HANDBOUND
AT THE
UNIVERSITY OF
TORONTO PRESS
ARCHIVIO STORICO LOMBARDO
ARCHIVIO STORICO
LOMBARDO
GIORNALE
DELLA
SOCIETÀ STORICA LOMBARDA
SERIE TERZA
VOLTJJVIB XIII — ANNO XXVII
498710
13. 10.43
IVI I L A K O
SEDE
DELLA SOCIETÀ
Castello Sforzesco
LIBRERIA
FRATELLI BOCCA
Corso Vittorio Eni., 21
1900
La proprietà letteraria è riservata agli Autori dei singoli scritti
'ì)Q
Milano, 1900 — Tip. Pietro Gonfalonieri, Via Gozzadini, 47-49.
IL ROTOLO
dell'Archivio Capitolare di Novara (i)
NEL Documentario episcopale voi I dell' archivio capitolare di
Novara si conserva, malamente ripiegato per adattarlo al
l'ormato in Ibi. del volume, un antico rotolo in pergamena,
che contiene trascrizioni di diplomi imperiali e reali dei sec. IX e X.
Questo rotolo consta di sette pergamene, di cui le prime quattro
sono unite con cucitura a filo e tre con una striscia di pergamena :
misura nella sua lunghezza attuale m. 2,08, in larghezza m. 0,82. Non
ci pervenne completo; manca nella parte superiore di uno o più pezzi,
come provano i fori della cucitura nella prima pergamena e il testo
incompleto del primo documento trascritto. Tra il terzo ed il quarto
diploma (n. Ili e I nella presente edizione) sono segnati i monogrammi
di Lotario I, di Carlomanno, di Carlo III, di Arnolfo, di Lodovico III,
di Berengario 1 e di Rodolfo II; è lecito supporre che questi fossero
i monogrammi dei privilegi trascritti nel rotolo, e che i diplomi di
Carlomanno, di Arnolfo e di Rodolfo, non pervenutici, si trovassero
nella parte staccatasi e oggidì perduta. Tra questa serie di mono-
grammi manca quello di Guido, del quale però abbiamo un diploma col
monogramma segnato, V unico nel rotolo, a suo luogo nella signaiio.
Le sette pergamene componenti il rotolo erano state prima usate per
altre scritture, e sulla rasura di queste si eseguirono le copie dei di-
plomi. La rasura venne praticata dopo l'unione o cucitura dei singoli
pezzi, come si rileva dai luoghi di connessione, dove si scorge tuttora
(i) Al Reverend.^'^^ Capitolo di Novara, a Mons. InnoceiiSiO Lubrici
prefetto Capitolare, all' Avv. Cav. Raffaele Tarclla bibliotecario della
Comunale esprimo vivissimi ringraziamenti per le facilitazioni e gen-
tilezze usatemi.
IL HOIOLO
il ..iiaitcK piiiiiiii\ :id esempio, la quarta pergamena eia mi
ilocumento privato o pageiise nel corsivo dei secoli IX-X, altre pci-
gamene contenevano note di esazioni di decime della chiesa Novarese .
Il carattere delle trascrizioni è un bel minuscolo del secolo X <
panni anche di una sola mano, benché presenti una certa varietà
nella pressione dei tratti, dovuta, credo, al diverso tempo in cui si
eseguì parte del lavoro. I diplomi trascritti sono 21: tre di Lotario I,
uno di Guido, altro di Lodovico III e sedici di Berengario I: inediti i5.
L'autore non seguì alcun criterio nella disposizione dei documenti.
Vario e pure il metodo di trascrizione; mentre di tutti ci offre il con-
testo, di pochi eseguì copia completa, di parecchi trascurò Vescatocollo
o le prime Ibrmole del protocollo. La varietà dei destinatari fa ritenere
che non tutti gli originali, cui si attinse per la compilazione del ro-
tolo, si conservassero negli archivi di- Novara. Considerando inoltre
il contenuto di gran parte di questi documenti, oso supporre che l'au-
tore avesse un intendimento pratico più che storico: a questo intento
avrebbe subordinato la scelta del materiale e il modo di trascrizione.
Di tutti i diplomi del rotolo ci è pervenuto un solo originale (vedi do-
cumento n. XXI, pag. 45), e questo ci permette di giudicare sul valore
delle trascrizioni: il testo è buono, ma non rigorosamente esatto, con
errori ed omissioni che tradiscono la fretta del copista.
Suir autenticità dei documenti non credo possano sollevarsi dubbi
né dal lato storico ne dal lato diplomatico.
Carlo Francesco Frascone, cerimoniere minore della Chiesa di No-
vara, tentò nel 1761 una copia del rotolo. (" Copia autenticata del Do
cumentario episcopale della Chiesa Novarese „, voi. in fol. segnato C
presso V archivio cap.). Egli contrassegnò i documenti con lettere del-
l' alfabeto, successivamente da A ad R, omettendo però cinque privi-
legi, cioè i numeri III, V, X, XI e XIV; il testo è scorretto e pieno di
lacune. Dal Frascone dipendono le copie dei tre diplomi che Porro
Lambertenghi pubblicò nel Codex diplom. Langobardiae (cfr. i numeri
IV, XV, XIX). Ricorse a questo materiale il Bianchetti, che nel suo
lavoro " L'Ossola inferiore „ riporta altri due privilegi (numeri Vili
e XV). Nel 1881 Angusto v. laksch (i) dava una breve descrizione del
rotolo seguita dal regesto di 17 diplomi.
(i) Unedirte Diplome aus Novara in Mittheilungen des Instituts
tur òster. Geschichtsforschung. II, p. 446 e sgg.
dell'archivio capitolare di NOVARA
Il carattere^ per essere tutto su rasura, corroso, ed in parte mac-
chiato, oftre qualche difficoltà, ed a questo si deve forse se rimase fi-
nora inedito un materiale così importante per la storia e per la di-
plomatica dei secoli IX e X.
Il testo che presento è completo ; per alcune parole coperte da
macchia feci uso di un reagente.
Segnando coi numeri arabici i documenti del rotolo nel loro or-
dine progressivo, con accanto le lettere dell' alfabeto dal Frascone ap-
poste alla pergamena e alla copia da lui fatta, e coi numeri romani
quelli, in ordine cronologico, della presente edizione si ha il seguente
rapporto : •
I
4-
Q
II
'^.
A
III
3.
IV
18.
M
V
1.
VI
16.
I
VII
8.
C
vili
7-
B
IX
21.
P
X
5.
XI
i5.
XII
12.
G
XIII
6.
R
XIV
14.
XV
19.
N
XVI
20.
0
XVII
i3.
H
XVIII
17,
L
XIX
II.
F
XX
IO.
E
XXI
9-
D
A'ota: Siccome non intendo di oflrire un'edizione critica dei sin-
goli documenti, riproduco Y ortografia del rotolo, solo applicando la
punteggiatura secondo V uso moderno ed usando la maiuscola per V ini-
ziale dei nomi proprii. Delle varianti introdotte nel testo si dà ragione
nelle singole note. Per ragioni tipografiche i pochi casi di e caudata
sono rappresentati con a.'.
IL ROTOLO
I.
Lolar'uK imperali)/ e dona alla Chiesa di Novara l'abbazia di
Liicedio (5. Genuario) e conferma gli anteriori diplomi di re ed
imperatori.
840, febbraio 19. Pavia.
Iaksch. Mitthciliingcn des Instituts fùr usi. Geschichtsforschung. lì,
400, 11. I, Ri'g-y recognitio e datai io.
Darmstadter. Das Reichsgut in der Lombardei imd Piemont (Strass-
burg, 1896) p. 20 citato, cfr. anche p. 226; Muhlbaciier. Reg., n. io65
(io3i).
In nomine domini Dei aeterni. Hlotharius diuina ordinante
prouidentia imperator augustus. Oportere credimus imperialem di-
gnitatem, quod {a) famulantium sibi precibiis aurem libenter ac-
commodet, effectumque concedat maxime diuini cultus curam ge-
rentium, quorum deuotionem non solum in rei publice utilitatibus
necessariam uerum etiam ad (^) eterne felicitatis prouentum co-
gnoscit ualde proficuam (e). Quapropter omnium fidelium sancte
Dei eclesie tam presentium quam futurorum nouerit sollertia,
quod adiens serenitatem nostrani Adalgisus sancte Nouariensis
ecclesie uenerabilis episcopus decenter, uti conueniebat, suppli-
cauit, quatinus prò statu nostri imperii futureque beatitudinis emo-
lumento dignaremur concedere episcopatui, cui Deo auctore pre-
erat, abbatiam Laocedii cenobii in honore sancti Michaelis celestis
militie (ii) principis sanctique martiris lanuarii dicatam in com-
mitatu Uercellensi, ita ut deinceps in ius et dominium eiusdem
Nouariensis episcopatus transactam, pastor predicte sedis iugiter
ex cauti ex episcopii rebus optineat potestatem; quin etiam op-
tulit aspectibus nostris priuilegia seu precepta nec non et mund-
burdos pretaxato episcopatui ab antecessoribus nostris regibus uel
(rt) quo ((5) ab (e) proikuum (<^/) militis.
DELL Al^CHIVIO CAPITOLARE DI NOVARA
imperatorihus delegata, supplicans ut eidem donatìonis precepto
dignaremur inserere imperialis quoque pietatis contirmationem.
Nos igitur considerantes peccaminum nostrorum pondera, nullo
modo facilius posse leuigari quam si uenerabilibus locis liberales
existamus, sìmulque tanti uiri reuerentiam non nisi rectissima
petentem, annuimus fieri quod posscebat, scribi iubentes hoc no-
stre donationis preceptum, per quod prenominatum coenobium de
Leocedio prelibate sedi Nouariensi cum omnibus que ad id per-
tinent donoque (e) fidelium pertinebunt, seruis uidelicet, ancillis,
aldionibusutriusque sexus, cellulis, capellis, curtibus, domocoltibus,
mansis, casis, sediminibus, campis, uineis, pratis, pascuis, siluis,
quarumcumque arborum erectis montium, deuexis collium, imis
uallium, planiciebus, paludibus, fontibus, puteis, riuis, aquarum-
que decursibus et ductibus, iiiolendinis, piscariis, uenacionibus,
aucupiis, alpibus, ripis, cultis et incultis, diuisis et indiuisis, ter-
minis, accessionibus, districtionibus, fiscariis, campariciis aliisque
uniuersis reddibitionibus qualibuscumque nominibus humana cu-
riositate nominatis ad iam dictum monasterium pertinentibus uel
respicientibus pretaxate cecclesice sancte Nouariensi iure proprio
concedimus et perdonamus et de nostro iure et dominio in eius
ius dominiumque transfundimus atque delegamus ad habendum,
tenendum, commutandum, precariam faciendum, libellariam do-
nandum, monachos introducendum, abbatem uel rectorem eligen-
dum, salua in omnibus prenominate Nouariensis sedis potestate,
et fruendum, prout canonica censura de eclesiasticis rebus fieri
decernat, omni nostra nostrorumque successorum regum seu im-
peratorum contrarietate uel diminoratione remota. Insuper etiam
per hanc eandem precepti nostri (/) paginam omnia priuilegia
seu precepta nec non et mundburdos ad predictum episcopium
ab antecessoribus nostris peracta omnesque donationes et omnia
cartarum instrumenta, que ad eandem Nouariensem eclesiam con-
scripta sunt uel undecumque aut quomodocumque pars ipsius epi-
scopii inuestituram tenere dinoscitur, eidem Nouariensi eclesie con-
rìrmamus et corroboramus, ut perpetuam habeat stabilitatem et
(<?) Jonuque (_/} ncstro.
IO IL ROTOLO
ui^:;()rciìi sinc alicuius tcmcritatc ucl molestationc. Si quis autcm,
ijiiod futurum non credimus, centra hoc nostre concessionis atquc
donationis ncc non et confirmationis precepttim temerarius uio-
lator ire tcmptauerit, atquc illud infringcre quesierit, .C. lìbras
auri purissimi componcre cogatur, medietatem palatio nostro et
medietatem episcopo Nouariensis eclesie. Quod ut uerius creda-
tur diligcntiusque ab omnibus obscruetur, manu propria corro-
borantes ex anulo nostro iussimus insigniri.
Signum domni Hlotharii serenissimi augusti.
Eichardus subdiaconus ad uicem Agilmari recognouit.
Data .XI. kal. mar., anno Christo propitio imperii domni
Hlotharii pii imperatoris .XX., indictione .III., Actum Papia pa-
latio regio; in Dei nomine feliciter, amen.
IL
Lotario imperatore nomina i conti Leone e Giovanni suoi
messi a difesa dei beni e delle persone della Chiesa di Novara,
concedendo loro il diritto di inquisizione.
{840, febbraio. Pavia?).
Il documento è un mandato, del quale presenta i caratteri intrin-
seci ed estrinseci. Al presente potrebbe assegnarsi la medesima data
del diploma che precede, n. i, p. 8.
Iaksch. Op. cit. Reg., p. 480, n. 2; Hubner (i;. Reg., n. 780; Mììhl-
BACHER. Reg., 1066 (1082), cfr. io85 (io5i).
In nomine domini nostri lesu Christi Dei aeterni. Hlotarius
diuina ordinante prouidentia imperator augustus. Omnibus epi-
(i) Gerichtsurkunden der frànkischen Zeit in Zeitschrift der Savigm-
Stiftimg fiìr Recìitsgeschichte, Weimar, XIV germ. Abtheil.
DELL ARCHIVIO CAPITOLARE DI NOVARA II
scopis, abbatibus, abbatissis, commitibus, castaldiis, uicariis, cen-
tenariis, accionariis, uel cunctis rem publicam administrantibus
notum esse uolumus, quia Adalgisus uenerabilis episcopus Nova-
riensis (a) eclesie nostram petiit clementiam, ut Leonem et lo-
lla nnem filium eius commites prò utilitate eclesie sue, cui Deo
auctore presidere dinoscitur, missos constitueremus una cum ad-
Liocato suo ubicumque prò suis necessitatibus aliquam abuerit
querimoniam, quatenus eorum studio ageretur, ne inrationabili-
ter ab eis de possessione prefate eclesie quippiam auferatur. Cuius
peticioni adquiescentes, presentes sublimitatis nostre litteras sta-
tuimus fieri, quibus decernimus atque iubemus, ut predicti com-
mites nostri de rebus uel familiis memorate eclesie quantumcum-
que necessitas postulauerit fungantur missatico absque alicuius
contradictione. Precipimus denique ut ubicumque necessitas in-
cubuerit, de rebus eiusdem eclesie ac familiis iniuste priuatis (b)
inquisitio per ueraces idoneasque personas, in quibus huiusmodi
res est examinanda, ex auctoritate nostra fiat, ne propter aliquam
ocasionem seu disceptacionem iudicii ab eadem eclesia (e) iniuste
aliquid auferatur quod ei rationabiliter habere competit. Et ut
hec sublimitatis nostre iussio alp omnibus uerius credatur et di-
ligentius obseruetur, de anulo nostro subter iussimus sigillari.
(a) nov colici v corretta sìì n (^) priuitatis (e) la a corretta sti e.
III.
Lotario imperatore ad istanza del vescovo Giuseppe di Ivrea
dona al diacono Godeberto di Pavia due terre colle dipendente e
ì:oIV uso dell' orto e del po:^io.
846, luglio 8. Aaclien.
Iaksch. Re^'^., recoguiiio e daiatio, p. 460, n. 3.
MilHLBACHER. Rcg., II25 (1O91).
In nomine domini nostri lesu Christi Dei aeterni. Hlotharius
■diuina ordinante prouidentia imperator augustus. Dignum est ut
I 2
impcrialis maicstas proccrum suorum peticionibus tanto libcntiuji
annuet easquc annuendo adimpleat, quanto eos uidcrit ac no-
ucrit in suis obscquiis persistere efficaces. Igitur omnibus fidelibus
sanctc Dei cclesie ac nostris presentibus uidelicet et futuris notum
sit, quia loseph uencrabilis cpiscopus Acporedie nostram dcprc-
catus est dementiam, ut cuidam iideli nostro diacono scilicet Go-
dcbcrto ucluti quod de rebus nostris (a) in regno Italico hoc est
areas duas sibi inuicem coherentes ad proprium concederemus;
habetque prima area in longitudine pedes .XII., in latitudine
.XXVI., et choeret illi ab uno latere [casa] (b) sancte eclesie, ab
altero casa lohannis et Adroaldi, ab uno capite casa monasterii
de Sexto, ab altero ingressus interiacens domus episcopatus Lu-
nensis(i); et idem area (e) secunda habet in longitudine pedes
.XLL, in latitudine uigintiquinque, coheret illi ab uno capite uia,
ab alio casa Adroaldi et lohanniS, ab uno latere casa monasterii
de Sexto, ab altero casa monasterii Senatoris siue que illis alia
coherent; has designatas areas cum possessionibus et ingressibus
ac usum putci cum horto deprecatus est iam nos iam dicto dia-
cono iure proprietario tribui. Cuius peticionem adimplere sta-
tuentes, has mansuetudinis nostre litteras fieri decreuimus, per quas
memorato Godeberto diacono Papiensi areas suprascriptas, sicut
superius insertum est, iure proprietario concedimus habendum, ut
quicquid uoluerit uel elegerit, habeat ex eis potestatem faciendi,
sicut de reliquis proprietatis sue rebus, ita dumtaxat ut nusquam
a nostra abscedat fidelitate, sed immobiliter in nostris perseueret
iugiter fixus obsequiis. Et ut hec nostre largitionis uel confirma-
tionis auctoritas firma stabilisque permaneat, manu nostra subter
eam firmauimus et anuli nostri inpressione assignari iussimus.
Signum domni Hlotharii (d) serenissimi augusti.
Hrodmundus (e) notarius ad uicem Hilduini recognouit.
(a) uri (/>) Non è notata alcuna lacuna, via certo venne omessa qualche parola covie :
CASA, DOMUS, TERRA, RES {c) eidem areae {d) Hhlotharii {e) Hrodmandus.
(i) Donata da Rodolfo II al vescovo Guido di Piacenza, (a. 924, D. 11) :
ctV. RoBOLLxi, Notizie appartenenti alla storia della sua patria, II, 149.
DELL ARCHIVIO CAPITOLARE DI NOVARA K'>
Data .vili. id. iuL, anno Christo propitio imperii Hlotarii pii
imperatoris in Italia .XXVII., et in Francia .VII., indictione. Vili.,
ActLim Aquisgrani palatio regio (/); in dei nomine feliciter, amen.
(/) i-eguo.
IV.
Guido re concede ad Aiipaldo arcipi^ete, per intervento dei-
V arcivescovo di Milano Anselmo, una pe^^^a di terra e parte di
muro della città con diritto di innalzare edifici e disporre libe-
ramente come possesso proprio.
Qgo, dicembre 20. Marmirolo.
È scorretto l'anno di incarnazione 888: l'indizione Vili concor-
derebbe coiranno II di regno, se romana. L'itinerario viene in ap-
poggio air a. 890, e II di regno (i). Marmirolo, circondario di Reggio
Emilia. Cfr. Tiraboschi, Dizionario top. stor., II, 19.
Edito da Porro Lambertenghi in Codex dipi. Lang.^ 572-8, nume-
ro CCCXLII " ex apographo in Tabularlo Canon. Eccl. Cathedr. Nova-
riae „. Presenta gli errori e le lacune della copia Frascone, dalla quale
certo dipende.
[In nomine] domini Dei aeterni. Uuido opitulante Dei cle-
mentia rex. Si fidelium nostrorum precibus aurem regalis poten-
tie acommodare studuerimus, deuotiores eos [ad] nostra seruitia
reddi non diffidimus. Proinde nouerit omnium fidelium sancte
Dei eclesie presentium scilicet ac futurorum sollertia, quod adiens
celsitudinem nostrani Anselmus sancte Mediolanensis eclesie ar-
chiepiscopus deprecatus est, quatinus cuidam archipresbitero suo
Aupaldo nomine per munificentie nostre preceptum dignaremur
concedere quandam terrulam rei publice nostre .XXIIIl. tabulis
mensuratam adherentemque domui eius atque muro Mediolanen-
(1) B. 1268, D. I va certo collocato dopo B. 1269, D. 2.
«4
IL ROTOLO
sis urbis intrinsecus, haud longe sitam pretaxatl archiepiscopi donio
intcr duas turres, quibus subiacet pratum quod Arcdei uocatur»
ita ut liccat prefato Aupaldo ad iam dictum murum ciuitatis
proprietario iure accedere et in co hedifficia facere in longitudine
quadraginta pedum, nostra sibi cxibita liberalitate. Nos igitur
considerantes tanti uiri peticioncm ciusque plenam omnino in
nostro seruitio dcuotionem, simulque sacrarum orationum iuua-
mina ex persona diuino cuitui mancipata (a), prò qua rogabamur,
regali auctoritate concessimus et per hoc maiestatis nostre prc-
ceptum perdonauimus prenominato archipresbitero (b) terram il-
lam .XXIIII. tabularum simul cum muro ciuitatis in longitudine
pedum, ut dictum est, quadraginta, eo modo ut habeat potesta-
tem hedifficia construendi, ea quoque omnia uendendi, donandi,
prò anima iudicandi quibuscumque uoluerit, eo iure quo Icgaliter
proprietatcs haberi et usibus detineri solent, remota regali om-
niumque principum potestate. Si quis uero, quod futurum non
credimus, contra hoc largitatis nostre preceptum temerarius uio-
lator ire temptauerit, adque id irrumpere quesierit, mille mancosos
auri purissimi soluere cògatur, medietatem kamere nostre et me-
dietatem illi cui iniuriam irrogare temptauerit, uel non solum huic
sed et illi cui per temporis lapsum eadem proprietas constiterit.
Quod ut uerius credatur et diligentius obseruetur, manu propria
subter illud roborantes anullo nostro iussimus insigniri.
Signum domni Uuidonis (M) gloriosi regis.
Helbuncus cancellarius iubente Vuidone rege recognoui (e)
[et subscripsi] (d).
Data .XIII. kal. lanuarii (e) indictione .Vili., anno incarna-
tionis Domini .DCCC LXXX Vili., anno secundo regnante Vui-
done reg[e] in Italia. Actum Marmoriolo palatio; in Dei nomine
teliciter, amen.
((?) mancipatio (d) archiepiscopo (e) recognouìt (d) omesso («■) lanris.
DELL ARCHIVIO CAPITOLARE DI NOVARA
V.
Lodovico III conferma alla Chiesa di Novara le concessioni
anteriori e segnatamente quella di Lodovico IL
9o5, giugno 14. Pavia.
La parte mancante del diploma stava su foglio di pergamena an-
dato perduto. Il rotolo ora comincia con questo frammento : la perga-
mena è assai corrosa da macchie e presenta forti strappi alle estre-
mità, specie a quella di destra. Il testo dipende in parte, come può
vedersi dalle parole in corsivo, da quello di Lodovico II, 864, giugno 5,
(MiiHLBACHER, N. 1162) ricorrendo al quale si possono colmare alcune
lacune.
Iaksch. Op. cit., p. 460, n. 4. Reg., recognitio e datatio con .Vili. kal. iul.
prò] remedio anime nostre seu dine memorie
Hludouuici aui» nostri olim im[peratoris hjuius
nostri precepti paginam inscribi iussimus, coniirmantes ac corro-
horantes [ nostrorjumque an-
tecessorum omnium regum et imperatorum quoquo in tempore
sibi sueque e[clesie sanctje Nouariensis
eclesie rcs undecumque iuste et legaliter adquisitas sub nostre
inmunitatìs t[uitione ] constitutus
in monasteriis uidelicet, xenedocsiis, abbatiis, eclesiis cardin[alibus
] cunctisque rebus et familiis
utriusque sexus, aldiariciis quoque ac cartulatis, liberis [ . . .
pertijnentibus omnibusque excubiis, quod ad publi-
cam pertinet functionem, aut quod exigej [e poterai, id est annona,
vinum, caseiim, pulii, ova,'] castanee, friictusque moUis, qui {a)
sentibus gignitur clusaticam calcem (i), iienationes ac arbus[ta.
{a') sic ; La frase e scorretta e forse venne otnesso un sostantivo come locus.
(1) In M. 1162, secondo il testo del Muratori, il passo suona: " mes-
sis atque lentjbus gignitur pluratica calcem „.
lo n. noToi.o
Nullus exinde <7^ caM5<J5 iudiciaìio more audiendas uel\ freda
cxì fionda ac ctiam mansìoncs nel paratas facicndas et jìdeiusso-
rcs tollendos aiit ìw\jnines ipsiiis eclesie distringendos nec iillas
redibitiones aitt] illicitas ocasioncs reqiiirendas nostris et fiitiiris
temporibus ingredi aiideat nel ca qiie supra memo\rata siint pc-
nìtiis exigere presiimat , sed] liceat memorato presidi suisquc
siiccessoribus res predicte sedis cum omnibus sibi snbiectìs et
rebus uel b[ominibns ad eam aspicientibus nel per]tinentibns sub
tnitionis atqne inmunitatis nostre defensione, remota totins indi-
ciarie potestatis in[qnietndinc, quieto ordine possi]dere et nostro
tìdelitcr parere imperio, atqne prò incolnmitate nostra sine aetiam
totins imperii a Beo nobis collati et eiu\^s clementissima misera]-
tione per inmensnm consernandi una cnm clero et popido sibi su-
biecto iugiter Domini misericordiam exorare delectet. Si nero
al\iqnis Itane nostram] anctoritatem niolare presiimpserit ant in
prenominatis rebns aliqnid contra hanc nostram institncionem
ininste i\ntnlerit , sciat se] secnndnm legem omi^imodis distrin-
gendnm insuper etiam [composituriim] {a) .C. libras auri, me-
dietatem palatio nostro et medietatem prefato episcopo aut suc-
cessoribus [eius. Quod ut] firmum et stabile permaneàt, pro-
pria manu {b) subter eam firmauimus et anulo nostro iussimus
sigillari.
1
'&'
Signum domni Hludouuici serenissimi imperatoris.
Arnulfus cancellarius iussu domni Hludouuici serenissimi im-
peratoris recogn[oui et subscripsi] (e).
D[ata] .XVIII. {d) kal. iul., anno incarnationis domini (e)
nostri (/) lesu Christi .DCCCCV., indictione .Vili., domni quoque
Hludouuici serenissimi imperatoris quinto hic in Italia. Actum
Papia ; in Dei nomine feliciter, amen.
{a) omesso (/») manus (e) et subscripsl omesso, conte risulta dallo spazio {ci) della
X vedesi solo la parte superiore {>') d (/) n.
dell'archivio capitolare 1)1 NOVARA
VI.
Berengario re concede al vescovo Pietro ed alla Chiesa di Bo-
logna il porto ubi fuit catabulum navium nel fiume Reno, ed as-
sicura il libero transito dal fiume Po al Reno a quanti si reca-
vano al nuovo mercato nella selva detta Piscariola propria della
Chiesa Bolognese.
(e. 9o5).
Pietro IV governò la Chiesa di Bologna solo nel 906, o parte an-
che del 906 (cfr. Gams, Series episcoporum, 675). Il testo viene sospeso
alle parole: "et ut uerius credatur „ della corroborano; la narratio e
la disposino non sembrano trascritte per intiero.
IakscH; Op. cit., p. 481, n. 6, Reg.
In nomine domini Dei aeterni. Berengarius (a) diuina ordi-
nante prouidentia rex. Notum sit omnibus fidelibus sancte Dei
eclesie ac nostris presentibus scilicet et futuris, quia ueniens ad
nos Petrus uenerabilis episcopus sancte Bononiensis eclesie petiit
nostram excellentiam et pietatem, ut ei et sue eclesie a modo et
usque in sempiternum concederemus, ut nostro iussu regali (^),
portum ubi fuit catabulum nauium in flamine quod Renum di-
citur (e). Ideo statuimus atque precipimus, ut nemo presummat
aliquod inpedimentum aut inuasionem aut predacionem uel pi-
gnorationem [facere] {d), nec ipsum flumen sub aliqua ocasione
claudere presummat, sed liceat omnibus hominibus atque merca-
tionibus cum suis nauibus et supellectilibus quiete et tranquille
uenire omni tempore a flumine Pado usque ad memoratum flu-
men Renum, ubi mercatum nouiter fieri debet in silua que {e) di-
citur Piscariola proprietas eiusdem eclesie. Ideo prò Dei omnipo-
(rt) B. (J>) Il passo pare scorretto e si potrebbe correggere: «ut nostro iussu regali ei
et sue eclesie a modo et usque in sempiternum concederemus porlum (e) Evidentemente il te-
sto ha qtii ima Ictcuna : la narratio non pare completa e manca il principio della dispositio.
(n') facere] omesso {e) qui.
Ardi. StJr. Lomb. — Anno XXVII, — Fase. XXV. 2
|8 IL ROTOLO
tcntis amore et beati principis apostolorum, in cuius honore caden»
cclesia dicata est, [statuimus] (/) ut nulliis ex nostris fidelibus
audcat aliquam controuersiam ullo tempore ibidem exercere, sed
ipsum teloneum et ipsum ripaticum concedimus integritcr ad iam
t'atam sanctam (g) Bononiensem (h) eclesiam. Et si, quod non
optamus, aliquis ex iudiciaria potestate (/) uel quelibet (/) magna
pariiaque persona uel rei publice actor (m) centra statuta nostra
aliquid inrumpere uel agere temptauerit, sciat se compositurum
auri libras sex, medietatem inferat ipsi memorate eclesie et mc-
dietatem palatio nostro. Et ut uerius credatur (n) [diligentius-
que ab omnibus obseruetur, manu propria roborantes subtcr ius-
simus sigillari].
(_/) statuimus] omesso {g) sca (A) Bons (?) publica (/) qualibet (;«) actore
(«) // testo termina con credatur.
VII.
Berengario re conferma a Gariardo viceconte e fedele del
marchese Adalberto , per intercessione del vescovo Dagiberto y
tutti i beni acquistati e poi donati al monastero di S. Sebastiano
in Fontaneto.
908, agosto 14. Pavia.
Il dalum è scorretto nell' indizione : leggesi VI invece di XI; er-
rore da ascriversi probabilmente al copista.
Copia in: "Collezione di documenti autentici che adduconsi in
risposta ai quesiti di storia patria proposti dal eh. sig. Avv. Giacomo
Giovanetti al Cer.^ Carlo Fr. Frascone „ I, p. 36 (Ms. presso la biblio-
teca comunale e presso l'archivio cap. di Novara). È copia estratta dal
rotolo.
ViNCEA'zo De-Vit. Memorie storiche di Borgomancro e del suo r,ian-
damcnto (Milano, 1859) p. 67 cit.
Federico Tonetti. Storia della Vallesesia (Varallo, 1875) I, p. 112,
nota I cit.
E. Bianchetti. L'Ossola inferiore (Torino, 1878), I, p.^84, cit.
Iaksch. 0/>. cit., p. 461, n. 7, Reg., recognitio e datatio.
DELL ARCHIVIO CAPITOLARE DI NOVARA I9
In nomine domini Dei aeternì. Berengarius (a) gratia Dei
rex. Si sanctis ac uenerabilibus locis prò nostrorum fidelium pe-
ticionibus (b) nostre serenitatis presidia conferamus, id nobis ad
eternam retributionem proficere credimus. Quapropter omnium
tìdelium sancte Dei eclesic nostrorum uidelicet presentium et fu-
turorum comperiat sollicitudo, qualiter Gariardus uicecomes fi-
delis Adalberti marchionis (i) per Dagibertum (2) uenerabilem
episcopum nostrani exorauit clementiam , quatinus prò Dei omni-
potentis amore animeque nostre remedio per nostrum preceptum
contirmare dignaremur cenobio in honore sancti Sebastiani de-
dicato, loco Functaneto (e) ab eodem Gariardo constructo , res
illas undecumque aut qualicumque ab eodem Gariardo adquisitas
eidemque monasterio distributas. Cuius peticionem ratam consi-
derantes, id fieri annuimus, hoc (d) nostre confirmationis pre-
ceptum scribi iubentes, per quod memorato uenerabili loco con-
firmamus omnes res illas quas ab eodem Gariardo optinere ui-
detur, tam illas quas ipse Gariardus per preceptorum auctoritatem
aut per comparationem aut commutationem quamque per alia
cartarum instrumenta adquisiuit ipsique sancto cenobio in per-
petuum habendas statuit, et si quod ex ipsis rebus nostro (e) iuri
ac potestati umquam exigi potuit (/) aut pcrtinere debuit, in eius-
dem cenobii ius et potestà tem per hanc nostrani auctoritatem
modis omnibus transfundimus et perdonamus. Per cuius etiam
(a) B. (ò) pelici ones (e) et corretto su d da grinta mano (d) per quod. La corre-
zione e suggerita dal diploma seguente dovuto allo stesso dettatore {e) nostre (y) potui.
(i) Adalberto, figlio di Anskario marchese di Ivrea, che poi sposa
Gisla figlia di Berengario. Cfr. Dummler, Gesta Berengarii, p. 84 e i di-
plomi numeri Vili e XII. Per la data del matrimonio cfr. Muhlba-
cher: Un diplóme faux de Saint-Martin de Tours (in Mélanges Julien
Havet, Paris, 1895), p. 149.
(2) Dagiberto vescovo di Novara. Erroneamente il Gams [Serics
cpiscoporum, p. 819) pone nell'anno e. 917 la sua elezione e fa morire
il predecessore Garibaldus nel 911. Secondo i dittici si può ritenere
probabile l'anno 906 come primo del suo governo, cfr. Fedele Savio:
Gli antichi vescovi d'Italia dalle origini al jjoo. (Torino, 1890), I, 259.
20 IL MOTO LO
prcccpti pa^inaiiì scpcdicto sancto loco roboramus mcrcationes
i)Lic per sinj^ulos mcnses in codem loco fiunt, ut quicquid c.dndc
nostre publice parti cxigi debuit, ad usum (g) monasterii in per-
pctULim habcatur. Hoc quoque in mandatis dantes, ut nulla quc-
libet in regni nostri magna paruaque persona thcloncum aut ri-
paticum ucl aliquam functioncm publicam a famulis ipsius mo-
nasterii ubicumque in nostro regno negotia exercentibus exigere
presummat, scd liceat ipsis per nostrum regnum exercere negotia
sine aliqua redibitione. Si quis autem hanc nostre confirmationis
ucl concessionis paginam uiolarc tcmptaucrit, sciat se composi-
turum auri optimi libras .LXXX. , medietatem camere palatii
nostri et medietatem sepedicto cenobio. Et ut hoc (h) certius (/)
crcdatur diligentiusque obseruetur , manu propria roborantes (/)
de anulo nostro subter sigillari iussimus.
Signum domni Berengarii (in) serenissimi regis.
Johannes cancellarius ad uìcem Ardingi [episcopi] et archi-
cancellarii recognoui (n) et subscripsi.
Data .XVIIII. kal. septemb., anno incarnationis Domini (o)
.DCCCGVIIL, domni quoque (p) Berengarii (m) gloriosissimi regis
.XXL, indictione .VI. Actum Papia; in Dei nomine feliciter.
(^) usu (A) lice (z) La forma usala costantemente nei diplomi Berengariani e uerius
(0 roborauimus (;«) B. («) recognouit {p) d (/>) P tiso di quoque nella datazione dei
diplomi Berengariani si trova solo nel presente rotolo e in B. 1329, D, 44 (in copia a. 1355
Libro Verde d'Asti) : si nsa talora autem ma in generale uero.
Vili.
Berengario re, ad istanza dell' imperatrice Ageltrude e del
marchese Adelberto , concede a Gariardo viceconte le corti di
Caddo Premosello e Longomiso nel comitato di Ossola.
910, giugno i3. Pavia.
Scorrettissimo è il datum. Non regge T anno di incarnazione 916
essendo Berengario imperatore fin dal principio del dicembre 916;
21
non concordano l'anno di regno XXIII e l'indizione Vili. Questa ri-
chiederebbe r a. 890 od il 9o5, ma queste date non reggono storica-
mente. Pavia era nel giugno 890 occupata da Guido e la di lui moglie
Ageltrude non poteva intercedere per diplomi del rivale politico
(e tv. DiiMMLER, Gesta Berengarii, p. 3^. e Verzeicknis der Urkunden Kai-
ser IVidos; DuMMLER, Geschichte des ost. Reiches, 2 Aufl. Ili, 483) ; nel
giugno 905 si trovava a Pavia il competitore Lodovico III del quale
conosciamo due diplomi datati da Pavia il 4 ed il 14 giugno 906 (B.
1476, D. 19, e sopra doc. n. V). L'anno di regno XXIII risponde al 910,
e nulla si oppone ad accettare questa data. Probabilmente 1' errore
dell'indizione dipende dal copista, che lesse Vili mentre Y originale
doveva avere XIII.
La copia è mancante della signatio e della recognitio.
Edito da E. Bianchetti, UOssola inferiore, II, p. 7, n. 2, colla da-
tazione errata; I, p. 88-4, cit, coli' a. 908.
Iaksch, Op. cit., p. 453, n. 16. Reg. e datatio; gli assegna con incer-
tezza r a. 9i5.
In nomine domini Dei aeterni. Berengarius (a) gratia Dei rcx.
Si iustis Deo et nobis famulantium peticionibus nostre serenita-
tis aures accomodamus, ut in die tribulationis Deum propitia-
torem habeamus proficere non dubitamus. Quapropter omnium
tidelium sancte Dei eclesie nostrorum uidelicet presentium et fu-
turorum nouerit industria, qualiter domina Angeltrudis gloriosa
imperatrix et Adalbertus gloriosus marchio dilectus gener (i) et
lidelis noster nostrani exorauerunt clementiam, quatenus Ga-
riardo uicecomiti eiusdemque Adalberti fideli per nostri precepti
paginam confìrmare dignaremur omnes res et familias quas idem
Gariardus quolibet inscriptionis titulo iuste et legaliter adquisiuit
uel parentum successione optinuit. Quorum peticionibus moti, id
fieri annuimus, hoc nostre confirmationis preceptum scribi iuben-
tcs , per quod sepedicto Gariardo roboramus omnes res proprie-
tarias quocumque modo legaliter ab eo adquisitas, tam curtes ìUas
uidelicet Caddo (2) et Bromosello (3) atque Longomiso cum ea-
(^)B.
(i) Genero per aver sposato Gisla figlia di Berengario. Cfr. p, 39,
nota I.
(2) Caddo. Cfr. Casalis, Diz. Ili, p. 22.
(3) Premosello.) Cfr. Casalis, Diz. XV, p. 787.
22 IL KOTOLO
rum intcgritatibus, nominatiuc quantum ex ipsis quondam pcrti-
nuit de comitatu Oxilense et per prcccpta a nostris prcdecesso-
ribus optinuit per singula loca et uocabula, quamquc alias suas
proprietates quas aut per precepta aut uindictionis siue inscrip-
tionis uel commutacionis aut alterius cuiuslibet inscriptionis ti-
tulum iustc et legaliter adquisiuit, cum campis, uineis, sedimini-
bus, siluis, stalariis, pratis, pascuis, ripis (b), rupinis, montibus,
planiciebus cultis et incultis, molendinis, piscationibus [aquisj (e),
aquarumque dccursibus, casis, familiis utriusque scxus, seruis et
ancillis, aldionibus et aldianis cum omni legitima possessione sua
adquisita et adquirenda, statuentes (d) ut nullus eundem Gariar-
dum de rebus suis aliquibus quoquam in tempore iniuste deuestiat,
sed faciat ipse Gariardus ex omnibus memoratis rebus quicquid
uoluerit, omnium magnarum paruarumque personarum molesta-
cione remota. Si quis autem hanc nostre confìrmationis paginam
uiolare temptauerit, .C. libras auri optimi componere cogatur, me-
dietatem palatio nostro et medietatem prelibato Gariardo suisque
heredibus. Quod ut uerius credatur diligentiusque obseruetur,
manu propria corroborauimus , anulique nostri inpressione assi-
Data id.iun., anno incarnationis Domini nostri .DCCC XVI. (e),
domni quoque Berengarii (/) gloriosissimi regis .XXIII. (g), indic-
tione .Vili. Actum Papia; in Dei nomine feliciter.
(/;) rupis (e) aquis] emesso (d) statuente. (e) XVI sit rasiera e con inchiostro pììt
scuro, ma della prima mano (/) B. {g) XXIII] il primo I su rasura ed in inchiostro più
denso, ina della ^riina mano.
DKLL ARCHIV^IO CAPITOLARE DI NOVARA
IX.
Berengario re permette a Leone vicedomino della Chiesa di
Novara e a parecchi altri nomini Novaresi di edificare, a difesa
contro gli Ungheri, Un castello nelle loro proprietà e li prende
sotto il suo mundiburdio.
911, luglio 19. Novara.
MoRBio, Storia della città e diocesi di Novara (Milano, 1841), (voi. V
delle Storie dei Municipii Italiani), p. 26 cit.
Iaksch, Op. cit., p. 451-2, n. 8. Reg., recognitio e datatio.
In nomine domini nostri lesu Christi Dei aeterni. Berenga-
rius {ci) diuina fauente clementia rex. Quia regalis celsitudo opres-
sis et necessitatem patientibus subleuationis atque defensionis au-
xilium semaper prebere debet, nouerit omnium fidelium sancte Dei
eclesie nostrorumque presentium scilicet hac futurorum industria,
hos homines, id sunt: Leo iudex domni regis et uicedomino sancte
Nouariensis eclesie, Uuarnempertus scauinus, Petronaus et Teu-
pertus germanis, Domnolo, Benedictus, item Benedictus filius quon-
dam Uuedei, et tercio Benedictus, Angelberius, item Angelbertus,
Ursus, Vualpertus germanis, Aredeo, Peredeo, Dominicus, Stepha-
nus germanis, item Stephanus, Simpertus, Gausus notarius, Vui-
dclbertus et Temteupertus (^), Vualfredus germanis, Teuderadus
habitatores in uico Caliate (i), Vuido de ipso loco, Rimfredus,
Amelfredus et Martinus germanis, Alpertus, Arisusus de uico
Berconate (2) ad nos uenerunt postulantes atque [petjentes, prò
persecucione paganorum atque malorum Christianorum uirorum
(rt) B. {U) sic.
(i) Galliate. Casalis, Diz. VII, 87.
(2) Peniate. Casalis, Diz. XIV, 877.
IL ROTOLO
liccntiam daremus (e) in suoni m proprietatcm castellum hediffi
candì. Quorum pcticionibus prò Dei amore nostreque anime mcr
cede (d) asscnsum prebentcs, ut castrum, propugnacula, bertiscas
ad cxpugnandum, prout uolunt, hedifficent concessimus, per huius
paginam inscriptionis iubentesatque precipientes, ut nullus comcs
uicccomes atque sculdassio nullusque publicus [minister] (e) uel
quelibet (/) magna paruaque persona predictos homines suorum-
que heredes super hoc distringere molestare aut aliquid exqui-
rere, quod iniustum aut contra legem uidetur, aliquo modo prc-
summat, sed liceat eis in ipso castro residentibus prò mercede (d)
anime nostre quiete uiuere absque publica inquietudine, ita ut
nullus audeat (g) in ipso castro eos pignorare aut uiolenter in-
trare aut placitum inibi tenere aut in eorum mansionibus se-
dere absque eorum uoluntate pertemptet, sed liceat eis sub nostro
mundburdo prò mercede (d) anime nostre quiete uiuere et ma-
nere. Si quis autem contra hoc nostrum mundburdum predictos
homines inquietare aut molestare uel pignorare aut angariare
presumpserit uel quicquam, quod iniustum aut contra legem ui-
detur, eis fecerit, .C. libras auri agnoscat se esse compositurum,
medietatem camere nostre et medietatem predictis (h) hominibus
suorumque heredibus uel cui (/) super hoc aliqua fuerit ingesta (/)
molestia. Quod ut uerius credatur [et] (m) diligentius obseruetur,
manu propria roborantes de anulo nostro subter insigniri iussimus.
Signum domni Berengarii serenissimi regis.
Johannes notarius lusso regio recognoui et subscripsi.
Data .XIIII. kal. aug., anno incarnationis dominice .DCCCC
XI. («), domni uero Berengarii serenissimi regis .XXIIII., indic-
tione .XIIII. Actum Nouaria; in Christi nomine feliciter.
(e) daremur (rf) mercedem (e) minister] omesso (/) quislibet (^) t corretto sìi à
(Jì) prediciorum (/) qui (/) ingestum (;«) et] omesso {ti) I si prolunga in alio ; es-
sendo corrosa la parte inferiore non si può distinguere se fosse scritto L.
1
DELL ARCHIVIO CAPITOLARE DI NOVARA 2D
X.
Berengario re, dietro preghiera del conte Grimaldo, conferma
a Leone vicedomino della Chiesa di Novara i possessi e le cose
acquistate od avute in eredità dal padre e dalla madre, e lo prende
sotto la sua prote:(ione colla moglie, colle figlie e figli e persone
dipendenti,
911, agosto 19. Novara.
Iaksch, Op. cif., p. 462, n. 9. Reg. e datiaii.
Rusconi, / conti di Pomhia e di Biandrate secondo le carte Novaresi
(Milano, i885), p. 9 cit.
In nomine domini Dei aeterni. Berengarius diuina fauente
clementia rex. Si fidelium nostrorum peticionibus annuimus more
antecessorum nostrorum sequendo, deuotiores eos ad nostre fide-
litatis obsequium reddimus. Proinde nouerit omnium fidelium
sancte Dei [eclesie] nostrorumque presentium scilicet ac futurorum
deuota soUertia, Grimaldum gloriosum comitem dilectumque fide-
lem nostrum suppliciter nostre pietatis e[x]orasse clementiam,
quatenus omnia munimina et instrumenta cartarum et cunctas
res et possessiones mobiles et immobiles a Leone uicedomino (i)
sancte Nouariensis eclesie inuentas et adquisitas et paterna here-
ditate uel materna successione ad se deuolutas, per hoc nostrum
preceptum corroborare eideni Leoni et heredibus suis usque in
perpetuum dignaremur eumque cum uxore et filiis ac fi^liabus
suis massariis quoque ac libellariis suisque commenditis et liberis
hominibus atque colonis utriusque sexus seruis et ancillis aldio-
nibus et aldianis atque familiis sub nostram perpetuam defen-
(i) Sulla carica del Vice domimis cfr. J. Ficker: Forschtmgen zitr
Reichs und Rechtsgesclnchte Italicns, II, 29 e sgg.
20 "• U(T()\.n
sioncni rccipcremus, omni publica functione remota, (aiìus prccibus
acclinati, cidcm Leoni ac eredibus suis omnia instrufmcnjta car-
tarum et quìcquid ipse Leo iuste et legaliter adquisiuit, donatione
uidclicct, cmptionc, ucnundatione aut alicuius inscriptionis titulo
t:ini in CLirtibus uillis atquc castellis et in castr|is] sancti lulii,
seu omnia que sibi paterna uel materna hereditate succedunt, nec
non undecLimquc et de quibuscamque inuestitus aliquando fuit
tam per cartulas quamque absque cartula presenti auctoritate et
deliberationeconfirmamusin integrum, recipientes eundem Leonem
CLim Lixore et filiis ac fìliabus eius suisque omnibus commendaticiis
ac libellariis uel cartulatis et massariis cum omnibus iuste et
legaliter ad se pertinentibus tam acquisitis quam adquirendis sub
nostrum mundburdum ac regalcm defensionem (a) in integrum.
Precipientcs ergo iubemus, ut nullus dux, marchio, comes,
uicecomes, sculdassio, castaldio, decanus aut aliqua magna parua-
que persona eundem Leonem. de suis rebus disuestire presummat
absque legali iudicio, nemo etiam per uim in suas (b) mansiones
ingredi audeat, ncque suas precarias (e) frangere aut uiolare cone-
tur. Nullus insuper eundem Leonem aut suos homines theloneum,
curaturam uel palificturam (d) aut ripaticum uel quamlibet pu-
blicam dationem dare compellat. Si nero prefatus Leo legem et
iusticiam apud comitem nel suum aliquem missum, qualibet
exigente causa, quesierit et legem non adimpleuerit, quacumque
occasione liceat ei nostrum acclamare palatium. Siquis igitur
hoc nostre confirmationis preceptum et defensionis mundburdum
infringere uel uiolare aut inquietare aliquando temptauerit ,
sciat se compositurum auri optimi libras .C, medietatem kamere
palatii nostri et medietatem predicto Leoni suisque heredibus ac
proheredibus. Quod ut uerius credatur et diligentius obseruetur,
manu propria roborantes de anulo nostro subter adsignari iussimus.
Signum [domni Berengarii] (e) serenissimi regis.
Johannes notarius iussu regio recognoui [et subscripsi] (/).
(.■z) regale defensione (<5) suis (e) sua precaria (d) palifacturam (^) domni Be.
reiigarii] omesso (/) et subscripsi] jmesso.
dell'archivio capitolare di NOVARA 27
Data .XIIII. kal. septembrium, anno incarnationis Dominice
.DCCCCXL, domni uero Berengarii serenissimi regis .XXIIIL,
indictione .XIIII. Actum Nouarie ; in. Dei nomine feliciter, amen.
XI.
Berengario re concede al suo fedele Lupo di innal:;are un ca-
stello nella villa Giirgo presso il fiume Bondeno a difesa contro
gli Ungheri.
(e. 901-913).
La copia incomincia colla inscriptio : mancano le altre formule del
protocollo, parte del contesto e tutto V escatocollo. Per il dettato si con-
fronti il diploma n. XIII.
Il vescovo Pietro di Reggio Emilia ricorre nei diplomi di Beren-
gario.dal 902, luglio 17 (B. i3i8. D. 33) al 9i3, ottobre 8 (B. i35o, D. 72).
Iaksch, Op. cit., p. 461, n. 5. Reg. coli' a. 9o5, credendo Petrus ve-
scovo di Bologna.
....] Quapropter omnium fidelium sancte Dei eclesie nostrorumque
presentiam scilicet ac futurorum nouerit industria, qualiter Petrus
sancte Regensis eclesie uenerabilis episcopus et Alboinus comes
dilecti fideles {a^ nostri suppliciter nostram petierunt maiestatem,
quatinus prò iminenti seuorum Ungrorum uastatione cuidam ih)
suo fideli Lupo (i) nomine concederemus licentiam hedifficandi ca-
stellum in uilla Gurgo (2) super fluuio Bondeno comitatu Regense
cum omnibus instrumentis que ad idem castellum necessaria
noscuntur, uidelicet merulos, fossata, bertiscas (e) atque spizatas.
Cuius peticionem utillimam considerantes ac predicti Lupi fideli-
tatem animaduertentes, ita fieri annuimus, hoc {d) nostre conces-
(<f) fidelis {p) quidam {e) britiscas {d) hec.
(1) Forse- il Lupo del documento gi4, marzo ji, edito dal Tirabo-
scHi: Memorie storiche modenesi, I, Codice diplomatico, p. 96, n. LXXIV.
(2) Di Gurgum territorio cfr. Tiraboschi, Dizionario top.-stor., l,
369-71.
^N H. HOTOI.C}
sionis pragmaticum scribi iubentes, quo (e) cidem Lupo concc-
ilimus liccntiam castcUum hcdifficandi in prcdicto loco cum om-
nibus ncccssariis [instrumcntis] (/) superius postulatis, hac per
hoc largimur ei potestatem facicndi clusas ac (g) edificandi mo-
Icndina in circuitu ipsius castelli et piscationem exercendi. Per-
donamus quoque tam ipsi Lupo quamque et libcllariis et reli-
quis hominibus suis, ut ad nullum placitum comitis aut sculdassii
uadant aut legem faciant nisi [in] (/?) presentia nostri missi.
Permittimus ctiam pretaxatum Lupum habere potestatem de Pado
in Gonzaga (i) et de Gonzaga in Bondilum (2) deducendi naui-
gium tam Ueneticorum quam reliquorum hominum (3). Preterea
donamus potestatem inibi faciendi annuales mercationes et per-
donamus omnem publicam redibitionem uel exibitionem , ut
nullus rei publice minister habeat liccntiam inibi aliquam re-
dibitionem (0 uel exibitionem exigere, sed liceat ei suisque here-
dibus ac proheredibus idem castellum cum ipsis mercationibus in
nostra mercede sine omni publica inquisitione habere ac quieto
ordine possidere.
(f) qui (yi) instrumcntis] omesso (g) ad (Jt) in] omesso (/) reditionem.
XIL
Berengario re, dietro istan:{a del genero e marchese Adalberto
e del marchese Grimaldo, concede al viceconte Aiitberto un manso
nella corte Cairo nelV isola Sparvara.
(e. 9i3).
Adalberto^ marito di Gisla figlia di Berengario, ricorre come inter-
veniente col marchese Grimaldo anche nel diploma 918, gennaio 26
(D. 68) : " petitione Aldeberti gloriosissimi marchionis et dilectissimi ge-
(i) Gonzaga fiume, cfr. Tiraboschi, Diziottario top.-stor., I, 355.
(2) Bondeno, cfr. Tiraboschi, Dizionario top.-stor., I, i5i-3.
(3) Cfr. L. ScniAPARELLi, Diplomi inediti dei secoli IX e X (estratto
dal Bidlettino dell" Istituto storico italiano, n. 21) doc. IV, p. 16.
\
DELL ARCHIVIO CAPITOLARE DI NOVARA
neri nostri et Grimaldi illustris comitis fidelium nostrorum „, clr. Dumm-
LER, Gesta Berengarii, 84 e 35, nota i.
Iaksch, Op. cit., p. 453, n. i5. Reg.
Darmstadter, Op. cit., p. 195 cit.
In nomine domini Dei eterni. Berengarius {à) gratia Dei rex.
Nouerit uniuersorum fidelium sancte Dei eclesie nostrorumque
presentium scilicet et futurorum industria, Adalbertum gloriosum
marchionem dilectumque generum nostrum atque Grimaldum
illustrem comitem atque karissimum fidelem nostrum nostrani
humiliter impetrasse clementiam, quatenus quendam mansum,
situm de comitatu Laumellino pertinentem uidelicet de curte
ciusdem comitatus que {h) dicitur Cario (i), locatum quoque in
insula Sparoaria et rectum atque laboratum per lohannem seruum
ad eundem mansum pertinentem, cum omnibus apenditiis et
pertinentiis suis una cum ipso lohanne et uxore et filiis ac filia-
bus suis Autberto uicecomiti iure proprietario hac nostra aucto-
ritate concedere perhenniter dignaremur. Quorum precibus an-
nuentes, iam dictum mansum in prenominata insula existentem
et de iam fata curte Cario hactenus pertinentem cum omnibus ad
se pertinentibus, casis uidelicet, terris, uineis, campis, pratis, sil-
uis, salectis,sationibus, aquis, aquarunque decursibus, molendinis,
piscationibus, runcuris, stalariis, paludibus, cultis et incultis, diuisis
et indiuisis, una cum eodem lohanne et uxore ac filiis et filiabus
suis seruis quoque et ancillis et cum uniuersis legalibus pertinen-
tiis ad se pertinentibus pretaxato Autberto uicecomiti proprieta-
rio nomine concedimus et largimur ac de nostro iure et dominio
in eius ius et dominium omnino transfundimus ac dele^am^usad
iibendum, tenendum, uendendum, commutandum et quicquid
uoluerit faciendum, omnis potestatis contradictione remota. Si
(rt) B. (^) qui
(1) Cairo. Cfr. Robolini, Notizie appartenenti alla storia della sua pa-
tria, III, 386.
3o 11^ BOTOLO
quis ergo (i) [hoc nostre concessionis preceptum infringere nel
molare qiiandoque tcmptauerit, sciai se compositurum atiri optimi
libras .XL., mcdietatcm kamere nostre ed medietatem prcdicto
Autberto nel cui ipse ìiabere concesscrit nel statuerit. Quod
ut uerius credatur diligentiusquc ab omnibus obseructur, manu
propria roborantes de anulo nostro subter sigillavi iussimus].
xiir.
Berengario concede a Leone vicedomino della Chiesa di No-
vara, dietro intervento del vescovo di Pavia Giovanni e del mar-
chese Odelrico, di innal:{are castelli nei luoghi di Pernate, Ter-
dobbiate, Canteri e Galliate per difesa contro gli Ungheri.
(e. 911-915, dicembre).
Mancano la corroborafio e le formule dell' escafocoUo.
U invocaiio non trova altri esempi nei diplomi di Berengario e del
periodo anteriore ; compare solo nella cancelleria di Guido e di Lam-
berto. Jl medesimo dettato presentano i diplomi n. XI e XVIII. Odel-
rico ricorre spesso come interveniente nei diplomi Berengariani : 911,
ottobre 28 (B. 1845, D. 64) " nostrum karissimum fidelem et nobilem
virum,,; 917, agosto 27 (D. 84) " illuster marchio sacrique pallacii no-
stri Comes et dilectus fidelis noster „ ; 920, luglio i (B. i36i, D. 92) " in-
cliti marchionis sacrique palacii nostri gloriosi comitis „ ; 920, novembre
(D. 83) " Grimaldum et Odelricum illustres comites et dilectos iìde-
les „ negli altri è detto sempre marchio. Cfr. Dlìmmler, Gesta Beren-
garii, p. 27, nota 4.
Iaksch, Op. eli., p. 462, n. 10. R'g.
A. Rusconi, Op. cit., p. 7 cit. coli' a. 912, luglio 19 (?).
In uirtute et misericordia omnipotentis Dei. Berengarius (<i)
gratia Dei rex. Si fidelium nostrorum peticionibus regalis mimi-
ca) b.
(i) Nel rotolo il testo termina con : si quis ergo. Require ut siipra.
Il documento che precede è quello del 918, nov. i3, n. XIX, p. 41; ri-
ricorrendo a questo completo la miiiaiio ed
dell'archivio capitolare di NOVARA 3l
iìcentie effectum inpendimus, deuotiores eos ad nostra obsequia
reddimus et ad eterne retributionis munera proficere nobis non
dubitamus. Quapropter omnium [fldelium] (b) sancte Dei eclesie
nostrorumque presentium scilicet ac futurorum comperiat indu-
stria, qualiter Johannes sancte Ticinensis eclesie uenerabilis epi-
scopus et Odelricus comes et marchio sacri palatii nostri consilia-
rius fideles (e) nostri suppliciter nostram petierunt maiestatem,
quatinus prò iminenti (d) seuorum Ungrorum uastacione cuidam
tideli nostro Leoni sancte Nouariensis eclesie uicedomino in pro-
priis suis rebus finibus Plumbiensis comitatus in uocabulis, uillulis,
id sunt: Peronate (i), Terdoblade (2), Gammari (3) et Galiade (4)
concederemus licentiam hedifficandi castella in predictis locis cum
omnibus instrumentis que ad eadem (e) castella necessaria noscun-
tur, uidelicet merrulos, fossata, bertiscas atque spizatas. Quorum
petitionem (/) utillimam considerantes ac predicti Leonis fidelita-
tem animaduertentes, ita fieri amiuìmus, hoc (g-) nostre conces-
sionis pragmaticum scribi uibentes, quo (/z) eidem Leoni conce-
dimus licentiam castella hedifficandi in predictis locis cum om-
nibus necessariis instrumentis superius postulatis, et (/) per hoc
largimur ei (/) potestatem (m) inibì faciendi annuales mercatio-
nes, et perdonamus omnem publicam reddibitionem omnemque
theloneum uel exibitionem (n), ut nullus rei publice minister ha-
beat licentiam inibi aut ubicumque in eiusdem rebus suiscumque
pertinentibus predictam redibitionem uel exibitionem exigere, sed
liceat ei suisque heredibus ac proheredibus eadem (o) castella cum
ipsis mercationibus in nostra mercede sine omni publica inquisi-
cione habere tenere ac quieto ordine possidere. Si quis autem
contra hoc (p) nostre concessionis preceptum agere temptauerit.
(/') fidelium] .ììncsso (e) fidelis (d) iminentis (e) ad id idem (_/) peticionibus
(g-) hec (A) qui (/) ut (/) et (w) ei inibi («) redibitionem (<?) idem (/) bec.
(1) Pernate, cfr. Casalis, Diz.^ XIV, 877.
(2) Terdobbiate, „ „ „ XX, 8ii-i3.
(3) Cameri, „ „ „ III, 357-8.
(4) Galliate, „ „ „ VII, 87 e seg.
II. KOTOLO
sciat se compositurum auri optimi libras .LX., medietatem kamere
palarli nostri et medietatem scpedicto Leoni suisque heredibus nel
qui bus ipse concesserit.
XIV.
Berengario re dona al vescovo Giovanni di Pavia una pubblica
strada accio possa innalzare presso la pieve di Celavinnio (Cila-
vegna) (?) una difesa contro gli Ungheri e gli concede eseniioni.
(e. 911-915, dicembre).
Manca 1' cscafocoUo.
Iaksch, Op. cit., p. 452, n. II. Reg.
DiiMMLER, Geschichtc dcs osi, Rcichcs, 2 Aiifl. Ili, 509, nota 3 cit.
In nomine domini Dei aeterni. Berengarius {a) gratia Dei
rex. Si sacris fidelium nostrorum precibus ad uenerabilia sanc-
torum loca ex rebus publicis more predecessorum regum uide-
licet et imperatorum quelibet dona conferre gratanter studueri-
mus, id nobis procul dubio ad anime nostre salutem et ad uitam.
capescendam proficere confidimus sempiternam. Quapropter om-
nium fidelium sancte Dei eclesie nostrorumque presentium scilicet
ac futurorum comperiat sollertia, qualiter lohannes sancte Tici-
nensis eclesie uenerabilis episcopus deprecatus est nostram clemen-
tiam, ut ei concederemus, quatinusipse circa plebem sue eclesie que (b)
nuncupatur Celauinnio (i) quandam munificentiam constitueret ob
timorem Ungrorum, qui pene omnes Italie eclesias ad nihilum redie-
(«) B. {Ò) qui.
(i) Forse Cilavegna. Cfr, Robolini, Notizie appartenenti alla storia
della sua patria, III, 877; Casalis, Dis., v. 219.
DELL'ARCHIVIO CAPITOLAKE DI NOVARA
runt (e). Nos ucro iustam eius considerantes peticionem, ob amorem
Dei ita fieri annuimus uiamque publicam ei concessimus ad eandem
munificentiam construendam. Precipientes ergo iubemus, ut nullus
exactor rei publice infra eandem firmitatem teloneum accipere aut
placita tenere uel hominem distringere aut mansionaticum dare
presummat, sed liceat eos, qui ibi habitant, pacifice ac quiete ui-
uere [et] (d) sine omnium nostrorum [hominum] (e) molestacione
degere, sitque in potestate prenominati presulis sueque eclesie. Si
quis nero quoquo tempore contra hoc nostre donationis et libere
concessionis preceptum insurgere aut contraire temptauerit, sciat
se compositurum iam diete eclesie parti auri optimi libras .XX.,
medietatem palatio nostro et medietatem supradicto presuli sueque
eclesie. Quod ut uerius credatur et a nostris fidelibus diligentius
obseruetur in posterum, manu propria subter roborauimus et
anuli nostri impressione insigniri iussimus.
(e) sic ((f) et] omesso (e) hominum] omesso.
XV.
Berengario re dona, ad istan:[a di Bertilla regina e di Odone,
or te Ronco nel comi
caie al conte Grimaldo.
la corte Ronco nel comitato Lodigiano ed il increato di Vimer-
(c. 911-915, dicembre).
Grimaldo ricorre come conte nei diplomi Berengariani dal 01 1 al
921. (Cfr. DiJMMLER, Gesta Berengarii, p. Sg, nota i).
11 testo viene troncato colle parole : " atque donamus ad habendum
tenendum „ della disposino.
Edito da Porro Lambertenghi nel Codex dipi. Lang., 787-8 nu-
mero CCCCLV " ex apogr. in Arch. cathed. Novariae „, ma in verità
dipende dalla copia del Frascone.
In nomine sancte et indiuiduc trinitatis. Berengarius (rt)
diuina fauente clementia rex. Nouerit omnium fìdelium sancte
(^) B.
Ardi. Stor. T.omb. — Anne XXVU. — Fr.sc. XXV. 3
^4 IL ROTOLO
Dei eclesic nostrorumque presentium scilicct ac fiiturorum [indu-
stria] (b), Bcrchtilam dilcctissimam coniiigcm nostrique [regni] (e)
consortcm ncc non et Odoneni illustrcni uiriim dilcctumcjue fidc-
Icm nostrum suppliciter nostrani exorasse clementiam, quatcnus
quandam curtem quc (d) nominatur Runco (i), pertincntem de
comitatu Laudensi sitam in eodem comitatu adiacentem iuxta
liuuium qui dicitur Brembio non longe a fluuio Lambro, cum
omnibus adiacentiis et pertinentiis suis nec non et Petrum seruus (e)
eiusdem comitatus, qui in ipsa curtc habitare uidetur, filium
quondam Landoni de vico Antoniano cum uxore et filiis ac
tiliabus suis seu quicquid ad comitatum Laudensem pertinet
de mercato quod dicitur de Vicomercatum cum teloneo uel
censu aut redibitionibus cum omni curatura sua et terram que
ad eundem mercatum aliquo modo pertinet simul cum mansionibus
et omnibus ad se pertinentibus Grimaldo glorioso comiti iure pro-
prietario concedere dignaremur. Quorum precibus aclinati, preno-
minatam cortem Runcum cum tota (/) domo cultili (g") sui omni-
busque masseritiis atque familiis utriusque sexus, seruis et ancillis,
aldionibus et aldianis, casis uidelicet, terris, uineis, campis, pratis,
siluis, pascuis, saleclis, sationibus, aquis aquarunque decursibus,
molendinis, piscationibus una cum prenominato Retro seruus (e)
eiusdem comitatus, qui ibidem habitare uidetur, seu quicquid ad
eundem comitatum pertinere dinoscitur de mercato quod dicitur
de Vicomercato cum teloneo, districtionibus, reddibitionibus at-
que censu (h) seu cum omni curatura sua et terra ac mansionibus
exinde iuste et legaliter pertinentibus iam dicto Grimaldo comiti
in integrum presenti auctoritatc concedimus et largimur et de
nostra potestate in suam potestatem transfundimus atque dona-
mus ad abendum, tenendum , [uendendum, commutandum et
quicquid uoluerit faciendum, omnis potestatis contradictione re-
mota] (/).
(ó) industria] omesso (e) regni] omesso (d) qui (e) sic (/) toto (^) cultuli (/t) in
censu (z) completo secondo il documento n. XII, pag. 25.
i) Cfr. DarmstadteR; op. cit., p. 171.
DELL ARCHIVIO CAPITCLARE DI NOVARA .0 ?
XVI.
Berengario re, aderendo alle istante di Giovanni vescovo di
Pavia e del marchese Grimaldo, conferma alle canoniche di S. Ma-
ria Vergine e di S. Gaiiden:{io di Novara le precedenti conces-
sioni di Lodovico II Carlomanno e Carlo III, e dona due mansi
in Nibbiole, comitato di Pombia, alla canonica di S. Maria.
(e. 911-915, dicembre).
La copia è mancante della signatio, della recognitio e della datatio.
Si conoscono le concessioni fatte alla Chiesa di Novara da Lodo-
vico II, 854, giugno 5 (MiJHLBACHER, 1162) e da Carlomanno, 877, ot-
tobre 29 (MùHLBACHER, 1484) ; ma non si fa cenno dei canonici di S. Ma-
ria Vergine e di S. Gaudenzio. I tre diplomi confermati col presente
andarono perduti.
Iàksch, Op. cit., p. 482, n. 12. Reg.
A. Rusconi, Op. cit., p. 8 cit.
Darmstadter, Op. cit., p, 229 cit.
In nomine domini Dei eterni. Berengarius gratia Dei rex.
Si ea que a {a) nostris predecessoribus sacris ac uenerabilibus
locis ob aeterne beatitudinis meritum collata sunt, inuiolabili
stabilitate roboramus, patrocinari nobis omnium sanctorum me-
rita credimus ac per hoc eorum fruì consortio Domino largiente
minime diffidimus. Ideoque uniuersorum catholice eclesie fidelium
nostrorum presentium ac futurorum comperiat celsitudo, qualiter
lohannes uenerabilis sancte ac specialis matris nostre Ticinensis
eclesie pontifex ac Grimaldus gloriosus comes illustrisque sacella-
rius noster nostre suppliciter accesserunt maiestati suggerentes,
quatinus prò honorum omnium Largitoris amore ac perpetue
atque orribilis pene euasione roborare dignaremur per nostri
pragmatici titulum omnes res mobiles ac immobiles canonicarum
(rt) ad.
(') IL ROTOLO
sancic Dei i^cnctricis et eterne uirginis Marie ac Christi contessoris
nec 111)11 et cximii doctoris Gaudentii Nouaricnsis episcopi, siciit
a beate memorie Hludouuico et Caiiomanno ncc non et Karolo
insignibiis augustis, quorum prosapie nostra coruscat origo, per
corum prccepta et statuta cisdcm (b) reucrendis locis et canonica-
bus in intcgrum sunt dcuolute ad ctcrnam possessionem et ibidem
Deo famulantium consolationem, simul aetiam flagitantes preli-
bati fideles (e) nostri, ut per hoc (d) idem sublimitatis preceptum
confirmarc non respueremus ipsis uenerabilibus locis quicquid
ab cxordio carundem canonicarum usque in prescns tempus uel
in futurum a rcliquis Dei fidelibus ibidem collatum est aut colla-
tum fuerit ad solamen uel refectionem illic Deo militantium.
Pretereu quidcm h umili deuotione poposcerunt memoratus anti-
stcs ac insignis saccllarius nostcr, ut per huius precepti paginam
prelibate (e) kanonice sancte Dei genctricis ac uirginis Marie do-
nare dignaremur iure proprietario mansos duos in uiila Ncbiole
actenus pertincntes de comitatu Plumbiensc cum omni eorum
integritatc. Quorum pcticionibus aclinati, omnia secundum eorum
precum tenorcm fieri annuimus, hanc nostri (/) roboris et alacris
donatiui paginam (g) scribi iubentes, per quam prescriptarum
eclesiarum canonicabus roboramus (/z) et perpetua stabilitate ful-
cimur (/) omnes res mobiles et immobiles, seruos et ancillas, nec
non et aldiones et aldianas que per precepta uel instituciones
prescriptorum augustorum uel aliorum nostrorum predecessorum
ac etiam sancte Dei eclesie aliorum lidelium instrumenta carta-
rum collata sunt secundum earundem scriptionum decretum. Per
quod etiam nostre mansuetudinis robur concedimus et perdona-
mus predicte canonice sancte Dei Genetricis et uirginis Marie
prenominatos duos mansos in uilla Nebiole cum omni eorum
integritate, uidelicet cum terris, uineis, campis, pratis, pascuis,
siluis, stalariis, ripis (/), rupinis, coltis et incoltis, aquis, aqua-
rumque decursibus, seruis et ancillis, reliquisque uniuersis eorum
pertinentiis, sicut actenus iuri regni nostri pertinuerunt aut per-
(ó) easie,n (e) nJelis (d) hac (e) prelibatis (/) iiostris (g-) la seconda a cor~
retta su e (/i) roboramur (?) fulcimus (/) rupis.
dell'archivio capitolare di NOVARA Z'J
tinnisse inaente fuerint, eidem uenerabili loco delegantes ac de
nostro iure et potestate in eorundem ius et dominÌLim transfun-
dentes (nz) et perdonantes, qui in sepe dieta canonica prò tempore
canonici extiterint, absque magnarum paruarumque personarum
deminoratione nel molestatione. Si quis autem contra oc nostre
munificentie preceptum agere inuentus fuerit, .C. libras auri com-
ponere cogatur, medietatem palatio nostro et medietatem sepedicte
kanonìce. Quod ut uerius credatur diligentiusque obseruetur ab
omnibus, manu propria roborantes ex anulo nostro subter iussi-
mus insiiiniri.
t
(;«) transfundante.?.
XVII.
Berenu;ario re, ad intercessione della moglie Anna, dona ad
Ervino nipote del vescovo Dagiberto un manso nella villa Evu~
rio, corticella Beura, comitato D'Ossola.
(e. 911-915, dicembre).
Bertilla figura come interveniente nei diplomi di Berengario dal-
l' 890, novembre 3 (B. 1298, D. 7) al 910, luglio 27 (B. 1341, D. 5g) ;
Anna, seconda moglie, nel 920, settembre 8 (B. i363, D. 96) e 928
(B. 1871, D. io5). Cfr. DùMMLER, Gesta Beren.garii, p. i3, nota 2.
Il presente diploma porrebbe il matrimonio con Anna prima del-
l'elezione di Berengario ad imperatore, prima cioè del dicembre qi5;
ma abbiamo un diploma (916-920) (i) per la Chiesa di Verona, nel quale
ricorre ancora Bertilla: " interventu ac petitione coniugis nostre Ber-
tille „. Sull'autenticità di questo documento non vedo possa sollevarsi
alcun dubbio : venne anche utilizzato per il diploma di Ottone II del
giugno 988 (SiCKEL, Otto II, n. 3o5). Il fatto si spiega riferendo l'inter-
(1) Edito in pr.rte da Dionisi, De jUdoiie ri .Xofii/i^o, p. 3o. Cfr. Carlo
Cipolla, Vcrzciclìiiis der Kaiserurkimden in deii Archiven Veronas (Mii-
theiliingiìi dcs Instititts fiir òsi. Geschichtsforschiuig. II), n. 48 e nota j.
38 H, KOTor.o
vento di Bcrtilla a\V naione (Handlung) del documento stesso (i). Tra
r njsione e la promu/^iraziotie o liocimientaziom trascorse un periodo di
tempo nel quale morì la regina Bcrtilla: il presente diploma attesta
rhe essa morì assai prima del dicembre 9i5.
Edito da E. Bianchetti, L'Ossola inferiore, II, p. 9, n. Ili; I, 85 cit.
Iaksch, Op. cit., p. 453, n, 14. Re^.
Darmstadtfr, 0/>. cit., p. 23i cit.
In nomine domini Dei eterni. Berengarius {a) gratia Dei rex.
Nouerit omnium fidelium nostrorum prcsentium scilicet et fu-
turorum industria, qualiter Anna dilectissima coniuncx nostram
adicns ex«ellcntiam obnixe (b) deprecata est, cuidam fidcli nostro
nomine Heruino nepoti reuercntissimi (e) presulis {d) Dagiberti
episcopi quoddam mansum in uilla Euurio (2) situm (e) actenus
pertinens de comitatu Oxilense de corticclla scilicet que nomina-
tur Beura (3) cum omnibus sibi pertinentibus uel aspicientibus
nostre auctoritatis iure proprietario concederemus. Cuius preccs (/)
libentissime suscipientes, quod petiit prò amore Dei et mercede
anime nostre ac etiam et deuotionem et fidelitatem iam dicti fi-
delis nostri Heruini [animaduertentes] {g) benigne et libenti (h)
animo iure proprietario concedimus, predictum mansum ex in-
tegro de iure et dominio nostri regni in ius et potestatem pretaxati
Heruini per hoc nostre concessionis preceptvm (z) in omnibus mo-
dis transfundimus, cedimus atque donamus ad abendum, tenen-
dum, uendendum, commutandum et quicquid uoluerit faciendum,
totius potestatis contradictione remota. Si quis ergo (4) hoc nostre
concessionis precejptum infringere nel molare quandoqiie tempta-
iierit, sciai se compositurum auri optimi libras .XL., [medietatem
(rt) B. (ò) obnoxe (e) reu (d) presuli (e) sitam (/) precibus (^) animad-
uertentes] omesso (/«) libent, cioè libenter (?) v corretta sii o ; tra preceptum ed in vi è
lina q scritta per errore e non cancellata.
(1) Cfr. Kehr, Die Urkunden Oitos III, p. 2i5, nota i.
(2) Nel diploma Ottoniano 969, aprile 18 (Sickel, Otto, I, Syi) è
ricordato il comitato Evoricnsi.
(3) Casalis, Dizionario, II, 272-3.
(4) Il testo termina con : Si quis ergo, cui segue : Require ut supra.
Il documento che pi ecede è il n. XII, vedi pag. 3o, nota i.
dell'archivio capitolare di NOVARA 3o
kamere nostre et medietatem predicto Heruìno nel cui ipse habei^e
concesserit nel statuerit. Quod ut iieriiis credatur diligentiiisque
ab omnibus obseruetur, marni propria roborantes de anulo nostro
subter sigillari iussimus].
XVIII.
Berengario re concede a Girolamo subdiacono di Pavia, .die-
tro intervento del conte Vi/redo, di tenere increato nel suo castello
nella villa Figaria e di esigere quanto spettava al regio fisco,
(e. 912-915, dicembre).
La copia è incompleta, mancano: invocatio, intitulatio, corroborano
ed escatocollo. Cfr. per il dettato i diplomi ai numeri XI e XIII.
Il conte Vifredo è nominato anche nei diplomi 912, giugno 9 (B.
1846, D. 65) e 921, febbraio 20 (B. i366, D. 100). Era conte di Piacenza
€ fratello della regina Bertilla. (Cfr. Dììmmler, Gest. Bereng., 26, nota 4).
Iaksch, Op. cit., p. 452, n. i3. Reg.
....] Si fidelium nostrorum peticionibus regalis munificen-
tie {a) effectum inpendimus, deuotiores eos ad nostra obsequia
reddimus et ad eterne retributionis munera proficere nobis non
dubitamus. Quapropter omnium sancte Dei eclesie nostrorum-
que fidelium presentium scilicet ac futurorum comperiat indù-
stria, eo quod ob immensas seuorum Ungrorum persecutiones, no-
stra accepta licentia (i), leronimus sancte Ticinensis eclesie sub-
diaconus in propriis rebus suis fìnibus comitatus Ticinensis uilla
Figaria (2) castellum hedifficauit. Unde per Uuifredum commi-
tem nostrumque consiliarium suppliciter nostre accessit maie-
stati postulans, quatinus idem castellum sub regalis nostre tuitionis
mundburdo susciperemus, ac per {b) nostre concessionis paginam
(rt) munificentia (/>) per] aggiunto interlinearmente da prima mano.
(1) Diploma perduto.
(2) Cfr. RoBOLiNi, Notizie appartenenti alla storia della sua patria, III
25o, 253, 386.
.10 IL ROTOLO
mcrcatum inibi fieri pcrmitteremus. Nos itaqiic consideranlcs
ratam prefati Uuifrcdi comitis dilcctiquc consiliari! nostri pe-
ticioncm ac prcdicti Hieronimi subdiaconi fidclitatem conti-
nuumquc eius in nostro obsequio seruitium ita fieri annuimus,
lioc nostrum preceptum fieri iubentes, per quod concedimus scpc
nominato Hieronimo snbdiacono in suprascripto (e) castello mer-
catum facere uel negotiatoribus aut quibusque hominibus, cum
oportunum fuerit, ncgotiationum commertia tam infra idem ca-
stcllum quam circa exhiberc, ita quidcm ut quicquid (d) ex
mercimoniis quam ex quacumque causa ad nostram regiam par-
tcm a re publica (e) exigi debuit , ad partem suam prefatus
Hieronimus subdiaconus uel quibus ipse dederit proprietario iure
cxigant ac rcquirant , omni nostra successorumque nostrorum
seu publica molestacione ac cuiuslibet persone inquietudine re-
mota; nostrum insuper mundburdum fieri precipientes, ut nullus
presul, dux, comes aut quilibet rei publice minister uel regni
nostri magna paruaque persona in eodem aut circa nominati
Hieronimi subdiaconi castello (/) mansionaticum habeat uel pla-
citum teneat seu teloneum aut aliquam functionem pubblicani
exigere presummat ac neque infra circaque eandem munitionem
aliquam molestiam pretaxato leronimo suisque hominibus uel
eiusdem castelli habitatoribus ingerat, sed in nostra mercede pre-
fatum castellum pacifica possideat, omni molestacione aut inquie-
tudine uel inuasione cuiuscumque hominis repulsa. Si quis autem
contra hoc nostre concessionis preceptum uel tuitionis mundbur-
dum agere temptauerit, sciat se compositurum auri optimi libras
.LX., medietatem palatio nostro et medietatem sepedicto Hiero-
nimo subdiacono (g) uel quibus ipse concesserit.
(e) soscripto (<^/) quiquid (<?) ab rem publicam (_/) s/c (^) indici.
DELL ARCHIVIO CAPITOLARE DI NOVARA 4I
XIX.
Berengario imperatore concede al diacono Rotgerio di Pavia
licenza di edificare sopra una via pubblica della città presso la
Chiesa di S. Tecla ed il monastero del Senatore.
918, novembre i3.
Il daimn è scorretto nell'anno dell'impero: concordano Tanno di
incarnazione e Y indizione. Nei diplomi di Berengario anche dopo il
9i5 Tanno di regno perdura, salvo rarissime eccezioni, immutato in
XXVIII. In appoggio alTanno 918 e non 919, come richiederebbe Tanno
IV di impero, si può ancora notare che dal 18 dicembre 918 (9i5) al 17
novembre 919 abbiamo solo quattro diplomi e tutti riconosciuti da Er-
menfredo. Cfr. pag. 48.
La copia non ci oftre né T actum né T adprccatio.
Edito da Porro Lambertenghi in Codcx dtplom. Langob., 83o-i,
n. CCCCLXXXI " ex apogr. in Arch. Cathedr. Novariae „, cogli errori
e colle lacune come nella copia del Frascone.
In nomine domini Dei aeterni. Berengarius {a) dìuina fauente
clcmentia imperator augustus. Nouerit uniuersorum fidelium
sancte Dei eclesie nostrorumque presentium scilicet ac futurorum
industria, Odelricum gloriosum marchionem dilectumque fidelem
nostrum humiliter [nostrani] (b) exorasse clementiam, quatenus
Rotgerio sancte Tìcinensis eclesie diacono licentiam hedifficandi
et construendi quodcumque {e) uellet hedifficium supra quandam
uiam pubblicani iuxta mansionem loliannis {d) qui et Bono et
niansionem Dagiberti presulis {e) infra ciuitatem Papiam non
longe ab eclesia sancte Tede (i) et monasterio Senatoris, que
(rt) B. (('') nostrani] omesso (t") quocumque ((/) lohanni {e) presuli.
(i) CiV. RoBOLiNi, Notizie apparicìinti alla storia ddla sua patria
IV, li, p. 116, 268.
42 IL HOTOI.O
cxtcnditur per lon^itiidincm pcdes quinquaginta et .1111.'"', conce-
dcrcmus. Cuius precibus aclinati, iam nominato Rotgerio diacono
liccntiam et potcstatcm hedifficandi et construendi supra prescrip-
tam uiam publicam iuxta prefatam mansionem lohannis (i) qui
et Bono et mansionem iam dicti (/) Dagi berti (g) presulis (e)
infra Papiam urbem (i) non longc ab cclesia [sancte] (/?) Tede
et monasterio Senatoris quodcumque uoluerit hedifficium ad suam
utilitatem peragendum et pilas figendum et murum atque arcum
uolutum subtLis hidem hedifficium in eadem uia faciendum per-
petuo ivrc (/) per hoc nostrum imperiale preceptum , ita tamen
uti aditus publicus nullatenus intercludatur, concedimus et per-
donamus ac de nostro iure et dominio in eius ius et dominium
omnino transfundimus ac delegamus (/) ad abendum, tenendum,
uendendum, commutandum, alienandum, prò anima iudicandum
et quicquid uoluerit faciendum, totius potestatis contradictione
remota. Si quis ergo hoc nostre [concejssionis preceptum infrin-
gere uel uiolare quandoque temptauerit, sciat se compositurum
a uri optimi (m) libras .XL., medietatem kamere nostre el medie-
tatcm predicto Rotgerio uel cui ipse habere concesserit uel sta-
tuerit. Quod ut uerius credatur diligentiusque ab omnitjus ob-
seruetur, manu propria roborantes de anulo nostro subter sigil-
lari iussimus.
Signum domni Berengarii (a) serenissimi imperatoris.
Johannes episcopus et cancellarius imperiali iussu recognoui (;2)
[et subscripsi] (o).
Dataid. nouemb., annodominice incarnationis.DCCCCXVIIL,
domni uero Berengarii (^) regis .XXVIIII., imperii autem sui .IIII.,
indictione VII....
(/) Jicto (^) Dagiberto (k) sancte] omesso (/) v corretto su o (/) deligamus colla
e corretta sit a (;«) auro optimo («) recognouit (^) et subscripsi] manca (/) B. e
segtie rasura di alcwie lettere, forse di: gloriosissimi.
(i) Sulle case o possessi dei vescovi d^ Italia in Pavia cfr. Robolini,
op. cit., XXX, II, 149 e sgg. Non è ricordato il possesso del vescovo
dell'archivio capitolare di NOVARA 48
XX.
Berengario imperatore, dietro preghiera del marchese Odel-
rico, dona a Rotkerio diacono di Pavia un manso nel vico Gepuli,
comitato di Bulgaria, ed un prato nel luogo detto Gulia, e gli
concede il diritto di caccia e di pesca da Cassolnovo al porto di
Trecate.
919, ottobre 14. Ivrea.
Finora conosciamo cinque diplomi riconosciati da Ermenfredo cap-
pellano dell'imperatore. Nel presente vien chiamato 7fo/^r///5; in Bòh-
MER^ 1359 (a. 918, 18 dicembre), in Dummler, 90 (918, dicembre 26) e
BòHMER, i358 (919, novembre 17) capellanus ; cancellariiis invece in
BòHMER, 1871 (a. 928).
La minatio e la corroborano si scostano dall'uso della cancelleria
Berengariana. Nella prima di regola si indica determinatamente che
metà della multa venga devoluta al fisco e metà al destinatario del
documento o a chi per esso; come eccezioni vanno ricordate: 888,
marzo 21 (Dììmmler, i); 912, giugno 9 (B. 1846, D. 65).
Il datimi è errato nell' indicazione del giorno : si legge : XVIIII
hai. Nov. invece di prid. id. Oct. Probabilmente l' ingrossatore — e
questo sbaglio può ascriversi all' originale — suppose gli idi di otto-
bre al i3 (i).
Iaksch, Op, cit,, p. 454, n. 17. Regesto, recognitio e datatio.
A. Rusconi, Op. cit., p. 8, nota 4 cit.
Darmstadter, Op. cit., p. 195, nota 2, estr. con XVIII kal. Nov.
N. Colombo, Alla ricerca delle origini del nome di Vigevano (Novara,
1899), p. 99, nota, estr.
In no r.ine sancte et indiuidue Trinitatis. Berengarius diuina
fauente clementia imperator augustus. Ad hoc diuina pietate
imperiale decus nos susscepisse credimus, ut Deo famulantibus
munificentiam inpendere non negemus. Idcirco omnium fidelium
nostri imperii presentium scilicet ac futurorum nouerit sollertia,
(i) Cfr. per simili errori in altri diplomi: Sick^i^, Beitrage zur Di-
plomatik, VI (Wiener Sitzungsber .LXXXV., 486); Ficker, Beiirlige ziir
Urkimdenlehre, I, 36; Kehr, Die Urkinidcn Ottos III, i55, nota 4.
44 IL ROTOLO
CO quod Odclricus tìdelissimus marchio nostcr (a) scrcnitatis nostre
clcmcntiam petiit, quatinus cuidam sanctc Ticinensis eclesie
diacono Rothkherio nomine concedere dignarcmur per pictatis
nostre prcccptum hoc est mansum unum situm in vico Gepuli
adiaccntcm in Vii^inticoloiiin' (i; commitatu Bulgariensi et in-
supcr pratum unum in loco qui Gulia (b) (2) dicitur ad eundem
pertinens comitatum atque uenationem et piscationem infra et
in circuitu (e) Ticini a uico Cassioli (3) usque ad Trecautinum
uadum (4), ut sibi suisque hominibus libere uena[ri] atque pi-
scari inibi liceat. Nos uero tam prò omnipotentis Dei amore
u_Liamque etiam prò anime nostre omniumque parentum nostro-
rum absolutione seu etiam pretaxati fide][is nostjri peticione con-
cedimus atque iubemus, ut supradictum mansum (d) cum omni-
bus ad se pcrtinentibus, terris, uineis, pratis, pascuis, montibus,
uallibus, siluis, a[quis], aquarumque decursibus, exitibus et ingres-
sibus (e)y mobilibus et immobilibus, seu quicquid in eisdem rebus
dici uel nominari potest, totum et ad integrum una cum iam
dicto prato, diclaractionem (/) uenationis et piscationis predictus
diaconus habeat, teneat atque possideat absque alicuius contra-
dicentisobstaculo, liberalissimaque de prefatis rebus potestate per-
fruatur, tradendi scilicet, uendendi, commutandi, seu quicquid
exinde sibi libuerit faciendi. Si quis autem contra hoc muniti-
centie nostre preceptum insurgere nisus fuerit, sciat se composi-
turum auri obrizi libras .L., nisu inani et uacuo existente (5).
(a) Segue un piccolo spazio in bianco, ma non si scorge traccia di rasura o di scritto
(V') — a di lettura, incerta (.-) circutu (rf) supradicta mansa [^e) regressibus (y") cosi
e^go: il passo e molto corroso.
(i) A. Rusconi, Op. cif., p. 8, nota 3 crede Viginti Colonne l'attuale
Picolini; il Colombo, op. cit., p. 98, lo porrebbe tra Cassole e Gravel-
lona. Viginti Colonne è ricordato in altre carte del secolo X (cfr. Co-
lombo, op. city pagg. 70, 72, 76-7) e in Stumpf, Reg., 2653.
(2) A. Rusconi, Op. cit, p. 8, nota 4 " Gule (Golasecca) „ ; Darm-
STADTER, op. cit, 1^5, nota 2 "Gula,,, Colombo, op. cit, "Culi,,.
(3) Cassolnovo. Cfr. Casalis, Dizionario, XXIII, 286.
(4) Cfr. Casalis, Diz., XXIII, 235, porto di Trecate.
(5) Nella minatio del diploma di Berengario I, 896, novembre 3o
(Bòhmer, i3q3, DiiMMLER, t6) " .... eadem presumptione inane ed irrita
manente „ .
DELL ARCHIVIO CAPITOLARE DI NOVARA 4^
Quo[d Ut] (g) uero hec largitionis nostre concessio inviolabilem
obtineat firmitatem, anuli nostri impressione eam subter iussimus
sif^illari.
Signum [d]omni Berengarii serenissimi imperatoris.
Ermemfredus notarius imperiali iussu recognoui et subscripsi.
Data .XVIIII. kal. nouemb. , a[nno] incarnationis domini
nostri lesLi Christi .DCCCCXVIIII., domni uero Berengarii (h)
regis .XXVIII., imperii autem sui .IIII., indictione .Vili. Actum
Eporegia; in Dei nomine feliciter, [amen].
(^) Quo uero (A) B.
XXI.
Berengario imperatore, dietro preghiera dei marchesi Gri-
maldo ed Odelricoj concede al vescovo di Novara Dagiberto il
permesso di tenere mercato annuale il 26 agosto presso l'ora-
torio dove giaceva il corpo di S. Agabio, e mercato settimanale
ogni sabbato e annuale ai 24 di ottobre nella pieve di Go:{:[ano.
919, novembre 17. Pavia.
A. Originale presso la biblioteca civica di Novara. Non conservasi
altro originale riconosciuto da Ermenfredo. È scritto da due mani : una
vergò ì\ protocollo, il contesto e la signatio, T altra Ì3. recognitio e la. da-
iaiio. Il datum è scorretto nell'anno di incarnazione. Sul verso di mano
del secolo XII : " Preceptum Berengarii de mercatu sanati Agabii in
Gaudiano et in Oxola „. Della fine del secolo XI o principio del XII
sono le correzioni su rasura fatte al testo, cfr. pag. 47.
B. Copia nel rotolo. Non è né completa né accurata, ma fortuna-
tamente ci offre la lezione vera del testo raso e falsificato dalla citata
mano sec. XI-XII. Dei diplomi trascritti nel rotolo è questo l'unico
originale pervenutoci : tenni conto delle varianti di B per poter giu-
dicare sul valore di quelle trascrizioni.
Da A dipendono le due copie cart. sec. XVIII che trovansi in :
Monumenti Novaresi, I e III (ms. presso Tarch. cap. di Novara). Sono
copie incomplete e presentano lacune nei passi in rasura. Da B dipende
IL ROTOLO
la copia di Fr. l'iasconc in: "Collezione di documenti autentici che
adduconsi in risposta ai quesiti di storia patria proposti dal eh. signor
Avv. Giacomo Giovanetti al Cer.*^ Carlo Fr. Frascone „, I, p. 87. (Ms.
bibl. coni, di Novara; altra copia presso l'arch. cap.).
Viene citato da Bescapc {1), dall' Ughclli (2), dal Morbio (3), da Gu-
stavo Avogadro (4), da Angelo Fara (5); da Fedele Savio (6). Lo pub-
blicarono il Morioìido (7) e TAvv. Tavella (8), ma senza avvertire il
passo falsificato e su rasura.
Regesti: Bòhmer, i358, DQmmleR; 86 (9).
(C) I I In nomine sanctac et indiuiduae Trinitatis. Berenga-
rius (rt) diuina fallente clementia imperator augustus. Imperialem
excellentiam semper dec[ui]t fidelium suorum nota pio affectu (^)
audire, et ea, | | si insta (e) apparuerint (i), competenti decentia
adimplere. Ideoque omnibus (e) sanctae Dei aeclesiae fidelibus
nostrisque preseniibus ac futuris notum esse uolumus, qua[li]ter
Grimaldus et Odelricus gloriosissimi marchiones | et amabiles con-
siliarii nostri nostram suppliciter exorauerunt mansuetudinem,
quatinus prò aeterna remuneratione per nostri precepti paginam
concedere dignaremur domno Dagiberto reuerentissimo sanctae (/)
{joi) B. B. (^) B. elTectu {e) B. iuste {d) A. apparuerit. B. apparuerint {e) B. om-
nium (y) B. e sancte.
(i) Novaria seu de ecclesia Novariensi. Novaria, 1612, p. 298 (nella
traduzione italiana del Cav. Giuseppe Ravizza. Novara, 1878, p. 291).
(2) Italia sacra, IV, 696.
(3) Storia di Novara. W\\?inOy i833. Saggio primo, p. 38 [Storia della
città e diocesi di Novara. Milano, Ì841, p. 26, voi. V delle Storie dei Mu-
nicipii Italiani).
(4) Storia dei SS. fratelli Giulio e Giuliano del principato di S. Giulio
ed Orla. Novara, 1840, p. 117.
(5) La riviera di S. Giulio Orla e Gozzano. Novara, 1861, p. 118.
(6) Op. cit., p. 260.
{7) Mon. Aquensia. I, col. 4-8, n. 3.
(8) La lapide di ricordo deW origine del mercato in Domodossola e
diploma di concessione di Berengario I (pubblicazione fatta per cura
della fondazione Galletti. Domodossola, 1891).
(9) Cfr. anche : Rusconi, L^ archivio di S. Giulio d^Oria e la contessa
Adelaide di Torino, Novara, 1882, p. 8; ed il Catalogo delle opere di au-
tori Novaresi o d' argomento Novarese compilato sulla collezione esistente
nella biblioteca civica di Novara. Novara, 1886, p.i 33.
DELL ARCHIVIO CAPITOLARE DI NOVARA 47
Nouari | ensis aeclesiae episcopo licentiam constituendi annuales
mercationes [et nundijnas per septimum uidelicet kalend[aru]m
septembrium iuxta quodd[am] oi[atorium] ipsius Nouariensis epi-
scopi! in quo beati Agabii episcopi et Christi confessoris | corpus
quondam tumulatum (g) fuerat, simul quoque implorantes, ut
eodem modo largiremur facultatem exequendi (/i) ebdomadalem
mercatum, scilicet per o[m]nem sabbatum, in quadam plebe [Gau-
diano] (i) memorati (/) Nouariensis episcopi! | et annuale [quoque
in eodem loco] (m) nono kalendarum nouembrium, id est per
omnem festiuitatem beatissimi luliani Christi confessoris, cuius
ossa in ipsa plebe miraculis coruscare dinoscuntur. Quorum peti-
cionibus libenter annuimus, hoc nostrum | donatiuum scribi iu-
bentes, per quod memorato donino presuli largimur et in perpetuum
donamus licentiam faciendi mercatum in supradictis duobus locis
secundum superius expositam peticionem eorundem nostrorum fi-
delium peticionvm (n) Grimaldi et O | delrici uidelicet gloriosis-
simorum m^archionum, ita quidem ut omnem (o) theloneum (/>) et
omnem functionem publicam, que ad nostrani regiam partem exigi
debuit uel potuit, ad partem ipsius Nouariensis ecclesiae presul,
qui ibidem prò tempore ordinatus fuerit, ad utili | tatem ipsius
Nouariensis eclesiae (^) uindicet et exquirat, omni publica repeti-
cione uel [mjolestacione remota. Si quis autem hoc nostrae [au]c-
toritatis preceptum uiolare temptauerit, quinquaginta libras auri
optimi *coniponere cogatur, medietatem palatio nostro et medieta-
tem I parti ipsius Nouariensis eclesiae. Quod ut uerius credatur
diligentiusque obseruetur, manu propria roborantes ex anulo no-
stro (r) iussimus insignir! (s).
(g) B. cumulatum (Jt) B. exsequendi (i) A. plebe qu3e dicitur Oxila.... ; B. plebe Gau-
diatio. lìi A: « que dicitur Oxila » è su rasìira e di mano del secolo Xl-XII. Malgrado la ra-
sura si scorge un prolungamento in alto che doveva essere della prima lettera del nome raso ;
probabilmctite la g di Gaudiano era corretta sic altra lettera che si innalzava (/) B. memo-
rato (w) La sopra citata mano del secolo X/-XII scrisse su rasura : mercatum in Gaudiano.
La lezione vera del testo raso ci è data da B : et annuale quoque in eodem loco ; anche in A
sì riesce ancora a leggere loco (ti) sic. La v correità su e {o) sic (/) B. toloneum
(y) Il passo : presul-cclesiae viene omesso in B. (r) B. subter iussimus (s) B. termina con
insigniri, manca quindi per i?itiero P escatocollo.
^S IL KOIULO J>1 ilVlO CAI'IlOr.AlU; DI NUVAH A
J Signum domili (M. I'\) licrciii^arii inuictissiini imperatoria
augusti. 5
I Hermenfredus domni impcratoris capcllanus ipsius imperiali
iussione recognoui et subscripsi. J (S. J).)
Data .X\'. kal. deccmbris, anno dominicae incarnationis
.DGCGCXVII., domni uero Berengarii serenissimi regis .XXVIIl.,
imperii autem sui .IIII., indictionc .Vili. Actum Papiae; in Chri-
sti nomine feliciter, amen (0-
(0 A. AMHX.
Luigi Schiaparllli.
LE LEGGI SUNTUARIE
E LA DECADENZA DELL'INDUSTRIA IN MILANO
1565-1750
LE leggi suntuarie milanesi, nell'epoca moderna, sono, a dif-
ferenza di quelle delle altre città, ben magro contributo
alla storia del costume, sia pel loro scarso numero, sia
perchè, compilate di mala voglia e senza alcuna convinzione, si
occupano di pochi fatti e, anche a lunga distanza di tempo, ri-
petono le medesime cose, trascurando di osservare davvicino il
capriccioso avvicendarsi delle mode. Quantunque l'intervento
dello Stato nella vita intima dei cittadini fosse un concetto co-
mune, se non indiscusso, fin quasi alle porte del secolo presente,
Milano, come ho già altrove avvertito (i), non aveva alcuna
simpatia per questo vano zelo della legislazione: sei leggi - in
tutto, in quasi due secoli, mentre altrove, e in special modo a
Venezia, si rinnovavano ogni anno (2), nessun rigore nelle pene,
alle quali, salvo una volta, non si accenna neppure, mentre
dovunque il castigo importava grosse somme di danaro, e per-
(1) V. il mio lavoro Le leggi suntuarie milanesi, Gli statuti del 1J96
e del 1498, in Archivio storico lombardo, XXV.
(2) V. MoLMENTi, La storia di Venezia nella vita privata , Torino ,
1880, p. 413. Cfr. per Gei;ova : Belgranó, La vita privata dei Genovesi,
in Atti della Società ligure di storia patria, IV, p. 218. (Dal i5o6 al 1620
nove leggi).
Arck. Stor. Lomb. — Anno XWII. — Fase. XXV. 4
LK l.EGC,\ SINIUARIK
tino la scomunica (i), la corda, la galera o il taglio d'una mano (2);
nessun tentativo di controllo (3) , nessun indizio di esecuzione,
anzi la confessione ingenua da parte delle autorità di non averla
neppure tentata. Ma se le prammatiche di Milano, così poche
di numero e sceme di sostanza, non avrebbero forse per sé me-
ritato uno studio speciale, ad esse va unita una serie di docu-
menti, che, mentre ci spiega la ragione della loro povertà, ci
offre un materiale ragguardevole, nel medesimo tempo, per la
storia della censura del lusso e per quella del commercio. Il Mu-
nicipio, incaricato di compilar le leggi suntuarie, interrogava di
volta in volta le persone più competenti e le varie corporazioni
(i) V. Fabbretti, Sfattiti e ordinamenti suntuari intorno al vestire
degli uomini e delle donne, dalVanno 1266 al isj6, in Memorie della Re-
gia Accademia di scienze di Torino, s. II, v. 38, p. 228, 227.
; (2) Legge di Venezia (1608) nelF Archivio storico civico, Materie^
Araldica, cartella 41; — legge di Napoli, 1679, ibidem; — legge di Fi-
. renze, 1602, ibid. — La più curiosa tra le pene è quella della foresta-
t sione per le donne (relegazione) nella propria casa. La donna che con-
travveniva la prima volta alla prammatica era condannata a tre mesi
di forestazione, la seconda a quattro, con divieto di ricever visite da
chi si fosse, eccettuati i parenti di primo grado, sotto pena di venti-
cinque sino a cinquanta scudi, tanto alla visitata, quanto ai visitatori.
In caso d' inosservanza della forestazione la pena veniva duplicata
" obbligando ognuna delie inosservanti alla spesa delle guardie di
quattro soldati oltramontani, quali dovevansi ponere alla porta della
loro rispettiva casa ed impedire le trasgressioni in appresso „ : Legge
di Genova, 1694, in Arch. stor. civ., Mal., Araldica, 42.
(3) A Brescia, per esempio, come a Perugia (Fabbretti, op. cit.^
227 e altrove) si poneva alla porta del Consiglio la cassetta per le
denuncie, e il Cassa ci dà vari esempi di accuse seguite dal relativo
processo [Funerali, pompe e conviti, Brescia, 1887, p. 194 sgg.) ; a Ge-
nova i sarti dovevano portare i modelli a palazzo (Belgrano, op. cit.,
223, n. 2), così pure a Faenza (1574) (Chinassi, in Atti e Mem. della
R. Deputazione di storia patria per le Romagne, a. II, p. 173). Per la
severità di Venezia basti l'episodio, narrato da Ippolito Capilupi, del
Vescovo di Padova, che fu condannato irremissibilmente a sessantotto
scudi per aver tenuto in camera tappezzerie proibite e dato starne e
pavoni in una cena : G. B. Intra, Di Ippolito Capilupi e del suo tempo,
in Arch. star, lomb., XX, 108. — Notevoli pure le precauzioni pel con-
trollo adoperate in Lucca (1587), Arch. stor. Hai., I, X, i33.
E LA DECADENZA DELL INDUSTRI A IN MILANO l565~iy5o 5l
d'arti e mestieri, e le loro risposte, le quali saranno l'oggetto
principale di questo studio, ci rappresentano le idee che corre-
vano prò e contro il lusso e gli sforzi fatti per restaurare il de-
caduto commercio della Lombardia. Esse infatti possono dividersi
in due periodi. Dal i5(J5 al iÓ23 la legge suntuaria è essenzial-
mente legge morale, appoggiata a due concetti fondamentali, che
il lusso rovina le famiglie suscitando una emulazione disastrosa,
"i madre di odi e rancori, e fa scemare la popolazione, rendendo
^ difficili e quasi impossibili i matrimoni; la discussione, ristretta a
questi due argomenti, è per noi dì grande interesse, perchè in mezzo
alle idee rigorosamente restrittive, che regnarono indisturbate fino
alle nuove teorie liberali del Mandeville, del Melon, del Hume (i)
e del nostro Verri (2), ne vediamo, già nel cinquecento, altre di
così savia larghezza da sembrare esposte ieri. Gol iÓ23 la Città
comprende quella grande verità predicata dal Montaigne che,
come vedremo, ebbe seguaci anche a Milano: «il n'est pas temps
« de se laver et decrasser quand on est atteint d'une bonne
« rìèvre (3) », e la legge suntuaria diventa legge economica, s'in-
treccia alle questioni più vitali intorno all'industria e al com-
mercio, per esserne, in seguito, quasi del tutto assorbita. — Non
è colle leggi suntuarie che si possono rialzare le condizioni di
Milano, ma con savi provvedimenti economici, coli' incoraggiare
e tutelare le industrie, col moderare l'avidità insaziabile del fìsco,
col ripartire secondo giustizia gli enormi tributi, — così gridasi
da ogni parte, e comincia allora un attivo lavoro, condiviso dal
Municipio, dal Consiglio generale, dal Senato e da tutti i pub-
blici instituti, per ritornare l'industria e il commercio all'antico
splendore: lavoro non proficuo sempre e, ad ogni modo, assai lento
neir ottener risultati, perchè inceppato, si vedrà, dai pregiudizi
del tempo, ma tale da dimostrarci che la Spagna non dominava
un popolo addormentato.
(i) V. Baudrillart, Hisioire du luxe, Paris, 1880, IV, 35o-379-385.
(2) Articolo sul lusso, nel Caffè, ristampato in Opere filosofiche ed
onomiche, Milano, 1844, II, 3o5 sgg.
(3) Essais, III, IX.
LE l.l.litil M I> 1 l AKliù
Le leggi suntuarie, considerate sotto questo aspetto e studiate
più con riguardo alle discussioni e alle controversie che suscita-
rono in Milano, che non alla loro magra sostanza, possono essere,
mi sembra, un contributo nuovo. Le teorie economiche dei secoli
XVI, XVII e XVIII, diedero origine, in questi ultimi anni, ad
ottimi lavori, compiuti specialmente sotto gli auspici dell'illustre
e compianto prof. Cossa (i); ma esse furono solo studiate sugli
scrittori di politica e di economia, con poco o nessun riguardo
alla loro applicazione pratica (2): i nostri documenti invece, sia
pure nel campo ristretto delle leggi repressive del lusso e di quelle
commerciali inspirate al sistema protettore, ci permettono di ve-
dere l'influsso esercitato dagli economisti sui nostri legislatori e
V il cozzo d'idee da cui quelle leggi sono uscite. Perciò, mentre
nella prima parte di questo lavoro, studiando gli statuti suntuari
di Milano (l'ògG e 1498), mi limitai ad illustrare i testi in quanto
si riferissero al costume, questa volta la natura della materia mi
costringe a seguire una strada diversa e a restringere quella illu-
strazione a poche e sobrie note o a rimandi alle fonti ed opere
altrui: d'altra parte l'importanza di tale studio, immensa pel
medio evo e pel rinascimento, scema nell'epoca moderna, quando
le fonti scritte ed iconografiche crescono sì di numero da rendere
pressoché insignificanti le povere prammatiche milanesi.
(1) Cito fra gli altri, dopo lo splendido riassunto storico del mae-
stro : Cossa, Introduzione allo studio delV economia politica'^, Milano,
Hoepli, 1892, — i lavori del Gobbi, U economia politica negli scrittori
italiani dei secoli XVI e XVII, Milano, Hoepli, 1889, e La concorrenza
estera e gli antichi economisti italiani, Milano, 1884; e quello del Supino,
La scienza economica in Italia dalla seconda metà del sec. X VI alla prima
del XVII, Torino, Loescher, 1888.
(2) Bisogna notare, per amor del vero, che 1' Errerà, Storia del-
l'economia politica nei secoli XVII e XVIII, negli Stati della Repubblica
veneta, Venezia, 1877, procura di studiare la legislazione di Venezia
in rapporto alle teorie economiche del tempo, e il Supino, fra i più
recenti , accompagna V esposizione delle teorie con un rapido ma
chiaro esame delle leggi nei principali Stati italiani. Egli solo, se non
erro, consacra un capitoletto anche alle prammatiche sul lusso.
E LA DECADENZA DELl' INDUSTRIA IN MILANO iSÓS-iySo
I. — È mio Intento occuparmi solo delle prammatiche discusse
e fatte in Milano, non di quelle ordinanze suntuarie che, sotto
forma di gride, emanavano talvolta dal governo o si mandavan
qui dalla Spagna perchè fossero pubblicate nello Stato; tuttavia
accennerò a due di esse che contengono un dato curioso. La
prima del Governatore Marchese del Vasto (6 febbraio i539),
riprovando la poca deferenza verso la Maestà divina, proibiva il
passeggiar nelle chiese durante la celebrazione dei divini uffici,
sotto pena, la prima volta di dieci scudi d'oro, la seconda di
venti, o della fustigazione a chi non fosse in grado di pagare, la
terza della galera (i). Stabiliva poi parecchi ordini sul vestire
che vedrem ripetuti nella legge del i565 (2). La seconda di D. Fer-
rante Gonzaga (12 maggio 1548) tornava sullo sconcio del
passeggiare in chiesa e ordinava che tutte le associazioni religiose
(vicinanze, scuole, fabbriche e prelati) provvedessero le chiese di
(i) Archivio storico civico, Registro lettere ducali, 1538-47, fol. 33-36
043, V. 45. Fu pubblicata dal ¥ok^i's.^tiì\i nel Ducato di Milano, Milano,
1877, p. 5i3 sgg.
(2) Perchè ciascuno potesse consumare gli abiti già fatti, dava li-
cenza di adoperarli fino a tutto marzo. Scaduto il termine molti cit-
tadini di Milano e di fuori chiesero una proroga, per evitare una forte
spesa nel rinnovare il vestiario, e fu concessa fino a S. Martino (Ar-
chivio stor. civ., ibid. i539, 3i marzo). — Vedasi in Archivio di Stato,
Araldica, Provv. gencr., una curiosa lettera della contessa di Lodrun,
supplicante il Governatore affinchè una sua figliuola, di fresco mari-
tata, possa portar gli abiti fatti, almeno per tutto il primo anno di
matrimonio. — Molte leggi, in questo più indulgenti, esoneravano le
spose per un anno ; cito ad esempio quella fondamentale di Lucca
(1587) in Arclu stor. ital, I, X, i3i e quella di Gubbio (i566) in Bol-
lettino della R. Deputazione di storia patria per V Umbria, II, 296.
54 Ll^ LLUGI SUNTUARIE
sedili « come si fa in molte parti del mondo, non solo per evitare
« il passeggio, ma perche le persone stiano più comode » proi-
biva il conversare con monache nei monasteri o mandar loro
lettere ed ambasciatori, altro degli abusi comunissimi avanti il
Concilio di Trento. Si occupava in seguito dell'eccessivo lusso nei
conviti con disposizioni anch'esse ripetute nella prammatica se-
guente (i).
La prima legge suntuaria compilata dalle autorità milanesi
è del 21 novembre i565. Il Senato, per ordine del Governatore,
invitò il Tribunale di Provvisione a provvedere contro le spese
immodcrate, il supremo Magistrato della Città passò la proposta
al Consiglio generale che nominò, a quell'uopo, una Giunta com-
posta di alcuni Decurioni e Senatori (2). Ne uscì una prammatica
piuttosto minuziosa e severa, l'unica che possa reggere al con-
fronto con quelle delle altre città. Essa, secondo l'uso, contiene
disposizioni separate per gli uomini, per le donne nobili, per le
borghesi, per le cortigiane, pei contadini ed i forestieri : si occupa
di conviti, di battesimi, di funerali. Agli uomini si vieta qualun-
que abito (vesti, sagli, cappe, giupponi, calze, berettc, cappelli)
. di stoffe conteste con oro ed argento, ogni ornamento dispendioso,
specialmente bottoni d'oro, o di cristallo con oro ed argento, o
con perle o con gioie, ricami, passamani, toilette e frange d'oro,
argento e seta: nelle guarnizioni non si deve impiegare più di
1 un quarto del drappo impiegato nell'abito. Si bandiscono gli abiti
/ frappati o frastagliati, non solo nell'uso comune, ma anche nelle
^ mascherate, le livree di seta con ricami o con più di una lista
:' di guarnizione, e nello stesso tempo si vieta di condur seco più
<ii sei servitori o staffieri o paggi. Proibite le gualdrappe di vel-
. luto o seta, i fornimenti da cavallo o da muli ricam.ati o con
ferramenta lavorate alla gemma, genere di lavoro bandito anche
dalle spade, pugnali £ corregge: proibito infine di vestir servitori
(1) È in un opuscolo a stampa del i58i contenente prammatiche
di vari paesi: Arch. stor. civ., Materie, cari. 41.
(2) Arch. stor. civ., Dicasteri, Cameretta, 3i maggio 1564, cart. 109.
E LA DECADENZA DELl' INDUSTRIA IN MILANO l565-I75o 55
in occasione di sposalizi, sì dal canto dello sposo come da quello
della sposa (i). Alle donne ugual divieto delle stoffe d'oro, dei
guarnimenti a ricamo o passamano, dei bottoni e rosette o altra
cosa preziosa: proibita la coda, le fodere di zibellino, ermellino
o lupo cerviero: proibito portar berretta o cappello se non in
caso di pioggia o di malattia (2), ogni lavoro d'oro o d'argento
sulla tela o seta, ed i retegini per camicie (3). Quanto alle gioie,
salvo tre anelli, non si porti alcun vezzo od ornamento prezioso
sul capo, sulle maniglie, sulle teste 0 collari de sibillini, sui ma-
nichi di ventagli: non cinte, non corone o braccialetti di pasta
d'ambra o muschio od altri profumi, non collane d'oro oltre il
valore di cento scudi: escluso del tutto lo smalto. Proibito vestir
di seta le donzelle e condurne più di due, oltre una donna di
governo. Le carrette e i cocchi, le lettighe e le carroccie non
possano essere dorate od argentate, ne intagliate, né sforate, salvo
i pomi e gli stemmi; le coperte sian solo di panno guarnite di
seta semplice senza oro ne argento. Agli artefici, bottegai e lavora-
tori in genere vietata anche la seta ed ogni ornamento d'oro, fuor-
ché una collana di non più che venticinque scudi; solo agli uomini
permesso il giuppone di seta e le calze di lana foderate di zen-
(1) Il vestir servi ed amici in occasion di feste, il più sovente colla
propria divisa, era uso antico : ne troviamo esempi del sec. XV in
Merkel, Come vestivano gli uomini del Decameron, nei Rendiconti del-
l'Accademia dei Lincei, V, VI, 38i.
(2) Questa curiosa disposizione è ripetuta in varie leggi sincrone.
Nel cinquecento il cappello è ancor raro per le donne. Agli scufiftotti
e alle graziose crespine (Cfr. il mio citato lavoro in Arch. stor. lom-
bardo, XXV, 34) è subentrato il velo, divenuto d' uso comunissimo in
tutta Italia, come ci dimostrano le figure del Vecellio e del Bestelli,
appuntato sull'occipite e pendente lungo il dorso fino a terra: la legge
eugubina anzi lo impone: Boll. R. Depitt. di storia patria per V Um-
bria, II, 899.
(3) Non ho potuto in alcuna delle leggi suntuarie da me esaminate
trovar notizia di questi retegini o, come io credo, reticelli. Mi sembra
però vederne un esempio nel ritratto di Eleonora di Tolec^o del Bron-
zino, in MiiNTz, Histoire de l'art pendant la Renaissance, Paris, 1891,
111, 207.
56 li: ii.iu.i SI NI I \ini:
Jalc: alle cortigiane imposta la più rigorosa semplicità, il solito
panno bianco in capo (i) ed una cinta rossa: non possano valersi
ili vettura nò condur paggi, l forestieri esonerati dall'osservanza
di tutte le disposizioni pei primi sei mesi di loro permanenza in
città. Dai banchetti (e banchetto s'intende quando seggano n
mensa più di otto invitati) esclusi pavoni, fagiani, polli d'india
o pollastri novelli in inverno, porci selvatici, caprioli, camosci:
escluse le galantine, i bianchi mangiari {2) y le genestrate, i lavori
di pasta: non si servano più di due portale di carni e di torte
e la collatione: proibito in tempo di carne dar pesce e in tempo
di pesce carne (3): esclusi i canditi, le confezioni e sopratutto le
figure, le pitture, le intagliature, le indorature, le banderuole e
tutte le -òXtxQ frascarie ritrovate dagli scalchi. Nei battesimi non
si diano rinfreschi, collationi né doni dai compari alle comari,
non si facciano visite numerose alle puerpere: in occasion di lutto
solo il padre, la madre, i figliuoli, la moglie, i fratelli e le sorelle
possan portare gramaglie: vietato vestire a lutto i servitori, co-
prire la casa di panni neri, se non alla porta per un poco di se-
gno, e far suonare le campane del Duomo (4). Le pene, oltre la
perdita della roba, importano una somma dì danaro variante fra
i venticinque e i cinquanta scudi: ai recidivi il doppio e, se oc-
(i) V. il mio cit. lavoro, Arch. stor. loinb., XXV, 69.
(2) \\ bianco mangiare era una salsa densa fatta con farina di riso,
latte, zucchero e acqua di rosa, il tutto cotto insieme, oppure di man-
dorle peste, mollica di pane, acqua rosata, brodo, zucchero, agro di li-
mone, zenzevero, tutto mescolato e passato per setaccio: in esso si
faceva cuocere la polpa dei capponi allessi : Messisbugo, Libro nuovo
nel quale s' insegna il modo di ordinar banchetti , Venezia, 1664, p. 33,
(3) Contro, cioè, Y uso antico di alternare i servizi di magro a quelli
di grasso, V. il ntPMu umoristico anonimo del secolo XV, pubblicato
da Luca Beltrami, per nozze Bazzero-Borromeo, Milano, 1889.
(4) In altre leggi troviamo usi funerari diversi : P'aenza (1574) proi-
biva afìEìggere armi sui muri delle strade e delle chiese. (Cfr. gli scuta
funerarii del sec. XV, Arch. stor. lomb., XXV, 70), e il distribuire veli
alle donne e berrette agli uomini nelle esequie : Chinassi, o,p. cit., 176.
Bologna {i565) " l'attaccare cassoni, ovvero depositi de veluto alle mu-
raglie delle chiese „, Arch. stor. civ.. Materie, 41.
E LA DECADENZA DELl' INDUSTRIA IN MILANO iSÓS-iyDO DJ
corre, la corda e la fustigazione. I sarti contravventori vanno
anche soggetti al bando e alla galera.
Nulla c'insegna c]uesta legge intorno alle foggie degli abiti,
ma, per compenso, non mancano alcuni particolari interessanti
l'ornamento esteriore. Col secolo decimosesto va cessando la ma-
nia di sovraccaricare le vesti d'ornamenti posticci (i): le guarni-
zioni, fra le quali il passamano occupa il primo posto, assumono
maggior stabilità e pregio artistico. In tal genere di lavori le
fabbriche di Milano avevano il primato: « si eccedeva nelle guar-
« nizioni » scrive l'anonimo guardarobiere del Duca di Savoia (2),
« che invece di farle colla semplicità descritta, si componevano
« con diverse pistagne ritorte, cadeniglie, granducciati, ricciature,
« che tutt'ora si inventano leggiadrissimamente in Milano, che,
« sebbene non v'entri oro, sono di molta spesa (3) ». Lo sfarzo
di siffatti ornamenti veniva reso necessario dall'uso di traforare
e frastagliare le vesti, contro il quale la legge presente, al pari
delle antiche, scaglia i'suoi strali. I tagli assumono in quest'e-
poca una forma bizzarra ed elegante: gli uomini portan tagliati
(i) Cfr. il mio lavoro in Ardi. stor. lomb., XXV, i3.
(2) Le ore oHose del vestir civile e secondo fuso di Corte, pubblicato
da A. M. (Alberto Manno) in Curiosità e ricerche di storia subalpina, II,
i55 (principio del sec. XVII).
(3) Copiosi esempi di guarnizioni per abito d' uomo troviamo, ol-
treché nell'opuscolo citato, p. i5i, i54, 157, nell' inventario di Sini-
baldo Fiaschi, del i532: predominano le liste, anche frastagliate e tra-
forate di velluto, i ricami di cordicelle (cordati) a passamano, di seta
o d'oro, nerveti di raso, balzane a ricamo: Manno, Arredi ed armi di
Sinibaldo Fieschi, in Atti della Società ligure di storia patria, X, p. 716.
Per donna nel corredo d'Isabella di Savoja, del 1608, pure pubblicato
dal Manno in Curiosità e rie. di st. subalp., II, 162. Svariati esempi di
passamani in quello di Maria Borbone (1625) pubblicato da V. Promis
in Miscellanea di storia italiana, XIX, 226.
58 LE LEGlil I MI AKli:
i giubboni, i calzoni, le calze, la berretta, perfino i guanti (i):
le donne si sbizzarriscono nel busto e più nelle maniche, specie
in quelle lunghe, aperte e pendenti fino a terra della \imarra o
sopravveste, sotto alle quali spunta la manica della veste, anch'essa
tagliuzzata o traforata a punti, a crocette, a forellini ovali , op-
pure con un lungo taglio sul davanti legato con cordelle d'oro (2).
— Un'altra caratteristica nuova sono le collane e le bottoniere.
Le prime, sfarzosissime, soppiantarono i più modesti paternostri
del quattrocento: le dame ne portavano una o più al collo, d'oro fl
massiccio, fatte ad anelli o a piastre, pendenti sul petto: un'altra, a '
guisa di cintura, con un lungo pendaglio sul davanti, a cui usa-
vasi attaccare per la testa uno zibellino, quando, per vezzo, non
lo si portava in mano (3). Pur delle bottoniere d'oro, e più tardi
anche di cristallo, si faceva un grande abuso: si disponevano in
varie file sui busti e sulle maniche, si degli uomini come delle
donne, sui calzoni, cucite su larghe striscie ricamate, sul dorso
dei mantelli, o in doppia fila sul davanti della zimarra femminile,
aperta, di solito, dal busto in giù (4). — Per la prima volta la
prammatica si occupa di un abuso, fomentato dalla boria spa-
gnolesca, che vedremo più innanzi combattuto anche con mag-
gior energia, quello del servidorame: non solo essa colpisce il lusso
delle livree, ma il numero eccessivo di servi o paggi da cui i
ricchi facevansi seguire: così mentre l'etichetta spagnuola impo-
neva ai nobili una numerosa schiera di servi, ingrossata sempre
(1) Lettera di G. G. Caroldo, descrivente l' ingresso del Re di Fran-
cia in Milano : " il Re aveva guanti in mano et anelli che parevano
fuori de' guanti che erano tagliati,,: Arch. stor. lomb., XV, 69.
