (i)  nella  orazione  funebre 
per  Manfredo,  dice  che  «  un  Don  Giovanni  d'Austria,  un  Don  Vin- 
«  cenzo  Gonzaga,  un  marchese  di  Garacena  si  compiacquero  d' iu- 
te chinar  con  esso  lui  la  mano  all'opera  e  di  farsi  discepoli  di  sì 
<c  famoso  maestro  ».  Anche  nel  Museo  difatti  si  ricordano  v  al- 
«  cuni  scatolini  torniti  alla  presenza  del  Serenissimo  Don  Gio- 
«  vanni  d'Austria  (2)  il  quale  onorò  in  persona  questo  museo. 
«  Imparò  questo  signore  a  tornir  fuori  di  centro,  e  sempre  vi 
«  s'impiegò,  che  gliel  permise  1' esercitio  dell'armi,  stimando  di 
«  non  poter  meglio  e  con  più  diletto  divertire  il  suo  pensiero 
«  delle  cure  più  gravi  (3)  ».  Ma  ad  opere  ben  più   importanti   si 


(i)  Orazione  funebre  per  la  morte  del  Can.  Manfredo  Settata  nelle 
esequie  celebrate  in  Milano  dai  suoi  nipoti,  ecc.  Milano,  1686. 

(2)  Don  Giovanni  d'Austria  figlio  naturale  di  Filippo  IV  e  d'una 
commediante  Maria  Calderona,  era  stato  mandato  in  Italia  nel  1647 
ad  assumere  il  comando  delle  truppe  spagnole  e  a  domare  la  rivo- 
luzione di  Napoli. 

(3)  SCARABELLI;    Op.    Clt.,    p.   2I4,    U.   84. 


IL    MUSEO    SETTALA 


senti  stimolato  Manfredo, dagli  studi  compiti  in  Toscana,  al  per- 
fezionamento cioè  di  quegli  strumenti  ottici  che  già  avevano  sco- 
perti tanti  segreti  del  cielo.  Ancor  oggi  si  ammirano  all'Ambro- 
siana i  suoi  grandi  specchi  ustorii.  Il  P.  Atanasio  Kircher,  il  ge- 
suita tedesco,  che  a  Roma  insegnava  matematiche,  ed  era  il  più 
dotto  fisico  dell'ordine,  nel  suo  libro  ylr^  magna  lucis  et  iimbrae 
stampato  per  la  prima  volta  a  Roma  nel  1645,  parla  degli  specchi 
di  Manfredo  con  grande  favore  (i).  Persuaso  della  falsità  delle 
asserzioni  del  Cardano,  che  diceva  di  aver  costrutto  uno  spec- 
chio caustico  i  cui  effetti  si  verificavano  a  mille  passi  di  distanza, 
ma  pur  fiducioso  che  si  potesse  riuscire  a  qualche  utile  risultato, 
il  Kircher  era  andato  cercando  per  molte  città  d'  Italia  e  di 
Francia  i  migliori  artefici  nel  lavoro  dei  vetri,  ma  tutti  s'erano 
affaticati  invano  nel  tentar  di  costruire  uno  specchio  caustico  a 
distanza  come  quello  d'Archimede. 

Dopo  avere  detto  ciò,  il  gesuita  riporta  nel  suo  libro  una 
lettera  da  Milano  nella  quale  un  Johannes  Gappupius  Sacerdos, 
attesta  che  l'insigne  meccanico  Manfredo  Settala  aveva  risolto  il 
problema  con  la  costruzione  di  specchi,  che  esercitavano  il  potere 
ustorio  a  quindici  passi  di  distanza,  come  egli  stesso,  il  Gappu- 
pius, era  stato  in  grado  d'esperimentare.  Un'altra  lettera  troviamo 
ancora  nel  libro  del  Kircher,  diretta  al  padre  generale  milanese 
Giovanni  Rho,  nella  quale  si  dice  v  Ho  fatto  l'esperienza  con  le 
«  mie  proprie  mani,  applicando  un  pezzo  di  tavola  e  fatta  bru- 
«  giare  accesa  come  vivo  carbone.  E  ben  vero  che  lo  specchio  più 
«  piccolo  che  arde  in  lontananza  di  7  braccia  opera  in  mance  di 
«  un' Ave  Maria,  dove  quello  che  arriva  dalle  1 5  alle  i6,  ope- 
«  rando  più  lentamente  bisogna  aspettare  un  gran  miserere  ». 
Non  solo  quindi  alla  curiosità  dei  forestieri  serviva  il  museo  dei 
Settala,  ma  a  dei  veri  esperimenti  scientifici.  Alla  costruzione 
dello  specchio  ustorio  avevano  atteso  i  più  insigni  matematici,  e, 
coincidenza  che  molto  c'interessa,  il   milanese   Bonaventura   Ga- 


(i)  Athanasii  Kircherii,  Ars  Magna  lucis  et  iintbrae.   Amsterdam, 
1671,  libro  X,  pag.  764-765. 


CONTRIBUTO  PER   LA  STORIA  DELLA  COLTURA   IN  MILANO,  ECC.  9I 

valieri  aveva  pubblicato  nel  1660  il  suo  primo  lavoro  col  titolo 
Lo  specchio  ustorio,  ossia  Trattato  delle  se:{ioni  coniche  (1).  E 
noto  che  Bonaventura  Cavalieri,  nato  a  Milano  nel  i5g8  e  fattosi 
gesuato  nel  161 3  da  principio  era  unicamente  un  dotto  ed  acuto 
professore  di  teologia,  molto  prediletto  per  la  sua  sottile  dialet- 
tica da  Federico  Borromeo.  Mandato  a  Pisa,  vi  strinse  amicizia 
con  Benedetto  Castelli  che  lo  persuase  a  dedicarsi  alle  matematiche, 
in  cui  fece  tali  progressi  che  in  breve  tempo  divenne  uno  degli 
uomini  più  insigni  in  quella  scienza.  Non  solo  egli  s'occupava 
del  calcolo  astratto,  ma  attendeva  alla  meccanica  pratica,  come 
ci  dice  il  Giulini:  «  si  affatica  al  presente  col  ravvivare  lo  spec- 
«  chio  d'Archimede,  per  quello  che  spetta  alla  pratica,  perchè 
«  per  la  speculativa,  già  eccellentemente  ne  tratta  nel  suo  specchio 
<(  ustorio  ».  E  più  che  probabile  che  fra  l'acuto  indagatore  delle 
sezioni  coniche  ed  il  costruttore  dello  specchio  d' Archimede  abbia 
avuto  luogo  uno  scambio  d'idee  e  forse  siasi  stretto  un  legame 
d'amicizia.  Mi  sembra  infatti  quasi  impossibile  che  Manfredo, 
vivendo  in  continua  corrispondenza  con  tanti  dotti,  non  si  cu- 
rasse del  Cavalieri,  al  quale  il  Galileo  dava  quel  titolo  di  nuovo 
Archimede  che  noi  troviamo  attribuito  da  tanti  a  Manfredo.  Il 
gesuita  Giamxbattista  Pastorini  nel  suo  panegirico,  attesta  le  con- 
tinue relazioni  del  Settala  cogli  studiosi  di  Toscana.  «  Io  certa- 
me mente,  egli  dice,  rivolgendo  ier  1'  altro  un  suo  libricciuolo,  in 
«  cui  perchè  tenerissimo  delle  virtuose  amicizie  segnava  i  rari  nomi 
«  dei  suoi  corrispondenti  ed  amici,  che  aveva  moltissimi  per  tutto 
«  ^  mondo,  ci  ho  contati  più  che  ottantadue  cavalieri  fiorentini 
«  che  si  pregiavano  di  averlo  amico  e  gli  comunicavano  le  belle 
«  esperienze  che  si  fanno  nella  loro  Accademia  sì  famosa.  Ma 
«  quel  che  più  rileva,  gli  stessi  serenissimi  di  Toscana  lo  tratta- 
«  rono  con  sì  benigna  dimostrazione  di  stima,  principalmente  il 
«  gran  duca  Ferdinando  II   di   sue   lettere   spesso   degnandolo  e 


(i)  1,0  specchio  ustorio  del  P.  F.  Bonaventura  Cavalieri,  gesuato, 
ovvero  trattato  delle  settioni  coniche  e  di  alcuni  loro  mirabili  effetti. 
Bologna,  i65o. 


92 


IL    MUSEO    SETTALA 


«  Cosimo  III  regnante  accrescendone  la  galleria  con  pellegrini  te- 
M  sori  ».  Quanto  veramente  fosse  tenuta  in  pregio  in  Toscana 
la  persona  del  Settala  troviamo  attestato  dal  Magliabechi  che» 
scrivendo  al  Mabillon  (i)  nel  1686,  parecchi  anni  dopo  la  morte 
di  Manfredo,  assevera  di  dover  molto  di  gratitudine  al  bibliote- 
cario parigino  Enrico  Bigot,  allora  morto,  perchè  ei  l'aveva 
messo  in  relazione  epistolare  con  Manfredo  Settala,  quando  egli, 
ancora  giovinetto,  teneva  pochissime  corrispondenze  con  uomini 
dotti.  Or  nelle  lettere  del  Settala  al  Magliabechi,  esistenti  alla 
Nazionale  di  Firenze,  troviamo  molte  notizie  sulle  relazioni  dì 
Manfredo  coi  dotti  di  Toscana.  Così  nel  giugno  del  1664  egli  ri- 
chiede per  un  amico  il  dialogo  del  Galileo  e  gli  racconta  che  il 
principe  Leopoldo  gli  aveva  mandato  in  dono  «  il  bel  libro  delle 
«  Vipere  fatto  dal  nostro  signor  Redi  che  io  tanto  amo  e  rive- 
«  risco  »;  e  il  28  di  luglio  dello  stesso  anno  avvisa  il  Maglia- 
bechi  di  avergli  mandato  alcune  copie  dell'indice  del  suo  gabi- 
netto, una  delle  quali  era  per  il  «  signor  Redi  ».  E  più  sotto 
soggiunge:  «  Come  sarà  stampato  il  libro  delle  Sperienze  la 
«  supplico  di  accenarmelo.  Goderò  anche  sapere  circa  le  novità 
«  letterarie  oltremontane  et  delle  altre  città  d'Italia  solo  sapere 
«  il  titolo  et  dove  è  stampato  ».  Per  il  libro  delle  Sperienze 
credo  si  debba  intendere  il  libro  scritto  dal  Magalotti  come  segre- 
tario dell'Accademia  del  Cimento,  sotto  il  titolo  :  «  Saggi  di  natu- 
<(  rali  esperienze  fatte  dall'  Accademia  del  Cimento  sotto  la  prote- 
«  zìone  del  serenissimo  Principe  Leopoldo  di  Toscana  »,  poiché  in 
un'  altra  lettera  il  Settala  dice  che  del  Libro  delle  Esperienze  gli 
era  stato  fatto  dono  dallo  stesso  Principe  Leopoldo. 

Manfredo  ci  avrebbe  fatti  vedere  nel  suo  museo  i  doni  di 
questi  principi  e  tra  molti  altri  gli  apparecchi  fisici,  dei  quali 
certo  sarebbe  stato  capace  di  offrire  una  spiegazione  più  chiara  di 
quella  che  non  abbiano  data  i  descrittori  della  sua  galleria,  o 
meglio  ancora,   a   tutto  spiegare  sarebbe   ricorso  all'esperimento. 


(i)  E.  GiGAS,  Letfres  des  Bénédictins  de  la  congregation  de  S.  Manr 
(1652-1700).  Copenhagen  —  Paris,  1892,  pag.  i56. 


CONTRIBUTO  PER  LA  STORIA  DELLA  COLTURA  IN  MILANO,  ECC.    g'Ò 

Avremmo  veduti,  ad  esempio,  donati  dal  serenissimo  di  Toscana, 
certi  istrumenti  di  vetro,  «  che  servivano  a  far  conoscere  a  cia- 
«  senno  la  leggerezza  e  la  gravità  delle  acque  ».  «  Imperocché, 
«  scrive  lo  Scarabelli,  essendovi  sessanta  piccoli  circoli  o  anelli, 
«  che  dir  vogliamo,  ne'  quali  si  ripartisce  un  grano,  e  questi  con 
«  sottilissimo  orificio  lavorati,  se  con  poca  colla  si  ripongono  alla 
«  sommità  degli  stromenti  suddetti,  tosto  si  conosce  la  leggerezza 
«  e  la  gravità  delle  acque,  che  essi  contengono  dalla  osservazione 
«  dei  circoli,  che  se  molti  sono  di  numero,  più  gravosa  l'acqua 
«'dimostrano,  se  pochi  leggiera  e  confacevole  dello  stomaco». 

Ma  con  ben  maggiore  entusiasmo  egli  avrebbe  fatto  ammirare 
la  ricca  serie  dei  suoi  canocchiali.  Due  ne  aveva  di  trenta  palmi, 
e  quattro  di  venticinque  «maneggevoli  a  spiare  in  un'occhiata 
«  la  natura  de'  corpi  celesti»;  a  cui  s'univano  molti  altri  più 
piccoli  di  mole  ma  di  complessa  struttura,  e  tutti  posti  convenien- 
temente sui  loro  Cavalletti  o  trepiedi  d'antico  e  di  moderno  la- 
voro (i).  Né  avrebbe  lasciato  di  vantarci  i  suoi  nuovi  trovati  pei 
canocchiali  fabbricati  di  più  canne,  in  modo  che  i  vetri  intermedi 
si  opponessero  perfettamente  in  linea  retta.  Se  fosse  caduto  il  di- 
scorso sul  cattivo  vezzo  degli  stranieri,  già  inveterato  fin  da  quei 
tempi,  di  appropriarsi  sfacciatamente  il  vanto  discoperte  e  d'in- 
venzioni fatte  dai  nostri,  egli  ci  avrebbe  mostrato  un  piedestallo 
sul  quale  si  poteva  facilmente  alzare  ed  abbassare  il  canocchiale 
e  seguire  e  misurare  perfettamente  il  corso  degli  astri  e  ci  avrebbe 
detto  chea  torto  un  abate  francese  si  arrogava  quell'invenzione, 
poiché  anch' egli  era  stato  informato  di  essa  parecchi  anni  prima 
dai  suoi  amici  fiorentini,  che  concordamente  l' attribuivano  al 
sacerdote  Candido  del  Buono  discepolo  del  Galileo  ed  accademico 
del  Cimento.  Il  Targioni  Tozzetti  negli  Atti  e  memorie  dell'Ac- 
cademia del  Cimento  rivendica  appunto  al  sarerdote  fiorentino 
l'invenzione  di  questo  piedestallo,  costrutto  per  il  lunghissimo 
telescopio  del  Campani,  del  quale  usava  Ferdinando  II,  ed  in  prova 
cita  una  lettera  di  Leonardo  Magalotti  scritta  in  difesa  del  Del 

(i)  Scarabelli,  op.  cit.,  pag    i8,  n.  6. 


94 


IL    MUSEO    SETTA LA 


Buono,  nel  1664  ad  Ottavio  Falconieri  (i).  È  bello  vedere  che  non 
solo  pochi  anni  dopo  Manfredo  conosceva  minutamente  l'inven- 
zione di  questo  piedestallo,  ma  già  ne  aveva  fatto  costruire  uno 
simile  per  i  cannocchiali  del  suo  gabinetto  (2). 

Ma  oltre  che  di  costruire  cannocchiali,  Manfredo  s'occupava 
di  perfezionare  i  microscopi.  Non  è  facile  immaginare  la  mera- 
viglia di  un  visitatore  del  seicento,  che  nuovo  a  tutto  quel  ri- 
sveglio scientifico,  fosse  stato  invitato  dal  nostro  Manfredo  ad 
osservare  attraverso  uno  dei  suoi  microscopi  «  che  aveva  la  forza 
«  d'ingrossare  le  sottilissime  fila  dei  capelli  alla  corporatura  di  una 
«  piuma,  i  microbi  che  compongono  una  goccia  d'acqua.  E  chi 
«  mai  avrebbe  creduto,  scrive  lo  Scarabelli,  che  si  annidasse  in- 
«  numerabile  quantità  di  vermicelli  nel  sangue  di  persona  febbri- 
«  citante,  se  ciò  non  si  fosse  avverato  col  mezzo  di  microscopi 
«  dopo  haver  tal' uno  nel  medesimo  modo  osservalo  gravida  pur 
«  dì  vermi  la  sostanza  di  quell'aceto,  che  non  contento  di  som- 
«  ministrare  lor  nel  suo  seno  l' alimento  di  una  vita  acetosa,  bevuto 
«  poi,  e  nell'altrui  viscere  ricevuto  subitanea,  e  più  che  mai  acri- 
«  moniosa  arreca  la  morte?».  Quando  nel  1624  il  Galileo  co- 
struiva i  primi  microscopi,  Manfredo  era  ancora  in  Toscana,  e 
forse  sapeva  delle  fatiche  durate  da  quel  potente  ingegno  per  dar 
perfezione  al  delicato  istrumento.  «  Ho  tardato  a  mandarlo,  scri- 
«  veva  in  quell'anno  il  Galileo  a  Federico  Cesi,  inviandogli  uno 
«  di  questi  «occhialini  per  vedere  da  vicino  le  cose  minute», 
«  perchè  non  l'ho  prima  .ridotto  a  perfezione,  avendo  avuto  dif- 
«  ficoltà  in  trovare  il  modo  di  lavorare  i  cristalli  perfettamente  ». 
Quella  paziente  abilità  della  quale  il  Settala  aveva  dato  prova 
nel  costrurre  le  «piccolissime  artiglierie»  d'avorio,  i  cocchi  coi 
cavalli  e  i  cocchieri  che  potevano  stare  sotto  l'ala  di  un'ape,  do- 
veva tornargli  utilissimia  in  questi  lavori  del  vetro.  Infatti  presto 


(i)  Targioni  Tozzetti,  Aiti  e  memorie  deW  Accademia  del  Cimento, 
Firenze,  1780,  pag.  485.  —  Nella  tavola  del  II  volume  si  vede  il  disegna 
di  questo  cannocchiale  e  del  suo  sostegno. 

(2)  Scarabelli,  op,  cit.,  pag.  18,  n.  9. 


CONTRIBUTO  PER   LA  STORIA,  DELLA   COLTURA   IN  MILANO,  ECC.  QO 


divennero  famosi  i  microscopi  costrutti  da  lui.  Il  Tiraboschi  pone 
il  nome  del  Settala  tra  i  nomi  di  coloro  che  perfezionarono  gli 
istrumenti  ottici,  subito  dopo  quelli  d'Eustacchio  Divini  e  di 
Giuseppe  Campani  (i).  Nel  Miiseum  Kircherianiinij  il  Bonanni, 
parlando  del  grande  numero  di  meccanici,  che  nei  diversi  paesi  si 
contendevano  il  vanto  dell'invenzione  del  microscopio,  dice:  «Non 
e  minus  claruit  in  Italia,  ut  aliarum  rerum  scientia  et  Musaeo 
«  toto  orbe  celeberrimo  D.  Manfredus  Septala  Mediolani  Urbis 
«  Sidus  splendidissimum ,  opticorum  instrumentorum  lubrica». 
Nel  i63o  aveva  ottenuto  Manfredo  dal  cardinale  Federico  Borromeo 
un  canonicato  della  chiesa  di  san  Nazzaro,  e  sebbene  per  godere 
della  prebenda  non  fossero  necessari  gli  ordini  ecclesiastici  ma  solo 
la  prima  tonsura,  pure  egli  s'era  fatto  ordinare  suddiacono.  Così 
egli  viveva  completamente  libero,  intento  ai  suoi  lavori  e  nelle 
stanze  che  spettavano  a  lui,  della  Canonica,  s'era  eretto  un  vero 
laboratorio.  «  Je  le  vais  voir  d' abord,  così  scrive  il  Monconys, 
«  dans  le  Laboratoire  qu'il  a  dans  la  Cloitre  de  l'Eglise  d'ou  il 
«  est  Chanoine.  Ou  je  vis  ses  petit  Microscopes  tres  bons  et  la  ma- 
«  niere  de  laquelle  il  tourne  tous  se  verres  grands  et  petits,  puis 
«  l'etain  clacine  et  detrempé  dans  l'eau  ».  Non  solo  ai  microscopi 
e  ai  telescopi,  m_a  a  quasi  tutte  le  scoperte  di  meccanica  pratica, 
che  sono  attribuite  al  Galileo,  rivolse  del  resto  il  Settala  la  sua  at- 
tività. Fra  gli  istrumenti  miatematici,  insieme  agli  astrolabi,  alle 
sfere  armillari  ed  a  molti  compassi,  dei  quali  sono  non  senza  valore 
artistico  quelli  del  bravo  cesellatore  Federico  Barocci  di  Urbino,  si 
ricorda  l'esistenza  nel  Museo  d'un  «compasso  secondo  le  regole 
del  Galileo  dal  signor   «  Manfredo  egregiamente  fabbricato». 

L'ingegnoso  meccanismo  dell'orologio,  con  tutti  i  facili  per- 
fezionamenti, con  tutte  le  varie  combinazioni  che  si  possono  otte- 
nere nella  misurazione  del  tempo,  doveva  stuzzicare  un  ingegno 
come  quello  del  Settala,  che  non  tanto  per  l'amor  della  scienza 
s'  applicava  a  questi  lavori,  quanto  per  ottenere  degli  istrumenti 
che  mettessero  in   mostra  la  sua  abilità  di  meccanico.  La  storia 

(i)  Tiraboschi,  op.  cit.,  tomo  VII,  pag.  265. 


IL    MLSi:0    bLilAl.A 


degli  orologi  si  può  dire  la  storia  dei  meccanici  dilettanti  di  tutti 
i  tempi.  Troviamo  un  orologio  «  che  di  tre  giorni  lo  spazio  corre 
«  senza  mai  punto  traviare  dalla  rettitudine  del  suo  moto,  con  il 
«  dedalo  o  pendolo  »  orologio  che  era  stato  donato  dalla  «  benefica 
mano  »  del  Serenissimo  Granduca  di  Toscana.  Un  altro,  con  due 
ruote  sole  e  ccn  il  pendolo,  era  stato  costrutto  da  Manfredo.  Oltre 
a  questi  si  ammiravano  nelle  sale  di  casa  Settala,  infiniti  altri 
orologi  di  tutte  le  foggie  e  di  tutti  i  sistemi.  Uno  era  costrutto 
sul  modello  di  quello  famoso  della  città  di  Strasburgo  (i);  aveva 
quattro  faccie  ed  otto  sfere,  ed  insieme  alle  ore  segnava  i  giorni 
della  settimana,  dell'anno,  le  costellazioni,  ecc.  Giuseppe  Cam- 
pani nel  1660  aveva  pubblicato  a  Roma  un'operetta  intitolata: 
Discorso  di  G.  Campani,  intorno  ai  suoi  muti  orinoli,  alle  sue 
sfere  archimedee,  tee,  e  già  nel  1664  Manfredo  faceva  ammirare 
nel  suo  museo  due  di  questi  oriuoli,  «  Bellissimo  horiuolo  (dice 
«  lo  Scarabelli)  consimile  a  quello  che  d'ordine  di  Sua  Santità 
«  Alessandro,  settimo  di  questo  nome,  ingegnosamente  fabbricò 
«  con  il  pendolo  l'artefice  Campano  ^^/c^.  Invenzione  non  per  la 
(f  curiosità  del  lavoro  quanto  per  l'ineffabile  disegnamento  del- 
«  l'hora,  assai  lodevole  e  cospicua.  Nel  gran  silenzio  della  notte 
«  anch'esso  tacendo  non  interrompe  a'  mortali  il  notturno  riposo; 
«  che  se  vegliando  ambisce  sollecito  alcuno  di  rintracciare  il  nu- 
«  mero  delle  bore  già  scorse,  eccone  adempito  il  desìo,  imperocché 
«  tra  l'ombre  rilucendo  tanto  di  splendore  gli  fa  vedere  agli  occhi, 
«  quanto  porta  il  numero  dell'hora  ».  «  Due  di  questi  (egli  con- 
«  tinua)  ne  possiede  il  nostro  Museo,  alla  costruzione  dei  quali 
«  concorse  1'  Ingegno  d'inarrivabile  Artefice  Fiammingo,  che  dal- 
«  l'Eccellentissimo  Signor  Conte  di  Fuesaldagna  (2)  Governatore 
«  di  Milano  e  Immortai  Restauratore  della  Pace  tra  le  due  corone 
«  di  Spagna  e  di  Francia,  fu  chiamato  all'habitazione  di  questo 

(i)  Scarabelli,  op.  cit.,  p.  3o,  n.  i. 

(2)  Don  Alfonso  Perez  di  Vivero,  conte  di  Fuesaldagna  del  Reale 
Consiglio  supremo  di  guerra,  governatore  e  capitano  generale  nello 
Stato  di  Milano,  era  venuto  fra  noi  nel  i656.  Nel  1660  passò  a  Parigi 
come  ambasciatore  ordinario. 


CONTRIBUTO  PER  LA  STORIA  DELLA  COLTURA  IN  MILANO,  ECC.  97 

«  Stato  ».  Vado  raccogliendo  queste  notizie  perchè  ci  dimostrano 
con  quanto  amore  il  canonico  milanese  seguisse  continuamente 
tutte  le  invenzioni  meccaniche,  che  presentavano  qualche  lato 
curioso  onde  provenir  potesse  diletto  a'  contemporanei  suoi. 

Il  desiderio  del  nuovo,  dello  strano,  trova  la  sua  manifesta- 
zione non  solo  nelle  lettere,  ma  in  tutta  la  vita  del  seicento.  Fra 
il  Galileo,  il  Redi  ed  il  Settala,  sebbene  abbian  tutti  dei  tratti 
di  rassomiglianza,  corre  diversità  grandissima.  Ne'  primi  infatti 
trionfa  la  critica  ed  il  metodo,  che  dagli  esperimenti  trae  le  leggi 
della  scienza;  nel  secondo  invece  l'amore  dell' esperienza  vive  solo 
in  quanto  essa  è  fonte  d'interesse,  pascolo  di  curiosità.  Però  quanti 
dei  membri  della  famosa  accademia  del  Cimento  assomigliavano 
più  al  Settala  che  al  Galileo  o  a  suoi  migliori  discepoli!  Tuttavia 
l'opera  loro  fu  utilissima  al  progredire  delle  scienze,  perchè  forma- 
vano attorno  al  vero  scienziato  una  società  che  lo  poteva  intendere 
o  almeno  apprezzare  e  sostenere  coli'  applauso  e  con  le  ricom- 
pense. Se  anche  a  Milano,  invece  dei  governatori  spagnuoli,  aves- 
simo avuto  una  corte  paesana,  e  un  governo  non  unicamente 
preoccupato  d'aumentare  le  tasse,  ma  sollecito  anche  della  vita 
intellettuale  della  città,  l'opera  di  Manfredo  Settala  non  sarebbe 
forse  andata  perduta  e  la  sua  iniziativa,  aiutata  sagacemente, 
avrebbe  potuto  dar  vita  ad  una  istituzione  utile  al  progresso  scien- 
tifico. Allo  scopo  di  rendere  più  attraente  il  suo  museo  per  tutte 
le  persone  ignare  di  scienza,  Manfredo  adornava  in  tal  modo  i 
suoi  apparati  da  renderli  piuttosto  depositi  di  balocchi  che  ricetto 
di  strumenti  scientifici.  Ai  suoi  orologi,  per  esempio,  univa  dei 
clavicembali  (i)  ed  altri  strumenti  musicali,  che  suonavano  alle 
ore  volute  e  sopra  vi  poneva  delle  figurine  variamente  vestite, 
che  grazie  a  vari  giuochi  di  molle,  eseguivano  danze  francesi  e 
spagnuole.  Di  un  orologio  aveva  fatto  una  tigre  che  muoveva  gli 
occhi ,  di  un  altro  un  cane  che  saltava  ,  e  così  via.  Per  questo 
stesso  scopo  benché  ne  fosse  stata  scientificamente  dimostrata  l'im- 
possibilità, egli  s'affaticava  alla  ricerca  del  moto  perpetuo,  o,  per 

(1)    SCARABELLI,    Op.   cit.,   pag.   32-33. 
Arch.  Stor.  Lomb.  —  Anno  XXVII,  —  Fase.  XXVII.  r 


q8  il  museo  settala 


dir  meglio,  si  scervellava  a  crear  meccanismi  che  dessero  in  qualche 
modo  l'illusione  dclT  automatismo.  Così  ad  esempio,  egli  aveva 
fabbricata  una  sfera  d'ottone,  che  correva  sopra  uno  specchio  per 
un  tempo  lunghissimo.  Aveva  pure  costrutta  una  piramide  trian- 
golare lungo  la  quale  scendeva  una  palla  di  diaspiro.  Giunta  in 
fondo  questa  palla  percoteva  quattro  piccole  campane;  e  poi  ri- 
gettata di  rimbalzo,  non  si  sa  come,  in  cima  alla  piramide  ripi- 
gliava il  giro  «  imperocché,  dice  il  descrittore  del  Museo,  rien- 
«  trando  in  altra  porticella  per  incognito  sì,  ma  ingegnoso  sentiero, 
«  direttamente  rigettata,  se  ne  viene  a  una  superiore  campanella 
«  che  dal  suo  tocco  ripercossa,  pare  che  a'  suoi  gloriosi  moti  riso- 
«  nando  applauda;  indi  per  la  porticella  superiore  che  subito  si 
«  chiude,  inavvedutamente  movendo  di  nuovo,  si  ravvisa  la 
«  palla  (i)  ». 

Messo  sopra  una  tal  via,  il  Settala  aveva  fabbricato  un  gran 
numero  di  figure  semoventi,  cercardo  di  rappresentare  le  scene 
che  maggiormente  avessero  fatto  impressione  sulle  menti  ingenue 
e  superstiziose  de'  visitatori.  Chi  vuole  avere  un'idea  di  queste 
stranezze  legga  nello  Scarabelli  la  descrizione  dell'  orribile  mostro 
che  mandava  ululati  spaventosi  dalla  bocca  e  schizzava  vipere 
furiose  dagli  occhi;  quella  dello  schiavo  incatenato:  cose  che  po- 
tevano solo  far  paura  alle  donne  e  ai  bambini  che  poi  di  notte  se 
ne  sognavano  (2).  Per  queste  ridicole  invenzioni,  certo  più  che  per 
ogni  altro  merito  del  Nostro,  l'abbate  Filippo  Maria  Bonini,  con- 
sultore teologo  e  assistente  all'  ufficio  della  Fede  in  tutto  lo  Stato 
della  Repubblica  di  Genova  in  certa  sua  opera  ascetica,  parlando 
dei  portenti  dell'  attività  umana  che  attestano  della  forza  divina, 
citava  come  esempio,  facendone  le  più  grandi  lodi  Manfredo  e  il 
suo  museo  (3).  Al  vanto  di  inventore  e  costruttore  di  nuovi  con- 


(i)  ScARABELLi;  op.  ctt.,  p.  36.  Un  orologio  a  foggia  di  torre,  dove 
si  vede  scender  e  salire  senza  posa  una  palla,  messa  in  moto  da  un 
congegno  assai  simile  a  quello  qui  descritto,  si  conserva  in  quel  gran 
deposito  di  preziosi  gioielli  che  sono  le  Griine  Gremàlde  di  Dresda. 

(2)  Scarabelli,  op.  cii.,  pag.  38,  n.  7. 

(3)  Uhuomo  evangelico,  diviso  in  tre  parti,  ecc.  Venezia,  1667,  pa- 
gine 98-99. 


CONTRIBLTO   PER   LA  STORIA  DELLA  COLTURA  IN   MILANO,  ECC.  Qp 

gegni,  il  Settala  teneva  più  che  ad  ogni  altro  e  si  compiaceva  di 
possedere  un  gran  numero  di  segreti.  Il  Monconys  nel  libro  già 
citato,  nota  non  senza  invidia  che  il  canonico  Manfredo  possedeva 
il  segreto  di  cangiar  il  ferro  in  acciaio  e  quello  di  fondere  in 
meno  di  una  notte  .tre  cannoni  di  batteria  per  palle  delpeso  di 
più  di  3o  libbre.  Ma  una  non  meno  rinomata  prerogativa  del 
Settala  era  la  fabbricazione  di  nuovi  strumenti  musicali;  in  un 
suo  gabinetto  nella  canonica  di  S.  Nazzaro  ne  aveva  raccolto  un 
gran  numero,  che  Eugenio  de  Bricquiville  ha  recentemente  stu- 
diato di  sul  catalogo,  mettendone  in  rilievo  l'importanza  e  la 
rarità  (i).  A  proposito  della  «  sordellina  »  specie  di  chiavicembalo 
col  mantice,  che  il  Settala  credeva  di  sua  esclusiva  invenzione, 
Filippo  Baldinucci  nella  sua  nota  opera  postuma  «  Notizie  dei 
professori  del  disegno  da  Gimabue  in  qua  »  ci  racconta  Lina  leg- 
giadra novelletta,  della  quale  è  soggetto  il  contrasto  avuto  dal 
Settala  con  lo  scultore  Antonio  Novelli  che  pure  aveva  costruito 
in  gioventù  un  simile  istrumento;  novelletta  che  torna  ad  onore 
di  Manfredo  e  del  suo  pacifico  carattere. 

Il  Settala  non  trasse  però  dagli  studi  compiti  in  Toscana  so- 
lamente questo  amore  per  la  meccanica  pratica  nella  quale  spese 
tanta  attività,  ma  ancora  un  forte  eccitamento  ai  viaggi  in  O- 
riente.  La  marina  toscana  era  ancora  vigorosa  nel  seicento  e  con- 
tinue erano  le  piccole  zuffe  ch'essa  appiccava  per  mare  cogli  in- 
fedeli, tanto  che  i  duchi  si  vantavano  di  mantenere  la  flotta  con 
le  prede  dei  Turchi.  Di  queste  ricche  spoglie  Manfredo  conserva 
nel  museo  delle  reliquie  che  eran  forse  uno  dei  tanti  doni  ricevuti 
dai  signori  di  Toscana.  Consistevano  desse  in  uno  specchio  d'ac- 
ciaio rotondo,  «  qual'era  di  quel  gran  personaggio  turco  per  nome 
«  Moratorais,  acquistato  allora  che  egli  fu  dalle  galere  del  Sere- 
«  nissimo  di  Toscana  fatto  prigioniero  »  col  rovescio  tutto  ad 
oro  e  le  lune  ottomane   d'argento  (2).  In  questi   stessi   tempi  gli 


(1)  EuGENE  DE  Bricqueville.  Les  collecHoiis  d' insiniments  de  musique 
alt  XV!."",  XVII  °  et  XFIII°  siede,  in  UAri,  1894,  pag.  3i. 

(2)  ScARABELLi,  of.  cit.,  pag.  lO^  n.  23. 


100  II.    Mi:Si:0    SKTTALA 


ardili  mercanti  toscani  si  spingevano  fino  nelle  Indie,  nella  Cina 
e  nel  Giappone  (i),  e  di  là  ritornavano  portando  dei  tesori,  se 
il  viaggio  era  stato  felice.  Gli  oggetti  esotici  orientali  venivano  ri- 
cercati con  passione  nel  seicento  per  la  loro  rarità  e  perchè  nuovi 
e  strani  erano  stimati  bellissimi.  Una  raccolta  non  piccola  di  essi 
era  messa  in  mostra  nel  nostro  museo,  perchè  Manfredo  stesso  aveva 
intrapreso  un  viaggio  in  Oriente,  approfittando  per  favore  dei 
duchi,  come  abbiamo  già  detto,  delle  navi  toscane.  Come  ci  attesta 
infatti  il  Picinelli  (2),  il  Settala  «  desideroso  di  vedere  la  Sicilia, 
«  colà  si  condusse  sulle  galere  del  Gran  Duca;  ma  invitato  dal 
«  capitano,  il  cavalier  Vincioli,  ad  intraprendere  con  esso  lui  il 
«  viaggio  dì  Levante,  addirittura  si  condusse  ad  Otranto,  indi  a 
«  Cipro,  e  corseggiando  fino  ad  Ascalon  e  Gaza  di  Palestina,  si 
«  rivoltò  ad  Alessandria  d'Egitto,  a  Negroponte  e  Candia,  ha- 
«  vendo  corso  gravissimi  pericoli  fra  gli  assalti  dei  legni  turcheschi, 
«  trafitto  per  mano  dei  barbari  col  colpo  di  una  saetta  ». 

Non  pochi  tra  gli  oggetti  del  Museo  dovettero  essere  raccolti 
da  Manfredo  in  questo  viaggio.  Tra  gli  altri  un  braccio  ed  un 
piede  di  mummia  fasciati  da  lunghissimo  nastro  «  o  diciamo  me- 
«  glio  bindello,  già  in  tal  modo  disposto  forse  più  di  due  mila 
«  anni  sono  »  (3).  Così  lo  Scarabelli  che  invita  chi  legge  a  studiar 
le  lettere  che  sulle  mummie  aveva  scritto  Pietro  Della  Valle,  il 
viaggiatore  romano  che  dal  16 14  al  1626  aveva  compito  un  grande 
giro  in  Oriente,  viaggiando  da  gran  signore  con  seguito  di  servi 
e  sfoggio  di  livree  e  di  tende.  Il  Della  Valle  era  stato  il  primo  a 
penetrare  in  Egitto  nella  seconda  piramide  e  ne  aveva  estratte 
le  due  mummie  che  oggi  si  trovano  nella  collezione  di  antichità 
a  Dresda.  Da  Candia  assieme  ad  un  negoziante  francese,  Man- 
fredo passò  a  Smirme  poi  ad  Efeso,  ed  infine  a  Costantinopoli 
dove  rimase   due   mesi.   Il   Yrissari    nella   biografia    di  Manfredo, 


(i)  Cfr.  Amat  di  S.  Filippo.   Gli  illustri  viaggiatori  italiani.   Roma, 
i885.  —  Viaggiatori  del  600. 

(2)  Filippo  Picinelli,  Ateneo,  pag.  407. 

(3)  Scarabelli,  op.  cit.,  pag.  181, 


CONTRIBUTO  PER  LA  STORr\  DELLA  COLTURA  IN  MILANO,  ECC.   lOI 

scritta  in  ispagnuolo,  ci  parla  delle  visite  fatte  da  lui  a  quasi 
tutte  le  moschee,  a  Santa  Sofia,  al  Circo  {que  en  lengua  turca  se 
dice  hippodromo),  al  palazzo  del  Sultano  ove  s'informò  dei  costumi 
delle  odalische  e  degli  eunuchi,  e  raccolse  molpe  notizie  sulla  re- 
ligione ottomana  (i).  Sbarcato  a  Livorno  giunse  a  Milano  l'anno 
della  peste.  Una  raccolta  d'archi,  di  freccie  e  di  faretre  turchesche, 
un  calamaio  fabbricato  in  Turchia,  lungo  due  palmi,  e  parec- 
chi libri  di  preghiera  turchi  ed  arabi,  furono  certo  allora  por- 
tati a  Milano  dal  viaggiatore  (2).  Il  Tiraboschi  deplorando  che 
nel  seicento  vengano  meno  per  l'Italia  i  grandi  viaggiatori,  gloria 
del  secolo  antecedente,  si  duole  che  neppure  ci  si  facciano  avanti 
«  i  viaggiatori  eruditi  che  aggirandosi  per  le  principali  provincie 
«  d'Europa,  ne  osservassero  diligentemente  lo  stato  della  lettera- 
«  tura  e  delle  scienze,  le  biblioteche,  gli  archivi,  i  musei  e  ne  re- 
«  cassero  notizia  ai  loro  compratriotti.  Tali  furono  certamente, 
«  continua  il  Tiraboschi,  quei  che  Federico  Borromeo  mandò  in 
«  ogni  parte  cercando  libri  per  la  sua  biblioteca  Ambrosiana,  e 
«  tal  fu  il  sopra  lodato  Manfredo  Settala.  Ma  essi  non  ci  lascia- 
«  rono  la  descrizione  dei  loro  viaggi,  e  scarso  frutto  perciò  ne 
«  raccolse  la  curiosità  degli  eruditi  »  (3). 

Oltre  il  grande  viaggio  in  Oriente,  il  Settala,  se  prestiam  fede 
ad  un  suo  biografo  (4)  «  aveva  corsa,  si  può  dire,  tutta  l' Italia^ 
«  condottosi  cinque  volte  a  Napoli,  undici  a  Roma,  diciasette  a 
«  Venezia,  tre  volte  nella  Sicilia,  due  in  Sardegna,  una  volta  al 
«  Capo  Bonifacio  a  vedere  la  pesca  dei  coralli  ».  Vecchio,  non  po- 
tendo più  viaggiare,  soddisfaceva  al  desiderio  di  conoscere  cose 
nuove  colla  lettura  dei  libri  di  viaggio.  Egli  scriveva,  nel  167 1  al 
Magliabechi:  «  Io  poi  entro  nei  settantacinque  anni  e  tiro  innanzi 
«  finché  N.  S.  li  piace,  ma  ad  ogni  modo  questo  poco  di  tempo 


(i)  Alfonso  B.  Yrissari,  Compendio  della  vita  de  Manfredo  Settata^ 
con  la  descripcion  de  su  Caler ia.  Milano,  1681. 

(2)  ScARABELLi,  op.  cit.,  pag.  189  seg.,  i36,  240. 

(3)  Op.  cit.,  t.  Vili,  pag.  143. 

(4)  Filippo  Picinelli,  Ateneo,  p.  407. 


102  IL    Ml'SEO    SETTA  LA 


«  che  mi  ciN^inza  desidero  goder  di  cose  nuove,  perciò  vengo  dal 
«  mio  ciiro  Signor  Antonio  a  pregarla  di  darmi  qualche  indizio 
«  di  chi  ha  trattato  della  Groenlandia  et  il  nome  dell'Autore 
«  dov'è  stampato,, come  anche  della  Nuova-Olandia.  Io  ho  fatto 
«  venire  da  Amsterdamo  una  cassa  di  libri  bellissimi,  ma  mi  è 
«  costata  molto  cara,  ma  questo  poco  m'importa;  di  nuovo  dunque 
«  la  prego  darmi  qualche  notizia  dei  già  accennati  libri  come  an- 
«  che  sapere  chi  ha  ben  scritto  dei  moderni  di  Etiopia  e  del  Mo- 
«  nomotapo  et  dove  sono  stampati,  con  il  nome  di  autori,  come 
«  anche  se  sapesse  di  qualche  altra  parte  incognita  ». 

Si  capisce  come  continuamente  occupato  a  costruire,  a  viag- 
giare, a  raccogliere,  a  leggere,  il  nostro  Manfredo  non  trovasse 
tempo  di  scrivere  libri,  alla  qual  impresa  forse  neppur  era  per 
natura  disposto.  Sembra  tuttavia  molto  probabile  che  debbasi  a 
lui  la  traduzione  del  Viaggio  di  levante,  del  signor  Loire  e  del 
Viaggio  d' Inghilterra,  del  sig.  Sorbiere  stampati  a  Milano  nel 
1670  (i).  Il  primo  di  questi  viaggi  certo  doveva  ridestare  in  lui 
un'infinità  di  ricordi,  ed  il  secondo  essergli  molto  caro  perchè 
vi  trovava  glorificato  quello  spirito  di  attività  nelle  invenzioni 
meccaniche,  e  negli  studi  della  fisica  che  in  quel  paese  animava 
anche  gli  uomini  più  illustri  dell'aristocrazia  mentre  da  noi  era 
guardato  dalla  maggioranza  come  una  stranezza  di  solitario.  Il 
Settala,  membro  di  molte  accademie  italiane,  era  stato  inscritto 
anche  all'Accademia  reale  d'Inghilterra,  fondata  a  Londra  nel 
i658  e  costituitasi  definitivamente  nel  i663,  e  regolarmente  gli 
studiosi  di  quel  paese  comunicavano  a  lui  e  volevano  sapere  ciò  che 
si  fosse  inventato  di  nuovo.  Dall'Inghilterra,  dice  il  Pastorini,  era 

(1)  Viaggio  di  levante  del  Signor  di  Loire  nel  quale  si  danno  molte 
notizie  della  Grecia  e  del  Dominio  del  Gran  Signore,  della  religione  e  dei 
costumi  dei  suoi  sudditi  e  molte  particolarità  non  descritte  da  Pietro 
Della  Valle.  Aggiuntovi  il  viaggio  d"  Inghilterra  del  Sig,  Serbiere  in  cui 
si  narrano  molte  cose  intorno  alle  scienze  e  religioni  e  altre  materie  cu- 
riose. Tradotta  daW  idioma  francese  in  italiano  dal  secretar  io  F.  F.  Mi- 
lano, 1670.  Il  Picinelli  nell'Ateneo,  pag.  107,  scrivendo  nel  1670,  dice 
che  Manfredo  stava  preparando  "un  libro  di  secreti  d'arcane  curio- 
sità ben  copioso  „  ma  non  lo  diede  alle  stampe. 


CONTRIBUTO  PER  LA  STORIA  DELLA  COLTURA  IN  MILANO,  ECC.        Io3 

Stato  prevenuto  nel  nobile  ritrovato  della  tromba  parlante  ma 
«  egli  seppe  subito  renderla  maggiore  e  migliorarne  la  forma». 
La  figura  del  nobile  canonico  milanese  sorge  a  poco  a  poco  più 
grande  davanti  ai  nostri  occhi  così  da  sembrarci  veramente  quel- 
l'uomo universale  chei  biografi  esaltano. 

Questi  ultimi  ci  assicurano  che  egli  parlava  e  scriveva  con 
gran  facilità  latino,  spagnuolo,  francese,  e  che  intendeva  il  tedesco, 
l'inglese,  il  greco,  l'arabo,  l'indiano,  il  turco  e  il  chinese.  Se  la 
nostra  incredulità  può  dubitare  di  un  così  vario  poliglottismo, 
dobbiamo  pur  credere  che  l'uomo  che  riceveva  lettere  e  doni  dalle 
più  remote  parti  del  mondo  ed  era  visitato  continuamente  da 
stranieri  non  poteva  a  meno  di  possedere  parecchie  lingue.  La 
stessa  sua  vanità  di  far  bene  apprezzare  i  portenti  del  gabinetto 
a  persone  che  venissero  da  lontano,  che  lontane  sarebbero  andate 
a  diffonder  le  lodi  di  lui,  doveva  incitarlo  ad  apprendere  i  loro 
linguaggi,  tanto  da  poterli  intrattenere  comodamente.  Il  Monconys 
nella  relazione  dei  giorni  che  passò  a  Milano  nel  giugno  del  1664, 
ci  dice:  «  le  24  je  passaj  une  partie  de  la  matinée  avec  le  Sieur 
«  Septalla  dans  son  Laboratoire,  et  donnaj  a  ses  deux  neveux  le 
«  dessein  de  la  machine  de  M.  de  Zulcon;  puis  je  fus  ouir  la 
«  Messe....  Tapiesdìnée  je  fus  prendre  congé  de  Messieurs  Septalla, 
«  on  je  trouvay  M.  Muller  de  Koppenhagen  fils  du  grand  Threso- 
«  rier  de  Dannemarc  »  (i).  In  una  lettera  commendatizia,  molto 
^onfnsa,  del  i3  gennaio  1677,  Manfredo  così  scrive  al  Magliabechi 
«  La  presente  serve  per  rinnovare  la  mia  servitù  al  mio  caro  t 
«  riverito  Sig.  Antonio  quale  tanto  osservo,  et  se  io  ho  fatto  un 
«  sì  longo  silenzio,  non  resta  però,  che  con  il  Sig.  Bibliotecario 
«  nostro,  spesse  volte  facciamo  commemorazioni  delle  sue  rare 
«  virtù  et  qualità  così  amabili,  et  in  tale  occasione  che  se  ne 
«  viene  a  godere  della  bella  e  cara  Firenze  il  signor  Ehrenfried 
«  Walther  de  Tschirnhans  Cavaglier  di  Lugato  (?)  qual  è  stu- 
«  diosissimo  e  dottissimo  in  diverse  scienze  et  ha  studiato  a  Leida 
«  molti  anni;  et  nel  discorrere  so'  ne  sentirà  gusto,  perciò  mi  sono 

(i)  Journal  des  Voyages,  pag.  493. 


in  I  IL    MLSl.l)    SJ.ri  ALA 


«  pigliato  questo  ardire  di  incomodarla  et  ne  bavera  gusto,  ed 
«  e  molto  amico  del  Signore  Oldembergo  secretario  dell'Accademia 
<■  reale  di  Londra  ». 

I  signori  Rencii  di  Amsterdam,  la  grande  officina  libraria  d'al- 
lora dalla  quale  come  abbiamo  veduto  Manfredo  si  faceva  spedire 
i  libri  a  casse,  gli  avevano  mandato  in  dono  il  modello  di  un 
piccolo  bastimento  colle  artiglierie  e  la  «  numerosa  soldatesca  di 
Picmei  »  non  che  un  pesce  raro  chiamato  «  Man  di  Sirena  »  (i). 
Più  interessante  è  il  ricordo  delle  relazioni  sue  col  principe  po- 
lacco Stanislao  Lubomisck  (1640-1702),  grande  uomo  di  Stato  e 
difensore  della  libertà  del  suo  paese,  che  aveva  tradotto  in  gio- 
ventù il  Pastor  fido,  ed  era  in  corrispondenza  con  gli  studiosi 
d'Italia,  a  cagione  di  una  grande  collezione  di  libri,  di  medaglie 
d'antichità,  di  istromenti  di  fisica  e  matematica  che  s'era  formata. 
Passando  da  Milano  aveva  visitato  il  Museo  Settala,  e  vi  aveva  la- 
sciato in  dono  (2)  un  coltello  persiano  o  del  gran  Mogol,  dal  ma- 
nico di  corniola  bianca  con  legatura  d'oro  e  alcuni  rubini  e  con 
la  fodera  pure  molto  preziosa.  In  questa  visita  era  sorta  una  di- 
scussione scientifica  sulla  forma  dei  cristalli  che  il  Settala  diceva 
trarre  dalla  loro  generazione  la  configurazione  esagona,  mentre 
il  principe  sosteneva  che  nelle  miniere  dei  suoi  stati  se  ne  trova- 
vano di  quadrati,  e  tornato  a  casa  mandava  in  prova  della  sua 
asserzione  «  una  massa  bellissima  di  cristalli  quadrati  di  purissima 
«  miniera  d'oro  naturalmente  coperti (3)».  Il  signor  Manfredo  pen- 
sava però,  come  ci  dice  lo  Scarabelli,  che  questa  massa  fosse  una 
specie  di  gesso  diafano  simile  a  quei  cristalli  che  si  erano  poco 
prima  scavati  a  Tortona  nei  possedimenti  del  sig.  Carlo  Andrea 
Settala  che  ne  aveva  donati  parecchi  esemplari  al  museo. 

Assai  ricca  era  la  collezione  dei  cristalli,  molti  dei  quali  con- 
tenevano rinchiusi  dei  peli,  dei  fili  d'erba,  altri  mostravano  al- 
l'interno cavità  e  canali,   alcuni  chiudevano   dentro  delle  goccie 


( 


(i)  Scarabelli,  op.  cit,  pag.  11  e  178. 

(2)  Id.,  ibid.,  pag.  220,  n.  3. 

(3)  Id.,  ibid.,  pag.  54.. 


CONTRIBUTO  PER  LA  STORIA  DKLLA   COLTURA  IN   MILANO,   ECC.        lOD 

d'acqua  che  si  movevano,  uno  che  ne  conteneva  tre  «  con  istu- 
porosa  osservazione,  scrive  lo  Scarabelli,  nel  discendere  che  fa,  una 
di  loro  si  vedono  le  altre  due  ascendere,  sopra  di  che  apostrofando 
il  signor  Terzago  contro  di  Aristotile,  e  a  seconda  del  genio  del 
padre  di  Kircherio  con  filosofica  illatione  si  fa  credere  poco  meno 
che  difensore  del  vuoto  »  (i).  Né  di  minore  importanza  era  la  rac- 
colta dei  pezzi  d'ambra,  in  molti  dei  quali  eran  racchiusi  insetti, 
venuti  a  Manfredo  direttamente  da  Danzica  greggi  come  si  erano 
ritrovati  (2).  Non  mancavano  le  conche  grandi  e  piccine,  alcune 
portate  da  Amsterdam,  altre  fin  dalla  Cina,  altre  pescate  nel  Mar 
Rosso,  e  sulle  rive  della  Persia.  Dovevano  destare  molto  interesse 
le  varie  cose  impietrate  e  le  «  miniere  di  diverse  sorta  »,  cioè 
metalli  e  gemme  al  loro  stato  di  natura,  quali  erano  stati  scavati 
dalle  vene  delle  miniere  (3).  Anche  oro  e  argento  del  Potosi,  città 
dell'antico  Perù  nella  Bolivia  era  stato  portato  in  dono  a  Man- 
fredo da  un  cavaliere  che  tornava  di  là.  Ma  insieme  alle  miniere 
dei  paesi  lontani  è  bello  trovar  ricordate  anche  le  nostrane.  Il 
cavaliere  Giorgio  d'Adda  (del  quale  l'Argellati  ricorda  un  trat- 
tateli© sul  modo  da  lui  inventato  di  lavorare  col  mercurio  le 
miniere  d'oro  e  d'argento)  (4),  aveva  donato  al  museo  «  una  mi- 
niera d'oro  assai  preziosa  in  uno  dei  suoi  poderi  ritrovata  »  (3). 
Questo  fatto  ci  mostra  come  la  società  nobile  milanese  si  interes- 
sasse alla  istituzione  di  Manfredo,  e  dalla  rinomanza  del  luogo  e 
dalle  dotte  dispute  che  vi  nascevano  fosse  allettata  a  mettervi  in 
mostra  qualche  rarità  paesana.  Per  il  grande  interesse  che  Man- 
fredo prestava  a  tutto  ciò  che  fosse  scienza,  le  quattro  stanze  di 
via  Pantano  erano  divenute  quasi  il  museo  cittadino  ove  si  rac- 
coglieva quanto  di  scientificamente  importante  si  fosse  trovato  in 
città.  Eccone  un  esempio.  Un  frate  francescano  di  S.  Maria  della 


(i)  Scarabelli,  op.  cit.,  pag.,  53,  n.  29. 
{2)  Id.,  ibid.,  pag,  56-6i. 

(3)  Id.,  ibid.,  pag.  75. 

(4)  Argellati,  Biblioteca  script,  med.,  t.  I,  par.  II,  pag.  3. 

(5)  Scarabelli,  op.  cit.,  pag.  83,  n.  9. 


IL    MI SEO    SETTALA 


Pace,  come  racconta  lo  Scara  bel  li  (i;,  era  stato  colpito  ed  ucciso 
da  un  fulmine,  e  in  una  ferita  del  suo  corpo  si  era  ritrovata  una 
pietra  di  figura  quasi  sferica,  del  peso  d'un  quarto  d'oncia.  Man- 
fredo, che  sembra  fosse  accorso  a  visitare  il  colpito,  conservava 
questa  «  pietra  folgore  o  sia  ceraunia  »  nel  suo  museo  esposta  alla 
curiosità  di  chiunque  volesse  constatare  che  i  fulmini  «sono  cor- 
te porca  sostanza  impietrita  e  non  esalazione  sia  pur  questa  di 
«  qualsivoglia  materia  dementata  ». 

Ma  non  solo  il  museo  Settala  raccoglieva  di  queste  curiosità 
scientifiche,  che  hanno  oggi  per  noi  un  limitato  interesse,  ma 
anche  molti  degli  oggetti  antichi  che  si  rinvenivano  in  città  o 
che  si  ritenevano  degni  d'esser  meglio  conservati  e  custoditi.  Tro- 
viamo, ad  esempio,  un  vaso  lacrimatorio  e  due  urne  grandi  col 
nome  dei  sepolti  rinvenute  nello  scavare  le  fondamenta  del  ca- 
stello di  Milano  (2). 

Ancora  «  quattro  urne  in  vasi  grandi  formate,  che  si  ritro- 
«  varono  anni  sono  nello  scavare  le  fondamenta  del  monastero 
«  delle  Capuccine  in  Milano  in  Porta  Tosa,  come  volgarmente 
«  si  appellano  »  (3).  Tra  le  figure  diverse  troviamo  ricordata  nel 
«  catalogo  una  «  Historica  rappresentazione  di  un  pezzo  di  marmo 
«  destinato  al  sepolcro  di  quel  gran  soldato  per  nome  Gastone 
«  di  Fois,  fatta  da  valente  scultore,  vi  si  veggono  quattro  piccoli 
«  cavalli  e  alcune  bizzarie(4)  ».  E  più  sotto:  «Due statue  di  marmo 


(i)  Id.,  ibid.,  pag.  97-98. 

(2)  Id.,  ibid.,  pag.  127,  n.  8. 

(3)  ScARABELLi,  op.  cit.,  pag.  i3o.  —  DÌ  molte  altre  urne  non  è  in- 
dicata la  provenienza,  ma  è  facile  supporre  che  anch'  esse  sieno  state 
rinvenute  in  qualche  scavo  e  trasportate  nel  museo,  L' architetto  Luca 
Beltrami  donava  nel  1888  al  museo  archeologico  un  bassorilievo  in 
marmo  bianco,  della  lunghezza  di  cent.  82,  del  secolo  XIII,  che  rap- 
presenta il  bacio  di  Giuda  a  Cristo,  composto  di  sette  figure,  che  por- 
tava l'indicazione  manoscritta:  "  bassorilievo  appartenente  alla  demo- 
"  lita  cappella  nella  Rocchetta  di  Porta  Romana,  già  rei  museo  Settala ,, 
(cfr.  quest' Arc/tlvio,  XV,  f.  446).  Dagli  esempi  raccolti  più  sopra,  pos- 
siamo ritenere  esatta  l'indicazione,  sebbene  il  descrittore  del  mureo 
non  accenni  ad  un  tale  bassorilievo. 

(4)  Id.,  ibid.,  pag.  218,  n.  i5-i6. 


1 


CONTRIBUTO  PER  LA   STORIA  DELLA  COLTURA  IN   MILANO,  ECC.        IO7 

«  di  Carrara  destinate  al  sepolcro  del  suddetto  soldato  ».  La  ri- 
composizione del  famoso  monumento  di  Agostino  Busti  è  uno  dei 
problemi  che  maggiormente  hanno  stancata  la  pazienza  degli  ar- 
cheologi milanesi.  Se  questi  del  museo  fossero  dei  frammenti  di- 
versi da  quelli  dell'Ambrosiana  e  del  Museo  Archeologico  di  Mi- 
lano è  difficile  dedurre  dalla  troppo  breve  indicazione.  Certo 
r  essere  dette  le  due  statue  di  marmo  di  Carrara,  mentre  si  sa 
che  il  monumento  è  di  marmo  di  Gandoglia,  non  è  indizio  con- 
fortante a  troppo  favorevoli  ipotesi. 

Il  ricco  catalogo  della  raccolta  di  medaglie  antiche  che  si 
trova  infine  al  libro  dello  Scarabelli,  era  stato  compilato  dallo 
stesso  Manfredo  che  a  rendere  completo  il  suo  museo  non  poteva 
trascurare  una  parte  così  importante  per  la  conoscenza  dell* an- 
tichità. Egli  scriveva  al  Magliabechi  ai  22  di  settembre  del  1678 
«  Ho  visto  quanto  V.  S.  111.  mi  accenna  circa  la  medaglia  così 
«  rara  di  Ottone  dell'Ili.  Sig.  Tiepoli  qual  è  cosa  di  qualsivoglia 
«  Principe  per  la  sua  rarità;  io  allo  studio  delle  medaglie  li  ho 
«  fatto  un  poco  di  pausa,  poiché  requivi t  totum  hominem  et  hora 
«  procuro  di  conservar  l'individuo»  (i). 

Con  maggiore  ardore  si  era  dedicato  allo  studio  dei  monu- 
menti antichi  Carlo  Andrea  Settala,  fratello  di  Manfredo,  vescovo 
di  Tortona.  Peccato  che  il  timore  di  allontanarmi  troppo  dall'ar- 
gomento non  mi  permetta  di  tratteggiare  in  modo  conveniente  la 
figura  di  questo  ambizioso  prelato  che  dai  possessi  suoi  episcopali 
assunse  e  trasmise  ai  nipoti  il  titolo  di  feudatario  di  Sardiliano  ; 
e  dei  vescovi  tortonesi  fu  l'ultimo  ad  esercitare  l'antico  diritto  di 
battere  moneta.  Il  libro  del  Terzaghi  e  quello  dello  Scarabelli  fu- 
rono entrambi  editi  a  Tortona  sotto  la  sua  vigilanza  e  l'opera  del 


(i)  Aveva  ben  ragione  di  concedersi  un  po'  di  riposo  il  povero 
vecchio;  infatti  egli  dice  in  altra  parte  di  questa  lettera,  l'ultima  di 
quelle  da  lui  dirette  al  bibliotecario  fiorentino  "  Compatisca  S.  V.  111. 
"  se  è  mal  scritta  e  composta  [la  lettera]  poiché  la  gotta  mi  ha  pi- 
"  gliato  nella  mano,  che  mi  travaglia  un  po'  più  dell'ordinario,  oltre 
"  anche  gli  anni  che  sono  settanta  otto,  età  grave,  ma  per  Iddio  grazia 
"  mi  sento  assai  bene  e  ne  dò  grazia  a  N.  S.  „ 


I08  li-    MUSEO    SETTALA 


fratello  fu  da  lui  continuamente  favorita.  Come  veniamo  a  sapere 
da  certe  sue  lettere  dirette  al  cavalier  Cassiano  Dal  Pozzo,  il  ce- 
lebre erudito  e  raccoglitore  romano,  egli  aveva  in  mente  di  scri- 
vere la  storia  di  Tortona  antica  e  per  l'interpretazione  di  alcune 
epigrafi  si  rivolgeva  a  Luca  Hostein,  il  famoso  bibliotecario  della 
Vaticana  (i).  Anche  Manfredo  era  in  relazione  con  Cassiano 
Dal  Pozzo,  che  è  ricordato  più  volte  tra  coloro  che  contribuirono 
ad  arricchire  il  museo  settaliano  e  dei  suoi  doni  alcuni  sono  ab- 
bastanza importanti,  altri  molto  curiosi.  Curioso  per  lo  meno  è 
quello  delle  «  lagrime  humane  in  uno  scatolino  conservate  (2)  ». 
Era  un  dono  assai  stimato  un  pezzo  di  cinnamomo,  legno  assai 
raro,  e  l'altro  di  una  tazza  cinese;  ma  di  ben  maggiore  impor- 
tanza sembra  fosse  «  un'  agata  orientale  sardonica  di  ovata  figura, 
di  colore  bianchiccio,  di  grossezza  come  un  uovo  di  colombo  dei 
più  grossi,  simile  a  una  rotonda  nocciuola  nel  cui  midollo  ri- 
splende una  massa  di  acqua,  che  volgendosi  si  vede  muoversi  ed 
è  la  metà  ripiena,  donata  al  signor  Manfredo  dal  Rev."^°  Abbate 
Cassiano  Dal  Pozzo  (3)  ».  È  probabile  che  i  fratelli  Dal  Pozzo  fos- 
sero a  Roma  i  corrispondenti  di  Manfredo  e  ad  essi  si  rivolgesse 
per  gli  acquisti  di  oggetti  antichi  in  quella  città  (4).  Una  tra  le 

(i)  Giacomo  Lumbroso,  Notizie  sulla  vita  di  Cassiano  Dal  Pozzo,  in 
Miscellanea  di  storia  italiana.  Torino^  1878,  tomo  XV,  p.  129  e  seg.,  pa- 
gina 270. 

(2)  SCARABELLI,    Op.    cit.,    p.    I27,    n.    IO. 

(3)  Luigi  Bossi,  parlando  dell'  Ambrosiana  nella  sua  Guida  di  Mi- 
lano del  1818  ricorda  nelle  sale  della  Pinacoteca  "  alcuni  sottoposti 
scarabattoli  dove  tuttora  stanno  i  resti  del  Museo  Settala  „  e  dice  che 
non  deve  ommettersi  l'osservazione  di  "un  ciottolo  di  agata,  conte- 
"  nente  una  considerabile  quantità  d' acqua,  pezzo  unico  e  che  ove  si 
"  consideri  la  qualità  della  sostanza  riesce  assai  più  pregevole  di  tutti 
"gli  ossidri  veneti,,.  Ma  oggi  negli  "scarabattoli,,  il  ciottolo  donato 
da  Cassiano  Dal  Pozzo  non  si  vede  più  né  so  dove  sia  andato  a  finire. 

(4)  Carlo  Antonio  Dal  Pozzo  era  in  continua  corrispondenza  con 
Monsignor  Liergues  Monconnys,  fratello  di  colui  che  conosciamo  per 
le  lodi  che  fa  del  nostro  museo,  perchè  come  scrive  Cassiano  in  una 
lettera  "  si  trova  avere  un  gabinetto  di  varie  curiosità  e  quasi  ogni 
settimana  richiede  che  gli  si  provveda  qualche  cosa  „.  Vedi  Lumbroso, 
op.  cit.,  pagina  149. 


CONTRIBL^TO  PER  LA  STORIA  DELLA  COLTURA  IN   MILANO,   ECC.        IO9 

tante  volte  che  Manfredo  si  recò  a  Roma  v'  andò  per  esprimere 
la  sua  devozione  all'  antico  compagno  di  studio,  il  senese  Fabio 
Chigi  divenuto-papa  Alessandro  VII,  e  si  trattenne  a  lungo 
nell'Urbe  a  visitare  tutti  i  monumenti  e  col  maggior  studio 
quelli  dei  primi  tempi  cristiani;  anzi  discese  giù  nelle  cata- 
combe a  leggere  le  iscrizioni  e  corse  pericolo  di  perdersi  in  quei 
labirinti. 

Nella  bella  raccolta  di  cammei  del  museo  Settala  troviamo 
«  una  corniola,  dentro  a  cui  spicca  di  mezzo  rilievo  il  capo  di 
«  Seneca  e  due  capi  di  Mori  con  turbantino  in  tutto  rilievo  in 
«  atto  di  svenarlo....  Alla  rappresentazione  di  sì  memorabil  fatto 
«non  cede  la  singolarità  dell'opera  tanto  bella  quanto  antica, 
«  poiché  il  signor  Manfredo  la  vide  scavare  da  le  fondamenta  di 
«  un  nuovo  monastero  della  Lungara  in  Roma  e  indi  per  gioia 
«del  suo  Museo  la  trasportò  in  Milano». 

Uno  dei  più  intelligenti  ed  appassionati  raccoglitori  dal  quale 
il  nostro  Settala  deve  aver  avuto  conforto  fu  certamente  lo  stesso 
arcivescovo  di  Milano  il  cardinale  Cesare  Monti  che  s'era  for- 
mata una  assai  pregevole  raccolta  di  quadri  che  lasciò  morendo 
all'Arcivescovado  nel  i65o.  Egli  aveva  donato  al  canonico  un 
«  pezzo  di  coralloide  spongosa  di  cinericcio  colore  »,  forse  a  com- 
pletare quella  raccolta  di  coralli  del  museo  che  doveva  essere  di  qual- 
che pregio  e  per  il  numero  e  per  la  rarità,  poiché  racchiudeva  pezzi 
di  corallo  bianco  e  di  corallo  nero,  e  rami  nati  dentro  chiocciole  e 
sopra  ostriche.  Per  provvedere  ad  essa  Manfredo  si  era  recato  fino 
al  Capo  Bonifacio  ed  aveva  fatte  compere  in  Sardegna  e  fin  nel  Mar 
Rosso.  Ma  ritornando  al  cardinale  Monti,  fra  «  i  libri  pellegrini  e 
«  le  carte  forastiere  fatte  di  foglie  di  corteccie  d'alberi  »  troviamo 
ricordato  «  un  foglio  di  carta  (cinese  o  giapponese)  in  lunghezza 
«  di  otto  braccia  e  in  larghezza  di  due  e  mezzo  di  color  candi- 
«  dissimo,  eccedente  ogni  maggiore  grandezza  di  cui  possa  essere 
«  fabbricato  nelle  nostre  contrade,  e  forse  non  per  altro  ad  ogni 
K  alto  eminente,  che  perché  fu  dono  delle  cortesissime  mani  del- 
«  l'eminentissimo  signor  cardinale  Monti  già  arcivescovo  di  questa 
«metropoli  di  Milano».  Un  altro  dono  dello  stesso  cardinale  ci 


IL    MUSEO    SETTALA 


porta  a  trattare  brevemente  della   raccolta  di  oggetti  esotici 
non  era  ultima  parte  del  museo. 

È  questo  «  un  vaso  grande  col  suo  manubrio  da  gettar  l'acqua 
«  di  color  ceruleo,  dai  lati  del  quale  molti  intagli  e  caratteri  giap- 
«  ponesi  si  veggono  che  furono  a  viva  voce  espressi  dal  P.  Bohimo 
«  della  Compagnia  di  Gesù,  Ambasciador  della  chiesa  a  Roma, 
«  che  anni  sono  in  persona  si  compiacque  di  honorare,  un  cosi 
«  nobile  teatro  di  meraviglie  (i)  ». 

Nella  prefazione  alla  sua  opera  compendiosa  sulla  Cina  il 
padre  Atanasio  Kircher  ricorda  fra  i  più  benemeriti  dello  studio  di 
quel  paese,  prima  quasi  inesplorato,  oltre  che  il  padre  Martino 
Martini  di  Trento,  il  nostro  padre  Boym  e  il  padre  Filippo  Ma- 
rini genovese  (2).  Nel  museo  settaliano  abbiamo  ricordo  di  visite  e 
di  doni  anche  di  quest'  ultimo  e  di  parecchi  altri  gesuiti,  di  modo 
che  possiamo  dire  che  esso  museo  era  un  centro  al  quale  i  jnissio- 
nari  convenivano  volentieri  a  raccontare  le  loro  imprese  e  a  met- 
tere in  mostra  le  loro  peregrine  cognizioni  etnografiche.  Non  è  qui 
il  luogo  di  parlare  dell'importanza  e  del  valore  scientifico  delle  mis- 
sioni gesuitiche  in  quel  tempo,  basti  solo  notare  quanto  per  opera 
loro  sì  fosse  diffuso  in  Italia  l'amore  per  le  strane  regioni  del- 
l'oriente dopo  che,  nel  i585,  il  padre  Alessandro  Valegnani  aveva 
condotto  in  Italia,  tra  lo  stupore  delle  città  per  le  quali  passò, 
un'  ambasceria  dei  re  giapponesi  composta  di  giovani  principi  di 
quei  paesi  novellamente  convertiti  (3).  Nel  seicento  è  grandissimo 
il  numero  di  opere  che  parlano  dell' estremo  oriente  e  dell'Ame- 
rica e  vi  si  leggono  le  notizie  più  fantastiche  e  strane  che  certo  non 
spiacevano  in  quei  tempi  desiderosi  sopratutto  dello  straordinario. 
Quanto  il  nostro  Manfredo  si  interessasse  a  queste  pubblicazioni 
risulta  da  una  sua  lettera  al  Magliabechi  che  credo  utile  di  pub- 
blicare qui  per   intero:    «La  gentilezza  e  amorevolezza  di  V.  S., 


(1)  SCARABELLI,    Op.    cit,    p.    184,    II.    7, 

(2)  KiRCHERi,  China  Monumentis  sacris  et profanis.  Amstelodami,  1667. 

(3)  Ne  parla  il  P.  Daniello  Bartoli,   Dell*  istoria  della  compagnia 
di  Gesì4.  UAsia,  p.  266  e  sgg. 


CONTRIBUTO   PER  LA  STORIA  DELLA   COLTURA  IN  MILANO,  ECC.        Ili 

«  scriveva  egli  adunque  da  Milano  il  22  agosto  del  1668,  mi  sprona 
«  ad  incomodarla,  ciò  lo  attribuisca  alla  sua  bontà  e  compatisca 
«  il  mio  desiderio.  Essendo  io  dunque  curioso  di  sapere  se  il  Ser.™" 
«  Gran  Principe  nei  libri  che  ha  comperato  in  Amsterdam  ci  fosse 
«  quello  del  Viaggio  ed  Ambasciata  fatta  da  Stati  di  Olanda  al 
«  re  della  China  che  da  Macao  a  Canton  si  partirono  e  attraver- 
«  sarono  tutta  la  China  sino  a  Pechino  sedia  del  Re,  havendo 
«  notato  e  fatto  il  diario,  con  notati  tutti  gli  accidenti  e  tutte  le 
«città  messe  in  prospettiva;  libro  molto  curioso  et  da  me  molto 
«  desiderato  havendone  dato  notitia  uno  di  Amsterdam  che  lo  ha 
«  letto,  credo  che  sia  in  latino,  et  in  francese,  ne  desiderarla  don- 
«  que  solo  sapere  il  titolo  et  chi  lo  ha  stampato  acciò  lo  possa  far 
«venire  che  lo  desidero  al  maggior  segno;  come  anche  desidero 
«  da  V.  S.  sapere  se  è  stampato  il  viaggio  del  padre  Dorville  et 
u  Gratero  suo  compagno,  quali  si  partirono  da  Pechino  e  vennero 
«  per  terra  sino  in  Agra  sedia  del  gran  Mogol,  pur  fatto  in  dia- 
«  rio  e  con  le  città  et  habiti  dove  passavano.  Il  Rev.'^^  Kirchero 
«  nel  suo  libro  ultimamente  stampato  China  Moniimentìs  sacris 
«  et  profanis  -^  lo  descrive  ma  così  compendiosamente  sebbene  vi 
«sono  alcuni  belli  habiti  de  Tartari;  ma  per  essere  così  compen- 
«  dioso  non  dà  quella  sotisfazione  che  io  desidero,  gli  scrissi  a 
«  giorni  passati,  mi  rispose  che  il  medesimo  Padre  lo  voleva  far 
«  stampare  con  tutto  il  suo  Diario  non  so  se  in  Olanda  o  a  Vienna 
«  sia  stampato;  perciò  prego  V.  S.  con  ogni  affetto  havendone  no- 
«  tizia  di  questi  duoi  libri  inviarmi  solo  il  titolo  di  tutti  e  duoi 
«ed  ove  sono  stampati  con  l'anno.  Mi  scusi  di  grazia  del  troppo 
«  ardire  e  mi  comandi  che  mi  troverà  prontissimo  ad  ogni  mi- 
«  nimo  suo  cenno  e  con  tal  fine  vi  sono  e  sarò  sempre,  ecc.  ^) 


IV. 


Sulla  scorta  di  questi  libri  e  delle  notizie  avute  privatamente, 
si  affaticava  Manfredo  alla  ricerca  del  segreto  per  la  fabbricazione 
della  porcellana  non  che  di  vasi  che  assomigliassero  in  tutto  a 
quelli  che  gli  erano  stati  portati  dalla  Cina. 


112  IL    MUSEO    SETTALA 


«È  però  da  notare,  leggiamo  nel  catalogo  (i),  che  dei  Vasi  di 
«  Porcellana  Chinese,  quelli  tutti  si  stimano  veri  e  legittimi  che 
«  portano  in  sé  inciso  con  caratteri  del  paese  il  nome  dell'arte- 
«fìcc;  così  asserì  il  precitato  P.  Bohimo,  del  che  prese  motivo  il 
«  signor  Manfredo  d' intagliare  nel  vaso,  che  pur  di  Porcellana 
«  ci  lece  (segreto  fin  hora  da  niun  de'  nostri  saputo)  il  proprio 
«  nome,  come  chiaramente  si  legge  ».  Sembra  che  il  segreto  della 
fabbrica  della  porcellana  fosse  già  conosciuto  in  Italia  nei  primi 
anni  del  secolo  XVII,  poiché  in  quel  tempo  si  fabbricavano  por- 
cellane a  somiglianza  di  quelle  della  China  dai  granduca  di  To- 
scana (2).  Il  padre  gesuita  Marini  aveva  portato  a  Manfredo  «  nel 
«  ritorno  che  fece  dal  Tonchino  (3)  due  tazze  di  porcellana  finis- 
«  sima,  fatte  da  Tartari  nuovamente  impadronitisi  del  gran  Regno 
«  della  China  ».  Ma,  più  che  i  doni,  ci  piace  di  ricordare  le  visite 
di  questi  gesuiti  e  le  vere  rappresentazioni  date  da  essi  nel  museo 
di  Manfredo,  davanti  ai  buoni  milanesi,  curiosi  dei  costumi  del- 
l'estremo Oriente.  Nel  capitolo  «dei  legni  odoriferi  e  preziosi  » 
lo  Scarabelli  ricorda  «  Due  piccoli  stecchetti  di  ebano,  coi  quali 
«  il  detto  P.  Marini,  ad  imitazione  dei  Tonchinesi,  fu  osservato 
«  dal  signor  Manfredo  e  da  altre  persone  riguardevoli  a  mangiar 
«  particolarmente  il  riso;  non  ha  vendo  i  Tonchinesi  in  uso  come 
«  noi  Europei,  le  forchette.  Con  quella  occasione  si  compiacque 
«  ancora  il  Padre  di  vestirsi  al  modello  che  fu  nuovamente  dal 
«re  Tartaro  prescritto  a' suoi  popoli,  havendo  per  l'antipatia 
«  particolare,  che  ha  co'  Cinesi,  bando  la  testa,  vietato  1'  uso  de 
«  gli  habiti  propri  della  Cina,  perché  con  gli  habiti  non  vestis- 
«  sero  anche  gli  affetti  di  quella  natione  (4)  ».  Un  simile  spetta- 
colo riuscirebbe  interessante  ancor  oggi  a  noi  che  su  quei  paesi 
possiamo  procurarci  ogni  più  diffusa  notizia.  Che  pensare  della 
curiosità  destata  allora  quando  tutto  questo  mondo  orientale  era 


(i)  ScARABELLT,  op.  cit.,  pag.  i35,  n.  8. 

(2)  Dott.  Alessandro  Ioresi,  Sulle  Porcellane  Medicee,  lettera  al  Ba- 
rone di  Monville.  Firenze,  1869. 

(3)  Scarabelli,  op.  cit.,  pag.  i35,  n.  9. 

(4)  Scarabelli,  op.  cit.,  pag.  197,  n.  35  e  sgg. 


CONTRIBUTO  PER  LA  STORIA-DELTA  COLTURA  IN  MILANO,  ECC.       II  3 

pressoché  completamente  sconosciuto!  Il  padre  Bohimo,  già  no- 
minato, venne  una  volta  a  Milano  con  un  ambasciatore  Cinese 
«  con  habiti  oltremodo  stravaganti  e  con  le  acconciature  del  capo 
«  simili  in  tutto  a  quelle  delle  figure  che  erano  dipinte  sulle  carte 
«cinesi  di  Manfredo  (i)».  Ma  la  curiosità  dei  nostri  padri  non 
si  fermava  alle  forme  esterne;  essi  tentavano  anche  di  saper  qual- 
che cosa  della  civiltà  e  della  letteratura  di  quelle  regioni.  Lo 
Scarabelli  riporta  un  lungo  tratto  della  storia  della  Compagnia 
di  Gesù  del  Bartoli,  ove  delle  lettere  dei  Cinesi,  del  loro  modo 
di  profferir  le  parole  e  dello  scrivere  si  ragiona  (2)  ;  e  nel  museo 
conservavasi  un  calamaio  chinese  di  cui  dice  V  illustratore:  «  Con- 
«  tiene  un  gran  pezzo  d' inchiostro,  scorgendovisi  da  un  lato  una 
e  cavità  per  cui  bagnandosi  un  pennello  simile  a  quello  dei  pit- 
«  tori,  usavan  quei  popoli  di  fermare  i  loro  caratteri,  non  iscri- 
«  vendo  questi,  come  gli  altri  Indiani  con  alcuno  stilo  di  ferro,  o 
((  con  altra  penna,  come  noi  Europei  (3)  ».  Troviamo  ancora  men- 
zionati parecchi  libri  cinesi;  come  ad  esempio  «  un  libro  di  Co- 
«  smografia  tutto  di  carta  di  seta  sottilissima;  è  scritto  a  caratteri 
«  Cinesi  perfettissimi.  Dono  uscito  dalla  mano  liberale  dell'Ecce- 
«  lentissimo  signor  duca  di  Varaguas  (4)  ». 

Parlando  poi  d'una  carta  pure  di  cosmografia  cinese,  osserva 
lo  Scarabelli  che  i  cinesi  pongono  l'Asia  dove  nelle  nostre  è  l'Eu- 
ropa «  perchè  essi  pensano  distare  in  mezzo  ».  Per  intendere  qual- 
che cosa  di  questi  libri  si  giovava  Manfredo  delle  cognizioni  dei 
suoi  amici  gesuiti.  Sappiamo  che  un  libro  cinese  nel  quale  erano 
descritte  le  facoltà  e  stupende  virtù  delle  erbe  di  quei  paesi,  fu 
letto  in  una  sua  visita  al  museo  del  padre  Bohym  «  con  una  sin- 
golare soddisfazione  ed  indicibil  gusto  di  chi  si  trovò  presente  (5), 
essendo  egli  espertissimo  di  quello   idioma,   anzi  pregato  dal  no- 


(i)  Scarabelli,  op.  ciL,  p.  289,  n.  9. 

(2)  Scarabelli,  op.  cit.,  p.  284. 

(3)  Scarabelli,  op.  cit.,  p.  187. 

(4)  Scarabelli,  op.  cit.,  p.  288,  n.  i. 

(5)  vScarabelli,  op.  cit.,  p.  288,  n.  2. 

Arch.  Star.  Lovib.  —  Anno  XXVII.  —  Fase.  XXVIl. 


I  14  IL    MUSEO   SETTALA 

stro  sig.  Manfredo  a  scrivere  alcuna  cosa  in  Cinese,  egli  il  com- 
piacque con  iscrittura  particolare,  che  pur  quivi  si  conserva  ». 
Altrettanto  dicasi  dei  libri  indiani.  Un  altro  dei  gesuiti  visitatori 
del  museo,  il  padre  Giacinto  de  Magistri,  era  pur  stato  visitatore 
generale  del  Malabar  o  Tamulè  (Madurè)  anzi  nel  1661  su  quella 
cristianità  aveva  fatto  stampare  un'opera  (i).  Anch' egli  fu  pre- 
gato da  Manfredo  di  leggere  un  libro  scritto  con  caratteri  indiani. 
Non  meno  che  dai  missionari,  il  Museo  Settala  fu  visitato 
spesso  da'  principi  forestieri  che  per  necessità  o  per  diporto  reca- 
vansi  a  Milano.  Così  ebbe  a  vederlo  Anna  Maria  d'Austria  quando 
nel  1649  passò  di  qui  per  andar  sposa  a  Filippo  IV,  e  più  tardi, 
cioè  nell'estate  del  1664,  anche  Cosimo  di  Toscana,  come  ci  in- 
segna la  relazione  del  viaggio  di  questo  principe  scritta  da  un 
suo  cortigiano,  il  prete  Filippo  Pizzichi  (2).  Il  Settala,  com'è  fa- 
cile intendere,  andava  orgoglioso  di  codeste  visite  dei  principi  e 
dei  grandi  ed  è  a  credere  che  in  simili  occasioni  mettesse  in  opera 
tutta  la  sua  genialità  di  espositore  e  di  esperimentatore,  gli  espe- 
rimenti fossero  preparati  con  grande  cura,  in  modo  di  riuscire 
attraenti  e  da  soddisfare  ogni  curiosità.  Egli  possedeva,  ad  esem- 
pio, dei  fili  e  delle  matassine  di  amianto  ed  una  bellissima  borsa 
pure  di  asbesto  (3)  che  «  era  stata  più  volte  gettata  sopra  gran 
«  quantità  di  carboni  accesi  alla  presenza  di  molti  signori  e  prin- 
«  cipi,  e  specialmente  dal  Serenissimo  Arciduca  di  Ispruch  e  dalla 
«  Serenissima  Arciduchessa  di  Toscana,  curiosi  di  vedere  1'  espe- 
«  rienza  con  gli  occhi  propri,  né  mai  ha  ricevuta  lesione  alcuna  ». 
Qualche  volta  Manfredo  donava  a  questi  illustri  visitatori  ciò  che 
maggiormente  era  loro  piaciuto,  forse  pensando  che  si  dona  con 
vantaggio  ai  principi. 


(x)  De  Magistris  Giacinto,  gesuita,  Della  Crisiianità  del  Madurée 
fatta  dai  PP.  Missionari  della  Compagnia  di  Gesù,  della  provincia  di  Ma- 
lavar.  Roma,  1661. 

(2)  Viaggio  per  l'Alta  Italia  di  Cosimo  III  di  Toscana,  descritto  da 
Filippo  Pizzichi,  edito  dal  canonico  Moreni,  dell'  anno  1664.  Firenze, 
Magli  eri,  1828. 

(3)  SCARABELLI^    Op.    cit.,    pag.    232,    n.    2. 


CONTRIBUTO  PER  LA   STORIA   DELLA   COLTURA  IN   MILANO,  ECC.        IID 

Gli  arciduchi  d'Austria  si  erano  molto  divertiti  con  un  «Micco» 
giapponese,  che  Manfredo  allevava  nel  museo,  che  aveva  la  faccia 
bianca  senza  pelo,  similissima  a  quella  di  una  bella  vecchia,  una 
barbetta  sotto  al  mento,  fra  gli  orecchi  una  macchia  nera,  il  ri- 
manente del  corpo  di  color  berettino  ed  era  «  mirabilmente  giuo- 
«  chevole  (i)  ».  Manfredo  ne  fece  loro  dono,  ma  prima  volle  che 
fosse  ritratto  in  un  quadro.  Così  egli  conservava  un  ricordo  per- 
petuo di  questa  sua  munificienza,  e  certo  non  dimenticava  di  far- 
sene bello  cogli  altri  visitatori.  Parecchi  quadri  della  galleria  raf- 
figuravano animali  rari  e  curiosi,  portati  da  lontano  e  custoditi 
per  gran  tempo  in  casa,  giacché  il  Nostro  era  anche  addomesti- 
catore, e  nel  museo  si  conservavano  gli  scheletri  di  un'  aquila,  di 
una  volpe  e  di  una  lepre  (2)  ;  bestie  tutte  ch'egli  aveva  avvezzate 
a  star  seco  senza  recare  alcun  disturbo.  Né  mancavan  infine  a  dare 
un  certo  carattere  di  misterioso  alla  riunione  di  tante  cose  biz- 
zarre alcuni  scheletri  umani. 

Questa  scolorita  enumerazione  non  porgerà  che  un'idea  com- 
plessiva dell'aspetto  di  tutto  il  museo.  Preziosi  per  sé  stessi  erano 
gli  scrigni,  parecchi  incrostati  di  pietre  e  di  mosaici,  che  adorna- 
vano le  pareti  delle  quattro  stanze.  Nei  cassetti  di  questi  scrigni 
erano  disposte  le  monete  romane,  le  puniche  e  le  greche,  i  meda- 
glioni d'oro  e  d'argento  dei  papi  e  dei  duchi  di  Milano  e  alcuni 
«di  busso  stimati  al  pari  di  quei  d'oro  intagliati  da  Alberto 
(^  Duro,  huomo  in  tal  professione  singolarissimo  ».  In  altri  cassetti 
trovavan  luogo  gli  anelli,  più  di  venti,  ed  altrettanti  cammei,  e 
molte  gemme,  tra  le  quali  un  grande  zafìRro  orientale,  in  cui  era 
inciso  il  ritratto  di  Bona  Sforza,  regina  di  Polonia,  figlia  di  Gio. 
Galeazzo  :  forse  un  dono  dei  duchi  a  qualcuno  degli  antenati  del 
Settala.  In  basso,  sotto  gli  scrigni,  come  possiamo  vedere  nella 
brutta  incisione  che  accompagna  l'opera  dello  Scarabelli,  erano 
collocati  i  vasi,  le  balestre,  gli   archi,  le  faretre,  le  statuette  ed  i 


(i)  Scarabelli,  op.  cit.,  p.  262,  n.  66. 
(2)  Scarabelli,  op,  cit,  p.  249, 


1  IO  IL    MUSEO    SKTTALA 


busti,  sopra  gli  scrigni  stavano  gli  orologi,  i  mappamondi,  i  corni, 
le  conchiglie.  Piìi  in  aitosi  miravano  i  quadri.  Dal  soffitto  infine] 
pendevano  i  coccodrilli,  i  pescicani,  i  pesci  volanti  e  gli  altri  mo-j 
stri  imbalsamati.  La  ricca  biblioteca  formata  da  9290  volumi  e 
1600  manoscritti,  completava  il  museo  e  forniva  i  testi  necessari^ 
alle  dotte  dispute. 

Dopo  quanto  abbiamo  detto  è  inutile  trattenerci  a  parlare 
ancora  del  grande  amore  che  Manfredo  nudriva  pei  libri:  an- 
ch' egli  come  il  padre  ne  era  avidissimo  raccoglitore.  Le  sue  let- 
tere al  Magliabechi  ce  lo  attestano  ripetutamente,  anzi  esse  mo- 
strano che  egli  seguiva  con  interesse  anche  le  vicende  del  com- 
mercio   librario  (i).    Dei  libri  da  lui  posseduti   erano    stati    fatti 


(i)  Il  Magliabechi  lo  aveva  incaricato  di  comperare  alcuni  libri 
alla  grande  bottega  dei  fratelli  Bidelli  milanesi,  ed  egli  così  rispon- 
deva ai  26  di  luglio  del  1662.  "  È  stato  un  peccato  che  questi  signori 
"  Bidelli  si  siano  separati,  poiché  adesso  chi  tira  in  qua,  chi  tira  in 
"  là  e  se  non  moriva  il  povero  signor  Raffael  Fransinelli  stava  quasi 
"  aggiustato  per  fare  un  rilievo  della  parte  dei  duoi  fratelli,  poi  che 
"  forsi  in  Europa  non  si  aveva  libraria  tale,  havendo  quando  erano 
"  insieme  trentacinque  camere  ben  grandi  non  solo  attorno  attorno, 
"  ma  nel  mezzo  tutte  ripiene  di  balle  di  libri  „.  Le  lettere  del  Ma- 
gliabechi al  Settala,  ricche  di  notizie  sui  nuovi  libri  comparsi,  pas- 
savano poi  per  le  mani  di  molti  dotti  milanesi.  Riporto  un'  altra  let- 
tera di  Manfredo  al  Magliabechi ,  che  ad  onta  delle  scorrezioni  mi 
sembra  assai  interessante  e  tale  da  renderci  più  simpatico  il  vecchio 
studioso.  "  IlL™o  Signore.  Dal  Nostro  Sig.  Bondicchi  ho  ricevuto  una 
"  sua  a  me  caris."^*  al  maggior  segno  mi  ha  rallegrato  mentre  stavo 
"  pensoso  e  travagliato  per  gli  eccessivi  calori,  che  oggidì  fanno  qual 
"  sono  molti  anni  che  ciò  non  è  successo,  et  hanno  regnato  malattie 
"  infettive  a  segno  tale  che  nel  nostro  Hospitale  Maggiore  vi  saranno 
*'  mille  e  duecento  ammialati  né  si  sa  più  dove  riporli.  N.  S.  ci  con- 
"  servi.  In  questo  ponto  aspetto  il  signor  Bibliotecario  Bosca  qual  si 
^'  sincera  et  lo  ringrazia  della  memoria  che  V.  S.  111.»"^  tiene  di  lei. 
^'  Ho  letto  poi  la  Gen.^a  sua  piena  di  notizie  rare  e  molti  sigg.  me 
^' la  richiedono  per  le  rare  notizie;  la  prego  con  ogni  affetto  conser- 
^'  varmi  in  buona  gratia  et  la  prego  qualche  volta  consolarmi  con  sue. 
"  Io  poi  me  la  vado  passando  alla  meglio  che  posso  poiché  la  mia  età 
"  é  di  settantotto  e  presto  entro  nelli  79  con  assai  buona  salute  leg- 
"  gendo  sempre  qualche  libro  curioso,  come  bora  leggo  li  duoi  tomi 
^'  di  viaggi  del  sig.  Taverniere  in  francese  che  sono  assai  curiosi  come 


CONTRIBUTO  PER  LA  STORIA  DELLA   COLTURA  IN  MILANO,  ECC.        Il'; 


indici  per  nomi  e  cognomi  degli  autori  e  per  materie;  ma  oggi 
questi  cataloghi  non  si  possono  più  consultare  e  della  biblioteca 
non  si  sa  altro  che  era  disposta  in  trecento  casse  secondo  i  vari 
rami  dello  scibile.  Vi  era  anche  una  raccolta,  in  sette  gran  vo- 
lumi, di  più  che  ventimila  fra  disegni  e  stampe  dei  più  eccellenti 
pittori  ed  architetti  messa  insieme  da  Carlo  Andrea  Settala  negli 
anni  della  prima  gioventù. 

Così  mi  sembra  di  aver  finito  di  spigolare  tutti  i  dati  neces- 
sari, per  dare  un'  idea  di  quanto  era  raccolto  nelle  stanze  di  via 
Pantano,  e  credo  non  si  possa  a  meno  di  meravigliarsi  che  una 
sola  famiglia,  un  solo  uomo  avesse  potuto  giungere  a  tanto.  A 
questo  lavoro  Manfredo  aveva  dato  tutto  sé  stesso  e  divenuto  pa- 
drone della  galleria  di  famiglia,  dopo  la  morte  del  fratello  Sena- 
tore, già  nel  1649  aveva  fatto  salire  in  tanta  fama  il  suo  museo 
da  renderlo  degno  di  visite  regali.  Da  questo  tempo  sino  alla 
morte  egli  non  cessa  mai  dal  raccogliere,  dal  creare  nuove  mera- 
viglie per  la  sua  collezione  mentre  nel  laboratorio  che  erige  nella 
Canonica  di  S.  Nazzaro  attende  a  perfezionare  gli  istrumenti  mu- 
sicali, a  distillare  ogni  sorta  d'essenze  al  fuoco  della  lampada,  a 
tentare  difficili  operazioni  chirurgiche. 

Visse  il  nostro  raccoglitore  fino  agli  ottant'  anni  e  morì  ai  16 
dì  febbraio  del  1680.  Peccato  che  egli  non  abbia  saputo  dare  un 
indirizzo  preciso  e  determinato  alla  sua  attività  così  da  compiere 


"  ben.'^''  V.  S.  111.™^  li  bavera  letti.  Compatirà  se  è  mal  scritta  poiché 
"  Tata  e  il  gran  caldo  indeboliscono  il  corpo  humano.  Resta  solo  che 
"  V.  S.  Ill.'T'i  ha  saputo  con  sì  belle  maniere  obbligarmi  mi  porga  an- 
"  che  r  occasione  di  raddoppiare  le  obbligazioni  che  sarà  con  V  ho- 
"  nore  de  suoi  da  me  desiderati  comandi  et  crederà  che  io  sono  con 
"  l'affetto  qual  mi  sottoscrivo,  ecc.  Milano,  il  primo  di  settembre  1678  „. 
Manfredo  era  intimo  amico  dei  dottori  dell'Ambrosiana  ed  assiduo  fre- 
quentatore di  quella  libreria.  E  lo  dice  Emerigo  Bigot,  bibliotecario 
parigino,  che  così  scrive  da  Milano  al  Magliabechi  il  17  luglio  1661: 
"  L'altro  ieri  venne  nella  libraria  [Ambrosiana]  il  signor  Settala  e  mi 
"  intrattenni  una  mezz'  ora  a  discorrere  con  lui,  si  loda  sommamente 
"  della  sua  gentilezza  e  mi  disse  che  le  doveva  scrivere  oggi  per  rin- 
"  graziarla  della  Repubblica  Chinese  della  quale  V.  S.  l'ha  regalata,,. 


Ìl8  IL    MUSEO    SETTALA 


un'opera  duratura.  Egli  era  di' quegli  uomini  che  nulla  lasciano 
intentato,  che  raccolgono  tutto  quanto  trovano  sulhi  loro  via 
senza  pensare  se  il  troppo  grave  carico  impedirà  loro  di  procedere 
avanti.  Quanta  maggiore  è  l'ammirazione  che  questi  uomini  de- 
stano nei  contemporanei,  tanto  minore  e  il  ricordo  che  ne  resta. 
Quando  Manfredo  lasciò  la  terra  parve  alla  società  dotta  mila- 
nese che  con  lui  si  spegnesse  un  uomo  di  grande  valore,  e  la  sua 
perdita  si  giudicò  irreparabile;  pochi  anni  dopo  egli  ed  il  suo 
museo  già  cadevano  in  queir obblio  da  cui  noi  ci  siam  sforzati 
ritrarli. 


V. 


Le  memorie  che  abbiamo  serbate  intorno  agli  onori  che  fu- 
rono resi  al  Settala  dopo  la  morte  ci  danno  prova  di  ciò  e  ci 
offrono  un  interessante  quadro  delle  costumanze  d'  allora.  Il  mar- 
chese Giovanni  Maria  Visconti,  cognato  di  Manfredo,  di  cui  aveva 
sposato  una  sorella,  ci  ha  lasciato,  in  apposito  opuscolo,  la  de- 
scrizione delle  esequie  celebrate  a  Manfredo  nel  tempio  di  S.  Na- 
zaro.  Varrà  la  pena  di  ricavarne  qualche  notizia  (i). 

Il  Visconti  ci  dice  dunque  che  dal  museo  Settala,  noto  in 
tutto  il  mondo,  erano  stati  tolti  gli  oggetti  che  potevano  conve- 
nientemente adornare  il  catafalco  e  significar  dolore,  perchè  l'ot- 
timo vecchio  avesse  vicine  anche  nella  bara  le  sue  fatiche  e  de- 
lizie. Le  pareti  del  tempio  erano  adorne  di  grandi  quadri  alle- 
gorici, disegnati  dal  pittor  Cesare  Floribus.  In  uno  era  dipinto 
un  compasso  deposto  sovra  un  circolo  tracciato,  col  motto  Satis 
est  implevimus  orbem  ;  in  un'altra  tavola  era  rappresentato  l' i- 


(i)  Esequiae  in  tempio  S.  Nazari  Manfredo  Septalio  patricio  tnedio- 
lanensi  celebratae  —  exposuit  March.  Johannes  Maria  Vicecomes  Acc. 
Animosus.  Mediolani,  1680.  —  In  una  incisione  che  va  unita  all'opu- 
scolo è  raffigurato  il  grande  catafalco  in  cima  del  quale  sta  un  map- 
pamondo che  porta  il  busto  di  Manfredo;  al  di  sotto  una  grande 
urna  antica. 


I 


CONTRIBUTO  PER  LA  STORIA  DELLA  COLTURA  IN  MILANO,  ECC.        IIQ 

Strumento  musicale  a  canne,  la  «  sordellina  »  col  mantice,  inven- 
zione come  sappiamo  di  Manfredo,  e  la  scritta  diceva  Defedi 
spiritiis  meus.  Dall'  altra  parte  era  raffigurato  il  cosi  detto  moto 
perpetuo  della  piramide  di  bronzo,  intorno  alla  quale  discendeva 
a  palla  di  diaspro,  che,  giunta  in  fondo,  era  lanciata  di  nuovo 
sulla  cima  ;  vicino  lo  scheletro  della  morte  che  con  la  mano 
fermava  la  palla  nella  sua  discesa;  e  la  scritta  commentava  Nihil 
perpetinim.  Presso  questo  un  altro  quadro  dove  la  morte  coniava 
medaglie  in  onore  dei  Settala  e  diceva  Maius  ab  exequis  nomen. 
Sopra  un'altra  tela  si  vedeva  ancora  la  morte,  che  con  lo  spec- 
chio ustorio  di  Manfredo  stesso  raccogliendo  i  raggi  del  sole  ac- 
cendeva una  fiaccola  e  diceva  Sic  splendor  collectus  abit.  In 
una  quinta  pittura  la  morte  gettava  la  sua  falce  su  di  un 
cumolo  di  faretre,  di  archi,  di  balestre  e  di  cannoni,  riproducente 
le  armi  del  museo  e  la  scritta  commentava  Ferii  securius  isia. 
Il  padre  gesuita  Giov.  Battista  Pastorini  pronunciò  l'orazione  in 
lode  del  defunto,  tracciando  sommariamente  la  storia  della  fami- 
glia Settala  ed  enumerando  le  principali  opere  del  lodato.  Ma 
non  bastava  ;  i  gesuiti,  dei  quali  Manfredo  e  tutta  la  famiglia 
erano  stati  grandi  amici,  vollero  onorarlo  con  una  pubblica  acca- 
demia nell'aula  massima  del  loro  collegio  di  Brera  (i).  Una  strana 
cerimonia  ci  si  svolge  davanti  mentre  leggiamo  la  descrizione  di 
questa  accademia,  una  cerimonia  che  nella  sua  teatralità  ci  fa 
sorridere,  mentre  pure  attestandoci  il  grande  entusiasmo  destato 
da  questo  vecchio  studioso  della  natura,  nella  sua  secentistica 
esagerazione  non  è  priva  di  valore.  In  questa  accademia  si  dove- 
vano celebrare  le  esequie  di  Manfredo  secondo  l'antico  costume 
latino  e  i  rettori  e  gli  scolari  del  collegio  portare  quindi  in  mo- 
stra processionalmente  gli  oggetti  del  museo  Settala  dando  ad 
essi  un  significato  allegorico  colla  recitazione  di  epigrammi  latini. 


(i)  Manfredo  Septalio  Accademia  funebris  jpttblice  habita  in  classe 
rhetoricae  collegii  brajdensis  Socie fatis  Jesu.  Auctoribus  eiusdem  palestrae 
accademicis  quorum  scriptiones  in  ordinem  digessi/.  Cons  Ioannes  Andreas 
Alifer.  Mediolani,  1680. 


20  IL    ML'SKO    SETTA  LA 


Doveva  aprire  il  corteo  la  Fama,  non  colla  tromba  argentea,  ma 
a>ii  r;inglica  tuba,  o  tromba  parlante,e  recitare  un'epigrafe  del 
rettore  Gian  Battista  Barbavara.  Venivano  poi  portate  avanti 
l'agata  ed  i  cristalli  che  mostravano  racchiuse  dentro  le  goccie 
d'acqua,  e  del  loro  occulto  significato  dava  notizia  l'epigramma  : 

Naturae  iletum  career  cristallinus  ambit 
Mentiri  interna  haec  lacrima  sola  nequit. 

La  fiala  lacrimatoria  regalata  al  Settala  da  Cassiano  Dal  Pozzo 
aveva  un'inscrizione  di  Claudio  Pancerio.  Seguiva  una  schiera 
di  prefiche  piangenti;  e  ad  essa  tenevan  dietro  la  Musica,  la  Fi- 
sica e  l'Ottica  rappresentate  dai  quattro  rettori  il  marchese  Gio- 
vanni Acerbi,  il  conte  Giovanni  Andrea  Alifer  e  il  marchese  Gio- 
vanni Maria  Visconti  che  recitavano  un  carme  dialogico  tutto 
in  lode  del  defunto.  Precedevano  il  letto  funebre  come  le  imagini 
antiche,  i  quadri,  le  medaglie  che  portavano  effigiati  gli  avi  del 
morto.  Vi  era  il  quadro  attribuito  al  Tiziano  raffigurante  Ga- 
leazzo cavaliere  teutonico,  il  ritratto  di  Lodovico  protofisico  di- 
pinto da  Fede  Gallizia.  Tutte  queste  figure  «  aveva  animate  » 
il  rettore  Claudio  Mariano  col  recitare  l'epigramma: 

Nos  quondam  pace  et  bello  dum  vita  manebat 
Egregios,  tumulus  claudere  non  potuit. 
Tu  quoque  post  cineres  volitas  Manfrede  per  Orbem. 
Posteritas  nostris  laudi  bus  adde  tuas  ! 

A  Passaguado,  il  capitano  riedificatore  di  Milano,  distrutta  dal 
Barbarossa,  era  dedicata  una  speciale  poesia.  Portatosi  davanti 
il  medaglione  d'oro  di  S.  Senatore,  Ottaviano  Scotti  con  un  suo 
carme  lirico,  diceva  le  lodi  del  Santo.  Giunto  il  feretro  al  luogo 
convenuto,  gli  si  ergeva  la  pira,  usando  dei  legni  preziosi  del 
museo.  La  Musica,  1'  Ottica,  la  Fisica  ponevano  i  loro  doni  sul 
rogo.  Alessandro  Bulgaro  professore,  vi  portava  la  «  ciliegia  » 
d'avorio,  scolpita  internamente  dalla  pazienza  di    Manfredo   con 


CONTRIBUTO  PER  LA  STORIA  DELLA  COLTURA  IN  MILANO,  ECC.       121 

tante  teste  da  morto.  Gli  archi,  le  saette,  le  faretre  dei  Brasiliani 
e  dei  Turchi  servivano  da  trofei.  Si  fingeva  che  il  rogo  fosse 
arso,  le  fìnte  ceneri  venivano  poste  nell'urna,  e  si  costruiva  per 
esse  un  grande  mausoleo.  Quattro  colossi  sostenevano  come  caria- 
tidi una  mole  quadrata:  una  raffigurava  il  Lavoro  e  portava  il 
motto  consueto  a  Manfredo  Potius  mori  quam  otiari,  V  altra  la 
Sapienza  col  detto  pur  di  Manfredo  Sapiens  numquam  soliiSy  la 
Virtù  era  il  terzo  col  motto  Virtuti  ubique  obvius  amor,  l'ultima 
era  1'  Arte  col  motto  Belli  et  Pacis  artes  amicae.  Fra  i  colossi 
nelle  loro  nicchie  stavano  le  statue  di  Septalius  Caesar  socio 
nell'impero  a  Settimio,  il  presunto  capostipite  romano  della  fa- 
miglia, di  Passaguado  Settala,  di  S.  Senatore  e  di  Enrico  Settala 
arcivescovo.  Sul  tumolo  erano  state  dipinte  alcune  scene  delle 
cosidette  imprese  di  Manfredo,  cioè  quando  giovane  e  desideroso 
d'imparare,  navigando  verso  l'Egitto,  era  stato  ferito  dai  Turchi  ; 
quando,  disceso  nelle  cripte  sotterranee  dei  martiri  a  Roma  per 
leggere  i  caratteri  degli  antichi  monumenti,  a  stento  aveva  po- 
tuto uscirne;  e  quando  insegnava  l'arte  del  tornire  all'arciduca 
Giovanni  d'Austria,  a  Don  Vincenzo  Gonzaga  e  al  marchese  Ca- 
racena.  Su  in  alto  fra  le  nubi,  misti  a  genii  in  atto  di  suonar 
tibie  e  fistole,  tolte  al  museo,  stavano  le  immagini  di  S.  Senatore, 
del  beato  Manfredo  e  del  beato  Lanfranco. 

Così  alla  fine  del  secolo  XVII,  nel  più  grande  palazzo  mila- 
nese dedicato  agli  studi,  si  celebrava  l'apoteosi  della  famiglia 
Settala  e  del  suo  museo. 


VI. 


Dopo  molte  ricerche  ho  potuto  trovare  nel  nostro  archivio 
notarile  la  copia  del  testamento  del  canonico  Settala,  steso  dal 
notaio  milanese  Carlo  Cadolini,  il  giorno  i3  luglio  1672.  In  esso 
Manfredo  dispone  che  il  suo  Museo  sia  conservato  dal  fratello 
Carlo,  vescovo  di  Tortona,  e  alla  sua  morte  dai  nipoti  e  passi 
poi   in   ereditai   ai   loro   discendenti   nella    linea    dei    primogeniti 


12J,  li,     MI  SI  ()    SICT'IALA 


maschi;  qualora  poi  la  discendenza  si  estinguesse,  fosse  dato  in 
custodia  alla  Biblioteca  Ambrosiana.  Quale  inventario  degli  og- 
getti contenuti  nel  museo,  che  dagli  eredi  non  potevano  essere 
alienati,  si  trova  ancor  oggi  unita  al  testamento  una  copia  del 
libro  dello  Scarabclli.  In  una  lunga  relazione  che  precede  una 
sentenza  pronunziata  il  17  febbraio  lySi  dal  senato  milanese  che 
decreta  il  passaggio  del  musco  in  proprietà  del  venerando  collegio 
dell'  Ambrosiana,  della  quale  si  trova  copia  nell'archivio  famigliare 
del  signor  conte  Bertoglio  Pisani,  leggiamo  riassunta  con  chiarezza 
tutta  la  storia  della  successione  del  museo.  Morto  Manfredo  nel  1680, 
le  sue  raccolte  passavano  al  fratello  Carlo,  vescovo  di  Tortona, 
il  primo  designato  nel  testamento.  Morto  dopo  qualche  anno 
costui,  vennero  nelle  mani  di  Francesco  Settala  che,  come  lo  zio,* 
era  canonico  di  S.  Nazzaro;  e  questi  le  conservò  fino  al  1716, 
anno  di  sua  morte.  In  questo  tempo  troviamo  ricordata  la  col- 
lezione Settala  da  Lodovico  Antonio  Muratori  che  in  essa  scoprì 
r  Index  Sanctorum  Martyriim ,  quorum  corpora  S.  Gregari 
Magni  temporibus  Romae  quiescebant  che  egli  pubblicò  nei  suoi 
Anedocta,  preponendo  molle  lodi  del  museo  (i).  Questo  prezioso 
codice  non  si  trova  ricordato  nella  descrizione  dello  Scarabelli, 
o  che  non  se  ne  conoscesse  l' importanza  così  da  confonderlo  cogli 
altri   «  libri  di  corteccia  d'arbori   »,  o   che    fosse    acquistato    da 


(i)  L.  A.  MuRATORius,  Anedocta  quae  ex  Ambrosianae  Bibliotecac 
codicibus  esuit,  Mediolani,  1698, -Toinus  II,  pag.  194:  *'  Inter  praecla- 
"  rissima  Italiae  monumenta  musaeum  Septalianum  Mediolani  situm 
"  absque  te  meritatis  metu  numeramus.  Massima  illi  a  rebus  visu  dignis- 
"  simis  commendatio  est,  neque  minor  a  quibusdam  antiquis  rebus, 
"  quos  temporum  edacitas,  absumere  non  est  ausa.  Illinc  Indicem 
"  istum  describere  nihi  licuit,  veniam  dante  illustrissimo  Francisco 
"  Septalio  Nazarianae  Basilicae  canonico.  Quod  maxime  huius  Cata- 
"  logi  pretium  auget,  est  ipsa,  ut  puto,  scripturae  at  papyri  antiquitas. 
"  Haec  Aegyptiaca  est,  eamque  minus  periti  corteccia  d'arbori appellant, 
"  illa  vero  characteres  exhibet  non  multum  ab  iis  dissimiles  quos  in 
"  celeberrimo  Codice  Ambrosianae  Bibliotecae  legimus  „.  Il  Muratori 
ricorda  che  il  padre  Michele  Germano  aveva  fatto  una  trascrizione 
di  questo  codice  esistente  nel  museo ,  perchè  ne  fosse  accessibile  la 
lettura  ai  profani. 


CONTRIBUTO  PER  LA  STORIA  DELLA  COLTURA   IN  MILANO,  ECC.        123 

Manfredo  dopo  il  1666  o  più  tardi  ancora  dal  canonico  Francesco. 
Nel  1700  il  museo  fu  visitato  dal  Montfaucon  (i)  che  vi  osservò 
oltre  che  il  papiro  illustrato  dal  Muratori,  una  lapide  in  cui  era 
scolpito  un  imperatore  con  lo  scettro  e  la  spada  che  si  diceva 
essere  Carlo  Magno,  ed  una  gemma  che  recava  inciso  Alessan- 
dro. Il  Thévenot  scriveva  versoli  i685  al  Mabillon  e  al  Germain  : 
«  Le  Neueu  du  canonico  Settala,  qui  a  son  cabinet,  aidera  beau- 
«  coup  les  pères  [Benedettini]  dans  leurs  recerches  (sic)  de  Saints 
«  de  leur  ordre  (2)  :>.  Insomma  non  che  essere  ben  conservato 
sotto  la  tutela  del  canonico  Francesco,  il  museo  manteneva  la 
fama  anteriormente  goduta.  La  pacifica  possessione  del  canonico 
Francesco  fu  molestata  nel  1698  dalle  pretese  della  marchesa  Ca- 
terina Settala,  maritata  al  marchese  Gaetano  Emanuele  Dal  Pozzo, 
figlia  ed  erede  universale  di  Settimo  Passaguado  Settala,  fratello 
del  canonico  Francesco,  la  quale  voleva  che  si  dividesse  l'eredità 
del  canonico  Manfredo  per  averne  la  parte  che  sarebbe  spettata 
al  padre.  Ma  una  sentenza  del  18  gennaio  1698  insieme  ad  altre 
decisioni  che  non  ci  riguardano,  stabiliva  che  la  casa  rimanesse 
indivisa  in  proprietà  dei  fratelli  Settala,  «  quod  agitur  de  domo 
«  incapaci  divisionis,  et  cuius  meliora  loca  a  museo  Septaliano, 
«  ac  duabus  magnificis  bibliotecis  occupata  reperiuntur  »,  e  di- 
ceva che  il  Museo  era  stato  affidato  alla  custodia  del  canonico 
Francesco  «  non  tam  ad  familiae,  sed  etiam  totius  civitates  splen- 
«  dorem  ».  Morendo,  il  canonico  Francesco  istituiva  suo  erede 
un  Carlo  Settala,  che  nel  1718  teneva  in  Milano  la  carica  di  ca- 
pitano della  milizia  civica  e  che  discendeva  da  un  ramo  della 
famiglia  diverso  da  quello  da  cui  provenivano  i  figli  ed  i  nipoti 
del  protofisico  Lodovico.  Il  nonno  di  questo  ultimo,  quel  Lodo- 
vico dottore,  che  abbiamo  veduto  nel  (495  insegnare  giurispru- 
denza a  Pavia,  era  fratello  di  un  Bernardo,  dal  quale  (secondo 
gli  alberi  geneologici  della  famiglia  (3))  deriva   questo   ramo   dei 


(i)  Bernardo  de  Monfaucon,  Diarium  Italicum,  Parisiis,  1702,  p.  21. 

(2)  GiGAS  E.,  Lettres  de  Bénédiciins  de  la  congregation  de    S.   Maur 
(1652-1700).  Copenhagene  —  Paris,  1892,  p.  83. 

(3)  Vedi  all'Archivio  di  Stato  la  Cartella  Famiglia  Settala. 


24 


n.    MUSEO    SETTALA 


Settala  che  al  principio  del  secolo  XIX  ebbe  il  titolo  di  conte, 
portato  per  il  primo  da  quel  Luigi  Settala  la  cui  discendenza 
dura  ancora  ai  nostri  giorni.  Carlo  Settala,  erede  del  canonico 
Francesco,  non  poteva,  a  norma  del  testamento  di  Manfredo,  ve- 
nire in  possesso  del  museo  che  doveva  essere  trasmesso  solo  ai 
primogeniti  maschi  dei  nipoti,  e  perciò  venivano  ad  acquistar 
valore  i  diritti  della  Biblioteca  Ambrosiana,  i  conservatori  della 
quale  già  nel  1716  sì  erano  rivolti  ai  tribunali  perchè  dessero 
esecuzione  alle  disposizioni  del  fidecommesso  in  loro  favore  ;  ma 
Carlo  Settala  ed  il  fratello  suo,  indugiando  nelle  pratiche  giu- 
diziarie erano  riusciti  ad  evitare  per  ben  trentaquattro  anni  una 
risoluzione  definitiva. 

Sappiamo  che  in  questo  tempo  le  raccolte  di  Manfredo  sta- 
vano ancora  disposte  nelle  stanze  di  via  Pantano,  anzi  il  Lat- 
tuada  nella  sua  Descrizione  di  Milano,  stampata  nel  1737  ci  dice 
che  il  museo  era  lasciato  «  mai  sempre  aperto  dalla  gentilezza 
«  degli  eredi  del  canonico  Manfredo;  tra  quali,  continua  il  Lat- 
«  tuada,  sia  permesso  fare  onorevole  menzione  del  sig.  Don  Carlo, 
«  a  cui  porgiamo  in  questi  fogli  un  pubblico  attestato  della  no- 
«  stra  ossequiosa  riconoscenza  (i).  »  Nel  175 1  finalmente  fu  pre- 
sentata al  Senato  la  relazione  di  cui  ho  già  fatto  parola,  della 
quale  furono  autori  G.  Battista  Moschini  e  Giuseppe  Pizzotti. 
Le  obbiezioni  sollevate  dai  Settala  consistevano  dall'impossibilità 
di  identificare  i  beni  compresi  dal  fidecommesso  e  nella  contesta- 
zione della  podestà  nel  testatore  Manfredo  di  stabilire  un  fidecom- 
messo. Alla  prima  si  opponeva  l'esistenza  del  libro  dello  Scara- 
belli,  allegato  al  testamento,  l'acquiescenza  degli  eredi:  il  vescovo 
Carlo  e  il  canonico  Francesco,  che  l'  avevano  accettato  senza  ri- 
serve e  la  sentenza  pronunciata  nel  1698  contro  la  marchesa  Dal 
Pozzo,  colla  quale  si  stabiliva  che  lo  stesso  canonico  Francesco 
conservasse  gli  oggetti  esistenti  nel  museo  e  descritti  «  in  Inventa- 
rio inserto  in  Testamento  ».  La  seconda  obbiezione  si  fondava  sul 
testamento  del  protofisico  Lodovico,  che  diceva  di  voler  che  il  suo 

(i)  Descrisione  di  Milano.  Milano,  1787,  Tom.  II,  p.  346. 


CONTRIBUTO  PER   LA  STORIA  DELLA  COLTURA  IN   MILANO,  ECC.        I2D 

gabinetto  fosse  conservato  eternamente  dai  discendenti  della  sua 
famiglia  da  padre  in  figlio,  e  quindi  impediva  che  se  ne  disponesse 
in  favore  di  terzi.  Ma  si  opponeva  che  ben  piccola  cosa  doveva  es- 
sere stato  il  gabinetto  del  protofisico  Lodovico  a  confronto  della 
galleria  di  Manfredo,  e  che  ad  ogni  modo  già  i  fratelli  di  quest'ul- 
timo si  erano  accordati  nel  riconoscere  lui  come  solo  proprietario 
e  nel  permettere  che  sotto  il  suo  nome  si  stampasse  il  catalogo 
dello  Scarabelli;  che,  infine,  il  testamento  del  protofisico  Lodo- 
vico non  contemplava  il  caso  che  la  discendenza  sua  venisse  meno: 
or  presentatosi  questo  caso,  dovevansi  eseguire  le  disposizioni  date 
da  Manfredo.  Ad  ogni  modo  Carlo  Settala,  discendente  da  ramo 
diverso,  non  aveva  alcun  titolo  alla  proprietà  del  museo.  Per 
queste  ed  altre  ragioni  i  relatori  consigliano  il  Senato  a  pronun- 
ciarsi in  favore  della  Biblioteca  Ambrosiana.  Il  Senato  il  19  feb- 
braio  175 1   pubblicava  la  seguente  sentenza: 

«  Referente  Magnifico  Castillioneo  causam  vertentem  inter 
«  Ven.  Collegium  Bibliotecae  Ambrosianae  hujus  Urbis  ex  una, 
«  et  D.  Carolum  et  D.  Senatorem  Lanfrancum  fratres  de  Septala, 
«  ex  altera, 

«  Censuit  Senatus,  Fideicommissum  condictum  ab  olim  Ven. 
«  Canonico  Manfredo  Septala  subesse. 

«  Vener.  Collegium  Bibliotecae  Ambrosianae  Mediolani  esse 
«  ex  Vocatis,  eiusque  favore  casum  evenisse  per  obitum  Ven. 
«  Canonici  Francisci  Septalae;  ideoque  res  constituentesMuseaum, 
«  vulgo  Galleria  descriptas  in  Libro  inserto  in  Testamento  ejusdem 
«  Ven.  Manfredi  relaxandas  fore  et  esse  dicto  Ven.  Collegio  Bi- 
«  bliotecae,  non  obstantibus  deductis. 

«  Teneri  D.  Carolum  et  Fratrem  de  Septala  relaxare  eidem 
«  Vener.  Collegio  Libros  descriptos  in  donationibus,  et  in  peti- 
«  rione,  absoluto  dicto  Collegio  a  petitis  in  reconventione  prò- 
«  posita  per  dictos  Fratres  de  Septala,  salvis  in  reliquis  juribus 
«  Partium,  et  cuiuscumque  Tertii.  Et  Magnif.  Castillioneus  Re- 
((  lator  etiam  sit  Executor  praesentis  sententiae  ecc.  Signat  Ma- 
«  gnificus  Marchio  Goldonus  Vidonus  Pro  Praeses  et  Magnificus 
('  Castillioneus  ». 


126  IL    MI  SKO    hl.IJALA     (.ONIhllJLlU    JLU     LA     MUUIA,    LtC. 

Non  si  capisce  come  delle  parecchie  migliaia  di  oggetti  che 
troviamo  ricordati  nel  libro  dello  Scarabelli  citato  espressamente 
in  questa  sentenza,  quale  inventario,  e  ancora  nelT  Archivio  No- 
tarile «  inserto  in  testamento  eiusdem  Ven.  Manfredi  »,  oggi 
non  si  vedano  più,  in  un  luogo  sacro  alla  conservazione  delle  me- 
morie d'  arte  e  di  scienza  come  e  V  Ambrosiana,  se  non  gli  spec- 
chi ustori  e  pochi  altri  oggetti  di  dubbio  valore.  Gli  odierni  ze- 
lantissimi direttori  dell'Ambrosiana  farebbero  opera  buona  se 
volessero  far  noto  come  ciò  sia  avvenuto  anche  a  soddisfazione 
dei  discendenti  di  quel  Carlo  Scttala,  che  non  troppo  volentieri, 
per  quanto  risulta  dai  documenti  citati,  rinunciò  al  possesso  del 
famoso  museo,  che  secondo  la  volontà  del  canonico  Manfredo, 
doveva  essere  conservato  nelle  sale  dell'  Ambrosiana  «  ad  eternam 
«  eius  memoriam  (i)  ». 

Certo  se  la  tanto  lodata  Galleria  sussistesse  ancora  nella  in- 
tegrità sua  quale  io  ho  cercato  di  descriverla  ai  suoi  bei  tempi, 
potrebbe  essere, ancor  oggi  visitata  con  piacere  da  chi  amasse 
seguire  lo  svolgersi  dell'  attività  scientifica  tanto  nei  suoi  pro- 
gressi che  nei  suoi  traviamenti.  Io  ho  cercato  di  far  rivivere  in 
queste  mie  pagine  lo  spirito  che  la  informava  e  spero  che  da  esse 
si  potrà  trarre  un  capitolo  non  del  tutto  senza  importanza  per 
la  futura  storia  della  coltura  milanese  del  secolo  XVII. 

Gino  Focolari. 


(i)  Sarebbe  ottima  cosa  che  a  compensare  i  danni  sofferti  dal 
museo  la  Biblioteca  dell'Ambrosiana  curasse  almeno  di  acquistare  i 
due  volumi  con  centotrentotto  tavole  di  acquarelli  originali,  in  cui 
sono  raffigurati  trecento  degli  oggetti  più  importanti  del  museo,  oggi 
posseduto  dal  libraio  antiquario  Harl.  W.  Hiersemann  di  Lipsia. 


MARMI  E  LAPIDI  DI  MILANO 


VILLA    ANTONA-TRAVERSI    DI    DESIO 


Solicitae  jucuuda  oblivia  vltae. 
Villa  Traversi. 

GIÀ  si  ebbe  occasione  di  render  conto  ai  lettori  dell'  ^r- 
chivio  Storico  Lombardo,  nel  i°  fascicolo  trimestrale  del 
i8g6,  del  rinvenimento  di  cinque  lapidi  funerarie  e  di  al- 
cuni frammenti  marmorei  dispersi  della  nostra  città  nella  Villa 
e  nel  giardino  degli  Uboldi  in  Cernusco  sul  Naviglio,  fra  cui  an- 
noveravasi  come  scultura  di  singoiar  importanza,  di  Giovan  Gia- 
como Della  Porta,  l'elegante  sarcofago  del  1544,  che  adornava 
un  giorno  la  chiesa  di  Santa  Maria  della  Pace,  in  ricordanza  dello 
spagnuolo  Gian  Lupo  Soria. 

Una  messe  altrettanto  copiosa  e  di  non  minore  pregio  era 
a  sperarsi  si  ottenesse  dall'  ispezione ,  cortesemente  acconsentita 
dagli  attuali  possessori  della  principesca  Villa  Antona-Traversi  di 
Desio  (i),  per  quanto  concerne  i  numerosi  cippi,  stemmi,  basso- 
rilievi e  marmi  con  iscrizioni  che  si  sapevano  da  tempo  esistenti 
a  scopo  ornamentale  nella  base  della  torre  gotica  che,  coll'annes- 


(i)  Rendo  grazie  in  ispecial  modo  airiU.^o  sig.  Comm.  Tommaso 
Tittoni,  marito  di  Donna  Bice  Antona-Traversi ,  che  si  compiacque , 
sulla  richiesta  fattagli,  di  accordarmi  cortesemente  il  permesso  di  vi- 
sitare la  villa  ed  i  marmi  e  le  iscrizioni  di  Desio,  aggiungendovi  po- 
scia la  facoltà  di  farne  eseguire  le  fotografie. 


128  MAKMI     i;     l.AI'lUl     1)1     MILANO 

sovi  fabbricato  deircgual  stile,  veniva  costrutta  ad  abbellimento 
del  giardino  nel  1844  sopra  disegno  del  celebre  pittore  bolognese 
Palagi  Pelagio  (vedasi  l'allegata  tavola). 

Non  e  dunque  che  da  quest'  ultima  data  ,  relativamente  re- 
cente, che  tutti  quei  frammenti  scultorii  ed  epigrafici  furono  ar- 
tìsticamente disposti  con  senso  decorativo  nella  fantasiosa  costru- 
zione del  Palagi,  ma  una  gran  parte  di  essi  già  esisteva  in  Desio, 
ed  anzi  a  poca  distanza  dal  luogo  attuale,  nell'  antica  villa  dei 
Marchesi  Cusani,  cui  si  sostituiva  nel  1844  da  Giovan  Battista 
Traversi  l'attuale  edificio  di  maestoso  aspetto  e  d'una  suntuosità 
Cjuasi  reale. 

Tutto  induce  quindi  a  ritenere  che  1'  acquisto  di  quei  diversi 
pezzi  abbia  avuto  luogo  fino  dai  primi  anni  del  XIX  secolo,  al- 
lorché, colla  soppressione  delle  sepolture  nell'  interno  delle  chiese 
e,  in  molti  casi,  delle  chiese  stesse,  andarono  venduti  all'incanto 
bassorilievi  e  marmi  scritti  d'ogni' sorta  ,  con  uno  sperpero  ed 
una  dispersione  tali  da  riescir  difficile  oggidì  il  rendersi  conto 
anche  approssimativamente  di  quel  che  sia  avvenuto  pur  dei  più 
conosciuti  fra  di  essi. 

Degli  ottanta  e  più  frammenti  della  torre  di  Desio,  uno  solo 
ricorda  la  patrizia  progenie  dei  Cusani  che  ebbe  in  Milano  tombe 
e  ricordi  diversi,  cosicché  è  a  ritenersi  che  la  collezione  di  quelle 
anticaglie,  disparatissime  fra  di  loro,  sia  stata  originata  in  parte 
da  ricuperi  di  quella  famiglia  ed  in  parte,  altresì,  da  acquisti  se- 
parati stati  fatti  qua  e  là  nell'intento  più  che  altro  di  procu- 
rarsi artistici  ricordi. 

Eppure,  nonostante  che  quel  vero  ripostiglio  archeologico  di 
tanto  interesse,  esistesse  a  poca  distanza  da  Milano  ed  in  una  re- 
sidenza, parecchie  volte  visitata  da  artisti  e  letterati,  di  famiglia 
che  ha  in  Milano  stessa  un  grandioso  palazzo,  nessuna  notizia 
venne  fin  qui  data  di  quei  reliquati,  se  non  quella  generica  con- 
tenuta nel  primo  \o\umQ,  àoìV Illustrazione  del  Lombardo- Veneto, 
in  cui  accennavasi  sulle  generali  ad  una  sola  delle  molte  lastre 
e  scolture  tombali  raccoltevi,  e  cioè  a  quella  di  un  De  Guzman, 
perito  in  giovane  età  all'assalto  di  Lodi  nel   i528. 


NELLA    VILLA    ANTONA-TRAVERSI    DI    DESIO  I29 

E,  senza  qui  esimermi  dall'  osservare  che  ciò  avvenne  anche 
pei  marmi  e  per  le  epigrafi  di  Cernusco  sul  Naviglio  che  erano 
pure  in  vista  di  tutti  in  un  pubblico  giardino,  non  riescirà  discaro 
di  avere  intanto  una  preliminare  notizia  di  quel  tesoretto  arti- 
stico ed  epigrafico  che  trovasi  raccolto  ed  inesplorato  nella  villa 
di  Desio,  e  che  olTrirà  per  molto  tempo  materia  di  studio  ed  os- 
servazione proficua  a  quanti  si  dilettano  della  storia  dell'  arte 
lombarda. 

Come  già  s'  è  detto,  essendo  i  rilievi  marmorei  di  cui  discor- 
riamo, riuniti  unicamente  a  titolo  decorativo,  nessun  ordine  os- 
servasi nella  disposizione  loro:  una  serie  di  stemmi  ed  alcuni  busti 
con  qualche  medaglione  di  buon  carattere  adorna  la  parte  supe- 
riore del  fianco  della  finta  chiesa  attigua  alla  gran  torre  pirami- 
dale del  Palagi,  e  più  in  basso  stanno,  quali  in  nicchie,  quali  su 
piedestalli,  statue  grandi  e  piccole,  e  più  vicino  a  terra,  frontali 
d'avello  e  le  epigrafi  funerarie. 

Sul  lato  della  torre  in  cui  s'  apre  la  porta  d'  accesso,  con  co- 
lonne dai  vaghi  capitelli  e  statuette  tolte  esse  pure  ad  antichi 
monumenti,  vediamo  anche  due  frontali  di  camino,  l'uno  di  essi 
assai  guasto  della  seconda  .metà  del  XVI  secolo,  con  una  cornice 
a  mensolette  bugnate  e  puttini  rafifiguranti  le  diverse  stagioni, 
ma  r  altro  in  buon  essere  ancora  e  del  più  gaio  ed  elegante  stile 
del  rinascimento  con  putti  ignudi  tenenti  fra  loro  ghirlande 
sormontate  da  aquilette  e  nel  mezzo  lo  scudo  dei  Casati,  colla 
torre  recinta  dalle  due  treccie  di  Santa  Giustina. 

E  venendo  ora  a  discorrere  innanzi  tutto  delle  varie  lastre 
tombali  ed  epigrafiche,  e  fra  di  esse,  di  quella  già  ricordata  allo 
spagnuolo  De  Guzman,  noteremo  che  è  dessa  dell'altezza  di  m.  2.3o, 
compresavi  la  sottostante  iscrizione,  e  di  una  larghezza  di  cent.  80. 

Com'  è  accennato  sotto  il  n.  472  del  III  volume  delle  Iscri- 
zioni milanesi,  trovavasi  questa  lapide  originariamente  nel  pavi- 
mento sotto  il  grande  arco  davanti  all'  aitar  maggiore  di  Santa 
Maria  delle  Grazie,  e  solo  più  tardi  fu  portata  nel  piccolo  chio- 
stro, recentemente  restaurato,  davanti  alla  sagrestia  di  quel  tem- 
pio ,  da  dove  venne  asportata  con  altri  marmi,  taluno  dei  quali 

Arck.  Stor.  Lotnh.  —  Anno  XXVII.  —  Fase.  XXVII.  9 


j30  marmi    e    lapidi    di    MILANO 


111  rinvenuto,  anni  or  sono,  con  diverse  lapidi  della  Pace,  nel 
brolo  attiguo  all'  antico  convento  domenicano. 

La  collocazione  sua  precitata  nel  pavimento  spiega  i  guasti 
lievi  ma  più  l'erosione  del  marmo  nei  punti  salienti  della  statua 
supina  del  Ramirez  De  Guzman,  raffigurato  in  pieno  assetto  di 
guerra,  con  armatura  intera  a  parti  snodate,  corazza,  bracciali, 
cosciali  ed  il  morione  ai  piedi  sul  lato  destro  della  persona,  men- 
tre dal  lato  sinistro  vi  sta  un  libro  chiuso. 

Il  capo  ricoperto  da  un  berretto  con  lunga  piuma,  riposa  su 
due  cuscini  :  porta  il  defunto  baffi  e  barba  intera  accuratamente 
arrotondata  quale  usava  l'imperatore  Carlo  V,  e  mentre  la  mano 
sinistra  riposa  sull'elsa  della  lunga  spada  stesa  sulla  sua  persona, 
la  destra  pare  accarezzi  nervosamente  il  pugnale  o  stocco  che  gli 
pende  al  fianco. 

In  una  specie  d'attico  all'estremità  superiore  di  questa  lastra 
tombale  dovevano  essere  riprodotti  gli  stemmi  di  questo  capitano 
dei  fanti,  morto  valorosamente  di  35  anni  all'  assalto  di  Lodi  nel 
i528,  e  che  vantava  la  discendenza  sua  dalla  illustre  famiglia  dei 
De  Guzman  di  Spagna;  essi  andarono  però  scalpellati  all'epoca 
della  Cisalpina,  come  abrase  andarono  pure  le  lettere  in  corsivo 
della  epigrafe  che  qui  appresso  si  riproduce,  per  le  discordanze 
che  offre  nella  disposizione  e  in  alcune  parole,  fra  cui  in  quella 
di  mestissimi  invece  di  meritissimiy  col  testo  dell'Allegranza. 

L' icrizione  è  la  seguente: 

DIEGO    RAMIREZ    DE    GVZMAN    RAMIRI    NVGNEZ    DE    GVZMAN    FILIO 

genere  ab  Hispaniae  regibus  ingenio  qdem  divino  atq 

IPSIS    MORTALIBVS    GRATISS  *  Q    DVM    IN    LAVDENSI    EXPVGNA 
TIGNE    DVRISS  '  CAE  *  COHORTIS    DVCTOR    INTER    PRIMOS    SIN 
GVLARI    VIRTVTE    VOLITARET    AD    MVROS    ICTV    TORMENTI 
FEMVR    TRANSFIXVS    MORTEM    SVAE    INCLITE    FAMILIE    DEBITAM 
NEC    NON    INGENTIS    ANIMI    SVI    ARDORI    PAREM    OCCVBVIT 
PROPINQ.VI    AMICIQ   FORTIS    IVVENI    COììlitiq    DVLCISSQ   AMICO 
MESTISS  •  POSVERE  MDXXVIII  TTIO    KAL  *  IVLII  '    VIXIT    ANN.    XXXV. 


NELLA    VILLA    ANTONA-TRAVERSI    DI    DESIO  l3l 

Non  appare  da  questa  lapide  di  Desio  che  vi  sia  stato  ag- 
giunto, come  vorrebbe  il  Valeri,  il  verso  seguente: 

Q.V0D    FORTVNA    NEGAS    ARS     OPEROSA    DABIT 

la  qual  sentenza  sarebbe  rimasta  ad  attestare  altresì  della  eccel- 
lenza dell'opera  d'arte  che  dava  ai  posteri  l'effigie  per  intero 
del  guerriero  che  i  fati  avevano  rapito  ;  in  ogni  modo,  e  benché 
trattandosi  di  persona  di  cospicua  famiglia  venuta  a  mancare  sì 
tragicamente  nel  028,  allorché  fiorivano  in  Milano  come  scul- 
tori egregi  il  Busti,  il  Solari  ed  il  Cristoforo  Lombardi,  detto  il 
Lombardino,  é  alle  scuole  di  questi  egregi  artisti  che  par  deb- 
basi  quel  simulacro  attribuire,  i  guasti  soff'erti  da  quel  marmo 
non  permettono  di  mettere  innanzi  alcuno  di  quei  nomi  gloriosi 
dell'arte  lombarda,  e  il  lavoro  non  esce  apparentemente  dalla 
media  dei  ricordi  tumulari  consimili,  poco  essendovi  a  notare  di 
lodevole  anche  nella  trascrizione  epigrafica  cui  si  dava  invece 
grande  importanza  nei  lavori  di  qualche  conto. 

Di  ben  maggiore  considerazione  sono,  vicino  a  questa  lapide 
del  De  Guzman,  due  statuette  della  Forza  colla  colonna  fra  le 
mani,  e  presumibilmente  della  Giustizia  cui  manca  però  l'attri- 
buto della  bilancia,  le  quali,  collocate  su  due  pilastrini  aventi  fra 
di  loro  in  mezzo  un  medaglione  di  60  centimetri  di  diametro  col 
soggetto  della  Sacra  Famiglia,  si  manifestano  opera  egregia  di 
Agostino  Busti  detto  il  Bambaja,  e  potrebbero  anche  essere  le 
due  statue  tuttora  mancanti  a  compiere  il  numero  di  sei,  vedute 
dal  Vasari  nel  sarcofago  dei  Birago  di  San  Francesco  Grande. 

Tali  statue  sono  anzi  delle  stesse  dimensioni  (ad  un  dipresso 
65  cent,  d'altezza),  e  dell'egual  valore  tecnico  di  quelle  delle  Virtù 
predisposte  dal  Busti  pel  monumento  a  Gastone  di  Foix,  e  di  una 
statua  affine  a  quella  della  Forza  colla  colonna  fra  mani,  il  calco 
fa  bella  mostra  di  sé  nel  Museo  Archeologico  al  disopra  dello 
scaffale  a  vetri  vicino  alla   statua  tumulare  del  defunto  eroe. 

Avvertasi  ad  ogni  modo  che  un'altra  statuetta  nello  stile  del 
Busti  che,  dal  puttino  che  tiene  col  braccio  sinistro  si  qualifiche- 


|32  MARMI    E    LAPIDI    DI    MILANO 


I 


rcbbc  come  la  personificazione  della  Carità,  vcdesi  nella  torre  di 
Desio,  sul  terrazzo  che  guida  alla  camera  gotica  superiore,  deco- 
rata, com'è  noto,  col  gruppo  di  P'austo  e  Margherita  del  Tantar- 
dini,  e  coi  mirabili  vetri  tedeschi  del  1607,  del  i683  e  del  i68r) 
che  vanno  fra  i  migliori  che  si  conoscano  di  quell'arte. 

Quanto  al  medaglione,  benché  in  assenza  d'ogni  data  non 
riesca  possibile  lo  stabilire  la  provenienza  sua  anche  approssimati- 
vamente, e  solo  leggasi  al  basso  in  una  cartella  ad  orecchiette  nello 
stile  del  rinascimento  la  scritta:  Ecce  Agnus  Dei,  ecce  qui  tollii 
peccata  mundi,  lo  stile  del  Busti  riesce  oltremodo  perspicuo  nella 
grazia  della  Vergine  dinanzi  ai  cui  piedi  stanno  sollazzandosi  il 
bambino  Gesù  e  San  Giovanni.  Nello  sfondo  angeli  oranti  e  te- 
stine alate  di  divini  messaggeri  e  sul  lato  destro  la  figura  barbuta 
di  San  Giuseppe:  più  importante  sul  lato  sinistro  una  persona 
con  larga  giubba  e  dalla  copiosa  zazzera  sforzesca  in  cui  direbbesi 
effigiato  lo  stesso  Duca  Lodovico  il  Moro. 

E  accenniamo  alla  scuola  del  Busti  cui  si  collega  pure  quella 
del  Briosco  e  che  fu  prodiga  fra  di  noi  di  tanti  lavori  nella  prima 
metà  del  XVI  secolo,  inquantochè  al  XV  secolo  e  così  chiara- 
mente alla  scuola  dell'Omodeo  si  appalesa  invece  ascrivibile  altro 
medaglione,  press'a  poco  delle  eguali  dimensioni  e  in  candido  mar- 
mo di  Carrara,  collocato  a  poca  distanza  esso  pure  dalla  tomba 
De  Guzman,  e  che  rappresenta  il  giovinetto  Cristo  nella  Sinagoga 
ritto  in  piedi  su  una  specie  di  soppalco  a  gradinate,  e  cui  stanno 
ascoltando,  volgendo  le  spalle  agli  osservatori,  come  usò  di  fre- 
quente rOmodeo  nei  suoi  bassorilievi,  parecchi  dottori  della  Si- 
nagoga drappeggiati  all'orientale  e  con  abiti  dalle  pieghe  cartacee. 

Poco  più  in  alto  altro  medaglione  ma  di  terracotta,  con  busto 
racchiuso  in  una  specie  di  conchiglia,  rivela  esso  pure  l'arte  pu- 
rissima ed  elegante  del  XV  secolo,  e  ricordano  l'acconciatura  del 
capo  e  lo  sparato  dell'abito  i  costumi  delle  gentildonne  italiane 
di  quell'epoca. 

Sulla  bellezza  artistica  e  sull'  importanza  di  questi  medaglioni 
si  insiste  anzi,  nonostante  i  guasti  loro  arrecati  dal  tempo,  in- 
quantochè, fatta  eccezione  di  un  disco  coll'effigie  di  Filippo  Maria 


NELLA    VILLA    ANTONA-TRAVERSI    DI    DESIO  l33 

Visconti,  dì  una  medaglia  con  profilo  di  donna  dalle  sigle  B.  L., 
e  di  altra  consimile  in  bianco  marmo  con  un  cavaliero  irrom- 
pente contro  nemici  da  lui  atterrati,  la  qual  ultima  vedesi  presso 
la  scala  d'accesso  alla  torre,  le  altre  medaglie  d'arenaria  incluse 
nell'edificio  a  scopo  ornamentale  furono  eseguite  verso  la  metà 
del  XIX  secolo  e  sono  tolte  dai  calchi  fatti  alla  Certosa  di  Pavia 
dalla  Ditta  Pierotti-Perabò  dei  duchi  e  delle  duchesse  di  Gasa 
Visconti  e  degli  Sforza. 

Ed  ora,  venendo  a  discorrere  di  altra  lastra  tombale  che  tro- 
vasi disposta  sotto  una  specie  di  edicoletta  posticcia  costruita  da 
frammenti  disparati,  a  pochi  passi  appena  da  quella  del  De  Guz- 
man,  abbiamo  sott'occhi  in  essa  un  esemplare  cospicuo  dell'arte 
nostrana  del  principio  del  XIV  secolo,  mirabile  non  solo  per  le 
sculture  ad  altorilievo  di  cui  va  fregiata,  ma  altresì  per  la  bel- 
lezza e  nitidezza  dei  caratteri  epigrafici  in  puro  gotico  dell'  iscri- 
zione (Vedasi  l'annessa  tavola,  che  comprende  anche  le  due  sta- 
tuette del  Busti  e  il  medaglione  testé  citato). 

È  un  frontale  d'avello,  delle  dimensioni  di  m.  2.20  di  lun- 
ghezza per  un'  altezza  di  cent.  80,  in  cui  vedonsi  scolpiti  con  alto 
magistero  e  a  tutto  rilievo  la  Vergine  col  divino  infante  in  braccio, 
fra  Sant'Agostino  a  sinistra  e  San  Marco  a  destra,  il  qual  ultimo 
le  presenta  il  tumulato  vestito  in  abito  talare  e  colle  mani  di- 
votamente  giunte  in  atto  di  supplicazione. 

Grande  è  la  perizia  dello  scalpello  negli  abiti  vescovili  di 
Sant'Agostino  e  in  quelli  a  larghe  pieghe  dell'apostolo  San  Marco, 
i  cui  nomi  appajono  scritti  in  gotico  sull'orlo  superiore,  ed  anche 
nell'atteggiamento  della  Vergine  e  del  Bambino  e  più  nei  visi  di 
questi  diversi  personaggi  vi  è  un  forte  sapore  di  realismo  e  pregi 
grandi  di  sentimento.  La  devozione  ed  una  confidente  aspetta- 
zione traspirano  veramente  dalle  fattezze  del  defunto  ginocchioni, 
di  cui  sappiamo,  dall' iscrizione  gotica  che  leggesi  sul  lato  destro, 
che  morì  nel  i3io,  e  che  era  giusto  e  pio  e  largo  di  soccorsi  ai 
bisognosi  i  quali  sostentava  non  solo,  ma  colmava  di   elemosine. 

Questo  frontale  d'avello  è  pertanto  disposto  nel  modo  gra- 
fico e  coir  iscrizione  seguente: 


.34 


MAKMi     I::    LAMUI    DI    MILANO 


S.   AUCUSTINUS 

S.    MARCUS 

Anno  milleno 
deno  dominique 
ir  ice  no 

Nona  dies  me 
bris  dai  gaudi 

\ 

1       a  mse  novembris 

V 

f       cum  justo  noe 
1        M ir  ani  de  Becha 
1         he 
/             Qui  pius  et  le 

nis  fuit  atque  be 
nignus  egenis           j 
hos  sustentando 
nec  non  alimo 
nia  dando. 

Rapppresentando  poi  la  scultura  un  agostiniano  presentato 
alla  Vergine  da  San  Marco,  fu  facile  l'arguire  la  provenienza  di 
questo  davanzale  di  avello  dalla  chiesa  di  S.  Marco  in  Milano, 
e  infatti  troviamo  segnato  questo  sepolcreto  fra  i  dispersi  di  quella 
chiesa  a  pag.  294  del  voi.  IV  delle  Iscrizioni  milanesi  del  Gav.  For- 
cella. 

Il  felice  rinvenimento  suo  viene  per  altro  a  rettificare  l'iscri- 
zione quale  era  stata  data  dal  Forcella  sulle  traccie  dello  Schrader, 
del  prof.  Luigi  Torelli  e  dell'  Errerà,  avvertendo  che  mentre 
del  secondo  capoverso  si  dà  la  versione  seguente,  e  cioè  :  Nona 
dies  membìHs  dat  gaudia  mense  novembris  nomine  cum  moritiir 
Mirani  de  Bechaloe,  essa  va  rettificata  dopo  la  parola  novem- 
bris, secondo  quanto  aveva  scritto  il  Puccinelli,  cum  justo  no- 
mine, ecc. 

E  aggiungasi  che  questo  vetusto  documento  marmoreo  è  ora 
ricuperato  per  sempre  e  lascierà  comodo  di  maggiori  studii  e  di 
controllo  agli  epigrafisti.  Esso  trovavasi    in    passato  nel   chiostro 


NELLA    VILLA    ANTONA-TRAVERSI    DI    DESIO  i35 

dei  morti  del  convento  agostiniano  di  San  Marco  milanese,  ma 
ignoravasi  ciò  che  vi  avesse  raffigurato  lo  scalpello  dell'  ignoto 
artista  (i),  indicandosi  solo  che  v'erano  riprodotte  alcune  figure 
di  religiosi  in  abito  eremitano  e  niun  cenno  facendosi  dello  stemma 
inquartato  che  pure  vi  si  vede. 

Un  altro  frontale  d'avello,^proveniente  esso  pure  da  Milano, 
a  cui  parrebbe  riferirsi  il  cartello  colla  scritta  :  «  Angiiigerae  gloria 
gentis  »  pOsSto  al  disopra  della  lastra  tombale  testé  citata,  è  quello 
che  vedesi  nella  parte  di  mezzo  del  finto  edificio  medioevale  di 
Desio  e  delle  dimensioni  esso  pure  di  circa  due  metri  di  larghezza 
per  un'altezza  di  cen.  90  con  due  stemmi  viscontei,  aventi  la  bi- 
scia nella  prima  partizione  e  la  croce  nella  seconda,  disposti  sim- 
metricamente intorno  ad  una  testa  scolpita  di  leone. 

Si  potrebbe  pensare  che  siamo  qui  di  fronte  a  qualcuna  delle 
tombe  viscontee,  fra  cui  quella  della  prima  Beatrice  d'Este,  esi- 
stenti a  San  Francesco  Grande,  e  la  supposizione  prenderebbe 
parvenza  dalle  diverse  statue  nello  stile  del  trecento  che  sopra- 
vanzano qua  e  là  in  questo  edificio  di  stile  gotico  di  Desio,  quali 
a  poca  distanza  un  simulacro  di  guerriero  appoggiato  alla  spada 
intorno  alla  quale  è  avvolta  a  fitte  ripiegature  la  cintola,  e  cui  fa 
simmetria  un  San  Francesco  in  umile  atteggiamento,  e  sopra  il 
frontale  stesso  in  questione,  tre  statue  delle  dimensioni  di  poco 
minori  del  vero,  raffiguranti  San  Pietro  a  sinistra,  un  Vescovo 
con  pallio  e  lunga  stola  sul  petto  e  il  pastorale  nella  destra,  e  in- 
fine un  guerriero  a  destra  colla  spada  dalla  cintola  avvolta  in- 
torno alla  guaina  essa  pure. 

Manca  per  altro  qualsiasi  indicazione  scritta  o  contrassegno 
alcuno  per  dedurre  al  riguardo  sicure  conseguenze. 

Altrettanto  deve  dirsi  pel  bel  frontale  di  sepolcro  che  vedesi 
nel  basamento  della  torre  a  poca  altezza  da  terra,  scolpito  con 
perizia  ed  accuratezza  in  marmo  di  Carrara  e  delle  dimensioni 
consuete  di  m.   1.70  per  un'altezza  di  cent.  63. 


(i)  Dallo  stile  si  appalesa  lo  stesso  Ugo  da  Campione  cui  il  Got- 
thold  Meyer  ascrive  il  sarcofago  Suardi,  del  iSoq,  già  in  S.  Stefano 
di  Bergamo. 


l3(>  MAIMII     i;    IM'II)!     DI     MILANO 


Il  pallio  è  diviso  in  tre  scomparti  coi  Santi  Giorgio  e  Vit- 
tore, designati  in  caratteri  gotici  nei  due  lati  estremi  e  nel  mezzo 
la  scena  tipica  di  siffatti  sarcofagi  del  defunto  presentato  alla 
Vergine  col  bambino  in  grembo  da  Santa  Caterina  d'Alessandria, 
contraddistinta  dalla  ruota  del  martirio. 

Che  poi  il  tumulato  fosse  un  guerriero,  lo  indica  chiaramente 
il  lucco  che  lo  ricopre  con  larga  cintura  al  disopra  da  cui  pende 
il  pugnale  al  fianco,  e  il  vedersi  ai  lati  i  due  santi  guerrieri  per 
eccellenza,  di  San  Giorgio  in  atto  di  trapassare  colla  lancia  il 
temuto  drago,  e  di  San  Vittore  con  larga  bandiera  tripartita  nella 
mano  destra;  ma  ninna  traccia  assolutamente  del  nome  suo  e 
della  provenienza  almeno  di  questa  bell'arca  del  XIV  secolo. 

L'egual  scena  di  San  Giorgio  che  uccide  il  mostro,  questa 
volta  alla  presenza  della  vergine  da  lui  liberata,  la  quale  sta  poco 
lungi  ginocchioni,  la  scorgiamo  pure  a  Desio  in  un  frammento  di 
lastrone  ornamentale  in  pietra  amfibolica  di  color  azzurrino,  cui 
pare  si  colleghi  altro  lastrone  con  un  putto  fra  due  draghi  d'un 
bel  carattere  del  Rinascimento.  Anche  per  tali  sculture  nessun 
dato  di  riferimento  benché  nel  bassorilievo  di  San  Giorgio  si  ab- 
biano sott'occhi  due  stemmi  con  fascia  a  fusi  accostati  e  drago  alato 
in  cimiero,  quale  hanno  i  Foscarini  di  Venezia,  ed  era  assegnato 
neir  antica  araldica  milanese  alla  poco  nota  famiglia  dei  Capi- 
zucchi,  e,  con  qualche  variante,  agli  Osio. 

Due  volte  vediamo  invece  ripetuto  lo  scudo  dei  Mandelli  coi 
tre  leoni  passanti,  in  questi  rilievi  marmorei,  e  solo  in  uno  di 
essi  foggiato  con  qualche  ricercatezza  a  forma  di  quadrilobo  con 
fiorami  ai  quattro  lati  ed  un  mostro  dalle  lunghe  orecchie  tese 
e  dalla  bocca  spalancata  al  disopra  dell'elmo  pentolare,  vediamo 
inscritte  le  iniziali  di  P.  E.  che  accennerebbero  al  nome  di  un 
Pietro  Mandelli. 

Ritenuto  che  la  stirpe  patrizia  dei  Mandelli,  fregiata  del  di- 
stintivo dei  tre  leoni  d'Inghilterra,  oltre  le  tombe  di  Santa  Maria 
della  Passione,  aveva  un  marmo  con  pomposa  iscrizione  al  disopra 
della  porta  dei  SS.  Cosma  e  Damiano,  la  qual  chiesa  fu  poi  adi- 
bita ad  uso  di  teatro   dei  Filodrammatici,   e  sorgeva    un   giorno 


VILLA  ANTONA-TRA VERSI  A  DESIO. 


Eliot.   Cnlzclnrì  e  Ferrarlo  -  Milano 

Torre  gotica  del  Palagi  nel  giardino . 


VILLA  ANTONA-TRA VERSI  A  DESIO. 


Frontale  d  avello  del  1310,  due  statuette  del  Busti 
e  medaglione  del  Rinascimento. 


NELLA    VILLA    ANTONA-TRAVERSI    DI    DESIO 


sull'area  delle  vetuste  case  di  quel  ceppo  avito,  è  a  questo  edifi- 
cio per  l'appunto  che  sarebbe  da  ascriversi  la  dispersione  di  quei 
due  scudi   araldici. 

Naturalmente,  più  dei  marmi  figurati,  ma  mancanti  di  chiara 
iscrizione,  riesce  facile  il  reperimento  del  luogo  d'origine  e  il  com- 
pletamento delle  epigrafi,  per  le  lapidi  ài  qualsiasi  genere  pur  se 
frammentarie,  e  infatti  riesci  agevole  il  ridurre  alla  sua  inte- 
.grale  dizione  la  lastra  marmorea  ridotta  alla  sola  metà  di  destra, 
di  cui  diamo  qui  appresso  il  testo  integrale,  segnando  in  carattere 
corsivo  la  parte  di  essa  che  manca  a  Desio. 

Divae  Apol  —  loniae  capvt 

ex   Transylv  —  anla  divini   nvminis 

be  il  ignita  te    dep  —  ortatvm    et    hvic 

religiosi    tempio  —   a    franc.    caldarino 

stimma  cum  pi  —  etate   oblatvm 

in  hoc  loco  —  opera  francisci 

Cu  sani   huju   — s  templi  canon 

ici    integerri  —  mi    asservatvr 

III Kal.  a.  —  vGv  •  m  •  dlii. 

Il  nome  dei  Cusani,  cui  apparteneva  in  origine  la  Villa  An- 
Itona-Traversi  di  Desio,  appare  qui  per  la  prima  volta  nella  parte 
[mancante  di  questa  lapide  dell'anno  i552  che  esisteva  un  giorno 
nella  Basilica  di  S.  Nazaro  Maggiore,  al  dir  del  Torre,  sotto  il 
pulpito  ove  leggevasi  il  Vangelo. 

La  parte  ritrovata  consentiva  intanto  di  rettificare  in  Cal- 
darino il  nome  di  Calderino  letto  dal  Puccinelli,  ma  più  valse  a 
far  sospettare  che  dalla  egual  chiesa  di  San  Nazaro  Maggiore 
provenissero  col  tramite  del  Cusani  le  altre  lapidi  di  cui  diremo 
qui  appresso,  come  infatti  ne  fu  confermato  dal  loro  riscontro 
colla  collezione  del  Forcella. 

Una  di  esse  che  trascriviamo  integralmente  per  la  differenza 
di  data  che  offre  con  quella  segnata  nelle  Iscrizioni  milanesi  del 
095  (voi.  1,  626),  e  per  la  diversa  disposizione  epigrafica,  è  quella 
che  il  Puccinelli  lesse  un  giorno  presso  la  Cappella  di  S.  Ulderico 
in  S.  Nazaro  Maggiore  e  trascrisse  come  se  datata  dal   161 3. 


l38  MAUMl    L    LAl'ini    DI    MILANO 

Essa  è  la  seguente: 

D.      o.      M. 

D.     VLDERICO     PONT 

HVIVS     ARAE     PRAESIDI 

HYERONIMVS    LATVADA    CANONlCORVM    NATV     MAXIMVS 

VT  TANTVM    NVMEN  ET  CINERES  HAC  ARA  CONDITI 

RELIGIOSIVS    COLANTVR 

VECTIGALIBVS    SACERDOTI    AD    REM    DIVINAM    QVOTIDIE    EACIENDAM 

ET    PSALMODIAM    IN    ODEO    RECITANDAM 

ATTRIBVTIS 

JVRE    FASQVE    LEGENDI  SACERDOTIS  Q.VAMDIV  VIXERIT    RECEPTO 

VBI    DECESSERIT    CANONICIS    RELICTO 

ANNOMDCXV 

VIVENS    P. 

Altre  due  iscrizioni  provengono  infatti  dalla  basilica  di  San  Na- 
zaro  Maggiore  e  furono  presumibilmente  ritirate  dai  Cusani  in- 
sieme a  quella  più  sopra  citata  di  loro  pertinenza,  e  ci  vediamo 
indotti  a  qui  riprodurle  entrambe  per  intero,  attese  le  varianti 
che  presentano  nella  grafia  se  non  nelle  date,  con  quelle  ripro- 
dotte dal  Cav.  Forcella. 

La  prima  di  esse  (voi.  V,  558),  si  riferisce  alla  famiglia  de  Cor- 
des,  ed  esisteva  un  giorno  in  San  Nazaro  nella  parete  destra  della 
cappella  del  Rosario  che  è  la  terza  a  destra  della  chiesa. 

Essa  è  del  seguente  tenore,  con  varianti  in  ispecial  modo  nei 
nomi  esteri  che  vi  figurano  : 

D.      o.      M. 

PRAENOB.    IVVENI    IO    JACOBO    DE    CORDES 

HOOBERGAE    DNO 

PATRE    NATO    DNO    JO.    CAROLO    DE    CORDES    EQVITE 

WICHELAE    CERSCAMPI    RETHAE    W^AERLOSAE    ET    TOPARCHA 

ET    DNA    ISABELLA    DE    ROBIANO 

STIRPIBVS    NOB.'^"^    gf    aNTIQ.^^'^    ORIVNDIS  * 

E    NERVIIS    ILLE    HAEC    MEDIOLANI 

QVI    DVM    ROMAE    OBTENTO    JUBILAEO    PATRIA    COGITAT 

VARIOLIS    IN    HAC    VRBE    MORITVR 

DIE    23    DEC.    A.     l65c. 


NELLA    VILLA    ANTONA-TRAVERSI    DI    DESIO  l'Òg 


Si  tratta  dunque  di  un  nobile  De  Cordes  morto  a  Milano  di 
vajuolo  di  ritorno  dal  Giubileo  del  i65o  indetto  da  Papa  Inno- 
cenzo X,  come  è  pure  di  altro  nobile  straniero,  certo  Giovan 
Enrico  De  Elven  l'altra  lapide  funeraria  di  Desio  delle  dimensioni 
di  cent,  go  di  larghezza  per  un'altezza  di  m.  i.35  che  ha  pure 
varianti  colla  epigrafe  riprodotta  colla  erronea  data  del  1622  nella 
Raccolta  Forcella  Voi.  I,  N.  633,  come  dal  testo  che  segue. 

D.  o.  M. 

JOANNES    HENRICVS    AB    ELVEN 

QVEM     VIRTVS     ATQ.VE     NOBILITAS 

GOMITI    SALMAE 

GVLIELMO    SALENTINO 

PRO    REGE    CATH.    BELLICAE    REI 

CONSILIARIO 

AC    DVARVM    EQVITVM    PEDITVMQVE 

GERMANICARVM    LEGIONEM 

IN    INSVBRIA    DVCTORI 

ITA    COMMENDARVNT 

VT    EVM    DOMVS    SVAE    PRAEFECTVM    DIXERIT 

AC    POST    VERVAE    OBSIDIONEM 

EQVITVM    CATAPHRACTORVM 

TVRMAE    IMPOSVERIT 

IMMATVRA    MORTE    PRAERAPTVS 

POST    FVNVS    MILITARI    POMPA    DVCTVM 

EADEM    HERILI    BENIGNITATE 

HVNC    TVMVLI    HONOREM 

ACCEPIT 

KAL.    SEPT.    ANN.    MDCXXVI. 

Ascrivibile  presumibilmente  alla  Chiesa  di  San  Nazaro  Mag- 
giore essa  pure  per  la  vicinanza  col  gruppo  delle  altre  tre  lapidi 
testé  riportate,  piuttostochè  a  disperso  marmo  della  chiesuola  di 
San  Nazaro  e  Celso  alla  Barona,  fuori  di  Porta  Ticinese,  ed  in 
ogni  modo  epigrafe  non  compresa  nella  Raccolta  Forcella  né  tra- 
scritta fin  qui  dagli  autori  milanesi,  e  come  tale  di  maggior  in- 
teresse storico,  è  la  iscrizione  del  1654  che  segue  su  lastra  di  marmo 


140  MAUMl     i;     l.AriDl     hi     MII.WO 


delle  dimensioni  di  cent.  yS  di  larghezza  per  un'  altezza  di  cent.  82 
e  che  fa  menzione  di  un  membro  della  famif^lia  Spinola. 

]).  ().  M. 

IN    HVIVS    SACELLI    ERECTIONE 

AD    PECVLIAREM    DIVI    NAZARI    ET    GELSI    CVLTV 

.     ALAONIS     SPINVLAE     CIV.     JANVENS.     EAM     LEGANTJS 

COMENDA    PIETATEM 

CVM    AVTEM    VIDERIS    SACERDOTVM    P.    V.    GAP."  ELL^^*' 

AD     ISTVD     ALTARE     QVOT."'    GELEB.^i   AG     IN     HOC     PSAL.  ^' 

STATIM    AC    AVCTO    REDDITV 

EX    PROVENT   •  ElVS    LOCOR    BANCIS    S.    GEORGI    JANVAE 

GONGRVENS    MERCES    VT    ILLE    HANC    CONSTITVTA 

RESPONDERI    VALEAT 

COMENDATIS    ET    RELIGIONEM 

D.    D.    PROP.    ET    CAN."S    HVIVS    INSIGNE    BASILICA    GRAT.... 

P.    P.    AN.    SAL    MDCLIV. 

Altre  due  lapidi  infine,  ed  una  di  esse  di  qualche  importanza 
storicamente,  riscontriamo  inoltre  nell'inesplorato  ripostiglio  di 
Desio,  le  quali  non  figurano  fin  qui  nella  Raccolta  Forcella,  ben- 
ché provenienti  manifestamente  esse  pure  da  Milano. 

Sono  di  data  relativamente  recente  ed  una  d'esse  fu  tolta  in- 
dubbiamente non  già,  come  poteva  supporsi,  da  San  Francesco 
Grande  ove  gli  Anguissola,  oriundi  di  Piacenza,  avevano  una  se- 
poltura con  vetusta  iscrizione  del  secolo  XV  riprodotta  dal  For- 
cella sotto  il  N.  118  del  IV  volume  delle  Iscrizioni,  ma  bensì 
dalla  Chiesa  di  Sant'  Eustorgio,  ove  esisteva  nel  paviment-o  della 
navata  maggiore  fra  il  4.°  e  il  5."  pilone. 

L'epigrafe,  riprodotta  a  pag.  143  del  volume  II  delle  Iscri- 
zioni milanesi,  venne  fatta  apporre  nel  1772  dal  conte  Carlo 
Antonio  Anguissola,  il  quale  vi  aggiunse  la  delineazione  dello 
stemma  poco  prima  approvato  dall'apposita  Consulta  araldica,  e 
le  ultime  cinque  linee. 

Essa  è  la  seguente: 


NELLA    VILLA    ANTONA-TRAVERSI    DI    DESIO  I4I 


ANTIQ.VISS1MAE    ANGVISCIOLARVM 

FAM]LL\E 

MONVMENTVM 

QVOD 

BEATRICI 

MAGNI    IO.    GALEATll 

PRIMI    MEDIOLANI    DVCIS 

SORORI 

BARTHOLOMAEVS    ET    BERNARDVf. 

ANGVISCIOLAE    COMITES 

ILLVSTRISSIMAE    MATRl    POSVERVNT 

VETVSTATE    PRORE    COLLAPSVM 

CO.    IVLIVS    ANGVISCIOLA    TVDISCVS 

INSTAUVRAVIT 

ANNO    DOMINI    MDCLXIIl. 

Stemma  Geniilizio. 

TESSERAM    GENTILITIAM 

A     TRIBVNALI     HERALDICO 

ANNO    MDCCLXXII    PRIDIE    ID.    MARTII 

RECOGNITAM 

IO.    ANTONIVS    CAROLVS    ANGVISCIOLA 

TVDISCVS    SICCVS    COMNENVS    P. 

Dispersa  andò  invece  dalla  Chiesa  di  San  Francesco  Grande 
la  lapide  Anguissola  testé  ricordata,  come  oramai  perduto  per 
r  arte  può  tenersi -il  monumento  che  sorgeva  in  quel  vetusto  tem- 
pio di  Beatrice  d'Este,  della  famiglia  ducale  Viscontea,  cui  ascri- 
vemmo solo  dubitativamente  il  frontale  marmoreo  cogli  stemmi 
del  biscione  avente  al  disopra  alcune  statue  di  vecchia  data,  benché 
altro  marmo  coli' angue  viscontea  osservisi  a  Desio  nell'architrave 
della  porta  sotto  la  torre. 

Più  importante  di  questa  lapide  ma  di  più  piccole  dimensioni, 
e  cioè  di  53  centimetri  di  larghezza  per  un'altezza  di  centim.  90, 
ne  riprodotta  fin  qui  dal  Forcella  e  da  altri  epigrafisti,  è  l'iscri- 


142  MARMI    E    LAPIDI   DI    MILANO 


zionc  in  marmo  anfibolico  di  colore  azzurrognolo  che  ricorda  un 
personaggio  dei  tempi  napoleonici  di  qualche  lustro  e  tale  che 
meritò  nel  Famedio  cittadino  l'onore  di  un  medaglione,  descritto 
sotto  il  N.  526  della  tav.  I,  voi.  VII  della  Raccolta  Forcella. 

Questo  personaggio  è  quel  Giuseppe  Luosi  (lyóS-iSSo)  che  fu, 
come  si  direbbe  ora,  Ministro  di  Grazia  e  Giustizia  sotto  il  primo 
regno  italico  e  come  tale  addivenne  ai  provvedimenti  speciali  di 
cui  è  cenno  nella  iscrizione  che  segue: 

NAPOLEONE    M.    IMPERATORE    REGE 

ANN.    IMPERII    III    REGNI    ITAL.    II 

EVGENIO    NAP.    FILIO 

PROREGE 

lOSEPHVS    LVOSIVS 

LEGIONIS    HONORARIAE    ET    CORONAE    FERREAE 

EQVES    PRIMARIVS 

SVMMVS    REI    IVDICIARIAE    PRAEKECTVS 

TABVLARIVM     SENATVS     MEDIOLANENSIS 

A    VETERI    SQVALLORE    ET    SITV 

DEMOVIT 

ET    CELEBRIORI    HAC    SAEDE 

IN    FORO    DESIGNATA 

ADDITIS    SVPREMVM    TRIBVNALIVM 

DECORATIS 

MAGISTRATVVM    COMMODO 

BONO    CIVIVM    VRBIS    ORNAMENTO 

STATVIT 
PRIDIE    GAL.    SEXTIL    CIOIDCCCV. 

E  poiché  i  tempi  e  le  vicende  dell'epoca  napoleonica  sono  ora 
oggetto  di  rinnovati  studii  critici,  viene  questa  lapide,  che  ornò 
un  tempo  la  sede  del  Senato  di  Milano,  a  portar  nuova  luce  in 
argomento,  tanto  più  dopo  il  lungo  oblìo  che  passò  su  di  essa  e 
sul  nome  del  chiaro  uomo  che  veniva  in  quel  marmo  illustrato. 

Dopo  ciò,  par  qui  superfluo  di  insistere  su  altra  lapide  di  Desio 
che  trascriviamo  per  altro  in  calce  in  ricordanza  di  un  oblato 
Giov.  Battista  Repossi,  già  preposto  nella  chiesa  del  S.  Sepolcro 


NELLA    VILLA    ANTON  A-TR  AVERSI    DI    DESIO  I4.-> 

e  passato  poscia  ad  altro  tempio,  della  quale  epigrafe  parimenti 
non  è  cenno  nella  collezione  delle  Iscrizioni  milanesi  (i),  e  in- 
nanzi ultimare  questa  breve  rivista  archeologica,  preferiamo  ri- 
chiamare l'attenzione  su  qualche  altro  marmo  di  carattere  arti- 
stico infisso  del  pari  a  scopo  ornamentale  nella  torre  e  nel  fabbri- 
cato a  sesto  acuto  del  giardino  di  Desio. 

L'estendersi  al  riguardo  sull'importanza  loro,  in  mancanza 
delle  fotografie  tutte  che  valgano  a*  darne  una  idea  adeguata  riesce 
affatto  superfluo,  e  solo  la  riproduzione,  ad  esempio,  delle  varie 
statuette  (cinque  almeno)  di  angeli  suonanti  tube,  arpe  e  cimballi 
varrebbe  a  far  apprezzare  questi  sperperati  avanzi  dell'  arte  scul- 
toria lombarda  della  seconda  metà  del  XV  secolo,  nello  stile  dei 
Mantegazza  e  dell'Omodeo,  cui  ben  si  associano  altri  angeli  oranti 
ginocchioni,  più  piccoli  ma  dell' egual  scuola  di  quelli  della  Ga- 
gnola ultimamente  acquistati  dal  Museo  archeologico. 

Squisita  d'esecuzione  anche  una  Madonna  col  bambino  in  un'an- 
conetta  a  ventaglio  benché  semplice  lavoro  di  figulina,  e  di  mag- 
gior pregio  ancora  ed  altresì  di  maggiori  dimensioni  altra  Madonna 
col  putto  Gesù  ritto  in  piedi  sulle  sue  ginocchia^  scultura  egregia 
in  marmo  della  metà  del  XIV  secolo,  e  che  ha  nell'ingenua 
grazia  della  composizione  e  nelle  sobrie  pieghe  dell'abito  la  maestà 
ieratica  delle  Madonne  di  Giovanni  da  Campione. 

Sempre  fra  le  cose  minori  notiamo  pure  una  lastrina  di  marmo 


(i)  Il  testo  dell'epigrafe  è  il  seguente: 

IO.   BAPTISTA   REPOSSIVS 

ECCLESIAE    PRIMVM     S.    SEPVLCRI 

DEHINC    HVIVS    BASILICAE 

PRAEPOSITVS 

OBLATOS    CONFRATRES 

CANONICOS     COLLEGAS 

FIDELES  VNIVERSOS 

VT    SIBI    PRECANTVR 

AETERNAM     REQVIEM 

HIC    lACENS   ROGAT 

OBIIT   IV   NON.   APRILIS 

ANNO    SAL.     MDCCXLIII. 


I^^.  MARMI    E    LAI'lDl    l>i    MILANO 

romboidale  colla  voce  PAX  sormontata  da  una  corona  a  il  motto 
in  una  cartella  più  in  basso,  proprio  della  famiglia  dei  Rescalli 
di  Bisce  pati,  senza  che  si  possa  asserire  che  pervenga  dalia  sop- 
pressa chiesa  di  Milano  divenuta  ora  il  salone  Perosi, 

Bella  assai  anche  una  targhetta  coli' aquila  sorante  dell'aral- 
dica arcaica. 

Deperite  invece  fino  al  punto  da  riescirc  illeggibili  le  iscri- 
zioni, sono  varie  lastre  tombali;  una  di  esse,  di  m.  i  per  lato, 
porta  lo  stemma  apparentemente  dei  Mantegazza  ma  con  sirena 
alata  in  cimiero  spiegante  un  vessillo,  e  ai  lati  le  lettere  G.  Z.  f.  f .  ; 
un'altra  di  2  metri  di  lunghezza  per  i  di  altezza,  ha  il  leone  con 
una  stella  nello  scudo,  il  cervo  in  cimiero  e  la  sigla  G.  V.  ed 
un'  ultima  delle  eguali  dimensioni  all'  incirca,  dallo  scudo  irrico- 
noscibile e  con  una  figura  femminile  in  cimiero  tenente  un  filat- 
tero  spiegato  nella  destra  ed  una  spada  snudata  ed  in  palo  nella 
sinistra. 

Una  targa  ovoidale,  coU'aquila  nel  mezzo,  porta  scritto  il 
nome  della  famiglia  Caldera. 

Notevoli  anche  una  specie  di  dossale  di  marmo  di  Gandoglia 
in  due  pezzi  con  accurate  riquadrature,  e  delle  dimensioni  di 
m.  i.3o  di  larghezza  per  i  metro  d'altezza,  e  due  mezze  statue 
al  naturale  delle  sibille  Camana  e  Frigia,  di  buona  lavorazione 
e  colle  iscrizioni  relative  nei  cartelli  che  tengono  spiegati  fra  mani, 
e  i  motti  di  Virginis  a  partii  saeci  a  beata  fluent  nell'  una,  e  di 
Virginis  in  corpus  voliiit  dimittere  coelo  ipse  deus  prolem. 

Ma,  su  tutti  questi  lavori  di  scultura  e  su  altri  parecchi  di 
cui  si  tace  per  brevità,  ha  la  preminenza  la  bella  statua  di  Ma- 
donna col  bambino  seduto  se  non  meglio  adagiato  in  grembo, 
delle  dimensioni  quasi  al  naturale,  che  vedesi  con  sottostante  ele- 
gantissimo piedestallo  a  piedi  quasi  della  gran  torre. 

La  testa  va  recinta  di  corona  ducale  e  l'impresa  viscontea 
della  colomba  in  raggiante  scorgesi  pure  sul  disco  che  serve  di 
gancio  al  manto  della  Vergine  sul  dinanzi  del  petto,  cosicché  di- 
rebbesi  questa  statua  eseguita  un  giorno,  e  apparentemente  nei 
primi  anni  del  XV  secolo,  da  artista  alla  dipendenza  della  Fab- 
brica del  Duomo. 


I 


NELLA    VILLA    ANTONA-TRAVERSI    DI    DESIO  145 

Ciò  vien  tradito  anche  dal  sottostante  piedestallo  con  puttini 
che  tengono  festoni  fra  mano,  secondo  l'usanza  del  nuovo  stile 
del  Rinascimento  in  Toscana  dapprima  e  poscia  fra  di  noi,  non 
senza  osservare  che  il  garbo  toscano  si  manifesta  in  genere  da  molti 
particolari  di  questa  statua,  fra  cui  dalle  pieghe  ricadenti  simme- 
tricamente sul  Piedestallo  dell'abito  della  Vergine,  quali  imitò 
Jacopino  da  Tradate  nella  statua  di  Martino  V,  ma  è  precipua 
caratteristica  dello  stile  du  Nicolò  d'Arezzo,  e,  fra  l'altre  opere 
sue,  della  statua  del  San  Luca  testé  rivendicatagli  da  C.  von  Fa- 
briczy  ed  oggidì  nel  cortile  del  Bargello. 

È  dunque  a  questo  artista  che  lavorò  nei  primi  anni  del  XV 
secolo  anche  per  la  Cattedrale  di  Milano,  più  che  non  a  Jacopino 
da  Tradate  che  ricorre  il  pensiero  per  l'assegnazione  di  questa 
vaghissima  statua  della  Vergine  che  ha  in  tutto  un  sapor  schietto 
e  le  doti  mirabili  dell'arte  toscana  del  protorinascimento. 

Coir  augurio  pertanto  che  un  più  maturo  studio  abbia  ad 
accertare  siffatte  conclusioni  che  tornerebbero  ad  alto  onore  del- 
l'arte lombarda  e'toscana  dai  primordii  del  XV  secolo,  poniamo 
fine  a  questi  brevi  cenni  illustrativi,  reputando,  dopo  il  già  detto,, 
inopportuno  il  soffermarsi  pel  momento  su  altri  marmi  minori,  fra 
cui  due  grandi  lastre  con  stemmi  ben  delineati  ma  con  iscrizioni 
obliterate,  e  così  pure  su  certa  colonna  a  spirale  di  scaglia  rossa, 
collocata  presso  la  scala  d'accesso  alla  torre,  e  che  ha  un  capitello 
ed  un  piedestallo  figurati  di  grande  interesse. 

Vi  sarà  tempo  al  caso  più  tardi  per  questa  messe  secondaria, 
a  dir  vero,  ubi  majora  nitent,  e  devesi  frattanto  giudicare  una 
ben  fortunata  riconquista  per  l'epigrafia  e  per  l'arte  milanese  la 
ricomparsa  quasi  fra  di  noi  di  questo  manipolo  di  epigrafi  e  di 
marmi  della  città  di  Milano  che  era  quasi  follia  lo  sperare  di 
veder  conservato  fino  a  noi  dopo  lo  sperpero  avvenuto  di  tutto 
quanto  costituiva  il  patrimonio  storico  ed  artistico  della  città 
dell'Olona. 

Diego  Sant'Ambrogio. 


Arch.  Stor.  Lomb.  —  Anno  XXVII.  —  Fase.  XXVII. 


I 


VARIETÀ 


Maestro  Jambobino  «da  Cremona 
traduttore  dall'  arabo  fin  qui   sconosciuto. 

Accanto  al  nome  tanto  celebre  di  maestro  Gherardo  da  Cre- 
mona ci  è  ora  permesso  collocare  nella  lista  dei  dotti,  che  dal  sec.  XI 
in  poi  si  accinsero  a  tradurre  dall'arabo  in  latino,  insieme  agli  scritti 
de'  greci  maestri,  le  opere  più  importanti  di  carattere  scientifico 
che  la  sapienza  araba  e  persiana  avesse  prodotte,  anche  quello  oscu- 
rissimo  di  un  suo  compatriota,  maestro  Jambobino.  Di  costui,  che 
è  rimasto  (per  quanto  sembra)  quasi  ignoto  a  coloro  che  di  siffatto 
argomento  s'occuparono,  talché  neppur  il  Wustenfeld  lo  ricorda 
nel  suo  lavoro  giustamente  lodato  (i),  conservasi  ancora  la  fa- 
tica in  un  ms.  della  Nazionale  di  Parigi.  Questo  codice,  corri- 
spondente alla  segnatura  Ms.  Lat.  9328,  è  un  ms.  membranaceo, 
di  carte  162,  che  misura  mm.  25i  X  36o,  scritto  sulla  fine  del  se- 
colo XIII  a  due  colonne  con  iniziali  miniate,  da  mano  italiana, 
ed  appare  assai  guasto  per  umidità  sofferta  così  in  principio  come 
in  fine.  Contien  desso  una  raccolta  di  opere  messe  insieme  per 
Carlo  d'Angiò,  II  di  questo  nome,  re  di  Napoli  (2),  a  cominciare 
dal  De  ì^iiralihus  commodis  di  Pietro  de'  Crescenzi,  che  ne  oc- 
cupa la  maggior  parte  (e.  i  a-  122  b),  per  venire  ad  un  trattatello 
adespoto  sul  modo  di  educare  le  api,  piantar  alberi,  ecc.  (e.  i23  a  - 
129  a),  ed  un  altro  intitolato   Quomodo  preparanda  et  condienda 


(i)  Wustenfeld  F.,  Die  Uebersetzungen  Arabischer  Werke  in  das 
Lateinische  scit  dem  XI  Jahrh.,  Gottingen^  1877. 

(2)  Il  cod,  passò  più  tardi  a  far  parte  (sec.  XIV)  della  celebre  li- 
breria del  duca  di  Berry,  il  nome  del  quale  scritto  di  sua  mano  leg- 
gasi a  e.  161  a:  Ce  liure  est  an  due  de  de  (sic)  Berry.  Jehan. 


VARIETÀ 


147 


omnia  cibaria  qiie  comuniter  comediintur  (e.  129  a-  i33  b);  ad  un 
Liber  de  coquina  (e.  i33  b-  139  b),  ad  un  opuscolo  De  valitiidine 
conservanda,  che  si  dice  dovuto  a  certo  ignoto  Silvester  (140  a - 
148  b);  ed  infine  al  Regimen  sanitatis,  ascritto  al  notissimo  Ar- 
naldo da  Villanova  (149A-157A)  (1).  Or  dove  appunto  s'arresta 
l'opericciuola  del  medico  che  altri  vuol  provenzale,  altri  catalano, 
segue,  senza  titolo  alcuno,  un  libretto  diviso  in  ottantatre  capi- 
toli, ciascuno  de'  quali  descrive  il  modo  di  comporre  sciroppi,  con- 
dimenti, salse  e  via  dicendo  (2).  A  e.  161  a,  dov' esso  ha  termine, 
si  legge  questa  nota  finale  : 

a  Explicit  liber  de  ferciilis  et  condimentis  translatiis  in  Ve- 
neciis  a  magistro  Jambobino  cremonensi  ex  arabico  in  latinum, 
extractiis  ex  libro  Gege  filii  Alga^ael  intitiilato  de  cibis  et  me- 
dicinis  simplicibiis  et  compositis. 

Siamo  dunque  dinanzi,  non  già  ad  una  vera  e  propria  opera 
letteralmente  tradotta,  bensì  invece  ad  alquanti  estratti,  che  un 
medico  cremonese  ha  dedotti  dall'  opera  d'  un  arabo  scienziato. 
Disgraziatamente,  nel  ms.  parigino  il  nome  di  quest'  ultimo  è 
conciato  in   così   mala  guisa   da    renderlo    irriconoscibile.    E  tale 


(r)  Cfr.  Antonio,  Biblioth.  Hisp.  vet.,  lib.  IX,  cap.  I,  t.  II,  p.  112; 
Fabricius,  Bibl.  lat.  mediae  et  inf.  aet.,  ed.  Galletti,  Firenze,  iSSp,  t.  I, 
Arnaldus. 

(2)  Il  contenuto  del  trattatcllo,  che  coni,  colle  parole:  Juleb  de 
ppme  (sic)  ex  eo  est  qiiod  fit  ex  zucc.  et  oleo  de  amigdalis  et  gallina,  etc, 
è  indicato  dalla  seguente  noia  che  tien  dietro  all'  explicit  sotto  riferito  : 
"  Capitula  huius  libri  sunt  83.  quorum  79  sunt  fercula  et  tria  sunt  con- 
"  dimenta,  s.  s  a  h  a  n  e  et  m  u  r  i  et  s  i  r  a  s.  Et  duo  sunt  nomina  aliis 
"  et  sunt  xerxechia,  qua  est  idem  cum  berbesia  et  bachia, 
"  que  est  idem  cum  mehelebra,,.  —  Altri  scritti  concernenti  alla  ga- 
stronomia furono  poi  voltati  dall'  arabo  in  latino  durante  il  medio  evo, 
con  quanto  vantaggio  degli  stomachi  occidentali  non  saprei  dire.  Tali 
sono  il  libro  del  celebre  medico  cordovano  Abul-Mutarrif  Abd-el-Rah_ 
man  Ibn  Wàfid  (t  1075),  De  medicinis  et  cibis  simpUcibus,  traslatato  da 
Gherardo  da  Cremona  (cfr.  WìIstenfeld,  op.  cit.,  p.  72)  e  quel  Taciti- 
num  sanitatis  in  medicina ,  versione  d' un  libro  d' Albucasis,  che  fu 
tanto  gradito  alla  società  italiana  del  trecento  :  cfr.  Delisle  in  Journal 
des  savanis,  scpt.  1896. 


VAHIKTA 


intatti,  con  molto  suo  rammarico,  lo  aveva  dichiarato  il  D/  Lu- 
ciano Ledere,  autore  dell'  eruditissima  opera  intitolata  Histoirc 
de  la  médecine  arabe,  nella  quale  del  libro  epitomato  dal  fisico 
lombardo  sono  recati  alcuni  saggi ,  detti  curiosi  ed  interessanti, 
perchè  non  v*  ha  nella  letteratura  medicale  araba  altr' opera,  la 
quale  al  pari  di  questa,  oftVa  notizie  così  precise  e  minute  sulle 
preparazioni  alimentari  (i).  Più  tardi  però,  come  ci  risulta  da 
talune  notizie  da  noi  privatamente  raccolte,  il  Ledere  riusci  a 
porre  la  mano  sopra  l'originale  donde  maestro  Jambobino  aveva 
dedotto  il  suo  compendio;  quest'originale  è  II  sentiero  dell' indi- 
ca:[ione  che  fa  conoscere  ciò  che  serve  all'uso  dell'  nomo;  trat- 
tato scritto  da  Aboù  'Ali  Yahyà  ibn  Diazla,  del  quale  si  conser- 
vano alla  Nazionale  di  Parigi  cinque  manoscritti  :  evidente  indizio 
di  una  larga  popolarità  (2). 

Se  il  mistero  che  ravvolgeva  dunque  la  persona  dell'  autor 
vero  del  Liber  de  fercidis  et  condimentis,  viene  così  ad  essere 
tolto  di  mezzo,  non  scema  però  l'oscurità,  onde  riman  circondato 
il  traduttore.  La  forma  Jambobiniis,  sotto  la  quale  il  nome  di  co- 
stui ci  è  offerto  dal  codice  parigino,  è  tale  da  destare  in  noi  gra- 
vissimi sospetti  intorno  alla  sua  autenticità.  Il  medico  cremonese 
si  sarà  egli  chiamato  realmente  così,  o  in  Jambobinus  dobbiamo 
noi  vedere  il  frutto  d'  una  falsa  lettura  ?  Quando  si  pensi  come 
fosse  comune  nell'  Italia  superiore  durante  il  medio  evo,  ma  più 
specialmente  poi  nel  secolo  tredicesimo,  il  nome  di  Johannes  Bo- 
miSj  che  nel  volgare  diveniva   Giambono  e  nella  forma  diminutiva 


(i)  D/  L.  Leclerc,  Histoire  de  la  médecine  arabe,  Paris,  1876,  t.  II, 
p.  475.  Qui  il  Cremonese  è  chiamato,  sulla  scorta  del  catalogo  dei  co- 
dici latini,  Jambolinus. 

(2)  Son  i  codici  del  fondo  Arabo  segnati  coi  numeri  2948,  2949, 
2960,  2951,  2952.  I  tre  primi  spettano  al  sec.  XIII:  gli  altri  ai  sec.  XVI 
e  XVII.  Cfr.  De  Segane,  Catalogne  des  mss.  arabes,  etc.  Paris,  i885- 
1895,  p.  527,  e.  I  e  2.  —  Il  vero  nome  dell'  autore  arabo,  come  ben  si 
vede,  riusciva  assai  difficile  a  scovare  così  mutilo  come  ce  l' aveva 
trasmesso  il  ms.  parigino;  però  Gege  filius  Algazael  non  differisce  in- 
fine eccessivamente  da  Yahyà  ibn  Djazla. 


VARIETÀ  149 


Giatnbonino ;  non  è  possibile  scacciare  il  dubbio  che,  sotto  l'incon- 
sueto Jambohinus  del  ms.,  si  celi  un  comunissimo  Jamboninus  (i). 
Essendosi  gli  scrittori  cremonesi  chiusi  in  un  «ssoluto  silenzio 
a  proposito  di  questo  loro  antico  concittadino,  non  possiamo  con 
nostro  rincrescimento  dare  notizie  più  precise  né  sulla  persona  sua 
né  suir  età  in  cui  esso  fiorì.  Non  sarà  tuttavia  temerario  l'asserire 
ch'esso  dovette  vivere  nel  momento  in  cui  maggiore  era  l'inte- 
resse che  risvegliava  nelle  menti  dei  dotti  occidentali  la  scienza 
attinta  alle  scuole  di  Cordova  e  di  Toledo.  Maestro  Jambobino 
dovette  dunque  percorrere  la  sua  modesta  carriera  di  studioso  in 
un  periodo  di  tempo  che  si  può  stabilire  tra  gli  ultimi  del  se- 
colo XII  e  la  prima  metà  del  XIII. 

F.  N. 


Usi   cancellereschi  viscontei. 

I. 
Data  del  tempo. 

Riguardo  alla  data  del  tempo  due  osservazioni  ho  avuto 
occasione  di  fare. 

La  prima  riguarda  l'uso  dell'anno  a  nativitate,  di  cui  già 
feci  cenno  nella  mia  Informa:(ione  (2)  a  proposito  dei  documenti 
reggiani  e  della  loro  collocazione.  Abbondano  qui  le  prove  che 
i  documenti  della  cancelleria  viscontea  sono  datati  a  nativitate. 
Le  lettere  dei  giorni  25-3 1  dicembre  arrivavano  ed  erano  regi- 
strate a  Reggio  nel  gennaio  o  febbraio  dell'  anno  medesimo  in  cui, 
secondo  il  computo  milanese,  erano  partite.  Ad  esempio  troviamo 


(1)  Non  è  però  a  tacere  che  tra  i  nomi  portati  da  Cremonesi  nel 
medio 'evo  se  ne  rinvengono  d'abbastanza  bizzarri;  basti  rammentar 
qui  il  misterioso  Gasgapinus,  di  cui  Galvano  Fiamma  allega  le  croni- 
che, che  nessuno  dal  sec.  XIV  in  poi  ha  vedute  mai  ! 

(2)  In  quest'Archiv.,  anno  corr.,  fase.  I,  225. 


|50  VARIETÀ 


giunta  a  Reggio  il  12  febbraio  l'iyS  una  lettera  partita  da  Milano 
il  26  dicembre  iSyS  (i);  una  lettera  partita  il  3i  dicembre  i38o 
la  trovjamo  giunta  il  6  gennaio  1389  (2);  un'altra  partita  il  29 
dicembre  1390  la  troviamo  giunta  il  5  gennaio  1390  (3),  e  vi  si 
cita  come  lettera  del  mese  corrente  una  che  è  del  i5  dicembre 
1389,  ancora  conservata  (4):  un  ordine  dato  il  3o  dicembre  1393 
ebbe  esecuzione  il  5  gennaio  i393  (5).  Ma  una  lettera  del  24  di- 
cembre i388  è  presentata  in  Reggio  il  3o  dicembre  i388  (6),  per- 
chè qui  si  seguiva  lo  stile  comune  e  quindi  Tanno  cominciava 
col  1."  di  gennaio. 

Stante  la  piccola  differenza  tra  Tanno  comune  e  Tanno  a  na- 
tivitate,  è  facile  errare  e  Terrore  dev'essere  frequente. 

Trovo  infatti  nelT  Osio  qualche  documento  che  sembra  ve- 
ramente fuori  del  suo  posto.  Così  in  una  lettera  del  28  dicem- 
bre i383,  da  lui  pubblicata,  Regina  della  Scala  chiede  notizie 
del  duca  d'  Angiò  e  del  conte  di  Savoia,  che  è  certamente  Ame- 
deo VI  (7)  ;  ma  questi  era  già  morto  fino  dal  marzo  di  quel- 
l'anno, e  suo  figlio  non  aveva  continuata  la  guerra  a  prò'  del- 
l'Angioino, quindi  il  documento  deve  essere  del  i383  a  nativitate, 
cioè  del  i382  stile  comune.  Checché  sia  di  ciò,  queste  notizie  non 
sono  sicuramente  inutili  per  i  ricercatori  e  per  i  compilatori  del 
futuro  Repertorio  visconteo. 

La  seconda  osservazione  riguarda  le  date  dei  decreti  ed  altre 
disposizioni  legislative. 

Per  la  particolar  natura  degli  Stati  signorili,  che  non  erano 
ancora  veri  stati  unitari  ma  soltanto  un  fascio  di   comuni    e    di 


(i)  Provvigioni   dei   deputati   sulle  entrate  ij']2-ij']j;  a  carte  3o  t.°; 
cfr.  pure  33  t.° 

(2)  Carteggio  del  Reggimento.  La  data  delTarrivo  risulta  da  un'  an- 
notazione contemporanea. 

(3)  Carteggio  del  Reggimento.  Cfr.  nota  2. 

(4)  Carteggio  del  Reggimento. 

(5)  Registro  anziani  Ijg2-ijg6   a   carte  71  r.°  La  nota    ap'^ostavi 
informa  sulT  esecuzione  delT  ordine. 

(6)  Carteggio  del  Reggimento.  Cfr.  nota  5, 

(7)  Osio,  Doc.  dipi,  l,  p.  240,  n.  CLXXXL 


VARIETÀ  l5 


feudi  insieme  uniti  dalla  sudditanza  verso  un  solo  Signore,  una 
disposizione  legislativa  era  valida  in  una  terra  sol  quando  il  Si- 
gnore l'aveva  notificata  ai  suoi  reggitori,  fatta  pubblicare  ed  in- 
serire nei  libri  appositi  del  Comune.  Quindi  la  data  originaria 
del  decreto  non  aveva  che  ben  poca  importanza  (al  contrario  di 
quanto  accade  oggidì);  e  molto  più  importanti  erano  la  data 
della  lettera  accompagnatoria,  che  s'indirizzava  a  quel  determinato 
Comune  insieme  con  la»  copia  dei  decreti  (i),  la  data  della  pub- 
blicazione nel  Comune  e  quella  della  registrazione  (2).  Da  ciò  con- 
segue che  la  data  originaria  del  decreto  in  molte  copie  è  ommessa  ; 
e  perfino  i  compilatori  degli  Antiqua  decreta  ,  sebbene  si  propo- 
nessero piuttosto  uno  scopo  storico  che  pratico  (3),  poco  si  cura- 
rono delle  date  e  stamparono  molti  decreti  come  si  trovano  nelle 
copie  ed  accontentandosi  di  seguire  1'  ordine  cronologico  delle  let- 
tere accompagnatorie.  Perciò  il  medesimo  decreto  si  trova  nelle 
diverse  raccolte  sotto  le  più  diverse  date;  e  paragonando  gli  An- 
tiqua decreta  col  Registro  dei  decreti  ms.  dell'  archivio  di  Reggio 
si  trovano,  a  cagion  d'esempio,  i  casi  seguenti: 

Antiqua  decreta  Registro  reggiano 

II  aprile  i386  (pp.  96-97)      =  .....maggio  i386  (carta  7  r.) 
5   febbraio  i386  (p.  91)        =  22  settembre  i386  (e.  11  r.) 

ed  ancora  il  seguente,  più  curioso  : 

j  18  luglio  1 386  (e.  8)  per  una  p.*^ 
18  luglio  i386  (pp.  io3-io6)  =     „  ,    «    ox 

^  ^^^  (3i       »         »  (e. 8 1.°)  per  il  resto 

e  finalmente  il  decreto  22  febbraio  i386    del   Registro    reggiano 


(j)  Vedi  fase,  preced.,  p.  386,  nota  i. 

(2)  Cfr.  quanto  dice  E.  Salzer,  Ueber  die  Anfàngc  der  Signorie  in 
Oberitalien,  Berlin,  1900^  pp.  252-253. 

(3)  Vedi  la  lettera-prefazione  e  la  dedicatoria  premesse   agli    An- 
tiqua decreta. 


l52  VARIETÀ 

non  e  che  una  parte  del  decreto  del  dicembre  i335  «  super  causis 
civilibus»  (ed.  in  Antiqua  decreta,  p.  io);  e  del  decreto  che  nel 
Registro  stesso  ha  la  data  i8  novembre  i385,  è  detto  in  una  po- 
stilla   «  reperitur  in  Statuto  Mediolani  Mccclj  ». 

Che  data  debba  scegliere  chi  intenda  di  raccogliere  in  uno 
tutta  la  legislazione  viscontea,  non  e  facile  dire.  Sarà  però  utile 
avvertire  che  non  sarebbe  troppo  opportuno  tener  per  date  dei 
decreti  le  date  delle  lettere  accompagnatòrie  o  quelle  che  i  decreti 
stessi  portano  nella  collezione  del  Bonetto,  per  due  ragioni: 
1.*^  che  nella  collezione  vi  sono  discrepanze  di  date;  p.  es.  a  pa- 
gina 145  si  cita  in  Un  decreto  un  altro  decreto  antecedente  con 
la  data  del  22  settembre  i386,  mentre  questo  decreto  trovasi  a 
pagina  114-115  senza  data  propria  e  con  lettera  accompagnatoria 
del  26  settembre  i386:  2.°  che  le  date  delle  disposizioni  conte- 
nute negli  Antiqua  decreta  non  hanno  sempre  la  priorità  su 
quelle  offerte  da  altre  collezioni,  p.  es.  la  disposizione  contro  chi 
prende  cervi  compare  nel  Registro  reggiano  il  7  ottobre  i385 
e  negli  Antiqua  decreta  (come  si  è  detto)  il  23  dicembre   i393. 

II. 

Lettere  militari.  Segni  particolari. 

Le  lettere  riguardanti  cose  militari  e  più  particolarmente  i 
movimenti  delle  truppe,  provengono  quasi  sempre  dal  Signore  e 
portano  la  data  della  vera  residenza.  Secondo  il  regolamento  sui 
sigilli  (v.  f."  ant.)  non  potevano  entrare  truppe  in  una  città  senza 
una  lettera  portante  il  sigillo  grande.  Non  ho  trovate  eccezioni 
alla  regola,  anzi  ho  trovata  un'  aggiunta.  Un  buon  numero  di 
lettere  dell'archivio  reggiano,  tutte  concernenti  movimenti  di 
truppe,  hanno  tre  segni  distintivi  interni;  e  cioè:  i.°)  un  sigillo 
in  cera  rossa,  molto  piccolo,  posto  a  sinistra  ed  immediatamente 
sotto  l'ultima  riga  del  testo;  2.°)  una  firma  sotto  questo  sigillo; 
3.°)  dopo  r  altra  firma  solita  situata  a  destra  in  basso,  un  segno 
particolare,  alquanto  simile  ad  un  grosso  (t  greco,  sebbene  non 
abbia  certamente  che  vedere  con  questa  lettera. 


I 
I 


VARIETÀ  l33 


Trovansi  documenti  di  questa  specie  nell'  archivio  di  Reggio 
{Carteggio  del  Reggimento)  alle  date:  1390,  aprile  5,  12,  i5;  1391, 
luglio  9;  1392  febbraio,  2,  marzo  i,  17;  i393,  maggio. 

Il  sigillino  interno  doveva  portar  l' impronta  della  corniola 
di  Giangaleazzo  (i)  e  probabilmente  della  corniola  segreta ,  di 
cui  altróve  parla  Giangaleazzo  medesimo  (2). 


III. 
Documenti  di  Regina  della  Scala. 

Aggiungiamo  a  queste  osservazioni  qualche  notizia,  non  stret- 
tamente diplomatica,  sui  documenti  di  Regina  della  Scala  moglie 
di  Bernabò  Visconti. 

Quanta  parte  avesse  Regina  nel  governo  dello  Stato,  è  cosa 
notissima.  E  pur  noto  che  alcune  terre  le  furono  certamente  do- 
nate ed  altre,  almeno  al  dire  d'alcuni,  formalmente  vendute  (3). 
Fin  dal  1370  Bernabò  le  diede  in  dono  Sarzana,  Avenza,  Carrara, 
S.  Stefano  di  Magra,  e  tutte  le  terre  del  vescovado  di  Luni  (4). 
Acquistata  nel  1371  la  signoria  di  Reggio,  il  Visconti  non  tardò 
molto  a  permettere  che  la  moglie  compisse  in  questo  territorio 
atti  di  governo.  Il  21  aprile  1372  troviamo  fra  i  documenti  reg- 
giani la  prima  lettera  di  Regina,   con   la    quale,  esercitando    un 


(i)  Questo  mi  suggerisce  il  sig.  Motta  prelodato. 

(2)  Archivio  di  Reggio.  Carteggio  del  Reggimento ,  1392,  giugno  4, 
Pavia:  "non  possint  conduci  extra  territoria  nostra  aliqui  destrarij.,.. 
sine  literis  nostris  patentibus  passus,  sigillatis  sigillo  nostro  magno 
.et  corniola  secreta  „. 

(3)  Narra  il  Corio,  Hist.  di  Milano,  parte  III  (Venezia,  i565,  p.  609), 
che  Bernabò  le  vendette  molte  terre  di  Lunigiana  "  et  molte  altre  terre 
in  quel  di  Reggio  „  per  25o,ooo  fiorini  d'oro  da  lei  portati  in  dote;  e 
che  questo  fu  il  28  aprile  i383.  Ma  le  terre  lunensi  erano  già  state 
donate  fino  dal  1870  e  della  vendita  di  terre  reggiane  non  si  conserva 
ricordo  nelle  memorie  reggiane.  Forse  il  Corio  cadde  in  qualche  equi- 
voco ? 

(4)  Osio,  Doc.  dipi.,  1,  p.  145,  n.  LXXX. 


1^4  VARIETÀ 


diritto  proprio  del  Signore,  nomina  Gasparolo  di  Robiate  notaio 
dei  malefici  in  Reggio  (i).  Segue  a  questo  una  serie  non  breve 
di  documenti  di  consimile  natura,  frequentemente  alternati  con 
documenti  di  Bernabò,  fino  al  20  luglio  iSyB  (2).  Sotto  quest' ul- 
tima data  troviamo  finalmente  la  lettera  che  segue: 

Dominus  Mediolani  etc. 
Imperialis  vicarius  generalis 

Volumus  quod  de  omnibus  necessariis  et  omnibus  que  occur- 
rent  in  terris  cure  vestre  commissis:  de  cetero  aliquid  nobis  non 
scribatis.  Sed  omnia  que  scribenda  habebitis  scribatis  Illustri*  Do- 
mine* consorti  nostre:  et  sic  faciatis  omnia  que  ipsa  uobis  man- 
dabit  :  et  de  predictis,  notitiam  faciatis  omnibus  vicariis  et  offi- 
cialibus  districtus  nostri  Regij  ut  illud  idem  seruent.  Dat.  Me- 
diolani. XX.  Julij   Mccclxxiij 

Nobilibus  viris"  Potestati**  Capitaneo**  necnon**  Referendario 
et  alijs  officialibus  nostris  Regij  (3). 

Quest'amplissima  delegazione  di  poteri  dovette  certamente  avere 
parecchie  ragioni  politiche.  Forse  parve  a  Bernabò  che  fosse  op- 


(i)  Registro  anziani  ij'ji-ijy2,  a  carte  82.  Un'altra  copia  nell'ul- 
timo quaderno  dello  stesso  Registro  anziani,  che  ha  numerazione  indi- 
pendente, a  carte  5. 

(2)  Questi  documenti  si  trovano  sparsi  in  due  distinti  volumi,  il 
Registro  anziani  precitato  e  le  Provvigioni  dei  deputati  sulle  entrate  IJ72- 
^J7S  da  carta  i5  a  carta  46.  I  titoli  dei  due  registri  bastano  a  mostrare 
che  si  tratta  di  documenti  di  Stato;  del  resto  la  lettura  delle  lettere 
di  Regina  lo  conferma.  Nel  Registro  di  provvigioni  dei  suddetti  depu- 
tati (diverso  dal  già  citato  e  compreso  nella  serie  Consigli.  Provvi- 
gioni, mentre  1'  altro  è  compreso  nella  serie  Carteggi)  per  gli  anni 
1372-1377  a  carte  12  t.°  trovasi  una  lettera  di  Luigi  Gonzaga  a  Regina 
per  affari  riguardanti  il  comune  di  Reggio,  in  data  11  settembre  1372. 

(3)  Provvigioni  dei  deputati  sulle  entrate  jj'j2-ij'js  cit.,  a  carte  46  t. 
Credo  bene  avvertire  che  i  documenti  di  Bernabò  e  Regina  non  hanno 
alcuna  segnatura. 


VARIETÀ  l55 


portuno,  volendo  affidare  una  provincia  a  Regina,  ctie  questa 
provincia  confinasse  con  le  i-erre,  già  donatele,  della  Lunigiana. 
Forse  ancora  egli  fu  mosso  da  un  pensiero  consentaneo  alla  sua 
politica  generale,  che  fu  quella  di  cattivarsi  1'  amicizia  del  mag- 
gior numero  dei  suoi  vicini  e  sulle  amicizie  ed  i  parentadi  fondare 
il  suo  predominio  (i).  Egli  voleva  aver  amici  Scaligeri  e  Gonzaga. 
Regina  gli  servì  opportunamente,  tanto  colla  casa  Scaligera  quanto 
con  quella  dei  Gonzaga,  con  i  quali  ella  fu  in  continua  corri- 
spondenza diplomatica  (2).  E  pur  da  notarsi  che  Bernabò  aveva 
comprata  Reggio  dai  Gonzaga;  ma  questi  alla  loro  volta  l'ave- 
vano ricevuta  in  feudo  dagli  Scaligeri,  cui  pagavano  il  tributo 
annuo  di  un  falcone  (3).  La  casa  Scaligera  avrà  quindi  conservata 
almeno  qualche  velleità  d'esercitare  l'alto  dominio  su  Reggio;  e 
può  darsi  che  Bernabò  abbia  voluto  compiere  un  atto  di  defe- 
renza verso  di  essa  affidando  Reggio  a  Regina,  e  nel  medesimo 
Jempo  abbia  voluto  quasi  dare  un  pegno  agli  Scaligeri  che  l'ac- 
quisto di  Reggio  per  parte  dei  Visconti  non  avrebbe  avuto  cdYi- 
seguenze  politiche  funeste  per  loro.  Certamente  la  grande  autorità 
che  Regina  godeva  in  Reggio  subito  dopo  l'acquisto  della  città, 
era  conosciuta  e  rispettata  anche  fuor  di  stato,  poiché  Luigi 
Gonzaga  l' 1 1  settembre  1372,  dovendo  scrivere  per  affari  che  ri- 
guardavano il  Comune  di  Reggio,  s'indirizza  a  Regina  e  non  a 
Bernabò  (4). 

Ad  ogni  modo,  e  checché  sia  di  ciò,  Regina  esercitò  effetti- 
vamente il  potere  affidatole,  tanto  che  nei  Registri  spesso  citati 
di  Provvigioni  dei  deputati  sulle  entrate  le   lettere   ed    i   decreti 


(1)  Romano,  Il  primo  matrim.  di  Lucia  Visconti  e  la  rovina  di  Ber- 
nabò in  quest'Archivio,  XX,  602  sgg. 

(2)  È  facile  osservare  che  i  documenti  di  Regina  della  Scala  pub- 
blicati in  Osio,  Doc.  dipi.,  voi,  I,  sono  quasi  tutti  lettere  indirizzate  ai 
Gonzaga. 

(3)  Tn^ABOscHi,  Mem.  stor.  modcn.,  II,  Modena,  1798,  p.  260.  Il  do- 
cumento d' investitura  è  pubblicato  nel  Tacoli,  Mem.  storiche  di  Reggio, 
li,  Parma,  1748,  pp.  661-664.  Su  questi  rapporti  di  vassallaggio  che 
avevano  tra  loro  anche  i  p.incipali  signori,  vedi  Salzer,  op.  cit.,  p.  25o. 

(4)  Vedi  sopra  a  p.  164,  nota  2. 


56  VARIETÀ 


di  Regina  superano  il  numero  di  quelli  di  Bernabò;  ed  e  a  cre- 
dersi che  se  avessimo  il  Carteggio  ed  i  Registri  degli  ambiarti, 
purtroppo  perduti,  osserveremmo  anche  in  questi  la  prcvnlcn/.a  elei 
documenti  di  Regina  su  quelli  di  Bernabò. 

In  tutti  i  documenti  Regina  paria  in  proprio  nome;  Tinte- 
stazione  dei  suoi  documenti  non  porta  il  nome  del  marito  ma  il 
suo  nome  ed  il  suo  casato;  e  ciò  perchè  essa  era  come  associata 
nella  Signoria  e  qui  a  Reggio  agiva  come  Signora.  La  sua  asso- 
ciazione alla  Signoria  risulta  del  resto  da  altri  documenti  già 
noti,  fra  cui  il  conosciutissimo  decreto  di  grazia  del  i382,  in  testa 
al  quale  trovansi  i  nomi  di  Bernabò  e  Regina  che  compiono  in- 
sieme un  atto  di  vera  e  propria  sovranità  (i).  Regina  ebbe  quindi 
anche  il  suo  proprio  sigillo  di  stato;  infatti  nei  documenti  reg- 
giani torna  spesso  la  formola  vjussimus  nostri  sigilli  mimimine 
roborari  »,  anzi  la  troviamo  lino  dal  17  novembre  1372,  cioè  otto 
mesi  prima  della  formale  delegazione  di  potere,  di  cui  si  è  parlato. 
E'si  deve  escludere  che  il  sigillo  menzionato  da  Regina  nei  suoi 
documenti  sia  il  medesimo  di  cui  si  serviva  il  marito,  perchè  il 
decreto  di  grazia  del  i382  ha,  nel  testo  dell' Osio,  le  seguenti  pa- 
role: «  nostrique  sigillorum  munimine,  ecc.  »  che  sono  certa- 
mente da  correggere  «  nostroriim  sigillorum  ».  I  sigilli  erano  due 
e,  ben  si  capisce,  diversi.  Probabilmente  il  sigillo  di  Regina  in- 
quartava l'arme  scaligera  con  quella  viscontea,  se  dobbiamo 
procedere  a  norma  dell'analogia  d'altri  sigilli  posteriori  di 
donne  maritate  nei  Visconti  e  che  ebbero  parte  negli  affari  di 
stato  (2). 

La  natura  poi  del  potere  affidato  a  Regina  appare  anche  dal 
fatto  che  gli  officiali  del  Reggimento  di  Reggio  si  chiamano  offi- 
ciali della  signora  Regina  e  negli  atti  d'un  processo  reggiano 
dell'anno  i383  un  teste  è  chiamato  «  Castelanus  castri  Feline 
prò    ilustri-  et   excelienti    domina    Regina  ^^   (3). 


(i)  Osio,  Doc.  dipi,  l,  pp.  284-235,  n.  CLXXVIIL 

(2)  Devo  anche  questa  ipotesi  alla  dottrina  del  eh.  sig.  Motta. 

(3)  Archivio  di  Reggio.  Capitoli.  Serie  cronoL  di  documenti.  Lite 
per  i  pascoli  dell'alpe  di  M.  Cusna,  quaderno  25  agosto  —  27  settem- 
bre 1383,  interrog.  del  teste  n.  XXXV. 


VARIETÀ  ID' 


Gli  esempi  fin  qui  arrecati  avranno  anche  mostrato  agli 
studiosi  che  Regina  non  è  mai  chiamata  Beatrice.  I  documenti 
reggiani,  come  i  documenti  milanesi  (almeno  a  quanto  dice  l'O- 
sio  (i)),  non  conoscono  assolutamente  il  nome  di  Beatrice;  e  sebbene 
i  posteri  abbiano  ripetuto  codesto  nome  anche  sull'  ultimo  depo- 
sito delle  sue  ossa  (2),  i  sudditi  di  lei  non  conobbero  molto  pro- 
babilmente altro  nome  che  quello  di  Regina,  e,  a  dir  vero,  non 
avranno  creduto  possibile  che  quel  nome,  scritto  in  testa  ai  solenni 
decreti,  fosse  un  soprannome. 


F.    E.    COMANI. 


(i)  Osio,  Doc.  dipi,  l,  p.  217,  nota. 

(2)  V.  in  quesi' Archivio,  XIX,  pp.  219-220. 


NB.  Prego  il  lettore  di  fare  nell'antecedente  fascicolo  AeXV Archivio  le  seguenti  correzioni  : 
i^'  39S>  !•  3>  invece  di  atiquorum  leggasi  alìquorum  ;  p.  4C2,  n.  2,  invece  di  /.  5  i,  legg.  p.  395; 
p    412,  1.   14,  invece  di  reuocaturis  legg.  renocattiri. 


BIBLIOGRAFIA 


AsTEGiANO  Lorenzo.  —  Codice  Diplomatico  Cremonese,  715-1334.  In  Hi- 
storiae  Patriae  Momimcnta  edita  jussu  Regis  Caroli  Alberti,  series  II, 
tomi  XXI-XXII,  Augustae  Taurinorum ,  mdcccxcv-mdcccxcviii, 
in-8  gr.,  pp.  400;  xii-4500. 

Intorno  a  questo  Codice,  la  pubblicazione  del  quale,  iniziata  nel 
1895  a  cura  della  R.  Deputazione  sopra  gli  studi  di  Storia  Patria  delle 
Antiche  Provincie  e  della  Lombardia,  è  stata,  due  anni  or  sono,  com- 
piuta col  secondo  volume;  non  mi  è  occorso  di  vedere  alcun' altra 
recensione  dopo  quella  che,  a  proposito  del  primo  volume  soltanto, 
inseriva  il  prof.  C.  Cipolla  nella  sua  solita  rivista  delle  Pubblicazioni 
sulla  storia  medioevale  italiana  uscite  alla  luce  appunto  nel  1895  (i)  ; 
ma  l'opera  dell' Astegiano,  vuoi  per  l'importanza  singolare  dell'argo- 
mento, vuoi  per  lo  scopo  che  l'autore  ebbe  a  prefiggersi,  d'appagar 
cioè  il  lungo  desiderio  dei  ricercatori,  di  veder  raccolti  in  corpo  unico 
i  tesori  veramente  ragguardevoli  serbatici  dagli  Archivi  cremonesi; 
merita  senza  dubbio  più  largo  e  più  particolareggiato  esame  di  quello 
che  il  Cipolla,  costretto  dalle  esigenze  della  sua  revisione  sommaria 
e  sintetica,  abbia  potuto  dedicarle.  D'altro  canto  l'interesse  precipua- 
mente lombardo  di  tale  pubblicazione  non  renderà  discaro  ai  lettori 
di  codesto  Archivio  che  l'esame  si  faccia  qui  e  con  qualche  lar- 
ghezza. 


(i)  C.  Cipolla,  Pubblicazioni  sulla  storia  medioevale  italiana  (1895) 
in  Nuovo  Archivio  Veneto,  tomo  XIV,  parte  I,  a.  1897,  pagg.  143-sgg. 
A  proposito  di  cotesta  recensione  è  davvero  curioso  che  l' illustre  sto- 
rico veronese  si  ostini  a  chiamare  Astesano,  invece  di  Astegiano,  l'au- 
tore del  Codice  cremonese.  Una  breve  notizia  di  quest'  opera  abbiamo 
pure  in  Neues  Archiv,  voi.  XXI,  1896,  p.  598. 


BIBLIOGRAFIA  I  DQ 


Come  è  noto,  i  tentativi  per  agevolare  agli  studiosi  le  ricerche 
nel  copiosissimo  Archivio  Comunale  cremonese,  custodito  con  gelosia 
davvero  eccessiva,  ancor  oggi  in  un  ripostiglio  presso  che  inaccessi- 
bile sopra  le  volte  della  suntuosa  Cattedrale  risalgono  a  tempo  molto 
lontano.  Un  primo  ordinamento  di  quei  materiali  venne  esperito  par- 
zialmente nel  i567,  e  se  ne  hanno  traccie  in  un  repertorio  rimasto 
incompleto,  e  probabilmente  ad  esso  si  riferiscono  anche  due  reper- 
tori particolari  dei  Codici  segnati  con  le  lettere  A  e  C.  Due  secoli 
dopo,  nel  i75i,  i  decurioni  cremonesi,  conte  Giulio  Cesare  Bonetti  e 
conte  G.  Paolo  Offredi  Ambrosini,  davano  opera  ad  un  nuovo  ordi- 
namento dell'Archivio,  dedicandovi  tre  anni  di  assiduo  lavoro,  cosic- 
ché le  pergamene,  dapprima  serbate  sciolte  ed  incustodite,  furono  ri- 
poste entro  scatole  di  latta,  dove  oggi  pure  si  conservano,  efficacis- 
simo riparo  alle  ingiurie  del  tempo.  Da  allora  primamente  i  preziosi 
documenti  dell'Archivio  fornirono  materia  agli  studi  del  Campi,  del 
Torresini,  del  Bresciani,  dell'Arisi  e  poscia  del  Muratori,  finché  il 
dottore  Francesco  Robolotti,  appassionatissimo  e  popolare,  se  non 
fortunato  e  guardingo  cultore  di  storia,  ed  Ippolito  Cereda,  valente, 
instancabile  paleografo;  al  quale,  per  sollecitazione  del  Robolotti,  il 
Municipio  di  Cremona  aveva  delegata  l'ingente  opera  della  trascri- 
zione dei  documenti  dell'Archivio  all'intento  di  formarne  un  Codice 
Diplomatico  ;  diffusero  ancora  più  la  conoscenza  'del  ragguardevole 
deposito,  pubblicando  il  primo,  comunicando  il  secondo  agli  studiosi 
le  carte  di  maggior  interesse  (i). 


(i)  Molti  docc.  il  Cereda  trascrisse  per  il  comm.  Cesare  Vignati, 
che  ne  fece  largo  ed  ottimo  uso  nelle  sue  opere  e  specialmente  in 
quella  del  Codice  Diplomatico  Laudense  (in  Bibliotheca  Historica  Italica, 
voli.  II-IV,  Milano,  1879-1885).  La  raccolta  di  queste  copie;  che 
gentilmente  il  Vignati  metteva  a  mia  disposizione  quando  era  ancora 
ben  lontana  la  catastrofe  che  privava  la  Società  Storica  Lombarda 
del  suo  illustre  vice-presidente;  numera  116  carte  dal  716  al  1541  ed 
è  corredata  di  un  ricchissimo  indice  delle  pergamene  dell'Archivio 
Comunale  di  Cremona.  Altre  copie  dal  Cereda  mandate  al  canonico 
Giovanni  Finazzi  sono  ora  conservate,  in  numero  di  circa  40,  presso 
la  Biblioteca  Comunale  di  Bergamo.  Dell'opera  solerte  e  disinteres- 
sata del  modesto  paleografo,  le  virtù  del  quale  meriterebbero  per 
avventura  d'essere  meglio    comm.endatc,  si:  valsero   molti   altri  stu- 


|6o  r.llJl  lOCiKAllA 


Morto  il  Cercda,  la  trascrizione  delle  pergamene  fu  continuata 
dal  paleografo  Odoardo  Terragni,  ma,  dimesso  per  varie  ragioni  il 
progetto  di  pubblicare  integralmente  i  documenti  dell'Archivio,  il  Ro- 
bolotti  venne  nella  determinazione  di  raccoglierne  invece  i  soli  re- 
gesti, accompagnandoli  col  testo  delle  carte  più  notevoli;  e  così,  nel 
J878,  si  cl>bc  per  le  stampe  il  primo  volume  del  Repertorio  Diplomatico 

diosi,  che  da  ogni  parte  lo  richiedevano  di  copie  e  di  comunicazioni. 
E  interessante  a  questo  proposito  un  dialogo  che  il  Cereda  fa  se- 
guire alla  copia  del  più  antico  documento  trasmesso  al  Vignati  (il 
diploma  di  Liutprando  del  7i5),  e  che  egli  immagina  avvenuto  "  fra 
"  r  antiquario  cav.  Federico  Pezzi  ed  un  cremonese  „  all'  intento  di 
rilevare  le  mende  nelle  quali  il  Muratori,  pubblicando  la  medesima 
carta,  era  incorso.  Il  cremonese  del  dialogo,  non  occorre  dirlo,  è  il 
Cereda  stesso  e  ad  un  certo  punto  risponde:  "  Le  dirò,  signor  cava- 
"  liere:  io  sono  un  povero  impiegato  dell'Archivio  Notarile  di  Cre- 
"  mona,  che,  per  necessità  ed  obbligo  dell'  impiego,  mi  feci  a  studiare 
"  ed  interpretare  le  antiche  scritture,  insomma  un  oscuro  paleografo. 
"  Sono  già  dieci  anni  che  io  mi  sono  dato  al  trascrivere  per  altri 
"  quei  documenti  che  possono  avere  un  valore  storico;  e  ne  trascrissi 
''  per  il  dottore  e  cav.  Francesco  Robolotti  di  Cremona,  per  il  cano- 
"  nico  e  cav.  Don  Giuseppe  Finazzi  di  Bergamo,  per  il  cav.  Federico 
"  Odorici  di  Brescia  (ora  R.  Bibliotecario  in  Parma),  per  il  signor 
"  Conte  e  Senatore  del  Regno  Jacopo  Sanvitali  di  Parma,  per  il  conte 
"Bernardo  PoUastrelli  di  Piacenza...;  anzi  mi  ricordo  di  aver  copiato 
"  (nel  1861)  un  centinaio  e  più  di  Provisioni  antiche  dal  1296  al  i3io 
"  della  Gabella  magna  della  città  di  Cremona  per  Sua  Eccellenza  il 
"  signor  conte  e  cav.  Luigi  Cibrario  Senatore  del  Regno....  „.  E  più 
innanzi  :  "  ....spero  che  tra  breve  il  conte  Cesare  {sic)  Porro  Lam- 
"  bertenghi  di  Milano  ed  il  cav.  G.  Finazzi  di  Bergamo  consegne- 
"  ranno  un  centinaio  di  mie  prime  Copie  alle  Loro  Eccellenze  il  ba- 
"  rone  Manno  ed  il  Senatore  Sclopis,,.  E  a  domanda  del  cav.  Pezzi 
il  Cereda  risponde  di  aver  trascritto  per  la  R.  Deputazione  di  Cre- 
mona 121  pergamene  anteriori  al  1000  e  ben  800  di  posteriori;  "  e 
"  tuttora  mi  occupo  a  trascrivere  le  pergamene  del  nostro  Comune 
"  che  sommano  a  più  di  duemila;  essendomi  state  assegnate  dal  Mu- 
"  nicipio  soltanto  lire  tremila  (allora  austriache)  per  la  loro  trascri- 
"  zione  „.  Tale  lavoro  richiese  dal  povero  Cereda  "  dieci  ore  continue 
"  tutti  i  giorni  dal  1861  in  poi,  voglio  dire  sei  ore  al  R.  Ufficio  No- 
"  tarile  046  spesso  5  in  casa  „.  "  Addio,  conclude  il  Pezzi,  o  sfor- 
"  tunato  antiquario  cremonese.  Addio  !  „  Il  Cereda  aveva  poi  il  vezzo 
tutto  suo  di  alleviare  la  fatica  e  la  noia  del  lavoro  lungo  e  monotono, 
cui  era  obbligato,  chiosando  le  copie  con  sfoghi  umoristici,  satirici  e 
spesso  patriottici,  in  versi  ed  in  prosa,  che  sono  talvolta  esilaranti 
davvero  e  curiosi.  Annota  ad  esempio:  "  Un  nostro  dotto  cremonese 
"  è  in  collera  con  me  (perchè  il  Cereda  aveva  spedito  delle  copie  di 
"  pergamene  al  Finazzi)  e  dice  che  io  devo  servire  prima  la  patria. 
"  Ecco  un  po'  di  municipalismo!  Per  Dio,  la  patria  nostra  non  è  forse 


BIBLIOGRAFIA  l6l 


Cremonese  (i),  il  quale  comprendeva,  oltre  che  un  sommario  della  sto- 
ria di  Cremona  dalle  origini  al  1200  e  alcune  importantissime  comu- 
nicazioni di  Teodoro  Wustenfeld,  professore  dell'  Università  di  Got- 
tinga, le  pergamene  dell'Archivio  Comunale  dal  716  al  1200,  gli  spogli 
degli  Archivi  Morbio  e  di  Stato  in  Milano  e  i  sunti  dei  documenti 
relativi  agli  Umiliati  cremonesi  che  Isidoro  Carini  aveva,  l'anno  prima, 
comunicato  da  Palermo  2XÌ!  Archivio  Storico  Siciliano  (2). 

Ma  al  Robolotti,  tempra  di  erudito  certamente  inadatta  a  lavori 
di  simil  peso,  fallirono  in  gran  parte  i  mezzi  per  condurre  un'  opera 
di  tanto  momento  con  tutte  quelle  norme  che  ne  dovevano  assicurare 
la  precisione  scientifica  e  la  pratica  utilità.  Fra  l'altro,  mancava  a  lui 
una  repertoriazione  generale  dei  documenti  dell'Archivio  del  Comune 
tale  da  permettergli  un  giusto  apprezzamento  dei  materiali  e  da  poter 
assegnare  preventivamente  l'indirizzo  e  l'entità  della  pubblicazione; 
talché  avvenne,  che,  infiorato  d'  errori  frequentissimi,  e  spesso  gros- 
solani, derivanti  o  da  cattiva  interpretazione  del  testo  o  da  abbagli 
di  trascrizione  (3),  manchevole  di  non  po:hi  documenti  di  raro  inte- 
resse, trasandato  nella  compilazione  dei  regesti,  affatto  insufficienti  a 
darci  una  chiara,  precisa  e  compiuta  notizia  dei  singoli  atti,  il  Reper- 
torio non  regge  al  lume  della  critica  anco  più  benigna  e  non  fa  per 
nulla  rimpiangere  la  mancanza  del  secondo  volume  che  doveva  esserne 
il  compimento  (4). 


"  l'Italia?  Ogni  città  sorella  ha  diritto  di  avere  da  me  i  miei  servigi, 
"  e  non  baderò  a  collere,  né  ad;  ire  „.  In  una  pergamena  mandata  a 
Lodi  s' imbatte  nel  nome  di  Gàribaldus  :  ciò  basta  perchè  egli  vi  ag- 
giunga la  chiosa  :  "  Gàribaldus  ?  ad  hoc  nomen,  cives  Laudenses,  dici  te 
"  io  „.  E  altrove:  "  Quando  vien  l'occasione  mi  sfogo,  perché  ne  ho 
"  grande  bisogno.  Viva  Garibaldi  !  „  E  si  potrebbe  continuare. 

(1)  Repertorio  Diplomatico  cremonese  ordinato  e  pubblicato  per  cura 
del  Municipio  di  Cremona,  volume  primo  dall'  anno  DCCXV  al  MCC, 
Cremona,  Tip.  Ronzi  e  Signori,  1878.  Edizione  di  soli  200  esemplari 
fuori  di  commercio. 

(2)  AsTEGiANO,  C{odice)  D{iplomatico)  C{remonesc),  Prefazione,  voi.  i, 
pagg.  1-4. 

(3)  Il  Robolotti  non  era  per  nulla  paleografo  ed  il  suo  grande 
progetto  della  trascrizione  di  tutte  le  pergamene  cremonesi  non  mi- 
rava, in  fondo,  come  egli  stesso  ebbe  a  dire,  che  a  ridonarle  "  con 
"  caratteri  di  comune  intelligenza  „  ed  a  renderle  così  accessibili  a 
"  qualunque  studioso  „.  Vedi  il  C.  D.  C,  Prefaz.,  voi.  I.  pag.  3. 

{4)  Per  r  opera  ed  i  meriti  del  Robolotti  v.  la  commemorazione 
del  prof.  F.  Novati,  Francesco  Robolotti  {i8o2-i88s)  in  Ardi,  St.  Lomb., 
a.  XII,  i885,  pp.  863-sgg. 

Arch.   Star.  Lovib.  —  Anpo  XXVII.  _  Fase.  XXVII.  Il 


I02i  BIBLIOGRAFIA 


AirAstegiano,  adunque,  che  dapprima  ebbe  V  incarico  di  compiere 
soltanto  r  opera  del  Robolotti  provvedendo  alla  compilazione  del 
secondo  volume,  si  apparteneva  un  lavoro  3i  ben  altra  entità  ed  im- 
portanza, quando  egli  accolse,  invece,  T  invito  dell' ing.  Fortunato 
Fontana,  assessore  municipale  di  Cremona,  di  rifare  la  pubblicazione 
intera  in  servigio  della  R.  Deputazione  di  Storia  Patria. 

I  materiali  già  raccolti  e  pubblicati  dallo  storico  cremonese  non 
potevano  essere  usati  da  lui  se  non  con  la  massima  circospezione  e 
cautela;  l'indirizzo  al  quale  si  era  attenuto  il  suo  predecessore  vo- 
leva dall'  Astegiano  essere  compiutamente  abbandonato  per  non  in- 
correre nelle  stesse  mende  e  negli  stessi  difetti  che  rendono  ora  il 
Repertorio  presso  che  inservibile.  Tutto  richiedeva  una  rinnovazione 
radicale;  materia,  indirizzo,  metodo;  e  per  di  più  occorreva  tener 
giusto  conto  di  una  quantità  non  certo  indifferente  di  materiali  che 
il  Robolotti,  per  trascuratezza  o  per  certe  sue  vedute  particolari,  non 
si  era  fatto  scrupolo  di  tralasciare  interamente. 

II  Repertorio  rappresenta  infatti,  un  tentativo,  notevole,  se  si  vuole, 
e  frutto  di  nobili  propositi,  ma  nella  massima  parte,  per  non  dire 
compiutamente,  fallito,  cui  urgeva  sostituire  un'  opera  scientifica  nel 
più  rigoroso  senso  della  parola  che  le  incertezze  e  le  deficienze  della 
pubblicazione  antecedente  avesse  tolto  di  mezzo  per  sempre;  giacche 
un  bis  in  idem,  in  questo  caso,  sarebbe  stata  la  peggiore  fra  le  inu- 
tilità ed  il  massimo  sciupìo  di  tempo  e  di  lavoro;  offrendo  ai  dotti 
una  guida  definitivamente  precisa  per  lo  studio  e  1'  esatto  apprezza- 
mento dei  materiali  storici  cremonesi.  Non,  certo,  impresa,  codesta, 
da  pigliarsi  a  gabbo,  ma  tale  anzi  da  richiedere  in  chi  vi  si  accingeva 
una  larga  e  profonda  e  non  comune  preparazione  ;  che  è  quanto  dire 
la  cognizione  più  ampia  possibile  dei  vari  depositi  scientifici  e  delle 
fonti  bibliografiche;  accompagnata,  o  meglio  illuminata  da  un  chiaro 
disegno  prestabilito  a  tutta  1'  opera,  così  che  l' inclusione  o  1'  esclu- 
sione nei  regesti  dei  vari  documenti  risultasse  per  norme  stabili,  fin 
dov'è  possibile,  e  dedotte  da  considerazioni  apprezzabili;  perchè  op- 
portunamente presentate  ;  dalla  comune  degli  studiosi  e  non  tanto 
da  chi  dell'  intiero  complesso  dei  materiali  aveva  avuto  la  comodità 
di  prendere  visione  e  di  giudicare. 


1 


BIBLIOGRAFIA  l63 


In  altri  termini,  il  programma  della  pubblicazione;  giacché,  per 
la  enorme  quantità  dei  documenti,  parve  all'  Astegiano  inattuabile  il 
divisamento  di  tener  conto  di  tutto  senza  distinzione;  doveva  pale- 
sarsi nella  scelta  di  limiti  ben  definiti,  senza  dubbi  o  incertezze  di 
sorta,  in  guisa  da  mettere  chi  ricorre  al  Codice  in  condizione  di  sa- 
pere preventivamente  ed  esattamente  per  quali  specie  di  documenti, 
ed  entro  quali  confini  di  tempo  e  di  luoghi,  egli  potrà  fare  assegna- 
mento su  di  una  guida  sicura. 

Codeste  necessarie  considerazioni  ebbe  a  proporsi  l' Astegiano? 


In  quanto  ai  limiti  di  tempo,  entro  i  quali  restringere  le  ricerche^ 
air  Astegiano  non  potevano  rimanere  dubbi:  accogliere  nel  proprio 
Codice  le  memorie  più  remote  e  proseguirle  per  tutta  la  durata  del- 
l'autonomia municipale  cremonese,  era  il  miglior  consiglio  che  si 
potesse  abbracciare  ;  ed  infatti  l' Astegiano,  incominciato  dal  715,  del 
qual  anno  è  la  più  vetusta  carta  attinente  a  Cremona,  non  procedette 
oltre  il  i335,  poiché  da  questo  momento  la  città,  invano  difesa  da 
Ponzino  Ponzone ,  entra  definitivamente  a  far  parte  del  dominio  di 
Azzone  Visconti ,  e  le  libere  istituzioni  comunali  ;  già  rimaneggiate 
nei  mutamenti  politici  anteriori  e  violate  nel  frequente  avvicendarsi 
di  signorie  straniere  e  paesane;  sopportano  il  colpo  più  grave  (1). 

Non  così  facile  il  determinare  i  confini  delle  indagini  rispetto 
alle  fonti  così  numerose  e  copiose  che  vengono  offerte  dalla  città  di 
Cremona.  Il  Robolotti,  come  già  notammo,  si  era  limitato  ai  docu- 
menti dell'Archivio  Comunale  e  degli  Archivi  Morbi o  e  di  Stato  in 
Milano;  ma  già  fin  da  quando,  nel  1879,  aveva  assunto  l'incarico  di 
compire  il  Repertorio,  s' era  manifestata  all'  Astegiano  la  necessità  as- 
soluta d'allargare  le  ricerche  e  gli  spogli  alle  pergamene  ed  alle  carte 
in  genere  d'altri  archivi  cremonesi,  quali,  ad  esempio,  la  raccolta 
della  Biblioteca  Governativa,  l'Archivio  della  Chiesa  di  S.  Agata,  il 
Vescovile,  quello  della  Congregazione  di  Carità,  ecc.,  ecc.  Ed  egual 
proposito  egli  giudiziosamente  mantenne  per  la  compilazione  ex  novo 
del  suo  Codice  che  da  non  molto  attende  il  giudizio  della  critica.  La 


(i)  Astegiano,  Ricerche  sulla  storia  civile  del   Comune  di  Cremona,. 
in  C.  D.  C,  II,  324. 


I()4  BIBLIOGRAFIA 


quale,  per  quanto  concerne  la  copia  e  l'importanza  delle  fonti  usu- 
fruite dall' Astegiano  non  può  che  esprimer  lode,  giacche  il  Codice 
Dìploniatuo  Cremonese,  oltre  al  comprendere,  naturalmente,  la  parte 
sovra  ogni  altra  notevole  dell'Archivio  Comunale;  e  cioè  le  perga- 
mene conservate  nelle  teche  di  latta,  i  codici  A,  C  ed  lesus,  quelli 
segnati  con  una  croce  ed  una  crocetta  dentro  un  circolo  ed  il  codice 
di  Sicardo;  riguarda  anche,  ed  in  non  scarsa  misura,  il  deposito  della 
Biblioteca  Governativa;  che  ci  serba  le  pergamene  già  appartenenti 
al  Museo  Ala-Ponzone,  altre  dei  Frati  Predicatori  di  Cremona,  il  Cedex 
Diplomaticus  Capiiuli  Cremonensis  del  Dragoni  (i),  le  Memorie  del  dot- 
tor G.  Iacopo  Torrcsino,  ecc.;  l'Archivio  Vescovile,  l'Archivio  della 
Chiesa  di  Sant'Agata,  l'Archivio  Notarile,  la  raccolta  del  canonico 
Girondclli,  l'Archivio  di  Stato  in  Milano,  l'Archivio  Gonzaga  di  Man- 
tova, la  raccolta  del  cav.  Morbio,  un  codice  frammentario  degli  Sta- 
tuti cremonesi  del  i3i3,  posseduto  dal  marchese  Pallavicino  (2),  i  re- 
gesti già  accennati  del  Carini,  e  finalmente  le  opere  stampate  (3Ì. 

Di  fronte  a  così  ingente  copia  di  documenti,  ripetiamo,  l' Aste- 
giano  dovette  necessariamente  prefìggersi  dei  limiti:  prima  grande 
difficoltà  del  lavoro  e  di  tanta  delicatezza  da  pregiudicare,  con  una 
cattiva  soluzione,  il  valore  e  1'  utilità  dell'  opera  tutta.  Sfortunatamente 
r Astegiano  s'appigliò,  a  mio  vedere,  ad  una  mezza  misura;  poiché, 
posto  come  caposaldo  che  per  i  secoli  più  antichi  le  pergamene  ave- 
vano, senza  distinzione  di  sorta,  un'  importanza  eccezionale,  egli 
non  rimase  in  dubbio  nell'accoglierle  tutte  quante,  fino  alla  metà  del 
secolo  XII,  ne'  suoi  regesti;   ma,  per  gli  anni  ed  i  secoli  successivi, 


(i)  Le  falsificazioni  del  Dragoni  sono  quasi  proverbiali,  ma  ciò 
non  toglie  che  nel  suo  Codex  si  riscontrino  importantissime  carte  au- 
tentiche, la  copia  d'  alcuna  delle  quali  è  anche  di  mano  del  Cereda. 
Cfr.  C  D.  C,  Prefaz.,  I,  14. 

(2)  Il  RoBOLOTTi  pubblicava  le  rubriche  di  questo  Codice  nei 
Documenti  storici  e  letterari  di  Cremona.  {Lettera  di  F.  Robolotti  a  Fe- 
derico Odorici  di  Brescia  corredata  di  alcuni  disegni  di  monumenti  cre- 
monesi de*  tempi  romani  e  di  mezzo  illustrati  dallo  stesso  Odorici  e  da 
alami  documenti  inediti,  Cremona,  G.  Feraboli,  1857  ;  pagg.  104  e  sgg.) 
Agli  Statuti  del  i3i3  procedono  frammenti  di  altri  Statuti  e  di  Cro- 
nache dei  quali  tenne  conto  in  parte  e  il  Robolotti  stesso  (op.  cit., 
pag.  104),  e  r  Iaffè  nella  pubblicazione  de'  suoi  Annales  Cremonenses. 
Cfr.  C  D.  C;  Pre/az.,  I,  i3. 

(3)  Notizie,  troppo  spesso  insufficienti,  di  ciascuna  di  codeste  fonti 
da  r  Astegiano  nella  Prefazione  al  suo  C.  D.  C,  I,  8-17. 


BIBLIOGRAFIA  l65 


a  guidare  la  scelta,  non  credette  o  non  fu  in  grado  di  ritrovare  mi- 
glior criterio  che  il  proprio  discernimento  e  cioè  l'opportunità  volta 
a  volta  suggerita  dall'esame  dei  singoli  documenti. 

"  Per  i  secoli  più  antichi...  „,  dice  l'Astegiano,  "  e  fino  alla  metà 
"  del  secolo  XII,  ho  notato  tutto  quanto  ho  trovato  e  ho  potuto  ve- 
"  dere.  Non  mi  era  possibile  far  questo  per  gii  anni  posteriori,  a 
"  cagione  dell'enorme  copia  di  documenti.  Nella  scelta  ho  seguito 
"  questo  criterio.  Ho  dato,  innanzi  tutto,  tutte  le  carte  di  argomento 
"  pubblico  e  comunale,  ossia  di  storia  civile;  di  storia  ecclesiastica, 
"  quelle  che  sono  congiunte  colla  storia  della  città,  o  che  per  qual- 
"  siasi  altra  ragione  sono  maggiormente  degne  di  nota;  delle  altre 
"  quelle  di  maggior  interesse  nella  classe  a  cui  appartengono  (i)  „. 

Ciò  starebbe  bene,  se  l' affermare,  come  l' Astegiano  fa,  che  le 
tali  o  le  tali  altre  carte  ofìrono  una  importanza  maggiore  o  minore 
rispetto  alle  rimanenti  della  medesima  serie  o  del  medesimo  genere, 
non  rispecchiasse,  secondo  quanto  si  è  detto,  un  criterio  tutt' affatto 
soggettivo,  alla  sola  stregua  del  quale  un'opera  del  genere  di  quelle 
che  ora  esaminiamo  non  potrà  mai  essere  condotta  con  piena  soddi- 
sfazione ed  utilità  degli  studiosi.  Basti  il  dire  che  duemila  documenti 
air  incirca,  non  computati  i  i3i5  del  Codice  lesus  quasi  compiutamente 
trascurati,  confessa  l'Astegiano  di  non  avere  incluso  nei  regesti. 

La  coscienza  che  l'Astegiano  ebbe  senza  dubbio  di  non  avere 
bastevolmente  e  con  ragioni  sufficienti  assegnato  giusti  confini  all'  o- 
pera  sua,  risulta  sempre  chiarissima  dal  bisogno  che  egli  trova  di 
rispondere,  per  così  dire,  preventivamente  alle  obbiezioni  più  pro- 
babili, e  infatti,  dopo  d'aver  invocato,  con  le  parole  citate,  la  neces- 
sità, e  la  necessità  sola,  a  giustificare  una  qualsiasi  delimitazione  del 
campo  delle  sue  ricerche,  egli  si  affretta  a  far  noto  come  non  abbia 
trascurato  "  nessun  genere  di  documenti  „,  procurando  bensì  di  of- 
frire "  di  tutti....  qualche  esempio,  e,  a  suo  avviso,  il  più  adatto  (2)  „. 

Maggiore  indecisione  di  codesta  non  si  potrebbe  dare.  E  in  verità, 
per  un  Codice  della  natura  di  quello  dell' Astegiano,  —  i  Regesti  d'ol- 
tralpe insegnino  — ;  destinato,  come  sarebbe,  non  ad  essere  una  spe- 
cie di  "  campionario  „  dei  vari  generi  di  documenti  conservatici  da 
uno  o  più  depositi  archivistici,  ma  a  riunire  in  corpo  unico  tutti  gli 


(i)  C.  D.  C,  Prefaz.,  I,  18. 
(2)  C.  D.  C,  Prefaz.,  I,  18. 


jó(,  BIBF.IOGUAKIA 


atti  relativi  ad  un  dato  argomento,  nell'ambito  prefisso  di  un  periodo 
storico,  od  a  tornirne  almeno  traccie  sicure  e  bastevoli;  non  è  pos- 
sibile ed  è  contrario  ad  ogni  buona  norma  l'accettare  ad  occhi  chiusi 
questo  benedetto  "avviso,,  personale,  eretto  dall'autore  a  sommo  cri- 
terio direttivo  di  tutta  l'opera  e  in  grazia  del  quale  ben  duemila  do- 
cumenti furono  condannati  all'ostracismo  (i). 

Del  rimanente  io  non  so  se  all'autore  siano  state  imposte  speciali 
condizioni  circa  l'estensione  e  la  mole  dell'opera;  ma,  anche  nel'a 
piena  ignoranza  delle  trattative  e  degli  accordi  che  avranno  neces- 
sariamente preceduto  l'onorevole  incarico,  non  mi  pare  avventata  la 
persuasione  che  la  R.  Deputazione  di  Storia  Patria  non  avrebbe  tatto 
a  meno  di  apprezzare,  se  ad  essa  fatte  presenti,  le  molte  ragioni;  e 
prima  di  tutte  la  straordinaria  importanza  delle  memorie  mcdioevali 
cremonesi;  che,  pur  di  avere  un  lavoro  compiuto  sotto  ogni  rispetto 
consigliavano  per  avventura  l'aggiunta  di  un  terzo  volume  ai  due  che 
ora  formano  il  Codice  Diplomatico  Cremonese. 

Per  meglio  spiegarmi  con  un  esempio  che  ha  diretta  attinenza 
con  l'opera  dell' Astegiano,  si  sarebbe  forse  capita  a  meraviglia,  in 
grazia  delle  solite  ragioni  di  necessità,  l' esclusione  completa  degli 
Inventari  di  beni  e  di  arredi  lasciati  per  morte  che,  a  detta  dell' A- 
stegiano  stesso,  sono  documenti  importantissimi  a  immetterci  nella 
conoscenza  delia  vita  intima,  degli  usi  e  dei  costumi  domestici  dei 
secoli  XIII  e  XIV,  ma  non  si  sa  ben  apprezzare  l'opportunità  della 
scelta  di  pochi  fra  essi  col  sacrificio  di  tutti  gli  altri.  Quali,  almeno, 
i  criteri  seguiti  nell'esclusione?  Strano  a  dirsi,  l' Astegiano  mantiene 
anche  su  di  ciò  il  più  rigoroso  ed  ingiustificato  silenzio  e  s'accon- 
tenta di  osservare  che  "  fare  un  semplice  accenno  di  tutti  era  pres- 
"  sochè  inutile  ;  eccessivo  il  fermarsi  particolarmente  su  ciascuno  di 
"  essi  (2)  „. 


(i)  L' Astegiano  insieme  coi  docc.^  riporta  anche  delle  inscrizioni. 
Vedo  riferite,  ad  esempio,  quella  del  1107  circa  l'erezione  della  Cat- 
tedrale cremonese,  e  quella  del  1261  affissa  alla  torre  della  chiesa 
parrocchiale  di  Sospiro;  C.  D.  C,  i,  96  e  3i5,  numm.  12  e  769;  ma 
moltissime  altre  sono  trascurate  e  dal  silenzio  che  a  questo  proposito 
viene,  more  solito,  serbato  dall'  autore,  a  nessuno  riesce  d' intendere 
quali  siano  stati  i  concetti  ed  i  criteri  cui  egli  si  sia,  per  questa  parte, 
inspirato. 

(2)  C.  D.  C,  Prefaz.,  I,  19. 


BIBLIOGRAFIA  1 6' 


Ma  veramente  all'Astegiano  non  potevano  mancare  ripieghi  per 
conciliare  insieme  con  le  esigenze  in  riguardo  ai  limiti  ed  alla  mole 
d^Ua  pubblicazione,  quelle  anche  degli  studiosi,  che  pur  non  sono 
da  trascurare,  o  riunendo,  cioè,  come  egli  ha  fatto  per  altre  classi  di 
documenti,  sotto  un  titolo  speciale  tutti  gli  Inventari;  per  la  maggior 
parte  dei  quali,  quando  si  fossero  dati  gli  esempi  più  notevoli,  sareb- 
bero bastate  brevissime  indicazioni;  oppure,  mantenuta  l'attuale  di- 
stribuzione nei  regesti  comuni  dei  saggi  principali,  raggruppando 
sotto  di  essi,  in  una  nota,  se  si  vuole,  quelli  che  più  vi  si  accostas- 
sero per  somiglianza  di  contenuto  e  di  dettato.  Qualunque  sia  però 
la  soluzione  che  si  voglia  dare  a  codesta  difficoltà,  resta  pur  sempre 
assodato  che,  di  fronte  alla  indicazione  completa  di  tutti  i  documenti 
accennati,  la  scelta  fra  di  essi  perde  ogni  valore  d'opportunità. 

A  concludere  l'esposizione  dei  propositi  che  l'hanno  guidato  nella 
compilazione  del  Codice,  TAstegiano  aggiunge:  "  Da  tutti  però  i  do- 
"  cumenti  che  qui  non  accolsi,  ho  tolto  quantità  di  notizie,  e  di  nomi 
"  per  completare  la  serie  dei  Rettori  di  Cremona,  del  Wùstenfeld  ; 
"  per  quest'  ultima  bisogna  mi  servirono  in  special  modo  i  numerosi 
"  atti  giudiziari  in  cui  m' imbattei.  Quindi  se  in  una  nota,  o  nella 
"  serie  dei  Rettori  o  dei  Vescovi,  sarà  citata  alcuna  carta,  qualunque 
"  ne  sia  la  fonte,  che  non  si  riscontri  poi  nei  regesti,  si  intenderà 
"  che  appartiene  a  quelle  che  di  proposito  tralasciai  (i)  „. 

Tale  spiegazione  era  necessaria.  Se  non  che  essa  ci  avverte  e  ci 
dà  la  conferma  più  sicura  che  gli  atti  tralasciati  dall' Astegiano  hanno 
forse,  neir  interesse  della  storia,  molta  maggiore  importanza  di  quella 
che  la  loro  esclusione  dal  Codice  farebbe  sospettare,  poiché  l'autore 
stesso  ha  potuto  giovarsene,  e  con  profitto,  per  compiere  e  rettificare 
lavori  ed  opinioni  altrui ,  cavandone  discreta  copia  di  notizie  e  ma- 
teria a  nuovi  studi. 

Altre  osservazioni  si  potrebbero  muovere,  e  non  certo  favorevoli 
air  Astegiano,  circa  il  non  aver  notato,  per  tutti  gli  atti,  il  nome  del 
notaio  {2)  né,  trattandosi  di  apografi,  se  la  copia  sia  semplice   o   au- 


(i)  C.  D.  C,  I,  19. 

(2)  Il  nome  del  notaio  è  indicato  per  atti  che  davvero  non  sem- 
brano i  più  importanti  della  raccolta,  come  sarebbero,  ad  esempio, 
quelli  dei  regesti  n.  47,  p.  61;  n.  66,  p.  65;  n.  108,  p.  112;  n.  i37,  p.  116; 
n.  i53,  p.  118;  n.  i58,  p.  119;  n.  5o3,  p.  269;  n.  768,  p.  820,  ecc.   com- 


lf,S  niBLIOGHAI  lA 


tcntica  e  di  che  tempo:  particolarità  tutte  che,  osservate,  avrebbero 
conferito  maggiore  precisione  scientifica  al  lavoro  nel  suo  complesso 
e  dato  modo,  quando  occorrano  delle  copie,  di  giudicare  con  miglioi 
sicurezza  del  valore  e  dell'entità  del  documento. 

Ma  ci  tarda  di  venire  a  più  minuto  esame  dell'opera,  anche  per 
documentare  le  obbiezioni  che  ci  credemmo  in  dovere  di  muovere 
all'indirizzo  ed  al  metodo  suo  in  sfcncralc. 


Il  primo  volume  del  Codice  Diplomatico  Cremonese,  oltre  alla  Pre- 
fazione, comprende  i  documenti  dal  secolo  Vili  al  XIII.  Gli  otto  del 
secolo  Vili  ;  dal  7i5,  ossia  dalla  costituzione  di  Liutprando  per  Co- 
macchio,  al  781,  e  cioè  all'altra  costituzione  di  Carlo  re  dei  Franchi 
e  dei  Langobardi  sul  medesimo  oggetto;  sono  ricavati  tutti  dal  Codex 
Diplomaiicus  Langobardiac  edito  in  Torino  nel  1878.  L'Astegiano  come 
per  ciascuno  dei  rimanenti  secoli,  così  anche  per  questo  primo,  se- 
gnala i  documenti  spurii  dovuti,  per  1'  ottavo  secolo,  all'  invenzione 
del  canonico  Antonio  Dragoni  e  già  accolti  per  genuini  dal  Troya, 
dal  Tiraboschi  e  persin  dal  Bòhmer. 

Il  secolo  IX  numera  28  carte  dall'  825  all'  891  ed  ancor  queste,  ad 
eccezione  della  prima,  che  è  la  costituzione  scolastica  di  Lotario  e 
venne  tolta  dai  Monumenta  Germaniae  Historica  del  Pertz,  sono  rife- 
rite tutte  quante  dal  Codex  citato,  "  testo  sicuramente  invecchiato  e 
malsicuro  „,  come  già  osservava  il  Cipolla  (i),  e  tale  senza  dubbio  da 
consigliare,  per  una  nuova  pubblicazione,  più  minuziosa  e  rigorosa 
collazione  di  quella  che  ci  attestino  le  poche  varianti  annotato  dal- 
l'Astegiano  a  pie  di  pagina. 

Col  secolo  X,  che  comprende  74  documenti  dal  902  al  1000,  inco- 
minciano .a  comparire  alcune  carte  inedite  di  qualche  momento,  e  cioè 
due  permute  di  terre  compiute,  il  marzo  ed  il  i5  aprile  del  970,  da 
Liutprando  vescovo.  È  segnata  inedita,  sotto    il    numero    62,    anche 


presi  nel  voi.   I,  e  dei  regesti  n.  i,  p.  i;  n.   64,   p.    7;   n.  288,    p.    55; 
n.  289,  p.  56;  n.  296,  p.  57,  ecc.  del  voi.  II.  Moltissimi  altri  documenti 
invece,  di  gran  lunga  più  notevoli  dei   citati,   ne  vanno  privi,  ed   il 
perchè  di  tale  omissione  è  difficile,  anche  qui,  indovinare, 
(i)  Cipolla,  op.  cit.,  pag.  148. 


BIBLIOGRAFIA  169 


l'importante  donazione  di  alcune  terre  fatta/ nelF  ottobre  del  996,  da 
Dominicus  fìlius  quondam  Marine  de  civitate  Creinone  al  Monastero  di 
San  Lorenzo,  ma  veramente  quest'  atto  aveva  già  reso  di  pubblica 
ragione  il  prof.  Novati,  1'  anno  prima  che  il  Codice  Diplomatico  Cre- 
monese vedesse  la  luce  (i). 

La  materia  del  secolo  XI,  che  abbraccia  gli  anni  looi-iioo,  è  na- 
turalmente più  copiosa  e  ai  206  regesti  aggiunge  non  piccolo  pregio 
la  segnalazione  di  parecchi  documenti  inediti,  29  dei  quali  integral- 
mente pubblicati. 

I  regesti  dei  secolo  XII,  dal  noi  al  1200,  crescono  alla  bella  cifra 
di  629,  e  33  sono  le  carte  pubblicate  per  intero  fra  le  molte  che  si 
presentano  inedite.  E  giova  pur  osservare  sulla  scorta  del  Cipolla, 
come  "  le  carte  nuove  d'interesse  storico  si  fanno  frequenti  al  cadere 
"  del  XII  secolo  (2)  „;  da  quando,  cioè,  è  lecito  aggiungere,  1' Aste- 
giano  non  si  attiene  più  all'  ottimo  divisamento  di  pubblicare  tutto 
quanto  gli  vien  sotto  mano  di  confacente  all'opera  sua,  ma  incomincia 
a  scegliere  fra  i  copiosi  materiali  che  via  via  gli  si  offrono  ;  poiché 
con  la  metà  dal  secolo  XII  il  nostro  autore  muta  in  cotal  guisa  il  me- 
todo di  compilazione. 

II  secolo  XIII  ci  presenta  1177  transunti,  69  dei  quali  accompa- 
gnati dal  documento  intero.  Quasi  tutte  le  nuove  carte  indicate  in 
codesta  raccolta  del  secolo  decimoterzo  concernono  argomenti  di  non 
piccolo  interesse  e  offrono  agli  studiosi  una  quantità  notevole  di  buoni 
mezzi  per  illustrare  meglio  di  quanto  si  sia  fatto  finora  le  relazioni 
passate  fra  il  Comune  di  Cremona,  Piacenza,  Verona,  Ferrara,  Brescia, 
Azzone  Visconti,  i  luoghi  del  distretto  e  le  città  finitime  in  genere  (3). 


(t)  F.  Novati,  Miscellanea  Diplomatica  Cremonese  [sec.  X-XII)^  in 
Archivio  Storico  Italiano,  serie  V,  tomo  XIV,  anno  1894;  doc.  2.°  Di 
questa  pubblicazione,  dopo  che  era  già  stata  segnalata  dal  Cipolla 
(op.  cit.^  p.  144.-145),  l'Astegiano  tenne  conto  nelle  Correzioni  ed  Ag- 
giunte inserite  nel  li  volume,  a  pag.  447.  A  proposito  della  mede- 
sima pubblicazione  del  Novati,  cfr.  H.  Bloch  in  Neues  Archiv,  v.  XX, 
p.  677,  e  Cipolla,  op.  cit.^  p.  146. 

(2)  Cipolla,  op.  cit.^  pag.  143. 

(3)  Fra  i  docc.  del  sec:  XIII;  ma  nelle  Correz.  ed  Agg.,  Il,  449; 
r  Astegiano  riporta  anche  il  regesto  delle  "  Carta  ellectionis  domini 
"  nicolai  de  matarelis  „  del  1292;  data  in  luce  per  la  prima  volta  dal 
Romano,  Un  documento  cremonese  relativo  ali" '^  Universitas  Scholarium,  „ 
in  coó.ost' Arch.,  a.  XXIII.  fa.sc.  XI,  1896,  e  ripubblicata,  col  fac-similc; 


itinr.ioGKAKiA 


I  .  (Ite  dal  i3oi  al  i335;  in  numero  di  3o2,  aprono  il  secondo 
volume.  Soltanto  dieci  sono  i  documenti  riferiti  compiutaincntc,  ma 
fra  essi  si  notano  con  piacere  anche  gli  Statuta  Crenione,  del  decembre 
i3i3,  t  mpore  Regis  Roberti  getter alis  domini  civitatis  et  distr ictus,  che  ci 
sono  conservati,  come  sappiamo,  dal  Codice  Pallavicino. 

Seguono  gli  atti  concernenti,  dall' 864  al  1127,  il  posse.sso  di  Gua- 
stalla e  di  Luzzara;  e  cioè  dalla  donazione  fattane  dall'imperatore 
Lodovico  alla  consorte  sua  Engilberga,  insino  alla  convenzione  coi 
Piacentini  in  forza  della  quale  un  terzo  di  queste  terre  toccò  a  Cre- 
mona col  diritto  di  avvocazionc  sull'intero  possesso  (i);  i  documenti 
relativi  alla  lite  sostenuta  dai  Cremonesi,  per  il  dominio  delle  due 
corti  accennate,  con  l'Abate  del  Monastero  di  S.  Sisto  in  Piacenza, 
dal  1197  al  1227;  quelli  riguardanti  i  dissidi  con  Anselmo  Selvatico, 
vassallo  del  Comune,  e  ancora  con  l'Abate  piacentino  per  Castelnuovo 
Bocca  d'Adda,  dal  1226  al  1284;  e  gli  atti  infine  della  controversia, 
durata  per  un  sesennio  dal  1224,  con  Bonino  Mommolerio  e  Monte- 
molerio,  cittadino  e  mercante  d'Asti,  il  quale,  conducendo  granaglie 
a  Cremona,  aveva  subito  gravi  danni  e  ne  pretendeva  adeguata  ripa- 
razione. 

Ma  non  mancano  altre  suddivisioni  speciali.  E  la  prima  di  esse 
è  consacrata  ad  un  piccolo;  certamente  troppo  piccolo;  saggio  del 
Codice  segnato  lesiis  [IHS),  detto  anche  Investiturarum  :  grosso  regi- 
stro dell'Archivio  Comunale  che  ci  serba  le  copie  di  ben  i3i5  docu- 
menti ;  quattro  dei  quali  del  secolo  XII  e  gli  altri  tutti  compresi  fra 


dal  Cappelli,  Dizionario  di  abbreviature  latine  ed  italiane,  Milano, 
Hoepli,  1892,  pag.  59;  facendola,  però,  del  28  giugno  e  assai  proba- 
bilmente del  24,  in  considerazione  che  il  martedì  attestato  dalla  da- 
tazione del  doc.  cadeva  appunto  il  24.  Il  Romano  assegna  a  questa 
carta  la  data  dell' 8  giugno  e  di  questo  medesimo  giorno  fa  il  docu- 
mettto  che  sullo  stesso  argomento  pubblicava  l' Astegiano,  I,  385, 
nura.  1124;  ma  nel  primo  caso  il  Romano  ha  letto  il  "  die  martis 
^'  octavo  exeunte  mense  lunii  „  senza  tener  conto  dell'  exeunte  e  nel 
secondo;  in  seguito,  come  sappiamo,  ad  un' errata  comunicazione  ;  ha 
scambiato  la  data  del  28  giugno  con  quella  dell' 8.  Né  l'una  né  l'altra 
.svista  r  Astegiano  s'  é  dato  cura  di  rilevare. 

(i)  L' Astegiano,  però,  ha  tenuto  conto  delle  sole  carte  dell'Ar- 
chivio Comunale.  Ai  regesti  aggiunge,  in  nota  a  p.  59,  "  1'  elenco  delle 
"  Badesse  e  degli  Abati  del  Monastero  di  S.  Sisto  in  Piacenza,  dalle 
"  origini  fino  all'abate  Leonardo  col  quale  cessò  la  lite  fra  il  Comune 
f'  di  Cremona  e  la  Badia....  „. 


BIBLIOGRAFIA  171 


il  1206  ed  il  1225;  relativi  nella  massima  parte  alle  vendite  fatte  dal 
Comune  di  Cremona  delle  terre  giacenti  nella  Mosa,  nei  terrapieni 
fra  le  porte  Santa  Croce  e  S.  Michele,  nell'Oltrepò  ed  in  molti  altri 
luoghi,  e  delle  case  già  concesse  ai  Cremaschi  perchè  vi  abitassero. 
L'Astegiano  s'  accontenta  di  riportare  un  solo  documento  per  intero 
e   di  accennarne  altri  19. 

Due  soli  esempì,  V  uno  del  1225  e  V  altro  del  1227,  sono  prodotti 
ad  illustrare  una  breve  rassegna  delle  879  carte  della  Capsa  Monetae 
(1225-1229),  cui  seguono  1'  analisi  del  Codice  C ;  contenente  le  Prov- 
visioni della  Gabella  Magna  dal  1295  al  i3io  riportate  in  249  regesti  ; 
e  l'indicazione  di  11  documenti  non  cremonesi,  dall' 872  al  i3i2,  con- 
servati nell'Archivio  dei  Comune  di  Cremona,  con  l'avvertenza,  a 
questo  riguardo,  che  sei  altri  della  medesima  categoria  furono  collo- 
cati nei  regesti  comuni  dei  secoli  XII  e  XIII  (i). 

Chiudono  il  secondo  volume  la  serie  dei  Vescovi  di  Cremona  dal 
461  al  i335;  la  serie  dei  Rettori  dal  1112  al  i335,  con  aggiunte  e  cor- 
rezioni a  quella  pubblicata  dal  Wiistenleld  (2);  la  serie  dei  Cremonesi 


(i)  Cfr.  II23,  nov.  4;  1126,  febbr.  5;  1168,  dee.  3;  1181,  ag.  io; 
1196,  apr.  12;  1219,  febbr.  2. 

(2)  Strano  a  dirsi,  il  Robolotti,  che  pubblicò  nel  suo  Repertorio, 
pp.  210  sgg.,  la  Serie  dei  Rettori  del  Comune  di  Cremona  dal  ii2y  al 
ijgy  e  la  Serie  dei  Rettori  dati  da  Cremona  ad  altri  Comuni  dal  11 7S 
al  ijji,  del  prof.  Wùstenfeld,  trovò  modo  d'infiorare  dei  soliti  stra- 
falcioni anche  codeste  inserzioni,  cui  l'Astegiano  potè  fare  le  oppor- 
tune rettifiche,  confrontando  la  stampa  con  l' originale  esistente  presso 
la  Biblioteca  Governativa  cremonese.  Cfr,  C.  D.  C,  Prefaz.,  I,  7  e  II,  176. 
Il  Wiistenfeld,  poi,  incomincia  dal  1127  la  sua  serie  dei  Rettori  di  Cre- 
mona, non  avendo  trovato  nominati,  prima  di  quell' anno,  i  Consules 
Cremonenses.  L'Astegiano,  invece,  si  rifa  al  1112-1116  sulla  testimo- 
nianza di  un  documento  pubblicato  dall' AnemìIller,  Geschichte  der  Ver- 
fassung  Mailands,  lojj-iiiy,  Halle,  1881 ,  p.  55.  Cfr.  C.  D.  C,  I,  97, 
num.2i  e  II,  176.  Tanto  nell' Astégiano  che  nel  Wiistenfeld  la  serie 
dei  Rettori  dati  da  Cremona  ed  altri  Comuni  incomincia,  invece,  col 
1175.  Le  aggiunte  del  primo,  piuttosto  numerose,  sono  contrassegnate, 
per  l'una  e  l'altra  serie,  da  \xna.  —  Due  carte  di  speciale  interesse  cre- 
monese appartenenti  al  sec.  XIII  e  conservate  nell' Arch.  di  Stato  fio- 
rentino, Capit.  del  Com.,  voi.  XLIV,  fol.  gb  eioa,  permettono  una  pic- 
cola aggiunta  alla  serie  dei  Rettori  di  Cremona.  La  prima  è  una  pro- 
cura del  Comune  di  Cremona  fatta  il  2  luglio  nella  persona  di  Guglielmo 
tubatore  municipale  a  stipulare  col  rappresentante  del  Comune  di  Fi- 
renze una  convenzione,  per  la  cattura  dei  ladri  e  degli  assassini^ 
cui  aderivano  anche  Venezia,  Padova,  Milano,  Modena,  Reggio,  Parma 


clic  ebbero  ufficio  in  altri  coiiumi  dal  1175  al  j335,  pure  condotta 
quasi  intieramente  sulla  scorta  del  professore  tedesco  (1);  le  Ricerche 
sulla  storia  civile  del  Comune  di  Crrtnona  fino  al  1JJ4,  pubblicate  su 
di  una  memoria  premiata,  nel  1889,  della  R.  Accademia  dei  Lincei 
nel  concorso  bandito  dal  Ministero  della  Istruzione  Pubblica;  e  final- 
mente un  indice  alfabetico  dei  nomi  delle  persone  e  dei  luoghi  più 
notevoli  che  ricorrono  menzionati  nei  due  volumi  del  Codice. 


Il  semplice  csanie  dell'opera  dell' Astegiamo  attesta  subito  quanto 
essa;  e  per  la  maggiore  quantità  della  materia  e  per  la  più  assennata 
distribuzione  delle  parti;  si  discosti  dal  Repertorio  del  Robolotti,  al 
quale  nessuno  più  ricorre,  e  con  giusta  ragione.  Ma  è  strano  vera- 
mente e  più  d'ogni  altra  menda  displace  di  dover  rilevare  nel  Codice 
dell' Astegiano  parecchi  fra  quegli  stessi  errori  grossolani  che  detur- 
pano il  lavoro  del  suo  precursore  e  che  altri  s'  era  già  fatto  obbligo 
di  segnalare  pubblicamente  fin  dal  primo  apparire  dell'infelicissimo 
Repertorio. 

Il  Novati,  infatti,  rendendone  conto  noW  Archivio  Veneto  del  1879  (2); 
oltre  che  deplorare  le   molteplici   irregolarità  di   compilazione    e    di 


e  Bergamo.  La  seconda  è  l'atto  della  convenzione  firmata  a  Cremona 
il  giorno  seguente.  Neil'  atto  del  2  luglio  è  nominato  il  podestà  cre- 
monese dominus  Freschus  de  Freschobaldis  da  Firenze,  che  ha  posto 
nella  serie  del  Wììstenfeld,  Repertorio  cit.,  p.  224,  e  dell'  Astegiano, 
II,  197,  ma  occorre  in  esso  anche  il  nome  del  capitano  del  popolo 
dominus  lacobus  de  Martittengo,  del  quale  né  1'  uno  né  1'  altro  degli 
storici  ricordati  ebbe  notizia.  Cfr.  la  Seconda  Relazione  sui  lavori  in- 
trapresi per  il  Regesto  Diplomatico  Visconteo,  ecc.,  in  q^ìe'&t'Arch.  a.  XXVII, 
1900,  pp.  494-495. 

[7)  A  proposito  di  Poncinus  de  Ponzonibus  ricordato  in  questa 
Serie  come  podestà  e  quindi  vicario  di  Padova  nel  secondo  semestre 
del  1814  (C  D.  C,  II,  228;  cfr.  Robolotti,  op.  cit.^  p.  287),  va  aggiunto 
che,  intorno  al  i335,  egli  era  stato  eletto  podestà  di  Firenze,  secondo 
apprendiamo  da  una  lettera  d'  Azzone  Visconti  ai  Fiorentini,  con  la 
quale  il  Signore  di  Milano  si  scusa  di  non  poter  accondiscendere  al 
desiderio  che  avevano  del  Ponzoni,  cum  multis  et  maximis  negotiis  pe- 
ragendis  ad  presens  indigeamur  sua  persona.  La  lettera  si  trova,  in  co- 
pia, nel  R.  Arch.  di  Stato  in  Firenze,  Capitoli  del  Comune,  voi.  XLII, 
fol.  66  a.  Cfr.  la  Seconda  Relazione  cit.  in  quest'^rr/?.^  a.  cit.,  p.  492. 

(2)  Tomo  XVII,  parte  li,  anno  1879. 


BIBLIOGRAFIA  l'j'Ò 


cronologia,  la  mancanza  gravissima  d'un  indice  delle  persone  e  dei 
luoghi,  la  promiscuità  nelF  uso  del  latino  e  dell'  italiano  nella  forma- 
zione dei  regesti,  la  negligenza  dei  transunti  e  le  non  poche  omis- 
sioni di  documenti  importantissimi;  metteva  giustamente  in  rilievo 
parecchi  svarioni  nei  quali  il  Robolotti,  per  insipienza  o  per  trascu- 
ratezza, era  incorso. 

Il  Robolotti,  ad  esempio,  datava  da  Moediciae  quel  diploma  del 
26  decembre  918,  già  pubblicato  dal  Codex  Diplomaticus  Langobar- 
diae  (1),  col  quale  l'imperatore  Berengario  dona  al  vescovo  di  Cremona 
cinque  iugeri  di  pertinenza  della  regia  corte  di  Sexpilas  {2).  Il  Novati, 
rileggendo  il  documento,  trovò  che  diceva  Modicie  e  non  Moediciae, 
ma  r  errore  del  Robolotti  ricorre  tal  quale  nel  Codice  dell'  Astegiano, 
che  pur  si  diede  la  pena  di  ricorrere  ancor  lui  al  testo  della  carta 
per  ampliare  e  chiarire  il  regesto  mutilo  ed  oscuro  del  Repertorio  (3). 
Ma  e'  è  ben  altro.  A  proposito  d'  una  certa  donazione  di  fondi  fatta 
il  i5  agosto  1019  a  Landolfo  vescovo  cremonese,  il  Novati  osservava 
al  Robolotti  che  nessuno  mai  avrebbe  accettato,  come  di  buona  lega, 
queir  Imonides  che,  insieme  con  Rozo  Archipresbiier  ed  Albertus,  vo- 
leva essere  il  nome  del  primo  fra  i  tre  fratelli  donatori  (4)  ;  e  giusta- 
mente rettificava  la  peregrina  invenzione  del  moderno  copista,  accolta 
ad  occhi  chiusi  nel  Repertorio,  producendo  quelle  parole  del  docu- 
mento che  dicono  invece,  subito  dopo  le  note  cronologiche  e  la  defi- 
nizione del  luogo,  Nos  imo  avderivs  et  Rozo  Archìpresbiter  et  Alber- 
tus etc.  Ma,  pur  troppo,  il  nesso  di  imo  con  l'abbreviazione  di  Auderiiis, 
che  ancor  io  riscontrai  nell'  esemplare  del  documento  conservato 
presso  la  Biblioteca  Governativa  di  Cremona  (5),  e  forse  più  la  scia- 
gurata interpretazione  del  Robolotti,  trasse  l' Astegiano  a  ripetere  il 
medesimo  errore.  Immonidem  leggiamo  nel  suo  regesto  e  ancora /wo- 
ìnides  e  più  innanzi  Immonidcs  nel  testo  della  pergamena  eh  'egli 
pubblica  per  intero  !  (6). 


(i)  Codex  Dipi.  Lang.,  pag.  828. 

(2)  Repertorio  qìX.,  pag.  4,  num.  27. 

(3)  C.  D.  C„  \,  3o,  num.  7. 

(4)  Repertorio  oW..,  pag,  19,  num.  148. 

(5)  Pergamene  Robolotti  appartenenti  già  alla  collezione  Robolotti 
del  museo  Ala-Ponzone  sotto  il  num.  i362.  ; 

(6)  C.  D.  C,  \,  56,  num.  3o.  Qui  può  cadere  acconcia  un' altra  os- 
servazione. L' Astegiano  avverte  (I,  23)  che  i  docc.  che,  nel  suo  Codice, 


'74 


BIBLIOGRAFIA 


Il  Robolotti;  inoltre,  poneva  erroneamente  la  data  XI  Kal.  Aprilis 
1020  ad  un  istrumento  di  vendita  fra  il  prete  Giovanni  e  Landoll'o 
vescovo  (i),  che  il  Nevati  restituiva  invece  all'undici  di  aprile,  poiché 
la  carta  dice  appunto  undecima  die  mense  Aprilis  e  non  già  XI  Kal. 
Aprilis.  Or  bene,  l' Astegiano,  che  ha  certamente  confrontato  il  rege- 
sto del  Robolotti  con  l'originale  del  documento,  poiché  ne  ha  tratto 
i  nomi  dei  Lstes  ed  ha  corretto  l'indicazione  della  località,  che  è  non 
longe  a  Porta  quae  dicìtur  Natalis  invece  di  prope  portam  Natali,  come 
vorrebbe  il  Repertorio,  se  pure  è  correzione  il  sostituire,  come  l'Aste- 
giaro  fa,  non  multum  longe  a  porta  QVI  dicitur  Natali  (2);  non  si  è  per 
nulla  accorto  della  errata  designazione  cronologica  del  Robolotti,  e 
di  conseguenza  l' istrumento  è  posto  anche  nel  Codice  sotto  la  data 
del  22  marzo. 

E  che  la  lettura  delle  varie  carte  non  abbia  sempre  recato  all' A-, 
stegiano  quei  vantaggi  sull'opera  del  Robolotti  che  era  presumibile 
aspettarsi,  è  facile  arguire  anche  dal  regesto  del  documento  17  gen- 
naio io33  (3),  che  l' autore  del  Repertorio  scambiava  per  una  semplice 
donazione  (4),  ed  è  invece  formale  contratto  di  permuta  fra  Leone 
canonico  ed  Ubaldo  vescovo,  il  primo  dei  quali  dà  tre  pezze  di  terra 
duo  in  loco  et  fundo  Vixianelli,  lercia  pecia  in  loco  ubi  dicitur  Dovaria, 
ed  il  secondo  altre  tre  a  sua  volta,  due  delle  quali  alla  Cava  ed  al  Sab- 
bione e  la  terza  fuori  di  città  non  lungi  dalla  Porta  Natale.  L'  autore 
del  Codice  trova  modo,  infatti,  di  presentarci  questa  bella  curiosità  di 
nomi  :  Leo  presbyter  ecc.  donai  Hubaldo  episcopo  Cremonensi  atque  reci- 
pit  in  emphyteusin  ecc.  ires  pecias  terrae  in  cuxina  ebli,  in  lo  varia;  item 
recipit  quatuor  (?)  pecias  terrae,  iuris  episcopii,  in   cona  (prope  Pipiam), 


non  hanno  speciali  indicazioni  d'Archivio  "  sono  quelli  di  proprietà 
"  del  Comune  di  Cremona,  sia  che  si  conservino  nell'Archivio  segreto, 
"  sia  nella  Biblioteca  Governativa,  trasportativi  dal  Museo  Ronzone  „ . 
Così,  ad  esempio,  nel  caso  del  presente  doc,  non  possiamo  sapere 
se  r  apografo  riferito  nel  Codice  appartiene  piuttosto  all'Archivio  se- 
greto o  alla  collezione  della  Governativa  ;  due  depositi  affatto  distinti, 
quantunque  la  proprietà  sia  unica,  cui  necessariamente  dovrebbe  cor- 
rispondere analoga  distinzione  d' indicazioni  perchè  sia  facilitata  e 
resa  pronta  la  ricerca  delle  varie  pergamene  citate.  Un'  altra  incer- 
tezza da  aggiungere  alle  molte  già  rilevate, 
(i)  Repertorio  cit.,  pag.  20,  num.  154. 

(2)  C.  D.  C,  I,  57,  num.  33. 

(3)  C.  È>.  C,  I,  65,  num.  62. 

(4)  Repertorio  cit.,.  pag.  23,  num.  i83. 


BIBLIOGRAFIA  1^0 


in  Sablone,  ecc.  E  nulla,  a  questo  proposito,  è  da  imputarsi  al  cattivo 
esempio  del  Robolotti  che  s'era  accontentato  d'indicare  Cava  Sabh- 
ne,  etc.  senz'altro  denominazioni  di  luoghi. 


Non  mancherebbero,  dunque,  buone  prove  per  aftermare  che 
l'Astegiano  non  attese  sempre  con  quella  cura  che  avrebbe  dovuto 
a  correggere  le  molte  inesattezze  del  Repertorio.  Queste  ripullulano, 
invece,  nel  Codice,  non  scompagnate  da  errori  nuovi  e^  se  non  altro, 
accertano  che  l'Astegiano  non  ebbe  contezza  alcuna  della  recensione 
del  Novati,  a  quella  guisa  che  non  conobbe  pure  un'  altra  pubblica- 
zione, importantissima,  del  chiaro  professore  cremonese,  dalla  quale 
avrebbe  potuto  attingere  non  tanto  la  notizia  di  due  documenti  nuovi, 
quant'  anche  maggior  lume  e  miglior  sicurezza  nella  compilazione  di 
alcuni  fra  i  suoi  regesti. 

La  Miscellanea  Diplomatica  Cremonese,  che  il  Novati  pubblicava 
r  anno  1894  nell'  Archivio  Storico  Italiano,  riporta  l' atto  di  fondazione 
e  di  dotazione  delle  Chiese  di  S.  Lorenzo  e  dei  SS.  Filippo  e  Gia- 
como con  r  annesso  Monastero,  celebrato  il  3i  maggio  del  990  dal 
vescovo  di  Cremona  Olderico  (i).  L'Astegiano,  riferendo  il  transunto 
della  medesima  carta  (2),  s'  accontenta  di  citare  il  Codex  Diplomaticus 
Langobardiae,  ma  non  accenna  al  Muratori,  che  pure  la  pubblicò, 
sebbene  frammentariamente  e  con  molte  inesattezze  (3);  e  tanto  meno 
al  Novati  che  presentò  finalmente  una  copia  fedelissima  all'originale. 
Ed  il  peggio  è  che  nel  regesto  dell'Astegiano  non  sono  per  nulla  di- 
stinte una  fondazione  ed  una  dotazione:  che  di  quest'ultima  soltanto 
vi  è  fatta  parola  ;  e  per  di  più  le  località  designate  nel  documento 
Canedo  et  Altedo  appaiono  una  sola  nel  Codice,  dove  trovi  scritto 
Canedo  Altedo  ;  e  delle  terre  poste  nelle  immediate  vicinanze  di  Cre- 
mona, che  pur  sono  comprese  nella  dotazione,  non  trovi  alcun  cenno. 

La  donazione,  dell'  ottobre  996,  di  Dominicus  f.  q.  Mariae  al  Mo- 
nastero di  S.  Lorenzo  ha  pure  riscontro,  come  già  si  è  avvertito, 
nella  Miscellanea  citata  (4);  ma,  oltre  al  fatto  gravissimo    che   l'Aste- 


(i)  Novati,  op.  cit.,  doc.  L 

(2)  C.  D.  C,  I,  38,  num  5i. 

(3)  Muratori,  Antiq.  Ital.,  t.  II,  ce.  '263  e  sgg. 

(4)  Novati,  op.  cit.,  doc.  IL 


176 


BIBMOGKAKIA 


giano  si  dinientita  di  notare  la  legge  secondo  la  quale  il  donatore 
vivC;  che  è  la  romana,  va  pur  rilevato  come  il  do.umento  venne 
ricavato  dal  manoscritto  dei  Privilegi  Diversi;  ora  presso  la  Biblioteca 
Governativa;  di  quel  grande  spacciatore  di  favole  che  Ju  Giuseppe 
Bresciani,  e  che  ciò  non  ostante  1'  Astcgiano  non  ritenne  necessario 
di  spendere  una  sola  parola  d'  assicurazione  sulla  sua  autenticità.  La 
deplorevole  mancanza  si  ripete  slortunatamente  anche  per  altri  do- 
cumenti tolti  tali  e  quali,  dai  manoscritti  del  Dragoni  ;  che  in  latto 
di  falsificazioni  storiche  è  discendente  del  Bresciani  e  degli  altri  suoi 
peggiori;  senza  nemmanco  un  miserissimo  accenno  di  discussione. 
La  genuinità  loro  è  affermata  per  la  sola  circostanza  che  sono  accolti 
nel  Codice  e  tanto  basta  !  (i). 

Air  Astegiano,  il  Bresciani  doveva  suggerire  piuttosto  un  altro 
documento,  ignorato  anche  dal  Girondelli  e  dal  Robolotti,  del  quale 
il  Novati  ha  giustamente  chiarita,  insieme  con  1'  autenticità,  il  non 
comune  valore  nel  rispetto  storico  e  filologico  (2);  poiché  si  tratta  del 
più  antico  documento  riguardante  il  vescovo  Landolfo  che  il  XII  Kal. 
lumi  del  ioo5  promette  a  Sigifredo  da  Soresina  di  non  contrastargli 
il  possesso  d'una  cappella  dedicata  ai  Santi  Matteo  ed  Andrea  Apo- 
stolo ed  a  S.  Maurizio  in  loco  mimtenaringo.  A  questa  carta  il  Novati 
aggiungeva  la  copia  di  un'altra  del  1007,  comunicatagli  dal  Girondelli 
e  pur  essa  ignota  all'  Astegiano,  con  la  quale  Landolfo  vescovo  assi- 
cura a  Razone  da  Credaria  il  libero  possesso  di  una  pecia....  de  iera 
cum  edifici um  ad  honorem  ecclesie  (3). 

La  sentenza  del  12  ottobre  1148  (4),  proferita  dal  Cardinale  e  Le- 
gato Apostolico  in  Lombardia  Guido  da  Somma  nella  lite  insorta  fra 
Oberto  Vescovo  di  Cremona  e  Gerardo  vescovo  di  Bergamo  a  pro- 
posito della  Chiesa  di  Romano  e  di  Bariano  e  delle  decime  di  Zibido, 
venne  pure  ripubblicata  dal  Novati  (5),  perchè  una  copia  rinvenuta 
neir  Archivio  Vescovile  di  Cremona  lo  metteva  in  grado,  oltre  che 
di  stabilire  importanti  varietà  di  lezione  rispetto  all'  apografo  sicar- 
diano ,   d'  offrire  anche  1'  elenco  delle  firme    mancanti    nel  Codice    di 


(j)  C.  D.  C,  I,  77,  numm.  125-126;  pag.  118,  num.  i53.  Cfr.  Cipolla, 
op,  cit.,  pag.  146. 

(2)  Novati,  op.  cit,  doc.  Ili,  i. 

(3)  Novati,  op.  cit.,  doc.  Ili,  2. 

(4)  C.  D.  C,  I,  X17,  num.  144. 

(5)  Novati,  op.  cit,  doe.  IV. 


BIBLIOGRAFIA 


// 


Sicardo  ed  interessantissime  per  il  fatto  "  che,  appartenendo  esse 
''  quasi  tutte  a  preti  della  Cattedrale,  i  nomi  de'  quali  sono  registrati 
"  senza  veruna  indicazione  d'  anno  nel  Necrologio  della  chiesa  cre- 
"  monese,  ci  permettono  di  stabilire  con  assoluta  certezza  il  tempo 
"  in  cui  essi  vissero  (i)  „.  UAstegiano,  che  pure  spogliò  le  carte 
dell'Archivio  Vescovile,  non  si  curò  o  non  s' avvide  del  prezioso 
complemento  e  s'  attenne  unicamente  al  Codice  di  Sicardo  senza  pur 
accennare  alla  seconda  fonte  del  documento. 


Anche  d'  altre  pubblicazioni  storiche  o  diplomatiche  di  soggetto 
cremonese,  uscite  alla  luce;  e  non  sono,  poi,  molte;  nell' ultimo  ven- 
tennio; che  è  quanto  dire  L'Obituario  della  Cattedrale  di  Cremona  del 
N ovati  (2)  e  le  ricerche  del  Sommi-Picenardi  (3)  e  dello  Stanga  (4) 
sulle  loro  famiglie  ;  l' Astegiano  o  non  ebbe  contezza,  o  non  seppe 
trarre  da  esse  tutto  quel  profitto  eh'  era  lecito  aspettarsi. 

Dall'  opera  dello  Stanga  non  occorre,  infatti,  menzione  alcuna, 
neanche  nelle  aggiunte  al  volume  secondo  del  Codice^  sebbene  il  do- 
cumento in  essa  pubblicato  abbia,  fra  quelli  del  secolo  XIII,  un'  im- 
portanza assai  notevole  in  quanto  è  il  più  antico  a  testimoniarci  l'e- 
sistenza d' un  rappresentante  dell'illustre  famiglia  cremonese,  Bono 
Stanga  (5),  e  conferma  indiscutibilmente  la  notizia  data  da  Isidoro 
Bianchi,  sulla  fede  d'  un  atto  che  non  cita,  a  proposito  dei  consules 
iustitiae  di  Cremona  per  1'  anno  1282  (6). 

L'  Obituario  del  Novati  è  citato,  invece  dall' Astegiano  a  proposito 
di  tre  documenti,  anche  quando  siano  desunti  da  tutt' altre  fonti  (7), 


(i)  Novati,  op.  cit.,  pag.  17  dell'  estratto. 

(2)  In  Arch.  St,  Lomb.,  a.  VII,  1880,  pp.  245-sgg.  e  pp.  567-sgg.;  a.  VIII^ 
3881    pp.  246-sgg.  e  pp.  484-sgg. 

(3)  G.  SoMMi-PiCENARDi,  La  Famiglia  Sommi,  memorie  e  documenti 
di  storia  cremonese,  MDCccxcni. 

(4)  I.  Stanga,  La  Famiglia  Stanga  di  Cremona,  cenni  storici.  Milano, 
tip.  Bernardoni  di  C.  Rebeschini  e  C,  mdcccxcv. 

(5)  Stanga,  op.  cit.,  p.  4  in  n.  Il  primo  Stanga  che  appare  nel  Co- 
dice dell'  Astegiano,  I,  33o,  n.  828  (1264,  giugno  27),  è  Ottonellus  quon- 
dam lohannisboni  de  Stanghis. 

(6)  Cfr.  C.  D.  C,  Serie  dei  Rettori  di  Cremona,  II,  i85,  sotto  il  1282. 

(7)  C.  D.  C,  I,  38,  n.  47;  108,  n.  89;  202,  n.  7. 

Arch.  Star.  Lomb.  —  Anno  XXVIF.  —  Fase.  XXVII.  )2 


|y8  hlHl.lUÒKAHA 


ma  vien  dimenticato,  ad  esempio,  per  quell'atto  del  27  gennaio  lotó, 
concernente  il  vescovo  Ubaldo,  che  il  chiaro  professore  cremonese 
ripubblicava  sulla  copia  del  Bresciani,  offrendo  così  un  nuovo  testo 
accanto  a  quello  dello  Hortzchansky  e  Perlbach,  del  Lucchini,  del 
Dragoni  e  del  Girondelli,  che  sono  pur  ricordati  nel  Couice  (i);  e  la 
medesima  omissione  dispiace  maggiormente  riscontrarla  anche  per  la 
lettera  d'  Onorio  III  ai  cremonesi,  del  3  decembre  1216,  che,  contem- 
poraneamente al  Winkelmann,  il  Novati  dava  in  luce,  traendola  dal- 
l'Archivio segreto  e  confrontandola  con  un  esemplare  dell'Archivio 
della  Cattedrale  (2). 

Se,  in  ultimo,  ci  volgiamo  all'  opera  del  Sommi,  veramente  no- 
tevole per  copia  ed  importanza  di  documenti,  nella  maggior  parte 
inediti;  non  sappiamo  comprendere  le  ragioni  per  le  quali  l' Astegiano, 
nel  mentre  ebbe  a  far  riferimento,  per  alcuni  regesti  (3),  alla  prege- 
vole pubblicazione,  per  altri  molti,  invece,  non  si  curò  di  designare 
la  nuova  fonte  (4),  a  quella  stessa  guisa   che,  accolti    nel    Codici    pa- 


(i)  C  D.  C,  1 ,  79,  n.  139.  Cfr.  Novati,  op.  cit.,  a.  VII,  pp.  576-577. 
Anche  per  il  doc.  I,  i52,  n.  36o  sono  citati  1'  Hortzchansky  e  Per- 
lbach, ma  non  il  Novati,  op.  cit.,  a.  Vili,  pp.  488-489. 

(2)  C.  D.  C,  I,  227,  n.  198.  Cfr.  E.  Winkelmann,  Ada  imperli  inedita 
saeculi  XIII  et  XlVy  Innsbruck,  Wagner,  1880-1886,  voi.  I,  p.  475;  e 
Novati,  op.  cit.,  a.  Vili,  p.  492. 

(3)  C.  D.  C,  l,  180,  in  n.;  2o3,  n.  18;  255,  n.  416;  843,  n.  890;  847, 
n.  908;  a  proposito  del  qual  doc,  del  9  gennaio  1270,  rÀsTEGiANO,  1.  e, 
in  n,,  osserva  giustamente  al  Sommi,  op.  cit.,  Documenti,  p.  9,  e  Regesti, 
p.  IV,  che  non  si  tratta  d'  un  precetto  dei  Sapienti  di  Cremona,  ma 
d'una  sentenza  del  giudice  dei  bandezati  del  Comune;  352,  n.  922; 
II,  18,  n.  116;  43,  n.  184. 

(4)  C.  D.  C,  I,  71,  n.  97  (Sommi,  op.  cit.^  doc.  I)  ;  106,  n.  72  (doc.  II); 
128,  n.  2o5  (doc.  Ili);  i5o,  n.  845;  159,  n.  407;  i65,  n.  448;  171,  n.  461; 
175,  n.  465;  176,  n.  474;  178,  n.  479,  n.  482  e  n.  488;  179,  n.  488;  180, 
n.  498;  184,  n.  533;  187,  n.  540;  188,  n.  55i;  208,  n.  i3  (SoìMmi,  op.  cit. 
Regesti,  p.  II);  2o5,  n.  25  ;  282,  n.  246  ;  235,  n.  268  ;  244,  n.  353  ;  245,  n.  356  ; 
256,  n.  426;  257,  n.  487;  261,  n.  461  {Regesti,  p.  Ili);  268,  n.  472  (doc.  IX); 
266,  n.  497;  276,  n.  556  {Regesti,  p.  Ili);  278,  n.  569  (doc.  XI);  299,  n.  685 
(doc.  XII);  336,  n.  862  (doc.  XIII),  dove  il  Sommi,  procuratore  di  Cre- 
mona, non  è,  come  scrive  l' Astegiano,  Bonzaninus,  ma  Bonzacarius, 
ed  occorre  pur  notare  che  il  Sommi  traeva  il  doc.  direttamente  dall' Arch. 
di  Mantova,  facendo  non  piccole  correzioni  al  testo  dato  dal  Tirabo- 
schi,  cui  r  Astegiano  s'accontenta  di  riferirsi;  848,  n.  890;  844,  n.  894; 
365,  n.  974;  867,  n.  989;  870,  n.  1018  {Regesti,  p.  IV);  II,  53,  n.  264 
(doc.  XX). 


BIBLIOGRAFIA  l'jg 


recchi  di  quei  documenti^  un  buon  numero  ne  passò  sotto  ingiustifi- 
cato silenzio. 

Nessun  cenno,  infatti;  pur  omettendo  il  diploma  fredericiano  del 
1175,  tratto  dal  Ficker  (i),  che  forse  interessava  troppo  indirettamente 
il  Codice  cremonese  ;  né  della  donazione  fatta  l'anno  1098  al  vescovo 
di  Cremona  da  Goffredo  di  Rodolfo,  né  dell'  investitura  del  ii53  con- 
cessa da  Oberto  vescovo  alla  Badessa  del  Monastero  dei  Santi  Simone 
e  Giuda,  né  della  donazione,  del  i5  maggio  iiSy,  di  Tebaldo  Arciprete 
al  proprio  Capitolo,  né  d'altre  carte  del  1181,  decembre  19;  ii85;  1188, 
novembre  i;  1191,  agosto  24;  1196  ab  Inc.,  marzo  17  (2);  1202,  luglio  22; 
1204,  decembre  22;  1207,  luglio  (3);  i235  ab  'Inc.,  marzo  i3  (4);  1244, 
decembre  16  (5);  ecc.,  ecc.  E  non  s'è  varcata,  come  si  vede,  la  metà 
del  secolo  XIII,  prima  della  quale  1' Astegiano  intese  d'accogliere  nel 
suo  Codice  tutti  i  documenti,  che  gli  fossero  venuti  fra  mano,  senza 
distinzione  di  sorta  (6). 

Dai  regesti  pubblicati  dal  Sommi,  l' Astegiano  avrebbe  potuto 
trarre  almeno  le  notizie  interessanti  le  due  serie  dei  Rettori  di  Cre- 
mona e  dei  Cremonesi  che  ebbero  onorevoli  uffici  fuori  della  patria, 
ma,  anche  a  questo  riguardo,  la  citazione  occorre  una  sol  volta  a 
proposito  d' Armanno  d'Ugo  Sommi  podestà  di  Parma  nel  i3o3  e  di 
Matteo  Sommi,  suo  giudice  ed  assessore  (7)  ;  e  l' autore  del  Codice^ 
non  ha  posto  mente  che  una  carta  del  19  decembre  1181  poteva  of- 
frirgli i  nomi  dei  consoli  cremonesi  di  quell'anno,  mancanti  alla  Serie  ; 


(i)  FicKEK,  Forschiìngen  ziir  Reichs  und  Rechtsgeschichte  Italiens^ 
Inn.sbruck,  1868-1874;  e  Sommi,  op.  cit.,  doc.  IV. 

(2)  Sommi,  op.  cit..  Regesti,  p.  IL 

(3)  Sommi,  op.  cit..  Regesti,  p.  III. 

(4)  Sommi,  op.  cit.,  doc.  X  e  Regesti,  p.  III. 

(5)  È  r instrumento  col  quale  si  autentica  l'investitura,  feudale 
concessa  dal  vescovo  Si  cardo  ai  consorti  Sommi  il  2  luglio  1202  e 
riportata  anche  nel  C.  D.  C.,!,  2o3,  n.  18. 

(6)  Dei  doc.  posteriori  al  i25o,  segnalati  dal  Sommi,  op.  cit..  Regesti, 
pp.  III-IV,  l'Astegiano  ha  trascurato  quelli  posti  sotto  le  date  1260, 
luglio  i3;  1261,  maggio  6,  27;  1271,  ottobre  27;  1274,  aprile  19;  1276, 
novembre  24;  1287,  giugno  16,  che  riguarda  l'approvazione  dell' istru- 
mento  riportato  anche  nel  C  D.  C,  I,  870,  n.  1018;  1281,  decembre  7; 
1297,  agosto  IO,  che  si  trova  nell'investitura  feudale  del  1413  (Sommi, 
op.  cit.,  docc,  p.  45)  dalla  quale  l'Astegiano,  I,  3ii,  n.  729,  trasse  pure 
un  regesto  del  1260;  i3oo,  marzo  io,   ecc. 

(7)  C  D.  C,  II,  222. 


iJ^O  niHLlOr.KAKIA 


che  una  seconda  del  I233  segnalava  Oberto  Sommi  quale  podestà  di 
Lucca  per  la  seconda  volta,  ed  una  terza,  infine,  del  j328,  Odolfredo 

Soniiiii  -iiic'ice  di  Matteo  Sommi,  podestà  di  Soncino  (i). 


Ma,  per  quanto  concerne  alle  indicazioni  delle  fonti,  le  omissioni 
accennate  non  possono  fare  molta  specie,  quando  si  consideri  la  grande 
imprecisione  e  insufficienza  di  indicazioni  generalmente  usate  a  questo 
riguardo  dall'  Astegiano.  11  quale,  nonché  escludere  ogni  discussione 
sul  valore  delle  fonti  ed'ogni  cenno  esplicativo  dei  loro  caratteri  pa- 
leografici e  diplomatici;  tralascia  troppo  spesso  d'avvertire  se  il  do- 
cumento, oltre  che  nell'  unica  fonte  addotta  nel  Codice,  possa  ritrovarsi 
in  altre  ancora,  siano  esse  d'  archivio  o  bibliografiche. 

A  questo  proposito  il  Cipolla  (2)  rimproverava  all' Astegiano  di 
non  avere  usufruito  delle  ricerche  del  Chroust  sulle  carte  longobarde, 
né  dell'  edizione  moderna  dei  diplomi  ottomani,  né  dell'  edizione 
Ficker-Winkelmann  dei  Regesti  di  Federico  II,  né  delle  Constitutiones 
del  Weiland,  ecc.  Dal  canto  mio  m'  accontenterò  di  notare,  ad  esem- 
pio, come  per  due  documenti  fredericiani  del  ii55  (3) ,  egli  alleghi 
bensì  il  Muratori,  1'  Argelati  e  1'  Odorici,  ma  non  già  la  Descrizione 
di  Cremona  del  Bordigallo,  opera  manoscritta  che  si  trova  presso  la 
Biblioteca  Governativa  cremonese  (4),  la  quale,  ai  fogli  2.5  b  e  2.6  a  reca 
appunto  le  copie  dei  due  diplomi.  Così  pure  il  Bordigallo,  che  non 
é  citato  a  proposito  di  altri  quattro  documenti  (5),  avrebbe  potuto  of- 
frire all'Astegiano  una  nuova  carta  fredericiana,  data  a  Grosseto  nel 
gennaio  del  1176,  con  la  quale  l'Imperatore  conferma  ai  Cremonesi 
le  concessioni  de  castro  Roncharoti  già  fatte  da  suo  figlio  Enrico  re 
di  Sardegna  (6). 


(i)  Sommi,  op.  cit..  Regesti,  pp.  IlI-lV. 

(2)  Cipolla,  op.  cit.,  pag.  145.  Cfr.  Neues  Archiv,  voi.  cit.,   p.  SpS. 

(3)  C.  D.  C,  I,  120-121,  numm.  166-167. 

(4)  Codice  AA,  8,  16,  già  del  Museo  Ala-Ponzone. 

(5)  Sono  precisamente  i  docc.  ii59,  mag.  17  (n.  187);  ii59,  dee.  3o 
(n.  192);  I2i3,  febbr,  i5  (n.  i65);  1329,  giugno  21  (n.  25i),  che  si  riscon 
frano  nel  codice  del  Bordigallo  rispettivamente  ai  fogli  56  a,  56  b, 
2.5  a  Q  2.6  b. 

(6)  Bordigallo,  cod.  cit.,  f.  24  b. 


BIBLIOGRAFIA  lòl 


Altrove  TAstegiano  trascura  l'originale  di  un  documento  per  at- 
tenersi alla  copia  (i)  e  la  conseguenza  è  che  talvolta,  come  succede 
per  r  atto  del  1082  posto  sotto  il  numero  56,  sono  riportate  le  auten- 
ticazioni notarili  dell'apografo  e  non  già  quella  dell'originale,  che  nel 
caso  citato  vuol  essere  aggiunta  nei  termini  seguenti:  Bruno  cancel- 
lariits  ad  vicem  Aribonis  Magontini  Archiepiscopi  et  archicancellarii  re- 
cognovi  (2). 


Ciò  non  ostante  i  regesti  dell' Astegiano  sono  generalmente  mi- 
gliori di  quelli  del  Robolotti.  Se  non  che  le  mende  e  le  inesattezze 
che  si  riscontrano  in  parecchi  di  essi,  oltre  i  già  citati,  inducono  il 
dubbio  che  pure  altri  regesti,  dei  quali  non  ci  è  dato  presentemente 
di  poter  fare  il  confronto  con  gli  originali,  siano  intinti  della  mede- 
sima pece.  Gioverà  pertanto  spigolare  qualche  nuovo  esempio: 

Nel  regesto  1173,  agosto  (n.  3o3)  è  tralasciata  una  quarta  pezza  di 
terra  che  iacet  in  Casale;  nel  929,  settembre  26  (n.  11)  non  si  ricorda 
la  circostanza  che  i  privilegi  confermati  da  Berengario  avevano  a  lor 
volta  già  riconfermato  Rotari  ed  Ariberto  ;  nel  999,  febbraio  (n.  71) 
la  designazione  locale  in  curtibus  Croia,  Aquanigra,  Scxto,  in  lacu  Sexto 
et  Silva  Auzea  mal  risponde  al  testo  che  dice  più  chiaramente  in  cur- 
tibus, ecc.  cum  lacu  Sexto  et  silva  Auzea  inter  Padum  et  Oleum;  e  inoltre 
le  vendite,  di  che  ai  numeri  Sy  e  69  del  secolo  XII,  per  non  dire  di 
altre,  mancano  del  prezzo  col  quale  i  beni  vengono  computati;  quella 
del  1178,  agosto  (n.  3o3)  fa  desiderare  addirittura  il  nome  del  compra- 


(i)  È  il  caso  codesto,  dei  doc.  1045,  settembre  25  (n.  94);  che  l'A- 
stegiano  riferisce  al  Codice  di  Sicardo,  ma  che  il  Cereda  ricopiava 
per  conto  del  Vignati  traondolo  e  capsula  Laudi  et  Cremae;  1074,  giugn  o 
17  (n.  i56);  1082  (n.  56);  e  d'altri  ancora. 

(2)  Sempre  a  proposito  di  questo  doc.  l' Astegiano  allega,  tra  le 
fonti,  lo  Stumpf-Brentano ,  l'Ughelli  ed  il  Sanclemente,  ma  voleva 
essere  aggiunto  anche  lo  Zaccaria,  Cremonensium  Episcoporum  Series  etc. 
Mediolani,  in  Regia  Curia,  mdccxlix;  pag.  95.  Lo  Zaccaria  va  pure  an- 
noverato tra  le  fonti  dei  doc.  1116,  mag.  29  (n.  29);  1066,  ottob.  3o 
(n.  145),  ecc.  Nelle  fonti  del  doc.  759,  sett.  17  (n.  2)  è  trascurato  per- 
sino il  Muratori,  Antiq.  Ital.,  t.  Ili,  e.  555,  che  va  aggiunto  anche 
alle  fonti  dei  documenti  761,  sett.  io  (n.  4),  769  (n.  5)  e  908  (II,  61, 
n.  16);  Muratori,  op.  cit.,  t.  V,  e.  499;  t.  I,  e.  525;  t.  I,  e.  867. 


lg2  BIBLIOGRAFIA 


.SCOVO  Ofìrcdo.  Non.è  poi  amnus^ibilc  che,  nel  regesto 
del  privilegio  concesso  da  Eugenio  III  al  vescovo  Oberto  {1148,  luglio 
7,  nuiii.  142),  le  parole  cremenses  ecclesie  et  clerici,  qui  cremonensis  epi- 
scopatus  ittris  erant  dicano  proprio  tutto  quanto  si  trova  molto  più 
precisato  nel  documento  e  cioè  Cremenses  ecclesiae  qiiae  iiiris  episcopatus 
cremonensis  existunt  et  pars  clericorum  Ecclesiae  Sanctae  Mariae  subjccta 
cidem  episcopo;  e  così  pure  non  appare  dal  testo  della  pergamena  che 
nel  documento  1019,  aprile  3  (n.  27),  Lademasco  subtus  ripa  siano  un 
luogo  solo  e  che  si  debba  per  converso  scindere  in  due  località  diverse 
V  Isola  Pazoni  del  testo,  facendone,  nel  regesto,  un  Iso  e  un  Lapazonil 

Le  inesattezze  sono  però  maggiori  e  ricorrono  più  frequentemente 
nella  segnatura  dei  testes  che  subiscono,  le  poche  volte  che  vengono 
riferiti,  strane  metamorfosi  e  ingiustificati  accorciamenti. 

Un  etc.  alle  volte  fa  supporre  chi  sa  quanti  altri  testimoni.  Si  con- 
fronta il  documento  e  si  vede  che  ne  manca  uno  solo.  È  questo  il 
caso  dei  regesti  1189,  aprile  14  (11.  ii3),  dove  è  da  aggiungere  il  solo 
Muso  Apellinus,  e  1176,  giugno  22  (n.  822).  Per  contrario  Tatto  ii5i, 
marzo  i5  (n.  i53)  aggiunge  ai  nomi  dei  testimoni  et  quam  plures  alii, 
ma  invano  si  ricercherebbe  nel  transunto  dell'Astegiano  codesta  espres- 
sione od  un  eie.  equivalente. 

Nel  1196,  marzo  i  (n.  58o)  i  testimoni  Vicecomes  et  Azo  de  Comuni 
et  Jacobus  Radinus  diventano,  secondo  il  Codice,  niente  di  meno  che 
pares  curiae,  ma  evidentemente  quel  pares  è  cattiva  interpretazione  di 
parte;  nel  1021,  luglio  28  (n,  38)  i  testes  sono  indicati  Ardoinus  comes 
palata,  Petrus,  Petrus....  de  Rivaltella,  ma  nel  documento  si  legge  Ardoinu'^ 
comes  palata,  Petrus  Lamberti,  Petrus  Petri,  An...,  Ambrosii  de  Rivaltella  ; 
nel  io5i,  agósto  (n.  io3)  la  designazione  dei  testimoni  Grenzo  e  Lanzo 
mal  s'acconcia  con  quanto  è  riferito  nell'atto  e  cioè  Signum  tt  ^^^ci- 
nibus  Erenzoni  seu  item  Lanzoni  testes;  nel  1057,  marzo  19  (n.  119),  se 
si  accoglie  la  formula  dell'  Astegiano,  sono  iudices  sacri  palacii  ben 
sette  degli  otto  testes  citati,  mxcntre  il  documento  riconosce  tale  qua- 
lità a  due  soli  fra  essi  e  precisamente  ai  nominati  Laurentius  ed 
Ugo;  nel  1128,  gennaio  24,  sono  riportati  tre  soli  testes,  gli  ultimi  no- 
minati, ma  veramente  sono  otto  e  vanno  aggiunti  i  nomi  di  Girardtis 
Secamilica,  Albricus  Agginus ,  Ugetime  filius  Bellezonus,  Truffo  filius 
Lanfranci,  Raynaldus  Grasulfus  filìus  V alt  eri;  altrove  un  Ubaldus  de 
Moringo  ci  vien  spacciato  per  Ribaldus  de  Moringo  (io65,  novembre , 
n.  i.'ò^);  Johannes  Bonus  diventa.  Joannes  Borius  (1169,  giugno  28,  n.  245); 


BIBLIOGRAFIA  1ò:> 


e  Gropimts  Vicecomes,    Tropinus    Vicecomes   e  Lanfranciis   Ociili  aurei, 
Lanfranciis  Celiamei  (1173,  maggio  20,   n.  296);  e  così  via. 

C'è  tanto  che  basta,  io  credo,  perchè  ci  sia  consigliata  la  massima 
circospezione  nelF  uso  del  nuovo  Codice  Cremonese  il  quale  ha  voluto 
riparare  alle  enormi  deficienze  del  Repertorio  e  s'appalesa,  invece,  non 
immune  dai  medesimi  vizi  e  dai  medesimi  difetti. 

Il  Cipolla  (i)  si  è  compiaciuto  di  segnalare,  ad  esempio,  il  caso 
stranissimo  per  il  quale,  a  proposito  di  un  documento  del  998,  mag- 
gio 8,  n.  45,  l'Astegiano,  adottando  nel  regesto  la  lezione  coram  Wdl- 
tario  indice,  veniva  poi,  in  una  nota  corrispondente,  a  smentire  espli- 
citamente sé  stesso  col  propugnare  l'opinione  dell' Hortzschansky 
e  Perlbach  che  preferiscono  leggere  Waltuus  invece  di  Waltarius. 
Può  fare  degnamente  il  paio  quest'  altra  incongruenza  singolare  che 
si  rileva  a  proposito  delle  Ricerche  sulla  storia  civile  del  comune  di  Cre- 
mona, dove  (2)  r  Astegiano  parla  di  quella  lettera  esortativa  che  A- 
Icssandro  II  scriveva  Cremonensis  eccUsiae  religiosis  clericis  et  fidelibus 
laicis,  allorché  il  popolo,  eccitato  da  quel  Cristoforo  Abate,  che  Bo- 
nizonc  (3)  chiama  Duce  della  Fatarla  Cremonese,  aveva  scacciato  i 
preti  simoniaci  e  concubinari,  offendendo  anche  il  vescovo  Arnolfo, 
indegno  del  suo  ufficio.  L'Autore  sostiene,  contro  l'opinione  del  Wat- 
terich  (4),  il  quale  assegna  la  lettera  al  1066,  che  la  data  va  differita 
di  due  anni  e  cioè  fino  al  1068,  in  quanto  il  documento  accenna  ad 
un  sinodo  tenutosi  appunto  dopo  lo  Pasqua  del  1068,  e  nel  1066  era 
ancora  in  vita  Ubaldo ,  If  antecessore  d' Arnolfo  nel  vescovado  di 
Cremona.  Ma,  se  si  ricorre  al  Codice,  la  lettera  non  si  trova  né  fra 
i  regesti  del  1068,  né  fra  quelli  del  1066,  e  fa  veramente  specie  di  rin- 
tracciarla sotto  il  1067  (5),  che,  del  resto,  é  il  vero  anno  da  assegnarsi, 
poiché,  nella  lettera  pontificia,  il  sinodo  della  Pasqua  del  1068  è  se- 
gnalato come  venturo  (6). 


(i)  Cipolla,  op.  cit.,  pag.  145. 

(2)  C.  D.  C,  li,  277. 

(3)  BoNizoNE,  IJber  ad  amicum,  De  persecutione  ecclesiae,  in  Watte- 
RiCH,  Pontificum  Romanorum  Vitae,  Lipsia,  1862,  voi.  I. 

(4)  Watterich,  op.  cit.,  voi.  I,  pag.  268. 

(5)  C  D.  C,  I,  81,  n.  146. 

(6)  Cfr.  Jaffè,  Regesta  Pontificum  Romanorum,  Lipsiae,  i885,  voi.  I, 
pag.  58i. 


84  BIBLl'JUHAMA 


Le  luciidc  che  abbiamo  rilevato  sono  un  piccolo  saggio  di  quelle 
chC;  con  un  esame  più  particolareggiato,  si  potrebbero  riscontrare  nei 
due  volumi  del  Codice  in  numero  molto  più  rilevante.  Alle  volte  sono 
particolarità  minime,  ma  in  opere  di  questo  genere  la  precisione  e 
tutto;  più  spesso  il  mancato  accenno  d'un  particolare  e  T  incom- 
pleta designazione  dell'argomento  toglie  ai  regesti  quel  carattere  di 
fedeltà  all'originale  che  vuol  essere  cura  precipua  di  chi  attende  a 
siffatti  lavori. 

Restano,  poi,  sempre  le  deficienze  gravissime,  prodotte  dalla  omis- 
sione di  qualche  migliaio  di  documenti. 

Il  Cipolla  (i)  ebbe  su  di  ciò  ad  esprimere  il  dubbio  che  l'Astegiano 
non  abbia  tratto  tutto  quel  vantaggio  che  poteva  dal  codice  dei  Pnz/i/^- 
gia  commimis  Manine  conservsLto  a  Mantova  nell'Archivio  Gonzaga;  ma, 
anche  senza  allontanarsi  dagli  Archivi  cremonesi,  non  possono  man- 
care argomenti  per  confermarci  nel  sospetto,  già  dal  Cipolla  manife- 
stato, che  l'Astegiano  abbia  compiuto  i  suoi  spogli  con  straordinaria 
fretta,  così  da  lasciare  inosservati  documenti  meritevoli,  forse,  di 
essere  pubblicati  anche  integralmente.  L'esame  della  Miscellanea  del 
Novati  ce  ne  ha  già  posto  due  conferme  ;  altre  molte  non  è  difficile 
rintracciare;  ma  non  è  nei  propositi  di  questa  recensione  il  compiere 
tutte  le  lacune  del  Codice  cremonese;  ciò  che  richiederebbe  tempo  e 
fatica  non  lieve  e  cui,  per  avventura,  sarebbe  appena  sufficiente  un 
terzo  volume  da  aggiungersi  ai  due  che  formano  ora  quell'opera. 

Tra  le  carte  del  secolo  XI,  sotto  l'anno  1084,  trovo,  ad  esempio, 
il  contratto  firmato  tra  i  fratelli  Adelbertns,  pergomatis  ecclesie  levita,  et 
Oddo  fila  Rotepoldi  de  Galiano  ed  il  vescovo  cremonese  Ubaldo  (2),  ma 
non  la  permuta  seguita  il  XIII  Kal.  febrnarii  a  Fornovo  dalla  quale 
"  constat  Hubaldum  episcopum  dedisse  comutacionis  nomine  cuidam 
"  Ardingo  de  Cassano  duas  pecias  de  terra,  unam  in  loco  qui  dicitur 
"  Barbato,  cui  a  mone  coerit  Anselmus  qui  dicitur  de  Badagio  sancte 
"  cremonensis   ecclesie   de  ordine   canonicus,   alteram  in   loco  Calzo 


(i)  Op.  cit.,  pag.  134. 

(2)  C.  D.  C,  I,  65,  num.  63. 


BIBLIOGRAFIA  l85 


"  ubi  dicitur  ad  Gerani,  cui  a  monte  coerit  Girardus  qui  dicitur  Siccus 
"  Burgundus  sancte  cremonensis  ecclesie  item  de  ordine  canonicus  : 
"  et  ad  viceni  recepisse  ab  eodem  Ardingo  sex  pecias  de  terra  scilicet 
"  tres  in  loco  Mozanica,  duas  in  Foro  Novo,  sextain  in  loco  qui  no- 
"  minatur  Verdello,  cui  sexte  a  meridie  coerit  eidem  Anselmi  de 
"  Badagio  „  (i). 

E  così  pure  non  vedo  il  rogito  del  notaio  cremonese  Amizone,  del 
14  febbraio  1004,  per  il  quale  Uberto  figlio  d'altro  Uberto  di  Pavia, 
conte,  fa  promessa  al  Vescovo  di  Cremona  già  nominato,  ed  insieme 
a'  suoi  successori  e  m'issi^  di  tenere  sempre  a  loro  disposizione,  per- 
chè possano  prendervi  ospizio,  una  casa  in  Pavia  di  ragione  del  Ve- 
scovado cremonese,  e  posta  presso  il  Monastero  di  San  Felice,  sopra 
una  pezza  di  terra  su  cui  è  pure  dedicata  la  chiesa  di  S.  Giovanni  (2). 

Se  si  passa  al  secolo  seguente,  le  omissioni  non  mancano  pure  di 
palesarsi  e  per  documenti  che,  a  dire  il  vero,  fa  meraviglia  di  veder 
completamente  trascurati.  Basterà  accennare  V  investitura  di  una  pezza 
di  terra,  situata  presso  la  Cava,  fatta  da  Pietro  arciprete  della  chiesa 
maggiore  di  Cremona  in  Agostino  parroco  di  Santa  Maria  Maddalena 
e  della  Cava  del  Morbasco,  il  22  agosto  del  iii3;  l'investitura  di  due 
pezze  di  terra,  situate  nelle  vicinanze  di  Ardole,  fatta  da  Imerio  di  Ber- 
nardo in  prete  Alberto  canonico  della  chiesa  di  Cremona,  il  3  maggio 
del  1182;  una  terza  investitura,  del  29  luglio  1188,  di  Maestro  Girard o 
Ripari  canonico  e  massaro  della  Chiesa  Maggiore  di  Cremona  in  Gio- 
vanni Bono  Magnavacca  per  una  pezza  di  terra  situata  in  Tebarengo 
e  della  misura  di  tre  pertiche  e  mezza;  il  giuramento  prestato  da  quei 
di  Pavia,  il  28  luglio  1190,  di  osservare  i  patti  amichevoli  celebrati 
coi  Cremonesi  e  coi  Bergamaschi;  il  giuramento  dato  il  7  dicembre  1191 
da  Bonifacio  marchese  del  Monferrato  e  dal  figlio  di  lui  Guglielmo  che 
essi  avrebbero  sempre  protetto,  nei  confini  del  loro  territorio,  le  cose 
e  le  persone  di  Cremona,  di  Pavia,  di  Bergamo,  di  Como  e  di  Lodi  ; 


(i)  Della  carta,  che  non  ho  visto  altrimenti  pubblicata,  il  Cereda 
mandò  copia  al  Finazzi,  ed  ora  si  conserva  presso  la  Biblioteca  Co- 
munale di  Bergamo. 

(2)  Questo  doc.  fu  pubblicato  dal  Muratori,  Antiquitates  Medii  Aevi, 
t.  II,  pag.  421-segg.  Non  accenna  ad  esso  neppure  il  Robolotti,  nel 
suo  Repertorio,  sebbene  la  pergamena  si  trovi  ora  fra  le  altre  molte  che 
sotto  il  suo  nome  si  conservano  presso  la  Biblioteca  Governativa  di 
Cremona. 


l'.II!I.I()C.UAl-IA 


l'Ilo  atto,  codesto,  della  concordia  di  cinquant'anni  firmata  tra  le 
parti  suddette  in  favore  dell'Impero  ed  in  odio  a  Milano  (i);  l' istru- 
mento  rogato  il  14  novembre  1192  in  canonica  Ecclesiae  Maioris  Cre- 
tnonae  per  istanza  di  qucdarn  Aloica  quondam  Vcnerii  e  del  figlio  suo 
Giovanni  che  fanno  completa  remissione  all'arciprete  Pietro  ed  alla 
Canonica  di  quanto  è  dovuto  da  questi  al  defunto  Venerio  ;  un  privi- 
legio concesso  da  Enrico  VI  imperatore  a  Guizardo  conte  di  Crema  e 
ad  Alberto  Strusio  giudici  e  procuratori  del  Comune  di  Cremona,  in 
data  VI idus  iiinii  iiqS;  l'investitura,  del  27  marzo  1196,  che  Casiela  tixor 
quondam  Ade  de  Bono  de  Casalcbutano  hitrix  filium  Oldofrcdi  tt  Ymol- 
dinc  et  Joannes  de  Bono  frater  Ade  facevano  nella  persona  dell'Arci- 
prete Pietro  nomine  canonice  ecclesie  maioris  di  Cremona,  di  una  pezza 
di  terra  ad  Casalchuianmn  in  loco  ubi  dicitur  Cicognolum;  l'investitura 
d' un'altra  pezza  di  terra  situata  presso  Cremona  al  luogo  detto  Sab- 
bione, fatta  da  Arnaldo  e  Rolando,  canonici  della  chiesa  cremonese, 
in  Giovanni  di  Obizone  ed  Alberga  sua  moglie,  il  XIII  Kal.  Martii  1197; 
la  vendita,  seguita  il  9  decembre  dello  stesso  anno,  per  parte  di  Osberto 
da  Casalbuttano  a  Pietro  arciprete  della  canonica  di  S.  Maria,  di  una 
pezza  di  terra  posta  in  Casalbuttano  e  della  misura  di  pertiche  tre  e 
mezza,  ecc.,  ecc. 