(2) Numerosi esempi ce ne danno il Vecellio, Abiti antichi et mo-
derni di tutto il mondo, Venezia 1590^ p. 64, 74, 78, 124, 170, 172, 189,
201, 2o3, 21 5 e Bestelli, Diversarum natiomim habitus, voi. I (Padova
1594), p. 9, 12, 19, 23, 24.
(3) Vecellio, op. cit., i58 e p. 74; cfr. legge eugubina, iSóó, nel ci-
tato Bollettino, 11,296 e (i583) 3oo; legge di Faenza, Ghlxassi, op. cit.,
372; di Bologna {i565) , Archivio storico civ., Materie, 41; Bestelli,
op. cit., I, 21.
(4) Vecellio, op. cit., 160, 167, 170, i83, 186, 191.
E LA DFX.ADENZA DELl' INDUSTRIA IN MILANO i56d-IJ5o 5g
più colle eredità (i), non si permetteva, curiosa contraddizione,
di farne mostra. — Le carrozze, sostituite alle antiche carrette
a cassa fissa, le lettighe e le portantine erano ormai oggetto non
solo di lusso, ma di un folle sfarzo: le prime specialmente anda-
vano assumxcndo forme e dimensioni monumentali. — Anche le
prescrizioni relative ai banchetti rilevano qualche novità. Il gu-
sto barbaro del medioevo, pel quale i conviti erano un disordinato
avvicendarsi di vivande, che si facevan succedere le une alle al-
tre col solo criterio di ostentare la ricchezza del padrone di casa,
si è andata raffinando e questa, dirò così, più fine educazione
del palato si manifesta in una più ragionevole disposizione dei
cibi (si comincia infatti ad aprire il pranzo cogli antipasti e a
chiuderlo col dessert) e, sopratutto, nell'abuso dei dolciumi: col
cinquecento comincia il trionfo dello zucchero: s'inzucchera l'ar-
rosto, la selvaggina, il pesce, la zuppa, i maccheroni (2); il pranzo
si chiude con un servizio di confe:{ioni che fa gustare i più sva-
riati prodotti della novella industria, e confezioni dì nuovo si ri-
presentano nella collatione, cioè nel rinfresco serale, che tien sem-
pre dietro a qualunque pranzo di qualche rilievo (3). Non con-
tenti di deliziare il palato collo zucchero, si voleva deliziarne
anche la vista con grandi statue zuccherine rappresentanti per-
sonaggi mitologici, castelli, colonne, di cui il Reale (p. 48, 49, 5o, 66)
e il Messisbugo (p. i e 3) ci forniscono curiosissimi esempi: «Tre
« statue di zucchero (sulla tavola), il cinghiale di Meleagro con la
<( frezza in petto, un camello con un re mago sopra : un elefante
'( con un castello sulla schiena pieno di uomini armati » — « quin-
« dici figure di zucchero di grandezza tre palmi: cinque di Venere,
« cinque di Bacco, cinque di Cupido, dorate tutte in parte e dipinte
" molto artificiosamente » — « fii^ure di zucchero raffiguranti le
(1) Baudrillart, Hist. du liixe, IV, 226.
(2) Messisbugo, op. cii., p. 2; Aggiiinia fatta al "Trinciante „ del
Cervio, dal Cav. Reale P'usoritto da Narni, trinciante delV 111. S. Car-
dinale MontaltOy Venezia, 1598: (v. il banchetto per le nozze del
Principe di Mantova, p. 48).
(3) Messisbugo, op. cit., p. 8 e i3.
()0 LE LEGtjl M N I i A un:
« forze d'Ercole quando vinse il leone ». Altre figure erano di pa-
sta reale o di marzapane: « tre statue grandi di pasta di marzapane
« di altezza tre palmi l'una: Tuna il cavallo del Campidoglio, Tal-
. ira 1111 Ercole col leone e l'altra un alicorno col corno in bocca
« al drago » — « tre castelli di pasta reale pieni di gigli azzurri
« e con aquila grande negra nel mezzo e fuoco artificiato nei quat-
« tro baluardi che rendeva suavissimo odore a tutta la sala » —
« castelli che tiravano tiri e uscivano fuori conigli profumati con
•< li coralli alli piedi et sonagliere al collo ». Mille altre frascarie
inventavano gli scalchi per presentare le vivande: diamo ancora
la parola alle nostre due preziose fonti: « insalate grandi lavo-
« rate di rilievo con diverse fantasie di animali fatte di cedro,
« castelli di rape, muraglie di limoni » — « pasticci di selvaggine
<( a modo di leoni » — « pavoni bianchi rivestiti adorni delle
«( loro code e pieni di fettuccie di diversi colori con confetti lun-
« ghi, adorati, a modo di puntali, che pendevano da per tutto
« dalli pavoni » — « un pasticcio con un putto dentro.... vestito
K d'una veste di taffetano rossa, che uscendo fuori ridendo pre-
« sentava a tutti li convitati un ricchissimo para di guanti d' am-
« bra per uno, de scudi venticinque il paro » e qui l'autore an-
nota: « potrà anche presentare una cagnolina per una alle dame».
L'apparecchio della tavola era divenuto una scienza, colla sua
letteratura (i): uno studio ed una abilità singolare occorrevano
alla piegatura delle salviette: il Reale così disponeva per le nozze
di Marcantonio Colonna colla principessa Orsini Peretti, nipote
dì Sisto IV: « In cima di ciascheduna posata dei ?S. Cardinali
« vi sarà un arco fatto di salviette a spina pesce alto tre palmi
« che posi sopra due mezzi cedri lavorati uno di qua, l'altro di là
« della posata : e in cima a ciascuno arco vi sarà un pupazzo fatto
« di pasta di marzapane.... che tenghi in mano l'arme del Car-
(i) V. per esempio i consigli del Reale, a p. 5o v. : *' II modo di
fare un bellissimo apparecchio.... con un bellissimo giardino e peschiera
sotto al detto apparecchio „ : a prepararlo occorreva il giardiniere, il
falegname, il fabbro, ecc. V. anche p. 5io, Sto, 65.
I
E LA DECADENZA DELL'INDUSTRIA IN MILANO iSÓS-iyDO 6l
« dinaie» e altrove suggeriva: «piegatura di tovaglie e salviette....
« con un trionfo grande a modo di quelli tabernacoli che oggi
« si vedono in quei bei tempii di Roma, con archi trionfanti,
« elefanti, camelli, leoni, cavalli, grue, pavoni.... ninfe, pastori....
« colonne.... guglie ».
*
* *
Quantunque le leggi suntuarie rispondessero ad un concetto
comune sulla funzione morale dello Stato, esse trovavano opposi-
tori non solo negli artefici, di cui danneggiavano gli interessi,
ma anche nei cittadini. Molte di esse furono pubblicate, ma nes-
sun editore, ch'io sappia, accenna al modo con cui venivano ac-
colte: solo nel Gassa ne troviamo un esempio, senza che però vi
siano espresse le ragioni. A Brescia nel i536 si formò un sinda-
cato di cittadini per opporsi alla prammatica, si pubblicò un pro-
clama,, si preparò una ambasciata alla Signoria di Venezia, oppo-
sizioni che l'autorità giudicò scandalose e fece tacere con rigore (i).
A Milano protestarono questa volta i mercanti, i lavoratori d'oro
e seta ed i ricamatori, con argomenti che mi astengo per ora dal
prendere in esame perchè ritorneranno innanzi più completi. I
lavoratori d'oro più che altri avevan ragione di temere ove que-
sta legge fosse rigidamente applicata, giacche Milano era prima
in Italia per la manifattura delle stoffe d'oro e d'argento, che
per tutto il secolo XVI e buon tratto del XVII smerciò in gran
parte sul mercato francese, e unica nella filatura dell'oro (2), che,
sola, spacciava in Francia (3). Di sommo interesse per noi è però una
protesta anonima del i566, conservata nell'archivio di Stato (4).
Cominciava l'autore coll'attribuire un'alta funzione educativa al
(1) Op. cit., 146-153.
(2) PoiRsoN, Histoire du règne d^ Henry JF^, Paris, i865, III, 277.
(3) Levasseur, Histoire des ciasscs oiivricres en France, Paris, 1859,
II, 2D6.
(4) Araldica, Lusso, Provvidenze generali.
.Gì SUNTUARIE
lusso delle vcstimenta : «piamente parlando, si potrebbe dire che,
« come quelli che più sanno, speculando le quasi divine opere della
« natura vengono in qualche condizione dell'eccellenza del grande
« Iddio.... così quelli che sanno meno, passando col pensiero tra le
« meraviglie dell'arte, si alzano in qualche modo alla considera-
« zione della grande sapienza di Dio che infonde tal sapienza nclli
« huomini.... nel veder la maestà che le ricche vestimenta ed i ric-
« chi apparati aggiungono qua giù in terra ». Il primo argomento
è per vero dire stiracchiato, ma udiamo gli altri. La prammatica,
dice l'anonimo inspirandosi alla preoccupazione, generale allora,
di ritenere il danaro in paese, può essere utile in quelle città ove
per comprare il vestire convien mandar il danaro altrove, non
in Milano ove molto si fabbrica, e non solo vi resta la moneta,
ma vi entra anche quella del forestiero: se il lusso fosse tanto
dannoso, la nostra città avrebbe dovuto essere già rovinata da
un pezzo e invece si va sempre ingrandendo: essa produce mol-
tissimo, specialmente in merci inerenti al vestire, non fu mai le-
gata da prammatiche, e perciò patirebbe assai più delle città nate
colla prammatica in capo. Nò si dica che la libertà nuoce ai pri-
vati: appunto perchè è libertà non può nuocere: non è dalla
libertà che nasce l'abuso, ma dall'ambizione e l'ambizione è un
atto della volontà, la quale « né da alcuna lege ne da alcun
« mancamento de lege può essere violentata » : se quest' uso è
buono la legge non c'entra, se è cattivo, poiché nasce dalla vo-
lontà, la gente sa e deve regolare da sé le cose proprie. La gran-
dezza di Milano consiste nella industria: qui non miniere, non
materie prime; tolta l'industria tutto finirà ; perciò sempre furon
privilegiate le arti e si cercò sempre di attirarne di nuove: qui
per la prima volta fu introdotta la filatura degli ori e degli ar-
genti, di industria vive un terzo della popolazione: esuleranno
gli artefici, si dissolveranno i capitali. Se poi colla prammatica
si mira a mantenere le distinzione tra nobili ed ignobili, vai forse
la pena di compromettere, per questa ubbia, tanti interessi? Non
le vesti ma le virtù devono distinguere gli uomini. // lusso è
morale, poiché il desiderio di vestir bene tiene alto il prestigio
I
E LA DtXADENZA DELL INDUSTRL\ IN MILANO I^b^-IJDO b?
dell'industria: i giovani sviati mentre pensano a vestirsi non
pensano ad adulterii, omicidi e tradimenti: dal libero e diverso
vestire si conosce facilmente quali uomini sono savii e quali di
poco conto: la prammatica è dannosa perchè fomenterà l'ozio,
farà scemare la popolazione, diminuirà le entrate del Principe. —
Questo linguaggio, in pieno secolo XVI, in aperto contrasto con
tutte le idee morali ed economiche del tempo, non può non col-
pirci: sembrano pensieri di un moderno: infatti il concetto fon-
damentale che informa tutta la scrittura è questo: il sistema
regolamentare che crede arrestare il lusso colle proibizioni, non
è né legittimo né efficace: gli abusi di tal genere vanno abban-
donati alla giustizia che si fa dalla coscienza e dalla opinione.
La protesta dell'anonimo ci dimostra che, in quella ardente que-
stione del lusso si facevano strada, presso gli spiriti spregiudicati,
alcune di quelle idee che, solo dopo due secoli, hanno potuto do-
vunque trionfare.
II. — È strano che, mentre le leggi suntuarie trovavano in
Milano più oppositori che fautori, proprio la Città, almeno fino al
1(523, sollecitasse dal Re l'ordine di compilarle. Proprio dalla Città
confessa il Re nel i58i d'aver ricevuto un memoriale contenente
una severa censura del lusso. L'estremo lusso, diceva quella,
manda in rovina le famiglie, ed é necessario provvedere: una
buona legge su questo argomento non sarebbe cosa nuova, già
in altri tempi, vi pensarono gli statuti e le leggi municipali. —
Queste parole ci dimostrano quale effetto abbia avuto la
rigorosa prammatica del i565; non se ne ricordavano più e an-
davan ricercando i precedenti negli statuti municipali. — La
prammatica, continuavano, é cosa santa, perché l'emulazion nel
vestire genera odii, discordie, rovine entro le domestiche mura
tra mariti e mogli, tra padri e figli, mentre questi i padri, quelle
i mariti costringono a spendere più del convenevole: le fanciulle
restan zitelle, sì perchè i padri, impoveriti, non danno dote, sì perchè
i giovani si spaventano per le spese: quelle che trovano ad allo-
LE LEGGI SU NTL AH li-
barsi consumano, se c'è, la dote, fino a che, impotenti a mante-
nere il decoro in città, sono costrette a ritirarsi in villa; cosi la
città si spopola e i figli crescono zotici ed ignoranti, perchè in
villa non possono imparare le buone crcan:[e et le politie. M(jlti
s'inducono a prender denari ad usura o stofle a credenza, pagan-
dole il doppio: i mercanti spesso non son pagati e falliscono,
onde gran parte delle facoltà dei cittadini vanno a linir nelle
mani dei sudditi veneziani, i quali, per non ammettere l'abuso
dello spendere, son ricchi. Di più i cittadini, costretti a sprecar
nelle pompe, trascurano l'agricoltura, e scema il reddito delle terre.
Non si osteggi la prammatica per timore di danno ai dazi reali;
non vi sarà danno e, se ci fosse, il Re è troppo magnanimo per
anteporre il proprio al vantaggio dei sudditi: non danno, ma
utile ne proverrà, perchè, proibiti, per esempio, gli ori lavorati
e i drappi preziosi, crescerà l'esportazione e con essa i dazi d'u-
scita, e co' denari ricavati si compreranno merci che pagheranno
invece il dazio d'entrata; né temano gli artigiani: essi non si
mantengono col consumo cittadino ma coli' estero, tanto è vero
che, durante l'ultima peste, proibita l'uscita delle merci, i mer-
canti e gli artigiani fallirono, sebbene i cittadini continuassero
nelle solite spese (i). — E un quadro del tempo non privo d'in-
teresse, in cui, insieme a qualche esagerazione, non mancano ve-
rità: cominciava ora appunto la decadenza economica di Milano,
e molti solo nel lusso ne vedevan la cagione. Tuttavia non va
data troppa importanza a queste suppliche: esse erano un usp
tradizionale: una al Duca, del 1490 circa (2), porta le firme di di-
ciannove cittadini che si dicono: « nonnulli fideles inclite domi-
<^ nationis.... rempublicam et commune bonum alme.... Civitatis Me-
« diolani zelantes »: quella del i58i non porta firme, ma è assai
probabile sia del medesimo genere e che la Città, come dice il
Re, si riduca a pochi zelanti. Infatti il Vicario di Provvisione,
ricevuto il rescritto reale, coli' annesso memoriale, lo passò al
(i) Arch. stor. civ., Materie, 41 (a. 1584).
(2) Arch. stor. civ., Materie, 41.
I
I
E LA Dr:CADENZA DELL* INDUSTRIA IN MILANO IDÒD-iySo 65
Consiglio dei sessanta Decurioni, i quali si dichiararon sì disposti
a formare una nuova prammatica, ma con questo relativamente
savio criterio: « che ben si levasse l'eccesso, ma però anco si ri-
« tenesse il decoro et il debito splendore della città, e le cose si
« riducessero a tal moderanza che né le arti patissero per troppa
« stretczza, né restassero senza il debito freno di legge, di giu-
« stizia, il disordinato gusto e le immoderate spese (i)». Il Consi-
glio, eletta una commissione di sei membri, invitò alcuni primari
cittadini a esporre il loro parere intorno alla utilità delle leggi
suntuarie e al modo migliore per formarle. Tre di queste rispo-
ste (28-3o giugno i58i) furono conservate (2), tutte ugualmente
degne d'esame. Tommaso d'Adda lamentava che a Milano poco
si fosse fatto per frenare il lusso, ed esser quindi necessario inspi-
rarsi agli esempi di altre città: tuttavia, sebbene alcune pramma-
tiche e, specialmente quella di Venezia, sembrino al tutto com-
plete, occorrerà scegliere con giudizio per tener conto delle
diverse, condizioni di luogo e di costumi: ad ogni modo non si
dimentichi di provvedere al numero dei cavalli e delle carrocchie
che ora si vanno introducendo e a quello stragrande dei servi-
tori, anzi, a proposito di questo nuovo malanno, si faccia in modo
che la servitù, « la quale al presente ci mette in croce, faccia il
debito suo coi padroni e i padroni con essa». — Più liberale,
Prospero Crivelli si dichiara poco fiducioso nelle prammatiche:
egli ha viaggiato in molte parti del mondo, e l'esperienza gli ha
dimostrato che questi ordini sono buonissimi, ma inefficaci per la
varietà dei tempi, per la superbia degli uomini, per la industria
degli artegiani « i quali con nuove invenzioni cercano il loro
vivere ». La miglior prammatica, secondo lui, è quella di S. Gre-
gorio romano, che, dopo aver stabilito l'abito del Papa, del Ve-
scovo e del Cardinale, fissò quello del gentiluomo e della gentil-
donna, e, a differenza degli altri Principi, i quali per sostenere
la nobiltà proibiscono agli ignobili di portar vesti di lusso, or-
(i) Arch. stor. civ., Materie, 41.
(2) Arch. stor. civ., Materie, 41.
Arch. Stor. Lomb. — Anno XXVII. — Tasc. XXV.
dinò alla nobiltà un vestire modestissimo e lasciò piena libertà
a tutti gli altri, comprese le meretrici. Se tal partito prevalesse,
gli ignobili cercherebbero imitare l'abito modesto del gentiluomo
e le cortigiane andrebbero modeste per assomigliare alle gentil-
donne. — Il Crivelli, inspirandosi al concetto, ben antico, di Za-
leuco, espone giudizi affatto simili a quelli di Montaigne, il quale,
avversario anch'esso delle leggi suntuarie, voleva si proibisse il
lusso a tutti tranne ai cortigiani e ai ciarlatani (i).
Né a questo concetto mancavan fautori. Il 3o ottobre del
medesimo anno il cittadino lucchese Niccola Guinigi presentava
alle autorità un memoriale sul « Modo da ridurre la gente dello
« Stato di Milano a Ivestimento modesto (2) ». Stabilita la massima
che il lusso è fomentato dalla emulazione e dal desiderio, comune
fra i piccoli, di imitare i grandi (3), ei conclude che ogni abuso
cesserà. quando si vieti ai feudatari dello Stato di portar vesti di
seta e d'oro o d'argento, sotto gravissima pena, e loro si concedano
solo abiti di rascia (pannolano nero) o di altra stoffa di lana e
seta, l'uno e l'altro di fattura semplicissima senza il minimo
ornamento. E siccome è giusto che pur in qualche cosa i nobili
si distinguano dagli ignobili, si permetta loro di portare, vietan-
dolo rigorosamente a chiunque altro, un pennacchio d'airone.
Alle cortigiane sia lecito qualunque cosa, eccettuati gli abiti di
lana (4). Così i nobili, dice il Guinigi, saranno contenti di distin-
guersi con poca spesa e l'artigiano cercherà di imitarli per non
cadere in opinione di poco onesto.
(1) Essats, III, 9;-cfr. Baudrillart, Hisf. du luxe, III, 669-674.
(2) Arch. di Stato, Araldica, Lusso, Provv. gen.
(3) II nostro poeta-pittore Lomazzo così lamentava, scherzando sulla
prammatica: " N'hoia vist on ofTellee — che anca lu porta medaj (sulla
berretta) — beugnarav mettegh su i taj — a costor che fan sti spes
— e no fa che fina i sces — sien sotta al portegaa — e ved caa mezz
ruinaa — senza avegh de compassion „ : Collezione delle migliori opere
scritte in dialetto milanese, Milano, 1816, I, 21.
{4) Regola appunto osservata in Lucca, nella legge del i587 ; Ar-
chivio stor. itai, I, X, i3i.
E LA DECADENZA DELL' INDUSTRIA IN MILANO IDÓS-iySo 67
Più curiosa è la lettera di Giovanni Angelo Trivulzio, reazio-
nario e suntiiarista per eccellenza. Egli si perde in minuti parti-
colari, di cui non terrei conto se non mi porgessero l'opportu-
nità di qualche utile spigolatura intorno al costume. Prendendo
le mosse dalle fanciulle da marito, il Trivulzio, tinto del pregiu-
dizio di casta, vuole una differenza tra le figlie degli ignobili e
quelle dei nobili, escludendo, per di più, dalla nobiltà chiunque
eserciti o faccia esercitare qualche industria, tenga o faccia tenere
qualche fondaco o bottega (i): alle prime vuol proibito del tutto l'uso
della seta e delle gioie, colle seconde è più largo e tollera abiti di or-
mesino, purché siano solii (lisci) e non tagliati, e, alle donne, una
veste di broccato: i mercanti di lana e di seta possano pur fare
alle loro mogli una veste di lusso, ma solo col permesso ottenuto
dal Tribunal di provvisione, mediante il pagamento di duecento
scudi d'oro. Nel dichiarar guerra ai ricami tocca di un genere
nuovo, quello delle margheritine che, appunto in quest'epoca,
acquistarono immenso favore e furono per molto tempo una delle
principali preoccupazioni delle leggi suntuarie (2): margheritine
dappertutto, sugli abiti maschili e muliebri, sulle coperte delle
carrozze, sulle gualdrappe, sulle correggie delle spade, sulle berrette.
Un'altra novità urta il senso morale del Trivulzio: le « conza-
« dure de teste con questi capelletti e pennacchi che pareno spa-
« ravieri et con tanti fiori che pare habino uno zardino in testa
« et con tante perle ». E qui credo si tratti piuttosto di un ten-
tativo d'introdurre quelle ricche capigliature, divenute nel sei-
cento addirittura mostruose, che non di una moda diffusa. Per
tutto il cinquecento l'acconciatura femminile del capo, almeno
(1) In omaggio a questa idea il Collegio dei Giureconsulti decretò,
pochi anni dopo (iSgS), che fosse escluso dalla nobiltà chiunque eser-
citasse un'arte: Trattini, Storia e statistica dell'industria manifatturiera
in Lombardia, Milano, i856, p. 36.
(2) Nella lunga serie delle leggi bresciane questo genere di guar-
nizioni compare la prima volta nel iSgS : Cassa, op. cit., i63. Firenze
nel 1602 consacrò ad esso una intera prammatica: Arch. stor. civ., Ma-
terie, 41.
68 I.i: LEGGI SUNTUARir
in Italia, fu di proporzioni modeste e di somma eleganza, com^
ci dimostrano i disegni del Vecellio e del Jkstelli. Gol i55o ce
minciò l'uso di arricciarsi i capelli (i), e i riccioli o si disposero
intorno alla fronte, foggia, sembra, preferita dalle milanesi (2), J
o si alzarono, a guisa di corna, sulla fronte medesima (3), oppure, <
a mo' di cono sull'occipite (4), ove appuntavasi l'indispensabile
velo: le trecce, legate con nastri serici, avvolgcvansi intorno al
capo (3). Tuttavia anche il poeta pittore Lomazzo sembra con-
cordare col Trivulzio, sebbene a capigliature molto alte non ac-
cenni. Fingendo di riferire i lamenti degli artefici per la pram-
matica, ei dice:
Disem anch di pcnnagger
Con qui soeu ajron ventaj (ciuffi di penne d'airone)
E tant' olter baravaj
De piumitt e tanti fior....
Toeu anca su qui pennaggin
Che se mett ai consciadur....
€ alle donne faceva esclamare:
....poeu se i me toj
La licenza di fioriti
E de tanti zanforgnitt
Chi me consciarà la testa? — (6).
Una terza novità compare nella lettera del Trivulzio: « Non
« vorria fosse lecito a ninna donna portar questi ziponi, salvo uno
« bustino sotto de tela, jp e r tene?^ suso li calzoni per chi li po7'ta^
(i) Vecellio, 78.
(2) Vecellio, i65, 167, 168; Bestelli, op. cit, l, 24.
(3) Vecellio, 98, 102, 114; Bestelli, I, 9.
(4) Vecellio, 18, 160; Bestelli, I, 16.
(5) Vecellio, 172.
(6) Nella Collez. cit., p. lo-ii e 16.
E LA DECADENZA DELl' INDUSTRIA IN MILANO l565-I75o ÓO
« né parimenti calzoni a donne di tanta spesa come si dice che
« si fanno .). È la prima menzione di calzoni femminili i quali,
appaiono per la prima volta nei corredi nel i582 (i). — Le
altre idee riguardo ai cocchi, ai banchetti, ai parti, ai battesimi,
alle armi sono, su per giù, quelle della prammatica del 1 565 e
sarebbe superfluo ripeterle.
Nelle discussioni preliminari la commissione pose innanzi
tutto una questione di massima, se cioè si dovesse distinguere
fra nobili ed ignobili e, con saviezza non certo frequente a quel
tempo, concluse dover la legge essere uguale per tutti (2). S'im-
piegaron più di due anni nei lavori, accumulando proposte su
proposte, le quali venner poi tutte concretate in una prammatica
presentata nel 1584 al magistrato ordinario. Il presidente di quel
Tribunale dichiarò che nulla in essa pregiudicava le entrate di
sua Maestà, sebbene i da^iarii (appaltatori del dazio) della mer-
canzia avessero protestato, ed esprimeva il voto che, d'allora in
poi, nella commissione per le leggi suntuarie trovasse posto un
rappresentante del fisco, onde evitare quel pericolo (3). La nuova
legge consta di quarantanove paragrafetti e ripete, in parte, le
disposizioni della precedente (4). Nulla di nuovo riguardo alle
gioie, salvo la tolleranza di due forniture di bottoni, rose e pia-
stre d'oro per vesti, purché non superino il valore di centocin-
(1) Corredo di Anna Caterina Gonzaga, in Curiosità storiche man-
tovane, fase. IV (1876), p. 19. — In un curioso dialogo tra fanciulle gè-/
novesi, stampato nel i583, i calzoni femminili appaiono ancora ignoti
in Genova. Una interlocutrice racconta il curioso episodio di una dama
che, per montar a cavallo " si trovò tanto impedita fra gli zoccoli e il
verdogale (guardinfante) che difficilmente si poteva accomodare a met-
ter il piede in stafta: talché finalmente le fu forza alzarlo.... et con
tanta destrezza il seppe fare che mostrò fino a mezza coscia „ : Ra-
gionamento di sei nobili fanciidle genovesi, le quali con una assai bella
maniera di dire discorrono di molte cose allo stato loro appartenenti, Pa-
via, appresso Gerolamo Bartoli, MDLXXXIII.
(2) Arch. stor. civ., Materie, 41 (6 dicembre i58i).
(3) Arch. stor. civ., ibid.
(4) Arch. stor. civ., ibid.
LE LEGGI SUNTUARIE
quanta scudi ciascuna. Gli abiti d'oro e d'argento non son più
del tutto banditi: le maritate possono avere due sottane e due
giupponi di tali stoffe, purché non soprari:{\e , vale a dire a
trama doppia (i); si permettono sopra i medesimi guarnizioni
d'oro e d'argento, escluse le trcmolande (tremolanti) e le vermi-
glie, cioè pezzuoli di filo d'oro e d'argento battuto e arrotolato in
se stesso, che si usava intercalare ai ricami (2). Salvo in questo
caso, i ricami d'oro, argento e seta son vietati, le altre guarnizioni
permesse solo alla estremità della sottana od ai tagli delle ma-
niche e del busto: le code limitate a due terzi del tondo della
veste; non fodere di pelli preziose, non vesti di penne, strano ac-
cenno ad una moda che compare sì nel quattrocento (3), ma di
cui non ho trovato menzione in nessun' altra legge suntuaria di
( questo secolo. Il lusso delle ragazze non si estenda più in là di
una sopravveste di ormesino o di tabi e di qualche sottoveste di
seta semplice: nell'acconciatura della testa non si pongano orna-
menti d'oro ed argento, né pennacchi. Vietate ancora le marghe-
ritine e di più i canorigli, cannettine forse di vetro, per ricami,
e ogni genere di cristallo. Anche il cristallo comincia a prendere
ora un posto importante nell'abbigliamento: grosse bottoniere di
cristallo si alternano a quelle d' oro (4), cinte di cristallo coperte
d'oro (5), aghi da testa con cristallo (6), ed era probabilmente cri-
stallo di rocca, giacche nel corredo di Cecilia Contarini (1644) (7)
si dice: « christalli de montagna ». In Milano si faceva grande
commercio di questi oggetti: in un bilancio delle entrate da-
ziarie del i58o (8), si trovavano menzionati oltre i bottoni, gli
(i) Renier, // lusso d' Isabella d' Este, in Nuova Antologia, a. 1896,
p. 45i.
(2) Cherubici, Vocabolario milanese italiano, Milano, 1840.
(3) Cfr. il mio citato lavoro in Arch. stor. lomb., XXV, "02, n. 4.
(4) Vecellio, op. cit., 170.
(5) Corredo di Maria Pollini (iSgo) in Molmenti, La storia di Ve-
nezia nella vita privata, p. 624.
(6) M0LMENTI, op. cit., 626.
(7) MoLMENTi, op. cit., 626.
(8) Informatione del valimento del traffico del mercimonio della città di
E LA DECADENZA DELl' INDUSTRIA IN MILANO IDÓS-iySo 7I
agniis dei, chiappe (piccoli cocci, cfr. il milanese ciapp), corone,
doblette (doppiette), fiocchi e pendenti, lunette, occadine (?;. Non
poteva naturalmente una prammatica risparmiare i profumi, pei
quali fu nel cinquecento un vero delirio: tutto si profumava,
l'abito dalla berretta alle scarpe, il cavallo o la mula, perfin le
monete (i): i guanti, entrati nell'uso comune solo dopo il medio
evo (2), eran considerati un oggetto di profumeria, e a Milano
era appunto una unica università de' guantai e profumieri: quasi
ciò non bastasse si caricava la persona di oggetti fatti di paste
odorifere, specialmente bottoni d'ambra (3); si chiudevano pro-
fumi in bossoletti d'osso, che si portavano appesi alla cintura,
in braccialetti o in cinte d'osso (4). Anche a tavola tutto si pro-
fumava: l'acqua per le mani, la tovaglia, le salviette (5), i fiori
di seta graziosamente disposti sopra ciascuna posata (6), gli stuz-
zicadenti di leggiadro lavoro (7), si condiva infine gran parte
delle vivande con acqua di rosa (8). Perciò la nostra legge vie-
tava i profumi, tollerando solo una corona di detti profumi con
oro per le donne maritate. Alcune disposizioni accennano ad un
altro prodotto dell'industria del cinquecento, che acquistò gran-
dissimo favore: i pizzi; si bandiscono le lattughe al collo, per-
mettendole solo alla estremità delle maniche, i pizzi fatti a punto
in aria, salvo nei fazzoletti (9). Anche nei pizzi e trine era van-
Milano per il ijSo, per la perfezione dell'estimo generale del mercimonio
di questo Stato : Arch. stor. civ., Materie, Dazio alle porte, cart. 3o6.
(i) Renier, Lusso, ecc., p. 677.
(2) Merkel, op. cit., 5i3, e Renier, Lusso, ecc., 106.
(3) Inventario Cecilia Contarmi, in Molmenti, op. cit., 626, 634.
(4) Industria coltivata in Reggio d'Emilia. V. Campori, Della lavo-
razione degli ossi e deW avorio e di altre industrie già fiorenti in Reggio
d' Emilia, in Atti e Meni, della R. Deputaz. di st. pat. per le Provincie
modenesi e parmensi, IV (1868).
(5) Reale, op. cit., 49.
(6) Reale, 66.
(7) Messisbugo, op. cit., 12 v.
(8) Messisbugo, 33, 84, 40.
(9) Il fazzoletto, comunemente portato in mano (Vecellio, 128, 189,
195, 200, 204, ecc.), era oggetto di lusso e se ne trovano ricchi esempi
negli inventarii: V. Molmenti, op. cit., 405, n. 2, 624 e 628.
LE LEGGI SI'NTCAHIE
tata l'industria milanese: nel citato dialogo delle fanciulle geno-
vesi una delle interlocutrici diceva: « quando piove non si deve
»< mettere una bella veste bianca, se non vuoi che il fango te la
« ricami d'altro che lavori e trenini alla milanese » (p. 63). Agli
uomini si vietano pure stoffe d'oro e d'argento, ornamenti d'oro,
salvo la solita medaglia sulla berretta, la solita collana, i bottoni
senza smalto: — le spade e pugnali lavorati alla gemma, le penne]
d'airone, le guarnizioni preziose sulle gualdrappe, selle e sui cu-^
scini da inginocchiarsi. Per le carrozze nulla di diverso dalla i
legge del \b65 se non il divieto di attaccarvi più di due cavalli:
limitato il seguito a tre persone escluso il carrocchiero, lettighiero
o portatore di sedia. I forestieri sono questa volta esclusi dall'os-
servanza della legge, senza limitazione di tempo, con che si in-
tende alleviare il danno degli artefici, che avrebbero potuto ven-
dere ad essi quello che era proibito ai cittadini. Dopo le solite
prescrizioni alle puerpere si passa ai conviti , ripetendo presso a
poco le disposizioni dell'altra volta ; di nuovo solo il divieto « di
« dar vivande particolari intiere ad ogni convitato ». Il Prato (i),
descrivendo il pranzo dato da Prospero Colonna , Capitano del
Duca di Milano, al Duca e ai cortigiani il 20 febbraio i5i5, dice:
« fu sì lunga la varietà dei cibi che per spaccio di quattro ore
« durò il portare et ad ogni bocca si deputava un intero fagiano,
« una pernice, un pavone et con delle altre cose ^>. Tale magni-
ficenza è però da ritenersi affatto straordinaria : nei banchetti
pur suntuosissimi, descritti dal Messisbugo, salvo le insalate, le
ostriche, i latticini ed altre virande che si servivano in scodellette,
una per commensale, il resto era servito in ragione di un piatto
per ogni tre o quattro persone. Il nostro statuto non fissa alcun
numero, ma una legge piemontese (i565) (2) ci fa sapere la mi-
sura che in ciò comunemente osservasi : essa vietava di dare più
di un piatto per ogni dieci persone — (3).
(i) Archivio storico italiano. III (1842), p. 326.
(2) Sunteggiata dal Supino, La scienza economica, ecc., 108.
(3) Nel i584 la Commissione pensò pure ad una prammatica pei
E LA DECADENZA DELL* INDUSTRIA IN MILANO iSòS-iySo yS
III. — La prammatica del 1684, più larga della precedente,
tanto che non fa nemmeno accenno a pene, fu presto al pari di
quella dimenticata: lo confessa il Vicario di Provvisione in una
lettera (gennaio iSgS?) al Magistrato ordinario, in cui lo prega
di mantenersi fermo nel favore accordato l'altra volta alla repres-
sione del lusso, non ostanti le opposizioni, considerando che
« non sono sminuiti i disordini e gli abusi cagionati dalle immo-
« derate spese e, per molti accidenti sopravvenuti, non s'è potuto
« procedere alla esecuzione di detta prammatica ». Infatti nel
i5q6 la Città aveva mandato al Re un'altra supplica implorando
l'ordine di rinnovare quella legge: è un nuovo quadro delle mi-
sere condizioni di quei tempi, che si volevano ostinatamente at-
tribuire al lusso. I disordini , dicevasi , vanno ogni giorno cre-
scendo; ai vecchi si aggiunge la licenza di tener quanti creati si
vuole, cosicché si mantengono e menano appresso sgherri e bravi,
fomentatori di tutte le discordie e d'ogni altro vizio, turbatori
della pubblica quiete: per le spese del vestire e del gioiare le
spose, molti gentiluomini sono costretti a mandarle monache o a
maritarle a vili parvenus: lo sfarzo dei conviti è tale da offen-
dere la Maestà divina : si faccia quindi una nuova prammatica
funerali, la quale non fu concretata che nel i590. Disponeva che alle
pompe funebri non potessero intervenire più di due conventi, con
venticinque frati al più per ciascuno, e non più di due chiese colle-
giate : il Capitolo del Duomo non si movesse se non per persone molto
altolocate e, solo in questo caso, suonassero le campane della Metro-
politana: non più di una croce per convento o congregazione, accom-
pagnata con quattro torcie. Si limitasse la spesa del pallio a mezzo
scudo pei ricchi e cinque soldi pei poveri: non intervenissero più di
cinquanta/»// o pufe; fosse lecito vestirli con quattro braccia di panno
basso per uno e sei per una: si levassero gli abusi delle armi e pit-
ture: gli Anziani delle parrocchie (fra le incombenze de' quali era la
sovrintendenza ai funerali: Tedeschi, Origini e vicende dei cimiteri di
Milano e del servizio mortuario, Milano, 1899, p. 69 sgg.) non potessero
ricevere più di mezzo scudo dai ricchi e dieci soldi dai poveri, nò
fosse lecito vestirli: Arch. stor. civ.^ Materie^ 41.
74
LE LEGGI SUNTUARIE
che consideri specialmente questi tre punti. — Ottenuto l'ordine
reale (ii maggio iSpó), la solita commissione iniziò, tre anni dopo-
(21 giugno iSqo), i lavori invitando gli appaltatori dei dazi a
presentare le loro osservazioni. I daziari della mercanzia manda-
rono una solenne protesta ricca di argomenti e di notizie : la
prammatica sarà dannosa alla Città, alla regia Camera e al pub-
blico e, per dippiù, impossibile a mettere in pratica in una città
come Milano, affatto diversa dalle altre per il gran numero di
artigiani che vi lavorano. Nelle arti è il maggior nervo di Mi-
lano (i): osteggiare le arti vuol dire procurarne la rovina. Né si
dica che quello non si venderà ai cittadini si venderà ai fore-
stieri, perchè le altre provincie d' Italia, use a seguir in tutto
l'esempio di Milano, lo seguiranno anche nella prammatica. Ces-
seranno così i dazi d'uscita e scemeranno di molto quelli d'en-
trata per le sete, le quali diminuiranno di prezzo a danno dei
poveri cittadini. In tal modo si aiuterebbe l'editto di Francia,
che con tanti premi ed esenzioni cerca di ridurre gli artigiani
nel regno: i nostri lavoratori esulerebbero là: si ricordi l'esempio
della passata peste quando, cessate le industrie, gli artigiani fu-
ron costretti a vivere d'elemosina, e ben lo sa il Municipio an-
cora aggravato dai debiti contratti in que' giorni. Non sono i
vestiti pomposi che rovinano le famiglie, ma la sregolatezza, i
giuochi, il numero dei bravaci e sicai^ii, che non solo son cause
di tante spese, ma sono autori di sfrisi, homÌGÌdii e mille altre
inconvenienti. L'impresa del dazio infine, già danneggiata dall'e-
ditto di Francia, che proibisce l'importazione delle manifatture,
e dalla passata peste, riceverebbe ora il colpo di grazia. — Si co-
minciava dunque a sentire il contraccolpo delle misure di Enrico IV
e specialmente del famoso editto proibitivo del gennaio iSqg:
(i) Delle buone condizioni dell' industria e del commercio in Mi-
lano, ancora sul finire del secolo, è prova la citata Informatione del ra-
gionato B. Pigliasco : la contrattazione della sola città ascendeva a
oltre ventinove milioni, dei quali due milioni in sole stoffe di lana e
tre in quelle di seta. Cfr. Verri, Opere filos. ed econ., Milano, 1844,11,
23l sgg.
E LA DECADENZA DELl' INDUSTRIA IN MILANO IDÓS-iySo 75
contro Milano sopratutto, la principale fornitrice della Francia
in stoffe d'oro e d'argento, era diretta questa guerra commerciale,
tanto è vero che, revocando l'anno seguente l'immaturo editto,
Enrico manteneva ferma la proibizione pei drappi milanesi (i).
Inoltre la filatura dell'oro, industria tutta nostra, che attirava
qui dalla Francia tre milioni e seicento mila lire l'anno (pari a
tredici milioni odierni, secondo il calcolo del Poirson), veniva in
questi anni appunto impiantata a Parigi dal milanese Enrico
Turata, il quale insegnò anche ai Francesi a fabbricare ogni ge-
nere di stoffe d'oro, argento e seta, di modo che nel i6o3 già
sorgevan colà fabbriche dirette da Francesi e privilegiate per la
vendita di stoffe francesi, facon de Milan (2).
In seguito a questi giusti reclami le autorità dovettero per-
suadersi che ben aveva ragione Enrico IV se preferiva combattere
tre battaglie contro il Re di Spagna piuttosto che inimicarsi
tanta gente colle leggi suntuarie, e non si parlò più di pram-
matica.
IV. — Col 1623 comincia per le leggi suntuarie un'epoca nuova.
La Città, e questa volta i suoi veri e legittimi rappresentanti,
che pel passato non osavan negare apertamente l' efficacia mo-
rale ed economica della repressione del lusso, cambiano parere. Il
motivo morale comincia a passare in seconda linea, sopraffatto
da quello economico. L'industria e il commercio di Milano co-
minciano a decadere e volgono al precipizio: si perde ogni fidu-
cia nei vecchi provvedimeiiti inattuabili, e si comincia ad inspi-
(1) Poirson, op. cii., 264 e 258.
(2) Poirson, op. cit., 277-79. — Per la fortuna delle industrie ita-
liane in Francia sulla fine del XVI secolo sono fonte preziosissima
gli scritti di Bartolomeo Laffemas^ T intelligente e attivo coadiutore
di Enrico IV, che più contribuì a dotare la Francia delF industria
della seta. Io pur troppo non ho potuto conoscerli che a traverso le
citazioni del Poirson, del Levasseur, e del Laffitte nella bella A'o-
iice sur Barthelémy Laffemas, in Journal des economistes, 3.^ ser., XLII.
LE LEGGI SUNTUARIE
4
I
rarsi a concetti ben diversi. Era giunta in Milano hi notizia che
in Ispagna si preparasse una prammatica, contenente, fra l'altro,
il divieto d'introdurre nel regno alcuni drappi d'oro, di seta e
di lana e di estrarne le lane greggie. Si vide in questo provve-
dimento una grande minaccia per l'industria milanese, e il Vi-
cario di Provvisione, Cristoforo Archinti, si affrettò a presentare
al Governo una energica protesta (24 gennaio i623). Milano,
dicevasi, dovette la sua passata grandezza alla sola industria : tra
gli altri artifìci, quello dell'oro, della seta e della lana mirabil-
mente vi fiorirono, e in particolare « il lavorerio dell'oro e del-
« l'argento, il quale qui trasse la prima origine ed in grandis- j
« sima stima s'è mantenuto sempre »; vero è che da alcuni anni
è passato in altri paesi, ma in nessun luogo s'è potuto raggiun-
gere l'eccellenza e la perfezione del nostro. (In Francia stessa,
infatti, si confessava che a Milano, impiegando la metà d' oro, si
otteneva un filo assai più bello) (i). Questi tre esercizi hanno
sempre somministrato il vivere a un gran numero d'artefici:
ancora nel 1620 fu fatto il calcolo che nei due soli lavorei'ii del-
l'oro e della seta erano impiegate quarantaquattro mila persone
di Milano, senza contare i monasteri e luoghi pii, ove le mede-
sime arti si esercitano. Della enorme produzione minima è la parte
che si consuma in città, quasi tutto si esporta grazie alla li-
bertà del commercio, che ci permette d'importare le materie
prime; senza di che, come avremmo potuto sopportare tanti pesi
ognora crescenti e specialmente il gravissimo estimo del merci-
monio? (2) Toglieteci la libertà del commercio e Milano si spo-
(i) PoiRSON, op. cit., Ili, 277, il quale attinge al Laffemas.
(2) Fu questa una imposta che i milanesi sostennero sempre fre-
menti. La sua origine è dovuta a questo fatto: nel 1547 fu imposto il
famoso mensuale, di 3oo,ooo scudi e caricato sui beni stabili: (Verri,
op. cit, II, 236). In seguito agli incessanti richiami dei proprietari, il
governo ne addossò, in via transitoria, una parte sulla mercanzia, e
così fu fatto r estimo dei traffici, le cui operazioni sì trascinarono per
oltre cinquant' anni in mezzo a un diluvio di reclami : (Vedili in Ar-
chivio stor. civ.. Materie, Commercio), Fu attuato nel iSgS, ma, nono-
E LA DECADENZA DELL* INDUSTRIA IN MILANO iSÓS-iySo 77
polerà immediatamente, né basteranno le rigorosissime leggi per
trattenere gli artigiani (i), giacché nessuna legge può obbligarli
a morire di fame in patria quando altrove possono trovar l'agia-
tezza. Le entrate dei dazi e delle imposte si ridurranno a nulla
e, se si vorrà caricare sugli stabili la porzione di peso che ora
sostiene il mercimonio, non basteranno tutti i frutti dei terreni
a pagarne la metà: le campagne, si badi bene, son già spopolate
per il carico iniquo degli alloggiamenti militari. Rifletta sua Mae-
stà, che lo Stato di Milano sebbene angusto in modo che « in
« lunghezza e larghezza non eccede le trenta leghe » gli rende
tuttavia più di un milione e settecentomila scudi l'anno, frutto in
gran parte delle industrie, alle quali la prammatica recherebbe
un danno incalcolabile, tanto é vero che la sola voce ha fatto
scemare il numero delle commissioni. Si noti infine che Milano
stesso, nel 1584, « persuadendosi che una moderata e legiera
« prematica fosse per migliorare le condizioni dei suoi cittadini,
« ne formò.... alcuni ordini e decreti: ma prevedendo i pericoli
« e danni che ne potevano succedere, et al servitio reale et al-
<' l'interesse pubblico, s'astenne totalmente dall'esecuzione, e vi
« impose perpetuo silenzio ».
V. — Considerate queste idee, non è più meraviglia se per cin-
quantasei anni non si parlò più di prammatiche: le autorità e
gli intelletti pratici dei cittadini si erano rivolti a studiare i mezzi
stanti le dichiarazioni del Re, che lo voleva provvisorio, non fu più
tolto. V. l'opuscolo del Tridi, Informaiione del danno proceduto a S. M.
dalV estimo della mercanzia e dall' accrescimento del terzo del dazio e dal-
l' introduzione dei panni di lana et altre merci forastiere, et aW incontro
dell'utile che ne risulterebbe a levar li f stampato nel i638, p. i5.
(i) Già nelle Nuove Costituzioni si proibiva agli artigiani di tra-
sportarsi a lavorare altrove, senza special licenza del Principe o del
Senato, sotto pena di 5o scudi, o di tre colpi d'eculeo agli insolvibili.
Il capo dell'officina era pur punito colla confisca dei beni, la perdita
della cittadinanza e il divieto d'esercitare l'arte: Constitutiones Do-
mina mediolanensis, Medio!., 1747, p. 189.
LE Leggi suntuarie
per rialzare le condizioni della patria, con una attività che ci
darà più innanzi occasione di discorso, e, sebbene quel lungo la-
vorio fosse turbato e ritardato da altri pregiudizi dell'epoca,
questo della repressione del lusso se lo erano quasi interamente
gettato di dosso. Tuttavia nel 1679, tornò ancora in campo la
prammatica, in seguito all'invito del Re di frenare le eccessive
spese delle carrozze (i). Il fisco ed il Senato, nell'inviarc al Vica-
rio di provvisione la lettera reale, espressero il voto che non si
provvedesse solo alle carrozze, ma si tenesse conto anche di al-
tri abusi (2), e la commissione di nuovo eletta si pose all'opera.
Nel presentare al consiglio le sue proposte (14 aprile 1679), essa
confessava d'aver rispescato, per trarne i necessari lumi, l'ultima
prammatica del 1584 e di aver messo insieme alcuni capitoli per
compiacere a sua Maestà e al Senato: osservava essere giusto il
frenare le spese eccessive, ma più giusto e più con facente alle
presenti necessità il considerare lo stato deplorevole del commer-
cio e delle industrie, e se era vero che alcuni artigiani masche-
ravano la loro miseria con abiti suntuosi, doveva il legislatore
prima togliere le cause di quella miseria, che preoccuparsi dì un
abuso ristretto a pochi. Tuttavia se prammatica si voleva, « il
« più sicuro mezzo era l'esempio dei maggiori e il non esservi
« alcuna preminenza di grado e di privilegio». Così anche questa
volta si ribadiva quel concetto di uguaglianza che è notevole
carattere della legislazione suntuaria milanese.
*
Le proposte della commissione constavano di ventisei arti-
coli: il Consiglio, più liberale ancora, ne escluse nove. Il disegno
comincia colle carrozze, di cui era enormemente cresciuto anche il
(i) Arch. stor. civ., Materie, cart. 42.
(2) Arch. stor. civ.^ ibid.
E LA DECADENZA DELL'INDUSTRIA IN MILANO iSÓS-iySo jq
numero (i), vietando lavori, frange, ricami e drappi d'oro e d'ar-
gento, intagli, fogliami, festoni, pitture, indorature dei finimenti,
delle gualdrappe, ecc.: il vestire a lutto la carrozza, i cavalli e la
servitù, se non per la morte dei più stretti parenti. Considera
quindi la nuova moda di uscire col seguito di una seconda car-
rozza, inutile sfarzo che ben si confaceva alla boria spagnuola (2);
per ribadire la condanna del servidorame, contro il quale anche
il Maggi scagliava i dardi della sua satira arguta (3), ordina che
le dame non possano condurre con sé più di quattro persone
(staffieri, braccieri o paggi) e gli uomini più di due servi. Riguardo
all'abito, vuol frenare l'invasione dei nastri, che già in passato
era stata oggetto di speciali disposizioni da parte dei Governatori,
sia col proibirne l'uso, sia coll'impedire l'introduzione di quelli
forestieri (4), misura quest'ultima osteggiata nel 1707 della stessa
università dei bindellari che 1' avevano provocata, per trovarsi
essi oramai impotenti a produrre quanto il consumo esigeva (5).
Insieme ai nastri o bindelli si proibisce alle donne di portar
bande o ma:[^i con o senza oro ed argento in forma di bande.
Non è facile dire che fossero queste bande, perchè la parola si
trova adoperata con significati diversi : in vari corredi e leggi
suntuarie banda sembra significare /<35c/<i; o bal:(ana della veste.
Già nel citato inventario Fieschi (i532) troviamo « una sottana
(i) Il Gualdo Priorato, nel 1666 contò in Milano ii5 carrozze a
sei cavalli , 487 a quattro , 1684 a due , e circa i5oo cavalli da sella :
Relatione della città e Stato di Milano, Milano, 1666, p. i3i.
(2) Il don Filotimo del Maggi, nella commedia II manco male (nella
(itala Collezione, II, 147) così vanta le ricchezze della sua futura sposa:
" Avrà di don Filotimo la moglie — Per principal decoro — Gentil-
uomini e paggi da ogni banda — E grossi fiocchi d' oro — Ai cavalli
d'Olanda — Con seconda carrozza — In corso andrà come ogni grande
stila — E siederà a palazzo in prima fila,,.
(3) " Mi quan me maritai „ dice donna Quinzia (nei Consigli di
Meneghino, Collez. cit., II, 84-85), " Ebbi quattro staffieri e el carrozier
— Due paggi a tutta gala — E el brazzant gentilomm de tutt decor „.
(4) Arch. stor. civ., Materie, Nastrai (1659, 29 agosto).
(5) Arch. stor. civ., Materie, Nastrai, 2 maggio 1707. U università
dei nastrai e bindellari si costituì nel i568: Ibid., sotto questa data.
8o LE LEGGI SUNTUARIE
« de sca fiata con tre bande de veluto morello » (p. 726); la ci-
tata legge suntuaria eugubina (i566) vieta di guarnire l'abito
con più che una semplice banda, e di queste larghe balzane ri-
camate e disposte parallele sulla veste ci offre un bel disegno il'
Vecellio (p. 170); nella traduzione della prammatica di Francia
(i583), fatta a Milano (1), « bande di ricami, pizzetti, passamani,
« frange, fiocchi, cordoni »; nell'inventario di Maria di Borbone
(1625) (2) « robe de satin... en broderie d'or et d'argent par
« boiiquets et bandes », e un'altra en broderie d* or par ondcs,
ove pare che le bandes e les ondes fossero liste o striscie di guar-
nizione: infine il Ferrarlo, citato dal Cassa (op. cit., 365), descri-
vendo il costume posteriore al 1750, dice che le guarnizioni delle
vesti femminili si dividono in tre classi: riiches, volans e bande:
le prime collocate molto in alto, i secondi in mezzo, le ultime
al basso. D'altra parte il Lomazzo, nella citata bosinada sopra
la prammatica (p. 16), dice: « E la roba coi pontaj, e i botton
« che par sonaj, e poeu i band de mett al coli » ove pare si tratti
dì quei nastri che le donne portavano al collo invece della collana,
con appesa una medaglia, come si vede nei disegni del Vecellio
e del Bestelli. E nella legge suntuaria del 17 12 questo capitoletto
relativo alle bande viene sostituito con un altro che parla di
sciarpe, essendo l'uso di quelle cessato. Mi par quindi convenga
meglio questa seconda spiegazione, considerando anche il testo
della disposizione che vieta « portar banda di qualsivoglia ma-
« teria e cosi bindelli o mazzi in forma di bande » ove il por-
tare indica meglio una cosa che si metta in dosso, che non una
guarnizione cucita all'abito. I ma:{^i poi li registra il Cherubini
come termine dei setaiuoli, senza dare il corrispondente italiano,
e spiega: « un quadrato di undici matassine di seta per altre un-
« dici: si assesta in un arnese che somiglia ad un cercuccio da
« bambini ». Continua la prammatica vietando i pizzi, nei col-
lari, fatti a guggia, e specialmente i punti di Venezia e di Genova,
(i) Arch. stor. civ., Materie, cart. 41.
(2) Miscellanea di storia italiaim, XIX (1880); p. 226.
E LA DECADENZA DELL'INDUSTRIA IN MILANO l565-iy5o 8l
e i ricami d'oro e d'argento nei cuscini da inginocchiarsi che
continuavano ad essere oggetto di sfarzo (i), modera le spese delle
(^ gioie, richiamando l'antica disposizione che il loro valore non
superi l'ottavo della dote e chiude con un breve cenno riguardo
ai conviti, limitando il divieto ai « canditi, zucari, latti e cioc-
« colati». Le proposte non accettate dal Consiglio riguardavano
gli abiti di stoffe d'oro e d'argento con ricami di seta e guarni-
zioni di pizzo, la coda, le stoffe di soprariccio nelle sottovesti, i
veletti bianchi e colorati sul capo, le solite pitture, figure e trionfi
nei conviti, di cui era forse cessato l'uso, infine i grembiali e i
fazzoletti guarniti di merletti di seta, refe od oro, e le capiglia-
ture, perrucche, fiocchi, cerchi ed altre forme di capelli rimessi,
recente conquista della moda, importata dalla Francia e comparsa,
almeno in Venezia, a dire del Molmenti, nel i665 (2).
Pietro Verri, accennando a questa prammatica, scrisse: (op.
cit., IL, 265) « Se nelle passate scritture gli amministratori pub-
« blici comparvero deboli, in quelle prodotte in quest'epoca com-
« paiono imbecilli ». Egli sembra considerare la legge suntuaria
come un ghiribizzo speciale di Milano e non come un fatto comune
a tutto il mondo civile, e non vede che la Città agitava qualche
secolo prima molte delle idee da lui stesso predilette. Mentre in
tutta Italia l'azione del Governo contro il lusso diveniva sempre
(1) La mancanza del cuscino spaventava donna Quinzia: " Vorria
fassen de manch „ (vorrei vedere un po') " che non avess — La con--
tessa mia fiola — El cossin de ginocc — E l'arma incoronada intorna
al cocc „ : Colle z, cit., Il, 56.
{2) Op. cit., 409-410. Venezia le proibì la prima volta nel 1668. Ge-
nova nel 1675: Belgrano, op. cit., 2.62,. Sulla passione per le capiglia-
ture posticce il Maggi pone in bocca a Beltramina una saporita satira
(cit. Collez., Il, 48-50): " Guardee un poo per i voeult — No gh'è pu
una contraa, no gh' è streccioeu — Dove no sia bottij, portinn, us'cioeu
— Con foeura un eoo de legn „ : — " Come pon fa i vost donn a regg
la cà — S' han el eoo a fa conscià ? — L'è ben forza che i pover mi-
lanes — Abbien rott el mazzucch pussee che on poo — Se tanci fo-
restée — Vegnen chi a fa el mestée del conscia eoo „. Aggiungi la
spiritosa descrizione della toilette femminile, pur fatta da Beltramina:
III, 180.
Ardi. Star. Lomb. — Anno XXVII. — Fase. XXV. 6
SUNTUARIE
più pedante e rigorosa, qui si credeva sufììcientc una prammatica
mitissima: le poclie disposizioni che abbiamo esaminato tendono
a colpire più che il lusso, lo sfarzo, lo scialacquo, contro il quale
>i disponeva, certo anche allora, l'opinione pubblica, ritratta al
vivo nelle commedie del Maggi: i nostri legislatori facevano già
in pratica quella distinzione fra il lusso utile ed il fasto, che,
anche per gli economisti moderni (i), non trasforma già, ma di-
strugge la ricchezza; distinzione la quale, teoricamente, trovò la'
sua formola con Ferguson e con David Hume (2). Inoltre la
preoccupazione economica, ond' erano a quest'epoca agitati, come
vedremo, tutti gli spiriti, trova la prima volta un'eco nella legge
suntuaria e si manifesta col divieto di portare bindelli non fab-
bricati a Milano, drappi d'oro e d'argento forestieri e stoffe in-
digene fabbricate con oro od argento di fuori, concetti inspirati
al sistema mercantile ormai dominante in tutta Europa. Il giu-
dizio del Verri è dunque ingiusto, ma gli si può perdonare in-
quantochè egli scriveva con intento polemico e, per ottenere il
trionfo di tante idee liberali e sane, poteva permettersi di essere
tranchant in qualche apprezzamento errato.
VI. — Venuto il 169?, si riaprirono le discussioni : il Governa-
tore rimise al Vicario di Provvisione la prammatica di Spagna, da
pubblicarsi in Milano, perchè, udito il Consiglio generale, presen-
tasse le proprie osservazioni. La solita commissione volle, anche
questa volta, udire il parere delle persone competenti. Delle risposte
non ci rimane che un memoriale incompleto e anonimo, che, però,
non va trascurato (3). A dir vero, ad esso manca anche la data, ma,
poiché riferisce i capi principali di una recente prammatica regia
che concordano con quella accennata, non v'ha dubbio sia stato
scritto in questa occasione. — Comincia l'anonimo col sostenere
(i) Supino, Scionza econ., 107.
(2) V. le analisi in Baudrillart, Hist. dit luxe, IV^SySsggv 385 sgg.
(3) Arch. stor. civ., Materi-, 42.
E LA DECADENZA DELl' INDUSTRIA IN MILANO l5Ó5-I75o 83
l'inefficacia delle leggi suntuarie, perchè il lusso è nato coli' uomo
e ribelle ad ogni legge : se qualcuno, fra gli antichi, riuscì a cor-
reggerlo fu Vespasiano, ma non con leggi, bensì coli' esempio della
propria modestia. Oggi il lusso dilaga ancora alla barba degli
antichi freni e dei nostri stessi statuti. S. Maestà ha di fresco
stabiliti nuovi ripari, medicina salutare se si vuole, ma « poiché
« i beni terreni non sonx) mai così puri che non habbino seco
« qualche mistura di mali » è legittimo il timore ch'essa non
arrechi qualche danno. Infatti il lusso nei drappi d'oro e d'ar-
gento, nei ricami, nelle carrozze, nei servi mantiene gran parte
della nostra città: il dire che gli abiti e i cocchi ingoiano molt'oro
buttato via non è buona ragione, perchè V abbondanza dell' oro
non è il sostegno delle città. Non che l'oro sia cosa da spregiare,
ma esso, dopo lo scoprimento delle Indie ci viene in gran copia,
esso non ha contribuito ad altro che ad accrescere il prezzo delle
cose, esso non ha altro ufficio nella repubblica che stabilire il
prezzo delle cose, riducendo il valore delle medesime al valore di
se stesso per misura de' contratti, in modo che se Toro scarseggia
scarsi sono i prezzi; se abbonda, forti. Se dunque l'oro ogni giorno
nasce e si cava dalle miniere, che male c'è se lo si consuma negli
usi del mondo? Se si proibisce l'uso dell'oro nelle vesti e nelle
carrozze, l'effetto sarà appunto quello di accrescere i prezzi: tali
leggi andavan bene quando c'era poco oro, non vanno più ora
che ce n'è molto. Che dire della seta da convertirsi in merletti,
in pizzi od in ornamenti? bisognerebbe spiantare i gelsi per non
rendere inculto il campo con un'ombra inutile. E tutta quella
gente che si applica ai servigi bassi, che farebbe, quando fosse
privata del servizio presso i nobili? sarebbe costretta dalla fame
a precipitarsi nelle rapine. Del resto non ai soli abusi enumerati
dalla prammatica si restringono i mali della repubblica: c'è il
lusso delle fabbriche, la suntuosità dei mobili, la delizia delle
mense, l'eccesso nei giuochi poco fa introdotti: quanto più sono
visibili i mali e facili a biasimarsi, tanto più difficili sono i ri-
medi. Tuttavia non mancano scrittori insigni come il Kloch, il
Cockhier, il Besold, i quali suggeriscono a tal uopo utili precetti.
84 111 I '«il Sl'NTUAHIi:
Perciò prima di pronuilgarc leggi suntuarie si dovrebbe istituire
un asilo della povertà, e poiché l'industria, come messer Boterò
Ila luminosamente provato, più d'ogni altra cosa vale a render
doviziose le città, si cerchi rialzarla, togliendo gli impacci, rinno-
vando le antiche prerogative, acciò le famiglie nobili esercitandosi
in essa non pregiudichino la nobiltà: si richiamino gli artefici usciti
per mancanza di lavoro e si invitino que'di fuori, concedendo loro
per qualche anno l'esenzione dall'estimo e dai dazi: si bandiscano,
e con rigore, le merci forestiere, in ispecie quelle di seta ed oro :
si ascoltino i consigli del Tridi abbassando l'estimo del merci-
monio, la prima causa di tutta la rovina; sì abbassi il dazio d'u-
scita delle manifatture e quello d'entrata per le materie greggie:
se nella nostra città scema la popolazione, non è per mancanza
di nutrimento, che il suolo produce più del necessario, ma per
mancanza di traffico. Inoltre, fra i mezzi per render ricche le
città è di sommo rilievo, come spiega il Besold, lo sbandire l'ozio
€ gli oziosi, obbligando la gente bassa ad occuparsi e produrre il
necessario, che non verrà così portato dai paesi stranieri: si imiti
l'esempio di Amsterdam e di Genova, che hanno stabilimenti ove
si raccolgono i mendicanti a lavorare (i). Introdotto in città il
traffico, sbandito l'ozio, dato alla plebe lavoro e guadagno, si
potrà pensare a reprimere il lusso, e questo non per via di proi-
bi:{ione ma per via di tributo.
La lettera dell' anonimo, che ho fedelmente riassunta, noil
priva certo di esagerazioni e di argomenti ingenui, come quello
relativo al servidorame, contiene giudizi notevoli. Sebbene egli
si inspiri al Boterò, che in tempi di pieno mercantilismo doveva
esser ritenuto libéralissimo, è anche più liberale di lui nel con-
cetto del danaro che giudica una merce come tutte le altre (2),
(i) L'idea fu attuata in Lombardia, quasi un secolo dopo, colla
Casa d' Indiisiria fondata da Giuseppe II: Cusani, Storia di Milano,
Milano, i865, IV, 94.
(2) L'idea che l'uscita dell'oro e dell'argento fosse perniciosa
allo Stato moveva appunto il Boterò ad approvare le leggi suntuarie :
I
E LA DECADENZA DELl' INDUSTRIA IN MILANO lÓGS-ljSo 85
contrariamente alle idee dominanti al suo tempo, in cui, persuasi
che il danaro fosse 1? principal ricchezza dello Stato, scrittori e
legislatori si affaticavano a trovar espedienti per conservarlo ed
accrescerlo, e volevano moderar per legge il consumo delle materie
atte a far moneta (i). Non dunque per paura dell'uscita della
moneta, ma allo scopo di proteggere l'industria paesana egli
accettava l'idea, allora quasi universale, di proibire le merci fo-
restiere, e sosteneva, ripetendo anche qui i concetti del maestro,
le immunità alle nuove industrie, l'impedire l'uscita alle materie
prime e il favorire quella delle manifatture (2). Un secolo prima
del Verri lamentava che la boria spagnuola avesse allontanato
la nobiltà dalla mercatura, e metteva innanzi il concetto del tri-
buto, come il più legittimo temperatore del lusso, ripreso e cal-
deggiato dagli economisti del secolo XVIII (3).
Anche questa volta i delegati non nascosero la loro poca te-
nerezza per la prammatica, e conclusero che, essendo la legge
proposta da S. Maestà presso a poco dello stesso tenore di quella
votata dalla città nel 1679 (il che non era vero, perchè la spa-
gnuola era assai più minuziosa e rigorosa) (4) non stimavano
opportuno far novità, pur ringraziando il Re della sua paterna
sollecitudine; e, a rinforzo delle loro conclusioni, presentavano
una nota dei lavoratori che per la legge suntuaria sarebbero re-
" pericolosissimo è il desiderio di superare gli altri nella splendi,
dezza del lusso , anzi bisogna limitare le pompe delle donne e proi-
bire certe vesti o caricarle di dazi e gravezze così grandi, che divengano
carissime, sopratutto perchè per far venire gemme e simili frivolezze
si manda via oro e argento, per ciance lo Stato si vuota delle vere
ricchezze,,. V. Gobbi, U econom. polit., ecc.^ 71; cfr. la lucida analisi
delle teorie del Boterò in La concorrenza estera, ecc., p. 23 sgg.
(i) Supino, op. cit., 45.
(2) Gobbi, La concorrenza, ecc., 26 e 28. — Nel i6oo era stata im-
posta la gabella all'uscita dei panni e quella per l'introduzione della
seta greggia in città: Verri, op. cit., p. 247, n. 2 e 3.
(3) Rousseau, Senhac de Meilhan e altri. V. Baudrillart, Hist. du
Ihxc, IV, 370, 402.
(4) Arch. stor. civ., Materie, 42.
86 LE LEGGI SUriTUARIK
Stati o danneggiati od oziosi: essa nota ci dice che per T univer-
sità dei mercanti lavoravano allora 1371 fj-a maestre e donne,
nel far pizzi, non comprese le figliuole povere nei monasteri e le
monache: per l'università dei mercanti d'oro 15942 artigiani, ai
quali andavano aggiunti altri 8000 occupati in esercizi diversi e
specialmente nel servizio presso i nobili, in tutto 2 53i3 persone.
La relazione votata tal quale dal Consiglio fu trasmessa dal Vi-
cario al Governatore e non se ne parlò più.
II.
I. — La legge suntuaria del 17 12 acquista una importanza spe-
ciale perchè si connette a tutto un disegno di riforma dell'in-
dustria e del commercio. Per renderci ragione di quanto in que-
st'anno si trattò e si concluse, rispetto a entrambi gli argomenti,
dobbiamo rifarci un po' addietro ed esaminare, fin nei suoi prin-
cipii, questa agitazione di tutte le classi cittadine in favore, come
allora dicevasi, del mercimonio. Il Verri ha tracciato, è vero, un
quadro delle condizioni economiche di Milano durante il domi-
nio spagnuolo, ma, pieno di sdegno per quell'epoca infelice, non
ha tenuto conto degli sforzi della Città per migliorare le proprie
condizioni, o, se qualche volta lo ha fatto, è stato, lo abbiam ve-
duto, per travolgerla nello stesso biasimo di cui marchiava il
Governo. Il Trattini che, nella sua Storia e statistica delV indu-
stria manifatturiera in Lombardia ha un pregevole capitolo rias-
suntivo , non aggiunge nulla ai dati del Verri ; lo segue passo
passo sì nella esposizione come nei giudizi : onde non mi sembra
inutile illustrare, colla scorta di documenti ancora per la mag-
gior parte inesplorati, le fasi principali di quella agitazione, re-
cando un modestissimo contributo a quella storia dell'industria
manifatturiera e del commercio di Milano, la quale è ancor tutta
da fare.
Col 1620 incominciano le querele per la decadenza: una com-
missione di cittadini, eletta dal Governatore, raccolse presso le
varie arti informazioni che apparvero desolanti : di 5oo battifogli
e loooo donne, dette Jìlere, impiegate nell'esercizio dell'oro, e dì
loooo impiegati alla fabbrica delle calzette di seta, la metà erano
licenziati per mancanza di lavoro: dei 20000 tra filatori, tintori,
tessitori e donne che maneggiavano la seta, occupati due terzi;
solo i 4000 lavoranti bindelli, lavorini e velami, e i lanaioli eran
tutti trattenuti: la Città, che spendeva nel distribuir danari e
vettovaglie ai poveri centomila scudi l'anno, non potea far di
più per provvedere ai disoccupati. Quali cause di questa decadenza
si segnalavano: il cessar degli antichi favori concessi al commer-
cio e all'industria, V estimo del mei^cimonio, l'accrescimento dei
dazi; inoltre il consumo diminuito per le guerre d'Alemagna, pef
sistema proibitivo della Francia, inviolabilmente osservato; l'es-
sersi la Spagna provveduta per molt'anni delle nostre merci « per
« la commodità havuta gli anni addietro della crescimonia del
« danaro » (i). Ma lo sgomento crebbe dopo il i63o, quando i
milanesi, guardandosi attorno, videro le industrie quasi annien-
tate. Allora per la prima volta (20 luglio i63i) si costituì una
Giunta di Mercimonio, composta del Vicario di Provvisione, del
Regio Luogotenente, di due Conservatori di Patrimonio e di
quattro Decurioni, coli' incarico di tenersi in perpetua relazione
coi mercanti ed industriali, di indagare le cause dello sfacelo e pre-
parare i rimedii, nonché di ridurre ad oneste proporzioni i prezzi
saliti in quei tempi a somme inique: una istituzione sul genere
dei cinque savi della mercanzia di Venezia (2) e del Consiglio di
Commercio fondato in Francia da Enrico IV nel 1Ó02 (3). La
Giunta propose infatti alcuni rimedi nei quali si scorge tutta
(1) Relatione fatta dai SS. Delegati di S. Ecc. a consultare il modo
di provvedere al sostenimento dei poveri operai ai quali manca il lavoro
(a stampa), 26 febbrajo 1620: Arch. stor. civ., Materie, Commercio, car-
tella 267.
(2) Errerà, Storia dell' econom. polii., citata, p. 48, 48, 49.
(3) Laffitte, Notice sur B. Laffemas, citata, p. 188 sg.
88 I-E l.hiivii M rs 1 . AuiiO
r indeterminatezza dei metodi del tempo. Essa, liberale quando
pensava ad accrescere il numero degli artefici coli' invitarli per
via di immunità, privilegi e favori, a richiamare gli espatriati,
concedendo loro l'impunità, a sottrarre all'esercito gli artigiani
che preferivano l'ozioso mestiere del soldato, era tiranna nel voler
eseguite le rigorose e quasi feroci pene prescritte dalle Nuove
Costituzioni a chi abbandonasse la città. Intravvide 1' impaccio
che le corporazioni recavano al commercio, e da essa per la prima
volta troviamo espresso il desiderio di frenare l'esagerata tirannia
del monopolio, impedendo che gli ufficiali delle arti, cui tornava
comodo non si moltiplicasse il numero dei loro, tormentassero ed
atterrissero i forestieri, desiderosi d'industriarsi, con rigorosi esami,
e lasciando al Vicario di Provvisione la facoltà di ammetterli
all'esercizio. Ma la Giunta era persuasa che poco valesse l'avere
in città molti artefici se mancava il modo di spacciare le mani-
fatture, onde, ripigliando il concetto del Boterò (i), concludeva
non potersi sperare in una esportazione sufficiente, se non si
procurava colle immunità, o almeno colla diminuzione dei dazi,
di richiamare i negozianti forestieri, allontanati da intollerabili
gravami e da inique fiscalità (2).
Pochi anni dopo entrò valorosamente in campo un cittadino
comasco, Giovan Maria Tridi, con la citata Informatione (i638),
che levò un certo rumore e procurò all'autore molte soddisfazioni
e molte amarezze (3). Comincia il buon Tridi a dimostrare che,
finché si seguirono le antiche tradizioni, la floridezza di Milano
andò sempre crescendo, e ciò fino al 1616: da quell'anno comin-
ciarono a mancare i traffici e a scemare i redditi delle gabelle,
il che egli prova con uno specchietto degli appalti dei dazi, dal
(i) Gobbi, La concorrenza, ecc., p. 28.
(2) Arch. stor. civ., Materie, Commercio, cart. 268.
(3) Vedi una lettera di lui (1639) nella quale si lamenta che molti
non lo abbiano compreso, sebbene non gli manchi l'appoggio di per-.
sone imparziali, e si dichiara risoluto a far ogni sforzo per riuscir nel-
r intento: Arch. stor. civ.. Materie, Commercio, cart. 268.
i
E LA DECADENZA DELL' INDUSTRIA IN MILANO lS65-iy5o 8q
i6o3 al 1639, dal quale, in fatto, si rileva che fino al 1618 i pro-
venti andaron sempre crescendo (da lire 1,439,696 a lire 2,014,993) e
dal 1618 scemarono da 2,io2,62oa i,222,5i i.Finoal i6i6si contavano
in Milano settanta lanifici, che producevano i5ooo pezze di panno
all'anno, dopo si ridussero a quindici, producenti 3ooo pezze: la
stessa proporzione per la industria della seta e dell'oro: prima
la fabbricazione eccedeva il consumo, e si esportava moltissimo:
ora il contrario, un'invasione di manifatture straniere fatte colle
nostre sete e lane e da nostri artefici emigrati. Se si considera
che una pezza di panno dà occupazione a venticinque persone
per un mese, mancando 12000 pezze solo per Milano, manca il
mantenimento di 2 5ooo persone. Allo stesso modo si spopola Como,
ove di settanta lavoreri ne restano quattro, Monza, Vigevano,
Valassina , Incino, Monte di Brianza e lago di Como (i). — A
questi mali vuole il Tridi rimediare coli' abolire l'aumento del
terzo sul dazio della mercanzia (introdotto nel 1614) contro il
quale la Città aveva invano protestato (2), collo scemare di molto
l'estimo del mercimonio, iniquamente ripartito sopra un numero
di negozianti molto minore di quando fu istituito, col vietare
l'introduzione delle manifatture straniere e l'estrazione delle ma-
terie greggie. Non ostanti le conclusioni favorevoli al più rigoroso
protezionismo industriale, del che non si può far rimprovero ad
un uomo del secolo XVII, il libretto del Tridi è pieno di logica
e di buon senso, specialmente dove dimostra l'effetto negativo
dei continui aumenti di carichi: a buon diritto lodollo il Verri,
che pure, in fatto di commercio internazionale, la pensava in
modo assai diverso (op. cit., II, 211).
Le idee del Tridi furono ampliate da Rolando Rossi, in
(i) Prova lo spopolamento col consumo del pane, riportando in
uno specchio i proventi del dazio sulla macina, ove si vedono, dal
i6o3 al i635, decrescere da lire 153.460 a 86.5oo.
(2) V. il Memoriale delV Università di tutti li mercanti e negozianti ili
Milano, al Governatore, perchè non si dia esecuzione all'aumento del
terzo sul dazio della mercanzia (1616): Arch. stor. civ., Materie, Com-
mercio, 266.
rO I^K LKGGI SlNTlAHIi:
una memoria manoscritta, diretta al Governatore (21 marzo !
1Ó41) (0- Il Rossi, pur approvando in tutto il Tridi, enumerai
altre cause di decadenza: fra le esterne, le guerre di Lombardia
e di Piemonte, alle quali accorsero molti amanti dell'ozio, quelle
di Francia, di Fiandra e di Germania, onde fu diminuita l'im-
portazione di quei paesi, lo sparpagliarsi in tutta Italia delle
merci provenienti dal Nord, che prima passavano di qui, la recentej
attività industriale delle potenze finitime; — fra le interne, l'au-
mento dei dazi sul sale, sulla macina, sul vino, sull'olio, la tassa
sulle case (2); ed aggiunge, perciò, altre proposte, cioè: facilitare
le comunicazioni coi paesi del Nord, assicurare le strade dagli
svaliggi e mantener la disciplina nei soldati, i quali in fatto poco
differivano dai briganti, impedire che gli artigiani s'arruolino
nella milizia senza speciale permesso. Quanto al bando delle merci
estere, pur approvandolo in massima, il Rossi è più prudente del
Tridi, e non vuole che la proibizione si faccia ex abriipto : « per-
« che il mercante è accostumato a tal traffico e il cittadino al-
« l'uso », egli, ammonito dall'esperienza fatta da Enrico IV dopo
il famoso editto del iSgp, vuole si sia in grado di supplire col-
r industria propria prima di proibire l'altrui.
Il Governatore sottomise (21 marzo 1641) l'opuscolo del Tridi
e il memoriale del Rossi all'esame del Tribunale di Provvisione,
il quale rispose in modo assai curioso (3): pur riconoscendo che
l'aumento del terzo sul dazio della mercanzia era dannoso, non
approvava che il mercimonio venisse addossato allo stabile, come
il Tridi proponeva. Questa ragione ci spiega la ostilità. L'estimo
del mercimonio era stato introdotto, lo abbiam veduto, per sca-
ricare agli stabili il peso dei 3ooooo scudi di mensuale e, poiché
non era probabile che il Governo spagnuolo volesse rimetterci
del suo, era naturale che, alleggerito il primo, si dovesse di nuovo
sovraccaricare i secondi : il che, non a torto spaventava i possi-
(i) Arch. Sion civ., Materie, Commercio, cart. 268.
(2) Per questi aggravi, posteriori al i6i3, v. Verri, op. cit., II, 245-246.
(3) Arch. stor. civ., Materie, Commercio, cart. 268.
IPIe,
E LA DECADENZA DELl' INDUSTRIA IN MILANO IdGd-IjSo QI
ienti. Tuttavia, nell' opporsi a proposte, pur fatte a fin di bene,
la rappresentanza cittadina allegava, non si può negarlo, argo-
menti notevoli: — il proibire l'estrazione delle sete greggia rompe-
rebbe il commercio che con vicendevole guadagno comunica le
comodità da una provincia all'altra; e j poiché il commercio si
mantiene colla permiita:(ione delle merci, più che col danaro ef-
fettivo, vietata V estrazione delle sete, mancherebbero le merci
forestiere che si introducono e commutano in servi:[io dei popoli
e con splendor di Milano: col proibire le merci forestiere risor-
gerà il danno dei monopolii: una volta obbligati i cittadini a
vendere le sete ai soli mercanti di Milano e a comperar da essi
le stoffe, si troveranno alla loro discrezione. — Così il Tribu-
nale di Provvisione sembrava intravvedere il concetto della so-
lidarietà economica dei vari paesi , e faceva sue le idee di quei
pochi, ma valorosi, liberi scambisti, che nel secolo XVII si op
ponevano al mercantilismo invadente (i): ma erano, pur troppo,
ancora idee isolate, inspirate dall'opportunità del momento o
provocate dalla discussione, ben lontane dal connettersi in un
sistema razionale. Tanto è vero che, dopo questo lampo di libe-
ralismo, si viene ad una conclusione perfin più gretta dell'esor-
dio: si conclude, cioè, che quando gli industriali torneranno a
lavorar bene come prima e si contenteranno di prezzi onesti ,
tutto andrà bene da sé!
Ma il Tridi era uomo di polso e tanto si agitò da provocare
molte altre risposte, le più a lui favorevoli, e perfino una con-
sulta favorevolissima dal Senato (senatori Arese e Lambertenghi)
e nel 1647 (7 agosto) riuscì ad ottenere dal Governatore Ferdi-
nando de Velasco un decreto concedente a tutti gli artefici e
operai che venissero a stabilirsi nello Stato, introducendovi l'e-
sercizio delle loro arti, l'immunità per intero di tutti i carichi
personali, compreso il mercimonio per tre anni, e per metà nei
(i) CossA, La teoria del libero scambio nel secolo XVII, nei Rendi-
conti del R. Istituto lombardo di scienze e lettere, serie II, voi. VI (1873)^
p. 374 sgg : e Supino, op. cit., 49 sgg.
92 ' LE LEGGI SUNTUARIE
tre anni successivi, con proibizione di dìstrarli « a titolo di mi-
« lizia od altra funzione pubblica » (i).
II. — Una lettera del senatore Arcse al Governo (12 gennaio
1649) confessa che, dopo l'accennato decreto, le fabbriche milanesi
andaronsi rimettendo: egli non adduce prove, ma qualcheduna
ne troveremo più'innanzi. Tuttavia nel 1660 l'agitazione rico-
mincia (2), e si chiude con una importante consulta del Senato
del 1662 relativa all'industria della lana (3). I famosi settanta
lanifici, che al tempo del Tridi eran ridotti a quindici, ora sono
otto, e gli otto devono pagare lo stesso estimo di mercimonio che
prima era ripartito sui settanta. Le cause: gli aumenti del dazio
della mercanzia (seguiti nel i555, i558, (614 e i636), l'essere i
panni forestieri meno gravati degli indigeni, l'aver permesso ai
negozianti di Ganzo di fabbricare panni simili a quei di Milano,
di qualità inferiore, ma più facili ad esitarsi pel minor prezzo (4),
l'eccessiva introduzione di panni foresi, il trascurare l'eleganza
(i) Arch. stor. civ., Materie, Commercio, cart. 268 e 269. Si pubblicò
pure una delle tante gride di proibizione dei panni forestieri (cart. 269),
l'inosservanza delle quali, del resto, correggeva da sé l'errore econo-
mico del formularle.
(2) V. la Consulta del Magistrato ordinario per rinvigorire le arti :
Arch. stor. civ., Materie, Comm., cart. 269 (3o gennajo 1660).
(3) Vi accennarono rapidamente, e non con tutta esattezza, il
Verri, op. cit., II, 261, il Frattini, op. cit., 38, il Casati, U antica in-
dustria manifatturiera della lana, fustagni e bambagini in Milano, nella
Perseveranza del 18 settembre i883.
(4) Nel 1649 un Carlo Tentorio, mercante di lana in Canzo, impa-
rata Tarte a Milano, impiantò nel suo paese una fabbrica di panni fini,
col permesso di un abate deir università dei mercanti, a patto che con-
tribuisse all'estimo del mercimonio. Altri ne seguirono l' esempio, senza
però chiedere alcun permesso, d' onde una lunga controversia coi fab-
bricanti milanesi, che pretendevano si fabbricassero in Canzo solo
panni ordinari, e che quei fabbricanti pagassero l'estimo per tutti i
panni fini venduti fino allora come milanesi. V. Replica dell' Università
dei mercanti di lana di Milano alla risposta dei mercanti di Canzo, 18 set-
tembre i658: Arch. stor. civ., Matèrie, lana, cart. 571.
E LA DECADENZA DELl' INDUSTRIA IN MILANO lÓGS-lJDO g3
€ la bontà nella fabbrica, infine l'avere inconsultamente il col-
legio dei Giureconsulti escluso dalla nobiltà chi esercitasse que-
st'arte che in antico era sempre stata ritenuta nobile. I rimedi:
esenzione del dazio alle lane, in particolar modo alle spagnuole,
più ricercate per la fabbrica di panni fini, agli oli e a tutti gli altri
ingredienti necessari a tale industria: diminuzione del dazio d'uscita
ai panni e cappelli fabbricati in Milano, e aumento, almeno in
ugual proporzione, di quello d'entrata, ai panni forestieri: riforma
nell'estimo del mercimonio, che si dovrà pagare a norma della
produzione, un tanto per pezza: divieto di introdurre panni e
cappelli forestieri, e a quei di Ganzo di fabbricare panni se non
inferiori ai milanesi, e con signis (cimosse) differenti. Inoltre: si
allettino i ricchi e i nobili a dedicarsi al lanificio, come facevasi
un tempo, si rinnovi il decreto concedente tre anni d'esenzione
a chi introduca lanifici in città, e se ne proibisca l'esodo, s'invi-
gili infine sulla buona fabbricazione delle stoffe. — Accanto a
proposte inspirate ai pregiudizi del tempo e ai più rigidi criteri
colbertiani, ve n'eran altre, il Verri stesso lo riconosce, serie e
ragionevoli. Il Governo le accettò di buon grado e le riassunse
tutte nel suo decreto del 7 agosto 1664 (i).
Gol 1676, rinnovata la Giunta di Mercimonio, si rivolse l'at-
tenzione all'industria della seta e si invitarono tutti gli indu-
striali milanesi a presentare le loro proposte. Una grave questione
era quella dei molini o filatoi (Gfr. il milanese molin de seda).
Molti industriali andavano trasportando i loro filatoi dalle
città nelle rispettive campagne, o in quelle degli stati confi-
nanti, sia per sottrarsi al dazio della seta greggia, sia pel
minor costo della mano d'opera, sia infine perchè, disponen-
doli in luoghi aperti e vicini al confine, ■ potevano, con facile
(1) Gridario generale (i656-86), Milano, Malatesta, 1688, p. 90. Quanto
ai dazi si diminuì d'un terzo quello delle lane (2 quinti per le spa-
gnuole) e d; tutti gli ingredienti necessari : d' un terzo quello d'uscita
dei panni. Per le stoffe non comprese nella proibizione s' accresceva
di sei denari il braccio.
LE LEGGI SUNTUARIE
contrabbando, estrarre le sete dallo Stato. Ciò impensieriva non
poco i milanesi, che si preoccupavano sopratutto « del diverti-
« mento dei rustici dal lavorerio della terra » e dell'ozio, padre
di tutti i vizi, in cui si sarebbero trovati i filatori della città.
Però la Giunta proponeva di richiamare per forza i proprietari
dei filatoi trasportati nelle campagne, e di togliere alla seta greg-
gia il dazio d'entrata in Milano o nelle altre città, accrescendolo
invece a quella che usciva dallo Stato, o era lavorata nei suddetti
molini (i). In seguito a questi reclami il Governo, con decreto
14 dicembre 1678, proibiva ai filatori e mercanti di seta di far
esercitare molini fuori dello Stato, sotto pena della confisca dei
beni, e ordinava di notificare entro otto giorni tutti i filatoi nello
Stato medesimo esistenti (2), e il 24 aprile 1681 un dispaccio reale
aboliva il dazio d'entrata della seta greggia e accresceva quello
d'uscita. La lentezza con cui procedeva la complicata macchina
amministrativa e gli ostacoli frapposti da chi aveva interesse a
mantenere lo statu quo, fecero ritardare di più che cinquant'anni
l'esecuzione di questo decreto (3).
III. — Le concessioni di privilegi agli introduttori di nuove in-
dustrie ebbero qualche effetto: nel 1682 i mercanti di lana prote-
stavano perchè i nuovi venuti, esenti dai dazi, vendessero a mi-
nor prezzo, onde la Giunta propose che si limitassero le esenzioni
a tre anni (4). Qualche notizia di fabbriche nuove mi fu dato
trovare; a chi vorrà occuparsi di proposito della storia del com-
(i) V. il Memoriale a stampa della Giunta di mercimonio al Magi-
strato ordinario, 29 nov. 1678: Arch. stor. civ., Materie, Commercio, car-
tella 269.
(2) Arch. stor. civ., Materie, Seta, cart. 875. I mulini furon tutti no-
tificati (v. ibid. l'elenco^ 27 genn. 1679). Ciò diede luogo ad una lunga
questione dibattuta fra la Giunta, l'università dei filatori e il Magi-
strato ordinario. V. ibid.
(3) Verri, op. cit., Il, 267.
(4) Supplica dei mercanti di lana, 22 aprile 1682: Arch. stor. civ.
Materie, lana, cart. 572.
E LA DECADENZA DELl' INDUSTRIA IN MILANO l565-I75o • q3
mercio milanese in quest' epoca non sarà forse disagevole trovarne
Itre. Nel i663 T inglese Giovanni Hanford chiese al Governatore
'&
di introdurre in Milano l'industria nuovissima delle calzette a
telaio, con esenzione dall'estimo del mercimonio per dieci anni:
i mercanti si opposero perchè sarebbe andata distrutta l'industria
milanese delle calze fatte a guggiaj che occupava ottomila per-
sone (i): i loro argomenti, cavillosi del resto, sembra conseguis-
sero lo scopo, ed anche in seguito non si volle sapere delle calze
a macchina: nel 1686 i soliti interessati supplicarono il Governo
perchè vietasse l'introduzione dei telari da calze: venne il decreto
e furon suggellati i telari a chi li possedeva; e solo nel 1722 si
permise questa fabbrica, esigendo però una sigurtà di cinquecento
scudi (2). Altri furono più fortunati: nel 1681 Ambrogio Mazzardi
introdusse la fabbrica d'ogni sorta di stoffe di seta, damaschi,
velluti sogli o a fiorami, e broccati all'uso d'Inghilterra, e nel
concorso tenutosi nel 1709 tra i primi industriali d'Italia per le
famose tappezzerie di damasco cremisino destinate alla chiesa di
S. Gaudenzio in Ferrara, riuscì vincitore, dopo il qual successo,
com'egli stesso confessa, fioccavano le commissioni (3). Nel 1682
un Giovanni Battista Barzacchini introdusse in Milano l'arte di
lustrare i drappi d'oro, argento e seta, ad uso di Venezia e d'altri
luoghi ed ottenne il privilegio per dieci anni (4). Nel 1687 Fe-
(i) V. il carteggio in Arch. stor. civ., Materie, calzettari, cari. 82,
12 marzo i663.
(2) V. in Arch. stor. civ., ibid.. ordiiie del Governatore in propo-
sito, 8 maggio 1722. V. anche, ivi, le Riflessioni di ragione e di fatto
con le quali si dimostra ,pernicioso al pubblico il bando dei telari di seta :
(sine die).
(3) V. i relativi documenti (1711, i5 aprile) in Arch. stor. civ., Ma-
terie, Seta, cart, 877: (supplica del Mazzardi perchè venga messo agli
atti ch'egli fu il primo introduttore di detta industria trenta anni
avanti).
(4) V. le pratiche relative in Arch. stor. civ.. Materie^ Seta, car-
tella 876. In realtà, come rilevasi da una petizione al Senato [ibid,]^
il primo introduttore fu un francese, Antonio Boisset, che tentò con
successo la cosa: ma essendo egli straniero, i mercanti si rifiutarono
di affidargli le stoffe da lustrare; per il che egli credette meglio ven-
dere il sescreto e gli utensili al Barzacchini.
n(>
d
clerico Gatti e Ambrogio Trczzi tondarono l'industria delle felpe
di seta rilevate, ad uso di Messina, ed ottennero anch'essi esen-
zioni e privilegi (i). Più tardi, nel 1739, i fratelli avvocato OrazidH|
e ingegner Marco Bianchi eressero un grande setificio con enormi
filatoi « atti a dare con ogni perfezione lavori di seta ad uso di
'< Francia, Olanda, Torino e Bergamo, in quantità di quattro
« balle al mese », ed ottennero il libero ingresso pei materiali, un
donativo di 5ooo lire imperiali, l'esenzione per diciotto bocche
per cinque anni dal dazio della macina, del vino e della carne (2).
Infine nel 1743 Felice Clerici fondò una doppia industria: quella
della filatura e tintura dei peli di capra e cammello e quella più
importante delle maioliche fine ad uso di Sassonia: fabbriche
impiantate entrambe con vero splendore, come si rileva dalla re-
lazione della Giunta di mercimonio, 11 agosto 1748. Il Clerici
ottenne tutti i privilegi richiesti, che gli vennero prorogati per
vari decenni (3).
Ma sopratutte è degna di nota una grande impresa tentata,
con discreto successo, nel 1720. In quell'anno Giuseppe Ronzio,
sull'esempio del bolognese Felice Gherlini (4), presentava il di-
segno di una Casa di negozio, « con la soprintendenza a tutte
« le sorti di manifatture, la quale avesse poi connessione di traffico
« con tutti li bottegari e fabbricatori di qualsiasi sorta di mani-
« fatture e mercanzie, tanto di questa metropoli, quanto delle
« altre città dello Stato (5) ». La nuova casa fondata con capi-
(1) Ardi. stor. civ., Materie, Seta, cart. 876.
{2) Arch. stor. civ., Materie, Seta, cart. 879 (1739).
(3) Arch. stor. civ., Materie, Stoviglie (1745): Cfr. Località, Ospeda-
Ictto, sotto q. data (le fabbriche sorgevano nell'ospedaletto di S. Am-
brogio). Nel 1762 un suo pittore Pasquale Rubati, impadronitosi dei
segreti, fondò un' altra fabbrica in concorrenza, nei pressi di S. An-
gelo, che esisteva ancora nel 1798. Il P'rattini, op. cit., 48, dice che
Giuseppe Ferretti di Lodi aperse verso la metà del secolo XVIIl una
grandiosa fabbrica di stoviglie imitando a perfezione le antiche maio-
liche italiane, e introdusse pel primo da noi la fabbrica della porcellana.
(4) Cfr. pel Gherlini, Gobbi, La concorrenza, ecc., p. loi.
(5) Progetto fatto per rimettere in qitesf inclita città di Milano il de-
caduto mercimonio e commercio et esposto sino in (sic) genaro 1^20 alla
Ecc. '"' Congregazione di Patrimonio da Giuseppe Ronzio, p. 4.
tali di azionisti, amministrata e diretta da alcuni delegati della
Congregazione di Patrimonio e da quattro persone pratiche di
industria, avrebbe dovuto provvedere alla istituzione, direzione
ed amministrazione di nuove fabbriche, non escludendo dal godi-
mento di proporzionati interessi « quei fabbricatori e introduttori
« di manifatture» che, pur non disponendo di capitale, volessero
consacrare la propria attività a questa o quella fabbrica dipen-
dente dalla casa medesima (p. 7-8); facilitare, per mezzo di agenti
capaci, lo smercio della produzione nazionale sui mercati ger-
manici, erigere filatoi per le sete con annesse tintorie, preparando
nel minor tempo possibile le sete greggie alla tessitura « mentre
« in oggi gli mercanti professori non ponno averle, se non in
(c lungo tempo, dalle monache d'alcuni monisteri»; fissare la
quantità di materia greggia superflua che potesse essere esportata
senza danno, e così via. Il disegno del Ronzio incontrò favore,
né è meraviglia mentre così vivo in tutti era il desiderio di fare.
Egli ottenne l'assistenza di due delegati della Congregazione pa-
trimoniale per discutere le idee preliminari (18 gennaio 1720)
(p. 2), il Governatore Conte di CoUoredo affidò al Conte Gio-
vanni Borromeo Arese l'incarico di attuare l'idea (p. i5) coU'a-
iuto di due assistenti, il Conte Guido Stampa e il Conte Guido
Pietrasanta (p. 16). E la nuova casa sorse infatti col nome di
Casa di S. Giuseppe (i), per azioni di lire cinquecento, all'in-
teresse fisso del quattro per cento, oltre gli utili eventuali, fino
a compire i quattro milioni dì capitale: varcato questo limite, le
azioni successive non avrebbero avuto diritto se non al puro in-
teresse (p. 25): escludeva, per l'impiego di detto danaro, qualun-
que operazione finanziaria estranea all'alimento di manifatture.
Gran conservatore dell'istituto fu designato ed eletto il Conte
(i) Dimostrazione fondaiìieniale della nuova casa di fabbriche e mani-
fatture eretta nella città di Milano sotto la protezione e il nome del glo-
rioso Patriarca S. Giuseppe e coll'assenso di S. Ecc. il Sig. Conte Gero-
lamo CoUoredo, Governatore e capitano generale dello Stato di Milano,
soggiunta air opusc. cit.
Arch. Stor. Lomb. — Anno XXVII. — Fase. XXV. 7
q8 le leggi slntuauie
Giovanni Borromeo Aresc (p. 4); il Consiglio d'amministrazione
formato di patrizi e negozianti con netta divisione dì competenze]
e responsabilità (p. 21). Si volle sulle prime limitarsi a un ristretto]
campo d'azione: si cominciò colla fabbrica delle calzette sia ad]
ago che a telaro, e « della maggior perfezione », fabbrica affatto'
nuova in Milano che si provvedeva in Francia e in Isvizz^ra, e
con quella da lungo tempo abbandonata dei saponi. Si esperi-
mentò con buoni risultati la coltivazione (seminerio) della soda>
sempre in addietro importata dalla Spagna, nel doppio intento
di procurarsi in paese uno dei principali ingredienti per la fab-
brica dei saponi e un accessorio potente per quella dei panni di
lana e delle vetrerie (p. 4). Il programma per l'avvenire com-
prendeva la fabbrica delle coperte di lana, delle saglìe d'ogni
qualità, di grandi setifici (p. 9) e l'annessione di un ridotto per
dar lavoro ai vagabondi e mendicanti, che per l' addietro già
vedemmo da altri suggerito. Ottenuti questi primi risultati, si
prepararono gli statuti definitivi e le proposte di privilegi da sot-
toporre alla approvazione sovrana. I primi (p. 10-27) ^^^ nella
distribuzione delle cariche e degli uffici, sia nel definire o avvi-
cendare le competenze, sia nel designare i modi e i limiti degli
affari, sia infine nel tracciare i diritti ed i doveri degli azionisti
e degli interessati, sono inspirati a idee chiare ed ordinate: i se-
condi (p. 27 e sgg.) non si sottraggono, e sarebbe ingiusto spe-
rarlo, ai soliti pregiudizi. Mentre la nuova casa voleva colpire
la strapotenza delle corporazioni, esigendo che gli operai e mae-
stri destinati alle sue manifatture « non abbino da essere appro-
« vati da veruna badia, università, camera o collegio o qualsi-
« voglia corpo, fuori che dalla Congregazione generale della
« Casa », tendeva senz'altro a trasportare il monopolio da molte
mani in una sola. Pretendeva infatti, tra l'altro, che nessun ne-
goziante particolare potesse erigere fabbriche già introdotte dalla
Casa nello Stato, ma solo interessarsi in essa con azioni : lo jiis
privativo e irrevocabile per nuovi edifici, strumenti ed utensili
introdotti o fatti introdurre (p. 29), con facoltà d'imporre seque-
stri e contravvenzioni (p. 3o), il divieto di esportare, senza suo spe-
E LA DECADENZA DELL* INDUSTRIA IN MILANO iSÓS-iyDO 99
ciale consenso, le materie greggie necessarie alle manifatture (p. 35).
Ma accanto a queste idee grette, e tendenti più a perpetuare che
a distogliere gli impacci del commercio, ne vediamo altre più
larghe. Quando si pensava a sottrarre la casa e i suoi subordi-
nati ai tribunali ordinari, rimandando al proprio consultore le
cause non eccedenti i venticinque scudi, a un giudice delegato
quelle superiori, e al Senato quelle di seconda istanza, si dimo-
strava di aver compreso una delle principali ragioni della deca-
denza, il dispendioso prolungarsi delle liti, che parecchi anni dopo
Pietro Verri condannava con giusta severità. Allo stesso miodo
si voleva premunirsi contro l'invadenza dello Stato negli affari
privati, chiedendo che né il Governatore né i magistrati potes-
sero avere, sotto qualunque pretesto, ingerenza nell'amministra-
zione e tanto meno negli utili. La libertà dunque nel monopolio:
•accozzamento di concetti opposti che ci rappresenta l'incertezza
in cui si dibattevano gli spiriti d' allora nelle più vitali questioni
economiche. — L' indagare le sorti e 1' esito di questa impresa
sarà compito del futuro storico dell'industria milanese: a me
basta l'averla segnalata, giacché il mio proposito si è quello di
riassumere questa secolare agitazione in , favore dell'industria
manufatturiera, nel periodo della sua decadenza.
IV. — Nonostante la buona volontà della Giunta di Merci-
monio e degli altri civici instituti, le cose procedevano lente, né
poteva essere altrimenti, se si considera il continuo andirivieni
delle proposte per tanti uffizi. Per quanto fosse attivo lo scambio
delle idee, troppa gente era chiamata a discuterle: la Giunta, il
Tribunale di Provvisione, il Consiglio generale, la Congregazione
di Patrimonio, la Congregazione di Stato, il Magistrato ordina-
rio, il Senato, e finalmente 1' Università dei Mercanti ed i vari
paratici. Le proposte, spesso anche buone, non erano coordinate
e perciò si contraddicevano: la Giunta di Mercimonio, la quale
nel 1676, era contraria al divieto di esportare la seta greggia ,
per non compromettere l'esito di quella eccedente il consumo
lOO I 1 1 I C.GI SUNTlAUIi:
interno (i), nel i(k)0, rinnovati i suoi membri, chiede ed ottiene,
appoggiandosi all' autorità del Kloch, la proibizione assoluta (2)J
che, alla sua volta, non era affatto cosa nuova (3). Così nel 1710J
altro incrociarsi di memoriali, in cui solo un'idea nuova possiam
cogliere, quella di sostituire alle proibizioni un doppio estimo peri
le merci oltramontane, accolta in un decreto (19 maggio) del Vi-
cario di Provvisione, autorizzato dal Governatore.
Ed eccoci al 1712 Tanno in cui si concentrano tutti gli sforzi]
in un grande disegno di riforma. Carlo VI, con dispaccio datato
da Presburgo (7 giugno), aveva ordinato si facesse una nuova
prammatica per frenare il lusso, consultando nel medesimo tempo
i mezzi per rinvigorire il commercio. Il Vicario di Provvisione e
il Consiglio generale vollero, prima di deliberare, udire il parere
di tutte le Università. Poiché la base dell'ordine regio era la so-
lita paura per l' invasione delle merci forestiere, alla quale si at-
tribuiva il doppio danno di fomentare il lusso e di far uscire il
danaro, su questi argomenti si aggirano le risposte degli interes-
sati. È innanzi tutto notevole in esse un dualismo tra mercanti
ed industriali: gli unisono liberi scambisti, gli altri protezionisti
intransigenti. La Camera dei Mercanti d' oro, argento e seta, dopo
avere graziosamente burlato il fisco, che nel suo Parere, appog-
giava all'epistola i23 di Seneca la condanna del lusso e sosteneva
il danno prodotto dalle merci forestiere, entra in campo niente-
meno che con una affermazione di questo genere: « La commer-
(i) Memoriale a stampa, 1679, 25 febbrajo: Arch. stor. civ., Materie,
Seta, cart. 875.
(2) Consulta al Senato dimostrante i difetti del lavorarlo delle sete :
Arch. stor. civ., Materie, Seta, 877, 3i genn.; — la grida è del 29 giu-
gno — ivi. Le idee del Kloch su questo argomento sono riassunte in
Supino, op, cit., p. 48.
(3) Cfr. la grida 19 luglio 1654, del marchese di Caracena, vietante
l'estrazione delle sete greggie a chi non provasse d'aver estratto in
seta lavorata almeno un terzo di quella che voleva estrarre greggia;
citata nella Relazione di Baldassare Paravicini, 3o dicembre 1697, sui
lavori della Giunta di Mercimonio dopo il 1676: Arch. stor. civ., Ma-
terie, Commercio, cart. 269.
E LA DF.CADENZA DELl' INDUSTRIA IN MILANO iSÓS-iySo I0[
ciatione corre libera di sua natura perchè insinuata e mantenuta
dalla raggione delle genti » ; dimostra essere follia il credere che
le stoffe straniere sian causa del lusso : esse potranno coltivare il
« gusto di ben trattarsi » non generarlo. Milano non vive del solo
-commercio interno, ma, e più, dell'estero, e sopra un sol piede
non potrebbe reggersi. Proibire l'entrata delle manifatture fore-
stiere vuol dir rinunciare a vendere le nostre perchè, per esem-
pio, i mercanti di Lione non vorranno venir a prendere le nostre
sete col danaro alla mano, quando non potranno più contraccam-
biarle coi loro drappi e paloni (nastri): Lione ne riceve da ogni
parte e potrà fare a meno delle nostre. — I mercanti che, sia pure
inspirati dal loro interesse, avevano chiare e sane idee sulla na-
tura del commercio e sulla necessità degli scambi, concludono do-
versi limitare il divieto al solo uso. I mercanti di calzette non
approvano la proibizione generale, perchè alcuni generi, come le
calze di Fabriano e di Jesi, non si fabbricano in Milano, e ne
verrebbe penuria: vorrebbero invece il bando di quelle imitanti
le nostre, come le calze di stame di Padova, e la proibizione as-
soluta della fabbrica e del commercio di quelle a telaio. Avversi
alle proposte misure sono inoltre i mer^arii^ i mercanti d' oro e
d'argento falso, i mercanti di Lione e così via. Diversamente la
pensano gì' industriali, le cui risposte hanno per noi molto valore,
inquantochè son ricche di dati e di cifre. I filatori e tessitori d'oro
e di seta espongono le condizioni e le cause della decadenza della
loro industria. Quarant'anni innanzi (1672 circa) si contavano
in Milano seicento inolini (filatoi) coi quali si lavoravano circa
due mila balle di seta, si sostentavano trenta mila persone, si traf-
ficava per un milione di lire: ora i molini sono cento trenta e
solo ottanta lavorano. Le cause, oltre l'esodo dei filatoi, l'esser
troppo leggiero il dazio d' uscita della seta greggia e troppo forte
quello d'entrata in città (soldi sette e mezzo la libbra). Il famoso
decreto del 1681 non si osservava dunque ancora. I tessitori tor-
nano alle vecchie proposte fatte prima di quel decreto, aggiun-
gendo il voto che il dazio d' uscita si accresca solo ai filatori fo-
resi, non ai cittadini, giacché quelli mentre sono esenti da pa-
102 LE LEGGI SUNTUARIE
recchi dazii come pane, vino, fìtti, ecc., hanno anche il vantaggio
di far lavorar hi seta a sokii quindici la libbra, mentre i citta-
dini pagano la mano d'opera ventitré soldi. — I tessitori di seta,
addotto un curioso specchio dimostrante che dal 1697 al 171 1 il
numero dei telari era scemato da 809 a 283, vogliono senz' altro
il bando delle stoffe straniere, combattono vivacemente le teorie
liberiste dei mercanti, e concludono che l'introduzione e 1' uso
son due cose indissolubili, e non è possibile proibir 1' una per-
mettendo l'altra. I lanaiuoli son press' a poco dello stesso avviso.
I tintori, pur favorevoli alla proibizione, trattano particolarmente
la questione dell' indaco, allora, senza dubbio di singolare impor-
tanza. L'introduzione del gualdo era stata eretta (1659) in un
monopolio (i) esercitato dagli impresarii colle più odiose fiscalità;
i tintori, obbligati a comperarne non più della piccola porzione
che si poteva consumare in tre giorni, andavano soggetti a con-
tinue perquisizioni e multe, e perciò si dichiaravan disposti a pa-
gare all' erario la somma pagata dagli appaltatori, purché si abo-
lisse quella iniqua privativa.
Concorsero questa volta col loro parere anche i più alti in-
stituti dello Stato. Il Magistrato ordinario si occupa specialmente
dell'abuso dei giuochi, divenuto da poco una vera follia, e trac-
cia le linee generali d' una riforma del commercio (2), inspirata
sempre al sistema proibitivo, secondo le conclusioni della consulta
senatoria del 1662; la Congregazione di Stato, come rappresen-
tante di tutte le città del Dominio, dichiara che, se in Milano può
trovarsi una parvenza di agiatezza ciò non è altrove: non esiste
pur troppo lusso, perchè i popoli sono oppressi dalla miseria, ed
è inutile qualunque rimedio che non sia rivolto a diminuire le
imposte e restaurare i commerci (3).
(i) VerrI; op. cit., II, 247.
(2) Arch. stor. civ., Materie, Araldica, cart. 42.
(3) Arch. stor. civ., ibid.
E LA DECADENZA DELl' INDUSTRIA iN MILANO iSÓS-iySo I03
V. — Ricevute le risposte di tutti i Gremii^ come allora dì-
cevasi, il Consiglio generale, preparò il suo disegno diviso in due
parti; l'una per la prammatica del lusso, l'altra pel ristoro del
mercimonio (i). La prima è ricalcata sulla legge del 1679 e poco
ne differisce. Vi troviamo ripetuti i capitoli relativi alle carrozze,
il divieto alle dame di uscire con seconda carrozza e il bando
dell'oro e dell'argento dalle livree, ma soppresse le disposizioni
tendenti a limitare il numero dei lacchè, servitori, braccieri e
staffieri, giacché era prevalso il concetto che « per adesso, attese
le circostanze dei tempi non si consulti limitazione de servitori,
mentre, rimesso che sarà il mercimonio in questa metropoli, si
potrà dare sopra ciò provvidenza adeguata (2) ». Dura la proibi-
zione dei bindelli e pizzi forestieri, ma alle bande, cadute di moda,
si sostituiscono le sciarpe, i scossalini (piccoli grembiali) e i faz-
zoletti ricamati o intessuti d'oro e d'argento: ugual menzione
dei cuscini da inginocchiarsi, aggiunte le borse per riporre i libri
di devozione. Per le gioie si mantiene il vecchio divieto, ma si
sopprime il rapporto alla dote: fermo il bando alle stoffe stra-
niere, ma taciuta l' intimazione ai sarti di non introdurre nuove
foggie. Pel lutto si richiama in vigore una grida di Carlo II del
169Ó (3). Nuove sono le disposizioni riguardo ai giuochi, in omag-
gio alla lunga dissertazione del fisco su questo argomento. Proi-
biti senz' altro tutti i giuochi d' invito e di Zara e quello del
Seminario ad uso di Genova e di Torino « pensando alle perni-
ciose conseguenze che ne derivano a questi fedelissimi sudditi dal
fallace allettamento di tale giuoco, colla totale rovina delle loro
miserabili famiglie e perdizione di tante anime, cagione forse delli
divini flagelli che di presente se ne risentono ». Sul giuoco del
Seminario ritengo opportuno spendere qualche parola, giacche i do-
cumenti d'Archivio mi permettono di tracciarne in breve la storia.
(1) A stampa, sotto forma di lettera del Vicario di Provvisione e
dei LX Decurioni al Senato, 29 die. 1712: Arch. stor. civ., Materie, 42.
(2) Verbale della Commissione eletta per la Prammatica, i.^ set-
tembre 1712: Arch. stor. civ., ibid.
(3) E in Arch. stor. civ., Materie, 42: nulla contiene di notevole.
104
LEGGI SINTt'ARIE
*
È noto come questo ì;ìuoco, detto anche dei Senatori, si eser-
cisse già in antico a Genova, sotto forma di scommessa sui cinque
Senatori che si estraevano a sorte fra i novanta membri del Con-
siglio, e queste scommesse avesser luogo o su uno dei cinque, o
sul primo estratto, o su due (ambo), o su tre (terno), o su quat-
tro (quaderna) (i). Il giuoco era in origine, e fu per molto tempo,
tenuto da speculatori privati. Intorno al 1644, alcuni Genovesi
sparsero per Milano parecchie liste di candidati alla carica di
Senatore, adescando, il popolo alle scommesse, ma il Governatore,
Marchese di Velada, avvertito dal Senato della novità, proibì,
con grida 4 febbrajo 1644, questo giuoco, come « non libero e
sincero, ma fraudolento o almeno facile a cagionare inganni (2) ».
Il divieto, al solito, andò inosservato ed anzi nel i656 si vede il
primo tentativo per fare, del Seminario un gioco ufficiale: un
Geronimo Bagnara e un Benedetto Germano chiesero al Gover-
natore licenza privilegiata per nove anni, di esercire il lotto di
(jenova in Milano, obbligandosi a dare in compenso trecento lire
r anno alle venerande vergini spagnuole. Per convincerlo dell' one-
stà della- cosa, spiegavano minutamente il meccanismo del giuoco,
e soggiungevano essere già da tempo costume dei Milanesi man-
dar denari a Genova per quello scopo (3). Il Magistrato ordinario
e il Vicario di Provvisione, interrogati, diedero parere favore-
vole (4). — Col i665 comincia in Milano un periodo nuovo pel
lotto. Un tal (j. B. Via propose in quest'anno di esercirlo a be-
neficio del Banco di S. Ambrogio e il Governatore D. Luigi de
(i) Ardi. stor. civ., Materie, Lotto, cart. 606, 3o giugno i656; sup-
plica di Geronimo Bagnara e Benedetto Germano, per ottenere licenza
di esercire il giuoco del seminario. V. ivi un esemplare delle liste
stampate coi nomi dei novanta consiglieri di Genova.
{2) Gridario Govern., i633-56, Marchese de Velada, p. 33.
(3) V. la citata supplica, 3o giugno i656.
(4) Arch. stor. civ., Materie, Lotto, cart. 5o6.
I
E LA DECADENZA DELL* INDUSTRIA IN MILANO IDÓS-IyDO I05
Gazman, neli' intento di soccorrere la barca pericolante di quel-
r istituto, diede il permesso. Si cambiò la forma per adattarla
meglio agli usi di Milano: l'estrazione dei cinque non si fece più
tra i consiglieri di Genova, ma fra cento luogatari (i) del Banco
con capitale non superiore alle cento lire, il quale veniva rim-
borsato agli estratti: i loro nomi non venivano riconfusi nel-
r urna ma rimpiazzati con altri cinque nuovi (2). L'utile era di-
viso a metà col banco, la perdita tutta a carico dell'impresario (3).
L'estrazione aveva luogo sotto la loggia degli Osii, almeno una
volta ogni tre mesi, con intervento delle Autorità. Il riparto delle
poste e dei premi era il seguente: Pel primo estratto si pagava
una lira e dieci soldi e si guadagnavano lire cento; per un estratto
L. otto — duecento; per l'ambo L. quattro — seicento; pel terno
L. tre, soldi dieci — seimila. S' incominciò col settembre del i665 (4).
Nel suo primo periodo (lóòS-ióòy) il giuoco non fece buona pro-
va (5): l'utile del Banco salì una sola volta a L. 3i85, e andò
poi sempre scemando, onde il Via, disanimato, cedette le sue ra-
gioni a un tal Gerolamo Lomazzo, il quale, comprendendo esser
causa della mala riuscita questo fatto che gli assistenti al giuoco,
per paura d'arrischiar troppo, non accettavan le poste di rilievo,
propose ed ottenne d'assumersi tutto il maneggio e corrispondere
al Banco non più la metà dei profitti, ma una somma fissa di
tremila lire l'anno, e seimila per ciascuno degli ultimi sei anni
(i) Quelli che avevano depositi (luoghi) e partecipavano agli utili,
a differenza dei semplici depositi pel giro del denaro in commercio:
CusANi, Storia di Milano, III, 269 e 274.
(2) V. la proposta del Via, col relativo incartamento di tutte le
pratiche seguite, in Arch. stor. civ., loc. cit.
(3) V. i verbali dell'adunanza dei Conservatori del Banco di S. Am-
brogio I e 3 giugno i665: Arch. stor. civ.. Dicasteri^ Finanze, 714.
(4) V. il Capitolato firmato dal Vicario di Provvisione e Conser-
vatori del Patrimonio, in data 8 agosto i665: Arch. stor. civ., Materie,
Lotto, cart. 606.
(5) Lettera al Governatore, dicembre 1668, e Resoconto delle estra-
zioni fatte dal 18 settembre i665 al febbrajo 1667: Arch. stor. civ., Ma-
terie, Lotto, 606.
Li: LEGGI SUNTUARIi:
licir appiilto (i6(38) (i). Tuttavia gli spiriti timorati continuavano
nelle proteste: nel 1(578 il dottor Tommaso Santagostini, avvo-
cato fiscale, inviò al Governo una luni^a memoria dimostrante
colle cifre la vanità delle speranze che il volgo riponeva nel Se-
minario (2); in seguito a questa e ad altre ostilità, il Banco ri-
nunciò spontaneamente ai suoi diritti (3) e il Governatore, prin-
cipe di Ligne, proibì il giuoco (14 settembre) (4). xMa gli eredi
d' un tal Majoli, che era subentrato nell' impresa al Lomazzo fe-
cero valer le loro ragioni in un ricorso al Re (1681), il quale in
una sua lettera al Governatore si mostrò propenso alla tolleranza
fino allo scadere dei venti anni d'appalto: se non che, in seguito
alle pressioni delle autorità milanesi e ai buoni uffici dei Reg-
genti Pertusati e Moles presso il supremo Consiglio d' Italia a
Madrid e dell'oratore della Città Baldassare Porro, revocò il pre-
cedente dispaccio ed ordinò di mantenere il divieto (5). Ciò non
ostante il giuoco si continuò ad esercire privatamente (6). Nel 1696
un Francesco de Filippi e un Desiderio de Giusti, dimostrando
al Governatore l'inefficacia dei divieti, lo supplicarono di rico-
stituire il Seminario, offrendosi di pagare quarantamila lire in
(1) V. lett. cit., loc. ciì.
(2) Arch. stor. civ., Materie, Lotto, 606.
(3) Relazione del Vicario e Conservatori di Patrimonio, sui giuo-
chi, al Consiglio generale, 27 genn. 1696: Arch. stor. civ.. Dicasteri,
Cameretta, s. q. d.
(4) Grid. Gov., Principe di Ligne, p. i3o.
(5) Arch. stor. civ., Dicasteri, Oratori, Porro.
(6) Supplica della Città al Governatore, 22 novembre 1684, e or-
dine del Governatore al Capitano di giustizia di procedere contro i
contravventori : Arch. stor. civ., Materie, Lotto, cart. 606. Grida del Go-
vernatore Conte di Fuensalida {ibib., 28 giugno 1688) contro l'abuso di
chi raccoglie in Milano poste per l'estrazione dei Senatori di Genova,
o delle cinque zitelle su ottanta alle quali si ha da dare la dote (come si
usava a Napoli) : pena, cinque anni di galera agli esercenti, mille scudi
ai giuocatori di buona condizione e la frusta ai plebei. — Ivi pure al-
cuni esempi di contravvenzioni. — Ivi: Grida del Principe di Vaude-
mont, 9 giugno 1697, e Verbale della Congregazione di Patrimonio, che
decide invitare di nuovo il Consiglio generale a pronunciarsi contro
il giuoco, 27 giugno 1700.
E LA DECADENZA DELl' INDUSTRIA IN MILANO IdGS-IJÓG IO7
cambio del privilegio: il Consiglio generale e i Conservatori di
Patrimonio diedero parere sfavorevole e sembra la pratica non
avesse seguito (i). Ma finalmente il 29 gennajo 1700 si propose •
« Se attesa l' impossibilità di sradicare il giuoco del Seminario
.... si potesse da un male irrimediabile cavar frutto, quando si
offerisse proposizione vantaggiosa a questa Città, nel permettere
questo giuoco (2) ». Prima di ricorrere al Governo, in questo
senso, si volle avere anche la parola della Chiesa, e il Dottore
teologo Francesco Maria Rivolta, parroco di S. Pietro alla Vigna,
dichiarò, in una sua allegagione, che per evitare mali maggiori,
si può permettere il pubblico esercizio del lotto di Genova, che,
proibito, si esercisce ugualmente, nello stesso modo che «Princeps,
ex omnium theologorum consensu, meretrices permittit, ita bono
publico postulante (3) ». Forti di questo consenso il Vicario di
Provvisione e i Conservatori di Patrimonio dichiararono al Go-
vernatore che essi avrebbero perseverato nel chiedere la proibi-
zione, se il popolo non fosse stato invaso da un vero delirio e se
il-danno non fosse stato ancor più grave per essere i mantenitori
del giuoco i^eligiosi che lo praticano con diversa franchigia : ma
poiché il permetterlo era oramai una dolorosa necessità, potesse
almeno la Città, oppressa da tanti pesi, trarne qualche vantag-
gio (4). Poiché il Governatore fece comprendere esser difficile ot-
tenere dal Re il permesso pel Seminario, contro il quale aveva
una particolare avversione, si pensò di introdurre uno dei giuochi
stranieri di simil genere, o di Francia, o d'Inghilterra o d'Olanda,
e i patrimoniali, incaricati dello studio stesero su questo propo-
sito una relazione (5). Qui cessano i documenti e non so dire se
il nuovo giuoco venisse o no istituito (6).
(i) V. le suppliche e i verbali relativi in Arch. stor. civ., Dicasteri,
Cameretta, 14 e 27 gennajo 1696.
(2) Verbale 29 gennajo 1700: Arch. stor. civ., Dicast ri. Came-
retta, s. q. d.
(3) Arch. stor. civ., ibid.
(4) Arch. stor. civ., ibid., 11 febbrajo 1700.
(5) Arch. stor. civ., Dicast., Cameretta, 4 marzo 1700.
(6) Subentrato il governo austriaco, il lotto divenne, com'è noto,
108 LE LEGGI SUNTUARIE
\\. I.a seconda parte del disegno è consacrata al « risar-
cimento del mercimonio ». Riguardo al lanitìciosi rinnovano tutte
le provvidenze contenute nella Consulta del Senato del 1662, già
da noi esaminata, con qualche aggiunta, in senso ancor piiì re-
strittivo, come sarebbe il divieto incondizionato dell' introduzione,
dell'uso e del commercio de' panni, saglie e cappelli forestieri, e
l'obbligo ai mercanti di rilevare le stoffe dai lanifìci milanesi al
prezzo dichiarato da due periti di fiducia, eletti da entrambe le
parti, e, in caso di discordia, da un perito scelto dal Vicario di
Provvisione, il qual Vicario doveva pure tener presso di so un
registro di tutti i panni nostrani e di tutti i forestieri esistenti
nelle botteghe e nei magazzini della^ Città. Quanto ai mercanti
di Lione che, come sembra, trafficavano qui stoffe di lana ordi-
narie pei poveri, e nella lor relazione avevan dichiarato essere
impossibile fabbricare in Milano quelle merci, per la diversità
del clima e la mancanza di esperti operai (i), si sospende la de-
liberazione definitiva e si stabilisce di tollerarli fino a nuovo or-
dine. — Pel setificio si propone: proibire l'introduzione e l'uso
dei drappi forestieri e di quelli d' oro e d' argento, e, aderendo
alle richieste delle varie corporazioni, si estende il divieto ai pizzi,
alle cuffie di fuori, ai veli, ai fustagni e tarlisi, alle calzette a
telaio e a quelle di Padova, alle parrucche straniere, alle scatole
d'oro, argento e acciaio per tabacco od altro uso simile: debba
ogni mercante notificare la quantità di merce proibita che tien
presso di sé, e 1' autorità vi apponga il bollo, dopo aver fissato
il termine utile per esitarla. Si vuole inoltre : togliere (ancora !)
il dazio d' entrata alla seta greggia, impedire che si trasportino
istituzione governativa. Il Lattuada, Descrizione (fi Milano, ]\Iilano,
1738, V, 197, dice che estrae vansi i cinque numeri alla Ferrata (Piazza.