Le  lacune  aumentano  naturalmente  per  il  secolo  XIII,  dove  più 
che  per  gli  altri,  i  documenti  si  presentavano  numerosi. 

Mancano,  fra  l'altro,  gli  accordi  presi  dai  Cremonesi  e  dai  Parmi- 
giani, il  3i  luglio  1202,  neir  occasione  delle  discordie  che  tenevan  divisi 
i  Modenesi  da  quei  di  Reggio;  mancano  il  giuramento  prestato,  il  1208, 
nei  giorni  8,  9,  io  e  i3  del  giugno,  dai  Modenesi  per  promettere  che 
avrebbero  osservato  i  patti  della  concordia  stabilite  con  Cremona  (2); 
l'altro  giuramento,  in  data  8  luglio  del  medesimo  anno,  col  quale  i 
cittadini  di  Reggio  si  dichiarano  pronti  ad  ottemperare  a  quanto  sopra 
le  loro  discordie  con  Modena  saranno  per  decidere  i  Podestà  di  Cremona 
e  di  Parma;  la  richiesta,  fatta  il  22  agosto  1212,  perchè  il  Comune  di 
Parma  voglia  aiutare  quello  di  Cremona  contro  Pizzighettone;  la  re- 
lazione pronunciata  per  dominum  Albertum  Strusium  Imperialis  Curiae 
ludicem  nella  pubblica  adunanza  cremonese  del  2  maggio  I2i3,  a  pro- 


(i)  C.  D.  C,  I,  180,  num.  498. 

(2)  L'Astegiano  riporta  invece  quello  dei  Veronesi.  V.  C.  D.  C,  I, 
212,  num.  78. 


BIBLIOGRAFIA  1 87 


posito  della  guerra  coi  Milanesi;  il  giuramento,  in  data  2  decembre  1218 
del  podestà  di  Milano  servandi  tnandata  nomine  civitatis  Mediolani  per 
ciò  che  riguarda  le  guerre  e  le  questioni  vigenti  fra  Milano,  Piacenza 
ed  i  fautori  da  una  parte  e  Cremona,  Parma  e  gli  aderenti  dall'altra; 
la  presentazione,  seguita  il  X/FiTa/.^/'r/Z/s  del  1221  delle  lettere  papali 
con  le  quali  Onorio  III  ingiunge  al  Comune  di  Cremona  di  mandargli 
suoi  procuratori  entro  la  domenica  qua  cantatur :  Ego  swn  pastor  bonus 
per  definire  la  lite  con  l'Abate  di  S.  Sisto  in  Piacenza;  la  vicendevole 
promessa  dei  Piacentini  e  dei  Cremonesi  di  non  oflfendersl  (1222,  feb- 
braio II)  e  molti  altri  documenti  relativi  a  questa  pace;  la  procura 
del  Podestà  di  Cremona  ad  appellarsi  presso  la  Santa  Sede  contro 
ogni  gravezza  che  avessero  voluto  imporre  a  Cremona  il  Vescovo  ed 
i  Consoli  piacentini  (1222,  aprile  8)  ;  la  scomunica  fulminata  da  Onorio  III 
contro  i  Veneziani,  il  18  maggio  del  1226,  poiché  essi  persistevano 
nel  commerciare  coi  Cremonesi  colpiti  da  interdetto;  un  documento 
del  2  settembre  1271  relativo  alla  questione  vertente  dinanzi  agli  ar- 
bitri del  Comune  di  Cremona  e  di  Parma  tra  Cremona  da  una  parte 
e  Passarino  de  Equis  parmense  dall'  altra ,  a  cagione  d'  un  furto  che 

il  secondo  aveva  subito  (i); ma  ulteriori  aggiunte  riuscirebbero 

forse  fastidiose. 

Del  rimanente,  e  gli  esempì  addotti  e^  più  che  altro  la  pratica  del 
Codice  persuadono  tosto  che  notevoli  lacune  non  mancano  nell'opera 
dell' Astegia no,  al  quale  va  pure  domandato  se  ai  documenti  del  se- 
colo IX,  tutti  quanti  editi  o  dal  Codex  Diplomaticus  Langobar diae  o 
dal  Pertz,  ed  a  quelli  del  secolo  X,  egli  non  abbia  trovato  da  poter 
aggiungerne  due  altri  di  notevole  importanza  almeno  per  il  tempo  cui 
appartengono. 

Si  vuole,  cioè,  acccfnnare  innanzi  tutto  all'atto  del  febbraio  87Ò, 
col  quale  diciotto  vescovi,  riuniti  in  Pavia  con  a  capo  l'Arcivescovo 
di  Milano  Ansperto,  ed  i  Conti  e  gli  ottimati  del  Regno  rispondevano 
alle  sollecitazioni  del  pontefice  Giovanni  VIII  (2)  col  riconoscere  la 
a\itorità  dell'imperatore  Carlo  il  Calvo  (3);    ed  in  secondo  luogo  alla 


(j)  L' Astegiano  [CD.  C,  I,  353,  num.  929  e  pag.  864,  num.  971), 
riporta  due  altri  doc.  relativi  a  codesta  vertenza. 

(2)  Le  esortazioni  di  Giovanni  Vili  si  possono  vedere  in  Jaffè^ 
op.  cit.,  voi.  I,  pag.  203,  che  le  trasse  dal  Mansi,  Conciliorum  amplissima 
collectio,  Florentiac,  1759,  voi.  XVII,  pagg.  233  e  235. 

(3)  La  carta  fu  pubblicata  dal  Muratori,  Rerum  Italie.  Scriptores, 


l88  biULlOCiUAi  lA 


conferma  fatta  in  giudizio,  il  5  settembre  del  991,  da  Gualtero,  giudice 
e  messo  d'Ottone  ITI,  d'una  carta  di  donazione  di  terre  in  Maleo  e 
nei  dintorni  presentata  dai  coniugi  Rotgero  ed  Ermcngarda  (i). 


A  voler  l'orniulare,  dopo  quanto  si  è  detto,  un  giudizio  comples- 
sivo sull'opera  dell' Astegiano,  ci  pare  di  dover  concludere  che  il 
Codice  Cremonese,  se  da  una  parto;  e  precisamente  per  ciò  che  riguarda 
la  copia  delle  fonti  usufruite  e  la  distribuzione  generale  del  lavoro; 
merita  elogi  non  scarsi,  offre,  dall'  altra,  troppo  largo  appiglio  alla 
critica,  nel  rispetto,  anzitutto,  dei  molti  documenti  omessi  e,  in  misura 
non  minore,  per  quanto  concerne  alla  pertinace  trascuratezza  nella 
compilazione  dei  regesti  e  all'assenza  quasi  completa  d'ogni  cenno 
illustrativo  delle  fonti. 

Anche  dell'indice  alfabetico,  aggiunto  ai  due  volumi,  si  potrebbe 
osservare  che  non  tutta  la  materia  del  Codice  è  in  esso  egualmente 
distribuita,  giacché  molti  nomi,  di  luoghi  e  di  persone,  o  mancano  del 
tutto,  o  sono  accennati  troppo  oscuramente,  o  difettano  di  qualche 
riferimento;  ma  ormai  sat  prata  biberunt,  ed  in  questo  caso  è  impos- 
sibile che  la  recensione  sia  anche  T  errata  corrige  completa  della  pub- 
blicazione. 

Nell'attesa,  intanfo,  o  d'  un  opportuno  ritorno  dell' Astegiano  sul- 
r  opera  sua  o    d'  una  nuova  pubblicazione  che    s'  attenga  meglio  alle 


voi.  II,  parte  II,  col.  i5o.  Cfr.  del  medesimo  A.  gli  Annali  sotto  l'anno 
876,  e  inoltre  Robolini,  Notizie  appartenenti  alla  storia  della  sua  patria, 
Pavia,  Fusi  e  Comp.,  i823-i838,  volumi  8;  voi.  II,  pag.  35.  Il  Sancle- 
MENTE,  Series  critico-chronologica  episcoporum  cremonensium,  Cremonae, 
apud  Josephum  Feraboli ,  mdcccxiv,  fa  un'  eccezione  alla  regola  non 
riportando  dal  Muratori  codesto  doc.  a  proposito  del  vescovo  Bene- 
detto che  è  nominato  a  pag.  28.  Similmente  si  comporta  lo  Zaccaria, 
op.  cit.,  pag.  65,  ed  è  da  argomentare  che  il  silenzio  degli  scrittof'i 
cremonesi  abbia  causato  l'omissione  dell' Astegiano. 

(i)  Questo  documento,  su  di  una  copia  fornitagli  dal  Cereda,  pub- 
blicava primamente  il  Vignati,  op.  cit.,  voi.  II,  pag.  33.  Un'altra  carta' 
cremonese,  edita  dal  Vignati,  op.  cit.,  voi.  II,  p.  65  e  trascurata  dal- 
l'Astegiano  è  la  sentenza  dell' 11  giugno  io52  data  in  Piacenza  a  favore 
di  Adeleida,  badessa  del  Monastero  piacentino  dei  Santi  Sisto  e  Fa- 
biano, la  quale  si  rivendicava  la  proprietà  della  corte  di  Larderà  ciim 
castro  noviter  inchoatum. 


BIBLIOGRAFIA  i8q 


norme  scientifiche  che  a  codesti  lavori  sono  proposte,  faciliterà  di  non 
poco,  a  quanti  ne  avessero  bisogno  o  desiderio,  l' esame  e  lo  spoglio 
del  massimo  fra  i  depositi  archivistici  cremonesi;  che  è  quanto  dire 
l'Archivio  Segreto;  l'attuazione  del  tanto  invocato  provvedimento  che 
tolga  per  sempre  all'  acrea  "  muda  „  della  Cattedrale,  confinata  là,  sotto 
i  tetti  e  illuminata  da  un  "  breve  pertugio  „  costantemente  aperto  ad 
ogni  imperversare  d'intemperie;  i  diplomi  ed  i  registri  che,  per  leg- 
gittimo  timore,  un  tempo,  edora  per  ingiustificata  gelosia,  vi  sono  da 
secoli  costretti 

L'esame  di  quelF  Archivio  è,  nelle  attuali  condizioni,  un'impresa 
da  spaventare,  direi  quasi,  il  ricercatore  più  assuefatto  ad  ogni  sor- 
presa. Nei  locali  del  Comune  si  ha  un  Repertorio  con  la  scorta  del 
quale  occorre  primamente  designare  le  pergamene  od  i  registri  che 
si  desiderano,  ad  un  impiegato,  che  mette  quindi  a  dura  prova  i  suoi 
sentimenti  di  cortesia  e  la  forza  de'  suoi  garretti,  ahimè!  non  più 
giovanili,  col  scendere  le  scale  giù  fino  in  piazza  ed,  attraversata  questa, 
percorrere  anche  le  navate  della  Cattedrale;  poscia,  giunto  ad  una 
porticina  tutta  ferrata  che  stride  sotto  il  morso  delle  doppie  chiavi, 
arrampicarsi  per  un  buon  tratto  su  di  una  scaletta  tortuosa  ed  oscura 
costruita  nello  spessore  d'una  delle  facciate  del  Duomo!. 

Compiuto  anche  il  ritorno  del  tenebroso  e  fantastico  viaggio,  che 
richiede  sempre  una  buona  mezz'ora,  T  impiegato  potrà  recarvi©  non 
recarvi  le  pergamene  che  cercate,  ma  non  vi  basterà  certamente  l' a- 
nimo  di  rimandarlo  fin  lassù  una  seconda  volta.  Ond'è  ch'io  penso 
con  un  certo  terrore  all'infinite  volte  che  l'Astegiano,  per  condurre 
a  termine  il  suo  lavoro  con  materiali  di  pertinenza  quasi  esclusiva 
dell'  Archivio  Segreto,  avrà  dovuto  necessariamente  far  ripetere  la 
poco  lieta  e  punto  facile  peregrinazione;  e,  d'altro  canto,  non  so  ren- 
dermi ragione  della  proposta,  anzi  della  viva  raccomandazione  eh'  egli 
crede  opportuno  di  fare,  nella  prefazion  sua  (i),  ai  reggitori  odierni 
del  Comune  di  Cremona,  affinchè,  nel  sognato  timore  di  trafugamenti 
e  di  dispersioni,  l'Archivio  sia  mantenuto  sotto  il  tetto  della  Cattedrale 

Tutti  i  pericoli  per  i  preziosi  cimeli  si  potrebbero,  infatti,  piena- 
mente scongiurare,  procacciando  nel  medesimo  tempo  comodità  e  van- 
taggi infiniti  agli  studiosi,  quando  fosse  data  làcoltà  alla  Biblioteca 
Governativa,  che  può  mettere  a  disposizione  opportuni  locali,   d'ag- 


(i)  C.  D.  C,  Prefaz,,  I,  8. 


QO  BIBLIOGRAFIA 


giungere  ai  depositi  minori  già  affidati  ad  essa  dalla  fiducia  cittadina 
quello  sovra  ogni  altro  cospicuo  dell'Archivio  Segreto.  Quali  le  ra- 
gioni in  contrario  ? 


Giuseppe  Riva. 


Manfredi  Silio.  —  U  insurrezione  e  il  sacco  di  Pavia  nel  maggio  i^cfO. 
Monografia  storica  documentata.  Pavia,  Giuseppe  Trattini.  1900, 
pp.  x-220,  in  8. 

Tutta  l'opera  è  divisa  in  cinque  capitoli:  Le  fonti,  Pavia  sotto  la 
dominazione  austriaca  e  l'arrivo  delle  truppe  francesi,  L'insurrezione, 
Il  sacco,  I  processi. 

L'autore,  dovendo  raccontare  un  episodio  di  storia  pavese  già 
narrato  da  molti,  ma  non  esposto  nella  sua  interezza  e  non  messo 
nella  sua  vera  luce,  sente  il  bisogno  di  riprendere  il  lavoro  da  capo 
e  di  esaminare  particolarmente  le  varie  fonti,  studiandone  1'  impor- 
tanza. È  questo  l'argomento  del  primo  capitolo,  che  non  esito  a  dirlo 
uno  dei  più  belli  di  tutto  il  lavoro. 

Con  ordine,  con  chiarezza  e  con  fine  critica  studia  ad  una  ad  una 
le  cronache  contemporanee,  rileva-  di  alcune  le  parti  comuni,  stabili- 
sce la  priorità  di  altre,  la  poca  importanza  di  altre  ancora,  mette  in 
luce  il  carattere  dei  cronisti  e  la  attendibilità  loro  per  riguardo  al- 
l' indole,  alla  cultura  e  alla  loro  contemporaneità  agli  avvenimenti.  È 
un  capitolo  fine,  veramente  necessario  per  giustificare  la  narrazione  e 
per  dare  ad  essa  il  valore  di  opera  definitiva. 

Il  diario  che  ha  il  diritto  di  precedenza  è  quello  di  Vincenzo  Rosa, 
custode  del  Museo  dell'Università.  Il  M.  ne  fa  la  storia  e  ne  rileva  i 
difetti,  enumera  le  buone  qualità  e  la  scrupolosa  esattezza  del  cronista 
neir  indicare  la  provenienza  delle  notizie.  Secondo  per  importanza  e 
per  derivazione  viene  il  diario  manoscritto  di  Luigi  Fenini.  Su  questo 
manoscritto  1'  autore  esercita  tutto  1'  acume  della  sua  critica,  e  dimo- 
stra che  il  diario  risulta  di  una  parte  originale  e  di  una  parte  tolta 
dal  Rosa;  ne  mette  in  chiaro  la  molta  ma  non  eccessiva  importanza 
(come  altri  prima  ha  creduto),  giovandosi  anche  di  altri  manoscritti  da 
lui  scoperti  che,  con  l'esame  calligrafico,  dimostra  dello  stesso  Fenini. 
Viene  terzo  un  diario  anonimo,  probabilissimamente  opera  del  nobile 


BIBLIOGRAFIA  IQI 


marchese  Gaspare  Belcredi,  come  provano  i  numerosi  argomenti  ad- 
dotti dal  Manfredi.  È  documento  utile  per  le  molte  notizie  che  dà  e 
per  la  cultura  e  la  parte  cospicua  avuta  dall'autore  nella  città  e  nella 
vita  pubblica;  ma  ha  tutto  un'intonazione  partigiana.  Il  quarto  ma- 
noscritto, "Il  tumulto  di  Pavia  contro  ai  Francesi  nell'anno  1796,, 
di  Pietro  Carpanelli  non  è  originale  :  deriva  dal  Fenini ,  dal  Rosa  e 
da  altri /pur  avendo  anche  alcun  che  di  nuovo  e  di  particolare;  es- 
sendo poi  l'autore  uomo  di  parte,  non  si  può  tenere  in  grande  consi- 
derazione. I  manoscritti  Favalli  giovano  solo  per  le  abbondanti  notizie 
militari  e  religiose.  Sesta  ed  ultima  fonte  sono  le  note  manoscritte  di 
Siro  Comi  nella  raccolta  "  Ticinensia  „  che,  come  dice  il  Manfredi, 
"costituiscono  da  sé  sole  un'ampia  e  sicura  esposizione  di  fatti,,...; 
"  non  solo  riempiono  le  lacune  del  Rosa,  ma  costituiscono  per  noi  una 
"  fonte  importantissima.  Qui  siamo  davanti  non  ad  un  cronista  rozzo  e 
"  incolto,  come  nel  caso  del  Fenini  e  del  Favalli,  ma  ad  uno  storico 
"  vero  e  proprio  „.  L'A.  poi  si  serve  di  molti  altri  documenti  dell'Ar- 
chivio Civico  di  Pavia,  di  manoscritti  scoperti  nelle  vicinanze  di  Pavia 
e  dei  libri  a  stampa  di  Carlo  Magenta  e  di  Giovanni  Vidari,  dei  quali 
autoti,  anzi  reca  un  giudizio  severo.  A  questo  proposito  sarebbe  stato 
forse  desiderabile  che  il  M.  avesse  temperato  un  po'  la  forma,  perchè 
più  d'  un  lettore  potrebbe  giudicare  irriverenti  le  parole  che  sono  ado- 
perate a  loro  riguardo.  Io  però,  che  per  esperienza  conosco  specialmente 
il  primo  libro,  se  posso  ammettere  che  qualche  frase  abbia  un  colorito 
un  po'  troppo  forte,  non  credo  che  l'autore  abbia  mancato  di  riverenza; 
e  mentre  da  una  parte  desidererei  meno  rude  la  espressione,  dall'altra 
ammiro  la  franchezza  e  il  coraggio  di  mettere  avanti  un  giudizio  vero, 
esatto  e  sicuro  intorno  a  libri,  che  se  hanno  grandissimi  pregi  (nessun 
li  nega)  hanno  però  anche  tali  e  così  gravi  difetti  che,  per  la  verità 
e  l'onestà  storica,  se  ne  deve  avvertire  il  lettore. 

Il  secondo  capitolo,  che  è  preparazione  alla  vera  trattazione  della 
materia,  espone  le  condizioni  di  Pavia  sotto  la  dominazione  austriaca. 
Dopo  aver  accennato  alle  molte  riforme  fatte  dall'Austria  in  Lombar- 
dia, l'A.  tocca  quelle  riguardanti  Pavia  in  ispecial  modo;  cioè  la  co- 
struzione del  moderno  grandioso  palazzo  della  Università,  la  chiamata 
di  professori  valenti,  l'apertura  di  un  gran  Seminario  lombardo  con 
divieto  ai  vescovi  di  aprirne  in  altre  diocesi,  il  favore  morale  dato 
alle  lettere  e  agli  studi  in  genere,  il  miglioramento  delle  condizioni 
economiche  della  città,   la  costruzione  di  strade   al   Po,  a  Belgioioso 


02  «IBLIOG  RAFIA 


c  S.  Cristina,  ad  Arena  e  a  Parpancse,  a  Binasco,  a  Casoratc,  a  Motta 
Visconti,  al  Gravellone,  ecc.,  la  rappresentanza  della  città  e  provincia 
di   Pavia,    cioè    il   Consiglio  generale,   la  Congregazione    municipale. 

Quanto  alle  idee  francesi,  se  si  eccettua  qualche  raro  caso  di  stu- 
denti generosi  e  di  alcuni  ecclesiastici  dotti  ed  illibati,  il  popolo  pavese 
era  ostile  al  movimento  d'Oltralpe.  A  lui  non  era  arrivato  che  l'eco 
più  clamoroso  e  spaventoso  di  frenesie  e  di  ribellione  ad  ogni  autorità. 
"  A  chi  è  avvezzo  a  scivolare  senza  scosse  lungo  la  china  della  vita, 
anche  la  piiì  piccola  novità  dà  ombra  e  fa  paura  „  (p.  66).  A  colorire 
anche  peggio  la  Rivoluzione  contribuivano  moltissimi  preti  francesi, 
che  si  rifugiavano  in  Italia,  nobili  e  principi  che  venivano  da  noi  a 
chieder  asilo  e  un  tetto  sotto  cui  conservare  livree  e  privilegi  ;  rac- 
conti pieni  d' orrore  e  di  sangue  che  di  bocca  in  bocca  ingranditi, 
riempivano  di  sgomento  il  popolo  della  città,  e  peggio  quello  delle 
campagne  (pp.  09-73).  Così  che  all'  avvicinarsi  dei  Francesi  la  città  fu 
presa  da  terrore.  L'Università  fu  chiusa,  il  generale  austriaco  Beau- 
licu,  ingannato  da  Bonaparte,  dovette  ritirarsi.  La  Comunità  allora, 
priva  di  soldati,  cerca  di  premunirsi  contro  il  pericolo,  creando  una 
milizia  urbana,  distribuisce  farina  a  Linaroio,  Belgiojoso,  Corteolona, 
S.  Cristina,  Spessa,  Torre  dei  Negri,  Vigalfo,  Copiano  e  Villanterio 
per  provveder  di  pane  i  Francesi,  manda  lettere  e  messi  per  ingra- 
ziarsi i  nuovi  signori  e  risparmiare  dolori  alla  città.  Il  14  maggio  fi- 
nalmente arriva  il  generale  Augereau  con  6000  Francesi.  La  Munici- 
palità insieme  col  vescovo  va  ad  incontrare  l'esercito,  distribuisce  ai 
soldati  pane  e  carne ,  mentre  con  coccarde  al  petto  e  con  fanfare 
sonanti  le  arie  della  Carmagnola  e  del  ^aira  i  cittadini  fanno  per 
le  vie  un'  accoglienza  benevola  se  non  entusiastica  ai  nuovi  venuti 
{pp.  75-83). 

Appena  insediati,  il  generale  francese  ebbe  bisogno  di  denari  e 
di  viveri,  poiché  i  soldati  francesi,  pieni  di  sacro  entusiasmo,  di  ri- 
spetto e  di  civiltà  verso  i  nuovi  ospiti,  mancavano  però  di  abiti  e  di 
regolare  armamento.  Onde,  sia  per  le  molte  e  gravi  requisizioni,  sia 
per  il  soverchio  entusiasmo  di  alcuni  giacobini  (che  ave\^ano  anche  co- 
stituito una  Società  popolare),  sia  per  l' innalzamento  dell'  albero  della 
libertà,  in  Piazza  Grande,  causa  di  tumulti  e  della  deposizione  dell'ari- 
stocratica Municipalità,  sia  per  la  definitiva  erezione  in  Piazza  Piccola 
dell'  albero  della  libertà  e  per  il  vandalico  abbattimento  della  statua 
del  Regisole,  sia  per  alcuni   tumulti  nati  in  Borgo  Ticino,  e  sia  infine 


BIBLIOGRAFIA  ig-'> 


per  ripulsione  alla  novità  e  per  odio  ad  un  sistema  di  cose  dannoso 
ai  ricchi,  cominciò  a  manifestarsi  una  corrente  contraria  a'  Francesi, 
corrente  che  si  estese  e  serpeggiò  minacciosa  per  le  campagne.  Il  17 
maggio  infatti,  al  suono  della  campana  a  martello  di  Trivolzio  insor- 
gono i  contadini  dell'occidente,  e,  armati  alla  meglio  e  capitanati  da 
preti,  fittabili  e  fattori,  si  avviano  in  soccorso  della  città,  la  quale,  a 
vero  dire,  era  sempre  stata  in   buoni  rapporti  con  i  soldati  francesi. 

Disgraziatamente  l'Augereau,  invitato  da  Napoleone,  il  21  maggio 
parte  con  le  milizie  per  Cassano  d'Adda,  avuta  prima  assicurazione 
che  Pavia  non  era  in  pericolo;  e  così  la  città  vien  lasciata  in  balia 
di  sé  e  degli  animi  eccitati.  Allora,  da  persone  interessate  furono  fatte 
correre  voci  allarmanti,  che  i  Francesi  erano  battuti,  che  gli  Austriaci 
tornavano  minacciosi  e  vendicativi.  Si  abbatte  l'albero  della  libertà 
al  grido  di  viva  V  imperaiorc,  giù  le  coccarde,  si  gira  per  la  città,  si 
trovano  armi,  si  assediano  nel  castello  i  pochi  Francesi  rimasti  col 
Latrille:  la  città  tutta  è  in  tumulto  (i3  maggio).  La  Comunità  dissuade, 
invita  alla  calma,  ma  il  popolo  corre  alla  torre  maggiore  e  suona  a 
martello.  I  contadini  già  alle  porte  irrompono  anch' essi  alla  ricerca 
dei  giacobini,  diventano  i  veri  padroni  della  città.  Anzi  in  tutto  il  tu- 
multo quelli  che  sono  più  numerosi,  più  riscaldati  sono  i  contadini, 
che  pretencono  da  mangiare  (pane,  vino,  formaggio),  vogliono  prendere 
il  castello,  e  da  ultimo  finiscono  quasi  ad  impegnar  lotta  con  gli  stessi 
cittadini.  Il  giorno  dopo  continua  il  tumulto,  che  si  estende  anche  alla 
parte  orientale  della  campagna:  e,  per  disgrazia  della  città,  alle  porte 
una  compagnia  di  banditi  esige  da  chiunque  passi  una  taglia  per 
l'uscita.  Lo  stesso  giorno,  24,  altri  contadini  a  Rinasco  avevano  suo- 
nato a  stormo,  ammucchiati  ciottoli  e  suscitati  tumulti  contro  i  Fran- 
cesi, mentre  i  borghigiani  non  si  movevano  neppure. 

Ma  a  mezzodì  viene  da  Milano  un  corpo  di  cavalli  e  di  fanti  Fran- 
cesi, che,  penetrati  a  viva  forza  nel  Borgo,  reprimono  il  moto  e  ap- 
piccano fuoco  alle  case.  Il  giorno  dopo,  lo  stesso  Bonaparte,  preceduto 
dal  vescovo  di  Milano,  s'incammina  verso  Pavia,  mentre  i  contadini, 
rientrati  in  città,  vanno  di  nuovo  al  castello  e  ne  ottengono  la  resa 
(p.  127).  Le  parole  del  vescovo  non  riescono  a  calmare  la  gazzarra  dei 
contadini,  che  si  preparano  alla  resistenza.  Ma  presto  con  finte  mosse 
i  Francesi  entrano,  e  comincia  il  sacco.  L'A.  dimostra  che  anche  que- 
sta volta  i  soldati  Francesi  si  mostrarono  meno  crudeli  che  non  si 
sia  creduto,  e  che  altri  abbia  scritto  ;  poiché  sofl'ersero  i  ricchi  di  quelli 

Areh.  Star.  Lomb.  -   Anno  XXVII.    _  Fase.  XXVII.  i; 


104  BIBLIOGRAFIA 


sole  vie  (Strada  Nuova  e  Corso  di  P."  Borgoratto),  dove  i  contadini 
avevano  opposto  resistenza  maggiore,  buttando  dai  tetti  tegole  e 
mattoni. 

La  vendetta,  cominciata  il  25  sera  non  durò  più  delle  nove  del 
giorno  dopo,  perchè  d'  ordine  superiore  con  trombe,  tamburi  e  squa- 
dre di  soldati  si  impose  di  cessare  dal  saccheggio:  nelle  campagne 
1'  esecuzione  dclF  ordine  si  compì  necessariamente  più  tardi. 

Allora  l'u  rinnovata  la  Municipalità,  che  il  Bonaparte  volle  com- 
posta di  17  anzi  che  di  12  membri,  scelti  per  metà  fra  i  democratici 
e  per  metà  fra  gli  aristocratici  e  i  neutrali.  Tra  gli  aristocratici  fu  il 
marchese  Luigi  Malaspina,  grande  erudito  e  benemerito  cultore  d'arte, 
che  lasciò  in  dono  a  Pavia  il  suo  grande  palazzo  e  le  relative  colle- 
zioni artistiche. 

La  Municipalità,  il  generale  Haquin,  il  vescovo  coi  loro  buoni  uf- 
fici seppero  ben  presto  ricondurre  la  calma,  la  quale  non  fu  turbata  che 
dalle  conseguenze  dolorose  del  moto.  Per  tale  lavorìo  saggio  e  concorde 
tornano  le  simpatie  per  i  Francesi,  i  quali  però  non  possono  fare  che 
si  risparmino  sacrifizi  di  denaro  per  sopperire  ai  gravi  danni. 

Tornata  la  calma  si  diede  opera  ai  processi.  Le  condanne  furono 
veramente  pòche,  e,  a  detta  degli  stessi  cronisti,  non  ispirate  ad  ec- 
cessivo rigore.  Numerosi  invece  tra  il  29  e  il  3o  gli  arresti  special' 
mente  di  nobili  e  di  ricchi  proprietari  di  terre,  che  in  numero  di  60 
furono  mandati  come  ostaggi  ad  Antibo. 

Importante  fu  il  processo  contro  la  Municipalità,  incolpata  di  avere 
favorito  il  moto  :  ma  in  grazia  di  testimonianze  autorevoli,  come  quelle 
del  generale  Haquin,  fu  completamente  assolta. 

Finisce  la  trattazione  un  paragrafo  di  questo  capitolo  intitolato 
/  veri  colpevoli,  in  cui  il  M.  espone  le  varie  opinioni  intorno  alle  cause 
del  moto  stesso,  aggiungendo  la  opinione  sua  che,  principale  fra  tutte 
dovette  essere  il  cattivo  governo  dei  Francesi,  e  si  appoggia  per  que- 
sto alla  autorità  di  Pietro  Verri. 

Il  libro  piace,  e  anche  se  non  si  avesse  quel  veramente  bel  ca- 
pitolo intorno  alle  fonti,  il  resto  direbbe  da  sé  che  siamo  davanti  ad 
un  lavoro  equilibrato  e  sicuro.  Né  potrebbe  essere  altrimenti,  dato 
l'animo  tranquillo  e  sereno  dell'autore,  il  quale  infatti  per  quanto 
tocchi  argomenti  che  sotto  forma  poco  diversa  vivono  ancor  oggi., 
pure  si  tiene  sempre  lontano  dagli  estremi  sia  di  alcuni  cronisti  con- 
temporanei sia  di  storici  posteriori. 


BIBLIOGRAFIA  If)5 


La  forma,  stentata  da  principio  e  quasi  direi  forzata,  viene  di  mano 
in  mano  accomodandosi,  finché  diventa  scorrevole  ed  efficace.  Tutto 
il  lavoro  attesta  le  buone  qualità  del  giovane  storico,  e  sopratutto  la 
diligenza  e  la  scrupolosità. 

Ma  chi  lo  conosce  a  fondo,  come  colui  che  scrive,  avrebbe  desi- 
derato anche  un  saggio  di  altro,  per  cui  non  mancava  all'  autore  né 
r  ingegno  né  la  dottrina.  Parlando  delle  cause  si  é,  quasi  direi,  affret- 
tato, si  è  limitato  ad  osservazioni  generali,  buone  per  vero,  ma  non 
sufficenti  a  interamente  spiegare  il  moto.  Egli  si  attenne  più  che  altro 
a  considerazioni  psicologiche  e  politiche,  non  rilevando  per  intero 
l' importanza  di  un  grave  elemento  economico.  Risulta  da  tutta  la 
narrazione  che  il  fermento  maggiore  fu  nelle  campagne,  che  i  veri 
rivoltosi  e  tumultuanti  furono  i  contadini  condotti  da  preti,  fittabili 
e  fattori.  Orbene,  utilissimo  sarebbe  stato  se  Y  autore  avesse  messo 
in  opera  la  sua  cultura  economica  e  sociologica  e  avesse  sviscerato 
l'argomento  da  questo  punto.  Non  ci  risponda  che  ne  avrebbero  pa- 
tito le  proporzioni  del  libro,  perchè  egli  stesso  s'accorge  subito  che 
anzi  sarebbe  un  degno  coronamento  del  bel  lavoro  un  capitoletto  di 
conclusione  intorno  alle  cause  vicine  e  remote.  Oggi  la  storia,  special- 
mente di  questi  argomenti,  non  si  può  più  limitare  alla  sola  narrazione 
di  ciò  che  é  più  appariscente  e  tumultuoso,  a  ricerca  di  cause  esclu- 
sivamente legate  alla  politica  superficiale,  alla  psiche  individuale  o 
collettiva  delle  folle;  ma  deve  anche  aver  di  mira  quelle  cause  che 
talora  sono  origine  prima  delle  une  e  delle  altre  e  finiscono  poi  ad 
assommarsi  e  complicarsi  con  esse.  Nel  nostro  caso  infatti  non  é  a 
caso  che  il  moto  proceda  quasi  interamente  dai  campi  e  dall'  opera 
di  preti  e  di  fittabili.  Perché  adunque  tutto  questo  ?  La  risposta,  ne 
sono  certo,  ce  la  darà  l'autore  in  un  prossimo  studio  di  completa- 
mento; anzi  spero  che  da  oggi  se  ne  assuma  l'impegno  formale,  e 
ad  utile  del  suo  sodo,  severo  e  bello  studio,  tragga  partito  anche  da 
altre  risorse  del  suo  ingegno  e  della  sua  cultura. 


Ettore  Galli. 


196 


BIBLIOGRAFIA 


D/  Henri-Maxime  Ferrari.  Une  chaire  de  médecinc  au  XV  siede —  Un 
professeur  à  rUniversité  de  Pavie  de  14J2  à  1472.  Avec  un  fac-si- 
mile  d'autographe  et  cinq  gravures.  Paris,  Felix  Alcan,  1899,  in-8, 
pp.  33i. 

I  cultori  della  storia  della  medicina  hanno  finito  col  riconoscere 
che  per  narrare  a  dovere  le  vicende  della  loro  scienza,  faceva  d'uopo 
rinunziare  alle  grandi  opere  sintetiche,  generali,  e  mettersi  a  scrivere 
delle  monografie  particolari  e  minuziose  sopra  date  scuole  o  scienziati 
singoli,  dall'opera  dei  quali  gii  studi  medici  avessero  ricevuto  un  in- 
cremento. Così  vediamo,  da  alcuni  anni  a  questa  parte,  apparir  tratto 
in  luce  anche  tra  noi  dei  lavori  che  offrono  un  interesse  speciale  allo 
storico,  il  quale  vi  ritrova  ricercato  non  soltanto  ciò  che  concerne  alle 
discipline  salutari,  ma  messo  in  luce  altresì  quanto  può  illustrar  vuoi 
la  storia  della  cultura,  vuoi  quella  del  costume.  Né  sono  soltanto  de' 
medici,  che  a  quest'utile  impresa  consacrano  i  loro  sforzi,  ma  anche 
degli  eruditi.  Così,  per  non  citare  che  degli  esempì  recentissimi,  or 
ora  il  professor  Sante  Ferrari  dell'  Università  di  Genova  ha  data  fuori 
un'opera  poderosa  sopra  Pietro  da  Abano,  dove  la  parte  che  spetta 
air  attività  spiegata  come  medico  da  quel  celebre  personaggio  vien 
accuratamente  illustrata;  ed  il  Dott.  Arnaldo  SegarÌ2zi  si  è  più  mode- 
stamente, ma  con  felice  successo,  industriato  a  ritessere  la  biografia 
d'un  altro  medico  padovano,  che  godette  ei  pure  di  molta  celebrità 
nel  sec.  xv;  Michele  Savonarola,  colui  che  trattò,  dopo  Ugolino  da 
Montecatini,  con  maggior  competenza  delle  acque  termali  d' Italia. 

L'autore  del  libro  che  adesso  annunziamo  non  è  un  erudito,  uno 
storico,  bensì  un  medico,  il  quale,  contando  tra  i  suoi  antenati  un 
illustre  cultore  dell'  arte  salutare,  ed  avendo  nel  domestico  archivio 
molti  documenti  che  lo  riguardavano,  ha  creduto  doveroso  innalzare 
alla  memoria  dell'  antico  suo  congiunto  un  durevole  ricordo.  E  questo 
suo  disegno  merita  lode,  giacché  ben  pochi  oramai  conoscevano  più 
se  non  di  nome  Giammatteo  Ferrari  di  Grado ,  che  fu  professore  al- 
l'Università  di  Pavia  dal  1482  al  1472. 

Giammatteo  era  nato  a  Milano  negli  ultimi  anni  del  sec.  xiv  dal 
fisico  collegiato  Giovanni.  La  sua  famiglia,  oriunda  d' Agrate  (donde 
si  disse  di  Gradi  o  di  Grado),  era  di  buona  nobiltà,  e  parecchi  tra  i 


BIBLIOGRAFIA 


suoi  parenti  conseguirono  onori  e  cariche  alla  corte  dei  Visconti. 
Recatosi  a  Pavia  a  studiarvi  medicina  verso  il  1425 ,  ei  vi  si  addot- 
torò ;  e  siccome  la  fama  eh'  erasi  guadagnata  crebbe  rapidamente , 
così  sette  anni  dopo  ritornava  in  qualità  di  maestro  nelle  scuole  dove 
era  entrato  discepolo.  Né  da  Pavia  si  allontanò  mai,  se  non  quando 
la  morte  lo  colse  sul  cadere  del  1472. 

Il  Dott.  Ferrari  ha  diviso  il  suo  libro  in  quattro  parti.  La  prima 
è  dedicata  a  narrare  la  storia  dell'università  Pavese  nel  sec.  XV  ed 
a  tessere  la  vita  del  Ferrari,  che  ne  fu  per  tant'  anni  cospicuo  orna- 
mento. La  seconda  intende  a  dar  un'  idea  della  medicina  medievale. 
La  terza  comprende  alcuni  Consulti  del  professore  Pavese.  La  quarta 
infine  una  bibliografia  de'  suoi  scritti  editi  ed  inediti.  Un  indice  bi- 
bliografico delle  opere  consultate  ed  un'Appendice  di  documenti  ine- 
diti chiudono  il  poderoso  volume. 

Non  tutte  le  quattro  parti,  di  cui  il  libro  del  Dott.  Ferrari  è  com- 
posto,  possono  dirsi  d'uguale  valore.  L'autore,  l'abbiamo  già  notato, 
è  un  medico,  non  uno  storico;  e  si  comprende  dunque  agevolmente 
com'egli  non  possegga  un  metodo  molto  sicuro  nelle  indagini  erudite, 
né  una  cognizione  assai  estesa  degli  argomenti  che  é  obbligato  a  trat- 
tare. Perciò  la  prima  parte  che  riguarda  le  vicende  dell'Ateneo  Pavese 
nel  quattrocento,  oltre  a.  non  presentare  novità  di  sorta,  lascia  molto 
a  desiderare  sia  per  l'ordine  con  cui  la  materia  è  svolta,  sia  per  le 
considerazioni  dalle  quali  i  documenti,  assai  mal  trascritti  quasi  sem- 
pre, sono  accompagnati.  Così  pure  la  seconda  parte  che  riassumer 
vorrebbe  in  una  sintesi  succinta  le  vicende  della  medicina  durante  il 
medio  evo,  offrirebbe  il  fianco  a  molte  e  molte  osservazioni.  In  com- 
penso la  vita  del  Ferrari,  finora  ignota,  è  rischiarata  dall'A.  con  molti 
frammenti  del  carteggio  del  celebre  medico,  i  quali  permettono  di 
conoscere  le  relazioni  ch'egli  ebbe  colla  corte  Milanese,  dove  non 
solo  l'onorò  di  sua  fiducia  Filippo  Maria  Visconti,  ma  lo  tennero  in 
alto  conto  e  Bianca  Maria  di  lui  figliuola  e  il  di  lei  marito  Francesco 
Sforza;  i  quali  gli  prestarono  man  forte  nelle  lotte  ch'egli  si  trovò  a 
sostenere  coi  suoi  colleghi  Pavesi;  e  quindi  anche  il  figlio  loro  Ga- 
leazzo Maria.  Anche  V  esame  delle  opere  di  Giammatteo,  la  Practica, 
i  Consilia,  le  Expositiones,  scritti  che  conseguirono  ai  tempi  del  loro 
Autore  una  grande  diffusione  e  furono  stampati  molte  e  molte  volte 
nel  corso  del  sec.  xv,  è  condotto  con  diligenza  ed  acume  ed  ofìrc 
utili  elementi  alla  cognizione  delle  condizioni  in  cui  versarono  in  que' 


|f)8  BIBLIOGRAFIA 


tempi  cosi  per  loro  infelici,  la  medicina  e  la  chirurgia.  Accurata  e  ben 
fatta  e  pure  la  bibliografia  degli  scritti  di  Giammatteo:  solo  è  a  la- 
mentare che,  tanto  nel  riferire  i  nomi  propri  «come  nel  riportare  frasi 
o  periodi  di  testi  latini  ed  italiani,  il  Dott.  Ferrari  cada  sempre  in 
gravi  errori  di  trascrizione  i  quali  a  volte  tolgono  addirittura  il  senso. 
Se  egli  avesse  chiesto  l'aiuto  di  qualche  studioso  italiano,  l'opera  sua 
sarebbe  uscita  purgata  da  questo  inconveniente  che  le  reca  nocumento 
non  lieve.  Ma  chieder  agli  scrittori  francesi  che  non  snaturino  nomi 
o  parole  italiane  —  lo  so  bene  —  è  quasi  come  chiedere  l' impos- 
sibile! (r) 


F.  N. 


(i)  Perchè  stampare  Fagnano  (p.  i),  Rienzi  (per  De  Remi,  p.  3), 
Anghiera  (p.  89),  Angleria  (p.  49),  Angliera  (p.  62)  per  Angera,  Cara- 
vago  (p.  5o)  per  Caravaggio,  e  scrivere  "  la  quale  se  ritrovatra  de 
"  malia  volia,,  (p.  9)  invece  di  "  la  quale  s'è  ritrovata  de  mala  volia  „  ; 
"scrivo  per  mia  excavationc  „  (ibid.)  invece  di  "  per  mia  excusatione  „  ; 
"  giovanetti  incanti  „  per  "  incauti  „  (p.  27);  "  veduta  in  uno  volume  „ 
per  "  reduta  in  uno  volume,,  (p.  54);  "  mcura  „  per  "morirà,,,  ecc. 
E  che  diamine  vorrà  dire  "  abbia  e  se  suUi  i  doce  si  dividano  i  si- 
guenti  libri,,  (p.  65)?  E  questi  son  pochi  esempi,  raccolti  a  caso  tra 
altri  infiniti. 


APPUNTI    E    NOTIZIE 


^\  Le  Colonne  di  S.  Lorenzo.  —  Della  seduta,  che  si  tenne  dalla 
Società  nostra  il  19  dello  scorso  luglio,  per  prendere  le  opportune  mi- 
sure, affinchè  un'agitazione  che  s'era  iniziata  in  città  a  danno  di  quel 
venerando  "rottame  d'antichità,,  che  sono  le  Colonne  di  S.  Lorenzo, 
non  procedesse  tant'oltre  da  divenire  pericolosa;  si  renderà  più  esatto 
conto  nel  fascicolo  prossimo,  dove  troveranno  luogo  gli  Affi  del/a  Società, 
di  cui  la  mancanza  dello  spazio  ci  consiglia  a  ritardare  la  pubblica- 
zione. Sol  ci  basterà  accennare  qui  che  alla  seduta  intervennero  molti 
più  soci  di  quanto,  data  la  stagione  poco  favorevole,  si  fosse  in  di- 
ritto d'attendere;  che  un  ordine  del  giorno,  giustamente  vibrato,  pro- 
posto dalla  Presidenza,  venne  approvato  all'unanimità,  e  comunicato 
quindi,  senz'indugio,  alle  autorità  municipali,  al  Prefetto,  nonché  a 
S.  E.  il  Ministro  della  Pubblica  Istruzione.  Con  sollecitudine  di  cui 
gli  professiamo  viva  obbligazione,  il  Pro  Sindaco  comm.  Mussi  si  è 
dato  cura  di  rispondere  che  del  voto  espresso  dalla  Società,  ove  1'  oc- 
casione sorgesse,  sarebbe  tenuto  il  debito  conto. 

/^  Annunziamo  con  piacere  la  ristampa  dell'importante  libro  del 
conte  Ugo  Balzani,  Le  cronache  italiane  nel  medio  evo,  eseguita  da  quel- 
l'infaticabile editore  che  è  U.  Hoepli.  Nel  ridare  alla  luce,  dopo  di- 
ciassett'anni,  il  suo  scritto,  l'egregio  autore  ha  sentito  il  bisogno  di 
rivederlo  accuratamente  e  di  additare  nelle  note  i  più  recenti  e  pre- 
gevoli studi  sopra  gli  autori  de'  quali  egli  ha  analizzato  le  opere.  La 
Lombardia  ha,  naturalmente,  una  parte  notevole  in  questo  libro,  giac- 
ché, a  cominciar  dal  secolo  ix  (per  tacere  di  Paolo  Diacono),  essa 
oifre  cronisti  come  Andrea  da  Bergamo;  e  storici,  quali  Liudprando, 
un  secolo  appresso.  Più  specialmente  agli  scrittori  municipali  lombardi 
si  rivolge  l'attenzione  del  Balzani  nel  cap.  VI,  dove  sono  sobriamente 


200  APPUNTI    E    NOTIZIE 


rammentati  i  mirabili  narratori  del  sec.  xi  e  del  xii,  A  mollo,  Lan- 
dolfo di  S.  Paolo,  il  cosiddetto  sir  Raul,  Ottone  ed  Acerbo  Morena. 
Tra  gli  annalisti  dei  sec.  xiii-xiv,  oltreché  un  bel  profilo  di  Salimbenc, 
che  ha  per  noi  tanta  importanza,  rinveniam  rapidamente  disegnate  le 
figure  di  Stelanardo  da  Vimercate,  di  Giovanni  da  Cermenate,  di  Bo 
nincontro  Morigia,  di  Galvano  Fiamma.  Ci  sia  concesso  di  manife- 
stare qui  però  Li  nostra  meraviglia,  perchè  al  libro  così  originale  di 
Bonvesin  da  Riva,  recentemente  tornato  alla  luce,  il  Balzani  non  de- 
dichi neppure  una  parola. 

In  complesso  il  bel  volume  è  d'attraente  lettura  e  gioverà  cerio 
a  fare  conoscere  un  po'  meglio  il  medio  evo  italiano  a  que'  molti  che 
—  forse  non  a  torto  —  indietreggiano  di  fronte  ai  libri  troppo  grossi 
e  troppo  eruditi,  che,  del  resto,  non  sono  scritti  per  loro. 

/^  Un  altro  libro  recente  che  interessa  la  Lombardia  è  quello  di 
lulia  Cartwright  (Henry  Ady),  intitolato  Beatrice  d'Este  duchess  of  Milan 
(London,  Dent,  1899),  nitidamente  stampato  ed  abbellito  di  fotoinci- 
sioni. L'autrice  s'è  proposta  di  colorire  un  quadro  della  vita  di  corte 
in  Milano  ai  giorni  di  Lodovico  il  Moro,  facendo  rivivere  intorno  al 
duca  ed  alla  diletta  sua  consorte  i  letterati  e  gii  artisti  più  famosi 
del  tempo,  che  furono  con  loro  in  rapporti.  Trattandosi  d'un' opera 
di  divulgazione,  non  si  può  pretendere  molta  novità  di  ricerche  ;  tut- 
tavia la  signora  Cartwright  ha  applicato  un  po'  troppo  largamente  il  si- 
stema caro  a  Molière;  essa  -pnre prend son  bien  oh  elle  le  trouve :  e  quindi 
(coni' osserva  giustamente  il  Giornale  storico  della  letter.  ital.,  xxxvi,  274), 
ha  saccheggiato  "  alla  lettera  „  il  lavoro,  pubblicato,  anni  fa,  in  questo 
Archivio  dai  nostri  soci  cav.  A.  Luzio  e  prof.  Renier,  Delle  relazioni 
di  Isabella  d^  Este  Gonzaga  con  Lodovico  e  Beatrice  Sforza. 

^\  Polir  la  recherche  des  documents  historiques :  è  questo  il  titolo 
d'un' interessantissima  Nota  che  l'instancabile  studioso  il  quale  risponde 
al  nome  di  Leon  G.  Pélissisr,  ha  pubblicato  testé  nel  Bibliographe 
Moderne  (1900,  n.  i),  riassumendo  una  Prolusione  da  lui  tenuta  tempo 
addietro  nell'Università  di  Montpellier.  Il  Pélissier  si  è  proposto  di 
mostrare  in  questo  suo  scritto  come  le  biblioteche  e  gli  archivi  dei 
piccoli  centri  racchiudano  due  generi  di  documenti  :  gli  uni  normali 
e,  per  così  dire,  autoctoni;  anormali  gli  altri,  cioè  avventizi  e  stranieri 
al  luogo  dove  si  rinvengono.  Or  questi  documenti  errabondi,  che  gli 


APPUNTI    E    NOTIZIE  20] 


Studiosi  locali  per  lo  più  curarono  e  curano  poco,  perchè  non  appor- 
tano veruna  utilità  alle  loro  speciali  ricerche,  possono  viceversa  aver 
un'importanza  singolare  per  gli  studi  storici  in  genere:  e  molte  volte 
il  caso  ;  giacché  pur  troppo  un'esplorazione  sistematica  di  questi  ma- 
teriali non  è  ancor  stata  intrapresa  e  sarebbe  ibrse  impossibile  ese- 
guirla; il  caso  mette  in  luce,  cavandoli  da  nascondigli,  dove  l'esistenza 
loro  non  si  sarebbe  mai  sospettata,  tesori  inapprezzabili.  Il  Pélissier 
cita  molti  e  molti  esempì  di  simili  scoperte,  suggeritegli  dall'  immensa 
pratica  ch'ei  possiede  degli  archivi  e  delle  biblioteche  di  Francia;  e 
consiglia  e  raccomanda  caldamente  ai  suoi  allievi  d' intraprendere, 
ognuno  per  suo  conto,  dovunque  gli  aceada  di  poterla  fare,  quest'e- 
splorazione scientifica  regionale,  anzi  municipale.  È  un  consiglio  che 
non  si  saprebbe  abbastanza  ripetere  anche  da  noi,  dove  esistono  an- 
cora tanti  depositi  scientifici  press' a  poco  sconosciuti  ed  il  più  delle 
volte  malamente  conservati. 

/^  Potrebbe  parer  strano  che  noi  annunciassimo  la  pubblicazione 
di  un'  operetta  famosa  del  celebre  poeta  francese  del  secolo  xv  Alano 
Chartier,  Le  Curial,  edita  a  Halle  da  pochi  mesi  per  cura  del  signor 
P\  Heuckenkamp,  privato  docente  in  quell'Università,  se  non  ci  afi^ret- 
tassimo  a  soggiungere  che,  insieme  al  testo  francese,  edito  con  molta 
cura  sopra  vari  mss.  di  Parigi,  di  Bruxelles,  di  Vienna,  ecc.,  il  signor 
Heuckenkamp  ha  anche  ristampato,  servendosi,  oltreché  dell'edizione 
datane  dai  pp.  Martène  e  Durand  nella  loro  Amplissima  Collectio,  di 
un  ms.  parigino;  il  trattatello  De  vita  curiali  detestanda  tamquam  mi- 
seriis  piena,  di  cui  Alano  Chartier  s'è  limitato  a  dare  nel  suo  scritto 
così  celebrato  nel  secolo  xv,  una  semplice  e  fedele  versione.  Ora  il 
libretto  De  vita  curiali  é  opera  di  un  letterato  milanese  della  fine  del 
secolo  XIV,  di  q[\\g\V  Ambrosius  de  Miliis,  cioè,  il  quale,  recatosi  in 
Francia,  divenne  segretario  del  duca  Ludovico  d' Orléans  e  1'  accom- 
pagnò poi  nella  sua  venuta  ad  Asti  l'anno  1412.  Il  De  Mlliis  in  Francia 
aveva  stretta  relazione  con  tutto  il  gruppo  letterario  che  viveva  alla 
corte  di  Carlo  VI;  e  si  hanno  di  lui,  oltre  il  libretto  De  vita  curiali, 
in  cui  egli  dipinge  con  molta  vivacità  le  miserie  dei  cortigiani,  altre 
lettere  notevoli  per  mordacità  di  frizzi,  dottrina  e  malcelato  scetticismo 
religioso  e  filosofico.  Ei  fu  anche  in  relazione  con  Coluccio  Salutati; 
ma  disgraziatamente  sin  qui  altro  non  sappiamo  de'  casi  suoi  se  non 
quel  poco  che  ci  rivelano   le  lettere  ricordate:    il   sig.  Heuckenkamp 


202  APPUNTI    E    NOTIZIE 


nulla  aggiunge  alla  nostra  scarsissima  scienza.  Forse  gli  Archivi  Mi- 
lanesi potranno  o  prima  o  poi  recarci  nuove  notizie  su  quest'interes- 
sante figura  di  letterato  ambrosiano  del  primo  Quattrocento, 

/^  Per  le  nozze  Grassi-Morici  il  prof.  Giovanni  Crocioni  ha  dato 
alla  luce  due  lettere  di  Felice  Romani  al  maestro  Carlo  Conti  d'Ar- 
pino  (Velletri,  tip.  Stracca). 

/^  Sappiamo  che  vedrà  presto  la  luce  a  cura  del  prof.  Carlo  Sal- 
vioni  dell'Università  di  Pavia,  il  quale  attende  da  tempo  ad  un'edi- 
zione critica  delle  Poesie  edite  ed  inedite  di  C.  Porta,  quel  carteggio 
del  celebre  poeta  vernacolo  con  Tommaso  Grossi  ed  altri  suoi  amici, 
sovra  il  quale  nel  fascicolo  penultimo  di  quest'  Archivio  noi  avevamo 
richiamata  l'attenzione  degli  studiosi,  raccomandandone  la  pubblica- 
zione. 

/^  Errata-Corrige.  —  Per  una  semplice  svista  tipografica,  nella 
Rassegna  dei  lavori  pubblicati  dal  compianto  nostro  Vice-Presidente, 
comm.  C.  Vignati,  inserita  nel  fascicolo  precedente  (p.  477),  furono 
omessi  i  titoli  delle  più  recenti  monografie  storiche  da  lui  messe  alla 
stampa  dal  1884  in  poi.  Ci  diamo  qui  premura  di  completare  l'elenco, 
chiedendo  scusa  ai  lettori  dell'involontaria  omissione: 

27.  Gastone  di  Foix  e  V  esercito  francese  a  Bologna,  a  Brescia,  a  Ravenna, 
dal  genn.  all' apr.  Jji2  {Arch.  Stor.  Lomb.,  XI,  1884). 

28.  /  primi  studi  di  C.  Correnti  {Arch.  Stor.  Lomb.,  XVI,  1889). 

29.  //  decreto  di  Francesco  1  re  di  Francia  per  la  fabbrica  della  chiesa 
e  del  Monastero  della  Vittoria  in  Zivido  presso  Melegnano,  i5i8  [Arch. 
Stor.  Lomb.,  XVIII,  1891). 

30.  Francesco  da  Lemene  e  il  suo  epistolario  inedito  [Arch.  Stor.  Lomb., 
XIX,  1892). 

Tra  gli  scritti  dell'egregio  Uomo,  che  ci  ha  per  sempre  lasciati 
dee  pur  trovare  luogo  una  Cantica,  ch'egli  diede  in  luce  nel  i852  in 
occasione  di  nozze,  senza  però  porvi  in  fronte  il  suo  nome.  Il  raro 
opuscolo,  pervenuto  in  possesso  delia  Società  nostra  dopo  la  di  lui 
morte,  per  dono  dell'egregio  nostro  Segretario  ing.  E.  Motta,  è  stam- 
pato a  Lodi.  Eccone  una  breve  descrizione:  Nelle  Nozze  —  Pansini-Wil- 


APPUNTI    E    NOTIZIE 


203 


mani  —  Cantica  —  Lodi,  Tipografia  di  C.  Wilmant  e  Figli,  i8j2.  24  carte 
non  numerate,  in  foglio  grande.  La  dedica  suona:  A  —  Rachele  Wilmant 
—  nel  giorno  di  sue  nozze  —  con  —  Angelo  Fanzini  —  che  —  la  Fatria  — 
co'  musicali  studi  onora  —  questa  cantica —  dedicano  —  i  Tipografi  Lodigiani, 
L'opuscolo  è  stampato  su  carta  di  lusso,  con  ricchi  fregi  dorati,  dove 
ricorrono  pure  i  colori  rosso,  verde,  azzurro;  e  costituisce  un  curioso 
specimen  d'  eleganza  tipografica  quale  si  ricercava  mezzo  secolo  fa  in 
Lombardia. 


PERIODICI 

che  pervengono  alla  Biblioteca  Sociale  in  dono 
o  per  cambio  coli'  Archivio. 


Italia. 


Acireale.  —  Atti  e  rendiconti  dell'Accademia  Dafnica  di  scienze,  let- 
tere ed  arti. 

Alessandria.  —  Rivista  di  storia,  arte,  archeologia  della  Provincia  di 
Alessandria. 

Bari.  —  Giornale  araldico-genealogico-diplomatico. 

Bologna.  —  Atti  e  memorie  della  R.  Deputazione  di  storia  patria. 

Brescia.  —  Commentari  dell'Ateneo  di  Brescia. 

Casalmaggiore.  —  Rivista  di  lettere,  di  storia  e  d'  arte. 

C aste  Ifwr  enti  no.  —  Miscellanea  storica  della  Valdelsa. 

Como.  —  Periodico  e  Raccolta  della  Società  storica  comense. 

—  Rivista  archeologica  della  Provincia  di  Como. 
Ferrara.  —  Atti  della  Deputazione  ferrarese  di  storia  patria. 
Firenze.  —  Archivio  storico  italiano. 

Genova.  —  Atti  della  Società  Ligure  di  storia  patria. 

—  Giornale  storico  e  letterario  della  Liguria. 

Lodi.  —  Archivio  storico  per  la  città  e  comuni  del  circondario  di  Lodi. 
Lucca.  —  Atti  della  Reale  Accademia  lucchese  di  scienze,  lettere  ed  arti. 
Milano.  —  Rendiconti  del  Reale  Istituto  Lombardo  di  scienze  e  lettere. 

—  Rivista  italiana  di  numismatica. 

Mantova.  —  Atti  e  memorie  della  R.  Accademia  Virgiliana. 

Messina.  —  Rivista  di  Storia  Antica.  Periodico  trimestrale  di  Anti- 
chità Classica. 

Modena.  —  Atti  e  memorie  della  Deputazione  di  storia  patria  per  le 
Provincie  modenesi. 


PERIODICI  CHE  PERVENGONO  ALLA  BIBLIOTECA  DI  QUESTA  SOCIETÀ     20^ 

Napoli.  —  Archivio  storico  per  le  provincie  napoletane. 

—  Bollettino  della  Società  Africana  d'  Italia. 
Palermo.  —  Archivio  storico  siciliano. 

—  Documenti  per  servire  alla  Storia  di  Sicilia. 

Parma.  —  Archivio  Storico   per  cura  della   R.  Deputazione  di  storia 

patria  per  le  Provincie  Parmensi. 
Parenzo.  —  Atti  e  memorie    della   Società   istriana  di   Archeologia  e 

storia  patria. 
Perugia.  —  Bollettino  della  Società  Umbra  di  storia  patria. 
Pistoia.  —  Bollettino  storico  pistoiese. 
Roma.  —  Ministero  della  Pubblica  Istruzione,  Indici  e  Cataloghi  delle 

biblioteche  e  raccolte  del  Regno. 

—  Istituto  storico  italiano.  Bollettino  e  Fonti  per  la  Storia  d' Italia. 

—  Rendiconti  della  Reale  Accademia  dei  Lincei. 

—  Archivio  della  R.  Società  romana  di  storia  patria. 

—  Mélanges  de  FEcole  Frangaise  de  Rome. 

—  Quellen  und  Forschungen  aus  italienischen   Archiven  und  Biblio- 

theken  herausg.  v.  Koenigl.  Preussischen  Institut  in  Rom. 

—  Biblioteca  dell'Accademia  Storico-giuridica. 

—  Studi  e  documenti  di  storia  e  diritto. 

—  BuUettino  della  Commissione  archeologica  comunale  di  Roma. 

—  Nuovo  BuUettino  di  Archeologia  Cristiana. 

—  Bollettino  e  Memorie  della  Società  Geografica  italiana. 
Rovereto.  —  Atti  dell'  I.  R.  Accademia  degli  Agiati. 
Savona.  —  Atti  e  memorie  della  Società  Storica  Savonese. 
Spalato.  —  BuUettino  di  Archeologia  e  Storia  Dalmata. 
Sulmona.  —  Rassegna  abruzzese  di  storia  ed  arte. 

Torino.  —  Biblioteca  Storica  italiana  pubblicata  per  cura  della  R.  De- 
putazione di  storia  patria. 

—  Bollettino  Storico-Bibliografico  subalpino. 

—  Bollettino  di  Filologia  classica. 

—  Miscellanea  di  Storia  italiana. 

—  Rivista  storica  italiana. 

—  Atti  e  Memorie  dell'Accademia  delle  Scienze  di  Torino. 

—  Atti  della  Società  di  Archeologia  e  Belle  Arti  per  la  provincia  di 

Torino. 
Trento.  —  Archivio  trentino. 
Trieste.  —  Archeografo  triestino. 


206      PERIODICI  CHE   PERVENGONO  ALLA  BIBLIOTECA  DI  QUESTA  SOCIETÀ 

Veneaia.  —  Atti  del  R.  Istituto  Veneto  di  scienze,  lettere  ed  arti. 

—  L*  Ateneo  Veneto. 

—  Nuovo  Archivio  Veneto. 

Francia  e  Belgio. 

Revue  historique,  Paris. 

Revue  des  questions  historiques,  Paris. 

Revue  d'histoire  diplomatique,  Paris. 

Polybiblion.  Revue  Bibliographique  universelle,  Paris. 

Académie  des  inscriptions  et  belles  lettres.  Compte-rendus  des  séan- 

ces,  Paris. 
Bibliothèque  de  Fècole  des  chartes,  Paris. 
Analecta  BoUandiana,  Bruxelles. 

Bulletin  de  la  Société  des  études  des  Hautes-Alpes,  Gap. 
Journal  des  Savants,  Paris. 
Bulletin  et  mémoires  de  la  Société  nationale  des  antiquaires  de  France 

Paris. 
Bulletin  de  l'Académie  Delphinale,  Grenoble, 

Spagna. 

Boletin  de  la  Real  Academia  de  la  Historia,  Madrid. 
Revista  de  Archivos,  Bibliotecas  y  Museos,  Madrid. 

Austria. 

Archiv  fur  òsterreichische  Geschichte,  Wien. 

Zeitschrift  des  Ferdinandeums  fur  Tirol  und  Vorarlberg,  Innsbruck. 

Mittheilungen  des  Jnstìtuts  tur    òsterreichische    Geschichtsforschung, 

Innsbruck. 
Bulletin  International  de  l'académie  des  sciences  de  Cracovie. 
Mittheilungen  des  histor.  Vereins  fur  Steiermark,.  Graz. 
Beitràge  zur  Kunde  steiermàrkischer  Geschichtsquellen,  Graz. 

Germania. 

Abhandlungend  der  historischen  classe  derKòniglich  Bayerischen  Aka- 
demie  der  Wissenschaften,  Miinchen. 


PERIODICI  CHE  PERVENGONO  ALLA  BIBLIOTECA  DI  QUESTA  SOCIETÀ       207 

Sitzungsberichte  der  historischen  classe  der  K.  K.  Akademie  der  Wis- 

senschaften,  Miinchen. 
Mitteilungen  des  Oberhessischen  Geschichtsvereins,  Giessen. 
Sitzungsberichte  der   Kòniglich   Preussischen  Akademie  der  Wissen- 

schaften,  Berlin. 
Centralblatt  fur  Bibliothekswesen,  Leipzig. 
Zeitschrift  fiir  romanische  Philologie,  Halle. 

Zeitschrift  der  histor.  Gesellschaft  ftir  die  Provinz  Posen,  Posen. 
Zeitschrift  tur  Thuringische  Geschichte,  Jena. 

Svizzera. 

Bollettino  storico  della  Svizzera  Italiana,  Bellinzona. 

Beitràge  zur  vaterlàndischen  Geschichte,  Basel. 

Der  Geschichtsfreund.  Mitteilungen  des  historischen  Vereins  der  tunf 
Orte,  Stans. 

lahrbuch  fùr  Schweizerische  Geschichte,  Zùrich. 

Quellen  zur  Schweizer.  Geschichte,  herausgegeben  von  den  Allgc- 
meinen  geschichtforschenden  Gesellschaft  der  Schweiz,  Basel. 

Mémoires  et  documents  publiés  par  la  Société  d'histoire  et  d'archeo- 
logie de  Genève,  Genève. 

Inghilterra. 

The  English  Historical  Review,  London. 

•     America. 

Amerikan  Journal  of  Archaeology  and  of  the  History  of  the  fine  arts, 

Princeton. 
Smithsonian  Institution,  Washington. 
Johns  Hopkins  University  Studies  in  historical  and  politicai  science, 

Baltimore. 

//  bibliotecario 

B.     NOGARA. 


Amos  Mantegazza,  gerente-responsabile, 

Milano,  tip.  Pietro  Faverio  di  Gonfalonieri  Pietre,  via  Gozzadini,  47'49. 


FONTI  E  MEMORIE  STORICHE 


DI 

S.    ARIALDO 


NON  è  necessario  parlare  di  tutte  le  fonti  storiche  della  vita 
di  S.  Arialdo,  poiché  alcune  di  esse,  come  Arnolfo  e  Lan- 
dolfo Seniore ,  vennero  già  sufficientemente  studiate. 
Credo  invece  utile  discorrere  di  quelle  fonti,  che  non  vennero 
ancora  sottoposte  a  serio  esame,  eguali  sono  le  due  vite  di  S.  Arialdo, 
la  prima  scritta  dal  beato  Andrea  di  Srumi,  la  seconda  scritta 
da  un  anonimo  del  XII  o  XIII  secolo. 

Riguardo  alle  memorie  storiche  si  avverte  che  in  questi  ap- 
punti vengono  raccolti  i  fatti  che  ponno  illustrare  la  storia  spe- 
cialmente postuma  di  S.  Arialdo:  vedremo  quali  leggende  si  so- 
vrapposero alla  sua  figura  storica,  faremo  delle  ricerche  per  rin- 
tracciare, se  ci  sarà  possibile,  il  suo  corpo,  da  ultimo  brevemente 
vedremo  i  monumenti  che  ci  parlano  di  lui. 

In  questo  primo  articolo  parleremo  delle  fonti  storiche. 

E  noto  che  la  causa  per  la  restaurazione  del  culto  a  questo 
santo,  dopo  la  sentenza  favorevole  emanata  dal  tribunale  eccle- 
siastico milanese  il  4  ottobre  1899,  venne  presentata  al  supremo 
tribunale  dell'Apostolica  Sede.  Questo  fatto  darà  maggiore  attua- 
lità e  interesse  a  queste  memorie,  le  quali  saranno  un  ben  pic- 
colo contributo  alla  storia  di  Milano.  Pure  mi  conforta  il  pen- 
siero che  r  indirizzo  moderno  degli  studi  storici  non  rifugge  dai 
minimi  particolari:  dappertutto  si  raccolgono  frammenti  di  storia, 
si  dissotterrano  ricordi  anche  apparentemente  inutili,  ma  che  poi 

Arch.  Star.  Lo>nb.  -   Anno  XXVII.   —  Fase.  XXVHI.  14 


210  FONTI    K    MEMORIE    STORICHE 

avranno  il  loro  posto  nella  ricostruzione  ideale  del  mondo  che 
tu;  sono  come  ossa  aride  che  si  trovano  sparse  qua,  là  nelle  n 
viste,  nelle  memorie  di  Archivio,  in  mille  opuscoli,  che  aspettano 
una  potente  intelligenza  sintetica,  la  quale  li  unisca  in  un  sol 
tutto,  e  su  quelle  ossa  intimi  col  profeta  :  Ossa  aride,  ascoltate  la 
voce  del  Signore....  ed  ecco  accostarsi  osso  ad  osso ,  formarsi  ì 
nervi ,  stendersi  la  pelle ,  e  bacare  in  piedi  vivo  ed  agguerrito 
un  esercito  grandissimo. 

I. 

Della  prima  vita  di  S.  Arialdo 
scritta    dal    B.    Andrea    di    Srumi. 

'Di  Andrea  di  Srumi  parlano  diversi  autori,  fra  i  quali  noto 
i  Bollandisti  ai  io  marzo  (.4.  SS.  Martii,  II,  48)  e  Affò  nei  Lette- 
rati parmigiani  (I,  pag.  49).  Si  potrebbero  anche  vedere  le  non 
poche  meinorie  Vallombrosane  e  anche  alcuni  manoscritti  conser- 
vati nelle  Biblioteche  di  Firenze,  specialmente  nella  Marucelliana. 
Dirò  brevemente  di  lui. 

Gli  autori  comunemente  lo  dicono  parmigiano,  però  io  non 
ho  trovato  alcun  documento,  sul  quale  poggi  tale  'asserzione:  sol- 
tanto sappiamo  che  la  sua  terra  natale  doveva  essere  lontana  da 
Vallombrosa  cinque  giorni  di  viaggio  a  piedi,  il  che,  per  quanto 
sia  una  indicazione  molto  vaga,  può  avverarsi  meglio  di  Parma 
che  di  Milano  (i).  Solo  negli  ultimi  anni  della  vita  di  S.  Arialdo 
Andrea  appare  come  uno  dei  canonici  o  fratelli,  che  abitavano 
nella  canonica  di  P.  Nuova,  vivendo  vita  comune:  è  quindi  pro- 
babile quanto  scrive  l'Affò  che  Andrea  verso    il    1061    abbia  do- 


(i)  Lettera  di  Siro  ad  Andrea  presso  Puricelli^  De  SS.  Arialdo 
Alciato  et  Herlembaldo  Coita,  Mediolani,  i658,  p.  119.  Petisti  famostun 
et  celebre  Vallis  Umbrosce  ccenobium  itinere  dierum  quinque  a  natali  solo 
semotum.  —  Per  andare  ad  Angera  da  Milano  Andrea  aveva  impie- 
gato buona  parte  d'un  giorno  e  una  notte  (vedi  ivi,   p.  108,  cap.  29). 


DI    S.    ARIALDO  21  1 


vLito  abbandonare,  come  fecero  altri,  la  sua  patria,  la  quale  era 
sede  di  Cadalo  antipapa,  che  si  chiamava  «Apostolico  eletto  (i)». 
A  Milano  divenne  amico  intimo  di  Arialdo,  e  gli  fu  fedele  anche 
nella  sventura.  Quando  il  suo  amato  maestro  venne  di  nascosto 
ucciso  (1066),  egli  andò  al  lago  Maggiore,  per  averne  notizie,  ne 
conobbe  la  miseranda  fine,  che  poi  fedelmente  ci  descrisse,  né  sa- 
peva staccarsi  da  quei  luoghi,  prima  di  avere  veduto  il  cadavere 
del  santo  martire;  corse  tre  volte  pericolo  di  vita,  una  volta  dai 
satelliti  di  Oliva,  Tempia  nipote  di  Guido,  fu  preso  e  chiuso  in 
orrida  prigione,  dove  anche  ammalò,  ma  poi  lo  lasciarono  li- 
bero (2).  Fu  spettatore  del  solenne  trasporto  del  corpo  del  mar- 
tire dalle  sponde  del  Ticino  a  Milano;  poi  ritirossi  in  patria,  ma, 
desideroso  di  chiudersi  in  un  convento,  dove  la  disciplina  fosse  ri- 
gorosamente osservata,  andò  pellegrinando  a  piedi  a  Vallombrosa, 
e  si  pose  sotto  la  guida  di  S.  Giovanni  di  Gualberto  ,  come  già 
prima  di  lui  avevano  fatto  molti  altri  milanesi,  cremonesi  e  pia- 
centini (3)  e  vestì  1'  abito  valloni brosano.  Indi  a  non  molto 
venne  eletto  abate  di  S.  Fedele  in  Srumi  nel  Casentino ,  dio- 
cesi di  Arezzo.  Già  fin  dal  io85  un  documento  riferito  dal 
Soldani  ed  accennato  dall' Affò  lo  presenta  rivestito  di  tale  di- 
gnità (4).  Abbiamo  diversi  documenti,  che  parlano  di  lui:  uno 
appartiene  all'anno  1090(5),  un  altro  all'anno  1094  (6)  e  due 
all'anno    1100(7).    ^^^   i^   ^^^  possiamo  bene   essere   sicuri    eh' ei 

(i)  Affò,  Letterati  Parmigiani,  (Parma,  1789)  voi.  T,  49  e  anche 
Storia  di  Parma,  II,  all'  anno  1061. 

(2)  Lettera  di  Siro  sopra  citata. 

(3)  Vita  di  S.  Giovanni  di  Gualberto  scritta  dal  B.  Andrea  negli 
Ada  SS.  Julii,  III,  357  (cap.  VII,  79). 

(4)  Affò,  Letterati  Parmigiani,  1.  e,  cita  un'  opera  del  Soldani,  che 
non  ho  potuto  vedere. 

(5)  Davidsohn,  Geschichte  von  Florenz  (Berlin,  1896),  291,  parla  di 
Andrea  di  Brunii,  e  affatto  gratuitamente  dice  che  sostenesse  anche 
coir  armi  la  Fatarla  milanese.  Nei  Forschungen  zur  alter en  Geschichte 
von  Florenz,  69,  cita  il  documento  dell'  anno  1090. 

(6)  Soldani,  Historia  Monasterii  S.  Michaelis  de  Passignano,  p.  ii56. 

(7)  Soldani,  Op.  cit.,  p.  116,  e  Affò,  Storia  di  S.  Bernardo  U ber  ti 
Vescovo  di  Parma  (Parma,  1788)  a  pag.   118,   nota  3  tra  i    sottoscritti. 


Mi:.M()i(iic  sroKicMi; 


non  mori  nel  1097,  come  comunemente  si  disse.  Anzi  egli  doveva 
essere  in  vita,  e  maneggiare  la  penna  anche  nell'anno  1106,  per- 
chè neir  ultimo  miracolo,  ch'egli  attribuisce  a  S.  Giovanni  di 
Gualberto  in  line  della  vita  che  scrisse  di  quel  santo,  dà  il  titolo 
di  vescovo  di  I^irma  a  Bernardo  liberti,  monaco  vallombrosano 
e  cardinale,  il  quale  non  conseguì  quel  vescovado,  se  non  nel 
I  loò  (i).  Ma  quell'anno  fu  anche  l'ultimo  di  sua  vita,  poiché  nel 
1 J07  o  forse  alla  tìnc  del  1 106  troviamo  ricordato  il  suo  successore 
nel  monastero  di  S.  Fedele  di  Srumi  (2).  I  suoi  biografi  (seguendo 
Io  scrittore  Vallombrosano  Girolamo  di  Raggiolo,  che  scriveva  nel 
i486),  dicono  che  egli  fece  buona  opera  pacificando  gli  aretini  e 
i  fiesolani  in  lotta  fra  loro,  che  minacciavano  venire  all'armi. 
Fu  anche  rigoroso  conservatore  della  disciplina  monastica,  come 
possiamo  arguire  dal  fatto  che  in  quel  monastero  Vallombrosano, 
dove  la  disciplina  monastica  era  pur  rigorosamente  osservata,  egli 
si  lamentava  che  i  monaci  dai  secolari  solo  per  l'abito  si  distin- 
guessero e  non  per  le  virtù  (3).  Il  nostro  Andrea  venne  sepolto  nella 
chiesa  del  suo  monastero  di  Srumi,  e  la  sua  memoria  è  ricordata 
nel  martirologio  dell'ordine  ci   io  di  marzo  col  titolo  di  beato. 

Scrisse  due  opere  assai  pregevoli,  dice  il  Davidsohn,  per  la 
storia  dì  quei  tempi  ancor  barbari  ed  oscuri,  le  quali  per  somma 
ventura  ci  vennero  conservate;  la  Vita  et  Passio  Sanati  Arialdi 
Mediolanensis  diaconi  et  martyris  e  la  Vita  S.  Joannis.  Questa 
seconda  opera  fu  scritta  dal  nostro  Andrea  già  vecchio;  scoperta 
nel  1691  venne  pubblicata  per  la  prima  volta  dal  Papembroch 
negli  Acta  SS.  Jiilii,  tom.  Ili,  343-65,  ma  di  essa  noi  non  par- 
leremo. 

L'opera  che  ci  interessa  è  quella  riguardante  S.  Arialdo.  Venne 
essa  scritta  da  Andrea  nella  seconda  metà  dell'anno  1075(4). 


(i)  Ada  Sanctorum  Jiilii,  III,  365, 

(2)  Davidsohn,  Forscìmngen,  ecc.,  1.  e,  p.  69. 

(3)  Ada  SS.  Julii,  III,  348. 

(4)  Il  P.  Rodolfo,  al  quale  è  dedicata  1'  opera  di  Andrea,  tenne  il 
generalato  Vallombrosano   dal  12  luglio  1073  al  12  novembre  1075.  11 


DI    S.    ARIALLO 


Dell'occasione,  che  Io  spinse  a  scriverla  egli  stesso  così  dice 
in  una  lettera  al  prete  Siro,  altro  dei  canonici  o  fratelli  di 
S.  Arialdo,  che  abitavano  nella  canonica  di  P.  Nuova,  il  quale 
dopo  la  morte  del  santo  divenne  rettore  della  chiesa  di  S.  Maria 
Podone:  Legente  me,  gli  scrive  Andrea,  olim  ea  quce  ciini  socio 
Herìmberto  de  venerabili  Arialdo  scripsisti,  reperi  vos  multa  prce- 
terisse,  qua^  dici  oporteret.  Unde  factum  est  ut  jubente  B.  memo- 
riae  Rodulpho  patre,  cujus  anima  jam  cum  Christo  gaudet,  multa, 
tam  de  liis  qucv  omisisti,  quam  qua^  dixisti  exprimere  conatas 
sinn.  Qiice  ad  te  mittens,  obsecro  per  charitatem,  ut  diligente)' 
inspicias,  et  si  vera  sunt  testimonium  feras.  Nam  sicut  ipsiim 
ìiabuij  ut  hcec  facerem,  prceceptorem,  sic  te  habere  volo,  ut  vera 
sint,  assertorem....  Tu  enim  tanto  tempore  ejus  esse  frater  fami- 
liaris  meruisti,  ut  pene  quidquid  de  eò  dixerim,  proprio  intuitu 
inspiceres. 

A  questa  lettera  risponde  Siro  :  Miror,  diarissime,  quod  de 
illis  requiras  rebus  unum  testem,  quas  testari  possimi  non  solum 
multa  millia  jìdelium  (i  Patarinì  così  chiamavano  sé  stessi)  sed 
etiam  infidelium  (cioè  i  nicolaiti  e  simoniaci  e  loro  sostenitori). 
Et  si  nulliis  super es set  alius,  qui  harum  rerum  existere  posse t 
testis  idoneus,  quis  tam  vecors  inveniretur,  qui  diceret  te  scrip- 
sisse  falsa  ?...  Porro  de  obitu  eius  ciani  peracto  quis  te  certior 
existit  ?  qui  prò  hoc  mortis  periculo  ter  te  dedisti....  Verumtamen. 
licet  multum  Iceter  super  cuncta  quce  dixisti,  quia  vera  sunt,  et 
a'dificationi  utilia,  tamen  valde  dolco  quia  omisisti  prcecipua,  ti- 


B.  Andrea  scriveva  la  vita  di  S.  Arialdo  mentre  da  poco  tempo  era  morto 
Erlembaldo  (vedi  cap.  XVI  dell'edizione  Puricelliana)  e  sappiamo  che 
Erlembaldo  morì  nella  primavera  del  loyS.  Confrontando  il  proemio  del- 
l'opera di  Andrea  con  la  prima  lettera  sua  al  prete  Siro  veniamo  a  sapere 
che  l'opera  si  cominciò  essendo  ancor  vivo  Rodolfo  secondo  generale 
Vallombrosano,  e  si  finì  quand'esso  era  già  morto.  Finalmente  lo  stesso 
Andrea  ci  dice  che  egli  scrisse  la  vita  di  S.  Arialdo  nel  decimo  anno 
dalla  morte  di  lui  (cap.  33  dell'edizione  Puricelliana)  e  quindi  non  dieci 
anni  dopo  quel  martirio ,  ma  piuttosto  nove  anni  dopo ,  correndo  il 
decimo.  Tutte  queste  circostanze  confermano  che  1'  opera  di  Andrea 
venne  finita  nella  seconda  metà  del  1075. 


2  1^  FONTI    K    MKMOUIK    STORICHE 

biqiic  votissitJia,  et  ciir  hoc  feceris  sic  admiron,  ut  velim  ex  his 
iìliqiiantula  prudere  coram  te,  et  qiiare  dimiseris  addiscere.  K 
qui  ci  racconta  alcuni  fatti  di  qualche  importanza  (i). 

Queste  parole  di  Siro  ci  fanno  lamentare  la  perdita  della 
vita  di  S.  Arialdo  scritta  da  lui  e  dal  suo  socio  Erimberto,  la 
quale  forse,  raccontando  quelle  cose  (prcecipua),  che  Andrea  tra- 
scurò, avrebbe  portato  un  importante  contributo  alla  storia  così 
di  S.  Arialdo  come  di  Milano.  Non  è  a  dire  perduta  ogni  spe- 
ranza di  poterla  rintracciare  in  qualche  scadale  di  biblioteca 
conventuale  o  altrove  ,  ma  è  debole  speranza,  se  osserviamo  che 
ài  quella  vita  di  S.  Arialdo  nessun  altro  accenno  si  rinviene  poi. 

Le  citate  lettere  ci  manifestano  anche  quanto  sia  degno  di 
fede  lo  scritto  del  nostro  Andrea  ,  il  quale  non  risparmiò  fa- 
tiche e  viaggi  per  venire  in  chiaro  della  verità.  Per  quanto  con- 
cerne l'educazione  ed  i  primi  anni  di  vita  pubblica  di  S.  Arialdo, 
egli  riferisce  quel  che  udì  dal  di  lui  fratello  Melchiorre  (a  Mar- 
cinone, nome  che  in  questo  caso  non  è  di  dignità  ,  come  alcuni 
credettero,  ma  di  persona)  dal  fedel  servo  Bonvisino,  dalla  madre 
B'eza  ,  che  Andrea  vide  a  Cucciago ,  e  da  molti  altri  testimoni 
oculari  (2).  Per  gli  ultimxi  anni  poi ,  che  sono  anche  i  più  im- 
portanti, il  nostro  autore  è  egli  stesso  testimonio  oculare,  e  ben 
può  dire  di  quanto  narra:  pars  magna  fui.  Si  mostra  poi  sempre 
amante  del  vero.  11  Wattenbach,  parlando  di  Arnolfo,  dice  che 
costui  nel  narrare  i  fatti  si  discosta  per  lo  più  da  Landolfo  Se- 
niore, che  pure  era  del  suo  stesso  partito,  e  invece  quasi  sempre 
si  accorda  con  quanto  scrivono  Andrea  di  Srumi  e  Bonizone  di 
Sutri,  che  pure  militavano  nel  partito  avverso  (3).  Quest'osserva- 
zione, che  è  esatta,  costituisce  la  più  bella  testimonianza  a  favore 
dei  tre  scrittori,  e  la  prova  più  convincente  della  nessuna  fede,  che 
merita  Landolfo  il  Vecchio. 

Andrea  però  era  monaco ,  e  scriveva   per  monaci ,  poiché  il 


(i)  PuRicELLi,  op.  cit.,  lib.  II,  cap.  34  e  35. 

(2)  PuRicELLi,  op.  cit.,  pag.  73,  75,  83,  etc. 

(3)  M.  G.  H.  Script.,  Vili,  prefazione  ad  Arnolfo. 


DI    S.    ARIALDO  21  D 


SUO  libro  doveva  essere  mandato  ai  dodici  monasteri  dell'ordine 
Vallombrosano  per  essere  ivi  letto.  Per  questo  motivo  forse,  egli 
credette  di  poter  trascurare  molti  di  quei  fatti ,  che  Siro  a  ra- 
gione chiamava  prcecipua ,  e  che  riguardano  i  rapporti  della 
storia  di  Arialdo  con  la  storia  della  città  di  Milano,  come  p.  e.  la 
legazione  di  S.  Pier  Damiani  ed  altre  legazioni  pontificie  seguite 
in  quel  periodo  di  tempo.  Questa  è  una  lacuna  che  dobbiamo  la- 
mentare. Ei  si  mostra  poi,  non  però  di  frequente,  troppo  facile 
nel  giudicare  un  fatto  come  soprannaturale.  Del  resto  non  solo 
sotto  l'aspetto  agiografico,  ma  anche  sotto  quello  storico  questo 
autore  è  della  massima  autorità  ed  importanza. 

Ed  ora  passiamo  in  rivista  i  codici  dell'opera  di  Andrea. 

Quelli  eh'  io  ho  studiati   sono   tre,   conservati  tutti  nella  bi- 
blioteca Alessandrina  di  Roma. 

i)  Codice  segnato  Sp.  —  È  miscellaneo  di  diverse  mani,  nella 
parte  III,  a  fol.  694  e  segg.  di  mano  del  secolo XVII, si  legge:  Passio 
sanctorum  Martyrum  Arialdi  levitai  et  sociorum  S.  Joannis  Giial- 
berti  alumnoriim,  \^ab~]  Andrea  Vallis  Umbrosa^  monaclio  itineris  et 
certaminis  ipsoriini  comite  individuo  descripta.  I  fogli  furono  posti 
da  chi  rilegò  il  codice,  nel  più  brutto  disordine,  basti  dire  che 
la  vita  comincia  col  penultimo  foglio,  che  non  era  neppure  nu- 
merato. Le  parole  del  codice  sopra  citate  ci  manifestano  che, 
quando  esso  fu  scritto,  era  già  formata  la  tradizione  vallombro- 
sana,  che  ascrive  S.  Arialdo  a  quell'  ordine  monastico,  e  gli  dà 
alcuni  compagni:  di  ciò  parleremo  in  seguito.  Questo  codice 
non  appare  nel  catalogo  dei  mss.  Alessandrini  compilato  da  Nar- 
ducci,  e  mi  fu  indicato  dal  bollandista  Van  Ortroy,  cui  porgo 
ringraziamenti  come  per  questo,  così  per  molti  altri  ajuti  ch'ebbe 
la  bontà  di  darmi. 

2)  Codice  segnato  pp  :  pure  miscellaneo  di  diverse  mani  del 
secolo  XVII:  ha  una  Vita  et  Passio  S.  Arialdi  Martyris  Me- 
diolanensis. 

Questi  due  codici  non  sono  che  copie  del  solo  importante 

3)  Codice  segnato  2^  b.  —  È  pure  miscellaneo  di  diverse 
mani,  in  quarto.  Vi  si  trovano  (N.  3)  due  quaderni  in  pergamena 


i;     MI   .M(»IM 


col  titolo  in  rosso:  Incipit  prologus  iìi  passione  Sancii  Arialdi 
Martyris  Mediolanensis  :  bella  scrittura  a  due  colonne.  Questo 
codice  venne  esaminato  (nel  1895?)  dal  Davidsohn  (1)  il  dotto 
scrittore  della  Storia  di  Firenze,  il  quale  senza  esitanza  lo  attri- 
buisce alla  line  dell'  XI  secolo;  nel  quiilc  avviso  concordano  il 
bollandista  Van  Ortroy  ed  il  bibliotecario  della  Vaticana  dottor 
Mercati,  i  quali,  al  più  tardi,  lo  ascrivono,  pei  caratteri  paleo- 
ieratici,  al  principio  del  XII  secolo,  ma  non  sono  lontani  dal  cre- 
derlo anche  lo  stesso  autos^rafo  di  Andrea,  benché  non  abbiano 
trovato  argomento  serio  per  dirlo  tale.  Si  deve  però  avvertire-chc 
nel  codice  appajono  non  solo  delle  annotazioni  marginali  ed  in- 
terlineari di  mano  posteriore,  ma  anche  non  poche  correzioni,  che 
appartengono  alla  stessa  mano,  che  scrisse  il  codice,  e  che  sem- 
brano, più  che  sbagli  del  copista,  pentimenti  dello  scrittore,  che 
volle  modificare  il  proprio  pensiero:  il  che  ci  fa  supporre  di  es- 
sere alla  presenza  dell'  autografo  del  B.  Andrea. 

Queste  correzioni,  che  appartengono  alla  stessa  mano  che 
scrisse  il  codice,  passarono  nell'ediziine  del  Puricelli  e  da  essa 
nelle  susseguenti  dei  Bolla  udisti  {Acta  SS.  Jiiniì,  die  27,  tom.  V, 
281000)  e  del  Migne  (P.L.,  tom.  CXLIII,  1437-82).  Invece  le  an- 
notazioni di  mano  posteriore  sono  ancora  inedite.  È  pregio  del- 
l'opera  pubblicarle  ora.  Il  Davidsohn  {\.  e.)  giudica  che  la  mano 
che  fece  queste  annotazioni  sia  della  fine  del  secolo  XII,  solo  due 
annotazioni  sono  di  mano  assai  posteriore  e  verranno  accennate. 

Nel  primo  foglio  del  codice,  recto,  si  trovano  le  principali 
annotazioni. 

i)  In  principio  del  prologo  e  della  dedica  a  Rodolfo:  Iste 
Rodidphus  fiiit  sanctus  abbas  Valle  et  discipulus  Sancti  Joannis 
Gualberti. 

2)  Alla  fine  del  prologo,  dove  Andrea  dico,  che  il  suo  scritto 
verrà  mandato  ai  dodici  conventi  vallombrosani  :  Vallombrosanus 
ardo  tiinc  non  habebat  pliira  monasteria. 

3)  In  principio  della  vita,  dove,  parlando  di  Cucciago,  l'au- 

(i)  Forschungeii,  eie,  loc.  cit. 


DI    S.    ARI  ALDO  2iy 


tore  dice  che  è  tra  Milano  e  Como,  e  spiega,  al  vigesimo  miglio 
dal  maggiore  e  al  quinto  dal  minore,  la  rubrica  pone  sulla  pa- 
rola majorc  «  Mediolano  »,  sulla  parola  minore  «  a  Como,  qua' 
iirbs  est  » . 

4)  Sulla  line  della  seconda  colonna  troviamo  questa  nota 
marginale  riferita  a  S.  Arialdo:  Iste  Sanctus  temporibus  fiiit 
beati  Joannis  abbatis  Vali,  et  pugnam  cum  nicolaytis  habuit  et 
simoniaciSf  in  tantum  ut  martyrium  meruerit,  ciijus  discipulus 
Andreas   monacus  effectus  est  in  monasterio  predicto. 

5)  In  calce  alla  pagina,  di  mano  del  secolo  XVII,  sta  scritto: 
Ex  libris  D.  Constantini  Caietani  a  Siracusis  monaci  cassi 
nensis. 

6)  Pur  troppo  questo  prezioso  codice  è  mutilo,  mancando 
il  primo  foglio  del  secondo  quaderno,  e,  quello  che  è  peggio, 
mutilo  laddove  si  narra  uno  dei  più  importanti  momenti  della 
vita  di  S.  Arialdo,  quando  l'Arcivescovo  venne  colpito  di  scomu- 
nica e  ne  nacque  il  tumulto  della  pentecoste  del  1066.  L'ultima 
pagina  del  primo  quaderno  finisce  parlando  dei  due  preti  di  Monza, 
che  furono  imprigionati  da  Guido  e  liberati  da  Arialdo,  e  ne  de 
scrive  l'entrata  in  Milano:  Qiiibus  Christi  famulus  cum  multis 
fidelibus  illieo  occurrit  obvius,  eosque  deoscalans  cum  magno  gau- 
dio suscepit  et  excelsa  voce  Te  Deum  laudamus,  cum  fratribus 
cantare  ccepit,  illosque  in  Ecclesia  introduxit.  Qiios  tunc...  E  qui 
manca  il  foglio.  Una  mano  assai  posteriore  (del  secolo  XVI  ?)  scrisse 
sotto  quel  quos  tunc  la  parola:  costerna,  per  l'evidente  fine  di  far 
scomparire  la  mancanza  del  foglio,  poiché  quel  costerna  doveva 
unirsi  alle  prime  parole  del  foglio  seguente  tos  cruentosque.  Av- 
veniva però  naturalmente  una  grande  confusione  di  pensiero,  poi- 
ché dall'  allegra  accoglienza  dei  due  preti  di  Monza  a  Milano  si 
passava  ad  una  delle  ultime  fasi  del  tumulto  della  pentecoste 
del  1066.  Eppure  i  compilatori  dei  codici  89  e  99  sopra  ricordati 
non  vi  badarono  neppure,  e  non  ci  badò  neanche  Giustiniano 
Marsili,  un.  monaco  Vallombrosano,  che  scrisse  nella  prima  metà 
del  secolo  XVII  due  vite  di  S.  Arialdo,  una  in  italiano  conser- 
vata manoscritta    nell'Archivio    della    chiesa   di    S.  Giuseppe  in 


iS 


lUNll     K    Mfc-MUKIii    blUHU.Hl. 


J^escia  (codice  segnato  e.  43),  e  una  in  latino  conservata  all'Am- 
brosiana tra  i  manoscritti  del  Puricelli  nel  codice  D,  2ì2  inf. 

In  questo  grave  errore  non  poteva  cadere  il  Gaetani,  il  quale 
quindi  si  diede  attorno  per  trovare  il  foglio  perduto,  ma  senza  ri- 
sultato. E  indirizzando  una  lettera  al  Puricelli  (o  a  Matteo  Valerio), 
nella  quale  mandava  copia  di  quella  parte  della  vita  di  S.  Arialdo 
scritta  dall'Anonimo,  che  in  qualche  modo  suppliva  alla  man- 
canza del  manoscritto,  diceva:  «  La  vita  del  Beato  Arialdo,  quale 
«tengo  io,  è  d'altro  autore,  e  più  breve,  e  nel  fine  dice  che 
«  questo  Beato  da  Alessandro  II  Papa,  essendo  in  Milano,  fu  messo 
«  nel  catalogo  dei  santi  martiri  (parla  della  vita  dell'Anonimo). 
«  In  quella  di  V.  P.  (cioè  in  quella  del  B.  Andrea,  di  cui  il  Va- 
«  lerio  prima,  poi  il  Puricelli  possedevano  una  copia)  mancano 
«  queste  cose  seguenti  nel  foglio  che  li  accennai  j).  Segue  la  copia 
del  brano  dell'Anonimo  (i). 

Neil' esaminare  i  codici  avevo  qualche  speranza  di  poter  tro- 
vare il  foglio  perduto,  o  almeno  una  qualche  copia  fatta  sullo 
scritto  di  Andrea  non  ancora  mutilo:  ma  non  ne  fu  nulla. 

Finalmente  avverto  che  l'unica  annotazione  passata  nella 
stampa  è  precisamente  questo  sbaglio  del  costerna  :  benché  il 
Puricelli  ponga  in  avviso  il  lettore  della  mancanza  del  foglio. 
Continuiamo  a  indicare  le  note  marginali  : 

7)  In  principio  della  lettera  di  Andrea  a  Siro  la  stessa  mano 
della  fine  del  secolo  XII  pone:  Monacus  fiiìt  Vallis  umbrosce  iste 
Andreas. 

8)  Nella  lettera  di  Siro  ad  Andrea,  dove  si  fanno  le  lodi 
del  monastero  vallombrosano:  Nota  de  monasterio    Valle. 

Da  queste  annotazioni  giova  ricavare  qualche  lume. 

L'annotatore  sicuramente  è  un  monaco  vallombrosano,  ep- 
pure mentre  non  fa  che  mettere  in  lilievo  le  glorie  del  suo  or- 
dine e  nota  con  compiacenza  e  ripetutamente  che  il  B.  Andrea, 
lo  scrittore,  ad  esso  apparteneva,  non  dice  mai  che  vallombrosano 
fosse  r  eroe  stesso  e  il  martire.    Si  capisce  che  la  tradizione,  che 


1 


(i)  Codice  Alessandrino,  99  (voi.  II),  p.  489. 


DI    S.    ARI  ALDO  2ig 


iiscrive  S.  Arialdo  a  quell'ordine,  non  era  ancor  nata.  —  Siamo 
assicurati  che  il  B.  Rodolfo,  a  cui  Andrea  dedicò  l'opera  sua,  è 
il  successore  di  S.  Giovanni  di  Gualberto  nel  generalato  dell'or- 
dine. 

Ed  ora  sarà  bene  tentare  una  breve  storia  del  codice  e  del- 
l'edizione Puricelliana. 

Il  codice  dovette  servire  a  qualche  monastero  vallombrosano 
di  Toscana,  le  note,  che  sempre  parlano  di  quell'  ordine  mona- 
stico, e  r  annotazione  di  Como  qiice  iirbs  est  ce  lo  fanno  intrav- 
vedere.  Anzi  possiamo  essere  sicuri  eh'  esso  un  tempo  le'  parte 
dell'Archivio  di  Vallombrosa. 

Infatti  il  Marsili,  di  cui  sopra  ho  toccato,  intesta  la  vita  la- 
tina di  S.  Arialdo  (i)  da  lui  composta  prima  del  1640,  così:  Com- 
pendiinn  viice  S.  Arialdi  Diaconi  et  Martyris  invictissimi....  ex 
;peciidineis  antiqiiissimis  scriptis  deprompta%  qucv  olim  in  Archi- 
caenobio  Vallis  iinibrosce  Juerunt  repertce,  sed  ab  extraneo  scrip- 
tore  siiffuratce ^  ìiostrisqiie  temporibus  Roma^  in  aniciana  bi- 
bliotheca  adhnc  consej^vatce.  Viene  il  sospetto  che  sia  stato  il 
P.  Gaetani  a  levare  quel  codice,  per  suoi  studi.  Si  osservi  che 
l'antico  Archivio  Vallombrosano  era  davvero  ricchissimo,  ma  quei 
tanti  tesori  andarono  perduti,  parte  per  incendi,  parte  perchè  i 
libri  imprestati  al  Baronio  e  ad  altri  non  ritornarono  a  casa  (2) 
e,  più  che  tutto,  per  le  due  ultime  soppressioni  dell'ordine  nel 
1810  e  1869;  alcuni  buoni  manoscritti  ,  che  già  appartenevano 
a  quell'Archivio,  vennero  dati  alle  biblioteche  dello  Stato  a  Fi- 
renze, e  l'Archivio  dell'ordine,  che  si  conserva  nel  monastero  di 
S.  Giuseppe  a  Pescia,  è  ridotto  adesso  a  ben  poca  cosa. 


(i)  Codice  Ambrosiano  D,  212  inf. ;  miscellaneo  di  diverse  mani 
del  secolo  XVII,  contiene  molti  scritti  del  Puricelli,  dei  quali  taluni 
riguardano  S.  Arialdo,  e  questa  vita  di  mano,  pare,  dello  stesso  com- 
pilatore. 

(2)  SoLDANi  in  Oucstioiti  Vallombrosane  (Lucca,  i73i),  parte  1,  8. 


MICMORIE    STORICHi: 


La  «  biblioteca  Aniciana  »,  di  cui  ci  parla  il  Marsili,  era  al- 
l'Ospizio  di  S.  Gregorio  sul  monte  Celio,  detta  quindi  anche 
Gregoriana.  Quando  papa  Alessandro  VII  nel  lòfli  l'ondò  la  bi- 
blioteca, che  da  lui  prese  il  nome,  annessa  al  Palazzo  della  Sa- 
pienza, vi  trasportò  i  manoscritti  e  i  libri  dell'Aniciana  :  ed  ecco 
come  il  nostro  codice  passò  dove  oggi  si  trova.  L'  Alessandrina 
s'arricchì  anche  con  la  ricca  biblioteca,  che  possedeva  il  Gaetani 
(più  che  sei  mila  volumi)  e  coi  manoscritti  di  lui  prima  depositati 
all'Aniciana.  I  due  altri  codici  sopra  notati  della  vita  di  S.  Arialdo 
fanno  parte  dei  mss.  del  Gaetani.  I  quali,  diciamolo  per  transenna, 
sono  d'una  grande  importanza  specie  per  l'agiografia,  poiché  il 
Gaetani  lece  egli  stesso  e  fece  fare  copia  di  molti  codici,  special- 
mente di  vite  di  santi,  che  andaron  poi  perduti.  Quindi  quelle 
copie  fanno  rivivere  preziosi  manoscritti. 

Però  l'Archivio  Vallombrosa.no  possedeva  nel  secolo  XVII, 
una  copia  del  ms.  delTAniciana,  poi  dell'x^lessandrina,  giacché  il 
Franchi,  che  stampò  a  Firenze  nel  1640  una  vita  di  S.  Giovanni 
Gualberto  (i),  la  nota  insieme  con  altri  manoscritti  da  lui  con- 
sultati, e  il  Marsili  nel  iòSp  ne  faceva  una  traduzione  in  italiano 
pel  popolo,  che  si  conserva  ancora  manoscritta  (2).  Questa  copia 
lo  non  riio  vista,  però  essa  certamente  era  mutila;  piuttosto  la 
copia  che  servì  prima  all'anonimo  autore  della  seconda  vita  di 
S.  Arialdo,  poi  all'Alciati  dovrebbe  essere  integra  e  dovrebbe  tro- 
varsi in  Lombardia. 

Il  prezioso  cod.  dell'  Alessandrina  venne  attentamente  stu- 
diato dal  Gaetani,  che  ne  fecQ  estrarre  per  suo  comodo  due  copie. 
Lo  mostrò  anche  al  Baronio,  il  quale  ne  usò  nel  comporre  i  suoi 
Annali  (3).  Fu  appunto  il  Baronio,  coli' inserire  la  vita  di  S.  Arialdo 


(i)  Nella  noia  degli  autori  manoscritti  citati  nelV opera  al  n.  i  pone 
Andrea,  l'opera  del  quale  dice  trovarsi,  benché  non  originale,  nell'Ar- 
chivio di  Vallombrosa. 

(2)  Biblioteca  del  convento  di  S.  Giuseppe  in  Pescia,  codice  se- 
gnato C,  45;  è  la  traduzione  dell'opera  del  P.  Andrea,  "  affinchè  anche 
il  popolo  possa  conoscere,  amare,  onorare  S.  Arialdo  „. 

(3)  Guam  (vitam  S.  Arìaldi)  antiqiiitiis  scriptam  accepimus  a  Domino 


DI    S.    ARIALDO  22  1 


ne' suoi  Annali,  che  diede  a  questo  santo  celebrità:  mentre 
prima  era  noto  solo  agli  storici  milanesi,  i  quali  le  notizie  di 
lui  ricavavano  da  Landolfo  e  da  Arnolfo,  o  dagli  zibaldoni  del 
Fiamma. 

Poco  tempo  dopo,  essendo  a  Roma  Matteo  Valerio  monaco 
certosino,  che  fu  poscia  priore  della  Certosa  di  Pavia  e  che  vi 
fondò  la  biblioteca,  il  Gaetani  mostrò  anche  a  lui  il  codice  di 
Andrea  di  Srumi.  Il  Valerio,  che  già  possedeva  un  esemplare  della 
seconda  vita  di  S.  Arialdo  composta  dall'  Anonimo,  ne  fu  oltre- 
modo contento,  e  subito  ne  volle  fare  una  copia  abbastanza  fe- 
dele, che  portò  seco  a  Pavia. 

In  Milano  a  quei  tempi  viveva  un  altro  ricercatore  passio- 
nato ed  intelligente  di  antichità,  il  Puricelli,  preposto  o  meglio 
Arciprete  di  S.  Lorenzo  maggiore,  stretto  in  amicizia  e  col  Gae- 
tani e  col  Valerio.  Costui  venne  ripetutamente  dallo  stesso  Va- 
lerio pregato,  perchè  volesse  dare  alle  stampe  e  l'opera  d'Andrea  di 
Srumi  e  la  seconda  vita  dell'Anonimo,  che  allora  si  credeva  dettata 
da  Landolfo  Juniore,  dichiarandosi  il  Valerio  prontissimo  a  pre- 
stargli le  copie  delle  due  vite  di  S.  Arialdo  non  solo,  ma  anche 
un  brano  di  vita  dello  stesso  santo  cominciata  a  scriversi  da 
Andrea  Alciati,  di  cui  pure  il  Valerio  possedeva  una  copia  (i). 
Si  conservano  in  diverse  biblioteche  alcune  lettere  concernenti 
queste  trattative.  Il  Puricelli  il  3o  gennajo  1641  scriveva  al  Gae- 
tani :    «Non  mi  è    stato  neanco    possibile    il    mettere    all'ordine 

«  compitamente    la    vita   del  nostro    S.   Arialdo Quando  tal 

«  vita  sia  in  ordine  V.  P.  sarà  la  prima  ad  essere  avvisata  »  (2). 


Cosimi /ino  Caj etano  monacho  cassinensi ,  qui  in  huiusmodi  antiquiiaiibus 
in  htcem  vindicandis  fructuose  laborat  {Annali,  anno  1066,  art.  16). 

(i)  Prefazione  del  Puricelli  all'  opera  citata  e  altrove,  specie  in 
Basii.  Ambrosiane^  Monumenta,  n.  256,  p.  488.  Sicitt  ille  (Cajetanus)  Ba- 
ronio,  codicem  ipsum  antiquum  commcndaverat,  sic  eiiam  familiarissimo 
suo  Mattheo  Valerio  carihusiano,  cum  Romce  aliquando  essef,  eundem  ob- 
iuiit,  ut  vitam  illam  sibi  facerct  inde  transcribi.  Transcriptam  igiiur  hic 
apud  se  habebat,  etc,  etc, 

(2)  Cod.  Alessandrino,  102,  fol.  Sió-y. 


222  FONTI    E    MEMORIE    STORICHE 

E  il  2  settembre  ir)44  il  Valerio  eccitava  nuovamente  l'amico  a 
stampare  la  vita  di  S.  Arialdo  «  tanto  da  me  desiderata  »  (i).  Il 
Puricellì  prometteva  ,  ma,  pressato  da  altri  lavori,  specie  della 
stampa  delle  sue  Memorie  sulla  basilica  di  S.  Ambrogio,  tirava 
per  le  lunghe.  È  bello  il  vedere  uomini  di  tanto  valore,  come  il 
Baronio,  il  Gactani,  il  Valerio,  il  Puricelli  aiutarsi  scambievol- 
mente in  codeste  indagini. 

Finalmente  dopo  lunga  aspettativa  l'opera  del  Puricelli  esci 
alle  stampe  l'anno  Kny  coi  tipi  del  Malatesta,  e  fu  davvero  una 
bella  edizione  ;  ma  il  Valerio  era  già  morto  da  un  pezzo. 

La  divisione  in  capitoli,  tanto  quella  dell'edizione  Puricel- 
liana,  come  quella  usata  dai  Bollandisti,  nonché  l' intestazione  dei 
capitoli  stessi  non  esistono  nel  codice. 

La  copia  adoperata  dal  Puricelli  era  corretta,  quindi  corretta 
riuscì  l'edizione.  Le  emendazioni  che  vi  si  potrebbero  fare,  col- 
lazionandola coir  originale,  non  sono  che  accidentali  e  senz'  im- 
portanza. 

n. 

Della  seconda  vita  di  S.  Arialdo. 

Autore  di  questo  scritto  da  Andrea  Alciati  venne  creduto 
Arnolfo  celebre  storico  milanese  (2):  ma  ormai  nessuno  ripeterà 
questo  errore.  Il  Puricelli  pensò  invece  all'altro  storico  milanese, 
Landolfo  di  S.  Paolo  (3):  ma  gli  argomenti,  ai  quali  si  appog- 
giava, furono  giudicati  troppo  deboli  dal  Giulini  (4),  che  primo 
cominciò  a  chiamare  l'autore  Anonimo  e  fu  poi  seguito  da  tutti. 
Questo    Anonimo   fu   certamente    milanese,    poiché    egli    chiama 


0 
(i)  Cod.  Ambrosiano,  D,  ii5  inf,  fol.  173. 

(2)  Presso  Puricelli,  De  SS.  Arialdo,  etc,  p.  16. 

(3)  Puricelli,  nella  prefazione  al  lib.  Ili  dell'  opera  citata. 

(4)  Memorie  spettanti  alla  storia  di  Milano,  voi.  II ,  pag.    37^    t'ella 
2.^  edizione. 


DI    S.    ARIALDO  223 


S.  Ambrogio  protector  nostrae  clarissimae  urbis (i)  e  scrisse  dopo 
il  secolo  XI,  perchè  dice  che  S.  Arialdo  era  sepolto  a  S.  Dionigi 
e  riferisce  alcuni  versi  collocati  su  quel  sepolcro  (2).  Ora  S.  Arialdo 
fu  trasportato  a  S.  Dionigi  o  nel  1099  o  nel  iioo.  Parlando  della 
chiesa  che  il  B.  Andrea  dice  Ecclesia  Ro^onis,  egli  aggiunge;  qiiae 
mine  dicitur  S.  Sepulchri  (3);  ma  quella  chiesa  non  si  chiamò 
così  se  non  dopo  il  iog5.  Si  aggiungano  i  cognomi,  che  il 
B.  Andrea  non  indica  e  che  l'Anonimo  invece  riferisce.  Da  ultimo 
il  B.  Andrea  chiamò  Sta^^ona  quel  medesimo  borgo  (o  città),  che 
l'Anonimo  con  vocabolo  più  moderno  dice  Angleria  (4).  Queste 
osservazioni  dimostrano  all'evidenza  che  l'autore  della  seconda 
vita  di  Arialdo  è  posteriore  all'XI  secolo. 

Il  codice  più  antico  che  possediamo  di  quel  lavoro  appartiene 
al  principio  del  secolo  XV  al  più  tardi.  Neil' assegnare  dunque  il 
tempo  in  cui  visse  il  nostro  Anonimo  non  possiamo  andare  più 
in  giù  del  quattrocento. 

Questi  limiti  sono  evidenti,  ma  anche  troppo  vaghi.  Non 
possiamo  assegnare  al  nostro  Anonimo  un'epoca  più  precisa?  Mi 
pare  di  sì.  Goffredo  di  Busserò,  noto  agli  studiosi  di  storia  mila- 
nese, che  nacque  nel  1220  e  morì  nel  1289,  nel  suo  libro  Notitie 
sanctorum  Mediolani,  parla  al  n.  46  di  S.  Arialdo  ed  Erlem balde, 
e  ci  dice  ch'egli  raccolse  le  notizie  di  questi  santi  e  anche  dì 
Liprando,  di  cui  pure  parla,  da  un  libro  ottimo  e  grande:  Horiim 
Martyrum  diioriim  (Arialdo  e  Liprando)  scilicet  et  Herlembaldi 
constai  liber  optimus  et  tnagnus  de  vita  et  passione  eorundem  apiid 
nitidos  et  miindos  sacerdotes.  Ora  quale  può  essere  stato  questo 
libro,  che  servì  a  Goffredo  per  raccogliere  le  notizie  di  quei  santi? 
Non  certo  la  vita  di  S.  Arialdo  scritta  dal  B.  Andrea,  poiché  tra  i 
pochi  cenni  che  Goffredo  ci  dei  di  S.  Arialdo  v'  hanno  questi  :  il  santo 
essere  sepolto  a  S.  Dionigi  (la  chiesa  era  chiamata  anche  dei  SS.  Dio- 


(i)  Presso  il  PuRicELLi,  loc.  cit.,  lib.  Ili,  cap.  XVIII. 

(2)  Ivi,  in  fine  dello  scritto  dell'Anonimo. 

(3)  Ivi,  cap.  XXV. 

(4)  Ivi,  cap.  XXX. 


224 


FONTI    E    MEMORIE    STORICIII 


nifii  ed  Aurelio)  e  discendere  dalla  famiglia  da  (Uniììiatc:  oiii 
queste  due  notizie  non  sono  mirrate  dal  H.  Andrea,  bensì  solo  dal- 
l'Anonimo autore  della  seconda  vita.  Altri  ragguagli  poi,  che  ri- 
guardano Erlembaldo  (e  fra  essi  che  egli  venne  ucciso  da  Arialdo 
da  Rho)  e  Liprando,  dati  da  Goffredo,  si  trovano  solo  nella  storia 
di  Milano  di  Landolfo  di  S.  Paolo  o  Juniore. 

Possiamo  dunque  essere  sicuri  che  quel  liber  magniis  et  opti- 
miis,  a  cui  attinse  Goffredo,  non  può  essere  stato  se  non  un  ms.  che 
conteneva  e  la  storia  di  Milano  dì  Landolfo  Juniore  e  la  Passio 
S,  Arialdi  dell'Anonimo.  A  conferma  di  ciò  si  noti  che  anche 
presentemente  nei  codici  trovansi  per  lo  più  uniti  questi  due  la- 
vori. Anche  quello  che  Goffredo  aggiunge,  il  libro  grande  ed  ottimo 
conservarsi  apud  nitìdos  et  mundos  sacerdotes,  pare  accenni  alla 
ortodossia,  per  così  esprimermi,  di  questi  due  scritti,  in  opposi- 
zione alle  idee  scismatiche  e  nicolaitiche,  alle  quali  erano  inspi- 
rate le  due  storie  milanesi  di  Landolfo  Seniore  e  di  Arnolfo. 

Ora  Goffredo  scriveva  verso  il  1260:  possiamo  dunque  senza 
tema  di  errare  ascrivere  il  nostro  A.nonimo  vuoi  al  secolo  XII 
vuoi  alla  prima  metà  del  XIII.  Forse  alcuno,  osservando  che  Gof- 
fredo fonde  in  un  solo  i  due  scritti  dell'Anonimo  e  di  Landolfo 
Juniore  col  titolo  di  liber  magniis  et  optimiis,  vorrà  concludere  che 
egli  li  attribuiva  al  medesimo  autore.  Questa  conclusione,  che  farebbe 
rivivere  l'opinione  del  Puricelli,  la  quale  può  essere  anche  la  vera, 
merita  d'essere  suffragata  da  più  valide  prove.  Giova  però  avvertire 
che  il  Giulini  non  si  appoggiò  ad  alcuna  ragione  positiva  per  com- 
battere il  Puricelli,  ma  solo  allegò  la  debolezza  degli  argomenti  da 
costui  addotti  (che  erano  la  somiglianza  nello  stile  dei  due  scritti 
e  la  loro  unione  nei  codici);  e  poi  una  ragione,  che  non  è 
ragione,  «  per  schivare  la  confusione  dei  nomi  simili  »  :  aveva 
infatti  quel  momento  storico  già  due  Landolfi,  il  Vecchio  e  il 
Cotta,   l'opinione  del  Puricelli  ne  aggiungeva  un    terzo. 

Ed  ora  diamo  un'occhiata  ai  mss.  della    Vita. 

i)  Codice  Ambrosiano,  R.,  i icj  siip.  Cartaceo  del  sec.  XVII. 
A  fol.  180  ha:  Landulphi  de  S.  Paulo  Historia  urbis  Mediai,  et 
B.  Ariali  Mart.  Passio  ex  manudscripto    Caroli   episcopi  Nova- 


DI    S.    ARIALDO  22D 


riensis  (Bescapè)  collegii  S.  Marci  Novariae  collation.  ciim  auto- 
grapho  a  Jo.  Ant.  Castellioneo  Apost,  Notaì'io,  Dopo  la  storia  di 
Landolfo  Juniore  a  fol.  232  ha  Passio  Beati  Arialdi  Martyris 
qui  ad  S.  Dionysiiim  tumulatiir.  È  copia  dell'altro  codice  am- 
brosiano Hj  89  inf.,  di  cui  principalmente  parleremo. 

2)  Codice  Ambrosiano  N.  2^cf  sup.,  cartaceo  di  una  sola 
mano  del  secolo  XVII:  copia  come  sopra. 

3)  Codice  Trivul:{iano  1348,  cartaceo  del  secolo  XVII:  altra 
copia  come  sopra.  Di  simili  codici  sarà  facile  trovarne  anche  altrove. 

4)  Codice  Ambrosiano  H,  8^  inf.  È  il  migliore,  l'unico 
importante,  e  abbastanza  noto,  perchè  contiene  oltre  la  così  detta 
Cronicha  Datii  (ossia  Landolfo  Seniore  ed  Arnolfo),  anche  la 
storia  di  Landolfo  Juniore  e  dopo,  a  fol.  94  v.  Passio  beati  Arialdi 
Martyris  qui  ad  S.  Dionysium  tumulatur.  Diverse  mani  scrissero 
questo  codice  membranaceo  spettanti  o  alla  fine  del  secolo  XIV 
o  alla  prima  metà  del  XV.  Quella  che  scrisse  la  Passio,  che  viene 
in  ultimo  luogo,  è  della  prima  metà  del  XV.  Il  codice  appartenne 
prima  a  Francesco  Castelli,  ordinario  della  metropolitana  mila- 
nese, poi  passò  alla  biblioteca  del  capitolo  metropolitano,  e  nel 
1822  all'Ambrosiana.  Molti  lo  videro,  e  fra  gli  altri  il  Muratori, 
il  Sassi,  il  Wattenbach,  il  Jaffè  (1).  Ma  se  questi  dotti  conside- 
rarono gli  scritti  che  li  interessavano,  cioè  le  storie  dei  due  Lan- 
dolfi  e  di  Arnolfo,  trascurarono  però  la  Passio  Beati  Arialdi,  che 
noi  dobbiamo  esaminare.  Di  essa  diede  già  una  edizione  il  Puri- 
celli  nel  libro  III  dell'opera  De  Sanctis  Arialdi  Alciato  et  Her- 
lembaldo  Cotta  fatta  sopra  una  copia  a  lui  mutuata  dal  Valerio  e 
non  sopra  questo  codice.  Gli  editori  palatini  avevano  promesso 
più  volte  di  curarne  una  edizione  (2);  ma  non  mantennero  la 
promessa. 


(i)  Vedi  le  prefazioni  ad  Arnolfo  e  Landolfo  nei  R.  L  Script., 
tom.  IV,  e  nei  M,  G.  H.,  VIII,  4,  35  e  XX,  20. 

(2)  R.  L  Script.,  tom.  IV,  nelle  note  67,  83  al  lib.  Ili  di  Arnolfo: 
l'annotatore  segue  il  Puricelli  chiamando  Landolfo  luniore  il  nostro 
Anonimo. 

Ardi.   Star.  Lomh.  —  Anno  XXVII.   —  fase.  XXVIII.  I> 


2  2  Ci 


FONTI    K    MEMORIE    STOUICHK 


Si  trovò  quindi  necessario  fare  la  collazione  tra  l'edizione 
Puricelliana  e  questo  ms.  che  è  in  due  colonne,  non  rubricate  se 
non  nella  sola  intestazione,  e  non  porta  sommari  marginali;  non 
ha' divisione  di  capitoli,  ma  di  frequente  reca  due  lineette,  che 
fanno  le  veci  di  un  a  capo  in  quella  scrittura  fitta  :  vi  appaiono 
poi  molte  rasure.  La  considerazione  del  codice  fruttò  due  scoperte, 
che  sono  per  noi  molto  importanti:  di  altre  piccole  correzioni  darò 
conto  in  nota  (i). 


I 


(i)  Ecco  un'  errata-corrige  : 

PURICELLI 

Passio  Beati  Arialdi  martyris 
qui  ad  S.  Dionisium  tumulatur. 

Cap.  Ili,  n.  I.  Nobis  hsec  ideo 
loqueris  quia  ineruditos  ìws  esse 
conoscis. 

Cap.  IV.  Sic  ea  quae  caepimus, 
quia  vera  sunt,  tacere  non  volu- 
mus.  Domini  lingua  vocem  fauci- 
bus  inspirabit.  Et  ex  inde  ambo 
decreverunt  suum  prepositum  in 
urbe  Mediolani  reserare. 

Cap.  V.  Ouos  audiens  quidam 
sacerdos, 

Cap.  VI,  2.  Ineruditis  autem  doc- 
torum  vitam  et  pastorum  clerico- 
rumque  prò  lectione  instituit. 

Cap.  VI;  3.  Inducens  multos  cives 
ad  alterutrum  duorum. 

Cap.  VI,  3.  Cum  vita  inquinata 
corporeque  tentato  luxuria  puritas 
esse,  non  potest  ad  sumptionem 
caelestis  sacramenti. 

Cap.  XI,  I.  Si  socius  Landulphus 
et  potentior  et  generosior. 

Cap.  XI,  2.  Inventus  est  quidam 
nefandus  clericus,  qui  se  id  factu- 
rum  promisit,  acceptoque  gladio 
venenato  ut  res  celerius  confice- 
retur. 


CoD.    Ambrosiano 

Il  timiiilatur  è  tra  due  rasure,  la 
seconda  pare  sia  della  parola  Me- 
diolani. 

Manca  il  nos. 


Sic  ea  quae  csepimus,  quia  vera 
sunt,  tacere  non  volumus,  donec 
lingua  vocem  faucibus  expirabit. 
Et  eschinde  ambo  decreverunt  in 
ttrbs  Mediolani  suum  profosituni  re- 
serare. 

Quód  audiens,  etc.  • 

Ineruditis,  etc,  prò  lectione  no- 
bis instituit. 

Inducens  cunctos  cives,  etc. 

Cum  vita  inquinata,  etc,  puritas 
digna  esse  non  potest,  etc 


Si  socius  Landulphus  eo  poten- 
tior et  generosior. 

Inventus  est  autem  quidam,  etc, 
.  .  .  .  ut  res  celerius  irnpleretur. 


DI    S.    ARIALDO 


121' 


L'opera  comincia:  Arìaldus  in  loco  Cii:{ago prope  Canturiimi 
lediolanensis  diecesis  ortus  fuit  nobilibiis  parentibus  de  aliate. 
[el  de  al:[ate  appare  evidentemente  rasura  e  correzione  fatta  di 
iano  più  recente,  della  primitiva  parola,  che  ancora  si  può  con 


'Cap.  XVI,  2.    Et  quod   nos  effi- 

tre   non    potuimus,    tua  dextera 

3juti  perficere  valeamns.  Esto  no- 
(s  quasi  Mathatias  et  filii,  ejus... 

isitasti    sepulcrum    ejus,    libera 

itur  ecclesiam  ejus. 
fCap.  XVI,  3.  His  auditis. 

Hic  dum  esset  ordinarius  Me- 
tolanensis  Ecclesiae  scientiis  et 
lioribus    laudabilis  fuit,    scientiis 

[uens  et  in  sermone  potens. 

Idem  domestice  satisfecit  A- 

Lldo. 

Cap.  XVI,  5.  Quod  te  in  tanto 
honoris  culmine  per  Dei  miseri- 
cordiam  ....  Nunc  itaque  animus 
meus  multìs  attenuatus  angustiis 
agnoscit  quod  olim  tua  mihi  di- 
lectio  promittebat. 

Cap.  XVIII,  I.  Ibi  per  Guibertuni 
Archidiaconum,  Antonium  Biffum- 
Andream  decumanum  multa  pro- 
lata sunt  centra  Arialdum. 

Cap.  XXI,  I.  Praeterea  cum  Me- 
dioianenses.... 


Cap.  XXII,  2.  Ad  Ecclesiam 
Arialdi  quae  canonica  et  usque 
modo  nuncupatur. 

Cap.  XXV,  2.  Ergo  tollantur  de 
terra  viventium  hi  seminatores 
verborum,  quotidie  laborant,  ut 
haec  Urbs  pristinam  (ut  sit  subdita 
Romse)  et  propriam  perdat  liber- 
tatem. 

Cap.  XXVIII,  2.  Videns  autem 
Arialdus  Clerum  sacrilegis  parere 
praecepit;  sociis  ignorantibus.... 


Et  quod  nos  perficerè  usqneinodo 
non  potuimus  tua  dextera  adiuci 
compiere  valeamus  ....  Visitasti 
sepulcrum  Dei:  libere  ecclesiam 
ejus. 

Oiiibus  auditis. 

....  divitiis  affluens  et  in  sermone 
potens. 

Idem  domestice  satisfecit  de  A- 
rialdo. 

Quod  te per  ejus  misericor- 

diam. 

.  .  .  .  dopo  r agnoscit  il  ms.  ha  due 
parole  (tibi,  populo  ?),  che  non  so 
decifrare. 

Ibi  per  Guibertum  Archidiaco- 
num, Antonium  Biifum,  Andream 
decumanum  per  clerum  electos  mul- 
ta prolata  sunt.... 

Una  mano  posteriore,  forse  quel- 
la del  Castelli  antico  proprietario 
del  codice,  scrisse  in  calce  alla 
pagina  anteced.  propterea. 

Ad  ecclesiam  Arialdi  quae  Urne 
canonica  et  usque  modo  nuncu- 
patur. 

Ergo  tollantur  de  terra  viven- 
tium hi  seminatores  verborum: 
quotidie  laborant  ut  haec  Urbs 
pristinum  decus  amiiiat,  ut  sit  sub- 
dita  Romcc  et  propriam  perdat  li- 
bcrtatem. 

sacrilegis  o/;t'tì^/r^praeccptis;  sociis 
id  ignorantibus.... 


228  FONTI    K    MKMOKIK    STOKK.Mi: 

sicurezza  determinare  essere  stata  de  carimate.  Infatti  si  vede  biaiTc 
il  posto  dove  era  scritto  il  e,  Va  della  prima  mano  e  lasciato,  1'; 
è  raschiata,  Vi  allungato  in  un  /  e  l'allungamento  è  fatto  con 
inchiostro  differente  da  quello  adoperato  dalla  prima  mano,  anzi 
superiormente  appare  una  dimenticanza  del  raschiatorc,  il  puntino 
dell'/  in  ulia  lineetta,  V m  è  raschiata  e  con  inchiostro  diffcrcnt 
trasformata  in  una  :{  sgangherata,  perchè  destinata  a  sostituire  Vm, 
le  tre  ultime  lettere  {ate)  sono  della  prima  mano.  Si  adoperò 
anche  con  parsimonia  un  reagente  chimico,  che  non  hco.  che  ag- 
giungere nuovi  dati  a  ciò  che  già  per  se  era  evidente.  È  notevole 
il  fatto  che  la  stessa  parola  da  Carimate  era  già  antecedentemente 
scritta  in  rasura,  ciò  per  altro  non  deve  far  meraviglia,  poiché 
dalla  considerazione  del  codice  appare  che  l'amanuense  era  un 
poco  distratto,  e  faceva  frequenti  sbagli,  e  quindi  vi  son  comuni 
le  rasure,  riempite  poi  dallo  stesso  amanuense. 

Ma  nel  nostro  caso  all'antica  rasura,  che  toglieva  un  qualchi 
sbaglio  dell'amanuense,  se  ne  aggiunse  una  seconda  e  peggio  un 
correzione  o  meglio  una  corruzione,  che  di  punto  in  bianco  fe( 
cambiare  casato  ad  Arialdo. 

Che  un  Arialdo  da  Carimate  abbia  esistito  sapevamo  già,  poj 
che  ne  parla  il  Fiamma  ne'  suoi  libri  (i).  Ma  il  Giulini  (2)  e  dopi 

Cap.   XXXIV,   I    mane  autem       mane    autem....    de    eo  autem  ni- 
revcrtantes  locum  invenimus:  de       hil.  Putamusque    nocte  eadem  in 
eo  autem  nihil,  Putamusque  quod       arce  sit.... 
nocte  eadem  in  arce  sit.... 

Cap.  XXXVI.  Itaque  beatus  le-  Itaque  beatus  levita 

vita  et  martyr  Arialdus  dccem  an in  eius 

nis  prò  ventate  dimicavit:  in  eius  martyrio  decem  membra  Christo 
martyrio  decem  membra  Christo  obtulit  :  decem  viensibus  in  profitn- 
obtulit  :  per  decem  millaria  lacus  do  laci  incolumis  iacuit  :  per  de- 
nobis  illuni  proximiorem  reddidit.       cem  millaria.... 

Ho  trascurato  alcune  frequenti  trasposizioni  d'una  o  più  parole, 
che  sono  affatto  indifferenti. 

(i)  Nella  Chronica  Major  al  cap.  768  il  Fiamma,  enumerando  gli 
eletti  dal  popolo  per  l'arcivescovado  di  Milano,  nota  tra  loro:  Arialdus 
ex  capitaneis  de  Carimate.  Così  pure  nel  Manipulus  Forum  (R.  I.  Scrip.  XI, 
cap.  i52):  cui  (Herlembaldo)/////5t';;^^^r  socius  et  auxiliator  Beatus  Arial- 
dus, qui  natus  filerai  ex  nobilihus  civibus  de  Carimate. 

(2)  Memorie,  eie.,  di  Milano,  ediz.  II,  voi.  II,  p.  807. 


DI    S.    ARIALDO  22Q 


Lii  altri  ((),  credettero  che  si  trattasse  d'un  Arialdo  diverso  dal 
lostro  Santo.  Di  fatto  però  il  Fiamma  quando  parla  di  Arialdo 
la  Carimate  intende  sicuramente  parlare  del  nostro:  ma  insomma 
>i  è  tanto  avvezzi  a  dar  torto  al  Fiamma,  che  anche  quando  ne 
iidovina  una,  non  ci  si  crede.  Questa  volta  però  egli  aveva  per- 
fettamente ragione,  ed  a  dargliela  ecco  ora  concorrere  anche  l'Ano- 
limo  autore  della  seconda  vita  di  S.  Arialdo,  sulla  cui  fede  gli  si 
dava  prima  torto.  Così  va  il  mondo  qualche  volta;  e  quando  va 
così  non  va  poi  male!  Del  resto  non  l'Anonimo  e  il  Fiamma 
soltanto  dicono  che  il  parentado  di  Arialdo  era  da  Carimate. 
Goffredo  da  Busserò  anch'egli  scrive:  Venerabilis  levita  et  Martyr 
Arialdus  jacet  in  Ecclesia  Sanctorum  Dionysii  et  Aiirelii.  Hic 
fiiit  oriiindus  nobilium  de  Carimate  (2).  In  un  catalogo  degli  Ar- 
civescovi di  Milano,  che  si  conserva  ms.  all'Ambrosiana,  redatto  nel 
secolo  XV,  di  cui  abbiamo  diverse  copie,  si  legge  (cod.  H^  87  sup. 
membr.  del  principio  del  XVI,  fol.  26%  A,  89  inf.  del  XV  fol.  2r,  — 
N.  294  sup.  fol.  36^';  —  S,  89  sup.  fol.  129''  e  i3o^)  parlandosi  dì 
Guido:  Hic  fuit  contrariiis  Laudulphi,  et  Herlembaldi  de  Cottis  et 
Arialdi  de  carimate^  qui  primo  incoaveriint  ut  clerici  castitatem 
servarent,  prò  quo  martirio  coronatur.  Anche  la  cronaca  detta 
El  valison  (opera  di  Fabricio  Marliani,  vescovo  di  Piacenza  del- 
l'anno 1496,  conservata  in  un  bel  codice  della  catedrale  di  Novara, 
del  quale  Italo  Rauli  parlò  nella  Rivista  Storica  Ilaliana,  voi.  Vili, 
fase.  I,  anno  1891)  a  fol.  71  e  segg.  parla  di  S.  Arialdo,  ricavan- 
done le  notizie  dal  Fiamma  ,  e  dicendolo  oriundo  de  capitaneis 
de  carimate.  Da  ultimo  il  Besta  (3)  ripete  che  Arialdo  era  della 
nobile  famiglia  da  Carimate.  Ormai  dunque  questa  verità  è  as- 
sicurata. 

Della  famiglia  da  Carimate  (paese  non  lontano  da  Cucciago, 
che  in  antico  si  diceva  anche  Canimale  o  Carimalo),  non  occorre 


(1)  Archivio  St.  Loiìib.f  a.  XVII,  p.  791. 

(2)  Cod.  nella  biblioteca   del    Capitolo  Metropolitano,    di  cui  una 
copia  recente  esiste  nell'Ambrosiana,  al  n.  46. 

(3)  Cod.  Trivulziano  181,  voi.  I,  299  e  segg. 


I    i;    Mi.Muini;   storichk 


purlurc  a  lungo.  Pure  un  breve  cenno  non  tornerà  sgradito.  Nel 
vsecolo  IX  Attonc  da  Garimatc ,  avvocato  della  chiesa  milanese 
sottoscriveva  quasi  tutte  le  sentenze  del  nostro  tribunale,  che  e 
60no  conservate.  Un  suo  figlio  Adalberto  verso  l'anno  890  ebbe 
il  vescovado  di  Bergamo;  e  fu  uno  dei  più  gloriosi  vescovi  di 
quella  diocesi,  sostenitore  potente  di  Ugone  re  d'Italia,  munifico 
ristoratore  della  città  e  delle  sue  mura(i).  La  storia  ricorda  an- 
che altri  personaggi  di  questa  famiglia,  fra  cui  un  Arderico,  car- 
dinale diacono  della  chiesa  milanese  sul  principio  del  secolo  XII, 
fautore  dell'arcivescovo  Grossolano.  Ben  presto  però  la  casata  stessa 
s'estinse,  e  nell'elenco  delle  nobili  famiglie  milanesi  compilato 
nell'anno  1277  più  non  appare. 

Ma  qui  non  posso  .resistere  alla  tentazione  di  chiedermi: 
Chi  introdusse  quella  corruzione  nel  manoscritto?  Sarò  forse  ar- 
dito nel  lanciare  una  accusa,  ma  avverto  che  non  le  dò  se  noi 
il  valore  d'un  sospetto.  Credo  dunque  che  la  colpa  della  sostiti 
zione  vada  attribuita  al  celebre  giureconsulto  Andrea  Alciati. 
carattere  infelice  di  questo  uomo  è  abbastanza  noto,  come  pud 
è  noto  che  molte  delle  iscrizioni,  eh' ci  vorrebbe  gabellare  comi 
antiche,  sono  opera  sua:  e  di  queste  una  riguarda  appunto  S.  A| 
rialdo  (2).  Sul   principio  egli   credette  in  tutta   buona   fede   chj 

(i)  11  Lapi,  Cedex  diplomaUciis  bergomensis,  I,  loio  e  sgg.  è  incerta 
neirassegnarc  la  patria  di  Adalberto,  semplicemente  perchè  non  s2 
dove  sia  Canimalo,  che  è  poi  il  nostro  Carimate:  del  resto  lo  stesso 
Adalberto  nel  suo  testamento  si  dice  figlio  di  Attone  di  Canimolo 
(o  Carimalo);  od  indica  i  possessi  di  sua  famiglia  vicini  a  Como^  benché 
altri  ne  avesse  anche  sul  bergamasco,  ch'ei  potè  avere  acquistati  du- 
rante il  suo  pontificato. 

(2)  Arialdo  Diacono  : 

Qui  nemo  ut  melius  divini  mystica  verbi 
Tradidit  et  populi  solus  in  ore  fuit; 

Qui  lapsos  mores  disciplinamque  cadentcm 
Et  Thyasi  errores  corrigere  ausus  erat, 

Hic  Arialdus  adest.  Heu  noxia  vita  nocentum, 
Quae  censorem  ullum  ferro  scelesta  nequit! 

Clam  raptum  appensumque  molae  projcit  in  undas 
Verbani.  ut  rapidis  piscibus  esca  foret. 

Deinde  sed  inventum,  atque  illeso  corpore,  templis 
Est  dignata  novo  martyri  posteritas. 

Passus  III  Kal  Julias  MLXVI. 


S.    ARIALDO  23l 


S.  Arialdo  fosse  della  sua  famiglia  e  se  ne  gloriava.  Eg-li  allora 
di  S.  Arialdo  conosceva  solo  la  vita  scritta  da  Andrea  di  Srumi, 
che  lo  dice  nobile  nativo  di  Cucciago,  e  la  famiglia  degli  Alciati 
era  precisamente  di  antica  nobiltà  e  d'un  paesello  vicinissimo  a 
Cucciago,  Alzate.  Ed  appunto  perchè  1' Alciati  credeva  Arialdo  un 
suo  antenato  ,  volle  scriverne  la  vita  ,  che  venne  pubblicata  dal 
Puricelli  nel  libro  I  della  sua  opera  sui  santi  Arialdo  ed  Erlem- 
baldo,  cap.  XII  (i).  In  essa    l'Alciati    dice:    Qiiod  (lo  scrivere  la 


Quel  Thyasi  l'Alciati  spiega  per  cleri  \ 

I  Bollandisti  ed  il  Mommsen  dubitano  assai  ragionevolmente  che 
questo  epigramma  sia  del  secolo  di  Arialdo,  e  lo  credono  opera  del- 
l'Alciati.  Il  De-Vit  nella  Vita  di  S.  Arialdo  inserita  nell'opera  sul  lago 
Maggiore  osserva  che  al  tempo  di  Arialdo  e  per  un  po'  di  tempo  dopo 
il  lago  Maggiore  non  si  chiamava  col  nome  di   Verbano. 

(i)  Questo  frammento  di  vita  di  S.  Arialdo  dell'Alciati  leggesi  nel 
cod.  Ambrosiano  A,  136,  inf.  Trivulziano  8x3,  Braidense  A  E  XIII,  i5. 
11  ms.  Ambrosiano  appartenne  già  al  celebre  Bescapè,  vescovo  di  No- 
vara, il  quale  vi  appose  alcune  note,  che  appaiono  anche  negli  altri 
mss.  e  sono  meritevoli  d'essere  considerate,  sicché  è  a  lamentare 
che  il  Puricelli  nel  pubblicare  il  frammento  le  abbia  trascurate.  Noi 
mostriamo  quelle  "che  giudichiamo  di  maggiore  importanza  „.  —  Là 
dove  l'Alciati  parla  del  Pontefice  Milanese  chiamandolo  cceteris  om- 
nibus augHstior  (Ediz.  Puricelliana,  lib.  I,  cap.  12,  n.  4)  nota  il  Be- 
scapè :  "  Ad  quem  scilicet  spectat  reges  Italice  facere ,  non  dispari  jure 
qiiam  quo  septemviri  Germanica  principeni  eligimt.  lUm  imperatorem  or  bis 
Ponti/ex  Maximus  creai.  Annal  Mediol.  „  —  Dove  l'Alciati  dice  (1.  e.  in 
fine)  Cujus  exemplo  Germanos  ccesares  institutum  est  eo  in  sacrario 
ferrea  corona  insignir i;  il  Bescapè  nota:  ''  Divi  Gregorii  diplomate  et 
Caroli  Magni  auctoritate  antea  constitutum  fuerat,  quod  tingati  Medio- 
lanenses  corani  Pontifìce  Maximo  ostenderimt  atque  vicerunt  anno  102"]. 
Annales  Mediol.  „  —  Due  linee  dopo  (1.  e,  n.  5),  dove  è  ricordato  Cor- 
rado re  di  Svcvia,  il  Bescapè,  ritornando  ancora  sul  medesimo  pen- 
siero, nota:  ^^  anno  lojj,  Hic  est  imperator  qui  ante  decennium  (quindi 
nel  1027  sopra  indicato)  coram  Pontifìce  maximo,  diis  /wminibusque 
plaudentibus  con fessus  fuerat  Regem  Italice  ab  Archiepiscopo  Mediolanensi 
legi  et  inj ungi  posse.  Annal,  Mediol,,.  Si  vede  che  il  Bescapè  ci  teneva 
assai  ai  privilegi  del  suo  arcivescovo,  benché  quando  egli  viveva 
fossero  già  da  tempo  senza  valore.  —  Poco  dopo,  quando  l'Alciati 
comincia  a  parlare  dell'arcivescovo  Guido,  che  chiama  ex  Velata 
familia,  il  Bescapè  pone  una  nota  assai  curiosa:  ^^  Hunc  quidam  au- 
tumant  fuisse  ex  Bianca,  hoc  est  ex  Candida  familia  „.  Si  vegga  quindi 


lONii   i:   MI  Mouii;  srouiCHK 


vita  ili  S.  Arìaldo)  citm  homiiiis  sanctimonia  cxpostiilare  de 
qiiolibct  civc  meo  non  injuria  possct,  tiim  de  me  praesertim,  qui 
eadem  familia  prognatiis,  vel  gentilitioriim  communione,  commii- 
nionc  sanctorum  qiiam  maximam  pieiati  ejiis  gratiam  reddere 
debeam. 

Ma  la  vita  di  S.  Arialdo  venne  poi  da  lui  sul  bel  prircipio 
troncata,  perchè  egli  trovò  un'altra  opera,  cioè  la  seconda  vita  di 
S.  Arialdo,  ch'egli  attribuì  ad  Arnolfo  storico  milanese.  Quell'o- 
pera certo  dovette  andargli  poco  a  genio,  perchè  vi  leggeva  che 
S.  Arialdo  era  della  famiglia  di  Ca rimate.  Posto  tra  la  evidente 
verità  storica  e  l'ambizioso  desiderio  di  dirsi  nipote  d'un  santo, 
ei  non  seppe  resistere  alla  tentazione.  E  una  lontana  eco  della 
cattiva  azione  da  lui  fatta  q\  è  rimasta  in  un  suo  scritto,  pure 
pubblicato  dal  Puricelli,  dove  dice:  Arìaldi  conciones,  dispiita- 
tioneSj  necenij  miracula  Arnulphus  historicus  noster  memoriae  ìio- 
miniim  commendavit  j  idqiie  adeo  diligenter,  ut  omnem  mihi  de 
eo  scribendi  ansam  praeripuerit,  qiiod  alioquin  facturiis  eram, 
nipote  gentilitiam  historiam  cditurus.  Habeo  enim  aiictores  ex 
Alciata  familia,  oppido  tamen  Carimato,  vel,  ut  alii  dicunt,  Cuc- 
ciago  oriondum  esse  (i).  Nessuno  disse  mai  che  Arialdo  sia  nato 
a  Carimate ,  come  nessuno  prima  dell' Alciati  disse  mai  che  era 
della  famiglia  De  Al:{ate  o  Alciati. 

Passiamo  alla  seconda  scoperta,  essa  pure  non  poco  interes- 
sante. 


come  il  nostro  Guido  Arcivescovo  dovette  essere  secondo  il  Bcscapè, 
o  Bianchi  Guido  ovvero  Candido  Guido,  invece  secondo  il  Galesino 
autore  del  Catalogo  degli  Arcivescovi  milanesi  inserito  negli  Atti  della 
Chiesa  Milanese  (parte  VI,  tavola  l,  n.  76)  sarebbe  un  Guido  Valvas- 
sori, mentr-e  l'Alciati  lo  dice  Guido  Velati.  Di  tutti  costoro  chi  poi  ha 
ragione?  probabilmente  nessuno.  —  Altre  note  del  Bescapè  possiamo 
trascurare:  e  forse  il  lettore  troverà  che  anche  di  queste  si  poteva 
fare  a  meno. 

(i)  De  SS.  Arialdo,  eie.  lib*  I,  cap.  2,  p.  16.  Il  ms.  veduto  dal  Pu- 
ricelli è  quello  che  si  conserva  all'Ambrosiana^  D,  486  inf.  fol.  76  v.  — 
11  sunto  fatto  dal  Fontana,  di  quel  che  dice  l'Alciati  pubblicato  esso 
pure  dal  Puricelli,  1.  e,  si  rinviene  nel  cod.  Braidense  A  E  IX,  2. 


DI    S.    ARIALDO  233 


E  un'  altra  rasura  e  non  d'  una  parola,  di  otto  linee,  sulla  fine 
del  codice.  La  mancanza  venne  notata  anche  dal  Puricelli  (lib.  Ili, 
cap.  XXXVIII  ad  lectorevi),  il  quale  divinò  quel  che  mancava. 
Per  mezzo  di  reagenti  chimici,  adoperati  dal  rev."i°  dott.''  Ratti, 
al  quale  e  per  questo  e  per  altri  molti  favori  rendo  vivi  ringra- 
ziamenti, si  poterono  leggere  le  frasi  abrase,  che  presento  nell'or- 
dine delle  linee  che  hanno  nel  ms.  Pongo  in  carattere  corsivo  le 
erose  : 

1.  Martyruin  catalogo  annotavi t.  Postea  vero  anno 

2.  Domini  MLXXXXVI  Anselmus  de  Bttis 

3.  Archiepiscopus  mediolanensium  corpus  Beati  Arialdi 

4.  ab  ecclesia  sancii  celsi  ad  ecclesiam  sancii  dio- 

5.  nisii  cum  multis  miraculis  iravisiulit 

6.  ubi  tales  suvit  versus 

7.  Mariyr  leviia  jacet  hac  Arialdus  in  urna 

8.  Troncatus  moritur  sed  vite  dona  meretur 

Seguono  nell'altro  foglio  i  versi  rimanenti  dell'iscrizione 

Hoc  niansoUo  revcrenter  condita  digno 
His  gerninis  causis  Arialdus  passus  ab  istis 
Martir  in  Ecclesia  leviia  reconditur  isia 
Transiulit  Anselmus  pastor  venerabile  corpus. 

Chi  fece  questa  altra  raschiatura?  Fu  uno  posteriore  al  se- 
colo XIV,  perchè  chi  appose  le  note  a  Landolfo  Seniore  attinse 
da  queste  parole  un  errore  di  data,  come  vedremo.  Né  credo  sia 
giudizio  temerario  l'accusare  anche  di  questa  rasura  l'Alciati;  ne 
darò  la  prova  quando  parlerò  delle  vicende,  alle  quali  andò  sog- 
getto il  corpo  di  S.  Arialdo.  Piuttosto  consideriamo  alquanto 
la  scoperta,  e  per  ciò  mettiamola  in  confronto  con  ciò  che  di- 
cono Landolfo  Seniore  e  il  suo  annotatore  rubricale,  ed  anche 
il  Fiamma,  ì  quali  tutti  narrano  il  fatto  medesimo,  ch'or  sap- 
piamo raccontato  anche  dall'Anonimo.  Landolfo  Sen.  dice:  His 
itaqiie  peractis    Herlembaldus   suis    cum    omnibus ,    magnisqiic 


234  FONTI    K    MI.MOini:    sIOKlClli; 

cacremoniis,  quasi  noviim  martyrcm  vcncrantes ,  fantastica  de- 
lusi imagine,  ut  postea  in  tempore  quarti  Anselmi  Archiepiscopi 
apparuit,  scdule  ac  devote  colebant.  Cum  enim  post  biennium 
sitdc  coìiscci'iìtionis  dominus  Ansclmus  Arialdi  ossa  et  corpus, 
qualiier  nialc  olim  in  veritate  fuissent  humata  comperisset,  ciiria- 
liter  cumpaucis  clericis  ad  locum  tandcns,  ossa/quae  habere potiiit, 
colligens,  in  ecclesia  sancti  Dionysii  liinnavit  (i).  L'annotatore 
rubricale  poi,  clic  appartenne  alla  fine  del  sec.  XIV  a  quelle  parole 
post  biennium  sua'  consecrationis  postilla:  scilicet  MLXXXXVI: 
e  ancora  in  margine  aggiunge  questa  nota  :  'lpa'\ssus  est  beatus 
arialdus  lm\artir  et  levita  anno  \dm\  MLXVI  V.''  Kall.  \ju\!ii 
canoni^atus  per  \Al\exandriim  secundiim  nec  \m\irandum  si  iste 
isto[ri]ografus  et  sequens  \non'\  laudent  istum  A.  [et]  ipsi  erant 
fau[tjores  sacerdotum  uxii[r]atorum  concubinatorum  [et]  simonia- 
coriim,  a  quibiis  [bea]tus  Arialdus  passus  est  [e]t  anno  Dui 
MLXVII  [A]lexander  secundus  venit  mediolanum  ab  [m]ortem 
Arialdi  dum  ad  [sj^]nodum  pergeret  qiiam  man[tu]e  celebravit.... 
In  calce  poi  dà  i   Versus  super  sepulcrum  beati  Arialdi: 

Martyr  et  levita  jacet  hac  Arialdus  in  urna  etc.  con  quelle 
forme  caratteristiche  mausoleo  e  troncatiis.  A  questi  aggiunge  poi 
altri  tre  versi  uniti  insieme  da  un  paragrafo  e  presentati  con  tali  pa- 
role: isti  tres  versus  loquiintur  de  Arialdo  et  Herlembaldo.  Eccoli: 

Sacros  thesauros  venerare  per  omnia  caros 
Hos  pugiles  Christi  gens  inclita  mediolani 
de  cuius  sancti  sunt  isti  sanguine  nati. 

Si  avverta  che  nel  medesimo  luogo  ebbero  sepoltura  S.  Arialdo 
e  S.  Erlembaldo,  e  che  al  primo  si  dedicarono  i  sei  versi  sopra 
riferiti,  all'altro,  otto  che  noi  non  riferiamo,  ma  che  si  leggono 
e  nel  ms.  Ambr.  H,  89  inf.  a  fol.  43  v.  in  nota  marginale  e  nelle 
opere  del  Fiamma.  Si  capisce  come  il  poeta  (rozzo  poeta  invero) 
dopo  aver  parlato  partitamente  di  Arialdo  e  di  Erlembaldo,  li 
unisca  in  questi  tre  ultimi  versi. 

{-^)  M.  G.  H.  Script.   Vili,  p.  96. 


I 


DI    S.    ARIALDO  2DD 


Finalmente  anche  il  Fiamma  ne'  suoi  zibaldoni  storici  ci  ri- 
ferisce i  sei  versi  scritti  sul  sepolcro  di  S.  Arialdo,  ma  in  un  or- 
dine differente,  e  aggiunge  alcuni  di  essi  essere  scritti  sul  pavi- 
mento della  chiesa.  Dice  pure  che  egli  li  tolse  dalla  cronaca 
calendariay  fonte  che  noi  oggi  non  possediamo  o  almeno  non 
possiamo  identificare  (i). 

I  versi  presentano  poche  difficoltà.  Del  resto  hanno  tutta 
l'impronta  della  rozzezza  dei  tempi,  nei  quali  vennero  scritti, 
l'anno  10996  1100.  Quell'/i/^  geminiò-  causis,  cioè  per  combattere 
la  simonia  e  l'incontinenza  del  clero,  riceve  schiarimento  dai  versi 
ad  onore  di  S.  Erlembaldo  incisi  lì  presso,  nei  quali  le  stesse 
cause  erano  additate  :  così  quel  passiis  ab  istis  vuol  dire  dai  preti 
simoniaci  ed  incontinenti.  Presenta  qualche  difficoltà  (2)  la  tra- 
duzione dei  tre  verài  scritti  ad  onore  dei  due  santi:  Sacros  the- 
saiu^os,  etc.  che  può  essere  meglio  fatta  così:  «  Inclito  popolo  di 
«  Milano,,  dal  cui  sangue  sono  nati  questi  due  santi,  venera  i 
«  santi  tesori  cari  sopra  ogni  cosa,  questi  campioni  di  Cristo  ». 

Una  maggiore  difficoltà  offre  l'indicazione  del  1096  allegato 
e  dall'Anonimo  autore  della  seconda  vita  di  S.  Arialdo  e  dal- 
l' annotatore  rubricale  di  Landolfo  Sen.  come  data  del  trasporto 
del  corpo  di  S.  Arialdo  da  S.  Celso  a  S.  Dionigi.  Nel  1096  viveva 
ancora  l'arcivescovo  Anselmo  III  di  P.  Orientale,  mentre  l'Ano- 
nimo ci  dice  chiaro  che  al  trasporto  presiedette  Anselmo  de  Buis. 
(Bovisio) ,  il  che  conferma  Landolfo.  Ora  Anselmo  IV  o  de  Buis 
sali  alla  cattedra  nel  1097  soltanto,  dopo  aver  vinto  il  competitore 
Landolfo  da  Saggio,  ragguardevole  nostro  cittadino,  parente  dei 
duo,  Anselmi  da  Saggio,  papa  Alessandro  II  e  S.  Anselmo  patrono 
di  Mantova.  La  cronologia  in  questo  punto  storico  non  patisce 
dubbio.  Siccome  poi  Landolfo  Seniore,  che  certo  fu  contempora- 
neo al  trasporto  di  quel  sacro  corpo,  ci  dice  che  ebbe  luogo  due 
anni  dopo  la  consacrazione  di  Anselmo  IV  {ciim  enim  post  bien- 


ni) Cronicon  Majus  (cod.  Ambrosiano  A,  2.'^S  inf.,  fol.  194);  Galva- 
gtiiana  (cod.  Braidense  A  E  X,  io;  fol  67  v.,  coli.  2). 
(2)  Archivio  Stor.  Lonih.  Marzo  1899,  p.  233. 


236  1  UN  1 1   1    mi;m()i<ii:  s iouicmk  di   s.   ahiai.do 

niitm  suac  consecrationi  dominus  Anselmtis....)  e  costui  fu  consa- 
crato il  '3  novembre  1007  (i),  resta  accertata  la  data  comunemente 
assegnata  al  trasporto  di  S.  Arialdo,  cioè  la  rìne  del  1099,  o  il 
principio  del  1 100,  prima  della  partenza  di  Anselmo  per  Terra 
Santa,  che  avvenne  verso  il  ib  luglio  1 100.  Altro  dunque  non  ci 
resta  a  dire  se  non  che  il  nostro  Anonimo  errò  nel  computo  degli 
anni,  e  indusse  in  errore  anche  l'annotatore  rubricale  di  Lan- 
dolfo Seniore,  il  quale  ha  mutuato  questa,  come  anche  altre  no- 
tizie da  lui. 

L'Anonimo  nel  comporre  la  biografìa  di  S.  Arialdo  aveva 
certamente  sott' occhio  il  libro  del  B.  Andrea,  che  egli  segue, 
sunteggia,  e  non  una  volta  sola  cita  ;  aggiungiamo  che  l'esemplare 
adoperato  da  lui  non  era  mutilo,  poiché  egli  descrive  anche  i 
fatti  che  dovevano  essere  narrati  nelle  pagine  del  manoscritto 
Alessandrino  ora  mancanti.  Aveva  egli  anche  tra  le  mani  la  vita 
di  S.  Arialdo  scritta  dal  prete  Siro?  Non  so,  egli  certo  non  la 
cita;  ma  non  cita  nemmeno  Arnolfo  e  Landolfo  Seniore,  eppure 
reca  notizie,  che,  se  non  sono  tolte  dalla  biografia  ài  Siro,  certo 
derivano  da  questi  due  storici  milanesi.  Mostra  molto  criterio 
storico  nel  coordinare  i  fatti  ;  del  resto  non  è  una  fonte  primitiva 
se  non  per  pochi  fatti,  quali  il  casato  e  la  tumulazione  di  S.  Arialdo 
in  S.  Dionigi. 

Strano  davvero  che  queste  due  notizie,  le  più  importanti  che 
si  possan  ricavare  da  questo  autore,  sieno  state  soggette  alla  ma- 
nomissione d'  un  raschiatore  di  codici  ! 

Sac.  dott.  Pellegrini. 


(t)  Giulini^  Memorie,  etc,  II,  682,  della  seconda  edizione. 


SPIGOLATURl^:  DI  STORIA  LOMBARDA 

IN    UN 

ARCHIVIO    DI   OLTRE   PO 


Chiese  e  Monasteri  di  Pavia  e  territorio. 


L'  Archivio  della  già  collegiata  di  Castel  San  Giovanni, 
anticamente  Olubra  dal  piccolo  torrente  che  scorre  ai 
confini  occidentali  della  grossa  borgata,  contiene  un  nu- 
mero grandissimo  di  pergamene  che  danno  a  quella  vetustissima 
pieve  una  importanza  affatto  eccezionale.  Chi  scrive  si  è  interes- 
sato e,  di  quando  in  quando,  ancora  si  occupa  di  quella  inesplo- 
rata fonte  di  materiali  per  la  storia  della  plaga  di  territorio  che 
si  stende  dalla  Trebbia  ai  confini  degli  antichi  Stati  Sardi  e  dai 
monti  di  Bobbio  al  Po  (i). 

Buona  parte  però  delle  membrane  che  arricchivano  l'archivio 
di  Olubra  si  crede  con  fondamento  che  venissero  esportate  per 
motivi  che  non  si  possono  precisare,  specialmente  nei  secoli  decimo 
settimo  e  decimo  ottavo. 

Un  bravo  paleografo  che  credo  fosse  il  canonico  Pier  Maria 
Campi,  forse  per  incarico  del  Capitolo  di  Castel  San  Giovanni, 
s'accinse  all'impresa  di  trascrivere  in  sunto  tutte  le  pergamene 
che  esistevano  colà  sul  principio  del  seicento,  e  formò  un  volume 
preziosissimo  che  servì  poscia  allo  stesso  Campi  nella  compilazione 
della  storia  ecclesiastica  di  Piacenza  :  si  hanno  anzi  memorie  che 
il  Campi  chiedesse  al  Capitolo  l'uso  a  domicilio  di  diverse  mem- 
brane; e  benché  appaia  che  avesse  il  costume  di  restituirle  appena 

(i)  Archivio  Storico  dille  Provincie  Pannensi  —  Voi.  I,  (1892),  p.  i. 


238  SPIGOLATI  hi:     DI     STOKIA     LO.MMARDA 

adoperate,  tuttavia  si  dubita  che  non  tutti  quei  documenti  rive- 
dessero l'antica  loro  sede.  Si  deve  poi  al  caso   se    il    manoscritto 

dei  transunti  fu  salvato  dal  naufragio  tcKcato  a  tanti  altri  suoi 
simili  in  Piacenza,  dove  venne  acquistato  al  prezzo  di  lire  novan- 
taciin|iie  il  7  aprile  17^3  dall'arciprete  di  Castel  San  Giovanni 
Antonio  Ardizzone  Calvi. 

Quel  manoscritto  conta  290  facciate  della  dimensione  di  cen- 
timetri 22  X  ^6,  divise,  mediante  una  riga  longitudinale,  in  due 
colonne;  è  scritto  in  caratteri  minutissimi,  ma  chiari,  con  molte 
abbreviature,  sigle  ed  altri  segni  convenzionali.  I  nomi  delle  per- 
sone e  dei  luoghi  che  all'amanuense  parvero  degni  di  nota  sono 
sottolineati  :  i  punti  poi  che  meritano  maggior  attenzione  sono 
indicati  mediante  un  segno  speciale  (una  mano  coli' indice  lun- 
ghissimo) posto  al  margine  delle  colonnette.  Nella  trascrizione  non 
fu  osservato  l'ordine  metodico  delle  materie  e  tanto  meno  quello 
cronologico;  si  vede  che  le  pergamene,  poste  in  diversi  carnieri, 
vennero  transuntate  man  mano  senza  sistema  prefìsso  :  non  fu 
fatta  nemmeno  la  numerazione  delle  pagine  :  neppure  un  segno 
qualsiasi  serve  di  richiamo  per  rintracciare  gli  originali  quando 
si  volessero  consultare  direttamente.  Un  indice  delle  persone,  dei 
luoghi  e  degli  anni  fu  eseguito  dallo  scrivente  per  incarico  del- 
l'arciprete don  Luigi  Sacchelli,  ora  defunto,  nel  1891  e  1892.  Con 
questo  le  ricerche  vengono  di  molto  semplificate  potendosi  rag- 
gruppare le  notizie  sopra  qualunque  voce,  e  sopra  qualunque 
tempo. 

Fra  le  località  e  le  persone  lombarde  che  più  di  frequente 
si  riscontrano  in  quegli  atti,  Pavia  occupa  il  primo  posto  come 
quella  il  cui  territorio  involgeva  a  ponente  ed  a  tramontana 
l'antica  plebe  di  Olubra. 

Racconta  il  Robolini  nelle  sue  Noti:{ie  appartenenti  alla  Storia 
della  sua  Patria  {i),  sulla  scorta  di  un  manoscritto  del  Rossi,  che 
nell'anno   1090,  alcuni  monaci  vallombrosani  venuti  di  Toscana 


(i)  Pavia,  1828,  voL  HI,  pag.  69-70. 


IN    UN    ARCHIVIO    DI    OLTRE    PO  289 

fabbricarono  un  tempio  in  onore  del  Sepolcro  di  Cristo,  con  mo- 
nastero, nel  luogo  poco  lontano  da  Pavia,  ora  detto  San  Lanfranco. 
Un  po'- più  oltre  (i),  sempre  secondo  il  citato  Rossi,  è  detto  che 
nel  1116  l'abbadessa  di  S.  Maria  del  Monastero  Vecchio  di  Pavia 
investì  i  monaci  di  San  Sepolcro  di  Vallombrosa  di  alcune  terre 
poste  in  'Fontana  di  Vicoldone,  vicino  alla  chiesa  di  S.  Sepolcro. 
Altrove  poi  (2)  lo  storico  pavese  asserisce  che  ai  tempi  di  S.  Ro- 
dobaldo,  che  nella  sua  cronaca  qualifica  per  santo  il  vescovo  Lan- 
franco di  Pavia  morto  nel  iigS,  la  chiesa  di  S.  Sepolcro  conser- 
vava ancora  il  suo  titolo  originario  ;  ma  attese  le  molte  grazie  e 
miracoli  operati  per  intercessione  di  Lanfranco,  che'  in  quel  mo- 
nastero aveva  passato  gli  ultimi  suoi  giorni,  quella  chiesa  e  quel 
monastero  in  seguito  si  denominarono  da  lui. 

Ma  il  manoscritto  di  Castel  San  Giovanni,  e,  quasi  con  cer- 
tezza, l'Archivio  di  quella  antica  collegiata,  ci  forniscono  sul  mo- 
nastero di  S.  Sepolcro  o  di  S.  Lanfranco  di  Pavia  altre  notizie 
molto  importanti,  avvalorate  anche  di  un  diploma  dell'  impera- 
tore Federico  Barbarossa  finora  inedito,  confermante  a  quel  mo- 
nastero i  beni  già  acquisiti  e  speciali  privilegi. 

I  monaci  di  S.  Sepolcro  avevano  qualche  ingerenza  sul  mo- 
nastero di  S.  Marco  di  Piacenza,  della  stessa  congregazione  di 
Vallombrosa.  Il  23  maggio  i38o,  nella  canonica  della  Chiesa  Mag- 
giore di  Pavia,  V  il  venerabile  e  discreto  uomo  Enrico  de  Dymis 
preposto  di  Pavia  e  vicario  generale  del  reverendo  in  Cristo  padre 
Francesco  per  grazia  di  Dio  e  dell'apostolica  Sede  Vescovo  di  Pavia 
e  Conte,  per  l'autorità  di  cui  era  investito,  «  comandò  al  notaio 
Buon  Vicino  di  redigere  e  autenticare  alcuni  istromenti  che  si 
riferivano  al  monastero  di  S.  Sepolcro.  Dalla  serie  dei  documenti 
di  quel  tempo  non  si  può  ricavare  il  motivo  che  indusse  il  pre- 
vosto della  cattedrale  pavese  ad  ordinare  la  trascrizione  di  quegli 
atti  che  si  riproducono  come  si  trovano  transuntati  nel  nostro 
manoscritto. 


^i)  Op.  cii.,  pag.  208. 
(2)  Op.  cit.,  pag.  92. 


240 


SPIGOLAII   hi;     di    SIOKIA     LOMMAKDA 


«  Anno  ab  incarnationc  Domini  nostri  Ytsu  Christi  ii2'3 
quartodecimo  die  mensis  iunii,  indictìone  prima  Monasterio 
sanctì  Marci  foris  civitate  Placencie(i)  constructo,  ncc.non  et 
Monasterio  sancti  Sepuicri  foris  civitate  l^apie  ordinato  non 
multum  longe  a  Pluvio  Tissini  quod  est  superpositum  predicto 
Monasterio  et  congregationi  Vallis  Ombrose,  Nos  Antonius  til- 
lius  quondam  Gaurungii  filii  Antonii,  et  Gamdulfus  ac  Gui- 
lielmus  Anticus  germani,  filii  quondam  Ribaldi  item  filili  An- 
tonii qui  protessi  sumus  ex  nacione  nostra  lege  longobarda  vi- 
vere Oblatores  et  donatores  predictorum  monasteriorum  sancti 
Marci  et  sancti  Sepuicri  Papié,' etc.  Ideoque  nos  iam  dicti  An- 
tonius et  Gandulfus  ac  Vuilielmus  a  presenti  die  in  predictis 
monasteriis  prò"  remedio  animarum  nostrarum  ofterinus  et  do- 
namus  hoc  totum  iuris  quod  habebamus  in  tota  villa  de  Sancto 
Marciano  de  super  Oluura  et  de  eius  pertinenciis  atque  de  vil- 
lanis  ibi  de  inde  a  parte  Monasteriorum  pertinentibus  etc.  Actum 
sub  porticu  predicti  Monasterii  sancti  Marci  feliciter. 

«  Signa  manuam  infrascriptorum  Antonii  et  Gai;dulfi  ac  Vui- 
lielmi  qui  hanc  cartam  oblacionis  sive  refutacionis  fecerunt. 

«  Signa  manuum  Gerardi  Bigullij  Vassalli  Garegagi  guten- 
teste  Gillii  Peru^ni. .  . .  Vassalli  Boni  Johannis  Gasii  Guifredi 
Martinolla,  Gita  Lafranci  Sclatucii  Bonisenioris,  Derno  Arde- 
zoni  vocagate  testim.  Ego  predictus  Bonus  Vicinus  notarius  hanc 
cartam  oblacionis  atque  refutacionis  scripsi  tradidi  compievi  et 
dedi  »   (2). 

«  Anno  1123,  duodecimo  Kallendas  Julii.  Indictione  prima 
Monasteriis  sancti  Marci  civitatis  Placentie  et  sancti  Sepuicri 
Papié.  Nos  Mallus  Vicinus  et  Malia  Parte  fratres  filli  quondam 
Boni  senioris  filii  Antonii,  et  Ubertus  eorum  neposfilius  quondam 
Uberti  fratris  nostri  et  habiaticus  Alberti  Pinzi  qui  professi  su- 
mus ex  nacione  nostra  lege  longobarda  vivere  etc.  Ideoque  nos 


(i)  Il  Campi  dice  che  poi,  siilFarca  di  questo  Monastero,  fu  edifi- 
cato il  Castello. 

(2)  Pag.  145,  col.  I. 


IN    UN    ARCHIVIO    DI    OLTRE    PO  24 1 


«  iam  dicti  Mallus  Vicinus  et  Mallaparte  et  Ubertus  a  presenti 
«  die  in  eisdem  Monasteriis  prò  remedio  anime  nostre  offerimus 
«  et  donamus  hoc  totus  iuris  quod  quondam  habebamiis  in  tota 
«  Villa  de  Sancto  Marciano  de  super  Oluura  et  de  eius  perti- 
«  nenciis  atque  de  Villanis  ibi  de  inde  a  parte  monasteriorum 
«  pertinentibus,  etc.  Hanc  cartam  oblacionis  Bonovicino  notario 
«  traddimus. , . .  Actum  sub  porticum  predicti  Monasterii  sancti 
«  Marci  feliciter. 

«  Signa  manuum Malvicini  et  Mallepartis  et  Uberti  eorum 

«  nepotis  qui  hanc  cartum  oblacionis  sive  refutacionis  fecerunt. 
«  Rogaverunt  et  ipsi  patruelles  et  avus  eisdem  Uberti  confirma- 
«  verunt  et  approbaverunt  ut  supra. 

«  Signa  manuum  Surexii  Gandulti  fìlii  Alberici  hlii  Ugonis, 
«  Bonis  Johannis  Palastreli,  Malnominis  Bagaroti,  Bonis  Johannis 
«  Spezacavigle,  Martini  Botacii,  Petri  Oculi  testium  Abbates  tunc 
«  sancti  Sypulcri  cum  fratribus  suis  cum  multo  labore  et  dispen- 
«  dio  et  missis  et  phaltena  et  helimosinis  et  penitencia  illorum 
«  fecerunt  hoc  tenore  quod  prò  bona  fide  debent  attendere  et  ob- 
«  servare  quod  super  dicto  monasterio  promiserunt,  etc.  E  Auto- 
«  ritate  Domini  Calisti  Pape  et  Innocencij  Pape  et  Sancte  Pla- 
«  centine  Ecclesie  eius  voluntate  et  consensu  fecimus  etiam  ne 
«  blacioni  subiaceant. 

«  Ego  Ruffin^s  Antaclla  Imperialis  notarius  Auctoritate  hoc 
«  exemplum  vidi  et  legi  et  sicut  in  eo  continebatur  etc.  Ego  Opizo 
«  Frigius  notarius  Sacri  Palacii  autenticum  huius  exempli  vidi 
«  et  legi  ut  sic  in  eo  continebatur,  etc.  Et  inde  dictus  Dominus 
«  Vicarius  hanc  cartam  me  autenticari  iussit. 

«  Interfuerunt  presbiter  Fedricus  de  Medio  barbis  capellanus 
«  in  Ecclesie  Papiensis  et  Zanellus  de  Albertucio  capellanus  in 
e  eadem  ecclesia  et  familiaris  prefati  domini  Vicarii  inde'testes. 

«  Ego  Bergonzinus  de  Mediis  barbis  notarius  hanc  cartam 
n  mihi  autenticari  iussam  exemplavi  et  scripsi  et  ideo  me  sub- 
«  scripsi.  -) 

«  In  nomine  Gloriose  et  Individue  Trinitatis  Fedrichus  di- 

Arch.  Stor.  Lomb.  —  Anno  XXVII.  —  Fase.  XX VITI.  16 


>^2  SPIGOLATURE    DI    STORIA    LOMBARDA 


.  \iii;i  ia\cnu-  >.  IciiRii*.!;!  HomaiKHuni  Iinpcrator  et  scmpcr  An- 
«  gustus,  Notiim  esse  volkimus  univcrsis  Imperils  nostri  liikllilnis 
«  tam  prcscntibus  quarn  futuris  quod  Nos  Monasteri  li  m  qiiod  di- 
«  citur  Sancti  Sepulcri  et  in  papiensis  civitatis  contìnio  sytum  est 
«  prò  timore  Dei  ac  petitione  Ottonis  ei'usdem  Monasteri!  Abbatis 
((  in  Imperialis  tuicionis  patrocinio m  cum  (minibus  ipsi  Mona- 
te  sterio  atincntibus  suscepimus  inde  est  cjuod  presentis  pagine  in- 
«  scriptione  omnibus  cum  presentibus  ac  posteris  percipiendo  sta- 
te tuimus  ut  nullus  Episcoporum  duchum  marchionum  comitum 
«  nulla  civitatum  nemo  consullum  aut  alicuius  ordinis  hominum 
(f  prescripti  Monasterii,  Rursum  inquietare  aut  ullo  genere  vexa- 
«  tionis  gravare  vel  bona  eorum  que  presentialitcr  possident  seu 
«  in  futuro  obtinere  iustis  modis  poterunt  ullo  modo  minuere 
«  aut  alienare  presumat  Nominatis  eciam  locum  Sancti  Marchioni 
«  quen  prefatum  Monasterium  de  iure  possidet  ab  omni  exa- 
«  clone  placentinorum  et  militum  eorum  de  Fontana  et  tocius 
«  domus. . .  .  (t).  Imminens  prorsus  esse  decernimus  etc. 

«  Datum  in  obsidione  Mediolani  tu  u  septembris.  Et  inde  dictus 
«  dominus  Vicarius  hanc  cartam  et  hoc  privilegium    me    auten- 

«  ticari  iussit.  Interfuerunt (gli  stessi  testimoni  deW altro  do- 

«  cumento). 

c(  Ego  Bergonzino  de  Medijsbarbis  notariilB  papiensis  ac  im- 
«  perialli  auctoritate  hoc  privilegium  me  autenticari  iussum  au- 
«  tenticavi  et  ideo  me  subscripsi  (2)  ». 

L'amanuense  nel  trascrivere  la  data  di  questo  documento  non 
fu  troppo  chiaro,  così  che  ben  difficilmente  dai  segni  lasciatici 
appare  se  abbia  voluto  indicare  le  calende  o  le  none  di  settembre. 
Ad  ogni  modo  il  privilegio  imperiale,  redatto  durante  l'assedio 
di  Milano  deve  essere  o  del  3o  di  agosto  ovvero  del  3  settembre; 
noi  sappiamo  che    l'assedio   posto  a    Milano    dal    Barbarossa   nel 


(1)  Spazio  di  due  centimetri  corroso. 

(2)  Fa^.  146. 


IN    UN    ARCHIVIO    DI    OLTRE    PO  243 

1158  fa  tolto  il  7  di  settembre.  Le  ricerche  per  rinvenire  la  per- 
gamena nell'archivio  della  chiesa  di  CastekS.  Giovanni  onde  me- 
glio rischiarare  la  l'accenda  riescirono  infruttuose. 

Gli  abitanti  di  San  Marziano,  sotto  il  potente  dominio  dei 
monaci  di  Vallombrosa,  e  spalleggiati  dai  medesimi,  usarono  ogni 
possa  per  sottrarsi  alla  giurisdizione  temporale  e  spirituale  della 
plebe  di  Olubra:  questa  pretensione  degli  uomini  di  S.  Marziano 
generò  liti  lunghissime  ed  importanti  per  le  persone  che  vi  pre- 
sero parte.  Il  fatto  stesso  del  privilegio  imperiale  provocato  dal- 
l'abate Ottone  in  favore  del  proprio  monastero,  dimostra  che  tra 
i  monaci  di  S.  Sepolcro  e  i  Fontana,  potentissimi  signori  di  quelle 
parti,  erano  già  sorte  delle  controversie. 

Contro  la  famiglia  Fontana,  sessant'anni  più  tardi,  i  monaci 
vallombrosani  ebbero  altra  causa,  come  appare  dal  seguente  do- 
cumento. 

«  1227,  die  14  Kallendas  madii,  apud  monasterium  Sancti  Se- 
te pulcri  de  Papia  in  Capitulo  monasteri!  eisdem. 

«  Donnus  Bonus  abbas  ipsius  monasterii,  donnus  Lonbardus,^ 
«  donnus  Bonus  fans,  donnus  Geremias,  frater  Peracius,  frater 
«  Flambertus  camarlengus,  frater  Lanfrancus,  frater  Jacobus  Ce- 
«  bulla,  frater  Josep,   frater    Henricus,    frater  Jacobus   Butigella, 

«  donnus  Albertus donnus  Lanfrancus  de  Gambolato  Deganus^ 

«  donnus  Rufinus  Salinbene,  donnus  Rubaldus,  frater  Carbonus,. 
«  frater  Andreas,  frater  Rusticus  de  Veglevano,  frater  Simon^ 
«  frater  Otto  et  frater  Rufinus  Butigella,  monaci  prenominati 
«  monasterii  et  frater  Johannes  Guiride  ortolanus  et  frater  Petrus 
«  calegarius,  frater  Lanfrancus  de  Gropello  et  frater  Obertus  dic- 
«  tus  Azario  conversi  iam  dicti  monasterii  nomine  et  a  parte 
«  predicti  monasterii  constituerunt  et  fecerunt  donnum  Lanfran- 
«  cum  Astarium  monacum  dicti  monasterii  eorum  sindicum  et 
«  auctorem  seu  procuratorem  in  omnibus  causis  quas  idem  Mo- 
li nasterium  habet,  etc.  et  specialiter  prò  negociis  loci  sancti  Mar- 
te ciani  predicti  monasterii,  et  precipue  cum  Uberto  de  Gambolato 
«  de  Fontana  et  Resonato  cius  filio  et  Petro  Papiensi  de  Fontana 


-544 


M'KJOI.A  I  I    IM.     HI     S  I  U|(  I  A      I.'  ).\l  r.  A 


«  et  Jacobo  Laudexano  de  Fontana,  nomine  et  occasione  debiti 
<(  quod  dcbcbat  quondam  Pctro  de  Burgo  Malgario.  ...  quod  de- 
«  bitum  Icgavcrat  idem  quondam  l^ctrus  prò  remedio  anime  sue 
«  predicto  Monasterio. 

«  Interl'uerunt  l^etrus  Calderarius  et  Faxatus  Perburgcngus, 
«  testes. 

«  Ego  Albertus  de  Monte  regio  sacri  palacii  notarius  auten- 
((  ticum  huius  exempli  vidi  et  legi  in  quo  sic  continebatur  ut 
i<  supra  iussu  Domini  Conradi  Abbatis  monasteri!  Sancti  Alexandri 
(f  que  iudex  crat  asummo  pontifice  manum  propria  fidcliter  exem- 
«  piavi (i)  w. 

Di  questo  tempo  l'invasione  dei  diritti  della  plebe  di  Olubra, 
operata  dai  monaci  di  Pavia,  si  era  maggiormente  accentuata,  se- 
condo risulta  dalla  seguente  lettera  : 

«  Guifredus  miseratione  divina  tituli  Sancti  Marci  presbiter 
«  cardinalis  Apostolice  Sedis  Legatus.  Dilecto  in  Cristo  filio  Ab- 
«  bati  Sancti  Alexandri  Placentin.  salutem  in  Domino.  Dilecti  filii 
«  Archipresbiter  et  Capitulum  plebis  de  Olubra  sua  nobis  con- 
«  questione  monstrarunt  quod  Abbas  et  Conventus  Sancti  Se- 
«  pulcri  Papiensis  ordinis  Vallisumbrose  et  quidam  alii  clerici  et 
«  laici  Placentinae  et  papiensis  diocesis  super  iure  Parrochiali 
«  eisdem  Plebis,  Decimis  et  rebus  aliis  iniuriantur  eidem.  Ideoque 
«  discretione  tua  qua  fungimur  autoritate  mandamus  quatinus 
«  partibus  convocatis  audias  causam  et  eam  debito  fine  decidas 
«  facies  quod  decerneris  per  censsuram  ecclesiasticam  firmiter  ob- 
«  servari.  Testes  autemque  fuerint  nominati  se  se  gratia  odio  vel 
«  timore  subtraxerint  per  censuram  cogus  veritati  testimonium 
«  perhibere.  Datum  apud  Laude  ii  idus  Madii  »  (Anno  1229)  (2). 

Sembra  però  che  l'abate  di  S.  Alessandro   di    Piacenza    non 
(i)  Pag.  45. 


(2)  Pag.  40,  col.  I.' 


IN    UN    ARCHIVIO    DI    OLTRE    PO  24? 

sia  riescito  a  nulla;  anzi  pare  che  la  controversia  si  facesse  molto 
più  seria  perchè  lo  stesso  pontefice  delegò  il  priore  di  Santa  Vit- 
toria, il  quale,  alla  sua  volta  incaricò  il  maestro  P.  di  S.  Teodoro 
Pavese  e  il  suddiacono  Guglielmo,  priore  della  Vernagola  a  sen- 
tenziare tra  il  sindaco  della  plebe  di  Olubra  e  gli  abitanti  di  San 
Marziano.  Questi  documenti,  quantunque  senza  millesimo,  sono 
dal  paleografo  registrati  sotto  l'anno   1200. 

E  quasiché  l'opera  del  legato  della  Santa  Sede  non  bastasse, 
ecco  che  Papa  Gregorio  IX,  da  Perugia,  il  i3  delle  calende  di 
aprile,  secondo  anno  del  suo  pontificato  (1229)  con  suo  breve  de- 
lega a  decidere  la  causa  tra  l'arciprete  di  Olubra  e  quelli  di  San 
Marziano,  il  priore  di  Santa  Vittoria  di  Piacenza.  Il  breve  pon- 
tificio fu  presentato  a  Raynerio  Correrlo  e  a  Bongiovanni  del  fu 
Androne  Mangiavillani,  consoli  di  S.  Marziano,  dal  prete  Armanno, 
canonico  della  Plebe  di  Olubra,  il  io  maggio  1229  in  presenza  di 
Pietro  PonteloUio,  Salio  Mocio  di  S.  Marziano,  e  Giovanni  Passera, 
dello  stesso  luogo,  nel  chiostro  della  Plebe  di  Olubra  (i). 

Il  priore  di  Santa  Vittoria  però,  alla  sua  volta  incaricò  della 
bisogna  il  maestro  Pererio  di  S.  Teodoro  pavese  unitamente  al 
suddiacono  Guglielmo,  priore  della  Vernagola  (2). 

L'abate  di  S.  Alessandro  il  4  delle  calende  di  novembre,  nel 
chiostro  del  suo  monastero  in  Piacenza,  alla  presenza  dei  signori 
Oddone  e  Guintorto,  del  prete  Baro,  dello  stesso  monastero,  pub- 
blicò la -causa  a  cui  fu  delegato  colle  seguenti  parole:  «  Lis  con- 
ce testata  est  coram  Domino  Corrado  Abbate  Sancti  Alexandri 
«  super  libello  porrecto  a  presbiteri  Armanno  Sindico  Plebis  Olu- 
«  bre,  dompno  Lanfranco  Sindico  Monasterii  Sancti  Sepulcri  Pa- 
«  pie  Ordinis  Vallis  Umbrose.  ...  super  decimis  et  maxime  in  loco 
«  Sancti  Marzani  et  super  ecclesia  eisdem  loci  pertinentibus  ad 
«  eandem  Plebem. ...»  (3). 

Il  7  delle  calende  di  settembre   1230    i    frati   di    S.  Sepolcro, 


(i)  Pag.  43. 

(2)  Pag.  44. 

(3)  Pag.  210. 


SPIGOLATURK    DI    STORI  \    LOMBARDA 


riuniti  in  capitolo  da  Lanfranco  loro  abate,  nominarono  il  frate 
Giacomo  loro  maestro,  sindaco  e  procuratore  nella  causa  vertente 
coll'arciprele  di  Olubra  (i).  Il  6  del  successivo  settembre  siamo  a 
S.  Marziano,  vicino  alla  chiesa  del  luogo  ed  in  presenza  di  Giacomo 
de  Podio,  Ottolino  de  Campospinoso,  A  urico  Ferrarlo,  Panino  de 
Ambrosi ,  Giovanni  Capuccio  ed  Anrico  Todesco.  Da  un  lun- 
ghissimo istromento  transunto  nel  manoscritto  (2)  si  ricavano  le 
petizioni  sporte  dalla  Plebe  di  Olubra  a  mezzo  del  proprio  sindaco 
canonico  Armanno  all'Abate  di  Sant'Alessandro,  nominato  dal 
cardinale  Guifredo,  ed  al  Priore  di  Santa  Vittoria,  delegato  pon- 
tificio. 


«  Conqueritur  Deo  et  vobis  Domino  Abbati  Sancti  Alexandri 
«  Placentie  Armannus  presbiter  et  canonicus  plebis  Olubre  et 
<^  syndicus  eiusdem  plebis  de  Abbate  et  Conventu  Sancti  Sepulcri 
«  papiensis  Ordinis  Vallis  Umbrose  qui  iniuriantur  predicte  plebi 
«  super  iure  parochiali,  Decimis  et  maxime  in  loco  Sancti  Mar- 
«  tiani.  et  super  ecclesia  eiusdem  loci  pertinenti  ad  eandem  ple- 
«  bem.  Unde  petit  a  vobis  nomine  eisdem  plebis  quatenus  fa- 
ce ciatis  eos  cessare  ab  huiusmodi  iniuri  et  infestacione,  et  supra- 
«  dieta  adiudicatis  sepedicte  plebi  et  ipsam  nomine  eisdem  plebis 
«  inducetis  in  possessione  predictarum  et  inductum  defendatis 

«  Presbiter  Armannus  syndicus  Plebis  Olubre  nomine  ipsius 
«  plebis  contra  homines  sancti  Marciani  dicens  eo  iniufiari  sibi 
«  et  diete  plebi  super  iure  parochiali.  Videlicet  retinendo  decimas 
«  diete  plebis  debitas  vel  aliis  indebite  solvendo  (sic);  non  ve- 
ce niendo  ad  baptismum  apud  dictam  plebem  nec  ad  penitencias 
«  publicas,  nec  ad  letanias  sicut  alii  parochiani  capellarum  pre- 
ce diete  plebis  faciunt.  Unde  petit  a  vobis,  domino  Priore  Sancte 
ce  Vittorie  a  Domino  Papa  judice  legato  quatinus  adiudicetis  su- 
ce  pradicta  ipsi  plebi  quod  sua  sint  et  ad  eam  pertineant  et  ipsum 


(i)  Pag.  261. 
(2)  Pag.  47. 


à 


IN    UN    ARCHIVIO    DI    OLTRE    PO  247 

«  syndicum  nomine  predicte  plebis  inducatis  in  possessionem  vel 
«  quasi  predictarum  et  ipsum  indultum  defendatis.  « 

In  seguito  a  tali  vertenze  l'arciprete  Cristoforo  di  Olubra  coi 
confratelli  e  canonici  della  stessa  Plebe  per  una  parte,  e  Lanfranco, 
abate  di  S.  Sepolcro,  Pietro  de  Bernardi,  Viviano  de  Gandulfo, 
consoli  di  S.  Marziano,  e  Rainerio  de  Cereria  sindaco  della  Co- 
munità e  dei  vicini  di  San  Marziano,  per  l'altra  parte,  conforme 
è  detto  nell'istromento  redato  dal  notaio  Ansaldo  di  Olubra,  pre- 
senti, consenzienti  ed  affermanti  i  vicini  di  S.  Marziano,  fecero 
compromesso  a  Guglielmo  suddiacono  del  Papa,  al  priore  di  San 
Giacomo  della  Vernagola,  ed  al  maestro  Pererio,  preposto  di 
S.  Teodoro  di  Pavia  di  attenersi  ed  osservare,  ed  in  perpetuo  avere 
per  ferma  e  ratificata  la  decisione  sopra  la  sentenza,  e  promisero 
in  caso  contrario  di  pagare  la  pena  di  cento  libre  di  Piacenza. 

La  senteaiza  pronunciata  nel  parlatorio  di  S.  Alessandro  il 
()  ottobre  i23o,  in  presenza  di  Giovanni  e  Dondedeo,  monaci  di 
quel  monastero,  del  prete  Bazo  cappellano  dello  stesso,  e  di  Gui- 
dotto  Guasco  e  Fornengo,  è  del  seguente  tenore: 

«  Ita  dicimus,  pronunciamus  atque  adjudicamus  in  scriptis 
«  per  amicabilem  cumpositionem  et  omnibus  aliis  modis  quibus 
«  possumus  quod  decima  et  ius  decimationis  ipsius  loci  Sancti 
«  Marciani  et  eius  territorii  pertineant  ad  dictam  plebem,  et 
«  dieta  Plebes  et  habeat  absque  alicuius  contraditione  tenendo 
«  in  se  dictum  monasterium  et  de  cetero  habendo  sine  contrad- 
«  ditione  Archipresbiteri  et  eius  sucesoris  totani  decimam  et  ius 
.<  decimationis  possessionum  terrarum  cultarum,  incultarum,  vi- 
«  nearum,  prativarum  et  boschivarum  tam  futurarum  tam  pre- 
ce sentium  quas  dictum  monasterium  habet  et  per  ipso  Monasteri© 
«  tenentur  in  predicto  loco  Sancti  Marciani  et  eius  territorio  a 
((  dieta  Plebe,  et  «  eidem  Plebi  omni  anno  nomine  census  ex  ipsis 
u  dando  et  solvendo  in  festivitate  beati  Johannis  Batiste  unam 
<^  libram  incensi,  etc.  ». 


248  SPKiOI.ArilUC    DlSlOinA     I.OMHAHDA 

Lo  Stesso  giorno  la  sentenza  fu  partecipata  all'arciprete  di 
Olubra,  al  suo  procuratore  Armanno,  ed  a  Bagnerio  de  Cureria 
console  e  sindaco  di  S.  Marziano  nella  curia  della  chiesa  di  Santa 
Vittoria,  alla  presenza  di  vari  testimoni.  Ai  monaci  di  S.  Sepolcro 
la  partecipazione  venne  eseguita  il  i5  di  ottobre  in  presenza  di 
Giacomo  di  S.  Teodoro,  canonico,  Roglerio  Spria frigore,  Jacobino 
Vercellense,  Giovanni  de  Lanterio  porcari  dicti  monasteri,  e  di 
Monteglo  figlio  del  fu  Giovanni  Ferrari  di  Olubra,  testimoni  (1). 
Ma  il  decreto  dell'abate  di  S.  Alessandro  non  ebbe  esecuzione 
da  parte  degli  abitanti  di  San  Marziano,  i  quali,  il  giorno  11  gen- 
naio i23i  tolsero  il  mandato  ai  loro  rappresentanti,  tra  i  quali 
figurava  un  Domnum  Flambertum  camerlengum  et  domnum  Oli- 
verium  monacos  sanati  Sepulcri  de  Papia  (2). 

Dietro  nuovi  reclami  dell'Arciprete  e  del  Capitolo  di  Olubra, 
Papa  Gregorio  IX  con  suo  breve  dato  in  Laterano  l'ottavo  delle 
Idi  di  marzo,  anno  quarto  del  suo  pontificato  (7  marzo  i232), 
delegò  a  Giudice  della  risorta  vertenza  il  prevosto  della  Chiesa 
di  S.  Olderico  ài  Piacenza,  il  prevosto  della  Chiesa  di  S.  Elena 
di  Rotofredo,  e  un  prete  Simone,  canonico  di  S.  Antonino  di  Pia- 
cenza, colla  ingiunzione  di  costringere  quelli  di  S.  Marziano  a 
pagare  la  multa  di  lire  cinquanta  piacentine  al  Capitolo  di  Olubra, 
e  risarcirlo  delle  spese  da  esso  fatte  per  la  causa  (3). 

Si  ha  ragione  di  convenire  che  questa  volta  quelli  di  S.  Mar- 
ziano, non  spalleggiati  dai  loro  potenti  sostenitori  quali  erano 
frati  di  S.  Sepolcro,  si  siano  sottomessi   all'Arciprete  d'i  Olubra, 
giacché  non  si  trovano  più  notizie  di    controversie  per  lo  spazio 
di  ben  cinquanta  anni. 

L'anno  1280  Guglielmo  di  Fontana,  arciprete  di  Olubra,  pre- 
tendeva dai  Monaci  di  S.  Sepolcro  una  certa  quantità  di  biada  e 
di  denaro  che  nel  corso  di  trenta  anni,  essendo  stata  insoluta,  si 
era  grandemente  moltiplicata.  L'Arciprete  e  il  Capitolo  ricorsero 


(i)  Pag.  i65. 
{2)  Pag.  55. 
(3)  Pag.  47. 


IN    UN     ARCHIVIO    DI    OLTRE    PO  249 

a  Papa  Nicolò  III,  il  quale  con  suo  breve  del  2  marzo,  dato  in 
Roma,  apiid  sanctus  Petrum,  l'anno  terzo  del  suo  pontificato, 
delegò  Antonino,  Abate  di  S.  Alessandro  di  Piacenza,  ad  udire  le 
parti,  i  testimoni  delle  parti  e  a  decidere  la  controversia. 

L'Abate  di  S.  Alessandro  il  28  marzo  dello  stesso  anno  con- 
segnò una  sua  lettera  portante  il  breve  pontiticio,  sigillo  cereo 
impressa  forma  cuiiis  est  y mago  iinius  abbatis  rivestiti  ciim  fe- 
rula in  manti  dextra,  a  Giardino  Agacia  di  Piacenza  affinchè  la 
portasse  a  Pavia. 

Il  messo  infatti  si  presentò  il  i.°  aprile  nel  chiostro  del  Mo- 
nastero di  S.  Sepolcro  ed  alla  presenza  di  Razano  Salimbene, 
giudice,  di  Oglerio  Saltari,  di  Giovanollo  figlio  di  Pietro  Beccaria 
dimorante  con  Guidone  Beccaria  canonico  di  Pavia,  consegnò  la 
lettera  a  Ruffino  abbate  di  S.  Sepolcro  (i). 

Ma  quelli  di  S.  Marziano  non  si  diedero  per  intesi.  In  questo 
frattempo  all'abate  d'i  S.  Alessandro  venne  dal  legato  Apostolico 
Bernardo  vescovo  di  Pavia  sostituito  Oberto  Corvo  proposto  della 
Chiesa  di  S.  Olderico  di  Piacenza,  il  quale,  a  scuotere  gli  uomini 
di  S.  Marziano  mandò  Lanfranco,  canonico  della  Plebe  di  Olubra, 
che  rS  delle  càlende  di  febbraio  del  1283,  nella  Curia  della  Chiesa 
di  quel  luogo,  presenti  Jacobino  da  Castello,  Guglielmo  de  la  Sca- 
leta.  Perone  de  Bernardis  e  Pietro  de  Rondana,  presentò  una  let- 
tera ai  consoli  ed  agli  uomini  di  S.  Marziano  del  seguente  tenore  : 

«  Obertus  Corvus  prepositus  ecclesie  Sancti  Olderici  Placentie. 
«  Venerabili  Patris  Domini  Bernardi  Dey  gracia  Portuemis  Epi- 
«  scopi  Apostolice  Sedis  legati  iudex  delegatus.  Viris  discretis  con- 
«  sulibus  ed  hominibus  de  Sancto  Marciano  salutem  in  Domino. 
«  Noveritis  nos  Guillelmi  de  Vicomarino  procuratorem  nostrum 
«  presente  in  hijs  scriptis  excomunicasse  ipsius  exigente  contumacia 
«  manifesta,  etc.  » 

Fu  in  seguito  a  ciò  che  l' 1 1  ottobre  di  quell'anno  nella  curia 
{i)Pag.43. 


SPIGOLATI'UK    DI    STORIA    LOMBARDA 


della  loro  chicsii,  congregati  gli  abitanti  di  S.  Marziano  unita, 
mente  ai  loro  consoli,  nominarono  Guglielmo  de  Costula,  Mar- 
ciano de  Tedisi  e  Falcone  de  Rondana  loro  sindaci  e  procuratori 
nella  causa  vertente  tra  loro  e  l'Arciprete  di  Olubra. 

II  16  giugno  1285  nel  chiostro  della  Chiesa  di  S.  Olderico 
in  presenza  di  Oberto  Fontana,  prevosto  del  monastero  de  Vietilo, 
di  prete  Vincenzo  della  chiesa  di  S.  Giorgio,  canonico  della  stessa 
chiesa  di  S.  Olderico,  Albertuccio  Bendico  de  Fontana,  Giovanni 
Capra  de'  P^ontana  testimoni,  il  reverendo  Oberto  Corvo  proposto 
delegato  dal  Cardinale  legato,  decise  la  questione  tra  la  plebe  di 
Olubra,  i  monaci  di  S.  Sepolcro  di  Pavia  e  gli  uomini  di  S.  Mar- 
ziano nei  termini  registrati  in  un  atto  rogato  da  Oliverio  Picino 
notaio,  il  IO  maggio  antecedente.  Il  manoscritto  della  Collegiata 
di  Castel  S.  Giovanni  non  registra  questo  atto  né  per  esteso,  nò 
in  sunto  :  il  Campi  però  che  certamente  lo  vide,  e  forse  lo  portò 
con  sé,  lo  traduce  e  lo  pubblica  nella  sua  /Ustoria  Ecclesiastica 
di  Piacenza  (i),  ed  ecco  come  andò  a  finire  la  quistione  : 

«  Oberto  Corvo  preposto  dì  S.  Olderico  .di  Piacenza,  come 
«  Giudice,  e  come  compromissario  ancora  delle  parti,  dopo  aver 
<.<  il  tutto,  secondo  che  conveniva,  ottimamente  ponderato,  alla 
«  presenza  di  Giovanni  Passacaldaia  canonico  piacentino,  e  di  due 
«  Dottori  di  legge  collegiati  che  furono  Giovanni  Buffa  e  Nicolino 
«  Ziani  pronunciò  il  suo  laudo  nell'ultimo  d'aprile,  lunedì  delle 
«  litanie  minori  di  quest'anno  nel  claustro  di  Sant' Olderico  di 
<^  consenso  e  con  intervento  eziandio  dell'abbate  l^uono  (così  ap- 
«  pellato)  a  nome  del  monasterio  predetto  e  di  Guglielmo  Fontana 
«  arciprete  di  Castel  San  Giovanni.  E  fu  la  sostanza  di  tal  sen- 
«  tenza,  et  amicabile  compositione  che  restando  assoluti  l'Abbate 
«  et  i  Monaci  dalla  dimanda  et  obbligo  delle  pretese  decime  per 
«  lo  passato,  fossero  tenuti  da  indi  innanzi  per  la  detta  decima 
«  al  pagamento  ogni  anno  in  tempo  di  pace  nelle  calende  di  agosto 


(i)  Voi.  Ili,  pag.  i5,  col.  i.''^ 


IN    UN    ARCHIVIO    DI    OLTRE    PO  23  1 

«  di  Stala  dieci  di  formento  con  la  beneditione,  bello  e  mondo  a 
«  pala  e  viglinolo  secondo  che  dir  si  suole  da' contadini,  e  misu- 
«  rato  allo  staio  di  Piacenza,  da  condursi  alla  Pieve  da  un  messo 
«  del  Monasterio,  a  cui  dar  dovesse  il  Capitolo  della  Pieve  da 
«  mangiare  ;  e  nel  tempo  di  guerra  fosse  in  arbitrio  dell'Abbate 
«  e  Monaci  di  pagare  o  lo  stesso  fitto  di  grano,  o  la  deccima  sola 
«  di  que'  frutti  che  cavati  si  fossero  tanto  dalli  terreni  quanto 
<c  dalli  animali  loro  in  quell'anno.  Inoltre  quanto  alla  chiesa  dì 
«  S.  Martiano  sì  dichiarò  che  quella  con  ogni  sua  pertinenza  dì 
«  possessioni,  et  altro  tanto  nello  spirituale  quanto  nel  temporale, 
«  spettasse  pieno  iure  al  monastero  di  S.  Lanfranco,  eccetto  che 
<(  nel  vacar  detta  Chiesa  presentar  si  dovesse  il  nuovo  rettore  da 
«  instituirsi  in  essa  all'arciprete  e  Capitolo  di  CastelsanGiovanni, 
«  i  quali  avessero  senza  veruno  esame,  e  senza  eccetione  alcuna 
«  di  ragione  o  di  fatto  e  gratis,  et  anche  senza  dura  spesa  od 
«  altro  aggravio  al  presentato  Prete  a  confermare  la  di  lui  elet- 
«  tione  fra  quindici  giorni  a  die  presentationis,  e  non  confer- 
«  mandolo  in  detto  tempo,  potesse  l'eletto  senza  più  entrare  al 
(c  possesso  della  Chiesa,  et  amministrar  liberamente  i  beni  e  ciò 
«  che  in  quella  a  lui  si  appartenesse  di  fare.  Et  andando  l'Arci- 
«  prete  e  il  Capitolo  in  processione  ne'  giorni  delle  Litanie  fosse 
«  tenuto  il  Rettore  a  riceverli  con  l'acqua  benedetta  et  incenso 
«  senz' altra  spesa  o  pretensione  di  quelli.  » 

La  decima  convenuta  in  questa  sentenza  fu  in  seguito  sempre 
pagata  alla  plebe  di  Olubra.  Nel  manoscritto  in  quistione,  sotto 
il  7  dicembre  1468,  è  registrato  il  versamento  di  «  starios  decem 
«  frumenti  prò  ficto  decime  anni  presentis  finiti  et  completi  quod 
«  fictum  annuum  dictum  capitulum  conventus  et  monasterii  sancti 
<'  Lanfranchi  suprascripti  reddi  et  reddere  tenetur  et  debet  diete 
«  Capitulo  Plebis  et  Ecclesie  sancti  Johannis  predicti  de  prò  et 
«  occasione  decime  decimationis  et  decimarla  terrarum  et  posses- 
(.'  sionem  dicti  monasterii  sancti  Lanfrancis  de  Papia  positarun 
«  in  territorio  Castri  Sancti  Johannis  predicti  Episcopatus  Pla- 
«  cent  le.  » 


252  SIMGOLATI'RK     DI     STOHIA     LOMUAUDA 

In  una  recensione  di  decime  fatta  dalla  Plebe  di  Castel  San 
Giovanni  nell'anno  i5()3  è  pure  nominata  l'Abbazia  di  S.  Lan- 
franco di  Pavia  per  la  decima  di  staia  io  di  frumento  gravante 
sulle  terre  di  S.  Marziano. 

Il  IO  di  agosto  dell'anno  r32()  Giovanni,  vescovo  eletto  ili 
Pavia,  nominò  collettore  di  una  taglia  un  frate  Pietro  de  Mixanno 
priore  della  chiesa  di  S.  Giacomo  di  Ponte  Albarola.  Bisogna  cre- 
dere che  questa  taglia  non  entrasse  nelle  mire  del  monastero  di 
S.  Sepolcro,  perchè  il  23  dello  stesso  mese  di  agosto  frate  Manuelle 
abbate  del  monastero  di  S.  Lanfranco,  ossia  di  S.  Sepolcro,  chiede 
in  scritto  ciim  omni  reverenda  et  divocione  al  vescovo  suddetto 
un  libello  appellatorio.  Non  è  conosciuto  l'esito  di  questo  reclamo  : 
quello  che  maggiormente  interessa  però  è  che  l'ordine  Vescovile 
di  riscuotere  la  taglia,  e  la  presentazione  del  libello  appellatorio 
avvennero  in  Piacenza,  nella  chiesa  di  S.  Maria  dei  Dodici  Apo- 
stoli, dove  risiedeva  allora  il  vescovo  eletto  «  propter  giierras  et 
«  rebelionem  civitatis  Papié  cantra  romanam  Ecclesiam  »   (i). 

L'anno  i354  i  monaci  di  S.  Sepolcro  ricorrono  all'arcivescovo 
Giovanni  Visconti,  signore  allora  di  quella  parte  del  Piacentino 
che  volge  verso  ponente,  per  ottenere  ragione  sui  beni  loro  di 
S.  Marziano  affittati  ai  Malvicini  di  Fontana,  di  Piacenza.  L'Ar- 
civescovo il  giorno  2  settembre  scrisse  al   suo   podestà   di   Castel 

San  Giovanni:   «Volumus  et  mandamus  tibi  quod dictas  terras 

possessiones  et  bona  earum  ac  fructorum  reditus  et  proventibus 
dari,  restituì,  relaxari  faciat  predicti  Abbati,  monachis,  capitulo 
et  Conventui  monasterium  predicti  seu  eorum  sindico  et  procu- 
ratori, colonorum,  inquilinorum  seu  massariorum  jure  semper 
salvo  ipsoque  Abbatum,  monachos,  capitulum  et  conventum  dicti 
monasterii  seu  eorum  sindicum,  etc.  »   (2). 

Nel  testamento  di  un  Martino  Orzone  «  mercator  publicus  » 
di  Pavia  havvi  una  protesta  contro  Giacomo  di  Bercledo  de  Mon- 
taldo  in  cui  il  mercante  dichiara  che  i  beni   di   S.  Marziano    da 


(1)  Pag.  176-177. 

(2)  Pag.  44. 


IN    UN    ARCHIVIO    DI    OLTRE    PO  23.-) 


lui  comperati  dal  Monastero  di  S.  Sepolcro  per  il  prezzo  di  lire 
seicento  imperiali,  furono  pagati  non  coi  propri  denari,  ma  con 
quelli  del  nobile  Dondacio  Malvicini  di  Fontana,  cavaliere  pia- 
centino e  del  predetto  Giacomo  di  Bercledo,  i  quali  signori  fecero 
istanza  e  petizioni  a  lui  perchè  li  comperasse  (21  luglio  1347)  (i). 


In  una  recensione  di  decime  del  18  dicembre  1224  che  paga- 
vano quelli  di  Montedonico  alla  Plebe  di  Olubra  appare  che  la 
chiesa  di  S.  Pietro  in  Ciel  d'Oro  di  Pavia  possedeva  beni  in  quei 
paraggi  :  figurano  pure  registrati  come  proprietari  di  quelle  terre 
quelli  de  Beccaria  (2).  Pure  in  Montedonico  teneva  suoi  beni  la 
chiesa  di  S.  Michele  Maggiore  di  Pavia  in  un  luogo  «  ubi  dicitur 
Burghus  rognoxus  »  in  coerenza  coi  beni  di  Guidoto  Advocato 
de  Canevanova  (3)  (a.   i332). 

Un  Antonio  Villani  di  Castel  S.  Giovanni  nel  suo  testamento 
29  giugno  1404,  nomina  erede  un  Giacomo  Villani  suo  fratello 
«  qui  habitat  juxta  Civitatem  Papié  in  burgo  ubi  dicitur  Sigi- 
mate  »   (4). 


Parpanese.  —  11  19  aprile  i3oo  Gerardo  Biondo,  Gerardo  de 
Plana  e  Guglielmo  Mussone,  tutti  di  Castel  San  Giovanni,  si  ob- 
bligano con  istromento  rogato  da  Gerardo  Tridapane  notaio,  di 
pagare  al  prete  Azone  di  Parpanese,  e  non  ad  altri,  in  denaro 
numerato,  quattordici  lire  e  sei  soldi  di  Piacenza,  valuta  da  essi 
ricevuta  in  deposito  «  et  nomini  depositi  ad  omne  suis  periculum, 
risigum,  fortunam,  ignis,  furti,  rapine,  naufragi,  etc.  «   (5). 


(i)  Pag.  49. 

(2)  Pag.  287. 

(3)  Pag.  172. 

(4)  Pag.  91. 

(5)  Pag.  267. 


2^4  SlMCiDLAl  IKi;    DI    S'IOUIA    LOMUAUDA 

11  22  Icbbraio  i  34(J,  nel  chiostro  della  chiesa  di  Sant'Yvencio 
di  Pavi;i,  per  r();^it()  di  Giacomo  di  S.  Sisto,  notaio,  Bartolomeo 
di  Clic)\aniii  ile  .\iitii|uo  de  Fontana,  chierico  eletto  nella  chiesa 
di  S.  Mnri.i  di  i\ui\incse  «dieta  de  la  Pleheta  »  diocesi  di  Pavia, 
<c  constituivit  et  tccit  donum  Clavarinum  canonicum  Ecclesie 
sancti  Cìeoi^ii  de  N'eroiKi  ;>  siiidaeo  e  procuratore  di  Portalbera  (i). 


Monte  (Monyte)  CAfALMACGiORE,  Suriasco.  —  Il  21  feb- 
braio i'385  Pietro  Grillo,  arciprete  di  Castel  S.Giovanni,  investì 
a  fitto  per  nove  anni  Giovanni  Marconi,  figlio  di  Rolando,  della 
decima  di  alcune  terre  pervenute  nella  sua  plebe  in  seguito  a  di- 
versi anteriori  acejuisti,  situate  nel  territorio  di  Monte,  vescovato 
di  Pavia,  per  il  fitto  di  unum  leporem,  e  due  staia  di  frumento, 
condotto  e  consegnato  il  tutto  alla  stessa  plebe  a  spese  dell'affit- 
tuario. 

Nove  anni  dopo,  cioè  il  22  luglio  1394,  lo  stesso  arciprete 
rinnovò  l'investitura,  ma  per  29  anni,  nello  stesso  Giovanni  Mar- 
coni :  il  canone  d'afiitto  fu  però  aumentato  :  invece  di  una  lepie 
l'enfiteuta  doveva  consegnare  un  «  bonum  et  pinguiun  crastonuni  » 
e  staia  tre  di  frumento,  colle  stesse  avvertenze.  Neil' istromento 
è  detto  che  le  decime  affittate  si  fondavano  su  beni  «  in  teriHtorio 
de  Monyte  et  Caxali  Majoris  territorii  Siuriaschi  episcopatus 
Papié.  »  (2). 


RovEscALA.  —  Il  i5  agosto  1223  Alberico  di  Rovoscala,  per 
tre  lire  e  sette  soldi  meno  e^uattro  denari  di  Pavia  che  il  padre 
suo  Gualterio  promise  alla  plebe  di  Olubra  per  un  calice,  dà  al 
prete  Armanno  della  detta  plebe  un  pezzo  di  terra  di  5  pertiche. 


(i)  Pag.  270. 

(2)  Pagg.  174  e  197. 


IN    UN    AIICHIVIO    DI    OLTRE    PO  2DD 

coltivate,  posto  nel  territorio  di  Rovescala  vicino  al  mercato  ed 
alla  strada  pubblica  (i). 

Il  4  agosto  dell'anno  successivo  l'arciprete  Cristoforo  di  Olubra 
investe  a  titolo  di  affitto  perpetuo  il  conte  Roberto  di  Rovorscala 
e  suoi  eredi  della  terza  parte  prò  indiviso  dì  tutte  le  deciaie  in 
Rovorscala,  suo  territorio  e  curia  per  l'annuo  fitto  di  sei  denari 
di  Pavia  da  pagarsi  al  S.  Martino  (2). 

Del  3i  agosto  1228  si  ha  la  seguente  sentenza  in  causa  di 
appellazione  per  la  chiesa  di  S.  Maria  de  Costula  in  favore  della 
plebe  di.  Olubra  e  contro  quella  di  Rovescala,  data  sub  qiiodam 
porticu  della  chiesa  maggiore  di  Piacenza,  a  rogito  dì  Guglielmo 
de  Pillolis,  ed  alla  presenza  di  diversi  testimoni. 

«  Dominus  Aymericus  Archidiaconus  placentinus  ita  dixit  : 
«  Causa  appellationis  vertebatur  inter  Presbiterum  Armanum 
«  canonicum  et  syndicum  Plebis  Olubre  nomine  ipsius  Plebis  ex 
«  una  parte,  et  ex  altera  presbiterum  Petrum  syndicum  plebis 
«  de  Rovorscala  nomine  diete  Plebis  Rovoiscale.  Qua  nobis  a 
«  Summo  Pontifice  fuit  commissa  sicut  apparet  per  litteras  bul- 
«  latas  Domini  Pape.  Quarum  tenor  talis  est.  Honorius  episcopus 
«  servus  servorum  Dei.  Dilecto  filio  Archidiacono  piacentino  sa- 
ie lutem  et  apostolicam  beneditionem.  Archipresbiter  et.Capitulum 
«  Plebis  Olubre  sua  nobis  peticione  monstrarunt  quod  cum  inter 
«  ipsos  ex  parte  una  et  Archipresbiterum  et  Capitulum  Rovor- 
«  scale  papiensis  Diocesis  ex  altera,  coram  abbate  sancti  Apoli- 
«  naris  super  reditibus  et  rebus  aliis  autoritate  apostolica  questio 
«  verteretur  idem  Abbas  contra  eos  diffinituram  sententiam  pro- 
ci mulgavit  iniquam;  a  qua  nostrani  audienciam  appellarunt,  etc. 
«  Datum  Laterano  6  idibus  octubris  pontificatus  nostri  Anno 
«  undecimo,  etc.  Inscriptis  sentenciando  pronunciamus  sentenciam 
«  latam  ab  Abbate  sancti  Apolinaris  papiensis  super  Ecclesia 
«  Sancte  Marie  de  Costula  et  super  redditibus  et  rebus  aliis  per- 


ii) Pag.  16. 
(2)  Pag.  74. 


2?0       MMi.Ul.All  Ki;   iJi   MOHIA    LOMHAUDA    IN    UN    Al<   l!l\  IO    hi    ')1.IJ<L    TU 

«  tincntibus  ad  candem  ecclcsiam  prò  Archipresbitero  et  Capitulo 
«  Plcbis  Rovorscale  centra  Archiprcsbiterum  et  Capitulum  Plcbis 
«  Oliibrc  esse  iniustam  et  iniquam  et  nichilomino  valere  et  ab 
«  ipsa  sententia  bene  fuisse  appellatum  et  male  pronunciatum, 
«  et  iandictam  sentenciam  latam  per  predictum  abbatem  sancti 
«  Apolinaris  infrigimus  et  casamus,  et  I^lebem  Olubre  esse  in 
«  possessione  iandicte  Ecclesie  Sancte  Marie  de  Costula  .  et  sen- 
«  tenciam  excomunicationis  latam  contra  Archipresbiterum  et 
«  Capitulum  plebis  Olubre  de  jure  non  tenuisse  nec  tenere  de- 
ce bere  et  ad  cautelam  absolvimus  dictos  archipresbiterum  et  <CJa- 
«  pitulum  plebis  Olubre  ab  illa  excomunicacione.  »   (i). 

il  28  luglio  i328  Oberto  Musso  arciprete  di  Rovoschala  pa- 
piensis  diocesis  et  clericus  ecclesie  sancti  Blaxii  de  Plebe  Portiis 
Moroni  fa  il  suo  testamento  instituendo  sua  erede  la  nipote  Gio- 
vanna figlia  di  Giovanni  suo  fratello  (2). 

Il  7  luglio  1387,  l'arciprete  Grillo  della  plebe  di  Castel  San 
Giovanni  (Olubra),  investe  a  titolo  di  affitto  per  nove  anni  Gio- 
vanni Marcone  figlio  del  fu  Rolando,  della  decima  che  la  detta 
plebe  e  chiesa  ha  nel  luogo,  territorio  e  curia  di  Rovescala  per 
due  staia  di  frumento  annui  (3). 

Il  2  delle  none  di  febbraio  dell'anno  1429,  Papa  Martino  V, 
per  la  morte  di  Rallaele  da  Castello,  canonico  della  chiesa  di 
Santa  Maria  di  Rovescala,  diocesi  di  Pavia,  nomina  a  quel  posto 
il  prete  Pietro  de  Gerii  beneficiario  prebendario  della  chiesa  di 
S.  Giovanni  di  Olubra  (4). 

Giovanni  Agnelli. 


(i)  Pag.  94. 

(2)  Pag.  255. 

(3)  Pag.  74. 

(4)  Pag.  187. 


NOTITIA  CLERI  MEDIOLANENSIS 

DE   ANNO    1398 
CIRCA   IPSIUS  IMMUNITATEM 


(Continnazìone  e  fine). 


47.  Canonica  de  Olzate  Olona  cum  Capellanìs  (i) 

D.  Rugerius  de  Solbiate  praepositus    .     .     .  L.  7      S.     16    D.      7 

Beltramus  de  Cixate 2  4  9 

D.  Pbr.  Inanus  (?)  de  Landriano 3  7  3 

Ambrosius  de  Colliate 3  7  3 

Johanninus  de  Dalfìnellis  (?) 2  4  9 

Antoni  US  de  Solbyate 3  7  2 

Pbr.  Antonius  de  Pigoziis .  3  7  2 

Pbr.  Jacobinus  de  Inarzio 3  7  2 

Andriollus  de  Cixate 2  4  9 

Quidam  de  Crassis 2  4  9 


^.    3i       S.     II     D. 


s. 

4 

D. 

9 

18 

4 

i5 

II 

9 

6 

Capellani  plebis  de  Olzale  Olona 

Capella  S.  Marie  de  Gorlamayori     .     .     .     .  L.  2 

„         de  la  Castellanzia 3 

„         de  Sachonago 2 

„         S.  Johannis  de  Bustiarsizio  (2)       ...  4 


(1)  ^q\M  Indice  di  Gof.  Olgiate  conta  chiese  34,  altari  42. 

(2)  Nello  Siato  del  1466  Busto  Arsizio  sembra  indipendente  da  Ol- 
giate Olona,  leggendosi,  prima  delle  chiese  regolari,  esenti  dalla  ple- 
bana  "  Capelle  in  Busti  3  „. 

Arch.  Star.  Lomh.  —  Anno  XXVH.  —  Fase.  XXVIII.  17 


258 


01  IMA    CLIiUI    MLDIOLANKNSIS    DI-     ANNO     J  3()8 


Capclla  Suprascriptc  ecclesie I..  4 

„         de  Solbiale  supra  Olonani 2 

„         de  CystcUago 3 

„        de  Marnate 3 

„  S.  Laurentii  de>Gorla  minori  ....  3 

„         S.  Nazarij  de  Prospiano 2 

„  S.  Antonij  de  Camcnago .     .....  2 

„         S.  Vitallis  de  Gorlamayori j 

„         S.  Martini  de  Fagnano 7 

„         S.  Johannis  de  Bergaro 2 

„  S.  Johannis  de  Restagnijs  de  Busti      .  2 

„  S.  Cateline  de  Busti  Arsizio     ....  i 

„         S.  Martini  de  Cayrate 3 

,,  S.  Michaelis  de  Busti  Arsizio  ....  3 


9     1 

'       f  ) 

j6 

1 1 

7 

ii 

7 
I 

2 

4 

9 

i5 

11 

i3 

7 

18 

8 

16 

10 

4 

9 

i3 

7 

18 

4 

7 

2 

L.     5o       S.       3    D. 


Domus  suprascripte  plebis 

Fratres  S.  Marie  de  Legnano L.  18 

Monasterium  de  Cayrate 25 

Fratres  et  humiliate  de  Solbiate  maiori  (?)      .  9 

Fratres  hospitalis  S.  Erasmi  de  Legnano      •     .  28 

Fratres  domus  parve  de  Cistellago  S.  Benedicti  28 

Domus  humiliatorum  de  Fagnano 20 

Domine  humiliate  de  Bustiarsizio 2 

Fratres  h umiliati  de  Legnano — 


6    D.     — 


8 

4 

4 

1 

9 

4 

- 

2 

7 

8 

L.  i33       S. 


14 


D. 


48.  Canonica  de  Legnano  cum  Capellanis 

D.  Pbr.  Christotbrus  Vincemala L.  3  S.       7 

D.  Jacobus  de  Subinago  (?) 3  7 

D.  Luchinus  Vincemala 3  7 

Elyas  de  Porris 3  7 


L. 


S. 


8     D. 


CIRCA    IPSIUS    IMMUNITATEM  2:^9 


I 

S. 

i3 

D. 

7 

I 

i3 

7 

I 

i3 

7 

•       4 

I 

7 

Capellani  Suprascripte  plebis 

Capella  S.  Marie  de  Legnano L.       i 

„  S.  Ambrosi!  de  Legnano  .... 
„  S.  Martini  de  Legnano  .  .  .  .  . 
„         SS.  Ziprij  (sic)  &  Cornelij  de  Cerro 


L.  9       S.      3    D.       4 

49.  Canonica  de  Varixio  cum  Capellanis  (i) 

D.  Antonius  Giranus  prepositus L.  3       S.       i     D.     — 

Franciscus  Paxolli  Canoniciis 3  i  — 

Pbr.  Albertus  fiotta 3  i  — 

Pbr.  Aedigolus  (sic)  Frotta .3  i  — 

GuarniroUus  Bossi us 2  4  9 

Guidctus  Bossius 2  4  9 

Maynolus  Blanchus , 2  4  19 

Rcliqui  decemocto  Canonici  sunt  in  extimo  1.  2, 

s.  IO,  d.  IO  prò  quolibet 46  i5  — 

Pro  octo  feudis  ad    computum  de  S.  5,  den.  6 

prò  quolibet  (2) 2  4  — 


L.     66      S.     17      D.     3 


(i)  Secondo  V Indice  di  Gof.  nella  pieve  di  Varese  eranvi  chiese  55, 
altari  70. 

(2)  Quali  fossero  i  Feudi  dipendenti  dal  Capitolo  Varesino  non  è 
specificato:  il  Borri,  Statuii  e  Ordinamenti  del  Capitolo  di  S.  Vittore  in 
Varese  (Varese,  1897)  pubblicò  diversi  giudicati,  nei  quali  sono  inai- 
cate  che  le  terre  che  devono  pagare  la  decima  al  detto  Capitolo;  ma 
non  dà  documento  contemporaneo  che  precisi  gli  o//o/(?//tì'/ qui  indicati. 
Invece,  danna  ricevuta  del  i326,  risulta  che  i  Canonici  di  Varese  pa- 
gavano a  Galeazzo  Visconti  i  tributi  per  le  seguenti  chiese  da  loro 
dipendenti  (v.  Borri,  o.  c,  p.  102)  "  prò  Capella  de  Daverioet  monastcrio 
de  Crossio....  capella  de  Moresolo,  cap.  de  Barassio,  cap.  de  Logonate, 
cap.  de  Voltrona,  cap.  de  Casgiago,  cap.  de  Velate,  cap.  de  Masenago, 
cap.  de  Colcinate,  cap.  de  Bobiate,  cap.  de  Malnate,  cap.  de  Bosii,  cap. 
de  Schianio,  cap.  de  Aciate,  cap.  de  Caliate,  cap.  de  Logonago,  cap.  de 
Besozero,  quae  omnes  capelle  et  monasterium  sunt  plebis  dictac  Ca- 
nonice  „.  Nello  Stato  del  1466  Icggesi  semplicemente:    "Canonica  de 


I 

— 

2 

— 

4 

9 

11 

IO 

4 

9 

8 

6 

4 

9 

i3 

7 

— 

4 

260  NOI!  HA    CLKHl    MEDlOf-ANLlNSIS    DI)    ANNO    1 3g8 


Capdlani  suprascriptt'  Plcl)i.s 

C.iix  Ihi  S.  l<.liaiiiiis  ad  Hospitale     .    .    .    .L.  2      S.    —    i '. 
Seii  Aliare  S.  Mariao  in  rcdesiaS.  Vio 

toris  de  Varixio 3 

„        S.  Johannis  in  Baptisterio 3 

„         Altaris  Maioris  S.  Victoris 2 

„         S.  Marchi  de  Morcxello 5 

„         SS.  Vitalis  et  Valerle  de  introna^  h.  .  — 

„         SS.  Ypoliti  et  Cassiani  de  Legnate     .  2 

„         SS.  Johannis  et  Eusebij  de  Casgiago  .  4 

„         SS.  Ypoliti  &  Cassiani  de  Maxnago     .  2 

„         S.  Evasi]  de  Bezozero 1 

„         S.  Martini  de  Sgianio  (sic) i 

„         S.  Marie  in  ecclesia  S.  Stepani  de  Be- 
zozero     ' I                2              5 

„         S.  Marie  de  Aziate 2              18            — 

„         S..  Laurentii  de  Aziate i              —              4 

„         S.  Petri  de  Daverio      . 4              io            — 

„         de  Bosti —              II              3 

„         S.  Georgij  de  Logonago .2  4              9 

„         S.  Cassiani  de  Veliate 3              —            — 

„         de  Barassio 4                9              6 

„         S.  Marie  de  la  Sgirana 2                4              9 

„         de  Bobiate —                5              7 

„         de  Lisago —                5              7 

„         S.  Martini  de  Malnate 3                7              2 

„         SS.  Protaxij  &  Gervaxij  de  Galliate    .3  7              2 

„         S.  Antonij  de  Aziate 3                i            — 

„         de  Bimio  (sic)  Superiori i                2              5 

„         S.  Bernardi  in  Monte  de  Veliate      .     .  2              —              8 

„         allia  S.  Bernardi       2              —              8 


L.     65       S.      3     D. 


Varisio  habet  prepositum  cum  Canonie.  24.  Beneficia,  que  Fenda  di- 
cuntur  Vili,  Cappellani  ibidem  V,  Ecclesiae  Parochiales  et  Capclle 
Plebis,  23.  Fenda  ecclesiastica  Varisci  XI  (v.  più  sotto  quali  l'ossero 
questi  feudi). 


CIRCA    IPSIUS    IMMUNIIATEM  26  I 


Fenda  Varixii 

Guglielmus  de  Arsago  prò  B^cudo  S.  Dionixij  L.  4.      S.      9     D.      6 

Feudum  S.  Patri  de  Bosti io  i  4 

„         .S.  Quirici 7  16  7 

„         S.  Mauritii  de  Magiiago 3  7  2 

,,         suprascripte  ecclexie i  2  5 

„         S.  Petri  de  Bimio  inferiore    ....  3  7  2 

„         S.  Petri  de  Malnate —  —  — 

„         S.  Ambrosi]  de  Zobiano 3  7  2 

„         S.  Georgii  de  Bimio  superiori    ...  4  9  7 

„         S.  Vitti  de  Legnate 5  i  8 

„         S.  Laurentii  de  Masnago —  11  3 


L.     43      S.     i3    D. 

Domus  plebis  Varixii 

Prelatus  Fratrum  humiliatorum  de  Varixio  L.     48      S. 

Ministra  S.  Martini  de  Varixio 7 

Hospitale  de  Noveni  Fontanis 11 

Monasterium  de  Capite ii3  —  — 

Domus  S.  Antonii  de  Legnate 12  —  — 

Domus  de  Cantorezio  de  Masnago 5  i  8 

D.  Arctiipresbyter  S.  Marie  Mentis  cum  quin- 

que  alii  (Canonicis) 25  —  — 

Monasterium  de  Ulturio  (?) 167  i5  — 


8    E 

••       4 

16 

TI 

3 

8 

L.  390      S.      5    D. 


50.  Canonica  de  Sgianio 

D.  Nichorollus  de  Sgianio  archipresbyter    .  L.      4  S.     io  D.      6 

Guidollus  de  la  Fcrraria '...4                9  6 

Silvester  de  Bossijs 4                9  6 

L.     i3  S.      9  D.      6 


I.Kl     MI.WlOI.ANhNMS»    Uh    ANNO     1  :>g8 


51.  Canonica  de  Castro  Seprio  cum  Capellanis  (i) 

D.  Prcpo.situs  diete  Canonice    : L.      48.  io  1).      6 

D.  Paganinus  de  Bezozcro 3  io  2 

Reliqui    dcceni    canonici   sunt  in   extimo    1.  5, 

s.  I,  d.  8  prò  quolbet 5o  17  8 


L.     58      S.     J7     I). 


Capellani  suprascripte  plebis 

CapcUa  S.  Laurentii  de  Castelliono     .    .    .  L.  4 

„         S.  Sepulcri  ut  supra 2 

„  S.  Marie  de  buzijs  ut  supra     ....  2 

„  de  Venegono  superiori  cum  S.  Protaxio 

dicti  loci 3 

„         de  Castrono i 

„         de  Venegono  inferiori 2 

„         S.  Nazarij  de  Vico  Seprio 2 

„         de  Morenzono 2 

„         de  Torba 5 

„         de  Carono  de  Giringelis i 

„  S.  Marie  foris  portas  Castri  Seprii       .  i 

„         de  Rollate  (sic) i 

„         de  Vedano 4 

„         de  Cornate  Superiori — 

„         Lonate  Cepino 2 

,;         de  Tradate 4 

„  S.  Marie  de  loco  Castiliono     ....  2 

„         de  Carnago 3 

„         S.  Pauli  de  Castro  Seprio 2 

„         S.  Antonii  de  Lozia — 

„         de  Carono  Corbellario — 


9    D. 

6 

4 

5 

4 

5 

6 

2 

2 

5 

4 

9 

4 

9 

4 

9 

2 

5 

2 

5 

2 

5 

2 

S 

11 

6 

II 

3 

5 

9 

3 

— 

4 

9 

7 

2 

7 

9 

II 

3 

11 

3 

(i)  La  Pieve  di  Castel  Seprio,  secondo  Vindice  di  Gol'.,  aveva  chiese 
48,  altari  60. 


CIRCA    IPSIU    IMMUNITATEM 


263 


Capella  de  Cornate  inferiori L.     — 

„         Ss.    Antonii    &    Leonardi    dotata    per 
quondam   D.  Johannollum   de  Comi- 
tibus  prepositum  de  Rande  ....       2 
„         dotata  in  ecclesia  de  Castro  Seprio  per 

prepositum  Beltr i 


Domus  plebis  Castri  Seprii 

Monasterium  de  Torba     .     .     . 
Domus  humiliate  de  Castilliono 


52.  Canonica  de  Habiate  Guazono 


S.     II     D.    /3 


L.    49      S.      7    D.     II 


L.     20      S.     IO    D. 
I  — 


L.     21       S.     II     D. 


D.  Thomas  de  Pusterla  prepositus  .     .     .     .  L.  8      S. 

Pbr.  Antonius  de  Purisellis 5 

Johannollus  de  Bossijs 5 

Pbr.  Antonius  de  Mesero 5 

Loco  Pinamontis  de  Carnago 5 

Pbr.  de- Habiate  guazono  loco  ejus  comune  de 

Habiate  Guazono 5 


18    D 

.      8 

II 

6 

II 

6 

1 1 

6 

11 

6 

li 


L.    36      S.     16    D. 


53.  Canonica  de  Arsizate  cum  Capellanis  (i) 

D.  Prepositus  diete  Canonice L.  2 

Pbr.  Franciscus  de  Lotia 2 

Pbr.  Ambrosius  de  Veliate .  2 

Pbr.  Johannes  de  Balbis 2 

Ambrosius  de  Veliate 2 

Pbr.  Antonius  de  Longis 2 


S. 


D. 


(i)  Arcisate,  secondo  Vindice  di  Gof.,  aveva  chiese  82,  altari  40. 


204  NOI  J  HA     l.Ll.Kl     Mi.J)IOLAM.NM>    DI'.    ANNO     l  Mj'6 

1                            ■                                                                           '"            m           • 

Jacobus  de  Zaiiatis  (?)  de  Veliate     ....!..  -j.  S.       i     D.      y 

johannollus  de  Horrexii» 2  4  9 

Guidetus  de  Pusterla 2  4  9 

Pbr.  Symon  de  Induno 2  4  9 

Pasolus  de  Viglue 2  4  9 

Petrus  de  Judicibus       2 

Ambrosius  de  Cixate 2 

Donatus  de  Cixio 2  4  9 

Angellinus  de  Rippa 2  4  9 

Petrollus  de   Legnate .  —  ]3  3 

Jacobus  de  Blanchis  de  Veliate —  i3  3 

Pbr.  Stefanus  de  Veliate —  i3  3 

Aliotus  de  Asnago .;...._  13  3 

Johannollus  de  Judicibus —  i3  3 


4  9 

4  9 


L.     36       S.     t8     D. 
Capellani  de  Arsizate 


Capella  S.  Martini  de  Viglue 'L.  3      S.       7     D. 

„         S.  Georgi]*  de  Ligurni  (sic) 3  7 

„         S.  Alberti  de  Ligurni i 

„         S.  Petri  de  Induno  .     .     .    ' 2 

„         S.  Maria  de  Osteria  (sic),  h — 


2 

2 

2  5 

4  9 


L.     IO  S.       I  D.       6 
Domus  suprascripte  plebi s 

Domus  S.  Fidelis  de  Ponte L.       2  S.       4  D.       9 

D.  Prior  et  domus  Sanctc  Sylle  (sic)  ....       4                 i  4 

D.  Prior  de  Ganna 168               18  8 


L.  175  S.       4  D.     jo 
Feuda  suprascripte  plebis 

Petrus  de  Eossijs  teudatarius  de  Arsizate    .  L,  i  S.       2  D.     5 

Quidam  de  Martignionibus  Feudatarius  .     .     .  i                 2  5 

L.  —  S.     -  D.     — 


CIRCA    IPSirS    IMMUNITATKM 


26:> 


54.  Canonica  de  Clivio  cum  Capellanis 

D.  Archipresbyter  prò  duabus  prebeiidis     .  L.  6  S.       3     D. 

Paxolus  de  Vigilie 3  i 

Laurentius  Morliaiius  (sic) 3  i 

D.  Branda  de  Castilliono 3  i 

D.  Luchiiius  Vicemalla  (sic) 3  i 


L.     i8      S.       7     D.     — 


Capellani  plebis  Clivij 


Capella  S.  Syri  de  Mio  (?) L.       i       S.       2    D.      5 

„         S.  Martini  de  Clivio i  2  5 

,,         S.  Marie  de  Clivio —  11  3 


L. 


S.     16    D. 


55.  Canonica  de  Travallia  cum  Capellanis  (i). 


D.  Prepositus  diete  Canonice L.  4 

Pbr.  Beltramus  Cermegnana  (?) i 

Reliqui    decem   canonici   sunt   in   extimo  1.   2., 

s.  4,  d.  9  prò  quolibet  * 29 


L.     34 


2     D. 
i3 


17      D.       TI 


Capellani  de  Travallia 


Capella  S.  Johannis  de  Cermegnana 
„         S.  Petri  de  Luyno   .     . 
„      '  S.  Marie  de  Voldomino 
„         S.  Francisci  de  Luyno 
„         S.  Stefani  de  Machagno 
„         S.  Georgii  de  Rimo  (?) 


I 

s. 

2       D. 

5 

2 

4 

9 

I 

2 

5 

I 

2 

5 

I 

i3 

8 

I 

i3 

8 

(i)  La  pieve  di  Valtravaglia,  w^V^ Indie r  di    Gof.,  consta  chiese  49, 
altari  55. 


2Ò6 


NOI  III  A    CLKHI    MKDIOr.ANKNSIS    1)1'    ANNO     1 3o8 


Capclla  S.  Ambrosi!  de  Montegareno  (i)  et  Ca- 

pella  S.  Petri  de  Grantorra  .    .  L.  j 

„         S.  Jullii  in  Canonica  de  Travallia  .     .  i 

„         S.  Marie  de  Curte i 

„         Ss.  Petri  &  Georgij  de  Vechano  et  de 

Musadino i 

„        S.  Blaxij  de  Voldomino — 

Custos  S.  Antonij  de  Travallia 2 

„        S.  Eusebij  de  Agra i 

„         S.  Nazarij  de  Camtia  (sic)     ......  i 

L.  19 


i3     I) 

.       8 

i3 

7 

2 

5 

2 

5 

II 

3 

4 

9 

2 

5 

2 

5 

S.     12    D. 


56.  Canonica  de  Lezeduno  cum  Capellis  (2) 

D.  Antoni  US  de  Carnate  preposi  tus  .     .     .     .  L.  4      S. 

D.  Franciscus  de  Cocho — 

Franciscus  Bossius 2 

Aliollus  (sic)  Blanchus i 

D.  pbr.  Sadonus  (sic)  de  Carnixio    .....— 

D.  pbr.  Johannes  de  Bexutio i 

D.  pbr.  Johannes  de  Cardana i 

D.  pbr.  Jacobus  de  Caranate 2 

D.  pbr.  Guglielmus  de  Bexutio - 

Filius  Martinoli  de  Luyno i 

L.  i3       S.     14    D. 


I   1 

).       6 

16 

10 

4 

9 

2 

5 

16 

10 

2 

5 

4 

5 

4 

9 

17 

IO 

2 

5 

Capellani  de  Lezeduno 


Capella  de  CirixoUo  (sic) L.     —      S. 

„         Ss.  Marie  et  Jacobi  de  Laveno    ...       1 
,,         de  Montebello i 


16    D. 
2 
i3 


(i)  Monfegareno:  nel  codice  l'abbreviaz.  è  Motegano:  in  una  nota 
necrologica  al  Calendario  inserito  nel  Manuale  Ambros.  del  sec.  XI 
appartenente  alla  Canonica  di  Valtravaglia,  ora  del  Capitolo  Metropo- 
litano, leggesi   "  de  Monte  Agarino  „. 

(2)  Per  Legiuno  Y  Indice  di  Gof.  dà  chiese  18,  altari  22. 


CIRCA    IPSirS    IMMUNITATEM 


267 


Capella   S.  Nazarij  de  Montebello 

„         S.  Primi  de  Lezeduno 

„         S.  Marie  de  Bassa    .     .     . 

„         S.  Georgij  de  Celli na  .     . 

„         S.  Marie  de  Montebello  . 

„         S.  Michaelis  de  Montebello 
Domus  fratrum  humiliatorumde  Montebello  (sic) 


II 

1 1 

4 
II 
5 
2 
2 


L.     IO      S. 


D. 


57.  Canonica  de  Canobio  cum  Capelianis 

D.  Jacobus  de  Taxanis  prepositus    .     .     .     .  L.  4 

Pbr.  Georgius  de  Udrigio 4 

Pbr.  Dominichus  de  Laveno 4 

D.  Leo  de  Blanchis  de  Veliate 4 

Franciscus  de  Coldirariis 4 

Stefanollus  de  Bezozero 4 

Franciscus  de  Sexa  . 4 

Anton ioUus  Balbus 4 


Capellani  supradicte  plebis 

Capella  de  Brisago L.  4 

de  Blazio 2 

de  Canero 2 

de  Valle  Canenina  (?) 2 

de  Valvedascha 3 


Trarego 


de  Vigiona 
de  Trozano 
de  Pino    . 


S. 


D. 


S. 


9 

4 

4 

4 

7 

li 

lì 

II 

li 


D. 


L.     38       S.     i5     D.     — 


L.     16      S.     16    D. 


Domus  de  Canobio 

Domus  l'ratrum  S.  Laurentij  de  Canobio      .  L.    20 
Monasterium  S.  Eusebij  de  Canobio    ....     16 


S. 


6     D. 
i5 


S.      2    D. 


368 


NOTITIA    CLERI    MKDIOI.ANKNSIS    DE    ANNO    13^8 


58.  Canonica  da  Porletia  cum  Capellanis  (j) 


1).  Symon  de  Induno  prepositus L.  6 

Albertinus  de  Quadro  . 5 

Pbr.  Johannes  de  Vallerna 5 

Pbr.  Beltramus  de  Varixio 5 

l^br de  Choco 4 

Johannes  de  Vassinellis 2 

L.  3o 


S.     J4     1 

.       3 

1 1 

IO 

j  j 

io 

II 

IO 

9 

6 

4 

9 

I). 


Capellani  suprascripte  plebi s 


Capella  S.  Mametis 

,,         S.  Bartholamei  de  Montanea 


S.     i3     D. 
i3 


L.     i3      S. 


I). 


7 

31 


59.  Canonica  de  Criviasca  (2) 


D.  Pbr.  Beltramus  de  Quadro  ......  L.  2 

Ardizzollus  de  Quadro 2 

Ardigollus  de  Quadro 2 

Jacobus  Marronarius  (3) 2 


8 


S. 


D. 


19    D. 


(1)  La  pieve  di  Porlezza,  secondo  Vindice  di  Gof.,  ha  chiese  22, 
altari  26. 

(2)  La  Canonica  di  Creviasca  o  Capriasca,  d^lY  Indice  di  Gol".,  aveva 
soggette  chiese  8,  altari  11. 

(3)  l>leìV  Indice  di  Gof.  sono  indicate  anche  le  due  Valli  Elvetiche, 
soggette  agli  Ordinarii  della  Chiesa  Milanese  sia  per  il  temporale  che 
per  lo  spirituale:  e  leggesi  che  la  Va/le  Leveniina  aveva  chiese  40  e 
altari  48:  quella  di  Bregno,  chiese  22  e  altari  24.  '—  Con.  lo  Stato  del 
1466  si  potrebbe  supplire  la  lacuna  della  nostra  Noiitia :  poiché  vi  si 
legge:  "  In  vallibus  Leventine  et  Bregnii,  que  sunt  confines  Alemanie, 
"  sunt  multe  ecclesie,  quarum  dare  nequirem  numerum,  nec  aliam 
"  notitiam.  Sed  inter  ceteras  sunt  duo  Hospitalia:  Hospitale  S.  Go- 
"  tardi  in  Summo  Apenninii  versus  Alamaniam  distans  a  Mediolano 
"  per  milliaria  C,  Hospitale  prope  Abiascam.  Canonica  de  Abiasca 
"  habet  prepositum  cum  canonicis  X,  ultra  Birinzonam.  „ 


CIRCA    IPSIUS    IMMUNITATEM  26() 


60   Canonica  de  Pontirollo  cum  capellanis  (i) 

D.  Prepositns  diete  Canonice L.  io       S. 

Pbr.  Johannes  de  Caminago 6 

Guglielmus  de  Pusterla    . 6 

Enrichus  de  Alamania 2 

Pbr.  Albertus  de  Dexio 4 

Pbr.  Antoni  US  de  Purixellis 4 

Albertus  Cagnolla 4 

Luchinus  de  Hermenultis 4 

Pbr.  Barnabas  Crinus  (?) 2 

Reliqui  quindecim  Canonici  sunt  in  extimo  1.  3, 

s.  II,  d.  2  prò  quolibet 53 


3 

D. 

4 

2 

— 

2 

— 

IO 

IO 

II 

6 

II 

6 

II 

6 

II 

6 

8 

L.  98  S.     i3  D.      4 

Capellani  plebis  Pontirolli. 

Capella  S.  Marie  sita  in   ecclesia   S.  Johannis 

de  Pontirolo L.  2  S.      4  D.      9 

„         S.  Ambrosij  ut  supra 3  i  — 

„         de  Oxio  superiori     ........3  i  — 

Pbr.  Franciscus  de  Marliano  clericus   ....  3  i  — 

D.  Johannis  de  Yspera   clericus  ut  supra     .     .  i  i3  7 

Johannes  de  Dalfìnellis  (?) —  11  3 

Capella  de  Oxio  Inferiori i  3  5 


(i)  "  Pontirolo  vecchio,  ora  comunemente  chiamato  Canonica....  Sul 
"  finire  del  sec.  XIV  i  prevosti  di  Pontirolo  avevano  piena  giurisdizione 
''  episcopale  su  Trevi  e  in  tutta  la  pieve  di  Pontirolo,  e  se  la  manten- 
"  nero,  finché  fu  abolita  quella  Canonica  „.  Così  nella  Cronaca  del 
XVII  sec.  citata  dal  Rainom,  Treviglio  le  sue  Chiese;  Il  suo  Santua- 
rio. Treviglio,  1895,  p.  56.  —  Quanto  alla  giurisdizione,  quasi  epi- 
scopale, del  prevosto  di  Pontirolo,  che  forse  era  nò  più  né  meno  di 
quella  degli  altri  capi-pieve  prima  del  Tridentino,  non  è  qui  a  di- 
scorrere: piuttosto,  da  questa  Nofifia  resta,  provato  che  Treviglio  non 
dipendeva  da  Pontirolo,  ma  era  esente,  poiché  trovasi  estimato  a 
parte  coi  suoi  Monasteri  (v.  n.  100).  Secondo  V  Indice  di  Gof.,  la  pieve 
di  Pontirolo  contava  chiese  54  e  altari  68,  "  sinc  cxemptis  et  illis  al- 
terius  episcopatus  „  cioè  della  Dioc.  di  Bergamo. 


270  Norm\  i.lkui   mjjiìoi.am.nms  ì'i.   A.^.>t>    1398 


Jacobus  de  Maria   clericus  ut  supra     .     .     .  L.  1       S. 
Pbr.  Johannes  dictus  Gazollus  ut  supra  ...  2 
Jacobus  Magagnus  clericus  S.  Protaxij  de  Tri- 
zio      .  2 

Johannes  de  Pirovano   clericus  ut  Jàupra      .     .  2 

Pbr.  Nicholetus  Cominus  ut  supra 2 

Johannes  Dalfinelus  ut  supra — 

RugiroUus  de  Medda  ut  supra 2 

Capella  de  Colnago 2 

Jacobus  de  Merate    clericus  ut  supra  ....  2 

Capella  de  Gradegnano 1 

Christotbrus  de  Zuchis  clericus  ut  supra     .     .  i 

Capella  S.  Marie  de  Crino i 

Bartolus  de  Sanctis  clericus  ut  supra  ....  i 

GuidoUus  de  Pusterla   clericus  ut  supra  ...  i 

Capella  de  Michaelis  de  Salianese 1 

Ambrosius  de  Sanctis  clericus i 

Capella  de  Bucinago 1 

Arasmolus  de  Curte  clericus 1 

Georgius  Crassus   clericus  ut  supra      ....  i 

Michael  de  Salianese  clericus  ut  supra   ...  i 

Capella  de  Rozello — 

„         de  Granziano 2 

Johannes  Ysolanus  clericus  ut  supra   ....  2 

Capella  de  Derzano ,     .  i 

Antonius  de  Curte  clericus  ut  supra    .     .     .     1  i 

Capella  de  Baxiliano i 

Leonardus  de  Serono  clericus i 

Capella  de  Cropello  (i) 2 

Ambrosius  de  Mayno  clericus  ut  supra   ...  i 

Johannes  de  Mixinti  ut  .supra 2 

Girardus  de  Mixinti  ut  supra 2 

Capella  de  Vaprio 3 

D.  Luchinus  de  Vicemalla  clericus 4 

Capella  de  Concixa 2 


(i)  Gropello  aveva  anche  un  monastero  immediatamente  soggetto 
alla  S.  Sede. 


10  I) 

.   6 

— 

8 

4 

9 

4 

9 

A 

9 

]  I 

?> 

4 

9 

4 

9 

J- 

9 

19 

2 

J9 

2 

2 

5 

19 

2 

2 

5 

19 

2 

19 

2 

39 

2 

19 

2 

19 

2 

19 

2 

i3 

3 

4 

5 

4 

5 

4 

0 

2 

5 

4 

5 

4 

8 

II 

8 

— 

6 

16 

5 

CIRCA    IPSIUS    IMMUNITATEM  271 


I).  Stefanus  de  Pusterla  clericus L.  3 

Capella  de  Lurano  (?)   . i 

„         de  Arcene i 

D.  Stefanus  de  Noxis  clericus i 

Capella  de  Pugnano i 

„         de  Menchrino  (sic) i 

Antonius  de  Verdello  clericus  ut  supra  ...  i 

Capella  di  Ciserano 2 

Antonius  de  Crassis  clericus 2 

Capella  de  Verdello  minori 2 

Damianus  de  Suardis  clericus 2 

D.  Conradollus  de  Cagnollis  ut  supra  ....  2 

Capella  de  Verdello  maiori 2 

Bartholomeus  de  Verdello  clericus 2 

Antonius  de  Costazijs  ut  supra     ......  2 

Capella  de  Lenate     .     ; 3 

Fachinus  (sic)  de  Roxonis  clerichus     ....  3 

Leonardus  de  Canalis  ut  supra 3 

Capella  de  Sabbio 3 

„         de  Sportiathicha  (sic) 2 

Beltramus  de  papis  clericus 2 

TonoUus  de  Grassis  ut  supra 2 

Capella  de  Marziano 2 

Jacobus  de  Ferrarijs  clericus 5 

Capella  de  Vuolterio 2 

„         de  Brambate  Inferiori 2 

Johannollus  de  Rodariis  clericus 2 

Petrus  Sachus  de  Varixio  ut  supra      ....  2 

Capella  de  Marni i 

„         de  Capriate i 

Clericus  de  Capriate 2 

Capella  de  S.  Gervaxio 2 

Clericus  de  S.  Gervaxio 2 


I  L 

.  — 

i3 

7 

8 

6 

i3 

7 

19 

2 

2 

5 

2 

5 

5 

9 

i5 

II 

10 

2 

10 

2 

IO 

2 

4 

9 

4 

9 

4 

9 

18 

4 

18 

4 

18 

4 

1 

6 

— 

8 

8 

IO 

4 

9 

— 

8 

— 

8 

4 

9 

4 

9 

4 

9 

4 

9 

19 

2 

19 

2 

4 

9 

4 

9 

4 

9 

L.  160      S.      5    D. 


272 


NOTITI  A    (I.I.Hl     MEDiOl.AM.NSiS    l>i,    ANNO    l3<)'S 


Domus  plebis  Pontirolli 

Monasteriuni  de  Portexana L.  8  S.     J9  1).    — 

„              de  Baxliano 11  3  8 

„              de  Porta  Fugaxia 2  4  9 

Hospitale  de  Trizio 4  9  6 

Domus  Fratrum  luimiliatorum  de  Trizio      .     .  9  3  — 

Domine  de  Buzinago i  2  5 

L.  37  S.      2  D;      4 

61.  Canonica  de  Cornate  cum  Capella  (i) 

D.  Archipresbyter  diete  Canonice     .     .     .     .  L.  12  S.       6  D.     — 

Pbr.  Marchus  de  Robiaiio 6  14  3 

Pbr.  Filipus  ce  Benzonibns :  3  7  2 

Pbr.  Enrichiis  de  Cornate 3  7  2 

D.  Dominichus  de  la  ecclesia 4  9  6 

Antoniollus  de  Gluxiano ...4  9  6 

Aluixius  Schachabarozius      . 4  9  6 

Primus  de  Lipprandis 3  7  2 

Capella  S.  Johannis    Baptiste   sita  in   loco    de 

Cornate i  2  5 


D. 


62.  Canonica  de  Corliiano  (2)  cum  Capelianis 

D.  Prepositus  diete  Canonice   ......  L.       i 

Item  prò  Canonicati! 1 

Pbr.  Petrus  de  la  Strata i 

Reliqui  quinque  canonici  (sic) — 

L.     — 


ì5     D. 
2 
2 


D. 


(1)  Gof.  "  ....Multi  nobiles  fecerunt  ecclesias  hujus  sci  (Georgii) 
"  velut  quidam  comes  ecclam  sci  Georgii  de  Cornate  „. 

(2)  Dal  titolo  messo  in  principio  dell'indicazione  successiva  cor- 
reggi :  "  Cornaliano  „:  Secondo  Vindice  di  Gof.,  questa  pieve  aveva, 
chiese  14,  altari  16. 


CIKCA    IPSIUS    IMMUNITATEM 


273 


Capellani  de  Cornalliano. 

Capella  S.  Michaelis  de  Torchazano    .     .     .  L.  5 

de  Incngnate 5 

de  Albinago 2 

de  Cornalliano 2 

dò  Cavalli  ano       2 

S.  Malgarite  de  Melzio  exempta  a  plebe  5 

S.  Andree  de  Melzio 2 

de  Cassano  supra  Abduam  exempta  a 

plebe 7 

Domine  de  Cassano  supra  Abduam      ....  — 


II 

JO 

II 

10 

4 

9 

4 

9 

4 

9 

II 

IO 

9 

IO 

16 

7 

2 

— 

L.     i3      S.     18    D. 


63.  Canonica  de  Septari  (sic)  cum  Capeilanis  (i) 

D.  Prepositus  diete  Canonice L.  19      S. 

Christolbrus  de  Carixiis 6 

Anselmus  de  Faraliano 2 

D.  Branda  de  Casti  Ili  ono 4 

Pbr.  Johannes  Cigola 7 


— 

D. 

3 

14 

3 

IO 

IO 

9 

6 

5 

3 

L.     Ao      S.     —    D. 


Capellani  de  Septara 

Capella  S.  lacobi  di  Caledrce  ......  L.  7 

Petrollus  de  Septara  clericns 5 

Capella  de  Luzino 5 

„         de  Tranzanexio i 

„         de  Premenugo 5 

Clericus  de  Premenugo 6 


lò  U 

.   7 

— 

8 

14 

3 

2 

5 

II 

IO 

14 

3 

L.    33      S.     —    D. 


(i)  Nella  pieve  di  Settala,  secondo  V Indice  di  Gol'.,  eranvi  chiese  16, 
altari  18. 

Arch.  Star.  Lomb.  —  Anno  XXVII.  —  Fase.  XXVIII.  jS 


Sy^  NOTITIA    CLERI    MEDIOLANKNMN    DE    ANN(^    1  398 


64.  Canonica  de  Grogunzolla  cum  Capellanìs  (i) 

]).  Conradollus  Cagnolla  prepositus      .     .     .  L,  6      S.     J4     D 

Pbr.  Johannes  de  Caxate 5  1 

Stelanus  de  Garbagnate 6  — 

AndrioUus  de  Viganore 3 

Jacobinus  Plantanida 5 

Severinus  Cornagia 5 

Laurentius  de  Terzago 5 

Pbr.  Girardus  de  Briuscho 4 

Pbr.  Augustinus  de  Landriaiio 4 

Ambrosius  de  Dexio 4 

Mafiolus  de  Pirrovano 4 

Pbr.  Ubizollus  de  Bernadigio 3 

Mazollinus  de  Elio 3 

Antoniollus  de  Crassis 3 

Pbr.  Johannes  de  Cassiano 3 

Pbr.  Gottus  de  Mantegazijs 3 

Christoforus  de  Petrasancta 3 

Beltramus  Prealonus 5 

Christoforus  de  Lampugnano 3 

Pbr.  Dominichus  de  Balbelis i 

Christoforus  de  Arixijs i 

Gulielmus  de  Pusterla i 

Johanninus  de  Giochis  (sic) 2 

Enrichus  de  Lamania  (?) i 

Superstantiaria  diete  ecclesie 7 


7 

2 

— 

8 

— 

8 

9 

6 

9 

6 

9 

6 

9 

6 

7 

2 

7 

2 

7 

2 

12 

9 

12 

9 

- 

2 

— 

8 

18 

4 

18 

2 

18 

2 

18 

2 

4 

9 

2 

5 

16 

7 

L.  100      S.      9    D. 


Capellani  de  Grogunzolla 

Capella  S.  Marie  de  Inzago L.      9      S.     io    D.      2 

„         S.  Lazari  de  Trizella 2  4  9 


(i)  La  pieve  di  Gorgonzola  aveva,  secondo  l' Indice  di  Gof.,  chiese  5i, 
altari  61. 


CIRCA    IPSIUS    IMMUNITATEM  275 


Capella  S.  Marie  de  Pozollo L.  5 

„         S.  Ambrosij  de  Bexendrate      ....  i 

„         S.  Michaellis  de  Birinzago 4 

„         S.  Johannis  de  Maxate 6 

„         S.  Zenonis  de  Cambiago 7 

„         S.  Pctri  de  Glaxiate •  6 

„         Suprascripte  ecclexic 6 

„         SS.  Cornellij  et  Zippriani  de  Bornago  6 

„         SS.  Vitalis  et  Vallerie  de  Pessano  .     .  11 

„         SS.  Nazarij  et  Gelsi  de  Busero    ...  io 

„         S.  Marie  de  Cisinischulo 4 

„         S.  Cateline  de  Cerinischulo  (sic) ...  3 

Clericus  S.  Genexii  de  Cerinischulo      ....  i 

Clericus  S.  Marie  Colzelate 6 

Capella  S.  Ambrosij  de  Vignate 8 

Clericus  suprascripte  ecclexie 3 


II  D 

.   IO 

TI 

3 

9 

6 

i5 

3 

16 

7 

14 

3 

14 

3 

H 

3 

3 

8 

1 

4 

9 

6 

7 

2 

2 

5 

14 

3 

8 

9 

18 

3 

L.   -06      S.      3    D. 
Domus  suprascripte  plebis 

Domine  de  Glogunzolla  (sic) L, 

Monasterium  de      (sic) , 


— 

S. 

5 

D. 

7 

5 

II 

IO 

5 

S. 

17 

D. 

5 

L. 
65.  Canonica  de  Segrate  (i) 

D.  Prepositus  diete  Canonico L.  6 

Severinus  Cornagia 3 

Hcnrichus  Cornagia 5 

D.  Thomas  de  la  Ecclesia 4 

Franciscus  de  x\lliate 3 

D.  Petrus  de  Forsano 3 

D.  Ambrosius  de  Rochis 5 

D.  Clinus  (?)  de  Solario 5 

Pbr.  Johannes  de  Mirabillijs  (sic) 4 


(i)  Nella  Pieve  di  Segrate  Y Indice  di  Gof.  conta  chiese  3o,  altari  33. 


2  L 

).   — 

TI 

2 

8 

4 

2 

2 

IO 

IO 

6 

2y6  NOTITIA    CLKRI    MEDIOLANENSIS    DK    ANNO    l'k)S 


l).  jacobiis  de  Arexio L.       3  S.       7  I>.       2 

Filipinus  de  Novale 3  7  -^ 

Anseliims  de  Fan  aliano i  2  5 

joliannes  Giocha .1  2  5 


L.     5o      S.     J2    D.     10 


Capcllani  .suprascriptc  plebi.' 


Capella  de  Pantilliate L.  vS      S.     Ji     1).     jo 

„         de  Pioltello 5  11  jo 

„         S.  Vicentii  de  Castegnanega    ....  7  16  7 

„         S.  Martini  de  Limidi 7  16  7 

„         S.  Gcorgii  de  Limidi 8  19  — 

„         S.  Marie  Regallis.  h —  —  — 

Clcricus  suprascripte  ecclexìe 6  19  2 


L.  42  S.     ]5  I).     — 
Domus  .suprascripte  plebis 

Domine  superiores  'de  Pioltello L.  3  S,       7  D.       2 

Domine  Inferiores  ut  supra 3  18  4 


L.  7       S.       5     D. 
66.  Canonica  Sancti  Donati  (i) 

D.  Prepositus  diete  Canonice   ......  L.  11       S.      3     D. 

Pbr.  Olinius  (?)  de  Sollario 4 

Stefanus  de  Garbagnate 3 

Pbr.  Franciscus  de  Puteo — 

Bartolomeus  de  Cisinischullo  (sic)    .....  2 

PorroUus  de  Vexino 3 

Georgius  de  Trincherijs 2 

Johannes  de  Borsano ,  — 


II 

ò 

I 

— 

16 

6 

— 

8 

18 

4 

6 

:o 

16 

10 

L.     28      S.     ]5     D. 


(1)  ì^clV  Iiidice  di    Gol",  sono  indicati,  per   la  pieve    di  S.  Donato, 
chiese  17,  altari  22. 


CIRCA    IPSIUS    IMMUNITATEM  2^^ 


Capellaiii  suprascripte  plebis  cimi  Monasteri o 

Capella  de  Noxeda .  L.       i  S.      5  D.       5 

„         de  Montexcllo        i  2  5 

„         de  BagiioUo  et  de  Triulzio 2  11  4 

„         de  Podascho 2  4  9 

„         de  Azelio 3  i  6 

„         de  Morsengia  (?) 2  t  2 

„         do  Bolsano 1  2  5 

Monasterium  de  Azelio 11  3  8 

L.     —  S.     —  D.     — 

67.  Canonica  de  Mezate  (1) 

D.  Prepositus  et  Canon.  1.  5,  s.  11,  d.  io  (sic.)  L.     —  S.     —  D.     — 

Capella  de  Linate 3  7  2 

„        de  Mirazano i  2  5 

(sic)  L.     12  S.     IO  D.      3 

68.  Canonica  de  Lischate  (2) 

D.  Archiprcsbyter  diete  Canonice     .     .     .     .  L.      6  S.      2  D.     — 

Loco  domini  Guarengi  de  Mercelis  (?)...      2  4  9 

Johannes  de  Dexio 2  4  9 

AndrioUus  de  Viganore 2  4  9 

L.     12  S.     16  D.      3 

69.  Canonica  de  Decimo  (3)  cum  Capelianìs 

1).  Prepositus  diete  Canonice L.     i5  S.     i3  D.      3 

D.  Deganus  de  Nava 4.  i  4 

(j)  La  Canonica  di  Mezzate,  secondo  l' Indice  di  Gof,,  aveva  chiese  5, 
altari  5. 

(2)  Gof.   "  Pagani  Valvasores  (fecerunt)  canonicam  Sci  Georgi i  de 
lixcate  „. 

(3)  Decimo,  l'attuale  pieve  di  Lacc/iiarel/a,  secondo  V Indice  di  Gof.^ 
aveva  chiese  24  e  altari  25. 


,s 


i.in   Mi:i)iOLANr-NSis  de  anno    iSqS 


D.  Juliiuiiics  de  Nava L,  4  S.     11  T).       C> 

D.  Christolbrus  de  Arixiis 5  11  10 

Johannes  de  Arluno 5  11  io 

Ambrosius  de  Borsano 2  4  9 

Melchior  de  Maincrijs 2  4  9 


L.  39      S.     19    I).      3 
Capellani  suprescripte  plebis 

Capclla  S.  Marie  de  Zibidi L.  2      S,      4     D.      9 

„         S.  Petri  de  Cuzago 6  14  3 

„         S.  Bartolomei  de  Scpziano 2  4  9 

„         S.  Donati  de  Caxirago 5  11  io 

„        S.  Agate  de  Baxillio 3  7  2 

„        S.  Marie  de  Badellio 2  4  9 

„         S.  Silvestri  de  Badellio 5  9  io 

„         S.  Jacobi  de  Zibidi 4  9  8 

„         suprascriptc  ecclesie 3  7  2 

„         S.  Martini  de  Fiorano —  11  3 

de  Moyrago —  11  9 

de  Lactarella  (i)        6  2  — 


V 


L.  42      S.     19    D.       z 
70.  Canonica  de  Roxate  cum  Capellanis  (2) 

D.  Prepositus  prò  duabus  prebendis     .     .     .  L.  8      S.       2    D.      8 

Pbr.  Guglielmus  Motta 5  —  — 

Pbr.  Antoniiis  de  Caxirate 4 

Pbr.  Johannes  de  Caxirago 3 

Pbr.  Ambrosius  de  Gullasicha 4 

Pbr.  Andriollus  Portaluppus 2 

Anselmus  de  Farraliano 2 

D.  Johannes  de  Salutijs 2 


(i)  Gof...  "  In  pi.  Decimi  loco  Campo  Mortuo,  altare  S.  Syri  in  ec- 
clesia S.  Marie.,,  Questa  chiesa  era  esente. 

(2)  'NeìV Indice  di  Gof.,  Rosate  contava  chiese  44,  altari  49. 


IO 

—     -; 

6 

—  ■  ■ 

I 

4 

i5 

II 

4 

9 

4 

6 

CIRCA    IPSirS    IMMUNITATEM 


2 

s. 

i5 

D. 

II 

3 

7 

2 

.      3 

7 

2 

2 

i5 

II 

Galeas  de  Sartirana      . L, 

Marchinus  Menclotius 

Lanzarotus  de  7>rzago 3 

Pbr.  Christoforus  Motta 

L.  44      S.     II     D. 
Capellani  suprascripte  plebis 

Capella  S.  Zenonis  de  Vermezio L.  3      S. 

„         S.  Ambrosi]  ut  supra 2 

„         S.  Eugenij  de  Sporzano 16 

„         S.  Martini  de  Imbrino 5 

„         S.  Syri  de  Ozeno 4 

„         S.  Juliani  de  Azelio 4 

„         S.  Onirici  de  Gudi 3 

„         S.  Andrea  de  Barate    cum  capella   de 

Taynate 2 

„         S.  Eugenii  de  Vigano 6 

„         de  Rancexio — 

"         de  Mayrano 2 


5    D 

•       4 

4 

9 

i5 

IO 

3 

]i 

9 

6 

19 

— 

4 

9 

H 

3 

II 

3 

4 

5 

L.  5i  S.      9  D.    — 

71.  Canonica  S.  Victoris  de  Caxorate  (i) 

D.  Prepositus  diete  Canonice L.  4  S.     11  D.     ]o 

Pbr.  Petrus  de  Udrigio 2  4  9 

Pbr.  Marchus  de  Robiano 3  18  4 

Johannes  de  Dalfinellis 2  4  9 

Pbr.  Luchinus  Portalupus 2  4  9 


L.     i5      S.      4    D. 


Capellae  suprascripte  plebis 

Capella  S.  Donati  de  Gazano  dotata  perD.  Mar- 

garollam  quondam  Dni  Petri  de  Trezano  L.       i       S.     —     D. 


(i)  La  pieve  di  Casorate,  secondo  Vindice  di  Gol'.,  contava  chiese  21, 
altari  26. 


I     MI.DIOI.ANKNSIS    DK     \NN()     ]S()H 


Capella  de  Lliuazaiio 1,.  i       S.  i  ).        \ 

S.  Cassiaiii  de  la  Mota f.  i  i  io 

S.  Eustorgii  de  Canag.""  (?) 4  9  6 

„         S.  Alexandri  de  Bexate 2  4  9 

„         S.  Michaelis  ut  supra 4  9  6 

„         S.  Antoni!  de  Caxoratc 2  4  9 

„         S.  Damiani  de  Pistizago  (sic)  ....  1  8  7 


L.  22  S.      9  D.      7 
72.  Canonica  S.  Julliani  in  Strata(i) 

.  D.  Prepositus  diete  canonice L.  12  S.       6  1).       j 

Pbr.  Cornelius  de  Rochis 6 

Pbr.  Stefanus  de  Herba 3 

Primollus  de  Zeno 5  11  10 

Primus  Radonus 3  7  2 

Antonius  de  Ossona 4  9  6 

Johannes  de  Lanziapanicus 4    .  9  6 

Beltramus  de  Cixae 2  4  9 


14  3 

7  2 


L.  42  S.     10  D.       3 
Capellanis  supradicte  plebis 

Capella  S.  Malgarite  de  Fayno L.  2  S.      4  D.       9 

„         S.  Marie  de  la  Rocha 4  9  6 

„         S.  Martini  Castrivegii 3  18  3 

„         S.  Johannis  de  Melegnano 6  14  3 

„         Ss.  Fiorenti]  et  Stefani  de  Trizinti      .3  7  2 

„         S.  Martini  de  Celano i  i3  7 

„         S.  Martini  de  Carpi  ano 8  7  5 

„         S.  Martini  de  Sexto  Oltrano  (sic)    .     .  9  7  9 

„         S.  Marie  de  Biistigera 5  1  8 

Monasteriuni  de  Bruzanello 20  16  8 


L.    66      S.       I     D. 


(1)  y^GÌV Indice  di  Gof.,  nella  pieve  di  S.   Giuliano  si   enumerano 
chiese  44  e  altari  54. 


CIRCA    IPSIUS    IMMUNITATEM  2ÒI 


73.  Canonica  S.  Alexandrl  de  Locate  (i) 

D.  Michael  de  Archnri  prepositus    .     .     .     .L.  ii       S.       3     D.       8 

Pbr.  Antonius  de  Tabiago 3  7  2 

Dominichus  de  la  ecclexia 3  7  2 

Johannes  de  Nava 2  4  9 

Andriollus  de  Viganore 2  4  9 

Pbr.  Paulus  de  Brena 3  7  2 


L.     25      S.     14     D. 


Capellani  suprascripte  plebis 


Capella  S.  Victoris  de  Locate L.  5  S.     11  D.     io 

Altare  S.  Marie  in  dieta  ecclesia 2  4  9 

Capella  S.  Marie  de  Ambri  (?) 2  4  9 

„         S.  Ambrosi i  de  Rozano    ......  i  2  5 

L.  11  S.      3  I).       9 

74.  Canonica  S.  Micliaelis  de  Basilica  Patri 

D.  Archipresbyter  et  Canonici  diete  Canonice  L.  26  S.       18  D.     8 

L.  £6  S.     38  D.      8 

Capellani  suprascripte  plebis 

Capella  S.  Victoris  de  Landriano     .     .     .     .  L.  6  S.     14  D.       3 

„         suprascripte  ecclesie 6  14  3 

„         S.  Quirici  de  Landriano 4  9  6 

„         S..  Marie  de  Payrana 4  7  2 

„         S.  Georgij  de  Cantenago  (sic)  ....  2  4  9 

Clericus  de  Payrana i  2  5 

Capella  S.  Syri  de  Trognano 3  7  2 

„         Ss.  Cristotbri  et  Matrognani  de  Cerro  372 

„         Sancti  (sic)  de  Gugnano 4  9  6 

L.  36  S.     16  D.       2 
(i)  'NelV  Indice  di  Gol".,  la  pieve  di  Locate  conta  chiese  16  e  altari  23. 


2^2  NOriilA    (l.IKI    MEDIOLANENSIS    DE    ANNO    I  SqS 


75.  Canonica  de  Dexio(i) 

D.  Prcpositus  diete  Canonicc L.  14      S. 

Pbr.  Johannes  de  Bedre 8 

Pbr.  Petrus  de  la  Strata 6 

Christotorus  de  Varredo 6 

D.  Augustinus  de  Coldirariis .  6 

D.  Beltramus  de  Olzate 5 

PetroUus  de  Fossato 5 

Taminus  de  Bulgari 7 

Leo  de  Dugnano 7 

Amizinus  (?)  de  Monti 5 

Filippus  de  Cuxano 7 

D.  Jacobus  de  Arexio 6 


ID   1> 

10 

2 

8 

12 

2 

14 

3 

14 

3 

14 

3 

II 

10 

16 

7 

16 

7 

I 

8 

2 

4 

14 

3 

L.    89      S.     17    D.      8 


Capellani  suprascripte  plebis 

Capella  de  Boxio  (?) L.      2      S.       4     D.       9 

„         de  Varedo 3  7  2 

„         de  Parazollo 8  19  — 

„         de  Inzirano i  i3  7 

„         de  Dugnano i  i3  7 

„         de  Paderno 2  4  9 

„         de  Cuxano ...2  4  9 

„         de  Balsemo 3  7  2 

„         de  Cinixello 4  9  6 

„         de  Migloe  (sic) 4  9  6 

„         de  Nova 2  4  9 

„         de  Blasono 4  9  2 

„         de  Vedano -4  9  6 

„         de  Machario .     -    .      8  39  — 

„         S.  Victoris  de  Serenio 4  9  6 

„         S.  Ambrosii  ut  supra  .         2  4  9 

(i)  Nella  pieve  di  Desio,  secondo  V Indice  di  Gof.,  eranvi  chiese  40 
e  altari  45. 


CIRCA    IPSIUS    IMMUNITATEM 


283 


Capella  de  Lissono L.      5 

„         S.  Gusmeri  de  Blassono 4 

„         S.  Nazari]  de  Machario — 


L.     72 


S. 


II 

9 

II 


D. 


3    D. 


IO 

6 
3 


Domus  plebis  de  Dexio 

Domus  Fratrum  humiliatorum  Dexii    .     .     .  L.  2 

Domine  de  Lissono — 

Domine  Monialles  S.  Alexandri  de  Blassono.  L.  2 

Domine  de  Nova .  i 

Domine  Nove  de  Seregnio — 


L. 


S.     —    D. 


11 

3 

i5 

II 

i3 

7 

5 

7 

s. 


D. 


76.  Canonica  de  Bollate  (i) 

D.  Prepositiis  diete  Canonice L.  1 1 

Petrus  de  Stbrsano 5 

Pbr.  Jacobinus  de  Inarzio 3 

Beltramus  de  Rivolla 2 

Henrichus  de  Septara 5 

Aluisius  Trincherius 2 

Pbr.  Johannes  de  Lantreijs 5 

Pbr.  Lanfranchns  (sic)  de  Veliate 2 

Godeardus  de  Canevexijs 2 

Nicholaus  de  Tusignana 2 

D.  Redulfus  de  Veliate 3 

D.  Leo  de  Corbeta 2 


S.     i5     D. 


— 

8 

7 

2 

i5 

II 

— 

8 

6 

IO 

— 

9 

16 

II 

4 

.9 

i5 

II 

7 

2 

i5 

II 

L. 


49 


S.      5     D.      8 


Capellani  suprascripte  plebis 

.Capella  de  Garbagnate L.      7      S.      5    D. 

„         S.  Marie  Rubre 4  9 


(i)  In  pieve  di  Bollate,  all'epoca  delVIndicc  del  Gof.,  eranvi  chiese 
26  e  altari  29. 


.  1  NoiiiiA  ciJiHi  mi:1)10i.ani:nsis  de  anno   ì'ò^S 


Capella  de  Villatrancha L.  8 

„        S.  Marie  de  Senago 6 

„         S.  Marie  de  Cixate 3 

S.  Martini  de  Bollate 6 

S.  Marie  ut  supra 7 

„         S.  Agate  Hospitalis  de  Bollate     .     .     .  — 

„         Ss.  Protaxij  et  Gervaxij  de  Novate      .  5 

„         S.  Bartolomei  ut  supra 2 


19  1 

).     — 

3 

— 

7 

2 

3 

— 

6 

7 

]0 

12 

11 

JO 

4 

9 

L.     52      S.     JO     I  >. 


77.  Canonica  de  Mariiano  cum  Capellanis  (1) 

D.  Prepositus  diete  Canonice L.  4      S.     11     D.     io 

Pbr.  Franciscus  de  Mariiano 3              11              2 

Pbr.  Johannes  Gambaloyta 3              11              2 

Pbr.  Jordanus  de  Fossato 3                 i             — 

Pbr.  Johannes  de  Rodarijs 1              io              7 

Vincenti  US  de  Mariiano i                 2              5 

Robertus  de  Cremenago 2              io            io 

Panzieria  (sic)  de  Dexio 2                4              9 

Adorardus  (sic)  Ranzonus 3 

Gabriel  Ranzonus i 

Johannes  de  Bulgari i 

Joseph  de  Mariiano  . i 

Capella  S.  Marie  de  Mariiano 3                7              2 


II  2 

—  IO 

2  5 

2  5 


coristructa  ad  altare  S.  Stefani     ...      3  7  2 


L.     35      S.     14     D.     II 


Capellani  supradicte  plebis 

Capella  de  Brena .  L.  8      ; 

„  de  Arosio 6 

„  de  Inverico 3 

„  de  Carugo 5 

(i)  Mariano,  secondo  Vindice  di  Gof.,  aveva  24  chiese  e  29  altari, 


IO     L 

••       9 

H 

.  3 

7 

2 

II 

IO 

CIRCA    IPSIUS    IMMUNITATEM  285 


Capella  S.  Martini  de  Gaterio  (?)...     .  L..  2      S.      4    D.       9 

„           S.  Martini  de  Gabiate .     .....  2  4  9 

„           de  la  Villa i  2  5 

„           S.  Michaelis  de  Romanore  ....  —  —  — 

„           de  Cremenago i'  2  5 

„           S.  Deliberate  de  Aguliano  (?)...  —  5  7 

Domus  dominarum  caputiarum  de  Marliano     .1  2  5 


L.  3i       S.      5    D.      4 

78.  Canonica  de  Sevìxio  cum  CapeManls  (i) 

D.  Thomas  de  Birago  praepositus    .     .     .     .  L.  i       S.     i3    I).       7 

D.  Stefanus  de  Pusterla i  i3  7 

Pbr.  Petrus  Martignonus i  i3  7 

Pbr.  Ubizius  de  Pigino 2  4  9 

D.  Antonius  de  Gluxiano i  2  5 

Pbr.  Cristotbrus  de  Varedo 2  4  9 

Pbr.  Johannes  de  Martignonibus i  3 3  7 

Pbr.  Petrus  de  Cagathosicis i  i3  7 

Pbr.  Marcus  de  Cropello i  2  5 

Pbr.  Johannes  de  Madijs i  2  5 

Pbr.  Stefanus  de  Brascha i  2  5 

Pbr.  Antonius  de  Bexnate i  2  5 

Pbr.  Manfredus  de  Bossi js .  i  2  5 


L.     19      S.       I     D.     II 


Capellani  plebis  de  Sevixio 

Capella  S.  Vitti  de  Lantate L.  17 

„         S.  Alexandri  de  Cropeno  (sic)      ...  5 

„         de  Birago 3 

„         S.  Blaxii  de   Lantate 3 

,,         de  Camenago 4 


(i)  Nella  pieve  di  Seveso,  stando  bW Indice  di  Gof.,  eranvi  chiese  34 
e  altari  36. 


i5    L 

).       IO 

II 

IO 

9 

2 

7 

2 

9 

5 

ìS6 


NOTITIA    CLEKI    MEDIOLANENSIS    DE    ANNO    I  3q8 


Capclla  de  Barlasina L.  3      S.      7 

„         de  Cisano  de  Madcrnis 4  9 

„      *  de  Branzago —  11 

„         de  Lunate  (?) 4  9 

„        supradicte  ecclesie 4  <) 

„         de  SoUario 7  16 

„        de  Cerliano  (sic) 4  9 

„        de  Colliatc 5  11 

„         de  Mixinti • 5  11 

„         S.  Siri  de  Mixinti 5  11 

Clericus  S.  Stefani  supradscripti  loci  ....  2  4 

Capella  de  Lazate 4  9 

„         S.  Stefani  de  Lantate 4  i 

„         S.        „         de  Lantate 3  i 


1). 


6 
6 
3 
6 
6 

7 

6 

10 

IO 

10 

9 
6 

4 


L.     97      S.     19    D.     II 


Domus  SLiprascripte  plebis 

Monasterium  de  Medda L.  189  S.     16  D.     — 

Monasterium  de  Collyate 11  3  8 

Hospitale  S.  Petri  Martyris  de  Sevixio    ...    —  2  — 


D.      8 


79.  Canonica  S.  Fidelis  de  Incaxate 

D.  Archipresbyter  diete  Canonice     .     .     .     .  L.  2      S.      4 

Pbr.  Ambrosius  de  Aplano 2  4 

D.  Christoforus  de  Arixijs 2  4 

Rizardus  de  Vertono i  i3 

Andriollus  de  Caxinis 2  4 

Aluysius  de  Pompertis  (sic). i  i3 


D. 


L.     12      S.      6    D. 


CIRCA    IPSIUS    IMMUNITATEM  287 


80.  Canonica  de  Galliano  cum  Capellani  (i) 

D.  Prepositus  diete  Canonice L.  7      S.     12    U.     — 

Pbr.  Ambrosius  de  Veliate 3  7  — 

Lucinus  Vicecomes 2  16  — 

Gasparinus  de  Veliate 2  5  — 

Pbr.  Beltramus  de  Oro 2  5  — 

Beltramus  de  Montorfano 2  5  — 

Ambrosius  de  Bulgari 2  5  — 

Pbr.  Albertus  de  Veliate 3  7  — 

Pbr.  Johannes  Gazollus 3  7  — 

AntonoUus  Grassus    .     , 2  5  — 

Filius  D.  Johannis  de  Vulpis 2  16  — 

Jacobinus  de  Fossato i  14  — 

Gervasius  de  Coyris 2  5  — 

Pbr.  Johannes  de  Camenago 3  7  — 

Antonius  de  Giuliano ..2  5  — 

Pbr.  AndrioUus  de  Oxana  (sic) —  11  — 

Beltramus  de  Robiano 3  7  — 

Pbr.  Balsarrus  (sic)  de  Oxagijs 2  5  — 

Stefanus  de  Rodarijs 2  5  — 

Pbr.  Johannes  de  Fossato i  14  — 

Capella  supradicte  ecclesie i  3  — 

Clericus          „                  „          2  16  — 


L.     63      S.      0    D.     — 


Capellani  de  Galliano 

Capella  S.  Pauli  de  Canturio L.      5      S.     —     D.      8 

„         supradicte  ecclesie 4  9  6 


(i)  Neir  Indice  di   Gof.,  la  pieve   di  Galliano   contava  chiese   29  e 
altari  49. 


•j8« 


NoiniA  cLi;ui  mkijioi,ani:nsis  dk  anno   1 3()8 


Capella  de  Vigazzoh L  4 

de  Intiniiano 6 

S.  Gcorgij  de  Castcllcto — 

S.  Christolori  de  Canturio 3 

de  Ruzago 5 

S.    Bartolamci    de    (sic)    Theodor!    de 

Canturio 3 

de  Cuzago 2 

S.  Michaelis  de  Canturio 2 

de  Novedrate 2 

de  Alzate 3 

supradicte  ecclesie 2 

S.  Georgij  de  Carimate 3 

S.  Alexandri  de  Carimate 4 

de  Figino 5 

S.  Antonij  de  Fratta 4 

de  Montorfano 2 

S.  Marchi  sita  in  ecclesia  S.  Michaelis 

de  Canturio .3 

S.  Antonij  sita  in  ecclesia  S.  Fetri  de 

Vigazollo 2 


S. 


9  1 

).   6 

H 

i 

16 

W 

7 

2 

II 

JO 

7 

2 

i5 

11 

j5 

11 

4 

9 

7 

2 

i5 

II 

7 

2 

9 

6 

II 

IO 

9 

6 

4 

9 

L.     42      S. 


D. 


Domus  suprascripte  plebis/ 


Domus    Iratrum    humiliatorum    de    Camporo- 

tondo L 

„         Dominarum  de  la  Nuce  de  Canturio 
Monasterium  S.  Marie  de  Canturio 
H ospitale  de  Montebello  de  Canturio 
„           S.  Antonij  de  Canturio     . 
„           S.  Ambrosij  de  Canturio 
Monasterium  de  Fis-ino  -  h 


3o 

S. 

IO 

D. 

— 

l32 

IO 

11 

i3o 

i3 

7 

3 

7 

II 

3 

7 

2 

6 

14 

3 

L.  174      S.     18    D. 


CIRCA    IPSIUS    IMMLNITATEM  28() 


81.  Canonica  de  Inzino  cum  Capellanis  (i) 

Dominus  Prepositus  diete  Canonice      .     .     .  L.  3       S.     —     D. 

Item  prò  Canonicatu i  — 

Pbr.  Magister  Petrus  de  Paravicino      ....  2  10 

Pbr.  Johannes  de  Blanchis 2  — 

Pbf.  Antonius  de  Cormano i  3 

Pbr.  Antonius  de  Caxellio i  — 

Pbr.  Antonius  Cagaronus  (sic)  ......     .  1  12 

Pbr.  Zanonus  de  Paravicino     .......  2  — 

Donatus  de  Cixero     .     .     .     , 2  4 

Antonius  de  Nava 2  4 

Antonius  Carpanus 2  4 

D.  Thomas  de  la  ecclesia 2  i5 

D.  Christoforus  de  Aryxiis i  18 

Bonus  Carpanus > 1  2 


L.     26      S.     12    I). 


Capellani  suprascripte  plebis 

Capella  S.   Eufonie  de  Inzino L.  2       S.     —     D. 

„         S.  Bartholainei  ut  supra 2  — 

„         S.  Slelani  ce  Ganzo 2  — 

„         S.  Marie  de  Menzago 2  — 

„         S.  Petri  ad  Pemorum  (?) 2  2 

„         Georgi i  de  Corneno 2  — 

„         S.  Firmi  de  Cerzana 4  — 

„         S.  Georgij  de  Castelleto 2  — 

„         S.  Michaelis  de  Anzano 2  17 

„         S.  Marie  de  Maxnago 2  4 

„         S.  Bassiani  de  Rozeno 2  4 

„         S.  Georgi!  de  Dolzago 6  12 

„         S.  Jacobi  do  Merono 1  i3 


(1)  Nella  pieve  di  Incino,  secondo  V  Indice  del  Gei'.,  eranvi  chiese  61 
e  altari  73. 

Arch.  Sior.  Loviò.  —  Anno  XXVH.  —  Fase.  XXVIII.  19 


20O 


NOTITIA    CLERI    MKDIOLANIOSIS    DE    ANNO     I  3^8 


Capella  S.  Martini  de  (3rsanig<) L.  2.      S.      4     D. 

S.  Dionixij  de  Carchano -^  4 

„         S.  Nazari j  de  Carchano —  — 

„         S.  Victoris  de  Villa —  5 

„         S.  Marie  de  Caxcllio 3  6 

„          S.  Georgi]  de  Ruzmada  (sic)    ....  r  jo 

„         S.  Marcellini  de  Calvenzana'  (?)...  —  16 
„       ,  S.  Johannis  de    Lurago,   .S,   Stefani    de 

Dolzago  et  S.   Cassiani  de  Monguzo.  i  2 

„         S.  Vincenti]  de  Aguliano  (?)....  2  4 

„         de  Castromartire i  — 

„         S.  Antonii  sita  in  ecclesia   S.   Bartho- 

lamei  de  Paravicino       ......  3  — 


L. 


S.       3     1). 


Domus  plebis  de  Inzino  (i' 


Monasteri um  de  Lambrugo 


L.     i3      S. 


L.     i3       S. 


D. 


D. 


82.  Canonica  de  Vichomerchate  cum  Capellanis  (2) 

D.  Jacobus  de  Bossijs  Prepositus      .     .     .     .  L.  11 

Pbr.  Laurentius  de  Oldanis 4 

Pbr.  Petrus  (?)  de  Cottis 3 

Johannes  Carpanus    .     .     .     • 4 

Pbr.  Petrus  de  Subinago  (?) 5 

Pasinus  Paganus 3 

Pbr.  Paulus  de  Floronibus 3 


3 

U. 

6 

9 

6 

7 

^i 

9 

8 

17 

2 

18 

3 

(i)  In  questa  Notitia,  e  anche  nello  Status,  etc.  del  1466^  non  è  men- 
zionata idi  pieve  di  Asso;  ma  nell'Indice  di  Gof.  leggesi  che  "  Prepo- 
situs de  Asxo  habet,  sine  cxemptis,  in  ecclesiis  16  aliar ia  20  „.  Il  Giu- 
lini  (IX,  129)  nella  pieve  d'Asso  ricorda  Barnum,  che  però  era  di- 
pendente da  Givate,  e  Lemonta  e  Civenna  feudi  imperiali,  che  abbiamo 
già  ricordati   come    dipendenti    dall' Abb.    di  vS.  Ambrogio. 

(2)  Vimercate  ai  tempi  di  Gof.,  secondo  Y  Indice,  aveva  chiese  75 
e  altari  98.  ■  .         . 


CIRCA    IPSIUS    IMMUNITATEM  2qI 


Pbr.  Petrus  de  Littis 3       S. 

Pbr.  Albertus  de  Fidellibus      .......  3 

Mateus  de  Bernadigio 3 

Johannes  de  Dalfinellis 2 

Ottorollus  Zena 2 

Stefanus  de  Beluscho 3 

Beltramus  Paganus 2 

Johannes  Moresinus o     .     .  3 

Daniel  de  Novellina ,     .     .     .     .  4 

Conradus  de  Strata 4 

Johanollus  de  Gluxiano 2 

Capella  de  Carugate  cum  Capella  de  Dexio  (sic)  i 


7  iJ 

2 

18 

4 

7 

2 

4 

5 

t5 

II 

7 

2 

i5 

II 

18 

4 

9 

6 

9 

6 

4 

9 

i3 

7 

L.    74     .S.     17    D. 


Capellani  suprascripte  plebis 

Capella  de  Carugate L.  5      S. 

de  Gradi 8 

de  Caponago 5 

de  Homate 2 

de  Cavenago 3 

de  Overnago .     .  4 

vS.  Martini  de  Beluscho 2 

Clericus  suprascripte  ecclesie  . 2 

Capella  S.  Marie  de  Beluscho i 

„         de  Brentana 5 

Clericus  de  Brentana 5 

Capella  de  Licurti 4 

„         de  Bernadigio 5 

„         de  Bernadigio 5 

„         de  Bernadigio 6 

„         S.  Dionixij  de  Passi  rano i 

„         de  Roncho 2 

»         de  Gualdaniga 5 

Clericus  S.  Marie  de  Menzago 3 

Capella  de  Menzago 2 

„        S.  Victoris  de  Amzago  (sic)     ....  i 


-  D. 

8 

2 

8 

II 

IO 

4 

9 

7 

2 

9 

6 

i5 

11 

i5 

II 

T.3 

7 

— 

8 

— 

8 

9 

6 

II 

IO 

II 

IO 

14 

3 

2 

5 

4 

9 

II 

IO 

7 

2 

i5 

II 

i3 

7 

N(,I1I1A     (   l.l.KI 


Ml;l)lOLANI•:^•sI^  di-  anno   l'igS 


Capt 


Ila  de  Boyrago I 

de  Villanova 

de  Veliate 

de  Boriiate 

de  Archuri 

de  Oxijs  de  Usuiate 

de  Usuiate 

S.  Nazarij  de  Opreiio 

S.  Michaelis  de  Opreno 

de  Condì orizio  (i) 

de  Lexmo 

de  Carnate 

Dossi  de  Prcnede  (sic) 


'j^       S.   4 

1). 

9 

2 

4 

9 

1 

'2. 

6 

— 

J  1 

• 

2 

4 

9 

J 

i3 

7 

J 

■2. 

5 

2 

4 

9 

4 

9 

6 

3 

7 

2 

— 

1  ! 

3 

1 

ii 

5 

1 

2 

5 

L.  Ilo 


3    1). 


Domus  suprascripte  plebis 


Domine  de  Capite  burgi  Vicomerchati 


de  Cugnollo 


Monasterium  de  Moyrano     .     .     . 
Domus  dominarum  de  Bernadigio 
Domine  humiliatc  de  Valle  .     .     . 
Monasterium  S.  Martini  de  Archuri     ....     io 
„  S.  Apolinaris  ut  supra    ....      8 

„  S.  Nazarij  de  Beluscho   ....       7 

„  S.  Nazarij  ad  Conchorizium    ,     .       5 

Domine  Virgines  S.  Laurentij  .     . 
Monasterium    S.    Ambrosij    de    Carugate    cum 
Monasterio  S.  Georgi j  de  Ca 
ponago  et  cum  domo  Domi- 
narum de  Zinis  unit.  secum     36  12 

„  de  Cumizago 22  7 

„  de  Subiate 11  3 


.S. 


i3  r 

•  7 

i3 

7 

II 

IO 

16 

IO 

3 

4 

18 

— 

16 

7 

II 

IO 

2 

5 

(i)  11  Frisi  (L,  201  e  III.,  100)  ricorda  che  in  Concorrezzo,  alla  Ba- 
raggia, vi  era  una  chiesa  di  S.  Eugenio,  ma  dipendente  dall'Arciprete  di 
Monza,  al  quale  l'avevano  ceduta  nel  sec.  IX  gli  Abati  di  S.  Am- 
brogio. 


CIRCA    IPSIUS    IMMUNITATEM 


293 


Hospitale  S.  Johannis  de  Vicomerchato  .     .  L.  i3  S.     17  D.       3 

„  S.  Damiani  ut  supra 6  14  3 

„  de  Moyrano 12  17  3 

„  S.  Marie  ad  Miilofolam      5  11  io 


D. 


L.  i53       S.     17     D.     — 

83.  Canonica  S.  Retri  de  Aliate  (i) 

D.  Prepositus  diete  Canonice L.  3       S.       7 

Pbr.  Johannes  de  Gluxiano i  i3 

D.  Antonius  de  Gaytonibus  (sic) i  i5 

D.  Johannes  de  Vicecomitibus i  i3 

D.  Enrichus  Confanonerius i  8 

Christolbrus  de  la  Strata i  8 

Pbr.  Antonius  Confanonerius —  5 

Chrjstoforus  de  Gluxiano —  5 

Georgius  Canda —  5 

Petrinus  de  Giochis —  5 

Antonius  de  Nava —  5 


S.     14     D. 


Capellani  de  Alliate 

Capella  Ss.  Protaxij  &  Gervaxij  de  Bexana  L.  3 

„  Ss.  Petri  et  Marcellini  ut  supra  ...  8 

„         suprascripte  ecclexie 8 

„         de  Buschoe i 

„         de  Viganore 3 

„         Castelantie 2 

„         de  Briuscho 4 

„         de  Trongio  (?) — 

„         de  Valle .  2 

„         de  %^^illarapari(> i 

„         de  Caloe 2 

,,         de  Vergo 3 


S. 


18     D 

.       3 

7 

9 

7 

9 

12 

6 

12 

3 

4 

9 

— 

4 

16 

10 

4 

9 

i3 

7 

4 

9 

18 

4 

(1)  Nella  pieve  di  Agliate,  secondo  V  ludica  di  Gol'.,  eranvi  67  chiese 
e  71  altari. 


2()4                 NoririA   cr.iiHi   micdioi.aniinsis  di:  anno  i3f)8 

CnpHla  de  Monte L.  5  S.    —  D.        é 

de  Gazano 2  4  9 

„           de  Sovico 2  i3  7 

„            de  I  labiate  (sic) 2  4  9 

„            S.  Simplitiani  de  Carata      ....  2  i5  11 

„            S.  Ambrosij  ut  supra 3  3  2 

„           Capello  de  Baziis 2  —  8 

„            de  Verano 2  5  11 

„            de  Robiano 3  7  2 

„            de  Gluxiano 3  18  4 

L.  72  S.      7  D.     - 

Domus  suprascripte  plebis 

Domus  fratrum  humiliatorum  de  Carate  .     .  L.  29  S.       i  D.      7 

Monasterium  de  Brugola 28  —  2 

Domine  humiliate  de  Brioscho 3  i  6 

Hospitale  de  Carate i3  4  8 

L.  73  S.      7  D.    11 

84.  Canonica  S.  Julliani  in  Barazia 

D.  Prepositus  diete  Canonico L.  4  S.       i  D.      4 

Reliqui  quatuor  Canonici  sunt   in  extimo  1. 2, 

d.  8  prò  quolibet 8  2 


L.     12      S.       4    D.     — 


85.  Canonica  S.  Vitti  ad  Lambrum 


D.  Prepositus  diete  Canonico L.  8  S.  2  D.      8 

Reliqui  dno  Canonici  sunt  in  extimo  1.  3,  s.  11,  • 

d.  2  prò  quolibet 7  2  4 

L.  i5  S.  5  D.     - 


CIRCA    IPSIIS    IMMUNITATEM  2Q3 


S6.  Canonica  de  Bruzano  (i) 

D.  Prepositus  diete  Canonice L.       3       S.       i     D. 

Reliqui  sex  Canonici  sunt  in  extimo   1.  i,  d.   4 

prò  quolibet 6  2 


L.      Q      S.      3    D.     — 


Capellani  de  Bruzano 

Capella  ecclesie  de  Brasule  (sic) L.  4 

„         de  Affori 2 

„         de  Cormano 3 

„         de  Brixio 2 

„         de  Niguarda 2 

„         de  Prato  centenario 4 

de  Bruzano 2 


II 

D. 

II 

IO 

IO 

8 

6 

IO 

IO 

— 

8 

0 

5 

— 

8 

6 

D. 

II 

L.     21 


87.  Canonica  de  Brippio  (2) 

D.  Prepositus  diete  Canonice L.  io       S.     i3    D.     — 

Pbr.  Symon  de  Scotis io  i  4 

Pbr.  Johannes  de  Caxate 7  17  7 

Item  prò  Maceconiatu  (3) 3  7  2 

Pbr.  Angellinus  de  Bexnate 4  9  6 

Beltramus  de  Vicecomittibus 3  i  — 

Pbr.  Joiiannes  de  Cisinischolo 3  7  2 

Pbr.  Antoninus  de  Anono 2  4  9 

Pbr.  Antonius  de  Sarra i  i3  — 


(i)  Secondo  Vindice  di  Gof.,  nella  pieve  di  Bruzzano  si  contavano 
chiese  23  e  altari  29. 

(2)  Secondo  Vindice  del  Coi',,  nella  pieve  di  Brivio  eranvi  40  chiese 
e  49  altari. 

(3)  Corruzione  della  voce  Magister  Scìiolariim,   rimasta  ancora   in 
uso  nella  gerarchia  del  Clero   Metropolitano:  ^^  Mezoconici  „. 


MA   (i.KHi   mi;1)I()lani:nsis  di',  anno   i3o8 


Jacobus  de  Ajroldis  de  Rob I,.  j  s.      g 

Pbr.  Beltranius  de  Giringellis à  7 

jobannes  de  Bossijs —  — 

Pbr.  Dionisius  de  Robiatc 'A  7 

L.  57  S.     j8 


1). 


Capellani  suprascripte  plebis 

Capella  S.  Pauli  de  Mareiitio  ultra  Abduam  h.  8 

Clericus  diete  ecclexie 8 

Capella  S.  Andree  in  Villa  ultra  Abduam   .     ,  4 

„         S.  Martini  in  dieta  Villa 3 

„         S.  Marie  de  la  Cima  (i) 3 

„         S.  Ambrosi]  ultra  Abduam 2 

„         S.  Ambrosi]  de  Merate 4 

f,         S.  Georgij  de  Vizago 4 

„         S.  Damiani  de  Ayruno i 

„         S.  Marcellini  de  Imbersago 4 

„         S.  Marie  de  Robiate 3 

„         S.  Stefani  de  Novate 1 

„         S.  Florani  de  Verderio 4 

„         S.  Martini  de  Casternago 2 

„         de  Calcho  h — 


]8 
9 

7 

7 

i5 

9 
9 
2 

9 
8 
2 
9 

4 


1). 


8 
8 
6 
6 
2 
II 
6 
ó 
5 
6 
2 
5 
6 
9 


L. 


S. 


7     D.       8 


88  Canonica  de  Bubulcho 


D.  Prepositus  diete  Canonice 
Pbr.  Antonius  de  Cambiago 
Pbr.  Vicentius  Serbellonus   . 
Pbr.  Martinus  de  Arexio  .     . 
Bassianus  de  Vicomerchato  . 
Pbr.  Christoforus  de  Arixii's 


S. 


9 
4 
4 

IO 

4 
i3 


D. 


(1)  TI  Dozio  [Notizie  della  pieve  di  Brivio,  p.  70)  opina  si  possa  iden- 
tificare questo  nome  per  S.  M.  di  Celana. 


CIRCA    IPSTUS    liMMUNITATEM  297 


Donatus  de  Vicomerchato L,  i  S.      2  Dv       5 

Pbr.  Thomas  de  Birago 1  2  — 

Ambroxius  de  Cysate i  2  5 

Lucinus  de  Vicomerchato i 


12  7 


L.     19       S.       7    D. 


89.  Canonica  S.  Vlctoris  de  Massalia(i) 

D.  Prepositus  diete  Canonice L.  3  S.       7  D.       6 

Ambrosius  de  Cysale     •.....,.-.,  i  2  5 
Reliqui  decem  Canonici  sunt  in  extimo  1.  2,  s.  4, 

d.  9  prò  quolibet 2,2.  7  6 


L.     26      S.     17     D. 


Capeliani  de  Massalia 

espella  S.  Georgi]  de  Caxate L.  3      S.       7    D.       2 

„         suprascripte  ecclexie 3  7  2 

„         S.  Marie  de  Turre  villa 3  72 

„         suprascripte  ecclesie '3  7  2 

„         S.  Instine  de  Caxate  novo 4  9  6 

„         S.  Vitti  de  Barzanore 3  7  2 

„        de  Caxago 3  7  2 

„         de  Hoe 3  7  2 

„         Sancte  Crucis 2  4  9 

„         allia  suprascripte  ecclexie 2  4  9 

„         de  Viganore 3  7  2 

„         de  Montevegia •.     .  2  4  9 

Clericus  de  Montevegia 2  4  9 

Capella  S.Johannisde  Cisinischulo  Lombardore  i  :à  5 

„         S.  Dionisij  de  Cisinischulo i  2  5 

„         S.  Laurentij  de  Cermischulo     .     .     .     .  i  2  5 

„        de  Senago 2  4  9 


^i)  Secondo  Y Indice  del  Gof.,  in  pieve  di  Missaglia  eranvi  67  chiese 
e  76  altari. 


2q8 


NO  i  MIA    i.l.l.Ul    MKUIOLANENSIi    1*K    ANNO    1 3(^8 


Capcila  S.  Silvestri !..  j 

de  Marixic) 2 

S.  Nazari i   de   Pi ro vano i 

S.  Mi(li:i(  li->  ut  supra — 

S.  Marie  de  suprascripte  Pirovano  .     ,  — 

de  Barzago i 

de  Sirtury j 

S.  Blaxij  de  Galzaiia  Vi  lascila      ...  1 

S.  Georgi)  de  Oprena  (sic) 4 


S. 


2    1 

).          D 

4 

9 

2 

5 

i6 

JO 

i6 

IO 

2 

5 

2 

5 

2 

ò 

9 

7 

L.    59 


17    D. 


D. 


Domus  plebis  Massalie 

Monasterium  de  Bernaga L.  7       S. 

„  de  BrianzoUa 3 

„  de  Caxate  vegio i 

„  de  Poenzano 3 

L.  14      S.     18    D.      5 


3 

12 

2 

I 


90.  Canonica  de  Barzanore 

U.  Prepositus  diete  Canonice L.  2       S.     i5 

Pbr.  Guglielmus  de  Pirovano i  2 

Petrus  de  Silva i  2 

Johannes  de  Pegiis  (?) i  i3 

Antoni  US  de  Pirovano —  i3 

Pbr.  Guido  de  Pirovano ,     ,  i  2 

Pbr.  PMlipus  de  Pirovano i  2 

Pbr.  Jacobus  Boninus 3  6 

Pbr.  Antonius  de  Aquate 2  4 

Johannes  de  Ravagnate 2  4 

Capellanus  S.  Blaxij  de  Barzanore 3  7 


D. 


II 
5 
5 

.7 
3 
5 
5 
6 
9 
9 
2 


L.     20 


i5    D. 


CIRCA    IPSIUS    IMML'NITATEM  2Q() 


91.  Canonica  de  Uglono  (i) 

D.  Prepositus  diete  Canonice  cum  Capellanis 
de  Dolzago  et  allijs  Capellanis  diete  plebis 
et  Canonieis L.     25       S.     i5    D.      6 

L.     25      S.     i5     D.      6 

92.  Canonica  de  Cariate  cum  Capella  una  (2) 

D.  Prepositus  diete  Canoniee L.  8  S.     io  D.      9 

Reliqui  sex  Canonici  sunt  in  extimo   1.  4,  s.  9, 

d.  6  prò  quolibet 26  17  — 

Capella  S.  Marie  de  Olzelate    .......  4  9  6 

L.     39      S.     17     D.      3 

93.  Canonica  de  Leucho  (3) 

D.  Prepfositus  diete  Canoniee L.  2  S.       4  D.       9 

Anselmus  de  Faraliano i  —  4 

Reliqui   septem  Canonici  sunt   in   extimo  1.  i, 

s.  2,  d.  5  prò  quolibet 7  16  11 

Capella    S.    Marie    Magdalene    eum    Clerieatu 

S.  Martini  in  Agra 6  i3  ii 

L.     17      S.     i5    D.     II 

94.  Canonica  de  Cervio  (4) 

D.  Prepositus  diete  Canoniee L.      2       S.      4    D.      9 

Reliqui  quinque  Canonici  sunt  in  extimo  1.  i, 

s.  8  prò  quolibet 7  —  — 

L,      9      S.       4    D.       9 


(i)  Oggionno,  ntilV  Indice  di  Gof.,  eonta  chiese  17  e  altari  20. 

(2)  Nell'Indice  di  Gof.  sono  enumerate  come  appartenenti  a  Garlate 
42  chiese  e  altari  5i. 

(3)  Secondo  Vindice  di    Gof.,  dipendevano  dal  preposto    di   Lecco 
chiese   18  e  altari    19. 

(4)  Secondo  V  Indice  del  Gol",  erano  soggetti  al  Prevosto  di  Dervio 
chiese  io,  altari  t3. 


3oo 


NOTITIA    CLERI    MKDIOLANENSIS    DE    ANNO    I  $98 


95.  Canonica  de  BHIano  (i) 

I).  Prepositus  diete  Canonico L.  3       S.       7     D-       '^ 

Pbr.  Affonsinus  Campatius 3  7  -j. 

Georgiiis  Campatius ?.  7  2. 

AndrioUus  Campatius 2  4  9 

Johannes  de  Potremulo —  11  3 

AndrioUus  de  Ogionibus  de  Varixio     .     .     ,     .  i  2  5 

Antonius  Saxolus 1  2  5 


ID 


D. 


96.  Canonica  S.  Martini  Montisvarene  (2) 

D.  Prepusitus  diete  Canoni  ce L.  5 

Pbr.  Barnaba  de  Calastris 3 

Reliqui  tres  Canonici  sunt  in  extimo  1.  4,  s.  7, 

d.  6 i3 


II 
7 


D. 


IO 

7 


L.     22      S.       I     D.     II 


97.  Canonica  de  Vallissaxina    (3) 

D.  Prepositus  et  Canonica  Vallissaxine    . 


L.     i3       S.      8    U.      5 


L.     i3      S.      8    D.      5 


(i)  Stando  2ii^ Indice  di  Gof.,  Bellano  aveva  chiese  5  e  cdtari  5. 
Muggiasca,  nella  pieve  di  Bel,,  sebbene  non  compaia  in  questa  Notitia, 
pure  doveva  avere  una  chiesa  già  importante:  oltre  gli  antichi  affres- 
chi,  lo  proverebbero  da  solo  i  due  codd.  dell' Antifonario  Ambro- 
siano datati  di  prima  mano,  del  i388,  scritti  "in  honore  di  S.  Lau- 
rentii  de  Mugiasca  „.  Nell'archivio  prepositurale  di  Bellano  si  conser- 
vano i  documenti  dello  smembramento  della  vicinanza  di  Muggiasca, 
dalla  parrocchia  di  Bellano,  e  l'erezione  in  parrocchia  autonoma,  av- 
venuta nell'anno  i368. 

(2)  T>?i\V  Indice  delle  pievi  presso  Gof.  consta  che  Varenna  aveva 
7  chiese  e  9  altari.  E  notevole  nell'Indice  di  Gof.  Y  indicazione  "  Ab- 
batia  Sancii  Vincentii  in  plebe  Mandello  in  ecclesiis  io  habet  altaria  12  „ 
dalla  quale  si  potrebbe  dedurre,  che  il  territorio  d'Abbadia  dipendesse 
dalla  Diocesi  di  Milano;  ma  di  questa  non  è  alcun  cenno  nello  Sfato 
del  1466. 

(3)  'NelV  Indice  delle  pievi  presso  Gof.  leggesi  che  la  Valsasina 
contava  chiese  27  e  altari  82. 


CIRCA    IPSll'S    IMMUNITATEM  '3o  I 


Capellani  suprascripte  plebis 
Capellani  Vallissaxine L.     33       S.     ii     D.     — 

L.     33       S.     II     D.     — 

98.  In  Giara  Abdue 

Ecclesia  S.  Marie  de  Capis  (sic) L.      7      S.     16    D.       7 

L.       7       S.     16    D.      7 

99.  Canonica  S.  Alexandrl  de  Farra 

D.  Archipresbyter  et  Canonici  de  Farra  .     .  L.     24       S.     i3     D.     — 

L.     24       S.     i3    D.     — 

iOO.  Ecclexia  S.  Martini  de  Triviilio 

Sex  Canonici  sive  Capellani  diete  ecclexie  sunt 

in  extimo  1.  6,  s.  14,  d.  3  prò  quolibet  .  L.     40       S.       5     D.       6 

L.     40       S.      5     D.      6 

Domus  Trivillij 

Domus  Fratrum  humiliatorum  (sic)  S.  Augustini 

de  Triviilio  L.  2       S.       4    1).      9 

,,              ,,                     „            de  Triviilio    .     .  6  2  — 
'„         Dominarnm  hnmiliatariim  de  Inzago  in 

Triviilio 2              8 

Ecclesia  S.  Christolbri  de  Triviilio i               4 

Can.  (?)  S.  Nazari j  de  Pagazano i3  8  5 

Capella  S.  Johannis  de  Vitalengo 8  19            

L.     33      S.     i5     D.      2 


.'>o: 


NOTiTiA  CLTCìn  ml;i)IOi..anensis  de  anno  i3g8 


101.  Ecclexia  S.  Marie  de  Bregnano 

Tres  Capellani  diete   ecclesie   suiit    in    cxllnin 

1.  3,  s.  7,  d.  2  prò  quolibel L.     io       S.       i     I).       6 

Domus  fratrnni  humiliatorum  de  Bernago  Bre- 
gnano (sic) i3  4  4 

L.     23      S.       5     1).     IO 

102.  Ecclesia  SS.  Firmi  et  Rustici  de  Caravazio 

Quatuor  Clerici  suprascripte    ecclesie    sunt   in 

extimo  1.  5,  s.  ii,  d.  io  prò  quolibet       .  L.     22       S.     7       D.       4 

'  L.     22       S.       7     D.       4 

103.  Ecclesia  S.  Marie  extra  Caravazium 

Pbr.  Daniel  Benef.  diete  ecclexie  .....  L.  5  S.  8  D.  — 
Pbr.  Laurentius  de  Porris  clericus  suprascripte 

ecclesie 2  i5  11 

Domus    fratrum     humiliatorum     de    Caravazio 

cum  domo  de  Calvenzano  unita  secum .     .     48  2  io 

L.     56      S.      5    D.      9 

104.  Ecclexia  S.  Marie  et  Johannis  de  Fornovo 

D.  Archipresbyter  diete  ecclexie L.       5       S.     11     D.     io 

Reliqui  quatuor  Canonici  sunt  in  extimo   1.  3, 

s.  7,  d.  2  prò  quolibet i3  8  8 

L.     19      S.     —     D.      6 

Domus  de  Fornovo 

Domus  fratrum  humiliatorum  de  Fornovo  cum 

domo  de  Valiate  unita L.  5o  S.     16  D.      8 

Ecclesia  S.  Vitalis  de  Fornovo —  5  8 

„          S.  Petri  de  Rogorzano i  2  5 

L.     52       S.       4    D.      9 


CIRCA    IPSIUS    IMMUNITATEM  3o3 


105.  Ecclesia  S.  Laurentìj  de  Mysano 

D.  Archipresbyter L,  7  .     S.     i6  D.      8 

Reliqui  quinque  Canonici  sunt  in  extimo  1,  3, 

s.  18,  d.  4  prò  quolibet 19  11  8 

Capella  S.  Laurentij  de  Myxano 3  7  2 

Ecclesia  S.  Petri  de  Vaylate 14  7  2 

L.  45  S.      2  D.      8 

106.  Canonica  S.  Laurentij  de  Arsago  ultra  Abduam 

D.  Prepositus  diete  Canonice L.  6  S.     14  D.      3 

Merlinus  de  Capitaneis 5  —  8 

Pbr.  Martinus  de  Calvenzano 3  18  4 

Albertinus  de  Capitaneis 3  18  4 

Jacobus  Rozonus 2  i5  4 

Beltramus  de  Pergamo 2  i5  11 

Capella  diete  ecclesie 2  i5  11 

L.  27  S.     19  D.      4 

107.  Canonica  S.  Sigismondi  di  Ripalta 

D.  Prepositus  diete  Canonice L.  5  S.     11  D.     io 

D.  Franciscus  de  Brischis  (sic) 3  —  6 

Reliqui  septem  Canonici  sunt  in    extimo   1.   2, 

s.  i5,  d.  II  prò  quolibet 19  11  5 

Domus  fratrum  humiliatorum  de  Ripalta     .     .  i  2  5 

L.  29  S.      ó  D.       2 

108.  Ecclexia  S.  Marie  de  Caxirate 

Pbr.  Aluysius  de  Busti  benef. L.  2  S.     i5  D.     11 

Reliqui  tres  clerici  sunt  in   extimo   ].   2,   s.   4, 

d.  9  prò  quolibet    .     .     .    ' 6  14  3 

L,  9  S.     IO  D.      2 


.H)4 


NOIITIA    CMiKI     MI;I)J0I.ANI:NSIS    DIi    ANNO     1?>()H 


109.  Ecclesìa  S.  Georgi]  de  Caxirate 

Franciscus  de Clericus I..       i  S.      2  I).       S 

Johannes  de  Srhrliapiscis  (sii)  ut  su|:)ra  .     .     .       i  2  5 

L.      2  S.       4  1).     ]<. 

110-117. 

Ecclesia  S.  Patri  de  Calvenzano L.      6  S.     14  D.      3 

„          S.  Nazari]  de  Sino  (?) 1  i3  7 

„          S.  Georgij  de  Pandino     .-,...       5  11  10 

Canonica  et  Capellani  de  Postino 8  .  18 

Ecclesia  S.  Marie  et  Laurentij  de  CrignoUo     .11  3  8 
U.    Archipresbyter    et    Canonici     portus  [nio- 

ronius(?). 6  14  3 

Ecclesia  de  Villa  Lanterio 3  7  2 

Capella  S.  Kristine 5  n  io 

» 

L.  49  S.     i5  D.      3 


Dott.  Marco  Magistretti 


CARLO  MARIA  MAGGI 

SOPRAINTENDENTE  ALL'UNIVERSITÀ  DI  PAVIA 


SCRISSE  il  Muratori:  «  Alle  tante  occupazioni  del  Maggi,  si  ac- 
crebbe ancor  quella  di  sopraintendere  alla  Università  di  Pa- 
via ed  ai  Lettori  di  essa;  e  con  tutto  ciò  non  si  distoglieva 
punto  la  sua  mente  dagli  studii  ameni,  e  massimamente  dal  colti- 
vare la  poesia,  perchè  è  un  privilegio  dei  vasti  ingegni  il  poter  ac- 
cordare con  le  pubbliche  cure  la  quiete  richiesta  dalle  Muse,  facendo 
essi  diventar  ricreazione  dell'animo  ciò,  che  ad  altri  poveri  di  ta- 
lento suol  costare  fatica  incredibile(i)  ».  — Non  dice  altro,  e  non 
se  ne  sa  altro;  ma  noi  abbiamo  trovato  nel  R.  Archivio  di  Stato 
milanese  documenti  inediti  e  manoscritti  autografi  del  Maggi,  an- 
cora inediti,  che  si  riferiscono  a  tale  sopraintendenza,  e  siamo  in 
grado  di  dare  notizie  che  illustrino  questa  cura  ed  aggiungano 
una  pagina  nuova  alla  storia  del  famoso  ateneo  pavese  (2). 


(i)  Vita  di  C.  M.  Maggi,  scritta  da  Lodovic'  Antonio  Muratori, 
Milano  per  Giuseppe  Pandolfo  Malatesta,  1700,  p.  29. 

(2)  Nel  1878  A.  Corradi,  Rettore  dell'  Università  di  Pavia,  nel 
Proemio  dell'opera  ^^ Memorie  e  Documenti  per  la  Storia  dell'  Università  di 
Pavia,  ecc.  Stabilimento  tipografico-librario  successori  Bizzoni,  Pavia, 
1878.  Parte  I,  II  e  III,  di  complessive  pagine  1171  „  lasciò  scritto  che 
"  avrebbesi  voluto  dare  la  Storia  delV  Università  di  Pavia,  ma  la  brevità 
del  tempo  non  consentiva  l'ampio  ed  arduo  lavoro,  pel  quale  occor- 
revano molte  e  continuate  ricerche,  così  in  questi  come  in  altri  Ar- 
chivij,  e  particolarmente  in  quello  di  Stato  di  Milano,  dove  il  più 
delle  carte  attinenti  all'Ateneo  pavese  sta  raccolto;  e  ciò  pei  tempi 
a  noi  più  vicini,  giacché  per  i  più  remoti  le  difficoltà  sarebbero  state 
anche  maggiori,  spesso  spesso  non  trovandosi  per  essi  memorie  od 
avendosi  manchevoli.  „ 

Arch.  Star.  Loml.  —  Anno  XXVII.  —  Fase.  XXVIII.  zo 


3o6  CAIU.O    MAHIA     MA(l(iI 


*   * 


Nel  1676  il  Maggi  era  da  i5  anni  Segretario  del  Senato  e 
da  12  Lettore  di  eloqiien:{a  latina  e  greca  nelle  Scuole  Palatine 
di  Milano.  Il  salario  di  questi  due  impieghi  era  allora  ben  poca 
cosa,  di  circa  lire  2000  il  primo  (i),  e  di  lire  Goo  il  secondo,  e  se 
il  Maggi  non  avesse  avuto  del  suo  (2),  carico  di  figliuoli  e  di  pa- 
renti, e  largo  di  cuore  e  di  mano,  come  era  con  gli  amici,  si  sa- 
rebbe certamente  trovato  in  istrettezze  finanziarie  maggiori  dì 
quelle,  onde  egli  spesso  si  duole  nelle  sue  liriche  (3),  —  Morto 
adunque  nel  1676  il  dottore  e  segretario  del  Senato,  Francesco 
Sadarino  (4),  che  allora  aveva  la  cura  dello  Studio  di  Pavia  e 
delle  Scuole  Palatine,  il  Maggi,  per  godere  delle  400  lire,  onde 
quella  cura  veniva  retribuita  (5),  la  chiese  per  sé  e  l'ottenne; 
l'ottenne  senza  difficoltà,  perchè,  se  il  dottor  Sadarino  moriva 
vecchio  in  fama  d^ altissimo  senno  e  di  non  minore  eloquenza  (6), 
il  Maggi  che  allora  toccava  il  46.*^  anno  di  vita,  godeva  l'affetto 
e  la  stima  universale  come  uomo,  come  insegnante  e  come  ma- 
gistrato. 

*  - 

*  * 

La  domanda,  con  cui  egli  chiese  questa  sopraintendenza, 
e  che  noi  abbiamo  trovato   nel   Regio  Archivio  milanese,  è  una 


(i)  Vedi  il  nostro  studio  "  Carlo  Maria  Maggi  —  Il  Segretario  del 
Senato  „  Milano,  Bari  e  Cazzulani,  1899,  p.  17. 

(2)  Vedi  il  nostro  studio  "  C.  M.  Maggi  —  //  Ritratto  „  Milano, 
Aliprandi,  1894,  p.  21. 

(3)  Rime  varie,  ediz.  Muratori,  Milano,  1700,  tom.  IV,  p.  279. 