Mercanti) presente il Magistrato ordinario.
(i) Sommario delle risposte fatte dalle Università: Arch. stor. civ.,
Materie, 42.
E LA DECADENZA DELL INDUSTRLA IN MILANO iSÓD-iyDO IO')
filatoi fuori di città e tanto meno se ne erigano di nuovi fuori
ài Stato, sotto pena di confisca. In favore dei tintori si accetta
Ja loro offerta, lasciando loro piena libertà di comperar l'andaco
dove lor meglio piaccia, e si impone ai mercanti di pagar l'opera
di tintura con danaro sonante e non con droghe o drappi, com'era
costume. Riguardo alle Corporazioni, infine, si fa un passo in-
dietro, e, mentre, in passato non mancava chi vedesse nei loro
metodi tirannicamente restrittivi un impaccio al libero e fecondo
svolgimento del commercio, si propone questa volta « che niuno
possa esercire 1' arte del filatore, che non sia passato all' esame
ed approvato per idoneo e che non sia descritto nella loro ma-
tricola, con che però non possi approvarsi per maestro alcuno,
ancorché abbi li dovuti ricapiti ed opportuna abilità, se prima
non averà dato idonea sigurtà almeno di cinquecento scudi di
esercire il lavorerio delle sete nella presente città e non altrove ».
Così dopo tanto lavoro si è giunti alla più rigida applicazione
del sistema coercitivo: e rigidamente questa volta, almeno sulle
prime, si volle attuarlo. Carlo VI, che nelle cose sue metteva
certo più ardore dei suoi predecessori e s'era fitto in capo di
rialzare il commercio della Lombardia, abolì con suo dispaccio
28 giugno 1713 il dazio d'entrata della seta greggia (i) (abolito
già di nome nel 1681) e il Governatore Eugenio di Savoja, pub-
blicò il decreto di bando alle manifatture forestiere, secondo le
proposte della Città (2). Ai mercanti che tenevano drappi e bin-
delli stranieri fu concesso un termine di sei mesi per smaltirli e
il Vicario di Provvisione li fece tutti inventariare e sigillare (3).
(i) Verri, op. cit., II, 280.
(2) Arch. stor. civ., Materie, Seta, cart. 878.
(3) Decreto del Tribunale di Provvisione (17 marzo 1714) che pre-
scrive la denuncia delle stoffe proibite: Arch. stor. civ., Materie, Com-
mercio, 271. — Cominciaron però subito anche i reclami : curioso è
quello dei ricamatori (i7i3). Secondo la loro asserzione, quattrocento
e più esercitanti l'arte del ricamo in Milano si trovavan senza lavoro,
perchè la maggior parte dei ricami eseguivansi appunto su stoffe stra-
niere. Con decreto 28 settembre 1718 fu loro concessa la continuazione
sUMUAinK
Ad un certo risveglio di fiducia e di attività (i), dovuto a questa
nuova agitazione del 1712, più che all'eflicacia delle misure prese
(il dazio d'entrata della seta greggia, lo ripeto, non fu abolito dì
l'atto che nel 1739) si deve quel miglioramento che i mercanti
stessi, in un memoriale del 3o marzo 171 3, confessano, provan-
dolo con cifre tolte dai libri dell'estimo mercimoniale: le fab-
briche di stoffe specialmente presero un nuovo slancio (2).
Lo scambio d'idee continuò attivo sotto il governo del Prin-
cipe Eugenio, che dimostrò un grande interesse al bene di Mi-
lano, e mantenne sempre, sull'argomento del commercio milanese,
una attiva corrispondenza con Vienna. La Giunta di Mercimonio,
rinnovata nel 1717 (non istituita come crede il Verri (3), e il Frat-
tini (4), ripete, giacché noi la vediamo funzionare da quasi no-
vant'anni) raddoppiava le sedute, invitava, nell'intento di ren-
dere più fecondi i lavori, anche i patrizi estranei (5), ai quali
era affidato V incarico d' invigilare sulle fabbriche (6). Il contrab-
bando si esercitava su larga scala, onde un continuo replicarsi di
memoriali e di consulte, seguiti da gride rigorose, intese ogni
volta a ribadire le precedenti (7).
dei lavori incominciati, purché si desse garanzia d' estrarre i drappi
ricamati dallo Stato: Arch. stor. civ., Materie, Ricamatovi [i7i3].
(i) I mercanti d'oro, per esempio, a compensare le concessioni ot-
tenute, si obbligarono ad accrescere il numero dei telai. Vi sono (Ar-
chivio stor. civ., Mat., Comm., z'ji), j5 marzo 1714, due note contenenti
i nomi di tutti questi mercanti e il numero dei telai e delle persone
che intendono accrescere : 1087 persone sulle 1680 esistenti, in una, e
282 telai nell'altra.
(2) Arch. stor. civ., Afat., Comm., 271 (3o marzo I7i5).
(3) Op. cit., II, 281.
(4) Op. cit, 40.
(5) Arch. stor. civ., Mat., Comm., 2r]\ : Lettera d' avviso del Con-
siglio generale ai delegati che non sono della Congregazione acciò in-
tervengano alle sedute, 28 giugno 1715.
(6) Lett. del Vie. di Provv. ai SS. Cavalieri delegati alla vigilanza
dei lavorerii (5 giugno 1716): Arch. stor. civ., Mat., Comm., 272.
(7) Consulta della Giunta al Governatore, in cui lo ragguaglia di
quanto si è fatto pel ristabilimento del commercio e supplica l'osser-
E LA DECADENZA DELL* INDUSTRIA IN MILANO 1565-1750 III
VII. — Tuttavia le autorità supreme non trascuravano di
battere ogni tanto il chiodo della prammatica. Nel 171 8 il Re ne
sollecitò una nuova; si fecero le sòlite pratiche, la solita commis-
sione, e il Vicario, terminati i lavori, inviò al Senato una let-
tera con un quadro desolante delle condizioni della città, esage-
rato, forse, allo scopo di levarsi questa seccatura: «.eo ventum
« est ut post exantlatos (sic) labores, unica remaneant irritae spei
« vestigia, violata nimirum proclamata, posthabitae commina-
« tiones, patrata palam delieta, iacente idcirco in superfusis, tene-
« bris florentissimo alias lanifìcio, quod non modicum susceperat
« incrementum, aliisque nostratum artibus jacturam passis. Hinc
« tristis et decolorata rerum facies, aerumnae et conquestiones,
« dolente invisum ocium comitemque inopiam plebe, plurimis
« domibus atque officinis inquilinos et mercatores vel in media
« hac metropoli desiderantibus, exhausto ac viribus coUapso ob
« onerum molem promercalium vini ac segetum vilitatem, num-
« mariam penuria m ordine nobilium atque aliorum queis unico
« praediorum reditu paratur vitae subsidium. Conflictatur ani-
« mus memorando confertissimas angustias.... numerosamquiritan-
« tium mendiculorum catervas a quibus viritim atque ostiatim
« implorantibus singulae aedes , vici, fora, tempia obsidentur,
« praeter caeteros honestae verecumdiae egenos squalidis sub
« tectis cum malesuada fames ac turpi egestate luctantes ». Se
in mezzo a simili miserie era il caso di pensare a una pramma-
tica contro il lusso, il Vicario lo lasciava pensare a S. Maestà (i).
— Il Capo della Città aveva senza dubbio esagerato, perchè, solo
cinque anni dopo, la Giunta di Commercio confessava essere
vanza della grida contro le merci straniere, 19 die. 1716: Arch. stor.
civ., Mai., Comm.f 2-J2. Ivi pure: gride 24 luglio 1712, ripetuta in quella
II giugno 1720, e 20 maggio 171 6.
(i) Arch. stor. civ., cart. 48. Un nuovo appello nel 1727 ebbe la
medesima sorte: Arch. stor. civ., ibid., 24 febb. 1727.
12 LE LEGGI SUNTUARIE
oramai gli operai tutti occupati, molte manifatture rifiorite, i]
soli telai di drappi e fazzoletti saliti al numero di 444, oltre a]
3oo quelli dei bindelli, ed approvava con entusiasmo il disegno]
del Conte Sizendorf, testé mandato da Vienna a riaccendere la'
fede nell'avvenire (i). Con quel disegno, che stabiliva una per-
fetta reciprocanza di scambio Li'a 1' Italia austriaca e la Germa-
nia, il Re veniva a togliere le innumerevoli barriere intralciami
il commercio della Lombardia ; permetteva V uso di tutte le ma-
nifatture, e in particolar modo delle stoffe fabbricate negli Stati
ereditari della iponarchia austriaca : quanto alle straniere prefe-
riva la proibizione assoluta ai forti dazi, perchè gli ambiziosi
non avrebbero resistito alla tentazione di comperarle anche ad
altissimo prezzo. Tuttavia il disegno tende a regolar meglio e a
meglio disciplinare questa proibizione (2): perciò appunto la
Giunta del Mercimonio presentava un elenco di tutte le mer-
canzie che si importavano da paesi stranieri, coi rispettivi luoghi
di provenienza, a fine di evitare che il divieto comprendesse
merci che la Germania non potesse fornire o fosse costretta a
vendere a più alto prezzo (3). Questo provvedimento, dice il Verri,
(op. cit., II, 282) quantunque approvato dal Re con un «voglio
« sia subito eseguito », « andò in dimenticanza e sebbene ordi-
« nato per la seconda volta da Maria Teresa (11 ottobre 1749) si
« è fìnalmenre eseguito in quest'anno 1768, ribassandosi reciproca-
« mente i dazi per gli Stati ereditari e noi a beneficio delle ma-
« nifatture » : giova però osservare che Maria Teresa stessa, im-
ponendo di nuovo nel 1749 il bando alle stoffe straniere, avverti
che quelle fabbricate in Lombardia e Toscana fossero contrasse-
gnate dalle magistrature locali, affinchè non penetrasse nelle terre
austro-ungariche roba straniera, sotto pretesto di essere toscana
(1) Relazione della Giunta, 14 giugno 1728 (a stampa): Arch. stor.
civ., Mat, Comm., 2.-12,.
{2) V. il dispaccio reale e il disegno del Sizendorf in Arch. stor.
civ. Mai., Comm., 272.
(3) V. ibid. la relazione della Giunta, che fa seguito al disegno.
E LA DECADENZA DELl' INDUSTRIA IN MILANO iSGS-ljSo Il3
o milanese, il che, se non erro, dimostrerebbe che la parte so-
stanziale del decreto di Carlo VI fosse osservata (i).
Nel 1739 finalmente vediam risolta la questione del dazio
d'uscita. Fin dal 1724 i soprastanti al commercio avevano ripo-
sto in campo, con maggior energia, l'argomento dei dazi della
mercanzia che, a buon diritto, ritenevano causa principale di
tutti i mali (2), e concretate le idee in un disegno inteso a fis-
sare un metodo uniforme di riscossione che strappasse i contri-
buenti alla avidità inesorabile e capricciosa dei gabellieri e degli
impresari. Questo disegno diede luogo ad una copiosa fioritura
di gride, consulte, rappresentaiioni ed altre dilìgen:{e, finché il
6 luglio 1739 un decreto reale di riforma daziaria toglieva, pel
momento, ai milanesi questa secolare preoccupazione. Esenti dal
dazio regio le lane e gli ingredienti necessari alle manifatture ;
tolte le innumerevoli barriere provinciali colla libera circolazione
delle sete greggie in tutto lo Stato; ridotto a metà il dazio delle
sete filate pel loro ingresso in tutte le città e per 1' esportazione
all'estero, a un sesto quello delle manifatture uscenti dalle città;
diminuito di tre quarti il dazio delle manifatture fabbricate
nelle ville e borghi pel passaggio da una provincia all'altra, e
nella stessa misura quello d' uscita dallo Stato per le manifatture
cittadine. Sono così esaudite in gran parte quelle aspirazioni che
da tanto tempo si andavano invano manifestando.
Vili. — Con Maria Teresa, rigida avversaria del lusso e, in
fatto di commercio, mercantilista intransigente, risorsero più vive
nel 1749 entrambe le questioni. Il 16 agosto il Conte Generale
Pallavicino, ministro plenipotenziario delle R. Finanze, osservando
che, mentre i corpi cittadini, compresi i mercanti, si trovavan
(1) V. la nota (20 ottobre 1749) soggiunta alla prammatica a stampa
di Maria Teresa (12 sett. 1749): Arch. stor. civ., Mai., 48.
(2) Arch. stor. civ., Materie, Coinni., 272.
Arch. Stor. Lomb. - Anno XXVII. - Fase. XXV. 8
I 1 I LE LEGGI SUNTUARIE
d'accordo con lui riguardo al divieto di astrarre le sete greggieJ
i mercanti stessi, per aver ricevuto grosse commissioni dall' esteioj
avcvan d'un tratto cambiato parere, lamentava il malaugurato co-
stume di voler sacrificare il bene comune agli interessi particolari, ej
pur dichiarandosi disposto a tollerare per questa volta, mostrava la
l'erma intenzione di pensare, in avvenire, ad un sistema che con-
ciliasse gli opposti interessi: e, fra i bisogni più urgenti segna-
lava la necessità di frenare il lusso dannoso, scn:ya distruggere
il lusso discreto che dà sussisten:{a alla plebe e alimenta il com-
mercio. Questa preziosa distinzione, tendente a porre nei suoi
veri limiti la questione del lusso, dimostrandone la relatività,
noi la udimmo già dalla bocca dei milanesi prima assai che gli
economisti e i filosofi la proclamassero , ed ora per la prima
volta vediamo l'autorità governativa impadronirsene. — Mentre
i corpi cittadini , eccitati dal Governo , raccoglievano le solite
informazioni per pronunciarsi sulla nuova repressione del lusso,
giungeva una prammatica ài Maria Teresa inspirata ai più ri-
gidi e , possiam dire , ai più gretti canoni del sistema protet-
tore: ragione suprema di essa è infatti l'impedire V uscita del
danaro. E, in omaggio a questo criterio, ritenuto ormai un dogma
economico, divieto d'introduzione dei drappi stranieri di lusso,
anche di seta, dei merletti e ricami e di tutto l'oro e l'argento
lavorato fuori dei paesi ereditarii: proibito l'oro nelle carrozze,
nelle cornici e negli specchi , per non sottrarlo alla circola-
:{ione: proibito introdur gioie da paesi stranieri, e il comperare
e vendere le esistenti, se non a contanti, per evitar debiti:
proibiti i regali di gioie , in occasione di nozze , perchè in esse
si immobilizza il danaro. Ancora nell'intento di evitare debiti,
si minacciano pene rigorosissime contro i debitori , che non
possano allegar come scusa alcuna disgrazia e più ancora contro
quelli che col vivere rilasciato sono caduti in povertà , senza
« ri/lesso ne sullo « stato uè sulla dignità ma unicamente te-
« nendo in mira la giustizia piacevole a Dio ed un esempio da
«cagionare spavento»: a garantire l'osservanza del decreto,
erette in tutti i paesi speciali commissfoni di polizia, ordine di
E LA DECADENZA DELL* IMDUSTRIA IN MILANO l565-iy5o Il5
frequenti e severe perquisizioni e di piombare ogni partita di
mercanzie forestiere (i).
Il Vicario di Provvisione osservò che non tutte le disposi-
zioni emanate da Maria Teresa si confacevano alle circostanze
nostre, e riproponeva in quella vece alcuni dei capitoli del 1712:
quello relativo alle carrozze, alle livree e ai pizzi, permettendo
però ogni -sfarzo alle persone di fuori: quello dedicato ai giuochi
d'azzardo. Accoglieva il divieto pei lavori di ricamo stranieri e,
quanto alle gioie, pur ammettendo che non fosse lecito compe-
rarne se non a contanti, riteneva sufficiente limitarne, secondo il
costume antico, la spesa a un ottavo della dote. Del bando alle
merci straniere il Vicario non fa parola: l'esperienza doveva
aver oramai scosso la fede in questo sistema, a cui da oltre un
secolo si andava inspirando la legislazione commerciale, e un ac-
cenno al decadere di quella convinzione che, fra poco il Verri si
affaticherà a sradicare del tutto, lo troviamo nella consulta pre-
sentata in questa occasione dalla Congregazione di Stato al Go-
verno, ove apertamente si dichiara dannoso al commercio il di-
vieto d'introdurre mercanzie forestiere, e misura affatto insufE-
ciente la concessa reciprocità degli scambi fra tutti gli Stati della
Monarchia. Oltre a ciò, ancora una volta la Congregazione espri-
meva i soliti desideri ed insisteva sulla diminuzione dei carichi
e sulle necessarie limitazioni della eccessiva potenza delle Corpo-
razioni. Nel brillante periodo Teresiano molti di que' desiderii
furon paghi e potè realmente incamminarsi sulla buona via il
ristoro del mercimonio.
A questo punto, all'inizio cioè delle riforme di Maria Teresa,
termina il mio compito. La questione del lusso e la questione
commerciale entrano ora nel dominio della scuola economica
milanese , i cui principali rappresentanti lottali non solo nel
campo teorico, ma anche in quello pratico contro i vecchi pre-
giudizi che inceppavano ogni libero sviluppo dell'attività nazio-
(1) Arch. stor. civ., Materie, e art. 48.
I l6 LE LEGGI SlNTirARIE E LA DECADENZA , ECC.
naie; Cesare Beccaria espone dalla cattedra le sue idee liberali e
le applica, fin dove gli e possibile, nel supremo Consiglio di com-
mercio; Pietro Verri, proclamata la necessità fatale e nel tempo
stesso l'utilità del lusso, addita nei suoi scritti economici, con
vivace chiarezza, le vere cause della decadenza, mentre a Vienna
combatte da valoroso i rappresentanti del passato o testardi o
malevoli (i). Qui comincia un'epoca nuova la quale ha bisogno]
di ben altra storia.
Ettoke Verga.
(i) CusPiìii, Storia di Milano, III, 337 sgg., ^^'^ ^ assai ben riassunta
l'opera del Verri nella Commissione per la riforma finanziaria.
I
VARIETÀ
I pretesi rapporti dei Milanesi
con Giovanna d'Arco.
(Coniribiiio alia storia della contesa fra il Panormita e il Raudense),
La pubblicazione dtlV Hermaphroditus di Antonio Beccadelli,
detto il Panormita, avvenuta fra il 1425-26 (i), aveva suscitato
ovunque Io sdegno delle anime oneste, che ravvisarono in quello
scritto un' offesa troppo grave al pudore, per lasciarla impunita.
Fra i molti, che sorsero in difesa della morale calpestata, fu il
frate Antonio da Rho, il quale in Milano intraprese una vera
campagna contro il licenzioso scrittore e da ultimo, secondo l'uso
del tempo, lo aggredì con un' ardente invettiva (2), la quale, se
attesta il suo santo zelo per la virtù, fa anche chiaramente co-
noscere aver il frate sposato la sua religione all' umanesimo.
A questa contesa si riferiscono uno scritto satirico all' indi-
rizzo del Raudense e la rispettiva risposta, che si trovano uniti
nel Cod. Ambr. C. 64 sup. f. 1 59-160, mentre in due altri co-
dici (3) si leggono partitamente l'uno (P. 4 sup. f. yS v.) e l'altra
(i) Cfr. Felice Ramorino, Antonio Beccadelli a Pavia ; Arch. storico
siciliano, nuova serie, a. VII, 1882.
(2) Non è r invettiva del Cod. Ambr. H. 49 inf., come ammisero
anche il Voigt e il Ramorino (/. e), ma l'altra del Cod. Ambr. B. 124
sup., p. 1 12-142, come dimostra il Sabbadini (cfr. L. Barozzi e R. Sab-
lìADiNi, Stitdi sul Panormita e sul Valla, Firenze, 1891, p. 2 seg.).
(3) Di questi due codici appresi l'esistenza da G. Mercati, Miscel-
lanea di note storico-critiche. — Una pasquinata sotto il nome di Giovanna
d' Arco in Studi e Documenti di Storia e Diritto, a. XV, 1894, p. 809.
VARIETÀ
(1). 124 sup. f. 142-143). Il primo porta nel C. 64 il titolo: Jo-
liamuì Franci^cna, dei nuntia ad Mediolanenses, qui ad eam
mittcre volebant magistrum Antonium Raiidensemy per Antoniiim
Piinormitam, ut creditur ; nel P. 4: Joìianna, Dei nuncia ad P.
(.. urbis Mediai ani.
La risposta nel C. 64 ha l'intestazione: Ad eosdem responsio
Raudensis ; nel B. 124: Defensio prò Raudensi ad P. C. cantra
calumniatorem incognitum.
Essendo ambedue questi scritti inediti, li riporto qui per in-
tero (i).
Dicite io, patres, quoniani (2) hoc sententia vestra est,
Ecquis (3) honos in me, turpe ad me mittere monstrum
Raudense, et vere humana sub imagine monstrum?
An ne sacerdotem incestum me posse putatis
Cernere, sitque mea dignum pietate loquelas (4)
Impuras audire et sceleri responsa referre (5) ?
Avertam certe vultum (6) mox, demone viso.
Demone, quo nullus toto sceleratior orco est.
Quo te, spurce, paras, quo te colis, impie, frustra?
Non datur impuris faciem spectare dearum.
Vos tandem moneo, patres, hanc flectite mentem,
Queque agitis sunto longe prospecta, quod hoc est,
Me nunquam oratori (7) huic responsa daturam (8).
Non bene conveniunt pudor et scelus, agnus et hostis.
(i) Colla guida dei tre codici, scelgo mano mano la lezione, che
mi pare più corretta, riportando in nota le varianti degli altri codici.
(2) P. 4, quenam.
(3) P. 4, Et qiiis.
(4) C. 64, loqitellas.
(5) C. 64. rcfferre.
(6) P. 4 — C. 64, villi US.
{7) P. 4 — C. 64, hortari.
(8) C. 64, datitnim.
VARIETÀ
Segue la risposta attribuita al Raudense:
Spurce, quid insanis ? quid, sus fedissime, grunis ?
Raudensis famam, nomenque celebre putasne
Carminibus lacerare tuis? latratus in (i) auras
Non petit astra tuus, non celum aut ethera tangit.
Invide, Raudensem (2) lanias; non sidera sursum
Alta ferit tonitrus, non nimbus, dum cadit, amplos
Immergit superos; fragor hic strepitusque per imas
Ingreditur terras; sic divas (3) frangere mentes
Vox tua spurca nequit, tumido que (4) sordet ab ore,
Que tetro in sanctos (5) garrit vitiata cerebro.
Scipio (6), si (7) Lelius (8) sapiens, si Cato (9) severus
Raudensem insimulent, medicine non locus ullus
lam fuerit; verbis vivens (io) morietur in ipsis.
At quis nunc, caput insanum (11), tua verba timebit?
Cui vitium ridet, virtus gemit; altius bine, te.
Nolo putes, norim nec quo sub sidere natum
Aut patria (12) exortum, nec que incunabula gentis ;
Ast te hominem nequam declarant verba tumenti (i3)
Ore relapsa tuo. Sapiens quis finxerit unquam
Tot commenta simul? sapiens vel vera tacebit.
Scis, spurce, officium lingue; per compita garrit,
Perstrepit in triviis, suadet falsissima, fingit
(1) C. 64, ad.
(2) C. 64, B. 124, raiidenseììi.
(3)* C. 64, divis.
(4) C. 64, qui.
(5) B. 124, sancto.
(6) B. 124, Scypio.
(7) C. 64, et. '
(8) C. 64, C. 124, lelius.
(9) C. 64, B. 124, cato.
(io) C. 64, vireiis.
(ti) C. 64, At quis nutre insane caput.
(12) C. 64 — B. 124, patriani.
(i3) C. 64, tunient.
VARIETÀ
Exaudita prius nunquam malcdicta; Icsum ip.sum,
Qui ccluin tcrramquc rcgit, (lix< re voraccni
Quis bibcrat (i) vini calices pcrfusus abundo,
Sic mcrctrix obiecta sibi, sic demone luiKtus.
Dicitc io Icgem, patrcs (a); decreta parate.
In caput hic plectendus erat, qui (3) carmina (4) falso
In populum sparsit. Sed quis iam incognita plcctat?
Dicite io, patres, lapides si inpinxerit olim
Non retrahat (5) palmas, monstret digitosque niajiusquc;
Se in medium statuat, pugnam comniittat apcrtam
Et genus et nomen et que sint munia (6) dicat
Sub divo, coramque aciem descendat in omnem ;
Raudensem invadat, videat quo turbine telum
Torqueat et clipeo quantus consurgat in hostem.
Prestiterit revocare tamen linguamque manumque
Quam ferat ipse^ altum veniens prò vulnero vulnus.
Tandem quoniam (7) sibi facies incognita transit,
Nec datur in veras corani dirrumpere voces,
Hos teneat saltem monitus, quos mente reponat :
Perlegat atque pedes numeret dum carmina cudit,
Nec furor involvat metrum; super omnia caute
Vulcanum fugiat, Neptunum semper adoret.
I due carmi riprodotti farebbero supporre, che i Milanesi
durante il periodo glorioso delle imprese della Pulcella, volessero
mettersi in rapporto con lei, mandando come ambasciatore frate
Antonio da Rho. Il maligno poeta finge che Giovanna avesse a
schifo il povero frate e quindi indirizzasse un' epistola poetica
ai senatori milanesi, dichiarando di non volere a niun costo ri-
cevere l'ambasciatore da loro scelto. Questo fatto inaudito, to-
(i) B. 124, biberet.
{2) C. 64, Dicitc io, patres, legein.
(3) C. 64, quo.
(4) C. 64, cannine — B. 124, crimina.
(5) C. 64, retahat.
(6) B. 124, numina.
(7) B. 124, quando.
VARIETÀ 12 1
talmente ignoto alla storia, suscita naturalmente la domanda: È
vero che i Milanesi abbiano mandato o intendessero mandare tale
ambasceria? Il dott. Mercati (i), dopo avere ammesso che tanto
nella risposta qui riprodotta, come nella citata invettiva del Rau-
dense al Decembrio non c'è alcuna allusione a questo fatto, sog-
giunge che « tenuto conto delle relazioni politiche tra Milano e
la Francia nella prima metà del 400, non sarebbe così straordi-
nario, che Filippo Maria ed i senatori milanesi, nel meraviglioso
sorgere e trionfare della Pulcella, che rivendicava l'indipendenza
della Francia, pensassero ad attaccare relazioni con essa ». Io però
credo, che una ambasceria mandata in quel tempo dai Milanesi a
Giovanna, per ragioni politiche, dovesse avere un' importanza
tanto grande, che in quel periodo di risveglio intellettuale se ne
dovesse risentire l'eco nella letteratura o almeno se ne dovesse
aver notizia in alcuno dei parecchi storiografi, che si occuparono
dei Visconti. Invece non il minimo accenno, non la più lontana
allusione.
Questo è per sé stesso un argomento, a mio credere, assai va-
lido per negare credenza all' anonimo burlone. Ma pur volendo
ammettere, per non saprei quali ragioni, che i Milanesi mandas-
sero o intendessero di inviare tale ambasceria, certamente il pre-
scelto a ciò non fu il Raudense. Infatti nella risposta si legge:
Sapiens quis finxerit unquain
Tot e o m m m e n t a s i m u 1 ? Sapiens vel vera tacebit.
e più sotto :
Scis, spurce, officium lingue: per compita garrit,
Perstrepit in triviis, suadet f a 1 s i s s i m a.
e ancora
In caput hic plectendus erat, qui carmina falso
In populum sparsit.
(i) 0(p. cit., p. 3o9-3i2.
122 VAl<Ii:iA
Ora quale interesse avrebbe avuto il Raudense (o chi pur lui)
a negare di essere stato scelto come ambasciatore a Giovanna,
qualora ciò fosse stato vero? Al contrario avrebbe dovuto rima-
nerne orgoglioso ed attestarlo con soddisfazione, tanto più clic egli
era un religioso e 1' ambasciata era diretta ad una donna santa,
ad un' eroina della fede cattolica. Si potrebbe obbiettare, che qui
r autore intenda chiamare falsità non la sua scelta ad ambascia-
tore, ma il rifiuto di Giovanna a riceverlo: senonchè allora per
qual motivo il Raudense non dichiara la verità a confusione del-
l' avversario, ma si limita a chiamare cogli appellativi di coni-
menta (ìn\Qnziom)t di falsissima/ dì carmina sparsi fra il popolo
falso le attestazioni dell'aggressore? Quanto buon giuoco avrebbe
egli avuto, potendo rinfacciare all'avversario la sua vera nomina
a quel glorioso incarico !
Io adunque sono del parere, che il licenzioso autore dell' />-
mafrodito o qualche altro, abbia voluto prendersi spasso del po-
vero frate, attribuendogli un grande onore, che non ebbe, forse
anche per porre in derisione la smania di primeggiare di Antonio,
non soddisfatta dal duca, che gli si era non poco alienato in que-
sta lotta col suo favorito Beccadelli. Non è nuovo il caso di un
umanista, che getta il ridicolo sopra un collega. Le invettive del
tempo sono ridondanti di comicità, specialmente nelle piccanti bio-
gratìc fatte degli avversari e negli epiteti curiosi, che si regalano
a vicenda. Il Beccadelli poi ha sopra ogni altro il carattere dì
spregiudicato, di scettico; ed anche nella sua lotta col Raudense
si mostrò tale, non entrando direttamente in lizza col rivale, ma
accontentandosi di punzecchiarlo con epigrammi (i) e componendo
contro di lui un Carmen elegìaciim (2), che pare fosse pure scher-
zevole, giacche egli stesso lo dice et fortasse non illepidum (3);
(i) Cfr. Barozzi, Sabbadini, op. cit., p. 2 seg.
(2) È citato dal Mongitore, BibL Sicula, t. I, p. 67.
(3| " Quidquid in Rhodum scripsimus occultum est; res enim mo-
" net ne efferatur; quam primum autem edidero: quidquid id est, et
" est fortasse non illepiduiìi, primus tute es et lecturus et auditurus „. —
Ep. Gallkac, Venetiis, i553^ II, 24.
VARIETÀ 123
anzi al Riccio, che sul principio della contesa pensava di pacificare
i due umanisti, invitandoli presso di sé, egli risponde scherzevol-
mente, mostrando di non prendere affatto sul serio gli sfoghi del
frate zelante (?)•
Se però consideriamo il modo, col quale si svolse la contesa
fra il Panormita e il Raudense, ci nasce spontaneamente il dub-
bio, che l'uno o 1' altro degli scritti pubblicati od anche ambedue
non sieno degli autori, ai quali sono attribuiti. I titoli, che leg-
giamo nei codici, danno adito a questo sospetto. Infatti l'epistola
nel Cod. C. 64 è attribuita al Panormita con riserva, (per A. Pa-
normitam, ut creditiir) mentre nel Cod. P. 75 non porta indi-
cazione d'autore; la risposta, se nel C. 64 è attribuita al Rau-
dense, dalla intitolazione portata dal B. 124 parrebbe invece fosse
opera di un anonimo contro un anonimo, (Defensio prò Rìiau-
densi ad P. C. cantra caliimniatorem incognitiim) tanto più che
in essa si parla sempre del Raudense in terza persona.
Che l'epistola poetica sia uscita alla luce anonima è fuor di
dubbio; lo si desume da parecchi passi della risposta e special-
mente da quei versi :
Sed quis incognita plectat?
Dicite io, patreS; lapides si inpinxerit olim,
Non retrahat palmas, monstret digitosque manusque,
Se in medium statuat, pugnam committat apertam
Et gcnus et notnen et qua sint munia dicat,
Sub divo coramque aciem descendat in omnem, ecc.
È vero, che il Raudense nella invettiva al Decembrio contro
il Beccadelli, lo accusa di esserne l'autore (2); ma la sua testi-
monianza in questo caso, oltre essere in contraddizione coi versi
teste citati, ha pochissimo valore, perchè egli aveva tutto l'inte-
(i) Ep. Gali, lì, 20.
(2) " Quid sibi volebant versus illi, quos tu ad patres conscriptos....
" sine tabellario aut nuncio ... qui tamen aitctor extiiisti, sine ullo no-
" mine aut tuo aut alieno dimisisti ? ,, Cod. cit., f. 120, v.
VARIETÀ
l•c^^c dì accusarlo anche ^ratLiitamente di ciò, per il bisogno na-
turale di sfogarsi contro qualcuno dello scherno subito.
\oi sappiamo per altro, che alla lotta fra il Beccadelli e il
Kaudense parteciparono anche altri, scrivendo versi a difesa del
proprio capo-fazione; erano veramente due partiti, Tun contro
l'altro armati; onde il Beccadelli grida a' suoi: n Pugnetis prò
parte contra Rìiodianos, genus hominum tcterrimum (i)», e con-
fessa una volta all' amico Cremona di non essere autore di alcuni
versi usciti contro il Raudense (2), come anche a questo scrive,
di non crederlo autore di altri versi pubblicati contro di lui (3).
Maggior numero di argomenti adunque abbiamo per negare la pa-
ternità dei due scritti ai nostri, che per ammetterla.
Ma se gli .autori non sono nò il Raudense, nò il Beccadelli,
come mai furono loro attribuiti questi scritti? La cosa è facil-
mente spiegabile in ciò, che essendo essi i due capi-partito e di
conseguenza anche gli ispiratori delle aggressioni dei propri cor-
religionari contro i nemici, tutti gli scritti, che uscivano anonimi,
o loro stessi se li attribuivano a vicenda, ovvero i contemporanei
e i posteri li giudicavano opera loro; ed infatti in questa lotta
di carattere generale, essi erano i più noti, mentre si dovevano
ignorare, o quasi, ì nomi e la qualità dei loro anonimi seguaci,
come li ignoriamo noi. Né ciò deve recarci meraviglia, perchè lo
stesso è avvenuto di altri scritti riguardanti la nostra contesa (4).
(i) Ep. Gali., II, 7, al Piccinino.
(2) " Non composui quidam versus illos, ncque, auctoris pace, di-
" xcrim, meis similes vel minima sunt ex parte „ (Cod. lat. di Parigi,
858o, f. 29.'" — Cfr. Sabbadint, op. cit., p. 6). Non potrebbe essere anche
questa un'allusione alla pasquinata? Sarebbe una conferma del nostro
asserto.
(3) " Etsi facile multi existimant, te quosdam in me versus edi-
" disse obscenos quidem illos atque petulantes, ego vel solus adhuc
" id mihi persuadere non possum „. (Fra gli altri, anche nel Cod. Am-
brosiano, M. 44 sup., Ibi. igS."" Cfr. Sabbadini, op. cii., p. 7).
(4) L' invettiva in Antonium Panonnitani, qui mtravit Mediolanmn
futiirus cancellar itts, la quale in 4 codici [di Gotha, di Monaco, della
Riccardiana (cfr. Lami, Calai. I, 285), e della Magliabechiana 1445] porta
VARIETÀ I2D
Conchiudendo, mi pare di poter asserire, che nessun argo-
mento ci fa credere, che i Milanesi mandassero o volessero man-
dare una ambasceria a Giovanna d' Arco e che questa ipotetica
missione non fu offerta al Raudense; l'epistola adunque, che pre-
ludia le pasquinate del secolo successivo, è V invenzione di un
bello spirito, forse il Beccadelli, più probabilmente un anonimo
a noi ignoto; il medesimo dicasi della risposta, per la quale mag-
gior numero di documenti militano a negare la paternità del
Raudense.
Non rimane omai che di precisare, per quanto è possibile, la
data di questi scritti. L'inimicizia fra i due, secondo i calcoli del
Sabbadini, comincia nel 1429; l'invettiva B. 124, secondo lo stesso,
che l'ha per il primo trovata e studiata, va riferita al 1432.
Siccome abbiamo visto, che in essa si citano indubbiamente
i versi della pseudo-protesta di Giovanna, dobbiamo conchiudere,
che i nostri due scritti videro la luce nel giro di tempo fra il
1429 e il 1432.
Felice Vismara.
il nome di Maffeo Vegio, nel Laurenziano XCI sup. 48 è invece attri-
buita al Raudense. Eppure la concordanza dei 4 codici ci persuade
esserne il Vegio V autore, tanto più che egli era nemico del Becca-
delli, come, fra T altro, appare anche dal fatto, che il Porcellio gli de-
dicò la sua invettiva contro il medesimo. [Carmina illitst. pòet. Hai,
Florentiae, 1719-1726, t. VII, p. 5oo). Lo stesso avvenne dell' invettiva
del Cod. Ambr. H. 49 inf. Essendo essa anonima, fu senz' altro attri-
buita ad Antonio da Rho, come il più noto rappresentante della rea-
zione contro V Ermafrodito : eppure non è certamente, sua, come ap-
pare dal brano : " Non Leonardus Aretinus, non Randensis, non Cen-
" cius Romanus haec tua laudarunt, immo ut aliquid egregium rcferam,
^' eorum conspectum fugitas,,. (Cfr. Sabbadini^ op. cit., p. 2).
I2(*» VARIETÀ
D'un ignoto poemetto del Fossa
sulla calata di Carlo Vili in Italia.
In una sua comunicazione, inviata, or sono pochi mesi, alla
Rasscf^na bibliografica della Letteratura Italiana, il nostro ot-
timo e valoroso amico prof. Antonio Medin, asseriva doversi ri-
tenere non più che due oramai le narrazioni in versi sulla discesa
di Carlo Vili nella penisola, delle quali si possegga notizia: il can-
tare, cioè, della guerra di Parma, ripubblicato dal dott. Ungemach
di sull'unico esemplare conosciuto che si conserva ad Erlangen,
ed il poemetto, messo anch'esso a stampa fin dal primo cinque-
cento sotto il titolo d' Impresa del re Carlo Vili in Italia; il
quale però, ben lungi dal fornirci, come si sarebbe creduto in
base alle attestazioni del Heber e del Libri, una narrazione dif-
ferente affatto dalle già conosciute, deve invece essere considerato
come un cantare sostanzialmente identico a quello che gli ano-
nimi autori delle Guerre orrende e della Cronaca delle guerre
d' Italia adoperarono per formare il primo canto delle loro ci-
cliche compilazioni (i).
Né il Medin, che si è occupato con tanto amore della curiosa
letteratura poetico-storica pullulata in Italia dintorno alla spedi-
zione francese, né altri studiosi tuttavia hanno avuto contezza
d' un terzo testo popolareggiante, rivolto a descrivere i medesimi
fatti, onde trassero l'inspirazione la Guerra di Parma e V Impresa
del re Carlo, ed al pari di queste gettato dalle tipografie lom-
barde del tempo in pascolo alla curiosità del buon pubblico, non
(i) A. Medin, / poemetti sulla calata di Carlo Vili e la battaglia di
Formiovo in Rass. cit., a. VII, 1899, p. 180 sg. Il M. ha potuto stabi-
lire l'identità dell'Impresa col i.° canto delle Guerre Orrende e della
Cronaca, grazie al rinvenimento d'un esemplare delY Impresa stessa
da lui fatto nella Trivulziana, differente però da quello già posseduto
e descritto dal Libri.
VARIETÀ 12'
sazia mai di siffatti alimenti: voglio dire la Venuta del re di
Franca in Italia, messa a stampa sul cadere del secolo XV in
Brescia, a cura di un tipografo, non ignoto davvero ai cultori della
storia dell'arte tipografica in quel periodo di tempo, Prè Battista
Farfengo (i).
L'esemplare di questo poemetto; ch'io mi trovo aver sotto
gli occhi, grazie alla squisita cortesia dell'odierno possessore, il
mio egregio amico cav. Paolo Gaffuri, direttore dell'Istituto Ita-
liano d'Arti Grafiche, colto ed appassionato bibliofilo; dev'essere
d' una rarità eccezionale, dacché niun bibliografo ne ha fatto
sinora parola. Gioverà dunque offrirne prima dì tutto ai lettori
un' accurata descrizione (2).
Fol. I a. La uenuta del Re di Pranza in Italia e la rotta.
Poi un intaglio in legno a contorno: un re seduto in trono, colla
corona in capo, una gran collana sul petto, lo scettro nella destra.
Intorno a lui molti guerrieri che V osservano o discorrono tra
loro. Quindi le prime cinque ottave. Inc.: Signor che luniuerfo
a tódo a tondo | etc. Des. fol. 4 a ^, Un. 22: che Francia ualle
uclle uille uolle. Altr' intaglio in legno; molti guerrieri armati
di tutto punto, assistiti dai loro paggi, paiono accingersi a par-
tire per varie direzioni dopo una sosta. — FoL 4 h. Occupato
tutto da una grande xilografia, che tiene luogo della marca ti-
pografica solitamente usata dal Farfengo : cioè i santi Faustino
e Giovila a cavallo, tutti vestiti d* armatura ; il capo scoperto,
però, e coronato; stringono in pugno due gonfaloni (3). Al di
(i) Intorno a lui, che operò in Brescia dal 1489 al 1499, v. L. Leghi,
Bella tipografia bresciana nel secolo decimoquinto, Brescia, MDCCCLIV,
Catal. Cronolog. ad annos e p. 114, n. i. Per le marche da lui usate,
due in tutto, cfr. anche P. Kristeller, Die Italienisch. Buchdrucker -
//. Verlegerzcichen bis IS2S, Strassburg, 1898, Brescia, n. 21, 22.
(2) Seguo, com'è mio costume, in questa descrizione le norme
adottate dal D.'" Milchsack nel dar conto della famosa miscellanea di
Wolfenbuttel; cfr. D'Ancona, Due farse del sec. XVI, Bologna, 1882
{Scrlta di cur. leti., Disp. 187), p. 79 sgg.
(3) Intorno a quest' intaglio, che rappresenta i due santi , " disc-
128 VARIETÀ
sotto si icf^f^c: Impreflb in BrclTa per melTerc prc Batista
Farfcngo. — Altji due intaf^li in Icf^no ricorrono a e. 2 a, ji, e
i\ ; a: il primo raffigura due cavalieri che, dopo aver spe\:{ate
le lande, posta mano alla spada, sono in atto di ferirsi; il se-
condo lina battaglia. — In 4 (m, i$o X ^95)» ^^''' romani, sen\a
segnature ne numera:{ione di pagine, 4 fogli a 2 colonne, ^2
ottave (i).
Descritto così il prezioso opUscoletto per ciò che concerne alla
parte esterna, veniamo a dire qualcosa del suo contenuto. Ed
innanzi tutto, chi è 1' autore della Venuta ?
S' affretta ad appagare la curiosità nostra, con non comune
esempio di sollecitudine, il poeta stesso, che s'è dato cura di ram-
mentare il proprio nome non meno di tre volte nel corso della
breve sua esposizione: la prima nella st. 21 (e. 2 a, 2 e):
Or odi qviel che dico & poni mente
che quel che canta se domanda el fossa;
e le altre due nella penultima e nell'ultima ottava (e. 4 a, 2 e):
fossa, sta forte qui....
fossa, li toi sudor son parsi persi.
La risposta, per quanto categorica a prima vista, non risulta
in realtà troppo soddisfacente. « Il Fossa » : sta bene; ma qual
Fossa? Eccoci difatti nuovamente di fronte ad un enimma, il quale,
sebbene abbia dato del filo da torcere a parecchi eruditi, non ha
" guati con semplicità e correzione „ a puri contorni, v. quanto scrive
il Leghi, op. cit., p. 45 sgg., descrivendo la Legenda de sancii Faustino
e Giovifa, " impressa nella cita de Bressa per pre Baptista da Far-
" fengo, de lanno .MCCCCLXXXX., a dì V zugno „.
(i) L' opuscoletto ha ora per coverta un largo brano di membrana
che porta sul recto inscritte alcune bolle di papa Eugenio IV in ca-
rattere del tempo.
VARIETÀ I2C)
rinvenuto ancora il suo Edipo. Col solo cognome di Fossa, tacendo
il proprio nome, ma svelando però insieme la sua patria, Cremona,
suole ricordare sé stesso l'autore di quell'importante componi-
mento maccheronico, che è il Virgiliana (i); e « Fossa cremo-
(f nese » o con maggior pompa di linguaggio, « il laureato
«poeta F o s s a d a Cremona» ama intitolarsi, sempre passando
— curiosa ostinazione ! — sotto silenzio il nome impostogli al
sacro fonte — quel versificatore, poco elegante davvero, a cui si deve
V Innamoramento di Galvano (2). — In pari tempo però noi ab-
biamo notizia d' un altro Fossa, cremonese anch' esso, che verso
il tempo medesimo mandava in pubblico le sue poetiche eserci-
tazioni, senza nascondere nulla che lo concernesse: e costui è
frate Evangelista Fossa da Cremona, dell'ordine dei Servi, tra-
duttore (anzi, ahi come e quanto traditore !) del Bucolicon
vergiliano, che, dopo aver veduta la luce a Venezia nel 1494 per
i tipi di Cristoforo de' Penci da Mandello, tornò ad apparire in
Milano, sedici anni dopo, « addì XX de Luio » per quelli di
Agostino da Vimercate, « a le spesse (sic) de Joanne Jacobe et
« fratelli de Legnano (3) ».
Il Lancetti, che ad occuparsi di tutta questa produzione
« fossesca » era spinto da ragioni imperiose (si trattava di scrit-
tori cremonesi, de' quali uno, per soprassello, insignito della del-
fica fronda!), seguendo contemporaneamente quell'altro irresi-
stibile impulso che lo portava sempre a difendere le cause spal-
late, s'era posto in capo che l'autore doiV Innamoramento di
Galvano ed il traduttore di Vergilio fossero uno solo e medesimo
individuo : frate Evangelista Fossa. Gli argomenti da lui escogi-
(i) Ved. Maccheronee di cinque poeti italiani del sec. XV, Milano,
Daelli, MDCCCLXIV, p. 99 sgg., e G. Zannoni, / precursori di Merlin
Cocai, Città di Castello, 1888, p. 52 sgg.
(2) Cfr. |Melzi| Bibliogr. dei romanzi e poemi cavallereschi italiani^,
Milano, Tosi, MDCCCXxkviII, p. 820, n. 729. E v. Zannoni, op. cit.,
p. 58, n. 3.
(3) Cfr. Arisi, Crcm. liier., Parmae, MDCCII, to. I, p. 378: Argelati,
Bibliot, delti volgarizzatori, Milano, MDCCLXVII, to. IV, p. 174 sg.
Arc/i. Stor. Loinb. — Anno XWII. — Fase. XX.V.
VARIETÀ
tati per sostenere cotesta identificazione si possono veder esposti
neir articolo delle Memorie d' intorno ai poeti laureati^ dedicato
ad Evangelista (i); i lettori non si stupiranno certo se noi li di-
chiareremo tanto insulsi da non meritare la spesa d* una nuova
confutazione (2). Tali però, e forza confessarlo, non parvero al-
tra volta a P. A. Tosi, il quale, quando deliberò di rimettere
hi luce nelle Maccheronee di cinque poeti italiani del sec, XV,
anche il Virgiliana del Fossa (3), non esitò un istante ad ap-
pioppare a frate Evangelista pur sì sconcio poemetto, degno d'un
goliardo sboccato, d' uno « scolaro pavano » sul tipo di Tifi
Odassi o di Niccolò Cosmico, non già d'un religioso dabbene,
quale, ove non s' abbiano valide ragioni da addurre in contrario,
deve pur essere stimato frate Evangelista ! (4).
Tornando, in tempi assai più vicini e con maggior sicurezza
di metodo che il Tosi non possedesse, ad occuparsi del Virgiliana,
il prof. Giovanni Zannoni ha combattuto vivacemente l'identifi-
cazione del Fossa « maccheronico », se possiamo dir così, col Fossa
« bucolico », propugnata dal Tosi sulle orme delLancetti; e s'è
fatto forte di provare che nel primo, autore, a suo giudizio, nonché
del Virgiliana anche del primo ed unico libro a noi giunto del-
l' Innamoramento di Galvano, doveva riconoscersi Matteo Fossa,
patrizio cremonese e poeta sforzesco, passato a miglior vita l'anno
i5i6. L'ipotesi dello Zannoni sembrò non « impossibile » a V. Rossi,
il quale tuttavia la giudicò « tutt' altro che provata », adducendo
contro di essa il fatto che nell'epitaffio di Matteo, ove non gli
sono risparmiate le lodi, si tace però di quella che era a repu-
tare di tutte la maggiore: il titolo di poeta laureato, cioè, che
il narratore degli amori di Galvano aveva conseguito almeno fin
dal 1496 (5).
(i) Parte IV, cap. I, p. 383 sgg.
(2) Furono già confutati dallo Zannoni, op. cit., loc. cit.
(3) Op: cit., p. 100 sgg.
(4) L'assurdità di quest'attribuzione è stata, a parer mio, assai
bene dimostrata dallo Zannoni, o,p. cit,, loc. cit.
(5) Cf. r erudita recensione che del libro dello Zannoni ha dato
V Rossi in Giorn. stor. della lettcr. Hai., voi. XII, i£88, p. 418 sgg.
VARIETÀ 1^1
La matassa, non c'è che dire, si presenta arruffata a dovere.
Ma, quantunque io non osi sperare di dipanarla del tutto, pure a
porgerne il bandolo forse arriverò colle osservazioni seguenti. Che
nel Fossa autore del Virgiliana debbasi, come voleva lo Zannoni
riconoscere non solo un individuo diverso da fra Evangelista
ma più propriamente Matteo, si può asserire quasi con certezza
ove si sappia che tra i componimenti diretti da Matteo stesso nei
primi anni del sec. XVI al concittadino ed amico Domenico Bor
digallo, e da costui trascritti di propria m.ano in certo suo zibal
done di prose e versi tutt' ora esistente in Cremona, leggevasi
un' epistola responsiva ad altra di Domenico « cum Carmine ma
« charoneo (i) ». Pur troppo questo carme è andato perduto, ed
il danno non si dirà lieve da alcuno, quando si pensi che da esso
(i) È quello, cui sopra alludo, un ms. intitolato Fasiculus (sic)
Dominici Bordigali, ch'io, scrivendo vent'anni or sono sulla vita eie
opere di D. Bordigallo (Archivio Veneto, to. XIX, 1880, par. I), non
potei rinvenire, ma che mi capitò più tardi alle mani per comuni-
cazione degli attuali possessori, i marchesi Sommi Picenardi. Le con-
dizioni in cui versa quest'altro zibaldone bordigallesco non sono punto
liete, giacché de' 240 fogli, onde originariamente constava, cento, se
non più, andarono smarriti. Cotal perdita però è resa meno molesta
da una felice circostanza: il cod. porta, cioè, in fronte una minuzio-
sissima tavola, scritta dal Bordigallo stesso, che occupa ben quattor-
dici carte, ed è completata poi da un' Adicio tabule sommarie: sicché
la maggior parte della produzione poetica del Bordigallo e degli amici
e corrispondenti suoi, cremonesi e non cremonesi, dal 1482 al i5i2,
ci è così integralmente o sommariamente almeno conosciuta. Ora tra
gli scritti contenuti nella parte perduta del ms. parecchi spettavano
a Matteo Fossa. Versi latini suoi, come ci attesta la tavola,, leggevansi
a e. 180; e due sue epistole a e. 186. Queste sono così indicate dal
Bordigallo: Epistola suprascripti Mathci fosse ad dominicum. Altera
quoque responsiva suis cum Carmine Macharoneo, A e. 192, 194 s'ave-
vano poi lettere di Domenico a Matteo, qualificato sempre come " iu-
" venis elegantissimus „. Queste epistole, forse perchè troppo antiche
non ricompaiono in altre miscellanee del Bordigallo, come ad es. in
quella che é oggi il cod. Aa. 8. 17 (Ponz. 87) della Comunale di Cre-
mona; dove tuttavia, per compenso, se ne ritrovan altre : così a e. 3 a
e a e. 18 B, dove si legge un " lachrimabile carmen et consolatorium „,
diretto dal B. a Matteo per deplorare la morte del di lui fratello Bono,
mercante stimato, spentosi ai bagni della Porretta nell'agosto i5i5.
3 a VARIETÀ
ci sarebbe potuta per avventura derivare non poca luce sulle prime
produzioni maccheroniche cremonesi, forse altrettanto antiche, se
non più, delle padovane (i); ma il ricordo che ce ne è pervenuto
basta da solo, o m'inganno, a render più che probabile che il Fossa,
cantore de' burleschi amori d' Angelo Spuza, il quale per ingan-
nare la noia dettava, il 2 di maggio 1494, in Bassano, pliiendo a
sechie reverse, i suoi giocosi esametri, sia quel Matteo Fossa^
« giovine elegantissimo », «oratore», «musico», « cultore delle
«muse», che, dopo inaudite sofferenze, abbandonava immatura-
mente la vita il IO agosto i5i6 (2).
(i) Che a Tifi degli Odasi non spetti punto il vanto d' aver creato
la poesia maccheronica, che questo genere letterario abbia anzi avuto
prima di lui altri cultori a noi ignoti, giacché della ricca produzione
sbocciata sullo scorcio del quattrocento, non possediamo oggi che
scarsi e slegati frammenti; sono idee già emesse e sostenute dall'a-
mico V. Rossi (cf. Giorn. stor., XI, 1888, p. 2 sgg.), che io divido inte-
ramente. Ed a confermarne sempre meglio la ragionevolezza mi piace
rammentare come nella brigatella d'amici che raccoglievasi appunto
intorno al Bordigallo tra il 1480 ed il 1485, e di cui faceano parte,
oltreché il Fossa, Angelo Manna, studente in medicina a Bologna,
Gidino Piasio, che studiava legge a Pavia, Tommaso Raimondi, an-
ch'esso " legum scolaris dignissimus „, ed altri ancora, si poetasse mac-
cheronicamente. E la prova indubitabile ce ne è porta appunto dal
seguente epigramma del Raimondi, registrato dal Bordigallo nel Fa
sictthis cit., e. 18 B, sotto la data: " ydibus septembris 1485 „ :
Premia consilii iniJù des : non nerba rej^oscho :
Latronculator furibiis hostis erit.
Est gtda mortali : s l a n i g n a n t gutura noòis
Si Ma e h ar o n e is r i tib u s Oda canit.
Or noi siamo in diritto di domandarci se nell'anno 1486 la Macaronea
di Tifi, che si asserisce gratuitamente il più antico esempio del gè
nere, fosse già comparsa alla luce I Cfr. Rossi, in Giorn, Sior., XII
1888, p. 429.
In realtà a me sembra lecito concludere che la poesia macchero-
nica dovette svilupparsi singolarmente in seno alle università italiane
dell'alta e media Italia nella seconda metà del secolo XV. Genere
essenzialmente studentesco, noi lo ritroviamo dappertutto coltivato da
studenti, al pari della commedia latina.
(2) La morte di Matteo é così registrata dal Bordigallo nella sua
Cronaca inedita (cod. Pallavicino, e. 244 b) : " Die dominico decimo
VARIETÀ l33
Messo così in sodo che il Fossa « febigena », come si dichiara
egli stesso (i), scrittore del Virgiliana, altri non è che Matteo Fossa,
^i potrebbe adesso cavare da cotale identificazione un valido ar-
gomento a ritenere che a lui pure debbansi attribuire così V Inna-
moramento di Galvano come la Venuta del re di Franca in Italia.
E valga il vero. Matteo Fossa, il poeta maccheronico, nel 1494
s' era portato a Padova, poi a Bassano ; che cosa facesse in que'
due paesi non ci è noto, ma chi opinasse ch'egli si fosse recato
sulle rive del Bacchiglione per ragione di studi non andrebbe
forse lontano dalla verità (2). Certo in ogni modo si è ch'egli co-
nosceva il Veneto ed aveva con personaggi di quella provincia
relazioni d' amicizia (3). D' altro canto il « poeta laureato Fossa »
'' predicti mensis augusti nobilis et preclarus vir omnium bonitatis
" virtutum speculum.... dominus Matheus Fossa de hac vita ad aliam
" meliorem migravit „. Segue l'epitafio, già latto di pubblico diritto
dall' Arisi (Crem. liter., to. I, e. 867), a cui tien dietro un secondo, fin
qui inedito, migliore del primo, perchè più breve !
Fossa plus, patiensy martir, Matheus in urna
Clauditur : orator, musìcus iste fuit.
Noto di passaggio ch'io non divido ravviso dello Zannoni, op, cit.,
p. 60, che la malattia, onde fu condotto il Fossa alla tomba, sia stata
la sifilide. Parlare a proposito di lui di " gioventù burrascosa „, mi
par temerario; il Virgiliana è un poema burlesco del cinquecento, con-
vien rammentarsene ; e non so vedere perchè al Fossa non dovrebbe
valere la scusa che adduceva per sé Catullo: Nam castum esse decet
pinm poetani Ipsum, versicitlos nihil necesse est. Or ciò che a noi è noto
della vita di Matteo non ci licenzia a dirlo un dissoluto : ben al con-
trario, in patria, dove insegnò pubblicamente, lasciò memoria d' uomo
religioso e morigerato; tanto che dopo aver cominciato col cantar An-
gelo e Prisciano, finì per versificare i salmi davidici. Omne genus malo-
rum membris tidit, dice il B.; e da ciò si deduce che la complessione
di Matteo, forse gracile, fu fiaccata da morbi molti, non da un solo,
e per giunta obbrobrioso.
(1) Virg.f V. 19-20.
(2) Che il Fossa presenti sé stesso ed i suoi compagni siccome
gente allegra, spensierata, non v'ha dubbio. Di qui a ritener lui egli
altri " calcagnantes, trufatores et malagentes „ {Virg.,\. 91) come stu-
denti, il passo è breve.
(3) Lo Zannoni, op, cit., p. iSg, par credere che, Matteo quando
scriveva il suo giocoso componimento si trovasse in terra cremonese
l34 VARIETÀ
ci appare ancor egli in stretti rapporti con cospicui uomini vene-
ziani: nel 140^ dà in luce, dedicandolo al fratello Panfilo un epi-
cedio in memoria di Bernardo Gontarini, spentosi a Melfi alcuni
mesi prima (i); e mettendo poscia in pubblico, a Venezia, il libro
novo delio Innamoramento di Galvano, lo dedica con parole affet-
tuose ad altro patrizio di S. Marco, a messer Lorenzo Loredano (2).
Tutto ciò non può essere frutto del caso ; sicché io inclinerei a
condividere l'avviso dello Zannoni ed a ritener dunque come
È questo, a mio giudizio, un errore. Innanzi tutto non esiste in pro-
vincia di Cremona un " Bassano „, ma un " San Bassano „, (Soresina);
ora il Fossa non avrebbe scritto in Bassiano se avesse voluto dire
ch'era in Sancio Bassiano. In secondo luogo tutto concorre a farci
riconoscere che il poeta era nel 1494 nella Marca Trevigiana: i fatti
narrati nel Virgiliana hanno per teatro o Padova o Venezia; l'epi-
gramma stesso che segue nell' antica stampa alla Macaronea, è diretto
ad un prete di Vicenza.
(i) Ved. quant' osserva su questo carme del Fossa il Rossi in
Giorn. cit, XII, p. 484, n. 5.
(2) Cf. Lancetti, op. cit., p. 386. Non farà meraviglia 1' udire che
tutto quanto lo storico de' poeti laureati viene nelle citate pagine ar-
zigogolando intorno alla data dell' edizione milanese del Libro di Gal-
vano è destituito di qualsiasi fondamento. Innanzi tutto il poemetto
del Fossa era già venuto alla luce nel i5o8 in Venezia, per i tipi del
Sessa (v. Giorn. cit., XI, 3): particolarità questa, sfuggita al Melzi ed
al Tosi, che basta da sola a distruggere tutte le ipotesi del Lancetti
sul tempo in cui quel libro comparve in pubblico. Ma, quand' anche
r Innamoramento fosse stato impresso per la prima volta a Milano dai
Mantegazzi, non sarebbe punto esatto ciò che il Lancetti asseriva;
che costoro cioè, dovrebbero averlo stampato circa il i520, perchè non
prima del i5i6 cominciarono a lavorare per conto de' fratelli da Le-
gnano. Al contrario, noi sappiam oggi di certo che i Mantegazzi im-
primevan libri " ad istanza „ dei Da Legnano fin cai i5o8, giacché a
quest'anno appunto appartiene Lo Innamoramento de Lncrecia e Eurialo
I traducto per miser Io. Paulo \ Vermiglions in versi \ rithimi Ope \ ra
Nova, che porta in calce la seguente indicazione : Impressimi Mediolani
p. Petrum mar tir em et fratres de Mantegatiis anno domini .MCCCCCVIII.
die V Marta. Ad instantiam Io. lac. de Ignano et fratribus suis (sic).
Più che probabilmente la ristampa milanese del Libro di Galvano ap-
parterrà all'anno stesso in cui vide la luce questa rara opericciuola
(di cui, come m' insegna l' egr. collega E. Motta, si ha un esemplare
nella Trivulziana), oppure al susseguente.
VARIETÀ i:>D
oltremodo probabile che il « Fossa laureato », autore di poemi
cavallereschi, di cantari storici e di maccheronici carmi, sia stato
tutt'uno col cremonese Matteo, di cui il Bordigallo deplorò rozza-
mente la line precoce.
Ed ora poche parole intorno al poemetto, che giunge inatteso
ma gradito, ad accrescere lo stuolo assai esiguo sinora delle narra-
zioni in versi, alle quali l'avventurosa spedizione di Carlo Vili
offerse tra noi occasione. Chi abbia letto qualche strofa dell' /«-
namoramento di Galvano, se ci udrà dire adesso che anche la
Venuta è degna del Fossa, comprenderà subito eh' essa è cosa
sciatta, sguaiata, scritta con stile goffo, con linguaggio che pre-
senta un miscuglio strano e sgradevole di latinismi crudi e d'idio-
tismi lombardi, qua e là costellato di parole di gergo, di bisticci
e di facezie inintelligibili (i) : ma la barbarie pedantesca della forma
non impedisce che il poemetto riesca nel suo complesso interessante
a leggere. Il Fossa è nemico giurato così di Carlo, che
se parti de Pranza
mostrando ci naso storto e occhio e guanza (2);
come delle soldatesche sue, che si piace descrivere imbelli e disso-
lute; ei non trova quindi parole abbastanza acerbe per pungere
la codardia de' Napoletani, che aprirono le porte al gallico inva-
(1) Accanto a parole come sido (sidus), pulchro, intoptdo, groptdo,
troviam spelucare (strapparsi i peli), pavioni, e forme come dogando,
corando, ecc. Rispetto ai bisticci^ basterà citare questi versi della st. 22 :
quel viantnano porta graphe e gri/e
et herba a orbi et urbi sarà e serra
non. ci comiien che sbate sbar/e o shofe
anci che cadi e chi re aterri in terra.
(2) Alla bruttezza di re Carlo, e specialmente al suo smisurato naso,
fa parecchie volte allusione il Fossa; così str. 9:
e str. 21 :
et caualcando nano de bon core
drieto al naso del suo Signore ;
Sai perchè non nidi Carlo el passo
umbra gli fece el storto e longo naso.
i36 vAuir.TÀ
sorc; e si esalta nel ricordare come papa Alessandro, « de cliristo....
« el nero iiicario », siasi collegato colla « alma signoria » vii
S. Marco, col duca Lodovico, « capo e signore de la Lombardia »,
per cacciare d'Italia i barbari predoni. 11 ritorno del re dall'Italia
meridionale, la marcia frettolosa, l'arrivo a Pontrcmoli, la gior-
nata di Fornovo sono descritti con sarcastico linguaggio dal
Fossa, che dà fiato però all'epica tromba, quando dee celebrare la
prodezza dei signori italiani, che sul campo di battaglia, malgrado
ostacoli grandi, tennero alto l'onore nazionale (i). Col racconto
della pretesa rotta toccata agli odiati oltremontani, chiude il
poeta r opera sua, pronto però a riprendere la penna, ove gli sia
concesso registrare nuove sconfitte francesi :
Se idio me dà ulta cotanti anni
che cerna cario a curio posto e pesto (2),
disponi di cantar li grani insulti e danni
de galli e lor pacia che fece eterna: {sic)
so ben che alcun saran si storni e strani^
che in me risuarderano come in lanterna;
fossa, sta forte; qui è la tua uictoria:
farai de galli paci ampia memoria.
F. NOVATI.
(i) Più d'ogni altro troviamo esaltato il marchese di Mantova. Ma
non mancan gli elogi al valore di Rodolfo e Giovanni Maria Gonzaga,
di Ascanio Bentivoglio, Virginio Orsini, del Conte di Pitigliano, Ra-
nuccio Farnese, ecc.
(2) Leggi : C/te Carlo a curio posto e pesto cerna. Errori come que-
sto , dovuti air ignorante negligenza de' tipografi , non fanno difetto
nella Venuta del re di Pranza, e noi ne caveremo buon argomento a
ritenere che il poemetto doveva essere già stato impresso più d'una
volta, quando venne alle mani del Farfengo. Una stampa anteriore
alla bresciana potrebbe essere dunque quella, che sotto il titolo: La
venuta del Re di Pranza in Italia e la rota (4 fol., s. 1. e. a., una xilografia
nel I fol. (m. io5 X n?); niilanese) si conserva presso la R. Biblioteca
di Monaco: P. o. it. 4.'' 383 (20).
VARIETÀ iSy
Quattro lettere inedite
ed un sonetto pure inedito
di Carlo Porta.
Non riuscirà discaro ai lettori dell' Archivio nostro trovar
qui raccolte alcune reliquie della copiosa corrispondenza tenuta
da Carlo Porta cogli amici suoi; corrispondenza della quale pur
troppo la maggior parte è andata dispersa, tanto che solo pochi
frammenti ne sopravvanzano, nascosti nelle autografoteche così
pubbliche come private (i). Le lettere del massimo tra i poeti
«meneghini», che lasciò ad infinita distanza tutti i predecessori
suoi, benché disadornamente dettate, si debbono però giudicare
sempre pregevoli, siccome quelle che o giovano a spargere maggior
lume sopra la cronologia tanto incerta della sua produzione
poetica, o, se non altro, ci fanno meglio conoscere la schietta
bontà, semplicità e naturalezza di un' indole interamente « am-
« brosiana ». Delle quattro che oggi poniamo alla luce, son parti-
colarmente importanti le due prime, vuoi perchè ài data certa,
vuoi perchè dirette al più caro tra gli amici del poeta : Tom-
maso Grossi (2), anche sul conto del quale porgono notizie non
prive di qualche interesse.
(1) Frammenti di poesie del Porta, conservati dal nipote del poeta,
d.^ Carlo Porta, inseriva R. Barbiera nel suo Libro delle Curiosità,
Strenna pel 1898 (Bergamo, Cattaneo), a p. 21 segg.
(2) Una lettera del Porta al Grossi (26 maggio 1819) venne di re-
cente pubblicata dal Fontana nella sua Antologia Meneghina (Bellin-
zona. Colombi, 1900, p. 281), dove ha pure inserito un {'rammento di
traduzione del canto Vili deìV Inferno, giovandosi degli autografi pos"
seduti da Gaetano Crespi, per dono dell' ing. Grossi, figlio del poeta-
vauikta
I (I).
Milano f li 2.8 settembre 1820,
C.'"" Amico.
Occupatissimo come sono nel pagamento delle Pensioni, non mi
e possibile di fermarmi al tavolo tanto tempo che basti per dirti ciò
che ho bisogno di dire, e che vorrai che dica in riscontro alla tua
carissima portatami dal Compagnoni. Scriverò dunque domani, o dopo
domani al più tardi. Intanto sappia che sono vivo e tutto a te col
cuore, e colla mente. Scotti è venuto a pigliar la sua copia. Ho avuto
proprio gusto di conoscerlo. — Rossari non ha avuto la tua lettera. —
Torti è partito pel lago di Como. È una breve gita durante la quale
ti maturerà la risposta che deve, e riconosce dovere. — Le spese della
lldegonda, ripeto, sono cavate, ma domani scriverò lungo lungo su
questo particolare, e ti darò tutte le notizie che brami (2). — Dirai a
tuo Zio che tengo due boette, ma.... di quello ! a sua disposizione. Le
consegnerò a chi mi dirai consegnarle. — Caro Grossi, vogliami bene.
— Io, sai, te ne voglio tantissimo, e vorrei averti fratello carnale.
Addio, addio
tutto tuo aff.""'
Carlo Porta.
P. S. — Il S. Michele è fatto; le robe tue sono state benissimo
accomodate dalla premura indeftessa del Pivellin. Manzoni non è nel
caso deplorabile che si figurò Tosi; è bensì offeso più del consueto
(i) L'autografo si conserva nella Trivulziana.
(2) L' lldegonda uscì appunto nel 1820 coi tipi Ferrarlo. Ne seguì
nel 1821 la 2.* edizione, in 1000 esemplari e per cura del medesimo
tipografo. (Cfr. Vismara, Bibliografìa di Tommaso Grossi, Como, 1886).
VARIETÀ i3q
dalle sue convulsioni (i), ma jeri le cose migliorarono, perchè pranzai
da Tordorò (2) con persona che lo vide appunto jeri mattina con Vi-
sconti, e lo trovò di buonissimo umore. Tosi poi è a Busto. Vi si fer-
merà una settimana ancora.
A tergo: . ^
All' Ornatissimo Avvocato
Sig. Tommaso Grossi
TREVIGLIO.
II (3).
Milano, Il 4 ottobre 1S20.
Amico Carissimo.
Sono al solito occupatissimo, ma non lascerò partire il buon prete
che è venuto a visitarmi a tuo nome senza accompagnarlo con un paio
di righe. Bellissimo quell'originale Somasco; sfido un vetturale del
Pozzo ad esser più ricco di lui in isfrontatezza e ribalderia ! Io gli
darò luogo sicuramente nella mia revista a costo di farvelo passare
un paio di volte. Qui si è letto generalissimamente con piacere il bel-
r elogio che S. C. F. ha fatto di te e della tua lldegonda sul giornale
(i) Il Manzoni medesimo dichiarava d' aver compiuto il Cinque
Maggio in giorni di "convulsione,,. Aggiungeva, è vero: " per modo
" di dire „ ; ma consta di sicuro da altre fonti, non solo che erano con-
vulsivi i mali che lo tormentavano — tanto ch'egli si chiamava "povero
" convulsionario „ — ma che andava soggetto a vere e proprie convul-
sioni. Già in una lettera dell' abate Giudici al Degola (aprile 1817) si
legge : " Manzoni non si è consigliato se non colle sue convulsioni,
" contro le quali crede rimedio unico il viaggio,,. (Cfr. Bellezza, Genio
e follia di A. Manzoni, p. 72).
(2) Per il Tordorò, cfr. Poesie di C. P., ediz. Robecchi, p. 202.
(3) L' autografo, per dono del D.'' Grossi, si conserva nella Nazio.
naie di Brera, AE. XV. 7, 48 bis.
140
VARIETÀ
di Domenica scorsa; Elogio che ha in parte riconcigliato col Giisson (i)
li animi esacerbati per le fresche ingiurie che si è egli permesso con-
tro Manzoni, Torti e parecchi altri del loro calibro. Per quanto siasi
studiato e domandato per sapere chi sia questo S. C. F., il suo nome
è tuttavia un enima. O la sarebbe pur bella che l'autore dell'articolo
fosse il Pezzi medesimo ! e che si fosse coperto dj questa maschera
per r oggetto di dar corso e giusto valore alla moneta che spende !
Ti ricorderai di avere sentito dal povero Dr. Luigi De Breme che in
un tal dato luogo erano giunte a tal segno le cose di quel Governo
che allorché il di lui rappresentante voleva porre in discredito una
persona se la menava intorno seco in carrozza. Ora Pezzi all'incontro
parrebbe che per farsi veramente onore si fosse fatto imprestare per
questa camminata la carrozza di un altro !
Ti compiego una graziosa risposta in sestine del Pivellin, all'altra
parimenti tua scritta in sestine, e graziosa del pari. O i begli ingegni
che siete voi altri ! Non vi è robba che non vi riesca meravigliosa in
versi ed in prosa ancorché fatta così su' due piedi, e io scrivo a voi
altri di questa prosaccia ! ! Addio, Addio. Guardami il cuore. Questo
viscere te lo prometto migliore assai del cervello.
(2) tutto tuo aff.
C. Porta.
rgo;
All' Egregio
Sig."^ Avvocato Tommaso Grossi
TREVIGLIO.
(i) Le appendici letterarie della Gazzetta di Milano, che aveva al-
lora a redattore il Pezzi, portavano per epigrafe " Glissons et n'ap-
" puyons pas „ donde il titolo di Giisson alle appendici stesse. — Più
tardi (1834-1841) uscì il giornale dal vero e proprio titolo Glissons*
(2) Precede una parola illeggibile.
1
VARIETÀ 141
III (I),
Milarto 2Cf seitembre.
Car.'"'' Cugino.
Rompo finalmente il longo silenzio, ed adempio al tempo stesso
tutte quante le commissioni addossatemi colla compitissima vostra del
vafel a catta.
Qui annesse per tanto troverete le desiderate Poesie che implo-
rano un benigno compatimento : il ricercatomi concerto /luta, che
chiede il più sollecito ritorno. Un sacco di complimenti per vostro
uso : cento abbraci per Y amico Simonetta, ed una fretta da casa del
diavolo colla quale mi dichiaro
Vostro Aff.^'^o Cugino
C. P
voltate alegramente
Sarevv vegnuu sul lagh tant volentera
a god sti voster Fest in alegria
che se fuss staa per-fina in Caponera
avarevv fa de tutt par vegni via.
La Volentaa par la mia part la gh' era
che pari giust nasuu par spassam via:
ma con la volentaa noo gh' è manera,
senza l'aiut di sold, da fa on mezz mia.
(i) L' autografo è posseduto dal consocio nob. D.'' Giuseppe Luini
che ce ne favorì cortesemente copia. Egli l' ebbe in dono dalla si-
gnora Antonietta Maderni cugina del poeta.
143
VARIETÀ
Sì, el me Batdissarin, s' era in bolletta,
Malatia eh' è semper stada in frega
in chi se eiappa ci spass de fa el Poctta.
E aben par poch de che sia de sta lega,
me tocca sta deslippa marcadetta,
perchè tant fa chi ten, che chi scortega.
•
Questa mattina la Cognata alle ore sei in ponto partì da Milano
accompagnata da suo Padre e dalla sua femme de chambre per Bru-
gola sul monte di Brianza (i), ove si tratterà con quest' ultima fra le
monache di detto luogo. Dicono alcuni eternamente.
Il Porco non ostante gli affanni di cuore, di cui dice esser conti-
nuamente vessato, si conserva grasso a meraviglia e d'ottimo colore,
e miglior apettito.
A tergo :
A Monsieur
Mons. Balthassar Maderna
avec un Paqiiét INTRA.
IV (2)
Amico carissimo.
Se non ho potuto fare tutto quello che avrei dovuto per unifor-
marmi a tuoi saggissimi suggerimenti ho però fatto qualche cosa ed
ho tolto almeno una stanza alla nota descrizione.
(t) Briigora, villaggio posto all' ingresso della Brianza (fraz. del
Comune di Montesiro, già Monte^ ciré, di Monza, prov. di Milano),
dove nel sec. scorso esisteva un convento di Benedettine.
(2) La collezione d'autografi Diederichs dell'Universitaria d'Am-
sterdam, donde è tratto questo viglietto, contiene anche (Busta 7) una
VARIETÀ
14^
Leggine ora la riforma e dimmi se così come ora la vedi può cor-
rere e dimmelo con la solita amicizia. De' due versi poi che ho posto
in fine dell'ottava riformata cassa quello che è più cattivo.
Addio. Domani mattina rimandami lo scartafaccio, se puoi, prima
di mezzogiorno.
Tuo aff."^^ amico
C. Porta.
Casa, li 12 1817 (i).
X.
noterella di mano del poeta stesso, formata da vocaboli sconci in la-
tino con relativa traduzione ed una copia del sonetto A un contin Ber-
gamaschin (cf. Poesie milanesi di C, P., Milano, Belloni, 1869, p. 199),
che si vorrebbero spacciare per autografi, ma tali non sono.
(i) Nel margine inferiore del secondo foglio, a tergo, si legge,
d'altra mano, l'indirizzo: Al sig.^ Cattaneo Direttore del Gabitutto Nu-
mismatico.
BIBLIOGRAFIA
Dr. Ernst Salzer. — Ueber die Anfdnge der Signorie in Oberiialien.
Beitrag zttr italienischen Verfassimgsgeschichte, Berlin^ Ebering, 1900.
(Historische Studien, XIV).
La trasformazione dei comuni italiani in signorie è uno dei fatti
più notevoli nella storia del nostro diritto pubblico e della nostra
coltura. Da un lato invero essa fu avviamento alla formazione di pa-
recchi stati nazionali; dall'altro contribuì a rendere possibile la me-
ravigliosa fioritura artistica e letteraria del rinascimento. Tuttavia,
tolte una non lunga dissertazione del Muratori (i) ed una conferenza
del Franchetti (2), non si aveva sinora sull' argomento un lavoro spe-
ciale; né a tale mancanza erano sufficiente compenso gli accenni sparsi
nelle numerose monografie e le poche pagine di parecchie fra le opere
di maggior mole. A riempire, in buona parte almeno, tale lacuna, viene
ora un giovane studioso tedesco, il dottor Ernesto Salzer, con un la-
voro, di cui era già stata pubblicata una breve parte (cap. I, § i-i)
quale dissertazione inaugurale, col consenso della Facoltà di Filosofia
di Berlino.
L'opera non può dirsi, in senso assoluto, di ricerca originale. Dì
materiale inedito vi si fa generalmente poco uso ; tuttavia durante un
breve soggiorno in Verona l'autore trovò occasione di vedere più fonti
manoscritte dell' Arch. Comunale e le due redazioni ancora inedite
degli statuti di quella città (1271, i328) ; le stesse cioè di cui dà conto
(1) Attt It, IV, 697 segg.
(2) " I primordi delle Signorie e delle Compagnie di ventura „, in
Vita Ital. nel Trecento, Milano, Treves.
BIBLIOGRAFIA I45
ì
il Cipolla nel suo recentissimo " Compendio della Storia politica di
Verona,,. Anche alcuni giorni da lui impiegati negli Archivi di Man-
tova e Modena non rimasero senza frutto. 11 Salzer mostra poi di avere
larga conoscenza così degli statuti delle città italiane e delle crona-
che o storie municipali, come dei più recenti lavori. Munito di questi
sussidi egli ha facilmente potuto raccogliere in un quadro sintetico le
notizie concernenti quella rivoluzione, che si compì più o meno rapida-
mente nella maggior parte dei comuni dell' Alta Italia nella seconda
metà del secolo XIII. Alla Toscana ed alla Romagna, ove la signoria
sorse in generale più tardi, V A. non estende le sue ricerche se non
in poche occasioni.
L'origine delle tirannidi si connette in più modi, secondo il Sal-
zer, ai tentativi politici di Federico IL Egli ^.veva concepito, com'è
noto, il grandioso piano di riorganizzare il regno italico in senso asso-
lutistico ed accentrativo. Ma i tanti conflitti economici e territoriali,
che già avevano impedito alle città italiane di unirsi saldamente in
una federazione repubblicana, costituivano un terribile ostacolo anche
al generoso disegno del grande imperatore svevo. Forse egli ne avrebbe
saputo trionfare, se, sventuratamente pel nostro paese, non fosse stato
così presto rapito dalla morte. L'idea unitaria fu accarezzata invero
anche da Carlo d'Angiò; ma era ormai troppo tardi. Miglior fortuna
ebbe invece la tendenza verso l'assolutismo, pure inaugurata da
Federico. Le lotte intestine, piaga antica delle città italiane, si erano
infatti terribilmente inasprite, dacché il popolo aveva cominciato ad
innalzarsi e ad esigere una parte nel reggimento dei comuni, tenuto
sin verso il principio del secolo XIV da una duplice aristocrazia della
nascita e della ricchezza. Si sentiva universalmente il bisogno di pace,
né a comprar questa sembrava troppo caro prezzo una diminuzione
di libertà.
In taluni casi si allargarono i poteri del podestà, e si prolungò,
prima per più anni, poi a vita, la durata della sua carica, la quale
finì col convertirsi in vero dominio. Tuttavia delle cinque maggiori
signorie italiane, una sola, quella degli Estensi, ripete la sua origine
dalla podesteria.
Più frequente connessione hanno le tirannidi italiane col capita-
nato del popolo e colla podesteria sulla mercadanza. Il movimento
democratico del XIII secolo è in istretto rapporto col costituirsi delle
Arti; in queste il popolo si organizzava e si apparecchiava alla lotta
Arch. Sior. Lomb. — Anno XWII — Fase. XXV io
I^() BIBLIOdRAKIA
propria emancipazione. Esso anzi giunse generalmente a fon-
dare, per dir così, uno stato nello stato sotto la direzione di Anziani,
non del tutto dissimili dagli antichi tribuni; più tardi ebbe anche un
proprio podestà o capitano. Sul significato di questo secondo titolo
regnano attualmente due opposte opinioni, delle quali il Salzer di-
scorre a lungo sia nel corso dell'opera, sia in un'apposita appendice
(Excurs II). Secondo gli uni il capitano del popolo avrebbe esercitate^
un ufficio principalmente militare; secondo gli altri sarebbe stato
capo d'uno " stato di popolo „, costituitosi in opposizione all'antico
comune. L'A. respinge la prima tesi; accetta, ma solo modificandola,
la seconda. Non bisogna esagerare, egli pensa, il significato della se-
cessione popolare. La plebe si crea invero un proprio organamento, mi
non cessa dal riconoscere i magistrati del comune; solo, per difen-
dersi dagli abusi di questi, per controllarne l'opera, per essere rappre-
sentata al loro cospetto, essa si elegge dei capi. Più tardi le esigenze
si accresceranno: il capitano (o podestà) del popolo prenderà parte
all'opera legislativa ed al governo dell'intiero comune ed avrà giuris-
dizione sempre più estesa. Questo allargamento di attribuzioni d'una
magistratura omai cittadina sarà anche espresso da un nuovo titolo :
" capitaneus generalis „ ; e l' ufficio, divenuto quinquennale, decennale,
vitalizio, tenderà a trasformarsi in una illimitata signoria. Per questa
via s'introdusse il dominio d'un solo a Verona, a Milano, a Mantova,
a Padova.... Non accenneremo qui alle città minori, di cui tuttavia
ragiona diffusamente il Salzer.
Altra cosa che non il capitano del popolo era il capitano della
guerra. Questo ufficio ebbe, pel sorgere delle signorie nell' alta Italia,
ristretta importanza. Tuttavia Uberto Palavicino parve per un mo-
mento avviato a divenir potente in Milano ; e ben più largo dominio
avrebbe forse costituito Guglielmo marchese di Monferrato, se, quando
più la fortuna sembrava arridergli, non fosse caduto nelle mani de'
suoi nemici. Anche di questi due " precursori dei condottieri „ si oc-
cupa il Salzer; né dimentica di porre in luce i rapporti fra l'opera
loro ed il feudalismo.
Una seconda parte del libro, di gran lunga più breve dell' ante-
cedente, è dedicata all'ulteriore evoluzione della signoria. L'elezione
popolare, nota l'A., rimane sempre necessaria, ma diviene col tempo
una semplice formalità. All'eletto è concesso il diritto di designarsi
l'erede; e ciò costituisce un naturale avviamento all'ereditarietà. Un
BIBLIOGRAFIA
H7
ordine legale di successione manca generalmente ; ma i figli naturali
appaiono esclusi. In pari tempo il signore si fa riconoscere dall'im-
peratore o dal papa come vicario, e dà così al proprio potere una
base nuova, che pur non esclude 1' antica. Noto è poi come cotali vi-
cariati imperiali o papali siano divenuti ducati o marchesati.
Da una prima città la signoria si estende ad altre, ora per com-
pera o per conquista, ora per libera voloiità di cittadini o per con-
cessione dell'imperatore o del pontefice. La sanzione popolare ed il
titolo di vicario si chiedono talora per legittimare un possesso acqui-
stato col denaro o colla violenza. Nei primi tempi 1' unione delle va-
rie terre è puramente personale. Le leggi, che il signore emana per
tutte le città a lui soggette, non acquistano forza obbligatoria, se non
dopo di essere state registrate nel " volunien statutorum „ di ciascuna
di esse. Come l'unificazione divenisse poi a mano a mano più intima
FA. non studia, probabilmente per non uscire dai confini cronologici
propostisi.
Anche in questa nuova età i tentativi di costituire una federa-
zione italica od una monarchia unitaria riescono vani. Ad Ezzelino
da Romano, a Mastino II della Scala, a Gian Galeazzo Visconti si at-
tribuisce il sogno glorioso del regno; sconfitti o morti intempestiva-
mente non poterono tradurlo in realtà.
Nel reggimento delle città si conservano le antiche forme; ma in
realtà il potere si raccoglie nelle mani nel principe. Contemporanea-
mente il primitivo carattere democratico delle signorie tende a scom-
parire. Il signore si dice tale' non più per volontà del popolo, ma per
grazia di Dio; si circonda d'un cerimoniale cortigiano e cavalleresco,
ed affida ai nobili servigi politici e militari. Accanto all'aristocrazia
della nascita trova posto tuttavia quella dell'intelligenza. Ai cultori
delle lettere e delle scienze vengono concesse esenzioni da imposte
e dal servizio militare ; e i romanisti alla lor volta appoggiano il
principato, dandogli una sanzione scientifica colle dottrine del diritto
pubblico romano. Anche le arti bj|lle sono favorite e protette, e si
alzano rapidamente ad eccellenza mirabile. " Nauseata delle odiose
lotte partigiane, l'età si getta in braccio ad un principesco ed illi-
mitato assolutismo, e cerca nel campo della coltura un compenso
all'impotenza politica „.
L'intima relazione fra i conflitti delle parti ed il sorgere dei prin-
cipati assoluti, già notata come da più altri così da F. Schupfer nella
I.4S
niBLKHlKAM.V
«hiiisa d'un suo magistrale lavoro, forse ignoto al Salzer (i), è messa
assai bene in luce nell'opera che abbiamo riassunta. Anche vi si stu-
dia in modo esauriente il processo con cui i capi delle l'azioni giun-
sero in più lene a dominare su tutti i cittadini. All'incontro si sor-
vola lors(^ un po' trojipo rapidamente suU'etììcacia, che ebbero le dot-
trine (Wl (iiiitto iniiiano.
Sono aggiunte al lavoro tre appendici intorno a particolari que-
stioni ed il testo dello statuto mantovano sul capitanato di Guido
Bonacolsi (1299).
Il libro e scritto con chiarezza e con sobrietà, e rappresenta già
più che una buona promessa.
Giovanni Seregni.
C. Cipolla, — Compendio della storia politica di Verona, Verona, Cabianca
(Libreria Dante), 1900.
Sebbene Verona non faccia veramente parte della nostra regione,
pure la sua storia ha tante attinenze ed analogie con quella delle
città lombarde, che non crediamo inopportuno accennare al nuovo
libro di C. Cipolla. Ove si astragga da modificazioni e da correzioni
non poche, esso è ristampa d' un compendio già impresso or fa qual-
che anno, come parte di un'opera, che si sta preparando dal eh. conte
Luigi Sormani Moretti, senatore del regno, e che s'intitola La Pro-
vincia di Verona monografia statistica-economica-aììiministraiiva.
Come già il titolo dice, quest'operetta tratta in particolar modo
di storia politica. Più d'una volta tuttavia si accenna sobriamente
alla storia ecclesiastica, alla letteraria, all'artistica, in brevi, ma ge-
niali escursioni. E talora l'argomento stesso sembrava richiederle. A
parlare di Dante (pp. 210 e segg.) l'autore era condotto, ad esempio,
ben naturalmente, poiché aveva a dj|»correre di Bartolomeo della Scala,
la cui cortesia fu dell'esule poeta primo rifugio e primo ostello: né
del Veltro dantesco poteva tacere, dopo di aver narrate le " mirabili
opere „ di quel Cangrande, in cui tanti (sebbene, come oggi sembra, a
(1) ScHUPFER, La società milanese alV epoca del risorgimento del co-
mune, (Estratto dall' Arch. Giuridico), Bologna, 1870.
BIBLIOGRAFIA I49
torto) vollero ravvisare il nemico della lupa bramosa (pp. 238 e
segg). (i).
La parte più estesa dell'opera è quella che riguarda le età più
gloriose della storia veronese : il periodo eroico del comune e delle
leghe contro gli imperatori svevi, e l' era più umana, ma non meno splen-
dida, della signoria scaligera. Bei giorni per la città delF Adige quelli
in cui i suoi tiranni potevano sognare la corona dei re longobardi, ed
i suoi pittori raggiungevano un'eccellenza ancora ignota all' Italia su-
periore!... Ma questa fiamma di vita politica ed intellettuale n»n tardò,
pur troppo, ad oscurarsi: l'offuscava il nuovo bagliore, più intenso e
fosco, della potenza viscontea. Il 5 maggio i385 il giovane Gian Ga-
leazzo, altrettanto ambizioso quanto attivo ed astuto, succedeva in
Milano a quel Bernabò, che il Cipolla chiama debole (p. 272), ma cui
forse più che l'energia mancò la fortuna. Due anni dopo il Conte di
Virtù era signore di Verona.... Del periodo della dominazione viscon-
tea, che d'altronde non durò più di diciasette anni, l'A. discorre piut-
tosto brevemente ; né meno rapida prosegue la narrazione per le età
successive, dalla dedizione della città alla Serenissima sino ai di nostri.
Alcune pagine, compendiose e buone, sono dedicate alle istituzioni
cittadine. Veggansi principalmente quelle che riguardano la costitu-
zione statutaria detta Albertina, finora inedita (p. 184 e segg.), gli
statuti di Cangrande (pp. 246-247), la nuova compilazione del 145»
(pp. 304 e segg.). Per chiarire l'amministrazione della città durante il
secolo XV, il Cipolla ricorse agli Atti del Consiglio: né é questo il
solo luogo ove appaiono opportunamente adibiti materiali non ancor
pubblicati. Da un più largo uso di fonti inedite dissuadeva l'indole
stessa del lavoro. Il quale, se è modesto di apparenza e di mole, è
però denso di utili notizie, e ben può essere proposto come modello
di storia municipale modernamente intesa. Degno al tutto della rara
valentia dell'autore, esso dimostra quanto si possa fare anche in que-
sto campo da chi molto sappia e molto ricerchi, ed ami camminare
per nuove vie piuttosto che ricalcare le orme altrui.
Giovanni Seregni.
(i) Il eh. prof. Giuseppe Biadego in un recente ed assai notevole
discorso su Dante e gli Scaligeri (in Nuovo Ardi. Veneto, t. XVIII,
parte II, p. 437) mostra di consentire col Cipolla così nella questione
del Veltro, come a proposito del primo rifugio dell'Alighieri.
|50 BIRMUORAI lA
Professione Alfonso. — // Mini siero in Spagna e il processo del cardi-
nale Giulio Alhcroni. Studio storico documentato. Torino, Clausen,
iS.,S, pp. xvi-297.
Il titolo ci indica da solo l'argomento e i confini in cui è contenuto
il lavoro. Esso si apre col 1714, colla venuta al trono di Spagna di Eli-
sabetta Farnese che doveva in gran i>arte all'Alberoni, rappresentante di
Parma a Madrid, l'alto grado a cui era salita; espone roi>era politica
dell' Alberoni stesso che, consigliere ufficioso del re, ascoltatissimo a corte,
fu, per qualche anno, il personaggio più importante della monarchia fino
cioè al dicembre del 1719 in cui il re fu obbligato a licenziarlo dalla Spa-
gna, e si chiude col processo che, dopo la caduta, intentò all' infelice mi-
nistro Clemente XI, e finì poi il successore Innocenzo XIII.
Notiamo subito che 1' Alberoni, come uomo politico, ci appare sotto
un aspetto in parte nuovo; direi che FA. solleva un lembo di quel velo
che si stendeva fitto e misterioso su quella figura chiusa ed impenetrabile
di diplomatico, finora sfuggita a coloro che hanno cercato svelarla. E colla
figura dell' Alberoni si designa pure, talvolta con lati nuovi, la storia in-
tricatissima dei cinque anni 171 5-1 720, colle infinite complicazioni diplo-
matiche in cui le rivalità fra gli Asburgo e i Borboni di Spagna coinval-
sero quasi tutta 1' Europa, non pacificata coi trattati che seguirono la
guerra di successione di Spagna.
Carlo d'Asburgo aveva avuto troppo poco dei vecchi possessi spet-
tanti un giorno a principi della sua casa, e Filippo di Borbone mal tolle-
rava una Spagna spogliata di terre che da secoli le erano soggette: fra
loro quindi le discordie si erano solo assopite, non troncate ; eran pronte
a risorgere alla prima occasione.
In questa contesa l' Italia era direttamente interessata : il predominio
austriaco stava per stendersi su tutta la penisola, che l'imperatore, padrone
del Milanese, del Napoletano, della Sardegna, aspirava pure a Sicilia che
r Inghilterra aveva ottenuta per Vittorio Amedeo II, e sperava trarre pro-
fitto dalle successioni di Parma e Toscana, che stavano per aprirsi. La Spa-
gna, che aspirava ai vecchi possessi italiani pèrduti non avrebbe cercato
di rimetter piede in Italia, ed opporsi all' Austria, ora che aveva per re-
gina una principessa italiana e ad un diplomatico italiano aveva affidata
la direzione della sua politica?
BIBLIOGRAFIA IDI
Ma le potenze che avevano sottoscritto ad Utrecht, e garantita la neu-
tralità italiana, qual parte avrebbero presa in tutte queste contese ? come
avrebbero cercato assopirle e risolvere le questioni? Vediamo come l'A.
espone questo intricato inviluppo diplomatico, del quale, alla luce di do-
cumenti nuovi, ci svela segreti finora ignorati, e tentiamo di segnare le
linee generali della figura dell' Alberoni ministro, che predomina in tutto
il quadro, valendoci dei dati che questi studi ci permettono di usare per
ricostruirla al nostro pensiero.
L' opera dell' Alberoni nella Spagna dapprima si restrinse ad aiutare
EHsabetta Farnese a vincere, e all' interno e all' esterno, quelle difficoltà
che potevano impedirle il libero esercizio del suo predominio. All' interno
si era dovuto abbattere la potente principessa Orsini e tutto quel partito
francese allora spadroneggiante, che pure aveva già introdotte in Spagna
utili nforme, sulle rovine del quale si era innalzato il partito italiano, con
a capo r Alberoni, che, rimanendo pur sempre il rappresentante ufficiale
del duca di Parma, il consigliere ufficioso del re e della regina, divenne il
vero « deus ex machina » della monarchia. All'estero l'abilità dell' Albe-
roni aveva procurate alla regina le simpatie del vecchio Luigi XIV e della
sua corte, e non vi erano state noie per le novità avvenute. Ma, morto
Luigi XIV, venuta la reggenza francese nelle mani dell'Orléans, cominciò
r opera originale dell' Alberoni, che staccò in primo luogo la Spagna dal
protettorato a cui la Francia 1' aveva fino ad allora sottomessa, per orien-
tarla verso r Olanda e 1' Inghilterra, la cui amicizia le sarebbe stata utile
se avesse voluto ripensare alle cose d'Italia: e coli' Olanda e coli' Inghil-
terra avviò trattati commerciali, che avrebbero potuto cambiarsi in politici.
E alle cose d' Italia 1' Alberoni pensava davvero. Le ambizioni austriache,
non ancor soddisfatte, *impensierivano i principi italiani e, sopra tutti, il
Farnese di Parma, che aveva assai a temerne, e che lottava a tutt' uomo,
ma con deboli forze, invano favorito dall'Inghilterra, fautrice dello statu
quo, contro quella potenza invadente. Dalla politica farnesiana, molto bene
delineata dall' autore, si ispira la politica dell'Alberoni la quale vorrà pure
cercar di distruggere quella preponderanza pericolosa per 1' Italia a cui i
principi italiani non sanno far ostacolo, non commossi né dal pericolo, né
dalla voce del Farnese. L' Alberoni vi opporrà la Spagna, il cui intervento,"
in quel momento, vorrebbe dire la libertà della penisola, la sicurezza e la
indipendenza dei principi.
52 BIBLIOGRAFU
Ma per allrontarsi al cimento, bisognava che la Spajfna risorgesse a
nuova vita, che si mettesse in grado di avere una finanza florida, un eser-
cito ed una flotta. Inghilterra ed Olanda le sarebbero state favorevoli,
o ahneno così si sperava; non la Francia su cui non si sarebbe più po-
tuto far conto alcuno, giacché il reggente era stato obbligato ad abbando-
nare la vecchia politica di Luigi XIV, che voleva dire amicizia colla Spa-
gna, per rivolgersi all' Inghilterra allo scopo di farsene un sostegno contro
le pretese di Filippo V, che non aveva mai smesse le ambizioni di diventar
reggente, o di avere il trono francese per sé o per qualcuno dei suoi prin-
cipi, se fosse venuto meno il debole e malaticcio Luigi XV.
L' Alberoni contava pure sul papa, e per farsene un amico orientava
in nuovo modo la politica ecclesiastica e migliorava le relazioni fra la Spa-
gna e la S. S. assai tese quando egli era venuto al potere, sì che a Roma
potè apparire come benemerito della religione.
In questi frangenti, propizia per l' Alberoni, venne la lotta dei Turchi
contro Venezia, nella quale era tosto impigliata anche 1' Austria.
I Turchi si eran mossi verso l' occidente solo dopo finita la guerra
di successione di Spagna : Venezia, minacciata per la prima, incapace a
resistere da sola, aveva chiesto aiuto alla cristianità e trascinato nella
lotta r Austria pur minacciata. Prima però di entrare in campagna, l'Au-
stria aveva voluto essere assicurata alle spalle contro Filippo V e i prin-
cipi italiani, e per farla tranquilla, si erano adoperate Inghilterra, Francia,
Venezia, la prima sopratutto che era la più zelante fautrice della conser-
vazione della pace fra le potenze europee. A Spagna spiacque naturalmente
questo contegno dell' Inghilterra, ma dovette acconciarvisi, e concorrere an-
ch' essa alla lotta contro i Turchi, spedendo vascelli e galee in Levante
(1716).
L'Austria fu vittoriosa (b. di Patervaradino 12 ag. 1716): e le sue
vittorie frastornarono i disegni dell' Alberoni che contava su una guerra
più lunga e difficile. Una si grave minaccia sospesa più a lungo suU' Au-
stria, avrebbe permesso all' Alberoni di raccogliere i principi d' Italia in
lina lega contro l' imperatore. S' era adoperato a questo scopo, ma aveva
trovato in Italia una certa freddezza : che la Spagna ispirava poca fiducia
e meno ancora l' Alberoni, la cui posizione era si incerta, o almeno pa-
reva, che egli non aveva punto titolo di ministro, solo tutto poteva per
1
BIBLIOGRAFIA
53
il favore del re e della regina. L' Alberoiii ebbe inoltre il torto di non
comprendere il piano politico dell' Inghilterra, rispetto alla quale si faceva
delle grandi illusioni : e il pericolo era cresciuto quando all' Inghilterra si
era unita la Francia del reggente, che in quell'amicizia trovava la sua si-
curezza e air interno contro il partito spagnuolo, e all'esterno contro Vienna
e Madrid : coli' Inghilterra e colla Francia era pur stata trascinata 1' Olanda
nella triplice del 4 gennaio 1717, la qual lega aveva scopo essenzialmente
pacifico ; anzi si proponeva di conciliare finalmente Austria e Spagna, e por
termine alle agitazioni Europee : anche la Francia sarebbe stata più sicura
da Spagna quando questa non avesse avuto più nulla a temere da Vienna.
Però la conciliazione era impossibile sebbene 1' Inghilterra dichiarasse
formalmente all' impero che non 1' avrebbe sostenuto mai nelle sue pre-
tese suir Italia e sulla Spagna, sebbene promettesse la successione dì
Parma e Toscana ai figli delia Farnese. L' Inghilterra aveva assunto un
posto importantissimo nella politica d' Europa e voleva diventare il per-
nio dell' equilibrio fra le potenze. Né la Spagna né 1' Austria potevano
entrare nelle sue viste, colle loro pretese, sebbene pronte tutte e due a
tenderle la mano colla speranza di guadagnarsela. Né meglio potevano
riescire i piani di Clemente XI, che dalla conciliazione pur da lui tentata
fra Austria e Spagna avrebbe voluto trarre una lega di potenze cattoliche,
aggiungendovi Savoia, contro la triplice protestante : la Spagna voleva la
guerra e non la pace coli' Austria contro la quale avrebbe voluto poter
apporre una sua lega coli' Olanda e Inghilterra, staccandone la Francia.
E alla guerra, da farsi precisamente in Italia, 1' Alberoni intanto si andava
preparando con gran cura, spinto pur dalla Farnese che voleva in Italia
uno stato indipendente per sé e per i figli e per far gli apparecchi senza
destar sospetto, gli valeva il pretesto della guerra turca e dei sussidi che
anche nel 1717 avrebbe dovuto mandar in levante. Valendosi di questi
pretesti si armava con attività febbrile, destando sospetti nelle potenze, che
subodoravano qualcosa di pericoloso in quegli apparecchi soverchi per
l'Oriente, e sopratutto dubitava e temeva Vittorio Amedeo II, così mal
sicuro nei suoi nuovi possessi, non vincolato da speciale amicizia colla
Spagna, e di più sospettato dall'Austria.
Mancava però ancora il casns belli per poter aggredire la rivale, che
aggredirla senza un pretesto, malgrado tutti i diritti, sarebbe parso al-
l' Alberoni ingiusto : quando venne a proposito 1' arresto in Lombardia
del Molinez, del grande inquisitore spagnuolo, mentre da Roma andava
in Ispagna. Il re ed il suo consiglio avrebbero voluto subito la guerra :
1D4
BIUI.IOGKAFIA
1' Alberoni, che era andato preparandola con tanta cura, invece non la
volle. Perchè ? Non era lui il grande fautore della guerra ? è forse vero
che 1' Alberoni fu costretto da volontà superiore ad aggredir l'Austria in
Italia? Le ricerche del Professione mostrerebbero invece che ben diversa
ùi r opera dell' Alberoni da quella che si crede comunemente.
L' Alberoni, subito dopo il caso Molìnez, accaduto alla fine di mag-
gio, volle difi'erire l'assalto j^er più ragioni, e vi riesci. Prima di tutto
non era pronto ancora, poi credeva bene aspettare che 1' Austria fosse
entrata in campagna coi turchi prima di assalirla alle spalle: ma fu un
interesse suo personale, che pur poteva influire suU' andamento delle cose
pubbliche, che contribuì sopra tutto a far sospendere le ostilità. L' Albe-
roni sperava esser fatto cardinale, anzi lavorava attivamente, aiutato dalla
regina, per divenirlo : alla sua nomina egli collegava davanti al i^apa la
soluzione delle questioni ecclesiastiche con Roma, e l' invio delle forze in
levante, che non partivano mai. Nel principio di giugno, quando il re vo-
leva far la guerra, egli era proprio in tutto 1' ardore della caccia all' alta
dignità, che avrebbe resa più stabile la sua posizione, e se si fosse scoperto
così presto, il papa sì sarebbe rivolto all'Austria, eia sua promozione sa-
rebbe sfumata.
Il 12 luglio ebbe finalmente la porpora sì ambita, concessagli appunto
perchè aiutasse a risolvere le questioni dibattute fra la Spagna e la S. S.
e affrettasse l' invio delle navi in oriente. Allora si credette al sicuro e
pensò di assalir l' Austria, in Italia e precisamente in Sardegna, facile
a prendersi ora, facile a conservarsi poi. All' Alberoni deve dunque attri-
buirsi, come il Professione sostiene, tutta la responsabilità dell' impresa, da
lui voluta e meditata, per quanto egli cerchi schermirsi dal grave pondo
e gettar tutta la colpa sul re e sul consiglio, e abilmente valersi di quello
che egli aveva fatto e scritto nel giugno per sospendere 1' impresa come
se egli r avesse sempre combattuta. Ed è curioso notare come avesse sa-
puto abilmente circuire il nunzio pontificio, da farlo come il suo portavoce,
il suo difensore, e osargli dire : che ora anche luì vedeva bene quanto fosse
utile al papa avere alla corte di Madrid un cardinale, che cosi curava gli
interessi della S. S. .
Per questo passo audace tutta la diplomazia europea fu sossopra.
Vienna si rivolse alle potenze che 1' avevano assicurata alle spalle mentre
BIBLIOGRAFIA IDD
€ssa avrebbe g-uerreggiato in Levante, disposta, appena possibile, a farsi
ragione da sé: sorgevano sospetti su tutti, in ogni dove, sui principi di
Savoia, di Parma, sul Papa come conniventi : 1' Inghilterra era afFacendata
più di tutti per togliere le armi di mano ai contendenti; ma urtava nei
soliti scogli. La Spagna voleva più che mai la guerra, sperava nelle sim-
patie dell' Olanda, sperava che 1' Inghilterra non si sarebbe mai schierata
coi suoi nemici, che la Francia prima che la guerra colla Spagna avrebbe
avuta la guerra civile per 1' insorgere del partito spagnuolo. Ma si illuse
assai : 1' Inghilterra stava per la pace ad ogni costo, pronta a cedere Gi-
bilterra, se occorreva, e a sostenere la successione di un figlio della Far-
nese a Parma e in Toscana, a permettere che 1' impero occupasse la Si-
cilia, purché però la Sardegna fosse destinata a Vittorio Amedeo IL
Intorno all' Alberoni si andava facendo il vuoto e gli si era alienato
anche 1' animo del papa davanti a cui 1' Austria l'aveva accusato di essere
d' intesa coi turchi e coi ribelli ungheresi, personificati nel principe Fran-
cesco Ràkóczi. Il Professione crede falsa del tutto la prima accusa : è
meno alieno dall' ammettere i rapporti col Ràkóczi, che aveva sperato nella
Spagna, da cui però in fondo avrebbe avuto poco più che parole. I rap-
porti col papa si fecero anzi tanto ostili che l' Alberoni non ebbe la bolla
che doveva nominarlo arcivescovo di Siviglia, furono sospesi tutti gli in-
dulti di cui godeva la Spagna per ricavar sussidi dei beni ecclesiastici, si
sospesero le relazioni diplomatiche fra le due corti.
Malgrado tutto ciò, anzi durante tutti questi negoziati, 1' Alberoni,
sempre col pretesto dei turchi, allestiva quelle forze che nel luglio del 1718
sbarcava in Sicilia, aggredendo, contro ogni diritto, Vittorio Amedeo li
che a ragione temeva per sé in tutto quell'armeggio e trattava a Vienna,
trattava a Madrid, dove però si era molto freddi con lui. Il cardinale si
era giustificato col dire che aveva dovuto prevenir gli imperiali, che pre-
paravano un colpo sulla Sicilia.
Al nuovo tentativo, l'Austria si unì alla triplice, accettandone il pro-
gramma (2 ag. 17 18). Il primogenito della F^arnese, D. Carlos, avrebbe
avuto Parma e Toscana ma come feudi imperiali : la Sicilia sarebbe stata
data all' impero, la Sardegna a Vittorio Amedeo II ; Savoia e Spagna
avrebbero potuto esser costrette colle armi ad accettare la pacificazione.
Alla quadruplice Vittorio Amedeo II aderì tosto, dopo sterili proteste.
l56 BIBLIOGRAFIA
(S nov. 1718) e fu re di Sarclegfna. L'Alberoni invece non volle saperne
di cedere neppur quando l' Inghilterra, che mostrava di voler far sul serio,
mandata una flotta nel Mediterraneo, a capo Passero aveva distrutta la
flotta Spagnuola (11 ag. 1718) e gli imperiali erano scesi in Calabria. Egli
cercava destar il sospetto fra gli alleati, far credere che l'Inghilterra di
sotto mano aveva favorito la spedizione spagnuola in Sicilia, ma dovette
accorgersi tosto che l' Inghilterra era il pernio della politica della quadru-
plice, la forza della lega, e contro essa rivolse tutte la sue arti. Cercò ap-
profittare dei piani di Carlo XII di Svezia che voleva rialzare il suo paese
a danno dei suoi nemici fra cui era l'Inghilterra, ma Carlo XII fu uc-
ciso Tu die. 1718: favorì uno sbarco del pretendente Stuardico contro
Giorgio I, e questo fallì completamente, né miglior risultato ebbe in Fran-
cia la congiura dei legittimisti, denominata dall' ambasciatore spagnuolo
il Cellamare che vi ebbe parte, collo scopo di mutar 1' indirizzo politico che
la Francia seguiva ; ma che solo porse occasione alla Francia di dichiarar
la guerra alla Spagna, (9 genn. 1719) come prima aveva già fatto l' In-
ghilterra (2S die. 1718). Francesi ed Inglesi distrussero i cantieri e la na-
scente marina spagnuola, la Sicilia fu occupata dagli imperiali ; impellali
e savoiardi occuparono la Sardegna, quella che l'Alberoni voleva ritenere
ad ogni costo; nulla c'era a sperare dai principi italiani. Allora, quando
vide spezzarsi in sua mano tutte le armi impugnate, allora solo l'Alberoni
volle trattare, ma le potenze, e colla forza e cogli imbrogli, obbligarono il
re ad allontanarlo, e così il 5 die. 17 19 era licenziato dalla Spagna. —
Filippo V trattò colla quadruplice: avrebbe voluto che Parma e Toscana
fossero libere dai diritti feudali dell'impero; che Sicilia fosse reversibile
a Spagna se si estinguesse il ramo maschile degli Absburgo, ma ninna
concessione gli fu fatta e senza mutar nulla dovette sottoscrivere alla
volontà delle potenze (16 febb. 1720). Le questioni che sarebbero sorte
in seguito a questo patto avrebbero dovuto essere accomodate nel con-
gresso che si sarebbe raccolto a Cambrai. E questioni ne sarebbero sorte
davvero : i principi italiani rimanevano in piena balia dell'Austria senza
speranza alcuna, ora che la Spagna aveva fatto la pace, e perciò Vit-
torio Amedeo II metteva avanti progetti di riordinare in modo stabile
l' Italia (i) ; Cosimo III di Toscana protestava perchè si fosse disposto della
(i) Curioso un progetto di cedere la Savoia alla Francia per un com-
penso adeguato in Italia, (p. 247).
BIBLIOGRAFIA I 3'
successione dei suoi domini senza tener conto dei diritti della sorella elet-
trice del Palatinato, Clemente XI voleva mantenuti i suoi diritti feudali su
Parma e Piacenza, mentre la quadruplice alleanza riconosceva questo di-
ritto all' imperatore.
Ma ninna questione si risolse a Cambrai, dove, coi rappresentanti
delle potenze che avevano combattuto, era pure stato ammesso un legato
del papa: i dibattiti finirono quando nel 1725 la Spagna si riconciliava,
dopo molte vicende^ in modo definitivo coll'Austria, però ogni cosa rima-
neva sospesa. Le questioni italiane saranno riprese e risolte dalla diplomazia
dopo le guerre di successione polacca ed austriaca.
Contro il caduto che, spogliato in Ispagna stessa delle sue carte, aveva
trovato onorato rifugio nelle terre della repubblica genovese, fu subito un
accannirsi di nemici : Spagna, Austria, il papa, il Farnese stesso. L' Au-
stria avrebbe voluto che gli fosse tolto il berretto cardinalizio; il papa si
contentò dì proibirgli che si facesse ordinar vescovo sebbene avesse già
le bolle per la chiesa di Malaga, volle averlo in sua mano per chiuderlo,
a buon conto, in Castel S. Angelo e iniziò un processo contro di lui. Ma
averlo in sua mano non gli fu possibile, per la fermezza della repubblica
che rifiutò di consegnarlo, e poi per 1' abilità dell' Alberoni nel tenersi ce-
lato quando credette meglio allontanarsi dalla Liguria. Si potè però iniziare
il processo affidato ad apposita commissione, (marzo 1720), che cominciò
a far raccogliere prove per la reità del cardinale, di cui si metteva in di-
scussione la vita pubblica e la privata, sulla quale, appoggiandosi .alle de-
posizioni dei suoi famigliari, l'autore scrive pagine curiose e punto edi-
ficanti. Si possono facilmente immaginare quali accuse gli fossero rivolte :
riguardano la deviazione delle forze spagnuole del 1717 a lui attribuita,
la rottura delle relazioni fra la Spagna e la S. Sede, di cui sarebbe stato
causa, per il negatogli passaggio all' arcivescovado di Siviglia : le relazioni
col Ràkóczi, l'aver intercettato i brevi diretti ai vescovi di Spagna e delle
Indie, con cui sospendevansi i sussidi ecclesiastici al governo che li avrebbe
così riscossi indebitamente. Poi v'erano accuse di maliversazioni nell'am-
ministrazione, di abuso di fiducia, accuse di empietà privata, di irreligione,
di irriverenza verso papi e cardinali, ecc.
L' Alberoni non volle comparire avanti ai suoi giudici, perchè non
riconosceva come legale il processo ; ma con lettere private, dove giusti-
l38 niBLIOOnAFlA
ticava il suo operato, provvide alla propria difesa. Però di tanto accani-
mento, di tante macchine mosse contro l'Alberoni, in breve nulla sarebbe
rimasto. Morto Clemente XI, il nemico dell' Alberoni, tutto fu appianato
dal successore di lui Innocenzo XIII, il quale trovò che le accuse non
erano punto provate e finì per assolvere il cardinale, destinato a prestare
ancora alla chiesa dei servizi importanti, a vedere, nel corso della sua
lunga vita, la soluzione di quei problemi che egli, con mezzi insufficienti,
aveva osato affrontare.
■K-
-X- *
Nella figura del diplomatico piacentino quale ci appare dallo studio
del Professione, molti aspetti son nuovi, in specie quei che riguardano la
partecipazione dell'Alberoni all'impresa di Sardegna del 171 7, la condotta
di lui verso il papa a proposito del cardinalato, le sue relazioni col Ràkóczi.
Tutta la politica alberoniana si illumina di nuova luce e la sua italianità
appare evidente, mentre pure cerca fare il vantaggio di Spagna. Sono pur
nuovi molti particolari della intricatissima storia diplomatica di quei tor-
bidi anni, che l'A. ha saputo con bravura raccontare ancora una volta.
E in questa ampia ricerca e discussione di fonti sta il merito principale
del lavoro, che, come ho detto, è fecondo di buoni risultati (i).
(1) L'A. sa benissimo che in campo si vasto non è mai possibile dire
di aver esaurite le ricerche. Non farò quindi all'A. il rimprovero di non
aver parlato di una miscellanea di carte Alberoniane, conservata nell'Am-
brosiana di Milano (& 173 sup.) dove, oltre al sonetto che l'A. ripubblica a
p. 215, son molti altri documenti che si riferiscono al periodo studiato.
Sono, per lo più cose note e che 1' autore ha trovato anche altrove, molte
son già pubblicate. Ricorderò che fra l'altro tre abbozzi della vita del car-
dinale son lì contenuti : uno è quello del prevosto Filippo Bellardi, tutto a
difesa dell'Alberoni, un secondo invece è parzialissimo contro l'Alberoni,
che presenta sotto la luce più fosca. Il terzo è nella piccola raccolta Malpeli,
lì pur conservata sotto il titolo : « brieve ristretto della vita, fortuna e di-
sgrazie dell' Em. sig. Cardinal Giulio Alberoni Piacentino, e scritture uscite
in tempo delle sue travagliose circostanze, raccolte da me Giov. Battista
Malpeli l'anno 1720-1721 » in cui son comprese oltre l'abbozzo citato
molte delle note lettere che 1* Alberoni scrisse a sua difesa, le note prove
che tendono a scagionarlo dall' aver voluta lui l'aggressione del 17 17 :
cose, in una parola, note nel loro complesso, ma che forse all' autore
così pratico della letteratura Alberoniana avrebbero presentato qualche in-
teresse. Chi sa poi se in tutta la raccolta proprio nulla sia nuovo ?
In questa misceli, è il sonetto che l'A. pubblica a pag. 215 dopo il
BIBLIOGRAFIA • I 5q
E basterebbe, a persuadersene, dare uno sguarde a quello che la cri-
tica aveva detto tìiiora suU'Alberoni e leggere le pagine riassuntive ciie
su questo argomento scriveva il Boglietti (// cardinale Alberoni diploma-
tico e uomo di slato in N. Antol^ '^94, fase, i.* pp. 90-121} a proposito
dell'importante pubblicazione del Bourgeois. L' A. potrà darci dunque un
vero libro suU' Alberoni. Egli ne ha già studiato in gran parte il periodo
della vita anteriore al 17 14, ora giunge coi suoi studi fino al 1723, ne ha
quindi ricercato forse il periodo più difficile : potrebbe quindi facilmente
completare i suoi studi. Ma finora il libro non c'è: Il volume che 1' A.
ci presenta è una raccolta di documenti ordinati e studiati ma nulla più.
E ciò dico per la fatica non lieve che si prova nel leggerlo, e peggio
nel cercare di orizzontarsi in quel labirinto di ricerche, dove non è sem-
pre facile trovare il filo conduttore, dove manca lo svolgimento chiaro e
limpido dì un pensiero nettamente affermato. E pare che l' autore non
curi di far riposare un po' il suo lettore, di aiutarlo a raccapezzarsi.
Il dramma che comincia col 1714 non è che la conseguenza di avve-
nimenti anteriori, anzi il loro svolgimento, o meglio il loro seguito : l'A.
avrebbe fatto certo assai bene a riassumere quei precedenti che sono come
Tantefatto del suo racconto e mostrare come si vadano svolgendo principi
già prima stabiliti : pur bello sarebbe stato se egli avesse tracciato, anche
con pochi tratti ma sicuri, l'indirizzo seguito dalle potenze, in modo che
il lettore avesse come un filo conduttore da seguire, senza perderlo di vista
mai. La Francia del reggente non è quella di Luigi XIV e l'A. l'ha detto
più volte. Io preferirei avesse detto tutto in una volta sola e di proposito
Carini ed il De Castro, e e' è pure un curioso « Epitaphjum Inter vivos
cardinalis Alberoni » con a tergo 1' anagramma di Giulio Alberone cioè
« il liberò Genova ». Il resto della misceli, riguarda periodi posteriori della
vita dell'Alberoni. In generale dunque la miscellanea appare per noi poco
importante ; sarei stato però più contento che questo l'avesse detto l'A. il
quale senza difficoltà, avrebbe potuto far risaltare se v'è qualcosa in essa
degna di nota, o se proprio nulla meriti l'attenzione dello studioso.
A p. 268 del suo lavoro l'A. cita in nota V Misto ire du Cardinal Al-
beroni.... par M. I. Ruossetj ecc. Neil' Ambrosiana ne son tre diverse re-
dazioni. In fronte ad una col titolo: Istoria del Cardinal Alberoni.... scritta
in spagnuolo e ultimamente tradotta dal francese con aggiunta di quanto e
seguito fino a 22 marzo del 1720 (Ambros. S. M. CC. II, 25) è la seguente
nota: « Si dicono stampate le vite e una si trova nel colleggio Alberoni in
Piacenza colle postille e correzioni fatte dall' istesso Em. Alberoni ».
Altra redaz. più ricca di documenti è stampata ad Amsterdam nel
1720 e si intitola 2.' edizione.
l60 BIBLIOGRAFIA
e non tli passaggio. L* Inghitterra ò la moderatrice della politica d'allora,
e vuol la pace, malgrado tutte le insinuazioni contrarie ddl'Alberoni : non
sarebbe bene che il lettore l'avesse visto chiaro fin da principio? Qual'c la
politica di Vittorio Amedeo II (i) in specie riguardo alla Spagna? con
<]uanti sforzi riesce il lettore a saperlo ! (>).
Tutto ciò non to.uflie il pregio al lavoro in cui dobbiamo cercare quel
che c'è di nuovo e di buono ed apprezzarlo, e qui nuovo e buono vanno
perfettamente d' accordo.
Giuseppe Calligaris.
Dott. F. Carlo Decio. — La peste in Milano nell'anno 14S1 e il primo
lazzaretto a Cusago. Appunti storici e note inedite tratte dagli archivi
milanesi, con 4 illustrazioni e 2 fac-simili, Milano^ Cogliati, 1900.
Diligente e interessante memoria, ricca di particolari intorno alla
peste del I45i, somministrati in gran parte dalle Ordinazioni capito-
lari, che si conservano nell'Archivio dell'Ospedale maggiore.
Premette l' autore alcuni cenni intorno alle pestilenze che infe-
starono Milano prima del 1451, intesi a correggere o a completare,
coU'aiuto di documenti fornitigli in special modo dall'Archivio storico
civico, le notizie del Corradi (Annali delle epidemie occorse in Italia).
Da tali cenni apprendiamo come i Visconti, e particolarmente il conte
di Virtù e Filippo Maria, rivolgessero ogni cura non solo ad alleviare
ma ben anco a prevenire il male. Le buone tradizioni viscontee, ri-
guardo alla tutela della pubblica sanità, furon continuate dalla re-
pubblica ambrosiana, la quale, fin da' suoi principi], quando la peste,
che aveva fatto strage in Venezia nel giugno 1447, passava in Lom-
(1) Noto una svista certo sfuggita all' A. che a p. 36 dice aver Vit-
torio Amedeo II appena potè cambiata la lontana Sicilia colla vicina Sar-
degna. Svista che è corretta da tutto il racconto.
(2) L'A. trascura affatto quella che direi descrizione di ambiente, tanto
utile in simili studi; sintesi diffirile, che il lettore fa da se con fatica. Come
è infelice e manchevole la descrizione delle condizioni e del governo della
Spagna nel 1714, dove tutto era nuovo ed incerto, a cominciar dalla mo-
narchia, ! Come è monco e confuso l'accenno (p. 258) alle cause della mu-
tata politica di Filippo V che nel 1725 si conciliò in modo definitivo col-
r Austria !
DIBI.IOGRAFIA
bardia, emanò una lunga serie di disposizioni profilattiche (Archivio
storico civico) intese ad isolare la città, norme di non scarso valore
circa la denuncia dei casi morbosi e regole speciali pei seppellimenti.
Nel medesimo tempo quel Governo, pensando ad un migliore assetto
delle opere pie, le cui sostanze (com'è provato da un documento del
medesimo archivio) eran dilapidate dalle corporazioni religiose, prov-
vedeva a radicali riforme nella erogazione della pubblica beneficenza.
Una casa pei poveri ed infermi aperta sulla piazza del Castello di
P. Giovia, un'altra allestita nel villaggio di Cusago pei poveri che
non avesser trovato posto in altri ospedali, la quale fu oggetto di
continue e diligenti provvidenze, provano l'interesse di quei cafHmn
e difensori pel pubblico bene. Quella domus disagi, che probabilmente
faceva parte dei beni ducali, veniva non molto dopo (agosto 1448)
formalmente donata, coi suoi poderi e redditi, dal Governo ai deputati
degli Ospedali di Milano e destinata ai poveri ed agli infetti in tempo
d'epidemia. In quell'anno Milano fu immune dal morbo, e l'A. lo di-
mostra contro le inesatte asserzioni del Canetta e d'altri: tuttavia il
Governo tentava ogni mezzo per tener lontano il flagello, che andava
serpeggiando nell'alta Italia e mirava innanzi tutto, coU'inviare i po-
veri a Cusago, a sfollare la città dai miserabili, che per la carestia e
l'assedio andavano ogni giorno crescendo di numero. La peste, bub-
bonica senza dubbio, perchè in un documento dell'archivio di Stato
si accenna più volte al gavocciolo (p. 84), comparve in Milano nel
1450 e divampò nel '5i. La domus disagi, secondo lo spirito della do-
nazione del 1448, fu subito destinata a lazzaretto, certo per conces-
sione precaria di Francesco Sforza, giacché quei beni dovevan esser
tornati di ragione ducale. Le ordinazioni capitolari succitate danno
modo all'A. di esporre l'opera benefica delle autorità, sia in favor di
Cusago, come d'altri istituti nell'interno della città e specialmente
delle domus montanae, situate sull'area ove poi sorse l'Ospedal mag-
giore e anch'esse asilo di appestati. Quelle ordinazioni, laconiche ma
diligenti, provano che in mezzo allo sgomento generale, si faceva
quant'era possibile per alleviare la sventura. Un elenco, pur troppo
appena cominciato, degli infetti inviati a Cusago dà pel 27-29 aprile
ipi la cifra di 95. — Non si trascurava neppur la disinfezione, fin
dove la scienza dei tempi lo consentiva: un apposito personale ve-
niva destinato allo spurgo delle case, delle masserizie e, par certo,
anche del vestiario (lavandcrii et domorum n ctatores) : personale che
Arch. Sior. Lovib. — Anno XXVII. — Fase. XXV. . ii
l52 BIBLIOGRAFIA
non mancava di abbandonarsi spesso a ladronecci ; il Duca dovette
ordinare al Comune reiezione di un capitano di giustizia apposito^
per frenarlo (Ardi. St. civ.). Quanti i morti durante l'orribile flagello?
Pur troppo l'autore non può rispondere che imperfettamente alla
domanda, giacché i bollettini quotidiani che il tribunale della sanità
mandava al Duca (conservati nell'Archivio di Stato), si limitano al-
l'ultimo trimestre del 1451. Le vite mancate furon 3o2 negli ultimi
tre giorni di settembre, 1689 in ottobre, 298 in novembre e 74 in di-
cembre : ma il morbo era oramai in decadenza e ben altra dovette
esser la mortalità nei mesi antecedenti. Il Simonetta accenna a 200
decessi ai giorno !
Lo stabilire l'esatta sede o ricercare le traccie di quel primitivo
ricovero di Cusago è opera ben difficile per non dire impossibile ;
l'A. stesso lo confessa, tuttavia, osservando la Cascina Palazzetta, un
edificio abbandonato ad uso colonico, oltre un sessanta metri dal ca-
stello, in cui riscontransi le stesse forme costruttive del grande qua-
drato, edificio sulla cui originaria destinazione rimase dubbioso anche
il Mongeri, il dott. Decio si domanda se per avventura non sia stato
quello il nostro primitivo lazzaretto. Non manca qualche buona ra-
gione per avvalorare l'ipotesi, ma è questo un argomento che mi ba-
sta avere accennato.
Ettore Verga.
A
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA
{dìcembi'e i8gg — marzo igoo).
I libri segnati con asterisco pervennero alla Biblioteca Sociale.
Alilia (Gius. Cesare). Le Alpi nostre e la Lombardia montana tra
l'Adda e il Mincio; Le Alpi nostre e la Lombardia montana tra
la Sesia e l'Adda: libri di lettura per le scuole elementari supe-
riori, pubblicati per disposizione del ministero della pubblica istru-
zione. — Bergamo, Istituto italiano d'arti grafiche, edit., 1899,
in- 16 fig., pp. 175 con tavola; p. 170 con tavola.
■' Al>l)iatc;s;i*aii»io. Pro Serafino Dell'Uomo. Abbiategrasso, 1 1 marzo
1900. Numero unico. Ibi., pp. 4 con ritr. — Lodi, tip. Wilmant,
1900.
Fucilato dagli Austriaci in Abbiategrasso, il 5 genn. 1849.
Agiografia. — Vedi Anibrosiiis, Baimard, Bianchini, Borromeo, Dacicr,
Lanfranchi, Mascheroni, Nodari, Pasini.
As:nelli (Giovanni). Una piccola città lombarda (Lodi) durante la
Repubblica Cisalpina — (Maggio 1796 — aprile 1799). — Archivio
storico italiano, disp. 4.'', 1899.
I. Battaglia del Ponte. IL Requisizioni, contribuzioni. HI. Tu-
multi, disordini, ribellioni. IV. Amministrazione cittadina, costu-
manze, giornali. V. Coccarda, alberi della libertà, feste civili. VJ.
Nobiltà, titoli, stemmi gentilizi. VII. Circoli costituzionali. Vili. Mi-
lizia. IX. Clero giacobino, cose di religione.
— Il vecchio camposanto di Lodi : memoria. — Lodi, deputazione
storico-artistica editr. (tip. Quirico e Camagni), 1899, in-4, pp. 27.
Alcaiiclrl (V. Emanuele). M.° Meo Bevilacqua di Fabriano domici-
liato in Sanseverino capo degli ingegneri di Francesco Sforza
(1439-1448). — Arte e storia, n. 11, 1899.
Allaiii. Pline le Jeune avocat. — Besan^on, Millot Frcres, 1899,
in-8, pp. 69.
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pogratìa Priore, edit., 1899, in-r6.
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AmliroMliiit (S.ì. De officiis libri tres, edidit doctor Johannes Ta-
rn ietti us. Editi o altera. — Augttstac Taurinontm, typ. Salesiana,
1899, in-16, pp. 203. [" Latini christiani scriptores scholarum „ Vili].
* /tniliroKcili (Solonc). Le medaglie di Alessandro Volta. (Con ili. e
tav.). — Rivista italiana di numisìnatica, a. XII, 1899, fase. IV.
Amiir (L') a la proa : antica ballata tedesca tramutata da Giuseppe
Bianchi in dialetto bresciano. — Padova, tip. Gallina, 1899, in-16,
pp. i5. (Nozze Barziza-Pcri).
* Anclrieli (dott. Gianluigi). Memorie longobardiche bellunesi. \Fine\
— Ateneo Veneto, settembre-ottobre 1899.
* JLiinuario ilella iliolilltà Italiana. Anno XXII, 1900. — Bari,
Direzione del Giornale Araldico, 1900, in-32, pp. xxiv-1496 e tav. ili.
Edizione nuovamente corretta e aumentata, contenente le no-
tizie storiche, i titoli nobiliari e la descrizione dell'arme di circa
2000 famiglie, nonché lo stato personale completo di 770 di esse,
e la genealogia di 100 famiglie per la prima volta inserite. Di quelle
lombarde — nuovo inserite — notiamo: Bagatti-Valsecchi (Mi-
lano); Besozzi (Milano); Giorgi di Vistarino (Pavia); Lochis (Ber-
gamo); Magnaguti (Mantova); Del Mayno di Bordolano (Pavia);
Del Mayno di Crespiatica (Milano); Negri della Torre (Pavia);
Padulli (Milano); ParOxNA (Pavia); Robolini (Pavia); Scheibler
(Milano).
Antonini (dott. G.). Guglielmo Grataroli [medico del 5oo]. — Ber-
gamo, Istituto ital. d'arti grafiche, 1899, in-8, pp. 9.
Dalla lettura tenuta all'Ateneo di Bergamo Sull'opera e i pre-
cursori di C. Lombroso, il 4 giugno 1899.
Araldica e genealogia. — Vedi Annuario, Bollettino, Brano, Cipollini,
Gonzaga, Kitpke, Salis, Schmid, Sforza.
Arl)ib (Ed.). Cinquant' anni di storia parlamentare nel regno d'Italia.
Volume I. (Le quattro prime legislature, dair8 maggio 1848 al 21
novembre i853). — Roma, tip. della Camera dei Deputati, i8c8
in-8, pp. V11J-771.
^ Arcbivio sitorico per la città e comuni del circondario
di Lodi diretto da Giovanni Agnelli. Anno XVIII, fase. IV. —
Lodi, tip. Quirico e Camagn', 1899.
Ospedali Lodigiani : Santa Elisabetta. — Bocche di Muzza e
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA l65
loro portata nelFanno iSiy. — Castello di Lodi {1450-57), — Con-
fini meridionali del Lodigiano (i635-i783). — ÌDocuinenti Codo-
gnesi (1573-1591). — 6,^ e 7.* Relazione deirUfficio Regionale lom-
bardo. (Circondano di Lodi). — Agnelli (Giovanni). Della venuta
di Massimiliano Sforza nel ducato di Milano secondo le cronache
e i documenti lodigiani. [Coyit. nel p. f.fasc.]. — Sul primo anno del
secolo. — Rendiconto della Deputazione storico-artistica di Lodi.
Arienla (Giulio). Santuario di Varallo. Cappelle VI-IX. — Arte e
Storia, n. 14, 1899.
Ariiabolcii (Alessandro). Un'ode a Pari ni. — Provincia di Como della
domenica, n. 254, 1899.
Agg. : RoNDANi (Alberto). Al Parini (sonetto), in " Gazzetta del
popolo della domenica „, n. 4, 1900.
Arcuaprinio (G.). Note storiche messinesi dei secoli XV e XVL —
Atti delV Accademia peloritana di Messina, 1897-98.
Il testamento di Costantino Lascaris.
Ai'nctb (Alfred, Ritter von). Biographie des Ftìrsten Kaunitz. Ein
Fragment. — W i e n , Gerold, 1899, gr-, ìit^-8, pp. 201.
Arte. — Vedi Agnelli, A leandri, Ambrosoli, A r lenta, Barbier, Belve-
dere, Berchet, Bertoglio^ Bianchi, Bibb, Biscaro, Bollettino, Brimo,
Caroiti, Coìfi, Colmegni, Commentari, Corti, Documenti, Duomo,
Edifici, Fabriczy, Faconti, Filippini, Firmenich, F'rizzoni, Fuma-
galli, Gauthiez, Kristeller, Lavori, Leonardo, Liguria, Luzio, Ma-
laguzzi. Metani, Meyer, Milano, Monticelli, Miintz, Muzio, Pesce,
Poggi, Rivista, Sant" Ambrogio, Somof, Steinmann, Taramelli, Zim-
mermann.
KalossI (G.). Il patriottismo di A. Manzoni. — La Scintilla, XII, 47.
Itarltiei* ile llontaiilt (X.). Le trésor de l'église Saint-Ambroise à
Milan (cont.). — Rcvue de Vart chrétien, marzo 1900.
Jtartoli (Francesco). Per la designazione topografica di Bedriaco. —
Il Torrazzo, di Cremona, n. 10, io ottobre 1899.
Ilauiiard. Histoire de Saint-Ambroise. , 3.*^ edit. revue. — Paris,
Ch. Pouissielgue, 1899, in-8 fig.
* lleer (Adolf). Die oesterreichische Handelspolitik unter Maria The-
resia und Joseph II. — Archiv fiir oesterr. Geschichte, Bd. 86, I.
Hàlfte (1898-99).
Cfr. pp. 64 segg., 171 segg. per le convenzioni commerciali a
favore di Milano e di Mantova stipulate dal conte Cristiani (1768
e seg.). A p. 77 e i85 per le relazioni del conto Belgioioso, am-
basciatore austriaco a Londra (1782).
1
iCn'ì BIBLIOGKAKiA
* IBollfxy.» (!'.). Cappuccini, Camilliani e... Manzoni. — Perseveratila,
26 Icbbrajo 1900.
A proposito dell' opuscolo: / Padri ('aniilHani a Milano. (Ivi,
tip. Pulzato e Giani, 1900).
*' llelfraiiil (Luca). L' iniluenza oltramontana nella costruzione del
Duomo di iVlilano. — Perseveranza, 12 e 14 gennaio 1900.
— Giuseppe Brentano, nel X anniversario di sua morte. — Milane»,
tip. A. Allegretti, 1899, in-8, pp. i5.
— 11 restauro della Chiesa delle Grazie in Milano e le decorazioni a
graffito, nel secolo XV. Con 11. — Monitore tecnico, n. 4, a. VI, 1900.
* — La tutela artistica del Duomo di Milano nell'ultimo quarto del
secolo. XIX. — Milano, tip. Pagnoni, 1900, in-8, pp. 59.
IlcIvcdtTc (II) di Praga. Un edificio italiano del Cinquecento scono-
sciuto in Italia. Con ili. — Arte italiana decorativa, a. Vili, n. 3,
1899.
Casa di delizie della regina Anna cominciata per ordine del-
l'imperatore Ferdinando in omaggio della sua consorte, Ta. i534,
da un maestro italiano, e poi continuato da maestri italiani fino
al suo compimento, intorno al i558. I tre principali maestri inven-
tori, ed esecutori del Belvedere furono Giovanni Spazio, figlio di
Jacopo, di Val Intelvi, rampollo di una famiglia di artisti, la quale
già in diverse occasioni aveva prestato eccellenti servigi alla casa
d'Absburgo, Paolo Stella milanese, noto già nella storia dell'arte
italiana, ove teneva un posto secondario, e Pietro Ferrabosco di
Lajno (V. Intelvi). Lo Spazio è il vero creatore del Belvedere, non
il Ferrabosco già presentato come tale, e succeduto nei lavori nel
i552; lo Stella è il creatore invece della magnifica ornamentazione
plastica del Belvedere.
" Bcrcliciii (Victor van). Guichard Tavel, évéque de Sion, 1342-1875.
Étude sur le Vallais au XIV*^ siècle. — Jahrbuch fiìr Schiveizeri-
sche Geschichte, t. XXIV (1899).
In questo pregevole studio storico-biografico sono a notarsi
particolarmente, per la storia del passaggio del Sempi one e rela-
zioni commerciali tra i Vallesani e la Lombardia, il cap. II " Le
commerce en Vallais, 1843-1349 „, a p. 92-116 e l'appendice II " No-
tes complémcntaires sur le commerce en Vallais „ a p. 287-292.
— Nel cap. V " Dernières années de l'épiscopat, 1861-1875 " a pa-
gina 266-277 seg. è il discorso della lotta tra il papa e Bernabò e
Galeazzo Visconti per la supremazia politica nella penisola: tra
i documenti in appendice notiamo i n. XXV. (Gregorio XI al ve-
scovo Guiscardo di Sion a riguardo dei mercenarj che si recano
ì
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFL\ STORICA LOMBARDA 167
al soldo di Bernabò Visconti, 1372, 24 ottobre); XXVI. (Gregorio
XI spinge il vescovo Guiscardo ad ingaggiare i comuni vallesani
nella guerra contro i Visconti, 1872, 9 dicembre); XXVII. (Gre-
gorio XI scrive al vescovo Guiscardo a proposito di Antonio Grassi
mercante di Milano, 1874, 28 marzo); XXVIII. (Gregorio XI in-
gaggia il vescovo Guiscai-do a venire in soccorso degli Ossolani
rivoltatisi contro a Galeazzo Visconti, 1874, 7 agosto) ; XXIX. (Gre-
gorio XI ripete il suo appello in favore dei ribelli dell' Ossola,
1874, 8 ottobre).
" IScrclict (ing. Federico). Le sale d'armi del Consiglio dei dieci nel
palazzo ducale di Venezia. — Atti del R. Istituto Veneto di scienze
e lettere, t. LIX, disp. II (1900).
Vi si conservavano due statue intiere di jnarmo, l'una rappre-
sentante Francesco Sforza, duca di Milano, che militò al servizio
della Repubblica e vinse nel 1489 a Verona il Piccinino, capitano
dei Visconti e V altra Bianca Maria Visconti sua moglie. Queste
due statue si trovano oggidì nel Museo di Vicenza (cfr. p. 141),
per dono del conte Da Velo. Vi esisteva ed è ora nel R. Arsenale
u]ia piccola armatura di ferro da fanciullo con mazza ferrata nella
destra e pugnale nella sinistra, colla iscrizione: Fu trovato nel fatto
d'arme di Marignan calpestato da cavalli (cfr. p. i58 e disegno a pa-
gina i55).
Nella torricella pei prigionieri nel palazzo ducale furono posti
i sette capi e governatori francigeni fatti prigionieri nel recupero
di Treviglio, i quali nel!' agosto del i5o9 ne vennero sloggiati
quando fu condotto a Venezia e posto in torresella il Marchese
di Mantova Giov. Francesco II Gonzaga, preso a tradimento da
quattro villani a Isola della Scala " et fò conzà la toresela con
tapezerie, coltre d' oro, etc, per il marchese, che era molto ma-
lànchonico et havea mal franzoso,,. In questa prigione della tor-
resella furono ancora custoditi, tra i molti prigionieri d' impor-
tanza, Luchino da Cremona, che il 81 gennaio 1458 vi scrisse
sulla muraglia il dìsce pati, che leggesi ancora; Sagramoro Vi-
sconti di Milano, i5i2, che poi militò sotto la Repubblica e morì
nella rotta di Padova, l'ottobre del i5i8; il cardinale Ascanio Sforza
nel marzo 1514 e Contin da Martinengg, condottiero veneziano " per
sospetto di tradimento stette mesi i5 „. Uscì Tu novembre i588
con piegieria di ducati i5 mila, (Cfr. p. 120, 180, 192).
ìStcrg:aiiia«clii (sac. Domenico). L'architetto del monumento sepol-
crale del I duca di Sabbioncta, Vespasiano Gonzaga. — Gazzetta
di Mantova, n. 74, 1899.
i^ERGAMO. — Vedi Annuario, Antonini, Colonibani, Lanfranchi, Masche-
roni, Muzio, Nevati, Stiiòel, Tasso.
|(i8 lUIil.lOijUAllA
BcrlnnM (Emilio). Postilla Manzoniana: La monaca di Monza. —
Oiormile storico della letteraUtrn italiana, fase. io3 (1900).
— La paura nei Promessi Sposi. — Spezia, 1900.
Berloc:! Io-Pisa ni (Napoleone). L*altare d'oro in S. Amhr'.uiM di Mi-
lano. — Arte e storia, n. 14, 1899.
Agg.: Sant'Ambrogio (D.). Ancora dell'altare d'oro di S. Am-
brogio, nel n. i5-i6.
— Il castello di Rosate nel circondario di Abbiategrasso. — Artf <•
storia, n. 8-4, 1900.
Borlolfil (Alfonso). Prose critiche di storia e d'arte. — Firenze,
Sansoni, edit. 1900, in-16.
1. L'ode per T inclita Nice. 2. Il Parini illustrato. 3. Storia del
Giorno. 4. Il Duranti e il Parini. 5. Ancora di un amore e di un'ode
del Foscolo. 6. P'ra ville foscoliane. 7-8. Pietro Giordani.
Bianclii (ing. C). La nuova Chiesa parrocchiale di Cassano d'Adda,
arch. Cesare Nava (con ili.). — Edilizia moderna, agosto 1899.
Biaiiclilul (Mar.). Celebrandosi in Revere il centenario di S. Au-
relio martire, ottobre 1899: carme. — Mantova, eredi Segna,
1899, in-8, pp. 8.
Biaxzl (cap. F.). La navigazione nel Lago Maggiore (dalla " Rivista
]Marittima „). — Eco del Vertano, di Arona, n. 4 e segg., 1900.
Bllftl» (A. B,). Santa Maria dei Miracoli and the Lombardi. — Ame-
rican Architect, di Boston, novembre 1899 e prec.
Biografie. — Vedi Antonini, Arncih, Bonomi, Bornate, Ceroni, Cipol-
lini, Coggi, Colombani, Fabba, Filippini, Fiorini, Fnnck, Intra, Lo-
catelli. Lodi, LoParco, Majocchi, ' Mandatari, Manzoni, Massarani,
Mazzini, Negri, Fantini, Patrucco, Plinio, Sclieid, Secretant, Simon-
celli, Sommi, Stefani, Tasso, Valeri, Vinson, Virgilio, Volta.
* Blscaro (dott. Gerolamo). Note storico-artistiche sulla Cattedrale
di Treviso. — Nuovo Ar^iivio Veneto, t. XVIII, p. I, J899.
Architetto della Cappella del Santissimo sembra sia stato An-
tonio Lombardo, figlio e fratello dei non meno celebri scultori ed
architetti Pietro e Tullio Lombardo. — Lavori di m.''" Antonio
Maria da Milano " tajapiera „ (i5o5-i5o9) che scolpì la tomba del
Priore di S. Giovanni dal Tempio, Lodovico Marcello, e costruì
il presbiterio e l'abside della Chiesa del Priorato. — La maggior
parte delle opere di scultura sono dei fratelli Gio. Battista e Lo-
renzo Bregno, chiamati anche Breg.xoni o dai Brioni oriundi da
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA 169
Ostello, sul Lago di Lugano, ed appartenenti ad una famiglia dalla
quale uscì una schiera numerosa di scultori ed architetti.
lloisHonaclc (D.). Les négociations entre Louis XII et Ferdinand le
Catholique, le traité du P'' avril i5i3. — Reviie d'histoire moderne
et contemporainCf novembre-dicembre 1899.
* Bollettino «torico della Svìzzera Italiana. Anno XXI, 1899,
n. 10-12. — Belli n zona. Colombi.
La famiglia Schenardi [valtellinese]. Note genealogiche. \Con-
iiimazionc e fine]. — Per la storia degli anni 1798-1803 : Accuse e
difese dei Patrioti. — I Rusca, signori di Locamo, di Luino, di Val
Intelvi, ecc. [Cont. — Notizie e documenti per la contessa Eleo-
nora Rusca da Correggio]. — Una fontana dei Trivulzio in Bel-
linzona?... [quella riprodotta nel cortile della rocchetta del castello
di Milano dall'arch. Beltrami]. — Das Geleit am Gotthard. [Contri-
buto alla spiegazione della leggenda di G. Teli, del d."" T. di Lie-
benau]. — Documenti svizzeri del quattrocento di Milano: I Can-
toni cattolici e l'Ossola (i533); Condoglianze svizzere per Beatrice
d'Este. — Lettere di sovrani, principi e prelati dirette a Pio IV,
al cardinale Borromeo e ad altri (i56i-i63o). Dagli autografi in casa
Paleari a Morcote. [Cont. Lettere di Anna Borromeo Colonna, Ca-
milla Borromeo Gonzaga, arciduca Carlo d'Austria, card. Morone
e Margherita di Parma i565]. — Varietà: Stampe storiche poco
conosciute. — Bollettino bibliografico.
Bonomi (Celso). M. Gianfrancesco Straparola da Caravaggio: confe-
renza letta il IO settembre 1899 in Caravaggio. — Pavia, tipo-
grafia frat. Fusi, 1899, in-8, pp. 49. (Nozze Bietti-Gallavresi).
Segue: Fortunio e Doralice: favola (IV cella III notte) dello
Straparola.
Bornate (Carlo). Commemorazione di Mercurino da Gattinara, gran
cancelliere di Carlo V, tenuta in Gattinara il 19 novembre 1899.
— Supplemento al giornale U Operaio, n. 56, 1899.
Agg. : Tallone (Armando). Mercurino da Gattinara, in La Sesia,
di Vercelli, 12 dicembre 1899.
Borromeo. — Vedi Bollettiyio, Bricciole. -
Bouvier (Felix). Bonaparte en Italie (1796). — Paris, Cerf, 1900,
in-8, pp. xi-745 et pi.
Cfr. i cenni bibliografici di G. Roberti in " Illustrazione Ita-
liana „, n. 7, 1900, e di Camillo Giussani in "La Perseveranza „,
25 gennaio 1900.
BrajBi'ajiCrnolo (Giov.) e Bettazzi (Ern.). Il risorgimento nazionale
1815-1878. — Torino, ditta G. B. Petrini di Giov. Gallizio edi-
tore, 1899, in-8, pp. 419.
lyo
lUIU.lOdKAIlA
I. I .1 caduta del regno italico. 4. Le società segrete. 6. La ri-
voluzione pieinoiìtese. j3. Le cinque giornate di Milano. 14. La
pi ima campagna dell' indipendenza. i5. Dall'armistizio di Salasco
alla battaglia di Novara. 16. Tramonto della libertà. 17. Vincitori
e vinti. 18. 11 decennio di raccoglimento. 19. Terza guerra d'in-
dipendenza. /
Brescia. — Vedi A unir, Bibb, Commentari, Losio, Me/ani, Papa, Vinson.
Ilricc'iolc wtoriclte. — // Sempiotic, di Aron a, n. 53, 1899.
Vi si riproduce buona parte di una lettera che S. Carlo Bor-
romeo scriveva da Arona il 19 ottobre 1584, pochi giorni prima
della sua morte. È tolta da un numero unico pubblicato a Firenze
nel solenne ingresso dell' arcivescovo Mistrangelo.
Bi*o.4(a€lola (G.). Vita ed opere di Paolo Diacono. — Givi dal e,
tip. F. Strazzolini, 1899, in-16, pp. 70.
* Bi'iickner (Wilh.). Die Diphthonge germanischer Lehnwòrter im
Italienischen. — Zeitschrift fiir Romanischc PJnlologie, XXIV Bd.
Heft I, 1900.
Con esempi dei dialetti lombardi. — Agg. nel med. fase, a pa-
gina 127: ScHUCHARDT (H.). Romanischc Etymologien: Xessin (Ar-
bedo) : papadùu.
Bruno (Agostino). Il podestà Beccario Beccaria. — Biilleitino della so-
cietà storica Savon.se, 1899, a. II, numeri 8-4, p. 148-151.
— (F.). Un crocifisso di Giovanni da Montorfano. — Biillettino della so-
cietà storica Savonese, 1899, a. Il, n. 1-2, p. 66-70.
Briiiiclietli (Ampellio). La Società del Giardino in Milano. Memorie
ed appunti. — Milano, Zanaboni e Gabuzzi, 1899, in-i6, pp. 184.
Narra le vicende della fiorente Società del Giardino, dal 1788,
anno del suo inizio, fino ai di nostri.
Biirckliarclt (J.). La civiltà del rinascimento in Italia. Trad. ital. di
Valbusa. Nuova ediz. accresciuta da G. Zippel. Voi. I. — Firenze,
Sansoni, 1899, ii^A pp. xxii-835.
Btii*g;ada (G.). "Il Talismano,, di W. Scott e i "Promessi Sposi „.
— Fanfulla della domenica, n. 3, 1900.
Cairo (Giov.) e Oiarelli (F.). Codogno e il suo territorio nella cro-
naca e nella storia. Voi. II, fase. 48-44. — Codogno, tip. edi-
trice A. G. Cairo, 1899, in-8, pp. 225-256.
Campana (L). Marengo. Étude raisoìmée des opérations militaires
qui ont eu pour théàtre l'Italie et TAUemagne au printemps 1800
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFLl STORICA LOMBARDA I7I
d'après la correspondance et les mémoires de Napoléon. — Pa-
ris, impr. Le Normand, 1900, iii-8 fig., pp. 216.
'■ CaniiìRni (dott. Annibale). Una insigne collezione di autografi. (Car-
teggio Angeloni-Rolandi-Giannini). Notizia e Catalogo. — Milano,
Albrighi, Segati e C, 1900, in-8, pp. xv-42.
Catalogo dei mss. e autografi della importante collezione Ro-
land], conservata nel Museo Civico di Varallo, e dal C. riordi-
nata. Intendasi del Rolandi, il noto librajo ed editore in Londra,
dove fu amico e protettore (1801-1862) del Foscolo, del Pecchio,
del Rossetti, del Berchet, dell' Ugoni e di tant' altri illustri pro-
fughi italiani. — Tra i carteggi diretti al Rolandi notiamo quelli
dell'Amari, delFAngeloni, dell'Arrivabeiie, del Berchet, del Bossi,
del Canina, di Gino Capponi, del Gioberti, del Della Marmora,
del Mamiani, del Manzoni, del Mazzini, del dall'Ongaro, dell'Orioli,
dell'Orsini, del Panizzi, del Petroni, del Pezzono, del Polidori, del
Rossetti, del Santarosa, del Tommaseo, del Torri e dell'Ugoni. —
Vi troviamo elencate lettere (e sempre con breve, chiaro sunto)
dell' Angeloni alla Milesi-Mojon, a Gabriele Rossetti, 'al duca di
Lodi Melzi, ecc. E ve ne hanno, dirette a diversi, di Giulio Car-
cano, Paolo Ferrari, Tommaso Grossi, Alessandro e Pier Luigi
Manzoni, Giacomo Medici, duca di Lodi Melzi, Bianca Milesi-Mo-
jon, Vincenzo Monti, L. A. Muratori, G. Pecchio, gen. Domenico
Pi^o e Camillo Ugoni. Notevoli i mss., abbozzi e stampe del Fo-
scolo, che servirono al Mazzini ed al Rolandi per l'edizione lon-
dinese della Divina Commedia.
Cancvari (sac. prof. Enrico). Lo stile del Marino nell'Adone. Cap. 1.
La imitazione da Omero al Tasso. § 4. Da varii. (3.°. Gerolamo
Vida e Famiano Strada. — Scuola Cattolica, nov.-dic. 1899.
Cappi (R.). -Castelleone nella carestia, negli alloggiamenti e nella pe-
ste (1621-1632). — Atti e comunicazioni del Circolo di studj Crtmo-
nesi, II, I, 1899.
Carotti (Giulio). Pitture decorative di vòlte in Lombardia. Con tav.
e fig. — Arte italiana decorativa, a. Vili, 1899, n. 8.
I. Vòlta dipinta dal Borgognone nella sagrestia di S. Maria
della Passione in Milano. IL Decorazione della vòlta nella cap-
pella degli Apostoli nel Santuario di Saronno. Opera di Bernardino
Luini.
'• Carreri (F. C). Un aneddoto della contessa Matilde. — Atti e Me-
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(1899).
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Archivio Veneto, t. XVIII, parte I e II (Venezia, 1899-1900).
Esame minuto delle fonti contemporanee; la politica di Lo-
dovico il Moro eccitante il Turco contro la Repubblica.
ColarletI Tosti (prof. P. G.). Dinanzi alla Gioconda di Leonardo da
Vinci. — Arte e storia, n. 18-20, 1899.
* Colli (B.). Di una recente interpretazione data alle sculture dell'ar-
chivolto nella porta settentrionale del duomo di Modena. — Atti
e Memorie della R. Deputazione di storia patria, serie IV, voi. IX
(1899) e tav.
Interessante per l'architettura lombarda medioevale.
BOLLETTINO DI BIBL10GRAFL\ STORICA LOMBARDA ]■-::>
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Sacra. — Monitore tecnico, n. 25, 1899.
Colonibaiiì (Alfredo). L'opera italiana nel secolo XIX. — Milano:
tip. del "Corriere della Sera,,, 1900, in-4 fìg.
4. Gaetano Donizetti. 5. Giuseppe Verdi.
Coloinho (Angelo). Comune e provincia di Como : n-ozioni di geo-
grafia per la terza classe elementare di Como, s.'^ ediz. — Como,
V. Omarini edit., 1899, in-8, pp. 82, con 3 tav.
* — La fondazione della Villa Sforzesca secondo Simone del Pozzo e
i documenti dell' Archivio Vigevanasco. {ContX — Bollettino sto-
rico-bibliografico subalpino, a. IV, n. IV-VI (1899).
■^ Comancliiii (Alfredo). L'Italia nei Cento Anni del sec. XIX giorno
per giorno illustrata. — Milano, Antonio Vallardi, 1900, di-
spense 2-6, in-16 ili. pp. 49-828.
Sempre preponderante la parte concernente Milano e la Lom-
bardia in queste 5 dispense che abbracciano gli anni 1802-1808, e
che vanno notate per le copiose e belle illustrazioni in tavole
fuori testo, pagine intere nel testo e incisioni intercalatevi.
* Coiiinieiitari cleirAlcneo eli Bretiela per l'anno 1899. — In-8.
Brescia, tip. Apollonio, 1899.
MoLMENTi (P.). Lettere del Barone di Ransonnett all'architetto
Vantini intorno all'opera del pittore Moretto. — Cassa (avv. A.)
Di un processo ad civilitates, svoltosi nella nostra città l'a. 1646
Documenti e considerazicni.
Como e Valtelll\a. — Vedi Belvedere, Bibb, Biscaro, Bollettino, Ce-
roni, Colmegni, Colombo, Faggion, Fiorini, Gauthiez, Heigenmooser,
Jeckliu, Lavori, Malaguzzi, Negri, Fantini, Periodico, Pesce, Plinio,
Rivista, Roit, Salis, Schellhass, Secretante Steinmann, TarameUi, Va*
ler, Volta.
Cordara (Giulio Cesare). Scritti inediti e documenti relativi. — M o-
dena, tip. della Società tipogr. antica tip. Soliani, 1899, ln-4 fig.,
pp. 89 con fac-simile e tavola. (Pubbl. dal prof. Giuseppe Alber-
totti per il 5o.° anniversario di laurea dottorale di Giovanni Al-
bertotti).
I. Prefazione. — 2. Scritti del Cordara: lettere al Lagomar-
sini ; lettera ad Eugenio Guasco; dedica al principe Albani del
poema La fondazione di Nizza; lettere al Tiraboschi : sonetto ed
iscrizione riguardanti Calamandrana. — 3. Bibliografia. — 4. Ap-
pendice: intestazioni delle poesie inedite contenute nei volumi
(n. 144 e n. 145 della bibliografìa) ; due sonetti.
BIBLIOGRAFIA
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cartoline illustrate, a. I, n. 9, novembre 1899.
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— Monitore tecnico y n. 2, 1900.
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Cremona. — Vedi Bartoli, Berchet, Canevari, Cappi, Coggi, Galli, Hol-
(ler-Egger, Mencik, Pasini, Roberti, Salveraglio, Simonsfeld, Sommi,
Stiìchelbcrg.
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Montferrat. Nouvelles observations. — Annales da midi, ott. 1899.
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marquis de Montferrat, in Reviic belge de numismatique, n. 2, 1899.
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Ch. Amat, 1899, in-16 fig.
* Dccio (dott. F. Carlo). La peste in Milano nell'anno 1451 e il primo
Lazzaretto a Cusago. Appunti storici e note inedite tratte dagli
archivj milanesi. Con 4 illustrazioni e 2 fac-simili. — Milano.
Cogliati, 1900, in-4 ili., pp. 35.
Me (Miiarinoiii (Eugenio). I conservatori di musica e il conserva-
torio di Milano. — Annuario dell'arte lirica e coreografica italiana.
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De^aìvre (Leo). Les almanachs poitevins aux types de Larivey, de
d'Argoly et de Milan. (Extr. du Bulletin de la Sociéié des antiqiiai-
rcs de rOuest). — P o i t i e r s , impr. Blais et Roy, 1899, in-8, 12 pp.
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turgeschichte des Plinius. — In-8. Berlin, Weidmann, 1900.
De Vivo (prof. Catello). Su l'Aminta di T. Tasso, saggio critico. —
Napoli, tip. Guerrera, 1899, in-i6, pp. 71.
Dociimcnli su Bernardino de' Rossi, pittore pavese. [Dal Ticino di
Pavia, n. i23, 18 ott. 1899I. — L'Arte, a. II, fase, XI-XII, novembre-
dicembre 1899.
Oouavci* (F.). Lettere di Bianca Rebizzo a Vincenzo Ricci. — Gior-
nale storico e letterario della Liguria, a. I, fase. I-II, 1900.
Su Bianca De Simoni, moglie a Lazzaro Rebizzo, che da Mi-
lano l'aveva trasportata a Genova facendole condurre vita comoda
BOLLETTINO DI B1BLI0GRAFL\ STORICA LOMBARDA
17?
ed elegante, malgrado i cenni biografici del Crocco, manca un la-
voro sul genere di quello che R. Barbiera compiè intorno al sa-
lotto della Contessa Mafìei. In casa della Rebizzo frequentavano
i migliori cittadini di Genova e moltissimi dei rifugiati politici,
prima e dopo il 1848. Sei lettere si riproducono della Rebizzo di-
rette dall'aprile al giugno del '48 al marchese Ricci, quando egli
era ministro dell' interno di Carlo Alberto.
Diiboiilox et Folliet. Le general Dupas — Italie — Égypte — Grande
Armée, 1792-1813. — Paris, Chapelot, 1899, in-8.
Duomo di llìlaiio. — La questione della facciata del Duomo. —
La Perseveranza, 2.2, gennajo 1900.
Riassunto della conferenza a favore della facciata attuale, te-
nuta dal d/ Carotti al Circolo filologico.
Duomo di Milano. — Vedi Beltraiìii, Manfredini, Mdani, Sanf Ambrogio.
Ecclesiastica. — Vedi Agiografia, Barbier, Berioglio, Bianchi, Bollet-
tino, Cordara, Fricdcnsbiirg, Kiipke, Lucchini, Meyer, Morin, Schell-
hass, Stiickelbcrg, Tocco.
Edifici militari» Prospetti e particolari architettonici. Dispensa 3.''^ :
Cavallerizza detta del Castello di Milano. Un foglio di testo e una
tav. in lit., 33 X 4^ cm. — Roma, Ministero della Guerra, 1900.
Ejfiiiciiliardt (Frz.). Bosisio. — Die Ziikunff, Vili, 8.
Fallila (C. F.). Maria Gaetana Agnesi. — Rassegna nazionale, 16 feb-
brajo 1900,
Faliriczy (C. von). Ambrogio Volpi da Casal-Monferrato. — Reper-
torium far Kimstimssenschaft XXII Bd., 4 Heft, 1899, p. 889.
Riassunto dell'articolo del d.*" Sant'Ambrogio sul Volpi, autore
del tabernacolo sulFaltar maggiore della Certosa di Pavia, eseguito
nel i568.
Facoiiti (Arturo). Milano vecchia che scompare [via e piazza delle
Galline]. — Il carcere della Malastalla. — La Perseveranza, 8 e i3
gennajo 1900.
Fas;g:ion (prof. B.). Il viaggio di Magellano e il De orbe ambito di
Pietro Martire d'Anghiera. — Ferrara, stab. tip. ditta G. Bre-
sciani, 1899, in-8, pp. 44.
* FilelTo (Francesco). Al doge Francesco Foscari per gli esuli Zaratini.
Orazione, edita per la prima volta da Giovanni Benadduci secondo
il codice H. III. 8 della Biblioteca nazionale di Torino. — To-
lentino, tip. Fr. Filelfo, 1900, in-8 gr., pp. 14. (Nozze Bezzi-Pace).
\r6 BIBLIOGHAFIA
AI testo di questa breve orazione, il H. la seguire V elenco
delle altre orazioni, latine e volgari, del Kileltb, delle quali non
gli sembra quasi fatta finora menzione dagli storici [non ve n' ha
di argomento milanese], riserbandosi di pubblicare in altra occa-
sione quello di altri suoi componimenti letterari di genere diverso,
egualmente sfuggiti finora alle indagini degli studiosi. [V. Foschirti].
Flll|i|>inl (dott. Enrico). Piermariniana. Saggio sulla bibliografia e
sugli autografi dell'architetto Giuseppe Piermarini. — F'oligno,
tip. S. Carlo, 1900, in-16, pp. 40. (Dalla " Gazzetta di Foligno „,
a. XV, n. 22-5 1).
Filologia e storia letteraria. — Vedi Amalfi, Amiir, Arenaprimo,
Bonomi, Briickner, Campani, Canevari, Clan, Cipollini, Cordava,
Faggion, Filelfo, Folengo, Fontana, Fumagalli, Funck, Gabrielli,
Lo Parco, Mandalari, Manzoni, Marzi, Mascheroni, Milano, Miill-
ner. Mussato, Novali, Patrucco, Plinio, Rostagno, Sacchi, Salvioni,
Schanzer, Scheid, Spinelli, Tasso, Tedc^hi, Virgilio.
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Colla quale il celebre tipografo accompagna al Tiraboschi un
esemplare dell'Aristodemo. V'ha unita la riproduzione in fotocal-
cografia del ritratto bellissimo del Bodoni, dipinto dall' Appiani,
che si conserva nella pinacoteca parmense.
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moglie dì Galeazzo Sforza, n. 1449, m. i5o3 (con ritr.). — XVIII.
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Qualche documento degli anni 1499-1500 per le relazioni tra
i Grigioni, Poschiavo, la Val Bregaglia, la Valtellina e il duca di
Milano. Salvacondotti per Galeazzo Visconti e Gio. Angelo Porro,
legati del Moro alla dieta grigione, e lettera al Trivulzio.
'' lung; (lulius). Bobbio, Veleia, Bardi. Topographisch-historische Ex-
curse. — Mittheilungen des Instititts fiìr oesterreichische Geschichts-
forschung, XX Bd., 4 Heft (1899).
I. Bobbio. 2. Veleia und das piacenti nische Geliinde [utile per la
calata del Barbarossa e di Corradino di Svevia\ 3. Bardi und die
Apenniìiiibergange [guerre dei Piacentini e dei feudatarj Pallavi-
cini, Landi, Scotti coi Cremonesi]. 4. Bardi ini frùheren Mittelalter.
— Interessante monografia per la topogralìa storica lombarda.
* Kelir (P.). Papsturkunden in Venczien und Friaul. Berichte tìber
die Forschungen L. Schiaparelli's. (Aus den " Nachrichten der
K. Gesellschaft der Wisserschaften zu Gottingen, Philol.-histor.
Klasse „, 1899, Mefte 2-3) in-4. [Gottingen, 1900].
Cfr.' pp. 198-99 e 221 per le bolle degli Archi vj di Mantova.
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]5iograria di Barbara di Brandenburgo, nìarchesa di Mantova,
con speciale riguardo alTambiente artistico. Lavoro che ci prcan-
nuncia Ciucilo consacrato al Mantegna che il K. sta per dar in luce.
* Kii|>ke (Georg.). Uas Familienarchiv der Capilupi zu Mantua. L
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L.a%'oi*i (Alcuni) d'arte nella città di Spili mbergo. Con tav., dettagli
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Nel duomo la porta settentrionale è opera di maestro Zenone
da Campione (iSyó) ; gli ornarnenti della Cappella del Rosario (1490)
sono di Giovanni Antonio Pilacarte, figlio di Tomaso, di Carona,
villaggio, ove nacque fra tanti architetti e scultori, il padre del
gran Pietro Lombardo. Il Pilacarte fece altri lavori in Spilimbergo.
(— Altre illustrazioni nei n. 8-9).
L.eoiiai*ilo <la Viiici. — Oitarterly Revieiv, ottobre 1899.
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Lodi. — Vedi Agnelli, Archivio, Cairo, Mencik, Poggi.
Longobardi. — Vedi Andrichy Hartmann, Knappert, Liebenau, Paolo
Diacono.
Lo Pare» (Francesco). Aulo Giano Parrasio. Studio biografico-critico.
— Vasto, tip. Anelli, 1899, in-8, pp. xiv-190.
Interessa il soggiorno del Parrasio in Milano.
I^oisio (prof. Luigi). Pel cinquantenario delle dieci giornate di Bre-
scia. — Brescia, tip, Apollonio, 1899, in-12, pp. 47.
ffaiccliini (L.). Storia deirantica basilica di S. Maria in Scandolara
Rivara. — Boz.zolo, tip. G. Dallo e figlio, 1899, in-i6, pp. 40.
ruxio (Alessandro). La " Madonna della Vittoria „ del Mantegna.
Con il].. — Emporiuni, novembre 1899.
Con nuovi documenti e correzioni al lavoro del Portioli, il
L. rita la storia del celebre quadro, ora al Louvre, ed espone per
qual motivo vi sia sostituita S. Elisabetta a Isabella Gonzaga, che
originariamente doveva figurarvi.
— Un' apologia di Salvotti. — Perseveranza, 7 gennajo 1900.
A proposito dell'opuscolo di Ugo Salvotti, nipote dell' inqui-
sitore dei processi del ventuno: " Un po' di critica al Y. Gonfa-
lonieri di A. D'Ancona „ (Trento, tip. Scottoni-Vitti).
llaCli. Due lettere inedite di A. Volta. — Annuario storico meteorolo-
gico italiano, voi. II (1899). Torino, 1900.
* llajocclii (Rodolfo). Catalano Cristiani, notajo visconteo. Ricerche
biografiche. — Pavia, tip. Artigianelli, 1900, in-8 gr., pp. 45.
ilalaKuzxi- Valeri (Francesco). Contributo alla storia della scultura
a Bologna nel quattrocento. — • Repertoriiim fiìr Knnstwisscnschaft,
XXII Bd., 4 Heft, 1899.
Per Sperandio da Mantova (1478) cfr. p. 290 segg. — Giacomo
e Stefano da Vigevano lavorarono nell'oratorio de' Domenicani a
Ronzano, fuori della città, nel 1488 e a loro devonsi forse i mo-
delli per le decorazioni in terra cotta. Andrea da Conio costruiva
e ornava in marmo un pogginolo nel giardino degli Anziani in-
torno al 1489 (cfr. p. 298).
— Una Madonna del Bergognone. — Rassegna bibliografica deW art^
italiana, a. II, n. 11-12, 1899.
Quella esposta nella mostra d' arte sacra di Como.
r^inr.iOGRAFiA
lliinilalarl {M.>. Il Handcllo in Calabria. — Catania, Mattei e C,
1899. |V. l\ìinivco\,
llHiifriMliiii (ing. Achille). La facciata del Duomo di Milano. — Mo-
nilorc tecnico, gcnnajo J900.
M.\NTOVA. — Vedi Annuario, Becr, Bianchini, Carreri, Cian, Folen^L^o,
Gonzaga, Intra, Kehr, Kupke, Lucchini, Luzio, Malaguzzi, Mcncik,
Monticelli, Nodari, Virgilio.
llniiKoiil (A.). I Promessi Sposi. Storia milanese del secolo XVL
scoperta e rifatta. Nuova edizione a cura di Alfonso Ccrquetti,
illustrata da Gaetano Previati e preceduta dai cenni biografici per
Luca Bcltraini. — Milano, U. Hoepli; 1899, in-4 fig., pp. xxxiii-
7i5 e i3 tav. in eliotipia.
* — Scritti postumi, pubblicati da Pietro Brambilla a cura di Giovanni
Sforza. Voi. I. — Milano, Rechiedei, in-8, pp. 428.
Cfr. la recensione del prof. Vitt. Ferrari nella " Perseveranza „
12 febbrajo 1900.
— Prenestini (V.). Manzoniana; Giannini (A.). L'Introduzione ai " Pro-
messi Sposi,,; Villani (C). 11 sentimento della natura nei "Pro-
messi Sposi „. — Roma Letteraria, VII, 14, 17, 20.
Manzoni. — Vedi Balossi, Bellezza, Bertana, Burgada, Scherillo, Zoccoli.
ilarin<llfi (G. S.). Hannibal's route over the Alps. — The Classical
Review, voi. XIII, n. 5 (1899).
ilarmottan (P.). Voyage du prince Eugòne à Modène en 1810. —
Carnet historique et littéraire di Parigi, i5 agosto 1899.
Estr. dalla cronaca modenese dell'abate Rovatti, nell'Archivio
di Stato modenese.
lla»chci*oiii. — Ricordo delle feste in onore del s. martire Vittore
in Brembate di Sotto, settembre 1899. — Bergamo, stab. tipo-
grafico Bolis, 1899, in-8, pp. 12.
Contiene una poesia di Lorenzo Mascheroni intitolata: Per
la festa di ss. reliquie in Brembate, 1782.
ilassarani (Tulio). Carlo Baravalle. Conritr. — Illustrazione italiana,
n. 7, 1900.
May (L). Die Mailànder Demosthcnes = Handschrift D. 112 sup. —
Neue ,philologische Rundschau, n. 28 (1899).
Mazzi (dott. Curzio). Le Carte di Pietro Giordani nella Laurenziana.
— Rivista delle biblioteche, a. XI, n. i, 1900.
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA l83
liaxxiiii (Ubaldo). Sopra gli autori di due relazioni anonime di Ge-
nova,. — Giornale storico della Liguria, a. I, fase, I-II, 1900.
La 2.'^ del i588, e già edita dal Camerini e dall' Isola, è iden-
tificata come lavoro del milanese Francesco Marcaldi. Ma di que-
st' autore, il M. avrebbe potuto dir di più, in linea biografica: ne
ha discorso l'Avetta in questo medesimo Ar eluvio nel 1890.
llaxzotii (G.). Leonardo da Vinci scrittore. — Nuova Antologia, i.° gen-
naio 1900.
" Meicr (p. Gabriel). Die Fortschritte der Palaeographie mit Hilfe
der Photographie. Ein bibliographischer Versuch. — Centralblatt
fiir Bibliot/icksiuesen, fase. I-III, 1900.
Interessante saggio bibliografico delle pubblicazioni paleogra-
fiche curate col sussidio della fotografia. Non si tratta di un nudo
elenco bibliografico, ma di larghi riferimenti suU' argomento. È
fatta la dovuta parte alle pubblicazioni italiane del Monaci, del
Vitelli, del Paoli e d' altri. Di stampate a Milano notansi la tra-
duzione Fumagalli del Thompson (Manuali Hoepli, 1890), l'edizione
Ceriani-Porro del Rotolo Opistografo del principe Pio di Savoja
ri883) e quella Warren de\Y Antifonario irlandese di /:?<7;7^w del-
l'Ambrosiana (1893).
llelaiii (A.). Il monumento di Marc' Antonio Martinengo della Pal-
lata a Brescia. — Arte e storia, n. 9-10, 1899.
— La restauration d'un monument de Bramante. — Duomo di Milano.
— Constritction moderne , 12 agosto 1899 e J7, 20 febbrajo 1900.
* llencik (Ferd.). Die Reise Maximilian II nach Spanien im Jahre
1548 — Archiv fiìr oesterreicìiische Geschichte, Bd. 86, I.^t^^ Hàlfte
{1899).
Viaggio dell'arciduca Massimiliano in Ispagna, nell'a. 1548, per
governarvi il paese in assenza dell' imperatore Carlo V. E come
reggente e più ancora come indicato fidanzato dell' infante Maria,
il viaggio ebbe luogo con seguito ed apparati degni del viaggia-
tore illustre. Da Augusta per la via del Tirolo giungeva a Man-
tova (3o giugno) e per Cremona, Pizzighettone, Lodi, Vigevano,
Alessandria a Genova (22 luglio) dove s' imbarcò. A pp. 299 segg.
si riportano le spese fatte in quei diversi paesi.
Mejcr (Alfred Gotthold). Die Certosa bei Pavia. — B e r 1 i n - S t u 1 1-
gart, W. Spemann, 1899. in-4, con 19 fototipie nel testo e 7 tav.
— (Wilhelm). Die Spaltung des Patriarchats Aquileja. — Abìiandltm-
gen der Gesellschaft der IVissenschaften zu Gòttingen, 1898.
" Uilano Nanitarin. Anno V (1900). — - Milano, tip, Faverio di
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Arte italiana decorativa, a. Vili, n. 3, tav. i3.^ (1899).
— Stoffe del Museo Poldi-Pezzoli in Milano, secoli XV e XVJ. (Pro-
lessor A. Deon dipinse dagli originali). Cromolitografia [senza te-
sto], — Arte italiana decorativa, a. Vili, n. 4, 1899, tav. 19."
— istruzione comunale. — Dizionario illustrato di pedagogia di Mar-
tinazzoli e Credaro, voi. Il, fase. 87."^, p. 697-7] 2.
Milano. — Vedi Annuario, Barbier, Beer, Belvedere, Bollettino, Bruno,
Bruschetti, Ceroni, Cipollini, Comandini, Decio, De Guarinoni, De-
saivre, Donaver, Duomo, Edifici, F^aconti, Filippini, Fontana, Friz-
zoni, Locatelli, Lo Parco, Manzoni, Mazzini, Monaci, Morin, Pri-
nianti, Rerum, Rott, Sant^ Ambrogio, Vallardi, Valej::i.
Minoia (Mario). Commemorazione di Giuseppe Parini, tenuta in Lodi
il 24 settembre 1899. — Lodi, tip. Operaja, 1899, in-16, pp. 62.
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XVIII per servire all'insegnamento paleografico nelle scuole uni-
versitarie, — Roma, Lux, 1898, in-16, pp. 8 e 52 tavolette.
Tra gli esempì inediti, la tav. 82.^ con i primi 22 versi della
Comedia, secondo il cod. braidense, del 1847 circa. — Agg. la 2/'*
edizione della " Paleographia „ del Thompson, trad. Fumagalli (Ma-
nuali Iloepli, 1899).
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Beitrag zur Geschichte der Pàdagogik des Humanismas. — W i e n ,
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uno studio di Giosuè Carducci. — Bologna, Zanichelli, iqoo,
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1899, in-8, pp. II.
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Napoleonica. — Vedi Agnelli, Bouvier, Campana, Campani, Cenni, Co-
inandini, Duhonloz, Hneffcr, Koch, Marnioiian, Bellini, Tiietey.
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Matura fd .irte, i5 nov. 1899.
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neir Ada sanctorum dei pp. Bollandisti, ossia difesa della tradi-
zione mantovana sul lateral sangue di N. S. G. C. conservato nella
basilica di S. Andrea in Mantova. — Pavia, tip. dell'istituto
Artigianelli, 1899, in-8, pp. i3i.
Novara e Ossola. — Vedi Arienta, Berchcm, Biazzi, Bollettino, Bor-
nate. Campani, Colombo, Schmid, Sforzesca, Strobl.
* .\ovati (F.). I Gogliardi e la poesia medievale. — Biblioteca delle
scuole italiane, gennajo 1900.
* — Indagini e postille dantesche. Serie prima. — In-8 gr. B o 1 o g n a,
ditta Nicola Zanichelli, 1899. ["Biblioteca storico-critica della let-
teratura dantesca, diretta da G. L. Passerini e da P. Papa „, IX-X].
III. La suprema aspirazione di Dante [coronazione poetica di
Albertino Mussato e di Bono da Bergamo " inafìerabil fantasma,
per entro la secolar notte d' obblio che lo ravvolge „]. IV. Come
Manfredi s'è salvato, [Vi è largamente discorso di Enrico contedi
Sparvara, del potente casato pavese dei conti di Lomello, coe-
taneo di fra Jacopo d'Acqui, l'autore é&W Imago Mundi, che dif-
fuse la tradizione delle parole supreme dello Svevo raccolte da
un "conte Enrico,,]. V. La ^^ squilla di lontano,, è quella deW Ave
niBLIOGRAKIA
Marini* [opina sia invece quella »-he suona a compieta, l'ultima
delle ore canoniche, che chiude gli uffici diurni, e, col canto de 1-
l'inno Te lucis ante, invoca la protezione divina per la notte im-
minente. In appendice a questa postilla ed in servizio di essa v
listampata, ampliata e rifatta, la nota del prof. A. Lattes sulla:
" Campana serale nei sec. XIJI e XIV „, con molti esempi dell'Ave
Maria serale negli statuti delle città lombarde, prime Pavia e Mi-
lano]. VI. La vipera che *l Melanese accampa [Il verso, Piirg. Vili,;
80, allude ad una consuetudine dell'esercito milanese di non porre
mai le tende, quando campeggiava armato, se prima in luogo per-
spicuo non avesse vista sventolare l' insegna del biscione, data dal
Comune ai Visconti].
Ottone (G.). Il partito della guerra in Lomellina nel 1848-49. — M i-
1 a n o , E. Trcvisini, 1899, in-16, pp. vn-107.
l*a$;ine del riMors^iniento italiano: conferenze tenute presso
l'Associazione generale degl'impiegati civili di Milano nell'aprile
e maggio 1899. — Milano, tip. Elzeviriana di Guidetti e Mon-
dini, 1899, in-8, pp. 83.
CoRio (L.). Federico Gonfalonieri e gli uomini del Concilia-
tore. — FoRMENTO (G.). La conversione di Cari' Alberto.
I*autini (Romualdo). Arte antica a Pistoia ed a Como. — Flegrea,
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l*aolo Uiaeono (XI Centenario di) : numero unico (settembre 1899)
— C i V i d a 1 e , tip. Strazzolini, 1899, fol., pp. 8.
— Studi recenti. — Ciiiltà cattolica, quad. 1188 (1900).
Elogi del lavoro del prof. Calligaris, pubblicato in quest' ^r-
cliivio (fase. Ili, 1899).
Paolo Diacois-q. — Vedi Brosavola, Crivcllitcci, Hartmauìi, Hodgkin.
* Papa (Ulisse). I Valsabbini a Desenzano, saccheggio del mercato
(1764). — Nuovo Archivio Veneto, t. XVIII, parte I (1899).
I*ai'3iii (Il centenario del) e l'origine del " Giorno „. — Civiltà catto
lica, quadd. 1187 e 1190 [cont. e fine].
Fra tutti gli autori fin qui citati dai critici come pretese fonti
d' ispirazione al Giorno, " nessuno arieggia tanto da vicino all'im-
mortale satira pariniana, quanto la satira latina del Lucchesini.
Ciò non ostante però, si opina che se il Parini, conobbe e studiò
il Lucchesini, e ne trasse qualche fugace ispirazione alla sua sa-
tira, rimane ancora originale „.
Parini. — Vedi Arnaholdi, Bertoldi, Catalogo, Corio, Eyssenhardt, Gava-
gnin, Gentile, Grajfeo, Minoja, Barocchi, Pavanelli, Puliti, Salvera-
glio, Scherillo, Vosslcr.
ROLT.ETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA 187
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e d^ istruzione classica, XXVJII, fase. 1.
Su una nota di un Codice Ambrosiano di Plauto : osservazioni
e riscontri.
Pasini FraMMoni (Ferruccio). La ven. Angela Serafina Frassoni ab-
badessa nel Monastero del Corpus Domini in Cremona. — Rocca
S. C a s e i a n o , tip. Cappelli, 1899, in-8.
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[i536-i537] (con notizie e lettere inedite). — Pinerolo, tip. so-
ciale editrice, 1900, in-8 picc, p. 28.
* Pa%^anello (A. F.). Per una variante del " Giorn» „. - Rivista men-
sile di lettere, di storia e d'arte, a. l, n. i. (Casalmaggiore, 1900).
Pavia. — Vedi Annuario, Cenni, Documenti, Fahriczy, Funck, Jung,
Majocclìi, Meyer, Miìntz , Novali, Simone elli, Stefani, Taramelli,
IVauters.
I*éll«9wicr (L. G.). Quelques lettres ducales de Louis Xll. — Revue
des langues romancs, luglio-agosto 1899.
— Note sur les relations de Louis XII et de Lucques. (" Notes ita-
liennes d'histoire de France „, n. 24). — Extr. de la Correspondance
historique et arc/icologique. — S a i n t - D e n i s , impr. H. Bouillant,
in-8, pp. 6.
* — Sur quelques épisodes de l'expédition de Charles Vili en Italie.
(I. Charles VIII à Casal 1494. II. Pian de la campagne maritiine
d'octobre 1494. III. Louis d'Orléans et Ludovic Sforza en avril
1495. IV. Deux lettres de Louis d'Orléans pendant le siége de No-
vare (juillet-aout 1898). V. La situation politique de la France vers
le milieu de l'année (1496)). — Revue historique, marzo-aprile 1900.
* l*ellini (Silvio). La sommossa di Milano del 20 aprile 1814 e la
morte del Prina secondo un testimonio oculare. — Giuseppe Prina
alla Consulta dei Cisalpini. — Rivista mensile di lettere, di storia
e d'arte, a. I, n. i e 2, gennajo e febbrajo 1900. (Casalmaggiore).
l*cllisMÌei* (G.). L'origine de la pile de Volta. Dehérain (IL). Val Bre-
gaglia et Valtelline. — La Nature, 20 gennajo 1900.
* l*ei*iiiflic(» della Società Storica per la Provincia e antica diocesi
di Como. Fase, 48.^^ — Como, Ostinelli, die. 1899, in-8 gr.
Fossati (d."" Fr.).' Codice diplomatico della Rezia. [Cent, anni
1252-1284]. — Rivista archeologica della Provincia di Como [cfr. alla
parola Rivista in cjuesto fascicolo].
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fu Alberto d'Albisola e da documenti dell' archivio milanese rile-
vasi che Bartolomeo da Comazzo ingegnere lodi giano si trovava
in Savona nel 1478 a fine di eseguire i lavori da lui proposti per
la Darsena e lo Sperone, e al medesimo intento, vi tornò nel 1476 ;
anno in cui fu anche alla Spezia.
#
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popolo della domenica, n. 2, 1900.
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Campani, Donaver, Fiorini, Gabrielli, Gentil', Ghisalberti, Greppi,
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fer. Sforzesca, Strobl, Zanichelli.
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Garovaglio (A.). Monumenti cupelliformi sul Comasco. Notizie. —
Baserga (sac. d. Giov.). Recenti scoperte preistoriche nella Valle
d' Intelvi. — Galli (Giov. Antonio). Scoperta di una tavola cupel-
liforme a Rondineto. — Magni (dott. Antonio). Tombe della prima
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che spagnuole a mezzo degli ambasciatori milanesi Adriano de
Verbecq, Giovanni d'Anguissola, governatore di Como, Londina,
Ascanio Marso, senator Molina e Pompeo della Croce.
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blicate e annotate. Con ritr. — Milano, ditta Giacomo Agnelli,
1900, in-8, pp. i3.
3 lettere dell'a. 1808-1804 dall' Università di Bologna, ove te-
neva la cattedra di lettere greche, dirette ai ministri degli affari
interni della Repubblica italiana, Giovanni Villa e Felici, ed al
vice-presidente Francesco Melzi. Gli autografi si conservano nel-
r Archivio di Stato milanese.
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Lungo la parete a destra di clii entra nella Cappella del Ro-
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insbesondere in Baiern und Oesterreich vvahrend der lahre 1672
bis 1577. (Forts. von Band. I, p. 89-108, u. 204-260, Bd. 2, p. 41-115,
u. 228-284). — Ouellen tind Forschungen aiis ital. Archiven und Bi-
bliotheken herausgegb. vom K. Preussischcn Histor. Insiitut in Rom,
■ Bd. Ili, Heft I (Rom, 1900).
Nc'lierillo (M.). Curiosità Manzoniana. — Biblioteca delle scuole ita-
liait', gennajo 1900.
Agg. dello S. il discorso per la testa d'inaugurazione della
Mostra Pariniana a Brera, nella Perseveranza (suppl. al n. 28 no-
vembre 1899).
Schmid (Ferd.). Der Urnavasturm in Naters und scine Besitzcr ini
i3. lahrhundert. Eine genealogische Studie. — Bldtter aus der
lValliser-=Geschichte, II. Bd. (Jahrg. 1898-99 — Sitten, 1899).
La torre di Ornavasso in Naters ed i suoi proprietari nel XIII
secolo. Studio genealogico.
!l»cliiillx (M.). De Plinii Epistolis quaestiones chronologicae. Dissert.
inaug. — Berolini, ìi^yev u. Miiller, 1899, in-8, pp. 42.
S»cliiipf*er (avv. Car.). L'ordinamento amministrativo negli stati ita-
liani prima della unificazione legislativa. — Milano, stab. tipo-
grafico Società editrice libraria, 1900, in-8.
4. L' amministrazione del regno Lombardo-Veneto.
decretali t (G.). R. Bontadini. — Nuova Antologia, 1.° dicembre 1899.
[V. Negri].
* Segrc (A.). Carlo II duca di Savoja e le guerre d'Italia Ira Francia
e Spagna dal i5i5 al i525. (Estr. Atti Accademia delle scienze, XXXV).
Torino, 1900, in-8, pp. 56.
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA Kìl
" Srorza. — Un indovinello Sforzesco. — Donieìiica del Corrirrc, n. i,
7 gennajo, e n. 8^ 25 tebbrajo 1900.
Soluzione che deir enigma sforzesca (zv.r,liy.o^), scolpito nel
castello di Milano, ha offèrto il socio cav. Ugo Ruberti di Qui-
stello (Mantova). 11 d.'' Sant'Ambrogio, lìn dal 1895 aveva propo-
sto la interpretazione di .IMIMOM, a vece deìYAMOMOS dei
Gonzaga, ovvero una distinta impresa degli Sforza, allusiva alla
pigna sforzesca.
Sforza e Visconti. — Vedi ^ìlcaudri, Archivio, Bercile f, Bcrchcm, Bois-
soìiadc, BoUettiìio, Bornaie, Cartivright, Casanova, Cogo, Coloni ho,
Uccio, FU elfo, Finnenich^ Gehhardt, Giovami ini, Grossi, Gregorio,
Icckliìi, Kraus, Majocchi, Miìlliier, Novati, Pclissier, Vaissière.
SfoiViefica: 21 marzo 1849. Numero unico commemorativo per cura
del Comitato nel I Cinquantenario 1899. — Vigevano, tip. Na-
zionale, 1899, in-4, pp. 16.
* <^i 111 Oli celli (Vincenzo). Commemorazione del prof. Luigi Cossa. —
Rendiconti Istituto Lombardo, seri-e II, voi. XXXIII, fase. 1 (1900).
^■111 Oli ««felci (H.). Kleine Beitràge zur Geschichte der Staufer. —
Neues Arcliiv fiìr altere deutsche Geschichtskunde, tom. XXV, p. 699
seg. (1900).
Diplomi di Federico I esaminati nella primavera 1899 dal S.
nell'Archivio comunale di Cremona e in quello di Stato a Parma.
^oliei'i (prof. Gaetano): L'antica casa degli Attcndoli Sforza in Co-
tignola e gli uomini illustri cotignolesi. — Ravenna, tip. Ra-
vegnana, 1899, in-8, pp. 87, con 7 tavole.
"^ Soiiiini Picciiarcli (Giorgio). Ruggero Manna e Gioachino Ros-
sini. — // Torrazzo di Cremona, n. i5, 25 dicembre 1899.
Ak>inof (A.). Catalogne de la galerie dcs tableaux de l'Ermitage Im-
periale. I partie: Les écoles d'Italie et d'Espagne. — Saint P e-
t e r s b o u r g , 1899.
* Sipiuclli (A. G.). Di Mario Nizzoli. (Seconda aggiunta al Tiraboschi:
Bibl. Mod. — Vedi : Rassegna Emiliana, Modena, a. II, 1890). —
Atti e Memorie R. Deputazion' di storia patria, di Modena, s. IV,
voi. IX (1899).
Privilegio di Francesco II Sforza ceira. i535 per la stampa
delle Observationes in M. T. Ciceronem, indicato già nell' Archivio
lombardo, XXI, 279. — Lettera del Nizzoli diretta a Vespasiano
Gonzaga " ex academia nostra Sabblonetana Non. Jun. del :563„.
In essa si rispecchia l' intimità che correva tra il Gonzaga ed il
Nizzoli, e la pace degli studj, che egli, già vecchio, in Sabbioneta
godeva.
iilBiJOUUAKlA
!^t«^raiil (Aristide). In omaggio a Lazzaro Spallanzani nel centenari»^
cirlla sua morte. — Aiti e Memorie della R. Accademia delie scienze
(li Padova, voi. XV, disp. 3." (1899).
ì^fciniiiHiiii (K.ì. Andrea Bregno [di Osteno]. — laìirbudi dei Musri
Prussiani, XX, lasc. Ili, 1899.
ftilrolil (Aduli). Mortara und Novara. Kurze Darstellung des Feldzu-
ges 1849 in Italien mit besonderer Berùcksiehtigung dar Schlach-
ten von Mortara und Novara. — W i e n , Seidel u. Sohn, 1900, in-8,
pp. 76 ili.
* j^liihc^l (Bruno). Einige Relationcn iiber die Annada i588. — Mit-
ihcilitngeyt des Insiitttis fiir oesterreichische Gcschichtsforscìmng, Bd.
XX, Ileft 4 (1899).
Si elencano le relazioni a stampa coeve della catastrofe del-
VArmada. A p. 629, tra le traduzioni italiane, si nota Y opuscolo
edito dal Comin Ventura in Bergamo nel iSgS: Asserte Ragioni
d'incerto Inglese del mal' evento della poderosa Armata Spagnnola ne
i Mari d' Inghilterra l'anno MDLX XX Vili (in-4, 89 carte). Con de-
dica dello stampatore al conte Marc'Antonio Martinengo di Villa
Chiara. (Bergamo, 5 giugno 1598).
iPitiìekelberg (E. A.). Von dem bòsen Geist zu Appenzell. — Archives
suisscs des traditions populaires, a. Ili, fase. II. (Zurigo, 1899), p. 154.
Spiriti comparsi in una casa di Appenzell, dopo la visita fat-
tavi dal nunzio pontificio vescovo Bongmi di Vercelli. — In un
codice della Comunale di Lucerna, stanno dei versi del Bonomi in-
giuriosi per la città di Zurigo, scritti nel i58o al basso di una carta
geografica nel convento di Ittingen (cfr. Katalog der Biìrgerbihlio-
thek in Luzern, 1840, p. 52o).
Taraiìielli (A.), Stalli e mobili gotici nel Piemonte, — Arte italiana
decorativa, a. Vili, n. io, 1899.
Stalli del vecchio duomo di Asti di Baldino de Siirso da Pavia
(1477)-
— Esposizione d'arte sacra antica in Como. Con ili. — Emporiumy no-
vembre 1899.
— L'Esposizione d'arte sacra in Como. — Arte italiana decorativa, anno
Vili, 1899, n. IO.
Tasso (T.). Rime. Edizione critica su i mss. e le antiche stampe, a
cura di A. Solerti. Voi. III. — Bologna, Romagnoli-Dall'Acqua,
1900, in-8. (Pubbl. a cura della R. Commissione pei testi di lingua).
Tasso. — Vedi Canevari, De Vivo, Galilei, Gaudy, Rosalba.
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA IqS
Teilesclii (Paolo). Una lauda lombarda nel natale. (Pagina folklori-
stica). ~ Naiitra ed Arte, i5 febbrajo 1899, p. 178.
Toe<'0 (F.). Il processo dei Guglielmiti. Terza e quarta nota. — Reit-
dicoiìii R. Accadcniia dei Lincei, s. V, voi. Vili, fase. IX-X (1899).
Trivulzio. — Vedi BoUetiino, Jccklin.
Troncone (ing. E.). I cimelii di Volta. — Mouiiore tecnico, n. 18, 1899.
XHete.r (Louis). Un general de Farmée d'Italie, Sérurier (1742-1819Ì.
— Paris^ Berger-Levrault, 1899, in-8, pp. vii-38o.
* Vni«MÌèrc (Pierre de). Jean Barrillon et son Journal des sept pre-
mières années du regne de Franc^ois 1^'"". — Rtvtie dUiistoire diplo-
ììiaiiqite, n. 1, 1900.
Si segnala F interesse che il /owrwrt/ di Barillon (ora stampato^
2 voi. Paris, 1897-99) oftre per la campagna di Lombardia del i5i5,
l'introduzione in Francia del Concordato, la candidatura di Pran-
cesco I all'impero e le conferenze di Caiais del j52i.
* Vallardi. — Un secolo e mezzo di vita editoriale, 1750-1900. Ricordo
della ditta editrice Antonio Vallardi. — Milano, coi tipi dello
stabilimento dell'editore K. Vallardi, 1900, in-8 obi. ili,, pp. 38.
Opuscolo, elegantemente illustrato, in cui sono raccolte le vi;
cende della casa Vallardi a partire dal 1760 — da quando un Fran-
cesco Vallai di successe al suo congiunto Giulio Scaccia libra] o
di bel nome a quei tempi, che aveva bottega in Milano, sull' an-
golo della contrada di S. Margherita o dei Libraj e il vicolo del-
l'Aquila, — sino a tutto il 1899. Per un casette toccato al Vallardi
al tempo della Repubblica Cisalpina nel 1799, cfr. Giornale della
Libreria, n. 20, 1888.
Valer (d.'). Urkunden aus dem Mailànderarchiv aus. der Zeit der
Schlacht an der Calven. — Jahrbucii der " Neiien Bitndner Zeiimt^ „
prò 1900 (Chur, Sprecher und Valer, 1900), pp. i35-i56.
Valeri (Antonio). Goethe a Roma. — Roma, Società Dante Ali-
ghieri, editrice, 1900.
Contributo alla biografia del gran poeta tedesco ed al suo ro-
manzetto romano intrecciato con la " bella Milanese „ (1787), il di
cui nome sin' oggi sconosciuto, il Valeri ha scoperto. Ella si
chiamò Maddalena Riggi.
Vincoli (I.). Notice sur quelques jésuites qui se sont occupés du ta-
moul; le P. Beschi. — Revite de lingitistiqur et de philologie coni-
parie, gennajo 1900.
Arch. Star. Loi/iò. — Anno XXVII — Fase. XXV. 15
104
BllJMOOUAKlA
1)(] |). Hcsclii, tli Castiglione delle Stivici^ (j68o) s'era già
(UTupatu il Tcza (cir. Rendiconti Lincei, s. V, voi. Vili, fas» . VII-
VIII, 1899).
^irjrili»* — Barone (Giuseppe). Il dolore del Virgilio dantesco. —
Roma, K. Locschcr, in-8, pp. 60.
Agg. : Baktoli (Alfredo). La lingua e la metrica di Virgilio.
(Pistoja, F'iori, 1899, in-8, pp. i35); — Bellino (H.). Studicn tìber
die Compositionskunst Vergil's in der Aeneide (gr. in-8. Leipzij.,
Dieterich) ; — Combarieu (d.'' Jules). Fragments de l'Eneide en mu-
sique d'après un manuscrit inédit. Fac-similés phototypiques prc -
ccdés d'une introduction. (Paris, Picard, 1898, gr. in-8 ili.); — Ro-
Mizi (Augusto). Antologia omerica e virgiliana. 2.* ediz. (Torino,
Paravia, in-16) ; — Sabbadlni (Remigio). Il primitivo disegno del-
TEneide e la composizione dei libri I-III. (Torino, Loescher) ; —
Sabbadlni (R.). Il verso più difficile dell'Eneide, IV, 486 (in " Ri-
vista di filologia classica ,,, XXVIII, fase. I); — Schanz (M.). Die
Idee der ersten Ecloge Vergils (in " Rheinisches Mitseum „ N. F.
55 Bd., I Heft) ; — Walter (Fr.). Zur Textbehandlung und Autor-
frage des Aetna — (in " Bldffer fiir das Gymnasial Schuhvesen ,,^
XXXV, 5. [L'A. crede che sia un' opera giovanile di Virgilio]).
ViRciiLio. — Vedi Mustard.
Volta (prof. Alessandro, junior). Sull' opportunità di raccogliere in
una pubblicazione unica le opere sparse di Alessandro Volta. —
Como, tip. Bernardoni, 1899, in-8, pp. io. [" Atti del primo con-
gresso nazionale di elettricisti „].
Sopra una nuova lettera inedita di Alessandro Volta, [pubblicata
a cura del] padre Timoteo Bertelli. — Pavia, tip. fratelli Fusi,
1900^ in-8, pp. 14. Estr. dalla Rivista di fisica, matematica e scienze
naturali, fase, di gennajo 1900.
— e l'Accademia delle scienze di Parigi. — U Elettricista, a. VIII, n. 12.
(Roma, 1899).
— Tre ricordi delle feste volti ane. — Civiltà Ca/ZoZ/ra;, quad. 1 188 (1900).
Volta. — Vedi Ambrosoli, Maffi, Pellissier, Troncone.
Vossler (K.). Giuseppe Parini als Satiriker. — Bcilage dell' A llgc-
jneine Zeitung, n. 190, 1899.
Waiitcris. Ouelques mots sur André Vésale, ses ascendants, sa fa-
mille et sa demeure à Bruxelles, nommée la maison de Vésale.
— Mémoircs coitronnés pidA. par l\4cad. des scienccs de Belgique, t. 55
(1898).
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA Tf)D
^%''olf«>oii {A. M.). The Ballot, and other Forms of Voting in the Ita-
li an Cominunes. — T/ie American Historical Rcvicw, V, i.
J!;anieliclli (Domenico). Studi di storia costituzionale e politica del
risorgimento italiano. — Bologna, Zanichelli, 1900, in-i6.
Cfr. in ispecie: 8. Le poesie politiche di Giovanni Ber chef; 9. La
rivoluzione del icS'^à' e le poesie politiche di Giovanni Prati.
Ziiiiiuernianit (H.). Tranquillo Cremona. — Die Kunst=-Halle, 5
Jahrg., n. 6 e prec. (1899).
boccoli (C). Tre intelligenze alte. — La vita internazionale, 20 no-
vembre 1899.
Rosmini, Manzoni e Mazzini.
APPUNTI E NOTIZII
/^ Cronaca degli Istituti Scientifici Milanesi (i). — R. Archivio
di Staio in Milano, — Un recente dono di un egregio e benemerito
gentiluomo, il Conte Giorgio Dal Verme, ha arricchito 1' Archivio di
Stato, in Milano, di un pregevolis-iimo codice della Hisioria familia-
rum vetustanim et nobilium Mediolani, celebre compilazione delPeruditu
giureconsulto e genealogista milanese Raftaele Fagnani. È noto che
l'Ambrosiana, per lascito del Marchese Fagnani, morto nel 1840, ul-
timo di questo casato, possiede un codice della stessa Historia diviso
in 14 volumi, segnato " F. S. VII, 1-14 „ ; corredato di una appendice
di fogli volanti, codice in cui la massa generale del testo è tutta di
mano dell'autore e intramezzata di pezze originali di collaboratori e
di documenti allegati. Inoltre possiede l'Ambrosiana una bella copia,
di una mano del sec. XVII (segnatura citata), ma non completa, che
comprende la serie di famiglie registrate alfabeticamente dalla A alla /.
Il codice vermense, ora pervenuto all'Archivio di Stato, ha il vantag-
gio di offrire una trascrizione non soltanto autentica, perchè condotta
sotto gli occhi dell'autore, ma che rappresenta la redazione definitiva.
Le famiglie vi sono illustrate pure per ordine alfabetico, ma in serie
completa e dalla A alla Z, divise in 9grossissimi volumi in Ibi. grande;
la scrittura minuscola, nitidamente formata, tondeggiante, serrata, ele-
gante, di tipo che ancor risente dell'umanistico, tutta di una maniera
e di una mano; il testo assai corretto e collazionato, ritoccato e an-
(1) Sotto questo titolo iniziamo una nuova rubrica che sarà con-
tinuata nei prossimi fascicoli, e che terrà i nostri soci al corrente della
vita scientifica di cui è centro Milano. Né mancheremo di dare, pos-
sibilmente, notizie degli Istituti scientifici delle altre città della Lom-
bardia.
APPUNTI E notìzie iqj
notato di mano del Fagnani. Anzi l'autore ad autenticare palesemente
il codice aggiunse nel I volume due autografe attestazioni, 1' una sul
margine superiore della e. i, l'altra a e. 5, recto, quest'ultima contras-
segnata della tirma e del suggello dell'autore, aderente e impresso su
aizza, giusta il vecchio rito sigillare medievale. Il codice vermense, di
chiara e sicura lezione, licenziato dallo stesso autore, reca un non tra-
scurabile riscontro al testo del codice ambrosiano, il quale in varii
luoghi ha incertezze proprie dei dettati di primo getto, e non rare
lacune.
Pure dell'Archivio di Stato in Milano sono da accennare alcuni
nuovissimi lavori di ordinamento, che hanno rilevato alla portata de-
gli studiosi un prezioso materiale per Ja storia della prima età del
comune di Mantova e del torbido periodo della dominazione bona-
colsiana. Più di i5 mila pergamene, già ordinate apparentemqnte in
due serie cronologiche, distinte coi titoli Monastero di S. Beriedeito
di Poliroìic e di Pergamene varie mantovane, furono prese a riordi-
nare, ai primi di gennaio p. p., da due volonterosi e valorosi allievi
della R. Accademia scientifico-letteraria, i dottori Giuseppe Bonelli e
Giuseppe Vittani, i quali, seguendo sagacemente in quella massa ete-
rogenea ed arruffata la traccia di antiche segnature notate nel tergo
delle singole pergamene, ricostituirono varie importanti unità archi-
vistiche, di cui giova qui dare un sommario elenco :
iio5-i6i5: Monastero di S. Benedetto di Polirone (ciica2000 per-
gamene, non computate quelle dei secoli X e XI, da tempo parecchio
annesse al così detto Museo diplomatico, e note, con tal segnatura,
agli studiosi).
iiOD-i6oD. Convento di S. Giovanni Evangelista (circa 400 perg.).
1140-1670: Monasteri di S< Ruffino e di S. Chiara del Teieto (circa
2000 perg.).
i20D-i6oo: Convento di S. Agnese (circa 400 perg.).
] 255-1596. Monastero di S. Maria di Gradara (circa 100 perg.).
1290-1711: Monastero di S. Barnaba (circa i5oo perg.).
i3oo-i6od: Monastero di S. Maria del Monte Carmelo (circa 3oo
pergam.ene).
i36o-i655 : Chiese di S. Domenico e di S. Bartolomeo, de' Parati
Predicatori (circa 200 perg.).
1889-1681 : Monastero della SS. Trinità di Castelnuovo presso Man-
tova (circa 3oo perg.).
1450-1600: Monastero di S. Elisabetta (circa 100 perg.).
If)8 APPUNTI E NOTIZIE
\" hanno inoltr*' pjrioli fondi do' soppressi monasteri di S. Giro-
lamo, di S. Lucia^ di S. Nicola da Tolentino di Viadana (dal 1200 al
jóoo, più di 3oD perg.), e fondi privati delle faini'rTK' inantnvan<> Ali-
prandi, Averari, De Betto, Pavesi, ecc.
I)i alta iini)ortanza risultarono i fondi di S. Benedetto di Polirono,
(li S. Maria di Gradara e di S. Chiara del Teieto, ricchi di monumenti
del periodo anteriore alla signoria dei Gonzaga. Sono atti dei più an-
tichi Podestà illustranti i periodi di libero reggimento comunale o sog-
-gctti all'influenze dei da S. Bonifacio, dei da Este, dei da Correggio,
dei da Casaloldo, dei da Marcarla, dei Calorosi, da Saviola, dalla Ripa,
dei Zanicalli, Avvocati, Agnelli, ecc., e l'intero periodo del dominio di
Pinamonte Bonacolsi e de' suoi discendenti. Una serie d'atti testimo-
niali della metà del secolo XIII riguarda l'uso di saline in Chioggia di
ragione dell'Abbate di Polirono. Altri atti testimoniali del 1298 portano
luce sugli ultimi anni della signoria di Pinamonte, e sui contrasti che
la sua successione provocò fra i suoi figli, Bardellone e Tagino (1291-
1293). L'archivio privato di Anastasia da Coppa, relitta di Bardellone,
aggiunge notizie sulla fine di Bardellone, sull' unica sua figlia, Dalia,
Badessa del Teieto, e sugli avi di Anastasia, i da Coppa e i da Ro-
digo. E infiniti altri documenti illuminano in ogni parte e sotto ogni
aspetto la vita pubblica e privata di Mantova nel suo più oscuro pe-
riodo pregonzaghesco, e le origini e le vicende genealogiche delle sue
maggiori famiglie, non esclusa quella che, nei rapporti con Sordello,
richiama più viva la curiosità e le indagini, la famiglia de' condomini
di Coito, Visconti e Cattaui.
^\ Tra i preziosi cimeli onde s'inorgogliva la libreria Archinto
in Milano, a mezzo il secolo presente, si contavano alcune reliquie
della raccolta di manoscritti posseduta nel trecento da quel Bruzio
Visconti, figlio illegittimo di Luchino, non meno famoso nelle storie
del tempo per la perfidia sua che per l' amore agli studi ed alla poe-
sia, da lui non infelicemente coltivata. Codeste reliquie, che consiste-
vano negli esemplari di due opere dedicate dai loro autori al Visconti,
formano oggi ornamento della Nazionale di Parigi; e sono l'una un
codice del trattato De philosophia morali, composto da fra Luca de'
Mannelli ; l' altra un ms. d' un poema volgare di Bartolomeo di Bartoli
da Bologna sulle virtù e le scienze. Il libro del Mannelli va adorno
d'un frontispizio riccamente miniato, che dentro 12 niedaglioncini of-
APPUNTI E NOTIZIE IQQ
tre la veduta d'altrettante città sottoposte alla metà del sec. XIV al
dominio de' Visconti; ma il cod. di Bartolomeo lo supera di gran
lunga in pregio artistico, giacché esso è tutto arricchito da miniature
finissime, rappresentanti le virtù e le scienze. Una di queste minia-
ture fu riprodotta già dal Litta nelle Famiglie celebri d" Italia, to. VII,
Visconti di Milano, tav. XVIII; e sebbene l'incisione del Bramati
ne sia specchio infedele, serve tuttavia a provare di quale valore debba
stimarsi per la storia della miniatura italiana nel sec. XIV il prezioso
volume. Siamo dunque ben lieti di poter annunziare che l'intero co-
dice Paiigino già Archinto verrà ora pubblicato integralmente a fac-
simile per opera del valente ufficiale della Nazionale di Parigi, il ben
noto italianista prof. Leone Dorez.
/^ Fra le tesi di laurea ùqW Ecole d s C/m?'tes di Parigi, sostenute
il 29 gennajo scorso, notiamo quella di Leone Gauthier, Gli Ebrei e i
Lombardi nelle due Bor gogne; studio sul commercio del denaro nei
secoli XIII e XIV.
/^ Alessandro Luzio ha descritto nella Gazzetta di Mantova (7-8
agosto 1899), una caccia data nel 1459 in Firenze in onore del giovine
Galeazzo Maria Sforza, caccia nella quale figurarono anche dei leoni.
E di leoni mandati ai Fiorentini dal duca di Milano nel 1453 fece ri-
cordo il Magenta {Visconti e Sforza, l, 467) ed altri, donati da Lodo-
vico il Moro al marchese di Mantova nel 1492, citarono in questo
Archivio il Luzio per lo appunto ed il Renier (XVII, 1890, p. 346).
Nel 1462 già il re di Tunisi aveva mandato a donare a Francesco
Sforza cavalli, cani, falconi, un camello ed un leone {Ardi. Stor. Lom-
bardo, \Q-jS, p. 162 — Boll. Stor. Svizzero Ital., 1888, p. io5). A quel
leone, non troppo quieto, e che fu forse del numero di quelli spediti
nell'anno susseguente a Firenze, allude la seguente lettera diretta al
segr. ducale Cicco Simonetta {Arc/i. di Stato, Carteggio sforzesco).
Mag.^^ ac potens domine honorandissime. Aviso la M. V. come
ho fato fare la cassa per el liono et ho calchullata la spexa; gli è
bisogne cavagli {cavalli) duy per essa cassa con el leone et homini
duy per menare li cavagli, anchora uno cavallo per la persona mia
et uno famellio per curare esso leone; respetto a my in tuto sono
aparegiato. Jtem prego la M. V. voglia avisaie el Signore come el
leone scarpa lusso (l' uscio) de la camera et ho grande faticha a go-
vernarlo, onde me dubito non li corra qualche perichulo perchè eli' è
200 A I- l'I ^ Il I Nul l/ll
tanto posstnh. li m quanto la Segnoria sua lo voglia tcnirc, «^li
bixc)gno providcic di una catnera niazorf* et pyù Torte però che con
grandissimo inginio et periculo lo manozo. Prego la M. V. proveda
per modo habia prestissima expeditione et sapia unde bavere li di-
nari per le spexe. Non altro per questa, me rccomaiulo alla M. V.
Ex Mediolano XXIIJ Maj 1452.
Jtem se la M. V. li piacesse pyu una rossa <lia una altra a lanciata
mia di Fiorenza me offerisco a tare quello vi piace.
Ejusdem mag/''^ vestre
, fidelissiinits scrvifor
Bassianus de Putheo
cum rccomcndatione.
E di leoni da mandarsi oltre Bologna, fors' ancora a Firenze, nel
1467, è menzione in altra lettera dell' archivio milanese, da Giovanni
Giappano, sescalco ducale, diretta allo Sforza, da Milano ai 22 ottobre:
111. "IO Signore mio. Inteso apieno quanto Vostra Signoria mi ha
scripto circha la expeditione de Johanne petro Cacia: misse subito
tanti magistri ad lavoro, sì recamatori per far fare le coperte cum le
arme ducali, conio etiandio magistri da legname per far fare le gabbie
di leoni in modo che sabbato futuro, bavero ogni cosa in puncto circa
questo. Quanto specta dal canto mio, ho appresso continue cum istan-
tia solicitato li magistri per la recuperatione del dinaro per spaciare
dicto lohanne petro, pur usque nunc non gli vedo né principio de spa-
ciamento, né speranza de bavere spaciamento. Non cessare però che
cum istantia domane et laltro non soliciti dicti magistri per questa
expeditione: sene potrò bavere conclusione bene erit: caso che non,
ne avisarò vostra Sig."-^ o per dicto Johanne petro o per altra via.
Avisando essa Vostra Sig.^-i che ad mandare quisti leoni^ montarà
una grossa spesa, perché prima le gabbie serano molto grave perchè
le conviene fare ferme per la grossezza di leoni, et li leoni anche
sonno grossi, in modo che gli bisogna dui muUi a portarne uno in
modo de sbarra: et andare dui mulli in questa forma, per li passi
stretti che sono per le alpe non saria possibile se potessero voltare,
secundo che intendo da persone pratiche del paese. Et sarà necessario
da Pianoro in là, farli portare a braze da homini per diete montagne,
ove gli andarà molti buomini ad questo officio per la graveza de le
gabbie et de li animali, che pur sonno grandi. Siche la spesa montarà
assai, pur vederò de avantegiare circha questa spesa vostra Sig.'^ più
che me sarà possibile.
APPUNTI E NOTIZIE 20 1
/^ Tra i mss. in vendita a Lipsia (Catalogo O. Harrassowitz, n. 25o\
troviamo due commenti ad Aristotile. Il primo " super libro praedica-
mentorum arist. „ porta Texplicit: "Scriptum et fìnitum die ultimo
mensis Junij MCCCCXXV per me Antoninm de Magio de Novaria in
artibus Papiae studentem „. Anche il secondo " quaestiones Magistri
Meseni super II libro pyer. {sic: leggi Periermenias) Arist. „ porta la
medesima sottoscrizione colla data i3 giugno 1425 (prezzo : 20 marchi).
Dal medesimo antiquario è pure offerto un Seneca [Epistolantm ad
Lucilium libri XXL Senecae epitaplìiuin. Senecae et Pauli Apost. cpistolae),
cod. del sec. XV, in tbl. di 106 Ibi. membranaceo. Ha sul i.° foglio
un'iniziale in oro e colori miniata, col ritratto di Seneca, e nel testo
lettere in rosso. L'explicit "fine facta pia, laudetur virgo Maria,, è
seguito da un ex-libris di calligrafia posteriore:' "Iste epistole Pauli
et Senecae sunt Petri Gallarati et fratrum „. Probabilmente il codice
appartenne a Paolo e fratelli Gallarati, milanesi.
* ^ Il sig.»" Mirko Breyer ha raccolto sotto il titolo : Ncsto Gradje
sfarai hrvaiskoi hnjisevno-kultunioj povjesti (Kaizevac, tip. Neuberg,
1898, in-8, pp. 77) alcune notizie bibliografiche consacrate a fatti e
personaggi della Croazia e della Dalmazia. Vi è a notare un impor-
tante articolo sullo stampatore Bonino de Bonini (Dobrisa Dobric)
originario di Ragusa, che, nel secolo XV, esercitò l'arte sua a Venezia,
a Verona, a Brescia e da ultimo a Lione. L'*articolo si chiude colla
lista delle edizioni da lui datate. \Bibliographe moderne, novembre-di-
cembre 1899, p. 415 ].
^% Di lancilo Torriano, celebre meccanico ed orologiaio cremonese,
che Faniano Strada qualifica l'Archimede di quel tempo, e che, con-
dotto in Ispagna da Carlo V, v'inventò la macchina da cui a Toledo
l'acqua del Tago è sollevata fino alla cima dell'Alcazar, ha recente-
mente rinfrescata la memoria P. Galli nel Torrazzo di Cremona (nu-
mero 3, a. II).
Un particolare inedito che lo conceriTC ci è offerto dall' istrumcnto
notarile 28 maggio i55o, a rog. notajo Dionigi Allegranza seniore, di Mi-
lano che le concerne {Cod. Triv. n." 1824, fol. 811). Di quel giorno ed anno
sono i patti di Magister lanelliis de TorrianisjiL q.m domini Girardi, abit.
in Milano, a Porta Nuova, nella parrocchia di S. Benedetto, con i
quali promette di accettare in sua casa e istruire Sigismondo de Ba-
cilieri di Ferrara " ad adiscendum artem, et exercitium contìciendi
202 APPUNTI E NOTIZIE
" orologios, et ad laboraiuluiii in ai^Dtlicca ditti di.inini lantlli „. Che
il Torriaii" n. I i55o tenesse bottega in Milano non sembra constusso
finora.
^\ È sempre tema dei discorsi cittadini la costruzione del nuovo
palazzo postale di Milano. Non dispiacerà intendere che nelTa. i573;
quando per la morte di Tomaso Marini il suo palazzo decadde al fisco,
la Camera di Governo avesse pensato di collocarvi " la Gabella del
"sale, la zecca e la posta, 3 imprese regie, le quali ivi fossero unite,,.
I Gesuiti di S. Fedele, appoggiati dal Preposto di S. Maria della Scala
e dai Confratelli di S. Giovanni decollato, fecero opposizione a tal
impianto mostrando il " travaglio della zecca vicina,,, che avrebbe
dato del disturbo alla chiesa di S. Fedele per le funzioni. " E cosi dalla
" Camera si pensò a vercerlo e se ne cavò di prezzo più di So mila
"scudi,,. Tanto è esposto nel cod. 1717 (fol. 106 1.*^) della Triviilziana,
che contiene la storia annalistica della casa gesuitica in Milano.
^\ Nel giornale La Provincia, Il Corriere di Cremona, delSgcnnajo
1900 (a. XLII, n. 2), è degno di nota un articolo di F^der. Sacchi sul-
r " imminente distruzione d'affreschi di pennello cremonese „ a Lon»
dra. Si tratta di due grandi pitture a fresco, rappresentanti la Croci-
fissione e l'Ascensione di Cristo, che nel primo trentennio del secolo
presente furono eseguiti^ dal pittore cremonese Agostino Aglio per la
chiesa cattolica di S. Maria in Londra, la decorazione della quale
era stata affidata allo scultore milanese Comolli; l'uno, quale sfondo
pittorico all'aitar maggiore, l'altro come ornato centrale della vòlta
del tempio. La chiesa di S. Maria, che s'erge nel bel mezzo della
City, nel luogo detto Moordfields, non data che dal 1820; ma la sua
solidità era messa da un pezzo in forse della ferrovia sotterranea
metropolitana che le passa daccanto. Il Consiglio d'Amministrazione
del fondo ecclesiastico cattolico della diocesi di Westminster, ha quindi
deciso di venderla ad una società edilizia della City stessa per la
somma di 200,000 sterline (cinque milioni di lire). I fedeli avranno
d'ora innanzi un tempio più bello, più solido in una località più pro-
pizia alla preghiera; ma gli affreschi dell'Aglio dovranno invece pre-
cipitar al suolo insieme all'edificio di cui erano precipuo adornamento,
ove non si trovi il modo di salvarli trasporiandoli su tela; ciò che
forse verrà eseguito.
*^ Del Dizionario di abbreviature latine ed italiane (Milano, Hoe-
pli, 1899), fatica del socio d.'' Adriano Cappelli, è sotto stampa a-
1
APPUNTI E NOTIZIE 20D
Lipsia (editore il Weber) la traduzione tedesca, con aggiunte nel
lesto.
,/■;, Tra i nuovi cambi dell' Arcìiivìo notiamo la Rivista di storia
r.nfica e sciciizc ajliii diretta dal prof. Giacomo Tropea (Messina), e
le OucUcìi Ili ut Forsc/ìuiigcii aiis italicìiisclìcn Archiven unti Bibliotheken
pubblicate dall'Istituto storico prussiano di Roma. In quest'ultime,
oltre a lavori speciali intorno al vescovo Ninguarda, ai nunzi e car-
dinali Gonzaga e Capilupi, è abbondante la rubrica delle notizie con-
cernenti le pubblicazioni storiche italiane, e Y Archivio nostro vi è men-
zionato con lode.
^\ Delle Mitiìiciluìigrìì dell' Istituto storico austriaco è uscito utile
a notarsi, l'indice dei volumi XI-XX e suppl. III-V, curato da Ga-
spare Schwarzc.
/^ Annunciamo volontieri la comparsa delle nuove riviste di storia
e letteratura. Così abbiamo sott' occhio i primi due numeri della Ri-
vista ììiensile di lettere, di storia e d" arte diretta dal prof. A. F. Pava-
nello (Casalmaggiore, tip. Granata, 1900). Notevoli in essi gli articoli
di S. Pellini: "La sommossa di Milano del 20 aprile 1814 e la morte
del Trina secor.do un testimone oculare „ e " Giuseppe Trina alla Con-
sulta dei Cisalpini,,, Trattasi di una lettera del novarese Gaudenzio
Ciallone in Milano (20 aprile 1814) all' avv. Bianchini di Novara, e di
una relazione autografa dello sciagurato Ministro alla Municipalità di
Novara (Lione, 29 gennajo 1802), documento tìn qui sfuggito agii sto-
rici e che porge minuti ragguagli del Comizio di Lione.
/■^ Achille Neri e Ubaldo Mazzini c'inviano il i." fascicolo del
< iioniaìe storico e letterario della Liguria. E, si capisce, la risurre-
zione e (^ontinuazione di quel vecchio Giornale ligitstico anche oggi
hirgamente consultato e con vero profitto. Il Mazzini vi discorre de-
gli " Autori di due relazioni anonime di Genova „, e la seconda del
X\T secolo è identificata come lavoro del milanese Francesco Mar-
caldi, del quale 1' Avetta ebbe ad occuparsi già nel nostro Archivio
{1890).
/^ Rimasta interrotta, per la morte dell' illustre Ruggero Bonghi,
la pubblicazione delle Opere inedite o rare di Alessandro Manzoni^ da
lui diretta, il senatore Pietro Brambilla, erede dei manoscritti del
grande scrittore Milanese, affidò la cura di far conoscere al pubblico
204 APPUNTI E NOTIZIE
impaziente quanta ancora restava di inedito •> pcxo nolo di {.|ucl pre-
zioso patrimonio letterario, al chiar. signor cav. Giovanni Sforza, di-
rettore dell'Archivio di Stato di Massa, giù conosciuto per i suoi studi
manzoniani. Il cavalicr Sforza portò subito a line la stampa del V ed
ultimo volume delle Opere inediti' o rare, lasciato incompiuto dal Hon-
ghi : e diede principio a una nuova serie di Scritti postumi.
»I1 primo volume, ora uscito in luce, contiene la Lettera sul Roman-
ticismo, secondo il manoscritto autografo del 1828, con a fronte le cor-
rezioni che il Manzoni vi fece il 1871 ; la Risciacquatura in Arno dei
Promessi Sposi, cioè la prima, seconda, terza e quarta minuta dell' 7;^-
troduzione, e il testo di essa nelle due edizioni del 1825 e 1840, con
le correzioni autografe; \c parole e le frasi dialettali, frammento inedito
d'un discorso che doveva essere di corredo alla prima edizione del
Romanzo ; un Saggio delle correzioni ai Promessi Sposi, fatte dal Man-
zoni sulle bozze di stampa dell'edizione principe; le C(jrrczioni auto-
grafe ai Promessi Sposi, di G. B. Niccolini e di Gaetano Cloni ; la Let-
tera al Casanova sulle correzioni al Romanzo, secondo la prima mi-
nuta e nel testo definitivo; parole e frasi del popolo di P'irenze rac-
colte dal Manzoni, e suggerite a lui dall'Emilia Luti, dalla marchesa
Marianna Rinuccini Trivulzio e da altri toscani.
./^ Qualche tempo fa il socio prof. Serafino Ricci tenne alla Fa-
miglia Artistica in Milano una conferenza col titolo La Gipsoteca diarie
a Milano, per esporre un suo progetto, che fu accolto molto favore-
volmente, non solo dalla stampa cittadina, ma anche da altri giornali
e riviste, quali, p. e., il Fanfulla della Domenica e la Nuova Antologia.
Si tratterebbe di formare una raccolta di riproduzioni in gesso di
opere plastiche, prima greche e romane, e poi, in ordine di tempo,
cristiane, bisantine, medioevali e del Rinascimento, ordinate per scuole
e per artisti, e ravvivate da brevi note dichiarative e da molte foto-
grafie di confronto con altre opere d'arte. Questa Gipsoteca dovrebbe
supplire per la parte classica alla mancanza di capolavori antichi a
Milano, e completare, per la parte medioevale, la serie dei monu-
menti, specie dell'arte lombarda e gotica, che si ammirano nel Museo
archeologico, testé riordinato dalla benemerita Consulta archeologica
nel Castello Sforzesco. Un museo di tal genere, messo a disposizione
di chi insegna e di chi studia, dovrebbe mostrare 1' anima, per così
dire, delle varie epoche storiche nelle fasi evolutive dell'arte, giove-
1
APPUNTI E NOTIZIE 20D
rebbe non solo agli artisti e agli archeologi, ma anche agli studenti
delle Accademie e dei Licei della città, (quale complemento alla loro
coltura filologica, storica ed artistica, mentre sarebbe di decoro e di
vantaggio anche alla città, che, pur avendo molto culto per 1' arte,
manca di una tale istituzione.
Speriamo che la liberalità del Governo, del Comune e dei privati
conduca ad effetto, almeno in parte, l'iniziativa del prof. Ricci, inau-
gurando presto in Milano una sezione di questo grandioso Museo
plastico.
■\ 11 27 dicembre 1899 moriva in Viadana il socio Mons. Antonio
Parazzi, arciprete di quella località, in età d'anni 76. Dedicò tutta la
sua vita alla terra natia, che illustrò con parecchie pubblicazioni, prin-
cipali di esse quelle intorno alle Origini e vicende di Viadana e suo
distretto, e con la fondazione di un museo notevole per la raccolta
paleoetnologica. Dei lavori del defunto socio, in parte esaminati dal
nostro Archivio, e de' quali oggi la biblioteca sociale possiede la serie
completa per la cortesia dal cav. G. B. Intra, ecco la lista: Depositi
antestorici in VIiò Cremonese (in-8, Parma, Battei, 1890) ; La chiesa e la
torre di Fossa Caprara, Note archeologico-artistiche (in-12, Cremona,
Montaldi, 1892); Di Francesco Antonio Pinola, scultore in legno e in pla-
stica viadanese (in-8, Viadana, Reinagni, 1892); Siti corso antico dei fiumi
Po, Og/io e Addii nel distretto di Viadana, secondo le ultime ricerche
(in-8, Mantova, Mondovì, 1898); Origini e vicende di Viadana e suo di-
stretto (Mantova, Mondovì, 1893-1895-1899, 4 voi. in-8); La musica gre-
goriana risorta e un breve metodo per eseguirla (in-8, Firenze, Rassegna
Nazionale, 1894); Obbiezioni sul corso antico dell' Adda, Memoria (in-8,
Mantova, Mondovì, 1896); Statuti di Cicognara e atto di giuramento del
12/j integralmente edito (in-8, Cremona, tip. della Provincia, 1896). Per
più ampie necrologie del benemerito uomo rimandiamo alle com-
memorazioni del socio cav. G. B. Intra (Mantova, tip. della Gazzetta,
1900, in-8, pp. 14) e di G. Grabinsky nella Rassegna Nazionale, i6 feb-
])raio 1900.
■r II 21 febbraio 1900 altro socio defunto: il march. Norberto del
Mayno, che non mancò di fare il suo dovere nelle guerre dell'indi-
pendenza italiana.
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA
ELENCO DEI SOCIO
Patrono
S. M. IL RE.
Priìsidente Onorario
Calvi nob. dott. Felice
Presidenza
Novati dott. prof. Francesco, Presidente
Greppi nob. avv. Emanuele, Vice-Presidente
Vignati prof. comm. Cesare »
Ambrosoli ciott. cav. Solone, Consigliere
Malaguzzi Valeri conte Ippolito »
Seletti avv. cav. Emilio »
Visconti march. Carlo Ermes »
Motta ing. Emilio, Segretario
Calligaris prof. Giuseppe, Vice-Segretario
Carotti dott. cav. Giulio »
Nogara dott. Bartolomeo, Bibliotecario
S. M. IL RE UMBERTO I
S. M. LA REGINA MARGHERITA.
Adamoli ing. Giulio, senatore Albuzzi sac. Luigi
del Regno Ambrosoli dott. cav. Solone
Agnelli prof. Giovanni Annoni conte Aldo, sen. del
Albertoni nob. Muzio Luiui Re^no
■&'
(•') I segnati con asterisco sono soci fondatori.
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA
ÌO7
Ascoli prof. I. Graziadio, sen.
del Regno
Bagatti Valsecchi nob. Fausto
Bagatti Valsecchi nob. Giuseppe
Banfi rag. cav. Eugenio
*Barbiano di Belgioioso conte
Emilio
Barbò nob. Lodovico
Bazzero avv. cav. Carlo
Bellini avv. cav. Giuseppe
Bellocchio avv. Alessandro
Benaglia avv. comm. Demetrio
Benzoni march. Baldassare
Berenzi sac. prof. Angelo
Besozzi nob. dott. Paolo
Bignami Sorniani ing. cav.
Emilio
Bognetti dott. prof. Giovanni
Boito arch. comm. Camillo
Bolter rag. cav. Gaetano
Borromeo Arese contessa Elisa
Borromeo conte Febo
Bottini prof. Pietro
Bozzi rag. Marcello
Bozzoni cav. Francesco
Brambilla prof. dott. sac. Gio-
vanni
Brambilla comm. Pietro, sen.
del Regno
Brivio march-ese Giacomo
Butti prof. Attilio
Butturini Mattia
Buzzatti prof. Giulio Cesare
Gagnola nob. Giambattista
Gagnola nob. Guido, deputa-
to al Parlamento
Cairati ine. cav. Michele
Calligaris prof. Giuseppe
* Calvi nob. dott. Felice
Calvi nob. dott. Gerolamo
Cambiasi comm. Pompeo
Camozzi Vertova conte Giam-
battista, sen. del Regno
Capilupi ing. march. Alberto
Caporali dott. Vincenzo
Cappelli dott. Adriano, archiv.
Cardani rag. cav. Paolo
Carena conte Gian Giuseppe
Carnevali avv. Luigi
Carotti dott, cav. Giulio
Casali conte Giuseppe
Casanova nob. cav. Enrico
Casanova Giuseppe
Casati conte Alfonso
Casati conte Gabrio
Castelli avv. cav. Pompeo
Cavagna Sangiuliani conte An-
tonio
Cesa-Bianchi ing. arch. Paolo
Gian dott. prof. Vittorio
Cicogna conte Gianpietro
decotti prof. Ettore
Cipolla conte prof. Carlo
Cipollini prof. Antonio
Colombo prof. Elia
Colombo Guido, archivista
Comani prof. F. E.
Conti dott. Emilio, dep. al Par-
lamento
Conti Maggi Luisa
Cornaggia-Medici nob. Carlo
Ottavio
IO»
ATTI DELLA SOCIETÀ STOUICA LOMBARDA
(jcspi ilott. Attilio Luii^i
(ircspi comm. Cristoforo
Crivelli nnb. dei maivli. ca\.
Luigi
D'Adda nob. Carlo, sen. del
Regno
Da Ponte nob. Pietro
De Angeli comm. Ernesto, sen.
del Regnò
Decio dott. Carlo
De Herra nob. avv. Cesare
De Leva nob. cav. Massimiliano
Del Mayno nob. Cesare
De Mojana nob. cav. Alberto
De Simoni ing. Giovanni
Doniselli dott. Alfredo
Esengrini cap. cav. Luigi
Fé d'Ostiani nob. mons. Fran-
cesco Luigi
Ferrai prof. Luigi Alberto
Ferrari dott. prof. Vittorio
Fontana avv. comm. Leone
Foucault Daugnon conte Fran-
cesco
Franchetti cav. Giuseppe
Frisiani nob. dott. Carlo
Frizzi dott. cav. Lazzaro
Fumagalli Carlo
Fumagalli Francesco
Fumagalli prof. Giuseppe, bi-
bliotecario della Nazionale
di Milano
Gabba avv. Bassano , dep. al
Parlamento
Gaffuri cav. Paolo
Gallarati Giuseppe, archivista
G a Ila V resi Giuseppe
Galliani cav. Attilio
Garovaglio dott. cav. Alfonso
Gatti dott. Francesco
Gavazzi cav. Giuseppe
* Ghiotti Casnedi Luisa
(jhisi Enrico
Giachi arch. cav. Giovanni
*Giovio conte Giovanni
Giulini nob. Alessandro
Gnecchi cav. Ercole
Gnecchi cav. Francesco
Gonzaga principe Ferrante-
Gori nob. Pietro
* Greppi nob. Alessandro
Greppi nob. Antonio
Greppi nob. avv. Emanuele,
dep. al Parlamento
* Greppi conte comm. Giuseppe
Greppi nob. Lorenzo
Guastalla com.m. colonn. Enrico
Guerrieri Gonzaga march. Car-
lo, sen. del Regno
Hortis Attilio (Socio perpetuo)
Intra prof. cav. G. B.
*Labus avv. comm. Stefano
Lanzani dott. prof. Francesco
Lanzoni Giuseppe
Lattes dott. prof. Alessandro
Lattes prof. comm. Elia (Socio
perpetuo-benemerito)
Leone not. cav. Camillo (Socio
perpetuo)
Linati in^. Eugenio
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA
200
Luini nob. dott. Giuseppe
Lurani Cernuschi conte Fran-
cesco
Luzio dott. Alessandro, diret-
tore dell'Archivio di Stato
in Mantova
Maggi nob. avv. Giovanni
Magistretti canon, dott. Marco
Magistretti prof. Pietro
Majocchi prof. Rodolfo
Malaguzzi Valeri conte Fran-
cesco
Malaguzzi Valeri conte Ippo-
lito , direttore dell' Archivio
di Stato in Milano
Mapelli nob. Gerolamo
Marietti dott. Antonio
Marietti dott. Giuseppe
Martini prof. cav. Emidio, bi-
bliotecario dell'Università di
Napoli
*Massarani dott. comm. Tulio,
sen. del Regno
Mazzatinti dott. prof.Giuseppe
Melzi nob. Lodovico
Melzi d'Eril Giovanni, duca di
Lodi
Moretti prof. arch. Gaetano
Motta ing. Emilio
Nazzari Andrea
Negri dott. comm. Gaetano,
sen. del Regno
Negroni Prato Morosini con-
tessa Giuseppina
Nervegna cav. Giuseppe
Arck. Star. Lomb. — Anno XXVII. —
Nizzoli dott. Alessandro
Nodari mons. primic. Filippo
Nogara dott. Bartolomeo
Noseda cav. Aldo
Novati dott. prof. Francesco
Novati dott. Leandro
Odazio conte ing. Ernesto
Osio ten.-gener. nob. Egidio
Pellegrini dott. sac. Carlo
Pietrasanta prof. Pagano
Pio di Savoia princ. Giovanni
Pisa ing. Giulio
Pisani Dossi nob. comm. Al-
berto
* Ponti cav. Ettore
*Prinetti comm. Carlo, sen. del
Regno
*Pullè conte cav. Leopoldo, dep.
al Parlamento
Quajotto Luigi
Ramazzini dott. Amilcare
Ratti dott. sac. Achille
Redaelli dott. Carlo
Ragazzoni cav. Cesare
Renier prof. Rodolfo
Restori prof. Antonio
Rezzonico dott. comm. Antonio
Ricci prof. Serafino
Riva Giuseppe
Rocca-Saporiti march. Marcello
Rognoni avv. Camillo
Rolando dott. prof. Antonio
RoUone prof. Luigi
Romano prof. Giacinto
Ronchetti rag. Agostino
Fase. X.vV. 14
210
AMI i)i:lla società storica lombarda
Rosetti ing. Emilio
Rossi prof. Vittorio
Rubcrti cav. Ugo
Isotta sacerdote cav. Paolo
Rusconi avv. Rinaldo
Sala nob. Gerolamo
Salvadego nob. Giuseppe
Sant'Ambrogio dott. Diego
Sanvisenti dott. Bernardo
Savio prof. uff. Enrico
Scherillo dott. prof. Michele
Secco Suardo conte avv. Ge-
rolamo
Segafredo prof. Giacomo
Seletti avv. cav. Emilio
Seregni prof. Giovanni
Silvestri comm. Giovanni
'■•' Sola conte comm. Andrea, dep.
al Parlamento
Sola Spech contessa Amalia
Sommi de' marchesi Picenardi
comm. Guido
Soragna Melzi marchesa Luigia
Sormani Andreani conte Lo-
renzo
Sorniani Andreani Verri con-
tessa Carolina
Tassoni Estense dott. marchese
Alessandro
* Taverna conte comm. generale
Rinaldo, sen. del Regno
Thaon di Revel conte Geno-
va, generale, sen. del Regn
Tizzoni cav. Pietro
*Trivulzio principe Gian Gia-
como, sen. del Regno
Trivulzio march. Luigi Albe-
rico
* Trotti Bentivoglio march. Lo-
dovico, sen. del Regno
Vegezzi dott. Angelo
Venini Antonio
Verga dott. Ettore
Vergani dott. cav. Giovanni
Vignati comm. prof. Cesare
Vigoni nob. Giulio, sen. del
Regno
Vigoni nob. comm. Giuseppe
Villa Pernice donna Rachele
(Socia perpetua)
* Visconti marchese cav. Carlo
Ermes
Visconti di Modrone duca Gui-
do, sen. del Regno
Visconti Venosta march. Emi-
lio, sen. del Regno
Visconti Venosta nob. dott.-
comm. Giovanni
Vitali sacerdote comm. Luigi
Vittadini Gio. Battista
Volta nob. avv. Zanino
Zanardelli avv. comm. Giu-
seppe, deput. al Parlamento
Zanelli prof. Agostino
Zanzi dott. cav. Luigi
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA 211
Adiinan:{a Generale del 2S gennaio icfoo.
Presidenza del Presidente dott. F. Novati,
Alle ore 14, letto ed approvato il processo verbale della pre-
cedente Adunanza, 17 dicembre 1899, il nuovo Presidente, assu-
mendo le sue funzioni, inaugura la 100.''^ riunione sociale colle
seguenti parole :
Egregi Signori e Colleghi,
Ov' io misurassi alla stregua de' meriti miei, che son così
scarsi, l'altezza dell'ufficio al quale la benignità vostra s'è pia-
ciuta chiamarmi, che potrei fare se non rimanere esitante e con-
fuso, scorgendo come molti e molt' altri, benemeriti degli studi
che noi tutti coltiviamo, avrebbero a ben maggiore ragione po-
tuto venirmi preferiti? Ma cjuando mi soccorre al pensiero che
Voi, collocandomi in cotesto seggio, sul quale tanti preclari in-
gegni si sono succeduti, aveste più che altro nell'animo dì rico-
noscere e premiare, se così m'è lecito dire, l'alletto ond' io ho
sempre proseguito questo nostro Sodalizio, trovo in me stesso ar-
gomento non già ad esaltarmi, per fermo, bensì a riprendere
coraggio e speranza di non riuscire alla prova de' fatti troppo
indegno della fiducia, onde Voi mi foste tanto cortesi. E difatti
per la Società nostra io ho nudrito e nudrisco in cuore un attac-
camento sincero e profondo, alimentato non soltanto dalla lun-
ghezza del tempo trascorso, dacché mi toccò la sorte d' entrare,
gregario umile ma ardente, a farne parte (vent' anni e più di
tirocinio concedono un certo dritto a proclamarsi anziani, non è
egli vero, o Signori?); ma altresì da molte particolari circostanze
strettamente connesse alla mia modesta carriera di studioso. Nel-
V Arclii]io Storico Lombardo, periodico già fin dai suoi primordi
pregiato in Italia e fuori per severità di metodo e ricchezza di
documenti atti ad illustrare le vicende civili, letterarie ed artistiche
della nostra regione, vide la luce taluno de' mìei primi lavori di
storia lombarda, e più particolarmente cremonese; alla R. Depu-
tazione di Storia Patria per le antiche provincie e la Lombardia
l DELLA SOCILTX STCIWCA LOMBAHDA
m
io lui .i^^rcgato, or soii pur quattro lustri, per il benevolo inter-
vento dell' ottimo conte G. Porro-l.ambcrtenghi, che presiedeva
allora la Società nostra; nella redazione dell' ylrt'/j/i'/o stesso ebbi
luogo fin da quando per la morte di quel valentuomo, il seggio
presidenziale rimasto vacante, tornò ad esser occupato dal maj;-
giore tra quanti storici lombardi illustrarono il secolo che sta
per spirare: Cesare Gantù; più tardi infine, chiamato a far parte
del Consiglio di Presidenza, potei all'incremento delle discipline
a noi care dedicar anch' io la mia poca attività, accanto ad egrtgi
e valorosi colleghi, che tuttora sono ornamento e decoro delle
nostre assemblee.
Queste personali reminiscenze non vi sembrino, o Signori,
inopportune o superflue. Io le ho volute accennare solamente
perchè esse mi porgono il destro di riaffermarvi ancora una volta
quanto io vada lieto e superbo dell'amplissima testimonianza di
benevolenza e di stima che m'avete impartita: quanto tenace ed
incrollabile sia il proposito mio di far tutto quello che sarà in
mio potere, perchè la Società nostra proceda con passo sempre più
franco e spedito per la via finora battuta, mantenendo intatta
quella fama di serietà e di dottrina che ha saputo guadagnarsi
per tutto ciò che concerne alle storiche discipline, ed acquistando
sempre maggior credito, autorità e favore così in quest'elettis-
sima città, che ne fu la culla e ne sarà sempre la sede, come in
ogni altra parte della terra Lombarda.
Noi viviamo, o Signori, in un momento ben singolare sotto più
e più rispetti, in cui il bene ed il malesi contrastano con accani-
mento forse non mai prima vedutoli possesso dell'umana famiglia.
Accanto ad un fiorir mirabile d' ogni dottrina, s'appalesa un vio"-
lento, direi quasi, barbarico impulso d'odio contro la scienza; men-
tre taluni, sdegnosi dell'età presente, bramosi, come già il Petrarca,
di vivere co' trapassati, rievocano con riverente sollecitudine i
tempi che furono, e dalle memorie di essi traggono inesauribil
copia d'ammonimenti ed ammaestramenti per l'avvenire; altri
invece si sforzano di spezzare ogni vincolo che alle età remote ci
lega, ed in nome di non so quale loro scienza negligono e disde-
gnano quella che dall'antichità in poi e stata sempre riconosciuta
come la « scienza », per eccellenza, la guida sicura ed infallibile
dell'umanità sul cammino del progresso: la storia. Chi chiama fole,
superstizioni, vecchiumi ed errori tutto quanto costituisce il patri-
monio della nostra cultura, della nostra educazione intellettuale e
^civile, giusto è che ricusi di porgere l'orecchio alla vo:e della storia
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA 2l3
e se ne faccia bctfe. Pur fa mestieri fronteggiare questi novelli ico-
noclasti; ed a c'ò non si potrà riuscire se non alimentando sol-
lecitamente in cuore alle generazioni che sorgono il culto per il
passato, culto non superstizioso, ma sereno, scevro di passioni e
di pregiudizi, propugnatore di civiltà e di sapienza. A cotest'o-
pera salutare la Società Storica Lombarda ha sempre presa larga
parte: ed il mio più fervido voto si è questo che, anche per il
futuro, grazie ai nostri sforzi comuni, siffatta parte divenga sem-
pre più larga, più intensa, più sentita.
Viene in seguito data partecipazione della morte del socio
monsig. Antonio Paraci ài Viadana, che con tanta attività e
tanto amore illustrò la storia del luogo nativo, e vi fondò un
museo non trascurabile di paleoetnologia.
Si legge una nuova lettera della Società Storica Siciliana,
colla quale è richiesta la Società nostra di volere inoltrarle i
temi da lei proposti per l'imminente Congresso Storico Italiano
in Palermo (aprile 1900). I soci che avessero proposte da fare, sono
invitati a presentarle alla Presidenza.
Il d.'" Nogara, nuovo bibliotecario, rende conto dei libri do-
nati dai soci comm. Vignati, donna Rachele Villa-Pernice e prof.
Novati, e fa caldo appello ai soci presenti perchè vogliano con-
correre, coir omaggio di libri e di loro pubblicazioni, all'incre-
mento, assai desiderato, della biblioteca sociale, scarseggiante in
ispecial modo di vecchie opere di storia milanese e lombarda. Il
d/ Garovaglio promette di rispondere all'appello, avendo parecchi
doppioni dei desiderati libri, e il Presidente ne lo ringrazia in an-
ticipazione.
Presentato dal Cons. Seletti il Bilancio Consuntivo dell'anno
]8[)() colle relative pezze giustificative, esso viene demandato al-
l'esame dei Revisori, confermati per acclamazione nelle persone
dei sigg. d.*" A. Garovaglio, avv. G. Maggi e dJ G. Luvini.