(4)  Di  lui,  oltre  alle  opere  a  stampa,  si  conservano  inedite  nel 
R.  Archivio  di  Stato  milanese  moltissime  consulte,  scritte  in  latino, 
interessanti  per  la  storia  del  Ducato  di  Milano,  sotto  la  dominazione 
spagnuola. 

(5)  R.  Archivio  di  Stato  milanese:  Salarti  e  Sportole,  96;  vedi  le  due 
ricevute  autografe  del  Maggi,  Tuna  di  L.  200  de"*  26  maggio  1690  e 
l'altra  di  L.  200  de'  2  ottobre  1690. 

(6)  Muratori,   Vita  del  Maggi,  p.  i3. 


SOPRA  intendenti:  all'università  di  PAVIA  Boy 


bozza  autografa,  senza  indirizzo,  senza  data  ed  incompleta,  per- 
chè il  Maggi  con  essa  chiede  solo  la  cura  della  Università  di 
Pavia,  mentre  il  decreto  di  Carlo  II  degli  8  luglio  1676  gli 
concede  anche  quella  delle  Scuole  Palatine  (i),  ed  il  Senato  mi- 
lanese ai  28  luglio  dello  stesso  anno  dà  le  disposizioni,  perchè  gli 
siano  pagate  le  400  lire  per  la  cura  d'entrambi  gli  istituti  (2).  — 
Comunque,  il  Maggi,  come  Sopr aintendente  dell'  Università  di 
Pavia  e  delle  Scuole  Palatine  di  Milano,  doveva,  ogni  anno,  com- 
pilare le  Tavole  dei  Lettori,  con  la  materia  d'insegnamento,  coi 
rispettivi  stipendii  e  con  le  osservazioni  che  erano  del  caso,  e 
quelle  Tavole  poi  mandava, "per  l'approvazione,  al  Presidente  del 
Senato  ed  ai  Questori,  i  quali,  alla  loro  volta,  davano  gli  ordini 
ai  Daziarii,  perchè  fosse  pagato  il  salario  al  Sopraintendente,  ai 
bidelli  ed  ai  Lettori,  dal  giorno  in  cui  ciascuno  di  questi  comin- 
ciava a  leggere  pubblicamente,  à  die  quo  coeperit  publicè  leggere 
in  scholis.  —  Vi  erano  cattedre  vacanti?  Il  salario  corrispettivo 
si  chiedea  che  fosse  impiegato  nei  lavori  di  fabbrica  dell'Univer- 
sità stessa,  già  ridotta  a  mal  partito. 


*  * 


Il  Maggi  tenne  questa  cura  dall'anno  1676  al  1699,  ultimo 
di  sua  vita,  cioè  per  23  anni,  e  noi  dovremmo  possedere  2j  Tavole, 
che  sarebbero  un  documento  ufficiale  assai  importante  per  la  storia 
dQÌV Ateneo  pavese,  poiché  completerebbero,  almeno  per  questo 
periodo  di  tempo,  la  lista  dei  Lettori  che  professarono  la  loro 
scienza  dentro  quelle  mura  gloriose  (3).  Nel  R.  Archivio  di  Siato 


(i)  Vedi  Archivio  di  Stato:  Salarti  e  Sportole,  gS. 

{2)  Ibidem. 

(3)  Vedi  la  nostra  nota,  in  cui  si  riportano  le  parole  del  Corradi  sul- 
r  opera:  Memorie  e  Documenti  per  la  Storia  dell' Università  di  Pavia,  ecc. 
—  Quest'  opera ,  composta  col  lavoro  di  parecchi  professori  e  dot- 
tori invitati  dal  Corradi  per  lo  studio  dei  materiali  ed  il  loro  ordina- 
mento, è  pregevole  e  loquace  in  parecchi  capitoli,  ma  assolutamente 
muta  nei  rapporti  che  1'  Università  pav:se  ebbe  con  le  Scuole  Palatine 


3o8  CARLO    MARIA    MAGGI 


milanese  noi  trovammo  invece  la  prima  lettera  del  Maggi,  por- 
tante la  data  dei  22  febbraio  1677,  con  la  quale  egli  mandò  al 
Presidente  del  Senato,  Don  Luca  Pcrtusato,  ed  ai  Questori,  la  sua 
prima  Tavola  dei  Lettori  dell'Accademia  Ticinese  e  delle  Palatine 
di  Milano,  con  l'osservazione  che  per  le  cattedre  vacanti,  a  cui  pre- 
sto si  sarebbe  provveduto,  restavano  devolute  in  spese  l'atte  e 
da  farsi  per  lavori  di  fabbrica,  lire  12600;  cifra  non  indifferente, 
quando  si  pensi  che  la  somma  annua  stanziata  nel  bilancio  dello 
Stato  per  la  Università  di  Pavia,  era  di  circa  lire  40000.  Se  con 
questa  lettera  accompagnatoria  noi  avessimo  trovato  anche  la 
Tavola,  ci  sarebbe  facile,  conoscenao  quelle  cattedre  vacanti,  il 
formarci  un  criterio  sulla  loro  maggiore  o  minore  importanza,  e 
sulla  condizione  degli  studi  dell'  Università  stessa,  ma  la  Tavola 
a  noi  non  fu  agevole  trovare  nel  mare  magno  e  tempestoso  del 
R.  Archivio  milanese,  non  ostante  le  ricerche  nostre  minuziose, 
e  crediamo  ch'essa  non  esista  più,  come  non  esistono  molte  altre 
desìi  anni  successivi. 


Delle  23,  infatti,  compilate  dal  Maggi,  due  sole  Tavole  furono 
salve  dal  naufragio,  quella  dei  i5  gennaio  1692  e  quella  dei  4  di- 
cembre 1695.  Con  la  prima  sappiamo  che  la  somma  stanziata  inj 
bilancio  per  l'Università  di  Pavia  nel  1692  era  di  lire  39604,  delle 
quali  lire  19200  assegnate  per  quel  gruppo  di  Lettori  compresi 
sotto  il  nome  di  Legisti  (che  insegnavano  Giurisprudenza);  lire 
19960  per  il  gruppo  degli  Artisti  (che  insegnavano  Medicina  e 
Chirurgia,  Selenite  Matematiche  e  Fisiche,  Lettere  e  Filosofia), 
e  lire  464  di  avanzo,  a  benefìcio  dell'Università  per  lavori  di  fab- 
brica. Sappiamo  che  i  Lettori  erano  36^  —   i.   Francesco   Maria 


di  Milano  ed  il  Senato  milanese,  ed  il  nome  del  Sopraintendente, 
Carlo  Maria  Maggi,  e  quello  di  parecchi  Lettori  della  seconda  metà 
del  secolo  XVII,  conservatici  nello  sue  Tavole,  non  si  trovano  regi- 
strati in  nessuna  delle  tre  parti,  onde  quell'opera  si  compone. 


SOPRAINTENDENTE    ALl' UNIVERSITÀ    DI    PAVIA  30Q 


Pecchie,  Arcidiacono^  con  lo  stipendio  di  L.  2200.  —  2.  Giuseppe 
SarciO  con  L.  1200.  —  3.  Giuseppe  Goldaniga  con  L.  1600.  — 
4.  Pompeo  Alemanni  con  L.  iò5o.  —  5.  Cristoforo  Bazetta  con 
L.  4550.  —  6.  Stefano  Verri  con  L.  1700.  —  7.  Giovanni  Bel- 
loni  con  L.  i55o.  —  8.  Giuseppe  Antonio  La  Garda  con  L.  400.  — 
q.  Carlo  Bazetta  con  L.  900.  —  io.  Giuseppe  Bellingeri  con 
L.  450.  —  n.  Conte  Don  Sicca  Borella  con  L.  gSo.  —  12.  Lo- 
dovico de  Negri  con  L.  450.  (Appartenenti  tutti  al  gruppo  dei 
Lettori  di  Giiirispriiden:ia,)  —  i3.  Don  Siro  Antonio  Panigati, 
Lettore  à'  Arte  Oratoria  latina  e  greca,  con  L.  600.  —  14.  Don 
Pietro  Giovanni  Lonato  di  Filosofia  Morale,  con  L.  óoo.  —  i5. 
Luigi  De  Ferrari,  di  Teologia  Scolastica,  con  L.  600.  —  16.  Don 
Giuseppe  Gerolamo  Semenzi,  come  sopra,  con  L.  600.  —  17.  Vin- 
cenzo Strozzi,  di  Sacra  Scrittura,  con  L.  600.  —  18.  Giuseppe 
Maria  Pomari,  di  Logica,  con  L.  600.  —  19.  Giovanni  Battista 
Gorio,  come  sopra,  con  L.  600.  —  20.  Tommaso  Guasco,  Straor- 
dinario di  Filosofia,  con  L.  600.  —  21.  Stefano  Antonio  Passerini, 
Lettore  di  Metafisica,  con  L.  600.  —  22.  Gioachino  Benedetto 
Bursa,  Lettore  come  sopra,  con  L.  5oo.  —  23.  Giovanni  Battista 
Bom bello.  Ordinario  di  Filosofia,  con  L.  5oo.  —  24.  Carlo  Fran- 
cesco Rovelli,  Lettore  di  Filosofia,  con  L.  600.  —  25.  Pietro 
Francesco  Scarabelli,  Lettore  di  Medicina  Teorica,  con  L.  1600.  — 
26.  Lodovico  Pansia,  come  sopra  (t)>  ^oii  L.  800.  —  27.  Siro  Friggi, 
Lettore  di  Medicina  pratica,  con  L.  1400.  —  28.  Agostino  Galle- 
rati,  come  sopra,  con  L.  i3oo.  —  29.  Giovanni  Domenico  Belcredi, 
Lettore  d'Almansore,  con  L.  i3oo.  —  3o.  Agostino  Bocchi,  come 
sopra,  con  L.  1000.  —  3i.  Paolo  Antonio  Gabiano,  Lector  Sim- 
plicium,  con  L.  5oo.  —  32.  Pietro  Clementi  Gallerati,  Straordi- 
nario di  Medicina  Teorica,  con  L.  3uo.  —  33.  Pietro  Francesco 
Friggi,  Straordinario  di  Medicina  pratica,  con  L.  35o.  —  34.  Gri- 
storedo  Pecchi,  Lettore   di   Architettura    militare  e   matematica. 


(i)  Il  nome  di  questo  Lettore  non  è  registrato  nell'opera  sull'U- 
niversità pavese,  già  ricordata;  a  p.  148  si  trova  Pausa  Pio  Antonio, 
che  cominciò  il  suo  insegnamento  di  Medicina  pratica  l'anno  1704. 


3lO  CAIU.O    MARIA    MAGGI 


con  L.  2200.  —  35.  Domenico  Angelo  Manganoni,  Lettore  di 
Chirurgia,  con  L.  looo.  —  36.  Fiorenzo  Care,  Lettore  di  Ana- 
tomia, con  L.  i35o  (i). 

Sappiamo  che  le  cattedre  vacanti  erano  due:  delle  Pandette 
(Pandectarum)  e  della  Lettura  Criminale  (ad  Lccturam  Crimi- 
nalem);  che  alT  Università,  sotto  la  dominazione  spagnuola,  non 
esistevano  cattedre  di  storia  antica  e  moderna,  ne  di  letteratura 
italiana;  che  i  bidelli  erano  5,  dei  quali  solamente  3  pagati,  due 
con  lo  stipendio  annuo  di  L.  200  (2)  e  l'altro  con  quello  di 
L.  25o  (3),  ed  uno  solo  il  segretario  o  Sopraintendente,  il  nostro 
Carlo  Maria  Maggi,  retribuito,  come  si  è  detto,  con  lo  stipendio 
annuo  e  fisso  di  L.  400 


Questa  Tavola  è  importantissima:  ci  mette  sotto  occhio  tutte 
le  cattedre  universitarie  pavesi  di  quel  tempo;  con  essa  possiamo 
correggere,  come  si  è  avvertito  nella  nota,  i  nomi  de'  Lettori 
errati  nella  maggiore  pubblicazione  che  si  è  finora  fatta  intorno 
diW  Accademia  Ticinese,  e  ne  aggiunge  uno  nuovo,  quello  di  Lo- 
dovico Pansi.a,  coi  nomi  dei  bidelli  e  del  Sopraintendente  e  con 
lo  stipendio  di  tutto  il  personale;  è  importantissima,  perchè  il 
Maggi  vi  segna  altre  notizie  che  noi,  per  brevità,  non  possiamo 
qui  riferire  (4)  e  che  darebbero  motivo  allo  storico  ed  allo  statista 


(i)  Facciamo  osservare  che  nel  tradurre  in  italiano  questi  nomi 
scritti  dal  Maggi  in  latino,  abbiamo  ricorso,  quando  si  è  potuto,  alle 
opere  italiane  stampate  degli  stessi,  perciò  pretendiamo  di  essere  più 
precisi  dei  compilatori  dell'opera  più  volte  ricordata  sull'Università 
pavese,  i  quali  spesso  li  hanno  storpiati  e  guasti. 

(2)  Il  Maggi  ce  ne  tramandò  i  nomi:  Siro  Ambrogio  Dossena  e 
Siro  Magri.  Il  non  pagato  era  Giuseppe  Derba  che  con  decreto  del 
Senato  dei  i3  febbraio  1690  era  stato  ammesso  a  sostituire  il  Dossena. 

(3)  Si  chiamava  Giovanni  Battista  Griggi,  che  aveva  per  suo  coa- 
diutore, senza  salario  {Coadiutor  sine  salariò),  Francesco  Molinari,  come 
dal  decreto  del  Senato  Milanese  del  giorno  So  aprile  i685. 

(4)  R.  Archivio  di  Stato:  "  Tabulae  DD.  Lectorum  Ticinensis  et 
Palatini  Gymnasij  huius  Urbis.  Ad  atinum  1692.  Die  XV.  January  1692.  „ 


SOPRAINTENDENTE    ALl' UNIVERSITÀ    DI    PAVIA  3 II 


di  formulare  giudizii  e  considerazioni  non  prive  d'interesse  e  d'una 
certa  utilità,  anche  per  i  nostri  tempi. 


*  * 


L'altra  Tavola  superstite  è  e-[uella  del  1695.  — •  Questa  c'in- 
segna che  la  somma  stanziata  in  bilancio  è  minore  quest'anno 
di  L.  400,  vale  a  dire  è  di  L.  39254;  delle  quali  sono  assegnate 
al  gruppo  dei  Legisti  L.  i8i5o,  ed  a  quello  degli  Artisti  L.  2o85o, 
con  un  avanzo  di  L.  254,  da  devolvere  in  opere  di  restauro  per 
r  Università  ridotta  in  pessime  condizioni.  —  I  Lettori  sono  36, 
le  cattedre  vacanti  2,  i  bidelli  3,  il  segretario  o  Sopraintendente 
uno,  il  Maggi;  e  sono  pagati,  alcuni  con  aumento  dello  stipendio 
segnato  nella  Tavola  del  1692,  altri  invece  con  diminuzione,  come 
l'Alemanni,  Lettore  di  Dritto  Civile,  che,  invece  di  L.  i65o,  ha 
qui  segnato  uno  stipendio  annuo  di  L.  1600,  ed  altri,  come  i 
Lettori  «  Artis  Oratoriae  Graecae  et  Latinae  »  e  quello  di  «  Fi- 
losophiae  moralis  »  con  lo  stipendio  invariabile  di  L.  600  annue.  — 
Dei  36  Lettori  notificati  in  questa  Tavola,  soli  7  sono  nuovi, 
non  si  trovano  cioè  in  quella  del  1692  e  sono:  —  i.  Antonio 
De  Caspa  ri,  Lettore  di  Dritto  canonico,  con  lo  stipendio  di  L.  1600. 

—  2.  Giovanni  Bartolomeo  Incisa,  di  Dritto  Civile,  con  L.  1600. 

—  3.  Giovanni  Antonio  Pulzio,  di  Instituponi,  con  L.  800.  — 
4.  Don  Angelo  de  Apezteguia,  di  Teorica  pratica-criminale,  con 
L.  800.  —  5.  Giovanni  Paolo  Cavalli,  Straordinario  di  Filosofia, 
con  L.  600.  —  6.  Giovanni  Paolo  de  Valenti,  Lettore  di  Teorica 
medica,  con  L.  iioo.  —  7.  Giovanni  Maria  Bonello,  Lettore  di 
Chinirgia,  con  L.  400. 

Le  due  cattedre  vacanti  sono:  Ad  lectiiram  de  Actionibus,  e 
Pandectarum:  i  bidelli:  Siro  Magri  e  Giuseppe  Derba  per  il 
gruppo  de'  Legisti,  pagati  L.  200  cadauno,  e  Francesco  Molinari 
per  quello  degli  Artisti,  pagato  L.  2  5o.  Anche  questa  Tavola  è 
importantissima  per  le  stesse  ragioni  che  abbiamo  addotte  per 
l'altra;  in  questa  i  Lettori  nuovi,  e  che  non  si  trovano  registrati 
nelle  tavole  dell'opera  sull'  Università  pavese  più  volte  menzionata, 


CAULO    MARIA    MAGGI 


sono  due:  Giovanni  Paolo    De   Valenti   e    Giovanni    xMaria    Bo- 

nello   (  I  ). 

*  * 

E  non  solo  il  Maggi,  come  Sopraintendente,  compilava  le 
Tavole  dei  Lettori,  ma,  sulle  attestazioni  dei  bidelli,  doveva  av- 
visare le  autorità  senatorie  che  i  signori  Lcf^orf  avevano  già  dato 
principio  a  leggere,  ciascuno  dalla  cattedra  destinatagli  dalV  E- 
minentissimo  Senato,  nelle  calende  del  mese  di  novembre,  e  ciò, 
perchè  fossero  dati  gli  ordini  opportuni,  onde  a  tutti  venisse  pa- 
gato lo  stipendio  mensile  (2).  —  Dichiarava  ai  Lettori  le  promo- 
zioni, le  norme,  onde  erano  tenuti  a  giustificare  le  lezioni  om- 
messe  nel  corso  dell'anno,  il  plauso  del  Senato  per  i  più  celebri 
e  diligenti,  ed  il  rincrescimento  dei  Signori  della  Cameretta  per 
quelli  che  mancavano  al  loro  dovere.  Così  ai  18  gennaio  1699  egli 
annunzia  al  celebre  dottore  Cristoforo  Bazetta,  Lettore  di  Dritto 
Civile  (il  maggiore  stipendiato,  L.  4750  annue)  la  ricondotta  con 
cinquecento  lire  di  accrescimento,  il  che,  quantunque  non  ade- 
guato ai  suoi  celebri  meriti,  ad  ogni  modo  è  stato  con  grande 
plauso  del  Senato  (3).  —  Al  dottore  Agostino  Gallerati,  Lettore 
di  medicina,  annunzia  la  parità  col  primario  di  pratica  e  V  ac- 
crescimento di  L.  200  dategli  dal  Senato  con  sommo  plauso  alla 
dottrina  ed  alla  diligenza  che  fa  risplendere  in  cotesta  Univer- 
sità (4),  ed  al  dottore  Giovanni  Paolo  Valenti  la  promozione 
alla  cattedra  doiV Ahnansore,  con  l'aumento  di    lire    i5o   (5).  — 


(i)  R.  Archivio  di  Stato  milanese:  Tabulae  DD.  Lectorum  Ticincnsis 
et  Palatini  Gymnasij  huius  Urbis.  Ad  aiinum  1695.  Die  quarta  decem- 
bris  1694.  „ 

(2)  R.  Archivio  di  Stato  milanese.  Vedi  la  dichiarazione  autografa 
del  Maggi,  sulla  fede  de'  due  bidelli  Siro  Ambrogio  Dossena  e  Ciò. 
Batt.  Griggi,  dei  16  novembre  1682. 

(3)  R.  Archivio  di  Stato  milanese:  comunicazione  autografa  del  Maggi, 
diretta  al  Sig.  Dottor  Cristoforo  Bazetta,  Primario  di  Pavia. 

(4)  Ibidem,  comunicazione  autografa. 

(5)  Ibidem,  comunicazione  autografa. 


SOPRAINTENDENTE    ALL  UNIVERSITÀ    DI    PAVIA 


3l3 


Ai  due  ultimi  poi  raccomanda  la  giustificazione  delle  lezioni  om- 
messe;  al  Gallerati  la  giustificazione  di  otto  ed  al  Valenti  di 
nove,  notate  dai  Bidelli. 


E  quando,  dietro  V  invito,  i  signori  Lettori  non  curavano  di 
presentare  la  giustificazione  richiesta,  o  e|uesta  non  era  favore- 
volmente accolta  dalla  Cameretta  di  Milano,  il  Maggi  allora  in- 
fliggeva la  multa,  che  andava  a  beneficio  dell'  Università,  che  ne 
avea  tanto  bisogno  per  le  sue  mura  cadenti.  —  Così,  con  decreto 
dei  14  dicembre  1696  (i),  il  Sopraintendente  dà  ordine  che  dallo 
stipendio  del  Dottore  Giuseppe  Gerolamo  Semenzi,  Lettore  di 
Teologia,  siano  ritenute  a  favore  dell'Università  (iuxta  solitum 
in  usus  ejusdem  Universitatis)  lire  i65,  soldi  2  e  danari  6,  per 
lezioni  ommesse  {prò  lectionibiis  ommissis  anno  literario  proxime 
lapso);  multa  non  indifferente,  se  ricordiamo  che  lo  stipendio 
annuo  del  Dottor  Semenzi  era,  come  è  stato  avvertito,  di  lire 
600  annue.  —  E,  cosa  che  torna  a  grande  lode  del  Soprainten- 
dente, tra  il  Maggi  ed  il  Semenzi  correvano  rapporti  di  amicizia, 
di  stima  e  d'ammirazione  reciproca.  —  Francesco  Arisi  lasciò 
scritto  che  il  Semenzi,  prima  d'essere  nominato  Lettore  a  Pavia, 
aveva  imparato  il  greco  a  Milano  nelle  Palatine  dal  Maggi:  «  lin- 
guam  graecam  percepit  a  Carolo  Maria  Maddio,  quem  saepe  in 
Scholis  Palatinis  audivit  (2)  ».  E  nel  Mondo  Creato  (3)  del  Se- 
menzi troviamo  nel  1686  pubblicati  in  suo  onore  due  sonetti  com- 
posti dal  Maggi  stesso,  il  primo  a  p.  19  ed  il  secondo  a  p.  404.  — 
Ma,  prima  di  ricorrere    all'  estremo  della  multa,    abbiamo  docu- 


(i)  R.  Archiv.  di  Stato  milanese.  È  un  decreto  autografo  del  Maggi, 
inedito,  che  comincia  con  la  formula:  "  Carolus  II  Hispaniarum  Rex 
et  Mediolani  Dux,  etc.  „ 

(2)  Vedi  Crei  nona  Ut  erata  seu  in  Cremonenses  Doctrinis  et  Literariis 
Dignitatibus  Eminentiores,  etc,  tom.  Ili,  p.  i83. 

(3)  Mondo  Creato  Diviso  nelle  sette  Giornate,  Poesie  Mistiche,  ecc.  Mi- 
lano, Malatesta,  1686. 


.^4 


CAIU-O    MAKIA     M  Aliti  I 


menti  inediti  per  affermare  che  il  Maggi,  con  modi  gentili  e  forma 
cortese,  più  che  burocratica,  non  tralasciava  di  avvisare  i  Lettori, 
pregandoli  di  giustificarsi  secondo  le  norme  fissate  dalle  disposi- 
:{ioni  di  legge,  e  cioè  che  le  attestazioni  dei  medici  fossero  fatte 
con  giuramento  dei  medici  stessi,  e  con  la  definizione  delle  ma- 
lattie che  erano  state  causa  delle  mancanze.  —  Troviamo,  infatti, 
con  la  data  dei  i8  gennaio  1699,  quattro  mesi  prima  della  morte 
del  Maggi,  r  invito  fatto  al  Lettore  Stefano  Antonio  Passerini  di 
giustificare  alla  forma  degli  ordini  otto  lezioni  dai  Bidelli  dichia- 
rate ommesse  ^er  disagio  di  salute  (i).  Troviamo  l'invito  fatto 
al  Lettore  Giovanni  Domenico  Belcredi  di  giustificare  la  morte 
della  suocera,  per  cui  i  Bidelli  avevano  notato  tre  lezioni  om- 
messe,  ed  alla  forma  degli  ordini  giustificare  le  altre  otto  che  i 
detti  Bidelli  dicono  mancate  per  disagio  di  salute  (2).  Troviamo, 
parimenti,  V  invito  fatto  al  Lettore  Siro  Antonio  Panigati  di  giu- 
stificare, sempre  nella  forma  degli  ordini,  quattordici  lezioni  om- 
messe  per  disagio  di  salute,  secondo  la  solita  dichiarazione  dei 
Bidelli,  e  quello  fatto  al  Lettore  Giovanni  Maria  Bonelli  per 
cinque  lezioni,  nella  forma  voluta  dai  signori  della  Cameretta. 
Ed  in  tutti  questi  inviti  il  Maggi,  come  si  è  detto,  adopera  espres- 
sioni sempre  gentili  e  cortesissime,  qualche  volta  proporzionate 
al  merito  ed  alla  fama  del  Lettore.  —  Per  esempio,  l'invito  fatto 
al  Lettore  Panigati  si  chiude  con  le  parole:  «  Attendo  i  suoi  or- 
dini in  questo  ed  in  ogni  altra  cosa,  in  cui  la  posso  servire,  vo- 
lendo io  sempre  essere  di  V.  S.  IH.  umilissimo  servitore  »  ;  e  quello 
mandato  al  Lettore  Bonelli  con  queste  altre  :  «  Le  raccordo  la 
mia  pronta  osservanza  ed  il  desiderio  di  farmi  sempre  conoscere 
di  V.  S.  111.  obbligatissimo  servitore  ». 

Di  molto  interesse  per  la  storia  dell'Ateneo,  e  per  conoscere 
le  condizioni    anarchiche    degli    studenti  e  del  territorio    pavese. 


(i)  R.  Archivio  di  Stato  milanese:  Salarij  e  Sportole,  95. 
(2)  R.  Archivio  di  Stato  milanese,  ibidem. 


SOPRAI^JTENDENTE    ALl'uNIVERSITÀ    DI    PAVIA  .3l5 

sono  alcune  consulte  manoscritte  inedite  del  Maggi,  che  si  con- 
servano nel  detto  R.  Archivio  di  Stato.  Queste  consulte  dicono 
che  fra  gli  studenti  ed  i  pavesi  talora  si  accendevano  così  gravi 
contese  che  il  Governatore  Don  Luigi  de  Guzman  dovette  un 
giorno  mandare  da  Milano  a  Pavia  il  Presidente  del  Senato  Don 
Carlo  Bellone  ed  il  Conte  Vitaliano  Borromeo,  perchè  con  de- 
stre:{^a  autorevole  procurassero  di  comporre  gli  animi,  e  dopo 
d'  avere  appurato  le  circostante  del  fatto  e  le  cagioni  e  i  princi- 
pali autori,  potessero  prendere  la  risoluzione  che  convenisse.  — 
La  consulta  dei  'So  aprile  i665,  mandata  dal  Maggi  al  Go- 
vernatore, ci  fa  sapere  che  sono  specialmente  gli  studenti  mila- 
nesi quelli  che  di  continuo  agitano  la  città  di  Pavia.  —  Questi 
studenti  una  sera,  riunitisi  sul  ponte  del  Ticino,  insolentiscono 
contro  i  contadini  e  con  parole  disoneste  offendono  le  signore  che 
vi  passano  in  carrozza.  Di  ciò  forse  si  duole  col  Pretore  il  pavese 
Conte  Belcredi;  il  Pretore  ammonisce  severamente  gli  studenti 
che  negano  e  si  fa  promettere  da  loro  che  non  darebbero  più 
noia  ad  alcuno;  di  questa  promessa  avvisa  i  cittadini  e  la  cosa 
si  mette  in  tacere.  Ma,  dopo  qualche  giorno,  portandosi  con  gran 
pompa,  in  processione  per  la  città,  la  Sacra  Spina,  gli  studenti 
milanesi,  insieme  con  altri  «  scholares  Mediolanenses  et  alii  » 
v'  intervengono  vestiti  da  pellegrini,  col  mantello  ed  il  bacolo,  e 
ciò  è  ritenuto  dai  pavesi  come  una  dimostrazione  di  sprezzo  fatta 
alla  città  ii  processioni  intervenerunt  cum  veste  peregrinorum, 
scilicet  penula  et  baculo,  quod  quidem  Cives  in  Civitatis  contemp- 
tum  sunt  interpretati».  Di  più,  la  sera  tornano  sul  ponte  a  ri- 
volgere parole  oscene  alle  signore,  onde,  il  giorno  dopo,  una  mol- 
titudine di  pavesi,  coi  servi  ed  altri  seguaci  armati,  si  dà  convegno 
sul  ponte,  nell'ora  che  gli  studenti  solevano  radunarsi,  decisi  tutti 
di  dare  loro  una  buona  lezione.  Il  Pretore  ed  il  Vicario,  avvisati 
dai  Tenente  Generale  Biasio  Sonnino,  giungono  a  tempo  per  al- 
lontanare gli  studenti.,  e,  sino  a  notte  inoltrata,  rimangono  sul 
ponte,  donde  non  riescono,  in  nessuna  guisa,  a  rimuovere  i  pa- 
vesi convenuti  coi  loro  servi  ed  i  loro  seguaci.  La  mattina  dopo, 
per  prevenire  malanni  e  disordini,    danno    ordine  che  gli  scolari 


CARLO    MAHIA     MAGGI 


non  escano  di  casa,  resti  chiusa  l'Università  e  quattro  studenti 
dei  pili  compromessi,  e  quattro  pavesi  fra  gli  accorsi  sul  ponte 
armati,  vengono  tratti  a  Milano,  per  essere  sottoposti  ad  interro- 
gatorio (i). 

* 
*  * 

E  non  solo  dietro  le  processioni  e  sul  ponte  gli  studenti  uni- 
versitari! provocavano  con  atti  e  con  parole  disoneste  la  cittadi- 
nanza, ma  scandali  gravissimi,  persino  nelle  aule  stesse  dell'Uni- 
versità {totius  quondam  Italiae  florentissima)  avvenivano  fra  essi 
ed  i  bombardieri;  scandali  seguiti  da  fatti  di  sangue,  per  cui  le 
famiglie  spaventate  non  vi  mandavano  più  i  loro  figliuoli  a  stu- 
diare. A  tale  proposito  due  consulte  del  Maggi  hanno  speciale 
importanza  storica,  quella  dei  26  gennaio  1668  (2)  e  l'altra  dei 
IO  novembre  dello  stesso  anno  (3),  tutte  e  due  mandate  dal  Maggi 
a  Sua  Reale  Cattolica  Maestà  in  Madrid,  invocando  l'alto  suo 
patrocinio,  poiché  al  Governatore  invano  si  era  rivolto  il  Senato, 
per  porre  un  freno  ai  disordini  degli  studenti  ed  alla  corruzione 
della  città,  che  avevano  ridotto  nelle  più  squallide  condizioni  la 
più  celebre  Accademia  che  avesse  avuto  un  tempo  non  solo  lo 
Stato  di  Milano j  ma  tutta  Italia:  li  Non  solimi  Mediolanensis 
Provinciae,  sed  totius  olim  Italiae  celeberrima  ».  —  Ma  se  non 
facevano  nulla  di  buono  i  Governatori,  che  almeno  erano  sui 
luogo,  non  facevano  nulla  di  buono  neppure  i  re  da  Madrid,  ed 
ancora  una  consulta  del  Maggi  con  la  data  dei  27  maggio  1669  (4), 


(i)  Vedi:  Carlo  Maria  Maggi.  Le  Consulte  ms.  inedite  esistenti 
ncW Archivio  di  Stato  di  Milano.  Ricerche  e  studio  di  Antonio  Cipol- 
lini, in  Archivio  Storico  Lombardo,  anno  XXVI,  fase.  XXII,  1899.  "  In 
causa  contentionis  inter  discipulos  et  cives  Ticinenses,  9  iunij  i665.  Secret. 
Carolus  Maria  Maddius  „ . 

{2)  Studio  citato  :  "  De  con/trmandis  litteris  Sttae  Maiestatis  circa 
delationem  rotatorum  in  urbe  Papiae,  26  ianuarij  1668.  Secret.  Maddius  „  . 

(3)  Ibid.  "De  eadem  causa:  io  novembris  1668.   Secret.  Maddius,,. 

(4)  Studio  citato:  "  De  promulgando  proclamate ,  ne  quis  in  Acade- 
mia  Papiensi  arma  rotata  deferat.  Secret.  Maddius  „. 


SOPUAINTENDENTE    ALl'L'NI VERSITA    DI    PAVIA  3l7 


rimessa  all'Eccellentissimo  Governatore  di  Milano,  quasi  sei  mesi 
dopo  quella  mandata  a  Sua  Maestà  Cristianissima,  ci  ammonisce 
che  i  disordini  non  erano  cessati,  ed,  a  nome  del  Senato,  si  chiede 
che  venga  impedito  di  portare  arma  rotata  nell'interno  dell'Uni- 


versità. 


* 

*  * 


Per  conoscere  poi  quelle  condizioni  anarchiche  del  territorio 
pavese,  a  cui  abbiamo  accennato  di  sopra,  possediamo  altre  con- 
sulte manoscritte  inedite  del  Maggi.  —  Quella  dei  14  dicembre 
1661  (i)  dice  che  le  vie  di  tutta  la  provincia  sono  infestate  da 
sicari!  e  ladroni,  che,  ogni  giorno,  commettono  nuovi  e  truci  de- 
litti, ed  il  Senato  milanese,  per  catturarli,  spedisce  ordini  ai  feu- 
datarii  di  Godilo  Assio,  di  Puteolo  e  di  Fortunago;  «  iws  prò  eis 
detinendis  opportunos  ordines  dedimus  feudatarijs  Godili  Assi], 
Piitheoli  et  Fortunaghi  ».  —  La  consulta  dei  29  gennaio  i663  (2) 
dice  che  i  soldati  di  nuova  leva  in  Pavia  commettono  furti  sulle 
pubbliche  strade  e  la  compagnia  del  Capitano  Naccazza  è  la  più 
inquieta  nei  soprusi,  e  molte  sono  le  doglianze  per  i  suoi  disor- 
dini e  robbarie ;  onde  il  Senato  comanda  che  sia  tolta  dal  quar- 
tiere di  Pavia  e  messa  sotto  la  vigilanza  d'  un  Capitano  più  an- 
tico. —  Una  banda  di  facinorosi,  muniti  d'  armi  e  larvati,  da  una. 
chiesa  di  Pavia,  che  non  si  trova  nominata  nella  consulta,  pe- 
netra in  casa  d'un  tal  Pietro  Giovanni,  percuote  a  morte  lui,  la 
moglie,  i  figli  e  ruba  quanto  trova  nell'appartamento.  Il  Senato, 
scosso  a  questa  notizia,  manda  lettere  al  Pretore  di  Pavia,  invi- 
tandolo a  chiedere  subito  il  maggiore  aiuto  ai  feudatari!,  ed  i 
malfattori  siano  tratti  in  arresto  nel  più  breve  tempo  possibile, 
cercati  nei  campi,  o  tra  i  monti  o  tra  i  boschi  :  n  prò  detentione 
ìioriim  delinquentium  in  agris,  ac  inter  montes  et  nemora  moram 


(1)  Studio  citato:  "  14  decembris  1661.  '^  De  curanda  detentione gras- 
^aiorùm  viarum  in  Provincia  Transpadana.  Secret.  Maddiiis  „ . 

(2)  Studio  citato:    "29  ianuarij  i663.  Responsum   Stiae  Excelleutiac 
circa  excesstis  per  milites  in    Urbe  Papiinsi  patratos.  Secret.  Maddiiis  „ . 


3l8  CARLO    MARIA    MAGGI    SÙPRAINTENDENTE ,    ECC. 


trahentiiim  (i)».  K  non  solo  ai  Icudatarii,  ma  si  cliieclc  aiuto  ai 
Capitani  delle  milizie  ospitate  a  Pavia,  perche  facciano  di  tutto, 
onde  siano  presi  quei  ladroni  e  non  abbiano  a  restare  impuniti 
i  loro  delitti.  E  potremmo  continuare  un  pezzo  a  citare  fatti  di 
tal  genere  con  la  guida  di  altre  consulte  del  Maggi,  ma  quanto 
è  già  detto  può  bastare  per  avere  un'idea  dell'ambiente,  in  mezzo 
al  quale  si  svolgeva  l'azione  educativa  ed  istruttiva  del  primario 
Istituto  di  Pavia,  desiderando  noi  di  non  allonumarci  troppo  dal- 
l' argomento  principale,  dai  rapporti  cioè  che  Carlo  Maria  Maggi 
ebbe  con  l' Università  come  Sopraintendente. 


Chiudiamo  queste  ricerche  col  dire  che  se  il  Maggi,  per  i  suoi 
studii  universitarii  preferì  Bologna  a  Pavia,  egli  ebbe  per  l'Ac- 
cademia Ticinese  affetto  e  stima  e  sentì  vero  rincrescimento  per 
quanto  di  miserevole  avveniva,  ai  suoi  tempi,  in  quelle  mura, 
un  tempo,  gloriose.  All'  Università  pavese  egli  mandò  a  studiare 
legge  il  suo  figliuolo  Angelo  (2),  che  gli  successe  poi  nel  grado 
di  Segretario  del  Senato  e  mantenne  sempre,  egli  Lettore  di  elo- 
quenza latina  e  greca  alle  Palatine  e  poeta  acclamato  in  Italia 
e  fuori,  cordiali  e  rispettosi  rapporti  coi  Lettori  di  quell'  Istituto. 

Quando  per  commemorare  la  gloria  del  Maggi,  dopo  la  sua 
morte  avvenuta  ai  23  aprile  1699,  si  radunarono  i  più  distinti 
ingegni  nell'Accademia  istituita  in  casa  Borromeo  per  cura  del 
Conte  Giovanni,  vi  lessero  prose  e  versi  italiani  e  latini  Lodo- 
vico Antonio  Muratori,  Don  Alessandro  Litta,  Francesco  Puri- 
celli,  il  Governatore  D.  Ivan  Simon  Henriquez  de  Cabrerà,  Maria 
Elena  Lusignani  e  molti  altri.  Fra  questi  due  pubblici  Lettori 
dell'Università  di  Pavia:  Giuseppe  Gerolamo  Semenzi  ed  An- 
tonio Gatti. 

Antonio  Cipollini. 


(i)  Studio  citato  :   "  i5  aprilis  1662.  De  curanda  dctentione  nonnullo- 
rnm  delinquentium.  Secret.  Maddius  „. 

(2)  Vedi  Archiv.  del  conte  Giberto  Borromeo,  Milano. 


VARIETÀ 


L' iscrizione    funebre    di    Mirano    da   Bechaloe 

(1310). 

Tra  gli  antichi  cimeli  milanesi,  de'  quali  si  deplorava  la  per- 
dita, e  che  invece  oggi  sappiamo,  grazie  alle  solerti  indagini  ese- 
guite dal  dott.  Diego  Sant'Ambrogio,  conservati  nella  villa  An- 
tona  Traversi  a  Desio  (i),  tiene  luogo  ragguardevole  il  frontale 
dell'avello  dove  nel  1 3  io  era  stato  deposto  dalla  memore  gratitu- 
dine de'  monaci  di  S.  Marco  un  pio  e  devoto  uomo,  che  rispon- 
deva al  nome,  per  verità  alquanto  strano  ed  inconsueto,  di  Mi- 
rano da  Bechaloe  (2).  Sparito,  al  finire  forse  del  secolo  XVIII,  il 
deposito  di  Mirano  dal  chiostro  de'  morti  dove  sin  allora  era  stato 
esposto  allo  sguardo  del  pubblico,  non  rimaneva  altra  notizia 
agli  studiosi  dell'esistenza  sua  da  quella  in  fuori  che  ci  fornivano 
i  vecchi  raccoglitori  degli  epitafi  milanesi,  i  quali  già  nel  sedice- 


(1)  Ved.  Arch.  Sior.  Lomb.  a.  XXVII,  p.  127  sgg. 

(2)  "  Mirano  „  potrebb'essere  il  nome  stesso  della  città  nostra  nella 
riduzione  volgare  (cfr.  Bonvesin  de  Riva,  De  Magn.  urbis  Mediai.,  Vili,  i5, 
in  Bullett.  deirisiit.  Stor.  ItaL,  n.  20,  p.  174),  diventato  poi,  caso  non 
raro  davvero,  nome  di  persona.  Ma  che  sarà  Bechaloe?  Un  villaggio, 
un  castello,  ora  distrutto,  e  del  quale  ogni  ricordo  è  andato  perduto? 
La  cosa  non  riuscirebbe  improbabile,  sebbene  nò  in  Lombardia  né 
altrove,  ch'io  mi  sappia,  si  rinvenga  un  luogo  abitato  che  porti  siffatto 
appellativo.  Affine  ad  esso,  per  la  prima  parte  almeno,  è  solo  il  Beccalzù, 
nome  con  cui  è  chiamata  una  frazione  del  comune  di  Bescapè  (prov- 
di  Pavia). 


320  VARIETÀ 


simo  secolo  eraiisi  dati  cura  Ji  trascrivere  dal  marmoreo  monu- 
mento il  titolo  che  ricorda \  a  il  nome  ed  i  meriti  di  colui  che  vi 
uiaccNa  scjM)lt().  Disgraziatamente  però  ninno  di  costoro  aveva 
saputo  leggere  a  dovere  i  quattro  versi  leonini,  onde  l'epigramma 
funebre  constava.  Lorenzo  Schrader  infatti,  che  primo  lo  mise  a 
stampa  (i),  ce  ne  dà  questa  lezione,  la  quale,  come  da  parecchi 
altri,  è  stata  pure  riprodotta  nella  sua  recente  silloge  dal  cav.  V., 
Forcella  (2)  : 

ANNO    MILLENO    DENO    DOMINIQVE    THICENO 

NONA    DIES    MEMBRIS    DAT    GAVDIA     MENSE     DECEMBRIS 

NOMINE    CVM    MOIUTVR    MIRANI    DE    BECHALOE 

QVI    PIVS    ET    LENIS    FUIT    ATQVE    BENIGNVS    EGENIS 

KOS    SVSTENTANDO    NECNON    ALIMONIA     DANDO. 

Che  in  questo  testo  siansi  insinuate  corruttele  gravissime  ap- 
pare a  primo  tratto  manifesto.  Non  è  possibile  cavare  un  senso 
soddisfacente  dalla  proposizione  che  comincia  col  secondo  verso 
e  finisce  coi  terzo,  dove,  non  che  altro,  la  sintassi  è  violata  ;  di 
più  si  comprende  che  il  guasto  dev'essere  avvenuto  proprio  nel 
terzo  verso,  quando  si  rifletta  che  ,  mentre  i  due  antecedenti  ed 
i  due  susseguenti  sono  de'  leonini  regolari,  sonori  e  provveduti 
della  loro  rima  interna,  questo  verso  invece  non  oflre  siffatta  rima 
e  si  trascina  faticosamente  sovra  i  suoi  piedi  malfermi. 

Una  riprova  che  l'iscrizione,  quale  si  leggeva  ne'  Monumenta 
ciello  Schrader,  fosse  davvero  sfigurata,  balzava  fuori  poi  prima 
d'ora  anche  dal  raffronto  che  si  poteva  istituire  colla  lezione  che 
di  essa  nelle  sue  Memorie  antiche  di  Milano,  circa  sessant'anni 
dopo  la  pubblicazione   dell'erudito   sassone,    ne    aveva    divulgata 


(i)  Moniimentór.  Italiae  qiiae  hoc  nostro  saec.  et  a  Christianis  posita  simt, 
libri  quatuor,  Helmaestadii ,  MDXCII,  lib.  IV,  Mediolanum,  p.  867  b. 

(2)  Iscriz.  delle  Chiese  e  degli  altri  edifìci  di  Milano,  Milano,  1890, 
V.  IV,  p.  294,  n.  414.  Il  Forcella  cita  altri  autori  che  riferiscono  V  iscri- 
zione; ma  non  vale  la  pena  di  registrarne  qui  nuovamente  i  nomi  e 
gli  errori. 


VARIETÀ  321 


D.  Placido  Puccinelli  (i).  Il  Decano  Cassinese  però,  sebbene  si 
spacciasse  ne'  frontispizi  de' suoi  libri  «indagatore  delle  antichità 
venerande  »,  da  buon  secentista  qual  era,  si  permetteva  trattarle 
con  molta  disinvoltura.  Sicché  anche  l'epitafio  di  Mirano  venne 
per  opera  sua  conciato  a  dovere  : 

ANNO    MILENO    BENO     DOMINIQVE    TRICENO 

NOVA    DIES    MEMBRIS    DAT     GAVDIA    MEN?E     NOVEMBRIS 

CVM    IVSTO    NOMINE    ACERAM    DE     BECCHATE 

QVI    PTIVS    ET    LVCIS,    ATQVE    BENIGNVS    EGENIS, 

KOS    SVSTENTANDO,    NEC  NON    ALIMONIA     DANDO. 

Di  male  in  peggio,  come  si  vede  !  Il  terzo  verso,  già  inintel- 
ligibile presso  lo  Schrader,  diviene  qui  addirittura  caotico.  Tut- 
tavia in  mezzo  a  tanto  buio,  vediamo  far  capolino  un  picciol 
raggio  di  verità.  Il  Puccinelli  s'è  sforzato  di  riportare  ciò  che 
leggeva  sul  marmo,  senza  vergognarsi  di  non  comprenderne  il  senso: 
lo  Schrader,  più  saputo,  ha  indietreggiato  dinanzi  a  sì  spiacevole 
confessione,  ed  ha  preferito  rimaneggiare  il  verso  invece  di  ripro- 
durlo com'era  o  come  credeva  che  fosse  scritto. 

La  riproduzione  del  marmo  originale  ci  permette  adesso  di 
sciogliere  il  piccolo  problema  epigrafico  e  di  additare  insieme  la 
fonte  prima  degli  errori  in  cui  sono  incorsi  tutti  coloro  i  quali 
hanno  riferite  prima  d'ora  la  ritmica  iscrizione  di  Mirano  da 
Bechaloe.  Sebbene  la  riproduzione  fotografica  del  frontale  del- 
l'avello di  S.  Marco,  di  cui  il  dott.  Sant'Ambrogio  ha  corredato 
il  suo  lavoro,  sia  molto  piccola  e  di  conseguenza  l' iscrizione  scol- 
pita nel  lato  destro  del  monumento  si  legga  a  fatica,  pure  riesce 
possibile  restituire  grazie  ad  essa  il  testo  nella  genuinità  sua.  Esso 
dunque  suona  : 


(i)  Memorie  ani.  di  Milano  e  d'alcuni  alivi  luoghi  dello  Stato,  Milano, 
i65o,  cap.  Ili,  pag  3i,  n.  9.  ' 


Ar.h.   Sior.  Lcmh.  —   Anno  XXVII.  —  Fase.  XXVIII. 


322  VARIPTÀ. 


ANNO    MILLENO    DENO    DOMINIQVK    TRICENO 

NONA    DIES    MEMBRIS    DAT    GAVDIA    MENSE    NOVEMBKIS 

CVM    IVSTO    NOE    MIKANI    DE    BECHALOE 

QVI    PIVS    ET    LENIS    FVIT    ATQVE    BENIGNVS     EGENIS 

HOS    SVSTENTANDO    NEC    NON    ALIMONIA    DANDO; 

E  tradotto  direb*be  così  : 

«  Nell'anno  del  Signore  millesimo  trecentesimo  decimo  il  dì 
«  nono  nel  mese  di  novembre  dà  gioie  (celesti)  insieme  col  giusto 
«  Noè  alle  membra  di  Mirano  da  Bechaloe  ,  il  quale  fu  pio  e 
«  mite  e  benigno  verso  i  poveri  sia  col  beneficarli ,  sia  col  dar 
«  loro  alimenti  ». 

Il  pensiero  di  far  riposare  Mirano  col  più  giusto  de'  patriarchi, 
il  solo  uomo  giusto,  anzi,  che  Iddio  avesse  rinvenuto  sulla  faccia 
della  terra  (i),  è  stato  suggerito  al  poco  valente  poeta  del  sec.  XIV 
dalla  difficoltà  quasi  insuperabile  di  rinvenire  una  parola  che  ri- 
masse con  quel  bizzarro  cognome  di  Bechaloe.  E  l'erronea  cre- 
denza che  quel  noe  non  fosse  già  un  nome  proprio,  bensì  l'abbre- 
viazione di  nomine  (2),  infiltratasi  nella  mente  degli  eruditi 
posteriori,  ha  trasformato  l'epitafio  in  una  sciarada,  della  quale 
ormai  stimo  trovata  la  soluzione. 

F.  N. 


(i)  Genes.  VI,  9  :  "  Noe  homo  iustus,  perfectus  existens  in  genera- 
"  tione  sua,  Deo  placuit  Noe  „.  E  cfr.  VII,  i. 

(2)  In  quest'opinione  persiste  pure  il  valoroso  d.''  Sant'Ambrogio, 
il  quale,  op.  cit.,  pag.  184,  riproducendo  l'epigrafe  come  sia  e  giace  nel 
marmo,  pone  una  trattina  sopra  wo^  (noe),  e  poscia  scrive  che  il  terzo 
verso  deve  leggersi  "  secondo  quanto  aveva  scritto  il  Puccinelli,  cum 
j  listo  nomine,  ecc.,,.  Ma,  se  io  ben  discerno,  il  marmo  non  porta  trac- 
cia di  abbreviazione  veruna  collocata  sopra  noe:  che  se  qualcuna  vi 
fosse,  si  tratterebbe  non  già  d'un  segno  d'abbreviazione,  bensì  quasi 
d'una  dieresi ,  posta  per  indicare  che  si  doveva  pronunziare  no-e,  bi- 
sillabo. Ed  una  dieresi  del  resto  è  posta   dallo  Schrader  su  Bechaloe. 


VARIETÀ  323- 


Un  medico  condotto  in  Abbiategrasso. 
nel  1473. 


Ai  molti  medici  che  la  nostra  Società  annovera  fra  i  suoi 
membri,  non  dispiacerà  di  certo  vedere  VArchivio  occuparsi  di 
storia  medica  lombarda.  Ma  premettiamo  addirittura  che  non 
trattasi  che  di  una  brevissima  varietà  quattrocentista;  mentre  il 
copioso  materiale  da  noi  già  raccolto  intorno  ai  medici  alla  corte 
visconteo-sforzesca,  fin  d'ora  dichiariamo  di  mettere  a  loro  com- 
pleta disposizione,  sperando  che  qualche  collega  studioso  se  ne 
valga  e  ne  stenda  quell'ampia  memoria  che  in  linea,  diremo 
tecnica,  a  noi  non  riuscirebbe  oramai  di  dare  completa. 

Ecco  il  nostro  documento  : 

Trattasi  dei  patti  stipulati,  il  giorno  di  venerdì,  i3  ago- 
sto 1473(1),  tra  lo  spettabile  fisico  maestro  Evangelista  de' Car- 
pani,  fil.  del  q.™  d.  Antonio,  abitante  in  Milano  nella  parrocchia 
di  S.  Pietro  all'Orto,  e  lo  speziale  Battista  de'  Griffi  detto  de 
Fayde,  abitante  in  Abbiategrasso  (2).  Curiosa  un  tantino  questa 
convenzione  ! 

Primieramente  detto  «  dominus  Magister  Evangelista  »  si  ob- 
bligava e  prometteva  a  detto  Battista,  presente  e  stipulante,  «  die 
jovis  prox.  futur.  ire  ad  standum  et  habitandum.  in  dieta  terra 
Abiatisgrassi,  duchatus  Mediolani,  et  ibidem  stare  et  habitare  per 


(i)  Arch.  notarile  Milano.  Rogiti  notajo  Zunico. 

(2)  Del  "14  dicembre  1889  sono  gli  statuti  degli  speziali  milanesi 
[Arch.  di  Stato.  Reg.  Panig.  A,  i5i).  Provvisioni  ducali  impetrate  dagli 
speziali,  con  riferimento  di  tutti  i  loro  nomi,  sono  del  18  febbraio  1420 
{Arch.  civico.  Provvisioni,  IV,  48).  Per  la  storia  del  collegio  degli  aro- 
matari di  Milano,  cfr.  una  memoria  di  Rice.  Macchi  (Milano,  tip.  Ri- 
formatorio patronato,  1898,  8."). 


324  VARIETÀ 


annum  unum  tuno  prox.  futuruin  et  ibidem  medichare  omncs 
infìrmos  sibi  evenientes  et  alios  se  medichari  postulantes  et  a  qui- 
bus  postulatus  fuerit,  astantes  seu  morantes  in  dicto  burgo  ».  Il 
lucro  totale  proveniente  «ab  ipsis  de  dicto  burgo  »  dovevasi  versare 
«  in  totum  »  allo  speziale  Battista,  eccettuate  le  cose  mangerecce 
«  exccptis  rebus  comedituris  in  quibus  non  comprcndantur  vinum 
nec  biada  ».  Tenuto  però  maestro  Evangelista  ed  obbligato  «  prò 
posse  suo  facere  et  curare  cum  effecto  quod  omnes  mcdichandi  » 
si  recassero  alla  bottega  di  spezieria  del  detto  Battista  «  in  eo  locho 
seu  burgo,  prò  necessariis  infirmitatum  (i)  ». 

Convenuto  in  seguito  che  tutti  i  richiedenti  detto  medico  «causa 
medichandi,  vel  purgandi  »,  ma  non  dimoranti  in  Abbiategrasso, 
dovessero  soddisfare  la  dovuta  mercede  per  intiero  a  maestro  Evan- 
gelista. «Ed  quod  quotiescumque  ipsedominus  magister  Evangelista 
voluerit  equitare  in  partibus  illis,  silicet  extra  burgum  causa  me- 
dichandi »  lo  speziale  Battista  fosse  tenuto  «  ire  equcster  seu  mit- 
tere  unum  suum  famulum  cum  equo  ad  assotiandum  dictum 
magistrum  Evangelistam  ».  E  per  mercede  sua  «  medichandi  in 
eo  burgo  »  il  Battista  prometteva  dì  «  dare  et  solvere  prò  dicto 
anno  uno  »  Lire  loo  imperiali  in  due  termini,  e  cioè  la  prima 
metà  alle  calende  di  marzo  e  l'altra  metà  in  fine  dell'anno,  in 
uno  alle  spese.  E  inoltre  «  dare  et  consignare  ipsi  dicto  magistro 
Evangelista  in  ejus  domo  habitationis  quam  tenebit  in  eo  burgo 
fenum,  biada  et  paleam  prò  uno  equo  manutenendo  ».  In  più 
«  brentas  duas  vernazole  et  brentas  duas  vini  vermelij  boni  »  e 
questo  vino  da  consegnarsi  entro  due  mesi. 


(i)  A  rogito  del  med.  notajo  Zunico  [Arch.  notarile)  sono  i  patti, 
3o  ottobre  1478,  per  rcsercizio  della  farmacia  dei  Delfinoni,  al  segno 
del  Delfino,  situata  in  S.  Maria  Beltrade  "super  quoddam  cantono,,. 
Patti  stipulati  per  9  anni  tra  i  Trivulzio,  Francesco  de'  Ferrari  de 
Gradi  detto  da  Caravaggio  e  Cristoforo  de' Delfinoni.  —  Speziale  all'in- 
segna del  Gallo  in  principio  della  contrada  de'  Speronar!  era  nel  1446 
un  tal  Giacomo  Ambrosoni,  ed  ai  25  di  febbraio  otteneva  licenza  du- 
cale di  poter  ampliare  un  pontile  sopra  la  sua  bottega  {Ardi.  Civico. 
Lettere  ducali,  1445-50,  fol.  7,  t.°). 


VARIETÀ  325 


Durò  oltre  ranno  convenuto  il   nostro    medico    milanese   in 
Abbiategrasso?...  È  quanto  i  documenti  non  ci  dicono  (i). 


E.  M. 


(i)  Due  anni  dopo  figura  in  Milano  come  medichessa  "  fixica  et  ci- 
royca,  et  doctorata  per  litteras  ducales,,,  una  nobile  "magistra  Antonia 
de  Genua  de  Campogrando,  mQglie  di  Cristoforo  da  Padulio,  abitante 
in  Santa  Maria  alla  Chiusa,,.  Da  rog.  not.  B.  Cairati,  26  maggio  1475, 
risulta  aver  ella  conosciuto  "  ex  inspectione  urine  unius  brentatoris  il- 
luni in  extremis  laborare  ex  una  magna  impostematione  „.  {Triviil- 
ziana,  Cod.  n.  1817,  Ibi.  210). 


BIBLIOGRAFIA 


Venturi  Adolfo.  —  La  Galleria  Crespi  in  Milano,  note  e  raffronti  con 
CXCVI  incisioni  fototipografiche  e  XXXVIII  fotocalcografie.  In 
Milano.  Ulrico  Hoepli,  editore.  Tipi  dell'officina  poligrafica  ro- 
mana, M.D.CCCC. 

Le  esposizioni  del  Burlington  Firn  Aris  Club  di  Londra,  le  pub- 
blicazioni sulla  pittura  lombarda,  l'interesse  che  han  sempre  destato 
e  la  grande  figura  di  Leonardo  resa  più  gigantesca,  se  era  possibile, 
dopo  la  conoscenza  de'  suoi  scritti,  e  per  riverbero,  l'attività  dei  suoi 
scolari  più  diretti,  tutto  ha  valso  a  richiamare  da  qualche  tempo  l'at- 
tenzione degli  artisti  e  degli  studiosi  sulla  scuola  pittorica  lombarda 
della  Rinascenza.  Questo  ritorno  alle  glorie  antiche  della  nostra  re- 
gione è  del  tutto  giustificato  non  tanto  per  lo  spirito  che  anima  le 
opere  di  quei  vecchi  maestri  quanto  per  la  varietà  loro.  L'anima  del 
grande  caposcuola  si  trasfonde  bene  nei  seguaci,  ma  quanta  diversità  d'e- 
strinsecazione appare  in  ognun  d'essi  !  Andrea  Solario  si  concentra  nella 
rappresentazione  del  dolore  che  sa  rendere  nei  suoi  Ecce  homo  con  tutta 
r  intensità  del  sentimento  cristiano,  il  Boltraffio  è  il  pittore  della  dol- 
cezza. Bernardino  Luini  e  Gaudenzio  Ferrari  affini,  ma  diversi,  con- 
ducono all'apogeo,  dopo  il  maestro  del  quale  il  capolavoro  non  è  pur- 
troppo quasi  altro  che  una  larva,  la  composizione  grandiosa  e  popolata 
dell'affresco,  con  un'attività  che  avrebbe  fatto  la  gloria  di  dieci  ar- 
tisti, mentre  Ambrogio  de  Predis  e  Bernardino  de  Conti  sembran  pre- 
ferire il  ritratto  oggettivo  e  parlante.  Marco  d'Oggiono  traduce  sulla 
tela  la  bellezza  plastica  e  lo  spirito  di  Leonardo  più  di  tutti,  e  Giam- 
pietrino  la  soavità  senza  pari.  Dei  maestri  che  precedettero  Leonardo 
e  delle  loro  opere  si  sa  poco  :  altre  notizie  e  nomi  nuovi  e  opere  im- 


BIBLIOGRAFIA  827 


portanti  loro  e  di  altri  pittori  del  ciclo  leonardesco  che  emigrarono 
o  si  perdettero,  gli  archivi  milanesi  sono  ancor  destinati  a  rivelare 
ben  più  di  quanto  si  creda  :  e  forse  permetteranno  di  seguir  le  tracce 
di  opere  scomparse  e  di  precisar  meglio  l'attività  di  maestri  poco  noti 
o  anche  noti  male. 

Questa  nuova  pubblicazione  del  Venturi,  edita  signorilmente  dal- 
l' Hoepli,  in  gran  formato,  con  gran  lusso  di  carta,  di  lettere  rubricate 
nei  capoversi,  e  di  splendide  illustrazioni,  è  degna  veramente  del  nome 
dell'autore,  del  buon  gusto  del  committente  e  della  diligenza  dell'edi^ 
tore.  Ripetiamola  ancora  una  volta  la  frase  che  si  sente  spesso  pro- 
nunciare, a  proposito  di  pubblicazioni  artistiche:  finalmente  l'Italia 
si  è  messa  a  pari  delle  nazioni  più  progredite  e  non  ha  più  nulla  a 
invidiar  loro  in  simili  lavori.  In  quest'opera  splendida,  l'occhio  ri- 
posa nella  bella  distribuzione  dei  caratteri  elzeviriani,  nelle  ampie 
marginature  e  si  ferma,  ammirando,  sulle  belle  tavole  intercalate  e 
fuori  testo.  E  gli  studiosi  debbono  esser  lieti  che  in  luogo  di  un  ca- 
talogo della  galleria  Crespi,  il  Venturi  "  abbia  preso  le  mosse  per 
trattare  di  molti  e  grandi  problemi  della  storia  e  della  critica  d'arte  „ 
e  con  larghe  vedute  abbia  messo  a  confronto  i  quadri  della  collezione 
Crespi  con  altri  di  altre  raccolte  che  con  quelli  presentano  analogie. 
E  in  questo  modo  che  la  pubblicazione  d'  arte  apporta  una  vera  uti- 
lità, non  staccando,  come  oggi  si  suol  fare  non  di  rado,  dal  quadro 
generale  dell'evoluzione  artistica  il  maestro  o  la  scuola  o  la  collezione 
di  che  si  scrive.  Il  confronto  è  il  sistema  sperimentale  di  questi  studi, 
e  nel  libro  del  Venturi  è  fatto  con  la  consueta  dottrina,  e  il  lettore  può 
seguirlo  scorrendo  le  illustrazioni.  Benigno  Crespi  che  "  come  un  ita- 
liano di  parecchi  secoli  fa,  ha  voluto  cercare  fuor  del  traffico  sollievo 
e  godimenti  nell'arte  „  dev'esser  soddisfatto  che  l'opera  sua  di  paziente 
raccoglitore  che  salvò,  come  i  Trivulzi,  come  i  Borromei,  come  i  Vi- 
sconti-Venosta, gran  parte  dei  tesori  artistici  del  paese  dalla  bufera 
travolgente  lontano  il  meglio  del  nostro  patrimonio  d'arte,  trovi  oggi 
così  degno  coronamento. 

Alla  scuola  lombarda  è  dato,  nella  galleria  Crespi  e  nella  illustra- 
zione del  Venturi,  un  posto  d'onore.  I  pittori  di  quella  scuola  schie- 
ransi  nella  raccolta  solennemente  :  "  Andrea  Solario,  Marco  d'Og- 
giono,  Giampictrino,  Gaudenzio  Ferrari,  ecc.,  richiamano  la  fioritura 
rigogliosa  del  Rinascimento.  Andrea  Solario  domina  nella  raccolta  con 
parecchi  quadri,  tra  cui  la   Madonna  che   palleggia  il  Bambino;  poi 


mni,io(iHAiiA 


rumanissimo  Cristo  la  cui  fronte  suda  sangue,  e  sangue  lacrimano  gli 
ocelli  azzurrini  ;  infine  la  Vergine  addolorata,  chiusa  nel  manto,  sopra 
un  fondo  scuro  che  sembra  involgerla  nel  lutto.  Appresso  Gaudenzio 
con  la  —  Deposizione  della  Croce  —  raddolcisce  la  scena  di  morte:  il 
Cristo  non  è  esamine,  nìa  dorme  soavemente,  appoggiando  il  capo 
sulla  fronte  di  Maria  che  lo  guarda  come  tenera  sorella,  mentre  Mad- 
dalena stende  le  braccia  ad  un  amplesso.  Tutto  è  del  colore  dello 
spighe,  quando  il  sole  indora  la  messe  nei  campi  lombardi.  E  il  solc^ 
rosseggia  tra  i  capelli  arricciati  della  Madonna,  nel  grande  quadro 
di  Marco  d'Oggiono  e  fa  scintillare  il  rubino  della  tunica  di  lei,  come 
abbronza  le  carni  di  S.  Giovanni,  che  addita  al  committente  .inginoc- 
chiato la  Madre  divina,  come  sfiora  le  testine  degli  angioli,  uno  dei 
quali  tocca  le  corde  del  liuto,  guardando  con  occhi  languenti  lo  spet- 
tatore, mentre  l'altro  apre  le  ali  candide  e,  curvo  sulla  viola,  sta  come 
in  un  incanto  „. 

Il  libro  si  apre  con  una  prefazione  in  cui  l'autore  spiega  i  criteri  che 
lo  consigliarono  a  seguire  il  sistema  critico  nella  sua  opera.  Il  primo 
gruppo  degli  artisti  esaminati  è  quello  degli  emiliani.  E  primo 
ci  si  presenta  il  Correggio  del  quale  la  galleria  Crespi  possiede  quei 
meraviglioso  gioiello  che  è  la  Natività,  che  il  Venturi  crede  eseguita 
prima  del  i5i5,  cioè  tra  il  periodo  dell'educazione  artistica  dell'Al- 
legri sotto  l'inilusso  del  Bianchi  Ferrari  e  quella  del  Mantegna.  I 
rapporti  fra  questo  quadro  e  alcune  altre  opere  dello  stesso  artista 
son  messi  in  evidenza  dal  Venturi  :  un  elemento  affatto  simile  a 
quello  dell'  angioletto  librato  in  aria ,  come  appeso  ad  un  filo  attac- 
cato alle  reni,  che  si  vede  nel  quadro  del  Crespi  è  nella  Madonna  del 
S.  Francesco  di  Dresda  eseguita  nel  i5i5.  La  testa  ricciutella  del 
S.  Giovannino  nel  quadro  del  Crespi  è  uguale  a  quella  del  Bambino 
Gesù  nella  Madonna  di  Sigmaringen.  Lo  studio  critico  e  i  confronti 
stilistici  fra  le  opere  del  Correggio  e  quelle  dì  pittori  per  qualche 
aspetto  affini,  sono  interessanti.  Ma  non  tutti  saranno  d'accordo  col 
Venturi  nell'ammettere  tutte  le  sue  affermazioni  :  per  esempio  che 
debbansi  ascrivere  al  grande  maestro  la  Maddalena  della  Galleria  di 
Dresda  e  il  San  Giovanni  Battista  della  galleria  granducale  diOlden- 
burgo,  nel  quale  occorre  certo  molta  buona  volontà  per  trovare  "  quel 
corpo  delicato  „  e  quella  "  bella  e  dolce  testa  fiorente  di  giovi- 
nezza „  che  il  Venturi  ci  vede  :  e  rimane  forte  il  dubbio  che  il  Ga- 
nimede di  Vienna  sia  non  opera  del  Correggio,  ma  una  copia  evidente 


BIBLIOGRAFIA  329 


da  un  esemplare  del  maestro,  E  saT-cbbe  anche  stato  esatto  il  dire  che 
il  piccolo  Fauno,  ascritto  un  tempo  dal  Frizzoni  al  Lotto  ultimamente 
dal  Venturi  al  Correggio,  era  già  stato  dato  a  questo  maestro  dal 
Ricci  nella  sua  opera  magistrale  su  questo  pittore.  Seguono,  nel  libro  del 
Venturi,  i  raffronti  fra  le  opere  della  scuola  del  Francia,  e  di  Battista 
del  Dosso,  di  Innocenzo  da  Imola,  del  Mazzolino,  di  Bartolomeo 
Schedone,  conservate  nella  collezione  Crespi,  con  le  opere  affini. 

Gli  artisti  veneti  son  rappresentati  splendidamente  nella  raccolta. 
Le  opere  di  Bartolomeo  Vivarini,  del  Morone  (del  quale  la  notevo- 
lissima caduta  dei  Bonacolsi,  restaurata  recentemente  dal  Cavenaghi  e 
di  un  interesse  senza  pari  non  tanto  per  la  storia  dell'arte,  quanto 
per  quella  dei  costumi  e  dell'ambiente),  di  Antonello  da  Messina,  di 
Bartolomeo  Veneto,  del  Beccaccino,  del  Basaiti,  del  Romanino,  del 
Moretto  da  Brescia,  del  Pordenone,  di  Francesco  Rizzo  e  di  Girolamo 
da  Santa  Croce,  di  Paris  Bordone,  di  Paolo  Veronese,  di  Giulio  Car- 
pioni, di  Gian  Battista  Tiepolo,  di  Sebastiano  Ricci,  del  Cavaletto,  del 
Zuccarelli,  sfilano  sotto  gli  occhi  del  lettore,  riccamente  commentate, 
con  gran  corredo  di  belle  riproduzioni.  Di  Bartolomeo  Veneto,  ar- 
tista notevolissimo  e  pieno  di  carattere  nei  ritratti  forti  e  individuali, 
già  il  Venturi,  nell'Arte,  tracciò  quasi  una  monografìa. 

E  gli  studiosi  gli  saran  grati  di  averne  riprodotto,  con  tanta  lar- 
ghezza, le  opere  numerose,  conservate  anche  all'  estero,  a  Londra,  a 
Francoforte,  a  Vienna,  a  Dresda,  a  Glasgow,  a  Cambridge,  ma  qualcuno 
non  potrà  a  meno  di  notare  come  la  Madonna  che  il  Venturi  riproduce 
a  pag.  83,  che  si  conserva  nella  Galleria  di  Venezia  e  che  egli  dà  al 
nostro  pitttore  porti  invece  la  firma  del  Bissolo  e  come  le  Madonne 
col  Bambino  riprodotte  nell'identica  posizione  con  le  gambette  allar- 
gate in  grembo  alla  madre  provengano  bensì  da  un  tipo  comune,  forse 
giambellinesco,  ma  non  si  possano  assolutamente  ascrivere  tutte  a 
uno  stesso  pittore,  a  meno  di  ammettere,  in  un  solo  individuo,  di- 
scordanze palesi  nello  spirito,  se  non  nella  forma  apparente,  che  anima 
le  figure,  il  che  non  è  consentaneo  neppure  all'arte,  pur  tanto  varia, 
del  Rinascimento.  Né  troverà  certamente  molti  proseliti  l'opinione 
presentata  dal  Venturi  a  proposito  della  Madonna  della  galleria  di 
Stuttgart  che  ha  più  i  caratteri  dell'arte  bellinesca,  tutta  dolcezza  e 
melanconia  che  quelli  forti  e  un  po'  rudi  di  Bartolomeo  Veneto.  Né 
mancherà  chi  sia  disposto  a  ripetere  ancora  piuttosto  il  nome  di  Gi- 
rolamo da  Santacroce  per  la  bella  composizione  della  Galleria  Lochis 


33o  BIBLIOGRAFIA 


di  Bergamo,  riprodotta  a  pag.  88,  che  quello  di  Bartolomeo.  E  il  me- 
raviglioso ritratto  della  "  Schiavona  „  nonostante  le  ragioni  messe 
innanzi  dal  Venturi  per  ascriverlo  al  Pordenone,  troverà  ancora  dei 
fedeli  all'opinione  del  Bode  che  lo  vuole  del  Giorgione,  del  quale  è 
ben  degno  anche  il  ritratto  della  galleria  di  Budapest  riprodotto  a 
pag.  139. 

Degli  artisti  toscani  la  galleria  Crespi  possiede  una  Madonna  col 
Bambino  e  santi  attribuita  a  Lorenzo  Monaco,  il  Rosario  di  Bastiano 
Mainardi,  Y Entrata  di  Carlo  Vili  in  Firenze  di  Francesco  Granacci,  no- 
tevolissima composizione  dai  vivaci  colori,  la  Madonna  col  Bambino  e 
l'adorazione  dei  Magi  del  Bacchiacca.  Il  quadro  riprodotto  a  pag.  2i3  e 
posseduto  dalla  galleria  di  Monaco  di  Baviera,  è  là  attribuito  al  Bec- 
cafumi  e  Fattribuzione  sembra  più  convincente  che  quella  al  Bac- 
chiacca: e  la  mediocre  figura  della  "  Prudenza  „  della  Università  di 
Strasburgo,  che  non  è  che  la  riproduzione  d'una  delle  Sibille  della 
cappella  Sistina,  non  par  degna  del  nome  del  Bacchiacca  che  il  Ven- 
turi le  assegna. 

Di  particolare  interesse  per  noi  è  il  capitolo  che  si  riferisce  alle 
opere  dei  pittori  lombardi.  Le  notizie  che  sto  raccogliendo  negli  Ar- 
chivi milanesi  varranno,  lo  spero,  a  diradare  un  poco  le  tenebre  che 
avvolgono  ancora  quasi  complete  la  prima  scuola  lombarda  che  pre- 
cedette l'avvento  di  Leonardo  e  potranno  servire  a  chiarire  meglio 
i  limiti  dell'attività  degli  stessi  artisti  del  XVI  secolo.  Il  contributo 
critico  portato  dal  Venturi,  illustrando  i  quadri  della  raccolta  Crespi, 
è  note  ve.  Nella  Vergine  col  Bambino,  una  santa  Monaca  e  tm  Certosino, 
non  vede  la  mano  di  Cristoforo  di  Moretto  da  Crema,  al  quale  si 
attribuiva  fin  qui.  Il  nome  di  questo  artista  appare  di  quando  in  quando 
nelle  carte  del  periodo  sforzesco  della  seconda  metà  del  XV  secolo, 
ma  per  lo  più  per  mansioni  piuttosto  modeste,  benché  anch'esso 
avesse  la  qualità  ufficiale  di  pittore  ducale.  L'influsso  di  Pisanello,  come 
Venturi  osserva,  si  estese  da  Verona  a  Milano  :  a  Monza  nelle  pitture 
murali  della  cappella  della  regina  Teodolinda^  opera  dei  Zavattari, 
nel  dipinto  della  chiesa  di  Manzoro  presso  Cusago,  in  una  sala  a  pian 
terreno  del  palazzo  Borromeo;  e  vi  potremmo  aggiungere  le  due  ve- 
trate a  colori  della  chiesa  di  S.  Nazaro  a  Milano  e  forse  l'Adorazione 
dei  Magi  della  Pinacoteca  di    Brera,  dato  a  Stefano  da  Zevio. 

A  Vincenzo  Poppa  appartiene  una  Vergine  col  Bambino,  dal  so- 
lito impasto  bruno  delle  carni,  ma  piena  di  plastica  forza  "  tanto  da 


BIBLIOGRAFIA  33 1 


sembrare  una  bella  piccola  terracotta  colorata  „.  Anche  di  questo  ar- 
tista non  è  stata  detta  ancora  l'ultima  parola.  I  documenti  ce  lo  mo- 
strano pittore  di  fama  a'  suoi  tempi  e  ricercato  da  principi,  da  con- 
fraternite, da  privati. 

Di  Andrea  Solario  la  raccolta  Crespi  possiede  un  Ecce  homo  de- 
rivante, osserva  il  Venturi,  da  un  esemplare  di  Antonello  da  Messina 
conservato  nella  collezione  del  marchese  Spinola  delle  Pelliccerie  in 
Genova  :  ma  i  lineamenti  duri  proprii  del  grande  messinese  si  am- 
morbidiscono nel  quadro  del  Crespi.  Il  maestro  modificò  ancora  il 
prototipo  déiV  Ecce  homo  di  questa  galleria  nell'eseguire  l'altro  del 
Museo  Poldi-Pezzoli;  un  altro,  pure  del  Solario,  nella  galleria  di  Ber- 
gamo si  avvicina  di  più,  nella  costruzione  del  volto,  a  quello  del 
Crespi,  ma  il  pensiero  è  minore  e  la  vita  è  quasi  spenta.  La  Madonna 
che  allatta  il  Bambino  è  un  altro  gioiello  del  Solario  nella  raccolta 
Crespi.  Il  confronto  col  gruppo  analogo  della  galleria  di  Bergamo,  e 
con  quelli  della  collezione  Schweitzer  di  Berlino  e  del  Louvre  (quest'ul- 
timo a  me  ricorda  le  cose  dolcissime  di  Giampietrino),  può  esser  fatto 
anche  dal  lettore  osservando  le  belle  riproduzioni.  U Addolorata  e  il 
Cristo  hen?diceiìtc  sono  altri  due  quadri  del  Solario  della  raccolta  Cre- 
spi :  il  secondo  dev'essere  una  delle  ultime  opere  del  pittore;  sopra- 
tutto le  pieghe  pesanti  rivelano  il  tempo  piuttosto  avanzato  a  cui. ap- 
partiene il  dipinto. 

Il  Boltraffio  è  rappresentato  nella  raccolta  dalla  Madonna  col 
Bambino,  già  nella  collezione  Colbacchini  e  quasi  identica  ad  altra  dello 
stesso  pittore  posseduta  da  Carlo  Loeser  fatta  sullo  stesso  cartone,  con 
lievi  modificazioni.  Il  pittore  s' ispirò,  secondo  il  Venturi,  a  tipi  e 
forme  di  Leonardo  da  Vinci  e  precisamente  alla  piccola  Annunciata 
del  Louvre  o  ad  altra  disegnata  poi  dal  grande  maestro  :  e  i  rapporti  con 
altre  opere  di  questi,  come  l'Adorazione  dei  Magi  a  Firenze,  son  chiari. 

Di  Bernardino  Luini  il  Crespi  possiede  un  S.  Girolamo.  Il  pittore 
dipinse  più  volte  la  figura  di  questo  .santo:  ne  possedono  il  Museo 
Poldi-Pezzoli,  la  galleria  Harrach  e  quella  imperiale  di  Vienna,  la 
Cattedrale  di  Como.  Quello  del  Crespi  ha  il  candore  e  la  semplicità 
propria  del  maestro. 

Alla  scuola  del  Luini  il  Venturi  ascrive  una  Crocifissione  a  mono- 
cromato in  tutto  simile  a  quella  della  collezione  dell' Ermitage  di  Pie- 
troburgo dove  è  ascritta  invece  alla  scuola  senese  del  XVI  secolo:  il 
Cristo  in  croce  ha  affinità  con  l'altro  di   quell'artista  .  nella   indimen- 


BIBLIOGKAllA 


ticabilc  composizione  a  Santa  Maria  degli  Angeli  a  Lugano  e  così 
il  S.  Giovanni.  Noto  che  il  tondo  della  rappresentazione  di  Gerusa- 
lemme dell' aifresco  di  Lugano  non  è  un  mausoleo,  come  lo  chiama  il 
Venturi,  ma  un  edificio  chiesastico  di  tipo  bramantesco  che  ricorda, 
meglio  che  l'altro  riprodotto  dal  quadro  Crespi,  le  costruzioni  lombarde 
del  cinquecento  derivate  dal  tiburio  di  Santa  Maria  delle  Grazie.  Un 
altro  quadro  della  raccolta  Crespi  ascritto  alla  scuola  lu inesca  raffi- 
gura la  Purificazione. 

E  veniamo  alla  Madonna  col  Bambino  che  il  Venturi  ascrive  con 
sicurezza  ad  Ambrogio  de  Predis  :  sul  conto  del  quale  i  documenti  son 
destinati  a  gettare  nuova  luce  ad  assicurarci  della  sua  attività  e  dei 
rapporti  con  Lodovico  il  Moro  che  da  lui  si  fece  ritrarre  e  gli  com- 
mise parecchi  lavori. 

A  me  questo  quadro  della  raccolta  Crespi  fece  sempre  l'impres- 
sione di  un'opera  non  finita.  Se  non  lo  rivelasse  subito  il  tono  basso 
di  colore  che  sembra  più  che  altro  una  preparazione  quasi  a  monocro- 
mato, basterebbe  ad  assicurarne  la  mancanza  di  rotondità  nella  figura 
del  Bambino  e  specialmente  nei  piedi  e  nelle  mani  dalle  falangi  corte 
e  piatte.  Alcuni  caratteri  materiali  son  comuni  a  queste  e  al  quadro 
del  Louvre  "La  Madonna  delle  Rocce,,.  Nel  quadro  del  Crespi  però 
alcune  cose,  comelepieghe  in  basso,  furon  rifatte  dal  pittore  Cavenaghi. 

"  La  testa  della  Vergine  è  grossa,  con  occhi  tagliati  comodai  ce- 
sello nel  bronzo  ;  ha  i  capelli  rossi ,  le  labbra  morelle.  Le  carni 
della  Vergine  e  quelle  del  Bambino  sono  chiare,  ceree,  ma  in  quel 
lividore  vi  è  qua  e  là  uno  sfumato  delicatissimo;  l'occhio  sinistro  di 
Maria  ha  le  palpebre  inferiori  come  tronche  ;  le  pieghe  sotto  il  corpo 
del  Bambino  hanno  rigonfiamenti  che  sembran  copiati  all'ingrosso 
dalla  "  Madonna  delle  Rocce  „,  ove  si  vede  ad  evidenza,  se  anche  i 
documenti  non  ne  fornissero  la  prova,  la  mano  di  Ambrogio  de'  Predis 
nel  risvolto  dorato  del  manto  della  Vergine,  ne'  suoi  capelli  ad  anella 
fulve,  nelle  carni  livide,  ne'  fiori  che  spuntano  dal  suolo  coi  petali 
d'argento  e  d'oro,  nell'effetto  generale  nerastro  „.  Così  il  Venturi  che 
vuole  che  il  Preda  collaborasse  con  Leonardo  nel  dipingere  la  "  Ver- 
gine delle  Rocce  „  della  National  Gallery  traducendone  solamente 
i  cartoni  sotto  la  direzione  del  maestro,  ma  esagerando  nei  toni  del 
colorito  e  slargando  i  contorni  che  sono  invece  più  ristretti  e  più 
giusti  nel  quadro  con  lo  stesso  soggetto  del  Louvre,  dove  manca,  se- 
condo lo  scrittore,  la  spontaneità  di  Leonardo  e  "  quel  segno  che  si 


BIBLIOGRAFIA  333 


determina  senza  sforzo^  soavemente,  quel  chiaroscuro  coi  più  lievi 
trapassi  di  grado,  che  sa  la  sostanza  delle  cose  e  il  loro  fondamento 
interiore  „.  Venturi  ritiene  poi  che  la  Belle  Ferronière,  da  alcuni  creduta 
opera  di  Boltraffio,  appartenga  a  Leonardo  del  quale  ha  tutta  la  fu- 
sione. Poiché  il  grande  fiorentino  dubitava  sempre  di  sé  e  lasciava 
spesso  la  cura  di  condurre  a  termine  le  sue  creazioni  ai  discepoli, 
si  intende  come  l'esame  delle  opere  che  passarono  sotto  il  nome  del 
maestro  abbia  lasciato  e  lasci  ancora  parecchi  critici  in  dubbio.  Al 
tempo  e  alle  nuove  scoperte  sarà  dato  certamente  di  dividere  net- 
tamente Fattività  del  primo  da  quella  dei  seguaci,  I  dubbi  e  i  dispa- 
reri dell'  oggi,  anche  nella  critica  artistica,  porteranno  alla  certezza 
del  domani. 

Di  Bernardino  de'  Conti  la  raccolta  Crespi  possiede  un  ritratto 
virile  e  nel  libro  che  sto  esaminando  l'autore  cerca  di  precisarne 
l'attività  e  di  dividerla  da  quella  di  altri  pittori  coi  quali  fu  confuso. 
Di  Marco  d'Oggiono  v'é  un  polittico  d'altare  raffigurante  la  Madonna  col 
Bambino  e  parecchi  santi  e  un  quadro  di  un  Santo  Stefano  e  di  un 
Santo  Vescovo  che  dev'essere  lavoro  giovanile  ma  di  uno  splendore 
di  colorito  e  di  un'  attrattiva  grande  di  fronte  a  cui  le  punte  della 
critica  si  spezzano.  Venturi  osserva  come  questo  artista,  sebbene  fra  i 
discepoli  di  Leonardo  sia  dei  più  antichi,  mostri  una  particolare  ten- 
denza al  manierismo  di  lusso  e  di  gran  pratica,  e  come  del  maestro 
egli  sembri  subire  più  di  tutti  una  specie  di  suggestione,  così  che  le 
opere  di  questi  ripete  in  modo  pedestre  costantemente,  le  traduce 
nei  suoi  forti  contrasti  di  chiaroscuro  e  ne' colori  intensi;  nello  sco- 
laro manca  la  "  fine  profonda  modellatura  di  Leonardo  e  tutte  quelle 
penembre  soavissime,  delicate,  che  seguono  il  moto  delle  fibre  umane, 
il  fluire  del  sangue  sotto  il  velo  della  pelle  „.  La  sua  opera  più  dili- 
gente é  il  Salva.or  Mundi  della  galleria  Borghese  che  nonostante  i 
difetti  che  vi  nota  il  Venturi,  é  pur  sempre  una  delle  creazioni  più 
attraenti  di  quella  raccolta.  Il  colore  delle  carni  in  seguito  si  accende, 
come  nella  Madonna  del  Louvre  e  nei  tre  splendidi  arcangeli  che 
abbattono  il  demonio,  a  Brera,  in  cui  la  bellezza  plastica  raggiunge 
il  colmo  nell'arte  del  pittore. 

Il  soavissimo  Giampietrino  è  rappresentato  nella  collezione  Crespi 
da  una  Madonna  col  Bambino  e  S.  Giovannino  e  da  una  seconda  Ma- 
donna col  Bambino.  Il  colorito  cereo,  il  sentimento  della  tenerezza  e 
un'espressione    tutta  sua   patticolare    negli   occhi   delle   sue  Vergini 


334  iJiliLUGUAl  lA 


dall'espressione  languida  sono  i  caratteri  più  comuni  di  questo  pit- 
tore attraentissimo. 

Un  altro  gioiello  della  raccolta  è  la  Pietà  di  Gaudenzio  Ferrari. 
Il  dipinto  appartiene  al  periodo  in  cui  l'artista  eseguì  il  polittico  della 
collegiata  di  Varallo  Sesia.  Il  motivo  fu  ripetuto  da  Gaudenzio  più 
volte  :  in  una  predella  della  cattedrale  di  Novara,  in  un  cartone  dell'Acca- 
demia Albertina  di  Torino,  nel  detto  polittico  di  Varallo.  Quello  della 
raccolta  Crespi,  che  nel  libro  che  ho  sott'occhio  è  riprodotto  in  una 
splendida  tavola  doppia  fuori  testo,  è  una  composizione  piena  di 
sentimento  nella  figura  principale  e  di  bellezza  plastica  nelle  altre. 
Di  una  grazia  più  intima  è  l'altro  quadro  della  stessa  raccolta  ascritto 
a  Gaudenzio  :  una  Madonna  col  Bambino  in  piedi  sul  grembo  in  una 
mossa  vivace  e  biricchina  :  il  putto  in  piedi  sulle  ginocchia  della 
Madre  il  nostro  pittore  ripetè  nei  quadri  della  Galleria  di  Bergamo, 
della  Nazionale  di  Londra,  di  Brera. 

Nel  libro  segue  l' illustrazione  delle  opere  di  maestri  minori  : 
Albertino  Piazza,  Lomazzo,  Daniele  Crespi. 

La  raccolta  è  ricca  di  opere  di  artisti  stranieri  :  Vandcr  Veyden, 
Lucas  Cranach  seniore,  Ribera,  e  di  maestri  italiani  del  periodo  avan- 
zato :  Guercino,  Sassoferrato,  Sustermans,  Giuseppe  Crespi,  ecc.  Il  libro 
si  chiude  con  un'appendice  in  cui  sono  illustrate  una  Vergine  col 
Bambino  data  al  Giambellino,  una  Pietà  di  Marco  Marziale,  e  un  forte 
ritratto  del  Moroni. 

Questo  nuovo  contributo  alla  illustrazione  della  pittura  lombarda 
sarà  accolto  dagli  studiosi  con  favore,  e  la  ricca  serie  di  belle  illu- 
strazioni che  lo  accompagnano  lo  renderà  gradito  anche  alle  persone 
intelligenti  che  non  si  occupano  esclusivamente  della  materia. 


Francesco  Malaguzzi. 


BIBLIOGRAFIA  335 


Beltrami  arch.  Luca.  —  "  Divixm  Vicecomitorum  „.  Dal  "Libro  delle 
Arme  antique  de  Milano,,.  (Codice  n.°  1890,  della  Biblioteca  Tri- 
vulziana).  —  Milano^  tip.  U.  Allegretti,  1900, 8.°  pp.  69  ili.  (Nozze 
Giuseppe  Visconti  -  Carla  Erba). 

Bene  operò  l'intelligente  architetto  di  offrirci,  in  occasione  delle 
nozze  di  un  Visconti,  un  saggio  delle  imprese  viscontee  (i),  deducen- 
dole dal  prezioso  codice  trivulziano  1890,  ai  cultori  della  storia  aral- 
dica e  della  miniatura  lombarda  ben  noto.  Appunto  in  questo  Codice, 
che  fu  già  proprietà,  e  in  parte  forse  fattura  dei  pittori  Lampugnano 
e  Scotto,  che  lavorarono  al  castello  (1474)  ed  al  duomo  di  Milano, 
nelle  prime  tre  facciate  sono  dipinti  gli  stemmi  e  le  imprese  viscontee, 
lavori  finissimi  dal  lato  artistico  e  da  quello  dell'età  (metà  del  quat- 
trocento) (2),  che  il  Beltrami  riproduce  nel  suo  opuscolo  nuziale:  18 
di  numero  e  che  riguardano  Gian  Galeazzo  (come  conte  di  Pavia,  come 
signore  di  Milano,  Asti,  Vicenza,  Verona  e  Pisa,  come  duca  di  Milano) 
Giovanni  Visconti,  Gabriele  Maria  Visconti  (signore  di  Pisa),  Giovanni 
Maria  Visconti  (duca  di  Milano),  Giovanni  Carlo  Visconti  (signore  di 
Milano),  Estore  Visconti  (signore  di  Monza),  Filippo  Maria  Visconti 
(come  conte  di  Parma,  come  conte  d' Angera,  come  duca  di  Milano,  e 
colle  divise  di  PVancia  e  dell'Impero).  Chiudesi  la  serie  cogli  stemmi 
e  imprese  di  Francesco  Sforza  come  duca  di  Milano  e  come  signore 
di  Parma  e  di  Alessandria.  E  qui  il  B.  accompagna  alla  riproduzione 
delle  imprese  quei  richiami  storici  che  interessano  lo  studioso. 


(i)  Del  Breverus  abbiamo  fin  dal  1686  una  Exercitatio  de  symbolo 
heroico,  Italis  impresa,  Gallis  devise  dicto  (4.°,  Altorf). 

(2)  Vero  armoriale. della  nobiltà  del  ducato  lombardo  del  sec.  XV 
e  che,  meglio  d'  ogni  inutile  pubblicazione  genealogica  a  base  di  me- 
stiere, meriterebbe  una  riproduzione  a  fac-simile  al  completo.  È  questo 
Codice  Trivulziano  l'archetipo  e  da  lui  derivano,  con  distanza  di 
secoli,  quello  Archinto  (nella  Biblioteca  di  S.  M.  a  Torino)  e  quello 
del  Cremosano  (in  casa  dal  Verme).  Da  questo  codice  ha  riprodotto, 
non  è  molto,  alcuni  stemmi  di  famiglie  lombarde  lo  Stiickelberg,  di 
Zurigo  [Heraldische  Analekten  in  Schweizer.  Archiv  fur  Heraldik,  1897-99). 


336  hiU(.UMi«AKlA 


Passa  clilatti  in  rassegna  la  vipcia  (i),  la  vipera  e  le  tre  aquile 
(insegna  del  contado  di  Pavia),  la  vipera  e  i  gigli  (casa  di  Francia), 
la  vipera  e  le  aquile  inquartate  (imperiale)  (2),  il  nodo  l'atto  con  un 
velo,  la  colomba  nel  fiammante  radiato  (col  motto  à  bon  droit),  la  co- 
rona ducale  col  lauro  e  la  palma,  la  colomba  radiata  che  scende  sopra 
un  nido,  i  tre  tizzoni  ardenti  con  secchielli  (3),  il  motto  Ich  hof,  il 
fiammante,  i  tre  anelli  incrociati  (4),  la  scopetta  ed  il  morso.  Natural- 
mente che  parecchio  vi  sarebbe  da  aggiungere  e  completare  per  l'ori- 
gine e  lo  sviluppo  di  tali  imprese  ed  armi,  ma  non  è  qui  il  posto  (5). 
Né  aggiungeremo  la  letteratura  araldica  viscontea,  che  per  quanto  già 
copiosa  a  proposito  di  codici  miniati  e  di  monete,  è  aftatto  insuffi- 
ciente (6).  Ma  stiamo  in  aspettativa  di  quel  "  Dizionarietto  delle  im- 
prese visconteo-sforzesche  „,  cui  sappiamo  lavora  il  B.  e  che  portato 
al  completo  fino  all'ultimo  Sforza,  giovandosi  anche  dell'altro  pre- 
zioso codice  trivulziano  e.°  2168  (7),  certamente  deve  riuscire  un  lavoro 


(1)  Per  varianti  del  vecchio  stemma  visconteo,  cfr.  Melzi,  Somma 
Lombardo,  p.  179,  212  e  Bianchetti,  UOssola  Inferiore,  I,  208. 

(2)  Un  decreto  del  iSgS  "  prò  dipingenda  arma  imperialis  altius 
quartilato  „  sta  nel  Codice  delle  Lettere  ducali  viscontee,  fol.  96,  presso 
la  Socie. à  storica  lombarda.  Dei  25  aprile  1408  è  invece  il  decreto  con 
cui  è  vietato  di  far  dipingere  fuori  delle  case  aquile  e  gigli  (Archivio 
di  Stato.  Reg.  Panig.  B,  78  t.°). 

(3)  Nelle  Devises  héroiques  del  Paradin  (Anvers,  Plantin,  i562)  sono 
riferite  le  imprese  di  Galeazzo  Visconti,  il  tizzone  ardente  colla  leg- 
genda Humentia  siccis  e  quelle  per  Valentina  Visconti  Rien  ne  in^est 
plus.  Plus  ne  m,'est  riens. 

(4)  Avverta  però  il  B.  che  l'impresa  dei  tre  anelli  non  deriva 
punto  da  Gabrin  Fondulo,  come  ebbe  a  congetturare  il  dott.  Sant'Am- 
brogio   (cfr.  Ardi.  lomb.  XIX,  216). 

(5)  Nell'^rr/f.  di  Stato  milanese  (Carteggio  sforzesco)  è  una  lettera 
assai  interessante  di  Antonio  de'  Porri  diretta  al  duca  di  Milano 
(3i  luglio  1469)  in  cui  sono  delle  notizie  utili  per  la  vera  divisa  ducale 
concessa  da  Galeazzo  Visconti  e  dissimile  da  quella  in  allora  usata. 

(6)  Dei  vecchi  autori  troppo  noti  il  Giovio,  il  Ruscelli,  il  Simeoni, 
il  Domenichi,  il  Decenibrio,  il  de  Boot,  il  Muratori,  il  Litta,  ecc.  Più 
recenti  le  pubblicazioni  del  Carta  (Codici  miniati  di  Brera),  del  D'A- 
zeglio (Manuscrit  Sforza,- 1860),  del  Gnecchi-Biondelli  (Le  monete  di 
Milano),  del  Beltrami  (Il  Castello  di  Milano),  del  Sant' Ambrogio  ^A- 
regrinazioni  araldiche,  18^2),  del  Gavazzi  (Rivista  Italiana  di  numisma- 
tica, 1888)  ed  altre, 

(7)  Per  imprese  sforzesche  cfr.  anche  il  Cod.  Triv.  n."  1891,  ricor- 


BIBLIOGRAFIA  337 


non  meno  geniale  che  utile  e  desiderato.  E  dopo  non  seguirà,  sull'e- 
sempio di  quanto  già  fatto,  bene  o  male,  per  la  casa  di  Savoja,  l' Ico- 
nografia dei  duchi  di  Milano?  (i). 


E.  M. 


Un  Pronostico  satirico  di  Pietro  Aretino,  edito  ed  illustrato  da  Alessandro 
Luzio  [Bibliot.  Stor.  della  Lett.  ItaL,  diretta  da  F.  Nevati),  Bergamo, 
Istituto  italiano  d'  arti  grafiche,  1900,  pp.  xli-i63. 

Con  questo  volume  il  chiaro  sig.  A.  Luzio  ci  offre  un  altro  sapo- 
ritissimo frutto  dei  suoi  studi  nelle  biblioteche,  di  Vienna  (dico  un 
altro,  ripensando  a  quella  serie  di  geniali  articoli  nei  quali  egli,  primo, 
rifece  la  storia  delle  cinque  giornate  milanesi,  sulle  fonti  austriache). 
Si  tratta  questa  volta  di  una  vera  scoperta,  che  ci  fa  conoscere  com- 
pletamente una  forma  della  nostra  letteratura  del  Cinquecento,  se  non 
del  tutto  ignota,  appena  da  pochi  ed  imperfetti  indizi  lasciata  intrav- 
vedere.  Il  Pronostico,  sebbene  sembri  una  trasformazione  dei  Giu- 
dizi, che  ogni  anno  pubblicavano  gli  astrologi  sulle  future  vicende  del 
tempo,  de'  raccolti  e  magari  della  politica,  si  può  dir  creazione  dello 
spirito  bizzarro  di  Pietro  Aretino  :  egli  pel  primo  comprese  il  partito 
che  si  poteva  trarre  dalla  popolarità  di  quei  componimenti,  ne  fece  un  ge- 
nere affatto  nuovo,  lasciando  da  parte  le  astruserie  dei  maghi,  e  ar- 
rogandosi davvero  quel  giudizio  su  tutto  e  su  tutti,  che  a  buon  diritto 
fece  a  taluno  vedere  in  lui  il  precursore  del  moderno  giornalismo.  Il 
suo  primo  Pronostico,  perduto  come  parecchi  altri  successivi,  compose 


dato  qui  dal  B.  E  agg.  il  n.°  i323,  dove  sebbene  rozzamente  disegnate, 
diverse  imprese  sono  nuove  e  con  qualche  interpretazione  anche  della 
problematica  greca  di  Francesco  Sforza. 

(i)  Così  potremmo  rintracciare  dovè  andati  a  finire  i  ritratti  di 
Massimiliano  Sforza,  di  L.  da  Vinci,  in  casa  già  del  Melzi,  e  di  Fran- 
cesco II  Sforza,  del  Tiziano,  già  presso  Mario  Amigone  milanese, 
menzionati  dal  Campi.  Un  ritratto  di  Cristierna,  moglie  di  Francesco  II 
.Sforza,  pur  del  Tiziano,  spediva  nel  1604  Guido  Magenta  al  Gran- 
duca Ferdinando  di  Toscana  (v.  Gaye,  Carteggio,  III,  53i). 

Ardi.  Stor.  Lomb.  —  Anno  XXVII.  —  Fase.  XXVIII.  22 


338  BIBLIOGKAFIA 


l'Aretino  nel  1527:  con  strana  antiveggenza  vi  aveva  preveduta  la  im- 
minente rovina  di  Roma,  e  si  sa  che  la  predizione  aveva  urtato  for- 
temente i  nervi  di  Clemente  VII.  La  diftusione  di  tali  sentenze  areti- 
nesche  (manoscritte  o  stampate  che  fossero,  e  sembra  assai  probabile 
venissero  stampate  alla  macchia)  era  così  grande  da  dare  persino  ori- 
gine e  vita  air  industria  del  falsificarle;  straordinaria  l'influenza  ch'esse 
esercitavano  sull'opinione  pubblica,  giacché  "erano  argute  e  piccanti 
divinazioni  basate  nella  sua  larga  conoscenza  degli  uomini  e  della  vita 
contemporanea,  nell'abilità  di  sfruttare  il  pettegolezzo  e  lo  scandalo, 
i  segreti  d'anticamera  di  tutte  le  corti,  nel  suo  genio  infine  di  libel- 
lista „. 

Quando,  nel  i533,  la  fortuna  di  Carlo  V  accennava  a  declinare  e 
Clemente  VII  e  Francesco  I  combinavano  a  Marsiglia  una  nuova  al- 
zata di  scudi,  l'Aretino  era  francofilo  arrabbiato:  il  famoso  regalo 
della  magnifica  collana  sembrava  accennare  a  ben  altre  ricompense 
al  suo  zelo  ufficioso  da  parte  del  Re  cavaliere;  ed  eccolo,  nel  Prono- 
stico del  1534,  che  il  Luzio  ci  presenta,  l'unico  rimasto  completo,  ri- 
fare a  modo  suo  la  carta  d'Europa,  cacciare  Spagnuoli  da  Napoli, 
Doria  da  Genova,  Sforza  da  MUano,  fabbricare  un  regno  d' Etruria 
per  Francesco  I.  Se  non  che  i  rovesci  della  Francia  freddaron  presto 
tutti  questi  entusiasmi;  gli  agenti  della  politica  imperiale  determina- 
rono a  poco  a  poco  il  flagello  de'  Principi  a  un  voltafaccia,  lo  ridussero 
il  più  sfacciato  adulatore  di  Carlo  V.  L'imperatore,  coperto  di  vituperi 
nel  pronostico  del  i534,  lo  aveva  cercato,  lo  aveva  comprato  con  due- 
cento scudi  l'anno  sulle  entrate  dello  Stato  di  Milano;  tali  furono  le 
origini  del  quarto  potere  ! 

Il  testo  curiosissimo  di  questo  pronostico,  che  il  Luzio  scovò  nel- 
r  Imperiale  di  Vienna,  è  così  pieno  di  bisticci,  di  arzigogoli,  di  oscure 
allusioni,  di  ardite  allegorie,  che  sarebbe  rimasto  pressoché  incom- 
prensibile senza  le  amplissime  note  di  cui  il  dotto  editore  lo  ha  corre- 
dato :  note  che,  inspirate  in  parte  dalla  sua  profonda  conoscenza  del 
Cinquecento,  in  parte  attinte  alla  inesauribile  miniera  dell'archivio 
Gonzaga,  ci  tracciano  un  quadro  di  tutte  le  incongruenze,  le  immoralità, 
le  sfacciataggini  di  quell'  epoca  straordinaria  e  formano  di  per  sé  stesse 
un  contributo  non  indifferente  alla  storia  del  secolo  XVI.  Esse  ci  pro- 
vano inoltre  che  di  rado  le  calunnie  dell'Aretino  eran  prive  di  fon- 
damento: il  maligno  libellista  nomina  centinaia  di  persone  e  ciascuna 
distingue    con  un    epiteto    mordace,  che  i  documenti   provano,  il  più 


BIBLIOGRAFIA  33q 


delle  volte,  vero  o  verosimile;  si  comprende  così  di  leggieri  come  i 
bistrattati,  anziché  tentare  la  vendetta,  si  umiliassero  dinnanzi  a  lui 
o  cercassero  comprarlo  per  evitarne  gli  attacchi  :  Carlo  V  vedeva  nel 
divulgarsi  de'  suoi  amori  colla  cognata  una  minaccia  al  proprio  pre- 
stigio, Francesco  Sforza  aveva  sulla  coscienza  la  condanna  del  Mera- 
viglia, Anton  de  Leva  bramava  si  tirasse  un  velo  sui  suoi  impicci  ga- 
lanti e  sulle  estorsioni  fatte  a  Milano;  —  ma  quello  che  più  sorprende 
si  è  la  viltà  di  una  donna  quale  Veronica  Gambara  che,  dopo  essere 
stata  chiamata,  a  torto  questa  volta  si  può  credere,  meretrice  laureata, 
gli  fa  la  corte,  lo  colma  di  elogi  e  di  regali,  lo  richiede  di  consigli,  e 
il  figliuolo  di  lei,  invece  di  rintuzzare  l' insulto  con  un  buon  colpo  di 
spada  e  magari  di  pugnale,  come  la  morale  del  tempo  avrebbe  potuto 
suggerirgli,  gli  manda  in  dono  cestelle  di  frutta!  Isabella  d'Este  fu 
r  unica  a  non  preoccuparsi  delle  ingiurie  dell'Aretino  :  ella  aveva  ora- 
mai raggiunto  un'  età  che  poteva  permetterle  di  sdegnare  certe  ca- 
lunnie: buon  per  lei  che  l'Aretino  non  scriveva  pronostici  quando  il 
suo  contegno  e  quello  delle  sue  damigelie  in  Milano,  alla  corte  sforze- 
sca, induceva  il  buon  Prato  e  Gerolamo  Morone  ad  apprezzamenti  poco 
lusinghieri  [Ardi.  stor.  ital.,  Ili,  809  [1842]  —  Misceli,  stor.  ital.,  II,  282). 
Il  Pronostico  che  abbiam  sott' occhio  può  ben  dirsi  un  capolavoro 
di  malignità  infernale.  Carlo  V,  chiamato  mascellaia  maestà  con  mor- 
dace allusione  alla  grossezza  della  mascella  inferiore,  è  accusato  di 
dissolutezza  (da  qual  pulpito  veniva  la  predica!),  d'incesto,  d'avarizia 
e  perfino  d'incapacità  militare  per  l' ingloriosa  spedizione  d'Ungheria 
del  i532;  la  Chiesa  svillaneggiata  in  papa  Clemente,  detto  per  ischerno 
papa  Chimevito,  di  cui  si  deridono  la  pusillanimità  e  le  debolezze  ga- 
lanti ;  nel  sacro  collegio,  preso  in  fascio  e  vituperato  con  ogni  sorta 
d'epiteti;  e  nei  singoli  Cardinali,  come  Paolo  Caraffa,  attaccato  vele- 
nosamente per  quelle  riforme  a'  costumi  del  Clero  con  cui  iniziò  una 
acerba  reazione  cattolica,  il  Cardinal  Cibo  "  cognato  e  amorevole  ma- 
rito della  moglie  del  fratello  „,  come  lo  chiamava  F.  M.  della  Rovere, 
pe' suoi  amori  incestuosi,  Matteo  Palmieri  trattato  da  buffone:  e  nel 
tempo  stesso  azzannato  Lutero  e  la  Riforma,  contraddizione  flagrante, 
abbastanza  spiegata  dall'  intento  di  far  rabbia  a  Carlo  V  e  schernire 
le  sue  velleità  riformatrici  :  punzecchiato  in  ogni  modo  il  marchese 
del  Vasto  per  la  sua  famosa  effeminatezza,  pe'  suoi  insuccessi  militari 
di  Monopoli  e  di  Volterra,  e  per  la  prigionia  navale  dopo  la  sconfitta 
data  nel  golfo  di  Napoli  agl'imperiali  da  P'ilippino  Doria:    messa  in 


BIBLIOGKAKIA 


più  luoghi  in  ridicolo  T  avarizia  di  Alfonso  d' Este  e  la  povertà  di 
Carlo  III  di  Savoja.  A  Federigo,  duca  di  Mantova,  rimprovera  l'Are- 
tino r  infingardaggine  e  i  pasticci  matrimoniali,  e  se  non  gli  rinfaccia 
la  complicità  nell'  assassinio  di  G.  F.  Pico  della  Mirandola,  perpetrato 
dal  nipote  Galeotto,  non  è  certo  per  benignità  sua,  ma  perch'  ei  non 
sapeva,  per  avventura,  quello  che  i  documenti  importantissimi  ora 
esumati  dal  Luzio  insegnano  a  noi  (p.  64).  Delle  donne  in  allora  più 
celebrate,  oltre  Isabella  d'Este  e  la  Gambara,  è  presa  di  mira,  seb- 
ben  con  minore  astiosità.  Vittoria  Colonna,  specchio  di  virtù;  e  an- 
ch' essa  è  indulgente  verso  il  maligno,  sia  per  riguardo  alle  opere 
ascetiche  di  lui,  sia  nell'intento  di  renderne  meno  crudi  gli  attacchi 
contro  il  marchese  del  Vasto,  eh'  ella  aveva  educato  e  riteneva  suo 
figliuolo  intellettuale.  Alla  Giulia  Sanseverino  del  Mayno,  alla  quale 
il  Bandello,  ossequioso  ammiratore,  aveva  dedicato  qualche  novella, 
e  indirizzato  una  canzone  il  favorito  stesso  dell'Aretino,  Ambrogio 
Eusebi,  è  regalato  l'epiteto  di  meretrice,  e  si  può  immaginare  se  agli 
artigli  del  nostro  Pietro  sia  sfuggita  quella  Rabina,  menzionata  spesso 
anche  dal  Sanudo  pei  suoi  amori  con  Antonio  de  Leva.  A  proposito 
di  queste  ultime  due  donne  mi  piace  segnalarne  i  ritratti  che  si  tro- 
vano nel  codice  trivulziano  del  Noceto  (v.  Catal.  Porro,  p.  3i6),  il  quale 
contiene  I'  effigie  di  ventisette  dame  milanesi,  e  quanto  alla  Rabina, 
ivi  detta  Beatrice,  aggiungerò  (notizia  comunicatami  come  la  prece- 
dente dal  chiar.  sig.  Emilio  Motta),  che  in  una  pasquinata  milanese 
senza  data,  ma  sicuramente  compresa  tra  il  i5oo  e  il  1540  (cod.  tri- 
vulziano, n.  1169),  ove  sono  passati  in  rivista  i  principali  personaggi 
d'allora,  è  questo  epigramma: 


Alla  Rabina 

L'  arbor  eh'  a  tempo  rio  foglia  non  perde 
Mostra  eh'  a  primavera  era  anchor  verde. 

Ma  quegli  che  l'Aretino  sembra  tartassare  con  più  crudele  com- 
piacenza è  il  nostro  povero  Francesco  II  Sforza:  lo  deride  ad  ogni 
pie'  sospinto  per  quella  suppo\>ta  impotenza  genitale,  che  inspirava 
talora  anche  a  Carlo  V  frizzanti  facezie,  preconizzando  Y  amico  e  con- 
fidente del  Duca,  Massimiliano  Stampa,  qual  luogotenente  nel  Ducato 
e  nel  matrimonio;  lo  chiama  il  protomartire  Sforza,  il  Duca  di  Mum-. 


BIBLIOGRAFIA  "Ò^l 


mia,  che  sta  con  una  natica  nello  Stato  di  Milano  e  che  i  Milanesi- 
voglion  mangiar  vivo,  lo  gratifica  d'ipocrita  e  di  ribaldo,  gli  predice 
una  fine  per  man  di  popolo,  a  vendetta  del  supplizio  di  Alberto  Me- 
raviglia: e  su  quella  condanna  (intorno  alla  quale  la  storia,  nonostante 
i  documenti  messi  in  luce  dal  Romussi  e  dal  Portioli,  non  ha  ancora, 
a  parer  mio,  pronunciata  1'  ultima  parola)  insiste  ripetutamente,  col- 
r  intenzione  palese  di  metterla  sotto  la  luce  di  un  vero  assassinio 
politico. 


Le  copiose  note  del  Luzio  offrono,  ho  detto,  anche  il  contributo 
di  notizie  e  documenti  inediti  alla  "storia  del  tempo.  Accenno  ai  più 
importanti.  Il  misterioso  convegno  di  Mar.;iglia  fra  Clemente  VII  e  il 
Re  di  Francia  e  il  matrimonio  di  Caterina  de'  Medici  sono  illustrati 
da  una  interessante  lettera  di  un  testimonio  oculare  al  Duca  di  Man- 
tova; un  episodio  sulla  violenza  di  carattere  del  Cardinal  Cibo  ci  dà 
preziosi  ragguagli  sul  carnevale  di  Roma  del  1026  e  sul  costume  in- 
valso fra  cardinali  d'andare  in  maschera;  un  dispaccio  in  cifra  del- 
l' agente  a  Roma  del  Duca  di  Mantova  sparge  molta  luce  sui  rancori 
e  le  inimicizie  fra  il  Cardinale  Bernardo  Accolti  e  Ippolito  de'  Me- 
dici. Ai  documenti,  assai  rilevanti,  intorno  all'  assassinio  del  Miran- 
dolano,  ho  già  accennato;  noterò  ancora:  due  lettere  di  Annibale 
Gonzaga  all'Aretino,  che  dimostrano  come  questi  fosse  desiderato  alla 
corte  di  Francesco  I  e  quanti  ammiratori  avesse  in  Francia;  le  lettere 
scrittegli  dal  Marchese  di  Mantova  nel  i526,  piene  di  gustosi  parti- 
colari, poiché  allora  l'Aretino,  fuggito  da  Roma,  era  nel  campo  di  Gio- 
vanni de'  Medici  d'onde  mandava  al  principe  Federico  corrispondenze 
ricche  di  fatti  e  di  apprezzamenti  ;  alcuni  brevi  documenti  fiorentini 
relativi  a  Tiziano,  e  le  relazioni  di  Ercole  Caponi  illustranti  i  tumulti' 
avvenuti  a  Bologna  nel  i53o  fra  cittadini  e  spagnuoli. 

L'opera  del  Luzio  si  chiude  con  notevoli  appendici,  ne' quali, 
come  fa  chi  possiede  ad  un  tempo  genialità  e  dottrina,  o  espone  cose 
nuove,  o  le  vecchie  ridesta  a  nuova  vita.  Vien  prima  una  lettera  del- 
l' Aretino  al  Vergerlo,  estratta  dall'Archivio  di  Stato  di  Firenze,  che 
contiene  parecchi  accenni  satirici  svolti  nel  Pronostico,  offre  molte 
differenze  dalla  lezione  pubblicata  nell'  epistolario  aretinesco  e  toglie 
ogni  dubbio  sulla  scritta  della  famosa  collana  di  Francesco  I,  la  quale 


4'^ 


HIBLIOGKAKIA 


diceva:  ^^  lingua  vius  loquetta-Judicium  „,  e  non  ^^  mrndaciinn  „  <  omo 
s'  è  voluto  da  molti.  Poi  una  canzone  dell'Aretino  a  Francesco  I,  tolta 
dalla  rara  stampa  della  Passione  di  Gesù  (i534),  un  capitolo  del  me- 
desimo al  Re  di  Francia,  dell'edizione  pur  rara  dei  Capitoli  Aretino  - 
Dolce —  Sansovino,  del  1540;  una  lettera  satirica  "mandata  dalla 
Corte  dello  Imperatore,  dall'ambasciatore  de' Sanesi  a  Siena,  circa  la 
venuta  di  Sua  Maestà  in  Italia.  Data  di  Barzalono,,,  lettera  che  gli 
editori  delle  carte  Strozziane  avevan  creduto,  se  non  propria  dell' am- 
basciator  di  Siena,  almeno  una  burla  di  qualche  senese,  ed  ora  dal 
Luzio  trionfalmente  rivendicata  all'Aretino.  Aggiungasi  un  manipolo 
di  documenti  dell'Archivio  Gonzaga  che,  pur  non  risolvendo  defini- 
tivamente la  questione,  possono  indurre  qualche  dubbio  sulla  causa 
della  morte  del  Card.  Ippolito  de'  Medici,  dal  Varchi,  fra  i  contem- 
poranei, e  dal  Ferrai,  fra  gli  storici  moderni,  attribuita  a  veleno,  e 
purgare  la  memoria  del  Duca  Alessandro  dall'  infamia  di  un  nuovo 
delitto  :  a  questo  risultato,  giova  notarlo,  arrivava  contemporanea- 
mente e  appoggiandosi  in  parte  su  documenti  mantovani,  il  signor 
A.  Rossi  nella  sua  nota  opera  su  Francesco  Guicciardini.  Ma,  se  le 
sagaci  ricerche  del  Luzio  possono  rallegrare  lo  spirito  di  Alessandro 
de  Medici,  turberanno  quello  di  Pier  Luigi  Farnese,  sul  cui  attentato 
osceno  contro  il  Vescovo  di  Fano  con  troppa  fretta  il  compianto  Ca- 
passo  sollevò  dubbi.  Quando  il  Vergerio  pronunciava  la  pretesa  ca- 
lunnia, già  da  tempo  il  fatto  si  affermava  non  solo  in  Italia  ma  anche 
in  Germania,  ove  1'  accusa  si  divulgava  in  varii  libri  e  facea  far  le 
grasse  risate  ai  luterani  sempre  vigili  nella  loro  lotta  contro  il  pa- 
pato. Così,  e  non  solo  nei  luoghi  e  negli  argomenti  da  me  accennati, 
il  Luzio  trova  modo  di  rettificare,  passo  passo,  parecchi  errori,  e  cor- 
reggere parecchie  opinioni  degli  storici  precedenti  e,  piuttosto  che 
una  semplice  illustrazione  d'  un  testo  inedito,  ci  dà  una  serie  di  studi 
freschi  e  originali. 


Ettore  Vèrga. 


BIBLIOGRAFIA  343 


BiNDONi  Giuseppe  —  La  topografìa  del  Romanzo  I  Promessi   Sposi: 
Parte  seconda,  T  £"5/7/0  —  Milano,  Cogliati,  1900,  pp.  281. 

Quando  apparve  il  primo  volume  di  quest'  opera,  che  può  ben 
dirsi  frutto  di  lungo  studio  e  grande  amore,  la  critica  si  trovò  di- 
scorde nel  giudicarla;  quelli,  e  non  eran  pochi,  cui  le  conclusioni  del- 
l'autore non  convinsero,  o,  negando  importanza  alla  questione  topo- 
grafica nei  Promessi  Sposi,  lo  accusarono  d' aver  sprecato  tempo  ed 
ingegno,  o,  appoggiandosi  a  certe  dichiarazioni  confidenziali  del  Man- 
zoni stesso,  non  vollero  ammettere  che  questi,  nella  descrizione  de' 
luoghi,  pochi  eccettuati,  avesse  seguito  un  determinato  piano.  Quanto 
all'importanza  della  questione  io,  lo  confesso,  non  .so  disconoscerla. 
Dimostrato  che  nel  descrivere  i  luoghi  il  Manzoni  si  fosse,  per  sistema^ 
attenuto  al  vero,  coi  debiti  riguardi  alle  condizioni  storiche  del  se- 
colo XVII  ed  alle  parziali  alterazioni  rese  indispensabili  dal  colloca- 
mento di  edifizi  ideati  da  lui,  si  avrebbe  un'altra  prova  (e  la  prima 
ce  la  porge  Dante)  che  il  genio  non  trascura  neppure  i  più  minuti 
particolari,  perchè  il  concorso  di  circostanze,  le  quali  a  prima  giunta 
posson  sembrare  materiali  ed  accessorie,  accresce  l'evidenza  e  l'effi- 
cacia dell'insieme  e  contribuisce  a  dare  alle  finzioni  stesse  dell'artista 
la  consistenza  di  cose  reali.  Quanto  alle  confidenze  del  Manzoni,  io, 
con  tutto  il  rispetto  pel  grande  lombardo,  non  vorrei  dar  loro  troppo 
peso,  parendomi  che  il  critico  e  lo  storico  non  possano,  senza  scapito 
di  serietà,  tener  conto  di  documenti  di  questo  genere  :  e  d'  altra  parte 
in  questo  caso,  quelle  confidenze  si  contraddicono,  giacché,  allo  Stampa 
escludeva  dai  luoghi  che  avrebbe  inventato  il  convento  e  la  chiesa  di 
Pescarenico,  e  al  Buonanno  il  tabernacolo  dei  bravi  ed  il  poggetto 
di  Canterelli.  Non  si  può  negare  invece  che  il  Manzoni  stesso  impli- 
citamente confessasse  di  attribuir  molto  valore  alla  verità  topografica, 
quando,  come  ci  insegna  la  sua  corrispondenza  col  Gonin,  voleva  che 
il  celebre  artista  torinese  prendesse  qui  i  disegni  relativi  ai  luoghi 
milanesi,  pur  lasciandogli  piena  libertà  di  eseguire  dove  volesse  quelli 
che  non  avessero  per  oggetto  o  per  sfondo  località  od  edifizi. 

E,  nel  romanzo  medesimo,  se  consideriamo  quante  determinazioni 
topografiche,  quanti  accenni  geografici  e  descrittivi  si  trovino  ad  ogni 


MI 


BIBLIOGRAFIA 


passo  e  qual  parte  abbiano  nella  descrizione  dei  vari  atteggiamenti  di 
Renzo,  per  limitarmi  a  lui,  l'incertezza  sulle  strade  da  prendere,  gli 
itinerari,  le  indicazioni  avute  da'  viandanti,  e  cosi  via,  non  possiamo, 
a  voler  esser  giusti,  attribuire  o  rimproverare  ai  commentatori  l'in- 
venzione della  questione  topografica,  ma  dobbiamo  almeno  riconoscere 
che  il  Manzoni  1'  ha  pel  primo  indirettamente  proposta. 

Nel  lavoro  del  Bindoni  bisogna  innanzi  tutto  ammirare  la  dili- 
genza scrupolosa,  la  chiarezza,  l'ordine  e  quel  calore  di  convinzione 
che  esercita  sul  lettore  un  fascino,  in  alcuni  casi  persino  pericoloso. 
Se  non  tutte  le  sue  conclusioni  possono  accettarsi  senza  riserva,  se, 
per  voler  tutto  spiegare  egli  corre  talora  troppo  avanti,  per  cadere  o 
in  esagerazioni  o  addirittura  in  qualche  ingenuità,  come  quando  vuol 
dar  ragione  d&ì .  venticinque  o  dei  dieci  lettori,  o  quando  nell'  "olà,, 
lanciato  da'  gabellieri  di  Porta  Nuova  a  Renzo,  vede  un  accenno  ad 
Olate,  paesello  di.  Lucia,  l'impressione  che  lascia  il  libro,  e  special- 
mente questa  seconda  parte,  ove  è  svolta  la  topografia  milanese,  è  in 
generale  quella  della  persuasione.  Certo  se  noi  partiamo  dal  concetto 
che  il  Manzoni  abbia  rappresentato  i  luoghi  secondo  la  propria  fan- 
tasia, non  possiam  che  sorridere  agli  sforzi  dimostrativi  del  nostro 
autore,  ma  se  di  tal  preconcetto  ci  spogliamo,  non  abbiamo  parecchie 
volte,  non  voglio  dir  sempre,  che  rispondergli  in  contrario. 

A  dare  un'  idea  del  suo  metodo  e  dei  risultati  a  cui  giunge,  darò 
un  breve  riassunto,  intercalato  da  qualche  osservazione,  di  quella 
parte  che  studia  le  vicende  di  Renzo  in  Milano. 

Dopo  una  felice  ricostruzione  di  Monza,  qual  era  nel  seicento,  il 
Bindoni  si  mette  ai  fianchi  del  protagonista  e,  per  la  via  di  Ponte  Se- 
veso,  ove  questi  rimane  per  buon  tratto  estatico  (i)  alla  veduta  dell'  ottava 
m.eTa.YÌglìsi,  la  gran  macchina  del  Duomo,  e  per  la  scorciatoia  indicata 


(i)  A  giustificar  lo  stupore  di  Renzo,  il  B.  riferisce  alcuni  passi 
del  Morigia,  ove  il  Duomo  è  appunto  chiamato  l' ottava  meraviglia, 
ma  non  fa  al  Manzoni  quell'  appunto,  che  sembra  ovvio  a  chi  ripensi 
come  la  veste  esteriore  della  Cattedrale,  coperta  d' un  tettacelo  su  cui 
si  ergeva  un  brutto  campanile  quadrato,  quale  la  vediamo  nella 
stampa  del  Dal  Re  del  1706,  e  nella  vignetta  a  mano  della  gran  carta 
murale  del  Riccardi  (1734),  conservata  nell'  Archivio  storico  civico, 
non  era  tale  da  far  rimanere  attonito  chi,  specialmente,  la  mirasse  da 
circa  due  chilometri  di  distanza. 


BIBLIOGRAFIA  345 


dal  viandante  (e  segnata  in  alcune  vecchie  carte)  ;  lo  fa  entrare 
da  porta  Orientale  in  Milano.  Dato  uno  sguardo  generale  alla  topo- 
grafia di  Milano  del  secolo  XVII,  che,  senza  dir  nulla  di  nuovo,  rico- 
struisce con  molta  chiarezza,  segue  Renzo  lungo  il  borgo.  Siamo  ai 
primi  indizi  del  tumulto:  la  narrazione  manzoniana  concorda  perfet- 
tamente, e  il  Dindoni  lo  fa  notare  passo  passo  con  larghi  raffronti, 
con  quelle  del  Ripamonti  e  del  Tadino:  lungo  la  corsia  dei  Servi, 
dinnanzi  al  prestin  di  scanso,  per  la  piazza  Mercanti,  Fustagnari,  il  Cor- 
dusio  teniam  dietro  ai  tumultuanti  fino  alla  Casa  del  Vicario  di  Prov- 
visione, Lodovico  Melzi,  identificata  col  n.  7  in  S.  Maria  Segreta,  ov'è 
ancora  lo  stemma  Melzi.  Neppur  T  osteria  della  Lima  piena,  sfugge 
all'indagine  del  Bindoni,  che,  seguendo  gii  indizi  dati  inseguito  dal 
Manzoni  nel  descrivere  la  fuga  di  Renzo  verso  Porta  Orientale,  la 
pone  in  via  Armorari  ;  neppur  la  chiesa  e  il  convento  che  la  gente 
indicava  al  fuggente  gridando:  "scappa,  scappa  galantuomo,,:  sup- 
posta negli  Armorari  V  osteria,  non  poteva  trattarsi  se  non  della  Chiesa 
di  S.  Michele  al  Gallo,  e  del  convento  dei  Somaschi  allora  annesso  a 
S.  M.  Segreta;  solo  si  dovrà  osservare  che  la  prima  non  era,  come 
crede  il  Bindoni,  sull'  angolo  di  via  Armorari  e  via  Ratti,  ma  in  via 
Orefici,  adiacente  al  portone  di  Piazza  Mercanti.  Ki  la  pone  anche  la 
carta  del  1784,  di  cui  mi  sembra  siasi  egli  valso  poco,  e  che  avrei 
preferito  veder  riprodotta  invece  di  quella,  troppo  recente,  pubblicata 
dal  Municipio  nel  1814. 

Non  seguirò  il  nostro  autore  nelle  sue  laboriose  investigazioni 
sulle  strade  fra  Milano  e  Bergamo  ;  ciò  mi  porterebbe  troppo  in 
lungo  :  salto  invece  alla  seconda  dimora  di  Renzo  in  Milano,  nel  i63o. 
Entrò  egli  questa  volta  in  città  per  via  Galileo  e  Porta  Nuova 
percorse  quello  che  oggi  chiamasi  Corso  di  P.  Nuova,  e  per  la  strada 
di  S.  Teresa  (Moscova),  la  via  e  il  Ponte  di  S.  Marco,  ove  incontrò  il 
primo  funebre  convoglio,  il  Ponte  Marcellino  e  Borgonuovo,  entrò  in 
quella  crociata  di  strade  che  aveva  nome  Carrobbio  di  Porta  Nuova. 
Fin  qui  le  indicazioni  manzoniane  sono  precise  ;  ma  dal  Carrobbio 
alla  casa  di  Don  Ferrante,  e  a  Porta  Orientale,  ei  non  fa  più  nome 
alle  vie:  Renzo,  secondo  l'itinerario  suggeritogli  dal  prete  di  Borgo- 
nuovo,  si  aggira  in  un  labirinto,  che  il  Bindoni,  facendo  tesoro  di  tutti 
gli  indizi  della  narrazione  manzoniana,  tenta  districare  fin  ne'  più  ri- 
posti e  attorcigliati  meandri;  quell'itinerario  sarebbe  così  ricostrutto: 
via  Bigi),    S.  Vittore    quaranta  martiri  (Pietro  Verri)  teatro  dell'  epi- 


3^6  niBLIOliUAKlA 


sodio  di  Cecilia  (e  qui  fissa  il  punto  dove  il  Manzoni  dovrebbe  averne 
immaginato  la  casa,  e  studiando  il  livello  stradale  vien  perfino  a  spiegare 
lo  ^^  scendeva  dalla  soglia  „),  il  Monte  (detto  allora  in  parte  le  sbarre  & 
in  parte  contrada  di  S.  Andrea),  la  via  Gesù,  ov'è  la  casa  di  Don  Fer- 
rante, e  la  via  Spiga. 

Perchè  il  prete  di  Borgonuovo  si  domanda  a  questo  punto  il  Din- 
doni, prevedendo  una  facile  obbiezione,  invece  di  suggerire  a  Renzo 
un  cammino  di  se-tte  od  otto  strade,  non  lo  mandò  per  la  più  diritta  e 
più  spiccia,  pel  Monte?  e  risponde  con  una  ipotesi  che  mi  sembra, 
dirò  poi  perchè,  degna  di  nota.  Ei  suppone  che  in  causa  di  quella 
furia  straordinaria  colla  quale,  dice  il  Manzoni,  il  morbo  aveva  deso- 
lato le  vicinanze,  a  tal  punto  che  il  fetor  dei  cadaveri  lasciati  lì  aveva 
indotto  i  pochi  rimasti  vivi  a  sloggiare,  a  tutela  della  proprietà  e  per 
motivi  d'ordine  pubblico,  quella  via  fosse  stata  sbarrata;  fatto  non 
nuovo  a  que'  giorni,  e,  per  altre  località,  riferito  dal  Ripamonti  e  dal 
La  Croce.  Il  documento  che  confermi  questa  ipotesi,  invoca  l'autor 
nostro,  da  chi  non  ha  che  allungare  la  mano  per  immergerla  nelle 
miniere  delle  ricchezze  manzoniane.  Ritenuto  per  fermo  che  Renzo 
non  passò  dal  Monte,  che  in  tal  caso  non  avrebbe  dovuto  voltare  per 
tante  dritte  e  tante  «mancine,  queir  ipotesi  ci  fa  supporre  che  il  Man- 
zoni non  siasi  limitato,  come  i  più  credono,  a  quelle  poche  fonti  di 
comune  ragione,  ma  abbia  per  avventura  ricorso,  senza  farne  mostra, 
a  documenti  inediti  e  sconosciuti,  e  può,  mi  sembra,  invogliare  gli 
studiosi  a  qualche  nuova  ricerca  su  questo  campo  (i).  A  giustificare 
un  tal  desiderio,  non  manca  qualche  altro  indizio.  Per  esempio:  né 
il  Morigia,  né  il  Ripamonti,  né  il  Tadino,  né  il  Lattuada,  che  pur  cita 
fonti  anteriori,  fanno  menzione  del  lascito  Bevilacqua  (1468)  ond'ebbe 
origine  il  Lazzeretto,  di  cui  parlano  gli  studi  recenti  del  Canetta,  del 
Beltrami,  condotti  sui  documenti   dell' Ospedal    Maggiore;  e    il  Man- 


(i)  Io  ho  voluto  cercare  fra  le  ordinazioni  dell'Autorità  munici- 
pale d'allora,  che  si  conservano  nell'Archivio  Storico  Civico,  se  una 
se  ne  trovasse  prescrivente  lo  sbarramento  della  citata  contrada  :  ma 
proprio  quel  manipolo  di  documenti  che  comprende  il  periodo  della 
peste  ho  trovato  mancare,  e  una  annotazione  d' un  archivista  del  se- 
colo scorso,  lascia  intendere  ch'essi  furono  dati  a  quel  Ripamonti 
stesso  il  quale  tessè  la  storia  del  morbo,  cavata  dagli  Annali  della  Città, 
e  più  non  li  restituì. 


BIBLIOGRAFIA  347 


zoili  lo  fa.  Nessuno  parla  di  una  campana  sulF  ingresso  dell' edificio, 
(quella  che  annunziò  la  predica  del  padre  Felice),  e  quella  campana 
compare,  come  fatta  porre  dal  Tribunale  della  Sanità,  in  un  inventario 
del  1728  dato  in  luce  dal  Beltrami  medesimo.  Infine,  la  descrizione 
dei  tumulti  è,  si  può  dire,  identica,  in  sostanza  a  quelle  del  Ripamonti 
e  del  Tadino,  ma  pure  c'è  qualche  cosuccia  che  i  due  storici  tacciono, 
e  che  compare  nella  Relazione  dei  provvedimenti  presi  dal  Tribunale 
di  Provvisione,  conservata  nell'Archivio  Storico  Civico,  e  transuntata 
da  G.  Pagani  nel  Pensiero  Italiano  del  1892.  Sono  puri,  deboli  indizi: 
il  terreno  è  molto  sdrucciolevole  per  chi  voglia  arrivare  a  conclusioni 
sicure,  ma  può  tuttavia  non  essere  inutile  l' averli  me'ssi  in  rilievo. 

Il  lavoro  del  Dindoni  si  chiude  con  alcuni  capitoli  intorno  al  Laz- 
zeretto, ne'  quali,  a  dire  il  vero,  anche  a  me  pare  vedere  un  po'  esa- 
gerato il  sistema.  La  tentata  identificazione  del  cammino  di  Renzo,  in 
relazione  alle  strade  moderne  gettate  sull'area  del  Lazzeretto,  del 
posto  occupato  dalla  capanna  di  Lucia,  da  quella  del  Padre  Cristoforo 
e  di  Don  Rodrigo,  dal  quartiere  delle  donne,  dal  recinto  dei  bambini, 
tutto  questo  sforzo  d' ingegno  per  ricostruire  una  topografia,  che,  per 
essere  limitata  ad  un  piccolo  recinto,  appare  assai  meno  importante 
di  quella  generale  del  romanzo,  ci  lascia  un  po'  più  freddi  e  dubbiosi, 
quantunque,  ripeto,  non  sia  facile  contraddire  alle  ingegnose  deduzioni 
dell'  autore,  senza  scartare  le  premesse  e  spostare  quindi  i  termini 
della  questione. 

Riepilogando:  questo  curioso  lavoro,  potrà  avere  qualche  lato 
debole,  potrà  non  convincere  molti,  ma  rivela  una  forza  d' ingegno  e 
un  acume  di  critica  che,  qualora  venissero  applicate  allo  studio  di  un 
argomento,  dirò  così,  più  solidamente  scientifico,  darebbero  senza 
dubbio  invidiabili  frutti. 


\ 


Ettore  Verga. 


Ottone   dott.   Giuseppe.    —   //  Partito  della    Guerra   in   Lomellina  nel 
1848-49.  —  Milano.  Libreria  edit.  Trevisini,  1899,  pag.   106. 

Il  libretto  del  giovane  dott.  G.  Ottone  vibra  di  bella  e  sana  gio- 
vinezza ed  è  scaldato   dai   più  puri  e  nobili  affetti  :    forze  veramente 


348  blHLIUÓKAKlA 


degne  di  animare  una  scrittura,  che  ci  vuol  rappresentare  una  pagina  di 
quell'età  eroica,  di  quell'epopea  quarantottesca,  la  quale  fu  una  bella 
e  ardita  gioventù  della  nuova  Italia,  ed  eruppe  nei  fatti  da  pnf -/za  *• 
altezza  di  sentimento  incomparabili. 

Il  giovine  autore  ebbe  a  modello  le  rassegne  storiche  che  V.  Fio- 
rini dirige  e  pubblica  nella  Piccola  Biblioteca  del  Risorgimento  Italiano. 
E  inspirato  da  assennate  parole  del  Fiorini  medesimo,  rigolgendosi  a 
sua  volta  a  spirare  vita  e  fede  colla  narrazione  di  quagli  eventi,  per  'ri- 
suscitare all'antica  virtù  la  fibra  nazionale,  che  intorpidisce  nell'oblio, 
tolse  a  riscattare  da  tale  oblio  gli  avvenimenti  e  gli  uomini  della  sua 
Lomellina,  destandosi  a  commozioni  soavi,  a  slanci  di  affetto,  a  memorie 
pietose. 

Così  egli  avverte  che  ci  presenta  un  lavoro  uscito  di  getto  dal  cuore 
ancor  pili  che  daW  intelletto  ;  benché  a  dir  vero  ne'  limiti  di  esso,  e  non 
ostante  qualche  imperfezione,  nel  libretto  dell'Ottone  si  vedano  con- 
giunti mente  e  cuore.  Che  se  vi  abbondano  le  confessate  vibrazioni 
dell'affetto,  ciò  non  è  male,  ove  non  ne  vengano  fuorviate  quelle,  che 
egli  dice  selezioni  dell'  analisi,  e  io  chiamerò  disamine  e  sicuri  risultati 
della  ricerca  e  della  critica. 

Del  lavoretto  sono  evidentemente  due  i  più  importanti  soggetti, 
l'insigne  patriottaG.Josti,  di  Mortara,  e  G.  Robecchi,  del  Vigevanasco, 
sacerdote  di  Cristo  e  della  patria,  secondo  quello  spirito  quarantotte- 
sco, che  rianimava  le  memorie  guelfe  alla  meraviglia  —  stupore  doloroso 
per  il  Metternich  —  davanti  all'esordiente  Papato  di  Pio  IX.  E  per 
avventura  l'opuscolo  dell'Ottone  avrebbe  raggiunta  anche  più  orga- 
nica e  compatta  unità,  se  si  fosse  anche  più  fedelmente  aggirato  in- 
torno a  que'  due,  come  a  fulcri  della  trattazione. 

De'  quali,  G.  Josti,  non  si  può  certo  dire  disseppellito  dall'oblio; 
che  non  poteva  ciò  avvenire  d'un  uomo,  di  cui  tante  volte  ricorre  il 
nome  negli  Atti  del  Parlamento  Subalpino  e  nei  giornali  torinesi,  come 
Y  Italiano,  Gazzetta  del  Popolo,  indici  di  grande  notorietà  in  quel  tempo, 
e  di  cui  discorre  poi  largamente  e  frequentissimamente  il  Bersezio  ne  7/ 
regno  di  Vittorio  Einanuele,  oper^.  delle  più  divulgate,  e  ben  nota  al- 
l' Ottone. 

Assai  men  conosciuta  la  figura  di  G.  Robecchi.  Fuori  della  Lo- 
mellina gli  eruditi  si  possono  facilmente  rammentare  del  fratello  Giulio, 
a  cui  dedica  pure  un  cenno  sufficiente  e  opportuno  l' Ottone,  e  che  è 
raccomandato  alla  posterità  dalla  dedica  a  lui  fatta  dal  Gioberti,  del 


BIBLIOGRAFIA  349 


Gesuita  Moderno.  Ma  intorno  a  Giuseppe,  nato  a  Gambolò,  parroco  di 
S.  Cristoforo  a  Vigevano,  predicatore  della  guerra  santa  dal  pergamo  di- 
venuto per  lui  anche  tribuna,  poi  tolto  alla  parrocchia  e  al  sacerdozio, 
deputato  di  Vigevano  al  Parlamento  Subalpino  e  in  fine  senatore,  eccetto 
il  necrologio  in  foglio  volante  —  j\q\V Opinione ,  a  suo  tempo,  — e  il  ma- 
grissimo  cenno  del  Bersezio  in  o.  e,  fuori  della  Lomellina  poco  o 
punto  è  noto.  Perciò  dirò  tosto,  che  intorno  a  questo  prete,  al  cui 
proposito,  per  l'analoga  direzione  delle  idee,  l'Ottone  ben  rammenta 
secondo  il  colorito  del  tempo  l'esempio  del  Lamennais,  sarebbe  stato 
conveniente  cercare  notizie  biografiche  più  minute,  esatte,  documen- 
tate. L'atto  di  nascita,  un  cenno,  quanto  vogliasi  sommario  delle  con- 
dizioni di  famiglia,  e  dell'educazione  da  lui  ricevuta,  si  desiderano  a 
più  esatta,  scientifica,  compiuta  illustrazione  nell'opuscolo  dell'Ottone; 
dove  non  istarebbero  coteste  cose  men  bene,  che  le  copiose  citazioni 
dei  discorsi  sì  di  G.   Josti  e  sì  del  Robecchi  stesso. 

Al  proposito  de'  quali  discorsi  non  biasimo  l' A.  come  egli  s' a- 
spetta,  per  le  copiose  citazioni:  sì  più  tosto  per  non  averle  fatte  ge- 
neralmente in  nota,  o  in  appendice.  Meglio  sarebbe  stato  in  appendice 
per  quelli  del  Robecchi,  che  vanno  sparsi,  e  furono  quasi  tutti  detti 
o  al  popolo  dei  Fedeli  in  chiesa,  o  a'  concittadini  in  riunioni  ristrette 
come  quella  del  Gabinetto  Letterario  di  Vigevano,  e  quella  della  Guardia 
Nazionale.  Il  raccogliere  una  tale  appendice  sarebbe  stato  oltre  che 
il  miglior  ristoro  alla  memoria  del  venerato  patriotta,  anche  il  più 
prezioso  contributo  ai  materiali  di  quella  storia  fortunosa,  e  fors'  anco 
un  contributo  non  ispregevole  alla  storia  letteraria  del  medesimo  pe- 
riodo. 

Vero  è  che  anche  così  com'è,  il  lavoro  riesce  attraente  e  l'Ottone 
lo  rende  pur  tale  con  la  forma  non  solo  corretta,  ma  colorita,  calda, 
e  geniale. 

Un  primo  capitolo  riguarda  "La  Lomellina  nel  periodo  di  prepara- 
zione,,; e  non  è  certo  il  più  felice,  del  libro,  benché  non  siano  senza  at- 
trattiva certe  spigolature  nell'opera  notissima  del  De  Castro  —  "  Milano 
e  le  cospirazioni  Lombarde  „  —  e  in  quella  di  G.  Vidari  —  "  Fram- 
menti cronistorici  dell'Agro  ticinese  „  —  e  altrove,  che  vengono  qui 
raccolte  a  dare  indizii  delle  condizioni  delle  cose  e  degli  "animi  nella 
Lomellina,  che  ben  la  prepararono  a  essere  poi  nel  Piemonte,  a  cui 
da  Aquisgrana  al  1859  —  ritoltane  per  breve  ora  da  Napoleone  —  fu 
congiunta,  uno  dei  territori  più  fedeli  al  Partito  della  Guerra.   Certo 


35o  BIBLIOGRAFIA 


V'  sono  qui  delle  lacune;  il  cenno  al  podestà  di  Vigevano  Biffignandi 
voleva  essere  più  compiuto,  e  così  quello  dei  ritrovi  carbonaristici  in 
Vigevano  richiedeva  un  rincalzo  di  ricerche  originali  alle  notizie  ca- 
suali date  da  altri,  che  l'Ottone  ha  il  merito  tuttavia  d'aver  bene 
accostate.  Inoltre  quella  Preparazione  si  doveva  illustrare  pure  con 
un  cenno  delle  ragioni  economiche  ed  etnografiche,  che  traevano  la 
Lomellina,  e  massime  Vigevano  —  nobile  figlia  di  Milano  —  alla  Lom- 
bardia, e  però  fomentavano  qui  più  facilmente  gli  spiriti  pairiotiici. 
L'A.  poteva  rificttere  come  de'  fatti  e  personaggi  da  lui  accennati  in 
questo  Primo  Capitolo  venisse  a  lui  luce  dalla  storia  di  Milano  e  della 
Lombardia.  Oltrecchè  tutta  la  Storia  più  antica  di  Vigevano,  pure  le 
memorie  del  Regno  Italico,  che  ebbero  tanta  parte  nel  suscitare  la  Ri- 
voluzione, —  al  quale  Regno  Napoleone  congiunse  Vigevano  ricono- 
scendone la  parentela  e  i  legami  indissolubili  con  la  Lombardia  — 
dovevano  essere  chiamate  cjui  in  causa. 

Gli  altri  Capitoli  discorrono  più  propriamente  il  periodo  storica 
1848-1849,  con  ricchezza  di  particolari  e  con  più  d'una  felice  spigola- 
tura, che  acquista  per  callida  iunctura  novità.  Noto  di  passata  l' ine- 
sattezza nel  prenome  del  conte  Priora  (p.  3i)  di  cui  non  è  qui  menzio- 
nato l'opuscolo  ^^  U  avvenir  e  di  Fif^^z^^/^o  „  pubblicato  del '49,  in  momento 
momentoso.  E  ancora  noto  che  il  dott.  Morselli,  citato  con  il  Sindaco 
Priora  e  altri  magistrati  e  cittadini,  i  quali  mandarono  a  Milano  tosto 
dopo  la  liberazione  (x  aprile)  di  questa  un  saluto  fraterno,  con  pari 
affetto  ricambiato,  non  è  più  oscuro  degli  altri  ivi  citati  a  p.  3i  ;  anzi 
si  sarebbe  potuto  nel  capitolo  antecedente  ricordare  quell'Andrea,  forse 
della  stessa  famiglia  al  quale  è  dedicata  un'iscrizione  di  P.  Giordani  (i). 

A  proposito  del  Robecchi  è  notevole  la  congettura  dell' A.,  che 
potesse  essere  il  Robecchi  medesimo  il  sacerdote  lomellino,  indicato  da 
F.  Mellana  nel  narrare  alla  Camera  dei  Deputati  in  Torino,  il  26 
marzo  1849,  dell'assedio  sostenuto  dalla  sua  eroica  Casale,  come  no- 
bile esempio  di  patriottismo.  Di  fatto  l' A.  riferisce  l'attestazione  del 
Diario  d'un  prete  vigevanese  morto  il  ij  ottobre  184^  circa  la  partenza 
del  Robecchi  da  Vigevano  il  22  di  marzo,  sì  che  potè  essere  a  Casale 
la  memorabile  giornata  del  25.  E  a  Casale,  ben  lo  sa  l'Ottone,  il  par- 


(i)  Scritti  ed.  e  postumi  di  P.  Giordani,  pubblicati  da  A.  Gussalli, 
Milano,  i858,  pag.  287. 


BIBLIOGRAFIA  35  I 


roco  Robecchi  si  trovava  il  22  settembre  1849,  quando  procunciò  le 
"  Due  parole  intorno  a  Carlo  Alberto  dette  in  Casale  il  22  settembre 
e  dedicate  a  quella  Guardia  Nazionale  „.  Si  desidererebbero  tuttavia 
ulteriori  ricerche  per  mutare  la  congettura  in  notizia  positiva. 

Né  so  perchè  1'  A.,  che  riportò  per  intero,  —  e  ne  metteva  conto  — 
le  parole  di  G.  Josti  nella  memorabile  adunanza  parlamentare  del  26 
marzo,  dove  fra  le  più  altre,  con  cui  assorse  davvero  "  al  suo  più  gran 
successo  parlamentare  „  sono  commoventissime  quelle  in  lode  del- 
l' "italo  Amleto,,  —  "Deputati,  mostratevi  degni  della  vostra  '  mis- 
sione. Io  per  me  in  tanta  meschinità  d'  uomini  una  sola  figura  vene- 
randa veggo  elevarsi,  ed  è  quella  di  Carlo  Alberto.  Mirate  il  martire 
d' Italia....  „  —  ;  dopo  queste  non  abbia  anche  reputato  conveniente 
riportare  per  intero  quelle  poche  parole  del  Robecchi,  che  in  modo 
sì  nuovo,  sì  quarantottesco,  consuonano  in  fine  all'  alta  lode  di  G.  Josti. 

Aggiungo  che  queste  parole  del  R.  furono  pronunciate  davanti  alla 
Guardia  Nazionale,  forse  nella  Chiesa  di  S.  Domenico. 

L'Ottone  soggiunge  giustamente  :  "....direi  senz' altro  che  le  apo- 
teosi più  eloquenti  di  C.  A.  vennero  da  questa  mia  terra...;  la  fierezza 
educata  tra  i  lunghi  e  melanconici  silenzi  delle  brune  pianure,  le  quali 
si  stendono  in  riva  all'  azzurro  Ticino,  in  vista  delle  uniformi  au- 
striache biancheggianti  sulle  opposte  rive,  crebbe  negli  uomini  politici 
della  Lomellina  una  sincerità  ed  una  vivezza  di  devozione  per  l'uomo 
oramai  fatto  martire  e  per  l'ideale  che  incarnava,  tali  che  non  pote- 
rono più  esser  superate.  E  la  memoria  del  re  pallido  e  taciturno,  com- 
parso sempre  e  soltanto  nei  giorni  della  sventura,  alla  testa  delle  sue 
schiere  di  valorosi  affamati  e  disperati,  ha  ancora,  dopo  tanti  anni, 
un'eco  non  languida  nei  racconti  dei  suoi  veterani,  sparsi  per  le  cit- 
tadine,  per  i  borghi,  per  le  fattorie  della  ubertosa  pianura....  „  Perciò 
accade  anche  di  trovare,  aggiungo  io,  in  molte  case  vigevanasche  certo 
epicedio  di  quel  re,  a  stampa,  in  endecasillabi  sciolti,  dovuto  a  un 
Bertagni;  e  il  cinquantenario  del  fatto  della  Sforzesca  fu  solennissi" 
mamente  celebrato  a  Vigevano,  esagerandosi  assai,  a  dir  vero,  l'im- 
portanza del  fatto. 

La  monografia  del  dott.  Ottone  rievoca  felicemente  que'  giorni, 
benché  noi  avremmo  desiderato  che  avesse  più  ampiamente  chiarito 
la  partecipazione  —  e  i  lìmiti  di  essa  —  dei  principali  uomini  della 
Lomellina  ai  fini  e  ai  metodi  del  partito  della  guerra  ;  le  relazioni 
loro  con  quelli  che  lo  rappresentavano  a  Casale,  dove  usciva  alla  luce 


352  BIBLIOGRAFIA 


un  giornale  dal  nome  significativo  "  Il  Carroccio  „;  le  cause  e  le  vi- 
cende della  brutta  accoglienza  che  ebbe  a  Vigevano,  nel  .'49,  il  Hiol- 
ferio.  Ma  il  meglio  non  deve  far  spregiare  il  bene. 

Il  dott.  G.  Ottone  ha  scritta  una  buona  pagina  della  storia  subal- 
pina e  lombarda;  e  se  poteva  tentare  ulteriori  ricerche  d'archivio, 
ha  tuttavia  ben  compulsate  altre  fonti  in  copia.  Forse  non  doveva 
accanto  a  opere  veramente  storiche  come  quelle  citate  anche  qui,  e 
raccolte  belle  e  diligenti  come  quelle  degli  Scritti  Lomellini  di  Vin- 
cenzo Boldrini,  mettere  il  libro  popolare  di  A.  Basletta  (i),  che  non 
ha,  né  può  avere  intendimenti  scientifici. 

Attilio  Butti. 


Pezza  dott.  Francesco.  —  Saggio  di  Demografia  Storico-Sanitaria  di 
un  Comune  risicolo  d' Italia  (Mortara).  —  Mortara-Vigevano,  Stabi- 
limento tipografico  Cortellezzi,  1899,  pagg.  146. 

È  questa  un'operetta,  che  appare  pregevole  anche  a  chi  non  è 
versato  nelle  discipline  mediche;  e  specialmente  nell'  igiene,  a  cui  sto- 
ricamente essa  serve,  essendo  anzi  la  pubblicazione  dell'operetta  pro- 
mossa daìV  Istituto  d^  Igiene  della  R.  Università  di  Pavia,  diretto  dal 
prof.  G.  Sormani,  al  quale  istituto  fa  onore.  La  chiarezza  dell'  esposi- 
zione e  il  metodo  statistico  rendono  il  lavoro  accessibile  anche  al 
profano,  e  né  fanno  necessariamente  persuasivi  i  risultati,  specialmente 
a  chi  é  cultore  di  studi  storici  e  famigliare  col  metodo  di  questi.  An- 
che un  profano  poi  sente  la  serietà  del  lavoro,  e  vi  intuisce  la  larga, 
sicura,  paziente  preparazione  dell'autore.  Certo  non  ostante  tutto  ciò, 
io  non  oserò  recare  in  mezzo  il  mio  giudizio,  benché  entro  me  in- 
chini a  dare  pienamente  ragione  all' A.,  dove  egli  si  afiatica  a  mostrare 
attraverso  le  statistiche  di  più  secoli,  e  anche  facendo  scorrerie  nel 
campo  demografico  di  comuni  limitrofi,  che  alla  risaia  propriamente 
non  è  da  imputare  la  malaria,  e  già  si  schiera  fra  i  seguaci  della  dot- 
trina del  prof.  Grassi,  che  recentemente  —  un  anno  dopo  la  pubbli- 
cazione del  Pezza  —  sembra, aver  ottenuto  un  vero  trionfo.  A  me  basta 
invece  segnalare  come  il  lavoro  del  Pezza  sia  un  utile  materiale  di 
storia  del  Comune  di  Mortara,  secondo  ricerche  originali,  essendo  ve- 

(j)  C.  A.  a  Vigevano,  Roma  1898. 


BIBLIOGRAFIA  353 


ramente  storia  d' igiene  e  storia  della  medicina  soprattutto,  ma  non 
senza  dar  lume  alla  storia  di  quel  Comune  anche  altrimenti.  Così  ad 
esempio  nel  Capitolo  "  Statistica  Mortarese  nel  secolo  XVI  „  e'  è  da 
spigolare  con  frutto  anche  per  noi.  Cito  la  noticina  intorno  a'  matri- 
moni de'  soldati  spagnuoli,  le  notizie  economiche  intorno  a  Mortara 
nei  tempi  tosto  susseguenti  alla  battaglia  di  Pavia,  le  notizie  copiose, 
accertate  e  bene  ordinate  circa  la  peste  bubbonica  (pag.  36-41),  le  no- 
tizie  utili,  anche  se  necessariamente  sommarie,  intorno  al  personale 
sanitario  in  età  ormai  riinote.  Una  bella  pagina  in  fine  mi  piace  segna- 
lare, che  è  come  una  parte  distinta,  cioè  il  capitolo  intitolato  "  Un  igie- 
nista mortarese  del  secolo  XVII  „.  Questi  è  il  dott.  Agostino  Gallarati, 
nome  —  può  dirlo  il  Pezza  con  giusto  vanto  —  da  lui  per  il  primo  sot- 
tratto alla  polvere  immeritata  dell'oblio.  Lo  ha  sottratto,  aggiungo  io,  con 
metodo  severo  e  rigoroso,  che  il  Pezza  usò  anche  in  altri  scritti,  come 
su  "  I  nobili  Gallarati  Loin£;no  „  pubblicato  in  Giovine  Lomellina,  1894, 
n.  48  (Mortara);  scritti  che  mostrano  bellissima  attitudine  alla  ricerca 
e  critica  storica,  e  che  è  da  dolersi  vadano  sparsi  in  fogli  volanti, 
d'ambito  ristretto  e  di  carattere  non  dottrinale.  Tanto  più  è  ragione- 
vole il  mio  lamento,  in  quanto  che  il  dott.  Pezza  ha,  oltre  air  attitu- 
dine scientifica  e  alla  serietà  degl'intendimenti,  l'arte  di  presentare 
i  risultati,  a  cui  perviene,  in  forma  lucidissima,  piana,  corretta  e  ade- 
scante pur  senza  lenocinii. 

Attilio  Butti- 


Dell'Acqua  dott.  Girolamo.  —  La  Basilica  di  S.  Salvatore  presso  Pavia. 
—  Pavia,  tip.  Fratelli  Fusi,  1900,  8.°,  pp.  24. 

Gradite  queste  notizie  storico-artistiche  consacrate  alla  basilica  di 
S.  Salvatore  che  tiene  posto  importantissimo  fra  i  monumenti  che  la 
Rinascenza  ha  lasciato  a  Pavia  e  che  ora  sta  per  essere  ridonata  al 
culto  dell'arte  e  della  religione.  Alle  notizie  storiche  il  Dell'Acqua 
fa  seguire  quelle  interessanti  epigrafiche  e  artistiche,  non  dimenti- 
cando una  diligente  serie  degli  abati  di  S.  Salvatore  dal  962  al  1795. 
Vi  aggiunge  notizie  per  l' imperatrice  Adelaide  il  di  cui  corpo  ripose- 
rebbe, anziché  in    Selz  od  in  Hannover,  in  S.  Salvatore. 


Arch.  Star.  Lomb.  —   Anno  XXVII,  —  Fase.  XXV] 


BOLLETTINO  DI  BIBLIOGRAFIA  STORICA  LOMBARDA 
(giugno-dicembre  igooj. 


I  libri  segnati  cnn  astefisco  pervennero  alla  Biblioteca  Sociale, 

AcUi,  ecclesiae  mediolanensis  ab  ejus  inidis  usque  ad  nostrani  aeta- 
tem,  opera  et  studio  presb.  Achillis  Ratti,  voi.  IV,  fase.  Só-Sy.  — 
Mediolani,  Raph.  Ferraris,  edit.,  3^0,  in-4,  col.  721-880. 

Agiografia.  —  Vedi  Ambrogio  (S.),  Dubois,  Gonzaga,  Lodovico,  Magriy 
Martinengo, 

Ag;iicsi«  —  Di  un  nuovo  libro  intorno  a  Maria  Gaetana  Agnesi.  — 
Civiltà  Cattolica,  21  luglio  1900. 

Almanacco-llaniiale  della  Provincia  di  Como  pel  1900.  Anno  LXIII. 
—  In-8.  Como,  tip.  Ostinelli,  1900. 

Le  onoranze  a  Volta  e  la  stampa.  —  Pratesi  (Plinio).  Il  Mo- 
numento a  Parini  in  Bosisio.  —  San  Fedelino.  —  Bertolini  (An- 
tonio). Il  dott.  prof.  Innocenzo  Regazzoni.  —  Carcano  (Paolo).  L'av- 
vocato Giuseppe  Gatti.  —  Rubini  (Filippo).  Il  senatore  Gaetano 
Scalini.  —  p.  r.  Il  senatore  Achille  Polti. 

jLiiibrog^io  (S.).  Bischof  Ambrosius  und  Kaiser  Theodosius.  —  Illn- 
strierte  Zeitung,  n.  2990  (1900). 

Ambrogio  (S.).  —  Vedi  Briìcker,  Cipollini,  Lova. 

Antonini  (G.).  Un  episodio  emotivo  di  Gaetano  Donizetti.  —  Rivista 
musicale  italiana,  fase.  Ili,  1900. 

Araldica  e  Genealogia.  —  Vedi  Bollettino,  Carreri,  Moscardi,  Pietra- 
mellara,  Miìntz,  Periodico,  Portugal,  Salazar,  Stùckelberg. 

Arcari  (Paolo).  Commemorando  Cesare  Cantù.  —  Scuola  Cattolica, 
luglio-agosto  1900. 

Archeologia.  —  Vedi  Atti,  Beltrami,  Castelfranco,  Colini,  Cozza,  Del- 
l'Acqua,  Jecklin,  Jullian,  Oberziner,   Pais,  Parazzi,   Pauli,  Pitard 
Poggi,  Ricci,    Vegezzi. 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA  355 

*  Arcblvio  storico  per  la  città  e  comuni  del  Circondario  di  Lodi. 
Anno  XIX.  —  Lodi,  tip.  Quirico  e  Camagni,  1900. 

Fase.  II  (aprile-giugno).  Agnelli  (Giovanni).  Ospedali  Lodigiani: 
Ospedale  di  S.  Giacomo.  —  Lo  stesso.  Luoghi  perduti:  La  Corte  di 
Ronco.  —  Documenti  del  secolo  XV  riguardanti  località  del  Basso 
Lodigiano.  —  Notizie  varie  (Papa  Pio  VI  nel  Lodigiano;  Maestri 
d'arte  italiani  in  Lione  dal  XV  al  XVII  secolo;  Gaetano  Landriani  ; 
Simone  da  Lodi,  ingegnere;  Visita  al  Corpo  di  S.  Bassiano,  i583); 
Macchina  per  far  scrivere  i  ciechi.  —  Agnelli  (G.).  Cesare  Vignati 
[necrologia  con  documenti  inediti  biografici  ed  elenco  delle  sue 
pubblicazioni].  —  Lettere  delF  ing.  Dionigi  Biancardi  (1860). 

Fase.  Ili  (luglio-settembre).  Agnelli  (Giovanni).  Ospedali  Lo- 
digiani: Ospedale  di  S.  Stefano.  —  Lo  stesso.  Luoghi  dimenticati  : 
Dove  era  la  Corte  di  Tillio;  Gioveiiigo.  —  Documenti  riguardanti 
località  del  Basso  Lodigiano:  Maleo.  —  Agnelli  (G.).  Controversie 
fra  il  Vescovo  di  Lodi,  i  Prevosti  di  S.  Salvatore  ed  i  Delegati  del- 
l' Ospedale  Maggiore,  per  Y  esercizio  dei  funerali  ed  altre  funzioni 
religiose.  —  Ritratti  di  Lodigiani  illustri  nella  Biblioteca  Comu- 
nale di  Lodi.  —  Deputazione  storico-artistica  di  Lodi. 

Arci  (prof.  Fil.).  Gli  amplessi  di  Virgilio  con  Sordello  e  Stazio  :  no- 
ticina  dantesca.  —  Alatri,   tip.  De  Andreis,  1900,  in-8,  pp.  i5. 

Arte.  —  Vedi  Barbier,  Bel  trami,  Bergamo,  Bianchi,  Bolldiino,  Brescia, 
Caremi,  Carotti,  Certosa,  DeW Acqua,  Eichholz,  Fabriczy,  Fonda- 
zione, Frizioni,  Gradi,  Hermann,  Leonardo,  Liebenau,  Luzio,  Maj oc- 
chi, Mazzetti,  Melani,  Meyer,  Milano,  Morelli,  Moretti,  Muntz,  Muzio, 
Nicastro,  Oberziner,  Petrocchi,  Pittura,  Quirici,  Relazione,  Reproduc- 
tions,  Roberti,  Salv eraglio,  Sant'  Ambrogio,  Schweitzer,  Sforza,  Si- 
gnori, Tedeschi,  Toschi,  Valtellina,  Vcgezzi,  Venturi,  Vittadini,  Wolff. 


Ascoli  (G.).  Carlo  Cattaneo  negli  studi  storici.  Lettera  a  F.  L.  Pullé. 
—  Nuova  Antologia,  16  giugno  1900. 


Asensio  (José  Maria).  Sobre  algunos  incunables  espanoles  relativos 
a  Cristobai  Colon.  —  Boletin  de  la  R.  Academia  de  la  historia,  giu- 
gno J900. 

Contrariamente  alle  conclusioni  prodotte  nel  Bibliographe  Mo- 
derne dal  sig.  Haebler,  l'A.,  anziché  per  Fa.  1497,  e  in  Valladolid, 
insiste  che  la  lettera  del  Colombo  (delFAmbrosiana)  sia  stata  stam- 
pata a  Siviglia  nelF aprile  1493.  Difatti,  dopo  il  2.°  viaggio  del  Co- 
lombo e  le  susseguite  sue  scoperte,  c'era  bisogno  di  ristampare  nel 
T497  la  prima  notizia  delle  prime  scoperte  del  1498? 


Atlas  universel  de  gcographie,  commencé  par  Vivien  de  Saint-Martin 
et  continue  par  Fr.  Schrader.  Carte  n.  22:  Italie  Septentrionale.  — 
Paris,  Hachette,  1900,  in  fol. 


mRMOCHAVIA 


Atti  dcU'Atcneo  di  scienze  ed  arti  in  Bergamo.  Voi.  XV  (1898-99).  — 
Bergamo,    1900. 

Antonini.    I  precursori    di    Lombroso.   —   Locatkli.i.    Vittor< 
Tasca.  —  Fornoni.   Condizioni   tisiche   e  topografiche   dell'  antico 
territorio    bcrgomense.   —  Pinetti.    La   fratellanza    artigiana   dei 
sarti    in   Martincngo.  —  Piccioni.    Il   giornalismo    bergamasco.  — ' 
Mantovani.  Notizie  arciieologichc  bergomensi  (1897-99). 

Balladoro  (Arrigo).  Impronte  maravigliose  in  Italia.  XCV.  Le  zampe 
del  diavolo  (Pavia).  XCVI.  La  mano  di  San  Colombano  (Pavia).  — 
Archivio  delle  tradizioni  popolari,  gennaio-marzo  1900. 

Bai'liicr  de  llonlatilt  (X.).  Le  trésor  de  St.-Ambroise  à  Milan.  — 
Revae  de  l'art  chrctieiì,  3."^  livr.  1900  [cont.). 

—  Couronne  de  fer  de  Monza.  —  Reviie  de  l'art  chréticn,  sett.  1900. 

Baroni  (avv.  Giovanni).  Il  crocilìsso  della  Maddalena  [in  Lodi]  :  no- 
tizie storiche.  —  Lodi,  tip.  vescov.  Quirico  e  Camagni,  1900, 
in-8,  pp.  19. 

*  Barzixxa.  —  Lettera  di  Guini forte  Barzizza  alla  duchessa  Bianca 
Maria  Sforza  [12  agosto  1457]  pubblicata  a  cura  di  Domenico  Orano. 
(Nozze  Ciraolo-Pascucci).  —  Roma,  Forzani  e  C'  M.  DCCCC, 
in-8  gr.,  pp.  i3. 

La  lettera  del  Barzizza  si  aggira  intorno  all'educazione  di  Ga- 
leazzo Maria  Sforza  e  particolarmente  al  viaggio  di  questi  a  Fer- 
rara nel  1457,  ed  è  da  unirsi  a  quelle  già  segnalate  e  pubblicate 
dal  Mazzatinti  e  dal  Cappelli  [Ardi.  stor.  lombardo)  (1894).  L' inte- 
ressante documento  è  corredato  di  utili  notizie  biografiche  del 
Barzizzaj  e  l'A.  ci  lascia  sperare  l'edizione  di  altri  documenti  let- 
terarj  sforzeschi  in  di  lui  possesso,  grazie  a  dono  fattogliene  nel 
1890  da  Domenico  Berti,  suo  zio. 

Bassi  (Emma).  Tre  paginette  di  storia  italiana:  conferenze.  —  M  i- 
lano,  Albrighi  e  C.',  1900,  in-16. 

I.  La  bandiera  italiana  e  la  lirica  popolare  nel  1848.  3.  Le 
donne  lombarde  nella  rivoluzione. 

Becker  (P.  A.).  Marguerite    duchesse   d'Aleng;on   et   Guillaume  Bri- 
connet,  évéque  de  Meaux,  d'après  leur  correspondance  manuscrite, 
■    1521-1524.  —  Bulleiin    de    la  Società  de   Fhistoire    dii   protcstantisme 
fran^ais,  agosto-settembre  1900. 

Beig;eri  (E.).  Il  predominio  spagnuolo  e  Carlo  Emanuele  I  di  Savoia. 
Conferenza.  —  Cuneo,  frat.  Isoardi,  1899,  in-8,  pp.  41. 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA  .^Dy 


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stello di  Milano.  —  Per  la  memoria  di  Umberto  I  in  Milano.  Pro- 
posta della  Torre  Umberto.  —  Perseveranza,  6  luglio;  20  agosto  ; 
8  novembre  1900. 

—  Per  il  restauro  della  fronte  principale  del  Castello  Sforzesco.  —  Il 
Castello  di  Novara.  —  La  "  Cà  del  duca  „  sul  Canal  Grande  a  Ve- 
nezia. —  Corriere  della  Sera,  8  luglio;  4  settembre;  8  sett.  1900. 

—  Intorno  al  Castello  di  Milano.  —  Il  Monitore  tecnico,  n.  19,  io  lu- 
glio 1900,  con  ili. 

—  Un  quadro  storico.  L'assedio  ed  attacco  del  Castello  di  Milano  nel 
dicembre  1783  per  opera  delle  truppe  franco-sarde.  Con  ili.  —  Il- 
lustrazione italiana,  n.  87^  1900. 

Il  quadro  si  trova  ora  nel  Museo  municipale  di  Milano,  ed  è 
opera  di  Alessandro  Antoniano. 

—  Il  palazzo  "  Venezia  „  sede  delle  Assicurazioni  generali  in  Milano. 
—  Edilizia  Moderna,  maggio  1900. 

—  I  lavori  di  restauro  al  Castello  Sforzesco  di  Milano  negli  anni  1899- 
903.  Con  incisioni  ed  i  tavola.  —  Edilizia  Moderna,   sett.  1900. 

—  Da  L.  da  Vinci  a  Nietzsche.  —  Corriere  della  Sera,  n.  25g,  1900. 

—  Disegni  d'architettura,  n.  8  e  9  della  serie.  —  Edilizia  moderna,  lu- 
glio-agosto 1900. 

Disegno  di  Boccascena  per  il  R.  Teatro,  nel  Palazzo  di  Corte 
a  Milano,  secolo  XVIII  (raccolta  Beltrami),  —  Disegno  a  penna  del 
secolo  XV  [sedia  vescovile  del  duomo  di  Milano].  Raccolta  della 
Biblioteca  Ambrosiana. 

*  —  La  Cà  del  Duca  sul  Canal  Grande  ed  altre  reminiscenze    sforze- 

Ische  in  Venezia.  —  M  i  La  n  o ,  U.  Allegretti,  1900,  in-8  fig.,  pp.  62 
con  tavole  (Nozze  Albertini-Giacosa). 
Sulla  scorta  di  documenti  inediti  dell'Archivio  di  stato  mila- 
nese, il  B.  ricostituisce  la  storia,  fin  qui  abbastanza  confusa,  del 
palazzo  venduto  da  Marco  Cornare  nel  1460  al  duca  Francesco 
Sforza,  cedendo  in  cambio  la  casa,  in  contrada  di  S.  Polo,  già 
donatagli  dalla  Serenissima,  e  che  fin  dal  1458,  per  esame  dell'ar- 
chitetto Filarete  era  ritenuta  in  cattive  condizioni  d'abitazione. 
Si  danno  notizie  nuove  sull'invio  a  Venezia  dell'architetto  fio- 
rentino Benedetto  Ferrini  (1461),  che  allora  lavorava  al  castello 
di  Milano,  e  si  addita,  interessante  scoperta,  in  Bartolomeo  Bon 
l'architetto  di  quel  grandioso  palazzo.  —  Fra  le  altre  reminiscenze 
sforzesche  si  notano  le  costruzioni  di  Galeazzo  Maria  alla  Giu- 
decca,  e  di  Lodovico  il  Moro  a  S.  Giustina,  con  riproduzione  del 


358  BIBLIOGRAFIA 


ducale  sforzesco,  ora  nel  Musco  Correr,  e  già  coiuunicato  dal  Si> 
('.uso  (Venezia,  1878),  e  noi  Porlafoi^U  delle  arti  decorative  dcirOii- 
gania  (a.  II,  tav.  I). 

Tiziano  sembra  aprisse  bottega  nella  casa  "  olim  del  duca  de 
Milan  „  (clr.  Lorenzi,  Monumenti  per  la  storia  del  palazzo  du- 
cale, p.  I,  161.  —  MoLMENTi,  p.  206), 

*  Bcltranii  (L.).  "Divixia  Vicecomitorum,,.  (Dal  "  Libro  delle  Arme 
antique  de  Milano,,.  Codice  n.  1890,  della  Biblioteca  Trivulziana). 
—  Milano,  tip.  U.  Allegretti,  M  C  M  m-'ò  ili.,  pp.  58  (Nozze 
Visconti-Erba). 

Cfr.  i  Cenni  bibliografici. 

—  La  porta  settentrionale  del  Duomo  di  Milano  (Porta  versus  Com- 
pedum).  Vicende  e  raffr(niti  con  disegni  inediti.  —  Milano, 
U.  Allegretti,  1900^  pp.  44  con  12  ine. 

Benratli  (K.).  lulia  Gonzaga.  Ein  Lebensbild  aus  der  Geschichte  der 
Retbrmation  in  Italien.  [Schritten  des  Vereins  tur  Reformations- 
geschichte  n.  65].  —  Halle,  Niemeyer,  1900. 

Giulia  Gonzaga.  Una  figura  della  storia  della  riforma  in  Italia. 

Bergamo.  —  Fregio  in  una  sala  del  Convento  dei  Canonici  Latera- 
nensi,  ora  Albergo  dell' Elefante ,  in  Bergamo.  Cromolitografia 
[senza  testo].  —  Arti  italiana  decoraiiva,  a.  IX,  1900,  n.  8. 

Bergamo.  —  Vedi  Antonini,  Atti,  Barzizza,  Fornoni,  Guida,  Locatelli, 
Magnaghi,  Magri,  Marchesi,  Mascheroni,  Meyer,  Pelaez,  Piccioni, 
Proto. 

Bertolini  (E.).  Il  sentimento  religioso  del  Manzoni  e  dello  Chateau- 
briand. —  Rasspgna  nazionale,  1°  giugno  1900. 

BettinellS  (Daniele).  Legnano  nella  storia.  —  In-8.  Milano,  Pul- 
zato  e  Giani,  1900,  in-8,  pp.  100. 

I.  Legnano  prima  della  battaglia.  2.  Battaglia  di  Legnano.  3.  Le- 
gnano dopo  la  battaglia.  4.  Castello  di  Legnano.  5.  Chiese  di  Le- 
gnano. 6.  Conventi.  7.  Uomini  illustri  di  Legnano.  8.  Legnano  in- 
dustriale. (Per  la  storia  della  battaglia  nulla  di  nuovo). 

Bianclii  (maestro  Giuseppe).  Gli  artisti  ticinesi.  Dizionario  biografico. 
—  Lugano,  Libreria  Bianchi,  1900,  in-8,  pp.  212. 

Agg.  :  Laghi  (maestro  Pierino).  Le  glorie  artistiche  del  Ticino. 
Lugano,  tip.  Traversa,  1900. 

Bibliotecbe  (Le)  governative  italiane  nel  1898:  notizie  storiche,  bi- 
bliografiche e  statistiche  pubblicate  a  cura  del  Ministero  della 
Pubbl.  Istruzione.  —  Roma,  soc.  edit.  Dante  Alighieri,  1900,  in-8. 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA  SSq 

3.  Biblioteca  Braidense.  8.  Biblioteca  di  Cremona.  25.  Biblio- 
teca universitaria  di  Pavia. 

Biblioteche  e  Musei.  —  Vedi  Asensio,  Biblioteche,  Brescia,  Carotti,  Ca- 
talogo, Fondazione,  Frizzoni,  Herzog,  May,  Metani,  Milano,  lelvion, 
Sant" Ambrogio,  Sforza,   Vanbianchi,   Venturi,    Vittadini. 

Biffi.  In  memoria  di  Serafino  Biffi.  —  Milano,  1900. 

*  Bigioni  (G.).  Il  Saliceti  a  Genova  nel  1796.  Una  lettera  poco  nota 
(17  marzo  1796).  —  Giornale  storico  della  Liguria^  a.  I,  1900,  fasci- 
colo 7-9, 

Biografia  e  Agiografia.  —  Vedi  Agnesi,  Almanacco,  Antonini,  Ar- 
chivio, Ascoli,  Atti,  Biffi,  Bufar  deci,  Cairoti,  Canta,  Cipollini,  Cor  io, 
Corradi,  Foscolo,  Fumagalli,  Gatta,  Cerini,  Gonzaga,  Kaufmann, 
Lepreri,  Lioy,  Locatelli,  M.,  Magnaghi,  Manzoni,  Marimò,  Masche- 
roni, Morellini,  Mi'mtz,  Negri,  Parini,  Paulus,  Pellini,  Plinio,  Ra- 
cheli.  Ratti,  Salvioni,  Schiaparelli,  Sforza,   Tarozzi,   Volta. 

Bisoni  (sac.  dott.  G.).  Gli  Ungheri  in  Italia.  Studio  storico-critico. 
Quarta  irruzione.  (Gli  Ungheri  a  Mantova,  a  Pavia,  a  Piacenza,  a 
Cremona,  ad  Adria,  ad  Asolo).  —  Scuola  Cattolica,  settembre-ot- 
tobre 1900. 

Bliim  (H.).  Suworows  Zug  uber  die  Schweizer  Alpen  sept. -oct.  1799. 

—  Neue  Ziircher  Zeitung,  n.  277-285,  287-289,  1899. 

Agg.  pel  Souvarof:  Hoppeler  (d.'').  Ein  zeitgenòssischer  Be- 
richt  ilber  Suworovs  Zug  durch  die  Schweiz  im  Herbst  1799 
("  Schweizer.  Monatsschrift  tur  Offiziere  „,  luglio  1899).  Una  bi- 
bliografia della  campagna  russa  nel  1799  in  Svizzera  è  data  nel 
volume  Kriegsgeschichtliche  Studien  herausgegb.  vom  eidg.  Gene- 
ralstabsbureau.  (Bern,  Haller,  1899,  in-8  e  carte). 

Uoccalari  (Giovanni).  Breve  cenno  sulle  origini  dì  Milano.  Sunto 
storico  della  vita  e  morte  di  Federico  Barbarossa  (Fasti  lombardi). 

—  In-8.  Legnano,  tip.  fratelli  Garancini,  1900. 

Bollati  di  Saint-Pierre  (F.).  Illustrazioni  della  spedizione  in  Oriente 
di  Amedeo  VI  (il  Conte  Verde).  —  Torino,  frat.  Bocca,  M  C  M, 
gr.  in-8,  pp.  vii-373.  [*'  Biblioteca  storica  italiana  pubbl.  per  cura 
della  R.  Deput.  di  Storia  patria,,.  V]. 

"  Bollettino  «torico  della  i»¥izzera  Italiana.  Anno  XXII,  1900. 

—  Bellinzona,  Colombi. 

N.  4-8.  I  Rusca,  signori  di  Locamo,  di  Luino,  di  Val  Intelvi,  ecc. 
[Continuaz.  i5o8-i5i2].  —  Gli  Statuti  di  Biasca  dell'anno  1434.  — 
Lettere  di  sovrani,  principi  e  prelati  dirette  a  Pio  IV,  al  cardinale 
Borromeo  e  ad  altri  (i56i-i633).  Dagli  autografi  in  casa  Paleari  a 


BIBMOGKAl'lA 


Morcotc.  [Cont.].  —  "Artisti  della  Svizzera  Italiana.  (Spigolature  e 
documenti).  —  Delle  pietre  preziose  e  dei  metalli  nel  Ticino.  — 
Inventario  dei  documenti  dell'Archivio  Torriani  in  Mcndrisio. 
[Co«/.J.  —  Gli  "asini,,  di  Arbcdo,  —  Varietà:  Un  ministro  sviz- 
zero che  dà  delle  feste  all'Isola  }3ella  (il  famoso  Hallcr,  nel  1798]; 
Ginevra  bandita  per  eresia  (iSSg);  Per  la  storia  della  chiesa  di 
Loreto  di  Lugano  (1728);  Il  padre  Roviglio  [suoi  sonetti  per  le 
nozze  Litta-Visconti  di  Milano,  nel  1745];  Due  lettere  del  gene- 
rale Dufour.  —  Cronaca.  —  Bollettino  bibliografico. 

N.  9-10.  Salvioni  (Carlo).  Notcrellc  di  toponomastica  lombarda 
[Baggio,  Bisnate,  Campodolcino,  Chiuro,  Cislago,  Crebbio,  Ghiffa, 
Ispra,  Luino,  Magherno,  Pallanza,  Paraviso,  Pescio,  Predore,  Porta 
Renza,  Ronscio,  Teglio,  Trasquera,  Vagna,  ecc.].  —  Gli  Statuti  di 
Biasca  dell'anno  1484.  [Cont.\.  —  Liebenau  (d/  T.).  Die  Anfànge 
der  Gotthardhefestigung.  [I  primordi  delle  fortificazioni  al  Got- 
tardo, 1618].  —  Lettere  di  sovrani,  ecc.  dirette  a  Pio  IV,  al  cardi- 
nale Borromeo  e  ad  altri.  [Fine].  —  Inventario  dei  documenti 
dell'Archivio  Torriani  in  Mendrisio.  [Coni.  Anni  1574-1684].  — 
Varietà.  —  Bollettino  bibliografico. 

Bolzani  (A.).    Vincenzo  Bellini  a  Casalbuttano.  —    //    Torrazzo    di 
Cremona,  n.  8,  1900. 

*  BongI  (Salvatore).  Un  poeta  cinquecentista  dimenticato.  (Rime  di 
M.  Pasquale  Malespini  in  Roma,  nella  stampa  de'  Dorici,  i557,  in-8). 
Nota.  —  Atti  R.  Accademia  lucchese  delle  scienze,  voi.  XXX,  1900. 
Composizioni  a  proposito  delle  guerre  franco-imperiali  in  Italia, 
molte  poi  inspirate  dalla  politica,  dove  l'A.,  benché  non  voglia  es- 
ser chiamato  guelfo  né  ghibellino,  si  mostra  aderente  e  partecipe 
alla  fazione  di  Francia,  di  cui  seguitava  la  bandiera.  Talché  nel- 
l'ultimo sonetto,  racconta  come  potè  vedere  il  re  F'rancesco  pri- 
gioniero in  Pizzighettone  e  avrebbe  posto  la  sua  vita  in  pericolo 
pur  di  liberarlo.  —  Vi  sono  stanze  in  morte  di  Bramante  che  l'A., 
il  primo  giorno  che  giunse  a  Roma,  vide  sul  feretro  "  colla  barba 
lunga  e  chioma  corta  „,  altre  in  lode  di  Scaramuccia  Trivulzio, 
cardinale  di  Como.  Ma  quelle  che  contengono  una  più  espressa 
confessione  della  fede  politica  dell'  A.,  sono  le  ottave  intitolate 
Conforta  il  Re  Francesco  a  passare  in  Italia,  di  certo  ispirate  e 
scritte  alla  vigilia  della  catastrofe  di  Pavia. 

Boiinal  de  Oanges.  Campagnes  de  l'Armée   d'Italie  (1796-1797).  — 
Revue  dii  monde  catholique,  i.°  ottobre  1900. 

Bourg;eois  (E.).  La  jeunesse  d'Alberoni.  —  Amiales  des  sciences  poli- 
tiqiies,  marzo  1900. 

Brambilla  (Rinaldo).  Conferenze  e  commemorazioni.  —  Sassari, 
tip.  G.  Dessi,  1900,  in-8. 

3.  Cesare  Cantù  commemorato  nel  primo  centenario. 


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Brescia.  —  Facciata  dell'Archivio  notarile  a  Brescia,  ing.  C.  Cano- 
vetti.  I  tavola  (senza  testo).  —  Memori;  di  un  architetto,  voi.  X, 
1900,  fase.  VI,  tav.  4.^. 

Brescia,  —  Vedi  Cassa,  Chevallier ,  Colini,  Eichholz,  Fé,  Haufe,  Liber, 
Livi,  Lodovico,  Martinengo,  Meyer,  Ostermann,  Parali,  Poggi,  Ra- 
cheli.  Relazione^   Tartaglia,  Zidimeo. 

Brìiclcer  (J.)  et  liapòtre  (A.).  Saint-Ambroise.  Nouvelles  publications 
sur  sa  vie  et  ses  oeuvres.  —  Études  publiées  par  des  pères  de  la  Com- 
pagnie de  Jesus,  5  agosto  1900. 

Brufioni  (prof.  E.).  Da  Milano  a  Lucerna.  Guida  itinerario-descrittiva 
della  ferrovia  del  Gottardo,  dei  Tre  Laghi,  del  Lago  dei  Quattro 
Cantoni,  del  Canton  Ticino,  ecc.,  compresovi  Brunate,  il  Monte 
Generoso,  il  San  Salvatore,  il  Righi,  il  Pilato,  lo  Stanserhorn,  le 
Ferrovie  Nord-Milano,  le  linee  principali  delle  reti  Mediterranea 
ed  Adriatica,  la  Bassa  Valtellina,  l'Alta  Engadina,  la  Valle  Mesol- 
cina.  Prima  edizione.  14  carte  topografiche,  5  piante  di  città,  i  pa- 
norama, i3o  fine  incisioni.  —  Bellinzona,  Colombi,  1900,  in-8^ 
pp.  xxiii-472-80  A-XVII. 

Bufardeci  (Curcio  Gaet.).  Su  la  vita  letteraria  del  conte  Baldassare 
Castiglione:  studi.  —  Ragusa,  tip.  Piccitto  e  Antoci,  1900,  in-8, 
pp.  177. 

*  Butti  (A.).  Onomastica  dei  "  Promessi  Sposi  „.  —  Biblioteca  delle 
Scuole  Italiane,  n.  8-9,  agosto-settembre  1900. 


I 


Buzzoni  (sac.  Pietro).   Appendice    al   Centenario   in   casa  nostra.  — 
M  i  la  n  o ,    tip.  arc-iv.  Ditta  G.  Agnelli,  in-8,  pp.  io3,  con  tre  tav. 


aliancs  (d.*").  Le  cabinet  secret  de  l'histoire.  4.^  sèrie  (Fran9ois  V 
est-il  mort  de  la  belle  Féronnière  ?).  —  Paris,  Maloine,  1900,  in-i6. 


!as:nola  (avv.  Fr.).  Regime  dell'Adda  nei  suoi  rapporti  colla  Muzza 
e  colle  altre  derivazioni  del  fiume:  studi.  Voi.  II  (testo)  fase.  III. 
(La  Martesana).  —  Lodi,  tip.  edit.  Quirico  e  Camagni,  1900,  in-8, 
pp.  247. 

Cairo  (Giov.)  e  Oiarelli  (F.).  Codogno  e  il  suo  territorio  nella  cro- 
naca e  nella  storia.  Voi.  Il,  fase.  46-47.  —  Codogno,  tip.  edi- 
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Cairoti.  —  La  famiglia  Cairoli.  Numero  unico,  ili.  da  60  fotoincisioni. 
Ricordo  dell'inaugurazione  del  Monumento  Nazionale  in  Pavia 
(14  giugno  1900).  —  Pavia,  fratelli  Fusi,  in  fol.  ili,  pp.  84. 

Parte  Storica:  Ai  lettori.  —  Cronaca  1848-1889,  sulle  lettere 
famigliari  dei  Cairoli  (L.  De  Marchi,  F.  Predieri).   —    Benedetto 


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(I'.    i'.WESl). 

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Cnlia^e.  Paolo  Diacono.  —  Rivista  internazionale  (ti  scienze  socia/i, 
11.  92-93  (Roma;  1900). 

Camcnlscli  (C).  Die  Bergpàsse  des  Obcrengadins.  Eine  historische 
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Schizzo  storico  intorno   ai   valichi  alpini  dell'alta  Engadina  : 
Spinga,  Settimo,  Julicr,  Maloja,  Albula,  Bernina. 

Campeir»  Rhaeticae  alpestris  topographica  descriptio,  hrsgegb.  von 
prof,  d.'  Schiess.  {Jahresbericht  1899-1900  der  Naturforschenden 
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Canili  (Cesare).  Storia  della  città  e  diocesi  di  Como.  Voi.  Il  e  ultimo. 
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Carducci  (G.).  A  proposito  ci  certi  sonetti  di  G.  Parini.  —  Nuova 
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Carenti  e  Bottaro*  Cenni  sopra  un  progetto  di  completamento  della 
decorazione  interna  della  basilica  di  S.  Giovanni  Battista  in  Busto 
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CaroUi  (Giulio).  Enrico  Butti  e  il  monumento  di  Legnano,  con  5  ili. 
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—  I  nuovi  Musei  del  Castello  di  Milano.  —  Illustrazione  italiana,  n.  24, 
1900  {coni.). 

Carreri  (F.  C).  La  casa  di  Dovara.  —  Torneo,  giornale  della  Nobiltà 
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Canfia  (avv.  A.).  Monasteri  di  Brescia  e  monastero  di  S.  Caterina  : 
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pp.  78  (Estr.  "  Commentari  „  Ateneo  di  Brescia). 

Cassano.  —  Die  Schlacht  von  Cassano.  —  Militar  "rVochenblatt,  85 
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Castelfranco  (P.).  Corredo  da  toeletta  di  Rebbio  (Como).  —  Bullet- 
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Catalogo  di  una  importante  biblioteca  appartenuta  a  famiglia  pa- 
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BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA  363 

Catalogo  generale  della  libreria  italiana  dall' anno  1847  a  tutto  il  1899, 
compilato  a  cura  del  prof.  Attilio  Pagliaini,  bibliotecario  della  Re- 
gia Università  di  Genova.  —  Milano,  Associaz.  Tip.  libr.  ita- 
liana, 1900,  fase.  I  e  II,  in-8,  pp.  80-80. 

—  della  Biblioteca   del  Regio  Istituto   tecnico   Carlo  Cattaneo  in  Mi- 

lano. —  Milano,  tip.  C.  Tamburini,  1900,  in-8  gr.,  pp.  189. 

Cativelli  (Lod.).  I  bacini  del  Rodano  e  del  Po;  considerazioni  mili- 
tari. —  F  o  s  s  a  n  o ,  tip.  M.  Rossetti,  in-8,  pp.  69. 

Centenario  (Per  l'XI)  di  Paolo  Diacono:  atti  e  memorie  del  Con- 
gresso storico  tenuto  in  Cividale  nei  giorni  3-5  settembre  1899.  — 
Udine,  P.  Gambierasi,  1900,  in-8  gr.,  pp.  240. 

—  della  battaglia  di  Marengo.  Memorie  storiche  del  periodo  napoleo- 

nico pubblicate  a  spese  del  Municipio  di  Alessandria,  per  cura 
della  Società  di  Storia  della  provincia.  Voi.  I  e  II.  —  Alessan- 
dria, G.  Chiari,  1900,  in-4,  pp.  270  e  359. 

Certosa  (La)  di  Pavia:  [cenni  descrittivi].  —  Milano,  tip.  Um- 
berto Allegretti,  1900,  in-8  fig.,  pp.  23. 

—  di  Pavia  e  i  suoi  prodotti:   guida  pratica  per  i   visitatori.   —  Pa- 

via, stab.  succ.  Marcili,  1900,  in-i6  fig.,  pp.  20. 

Chevallier  (L.).  Le  lac  de  Garde.  —    Tour  dii  Monde,  io  febb.  1900. 

Cliiarinì  (G.).  Lettere  inedite  di  U.  Foscolo  a  Isabella  Teotochi-Al- 

brizzi.  —  Rivista  d'Italia,  i5  giugno,  i5  luglio,  i5  agosto  1900. 

Degli  anni  1806-1824  e  datate  quasi  tutte  da  Milano. 

*  Cipolla  (Carlo).  Pubblicazioni  sulla  storia  Medioevale  Italiana  [1897]. 

—  Nuovo  Archivio  Veneto,  tomo  XIX,  parte  II  (1900)  e  XX,  p.  I. 

A  pp.  65-85:  Lombardia. 

—  Le  fonti  ecclesiastiche  adoperate  da  Paolo  Diacono  per  narrare  la 

storia  dello  scisma  aquilejese.  —  Cividale,  tip.  Giov.  Fulvio, 
1900,  in-8,  pp.  32.  ["  Atti  del  Congresso  storico  tenuto  a  Cividale 
nel  Centenario  di  P.  Diacono  „]. 

*  Cipollini  (Antonio).  Per  Carlo  Maria  Maggi  inaugurandosi  il  mo- 

numento alle  Scuole  Palatine  —  nel  II  Centenario  della  morte  i63o- 
1699.  —  Milano,  tip.  Elzeviriana  di  Guidetti  e  Mondini,  1900, 
in-8,  pp.  123  e  i  tavola. 

Cipollini  (A.).  Il  poeta  patriottico  (dalla  S^r<7^  8-9  maggio  1800); 
Notizia  della  vita  e  delle  opere  (dal  Corriere  della  Sera,  2.02,1  marzo 
1900);  li  prosatore  all'Accademia  milanese  de' Faticosi  (dalla  Z^^^rf 
Lombarda,  3o-3i  maggio  1900)  ;  Cronaca  milanese  tratta  dalle  con- 


364 


niBLIQGRAFlA 


JQGR 


suite  inedite  del  Magici  (órW  Jdcd  /J/j  rak,  u8  lebbrajo  1899);  Il 
ritratto  del  Maggi  e  del  Manzoni  (dal  Giulio  7 arra,  periodico  edu- 
cativo, 4  tebbr?jo  1899)  ;  Il  poeta  dialettale  (dalla  Perseveranza, 
7  luglio  1899);  G.  Parini  e  C.  M.  Maggi  (dalla  Lombardia,  9  aprile 
1899);  Maggi,  Casa  Savoja,  Bologna  e  Lesmo  (dalla  Sera,  8-4  giu- 
gno 1899);  Aneddoti  (dalla  Sera,  18-19  maggio  1899);  Il  Lettore  e 
Sopraintendente  delle  Scuole  Palatine  di  Milano  (dalla  Perseve- 
ranza, 26  ottobre  1900);  Il  Mctastasio,  il  Conte  Vitaliano  Borro- 
meo ed  il  Teatro  di  C.  M.  Maggi  (dal  Mondo  Arfistico,  novembre 
1900);  Carlo  Maria  Maggi  scacchista  (dalla  Sera,  8-9  maggio  1899); 
Il  sonetto  autoritratto  mandato  dal  Maggi  a  Cosimo  III  di  Toscana; 
Fiori  Maggiani;  —  Il  Comitato  perle  onoranze.  —  Relazione  del 
Presidente  del  Comitato,  Comm.  Conte  Emilio  Belgiojoso.  —  Poesia 
di  Gaetano  Crespi. 

*  Ciiìollini  (Antonio).  Carlo   Maria    Maggi  e   le  Scuole    Palatine  di 

Milano.  —  La  Perseveranza,  27  ottobre  1900. 

*  —  Le  feste  di  Sant'Ambrogio  a  Milano  nel  1698  e  C.  M.  Maggi.  — 

La  Lega  Lombarda,  7-8  dicembre  1900. 

''  Colin  (J.  capitaine).  L'éducation  militaire  de  Napoléon.  —  Paris, 
librairie  militaire  R.  Chapelot,    i8od,  in-8  gr.,  pp.  x-5oi  et  cartes. 
Cfr.  il  cap.  IV  :  Uarmée  d'Italie. 

Colini  (G.  A.).  Il  sepolcreto  di  Remedello-Sotto  nel  Bresciano  e  il 
periodo  eneolitico  in  Italia.  Parte  IL  —  Parma,  Battei,  1900, 
in-8  fig.,  p.  XIJ-126  con  7  tavole.  (Estr.  dal  Bollettino  di  paletnologia 
italiana,  a.  XXV,  1899,  n.  i-3,  10-12). 

I.  Suppellettile  funebre,  (i.  Armi  ed  utensili  scheggiati  di  selce. 
2.  Manufatti  di  cssidana.  3.  Cuspidi  di  frecce  di  selce.  4.  Lame  di 
coltelli  e  pugnali  di  selce).  II.  Appendici:  i.  Sepolcri  eneolitici 
del  Bresciano  e  del  Cremonese.  2.  Materiali  neolitici  ed  eneolitici 
del  Lazio  e  della  Toscana. 

Colomlìo  (Giacobbe).  Il  cavaliere  della  morte  [a  Legnano]  :  fantasia 
medioevale  in  dieci  canti.  —  Milano,  tip.  L.  F.  Cogliati,  1900, 
in-8,  pp.  91  con  tavola. 

Coniandinl  (A.).  L'Italia  nei  Cento  Anni  del  secolo  XIX  giorno  per 
giorno  illustrata.  —  Milano,  A.  Vallardi,  1900,  dispense  io-j6, 
in-i6  ili.,  pp.  5o5-928. 

Continuano  abbondan'i  in  queste  ultime  dispense,  che  abbrac- 
ciano gli  anni  fortunosi  1811-1816,  le  tavole  illustrative  ed  il  testo 
consacrata  a  Milano  ed  alla  Lombardia.  Notiamo  ad  es.,  le  tavole 
intiere  per  ritratti  e  fac-simili  del  Porta,  dell' areonauta  madama 
Blanchard,  il  laz  aretto  di  Milano,    una  prima  manovra  dei  pom- 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA  365 


pieri  di  Milano,  azione  delle  diligenze  milanesi,  feste  napoleoniche 
in  Milano,  ritratti  e  autografi  di  Eugenio  Beauharnais  e  consorte, 
Melzi,  Moscati,  Bossi,  Mellerio,  ecc.,  ecc.,  uccisione  del  ministro 
Prina,  la  villa  d'Este,  entrata  di  Francesco  I  in  Milano,  monete 
del  Lombardo-Veneto,  figurini  di  mode,  stemmi,  ecc.,  ecc. 

Coiiiitti  (Chiarina).  Don  Abbondio  :  studio  critico.  —  M  o  n  d  o  v  ì , 
tip.  Enrico  Schioppo,  1900,  in-8,  pp.  20. 

Coiiiincntarioluiii  super  theoricas  novas  planetarum  Georgii  Pur- 
bachii  in  studio  generali  Cracoviensi  per  mag.  Albertum  de  Brud- 
zewo  diligenter  corrogatum  a.  M.  DCCCCLXXXII.  Post  editionem 
principem  Mediolanensem  a.  MCCCCXCV  ad  fidem  codicum  prae- 
stantissimorum  denuo  edendum  curavit  Ludov.  Anton.  Birkenmajer. 

—  Krakau,  1900,  gr.  in-8,  pp.  Lvi-169.  ["  Munera  saecularia  uni- 
versitatis  Cracoviensis  quingentesimuin  annuin  ab  instauratione 
sua  soUemniter  celebrantis  „,  voi.  IVJ. 

Como  e  Valtellina.  —  Vedi  Almanacco,  Bianchi,  Bollettino,  Camenisch, 
Campell,  Canili,  Castel/ranco,  Crollalansa,  Guida,  Guler,  Jecklin, 
Rock,  Lampugnani,  Majocchi,  Mazzetti,  Meyer,  Moscardi,  Miìntz, 
Periodico,  Petrocchi,  Plinio,  Portngal,  Qnirici,  Schellhass,  Schulte, 
Valtellina,    Vegezzi,    Verner. 

Coiisioli  (dott.  Santi).  Il  neologismo  negli  scritti  di  Plinio  il  giovane: 
contributo  agli  studi  sulla  latinità  argentea.  —  Palermo,  Al- 
berto Reber,  1900,  in-8,  pp.  i33. 

Contini  (prof.  P.).  Inno  alla  pila  di  Volta:  [versi].  —  Varese,  ti- 
pografia Cronaca  Prealpina,  1899,  in-i6,  pp.  5. 

Coppia  dello  Statuto  di  Elenio  fatto  stampare  da  Giovanni  Giuliani 
in  Milano,  MDCCXLII.  In  Ul  Bregnon,  n.  48,  prec.  e  segg.  (Pru- 
giasco,  C.  Ticino,  1900). 

Corio  (Lodovico)  e  "^Veiss  (Gerolamo).  Carlo  Baravalle  (Anastasio 
Bonsenso)  1826-1930:  discorsi  commemorativi  con  parole  inaugu- 
rali di  Tito  Vignoli  [pronunciati  nella  scuola  tecnico-letteraria 
femminile  di  Milano  il  giorno  8  aprile  1900].  —  Milano,  tipo- 
grafia C.  Rebeschini  e  C,  1900,  in-8,  pp.  53,  con  ritratto. 

Corradi,  —  Sormani  (prof.  G.).  Monumento  ad  Alfonso  Corradi,  inau- 
gurato nella  R.  Università   di  Pavia  il  6  novembre  1899:   parole 

—  Pavia,  Fusi,  1900,  in-8,  pp.  8,  con  tavola. 

Cotronci  (Bruno).  Postille  Pariniane.  —  Siracusa,  tip.  del  Tam- 
buro, 1900,  in-i6,  pp.  84.  (Nozze  Imbert-Scuto). 

Del  sentimento  di  umanità  nel  Parini.  —  Di  alcune  allusioni 
a  P.  Verri  nelle  Odi  la  Tempesta  e  la  Caduta. 

—  Il  "  Contrasto  di  Tonin  e  Bighignol  „  e  due  ccloghe  maccheroniche 
di  Tcofilo  Folengo.  —   Giornale  Storico,  fase.  108,  1900, 


%6  BIBLIOGRAFIA 


<;ozxn-l^iixxl  (G.).  Di  una  epigrafe  di  Galliano.  —  Giornale  Arcadico, 
aprile  1900. 

Cremona.  —  La  solenne  cammemorazione  dei  fondatori  e  benefat- 
tori degli  Istituti  Ospedalieri  di  Cremona,  i.°  giugno  1899,  in-8, 
pp.  32. 

Contiene  il  discorso  pronunciato  dall'avv.  Giuseppe  Ciniselli. 

Cremona.  —  Vedi  Biblioteche,  Bisoni,  Balzani,  Colini,  Gadda,  Meyer, 
Salveraglio,  Schiveitzer,  Signori,  Storia. 

CrcMpi  (avv.  Giacomo).  Memorie  storiche  e  di  attualità  di  Fontaneto 
d'Agogna.  —  Milano,  tip.  edit.  Artigianelli,  1900,  in-8,  pp.  3i. 

Crollnlanza  (G.  B.).  Storia  di  Chiavcnna.  2.^  ediz.  —  C  li  i  a  v  e  n  n  a, 
tip.  Ogna,  1899. 

*  Danari  (Umberto).    Carteggio   tra  i    Bentivoglio  e  gli  Estensi  dal 

1401  al  i5i2,  esistente  nell'  Archivio  di  Stato  in  Modena.  —  Atti 
e  Memorie  della  R.  Deputazione  di  Storia  patria  di  Bologna,  III  se- 
rie, voi.  XVIII,  fase.  I-III  (1900). 

Relazioni  dei  Bentivoglio  e  degli  Estensi  anche  cogli  Sforza. 

*  Dalla  Santa  (Giuseppe).  Il  vero  testo  dell'appellazione  di  Venezia 

dalla  scomunica  di  Giulio  II  (i5o9).  —  Nuovo  Archivio  Veneto, 
tomo  XIX,  parte  II  (1900). 

Da  Ronco  (sac.  Pietro).  La  parrocchia,  i  cappellani,  i  curati,  i  par- 
roci della  chiesa  di  S.  Lorenzo  in  Lozzo:  cenni  storici.  —  Lodi, 
tip.  Costantino  Dell'Avo,  1900,  in-8,  pp.  48. 

*  De  Cugnac  (capitaine).  Campagne  de  l'armée  de  Réserve  en  1800. 

Première  partie  :  Passage  du  Grand-Saint-Bernard.  Avec  3  cartes, 
12  croquis,  et  8  autographes.  —  Paris,  librairie  militaire  R.  Cha- 
pelot,  1900,  in-8  gr.,  pp.  vi-720  et  cartes. 

"  De  Grregorio  (G.).  Ancora  sulle  cosidette  "Colonie  lombarde,,. 
Replica  a  L,  Vasi.  —  Archivio  storico  siciliano,  a.  XXV,  fase.  I-II 
(1900). 

DeirAeqna  (dott.  C).  Di  alcune  memorie  storiche  e  tradizioni  lon- 
gobardiche relative  alla  chiesa  di  S.  Bartolomeo  in  Pavia  distrutta 
nel  1844.  —  Pavia,  tip.  Artigianelli,  1900,  in-8,  pp.  3o,  con  tav. 

De  Rossi.  Una  brigata  d'artiglieria  italiana  all'armata  di  Elvezia, 
1799.  —  Rivista  di  artiglieria  e  genio,  aprile  1900. 

Detlessen  (D.).  Die  Werthangabe  in  der  Naturalis  Historia  des  Pli- 
nius.  —  Hermes,  voi.  XXXV,  fase.  III. 


i 


BOLLETTINO    DI    BlBLIOGRAFL\    STORICA    LOMBARDA  867 

Diatzko  (Karl).  Untersuchungen  iiber  ausgewàhlte  Kapitel  des  an- 
tiken  Buchwesens,  mit  Text,  Uebersetzang  und  Erkiàrung  von 
Plinius  Nat.  Hist.,  XIll,  §  68-89.  —  Leipzig,  Teubner,  in-8^ 
pp.  v-206. 

Cfr.  il  cap.  IV'.  La  preparazione  della  charta,  con  testo  e  tradu- 
zione di  Plinio,  nat.  hist.,  XIII,  §  68-89,  nonché  l'appendice:  No- 
tizie intorno  al  Palinsesto  di  Plinio  M.  del  Convento  di  S.  Paolo 
in  Carinzia.  =  Agg.  in  proposito  gli  appunti  di  *Birth  (Th.).  Zur 
Geschichte  des  antiken  Buchwesens,  in  Centralblatt  fùr  Bibliotheks- 
wesen,  dicembre  1900  (per  Plinio  cfr.  pp.  553  seg. 

Die  Carolina  und  ihre  Vorgàngerinnen  :  I.  Die  peinliche  Gerichts- 
ordnung  Kaissr  Karls  V  constitutio  criminalis  Carolina  kritisch 
herausgeg.  von  F.  Kohler  und  W.  Scheel.  —  Pialle,  Waisen- 
haus,  1900. 

lìi  Franco  Squillaci  (prof.  Salvatore).  Il  Parini  educatore  :  discorso 
pronunziato  in  occasione  della  chiusura  dell'  anno  scolastico  1898- 
1899  nel  Collegio  Gioeni.  —  Catania,  tip.  Gius.  Micale,  1900, 
in-8,  pp.  18. 

Dotti  (Maria).  Delle  derivazioni  nei  Promessi  Sposi,  di  Alessandro 
Manzoni  dai  romanzi  di  Walter  Scott.  —  Pisa,  tip.  Fr.  Marietti, 
1900,  in-8,  pp.  69. 

Dulioisi  (A.).  Le  bienheureux  Alexandre  Sauli,  barnabite,  évèque 
d'Aleria  (Corse),  puis  de  Pavie  (Italie).  —  Bar-le-Duc,  impr. 
de  Saint-Paul,  1900,  in-8  fig.,  pp.  164. 

Duern^virtli  (R.).  Vor  hundert  Jahren.  —  Carinthia ,  LXXXIX, 
1899,  n.  6. 

A  proposito  della  capitolazione  di  Mantova,  1797. 

Ecclesiastica.  —  Vedi  Acta,  Agiografia,  Archivio,  Barbier,  Baroni, 
Benrath,  Bollettino,  Cassa,  Da-Ronco,  Fé,  F inetti,  Gazzaniga,  Kaiif- 
mann,  Koneczny,  Niirnberger,  Paulus,  Ratti,  Saltet,  Schellhass,  Se- 
meria,  Storia,   Valtellina,  Supplementiim,   Wymann. 

Eicbliolz  (P.).  Vom  Palazzo  Municipale  zu  Brescia.  —  Zeitschrift  fiir 
bildende  Kunst,  XI  Jahrg.,  io  fase. 

Del  Palazzo  Municipale  di  Brescia. 

Fabris  (L.).  Di  un  copione  della  "  Ricciarda  „  di  Ugo  Foscolo  con 
note  e  correzioni  autografe.  —  Giornale  Storico,  fase.  108,  1900. 

Agg.  nel  med.  Giornale  (pp.  35o  segg.)  :  Marpillero  (G.).  Wer- 
ther, Ortis  e  il  Leopardi. 

Falìrìcxy  (C.  von).  Die  Arbeiten  der  Lombardi  zu  Treviso  ;  Ueber 
die  Cappella   della    Scuola  del   Sacramento  ;    Die  Grabplatte  Pe- 


368  BIBLIOGKAHX 


rino's  de  Camcri  in  Volpedo.  —  Die  rciclie  Mannorthtìr  im  La- 
vabo der  Certosa  von  Pavia;  Die  Fresken  der  Casa  Prinetti  in 
Mailand.  —  Repirtorium  fiir  Kunstivissenschaft,  voi.  XXIII,  fase.  Ili 
e  IV,  1900. 

I  lavori  dei  Lombardi  in  Treviso  e  nella  Cappella  del  Sacra- 
mento nel  duomo  di  Trento;  La  tomba  di  Perino  de  Cameri  in 
Volpedo;  Il  portale  in  marmo  nel  Lavabo  della  Certosa  di  Pavia; 
gli  Afìreschi  in  casa  Prinetti  in  Milano  (brevi  comunicazioni  se- 
condo le  notizie  già  pubblicate  dal  d.''  Biscaro  e  dal  d/  Sant'Am- 
brogio). 

Faldella  (G.).  Dalla  Lombardia  alla  Toscana  nel  1884.  —  Rassegna 
nazionale,  1°  settembre  1900. 

Fé  D'Ostiaiii  (L.  Fr.).  Indice  cronologico  dei  vicari  vescovili  e  ca- 
pitolari di  Brescia,  con  prefazione.  —  Brescia,  tip.  vescovile 
Qucriniana,  1900,  in-8,  pp.  72. 

—  —  Vedi  Liber. 

*  Ferrerò  (Ermanno).  Istruzioni  agli  inviati  di  Francia  presso  le  corti 
di  Savoja  e  di  Mantova.  Nota.  —  Atti  R.  Accademia  di  Torino, 
1900,  pp.  624-641,  voi.  XXXV. 

Tratta  del  "  Recueil  „  edito  dal  conte  de  Beaucaire  (1899). 

Filippini  (dott.  Enrico).  Costumanze  pavesi.  —  Archivio  per  lo  studio 
delle  tradizioni  popolari,  aprile-giugno  1900. 

Filologia  e  storia  letteraria.  —  Vedi  Ascoli,  Barzizza,  Bongi,  Bu- 
fardeci,  Cipollini,  Commentar ioliim,  Corio,  Cotronei,  Di  Gregorio,  Fo- 
scolo, Fumagalli,  Gatta,  Girardi,  Hùttinger,  Lepreri,  Lora,  Luzio, 
Manzoni,  Marzi,  Mascheroni,  Mazzi,  Morellini,  Nicoli,  Novara,  No- 
vali, Omo'/it,  Pellegrini,  Parini,  Pércopo,  Plinio,  Ratti,  Salvatore,  Sai- 
vioni,  Schuchhardt,   Toldo,   Virgilio,   Vismara,  Tannery,  Tarozzi. 

Finetti  (sac.  Basilio).  L' antico  monastero  delle  benedettine  a  S.  Mi- 
chele in  Campagna:  memorie.  —  Mantova,  tip.  commerciale 
Barbieri  Carlo,  1900,  in-i6,  pp.  i36. 

Fioravante  (marchesa  Isabella).  Gian  Luca  Pallavicino.  —  Patriziato 
Cattolico,  marzo  1899. 

Foà  (Arturo).  L'amore  in  Ugo  Foscolo  (1795-1807):  saggio  critico.  — 
Torino,  Carlo  Clausen,  edit.  1900,  in-8,  p.  227. 

Fondazione  artistica  Poldi-Pezzoli  in  Milano.  Decr.  Reale  i.°  mag- 
gio 1900,  II.  140.  —  Milano,  Soc.  edit.  libraria,  1900.  (Collezione 
legislativa  portafoglio,  n.  144). 


I 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA  36g 

Fornoiii  (ing.  Elia).  Condizioni  fisiche  e  topografiche  dell'antico  ter- 
ritorio bergomense.  —  Bergamo,  Istituto  ital.  d'arti  grafiche 
1899,  in-8,  pp.  66  (3). 


Foscolo.  —  Vedi   Chiarini,  Fabris,  Foà,  Michieli. 

Fossati  (Francesco).  Bibliografia  Voltiana.  (Estr.  Memorie  del  R.  Isti- 
tuto Lombardo  di  scienze  e  lettere,  voi.  XVIII,  fase.  X).  —  Milano, 
U.  Hoepli,  edit.,  1900,  in-4,  pp.  87. 

Frescura  (prof.  Bernardino).  Studio  intorno  alle  divisioni  regionali 
d'Italia,  con  particolare  riguardo  al  territorio  e  alle  popolazioni 
venete  della  provincia  di  Mantova.  —  Genova,  tip.  Pellas,  1900, 
in-8,  pp.  29. 

Friecljiiiig:  (Heinrich).  Der  Kampf  um  die  Vorherrschaft  in  Deut- 
schland  1859  bis  1866.  4.'>^  Aufl.  2  Bde.,  in-8.  —  Stuttgart, 
Cotta,  1900. 

Frìxxo  (dott.  G.).  La  famiglia  Cairoli  e  l'educazione  civile  del  po- 
polo: parole  dette  al  teatro  Guidi  in  Pavia  il  giorno  i5  giugno 
190.0  agli  alunni  delle  scuole  elementari  e  secondarie.  —  Pavia, 
tip.  Marcili,  1900,  in-i6,  pp.  3o. 

Per  la  bibliografia  cairolina  agg.  :  Baricelli  (prof.  Carmela). 
L' ideale  di  patria  fondamento  di  civiltà  :  discorso  pronunciato  al- 
l'istituto Cairoli  in  Pavia  in  occasione  delle  solenni  onoranze  ai 
prodi  Cairoli  (Pavia,  tip.  Ottani,  1900,  in-8,  pp.  19);  Pavesi  (pro- 
fessor Pietro).  Scritti  e  parole....  nelle  feste  inaugurali  del  monu- 
mento ai  Cairoli  (Pavia,  Bizzoni,  1900,  in-8,  pp.  20);  Preti  (Ro- 
berto). Per  l'inaugurazione  del  monumento  alla  famiglia  Cairoli: 
ode  (Pavia,  Bizzoni,  in-4,  PP-  ^5);  Rampoldi  (R.).  Discorso  comme- 
morativo per  r  inaugurazione  del  monumento  nazionale  alla  fa- 
miglia Cairoli  in  Pavia  (Milano,  Rebeschini,  in-8,  pp.  5o  con  tav.)  ; 
RocH  (Canton).  I  nostar  Cairoli  (versi)  (Pavia,  tip.  cooperativa, 
in-i6,  pp.  Si). 

FrÌKzoni  (Gustavo).  Rassegna  d' insigni  artisti  italiani  a  ricordo  del- 
l'incremento  dato  ai  musei  di  Milano  dal  direttore  Giuseppe  Ber- 
tini.  Con  ili.  —  L'Arte,  III,  1900,  fase.  IX. 

Ambrogio  Borgognone. 

—  Une  feuille  de  dessins  inèdite  de  la  inain  de  Raphael.  —  Gazette 
des  beattx-arts,  gennajo  1900. 

Foglio  che  ha  servito  di  preparazione  per  la  parte  superiore 
dell'affresco  così  celebre  della  Disputa  del  S.  Sacramento,  in  Va- 
ticano, e  contenuto  nel  Codice  Resta  della  Biblioteca  Ambrosiana. 

Ardi.  Sior.  Lomb.  —  Anno  XXVIL  —  Fase.  XXVIII.  2-1 


lyo 


BIUIJOGHAFIA 


FamRffallI  (G.).  Brambilla  Pietro  (necrologio).  —  Rivista  delle  Biblio- 
teche, a.  XI,  voi.  XI;  11.  4-6  (1900)  con  ritr. 

—  Una  novissima  riproduzione  dell'opuscolo  di  Niccolò  Scillacio  "De 
insulis  nuper  invcntis  „.  Con  2  ili.  —  La  Bibliofilia,  a.  Il,  n.  Vl-VlI. 
A  proposito  della  riproduzione  del  noto  opuscolo  dello  Scil- 
lacio (Pavia,  1494)  curata  dall' Olschki,  e  che  si  conosce  in  soli  5 
esemplari. 

Fulei  (Sebastiano).  Alexandre  Manzoni:  discours  comniémoratif.  — 
Messina,  tip.  dei  Tribunali,  1900,  in-8,  pp.  7. 

*  Fumi  (L.).  Una  lettera  del  Bayeux,  oratore   di  Francesco  I  in  Ve- 

nezia, al  datario  Gian  Matteo  Giberti  in  Roma  (ii  dicembre  i526). 
—  Archivio  dilla  R.  Società  Romana  di  storia  patria,  voi.  XXI li, 
fase.  I-II  (1900). 

*  Galli  (Ettore).  La  mobilia  di  un  canonico  del  secolo  XIV  illustrata. 

(Nozze  Locurcio-Castagnini).  —  Pavia,  tip.  cooperativa,  1899, 
iu-8,  pp.  42. 

Inventario  della  mobiglia  di  Pietro  Cibrenna,  canonico  della 
canonica  di  Gualterio  in  Pavia,  del  iv3  .luglio  i3©8,  tolto  dall'Ar- 
chivio notarile  di  Pavia,  e  dal  Galli,  con  molta  cura  annotato, 
trattando  con  copia  di  raffronti,  tolti  da  altri  documenti  pavesi  e 
dalle  opere  del  Merkel,  del  Cipolla,  del  Motta,  del  Nevati,  del 
Cittadella,  del  Calvi,  del  Caudini,  ecc.,  dei  mobili  di  casa,  degli 
oggetti  di  chiesa  e  degli  abiti. 

*  —  Un  cattolico  imperialista  del  secolo  XVI.  ~  Pavia,    tip.  Coo- 

perativa, 1899,  in-8,  pp.  35. 

Trattasi  del  conte  Ludovico  Nogarola  (n.  1607)  e  di  alcuni  suoi 
componimenti  in  lode  di  Ferrante  Gonzaga,  tolti  da  un  codice  del- 
l' Universitaria  di  Pavia. 

*  Qaniurrini  (G.  F.).    Le  statue  della  villa   di  Plinio  in  Tuscis.  — 

Bollettino  della  R.  Deputazione  di  Storia  patria  per  V Umbria,  a.  VI, 
1900,  fase.  III. 

Gatta  (d3tt.  Lor.).  Gerolamo  Vida  e  la  Cristiadc.  —  Palermo, 
stab.  tip.   The  New   York,  M.  Scarpitta  e  C,  1900,  in-8,  pp.  81. 

Gaxzaniga  (sac.  Giov.).  Il  santuario  della  Madonna  della  Fontana  in 
Sannazzaro  De'Burgondi  :  monografia.  —  M  o  r  t  a  r  a  -  V  i  g  e  v  a  n  o, 
tip.  Ang.  Cortelezzi,  1899,  in-8,  pp.  86,  con  tre  tavole. 

Gerìni.  Un  avventuriere  pedagogista:  Giuseppe  Corani.  —  Il  Nuovo 
Risorgimento,  voi.  X,  n.  3-5  (Torino,  1900). 


BOLLETTINO     DI    BIBL10GEAFL\    STORICA    LOMBARDA  1^1 


*  Cìei'ola  (dott.  Giuseppe).  L'incoronazione  di  Lodovico  il  Bavaro  in 
Milano.  Con  i  tav.  —  Annuario  degli  Studenti  Trentini,  VI  (1899- 
1 900). 

Se  ne  riparlerà. 

Gcroiiiml  (Ferd.  et  Eni.).  Les  tetes  voltiennes  des  télégraphistes  ; 
chronique  illustrée:  publication  officielle  pour  le  compte  rendu 
du  P'  congrés  International  et  du  concours  professionel.  —  M  i- 
lan,  imp.  L.  F.  Cogliati,  1900,  in-4  fig.  pp.  vnij-468  con  12  tav.  [Ita- 
liano-francese-tedesco-inglese]. 

€«ianetli  (A.).  Ex  cimitero  di  S.  Gregorio.  Notizie  storiche.  —  Mi- 
lano,  tip.  Pulzato  e  Giani,  1900,  in-8,  pp.  55. 

Girardi  (Eni.).  Sordello:  melodramma  in  3  atti.  Musica  del  maestro 
Ernesto  Valli  ni.  —  Livorno,  tip.  Corriere  Toscano,  1900,  in-8, 
pp.  43. 

"  <iìitiliet(i  (Carlo).  Le  investiture  feudali  di  Casteggio.  —  C asteg- 
gio, tip.  Sparolazzi,  1900,  in-8,  pp.  14. 

Investitura    i5  settembre  1466   pel  consigliere   ducale  Angelo 
Simonetta. 

Gonzaga.  —  Vedi  Benrath,  Galli,  Labò,  Luzio,  M.  (S.),  Mackin,  Mazc- 
rolle,  Rouvet. 

Cìracli  (L.  Nap.).  A  schiarimento  d'un  progetto  di  decorazione  e  re- 
stauro della  Basilica  di  S.  Giovanni  Battista  in  Busto  Arsizio.  — 
Milano,  tip.  P.  B.  Bellini,  1900,  in-8,  pp.  8. 

<>iiicla°ìtiiici*ario  alle  prealpi  bergamasche  compresa  la  Valsassina 
ed  i  passi  alla  Valtellina  ed  alla  Valcamonica  colla  prelazione  del 
prof.  A.  Stoppani,  e  cenni  geologici  del  prof.  T.  Taramelli.  S.''  edi- 
zione rifatta  per  cura  della  sezione  di  Bergamo  del  club  alpino 
italiano.  —  Milano,  U.  Hoepli,  edit.  (tip.  M.  Bellinzaghi),  1900, 
in- 16,  pp.  xLvni-226,  con  i5  tav. 

Ciiiii«lctti  (Giuseppe).  La  questione  linguistica  e  l'amicizia  del  padre 
Antonio  Cesari  con  Vincenzo  Monti,  Francesco  Villardi  ed  Ales- 
sandro Manzoni,  narrata  coli' aiuto  di  documenti  inediti.  —Reg- 
gio   Emilia,  tip.  L.  Bondavalli,  1900,  in-i6,  pp.  23i. 

C;^iiìjS;;iie  (Georges).  L'entrée  de  Francois  premier,  roy  de  France,  en 
la  cité  de  Lyon,  le  12  juillet  i5i5;  publiée  d'après  le  manuscrit 
de  la  bibliothèque  ducale  de  Wolfenbiìttel.  —  Lyon,  impr.  Rey, 
T900,  in  4,  pp.  XXXIX-179  et  pi. 

Guler  (P.).  Wie  cin  bundnerischer  Chronist  die  Fruchtbarkeit  des 
Veltlins  als  Untcrthancnland  bcschreibt.  —  In  St.  Caller  Bldttcr, 
n.  3o,  1899. 


k 


BIBLIOGRAFIA 


Como  un  cronista  grigionese  descrive  la  fertilità  della  \'altcl- 
lina  quale  paese  soggetto  ai  Grigioni. 

Iliiait:  (W.)-  Ausonius  und  scine  Mosella  (E.  Ottmann).  —  IVochen- 
sc/irift  fiìr  classische  Philologie,  17  Jahrg.,  n.  28  (1900). 

■lampe  (Th.).  Goldschmiedearbeiten  ini  Gcrinanischcn  Muscuir..  2. 
Langobardische  Votivkreuze  aus  dem  6-8  Jahrh.  3.  Ein  Langobar- 
discher  Schaltbcschlag  aus  dein  7-8  Jahrh.  —  Anzeiger  des  Gcrma- 
nisclicn  Nationalmuseums,  1900,  fase,  li. 

Croci  votive  longobarde  dei  secoli  VI-VIII  nel  Museo  Ger- 
manico. 

Ilartiiiaiiu  (L.  M.).  L'Italia  e  l'impero  di  occidente  fino  ai  tempi 
di  Paolo  Diacono.  —  C  i  v  i  d  a  1  e  ,  tip.  G.  Fulvio,  1900,  in-8,  pp.  21. 
["  Atli  Congresso  storico  nel  centegario  di  P.  Diacono  „]. 

—  Geschiclite  Italiens  im  Mittelalter.  II.  Bd.,  I.  Hàlfte:  Ròmer  und 
Langobarden  bis  zur  Theilung  Italiens.  —  Leipzig,  Wigand, 
1900,  in-8,  pp.  ix-280. 

Hatife  (Ewald).  Dar  Tourist  am  Gardasee.  2.  Aufl.  —  Riva,  Georgi, 
19 DO,  in -8. 

Helfert  (Freiherr  von).  Palladio's  Vaterstadt  im  J.  1848.  —  Mitthei- 
Inngcn  des  k.  iind  k.  Kriegsarchivs,  voi,  XII  (Wien,  1900). 

Storia  di  Vicenza  durante  la  rivoluzione  nell'Alta  Italia,  e 
strategia  usata  dal  feldmaresciallo  Radetzky, 

*  llerxos:  (d.'  Hans),  Zur  Geschichte  der  Bibliothek  Albrecht  von 
ilallers.  —  Centralblait  fiìr  Bibliothekwesen,  ottobre  1900, 

Due  documenti  del  1778  per  la  storia  della  biblioteca  del  ce- 
lebre Alberto  di  Haller,  ceduta  dai  suoi  figli  all'imperatore  Giu- 
seppa II  per  essere  divisa  nelle  librerie  di  Brera,  di  Pavia  e  di 
Padova. 

Hcrmaiiii  (d.'"  Hermann  Julius).  Zur  Geschichte  der  Miniaturma- 
lerei  am  Hofe  der  Este,  in  Ferrara.  Stilivritische  Studien.  Mit  26 
Tafeln  und  108  Textill.  in  Heliogravure,  Lichtdruck  und  Photo- 
typie.  (Aus  dem  XXI  Bande  des  Jahrbuchs  der  Kunsthistorischen 
Sammlungen  des  Allerhòchsten  Kaiserhauses),  gr.  fol.  ili.  — 
Wien,   1900. 

Splendida  pubblicazione  per  il  testo  e  per  le  finissime  tavole  e 
illustrazioni  che  l'adornano.  Chi  oramai  si  occuperà  della  minia- 
tura ferrarese,  non  potrà  a  meno  di  far  capo  a  questi  studi  cri- 
tici stilistici,  dove  sono  passati  in  rassegna  minuziosa  e  con  ap- 
parato scientifico  tutti  i  cimeli  estensi,  in  gran  parte  di  proprietà, 
dal  1859,  dell'arciduca  Francesco  Ferdinando  d'Austria-Este.  I  mi; 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGR4FIA    STORICA    LOMBARDA 


ì 


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niatori  lombardi  e  la  scuola  lombarda  del  minio  occupano  non 
piccola  parte  del  lavoro  del  d/'  Hermann.  E  v'è  descritta  in 
prima  linea  la  superba  Bibula  di  Borso  d'Este^  scritta  dal  calli- 
grafo milanese  Pietro  Paolo  Maroni  e  miniata  da  Taddeo  Crivelli^ 
milanese,  e  da  Franco  de  messer  Zohanne  de  Russi  di  Mantova 
(1455-65).  Altri  lavori,  noti,  del  Crivelli  il  Messa/e  del  duca  Borso 
ed  i  Corali  di  S.  Petronio  di  Bologna  (1473-76). 

Altro  miniatore  lombardo  in  Ferrara  Alessandro  de'  Leoni 
figlio  di  Antonio  di  Milano,  che  ajutò  suo  zio,  il  più  celebre  Gu- 
glielmo Giraldi,  a  miniare  il  Salterio  della  Certosa  di  Ferrara,  in 
Modena,  e  'gli  Antifonari  in  Ferrara.  Del  Giraldi  è  un  bel  ritratto 
miniato  di  Borso  d'Este  (circa  1470)   nel  Cod.  Trivulziano,   n.  86. 

Le  miniature  lombarde  in  codici  estensi,  provenienti  da  casa 
Sforza,  nota  e  illustra  ancora  l'A.  :  tali  ad  es.  il  Cod.  CCIX  del- 
l'Estense ^^  Spheras  celestis  et  Planetartm  descriptio  „,  ov' è  miniata 
una  scena  di  decapitazione  alla  presenza  di  un  duca  di  Milano 
(cfr.  la  tav.  a  p.  97);  il  Corale  e  il  Messale  della  cappella  ducale 
di  Cristoforo  de'Predis,  per  il  duca  Ercole  I,  con  tavole  per  lo 
studio  comparativo  col  Messale  di  Varese  del  medesimo  autore 
(1476)  ed  il  Messale  di  Anna  Sforza  maritata  nel  1491  negli  Estc 
(cfr.  p.  100). 

Altri  lavori  finissimi  dovuti  ai  miniatori  Tommaso  da  Modena 
e  Matteo  da  Milano  sono  il  Breviario  di  Ercole  I  d'Este  ed  il  Mes- 
sale del  cardinal  Ippolito  I,  il  primo  nella  collezione  già  ricordata 
dell'arciduca  d'Austria  d'Este,  il  secondo  nella  Biblioteca  d'Inn- 
sbruck  (cfr.  p.  idi,  119).  Saggi  invece  di  decadenza  della  miniatura 
ferrarese  offrono  i  codici  trivulziani  dei  Diplomi  dei  duchi  di  Fer- 
rara alla  Certosa  di  S.  Cristoforo  (cfr.  p.  129).  E  dello  stupendo 
Messale  di  Ercole  I  d'Este,  ancora  in  Trivulziana  (cod.  2i65),  l'Her- 
mann ci  olTre  illustrazioni,  stabilendone  l'autore  in  Martino  da 
Modena  (circa  1470). 

lllstoriqiie  de  la  campagne  de  1809  (Armée  d'Italie).  —  Reviie  mìli- 
taire  rcdigée  à  Vétat  major  de  Varmée,  luglio  1900. 

Hotlj^kin  (T.).  Sulla  relazione  etnologica  fra  i  Langobardi  e  gli  An- 
gli. —  Cividale,  tip.  G.  Fulvio,  1900,  in-8,  pp.  11.  ["Atti  Con- 
gresso storico  pel  centenario  di  P.  Diacono  „]. 

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Ginnasio  di  Regensburg,  pag.  48). 

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S.  Bernardo.  —  Gazzetta  del  popolo  della  domenica,  n.  26  e  3o,  1900. 

lecklin  (Fritz).  Ueber  die  Ausgrabungen  im  Moesa-Gebictc.  Vortrag. 
—  Jahresbericht  der  hist.  antiquarischen  Gesellchaft  von  Graiibùnden, 
XXIX  (Chur,  1900). 

Degli  scavi  (preistorici)  nella  regione  del  fiume  Moesa. 


i. 


BIBLIOGRAFIA 


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Monsignore  BcUisoini,  beim  Kurltìrstcn  vou  dcr  Pl'alz  und  beim 
Bischofc  von  Speier  1778.  —  Oiiellen  und  Forsc/iicngcn  dell'Istituto 
storico  prussiano,  in  Roma,  voi.  Ili,  fase.  II,  1900. 

Relazione  intorno  alla  visita  del  nunzio  di  Colonia,  monsignor 
Bellisomi,  fatta  al  Principe  Palatino  e  al  vescovo  di  Spira  nel  1778, 
Carlo  Bellisomi,  di  Pavia,  arcivescovo  di  Tiana  in  Cappadocia  era 
nunzio  in  Colonia  dall'anno  1775;  diventò  cardinale  nel  1794  e 
vescovo  di  Cesena  nel  1795. 

KiiofT  (Rud.).  Une  relation  de  i53i  sur  Prague  et  sur  ses  habitants. 
—  Mitteilimgen  der  Vcreins  fiìr  die  Geschichte  der  Denischcn  in  fìòh- 
men  XXXVIII,  n.  2,  1899. 

Relazione  stesa  dall'ambasciatore  di  Mantova,  Abbadino,  e 
cavata  dall'Archivio  Gonzaga  in  Mantova. 

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7  agosto  1900. 

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der  oberitalicnischen  i^een  und  Mailand.  14.^®  Auflage.  Munchen, 
A.  Bruckmann,  1900,  in-12.  ["  Briickmann's  ilhistrirte  Reisefiìhrer, 
n.  54-59]. 

KoitecxBii  (Fcliks).  lanlll  Wasa  et  Possevin.  —  Przeglad  Powszechny, 
ottobre  1900. 

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Sohn,  1899,  in- 8,  pp.  90. 

Labò  (sac.  Aug,).  La  gioventù  informata  all'esempio  di  S.  Luigi  Gon- 
zaga. —  Piacenza,  tip.  Tononi,  1900,  in-i6,  pp.  93. 

Laiiipti{s;naiii  (Giov.).  Italian  lakes  (Maggiore,  Lugano,  Como):  En- 
gadine;  Gothard  railway.  Milano,  ditta  Lampugnani,  1900,  in-i6 
fig.,  pp.  112,  con  3  tav. 

*  Lattea  (prof.  Alessandro).  Parole  e  simboli:  Wifa,  Brandon  e  Wiza. 

Nota.  —  Rendiconti  Istituto  Lombardo,  s.  II,  voi.  XXXIII,  fase.  XVI, 
1900. 

*  I^ejB^naiio    29   maggio    1176  —  29   giugno    1900.    Numero  unico,  fol. 

ili.,  pp.  20.  —  Milano,  E.  Sonzogno,  1900. 

Legnano.  —  Vedi  Bettinelli,  Boccalari,  Carotti,  Colombo,  Mcyer,  Mojana, 
Rossi,  Simonsfeld,   Tononi,  Zamberletti. 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA  3'! 


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siana. Fascicolo  20.*^  In  Ibi.  —  Milano,  U.  Hoepli,  1900. 

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I^epelletier  (E.).  Le  serment  d'Orsini,  Paris,  Montgredien  et  C. 
1900,  in-8. 

In  versione  italiana  nelle  appendici  del  Secolo  di  Milano,  lu- 
glio 1900  e  segg. 

Liepreri  (dott.  Antonio).  Studio  biografico  e  critico  su  Alessandro 
Verri  e  le  Notti  romane.  —  Camerino,  tip.  Marchi,  1900,  in-8, 
pp.  i35. 

"  Leupold  (d.'"  E.).  Texte  und  Verfasser  der  "  Relation  raisonnée 
de  la  marche  de  l'armée  de  Suwarof  d'Italie  en  Suisse  „.  —  An- 
zeigcr  fiir  schweizerische  Gcschichte,  n.  2,  1900. 

Agg.  nel  n.  1  :  R.  H.  War  Lecourbe  am  24  september  1799 
ini  Ursernthal  ? 

I^iber  Potheris  Communis  Civitatis  Brixiac  (edd.  F.  Bettoni  Cazzago 
e  L.  F.  Fé  d'Ostiani).  Augustae  Taurinorum,  e  R.  Typo- 
grapheo,  apud  Fratres  Bocca,  an.  M.  D.  CCC.  IC,  fol.,  pp.  xxxii- 
1847.  ["  Historiae  Patriae  Monumenta,,,  t.  XIX]. 

Liehenati  (Tli.  von).  Meister  Anton  Isenmann,  der  Baumeister  des 
Rathauses  in  Luzern.  —  Anzeìger  fiir  schweizerische  Altcrthums- 
kunde,  n.  2,  icoo. 

Maestro  Antonio  Isenmann ,  T  architetto  del  Palazzo  di  città 
di  Lucerna  (i587).  Da  documenti  lucernesi  risulta  ch'egli  era 
originario  da  Pietre  Gemelle  in  Val  Sesia. 

*  liioy   (Paolo).  Una  intervista  con  Giovanni  Rasori.  —  Affi  R.  Isfi- 

tufo   Veneto,  tomo  LIX,  serie  IX,  tomo  II,  disp.  9  (1900). 

Lippmann  (Edm.  von).  Lionardo  da  Vinci  als  Gelehrter  und  Tech- 
nikcr.  Vortrag.  Stuttgart,  E.  Schweizerbart,  1900,  in-8,  pp.  26. 

L.  da  Vinci  come  scienziato  e  come  tecnico.  Conferenza. 

*  Livi  (G.).  Per  la  storia  delle  storie  di  Napoleone.  —  Rivisfa  storica 

di  Alessandria,  IX,  29,  1900. 

Documenti  dell'Archivio  di  Stato  di  Brescia  sul  concorso  ad 
un  premio  fissato  pel  giugno  i8o5  dal  Consiglio  generale  del  Di- 
partimento del  Mella  per  una  vita  di  Napoleone. 

liOCiitelii  (Giuseppe).  Vittorio  Tasca:  lettura  fatta  all'Ateneo  di  Ber- 
gamo il  18  giugno  1899.  —  Bergamo,  Istituto  italiano  d'arti 
grafiche,  1900,  in-8,  pp.  49,  con  ritratto. 


HlMLlUOKAt-lA 


Lodi.  —  Vedi  Archivio,  Baroni,  Ca^ifno/a,  Cairo,  Da  Ronco,  Mcyer,  Te- 
deschi. 

ffiodowlco  p.  tla  Ll¥»rno.  Vita  della  b.  suor  M.  Maddalena  Mar- 
tincn<;o  da  Barco,  cappuccina  del  monastero  di  Brescia.  —  Roma, 
tip.  V.  Salviucci,  1899,  in-8,  pp,  821,  con  tavola. 

Longobardi.  —  Vedi  Barhier,  Dell'Acqua,  Hampe,  Hartmann,  llodgkin, 
Lattes,  Marki,  Mcly,  Musoni,  Paolo  Diacono^  Siciliano,   Villari. 

Liora  (dott.  Francesco).  Saggio  storico  comparativo  su  .S.  Gerolamo, 
S.  Agostino,  S.  Ambrogio:  contributo  allo  studio  delle  lingue  neo- 
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L.OZZÌ.  L.  A.  Muratori  e  la  musica.  —  La  Cronaca  Musicale  di  Pesaro^ 
n.  3,  1900. 

Liiicìni  (Gian  Pietro).  La  pittura  lombarda  del  secolo  XIX  alla  per- 
manente di  Milano  (con  23  ili.).  —  Emporium,  agosto  1900. 

Agg.  :  Esposizione  d'arte  lombarda  (con  3  ili.)  in  Pro  familia, 
n.  2,  1900  e  Franchi  (Anna).  Esposizione  dell'arte  lombarda  nel 
secolo  XIX,  in  Gazzetta  del  Popolo  della  domenica,  n.  33,  1900. 

Liuzio  (A.).  I  ritratti  d'Isabella  d' Este,  con  ili.  —  Emporium,  maggio 
e  giugno  1900. 
Importante. 

—  Antonio  Salvotti  e  i  processi    del  Ventuno.  —  Rivista  d' Italia,   i5 

dicembre  1900. 

—  e  Rcniei*  (R.).  La  coltura  e  le  relazioni  letterarie  d' Isabella  d'Este 

Gonzaga.  IL  Le  relazioni  letterarie  :  III.  Gruppo  lombardo.  —  Gior- 
nale storico  della  letteratura  italiana,  voi.  XXXVI,  1900^  pp.  325  segg. 
Vi  si  discorre  di  :  Corte  letteraria  del  Moro,  B.  Bellincioni, 
Gaspare  Visconti,  Galeotto  del  Carretto,  Paolo  Giovio,  M.  Giro- 
lamo Vida,  Benedetto  Lampridio,  Giason  del  Maino,  Veronica 
Gambara. 

11.  (M.).  Un  Témoin  italien  de  la  Revolution  francaise.  Le  Comte 
Paul  Greppi.  —  Journal  des  Débats,  9  luglio  1900. 

—  (S.).  Saint  Louis    de  Gonzague,    inodèle    de   la  jeunesse.    —    Gerhe 

d'honneur  et  de  gioire  au  Saint  Enfant  Jesus  de  Prague,  giugno  1900. 

llackin  (I.  Me).  A  portrait  of  S.  Aloysius  Gonzaga.  —  Catholic  World, 
luglio  1900. 

ilag;nag:lii  (dott.  Alb.).  Il  viaggiatore  Gemelli  Careri  (secolo  XVII) 
e  il  suo  giro  del  mondo.  —  Bergamo,  fratelli  Cattaneo,  1900, 
in-8,  pp.  60. 


I 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA  Sy^" 

ilagri  (sac.  Isaja).  Cenni  storici  intorno  alla  vita  ed  alle  virtù  di  frate 
Gottardo  Ceni,  cappuccino  laico  di  Colognola  al  Piano.  —  Ber- 
gamo, stab.  tip.  S.  Alessandro,   1900,  in- 16,  pp.  3o,  con  ritratto. 

*  Majocclii  (prof.  Rodolfo).  L'autenticità  della  strage  degli  Innocenti. 

Quadro  di  Raffaello  Sanzio  [in  Como".  Note  critiche.  —  Pavia, 
Fusi,  1900,  in-4  gr.,  pp.  3o. 

—  Ticinensia:    noterelle    di    storia    pavese  pei    secoli   XV    e  XVI.  — 

Pavia,  tip.  Artigianelli,  1900,  in-16,  pp.  257. 

ilalag^uzzi  (Francesco).  L'esposizione  della  pittura  lombarda  neri  se- 
colo XIX.  —  Illustrazione  italiana,  n.  27,  1900. 

*  llaitflrot  (B.  de).  L'autorité  historique  de  Philippe  de  Commynes. 

—  Revue  historique,  luglio-ottobre  1900. 

È  sotto  stampa,  a  cura  del  Mandrot,  il  1°  volume  dell'  edi- 
zione critica  delle  Mémoires  del  Commynes  per  la  Collection  de 
textes  potir  servir  à  létude  et  à  Vensdgnement  de  Vhistoire  (Alph.  Pi- 
card edit). 

Mantova.  —  Vedi  Bisoni,  Biifardeci,  Catalogo,  Cotronei,  D'ùrmuirth, 
Ferrerò,  F insiti,  Frescura,  Girardi,  Gonzaga,  Hermann,  Knoff,  Ko- 
neczni,  Lepelletier,  Parazzi,  Roberti,   Toldo,   Toschi,   Virgilio. 

Manzoni  (Alessandro).  Lettere  inedite  raccolte  e  annotate  da  Ercole 
Gnecchi.  2.^  ediz.  —  Milano,  tip.  «L.  F.  Cogiiati,  1900,  in-4,  P^" 
gine  179,  con  tredici  fac-simili. 

I.  Lettere.  2.  Biglietti  a  Gaetano  Cattaneo,  Francesco  Rossi  e 
Luigi  Longoni.  3.  Scritti  vari.  4.  Appendice. 

—  Carteggio  fra  Alessandro  Manzoni  e  Antonio  Rosmini,  raccolto  ed 

annotato  da  Giulio  Bonola.  —  Milano,  tip.  edit.  L.  F.  Cogiiati, 
1901,  in-16,  pp.  xv-599,  con  due  ritratti  e  fac-simili. 

—  I  Promessi  Sposi,  raffrontati  sulle  due  edizioni  del  1825  e  1840,  con 

un  commento  storico,  estetico  e  hlologico  di  P.Petrocchi.  Parte  III. 
Cap.  XVII-XXVI,  in-r6,  —  Firenze,  Sansoni,  1900. 

Manzoni.  —  Vedi  Bertolini,  Butti,  Comitti,  Dotti,  Fulci,  Guidetti,  Morici , 
Stroppolatini,   Terlizzi. 

llarelie^iil  (G.  B.).  Un  viaggio  da  Bergamo  a  Roma  nel  1760.  Usi  e 
costumi.  —  Archivio  per  lo  studio  delle  tradizioni  popolari,  gennaio- 
marzo  1900. 

Viaggio  compiuto  da  don  Giambattista  Rota  in  compagnia 
dell'amico  don  Lelio  Mazzolcni.  Il  ms.  della  lunga  e  minuta  de- 
scrizione è  nella  Civica  di  Bergamo. 


hlhLiUCiKAt-l  \ 


MureiiKO.  —  Bailleiiache  (M.  de).  Marengo  (14  juin  1900).  —  Revuc 
de  la  FniHce  Moderne,  giugno  1900. 

Agg.:  Dampiekrk  (adj-géncral).  Lcttres  sur  la  campagne  de  Ma- 
rengo ("  Rcvue  de  Paris,,,  i5  giugno  1900);  Fontana  (Tullio).  La 
battaglia  di  Marengo  raccontata  al  popolo  (Alessandria,  tip.  Caz- 
zotti, in-i6,  pp.  184);  Laurencin  (P.).  La  bataillc  de  Marengo  et  la 
niortde  Desaix  ("  Rcvue  hebdomadairc  „,  lógiugno  1900);  Picard. 
La  charge  dcs  400  à  Marengo  ("  Arinéc  illustrée  „,  9  giugno  1900); 
Picard.  Le  centcnaire  de  Marengo  ("Journal  des  sciences  mili- 
taires  „,  giugno-luglio  1900).  =  Vedi  sotto  Centenario,  Rivista. 

■Ini'iiiiò  (dott.  Fr.).  Giovanni  Rasori  e  la  malaria.  —  Rendiconti  della 
Associazione  medico  chirurgica  di  Panna,  a.  I,  n.  7,  luglio  1900. 

Matrki  (dott.  Aless.).  Le  vestigia  dei  Longobardi  in  Ungheria.  — 
Givi  d  ale,  tip.  G.  Fulvio,  1900,  in-8,  pp.  io.  ["Atti  Congresso 
storico  nel  centenario  di  P.  Diacono  „]. 

lUarCiiicngfO.  —  Super  beati!'.  Mariae  Magd.  Martinengo  a  Barco,  et 
77  Serv.  Dei  in  Cochinchina,  Tunquino  et  Sinarum  imperio  in- 
terlect.  —  Analecta  ecclesiastica,  giugno  1900    (v.  Lodovico). 

Marzi  (Demetrio).  I  tipografi  tedeschi  in  Italia  durante  il  secolo  XV. 

—  Mainz,  druck  von  Philipp  von  Zabern,  1900,  in-8,  pp.  47. 
("  Festschrift  der  Stadt  Mainz  zum  5oo  =  Jàhrigen  Geburtsstage 
von  Johann  Gutenberg  „). 

Notizie  anche  per  i  tipografi  tedeschi  in  Lombardia. 

llaiiclieroiii.  —  Nel  primo  Centenario  dalla  morte  di  Lorenzo  Ma- 
scheroni, 14  luglio  1,900,  [a  cura  del]  prof.  A.  Fiammazzo.  —  Ber- 
gamo, Istituto  italiano  delle  arti  grafiche,  1900,  in-8,  pag.  117, 
COI)  ritratto. 

1.  Della  vita  e  delle  òpere  di  Lorenzo  Mascheroni:  notizie  di 
Aloisio  Fantoni.  2.  Dieci  lettere  di  Lorenzo  Mascheroni.  3.  Per 
una  nuova  biografia  di  Lorenzo  Mascheroni  :  date  e  documenti, 
4.  Delle  ultime  lettere  di  -Lorenzo  Mascheroni.  5.  Per  la  biblio- 
grafìa e  l'Invito  a  Lesbia:  appunti. 

llay  (I.).  Die  Mailander  Dcmosthenes  Handschritt  D  112  Sup.  —  Nette 
philologische  Rtmdschatt,  n.  io,  1900  e  prec. 

llaxerollc.  Le  "Journal  de  la   Monnaie  des   Médailles  „    1697-1726. 

—  Gazette  numisìiiatiqtie  fran^aise,  III,  1899,  3.°  fase. 

I  n.  1060  e  1082  sono  gettoni  di  Carlo  II  Gonzaga,  duca  di 
Ncvers. 

Hazzetti  (Emilio).  Bernardino  Luini  è  di  Lugano  ?  (Note  artistiche). 

—  In  Corriere  del  Ticino,  n.  211,  1900. 


ROLT.ETTINO    DI     BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA  .^yQ 

Medili  (A.).  Sonetti  [i3]  per  la  Lega  di  Cambrai  MDVIIL  —  P  a- 
dova,    tip.  Gallina,  1900,  in-8,  pp.  24  (Nozze  Lazzarini-Sesler), 

—  e  llorptirg^o  (S.).  La  battaglia  della  Polesella,  22  dicembre  1609  : 

narrazione  inedita.  —  Padova,    tip.  fratelli  Gallina,    1900,  in-8, 
pp.  18  [Nozze  Frati-Silbermann]. 

Lettera  estratta  dal  carteggio  degli  ambasciatori  estensi  a 
Roma,  nel  R.  Archivio  di  Stato  di  Modena.  -=  Agg.  del  Ciscato, 
Gli  avvenimenti  del  i5o9  nel  Padovano,  alcuni  documenti  inediti 
(Padova,  tip.  Salmina,  1900,  in-8,  pp.  16). 

llelani  (Alfredo).  The  Chapel  of  S.-  Peter  Martyr  in  S.  Eustorgio, 
ÙNIilan.  —   The  Architectural  Revieiv,  luglio  1900. 

Nel  The  American  Architect  di  Boston,  n.  1268  (io  marzo  1900) 
è  tradotto  e  riassunto  lo  studio  di  A.  Melani  sulla  facciata  del 
Duomo  di  Milano  già  pubblicato  nella  Constriiciion  Moderne. 

—  Il  Musco  Poldi-Pezzoli.  Con  ili.  —  Emporiiim,  settembre  1900. 

Vi  si  rende  conto  del  riordinamento  recente  del  Museo  e  si 
parla  sopratutto  delle  sue  pitture. 

—  Decorations  in  terracotta    in    Upper-ItaU'.   —    The  Journal  of  deco- 

raiiv  ylrfj   ottobre  1900. 

Vi  si  parla  degli  antichi  monumenti  di  terracotta  di  Milano, 
di  Pavia  e  della  Certosa,  ecc.,  con  gran  lusso  d'illustrazioni. 

Hély  (F.  de).  La  Couronne  de  fer  de  Monza.  Correspondance.  —  Rcvue 
de  l'art  chrétien,  novembre  1900. 

*  Meyei*  (d.*^  Alfred  Gotthold).  Oberitalienische  Fruhrenaissance.  Bau- 
ten  und  Bildvverke  der  Lombardie.  Zweiter  Theil:  Die  Bluthezeit. 
Mit  14  Tafeln  und  146  Abbildungen  im  Text.  —  Berlin,  1900, 
Verlag  von  Wilhelm  Ernst  u.  Sohn,  in-4  ili.,  pp.  vn-294. 

Introduzione:  Protezione  artistica  degli  Sforza.  —  Cap.  1. 1  cor- 
tili della  Certosa.  —  Cap.  II.  La  cappella  Colleoni  in  Bergamo.  — 
Cap.  III.  Stile  Bramantesco:  Bramante  in  Milano,  S.  Maria  presso 
S.  Satiro,  S.  Maria  delle  Grazie,  Canonica  di  S.  Ambrogio,  S.  Maria 
di  Abbiategrassc,  S.  Maria  di  Canepanova,  Casa  Fontana  e  altri  pa- 
lazzi in  Milano,  Palazzi  bramanteschi  fuori  di  Milano  (Cremona. 
Piacenza,  Pavia).  Chiese  bramantesche  in  Lombardia  (Incoronata 
in  Lodi,  S.  Maria  in  Busto  Arsizio,  S.  Magno  in  Legnano,  S.  Maria 
della  Croce  in  Crema,  S.  Maria  in  Saronno).  Classicismo  braman- 
tesco del  periodo  posteriore  (S.  Maria  della  Passione,  S.  Maria  di 
S.  Celso,  Cappella  Trivulzio,  L.  da  Vinci,  Cortili  nello  stile  del 
Dolcebuono  e  di  Cristoforo  Solari).  —  Cap.  IV.  Facciata  e  navata 
trasversale  della  Certosa.  Tombe.  —  Cap.  V.  Il  Duomo  di  Milano 
nella  prima  rinascenza    (Il  tiburio,    la  torre  dell'Omodco).  —  Ca-^ 


38o  BIBLIOGRAFIA 


pitolo  VI.    II   Duonin  (li  Conio.  —  Cap.  VII.    La  Chiesa   dei   Mira- 
coli, la  Loggia  e  i  piccoli  monumenti  di  Brescia  (Palazzo  del  Monte 
di  Pietà).  —  Cap.  Vili.  S.  Lorenzo  in  Lugano,  la  Madonna  di  Ti 
rano.  —  Di  questa  importante  pubblicazione  riparlerà  V Archivio. 

*  melici  (I.).  Essai  sur  Ics  curiosités  bibliographiqu«js  de  la  Bihlio- 
thcquc  de  Gap.  —  Bulletin  de  la  Società  d'études  des  Haittes-Alpes, 
IV."  trimestre  1899. 

N.  4179.  Maritai  et  les  commentaires  de  Domizio  Calder  ino  [edi- 
zione Pacliel  e  Schinzenzeller  di  Milano,  a.  1488]. 

Mielileli  (Augusto).  Spigolature  foscoliane.  —  Rassegna  bibliografica 
della  letteratura  italiana,  fase.  IX -X  (1900). 

Milniio.  —  Inginocchiatojo  dei  Faiitoni  nel  Museo  Poldi-Pezzoli.  — 
Cornice  intagliata  in  legno  a  traforo  per  un  quadro  di  Palma  il  Vec- 
chio, nel  predetto  Museo.  Conili.  —  Arte  Italiana  decorativa,  a.  IX, 
n.  5,  1900. 

Agg.  nel  n.  8  :  Rotelle  ed  elmi  fiel  Museo  Poldi-Pezzoli,  sec.  XV I  - 
XVI l  (dettagli,  senza  testo). 

Milano.  —  Vedi  Ada,  Agnesi,  Ascoli,  Asensio,  Beltraini,  Boccalari,  Bol- 
lettino, Brusoni,  Buzzoni,  Carota,  Catalogo,  Cipollini,  Comaiulini, 
Commentar iolum,  Corio ,  Fabriczy,  Fondazione,  Frizzoni,  Giannctti, 
Cerini,  Gerola,  Haag ,  Herzog ,  Hermann,  Kock ,  Lrprcri,  Metani, 
Meyer,  Michel,  Muzio,  Paulus,  Ratti,  Ricci,  Sanf Ambrogio ,  Schultc, 
Storia,   Tedeschi,   Tordi,   Vita,   Vittadini,   Wymann. 

*  llojaiia  (Alberto  de).  La  battaglia  di  Legnano.  Conferenza  tenuta 
in  Milano  alla  presenza  di  S.  Em.  il  Sig.  Cardinale  Arcivescovo 
il  giorno  29  di  giugno  1900,  in  occasione  della  inaugurazione  in 
Legnano  del  monumento  della  battaglia  di  Legnano.  (Estr.  dal  pe- 
riodico La  Scuola  Cattolica,  fascicolo  di  luglio  e  agosto  1900).  — 
]Monza,  tip.  cdit.  Artigianelli,  1900,  in-8.  pp.  25. 

Mox\ZA.  —  Vedi  Barbier,  Mély,  Riva,   Vidi,   Wymann. 

Morelli  (Mario),  Gli  Arazzi  illustranti  la  battaglia  di  Pavia.  —  Atti 
deir Accademia  reale  di  Napoli,  voi,  XXI,  r899. 

Il  Morelli  conferma  che  autore  di  questi  fu  il  van  Orley. 

Morellini  (D.).  Matteo  Randello,  novellatore  lombardo:  studi.  — 
Sondrio,  tip.  Emilio  Quadrio,  1900,  in-8,  pp.  197. 

Moretti  (Gaetano)    e  Rapetti    (Cam.).    Per   la    decorazione    interna 
della  basilica  di  S.  Giovanni  Battista  in  Busto  Arsizio.  —  Milano 
tip.  Umb.  Allegretti,  1900,  in-4,  pp.  11. 

Morfei  (Giuseppe).  Bricciole  d'erudizione:  Ancora  un  raffronto  col 
"letto  manzoniano,,,  —  Fanfulla  della  domenica,  n.  44,  1930. 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA  38 1 


I 


lIoMcarcli  (V.).  L' invasione  francese  nell'Abruzzo  Teramano  nel  1798- 
99.  —  Bollettino  della  società  di  storia  degli  Abruzzi^  XII,  i5  gen- 
naio 1900. 

Operazioni  del  generalo  di  brigata  Rusca    ed  occupazione  di 
Teramo  fatta  dal  medesimo  il  i3  dicembre  1798. 

MiiiiCz  (Eugène).  Le  Musée  de  portraits  de  Paul  Jove.  Contribution 
pour  servir  à  l'iconographie  du  moyen-àge  et  de  la  renaissance 
(Extrait  des  Mémoires  de  FAcademie  des  Inscriptions  et  belles  let- 
tres,  tome  XXXVI,  2.*^  Partie).  —  Paris,  imprimerie  nationale, 
MDCCCC,  in-4,  pp.  96  con  ili. 

llitnzer  (F.).    Eine  Pliniusvita   von  1496.  —   Philologus,  69,  3  {1900). 

litigoni  (dott.  F.).  Il  cap.  28  del  libro  V  della  Historia  Langobardo- 
n//;?  e  gli  Sloveni  del  Friuli.  —  Ci  vi  dal  e,  tip.  G.  Fulvio,  1900, 
in-8,  pp.  12.  ["  Atti  Congresso  storico  nel  centenario  di  P.  Diacono  „]. 

iliixio  (V.).  Il  pavimento  del  Duomo  di  Milano.  Con  tav.  e  ili.  — 
Arte  italiana  decorativa,  a.  IX,  n.  6,  1900. 

Napoleonica.  —  Vedi  Bigoni,  Bonnal,  Centenario,  Colin,  Comandini, 
De  Citgnac,  De  Rossi,  Di'/rnivirth,  Historiqiie,  Jaco,petti,  Lioy,  Livi, 
AI.,  Marimò,  Marengo,  Moscardi,  Pellini,  Rivista,  Soiwarov. 

Hfegri  (G.).  Il  senatore  C.  d'Adda.  —  Rassegna  nazionale,  16  luglio  1900. 
Agg.  :  S.  (G.).  Carlo  d'Adda,  con  ritratto,  in   "  Illustrazione  ita- 
liana „,  n.  26,  1900. 

]%icastro  (prof.  arch.  G.  B.).  A  proposito  della  facciata  del  duomo  di 
Milano.  —  Arte  e  Storia,  n.  8,   1900.  , 

.llicoli  (P.).  Il  dialetto  moderno  di  Voghera.  —  57//^^/  di  filologia  ro- 
manza, fase.  XXII. 

Mota  (Alfr.).  Giulio  II  e  l'assedio  della  Mirandola;  vecchia  polemica. 
—  Modena,  tip.  Soliani,  in-8,  pp.  29. 

Movara  (A.).  Un  letterato  del  quattrocento  [Francesco  Filelfo].  — 
Rivista  ligure  di  scienze  e  lettere,  XXII,  3,  1900. 

Novarese.  —  Vedi  Bcltranii,  Crespi,  Liebenau,  Rais,  Pellini,  Pitard, 
Schulte. 

*  Mtf%'ati  (F.).  Vita  e  poesia  di  corte  nel  secolo  XIII.  —  La  Perscvi- 

ranza,' suppL  del  3i  marzo  1900. 

*  ~  Due  vetustissime  testimonianze    dell'esistenza  del  volgare    nelle 

Gallie  ed  in  Italia  esaminate  e  discusse.  IL  L'Epistola  di  S.  Co- 
lumba  a  Bonifazio  IV  (6i3).  —  Rendiconti  Istituto  Lombardo,  s.  Il, 
voi.  XXXIII,  fase.  XVI  (1900J. 


382  nifUJOdHAMA 


nfurnlicrirer  (A.  J.).  Papstthum  und  Kirchehstaat.  ìli.  ];<  r  Knclieii- 
staat  und  Piemont  (^850-1870).  [Zur  Kirchengeschichtc  des  19. 
Jahrli.  s.  I].  —  Mainz,  Kirchhe»m,  1900. 

Papato   e    Stato  pontificio.  III.   Lo  Stato    ponliiìcio    e  il  TMc- 
montc,  1850-1870. 

Obc»r'#Jiicp  (G.).  Le  guerre  di  Augusto  contro  i  popoli  alpini.  Con  5 
carte  geografiche.  —  Roma,  E.  Loescher,  1900,  in-4,  pp.  xii-239-14. 

—  (L.).  Il  ritratto  di  Cristoforo  Madruzzo  |  governatore  di  Milano  |  di 
Tiziano.  —  (Strenna  del  giornale  VAlto  Adi,s(c,  1900,  in-4,  P-  65-67). 

*  Oliva  (G.).  Di  Lazzaro  Spallanzani  e  del  suo  soggiorno  in  Messina 

neir  anno  1798.  —  .liii  della  R.  Accademia  Peloritana,  a.  XIV,  1899- 
1900  (Messina). 

Omont  (H.).  Un  nouveau  manuscrit  de  la  "  Rhétorique  „  d'Aristotc 
et  la  bibliothèquc  grecque  de  Francesco  Filelfo.  —  La  Bibliofilia^ 
a.  II,  n.  3-5,  con  i  ili. 

Orsi  (Pietro).  L'Italia  moderna:  storia  degli  ultimi  centocinquanta 
anni  fino  alla  assunzione  al  trono  di  V.  Emanuele  III.  —  Milano, 
U.  Hoepli,  1901,  in-16  e  tav. 

Osiander  (Willi.).  Der  Hannibalweg.  Neu  untersucht  und  durch  Zei- 
chnungen  und  Tafeln  erlàutert.    Mit  i3  Abbildgn.    und  3  Karten. 

—  Berlin,  Wcidmann,  190G,  gr.  in-8,  pp.  viii-204. 

11  passaggio  di  Annibale.  Nuovamente  studiato  e  con  disegni 
e  tavole  dilucidato. 

Oìstermaiin  (Maria).  Il  pensiero  politico  di  G.  B.  Niccolini  nelle  tra- 
gedie e  nelle  opere  minori,  con  l'aggiunta  di  sonetti  e  lettere  ine- 
dite di  G.  B.  Niccolini  e  Atto  Vannucci.  —  Milano,  Albrighi, 
Segati  e  C,  edit.,  1900,  in-16. 

3.  Il  periodo  storico  che  prepara  l'Arnaldo  da  Brescia.  4.  L'Ar- 
naldo da  Brescia. 

*  l*ai!»  (E.).  Nuove  osservazioni  sull'invasione  dei  Teutoni  e  dei  Cimbri. 

—  Rivista  di  storia  antica,  a.  V,  fase.  II-III,  1900. 

Paolo  Diacono.  (Sec.  VIII).  — -  Civiltà  Cattolica,  18  agosto  1900. 

Paolo  Diacono.  —  Vedi  Calisse ,  Centenario,  Cipolla,  Hartmann,  Ta- 
massia. 

Parazzf  (A.).  Due  necropoli  dei  Terramaricoli  nel  distretto  di  Via- 
dana in  provincia  di  Mantova.  —  Bidleitino  di  paletnologia  italiana, 
XXVI,  1-3  (1900). 


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BOLLETTINO    DI    BIBLIOGR  AFLA.    STORICA     LOMBARDA  383 

Parìtii  (G.).  La  n-^attina.  Traduzione  in  dialetto  milanese  di  Antonio 
Curti,  del  mattino  di  Giuseppe  Parini  [con  prefazione  del  dott.  Lo- 
dovico Corio].  —  Milano,  tip.  edit.  Verri,  1900,  in  8,  pp.  xx-63. 

Parinl  —  Vedi  Almanacco,  Carducci,  Cotronei,  Di  Franco,  Rubini,  Serena. 

*  l*aroli  (Eugenio).  Le  dieci  giornate  di  Brescia  del  1849,  —  Milano,- 

Società  editrice  Sonzogno,  1899,  in-i6,  pp.  io3.    ["  Biblioteca  uni- 
versale „,  n.  259J, 

Pauli  (K.).  Sind  die   Ligurer  Indogermanen  ?  —  Bcilage  zur  MTinche- 
ner  Allgermeinen  Zeitung,  n.  iSy  (1900). 
Sono  i  Liguri  Indogermani  ? 

Paiilus  (N.).    Der  Ablassprediger    Bernhardin    Samson.    —   Der  Ka- 

tholik,  voi.  XX,  1899. 

Il  predicatore  d'  indulgenze  Bernardino  Sanson,  milanese,  in 
Svizzera,  a' tempi  dello  Zwingli;  articolo  tessuto  sulla  biografia 
stesane  dallo  Schmid! in  nel  1898  (Solothurn). 

Pavia.  —  Vedi  Balladoro,  Biblioteche,  Bisoni,  Cairoti,  Certosa^  Corradi, 
Dell'Acqua,  Dubois,  Fabriczy,  Filippini,  Fumagalli,  Galli,  Gazzaniga, 
Giulietti,  H'ùttinger,  Kauf marni,  Maj occhi,  Metani,  Meyer,  Nicoli,  Oliva, 
Potsz,  Ricordo,  Sant'Ambrogio,  Schult:,  Semeria,  Storia,    Tannery. 

*  PelacK  (Mario).  Lettere  di  Girolamo  Tiraboschi  a  Tommaso  Trenta. 

—  Atti  R.  Accademia  lucchese  di  scienze  e  lettere,    voi.  XXX  (1900). 

Pélìssicr  (L.  G.).  Quelques  lettres  ducales  de  Louis  XII.  —  Nouvelles 
et  lettres  politiques  de  1498-1499.  —  Revue  des  langues  romanes, 
marzo-aprile  1900. 

*  —  Notes  italiennes  d'histoire  de  France.  XXVIII.  Une  lettre  de  B. 

d'Alviano  à  Louis  XII  (16  dicembre  1514).  —  Nuovo  Archivio   Ve- 
ncto,  t.  XX.  p.  I,   1900. 

—  L'artillerie  de  Charles  VIII  et  Florence.  —  La  Correspondance  hi- 
storique  et  archéologique,  1900,  settembre. 

*  Pellc^'i'inì  (A.).  Il  Piccinino.    —   Zcifschrift  f'.'.r  romanische    Philo- 

logie,  XXIV,  1900,  2-3. 

Continuazione  della  pubblicazione  del  cantare  in  morte  del 
Piccinino,  già  segnalato  in  questo  Archivio. 

*  Pellloi  (S.).  Guerrazzi  e  Bertani  nel  1864    (lettere   inedite).   —  Ri- 

vista mensile  di  Casalmaggiore,  a.  I,  1900,  n.  5-6. 

*  —  Giuseppe  Prina,  ministro  delle  finanze  del   Regno  Italico.  Docu- 

menti inediti.    —  Novara,    tip.    fratelli    Miglio,    1900,    in-8    gr. 
pp.  xv-i3i. 

Se  ne  riparlerà. 


1 


BIBLIOGRAFIA 


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pistoiese,  a.  11^  fase.  II,  1900. 

Il  Cammelli;  noto  poeta  alla  corte  degli  Sforza. 

*  Perini  (Q.).  Numismatica  italiana.  XIV.  Grosso  inedito  di  Gian  Ga- 

leazzo Visconti  per  Verona.  —   Atti  I.  R.  Accademia  degli  Agiati 
di  Rovereto,  s.  Ili,  voi.  VI,  fase.  Ili,  1900. 

*  Periodico   della   Società  Storica   Comense.    Fase.  5o.*^,   in-8  gr.  — 

Como,   Ostinelli,  1900. 

Monti  (dott.  sac.  Santo).  I.  Riforme  degli  Statuti  Comaschi 
in  odio  al  Torriani  prigionieri  nel  Baradello.  II.  I  Balbiano,  conti 
di  Chiavenna.  111.  Inondazioni  del  Lago  di  Como  dal  1431  al  1765. 

Petrocclii  (dott.  Luigi).  Massa  marittima.  —  Arte  e  Storia.  —  Fi- 
renze, A.  Venturi,  edit.,  1900,  pp.  406  con  ine. 

11  Gap.  3,"  /  maestri  Comacini  menziona  Jacobo  maestro  mar- 
morario lombardo  che  fece  contratto  nel  1281  per  lavori  murari 
assieme  agli  altri  maestri  lombardi  Pietro  Gerardo  e  Bonaventura: 
menziona  pure  maestro  Enrico  e  maestro  Giroldo  da  Como  che 
nel  1267  costruì  il  battistero,  e  maestro  Adamo  di  S.  Vico  di  Val 
di  Lugano,  Matteo  di  Lugano  ed  altri  autori  di  muri  per  sbarra- 
mento d'  acqua. 

l*ìccioui  (Luigi).  Notizie  ed  appunti  intorno  al  Giornalismo  Berga- 
masco. Con  una  tavola  sinottica  dei  Giornali  Bergamaschi  (1797- 
1861).  —  Bergamo,  Istituto  arti  grafiche,  1900,  in-8,  pp.  3i. 

Pietraiiiellara  (Giacomo).  Blasonario  delle  famiglie  nobili  e  titolate 
del  Piemonte.  —  Patriziato  Cattolico^  aprile-agosto  1899  e  seg. 

Pitard  (d.""  Eugène).  Étude  de  plusieurs  séries  de  crànes  anciens  pro- 
venant  de  diverses  régions  de  la  vallèe  du  Rhone  (Valais),  — 
BìiUetin  de  la  Società  Neuchateloise  de  géographie,   tome  XII,  1900. 

"  Par  leurs  caractères  anthropologiques,  les  crànes  braehycé- 
phales  de  la  Vallèe  du  Rhòne  appartiennent  a  ce  que  Fon  dé- 
nomme  Ics  Celtes-Alpins  (ou  Rhétiens,  ou  Ligures,  Rhéto-Ligures, 
Celto-Ligures,  etc.  „). 

Pittura  (La)  lombarda  nel  secolo  XIX.  —  Milano,  Società  perle 
'belle  arti,  edit.  (tip.  Capriolo  e  Massimino),  1900,  in-8,  pp.  i3o  con 
5i  tavole. 

Vedi  Lue  ini,  Malagiizzi. 

Plimo.  —  Vedi  Consoli,  Detlesscn    Diatzko,  Gamiirrini,  M'ùnzer. 

*  Pos;g;i  (Gaetano).  Genoati  e  Viturii.  Saggio  storico  sugli  antichi  Li- 

guri. Con  carta  topografica.    —    Atti   della  Società  Ligure  di  storia. 
patria,  voi.  XXX,  1900. 


r 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA  385 

*  Pog^gi  (Vittorio).  Escursioni  archeologiche.  Anelli  antichi  inediti.  — 
Giornale  storico  della  Liguria,  a.  I,  1900,  fase.  V-VI. 

Due  anelli  d'oro  trovati  in  una  tomba  romana,  scavata  nel- 
l'ottobre 1893  presso  Brescia. 

Poli  (vicomte  de).  La  compagnie  d'ordonnance  de  Monseigneur  de 
Bayard  (i523).  —  Annuaire  du  Conseil  hcraldique  de  France,  XIIP 
année  (Paris,  Conseil  héraldique  de  France). 

Portiig^al  de  Farla  (Antonio  de).  Note  per  la  storia  della  famiglia 
de  Marchi  e  del  comune  di  Astano  sua  patria.  —  Livorno,  ti- 
pografia R.  Giusti,  1900,  in-4,  pp.  282. 

Potez  (H.).  De  Zurich  à  la  Chartreuse  de  Pavie.  —  Revue  pour  Ics 
jeimes  filles,  5  s  gesto  1900. 

"^  Pozzoli  (Pietro,  operaio).  Vita  di  Francesco  Sforza,  quarto  duca 
di  Milano.  Prosa  milanese  in  sesta  rima.  —  Milano,  stab.  tipo, 
grafico  P.  B.  Bellini,  1900,  in-8,  pp.  82. 

Prior  (David).  Ex-libris  de  M.  le  comte  Léopold  Pullé.  —  Archives 
de  la  Société  des  collectionncurs  d'ex-libris,  settembre  1899. 

Proto  (Enrico).  Questioni  Tassesche.  I.  La  "  Siriade  „  e  la  "  Geru- 
salemme „,  —  Rassegna  critica  della  letteratura  italiana,  di  Napoli, 
a.  V,  n.  1-4,  1900. 

Quiiiet  (Edgard).  Lettera  alla  marchesa  Arconati-Visconti  (1887),  edita 
dal  prof.  M.  Menghini.  —  Città  di  Castello,  Lapi,  1900, 
in-16,  pp.  14  (Nozze  Zannoni-Mazzoletti). 

Notevole  per  quello  che  FA.  dice  del  Berchet. 

Qiiirici  (arch.  Carlo).  11  Cenacolo  di  Ponte  Capriasca.  —  Corriere  del 
Ticino  di  Lugano,  n.  247-248,  ottobre  1900. 

Ilachelt  (mons.  Ant.).  Commemorandosi  nella  chiesa  di  S.  Francesco 
di  Brescia  i  defunti  bresciani  del  secolo  XIX,  4  gennajo  1900.  — 
Brescia,  stab.  tip.  "Sentinella  bresciana,,,  1900,  in-8,  pp.  18. 

Kaiuhaldi  (P.  L.).  La  battaglia  di  Galliano  e  la  morte  di  Roberto 
da  Sanseverino.  (Con  ili.).  —  Archivio  Trentino,  a.  XV,  fase.  I 
(Trento,  1900). 

;*  Ratti  (dott.  Achille).  Un  vescovo  ed  un  concilio  di  Milano  scono- 
sciuti o  quasi.  Nota.  —  Rendiconti  Istituto  lombardo,  s.  JI,  voi.  XXXIII, 
fase.  XVI  (1900). 

Nota  che  rischiara  un  punto  molto  oscuro  della  storia  eccle- 
siastica milanese  sul  primo  inizio  del  secolo  VII,  portando  anche 
luce  sulle  condizioni  della  chiesa  africana  alla  stessa  epoca. 

Arck.   btor.  Lomb.  —  Anno  XXVII.  —   hnsc.  XXVIII.  .  25 


386  BIULIOGKAFIA 


*  llattl  (clott.  Achille).  Poesie  di  Carlo  Maria  Maggi  in  manoscritti  ro- 
mani. Nota.  —  Rcndiconii  htituto  Lombardo,  s.  Il,  voi.  XXXIII, 
fase.  XIII  (1900). 

\'cdi  Ada. 

Rcffciita  imperli  VI.  Die  Urkunden  Kaiser  Sigmunds  (1410- 1437), 
vcrzcichnct  von  Wilh.  Altmann.  II.  Bd.  3.  (Schluss  Llg.)  (Nach- 
tràge  u.  Rcgister  zu  Bd,  I  u.  II),  gr.  in  8.  —  Innsbruck,  Wa- 
gner, 1900. 

RelaKioiie  della  Commissione  speciale  in  merito  alla  sistemazione 
interna  ed  esterna  del  palazzo  municipale.  Loggia  (Collegio  degli 
ingegneri  ed  architetti  di  Brescia).  —  Brescia,  tip.  Istituto  Pa- 
voni, 1900,  in-8,  pp.  II. 

Renier.  —  Vedi  Liizio. 

Rerum  ItaliciEiriim  Scrlptorcis.  Raccolta  degli  Storici  Italiani 
del  Cinquecento  al  Millecinquecento  ordinata  da  L.  A.  Muratori. 
Nuova  edizione  riveduta,  ampliata  e  corretta  con  la  direzione  di 
Giosuè  Carducci,  in-4  gr.  a  2  col.  —  Città  di  Castello,  Sci- 
pione Lapi,  edit.,  1900. 

Sono  usciti  i  tomi  I>  parte  I  :  La  Historia  Miscella  di  Landolfo 
Sagace  a  cura  di  Vittorio  Fiorini  e  Giorgio  Rossi,  e  t.  XXII, 
parte  IV:  Le  Vite  dei  Dogi  di  Marin  Sanudo  a  cura  di  Giovanni 
Monticolo. 

Rcprodutioiiiii  in  Fac-iiimilc  of  Drawings  by  the  old  Masters 
in  the  coliection  of  the  Earl  of  Pembroke  and  Montgomery  at 
Wilson  House.  With  Text  hy  S.  Arthur  Sthrong:  Pa.Tt  I.  —  Lon- 
don, Colnaghi,  1900. 

I.  L.  da  Vinci.  Disegno  di  un  cavaliere  sul  destriero  a  galoppo, 
e  studio  per  la  statua  equestre  dello  Sforza.  —  5.  Cesare  da  Sesto. 
Disegno  per  una  santa  famiglia.  —  11.  Maestro  deW Italia  settentrio- 
nale. Disegno  per  il  quadro  attribuito  nella  Galleria  Borghese  a 
Lorenzo  Lotto. 

Ricci  (dott.  Serafino).  Le  colonne  di  S,  Lorenzo.  —  Ancora  delle  co- 
lonne di  S.  Lorenzo.  Per  definire  la  questione  archeologica.  — 
La  Sera,  4  luglio  1900  e  La  Perseveranza,  29  luglio  1900. 

*  —  Del  metodo  sperimentale    nelle    discipline  archeologiche.  Prolu- 

sione pronunciata  il  16  gennajo  1900  al  corso  di  archeologia  e 
storia  dell'  arte  presso  la  R.  Accademia  scientifico-letteraria  di 
Milano.  —  Firenze,  Ufì&cio  della  "Rassegna  nazionale,,,  1900, 
in-8;  pp.  32. 

*  —  Le  gipsoteche  d'arte  in  Italia.  Lóro  carattere  e  loro  importanza 

per  gli  studi  archeologici  e  artistici.  (A  proposito  della  fondazione 


I 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA  38? 


ì 


di  una  gipsoteca  d'arte  a  Milano).  —  Messina,  tip.  della  "Ri- 
vista di  storia  antica  „,  i.°  giugno  1900,  in-8  gr.,  pp.  22. 

Ricordo  delle  feste  della  inaugurazione  dei  busti  ai  mottensi  A.  Scarpa 
e  P.  M.  Molmenti,  29  ottobre  1899.  —  Oderzo,  tipografia  ditta. 
G.  B.  Bianchi,  1900,  in-8,  pp.  41. 

Risorgimento  italiano.  —  Vedi  Almanacco,  Ascoli,  Bassi,  Cairoli,  Fal- 
della, Friedjimg,  Helfcrt,  Lepelleiier,  Locaietli,  Luzio,  Negri,  Nì'irn- 
berger,  Orsi,  Ostcrmann,  Par  oli,  Pellini,  Piccioni,  Quinci,  Santa  Rosa, 
SaiwiHf  Struggle,   Torresani,   Variali,    Venturelli,    Vita,   Wymann. 

*  Riva  (Giuseppe).  Episodi  inediti  della  ritirata  di  Garibaldi  a  Monza. 

—  La  Sera,  5-6  dicembre  1900. 

*  Rivista  di  storia,  arte,  archeologia  della  Provincia  di  Alessandria. 

Fascicolo  speciale  dedicato  alla  storia  del  periodo  Napoleonico 
in  occasione  del  Centenario  della  Battaglia  di  Marengo.  (Anno  IX, 
fase.  XXX),  in-4  ili.  —  Alessandria,  tip.  G.  Chiari,  1900. 

PiTTALUGA  (V.).  La  Battaglia  di  Marengo.  —  Trucco  (A.  F.). 
La  Battaglia  di  Marengo  ed  il  piano  di  guerra  della  seconda  cam- 
pagna d' Italia,  Appunti  storici  e  militari.  —  Gasparolo  (F.).  Ales- 
sandria nel  periodo  Napoleonico,  14  giugno  1800-1802.  —  Bruz- 
zoNE  (Pier  Luigi).  La  statua  di  Napoleone  Bonaparte  a  Marengo. 

Rolierti  (co.  Tiberio).  Il  Mantegna  a  Bassano.  —  Arte  e  Storia,  n.  11, 
1900. 

Rociia!!!  (A.  de).  Les  questions  relatives  à  Bayard;  Bayard  a-t-il  été 
marie.  —  La  famille  de  Bayart.  Reste-t-il  des  armes  ou  autres 
objets  ayant  appartenu  authentiquement  à  Bayard?  —  Reviie  dau- 
phinoise,  maggio  e  settembre  1900. 

*  Romano  (G.).  Gli  studi  storici  in  Italia  allo  stato  presente  in  rap- 

porto alla  natura  e  all'ufficio  della  storiografìa.  —  Pavia,  Suc- 
cessori Bizzoni,  1900,  in-8,  pp.  28.  (Estr.  "  Rivista  filosofica  „,  vo- 
lume III,  11.  3). 

*  —  Niccolò  Spinelli  da  Giovinazzo  diplomatico  del  secolo  XIV.  Ca- 
pitolo V.  N.  Spinelli  gran  cancelliere  del  regno  di  Sicilia  e  sini- 
scalco di  Provenza  (1867-1372)  [cont.).  —  Archivio  storico  per  le  Pro- 
vincie napoletane,  a.  XXV,  fase.  II-III  (1900). 

^Rofisl  (avv.  Giuseppe).  Memorie  sulla  battaglia  di  Legnano.  Confe- 
renza tenuta  in  Legnano  il  giorno  i3  maggio  1900,  a  beneficio  del 
monumento.  In-8  gr.,  Gallarate,  1900. 

Loiivet  (Massillon).  Une  ambassade  à  Rome  sous  Henri  IV.  Charles 
de  Gonzague,  due  de  Nevers,  d'après  une  rarissime  relation  de 
1608.  —  Nevers,  impr.  Cloix,  1900,  in-8,  pp.  27. 


i,S,S  BIBLIOGRAFIA 


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pagnie, 1749-1751  {cont).  —  L'Ami^des  nwfiitmetits  et  c/es  arts,  vo- 
lume XIV,  n.  77  (1900). 

."  Hiililnl  (avv.  Filippo).  Parini  che  ride.  Atto  unico.  Premiato  con 
diploma  d' onore  alla  io.''*  gara  indetta  dal  giornale  "  Scaramuccia  „ 
di  Firenze.  —  Torre  Annunziata,  tip.  edit.  G.  Maggi,  1898, 
in-8,  pp.  62. 

L'azione  ha  luogo  in  una  .suntuosa  Villa  del  Lario. 

RubMam  (I.).  Aus  der  Urzcit  der  modernen  Post  (1425- 1562).  —  Hi- 
storisc/ies  lahrbiich  di  Monaco,  XXI,  I,  1900, 

Notizie  sulla  vita  dei  corrieri,  specialmente  Milanesi,  la  quale 
sotto  F.  Maria  Visconti  era  faticosissima. 

*  ^alaxar  (L.).   iStoria   della  famiglia  Salazar.   —    Giornale  araldica- 

genealogico,  a.  XXVI,  1898,  fase.  VI  [1900]. 

*  ìSallesii  (G.).  Un  traitre  au  XVI"  siècle,  Clement  Champion,  valct  de 

chambre  de  Fran9ois  I^''".  —  Revite  des  questions  historiques,  i,°  lu- 
glio 1900. 

Champion,  che  dal  i5i9  al  i525  aveva  compiute  diverse  im- 
portanti missioni,  svelò  a  Carlo  V,  nel  i525,  il  segreto  del  com- 
plotto organizzato  da  Cavriana  per  1'  evasione  di  Francesco  I. 

Saltet  (L.).  Un  texte  nouveau:  la  "  Dissertati©  Maximini  contra  Am- 
brosium,,.  —  Bnlletin  de  littérature  ecclésiastique,  n.  4,  1900. 

Protesta  ariana  contro  la  procedura  del  concilio  di  Aquilea 
del  38i  che  aveva  deposto  Palladio  e  Secondiano;  lavoro  prezioso 
(secondo  la  Revue  historique,  LXIII,  1900,  p.  410)  per  le  citazioni 
che  contiene  di  Aussenzio  e  di  Palladio  e  per  i  nuovi  dettagli 
che  offre  per  la  vita  e  la  dottrina  di  Ulfìla. 

Sali^'atore  (A.).  Rileggendo  il  Bandello.  —  Le  Grazie,  li,  3  (1900) 
[v.  Morellini'j. 

Scalveranno  (F.).  La  Pittura  Cremonese  —  //  Torrazzo  di  Cremona, 
n.  IO,  1900. 

*  Salvioiii  (Carlo).  Bibliografia  dei  Dialetti  Ticinesi.  —  Bell  inzona, 

tip.  C.  Salvioni,  1900.  [Nozze  auree  Salvioni-Borsa ',  in-8,  pp.  17. 

—  La  biblioteca  di  Carlo  Porta.  —  La  Perseveranza,  28  sett.  1900. 

—  Lomb.  skérpa,    corredo,   ed   altre  etimologie    [bergamasche,  pa- 

vesi, ecc.],  —  Archivio  glottologico  italiano,  XV,  864-69  (Torino,  1900). 

—  A  proposito  di  amis  lomb.  —  Romania,  1900,  pp.  547-558. 


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w 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA  38q 

"Sant'Ani broglio  (Diego).  Il  cilicio  di  Santa  Caterina  da  Siena,  nel 
borgo  di  Carpiano;  —  Nel  Museo  di  Porta  Giovia:  "Il  Maestro 
di  S.  Trovaso  „  ;  —  La  Colonna  Antoniana  nel  Museo  di  Milano;  — 
Un  Medaglione  artistico  nel  chiostrino  di  S.  Maria  delle  Grazie 
in  Milano;  —  Una  questione  iconografica  nel  chiostrino  delle 
Grazie;  —  Una  lapide  storica  in  Milano  del  1707;  —  Nel  Museo 
di  P.  Giovia:  La  tomba  di  Gastone  di  Foix  e  le  sculture  del  Bam- 
baja;  —  Le  antiche  case  di  Vaprio  e  di  Concesa  per  la  custodia 
del  Naviglio.  —  Lega  Lombarda,  22,  24  e  26  giugno  ;  8  luglio  ;  22 
luglio;  23  settembre;  io,  27  e  28  ottobre  1900. 

—  Nel  Museo  di  Porta  Giovia  in  Milano.  "  La  statua  orante  di  Cate- 

rina Visconti  „.  —  La  lastra  tombale  del  Folperti  nella  Certosa  di 
Pavia.  —  Arte  e  Storia,  n.  i3-i4,  18-19,  1900. 

—  Lo  zodiaco  del  finestrone  di  San  Domenico  in  Casale  Monferrato. 

—  Astrofilo,  3  luglio  1900. 

—  Suir  originario  aitar  maggiore   della  Certosa  di  Pavia,  ora  a  Car- 

piano. —  Cosmos  catholiciis,  di  Roma,  n.  14,  1900. 

*  —  Il  pulpito  nel  refettorio  della  Certosa  di  Pavia.  —  Nel  Museo  di 

Porta  Giovia:  Il  pallio  o  trittico  di  Vighignolo.  —  Il  Monitore  tec- 
nico, n.  22,  28,  1900. 

*  §»aiiita  Rosia  (Santorre  Derossi  di).  Carlo  Alberto   di  Savoia-Cari- 

gnano  e  sue   relazioni   con  Santorre,  Pietro  e  Teodoro    di   Santa 
Rosa.  —  Torino,  tip.  Roux  e  Viarengo,  1900,  in-8,  pp.  3i. 

Agg.  :  Fiorini  (Vittorio).  Gli  scritti  di  Carlo  Alberto  sul  moto 
piemontese  del  1821.  Roma,  Soc.  edit.  D.  Alighieri,  1900.  ["  Biblio- 
teca storica  del  risorgimento  italiano  „,  s.  I,  n.  12]. 

^aiivin  (G.).  Un  pélerinage  patriotique  à  Solferino.  —  Reviie  hebdo- 
madaire,  28  giugno  1900. 

Scafi  (dott.  Arduino).  Voltaire,  Pezzana,  Pecis.  —  Rivista  delle  Biblio- 
teche, a.  XI,  voi.  XI,  n.  7-9  (1900). 

§icaraniclla  (G.).  Relazioni  tra  Pisa  e  Venezia  (1494-1496).  —  Studj 
Storici,  IX,  2. 

"  <t|»cliellliafiii  (K.).  Akten  uber  die  Reformthàtigkeit  Felician  Nin- 
guarda's  in  Baiern  und  Oesterreich,  1572-1577  [cont.).  —  Ouellen 
und  Forschungen,  dell'  Istituto  storico  Prussiano,  in  Roma,  voi.  Ili, 
fase.  II  (1900). 

Atti  per  Fattività  riformatoria  di  Feliciano  Ninguarda  in  Ba- 
viera ed  in  Austria,  1572-1577.  —  Continuazione  dell'  importante 
memoria. 


*  MfliiniMirclll.  —  Omaggio  airastronomo  G.  V.  Schiaparclli.  —Mi- 

lano, tip.  Menotti  B.,  1900,  in-4  fìg.,  pp.  86,  con  ritratto. 

I.  Lettera  degli  astronomi  italiani  al  prof.  Schiaparelli.  2.  Prima 
del  3o  giugno  1860.  3.  Dopo  il  So  giugno  1860.  4.  Bibliografia  degli 
scritti  di  G.  V.  Schiaparelli. 

*  Scliuelinrclt  (H.).  Zu  oberital.  bórrcr  u.  s.  \v.  Rom.  Etyni.  II,  182. 

—  Zeitschrift  fi'ir  romanische  Philologie,  XXIV,  1900,2-8,  p.  417-18. 

*  Scliiilte  (prof,  d.'  Aloys).  Geschichte  des  mittelalterlichen  Handels 

und  Vcrkehrs  zwischen  Westdeutschland  und  Italien  mit  Auss- 
chluss  von  Venedig.  Herausgegb.  von  dcr  Badischen  Historischen 
Kommission.  I.  Band:  Darstcllung;  II.  Band:  Urkunden.  Mit  2 
Karten.  •—  Leipzig,  Verlag  von  Duncker  und  Ilumblot,  1900, 
gr.  in-8,  pp.  xxxii-742  e  358  con  2  carte  geogr. 

Di  quest'  importante  opera  consacrata  alla  storia  del  com- 
mercio medioevale  tra  la  Germania  del  Sud  e  l'Italia,  in  ispecie 
la  Lombardia,  V  Archivio  si  occuperà  nel  p.  f.  fascicolo. 

Scli^veitxer  (Eugenio).  La  Scuola  pittorica  cremonese  (Ricordo  del- 
l'Esposizione d'arte  sacra  in  Cremona).  Con  ili.  L'Arte,  a.  Ili,  1900, 
fase.  I-IV. 

Boccaccio  Boccaccino  —  Galeazzo  Campi  —  Tomm.aso  Aleni 

—  Lorenzo  Becci  —  Francesco  e  Filippo  Tacconi  —  Galeazzo  Ri- 
velli della  Barba  —  Antonio  Cicognara  —  Altobello  Ferrari,  detto 
Melone  o  Melloni  —  Gian  Francesco  Bembo  —  Giulio  Campi  — 
Bernardino  Gatti  detto  il  Solaro. 

*  Segre  (prof.  Arturo).    La  politica   sabauda  con    Francia   e   Spagna 

dal  i5i5  al  i533.  Memoria.  —  Memorie  della  R.  Acc(idemia  delle 
scienze  di  Torino,  serie  II,  tomo  L  (1900). 

*  Semeria    (p.  Giovanni).    Il  cristianesimo    di    Severino    Boezio.    — 

Studi  e  documenti  di  storia  e  diritto,  a.  XXI,  fase.  I-III  (1900). 

Serena  (Augusto).  Pagine  letterarie.  —  Roma,  tip.  Forzani,  1900,  in-8. 
4.  Le  rime  a  stampa  di  Francesco    di    Vannozzo   da  Volpago 
[poeta  visconteo].  7.  A  proposito  di  una  raccolta;   noterelle  pari- 
niane. 

*  Sforza  (G.).  La  nuora  e  la  figlia  di  Francesco  Malaspina.  —  Gior- 

nale storico  della  Liguria,  a.  I,  1900,  fase.  VII-IX.     . 

Si  discorre  di  Ippolita,  figlia  di  Ettore  Fioramonte,  generale 
delle  armi  di  Lodovico  il  Moro,  maritata  a  Lodovico,  figlio  di 
Francesco  Malaspina,  e  della  sua  figliolanza.  Portò  in  dote  alma- 
rito,  per  dono  appunto  del  Moro  che  aveva  voluto  quel  matri- 
monio, la  pieve  di  Desio,  Gambolò  e  Villa  S.  Vittore.  La  benevo- 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA  Spi 

lenza  del  Moro  per  l' Ippolita  e  per  i  di  lei  figli  rimase  tradizionale 
nella  famiglia  Sforza  e  lo  prova  anche  una  lettera  di  Massimiliano 
Sforza ,  da  Cusago ,  6  marzo  i5t4  ,  riportata  dallo  S.  Ma  egli 
avrebbe  potuto  dire  di  più  della  bella  Ippolita,  signora  di  Scal- 
dasele, che  figura  nelle  novelle  del  Bandelle  e  nelle  opere  del 
Brantóme  e  d'altri  erotici  del  tempo.  Il  di  lei  ritratto  è  a  vedersi 
nel  celebre  codice  delle  belle  donne  milanesi,  del  Nuceto,  in  Tri- 
vulziana. 

Sforza.  —  Un  interessante  bicchiere  sforzesco  [nel  Museo  di  P.  Gio- 
via].  —  Domenica  del  Corriere,  n.  44,  1900. 

Sforza  e  Visconti.  —  Vedi  Arciy  Bar  zizza,  Becker,  Beltranii,  Bongi, 
Cabanés,  Dallari,  Dalla  Scala,  Fumi,  Gerola,  Giulietti,  Gtdgne, 
Her marni,  Kraus,  Liizio,  Mandrot,  Medin,  Morelli,  Morellini,  Nota, 
Novara,  Omont,  Pélissier,  Pellegrini,  Pércopo,  Parini,  Periodico,  Poli, 
Pozzoli,  Rambaldi,  Riva,  Romano,  Rochas,  Ri'ibsam,  Salles,  Scara- 
mella, Segre,  Serena,  Sforza,   Tosata,  Zippel. 

!SicÌliaifto  Villaniieva  (Luigi).  SulF  influenza  longobarda  nella  po- 
litica ecclesiastica  normanna.  [Pel  5o.°  anno  d' insegnamento  del 
prof.  Francesco  Pepere:  scritti.  —  Napoli  ,  1900,  tip.  soc.  coo- 
perativa tipogr.]. 

—  Saggio  di  bibliografia  della  storia  dei  Comuni  Italiani.   —   Rivista 

di  storia  e  filosofia  del  diritto,  voi.  IL  —  Palermo,  1900. 

S»ig;nori  (E.).  Alcune  opere  d'arte  in  Cremona.  Con  tav.  e  ili.  —  Arte 
italiana  decorativa,  a.  IX,  n.  6,  1900. 

Pace  del  Moderno  —  Cornice  di  Pala  d' altare  nella  chiesa 
di  S.  Giovanni  in  Croce  a  Cremona —  Arcibanchi  già  in  S.  Sigi- 
smondo, ora  nel  Museo  Civico  —  Candelabro  nella  Cattedrale  di 
Cremona  —  Pianete  e  paliotto  d'  altare  regalato  da  Francesco  I 
alla  chiesa  di  Pizzighettone  —  Quadro  di  A.  Campi  in  S.  Sigi- 
smondo a  Cremona  —  Base  del  busto  di  S,  Ceroide  nella  chiesa 
di  S.  Maddalena  a  Cremona  —  Ornamenti  di  pilastro  dipinti  in 
una  tempera  della  chiesa  di  S.  Michele  in  Cremona. 

—  Il  palazzo  Raimondi  a  Porta  Milano.  —  //  Torrazzo  di   Creir.ona, 

n.  IO,  1900. 

!liimon»relcl  (H.).  Nochmals  die  Wahl  Friedrich  Rothbart's.  —  Hi- 
storische   Vierteljahrsschrift,  fase.  III,  1899. 

Ancora  dell'  elezione  di  Federico  Barbarossa. 

*  Atmirag^lia  Scoj^naiiilg;lio  (d.'  Nino).  Ricerche  e  documenti  sulla 
giovinezza  di  Leonardo  da  Vinci  (1452-1882).  Memoria  premiata 
dal  R.  Istituto  Lombardo  di  scienze  e  lettere.  —  Napoli,  Ric- 
cardo Marghieri,  1900,  in-8  gr.,  pp.  x-159. 


L 


3()2  lUHIJOdHAriA 


JS«»liiil  (Kciinondo).  Leonardo  da  Vinci  (14521519).  —  Firenze, 
G.  Barbèra,  1900,  in-16,  pp.  vi-240  con  ritratto. 

I.  Il  primo  trentennio  in  Firenze.  2.  La  corte  dì  Lodovico  il 
Moro.  3.  11  tempo  della  vita  errante.  4.  Appendici. 

SouvoRov.  —  Vedi  Blum,  Leupold,  Stremoitkhov. 

Stearn»  (Frank  Preston).  The  midsummer  of  italianart;  t  oiiLajiuiig 
an  cxamination  of  the  works  of  Michel  Angelo,  Leonardo  da  Vinci, 
Raphael  Santi,  and  Correggio.  Rev.  ed.  —  New -York,  Putnam, 
1900,  in-16,  pp.  327. 

Sterlocelii  (sac.  Lorenzo).  La  Valle  Mesolcina.  Schizzi.  —  Como, 
tip.  Casa  Divina  Provvidenza,  1899,  in-24,  pp.  72. 

Schizzi  storici  affatto  inutili  intorno  alla  Mesolcina,  già  feudo 
dei  Trivulzio. 

Storia  (Per  la)  del  libro  in  Italia  nei  secoli  XV  e  XVI:  notizie  rac- 
colte a  cura  del  Ministero  della  Pubblica  Istruzione.  —  Firenze, 
Leo  S.  Olschki,  1900,  in-8,  pp.  xn-i23,  con  tavola. 
■  5.  Milano.  8.  Pavia,  io.  Cremona. 

—  del  santuario  della  Madonna  dei  Miracoli  presso  il  Borgo  di  Rho, 
con  l'aggiunta  di  una  visita  descrittiva  al  santuario  e  di  alcuni 
cenni  intorno  al  collegio  degli  oblati  missionari.  —  Milano, 
stab.  tip.  pont.  A.  Bertarelli,  1900,  in-24  fi&\»  PP-  126  con  5  tav. 

SStremoukhov  (M.)  i  Sniaii!«kii  (P.).  Zizn  Suvorova  v  khudojestv, 
izobrajeniiakh.  (Vita  di  Souvorov  in  ritratti,  ecc.).  —  Moskva, 
Knebel,  in-4,  pp.  396. 

Per  la  biografia  del  Souvorov  agg.  le  seguenti  opere  russe  : 
PoLEVoi  (N.  A.).  Istoriia  kniazia  italiiska  go  grata  Suvorova-Rym- 
nikokagov  (Moskva,  I.  Morozov,  in-8,  pp.  340)  ;  Usov  (P.).  Istoriia 
Suvorova  (S.^  Pétersbourg,  Wolf,  in-8,  pp.  297)  ;  Roudakov  (V.  E.). 
Generalisimus  kniaz  A.  V.  Suvorov  (S.'  Pétersbourg,  imp.  Su- 
vorin,  in-i2,  pp.  240);  Chevliakov  (M.)  i  Chtchegolev  (Jar.).  Swo- 
rov  V  anekdotakh  (S.-  Pétersbourg,  Ivan  Ivanov,  in-8,  pp.  167); 
Pétruchevskh  (A.).  Geneneralissimus  kniez  Suvorov  (S.^  Péter- 
sbourg, imp.  Stasiulevitch,  in-8,  pp.  818);  Vasilev  (E.).  Suvorov. 
Otcherkego  voemoi  (La  carriera  militare  di  vSouvorov)  (Vilna, 
imp.  de  TEtat  Major,  in-8,  pp.  278);  Dragomiroff  (general).  Sur 
Souvorov.  ("  La  Revue  de  Paris  „,  i5  ottobre  1900). 

Stroppolatini  (d/  G.).  Di  una  nuova  osservazione  sui  Promessi 
Sposi  di  A.  Manzoni.  —  Catania,  tip.  Sicula  di  Monaco  e  Mol- 
lica, 1900,  in-16,  pp.  19. 

SU'ug-gle  (The)  for  Italian  Independence  (1815-1849).  —  The  Edin- 
burgh Review,  aprile  1900. 


ì 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA  3g3 

Rassegna  delle  pubblicazioni  del  Probyn  (New-York,  1891), 
dello  Stillman  (Cambridge,  1898)  e  del  King  (Londra,  1899). 

*  Stiickelherg  (E.  A.).  Heraldische  Analekten.  (Separatabdruck  aus 

dem  "  Schweiz.  Archiv  fiir  Heraldik  „,  Jahrg.  1897-1900).  ln-8. 

Si  danno  gli  stemmi  delle  famiglie  Galbiati  e  Induno  tolti  dal 
celebre  codice  trivulziano  (n.  1890)  degli  stemmi  lombardi.  — 
S'aggiunge  lo  stemma  dell'arcivescovo  di  Milano  Bartolomeo 
Capra  morto  in  Basilea. 

Studi  Eporediesi  di  B.  Vesme,  E.  Durando,  A.  Tallone,  C.  Pa- 
trucco.  —  In-8  gr.  P  i  n  e  r  o  1  o  ,  tip.  Chiantore-Mascarelli,  1900. 
["  Biblioteca  della  Società  Storica  Subalpina  „,  diretta  da  F.  Ga- 
botto,  VII]. 

Baudi  di  Vesme  (Benedetto).  Il  re  Ardoino  e  la  riscossa  ita- 
lica contro  Ottone  III  ed  Arrigo  I.  —  Tallone  (Armando).  Ivrea 
e  il  Piemonte  al  tempo  della  prima  dominazione  francese  (i536- 
1559).  —  Patrucco  (Carlo).  Ivrea  da  Carlo  Emanuele  I  a  Carlo 
Emanuele  III. 

fiupplementuiii  sive  Auctarium  Solesmense  ad  utramque  I.  P,  Mi- 
gne  Patrologiam  Series  liturgica.  T.  I:  Veterum  Ambrosianae  li- 
turgiae  monumentorum  absoluta  collectio  nunc  primum  e  codi- 
cibus  eruta,  I,  i.  Codex  sacramentorum  Bergomensis.  —  S  o  1  e  s- 
mes,   imp.  Saint-Pierre,  1900,  in-8,  pp.  208. 

Tamaiisia  (Nino).  Paolo  Diacono.  Discorso  letto  in  Cividale  il  4  set- 
tembre 1899.  —  Cividale,  Giov.  Fulvio,  1900,  in-8,  pp.  3i. 

Tannery  (P.),  Notes  sur  la  Pseudo-Geometrie  de  Boèce.  —  Biblio- 
theca  Mathematica  dell'  Enestròm,  3."^  s.,  voi.  I,  fase.  l-II  (Lipsia,  1900). 

Tarozzi  (Gius.).  Menti  e  caratteri.  In-8.  —  Bologna,  Zanichelli, 
1900. 

8.  Melchiorre  Gioja. 

Tartaglia.  —  A  Ms.  of  Tartaglia.  —  The  Athenaeum,  n.  8789  (1900). 

Tedeiiciii  (Achille).  La  beneficenza  a  Milano:  Il  Pio  Albergo  Tri- 
vulzio.  —  Illustrazione  italiana,  n.  84,  36,  87,  1900,  con  ili. 

*  —  (Paolo).  Di  alcune  opere  di  Calisto  Piazza  e  di  vari  cimeli  lodi- 

digiani    conservati  a  Milano,   —    Lodi,    tip.   C.  Dell'Avo,    1900, 
in-16,  pp.  28. 

Opere  di  Calisto  nel  Monastero  Maggiore,  a  S.  Maria  alla 
Porta,  sullo  scalone  della  Biblioteca  di  Brera  e  nella  Pinacoteca 
omonima.  —  Ara  con  bassorilievi,  elmo  e  camino  Grifi  di  Lodi- 
vecchio,   pugnale   pescato    nell'Adda,    medaglione  con  busto    dal 


394  BIHLIOGKAHA 


palazzo  dejla  famiglia  Rho  in  Borghctto  Lodigiano ,  terracotta 
dell'antico  Ospedale  e  cornice  intagliata  lombarda  con  dipinti 
provenienti  dall'  Incoronata  di  Lodi  nel  museo  di  Porta  Giovia. 

TerllzKt  (prof.  Mauro).  Studio  su  La  Cecilia  di  A.  Manzoni.  —  Fi- 
renze, Scuola  tipogr.  Salesiana,  1900,  in-16,  pp.  29.  (Nozze  Ter- 
lizzi-Tortelli). 

Tol«lo  (P.).  Le  courtisan  dans  la  littérature  frangaise  et  ses  rapports 
avec  l'oeuvre  du  Castiglione.  —  Archiv  fiìr  das  Studium  der  neite- 
ren  Sprachen  und  Lìtteraturen,  N.  S.  IV,  1-4. 

Tononi  (G.).  Il  monumento  della  vittoria  di  Legnano.  —  Rassegna 
nazionale,  16  luglio  1900. 

*  Tordi  (D.).  La  stampa  in  Orvieto  nei  secoli  XVI  e  XVII.  —  Bol- 
lettino della  R.  Deputazione  di  storia  patria  per  V  Umbria,  a.  VI,  fa- 
scicolo II  (1900). 

II.  Un  libraio  in  Orvieto,  i532  [domanda,  accolta  favorevol- 
mente, di  Ovidio,  detto  il  Milano  (da  Milano?)  per  impiantare  il 
suo  commercio  in  Orvieto,  (Suplicatio  Ovidij  alias  Milano  librarij)]. 

Torresani  (baron  Cari).  Von  der  Wasser  bis  zur  Feuertaufe.  — 
D  r  e  s  d  e  n   u.    Leipzig,   Pierson,  1900. 

Dal  battesimo  dell'acqua  a  quello  del  fuoco;  memorie  del 
troppo  noto  direttore  generale  della  polizia  in  Lombardia  dal  1828 
al  1848,  raccolte  da  un  suo  nipote.  (Cfr.  Corriere  della  Sera,  n.  189, 
1900). 

Tosattl  (can.  Pellegrino).  Un  veterano  dell'  esercito  di  Filippo  Maria 
Visconti:  dramma  in  3  atti.  —  Modena,  tip.  pont.  dell'Imma- 
colata Concezione,  1900,  in-16,  pp.  67.  ["  Piccolo  teatro  delle  case 
di  educazione  „,  fase.  iiS]. 

Toiicbi  (G.  B.).  Lelio  Orsi  da  Novellara,  pittore  ed  architetto  (i5ii- 
1587).  Con  ili.  —  UArte,  a.  Ili,  fase.  I-IV,  1900. 

Tiisxo^vskl  (lozefj.  Muntz  et  Léonard  de  Vinci.  —  Przeglad  Pows- 
zechny,  settembre  1900. 

Trivulzio.  —  Vedi  Bongi,  Sterloccin,   Tedeschi. 

Valtellina.  —  La  Madonna  delle  Grazie  venerata  nella  prepositu- 
rale  di  Regolo  in  Valtellina:  cenni,  grazie,  preghiere.  —  Ber- 
gamo, tip.  Tacchi-Bianchi,  1900,  in-16,  pp.  46. 

—  Porta  della  chiesa  di  S.  Pietro  in  Berbenno  di  Valtellina.  Con  ili. 
—  Arte  italiana  decorativa,  a.  IX,  1900,  n.  6. 

Vanbianclii  (Carlo).  Raccolte  e  raccoglitori  di  autografi  in 'Italia.  — 
Milano,  U.  Hoepli,  edit.,  1900,  in-24,  pp.  xiij-376,  con  46  ritratti, 
53  fac-simili  e  3  tav.  ("  Manuali  Hoepli  „). 


ì 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMBARDA  '^qS 

Variali  (Carlo).  Ai  prodi  francesi  caduti  sui  campi  di  Magenta  il 
4  giugno  1859  :  ode  (con  libera  traduzione  francese  in  prosa).  — 
Milano,  tip.  Ant.  Vallardi,  1900,  in-8,  pp.  8. 

Vc^exzi  (can.  P.).  Inscrizione  etrusca  a  Tesserete.  —  Glorie  citta- 
dine: Urbano  VII  [Castagna]  è  di  Lugano.  —  Corriere  del  Ticino 
di  Lugano,  n.  182,  2o3  segg.,  1900. 

Agg.  del  Vegezzi:  Le  Mont  S.^  Sah^atore.  Souvenir  de  Lugano 
(Lugano,  imp.  Tessin-Touriste,  1900,  in-i6  ili.,  pp.  36). 

—  Note  e  riflessi  sulla  prima  esposizione  storica  in  Lugano.  Voi.  II, 
in-i6  ili.  —  Lugano,  Grassi,  1900. 

Con  molte  notizie  sui  diversi  artisti  della  plaga  luganese  emersi 
in  Italia  e  fuori. 

Vcnturelli  (Elisabetta).  Luciano  Manara:  biografìa  con  documenti 
inediti.  —  Prato,  tip.  Giachetti,  1900,  in-8,  pp.  89. 

Venturi  (Adolfo).  I  quadri  di  scuola  italiana  nella  Galleria  Nazio- 
nale di  Budapest.  Con  ili.  —  L'Arte,  a.  Ili,  1900,  fase.  V-VIIL' 

Ambrogio  Borgognone  —  Due  quadri  di  Bernardo  Luini  — 
Aurelio  Luini  —  Giampietrino-Boltraffìo  —  Copia  da  Cesare  da 
Sesto  —  Palma  Vecchio-. 

Verner  von  Heiclentitaiii.  Ueber  den  Splugen.  —  Die  Wage, 
Wiener  Wochenschrift,  n.  3i,  1900. 

Vidi.  Monza.  —  Franco  lllustrée,  18  agosto  1900. 

Viilari  (Pasquale).  Le  invasioni  barbariche  in  Italia.  —  Milano, 
U.  Hoepli,  1901,  in-i6,  pp.  xiij-480  con  3  tav.  (Collezione  storica 
Viilari). 

I.  Dalla  decadenza  dell'  impero  romano  fino  a  Odoacre.  2.  Goti 
e  Bisantini.  3.  I  Longobardi.  4.  I  Franchi  e  la  caduta  del  regno 
longobardo. 

Virgilio»  —  Bellino  (H.).  Studien  iiber  die  Compositionskunst  Ver- 
gils  in  der  Aeneide.  —  Leipzig,  Dieterich,  in-8,  pp.  vii-25o. 

Agg.  per  gli  studi  vergiliani:  Boltenstern.  Schillers  Vergil- 
studien.  Teil  II  (Programma  Ginnasio  di  Kòslin,  in-4,  pp.  21); 
Burghclere.  The  Georgics  of  Virgil  ("  Nineteenth  Century  „,  feb- 
brajo  T900);  Cavicchi.  Il  lib.  IV  delle  "Georgiche,,  di  Virgilio  e 
"  Le  Api  „  di  G.  Rucellai  ("  Rivista  Abruzzese  „,  XV,  8-4);  Gran- 
GER  (F.).  Folklore  in  Verg.  Bue.  IV,  48,  Aen.  282;  898  ("  The  Clas- 
sical  Review  „,  voi.  XIV,  n.  2);  Grappa  (prof.  M.).  Dizionario  per 
le  Georgiche  di  Virgilio  (Torino,  tip.  Salesiana,  in-i8);  Kroll. (W.). 
Studien  iiber  die  Composition  der  Aeneis  ("  Jahrbtìcher  fur  clas- 
sische  Philologie  „.  XXVII,  i)  e  Pascal  (C).  Commentationes  Vcr- 
gilianae  (Palermo,  Sandron,  in-8,  pp.  164). 


MìG  BIBLIOGRAFIA 


ViR(;ii.io.  —  Vedi  Arci. 

\  iMiiitira  (dott.  Fcl.).  L'invettiva,  arma  preferita  dagli  umanisti  nelle 
lotto  private,  nelle  polemiche  letterarie,  politiche  e  religiose.  — 
Milano,  tip.  Umberto  Allegretti,  1900,  in-8,  pp.  vii-217. 

Vita  (La)  italiana  nel  risorgimento  (1846-1849).  Terza  serie.  I.  (Lettere, 
scienze  ed  arti).  II.  (Storia).  —  Firenze,  B.  Bemporad,  1900, 
in-16,  2  voi. 

Panzacchi  (E.).  La  poesia  del  quarantotto.  —  Ojetti  (U.).  Le 
belle  arti:  dall'  Hayez  ai  fratelli  Induno.  —  Mantegazza  (P.).  A  16 
anni  sulle  barricate  di  Milano.  —  M arazzi  (Fort.).  Volontari  e  re- 
golari alla  prima  guerra  dell'indipendenza  italiana. 

ViCta<lini  (G.  B.).  I  nostri  nuovi  musei.  —  Corriere  della  Sera,  n.  24, 
25  settembre  1900. 

A  proposito  del  breve  estratto  di  uno  studio  pubblicato  dalla 


%'olla  (A.  juniore).  Alessandro  Volta  e  il  suo  tempo;  conferenza,  col- 
r aggiunta  della  lettera  inedita  al  P.  Barletti  (1777)  sulla  pistola 
elettrica.  —  Milano,  P.  Carrara,  1900,  in-8  fig.,  pp.  i5i,  con  ri- 
tratto e  fac-similc. 

Volta*  —  Lettre  d'Alex.  Volta  à  sa  lemme.  —  Intermédiaire  des  cìier- 
cheurs  et  ciirieux,  22  maggio  1900. 

Volta.  —  Vedi  Almanacco,  Contini,  Fossati,  Geronimi,  Kneller. 

Volynskii  (A.  L.).  Leonardo  da  Vinci.  —  Saint-Pétersbourg, 
Marx,  1900,  in-4,  pp.  722  et  fig. 

^%'eift»liaiipt  (M.).  Das  Abendmahl  des  Leonardo  da  Vinci.  Mit  i 
Stahlstich.  —  Neuen-Dettelsau,  Buchhandlung  der  Diako- 
nissen-Anstalt,  1900,  in-12,  pp.  3i. 

Il  Cenacolo  di  Leonardo  da  Vinci,  con  i  ine.  in  acciajo. 

^%'olff(d.'"  Fritz).  Michelozzo  di  Bartolomeo.  Ein  Beitrag  zur  Geschichte 
der  Architektur  und  Plastik  im  Quattrocento.  —  Strassburg, 
Heitz,  1900,  in-8  lex.,  pp.  vn-io3.  ["  Zur  Kunstgeschichte  des  Aus- 
landes  „  lì], 

Michelozzo  di  Bartolomeo.   Contributo   alla  storia  dell'  archi- 
tettura e  della  plastica  nel  quattrocento. 

Wusiclicr-ltccclii  (H.).  Italische  Stàdtesagen  und  Legenden.  — 
Leipzig,  Friedrich,  in-8,  pp.  xv-2io. 

Galvano  Fiamma  è  tra  le  fonti  alle  quali  FA.  ricorre  con  fre- 
quenza. 


* 


BOLLETTINO    DI    BIBLIOGRAFIA    STORICA    LOMfARDA  ?>[}" 

HVyiiianii  (Eduard).  Die  schweizerischen  Freiplàtze  in  den  erzbi- 
chòflichen  Seminarien  Mailands.  —  In  Monat-Rosen,  i5  agosto  1900 
prec.  e  seg. 

Le  piazze  libere  per  gli  studenti  svizzeri  nei  seminari  arcive- 
scovili di  Milano.  (Interessanti  articoli  per  la  storia  del  Seminario 
di  Milano  durante  il  1848-1849). 

Zaiiitierletti  (Teodoro).  Il  giuramento  di  Pontida  :  dramma  storico 
in  tre  atti.  —  Milano,  tip.  dott.  G.  Martinelli,  1900,  in-8,  pp.  44. 

Xidimeco  (G.).  La  Valle  Seriana  :  guida  descrittiva,  storica,  artistica 
e  pratica  (da  Bergamo  a  Gandino  e  elusone).  —  Milano,  An- 
tonio Vallardi,  edit,  tip.,  1900,  in-i6  iìg.,  pp.  78,  con  tavola. 

J^ippel  (G.).  La  morte  di  Roberto  da  Sanseverino  nella  poesia  con- 
temporanea. —  Ricordo  del  VII  Congresso  della  Lrga  Nazionale 
(Arco,  1900,  p.  i23-ii^8). 

Dà  conto  del  Somnimn  Romaniini  dell'  umanista  mantovano 
Battista  Spagnoli, 


APPUNTI    E    NOTIZIE 


/^  Del  ricupero  di  un  marmo  disperso  di  Santa  Maria  delle  Gra- 
zie IN  Milano.  —  Già  fu  data  notizia,  in  altro  dei  periodici  cittadini  (i)^ 
come  sia  stata  recentemente  rinvenuta  nell'area  dell'antico  convento 
dei  domenicani  e  opportunamente  collocata  su  una  parete  del  chio- 
strino  di  Santa  Maria  delle  Grazie,  una  lastra  tombale  di  poca  im- 
portanza per  sé  ma  la  cui  breve  epigrafe  rettifica  quella  riportata  dal 
Valeri  e  dal  Fusi  e  trascritta  a  pag.  414  del  III  volume  delle  Iscri- 
zioni milanesi  dal  Cav.  Forcella. 

Chiudeva  quel  marmo  l'antico  deposito  funebre  dei  Frati  conversi 
di  quel  cenobio,  con  iscrizione  lambiccata  allusiva  al  riprendere  che 
fa  la  madre  terra  quanto  ha  prestato  ai  viventi,  cosi  testualmente 
espressa  : 

vniversorvm  parens  terra 

QvoT  F[ratribvs]  conversis  S.  Mariae 

gratiarvm  mvtvaverat  hic  recipit. 

Ora,  un  altro  marmo  sepolcrale  di  questa  stessa  chiesa,  che  ha 
attinenza  con  quello  testé  citato,  per  costituire  l'analoga  bocca  di 
chiusura  della  tomba,  non  già  dei  conversi,  ma  dei  padri  stessi  di 
San  Domenico,  esiste  tuttora  in  Milano,  mentre  credevasi  disperso  coi 
molti  altri  del  tempio,  e  vedesi  fra  varie  anticaglie  conservate  sotto 
il  portico  che  conduce  alla  sagrestia  della  chiesa  di  Santa  Maria  del 
Carmine  in  Milano. 

È  desso  una  lastra  marmorea,  delle  dimensioni  di  5o  cent,  di  lar- 


(i)  La  Lega  Lombarda,  del  22  luglio  1900,  N.  igS. 


APPUNTI    E    NOTIZIE  3qq 


ghezza  per  un'altezza  di  cent.  60,  che,  adorna  nel  mezzo  di  una 
corona  a  nastri  collo  stemma  dell'Ordine  oggidì  pressoché  afìatto 
obliterato,  porta  in  basso  la  scritta: 

ORBIS     FAMA    *    MAVSOLEV    *    CINERES 

SPIRITVS    •    AETHER    "    PATRVM 

S.    MaRIAE    GrAR    •    ASSERVAT    ' 

• 

Il  Forcella  riproduce  questa  epigrafe  a  pag.  413  del  III  volume 
delle  Iscrizioni  milanesi ^  quale  gli  venne  dato  di  rilevare  dal  Valeii 
(car.  102)  e  dal  Fusi  (Pars  secunda,  cart.  178  v.,  n.  742),  ma  il  marmo 
rinvenuto  rettifica  in  asservat  Y  osservai,  trascritto  in  quei  testi. 