È all'ordine del giorno la domitnda, regolarmente firmata da
dieci soci, e inoltrata dal cons. Ambrosoli, per la modificazione
21^. ATTI bKl.i.A >Oi.il.l A 7.ÌOKH.A I,UMliAKI)\
dell'articolo X dello Statuto nel senso che venga abolita la tassa
d'ingresso di L. io per i soci nuovi. Non essendo presente il nu-
mero di '3o soci, richiesto dallo Statuto, la votazione è riman-
data alla prossima riunione. Sull'epoca della medesima e sulle
modalità da adottarsi nel caso che la nuova adunanza andasse
deserta per difetto del numero legale, parlano i soci <.\J Kicci,
d."" Nogara, march. Visconti e ing. Bignami. 11 Presidente pro-
mette che la riunione si terrà il più presto possibile, presentato
che sia il rapporto dei revisori. In pari tempo comunica che è
nelle vedute del Consiglio direttivo di organizzare un corso di
conferenze storiche a profitto dei soci, che s'inaugurerà, appena
la stagione fattasi più mite, permetterà un miglior uso del locale
sociale, con quella del prof. Simoncelli, dell'Università di Pavia,
intorno al nuovo indirizzo dato alla storia ecclesiastica dal car-
dinal Baronio.
Passatosi alla votazione dei candidati, vengono ad unanimità
di voci accettati a soci i signori: Bognetti dott. prof. Giovanni,
Crespi dott. Attilio Luigi, Decio dott. Carlo, Ferrari dott. prof.
Vittorio, Malaguzzi-Valeri conte Francesco, Sanvisenti dott. Ber-
nardo, Scherillo prof. Michele, Silvestri comm. Giovanni e Tri-
vulzio march. Luigi, in Milano, Brambilla prof. dott. Giovanni
e Novati dott. Leandro, in Cremona, Galluri cav. Paolo in
Bergamo, Cipolla conte prof. Carlo e Lattes dott. prof. Alessan-
dro in Torino e Zanelli prof. Agostino, in Roma.
La seduta è levata alle ore 10^/2.
Il Presidente :
F. Nova TI.
// Segretario :
E. Motta.
SECONDA RELAZIONE SUI LAVORI INTRAPRESI
PER IL
REGESTO DIPLOMATICO VISCONTEO
DALLA COMMISSIONE A CIÒ NOMINATA(i)
(Relatore Prof. F. NOVATI)
Sig nori,
dal giorno in cui per incarico della Commissione da Voi designata
air ufficio di sovraintendere alla compilazione ed alla stampa del
Regesto Diplomatico Visconteo, io ebbi l'ambito onore di signi-
ficarvi succintamente quali fossero i nostri disegni, quali i mezzi,
onde intendevamo valerci per tradurli ad effetto, quali infine i
frutti delle investigazioni preliminari e de' primi assaggi, pochi
mesi sono trascorsi; essi non furono però davvero infecondi per la
nostra intrapresa. Molto invece si è fatto, ove alla brevità del
tempo si rivolga il pensiero, in cotest' intervallo; ma dell'ardore
raddoppiatosi, ove fosse possibile in noi, tutto il merito è vostro :
giacché la benevolenza e gli incoraggiamenti, de' quali ci foste
larghi fin dall' inizio, ci inanimarono e sostennero nel movere i
primi passi suU'ancor ignoto cammino.
Anche nel corso dell'anno che sta per spirare, e precisamente Esplorazione
nella stagione estiva ed autunnale, la Commissione giudicò con-
veniente affidare ai due giovani e solerti collaboratori, alle cui
di archivi italiani
eseguita
nello scorso
.uitiUHio ;
(i) Vedi quest' Archivio, a. XXVI, 1899, p. 217 sgg.
ir; 1.1 I I \ -. w , r r . . |-< MMI \ l.(.'MIJAI(l)A
linimenti cure era stata demandata i^ià l'esplorazione degli ar-
chivi dì Modena e di Lucca, un nuovo incarico: ^juello cioè di
tare oj^getto di studio altri depositi scientifici, non peranco ten-
I tati. Fu stabilito pertanto che il sig. Giuseppe Riva si recasse a
''"'^^""■'' visitare gli archivi di Stato di Pisa, Siena, Firenze, e, subordina-
^ taiiientc, anche i comunali d'Arezzo e di Pistoia; il dott. Gio-
t l'ist.-i.» ; vanni Seregni poi ebbe commissione di portarsi a Vicenza ed a
vial dott. Serenili ,. . ,, ,. .^. ... ^ . ...
Venezia, nelle quali citta già si sapeva per cortesi comunicazioni
Velici... conseguite da persone competenti che nelle biblioteche e negli ar-
chivi conscrvavasi una pregevole copia di documenti viscontei. Fln-
trambi i nostri consoci accolsero premurosamente V invito, e con
lodevole alacrità dentro lo spazio di tempo loro prefisso condus-
sero a compimento il lavoro assegnato, secondochè testificano le
accurate e ben nutrite Relazioni, che del loro viaggio hanno pre-
sentato alla Commissione, e che qui si pubblicano ad appagare
la legittima curiosità vostra e degli altri studiosi, i quali ne at-
tingeranno lumi parecchi sopra un cospicuo materiale archivi-
stico, rimasto sin qui pressoché sconosciu.to. La messe raccolta
dal Riva e dal Seregni è davvero assai ricca: si tratta di più che
mille trecento documenti, i quali vengono ad impinguare la silloge
nostra, pressoché tutti spettanti alla seconda metà del sec. XIV, e
concernenti a quel momento, che fu, senza dubbio il più glorioso
della storia viscontea, quando cioè il biscione vittorioso dilatava,
auspice Gian Galeazzo, il suo predominio sovra mezza V Italia.
dagini del Mcntrc qucsti due egrcgt cooperatori nostri attendevano a
compiere cosi sollecitamente l'ufficio loro, un altro egregio col-
di Stato di lega, il professore G. Calligaris, proseguiva dal canto suo lo spo-
glio delle varie « Categorie » dell' archivio di Stato di Torino,
dove sorridevagli la speranza di rintracciar roba che facesse per
noi. Né le sue lusinghe andarono fallite, giacché così dalla Cate-
goria Milanese^ Divisione Città e Ducato, come dall'altra Lettere
di pt^incipi forestieri. Divisione Milano, egli riuscì a spigolare
non pochi documenti viscontei, vuoi copiati a Milano, vuoi da
Milano trasportati nell'originale a Torino, in quel breve periodo
e
ic, come ri Hiltii
dalle
<cla/i(iiii loro.
fruttò
a cognizione di
pili clic I ^oo
11
lovi ilocumcnti
viscontei.
Altre
]->rof. Calligaris
iicir Archivio
'l'orino.
e noi
Civico di
S. Carpotoro.
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA 217
nel quale la città nostra fu occupata dalle truppe sarde, mentre
ferveva la guerra di successione al trono di Polonia (lySG). Il
prof. Calligaris, del resto, continuerà nelle prossime vacanze au-
tunnali r impreso spoglio; e non dispera di mettere le mani sopra
materiali più copiosi e più interessanti di quelli fin qui rinvenuti.
Anche nell' archivio civico milanese il nostro collega ha con-
tinuato le indagini già iniziate, spogliando (come altra volta di-
cemmo) sette volumi di sentenze di podestà di Milano, che ab-
bracciano un mezzo secolo, dal i385 al 1429. Ricchi di notizie
sulle funzioni della prima magistratura cittadina, sulla curia sua,
sull'amministrazione della giustizia, questi volumi non gli hanno
però ofl'erto che yin solo documento il quale giovi al nostro fine.
Più proficuo invece è stato 1' esame, cui il dott. Seregni ha sotto-
posti i registri del Tribunale di Provvisione e le Lettere Du-
cali, esame già cominciato tempo addietro, ed ora definitivamente
condotto a termine. A corredo di questo suo lavoro, il Seregni
ha compiuto altresì lo spoglio di due manoscritti, posseduti dalla
nostra Società, a cui pervennero per lascito del compianto socio
ragionier Formentini, i quali son copia, non integrale però, d'una
raccolta di lettere dirette tra il 1389 ed il 1396 ai magistrati mi- questo lavoro
1 • ì r^ • /-> 1 /A • • n -, 1^-^ spogliato poi
lanesi da uiovan Galeazzo. Questa copia, eseguita ranno i72òda due codici
Costanzo D' Adda, benemerito amatore di patrie memorie, ha for- posseUiui d^iii
nito al Seregni quasi un centinaio di documenti per il futuro
Regesto (1).
Da qiijsto
Archivio
il dott. Seregni
lia tratto pure in
luce
documeiiii.
a completar
Società di lettere
Anche com-iotta
a termine e
la copia
dell' Inventario
Rammentiamo per ultimo come il sacerdote Cervini dell'Am-
brosiana, al quale è stata affidata la trascrizione in apposite schede
del ricchissimo Inventario delle carte viscontee esistenti l'a. 1430
nel Castello di Pavia, sia giunto alla fine del suo lungo lavoro, Ambrosiano,
ed abbia consegnato alla Commissione le duemila e. più schede,
racchiudenti il transunto di diplomi, privilegi, ecc., emanati dai
(i) Vedi la Relazione che ci questo suo lavoro ha stesa il Seregni
o che pur essa vieii ora data alla luce (n. IV).
i8
ATII DICLl A SOCII 1 V STOKICA I.OMH A l< DA
signori di Milano per tutto il secolo XIV, la più parte ilc\jLiali
è andata, nelle traversie cui furono soggetti la libreria e V ar-
c!ii\io del C-nstcllo di Pavia, distrutta e dispersa.
Nuove
pratiche per lo
spoglio dei
1 Iterigli esisteni
ncll' Archivio
-urico Goiizag.i
Il vivissimo interesse col quale gli studiosi italiani e stranieri
hanno accolto l'iniziativa della nostra Società risulterà poi, a tacer
d' altri fatti, manifesto da quanto ora passo a dire. Già nella pre-
cedente Relazione s'era avvertito come il cav. Stefano Davari^
direttore dell' allora indipendente Archivio Storico Gonzaga di
Mantova, si fosse spontaneamente offerto di favorirci gli spogli di
tutti i documenti e delle lettere viscontee che quel preziosissimo
deposito racchiude. Ma varie ragioni d' indole personale avendo
poi dissuaso il cav. Davari dal mantenere 1' impegno cui erasì
sobbarcato, un altro valoroso ufficiale del R. Archivio di Stato
in Mantova, il sotto archivista sig. Ferruccio Partesotti, s' e di-
chiarato pronto a prenderne le veci. Di questo nobile e disinte-
ressato proposito del sig. Partesotti, il suo diretto superiore, il
iniziativa del ^Qtt. Alcssandro Luzio, alle cui sapienti cure entrambi gli ar-
Direttore "^
quell'Archivio chivì mantovani sono adesso affidati, ha voluto darci certezza
di Stato. colla lettera, che qui reputiamo opportuno trascrivere:
affidato
il si2. Partesotti
OnorJ^ Presidente della Società Storica Lombarda,
Mi pregio di assicurare che questa Direzione ha il più vivo de-
siderio di contribuire degnamente col copioso materiale mantovano
al Regesto diplomatico visconteo, iniziato da cotesta benemerita Società.
Lo spoglio ed il sunto dei documenti dell' Archivio Gonzaga sa-
ranno affidati ad un valente e solerte impiegato di quest'Archivio di
Stato, all'egregio sotto-archivista Ferruccio Partesotti, che (neson certo
e credo poterne rispondere) eseguirà il suo compito con piena soddi-
sfazione di codesta Società e degli studiosi.
Avverto però che sia per la mole grandissima del materiale man-
tovano, sia per il fatto che l'Archivio Gonzaga non fu ancora (in causa
d'uggiose difficoltà burocratiche) eftettivamente riunito all'Archivio di
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA
219
Stato, il lavoro del Regesto diplomatico visconteo non potrà essere in-
trapreso ed ultimato con tutta quella sollecitudine che sarebbe desi-
derabile.
Voglia Ella, intanto, on.'^ sig. Presidente, trasmettermi le istruzioni
che io passerò all'egregio sig. Partesotti ; ed Ella mi abbia con parti-
colar stima ed ossequio.
Mantova, i3 febbraio 1900.
dev.'iio
A. Luzio.
Un altr'Archivio, resplorazione del quale stava grandemente
a cuore della Commissione, che non si dissimulava però le diffi-
coltà assai gravi le quali si opponevano all'effettuazione dei de-
sideri suoi, era quello comunale di Reggio Emilia. Della ragio-
nevolezza di queste nostre aspirazioni voi potrete agevolmente
persuadervi, o Signori, quand' io vi dirò che in queir Archivio,
che fu con tanta paziente sagacia non semplicemente ordinato,
ma addirittura creato dal suo primo e benemerito direttore, il
nostro collega conte Ippolito Malaguzzi, e che ora si trova affi-
dato allo zelo del cav. A. Catelani; esiste una preziosissima serie
di documenti originali viscontei, spettanti pressoché tutti a quel
trentennio, durante il quale la piccola ma fiera città Emiliana si
piegò al giogo della vipera milanese: dal iSyi cioè fino al 1404
circa. Non meno pregevole che per l' indole è questo ammasso di
documenti rilevanti per il numero, giacché, a tacere delle carte
appartenenti a tempi anteriori, quelle che si riferiscono al reggi-
mento di Bernabò e di Gian Galeazzo Visconti assommano a due-
mila circa.
Facile è il comprendere, o Signori, come tanta ricchezza al-
lettasse insieme ed impaurisse la Commissione. Ed ecco un egre-
gio studioso, il dott. F. E. Comani, insegnante di storia nel Regio
Liceo ài Reggio, avuta notizia dalla prima nostra Relazione dei
disegni della Società, farsi innanzi ad offrirci spontaneo la sua
L'esplorazione
dell' Archivio
comunale
di
Re2:sJ;io Emilia
ricchissimo di
materiali
imiiortaiiti.
.USSUlUA
dal prof.
F. V. Conni
•221) ATM M.l.lA SUCll.lA STOHICA I.OMI{Aia»A
cfticacc collaborazione. Accordatosi con noi, nell'occasione di ima
nostra corsa a Rci^gio, egli si accinse subito al lavoro, e nella
Relazione testé inviataci e della quale reputiamo opportuno met-
tere qui in luce il testo (n. II), diede ragguagli sommari sì, ma
precisi sopra l'amplissimo materiale, che verrà man mano tran-
suntando in prò del nostro Repertorio.
Ove si consideri adesso, Signori, che così il prol. (.omuni,
come il sig. Partcsotti, al pari de' consoci nostri Calligaris, Riva,
Seregni, sono mossi ad assumere codesti lavori, non meno lunghi
che faticosi, dall'unico, nobilissimo desiderio di giovare agli studi
storici, favorendo l'impresa a cui abbiamo posto mano; la So-
cietà nostra non potrà che rallegrarsi con sé stessa d' aver mercè
la sua iniziativa e l'aiuto d'un suo generoso fautore, eccitata una
tanto degna e feconda gara d' indagini dintorno a quel periodo,
che se non può forse dirsi il più glorioso, è certo il più importante
dùWa storia di Milano e della dinastia che delia città nostra resso
per due secoli circa i destini. Il giorno, che oramai non ci sem-
bra più tanto lontano, nel quale l' ingente mole dei documenti
usciti dalla cancelleria viscontea ne' secoli XIII e XIV ritornerà,
diligentemente discussa e vagliata, alla luce, dinanzi all' immenso
contributo di ragguagli sconosciuti e preziosi che ne deriveranno
per la storia politica, civile, religiosa, economica di tutta l'Italia,
per la genealogia delle più insigni casate lombarde, per la geo-
grafia, la topografia e la toponomastica regionali, la Società Sto-
rica Lombarda poirà davvero con un sentimento di giusto orgo-
glio applicare a se medesima le parole del poeta latino:
Exegi monumentum aere perenni us
Regalique situ pyraniidum altius,
Ouod non imber edax, non Aquilo impotens
Possit diruere, aut innumerabilis
Annorum series et fuga temporum. ,
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA 221
ALLEGATO L
Prime informazioni sui documenti viscontei
del r. Archivio di Stato in Reggio d' Emilia
Lettera del prof. F. E. COMANI
iill' on. Commissione pel Repertorio Diplomatico Visconteo
Oliar. Commiss, pel Repertorio Diplomatico Visconteo,
dacché mi fu partecipato per mezzo dell'illustre sig. prof. F. Novati^
che codesta on. Comanissione gradiva la mia offerta di spogliare i
fondi viscontei del r. Archivio di Stato in Reggio d'Emilia (e fu nel
luglio p. p.)., mi posi air opera ed impiegai in questo lavoro tutte
le ore lasciatemi libere dalle mie occupazioni. Ma tanto grande è il
numero dei documenti e di tal natura le difficoltà di farne un inven-
tario, il quale non sia un'abborracciatura (difficoltà su cui tornerò nel
corso di questa mia informazione), che, sebbene io abbia già fatto il
sunto di 879 veri e propri documenti viscontei e d'un centinaio di
lettere ed atti di ufficiali del governo visconteo (non compresi fra
questi il podestà, né gli ufficiali della sua curia, né quelli propri del
Comune), devo tuttavia astenermi per breve tempo ancora"" dal fare
una vera e propria relazione, come quelle che poterono presentare i
signori Riva e prof. Seregni ; e devo contenermi invece entro i limiti
d'una prima informazione. Confido tuttavia di aver fatto quanto era
possibile perché questa informazione non riuscisse troppo gcneric?,
anzi sufficiente a dare a codesta on. Commissione un'idea esatta della
natura e dell' importanza del l'ondo visconteo depositato in quest'ar-
chivio.
SITI DEf-LA SOCIETÀ STOKICA LOMBARDA
.Uk
l<(^-ii> iieirEinilia, venduta con solenne stiuiiìonto (i) da l*'< Itiiiio
dei Gonzaga a Bernabò Visconti nel 1871, non recalcitio alla nuova do-
uMut,. niinazione; e dopo aver obbedito a Bernabò, obbedì a Giangaleazzo
V per qualche anno al suo immediato successore. Sebbene però l'atto
di vendita inchiudesse l'intero episcopato reggiano, non pochi signori
dei contado preferirono l'amicizia estense alla sudditanza viscontea
o tennero un contegno sospetto ed incostante; fra i quali notiamo i
signori di Correggio, divisi essi medesimi Ira i due partiti estense
e visconteo; ma poco lìdi ad ogni modo, anche quando erano amici (2).
Se si aggiunga poi che le terre del Reggiano furono teatro più volte
delle guerre viscontee e più spesso ancora furono attraversate da mi-
lizie (ciò che portava sempre una lunga e minuziosa corrispondenza
fra il governo ed il Reggimento), da tutte queste considerazioni ap-
pare chiarissimo l'interesse non piccolo che presentano le ricerche
nell'archivio reggiano.
Le prime ricerche naturalmente si rivolgono a rintracciare docu-
menti viscontei anteriori al dominio. Ma se qui possono trovarsi al-
cuni decreti dei predecessori di Bernabò comunicati da costui o dai
suoi successori, pochissimi sono invece i documenti veri e propri da
loro medesimi spediti (3). La ricchezza incomincia veramente coll'e-
poca di Bernabò e, se fosse lecito dire così, diventa sovrabbondanza
nei diciasette anni del governo di Giangaleazzo. La mirabile conser-
vazione di serie voluminose e continuate, già notata in questo archi-
vio dal Bonaini, è ancora più evidente dopo il riordinamento del
Livi (4). I documenti statuali, amministrativi e militari d' un intero
(1) Archivio di Reggio, Capitoli. Serie crono/, di documenti:
1871, maggio 17 (copia autentica in pergamena del secolo XIV).
(2) TiRABoscHi, Memorie storiche modenesi (Modena, 1794-5), III,
pp. 5o sgg., V, 52 sgg.
(3) Fin qui ne ho contati due dell'arcivescovo Giovanni (Capitoli.
Liber grossiis antiqmts, e. 408: 2 lettere del i35i^ maggio 9; i352, ot-
tobre 25; ripetute nella serie Estimo: Copie di documenti relativi al-
l\siimo, carta 2 r.), uno di Luchino e Giovanni (1346, giugno 9, E s t i-
m o : ibid., carta 2 tergo) uno di Bernabò e Galeazzo II (i354, ottobre 6,
ibid., carta 2 tergo) ed uno di Galeazzo II del i36i (Ospedale di Santa
Maria Nuova). In tutto cinque.
(4) Livi, L'archivio municipale di Reggio neW Emilia (Reggio, 1877).
Cfr. le sue correzioni al Bonaini, Gli archivi delle Provincie deW Emilia
(Firenze, 1861), a pp. 6-7 dell' opuscolo.
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA
223
trentennio di quel governo visconteo, la cui instancabile e multiforme
attività desta sempre più V ammirazione degli storici, si conservano
qui in tal numero che ci è dato seguire per interi anni il corso degli
affari e l'opera del governo in modo da non poter desiderare di più.
Il carteggio di Giangaleazzo col Reggimento (podestà, capitano ed altri
ufficip.li governativi) si conserva per la massima parte e, ciò che ne
aumenta l'interesse, negli originali. A fianco di lunghe filze di lettere
di stato stanno ancora perfino le frequenti commissioni di " canes
leporarios, noctuas et useletos qui sciant bene et dulciter canere „,
ossequiosamente conservate dai Podestà. Per tal modo, fra documenti
importanti e curiose inezie, il mio spoglio fino a questo momento mi
dà ^44 documenti originali usciti dalla cancelleria viscontea negli anni
ijSj-jjcfO, più un centinaio di letiere provenienti dai diversi ufficiali
del governo, sia dagli ufficiali generali di Milano, sia da quelli residenti
in Parma con giurisdizione sopra Reggio, e particolarmente dal refe-
rendario che era comune alle due città. La serie dei Registri di de-
creti e lettere viene poi in sussidio al Carteggio, e diversi altri Regi-
stri d' altre serie colmano le lacune che si trovano nei Registri delle
lettere ricevute dagli Anziani del Comune; cosicché ai 644 documenti
sopraccennati già ne posso aggiungere altri 3o2 conservati soltanto in
copia. E si noti che il mio spoglio non s'è esteso oltre la metà di que-
ste ricchissime serie.
Tale abbondanza spiegherà alla Commissione il tempo impiegato Caus
nello spoglio. Ma è necessario che io la informi anche di un'altra cir-
costanza che, non solo rende più lungo il mio lavoro, ma impedisce
un inventario e può rendere le ricerche stesse in questo archivio un
poco difficili. Questa è la straordinaria frequenza di duplicati e tripli-
cati d'uno stesso documento, difficili dà riconoscersi; la qual cosa ac-
cade per tre motivi : i.° La serie dei Registri delle lettere e dei decreti
corre per molti anni parallela a quella del Carteggio del Reggimento;
ma i Registri non conservano l'ordine cronologico, sia perchè d' ordina-
rio le lettere vi fossero registrate secondo l'ordine di presentazione, sia
perchè (almeno in certi casi) ragioni speciali facevano anteporre o
posporre lettere giudicate più urgenti di altre o tenute da parte fino
all'arrivo d'un' altra sullo stesso argomento. 2.° I registri non sono
tutti propriamente libri destinati a copiarvi le lettere di mano in
mano; alcuni sono vere e proprie collezioni di lettere, decreti, ordini.
che rallentano
la ricerca.
324
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA
rescritti, gride relative ad un determinato argomento. In questo caso
l'ordine cronologico non è quasi affatto rispettato e le date stesse
apposte modernamente all'esterno di codesti libri traggono in inganno;
perchè in generale chi ve le appose non avvertì la natura del libro,
non badò che alla prima ed all'ultima data e trascurò quelle dei do-
cumenti intermedi, spesso anteriori al primo o posteriori all'ultiir^p.
3.° Alcuni registri furono formati legando insieme quaderni di diversi
registri sincroni ; e quindi vi si trovano più volte le stesse lettere (i).
In tali condizioni non v'è memoria ferrea od espediente che aiuti a
riconoscere subito i duplicati e triplicati, tranne quello di fare uno
spoglio preliminare succinto, ma esattissimo, d'una serie, indi proce-
dere allo spoglio d'un'altra, confrontando continuamente i due spogli
e rimandando l'inventario alla fine del lento e faticoso lavoro. Che
varrebbe infatti il dire che una serie si compone di 200 documenti,
quando fossero tutti duplicati di altri contenuti in altre serie ? Per
non accumulare delle cifre statistiche così inutili, io ho incominciato
un piccolo regesto italiano in attesa delle istruzioni pel regesto latino
e compiuto che la Commissione desidera; e le mie schede mi servono
per i continui e necessari confronti. Il lavoro esige tempo e fatica.
Nulla purtroppo vi è nell'archivio già preparato per rendere più celere
un simile lavoro. Malgrado la solerzia dei diversi archivisti, la dot-
trina e la squisita cortesia dell'attuale reggente sig. prof. cav. A. Ca-
telani, la massima parte di quei sussidi, di cui lamentava la mancanza
il Livi nel 1877, fanno ancora difetto; e lo studioso se ne accorge. Il
(i) Darò alcuni esempì i quali dimostrano all' evidenza la neces-
sità di leggere i Carteggi ed i Registri da capo a fondo, fin da quando
se ne fa un primo esame. Il Registro ij'ji-ij'j2 (che, per giunta, è
chiamato Registro di Provvigioni perchè ne contiene alcune, ma in
realtà è un registro di lettere) si compone di almeno tre parti, mala-
mente riunite da un legatore. La i.^ è registro vero e proprio; la 2.*
un liber cridarum; la 3.^ parte è un frammento di registro sincrono
a quello della i.* parte, ma contenente anche documenti che nella i.^
parte non sono registrati. Un vero pazientino, come si vede! — Un
registro, chiamato del 1402-1404, contiene a carte loi una lettera
del 1396; un altro, segnato 1401-1404, ne contiene anche del 1389 ed
è una raccolta di ordini sulla milizia. — Questi esempi mostrano pure
che non si è finito lo spoglio, quando s'è giunti alle filze od alle pa-
gine in cui trovasi la data 1402; e che soltanto verificando coi propri
occhi in tutte le serie, anche ritenute posteriori al periodo da stu-
diarsi, può acquistarsi una relativa certezza di aver esauriti i docu-
menti viscontei.
ATTI DELLA SOC.ILTA STORICA LOMBARDA
Liber grossus antiqiiiis o liber " Pax Constantiae „ manca tuttavia di un
indice adatto; e poiché si compone di parti non omogenee, scritte in
varie epoche, riunite in un solo volume senz' ordine (almeno appa-
rente) ed i documenti si succedono senza rispetto alla cronologia,
ogni studioso che vuol fare una ricerca deve scorrerlo tutto. Io, che
sono stato tra i fortunati, vi ho rinvenuto, dopo aver esaminate at-
tentamente 4o3 carte, un atto scritto sulla 403."* in cui sono inserite
due lettere dell'arcivescovo Giovanni Visconti! La serie dei Capitoli,
a cui appartiene il Liber grossus, presenta pure l'altro inconveniente
che le copertine, in cui sono raccolti i documenti, portano semplice-
mente una data o due, delle quali non ci si può assolutamente fidare ;
non già perchè siano inesatte, ma perchè si riferiscono ad uno o due
documenti, non a tutti quelli che si trovano in un quaderno o foglio^
Anche qui bisogna leggere tutto per giudicare da sé.
Prima di venire ai risultati statistici del mio spoglio, mi sia le- Qiùstione
cito accennare ancora ad una circostanza, che avrà certamente già cronoio-.c-i.
occupata codesta Commissione e che rende qui certe volte facile l'er-
rore. L' ordinatore dei documenti reggiani non tenne conto dell' uso
che aveva la cancelleria di Milano, di datare i suoi documenti a na-
iivitate (i); quindi i documenti 25-3i dicembre d'ogni anno sono col-
locati insieme a quelli dell'anno successivo, anzi in coda al medesimo,
mentre secondo lo stile comune dovrebbero essere collocati in coda
all' anno antecedente a quello che portano segnato nella datazione
appostavi dalla cancelleria milanese. La direzione dell'Archivio ora
ha le sue buone ragioni per non cambiar loro di posto ; ma nel re-
pertorio che codesta Commissione intende di pubblicare, desidera
essa che i documenti siano iscritti sotto l'anno al quale le filze del-
l'archivio si riferiscono erroneamente, o sotto l'anno al quale vera-
mente i documenti appartengono secondo lo siile comune ?
E finalmente mi sia permesso di sollevare un dubbio a proposito
Osserv.izio'.'.c
dei decreti viscontei, che qui si trovano in grandissimo numero (2). sui Jccroj
(i) I documenti reggiani parlano da se. Del resto vedi Paoli, Pa-
leografia diplomatica (Firenze, 1900), III, 173,
(2) È degno d'essere segnalato il Registro di decreti, che già formò
un bel volume ed ora è squinternato, privo di copertina e di due
Arch. Star. Lomò. -'Anno XXVII. — Fase. XXV. i;
V degli
«pogli fatti.
220 AITI m.l.l.X >ui ILI \ >Jul<li.A LO.MHAIUJA
11) buon numero di decreti viscontei sono già a stampa. Intendi'
Ton. Commissione di incaricare un solo collaboratore di spogliare li-
collezioni stampate e di aggiungere alle nostre schede le indicazioni
relative; oppure devo io stesso verificare quali decreti siano a stampa?
Mi permetto di far osservare che alcune di codeste stampe sono piut-
tosto rare, e che non mi sarà facile averle presso di ine tutto il tempi»
necessario.
Vengo ora alle notizie statistiche.
La parte storica del r. Archivio di Stato di Reggio nell' Emilia
si compone delle parti seguenti :
Archivio comunale ordinato
Archivio delle opere pie quasi del tutto ordinato
Archivio giudiziario ordinato
Archivio Turri da ordinarsi
I miei spogli, limitati finora ad una parte dell' ARCHIVIO CO-
MUNALE, hanno dato i seguenti risultati dopo latta l'eliminazione
dei duplicati e triplicati:
ClassieSerie Numero dei
documenti viscontei
CAPITOLI
Liber grossus antiquus 2
[ lettere 7
Serie cronologica di documenti ) atti
( diversi 4
CARTEGGI
Carteggio del Reggimento i385-i390 544
A riportarsi 557
carte intermedie. È di bella scrittura, su pergamena. Contiene 172
documenti fra decreti e lettere accompagnatorie. Pare una raccolta,
piuttosto che un libro in cui si registrassero di mano in mano i nuovi
decreti. È pure da studiarsi lo Statuto del IJ92 riformato per volontà
di Giangaleazzo. C'è anche uno Statuto del ijji di Bernabò Visconti ;
ma è il risultato d' un lavoro di revisione già compiuto sotto i Gon-
zaga e pubblicato al principio della signoria di Bernabò.
4
ATTI BELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA
Riporto SSy
Registri di lettere e decreti :
Registri propriamente detti ijy I-I j88 iSo
Registro di decreti di Giangaìeazzo fino al ij^J . . . 172
ESTIMO
Copie di documenti relativi all'estimo
DAZI, GABELLE E BENI
Statuti dei dazi e gabelle del Comune (i3ii-i4i5):
Statata datioruni civitatis Rcgij ijSS 16
Statata datioruiìi et gahcUarimi ijjó 1 (i)
MAGISTRATO DELLE SCUOLE
Carte varie relative alle pubbliche scuole i
Totale 879
Nelle altre classi e serie furono fatti assaggi e da me e dal cor-
tese sig. Reggente dell'Archivio. Questi assaggi m'indussero nella
convinzione che un lunghissimo lavoro sarà necessario per potersi
accertare quali siano le serie dell' età viscontea che non contengano
almeno m e n z i o n e di documenti viscontei. Noterò che la ricchis-
sima raccolta dell' Ospedale di S. Maria Nuova, ancora disordinata, offre
subito a portata di mano un atto di Galeazzo II Visconti ; e che nella
Caria del Podestà, la quale comprende 82 volumi ed una grossissima
rilza di quest'epoca, è certo che devonsi trovare notizie di documenti
visc(i^itei, anche perchè in un volumetto di Attif citazioni, proclami,
(•ondami', preso a caso, trovai subito menzione di due lettere di
Giangaìeazzo.
Ciò premesso, posso affermare che un buon numero di documenti
viscontei trovasi ancora nelle seguenti serie:
Ri
sultato
degli
i assag^n
a' al
tre serie.
(i) A tergo dell'ultima carta. È di Carlo Visconti, 1872, marzo 5.
TTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBAUDA
CARTEGGI
Carteggio del Reggimento 1391-J403; in(>lt() ricco.
Registri di decreti e lettre j385-i389; iSqo (un solo quaderno),
1891-96; 1401-1404, j 402-1404 (1); quaderno detto degli anni 1392-1899,
che in realtà va dai i385 al 1400. La maggior parte delle lettere tra-
scritte in questi registri sono viscontee.
Carteggio degli Anziani.- È una raccolta molto più povera del Car-
teggio del Reggimento, ma darà un certo numero di documenti.
CONSIGLI
Provvigioni degli Anziani 1889-1402.
Provvigioni dei Magistrati sulle entrate. Un ricchissimo registro di
questa serie, supplisce in parte alla mancanza dei Registri delle let-
tere e del carteggio degli anni 1872-1375; altri ancora contengono
molte copie di lettere.
MAGISTRATO DELLA GUERRA
Ordinamento circa la milizia sotto i Visconti. Un volumetto di or-
dini e lettere.
STATUTI
Statato del IJ92 riformato per ordine di Giangaleazzo.
Statuti diversi con copie di lettere e decreti viscontei (2)
GRIDE
Raccolta di gride dal ijij in poi (3).
(1) Su questi registri vedi p. 224, nota i.
(2) Sul registro dei decreti fino il 1897 vedi sopra a pag. 2r5, nota i,
(8) Del Liber cridaritm ho detto a pag. 224, nota t.
ATTI DELLA SOCIETÀ STORILA LOMBARDA
sul numero
:i Jncuniciiti
CURIA DEL PODESTÀ
Coìi-ìaìììU', Jìiquisiziom criminali, Atti e processi civili r criuiiiiali ,
Minute if atti, citazioni, ecc.
Dagli inventari dell'Archivio è poi lecito dedurre che altre serie, ipote
le quali sarebbe troppo lungo T enumerare, possano dare altri contri-
buti al Repertorio diplomatico visconteo. Per ora si può assicurare
che il numero totale dei documenti viscontei dell'Archivio reggiano
non sarà inferiore ai due mila.
Fra qualche tempo sarò in grado di dare particolareggiate noti-
zie su tutte le serie qui appena accennate e di presentare una rela-
zione, la cjuale potrà essere accompagnata da notizie interessanti sopra
certe pratiche della Cancelleria viscontea. Spero inoltre che la messe
dei documenti venga arricchita da ricerche negli archivi Vescovile e
Capitolare di Reggio, e torse nei Comunali di Correggio e Novellara.
E per ora, augurandomi che queste prime informazioni incontrino
la benevolenza dell' on. Commissione, e ringraziandola del mandato
affidatomi, mi dico
suo dev."''^
prof. F. E. CoMANi.
Reggio, 12 dicembre 3899.
23o ATTI I>rLLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA
ALLEGATO IL
I documenti viscontei dal 1279 al 1402
nei Regi Archivi di Stato in Pisa, Siena e Firenze
e negli Archivi Comunali
di Arezzo e di Pistoia
Relazione del socio GIUSEPPE RIVA
Gnor. Commissione pe?^ il Regesto Diplomatico Visconteo,
anche quest'anno il chiarissimo prof. Francesco Novali, che nell'o-
pera del Regesto Diplomatico Visconteo ha tanta e così preziosa parte,
ebbe a propormi 1' ambito incarico di esplorare, in servigio della pro-
gettata pubblicazione^ altri Archivi che non fossero i milanesi, ricon-
fermandomi così quella fiducia che già mi concesse, nell'agosto del
1898, l'onore dell'andata a Modena.
Di quell'Archivio, relativamente povero di fondi per quanto toc-
casse al nostro periodo; compreso come è risaputo, fra il 1279 e il
1402; ebbi già a notare, nella relazione dello scorso anno, la conse-
guente scarsezza di documenti viscontei (i); e quella constatazione mi
ritorna ora spontanea alla mente per maggiore compiacenza dei risul-
tati di gran lunga più copiosi, onde riuscirono feconde le ricerche ne-
gli archivi toscani in genere, ed in singoiar modo in quelli di Siena
(i) Cfr. la Relazione sui lavori intrapresi per il Regesto Diplom. P'i<f
dalla Comììiissione a ciò nominata, in (\mgsì' Ar eh., a. XXVI, 1899, pa-
gina 23o.
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA 2 ."^ I
e di Firenze che^ insieme con Pisa, Arezzo e Pistoia, furono le varie
tappe della mia recente peregrinazione.
Ho detto risultati più copiosi, ma non oserei aifermare più notevoli
ed interessanti nel rispetto, specialmente, della novità, poiché, per
quanto riguarda 1' archivio Pisano ed il Fiorentino (dell' Aretino, a ca-
gione dei risultati affatto negativi, non è da far parola), non mi fu dif-
licile rintracciare le orme di valenti studiosi che mi avevano preceduto
sullo stesso cammino ; ma d' altro canto, come forse mi avverrà di
chiarire nel corso di codesta relazione, non del tutto inutile fu il ri-
percorrere anche da parte mia la strada già da altri battuta. E va te-
nuta presente un' altra considerazione, senza della quale le mie parole
sonerebbero per avventura molto più sconfortanti di quello che non
vogliano ; e cioè l'assoluta impossibilità nella quale mi trovai di veder
fondo a ciascun deposito ; poiché se degli archivi di Arezzo e di
Pistoia, e dicasi anche di quel di Pisa, non fu ardua impresa, a ca-
gione del depauperamento cui sono ridotti, compiere lo spoglio, non
così avvenne per depositi di tanta maggiore importanza quali si pre-
sentano gli archivi di Siena e di Firenze ; epperò 1' esame di soltanto
taluna delle loro serie lascia sempre adito a giustificata speranza che
non tutta l'ubertosa messe sia stata in egual modo raccolta. S'ag-
giunga, poi, che uno spoglio sistematico di tutti i documenti di argo-
mento visconteo, lungo il non breve periodo assegnato alle nostre
ricerche, non venne peranco compiuto in quegli archivi, i quali for-
nirono piuttosto materia allo studio di episodi staccati nella storia
delle relazioni che i signori di Milano ebbero con le città toscane.
In quanto ai criteri che mi furono di guida nella scelta dei do-
cumenti da proporre a codesta Onor. Commissione, e nella compila-
zione dei regesti, nulla mi spettava d'innovare, e le norme seguite
per i lavori nell'archivio Modenese furono anche quest'anno fedel-
mente rispettate. Se non che ini é sembrato utile talvolta, a seconda
che i singoli casi consigliavano, di esorbitare un tratto dai limiti del
mandato, pur ponendo la massima cura a che non ne venissero alte-
rate le linee fondamentali del lavoro ed il carattere suo originale.
Cosi, ad esempio, non mi feci scrupolo di riportare più di un docu-
mento il quale, pur non essendo di argomento prettamente visconteo,
apparisse, però, tale da riuscire quasi un complemento necessario al-
l'esatta intelligenza di altri già inseriti nella raccolta; o pure di dare
al sunto di taluno fra di essi un' estensione la quale- parrebbe scon-
332 ATTI DELLA SOCIETÀ STOHICA l.UMIJAKDA
venire con quelle dei rimanenti, ma fu suggerita da speciali ragioni di
opportunità; o finalmente di ricopiare integralmente il documento,
quando la brevità sua ebbe a permettere tale vantaggio incomparabile,
come ognun vede, con quello di un semplice sunto, sebbene fedele <»
riferito alla parte veramente sostanziale.
Ma, air infuori dell'orditura normale del lavoro, mi parve, dirò
subito, necessario aggiungere un indice alfabetico delle persone e dei
luoghi nominati nelle schede, affinchè gli opportuni richiami possano,
facilitare le ricerche ed i raftVonti, e tale innovazione; che non riu-
scirà, io credo, sgradita; valga a predisporre il primo schema di quel-
r indice generale entro il quale la materia dell' intero Regesto verrà
a suo tempo distribuita. E, per quanto riguarda il tipo dell'indice
stesso, nutro fiducia che la pazienza da me durata nel lavoro non
sia stata indarno, giacché, come per molti nomi di luoghi e di per-
sone, che ebbero nella storia parti secondarie o forse ora per la
prima volta risorgono da secolare dimenticanza, mi accontentai del
semplice richiamo alla scheda che ne faccia menzione ; così per altri
che della storia sono invece magna pars e ricorrono spesso nei nostri
regesti (i), credetti indispensabile aggiungere a ciascuno dei richiami,
o a ciascun gruppo di essi, secondo era possibile, l'indicazione som-
maria dei singoli fatti cui si faceva riferimento, perchè la serie non
breve dei numeri accompagnanti, ad esempio, i grandi nomi dei co-
muni di Firenze, di Siena, di Bologna, di Perugia o dei vari signori,
a cominciare dai milanesi, che reggevano le sorti della penisola, non
riuscisse un laberinto inestricabile, o, quel che è peggio, non servisse,
in fin dei conti, quasi a nulla.
Non un sol nome, però, tralasciai ; o almeno posi somma cura a
che nessuna ommissione risultasse nell'indice; ben sapendo quanto
air interesse degli studiosi, che di un' opera del genere della proget-
tata si valgono per fini così molteplici, traendone tanta varietà di
frutti, avrebbero pregiudicato esclusioni siffatte. E poiché codesta Onor.
Commissione ebbe a decidersi per 1' uso del latino nei Regesti, non
mi parve conveniente che l'indice fosse un'eccezione alla giudiziosa
(i) Le schede sono numerate progressivamente secondo 1' ordine
cronologico. Nell'indice si fa riferimento ai numeri rossi.
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA 233
Avuti così i primi necessari ragguagli, T Onor. Commissione^ alla
quale mi rivolgo, abbia la compiacenza di rilare con me il dilettevole
viaggio in Toscana, soffermandosi primamente nel
R. ARCHIVIO DI STATO IN PISA
dove, munito di lusinghiere lettere di presentazione fornitemi dal
ch."i" prof. Novati per il Direttore sig. cav. Tanfani-Centofanti e per
l'Archivista sig. cav. prof. Clemente Lupi, incominciai i lavori il
giorno 8 di agosto per metter^d fine il 21 dello stesso mese.
Grazie alla cortesia con la quale fui accolto da quelle egregie
persone, potei rendermi subito esatto conto dell'ordine e della esten-
sione delle mie ricerche, le quali volsi fin dal primo giorno a quella
parte dell'Archivio che, sotto la classificazione di Divisione A, com-
prende sino a tutto il 1406 quanto ancora rimane, per quel tempo, dei
registri e delle carte dell' antico Comune di Pisa.
L' Archivio del Comune.
Nell'Archivio del Comune di Pisa, divisione A, è primamente di-
stinta una Parte Generale, la quale raggruppa sotto di sé, in due ca-
tegorie, gli Statitii, dal secolo XIII al XVI, e gli Istriitneniari, nella
maggior parte registri o frammenti di registri che ci conservano le
copie di atti diversissimi; quali privilegi, elezioni d'ufficiali, amba-
scerie, rogiti di compere o di vendita, ecc., ecc.; che non siano di ca-
rattere prettamente deliberativo, come avviene, invece, per gli atti scr-
inatici dagli altri registri, ad esempio, della Cancelleria'^ del Connine o
di quella degli Anziani.
IsTRUMENTARi. — Accade talvolta che i volumi degli Statuti ci
serbino, intercalate od in fine, copie di lettere, o di concessioni, o di
documenti di altro genere che possano interessare la storia, in genere
V non soltanto quella in particolare delle singole costituzioni muni-
cipali ; ma un recente inventario manoscritto degli Statuti pisani non
faceva menzione alcuna di tali interpolazioni, e d'altro conto la lon-
234 ^'''*' DKLLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA
tana speranza ili quahlir scoperta non doveva indugiarmi nell'esame
della numerosa serie, quando un'altra, quella degli Istrumentarl, po-
teva oflVirnii risultati più sicuri e più pronti. A quest' ultima, adun-
que, mi attenni subito, compiendo lo spoglio dei seguenti volumi :
(i) * 27-1 Istrumcnti diversi in togli volanti o in quaderni
con due indici di privilegi e altri istrumenti. 1180-J406
28-2 Confederazione di Firenze, Genova, Lucca e
poi di Pistoia contro Pisa. Libretto in perga-
mena di 9 fogli, rilegato in assicelle rivestite di
pelle, con borchie metalliche. —"Codesto volu-
metto contiene l'atto della lega fra Genova,
Lucca e Firenze contro Pisa alla quale inter-
venne, come procuratore del Comune di Firenze,
insieme con Manette Benincasa, ser Brunetto
Latini. Il documento,-, che è del i3 ottobre, te-
stimonia il più notevole atto della vita politica
del Latini e si trova anche nell' Archivio di
Stato fiorentino (Capitoli del Comune, voi.
XLIV, fol. 34 a). Venne pubblicato nel Li ber
iitriiim ReipubUcae Gemtensis in Hist. Patriae
Mon., Torino, 1857, tomo II, pagg. 60 sgg. Cfr.
r appendice I aggiunta da I. Del Lungo al-
l' opera di Thor Sundby, Della vita e delle
o,pere di Brunetto Latini, monografia tradotta
dall' originale danese per cura di R. Renier, ecc.,
Firenze, succ. Le Mounier, 1884, pagg. 207 sgg. 1284
* 29-3 Paces o Protocollo di Capitoli, ossia instrumenti
diversi con potentati e privilegi pontifici. Re-
gistro di f. 171. . i3oo-i399
* 3i-5 Rogiti diversi ed elezioni d'ufficiali. Due fasci-
coli cartacei, il primo dei quali di f. 46 ed il
secondo di f. 49. 1341-1344
(i) Riporto la numerazione nuova dell'Inventario che si ha nel-
l'Archivio di Pisa. Il primo numero si riferisce alla Divisione, il se-
condo alla serie speciale. Contrassegno con un asterisco quei Registri
che diedero materia per le schede.
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA 235
* 32-6 Come sopra. Reg. di f. ii. 1845
33-7 M » „ „ 48. 1348
34-8 ,, „ „ „ 122. 1 349-1 35 1
35-9 " Rogitorum et iiistrumentorum liber factus et
" compositus de et prò negotiis pisani Comu-
" nis„. Reg. di fogli 98. i363-i364
37-ji Elezioni d'ufficiali e Decreti di Giovanni del-
l'Agnello doge di Pisa. F. 5o. i365-i367
44-18 Privilegi d'imperatori, principi e papi al co-
mune di Pisa e ad altri e documenti diversi.
Copie dei secoli XV e XVI. F. 17 non numerati. 1102-1509
45-19 Privilegia. Copia del sec. XIV. F. 14 non nu-
merati. 1 162-1355
Il Registro 36-io e quelli dal 38-io al 48-17 non comprendevano
che atti di elezioni di ufficiali e non mi feci, pertanto, scrupolo di
trascurarli; come pure non poteva interessarmi il 80-4, semplice co-
piano degli atti " in curia Regis Sicilie per ambaxiatores Comunis
" Pisarum „ in una causa di rappresaglie.
Cancelleria del Comune. — Della massima importanza si palesa-
vano, invece, tutti i registri offertimi dalla Cancelleria del Comune in
quanto, per tutta la ricca serie di quei volumi, pur troppo frammen-
tari e guasti nella maggior parte, si trovano disseminate le traccie più
<:ospicue dell'antica attività comunale; ed ai Consigli del Senato e
della Credenza si alternano i Consigli dei Quaranta e dei Settanta, le
provvisioni dei Savi, le ambascerie ed anche le missive e le responsive,
sebbene tal genere di documenti si trovi più propriamente raccolto
nella breve serie del Carteggio del Comune. Per rendersi conto del
valore della categoria accennata, codesta Onor. Commissione non ha
<he da scorrere il seguente elenco di Registri ; tutti, ad eccezione del
primo, diligentemente spogliati:
47-1 Istruzioni ad ambasciatori. 1198 1207
* 48-2 Consigli e Consiglieri del Senato, Provisiones
sapientiimt virorum ab Antianis cleciorum, amha-
xiate pisani Comunis. F. 189. 1818-1819
49-8 Consilia, provisiones et ambaxiate pisani Comu-
nis et alia prò sex mcnsibus. F. 84. ]823
236 ATTI DKM.A SOCIETÀ STOKICA LOMBARDA
* 5o-4 Consigli, provis/ones, aiithnxiatc. V. io3. 3325-i326
5i-5 Provvisioni. È un unirò f. cartaceo contenente
una provv. dei Savi del 28 giugno. i333
52-6 Provvisioni. F. 46. 1 335- j 336
53-7 Consigli; provisioms snpicììtiimi vironiiii />/s. r/77-
iaiis a dom. Anthianis electonim e Officiales Pi-
sani Comuni s elee ti per sapientes 7uros. F. 49. Vi
è annesso un f. volante ; che non pare staccato
da registro; contenente un Consiglio del 1344. 1340-J341
* 54-8 Consigli e Provvisioni. F. 54. 1345
* 55-9 Consiglieri, provisioncs facte a sapieniihiis vi-
ris, (te, arnhaxiate et clectiones officiaìiiitn fatte
da' Savi e alcune dal Consiglio degli Anziani.
F. 40. i3.|6
* 56-IO Consigli e Consiglieri, provvisioni ed amhaxiate.
F. 79. 3 35o
* 57-11 Provvisioni. F. 3o. ]35o-i35i
58-12 Consigli. F. 5. i354
69-13 Ambaxiate. i355
60-14 Provvisioni. F. 48. i356
6i-t5 Elcctioncs sappientitun ad rformanduni officia dei
castelli lucchesi. F. 7. i356
" 62-16 Consigli e Consiglieri, provisioncs, clectiones offi-
cialiimi pisani comunis, F. 70. i358
63-17 Consigli. Frammenti di due carte contenenti
due Consigli del Senato. i359
" 64-18 Provvisioni ed Ambasciate. F. 20. i36o
" 65-19 Provvisioni. F. 1-48 e 2i-3i. i36i
' 66-20 Consilia e provvisioni. F. 43. 1372
66-71 Provisioncs et Consilia mai or is Cancellar ie pisani
Comunis e Consiglieri. F. 5o. 1377
68-22 Consigli. F. 5. 1378
69-23 Provvisioni, Consigli e Consiglieri. F. 25. i383-i384
70-24 Provisioncs et Consilia Maioris Cancellar ie pisani
Comunis. F. 47. 1 386- 1387
71-25 Ambasciate. È un' ambasciata, fatta ai tempi
di Pietro Gambacorti, a Tunisi e ce ne serbano
traccia due lacerti di foglio. i38...? o 137...?
* 72-26 Provisioncs e consiliarii cheti (?) de Consilio Se-
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA
natus et Credzntìae doìninonun antianoriiììi. F. 45.
Il titolo del Registro accenna anche alia De-
creta Cancellerie maioris che ora mancano. 1391-3392
73-27 Ambasciate. È la sola ambasciata affidata a
Niccolò Lanfreducci per il re di Tunisi. Cfr.
Dipi. Arabi, serie II, n.° XXXIV, p. 307. 3393
74-28 Consilia et Sanctiones Pisani Sinatits ab anno
ijiy itsqiie ad ijjS; ma veramente le delibe-
razioni giungono al i36i. F. 232 i3i7-i36i
75-29 Vacchetta contenente minute di provvisioni de'
Savi e una nota di consiglieri della Credenza.
F. 3. i3o5
* 76-30 Vachecta in qua scripte siint Provisiones sapien-
titnn viroruni et alia pisani Comunis, ossia mi-
nute di provvisioni, monstra Officialis Grasse,
monstra generalis familie domini Execiitoris civi-
taiis pisane, e nomi di cittadini e schedole scritte
e poi Notarli ^famuli d'ufficiale incerto. Ap-
punti congeneri di tempo incerto. F. 80. 1400-1402
77-3i Schede contenenti nomi di Savi con note rela-
tive a quelli che non intervennero alla tratta-
zione di certi affari. Sec. XIV
(metà circa)
* 78-32 Ambasciata e lettere credenziali dei Capitani
delle Sette Arti contro un'Ambasciata degli
Anziani. F. i. i4o3abInc.
Carteggio del Comune. — Questa serie offriva i due registri:
* 79-1 Lettere del Comune; F. 163-212; 1182 e 1371-1373
80-2 Lettere del Comune e a privati per cose pub-
bliche; 1184-1378
dei quali soltanto il primo diede sei regesti appropriati al mio assunto,
che il secondo conteneva una ventina circa di documenti riguardanti
le relazioni commerciali di Pisa con l'Oriente e le Repubbliche ma-
rittime consorelle.
Cancelleria degli Anzianl — A differenza delle serie sopra enun-
ciate, di questa, non meno importante della Cancelleria del Comune
ma senza paragone più copiosa, non mi fu possibile esaurire lo spoglio,
138 ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA
poiché i 123 volumi dell* intera raccolta; contenenti le provvisioni
degli Anziani, i Consigli del Popolo e atti di vario genere del 129B
al i4o5; avrebbero richiesto un esame molto più prolungato di quello
«he i giorni assegnati alla mia residenza in Pisa permettessero. Fu
j^iuoco forza, quindi, di limitare l'esplorazione, in questo campo, a (irca
metà dei registri, con V avvertenza, però, di procedere, nella scelta,
non secondo T ordine cronologico dato dalla disposizione stessa della
serie, ma piuttosto saltuariamente, affin(^hè il vantaggio non l'osse ri-
stretto entro una breve successione di anni e desse, per converso, la
possibilità di apprezzare il valore di codesto fonte in riguardo ai di-
versi momenti del nostro periodo storico. Ma in gran parte; giova
avvertirlo; le ricerche andarono deluse, e subito può farne attestcìzionc
l'elenco dei registri, che segue:
-81- [ Provisiones pecuniarie, prov. extraordinarie, Con-
silia et Consiliarii, lettere a diversi ufficiali del
Contado, ecc. F. loc. Ricorrono spesso in questo
volume le provvisioni pecuniarie per ambasce-
rie, ma di ambascerie a Milano nessun cenno. 1298
82-2 Provvisioni ordinarie, cxtraord., Consilia et Con-
siliarii, etc. F. 100. i3oo
83-3 Provvisioni ord., ex ir aordinarie, Cons. e Consi-
liarii, extraordinaria quaedant, Officiales, etc. F. 90. i3o5
84-4 Provisionss ord. et extraord. F. 49. i3ii
85-5 Provisiones extraord., Cons. et Consiliarii, Offi-
cia, eie. F. 184. i3i5
86-6 Provisiones ord. et pecuniarie, Consilia et Con-
siliarii. F. 72. 1817
87-7 Provvisioni ord., straord., cons. e consiglieri.
F. 69. i3i9-i320
88-8 Provisiones ord., extraord.. Consigli. F. loi. In
questo volume ho trovato più volte delle prov-
vigioni pecuniarie " prò ambaxiatoribus in
partibus Lombardie „. i322-j323
89-9 Provvisioni ord., extraord., Cons. e Consiliarii,
elezioni d'ufficiali. F. 289. i323
90-10 Provisiones ord., extraord., Officia, licenze di
armi. F. 95. 1824
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBAUDA 2^()
91-11 Provisioncs ord., cxtraord., Cons. e Consiliarii.
F. 147. i325
92-12 Pi'ovisiones extraord, et alia cxtraord. F. 48. 1327-1328
93-i3 Provisiones ord., extraord., atti varii stipulati
dagli Anziani, ecc. F. 76. — —
ii8-38 Provisiones extraord. F. Si. i35o-i35i
128-48 Provvisioni ord., extraord., stipeìidiarioniìii. F. 142. i356-i357
* 141-61 Ord. provisiones, di stipendiar!, Offitia. F. 107. i36ó
142-62 Provvisioni straord. F. 48. 1869
148-68 Provvisioni ord., extraord., di stip. F. 167. 1869
144-64 Ord., extraord. y altre provvisioni straord.^ di
stip. F. 209. 1869- :i 870
145-65 Ordinarie. F. 69. 1870
146-66 Provvisioni di stip. F. 11. 1870
* 147-67 Provvisioni ord. extraord. di stip. F. 5o. 1871
* 148-68 Provvisioni ord., extraord., Cons. e Consiliarii,
Officia. F. i85. 1871
149-69 Ordinaria. F. 5o. 1878
i5o-7o Stipendiariorum. F. 49. 1874
1 51-71 Extraordinaria. F. 6. 1875
152-72 Ordinaria, extraord., stip. F. 149. 1875
153-78 Ord., straord., stip., Cons. e consiliarii, elez. di
ufficiali. F. 76. 1875
154-74 Extraordinaria. F. 44. 1875-3876
178-98 Provvisioni di stip. F. 1. 1890
174-94 Extraord., stip., elez. d'ufficiali. F. 78. 1891
175-95 Stipendiariorum. F. 49, 1892-1898
175 95 Provvisioni ord. F. 2. 1898
177-97 Extraordinaria. F. 41. 1894-1856
178-98 Provvisioni straord. F. 2. 1394
i85-io5 Ord. provisioncs, extraord. F. 56. ] 898-3899
* 186-106 Extraord., stip., Offitia. Y. 90. 1899
187-107 Provvisioni di stip. F. 11. 1899
" 188-108 Provvisioni ord., extraord., Offitia. F. 81. 1400
* 189-109 Extraordinaria. F. 9. 1400
* 190-110 Extraord., Cons. e Consiliarii, elez. d'uff. F. 49. 1401
191-111 Provvisioni straord. ¥. 2. 1408 ab Inc.
192-112 Provisiones extraord., di stip. P^ 98. 1408-1404 a. I.
340 ATTI dkllà società storica lombarda
(Il ^(iiiri/oiics Pisdiii S na/iis nh (ìiiiio i }jfj
(Ili 140S' ^« 226. j 359- 1405
* 198-1J8 Copie autcntifhc ili l'ios \ isioni dc'^li Anziani. ]3o5-i392
e senza data
199-J19 l'etizioni private agli Anziani i3oo-i393
e senza data
200-Jio Carte info;-mi «-on appunti i)f r il disl)rÌ2;o degli
aifari. 1298-1384 e s. d.
202-122 Minute di Consigli del Popolo. 1298-1384 o i385
Quantunque lo spoglio dei 48 volumi ora elencati; neanche la
metà dell'intera raccolta; abbia fruttato soltanto 25 regesti, pur non
riterrei partito accorto e prudente economia di tempo il trascurare,
in vista della scarsezza dei risultati, i rimanenti 7v5, i quali, per altro,
vogliono essere ridotti a 56, in quanto i registri dal 193 al 196 riguar-
dano gli anni 1404 e 1405 ed i registri 122, 12^, i25, 139, 140, i65, 168,
170, 172, 180, 181, 182, 184, 201 e 2o3 non possono, per il genere di
provvisioni e di atti che ci conservano, quasi tutti relativi a stipen-
diar!, fare al caso nostro.
A chi pertanto ritornasse a Pisa per i lavori del Regesto Diplo-
matico Visconteo resterebbero da esaminare, di codesta serie, i vo-
(1) Il registro reca questo titolo : " Liber Consiliorum et certarum
'' provisionum et ordinamentorum pisani communis et populi qui stare
" et esse debet penes Cancellarium dominorum Antianorum pisani
" populi, factus et compositus regnante serenissimo principe et do-
" mino domino Karolo Quarto divina favente clementia Romanorum
" Imperatore semper Augusto et Boemie Rege, Anno domini ab In-
" carnatione eiusdem Millesimo trecentesimo quinquagesimo nono,
" Indictione undecima, de mense Aprilis „. In più d' una delle prov-
visioni contenute in. questo Reg. ; che fa propriamente parte della
Appendice alla Cancelleria degli Anziani ; sono ricordati i patti per i
quali la città di Pisa era legata al duca di Milano. Ad eccezione, però,
del semplice estratto di una ambasceria, che riporto nelle schede sotto
il 9 febbraio 1399, non è dato ritrovarvi alcun atto che non sia del-
l'ordinaria amministrazione, la quale, anche sotto il nuovo Signore,
si perpetua, di poco mutata, nelle sue forme tradizionali. A meno che
l'intervento, in ogni consiglio, del luogotenente ducale non voglia far
credere che tutti i provvedimenti dei rettori pisani fossero inspirati
dal Visconti; ciò che, se per alcuni casi di straordinaria importanza
può parer probabile, per la generalità delle deliberazioni è senza dub-
bio assurdo.
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA 24I
lumi dal 94 al 117, che abbracciano gli anni i33o-i35o : dal 119 al 121
per gli anni i354-i355; dal J26 al i38 per gii anni 1357-1364; dal i55
al 164 per gli anni 1376-1384; ed infine i volumi 166 e 167 (i386-i387),
171 e 172 (1389-1390) e i83 (1397).
Carteggio degli Anziani. — Come la Cancelleria del Comune,
così quella degli Anziani ha raccolto in apposita serie il proprio Car-
teggio, che numera i seguenti io registri :
204-1 Lettere degli Anziani, i333-i335; f. i25.
2o5-2 „ „ „ 1340-1342; f. lOI,
* 206-3 „ „ „ i36i-i362; f. 198.
^ 207-4 „ „ „ 1869; f. 44.
* 2o8-5 „ ,, „ 1875-1376; i\ 140-144 e f. 102-189.
* 209-6 „ „ „ 1379-1880; f. 202-252.
"210-7 >? Jt w 1385-1 386; f. i5-63.
* 211-8 „ „ „ 1393-1394; f. 145-198 e f. 242-286.
212-9 jj V t> sec. XIV (non molto primaedopolametà)
2i3-i Lettera agli Anziani , i3oo.
Tanto per questi copiar! di lettere degli Anziani, come per i re-
gistri della loro Cancelleria conviene la medesima osservazione, e cioè,
che dagli atti di una tale magistratura, essenzialmente esecutiva, non
potevano attendersi in gran numero documenti che uscissero dalla
cerchia degli affari più comuni. Le eccezioni sono generalmente scarse
e scarse furono pure nel rispetto delle mie ricerche, ma tali però,
per ciò che riguarda in singoiar modo il Carteggio, da non farmi
rimpiangere il tempo occupato nell' esame della breve serie, la quale
pose termine alF esplorazione della parte comunale dell' archivio Pi-
sano.
E infatti non era da spendere altro tempo per le rimanenti 18 serie
annoverate dalla Divisione A, lontane affatto, come il loro titolo stesso
fa arguire, dal poter aumentare la raccolta de' miei regesti, quantun-
que la scrupolosità, non mai eccessiva, del ricercatore potrebbe spin-
gersi fino a non trascurare F esame delle due serie Carte diverse e
Massa delle Prestanze. Ad ogni modo, a me ne mancò V opportunità (1).
(1) Le rimanenti serie della Divisione A sono le seguenti: Consoli
del Mare {1246), num. 46; Breve vctits Anthianorum (liste di nomi degli
Arc'i. Stor. Loinb. — Aimo XX.VI[. — V asc. XXV. i6
j^3 ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBAlU) \
L' Archivio Diplomatico.
Rimasto contento, come lui, ad esplorazioni parziali e limitate, le
indicazioni che io posso fornire a codesta Onor. Commissione circa
gli altri fondi dell* archivio di Pisa, sono necessariamente sommarie,
ma non per questo insufficienti ad accertare i risultati forse del tutto
negativi che attenderanno le ricerche per questa parte.
L'esame primamente intrapreso dell'Archivio Diplomatico vuole,
infatti, che dica subito come la serie degli Atti Pubblici non corrispose
per nulla all'aspettazione. Solo 82, nei limiti del Regesto Visconteo,
erano i documenti, e, nella massima parte, interessanti lo studio delle
relazioni di Pisa coi pontefici, coi re d'Aragona e con Tunisi; nò
fu in mio potere di assicurarmi se le pergamene che ricorrono piut-
tosto frequenti, scritte in lingua saracena, accennassero, per avven-
tura, a cose milanesi ' Nello schedario di quelle poche carte figura
anche l'investitura feudale che Francesco Barbavara, procuratore du-
cale, faceva in Milano, l'S di giugno del 1899, nella persona di Bene-
detto d' Oddone de' Maccaioni de' Gualandi cittadino pisano e dottor
di leggi (i); ma di fatto nell'Archivio Diplomatico tale pergamena
non esiste e giova sempre riferirsi al Registro 27-1 degli Istrumentan
del Comune, dov' è conservata una copia dell' atto.
Non così povere, ma di gran lunga meno interessanti, sono le
provenienze dei fondi privati, per le quali, fortunatamente, si hanno
Anziani dal 1289 al 1409), 214-215; Carte diverse, 216-219; Camera del
Comune: Entrate, 220 — Uscite, 221-228; Massario della Camera, 224;
Imposte Dirette, 226; Massa delle Prestanze, 226-288; Esattore della
taglia e colletta sopra i creditori in Massa et Prj^stansone pisani Coiiiit-
nis, 289; Gabella delle Porte e Gabella Maggiore, 240-258; Gabella del
Vino, 254-255; Dogana del Sale in Pisa, 256; Capitani della Vena del
Ferro nell'Isola dell'Elba, 257-260; Potestà, 261; Curia della legge,
282; Modulatori d'ufficiali pubblici, 268; Potesteria di Bibbiena, 264;
Capitanie di Vada e Rosignano, 265 ; Acta collegii notariorum, 266-268.
(i) Vedi delle schede pisane la 102.''^ Questo doc. si trova anche
nell'Arch. di Stato in Milano in F6'//<:/i ^^ /«z;^s/////r^. Duca G. Galeazzo
Conte di Virtù, Reg." B alias 1898-1899, f. i5o b. Cfr. G. Romano, Re-
gesto degli Atti notarili di C. Cristiani dal ij()i al 1J99 in qu.cs>VArch.^
a. XXI, 1894, doc. CCCCLXVIL
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA
nell'Archivio pisano diligenti spogli manoscritti, che mi abbrevia-
rono di non poco l'esame dei depositi già dei Monasteri di S. Mar-
tino, di S. Bernardo, del Carmine, di S. Benedetto e di S. Francesco.
Anche da questo lato, però, risultanze perfettamente nulle; e non
è certo avventatezza di giudizio il credere che egual delusione
avrebbe coronato la ricerca negli altri spogli relativi agli Spedali
Riuniti, a quello dei Trovatelli, a S. Anna e S. Carlo all'Orto, alla già
Casa di Misericordia, ecc., ecc. Vorrei, ciò non ostante, stabilire delle
eccezioni per i fondi dell'Opera del Duomo e dell'Ordine di Santo
Stefano, considerata la possibilità, per quest' ultimo, che le così dette
provante di nobiltà, con le quali veniva sollecitato l' onore di essere
inscritti nell'ambito cavalierato, ci serbino, fra gli allegati, copie di
documenti interessanti il Regesto. Così io faccio tesoro del prezioso
suggerimento del ch."^^ cav. prof. Lupi, al quale non giungano sgra-
dite le mie povere parole di riconoscenza per i validi aiuti onde egli
jni fu cortese durante tutta la mia dimora in Pisa (i).
In conclusione, la serie degli Atti Privati dell'Archivio Diploma-
tico offre ben poche cagioni a bene sperare, e tutt' al più le ulteriori
ricerche in quel campo dovranno restringersi ad una rapida lettura
degli spogli (2). E sarà pur buona cosa il non trascurare le filze dei
manoscritti del comm. Francesco Bonaini, conservati nell'Archivio e
pregevolissimi per un numero considerevole di estratti, di transunti
e di copie così di documenti pisani come di fiorentini e di toscani
in genere (3): splendido attestato della operosità di quel compianto
valentuomo.
(i) Speciali ringraziamenti devo pur porgere al signor Guglielmo
Tacchi, cortesissimo impiegato dell' archivio Pisano, che in ogni modo
si prestò a facilitare le mie ricerche.
(2) Altri fondi dell' Arch. Diplomatico sarebbero il R. Acquisto
Scheggi, il Dono Paganini, il R. Acquisto Cappelli, il Deposito Galletti,
il Deposito Bonaini, il Dono Tribolati, il Dono Micheli, il Dono Supino,
il Deposito Simoncelli, ecc., ecc. È pure da far menzione degli Archivi
privati; ora in possesso del Regio; Cappelli-Mosca, Da Scorno, Nelli^
Rad e Dell' Hoste e Savi-Filippi.
(3) La Filza IV, ad esempio, contiene : 2. Spogli di archivi pisani
e specialmente dell' opera del Duomo, secc. XIII-XIV ; 4. Spoglio
delle pergamene Galletti e spoglio sommario delle carte di casa Ron-
doni, secc. XII-XIV; 5. Spogli degli atti straordinari della Curia Ar-
civescovile, sec. XIV; 6. Spoglio delle cartapecore dell'Arcivescovado;
7. Spoglio dcJle carte pisane del Diplomatico di Firenze — Estratto
' } 1 ATTI DLLLA SOCIKTA STORICA LOMBARDA
11 frutto (Icvii iiikIm i l;Ì<hiiì di lavoro dedicati all' Archivio pisano
( iii.i I a])i)r(S( ntaln da [60 rc.ui -ti clic inc<)iniiician() dal 23 gennaio
i3j8pcr lìnirc col 20 aprile ì.\o:ì.
Non è nella mia intenzione; uc^ trattandosi di rendere semplice
(onlo del mio operato, e questa l'occa-^ioiK più favorevole ; di intrat-
icncriiii |)aiticolarmente su ])ai( crhi dei documenti pisani da me ri-
portati, che pur si prcst( i( blx ro a qualche illustrazione non del tutto
inutile; ma, più clic alliovc, mi scmbi-a opj)ortun(j di ricordare qui
due documenti dell'Archivio lìorentino, i quali riflettono non poca
luce su episodi altrettanto oscuri quanto degni di nota della storia
pisana.
Il primo, già pubblicato dall'Abruzzese (1), è una lettera del jo
rgosto 1841, mandata dall' ambasciatore fiorentino residente a Pisa,
alla propria Signoria, che spiega a meraviglia il fatto a prima vista
inverosimile dell' alleanza conchiusa da Luchino Visconti con Pisa;
la repubblica che egli cercò sempre di ostacolare ne' suoi progressi.
Si tratta, cioè, del tradimento per il quale il comune di Pisa, arre-
stando " Messer Francescho o vero Francescuolo della Posteria da
" Melano „; il marito di quell'infelice Margherita che, secondo l' A-
zario, alia fiiit Heciiba (2); " con cjuattro suoi figliuoli „, cercò, con
questa che a buon diritto i due Ammirato chiamano " scelleratezza (3) „,
di " piacere al detto Messer Luchino segnore di Melano „ e solleci-
di docc. pisani dell' Arch. delle Riformagioni — Estratto dei Proto-
colli deirArch. dei Contratti a Firenze; 8. Spoglio dell' Arch. e Libre-
ria del Seminario di Pisa; 14. Spogli di lettere degli Anziani dal 1379
al 1400; ecc., ecc. Nella Filza V (Carte e copie di mss. pisani) si hanno:
2. Carte pisane alcune delle quali sono di mano di Ranieri Tempesti :
9. Docc. pisani, alcuni de' quali appartengono alla famiglia Da Scorno,
.sec. XIV. Nella VII: Copie di docc. pisani dal 1277 al 1292; nella VII! ;
Copie dal 1292 al i3ii; nella IX: Copie dal i3ii al sec. XVIII ; nella
XXIII: Copie di docc. diversi dal sec. XII al XVIII.
(i) A. Abruzzese, Della lega dei Pisani con Luchino V nelV impresa
di Lucca, in Studi storici di A. Crivellucci ed E. Pais, voi. Ili, 1894, pagg.
331-337.
(2) Retri Azarh, Clironicon in Muratori, Rerum Italie. Script.,
voi. XVI, e. 3i8.
(3) Ammirato, Storie fior cniine, P. I, t. II, pag. 352. .
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA 24D
tarne gli aiuti contro di Lucca, fastidiosa vicina. E gli aiuti vennero
infatti dopo la lega decennale pattuita a Milano, fra il Comune di Pisa
e Luchino, il 12 agosto 1841 (i), ma non mancarono anche " biasimi
" e vergogne di questi mercatanti genovesi „ ; quei Genovesi che, poco
più di cinquantanni prima, avevano fiaccato, alla Meloria, l'orgoglio
pisano; " e da tutta maniera di giente marina „.
Il secondo fra i documenti accennati, del gennaio 1898, è un par-
ticolareggiato ragguaglio della Signoria fiorentina a' suoi " oratoribus
Venetiis constitutis prò pace „ sulF audace colpo di mano tentato, a
mezzo del Savello, del Pallavicino e del Diversi^ dal Conte di Virtù
su Iacopo d'Appiano per aver Pisa ed il territorio; e venne pubbli-
cato, insieme con altri documenti tratti dagli Archivi lucchese e mi-
lanese, dallo Scaramella (2). A questo proposito, si aggiunga ora anche
(1) Vedi la 2/^ delle schede pisane, e cfr. Giulini, Memorie spet-
tanti alla storia della città e campagna di Milano, Milano, Colombo, 1854-
57, voi. V, pagg. 29Ò-293.
(2) Scaramella, La dominazione viscontea in Pisa (ij(j(j-i4oj)
Con documenti inediti, in Studi Storici, citati, voi. Ili, 1894; pag. 4ó5;
cfr. App. IV e V. Lo Scaramella si propone, nel suo studio, di inve-
stigare gli intrighi del Conte di Virtù per sottomettere la croce pisana
alla biscia viscontea, e di illustrare quindi le vicende della signoria
sua e del figlio Gabriele Maria sulla città soggiogata. Egli, però, prende
le mosse della pace che Pietro Gambacorti e Firenze firmavano in
Pisa il 3 ottobre del 1889 (cfr. Osio, Docc. Diplomatici, ecc., v. I, p. 38o,
doc. CCI) per rafìorzarsi vicendevolmente contro le pretese e le pro-
babili violenze del signore di Milano, trascurando così tutti i docu-
menti i quali attestano dal 1878 in poi altre notevoli relazioni col
Conte di Virtù, secondo appare nelle nostre schede, dalla 79.^ alla 86.'^
Le schede pisane, contrassegnate dai numeri 100, 102, 109, ii3-ii8^
120-125, 127-188, 135-14T, mostreranno pure come lo S. abbia trascurato
anche altri atti importanti di speciale interesse per il periodo delle
sue ricerche. Ma il peggio è che, nel riportare per esteso o parzial-
mente i documenti, lo S. trova modo di intercalare delle varianti dav-
vero sbalorditoie. L' ambasciatore visconteo Lucterius de Rusconibus
diventa nella trascrizione dello S. de Eustonihus (op. cit., app. I); la
provvisione presa dai Savi il 20 aprile del 1891 aftinché " mictatur
" unus ambaxiator Mediolanum ad dominum Comitem Virtutum expo-
" siturus ei.... damna robbarias et alia enormia que fiunt in territorio
" pisano contra pisanos et districtuales pisanos per gentes Scnarum et
" supplicaturus eius celsitudini ut apponere dignetur remedium oppor-
" tunum ut talia enormia non patrentur ,, ; (Cancelleria del Coin., 72-26-
f. 19 a); subisce trasformazioni di codesto genere: "mictatur amba-
" xiator militum (?) ad dominum.... damna.... quo sunt.... contra Pi-
" sanos et districtualia Pisarum.... ut.. . illa enormia.... non psterentur! „
24<> AMI 1)I:LLA MM.jr.lA muhh.a ì.i^.mhakim
un documento scnts; (kll'S i^tnnaio 1898, nel quale si delibera dal
Concistoro che i Priori " statini rcstringant se cum coniniissariis do-
" mini.... ducis Mediolani.... et una cum cis scribant domino prelibato
" de novitatibus noviter occursis in civitate Pisarum vidclicet prò
" roljbaria facta Paulo de SabcUis et eius comitive et rogent domi-
" num quod velit... providere „ i Senesi " de gentibus armorum ut
" possint se delcndere „. Veniva quindi deliberata anche un'amba-
sceria ad Iacopo d'Appiano ed agli Anziani di Pisa " ad dolendum
" cum eis de casibus occursis (1) „.
R. ARCHIVIO DI STATO IN SIENA.
Da Pisa mi trasferii a Siena il 21 dell'agosto, a sera, per presen-
tarmi, la mattina dopo, al ch.'"« prof. cav. Alessandro Lisini, che con
tanta cura e rara competenza sovrintende a quel R. Archivio di Stato,
copioso ed ordinatissimo. Ne ebbi le più gentili profferte di aiuto ed
i più utili avvertimenti, ond' è che, sicurato da così valida guida,
potei intraprendere subito i lavori, incominciando dallo scorrere un
inventario, opera pregevole del prof. Lisini stesso ed or non è molto
dato alle stampe (2), il quale mette rapidamente lo studioso in con-
Consimili irregolarità ed abbagli di trascrizione sono nei docc. del
2 maggio 1891 (op. cit., p. 426); del 22 maggio (app. II), dove l'am-
basciatore visconteo Heugherannis, il noto Enghiramo de' Bracchi, di-
venta un Heragheramtis, e Io S. non ha posto mente che la ragione
paleografica e grammaticale volevano si dicesse " casum infortuitum
" gentibus ipsius domini.... occursum „, e non " casum infortuitum ^fw-
" tis ipsius domini.... occursum „ : del 3i maggio 1899 (p. 485), del 21
giugno (app. VII), dell' 8 luglio (p. 488), ecc. Taccio di molte inesat-
tezze cronologiche e di errori d'altro genere che consiglierebbero
una completa revisione della pubblicazione dello Scaramella.
(i) R. Arch. di Stato in Siena, Concistoro, voi. CLXXXXII-201,
fol. 4 b. Giova pur avvertire che, contemporaneamente allo Scaramellar
altri quattro docc. importantissimi per l'esatto apprezzamento di questo
fatto rendeva noti il prof. Giacinto Romano, op. cit., docc. CCCLXXV,
CCCLXXVII, CCCLXXXV, CCCLXXXVI.
(2j Inventario Generale del R. Archivio di Stato in Siena, Parte
prima (Diplomatico — Statuti — Capitoli), Siena, Tip. e Lit. Sordo-
Muti di L. Lazzeri, 1899.
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA 247
dizione di abbracciare e apprezzare nel complesso e nei particolari
i cospicui materiali onde sono ricche le serie dei Diplomi, degli Sta-
tiiii e dei Capitoli.
Gli Statuti; per le medesime considerazioni che mi indussero a
trascurare j pisani; non potevano fare al caso mio, e mi rivolsi senza
por tempo in mezzo all'
Archivio Diplomatico.
del quale non starò a numerare tutte le varie serie che lo distinguono;
giacché dovrei ripetere quanto venne già pubblicato nell'inventario
del prof. Lisini; restringendomi ad accennare soltanto quelle che fu-
rono oggetto particolare delle mie ricerche.
Archivio delle Riformagioni. — I (n. i) — Le Riformagioni, parte
notevolissima dell'Archivio Diplomatico senese, sono distinte in più
serie, la prima delle quali, contrassegnata semplicemente dal numero
I, è copiosa di ben 6972 pergamene, dal 29 decembre 814 al 16 gen-
naio 1790, passate dall'Archivio delle Riformagioni a quello di Stato
fin dal primo anno della sua instituzione.
E opera oltremodo lunga e laboriosa sarebbe la ricerca in questa
ragguardevole raccolta; che, insieme con diplomi di imperatori e bolle
e brevi di pontefici, ci conserva atti di leghe, di capitolazioni e di
affari diversissimi, quali franchigie, sottomissioni, ecc., così da riguar-
dare non solo la terra ed il contado di Siena, ma benanco gli altri
Comuni ed i Principati d'Italia; se non soccorressero vari spogli an-
tichi; ottimi, fra i quali, gli indici accurati, tuttora inediti, che nei
secoli XVII e XVIII, compilavano il sacerdote Antonio Sestigiani ed
il cav. Giovanni Antonio Pecci, a comodità propria e degli studiosi.
Dell'opera del secondo, intitolata " Indice dell'Archivio delle
" Riformagioni di Siena contenente lo Spoglio delle Cartapecore; 1778 „
e divisa in più tomi; il primo dei quali giunge sino al 1284 ed il se-
condo al i55o; mi giovai a preferenza, come di quella che mi venne
;5Uggerita più precisa e rispondente al mio scopo di unire alla sica-
rezza delle ricerche la maggior sollecitudine possibile.
L'importante serie diede per risultato 17 regesti; ma non va ta-
( iuto come di alcune pergamene, sunteggiate con le più accurate in-
dicazioni, nello spoglio, non fu possibile, nonostante le ricerche dili-
24S ^ ITI l'I II \ SOCIETÀ STORICA I.OMnAIM),\
{pentissi me di quei rortcsi impiegati, rintracciare i corrispondciili ori-
jj;inali. Mi sia permesso citare un caso solo: Nel tomo li clcirindicc
Pecci, al numero progressivo 1975 (i), si trova che ai 19 di niaggicj
del 1398, por rogito di Catelano Cristiani e a mezzo di suoi procura-
tori, il ConiuiK^ di Siena approva la tregua firmata l'ii maggio ap-
pena scorso tra il Duca di Milano e gli aderenti da una parte, ed il
Doge di Venezia co' suoi alleati dall'altra, promettendo in termine
di tre mesi di ratificarla. La pergamena corrispondente manca, ma
per fortuna serba copia dell'atto il Registro di Feudi e di Investiture
dell'Archivio di Stato milanese, che ebbi già occasione di ricordare (2)
e dal quale apprendiamo come per tale bisogna furono procuratori
del comune Senese il nobile Guido Gnidi e ser Giovanni di Cristoforo
notaio. In considerazione di tali riscontri e della possibilità che altro
ricerche, o meglio ancora casi fortunati, ritornino alla luce le perga-
mene ora smarrite, ho creduto bene di non trascurare anche queste
semplici, ma precise, indicazioni di spoglio, le quali assumono talvolta
la forma e l'estensione di veri e propri regesti, e, nella mancanza
assoluta del documento, valgono, se non altro, a testimoniarci un
fatto.
Le Riformagioni continuano con la
Balzana (n. 2). — Da questo nome era distinta, nella suppellettile
dell'antica cancelleria senese, una cassa fregiata dello stemma muni-
cipale che, come è risaputo, rappresenta uno scudo spaccato di bianco
e di nero. Le carte tolte di là, e per avventura altre aggiuntevi in
seguito, costituiscono ora, in numero di 128, la serie seconda delle Ri-
formagioni, la quale va dal marzo del 1089 al 9 decembre del 1474.
Anche in questa serie le pergamene sono di svariato argomento, ma
acquistano pregio speciale per alcuni diplomi concessi dagli Impera-
tori che da Ottone IV (1209) si successero fino a Carlo IV (1369) e
per parecchie bolle da Eugenio III (ii53) ad Eugenio IV (1432).
Un " Repertorio delle scritture esistenti nella Cassa della Balzana „,
compiuto, non saprei da chi, nel 1725, mi permise di esaurire con no-
tevole prestezza anche lo spoglio di codesta collezione, la quale diede
un solo diploma originale, datato da Pavia l'ii agosto 1399 e rogato
(1) Cfr. delle schede senesi la 184.^
(2) Reg.*^ B aliaSf 1398-1399, fol. 26 a. Cfr. Romano, op. cìt., doc.
CCCLXXX.
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA 24Q
da " Ubertus December de Viglevano Comes Pallatinus „. E invero^
l'intervento del letterato illustre non par sconvenire alla solennità
dell'atto col quale il duca di Milano delegava suoi rappresentanti a
ricevere il pieno dominio della gentil Siena (i).
Nè^ sempre nella categoria delle Riformagioni^ poteva essere in-
tralasciata la serie designata dal nome della
Lupa (n. 5). — In questa raccolta; che annovera loo cartapecore dal
IO agosto 1298 al 18 settembre 1788 ed è, rispetto alle altre della me-
desima categoria, piuttosto povera; sono pure, come avverte l' Inven-
tario del prof. Lisini, a pagina 11, " bolle di papa Urbano VI, di
" Giovanni XXIII, di Sisto IV, di Clemente VII. di Paolo III, di Gre-
" gorio XIII e di altri papi fino a Clemente XII ,,, quasi che le carte
di provenienza romana fossero messe di proposito e di preferenza
sotto la custodia del simbolo particolare alla Città eterna. Né vi
fanno difetto instrumenti di leghe e di trattati conchiusi dal Comune
di Siena e da altri coi Re di Napoli specialmente e coi Duchi di Mi-
lano, ma per gli anni dal 1279 al 1402 nessuna traccia di documenti
viscontei.
Una quarta collezione di pergamene, che il Governatore mons.
Agnolo Niccolini faceva trasportare da Massa a Siena nel 1564, costi-
tuisce la sesta serie dell'Archivio delle Riformagioni, col titolo per
r appunto di
Città di Massa (n. 6). — Presentemente sono 896 le pergamene di
codesta serie, interessante un lungo periodo di anni dal luglio del
764 al 12 decembre del i58t, ma la raccolta numerava dapprima altri
254 diplomi, che tanti ne passarono infatti all'Archivio di Stato fio-
rentino. E al sacerdote Pietro Paolo Pizzetti si deve uno " Spoglio
" dell'Archivio di Massa fatto di ordine di S. A. R. Pietro Leopoldo
" Arciduca di Austria e Gran Duca di Toscana, etc. „ dell'anno 1780;
con la scorta del quale altri 6 documenti viscontei furono rintracciati
facilmente frammezzo a tutte le altre carte di genere diverso e di
varia importanza.
Diplomatico. — La parte diplomatica del Regio Archivio se-
nese comprende, oltre a quelle delle Riformagioni, parecchie altre
(i) Schede senesi, n. 208.
250 ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA
serie distinte in gruppi speciali a seconda dclhi l()r(» provenienza,
come sarebbero a dire: Archivio Generale dei Contratti (n. 8), dal sec.
XI al 1779; R. Prefeltura (n. 9), 1233-1773; R. Università degli Studi
(n. 10), 1244-1795; Biblioteca Comunale (n. 11), 1176-1756; Opera. Me-
tropolitana (n. 12), 1002-1680; ecc., ecc.; ma l'esame dell'Inventario
già più volte ricordato ed i cortesi schiarimenti avuti mi dissuasero
dall' indagare in altre serie che non fosse quella denominata ancora
dalla
Città di Massa (n. 14) — , la quale conta 284 pergamene, dal luglio
del 754 al 20 marzo del 1756, ed è fornita di uno " Spoglio ed Indice
" delle Cartapecore di Massa nuovamente riordinate e disposte per or-
" dine cronologico, ed esistenti nel pubblico generale Archivio delle
" Riformagioni della Città di Siena in quesf'anno 1840 „. I risultati,
per questa serie, sono rappresentati dalle schede 29.^ e 232.^
I Capitoli.
Sotto questa denominazione " trovansi raccolti, oltre a quei re-
" gistri chiamati in Siena Caleffi, contenenti gli atti riguardanti il
'* Comune, anche tutte le scritture, tanto originali che in copia au-
" tentica o no di alleanze, di paci, di convenzioni stipulate con i paesi
'* limi troll e con gli altri Stati d'Italia; e vi sono compresi altresì
" i privilegi, le concessioni, le sottomissioni delle città, terre e ca-
" stelli che fecero parte del dominio della Repubblica, quando peral-
" tro quei documenti, scritti sia in pergamena sia in carta di lino,
" hanno forma di libro, 'di quaderno o di semplice foglio piegato (i)„.
Nessuna differenza, adunque, eccettuando forse i Caleffi, fra i Ca-
pitoli e r Archivio Diplomatico per quanto concerne alla materia dei
documenti, la distinzione dei quali nelle due serie sopra accennate fu
suggerita piuttosto dalla forma con la quale i documenti stessi ci sono
pervenuti, che non da altre considerazioni. L'importanza della serie
dei Capitoli rispetto a quella del Diplomatico è, quindi, presso che
la medesima, se non, forse, anche maggiore, tenuto calcolo delle fonti
copiosissime e preziose che sono i Caleffi.
\) Inventario cit., sotto Capitoli.
AITI di:lla società sto h ha lombarda
I " Caleffi „. — Dei Caleffi ; che sono gli instruinentari del Co-
mune senese contenenti e atti copiati a forma di registro senza auten-
ticazione notarile e insti umenti originali e copie autentiche, tutte
riuniJie in grossi volumi ; si è disputato circa T etimologia e la signi-
iìcazione del nome, in apparenza tanto strano, col quale sono desi-
gnati e che in Siena e nel contado servì anche ad indicare quel libro
pubblico dove si annotavano i debitori morosi delle casse municipali;
né par meraviglia che volgarmente la designazione del libro più ido-
neo a scuotere la coscienza popolare con lo spauracchio della fisca-
lità, passasse in seguito a comprendere gli altri registri in genere
deir azienda comunale. Comunque ciò sia ed in qualunque modo si
voglia spiegare il fatto di Caleffo usato anche come nome proprio di
persona; e cioè Caleffino olim Caleffi-, in un Instrumentario del Co-
mune di Colle di Val d'Elsa, a noi basti di rilevare come T Archivio
senese conserva tuttora, e in ottimo stato, cinque di questi prege-
voli volumi distinti dal colore speciale delle colossali coperture o da
altre particolarità caratteristiche, onde accanto al Caleffo Rosso ab-
biamo il Bianco^ o dcll^ Assunta, il Vecchio, il Nero ed il Caleffeito.
II solo Caleffo Rosso (n. 4 dalla serie dei Caleffi); voluminoso co-
dice membranaceo, in foglio grande rilegato in asse, scritto da più
mani nei secoli XIV e XV in carte 270; non deluse, però, le grandi
speranze concepite, fornendomi 6 documenti del 1889; relativi alle le-
ghe stipulate da Giangaleazzo Visconti con Siena e poscia anche con
Firenze, Bologna, Perugia, Alberto d'Este, Francesco Gonzaga, i Ma-
latesta, Antonio da Montefeltro, gli Ordellaffi e Pietro Gambacorti;
e del 1895, circa il compromesso fatto nel Conte di Virtù per parte del
Comune di Siena e di Bertoldo dei Conti Orsini di Suana a propo-
sito del possesso di Scerpena così lungamente contrastato.
I Capitoli. — Alquanto più proficuo fu l' esame degli altri numeri
dtlla serie dei Capitoli, che ora sono semplici fogli piegati, ora qua-
derni, ora fascicoli, membranacei o cartacei, talvolta anche veri e
propri volumi, e tra i quali nutrii speranza di poter rintracciare; come
già mi era avvenuto nel Diplomatico; qualche documento di perti-
nenza alla città di Massa, poiché tale probabilità presentavano i se-
guenti numeri :
N. IO. — 1209, marzo i3 — 1400. " Istrumenti, consulti e liti
*' dal MCCCX al MCCCC. — Num. MCXXVI e MCXXVII. — Sono atti
ATTI DELLA SOCItTA STORICA I.OMBAIU.A
'• filativi allo giurisdizioni del Comune di Massa Marittima, lc<i;ati in-
•• >i( me < contrassegnati ciascuno con numero progressivo dall' i al
*' 33. - Mazzo di fogli cartacei „.
.V. //. — i365-i474, novembre 14. " Inventari, compromessi,
" consulti, sentenze e paci. — Num. MCXXVlh e MCXXIX. — Sono
" atti come sopra, contrassegnati ciascuno dal numero progressivo
" dall'i al 68. — Mazzo di fogli cartacei „.
iV. 12. — Sec. Xlll-Sec. XVIII. — " Lettere e scritture varie
" spettanti al Comune di Massa Marittima. — Mazzo di fogli car-
" tacci (lì „.
Ma queste carte; di importanza, per altro^ assai scarsa in riguardo
alla storia generale; non mi procacciarono la ricercata sorpresa e così
pure il numero 24; che, sotto il titolo di " Instrumenti della lega
'' guelfa toscana „, contiene vari rogiti del notaio senese Johannes
Paganelli, dal 1287 al 1298; deluse le mie aspettative: ciò che fortu-
natamente non avvenne per i numeri qui sotto elencati, i quali for-
nirono interessante materia a 33 nuove schede:
N. y4. — 1869, ottobre 25. Atto della lega firmala contro Ber-
nabò Visconti fra Urbano V ed il Comune di Firenze. I quattro fogli,
in parte laceri, di codesto quaderno cartaceo ci serbano i soli capitoli
della lega, ma non il principio che andò, col primo foglio, perduto.
N. 80. — 1875, novembre 27. È un quaderno membranaceo di 6
fogli, r ultimo dei quali in bianco, contenente la lega stretta da Ber-
nabò con Siena e con Firenze.
N. joi. — 1889, ottobre 9. Si tratta della lega già ricordata a
proposito del Caleffo Rosso e che qui ci viene conservata in 7 fogli
membranacei non numerati, l'ultimo dei quali non scritto, per copia
autentica di " lacobus quondam Manni civis Senarum „, il noto amico
di Coluccio Salutati.
N. 102. — 1890, ottobre 9 — 1400, marzo 16. " Affari di Gian-
" galeazzo Visconti colla Repubblica di Siena „. È un " inserto car-
" taceo, in foglio piccolo, di carte 99, ad eccezione dell' ultimo qua-
" derno (contenente il documento del 1400) che è membranaceo e
" mutilo nelle prime carte „, contenente documenti di capitolazioni,
di leghe, di paci, ecc. celebrate tra il Visconti ed il comune Senese,
(1) Inventario, cit., pag. i65.
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICIA LOMBARDA 2d.'>
nonché altri Comuni e Signorie, con spiccata prevalenza degli atti
riguardanti i patti onde fu regolata la dedizione di Siena al Duca di
Milano (i).
A''. loj. — 139O; gennaio 27 — 1391. marzo 29. Quaderno mem-
branaceo in foglio piccolo, di carte 4 non numerate, con due atti re-
lativi ad un nuovo compromesso nel Conte di Virtù da parte del Co-
mune di Siena e del Conte Bertoldo Orsini.
N. 104. — 1855, agosto 18 — settembre 24. Altri atti relativi
al compromesso accennato, che ci vengono conservati da un piccolo
codice cartaceo di fogli 44.
N. loj. — 1895. " Atti nella causa tra il Comune di Siena e il
'' Conte Bertoldo degli Orsini per il castello di Scerpena vertente
" dinanzi al Commissario del Conte di Virtù eletto arbitro dalle
•" parti. ^- Codice cartaceo in foglio piccolo legato in pergamena, di
^' carte 195 (2) „.
N. 106. — 1836, maggio 16. Quaderno membranaceo in foglio
piccolo di carte 8 non numicrate. I procuratori di Giangaleazzo Vi-
sconti, di Pisa, di Perugia e di Siena da una parte, e quelli di Firenze,
di Bologna, di Nicolò d"'Este, di Francesco Gonzaga, di Francesco da
Carrara, dei Malatesta, di Astorgio Manfredi, di Lucca, degli Alidosi
e di Città di Castello dall'altra, firmano una lega quinquennale.
A^. loy. — 1859, decembre 11. Quaderno simile al precedente
di carte 6 non numerate, l'ultima delle quali in bianco, che ci serba
altra delle convenzioni per la sommessione di Siena al Conte di Virtù.
Esaurite, così, codeste parti notevoli dell' Archivio senese, occor-
reva rivolgersi a due altre importantissime serie, onde quel deposito
(i) Inventario, cit., pag. 186. A proposito di questo inserto cartaceo
giova pur sapere che, in calce ad un indice di mano moderna, nel
quale sono elencati i documenti compresi nel volume, una nota recen-
tissima avverte che i documenti stessi furono tutti " spogliati per
studio ad hoc „. Avvertimento inutile e contrario ai regolamenti degli
archivi pubblici.
(2) Inventario, cit., pag. 186. Tanto per il num. 104 che per il io5
non diedi, naturalmente, il regesto dei singoli atti compresi nei due
codici, che solo di riflesso interessano il Visconti, giacché tutta la
faccenda venne condotta e disbrigata dal commissario Rolando da
Sommo, famosissimo dottor di leggi. Mi accontentai di riportare in due
separate schede l'indicazione comprensiva del contenuto dei codici,
mancando in essi la procura del signore di Milano nel suo delegato.
254 ^^"'* DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA
rLÌcolarmcnt(* pregiato v Unito lume dfMiva alla conos<cnza non
-"In (lei rivolgimenti e delle ijiiziative interne del comune di Siena,
ma anche delle relazioni che la lìorcntc Repubblica ebbe con altri molti
Comuni e con varie Signorie. Voglio accennare, cioè, alle serie dei
numerosi volumi che ci serbano, per lungo tratto di tempo e con una
continuità rara a trovarsi in raccolte di simil genere, le deliberazioni
del Consiglio Generale e del Concistoro : i due massimi orsfani della
vita pubblica senese ai tempi della libertà.
Il Consiglio Generale.
Il Consiglio Generale senese, detto anche, dallo speciale mezzo
di richiamo dei Consiglieri, Consiglio della Campana (Generale Con-
silium Campane Comunis Senarum), va considerato come il deposi-
tario della suprema .potestà del Comune, in quanto vediamo ad esso
affidate la trattazione degli affari più gelosi ed importanti, sì in tempo
di pace che in occasione di guerre, la conclusione dei trattati e delle
alleanze, così di piccolo come di grande rilievo, le approvazioni dei
,capitoli di tregua, le massime questioni giurisdizionali ed i provvedi-
menti economici di maggior momento. Il Podestà od un suo rappre-
sentante presiede le adunanze e, normalmente, fa le proposte.
Lo studio dell'intera serie di tali deliberazioni; numerosa di più
di duecento volumi, tutti membranacei, in foglio grande, rilegati in
asse; avrebbe richiesto tempo e fatica non lieve, se anche questa ri-
cerca non avesse facilitato e abbreviato un diligente manoscritto della
line del secolo scorso, e precisamente del ryyS, intitolato " Indice
" dell'Archivio delle Riformagioni di Siena contenente le delibera-
" zioni del Consiglio Generale „. L'attento esame del primo fra i due
grossi tomi che compongono codesto indice, non mi additò nulla che
potesse interessare il Regesto; ma il secondo scoprì, invece, traccio
notevolissime, affidato alle quali intrapresi lo spoglio dei seguenti 17
registri, che fruttarono in tutto 70 documenti viscontei nella misura
rispettivamente segnata tra parentesi:
(1) CL-148. — i35i, gennaio-giugno (doc. 1),
CLI-149. — i35i, luglio-decembre (doc. i).
(1) Il numero romano rammenta la vecchia segnatura; l'arabico
ìndica la nuova. Ad agevolare i riscontri e le ricerche e l'uno e l'ai,
tro sono d'egual interesse. Ciò valga anche per la serie del Concistoro-
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA 2DD
CLIV-i52. — i353, gennaio-giugno (nulla).
CLX-i58. — i356, luglio-decembre (doc. i).
CLXXI-168. — i36i, luglio-decembre (doc. 1).
CLXXVI-172. — i365, luglio-decembre (docc. 2).
CLXXVII-174. — i366, gennaio-giugno (docc. 6).
CLXXXII-179. — 1369^ gennaio-decembre (docc. 2).
CLXXXVIII-185. — 1875, gennaio-decembre (docc. 2).
CLXXXIX-186. — 1376, gennaio-decembre (doc. i).
CXC-187. — 1378, gennaio-giugno (docc, 2).
CC-195. — i385, maggio — i386, marzo (docc. 2).
CCI-196. — 1387, marzo — iSqi, marzo (doc. 1).
CCII-197. — 1391^ aprile — 1895, decembre (docc. 9).
CCIII-198. — 1396, gennaio — 1899, aprile (docc. 14).
CCIV-199. — 1899, maggio — 1401, marzo (docc. 16).
CCV-200. — 1401, marzo — 1408, marzo (docc. 9).
I documenti viscontei di questa interessante raccolta principiano
dal i3 maggio i35i; col riferirsi alla lega guelfa formatasi " propter
" adventum pestifere gentis domini Mediolanensis quereiitis conculca-
" tionem.... libertatis.... communium.... Tuscie (i) „ ; per giungere sino
al 26 settembre 1402, sotto il qual giorno si trova l'ultima delibera-
zione che il Consiglio Generale senese celebrava con la debita solen-
nità in riguardo a Giangaleazzo Visconti, di recente morto, appunto
" prò fiendis honorabiliter exequiis „ all' inclita sua memoria (2).
Entro questi limiti, gli altri documenti riflettono la venuta in Toscana
delle genti di Giovanni Visconti arcivescovo, i replicati maneggi' di
Bernabò con Siena e con Firenze in servigio della sua politica astuta
e senza scrupoli, le alterne vicende delle relazioni intercorse fra Siena
ed il Conte di Virtù prima e dopo che quella città ebbe a fare com-
pleta soggezione di sé stessa a lui. E di queste nuove schede meri-
tano per avventura uno schiarimento soltanto la 55.^ e la 56. '"^ (1878,
marzo 22 e aprile 1) per avvertire come la pace della quale è fatta
menzione in esse, sia quella promossa da Bernabò fra la Chiesa da
una parte; rappresentata dal legato pontificio Cardinale della Grangia
o d'Amiens; ed i Fiorentini dall'altra, e che diede luogo, nel marzo
(i) Schede i.-'* e 2.''
(2) Scheda 254.''
2bC) ATM DELLA SOCIKTÀ STORICA LOMBARDA
<lcl J378, al convegno di Sarzana così bruscamente interrotto dall' im-
provvisa morte di i)apa Gregorio XI (1).
Il Concistoro.
Accanto al Consiglio Generale , rappresentante la Repubblica
nelle sue più alte prerogative, ha onorevole posto il Concistoro che
Ira i vari magistrati del comune Senese, più si accosta, per affinità
ed importanza di funzioni e di poteri, a quella suprema instituzione
repubblicana (2). Di essa è, anzi, quasi un complemento, reso ne-
cessario dalla tradizione e dagli ordinamenti municipali, i quali,
mentre, ad esempio, volevano riservata al Consiglio Generale la no-
mina degli ufficiali subalterni del Comune; come sarebbero i Prov-
veditori di Biccherna, gli Ufficiali dei Paschi, quelli del Sale e dei
Pupilli, i Podestà, i Vicarii e così via; dava per altro al Concistoro
il diritto di proporre i nomi sui quali la scelta dovesse restringersi.
Al Concistoro, poi, spettava; nonché la nomina di deputazioni citta-
dine elette a tempo per lo studio di certe determinate questioni ; la
disamina degli affari di qualunque specie ed entità, preventiva alle
deliberazioni che su di essi prendevano poscia o il Consiglio del Po-
polo o quello Generale; così che, pur fatta ragione della sua dipen-
denza da questi due poteri superiori, le decisioni del Concistoro; alle
volte definitive, alle volte sul? conditione; serbano le traccie di tutta,
si può dire, V attività amministrativa e politica del Comune, nelle
sue multiformi manifestazioni: dalle semplici nomine di ufficiali a quelle
solenni di ambascerie a potenze estere; dalle provvisioni ordinarie
per il pagamento di piccole spese a quelle per i contributi da pat-
tuirsi in una alleanza; dalle proposte per regolare l'obbedienza di
un castello del territorio ai capitoli consacranti il sacrificio della au-
tonomia e della libertà comunale al despotismo di una signoria stra-
niera.
(i) Cfr. GiuLiNi, op. cit., voi. V, pagg. 601-602.
(2) Al Concistoro parteciparono, a seconda dei tempi e delle cir-
costanze, i domini Novem, i domini Diiodecim, i Priori, i Gonfalonieri,
il Capitano del Popolo, il Luogotenente Ducale, cittadini a ciò requi-
siti, ecc.
ATTI DELLA. SOCIETÀ STORICA LOMBARDA
La quale immensa varietà di provvedimenti ci è conservata; dal
gennaio del i338, sotto il governo dei Nove, lino ad oltre il 1408; in
una serie di più che 220 volumi cartacei, di piccolo formato e rilegati
in pergamena, ciascuno dei quali riflette una gestione bimensile della
magistratura e, nei primi della serie, riporta anche le deliberazioni
del Consiglio del Popolo corrispondenti a quelle del Concistoro. Un
altro spoglio compiuto nel 1778 e compreso in due volumi manoscritti
dal titolo " Indice dell'Archivio delle Riformagioni di Siena contenente
le deliberazioni del Concistoro „ (il secondo volume incomincia col
novembre del 1347), è utilissimo complemento della raccolta, l'esame
della quale mise in luce 126 documenti di soggetto visconteo, distri-
buiti, registro per registro, nel modo seguente:
III-3. — i35i, settembre-ottobre (docc, 5).
V-5. — i355, gennaio-febbraio (docc. 4).
VI-6. — i355, marzo-aprile (doc. i).
XIX-20. — i36o, luglio-agosto (docc. 3).
XXI-22. — i362, marzo-aprile (docc. 6).
XLVII-52. — 1369, luglio-agosto (doc. 1).
L-55. — 1370, maggio-giugno (docc. 2).
LXX-77. — 1375, luglio-agosto (doc. i).
LXXXVIlI-97. — 1379, maggio-giugno (doc. i).
XCV-io5. — i38o, novembre-decembre (doc. 1).
XCVII-107. — i38i, marzo-aprile (doc. i).
Cl-iir. — i38i, novembre-decembre (doc. 1).
CXV^1I-T27. — i385, luglio-agosto (docc. 2). Questi due documenti
sono nelle schede 61.^ e 63.^ e, come anche il docu-
mento della scheda 62.% riguardano certamente le trat-
tative per la lega che fu poi, nel novembre i385, sti-
pulata fra il Conte di Virtù e i Comuni di Firenze,
Bologna, Pisa, Lucca, Perugia e Siena contro le com-
pagnie di ventura. Cfr. Giulini, op. cit., voi. V, p. 677.
CXXlI-i32. — i386, luglio-agosto (docc. 2).
CXXVI-I36. — 1887, marzo-aprile (docc. 3).
CXXIX-139. — 1387, settembre-ottobre (doc. 1).
CXXX-140. — 1387, novembre-decembre (docc. 9). Nel documento
della scheda 79.% che è del 29 decembre, si accenna
alla probabile morte imminente della madre di Gian-
Arck. Stor. Loi.il. — Anno XX VII. — Fase. XXV. 17
258 ATTI DIJ.LA SOCIKTÀ STORICA LOMBARDA
galeazze », I-Jianca di Savoia, che diiv giorni dcjpo av-
\(i.i\;i iiiliitti la pi'cvisionc.
CXXXI-141. — j388, gcniiaio-lebbraio (doc. 1).
rXXXIV-i.i3. — i388, maggio-giugno (docc. 3).
( XX.WI 1 ||. — i388, settembre-ottobre (do*. 1 k hitivo alla se^
unita nascita di Giovanni Maria Visconti).
CXXXVlll-i 17. — 1889, gennaio-febbraio (docc. 2). Questi due du-
I iiiiK riti, dell' II e del 12 gennaio, sono compresi nelle
schede 85.*'' e 86.'^ e si rileriscono alla richiesta che il
Conte di Virtù fece presso il Comune di Siena, del
maestro " Marsilius de Sancta Sophia phisicus sala-
" riatus Comunis Senarum ad legendo (sic) fac-ultates
"medicine,,, onde giovarsene " prò reformatione stu*
" dii patavini,,. Il Romano, op. cit.^ doc. CCXLVIII,
ricorda un giuramento di fedeltà prestato da Marsilio
in Pavia il 4 ottobre 1896 a proposito di un certo " of-
lìcium suum „ che pare fosse quello di medico di corte.
Maestro Marsilio; del quale il Romano fa cenno anche
neir altro suo studio sopra Giangaleaz2o V avvelena-
tore, in quest'are//., a. XXI, 1894, fase. Ili, pag. 819;
era padovano e figlio di Nicolò, e " fu, al dire di Mi-
" chele Savonarola [De inagnificis ornanientis civitaiis
^^ patavlnae) uomo più che umano, divino e principe
"di tutti i medici del suo tempo,,. Così il Vedova
{Biografi 3 degli scrittori padovani, Padova, coi tipi della
Minerva, MDCCCXXXII, pag. 216), dal quale appren-
diamo che Marsilio appare già sin dal 1867 aggregato
al Collegio dei Medici padovani col titolo di Profes-
sore, e nel 1889, per ragioni non ben chiare, lontano
dalla patria. Fra le varie ipotesi, sembra più probabile
al Vedova che il Santa Sofìa ne fosse partito per la
fiera avversione che egli nutriva contro il Visconti,
il quale per altro nella pace firmata il gennaio del
1892 col principe Carrarese poneva nei capitoli anche
la restituzione dei beni e dei diritti già tolti a Mar-
silio, in patria. Il Vedova non seppe precisare Tanno
nel quale il dotto padovano salì con molto onore la
cattedra di Pavia e non accenna alla sua dimora in
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA 239
Siena. Da Pavia Marsilio si trasferì nel 1899 a Pia-
cenza e, morto il Visconti^ secondo le migliori con-
getture, a Bologna, dove cessò di vivere nel 1405. (Ve-
dova, op. cit., pagg. 216-218).
CXXXIX-148. — 1389, marzo-aprile (doc. i).
CXLI-i5o. — i?89, luglio-agosto (docc. 2).
CXLII-i5i. — 1889, settembre-ottobre (docc. 5).
CXLIV-i53. — 1890, gennaio-febbraio (docc. 4).
CXLVI-i55. — 1890, maggio-giugno (docc. 5).
CLI-160. — 1891, marzo-aprile (docc. 4).
CLI1-i6j;. — 1891, maggio-giugno (docc. 4).
CLIII-162. — 1891, luglio-agosto (doc. 1).
CLIV-163. — 1891, settembre-ottobre (nulla).
CLVI-i65. — 1892, gennaio-tebbraio (doc. i).
CLVII-166. — 1892, marzo-aprile (doc. i).
CLXI-170. — 1892, novembre-decembre (doc. i).
CLXIII-172. — 1898, marzo-aprile (doc. i).
CLXIV-178. — 1898, maggio-giugno (doc. i).
CLXVI-175. — 1898, settembre-ottobre (doc. i).
CLXXIV-188. — 1894, novembre-decembre (doc. i).
CLXXV-184. — 1895, marzo-aprile (doc. i).
CLXXVI-i85. — 1895, maggio-giugno (nulla).
CLXXVII-186. — 1895, luglio-agosto (docc. 4).
CLXXXII-201. — 1898, gennaio-febbraio (doc. i).
CLXXXVII-196. — 1897, marzo-aprile (docc. 2).
CLXXXVIII-197. — 1897, Diaggio-giugno (docc. 2).
CLXXXIX-198. ~ 1897, luglio-agosto (docc. 8).
CXC-199. — 1897, settembre-ottobre (doc. i).
CXCIV-208. — 1898, maggio-giugno (doc. 1).
CXCVIII-207. — 1899, gennaio-febbraio (docc. 2).
CXCIX-208. — 1899, marzo-aprile (docc. 2).
CCI-210. — 1899, luglio-agosto (doc. i).
CCII-211. — 1899, settembre-ottobre (docc. 2).
CCIV-218. — T400, gennaio-febbraio (docc. 4).
CCIX-218. — 1400, novembre-dicembre (docc. 2).
CCXII-221. — 1401, maggio-giugno (docc. 8).
CCXV-224. — T401, novembre-decembre (doc. i).
CCXVni-227. — 1402, luglio-agosto (doc. 1).
CCXIX-228. — 1402, settembre-ottobre (docc. 3).
200 AMI DKLLA SOCIETÀ STOKICA LOMBARDA
Starei per dire che la presente serie l'ornirebbe da sola bastevole
materia per uno studio quasi completo delle relazioni passate fra i
Sijriuiri di Milano, da Giovanni arcivescovo al Conte di Virtù, e la
Repubblica senese, tanti sono e di così vàrio genere i fatti dei quali
le deliberazioni del Concistoro ci serbano memoria. E, per incomin-
ciare dal i35j; del qual anno sono i primi regesti; è notevole l'am-
basceria che Giovanni Visconti mandava, nell'ottobre, a Siena per
lamentarsi con quel Comune degli aiuti promessi ai Fiorentini " eius
" capitalibus ynimicis „ affinchè " potentie et iniquitati crudelissime
" tirannidis domini Mediolani archiepiscopi resisteretur et resisti pos-
" set „ (i35i, ottobre 12-19). Ma, quattro anni più tardi, la diffidenza
dei Senesi per la insidiosa vipera par cessata, che, a richiesta del se-
condo Galeazzo, il Comune mandava a Milano un sussidio di gente
d'arme, il quale doveva forse servire a rendere ancora più paurosa
air imperatore Carlo IV la ospitalità, circondata di tanti apparati bel-
licosi, offertagli dai fratelli Visconti (i355, gennaio i5-i8) (i); né man-
cano le più lusinghiere congratulazioni per lieti successi delle milizie
milanesi contro quelle di Pavia (i355, aprile 28).
Nel 1862 ricompaiono più insistenti e più forti le apprensioni per
la venuta in Toscana delle compagnie assoldate da Bernabò (i36o,
aprile io — marzo 3i; 1870, maggio 18); al quale, per altro, basta
l'animo di offrire in seguito tutte le sue forze a Siena, per lo ster-
minio delle soldatesche di ventura " volentium occupare Ytaliam „
(i38o, novembre 2). Una prova, però, della circospezione con la quale
le sue proposte erano sempre accolte è chiarissima nella diffidenza non
dissimulata dal comune Senese quando, nel 1875 (luglio 27), si trattò di
seguire Y esempio di Firenze nel far lega con lui.
Nella serie del Concistoro il nome del Conte di Virtù appare per
la prima volta a proposito del progettato suo matrimonio con Isabella
figlia al Re di Francia, che, annunciato a Siena, si ebbe da quel Co-
mune le più ampie approvazioni e congratulazioni (1860, luglio 21-22).
Questo nel 1860. Diciannove anni dopo, certa gente d'armi che Gian-
galeazzo Visconti aveva ragunato " in civitate Pisarum et extra „ fa-
ceva dubitare ai buoni Senesi fosse quello un preparativo ai danni
della città loro, epperò, di pieno mandato del Consiglio Generale, il
(i) Cfr. GiuLiNi, op. cit., voi. V, pagg. 897 e se<
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA 2bl
Concistoro si affrettava ad ordinare un' ambasceria a Pisa, che appu-
rasse i sospetti (1379, maggio 12); ma la cosa dobbiamo credere chte
non ebbe altro seguito, giacché di questo episodio 1' archivio di Siena
non serba ulteriore menzione. Evidentemente le genti d' arme, cagione
di tanta apprensione alla Repubblica senese, erano quelle raccolte dal
Conte di Virtù nel porto pisano allo scopo di preparare onorevole e
isicura scorta alla principessa Maria, erede della corona siciliana, che
egli si apprestava a condurre in isposa. A tal uopo il Visconti aveva
assunto in suo servigio anche navi del porto livornese, come ci assi-
cura una provvisione degli Anziani di Pisa del i3 maggio 1879 con
la quale si comanda a Bartolomeo de Tantulis, podestà di Livorno, di
mandare immantinenti a Pisa, per una certa necessità del Comune,
" tucte le barche duno centonaio e mezzo o de inde in giù le quali
" ìion siano obligate ,per li servigi del signore.... lo Conte de Viriti „ (i).
Ed è risaputo che la flotta viscontea veniva poi incendiata ad opera
del Re d'Aragona (2).
La politica ambigua e tergiversante, sfruttata da Giangaleazzo nelle
controversie tra il papa Urbano VI e l'antipapa Clemente VII, riceve
nuova illustrazione dall'ambasciata che il Signore di Milano trovava
opportuno di far esporre, il 18 agosto del i386, ai Priori e ad alcuni
cittadini senesi, appositamente requisiti, " circa.... Urbanum papam
" sexcumet quosdam cardinales tam fugitivos quam captivos et.... circa
" reconciliationem eorundem.... et circa reintegrationem sancte matris
" Ecclesie „ per far conoscere e giustificare " in effectu opera et ac-
'' tiones dicti domini Comitis Virtutum patratas perenni circa recon-
'' ciliationem et reintegrationem predictas,,. E da questo momento à
rapporti si fanno più stretti e più frequenti, attestati come sono dalle
trattative per la lega del Conte di Virtù con Siena, Pisa, Firenze e
Bologna (1887, aprile 12 -r- marzo 28); dall'annuncio dato ai Senesi
della presa di Verona (ottobre 29) ; e da altri affari di minor conto,
sino a tanto che le proteste e gli atti di mutua amicizia e benevolenza
si palesano, da parte del Comune di Siena, piuttosto di sommessione,
come è lecito arguire dall' ambasceria senese del novembre 1887, che
al Conte di Virtù offriva " totum posse Comunis ad eius servitia „ e
(i) Arch. di Stato in Pisa, Arch. del Comune, Div. A, Carteggio
degli Anziani, 209-6, fol. 226 a. Cfr. la 80.* scheda pisana.
(2) GiuLLM, op. cit., voi. V, pag. 607.
iC)2 ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA
più esplicitamente dalla < niicoidia clie si yoUr ottenere da Giovanni
degli Ubaldini, capitano visconteo, anciie eoi .sacriticio di sci mila fio-
rini d'oro, salvo però, riferire al Signore di Milano che "sui respectu
" dieta concordia sit facta „ (iSSy, novembre 2 -- i388, gennaio 5).
Un'altra ambasceria del Comune di Si(Mia mandata a Giangaleazzo
nel i388 (giugno 5-8) con capitoli predisposti per " certi savi huomini
" electi e li magnifici Signori Signori Priori „, prelude alla lega quin-
quennale firmata fra le due parti in Pisa, il 22 settembre del 1389, " sin-
" gulariter et nominatim contra Comune Plorcntic „ (i): prima avvisa-
glia, codesta, della guerra che, incominciata nel 1890, durò per dodici
anni e fu, al dire di Leonardo Aretino, la maggiore che i Fiorentini
avessero mai sostenuto " perocché la città in quel tempo d' uomini
" e di ricchezze grandemente fioriva e pigliava questa contesa contro
" a potentissimo nemico, il cui dominio per la sua grandezza era in
" Italia simile a uno regno {2) „.
Siena non seppe resistere e fece sua la causa del nuovo tiranno,
non repudiando nemmeno i segni della palese sottomissione, che, in
questa medesima guerra mossa contro il più forte baluardo della li-
bertà repubblicana, essa si ritiene onorata di porre " arma domini Co-
" mitis Virtutum super arma Comunis Senarum in vexillo dicti Comu-
" nis portando in exercitu contra Florentinos „ (maggio 7); e, pochi
giorni dopo, ordina che la moneta viscontea abbia libero corso nella
città e nel territorio senese, come moneta paesana (maggio 3o); e, in
occasione della morte di Giovanni Ubaldini, non disdegna di acco-
glierne le spoglie nella propria Cattedrale, con onoranze solennissime
(giugno 24-28).
Non è meraviglia, quindi, se, il i3 marzo dell' anno seguente, An-
dreasio Cavalcabò, commissario del Visconti, si faccia a chiedere senza
ambagi la piena signoria di Siena per il duca di Milano. Lo stesso
giorno una commissione di cittadini senesi, a tal uopo nominata, ri-
sponde " che come più volte al signore Messer lo Conte di Virtù
" aviamo fatto sperare per nostri speciali ambasciadori così bora con
" viva voce diciamo et confermiamo a esso messer Andreasso .... che
"siamo contenti et de singolare gratia dimandiamo et suplichiamo la
(1) Scheda 98.''. Cfr. i docc. dal 3i marzo 1889 al 18 ottobre.
(2) Cfr. L. Frati, La lega dei Bolognesi e dei Fiorentini contro Gio-
van Galeazzo V [iJ^S^-ijc/o], in quest' Arc/i., a. XVI, 1889, pag. 21.
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA 20:)
" signoria sua che per sua benignità degni e voglia prendere et accet-
" tare el dominio e governo della città di Siena suo contado et di-
** stretto et di noi suoi devoti figliuoli et servidori et regerci et go-
" vernarci come parrà a la excelentia sua convenirsi, e discendendo
" ai modi si dice e si afferma noi essère aparechiati darli donare la
"città di Siena suo contado et distretto si che possa liberamente
" fare et disponere in tutto come dela città di Melano o di Pav ^' o di
" qualunque altra più sottoposta a lui „. Seguono su di ciò replicate
trattative, che per altro non conducono ad una ufficiale e formale de-
dizione, ma intanto il signore di Milano mette a prova l'affetto dei
nuovi sudditi volontari con la richiesta, in soli dieci giorni, dal i3 al
23 giugno, di tre prestiti, che gli vengono tosto concessi " sine reci-
" piendo aliqua fideiussione,,. Più che a garantirsi da ulteriori pre-
tese del Visconti, Siena pensa a dimostrare pubblicamente il desiderio
della nuova signoria, che ucciderà per sempre la libertà municipale,
col far dipingere le armi viscontee " in frontespitio palatii comunis
" et ad portas civitatis ,,, affinchè " signa extrinseca patulent qualis sit
" amor intrinsecus „ (luglio 26) (i).
Le ambascerie si succedono alle ambascerie per diversi affari che
Siena sottomette al proprio Signore; solennissima quella e noji da
meno della singoiar circostanza " cui per Senenses equale reddi non
" potest ,,, le feste deliberate,^ nel 1895 (luglio 10 — settembre 28),
" occasione ducalis dignitatis nuper Illustri principi et excelso do-
" mino nostro Gomiti Virtutum per summum Cesarem concesse „.
Ma soltanto al i.° d'agosto del 1899 è risaputo che gli oratori se-
nesi risiedenti a Pavia annunziano " quali ter lUustris dominus noster
•" dux etc acceptavit oblationem sibi factam de dominio civitatis
" Senarum „, e tale nuova è festeggiata con grandi e pubbliche dimo-
strazioni di giubilo, pulsando campanas tubas et alia instrumenta et
hoc sero faciendo luminariam in turribus. Da questo momento il Duca
di Milano aggiunge a' suoi titoli anche quello di Signore di Siena (2),
(i) Nel 1898, ai IO di giugno, il Concistoro fa fare la stima " trium
" bisciarum pictarum ex parte Comunis Senarum „, e ai 7 di settem-
bre paga 20 fiorini d'oro a tre pittori " prò ipsoruin labore et manu-
"factura.... prò pictura armorum domini Comitis Virtutum que pin-
" serunt ad ianuam Camolliensem „.
(2) Il GiuLiNi, op. cit., voi. V, pagg. 778-774 riferiva sulla sola au-
torità del Sozomeno, e quasi dubitando, che i Senesi dichiararono loro
Signore, fin dal 1891, Giangaleazzo, il quale destinò a governarli An-
ATTI DIvI-LX SOl'.M.TA SH.)I<U A I.U.M l'.A l< |)A
e j_,]i ,1 ti ,|i ..mNsIi (,'(. inane scrinano d'importanza, sostituito come
viene ad essi la volontà ed il beneplacito del luogotenente ducale,
Irdele interpreto dei voleri del nuovo padrone.
Tutt' al più il Concistoro delibererà circa le feste per commemo-
rare la translazionc del dominio di Perugia " facta et data domino
"duci Mediolani „ (1400, gennaio 22); oppure prenderà atto dei savi
consigli espressi dal signore di Milano perchè alle gabelle del Co-
mune si assicurino maggiori introiti col metterle in vendita, quale e
uso in Pisa e nelle città lombarde, e non con T esercirle d'ufficio
(1401, maggio 4-26); o iniìne si prenderà cura a che con pubbliche al-
legrezze il popolo partecipi all'alta soddisfazione ducale per i recenti
successi " contra hostiles gentes lige „ ; la qual deliberazione, dell' 8
luglio 1402, riflette certamente la vittoria ottenuta dalle armi viscontee
a Casalecchio il 26 di giugno e la presa di Bologna che seguì subito
dopo, giacché il Duca s' affrettava a spargere per tutti i suoi stati la
novella dei fausti avvenimenti con due lettere circolari date da Pa-
via il 27 di giugno ed il 2 luglio (i).
Il lutto della morte di Giangaleazzo fu condegnamente solenniz-
zato dalla città di Siena, e per più tempo, a tenore di un provvedi-
mento concistoriale del 29 settembre 1402, i Priori, il Capitano del
Popolo, il notaio del Concistoro ed, insieme con essi, i loro " fami-
" liarii superiores „, vestirono le gramaglie a spese del Comune; ciò
che per altro non impedirà al Comune stesso, due anni dopo, di ri-
compensare con esenzioni censuarie e notevoli privilegi la città di
Massa per 1' eroismo e le fatiche durale nello scacciare dalla propria
rocca le soldatesche del duca di Milano (2) ; dopo d'aver firmato, d'al-
tro canto, fra i patti di una nuova lega con Firenze, anche quello di
espellere pubblicamente dalla città e dal territorio il luogotenente con
tutti gli ufficiali del duca e della duchessa di Milano, e di cancellare
al più presto tutte le armi, le insegne, le pitture e le sculture che
ancora attestassero il dominio visconteo (3).
dreasio Cavalcabò in qualità di senatore, ma s'afìrettava ad avvertire
che egli non trovava " che Giovan Galeazzo assumesse il titolo di Si-
*' gnore di Siena, se non nell' anno 1899 „ .
(i) GiuLiNi, op. cit, voi. VI, pagg. 47-48.
(2) Arch. di Stato in Siena, Riformagioni, Città di Massa, 1404,
aprile 18.
(3) L'atto di questa pace, rogata in Firenze da Vivianus Nerii il
6 aprile del 1404, ind. XII, si trova nell' Arch. di Stato in Firenze,
Capitoli del Comune, voi. XI, fol. 238 a.
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA 2ÒD
Tali furono i risultati offerti dall'Archivio senese nei i3 giorni,
che credetti necessario di dedicarv' dal 22 agosto al 5 settembre. Li
rappresentano ora 265 schede che mi pregio di sottoporre al compe-
tente giudizio di codesta oiior. Commissione. La quale vuol essere
avvertita che una sola serie resterebbe pertanto da esplorare in quel-
l'Archivio: quella cioè, del Carteggio, pur essa, a somiglianza delle
altre esaminate, doviziosa e notevole, e tale; come fanno sempre sup-
porre documenti di simil genere; da procacciare risultati nuovi ed
importanti (1). AH' infuori anche della mancanza del tempo a ciò ne-
cessario, mi distolse dall' esaminare la raccolta del Carteggio la circo-
stanza, pur da tener presente, che nei giorni della mia permanenza
a Siena, si attendeva appunto, ad opera di quei solerti impiegati, al-
l'ordinamento della voluminosa serie, così da facilitarne agli studiosi
la non lieve fatica dello spoglio.
Le lettere, quasi tutte originali, e per lo più in ottimo stato di
conservazione, vengono ordinate cronologicamente e intercalate tra
foglio e foglio di appositi volumi a foggia di custodia. Ogni volume
vien pure provvisto di uno schema di indice alfabetico allo scopo di
favorire la ricerca dei nomi.
Dal 1279 al 1408 i volumi del Carteggio, contenenti in media cen-
toventi lettere per ciascuno, raggiungono la bella cifra di 84; ma coi
primi quattro si perviene già al i368; onde, col solo soccorso di un
indice, sono più migliaia di lettere che vogliono essere attentamente
spogliate affinchè la ricerca nell'Archivio di Siena possa dirsi in ogni
sua parte compiuta. Tale lavoro, però, in considerazione della rara
importanza della serie, è assolutamente necessario.
(1) A proposito ancora delle Riformagioni senesi (Ardi. Diploma-
tico) mi si permetta di ricordare, perchè di interesse tutto lombardo,
un quinterno, posto sotto il i3i2, nel quale sono copiati gli instru-
menti della lega contratta fra Ghiberto da Correggio e gli altri nobili
della città di Parma e Reggio da una parte e i sindaci di Bologna,
Firenze, Lucca, Siena, il procuratore di messer Guido della Torre e
de' suoi seguaci e i fuorusciti guelfi di Cremona e di Modena, dal-
l' altra. Vi sono le procure dei confederati a stipulare la lega, 1' atto
della medesima e gli stipendi fìssati per Ghiberto da Correggio. La
copia è di mano di Giovanni di Gherardino Ferfolini.
Amos Mantegazza, gerente-responsabile.
Milano, ti/>. Pietro Faverio di Confalonieri Pietro, vìa Gozzndini, -f^'4g.
ARDENGO FOLPERTl
MAESTRO DELLI- ENTRATE DI E. M. \ISCONTI
STIDII E RICERCHE DI STORIA PAVESE
DI Ardengo Folperti, l'uomo che maggiormente si ricorda
fra i discendenti della antica famiglia pavese, troviamo
ripetuto il nome dagli storici nostri, i quali lo magni-
ficarono a cagione specialmente della generosità con cui concorse
alla erezione in Pavia del tempio di S. Tommaso.
La sua memoria, poi, si può dire in questi ultimi anni rin-
verdita dal fatto che una parte del suo funebre monumento, sal-
vata da un trafugamento all'estero, e collocata, per ragioni finan-
ziarie, sotto le splendide volte della Certosa (i), attira gli sguardi
del pubblico che va chiedendosi di chi sia mai quella bella hgura
marmorea e quale relazione abbia per avventura con quel tem-
pio sontuoso.
(i) Beltrami {Certosa di Pavia, voi. I, pag. ii5 seg.), dice che il
monumento fu collocato nella navata trasversale della Certosa, perchè
" la effigie del Folperti colle particolarità delF abbigliamento, colle
imprese e colla tecnica di esecuzione costituisce un documento ge-
nuino, il solo che ci riporti all'epoca viscontea, mentre le meraviglie
tutte del tempio non ci possono riportare al di là dell' epoca sforze-
sca,,. A questa stregua si potrebbe collocare nella Certosa qualunque
monumento dell'epoca viscontea. Va notato anche che il Beltrami par-
tiva dal falso supposto che Ardengo fosse stato maestro delle entrate
di Gian Galeazzo Visconti, fondatore della Certosa; il che non è.
ArJi. Stor. Lo,.ib, — Anno XXVll. — Fase. XXVI. j8
268 AHiJi.yy.u t-OLl'UHTl
Questo nostro lavoro risponde alla giusta curiosità di molti:
ma, quel che è più, mira a dare del personaggio notizie più co-
piose e più esatte di quelle avutesi finora e a metterne la vita e
le azioni nella loro vera e storica luce.
Certamente dispiace il dover contraddire e far notare le fal-
sità e le incongruenze in cui caddero tanti cultori della storia
pavese: e più gravoso riesce il togliere ad un uomo gran parte
di quell'aureola da cui fu circondato. Ma al disopra d' ogni ri-
guardo, debbono stare i diritti della verità, ed è dettame di co-
scienza e di giustizia tagliar la strada agli errori.
Né ci si rimproveri di aver voluto palesare segreti di co-
scienza ; i fatti che esporremo non furono mai segreti, anzi no-
torii e pubblicissimi; tant' è che gli atti e i documenti, sia del-
l' autorità politica, sia della ecclesiastica, che costituiscono il fon-
damento di questo lavoro, furono affissi in pubblico nei luoghi
stabiliti per le proclamazioni ufficiali, affinchè tutti ne avessero
notizia.
Chi spinge lo sguardo sull'alto delle mura esteriori del Coro
del tempio di S. Tommaso vi scorge infissi parecchi stemmi mar-
morei della famiglia Folperti. Essi spiccavano anche sulle interne
pareti del tempio, al dì sopra dell'aitar maggiore, presso il quale
stava un insigne mausoleo ed una lunga iscrizione laudativa di
Ardengo Folperti. Aveva costui fatto edificare a sue spese tutta
quella parte notabile della grande chiesa e quegli stemmi, quel
mausoleo e quel diffuso elogio, stettero, almeno in parte, sino alla
fine del secolo passato ad attestare tanta munificenza ed a ricor-
dare i meriti eia vita del nobile benefattore. Il testo della epigrafe
laudativa di Ardengo fu già pubblicato dal Mezzadri (i), poi dal
Robolini (2); ma qui è necessario ripeterlo, perchè è il solo fra
(i) Mezzadri: // trionfo della religione — Storia della basilica dei
SS. Gervasio e Protasio, ecc. Pavia, Ghidini, 1729, p. i5.
(2) Robolini : Notizie appartenenti alla storia della sua patria, voi. V,
parte I, p. i5i.
MAESTRO DELLE ENTRATE DI F. M. VISCONTI 269
i documenti rimasti che valga a stabilire parecchie date della vita
dell' uomo, e perchè, come vedremo, serve a lumeggiarne il ca-
rattere.
« Ad honorem Excelsi et Omnipotentis Dei, etc. Anno do-
mini mcccc°v° spectabilis et clarus miles dominus Ardengus de
Folpertis, urbis Papié civis egregius, natus olim generosi et no-
bilis viri lohannis Petri, fecit hanc excellentem capellam con-
strui, etc, hunc nempe suapte natura primis rerum bene geren-
darum accensum studiis, memoranda suorum exempla predeces-
sorum non mediocriter acuebant, etc. Non igitur ambitione sed
devotione sincera, tamquam verus Christicola dextris cupiens au-
spiciis venerandum nomen suorum excitare majorum et famam
propagare. Miles fuit solemniter procreatus in festo Sancti Ste-
phani prothomartyris gloriosi, in ecclesia Beati Quirici corusci
militis et invicti (rasura di più che una linea) multis presentibus
autenticis venerabilibusque personis, ceu publica docent scripta
celebrata per Francischinum de Bellisomis filium domini lacobi, no-
tarium publicum papiensem. Hic etiam juxtus ac pius miles di-
vino tactus monitu hinc secum anteactam sancte recensens vitam,
illinc ad novissimum diem velut jam instantem devotissime se se
referens, litteras indulgentie a pena et culpa, perpetuo valituras,
a Summo Pontifice Innocentio Septimo, largas et gratiosas, con-
trita mente singulariter impetravit, etc. Prefatus autem generosi
miles animi dominus Ardengus de Folpertis astris et celo Dei pla-
cido nutu faventibus, natus est anno m^ ccc° lx°, xi° junii, qui
moralibus pollens virtutibus, magnanimitate notus, singulari qua-
dam humanitate in omnes, pietate in egenos, dilectione in pa-
triam, summa in Deum et proxim.um caritate, quousque in ulti-
mum vite diem, claruit super multos. Tandem post conspicua
vite ejus opera, de hac valle tenebrarum ad eternam ìucem per
eum qui miserat evocatus, m° cccc° {lacuna) die (lacuna) mensis
(lacuna) felicem animam summo letus reddidit conditori. Cuius
fortunate corporis reliquie presenti sarcophago non minus. devote
quam honorifice sunt incluse ».
Un altro monumento scritto, riguardante il Folperti, è la
270 AUDLNUU lUI.IMKTI
pietra sepolcrale che ora sta nella navata trasversale della Cer-
tosa di Pavia. Vi e effigiato Ardengo, giacente, senza barba, co-
perto di lunga cappa a larghe maniche ed alto colletto; ha ber-
retto in capo e, colle mani inguantate e incrociate sul petto, tiene
la spada. In alto, ai lati del capo, sono scolpiti a rilievo due scudi
a pavese; nel sinistro sono tre rose e tre gigli alternati, nel de-
stro un elmo col cimiero a testa d'aquila. AH' ingiro della lastra
trovasi la seguente iscrizione in caratteri gotici, che comincia dal
basso a sinistra : OSTOLI • Q • DNS • ARDINGVS • PER-
VENIT • IN • LVCEM • ANO • M • GGG • LX • DIE • XI • IVNII •
ET • OBIIT • ANNO (piccola rasura e poi spazio in bianco)
GVIVS • ANIMA • REQVIESGAT • IN • PAGE • AMEN.
La iscrizione, come la precedente, indica soltanto l'anno e il
giorno della nascita dì Ardengo: la data della morte non fu in-
cisa; e credo che la piccola rasura non abbia cancellato che la
indicazione MGGGG. E quindi evidente che Ardengo si era pre-
parato il mausoleo ancor vivente: aveva lasciato in bianco la data
della, morte perchè fosse scolpita quando questa fosse avvenuta :
il che nessuno si curò di fare.
Passiamo agli scrittori di storia pavese: i quali, parrà strano,
non si curarono di illustrare il lodatissìmo Ardengo sino ad un
tempo relativamente recente.
Infatti il Gualla, nel i5o5, pur avendo opportunità di toc-
care di Ardengo non ne dice motto (0; anche il Breventano
non ha che una parola generica: « La sagrestia della Ghiesa di
S. Thomaso fu fatta fabricare dalla molto nobile famiglia de
Bottigelli : et la Gapella grande dessa Ghiesa dall'antica famiglia
de Folperti (2) ». E lo Spelta che primo imbocca la tromba epica :
« Nò forse senza ragione in questo luogo sarei ripreso, se inave-
dutamente passassi con silentio la virtù, bontà et religione di Ar-
(i) Iac. Guallae: Sanctuariiim Papiae. Pavia, Borgofranco, i5o5,
nella Vita di S. Rodobaldo.
(2) Stef. Breventano: Histor. della antichità, nobiltà et delle cose
notabili dellcir città di Pavia. Pavia, Bartoli, 1570, p. 95.
MAESTRO DELLE ENTRATE DI F. M. VISCONTI
dengo Folperti Mezabarba; il quale di fama molto celebre nel
valor delle armi e nella bontà Christiana, tra le altre cose si diede
à conoscere per ili. cittadino pavese quando eresse et ornò di pit-
ture, vasi e paramenti sacri la Cappella maggiore di S. Thomaso,
come chiaramente dimostra una pietra posta a man diritta del-
l'istessa cappella o choro; ove egli fu l'anno di nostra salute 1400
con honore e pompa funebre solennemente sepolto (i) ».
Nella sua smania di adulazione lo Spelta, che primo inau-
gura la leggenda del valor delle armi dì Ardengo, non si accorse
di una grande incongruenza in cui cadde. La pietra laudativa,
che egli cita, narra che Ardengo fece costrurre la cappella di
S. Tommaso nel 1405 : lo Spelta, senza por mente alla lacuna
che nella lapide segue V indicazione della data di morte del fon-
datore, assicura senz' altro eh' esso fu sepolto nel 1400 (2).
Nessuno però fece eco alle iperboli dello Spelta. Il mansio-
nario Gio. Batt. De Gasparis nel suo Diario (3), parlando dì
S. Tommaso, ha questo solo inciso: «facendo fabricare la Cap-
pella Maggiore del Coro la Casa de Mezzabarba e Folperti a loro
spesa ».
Egualmente moderato è il P. Romualdo Ghisoni il quale
scrive: «Anno postea 1403 feliciter assurgente ecclesiae aedificio,
Ardengus Folpertus, annuentibus Fratribus Conventus, proprio
sumptu, majorem capellam cum odaeo construxit, de quo habetur
inibi inscriptio (4) ».
(i) Ant. Mar. Spelta : Histor. delle viti di tutti i Vescovi.... di Pavia.
Pavia, Bartoli, 1597, P- 279-
(2) Dallo Spelta furono ingannati anche i Padri Domenicani di
S. Tommaso che nel i6i3 fecero apporre nel Coro della loro Chiesa
la seguente epigrafe : " Sacellum hoc ab ilhistribus Folpertis erectiim anno
domini m. ecce, ab huius caenobii patribiis instaitratiun exornatumque ftiit
anno mdcxuj „.
(3) Giov. Batt. De Gasparis : Diario. Ms. del Museo Civico di sto-
ria patria di Pavia, copiato da Luigi Fenini, p. 48, verso; sotto il giorno
21 dicembre.
(4) P. Romual. Ghisoni : Flavia Papia Sacra. Pavia, 1699, parte I,
pagina 82.
272 ARDENGO rOLPERTI
Bernardino Mezzadri e il primo che pubblica il testo dell'epi-
grafe di Ardcngo, però con parecchie mende; parla brevemente
del Folpcrti sul tono dello Spelta, di cui ripete ingenuamente
anche il grosso errore, dicendo il Folperti morto nel 1400 (i).
Meglio di tutti parlò del Folperti il chiaro principe degli
storici pavesi, il Robolini. Egli riporta la lunga iscrizione e la
esamina (2); descrive, seguendo un manoscritto del secolo XVII,
il mausoleo di Ardengo (3); ci sa dire di lui che nel iSqB attese
alla correzione degli Statuta di Pavia (4); che nel 1404 era teso-
riere generale e maestro delle entrate di Filippo Maria Visconti
che gli concedette in quell' anno di fortificare il suo castello di
Scaldasole (5); ci ricorda la costituzione di dote di Andriola Ole-
vano andata sposa nel 1413 ad Ardengo (6): e finalmente lo in-
dica Podestà di Vigevano nel 1429, aggiungendo che si ebbe con-
iìscato il castello di Scaldasole dal Duca perchè « condannato nel
sindicato (7)». Ma in mezzo a tutte queste notizie, il Robolini
cade nello strano abbaglio di creare due Ardenghi Folperti. Ed
ecco come : « Noi siamo all' oscuro dell' anno in cui Ardengo Fol-
perti passò di questa valle di tenebre all' eterna luce, perchè nel
riferito epitaffio dopo le cifre mcccc vi è una lacuna ; né tanto
meno si può supporre che cessasse di vivere nel 1400, mentre tro-
viamo espresso nel medesimo epitaffio che esso Ardengo nel 1405
fece costrurre la narrata cappella. Sembrar quindi potrebbe che
r anno di sua morte dovesse appartenere al 1409, in cui Bossi,
Istor. Pai'., insegna che fu nominato maestro delle entrate Gia-
como Naxi in luogo di Ardengo Folperti». Io non tacerò che ve-
(i) Mezzadri : Storia della basilica dei SS. Gervasio e Proiasio, ecc.,
p. i5 seg.
(2) Robolini: Notizie stor. di Pavia, voi. Ili, p. 363 seg., voi. V,
parte I, p. i5i seg.
(3) Robolini : Ibidem.
(4) Robolini: Loc. cit., voi. V, part. I, p. 271.
(5) Robolini : Voi. V, part. I, p. 366.
(6) Robolini: Voi. V, part. I, p. 396.
{7) Robolini: Voi. V, part. I, p. 375.
MAESTRO DELLE ENTRATE DI F. M. VISCONTI 273
ramente in una pergamena da me posseduta dell' 1 1 settembre 141 3
si vede nominato lo spettabile ed egregio milite Ardengo Folperti
del fu sig. Gio. Pietro, che accetta la costituzione della dote fatta
alla di lui^posa Andriola Olevano figlia del fu nob. sig. Gasparo,
(pergam. 280). Anche l'Ardengo di cui parla l' iscrizione è ivi qua-
lificato figlio di Gio. Pietro e nella iscrizione venendo indicato
che il suddetto Ardengo nacque nel i36o, nel 141 3 avrebbe avuto
l'età di soli anni 53. D'altra parte abbiamo dal Bossi, Hist. Par.,
che nel 1430 « il Conte Duca tolse il castello di Scaldasole ad
Ardengo Folperti Podestà di Vigevano 1' anno 1429 condannato
nel sindicato, qual castello fu poi restituito a' suoi figli nel 1451
dal Conte Duca Francesco Sforza ». Dietro il fin qui esposto os-
servando che neir epitafìfio non viene fatta alcuna menzione nò
di moglie ne di figli dell' ivi lodato Ardengo, opinerei che diverso
dal medesimo sia l'Ardengo che viveva nel 141 3 e nel 1430 e con
ciò parmi potersi stabilire che il monumento sepolcrale sopra de-
scritto sia un lavoro stato eseguito non più tardi del 1410(1)».
Parlò quindi del Folperti il comm. dott. Carlo Dell' Acqua
in due suoi scritti (2), sorvolando però sulle circostanze della sua
vita e dicendo solo della fondazione del coro di S. Tommaso e
degli ufìiizi da lui occupati di uomo d'armi e di Maestro delle en-
trate di Giovan Galeazzo Visconti. Notiamo subito che gli ufifici
da Ardengo sostenuti furono tutti civili, quantunque egli facesse
molto caso della sua qualità onorifica di miles. È poi inesatto
dirlo Maestro delle entrate di Giovan Galeazzo Visconti, giacché
Ardengo tenne tale uffizio sotto Filippo Maria.
Carlo Magenta scrisse sui lavori fatti eseguire in S. Tom-
maso dal Folperti: di lui non ci disse altro che nacque l' 11 giu-
gno 1340 (errore di stampa per i36o), e che morì molto proba-
bilmente nel 1408 (3); senza accennare alcun fondamento di questa
probabilità.
(1) RoBOLLM : Loc. cit., voi. V, part. I, p. 154 seg.
(2) Ricordi storici-biografici pavesi. Pavia, Fusi, 1870, p. 87 — e : //
Comune de' Corpi Santi di Pavia, ecc. Pavia, Fusi, 1877, p. 96 seg.
(3) / Visconti e gli Sforza nel Castello di Pavia, voi. I, p. 362.
ay4
AUDKNGO KOLPERTI
li cornili. Giovanni Vidari, parlando per incidenza di Ar-
dcngo, scrive che « riparando ad un atto ingiusto, il duca F'ran-
cesco (Sforza) rese ad Ardcngo Folperti già podestà di Vigevano,
il castello di Scaldasole che Filippo Maria, per maLsospetto di
fellonia, gli aveva tolto nel 1429 (i) ». Pel Vidari dunque Ar-
dengo Folperti era ancor in vita nel 143 1; occorre appena notare
che la restituzione era dallo Sforza fatta ai figli di Ardengo, e
vedremo che la colpa di costui presso Filippo Maria era molto
diversa dall' accennata dì fellonia.
Anch' io scrissi del Folperti trattando della Chiesa di S. Tom-
maso (2) ; ma non approfondita la questione, e attenendomi a
quanto avevano scritto il Robolini, il Dell'Acqua ed il Magenta,
ne ripetei le parole e le inesattezze.
Ne parlò in seguito il nob. Zanino Volta dando notizia di
alcuni atti del notajo Cristiani del 1416 e del 1417, in cui Ar-
dengo, che egli chiama « ricchissimo, benefico e pio personaggio »,
figura. Il Volta, con giusto acume, riassunti gli errori dei bio-
grafi di Ardengo, rifiuta l'ipotesi del Robolini dell'esistenza dei
due personaggi omonimi, e conclude nulla ostare « che il cava-
liere Ardengo siasi ammogliato a 53 anni, cioè dopo 1' erezione
del suo grandioso mausoleo; che abbia avuto parecchi figli — sa-
rebbero sette — e che sia vissuto settuagenario, come doveva es-
sere nel 1430 (3) ».
Ultimo a scrivere del Folperti fa il Beltrami, ma lo fece bre-
vemente e quasi per incidente illustrandone la pietra sepolcrale
ora alla Certosa. Lo disse « nobile cittadino pavese, uomo d'armi
e maestro delle entrate di Gian Galeazzo Visconti, cui si deve il
compimento della chiesa di S. Tommaso in Pavia, nella quale il
Folperti venne sepolto (4) ». Ripeto che il Folperti non fu mai
(1) Fratnmeutl cronistor. dell'Agro ticinese, voi. II, p. io3.
(2) La Chiesa e il Convento di S. Tommaso in Pavia. Pavia, Arti-
gianelli, 1895, p. 3i seg. •
(3) Volta : Un giuramento di fedeltà a Beatrice di Tenda, ecc., in
Archivio Storico Lombardo, 1895, II, p. 820.
(4) Beltrami: Certosa di Pavia, voi. I, p. ii5.
MAESTRO DELLE ENTRATE DI F. M. VISCONTI 275
uomo d'armi, e che ebbe rapporti con Filippo Maria e non con
Giovan Galeazzo Visconti.
Del fin qui esposto il lettore può farsi facilmente adeguata
idea delle incertezze e delle lacune molto gravi che rendono an-
cora oscura la vita di Ardengo Folperti.
10 tenterò sulla scorta dei documenti di rompere questa oscu-
rità e di far meglio conoscere quell' uomo.
Astrìs et celo dey placido niitu faventibiis, come Ardengo
Folperti faceva incidere sul suo epitaffio, egli nasceva in Pavia
agli II di giugno del i36o. L'indicazione cronologica è sicura
perchè ci è attestata dalle due epigrafi che già si sono riportate.
Queste ci indicano altresì nel nobile Giovan Pietro il padre del
nostro : la sua madre, come trovo nelle schede del sig. Carlo Ma-
razzi (i), era una Andriola, figlia di Ardengo della Volta ricco
cittadino di Pavia (2).
Dei primi anni di Ardengo nulla sappiamo: certo però dob-
biamo riportare alla sua infanzia il vezzeggiativo di Ardenghino,
con cui andò sempre distinto, giacché nei documenti anche della
sua virilità lo vedremo indifferentemente chiamato xArdengo, o
Ardenghino. Questo nome che, per la prima volta fu apposto ad
un discendente della famiglia Folperti, diverrà poi comune in
essa: ad Ardengo nostro fu imposto per ricordare il nome del
suo nonno materno.
11 fatto che nel iSgS il Folperti fu chiamato dai concittadini
a far parte della commissione dei legisti incaricati della nuova
compilazione, o correzione, degli Statuti comunali pavesi, può far
ritenere che Ardengo abbia percorso gli studii legali nella nostra
università, i quali del resto erano allora il mezzo più sicuro per
(i) È doveroso l'esprimere la mia riconoscenza al sig. Carlo Ma-
rozzi per la generosità con cui ha messo a mia disposizione le sue
schede, frutto di un Ventennio di ricerche e di studio sui documenti
dei nostri archivi i e di quelli di Milano.
(2) Ardengo della Volta era notajo. Di lui è un atto fra le Perga-
mate Comunali del Museo Civico (n. 114) dell'anno 1297.
27Ò AKl>hNoU KOLI'LUTl
i^iungere agli ullizii più ambiti ed ai più alti onori. In realtà però
non fece che gli studii del notariato, come appare da un docu-
mento del nostro Archivio Notarile. In un volume in pergamena
contenente l'elenco dei notaj pavesi, compilato nel 1439 sulle ma-
tricole degli anni 1284, i334, 13/4, rinnovate tain propter coriim
vetustatem, qiiam ctiam quia siciit decet bene ordinata non sunt,
Icggesi che fu ascritto nel Collegio dei Notaj di Pavia « Arden-
ghiniis de folpertis filiiis quondam lohannis Petri, mccclxxxiii
die XX junii (i) ». Due cose adunque di qui si imparano; che
cioè Ardengo, fatti gli studii del notariato, entrò nel Collegio
dei Notaj ai 20 giugno del i383; e che in questo tempo era or-
fano del padre.
Non ho trovato documento che dimostri avere il Folperti
realmente esercitata l'arte del notariato: credo che delle cogni-
zioni e dell'arte sua egli si sia valso unicamente per sé. Per la
morte del padre, Ardengo ancor giovane dovette applicarsi agli
affari : i documenti, che in seguito vedremo, provano eh' egli fu
banchiere fortunatissimo e più che sagace : d' altronde i Folperti
non credevano punto, come altri ed altri dei nobili d' allora, di
abbassare o di far sfregio alla loro nobiltà tenendo agenzie di
cambio e di prestito e banche. Una pergamena del 20 novembre
i33o attesta che la banca (iabulam) dei Folperti era allora « 5;^-
tam in capite Rualeche Mer^arie et Atrii Sancii Syri (2) », pro-
prio nel cuore della Pavia commerciale.
Il primo cenno di Ardengo Folperti negli atti pubblici noi
(i) Matricida Notarior. Pap., fol. Ili, tergo. In Archivio Notarile
di Pavia.
(2) Museo Civ. di Stor. Patr. Legato Bonctta : Pergamena n. 3. In-
vestitura fatta da Bernardino Bottigella nei fratelli Rolando e Giaco-
mino Fiamberti del fu Oliviero, di una terra che i detti Fiamberti
hanno comperata da Agnesina moglie del fu Roglerio Folperti, e ma-
dre di Margarina, Antonino, Giovanni e Regalina Folperti. Fra i te-
stimoni figura anche un Franceschino Folperti. ' — Che tabtdam debba
essere inteso per banca è provato dall'articolo 65 del De Regimine Po-
testatis (Pavia, ediz. i5o5), ove si dice che : " omnes campsoreSf seit te-
neittes.... cambium, tabulam seti banchiim pectmie seti monete „, ecc.
MAESTRO DELLE ENTRATE DI F. M. VISCONTI
troviamo in un verbale di adunanza del Consiglio di Provvisione
di Pavia, in data 3o maggio i386, tenuta per determinare a chi
spettassero le spese di riparazione « stratarum Ver:{ai'ii, Cave et
uliarum ». Ardengo figura tra i Sapienti di Provvisione, insieme
a Catelano Cristiani, il famoso notajo visconteo (i), a Rainu-
cello Riscossi, a Giacomino de Trafileriis, a Ciximolo Taverna,
a Martinolo Vimercati, a Giovanni Preottoni e a Branchello
Bassi (2). Ardengo è il secondo de' sapienti e sussegue a Catelano
Cristiani; nel verbale sono soppressi tutti i titoli nobiliari e d'o-
nore, quindi si legge semplicemente : Ardenghiis de folpertis. Que-
sta carica da lui coperta, a soli 26 anni, mostra la considerazione
in cui egli era già salito: giacché se in quei tempi moltissimo va-
leva la nobità dei natali al raggiungimento dei pubblici uffizii,
era pur stragrande il numero di coloro che potevano aspirare ad
essi, quindi la necessità di emergere ; senza poi dire che i dodici
sapienti di Provvisione, giusta le disposizioni statutarie, dovevansi
eleggere fra i cittadini pavesi più a discreti et prudentes (3)».
Ma Ardengo mirava ài preferenza agli incarichi retribuiti,
come del resto facevano tutti i nobili d' allora. Potè conseguire
r intento nel 1389, quando fu eletto ragioniere del Comune, in
luogo di Olivello de Furnariis. La notizia è desunta dal Register
Biilletariim di quell' anno, ove ai fogli 96 e 97 leggesi : « Olivellus
de Furnariis Rationator Comunis Papié prò eius salario ordi-
(i) Per conoscere T importanza del notajo Cristiani, vedi i preziosi
lavori del eh. prof. Giacinto Romano : La Cartella del notajo C. Cri-
stiani nell'Archivio di Pavia, nelF " Arch. stor. lomb. „, settembre 1889,
p. 679 seg. — e : Regesto degli atti notarili di C. Cristiani dal ijpi al
i3<)9, fase. Ili del 1894 ^ segg. ; così pare Zanino Volta : Un giura-
mento di fedeltà a Beatrice di Tenda, ecc., ibidem, dicembre 1895, pa-
gina 285 segg.
(2) Statuti, Decreti e Provvisioni sull* Ufficio del Giudice delle strade
dal ij66 al lóyj. Ms. del Museo Civ. di S. P., fol. i3 recto, degli Sta-
tuti del Giudice delle Strade.
(3) Statuta Papié, Rubr. XXVII de ellectione duodecim sapien-
tum, etc. Gli Statuti, nella redazione in cui oggi li abbiamo, sono del
1398; dipendono però nella parte sostanziale da altri più antichi.
278
ARDENGO FOLPERTI
nario Hor. 9,12 tcrtiolorum, et prò cius salario extraordinario
tìor. 6,8 tertiol. Eidem Olivello subrogatus luit Ardenghinus de
tblpertis (i) ».
I documenti poi si tacciono di Ardendo sino al r3gi. Il Re-
gistro delle Bollette del Comune di Pavia per Tanno i.^or, ci
fornisce notizia dell' attività negli affari del Folperti, giacché tro-
viamo che egli ha preso, con alcuni socii, in appalto il dazio delle
mercanzìe per la città e pel distretto pavese. La nota del Regi-
stro dice così: « Restaurum Ardenghino de folpertis et sociis, in-
cantatoribus et participibus datii Mercadantie Civitatis et distric-
tus Papié (2) ».
Nello stesso anno iBpi, ai 4 di novembre, si ha una sentenza
pronunciata dal Podestà di Pavia contro alcuni pescatori, i quali
avevano danneggiato il nobile Antonio Lucini, violando i suoi
diritti di pesca riservata. Tra i testimoni della sentenza figura
il nostro « Ardenghino de folpertis » senz' altra specifìcazione o
titolo (3). Questo prova come il Folperti fosse in relazione coi
personaggi della corte viscontea e si preparasse così il terreno a
raggiungere quegli onori, che poi in restltà consegui. Il nobile
Antonio de Lucino era cancelliere e secretario di Gian Galeazzo
Visconti : Giovanni Oliarli procuratore del Lucini, che aveva ot-
tenuta la sentenza, era il notajo che il Visconti onorò della sua
tìducia.
Gli affari del suo banco, i pubblici incarichi, le alte aderenze
in corte erano i mezzi che Ardengo con tutto acume usava per
raggiungere, insieme all'aumento delle sostanze, quella notorietà
e quella gloria dì cui era avidissimo.
E le occasioni per farsi innanzi non gli mancarono certo.
Gian Galeazzo Visconti aveva deliberato grandi riforme legisla-
tive; gli statuti che reggevano le città da lui dipendenti dovevano
essere rimaneggiati e svecchiati: Pavia si mise all'opera di revi-
(1) Register Bulkttar. ijSc^, nella copia presso di me, p. SS-Sp.
(2) Regist. Bullettar. Anni ijgi, fol. 167. Nella mia copia, p. 76.
(3) Museo Civ. di S. P. Per gamme Brambilla, n. 35.
MAESTRO DELLE ENTRATE DI F. M. VISCONTI
sione delle sue leggi sino dal i38i. Ardengo non figura tra i ri-
formatori statutarii di quest'anno: è molto probabile che solo
nel 1391 egli fosse stato chiamato a questo lavoro. È infatti a
sapere che, sebbene i nostri statuti comunali siano del i39?, pure
si lavorava alla loro riforma sin dal 1391: il Parodi ci ha con-
servato due lettere che lo provano (i). Laonde essendo certo che
Ardengo partecipò alla riforma statutaria approvata da Gian Ga-
leazzo nel 1393, conviea credere che al lavoro il Folperti fosse
chiamato nel 1391. Quale parte egli abbia avuto in questa ri-
forma non è possibile precisare; credo però che la sua opera fu
preziosa specialmente per quanto riguardava la parte finanziaria
e commerciale della legislazione (2). Comunque, la prova della
partecipazione di Ardengo a questo lavoro, sta nel proemio degli
Statuta Civilia del i393, ove è detto ch'essi furono compilati per
opera « priidentiim viroriim dominorum Giialtrini de Zai^iis i. 11.
doctoris, domini Petri de Curte legum doctoris^ d, lacobi man-
giaria legum doctoris, d. Christophori de maletis utriusque doc-
toris, d. Io. Francisci de Mangano 11. iuris periti, d. Carnele-
varii de Astulfis legum doctoris, libertini de Nigris, Andrini de
la cadrona, Chatelani de Christianis, lohannis de Oliariis, Co-
lumbelli de Medicis, Bonaccursii de Sclafenatis, et Ardenghim
DE FoLPERTis, omnìum prefate civitatis civium ejusdemque auc^o-
ritate consilii diati operis revisorum (3) ».
(i) Iac. Parodi:: Ada Studii Ticinensis, voi. A, anno iSgi. Ms. del
Rettorato delF Univ. di Pavia. Per quanto riguarda gli statuti pavesi
in generale vedi Magenta : / Visconti e gii Sforza, ecc., voi. I, p. 260
in nota.
(2) Forse Ardengo fu chiamato nella Commissione come rappre-
sentante del Comune. Ma non ne saprei dare la prova.
(3) Statuta de Regimine Pretoris civilia et criminalia civitatis et Co-
miiatus Papié, etc, fol. C recto. Pavia, Borgofranco, i5o5. Alcuni scrit-
tori pavesi attribuiscono la riforma a Baldo. Il Pietragrassa {Note niarg.
della storia di Pavia, copia del Fenini, p. 20, verso, in Museo Civ. S. P.)
cerca di conciliare scrivendo : " Nell'anno stesso (1893) i Pavesi cor-
ressero i loro statuti secondo il Consiglio di Gualterino Zazio.... Ar-
denghino Folperti, tutti nobili uomini prudenti et di molta pratica
nel foro, che con partecipazione di Baldo Perugino primario lettore
di quello studio et Monarca delle leggi, il tutto fecero „.
28o ARDENGO FOLPERTI
Fra le pergamene Bottigella Jcl Museo Civico di Storia Pa-
tria troviamo un documento che si riferisce ad atti compiuti da
Ardengo nel 1396. Ai 3o d'agosto di quest'anno a Ardenfrhinus
de Folpertis filiiis quondam lohannis Petri », avendo comperato
da Luchcto de Garbatiis una casa in Pavia in parrocchia di San
Pietro in Vincoli, ne dà investitura perpetua ad un Zanino Bot-
tigella, orefice, figlio del fu Bcrgonzino, per 1' annuo canone di
fiorini venticinque (. boni aiiri et justi ponderis » da pagarsi in
due rate, alle calende di febbrajo e di agosto (i). Nel documento
il Folperti è sempre chiamato col diminutivo Ardenghino, senza
accenno a titoli nobiliari: e dall'essere 1' atto stato celebrato nel
palazzo comunale « in curia comunis papié, videlicet in camera
collega judicum civitatis papié » si può supporre che Ardengo
tenesse ancora l'ufìiicio di ragioniere.
Il livello di cui è parola nell' istromento, fu nel 25 luglio
1398, con atto a rogito Gio. Oliarli, venduto dal Folperti a Ni-
colino Beccaria del fu Stefano, il quale ai 16 luglio del 1399 lo
vendeva a sua volta ai fratelli Luchino ed Andriolo Astolfi del
fu Giovanni (2).
Alla fine del 1396, e precisamente ai 12 novembre, Ardengo
accresceva i beni paterni di Scaldasele, in territorio di Sannaz-
zaro di Lomellina. Con istrumento steso dal notajo Calegari egli
comperava da Giovanni Campeggi fu Colombo, alcuni campi in
quel luogo, che per le sue cure doveva fra poco diventare uno
dei più ameni e sicuri soggiorni della campagna pavese (3).
Un ricordo storico che riguarda il Folperti nell' anno 1397
ci è stato conservato dal Bossi, Istor, Pav., e pubblicato dal Ro-
bolini (4). E la lunga descrizione delle feste e della solennità con
cui fu ricevuto in Pavia nel 3 febbrajo 1397 ^^ duca Gian Ga-
leazzo Visconti, venuto a prendere possesso della Contea. E inu-
(1) Museo Civ. di S. P. — Pergam. BoWgella, n. 64.
(2) Museo Civ. di S. P. — Pergam. Bottigella, n. 71.
(3) Arch. Notar, di Pavia. Carte Monastero di S. Salvatore.
(4) RoBOLiNi : Op. cit., voi. V, part. I, p. 297 seg.
MAESTRO DELLE ENTRATE DI F. M. VISCONTI 28 1
tile riassumere il documento, che del resto fu già anche compen-
diato dal Magenta (i) : dirò solo, per quanto riguarda il nostro
argomento, che Ardenghino Folperti figura fra i regolatori dei
nobili personaggi della seconda squadra che reggevano il baldac-
chino sotto cui incedeva il duca (2). Ardengo ha quale compagno
d'ufificio Nicolino Beccaria già ricordato: essi debbono regolare e
dirigere le mosse di uomini i cui nomi sono famosissimi nella
storia pavese della fine del secolo XIV, quali un Castellino Bec-
caria, un Conte Marsilio Langosco, un Gualterino Zazii, un
Giacomo Mangiarla, un Cristoforo Maleta, un Gualterino de Ga-
rifaxiis, ecc.
Fra i nomi che in questo documento sono ricordati spicca
per noi quello di un Giovan Pietro Folperti, elencato fra i gio-
stratori. Di lui dovremo parlare in seguito, e ne vedremo gli
stretti rapporti con Ardengo. Questi, intanto attendeva alla ra-
gioneria del Comune. In un mandato di pagamento, conservatoci
dal Parodi (3), leggiamo che « Ardenghiniis de Folperti rationa-
tor Comiinis Papié », ai 5 di luglio iSgy, per ordine di Giacomino
Porro autorizza il pagamento del salario ad Antonio Cusani pro-
fessore di medicina nell'Università. Questo ufficio, di natura tutta
finanziaria, era più che adatto pel Folperti esperto nella conta-
bilità e nei maneggi della finanza. Collega al Folperti nella ra-
gioneria del Comune era un Emanuele Muggetti, come si ha da
altri documenti presso il Parodi.
Anche nel (SqS il Folperti era ragioniere del Comune. In
una lettera ducale del 17 giugno 1398, che riguarda l'appalto del
Postribolo di Pavia deliberato ad Anastasia di Venezia (4), si dà
(i) Magenta : / Visconti e gli Sforza, ecc., voi. I, p. 194 seg.
(2) Questo Baldacchino (pallium) era portato da 24 nobili e dottori,
vestiti di bianco e divisi in tre schiere, ciascuna delle quali aveva due
regolatori " qui predictis portantibus, in eorum mutationibus et in aliis
opportunitatibus, ministrabant „ . Robolini : /oc. cit., p. 298.
(3) Jacob. Parodii : Acta Studii Ticinens., voi. A, anno 1897. Ms. del-
l'Archivio del Rettorato dell'Università. Copia presso di me, p. 35o.
(4) Museo Civ. di S. P. — Daziario in pergam. Voi. C, fol. 291
282 AKiJhNOO ^OLl•l.l<Tl
incarico ad Ardenghino de P'olpertis e ad Kmanuelc de Mugctis
« racionatores comttnis nostri Papié » di stabilire un certo com-
penso da pagarsi dalla detta Anastasia agli appaltatori della ga-
bella del vino.
Dal i3q8 al 1403 i documenti da noi consultati tacciono di
Ardengo Folperti; lo vedo solo apparire fuggevolmente tra i te-
stimoni che assistono, agli 1 1 luglio del 1400, al testamento del
pavese Pierino Bertoni (i). Quando, in seguito alla morte di Gian
Galeazzo, tutto lo stato visconteo si trovò in gravissimo scompi-
glio per le sollevazioni e le rivolte delle fazioni, per le ambizioni
e le cupidigie dei signori già vittime della potenza del defunto
duca e per la debolezza dei minorenni figli di lui (2), Ardengo
Folperti si tenne estraneo ad ogni manifestazione, attendendo al
suo banco ed al suo ufficio di ragioniere.
Trovo in data del 28 dicembre 1403 una lettera del famoso
milite Castellino Beccaria del fu Fiorello, diretta al Comune, colla
quale provvede alle nomine di ufficiali municipali od alla con-
ferma nei loro uffizi. Tra i confermati è nominato anche « A?^-
denghiniis de folpertis (3) » : credo perciò che continuasse a tenere
la ragioneria del Comune, quantunque nel documento non sia
specificato l'incarico che gli si conferma: ad ogni modo, è certo
che nel 1403 Ardengo era ancora addetto agli ufficii municipali.
Nel 1404 un onorevole incarico fu dato ad Ardengo, in vista
della sua competenza ed abilità in tutto quanto riguardava le
finanze. Aggravata la cittadinanza dai continui contributi e bal-
zelli, resi necessari dalJe guerre e dalle turbate condizioni dello
recto, pubblicato dal prof. comm. P. Pavesi : // Bordello di Pavia dal
XIV al XVII secolo, ecc.^ in Memor. dell' Istit. Lombardo, 1897, ^^^^- X^/
p. 3o8, docum. IX.
(1) Archiv. Notarile di Pavia. Rogiti di Simoniiio Parona.
(2) Vedi le condizioni di Pavia e di Milano in queste circostanze
gravissime, da me descritte sulla scorta di nuovi documenti in : Fran-
cesco Barbavara diirant: la reggenza di Caterina Visconti, in Misceli, di
storia ital, sez. Ili, tom. IV, p. 269 seg., 1897.
(3) Museo Civ. di S. P. — Lettere ducali, Cartella II, anno 1408.
MAESTRO DELLE ENTRATE DI F. M. VISCONTI 283
Stato, Pavia aveva cercato un po' di sollievo, presentando all'ap-
provazione della duchessa reggente Caterina Visconti, alcuni ca-
pitoli diretti a diminuire la crudezza di una taglia, o tassa stra-
ordinaria, imposta ai Pavesi ed a regolare la imposizione del
balzello sui focolari, rendendolo più mite € più equo. Al nuovo
lavoro di ripartizione della imposta, alla stesa dei capitoli, a so-
stenerne la ragionevolezza innanzi ai maestri generali delle entrate
ed al Consiglio di reggenza, si elesse il nostro Ardengo, che, com-
piuto il lavoro, fu spedito col dottor in leggi Cristoforo Maletta,
Ambrogio de Bozzoli e Catelano Cristiani, ambasciatore alla du-
chessa (i). Una lettera della reggente al Comune di Pavia, in data
(i) Nel Parodi [Acfa Stitdil Tic, voi. B, p. 82) è la deliberazione
della Provvisione riguardante questa ambascieria tolta dai Registri
di Provv., 1405, fol. 26. " Die 4 martii 1404. Item elegerunt prò am-
bassiatoribus Comunis Papié ire debentibus Mediolanum cum litteris
credentialibus dicti Comunis, directivis ili. me dne due nostre du-
cisse, etc, prò reductione talee et certis aliis fiendis, egr. legum doct.
d. Christophorum de Ivlaletis, Ambrosium de Bozulis, Chatelanum de
Christiaiiis et Ardenghum de Folpertis, quibus providerunt de flore-
nis 20, videlicet 5 prò quolibet ipsorum et de equis tribus, et quod
eisdem fiat bulleta dictorum florenum 20 prò tribus diebus ,.. Il vedere
accordati dal Comune tre cavalli pel viaggio di quattro ambasciatori,
fa supporre che alcuno di essi era già a Milano. Difatti una lettera
dello stesso Ardengo al Comune di Pavia, ci avverte che egli si tro-
vava già a Milano per trattare privatamente la cosa. La lettera non
reca l'anno, ma è evidentemente del 1404: allude all'ambascieria presso
la duchessa, anzi fa premura al Comune che solleciti l'arrivo degli in-
caricati suoi a Milano. Ecco il curioso documento: l'unica lettera ri-
mastaci di Ardengo.
" Egregi viri et honorandi tamquam fratres. Miror valde quare huc
non accesserint prò parte Comunis alias deputati ad veniendum, quo-
niam si venissent, vel in brevi contingat ipsos venire, ex hiis que per-
cipere possum non dubito ipsos habere intentum suum ab Illustris-
sima Domina Domina nostra. Quare provideatis quod statim, omni
mora et exceptione rejectis, huc celleriter accedatur: qu^oniam omnis
mora erit nobis valde nociva : et predicta vobis non scribo sine causa
et scio quid dico. Et in presenti negocio non procedatis lento passu,
quia accidit in poncto quod non contingit in bora. Faciatis provider!
noncio, quem illuc transmissi, ista solla de causa, de soldis sedecim
imper. Dat. Mediolani, quinto Marcii.
Ardenghinus de Folopertis.
Arch. Star. Lomb. — Anno XW!', — Fase. XXVI. 19
2^4 ARDENGO FOLPERTI
5 marzo 1404, accusa ricevuta dei capitoli, ed autorizza il Ma-
Ictta ad esporre ai reggitori del Comune la sua risposta (i). Una
lettera di Filippo Maria, conte di Pavia, del 17 marzo assicura
che i capitoli furono approvati e concessi alla città (2).
Ed eccoci ora alla parte più notevole della vita del Folperti.
Per le disastrose vicende che stava attraversando la già potente
famiglia ducale, Filippo Maria Visconti trovavasi in grandi an-
gustie, circondato come era da signori potenti e malfidi, immerso
in deplorevoli strettezze finanziarie, sempre timoroso che il suo
potere e la sua Contea gli sfuggissero di mano. Il denaro del Fol-
perti e la sua abilità potevano essergli di grande vantaggio : Fi-
lippo Maria pertanto stese la mano al ricco rationator del Co-
mune. Il Folperti seppe apprezzare tutti i vantaggi del momento:
offerse la sua borsa e i suoi servigi al Conte, ben sapendo che li
collocava ad un interesse molto rimunerativo. Dal palazzo del
Comune, passò pertanto nel castello, alla corte del Conte. Il Pie-
tragrassa, sotto l'anno 1404, ci dice che il Folperti fu eletto « te-
soriere, ossia questore generale di tutte le entrate comitali di Pavia
et della scuossa delle gabelle et Dazi (3) » — in realtà però, Ar-
dengo non fu tesoriere, né questore, sì ben maestro delle entrate (4).
(i) Ducissa Medio!., etc. Dilecti nostri. Accepimus capitula illius
nostre comunitatis, nobis per egr. et sapient. legum doct. ac nobilem
dilectos nostros, d. Christoph, de Maletis et Ardenghinum de folpertis
presentata. Quibus responsum exhibuimus, quemadmodum ad vos pre-
fatus d. Christoph orus regrediens, vobis nostri parte, vive vocis ora-
culo reserabit. Dat. Mediolani die V Marcii mcccciiij. Theodorus. —
Museo Civ. di S. P. — Lettere ducali, Cartella II, anno 1404.
(2) Museo Civ. di S. P. — Lettere ducali. Cartella II, anno 1404.
(3) PiETRAGRASSA i Note marg. della storia di Pavia, copia Fenini,
p. 21 verso : Ms. Museo Civ. di S. P.
(4) Un mutilo documento che il Robolini pubblica dalle schede
Capsoni, dice : " 1404, die 6 mensis lanuarii ex impositione dominorum
magistrorum intratarum prefati domini Ardenghinus de folpertis
gen. thes .... prefati, etc. „. Pare dal contesto che Ardengo è tesoriere
generale, ufficio allatto distinto da quello di Maestro delle entrate. Bi-
sogna credere che il Capsoni abbia letto male quel documento. Ro-
bolini: op. cit., woì. V, part. I, p. 366.
MAESTRO DELLE ENTRATE DI F. M. VISCONTI 20D
Nell'uffizio, come sempre, Ardengo aveva un collega, ed era quel
Nicolino Beccaria del fu Stefano, di cui già abbiamo parlato.
La prima testimonianza officiale riguardante il nuovo ufficio
assunto dal Folperti sul principio dell'anno 1404, è una lettera
di Filippo Maria, del 28 aprile, diretta al Podestà di Pavia, colla
quale il Conte accorda ad Ardenghino V autorizzazione di forti-
ficare il luogo di Scaldasole. È questa terra assai vicina a San-
nazzaro de' Burgondi nella Lomellina, e cominciò ad avere qual-
che rinomanza precisamente ai tempi di Ardengo. Gli storici
lomellinesi cominciano le loro memorie su quel luogo appunto
dalla fortificazione che ne fece Ardengo nel 1404; notizie ante-
riori non conoscono (i). Però nelle schede del nob. sig. Carlo Ma-
rozzi trovo ricordato un istromento del 22 aprile i334, rogato da
Pietro Campeggi, col quale i nobili Campeggi danno in investi-
tura perpetua a Rainucino Folperti ed a' suoi figli la quarta
parte per indiviso della torre e castello di Scaldasole con le an-
nesse giurisdizioni. Dal documento però parrebbe assodato che i
Folperti possedessero in quel luogo già prima del i334 (2): la
loro proprietà andò di mano in mano estendendosi con nuovi
acquisti, sino a che il castello stesso divenne il centro di un la-
tifondo di più che mille pertiche, come trovo detto nelle citate
schede. Sia dunque che il castello minacciasse rovina, sia che Ar-
dengo amasse di trovarsi nella sua casa di campagna al sicuro da
ogni assalto delle numerose bande di facinorosi ehe in questi tur-
bolentissimi tempi scorazzavano per l'agro pavese, chiese ed ot-
tenne dal Conte di Pavia l'autorizzazione a fortificare quel luogo.
Nella lettera di licenza il principe chiama Ardengo maestro delle
nostre entrate, gli dà il titolo di nobile, e ricorda le sue bene-
merenze per cui non poteva rispondere con un rifiuto alla sua
domanda. Non lo dispensa tuttavia dal prestare la cauzione di
(1) E.... P.... : Annuario storico statisi. Lomeìlino per l' anno iSjj,
Mortara, Cortellezzi, 1872, p. 220. — Giovanni Gazzaniga : Storia di
Sannazzaro de' Burgondi. Mortara, Cortellezzi, 1895, voi. II, p. 71.
(2) Nella vendita fatta dai Campeggi, nel descrivere le coerenze
dei beni venduti tei nominano i possessi dei compratori Folperti.
ARDENGO FOLPEKTl
mille fiorini, che i decreti di Gian Galeazzo, rinnovati dalla du-
chessa reggente, esigevano da chi volesse tenere un luogo fortifi-
cato (i). Ardengo fece riparare e fortificare Scaldasole in modo
splendido: il Gazzaniga difatti dice quel luogo « molto conside-
revole per.... la magnificenza dell'annesso castello, tutto fiancheg-
giato da profondi fossati e guernito di merli, come tuttora ve-
desì (2) ».
Per ritornare ora alle cariche civili del Folperti, dirò che ho
pur rinvenuto un documento del 12 maggio 1404 nel quale Ar-
denghiniis si firma come maestro delle entrate comitali : altri do-
cumenti simili sono pur quelli in data dei 4, 11, 3i luglio, del
3i agosto, del 25 settembre, del 7 e del 24 novembre, del i3 di-
cembre dello stesso anno (3). Non regge pertanto, come si è no-
tato, l'asserzione di coloro che fecero di Ardengo un maestro
delle entrate di Giovan Galeazzo Visconti.
Raggiunta così una delle più alte cariche, il Folperti tosto
comprese che bisognava con atti di generosità e di grandezza im-
pressionare favorevolmente l'opinione pubblica che forse, sottovoce
o non, mormorava contro l'antico banchiere. Bisognava rompere
quell'aria di ostilità e di diffidenza da cui Ardengo si trovava
circondato, mostrando ai nobili, che il commerciante salito in
alto era nobile al par di loro, capace più di loro, di atti princi-
pescamente munifici e generosi: al popolo che il duro banchiere
(1) Comes Papié ac dominus Verone. Exigentibus benemeritis viri
nobilis Ardenghitii de Folpertis Magistri intratarmn nostrarutn, eideni
concessimus licentiam fortifìcandi et murandi seu fortificari et murari
faciendi et in bono ac tiito fortilitio ponendi locum Scaldasolis Comi-
tatus nostri papié. Ea propter mandamus tibi quatenus ab ipso Ar-
denghino recipere debeas idoneam satisdationem de florenis mille prò
dicto fortilitio, juxta formam, occaxione similium , alias percipi con-
suetam, quam nobis in scriptis ordinate transmitas subsequenter. Dat.
Papié die 28 Aprilis 1404. Johannes.
A fergo : -Egregio Viro Potestati nostre Papié.
Museo Civ. di S. P. — Le/fere duca/i, Cart. II, anno 1404.
,{2) Gazzaniga: Storia di Sannazzaro de' Burgondi, voi. II, p. 71.
^3) Museo Civ. di S. P. — Lettere ducali, Cart. II, anno 1404.
MAESTRO DELLE ENTRATE DI F. M. VISCONTI 287
di un dì, aveva un cuor largo e caritatevole, un sommo amore
alla giustizia. I documenti più chiari ci furono di guida sicura
in questo punto della vita del Folperti. Di uno di questi docu-
menti, in data del 9 novembre 1404, io ho pubblicato nel 1896 il
transunto, conservato nei manoscritti Annali del Convento di
S. Tommaso del Padre Rilucenti (i): ora ho la fortuna di rias-
sumere il documento originale che mi fu comunicato dal già lo-
dato sig. Carlo Marozzi (2).
Poco dopo i vesperi del 9 novembre, per mandato del Padre
Pietro de Ardiciis di Piacenza, Priore dei domenicani di S. Tom-
maso di Pavia, si adunano a capitolo tutti i religiosi di quel con-
vento, in numero di 17, e ad essi il detto Priore espone che il
nobil uomo Ardengo de Folpertis del fu sig. Gian Pietro, i( prop-
tcr maximam devotionem quam habet ad beatissimiim apostolum
sanctum Thomam et ad dietimi ordinem et convention », domanda
l'autorizzazione a far erigere a tutte sue spese la Cappella Mag-
giore di detta Chiesa (la cui costruzione, cominciata nel i32o(3)
non era ancor stata condotta a termine). Alla domanda però erano
annesse delle condizioni, e cioè:
1. La Cappella sarebbe di proprietà dei Folperti, e man-
cando essi, dei Mezzabarba: e ciò in perpetuo, in modo che anche
estinguendosi le due famiglie, i religiosi non l'avrebbero potuto
cedere od assegnare ad altri.
2. Nessuno, air infuori dei patroni, potrel)be essere sepolto
nella medesima.
3. Che il Folperti sarebbe libero anche nel modo di dotare
la Cappella, supposto però sempre il consenso del Priore del Con-
vento.
4. Che i Folperti avrebbero potuto stabilire in essa i loro
sepolcri gentilizii, e far dipingere dentro e fuori di essa il loro
(1) Majocchi : La Chiesa e il Convento di S. Tommaso in Pavia, pa-
gina 3i seg.
(2) Vedi copia dell' atto in Museo Civ. di S. P.
(3) Majocchi: Op. cit., p. 22 seg.
288 ARDENGO FOLPERTI
Stemma, che non sarebbe mai stato rimosso, anche quando la loro
famiglia fosse estinta.
Esposto questo, il Priore faceva notare ai religiosi le stret-
tezze finanziarie del Convento, per le quali « ipse locus capello
magne poterti remanere inhedificatus » ; aggiungeva che la esibi-
zione del. Folperti a lui sembrava di grande vantaggio al Con-
vento; domandava che cosa pensassero essi in proposito. « In con»
cardia et nomine discrepante », dichiararono doversi far di tutto
« quod dieta assignatio fiat et fieri debeat » e della loro delibe-
razione fecero stendere pubblico strumento « et hoc prò primo
tractatu ».
Il giorno seguente, i religiosi ripeterono l'atto « prò seciindo
tractatu» e il giorno ii «prò tertio tractatu ».
Nel giorno 17, alle ore tre, si addiviene, presente Ardengo
Folperti, air istrumento definitivo di assegnazione della detta
Cappella, alle condizioni sovraesposte ; concorrendo col suo con-
senso e colla sua approvazione anche il Padre Antonio Sannaz-
zari. Priore di Vercelli e provinciale dei domenicani di Lombar-
dia, il quale con lettera da Novara ai i3 dello stesso novembre,
approva la concessione, ringraziando e congratulandosi « cum ca-
tholico nostri ordinis singulari et intimo cordialiter dilectori no-
bili domino Ardengho de Folpertis n.
Se stiamo dunque all'attestazione di questo documento e se
ci lasciamo persuadere dalla magniloquente iscrizione funeraria
d'Ardengo, che abbiam recato in principio di questo lavoro, par-
rebbe che la munificenza del Folperti non avesse altro stimolo
che la divozione, la pietà, l'amore verso S. Tommaso apostolo e
verso i figli di S. Domenico. Ma un gruppo di documenti degli
stessi giorni, viene a portare una nota molto discordante e stonata.
Lo stesso giorno 17 novembre 1404 sulla sera {in Sero) Ar-
dengo si presenta, nel palazzo vescovile, al Vescovo di Pavia Fra
Pietro Grassi dell'ordine degli Umiliati, insieme al cancelliere del
Vescovo Albertolo Griffi e con più di quattro testimoni. Là, con
tutta franchezza confessa di aver peccato di usura, perchè « ab
olim (da molto tempo) ipse exercuit feneratitiam artem, pecunias
MAESTRO DELLE ENTRATE DI F. M. VISCONTI
suas concedendo mutuo sub iisiiris (ad interesse) et usuras reci-
piendo ». Però « nolens amplius in peccato ipso perseverare » e,
pentito, promette solennemente al Vescovo « de cetero artem ip-
sam non exercere, nec usuras petere, nec recipere»y e di resti-
tuire il mal tolto e riparare ai danni cagionati, certi ed incerti.
Si sottomette pertanto al giudizio del Vescovo o del suo Vicario,
accettando sin d'allora la loro sentenza sommaria, ed obbligan-
dosi a non appellare, ed a rimettere altresì nelle mani del Ve-
scovo tutti i libri, i registri, le scritture e gli istrumenti « usu-
r ariani pravitatem sapientia », perchè su di essi possano stabilire
i danni fatti e le riparazioni da farsi. Costituisce suo fidejussore
Zanino Fornari banchiere pavese, vincolando a pegno tutti i beni
suoi e quelli de] fidejussore che il Vescovo potrà sequestrare e
vendere per la ii plenam et completam sollutionem et satisfactio-
nem oiJinium predictorum » . Finalmente prega il Vescovo a far
eseguire una pubblica grida perchè i danneggiati possano produrre
le loro ragioni ed ottenere la dovuta riparazione. Il Vescovo di-
chiara di accettare il mandato conferitogli, « ipsiusque Ardenghini
pium propositum commendavit et commendat ». Di tutto ciò si fa
stendere dal cancelliere Albertolo Griffi pubblico istromento, alla
presenza di Antonio de Zeno dottore in diritto, canonico della
cattedrale e vicario vescovile, di Fra Ottobono da Quargnento
capellano vescovile, di Domenico Mezzabarba fu Giovanni^ di
Bernabò Bonora fu Giovanni e di molti altri.
Compiuto quest' atto, il Vescovo, sempre presenti i suddetti
testimoni, con speciale strumento impose a Giovanni Guarneri,
pubblico trombetta e precone di far la grida sulla piazza del Re-
gisole e in tutti gli altri luoghi consueti della città ; affiggendo
poi una copia scritta della sua grida al pilastro della Curia Ve-
scovile, al pilastro del Regisole e in tutti gli altri luoghi, anche
dei suburbii, ove sogliono farsi le affissioni. Gli si fa obbligo poi
di dar relazione sull'esecuzione del ricevuto mandato. Diamo la
versione letterale del tenore della grida :
« Sia noto a tutti ed a ciascuno che il nobile ed egregio uomo
Ardenghino de Folpertis comparve dinanzi al Reverendo Padre
•2f)0 AHUENGO FOLl»EHTI
in Cristo e Signore Fra Pietro per la grazia di Dio e della Sede
Apostolica Vescovo di Pavia e Conte, ed a lui disse ed espose di
essere pronto e preparato a rendere e integralmente restituire le
usure ed i furti da lui commessi, a tutti coloro che lo avranno
domandato ed a cui si dovesse, secondo il giudizio, la tassazione
e l'arbitrio dello stesso monsignor Vescovo o del suo Vicario, som-
mariamente e senza strepito né figura di giudizio. Per ciò da parte
e per comando dello stesso mons. Vescovo si avvisano, si citano
e si domandano tutti e singoli, di qualunque stato, grado, ordine
o condizione siano, volenti ripetere dallo stesso Ardenghino le
usure ed i furti, perchè, entro due mesi prossimi futuri, debbano
far la loro domanda innanzi al Vescovo o al suo Vicario e pre-
sentare in iscritto, o anche a vece, la loro istanza. Sopra di questa
mons. Vescovo o il suo Vicario renderanno giustizia a ciascun
chiedente, sommariamente e rejetta ogni cavillazione, e sarà a
ciascuno fatto pieno ed integro pagamento alla banca di Zanino
Fornari banchiere pubblico di Pavia, presso del quale lo stesso
Ardenghino fece deposito della somma sufficiente per pagare tutti
i richiedenti e doventi avere secondo verrà tassato dal prefato
mons. Vescovo o dal suo Vicario. Altrimenti, passato detto ter-
mine di due mesi, lo stesso mons. Vescovo procederà all' assolu-
zione di Ardenghino e allo svincolo de' suoi beni come meglio
gli jparrsL di procedere, non tenendo conto alcuno dei non com-
parsi e della loro assenza ».
All' indomani, sulla sera, il cancelliere Griffi con atto pub-
blico registra la relazione fatta dal trombetta sull'esecuzione della
grida (I).
Della impressione prodotta nella cittadinanza pavese d'allora
da questi atti, non dobbiamo certamente giudicare da quella che
avrebbero prodotto su di noi nelle nostre presenti circostanze. Bi-
sogna pensare che allora di nobili usuraj, ladri, assassini, stupra-
tori non era penuria, erano rari soltanto quelli che al male cer-
(i) Vedi copia di questi atti in Museo Civ. di S. P.
MAESTRO DELLE ENTRATE DI F. M. VISCONTI 29I
cassero poi di riparare. La procedura ecclesiastica, alla quale
Ardengo volontariamenì:e si sottomette non era d'altronde cosa
inusitata; anzi era assai più frequente di quel che pensiamo. Così
abbiamo un documento del 27 agosto i'363 che ci ricorda il pro-
cesso ecclesiastico, seguito nelle stesse identiche circostanze del
nostro, contro un Minolo de Ferrariis de Gradi, usurajo di Mi-
lano: il vedere la rispondenza esatta tra questo documento mila-
nese e il nostro, fa pensare ad un formulario generale che si aveva
per tali casi, ciò che fa anche supporre come questi non fossero
infrequenti (i). Ricordo anche un altro atto milanese del 5 mag-
gio 1400, col quale un Arasmolo del fu Franciscolo de Coppa di
Milano, promette solennemente la restituzione delie usure del ge-
nitore defunto, iisurariiim manifestiim, sino alla somma di 200
fiorini (2). Dobbiamo anche per giudicare equamente di Ardengo
riportarci alle idee del suo tempo sull'usura, alle leggi che la col-
pivano (3), alle condizioni generali della società. Per tutto ciò,
ritornando al caso nostro, io credo che non saranno mancate le
critiche e le punture acerbe contro Ardengo Folperti, ma che, in
generale, non gli saranno nemmeno mancate le attestazioni della
più grande simpatia. Giacche se è vero che il popolo è giudice
severo, è pur vero che il pubblico disprezzo si cambia in ammi-
razione calda e piena quando il reo, obbedendo alle voci della
moralità e della coscienza, pubblicamente ripara al male ed al
danno cagionato. Di questo era sicurissimo anche il Folperti, il
quale confessandosi reo d'usura, asseriva che se è proprio degli
uomini il peccare, è invece degli angeli la emenda e la riparazione
« attendens qiiod humanum est peccare, et angelicum emendare ».
Questi fatti avranno operato anche suU' animo di Filippo
Maria Visconti: il quale, grato ad Ardengo degli ajuti che col
(i) Cfr. Motta: Notai milanesi del trecento, in Arch. Stor. Lomb.,
dicembre 1895, p. 871.
{2) Motta: Lue. cit., p. 357.
(3) Decreti per la giurisdizione ecclesiastica sugli usuraj sono in
data 18 agosto 1889, nel Registr. Panigarola, B, 70, in Archivio di Stato
di Milano.
292
ARDKNGO FOLPERTI
denaro e coll'opera gli prestava, deliberò di concedergli pubbliche
onorificenze, creandolo cavaliere, ossia ascrivendolo con pompose
cerimonie alla milizia {miles). Il lettore ricorderà che nella lunga
epigrafe di Ardengo sì legge: « Miies ftiit solemniter procreattis
in feste) Sancii Stephani protìwmartiris gloriosi in ecclesia beati
Quinci corusci militis et invicti ... . . mitltis presentibus autenticis
venerabilibusque personis ceti ptiblica docent scripta celebrata per
Frane, de bellisomis filium d. lacobi notar, pubi. papiensem ». Ma
gli atti del Bellisomi andarono perduti nella maggior parte, e
quindi per quanto riguarda questa circostanza dobbiamo proce-
dere per induzione. La epigrafe succitata, è stata nel marmo ori-
ginale scalpellata e cancellata dopo la parola invicti per uno spa-
zio di più che una linea, proprio nel punto ove era indicato l'anno
della cerimonia e il nome delle autorità e dei personaggi che la
celebrarono o vi assistettero. Il perchè di questa cancellazione ve-
dremo poi. Però dal complesso delle circostanze suesposte, tutte
favorevoli ad Ardengo, e dal fatto che nei documenti del marzo
1405, come vedremo, gli si dà questo titolo di miles, siamo in-
dotti a ritenere che la solenne ascrizione sua alla cavalleria o mi-
lizia avvenne nella festa di S. Stefano del 1404. Qui è anche da
notare l'abbaglio in cui sono caduti parecchi storici dallo Spelta
al Beltrami, i quali hanno fatto di Ardengo Folperti un uomo
d' armi. Essi furono tratti in inganno dall' appellativo miles, il
quale anziché di professione, è puramente titolo d'onore e di no-
biltà, che si accordava a uomini, eminenti anche per soli meriti
civili, senza che punto si fossero impacciati di lancie e di spade.
Né deve recar meraviglia il veder sulla pietra sepolcrale di Ar-
dengo la sua effigie recante fra le mani uno spadone. Era il sim-
bolo della milizia a cui il defunto era ascritto, era il distintivo
della onorificenza di cui era stato insignito. Non è qui il luogo
di trattenersi sulle vicende della cavalleria, né di dar, anche in
compendio, la descrizione della solennità con cui si celebrava la
creazione di un milite. Rimando il lettore voglioso di saperne,
alla dissertazione seconda del Ferrario (i). Piuttosto aggiungerò
(1) Storia ed analisi degli ant. romanzi di cavalleria, voi. I, p^ 187-230. •
MAESTRO DELLE ENTRATE DI F. M. VISCONTI 293
che la chiesa di San Quirico, ove avvenne la creazione di Ar-
dengo a cavaliere, vuoisi sia V attuale archivio municipale, già
oratorio di casa Mezzabarba (i). Di tale chiesa si citano memorie
che risalgono alla fine del secolo XI : di essa parlò l'Anonimo
Ticinese; e nel già ricordato documento del 17 novembre 1404
tale chiesa viene indicata come parrocchia, precisamente quella
sotto la quale era T abitazione del Folperti « Ardenghinus civis
papié, habitator Porte Pallacensis, parochie Santi Qiiirici ».
Veniamo all'anno 1405.
Innanzi tutto è da notarsi che in quest'anno Ardengo con-
tinua nella sua Cctrica di maestro delle entrate di Filippo Maria :
ne fanno fede due lettere del conte di Pavia, controfirmate da
Ardengo, in data 5 maggio e 20 giugno 1403 (2). È meritevole
di nota che, mentre il Folperti l'anno innanzi firmava costante-
mente Ardenghinus ora invece colla stessa costanza si firma Ar-
denghus. Ciò distrugge totalmente l'opinione di coloro che per
trovar un appoggio all'idea del Robolini di distinguere i due Ar-
dengo Folperti, pretesero che l'Ardengo fosse persona diversa dal-
l'Ardenghino. Anche l'esame degli altri documenti che abbiamo
recato e che recheremo, dimostra all'evidenza come lo stesso per-
sonaggio sia chiamato Ardengo ed Ardenghino senza distinzione.
È dell' 8 febbrajo 1405 un documento vescovile riguardante
la questione delle usure del Folperti, rogato dal solito cancelliere
di curia Albertolo Grifiì. Il documento incomincia col dare un
cenno dei fatti passati tra il Vescovo e il Folperti: ricorda la co-
stui confessione, le sue promesse, l' accettazione del Vescovo di
(i) Capsoni : Notizie risguardanti la città di Pavia raccolte da un suo
cittadino. Pavia, Fusi, 1876, p. 35i. Appare anche dall'iscrizione già
esistente nell'oratorio e riportata dal Bossi [Memor. Novo antiq. Ms.
del Museo Civ. di S. P., p. 876) : " Oratoriuin Nob. Familiae DD. Co-
mitum Fratr. de Mediabarba noviter constructum a fundameritis, causa
deniolitionis veteris et antiquae, ibi prope, ecclesiae, et occasione no-
vae aedificationis Palatii eiusdem Nob. Familiae, prò majori et ele-
gantiori commodo audiendi Sacrum „. La nuova edificazione è del 1784.
(2) Museo Civ. di S. P. — L'attere ducali, Cart. II, anno 1405.
»p4 AnDENGO KOLPERTI
occuparsi della restituzione ai danneggiati, le gride pubbliche fatte
.1 tale scopo, i registri ed i libri da Ardengo consegnati al Ve-
scovo per la giusta procedura. Narra il documento che, allo spi-
rare del termine stabilito dalla grida, si fecero innanzi parecchi
dei danneggiati, i quali dal Vicario Antonio de Zeno, dopo l'esi-
bizione dei documenti, furono soddisfatti. Bisognava ora provve-
dere al modo di compensare i danni fatti da Ardengo a coloro
che non si potevano determinare (danni che i documenti chia-
mano incerta); e il Vescovo, studiati i registri e le operazioni
bancarie del Folperti, trattato e discusso con lui « qitampluries,
super ipsìs omnibus et dependentibus, emergentibus et connexis ab
cisdem », finisce col proferire questa sentenza : « Taxamus, limit-
tamus et decernimus male ablata incerta^ extorta per ipsum do-
minum Ardenghum, fuisse et esse tria millia florenorum aureo-
rum, ipsumque dominuni Ardenghum, in nostri presentia consti-
tutum, ad huiusmodi tria millia Jlorenorum auri, in pios usus
convertenda et dispensanda, condempnamus et condempnatum esse
decernimus et declaramus per hec scripta ». Aggrava la coscienza
dì Ardengo per l'adempimento integrale della condanna, lasciando
a lui di dispensare la somma a cui fu condannato « in pios usus
ut sibi videbitur » ed ordina sia la sentenza redatta in atto pub-
blico, alla presenza di Giacomo de Nebiis prevosto di S. Michele
maggiore, dello spettabile signor Nicolino Beccaria e di Francesco
Bellisomi, il maestro delle entrate e il notajo che già conosciamo (i).
Una sola osservazione. Gli studii del Brambilla (2) provano
che il fiorino d'oro a quei tempi corrisponderebbe a gr. 3,644 come
peso normale. Oggi quei gr. 3,544 d*oro puro in moneta, pel rap-
porto dell'oro all'argento da uno a quindici e me:{{0, avrebbero
il valore di italiane lire dodici; ma nel 1400 il detto rapporto
non era che di poco superiore a quello di uno a dieci, epperò
r indicato valore discenderebbe a lire otto. Le uxura's et male
ablata incerta di Ardengo Folperti risponderebbero quindi ad un
(i) Vedi copia dell' atto in Museo Civ. di S. P.
(2) Monet: di Pavia, ecc., p. 890.
MAESTRO DELLE ENTRATE DI F. M. VISCONTI 2QD
capitale di quasi venticinque mila lire, e dato il quadruplo va-
lore della moneta a quei tempi per rispetto alla nostra, farebbero
una somma che oggi si stimerebbe di quasi centomila lire.
Gli obblighi che Ardengo, e per la sentenza del Vescovo e
per la costruzione della Cappella Maggiore dì S. Tommaso, si era
assunto erano veramente gravi: le sue finanze per quanto flori-
dissime ed abbondanti, ne avrebbero sentito un fiero contraccolpo.
Ma non per nulla Ardengo era avvedutissimo.
Obbligato dalla sentenza vescovile ad erogare tremila fiorini
d'oro in pii usi, egli pensò di adoperarli precisamente nella fab-
brica di S. Tommaso: così egli adempiva all'obbligo fattogli, e
risparmiava le spese della costruzione. A dir vero, il Vescovo non
troppo bene accolse 1' espediente del Folperti : difatti nell' istro-
mento di condanna, 8 febbrajo 1405, era detto chiaramente che
i tre mila fiorini sarebbero stati dal Folperti consegnati al Ve-
scovo come rappresentante dei poveri di Cristo della città e della
diocesi di Pavia, che li avrebbe dispensati a piacimento suo (i),
e solo con riferimento a questa pattuizione si doveva spiegare
r inciso della sentenza, già da noi riportato, che lasciava ad Ar-
dengo facoltà di erogarli in pios iisiis ut sibi videhitur. Ma il
Folperti si attaccò strettamente a questo inciso della sentenza,
che era favorevole al suo disegno, e agli 11 di marzo dello stesso
anno 1403 si addivenne, nel palazzo vescovile, alla celebrazione
di uno strumento che è l'ultimo episodio di tutta questa faccenda.
L' istromento comincia dalla narrazione delle promesse e delle ob-
bligazioni assuntesi dal Folperti: dice delle gride pubbliche, del
pagamento fatto dei danni certi, della tassazione dei danni in-
certi in fiorini tre mila d' oro da dispensarsi in usi pii. Ora, dice
r istromento, considerando il Folperti che « hedifficare ecclesias
piiim est et meritorium », con pubblico atto rogato dal solito
(1) " Male ablata.... incerta restituere, solvere et dare.... nobis pa-
terno nomine pauperuin Christi civitatis et diocesis papiensis, vel le-
gitimo sindico et procuratori pauperum predictorum, dispensanda pau-
peribus proiit nobis videbitur,,.
296
ARDENGO FOLPERTI
Franccschino Bcllisomi, si era obbligato a dare i tre mila fiorini
« ad qite condcmpnatiis extiterat » per la costruzione della cap-
pella maggiore di S. Tommaso. Si mostra detto atto di erogazione
e di obbligazione al Vescovo, che « paterno nomine pauperum
Cliristi » lo approva e lo conferma, e insieme dichiara solenne-
mente di assolvere e liberare Ardengo da ogni obbligazione con-
tratta e da qualsivoglia debito e restituzione. Quindi il Vescovo
ordina si compili pubblico strumento di assoluzione e liberazione
di Ardengo, istrumento ricevuto da Albertolo Griffi cancelliere
di curia, alla presenza di Gualterino de Zaziis dottore in ambe
le leggi, di Ottobono da Quargnento cappellano vescovile, di Fran-
ciscolo de Bimio milanese, cancelliere del Vescovo, e di Francc-
schino Bellisomi notajo di Pavia (i).
In questa maniera Ardengo si era posto in regola colle esi-
genze della coscienza e della moralità. Ed è forse in questo tempo
che egli scrisse al Pontefice Innocenzo VII per ottenere lettere di
assoluzione e di indulgenza, ricordate nel!' iscrizione funebre del
Folperti: « Hic etiam justus ac plus miles, divino tactus monitii,
hinc seenni ante aetam sanate recensens viiam, illinc ad novis-
simum diem veliit jani instantem devotissime se se referens, lit-
teras indulgentie a pena et culpa, perpetuo valituras, a Siimmo
Pontifice Innocentio septimo, largas et gratiosas contrita mente
singnlariter impetrava».
Noi non abbiamo la pretesa di giudicare tutti questi atti di
Ardengo: tuttavia non possiamo tacere l'impressione che proviamo
considerando le apparenze. Errare hiimamim est, ci dice Ardengo,
e non abbiamo difficoltà ad ammettere : si possono quindi in certo
qual modo scusare, o meglio dimenticare, le sue indelicate specu-
lazioni: anzi, vedendo come egli ne fece pubblicamente ammenda
si può partecipare a quel movimento di simpatia con cui i suoi
contemporanei accolsero il suo ravvedimento. Ma questo era sin-
(i) Vedi copia dell' atto in Museo Civ. di S. P. — È in quest'atto
dell' II marzo 1406 che, per la prima volta, il Folperti è chiamato egrc-
gius speciabilisqiie miles.
MAESTRO DELLE ENTRATE DI F. M. VISCONTI 297
cero? Nei secreti di quell'anima Dio solo può penetrare. Tenendo
conto delle apparenze, anche ammessa la religiosità e la coscienza
dell'uomo, stanno sempre molte circostanze che lasciano indovi-
nare come nelle sue azioni Ardengo era guidato da una grande
ambizione. Tutta la grande fabbrica di S. Tommaso è una auto-
apoteosi e il tempio si traduce in una esposizione delle sue in-
segne gentilizie, in una galleria di scultura e pittura adorna sol-
tanto di ritratti e di statue del fondatore, in una collezione di
iscrizioni, forse da lui stesso dettate, certamente da lui ispirate,
corrette e rivedute nelle quali si leggono le più smaccate lodi e
i panegirici più scioccamente laudativi di lui ancor vivente (i).
Un uomo che veramente ha pianto su' suoi trascorsi, non opera
così. Ardengo ha ancora nelle orecchie il suono della sentenza che
lo condanna alla restituzione di un ingente capitale, e si fa di-
pingere ai piedi di S. Domenico e della Croce, si fa scolpire presso
la Vergine, e abbracciato da un angelo che lo porta al cielo; fa
murare una lapide in cui si dice a verus christicola; jiistus ac
piiis miles ; moralibus pollens virtutibus, magnanimitate notus ;
singulari quadam humanitate in omnes, pìetate in egenos, dilec-
tione in patriam, stimma in Deum et proximum cavitate, iisque
in iiltimum vite diem clariiit super multos ». Fatta pur anche ra-
gione dei tempi e delle idee, si può sempre domandare : E ciò
serio ? E sincero ?
Consideriamo ora quanto Ardengo abbia fatto nel tempio di
S. Tommaso. Le deplorevoli condizioni alle quali oggi quel tem-
pio è ridotto, non ci permettono di ammirare le splendide bel-
lezze dell' interno : tuttavia ce ne danno una idea le costruzioni
dell' esterno ancora ben conservate. Al Folperti si deve tutta la
parte posteriore della chiesa, quella che ancora reca in grandi
(i) Che la epigrafe, oggi conservata nel Museo Civ. di S. P., sia
stata posta ad onor di Ardengo, ancora lui vivente, è provato dal fatto
che mentre si hanno in essa tutte le notazioni cronologiche fino al
1406; sono in bianco quelle che si riferiscono all' anno, al mese, al
giorno della sua morte.
-i.N AKDLNCIO I()I.I'J:RTI
^
tavole marmoree le sue insegne gentilizie, e che si può ammirare
Jalla piazzetta e dalla via Felice Cavallotti. Quanto all'interno,
dobbiamo rimetterci alle afférmazioni dell'iscrizione sepolcrale che
dice aver Ardendo fatta costrurre « liane excellentem capellam et
totani his pietiiris eminentibiis exornari, eonspieuis insiiper li-
bris, fulgenti caliee, splendidis pavamentis, fietisqiie in perpetiium
exsolvendis lociipletavit (i)». Più minute notizie però dobbiamo
ad un anonimo domenicano del secolo XVII, che i lavori di Ar-
dengo Folperti descrisse così : « Questo gran signore Ardengo Fol-
perti siccome vivendo aveva obbligato per cosi dire tutti i suoi
pensieri ed i suoi affetti a' figli del Patriarca Domenico, così anche
morendo volle in pegno di cordialissimo amore depositare le sue
gloriose ceneri a' medemi, onde non solo si fé dipingere genuflesso
vestito d^abito porporino nella finestra maggiore del Coro avanti
r immagine di S. Domenico et anche in quattro parti nella su-
blime vòlta del Coro avanti V immagine della S. Croce (2), ma
volle di più farsi innalzare un memorabil sepolcro sopra le sedie
dei religiosi nella parte sinistra del medemo. Ivi si scopre l'arca
nella quale sono scolpite tre figure d' huomo similiantissime, cia-
scuna delle quali impugna con l' istessa mano un libro, e queste
simboleggiano la SS. ma Trinità, indi sopra l'arca si mira tra due
leoncini che scambievolmente si vagheggiano la statua marmorea
del sig. Ardengo benefattore che fa orazione alla Beatissima Ver-
gine con il Bambino tra le braccia, ombreggiata da un Angelo,
tutte figure marmoree. Sopra il simulacro della Vergine si vede
un mestissimo Ecee Homo di marmo, a cui vengono ingegnosa-
(i) Anche questa affermazione della dotazione della cappella con
fìtti perpetui è prova che V iscrizione venne posta dallo stesso Ar-
dengo, alla fine dei lavori di costruzione. La cappella non venne mai
da lui dotata : solo nel testamento del 1424, come vedremo, le si at-
tribuisce per unica dotazione una ancona.
(2) Sarebbero quindi almeno due ritratti di Ardengo, l'uno in pit-
tura a vetri sulla grande finestra, l' altro ad affresco sulla vòlta. Dico
almeno giacché il senso materiale del racconto del frate pare indichi
Ardengo dipinto in 4 luoghi della volta.
MAESTRO DELLE ENTRATE DI Fi M. VISCONTI 2qQ
mente di sopra connesse le statue di Adamo ed Eva scolpite in
due colonne parimente marmoree fatte a figura di piramide. Po-
scia sopra di queste si mira il simulacro di un Angelo che tiene
fra le braccia 1' anima di questo gran benefattore quasi che vo-
glia offerirla a Dio per l'eternità beata (i). In più luoghi del Coro
nella parte tanto interiore quanto esteriore si mirano o dipinte,
o scolpite in marmo, di questa nobilissima Casa le insegne, con-
sistenti in tre porporine rose separate da tre porporini gigli tutti
in campo d'oro (2) ». Lo stesso religioso continua dando la ver-
sione della lunga iscrizione funeraria d'Ardengo) dicendo che era
collocata nel mezzo del Coro. Non fa parola però della pietra se-
polcrale con un' altra effigie d'Ardengo, quella oggi alla Certosa.
Stando alla descrizione del frate parrebbe eh' essa non facesse
parte del mausoleo : in questo caso, credo, avrà servito a rico-
prire il loculo del pavimento del Coro, in cui era riposto il ca-
davere d'Ardengo, contrariamente a quanto dice 1' iscrizione che
lo vuole racchiuso nell' arca del mausoleo (3).
Il Robolini si propone la domanda se autore di questo mar-
moreo mausoleo sia Iacopino da Tradate, di cui è opera la statua
di Martino V fatta erigere da Filippo Maria nel Duomo di Mi-
lano. Ma alla domanda 1' illustre storico si dimenticò di rispon-
dere (4). Rispose invece il prof. Magenta dicendo che « potrebbe
forse darsi che, trattandosi di un grandioso monumento ordinato
da un così ricco signore quale era il Folperti, sia stato allogato
a Iacopino da Tradate, di certo annoverato fra i più famosi scul-
tori di quel secolo (5) » ; ma la cosa è molto incerta ed anche il
Magenta ammette che è arduo il designare lo scultore dell'opera.
(i) Sarebbero quindi altri due ritratti in scultura di Ardengo.
(2) Robolini : Op. cit., voi. V, part. I, p. i5i seg. — Maiocchi : La
Chiesa e il Conv. di S. Tomm., p. 40 seg.
(3) Comunque sia, è un terzo ritratto marmoreo del Folperti. In
tutto quindi si avevano di lui, nella stessa cappella, almeno cinque ri-
tratti, se non di più.
(4) Robolini : Op. cit., voi. V, part. I, p. i55.
(5) Magenta : / Visconti e gli Sforza, ecc., voi. I, p. 362.
Arch. Stor. Loinb. — Anno \XV1I, — l'asc. XXVI, 20
m
AIIDKNGO KOI.PKUTI
Dobbiamo aggiungere che di tutti i dipinti, oggi più non ri
mane vestigio: delle sculture sussistono ancora alcuni stemmi al
l'esterno ed all'interno del tempio, la pietra sepolcrale alla Cer-
tosa, qualche altro avanzo nel giardino Franchi-Maggi a S. Pietro
in Verzolo presso Pavia, e nel Museo Civico la lunga iscrizione
funeraria. Il Robolini assevera che la dispersione avvenne « ncl-
r occasione che fu soppressa la detta chiesa », ma che i pezzi del
monumento si conservavano presso la nobile famiglia Folperti (i).
La pietra sepolcrale della Certosa e la iscrizione del Museo Ci-
vico, provengono dalla villa Franchi-Maggi (2).
I lavori per la costruzione della cappella in S. Tommaso in-
cominciati nel 1405, a giudizio del Magenta (3), si possono rite-
nere compiuti verso il 1410.
Frattanto che era di Ardengo ?
Dopo il 1405 i documenti che lo riguardano sono molto rari:
si ìia di tempo in tempo qualche sprazzo di luce, ma torna dìf-
lìcile in tanta penuria la ricostruzione della sua vita. È certo però
che nel 1406 Ardengo ritenne la sua carica di maestro delle en-
trate, presso Filippo Maria, e lo provano le lettere di questi, con-
trofirmate da Ardengo in quella qualità, dei giorni i3 e 21 gen-
najo, i3 febbrajo, 29 giugno e 14 ottobre (4). Rimane nell'ufficio
per tutto l'anno 1407, come appare dalle lettere comitali in data
del 18 aprile, del i3 maggio, del 22 giugno e del 17 dicembre (5).
Sembra invece che abbandonasse la carica verso la metà dell'anno
1408; giacché mentre nelle lettere 11 aprile e 2 maggio Ardengo
appare ancora maestro delle entrate, in quelle del 3o agosto tro-
viamo al suo posto firmato un lacopiis (6). Questi è il Giacomo
de Naxiis, che il Robolini dice eletto a quell' ufficio nel 1409, e
gli dà motivo di credere che Ardengo morisse in quell'anno (7).
(i) Robolini: Q/>. cit., voi. V, part. I, p. i5i.
(2) Dell'Acqua : // Com. dei Corpi Santi di Pavia, p. 96.
(3) Magenta : Op. cit., voi. l, p. 362^ nota.
(4) Museo Civ. di S. P. — Lettere ducali, Cart. Ili, anno 1406.
(5) Ibidem. Cart. Ili, anno 1407.
(6) Ibidem. Cart. Ili, anno 1408.
(7) Robolini: Op. cit., voi. V, part. I, p. 164.
i
MAESTRO DELLE ENTRATE DI V. M. VISCONTI .^O I
Ma come non è esatto il rimandare la nomina del Naxiis al
1409 (i), così non regge la supposizione della morte di Ardengo.
I documenti che esamineremo dimostrano che Ardengo visse an-
cora a lungo: l'aver cessato dall'ufficio, a nostro parere, dipende
da circostanze dolorose che colpirono la sua famiglia.
Di questa non abbiamo ancora parlato, giacché i documenti
non ce ne hanno porta occasione, ora il collegamento dei fatti ci
obbliga a dirne qualche cosa. Il Robolini vedendo che nella iscri-
zione sepolcrale d'Ardengo, murata in S. Tommaso poco dopo il
1405, non si fa menzione né di moglie, né di figli, arguì che al-
lora Ardengo fosse solo; scrisse in seguito che questi prese moglie
nel 141 3, appoggiato all' istrumento dotale della sua sposa An-
driola de Olevano (2). Il nob. Zanino Volta ammette il matri-
monio del F'olperti con Andriola nel 141 3, e dice che Ardengo
ne ebbe sette hgli (3). Ora tutto questo non è esatto.
Il testamento del Folperti dell' anno 1424, del quale dovremo
in seguito parlare, ci fornisce notizie sin qui ignorate. Noi impa-
riamo da quell'atto che Ardengo si sposò giovanissimo : la sua
compagna era di nobile famiglia pavese, si chiamava Maddalena
de Curte, e gli aveva portato in dote quattrocento fiorini d'oro (4).
Da questo matrimonio nacquero parecchi figli: il primogenito, a
ricordo del padre di Ardengo, fu chiamato Giovan Pietro^ ed è
(i) Il Robolini (v. part. I; p. 869) pubblicando gli appunti del Comi,
pone giustamente la cessazione dall' ufficio di Ardengo al 1408. Leg-
gesi : " 1408. Maestro delle entrate Giacomo Naxi in luogo di Ardengo
Folperti „.
(2) Robolini : Op. cit., voi. V, part. I, p. 895.
(3) Volta : Un giuram. di fedeltà, ecc.^ in Arch. Stor. Lomb., 1895,
dicembre, p. 82 .
(4) Questa circostanza della dote di Maddalena Corti desumo da
un documento (20 marzo 1480) del Museo Civ. di S. P., di cui parle-
remo a suo luogo {Lettere ducali, Cart. IV, anno 1480). Del primo ma-
trimonio di Ardengo con Maddalena Corti, è detto in un istromento
di transazione tra i figli di Ardengo Folperti e Andriola Olevano di
lui seconda moglie, rogato da Leonardo de Lege, 20 marzo 1444, in
Archivio Notarile di Pavia. (Parte Antica, Cassa 100).
3o2 AHDENGO FOLPERTf
quel Gian Pietro Folperti ricordato fra i giostratori nell' ingresso
Ji Gian Galeazzo Visconti in Pavia nel 1397: gli altri si chia-
marono Nicolò e Stefano e le due figlie, Margarina e Maddalena.
11 fatto della rinunzia di Ardengo all' uffizio di maestro delle en-
trate, credo si debba spiegare colla morte della moglie e del pri-
mogenito. È certo che nel 141 3 Ardengo era vedovo; ed è pure
notizia assodata che il primogenito Gian Pietro morì molto gio-
vane. Nel testamento già ricordato, e nominato un Salimbenc
Folperti che Ardengo dice figlio del morto Gian Pietro, e che nel
1424, anno del testamento, era già monaco professo nel convento
dei Benedettini di Padova, col nome di Padre Mauro. Mi è riu-
scito anche di trovar notizia della sposa del detto Gian Pietro :
essa è la nob. Nicolina Sannazzari, figlia di quel Facino il cui
nome ricorre così frequente nei documenti di questo periodo (i).
Nel Breviario ai Giacomazzo de Sedaciis si ha un istromento di
divisione del 1434, nel quale rifacendosi la storia di certi possessi
si dice: « Cum quondam spectabilis milles d. Ardenghus de Fol-
pertis..., dederit et tradiderit domine Nicholine de Sanato Na:[ari<>
olim. jìlie quondam domini F acini , et olim ipsius domini Arden-
ghi niirus, uxori quondam lohannis Petri de Folpertis, olimfilii
ipsius quondam domini Ardenghi, etc. (2) ». Considerata la pro-
fessione monastica già emessa nel 1424 dal figlio di Giovan Pietro
•si può approssimativamente stabilire l'anno del matrimonio di
(1) Facino Sannazzari era fra i portatori del baldacchino nell' in-
gresso di Gian Galeazzo in Pavia del 1897: vedi Robolini: op. cit., vo-
lume V, part. I, p. 3oo. Il documento più importante che lo riguardi
ci dà notizia dell' incarico da lui avuto di stabilire una tregua tra Fi-
lippo Maria Visconti e i Nobili e gli uomini di Cigognola, Pietra, Pie-
tralino, Castana, Mornico, Montesegale e Zucarello. È una lettera del
14 febbrajo 1406. Museo Civ. di S. P. — Lettere ducali, Cart. IH, anno
1406. Con lettera del 1408, 8 ottobre, Filippo Maria lo elesse a vegliare
per la sicurezza del territorio pavese presso 1' Olona contro i ribelli
di S. Angelo (Lodigiano), ibidem. Vedi di lui anche in Muratori, Rer.
Hai. Script., voi. XVII, pag. 674.
(2) Abbreviature del Notajo Giacomazzo de Sedaciis, 4 genn. 1484.
Ms. del Museo Civ. di S. P.
MAESTRO DELLE ENTRATE DI F. M. VISCONTI 3o3
Gian Pietro e di conseguenza anche quello delle prime nozze di
Ardengo.
La morte della moglie e del primogenito avranno certamente
colpito nel cuore il Folperti : ma trovandosi con quattro figli,
colla nuora e col nipotino in tenera età, gli fu necessario pen-
sare ad altre nozze. E queste difatti egli contrasse nel 1413, quando
già aveva raggiunti i 53 anni, impalmando una nobile pavese,
Andriola figlia del fu Gaspare de Olevano. Di questo secondo
matrimonio del Folperti rimane prova l' istrumento di costitu-
zione di dote di Andriola (i), fattoci conoscere dal Robolini che
lo aveva fra le sue pergamene. Il riassunto che egli ce ne dà è
il seguente: « 1413. 11 settembre. Dote nella somma di fiorini 3oo,
ad compiitum soldorum triginta diioriim imperialium prò singido
floreno, costituita ad Andriola Olevano figlia del fu nob. sig. Ga-
spare, sposa dello spettabile ed egregio milite Ardengo Folperti
del fu sig. Giovanni Pietro (2) ». Ho letto la pergamena origi-
nale, ora nella biblioteca universitaria (3), e da essa risulta che
la nobil donna Antonia de Olevano del fu Michele, vedova di
Gaspare Olevano, insieme al proprio figliuolo Zanone promettono
in dote ad Andriola loro rispettiva figlia e sorella, fiorini 3oo che
si dovranno consegnare e numerare « ad omnimodam requisitìo-
nem » dello spettabile ed egregio milite Ardengo de Folpertis del
fu Gian Pietro, di cui Andriola è detta « sponsa et iixor futura ».
L'istrumento in discorso fu rogato dal notajo Zanone de Strata
fu Castellino, nella casa degli Olevano in Pavia i< in porta per-
tuxiij in parochia Sancte Euffomie », alla presenza dei testimoni :
Giovanni de la ripa dottor in leggi figlio del fu sig. {in bianco};
(1) Testificano in modo indubitabile queste seconde nozze di Ar-
dengo anche il suo testamento del 1424, e l'atto di transazione già ri-
cordato del 20 marzo 1444 rog. Leonardo de Lege, in cui è detto frp.
altro : " snccessiveque mortua dieta domina Magdalena (de Curte) in ma-
trimonio, ipse dominUs Ardenghus in iixorem suscepcrit dominam Andrio-
lam de Olevano, etc. „.
(2) Robolini : Op. cit., voi. V, part. I, p. 896.
(3) Bibliot. Univers. di Pavia. — Pergamene Comi, n. 248 e n. 79.
3o4 ARDENGO FOLI» ERTI
Gualtercllo Sannazzari del fu Antonio; Antonio Sannazzari detto
Moretto, fìllio dciranzidctto (ìualterello ; Bartolomeo Isimbardi
notajo, del l'u Giorgio; Antonio de Olcvano arciprete di S. Marin
di Rovescala ; Nicolino Folperti del fu Giovanni.
Nuova prole e numerosa si ebbe Ardengo dalla Olevano, quan-
tunque egli più non fosse in giovane età. Negli undici anni di
matrimonio, quanti appunto decorrono dalla data della costitu-
zione della dote, a quella del testamento (i settembre 1424), nac-
quero al P'olpcrti altri cinque figliuoli, i di cui nomi, secondo
l'ordine con cui nel citato testamento sono rammentati, sono
Gaspare (a ricordare il padre di Andriola Olcvano), Benedetto,
Gian Pietro (in memoria del primogenito defunto), Lorenzo e
Giovanni Paolo. Dieci figli ebbe pertanto Ardengo : ma è da no-
tarsi che questi appajono da documenti non posteriori all' anno
1424, mentre Ardengo, come vedremo, morì nel 1430. Ora, nel te-
stamento del 14-4, il Folperti accenna ripetutamente alla possi-
bilità che « iixor mea deinceps conceperit et in lucem perduceret
imam filiam seu plures Jìlias », oppure « alios filios masculos....
iiniun rei pliires ». E che altri ne abbia in realtà avuti appare
dal già ricordato istromento 20 marzo 1444 dell'Archivio Nota-
rile, ove tra i figli è nominato un Tristano e un Francesco
Paolo (i). Invece adunque dei sette figli che il Volta attribuisce
ad Ardengo (2), questo ne avrebbe avuto almeno undici, di cui
nove maschi e due femmine. Diciamo subito che oltre al primo-
genito Gian Pietro, premorì ad Ardengo anche il primogenito di
Andriola, Gaspare : lo si desume dal citato istromento del 1444 (3).
Le due figlie, Margarina e Maddalena, secondo il testamento, fu-
(i) Qucst' ultimo forse si può identificare col Gio. Paolo del testa-
mento. Ad ogni modo 1' esistenza di un altro figlio, Tristano, è sicura.
(2) Z. Volta : Un giuram. di fedeltà, ecc., in Arch. Star. Lomb.,
1895, dicembre, p. 821.
(3) .... deindeque decesserit dictus dns. Ardenghus relictis super-
fttitibus et superviventibus dictis dominis Steffano, Nicolao, lohanne,
Petro, Laurentio, Frane, (o loh.) Paulo, ac Benedicto et Tristano om-
nibus eius fìliis....
MAESTRO DELLE ENTRATE I>I F. M. VISCONTI 3o5
rono presto collocate a marito: il padre, oltre le vesti ed i mo-
bili, costituì loro cinquecento fiorini a titolo di dote, da pagarsi
alla sua morte, e ciò con due strumenti rogati 1' uno da Giovanni
Bottigella, l'altro da Simone Spelta. Ho fatto ricerca delle abbre-
viature di questi notaj, per poter conoscere e l'anno degli avve-
nuti matrimoni e quali fossero i generi che il Folperti si era
scelto; ma nei nostri archivi tali atti non si trovano. Possiamo
solamente presumere che tali matrimoni avvennero sul principio
del 1400; il già ricordato atto di transazione del 20 marzo 1444
però, ricorda il conte palatino, dottor in leggi e milite, Giorgio
de Tortis, figlio del fu dottor in leggi, milite e conte Torberto,
quale « cognatus fratriim de Folpertis », ma niente di più preciso.
Continuando ora ad esporre cronologicamente i documenti
che si riferiscono al Folperti, ricorderemo per 1' anno 141 5 una
questione per possesso di beni che Ardengo ebbe a sostenere col
nobile Giovanni Beccaria del Mezzano. Essa fu terminata con
una sentenza arbitramentale, ai 26 agosto, il cui testo può leg-
gersi nel minutario del notajo Giacomazzo de Sedaciis (i).
Ai 29 agosto dello stesso anno il notajo ducale .Giovanni
Oleari stendeva un atto di donazione fatta da Ardengo a favore
di Andrea de Galvaneis, di Mantova, che allora era capitano della
Cittadella di Pavia. Trattavasi di crediti e di diritti che Ardengo
aveva verso un tal Francesco de Corni del ^a Bertola (2).
Per l'anno 1416, troviamo ai 6 di marzo, un atto rogato dal
notajo Catelano Cristiani, in Milano nel Castello di Porta Giovia.
Il Folperti per i3o fiorini d'oro vende a Nicolò Seratico del fu
dottor in legge Proxello, castellano di quella rocca ducale, il do-
minio diretto di alcune terre, investite a Giovanni de Camporo-
tondo di Broni, che paga in affitto 5 fiorini all'anno. Tali terre,
di cui il Folperti aveva dato la investitura al Camporotondo solo
ai 7 febbrajo di quest' anno con istromento rogato da Giovanni
Bottigella, erano situate nel territorio di Campospinoso nell'Ol-
(1) Archivio Notarile di Pavia. — Schede Marozsi.
(i) Se lied; Mar 02 zi.
3o6 AUDKNGO J-OLl'l.UTl
trcpò, ci crono di circa io(> pertiche, coli' aggiunta in più di 23.
pertiche di vigna in Stradella. Alla vendita assistono come testi-
monii Agostino Schiaffinati del fu Uberto, Alessandrino da Cai-
ciacararia del tu Zanone, e Sassolo da Monza fu Giacomo (i).
Ai 14 marzo dello stesso anno 141 6 il Folperti, per 38o fio-
rini monete veteris, ctào. alla sua nuora Nicolina Sannazzari, ve-
dova di Gian Pietro, alcune proprietà e il diritto di percezione
di alcuni fitti perpetui gravanti su case e terre da lui possedute
nel territorio di Sannazzaro (2).
Questa cessione di beni fatta da Ardengo alla nuora penso
si possa ritenere una restituzione della dote da lei portata al de-
funto suo marito Gian Pietro. Ardengo l'aveva fino ad ora trat-
tenuta in amministrazione, certo credendo dovesse toccare un dì
a Salimbcne nipote suo e figlio di Gian Pietro. Ma avendo Sa-
limbene rinunciato al mondo per chiudersi a Padova nel convento
dei Benedettini, la dote tornava ancora di pien diritto alla madre,
cui fu restituita. Tanto è vero che essa, come lo accenna il detto
istromento, il dì dopo (i5 marzo 141 6), donava le terre e gli af-
fitti alle proprie sorelle Elena, Caterina ed Isabetta perchè si
costituissero una dote di cento fiorini per ciascuna , salvo però
l'usufrutto che lasciava all'ancor vivente Facino Sannazzari loro
padre. Questo istromento pertanto può indirettamente stabilire
il tempo in cui Salimbene Folperti entrava nell' ordine benedet-
tino (3).
(i) Arch. della R. Univers. di Pavia. — Protocollo Rogiti Catelano
Cristiani. Imparai l'esistenza di quest'atto da Z. Volta, loc. cit., p. 822.
(2) GiACOMAzzo DE Sedaciis : Abbreviature, anno 1484, 4 genn., p. 10.
Ms. del Museo Civ. di S. P.
(3) Di questo Salimbene (in religione Padre Mauro), dice il Fede-
rici [Bibliot. di S. Giustina di Padova. Padova, i8i5, p. 45), che entrò
in religione nel 141 1. Fu successore a Lodovico Barbo nell'abbazia, e
la resse per cinque volte in vario tempo. Fu sei volte Presidente della
Congregazione di S. Giustina, e terminò di vivere nel 1457. Uomo di
molto ingegno, coltivò le lettere e specialmente la poesia latina, come
si vede dall'epitaffio che scrisse pel Barbo. Ingrandì il Monastero con
belle fabbriche ; fece dipingere dal Mantegna il quadro di S. Lucia, ecc.
MAESTRO DELLE ENTRATE DI F. M. VISCONTI "ÒOJ
Per di più, se noi uniamo alcune circostanze che risultano
da questo istromento colle altre che ci sono date dal testamento
del 1424, si può stabilire che i latifondi dei Folperti debbono la
loro origine in gran parte all' avvedutezza di Ardengo che li com-
però, e possiam.o anche dire che il tempo in cui avvenne la mag-
gior parte di queste compere è da limitarsi nell'ultimo decennio
del secolo XIV e nel primo del XV. Standosi nel suo castello di
Scaldasole, il Folperti vegliava sul miglioramento de' suoi possessi
e sul loro ampliamento e valendosi de' suoi potenti mezzi finan-
ziarli, a poco a poco assorbiva i piccoli proprietarii suoi vicini,
ai quali però lasciava il dominio utile, assicurandosi con investi-
ture un buon reddito annuale. Alcune di queste investiture, che
generalmente faceva subito dopo l' istromento di vendita, sono
accennate nell' atto di Giacomazzo de Sedaciis già ricordato ; e
sono quelle a rogito del notajo Franceschino de Bulciis, in data
19 dicembre 1399 per una vigna di 28 pertiche investita ai con-
sorti de Tabernariis: dello stesso anno 1399 per un sedime e una
casa di Pietro Santi: del 4 agosto 140 1 per una vigna di i3 per-
tiche agli eredi di Guido de Millinis: degli 11 ottobre 1401 per
12 pertiche di terra coltiva; del 2 marzo 1402 per altre sette
pertiche: del 22 agosto 1403 per le terre investite ai fratelli de
Canibus.
Altri piccoli acquisti del Folperti, sempre nel territorio dì
Sannazzaro, appajono dal testamento del 1424, indipendenti, come
i sopra accennati, dalla possessione di Scaldasole. Sono : un prato
di 26 pertiche venduto ad Ardengo da Antonio de Landriano :
altri prati per 236 pertiche che comprò dagli eredi del fu Zilello
Sannazzari e da Giovanni de Burdo: due prati di circa trenta
pertiche vendutigli da Giorgio de Rubeis: altre 3o pertiche di
prato acquistate da Andriolo de Medicis : tre prati di 45 pertiche
comprati da Tortorino Torta di Frascarolo : un altro prato di
Cfr. Iacobi Oavacii : Histor. Caenobii S, lustina) Patav., lib. VI, Vene-
tiis, 1606 — e per l'epitaffio del Barbo, Salomoni : Inscriptiones Urbis
Patav,, etc.
3o8 AUl>i.i>00 JOLl'l.HTI
'31 pertiche vendutogli dai già menzionati credi di ZilcUo San-
nazzari : 7 pertiche comprate da Andriolo de Medicis: 4 prati di
100 pertiche che Ardengo comprò da Facino Sannazzari il padre
di Nicolina sposa di Gian Pietro: un totale di 5o5 pertiche di
terreno. Ne certamente qui sta il tutto: forse nell'archivio di fa-
miglia dei Folperti si potrebbero trovare altre prove della atti-
vità e della diligenza economica di Ardengo.
Un documento del 16 febbrajo 141 7, fra i rogiti del notajo
Cristiani dell' Archivio dell' Università, ci mostra Ardengo fra i
testimoni di una procura, rogata nel palazzo ducale di Milano,
n in curia Arenghi illustrissimi principis ». Lo spettabile milite
Antonio de Curte del fu Matteo, desiderando di essere padrino
nel battesimo di un figliuolo dello spettabile Giacomo de Mi-
chaelis maestro delle entrate ordinarie dei duca, né potendo per
parecchie circostanze intervenire alla cerimonia, stabilisce come
procuratore suo per quell' occasione, lo spettabile sig. Cristoforo
de Premenugo di Milano (i) tesoriere generale di Filippo Maria.
All'atto presenziano il conte palatino milite e dottor in leggi Tur-
berto de Tortis, il milite Ardengo de Folpertis, Pedrino de Curte,
e Cassano Santi del fu Simonino di Caselle (2).
Naturalmente ad un signore così ricco come il Folperti, non
mancavano di attaccarsi con avidità i rappresentanti del fisco vi-
sconteo, sempre così bisognoso. Il duca nel 1417 aveva ordinata
la compilazione di un nuovo estimo, e come era proprio della
procedura spiccia ed arbitraria dei Visconti, per sostenerne le
spese, aveva imposto a venti cittadini pavesi dei più ricchi, che
pagassero 200 fiorini, ingiungendo che v predicti denarii cifra
festum paschatis infalibiliter habeantiir, ne exinde dicti extimi
(i) Nelle carte municipali di Provvisione (Archivio Vecchio Co-
munale, Pacco I) trovo che il Premenugo era anche cittadino di Pavia,
e che in questa città abitava in Parrocchia di S. Giorgio in Monte
Falcone, nel 1416.
(2) Protocollo, Rogiti Catelano Cristiani : Ms. Archivio della R. Uni-
versità. Cfr. Z. Volta in Ardi. Stor. Lomb., 1895, p. 325.
MAESTRO DELLE ENTRATE DI F. M. VISCONTI 309
perfectio venìat retardari (i) ». Il Podestà, cui fu commessa l'ese-
cuzione deir ordine ducale, ai 2 di aprile del 1417, manda un
usciere comunale, il quale « dicat et precipiat infrascriptis om-
nibus et singulis » che sotto pena di 10 fiorini, « crastina die,
per totani diem, debeant solvisse et numerasse thexaiirario flo-
renos decem, cuilibet eorum impositis per litteras illustrissimi do-
mini nostri ». I nomi poi dei fortunati, colpiti così inopinatamente,
« sunt hec, videlicet Dominus Ardenghus de Folpertis, Blaxius
de Ottonibus, Antonius Salicus, Johannes Petrus de Vallate,
Antonius Guargualia, Dominus Iohannes de Oliariis, lacobus
Mediabarba, loh. Marchus de Jìambertis, lacobus de Zapis, Mi-
chael de Pe^aniSj Ardenghinus de Becharia, Luchinus de AstulfiSj
leronimus Barachanus, Cristophorus de Coda^iis, Francischus
de bernerio ». Il documento attesta la considerazione in cui era
tenuto Ardengo: non solo lo si mette primo fra i ricchi che deb-
bono pagare la straordinaria imposizione: ma fra tanti nomi di
potenti e nobili pavesi, a quelli soltanto di Ardengo e di Gio-
vanni Oliarli, il notajo ducale, si premette il contrassegno di di-
stinzione Dominus.
Quantunque questo genere di distinzione poco garbasse ad
Ardengo, pur dovette sopportarlo per molti anni, giacché solo
nel 14 19 egli ottenne il desiderato privilegio di esen:{ione.
Una grande ingiustizia, questa. Giacché è facile il compren-
dere che l'esenzione, non diminuendo affatto il totale delle tasse
e delle imposizioni, portava con sé un maggior aggravio per gli
altri cittadini ; oltrediché, essendo 1' esenzione concessa ai perso-
naggi ricchi di nobiltà e di rendite, ne derivava che i colpiti erano
precisamente i poveri che meno avrebbero dovuto pagare. Co-
munque, Ardengo Folperti fu lietissimo il dì in cui il duca di
Milano, memore dei servigi di lui, gli concedeva insieme alla di-
gnità di suo famigliare e commensale, anche l'altra onorificenza,
più sensibile, della esenzione da ogni tassa e gravezza sia perso-.
(1) Museo Civ. di S. P. — Lettere ducali, Cart. Ili, anno 1417.
3 10 AHOKNGO lOLPEUTI
naie che reale. II documento, che comprova questi favori concessi
dal duca di Milano ad Ardengo, più non esiste, o almeno non mi
ì'u dato ritrovarlo. Però nel Registro delle Immunità del nostro
Archivio Vecchio Municipale ho letta la seguente annotazione :
« 1410- Immiinitas ab oneribus favore egregii militis domini Ar-
denglìi de Folpertis, commensalis et familiaris domestici diicis
Mediolani domini nostri (i) ».
Ed ora abbiamo dinanzi una serie di documenti che raccolsi
neir Archivio del Comune di Vigevano e che ci permette di se-
guire lo svolgimento della vita di Ardengo, in un periodo rima-
sto affatto ignorato agli studiosi pavesi.
Filippo Maria nel 1418 deliberò di far eseguire alcuni lavori
di ampliamento e di abbellimento al suo castello di Vigevano»
Un documento, come vedremo, parla della costruzione di una
sala: la somma però, piuttosto forte, richiesta dal duca, come
contributo del Comune di Vigevano, lascia supporre la impor-
tanza dell'opera. A dirigerla, non certo come ingegnere, ma come
economo e regolatore generale, il duca chiamò Ardengo Folperti:
i lavori di abbellimento e di difesa che questi aveva eseguiti nel
suo castello di Scaldasole, erano affidamento al duca della com-
petenza e della capacità del suo famigliare.
Il primo documento concernente questi fatti, è del i5 di ago-
sto 1418: in esso troviamo Ardengo alle prese col Consiglio di
Provvisione di Vigevano per ottenere i denari imposti al Comune
per l'opera. Trascrivo dai verbali della seduta consigliare di quel
dì, la parte più importante:
« 1418, die decimaqiiinta Augusti.... Prefatus dominus pote-
stas exposuit parte domini Ardengi quod eligere possint alterimi
ex duobus partitis, videlicet iitrum velint dare omnia carrigia et
laboratores necessarios et opportunos ad laboreria in castro fienda,
(i) È un registro, compilato dall'archivista e cancelliere comunale
Giuseppe Antonio Gatterra, nel quale sono descritte in compendio le
carte e i documenti allora esistenti in Archivio, in materia di Immu-
nità ed Esenzioni.
MAESTRO DELLE ENTRATE DI F. M. VISCONTI 3ll
an velini concordium cum prelibato domino domino nostro (i) ».
Come si vede, Ardengo proponeva al Comune o di provvedere
carri e lavoratori, o ài pagare una somma da stabilirsi d'accordo
col duca. In quella adunanza la Provvisione vigevanese, dopo ma-
tura discussione, si appigliò alla prima proposta.
Ai 6 del successivo settembre, i dodici Sapienti eleggono Pietro
Marco Vallario, Antonio Colli, Giovanni de Cochis, Uberto Pa-
rona e Lazzaro Colli, « qui sint unaa ciim domino Ardengo ad
videndum..,. omnia que fieri contingent prò ea sarà una, qiiam
Ilhistriss. D. D. noster, de novo viilt in castro fieri». Qui ap-
pare specificato il lavoro che si intraprendeva nel castello. Nella
stessa adunanza si delibera di pagare ad Ardengo le spese fatte
pel sopraluogo : « ordinaverunt qiiod fiant expense siiprascripto
domino Ardengho prò quatiior vel sex diebus, qnibiis Viglevani
stetit». Nell'adunanza del 9 ottobre, « ordinaverunt et delibera-
veriint, nemine discrepante, quod provideatur spectabili et egregio
militi domino Ardengho de Folpertis de laboratoribus diicentis,
ad omnem eiiis requisitionem, et qiiod solvatur per Commune ad
computiim de solidis novem prò opere, et quoad tempus de alio
providebitiir ». Il Comune adunque accordava ad Ardengo, pei
lavori, una schiera di duecento operai, che esso pagava in ragione
di soldi nove ogni giornata di lavoro, non determinando però fino
a quando avrebbe sostenuto tali spese.
Forse questo non piacque ad Ardengo : epperò, dopo non so
quali vicende, dovette il Comune intendersi col duca e, invece
degli opera), obbligarsi a dare al direttore dei lavori la somma
di ii5o fiorini. E fu necessità pel Comune di imporre una taglia
per aver quella somma. Nell'adunanza di Provvisione del 28 ot-
tobre, il Podestà, detto ai Sapienti che lo « spectabilis miles do-
miniis Ardengiis de Folpertis petebat quod volebat denarios a Co-
(i) Tutti questi documenti, ove non si accenni altra fonte, sono
tratti dal Registro dei Convocati della Provvisione, dell'Archivio Co-
munale di Vigevano, voi. II, dall'anno 1409 al 142.3. Inventario gene-
rale, art. 52, paragr. i.
3l2 ARDENGO FOLPERTI
munc, occaxione conventionis facte per Comune prò florenis MCL
cimi stiprascripto domino Ardendo, occaxione carigii et labora-
toriim qiios opportebat dare per Comune ad laborerium nuper in-
ceptiim in Castro Superiori », dopo animata discussione si stabilì
a quod imponatur tallea de imperialibus XV solvenda hinc ad
dies XV proxime venturos, prò dando dicto domino Ardenglio,
occaxione suprascripta ».
Il repentino cambiamento della convenzione prima stipulata,
e più la taglia per raccoglier la somma richiesta nei nuovi patti,
produssero un grave malcontento in Vigevano: e ne è prova la
seduta di Provvisione del 4 novembre, nella quale si delibera la
nomina di una Commissione, incaricata di riferire ad Ardengo i
lamenti causati dalla fatta mutazione. Quale soddisfazione otte-
nesse questa Commissione, non è detto, ma è facile immaginare.
I Vigevanesi pagarono a rate la taglia : la Provvisione passava i
denari incassati ad Ardengo, ma ai 18 dicembre, perchè non fu
versata integralmente una rata, dovettero i Sapienti dare « bay-
liam Consulibus Comunis Viglevani recuperandi Jlorenos XVIJ,
quoquomodo poterint melius recuperavi, prò dando domino Ar-
dengìio de Folpertis, qui debet habere prò resto talee ^y.
I lavori continuarono per tutto l'anno 1419: ma due soli do-
cumenti si hanno in cui ricorre il nome di Ardengo. Il primo è
la deliberazione della Provvisione di pagare al Folperti, ai 19
febbrajo, la rata di 25o fiorini «prò resto solutionis de florenis
MCL ex conventione facta cum Illustrissimo D. D. nostro yy. Il
secondo è una lettera ducale dell' 8 giugno.
« Dux Mediolani, etc. ».
« Certificati per litteras egregii militis domini Ardengi de
« Folpertis intendentis circa laboreria Castri Nostri Viglevani,
« quod Commune et homines diete nostre terre Viglevani , ex-
« bursarunt et solverunt florenos centuni decem prò integra sa-
« tisfactione florenorum mille centum quinquaginta , quos prò
« primi termini obligatione solvere tenebantur, juxta conventio-
« nes et pacta per ipsum dominum Ardenghum alias secum facta,
« loco carrigiorum que fieri facere, et laboratorum quos dare de-
MAESTf^O DELLE ENTRATE DI F. M. VISCONTI .-) K>
« bebant, occasione primi laborerii principiati et finiendi in Ca-
<( stro nostro predicto, tenore presentium ipsos Commune et ho-
« mines ac singulares personas diete nostre terre , a dieta prima
« obligatione absolvimus et penitus liberamus. In quorum, etc.
« Dat. Mediolani , die octavo junii MCCGCXIX, duodecima in-
« dictione (i) ».
È notevole anche la deliberazione della Provvisione, in data
3 settembre 1419, di far un dono al duca, al suo segretario Gio-
vanni de Corvinis d' Arezzo e ad Ardengo nostro. « Item, oi~di-
naveriintj nemine discrepante, qiiod Consules terre Viglevani
emant prò Comuni Viglevani mansios (manzi) diios, caiissa ser-
viendi Illustrissimo D. D. Nostro. Item quod suprascripti Con-
sules emant ut supra payra (paia) duodecim pollastrorum, caussa
serviendi domino Ardengho et domino lohanni de Aretio ».
Questi documenti dimostrano che al Comune di Vigevano
era stata imposta una prima contribuzione di fiorini 11 5o -che si
terminò di pagare ratealmente al principio di giugno del 1419.
Cominciò allora il pagamento di una seconda contribuzione, che,
credo, fosse ugualmente fissata in fiorini 11 5o: dai registri non
ho potuto desumere notizie particolareggiate, ma una prova del-
l'asserto la si può forse trovare nella deliberazione dei Sapienti,
del 17 gennajo 1420, con cui si manda Vincenzo de Bergondiis
al castello di Scaldasole per farsi rilasciare in scriptis da Ardengo
la dichiarazione d'aver ricevuto dai Vigevanesi, dal principio dei
lavori, la somma di fiorini 2200.
Il Comune però era stremato. Lo si deduce dal fatto che
avendo il duca ordinato si pagassero 200 fiorini ad Ardengo (.^ su-
perstiti (soprastante) laborerii quod jìt in Castro Viglevani ^^^ la
Provvisione, ai i3 gennajo 1420, incarica Vincenzo de Bergondiis
di recarsi « ad Scaldasolem, locuturum cum domino Ardengo,
quatenus ipse dominus Ardenghus hanc Comunitatem expectare
(i) Questa lettera trovasi nel volume in pergamena degli Statuti
di Vigevano, Invent. gener., art. 41, paragr. i, folio 79 recto.