L'affinità  nelle  dimensioni  di  entrambe  le  lapidi  testé  descritte, 
e  più  nel  lavoro  scultorio  e  perfino  nella  grafìa  e  nello  stile  epigra- 
fico delle  due  iscrizioni  induce  a  ritenere  che  esse  si  facessero 
simmetria  un  giorno  nel  pavimento  della  chiesa  di  Santa  Maria  delle 
Grazie,  e  avessero  l'egual  data  degli  ultimi  decenni  del  XV  secolo. 

E  poiché  il  reperimento  della  seconda  di  tali  lapidi  in  luogo  di 
deposito  aftatto  provvisorio  della  chiesa  del  Carmine,  offre  1'  oppor- 
tunità della  rimozione  sua  dal  porticato  sotto  cui  trovasi  senza  troppo 
grandi  difficoltà,  s'  esprime  il  voto  che  la  Fabbriceria  di  detta  chiesa, 
air  uopo  officiata,  si  compiaccia  di  concedere  la  cessione  di  detta  la- 
pide a  cui  spetta  provvedere  pel  tempio  di  Santa  Maria  delle  Grazie, 
perché  venga  collocata  nel  chiostrino  surricordato  accanto  alla  lastra 
tombale  analoga  dei  Frati  conversi,  come  marmo  di  compendio  un 
giorno  di  quel  monumentale  edifìcio.  (D.  Sant'Ambrogio). 

/^  Della  vita  e  delle  opere  inedite  di  Giovanni  de  Bonis,  d'  Arezzo 
poeta  alla  corte  di  Gian  Galeazzo  Visconti  ed  addetto  alla  libreria 
del  Duomo  di  Milano,  s'è  occupato  in  quest'Archivio  (XVllI,  1898)  il 
prof.  Enrico  Carrara.  Ma  anche  egli,  malgrado  ricerche  estese,  ha 
recato  pochi  ragguagli  biografici  dell'umanista  aretino. 

A'  tempi  del  de  Bonis  oravi  pure  in  Milano  un  suo  conterraneo 
ed  omonimo,  Giovanni  de'  Corvini  di  Arezzo,  amico  di  Vittorino  da 
Feltre,  segretario  ducale,  conte  palatino  e  possessore  di  una  scelta 
biblioteca,  illustrata  già  dal  Sabbadini.  Ed  è  spesso  nata  confusione 
tra  i  due  Giovanni  d'Arezzo. 


400  APPUNTI    E    NOTIZIE 


Un  parlici)laic  biogratìco,  possiamo  aggiungere  dcducendolo  da  un 
Registro  di  Lettere  ducali  dal  i389  al  1896  intorno  al  de  Bonis  con- 
servato tra  i  mss.  donati  dal  rag.  Fornicntini  alla  nostra  Società  Storica 
ed  è  quello  di  cui  si  giovò  ultimamente  il  prof.  .Seregni  per  il  Regesto 
Visconteo  in  corso  di  laxoro.  Veramente  non  trattasi  del  completo  Regi- 
stro delle  lettere  ducali,  che  è  andato  smarrito  ed  invano  si  cerca  negli 
archivi  cittadini,  ma  di  uno  spoglio  abbondante  del  medesimo;  dove 
appunto  sotto  l'anno  1892  leggesi:  "  Dominus  Joannes  de  Bonis  de 
Aretio  sapiens  vir,  jurisperitus  et  dilectus  creatur  a  domino  judex  Male- 
fitiorum  Mediolani  et  Comitatus,  abrogato  uno  ex  duobus  elcctis  a 
Potestale  prò  ejus  Curia  ad  sex  menses  cum  salario  floren.  100  omni 
semestre,  detractis  prò  eo  salario  floren.  10  qui  solvebantur  Potestati, 
et  prò  reliquo  abrogatur  sollicitator  (i).  „  Con  decreto  in  data  di  Pavia 
24  maggio  1893,  il  de  Bonis  veniva  sostituito  nel  suo  ufficio  per  sei  mesi 
dal  pavese  Antonio  de'  Cristiani,  della  famiglia  del  celebre  notajo 
Calciano,  illustrato  dai  proff.  Romano  e  Majocchi.  Ai  differenti  Aretini 
di  quei  tempi  vissuti  alla  corte  viscontea,  vuoisi  aggiungere  Bertolino 
de  Bonis,  referendario  di  Milano  nel  1893  (cfr.  Osio,  I,  3o8);  e  tra  i 
vicari  di  provvisione  il  giureconsulto  Antonio  de'  Foglioni,  subentrato 
agli  8  agosto  1893  a  Bandellino  de  Bandelli,  e  in  carica  ancora  nel  1895. 
(cfr.  il  citato  Registro  Formentini,  ed  il  Cod.  Triv.  1812).  Ed  altro  poeta 
aretino  alla  corte  di  G.  Galeazzo  Visconti  non  era  forse  Braccio  Bracci? 

^\  Nella  storia  sforzesca  e  più  particolarmente  in  quella  del  castello 
di  Milano,  dov'  era  ducale  capitano  alla  sua  custodia,  ricorre  frequente 
il  nome  di  Ambrogio  da  Longhignana,  imparentato  anche  coi  Borro- 
meo. Ora  il  suo  vero  casato,  fin  qui  ignorato,  era  quello  dei  Rimoldi 
—  (Ambrosius  de  Turate  dictus  de  Longhignana  e  figlio  del  qm.  domino 
Donato)  —  e  risulta  da  un  istrumento  notarile  4  aprile  1470,  a  rogito 
Maffeo  Suganappi.  In  quel  medesimo  anno  (20  marzo)  veniva  infeudato 
di  Porlezza,  mentre  una  sua  figlia  Maddalena,  moglie  di  Giacomo  Cor- 
renti, faceva  testamento  ai  13  febbraio  1494,  essendole  premorto  il  padre. 


(i)  Il  marchese  Vercellino  Maria  Visconti,  uomo  d'armi  e  racco- 
glitore paziente  di  documenti  storici  milanesi  (y  1669),  che  vide  il 
volume  delle  Lettere  ducali  ancora  nell'Archivio  della  città  di  Milano, 
aggiunge  la  data  precisa  del  decreto:  1892,  18  marzo,  Milano.  [Codice 
Trivulziaiio,   1821,  fol.  OO,  IV). 


APPUNTI    E    NOTIZIE  40 1 


{Not.  Boniforte  Gira,  Codice  Trivulziano,  n.°   1824,  Ibi.   690;   n.^   1828, 
fol.  342  e  Arch.  di  Stato  filza  8.%  n.°  19). 

/^  Si  è  celebrato  a  Magonza  nel  giugno  p.  p.,  e  con  solenne  pompa 
di  feste,  il  5.°  centenario  della  nascita  di  Gutenberg  ed  in  tale  occa- 
sione fondavasi  pure  un  Museo  Gutenberg.  Anche  l' Italia  prese  parte 
alle  feste  con  abbondanza  di  pubblicazioni  commemorative  e  numeri 
unici  speciali,  non  ultima  quello  del  dottor  Marzi  sui  tipografi  tedeschi 
in  Italia.  A  quanto  in  quest'  Archivio  già  s'è  stampato  intorno  al  tipo- 
grafo tedesco  Cristoforo  Waldarfer  in  Milano,  nel  1477  (cfr.  Arch. 
stor.  lomb.,  fase.  Ili,  1898)  siamo  lieti  di  aggiungere  oggi  che  ai  14  aprile 
1477  nuovi  patti  stringevansi  fra  il  Waldarfer  ed  i  fratelli  Bernardino 
e  Michele  da  Sant'Angelo,  milanesi,  per  la  composizione  e  correzione 
di  diverse  opere.  Il  documento,  a  rogito  notajo  Maffeo  Suganappi, 
conservasi  wqW Archivio  notarile  di  Milano. 

/^  La  pusterla  dei  Fabbri  è  oramai  demolita  e  gli  avanzi  si  con- 
servano ammucchiati  in  una  corte  del  Castello  di  Milano,  in  attesa 
di  qualche  decisione  sulla  loro  ultima  e  definitiva  collocazione.  Un 
particolare  storico  che,  se  non  riguarda  direttamente  quell'  arco,  pure 
può  interessare  l'antiche  mura  della  città,  ci  è  fornito  da  una  sup- 
plica dell' a.  1480,  da  un  tal  Giovanni  Marinoni,  cittadino  milanese, 
diretta  al  duca  di  Milano,  onde  potere  occupare  una  torretta  al  di- 
s  otto  del  ponte  dei  Fabbri  ("  turrem  secundam  a  digressu  pontis  quem 
vulgus  pontem  fabrice  appellat  extra  portam  Ticinensem  „)  e  fabbri- 
carvi sopra  una  camera  ed  un  colombario.  GÌ'  ingegneri  delegati  ad 
esaminare  se  la  concessione  non  portasse  detrimento  alle  mura  vi 
riconoscevano  anzi  un  abbellimento  della  cit'tà,  e  perciò  il  duca  in 
data  29  settembre  1480  concedeva  al  Marinoni  l'apprensione  della  de- 
siderata torretta  [Arch.  di  Stato.  Reg.  due.  PP.  fol.  2o5).  Tre  anni 
dopo  (7  giugno  1488)  egual  concessione  elargivasi  al  cittadino  milanese 
Ambrogio  Crivelli,  per  un'altra  torretta  ("  cujusdam  turriculae  „) 
situata  nelle  mura  della  città,  e  che  era  la  prima  a  partire  dalla  nota 
Torre  dell'Imperatore  andando  verso  Porta  Romana  (Ibid.  Reg.  due, 
n."  77,  fol.  129). 

/^  Manca  una  storia  tipografica  di  Monza  che  però  non  rimon- 
terebbe oltre  il  secolo  che  sta  per  morire.   Pur  sarebbe  prezzo  dcl- 

Arch.  Stor'  Lomb.  —   Anno  XXVII.   —  Fase.  XXVIII.  26 


^02  APPLMl     1.    NUTIZIK 

l'opera  di  rintracciare  nuovi  documenti  intorno  al  nioiìzcsc  Ottavian 
Scotti,  il  noto  editore  quattrocentista  in  Venezia.  E  fors'  altri  tipo- 
grafi di  Monza,  vissuti  fuor  di  patria,  aspettano  la  loro  risurrezione. 
Noi  noteremo,  ad  es.,  Topuscoletto  in  4."  Suspension  del  S.  nostro 
Julio  pappa  tj  da  ogni  administratione  così  ne  le  cose  spirituale  coni 
ne  le  temporale  stampato  in  Milano  "  per  maestro  Zoane  Antonio 
Zaita  da  Monza  adì  octo  de  aprile  M.CCCCC.XII  „.  La  rara  plaqiiette 
è  in  Trivulziana  (Miscellanee  voi.  X,  n."  35).  Il  casato  Zaita  più  non 
esiste  in  Monza. 

*^  Qualche  volta  i  diplomi  degli  ultimi  duchi  Sforza  portano  la 
firma  di  un  cancelliere  PoUtianus  :  così  nel  1527  ancora  (Cod.  Triv. 
n."'  1618,  fol.  17  /.).  Ora  ci  venne  mossa  la  domanda:  trattasi  di  un 
pseudonimo  o  di  un  vero  cognome?...  Possiamo  rispondere  che 
un  nobile  "  dominus  Hieronimus  dictus  Politianus  de  Bertonis  „ 
viveva  nel  i523  (Cod.  Triv.  n.*^  1814,  fol.  147,  rog.  Giovanni  Pietm 
de  Carcano)  e  forse  era  una  medesima  persona  col  cancelliere  ducale. 
Ai  So  maggio  iSsS  poi,  Poliziano  Bertono  (il  medesimo?)  veniva  creato 
cancelliere  del  podestà  di  Bergamo.  (Cod.  Triv.  n.*^  3o8,  che  si  riferisce 
al  Registro  ducale  n.^  78,  fol.  124  dell'  Archivio  di  stato»  milanese). 
Come  si  vede  dee  trattarsi  meglio  d'un  soprannome  che  d'un  cognome. 

^^  Nel  Bullctin  historique  dii  diocèse  de  Lyon  (I,  n.''  i,  1900)  è  ri- 
portato r  obituario  dei  cappuccini  di  Roanne  e  di  S.  Chamond.  E  a 
notarsi  che  il  convento  di  Roanne,  fondato  nel  1576  sotto  la  prote- 
zione di  S.  Nicola  di  Mira,  ebbe  a  suo  primo  guardiano  nel  1577  il 
padre  Gabriele  da  Cremona.  Vi  morì  nel  1622  il  frate  laico  Ubaldo 
d' Italia. 

*^  Il  socio  dott.  Fogolari  ha,  con  molti  nuovi  particolari,  illustrato 
nel  precedente  fascicolo  deìYArchivio,  il  Museo  Settala.  Fra  i  diversi 
collezionisti  di  quel  tempo,  a  Milano  non  era  sconosciuto,  anche  per 
le  sue  pubblicazioni  numismatiche,  il  conte  Mezzabarba,  e  la  visita  del 
suo  gabinetto  numismatico  era  raccomandata  ai  forastieri.  Nell'opera 
infatti  di  Baudelot  de  Dairval,  (avocat  au  parlement)  De  V  titilité  des 
voyages,  et  de  V  avantage  que  la  recJierche  des  antiqiiités  procure  aiix 
sfavans  (Nouv.  édition,  t.  II,  pag.  895.  Rouen,  Ferrand,  1727,  8.'^) 
è  detto  che  "  à  Milan,  les  recherches  de  Monsieur  le  Comte  de  Mez- 


APPUNTI    E    NOTIZIE 


4<j:> 


zabarbe,  qui  nous  a  donne  une  belle  Edition  augmentée  des  Médailles 
d'Occo,  doivent  exciter  puissainent  les  Curieux  à  aller  vpir  son  Ca- 
binet „.  Del  Mezzabarba  è  recente  ricordo  nel  Centralblatt  f  ì'ir  Biblio- 
thekwescn  dell'aprile-maggio  1898,  a  p.  i65. 

/^  Appassionato  cultore  della  musica,  come  non  pochi  altri  del  suo 
casato,  fu  il  principe  Emilio  Belgiojoso,  marito  della  principessa  Cri- 
stina Trivuizio,  la  bella  patriota.  E  dei  principali  compositori  del  suo 
teaipo  fu  amico  e  spesso  mecenate.  È  interessante  il  seguente  bigiiettino 
direttogli  dal  Rossini,  e  che  si  conserva  tra  gli  autografi  delle  colle- 
zioni Trivulzio-Belgiojoso  : 

Mio  dolcissimo  Emilio, 

Tu  mi  chiedi  un  autografo,  eccolo;  cosa  potrei  mai  dirti  di  sedu- 
cente! ti  dirò  ciò  che  mille  volte  ti  ho  verbalmente  detto  e  ripetuto, 
t'amo  e  t'amerò  sempre,  addio. 

Rossini. 
Parigi  3o  dicembre  1884. 
Al  Sig.r 
Il  S.  Principe  Emilio  Belgiojoso 
S.   P.  M. 

/"^  È  sotto  stampa,  a  cura  del  consocio  avv.  Emilio  Seletti,  la  raccolta 
delle  "  Iscrizioni  del  Museo  Archeologico  „.  L'opera,  riccamente  illu- 
strata, comprenderà  tutte  le  iscrizioni  raccolte  nel  Castello  Sforzesco, 
dalle  gallo-italiche  venendo  alle  moderne;  e  riuscirà  certo  una  guida 
gradita  per  gli  studiosi  visitatori  di  quei  musei  così  egregiamente  orga- 
nizzati. 

■*^  Il  tomo  XXXI  degli  Scriptores  della  serie  dei  Momimenta  Ger- 
inaniac  historica  conterrà,  oltre  gli  Annales  Cremonenses,  la  Cronaca 
di  Sicardo  di  Cremona,  la  doppia  cronaca  di  Peggio  e,  possibilmente 
anche  la  cronaca  di  Salimbene. 

,*^  Quale  sia  stata  la  fortuna  della  leggenda  d'  Uggeri  il  Danese 
in  Italia,  indagò  già  Pio  Rajna.  Se  non  che  l'erudito   filologo,  per  lo 


404  Al'PL'NTri:    NOllZli: 


studio  suo,  potè  valersi  unicamente  delle  stampe  antiche  e  di  due  ni.ss. 
mutili.  Ora  il  nostro  consocio  dottor  Bernardo  Sanviscnti  ebbe  la 
vtntnr;i  di  rintracciare  nella  privata  biblioteca  della  contessa  Antoniii 
Suardi-Ponti  l'unico  codice  che  ci  conservi  integro  il  poema  in  8."  rima 
su  Uggeri  il  Danesi,  opera  di  un  trecentista  di  Siena,  il  quale  elaborò 
un  originale  franco-veneto.  La  dotta  memoria  dal  Sanvisenti  consa- 
crata a  studiare  quel  poema,  è  ora  uscita  nelle  Memorie,  (fella  A'.  Acca- 
demia delle  sciente  di  Torino. 

^'\  11  nostro  socio  e  zelante  bibliotecario  dottor  Bartolomeo  No- 
gara  ò  stato  chiamato  a  Roma  ad  occuparvi  il  posto  di  scrittore  della 
Biblioteca  Vaticana  e  direttore  dell'importante  Musco  Etrusc(>  nei 
Palazzi  Apostolici. 

^\  Da  alcuni  mesi  è  aperto  in  Locamo  un  Museo  Storico  Archeo- 
logico che  da  comunale  quale  ora  è,  non  è  dubbio  presto  abbia  a  di- 
ventare cantonale  pel  Canton  Ticino.  Il  piccolo  Museo  contiene  fin 
d'ora  raccolte  preziose.  Le  collezioni  d'antichità  romane,  specialmente 
il  riparto  vetri,  contengono  cose  veramente  rare  e  che  possono  far  invi- 
dia a  qualunque  primario  museo.  Abbondante  la  raccolta  di  pietre 
medievali  provenienti  dalle  chiese  di  S.  Vittore  di  Muralto  e  di  paesi 
circonvicini  del  Lago  Maggiore.  Interessanti  le  collezioni  archeologiche 
del  Mendrisiotto  e  Luganese,  già  del  dottor  Lavizzari,  e  ricche  oltre- 
modo per  numero  e  per  qualità  le  collezioni  numismatiche  depostevi 
dal  signor  Emilio  Balli,  che  del  Museo  fu  il  creatore  e  ne  cura  con  raro 
disinteresse  la  conservazione  e  l'ingrandimento.  Per  lo  studio  dell'e- 
poca romana  sul  Verbano  il  nuovo  museo  si  raccomanda  agli  studiosi 
lombardi. 

/^  Dai  proff.  E.  Galli  ed  U.  Martinelli,  appassionati  cultori  di 
storia,  che  si  son  fatti  promotori,  e  da  illuminati  e  colti  signori  val- 
tellinesi  che  con  entusiasmo  han  risposto  all'appello,  si  sta  attendendo 
alla  costituzione  di  un  Archivio  generale  valtellinese,  che  raccolga  tutto 
il  materiale  storico  disperso  per  la  Provincia  di  Sondrio,  in  archivi  e 
case  private.  Pur  troppo  per  varie  ragioni  buona  parte  dei  documenti 
storici  valtellinesi  è  perduta.  A  impedire  un'  ulteriore  distruzione  e 
a  conservare  nel  modo  migliore  i  documenti  restanti  intende  la  costi- 
tuzione di  quest'Archivio,  che  sarà  poi  base  'di   studi  storici  intorno 


APPUNTI    E    NOTIZIE  4o5 


alla  gloriosa  Valtellina  (cfr.  il  giornale  La  Valtellina ^  numeri  44-46, 
1900).  La  nostra  Società  Storica  nella  sua  adunanza  generale  del  16 
scorso  dicembre,  su  relazione  del  socio  nob.  Giovanni  Visconti-Ve- 
nosta, dava  incarico  alla  Presidenza,  perchè  d'accordo  con  la  Società 
Storica  Comense  e  con  efficace  propaganda  concorra  alla  realizzazione 
di  così  patriottica  istituzione. 

^^  Nel  mentre  è  in  corso  di  pubblicazione  tutto  Y Inventario  del 
R.  Archivio  di  Stato  di  Siena,  giova  segnalare  Vindice  sommario  della 
srrie  dei  documenti  al  7.^  gennajo  igoo  (Siena,  tip.  Sordomuti,  8.'')  che 
gli  serve  come  d'introduzione  e  che  è  dovuto  all'  operoso  direttore  di 
quell'Archivio,  il  cav.  A.  Lisini. 

Nella  classe  Capitoli  sec.  XIV  (n.°  83)  e  sec.  XV  (n."  110)  vi  sono 
documenti  per  Gian  Galeazzo  Visconti  e  per  gli  Sforza.  Nella  sezione 
Famiglie  forestiere,  troviamo  indicati  documenti  per  Acuto  (Hawk- 
wood),  Attendoli  di  Cottignola,  Cotta  di  Milano,  1482,  De  Mari  da 
S.  Colombano,  1456,  Giannino  da  Pavia,  1408,  Gonzaga  di  Mantova, 
1480-1553,  Grasso  di  ?tlilano,  1541,  Maraschi  di  Mantova,  1481,  Marti- 
nengo  di  Brescia,  1456,  ÌNIeddé  di  Milano,  1406,  Micheli  di  Cremona, 
1488,  Pusterla  di  Milano,  1897-98,  Salvestrt  di  Milano,  iSSy,  Sannazzaro 
di  Milano,  1436,  San  Severino,  1455-1482,  Sforza  di  Milano,  1407-1603, 
Sfondrati  di  Milano  [Cremona],  1542-1554,  Simonetta  di  Calabria, 
sec.  XIV,  Trezzo  da  Milano,  1452-58,  Tornielli  di  Novara,  sec.  XIV, 
Visconti  di  Milano,  1896-1496. 

*^  A  Milano  s'è  inaugurato  il  giorno  18  novembre  scorso  il  mo- 
numento a  Carlo  Maria  Maggi,  sotto  il  portico  della  Camera  di  Com- 
mercio in  Piazza  Mercanti,  dov'erano  un  tempo  le  Scuole  Palatine. 
La  ragione  che  indusse  il  Comitato  delle  onoranze  a  scegliere  quella 
località,  è  additata  nella  iscrizione  del  monumento  stesso,  egregia 
opera  dello  scultore  Secchi  e  del  prof.  Borsani: 

A  Carlo  Maria  Maggi  —  Onore  delle  Scuole  Palatine  —  Qui  già  fiorenti  — 
Poeta  popolare  e  patriottico  —  Nel  II  Centenario  della  morte  —  Concit- 
tadini e  Italiani  —  Posero  —  lójo-ió^c^. 

La  consegna  del  monumento  al  Presidente  della  Camera  di  Com- 
lercio  venne  fatta  con  applaudito  discorso,  dal  conte  Emilio  Belgio- 


^.06  AIMM    :■  Il     '  Oli/Il 

joso,  Presidente  del  Comitato  delle  onoranze.  In  pari  tempo  si  distribuì 
a  cura  del  medesimo  Comitato  la  memoria  del  prof.  A.  Cipollini,  Per 
Carlo  Maria  Maggi  (Milano,  tip.  Elzeviriana,  1900). 

/^  Si  e  costituito  in  Napoli  un  comitato  provv  i.-^ono,  |.>i  niato  dai 
profi'.  De  Blasiis,  Ceci,  Chiappelli,  Croce,  Padda,  Milonc,  Mortara,  Nitti, 
Pais,  De  Petra  e  Schipa,  per  promuovere  un  Congresso  intcrnazional< 
di  scienze  storiche  da  tenersi  in  Roma  nella  primav^era  del  1902.  Alle 
numerose  adesioni  state  annunziate,  è  da  aggiungere  quella  della 
Società  nostra  che  fa  voti  perchè  la  geniale  idea  incontri  il  favore  di 
tutti  i  cultori  degli  studi  storici. 

/^.  La  nostra  Società  ha  aderito  pure  all'invito  direttole  dall'  Uf- 
ficio regionale  per  la  conservazione  dei  monumenti  della  Lombardia 
di  concorrere  ad  un  lavoro  collettivo  tendente  ad  illustrare  l'antica 
topografia  di  Milano  Romana,  ad  attestare  l'antica  grandezza  di  Me- 
diolanmn  esaltata  da  Ausonio. 

/^  11  giorno  18  dicembre  scorso,  nel  salone  della  Società  Storica 
Lombarda,  alla  presenza  del  Sindaco  e  dei  più  autorevoli  rappresentanti 
dell'intellettualità  milanese  seguiva  la  consegna  all'architetto  Luca 
Beltrami  della  medaglia  d'oro  direttagli  dai  numerosi  sottoscrittori  e 
sinceri  estimatori  dell'  opera  sua  quale  geniale  restauratore  ed  illu- 
stratore del  Castello  Visconteo-Sforzesco. 

/^  Per  onorare  la  memoria  del  compianto  suo  presidente  sena- 
tore Piero  Brambilla,  la  Società  bibliografica  italiana  ha  aperto  un 
concorso  a  premio  per  un'opera  bibliografica  coi  seguenti  temi  :  a)  una 
mo'nografia  intorno  ad  una  cospicua  collezione  pubblica  o  privata  (ma  in 
questo  caso  però  accessibile  allo  studioso)  di  codici  manoscritti  ;  ovvero 
b)  una  monografia  inedita  che  descriva  una  collezione  non  meno  impor- 
tante di  stampati  antichi,  siano  questi  collegati  insieme  dal  vincolo  della 
comunanza  del  soggetto  che  trattano  o  da  quello  delV identità  d'origine 
tipografica.  I  manoscritti  dovranno  essere  inviati  entro  il  3o  novem- 
bre 1901  alla  Presidenza  della  Società  bibliografica  italiana  (Palazzo 
di  Brera,  a  Milano);  il  premio  sarà  di  lire  5oo,  con  l'obbligo  della 
stampa  dell'  opera. 


i 


APPUNTI    E    NOTIZIE 


407 


» 


Y  Ai  i3  ottobre  p.  p.  è  morto  nella  sua  villa  di  Elio  il  socio  conte 
Aldo  Annoni,  Senatore  del  Regno.  La  fiducia  dei  suoi  concittadini  lo 
ebbe  a  chiamare  alle  più  alte  cariche  pubbliche.  Appassionato  delle 
belle  arti;  aveva  raccolto  nel  suo  palazzo  di  Milano  una  cospicua  rac- 
colta di  quadri  che  conteneva  insigni  capi  d'arte  della  scuola  lom- 
barda. 


ATTI  DELLA  SOCIETÀ  STORICA  LOMBARDA 


Adunan:{a  generale  del  giorno  24  giugno  igoo. 
Presidenza  del  Presidente  prof.  F.  Novati. 

Alle  ore  14,  constatato  il  numero  legale  dei  soci,  letto  ed  ap- 
provato il  processo  verbale  della  precedente  adunanza,  il  Presi- 
dente commemora  il  defunto  socio  Senatore  Piero  Brambilla,  ed 
informa  della  gita  sociale  effettuata,  con  esito  assai  soddisfacente, 
alla  Rocca  di  Angera,  ai  27  scorso  maggio. 

Comunica  in  seguito  la  deliberazione  presa  dal  Consiglio  di 
Presidenza  di  riprendere  la  pubblicazione  della  Bibliotheca  histo- 
rica  italica,  che  dopo  l'edizione  del  Codice  Laudense,  fatta  a  cura 
del  comm.  Vignati  era  rimasta  sospesa;  iniziando  la  nuova  serie 
nel  formato  stesso  <ìé[V Archivio  con  un  dotto  lavoro  del  consocio 
prof,  conte  Carlo  Cipolla  sulle  Relazioni  tra  Verona  e  Mantova  nel 
secolo  XIII.  L'assemblea  ne  approva  la  pubblicazione  e  resta  adot- 
tato che  ogni  socio  ne  riceverà  gratuitamente  un  esemplare. 

Si  approva  pure,  dopo  spiegazioni  domandate  ed  avute  dai 
soci  dott.  Sant'Ambrogio,  conte  E.  Belgiojoso,  dott.  Ratti,  la  con- 
venzione supplementare  col  Lod.  Municipio  ài  Milano  per  l'am- 
pliamento della  sede  sociale.  L' Assemblea  vota  la  somma  di 
L.  1000,  domandata  dal  Comune  a  titolo  di  restauro  della  nuova 
sala;  e  così  resta  stabilito  che  la  nuova  Sede  sociale  occuperà,  in 
più  del  salone  attuale,  la  sala  attualmente  goduta  dalla  Società 
Italiana  di  Numismatica,  più  un  locale  per  deposito  dei  giornali  e 
libri,  sotto  il  portico. 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA  409 


Non  essendo  all'ordine  del  giorno,  viene  rimandata  alla  Pre- 
sidenza la  proposta  del  prof.  Cipollini  di  h\r  associare  la  Società 
alla  nuova  edizione  dei  Rerum  Italicarum  Scriptores  del  Mura- 
tori, a  cura  del  Carducci,  ed  editore  il  Lapi  di  Città  di  Castello. 

Si  votano  in  seguito  a  nuovi  soci  i  candidati  signori  :  pro- 
fessor comm.  Amato  Amati,  ing.  Guido  Bianchi,  dott.  sac.  Ales- 
sandro Bianchi,  conte  Francesco  Albertoni  Picenardi,  dott.  Achille 
Bertarelli,  dott.  Emanuele  Cattaneo,  ing.  Cesare  Nava,  prof,  sa- 
cerdote Luigi  Rocca  in  Milano;  prof.  Ettore  Galli  in  Sondrio  e 
prof.  Silio  Manfredi  in  Monza. 

La  seduta  è  levata  alle  ore   i5  V2- 

//   Presidente  : 

F.    NOVATI. 

//  Segretario  : 
E.  Motta. 


Adiinan:{a  generale  straordinaria  del  giorno  ig  luglio  igoo. 
Presidenza  del  Presidente  prof.  F.  Novati. 

Presente  un  bel  numero  di  Soci,  alle  ore  14  il  Presidente  apre 
la  seduta  straordinaria  indetta  per  prendere  le  opportune  deli- 
berazioni intorno  alla  minacciata  demolizione  delle  Colonne  di 
S.  Lorenzo  colle  seguenti  parole  : 

Sipiiori, 

sebbene  la  violenza  della  caldura  non  consigliasse  troppo  di  rac- 
cogliervi in  questi  giorni  ad  adunanza,  pure  è  sembrato  alla  Presidenza 
indispensabile  di  fare  appello  alla  vostra  cortesia  prima  che   l'estate 


410 


AHI     UKLLA    SOCIETÀ    bTCUUCA    LOMBARDA 


vi  disperdesse  in  ogni  direzione,  per  provvedere  ad  una  questione  nella 
quale  il  decoro)  cittadino  è  altrettanto  impegnato  quanto  l'interesse 
della  sti)ria  e  quello  dell'arte.  Come  e  accennato  nella  circolare  d' in- 
vito, fin  (he  a  noi  oggi  preme  di  mettere  in  discussione,  prima  che 
essa  faccia  ulteriori  e  dannosi  avanzamenti,  è  la  cosiddetta  "  questione 
delle  colonne  di  S.  Lorenzo  „  ;  giacché,  come  mesi  sono,  esisteva, 
ahimè  !,  una  "  questione  della  Pusterla  de'  Fabbri  „,  pare  adesso  che 
stia  per  sorgerne  una  seconda  a  proposito  delle  Colonne  di  S.  Lo- 
renzo ;  e  come  ad  espugnare  e  distruggere  l'ultimo  avanzo  della  cinta 
di  mura,  onde  Milano  risorta  s'era  fatta  schermo  contro  future  mi- 
nacciò, abbiamo  veduto  muovere  una  turba  ritrosa  ad  ogni  ammoni- 
mento della  storia,  ribelle  ad  ogni  ossequio  verso  le  antiche  memorie 
cittadine;  così  un'altra  turba  non  inferiore  a  quella  ne  per  numero 
né  per  baldanza,  accenna  adesso,  agitando  il  vessillo  delle  "  esigenze 
imperioso  della  viabilità  „,  a  chiedere  la  distruzione  del  solo  monu- 
mentale cimelio  che  agli  occhi  di  noi,  tardi  nepoti,  sorge  ancora  a 
raffigurare  quello  che  fu  codesta  città,  quando,  nella  progressiva  de- 
cadenza dell'  impero ,  ne  venne  qui  collocato  il  seggio  supremo  a 
fronteggiare  la  barbarica  rabbia;  quand' Ausonio  cantava: 

Et  Mediolani  mira  omnia,  copia  rerum, 
innumerae  cultaeque  domus,  facunda  virorum 
ingenia  et  m.ores  laeti,  tum  duplice  muro  • 

amplificata  loci  species  populique  voluptas, 
circus,  et  inclusi  moles  cuneata  theatri, 
tempia  Palatinaeque  arces  opulensque  moneta 
et  regio  Herculei  Celebris  sub   honore   lavacri  : 
cunctaque  marmoreis  ornata  peristyla  signis, 
moeniaque  in  valli  formam  circumdata  limbo, 
omnia  quae  magnis  operum  velut  aemula  formis 
excellunt  nec  iuncta  premit  vicinia  Romae. 

Questa  delle  colonne,  che  s'asseriscono  ora  dai  più  residuo  delle 
terme  di  Massimiano  Erculeo  (ad  un  phammi  Herciilis  pensavano  in- 
vece con  curiosa  insistenza  i  pili  tra  i  vecchi  cronisti  municipali),  è 
una  vexata  quaestio  per  davvero  ;  ed  i  tentativi  vandalici ,  eh'  or  ac- 
cennano a  rinnovarsi,  ma  andranno,  giova  sperare,  anche  una  volta 
frustrati,  altri  parecchi  ce  ne  richiamano  al  pensiero.  Vuoisi  difatti 
che  già  nella  seconda  metà  del  secolo  XVl,  allorché  Filippo  II  si  recò 
a' visitare  Milano,  caduta  ormai  sotto  la   spagnolesca   soggezione,   ta- 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA  4I  I 

luni  fanatici  della  "  linea  ret'a  „,  proponessero  d'atterrare  il  colonnato 
per  lasciar  libero  il  passo  al  corteggio  regale  ch'entrar  doveva  dalla 
Porta  Ticinese;  ma  anche  allora  vi  fu  chi  sostenne  le  ragioni  dell'ar- 
cheologia, e  Ferrante  Gonzaga,  governatore  della  città,  non  solo  ri- 
lìutò  di  toccare  in  nulla  quel  glorioso  rottame,  ma,  riprendendo  un 
lavoro  già  iniziato  nel  i5ii,  die  ordine  che  fossero  rafforzate  le  co- 
lonne ;  anzi  volle  che  il  figlio  di  Carlo  V  vi  passasse  di  mezzo.  Più 
tardi,  sul  cadere  del  secolo  decimottavo,  altri  amatori  de'  rettifili  ri- 
tornarono all'assalto  contro  le  colonne,  ma  trovarono  in  Pietro  Verri 
un  vigoroso  campione  di  esse  che  li  costrinse  a  volgersi  in  ritirata. 
Il  patrizio  milanese  dava  poi  conto  al  fratello  Alessandro,  già  domi- 
ciliato in  Roma,  della  conseguita  vittoria;  e  l'autore  delle  Adotti  Romane 
s'affrettava  a  dirgli  la  sua  gioia  perchè  fosse  stato  impedito  un  atto 
di  vandalica  ignoranza,  degno  d'un  altro  Uraia  e  d'un  novello  Bar- 
barossa. 

La  lotta  però  si  riaccese  più  viva  che  mai  nell'anno  trentesimo 
del  secolo  il  quale  sta  per  spirare.  S'era  allora  addivenuti  nel  pro- 
posito di  riordinare  il  corso  angusto  e  deforme  di  Porta  Ticinese  ;  e 
tornaron  fuori  i  soliti  sistematici  odiatori  delle  "  anticaglie  „  a  prò 
porre  che  si  togliesse  via  quel  rottame  inutile  ed  ingombrante.  S'ad- 
ducevano  allora  le  ragioni  stesse,  più  speciose  che  reali,  le  quali  ve- 
demmo testé  ricomparire  su  per  le  gazzette  ;  non  esservi  nulla  di  male 
a  levare  dal  luogo  dove  sorgevano  le  colonne,  già  altra  volta  spostate 
e  rialzate  lungi  dalla  loro  originaria  base  di  fondazione.  Non  mancò, 
naturalmente,  anche  a  que'  giorni  chi  levasse  la  voce  contro  la  manìa 
demolitrice  di  quanti  avevano  escogitato  o  di  fare  in  pezzi  il  colonnato 
o  d'incastrarlo,  trasferendolo  altrove,  in  un  novello  edificio;  ed  un 
articolo  inserito  nel  Bidletiino  dell' Istituto  di  Corrispondenza  Archeologica 
{giugno  i83o),  dettato  da  persona  competente  che  nascondersi  volle 
sotto  il  velo  dell'anonimo,  uscì  a  biasimare  acremente  le  capricciose 
proposte  d'architetti  a  spasso  e  d'ignoranti  caparbi  :  "  Supposto  an- 
cora, v'era  detto  tra  altro,  che  la  comodità  fosse  in  qualche  piccolis- 
sima parte  impedita  (e  no'l  può  essere  che  in  piccolissima  parte),  come 
si  oserà  ciò  non  ostante  distruggere  così  magnifico  resto  ?  „ 

"  Chi  crede  essere  giunto  all'apice  della  propria  scienza,  quando 
sacrifica  ogni  altra  cosa  alla  passione  della  linea  retta,  può  sostenere 
la  contraria  opinione.  Avrà  egli  forse  il  suffragio  del  volgo  che  nulla 
sa  e  nulla  conosce  all'  infuori  dello  stretto  momentaneo  bisogno  :  ma 


I  ATTI    DELLA    SOCIETÀ.    STORICA    LOMBARDA 

quegli  che  segue  i  desideri  de'  Volgari,  deve  per  necessità  riiiuiiciarc 
al  Sublime  ed  al  Grandioso  „. 

Le  parole  deirautorevole  giornalista  dovettero  conseguire  molto 
successo  :  l'att'ò  che  "  i  desideri  de'  Volgari  „  non  ritrovarono  favore 
veruno  presso  coloro  che  reggevano  la  cosa  pubblica.  Venne  anzi  no- 
minata dal  Municipio  una  Commissione  archeologica  coli'  incarico  di 
esaminare  le  condizioni  del  Colonnato  e  di  proporne  un  razionale 
restauro,  ove  l'osse  del  caso.  E  la  Commissione  si  radunò,  fé'  degli 
assaggi  al  di  sotto  del  rivestimento  in  cotto,  di  cui  nel  1811  s'erano 
ricoperte  le  costruzioni  per  rassodarle,  e  concluse  che  le  colonne  ri.sa- 
livano,  contro  il  parere  di  taluni,  al  III  secolo,  ch'erano  sempre  esi- 
stite laddove  si  trovavano,  e  che  poggiavano  sopra  i  loro  originari 
fondamenti  formati  con  opus  signinum  che  nell'età  media  era  stato 
messo  affatto  in  abbandono.  Così  nel  i83i  finì  con  il  trionfo  della 
scienza  un'agitazione  la  quale  parve  un  momento  minacciare  al  ve- 
tusto resto  delle  terme  Erculee  la  sorte  del  veronese  Arco  de'  Cavi. 

Che  l'animosità  quasi  istintiva  in  molti  contro  tutto  quanto  è  an- 
tico ed  eccita  rispetto  negli  intelletti  colti  e  gentili,  riesca  oggi  a  con- 
seguir la  vittoria  che  le  mancò  settantanni  or  sono,  non  è,  stimiamo, 
credibile.  Oggi  le  discipline  archeologiche  sono  al  pari  delle  storiche 
in  troppa  reputazione,  perchè  de'  progetti  simili  a  quelli  che  vediamo 
da  taluni  macchinati  in  danno  del  propileo  di  S.  Lorenzo  possano 
essere  attuati  senza  sollevare  la  giusta  indignazione  di  quanti  sono 
studiosi  non  solo  in  Italia,  ma  in  tutto  il  mondo  civile.  Perciò,  anche 
attese  le  assicurazioni  che  ci  provengono  da  più  parti  circa  l'attitu- 
dine che  assumerebbero  le  autorità  tutrici,  io  non  so  indurmi  a  rite- 
nere che  un  vero,  imminente  pericolo  minacci  l'incolumità  del  gran- 
dioso Colonnato. 

Perciò  non  questa  sola  è  la  causa  che  ha  incitato  la  Presidenza 
a  riunirvi  dintorno  a  lei.  Posto  anche  che  i  tentativi  vandalici  sian 
fiaccati  sul  nascere  loro  dall'opposizione  risoluta  di  quanti  in  Milano, 
senza  distinzione  di  classi  né  di  partiti,  serbano  in  cuore  viva  la  fiamma 
dell'amor  patrio,  ciò  non  significa  tuttavia  che  non  possano  in  tempo 
più  o  meno  vicino  essere  di  bel  nuovo  ripresi.  Urge  dunque  non  solo 
invigilare  perchè  alla  conservazione  del  cimelio  venerando  non  si 
muova  ver  un  nuovo  attacco,  ma  altresì  di  curare  che  cotesta  conser- 
vazione divenga  indiscutibile  per  l'avvenire,  in  una  parola,  definitiva; 
che  il  Colonnato  sia  messo  in  siffatte  condizioni  di  solidità  e  stabilità 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA  41-^ 

da  non  porgere  più  occasione  né  pretesto  ad  accuse,  a  rimbrotti  :  da 
far  tacere  per  sempre  le  lamentele,  più  o  meno  fondate,  che  contro 
la  sua  odierna  ubicazione  sollevano  coloro  i  quali  lo  dicono  d' im- 
paccio alla  viabilità,  d'ingombro  alla  circolazione  del  pubblico. 

Or  a  questo  desiderabile  risultato  si  potrà  giungere  soltanto 
quando  venga  posto  mano  ad  un'  impresa  assai  rilevante,  quale  sarebbe 
quella  di  riordinare  degnamente  tutta  la  parte  del  quartiere  di  Porta 
Ticinese,  in  cui  insieme  al  Colonnato  si  eleva  superba  la  chiesa  di 
S.  Lorenzo.  Voi  sapete  troppo  bene,  o  Signori,  come  questa  al  pari 
di  quello  stiano  a  rappresentare  gli  avanzi  se  non  d'un  solo  gigan- 
tesco edificio,  secondochè  s'assevera  da  molti,  d'un  sontuoso  complesso 
di  fabbricati ,  ond'  inorgogliva  quella  che  con  Ausonio  potremmo 
chiamare  la  regio  Herculea.  La  sala  rotonda,  parte  centrale  del  mo- 
numento, trasformata  poi  in  tempio  cristiano,  rimase  per  tutta  l'età 
di  mezzo  mirabile  esempio  di  romana  grandezza  e  magnificenza  così 
per  le  belle  proporzioni  sue  architettoniche  come  per  l'ampia  cupola, 
ed  i  mosaici  onde  questa  era  tutta  sfavillante. 

Gloriose  sacris  micat  ornata  ecclesiis, 

ex  quibus  alma  est  Laurentii  intus  aula  variis 

lapidibus  auroquc  tecta,  aedita  in  turribus  ; 

così  cantava  di  Milano  con  municipale  fierezza  Tanonimo  chierico  del 
sec.  Vili,  a  cui  dobbiamo  il  Versimi,  composto  ai  giorni  di  re  Liutprando 
e  dell'arcivescovo  Teodoro  (725-789).  Pur  troppo,  il  formidabile  in- 
cendio del  1071  devastò  il  monumento  degno  di  stupore  ;  S.  Lorenzo, 
se  credessimo  ad  Arnolfo,  sarebbe  divenuto  irriconoscibile,  giacché  i 
mosaici  dorati  e  variopinti,  i  marmi  screziati,  gli  intagli  in  legno 
sarebbero  tutti  scomparsi  ingoiati  dalle  fiamme.  Ma  si  ha  ragione  di 
credere  che  i  danni  sofi'erti  dalla  basilica  allora  e  quelli  altresì  che 
il  vorace  elemento  ebbe  a  recarle  alquant'anni  dopo  (1124)  siano 
stati  men  gravi  di  quanto  i  cronisti  abbian  voluto  dipingerli.  Certo 
si  è,  difatti,  che  sui  primi  del  sec.  XIV  a  Fazio  degli  Uberti,  ospite 
de'  Visconti,  pareva,  entrando  in  S.  Lorenzo,  di  trovarsi,  non  già  a 
Milano,  bensì  a  Roma: 

Poi  fui  in  S.  Lorenzo  più  d' un' ora, 
vago  di  quel  lavoro  grande  e  bello  ; 
eh'  essere  mi  pareva  in  Roma  allora. 


> 


ATTI     IMMA     Mi(li;i\     ^|(»IM(    \     LOMHAHItA 


Sventuratamente  iicppur  quaiìt'cbbe  a  vedere  il  poeta  fiorentino 
l)(>.s.sianio  oggi  ammirare  noi  :  la  volta  della  chiesa,  restaurata  più  volte, 
dopo  tante  iatture  precipitò  al  suolo  ai  giorni  di  S.  Carlo  :  sicché  la 
cupola  ch'or  si  vede,  è  quella  ricostruita,  ina  in  proporzioni  più  esigue, 
da  Martino  Bassi  (i573). 

Benché  anche  recentemente  studiati  da  qualche  erudito  architetto 
tedesco,  tanto  il  tempio  insomma  quanto  il  Colonnato  potrebbero 
venir  adesso,  coll'occasione  di  un  definitivo  riordinamento  del  quar- 
tiere di  Porta  Ticinese,  esser  fatti  oggetto  d' una  esplorazione  ampia, 
metodica,  minuziosa:  tale  infine  quale  non  ebbe  mai  luogo,  da  offrire 
un  tesoro  inapprezzabile  di  notizie  intorno  alla  topografia  fin  qui  im- 
perfettissimamente conosciuta  d'una  delle  parti  di  Milano  più  ricca 
di  ricordi  archeologici  e  storici. 

Non  solo  adunque  io  vi  invito,  o  Signori,  a  voler  richiamare  l'at- 
tenzione delle  autorità  governativa  e  cittadina  sopra  l'alto  interesse 
scientifico  e  morale  della  conservazione  delle  Colonne  di  S.  Lorenzo  ; 
ma  insieme  anche  a  discutere  sul  modo  di  ottenere  che  questo  gran- 
dioso avanzo  romano  possa  essere  definitivamente  sistemato  in  guisa 
che  anche  gli  studi  sulla  topografia  antica  milanese  ne  traggano  lumi 
nuovi  e  inattesi.  E  appunto  perchè  Voi  manifestiate  sopra  entrambi 
questi  punti  l'opinione  vostra,  dichiaro  adesso  aperta  la  discussione  (i). 


(i)  Aggiungiamo  qui,  per  comodità  dei  lettori,  che  bramassero 
esaminare  nelle  sue  varie  fasi  la  questione  delle  Colonne  di  S.  Lo- 
renzo, un  po'  di  bibliografìa.  Ne  son  esclusi,  per  ragione  di  brevità, 
gli  articoli  pubblicati  durante  l'anno  che  sta  per  chiudersi  ne'  gior- 
nali quotidiani. 

I.  Amati  Carlo,  architetto  professore,  Antichità  di  Milano  esistenti  presso 
S.  Lorenzo,  Milano,  coi  tipi  di  Giovanni  Pirotta,  MDCCCXXI,  in 
folio,  pp.  i5,  con  quattro  tavole. 

2. Succinte  memorie  intorno  le  sedici  antiche  colonne  presso  S.  Lo- 
renzo esposte  nella  circostanza  della  ricostruzione  e  riordinamento  del 
corso  di  Porta  Ticinese  coWordine  progressivo  delle  scoperte  che  pos- 
sono servire  di  séguito  aW  illustrazione  dal  medesimo  pubblicata  nel- 
Vanno  MDCCCXXL  Milano,  coi  tipi  di  Luigi  di  Giacomo  Pirola, 
MDCCCXXXI,  in  quarto,  pp.  32,  con  una  tavola. 

3.  Anonimo,  Articolo  sulle  Colonne  di  S.  Lorenzo  in  Milano  in  Bullettino 
deir  Istituto  di  Corrispondenza  Archeologica  di  Roma,  giugno  i83o. 

4. Colonne  presso  la  basilica  di  S.  Lorenzo  in  Milatm,  articolo 

in  Biblioteca  Italiana  o  sia  Giornale  di  Letteratura,  Scienze  ed  Artiy 
tomo  LXIII,  anno  XVI,  luglio-settembre  i83i,  p.  i85  sgg. 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ    STORICA    LOMBARDA  4ID 

Terminata  la  chiara  e  documentata  relazione  del  Presidente, 
si  apre  la  discussione  che  riesce  ampia  e  completa  ed  alla  quale 
partecipano  i  signori  conte  Emilio  Belgiojoso,  prof.  Serafino  Ricci, 
arch.  Paolo  Cesa-Bianchi,  dott.  Bartolomeo  Nogara,  marchese 
Carlo  Ottavio  Cornaggia,  arch.  Gaetano  Moretti,  avv.  Emilio  Se- 
letti, dott.  Diego  Sant'Ambrogio  e  dott.  G.  Riva.  Alla  fine,  af- 
fermata la  necessità  di  una  vibrata  protesta,  si  vota  all'unanimità 
il  seguente  ordine  del  giorno,  del  quale  si  stabilisce  di  trasmet- 
tere copia  al  Ministero  della  P.  Istruzione  ed  al  Comune  di  Milano: 

«  La  Società  Storica  Lombarda  dinanzi  all'inconsulta  agi- 
tazione con  cui  si  tenta  strappare  alla    cittadinanza   *.una    delibc- 


5.  Bassi  Martino,  arch.  Dispareri  in  materia  d^ Architettura   e    Prospet- 

tiva, coli' aggiunta  degli  scritti  del  medesimo  intorno  all'insigne  Tempio 
di  S.  Lorenzo  Maggiore  di  Milano,  2  ed.  a  cura  dell'  ing.  Bern.  Fer- 
rari, Milano,  1771,  in-4,  pp.  126. 

6.  Chalchi  Tristani,  Mediolanensis  Historia    Patria,    ms.    delF  Ambro- 

siana, segn.  A,  188  inf.,  copia  con  correzioni  ed  aggiunte  autografe 
—  (A  e.  19  B  offre  la  raffigurazione  delle  colonne  di  S.  Lorenzo) 

7.  Gratiolius  D.  Petrus,  Bononiensis^  Congr.  S.  Panili,  vulgo  Barnabi- 

tar.  Cler.  Reg.,  De  praeclaris  Mediolani  aedificiis  quae  ^nobarbi 
cladem  antecesserunt  Dissertatio,  Mediolani,  MDCCXXXV,  Gap.  IV, 
p.  61  sgg. 

8.  Grilloni  dott.  G.,  Le  Colonne  di  S.  Lorenzo,  Como,  Stab.    Longatti, 

1900,  pp.  i5. 

9.  Gltllon  Amato,  Sulle  sedici  colonne  corintie   antiche  di  marmo  stant, 

in  Milano,  volgarmente  chiamate  colonne  di  S.  Lorenzo  e  sulle  Terme 
Erculee    cui   appartenevano,    Dissertazione,   Milano,    1812,    pp.    61, 
{Estratta  dal  Giornale  Italiano,  3i  ag.-3o  die.  181 1). 
IO  KoTHE  luLius,  Die  Kirche  San  Lorenzo  in  Mailand,    mit   7   Kupfer- 
tafeln  und  24  Holzschnitton,  Berlin,  Ernst  u.  Kora,  1891,  pp.  26. 

11.  Binali,  Parere  del  chiaro  consigliere  Pinati  di  Verona  sulle  sedici  co- 
lonne presso  S.  Lorenzo  [Milano,  1811  (?),  coi  tipi  di  G.  Bernardoni\ 
in-8,  pp.  8. 

12.  S[ilva]  E[rcole],  Sopra  le  sedici  colonne  presso  S.  Lorenzo  in  Milano, 

Monza,  Stamperia  Corbetta,  1811,  in-8,  pp.  18,  più  una  non  numerata. 
i3. Progetto  di  Piazza  magnifica  e  centrale  in  Milano,  S.  1.  n.  d. 

[Monza?  i8ii?J,  in  8,  pp.  16. 
14.  Visconti  Ennio  Quirino,  Sopra  le  sedici  colonne  presso  S.  Lorenzo  in 

Milano    [Estr.  dallo  Opere  varie  di  E.  Q.  V.],  s.    1.   n.   d.   (Milano.^, 

1811?],  pp.  7. 


4i6 


1  A    SI  OH  ICA    LOMIJAKDA 


razione  favorevole  iilla  demolizione  delle  Colonne  di  S.  Lorenzo, 
esprime  il  suo  fervido  voto  che  ben  lungi  dal  toccar  con  mano 
sacrilega  quel  prezioso  monumento,  unica  reliquia  della  magnifi- 
cenza di  Milano  romana,  se  ne  assicuri  efficacemente  la  conser- 
vazione, e  si  provvegga  insieme  con  opportuni  lavori  edilizi  a 
farne  sempre  più  risaltare  l'importanza  ed  il  valore  in  relazione 
colTannessa  Basilica  di  S.  Lorenzo  ». 

Il  Gons.  Seletti  approfitta  dell'occasione  per  far  omaggio  alla 
Biblioteca  sociale  dell'opera  illustrata  dell' arch.  Amati  intorno 
alle  Colonne  di  S.  Lorenzo. 

Segue  l'accettazione  in  nuovi  soci  dei  signori  comm.  Ulrico 
Hoepli  e  dott.  Cesare  Foligno  in  Milano. 

La  seduta  si  chiude  alle  ore   i5  V2- 

//  Presidente: 

F.    NOVATI. 

»  Il  Segretario: 

E.  Motta. 


KIvE'NCO 

DELLE    OPERE    ED    OPUSCOLI    PERVENUTI    IN   DONO 

ALLA     BIBLIOTECA     DELLA     SOCIETÀ     STORICA     LOMBARDA 

NEL   2."   SEMESTRE   DEL    1 9OO 


Andreani  rag.  Carlo.  La  pieve  di  Dervio.  —  8.*^  Lecco,  tip.  Grassi,  1898 
(d.  dell' A.). 

Abati  sac.  Isaia.  Un  secolo  e  mezzo  di  sani  esempi.  —  Monografia 
sulla  Chiesa  Prepositurale  di  Castione  della  Presolana.  —  8.°  Ber- 
gamo, tip.  S.  Alessandro,  1899  (d.  dell' A.). 

Amati  Carlo.  Antichità  di  Milano.  —  Un  voi.  in  foglio  con  tavole  e 
disegni.  Milano,  Giovanni  Pirotta,  1821  (d.  d.  s.  avv.  Seletti). 

—  —  Antichità  di  Milano  esistenti  presso  S.  Lorenzo.  —  Milano,  Gio- 
vanni Pirotta,  1821  (d.  d.  s.  E.  Seletti). 

Anniversario  (CCCL)  della  Università  di  Messina.  —  4.°  gr.,  Messina, 
A.  Trimarchi,  1900  (d.  della  R.  Università  di  Messina). 

Anniversario  (CCCL)  della  Università  di  Messina.  Contributo  storico. 

—  4.°  Messina,  tip.  D'Amico,  1900  (d.  d.  R.  Accademia  Peloritana). 
Archivio  Tipografico.  Numero-ricordo  del  Quinto  Centenario  della  na- 
scita di  Gutenberg.  —  Fol.,  Torino,  XXIV  giugno  MDCCCC  (d.  del 
tipografo  Gonfalonieri). 

Arrigoni  Louis.  Notice  historique  et  bibliographique  sur  vingt-cinque 
manuscrits  dont   vingt-quatre   sur    parchemin,  etc.    de  Petrarque. 

—  8."  ili.,  Milano,  i883  (d.  d.  s.  d.''  Vergani). 

AssERETO  Ugo.  Genova  e  la  Corsica  i358-i378.  —  8."  Spezia,  tipografia 
F.  Zappa,  1900  (d.  dell' A.). 

Di  alcuni  documenti  poco  noti  dell'Archivio  di  Genova.  —  8." 

Spezia,  tip.  F.  Zappa,  1900  (d.  dell'  A.). 

Bahrfeldt  M.  Le  monete  romano-campane.  —  Traduz.  dal  tedesco 
del  dott.  Serafino  Ricci.  8.°  gr..  Milano,  Cogliati,  1900  (d.  del  s.  tra- 
duttore). 

Arch.  Stor.  Lomb.  —  Anno  XXVII.  —  Fase.  XXVIII.  27 


4i8  i:m:nco  dklle  opkue  e  i»i  hiujca/ioni 


Bakadez  Louis.  Étude  sur  Beccaria.  Dis(   .in  BesaiKjon,  impr.  Millot 

Frères,  1898  (d.  d.  Tipogr.). 
Barone  Enrico.  Studi  sulla  condotta  della  guerra.    1806  in  CJcrinania 

-  1814  in  Francia  -  1866  in  Boemia.  —  8."  Torino,  Editori  Roux 
e  Viarengo,  1900.  Tre  voi.  di  2  parti  (d.  degli  Editori). 

Beltrami  arch.  Luca.  "  Divixia  Vicecomitoruin  „  (Nozze  Visconti- 
Erba).  —  8.°  Milano,  Allegretti,  1900. 

La  "  Cà  del  Duca  „    sul    Canal    Grande   ed    altre    reminiscenze 

sforzesche  in  Venezia.  (Nozze  Albertini-Giacosa).  —  8."  Milano, 
Allegretti,  1900  (d.  dell' A.). 

Bertoldi  Alfonso.  Prose  critiche  di  storia  e  d'arte.  —  8.^  Firenze, 
G.  C.  Sansoni  Ed.,  1900  (d.  dell' Ed.). 

Biscaro  dott.  Gerolamo.  Contributo  alla  storia  del  diritto  cambiario. 

—  8.*^  Torino,  Bocca,  1900  (d.  dell' A.). 

BoLDONi  Sigismondo.  —  V.  (Per  la)  Inaugurazione,  ecc. 

BoLLAZzi  E.  Mazzini.  —  16.^  Milano,  tip.  Ed.  Sonzogno,  1898  (d.  dell'Ed.). 

Bornate  dott.  Carlo.  Ricerche  intorno  alla  vita  di  Mercurino  Gatti- 

nara  gran  cancelliere  di  Carlo  V.  —  8."  Novara,  tip.  Miglio,  1899 

(d.  degli  Ed.). 
BossoLA  Amilcare.  Il  governo  provvisorio  piemontese  e  la  municipa- 
lità d'Alessandria  —  8."  Torino,  Ed.  Casanova,   1900  (.d.  dell' A.). 
Brambilla  sac.  dott.  Giovanni.    Vita  di  S.  Omobono.  —  16."  Cremona, 

tip.  Leoni,  1899  (d.  d.  s.  A.). 
Bruschetti  Ampellio.  La  società   del    Giardino    in    Milano.   Memorie 

ed  appunti.  —  8."  Milano,  stab,  tip. -li t.  Zanaboni  e  Gabuzzi,  1899 

(d.  della  Tipog.). 
Castrucci  Clotilde.  Il  teatro  di  P.  Ferrari.   Saggio  critico.  —  8.°  Città 

di  Castello,  S.  Lapi,  1898  (d.  dell'Ed.). 
Cauchie  a.  Les  études  d' Histoire   Ecclésiastique.   (Extr.  de   la  Renne 

d" Histoire  ecclésiast)  —  Louvain,   Ch.  Peeters,   1900    (d.  dell'Uni- 
versità Cattolica  di  Lovanio). 
Cenno  biografico  di  Cesare  Vignati,   preside    del    R.  Liceo    Parini.  -^ 

Lodi,  tip.  Wilmant,  1887  (d.  d.  s.  Seletti). 
Cipollini  Antonio.  Carlo  Maria  Maggi  .nel  secondo    centenario   dalla 

sua  morte.  —  8."  ili.,  Milano,  U.  Hoepli,  1900. 
—  —  Per  Carlo    Maria   Maggi    inaugurandosi    il    monumento.    —    8." 

Milano,  tip.  Elzeviriana,  1900  (d.  del  Comitato  per  le  onoranze  a 

Carlo  Maria  Maggi). 


ELENCO  DELLE  OPERE  E  PUBBLICAZIONI  419 


I 


Colin  J.  L'éducation  militaire  de  Napoléon.  —  8."  Paris,  Librairie  Mi- 

litaire  R.  Chapelot,  1900  (d.  dell'  Ed.). 
Comincia  la  vita  e  la  fine  del  |  glorioso  sancto  hieronj'no  |  doctore  ex- 

cellentissimo.  —  In  fine:  M.CCCC.LXXIII.  Nicolao  Truno  du  |  ce 

venetiarum  regnante  impres  |  sum  fuit  hoc  opus  Ibeliciter  (d,  d,  s. 

prof.  N ovati). 
Commemorazione  del  cinquantesimo   anniversario    dell' 8  Agosto  1848. 

—  8."  Bologna,  R.  tipog.  Merlani,  1898  (d.  d.  s.  d.''  Vergani). 
Commemorazione  del  cinquantesimo   anniversario  delle  otto   giornate 

del  maggio  1849  e  della  morte  di  Ugo  Bassi.  —  8."  Bologna,  R.  ti- 
pografia Merlani,  1899  (d.  d.  s.  d.""  cav.  Vergani. 

Commemorazioni  in  morte  di  Giuseppe  Sacchi,  7  marzo  1891.  —  4.° 
Milano,  Pirola,  1891  (d.  d.  s.  cav.  d.*"  Vergani). 

Corridore  Francesco.  Storia  documentata  della  marina  sarda  dal  do- 
minio spaglinolo  al  savoino  (1479-1720).  —  8."  Bologna,  Zanichelli, 
1900  (d.  dell' A.), 

De  Cognac.  Campagne  de  l' armée  de  réserve  en  1800.  Première  Partie  : 
Passage  du  Grand-Saint-Bernard.  —  8.**  Paris,  Librairie  Militaire, 
R.  Chapelot,  1900  (d.  dell' Ed.). 

Degli  Azzi  dott.  Giustiniano.  Della  Polizia  negli  statuti  dei  comuni 
italiani  del  Medio  Evo.  Prolegomeni.  —  8."  Perugia,  Unione  Ti- 
pografica Cooper.  1900  (d.  d.  s.  Verga). 

Dell'  Acqua  dott.  Girolamo.  La  basilica  di  S.  Salvatore  presso  Pavia. 

—  i6.°  Pavia,  tip.  Fusi,  1900  (d.  dell' Ed.). 

Donati  Sebastiano.  De'  dittici  degli  antichi  profani  e  sacri  libri  III, 
coir  appendice  d'alcuni  necrologi  e  calendari  finora  non  pubbli- 
cati. —  Lucca,  per  F.  M.  Benedini,  1753  (d.  d.  s.  prof.  Nevati). 

Fenini-Ferrari.  Letteratura  Italiana  dalle  origini  al  1748.  —  16. •"  Mi- 
lano, Hoepli,  1900  (d.  d.  s.  prof.  Ferrari). 

Ferrari  d.'"  Henri-Maxime.  Une  chaire  de  médecine  au  XV  siede. 
Un  professeur  à  TUniversité  de  Pavie  de  1482  à  1472.  —  8."  Paris', 
Al9an,  Éditeur,  1899  (d.  dell' Ed.). 

Ferrari  Vittorio.  In  memoria  di  S.  M.  Umberto  I.  —  Milano,  tipo- 
grafia Bellini,  1900  (d.  d.  s.  A.). 

Ferrario  Giuseppe.  Le  risaie.  Discorso  pronunciato  nel  Consiglio  Co- 
munale |di  Milano].  —  8."  Milano,  tip.  Naz.,  1881  (d.  d.  s.  dottor 
cav.  Vergani). 

Filopanti  Quirico.  Storia  di  un  secolo  dal  1789  al  1889.  —  Quattro 
fascicoli  in-i6.°  Milano,  tip.  edit.  Sonzogno,  1892  (d.  dell' Ed.). 


420  KLKNCO  DELLE  OPERE  E  ITBBLICAZION I 


Francesia  sa( .  (>.  \'>.  Vita  di  S.  Ambrogio   Vescovo  di  Milano  narrata 

al  popolo.  —  8."  S.  Benigno  Canavese,    Scuola  tipog.    Sales,  1898 

(d.  della  Se.  Tipog.). 
Frittelli  dott.  Ugo.  Giannant(jnio  de'  Pandoni  detto  il  Porcellio.  — 

8."  Firenze,  Paravia,  1900  (d.  dell' A.). 
Galli  prof.  Ettore.  Un  cattolico  imperialista  nelsec.  XVI.  —  8."  Pavia, 

tip.  Coop.,  1899  (d.  del  s.  A.). 
La  mobilia   di    un    canonico    del    secolo    XIV    illustrata.  —  8.* 

Pavia,  tip.  Coop.,  j£99  (d.  del  s.  A.). 
Galloni  avv.  Egisto.    Mergozzo    e    l'antica   necropoli    scoperta   sulla 

riva  del  suo  lago.  —  8."  ili.,   Milano,   stab.    Menotti  Bassani,  1900 

(d.  dell' A.). 
Cariba/di.  Storia  della  sua  vita  scritta  da  un  ex-volontario.  —  j6."  Mi- 
lano, tip.  Ed.  Sonzogno,  1894  (d.  dell'  Ed,). 
Gero/amo  (S.)  Vita.  —  V.  Comincia. 

GioRCELLi  dott.  Giuseppe.  Documenti  storici  del  Monferrato.  —  4."  Ales- 
sandria, tip.  Chiari,  1900  (d.  dell' A.). 
Il  processo  dei  Giacobini  Casalesi.  —  4.°  Alessandria,  Jaquemod, 

1900  (d.  deirA.). 
Grassi  prof.  Alfonso.  Imitazione  della  Moscheide  di  Téofilo  Folengo. 

—  8.*^  Aversa,  tip.  Panfilo  Castaldi,  1898  (d,  della  Tipog.). 
Grassi  dott.  Giambattista.  Alcune  notizie  sulla  valle  di  Scalve   .«-critte 

nel  1843  con  aggiunte  trascritte  nel  1854.  —  8.*^  Bergamo,  fratelli 

Bolis,  1899  (d.  degli  Ed.). 
Grilloni  dott.  G.    Le    colonne    di  S.  Lorenzo.  —  8."   Como,  Longatti, 

1900  (d.  dell'  A.). 
Gutenberg.  —  V.  Archivio  Tipografico,  ^ 

Inaugurazione  (Per  la)  del  monumento  a  Sigismondo  Boldoni  in  Bel-   ^ 

lano  il  giorno  11  settembre  1898.  —  Milano,  tip.  F.  Pagnoni,  1899 

(d.  d.  sig.  Virgilio  Gobbi). 
Indici  e  Cataloghi  (Ministero  della  P.  Istruzione).   I   manoscritti  della 

R.  Biblioteca    Riccardiana    di   Firenze,    a    cura    di    S.    Morpurgo, 

voi.  I,  fase.  8-9  e  ultimo.  —  8.°  Roma,  1900  (d.  del  Ministero  della 

P.  Istruzione). 
Istituto  (Il  Pio)    di  Maternità  e  dei  Ricoveri    pei    bambini    lattanti  in 

Milano.  Statuti,  Relazioni  ed  Atti  per  gli  anni  1858-1896.  —  Milano, 

Annali  Universali  delle  Scienze.  Pirola,  Rebeschini,  Giacomo  Pirola, 

34  fase.  in-8.°  (d.  d.  socio  d.''  Vergani). 


ELENCO  DELLE  OPERE  E  PUBBLICAZIONI  42  I 

Ladeuze  P.  L'épitre  de  Barnabé.  —  8.°    Louvain,   Ch.    Peeters,    1900 

(d.  dell' Un.  Catt.  di  Lovanio). 
Legnano.  Numero  unico    29  maggio  1176  -  29  giugno    1900.  —  Fol.  ili., 

Milano,  Sonzogno  (d.  dell' avv.  Romussi). 
?*rAGiSTRETTi  sac.  Marco.   Riti  e  cerimonie  per  la  solenne  dedicazione 

di  una  chiesa.  —  8.°  Milano,  Cogliati,  1889  {d.  d.  s.  d.''  Vergani). 
MagroxNE  Domenico.  Libro  Rosso.  Privilegi  dell'  Università  di  Molfetta. 

Voi.  I.  Periodo  Angioino.  ~  8.°  Trani,  Vecchi,  1899  (d.  d.  s.  Novati). 
IMajocchi  prof.  Rodolfo,  L'autenticità    della    Strage  degli    Innocenti. 

Quadro  di  Raffaello  Sanzio.  Note  critiche.  —  4.°  gr.  Pavia,  Fusi, 

1900  (d.  d.  s.  A.). 
Mazza  Salvatore.  Le  cinque  giornate  di    Milano.  —  i6.°    Milano,  ti- 
pografia Sonzogno,  1898  (d.  dell' Ed.), 
Meyer  d.^"  Alfred  Gotthold.  Oberi  tali  ciiische  Friihrenaissance,  I.  Die 

Gothik   des  Mailànderdomes   und   der    Uebergangsstil.    —  fol.  ili. 

Berlin,  W.  Ernst  u.  Sohn,  1897  (d.  dell' Ed.). 
—  —  Oberitalienische    Friihrenaissance.    Bautcn    und  Bildwerke  der 

Lombardei.  II.  Die  Blùthezeit.  —  Fol.  ili.,  Berlin,  Ernst  u.  Sohn, 

1900  (d.  dell' Ed.). 
Mojana  (De)  Alberto.  La  battaglia  di  Legnano.  —  8."  Monza,  tip.  ed. 

Artigianelli,  1900  (d.  d.  s.  A.). 
Municipio  di  Milano.  Dati  statistici  a  corredo  del  Resoconto*  dell'Am- 
ministrazione comunale  1899.    —  4."  Milano,    tip.  Sorniani  e  Ghi- 

dini,  1900  (d.  del  Municipio  di  Milano). 
MuoNi  Damiano.  Commemorazione.  —  8.°  Milano,  Pirola,  1894  (d.  d.  s. 

d.'"  Vergani). 
NovATi  Francesco.  In  memoriam.    Cenno  necrologico  del  prof.  Carlo 

Giussani  (d.  d.  s.  A.). 
Orano  Domenico.  Lettera  di  Guini forte  Barzizza  alla  duchessa  B.^  Maria 

Sforza.  —  8.'^  Roma,  Forzani,  1900  (d.  dell' A.). 
Paladini  Leone.  I  prigionieri  in  Castello  nelle  cinque  giornate  di  Mi- 
lano del  48.  —  8."  Firenze,  Ditta  M.  Mozzon,  1898  (d.  dell'Ed.). 
Panzini-Wilmant.    Per    nozze.    Cantica   (di    C.    Vignati).   —  4."   Lodi, 

tip.  Wilmant,  i852  (d.  d.  s.  E.  Motta). 
Parini  Giuseppe.  Descrizione  delle    feste   celebrate   in  Milano   per  le 

nozze  delle  L.L.  Altezze  Reali   l'Arciduca    d'Austria  e  l'Arcidu- 

chezza  Maria  Beatrice  d'  Este.  —  4."  Milano,  Soc.  Tip.  de'  classici 

italiani,  MDCCCXXV  (d.  d.  s.  d.""  cav.  Vergani). 


hi.i.NCo  j>i:li.i,  <;ui.i<i;   i.   1'1-ui;lì. 


Pakoli  Eugenio.  Le  X  giornate  di  Brescia  del  1849.  —8."  Milano,  So- 
cietà Ed.  Sonzogno  (d.  deirEd.). 

Pkllegrino  P.  da  Forlì,  cappuccino.  Cenno  sulla  vita  del  B.  Benedetto 
Passionei  da  Urbino,  cappuccino.  —  8."  Trieste,  tip.  di  E.  Coen, 
1868  (d.  d.  s.  d."*  cav.  Vergani). 

Pei.lini  dott.  Silvio.  Giuseppe  Prina,  ministro  delle  finan/c  del  regno 
italico.  —  8."  Novara,  tip.  Miglio,  1900  (d.  dell'avv.  cav.  R.  Tarella). 

PiADENi  dott.  Federico.  11  lago  di  Como.  Nuova  guida.  —  8."  Como, 
tip.  ed.  Ostinelli,  1899  (d.  degli  Ed.). 

Piccirilli  P.  L'Abruzzo  monumentale.  —  8."  Casalbordino,  Stab.  tip. 
De  Arcangelis,  1900  (d.  dcll'A.). 

PozzoLi  Pietro.  Vita  di  Francesco  Sforza,  quarto  duca  di  Milano.  — 
Prosa  milanese  in  sesta  rima.  —  8."  Milano,  Bellini,  1900  (d.  dell'A). 

Prada  sac.  Pietro.  Domodossola  e  il  Monte  Calvario.  —  8."  Milano, 
tip.  Cogliati,  1897  (d.  dell' Ed.). 

Pranzelóres  Antonio.  La  famiglia  del  poeta  Nicolò  d'Arco  (1479-1546). 
—  Trento,  Soc.  Tip.  Ed.  Trentina,  1900  (d.  dell'A.). 

Primo  sac.  Luigi.  Cassano  d'Adda  cent'anni  or  sono,  ossia  la  guerra 
del  27  api  ile  1799.  —  8."  Treviglio,  Stab.  Sociale  Tip.  Libr.,  1899 
(d.  della  Tipog.). 

Pullè  Leopoldo.  Penna  e  spada.  Memorie  patrie  di  armi,  di  lettere 
di  letterati.  —  S.""  Milano,  Hoepli,  1900  (d.  d.  s.  Ed.). 

Racca  Matteo.  Il  Borgo  di  Domodossola  durante  la  Signoria  Spa- 
gnuola.  —  8."  Milano,  tip.  ed.  L.  F.  Cogliati,  1899  (d.  dell'Ed.). 

Rafanelli  dott.  Antonio.  L' agiomachia  di  Teofilo  Folengo.  Saggio 
sulla  poesia  sacra  latina  del  sec.  XVL 

L' agiomachia  di  Teofilo  Folengo  edita  con  note.  I.  Passio  Sancii 

Andreae  Apostoli. 

—  —  L'  agiomachia  di  Teofilo  Folengo  con  introduzione  e  note.  II. 
Passio  Sancti  ApoUinaris  Pontificis.  —  Tre  fase,  in-8.^'  Salerno, 
Stab.  tip.  Fruscione  e  Negri,  1898-1900  (d.  dell'A.). 

Regazzoni  prof.  I.  Alcune  considerazioni  retrospettive  sulla  insurre- 
zione comense  del  marzo  1848.  —  8.'*  Como,  tip.  F.  Casartelli,  1898 
(d.  della  Tipog.). 

Relazione  della  Commissione  igienica  per  la  deviazione  del  naviglio 
interno.  —  8.^'  Milano,  Civelli,  1876  (d.  d.  s.  d.'  Vergani). 

Renda  dott.  Umberto.  Scampoli  Folenghiani.  Serie  prima.  —  8.*^  Tra- 
pani, tip.  Fratelli  Messina,  1898  (d.  dell'A.). 


ELENCO  DELLE  OPERE  E  PUBBLICAZIONI 


Ricci  Serafino.  Le  gipsoteche  d'arte  in  Italia.  —  8."  Messina,  Riv. 
d'arte  antica,  1900. 

Dell'importanza  degli  stadi  archeologici  in  Italia.  —  8.^  Firenze, 

Rassegna  Nazionale,  1899. 

Del  metodo  sperimentale  nelle   discipline    archeologiche.  —  8.° 

Firenze,  Rassegna  Nazionale,  1900. 

L'arte  nell'educazione  della  donna.  Conferenza.  —  16."  Milano, 

stamp.  ed.  lombarda,  1900  (d.  d.  s.  A.). 

Riva  Giuseppe  e  Lucchini  Zaccaria.  Guida  di  Monza  e  del  Circon- 
dario. —  8.*^  Milano,  edit.  Morosini,  1897. 

—  —  Il  giovedì  e  il  venerdì  santo  a  Monza  sul  principio  di  questo 
secolo.  —  i6.°  Milano,  tipog,  della  Perseveranza,  1900  (d.  d.  s.  A.). 

RoBEccHi  Giuseppe,  XXII  febbraio  MDCCCXCVIII  (Discorsi  funebri,  ecc.) 
—  4.°  Milano,  Cogliati,  1898  (d.  d.  s.  d.*"  Vergani). 

Rodolfi-Cavallini  Paolo.  Daniele  Manin.  —  16. *•  Milano,  tip.  ed.  Son- 
zogno,  1893  (d.  dell' Ed.). 

RòiiRicHT  R.  Deutsche  Pilgerreisen  nach  dem  Heilg.  Lande.  —  8." 
Innsbruck,  Wagner,  1900  (d.  dell'A.). 

Romano  Giacinto.  Gli  studi  storici  in  Italia  allo  stato  presente  in 
rapporto  alla  natura  e  all'ufficio  della  storiografia.  —  8."  Pavia, 
stab.  tip.  Bizzoni,  1900  (d.  d.  s.  A.). 

RoMUSSi  Carlo.  Carlo  Cattaneo.  —  ló.*^  Milano,  tip.  ed.  Sonzogno,  1896 
(d.  dell' Ed.). 

RosETTi  ing.  Emilio.  Forlimpopoli  e  dintorni.  Storia  e  descrizione.  — 
8.»  Milano,  Rechiedei,  1890  (d.  d.  s.  d.'"  cav.  Vergani). 

Rossi  dott.  Giuseppe,  Busto  Arsizio  nella  Storia  e  nell'  Industria.  — 
8.'^  Busto  Arsizio,  tip.  Pisoni,  1898  (d.  della  Tipog.). 

Rozza  Pietro.  Giovanni  Bellezza  e  suoi  discepoli.  —  8."  Milano,  ti- 
pografia del  Riformatorio  Patronato  (d.  della  Tipog.). 

Rubini  avv.  Filippo.  L'  inaugurazione  del  monumento  a  Giuseppe  Pa- 
rini  in  Bosisio.  In  "  Provincia  di  Como  della  Domenica  „  29  ot- 
tobre 1899  (d.  dell'A.). 

Parini  che  ride.  Atto  unico.  —  8.'^  Torre  Annunziata,  G.  Maggi 

tipog.  ed.,  1898  (d.  dell'A.). 

Giuseppe  Parini.  Centone  storico-critico.  —  8."  Como,  tip.  Coope- 
rativa comense,  1898  (d.  dell'A.). 

Sacchi  Giuseppe.  —  V.  Commemorazioni  in  morte  di. 

Santa  Rosa   Derossi  Santorre.   Carlo   Alberto  di  Savoia-Cari gnano  e 


jjj  ELENCO    DKLI.K    UIM.KI,     i.    l'I   IJliLK. AZIONI 

e  sue  relazioni  con  Santorrc,  Pietro  e  Teodoro  di  Santa  Rosa.  — 
8."  Torino,  tip.  Roux  e  Viarcngo,  1900  (d.  dcll'A,). 

ScHjERiLLO  Michele.  Spigolature  parinìane  in  documenti  inediti.  —  8." 
Napoli,  Giannini,  1900  (d.  d.  s.  A.). 

ScHiAPARELLi  G.  V.  All' Astronomo  G.  V.  Schiaparelli,  omaggio.  3o 
giugno  1860  -  3o  giugno  1900.  —  4."  Milano,  stab.  Menotti  Bassani, 
1900  (d.  dei  Sottoscrittori). 

ScHULTE  d.""  Aloys,  Geschichte  des  mittelaltcrlichen  Ilandels  und 
Verkehrs  zwischen  Westdcutschland  und  Italien  mit  Ausschluss 
von  Venedig.  —  Due  voi.  in-8.  Leipzig,  Duncker  und  Humblot,  1900 
(d.  della  Badische  historische  Kommission). 

Segre  prof.  Arturo.  La  politica  sabauda  con  Francia  e  Spagna  dal 
i5i5  al  i533.  Memoria.  —  4."  Torino,  Clausen,  1900  (d.  dell' A.). 

Smiraglia  ScoGNAMiGLio  dott.  NiNO.  Ricerche  e  documenti  sulla 
giovinezza  di  L.  da  Vinci.  —  8.*'  Napoli,  Marghieri ,  1900  (d. 
dell'A.). 

Stella  Giovannl  Opus  de  vitis  pontificum  summa  cum  diligentia  re- 
visum  atque  correctum.  —  4."  Venetiis,  per  Bernardinum  venetum 
de  Vitalibus,  i5o5. 

Augustalis  libellus.   —  ^11    Kal.    Decembris,    Anno  Christianae 

Salutis  M.  D.  III.  —  Venetiis  per  Bernardinum  etc.  (d.  del  socio 
prof.  Novati). 

Stììckelberg  e.  a.  Heraldische  Analekten.  —  Separatabdruck  aus  dem 
Schweiz.  Archiv  fur  Heraldik.  —  Jahrgang  1897-1900  (d.  dell'A.). 

Tedeschi  Paolo.  Di  alcune  opere  di  Calisto  Piazza  conservate  a  Mi- 
lano. —  16.0  Lodi,  Dell'Avo,  1900  (d.  dell'A.). 

Tragini  a.  Armi  e  sepolcri  nella  regione  del  Garda.  —  8.'^  Roma, 
Voghera  Ed.,  1899  (dono  dell'  Ed.). 

—  —  Peschiera,  sue  origini  e  vicende.  Cenni  storici.  —  4.'^  Chieti, 
Marchionne  Ed.,  1899  (d.  dell' Ed.). 

Trucco  avv.  A.  Francesco.  Novi  e  Napoleone  Bonaparte.  —  8.'^  Novi 
Ligure,  tip.  Sociale  Ed.,  1898  (d.  dell'A.). 

Ugoletti  Antonio.  Brescia  nella  rivoluzione  del  1848-49.  —  8."  Bolo- 
gna, Zanichelli,  1899  (d.  dell' Ed.). 

Vignati  Cesare.  —  V.  cenno  biografico. 

Villa  Pernice  Angelo.  Discorso  pronunziato  nel  cimitero  monumen- 
tale di  Milano  nel  giorno  So  ottobre  1892  in  commemorazione  di 
Giuseppe  Sacchi.  —  Milano,  Pirola,  1892  (d.  d.  s.  d /'  Vergani). 


ELENCO  DELLE  OPERE  E  PUBBLICAZIONI  42D 

Zanetti  dott.  Gian  Luca.    La  legge  romana  retica-coiresc  o  udinese. 

8.'^  Milano,  Hoepli,  1900  (d.  del  s.  Ed.). 
ZiPPEL  Giuseppe.  Il  Filelfo  a  Firenze  (1429-1434).  —  8."  Roma,  Fratelli 

Bocca,  1899  (d.  d.  Ditta  Ed.  Zippel  di  Trento). 


LIBRI  PROVENIENTI   DALL'EREDITÀ  VIGNATI. 

Alberti  Leandro.  Descrittione  di  tutta  Italia.  —  Venetia,  L.  Avan- 
zi, i568. 

Aldini  Pier  Vittorio.  Sopra  un'antica  moneta  di  Lodi.  —  Pavia, 
Fusi,  i836. 

Allocchio  Stefano.  La  nuova  Milano.  —  Milano,  Bernardoni,  1884. 

Ballarini  Francesco.  Compendio  delle  Croniche  della  città  di  Como. 

—  Como,  G.  A.  Turato,  1619. 

Bazzoni  G.  B.  Dell'  antichissima  condizione  geologica  e  politica  del- 
l'Alta  Lombardia  per  quanto  specialmente  riguarda  l'origine  di 
Bergamo.  Cenni  storici.  —  Milano,  Manini,  r835. 

Belgrano  L.  La  porta  soprana  di  S.  Andrea.  —  Genova,  tip.  Sordo- 
Muti,  1882. 

Jerenzi  Angelo.  La  patria  di   Giovanni   Paolo  Maggini.  —  Cremona, 
Ghisani,  1891. 

B1AGINI  Enrico  M.  Giovanni  Vignati   Signore  di    Lodi  e  di  Piacenza. 

—  Lodi,  Quirico,  1894. 

—  —  FanfuUa  parmigiano  o  lodigiano  ?  —  Lodi,  Quirico,  1897. 

Lodi  nuovo.  Chiesa  di  S.  Francesco:  monografia  storico-arti- 
stica. —  Lodi,  Quirico,  1897. 

BiANCHi-GioviNi^A.  Sulla  Storia  Universale  di  Cesare  Cantù,  studi 
critici.  —  Milano,  Civelli,  1846. 

Borromeo  Carlo.  Constitutioni  et  regole  della  compagnia  et  scuole 
della  Dottrina  Cristiana.  —  Milano,  P.  Pontio,  i585. 

Carli  Gian  Rinaldo.  Il  censimento  di  Milano.  —  Milano,  Silve- 
stri, 1835. 

Cereda  Ippolito.  Antiche  carte  dell'Archivio  di  Cremona,  trascritte 
per  incarico  di  Cesare  Vignati.  (Manoscritto). 

Cesati  F.  Cenno  critico-storico  sulla  Battaglia  di  Legnano.  —  Milano, 
Civelli,  1876. 

Ceva  Tomaso.  Memorie  di  alcune  virtù  del  signor  conte  PVancesco 
De  Lemene.  —  Milano    Malatesta,  1706. 


426  ELENCO  DELLE  OPERE  E  PUBBLICAZIONI 

CiBRARio  Luigi.  Memorie  storiche.  —  Torino,  Botta,  1868. 

Studi  storici.  —  Torino,  Stamperia  Reale,  i85i. 

CiSEKi  Alessandro.  Sacra  istoria  de'  Santuarj  dedicati  alla  Beata 
Vergine  Maria  nella  città  e  borghi  di  Lodi.  —  Lodi,  Astori- 
no, 1729. 

Claretta  Gaudenzio.  Memoriale  autografo  di  Carlo  Emanuele  II, 
Duca  di  Savoia.  —  Genova,  tip.  Sordo-Muti,  1878. 

Corbella  Pompeo.  Memorie  di  Agliate  e  della  sua  antichissima  Basi- 
lica. —  Milano,  Agnelli,  1895. 

Cusani  F.  Biografia  del  conte  Pompeo  Litta.  —  Milano,  Vallardi,  1870. 

Dayot  Armando.  Napoleone  nelle  opere  dei  pittori,  degli  scultori, 
degli  incisori.  —  Milano,  tip.  Corriere  della  sera,  1896. 

De  Castro  Giovanni.  I  congiurati  lombardi  del  1814.  Conferenza.  — 
Como,  Longatti,  1894. 

De  Lemene  Francesco.  La  sposa  Francesca,  comedia.  —  Lodi,  Asto- 
rino Sevesi,  1709. 

De  Lèris  G.  L'Italia  superiore.  —  Milano,  tip.  Corriere  della  sera,  1892. 

Dell'Acqua  Carlo.  Ricordi  storici  biografici  pavesi.  Almanacco  po- 
polare per  l'anno  1870  e  seguenti  sino  al  2000.  —  Pavia,  Fusi,  1870. 

De  Simon:  C.  Tononi:  Nuovi  documenti  intorno  alle  pratiche  di  pace 
tra  Federico  Barbarossa  e  i  Lombardi  (nell'  "  Archivio  Storico 
Lombardo,,,  1877,  pp.  215-49):  recensione.  —  Firenze,  Galileia- 
na, 1877. 

Diacono  Paolo.  Storia  dei  fatti  de'  Langobardi,  tradotta  e  illustrata 
da  Q.  Viviani.  —  Voi.  2,  Udine,  Mattiuzzi,  1826-28. 

Fasti  (1)  della  Chiesa  Milanese.  Descritti  nella  serie  cronologica  di 
tutti  gli  arcivescovi  da  S.  Barnaba  a  P^ilippo  Visconti.  —  Milano, 
Agnelli,  1801. 

Fé  d'Ostiani  L.  F.  Storia,  tradizione  ed  arte  nelle  vie  di  Brescia.  — 
Brescia,  Queriniana,  1895-96,  4  fase. 

Ferrario  Vincenzo.  La  vera  agricoltura  pratica  della  Lombardia.  — 
Milano,  Carrara,  1844. 

Ghiron  Isaia.  Bibliografia  lombarda,  catalogo  dei  manoscritti  intorno 
alla  storia  della  Lombardia,  esistenti  nella  Biblioteca  Nazionale 
di  Brera.  —  Milano,  Bortolotti,  1884. 

Grandi  G.  e  A.  G.  Tononi.  Stato  delle  arti  e  industrie  e  del  commer- 
cio di  Piacenza  (1765-1766).  —  Piacenza,  1896. 

Hayez  Francesco.  Le  mie  memorie.  —  Milano,  Bernardo  ni,  1890. 


ELENCO  DELLE  OPERE  E  PUBBLICAZIONI  427 

Huillard-Brèholles  J.  L.  A.  Chronicon  Placentinum  et  Chronicon  de 
rebus  in  Italia  gestis  historiae  stirpis  imperatoriae  suevorum 
illustrandae  aptissima.  Ad  fidem  Parisiensis  et  Londinensis  co- 
dicum  nunc  primum  recensuit,  edidit  et  praefatione  instruxit.  — 
Parisiis,  Plon,  i856. 

Jacl\i  Stefano.  La  proprietà  fondiaria  e  le  popolazioni  agricole  in 
Lombardia,  studi  economici.  —  Milano,  Borroni  Scotti,  1854. 

L.  T.  e  F.  S.  Lodi  o  compendio  della  sua  storia.  —  Lodi,  Wilmant,  1841. 

Maggi  Carlo  Maria.  Rime  varie  amorose,  piacevoli,  ecc.  raccolte 
da  Lodovico  A.  Muratori  (il  solo  tomo  IV).  —  Milano,  Malate- 
sta,  1700. 

Maixeri  B.  G.  a  Legnano"  il  29  maggio  1876.  Parole.  —  Milano,  tipo- 
grafìa Sociale,  3876. 

Martani  Bassano.  Sui  capi  d'arte  e  d'archeologia  in  Lodi.  —  Lodi, 
E.  Wilmant,  1868. 

MixoiA  Mario.  La  vita  di  Maffeo  Vegio  umanista  lodigiano.  —  Lodi, 
Quirico,  1896. 

Molossi  Giambattista.  Memorie  di  alcuni  uomini  illustri  della  città 
di  Lodi  con  una  preliminare  dissertazione  dell'antica  Lodi.  — 
Lodi,  Pallavicini,  1776,  voi.  2. 

Muntz  Eugenio.  L'arte  italiana  nel  quattrocento.  —  Milano,  Rcbe- 
schini,  1894. 

L' età  aurea  dell'  arte  italiana.    —    Milano,  tipog.  Corriere  della 

sera,  1895. 

Negroni  Carlo.  Lettera  dedicatoria  delle  lezioni  petrarchesche  di 
Gio.  Batta  Celli.  —  Bologna,  Romagnoli,  1884. 

Pavia  (città).  L' istruzione  classica  secondaria  in  Pavia.  —  Pavia, 
Bizzoni,  1877. 

Porro  Cleto.  Guida  della  Regia  città  di  Lodi  per  uso  dei  forestieri. 
—  Lodi,  Orcesi,  i833. 

Robolotti  F.  I  Cremonesi  nella  lotta  trentenne  dell'Italia  contro  Fe- 
derico Barbarossa.  —  Cremona,  Ronzi,  1876. 

RoNzoN  Antonio.  Le  scuole  antiche  e  moderne  di  Lodi.  —  Lodi,  ti- 
pografia Editrice,  i883. 

Sesti  Gio.  Battista.  Piante  delle  città,  piazze'  e  castelli  fortificati  in 
questo  Stato  di  Milano.  —  Milano,  Agnelli,  1707. 

Fettoni  Leone.  Vita  letteraria  del  conte  Giovanni  Antonio  Luigi 
Cibrario.  —  Torino,  Botta,  1872. 


428  ELENCO   DELLE   OPERE    E    PUBBLICAZIONI 

Tononi  G.  Nuovi  (IcMiimciili  iiiLoino  allo  pratiche  di  pace  tra  t'ctr 
rico  Barbarossa  e  i  Lombardi.  —  Milano,  Bernarclrmi,  1877. 

VoiGT  Giovanni.  Storia  della  Lega  Lombarda  e  delle  sue  guerre  co 
l'imperatore  Federigo  I,  tratta  dalle  fonti  originali.  --  Milan 
A.  Bonlniili,    iH.|8. 

WiLMANT  Claudio.  Vita  d'amore.  —  Milano,  Wilmant,  1847. 


\.  R.  —  A  questo  elenco  vut)ls!   a >.;  m m i  ;: n.-  min  ventini  tra  opuscoli  e  volumi,   tutti  di  opere 
compianto    prof.   Vignati   e    che    mancavano    alla    serie   delle    sue   pubblicazioni   ni 
Biblioteca   Sociale. 


//  Bibliotecario 

B.    NOGARA. 


INDICE 


i 


XXIX  Luglio  MDCCCC Pag.  5 


MEMORIE. 


Notitia  Cleri  Mediolaiiensis  de  anno  1398  circa  ipsius  immu- 

nitatem.  —  Dott.  Marco  Magistretti »      9>  257 

Il  INIuseo  Settala  —  Contributo  per  la  storia  della  coltura  in 

Milano  nel  secolo  XVII.  —  Gino  Focjqlari »  58 

Marmi  e  lapidi  di  Milano  nella  Villa  Antona-Traversi  di  De- 
sio. —  Diego  Sant'Ambrogio »  127 

Pronti  e  memorie  storiche  di  S.  Arialdo.  —  Sac.  dott.  Carlo 

Pellegrini »  209 

Spigolature  di  storia  lombarda  in  un    Archivio   di   oltre    Po. 

—  Giovanni  Agnelli »  237 

Carlo  Maria  Maggi  sopraintendente    all'  Università  di  Pavia. 

—  Antonio  Cipollini »  303 

VARIETÀ. 

Maestro  Jambobino  da  Cremona  traduttore  dall'arabo  fin  qui 

sconosciuto.  —  F.  N »  146 

Usi  cancellereschi  viscontei.  —  F.  E.  Comani »  149 

L'iscrizione  funebre  di  Mirano  da  Bechaloe  (13 io).  —  F.  N.  »  319 

Un  medico  condotto  in  Abbiategra.sso  nel  1473.  —  E.  M.     .  »  323 


4-^0 


INDICE 


BIBLIOGRAFIA. 

AsTEGiANO  Lorenzo.  —  Codice  Diplomatico  Cremonese, 
71 5- '334*  I"  Historiae  Patriae  Monumenta  edita  jussu 
Regis  Caroli  Alberti,  series  JI,  tomi  XXI-XXII,  Augu- 
stae  Taurinorum,  mdcccxcv-mdcccxcviii,  in-Sgr.,  p.  400; 
xii-4500.  —  Giuseppe  Riva Vag.         138 

Manfredi  Silio.  —  L'  insurrezione  e  il  sacco  di  Pavia  nel 
maggio  1796.  Monografia  storica  documentata.  Pavia, 
Giuseppe  Frattini,  1900,  pp.  x-220,  in-8.  —  Ettore  Galli      »  190 

D.'^  Henri-Maxime  Ferrari.  Une  chaire  de  médecine  au  XV 
siede.  —  Un  professeur  à  l'Université  de  Pavie  de  1432 
à  1472.  Avec  un  fac-simile  d'autographe  et  cinq  gravu- 
res.  Paris,  Felix  Alcan,  1899,  in-8,  pp.  331.  — F.N.     .       »  196 

Venturi  Adolfo.  —  La  Galleria  Crespi  in  Milano,  note  e 
raffronti  con  CXCVl  incisioni  fototipografiche  e  XXXVIII 
fotocalcografie.  In  ISIilano,  Ulrico  Hoepli,  editore.  Tipi 
dell'officina  poligrafica  romana,  M.D.CCCC.  —  Francesco 
Malaguzzi »  326 

Beltrami  arch.  Luca.  —  •«.<  Divixia  Vicecomitorum  »,  Dal 
«  Libro  delle  Arme  antique  de  Milano  ».  (Codice  n."  1390, 
della  Biblioteca  Trivulziana).  —  Milano,  tip.  U.  Alle- 
gretti, 1900,  in-S  ,  pp.  89,  ili.  (Nozze  Giuseppe  Visconti 
-  Carla  Erba).  —  E.  M. »  335 

Un  pronostico  satirico  di  Pietro  Aretino,  edito  ed  illustrato 
da  Alessandro  Luzio  (Bibliot.  Stor.  della  Lett.  Ital.,  di- 
retta da  F.  Novati),  Bergamo,  Istituto  italiano  d'arti  gra- 
fiche,  1900,  pp.  XLI-163.  —  Ettore   Verga »  337 

BiNDONi  Giuseppe.  —  La  topografia  del  romanzo  I  Promessi 
Sposi.  Parte  seconda,  l'Esilio,  Milano,  Cogliati ,  1900, 
pp.  281.  —  Ettore   Verga »  343 

Ottone  dott.  Giuseppe.  —  Il  Partito  delia  Guerra  in  Lo- 
mellina  nel  1S48-49.  I\Iilano,  Libreria  edit.  Trevisini,  1899, 
pag.  106.  —  Attilio  Butti »  347 

Pezza  dott.  F'rancesco.  —  Saggio  di  Demografia  Storico- 
Sanitaria  di  un  comune  risicolo  d'Italia  (Mortara).  — 
Mortara-Vigevano  ,  Stabilimento  tipografico  Cortellezzi  , 
1899,  pagg.  146.  —  Attilio  Butti »  352 


INDICE  40  r 


ì 


Dell'Acqua  dott.  Gerolamo,  —  La  Basilica  di  S.  Salvatore 
presso  Pavia.  —  Pavia  ,  tip.  Fratelli  Fusi ,  1900  ,  in-8  , 
PP.  24 Pag.         353 

Bollettino  di  Bibliografia  Storica  Lombarda  (giugno-dicem- 
bre igoo) »  354 

Appunti  e  Notizie »     i99,  398 

ATTI  DELLA  SOCIETÀ  STORICA  LOMBARDA. 

Adunanza  Generale  del  24  giugno  1900  :   verbale     ....  >  408 

Adunanza  Generale  straordinaria  del  19  luglio  1900:  verbale.  »  409 
Periodici  che  pervengono  alla  Biblioteca  Sociale  in  dono  o  in 

cambio  coll'Archivio  :  B.  Novara »  204 

Elenco  dei  libri  ed  opuscoli  pervenuti  in  dono  alla  Biblioteca 

della  Società  nel  secondo  semestre  1900:  B.  Nogara.     .  »  417 


Amos  M antegazza,  gerente-responsabile. 


Milano,  tip.  Pietro  Faverio  dì  Con/alonieri  Pietro    via  Gozziniini,  47- 4  (y. 


/ 


p% 


SUPPLEMENTI 


ALL' 


ARCHIVIO  STORICO  LOMBARDO 


FASCICOLO  I. 


OTTAVA  RELAZIONE 

DELL'UFFICIO   REGIONALE 

PER    LA    CONSERVAZIONE     DEI    MONUMENT 
IN    LOIVIBARDIA 


A    CLR\   DELL  ARCHITETTO 


GAETANO  MORETTI 


( 


I 


498712 


^^5.  10.4^ 


MILANO 

Tipografia  P.  Faverio  di  P.  Gonfalonieri 
Via  Gozzadini,  47^49 

1900 


COSTITUZIONE     DELL'UKKICIO 

Prof.  Gaetano  Moretti,  Architetto-Direttore 

Architetti: 

Ing.  Augusto  Brusconi,  Luigi  Perron]e,   Raineri  Arcaini 

Ing.  Achille  Patricolo  (Residente  a  Mantova 

e   incaricato   dell^  amministrazione   di   quel  Palazzo   Ducale) 

Ing.  Emilio   Gussalli 

incaricato  della  compilazione  del  Catalogo  dei  Monumenti 

e  Oggetti  diarie. 

Segretario  : 
Giusto    De    Briganti 

Capo  custode  e  assistente  tecnico  alla  Certosa  di  Pavia: 
Giani  Carlo 


Sede  dell'Ufficio  -  PALAZZO  BRERA  -  Milano 


Commissioni    Conservatrici    dei    Monumenti 

{Sotto  la  presidenza  dei  RR,  Prefetti) 


Provincia  di  Milano. 

Commissari  : 

Archinti  cav.  Luigi  —  Guidini  arch.  comm.  Augusto  —  Vignoli  cav. 
prof.  Tito  —  Frizzoni  cav.  dott.  Gustavo  —  Bagatti-Valsecchi  nob. 
cav.  P^austo  —  Ceruti  cav.  ing.  Giovanni  —  Sant'Ambrogio  dottor 
Diego  — Formenti  Ing.  Arch.  Prof.  Carlo. 

Ispettori  : 

Circond.  di  Abbiategrasso  —  Bertoglio  conte  Napoleone 
„         „     Gallarate  —  Tettamanti  sac.  Giuseppe 
„         „     Lodi  —  Martani  dott.  cav.  Bassano 
„         „     Milano  —  Castelfranco  prof.  cav.  Pompeo 
„         „     Monza  —  Bagatti-Valsecchi  nob.  dott.  Giuseppe. 


COSTITUZIONE    Dir  I    II  KlflO 


Commissione  artistica  di  Vigilanza 
ai  restauri  della  Basilica  di  Sant' Ambrogio. 

Bagatti-Valsecchi  nob.  cav.  Fausto  —  Cesa  Bianchi  ing.  cav.  Paolo  — 
Combi  ing.  arch.  cav.  Enrico  —  Comi  mons.  D.  Gerolamo,  prop. 
parroco  —  Moretti  arch.  Gaetano. 

Commissione  artistica  di  Vigilanza 
per  la  Basilica  di  S.   Vincenzo  in  Prato. 

Borsani  arch.  cav.  G.  B.  —  Cesa  Bianchi  ing.  cav.  Paolo  —  Combi 
ing.  cav.  Enrico  —  Nava  ing.  cav.  Cesare  —  Pollini  ing.  Alessandro. 

Provincia  di  Como. 

Commissari  : 

Garovaglio  dott.  cav.  Alfonso  —  Rovelli  nob.  cav.  Vittorio  —  Regaz- 
zoni  prof.  cav.  Innocenzo  —  Monti  sac.  Sante  —  Poggi  dottor 
Vincenzo  —  Pogliaghi  prof.  cav.  Lodovico  —  Mariani  ingegnere 
Enrico  —  Ferrari  ing.  Andrea  —  Getti  ing.  Giovanni  —  Linati 
ing.  Eugenio. 

Ispettori  : 

Circond.  di  Como     —  Garovaglio  dott.  cav.  Alfonso 
„         „     Lecco    —  Magni  dott.  cav.  Antonio 
„         „     Varese  —  Riva  ing.  Luigi. 

/;/  seguilo  ad  ima  deliberazione  della  Commissione  Conservatrice,  appro- 
vata dal  Ministero,  e  stato  incaricato  di  invigilare  alla  conservazione 
dei  fnonumenti  posti  nel  Comune  di  Civaie,  il  Sac.  Mambretti  Pietro. 

Provincia  di  Pavia  (i). 

Commissari  : 

Campari  ing.  cav.  Alessandro  —  Michis  prof.  Pietro  —  Dell'  Acqua 
dott.  comm.  Carlo  —  Cavagna  Sàngiuliani  conte  Antonio  —  Monti 


(t)  Dipende  dall'Ufficio  Regionale  della  Lombardia  solo  la  parte  della  provincia  di  Pavia  che 
si  trova  a  sinistra  del  Po  e  del  Ticino  ,  la  rimanente  parte  è  aggregata  all'  Ufficio  Regionale  del 
l'iemonte. 


I 


COSTITUZIONE    DELL  UFFICIO 


5 


nob.  cav.  Enrico    —    Canna  prof.  cav.   Giovanni   —   Raffele    Am- 
brogio —  Mariani  prof.  Lucio. 

Ispettori: 
Circondario  di  Pavia  —  Savoldi  ing.  prof.  Angelo,  architetto. 

«►  Provincia  di  Bergamo. 

Commissari  : 

Fornoni  prof.  cav.  ing.  Elia  —  Camozzi-Vertova  conte  dott.  Cesare  — 
Gaffuri  cav.  Paolo  —  Loverini  cav.  prof.  Ponziano,  pittore  — 
Frizzoni  architetto  cav.  Giacomo  —  Muzio  arch.  prof.  Virginio  — 
Piccinelli  cav.  Giovanni. 

Ispettori  : 

Circond.  di  Bergamo  —  Mantovani  prof.  cav.  Gaetano 
„         „     elusone     —  Castelli  ing.  Virgilio 
„         ,,     Treviglio  —  Bedolini  prof.  Angelo. 


Provincia  di  Brescia. 


Commissari  : 


Folcieri  prof.  comm.  Giovanni  —  Arcioni  arch.  Luigi  —  Ariassi  Giu- 
seppe, pittore  —  Cicogna  Luigi  —  Cassa  avv.  Andre'a  —  Taglia- 
ferri arch.  cav.  Antonio  —  Rovetta  Francesco  —  Manziana  Carlo. 


Ispettori: 

Circond.  di  Breno  —  Prudenzini  avv.  Paolo 

„         „     Brescia  —  Da  Ponte  dott.  cav.  uff.  Pietro 

„        idem  (Mand.  VI  -  Desenzano)  Rambotti  prof.  dott.  uff.  Giovanni 

„         „     Chiari  —  Giani  dott.  prof.  Gustavo 

„         „     Salò  —  Fossati  Andrea,  pittore 

,,         „     Verolanuova  —  N.  N. 


COSTITUZIONE    DELL  UFFICIO 


Provincia  di  Cremona. 


Commissari  : 


Pinzi  ing.  Enrico  —  Fontana  ing.  Fortunato  —  Fci  prof.  Giuseppe  — 
Venturini  prof.  Tancredi  —  Michieli  prof.  Guglielmo  —  Arcari 
cav.  dott.  Francesco  —  Bergamaschi  prof.  Giovanni  —  Landriani 
Alessandro.  ^ 

Ispettori  : 

Circond.  di  Casalmaggiore  —  N.  N. , 
„         „     Crema  —  Albergoni  Napo 
„         „     Cremona  —  Signori  ing.  Ettore. 


Provincia  di  Mantova. 

Commissari  : 

Intra  prof.  comm.  G.  B.  —  Dall'Acqua  ing.  prof.  Carlo  —  Arrivabene 
conte  cav.  Silvio  —  Gilioli  prof.  Angelo  —  Martinelli  ing.  arch. 
Gaetano  —  Concina  dott.  Giulio  —  Rocca  avv.  cav.  Fermo  — 
Giannantoni  avv.  Emanuele. 

Ispettori  : 

Distretto  di  Asola  —  Ruzzenenti  sac.  Luigi 
„         „     Bozzolo  —  N.  N. 

„         „     Canneto  sull'Oglio  —  Panini  ing.  Domizio 
„         „     Castiglione   delle  Stiviere  —  Bignotti  sac.  Antonio 
„         „     Gonzaga  —  Nizzoli  dott.  cav.  Alessandro 
„         „     Mantova  —  Dall'Oca  sac.  dott.  prof.  Gaspare 

„     Ostiglia  —  N.  N. 
„         „     Revere  —  Savoia  ing.  Massimiliano 
„         „     Sermide  —  Mantovani  prof.  cav.  Gaetano 
„         „     Viadana  —  Parazzi  sac.  Luigi. 

„         „     Volta    Mantovana    —    Melchior!    di  Monzambano   dottor 
Marcello. 


COSTITUZIONE    DELL  UFFICIO 


Provincia  di  Sondrio. 


Commissari  : 


Polatti  ing.  Francesco  —  Zaccaria  don  Nicola  —  Bonadei  dott.  cav. 
Carlo  —  Visconti  Venosta  nob.  comm.  Giovanni  —  Gavazzeni 
Giovanni  —  Besta  nob.  prof.  Fabio  —  Lavizzari  nob.  ing.  Giu- 
seppe —  Damiani  prof.  Guglielmo  Felice. 

Ispettori  : 
Circondario  unico  —  Paribelli  nob.  cav.  avv.  Gian  Giacomo. 


reivA2:^ione: 

dell'Ufficio  Regionale  per  la  conservazione  dei  Monumenti 
in  Lombardia 

Anno  finanziario:  ì8^^-igoo 


NEL  presentare  la  relazione  dell'opera  che  V  Ufficio  Regio- 
nale ha  esercitato  durante  Vanno  finanziario  i8^g-igoo 
—  anno  col  quale  può  dirsi  raggiunto  il  primo  decennio 
della  vita  di  questa  istitupojte  —  si  affaccerebbe  la  opportunità  di 
riassumere  l' apone  svolta  in  tale  periodo  di  tempo,  per  ritrarne 
delle  conclusioni  d'  indole  generale.  Certamente,  quando  si  pensi 
alla  deficienza  dei  me^li  disponibili,  alla  scarsità  del  personale,  alla 
persistente  incerte^Z^  ^  riguardo  la  definitiva  sistemazione  di  que- 
sti uffici  regionali,  la  Direzione  di  Lombardia,  rievocando  l'opera 
fin  qui  compiuta,  non  può  a  meno  di  ritrarne  la  persuasione  di 
aver  corrisposto,  in  tutto  quanto  le  fu  possibile,  al  difficile  inca- 
rico di  tutelare  in  questa  regione  il  patrimonio  artistico  nazio- 
nale, pur  essendo  convinta  che  un  risultato  ancora  piii  efficace 
avrebbe  potuto  raggiungere  quando  fosse  stato  possibile  al  Mini- 
stero di  assecondare  tutte  quelle  proposte  di  miglioramento  nell'as- 
setto generale,  nei  singoli  servizi  e  nel  personale  subalterno,  che 
ripetutamente  la  direzione  stessa  credette  doveroso  di  avanzare. 
La  ristrettezz^  <^^i  fondi  in  bilancio  è  certo  un  argomento 
categorico  ed  indeclinabile,  che  si  oppone  a  molte  riforme  ed  a 
molti  desideri  ;  pure,  la  scrivente  non  crede  ancora  che,  di  fronte 
a  questa  ristrettezz^^^  dovuta  in  gran  parte  ad  un   erroneo  pre- 


IO  STOIUA    Kl)    AUTi: 


concetto  circa  V  injluen:{a  delle  Belle  Arti  sulle  condizioni  econo- 
miche del  paese,  sia  stata  messa  in  rilievo  tutta  V utilità  di  un 
ben  inteso  servi:{io  di  tutela  del  nostro  patrimonio  artistico  e  sto- 
rico, additando  il  beneficio  che  al  bilancio  dello  Stato  ridonda 
per  le  attrattive  che  tale  patrimonio  esercita,  formando  dell'  Italia 
una  regione  dove  gareggiano,  colle  belle^^^e  naturali,  gli  splen- 
dori dell'arte  passata. 

Se,  mediante  una  amministra:{ione  sempre  vigile  e  rigorosa, 
si  riescisse  ad  imprimere  nella  opinione  pubblica  la  convinzione 
di  tale  importanza,  se  si  avesse  il  coraggio  di  contrapporre  a 
tante  ingiuste  diffidenze  la  prova  di  tali  benefici  e  se  si  consi- 
derasse per  un  momento  la  questione  dal  semplice  punto  di  vista 
utilitario,  sarebbe  facile  persuadere  dei  vantaggi  economici  anche 
gli  indifferenti  e  i  diffidenti,  e  certo  non  si  assisterebbe  umiliati 
al  progressivo  inaridimento  che  si  verifica  nei  mezzi  ^  nelle  at- 
tività rivolte  alla  conservazione  del  patrimonio  artistico  italiano. 

Quando  nella  opinione  pubblica  fosse  sempre  viva  e  sponta- 
nea la  convinzione  che  il  denaro  impiegato  in  questa  tutela  viene 
speso  col  maggior  profitto  e  col  metodo  più  razionale,  certo  non 
vi  sarebbe  alcuna  ragione  per  non  affrontare,  a  seconda  delle 
esigenze,  la  richiesta  dei  nuovi  fondi  necessari  per  dare  un  as- 
setto sempre  più  vigoroso  ed  esteso  al  servizio  dei  monumenti  e 
degli  oggetti  d'arte. 

Il  patrimonio  artistico  d*  Italia,  ancora  ricchissimo,  non  è 
inesauribile  come  i  tesori  della  natura,  poiché  ogni  anno,  per  la 
fatale  azione  del  tempo,  per  V  inerzia  e  la  malevolenza  degli  uomini, 
subisce  una  sensibile  menomazione:  mentre  presso  altre  nazioni  — 
meno  ricche  di  noi  nel  campo  artistico,  e  meno  interessate  a  ri- 
trarne un  utile  immediato  —  i  monumenti,  le  raccolte,  i  Musei,  le 
Gallerie  sono  in  continuo  incremento,  per  sollecitudine  di  Governo 
ed  iniziativa  di  cittadini.  Ritardare  quanto  più  sia  possibile  il 
disperdimento  e  la  rovina  delle  memorie  del  nostro  passato,  sparse 
in  ogni  angolo  della  penisola,  non  è  altro  che  provvedere  al  con- 
solidamento della  prosperità  del  paese,  assicurandogli  un  avve- 
nire che  risponda  a  quelle  idealità,  che  ispirarono  gli  artisti  di 
ogni  tempo. 


{ 


OTTAVA    RELAZIONE    DELL  UFFICIO    REGIONALE  I  I 

Erano  da  poco  istituiti  gli  uffici  regionali,  quando  un  gio- 
vane artista  milanese,  passando  in  rassegna  l'opera  compiuta  nel 
ventennio  precedente  dal  Ministero  della  Pubblica  Istruzione,  a 
vantaggio  del  patrimonio  artistico  na:[ionale,  col  proposito  di  di- 
mostrare i  benefici  che  la  nuova  iniziativa  del  Ministro  Vi  Ilari 
avrebbe  recato  al  paese  scriveva: 

«  ....  quale  manifestazione  si  può  immaginare,  che  piìi  del- 
«  l'arte,  sia  efficace  a  sollevare  l'animo  e  ad  affascinarlo  colla 
a  estrinsecazione  di  un  vincolo  ideale  che  lega  la  natura  al  genio 
«  dell'uomo?  Persuadere  le  masse  come  qualunque  materia,  la 
«  quale  porti  la  impronta  dell'  ingegno,  diventi  per  sé  stessa  degna 
«  di  rispetto,  e  come  ogni  traccia  che  il  tempo  vi  aggiunge  ne 
<(  accresca  l' interesse,  è  dare  la  forma  pili  immediata  e  positiva 
«  alla  educazione  popolare. 

«  Per  noi  italiani,  questo  rispetto  per  le  memorie  del  passato 
«  è,  pili  che  altrove,  un  dovere  ;  poiché,  quando  nelle  tr accie  di 
«■  remote  civiltà  che  si  sono  stratificate  sul  nostro  suolo,  noi  leg- 
«  giamo  la  constatazione  materiale  di  una  prosperità  che  si  é 
«  continuata  attraverso  alle  vicende  più  fortunose,  non  possiamo 
«  a  meno  di  ricavare  da  questi  documenti  del  nostro  passato,  un 
«  sentimento  di  fiducia  nella  prosperità  avvenire;  e  quando  noi 
«  vediamo  come,  attraverso  al  lungo  periodo  delle  invasioni,  delle 
«  lotte  intestine,  delle  tirannie  e  dominazioni  straniere,  il  senti- 
«  mento  dell'Arte  non  si  è  mai  lasciato  sopraffare,  ma  si  è  affer- 
«  77iato  sempre  come  la  caratteristica  più  spiccata  dello  spirito 
'(  italiano,  quando  noi  vediamo  che  é  stata  la  tradizione  di  questo 
«  sentimento  d' Arte  —  pietrificato,  dirò  così,  nei  nostri  monti- 
(r  menti  —  quella  che  ha  mantenuto  vivo  il  sentimento  della  patria, 
«  ed  ha  contribuito  alla  ricostituzione  della  nostra  unità,  non 
<(  possiamo  sottrarci  ad  un  senso  di  riverenza  per  questo  patri- 
«  monio  artistico,  e  sentiamo  il  dovere  di  custodirlo  con  le  cure 
«  più  gelose  ». 

Nel  ricordare  oggi  le  poche  pagine  che  contengono  queste 
elevate  parole,  il  pensiero  ricorre  agli  entusiasmi  che  fin  dai 
primi  giorni  ci  hanno  animati    nell'opera    assunta  e,    se  il  con- 


12  SIOUIA    i-A)    AKii; 


franto  di  tante  sperante  coi  risultati  pratici  fin  qui  ottenuti  ci 
mostra  purtroppo  in  tutta  la  sua  eviden:{a  V arduo  cammino  che 
ancora  ci  disgiunge  dalla  mèta,  non  sarà  certo  la  sfiducia  quella 
che  potrà  scemare  in  noi  le  fon^e  e  paralii^^are  gli  ardimenti. 
Quali  siano  le  mire  nostre  è  detto  nelle  parole  qui  sopra  ripor- 
tate. E  così,  che  l'Ufficio  al  quale  la  fiducia  del  Ministero  affi- 
dava la  conservazione  del  patrimonio  artistico  di  Lombardia,  ha 
inteso  e  intende  il  suo  mandato. 


\ 


PROVINCIA  DI  MILANO. 

Commissione  Conservatrice.  —  La  Commissione  Con- 
servatrice pei  monumenti  di  questa  Provincia  fu  convocata  una 
sola  volta  nel  corso  dell'anno  1899-1900,  e  cioè  il  giorno 
23  aprile  1900,  allo  scopo  di  pronunciarsi  circa  la  domanda 
avanzata  dal  Comune  di  Milano  per  essere  autorizzato  a  de- 
molire l'antica  Pusterla  dei  Fabbri.  —  Nell'occasione  di  tale 
seduta,  ed  esauritosi  dalla  Commissione  l'argomento  che  era 
all'ordine  del  giorno,  il  direttore  dell'Ufficio  Regionale,  giusta 
una  sua  proposta  favorevolmente  accolta  dal  superiore  Mi- 
nistero, e  da  questo  estesa  poi  a  tutti  gli  uffici  del  Regno, 
prese  parte  all'  adunanza,  informando  la  on.  Commissione 
dell'opera  esercitata  negli  ultimi  tempi  a  vantaggio  dei  Mo- 
numenti della  Provincia  di  Milano. 

Duomo.  —  Non  è  questione  nuova,  quella  che  è  sorta  nel  campo 
artistico  a  riguardo  della  facciata  del  Duomo  di  Milano,  ma  sic- 
come ad  essa  hanno  ultimamente  portato  un  largo  contributo 
di  considerazioni  e  di  studi,  artisti  ed  eruditi  insigni,  e  poiché 
la  stessa  cittadinanza,  rivendicando  i  suoi  diritti,  ha  voluto 
partecipare  al  dibattito,  è  giusto  che  tale  agitazione  venga 
registrata  fra  le  memorie  dell'Ufficio  Regionale. 


OTTAVA    RELAZIONE    DELl'uFFICIO    REGIONALE  l3 

Fu  specialmente  in  occasione  dei  modelli,  dall'Ammini- 
strazione predisposti  per  l'esecuzione  della  nuova  porta  mag- 
giore, che  la  questione  si  riaccese  fino  ad  accalorare  in  modo 
insolito  il  pubblico  milanese. 

Si  vorrebbe  da  una  parte  ammettere  senz'altro  l'attua- 
zione di  quanto  fu  precedentemente  deliberato,  limitandola 
questione  ad  una  semplice  divergenza  di  ideali  artistici,  facil- 
mente conciliabili  cogli  interessi  supremi  del  monumento;  dal- 
l'altra parte  invece,  senza  entrare  in  qualsiasi  considerazione 
di  merito  circa  i  risultati  dei  precedenti  concorsi,  si  sostiene 
che  la  facciata  attuale,  con  tutto  quanto  presenta  di  mera- 
viglioso, di  meno  bello  e  anche  di  insulso,  costituisce  pel 
monumento  una  pagina  di  storia  di  tale  importanza,  che  nes- 
suno ha  il  diritto  di  cancellare.  A  sostenere  questa  tesi,  oltre 
il  principio  tutt'affatto  moderno  che  stabilisce,  come  criterio 
per  la  conservazione  dei  monumenti  d'arte,  il  massimo  ri- 
spetto alle  manifestazioni  delle  diverse  epoche  e  1'  abbandono 
di  ogni  elemento  che  possa  rappresentare  contraffazione,  si 
aggiunge  pure  che,  volendo  addottare  seriamente  il  concetto 
che  ispira  l'idea  di  sostituire  l'attuale  facciata,  si  arriverebbe 
alla  conclusione  di  spogliare  il  Duomo  di  tutte  le  sue  parti 
più  caratteristiche,  a  cominciare  dalla  stessa  guglia  principale. 

Così  divisa  era  la  pubblica  opinione  quando,  nell'ottobre 
del  1899,  essendo  compiuti  alcuni  modelli  al  vero  che  l'Ammi- 
nistrazione del  Duomo  aveva  fatto  eseguire  nell'intendimento 
di  dar  principio  alla  lavorazione  in  marmo  della  porta  prin- 
cipale e  della  cuspide  centrale,  il  R.  Ministero  della  Pubblica 
Istruzione  invitava  l'Ufficio  Regionale  ad  ispezionare  i  modelli 
stessi.  Per  corrispondere  a  tale  incarico,  l'Ufficio  stendeva  la 
relazione  in  data  del  16  ottobre,  e  con  questa,  ammettendo  che 
il  materiale  ingrandimento  del  progetto  Brentano  dovesse 
considerarsi  soltanto  come  un  lavoro  preparatorio  —  desti- 
nato a  far  presente,  a  chi  dovrà  sostituire  l'autore  defunto, 
la  strada  lunga  e  difficile  che  rimane  a  superare  per  rag- 
giungere la  mèta  ideale  —  giudicava  come  benemerita  l' idea 


H 


SIOUIA    ED    ARTE 


I 


a  tale  proposito  adottata  dairAmmìnistrazione  del  Duomo,  ri 
tenuto  che  questa,  davanti  a  una  suprema  questione  d' arte- 
eccedente  i  limiti  della  competenza  sua,  avesse  stabilito  di 
assicurare  all'opera  della  nuova  facciata  una  degna  dirigenza. 
Ma  poiché  fu  dato  di  temere  come,  non  già  a  scopo  di  studio 
preparatorio,  ma  bensì  a  titolo  di  effettivi  modelli  di  esecu- 
zione, fossero  stati  eseguiti  quei  lavori,  l'Ufficio  non  potè  a 
meno  di  esprimere  un  severo  giudizio  a  riguardo  di  essi,  perche 
li  riconobbe  mancanti  di  ogni  caratteristica  d'arte,  e  pregiu- 
dicevoli  alla  stessa  memoria  di  quell'artista  valoroso  che  fu 
Giuseppe  Brentano. 

A  riguardo  dell'indirizzo  che  si  avrebbe  dovuto  seguire, 
l'Ufficio  Regionale  così  si  esprimeva  nella  sua  relazione  : 
«  ....  perchè  il  portale,  quale  fu  ideato  dal  Brentano,  riesca 
K  in  ogni  sua  parte  quell'opera  nobile,  geniale  e  spontanea 
a  che  dovrà  aggiungere  nuova  gloria  al  nome  del  suo  sven- 
«  turato  autore,  sarà  necessario  assegnare  la  dovuta  impor- 
«  tanza  alla  parte  scultoria  del  lavoro.  Assicurato  lo  schema 
«  architettonico  della  porta,  tornerà  indispensabile unostudio 
«  plastico  generale  così  serio  e  completo,  quale  non  si  potrà 
«  mai  ottenere  seguendo  i  consueti  criteri  speculativi  e  dis- 
«  giungendo,  come  ora  si  vorrebbe,  la  scultura  ornamentale 
«  da  quella  figurativa. 

«  All'artista  che  avrà  la  ventura  di  essere  chiamato  a 
«  estrinsecare,  nelle  sue  parti  decorative,  il  concetto  del  Bren- 
«  tano,  dovrà  essere  assegnato  il  compito  di  condurre  a  ter- 
«  mine  il  presente  modello,  che  ora  va  considerato  come  ap- 
«  pena  iniziato  nelle  sole  parti  architettoniche,  ed  egli  stesso, 
«  partendo  dalla  grande  composizione  figurativa  della  lunetta, 
«  dovrà  studiare  tutte  le  altre  sculture  che  vi  fanno  contorno 
«  subordinandone  gli  effetti  di  rilievo  e  di  chiaroscuro  alle  esi- 
le genze  artistiche  di  quell'opera  che  è  destinata  a  riescire  il  fuoco 
«  di  tutta  la  composizione  architettonica  della  nuova  facciata. 
«  Nessuna  difficoltà,  né  tecnica  né  economica,  deve  sussistere 
«  a  questo  riguardo.  —  Sia  o  non  sia  possibile  dar  corso  im- 


OTTAVA    RELAZIONE    DELL  UFFICIO    REGIONALE 


«  mediato  ad  alcune  parti  del  lavoro,  debbasi  o  no  rimandare  a 
«  miglior  momento  la  traduzione  in  marmo  della  lunetta  stessa, 
«  è  indispensabile  però  che  di  essa  e  di  tutte  le  restanti 
«  sculture  venga  fatto  in  precedenza  uno  studio  completo  ed 
«  esauriente. 

«  Il  nuovo  modello  eseguito,  non  già  per  pochi  tratti, 
«  ma  per  l'intiera  porta,  in  base  a  elevati  criteri  d' arte,  espo- 
«  sto  nelle  precise  condizioni  di  luce  della  facciata  del  Duomo, 
«  e  fors'  anche  assicurato  alla  facciata  stessa  (della  quale 
«  però,  per  nessuna  ragione,  non  dovrà  intanto  concedersi  lo 
«  scomponimento)  potrà  dare  un'idea  più  esatta  dell' im.por- 
«  tanza  somma  del  lavoro  che  si  dovrebbe  eseguire  e  potrà, 
«  meglio  dei  pochi  frammenti  attuali,  essere  sottoposto  al  giu- 
c(  dizio  di  quelle  competenti  autorità  le  quali  (insieme  alle  altre 
«  autorità,  o  alle  corporazioni  artistiche  cittadine,  che  per 
«  tradizione  sarebbero  tenute  ad  intervenire  nelle  questioni 
«  riguardanti  il  Duomo  di  Milano)  giudicheranno  dei  mo- 
«  delli  e,  al  caso,  ne  concederanno  la  definitiva  traduzione 
«  in  marmo  ». 

Il  rapporto  dell'Ufficio  Regionale  concludeva  quindi  colla 
proposta  di  invitare  l'Amministrazione  del  Duomo  a  dar  prin- 
cipio a  nuovi  studi,  che  per  serietà  e  coscienziosità  potessero  con- 
siderarsi come  i  veri  modelli  di  esecuzione  della  porta  principale 
del  Duomo:  e  siccome  erano  stati  sottoposti  all'esame  dell'Uf- 
ficio altri  modelli,  riguardanti  la  decorazione  della  cuspide 
frontale,  e  anche  in  questi  si  ebbe  a  riscontrare  la  stessa  de- 
ficienza di  interpretazione  lamentata  nel  modello  della  porta, 
così  venne  consigliata  la  sospensiva  per  ogni  deliberazione 
anche  a  questo  riguardo,  in  attesa  di  nuovi  e  più  soddisfa- 
centi saggi. 

In  conseguenza  del  parere  espresso  con  quel  rapporto,  il 
R.  Ministero,  con  Decreto  del  26  gennaio  1900,  deliberava 
l'istituzione  di  una  Commissione,  incaricata  di  soprainten^ 
dere  per  la  parte  artistica  alle  opere  della  nuova  facciata 
secondo  il  progetto  Brentano,  e  chiamava   a  far  parte  della 


l()  STORIA    ED    arti: 


I 

4 


Commissione  stessa,  il  comm.  Alfredo  D'Andrade,  direttore 
dell'Ufficio  Regionale  pei  monumenti  del  Piemonte  e  della 
Liguria,  il  comm.  prof.  Camillo  Boito,  presidente  della  R.  Ac- 
cademia di  Belle  Ani  di  Milano,  l'architetto  Sebastiano  Giu- 
seppe Locati,  professore  nella  R.  Università  di  Pavia,  il  com- 
mendator  Odoardo  Tabacchi,  professore  di  scultura  nella 
R.  Accademia  Albertina  di  Torino  e  lo  scrivente,  architetto 
Gaetano  foretti. 

Alla  fine  di  giugno  la  sopra  citata  Commissione  aveva  te- 
nuto due  adunanze.  Nella  prima,  di  queste,  si  limitò  a  stu- 
diare r  argomento,  soprassedendo  a  qualsiasi  deliberazione 
nella  fiducia  che,  in  omaggio  alle  discussioni  di  quei  giorni,  le 
sarebbero  stati  aggregati  altri  membri,  in  rappresentanza  della 
i^mministrazione  cittadina.  Nella  seconda  adunanza  invece, 
mancato  l'intervento  di  questi  nuovi  elementi,  essa  prosegui 
nei  suoi  lavori  concludendo  con  l'affidare  al  prof.  Sebastiano 
G.  Locati,  lo  studio  e  la  soluzione  dei  vari  problemi  di  in- 
dole costruttiva  che  ancora  si  connettevano  al  progetto  Bren- 
tano ,  riservandosi  di  passare  allo  studio  degli  elementi  de- 
corativi soltanto  dopo  assicurata  la  perfezione  dell'opera  nei 
rapporti  della  struttura  organica. 

Come  sempre,  l'Ufficio  Regionale  ebbe  ad  occuparsi,  anche 
pel  corrente  anno,  della  revisione  dei  bilanci  dell'erogazione 
dell'assegno  erariale,  in  quanto  si  riferisce  alla  partita  tecnica 
e  artistica.  Sia  a  riguardo  del  consuntivo  dell'anno  1898,  chea 
proposito  del  bilancio  preventivo  per  l'anno  1900,  l'Ufficio  riferì 
al  superiore  Ministero  circa  l'operato  suo,  ed  espose  le  osser- 
vazioni suggerite  dall'esame  dì  quei  bilanci. 

Basilica  di  S.  Ambrogio.  —  All'  infuori  delle  opere  di 
ordinaria  manutenzione  e  della  prosecuzione  degli  studi  ri- 
guardanti la  sistemazione  del  cortile  Bramantesco,  nessun  altro 
lavoro  importante  è  stato  compiuto  durante  lo  scorso  anno 
nella  monumentale  basilica  di  S.  Ambrogio.  Ciò  in  omaggio 
anche  al  parere  della  Commissione  Artistica   di   vigilanza  ai 


OTTAVA    RELAZIONE    DELl'uFFICIO    REGIONALE  I7 

restauri  la  quale,  allo  stato  attuale  delle  cose,  ha  convenuto 
nellopportunitcà  di  studiare  un  programma  generale  delle  fu- 
ture opere  di  restauro,  di  isolamento  e  di  risanamento,  che 
sia  possibile  di  eseguire  in  varie  riprese,  a  norma  dei  mezzi 
disponibili,  o  delle  necessità  che  si  presenteranno.  . 

L'Ufficio  Regionale,  in  rappresentanza  del  superiore  Mi- 
nistero della  Pubblica  Istruzione^  si  è  occupato  della  revisione 
dei  rendiconti  di  spese  sostenute  coU'assegno  erariale  concesso 
alla  Basilica. 

Chiesa  e  Chiostri  di  S.  Maria  delle  Grazie.  —  Nel 

periodo  di  tempo  trascorso  dal  luglio  1899  a  tutto  oggi,  l'at- 
tività dell'Ufficio  Regionale  nei  restauri  delle  Grazie  è  stata 
in  gran  parte  assorbita  dalle  molte  opere  complementari  ri- 
chieste dai  restauri  già  eseguiti,  allo  scopo  di  renderli  meglio 
intonati  al  complesso  del  monumento  e  di  assicurarne  la 
buona  conservazione.  Oltre  a  ciò,  furono  condotti  a  buon  punto 
i  restauri  interni  ed  esterni  della  Sagrestia  :  alle  finestre  ret- 
tangolari del  primo  ordine  furono  rifatte  le  vetrate  a  rulli 
e  fascie  di  colore,  pari  a  quelli  delle  finestre  circolari  supe- 
riori. Lo  stipite  della  porta  di  accesso,  in  marmo  svizzero  di 
macchia  vecchia,  fu  completato  e  rimesso  nel  suo  stato  pri- 
mitivo, le  imposte  in  legno  furono  ripulite  dalla  verniciatura 
a  biacca,  di  modo  che  ritornarono  in  vista  le  tarsie  degli 
scomparti:  oltre  a  ciò,  gli  affreschi  che  adornano  la  parete  del 
piccolo  chiostro  in  corrispondenza  a  questa  porta,  furono  ri- 
puliti e  rimessi  in  perfetta  evidenza.  —  Vennero  pure  ripulite 
le  pitture  che  decorano  la  porticina  che  dal  piccolo  chiostro 
conduce  al  Tempio. 

Il  piccolo  locale,  creato  evidentemente  fin  dal  tempo  della 
costruzione  della  "Chiesa,  nell'insenatura  che  esiste  tra  l'abside 
maggiore,  il  campanile  e  il  chiostrino,  fu  restaurato  in  modo 
che,  all'  interno  ha  riacquistato  tutte  le  caratteristiche  confe- 
ritegli dagli  elementi  architettonici  e  pittorici  che  lo  decorano, 
ed  all'esterno  è  scomparso  l'effetto  disaggradevole  di  abbandono 


i8 


STOin  \     II)     ai:  I 


in  cui  era  riJotta  la  sua  parete  di  chiusura.    Anche  il  tetto 


<5> 


di  questo  locale,  considerevolmente  abbassato  per  lasciare  in 
vista  la  maggior  parte  possibile  delle  decorazioni  esteriori  del 
tempio,  ha  dovuto  essere  completamente  rifatto. 


OTTAVA    RELAZIONE    UELL  l  FFIC.IO    RI:GI0NALE 


IO 


Mentre  questi  ed  altri  lavori  continuavano  al  tempio  ed 


agli  annessi  fabbricati,  mentre  il  restauro  del   chicstriro   ve- 
niva ultimato  nei  più   minuti   particolari,  anche  al  ciiiostro 


20 


STORIA    ED    ARTK 


Lirandc,  clic  i    in    consegna    dell'I 'lììcio    Rc^^ionalc,    \ciìivano 


continuate  le  opere  di  manutenzione  ordinaria  e  straordinaria 
reclamate  dalle  condizioni  in  cui,  per  gli  usi  precedenti,  era 


OTTAVA    RELAZIONE    DELL  UFFICIO    REGIONALE 


2i 


Stato  ridotto.  Così,  in  attesa  del  momento  propizio  per  pra- 
ticare in  esso  i  veri  e  propri  restauri  di  cui  abbisogna,  si  è 
provveduto  a  riassettare  i  tetti  dei  vari  corpi  di  fabbrica,  si 
sono  compiute  diverse  opere  di  consolidamento,  si  sono  demoliti 
muri  inutili,  si  sono  riposte  in  uso  provvisorio  diverse  parti 
inservibili,  e  si  sono  continuati  gli  scandagli  intesi  a  fornire 
i  dati  artistici  per  la  sua  sistemazione  futura:  scandagli  che, 
al  pari  dei  precedenti,  hanno  avuto  anche  Tesito  di  rimettere 
in  luce  altre  interessanti  pitture. 

In  previsione  del  futuro  riordino  del  servizio  di  custodia 


-RESTAVRI-CHiesA  delle  cpArrt  ./wilano- 


ca05PETTI  VERiO  l 


jTATO  ATTVAL 


TESTATA     SETTENTRIONALE     DELLA     SAGRESTIA 
E   FABBRICATI   SECONDARI    ADLVCENTI. 


al  Cenacolo  di  Leonardo  da  Vinci,  in  rapporto  al  gruppo  mo- 
numentale delle  Grazie,  l'Ufficio  Regionale  ha  studiato  un 
progetto  generale  di  sistemazione  il  quale  tende  a  migliorare 


s  I  oiM  \    i:i)   MCI  i: 


la  condizione  del  servizio  del  culto  e  degli  alloggi  delle  per- 
sone che  vi  sono  addette,  rendendola  indipendente  dal  servizio 
clic  l'Amministrazione  sarà  chiamata  a  svolgere  nell'interesse 
degli  studiosi  del  monumento.  Tale  progetto,  il  quale  prov- 
vede anche  a  dotare  la  Chiesa  di  una  nuova,  ampia  e  più  co- 
moda sagrestia  in  immediata  sua  comunicazione,  attende  ora 
la  approvazione  superiore. 

E  noto  come  gli  stabili  demaniali  già  formanti  parte  del 
Convento  di  S.  Domenico  e  ultimamente  usati  come  caserma, 
i  quali  per  l'assenza  di  ogni  importanza  storica  o  artistica 
non  erano  stati  compresi  nel  gruppo. monumentale  delle  Grazie 
fossero  destinati  alla  vendita.  Prima  però  che  si  addivenisse 
a  tale  atto,  l'Ufficio  Regionale,  che  nella  sua  qualità  di  con- 
segnatario del  Palazzo  di  Brera  ebbe  più  volte  ad  occuparsi 
di  un  miglioramento  delle  condizioni  della  Biblioteca  Nazio- 
nale, credette  opportuno  suggerire  al  Capo  di  questo  Isti- 
tuto di  richiedere  al  Ministero  l'uso  degli  accennati  stabili, 
per  adattarli  a  deposito  e  custodia  del  materiale  di  minore 
importanza  della  Biblioteca  stessa.  Accolta  tale  idea,  furono 
avviate  le  trattative  più  opportune  per  assicurare  alla  ini- 
ziativa un  esito  fortunato. 

Al  punto  cui  sono  giunti  ora  i  lavori  di  restauro  alle 
Grazie,  l'Uflìcio  Regionale  ha  stimato  doveroso  riassumere 
la  storia  dei  restauri  stessi  a  partire  dal  1880,  e  ne  ha  fatto 
oggetto  di  una  speciale  relazione  storico-tecnica-artistica  e  fi- 
nanziaria inviata  al  Ministero  e  da  questi  approvata. 

Chiesa  di  S.  Antonio.  —  In  seguito  al  lascito  di  un  bene- 
fattore defunto,  fu  deciso  di  provvedere  al  restauro  interno 
della  Chiesa  dì  S.  Antonio,  L'incarico  di  tale  lavoro  venne 
affidato  all'arch.  ing.  C.  Nava  il  quale,  accordatosi  con  l'Uf- 
ficio Regionale,  stabilì  di  limitare  le  opere  di  restauro,  al  ri- 
pulimento delle  decorazioni  e  al  risarcimento  degli  stucchi, 
partendo  dal  principio  di  conservare  col  maggior  scrupolo 
possibile  la  tonalità  generale  dell'ambiente  che  l'azione  del 
tempo  ha  reso  tanto  simpatica  e  pittoresca. 


OTTAVA  Ri;r.\zioNi-:  dell'ufficio  regionale  23 

In  tal  senso  furono  iniziate  e  vengono  condotte  le  opere 
di  restauro,  che,  per  la  parte  pittorica,  sono  affidate  all'artista 
Giovanni  Sottocornola. 

Chiesa  di  Santa  Maria  del  Carmine.  —  Abbandonato 
il  progetto  di  una  cappella  dedicata  alla  Sacra  Famiglia,  circa 
il  quale  l'Ufficio  aveva  sollevato  alcune  eccezioni,  furono  com- 
piuti dall'architetto  a  ciò  delegato,  sig.  prof.  E.  Mazzucchelli, 
nuovi  studi  più  conformi  al  carattere  ed  alle  esigenze  artistiche 
del  Tempio,  i  quali  ottennero  la  completa  approvazione  di 
questo  stesso  Ufficio. 

Basilica  di  S.  Simpliciano.  —  L'Ufficio  Regionale  si  è 
occupato  perchè  alla  basilica  di  S.  Simpliciano,  e  precisamente 
in  corrispondenza  al  braccio  di  croce  settentrionale,  venissero 
tolti  i  gravi  inconvenienti  derivanti  dall'esercizio  di  uno  stabi- 
limento industriale,  ad  azione  meccanica,  creato  a  ridosso  delle 
pareti  esterne  del  monumento.  L'opera  dell'Ufficio  e  le  esi- 
genze dell'industria  stessa,  il  cui  sviluppo  richiese  un  nuovo 
impianto,  valsero  a  rimuovere  in  gran  parte  quei  pericoli 
ai  quali  la  Fabbriceria  sarebbe  stata  in  dovere  di  opporsi  fin 
da  principio. 

Ex-Chiesa  di  Santa  Maria  della  Pace.  —  È  stata  una 
delle  chiese  più  fortunate  di  Milano  per  il  valore  delle  opere 
d'arte  che  vi  furono  profuse,  e,  colle  altre  due  di  S.  Pietro 
in  Gessate  e  di  Santa  Maria  Incoronata,  essa,  benché  oramai 
spoglia  di  tutto,  rappresenta  ancora  uno  dei  tipi  più  caratte- 
ristici dell'architettura  religiosa  della  seconda  metà  del  XV  se- 
colo. Fu  fondata  nel  1466  durante  il  dominio  di  Galeazzo  Ma- 
ria Sforza,  e  venne  costruita  dall'architetto  Guinifortc  Solari, 
al  quale  succedette  nel  lavoro  il  figlio  Pietro,  che  fu  più  tardi 
l'architetto  del  Kremlino  di  Mosca.  La  Chiesa,  consacrata 
solo  nel  1497  dall'arcivescovo  Arcimboldi,  appartenne  in  ori- 
gine ad  un  ordine  di  Francescani,  e  passò  poi  ad  altre  con- 


24 


STORIA    II)    AKli: 


gregazioni.  Avvenuta  la  soppressione  delle  corporazioni  reli- 
giose, ed  essendo  lo  stabile  destinato  ad  usi  volila  ri,  non 
mancò  chi  provvide  a  salvare  da  completa  rovina  parecchi 
dei  suoi  tesori  artistici.  Così,  durante  il  i8o5  tu  asportato  dalla 
Chiesa  il  monumento  del  Vescovo  Bagaroto  che  ora  si  ammira 
nel  Museo  Archeologico,  e,  nello  stesso  anno,  furono  distaccati 
dalle  pareti  ventotto  affreschi  di  Bernardino  Luini,  di  Marco 
d'Oggiono  e  di  Gaudenzio  Ferrari,  ora  custoditi  nella  R.  Pi- 
nacoteca di  Brera.  In  epoca  assai  più  prossima  a  noi  (anno  iSyS), 
per  iniziativa  della  Consulta  Archeologica,  furono  asportati  e 
ritirati  pure  in  Pinacoteca  gli  affreschi  di  Bernardino  Luini 
che  adornavano  la  Cappella  di  S.  Giuseppe.  Le  altre  pitture 
della  Chiesa  portavano  i  nomi  del  Cerano,  del  Procaccini, 
del  Fiammenghino,  del  Campi,  del  Semini,  del  Crespi,  ecc. 

Numerose  iscrizioni,  ricordate  dal  Valeri  e  riprodotte  dal 
Forcella,  rammentavano  un  tempo  le  cospicue  famiglie  che 
avevano  avuto  sepoltura  in  questo  tempio,  e  non  pochi  avanzi 
di  monumenti  si  riconoscono  ancora  fra  i  marmi  del  Museo 
Archeologico,  e  fra  quelli  che  furono  raccolti  dai  privati. 

Ma,  ad  onta  di  tante  spogliazioni,  ad  onta  dell'uso  a  cui 
fu  sottoposta  (servì  in  parte  lino  a  questi  ultimi  tempi  come 
maneggio  della  vicina  caserma),  la  chiesa  conservava  ancora 
così  elette  qualità  artistiche,  da  essere  ricercata  quale  op- 
portuna sede,  allorquando  venne  fondata  in  Milano  una  nuova 
istituzione  di  musica  religiosa. 

Fu  appunto  sul  principio  del  corrente  anno  che  ebbero 
inizio  i  lavori  per  adattare  la  Chiesa  a  tale  nuova  destinazio- 
ne, e  i  lavori  stessi,  ideati  e  diretti  da  un  membro  della  Com- 
missione Conservatrice,  quantunque  per  la  parte  artistica  siano 
appena  al  loro  inizio,  vennero  ispirati  al  concetto  di  conciliare 
le  esigenze  di  uso  dell'ambiente  colla  più  opportuna  soluzione 
dèi  problemi  artistici,  e  danno  quindi  affidamento  di  buona 
riescita.  Intanto,  le  prime  opere  di  adattamento  hanno  portato 
alla  scoperta  della  originaria  decorazione  della  vòlta,  decora- 
zione costituita  da  un  fondo  seminato  dì  fiammanti  coi  motti 


OTTAVA    RELAZIONE    DELL  UFFICIO    REGIONALE 


2D 


di  Jesus  t  PaXj  interessante  oltre  che  per  la  originalità  ed  effi- 
cacia ornamentale,  per  la  somma  semplicitcà  di  mezzi  con  cui 
è  ottenuta. 


APPELLA    DI    S.    GIUSF.PPE    .NELLA    EX-CHIESA    DI    SANTA    MARIA    DELLA    PACE. 


L'Ufficio  Regionale,  il  quale  si  propone  di  meglio  illustrare 
questo  edificio  a  lavori  compiuti,  ha  intanto  provveduto  al 
rilievo  esatto  della  cappella  di  S.  Giuseppe,  rilievo  che  varrei 


2()  STORIA    ED    ARTE 

ad  ottenere  la  ricostruzione  della  cappella  stessa  in  uno  dei 
locali  della  R.  Pinacoteca  di  Brern,  essendo  nei  progetti  del 
Direttore  di  questa,  di  ricomporre  gli  atiVeschi  del  Luini  nelhi 
loro  originaria  disposizione,  e  sotto  le  naturali  condizioni  di 
luce. 

Colonne  di  S.  Lorenzo.  —  Il  risultato  raggiunto  dagli  in- 
teressati alla  demolizione  della  Pusterla  dei  Fabbri,  col  ricor- 
rere all'espediente  di  numerose  firme  di  cittadini  in  appog- 
gio della  loro  domanda  presentata  al  Comune,  non  poteva  a 
meno  di  incoraggi<tre  gli  interessati  ad  altre  distruzioni,  a 
raccogliere  firme  di  adesione  ai  loro  intenti:  la  stessa  facilità 
colla  quale  l'Amministrazione  Municipale  aveva,  senza  alcun 
controllo,  assegnato  autorità  alla  petizione  di  abitanti  del  quar- 
tiere di  Porta  Genova,  facendone  il  diretto  pretesto  per  chiedere 
al  Consiglio  la  demolizione  della  Pusterla  dei  Fabbri,  doveva 
rendere  ancora  più  spedito  il  compito  di  raccogliere  le  firme 
sotto  una  petizione  chiedente  la  demolizione  delle  Colonne 
di  S.  Lorenzo:  per  cui  gli  interessati  a  questa  mostravano  la 
piena  fiducia  nell'esito  favorevole,  asserendo  di  avere  già  ra- 
dunate pili  di  cinquemila  firme.  In  tale  condizione  di  cose, 
un  articolo  della  Perseveran:{a  (9  luglio  1900),  a  firma  del- 
l'arch.  L.  Beltrami,  immaginando  rinnovate  per  le  Colonne  di 
S.  Lorenzo  le  stesse  vicende  che  avevano  condotto  al  sacri- 
ficio della  Pusterla  dei  Fabbri,  valse  a  scuotere  l'opinione 
pubblica,  destando  un  allarme  che  fu  provvidenziale.  Infatti 
la  stampa  cittadina  si  occupò  dell'argomento,  e  la  stessa  ipo- 
tetica narrazione  della  Perseveran:{a,  portò  l'Amministrazione 
Municipale  a  fare  una  dichiarazione  ufficiosa,  per  allontanare 
ogni  sospetto  che,  da  parte  sua,  si  fosse  per  compromettere 
la  conservazione  di  quegli  avanzi  :  lo  stesso  Sindaco,  inter- 
vistato in  proposito,  ebbe  a  dichiarare,  come  riferi  il  Secolo 
del  IO  luglio  1900,  «  fino  a  quando  sarò  a  questo  posto  nes- 
suno toccherà  le  Colonne  delle  celebri  Terme,  che  furono 
onore    della    Milano  Romana  ».    L'agitazione    prodottasi    in 


OTTAVA    RELAZIONE    DELL  UFFICIO    REGIONALE 


tale  circostanza  diede  luogo  a  varie  proposte  di  sistemazione 
del  Corso  di  Porta  Ticinese,  sia  in  giornali  che  in  opuscoli. 
L'Ufficio  Tecnico  Municipale  si  accinse  a  studiare  lo  stesso 
argomento,  ma  nessuna  decisione  venne  ancora  presa.  Se  il  pe- 
ricolo è  scongiurato,  non  si  può  per  questo  dire  che  sia  rimosso  : 
e  poiché  l'agitazione  degli  interessi  privati  non  mancherà  di 
cogliere  altre  occasioni  favorevoli  per  affermarsi,  così  è  ne- 
cessario che  gli  studiosi  abbiano  a  vigilare. 

Antica  casa  dei  Missaglia,  ed  edifici  attigui,  tra 
le  vie  Orefici,  Rattft  e  Spadari.  —  Essendo  stata 
avviata  la  demolizione  di  una  parte  dell'isolato  di  case  fra 
le  vie  Orefici,  Ratti  e  Spadari,  destinato  ad  essere  interamente 
rifabbricato,  l'Ufficio  si  occupò  di  raccogliere  gli  indizi  di 
vecchie  costruzioni  medioevali  e  del  rinascimento  sfuggite  alle 
ripetute  trasformazioni  di  quella  parte  del  centro  della  città: 
di  due  antiche  case  rimangono  ancora  notevoli  avanzi,  illu- 
strati nel  Volume  I  delle  Reminiscen:^e  di  Storia  e  d'Arte 
nella  città  di  Milano:  e  sono  la  casa  dei  Missaglia,  nel  fondo 
del  cortile  della  casa  N.  10-12,  dì  via  Spadari;  e  la  casa  di 
stile  d^]  rinascimento,  a  decorazioni  in  terracotta,  in  fondo 
alla  casa  N.   12  di  via  Torino. 

La  casa  in  via  Spadari  ha  un  particolare  interesse  per 
la  storia  milanese,  essendo  stata  la  dimora  di  quella  famiglia 
dei  Missaglia  che  tanto  si  distinse  nella  fabbricazione  delle 
celebri  armature  milanesi,  ed  alla  quale  apparteneva  il  Fran- 
cesco Missaglia  che  nel  1466  venne  spedito  a  Luigi  XI  di 
Francia  per  rifornirlo  di  armi:  tre  arcate  a  sesto  acuto,  sor- 
rette da  pilastri  ottagonali,  rimangono  ancora  visibili  di  questa 
costruzione,  ed  i  monogrammi  dei  Missaglia  si  veggono  scol- 
piti sui  capitelli.  Sebbene  le  demolizioni  iniziate  non  intac- 
cassero ancora  questo  porticato,  pure  l'Ufficio  ritenne  suo  dovere 
di  far  precedere  al  lavoro  di  demolizione  degli  stabili  attigui, 
le  indagini  occorrenti  ad  accertare  la  esistenza  di  altre  traccie 
nascoste  sotto  le  manomissioni  ed  alterazioni  di  quegli  stabili. 


28 


STORIA    ED    AKTK 


I-e  ricerche  non  rimasero  senza  risultato,  e  si  poterono  ancor 
rinvenire  antichi  soffitti  in  legno,  stìpiti  di  finestre  in  terra 
cotta  con  avanzi  di  ornamentazioni  policrome,  graffiti,  ecc. 
Cosi,  oltre  all'essersi  assicurato  che  l'opera  di  demolizione  di 
quelle  vecchie  case  non  avrebbe  inconsciamente  distrutto  ri- 
cordi storici  ed  artistici  degni  di  rispetto,  l'Ufficio  potè  rac- 
cogliere degli  elementi  non  privi  d'interesse  riguardo  le  c(;- 
struzioni  civili  del  centro  di  Milano  dell'epoca  viscontea  e 
sforzesca,  elementi  che  spera  di  poter  illustrare  in  una  pros- 
sima relazione. 

Avanzi  della  Casa  de'  Medici  in  Via  Terraggio. 


I 


ULTIMI    AVANZI    DELL,  ANTICO    PALAZZO    DKI    MEDICI 
RILEVATI    dall'  UFFICIO    REGIONALE. 

—  In  vista  delle  opere  di  ricostruzione  dell'ala  di  fabbricato 
versola  Via  Terraggio,  appartenente  alla  casa  n.  20  del  Corso 
Magenta,  in  conseguenza  delle  quali  opere  si  veniva  a  ma- 
scherare l'ultima  traccia,  ancora  visibile  dalla  pubblica  via, 
della  antica  casa  Medici,  l'Ufficio  Regionale  provvide  a  com- 
piere i  rilievi  di  quell'avanzo  architettonico,  interessante  tanto 
dal  punto  artistico  che  dal  punto  storico.  Trattasi  infatti  della 
casa  che  i  Medici  avevano  cominciato  a  costrurre  in  Milano 
al  tempo  di  Lodovico    il    Moro,    ed    alla  quale  il   Vasari  ac- 


OTTAVA    RELAZIONE    DELL  UFFICIO    REGIONALE  29 

cenna  là  dove,  parlando  delTarchitetto  Giuliano  da  Sangallo, 
riferisce  come  questi  fosse  venuto  a  Milano  per  fare  il  mo- 
dello di  un  palazzo  «  e  presentando  egli  il  modello  per  parte 
del  Magnifico  Lorenzo  ,  riempiè  quel  Duca  (di  Milano)  ,  di 
stupore  e  di  meraviglia,  nel  vedere  in  esso  l'ordine  e  la  di- 
stribuzione di  tanti  begli  ornamenti,  e  con  arte  tutti  e  con 
leggiadria  accomodati  nei  luoghi  loro  ». 

A  questa  circostanza  si  collega  il  dato  di  fatto  che  nel 
i^iu^no  i486  il  Duca  di  Milano  ebbe  a  donare  a  Lorenzo  de'  Me- 
dici  una  casa  «  sitam  apud  S.  Maiiritium  in  urbe  nostra 
Mediolani  »  come  risulta  da  un  atto  firmato  da  Lodovico  il 
Moro  conservato  all'Archivio  di"  Stato  di  Milano  (Reg.  due, 
n.  22  alias  5,  fol.  9^),  e  la  identificazione  di  tale  palazzo  col 
fabbricato  di  Via  Terraggio,  poco  discosto  dalla  chiesa  di 
S.  Maurizio  al  Monastero  Maggiore,  risulta  altresì  dal  fatto 
che  nel  compiere  alcune  opere  interne,  or  sono  nove  anni, 
si  trovò  uno  stipite  di  porta  in  terracotta  collo  stesso  motto 
semper  droit,  che  si  trova  sugli  altri  edifici  di  Via  Bossi  e 
della  Bicocca^  eretti  in  Milano  dalla  famiglia  Medici. 

Le  suaccennate  opere  di  ricostruzione  offrirono  la  possi- 
bilità di  rilevare  altre  parti  che  si  trovavano  già  da  tempo 
mascherate  dalle  costi uzioni  adossate  alla  composizione  del 
Sangallo  la  quale  rimase  incompleta,  come  osserva  il  Vasari 
che  menziona  la  interruzione  di  molte  opere  d'arte  in  Milano 
a  per  la  venuta  dei  Francesi  »  nel  1499  «  ne  ancora  si  potè 
finire  il  pala:^:[o  ».  Il  rilievo  di  cui  si  presenta  la  riprodu- 
zione, offre  un  motivo  interessante  di  architettura  tutta  in  la- 
terizio, nel  quale  si  avverte  il  carattere  particolare  dello  stile 
fiorentino. 

Palazzo  Marino.  —  A  cura  dell'Ufficio  Tecnico  Municipale, 
venne  iniziato  e  compiuto  il  restauro  della  fronte  del  Pa- 
lazzo Marino,  prospettante  la  Via  Case  Rotte. 


}()  S   I   Kl>   1    \        I     I.        \  l«    I    I 

Colonna  del  Leone  al  largo  S.  Babila.  —  Io  stile 

architettonico  di  questo  monumento,  tanto  caratteristico  in 
Milano,  rivela  l'epoca  della  sua  erezione,  avvenuta  nel  1628 
per  opera  di  un  Serbelloni:  ma  una  delle  iscrizioni  incastrate 
nel  suo  piedestallo  ci  avverte  come  il  monumento  risalga  ad 
epoca  assai  più  antica,  e  sebbene  non  si  con()sca  la  data  precisa 
della  sua  origine,  è  nota  però  quella  di  un  restauro  avvenuto] 
nel  1549.  Il  leone  che  sta  alla  sommità  della  colonna  e  assai, 
probabilmente  quello  del  monumento  originario:  esso  è  scol- 
pito in  pietra  serpentina  e,  mentre  dalle  memorie  cittadine 
può  considerarsi  come  l'emblema  dell'antica  Porta  Orientale 
rappresentata  appunto  da  un  leone,  antiche  tradizioni  vollero 
ravvisarvi  la  memoria  di  una  vittoria  riportata  dai  milanesi  sui 
veneziani,  con  un  fatto  d'armi  che  presumibilmente  dovrebbe 
essere  avvenuto  durante  la  signoria  dei  Visconti. 

La  qualità  del  materiale  usato  nella  ricostruzione  del  1628 
aveva  pregiudicato  la  stabilità  della  colonna,  tanto  che  l'Am- 
ministrazione comunale,  d'accordo  coll'Ufficio  Regionale,  ne 
deliberò  il  restauro.  Seguendo  il  concetto  di  evitare  qualsiasi 
rifacimento,  fu  possibile  restituire  al  manufatto  la  voluta  so- 
lidità senza  menomamente  alterarne  il  carattere  :  e  questo 
lavoro,  lodevolmente  eseguito  dall'Ufficio  Tecnico  Municipale, 
fu  completato  col  ripristino  della  lapide  scomparsa  che  si  tro- 
vava sul  lato  di  ponente,  ed  il  cui  testo  era  stato  conservato 
nell'Archivio  Stampa  Soncino. 

Affresco  nell'ex-'P alazzo  Landriani,  ora  R.  Ac'- 
cademia  ScientifìcoHLetteraria.  —  È  stato  felice- 
mente compiuto  il  distacco  e  il  ricollocamento  in  posto,  previo 
risanamento  delle  pareti,  dell'affresco  attribuito  a  Bernardino 
Luini,  adornante  la  parete  di  testa  del  portico  terreno  del- 
l'antico Palazzo  Landriani. 

R.  Palazzo  di  Brera.  —  Approvatosi  dal  superiore  Mini- 
stero il  progettto  tecnico  redatto  dall'Ufficio  Regionale-per  il 


OTTAVA     relazioni:    DKLt/i  FFICIO    REGIONALE  3l 


riordino  della  R.  Pinacoteca,  secondo  le  idee  del  Direttore  di 
queir  Istituto,  dott.  Corrado  Ricci,  vennero  iniziati  e  condotti 
a  buon  punto  i  lavori  a  ciò  necessari.  Tale  sistemazione  im- 
pose anche  lo  spostamento  di  parecchi  monumenti  onorari, 
pei  quali  l'Ufficio  assicurò  un  nuovo  collocamento  in  altre 
parti  del  palazzo. 

La  necessità  di  provvedere  alla  sede  della  consueta  espo- 
sizione artistica  triennale,  suggerì  alla  R.  Accademia  di  Belle 
Arti  lo  studio  di  un  grande  salone  provvisorio  da  costruirsi 
in  legno  in  uno  dei  cortili  secondari  del  Palazzo;  ma  l'Ufficio 
Regionale,  considerati  i  pericoli  gravi  che  una  costruzione  in 
legno  potrebbe  produrre  in  un  palazzo  nel  quale,  fra  gli  altri 
istituti,  hanno  sede  la  R.  Pinacoteca  e  la  Biblioteca  Nazionale, 
non  ritenne  di  appoggiare  tale  idea,  e  di  sua  iniziativa  studiò  la 
costruzione  di  un  grande  salone  stabile  in  cemento  armato, 
destinato  a  servire,  in  via  straordinaria,  per  l'esposizione  di 
scoltura  e,  in  condizioni  normali,  come  aula  di  scuola  della 
R.  Accademia.  Tale  costruzione  è  stata  felicemente  compiuta 
sotto  la  direzione  dell'architetto  dell'Ufficio  sig.  A.  Brusconi 
particolarmente  addetto  anche  a  tutti  i  lavori  di  manuten- 
zione e  di  restauro  del  R.  Palazzo  di  Brera. 

È  stata  consegnata  all'Ufficio  Regionale  una  piccola  lapide 
in  marmo  nero  colla  data  del  i5oi  ricordante  la  fondazione 
del  Palazzo  di  Brera,  scoperta  anni  addietro  durante  alcuni 
lavori  nel  sottosuolo  e  ritenuta,  dal  testo  dell'iscrizione,  come 
la  prima  pietra  del  palazzo  stesso. 

Anche  i  lavori  già  avviati  per  la  nuova  fognatura,  ebbero 
nel  corso  dell'anno  la  più  opportuna  continuazione,  al  pari 
delle  opere  di  manutenzione  ordinaria  e  delle  consuete  man- 
sioni amministrative  dipendenti  dall'incarico  dell'Ufficio  Re- 
gionale di  provvedere  alla  direzione  del  Palazzo. 

Antica  Pusterla  dei  Fabbri.  —  L'Ufficio  Regionale  per 
la  conservazione  dei  monumenti  della  Lombardia,  di  fronte 
alla  presentazione  al  Consiglio  Comunale  della    proposta    di 


MOKI  A     Kli    Alili; 


demolire  l'Arco  dei  I'';ibbri,  non  mancò  di  informare  il  Mi- 
nistero della  Pubblica  Istruzione,  poiché  la  Commissione  con- 
servatrice aveva  aderito  alla  demolizione  solo  per  «  esigenze 
di  viabilità»  accampate  dal  Comune,  e  che  all' Ufficio  lU'^io- 


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PER    LA    CONSERVAZIONE    DEI    MONUMENTI    IN   LOMBARDIA. 


naie  risultavano  insussistenti.  Il  Ministero  della  Pubblica 
Istruzione  ebbe  quindi  a  rivol£,ere  un  invito  al  Sindaco  di 
Milano  perchè  fosse  rimandata  ad  ulteriore  esame  la  proposta 
di  demolizione:  ma  l'Autorità  Comunale  non  credette  di  ade- 
rire all'invito,  assumendosi  il  compito  di  dichiarare  che  l'Arco 
dei  Fabbri  «  non  presentava  assolutamente  importanza  arti- 
stica, né  architettonica,  e  per  essere  conservato  dovrebbe  es- 


OTTAVA    RELAZIONE    DELL  UFFICIO    REGIONALE 


33 


sere  in  gran  parte  rifatto  per  riguardo  all'estetica  ed  alla 
stabilità  »:  esprimeva  quindi  la  speranza  che  la  proposta  della 
Giunta  sarebbe  stata  approvata  dal  Consiglio,  per  non  tur- 
bare un  progetto  «  che  implica  questioni  economiche  e  di 
viabilità  ». 

La   discussione   avvenuta   nel   Consiglio,   non   corrispose 
invece  a  tale  speranza,  né  condivise   il   giudizio   recisamente 


PORTA   VERSO    LA    CITTÀ    IN    DEMOLIZIONE   —    MAGGIO    I9OO. 


negativo  rispetto  al  valore  artistico  del  rudere  in  questione: 
e  nella  seduta  del  Consiglio  Comunale  del  3o  maggio  1899 
venne  respinta  la  proposta  di  demolizione  della  Pusterla  dei 
Fabbri. 

Sotto  l'impressione  della  imminente  minaccia  di  demoli- 
zione, l'Ufficio  Regionale,  riconoscendo  come  l'origine  delle 
ostilità  del  Comune  verso  l'Arco  dei  Fabbri  si  dovesse  rav- 
visare, anziché  nelle  esigenze  di  viabilità,  nelle  preoccupazioni 
destate  dalla  ristrettezza  della  zona  stradale  risultante  fra 
l'Arco  e  la  erigenda  casa,  pensò  che  tali  preoccupazioni  avreb- 

} 


■H 


STOHIA    i:i)    ARTK 


hcro  potuto  essere  rimosse  allorquando  si  fosse  invece  adot- 
tato il  partito  di  collegare  questa  costruzione  coll'Arco,  a 
condizione  che  dalla  stessa  struttura  della  casa  apparisse  evi- 
dente l'intenzione  di  tale  collegamento.  Un  nuovo  studio 
planimetrico  venne  in  tale  senso  suggerito  dall'Ufficio  Regio- 
nale, e  sottoposto  al  voto  della  Commissione  conservatrice 
dei  monumenti,  la  quale,  nella  seduta  del  22  giugno  1899,  ^'-^ 


PORTA    VERSO    LA    CAMPAGNA   IN    DEMOLIZIONE 


MAGGIO    1900. 


ben  lieta  di  dare  il  seguente  voto  favorevole  alla  proposta 
variante:  «  La  Commissione  per  la  conservazione  dei  monu- 
menti della  Provincia  di  Milano,  soddisfatta  che  l'Ammini- 
strazione Comunale  abbia  riconosciuto  che  le  esigenze  della 
viabilità  non  imponevano  inevitabilmente  la  rimozione  del- 
l'Arco dei  Fabbri,  ed  abbia  quindi  deliberato  in  omaggio  al 
culto  delle  memorie  storiche  di  conservare  quell'importante 
rudere,  aderisce  in  massima  al  progetto  compilato  dall'Uffi- 
cio Regionale,  trasmesso  dal  Sindaco  di  Milano  ». 

Il  giorno  6  marzo  1900  si  radunava  il  nuovo   Consiglio 


OTTAVA    RELAZIONE    DELl'uFFICIO    REGIONALE  35 

Comunale,  e  fra  i  vari  argomenti  posti  in  discussione  eravi 
la  proposta  di  demolizione  dell'  Arco  dei  Fabbri,  in  base  alla 
seguente  relazione  della  Giunta  : 

«  Pervenne  a  questa  Giunta  una  petizione  coperta  da 
numerose  firme  di  abitanti  del  quartiere  di  porta  Genova, 
per  la  demolizione  della  Pusterla  dei  Fabbri,  sotto  motivo 
che  «  tale  antichità  presenta  nulla  affatto  d'interessante,  sia 
«  dal  lato  architettonico  che  estetico,  mentre  occupa  uno  spazio 
«  che  potrebbe  invece  venir  ridotto  a  giardino  o  piazza,  dando 
«  così  miglior  vita  ed  aspetto  alla  località  ». 

«  Epperò,  ritenuto  che  il  Consiglio  abbia  ad  essere  favo- 
revole alla  rimozione  di  questa  antichità,  si  presenta  il  se- 
guente ordine  del  giorno: 

«  //  Consiglio  Comunale,  vista  la  domanda  di  molti  cit- 
tadini per  la  demoli:{ione  della  Pusterla  dei  Fabbri:  /."  de- 
libera la  demolizione  della  Pusterla  stessa,  conservandone 
la  memoria  storica  nei  modi  e  coi  me:(p  consigliati  dalla 
Commissione  provinciale  per  la  conservazione  dei  monumenti, 
compreso  il  trasporto  nel  Museo  archeologico  dei  ruderi  da 
conservare;  2.^  approva  la  convenzione  2j  febbraio  igoo, 
colla  Ditta  Longoni,  Pedroni  e  Zanini,  pei  conseguenti  com- 
pensi a  suo  carico  ed  on'eri  di  esecuzione  dei  lavori  di  ab- 
battimento e  di  trasporto  in  Castello  di  detti  ruderi  >>. 

La  discussione  impegnatasi  fu  breve;  e  messa  a  partito 
la  proposta  della  Giunta  venne  a  grande  maggioranza  appro- 
vata, accolte  le  raccomandazioni  fatte  dal  cons.  Bozzi,  perchè 
la  demolizione  dell'Arco  fosse  fatta  sotto  la  vigilanza  del- 
l'Ufficio Regionale  dei  Monumenti. 

L'Ufficio  Regionale  aveva  già  avviato  il  lavoro  dì  rilievo 
della  Pusterla  dei  Fabbri  per  poter  predisporre  lo  studio 
delle  opere  occorrenti  al  suo  restauro  :  ma  in  seguito  alla  ri- 
ferita deliberazione  del  Consiglio  Comunale,  malgrado  il  so- 
praggiungere dei  voti  favorevoli  alla  conservazione  per  parte 


:()  STOKIA     l.J>    AKIK 


della  Consulta  archeologica  e  della  Società  Storica  Lombarda,  le 
demolizioni  erano  state  avviate  senza  indugio,  e  l'Ufficio  do- 
vette limitarsi  a  prendere,  d'accordo  coli' Ufficio  Tecnico 
Municipale,  le  disposizioni  relative  al  ritiro  in  castello  delle 
parti  della  Pusterla  da  conservare.  Oggi  i  blocchi  in  marmo 
e  pietra  dell'Arco  dei  Fabbri,  debitamente  numerati,  sono 
raccolti  sotto  una  tettoja  provvisoria  nel  grande  cortile  del 
Castello  Sforzesco,  in  attesa  di  essere  ricomposti,  secondo  gli 
impegni  presi  dal  Comune:  anche  le  altre  prescrizioni  della 
Commissione  conservatrice  relativa  alla  indicazione  della  pla- 
nimetria della  Pusterla  sull'area  stradale  e  alla  lapide  com- 
memorativa, non  ebbero  alcuna  esecuzione. 

Loggia  degli  Osii.  —  Riguardo  al  restauro  di  questo  inte- 
ressante esempio  di  architettura  civile  e  preziosa  memoria 
della  vita  milanese  del  secolo  XIV,  si  affermò  nell'anno  1807 
l'interessamento  cittadino,  quando  in  base  ad  un  progetto 
compilato  a  cura  degli  architetti  Borsani  e  Savoldi,  venne 
aperta  una  sottoscrizione  per  provvedere  alle  spese  di  restauro, 
della  sua  parte  artistica.  Le  condizioni  ristrette  di  tempo  in 
cui  si  svolse  la  sottoscrizione,  e  la  inopportuna  intenzione  di 
volere  far  concorrere  l'iniziativa  privata  anche  pei  lavori  che 
si  devono  riguardare  come  effettivo  miglioramento  dello  sta- 
bile e  quindi  spettanti  alla  Camera  di  Commercio,  che  ne 
è  proprietaria,  contribuirono  a  lasciare  in  sospeso  l'ideata 
opera  di  restauro.  Col  rinnovamento  avvenuto  nella  Presi- 
denza e  nel  Consiglio  della  Camera  di  Commercio,  e  colla 
possibilità  che  la  somma  già  raccolta  da  qualche  anno  e  de- 
positata presso  la  stessa  Camera  abbia  a  bastare  per  far  fronte 
alle  opere  di  restauro  artistico,  è  da  sperare  che  si  abbia 
prossimamente  ad  avviare  un'opera  vivamente  desiderata 
dalla  cittadinanza  ed  alla  quale  anche  il  Comune  vorrà  in- 
teressarsi non  dimenticando  la  parte  importante  che  tale  edi- 
fìcio ebbe  nel  medioevo  nei  rapporti  della  vita  comunale. 


I 


OrrAYA    Ri:7.AZI0NE    DELL  UFFICIO    REGIONALE 


Palazzo  della  Ragione.  —  Coli' anno  1900  scade  il  periodo 
di  tempo  della  concessione  del  porticato  terreno  del  Palazzo 
della  Ragione  per  affitti  privati,  concessione  fatta  dalla  Ca- 
mera di  Commercio,  quantunque  il  Comune  di  Milano  non 
abbia  mai  riconosciuto  il  diritto  nella  stessa  dì  valersi  di 
quel  porticato  terreno  con  disposizioni  e  concessioni  perma- 
nenti, essendo  solo  riconosciuto  ai  negozianti  il  diritto  di 
raccogliersi  sotto  il  porticato  durante  le  ore  dei  mercati  e 
degli  affari.  In  vista  di  una  prossima  sistemazione  di  altri 
rapporti  fra  Comune  e  Camera  di  Commercio,  in  dipen- 
denza del  prossimo  cambiamento  della  sede  per  la  Borsa, 
e  della  sistemazione  della  Piazza  Mercanti  nella  zona  retro- 
stante al  Palazzo  della  Ragione,  venne  prorogata  di  un  anno 
la  scadenza  della  concessione  in  corso  del  porticato  terreno 
ad  affitti  privati;  ma  è  ormai  necessario  che  non  si  indugi 
maggiormente  a  risolvere  la  questione  della  riapertura  del 
porticato  terreno,  colla  remozione  delle  vetrate,  oltre  che  per 
il  decoro  del  centro  della  città,  per  ovviare  al  grave  incon- 
veniente deli'atfollamento  del  ceto  dei  negozianti  sulla  tratta 
di  Via  Mercanti,  oggi  percorsa  da  sei  diverse  linee  tramviarie. 

Castello  Sforzesco.  —  Venne  compiuto  il  restauro  dello 
stemma  in  marmo  sulla  Torre  di  Bona  di  Savoia,  cui  si 
accennò  nella  precedente  relazione,  ripristinando  anche  la 
iscrizione  dedicatoria,  di  cui  fu  ancora  possibile  ricostituire 
il  testo  originario:  alla  spesa  per  tale  opera,  l'Ufficio  Regio- 
nale potè  far  fronte  specialmente  per  il  munifico  contributo 
di  L.  3ooo  dato  dal  sig.  Giuseppe  Pisa. 

Nella  Rocchetta,  durante  il  lavoro  di  collocamento  della 
raccolta  epigrafica,  avvenuta  a  cura  del  Consultore  avv.  Emilio 
Seletti,  venne  eseguito  il  pavimento  del  porticato  terreno,  in 
laterizio,  e  fu  abbassato  il  piano  del  cortile  per  modo  da  ri- 
pristinare il  gradino  sull'allineamento  delle  colonne. 

Il  lavoro  del  ripristino  della  merlatura  della  Rocchetta 
venne  esteso  anche  al  lato  sud-ovest  e  diede  occasione  di  ri- 


38 


STORIA  Ki)  A  un: 


solvere  il  collegamento  della  merlatura  della  K(;cclictta  con 
quella  della  cortina  che  si  attacca  alla  torre  rotonda  sud: 
l'imposta  di  un  grande  arco  e  le  traccie  di  un  piano  incli- 
nato nello  spessore  della  cortina  hanno  potuto  guidare  la 
ricomposizione  di  quell'interessante  difesa  dell'accesso  alla 
Rocchetta,  risolta  mediante  ponticella  levatoja.   Il    ripristino 


LATO  SUD-OVEST  {prima  del  restauro). 


della  merlatura  sul  lato  sud-ovest  della  Rocchetta  portò  alla 
necessità  di  risolvere  il  collegamento  di  quel  lato  colla  torre 
d'angolo,  detta  del  Tesoro:  si  trattava  di  una  parte  abba- 
stanza ardua  da  ricostituire,  poiché  i  beccatelli  dì  quella  torre 
s'impostano  di  m.  5  più  in  basso  di  quelli  del  lato  dèlia 
Rocchetta.  Lo  sgombro  delle  macerie  che  ostruivano  i  sotto- 
tetti permise  di  mettere  in  evidenza  la  disposizione  di  un'  al- 
tra ponticella  levatoja  che  serviva  di  comunicazione  fra  la 
torre  castellana  e  la  cortina  prima  che  questa  fosse  stata  so- 
pralzata per  lo  sviluppo  dato  ai  fabbricati  della    Rocchetta  : 


OTTAVA    RELAZIONE    DELL  UFFICIO    REGIONALE 


39 


Jiii'-ii.Jjjj  15 


tiiàrgi 


OTTAVA    RELAZIOVE    DELl'uKFICIO    REGIONALE  4I 

di  più,  vennero  in  luce  delle  piccole  finestre  col  contorno 
superiore  trilobato  nelle  parti  più  elevate  dei  muri  interni 
della  torre  quadra:  esaurite  tutte  le  indagini  si  potè  accer- 
tare come  fra  la  zona  dei  beccatelli  a  quattro  ordini  e  il  pa- 
rapetto superiore  della  merlatura  vi  fosse  stato,  nella  torre 
d'angolo,  un  corridojo  interno  di  difesa,  sul  tipo  di  quelli  che 
si  veggono  al  Castello  di  Pandino,  rischiarati  da  finestrelle: 
così,  nell'occasione  del  ripristino  della  merlatura  del  lato 
sud-ovest  della  Rocchetta,  si  potè  avviare  anche  l'innesto  della 
merlatura  della  Torre  del  Tesoro. 

Nella  Rocchetta  vennero  sistemati  anche  i  locali  del  primo 
piano  corrispondenti  al  lato  nord-ovest  per  soddisfare  all'esi- 
genza di  ampliamento  del  Museo  del  Risorgimento:  i  locali 
terreni  sottostanti,  a  destra  dell'ingresso,  furono  adattati  a 
posto  di  guardia  dei  pompieri.  Infine  si  effettuò  uno  sposta- 
mento nelle  sedi  della  Società  Storica  Lombarda  e  della  So- 
cietà Numismatica  italiana,  alle  quali  vennero  assegnati  solo 
dei  locali  verso  il  fossato,  mentre  i  locali  a  sinistra  dell' in- 
"*  gresso  alla  Rocchetta  furono  destinati  a  sede  dell'  UfìBcio 
Tecnico  e  dell'Ufficio  Regionale,  per  la  direzione  dei  lavori 
in  Castello. 

Gli  ultimi  studi  rivolti  a  quelle  parti  del  monumento  il 
cui  definitivo  restauro  lasciava  ancora  adito  a  qualche  dubbio, 
hanno  procurato  ottimi  risultati.  In  seguito  ad  essi,  sì  e  po- 
tuto constatare  che  le  costruzioni  addossate  alla  cortina  della 
fronte  principale  esistevano  fin  dall'origine,  si  sono  ritrovati 
gli  elementi  necessari  a  stabilire  la  forma  e  l'ampiezza  dei  locali 
contenuti  in  tali  costruzioni  e,  quello  che  più  importa,  si  sono 
rinvenute  le  sei  grandi  finestre  che,  per  disposizione  del  duca 
Francesco  Sforza,  oltre  ad  assicurare  luce  ed  aria  a  quei  locali, 
dovevan  contribuire  al  maggior  decoro  del  prospetto  esterno. 

Avvicinandosi  l'epoca  della  apertura  dei  Musei  si  pensò 
di  ripristinare  anche  lo  stemma  disposto  sopra  la  porta  d'ac- 
cesso alla  Rocchetta,  il  cui  ducale  era  stato  abraso;  lo  spessore 
del  marmo  permise  di  riscolpirvi  le  vipere  e  le  aquile  inquar- 


42  STOKIA    i:i)    AUTK 


tate  e  sotto  il  lineale  si  poterono  aneora  rieono.ecrc  le  traccie 
dell'iscrizione  pure  abrasa  così  da  ricostituirne  in  modo  non 
dubbio  il  testo  nella  forma  seguente: 

FRANCISCVS-SFORTIA- VICEGOMES  DVX  UH 
ET  •  ANIMO  INVICTVS  •  ET  •  CORPORE 
ANNO- MCCGCL- AD- UH  -  KAL - MARTIAS 
HORA  •  XX  -  DOMINIO  •  VRBIS  -  MEDIOLANI 
POTITVS  EST- 

IDEM  •  ILL  -  PRINGEPS  -  EODEM  •  ANNO  -  IDIBVS 
IVNIIS  •  HORA  XX  -  ARCEM  •  HANC  -  RADICIP.VS 
EXCISAM  -  INSTAVRARE  •  AMPLIFICARE 
QVE  COEPIT. 

Nel  completare  la  ripulitura  degli  avanzi  del  dipinto  vo- 
tivo, che  il  signor  Mullér  Walde  fino  dal  i8r)3  aveva  ritro- 
vato di  fianco  all'arco  di  accesso  munito  di  saracinesca,  si 
ebbe  la  fortuna  di  scoprire  un  frammento  della  iscrizione  che 
identifica  il  devoto  cui  è  dovuto  il  dipinto  stesso,  e  che  in  que- 
sto si  vede  appunto  rafifìgurato  ai  piedi  della  croce:  trattasi  di 
quell'Ambrogio  da  Longhignana  che  fu  capitano  delle  guardie 
della  scorta  ducale  di  Galeazzo  M.  Sforza,  e  che,  dopo  l'as- 
sassinio di  questi,  ebbe  per  qualche  tempo  l'ufficio  di  custo- 
dire l'accesso  alla  Gorte  Ducale;  il  dipinto  risalirebbe  quindi, 
come  epoca,  fra  il   1476  e  il   1480. 

Pure  per  la  imminenza  dell'  inaugurazione  dei  Musei  si 
trovò  necessario  di  sistemare  le  adiacenze  dell'accesso  verso  il 
Parco,  colla  demolizione  del  locale  a  colonne  e  volte  che  era 
stato  costrutto  fra  le  due  cortine  che  difendono  quell'accesso: 
vennero  così  in  luce  la  fondazione  di' un  rivellino  interno,  il 
quale  difendeva  il  passaggio  alla  Gorte  Ducale  e  alla  Roc- 
chetta, e  già  si  avviarono  gli  studi  per  il  ripristino  di  quella 
disposizione. 

Gompiuto  l'ordinamento  dei  Musei,  a  cura  specialmente 
dei  signori  Marchesi  G.  Ermes  Visconti,  coadiuvato  dai  si- 
gnori G.  B.  Vittadini  e  G.  Bazzero  per  il  Musco  Municipale, 


OTTAVA    RELAZIONE    DELl'uFFICIO    REGIONALE  ^3 


dei  signori  E.  Seletti  e  A.  Garovaglio  per  la  parte  antica  del 
Museo  Archeologico,  e  dal  signor  dott.  G.  Carotti  per  la  scul- 
tura medioevale  e  del  rinascimento,  il  tutto  colla  cooperazione 
deir  Ufficio  Regionale,  e  dell' ing.  A.  Pavia  dell'Ufficio  tecnico 
municipale,  per  quanto  riguardava  la  disposizione  in  rapporto 
colla  struttura  dell'edificio,  i  Musei  vennero  inaugurati  uffi- 
cialmente ed  aperti   al   pubblico  il  giorno  io  maggio   h)oo. 

A  favore  dei  restauri  artistici  del  Castello,  sono  ultima- 
mente pervenute  all'Ufficio  Regionale  le  offerte  seguenti  : 

Cav.  Giuseppe  Pisa  L.  3ooo  —  ing.  cav.  Amabile  Ter- 
ruggia  L.  100  —  Federico  Weil  L.  5o  —  prof.  Agostino  Fra- 
polli  L.  loo  —  Arch.  Gerolamo  Cairati  L.  5o  —  cav.  Giuseppe 
Chierichetti  L.  looo  —  N.  N.  L.  5o  —  ing.  Giulio  Pisa  L.  looo 
—  N.  N.  L.  DO  —  comm.  Luigi  Sala  L.  loo  —  cav.  Giuseppe 
Spatz  L.,  100  —  Giuseppe  Sessa  L.  200  —  cav.  ing.  Cesare 
Beruto  L.  5o  —  duca  Nicola  Riario  Sforza  L.  1000  —  Sal- 
darini  avv.  Giovanni  L.  5o  —  Da  una  riunione  di  ingegneri 
L.  ii8.o5  —  comm.  prof.  Elia   Lattes  L.   10000. 

Ancora  per  i  restauri  del  Castello  e  con  speciale  desti- 
nazione alla  torre  principale,  detta  del  Filarete,  si  ebbero  le 
offerte  seguenti  : 

Raccolte  dal  «  Corriere  della  Sera  »  L.  464  —  Fratelli 
Gnecchi  L.  1000  —  comm.  Ulrico  Hoepli  L.  100  —  Achille 
Cantoni  L.  5o  —  senatore  Edoardo  Porro  L.  100  —  cava- 
liere Emilio  Silvestri  L.  200  —  ing.  cav.  Amabile  Terruggia 
L.  100  —  Salvatore  Sala  L.  45  —  Luigi  Monti  L.  i5  —  Luca 
Beltrami  L.  5oo  —  Aman  cav.  Edoardo  L.  1000  —  Dubini 
ing.  Francesco  L.  5o  —  Ponti  comm.  Ettore  L.  1000  — 
N.  N.  L.  25o  —  Avanzi  realizzati  dal  Comitato  per  la  meda- 
glia in  onore  di  Luca  Beltrami  L.  4680.75  —  Stefano  Johnson 
N.  60  esemplari  della  medaglia  Beltrami  per  il  valore  di  L.  600. 

ZVLuseo  Archeologico.  —  L'Ufficio  Regionale,  la  cui  opera 
di  direzione  nei  restauri  del  Castello  di  Milano  fu  pure,  per 
incarico  Ministeriale,  rivolta   alla    migliore  sistemazione   del 


4;.  ,        STORIA    KD    ARTE 


Museo  Archeologico  triisfcrito  dal  Palazzo  di  ikcra  al  Ca- 
stello stesso,  provvide  anche  a  trasportare  nel  cortile  del 
Museo  la  colonna  gotica  votiva,  di  cui  si  e  altra  volta  par- 
lato, già  esistente  davanti  alla  Chiesa  di  S.  Antonio  in  Mi- 
lano, ed  ultimamente  nei  giardini  del  Castello  di  Belgioioso. 

Il  giorno  8  novembre  del  1899,  innanzi  lasciare  la  con- 
sueta residenza  di  Monza  per  recarsi  alla  Capitale,  i  Sovrani 
vollero  visitare  un'altra  volta  il  Castello  e  i  Musei  Archeo- 
logico e  Artistico  municipale.  Quella  visita,  che  fu  l'ultima 
fatta  da  S.  M.  Umberto  I  al  Castello,  venne  quasi  considerata 
come  una  cerimonia  inaugurale  dei  Musei,  allora  pressoché 
completamente  allestiti,  ma  che  furon  aperti  al  pubblico  so- 
lamente il  IO  maggio  del  1900,  giorno  in  cui  la  nuova  Am- 
ministrazione Cittadina  compiva  solennemente  l'inaugurazione 
ufliciale  del  Museo  Archeologico  insieme  a  quelja  del  Museo 
Artistico  Municipale. 

Il  R.  Ministero  della  Pubblica  Istruzione,  dietro  proposta 
dell'Ufficio  Regionale,  provvide,  come  al  solito,  al  pagamento 
delle  rate  di  sussidio  promesse  per  il  trasporto  del  Museo 
Archeologico  nella  sua  nuova  sede. 

Chiara  valle:  Ex  Abbazia  dei  Cistercensi.  —  Nei  li- 
miti, disgraziatamente  troppo  ristretti,  dei  mezzi  disponibili, 
l'Ufficio  Regionale  ha  continuati  i  restauri  dell' Ex-Abbazia 
di  Chiaravalle,  compiendo  alcune  opere  complementari  ri- 
chieste dai  lavori  già  fatti.  Cessati  anche  quegli  scarsi  mezzi, 
non  rimane  ora  che  ripetere  i  precedenti  voti  perchè  un  av- 
venire finanziario  più  propizio  possa  finalmente  schiudersi  a 
favore  di  così  interessante  monumento. 


Circondario  di  Monza. 

Monza  :  Basilica  di  S.  Giovanni  Battista  (Duomo). 

—  Anche  nel  corso  dello  spirato  esercizio,  i  restauri  della  fronte 
di  questo  monumento,  assicurati  coU'attuazione  del  piano  fi- 


OTTAVA    RELAZIONE    DELL  UFFICIO    REGIONALE  4D 

nanziario,  proseguirono  con  la  voluta  alacrità.  Il  restauro 
del  rivestimento  marmoreo  è  oramai  quasi  compiuto,  e  pari- 
menti è  prossimo  ad  essere  ultimato  ciuello  delle  cornici  di 
coronamento  della  fronte  in  corrispondenza  alle  quattro  navi 
minori.  La  ricostituzione  dell'antica  guglia,  che  per  ragioni 
statiche  erasi  dovuta  scomporre,  è  stata  ultimata,  e  così  pure 
è  stato  ultimato  il  lavoro  riguardante  la  nuova  guglia  ese- 
guita sul  contrafforte  corrispondente  a  quello  della  guglia 
vecchia,  all'estremità  opposta  della  facciata.  Salvo  l'esecuzione 
e  la  posa  in  opera  delle  foglie  gotiche  rampanti  di  finimento, 
i  lavori  da  compiersi  alla  sommità  della  fronte  si  possono 
oramai  considerare  come  limitati  al  solo  tratto  in  corrispon- 
denza della  navata  di  mezzo,  e  ai  pinnacoli  terminali.  Nel 
corso  del  prossimo  anno  si  ritiene  che  i  lavori,  eseguiti 
come  seiTipre  sotto  la  dirigenza  dell' ing.  Enrico  Mina  e  col- 
r immediata  sorveglianza  dell'Ufficio  Regionale,  potranno  es- 
sere compiuti,  e  verranno  rimosse  le  impalcature  che  per  tanti 
anni  hanno  sottratto  alla  vista  del  pubblico  i  pregi  di  questo 
monumento. 


Circondario  di  Lodi. 

Lodi:  Cattedrale.  —  La  Fabbriceria  del  Duomo  di  Lodi 
avanzò  istanza  per  essere  autorizzata  alla  vendita  di  molti 
oggetti  di  culto  fuori  d'uso.  L'Ufficio,  ispezionati  tali  oggetti, 
si  oppose  alla  vendita  di  alcuni  di  essi,  raccomandandone  in- 
vece la  migliore  conservazione  —  autorizzò  la  vendita  di  al- 
tri oggetti  purché  l'acquirente  fosse  il  Civico  xMuseo,  e  infine 
per  parecchi  altri  pezzi  concesse  l'alienazione  desiderata,  su- 
bordinandola a  condizioni  speciali. 

Chiesa  di  Santa  Maria  Incoronata.  —  Interessato  dalla 
onorevole  Presidenza  della  Congregazione  di  Carità  di  Lodi, 
l'Ufficio  Regionale  studiò  e  suggerì  l'indirizzo  più  opportuno 


^ 


46  STORIA    ED    ARTE 


da  seguire  nella  sostituzione  della  copertura  metallica  del 
Tempio  deir  Incoronata.  Fu  adottato,  in  confronto  della  co- 
pertura vecchia,  il  più  razionale  impiego  del  metallo  a  dila- 
tazione libera,  e  con  tale  sistema  fu  provveduto  alla  prote- 
zione del  cupolino  e  della  cupola,  mentre  in  altre  parti  del- 
l'edifìcio, specie  nella  loggctta,  furono  radicalmente  restaurate 
le  originarie  coperture  in  pietra. 

Le  spese  considerevoli  incontrate  con  tali  lavori,  sono 
state  assunte  ^alla  Congregazione  di  Carità  di  Lodi,  la  quale 
si  è  perciò  acquistata  un  nuovo  importantissimo  titolo  di  be- 
nemerenza verso  l'arte  e  verso  la  città. 

Chiesa  di  S.  Francesco.  —  Neil'  approvare  il  bilancio 
preventivo  presentato  da  questo  Ufficio  per  il  nuovo  anno 
finanziario,  il  R.  Ministero  ha  pure  approvato  la  proposta 
di  concedere  un  sussidio  per  i  lavori  di  isolamento  del  fianco 
di  mezzogiorno  del  Tempio  di  S.  Francesco  in  Lodi,  lavori 
che  dovranno  essere  compiuti  entro  il  prossimo  esercizio 
1 000-1901,  sotto  la  direzione  dell'Ufficio  Regionale,  il  quale 
in  tale  occasione  non  mancherà  di  occuparsi  di  altri  bisogni 
di  questo  monumentale  edificio,  e  in  special  modo  delle 
interessanti  pitture  che  lo  adornano. 

LfOdi  Vecchio:  Chiesa  di  S.  Bassiano.  —  L'interessa- 
mento della  Fabbriceria  di  Lodi  Vecchio,  e  in  particolar  modo 
l'intelligente  iniziativa  del  vicario  Don  Pietro  Frontori,  val- 
sero a  procurare  i  fondi  necessari  all' incominciamento  di 
quelle,  fra  le  opere  di  consolidamento  riconosciute  indispen- 
sabili, che  assumevano  carattere  di  assoluta  urgenza  e  senza 
le  quali  non  sarebbe  stata  possibile  la  riapertura  del  Tempio. 
Tali  opere  vennero  infatti  avviate  e,  mentre  la  stabilità  del- 
l'edificio  veniva  in  tal  modo  assicurata,  si  dava  pure  prin- 
cipio al  generale  riordino  òqì  tetti  della  Chiesa.  —  In  seguito 
alle  pratiche  avviate  dall'Ufficio  Regionale  presso  la  on.  Am- 
ministrazione dell'Ospedale  Maggiore,  fu  convenuta  la  demo- 


OTTAVA    RELAZIONE    DELL'UFFICIO    REGIONALE 


47 


lizione  di  varie  casupole    addossate  al  fianco  di  mezzogiorno 
del  Tempio,  demolizione  alla  quale  si  diede  tosto  effetto  e  che, 


CHIESA   DI    S.    BASSIANO    IN   LODI    VECCHIO. 


fra  gli  altri  vantaggi,  ebbe  anche  quello  di  rimettere  in  luce 
indizi  interessanti  della  Chiesa  primitiva. 


4« 


s  IO  in  A   i:i)  AUir. 


I  fondi  di  cui  disponeva  la  Fabbriceria  vennero  luhijmc- 
tamente  assorbiti  colla  esecuzione  dei  citati  lavori.  Ora,  mcn- 


LODI    VECCHIO. 


FIANCO    MERIDIONALE   DELLA    CHIESA   DI    S.    BASSIANO. 


tre  il  R.  Ministero  della  Pubblica  Istruzione  ha  deliberato  un 
sussidio  per  le  future  opere  di  indole  artistica,  si  attende  che 
anche  altri  Enti,  e  in  special  modo  il  R.  Ministero  dei  Culti^ 
abbiano  a  sovvenire  il  tanto  reclamato  restauro  di  questo  sto- 
rico tempio. 


OTTAVA    IIELAZIONE    DELL  UFFICIO    REGIONAF-E  49 


Cerreto  :  Chiesa  della  ex-- Abbazia  dei  Cistercensi. 

—  Essendo  stato  concesso  dal  R.  Ministero  della  Pubblica 
Istruzione  un  sussidio  per  il  proseguimento  dei  restauri  di 
questo  monumentale  edificio,  e  potendosi  fare  assegnamento 
su  altre  limitate  risorse,  l'Ufficio  Regionale  si  propone  di  ri- 
prendere al  più  presto  le  opere  già  iniziate  anni  addietro  e 
quindi  sospese  per  mancanza  di  mezzi.  —  È  a  far  voti  perchè 
altri  Enti,  e  in  particolar  modo  il  R.  Ministero  dei  Culti,  non 
manchino  di  assegnare  nuovi  sussidi  intesi  ad  assicurare  la 
continuità  e  il  risLiltato  dei  tanto  reclamati  restauri. 

Villanova  Sillaro  :  Antifonario  e  miniature  di 
proprietà  della  Parrocchiale.  —  La  Fabbriceria 
Parrocchiale  di  Villanova  Sillaro  domandò  di  essere  autoriz- 
zata a  vendere  un  antico  antifonario  e  parecchi  frammenti 
pergamenacei  miniati.  —  Riconbsciuta  l'importanza  artistica 
degli  oggetti,  e  stabilito  avere  essi  una  ragione  di  rimanere 
a  Villanova  nella  stessa  chiesa  per  la  quale  furono  eseguiti, 
l'Ufficio  Regionale  si  oppose  alla  vendita  vagheggiata,  espri- 
mendo invece  il  parere  di  adottare  una  più  opportuna  cu- 
stodia onde  garantire  la  conservazione  delle  pergamene  nella 
loro  sede  originaria. 


GlHCONDARlO    DI     AbBIATEGRASSO. 

Abbiategrasso  :  Castello.  —  Neil' eseguire  alcuni  scavi 
per  la  fognatura  della  città  in  piazza  Garibaldi,  sono  venute 
in  luce  le  fondamenta  di  una  delle  torri  che  doveVano  pro- 
babilmente rappresentare  il  limite  del  lato  di  mezzogiorno 
del  castello,  dal  che  si  può  arguire  quanta  parte  del  castello 
originario  sia  andata  distrutta  nei  tempi  passati. 

Ex-Convento  dell'Annunciata.  —  Era  da  sperare  che 
questo  antico  edificio,  nel  quale  si  conservano  pitture  interes- 


5o  SI  OKI  A  i:i)  AitTi: 


santi  per  la  storia  locale,  passando  da  un  proprietario  privato 
a  un'  Ente  morale  quale  è  la  Congregazione  di  Carità  di  Ab- 
.  biategrasso,  si  avvantagiasse  per  1'  intervento  di  criteri  più 
elevati  ed  intesi  a  favorire  V  interesse  generale  del  paese.  Ma 
purtroppo,  mentre  il  defunto  sig.  Reali  si  era  dimostrato 
sempre  deferente  ai  consigli  di  coloro  che  si  interessavano  alla 
conservazione  delle  note  pitture,  mantenendo  sgombro  affatto 
il  locale  che  le  conteneva,  la  Congregazione,  che  questi  ebbe 
a  fare  sua  erede,  convertì  quel  locale  in  magazzeno  di  latticini, 
provocando  così  tanta  umidità  e  salsedine,  da  pregiudicare 
delinitivamcnte  la  conservazione  di  quelle  pitture. 

Morimondo :  Chiesa  ed  ex-- Abbazia.  —  L'interessa- 
mento di  questo  Ufficio  e  quello  del  R.  Ispettore  Conte  Ber- 
toglio,  non  sono  valsi  ancora  a  procurare  le  risorse  occor- 
renti per  rimediare  ai  danni  che  il  tempo  e  gli  uomini  hanno 
cagionato  agli  edifìci  della  ex-Abbazia  di  Morimondo,  edifici 
clie,  cogli  avanzi  delle  Abbazie  di  Cerreto  e  di  Chiaravalle  co- 
stituiscono il  migliore  ricordo  di  quello  che  erano  un  giorno 
le  sedi  principali  dei  Cistercensi  nel  territorio  milanese,  e  che 
oggi  ancora  rappresentano  interessanti  cimeli  per  la  storia 
dell'architettura.  Intanto  però  l'Ufficio  Regionale,  su  proposta 
del  predetto  Ispettore,  ha  invitato  la  Fabbriceria  di  Mori- 
mondo  a  interdire  al  pubblico  l'accesso  al  coro  del  Tempio 
durante  le  sacre  funzioni,  onde  rimuovere  ogni  causa  di  mag- 
giore deperimento  a  quei  pregevoli  stalli  e  l'ha  pure  inte- 
ressata ad  occuparsi  per  la  migliore  sistemazione  del  terreno 
verso  il  lato  di  tramontana   della  Chiesa. 

Albairate:  Scoperta  nel  sottosuolo.  —  Nel  gennajo 
del  corrente  anno,  in  un  territorio  del  Comune  di  Albairate, 
e  precisamente  nel  podere  detto  «  la  Scamozzina  »  di  pro- 
prietà Pisani  Dossi,  sono  stati  rinvenuti  alla  profondità  di 
circa  60  centimetri  parecchi  vasi  funerari  arcaici.  —  Purtroppo, 
la  maggior  parte  di  questi    vasi    andò  distrutta  e  ben  pochi 


OTTAVA    RELAZIONE    DELL'uFFICIO    REGIONALE 


sono  quelli  che  poterono  essere  ritirati  intatti  dallo  stesso 
proprietario  nella  sua  villa  in  Corbetta;  qualcuno  fra  questi 
conteneva  ossa  combuste,  armille,  anelli  di  bronzo  e  qualche 
grano  osseo  di  collana. 

La  notizia  di  tali  ritrovamenti  è  pervenuta  a  questo  Uf» 
fido  a  mezzo  dell'egregio  ispettore  signor  conte  Napoleone 
Bertoglio,  ed  essa  assume  particolare  importanza  poiché  si 
collega  ad  altre  scoperte  fatte  in  quei  dintorni  fra  cui  quella, 
pure  recente,  di  altri  vasi  rinvenuti  nel  territorio  di  Corbetta. 


Circondario  di  Gallarate. 

Saronno  :  Santuario  della  B.  V.  —  Compiuti  i  rilievi 
grafici  della  cupola  del  monumento,  l' Ufficio  Regionale  li 
trasmise  alla  on.  Amministrazione  del  Tempio  perchè,  in 
base  alle  risorse  di  cui  dispone  e  ai  contributi  sui  quali 
crede  di  poter  fare  assegnamento,  formulasse  gli  estremi  ne- 
cessari a  stabilire,  d'accordo,  un  programma  tecnico  finan- 
ziario delle  opere  da  eseguirsi. 

Constatato  che  a  tutta  quanta  la  parte  marmorea  della 
cupola  occorrono  rinsaldi  considerevoli  e  numerosi  ricambi  di 
quei  materiali  che  per  1'  azione  degli  agenti  atmosferici  si  sono 
gravemente  corrosi  o  deteriorati,  fu  stabilito  pure  che  tutta  la 
copertura  metallica  della  cupola  debba  essere  rifatta  con  più 
opportuni  sistemi;  perciò,  ritenuto  che  la  perfetta  esecuzione  di 
tali  opere  porterà  indubbiamente  incontro  a  spese  considere- 
voli, r  Ufficio  Regionale  dimostrò  come  l'indirizzo  più  oppor- 
tuno da  seguire  nel  presente  caso  debba  essere  basato  sul  con- 
cetto di  ripartire  il  lavoro  e  le  spese  relative  in  tanti  periodi 
di  tempo,  da  stabilirsi  a  seconda  dei  mezzi  disponibili,  inco- 
minciando necessariamente  da  quelle  parti  che  sono  più  am- 
malorate e  che  possono  procurare  danno  anche  ai  preziosi  di- 
pinti che  adornano  l'interno  della  cupola.  L'Ufficio  sta  ora 
in   attesa    di    quanto    vorrà    deliberare  la    on.    Amministra- 


52 


STORIA    ED    AHTE 


1 


CVPOLA 

Santvario  di  Saronno 


RILIEVI   DELLA   CUPOLA   DEL   SANTUARIO   DI   SARONNO 
ESEGUITI   dall'ufficio    REGIONALE. 

zione  del  Tempio,  per  prendere  poi  le  determinazioni  più  op- 
portune. 


Arsago  :  Antico  battistero.  —  Essendosi   constatato  dal 
R.  Ispettore,  Mons.  cav.  D.  Giuseppe  Tettamanti,  alcuni  gua- 


OTTAVA    RELAZIONE    DELl'lFFICIO    REGIONALE  53 

sti  alla  copertura  dell'antico  battistero  di  Arsago,  l'Ufficio 
si  occupò  dello  studio  dei  provvedimenti  tecnici  necessari  e 
ppichè  non  emergevano  dati  positivi  per  stabilire  l'origine 
di  quei  guasti  e  la  loro  natura  non  appariva  tale  da  recare 
né  immediato  né  grave  pregiudizio,  si  ordinò  l'applicazione 
di  alcune  biffe  o  spie  in  corrispondenza  alle  screpolature 
della  volta,  riservandosi  di  constatare  poi  1'  entità  del  male  e 
le  misure  più  opportune  per  porvi  rimedio. 

Intanto  l'Ufficio  avvertiva  la  R.  Prefettura  della  neces- 
sità di  riparare  a  vari  inconvenienti  derivanti  dalla  mancata 
manutenzione  dei  tetti,  e  segnalava  1'  abuso  compiuto  dalla 
Fabbriceria  facendo  costruire,  senza  autorizzazione,  un  tetto 
in  lamiera  metallica  a  riparo  di  una  delle  porte  della  vicina 
basilica,  contrariamente  alle  esigenze  artistiche  del  monumento. 

Si  avvertiva  inoltre  la  R.  Prefettura,  per  le  sue  pratiche 
amministrative,  che  presso  la  Fabbriceria  devono  ancor  tro- 
varsi depositati  gli  avanzi  di  un  vecchio  lascito,  i  quali  po- 
trebbero servire  per  le  opere  che  si  sono  rese  ora  necessarie. 


PROVINCIA  DI  BERGAMO. 

Commissione  Conservatrice.  —  Il  giorno  4  settem- 
bre 1899  la  Commissione  Conservatrice  dei  monumenti  di 
questa  Provincia  tenne  un'adunanza  presso  la  R.  Prefettura 
allo  scopo  di  discutere  gli  oggetti  seguenti: 

1.  Fabbriceria  Parrocchiale  di  Zandobbio:  vendita  alla  Congre- 
gazione di  Carità  di  Bergamo  del  confessionale  dei  Fantoni. 

2.  Chiesa  di  Fontanella  restauri  all'edificio  e  ai  dipinti. 

3.  Chiesa  di  S.  Marco  di  Capatiglio  e  chiesa  di  Dossena. 

4.  Catalogazione  dei  monumenti  ed  antichità. 

Il  giorno  26  aprile  1900  la  Commissione  si  è  nuovamente 
radunata  per  decidere;   circa   l'istanza   della   Fabbriceria   di 


I 


SYORIA    ED    AHTI-: 


S.  Alessandro  della  Croce  in  Bergamo  chiedente  Tautorizza- 
zione  a  vendere  un  bacile  di  argento  cesellato  e  circa  il  pro- 
getto di  restauro  della  torre  della  Chiesa  di   Palazzago. 

Confessionale  di  Zandobbio  trasportato  in  S.  Ma- 
ria Maggiore.  —  Venne  autorizzata  la  Fabbriceria  Par- 
rocchiale di  Zandobbio  a  cedere  alla  Congregazione  di  Ca- 
rità di  Bergamo  l'artistico  confessionale  di  Andrea  Fantoni 
da  Rovetta,  già  esistente  in  quella  Chiesa. 

Il  pregevole  mobile,  eseguito  in  origine  per  la  Cattedrale 
di  Bergamo,  è  ora  ammirato  nel  tempio  monumentale  di 
S.  Maria  Maggiore. 

Treviglio  :  Chiesa  Parrocchiale.  —  Sull'  antica  icona 
di  Bernardo  Zenale  e  Bernardino  Buttinone,  che  si  conserva 
nel  retrocoro  della  Parrocchiale  di  S.  Martino  in  Treviglio, 
fu  richiamata  dal  solerte  Ispettore  prof.  Bedolini  V  attenzione 
della  Fabbriceria  e  dell'Ufficio  Regionale,  perchè  lo  stato  di 
abbandono  in  cui  era  tenuta  quella  pregevole  opera  d'arte 
reclamava  seri  provvedimenti.  —  Su  proposta  e  per  opera 
dell'  Ispettore  stesso  fu  quindi  provveduto  alla  ripulitura  dei 
dipinti  e  della  cornice,  e  fu  rimossa  e  meglio  sostituita  la 
tenda  che  era  stata  collocata  davanti  all'  icona  a  scopo  di 
protezione,  ma  che  costituiva  in  realtà  un  danno  continuo 
per  l'opera  d'arte,  tanto  in  causa  degli  sfregamenti  ai  dipinti, 
quanto  per  effetto  dei  pericoli  di  incendio  durante  le  funzioni 
religiose. 

Treviglio  :  Santuario  della  B.  V.  delle  Lacrime.  — 

Venne  approvato  dall'Ufficio  il  concetto  di  provvedere  al- 
l'ampliamento del  Santuario  della  B.  V.  delle  Lacrime  in 
Treviglio,  giusta  il  progetto  prescelto  da  una  speciale  com- 
missione artistica,  della  quale  faceva  parte  lo  stesso  R.  Ispet- 
tore pei   Monumenti  di  quel  Circondario. 


OTTAVA    RELAZIONE    DELL'uFFICIO    REGIONALE 


Caravaggio  :  Chiesa  de*  SS.  Fermo  e  Rustico.  Cap" 
pella  del  SS.  Sacramento.  —  La  Cappella  del  SS.  Sa- 


VEDUTA    ESTERNA   DELLA    CAPPELLA 

{da  un  acquarello  del  Prof.   Cav.   L.  Cavenaghi). 


cramento    in    Caravaggio,  aggiunta    all'antico    Tempio    dei 
SS.  Fermo  e  Rustico  tra  la  fine  del  XV  secolo  e  i  primi  del  se- 


56  SI  Olii  A  i:i)   AUTi: 


colo  successivo,  e  attribuita  al  celebre  lodigiano  ,  allievo  di 
Bramante,  Giovanni  Battaggio,  il  medesimo  autore  dei  Tem- 
pii di  Santa  Maria  della  Croce  in  Crema  e  di  S.  M.  Incoro- 
nata in  Lodi.  —  La  riproduzione  di  uji  acquerello  del  pro- 
fessore cav.  Luigi  Cavenaghi,  ci  permette  di  offrire  un'idea 
dell' esterno  di  questo  artistico  edificio,  pochissimo  noto  per 
la  sua  ubicazione,  e  tanto  interessante  come  esempio  dell'ar- 
chitettura del  rinascimento  in  Lombardia. 

Lo  stato  di  abbandono  in  cui  si  trovava  da  tanto  tem.po 
questa  Cappella,  indusse  il  benemerito.  Arciprete  a  sollecitare 
r  intervento  dell'  Ufficio  Regionale  per  assicurarne  il  restauro 
ed  infatti,  in  grazia  anche  dell'interessamento  del  prof.  Ca- 
venaghi e  del  R.  Ispettore  prof.  Bedolini,  venne  compiuto  il 
restauro  interno  della  Cappella,  in  attesa  di  future  iniziative 
che  permettano  di  assicurare  il  ripristino  della  sua  parte  esterna. 

È  stata  opera  non  lieve  quella  occorsa  per  liberare  la 
decorazione  interna  dalle  superfetazioni  posteriori;  ma  tale 
opera,  affidata  al  pittore  Luigi  Armanini,  valse  a  ritornare 
all'ambiente  il  suo  originario  carattere  ornamentale  ed  a 
rimettere  nella  dovuta  evidenza  le  pitture  eseguite  verso  il  1670 
dal  cremonese  Bernardino  Campi  e  dal  caravaggese  Vincenzo 
Mojetta. 

Brignano  :  Antico  palazzo  dei  Visconti  detto  Ca- 
stello. —  L'  Ufficio  Regionale  fu  autorizzato  ad  assicurare 
alla  sua  raccolta  grafica  una  serie  di  fotografie  dell'antico 
palazzo  Visconti  in  Brignano,  oramai  spogliato  di  tutte  le 
migliori  sue  caratteristiche  d'  arte. 

Martinengo  :  Antichi  merletti  di  proprietà  della 
Parrocchiale.  —  La  Fabbriceria  della  Parrocchiale  di 
Martinengo  avanzò  domanda  al  superiore  Ministero  per  es- 
sere autorizzata  a  vendere  alcuni  antichi  merletti,  ma  1'  Uf- 
ficio Regionale,  al  quale  fu  chiesto  parere  al  riguardo,  espose 
in  una  speciale  relazione  le  ragioni  che  lo  inducevano  a  scon- 
sigliare una  tale  concessione. 


OTTAVA    RELAZIONE    dell'ufficio    REGIONALE  Sy 


PROVINCIA  DI  BRESCIA. 


Commissione  Conservatrice.  —  La  On.  Commissione 
Conservatrice  pei  monumenti  della  Provincia  di  Brescia  tenne 
un'adunanza  il  18  novembre  1899  nell'intento  di  deliberare 
circa  i  restauri  e  l'uso  futuro  del  salone,  già  biblioteca  degli 
Agostiniani,  nell'ex  convento  di  S.  Barnaba  in  Brescia,  e 
ritenuto  che  la  provvisoria  destinazione  dell'ambiente  ad  uso 
di  dormitorio  del  pio  Istituto  Pavoni  non  possa  impedire  né 
pregiudicare  i  futuri  lavori  di  restauro  del  salone,  ammise 
che  si  potesse  concedere  alla  Presidenza  di  tale  Istituto  l'uti- 
lizzazione vagheggiata. 

Palazzo  della  Loggia.  —  Neil'  intento  di  presto  conseguire 
l'adattamento  interno  del  Palazzo  della  Loggia,  tanto  recla- 
mato per  il  definitivo  assetto  degli  uffici  municipali,  l'auto- 
rità comunale  di  Brescia  sollecitò  dal  R.  Ministero  l'autoriz- 
zazione a  dar  corso  ai  necessari  lavori,  offrendo  per  garanzia 
di  sottoporsi  ad  alcune  condizioni  intese  a  non  pregiudicare  la 
questione  più  importante,  quella  cioè  che  riguarda  la  copertura 
curva  del  palazzo.  Ma  1'  Ufficio  Regionale  potè  facilmente  con- 
statare la  materiale  impossibilità  di  un  tale  provvedimento  per- 
chè gli  impegni  che  il  Comune  figurava  di  assumere,  erano, 
non  solo  in  evidente  contraddizione  col  progetto  ai  riordino,  ma 
coir  attuazione  di  questo  sarebbe  venuta  meno  l'efficacia  della 
garanzia  offerta.  Il  R.  Ministero  ordinò  quindi  all'Ufficio  di 
interessarsi  onde  assicurare  alla  questione  un  migliore  indi- 
rizzo :  ma  poiché  erano  già  stati  presi  impegni  seri  circa 
l'esecuzione  dei  lavori,  esso  deliberò  di  deferire  ad  una  spe- 
ciale Commissione  l' incarico  di  studiare,  quali  fra  i  proposti 
lavori  di  adattamento  potessero    essere  eseguiti  senza  che  ne 


» 


58  STORIA    ED    ARTE 


rimanesse  pregiudicata  la  soluzione  del  problema  per  la  co- 
pertura del  Palazzo,  problema  che  doveva  essere  più  tardi 
sottoposto  al  parere  della  Giunta  Superiore  di  Belle  Arti. 

Furono  chiamati  a  formare  tale  Commissione  gli  ar- 
chitetti Koch  e  Podesti  di  Roma,  insieme  allo  scrivente  e  al- 
l'architetto Brusconi  di  quest' Ufficio  Regionale,  e  in  seguito 
alla  ispezione  fatta  al  palazzo  il  26  novembre  1899,  la  Com- 
missione presentò  al  superiore  Ministero  una  relazione  nella 
quale  erano  stabiliti  i  limiti  dei  lavori  eseguibili  ed  erano 
svolte  seri^  considerazioni  le  quali  portavano  a  esprimere  anche 
il  desiderio  che  il  salone  principale  avesse  ad  essere  conservato 
come  ebbe  a  idearlo  e  a  costruirlo  il  Vanvitelli,  invece  di  es- 
sere suddiviso  in  locali  minori  secondo  il  progetto  dell'  Uffi- 
cio Municipale. 

Il  Ministero  autorizzò  l' incominciamento  delle  opere  alle 
condizioni  suggerite  dalla  Commissione,  affidando  all'Ufficio 
Regionale  l'incarico  di  invigilare  acciocché  le  superiori  di- 
sposizioni venissero  rispettate.  —  Più  tardi  però,  l'andamento 
dei  lavori  e  l'evidente  necessità  di  improntarli  ad  un  indi- 
rizzo artistico  più  elevato  di  quanto  potessero  lasciar  sperare 
gli  incompleti  progetti  dell'Ufficio  Municipale,  indussero  l'Uf- 
ficio regionale  a  sollecitare  lo  studio  definitivo  dell'argomento 
da  parte  della  Giunta  Superiore  di  Belle  Arti. 

Il  giorno  9  luglio  1900  i  signori  comm.  ing.  Guglielmo 
Calderini  e  conte  comm.  Giuseppe  Sacconi  architetti  e  il 
sig.  comm.  Ettore  Ximenes  scultore,  in  rappresentanza  della 
Giunta  Superiore  di  Belle  Arti,  si  sono  recati  a  Brescia  per 
compiere  l'incarico  avuto  dal  Ministero  dell' Istruzione,  quello 
cioè  di  pronunciarsi  definitivamente  in  merito  al  ripristino 
della  copertura  curva  del  Palazzo  della  Loggia. 

Lo  studio  del  monumento  in  rapporto  anche  ai  prece- 
denti rilievi  eseguiti  dall'architetto  Arcaini  dell'Ufficio  Re- 
gionale e  l'esame  fatto  ai  progetti  col  concorso  dei  rappre- 
sentanti l'Ufficio  stesso,  portarono  la  Commissione-a  dichia- 
rare che  «  /'  attico  che  inghirlanda  il  Pala:{^o  deve  ad  ogni 


OTTAVA    RELAZIONE    DELl'uFFICIO    REGIONALE  59 

patto  sparire,  che  va  esclusa  assolutamente  la  copertura  a 
falde  piane  la  quale  sarebbe  un  novello  deplorabilissimo  de- 
turpamento dell'  edificio,  e  che  la  copertura  arcuata  va  pro- 
pugnata ardentemente  e  tenacemente  e  deve  essere  sen:[*  altro 
eseguita  con  V  avvertenza  che  la  balaustrata  superiore,  tanto 
per  ragioni  estetiche  che  per  motivi  statici,  sia  lasciata  libera 
per  dimostrarsi,  come  realmente  deve  essere,  una  ringhiera 
limitante  un  passaggio  retrostante,  pari  a  quello  dell'ordine 
inferiore. 

Al  pari  della  Commissione  precedente,  la  rappresentanza 
della  Giunta  Superiore,  rilevò  i  pregi  eccezionali,  tanto  dal 
lato  artistico  che  dal  lato  statico,  del  salone  iniziato  dal  Van- 
vitelli  epperciò,  nella  dotta  e  diffusa  relazione  con  la  quale 
accompagnò  il  suo  giudizio  al  superiore  Ministero  in  merito 
alla  questione  principale,  essa  non  mancò  di  far  voti  perchè 
il  salone  medesimo  venga  degnamente  ultimato  e  conservato 
a  decoro  della  rappresentanza  cittadina,  invece  che  suddiviso 
come  si  insiste  di  voler  fare. 

L'Ufficio  Regionale,  in  omaggio  al  voto  della  Giunta 
Superiore,  ha  studiato  e  trasmesso  al  Comune  di  Brescia  il 
tipo  schematico  della  nuova  copertura  quale  dovrebbe  risul- 
tare con  la  balaustrata  superiore  perfettamente  praticabile,  e 
quella  on.  Autorità  ha  subito  disposto  per  gli  studi  pratici 
inerenti  all'attuazione  della  copertura  curva  del  palazzo. 

Palazzo  del  Broletto.  —  Come  fu  accennato  nella  relazione 
precedente,  l' idea  del  ripristino  della  balconata  che  sporgeva 
un  tempo  sulla  fronte  principale  del  Broletto,  fu  preceduta 
dalle  ultime  opere  di  restauro  occorrenti  a  quella  parte  della 
fronte  che  sta  sopra  alla  balconata  stessa.  —  Compiuto  tale 
lavoro,  d'accordo  con  le  autorità  artistiche  locali,  e  in  par- 
ticolar  modo  coli' Ateneo  che  si  è  fatto  iniziatore  di  tale  re- 
stauro, l'Ufficio  si  occupò  degli  studi  riguardanti  l'antica  log- 
gia, in  base  alle  tracce  offerte  dallo  stesso  monumento,  alle 
memorie  storiche,  alle  precedenti  ricerche  dell' architetto  Ar- 


6o  STORIA    ED    ARTE 


cionì  e  agli  elementi  originari  che  tutt'ora  si  conservano 
nel  Civico  Museo.  —  L' importante  argomento  non  potrà  però 
essere  tanto  sollecitamente  risolto,  poiché  abbisogna  ancora 
di  molti  studi  ai  quali  non  mancheranno  certo  di  concor- 
rere i  benemeriti  cittadini  che  si  occupano  delle  memorie 
storiche  e  artistiche  bresciane. 

Chiesa  di  S.  Giovanni  Evangelista.  —  Venne  rifatto 
il  pavimento  della  Chiesa  di  S.  Giovanni  Evangelista,  senza 
che  le  autorità  tutorie  ne  fossero,  come  di  dovere,  avvertite 
per  la  emissione  del  regolare  nulla  osta.  —  Perchè  il  deplo- 
revole abuso  potesse  ottenere  la  voluta  sanatoria,  occorse 
un  accertamento  da  parte  dell'Ufficio  Regionale,  il  quale  potè 
constatare  in  luogo  che  i  nuovi  lavori  non  avevano  recato 
pregiudizio  agli  interessi  storici  ed  artistici  dell'  edificio. 

Chiesa  di  Santa  Giulia,  S.  Salvatore  e  Santa  Ma^- 
ria  in  Solario.  —  È  un  gruppo  di  antichi  monumenti  che 
fin  dal  1874  il  Municipio  di  Brescia  acquistava  dal  R.  Demanio, 
e  che  ora  sono  occupati  in  parte  dall'importante  raccolta  del 
Museo  Civico  medioevale.  A  completare  quell'  interessante  com- 
plesso di  edifici  manca  però  l'abside  di  S.  Salvatore,  ancora 
compenetrata  fra,  altri  locali  che  sono  in  uso  dell'Autorità 
militare,  ma  la  on.  Amministrazione  Municipale  di  Brescia,  in- 
terprete dei  voti  del  locale  Ateneo,  della  Commissione  Conserva- 
trice e  della  cittadinanza  stessa,  ha  manifestato  all'autorità 
Governativa  il  lodevole  intento  di  ricuperare  anche  quell'ultima 
parte  dell'antico  tempio.  L'Ufficio  Regionale,  interpellato  al 
riguardo  dal  R.  Ministero  dell'Istruzione,  ha  pienamente  ap- 
provato il  proposito  del  Comune  di  Brescia  e  ne  ha  calda- 
mente raccomandato  il  favorevole  accoglimento. 

Pieve  di  Gemmo  in  Comune  di  Capo  di  Ponte.  — 

Fu  denunciata  la  necessità  di  scrii  restauri  al  tetto  di  quel- 
l'importante edificio  che  è  la  Chiesa  parrocchiale  di  Gemmo, 
e  l'Ufficio  Regionale  ha  infatti  constatato  la  necessità  di  ri- 


OTTAVA    RELAZIONE    DELL'uFFICIO    REGIONALE  6ì 

parare  con  la  maggior  sollecitudine  ai  danni  lamentati.  S"e^ 
nonché,  l'attuale  copertura  che  si  vorrebbe  riassettare  ^non  è 
più  quella  originaria,  ma  bensì  un  adattamento  post'eHore 
contrario  al  carattere  dell'edificio  e  tale  che,  quando  si  do- 
vesse dar  corso  ai  lavori  come  sono  stati  ideati,  si  finirebbe 
col .  perpetuare  l' inconveniente  di  un  tetto  ad  armature  ecces- 
sivamente deboli  in  confronto  del  peso  normale  delle  '  pietre 
e  dei  considerevoli  sovracarichi  delle  forti  nevicate,  oltre  al 
fatto  che  si  finirebbe  per.  eliminare  ogni  possibilità  di  tògliere 
al  monumento  le  deformazioni  alle  quali  fu  sottoposto  allor- 
quando alla  copertura  antica  fu  sostituito  il  tetto  attuale. 

In  base  a  ciò,  l'Ufficio  propose  le  necessarie  modifiche  al 
progetto  e  si  interessò  perchè  le  superiori  autorità  ven- 
gano in  a'juto  della  Fabbriceria  nel  compimento  delle  opere 
necessarie. 

Salò  :  Chiesa  di  Santa  Maria  Annunciata.  —  In  se- 
guito al  parere  dell'Ufficio  Regionale,  il.  R.  Ministero  della 
Pubblica  Istruzione  sottopose  alla  Giunta  Superiore;  di  Belle 
Arti  la  proposta  di  inscrivere  la  Chiesa  di  Santa  Maria  An- 
nunciata in  Salò,  nell'elenco  dei  monumenti  Nazionali,  e  la 
Giunta  stessa,  nell'adunanza  tenuta  sul  principio  del  1900 
emise  il  seguente  ordine  del  giorno  :  «  La  Giunta  Superiore 
«  di  Belle  Arti,  esaminati  gli  atti  relativi  alla  Chiesa  di  Santa 
«  Maria  Annunciata  in  Salò,  considerato  il  valore  storico  di 
«  alcune  parti  di  essa,  esprime  il  parere  che  la  Chiesa  pre- 
«  detta  possa  essere  iscritta  nell'elenco  degli  edifici  monu- 
M  mentali  ». 

Nel  dare  comunicazione  del  desiderato  voto  alla  Fabbri- 
ceria del  Tempio,  l'Ufficio  non  mancò  di  avvertirla  come  per 

-  tal  fatto  essa  non  debba  ritenersi  sollevata  né  in  tutto  né  in 
parte  dell'obbligo  che  le  incombe  per  la  conservazione  del 
Tempio,  come  erroneamente  mostrano  tante  volte  di  credere 
altre  Amministrazioni  che  trovansi  nello  stesso  caso. 


03  STORIA    KD    ARTE 


Chiesa  Parrocchiale  di  Tavernole.  —  Fu  avanzata 
la  domanda  di  autorizzazione  a  demolire  la  Chiesa  Parroc- 
chiale di  Tavernole  per  far  luogo  alla  costruenda  nuova 
Chiesa,  ma  all'Ufficio  Regionale  che  subito  si  propose  di  con- 
statare in  luogo  se  ed  in  quanto  fosse  da  consentirsi  tale  ri- 
chiesta, venne  fatto  di  sapere  che  la  chiesa  era  già  stata  at- 
terrata abusivamente. 

L'Ufficio  non  conosce  quale  provvedimento  sia  stato  preso 
dalle  autorità  tutorie  verso  i  responsabili  di   tanto   arbitrio. 


PROVINCIA  DI  COMO. 

Commissione  Conservatrice.  —  11  giorno  27  marzo  1900, 
la  on.  Commissione  Conservatrice  dei  monumenti  per  la 
Provincia  di  Como  tenne  una  adunanza  onde  discutere  gli 
argomenti  seguenti: 

1.  Abbattimento  di  un   tratto    delle   antiche   mura   della   città 
presso  la  torre  di  Porta  Vittoria. 

2.  Lapidi  comasche  dell'epoca  romana  esistenti  nel    Museo  Ar- 
cheologico di  Milano. 

3.  Nomina  di  un  delegato   per  la    vigilanza  ai  monumenti  del 
Comune  di  Civate. 

4.  Scoperta  di  oggetti  antichi  nella  Caserma  Sirtori  in    Como. 

5.  Scoperta  di  cippi  e  manufatti  antichi  nel  Comune  di  Sorico. 

Esposizione  di  Arte  Sacra  tenutasi  in  Como  nel 
1899.  —  Per  desiderio  espresso  dal  Superiore  Ministero  fu 
stesa  da  questo  Ufficio  una  relazione  a  riguardo  della  Espo- 
sizione di  Arte  Sacra  tenutasi  in  Como,  in  occasione  della  com- 
memorazione del  Centenario  di  Alessandro  Volta.  L' ingegnere 
Emilio  Gussalli,  al  quale  è  affidato  il  compito  di  provvedere 
all'elenco  delle  opere  d'arte  della  regione,  fu  incaricato   degh 


OTTAVA    RELAZIONA    DELL'uFFICIO    REGIONALE  63 

Studi  a  ciò  necessari  e  fece  seguire  al  catalogo  da  lui  com- 
pilato, alcuni  appunti  che  credesi  utile  di  qui  riportare  in 
parte  a  ricordanza  di  un  avvenimento  che  forse  fu  l'ultimo 
del  genere  e  che  per  la  importanza  e  la  copia  di  opere  rac- 
colte, potè  essere  considerato  come  un  degno  riassunto  delle 
precedenti  esposizioni  simili. 


Le  pitture  del  Carpaccio,  del  Veronese,  del  Tiziano,  di  tutti  quegli 
artefici  che  più  signorilmente  profusero  nelle  loro  opere  le  lucentezze 
dei  broccati  e  le  profonde  colorazioni  dei  velluti,  sono  qui  illustrate 
da  splendidi  paramenti  (Piviale  di  Teglie  (114)  sala  1).  —  (Pianeta  di 
Serico  (26)  sala  II).  —  (Paramento  del  Santuario  di  Tirano  (sala  II), 
—  (Pianeta  di  Prosto  (21)  sala  II).  —  Gli  arazzi  del  Duomo  di  Como, 
due  esclusi  venuti  di  Fiandra,  provengono  dalle  Arazzerie  italiane  di 
Ferrara  e  di  Firenze.  Cinque  furono  eseguiti  a  Ferrara  quando  Er- 
cole II  volle  —  ben  si  può  dire  artificiosamente,  poiché  questa  non 
fu  mai  arte  nostra  —  ripetere  le  glorie  del  XV  secolo,  chiamando  dalla 
Fiandra  Giovanni  Karcker  e  quel  Rost  o  Pwoost  (il  Vasari  lo  chiama 
Rosso  e  altrove  Resto),  che  più  tardi,  negli  ultimi  anni  del  Ducato  di 
Cosimo,  introdusse  l'arte  a  Firenze.  Le  arazzerie  medicee  segnano  il 
loro  fiorire  con  cinque  arazzi  eseguiti  da  Gerolamo  Sersacessi  e  di- 
segnati con  tutta  la  larghezza  decorativa  del  XVI  secolo.  La  deca- 
denza era  già  iniziata  quando  Scipione  Ammirati  tesseva  la  "  Nascita 
di  Maria  Vergine  „  dove  ogni  vaghezza  decorativa  è  soffocata  dalla 
vana  preoccupazione  di  emulare  la  pittura. 

Artisti  italiani,  anzi  locali,  emergono  per  le  opere  d'  oreficeria 
così  che  lo  studioso  è  invogliato  a  farne  più  larga  conoscenza.  Se 
si  esclude  la  Pace  di  Chiavenna,  così  chiamata  solo  perchè  da  tempo 
immemorabile  è  consuetudine  d'offrirla  al  bacio  dei  fedeli,  queste 
opere  si  devono  a  orafi  Comacini  i  quali,  similmente  ai  maestri  mu- 
ratori coevi,  mostrano  una  gustosissima  esuberanza  decorativa  spo- 
sata a  una  facilità  d'esecuzione  impareggiabile.  Vanno  ricordati  Pietro 
Lieriii,  autore  della  Croce  astile  di  Domaso,  e  Francesco  Ser  Gregorio 
di  Grayedona,  cui  si  deve  la  più  bella  Croce  della  mostra  (Gravedona 
(298)  )  e  al  quale  si  possono  sicuramente  attribuire  altri  mirabili 
oggetti:  nonché  la  croce  astile  di  Mandello,  il  calice  di  Gravedona  e 
le  croci  di  Peglio  e  Livo  che  non  figuravano  nella  mostra.  Né  si  può 


64  .  .        ìhIOuia  ki)  arte 


dimenticare  Gasparo  Molo  di  Breglia  Val  Menaggio,  orafo  e  armo- 
raro,  morto  a  Roma  nel  1640  lavorando  in  quella  Zecca,  di  cui  dico 
l'Angelucci  ('^l^rw/  da  fuoco),  e  secondo  Antonio  Pctrini  (1643,  Trattalo 
dell'Arte  fabbrile),  "  il  più  famoso  che  oggi  sia  nella  cesellatura  „. 

I  Guicciardi,  che  fecero  nel  1578  il  Ciborio  di  Ponte,  meriterebbero 
uno  !5tudio  che  rivendichi  intero  il  loro  valore,  tale  è  V  eleganza  di 
quest'opera  cui  aggiunge  pregio  l'essere  solutiva  d'  una  nuova  archi- 
tettura degli  altari.  Difatti  è  noto  che  solo  verso  la  metà  del  XVI 
secolo  si  adottarono  tabernacoli  fissi  sulle  mense  come  parte  inte- 
grante e  inamovibile  della  loco  decorazione.  Che  io  mi  sappia,  i  soli 
esempi  insigni  che  questo  precedettero,  furono  il  Ciborio  della  Cer- 
tosa di  Pavia  incominciato  da  Ambrogio  Volpi  nel  1567,  e  quello 
della  Chiesa  di  S.  Maria  in  Bergamo,  condotto  dal  Frasconi  nel  i56o. 

Anche  nel  campo  della  pittura  si  rivelano  alcuni  artefici  locali 
finora  sconosciuti,  o  quasi.  Fra  le  varie  ragioni  del  successo  di  queste 
esposizioni  d'Arte  Sacra  (benché  tutte  cedano  ai  pericoli  molteplici 
cui  vanno  soggette  le  opere),  una  è  certo  quella  di  offrire  all'osser- 
vatore alcune  opere  d'artisti  di  valore  secondario,  che  non  possono 
aspirare  agli  onori  delle  Pinacoteche,  ma  che  qui  ravvicinate  servono 
a  dimostrare  tutta  l'influenza  dei  maestri  e  le  più  lontane  propagini. 
della  loro  arte,  e  così  infine  a  integrarne  il  valore,  che  non  è  solo  nei 
capolavori  ammirati,  ma  ancora  nella  figliazione  intellettuale  oserei-, 
tata  nel  loro  tempo  e  nei  germi  che  evolvendosi  preparavano  altre 
forme.  Nulla  di  più  istruttivo  che  il  vedere,  ad  esempio,  gli  elementi 
dell'arte  luinesca  e  di  Gaudenzio  Ferrari  nelle  opere  del  De  Magistris 
e  del  De  Passeris.  Pressoché  ignorato  Sigismondo  De  Magistris  ha  di- 
pinti ad  Albosaggia,  nell'oratorio  di  Montagna  e  a  San  Miro  di  Sorico 
(i525).  Nella  mostra  era  suo  un  quadro  firmato,  esprimente  il  "  Bat- 
tesimo di  Cristo  „,  motivo  ripetuto  con  poche  varianti  in  uno  scom- 
parto del  polittico,  di  S.  Maria  di  Breno  su  Bellagio,  che  con  tutta 
attendibilità  gli  si  può  attribuire  per  la  stessa  tonalità  rossastra  C' 
opaca  delle  carni,  la  grazia  luinesca  delle  figure,  i  fondi  di  paese 
vivificati  da  episodi  della  vita  cinquecentesca  e  ancora  per  le  stesse 
scorrettezze  di  disegno. 

Meno  ignoto  e  Andrea  de  Passeris  da  Torno,  che  fu  anche  inta- 
gliatore e  dipinse  a  fuoco  sul  vetro.  Suo  é  il  trittico  di  Brienno  (i5o8), 
esposto  a  Como  accanto  alla  "  Vergine  Assunta  „  (proprietà  della  con- 
tessa Luisa  Palumbo  Gerboni  (N.  24))  d'assai  anteriore  (1488,  die  27martii) 


I 


OTTAVA    RELAZIONE    DELl'uFFICIO    REGIONALE  63 

Quest'  ultimo  proviene  dalla  Chiesa  di  S.  Tecla  di  Torno.  Nel  i5o6 
trescava  nell'oratorio  dei  SS.  Rocco  e  Bastiano  a  Brienno,  ma  di  questa 
sua  opera  non  rimane  traccia.  Il  14  aprile  del  i562  finiva  la  "  Vergine 
delle  Grazie  „  che  ancora  si  conserva  nel  Duomo  di  Como,  dove  gli 
è  pure  attribuita  l'ancona  in  legno  di  S.  Abbondio.  Certamente  inta- 
gliò l'ancona  di  S.  Giorgio  in  Grosio  di  Valtellina  e  vi  scolpì  questa 
iscrizione:  —  1494,  die  8  martii.  Andreas  Passeris  de  Turno  fecit 
hoc  opus. 

Di  ambedue  questi  pittori  locali  si  può  ripetere  quanto  arguta- 
mente osserva  Marcel  Reymond  in  una  sua  opera  recente  :  Inessenziale 
de W arte  non  esser  tanto  nell'assenza  dei  difetti  d'esecuzione,  quanto  e  assai 
più  nella  estrinsecazione  delle  qualità  spirituali. 

Dello  stesso  tempo,  erano  rappresentati  alla  mostra  Luigi  Donati 
comasco  e  Pietro  Brentani  di  Varenna,  e  del  secolo  successivo  i  fra- 
telli Recchi  di  Borgovico,  i  Crespi  di  Busto  e  Giovan  Mauro  della 
Rovere  detto  il  Fiammenghino. 

Due  stendardi  della  Cattedrale  di  Como  ricordavano  due  insigni 
pittori  comaschi  ;  Giovanni  Pietro  Malacrida  (sala  I,  n.  i.  fuori  vetrina) 
e  il  Morazzone  (sala  I,  n.  i,  vetrina  centrale). 

Il  "  Trionfo  di  Cristo  „  di  Bellagio,  il  cui  cartone  è  nella  raccolta 
Albertina  di  Torino,  è  tale  opera  che,  benché  guasta  da  restauri,  si 
può  sicuramente  attribuire  a  Gaudenzio  Ferrari  e  all'epoca  più  fertile 
della  sua  produzione.  Derivazione  diretta  della  sua  arte  sono  i  quadri 
di  Ponte  (sala  II,  n.  35,  36,  42,  46),  e  la  "  Sacra  Famiglia  „  di  Nesso. 

Molte  opere  sono  attribuite  al  Bergognone.  Fra  queste,  la  "  Ma- 
donna „  e  il  "  Trittico  di  Cromia  „  hanno  sofferto  per  reiterati  re- 
stauri. L'ingenua  sentimentalità  del  pittore  lombardo  si  rivela  sugge- 
stiva nella  "  Madonna  col  Bambino  „  di  proprietà  del  nobile  Antonio 
Natta  di  Como. 

Con  questo,  furono  segnalati  nel  presente  Catalogo  altri  quadri  di 
privata  proprietà.  Lo  fu  la  "  Strage  degli  Innocenti  „  (proprietà  Riva 
Binda)  attribuita  a  Raffaello  Sanzio,  per  il  rumore  mosso  da  questa 
attribuzione  dottamente  sostenuta,  benché  il  dipinto  di  fronte  all'opera 
deirUrbinate  altro  non  appaia  se  non  una  copia  colorata  della  nota 
stampa  di  Marc'Antonio.  Y>  ho  creduto  opportuno  di  segnalare  un  altro 
quadro  di  proprietà  Natta,  senza  attribuzione  nel  Catalogo  generale, 
ma  che  si  rivela  uno  pseudo-Bocaccino,  non  scevro  di  pregi  nelle 
mezze  figure  campate  sull'azzurro  del  cielo  che  spande  la  sua  serenità 
su  tutta  la  scena.  s 


66  .  STORIA     i:i)    AKT1-: 


Cattedrale.  —  Fu  pagata  rultima  rata  del  sussidio  concesso 
dal  R.  Ministero  della  Pubblica  Istruzione  a  titolo  di  con- 
tributo nei  restauri  e  nelle  opere  di  completamento  eseguite 
al  Duomo  di  Como. 

Chiesa  di  S.  Giuliano.  —  Furono  regolarmente  autorizzate 
alcune  opere  riconosciute  necessarie  alla  Chiesa  di  S.  Giuliano 
per  rimediare  ai  danni  di  un  incendio  avvenuto  nel  marzo 
del   1899. 

Chiesa  di  S.  Agostino.  —  Fu  autorizzata  l'esecuzione  del 
progetto  ideato  per  sostituire  l'attuale  castello  delle  campane 
in  legno,  reso  ormai  inservibile,  con  un  nuovo  sistema  di 
supporti  in  ferro  per  la  manovra  delle  campane  stesse. 

Antiche  lapidi  romane.  —  In  seguito  all'interessamento 
dell'Ufficio  Regionale,  la  Consulta  del  Museo  Archeologico  di 
Milano  ha  concesso  che  alcune  lapidi  romane  contenute  nel 
Museo  stesso,  ma  interessanti  specialmente  la  città  di  Como, 
vengano  riprodotte  allo  scopo  di  arricchire  e  completare  la 
raccolta  epigrafica  del  Museo  Civico  di  quella  città. 

Antiche  mura  in  collegamento  colla  torre  di 
Porta  Vittoria.  —  In  seguito  anche  al  parere  emesso 
dalla  on.  Commissione  Conservatrice,  l'Ufficio  Regionale  pro- 
pose al  R.  Ministero  l'approvazione  di  un  progetto  col  quale 
l'Autorità  Comunale  di  Como  chiedeva  l'atterramento  di  un 
tratto  dell'antico  muro  della  città  verso  la  torre  di  Porta 
Vittoria,  a  condizione  però  che  abbiano  a  restare  in  evidenza 
nella  torre  medesima  l'attacco  di  essa  col  muro  che  si  an- 
drà a  demolire  nonché  le  traccie  della  maggiore  altezza  che 
aveva  in  origine  il  muro  stesso.  Il  R.  Ministero  ha  approvato 
la  proposta  fattagli,  e  l'Ufficio  invigilerà  all'adempimento  delle 
suaccennate  operazioni  non  appena  l'Autorità  Comunale  de- 
liberi   r  incominciamento    dei    lavori. 


I 


OTTAVA    RELAZIONE    DELl'uFFICIO    REGIONALE  67 

Torre  del  Baradello.  —  Valendosi  dei  fondi  disposti  dal 
Comune,  dalla  Provincia  e  dal  R.  Ministero  dell'  Istruzione, 
l'Ufficio  Regionale  si  propone  di  far  compiere  al  più  presto 
alcune  opere  necessarie  ad  arrestare  il  continuo  sgretolamento 
degli  avanzi  della  rocca  del  Baradello. 

Museo  Civico.  —  Il  R.  Ministero  della  Pubblica  Istruzione, 
accogliendo  la  proposta  dell'Ufficio  Regionale,  concesse  al  Ci- 
vico Museo  un  sussidio  a  titolo  di  incoraggiamento  per  la 
lodevole  opera  compiuta  raccogliendo  nei  suoi  locali  gli  af- 
freschi che  decoravano  l'antico  Convento  di  Santa  Margherita. 

Camerlata:  Chiesa  di  S.  Carpoforo.  —  Assicurati  final- 
mente, dopo  tante  pratiche,  i  fondi  necessari,  sarà  possibile 
iniziare  al  più  presto  i  lavori  intesi  a  ridonare  alla  monu- 
mentale basilica  di  S.  Carpoforo  la  sua  abside  minore  di 
destra,  fino  ad  ora  aggregata  alla  casa  parrocchiale  e  trasfor- 
mata in  cantina.  Il  relativo  progetto,  concretato  da  parecchi 
anni,  rimase  lungo  tempo  sospeso  davanti  alla  difficoltà  in- 
contrata pel  fatto  di  dover  provvedere  di  una  nuova  cantina 
la  casa  parrocchiale,  impresa  alquanto  ardua  sia  nei  rapporti 
costruttivi  che  dal  punto  di  vista  economico. 

Cantù:  Basilica  di  S.  Vincenzo  in  Galliano.  —  Aci 

onta  di  una  parziale  demolizione  e  di  altri  gravi  danni  cau- 
•sati  dall'  inconsulto  adattamento  del  fabbricato  ad  uso  di  casa 
colonica,  l'antica  basilica  di  S.  Vincenzo  che  sta  a  lato  del 
celebre  battistero  di  Galliano,  conserva  ancora  tante  parti 
pregevoli,  quante  ne  bastano  per  riconoscere  in  essa  l'avanzo 
di  uno  dei  più  antichi  e  preziosi  monumenti  dell'arte  Lom- 
barda, e  per  far  sentire  vi\'amente  il  desiderio  di  vederla  resti- 
tuita al  culto  ed  all'arte. 

L'  abside  contiene  gran  parte  delle  pitture  originarie  e 
del  pavimento  marmoreo;  il  tratto  superiore  della  navata  dì 
mezzo, ora  suddivisa  in  camere  d'abitazione,  presenta  ancora  in- 


68  SI  QUIA     i;i)     AUTK 


tcressanti  pitture  murali  :  —  la  cripta,  alla  quale  si  accede  da 
un  fianco  della  chiesa,  in  seguito  alla  distruzione  della  navata 
meridionale,  e  assai  importante  e,  dei  suoi  ingressi  naturali, 
quello  di  sinistra,  che  in  origine  reggeva  l'ambone,  mostra 
ancora  tutti  gli  elementi  costruttivi  e  decorativi  originari. 

Resta  insomma  di  questa  importante  basilica,  quanto  basta 
per  rimettere  nella  dovuta  evidenza  l'importanza  storica  e 
artistica  di  uno  dei  più  antichi  monumenti  della  Cristianità 
in  Lombardia:  e  l'Ufficio  Regionale,  il  quale  ha  sempre  avuto 
a  cuore  il  riscatto  di  questo  edificio,  ha  motivo  di  sperare 
che  le  sue  aspirazioni,  oggetto  di  lunghe  e  pazienti  pratiche, 
abbiano  finalmente  incontrato  nell'attuale  proprietario  dello 
stabile  la  possibilità  di  una  non  lontana  realizzazione. 

Cantù:  Santuario  della  B.  V.   dei  Miracoli.  —  Fu 

sottoposto  all'Ufficio  Regionale  il  progetto  di  una  nuova  de- 
corazione per  la  facciata  del  Santuario  della  Vergine  dei  Mi- 
racoli in  Cantù,  e  l'Ufficio,  constatato  come  l'esecuzione  di 
una  nuova  facciata  non  sia  lavoro  tale  da  recare  pregiudi- 
zio ad  interessi  storici  ed  artistici,  ammise  che  si  potesse  dar 
corso  a  tale  opera,  lasciando  però  da  parte  ogni  apprezzamento 
circa  il  merito  artistico  del  progetto  redatto  a  tale  scopo. 

Bellano:  Chiesa  Parrocchiale.  —  L'Ufficio  Regionale 
si  è  interessato  a  quanto  è  stato  fatto  e  a  ciò  che  ancora  ri- 
mane a  farsi  per  assicurare  il  restauro  artistico  e  statico  della 
Chiesa  Parrocchiale  di  Bellano,  ed  ha  preso  cogli  interessati  le 
disposizioni  più  opportune  per  lo  svolgimento  del  programma 
riflettente  l'esecuzione  delle  opere  future. 

Ossuccio:  Campanile  dell'Oratorio  di  Ospeda- 
letto.  —  E  una  minuscola  e  assai  curiosa  costruzione  quella 
del  campanile  che  si  vede  sulla  riva  occidentale  del  Lario  al 
di  là  dell'isola  Gomacina  e  che  forma  la  caratteristica  prin- 
cipale del   territorio   di    Ossuccio.    Appartiene   all'Opera   Pia 


OTTAVA    RELAZIONE    DELL  UFFICIO    REGIONALE 


69 


Giovio,  come  l'Oratorio  e  gli  altri  annessi  che  costituiscono 


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CAA\PANILE  DI  OSPEDALET^^l  ^ 

(CAMPO-LAGODI  COMo]  fc^^,,^ 

l'antico  rifugio  di  Ospedaletto  e  il  signor  Conte  Giovio,  pa- 
trono della  storica  istituzione,  volle  che  fosse  rimediato,  con 


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STORIA    i:i>    AH  li; 


CAynPANILE  DI  OSPEDALETTO 

3  TVDIO  DI.  CO.-nPLET/iAE  N  TO 


OTTAVA    RELAZIONE    DELL  UFFICIO    REGIONALE  7I 

opportuni  restauri,  allo  stato  di  deperimento  in  cui,  la  lunga 
incuria  aveva  lasciato  cadere  una  costruzione  tanto  interes- 
sante. L'Ufficio  Regionale,  chiamato  ad  esaminare  un  primi- 
tivo progetto,  modificò  V  indirizzo  che  volevasi  seguire  nei 
lavori,  e  con  istruzioni  impartite  sopra  luogo  e  con  una  pe- 
riodica dirigenza  delle  opere  assicurò  l'esito  del  restauro  nei 
limiti  voluti  dall' interesse  artistico  del  campanile,  evitando 
quindi  qualsiasi  aggiunta,  fosse  pure  a  titolo  di  completamento. 
Però,  data  l'originalità  del  soggetto,  l'Ufficio  avrebbe  creduto 
di  mancare  ad  un  dovere  se  non  si  fosse  curato  di  compiere 
uno  studio  grafico  del  campanile  quale  doveva  essere  in  ori- 
gine: ed  infatti,  approfittando  dei  ponti  di  servizio  e  dei  dati 
del  monumento  stesso,  gli  fu  possibile  compiere  i  rilievi  e  lo 
studio  di  completamento  qui  riprodotti. 

Brenzio:  Chiesa  Parrocchiale.  —  È  stato  segnalato  il 
rinvenimento  di  antichi  affreschi  nella  Chiesa  parrochiale  di 
Brenzio  sopra  Gravedona,  della  quale  ebbe  altre  volte  ad  oc- 
cuparsi l'Ufficio  Regionale  per  restauri  statici  e  per  le  pitture 
del  Fiammenghino  Giovanni  della  Rovere. 

Accertata  la  cosa,  l'Ufficio  incoraggiò  l'iniziata  opera  di 
scoprimento,  impartendo  all'uopo  le  opportune  istruzioni. 

Sorico:  Cippi  romani  scoperti  in  Olonio.  —  Du- 
rante l'esecuzione  di  alcune  costruzioni  rurali  nel  territorio 
del  Comune  di  Sorico  sono  apparse  le  vestigia  di  un  antico  edi- 
ficio a  pianta  quadrata,  nella  cui  costruzione  si  constatò  la 
presenza  di  due  pezzi  marmorei  riconosciuti  poi  per  cippi 
romani. 

Di  questo  ritrovamento  si  è  occupato  con  molta  compe- 
tenza l'egregio  ingegnere  Antonio  Giussani  di  Como,  il  quale 
ha  reso  pubbliche  le  osservazioni  da  lui  fatte  in  proposito  con 
una  interessante  monografia  (i). 


(i)  "  Due  cippi  romani  scoperti  in  Olonio  „.  Como,  tipografia  Osti 
nelli,  1900. 


72 


STORIA  i:d  arte 


Antico  tempio  di  S.  Fedellno  sul  lago  di  Mezzola. 

—  Sorge  di  contro  a  Novate,  e  precisamente  nel  punto  ove 
la  Mera  si  getta  nel  lago.  E  un  piccolissimo  tempietto  od 
oratorio,  che  la  tradizione  vuole  eretto  là  dove  ebbe  la  prima 
sepoltura  il  corpo  del  martire  S.  Fedele,  ed  è  collocato  a  ri- 
dosso dì  uno  sperone  del  monte  di  Sorico.  Essendo  disposto 
secondo  l'orientamento  liturgico,  quella  che  dovrebbe  essere 
la  fronte  del  tempio  sì  trova  addossata  ai  massi  della  montagna, 
di  modo  che  la  porta  di  accesso  al  locale  interno  si  trova  su 
di  un  fianco  invece  che  sulla  fronte  dell'edificio.  Per  la  stessa 
ragione,  l'abside  che  è  rivolta  a  levante,  trovasi  immersa  nel 
lago  e  le  conseguenze  di  tale  esposizione  si  riscontrano  nella  sua 
parte  inferiore  che  è  gravemente  corrosa  dalla  corrente  della 
Mera.  L'edificio,  il  quale  consta  di  un  ambiente  quadrato  mi- 
surante all'interno  la  superficie  di  circa  undici  metri,  oltre  la  su- 
perficie della  piccola  abside,  è  assai  interessante  come  cimelio 
d'arte  lombarda  e  l'Ufficio  Regionale,  la  cui  attenzione  sul 
piccolo  monumento  fu  richiamata  da  diversi  studiosi,  oltre 
che  da  una  interessante  monografia  pubblicata  dal  prof.  D. 
Pietro  Buzzetti,  se  ne  è  occupato  ispezionandolo  e  impartendo 
agli  interessati  i  suggerimenti  più  opportuni  onde  ottenerne 
il  riscatto  dai  privati  che  ora  lo  posseggono,  non  senza  ac- 
cennare ad  un  incoraggiamento  finanziario  da  parte  del  Mi- 
nistero della  Istruzione  Pubblica  allorquando  il  monumento, 
libero  da  ogni  vincolo ,  potrà  essere  convenientemente  re- 
staurato. 

Givate:  Ex  Chiesa  di  S.  Calocero.  —  È  un  antico  tem- 
pio non  più  funzionato,  nel  quale  si  ritiene  essere  sepolto  il 
corpo  del  Santo,  di  cui  porta  il  nome.  Ad  onta  del  suo  stato 
di  abbandono,  il  complesso  dell'edificio  col  caratteristico  cam- 
panile a  cono  cestile,  sia  dal  lato  storico  che  nei  rapporti 
dell'estetica,  ha  sempre  costituito  una  singolare  attrattiva  per  il 
paese  di    Givate. 

Questo  solo  fatto,  indipendentemente   dai   diritti    che  la 


OTTAVA    RELAZIONE    DELL*  UFFICIO    REGIONALE  yS 

popolazione  sarebbe  forse  in  facoltà  di  attribuirsi  in  simili 
casi,  avrebbe  potato  bastare  per  imporre  un  senso  di  rispetto 
a  chi,  per  semplice  ragione  di  censo,  si  trovava  in  possesso 
dello  stabile.  Ma  ciò  non  fu  inteso  dal  proprietario,  il  quale 
deliberò  l'abbattimento  del  campanile. 

L'Ufficio  Regionale,  avvertito  della  cosa,  potè  constatare  la 
già  avvenuta  demolizione  del  cono  cestile  e,  a  mezzo  della  R.  Pre- 
fettura di  Como,  intimò  la  sospensione  dei  lavori.  Quindi,  col 
concorso  del  R.  Corpo  del  Genio  Civile  effettuò  un  sopraluogo 
allo  scopo  di  stabilire  l'attendibilità  delle  ragioni  di  sicurezza 
addotte  a  giustificazione  del  provvedimento  preso.  I  risultati 
di  tale  sopraluogo  furono:  l'assenza  assoluta  dei  pretesi  peri- 
coli, l'emergente  inutilità  della  demolizione  e  la  opportunità 
invece  di  conservare,  nell'interesse  del  paese,  il  caratteristico 
monumento,  facendolo  oggetto  di  particolari  cure  nei  riguardi 
storici  ed  artistici. 

Malgrado  ciò,  l'autorità  municipale  di  Civate,  della  quale 
era  membro  lo  stesso  interessato,  confermava  l'inopportuna 
deliberazione;  e  la  medesima  R.  Sottoprefettura  di  Lecco,  ap- 
provava tale  ordinanza  autorizzando  il  proseguimento  della 
demolizione  del  campanile,  che  in  breve  fu  completamente 
distrutto. 

Pusiano:  Edifìcio  annesso  al  Palazzo  Conti,  già 
dell'arciduca  Ferdinando  d  Austria.  —  Essendo 
corsa  voce  dell'alienazione  di  interessanti  soffitti  del  XV  secolo 
appartenenti  ad  un  edificio  di  quell'epoca  annesso  al  palazzo  di 
proprietà  Conti  in  Pusiano,  l'Ufficio  si  interessò  della  cosa  e, 
a  mezzo  del  solerte  ispettore  circondariale  sig.  D.  Magni,  ebbe 
assicurazione  della  nessuna  sussistenza  di  tale  notizia. 


I 


74 


STORIA    Eli    AKlh 


PROVINCIA  DI  CREMONA. 

Commissione  Conservatrice.  —  La  Commissione  Cor- 
servatrice  della  provincia  di  Cremona,  tenne  una  adunanza 
il  5  aprile  1900  per  discutere  gli  oggetti  seguenti: 

1.  Pavimentazione  in  marmo  della    Chiesa    dei    SS.    Giorgio  e 
Pietro  in  Cremona. 

2.  Opere  alla  Cappella  della  Deposizione  in  S.  Agostino. 

3.  Vendita  di    oggetti    d'arte    dell'ex    Chiesa    dell'Orfanotrofio 
femminile. 

Riferirono  e  ottennero  il  pieno  assenso  della  Commissione, 
per  il  primo  oggetto,  l'ing.  Fortunato  Fontana,  per  il  secondo 
il  prof.  Davide  Bergamaschi  e  circa  il  terzo,  il  dott.  cav.  Fran- 
cesco Arcari. 

Esposizione  di  Arte  Sacra.  —  L'esposizione  di  Arte  Sacra 
tenutasi  in  Cremona  nella  primavera  del  1899  è  stata  oggetto 
per  parte  dell'Ufficio  Regionale  di  speciali  studi  riassunti  in 
una  relazione  dal  sig.  ingegnere  Emilio  Gussalli,  e  comuni- 
cata al  superiore  Ministero. 

Duomo:  Isolamento.  —  Il  Comitato  promotore  dell'isola- 
mento del  Duomo  di  Cremona  ha  offerto  una  nuova  prova 
della  sua  benemerita  attività,  iniziando  le  pratiche  per  com- 
pletare la  liberazione  del  tratto  più  importante  del  fianco  e 
capocroce  settentrionale.  L'Ufficio  Regionale  ha  incoraggiato 
una  tale  iniziativa  alla  quale  non  vorrà  certo  mancare  l'ap- 
poggio dei  Ministeri  dell'Istruzione  e  dei  Culti.  È  certo  però  che 
tale  appoggio  dovrà  essere  subordinato  a  serie  garanzie  circa  le 
future  opere  artistiche  di  ordinaria  e  straordinaria  manuten- 
zione del  Duomo  e  degli  edifici  annessi,  affinchè  tali  opere 
non  abbiano  a  proseguire  coli'  indirizzo  fin  qui  tenuto  dalla 
on.  Amministrazione  della  Cattedrale. 


OTTAVA    RELAZIONE    DELL*UFFICIO    REGIONALE  75 


Scoperte  nel  sottosuolo.  —  Nel  corso  di  alcuni  lavori  ai 
sotterranei  del  Cafife  Soresini  (catfè  che  occupa  l'antica  casa 
ed  officina  del  celebre  Antonio  Stradivari)  si  è  rinvenuto  per 
una  superficie  di  circa  quattro  metri,  un  pavimento  romano 
a  mosaico  benissimo  conservato. 

Il  disegno  di  questo  pavimento,  assai  interessante,  è  costi- 
tuito da  due  campi  divisi  da  eleganti  bordure  a  motivo  geo- 
metrico e  a  tre  colori:  bianco,  rosso  e  nero.  Il  rinvenimento 
si  è  verificato  a  tre  metri  circa  di  profondità  dal  livello  stra- 
dale e  continua  sotto  ad  un  vicolo  vicino.  Il  terreno,  ad  un 
metro  circa  sotto  la  crosta  musiva,  è  apparso  attraversato  da 
un  condotto  in  mattoni,  e  in  uno  scavo  dove  venne  distrutto 
parte  del  mosaico  si  sono  rinvenuti  molti  vasi  in   laterizio. 

Non  appena  l'Ufficio  fu  a  cognizione  di  questi  ritrova- 
menti si  interessò  perchè  fosse  assicurata  la  conservazione  del 
mosaico  e  infatti,  grazie  all'opera  efficace  del  R.  Ispettore 
ing.  Signori  e  del  membro  della  Commissione  Conservatrice 
prof.  G.  Fei,  è  stata  possibile  l'asportazione  di  un  pezzo  del 
pavimento,  che  sarà  conservato  nel  Museo  cittadino. 

Duemiglia  di  Cremona:  Chiesa  di  S.  Sigismondo. 

—  La  Fabbriceria  della  Chiesa  monumentale  di  S.  Sigismondo 
denunciò  la  necessità  urgente  di  proteggere  quell'edificio  tanto 
artistico  e  purtroppo  tanto  negletto,  contro  i  danni  continui 
e  gravi  causati  da  una  mancata  manutenzione,  che  si  deve 
all'assenza  assoluta  di  ogni  risorsa. 

Della  questione  si  occupò  anche  il  R.  Ispettore  ing,  Ettore 
Signori,  il  quale  stese  una  perizia  di  alcuni  lavori.  L'Ufficio 
Regionale,  chiamato  ad  occuparsi  della  pratica,  completò 
l'elenco  delle  opere  di  maggiore  urgenza  e  ne  riferì  al  Mini- 
stero dell'Istruzione  Pubblica  avanzando  la  proposta,  subito 
accolta  con  favore,  di  contribuire  nelle  spese  necessarie.  Ora 
si  attende  che  il  R.  Ministero  dei  Culti  assicuri  il  contributo 
suo  per  deliberare  in  merito  all'inizio  dei  lavori. 

Nel    rapporto    inviato    al    R.    Ministero   dell'Istruzione, 


yS  STORIA    ED    ARTE 


rUfficio  Regionale  avanzò  alcune  proposte  tendenti  ad  assicu- 
rare per  r  avvenire  una  migliore  vigilanza  al  nìonunicnto  e 
alle  opere  d'arte  che  vi  si  contengono. 

Crema  :  Cattedrale.  —  Già  da  molti  anni  l'attenzione  del- 
l'Ufficio Regionale  ì\\  richiamata  da  un  progetto  di  decora- 
zione interna  di  quel  monumentale  edificio  che  è  il  Duomo 
di  Crema,  e  fin  da  quel  tempo,  abbandonata  ogni  idea  per  quanto 
si  riferiva  a  lavori  di  superficiale  ornamentazione,  si  interessò 
la  Fabbriceria  a  far  sì  che  altre  delle  opere  ideate  fossero  coor- 
dinate ad  un  ripristino  dell'edificio  basato  sulle  iraccie  antiche 
fortunatamente  ricordate  in  alcuni  rilievi  dell' ing.  Bernieri. 
Ora,  trascorso  tanto  tempo,  e  stata  risollevata  la  que- 
stione della  decorazione  interna  e  fu  presentato  all'  Ufficio 
Regionale  un  nuovo  progetto  che  venne  senz'altro  dichiarato 
inattuabile,  perchè  in  contraddizione  con  la  vera  struttura 
dell'edificio  e  deficiente  come  lavoro  d'arte. 

Soncino:  Rocca  Sforzesca.  —  Ultimati  e  collaudati  i  lavori 
di  restauro  compiuti  nello  scorso  anno  alla  Rocca  Sforzesca, 
l'Ufficio  Regionale  trasmise  al  superiore  Ministero  dell' Istru- 
zione una  particolareggiata  relazione  delle  opere  compiute  e 
si  interessò  perchè  venisse  pagato  al  Comune  di  Soncino  la 
somma  concessa  dal  Ministero  medesimo  a  titolo  di  contri- 
buto nelle  spese  incontrate  coll'esecuzione  di  quei  lavori. 


PROVINCIA  DI  MANTOVA. 


Commissione  Conservatrice.  —  Il  5  dicembre  1899  la 
on.  Commissione  Conservatrice  pei  monumenti  della  Pro- 
vincia di  Mantova  tenne  una  seduta,  alla  quale  prese  parte 
anche   l'Ufficio    Regionale,    a    proposito   delle   scoperte    fatte 


OTTAVA    RELAZIONE    DELL  UFFICIO    REGIONALE 


7/ 


nell'antica  Chiesa  di  Acquanegra  sul  Chiese.  Il  giorno  27  gen- 
naio 1900  la  stessa  Commissione,  nuovamente  convocata,  dopo 
avere  commemorato  il  defunto  Monsignore  Antonio  Parazzi, 
R.  Ispettore  per  il  distretto  di  Viadana  ,  deliberò  che  per 
l'ultima  volta  venisse  appoggiata  presso  le  superiori  autorità 
la  richiesta  di  locali  dell'ex  Palazzo  Ducale  per  feste  di  Be- 
neficenza, ammettendo  come  linea  di  massima  che  quand'an- 
che si  fosse  adattata  l'illuminazione  elettrica  mai  più  si  sa- 
rebbe concessa  per  balli  la  sala  degli  specchi,  —  decise  di  far 
pratiche  perchè  venga  interdetto  l'accesso  del  pubblico  al  Coro 
e  alla  Sagrestia  della  chiesa  di  S.  Benedetto  Po,  —  si  occupò 
nuovamente  delle  questioni  insorte  circa  le  scoperte  fatte 
nella  chiesa  di  Acquanegra  sul  Chiese,  —  espresse  il  voto  che 
sia  provveduto  alla  miglior  conservazione  degli  Arazzi  del 
Duomo  di  Mantova,  —  si  oppose  alla  richiesta  della  Fabbri- 
ceria di  Santa  Barbara  circa  la  vendita  di  un  antico  arazzo 
è  infine  deliberò  di  far  presente  al  superiore  Ministero  della 
pubblica  Istruzione  la  necessità  di  aumentare  la  somma  desti- 
nata alla  manutenzione  del  Palazzo  ex  Ducale  e  di  insistere 
perchè  il  Castello  di  San  Giorgio  venga  liberato  dagli  archivi 
che  ora  vi  hanno  sede. 

Palazzo  ex  Ducale  :  Cortiletto  e  appartamento  della 
GROTTA.  —  Seguendo  il  programma  iniziato  coi  precedenti 
lavori,  si  poterono  nel  corso  dell'  anno  proseguire  i  restauri 
del  cortiletto  e  dell'annesso  appartamento  di  Isabella,  detto 
della  grotta.  Venne  pure  praticato  il  ripristino  delle  crocere 
nell'andito  che  riuniva  la  stanza  di  Leonbruno  (camera 
pietà)  col  cortiletto,  si  provvide  alla  riparazione  del  muro 
esterno  e  al  restauro  delle  nicchie  della  grotta  ed  ora  si  at- 
tende che  da  nuove  indagini  possano  scaturire  elementi 
sicuri  per  il  ripristino  del  piccolo  atrio  che  serviva  di  comu- 
nicazione tra  la  grotta  stessa  e  il  cortiletto. 

Un  inventario  inedito  del   1542,  fatto  tre   anni    dopo    la 
morte  della  marchesa  Isabella,   oltre    alla    descrizione   minu- 


yS  STORIA     i:i)    AUTK 


.  tissima  delie  antichità,  dei  quadri,  delle  gioje,  del  mobilio 
contenuti  neirappartamento  della  grotta,  descrive  l'interno 
della  grotta  stessa  in  modo  da  facilitarne,  volendo,  non  solo 
la  restaurazione  parietale,  ma  anche  l'ammobiliamento  e  la 
distribuzione  degli  oggetti  descritti,  cosi  che,  se  le  attuali 
difficoltà  dovessero  un  giorno  scomparire,  non  sarebbe  im- 
possibile imitare  ciò  che  V  Inghilterra  già  fece  nel  Sout 
Kensigton  Museum,  colla  riproduzione  dei  gabinetti  dell'ap- 
partamento del  Paradiso. 

Sala  detta  di  Angelo  Croce.  —  Importanti  scrostamenti  eseguiti 
nella  volta  dì  questa  sala,  ritornarono  in  luce  tutta  la  deco- 
razione dipintavi  sulla  fine  del  XVI  secolo.'AlT  interesse  delle 
pitture  ornamentali  va  aggiunto  quello  singolare  di  molte 
vedute  delle  principali  città,  riprodotte  a  volo  d'uccello  sulle 
lunette  nonché  una  serie  di  stemmi  colle  imprese  dei  Gon- 
zaga e  dei  Medici. 

Gabinetto  di  Isabella  d'Este  in  Paradiso.  —  Dei  due  noti  ga- 
binetti, quello  degli  armadi,  che  fu  riprodotto  al  Kensigton 
Museum  di  Londra,  è  stato  oggetto  di  nuovi  studi  i  quali, 
portando  a  considerare  anche  la  parte  superiore  delle  pareti 
come  disposte  a  scaffali,  inducono  a  dubitare  dell'attendibilità 
del  criterio  seguito  nella  riproduzione  inglese  circa  le  tele 
apposte  a  decorare  i  vani  che  trovansi,  al  disopra  degli  ar- 
madi oggi  esistenti,  fra  le  eleganti  colonnine  intagliate  a 
candelabro  e  dorate. 

In  questo  locale  si  è  iniziato  il  lavoro  di  restauro  delle 
decorazioni  in  azzurro  ed  oro  dell'epoca  di  Guglielmo  (se- 
conda metà  del  secolo  XVI)  quasi  nascoste  dall'  untume  ac- 
cumulatovisi  da  circa  un  secolo;  fu  ripulita  la  splendida 
porta  marmorea  di  Tulio  Lombardo,  e,  nell'interesse  di  en- 
trambi i  gabinetti,  si  sono  iniziate  pratiche  per  togliere  i  lo- 
cali attigui  dall'uso  che  ne  fanno  attualmente  gli  estranei 
Cui  sono  ceduti  in  affitto. 


OTTAVA    RELAZIONE    DELL  UFFICIO    REGIONALE  79 


Appartamento  Paviglione.  —  Furono  liberati  gli  ambienti  del- 
l'appartamento Paviglione  e  le  comunicazioni  fra  questo, 
l'appartamento  del  Paradiso,  la  galleria  della  Mostra  e  l'ap- 
•  partarnento  Estivale,  vennero  completamente  ristabilite.  Si 
spera'  di  poter  presto  regolare  il  libero  accesso  all'orto  onde 
rendere  agevole  l'esame  della  facciata  del  Fancelli  e  quello 
dell'appartamento. 

Galleria  della  Mostra.  —  Sono  stati  condotti  a  buon  punto 
i  lavori  di  restauro  alle  cornici  e  agli  ornati  a  stucco  che 
inquadrano  gli  armadi  e  le  nicchie  e  che  adornano  tutte  le  pareti 
di  questa  galleria,  seguendo  come  sempre,  il  criterio  di  met- 
tere in  evidenza  gli  elementi  più  importanti  delle  decorazioni 
che  si  sono  sovrapposte  nelle  diverse  epoche. 

Gayallerizza.  —  Si  sono  predisposti  i  materiali  occorrenti  al 
restauro  e  alla  parziale  sostituzione  della  cornice  di  gronda 
della  cavallerizza,  seguendo  i  criteri  suggeriti  da  opportuni 
esperimenti  intesi  ad  assicurare  l'esito  del  lavoro  tanto  nei 
rapporti  della  statica  e  dell'estetica  quaiisto  in  riguardo  alle 
considerazioni  economiche. 

Castello  di  San  Giorgio.  —  Le  molte  cure  di  cui  abbi- 
sogna il  monumentale  Castello  di  S.  Giorgio  come  rimedio 
ai  danni  provenienti  dalla  sua  vetustà  e  dalle  superfetazioni 
compiute  sopra  di  lui  in  varie  epoche,  sono  state  in  gran 
parte  prevedute  dall'Ufficio  Regionale  il  quale,  pur  non  dis- 
simulandosi le  gravi  difficoltà  che  si  dovranno  superare  onde 
ottenere  il  consolidamento  ed  il  restauro  dell'edificio,  non 
viene  meno  al  suo  proposito  di  predisporre  gli  studi  a  tale 
uopo  necessari.  Qualunque  abbia  ad  essere  l'entità  del  pro- 
gramma tecnico  ed  artistico  che  si  dovrà  svolgere  per  rag- 
giungere un  tale  intento,  è  però  indispensabile  che  alla  sua 
attuazione  debba  precedere  lo  sgombero  del  Castello  dagli  uf- 
fici che  ora   vi  sono  insediati.  A  ciò  è  stata  ed  è  tuttora    ri- 


I 


80  STORIA    ED    ARTE 


volta  l'attenzione  dell'Ufficio  Regionale  il  quale,  fallite  le 
precedenti  pratiche,  ha  compiuto,  a  mezzo  del  suo  rappresen- 
tante in  Mantova,  architetto  Patricolo,  lo  studio  di  adatta- 
mento a  sede  degli  archivi,  dì  uno  stabile  Demaniale,  studio 
concretato  in  un  progetto  tecnico  che  ha  già  ottenuto  l'appro- 
vazione del  R.  Ministero  dell'Interno. 

Duomo.  —  La  Commissione  Conservatrice  e  l'Ufficio  Regio^ 
naie,  si  sono  occupati  dei  pregevoli  arazzi  del  principio  del 
XVII  secolo  che  frate  Francesco  Gonzaga  donò  alla  Chiesa 
mentre  era  Nunzio  alla  Corte  di  Francia. 

La  bellezza  di  quei  lavori  e  il  loro  stato  di  conservazione 
poco  rassicurante,  indussero  a  consigliarne  il  restauro  e  a  far 
pratiche  perchè  venga  provveduto  ad  una  esposizione  mi- 
gliore, e  tutto  induce  a  sperare  che  la  benemerita  Fabbrice- 
ria riesca  a  conciliare  le  esigenze  ecclesiastiche  con  quelle 
indiscutibili  della  Storia  e  dell'Arte. 

Ex  Chiesa  della  Vittoria.  —  È  un  edificio  interessante 
come  ricordo  della  vittoria  ottenuta  nel  1498  dalle  armi  ita- 
liane guidate  dal  marchese  Francesco  Gonzaga  contro  i  Fran- 
cesi alla  battaglia  del  Taro,  ed  è  lo  stesso  edificio  pel  quale 
il  Mantegna  eseguì  il  quadro  famoso  detto  la  Madonna  della 
Vittoria,  che  si  ammira  al  Museo  del  Louvre. 

La  Chiesa,  ridotta  oggi  a  laboratorio,  è  stata  deturpata 
da  una  nuova  porta  aperta  sul  suo  fianco  e  da  una  inop- 
portuna decorazione  applicata  alla  fronte,  e  l'Ufficio  si  è  fatto 
un  dovere  di  interessare  l'autorità  municipale  perchè  ottenga 
il  riparo  ad  un  inconveniente  che  costituisce  anche  uno  sconcio 
edilizio. 

Marmi  della  ex^Chiesa  di  S.  Sebastiano.  —  L'Uffi- 
cio Regionale  provvide  al  ricupero  di  alcuni  marmi  che  già 
decoravano  un  altare  della  soppressa  Chiesa  di  S.  Sebastiano 


» 


OTTAVA    RELAZIONE    DELl'uFFICIO    REGIONALE  8l 

e  li  depositò  nel  Palazzo  Ducale  in    attesa  di   ricostruirli  in 
modo  e  in  località  degna,  entro  il  palazzo  stesso. 

Palazzo  del  Te.  —  In  seguito  ad  una  ispezione  compiuta  al 
palazzo»  del  Te,  fu  constatato  come,  alcune  importanti  sale 
decorate  a  stucchi  e  a  pitture  del  XVI  secolo,  fossero  adibite 
quali  magazzeni  di  legname.  L'architetto  di  questo  Ufficio 
residente  in  Mantova,  fece  rilevare  a  quell'autorità  comunale, 
proprietaria  dello  stabile  famoso,  i  gravi  inconvenienti  di  un 
simile  uso,  e  suggerì  il  rimedio  più  opportuno  per  ovviare 
ogni  pericolo,  salvando  al  tempo  stesso  le  ragioni  dell'arte. 

Acquanegra  sul  Chiese:  Chiesa  Parrocchiale.  — 

Verso  l'ottobre  del  1899,  l'egregio  Ispettore  del  Distretto  di 
Asola  Don  Luigi  Ruzzenenti  segnalava  all'Ufficio  la  scoperta 
nella  chiesa  di  Acquanegra  di  alcuni  tratti  di  pavimento  a 
mosaico  ritenuti  di  epoca  romana.  In  seguito  ad  una  ispezione 
sopra  luogo,  potè  l'Ufficio  constatare  come,  alla  profondità  di 
circa  mezzo  metro  dalla  nuova  pavimentazione,  esistesse  un 
secondo  pavimento  a  musaico  formato  di  tessere  bianche  e 
nere,  con  alcune  parti  in  rosso.  —  Il  carattere  del  musaico, 
molto  simile  a  quello  della  Cappella  di  S.  Antonio  in  S.  Be- 
nedetto Po  e  gli  altri  elementi  offerti  dalla  stessa  chiesa  di 
Acquanegra,  benché  trasformati  goffamente  all'interno  e  assai 
alterati  all'esterno,  indussero  subito  a  credere  che  chiesa  e 
pavimento  fossero  la  creazione  di  una  medesima  opera  e, 
assai  probabilmente,  anteriore  al  XII  secolo. 

Il  tratto  di  musaico  scoperto,  accennava  ad  una  conti- 
nuità intimamente  legata  allo  scomparto  delle  colonne  che 
dividono  la  chiesa  in  tre  navi  di  modo  che  il  tutto  insieme 
della  scoperta  fatta  veniva  ad  acquistare  una  tale  importanza 
che  indusse  l'Ufficio  a  sospendere  momentaneamente  i  lavori 
in  corso  per  il  nuovo  pavimento  onde  essere  nel  frattempo 
autorizzato  a  sostenere  le  spese  necessarie  a  ultimare  lo  scavo 
e  a  compiere  i  rilievi  grafici  dell'antico  mosaico. 


83 


STORIA    ED    ARTE 


Non  occorre  qui  ricordare  la  lunga  serie  di  opposizioni 
incontrate  in  seguito  a  questo  proposito,  opposizioni  che  hanno 
sortito,  per  chi  le  sostenne,  l'esito  più  disgraziato  poiché  non 
servirono  ad  altro  che  a  far  ritardare  i  desiderati  lavori  di 
sistemazione  definitiva  della  Chiesa. 

L'Ufficio  Regionale  potò  svolgere  per  intiero  il  suo  prò- 


/Kcay,^NKC■^^^  avi.  Cnitst 


gramma  in  modo  che,  a  scavo  compiuto,  tornarono  in  luce 
grandi  tratti  di  pavimento  i  quali  dimostrarono  infondata 
l'ipotesi  che  portava  taluni  a  sostenere  trattarsi  del  pavimento 
'di  un  tempio  di  Iside  eretto  nei  primi  anni  del  terzo  secolo 
di  Cristo,  da  Marco  Cassio,  centurione  della  quinta  coorte 
pretoria. 

Oltre  alla  scoperta  del  pavimento,  venne  pure  in  luce 
in  direzione  dell'altare  maggiore,  l'interessante  avanzo  di  una 
cripta  della  quale  offre  un'idea    l'unito   schizzo. 

Le  controversie  deplorevolissime  avute,  imposero  di  far 
precedere  allo  studio  grafico  del  monumento  murato  e  del 
mosaico,  quello  della  definitiva  sistemazione  del  pavimento 
nuovo  per  modo  da  rendere  possibile  la  conservazione  delle 
recenti  scoperte. 


Asola  :  Chiesa  Parrocchiale.  —  L'  UfìBcio  Regionale 
ispezionò  ripetutamente  quell'insigne  monumento  del  XV  se- 
colo che  è  la  Chiesa  Parrocchiale  di  Asola  nella  quale  si  con- 


servano  opere  d'arte  di  alto  valore  e  meritevoli  di  particolare 
considerazione.  Di  ciò  erasi  già  occupato  molti  anni  ad- 
dietro anche  il  R.  Ispettore  mons.  Ruzzenenti  provocando  da 
parte  dell'Accademia  di  Belle  Arti  di  Milano  una  ispqzione 
che  non  ebbe  esito  alcuno.  Purtroppo  però,  le  condizioni  dello 
stabile  sono  tali  da  sconsigliare  per  ora  qualsiasi  iniziativa 
riguardo  alle  opere  d'arte,  urgendo  invece  assegnare ;l,a  pre- 
cedenza ai  lavori  di  consolidamento  e  di  restauro  della  Chiesa. 
La  Fabbriceria  si  è  impegnata  a  provvedere  la  redazione  di 
un  progetto  sommario  delle  necessità  tecniche  onde  avviare 
le  trattative  coi  vari  Enti  interessati  alla,  manutenzione 
della  Chiesa  ed  ottenerne  un  proporzionale  ed  equo  ^con- 
corso  pecuniario. 

Curtatone:  Scoperta  nel  sottosuolo.  —  In  territorio 
di  Curtatone,  fu  rinvenuto  un  importante  complesso  di  vasi 
in  terracotta  la  cui  disposizione,  date  anche  le  condizioni  del 
terreno,  portò  l'architetto  di  questo  Ufficio  a  ritenere  trat- 
tarsi del  deposito  di  un'antica  fornace  distrutta  .e  sepolta  da 
qualche  alluvione. 

Marengo:  Scoperta  nel  sottosuolo.  —  Nella  proprietà 
del  signor  Giovanni  Angelini,  detta  Casino  verde,  fu  rinve- 
nuta in  un  sedimento  di  ghiaja,  una  costruzione  giudicata 
di  epoca  romana.  Non  è  ancora  ben  precisato  il  carattere  del 
manufatto  che,  allo  stato  attuale,  parrebbe  logico  ritenere 
un'antica  piscina  e  si  attende  quindi  chela  prosecuzione  dei 
lavori  di  scavo  e  la  cortesia  del  proprietario,  permettano  di 
completare  gli  studi  al  riguardo. 

f  San  Benedetto  Po:  Chiesa  arcipretale.  —  La  lode- 
vole iniziativa  del  Rev.  Arciprete  Don  Enea  Amadci,  permise 
l'inizio  del  restauro  ad  alcune  delle  cappelle  poste  a  tramon- 
tana del  tempio  monumentale  di  S.  Benedetto  Po  onde  ripa- 
rare ai  danni  gravissimi  prodotti  dalla  filtrazione  delle  acque. 


84  STORIA    ED    ARTE 


Cenobio.  —  Malgrado  le  ristrettezze  del  bilancio,  il  Comune 
di  S.  Benedetto  Po  ha  saputo  stanziare  una  somma  annuale 
per  assicurare  la  continuazione  dei  restauri  dell'antico  chiostro 
di  S.  Simeone.  Ciò  torna  a  lode  di  quell'amministrazione 
retta  dal  sindaco  dott.  cav.  Enrico  Bertazzoni  come  è  pure  degna 
della  maggior  lode  l'opera  benemerita  del  signor  Guido  Bar- 
iletti il  quale,  con  amore  e  disinteresse  va  continuamente 
prestando  validissimo  aiuto  alla  artistica  iniziativa. 

Vennero  restaurate  alcune  finestre  bifore  scoperte  nello 
scorso  anno  e  le  eleganti  finestre  della  sala  detta  la  Pule- 
ghina  che  fu  probabilmente  lo  studio  degli  antichi  miniatori 
benedettini.  Fra  le  altre  scoperte,  va  annoverata  quella  di 
alcune  transenne  di  clausura  in  laterizio  che  separano  il  retro 
coro  della  chiesa  dal  portico  congiungente  il  chiostro  detto 
Reale  con  quello  di  S.  Simeone. 

Si  è  proseguito  il  lavoro  dì  scoprimento  delle  interessanti 
pitture  già  rinvenute  in  uno  dei  corridoi  adiacenti  ad  altro 
chiostro  dell'antico  Cenobio  e,  quantunque  la  poca  consi- 
stenza della  pittura  e  la  tenacità  dell'imbianco  onde  ostata 
ricoperta,  abbiano  costituito  un  grave  ostacolo,  pure  l'opera 
paziente  usata  permise  di  rimettere  in  luce  un  lavoro  d'arte 
decorativa  di  tale  valore  da  giustificare  il  giudizio  di  chi  vuole 
attribuirla  al  pennello  del  Mantegna. 


Oratorio  di  Valverde.  —  È  un  antico  edificio,  oggi  in 
proprietà  del  signor  Augusto  Norsa  di  Mantova,  il  quale  fu  con 
molta  probabilità  fondato  da  Matilde  di  Canossa  contempo- 
raneamente alla  prima  chiesa  di  S.  Benedetto.  L'originario 
oratorio  venne  nel  1445  accresciuto  di  un  piccolo  monastero 
del  quale  rimangono  ancora  sufficienti  avanzi,  monastero  che, 
per  la  sua  posizione,  potrebbe  forse  essere  ritenuto  come  un 
sanatorio  dei  monaci  infermi  del  vicino  Cenobio  di  S.  Be- 
nedetto. 

L'Ufficio  Regionale,  chiamato  ad  occuparsi  di  questo  an- 


OTTAVA    RELAZIONE    DELL  UFFICIO    REGIONALE 


85 


.^n:— 


tico  edificio ,  potè  rilevare  come, 
sotto  l'intonaco  dello  scorso  se- 
colo, si  nascondessero  degli  anti- 
chi dipinti,  epperciò  praticò  del- 
le indagini  che  portarono  allo 
scoprimento  di  non  poche  pittu- 
re attribuibili  al  principio  del  XV 
secolo  nell'abside,  sull'arco  di 
trionfo  e  sulle  pareti  di  pro- 
spetto. 


DISPOSIZIONE    PLANIMETRICA 

dell'oratorio    DI   VALVERDE 

E   AVANZI 

dell'attiguo   chiostro. 


PROVINCIA  DI  PAVIA. 


Commissione  Conservatri'- 

ce.  —  Nel  corso  dell'anno  1899- 
1900  la  on.  Commissione  Con- 
servatrice per  la  Provincia  di 
Pavia  non  ebbe  occasione  di  riu- 
nirsi in  seduta  ordinaria  per  stu- 
diare argomenti  di  sua  compe- 
tenza. Però,  in  seguito  alla  ri- 
chiesta dell'Ufficio  Regionale, 
essa  intervenne  il  3o  marzo  1900 
ad  un  sopraluogo  alla  Chiesa  di 
S.  Maria  del  Carmine  allo  scopo 
di  esaminare  le  decorazioni  pit- 
toriche eseguite  in  una  cappella 
dal  lato  di  tramontana,  appro- 
vando per  intiero  il  giudizio  che 
l'Ufficio  medesimo  aveva  già  c- 
messo  a  tale  ri^uardo. 


86  SIOKIA     I.Ji    AlMi; 


Dipinti  esistenti  nelle  Chiese  di  Pavia.  —  L'Auto- 
rità Ecclesiastica  di  Pavia  aveva  ideato  di  raggruppare  in  un 
unico  ambiente  della  Cattedrale  tutte  le  pitture  di  maggior 
pregio  esistenti  nelle  varie  chiese  della  città,  ma  tale  progetto 
incontrò  non  poche  ostilità  da  parte  delle  rispettive  Fabbri- 
cerie che  in  tale  proposta,  benché  giustificata  dalla  necessità 
di  riparare  a  taluni  dei  quadri  stessi,  credettero  di  ravvisare 
il  principio  di  una  spogliazione.  L'Ufficio  Regionale,  inter- 
pellato al  riguardo  dal  R.  Ministero  della  Istruzione  non 
credette  approvabile  la  esposizione  progettata  e  rilevò  l'inop- 
portunità dell'arbitrio  commesso  col  procedere  senza  autoriz- 
zazione al  restauro  di  un  quadro  del  Gian  Pietrino.  Nell'oc- 
cuparsi  di  tale  argomento  l' Ufficio  credette  suo  dovere 
compilare  un  elenco  delle  opere  pittoriche  che  destano  speciale 
interesse  artistico,  tenendo  conto  del  loro  stato  di  eonserva- 
zione.  Da  tale  elenco  emergono  le  opere  seguenti  : 


DUOMO.  —  Quadro  del  Rosario  —  Bernardino  Gatti  detto  il 
Soiaro.  Quest'opera  è  ora  in  restauro.  BIBLIOGRAFIA,  —  Carlo 
Dell'  Acqua  nel  Bollettino  Storico  Pavese,  1895. 

—  Madonna  col  Bambino,  San  Gerolamo  e  San  Giovanni  Battista.  — 
Fondo  d'architettura  e  di  paese.  Opera  di  Giampietrino.  Dice  l'iscri- 
zione latina,  nella  predella  della  cornice,  che  il  quadro  fu  fatto  ese- 
guire da  Lodovica  Fornari  per  volontà  del  defunto  marito.  Questo 
quadro  era  fino  ad  ora  conservato  nella  Chiesa  di  San  Marino  di  pa- 
tronato del  Comune  di  Pavia,  e  fu  qui  trasportato  dopo  i  restauri  di 
Valentino  Bernardi  di  Bergamo.  BIBLIOGRAFIA.  —  Gustavo  Friz- 
zoNi,  Lllustrazione  Italiana,  Fratelli  Treves.  —  Prelini,  Storia  della 
Basilica  di  S.  Marino.  —  Bartoli,  Notizie  delle  Pitture,  ecc.,  con  attri- 
buzione a  Bernardino  Lanino. 

—  La  Vergine  col  Figlio,  San  Giovanni  Battista,  S.  Stefano,  S.  Siro, 
S.  Antonio  di  Padova,  S.  Luigi  e  un  altro  Santo.  —  Opera  del  se- 
colo   XVIL    BIBLIOGRAFIA.  —    Francesco    Bartoli,   Notizie   delle 

pitture,  sculture  e  architetture  che  ornano  le  chiese  di  tutte  le  piìi  rinomate 
citta  d,'  Italia.  In  quest'opera  il  quadro  è  attribuito  a  Carlo  Sacchi 
pavese  1617-1707).  Questa  pala  d'altare  fu  eccessivamente  inverniciata 


OTTAVA    RELAZIONE    DELL  UFFICIO    REGIONALE 


c  il  colore  minaccia  di  screpolarsi  benché  nel  1899  il  pittore  Bernardi 
lo  restaurasse  e  ne  levasse  alquanta  vernice. 

—  La  Vergine  col  Figlio,  S.  Antonio  da  Padova,  S.  Siro  e  un 
Angelo  alato.  —  Opera  di  Daniele  Crespi.  È  in  buon  stato  di  conser- 
vazione e  immune  da  restauri.  BIBLIOGRAFIA.  —  Comm.  Carlo 
Dell'Acqua,  Ricordi  Slorici  Biografici  Pavesi.  Pavia,  1870,  pag.  290. 
—  D.  Cesare  Prelini,  San  Siro.  Pavia,  Fusi,  1870,  voi.  II,  pagg.  383  e  391. 

—  L'adorazione  dei  Magi.  —  Opera  di  Gian  Battista  Crespi.  Quadro 
annerito  :  la  tela  si  è  aperta  in  prossimità  della  cornice.  BIBLIO- 
GRAFIA. —  Dr.  Pietro  Talini,  Vavia  e  dintorni.  Pavia,  Bizzoni,  1877, 
pag.  ^o. 

CHIESA  DEL  CARMINE.  —  Madonna  col  Bambino,  S.  Anna,  Gio- 
vanni Evangelista,  Giuseppe  e  due  medaglie  con  altre  pitture  nella 
cornice.  —  Opera  di  Bernardino  Colombani  pavese,  i5n5.  Sotto  il  trono 
in  caratteri  a  stampatello  del  rinascimento  è  scritto:  "  Bernardini  Co- 
lumbani  opus  IV  Idus  Augusti  i5i5  „.  È  annerito,  screpolato  e  dila- 
vato; solo  in  qualche  parte  il  colore  conserva  il  primitivo  smalto. 
Inoltre,  delle  tre  tavole  su  cui  è  condotta  la  pittura,  una  s'è  incurvata, 
causando  una  screpolatura  che  va  per  tutta  l'altezza.  Fu  restaurato 
dal  pittore  Carlo  Sara. 

—  Trittico  di  S.  Ambrogio.  —  Nel  mezzo  la  Vergine  col  Figlio, 
a  destra  S.  Ambrogio,  a  sinistra  S.  Agostino.  Nella  predella  gli  Apo- 
stoli. Nella  cimasa  l'Angelo  e  la  Vergine  simboleggiano  l'Annunciazione, 
nel  centro  Cristo.  Nel  coronamento  della  cornice  è  dipinta  la  testa 
del  Padre  Eterno.  Principio  del  XVI  secolo.  La  maniera  del  dipinto 
fa  pensare  al  pavese  Pietro  Francesco  Sacchi  che  dipingeva  nei  primi 
decenni  del  cinquecento.  Il  trittico  ha  alcune  screpolature  accentuate 
nelle  figure  del  timpano. 

Gli  affreschi  di  Leonardo  Guidolenghi  sono  in  stato  di  conser- 
vazione detìcente;  perchè  inamovibili  non  fanno  parte  delle  opere  che 
si  vorrebbero  restaurare. 

CHIESA  DI  S.  FRANCESCO.  —  S.  Matteo  con  un  Angelo.  —  Se- 
colo XVII.  BIBLIOGRAFIA.  —  Lanzi,  Storli  pittorica.  Il  quadro  è 
annerito  e  polveroso,  la  tela  rilassata. 

—  Martirio  di  S.  Bartolomeo.  —  Opera  di  Giovan  Battista  Ta.ssi- 
nari  pavese  (fine  del  XVI  e  principio  del  XVII  secolo). 

Buon  stato  di  conservazione. 

—  Trittico  in  cornice  barocca.  —  Nel    centro   quattro    Santi    con 


,98  STORIA  i:i)  Airn; 


tondo  di  paese.  Assai  pregevoli  le  due  altre  parti:  S.  r'ranccsco  con 
una  divota  e  un  Santo  Vescovo.  Quest'ultima  tavola  ha  so1T(  ito  qualciic 
screpolatura  e  v'c  traccia  di  restauri.  È  opera  della  prima  metà  del 
XVI  secolo. 

—  Immacolata  con  due  Ailgeli.  —  Opera  del  XVII  secolo,  l'uro 
pregevole,  ma  bisognosa   di  urgenti  restauri. 

—  Istituzione  dell' ordine  Francescano.  —  Attribuzione  a  Fran- 
cesco Barbieri.  È  in  cattivo  stato  di  conservazione.  La  tela  iia  vaile 
rotture. 

—  Martirio  di  S.  Caterina.  —  Opera  attribuita  a  Camillo  Procac- 
cino. Il  colore  e  offuscato,  la  tela  rilassata  e  rattoppata  malamente  in 
molte  parti. 

CHIESA  DI  S.  MARIA  DI  CANEPANOVA.  —  Contiene  pregevoli 
quadri  del  secolo  XVI.  Esprimono:  lo  "  svenimento  di  Ester  „,  "Giu- 
ditta „,  "  Pietro  di  Canepanova  (Giovanni  XIV)  coi  suoi  Cardinali  „, 
"  Personaggi  della  famiglia  Visconti,  offerenti  „,  "  Passaggio  del  Mai- 
Rosso  „,  "  Debora  „. 

Quest'ultimo  è  in  cattivo  stato  di  conservazione,  gli  altri  furono 
recentemente  ripuliti. 

CHIESA  DI  S.  MICHELE.  —  Maria  in  trono  col  Figlio,  S.  Rocco 
e  Sebastiano.  —  È  attribuito  al  Moncalvo.  La  tela  è  polverosa  e  an- 
nerita, il  colore  tende  a  .sgretolarsi. 

—  Assunzione  della  Vergine.  —  Opera  del  secolo  XVII.  È  in  buon 
stato  di  conservazione. 

Chiesa  di  Santa  Maria  del  Carmine.  —  Furono  mo- 
dificati i  progetti  di  decorazione  per  la  Cappella  del  Sacro  Cuore 
nella  Chiesa  di  Santa  Maria  del  Carmine  —  progetti  dei  quali 
fu  tenuto  parola  nella  relazione  precedente  —  e  venne  auto- 
rizzato l' inizio  dei  lavori  di  pittura  subordinatamente  a  quanto 
riguarda  la  decora'zione  delle  volte  e  le  fascie  di  contorno, 
delle  pareti.  —  Il  risultato  pratico  dì  tali  lavori  fu  alquanto 
inferiore  all'aspettativa,  e  a  tale  riguardo  vennero  suggerite  le 
modifiche  più  opportune.  Siccome  poi  erano  stati  predisposti 
nuovi  studi  per  la  decorazione  delle  pareti  e  per  la  costru- 
zione di  un  nuovo  altare,  l'Ufficio  Regionale  unitamente  alla 
Commissione    Conservatrice   e  al    R.    Ispettore   ing.   Savoldi 


OTTAVA  relazioni:  dell'ufficio  regionale  Sg 


intervenuti  sopra  luogo,  si  dichiararono  in  massima  contrari 
all'attuazione  ditali  progetti,  perchè  troppo  inferiori  alle  esi- 
genze artistiche  del  Tempio  di  Santa  Maria  del  Carmine. 

Basilica  di  S.  Pietro  in  Cielo  d'oro  e  Arca  di 
S.  Agostino.  —  I  lavori  compiuti  nell'ultimo  periodo  di 
tempo  alla  basilica  di  S.  Pietro  in  Cielo  d'oro,  sono  stati  in 
particolar  modo  intesi  a  predisporre  il  collocamento  in  opera 
dell'Arca  di  S.  Agostino,  la  cui  restituzione  all'antica  sede 
fu  definitivamente  concessa  dopo  sessantotto  anni  dacché 
quell'insigne  monumento  era  statj  trasferito  nella  Cattedrale. 
Il  lavoro  di  scomponimento,  dapprima  male  indirizzato, 
venne  corretto  in  tempo  per  merito  delle  istruzioni  impartite 
dal  R.  Ispettore  prof.  Savoldi  e  dall'  Ufficio  Regionale;  in  obbe- 
dienza alle  prescrizioni  ministeriali  fu  poi  serbata  memoria 
fotografica  per  ciascuno  dei  pezzi  scolpiti  e  quindi,  completate 
le  opere  di  consolidamento  alla  cripta,  si  diede  principio  alla 
ricomposizione  dell'Arca,  disposta  a  decorazione  dell'altare 
maggiore  nella  basilica  di  S.  Pietro  in  Cielo  d'oro. 

Basilica  di  S.  Michele  Maggiore.  —  I  restauri  avviati 
alla  cupola  della  basilica  di  S.  Michele  Maggiore  fin  dallo 
scorso  anno  (vedasi  precedente  relazione,  pag.  io6)  hanno 
avuto  il  loro  compimento,  e  coi  fondi  già  disponibili,  aumen- 
tati da  nuove  risorse  concesse  dal  R.  Ministero  della  P.  Istru- 
zione, furono  regolate  le  relative  partite  di   spesa. 

Ora  è  a  far  voti  che  abbiano  presto  a  sorgere  nuove 
iniziative  intese  a  far  sì  che  gli  altri  bisogni  di  questo  insigne 
monumento  abbiano  presto  assicurati  i  mezzi  necessari  al  loro 
compimento. 

Basilica  di  S.  Teodoro.  —  La  on.  Fabbriceria  della  basi- 
lica di  S.  Teodoro,  già  tanto  benemerita  per  l'iniziativa  di- 
mostrata in  questi  ultimi  anni  a  favore  dei  restauri  di  quel 
tempio  monumentale,  non  ha  mai  desistito  dal  lodevole  prò- 


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OTTAVA    RELAZIONE    DELl'uFFICIO    REGIONALE  QJ 


posito  di  condurre  a  compimento  il  suo  programma  e,  non 
appena  ebbe  sistemato  gli  impegni  assunti  colle  opere  pre- 
cedenti, rivolse  un  appello  alla  cittadinanza  per  animarla  a 
fornire  i  mezzi  a  ciò  necessari. 

L'Ufficio  Regionale,  approvando  in  massima  l'idea  mani- 
festatagli, fece  presente  la  necessità  di  subordinare  ogni  deli- 
berazione, in  merito  all'esecuzione  dei  lavori,  ai  risultati  di 
opportuni  scandagli.  —  Venne  infatti  adottata  una  tale  linea 
di  condotta  e  le  indagini  praticate  all'interno  del  Tempio 
hanno  offerto  dati  interessanti  per  i  restauri  futuri,  mentre 
gli  studi  già  predisposti  per  il  riordino  della  copertura  hanno 
potuto  essere  modificati  secondo  le  vere  esigenze  statiche  e 
artistiche  del  monumento. 

Basilica  di  S.  Salvatore  annessa  all'  ex  Convento 
di  S.  Mauro.  —  Dopo  tanti  anni  trascorsi  fra  trattative 
e  progetti,  finalmente  i  voti  del  R.  Ministero  della  Pubblica 
Istruzione  e  delle  benemerite  autorità  pavesi  sono  prossimi 
ad  essere  esauditi.  Lo  sforzo  che  il  Ministero  ha  potuto  com- 
piere, assicurando  all'opera  di  riscatto  del  tempio  un  consi- 
derevole contributo,  ha  valso  a  rimuovere  le  ultime  difficoltà, 
di  modo  che  fra  poco  l'Autorità  militare  sarà  in  grado  di 
retrocedere  il  Tempio  al  Demanio,  il  quale  lo  affiderà  in  con- 
segna all'  Ufficio  Regionale  nella  sua  qualità  dì  rappresen- 
tante il  R.  Ministero  della  Pubblica  Istruzione. 

A  norma  poi  dei  precorsi  accordi ,  potrà  il  R.  Mini- 
stero predetto,  se  lo  crederà  opportuno,  e  previa  le  necessarie 
garanzie,  affidare  la  custodia  temporanea  del  Tempio  alla 
Società  pavese  di  conservazione  dei  monumenti  cristiani,  che 
tanto  si  è  adoperata  per  il  riscatto  del  Tempio  stesso,  con 
facoltà  alla  medesima  di  ripristinarvi  l'esercizio  del  culto  in 
base  a  quelle  norme  che,  nell'interesse  del  monumento,  il 
Ministero  stesso  e  in  sua  rappresentanza  l'Ufficio  Regionale, 
crederanno  utile  di  stabilire. 


02  STOKIA   Ki)  \nii: 


Castello  Visconteo.  -  Modificando  le  precedenti  sue  deli- 
berazioni, r  Autorità  militare  di  Pavia,  già  autorizzata  ad  eri- 
gere una  cancellata  davanti  ad  una  tettoja  di  deposito  nei 
pressi  del  Castello,  richiese  di  costruire,  invece  di  quella, 
una  cancellata  attraversante  tutto  il  piazzale  del  Castello  e  in 
senso  obliquo  rispetto  al  Castello  stesso.  —  Una  tale  do- 
manda non  poteva  essere  appoggiata  dall'Ufficio  Regionale, 
ma  poiché  il  lavoro  ideato  non  intaccava  l'integrità  del  mo- 
numento, l'Ufficio  ha  creduto  di  rinvenire  nei  problema  un 
argomento  di  speciale  competenza  della  Commissione  Edi- 
lizia cittadina,  e  in  tale  senso  ha  riferito  alla  R.  Prefettura 
di  Pavia. 

Certosa  di  Pavia:  Ingresso  principale.  —  Oltre  le  im- 
portanti trasformazioni  che  ha  subito  fin  dall'  origine  il 
fabbricato  che  precede  a  guisa  di  vestibolo  il  gran  piazzale 
della  Certosa,  non  poche  furono  le  aggiunte  fatte  al  fabbri- 
cato stesso  in  epoche  successive  fino  ad  alterarne  e  pregiudi- 
carne l'aspetto,  reso  tanto  nobile  dalle  pitture  del  pavese 
Bernardino  de'  Rossi.  L'Ufficio  Regionale  ha  ritenuto  compito 
suo  quello  di  ritornare  l'edificio  nelle  primitive  condizioni 
e  partendo  da  tale  concetto,  operò  la  riapertura  delle  quattro 
grandi  lunette  destinate  a  illuminare  l' interno  del  vestibolo, 
provvide  al  restauro  e  all'isolamento  esterno  del  lato  meridio- 
nale, atterrò  le  rozze  muraglie  che  chiudevano  i  due  giardini 
laterali  sostituendovi  due  cancellate  che  permettono  di  go- 
dere per  intero  la  vista  di  tutto  il  fabbricato  d'ingresso, 
provvide  a  due  ingressi  laterali,  di  servizio  per  gli  estranei, 
rendendo  indipendente  il  monumento  da  ogni  servitù  di  pas- 
saggio :  ed  ora  si  propone,  una  volta  completati  i  restauri  che 
verranno  in  conseguenza  dei  lavori  accennati,  di  studiare  una 
nuova  cancellata  di  chiusura  in  sostituzione  delle  indecorose 
imposte  applicate  qualche  secolo  più  tardi  alla  porta  princi- 
pale di  accesso  al  convento. 


OTTAVA    RELAZIONE    DELl'lFFICIO    REGIONALE 


PLANIMETRIA   GENERALE   DEI   FABBRICATI   COSTITUENTI 
LA    CFRTOSA   DI   PxWTA. 


93 


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N.  I.  Vestibolo  d'ingresso 

»  2.    Piazzale 

»  3.  Tempio 

»  4.  Coro 

»  J.  Chiostro  piccolo 

»  6.  Refettorio 

o  7.  Biblioteca 


X.     S.  Sagrestia  nuova 
»     9.  Gran  chiostro  e  celle 
»    IO.  Prioria 

»  li.  Cortile  della  Prioria 
»  12.  Cortile  del  Capitolo 
»    15.  Capitolo. 


Tempio.  —  Continuò  il  restauro  della  cupola  principale,  col  ri- 
cambio di  molti  pezzi  di  pietra  e  di  marmo  ammalorati  e 
resi  inservibili,  e  fu  predisposta  la  lavorazione  di  altri  pezzi 
ch'e  andranno  man  mano  a  sostituire  i  vecchi  a  norma  dello 
svolgimento    del   lavoro.   Furono    restaurati    i   pinnacoli    dei 


94 


Si  Old  A   i:i)  A  kit; 


capicroce   clic  l'azione  del  tempo   e    le   vegetazioni   avevano 
seriamente  sconnessi. 

E  stato  tutto  predisposto  per  l'inizio  del  restauro  della 
fronte,  a  cominciare  dal  contrafforte  all'angolo  sud-ovest.  Sono 
continuati  i  restauri  marmorei  artistici  e  statici    all'interno 


CUPOLA,  ABSIDE  E  CAPOCROCE  SETTENTRIONALE  DEL  TEMPIO. 


del  tempio  e  particolarmente  nelle  cappelle,  nel  coro  e  intorno 
all'altare  maggiore;  si  eseguirono  lavori  diversi  in  legno  e  si 
diede  principio,  a  titolo  di  saggio,  al  restauro  di  parte  del 
prezioso  trittico  d'avorio  che  si  conserva  nella  sagrestia  vecchia. 

Chiostro  Grande  —  Si  è  continuato  il  restauro  del  lato  rivolto 
a  mezzogiorno:  furono  riaperte  parecchie  finestre  antiche 
e   ne    furono  otturate    altre    di   epoca  posteriore,   non    neces- 


OTTAVA    RELAZIONE    DELl'cFFICIO    REGIONALE 


QD 


sarie  e  che  deturpavano  l'aspetto  del  fabbricato;  furono  pure 
rinvenute  le  traccie  di  varie  porte  che  anticamente  servivano 
di  comunicazione  tra  il  chiostro  e  i  fabbricati  adiacenti   e  si 


FACCIATA   DEL    TEMPIO. 


provvide  al  restauro  di  quegli  interessanti  indizii  dell' antica 
struttura  del  Cenobio.  Si  darà  mano  fra  breve  al  restauro 
del  finestrone  circolare  che  illuminava  in  origine  il  refettorio 
e  a  quello  delle  meridiane  antiche  che  adornano  il  lato  di 
mezzogiorno  del  chiostro. 

Palazzo  Ducale.  —  Nel  palazzo  detto  Ducale,  che  1'  architetto 
F.  M.  Richino  eresse  nel  primo  quarto  del  XV.II  secolo, 
continuarono  i  restauri  già  precedentemente  avviati,  fra  cui 
quelli  dei  pregevoli  infìssi  in  legno  del  secolo  passato,  la  ria- 
pertura di  finestre  murate  a  metà,  il  ricollocamento  di  antichi 
sedili  in  marmo  negli  squarci  delle  finestre,  ecc. 


STOIUA    ED    AUTi: 


1  woiM  Divliusi.  —  Ai  lavori  .sopr«T  accennati,  nei  quali  come 
sempre  prestò  l'opera  sua  l'architetto  di  questo  Ufficio,  inge- 
gnere A.  Brusconi,  vanno  aggiunti  quelli  che  riguardano  la 
•ordinaria  e  straordinaria  manutenzione  di  quell'immenso 
gruppo  di  fabbricati,  le  riparazioni  importanti  occorse  ai  tetti, 
i  diversi  lavori  in  legno,  in  metallo,  in  marmo  e  finalmente 
il  nuovo  ingresso  rustico  per  il  servizio  del  personale  addetto 
al  servizio  della  Certosa.  Inoltre,  va  annoverata  1'  opera 
prestata  dall'Ufficio  nei  riguardi  ammistrativi,  sia  per  l'esa- 
zione della  tassa  di  ingresso  sia  per  la  gestione  dei  fondi  che 
alla  Certosa  sono  assegnati  a  titolo  di  dote. 

Podere.  —  Un  vecchio  dipinto  a  tempera  rappresentante,  scor- 
rettamente ma  con  bastante  sincerità,  la  veduta  del  mo- 
nastero, nel  XVII  secolo,  permette  di  offrire  un'idea  del 
grandissimo  recìnto  che  forma  il  podere  della  Certosa  di  Pavia. 
Tale  podere,  attualmente  in  affitto  di  estranei  secondo  le  con- 
suete norme  rurali,  conserva  ancora  molte  delle  sue  caratte- 
ristiche originarie  ;  fra  l'altro,  le  cappellette  disposte  lungo  il 
muro  di  cinta,  il  bosco  all'angolo  nord-est,  la  gran  vasca  per 
la  piscicoltura,  e  il  pergolato  a  colonnati  in  pietra  che  dal 
muro  di  cinta,  passando  presso  la  vasca,  va  fino  al  grande 
chiostro.  Tutte  queste  opere,  intese  con  alto  senso  artistico, 
insieme  alle  risorse  della  natura  spirante  ovunque  un  poetico 
senso  di  mestizia,  costituiscono  intorno  al  tempio  e  a  tutto 
il  cenobio  un  paesaggio  che  ne  forma  il  più  degno  e  indispen- 
sabile complemento.  Ora  è  avvenuto  che,  senza  tenere  conto 
alcuno  delle  esigenze  del  monumento,  e  senza  alcuna  intesa 
con  l'Ufficio  Regionale,  venne  concessa  all'affittuario  del  po- 
dere di  abbattere,  a  titolo  di  pura  speculazione,  la  maggior 
parte  degli  alberi  di  alto  fusto  che  adornano  il  podere  stesso. 
Solo  per  caso  l'Ufficio  ebbe  cognizione  della  concessione,  ma 
per  fortuna  lo  fu  in  tempo  per  scongiurare  il  danno  che  mi- 
nacciava le  adiacenze  del  monumento. 

Essendo  prossima  la  rinnovazione  del  contratto  di  affitto 


OTTAVA    RELAZIONE    DELL  LFFICIO    REGIONALE 


97 


del  podere,  1'  Ufficio  Regionale,  d'  accordo  col  R.  Corpo   del 


ANTICA    VEDUTA    DELLA    CERTOSA    E    DELL  ANNESSO    PODERE. 

Genio  Civile  di  Pavia  e  col   R.   Ispettore   prof.   A.   Savoldi, 
propose  che   nel    nuovo    contratto  siano  inserite   condizioni 


PERGOLATO    CHE   ATTRAVERSA   IL   PODERE 


q8  storia    Eh    ARTI-: 


speciali,  intese  a  meglio  salvaguardare  gli  interessi  dell'arte 
e  che  i  manufatti  più  caratteristici  del  podere  stesso,  come 
il  pergolato  e  la  gran  vasca,  vengano  ora  ripristinati  a  cura 
dell'amministrazione  delle  Finanze  riservandosi  l'Ufficio  Re- 
gionale di  curarne   in  seguito  la  buona  conservazione. 


PROVINCIA  DI  SONDRIO. 


Commissione  Conservatrice.  —  La  on.  Commissione 
Conservatrice  pei  monumenti  della  Provincia  di  Sondrio  tenne 
un'adunanza  il  28  settembre  1899,  sotto  la  presidenza  di 
queir  111."^"  signor  Prefetto.  Fu  oggetto  principale  di  discus- 
sione la  vendita  arbitraria  fatta  dal  parroco  di  Frontale 
(Sondalo)  di  alcuni  oggetti  e  paramenti  sacri  antichi,  e  poiché 
le  prime  pratiche  esperite  allo  scopo  di  ricuperare  gli  oggetti 
medesimi  non  ebbero  esito  favorevole,  così  la  Commissione 
interessò  il  signor  Prefetto  a  ordinare  nuove  indagini  a  tale 
scopo  deliberando  che,  in  caso  negativo,  fosse  obbligato  il 
parroco  al  loro  pagamento  e  in  difetto  di  ciò  venisse  sporta 
querela  giudiziaria  contro  il  parroco  stesso. 

Esaurito  tale  argomento  la  Commissione  si  occupò  di 
questioni  d'arte  riguardanti  le  chiese  di  Novate  Mezzola,  di 
Verceja  e  quella  della  Madonna  in  prossimità  del  Cimitero 
di  Morbegno.  L'  Ispettore  agli  scavi  e  monumenti  avvocato 
cav.  Paribelli,  lamentò  i  guasti  di  alcune  opere  d'arte  della 
provincia  e  la  necessità  di  porvi  riparo.  Venne  rilevato  il 
bisogno  di  cure  ai  monumenti  di  Teglio  alla  chiesa  di  San 
Giovanni  di  Mello  e  a  diverse  opere  d'arte  in  Cesio  e  in  Ar- 
denno.  Fu  ricordata  la  scoperta  di  antiche  monete  romane  in 
comune  di  Cosio  e  infine  si  fecero  voti  perchè  la  Commis- 
sione stessa  si  occupasse  della  compilazione  di  un  catalogo 
dei  monumenti  e  degli  oggetti  d'arte. 


OTTAVA     RELAZIONE    DELL  UFFICIO    RFGIONALE  99 


Catalogo  dei  monumenti  e  degli  oggetti  d'arte.  — 

Il  voto  espresso  dalla  on.  Commissione  Conservatrice  di  Son- 
drio nella  sua  adunanza  del  settembre  1899,  ha  prodotto  i 
più  benefici  effetti.  I  Commissari  signori  Giovanni  Gavazzeni 
pittore  e  prof.  Guglielmo  Damiani  si  assunsero  volonterosa- 
mente l'incarico  di  compiere  l'elenco  dei  monumenti  e  delle 
opere  d'arte  della  Provincia:  e  l'Ufficio  Regionale,  onde  assi- 
curare l'esito  di  un  così  importante  lavoro,  si  accordò  coi 
benemeriti  iniziatori  perchè,  in  omaggio  alle  norme  stabilite 
dal  superiore  Ministero,  la  loro  impresa  fosse  inspirata  al- 
l'indirizzo più  opportuno. 


L'opera  esercitata  dall'Ufficio  Regionale  nel  corso  degli 
anni  1899-1900,  è  ricordata  nelle  precedenti  pagine  solo  a 
riguardo  degli  argomenti  di  maggior  rilievo.  Per  brevità,  non 
furono  qui  menzionate  moltissime  altre  pratiche  svoltesi  tanto 
nell'ambito  della  regione,  che  fuori  della  medesima,  questioni 
di  interesse  generale  e  studi  o  iniziative  particolari,  proposte 
già  favorevolmente  accolte  e  desideri  non  ancora  esauditi, 
poiché,  se  l'importanza  apparentemente  limitata  rende  su- 
perfluo accennare  oggi  a  talune  di  esse,  la  fiducia  che  una 
nuova  legge  sulla  conservazione  del  patrimonio  artistico  ita- 
liano venga  presto  approvata,  assicura  la  prossima  soluzione 
di  tante  altre  questioni  interessanti  il  servizio  affidato  agli 
Uffici  Regionali. 

Le  medesime  ragioni  valgono  anche  per  il  lavoro  di  ca- 
talogazione dei  monumenti  e  degli  oggetti  d'arte  affidati 
all'ing.  Emilio  Gussalli,  lavoro  il  quale  ha  avuto  anche  que- 
st'anno il  suo  naturale  svolgimento,  ma  che,  per  la  sua  im- 
portanza, richiede  una  speciale  relazione  che  è  opportuno 
rimandare  ad  epoca  futura. 


STORIA  r.i)  Airri-: 


Nel  chiudere  la  presente  relazione  corre  l'obbligo  al  sot- 
toscritto di  rendere  pubbliche  e  vivissime  grazie,  in  nome 
dell'Ufficio,  a  tutte  le  autorità  e  agli  studiosi  che  gli  furono 
larghi  di  consigli  e  di  aiuti  nello  svolgimento  del  suo  man- 
dato. 11  dott.  comm.  Corrado  Ricci,  l'ing.  Antonio  Giussani 
di  Como,  l'arch.  comm.  Luca  Beltrami,  il  dott.  Diego  San- 
t'Ambrogio, il  dott.  cav.  Giulio  Carotti,  il  sacerdote  dottor 
Rodolfo  Majocchi,  il  dott.  prof.  Alfred  Gothold  Meycr,  il 
prof.  Gaetano  Mantovani,  il  prof.  Virginio  Muzio,  l'archi- 
tetto Angelo  Savoldi,  il  sig.  rag.  Valtolina  e  tutti  quanti 
hanno  favorito  all'Ufficio  interessanti  pubblicazioni,  disegni 
e  fotografie  di  studi  artistici  e  storici,  si  abbiano  i  sensi  della 
più  viva  gratitudine. 

Anche  in  qucst' anno,  la  morte  ha  fatto  vuoti  considere- 
voli fra  i  nostri  benemeriti.  Al  comm.  mons.  Antonio  Pa- 
razzi,  R.  Ispettore  per  il  distretto  di  Viadana,  all'ottimo  fun- 
zionario che  fu  il  cav.  Domenico  Foratini,  Amministratore 
del  Palazzo  Ducale  di  Mantova,  alla  memoria  di  tutti  gli 
scomparsi  un  saluto  riverente  e  affettuoso. 


Milano,  ottobre  1500. 


Arch.  Gaetano  Moretti. 


0 


BINDING  SECT.  DEC  1 9  196/ 


DG 

651 

A7 

anno  ^^ 

supp. 


archivio  storico  lombardo 


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