3li ARDENuU Jul.lM-KTl
velit usquc ad unum mensem proxime futurum, de Jìorcnis CC,
quia interim Comune Viglevani tenebit modum recuperandi ».
Intanto Ardcngo aveva ricevuto una nuova distinzione dal
duca. Da soprastante ai lavori del castello, Filippo Maria chia-
mava il Folperti all'ufficio di Podestà di Vigevano. Quantunque
io non abbia trovata la lettera di nomina, credo però che, se-
condo il solito, essa giunse ad Ardengo sulla fine del 1419. Nei
libri dei Convocati del Consiglio di Provvisione di Vigevano, tro-
viamo podestà sul principio del 1420 il nobile Angelo da Pontre-
moli, il quale presiede per l'ultima volta alla seduta del Consiglio,
ai 3i marzo 1420. Ai 21 aprile dello stesso anno Ardengo Folperti
per la prima volta presiede la adunanza consigliare come Pode-
stà. Nel verbale non si fa cenno di immissione in possesso del-
l'ufficio, nò della presentazione delle lettere di nomina, né del
giuramento prestato, cose tutte che invece si notano con cura e
con molta utilità degli studiosi nei Convocati della Provvisione
di Pavia al cambiamento di ogni Podestà. Però possiamo credere
che Ardengo assumesse la nuova carica nella prima metà del-
l' aprile 1420. Da quel verbale appare che Ardengo aveva con-
dotto seco a Vigevano, come suo Vicario, il giurisperito Cristo-
foro de Georgiis.
E necessità dire che la Podesteria di Ardengo non si distinse
per fatto alcuno straordinario: ho esaminato con cura gli atti
comunali vigcvanesi di quegli anni, ma non ho trovato cosa che
m.eriti ricordo. Piuttosto è degna di menzione la lunga durata
della Podesteria di Ardengo, da esso tenuta senza interruzione
dal 1420 al 1429.
Nel 1422 Ardengo mutò Vicario. Dimesso Cristoforo Giorgi,
<issunse il novarese Giovanni de Momo: ma ai 23 agosto del 1423
il Giorgi ritorna alla abbandonata carica.
Nel 1424 la peste scoppiò nella Lomellina e pare che Vige-
vano fosse uno dei centri più infetti. Il duca dal suo sicuro ritiro
di Abiate, scrisse ai 29 luglio ad Ardengo imponendogli che tutti
i dì, sentita la relazione del medico Bartolomeo de Basticis, gli
scrivesse minutamente sulle condizioni sanitarie del borgo.
MAESTRO DELLE ENTRATE DI E. M. VISCONTI 3l5
Pur troppo la peste decimava Vigevano: credo raggiungesse
il suo più acuto periodo dopo la metà di agosto: lo desumo an-
che dal fatto che Ardengo trovò necessario di dettare il suo te-
stamento.
Esso è in data del i settembre 1424; è fatto « in Viglevano,
videlicet in domo et palacio Comunis Viglevani, habitacionis in-
frascripti domini Potestatis »^ e mostra la preoccupazione di Ar-
dengo di cader malato, dichiarando di testare perchè « ciim cor-
pus sanitate vigetj mens interior^ in se ipsa collecta, pleniori
iitittir ratione, quia non cogitiir id cogitare qiiod dolet ìk
Riassumendo questo lunghissimo documento, troviamo che
Ardengo, annullati dapprima tutti gli atti con cui antecedente-
mente aveva disposto delle sue sostanze, fa obbligo agli eredi di
soddisfare tutti coloro che potessero mai vantare crediti verso di
lui, stando però alle note de' suoi libri e de' suoi registri « mea
propria manti scriptis tam in carta quam in papiro ». Vuole poi
che per la dote promessa alla Cappella di S. Tommaso in Pavia,
gli eredi diano a quel Convento « Antonam imam (un grande qua-
dro) pulcerrimam, ponendam ad altare diete Capelle, qiie constitit
(costò) pliisquam /lorenos septecentum », credendo con ciò di essersi
sufficientemente sdebitato della fatta promessa di dote, « etiam at-
tentis magnis expensis quam feci ab hodie retro in ipsa capella ».
Lascia alla chiesa di S. Giuliano in Scaldasole un calice d'ar-
gento, un paramento « de ^ambeloto rubro », ed un messale.
Lascia alla moglie Andriola de Olevano la dote di 3oo fio-
rini col terzo di più voluto dalla legge. Che se essa « stare vo-
luerit in viduitate » le lascia anche vitto, vestito ed abitazione,
oltre 168 fiorini net omnes vestes, anullos et jocalia, quas, quos
et que habet aportare suo ».
Al nipote Salimbene, religioso benedettino, figlio del defunto
primogenito del testatore, lascia 5o fiorini, perchè già « renun-
ciavit omnibus que petere posset ». Alle figlie Margarina e Mad-
dalena ordina sia pagata la dote promessa all' alto del loro ma-
trimonio; disponendo altresì che nel caso gli nascesse altra figlia,
questa debba avere come le sorelle.
Arch. Sior. Lomb. — Anno XX VII. — Fase. XXVI. 2i
3l6 ARDENGO FOLPERTI
Perchè poi il Castello di Scaldasole colle pertinenze rimanga
sempre in famiglia, proibisce a' suoi figli, specialmente a Nicolò,
di alienarlo, « ita quod predictiim castrum meum.,.j non transeat
extra a fertile ione m illoriim de folpertis, sed remaneat perpetuo et
in injìnitiim ».
Nomina suoi eredi universali i figli Nicolò, Stefano, Gaspare,
Benedetto, Gian Pietro, Lorenzo e Gian Paolo: però ai due primi,
come figli della prima moglie Maddalena de Curte, lascia la metà
prò indiviso del Castello di Scaldasole e delle terre annesse, e per
di più la proprietà di quelle 5o5 pertiche di terreno costituenti
la possessione di Sannazzaro, indipendente da Scaldasole, di cui
già abbiamo dato, un minuto ragguaglio. Fa loro però l'obbligo
di pagare le doti delle loro mogli e della loro madre Maddalena,
sicché gli altri fratelli e la matrigna Andriola non abbiano alcun
peso sulle loro porzioni.
Ai figli del secondo matrimonio, cioè a Gaspare, Benedetto,
Gian Pietro, Lorenzo e Gian Paolo, lascia l'altra metà prò in-
diviso delle terre e del Castello di Scaldasole, più la casa di Pavia,
« in qua habito quando suni in Papia » e l'altra casa « quam te-
neo ibi' prope, ab allia parte vie, et ubi teneo equos meos » e tutta
la rimanente possessione di Sannazzaro, coli' onere però di pagare
la dote della lor madre Andriola, in modo che per questa non
siano gravati i fratelli Nicolò e Stefano.
Tutti gli altri beni mobili ed immobili lascia in esatte por-
zioni da dividersi tra i figli maschi : colla clausola che nascen-
dogli altri maschi, questi abbiano gli stessi diritti dei fratelli.
Considera poi il caso che alcuno de' suddetti suoi figli mo-
risse lasciando solo una figlia. Questa non deve succedere nei di-
ritti del padre, che spetteranno invece ai di lui fratelli : solo si
dovrà all'orfana costituire una dote di quattrocento fiorini. Che
se morissero tutti i maschi, allora soltanto, le femmine potranno
succedere nel possesso di Scaldasole, ma perderanno la proprietà
di tutte le altre terre e case, che saranno vendute al miglior of-
ferente dagli infrascritti fideicommissari, distribuito il ricavo in
quella miglior maniera che loro piacerà. Curiosa però la condì-
MAESTRO DELLE ENTRATE DI F. M. VISCONTI
zione : « ita tamen qiiod dominus Episcopus Papié, nec alia per-
sona tiinc representans sedem episcopatus ipsiiis papiensis, possit
de predictis se intromittere, etiam si dicti Commissarii mei fidei-
comissarii forent negligentes et remissin. Questa esclusione del
Vescovo è un grave indizio del malcontento causato in Ardengo
dalla sentenza vescovile del 1406 : ne abbiam già detto qualche cosa.
Il testamento considera poi il caso della morte di tutti i di-
scendenti diretti, maschi e femmine, di Ardengo. In tal caso il
testatore chiama suoi eredi il Maestro Santino e Lanfranco fra-
telli Folperti, figli del fu Maestro Musso; Filippino Folperti del
fu Francesco; e Antonio Folperti del fu Agostino e loro discen-
denti, ma solo pel possesso di Scaldasole, dovendo gli altri beni
andar venduti, come è detto sopra, e il loro prezzo distribuito
in puellis maritandis, esclusa ogni ingerenza del Vescovo e di
qualunque suo rappresentante.
Nomina tutori de' suoi figli minorenni, insieme ad Andriola
loro madre, il milite e dottor in leggi Turberto de Tortis, Ste-
fano de Riciis e suo tìglio Zanino, Agostino Schiaffinati, Gia-
como e Francesco Bellisomi del fu Giacomo (i). Esecutori testa-
(i) Di questi personaggi è notissimo il Conte palatino Turberto
Torti che già abbiam nominato, padre di Giorgio, marito di una figlia
di Ardengo , più volte Abate di Provvisione di Pavia, oratore e am-
basciatore della città, professore di leggi nelF Università dal 1408 al
1416 {Memor. e docum. per la stor. dell' Univ. di Pavia. Pavia, Bizzoni,
1878, voi. I, p. 34) e consigliere ducale. — Stefano de Riciis appare
nelle nostre carte municipali fra i Presidenti di Provvisione di Pavia
nel primo decennio del secolo XV : il suo figlio Zanino cominciò la
sua carriera come cancelliere di Facino Cane (Andr. Billii, Histor.
McdioL, in Muratori: Rev. Ital. Script., XIX, 45), innalzandosi poi a
somma potenza come confidente di Filippo Maria e suo secretarlo
(Volta : Un giuram. di fedeltà, ecc., p. 828). Di lui e di Oldrado Lam-
pugnani scrive amaramente il Billia [loc. cit., ']2) " quorum aemulatio-
iiibus Curia aestuabat. Multo vero Civitati nostrae id salubrius eiusmodi
homines numquam natos esse ! „. — Il Francesco Bellisomi del fu Gia-
como è il notajo pavese, specialmente caro ad Ardengo. Trovo di lui
che nel 1406 ai 26 di settembre si sposò con una Rosina Folperti fi-
glia del maestro Musso del fu Giovanni, la quale portò in dote 3oo
fiorini. Museo Civ. di S. P. — Pergamene Bottigella, n. 75.
•3|8 ' AIIDENGO hUl.l'i.Kil
mcntari sono designati Francesco Bellisomi e i Consoli del Col-
legio dei Mercanti di Pavia.
F'inalmcnte stabilisce che il possessore del Castello di Scal-
dasolc dovrà sempre offrire ospitalità in esso, agli altri suoi fra-
telli o nipoti « tempore cuiuscumque guerre.... ad hoc ut melius
gaudere possint possessionem de Sanato N avario ^u Che se per
dette guerre non potranno ricavare frutto dalla loro possessione,
allora il padrone di Scaldasole, oltre l'ospitalità, sarà tenuto a
provvederli del vitto e del vestito, però « tantumodo guerra du^
rante ».
Il testamento si chiude col solito formolario, colla firma di
Ardengo e la indicazione dei testimoni, che sono il giurisperito
Pietro de Cochis, Guidetto de Georgiis del fu Robinio, Cristoforo
de Georgiis figlio di Guidetto, Serafino de Parona del fu Fran-
cesco, Simone de Belaciis del fu Filippo, Tommaso de Silva del
fu Guarnerio, Giacomo de Gravalona del fu Girardo. Sono se-
condi nota) Giacomo de Guastamiliis del fu Pietro e Giacomo
de Parona fu Francesco. Segue la firma del notajo trascrittore
dell'atto Giovannino de Podexiis del fu Stefano di Vigevano, e
del notajo rogante Uberto de Parona del fu Francesco (i).
La peste, che cessati i calori della stagione, cominciò a de-
crescere, non volle fra le sue vittime il nostro Ardengo : sembra
invece avesse colpito il Cristoforo Giorgi, giacché ai 3o settembre
1424 i Convocati del Comune ci presentano quale nuovo Vicario
del Folperti il giurista Vittorio de Cixera. A costui succede nel
novembre 1423 Stefano de Grassis licenziato in diritto civile, che
tenne la carica per poco tempo, avendo ceduto il posto nei primi
mesi del 1426 ad un Melchiorre de Grassis. Oltre al Vicario, il
Folperti nel 1426 aveva un luogotenente, Tomaino de Gentilibus :
i due ufficii che sembra dovessero compenetrarsi, sono invece net-
tamente distinti e separati, nel verbale dell'adunanza di Provvi-
sione del primo novembre 1426. Ultimo dei Vicarii di Ardengo
(i) Copia del testamento è in Museo Civ. di S. P.
MAESTRO DELLE ENTRATE DI F. M. VISCONTI 3l9
fu Lorenzo de Longis, che entrò in ufficio nel 1427 e lo tenne
sino al termine della Podesteria di Ardengo.
Dobbiamo qui notare che il Folpertì, 'anche stando a Vige-
vano , pigliava parte attiva agli affari in Pavia. Nel Registro
delle Lettere del 1426, troviamo questo accenno a lui : « Qiiod
circa deliberationem Datiorum Papié standum et credendum sit
domino Ardengìw de Folpertis, executioniqiie mittendum quicqtiid
per ipsiim ordinatum fiierit (i)».
Ai 26 gennajo del 1429 il duca Filippo Maria emanava una
lettera minacciosa contro gli ufficiali prevaricatori ed ingiusti.
Stanco il duca delle estorsioni che da costoro si commettevano,
delle violenze e della disonestà della loro amministrazione, cercò
di provvedere con severissime pene al rimedio, e perchè i con-
travventori fossero tosto scoperti e puniti, ordinò che ogni pub-
blico officiale fosse sottoposto ad un minuto e scupoloso rendiconto
ogni sei mesi. La lettera ducale è già stata pubblicata : da essa
i funzionarli disonesti sono condannati alla perdita del loro uf-
ficio, alla restituzione del quadruplo ai danneggiati, e da dieci
tratti di corda sino all' ultimo supplizio, a giudizio e sentenza
del loro sindacatore (2).
Sono convinto che Ardengo nel ricevere questa lettera e nel
farla registrare nel volume degli Statuti di Vigevano (3), era
molto lontano dal credere che essa dovesse fare di lui uno dtì
primi capri espiatoria Molti dei decreti ducali eran rimasti let-
tera morta: molti dei colpevoli avevan sin qui saputo sfuggire
alle conseguenze dei loro soprusi : può anche essere che Ardengo
si sentisse affatto sicuro del suo operato.
Verso la metà dell'anno 1429 scadeva il termine della Pode-
steria di Ardengo Folperti. I registri dei Convocati vigevanesi ce
lo mostrano presiedere 1' adunanza di Provvisione ai 29 giugno
1429: l'adunanza che si tenne ai 9 agosto è invece presieduta dal
(i) Registr. Litter., anni 1426 : copia presso di me, p. i.
(2) Antiqua Diiciim Mediol. decreta. Milano, 1654, p. lóS, 264.
(3) Statuii di Vigevano, cit., fol. 81 recto.
320 ARDLNGO FOLPERTI
nuovo Podestà Ruffino de Bastis di Valenza. Si può credere quindi
che la magistratura di Ardengo terminò nella prima metà del lu-
glio 1429: da questo tempo egli dovette accingersi a dar conto
della sua lunga amministrazione al sindacatore che il duca avrebbe
designato.
Io qui non ho a guida che un documento del 21 maggio 146 1,
da me trovato nel Regìster Litterarum del 1435 del Museo Ci-
vico di Pavia (i). In esso sono ricordati due atti stesi dal notajo
Dionigi de Cavanago che sarebbero di singolare importanza per
lo svolgimento di questo punto scabroso; ma non avendoli potuto
rintracciare, è necessità attenersi alla compendiosa narrazione del
succitato documento.
Chi dovette giudicare dell' amministrazione di Ardengo fu il
Vicario generale del duca, Bonifacio de Guarneriis di Padova,
milite e dottore in leggi. Il suo lavoro di revisione fu molto lungo
giacché non potè concluderlo che ai 29 settembre J429, con una
sentenza, scritta dal notajo Dionigi de Cavanago, nella quale, pur
troppo, Ardengo Folperti era condannato « in certis peciiniarum
quantitatibiis applicatis Camere illustrissimi domini filipi marie
ducis Mediolani » .
Suppongo che Ardengo si sia difeso con tutta l'energia, per-
chè la sentenza non ebbe esecuzione. Forse Ardengo si appellò al
duca direttamente, cercò si rinnovasse il giudizio: il colpo però
era troppo forte; la sentenza che gli toglieva l'onore, gli tolse
anche la vita.
Sul principio del 1430 il Folperti gravemente infermiò e credo
che alla fine di gennajo egli spirasse. Senza onori di sorta, forse
nemmeno accompagnato dai figli trepidanti, il suo corpo fu por-
tato a seppellire in S. Tommaso di Pavia, dove vivente si era
preparata sontuosissima sepoltura. Giacque dimenticato, anzi rin-
(i) Museo, Ci v. di S. P. — Liber Registri littcrar. diical, anno i4SS>
fol. 69 tergo e seg. — È il decreto 21 maggio 1451, con cui Francesco
Sforza restituisce ai Folperti i beni confiscati ad Ardengo.
AESTRO DELLE ENTRATE DI F. M. VISCONTI ?>2
I figli Stessi, nella angoscia del momento, non si curarono di
far compiere la già esistente iscrizione funebre del padre, facendo
in essa completare le notazioni cronologiche della morte. Se si
possono scusare in quei primi momenti, non lo possono per il
tempo in cui raggiunsero potenza, onori e ricchezze a pochi anni
dalla catastrofe del padre. Gli amici che erano stati presenti alla
creazione di cavaliere d'Ardengo, si affrettarono a far cancellare
i loro nomi dalla stessa iscrizione, che ricordava le particolarità
di quella cerimonia. Una vita intera, spesa- pel raggiungimento
della fama e degli onori, si chiudeva colla più triste e desolante
catastrofe.
Forse non era ancor calato nel sepolcro il cadavere di Ar-
dengo e già usciva una sentenza di « conjìscationis omnium ho-
norum siiorum, salvo jiire ascendentiiim et descendentium et om-
nium et singulorum de jiire habere debenciiim >) y sentenza consa-
crata in atto pubblico dal notajo-Dionigi de Cavanago, ai 4 feb-
brajo del 1430.
Immediatamente giungeva da Milano al Podestà di Pavia un
ordine del duca : « quod piiblicari debeat proclama prò bonis que
fuerunt quondam Ardenghi de Folpertis, Camere ducali confi-
scatisi ut jus habere pretendentes in dictis eiiis bonis, compareant
termino dierum A'A'A' (i) ».
I figli di Ardengo fecero valere i loro diritti: rimane ancora
nel Museo Civico il verbale della comparsa fatta dal dottor in
leggi Stefano Folperti, a nome anche del fratello Nicolò, innanzi
a Giovanni Grimaldi Podestà di Pavia, ai 20 marzo 1430, per re-
clamare i beni del loro padre <( pridie confiscatis (2)». Dichiara
nel reclamo che la sentenza di condanna, la confisca, i proclami
e tutta la procedura contro Ardengo u finisse et esse nullas et
nullius valoris et momenti ny opponendo che u processeriint ex
abriipto et de facto et sine cause cognitione : Item et preter et
(i) Dal compendio del Rsgist. Litter. diical., anni 1430, fol. 22, del-
l'Arch. Municipale. Copia presso di me, p. 91.
(2) Museo Civ. di S. P. — Lettere ducali, Cart. IV, anno i4?o.
XRDKNOO KOLPEKTI MAESTRO DKLLK KNT» ATR DI K. M. VISCONTI
coììtra formam jiiris, ctc. ». Intanto egli domanda per se e pel
fratello la dote della tu loro madre Maddalena de Curte, in 400
riorini cum tertio pliiri, oltre la legittima che loro spetta sui beni
confiscati, qite ascendi t ad dimidiam totiiis hereditatis. Promette
i< jtira et eorum lef^itimas probationes prodiicere in Mediolano
corani magistt^s (generali delle entrate ducali) ».
La vedova di Ardengo, Andriola Olevano, e gli altri figli,
non avranno trascurato da parte loro le opposizioni: alla fine,
parte dei beni fu loro restituita, ma non cessarono per questo
dal far causa contro la Camera Ducale, causa che si protrasse
per anni ed anni, sin che fu troncata dal decreto di Francesco
Sforza, in data 21 maggio 145 1, col quale, in vista specialmente
delle benemerenze di Stefano Folperti avvocato concistoriale, fu-
rono restituiti tutti i confiscati beni, a lui ed a' suoi fratelli Lo-
renzo, Nicolò, e Giovanni Pietro (i).
Ho finito.
Certamente mi dispiace il depor la penna senza nulla dire
di questi figli di Ardengo, che colla loro virtù, col sapere, colle
cariche onorifiche, seppero rialzare il nome della loro famiglia a
quella altezza, e forse maggiore, alla quale Ardengo l'aveva por-
tato prima della sua catastrofe. Ma i limiti del lavoro non lo
permettono : può darsi che io abbia a ritornare sull' argomento
che è di non poca importanza anche per la storia del governo
di Francesco Sforza.
Prof. sac. Rodolfo Majocchi.
(1) Copia del decreto è in Liber Regisfr. Litier. ducaL, anno 145 J>
fol. 69 tergo e seg. del Museo Civ. di S. P.
MASTRI DA MURO E ARCHITETTI LOMBARDI
IN
SANSEVERINO-MARCHE NEL SECOLO XV
Memorie e documenti dell* Archivio Comunale della suddetta Città
M dalle montagne lombarde scesero in tutte le
a Provincie italiane quei maestri muratori, scal-
ci pellini che oggidì sarebbero acclamati per ^c-
« celienti architetti e scultori ».
(Bertolotti — Artisti lombardi a Roma).
NELLA importante opera del Merzario su — / Maestri Co-
macini — (Milano, Agnelli, 1893, voi. 2.*^, pag. 323) si
legge il seguente periodo riferibile alla città di Sanseve-
rino-Marche : — « Deviamo per un momento verso Sanseverino,
«l'antica Settempeda, dianzi da noi ricordata, in postura cen-
« trale e ubertosa. Qui non abbiamo che a confortarci della ve-
'< duta del bel tempio di S. Maria del Glorioso disegnato da Mae-
« stro Rocco, da noi ritrovato fra i Comacini a Vicenza, a Spello,
« a Perugia, a Spoleto; e a raccogliere la memoria che nella chiesa
« di S. Francesco stava un sepolcreto, a fior di terra, entro Tab-
« side a man destra, saliti tre scalini, destinato alla tumulazione
« dei fratelli Comacini — Fratres Comacenii — come dicevano
« le parole intagliate sulla pietra sepolcrale, su cui vedevansi scol-
« piti anche i segni o simboli della fratellanza o maestranza, l'ar-
ce chipenzolo, la cazzuola e il martello, colla data corrosa del i3oo
«o 1400. Sfortunatamente quella chiesa fu dopo il 1866 sconsa-
« crata, venduta e demolita; nella furia della demolizione cadde
MAsTin DA MI i'<» i; AKc.niTiiTTi i.OMnAitni
« un muro, che mandò in frantumi il sepolcreto e la lapide ri-
« cordante i fratelli Comacini. Il quale fatto forse starebbe ad
« attcstare che in Sanseverino, che è luogo donde si spartiscono
« le vie per recarsi a Fermo, Penna, Macerata, Iesi e Ancona, i
^(Comacini avevano fissato la loro sede lontana dai tumulti, ben
« provvista di vettovaglia, e qui avevano forse la schola e il la-
« borerium, la infermeria e il sepolcreto in comune, e perciò oltre
«che inagistri amavano chiamarsi, ed erano: fratres fratelli».
Quale unico esempio dell'arte Comacina in Sanseverino si ri-
corda dal Merzario il tempio di S. Maria del Glorioso, oggi me-
ritamente annoverato fra i monumenti nazionali (i), architettato
da M.*^ Rocco vicentino nel iSig, enon già nel i52i come asse-
risce lo stesso autore a pag. 3o5 (voi. 2."); però si potrebbe ag-
giungere l'antichissima chiesa di S. Lorenzo in Doliolo di carat-
tere basilicale, edificata innanzi al mille e deformata qualche se-
colo fa, la quale ha tre navate, un' abside ed una cripta, la volta
a crociera nelle navi minori, la nave maggiore in origine a sem-
plice incavallatura di legname, ora sostituita da volta di tutto
sesto, grosse colonne cilindriche a divisione delle navate con ca-
pitelli cubici attualmente coperti da un rinfazzo di gesso; la chie-
suola eremitica di 5. Eustachio de Domora nella stretta gola dei
monti di Mambrica, parte scavata nel vivo sasso e parte costruita
fra rXI ed il XIII secolo; V antico Duomo con belli esempi di
architettura romano-italica o lombarda, recentemente scoperti
nel Postico, e con una porticina arco-acuta decorata da colonnine
cilindriche in marmo e da cordoni e fregi di laterizio a fogliami;
alcuni capitelli di stile lombardo-bizantino nel chiostro annesso
al detto- antico Duomo; l'altra porta dello stile medesimo, tutta
in laterizio con minutissimi lavori di foglie, frutta ed animali,
nella chiesa di 5. Maria delle Grafie; e, fra le costruzioni tre-
centistiche di carattere ogivale, la facciata e la torre del menzio-
(i) Veggansi per questo Tempio le Memorie storiche di S. Maria
del Glorioso di G. Ranaldi (Macerata, Cortesi, 1837).
1
HI SANSKVERINO-MARCHE NEL SECOLO XV 323
nato Duomo, ia torre di S. Lorenzo, la chiesuola di S. Antonio
di Cesalonga,
Anche in questi edifizi si scorgerebbe facilmente l'azione o
l'influenza dei Comacini, ossia lombardi, dal X al XIV secolo;
come si scorgerebbe anche nell'esistenza di un'antichissima Fra-
ternità di falegnami, muratori e fornaciari in Sanseverino la
quale nel i3o8 avea diritto, colle altre Università delle arti, alla
elezione del Console Municipale (i).
Il Merzario non cita la fonte da cui attinse la notizia rela-
tiva al sepolcreto dei fratelli Comacini, già esistente nella chiesa
(i) Nel libro delle Riformanze di questo Comune per gli amii dal
^3o7 al i3o8, a. e. 197^ sotto il 22 maggio di detto anno i3o8 trovo l' in-
dicazione delle arti aventi diritto alla nomina del Console :
— " In primis quod de mensibus proxime accessuris.
: 1 Artes Magistì'orum lignaminis, Miiraiorum el Fornachia-
^ ^"^ . ( riorum, atte sunt in ima Fraternità, habeant Consulem „ —
" Augusti I
€ nello stesso libro, a e. 122, in data io marzo anno suddetto, trovo
che " Magister Ugolinus Thomaxij quondam de faventia et nimc de Sanato
" Severino, prò se et nomine et vice infrascriptorum hominum de Ma-
" gistri lapidum.... sms sotiis „ chiedeva un compenso per aver demo-
lito la torre Canonica in Cingoli. I soci di M.° Ugolino sono ivi così
nominati :
" Nicolatis Jacob i Murator Raynerius A e ti Feste
" Magister Franciscus Petrus Acti Feste
" Angelus Aresti Franzonus Murator
" yenturellus Benvenuti Acti Magister Jacobus de Moietinis
" Guadagnus de Fabbriano Magister Ugolinus Venturelli
" Bartolutius Bartolomei Jamleti Bertramus Grimaldutij
" Benenutus Magister Johannes Murator
" Guieri Pretatami Boniohannes de Carpignano
" Cagnus Cosar e Ili Guilielmus Guarnionne
" Boniohann':s Salimbene Franciscus de Gallio
Ora non è assolutamente esclusa 1' origine comaclna o lombarda
di quel M." Ugolino di Tommaso, che potè esser detto già di Faenza
dal luogo donde venne in Sanseverino anziché da quello di origine,
<:ome non è esclusa per alcuni de' suoi compagni e specialmente pel
Beltramo di Grimalduccio.
MV-vTIM I»\ M! l-o I \ KM Hill 111 l.<)MliAUl>J
Al S. Francesco; ma, quantunque in una raccolta delle iscrizioni
scttempedane, fatta da D. Bernardino Crivelli nel decorso secolo
e completata da Giuseppe Ranaldi nel principio del secolo vol-
gente (ms. Bibliotec. Com.''^ di Sanseverino), non si trovi regi-
strata quella sepolcrale dei Comacini in S. Francesco, debbo ri-
tenere esatta la notizia, non tanto perchè reca indicazioni precise
del sepolcreto, quanto perchè realmente numerosi maestri lom-
bardi ebbero, nei secoli scorsi, la loro sede in Sanseverino, come
opinò il Merzario, e, per conseguenza, dovettero avere qui anche
la sepoltura in comune.
Fra le molteplici notizie che da vari anni vado spigolando
nei documenti dell'Archivio Comunale di Sanseverino, affidato
alla mia custodia, e massime nei libri delle Riformanze e dei
Camcrlingati del secolo XV, che sono le fonti più copiose per la
storia artistica , ne trovo parecchie riferibili ai diversi Maestri
lombardi o Comacini (muratori, scalpellini, carpentarii) i quali
specialmente nel secolo ora menzionato, si stabilirono in questa,
come nelle altre città e terre italiane, e vi tennero il primato
neir arte edilizia.
Il Bertolotti nella sua . dotta pubblicazione sui — Maestri
Lombardi a Roma nei secoli XVj XVI e XVII — (Milano, Hoe-
pli, 1881) giustamente osservò che — (< ogni più piccola emana-
« zione dello spirito umano merita di essere studiata, senza il
« quale studio mai si potranno stabilire le fondamenta di una
{( vera storia degli artisti » — ; c[uindi anche questa mia raccolta
di memorie e di documenti sui mastri da muro e architetti lom-
bardi in Sanseverino, per quanto disadorna, potrà servire, se non
altro, ad utili raffronti colle precedenti pubblicazioni e con quelle
che mi auguro vengano in luce sullo stesso argomento.
*
La serie delle mie spigolature s' inizia con due pagamenti
fatiti « Magistro Xpoforo Magistri lacobi de Placentia muratori »
per ordine del magnifico signore Antonio Smeducci, uno di du-
]N SANSEVERINC-MARCHE NEL SECOLO XV 827
cati 19 e soldi 27, il 23 luglio I4i5; l'altro di ducati 2 il 14 feb-
braio 1416. (Carte smeduccesche — lib. entrate e spese 1413-16,
-e. 147-178). Il Camerario, cui dovevano premere le partite sol-
tanto e non 1' artista, tralasciò di specificare il lavoro eseguito
da M.° Cristoforo e notò soltanto che il secondo pagamento si
kce « ex dono » dello stesso Smeducci. Però, avuto riguardo alla
spesa di oltre 19 ducati ed al dono aggiuntovi di altri due du-
cati, può credersi che si trattasse di un' opera di qualche entità,
della quale il signore committente si trovò pienamente soddisfatto.
Non ho altre notizie fino al 1432 nel quale anno ai 21 di
marzo risulta presentata al Consiglio Credenziale una supplica
« prò parte Magistri Petri de Como Miiratoris » nella quale,
esponendo <- quod ipse Magister Petrus intendit et vult habitare
« in dieta terra Sancti Severini et sub dominio V. M. D. et huius
« Comunitatis predicte vivere et mori una cum sua familia....
<( etiam quod ipse est homus pauperus ita quod non habet unde
« possit aliquam domum prò sua habitatione emere », M." Pietro
chiedeva che il Comune gli concedesse una casa e lo esentasse,
almeno per 12 anni, da ogni onere e gravezza reale e personale.
Offeriva poi « se paratum servire dicto Comuni et aliis homini-
« bus diete terre iuxta suum posse de arte sua ».
Il Consiglio deliberò si rescrivesse:
— « Ex Dominorum Consulis et Priorum ac Concilii Cre-
« dentie deliberatione, iuxta reformationis seriem in favorem fo-
« rensium terram hanc habitare venientium edite, per proximis
« futuris decem annis exemptio petita conceditur. Domus vero
« concessio Dominis Consulis et Prioribus presentis et futuris vq-
« mictitur, qui quicquid faciunt ratum habeatur et firmum. Dat.
« in palatio solite residentie dictorum Dominorum, mccccxxxii,
« ind. X et die xxj martij ». — (Riformanze, i43i-33, e. 69 e 70).
M.° Pietro non si tenne pago di una concessione così limi-
tata perchè il 9 giugno dello stesso anno 1432 « prò parte fide-
« lissimi servitoris Peiri Jacobi de Como provincie lombardie ma-
328 .MASTKI i>\ MLUU i: AHCHITKTTI LOMBARDI
u gistri lapidum '> presentavasi un'altra supplica al Consiglio di
Credenza nella quale si esponeva « quod ipse (Magister Petrus)
« est involutus certis debitis cum quibusdam forcnsibus de quibus
« timet ne ipsum vocari faciant hic, et quod ipse pauperus est in
« superlativo gradu nec valet dieta debita satisfacere de presenti »
e si domandava che « a creditoribus eius forensibus non possit
« conveniri in dieta terra per triennium », insistendo anche nella
richiesta di una casa per abitazione.
Dunque Maestro Pietro di Iacopo da Como veniva qua nella
speranza di guadagnare tanto da vivere colla famiglia e da pa-
gare i debiti contratti nelle precedenti peregrinazioni; però quella
sua povertà superlativa dovette sembrare al Consiglio un po' esa-
gerata mentre su tale seconda istanza fu ordinato il rescritto:
« Consul Artium, etc... Dictam supplicationem, benignis per
« quantum possumus favoribus prosequentes, eundem per duos
« annos proximos futuros, quantum in Comuni arbitrio sit, a dic-
« tis creditoribus in nostro territorio assecuramus; circa aliam
« vero partem, alias in alia inde facta petitione responsum exi-
« stisse meminemus. Dat. in palatio, etc... anno domini mccccxxxi)^
« ind. X, et die viiij mensis junij ». — (Rifornì., voi. cit., e. 127)»
Trovo poi che nel giugno 1484 era qui un M.° Giorgio, altro
muratore comasco forse figliuolo del M. Pietro sopra nominato,
al quale il Comune aveva appaltato la ricostruzione di un tratto
delle mura presso la Boccetta (oggi Porta Farina) :
1434 giugno. — « Mastro Giorgio da Como muratore rece-
« vecte una bollecta per parte de lo cottemo dello muro della
« boccetta, una soma de grano p. libr. vj ». — (Camerlingato^
1429-34, e. 96).
Poco appresso, insieme allo stesso M.° Giorgio, altri Mae-
stri lombardi erano impiegati a risarcire le mura castellane, a
restaurare pubblici edifizi, a trasportare macerie, cavar pietra.
1
IN SANSEVERINO-MARCHE NEL SECOLO XV 320
cuocer calce ecc ; né si giudichi da siffatti lavori il merito degli
artisti, perchè questi, nei secoli passati, non isdegnavano di occu-
parsi anche in opere di poca entità. Il continuo lavoro del mu-
ratore e dello scalpellino pel progresso continuo creava V archi-
tetto, r ingegnere, lo scultore ; di guisa che, siccome notò il Ber-
tolotti (opera citata) « sotto l'umile qualifica di Mastro muratore,
« Mastro Carpentarius, Mastro scalpellino si nascondevano quasi
«sempre eccellenti architetti, ingegneri, scultori».
Ecco intanto le partite riferibili agli accennati lavori:
1439. 12 novembre. — « Magistro lohanni Leonis de Como, Car-
V pentario » — pagamento di un ducato per riparazioni ese-
guite nel palazzo di residenza dei signori Console e Priori.
(Camerling., 1439-41, e. 3).
1440. 9 aprile. — « Magistro Biasio lombardo^ cum duobus so-
« tiis » — pagamento di sei bolognini per avere costruito un
tratto delle mura morte presso la chiesa di S. Mariano, oggi
S. Caterina (ibid., e. 21).
22 settembre. — « Magistro Georgio lombardo, Carpen-
« tarlo » — tre lire per aver rimosso dalla casa della custo-
dia le tegole e i legnami serviti per coprire la Porta di S. Lo-
renzo, oggi Porta Romana, e la casa dei Molini pubblici
(ibid., e. 44).
12 ottobre. Al suddetto, lire io per rimozione delle macerie
del soffitto, due volte ruinato, nella camera del Podestà, ed
altre 6 per demolizione di un muro nella casa della custodia,
a fine di adoperare le pietre nella costruzione delle mura
presso S. Mariano (ibid., e. 46).
3i ottobre. Al suddetto, lire 34, e denari 4, per parte di
pagamento delle mura di cui sopra (ibid., e. 47).
1445. 22 dicembre. — « Magistro Laurentio lombardo et Angelo
« de Matelica » — bolognini 20, per quattro giorni di lavoro
impiegati a fare la scala, riattare le porte, le finestre e la
lettiera nella camera del Socio Milite sopra le carceri. — (Ca-
merling., 1445-46, e. 57).
3?0 MASTRI DA MURO E ARCHITETTI LOMBARDI
144?. 3i dicembre.-- ^^ Magistro Guiglielmo lombardo » una soma
di grano, del valore di lire 12, pel cottimo di un calcinino
(ibid., e. 39).
1446. 3 gennaro. — « Albino lombardo Magistro nuperrime con-
ce ducto per superstitcs murorum, prò uno mense incepto ho-
« die et ut sequitur iìmcrìdo, ciim diiobus famulis sh'e sotiis,
« cum salario octo tloreni prò singulo mense, ad evellendum
« lapides prò fundamentis murorum comunis », mezza soma
di grano (ibid., e. 63).
3i gennaro. Al suddetto, lire 20 a saldo e. s. (ibid., e. 65).
11 22 agosto 1449 venivano presentate al Consiglio Creden-
ziale queste due istanze:
« V. M. D.
« Supplicasi humilmente per parte de Corto et Giiasparri lom-
« bardi habitatori della terra de Sancto Severino fidelissimi ser-
« vidori de questa Comunità dicenti et exponenti comò ipsi sup-
« plicanti de questi dì passati, forse due mesi e. comperarono una
«vigna dallo Grasso per prezzo d'octo fiorini; et come persone
« forestieri et ignoranti delli statuti di questa terra non hanno
« pagata licentia, per la qualcosa sono stati accusati al podestà
« et sono costretti ad pagare secondo la forma delli statuti pre-
« dicti. Onde li dicti supplicanti ricorrono alli pie delle V. M. S.
« si degni per amore di dio, considerato che sono poveri huomini
« et hanno volontà de vivere et morire in questa terra, della dieta
<c pena farli quella gratia che alle V. M. D. pare, considerata la
« dieta ignorantia. Et questa la dimandano alloro essere facta per
« amore de Dio et de gratia spetiale dalle V. M. S. le quali idio
«sempre la cresca et conserve de bene in meglo);.
« V. M. S.
« Supplicasi humilmente per parte di Maestro Giovanni lombardo
« fidelissimo servitore de questa Comunità il quale dice et expone
« essere venuto in questa terra per habitare et vivere et morire
« una coglaltri huomini di questa terra, et acci tolto mogie cioè
IN SANSEVERINO-MARCHE NEL SECOLO XV 33 1
tu quella che fu di Giovanni di Bocconcello, et havendo tolta la
« dieta donna non sapendo li bisognasse pagare licentia ne altro
« delli beni della dieta donna, è stato accusato che non ha pa-
ce gato la dieta licentia et costretto dal Podestà a pagare cinquanta
« lire secondo la forma delli statuti di questa terra. Per la qual-
« cosa il dicto supplicante ricorre allipiè delle prefate V. M. D.
« si degni haverlo per raccomandato, considerato luj essere fore-
c: stiero e non sappiendo li ordini di questa terra è stata leggiera
« cosa errare, et prega per Dio farseli gratia della dieta pena la
« quale bisognando pagarla prima sanderia con Dio che li pos-
« sesse pagare; et questo lo domanda di gratia singularissima alle
« V. M. S. le quali idio sempre le governi de bene in meglo ». —
Sulle quali istanze il Consiglio deliberò di condonare la parte
delle multe spettante al Comune. (Voi. Riformanze, 1448-40, e. i32
e i33).
Ciò attesta che, alla metà del secolo XV, varie famiglie di
Maestri lombardi avevano fissato la loro sede in Sanseverino tro-
vandovi tranquillità, abbondanza e lavoro.
I due lombardi Corto e Gaspare erano certamente maestri
muratori e quel M.° Giovanni, che da poco avea tolto moglie
ed ignorava ancora le leggi e le usanze di qui, mi sembra di-
verso dall' altro M." Giovanni di Leone da Como ricordato sotto
Tanno 1439. Il M.° Albino poi, che fu impiegato nel gennaro 1446
a cavar pietre per le mura castellane, era comasco e figliuolo di
Donato, come si rileva dai seguenti contratti con lui stipolati per
la costruzione di due archi presso la chiesa della Misericordia e
per la ricostruzione del ponte di Sanseverino presso il Borgo di
Fontenuova.
1449 — // dicembre,
— « Nicolaus Lodovici et Consedente Severini superstites mu-
a rorum Comunis diete terre Sancti Severini, in sala palatii so-
« lite residentie Magnificorum dominorum Consulis et Priorum
« existentes, dederunt ad coptimum Magistro Albino Donati de
Arch. Stor. Lomb. — Anno XXVII — Fase. XXVI. aa
332 MVSTKI I>A Mino j; AHCHITKTTI LOMBARDI
») Como duos arcus Comunis iuxta Misericordiam, cum hoc pacto
« quod dictus Albinus teneatur faccrc murorum supra dictos ar-
u cus et ponere tectum aut ad cannas striatas aut ad correntes
M ad illa temperie ecclesie predicte Misericordie et Comune te-
« neatur dare dicto Magistro Albino presenti, audienti et accep-
« tanti omncs ferramentum; et dictus Albinus predicta tacere pro-
« misit suis sumptibus et prò pretio quinque ducatorum ad ra-
« tionem XL bonon. prò quolibet ducato et unius salme grani ».
1450 — 2 febbraro.
— « Magnifici Domini Consul et Priores terre Sancci Seve-
« rini in sala commensali palati)' eorum solite residentie existentes,
« mediantibus Nicolao Lodovici et Consedente Beverini, accoptu-
(( maverunt et dederunt ad coctimum Magistro Albino Donati de
« Como lombardo presenti, intelligenti et acceptanti, Pontem Sancti
« Severini cum hic pactis videlicet, quod dictus Albinus teneatur
« diruere seu sublamare totum illud quod est factum et degua-
(f statum de dicto Ponte usque ad primum filum lapidum gros-
se sorum preter arcum et denuum reficere, ac etiam debeat remu-
« rare totum vacum pontis et matonare dictum pontem ad can-
« tum per cultellum et facere parapectum ad libitum et benepla-
« citum Comunis et inclavare dictum. pontem etiam ad libitum
« Comunis, quod Comune teneatur dare dicto Albino omne for-
« nimentum, et hoc prò pretio viginti florenorum ad ration. XL
« bonon. prò quolibet floreno ». — (Lib. Riform. 1449-50, e. 7 e 24).
Abbiamo anche due partite di spesa relative alle opere di
cui sopra :
1449 dicembre. — « Magistro Albino Donati lombardo mura-
ci tori » una soma di grano. — CamerL, 1449-50, e. 57).
1450 marzo. Al suddetto, altra soma di grano e. s.(ibid., e. 73).
I due archi presso la Misericordia erano indubbiamente
quelli che formavano l'antica Loggia in cui trattavaiisi gli af-
IN SANSEVERINO-MARCHE NEL SECOLO XV ?33
fari pubblici e dove adunavasi alcune volte il Consiglio Comu-
nale. La detta Loggia, corrispondente sotto la casa già della mia
famiglia, oggi degli eredi Caccialupi-Olivieri, esistette fino al prin-
cipio di questo secolo e venne fatta chiudere precisamente Tanno
1801 da Luigi Aleandri mio bisavolo con autorizzazione del Con-
siglio (vedi decreti concil., 1796-1801, e. 85).
Il Ponte di S. Severino, ad un solo grande arco, alto m. 18
e lungo m. 20, è antichissimo e viene ricordato in documenti de-
gli anni 1197 e 1198. Fu restaurato nel i3o8 e ricostruito nel 1404
al tempo del magnifico signore Onofrio Smeducci, come si leg-
geva nella seguente iscrizione a caratteri gotici che venne poi
abrasa :
ANNO • DOMINI * MCCCCIIII ' TENPORE * SS * DNI *
INNOCENTII • PAPE * VII * ET * MAG * DNI * HONVFRII *
COLIE • SMIDVTII * PRO * S * ROM * ECCLESIA
VICARI! * GENERALIS * TERRE * SANCTI . SEVERINI *
ET • DISTRICTVS * HIC * PONS * CONSTRVCTVS * EST
Per il lavoro degli archi e più per quello del Ponte, dove il
già fatto dovevasi demolire fino alla prima fila delle pietre grosse,
cioè per tutta l'elevazione, occorreva sicuramente l'opera di un'a-
bile artista, e tale dovette essere M.° Albino quantunque mode-
stamente qualificato muratore. Egli costruì senza dubbio anche
r Edicola che tutt'ora esiste a capo del Ponte di S. Severino verso
il Borgo di Fontenuova, la quale pure nel secolo XVII era detta
la pittura di Maestro Albino (i). Vi è dipinta a fresco una Ma-
donna che si attribuisce al sanseverinate Giacomo di Salimbene,
quello stesso che nel 141 6 dipinse col fratello Lorenzo l'oratorio
di S. Giovanni in Urbino; e se tale attribuzione non è errata se
ne dedurrebbe che il minore dei fratelli Salimbeni visse oltre i
70 anni.
(i) Voi. Riformanze, 1618-21, e. 97.
334 MASTRI DA MURO E ARCHITETTI LOMBARDI
Continuando nelle ricerche trovo una partita di entrata co-
munale riferibile al M." Giovanni lombardo sopra nominato e
ad un altro muratore Comacino col quale ebbe questione:
1450 marzo. — « Magistro Johanne lombardo habitatorc terre
« Sancti Beverini prò malefìtio per eum commisso contra Bel-
ìi tramutìi muratorem de Como habitatorem terre Sancti Se-
« verini », il Camerario riceve lire 2 e soldi 8 per multa. —
(Camerl., 1449-50, e. 71).
Sotto il 27 giugno 1451 è registrato il cottimo con M."" Al-
bino dì Donato per ricostruire « uno pezo di muro rupto posto
« infra lo torrone de Sancto Salvatore et lu portu de Sancto Lo-
ft renzo ». Il Comune doveva dare e far trasportare sul luogo
pietra, calce, rena e legname per l'armatura; il prezzo convenuto
era di lire 10 per ogni canna di muro della grossezza di due piedi;
lo scavo dei fondamenti fino a quattro piedi sotto il piano stra-
dale stava a carico di M." Albino, occorrendo approfondirlo mag-
giormente il Comune dovea pagare l'aumento di spesa. Esistendo
poi una riformanza del 14 giugno la quale prescriveva che i la-
vori delle mura castellane non potessero interrompersi fino al
loro compimento, pena la multa di 5 fiorini, M.** Albino veniva
anche esonerato dall'osservanza di tale prescrizione. — (Rifor-
manze, 1451-52, e. 8).
Dal libro dei processi criminali (« maleficiorum ») dell'anno
1452 rilevo il nome di un altro lombardo, probabilmente mura-
tore: — « Villanum Jaccomini de Lombardia habitatorem terre
cv Sancti Severini » — condannato il 19 giugno di detto anno al-
l'ammenda di lire 5 e soldi 12 per avere percosso in faccia « cum
« sanguinis effusione », certo Antonello di Domenico di Giovanni
da Sanseverino. — (Lib. Malefic, an. sud., e. 102).
Merita di essere qui riportato un altro contratto col M." Al-
bino di Donato da Como per il restauro della Porta di S. Fran-
cesco.
IN SANSEVERINO-MARCHE NEL SECOLO XV 335
1453 — IO agosto,
— « Infrascripta sunt capitala et pacta inita et facta inter
« magnificos dominos Consulem et Priores terre Sancti Severini
« existentes in Cancellaria Comunis Sancti Severini, cum pre-
« sentia, auctoritate et voluntate ser Antonij Petri unus ex su-
« perstitibus super fabrica murorum dicti Comunis cum voce et
« licentia, ut dixit, ac voluntate aliorum suorum sotiorum su-
« perstitum, ex una parte et Magistrum Albinum Donati lom-
« bardum muratorem et habitatorem terre Sancti Severini, ex
« alia parte, de fabrica et reformatione hedifitii porte et turronis
«porte Sancti Francisci videlicet quia:
« Idem Magister Albinus promixit murare et fabricare, bono
« et perfecto ope et laborerio, sua magistria, labore et reparatione,
« dictam portam videlicet partem eius ruinatam et que minatur
« ruinam, cumi scarpis in spallectis ipsius a parte exteriori, et di-
« ruynare et exonerare totum hedifitium fractum et quod mi-
« natur ruinam, et fodere et cavari facere fundamenta opportuna
« funditus usquc in vij pedibus inclusive, amplitudinis ad volun-
« tatem superstantium; et si minus funditus reperiatur fundamen-
« tum firmum diminuatur prò rata pretium coptumi et si magis
« et ultra septem ped. foret necesse fundare, ut sit firmum fun-
<( damentum, fiat illud plus cavationis expensis Comunis et non
« intelligatur in coptumo. Et promisit totum laborerium neces-
« sarium in dieta porta facere ad sensum et voluntatem super-
« stantium prò coptumo et pretio decem librarum denariorum
« prò qualibct canna muri comunis duorum pedum grossitudinis
« et xvj pedum amplitudinis. Et in hoc teneatur facere portam
« saracenescam seu scarcatoriam de cantis a parte exteriori et fa-
« cere duas voltas cum quatuor plombatoriis super portam et cum
« arcis et aliis neccssariis ad voluntatem dictorum supertitum.
« Et promisit smaltare totam maltam necessariam prò dicto la-
« borerio et rabboccare et pulcrum et utilem facere iuxta posse
« et secundum iudicium cuiuslibet Magistri intelligentis, et cm-
« nibus suis sumptibus et expensis et omni suo resico, periculo et
336 MASIHI 1>A MI i-o 1. AHl.UllLTTl LOMBAUl;!
" fortuna; si non bene fabricaverit de omni damno et interesse
« dicti Comunis stando.
« Et Comune sibi teneatur solvere ad dictam rationem x li-
« brarum procannam, sccundum laborerium quod fecerit, prò rata
« de mense in menscm, et dare et portari facere ad pedem dicti
« laborerii omnia necessaria videlicet calcina, arena, lapides, can-
« tos, aquas, ferrum, lignamina, armaturas et alia omnia actra-
« menta opportuna expensis ipsius Comunis. Et super toto dicto
« coptumo dare sibi mediam salmam grani ultra dictum pretium
« pecuniarium. Actum in Cancellaria Comunis presentibus Far-
ce teguelfa et Marino Alegrini de Sancto Severino testibus ». —
(Voi. Rifornì., 1453-56, e. 58).
La' Porta di S. Francesco esiste tutt'ora ma ridotta in cat-
tive condizioni statiche; vi si notano le scarpate nelle spallette
esteriori ed anche il taglio nella vòlta ed i canali nelle pareti
interne per lo scarico della saracinesca.
Intanto continuavano alacremente i lavori di restauro alle
mura castellane ed ai diversi fortilizi del Comune, e vi erano oc-
cupati parecchi Maestri lombardi.
Il 28 settembre dello stesso anno 1453 « Magister Andreas
« Milanensis murator, personaliter constitutus coram prenomina-
« tis Magnificis Dominis Consule et Prioribus, sponte promixit et
« se convenit murare et fabricare murum Comunis Castri Collis
' « Lucis districtus Sancti Severini qui nunc minatur ruinam, quem
« ipse vidit et prout sibi ordinaverunt Massarii dicti Castri , et
« ipsum murum vetus primo ruinare et demum in forma bona
« et utile atque perfecta reficere et fabricare suo resico, periculo
« et fortuna de bona magistria et bono fundamento ». Fu stabi-
lito il prezzo di lire 9 per ogni canna di muro, con che gli uo-
mini del Castello di Colleluce fornissero il necessario alla fab-
brica ed aiutassero M.° Andrea nella demolizione del muro vec-
chio in un giorno festivo (voi. citato, e. 70).
Il 28 ottobre successivo M.° Beltramo lombardo, muratore
abitante in Sanseverino (forse quello stesso Comacino ricordato
IN SANSEVERINO'xMARCHE NEL SECOLO XV
337
sotto l'anno i45o) prometteva al Console ed ai Priori, «prò se
«et suis sotiis», di ricostruire la parete inferiore della casa del
postribolo, colle solite condizioni e per il prezzo di lire 9 alla
canna (ibid., e. 77).
Figliuoli di quel M." Guglielmo lombardo, precedentemente
nominato air anno 1445, dovettero essere « Ubaldinus et Atigu-
i< stiniis Guiglielmi de Como lombàì^die muratores » i quali con
atto del 4 febbraro 1454 « se sponte promixerunt cum eorum
« personis servire dicto Comuni Sancti Severini de eorum arte
« et in omni ministerio dicto Comuni opportuno, circa fabri-
« Cam murorum et reparationem hedificiorum et rerum dictì
« Comunis et circa cavationem et ruinationem lapidum de fun-
« damentis et aliis locis opportunis et circa omnia eis possibilia
« de dicto ministerio, recopriendo domos et alia faciendo prout
« dicto Comuni fuerit opportunum, uno anno continuo proxime
<: futuro incipiendo die crastina et ut sequitur fìniendo, exceptis
« diebus pasqualibus, dominicalibus, festivitatum Sancte Marie et
« omnium apostolorum et angelorum » colla mercede di quattro
fiorini e sei bolognini ambedue per ciascun mese ; come pure « Al-
« bertus germanus predictorum Uh aldini et Augustini » che simil-
mente « conduxit se cum dicto Comuni cum dictis pactis factis
« cum superstitibus et prò rata dicti salarli ad serviendum prò
«dicto tempore, et incepit die xv aprilis 1454» (voi. cit., e. 119).
In data del 12 novembre stesso anno 1454 i soprastanti alla
fabbrica delle mura stipolarono con « Magistriim Tìiomam Ra-
»fanini lombardum muratorem » un altro appalto per la costru-
zione dei parapetti e dei merli sopra i nuovi torrioni di S. Ca-
terina, Porta S. Francesco e Porta della Valle, non che sopra le
mura, pure da farsi, fino al torrione di S. Nicolò, per il prezzo
di 25 bolognini ogni canna ài muratura, 7 bolognini ogni canna
di mattonato a coltello e 2 fiorini ogni canna di mura nuove,
ornendo il Comune quanto era necessario (ibid., e. 23o).
Nell'anno seguente 1455 ai 27 di marzo « Magister Bertus
« Andrioli de Como provincia lombardie murator » ebbe in ap-
palto la costruzione di due nuovi torrioni, uno presso la porta
.,..^, MASTKl IJA iMl KU L AKCIIJILIII LUMI'.AHUl
del Bottaccio, V altro fra la porta Boccetta e il torrione « chioc-
cine V perii prezzo di io lire ogni canna di muro lungo 12 piedi
e largo 6; ebbe similmente il cottimo per comporre e cuocere un
calcinaro colla mercede di nove fiorini, restando il combustibile
a carico del Comune (Riform., 1455-58, e. 9).
Addì 23 giugno dell' anno medesimo « Magister Bartholo-
« meus de Dilancionem (Bcllinzona) et Magister Petrus de Como
ii Provincie lombardie » ebbero in appalto la ricostruzione di parte
delle mura del Castello di Serralta dal torrione S. Angelo allo
spigolo della chiesa di S. Apollinare, facendo quivi una torricella
o guardiola. Fu convenuto il prezzo di lire 9 per ogni canna di
muro grosso due piedi (ibid., e. 29).
Il 21 dicembre 1456 Tommaso Sassolini e Luca Sernuti, de-
putati alla fabbrica della casa per la scuola e l'abitazione del
Maestro di grammatica, appaltavano i lavori relativi « Magistro
« Georgio de Varese provincie lombardie » (ibid., e. 3 12).
Con successivi contratti del i."e 23 ottobre 1437 M.° Andrea
da Milano, dianzi ricordato, obbligavasi a costruire il muro con
scarpa ed il rivellino presso Porta S. Francesco accanto al pa-
lazzo del dormitorio ed il 23 novembre susseguente « Magister
« Petrus Fidelis de Como », quello stesso poco prima nominato,
promise di eseguire altri lavori nel Castello di Serralta, compreso
il rivellino dinanzi alla porta (ibid., e. 257, 265 e 272).
Il 28 marzo 1458 M.° Tommaso di Rafanino, il quale era
« de Axo Comitatus Mediolani » stipole coi soprastanti alla fab-
brica delle mura V appalto per demolire e ricostruire il torrione
dietro la casa di Malatesta, coi soliti patti e mediante il com-
penso di nove lire e mezza per ogni canna di murato (Rifor-
manze, 1458-59, e. 20).
Avveniva allora il rinnovamento di quasi tutte le opere di
fortificazione tanto nel Castello di Sanseverino, quanto nel vasto
suo territorio; ecco di fatti altre partite di spese riflettenti nella
maggior parte quei lavori, ed ecco altri nomi di maestri lombardi.
1459 marzo. A M.° Giovanni lombardo, per aver fatto il ri-
vellino nel Castello di Colleluce, un fiorino.
IN SANSEVERINO-MARCHE NEL SECOLO XV 339
1459. A M." Berto di Andreolo da Como per un calcinaro, fio-
rini 8 e bolognini 20.
Al suddetto per restauro nel Palazzo Consolare, 20 bolognini.
Al suddetto per cavazione di pietra pel torrione di S. Ma-
riano e per avere rimurato e mattonato il Recessore dei Mo-
lini di Cesalonga, 20 bolognini (Camerl., 1459-62, e. 5 e 6).
.... aprile. — « Magistro Stefano Antoni] lombardo » per
cottimo del torrione di S. Michele, una soma di grano valu-
tata IO bolognini (ivi, e. 11).
.... maggio. — Al suddetto M.° Stefano di Antonio « de Me-
K diolano » altra soma di grano e. s. (ibid., e. 19).
.... giugno. — Allo stesso pei lavori del detto torrione di
S. Michele situato « propc domum Malateste » fiorini 22, bo-
lognini 2 e denari 20 (ibid., e. 27).
luglio. — A M.° Berto di Andreolo per due speroni fatti nella
fontana delle sette cannelle e per ricostruzione del ponte alla
Porta di S. Maria del mercato, fiorini 3 e boi. 20 (ibid., e. 34).
.... agosto. — « Magistro Petro Fidelis et Magistro Cristo-
i^foro lombardis, prò duodecim operibus datis ad carpiendum
« lapides prò elusa molendinorum, videlicet sex magistri ad
« rationem bonon. quatuor: in totum fior, i et bon. 14»
(ibid., e. 42).
Tralascio altri pagamenti per i lavori delle mura e del tor-
rione di. S: Mariano, del torrione di S. Michele, della Cancelleria
vecchia, della Chiusa del Molino, del Ponte delle Folle, ecc., fatti
ai Maestri Stefano d'Antonio e Berto di Andreolo ; noto soltanto
che quest'ultimo il 4 settembre 1459 fece contratto coi soprastanti
comunali per rifare i barbacani, beccatelli, parapetti, merli e quanto
altro occorresse nel fortilizio di Carpignano, pattuendo il prezzo
di due fiorini per ogni canna di murato (Riform., 1458-59, e. 168).
Proseguendo nello spoglio dei Camerlingati rilevo:
1459 settembre. — « Magistro Antonio Simonis lombardo mu-
« ratori » per lavori alla Chiusa del vallato, boi. 20. — (Ca-
merlingato, 1459-62, e. 48).
340 MASTRI DA MI RO E ARCHITETTI LOMBARDI
1439 dicembre. — A M.° Pietro di Fedele per aver fatto i
parapetti ed i merli nel castello di Pitino, fiorini 4, boi. 26,
den. 14 (ibid., e. 73).
1460 gennaro. — « Magistro Antonio Jacobi de Cumis lom-
« bardo muratori » per il cottimo del torrione di S. Maria
dì maggio dietro la casa di Ser Giuliano Sernuti, una soma
di grano che vale un fiorino (ibid., e. 82).
.... lebbraro. — A M.° Giovanni lombardo che demolì due
balestriere nel torrione dietro la casa di Lazzaro da Paterno,
bolognini 6 (ibid., e. 88).
.... marzo. — « Magistro Antonio Primi lombardo mura-
li tori » per lavori diversi, fiorini 4 e boi. 32 (ibid. e. 94).
« Magistro Johanni Johannis de Mediolano muratori », come
sopra, fiorini 2, boi. 36 (ibid.).
.... aprile. — a Johanni Donati de Como lombardo y^ (fra-
tello di M." Albino) per due giornate a cavar pietre, bolo-
gnini 8 (ivi, e. io5^°).
— - .... maggio. — A M.° Albino di Donato per parte del cot-
timo della portella nel piano della chiesa di S. Maria, mezza
soma di grano (ibid., e. 112^°).
— (f Magistro Cristoforo Primi de Cumo lombardo » (fratello
di M.° Antonio e, probabilmente lo stesso Cristoforo nomi-
nato sotto Tanno precedente) per lavori fatti nel Castello di
Serralta, fiorini 40, bolognini 17 e denari 18 (ibid., e. ii3).
— Ai maestri Giovanni di Donato e Pietro di Fedele per la-
vori al rivellino e alla portella di S. Lorenzo, fiorini 2, bo-
lognini 20 e denari 9 (ibid., e. ii6*°).
.... giugno. — « Magistro Tìiome lombardo habitatori li-
citi » per rifare il canestro della torre di Elcito, fiorini 4
(ibid., e. 122^°). Non pare che M.** Tommaso, abitante nel
Castello di Elcito fosse il medesimo Tommaso di Rafanino
da Asso sopra ricordato.
.... agosto. — Il Magistro Petro Donati lombardo )> per avere
ricoperto il Molino del Comune, bolognini 28 (ibid., e. 141).
— — .... settembre. — « Magistro Johanni Zeno lombardo mu-
IN SANSEVERINO-MARCHE NEL SECOLO XV 3^1
« ratori » per parte di pagamento dei merli sopra la porta
della valle, boi. io (ibid., e. i5o). Questo M.° Giovanni Zeno
è lo stesso Giovanni di Giovanni da Milano e fors' anche il
medesimo M.° Giovanni il quale avea tolto moglie in San-
severino poco innanzi all'agosto 1449. Di fatti si trova sotto
lo stesso mese di ottobre 1460 un altro pagamento di un fio-
rino e IO bolognini a M.° Giovanni di Giovanni ed a mar-
gine della partita si legge <.< Zeni lombardi » (ibid., e. i58).
Che i Maestri lombardi trovassero qui tutti gli agii di una
vita tranquilla ed un lavoro continuo e rimunerativo, si potrebbe
argomentare anche dalla seguente istanza presentata al Consiglio
Credenziale il 21 novemibre dello stesso anno 1460.
« V. M. D.
« Supplicase et humelemente se prega per parte del vostro minimo
« et fìdelissimo servidore Magistro Johanni de Petri del Conta de
« Como con ciò sia cosa che più tempi fa io sia praticato per lu
« mundo et in più terre tra le quali me piaciuto più la vostra
« terra de Sancto Severino che ninna delle altre che io aggia ve-
« duta et per che agio in tucto abandonare la mia patria, piacendo
« alle V. S., me contentarla habitare, vivere et morire nel vostro
« castello de Colleluce, et per che ho intiso che lu Comune ha
« reformato che qualunche forestere vole venire ad habitare ad
« Sancto Severino, o in suo destrictu, lu fa usente^ XXX anni se-
« condo appare per mano de Ser Stefano già vostro Cancelleri,
« per tanto recorro alle prefate V. M. S. pregando quelle che me
(( voglano fare la dieta exentione admino per anni vinti et do-
« narme doi pezi de terra sodi de poco valore posti nella sindi-
« catu de Colleluce, uno nella contrada de Collelungo, lungo le
« cose de Francionello et laltro nella contrada de Mamegliano
« lungo le cose de Antonello de Sirotto della Serra, offerendome
« comparare prestamente nel dicto castello una casa ad fine ve
« voglo certificare la mia promissione offerendome sempre a tucti
« vostri piaceri et comandi ». — A M.° Giovanni venne concesso.
MASTRI IM MIJKO li AKCHiriM II ..o.n hA .v i>l
con voti unanimi, tutto quanto domandava in termini così gen-
tili ed obbliganti. — (Voi. Riform., 1459-61, e. 235).
In tutti i principali lavori edilizi il Comune era servito da
lombardi come si è già veduto e come si può scorgere anche da
queste altre partite che ricavo, proseguendo nello spoglio dei Ca-
merlingati:
1460 novembre. — « Magistro Tìwme Ser Antonii de Nexio
« de partibus lombardie » per una canna, 3 piedi ed 11 pol-
lici di muro fatto nel castello dell' Isola ; più per canne 4,
piedi i3 e pollici i5 di merli e parapetti; in tutto fiorini 6,
bolognini 37 e denari 23. — (Gamerl., 1459-62, e. iGS^'').
Questo M." Tommaso di Ser Antonio da Nesso doveva es-
sere lo stesso che^nel giugno precedente abitava nel castello di
Elcito, prossimo a quello dell' Isola.
.... dicembre. — « Magistro Beltramo Antonii miiratorii »
per parte del cottimo dei parapetti e merli fatti nel castello
di Golleluce, un fiorino e 10 bolognini (ibid., e. 175).
1461 aprile. — « Magistro Johanne Johannis de Cai lom-
« bardo » socio di M.*^ Beltramo, una soma di grano pei sud-
detti lavori a Golleluce (ibid., e. 206*°).
Dunque il sopra nominato Giovanni di Giovanni ZenOj,
era nativo di Cai (forse Ga') in provincia di Milano.
.... maggio. — Al suddetto per muro grosso e volta nel ca-
stello di Golleluce e per adattamento « iinius chioche » presso
la porta di detto castello (ibid., e. 21 3'°).
.... ottobre. — A M.'^ Berto di Andreolo per residuo di la-
vori nella fonte della valle, fiorini 2 e bolognini 20 (idid.,
e. 257).
1462 febbraro. — A M.® Tommaso lombardo « qui readunavit
« lapides muri Jardini minati » fiorini 16 e bolognini 8 (ibid.,
e. 287^°).
Ecco una memoria dell'antico giardino pubblico (FfriWar/o)
IN SANSEVERINO-MARCHE NEL SECOLO XV 'Ò^'i
che Stava dinanzi. al Palazzo Consolare dov'è attualmente l'orto
del Monastero di S. Chiara.
In data del 29 aprile 1462 trovo il contratto col quale i
magnifici signori Console e Priori, unitamente a Simone Ser-
vanzi e Consedente di Severino soprastanti alla fabbrica, appal-
tarono « Primo Andreoli de partibiis Lombardie prò se recipienti
« et promittenti, et vice et nomine Berti eiiis fratris carnalis
« prò quo ipse promisit de rato » la costruzione di un tratto delle
mura castellane dietro la chiesa di S. Maria di Maggio fra un
torrione e l'altro, per la mercede di lire otto e colle ^solite con-
dizioni. — (Voi. Riform., 1461-63, e. 420).
Quel Corto lombardo che vedemmo ricordato sotto 1' anno
1449, dimorava ancora in Sanseverino il 21 marzo 1463, quando
venne da lui presentata al Consiglio di Credenza la seguente
istanza :
— « M. D. Ciirtus Lombardiis habitator terre Sancti Seve-
« rini, V. M. D. humilis et devotus servus, humiliter supplicando
« exponit qualiter per presentem Dominum Potestatem cogitur ad
« solvendum certam pecuniam, sumptam asserta causa quod ac-
« cessit ad castrum frontalis tempore quo vigebat ibi pestis; et
« quia supplicans ipse est surdus auribus et quasi intellectu et est
« pauper et mendicus, et dictum nime fiat possessor, ut est notum
« D. V., et attento quod, dum rediit, fuit sibi injunctum quod,
« in penitentiam sue trasgressionis ignoranter, quod staret extra
« terram per plures et plures dies et sic stetit; quatenus V. M. D.
« intuitu pietatis et misericordie dignetur ipsi miserrimo suppli-
« canti gratiam liberalem facere, ut Deus V. M. D. augere digne-
« tur ad vota ». — . *
Su questa istanza il « Vir probus Galassus Procaccitti, unus
« ex consiliariis », opinò che « attentis narratis fiat ei gratia libe-
« rali prò ista vice » e la proposta fu approvata all' unanimità.
— (Riform., voi. cit., e. 563»°).
^44
MASTRI i'A MLUO L AlU.HlTi.lJI LOMiiAKl;!
Il Giovanni di Pietro da Como, a cui era piaciuto questo
paese più di tutti gli altri da lui visitati, e che aveva scelto per
sua dimora il castello di Collcluce, vi si trovava ancora e vi ese-
guiva dei lavori nello stesso anno 1463 come appare dalle seguenti
partite:
1463 marzo. — « Magistro lohéinnì lombardo habitatori in
« Castro Collis Lucis, quia matonavit castellum turrioni in
« quo stant custodes in dicto castro, bonon. decem ». —
.... agosto. — « Magistro lohanni lombardo Castri Collis
« Lucis, qui fecit unum hostium et unam scalam in turrono
« Comunis in quo habitat Castellanus Castri Collis Lucis,
« bon. vigintiquatuor ». — (Camerling., 1462-63, e. 385 e 421).
Abbiamo poi notizia dei Maestri lombardi Jacopo e Gu-
glielmo di Giovanni da Milano; Giovannone e Giovanni di Ber-
nardo da Como ; Girono, o Girolamo, di Donato (fratello dei Co-
macini M." Albino, Giovanni e Pietro già ricordati). Martino; Gu-
glielmo di Bartolomeo, ed Antonio di Tommaso da Ponto (forse
Ponte presso Sonvico) in queste altre partite :
1463. — 16 giugno. — <■<. Magistro lacobo et Magistro Giiilgelmo
<f Johannis lombardis miiratoribus » per parte di pagamento
del torrione sopra la porta del mercato, fiorini 6. — Camer-
lingato, 1463-67, e. 383^°).
21 giugno. — ^< Magistro lannono et Magistro Io. Ber-
« nardi de Como lombardis » per un calcinare a Cesalonga,
fiorini 9 (ibid.).
12 novembre. — « Magistro lacobo Johannis de Mediolano
M lombardo muratori » mezza soma di grano valutata 3o bo-
lognini, per parte di pagamento del torrione sopra la porta
del mercato (ibid., e. 6i3).
1466. 8 febbraro. — « Magistro Petro Donati et Jeronimo eiiis
ufrater^ lombardis » per altro calcinaro a Cesalonga, fiorini 9
(ibid., e. 633).
IN SANSEVERINO-MARCHE NEL SECOLO XV 3^5
1466. 24 febbraro. — « Magistro Antonio Tìiome lombardo » per
sette giorni impiegati a cavar pietre e per restauro « coquine
« palatii », bolognini 28 (ibid., e. 365^°).
' 18 febbraro. — « Magistro Antonio et Magistro Martino
« lombardis » (erano forse fratelli) per altre 6 giornate a
cavar pietra, boi. 24 (ibid., e. 636^'').
16 marzo. — « Magistro Antonio Thome de Ponto et sotiis
« muratoribiis prò decem diebus quibus steterunt in attando
« buccas Fullarum et faciendo presepe in Molendinis Co-
« munis » un fiorino (ibid.^ e. 643).
9 aprile. — « Magistro Petro et Magistro Girono lom-
« bardis » per restauro al tetto della casa del Comune presso
la Misericordia, 2 fiorini (ibid., e. 649).
Risulta che al Consiglio Credenziale del giorno 16 giugno
1466 « fuerunt lecta capitula et oblationes Magistri Jacobi Jo.
« lombardi et Magistri Dominici Barlesii de Caldarola super fa-
ce bricatione et constructione Pontis Sancti Lazari » e che, sulla
relativa proposta di cottimo, si ebbero voti 23 favorevoli ed uno
contrario. — (Riform., 1463-66, e. 902.
Lo stesso « Magister Jacobiis lohannis de Mediolano » ebbe
il 5 aprile dell'anno successivo l'appalto per cottura di un calci-
naro. — (Riform., 1467, e. 4).
Li 12 febbraro 1469 il Console ed i Priori, col consenso dei
soprastanti, appaltarono « Magistro Beltramo Antoni] de Cumo
« muratori » la costruzione di un tratto delle mura del castello
di Colleluce a mano sinistra entrando nella porta, presso le altre
mura nuove ed il torrione, pattuendo la mercede di due fiorini
per ogni canna di murato. — (Riform., 1468-70, e. 120^"). Poco ap-
presso, il 29 aprile, appaltarono allo stesso M.° Beltramo un altro
tratto di mura del menzionato castello cioè « murum grossum ut
« erit opus parapettum et merulos » dal terzo al quarto torrione
a mano destra, murando primieramente il torrione della porta ;
e ciò per Io stesso prezzo di 2 fiorini alla canna quanto al muro
e di bolognini 35 pei parapetti e merli (ibid., e. 144^").
3^.6 MASim DA MI!.) i: AKl 111 1 l.I 1 1 L(.MI5AIU)I
I medesimi Console, Priori e soprastanti addì 23 dicembre 1470
« locavcrunt Magistro Tannino Manfredi lombardo, presenti et
« acceptanti, fornacem Comunis ad laborandum latcres prò estate
« proxima futura cum pactis, modis et capitulis consuetis tempo-
« ribus preteritis » (ibid., e. 61 ^°).
Con atto del :o marzo 1471 « Magister Beltramus Antonii
« lombardus et Magister Bactista Primi de Morbio Comitatiis
« Civitatis Comi » si obbligavano a cuocere un calcinaro a piò
del monte di Colleluce, colla mercede di due bolognini per ogni
soma di calce (Riform., 1470-72, e. 81): dunque Primo di An-
dreolo e Berto suo fratello, sopra nominati, erano veramente na-
tivi di Morbio presso Como.
II 21 maggio 1475 supplicavasi il Consiglio per parte « Tornei
« Magistri Petri de Lombardia habitatori Castri Sancti Petri »
(probabilmente lo stesso M.° Tommaso lombardo abitante in El-
cito, del quale si fa menzione sotto l'anno 1460) per ottenere l'esen-
zione dalle solite gravezze, esponendo che l'Università di quel ca-
stello aveagli donato « quoddam spatium in dicto castro iuxta
« res Bactiste Antonii Marini a duobus, mediante rugiarias muros
« Comunis dicti Castri » ; e fu concessa l'esenzione per dieci anni.
— (Riform., 1471-75, e. 266^°).
Altra supplica presentavasi al medesimo Consiglio il 21 set-
tembre susseguente « prò parte Gregorii de Como lombardi ha-
« bitatoris terre Sancti Severini », onde ottenere la diminuzione
di pena pecuniaria a cui era stato condannato per avere percosso
«cum basta jannette » un certo Luca Schiavone; e la grazia
venne accordata. — (Riform., 1475-78, e. 2^^).
Esiste poi, sotto la data del 22 giugno 1477, questa istanza
presentata al Consiglio di Credenza :
— « V. M. D. supplica el devotissimo Mastro Andrea da Cre-
« mona de le V. M. S. fidelissimo servidore exponente come a li
« dì passati essendo iurato, suspectu et fugitivo fo misso in prì-
« gione li fo trovato uno pugnale ligato da la corte del Potestà,
« quale portava volendo andare fora de la terra per certi suoi
IN SANSEVERINO-MARCHE NEL SECOLO XV 847
« bisogni, per la quale cosa è constrictu ad pagare la pena cioè
« libre diece de denari, et benché ipso Magistro Andrea creda ha-
« vere qualche defesa de rasione et iusta, si che era ia quasi in
« camino, cusì perchè lu dicto pugnale era lìgato et etiam creda
«che, secondo la forma delli statuti, la pena sia! minore de deco,
« libre, nientemeno ipso supplicante, essendo poverissimo et non
« havendo modo alcuno ad piatire, presupponendo bavere errato
«recorre humelemente ale prefate V. M. S. che se degneno ad
« esso Magistro Andrea fare gratia .liberale de tucto o de parte
« secondo ale V. M. S. piacerà, non obstante statuti, ordeni, etc. » ;
alla quale istanza va unita la seguente dichiarazione:
— « Io Bernardino de Nicola Camerlingo del Comune ho receuto
« da Mastro Andrea soprascripto, bolognini XXV per casione de
« la soprascripta supplicatione, adì 20 de jugno 1477 *'• —
La giustizia di quei tempi non aveva molti riguardi di li-
bertà individuale nell' impadronirsi di chi credeva reo, bastando
il minimo sospetto, e forse M." Andrea da Cremona avea smo-
dato in qualche rissa, chiasso notturno, diverbio d'arte, ecc., tanto
da rendersi sospetto e fuggitivo; ma non dovea trattarsi di reato
grave o disonorante* perchè a lui pure fu concessa V implorata
grazia con 21 voti favorevoli ed uno solo contrario.
Tornando all' esame dei libri di entrate e spese comunali,
fonti sempre copiose di notizie artistiche, trovo in essi altre me-
morie di Maestri lombardi: altre ne riscontro nei libri delle Ri-
forma nze :
r478 gennaro. — « Magistro Jacobo Michaelis lombardo for-
« naciario Comunis » fiorini i3 per residuale pagamento della
cuocitura di 14200 mattoni e 35oo tegole. — (Camerlingato,
1478-79, e. io3). Il detto M.° Jacopo di Michele era « de No-
« varia regione lombardie » come risulta da un contratto con
lui stipolato il 27 aprile dello stesso anno 1478 « ad facien-
« dum lateres et coppos apud fornaces Comunis ». — (Rifor-
manze, 1478-80, e. 29*").
Arch. Stor. Lomb. — Anno XXVII. — Fas-c. XXVI. 23
?48
AKCHm/lTl LOMBARDI
i^7g febbraro. — « Matheo lombardo habitatori castri Fron-
«taliswUn fiorino pel canale fatto nel molino del Comune
in Frontale (Canierl., e. io5).
.... aprile. — u Dominico lombardo bononienos duodecim
«quia duobus diebus cquitavit apud domum ferri suis sum»
. « ptibus » (ibid., e. 123).
»... maggio. — n Magistro Antonio Basi de Cu ino » fiorini 3
per parte del pagamento di io fiorini dovutogli per copertura
della suddetta casa del ferro (ibid., e. 126°)-
1470 — a Ber ardino lombardo et duobus eius famulis » per
due giorni impiegati a riparare il condotto della fonte della
valle, e per altri lavori, boi. 34 (ibid., e. 176'^).
Quest'ultimo lombardo era lo stesso « Berardinus Antoni]
« ìombardus » che il 19 dicembre del medesimo anno 1479
faceva istanza al Consiglio perchè, avendo già eseguito i la-
vori alla casa del ferro in unione a M.^ Antonio di Boso da
Como, defunto, non eragli stata pagata la sua porzione di
mercede « respectu morbis subsequentis ». Ciò dimostra che
in Sanseverino aveva infierito il morbo pestilenziale. — (Ri-
formanze, 1478-80, e. i59^°).
1480. 18 marzo. — « Magistro Antonio de Cumo » fiorino i e bo-
lognini 20 per riparazione della trasanna nel Palazzo Conso-
lare. — (Camerl., 1479-84, e. 16).
25 maggio. — Il Console ed i Priori, unitamente a Nicolò
di Lodovico, Gualtiero di Pietro e Cola Sassolini soprastanti,
appaltarono sotto questo giorno « Magistro luliano lombardo^
« presenti et acceptanti suo proprio nomine ac etiam nomine
n Magistri Petri lombardi ^y^ la fabbrica jdelle mura nel ca-
stello di Monte Acuto con parapetti, merli e bertesconi, alle
stesse condizioni prima stipolate con M.° Bartolomeo di Pie-
tro ,da Fabriano che, a quanto sembra, non eseguì più il la-
vg^ro. — (Rifornì., voi. ,.cit.,. e. 206).
1481. :?0P maggio. — Al Consiglio Credenziale supplicavasi «prò
« parte, V. M. D. fidelissimi Antonii Tinicchini de Cumo lom-
« bardi » (lo stesso Antonio da Como poc' anzi nominato) il
IN SANSEVERINO-MARCHE NEL SECOLO XV 349
quale, volendo fissare qui il suo domicilio ed avendovi già
tolto moglie, chiedeva le solite esenzioni che gii /vennero ac-
cordate per IO anni. — (Riform., 1480-83, e. 76-°).
1481. 3i maggio. — (.(. Magistro Salino lombardo ì^ per lavori di
restauro alla fonte della valle ed alla casa del ferro, fiorini 1
e boi. 25. — (Camerling., voi. cit., e. 77'''). Questo M.° Salino
sembra lo stesso che nel 1467 architettò una chiesa per i frati
minori di Penna S. Giovanni, nella quale fu posta la seguente
iscrizione riportata dal Ricci {Memorie delle, arti e degli ar-
tisti nella Marca d'Ancona. — Macerata, xMancini, 1834, vo-
lume I, p. 137).
IN * NOMINE • DOMINI • JESV
A * D • MCCCCLVII • LOCVS * ISTE * FERE * TOTVS . FA-
CTVS * EST • HIC • VIVENTIBVS * CONTERRIGENIS *
FRATRIBVS * MAGISTRO * SANTE * BONCORDE * MA-
GISTRO • CATHERINO ' FRATRE * ALEXANDRO * FRA-
TRE • FRANCISCO * ET FRATRE ' ANGELO * ARCHI-
TECTORIS • MAGISTER * SALINVS * LOMBARDVS '
3i luglio. — Ci Magistro Salino lombardo ciim duobus so-
ci tiis et diiobus manualibus » fiorini 2 e bolognini 36 per la-
vori al muro del vallato (Camerling., voi. cit., e. 89).
12 agosto. — Allo Stesso M." Salino, per riparazioni al tetto
del Palazzo e della Torre comunale, 2 fiorini e 12 bolognini
(ibid., e. 92).
29 dicembre. — A M."" Antonio di Tinicchino da Como
un quarto di soma di grano per elargizione del Consiglio
(ibid., e. 1 1 r").
1482. 18 gennaro. — « Magistro Venture lombardo prò manifac-
«. tura presepii suptus cancellariam et resarcituram presepi!
« in stabulo novo, et uno manuali ad removendum certum
« terrenum iuxta murorum camere Cancellarli » un fiorino e
« IO bolognini (ibid., e. 116).
27 gennaro. — « Magistro lohanni Stefani lombardo prò
350 MASTRI DA MURO E ARCHITETTI LOMBARDI
" manifactura prescpii in domo Scaramuctic » 5 bolognini
(ibid., e. 1 17).
1482. 28 aprile. — « Magistro Thome lombardo de Monte S:' Ma-
« rie in Cassiano » — (proveniente da Monte Cassiano) una
soma e mezza di grano (ibid., e. i3i).
II giugno. — V. Magistro Antonio lombardo >^ un fiorino
per mattonatura di strada dinanzi alla casa di Jacopo Par-
teguelfa (ibid., e. 141).
6 ottobre. — Sotto questa data « Magister Albinus lom-
(' bardus » (Albino di Donato da Como?) domandava al Con-
siglio Credenziale che gli venisse diminuita 1' imposta per il
salario del Podestà. — (Voi. Riform., 1480-83, e. iSj).
3o ottobre. — « Magistro Salino prò matonatura vie nove »
14 denari. — (Camerling., voi. cit., e. i63^").
3o novembre. — « Venture lombardo » bolognini 18 per mat-
tonatura presso il ponte di Porta S. Lorenzo (ibid., e. 170).
1483 febbraro. — Al medesimo per restauri nella suddetta
porta, bolognini 23.
.... settembre. — Allo stesso per costruzione di rivellino,
DO bolognini (ibid., e. 207^°).
Ed ecco altre curiosità fornite dai libri delle Riformanze :
In data i." marzo 1489 fu pronunziato il lodo nella causa
vertente tra il Comune, in rappresentanza della Badia di Valfu-
cina, e « Magistrum Leonem lombardimi habitatorem teiere Cin-
« giili » riguardo al pagamento di lavori eseguiti dal detto M."
Leone nella menzionata Badia. Gli arbitri. Guidone di Graziano
e Mr Giuliano lombardo, dichiararono che per cottura di circa
trecento some di calce, per scoltura di cinque finestre in pietra,
per fattura di un camino grande quadrato, per pianellatura del
tetto della cucina, per una canna di murato e per alcuni altri
lavori M.° Leone dovesse ricevere 20 fiorini. — (Riformanze, 1488-
92, e. 17-°). Dunque M." Leone era muratore e scalpellino e forse
anche meglio architetto e scultore.
IN SANSEVERINO-MARCHE NEL SECOLO XV 35 I
Il 7 fcbbraro 1490 proponevasi al Consiglio Credenziale di
deliberare « super supplicatione Magistri lohanni lombardi mii-
« ratoris petentis eum admicti in comitativum et fieri exemptem
« realiter et personaliter prò tempore quo videbitur dicto cou-
rt silio », e la risoluzione fu che « dictus Magister Johannes fiat
« exentes per decennium, reservata gabella macinatus » (ibid., e. 69).
Addì 28 marzo susseguente il medesimo Consiglio era chia-
mato a risolvere « super supplicatione Francisci lombardi qui
« dudum fuit positum in fractionibus Comunis prò villa Cogno-
« rum et a pluribus annis antea habitavérit in terra Sancti Se-
« verini, petit ergo de hic in posterum admitti et recepì prò ter-
« rigena ad omni ossequia et factiones Comunis », quale istanza
fu accolta giusta il suo tenore (ibid., e. 92*°).
Similmente il 17 gennaro 149 1 « super supplicatione Blaxii
e Georgii lombardi, qui habitare vult in terra Sancti Severini
« et emit domum in quarterio Sancte Marie, petit subventione
« prò emendis cuppis prò coperimento diete domus » lo stesso
Consiglio accordava il sussidio per mille tegole (ibid., e. 161).
Nel Consiglio generale del i.° marzo 1493 «super supplica-
« tione Berardini lombardi habitatoris castri Sancti Petri, dicentis
« suo animo esse vivere et mori in dicto castro, in quo intendit
« construere domum; itaque petit exemptionem a solutione ab-
« boccatorum » l'istanza veniva accolta e l'esenzione concessa per
5 anni. — (Riform., 1492-150G, e. 88'°).
L'anno medesimo, in seduta dell' 11 giugno il Consiglio Cre-
denziale « super supplicatione Mathei lombardi habitatoris castri
« Frontalis, dicentis velie hedificari unum molendinum ad maci-
« nandum granum in territorio dicti castri.... petit ei concedatur
« aquam a Comunis » annuiva concedendo l'acqua pel nuovo mo-
lino (ibid., e. 74).
Finalmente il Consiglio stesso nel 3 novembre 1495 accoglieva
favorevolmente l'altra domanda « Antonii Johannis lombardi ha-
(' bitatoris castri Insule petentis gratiam de solutione bucarum »
(ibid., e. 220 e 221).
I nomi di alcuni altri Maestri Comacini che furono in San-
352 ^rASTRl da muro e architettf lombardi
Severino neirultimò decennio del secolo XV si riscontrano nelle
seguenti partite dei Camerlingati colle quali pongo termine alle
mie spigolature.
1402. .... dicembre. — « Magistro Beltramo » per residuo di mer-
cede pei lavori alla fonte della valle fiorino i e bolognino i.
— (Camerling;, 1492-97,. e. V).
1493 febbraro. — 0 Magistro Petro et Magistro Ambrosio
u lombardis » per l'armatura del tetto del postribolo 14 bo-
lognini.(ibid., e. 3'"),
.... marzo. ^- « Magistro Berardiito lombardo » fiorini 11
per cottura di calce (ibid., e. io).
.... aprile. — k Magistro Jacobino et Magistro Johanni lom-
« bardis » fiorini 5 per la fabbrica della chiesa di S. Andrea
(ibid.,. e. 12).
1494. .... aprile. — « Magistro Jacobo et Magistro Angelino lom-
« bardis » altri 5 fiorini per la fabbrica suddetta (ibid., e. 33).
....novembre. — (i Magistro Nicolao lombardo » bolognini
16 per lavori nella scuola (ibid., e. Sq-").
' .... dicembre. —^ « Donato lombardo de Castro Sancti Petri »
per quattro giorni impiegati a risarcire il molino di Castel
, S. Pietro 20 bolognini (ibid., e. 61).
1495, .... gennaro. — v Lombardis murantibus ad portam fontis
« et boctatium » 3 fiorini (ibid., e. G6).
— -— .... meiV zo,— u A Joh amie lombardo prò rixa habita cum
n Angustino lombardo ^y bolognini 14 (ibid., e. 73).
.... luglio. — « Magistro Gabrieli et Magistro Angustino
(.1 lombardis prò armatura facta prò pingendo arma supe-
« riorum » 6 bolognini (ibid., e. 94^°).
— « Magistro Beltramo, Magistro Petro et Magistro Ga-
« brieli » per lavori al bottaccio e alla fonte della valle bo-
lognini 3o (ibid., e. 9 5''=).
.... novembre. — « Magistro Georgio muratore prò acta-
« tura finestre scole >♦ 16 bolognini (ibid., e. 109*°).
— — .... dicembre. — «Magistro Stefano lombardo » boi. 29 per
tre giorni impiegati a restaurare la scuola (ibid., e. 114-'').
ÌN SÀNSEVÉRINO-MARCHE NEL SECOLO XV 353
1496 febbraro. — « Magistro Francisco lombardo prò clau-
« sura duorum vadorum in muris Comunis » bolognini io
(ibid., e. 122*^).
— « Donato lombardo prò armatura tecti » 2 boi. (ibid.).
1498. ....' gennaro. — - « Magistro Jacomino » un fiorino ed un bo-
lognino per restauri alla porta della camera del Giudice. —
(Camerling., 1498-1502, e. 4).
.... marzo. — « Magistro Johanni lornbardo » 8 fioHni per
fattura del casello alla porta della fonte (ibid., e. ro^^).
.... aprile. — Al suddetto per parte di pagamento delle mura
presso porta mercato un fiorino (ibid., e. 12*°).
.... maggio. — « M'agistro Ambrosio et Magistro Bonora
« lombardis de Ficano » fiorini 3 per lavori al rivellino di
Ficano (ibid., e. 17^°).
.... ottobre. — « Magistro Johanni lombardo » per i sud-
detti lavori alla porta del mercato fiorini 3, e bolognini 6
(ibid., e. 33).
Non ho creduto di proseguire le ricerche oltre il sec. XV
perchè le notizie. che avrei potuto raccogliere non sarebbero state
tanto interessanti da compensare la fatica necessaria a consultare
un numero abbastanza rilevante di codici e .registri, dove la so-
verchia concisione e la poca chiarezza avrebbero reso più penose
ancora le ricerche medesime:
Rilevo però che anche dopo il i5oo diversi Maestri lombardi
ebbero sede in Sanseverino e che varie famiglie sanseverinesi tras-
sero origine della lombardia.
Concludo col notare che nel volume degli — Ordini e de-
creti dei superiori — dal iSiy al 1 323 è registrato un elenco
« omnium et singulorum fumantium » dì Sanseverino e delle ville
del suo territorio; nel quale elenco, compilato Tanno iShj, trovo
compresi:
354
MASTRI DA MURO E ARCHITETTI LOMBARDI
« De quarterio Sancte Marie.
« Berardinus Magistri Albini sold. 12
« Magister Stefaniis lombardiis » 4
« Baptista lombardus » 4
« Magister Martinus lombardus » 4
'( Magister Petrimis lombardus » 4
« De quarterio Sancii Laurentij.
« Heredes Jannini lombardi sold. 4
« Magister Donatiis Antonii lombardus ... » 4
« Magister Ambrosius Jeronimi lombardus. . » 4
« Magister Jo. Cremonensis » 4»
ELENCO DEI MAESTRI LOMBARDI
sopra ricordati
Agostino
Alberto
Albino
Ambrogio
Andrea
Andrea
Angelino
An'onio
Antonio
di Guglielmo
da Como
di Guglielmo
da Como
di Donato
da Como
di Girolamo
da Cremona
da Milano
di Boso
da Como
di Jacopo
da Como
IN SANSEVERINO-MARCHE NEL SECOLO XV
33:
Antonio
Antonio
Antonio
Antonio
Antonio
Bartolomeo
Battista
Beltramo
Bernardino
Bernardino
Berto
Biagio
Biagio
Bonora
Cristoforo
Cristoforo
Corto
Domenico
Donato
Francesco
Gabriele
Gaspare
Giorgio
Giorgio
Giovanni
Giovaifni
Giovanni
Giovanni
Giovanni
Giovanni
Giovanni
Giovannino
Giovannone
Giuliano
di Giovanni
di Primo
di Simone
di Tommaso
di Tinicchino
di Primo
di Antonio
di Antonio
di M.° Albino
di Andreolo
di Giorgio
di Jacopo
di Primo
di Antonio
di Leone
di Giovanni Zeno
di Donato
di Pietro
di Bernardo
di Stefano
da Morbio (i)
da Ponte (2)
d?. Como
da Bellinzona
da Morbio
da Como
da Como
da Morbio
da Como
da Piacenza
da Morbio
di Manfredo
di Bernardo
da Como
da Varese
da Como
da Milano (3)
da Como
da Como
da Como
da Cremona
da Como
(i) (presso Como).
(2) (presso Sonvico ?).
(3) (o da Ca').
356
MASTRI DA MUnO V. ARCHITETTI rOMBÀRDI, KCC.
Girolamo
Gregorio
Guglielmo
Jacopo
Jacopo
Jacomino
Leone
Lorenzo
Martino
Matteo
Nicola
Petrino
Pietro
Pietro
Pietro
Primo
Salino
Stefano
Stefano
Tommaso
Tommaso, o
Tommaso
Tommaso
Ubaldino
Ventura
Villano
(li Donato
di Giovanni
di Giovanni
di Michele
di Jacopo
di Fedele
di Donato
di Andreolo
di Antonio
di Ser Antonio
Tomeo di M.° Pietro
di Rafanino
di Guglielmo
di Jacomino
da Como
da Como
da Milano (i)
da Novara
da Como
da Como
da Como
da Morbio
da Milano
da Nesso
da Asso
da Como
.
(2)
Vittorio Em. Aleandri.
(i) (forse Zeno da Cà?).
(2) (venuto da Montecassiano).
UN EPISODIO DELLA LOTTA
TRA FRANCfA. E SPAGNA A MEZZO IL CINQUECENTO
CARLO DUCA DI SAVOIA
E LE SUE DISCORDIE CON FERRANTE GONZAGA
SOMMARIO. — I. Scoraggiamento del Duca Carlo nel i55o. Trattative
di pace con Francia. Insuccesso. — 2. La guerra di Parma. I Fran-
cesi approfittano della lontananza di D. Ferrante Gonzaga, luogo-
tenente imperiale in Lombardia, e riprendono le armi. Nuove trat-
tative di pace condotte da Giacomo Provana di.Leynì e da mon-
signor di Thaurines, e nuovo insuccesso (i55i-52). — 3, I Francesi
prevalgono in Piemonte. Mala riuscita del Gonzaga ed oppressione
delle terre sabaude. Lamenti del Duca. D. Ferrante a Vercelli. Vio-
lenta sua spiegazione col Duca (2 novembre i552). Conclusione.
I. — Nel i55o il Duca Carlo di Savoia era profondamente
scoraggiato. L'ardire e le insidie francesi, le ostilità di Ferrante
Gonzaga, luogotenente imperiale in Lombardia, la condizione
miserrima delle poche terre che ancora gli ubbidivano, avevano
talmente scosso la sua fede in un avvenire prospero, che egli ac-
carezzava l'idea nutrita da tanti anni di un accorcio col re con
singolare e nuova tenacità (i). Il Pontefice Giulio IH l'incorag-
(i). V. i mì^ì Appunti sul ducato di Carlo II di Savoia tra il 1^46
ed il ijjo, estratto dai Rendiconti della R. Accademia dei Lincei. Classe
di scienze morali , storiche e filologiche , \ol. IX (1900, gennaio-feb-
braio). — Da lunghi anni il Duca aveva sollecitato invano gli aiuti
dell'impero per riavere le sue terre, v. Tausserat-Radel, Correspon-
dance poliiiqtie de Guillaume Pellicier ambassadeur de France à Venise
(1540-42). Paris, Alcan, 1899, pag. 33o. Pellicier al re. Venezia 20 giu-
gno 1541.
358 UN EPISODIO DELLA LOTTA
giava su questa via (i). Il cardinale Alessandro Farnese, protet-
tore di Francia presso la Santa Sede, mostrava nell* aprile di
quell'anno ottima disposizione a favorire le cose sabaude ed usava
termini molto cordiali col vescovo di Vercelli, Pier Francesco
Ferrerò (2), e col conte Lodovico di Chatellard, ambasciatore
straordinario del principe di Piemonte, Emanuele Filiberto (3).
Due altri oratori sabaudi, di cui uno, giunto allora a Roma,
Carlo di Mombello, conte di Frossasco , e Carlo Malopera di
S. Michele, erano accolti dal Pontefice con ogni onore: ebbero
udienza in concistoro accompagnati da ben trecento cavalli e da
notevole seguito di vescovi ed arcivescovi (4). Il Duca, amareg-
giato dalla lunga ed accanita disputa sostenuta con D. Ferrante
Gonzaga, il quale aveva favorito con raffinata malignità i ten-
tativi franco-genovesi ai danni della gabella del sale di Nizza ,
accordando il passo nelle terre piemontesi al sale di Genova (5),
dietro le amorevoli dimostrazioni della S. Sede riapri l'animo
alla speranza. Una visita ricevuta a Vercelli dal duca di Ne-
mours, Giacomo di Savoia, suo nipote (6), il quale andava a
(i) CiBRARio : Origini e progressi delle istituzioni della monarchia di
Savoia sino alla costituzione del regno d^ Italia, voi. II (Firenze, Cellini,
1869), p. 262. — Arch. di Stato di Torino, Roma, Lettere ministri, m. 2,
Carlo Malopera di S. Michele al Duca, lett. varie. — Circa la storia
piemontese di questi anni, v. tra Taltro Adriani^ La guerra e la domi-
nazione dei francesi in Piemonte dal F anno IS36 al iSS9' Torino, 1867.
(2) V. notizie sul Ferrerò in Dionisotti: Memorie storiche della città
di Vercelli, ecc. Biella, Amosso, iBói, p. 277 e seg.
(^ Arch. di Stato di Torino, loc. cit., mazzo i.° Ferrerò al prin-
cipe di Piemonte. Roma^ 22 aprile i55o.
(4) V. mazzo 2° Frossasco e Malopera al principe di Piemonte.
Roma, 23 aprile i55o. — Il Frossasco erasi recato a Roma per giurare
fedeltà ed ossequenza in nome del Duca a Giulio III, nuovo Pontefice.
(5) V. il mio Una questione tra Carlo III, duca di Savoia e D. Fer-
rante Gonzaga, luogotenente imperiale in Italia, nel jjjo. Torino, Clau-
sen, 1896 (estr. dagli Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino,
voi. XXXII) e Appunti sul ducato di Carlo II, ecc., pag. 20-24. — V. an-
che Arch. di Stato di Torino, Lettere particolari , Tommaso Valperga
al Duca. Milano. 22 marzo e Vercelli, i aprile i55o.
(6) Giacomo era figlio di Filippo di Savoia, conte del Genevese e
duca di Nemours, fratello del nostro Duca.
TRA FRANCIA E SPAGNA BdQ
Roma col maresciallo Roberto de la Mark, gli porse occasione
nella metà d'aprile di quell'anno di ritentare l'opera già tante
volte fallita (i). Il Nemours a Roma fu visitato alla sua volta
dal Frossasco e dal Malopera (2). Quando poi, dopo un lungo giro
per Venezia e Ferrara (3), fece ritorno in Piemonte, si fermò di
nuovo col de la Mark a Vercelli, ed offrì allo zio i suoi servigi.
Il Duca pregò i due personaggi di tutelare i suoi interessi e ram-
mentare al re Enrico II tre desideri da lui espressi già tante volte:
l'amicizia di Francia, la restituzione degli stati ed il modo d'es-
sere utile ad esso re. Il de la Mark rispose subito che il primo
ed il terzo desiderio avrebb'egli raggiunto certo fra pochi anni,
ma quanto al secondo che doveva attendersi dal re solo un com-
penso alle terre perdute (4). Era la solita risposta che i Francesi
davano alle aperture del Duca, delle quali Enrico II pareva farsi
gioco (5). Carlo tuttavia, pur dichiarando di non accettare com-
(i) RiBiER : Leitres et mémoires d^Estat, des Roys, princes, ambassa-
deurs et autres ministres sous les Régnes de Francois 1^^, Henri li et Fran-
cois li, tomo 2.° (Parigi, Clouzier e Ambovyn, MDCLX'VI), p. 267. Ro-
berto de la Mark al conestabile, Anna di Montmorency. Torino, 18
aprile i55o. — Il de la Mark non fece visita al Duca, mandò però a
scusarsi, ed il gentiluomo da lui inviato al ritorno gli confermò le
speranze del Duca in una buona pace " par les plaintes et larnies que
ledit Due ne luy a esparguées à son arrivée, de sorte que pour le
moins nous s9aurons ce qu'il a sur le coeur,,.
(2) Arch. di Stato di Torino, Roma, Lett. ministri, va. 2.^ Frossasco
e Malopera al principe. Roma, 28 maggio i55o.
(3) Id. Malopera al principe. Roma, 7 luglio i55o. " Mons. di Ne-
mours è partito V altr" eri di qua per le poste con il Marechial della
Marchia per la volta di Venetia, Ferrara et poi Vercelli. Si mottegia
di darli moglie in Ferrara, ma non Iho per certo „.
(4) Arch. di Stato di Torino, Registri lettere della corte, i536-5o,
fol. 804. Al principe di Piemonte, a Gio. Tommaso Langosco, conte
di Stroppiana, amb.''^ del Duca nella corte imperiale. Vercelli, i5 ago-
sto i55o.
(5) RmiER, II, 274. Il re al de la Mark. S. Germain en Laye, 3 ot-
tobre i55o. — Il contenuto di questa lettera mi fa dubitare circa
la data di essa. Il re scrive al de la Mark d'aver inteso quanto il Ne-
mours aveva riportato dal Duca, ed approva " qu'en retournant par
de 9à „ , cioè da Roma in Francia, anch'esso de la Mark si rechi a
360 UN EPISODIO DELLA LOTTA
pensi, bensì volere la restituzione pura e semplice dei suoi possessi,
pregò i due signori a sollecitarne il re, e, rivoltosi al Nemours,
aggiunse che come suo nipote spettava a lui di far presente al
sovrano francese i torti usatigli e la necessità di una sollecita
riparazione (i).^
Il buon Duca, eccitato dagli ultimi avvenimenti, non s'ac-
corgeva che le sue insistenze e le suppliche riuscivano all'effetto
opposto, e diminuivano le già scarse probabilità di un accordo.
Egli con fermezza lodevole non voleva cedere un palmo di terra;
ma era del tutto chimerico il supporre che Enrico li a sua volta
abbandonasse per solo omaggio alla giustizia terre conquistate
col valore e col sangue dei suoi soldati, e ch'egli, il vinto Duca, era
incapace a ricuperare (2). Eppure Carlo, in cui l'idea di simile
accordo aveva assunto forma di vera fissazione, non appena il
de la Mark ed il Nemours furono partiti, scrisse al conestabile
Anna di Montmorency, al quale pure lo univano vincoli di pa-
rentela (3), pregandolo di usare la sua influenza presso il re e
Vercelli o dove sia il Duca e gli prometta in termini generali T af-
fetto e l'amicizia sua, quando sinceramente egli si volga alla sua
parte. Dunque il re conosceva solo la i.^ visita fatta dal Nemours
al Duca nell'aprile, non la seconda, e che inoltre il de la Mark ed il
Nemours stesso erano ancora a Roma o nel viaggio di ritorno. Dalle
lettere citate nelle note precedenti si vede che la data della presente
deve essere corretta almeno di un mese.
(1) Lett. cit. del Duca allo Stroppiana. " Et dadvantaige Jay dict
à mon nepveu que estoit à luy de fere entendre audit Roy le grand
tort quii a de moy et de solliciter la diete restitution de mes estatz,
veu que je le tiens pour mon deuxiesme {filiS?) et il pourroit plus-
tost tenir ces propos au Roy que point daultre, car le Roy ne pren-
droit point en maulvaise part ce que luy en diroit „.
(2) Era la risposta già data da Francesco I nel 1541 , v. Secken-
DORF, Commentariiis historico et apologeticus de Luther anismo sivs de re-
formatiom religionis diictu Martini Luthcri.... recepta et stabilita. Franco-
furti et Lipsiae, 1792, voi. Ili, pag. 366, e Janssen, Geschichte der
dcutschen Volkes seit dem Atisgang des Mitielaltcrs , voi. Ili, Freiburg
i. B. Herderische Verlagshandlung, 1892, p. 4S0.
(3) Anna di Montmorency aveva sposato Maddalena di Savoia, fi-
glia di Renato, il Bastardo, fratello naturale del nostro Duca.
TRA FRANCIA E SPAGNA 36 I
persuadere questo a tale opera di pace e di giustizia (i). E designava
nel tempo stesso di mandare alla corte francese un gentiluomo
per avere al più presto dal Montmorency a bocca o per iscritto
una risposta. Per fortuna in questo, come in tutto, avviò prima
D. Ferrante, il quale vedendo menomata da simili insistenze
anche la riputazione del suo signore, gli fece presente non essere
decoroso un tal passo, se non altro perche avrebbe favorito nel Mont-
morency l'idea che esso Duca agisse privo di speranza nell'aiuto
imperiale (2). L'osservazione del Gonzaga era giusta, ma contem-
poraneamente il Malopera, che conosceva quanto il Duca fosse
smanioso della pace definitiva, parlò della cosa al Pontefice: aver-
gli S. S.^^^ altre volte promesso di interporre l'opera sua a prò'
del Duca; volesse dunque adoperarvisi e tener memoria delle
misere condizioni sabaude. Giulio III si scusò di non aver ancora
(i) Arch. di Stato di Torino, Registri cit, fol. 3ii. Al Montmo-
rency, 27 settembre i55o. — Il duca mandò la lettera a Carlo di Cosse,
signore di Brissac, nuovo comandante dei Francesi in Piemonte, per-
chè la facesse pervenire a destinazione, v. id. Il duca al Brissac. — La
suddetta lettera al Montmorency fu pubblicata dal Ribier, II, 284, —
V. anche Decrue: Anna, Due de Montmorency, conéstable et pair de
Frànc3 sous Ics rois Henri II, Francois II et Charles IX. Paris, Plon,
1889, p. 102.
(2) Arch. di Stato di Torino, Mantova, Lettere principi, mazzo i.'^
D. Ferrante al Duca. Milano, 16 novembre i55o " .... a me pareva, come
pur adesso tuttavia mi pare, che non si dovesse né debbi in niunmodo,
per quello che principalmente tocca alla reputazione di V. Ex.*, altra-
mente mandar dal detto Contestabile .per la detta risposta, et tanto
meno, quanto che egli fin'hora non si è curato mandarla, né haver
fatto altro sembiante, per il qual comprender si possi ch'egli babbi ha-
vuto ad caro quello che l'Ex.* V. gli ha scritto. Anco si comprende
col non responder non esserli stato satisfatorio. Però come ho detto
non mi par che convenga né alla reputation né a ser." suo mandarli
per tal effetto persona alcuna, né sopra di ciò farli più altra instan-
tia per li respetti che V. Ex.^ sa, et per non affettarli tanto il negocio
che babbi il detto contestabile certamente a persuadersi che di pura
necessità sia costretta ricercar acordo, et che del tutto l'Ex.* V. babbi
perso la speranza di puoter col seguito et brazo di sua M.*^ esser re-
stituito nel stato suo, che in questo ci andarebbe troppo di sua repu-
tatione, come quello con sua molta prudenza può considerar,,.
362 UN EPISODIO DELLA LOTTA
scritto, dicendo attendere di giorno in giorno avvisi di Francia
per conoscere le intenzioni regie, fino allora poco inclinevoli ad
accomodamento, e che poi si sarebbe aperto anche coli' imperatore
per appianare le difficoltà (i). Giunsero finalmente le attese no-
tizie e furono ben poco soddisfacenti. Alle parole di un segretario
del cardinale Ippolito d'Este, che scongiurava il re di rendere
il Piemonte al legittimo signore, portando innanzi l'esempio
dell' imperatore, il quale pur avendo facilità di tenere Firenze
sotto il suo dominio aveva preferito lasciarvi un principe indi-
pendente a governarla, Enrico II rispose con inflessibile pertina-
cia essere sua volontà di conservare quanto le armi francesi te-
nevano; che non rifiutava trattative col Duca, ma prima voleva
che questi si recasse in luogo libero da presidio ed ingerenze
imperiali. Il cardinale comunicò queste notizie al Malopcra, e
suggerì come espediente di rivolgersi nuovamente al conestabile.
Rispose il Malopera parergli la cosa inutile dopo le espressioni
del re, poiché mai il Duca avrebbe rotto i legami che 1' univano
all'imperatore. Il cardinale assicurò che se il re parlava per bocca
sua di accordo, non voleva certo ingannarlo, ed in conclusione
ripetè essere più che necessario, indispensabile, l'invio alla corte
francese, al fianco del conestabile, d'una persona confidente. Il
Malopera avrebbe voluto interessare alla causa del povero Duca
gli altri ambasciatori residenti a Roma. Si aprì con quello me-
diceo, gli fece presente l'importanza che anche pel Duca Cosimo
doveva avere la reintegrazione di Carlo, e come alla morte del-
(i) Id., Roma, Lettere ministri, m. 2.° Malopera al duca. Roma, 2
novembre i55o. — Si noti che anche Emanuele Filiberto coglieva le
occasioni opportune per sollecitare il Pontefice a tale opera: ad es.,
nella missione del Chatellard citata, v. Arch. di Stato di Torino, Let-
tere cardinali, m. 2 ° Cristoforo Madruzzo, cardinale vescovo di Trento,
al Duca, Trento, i5 marzo i55o. Dal sig. di Chatellard ha inteso l'uffi-
cio che andava a compiere in Roma. " Piaccia intanto a N. S. Dio d' in-
spirar a sua Beat.i<= fra le prime demostracioni di buona intelligenza
con sua M.^^ una ferma voluntà d'aggiustar le cose di V. Ex.% che que-
sta sarà veramente opra da giusto et santo Pontefice et che darà piena
credenza al mondo dei buoni principi che di lei si veggono „.
TRA FRANCIA E SPAGNA 363
l'imperatore, se le cose duravano nello stato di quei giorni,
anche la Toscana potesse averne pericolo. Promise l'oratore
mediceo di scrivere a Cosimo e fare quanto stava in lui.' Ma,
l'opera dell'ambasciatore sabaudo era incagliata dalla disputa
di precedenza colla Repubblica veneta: per essa il Malopera non
si presentava nelle funzioni pubbliche o nei concistori, quando
vi si trovava l'oratore veneto. Egli non poteva quindi agire con-
venientemente anche presso i cardinali per gli interessi del suo
principe (i).
Il Duca approvò il consiglio del cardinale di Ferrara, mandò
a Parigi il segretario Richard per sollecitare la risposta del Mont-
morency, che tardava molto (2). Inoltre fece pregare il cardinale
di scrivere al fratel suo Ercole II, duca di Ferrara, al cognato
Francesco di Lorena, duca di Guisa, ed al cardinale Carlo, fra-
tello di questo, perchè tutti unissero i loro uffici a quelli del
Richard. Avvertì in ultimo il Malopera di non considerarsi come
ambasciatore, ma semplice agente, e di entrare quindi senza dif-
ficoltà nei concistori e nella cappella pontificia dopo l' orator
veneto (3).
(i) Id., Roma, Lettere ministri, m. 2.° Malopera al Duca. Roma, 3i
gennaio i55i (cifrata) " .... Se non fusse questa benedetta diferentia
di precedentia con Venetiani, la quale m' impedisse che non mi trovo
alle capelle papali et altre congregationi, dove ben spesso gli è ramb.*"®
suo et tutti altri eccetto io, quale non mi ci trovo, eccetto quando so
di certo che quello de Venetiani non gli viene, potrei far delle pra-
tiche ordinariamente. Il che cede in maggior disavantagio di V. E.,
perchè si viene a smarire il loco eh' è poi inante a tutti altri Duchi
et fuge l'occasione del negociar con Ihoro et con li cardinali cosse che
sariano di rilevo et insieme di reputatione. Et il card.*^ de Medici molte
volte me lo ha ricordato, dicendo che in questo caso V. Ex. doveria
chiuder gl'occhij, poiché Ihoro tengano il possesso in tutte le corte et
restan banditi quelli di V. E. da tutte le cerimonie et congregationi
honorevoli.... „.
(2) Id., Vienna, Lettere ministri, m. i." Ugo Michaud al Duca. Bru-
xelles, IO febbraio i55i. Il Michaud era controllore della casa di Ema-
nuele Filiberto.
(3) Id., il Duca ai Malopera, 20 febbràio i55i. — Fu il cardinale di
Ferrara meravigliato del poco interesse che il concstabile prendeva
Arch. Stor. Lomb. — Anno XXVII. — Fase. XXVI. 24
364 ^^ EPISODIO DKLLA LOTTA
Agli ultimi di febbraio od ai primi di marzo i53i giunse la
risposta del conestabile: conteneva le solite espressioni generali e
chiedeva l'invio alla corte non più d'un segretario, ma d'un
gentiluomo per trattare la pace desiderata. Il vescovo d' Arras,
Antonio Perrenot di Granvellc, a cui l'ambasciatore ducale, Gio.
Tommaso Langosco, conte di Stroppiana, comunicò la risposta,
disse che erano tutte baie per tirare in lungo le trattative, e che
il re avrebbe persistito nell'antica volontà di nulla restituire (i).
Rimase al Duca per solo conforto la benevolenza del Pontefice
Giulio III, che nel concedere al re di Francia un indulto pei
suoi stati, ne escluse la Savoia ed il Piemonte, mostrando così
di riconoscere i diritti di Carlo su le perdute terre (2).
2. — E già coi fatti i Francesi dimostravano le loro vere
intenzioni. Nel i55o era succeduto al defunto principe di Melfi,
Giovanni Caracciolo (3), come luogotenente del re in Piemonte
Carlo di Cosse, signore di Brissac, maresciallo dì Francia, e po-
chi mesi dopo, proprio quando s' attendeva a Vercelli la risposta
del Montmorency, veniva scoperta nel gennaio i55i una congiura
a Nizza, macchinata con isquisita abilità (4). Ben peggio fu quando
alle cose del Duca, e rispose al Malopera che certo il fratel suo, il co-
gnato ed il cardinale di Guisa avrebbero operato attivamente, ma che
temeva coli' intrometterli di offendere il conestabile, v. id., Malopera
al Duca. Roma, 12 maggio i55i.
(i) Id., mazzo 2.° Stroppiana al Duca. Augusta, 7 aprile i55i.
(2) CiBRARio : Op. cit., II, 262. — Arch. di Stato di Torino, Roma,
Lettere ministri, m. 2." Carlo Malopera di S. Michele al Duca. Roma,
23 ottobre i55o. 7— E già nel luglio di queir anno il Pontefice aveva
rifiutato uguale domanda, v. id., Roma, 7 luglio i55o.
(3) V. nel Caracciolo D' Ayala : Giovanni Caracciolo, principe di
Melfi, duca d^ Ascoli, in Archivio storico italiano, serie 3.% XV (1872).
(4) Al primo sentore D. Ferrante mandò a Nizza un abile soldato
piemontese, Giorgio Costa, conte della Trinità (Arch. di Stato di To-
rino, Mantova, Lettere principi, D. Ferrante al duca. Milano, i febbraio
i55i) ed il capitano Oddone Provana. Erasi arrestato nel castello di
quella città un Chiafìredo Tapparelle di Savigliano, soldato, grave-
TRA FRANCIA E SPAGNA 365
il pontefice decise d'accordo con D. Ferrante di combattere Orazio
Farnese, che negava la restituzione di Parma alla Chiesa. D. Fer-
rante, che in altri tempi aveva riconosciuto la difficoltà di man-
tenere il Piemonte e sbarazzarlo dei Francesi, al punto da con-
sigliarne la distruzione completa, perchè il nemico non vi trovasse
alimento, abbandonò, si può dire, le terre sabaude a sé stesse,
detraendo quanti soldati esperti vi si trovavano (i), per invadere
il Parmigiano e stringere Parma e la Mirandola. Di più accorgen-
dosi che il Brissac per soccorrere il Farnese mandava di nascosto i
mente indiziato nella congiura per sequestro di sue lettere. D. Fer-
rante voleva per via di Genova farlo trasportare a Vercelli o Milano
ed esaminarlo (id.^ Casale, 23 febbraio i55i, v. anche Registri lettere
della corte i55i-53, fol. 14. A D. Ferrante, Vercelli, 20 febbraio i55i).
Ma il IO febbraio V imputato alla presenza del conte della Trinità,
di Oddone Provana e di Filiberto Gallatero, segretario del castellano,
fra Paolo Simeone dei Balbi, depose in un interrogatorio che, avendo
ricercato per mezzo di un Corrado Tapparello dal Brissac permesso
di entrare al servizio del castello di Nizza, fu istigato dal suddetto
Corrado di dare il castello in mano ai Francesi, quando si trovasse
sul luogo. Egli fu presentato anche al Brissac, che reiterò 1' esorta-
zione e gli concesse il desiderato permesso. Andò dippoi nel castello,
e qui ricevette una lettera di Corrado Tapparello, trasmessagli da un
Giorgio Bellino, alla quale fece risposta. Giurò in ultirho di non aver fatto
altro, né parlato della cosa con alcuno (id., Mantova, Lettere ,J)rincipi^
D. Ferrante al Duca, Vigevano, 20 febbraio i55i e dichiarazione di
Filiberto Gallatero, io febbraio i55i). Ad ogni modo il Duca d'accordo
con D. Ferrante diede ordine fosse V inquisito trasportato a Genova,
e di qui a Vercelli (id., D. Ferrante al Duca. Vigevano, 20 febbraio e
4 marzo i55i. — Registri cit., fol. 14, 16. Istruzione al Valperga, 20
febbraio i55i).
(i) Arch. di Stato di Torino, Mantova, Lettere principi , D. Ferrante
al Duca. Milano, 19 aprile i55i. Dice aver dato ordini per l'aumento
delle fortificazioni nelle terre piemontesi, ma che pregava il Duca di
adoperare durante la guerra di Parma in Asti , a Chieri, a Possano,
a Crescentino, e Cherasco ed in qualche altra terra gente del paese.
— Impediva pure D. Ferrante che a Chieri si facesse la solita festa
annuale, certo per evitare disordini ed occasioni propizie ai Francesi
ma con malcontento di quei cittadini. Id., Milano, 3 maggio i55i.
Circa le proposte di D. Ferrante di devastare il Piemonte, v. special-
mente GosELLiNi : Vita di Don Ferrante Gonzaga, principe di Molfetta.
Pisa, Capurro, 1821, p. 55-6i.
366 UN EPISODIO DELLA LOTTA
soldati delle compagnie italiane che servivano nel suo esercito
verso le città assediate, diede morte a quanti gli capitarono sotto
mano (i). Ora i Francesi sapevano da fonte certa che l'impera-
tore Carlo V non avrebbe mai sottoscritto una pace definitiva,
se prima il duca di Savoia, privo degli stati per aver seguito le
sue parti, non veniva restituito nelle terre perdute, ed in mo-
mento opportuno avrebbe cercato di strappar loro quanto pos-
sedevano in Italia (2). Colse quindi il Brissac l'occasione che gli
si presentava di riaprire le ostilità in Piemonte nell' assenza di
D. Ferrante e ciò fece proprio quando il luogotenente cesareo era
trattenuto sotto la Mirandola. Era tornato allora di Germania
il principe di Spagna, D. Filippo, che accompagnato da Em.
Filiberto si recava in Ispagna, a Barcellona. Carlo andò a Milano
per vederlo e cattivarselo. V'ebbe accoglienza affabile, come
sempre, e promessa di pronto rinvio del figlio suo (3).
Nel settembre i55i adunque i Francesi senza dichiarazione
di guerra attaccarono Chieri, S. Damiano e varie terre dell' As-
tigiano e del Monferrato, rendendosene padroni. Inoltre sulla via
che da Lanzo conduce a Vercelli catturarono il castellano di
Lanzo, Giacomo Provana di Leynì, maggiordomo di Em. Fili-
berto ed uno dei principali personaggi dello stato piemontese (4).
(i) March AND : Charles I-^ de Cosse, comte de Brissac et marèe hai de
France, iSoy-óS. Paris, Champion, 1889,^ p. 124-25.
(2) RiBiER, II, 184-86. Il sig. di Gié al re, Roma, i3 gennaio 1549,
p. 208-10. II cardinale Du Bellay al re, Roma, 12 maggio 1649, p. 211,
id., id., Roma, 28 maggio 1549.
(3) Arch. di Stato di Torino, Registro cit., fol. So, 47. Al gran priore
Simeone, Milano, 25 giugno i55i. All'imperatore, Vercelli, agosto i55i.
— Neir anno precedente era tornato di Spagna Massimiliano d'Austria,
arciduca e figlio del re dei Romani, Ferdinando. Il Duca, non avendo
potuto visitarlo, vi aveva mandato Gio. Amedeo Valperga di Masino,
V. id. Lettere particolari, Masino al principe. Sale, 27 ottobre i55o.
(4) PiNGONE, Augusta Taurinorum. Torino, Bevilacqua, 1577, pag. 78.
— Memorie di 'un terrazzano di Rivoli dal ijjj al ijSó , in Miscel-
lanea di storia italiana, VI, 619. — Marchand, p. 127, ed il mio Un
gentiluomo piemontese della prima metà del secolo XVI, Giacomo Provana
di Leynì. Genova, Sordomuti, 1897, p. 48 (estr. dal Giornale Ligustico).
— La dichiarazione di guerra ebbe luogo solo il 12 settembre.
TRA FRANCIA E SPAGNA 867
Naturalmente D. Ferrante all'annunzio delle ostilità francesi,
dovette abbandonare 1' assedio di Parma e della Mirandola, dove
incontrava anche una resistenza tenace, e dirigersi tosto verso il
Piemonte (i). Nella seconda metà d'ottobre era in Asti e pren-
deva alcune disposizioni per proteggere il Vercellese (2). Ormai
la guerra colla Francia era ripresa, e con inizi così cattivi che
il Duca ripensava nuovamente ad accordarsi col re.
Il maresciallo conte Renato di Challant, principale ministro
del Duca, teneva da vari anni aperte alcune trattative con En-
rico II per mezzo d' un maggiordomo del duca di Nemours. Ora
Giacomo Provana di Leynì durante la sua breve prigionia offrì
al Brissac di venij^e ad un accordo. Il Boyvin du Villars scrive
anzi avere il Leynì promesso al maresciallo che il Duca fatta la
pace avrebbe preso le armi pel re ed a lui rimesso Vercelli, Ivrea,
Masino, S. Germano, Crescentino, Chivasso, Cuneo, Fossano e la
contea di Nizza (3). Queste parole contengono senza dubbio
molte falsità; non si vedrebbe infatti quale profitto sarebbe venuto
al Duca collo spogliarsi del resto dei suoi stati per acquistare
r amicizia del re, e non è ammissibile che fosse disposto a dichia-
rarsi nemico dell' imperatore. Di vero nelle affermazioni del Boyvin
non v' è probabilmente altro che qualche discorso tra il Leyni
ed il Brissac circa un tentativo di accordo. Il Boyvin aggiunge
(i) De Leva : La guerra di papa Giulio HI contro Orazio Farnese
sino al principio delle negoziazioni di pace con la Francia, in Rivista sto-
rica italiana, l, 1884, p. 675. — Circa la guerra di Parma, v. anche
Balan, Gli assedii della Mirandola di Papa Giulio II nel ijii e di Papa
Giulio III nel isji e ijs^ narrati secondo i piti recenti documenti. Mi-
randola, 1876.
(2) Arch. di Stato di Torino, Mantova, Lettere principi, D. Ferrante,
al Duca. Asti, 22 ottobre i55i. Voglia il Duca favorire il capitano Nic-
colò Secco, che ha avuto da lui incarico di fortificare Crescentino,
scudo e riparo di tutto il Vercellese, ed. dal Promis : Cento lettere con-
cernenti la storia del Piemonte dal 1S44 al 1S92, in Miscellanea di storia
italiana, IX (1870).
(3) Boyvin du Villars: Mémoires (in Collection des Mémaires, ecc.,
del Petitot, tomo XXVIII), Parigi, 1822, p. 435.
I N 1 IMSODIO DliLF.A LOTTA
che il Rrissac, vedendo nella pace col Duca la certezza di pren-
dere Milano, mandò senza indugio al re per indurlo ad accet-
tare le offerte, e concedere al Duca il titolo di luogotenente
generale in Italia ed a lui stesso il secondo posto. Essere la pro-
posta stata discussa nel consiglio reale , ma che gli avversari
del maresciallo espressero dubbi sulle promesse del Leynì, ed in
conclusione avere il re ordinato al Brissac di liberare « gracieuse-
ment » il prigioniero, perchè avvertisse il Duca d'ogni cosa, e
portasse in seguito qualche maggior garanzia delle intenzioni du-
cali. Il Brissac ubbidì ed il sig. di Leynì tornò senz' altra assicu-
razione « que celle d'une foible esperance », la quale irritò tal-
mente il Duca « qu' il se remit plus fort que jamais à la patience
et à la poursuite des armes en faveur de T Empereur » (i).
Anche questo racconto del Boyvin contiene grandi inesat-
tezze ed invenzioni. Che il Provana abbia nella sua prigionia
continuato le pratiche d'accordo, mai cessate in tutto il i55i(2),
è probabilissimo, ma che dal suo insuccesso siasi indotto il Duca
a rompere bruscamente le trattative è smentito dai fatti almeno
per l'epoca di cui discorre l'autore. Nel novembre infatti di
quell'anno, proprio mentre il Brissac approfittando della lentezza
del Gonzaga, assaliva improvvisamente Lanzo ed in pochi giorni
se n' impadroniva (3), il signor di Thaurines, ufficiale francese (4),
(1) Id., p. 435-37.
(2) Trovo che nel giugno i55i il Duca di Ferrara, Ercole II d'Este,
mandò al duca Antonio Maria di Savoia, signore di Collegno, certo
per riaprire negoziati con Francia. Arch. di Stato di Torino, Ferrara,
Lettere principi, m. i.° Ercole li al Duca. Modena, 11 giugno i55i.
(3) 11 Marchand, p. 192, seguendo il Boyvin du Villars ed il Mon-
luc attribuisce la presa di Lanzo al i552, nel gennaio. Invece è dei
primi di dicembre, v. Gosellini : Compendio storico della guerra di
Parma e del Piemonte, i548-53, pubbl. da A. Ceruti in Mise, di storia
italiana, XVII (1878), p. 178-89, v. anche Un gentiluomo piemontese, ecc.,
pagina 44-46.
(4) Nel 1541 il Duca ebbe a lagnarsi delle ostilità di mons. di Thau-
rines contro un nobile del contado di Nizza, il sig. di Gattières. Vedi
Arch. di Stato di Torino, Registro cit., i54i-53, fol. 48. A mons. di
Thaurmes e Memoriale al sig. di Freilino di quel che deve dire al
Thaurines. Nizza, 9 aprile 1541.
TRA FRANCIA E SPAGNA
36n
per mezzo di Luigi Oddiiiet sig. di Montfort, savoiardo, già sud-
dito del Duca ed ora. fedele al re, risollevò le proposte di accordo.
Lo Stroppiana ne informò l'imperatore ed i suoi ministri. Carlo V,
che allora si trovava ad Innsbruck, scrisse ad Em. Filiberto di-
cendo di non avere osservazioni a fare, poiché mirava solo all'in-
teresse del Duca. Sembrargli tuttavia che non doveva « ser todo
agua limpia » e sperare che il Duca lo terrebbe al corrente circa
il seguito delle trattative (i). H sig. di Leynì, dopo la caduta di
(i) Biblioteca Civica di Torino, Raccolta Cossilla, Lettere di prin-
cipi, Carlo V ad Emanuele Filiberto, Innsbruck, 9 dicembre i55i. " Ca-
rolus Divina favente clementia Romanorum Imperator Augustus. —
lU.'ii- Princeps consanguinee nostro Char.^e — Por la carta que nos
screvistes de vuestra mano, havemos visto la speranza que teniades de
f echar los franceses de Italia, ponendose en execucion el discurso que
OS comunicò el seilor Fernando. Pero corno aquel haya cessado de
presente por las causas y segun que del mismó haureys entendido,
no havrà para que alargarnos en està mas de certifficaros que lo que
summamente desseamos es veros resti tuj do en vuestro stado, comò
plazerà a Dios que algun dia se pueda poner en effecto. En lo de-
màs OS nos agraderemos el aviso que nos days de la plàtica que Fran-
geses han comencado a mover al Duque vuestro padre , com.o quiera
que creamos ser la misma de que el nos ha dado noticia por su em-
baxador, la qual dize que ha sido movida por Mon.'" de Taurines, por
medio de Mos. de Monfort, vassallo d,e vuestro padre. Y assi quanto a
esto no senos offrece que dezir, sino que comò de nuestra parte no
se le pretenda sino vuestro benefficio, comò es mucha razon, y vos
mismo OS podeys persuadir de las Causas que para ellos hay, es de-
sperar al fundamento y pie con que caminan frangeses, pues no deve
ser todo agua limpia para conforme a elio, ylo que tenemos por cierto
que nos avisarà el Duque vuestro padre, del progresso de la dicha
plàtica, y a lo que vos tambien procurareys entender por vuestra parte,
poderos advertir y aconsejar de la vuestra lo que nos pare(;:erà mas
convenir al bien de vuestros negocios con el amor y zelo que si nos
fuesen proprios, pués por tales los tenemos. De Hispruch, a. Villi de
Deziembre MDLI.
Carolus.
retro : " 111.'" Emanuel! Phi-
liberto Pedemonti Prin-
cipi, Corniti Astensi Et
Marchioni Ceve Consan-
guineo Nostro charis-
simo „. Vargas.
3^0 UN EPISODIO DE1,LA LOTTA
Lanzo, della quale era castellano, conferì pur egli col Brissac, il
quale infine promise a nome del re la restituzione della Savoia
e della Brcssa, buoni uffici cogli Svizzeri per Io sgombro dei ba-
liaggi da essi occupati fin dal i536, ed un compenso in Francia
per le terre piemontesi. Assicurava la mano di Margherita di
Valois sorella del re, al principe di Piemonte, Em. Filiberto (i).
Il Duca accolse le proposte con mediocre soddisfazione, non vo-
lendo assolutamente rinunziare al Piemonte. Mandò tuttavia il
conte Lodovico di Chatellard ad Innsbruck per comunicare all'im-
peratore ed al vescovo d' Arras il risultato della negoziazione, ed
ambidue consigliarono di respingere le proposte. E già Carlo
senza attendere il responso imperiale aveva espresso al Brissac il
suo malcontento (2).
3. — In conclusione dopo tanto travaglio le cose restavano
al punto di prima, anzi i Francesi prendevano ardire e minac-
ciavano d'impadronirsi delle ultime terre sabaude e di Milano
stessa (3). Avevano buon giuoco, perchè D. Ferrante, privo di
danaro, lasciava i presidi senza paghe, sicché le truppe gravavano
tutte sugli abitanti e commettevano infinite angherie, che trita-
vano anche i più fedeli sudditi del Duca. La valle d'Aosta, non
ostante una piccola somma di danaro mandata dal Gonzaga (4),
essendo aperta da ogni parte , era minacciata ad un tempo dai
Vallesani e dai Francesi (5). Costigliole rifiutava presidi e rice-
veva a fucilate i soldati del Gonzaga (6). Crescentino gemeva ,
oppressa dal governatore Nicolò Secco, che faceva vivere i soldati a
(i) Un gentiluomo, ecc., p. 46-47.
(2) Id., p. 47-5o, lett. dello Stroppiana.
(3) Marchand, p. 194-96.
(4) Arch. di Stato di Torino, Mantova, Lettere principi, m. i.° D. Fer-
rante al Duca. Manda nei due forti di Hard e Monjovet 5oo scudi.
(5) Id., Memoriale del Duca a ? Vercelli, i5 dicembre i55i. Manda
avvertimenti a D. Ferrante sulla valle d'Aosta.
(6) Id., D. Ferrante al Duca, Casale, 6 marzo i552.
i
TRA FRANCIA E SPAGNA ?>y l
Spese della terra (i). Per calmarla convenne richiamare il Secco (2).
Possano negava consegna di 2000 sacchi di grano (3), gli abitanti
di S. Germano istigavano i soldati a disertare (4), e, quel ch'era
peggio, i presidi di Vercelli e di Nizza soffrivano per mancanza
di paghe (5). Per misura di prudenza il sig. di Masino, governa-
tore d'Asti, rinunziava ad eseguire le confische dei bèni sui ri-
belli e banditi dello stato (6). I lamenti del Duca erano con-
tinui e sdegnosi. Egli provava vera irritazione contro il luogote-
nente imperiale, perchè questi, sebbene cercasse scusa nella scarsità
di danaro, a lui pareva realmente di mala voglia, negando dì
continuo al castellano di Nizza, fra Paolo Simeone dei Balbi, tre
cannoni, che il valente soldato riteneva indispensabili a difendere
la piazza (7). Anzi dava il Gonzaga ordine di estrarre da varie
(1) Arch. di Stato di Torino, Registri cit., fol. 177. Il Duca al ca-
pitano di Crescentino. Vercelli, i5 gennaio i552.
(2) Id., Mantova, Lettere principi, lett. di D. Ferrante al Duca. Bene,
i5 giugno 1559. — CiBRARio, II, 264.
(3) Lett. cit. di D. Ferrante del 6 marzo i552.
(4) Id., II maggio i552.
(5) Arch. di Stato di Torino. Registri cit., fol. 80. Memoriale al
maggiordomo Cristoforo Due. Vercelli, 23 gennaio i552.
(6) Id., Lettere particolari, Gio. Amedeo Valperga di Masino al Duca.
Asti, 27 màggio i55i.
(7) V. il mio L'opera politico-militare di Andrea Provana di Leynì
dello stato sabaudo dal iJSJ «^ ^SJ9 (estr. dalle Memorie della R. Ac-
cademia dei Lincei, voi. VI, p. III). Roma, 1898, p. 14-16. — Arch. di
Stato di Torino, Mantova, Lettere principi. Copia d'un capitolo di D.
Ferrante all'Imperatore, Milano, 12 febbraio i552. "Egli è vero che,
come V. M. sa, potrò malamente supplire ci danari di qua al difetto de
lo assignamento fatto al detto castello {di Nizza) in Sicilia (che di
quel di Napoli son quasi sicuro), se io non ne bavero più di quelli che
al presente io mi habbia; ma così in questo, come in quel più ch'I
detto Castellano ricerca, farò in ogni modo et senza eccettione quel più
che mi sarà possibile „. — L'imperatore aveva dato ordine che i viceré
di Napoli e di Sicilia pagassero il presidio del castello di Nizza, —
v. pei cannoni negati da D. Ferrante, id., lett. cit. di D. Ferrante del
i5 giugno. " Delli tre pezzi de artilleria de li quali li fa instancia il
prior di Barletta, io non ho modo alcuno di poter in questo servire
a V. Ex.^ né compiacer a lui, et se lo potesse far creda che lo farebbe
372 LN EPISODIO DELLA LOTTA
ciuà piemontesi palle da cannonced artiglierie per trasportarle
ad Alessandria: un cannone e varie rhunizioni furono tolte per-
sino da Vercelli, che importava più che mai di tutelare, essendo
ora la capitale dello stato (i).
Una speranza rimaneva al Duca, che aperta com'era la guerra
con Francia, il Gonzaga la conducesse attivamente e si mostrasse
degno della sua fama. Em. Filiberto, tornato da Barcellona, aveva
ricevuto agli ultimi del i35i il comando della gente d' arme nel-
l'esercito imperiale d'Italia (2). Tutti attendevano grandi risultati,
e fu invece una vera delusione (3). Presa Bra(4) D. Ferrante ces-
san4o dai progressi nel Piemonte, si rivolse al marchesato di Sa-
luzzo, senza curarsi di sovvenire i presidi dove i soldati vivevano
di pan nero, soffrivano la fame ed angariavano gli abitanti. Il Duca,
che vedeva troncato così d'un subito il ricupero delle sue terre
ancora in mano di Francia, non sapeva darsene pace. « Lon voyt
asses » scriveva ad Ugo Michaud, « que les affères et succès du
camp ne redondent à point dhonneur de mon fìlz, daultant que lon
va cherchant des lieux qui sont mediatement subgestz à aultres et
employe lon ces forces pour leur bien. Et en lieu de ce pouvoit
lon bien prendre le chemin de Villefranche pour la prendre.... Au
surplus les villes de preside sont constitueez en telle extremité de
di bon core „. — Si noti che fin dal febbraio l'imperatore aveva man-
dato su tal materia al Gonzaga ordine categorico, v. Uopera politico-
militare, ecc., p. 16, n. 2.
(1) Arch. di Stato di Torino, Mantova, Lettere principi, D. Ferrante
al Duca. Milano, 12 aprile i552.
(2) Ricotti, II, 20; Marchand, p. 2o3. — Arch. di Stato di Torino,
loc. cit., D. Ferrante al Duca. Casale, 19 dicembre i55i.
(3) In altri tempi D. Ferrante aveva con fuoco incoraggiato l' im-
peratore alla guerra in Piemonte. Vedi Tausserat-Radel^ Correspon-
dance politique de G. Pellicier, pag. 210. Pellicier al re. Venezia, 11 gen-
naio 1541.
(4) Ricotti, loc. cit.; Marchand, id. Bibl. di S. M. in Torino, Mss.
di st. patr., n» 1072. Stroppiana al principe di Piemonte. Innsbruck,
i3 marzo i552. — Su questi fatti v. in genere Tosi : De vita Em. Phi-
liberti. Torino , iSgó, p. 60-62. Cambiano di Ruffia : Historico discorso
in M. h., p. SS, I, col. 1102-4.
TRA FRANCIA E SPAGNA l}jl>
grande misere quelles nen peulent plus (i) », Ai lamenti inces-
santi del Duca si univano concordi le censure d'un notevole mini-
stro imperiale (2). D. Ferrante occupato il Saluzzese, rientrò in
Piemonte e pose l'assedio a Bene, il cui signore, Gio. Luigi Costa,
seguiva le parti di Francia. L'assedio duro e lungo, essendo la
terra difesa dal Monluc, trattenne il Gonzaga e diede tempo ai
Francesi di ricuperare il Saluzzese, di prendere Verrua e Ceva.
Il Gonzaga disperato tolse l'assedio, ricuperò Ceva, e quindi alla
fin di luglio, umiliato degli insuccessi e, sembra, malandato in
salute, abbandonò l'esercito e fece ritorno a Milano (3). Anche un
disegno di tregua colla Francia nell'agosto di quell'anno falliva (4):
sicché le città piemontesi, disperando miglior fortuna, apparivano
decise a non più tollerare spagnuoli nelle loro mura. Ivrea tra
le altre si sollevò contro il governatore, Cristoforo Morales, che
le spremeva di continuo danaro. Ad evitare mali peggiori il Duca
aveva fatto presente al Gonzaga gli abusi (5), ma la risposta era
(i) Arch. di Stato di Torino, Lettere principi, Duchi di Savoia, m. 4.°
Il Duca al Michaud. Vercelli, 4 giugno i552.
(2) Id., Vienna, Lettere ministri, m. 2.° Stroppiana al Duca. Inns-
bruck, 7 marzo i552 (cifrato). " Don Giovanni Manrique ha detto per
quel che m'è stato riferito da buon luogo cose enormi et horribili a
S. M. delli mali trattamenti et disordini che li soldati facevano in
Piemonte ascrivendo la colpa di ogni cosa a D. Ferrante, cantra qual
ha cantato da Orlando (sic). Et ne ha dato molte querelle a bocca et in
iscritto et he stato meglio che lui le babbi fatto che noi, perchè se
gli presterà più credito. Perà non mancho procurare provisione etiam-
dio dal canto nostro,,. Il Manrique aveva infatti promesso di parlare
a favore del Duca. V. id., Lettere particolari, Tommaso Valperga al Duca.
Casale, 6 febbraio i552.
(3) Ricotti, p. 20-22; Marchand, p. 206-9. — Arch. di Stato di To-
rino, Mantova, Lettere principi, D. Ferrante al Duca. Milano, 3o luglio i552.
(4) Id., Lettere particolari, Gio. Amedeo Valperga di Masino al Duca.
Asti, 8 agosto i552. Id„ Tommaso Valperga al Duca. Ivrea, i3 agosto i552.
(5) Ricotti, II, 21. — Carteggio e Memorie (Bibl. di S. M. in To-
rino, Mss. di st. patria, n. 56o) voi. I, n. 118. — Arch. di Stato di To-
rino, Mantova, Lettere principi, D. Ferrante al Duca. Milano, 3o luglio
i552. — Mancavano nell'esercito stesso i danari per pagare le genti.
lù., Lettere particolari, Tommaso Valperga al Duca. Ivrea, 24 agosto i552.
3^J. UN EPISODIO DELLA LOTTA
Stata doversi fortificare la piazza ci' Ivrea ad ogni costo e quindi
gli abitanti si rassegnassero a sborsare il danaro occorrente (i).
Em. Filiberto, addolorato ed impotente, abbandonava l'esercito
del Gonzaga e tornava nelle Fiandre, a raccogliere in terra stra-
niera quegli allori che la mala sorte gli negava nella patria sua (2).
Il Duca avrebbe voluto almeno riconfortare Nizza, e visi-
tarla personalmente. Colà, sotto il tiepido clima di Provenza, la
sua salute, alterata negli ultimi anni, avrebbe forse trovato mi-
miglioramento. Ma il Gonzaga ne lo sconsigliò (3). I Francesi
del resto continuavano le ostilità e D. Ferrante aumentava i pre-
sidi nelle città sabaude, lasciando i soldati vivere sempre a di-
screzione: una compagnia di tedeschi fu introdotta a Vercelli, una
ad Ivrea, tre a Crescentino (4). Intanto ad Asti gli Spagnuoli si
ammutinavano per mancanza di paghe, e D. Ferrante li acquetava
con nuovi balzelli che spillava dalla città in attesa , di soccorsi
imperiali. Il comune naturalmente si lagnava, ma il luogotenente
imperiale si stringeva nelle spalle: non saper che fare, mancargli
i mezzi per provvedere (5). A Costigliele poi D. Ferrante si per-
mise arbitrii che offendevano la dignità del Duca (6), e prestando
orecchio a sospetti insinuatigli da gente interessata fece arrestare
Giorgio Costa, conte della Trinità, uno dei più illustri capitani
piemontesi del suo tempo, perchè era governatore di Busca quando
(1) Lett. cit. di D. Ferrante del 3o luglio.
(2) Tosi: De vita Em. Philiberti, p. 63. Guichenon: Histoire généa-
logique de la maison de Savoye, tomo 2.° (Torino, 1778), p. 287. Ricotti,
II, 22. L'opera politico-militare, ecc., p. 20,
(3) Lett. cit. del Gonzaga dal campo sotto Bene, 11 luglio i552.
(4) Arch. di Stato di Torino, Mantova, Lettere principi, D. Ferrante
al Duca. Milano, 12 agosto i552. — Crescentino era oppressa in quei
giorni dal suo nuovo governatore, Biagio di Somma, che pretendeva
ben 3 scudi al giorno di imposta dal comune. Lo stesso D. Ferrante
trovò la somma eccessiva e promise di mettervi riparo, v. id. Dal
campo sotto Bene, i5 giugno i552.
(5) Id., Memoriale del Duca a Cristoforo Due, settembre i552, colle
risposte di D. Ferrante.
(6) Arch. di Stato di Torino, Vienna, Lettere ministri, m. 2.° Strop-
pìana al Duca. Innsbruck, i5 e 20 marzo i552.
TRA FRANCIA E SPAGNA 3/5
i Francesi assediarono la piazza e senza grave fatica l'ebbero per
capitolazione (i). Il Duca stanco di tanti soprusi e che i suoi sud-
diti avessero a soffrire più dalle opere imperiali che dalle ostilità
francesi, e di vivere in continuo timore per Nizza, aveva mandato
a Milano il conte di Frossasco , Carlo di Mombello , il sig. di
Nerieu ed il maggiordomo Cristoforo Due (2) per agire efficace-
mente sul Gonzaga, ma senza esito.
Tuttavia alla corte imperiale ben si conoscevano i giusti
motivi di lagnanza del nostro principe. Il conte di Stroppiana
ed Km. Filiberto, colà tornati, avevano parlato con efficacia. E
l'imperatore nel mese di aprile i352 in occasione della nuova
guerra con Francia nelle Fiandre e nella Franca Contea già
pensava di richiamare il Gonzaga per affidargli il suo esercito
in quelle regioni e surrogarlo nella penisola con qualche altro
duce più favorevole agli interessi sabaudi (3). Egli voleva tute-
(i) Bibl. di S. M. in Torino, Mss. di sioria patria, n. 1072, Lettere
di negozi del sec. XVI, Paolo Vagnone al Duca. Cuneo, 21- ottobre i552.
V. E. avrà inteso l'arresto del conte della Trinità. Se fossi convinto
della sua colpa non parlerei. " Tuttavia egli mi pare che le attioni di
questo gentiluomo che ha fatto per lo passato in servicio di V. Ecc.
siano state tali che agevolmente da quelle si può fare giudicio buono
della fedeltà sua, onde potria esser che questa vessatione che gli è
venuta alle spalle procedesse solamente, come spesse volte accadde,
dalla perfidia di alcuni suoi emuli e calunniatori, i quali si sforzeranno
più tosto di offuscar la verità che di scoprirla. E quando anchora que-
sto avenisse per querelle dei popoli sottoposti al suo governo, mi par-
ria che ogni dovere voglia che il giudicio fosse di V. E. Per il che
per ogni conveniente rispetto mi è parso di supplicarla con questa
mia e ricordarle che in cosa tanto importante nel honor di un suo
fedele vassallo di tale qualità che hoggi ne ha pochi suoi pari al suo
servicio, che sia contenta di aprir bene gli occhi et haverlo per rico-
mandato „. — Circa la resa di Busca il 18 agosto ed i sospetti sul
conte della Trinità, v. Gosellini, Guerra di Parma e di Piemonte, ecc.
pag. 284.
(2) Arch. di Stato di Torino, Registro cit., fol. 161. Il Duca al gran
priore. Vercelli, 19 agosto i552, — id., Mantova, Lettere principi, Me-
moriale cit. al Due, settembre i552.
(3) Id., Vienna, Lettere ministri, m. 2." Stroppiana ad Em. Filiberto.
Innsbruck, io aprile i552 "....et idio sa che allegrezza fu la mia,,.
376
UN EPISODIO DELLA LOTTA
lare la dif^nità del Gonzaga, che da ben trent' anni lo serviva
fedelmente. Ma la guerra di Piemonte distolse Carlo V dal primo
consiglio (i). Però la caduta di Verrua ed i successi dei Francesi
fecero impressione sinistra alla corte. L'imperatore cominciò a me-
ravigliarsi che un vecchio e sperimentato capitano, quale era il Gon-
zaga, fosse con tanta facilità tenuto in iscacco dal nemico (2).
Le angherie numerose che il Duca faceva di continuo note (3) lo
indussero in ultimo a mandare un buon soccorso in danaro al
suo luogotenente e, pare, anche rimproveri sulle cose della guerra
e sulla condotta dei soldati delle terre piemontesi (4).
L'arrivo delle lettere imperiali a Milano commossero D. Fer-
rante. In tutta la vita sua questi non aveva mai ambito altro
che la stima e l'affetto di Carlo V, e s'accorgeva ora che la
sua condotta veniva dal potente sovrano severamente censurata.
Il suo sdegno si rivolse contro il Duca , al quale attribuiva la
diminuzione della sua fama in corte, e nella metà d'ottobre
dello stesso anno parti da Milano. Per Alessandria e Casale (5)
giunse il 2 novembre a Vercelli , e senza indugio si recò al pa-
lazzo ducale e coi principali del suo consiglio si presentò al Duca,
che era pur esso fiancheggiato dai suoi ministri, e con tono al-
tezzoso, usando espressioni e modi che ben palesavano l'ira pro-
fonda da cui era dominato, ebbe una spiegazione violenta con-
servataci in un documento, che pubblicherò integralmente (6).
(i) Id., lett. cit.
(2) Id., Stroppiana a id., Bressanone, 27 luglio i552. È arrivata le
lettera di V. E. del 12 di questo " nuntia della perdita di Verna, che
molto he dispiaciuta a S. M. , qual si he donata al orso in sentir cha
noi tenian la campagna con tanta bona gente e che quatro gatte de
nemici ne piglian le fortalesse sopra l'óchij di tanta importanza com'hè
quella. Non ne so che dire, sì non che nostro sig. Iddio he irato cen-
tra noi „,
(3) Id., il Duca allo Stroppiana. Vercelli, 14 agosto i552.
(4) Lett. cit. dello Stroppiana del 27 luglio.
(5) Arch. di Stato di Torino, Mantova, Lettere principi, m. i.° D. Fer-
rante al Duca. Alessandia, 24 ottobre i552.
(6) Id. " Sommaire des propos tenuz entre Monseig^' et le s' don
Fernande „.
TRA FRANCIA E SPAGNA
'//
«Le y de novembre i552 le s/ don Fernando est arrivé à
Verceil et est venu louger au pallays de Monseigneur. Apprès
avoir esté retiré, Jl est venu trouver mondict seigneur en sa
chambre, et là tous deux ont fait approucher les principaux de
leurs conseils. Assavoir du cousté de mondict seigneur mons/ de
Fruzasch (i), le conte d'Arignan (2), le gouverneur de Verceil,
mons/ le maistre Due (3), et mons/ de Luserne (4), mons/ de
Bressy (5), et Rovasende (6). De laultre part les s/ Fauzin (7)
....de Gonzaga, Vespasian Gonzaga, don Francisco de Biamonte, y
entremit aussy le maistre de camp Saint Miguel (8) et le
secr.- Evasio. Tous ceulx cy estantz convoquez le s."" don Fer-
nando a commencé à dire:
Perchè in la corte de sua M^ da qualche tempo in qua si
-parla vulvarmente 'che suopra li statj del s.^ Duca da questo
essercito si fanno delle estorsioni et sassinamentj , qual Infamia
credo esser proceduta dalla gente di v. Ex."^ et è stata confirmata
dapoi chel s.^ Principe vostro figliuolo è gionto alla corte, tal
che ogni uno tiene et ine et Ij capi di detto essercito per ladri
et sassini. Io son venuto da v. Ex^ per lamentarmi di questo in
preseritia di questi s.'^^ et intendere quali suono questi sassina-
menti che si pretende esser stati fatti, che, essendo cosa che tanto
mi tocca alhonore, non posso ne devo mancar di rissentirmene et
cercar quelli debiti mei:{i con li quali V honor mio et de tanti
cavaglieri sia ristaurato et venghi a perder sua MJ" la mala
opinione che ha conservata di me et di loro da tal Infamatione,
che questa non deve esser la ricompensa di anni XXX che ho
spesi tanto fidelmente in li serviti] di sua MJ\ ne anche deve esser
(1) Carlo di Monbello, conte di Frossasco.
(2) Gio. Francesco Costa, conte d'Arignano.
(3) Cristoforo Due, maggiordomo del Duca.
(4) Carlo Manfredi dei sigg. di Luserna.
(5) Lodovico (Luigi) Gallier sig.''^ di Bressieu.
(6) Antonio sig.''^ di Rovasenda.
(7) Sigismondo Fauzino.
(8) San Miguel.
?78 IN EPISODIO DELLA LOTTA
ricompensa de lamorevole:{:{a che sempre ho portata a /' Ex.'' v.
et del predetto s.'' Principe suo figliuolo et del rispetto che ho
sempre havuto alle cose vostre» Et se li stati loro hanno patito
delle grave:{\e et carichi infiniti, ne suono stato molto dispiace-
vole et haverei voluto col mio proprio puoterli ?'imediar, ma il non
esser lessercito pagato è stato causa che suono stato costretto pro-
veder alla gente de suoi debiti tassi, perchè vivesse ragionevolmente,
non a discretione, come si faceva altre volte nel stato de Milano,
et per me ho sempre laudato et suono stato di parere che doves-
sero far querella a sua MJ^ et domandar esser allegeriti, perchè
io non li puoteva rimediare. Ma quanto ad assassinamentj et
estorsioni che si sieno fatte, v. Ex."" non me gli ha anchora fatto
Intendere, che, quando gli havesse saputo, ci haveria provisto. Et
perchè sapendogli, per il carricho che tengo da sua M,^ et so-
disfattione de V honor mio, intendo farne quella dimostratione che
si conviene, supplico v. iTx.^ contentarsi che si toglino le debite
informationi et deputar per questo un suo qual assista con quello
che di parte mia sera commesso, O che v. Ex.'^ con una sua
lettera mi vegni a giustificar apresso sua M."- per no lassiarmi
in la sua disgratia, dove voi et vostro figliuolo m' havete posto.
U uno de questi doi partiti v. Ex."^ non mi può negare.
A ce Monseigneur a respondu: «Il est vray que voyant les
grandes et insuperables charges de mes pouvres pais, les inconve-
nientz et desordres que en venoyent Et les maulvais trectementz
quon faisoit à mes subgectz, Jay esté constrainct en Importuner
sa M/'^ et luy supplier que luy pleust pourveoir et remedier par
le moyen des payes, remonstrant quii nestait possible de supporter
dadventaige, et tant plus vouluntiers lay je fait que de ce fere
Jay esté persuade par v. Ex.", de la quelle ne se trouvera point
que mon filz ny mon embassadeur ayent parie en mauvaise part
à sa ma.^^' Bien a lon fait entendre que v. Ex.<^« sescusoit de ne
pouvoir remedier aux Ibulles et charges dudict pais sous la forme
du dict payement. Au demourant Je tiens vostre ex.= bien sou-
venante des plaintifs quen diverses fois vous ont esté faitz tant
par mes ambassadeurs quay envoyé par devers vous, comme par
TRA FRANCIA E SPAGNA Syp
les lettres que vous ay escriptes et par les supplications et requestes
dcs subgectz que vous ay envoyees. Quest en substance ce mesmes
dont vous plaignes , dont Rovaxende qui est Jcy, vous saura
donner tesmoignage mesmes de ce qui occourust a Ozegne, ou
furent brusleez cassines, prins bestiai, des homm.es du lieu faictz
prisonniers, qui furent laschez moyemant taille». — Sur ce point
le s/ don Fernando monstrant de ne sen souvenir demande audict
Rovaxende que cestoit, et luy respondist:
« Già suono molti mesi cìiel Duca mio 5.*"'' mi mandò una
lettera della contessa di O^egna, per la quale si lamentava del-
Ij excessi che dice il 5.^ ducay A qualj supplicai v. Ex^ voler
proveder ». Ha dist le s/ don Fernando: « Guardate bene quel che
dicete j signor ^ì. Dist Rovaxende: (■<■ E cusì, e che sia il vero io
remissi la lettera al sJ Evasio, la qual non ho dapoi potuto re-
cuperar ». Monseigneur dist dàdventaige les mauvais trectementz
faictz par le conte de Desane, Je: Ma. tizon (Gio. Maria Ti:({one(ì)y
sig.'^^ di Desana) ou soit sa compajgnie en certaine ville du
Vercellois. A quoy le s.'' don Fernando: « Io credo che il conte
non haverà fatto cosa che non deve fare, et che haverà delti
emulj quali erano causa di questo, per quello che assai si sapeva,
et tutto questo si faceva per una certa invidia ». Et fest appeller
ledict conte, disant: « // s." duca si lamenta di voi de certi sas-
sinamenti che havete fatti suopra un luoco del Vercellese. Se voi
V haverete fatto, vi castigare di manera che sarete essempio ad
altri ». Le dict conte respondant dict: « III.'"' s.""', non ho fatto
cosa che non debbi far' un par mio huomo da bene, et per so-
stenta."" di Ihuonor mio me constituirò con qual si vogli in me:{:{0
di quattro piche, et sei si triiova che io habbia fatto sassina.^"^
suono qui per ricever il castigo che meriterò da v. Ex.""'" ». Et
aultres parolles dict il pour sa Justiffication. Monseigneur luy
(i) V. in questo personaggio il Cazzerà : Memorie storiche dei Tiz-
zoni conti di Desana; e notizia delle loro monete [in Memoria della R. Ac-
cademia delle Scienze di Torino, serie II, tomo IV, (1842)], pag 86-87,0
DioNisoTTi: Il Comune di Desana e la famiglia patrizia del Tizzoni.
Torino, Bona, 1895, pag. 19 e ss.
Arch. Sior. Lomè. — Anno XXVII. — Fase. XXVI. 2;
380 l ^' i-ii:>.ul*10 JitLLA LOTTA
dist quesy bien luy estoit absent, son Lieutetant y estoit et son Al-
le ic lOt adiouxta mondici seigneur aultres cas dinsolences faictes
par le capp."' Nycolo Sec du temps quii estoit au gouvernement
de Cressentin, Et aussy par le conte Gentil Beccaria , quant il
estoit au gouvernement de Sainct German, dont faisoyent iby
les supplications envoyeez et les mémoires de ses Ambassadeurs.
Lesquelles querelles ledict s/ don Fernando demandoit fussent
.lustiffiez. Et quant a Nycolò Sec le s/ don Fernando prend la
parolle Et dist: « Che cosa ha fatto costui? Se ben hafatt'o repre-
saglie suopra le terre di v. Ex:^ non era per altro, se non per-
chè collor che doviano pagar loro tassi et contributioni non pa-
gaveno et che cussi è stato sfor:^ato di far. Et il conte Gentile
che ha fatto ? se loro hanno voluto eseguir li ordini miei et tassi
fatti non bisogna per questo improperarlj di sassinamenti ».
Respondant Monseìgneur dict: « Quand les ordres de vostre
Ex. Et le taux fait fussent observez, Ce seroit le moins mal. Mais
de composer et leur enjoindre peines pecunielles à mes subgectz
cella nappertenoit à eulx. Et que lon navoit assez quen ceste ville
lon fait payer contributions pour sept cens et septcente deux sol-
datz, ou" Il ny en a Jamais heu de plus que denviron trois cens,
non comprins la charge que la cité supporte de dix femmes dadven-
taige et de cent dix chevaulx ». Le s.'' don Fernando respond:
« Io so chel maestro di campo San Miquel non è pagato seno per
più che importa la provisione che gli dà sua MJ'"- et in tal con-
formità intendo che debbia essiger le suoe tasse et contributioni ».
Et de mesmes respondist ledict maistre de camp quii nexigeoit
si non la semblable provision quii avoit de l'empereur. Auquel
Monseigneur dixt: « Vous scaves bien que maves dict que ne veu-
lies vous tenir aux ordres du s."" don Fernando, Et que voulies
estre poyé à raison que dessus ». Continuant le s."" don Fernando
replicque: « L'infamia che io con tutto lessercito patimo è tale che
io non puosso manco di pregar v. Ex."^ che si voglia contentar
di luno delti doi partiti, o di scriver a sua Af.-' in satisfattione di
Ihonor mio, o che si prendino queste informaiioni delti sassina-
menti et estorsioni fattey per li quali consterà se io ho particu-
TRA FRANCIA E SPAGNA
larmente cavato ogni giorno li trecento sciiti dallj stati di v.
Ex."^ , come alcuni voleno inferire, che mi troverò anchora sessanta
milla scuti et più per riparar tal danno. Et quando v. Ex."^ mi
negasse questa gratia mi farla gran tortOy et tanto magiormente
non me lo deve negare che del tempo dil fu marchese del Guasto
a linstantia di v. Ex.'^ fureno tolte informationi, essendo lui in
officio, come ogniun sa, le quali ho viste, et furono mandate a
vostra^ medesima Instan:{a a sua MJ^"- Appresso la qiialle par
che voi et vostro figliuolo andate a tal mira di mettermi disgra-
tia, il che non merita lamorevolena che vi ho sempre portata et
la servitù fattavi, dalla quale mi sete molto obligato. Et da questo
nasserà che in luogo della ricompensa che aspetto da sua MJ'"-
della continua et fidel servitù fattale In trenta anni, le parrà
havermi assai satisfatto in lassarmi la vita. Et perchè il s.'' Don
Alvaro (D. Alvaro di Sandez, castellano di Milano) è ancora lui
notato haver essegito notabile somme de dinari dalle langhe,
v. Ecc.'"- sarà anche contenta se dia un aggionto a lauditore dil
campo per parte di v. Ecc:^ per la sumptione delle debite infor-
matione suopra di questo , acciochè trovandosi esser cusì facci
parimente lui quella satisfattione che si conviene ».
Monseigneur Replique: « Jamais na esté touché ceste corde
de parler de vostre Ex.'^% ny par mon filz, ny par mon amba/
Car Je me suis tousiours apperceu de la bonne volante que
maves porte et a mondict filz, Et que noz travauls et misères
vous ont despleu et desplaisent. Et quant à prendre Informations
contre les aultres lon peult assez comprendre que les pouvres gens
noseront deposer la verité pour peur de tomber en plus grands
Jnconvenientz, avec ce que quant bien II se cousteroit de telles
extorsions, Je croy que vostre ex.^^ ne tient pas charge den ram-
borser les subgectz qui ont esté dompmaigez, Joinct aussy que
par le passe nen a esté fait petite demonstrance, Tellement quilz
nont besoing pour maintenant de telle fascherie. Et vous prie
vous en contenter et avoir mesdicts subgectz pour recommandez
Jouxte lentière fiance quay tousjours heu en vostre ex."».
382 IN EI»lSOr)IO DELLA LOTTA
D. Ferrante non era del tutto colpevole. Privo di mezzi od
in grande penuria non poteva egli sopperire alle spese d'una
grande guerra e cacciare i Francesi di Piemonte. Tant' e che i
luogotenenti imperiali che lo precedettero e lo seguirono durante
l'occupazione francese in Piemonte, non ebbero miglior fortuna.
Il marchese del Vasto, Alfonso d'Avalos, non aveva fatto meglio,
il successore del Gonzaga, Ferdinando di Toledo, duca d'Alba,
pur avendo sotto mano un fortissimo esercito, dovrà ritirarsi da
Santià. Solo il duca di Sessa, Gonzalo de Cordova, farà meglio,
perche in migliori condizioni. Giuliano Gosellini, segretario del
Goiizaga, e da lui incaricato di scagionarlo delle accuse mos-
segli (i), troverà dunque ottimi argomenti a discolpa del suo
signore (2). Ed anche Giuseppe Cambiano di Ruffia, storico
piemontese quasi contemporaneo, non certo inclinato a favorire
il luogotenente imperiale, farà notare come anche senza cattivi
intendimenti il Gonzaga non potesse ottenere grandi risultati (3).
Ma vi sono fatti nella condotta del Gonzaga che non trovano
(i) Gosellini: Lettere, Venezia, Megietti, 1592, p. 5o. D. Ferrante
al Gosellini, Como, 3 giugno i557. " Magnifico amico caro. Io mi com-
metto a lungo camino, et molto infermo, corno havete veduto ; per-
ciochè se Dio disporrà pur di me, intendo che si publichi quel vo-
lume, ch'io di me diedi all'Imperatore, sì perchè la verità di quello
mi difenda come fece allhora, et sì perchè altri, a cui quella copia
fosse capitata, non la publicasse per suoi disegni, diversa dal vero.
Questo pietoso uffitio devete alla memoria di chi ha sempre confidato
tanto di voi, e più alla verità. E tutti i miei figliuoli, ricerchi da voi,
vi aiuteranno alla detta pubbli catione. State sano. Da Como, a iij di
giugno i557
vostro Ferrante Gonzaga,,.
Il volume a cui qui si accenna è certo la Guerra di Parma e di
Piemonte già cit.
(2) V. oltre la Guerra di Parma e Piemonte la discolpa che fa il
Gosellini in altra opera della campagna suddetta {Vita di D. Ferrando
Gonzaga. Pisa, Cappurro, 1821, p. 168-247).
(3) Ruffia: Historico discorso (M. h. p. SS. I), col. iio5. " Restava
opinione al mondo, che il lasciar così D. Ferrante perdere le cose del
Duca di Savoia in questi stati procedesse da qualche secreto odio,
ch'egli havesse alla casa; ma se consideraremo, che non fece maggior
frutto a San Damiano et nel Monferrato eh' era d'un Duca suo parente,
convien dire che questo più tosto procedesse dalla mala fortuna del
TRA FRANCIA E SPAGNA 383
scuse né giustificazioni. Le insidie occulte a danno del Duca, i
favori suoi ai Francesi e Genovesi nella questione del sale, non
ostante sapesse che avrebbe procurato la rovina delle ultime ri-
sorse ducali, gli arbitrii suoi e dei suoi capitani con usurpazioni
delTautorità sovrana (i), i pesi addossati alle povere città pie-
montesi non sempre per vera necessità che lo stringesse, ed infine
la barbara proposta di ridurre il Piemonte a deserto, e l'abban-
dono a sé stessa di Nizza, pur sapendola base del ducato non
solo, ma della supremazia imperiale in Italia, sono colpe che
proiettano luce sinistra sull'immagine di quel duce, le cui qualità
militari e politiche erano dall'imperatore giustamente apprez-
zate (2).
La guerra continuò nel i553, infelice per le armi imperiali.
Alba cadde in mano ai Francesi, S. Damiano, che il Gonzaga
volle assediare, resistette, e 1' obbligò alla ritirata, come avvenne
bon Duca Carlo, et perchè maggiore fosse la gloria del figliolo in, ricu-
perare ad un tempo quello che in molti anni s' era perduto „, oltre
che i Francesi, dovendo conservare quanto avevano occupato, vi po-
nevano maggior impegno del Gonzaga, che combatteva solo per gli
interessi di un terzo, il Duca.
(i) Ad esempio l'imperatore aveva ordinato a D. Ferrante di non
più esigere il dazio di un testone nelle terre ducali, secondo faceva
da anni arbitrariamente. Egli invece d' ubbidire continuò nelF antico
sistema. Arch. di Stato di Torino, Vienna, Lettere ministrif m. 2.° Il
Duca allo Stroppiana. Vercelli, 14 agosto i552. Stroppiana al Duca.
Spira, 3 dicembre i552.
(2) D. Ferrante morì a Bruxelles il i5 novembre iSSy dopo aver
perduto il governo di Lombardia, v., oltre alla Vita del Gosellini,
Calvi : // gran cancelliere Francesco Taverna, conte di Landiano e il suo
processo secondo nuovi documenti [in Arch. stor. lombardo, IX (1882)] ed
il mio U opera politico-militare, ecc., p. 38-89. — F^^ comprendere quale
fosse la condizione delle terre sabaude nella fine del i552 si leggano
le poche, ma espressive parole di un ministro ducale. Arch. di Stato
di Torino^ Lettere particolari, Tommaso Valperga al principe di Pie-
monte. Alessandria, 16 dicembre i552. " Circa al paese suo, come de
altri domini, dico resolutamente che è minato il tuto, perchè quando
li soldati hanno una paga convien che viveno un' altra et più sopra
il paese, et non li vai diligentia né osservatione de ordini, che quando
il soldato non è pagato convien che viva di qualche sorte et tanto
hano vivuto che, se Dio et sua Max.t^ per sua mano non ci provede,
morirano mezi li populi di necesità, perche non li vedo rimedio al-
384 ^^ EPISODIO DELLA LOTTA TRA FRANCIA E SPAGNA
pure in Germania all'esercito di Carlo V sotto Metz (i). 11 duca
sopravisse poco a questi infortuni. La sua salute, scossa da molti
anni (2), peggiorata nel i55o (3), lo condusse presto alla tomba.
Egli spirò la notte del 16 al 17 agosto in Vercelli, affranto dai
dolori fisici e morali, privo anche del conforto di abbracciare per
r ultima volta 1' unico figlio, nel quale stava riposta la sola spe-
ranza di miglior avvenire per lui e pei suoi popoli (4).
Arturo Segre.
cuno, et non valle più industria né sotileza, quando non ce alcuna
forma di entertenimento. Cossi dal canto suo piacerà de prenderli il
meglior espediente, che de qua non si mancherà nisuna volta,,.
(i) Marchand, p. 2i5. — Arch. di Stato di Torino, Vienna, Lettere
ministri, m. 2.° Stroppiana al Duca. Spira, 3i dicembre i553.
(2) Id., Registri cit., fol. 278. 11 Duca ad Eman. (Filiberto. Vercelli,
28 novembre 1549.
(3) Era un insulto apoplettico, Ricotti, I, 285; Cibrario, II, 262. —
Arch. di Stato di Torino, Mantova, Lettere principi, I, D. Ferrante al
principe di Piemonte. Milano, 4 ottobre i55o. " Mi duole di esser
astretto a darle nuova sì trista; non di meno ho pensato esser me-
glio il far così che il non dargliela, importandole tanto lo haverla.
Io qui non mancherò di fare quanto mi sarà possibile per conserva-
tione di quello stato et per servitio di S. M. et di V. Ex., la quale io
ho sempre amata et stimata assai , et per assicurarla di questo ho vo-
luto scriverle la presente. Ma ella dal canto suo procuri con S. M. et
con seco medesima che si rimedij di costà ambedue a quello in che
stimerete esser maggiore il bisogno, et che da me non si possa fare,
acciò che non ci sopravenga cosa alcuna impremeditata, dove a Dio
piacesse di chiamar a sé 1' 111.™° et Ex."io sig/ duca, il che sia secondo
la santa sua volontà,,.
(4) Cibrario: Cronologia de^ Principi di Savoia rettificata [in Memo-
ria della J^. Accademia delle Scienze di Torino, serie II, tomo I, (1832)],
pag. 398. Ricotti, I, 286. — V. le disposizioni date da Em. Filiberto in
caso di morte del padre fin dal i55o (febbraio) in Ricotti : Degli scritti
di Em. Filiberto (in Mem. della R. Accademia delle Scienze di Torino^
serie 2.% XVII), p. 142-48, doc. 33.
VARIETÀ
Usi cancellereschi viscontei.
L'archivio di Stato in Reggio d'Emilia è molto ricco di
materia viscontea, possedendo circa 2000 documenti provenienti
dalla Cancelleria viscontea, la metà dei quali sono in originale (i).
Questa bella raccolta si presta a vario genere di studi, sia che
si considerino il contenuto storico, oppure i caratteri estrinseci
dei documenti che la compongono; e credo perciò opportuno di
sottoporre al giudizio degli studiosi certe osservazioni sopra alcuni
di codesti caratteri estrinseci, che gettano maggior luce sopra usi
della Cancelleria viscontea, non del tutto sconosciuti certamente,
ma nemmeno, a quanto io sappia, sufficentemente illustrati fin qui.
I.
Uso del sigillo grande e del piccolo.
Giangaleazzo Visconti, che tante cose innovò e a tante altre
diede regolare assetto, lasciò traccia dell'opera sua anche negli
usi cancellereschi. Un'importante sua lettera riguarda appunto le
regole per l'uso dei sigilli.
(i) Vedi la mia Informazione alla Commissione pel Repertorio di-
plomatico visconteo in c{\XQSt' Archivio , anno corrente, fase. I, pp. 221 sgg.
386 VARIETÀ
Egli aveva continuato per un certo tempo a sigillare una
parte delle sue lettere con un sigillo particolare, chiamato uffi-
cialmente parviim sigillum in contrapposizione al sigillum ma-
gnum solitum. Ma senza curarsi di dare agli ufficiali che ricevevan
gli ordini impartiti con simili lettere, le norme necessarie, affin-
chè potessero distinguere i casi in cui il sigillo piccolo era valido
da quelli in cui non lo era, s'era limitato a far menzione del
sigillo piccolo prima o dopo la data della lettera a cui esso era
apposto. Finalmente il 20 ottobre i385 sentì il bisogno di dare
codeste norme; e quindi con una di quelle lettere che si consi-
deravano equivalenti ad un decreto, sebbene non aressero le forme
solenni proprie dei decreti (i), stabilì che il sigillo piccolo avesse
(i) Sebbene sia uso antico di non badar troppo alla differenza fra
codeste lettere ed i decreti formali, la differenza esiste; e non doveva
essere priva d' importanza a quei tempi, giacché la Cancelleria la no-
tava nei due modi seguenti: i.*^ avvertendo nel testo di una lettera
con apposita formola che essa era lettera ma doveva essere osservata
come un decreto {" Has nostras litteras prò lege et decreto inviolabi-
liter observando „ si legge in Antiqua ducum Mediolani decreta, Milano,
1654, pp. 149, 289 ed altrove) : 2.° spedendo codeste lettere in modo
diverso dai decreti. Delle lettere si facevano tanti originali che veni-
vano indirizzati agli ufficiali incaricati dell' esecuzione. Dei decreti si
facevano copie, le quali venivano spedite entro una lettera accompa-
gnatoria indirizzata agli ufficiali suddetti. La forma delle lettere, tol-
tane la clausula prò lege et decreto etc, sopra riferita, non si distingue
da quella delle lettere comuni : la forma dei decreti è ben diversa. Le
lettere cominciano Dominus Mediolani, i decreti Nos N. N. dominus Me-
diolani; le lettere non hanno (se non forse per rara eccezione) il numero
dell' indizione e l'ordine di.suggellazione (" nostri sigilli munimine jus-
simus roborari „), che nei decreti non manca mai; le lettere hanno
per lo più la formola di sanzione volumus et mandamus, i decreti ag-
giungono edicimus et iubemus. E poi cosa degna di nota, che quelli che
anche nel linguaggio cancelleresco d'allora si chiamavano propria-
mente decreti , hanno forma identica alle lettere patenti; anzi
sono vere lettere patenti, come si rileva dalla formola seguente, con
cui si chiude un decreto di Giovanni e Luchino, dato a Milano 1' 8
giugno 1346: ^^ In cuius decreti testimonium has patentes conscribi et
registrari iussimus, etc. „ {Antiqua decreta, cit. p. 133). — Faccio notare
che le patenti con valor di legge furono in uso fino a tempi recenti
sotto i cessati governi italiani, p. es. sotto il governo sardo.
VARIETÀ 387
lo Stesso valore del grande solito, eccettuati però i cinque casi
seguenti, nei quali non potevasi usare e non era valido che il
sigillo grande: i) ordini di ricevere truppe in una città, 2) nomine
d'ufficiali e castellani, 3) grazie e sospensioni di processi, 4) do-
nazioni e concessioni, 5) ordini implicanti deroga ai diritti di
qualche persona in liti, sentenze od altri atti legali di carattere
civile.
Questa lettera, essendo una specie di circolare e contenendo
l'ordine che la si inserisse negli Statuti, deve probabilmente tro-
varsi ancora fra le carte di molti archivi. In quello di Pavia la
trovò per primo il Magenta e la diede alle stampe (i). Il suo
testo però è tanto scorretto che io credo di far cosa utile agli
studiosi, offrendo loro, in appendice a questo scritto, un testo
migliore, preso fedelmente dall'originale che trovasi nell'Archivio
di Reggio (vedi documento I).
Trovandomi poi innanzi tante lettere originali, ho voluto
fare qualche altra ricerca intorno all'uso dei sigilli, a maggiore
illustrazione di questa lettera interessantissima. Del sigillo piccolo
— che era quel medesimo con cui la lettera del 20 ottobre i385
era stata sigillata (u cuius forma presentes sigillantiir ^^ ^ è detto
nel testo della lettera) — non ho potuta trovare un'impronta
nitida né in questo né in altri documenti reggiani; perchè la
cera, avendo subito (a cagione dell' ammonticchiamento delle carte)
una forte compressione, s'è staccata o del tutto od in gran parte
e non ha lasciato che una macchia rotonda caratteristica. Da
questa macchia appare chiaro, però, che il sigillo piccolo era ro-
tondo e del diametro di circa mm. 25; e non è quindi cosa dif-
ficile distinguere le lettere, a cui era apposto, da quelle che ancora
hanno od evidentemente avevano invece un sigillo molto più
grande, del diametro di circa mm. 58. Esaminando e paragonando
le lettere della prima con quelle della seconda specie, sono arri-
vato a conchiudere che la lettera del 20 ottobre i385 deve inter-
(i) Magenta, / Visconti e gli Sforza nel castello di Pavia. Milano,
i883, II, doc. n. LXXIII, p. 52.
388 VARIETÀ
prctarsi in un modo diverso da quello che a prima vista sembre-
rebbe il più semplice; e dalla interpretazione più complessa, ma
pur dimostrata vera dai documenti, ho visto nascere poi una
curiosa quistione di sfragistica.
A prima vista, dal contesto della lettera 20 ottobre i385
potrebbe sembrare che Giangaleazzo intendesse di sostituire
il sigillo piccolo al grande nella maggior parte dei casi, riservando
l'uso del grande ai soli cinque casi sopra riferiti; ma il vero
significato dell'ordine è molto diverso. Infatti basta osservare due
cose: i.° che nella lettera del 20 ottobre i385 il sigillo grande è
chiamato solito {k sigillum nostrum magnum solitum»), e si
dispone affinchè « omnes litteras qiie sigillo parvo sigillate fue-
rint » vengano osservate « ac si sigillate forent sigillo magno
solito»; 2.° che le lettere intorno ad affari correnti ed ordinari
d'amministrazione (le quali formano di gran lunga il maggior
numero nel fondo reggiano) hanno il sigillo di mm. 58 e. e non
già quello di mm. 25 e; — per convincersi che dopo il 20 ottobre
i385 il sigillo grande continua ad essere, come prima, il sigillo
solito, cioè adoperato ordinariamente. La lettera del 20 ottobre
i385 fu dunque scritta coli' intento di equiparare il sigillo minore
al sigillo maggiore (eccezion fatta d'alcuni casi), non già coli' in-
tento di sostituire quello a questo; era insomma un regolamento
per l'uso promiscuo dei due sigilli.
Come nacque codesto uso promiscuo e perchè si sentì il
bisogno di regolarlo? Un indizio del « come » troviamo in un
documento del i38o, edito dall' Osio(i), dove Giangaleazzo Vi-
sconti avverte che sigilla col sigillo piccolo perchè non ha seco
il grande (« sub sigillo pativo nostri comitis [scil. Virtiitum]
ab sente magno y^). Il documento è datato da Milano; e quindi
si capisce benissimo perchè Giangaleazzo non avesse con sé in
quella città il «uo gran sigillo, ossia il vero sigillo di Stato, il
quale doveva allora trovarsi in Pavia che era la capitale dei do-
(i) Osio, Doc. diplom., I, p. 207: i380; luglio 16, Milano.
VARIETÀ 389
mini allora da lui posseduti; mentre aveva seco un altro sigillo
più piccolo, che abitualmente non serviva per lettere di Stato e
che doveva dunque essere un sigillo privato del principe. Altri
indizi sempre più convincenti per rispondere all'una ed all'altra
domanda ci offrono poi i documenti reggiani originali anteriori
al 20 ottobre i385. Questi originali sono 36 (i) e cominciano dal
14 agosto del medesimo anno: il loro numero è dunque conside-
revole, essendo cosa certa che in 67 giorni il governo visconteo
non potè dirigere un numero molto maggiore di lettere al Podestà
ed al Capitano della città di Reggio, ai quali sono indirizzate le
36 lettere conservate. È perciò lecito di attribuire molta impor-
tanza alle osservazioni, anche statistiche, che possono farsi sopra
codesti documenti. Ora si nota che delle 36 lettere 4 sole hanno
il sigillo piccolo; e queste sono tutt' e quattro datate da Melegnano
e trattano tutt'e quattro di argomenti che evidentemente erano
di personale competenza del Signore, non già perchè avessero una
particolare importanza per V amministrazione dello Stato , ma
anzi perchè riguardavano la corte e le sue cacce riservate. Ar-
gomento consimile diede occasione, il 7 d'ottobre i385, ad una
lettera con valor di decreto, che 1' Archivio di Reggio possiede
soltanto in copia autentica ma anch' essa però con la menzione
espressa del sigillo piccolo (2).
Ecco un brevissimo transunto dei cinque documenti:
i385. Settembre 26, Melegnano - G. G. Visconti chiede al podestà
di Reggio dei buoni levrieri.
» Ottobre, 7, » - Il med.° ordina al med.° di man-
dare tutti i giorni a Pavia il bol-
lettino della sanità pubblica (3).
>> Ottobre, 7, » - Il med." ordina con lettera-de-
creto di punire colla perdita
(i) Archivio di Reggio. Carteggio del Reggimento, i385.
(2) Ivi: Registro di decreti Ij8j-ij94 a carte 2 t.°
(3) Era tempo di peste. Vedi Chron. placent. in R. I. S., XVI, 646, C-E.
3qo varietà
della metà dei beni chi prenda
un cervo od una cerva (i).
i385 Ottobre, ii, Melegnano - Il med." chiede al mcd." ed al
Capitano minute informazioni
per compilare ììLiber officioriim
et Castellaniarum.
» Ottobre, 19, » - Il med.° dispone intorno al mo-
do di dividere i proventi delle
multe di cui sono colpiti coloro
che prendono cervi.
Osservando questo transunto si riconoscerà che le due ultime
lettere (11 e 19 ottobre) munite del sigillo piccolo e la lettera-
decreto del 7 ottobre, sebbene trattino ancora d'affari interessanti
la Corte (2), cominciano già ad invadere il campo dell'amministra-
zione generale dello Stato e quello del diritto pubblico, special^
mente la lettera-decreto che impone una pena gravissima, e
l'ultima lettera che dispone intorno al modo di ripartire il pro-
vento di un'entrata straordinaria. Chi sa mai quante altre volte
casi consimili si saranno presentati ! Era quindi naturale che
Giangaleazzo dovesse temere che qualche dubbio sorgesse nell'a-
nimo dei suoi funzionari intorno alla validità di consimili docu-
menti; tanto più che il sigillo era allora d'importanza grandissima,
perchè le lettere non portavano la segnatura di Giangaleazzo ma
soltanto quelle dei segretari; e un funzionario che riceveva una
lettera irregolarmente sigillata, poteva concepire il sospetto che
i segretari avessero tentato di sorprendere la sua buona fede
abusando di un suggello a loro affidato. Giangaleazzo perciò
credette bene di dare una regola generale e la diede colla lettera
(1) Questa lettera-decreto non si trova sotto la data 7 ottobre i385
negli Antiqua decreta ; ma sotto la data 28 dicembre 1893, a p. 197, c'è
un decreto molto somigliante. Sulla caccia dei cervi vi sono poi altre
disposizioni di anni successivi (pp. 207, 212).
(2) Anche il Liber officioriim era di evidente necessità per la segre-
teria della Corte.
VARIETÀ 3gr
20 ottobre i385, la quale (cosa da notarsi) è posteriore di solo
un giorno alla lettera sigillata col sigillo piccolo sopra ricordata
che disponeva in materia finanziaria.
Dopo il 20 ottobre 1385 le lettere di Stato con sigillo piccolo
non sono nel carteggio reggiano più numerose di prima, sebbene
la ricchezza di esso non diminuisca (i). Vi sono però lettere col
sigillo piccolo di argomento importantissimo; com'è ad esempio
quella del 24 dicembre i385, con cui Giangaleazzo proibisce a
chiunque di costruire fortezze nei suoi territori senza licenza (2).
Ora io ho notato che questa e tutte le altre lettere di Stato
sigillate col piccolo sigillo cadutemi sott'occhio non sono datate
mai da Milano; la lettera del 24 dicembre i385 è datata da
Piacenza, altre da Pavia, Abbiategrasso o da altra di quelle resi-
denze che Giangaleazzo andava, nei mesi buoni dell'anno, mutando
abbastanza di frequente. E ciò mi porta a conchiudere che la
differenza fra i due sigilli possa definirsi così: il sigillo grande
era quello che avrebbe dovuto apporsi di regola ai documenti
di Stato; il sigillo piccolo era quello della Segreteria di corte,
usato di regola per gli affari di corte e correlativi, usato eccezio-
nalmente per documenti di Stato. Quando si ricorreva al sigillo
piccolo in via eccezionale? E chiaro che, dopo le disposizioni date
con la lettera 20 ottobre i385, Giangaleazzo avrebbe anche po-
tuto fare uso molto largo del sigillo piccolo, se avesse voluto; ma
gli officiali della sua Curia in Milano (3) non ne facevano uso,
perchè il sigillo piccolo non era a loro disposizione; ed egli me-
desimo non se ne serviva per affari di Stato, quand'era a Milano.
Egli continuava a servirsene, come aveva fatto fino dal i38o;
absente magno. Il grande dopo il i385 abitualmente era a Milano;
(i) Vedi un po' di statistica nella mia soprai:itata Informazione.
(2) Archivio è Carteggio citt. — Anche su questa materia troviamo
disposizioni consimili negli Antiqua decreta; ma sono tutte posteriori.
La più antica è del 1892 (p. 178), segue una del 1894 (p. 207) ed altre
di anni successivi.
(3) È superfluo avvertire che al tempo di Giangaleazzo la Curia
o la Corte non sono più la stessa cosa.
3o3 VARIETÀ
quindi Giangaleazzo aveva occasione di servirsi del piccolo solo
fuor di Milano. Perciò si può ritenere che un documento di lui
in materia di Stato col sigillo piccolo proviene direttamente dalla
Segreteria di Corte e non è datato da Milano. E ad ulteriore
conferma di ques' opinione intorno alla natura ed all'uso del
sigillo piccolo, vale anche il fatto che le lettere, a cui esso è ap-
posto, erano evidentemente spedite con minori formalità delle
lettere ordinarie di Stato col sigillo grande. Queste infatti hanno
sempre sotto il sigillo stesso la segnatura di una persona che
sarà stata quella che vi apponeva il sigillo, e che non è (salvo
forse qualche eccezione possibile) la segnatura di quei medesimi
officiali che segnavano in calce alla lettera nell'interno; mentre
invece le lettere col sigillo piccolo hanno una sola segnatura in-
terna e nessuna sotto il sigillo (i). Dunque a formare e spedire
una lettera col sigillo piccolo occorrevano minor numero di per-
sone e s'andava più alla spiccia; ciò che s'accorda benissimo col
concetto di lettera che il Signore in persona s'occupava di far
spedire da una residenza transitoria, lontana dalla Curia, usando
il sigillo piccolo per pura necessità.
Un' obbiezione, a prima vista molto grave, sembra potersi
muovere a questa spiegazione della lettera del 20 ottobre i385;
e già mi fu mossa da un chiaro cultore degli studi storici mila-
nesi (2), al quale devo professarmi grato d'avermi cortesemente
avvertito e di questa e d' altre cose importanti.
Nel r. Archivio pi Stato di Milano (3) esiste un documento del
1451, che i lettori troveranno nell'appendice a questo scritto
(doc. II), dal quale si apprende che sotto il governo di Filippo
Maria Visconti, l'uso dei due sigilli era soggetto a regole assai
diverse da quelle che io ho creduto di poter dimostrare essere
stato in vigore al tempo di Giangaleazzo. Infatti lo scrittore di
quel documento, Lanzalotto Grotti, addetto prima alla cancelleria
(i) Vi sono eccezioni ma poco frequenti.
(2) Il sig. ing. E. Motta.
(3) Archivio di Stato di Milano: Carteggio sforzesco, a. 1451.
VARIETÀ 393
di Filippo Maria Visconti e poi a quella di Francesco Sforza ,
scrive che a tempo di Filippo Maria le littere comune che tiito
el dì se ordeneno per lo Consilio, egli non le segniava ne sigil-
lava, ma le sigillava lo Secretarlo con uno sigillo minore;
e per maggior chiarezza aggiunge che al tempo del prelibato
duca passato se sigelavano del ditto sigillo grande solamente
lettere di grazie, di donazioni di terre, possessioni ed altre cose,
le lettere degli officiali e castellani e tutti i contrassegni che si
davano ai castellani. Le altre lettere che il CrQf ti chiama comuni
avevano il sigillo piccolo.
Da questa lettera vien fuori la seguente curiosa quistione di
sfragistica : Essendo indubitabile che le notizie date dal Grotti
sono diverse da quelle date dai documenti da noi prima esaminati,
come, quando e perchè mutarono le regole di cancelleria? Nei
documenti dei successori di Giangaleazzo bisognerà cercare la
risposta. A me, che non ho sott' occhio altri originali fuorché
quelli di Giangaleazzo, basti di far notare che l'importante let-
tera del» Grotti non infirma l'opinione da me manifestata intorno
al modo d'interpretare la lettera di Giangaleazzo del 20 ottobre
i385; perchè questa dice espressamente che il sigillo grande era
il solito e i documenti reggiani dimostrano in modo luminoso
la prevalenza del sigillo grande sul piccolo nelle lettere di Stato.
Ciò che è provato da documenti sincroni , non può esser dimo-
strato falso da una lettera del 145 1. Del resto questa lettera stessa
contiene cose che sufficentemente illuminano la vera natura del
sigillo piccolo. Questo sigillo, dice il Grotti, si appone alle lettere
comuni ordinate dal Gonsiglio ducale; ed ora invece ho dovuto
sigillarle io col sigillo grande, « wo/i siando qui altro sigillo apresso
al Secretarlo ». Dunque anche nel 145 1, codeste lettere che avreb-
bero dovuto avere, secondo il Grotti, il sigillo piccolo, venivano
e ordinate » da coloro che erano più dappresso alla persona del
Duca; e il sigillo piccolo non era affidato, nemmeno nel 1451, alla
Cancelleria di Stato, cosicché, essendo lontano il Duca, non si
poteva adoperarlo e si usava sempre il grande. A me pare che tutto
questo non infirmi, ma corrobori la mia opinione intorno alle
394
VARIKTA
origini dell'uso del sigillo piccolo nelle lettera di Stato. E quanto
poi al modo nel quale il sigillo piccolo arrivò ad avere col tempo
la prevalenza, i documenti soli, ho già detto, possono informar-
cene; intanto si può ben supporre che l'uso del sigillo piccolo
non tardasse molto ad essere concesso ai membri del Consiglio
segreto e così finisse pian piano per prevalere.
Checché ne sia di questo, mi sia lecito esortare quanti hanno
occasione di pubblicare documenti viscontei a non trascurare di
tener nota della qaialità dei sigilli. E ciò non per una semplice
curiosità storica; ma perchè è cosa di molta importanza il poter
distinguere da un indizio qualunque l'ufficio eia persona da cui
i documenti viscontei provengono, come più ampiamente sarà
dimostrato dalla osservazione, che segue, sulla data del luogo.
IL
Data del luogo.
Lettere d' ufficio e lettere del Signore.
E noto che sotto i Visconti andò sviluppandosi una forma
d' amministrazione che sempre più s' avvicina al tipo moderno.
Ed è noto pure che al tempo di Giangaleazzo Visconti l'azione
personale del Signore non esercitavasi più altro che nel disbrigo
d'una parte sola degli affari di Stato; perchè già v'erano uffici che
regolarmente funzionavano da sé come i nostri ministeri, o pres-
s' a poco, in modo che la volontà del Signore interveniva rara-
mente nel disbrigo degli affari ordinafi loro affidati, per quanto
questi fossero molto importanti (i). Certi funzionari ricevevano
una vera e propria delegazione di poteri, che inchiudeva la fa-
coltà di sbrigare affari a nome ed in vece del Signore. Il 29 agosto
(i)Xfr. Fertile, Storia del dir. ital. -, II, parte I, § 52.
VARIETÀ 3g3
i'385 Giangahazzo scriveva infatti al podestà di Pavia disponendo
quanto segue: « Volumiis qiiod in casti quo aliqui ambasciato-
res atiquorum dominoriim aiit ìiominum tam nostromim qiiam
aliunde in iurisdictione per nos tibi commissa venire contingat,
co quia velini ad nostrani presentiam accedere, eisdem percipias
quod Mediolanum se transferant corani Consilio nostro ibidem
existenti, quod ipsis super omnibus qiie p etere vellent
respondebit ad plenum » (i). Questo documento che il suo
editore, il Magenta, interpretava come se fosse un ordine d'im-
porre agli ambasciatori di palesare al Consiglio l'oggetto della
loro visita prima di venir ammessi alla presenza del Signore, e
commentava con questa sentenza: «che la diffidenza è propria
del tiranno » (2), ha evidentemente tutt'altro significato. La dif-
fidenza non e' entra per nulla (forse che Giangaleazzo poteva
temere d'essere ucciso da qualche ambasciatore?) e le parole con-
silium nostrum respondebit ad plenum dimostrano che il Consiglio
aveva avuto una. delegazione di poteri tendente a sostituire al
governo personale del Signore un governo che oggi chiameremmo
barbaramente «burocratico»: l'amministrazione doveva andar
da sé, il rivolgersi al capo supremo dello Stato -doveva essere
un'eccezione. E la era difatti, come nota lo stesso Magenta; tanto
(i) Presso Magenta, op. cit., II, p. 5o, doc. n. LXIX: i385, ago-
sto 29, Milano. Una disposizione simile trovasi in una lettera del 14
settembre i385 da Milano al podestà di Reggio (Archivio di Reggio.
Carteggio del Reggimento) e non ebbe carattere transitorio, ma stabile.
Gli ambasciatori andavano a Milano anche nel i388 ed erano ricevuti
e licenziati, nel nome del Principe, dai Maestri delle Entrate; mentre
Giangaleazzo era ad Abbiategrasso (Archivio e Carteggio cit., i388, ot-
tobre 3o; Registro anziani ij8j-8g, carta 56; e cfr. Osio, Doc. dipl.,l,
pp. 278-274, n. CXCVII). Un ambasciatore reggiano, Zanotto della Ta-
vola, che nel 1388 voleva ad ogni costo parlare con Giangaleazzo,
narra in una sua gustosa lettera un diverbio gravissimo che ebbe per
questo con i Maestri delle Entrate, i quali gli sospesero la diaria che
gli spettava; ond'egli andò bensì a Pavia, ma spendendo del proprio
(Archivio e Carteggio cit., 1388, gennaio 19, Milano; Zanotto della Ta-
vola agli Anziani del Com. di Reggio). Non consta se fu ricevuto.
(2) Magenta, op. cit., I. p, 174 e n. 3
Arck. Stor. Lomb. — Anno XXVII. — Fas;. XXVI. ib
396 VAKIETÀ
die una fonte da lui citata dice che « era gran maistro » chi
riusciva a parlare con Giangaleazzo anziché coi ministri (i).
Potendo sbrigare atfari, i Consiglieri dovevano avere anche
la facoltà di spedire le lettere relative. La cosa è naturale; e del
resto ce lo dice lo stesso Giangaleazzo in un documento del 24
agosto 1392, quando, costituendo un nuovo Consiglio a Verona
per le provincie da lui possedute oltre il Mincio, determina che
quei Consiglieri « potestatem habcant in expediendis litteris et
siipplicationibiis ipsis exhibendis, qiiam habent pr esenti a-
liter spectabiles et egregi] de Consilio nostro Me-
di olani Volumus quod.... ad prenominatos accedatis.... accep-
tiiri ab eisdem efficacem et celereni expeditioneni in his videlicet
casibus in et super qiiibus est eis per nos arbitrium attribu-
tumn. Soltanto nei casi a lui riservati gli affari saranno trattati
in corte ed i Segretari presenteranno a lui le risposte preparate ;
« qui secretarij, postquam erunt vise a nobis, ipsas expedient et
expeditas sub nostro magno sigillo Ulne transmittent » (2). Queste
(i) Magenta, op. cit., I, p. 298 e n. 5. — Notiamo qui che il For-
MENTiNi neir opera // Bucato di Milano, Milano, 1877, pp. 52-53, aiferma
che gli ambasciatori ed oratoli delle città soggette a Giangaleazzo
" dovevano risiedere presso la corte „. Io non saprei donde po-
tesse il F. trarre questa notizia ; certamente però essa è falsa, almeno
per i primi anni del governo di Giangaleazzo, e tale la dimostrano
molti documenti, fra i quali i due sopra citati ed altri due dell' Ar-
chivio di Reggio {Carteggio del Reggimento). In uno di questi del i3 ot-
tobre i385 (Milano) Giangaleazzo ordina al podestà di Reggio che le
Comunità non mandino ambasciatori senza preavvisare delle cause
per cui vanno {....des talein ordinem quod per aliqua comunia supposita
tue Jurisdictioni aliqui ambaxiaiores ad nos nullatcnus mitantur, ncc ac-
cedant, nisi prius facta nobis notificatione de predictis causis , quibus vd-
leni ipsos ambaxiatores ad nos accedere, et nisi habuerint responsionem a
nobis). L'altro del i5 settembre i386 concede al Comune di Reggio
di mandare ambasciatori una volta al mese.
(2) Tutto il doc. trovasi presso il Vergi, Storia della Marca trivigiana
e veronese, tomo XVII. Venezia, 1790, p. 179 e doc. n. MDCCCXLVI ;
un breve estratto si può vedere in Fertile, op. cit., § 52, n. 80. — La
menzione del sigillo grande per le lettere riflettenti i casi riservati al
Signore non contraddice a quanto nella prima parte di questo scritto
VARIETÀ
.')97
usanze, una volta introdotte, non vennero più tolte e duravano
ancora al tempo di Lodovico il Moro, sebbene questo principe
s' occupasse personalmente di una gran parte degli affari di
Stato([).
Ora, come in generale avveniva nel Medio Evo, che le isti-
tuzioni nuove svolgendosi lentamente dalle antiche conservavano
ancora per molto tempo le forme e gli usi di quelle da cui si
svolgevano, così, mentre si andavano determinando ed assodando
le funzioni proprie dei Consiglieri e l'opera loro sostituiva sempre
più spesso l'opera personale del principe, gli usi della Cancel-
leria non si mutavano invece con altrettanta rapidità e la forma
delle lettere, che la Curia spediva, rimaneva inalterata. Le lettere
del Signore, come si sa, non erano firmate da lui: sebbene inte-
state colle parole Domimis Mediolani, portavano le firme di
altre persone, che erano suoi officiali e segretari. Chi riceveva
la lettera restava persuaso della sua autenticità dall'intestazione,
dal sigillo e dalla conoscenza che aveva di codeste segnature di
ufficiali e segretari, e un poco (io credo) anche dalla persona del
portatore che era un cavallaro del principe. Non occorrendo
dunque la firma del Signore, i funzionari a cui era concesso di
spedir lettere in suo nome e vece non sentirono il bisogno di
adottare una nuova formola per le lettere che essi erano abilitati
a spedire; ma continuarono a usare la formola stessa che il prin-
cipe adoperava. E forse allora parve naturalissimo quel che a
noi pare, a prima vista, un po' strano; perchè "probabilmente si
si è detto intorno all'uso dei due sigilli. È evidente che, stante Fam-
plissima delegazione di poteri concessa al Consiglio veronese, i sud-
diti di quelle parti non avevano più bisogno di rivolgersi al Signore
tranne che per grazie, privilegi, nomine ed altri casi che, anche a
norma della lettera sui sigilli 20 ottobre i385, esigevano il sigillo
grande. Ciò non toglie che Giangaleazzo, se voleva scrivere di sua
propria iniziativa sopra aifari diversi da quelli, potesse valersi del
sigillo piccolo.
(i) Porro, Modi dell' amministrazione pubblica sotto gli Sforza in
quesi' Archivio, Vili, 716.
VARIETÀ
pensò che se i funzionari agivano in nome e vece del principe,
dovevano dunque fare ciò che egli avrebbe fatto, e nei modi me-
desimi in cui egli lo avrebbe fatto. Anche nelle moderne ammi-
nistrazioni, del resto, sonvi funzionari abilitati a firmare colla
clausola d'ordine del Ministro, che appongono la loro firma a
documenti eguali a quelli che il Ministro firmerebbe ed intestati
in suo nome, sebbene egli non li abbia veduti; perchè la clausola
d* ordine del Ministro vuol dire che il funzionario che firma ha
ricevuta una delegazione generica della facoltà di firmare simili
atti, non già un vero e proprio ordine specifico di firmare quel
determinato atto. E come oggi sono in certi casi indispensabili
questi atti intestati col nome d' un' autorità e firmati d' ordine
da un suo dipendente, e non potrebbero essere validamente sosti-
tuiti da una lettera scritta e firmata in nome proprio da questo
dipendente; così al tempo di Giangaleazzo Visconti i funzionari
che avevano delegazione di potere dovevano fingere che le lettere
provenissero tutte dal Signore, avvalorandole a tal uopo con
la intestazione ed il sigillo; perchè legalmente soltanto al Signore
(che era ancora considerato come supremo amministratore diretto,
non solo dello Stato , ma di tutti i Comuni che componevano
lo Stato) spettava il diritto di dare ordini nelle materie di cui
la lettera trattava, ed una lettera scritta a nome loro proprio
non sarebbe stata valida. — I funzionari che effettivamente
erano i veri autori della lettera stessa, si accontentavano d\
segnarla in calce, a destra. Godeste segnature facevano allora
comprendere agli esperti che la lettera proveniva da funzionari
con delegazione di potere, perchè essi sapevano chi erano codesti
funzionari. Ma noi come possiamo fare una simile distinzione,
se non possediamo una « gerarchia » completa di tutti i ministri
e segretari dei Visconti da Giangaleazzo in avanti? In alcuni
casi abbiamo notizie, in altre totalmente ci mancano. Dobbiamo
forse perciò rinunciare del tutto a fare la distinzione?
Non possiamo rinunciarvi per la sua grande importanza sto-
rica. Ricorderò agii studiosi di diplomatica quanta importanza
abbia avuta la ricerca dei veri autori dei documenti imperiali e
VARIETÀ ^99
dei documenti dei re di Francia (i). Oltre tutte le questioni di-
plomatiche che un simile stùdio ha risolte — fra cui importanti
quistioni di date — esso ha gettato luce sulla politica e sul go-
verno di certi sovrani. Particolarmente istruttivo per noi è il
fatto che questo studio ha chiaramente dimostrata vera 1' asser-
zione di coloro che affermavano avere il re Filippo il bello ab-
bandonata gran parte delle sue cure dello Stato nelle mani dei
suoi ministri che, lui assente, spedivano importanti documenti
in suo nome. Da questa circostanza il giudizio storico su quel
re e sul suo governo viene di molto modificato; e l'affermazione
dei cronisti che dicono aver egli piuttosto regnato che gover-
nato (2), riceve efficace conferma. Ora non dirò che sia probabile
che uno studio dei docunenti viscontei da questo punto di vista
conduca a simili conclusioni; ma certamente il grado di respon-
sabilità personale dei Signori viscontei per certi documenti scritti
in loro nome potrà esserne o diminuito od aumentato : alcuni
dei documenti, cessando di essere considerati per quel che non
sono, cioè per veri atti della personale volontà del Signore, per-
deranno alquanto di valore o ne avranno uno diverso da quello
che loro sarebbe altrimenti attribuito; e quegli altri che risulte-
ranno essere veramente atti della personale volontà del Signore,
formeranno invece una classe particolarmente preziosa.
Addurrò alcuni esempi della necessità, che direi urgente, di
risolvere codesta quistione; esempi i quali mi apriranno la via
a proporne una soluzione.
Il Giulini, volendo mostrare che il Chronicon placentinum
di Giovanni de Mussis è in errore quando afferma che al prin-
cipio di dicembre del i385 Giangaleazzo Visconti era a Piacenza (3)
oppone alla testimonianza del Cronista documenti datati da Mi-
(i) Paoli, Prog. di Paleografia e Diplomatica. HI, Firenze, 1900, pa-
gine 209-211.
(2) Cfr. La VISSE et Rambaud, Histoire generale, III, Paris, 1894, pa-
gine II, 12, i3, 55.
(3) Chron. plac. in R. I. S., XVI, 544 D.
400
VAKIETA
lano il 7. dicembre, i quali dovrebbero provare (a suo credere)
che a quella data Giangaleazzo era a Milano (i). Altri autori
seguirono il Giulini nella sua argomentazione e si trovarono,
senza loro colpa, ingannati. Infatti nella recente polemica fra il
Promano ed il Camus, a proposito dell'andata di Amedeo VII di
Savoia a Piacenza nel novembre i385 in relazione col matrimonio
fra Luigi di Turenna e Valentina Visconti, il Romano mise in
dubbio la presenza di Giangaleazzo in quel mese a Piacenza,
valendosi dell'argomento stesso di cui s'era valso il Giulini; ed
invece il Camus potè pubblicare un trattato del 25 novembre
i385 fra Giangaleazzo ed Amedeo, datato appunto da Piacenza (2).
E non solo, devo aggiungere io, Giangaleazzo era a Piacenza il
25, ma diversi giorni prima, cioè almeno dal 21 novembre; poi-
ché già spediva il giorno 22 documenti importanti che mostra-
vano aver egli avuto agio d'occuparsi di affari di Stato e di far
preparare le relative lettere; e da Milano poi mancava probabil-
m.ente da molti giorni, poiché l'archivio di Reggio ci offre sette
lettere di lui, datate da Melegnano che portano le seguenti date
IO ottobre (3); 11, 19, 20 e 28 ottobre; i.° novembre (4), 11 no-
vembre (5). Quanto poi alla sua permanenza in Piacenza, questa
a stare ai documenti reggiani si protrasse almeno fino all' 11 di
gennaio del i386 (6); e durò quindi circa due mesi come dicono
gli Annales mediolanenses (7), i quali non è da meravigliarsi che
(i) Giulini, Continuai, delle mem. storiche, ecc., libro LXXII, a. i385.
parte H, p-. 387.
(2) È appena necessario che io dichiari che, se accenno a questa
polemica, lo faccio unicamente per ragione scientifica; ben lontano
dall'idea di volermi intromettere nella disputa fra i due egregi uo-
mini, ad uno dei quali, il eh. prof. Romano, mi legano sentimenti di
gratitudine e di rispettosa amicizia.
(3) Trovasi nel Registro anziani ij8j-ij8() a. carte io r.°
(4) Questi altri cinque trovansi nel Carteggio del Reggimento.
(5) Trovasi nel succitato R.'gistro anziani a carte i3 t.°
(6) Archivio di Reggio. Carteggio del Reggimento.
(7) " Se reduxerat Placzntiz ubi stetit per d u 0 s m e n s e s cum tota
Curia,,. Ann. Me.iiol. in R. I. S., XVI, 800 C.
I
VARIETÀ 40 ]
la vincano qui sopra ogni altra cronaca, quando si pensi che
proprio conia rubrica del i385 il compilatore di codesti Annales
incomincia a far uso della cronaca di quel Giovanni Balducchino,
parmigiano, il quale nel i385 era già in rapporti personali con
Giangaleazzo e già era forse entrato a far parte della sua corte (i).
Ma durante tutto il tempo di questa ben lunga assenza di Gian-
galeazzo da Milano la cancelleria milanese continuava a spedire
in abbondanza lettere e decreti in nome di lui, in tutto identici
per forma, fuorché nella data e qualche volta nel suggello, a
quelli che Giangaleazzo spediva dalle sue residenze; e l'archivio
di Reggio, mentre conserva venticinque lettere e due decreti datati
da Milano nei giorni 22 novembre i385, io gennaio i386, con-
serva dieci lettere ed un decreto datati da Piacenza in questo
medesimo spazio di tempo (2). Fra questi documenti reggiani ve
ne sono alcuni che ci pongono in presenza di fatti ben curiosi
e che, accuratamente esaminati, dimostrano all'evidenza la neces-
sità, di cui discorriamo, di distinguere i documenti d'ufficio dalle
vere lettere del Signore.
(1) Ferrai, Gli Annales Mediolanenses^ ecc., \n qncsi^ Archivio, XVII
(1890), pp. 294-296.
{2) Da Milano: i385, novembre 22 (due), 28 (due), 24, 28; dicem-
bre 6, IO, II, i3, 14 (due), i5, 16 (due), 18, 19. i386,
gennaio 6, 8, io {Carteggio del Reggimento).
i385, novembre 21, 22 (due); dicembre i5. i386^
gennaio io {Registro anziani ijSj-Sy a carte io
t.°, II, i3 r.°).
i385, novembre 28, dicembre 6 {Registro di decreti
ijSj-jj^j a carte 4).
Da Piacenza: i385, dicembre 12, 21, 24. i386, gennaio 6, 9, 11
{Carteggio del Reggimento).
i385, novembre 22 (due) ; dicembre i, dicembre 22
{Registro anziani ijSy-ijSj a carte 11 r.°, 19 t.*^
IO t.°, 12 r.°).
i386, gennaio 9 {Registro di decreti ijSj-Jj^j a
carte 4).
Anche tra gli Antiqua decreta ce n' è uno proveniente da Milano in
data 28 novembre i385, a p. 90.
403
VARIETÀ
Giangaleazzo Visconti, convinto delle cattive condizioni in
cui trovavasi il comune di Reggio, riduceva le imposizioni che
gravavano su questa città, esonerandola anzitutto dal contributo
per le spese straordinarie (i). Parve al comune che questo eso-
nero non fosse ancora sufticente e mandò uno speciale ambascia-
tore per ottenere concessioni ancora più larghe. Naturalmente
l'ambasciatore andò a Milano, com'era d'obbligo a tenore delle
lettere sopra ricordate (2). Quivi fece del suo meglio, ma nulla
ottenne; che anzi, licenziato l'ambasciatore, si scriveva da Milano
il 21 di novembre i385 una severissima lettera di rimprovero al
comune di Reggio, per la sua vergognosa renitenza a pagare un con-
tributo necessario e già ridotto generosamente dal principe in
misura tollerabilissima » (3). Questa lettera è redatta nella solita
forma, coli' intestazione Dominus Mediolani ; ma non ha la se-
gnatura di un semplice segretario, bensì quella d' uno dei più
autorevoli officiali, membro del magistrato supremo delle entrate,
Nicoletus, cioè Nicolò de' Diversi, persona di sì gran conto che
Giangaleazzo gli tenne perfino un figliuolo a battesimo (4). Gli
Anziani di Reggio non ignoravano certamente che il vero autore
della lettera era Nicolò de' Diversi e che Giangaleazzo non si
trovava neppure a. Milano, ma a Piacenza; e quindi trovarono
modo di far sapere a Giangaleazzo che Reggio era ancor tanto
gravata da non poter tollerare le imposte, per modo che « aliqui
cives regini detenti erant ocaxione intratarum insuportabilium
que petehantur dicto comuni » (5). Ben lungi dal mostrarsi adi-
(i) Archivio di Reggio. Carteggio del Reggimento, i385, ottobre 3i.
(2) Vedi a p. 5 t., nota i.
(3) Vedi il documento III.
(4) Vedi su questo personaggio C. Salutati, Epistolario, ed. No-
vali, v. II, p. i36 sgg. e aggiungi : Romano, La cartella del notaio Cri-
stiani, XVII (1393, giugno 24) in q\xesi' Arch., XVI, p. 683. Nota però
che mentre il Novati trovò menzione di Nicoletto quale magister in-
tratarum solo nel 1389, molte lettere dell'anno i385, che si trovano
nell'Archivio di Reggio, relative ad affari di competenza di quel magi-
strato, portano già la sua segnatura.
(5) Vedi il documento IV.
VARIETÀ 403
rato o dal ripetere quanto era stato detto nella lettera del 21
novembre, Giangaleazzo invece scrive subito al Reggimento ed
agli Anziani manifestando tutta la sua meraviglia, sospendendo
ogni applicazione d'imposte e chiedendo d'urgenza l'invio di due
ambasciatori alla corte in Piacenza (i). Vanno gli ambasciatori
ed il 23 dicembre son di ritorno, portando seco una bellissima
lettera di Giangaleazzo data da Piacenza il giorno antecedente,
della quale nulla si può immaginare che più contrasti con quella
partita da Milano il 21 novembre. Con essa infatti, riconoscendo
l'attuale miseria di Reggio e la passata oppressione, Giangaleazzo
vanta la bontà del suo governo e dichiara di non voler preten •
dere dai Reggiani più di quel tanto che i loro ambasciatori ave-
vano spontaneamente offerto, vale a dire 5oo fiorini al mese (2).
Crescerà il contributo negli anni avvenire, se il provento dei
dazi crescerà anch' esso. Frattanto egli dà norme eque e severe
perchè l' imposta venga distribuita con la maggiore giustizia fra
cittadini e distrettuali, ricchi e poveri; di nuli' altro si mostra
preoccupato se non dell' incremento della città e della buona di-
stribuzione dell'imposta (3). Così Giangaleazzo faceva tutto il
contrario di quanto altri avevano scritto da Milano il 21 no-
vembre, sebbene, chi aveva scritta quella lettera fosse autorizzato
a servirsi del suo nome e del suo sigillo e perfino a minacciare
i Reggiani colla formola ben nota : « aliter erimus de vobis male
contentici (4).
Ora pensiamo che cosa si direbbe di Giangaleazzo se per un
caso, molto facile a darsi, noi ignorassimo che il 21 novembre
(i) Vedi il documento IV.
(2) Ed era proprio vero che avevano ofìerto codesta somma. Lo
dice il Gazata, cronista reggiano contemporaneo ed autorevolissimo :
" secundum quod petierunt „ (in R, I. S., XVIIJ, 92 C).
(3) Vedi docum. V.
(4) Simili formole ed anche più gravi si scrivevano altre volte in
assenza del Signore ed in suo nome. Così in una lettera del 14 dicem-
bre i385 da Milano si legge "sub pena indignationis nostre „, mentre
Giangaleazzo era a Piacènza.
404
V AHlhTÀ
egli non era a Milano e quindi credessimo che anche la lettera
del 2 1 fosse veramente sua! Naturalmente si dovrebbe dire che
il 2 1 novembre aveva in animo di non cedere, il i." dicembre
senza causa sufficente cominciava a piegare, il 22 si umiliava
fino ad accettare quel che gli davano; prima licenziava amba-
sciatori con un rabbuffo, poi li richiamava trattandoli dolcemente.
Una condotta debole, strana, del tutto contraria a quanto per
altra via sappiamo di codesto principe: ecco che cosa crederemmo
di poter osservare. Eppure non ci sarebbe nulla di vero in tutto
questo, la verità essendo invece che il 21 novembre il magi-
strato delle entrate aveva fatto l'ufficio snodi finanziere severo,
dando un rabbuffo ai Reggiani; mentre in dicembre il principe,
informato abilmente da questi, faceva quello che egli solo aveva
facoltà di fare, .usava cioè una particolarissima indulgenza e sa-
crificava le ragioni della finanza a considerazioni di buona poli-
tica e di pubblica economia (il ripopolamento di Reggio). — E
se, invece, di tutte le memorie di queste trattative non restasse
altro che la lettera del 21 novembre ed ignorassimo che non è
opera sua, allora che cosa non diremmo noi, a torlo, per biasimare
il duro animo e la fiscalità di Giangaleazzo ?
Evidentemente dunque la distinzione delle lettere del Signore
dalle lettere d'ufficio è necessaria. Il futuro repertorio diploma-
tico visconteo dimostrerà che i documenti datati da Milano in
assenza del Signore sono in numero straordinario e d'ogni specie.
Ho già menzionati esempi curiosi di lettere e decreti; aggiungerò
ancora un esempio, che non sembrerebbe a primo aspetto possi-
bile: il giorno 8 di gennaio i386, durante la permanenza di Gian-
galeazzo a Piacenza, una lettera proveniente da Milano imponeva
perfino nuovi dazi ai Reggiani (i).
Ma gli esempi fin qui addotti ci provano che due indizi esi-
stono per determinare se una lettera è veramente del Signore o
d'un suo officiale:
a) l'esame del sigillo,
b) la data del luogo.
(i) Archivio di Reggio. Carteggio del Reggimento, i386.
VARIETÀ 40 D
a) Il sigillo piccolo, secondo la mia opinione, è al tempo di
Giangaleazzo il sigillo del Signore: le lettere che lo portano,
sono sue; quelle che non lo portano possono non es-
sere sue.
b) Le lettere non datate da Milano sono lettere del Signore;
le lettere datate da Milano devono sempre mettersi al confronto
con tutte le lettere ed i decreti del medesimo giorno e giorni
vicini, a fine di determinare se realmente in quel giorno Gian-
galeazzo era a Milano. Lettere e decreti dati da Milano,
senza il conforto d'altri giudizi, non provano che
Giangaleazzo ivi si trovasse realmente.
Per valersi con sicurezza del secondo indizio sarebbero dunque
necessario un Repertorio compiuto ed un Itinerario di Gianga-
leazzo; ma r Itinerario stesso non tornerà utile se il suo compi-
latore non terrà conto della difficoltà di determinare quando
effettivamente Giangaleazzo era a Milano.
E quando pure sia provato che Giangaleazzo era a Milano,
ancora non dovrà affermarsi troppo facilmente che un documento
dato da Milano è propria opera sua; anzi sarà necessario uno
studio accuratissimo delle attribuzioni e dei diritti dei grandi
officiali dello Stato per determinare se la lettera è veramente da
mettere fra quelle che il principe, come dice Giangaleazzo in un
suo documento sopracitato, « aveva vedute » {visae erunt a no-
bis) (I).
F. E. COMANI.
(1) Altre osservazioni si pubblicheranno nel prossimo fascicolo.
4o6
VAKIKTA
DOCUMENTI
I.
ij8j, ottobre 20. Me legnano.
(Archivio di Reggio E. Carteggio del Reggimento)
" Dominus Mediolani etc. Comes
virtùtum Imperialis vicarius generalis.
Volumus et vobis mandamus, quatenus omnes litteras nostras, que
sigillo nostro paruo sigillate fuerint obseruetis, ac in omnibus et per
omnia executioni mandetis ac si sigillate forent sigillo nostro magno
solito. Exceptis dumtaxat et specialiter reseruatis casibus infrascriptis,
in quibus eas tales litteras sigillatas nostro paruo sigillo nolumus quod
obseruetis. Videlicet quod vigore dictarum talium litterarum nulas {sic)
gentes armigeras recipiatis, nisi sit causa faciendi transitum, et isto
eciain casu, in tam modica quantitate, quod sine aliquo periculo diete
nostre Ciuitatis recipi possint. Item quod littere officiorum seu castel-
laniarum sigillate nostro paruo sigillo non valleant nec vlla eis obe-
diencia prebeatur. Item quod ipsarum vigore condennationes alique
seu banna vel processus, de quibus nos graciam facere quoque modo
contingeret, nullatenus possint vel debeant canzellari, suspendi, vel
qualitercunque aliter irritari. Item quod alique donationes seu con-
cessi ones, quas facere nos contingere t, non valleant nec seruentur,
vigore dictarum talium litterarum nostrarum sigillatarum nostro paruo
sigillo. Item quod in littigijs causis compromissis, questionibus et sen-
tencijs, tam preteritis, quam pendentibus, et futuris, vigore talium lit-
terarum dicto nostro sigillo paruo sigillatarum, nullius possit juribus
derogari. In reliquis autem quibuscumque casibus, dictas litteras, que
nostro paruo sigillo, cuius forma presentes sigillantur, sigillate fuerint,
ad plenum et sine deffectu vUo, seu excusatione seruetis, et seruari
VARIETÀ 407
laciatis. Mandantes vobis, ut has nostras litteras in volumine statu-
torum Ciuitatis nostre Regij registrar! et inseri faciatis. dat. Mele-
gnani sub nostro paruo sigillo, die xx octubris Mccclxxxv.
Andriolus.
Recepta die xxviij oct.
A tergo :
Egregijs viris" Potest.iti ef • Capitaneo nostris
Regij presentibus et futuris
sul margine a sinistra impronta lasciata dalla cera del sigillo piccolo.
IL
I4SI, dicembre 28. Milano.
(Archivio di Stato in Milano. Carteggio sforzesco).
111."!= princeps et ex.'^ie domine domine mi singularissime. Ho re-
cevute le humanissime lettere de la Ex.^»» Vostra per le qualle ella
scrive de la reformatione de lo ordine de sigillare et signiare et re-
dure a quello ordine come era al tempo del IlL'^'o S. passato. La qualle
cessa me piace quanto se possa dire et è molto laudevole secundo bene
per sua alta prudentia dice la S. V.'^ de servare li ditti ordini né se
poterla dire meglio. Regratiando infinite volte essa Ex.^ V/^ ove che
per sua humanità dice non intendere per questo levare a mi prehe-
minentia ne officio, etc. Questo è per lafiectione qualle essa Ex. «ìa per
sua gratia più che per mei meriti sempre me ha portato et porta. La
qualle me studiare de satisfare con uno continuato desiderio de sem-
pre bene et fidelmente servire. Advisando la sublimità V.'* che per
questo a mi non se leva preheminentia alcuna, perchè queste talle
littere comune che tuto el dì se ordeneno per lo Vostro Consilio io
non le segniava ne sigillava al tempo del prelibato S.'' duca passato,
ma le sigillava lo Secretario con uno sigillo minore lo quale ha fatto
bene la Ex.^'« V.''^ seguitando pure quello modo ad dare ali presente
vostri secretarij fideli et sufficientissimi. Et per chiariri de tutto la
mente vostra le lettere qualle al tempo de prelibato duca passato se
4^08 VAKll.TÀ
sigelavcno del ditto sigillo grande segniate per mi erano solamente
lettere de gratie, de donatione, de terre, possessione et altre cosse,
lettere de tutti li officij, et de tuti li castellani, et de luti li contra-
sìgni se daseveno ali castellani. Queste predicte cosse erano alora ex-
pedite per mi et per lo ditto Sigillo grande. Et non le altre lettere
predicte comune de le qualle bora scrive la S. V."^* le qualle me bi-
sogniato sigillare a mi nel tempo vostro non siando qui altro sigillo
apresso al Secretarlo. De quelle altre predicte de gratie, de ofbcij, do-
natione, etc. da poi cbe la Ex.»»» V.'^ me dedde sigillo mai non me nò
presentata alcuna per sigillare, et per consequente non le bo sigillate ma
se me serano portate le expedirò sempre secondo scrive la Ex.»'» V.'^''*
Non me siande anchora portate non me sera però per questo tolta
preheminentia alcuna, comò quello che de lettere cbe io expedisso al
tempo del prelibato duca passato ne al tempo de la Ex.tia Vostra mai
ne guadagniasse uno' solo dinaro, né intendo de guadagniarne. Ma a
mi è stato assai sempre et cussi voglio sia per lo presente et per lo
aveniri de fare el debito et bonore mio. Dat. Mediolani die xviiij de-
cembris Mcccc°l primo.
Ejusdem Vestre
devotissimiis servitor Laxzalotus de Crottis.
.... principi ac ex.mo domino domino meo
.... arissimo domino Duci Mediolani etc.
Anglerieque Corniti ac Cremone domino etc.
Cito, Cito quia prò re
.... anti.
III.
ij8j, novembre 21, Milano.
(Archivio di Reggio. Registro anziani, i385-89,, carta io t.^.
•• Dominus Mediolani etc. Comes virtutum
Imperialis zicaritis generalis.
Recepimus literas vestras responsiuas ad nostras, super facto pro-
uisionis adbibende per vos, per quam ad expensam ordinariam incum-
VARIETÀ 409
bentem comuni nostro Regij, per viam daciorum imponendorum a
kallendis Januarij proxime futuri inantea suppleatur. Notauimusque di-
ligenter friuolas excusationes aligatas in illis, per quas concludere nissi
[invece di nisi) estis, quod illi floreni sexcenliseptuagintanouem, quos
capit expensa incumbens ipsi nostre ciuitati vllo modo recuperari non
possent, sine consumptione ciuitatis de qua quidem parte (?) quam
videmini magis agrauari, fuimus et sumus granditer admirati, maxime
considerato quod si fuissetis diligentes Interpretatores predictarum lite-
rarum nostrarum,et ad ipsas passi fuissetis extendi iuste considerationis
intellectum, profecto non accessissetis ad responsionem tam inanem.
Nam sicut iamdicte nostre litere difusa naratione continebant, conside-
rauimus statum diete nostre ciuitatis, et quicquid predictarum vestrarum
literarum expressio substantialiter denotauit, et ad illa respectum ha-
bentes curialiter(i) pertransiuimus in distributione expensarum, de qui-
bus ipse nostre litere mentionem faciebant, et de quibus nullam portio-
nem vobis atribui voluimus, contenti solum, quod ad expensam comuni
diete nostre ciuitatis incombentem, et ad nihil aliud, per ipsum nostrum
comune suppleretur. Circa quam expensam difficultatem obicere, eru-
bescere deberetis, atenta multitudine nobis incumbentium expensarum,
eciam considerato quod non est tam minima terra, nedum ciuitas quan-
tumcunque sit status deterioris, que nostris in hac parte requisitio-
nibus contradixerit. Et propterea non obstantibus rationibus tam per
ipsas vestras literas, quam per Gabriellem de Tintis anbasiatorem [sic)
vestrum alegatis, detis ordinem et effectualiter faciatis quod ipse nostre
litere sortiantur effectum suum, quia sic est nostre intentionis, et vo-
lumus omni difficultatis obstaculo sublato. Aliter erimus de vobis male
contenti. Dat. Mediolani. die xxj. nouembris. Mccclxxxv.
NlCOLETUS.
Ancianis Ciuitatis nostre Regij.
(i) Riferendolo ad haoentes vale quanto diligenter, riferendolo 2l per-
transiuimus vale quanto humaniter. Cfr. Ducange, ed. Favre (Niort, 1883),
ad voc. Curialis, 4.
410
VARIKTA
IV.
ijSj, dicembre i. Piacenza,
{ili supra, carta io t.).
Dominus Medio/ani etc. Comes
virtittttm, Imperialis vicariits generalis.
Inteleximus aliquos ciues nostros reginos detentos esse ocaxione
Intratarum insuportabilium que petuntur dicto nostro comuni de quo
plurimum admiramur, cum nostre non fuerit intentionis neque sit,
quod comune nostrum Regij prò predictis intolerabiliter agrauetur,
sed solummodo respondeat de eo quod sibi possibile sit, utque con-
ueniens prò manutenendo statum nostrum et ipsius nostri comunis.
Et propterea volumus et vobis mandamus quatenus si qui ex nostris
ciuibus reginis sint Ibrtasse dieta ocaxione detenti, ipsos relaxari sta-
tim libere laciatis, quodque ad nos indilate placentiam transmittatis
duos discretos Ambasiatores instructos piene de omnibus condicioni-
bus et intratis dicti nostri comunis, cum quibus conferre et conue-
nientem ordinem capere valeamus non permitentes interim circa fac-
tum dictarum intratarum aliquam nouitatem fieri quousque super hoc
aliud a nobis receperitis in mandatis. Dat. placentie. die primo decem-
bris M°ccclxxxv.
Pasquinus.
Nobilibus viris" potestati Capitaneo" Refferendario et" sapientibus
nostris regij.
VARIETÀ
411
ij^Sf Dicembre 22. Piacenza,
{ili siipra a carta 12 r.^').
Dominits Mediolani eie. Comes vìrìttimn
Imperialis vicarius generalis.
lUud circa quod, principaliter et super cuncta tota nostra uersatur
intentio est, quod ciuitates et terre nostre taliter in omnibus regulen-
tur specialiter in facto intractarum daciorum et gabelarum quod re-
spondendo camere nostre, de quantitate suportabili, dietim sub nostro
dominio, prestante largitore bonorum omnium, personarum pluralitate
et diuiciarum copijs augmententur. Eatenus non ignari quod eo regina
nostra ciuitas malori eget tauore et beneficio gracie nostre quo pre
ceteris oppressa, quasi usque ad extremam depopulacionem fuit, mul-
tis jam temporibus retroactis, contenti sumus quod comune nostrum
regij, a kalendis Januarij proxime futuri in antea, respondeat camere
nostre de salario et prouisione florenorum quingentorum dumtaxat
singulo mense, quam" Ambaxiatores vestri qui ad nostrum fuere con-
spectum, nobis prò parte dicti nostri comunis voluntate spontanea ob-
tulerunt, affirmantes dictum comune nostrum ex solutione pretaxate
quantitatis in aliquo non granari, ciuitatemque nostrani cum eius di-
strictu suscepturam dietim adeo grande, ac euidens incrementum, quod
illamet dacia que nunc in nostra ciuitate, et districtu, ponentur suc-
cessiuis multiplicabuntur annis per modum quod crescentibus dacijs
ipsis, crescet eciam de anno in annum, salarium nostrum, absque uUa
prorsus oppressione, uel difficultate ciuitatis nostre predicte. Veruni
quia in mente nostra firmauimus, quod in ciuitatibus et terris nostris,
nulla in futuro imponantur nona dacia, vel illa que hoc anno impo-
sita fuerint, agrauentur, quia omnis innouatio, que fieret quantum-
cumque parua causa esset faciendi quod** ciues nostri regini, dispersi
per alienas terras, repatriare omniitterent uel difierent (i). Volumus,
(t) Probabilmente 1' originale diceva differrent.
Arch. Stor. Lomb, — Anno XXVII. — Fase. XXVI.
413
VARIETÀ
et vobis mandamus, quatcnus diligentissimc circumspectis omnibus,
aduertatis quod prò recuperatione dicti nostri salarij dacia imponan-
tur, qua" mangnis (s/V)" mediocribus et" paruis, ac" ciuibus et" distric-
tualibus diete nostre ciuitatis, magia comunia magisque supportabilia,
ot minus inditferenter omnibus sint exosa, et que multiplicante bono
statu ipsius nostre ciuitatis, taliter augmententur, quod salarium no-
strum augmentetur, de anno in annum, absque eo quod prò manu-
tentione mangna et sumptuosa status nostri, et ilesa conseruatione uc-
strum, et aliorum nostrorum" subditorum causam habeamus comune
nostrum reginum, contra fixum conceptum nostrum aliqualiter agra-
uandi, scientes quod illuc aliquos ex nostris, notabiles solempnesque
viros informaturos se, relacturosque nobis, utrum in ponendo dieta da-
cia, equalitatem seruaueritis, et adimpleueritis quod mandamus an ne,
int'allibilitertransniitemus;reuocaturis vestrisdampno et expensis, quic
quid inequalitatis et contra hanc nostram intentionem compererimus
uos fecisse. dat. placentie. xxij decembris M'^ccclxxxv.
Pasquinus.
Nobili (i) et prudentibus viris" Potestati" Referendario" Ancianis,
et comuni nostro Regij.
Presentata per" Ambaxiatores die xxiij decembris.
(i) Questo titolo spetta al solo podestà e perciò è al singolare.
VARIETÀ 41
Un organo a Cremona nel 144fl.
Alla nostra memoria « Musici alla corte desìi Sforza » com-
parsa nel 1887 in questo Archivio potremmo fin d'ora far seguire
una assai copiosa ed interessante appendice. Ma sarà per un'altra
occasione e forse per un totale rifacimento del lavoro. Ci soffer-
miamo oggi invece alla comunicazione di un documento di ca-
pitale importanza per la storia degli organi in Lombardia nella
prima metà del quattrocento (i).
Trattasi dei patti concordati addì 16 ottobre 1441 (2) fra il Com-
mendatore di S. Antonio Daniata e maestro Matteo d'Allemagna,
organista, per la costruzione di un organo per la chiesa di S. An-
tonio in Cremona (3). Per l' interesse artistico che offrono, si ripro-
ducono in extenso, avvertendo che ad essi va compiegato, in ar-
chivio, il disegno originale dell'organo costruendo (4). Se ne ag-
(1) Di una vertenza tra Martino de' Sercondi da Concorezzo, pro-
fesso umiliato a S. Calimero di Milano, ed Egidio di Bruges, musico
fiammingo in Pavia ed in Venezia, per la vendita abusiva di un or-
gano nell'a. 1379, cfr. un nostro documento in Arch. Stor. Lomb., 1895,
li, 343. — Dell' organo fabbricato nel 1473 per la corte sforzesca da
Isacco, figlio di Giovanni Argiropulo, ha rinfrescata la memoria, con
nuovi documenti, il consocio d/ A. Cappelli {Ardi. Stor. Lomb., XVIII,
1891, p. 171). Ancor per la storia degli organi provveduti alla corte
sforzesca da Pasino degli Eustachi nel 1466 e da Marchesino Stanga
nel 1492 (fattura dell' organaro bernese Lieb), cfr. i documenti editi in
Boll. Stor. Pavese, I, 1893, p. 97 e Boll. Stor. Sviz;s. Jtal., 1891, p. 55.
A Marchesino deve il suo primo organo (1490) la chiesa delle Grazie
di Milano {Arch. Stor. Lomb., 1879, p. 225).
{2) Arch. di Stato di Milano. Fondo di religione: Cremona: Con-
venti: S. Antonio Daniata OO. VV. — Ce li segnalò per primo il
defunto archivista Reina, che volle anche favorirci copia del docu-
mento e del di-segno annesso.
(3) Per l'ospedale e la chiesa di S. Antonio, cfr. Novati, / Codici
Trotti-Trivuhio (in Giornale storico, IX, fase. 25-26, p. 143 segg.).
(4) Il disegno è di sicuro d' egual epoca. E colorato anche sì, ciò
che lo rende maggiormente prezioso: pure, certe tinte di colori pò-
414
VA in ITA
giunge qui la riproduzione comechè del disegno forse il più an-
tico che da noi si conosca di organi medioevali : unico fra quelli
lombardi del tempo (5).
Tra i diversi organari tedeschi, da noi ricordati nella prece-
dente nostra memoria, e ne citammo taluni insigni, quali ad es. Ber-
nardo d'Allcmagna che operò in S. Ambrogio e nel Duomo di
Milano negli anni 1457-63(6), non figura questo Matteo d'Alle-
magna, di certo un valente artefice, a giudicarlo dal fatto che da
Mantova, ove di quel tempo sembra dimorasse, si chiamava appo-
sitamente a Cremona.
Ma ecco i patti stabiliti :
MCCCCXLI die XVI Ociobris.
Questi sono li patti entro messer lo comandador da Cremona da una
parte e magistro Matheo da la Magna organista da l'altra videlicet.
Primo chel dito magistro Matheo sia tegnuto e obligato a far uno
organo al dito messer lo comandador (za in casa soa) bono e perfe-
tamente e poUidamente e zentilmente lavorato intanto quanto se possa
pensare e fare, la cassa del quale sia longa braza III e 3, e le cane
mazore sia longe secundo la debita proportione e al quanto più longe
secundo che piasarà al dito messer lo comandator e che lalteza de
dito organo compensando el pè cum la cassa sia braza Vili a la me-
sura del brazo da Cremona.
Item chel dito organo sia perfetissimo e de perfetissima sonori-
tade e suavitade e de quanta perfectione se pò dire al juditio de II
over III magistri che se intendon bene de simili instrumenti, e in caso
trebberò far credere che il foglio sia stato colorito alquanto tempo
dopo, forse nel cinquecento nella ricorrenza d' un ristauro dell' or-
gano. Ad ogni modo il disegno a penna è del quattrocento.
(5) Non facciamo citazioni di affreschi o di quadri. La silografia
di un organo del quattrocento è sul frontispizio della Theorica Musi-
cae del Gaffuri (Milano, 1496). Del celebre musico lodigiano diremo
forse presto in altro periodico.
(6) Che costruisse l'organo di S. Ambrogio provammo in Ardi.
Stor. Lomh., 1898, p. 212.
VARIETÀ
4'^
^U, \AKU.IV
elici sia lodato e aprovato per quelli magistri electi comunamente, el
dito comandator sia tegnuto de acetarlo e tegnirlo. Ma in caso ciiel
non l'osse così bono e si fato ne laza uno altro si fatto el dito magi-
-tic o\cr reconza questo per modo chel habia le conditione scrite de
sopra.
Item chel dito magistro Matheo sia tegnuto a fare el dito organo
conipidamente cum tute le soe penditie a tute soe spese. Salvo chel
dito coriiandator ie debia dare la habitatione in casa soa, e farge le
spese de mangiar e de bever conventualmente e segundo che è usanza
in questa casa de Sancto Antonio.
Item chel sia tegnuto a fare el dito organo tuto ala moderna, cum
le soe apenditie e chel habia Tasti XXVII fornidi di soy semitoni.
Segundo el disegno portado da mantua.
Item chel dito magistro Matheo sia tegnuto a fare larmario bello
e bono, zoè merlato e depento per lo dito organo.
Item chel dito magistro Matheo statim et incontinenti debia co-
menzare la opera del dito organo e continuarla fin a tanto che la sia
compita del tuto e non possa ni debia fare alguna altra opera.
Item che passadi alcuni mesi da pò chel dito organo sarà fato, el
dito magistro ad ogni requesta del comandator sia tegnuto e obligato
de vegnir a temperare e reformare el dito organo.
Item chel dito comandator al dito magistro Matheo fato chel ba-
vera el predito organo ay modi sopra scriti, sia tegauto de dare per
so pagamento e mercede ducati LXX de boro e in caso che dito mai-
stro fazando la opera havesse besogna de deneri per pagare e com-
prare quello che sera necessario per lo dito organo, el dito coman-
dator li debia sborsare e sirano possa computati in la summa pre-
dita, et etc.
Acta et conclusa fuerunt pacta suprascripta Inter partes antedictas
die et millesimo suprascripto presentibus Egregio utriusque doctore
domino luca de vernacijs, dom. Andrea de Cipellis Monacho Sancti
Thome Cremone et fratre David de uspinelis (i) Ordinis Sancti Anto-
ni] viennensis.
MCCCCXLII die Vili Aprilis. Solvi manus suprascripto Magistro
Matheo prò opere organi suprascripti Due. LXX. aurj.
(i) Per gli Uspinelli, cfr. Novati, /oc. cìt., p. 145 segg.
VARIETÀ 417
La chiusa del documento prova che l'organo venne realmente
fabbricato e, con piena soddisfazione del committente, pagato ai
9 aprile 1442 nei convenuti ducati 70 d'oro. Ma qual fine toccò
all'organo medesimo? durò a lungo? subì presto dei restauri?
le storie cremonesi, almeno quelle da noi consultate, non ce lo
seppero dire (2).
E. MOTT.
(2) Per Carlo Maineri eccellente organista e miniatore in Cremona
nel 1471, cfr. Ardi. Stor. Lomb., Il, 1894, p. 5oi. Per l'organo della
cattedrale cremonese, cfr. i lavori del Lucchini (Casalmaggiore, 1887)
e del Sacchi [Gazzetta Musicale, 1897).
BIBLIOGRAFIA
KiENER Fritz. — Vcrfassimgsgeschichte der Provence seit dcr Ostgo-
ilicnhcrrschaft bis zur Errichtung der Konsulate. — In-8 , Leip-
zig, 1900.
Neir esporre la storia costituzionale della Provenza, il Kiener
prende le mosse dalla dominazione ostrogota. Nel 5io, a suo giudizio,
Teodorico avrebbe ottenuta dai Visigoti la striscia di terra eh' essi
possedevano lungo il Mediterraneo dalle Alpi ai Pirenei, quale com-
penso per l'aiuto da lui prestato alla nazione sorella, allorché, caduto
il re Alarico II a Vouglè, Franchi e Burgundi ne avevano invaso il
paese.
Alcuni hanno supposto che sino al Rodano Teodorico governasse
in nome proprio; al di là, come in Ispagna, quale tutore del nipote
Amalarico, figlio di Alarico. L'A., seguendo Procopio, stima invece che
il littorale gallico al di là del Rodano sia stato reso dagli Ostrogoti
ai Visigoti solo dopo la morte di Teodorico.
L'ordinamento della Provenza sotto gli Ostrogoti è simile a quello
dell' Italia. L' amministrazione civile è affidata ai Romani, il governo
delle milizie ai Goti. Da un lato, il prefetto del pretorio e il vicario;
dall'altro, i comites. Così il Kiener, che in ciò d'altronde non si allon-
tana dalle idee più generalmente accettate.
Nel 536 Vitige cede ai Merovingi il paese fra il Rodano, la Du-
rance, le Alpi ed il mare, ossidi Ì2i provincia Ga/lia^ ostrogota. 11 nome
di Provincia, conservato poi dai Franchi alla regione, si estese verso
la fine del settimo secolo ad un territorio più vasto. Il Kiener studia
qui diligentemente quali fossero gli elementi etnici della popolazione,
quali le condizioni economiche della città e delle campagne, quali le
ragioni del precoce svolgimento del sistema feudale. Reggeva l'intiera
regione un patricius, il cui ufficio è considerato dall'A. come una ma-
gistratura affatto sui generis; da lui dipendevano dei viccdomini, uno
BIBLIOGRAFIA 419
probabilmente per ciascuno dei pagi o cantoni in cui il paese era
diviso.
Nel corso dell' ottavo e del nono secolo la Provenza tu assimilata
al resto della Francia. La procedura germanica sostituì la romana, la
dignità comitale il patriziato. Il paese fu prima diviso in più contee ;
più tardi queste furono riunite in una sola, il che rese necessaria l'isti-
tuzione dei vicecomites. Entrata a far parte del regno di Borgogna, ed
in età posteriore dell' impero romano-germanico, la regione conservò
pur tuttavia un ordinamento proprio ed un peculiare carattere. —
Per questo periodo pure il Kiener non si limita alle sole ricerche di
diritto costituzionale ; ma studia la vita pubblica sotto tutti i suoi mol-
teplici aspetti. Di singolare interesse, anche per la possibilità di raf-
fronti colle cose italiane, sono le molte pagine dedicate alla complessa
evoluzione del feudalismo, agevolata in Provenza da circostanze spe-
ciali. La classe dei guerrieri, vincitrice degli esterni nemici ed in modo
speciale degli infesti Saraceni, riuscì a conquistaffe per sé sola la ric-
chezza ed il potere : ed elevatasi così al di sopra d'ogni ordine sociale
e d'ogni materiale angustia, potè dare alla sua vita un senso più alto,
potè crearsi ideali raffinati. Per la prima volta allora, dacché l'antica
civiltà era tramontata, sorse una nuova cultura, ristretta, se si vuole,
ma originale. La cavalleria provenzale arricchì anzi l'Occidente d'un
prezioso concetto; 1' amore considerato come passione, la dama pareg-
giata al signore feudale e fatta oggetto di trepido omaggio.
Ma il feudalismo aveva distrutta ogni forte organizzazione, abban-
donando il paese agli orrori dell' interna anarchia e d' una guerra con-
tinua. Il bisogno d'ordine e di pace indusse allora le popolazioni delle
città a crearsi esse stesse un nuovo organamento. Le varie classi s'ac-
cordarono; i cittadini giurarono l'alleanza, e, sull'esempio certamente
dei comuni italiani, si scelsero dei capi col nome di consoli. La prima
menzione di questi si ha a Marsiglia nel 1128; le città italiane ave-
vano cioè precedute le provenzali d'una quarantina d'anni airincirca.
La somiglianza fra i comuni dell' uno e . dell' altro paese non è però
grande; in questi ed in quelli si hanno i consoli ed il consiglio gene-
rale ; ma se appena si entra nello studio delle particolarità, si avver-
tono le differenze. Il consolato provenzale infatti ha minore potere ed
organizzazione più semplice che quello delle città nostre.
Era desso una creazione nuova ? L'A. risponde affermativamente,
perocché per l'età anteriore non si rinviene traccia alcuna di una
qualsiasi unità cittadina.
^20 niBI.lOGKAHA
Il nuovo istituto si diffuse rapidamente nella Provenza, non solo
pel generale desiderio di tranquillità e pel consueto spirito di imita-
zione; ma anche per condizioni economiche, per gioiti interessi, che
esigevano tutela. Dapprima i comuni curarono l'amministrazione in-
terna, la giustizia, la difesa; più tardi si occuparono pure della do-
gana e del mercato. Non tutti però ebbero uguali competenze ed at-
tribuzioni ; i più non ottennero l' indipendenza piena e rimasero, per
così dire, a mezza strada. Anche le repubbliche, che riuscirono a con-
quistarsi i poteri sovrani, ebbero una vita assai agitata e turbolenta,
e finirono col cedere alle forze superiori di Carlo d'Angiò.
L'A. studia in particolare l'evoluzione di ciascuna città. Di Nizza
si occupa, sulla scorta di Cais de Pierlas, a pp. 221-226. Notevoli gli
accenni ai rapporti commerciali con Pisa (p. 224) ed a qualche affi-
nità coi comuni lombardi nell'amministrazione della giustizia (p. 226).
Il Kiener si è valso largamente così dei materiali già editi, come
di quelli, che gli fornirono le biblioteche e gli archivi di Provenza e
di Lione. Anche le non poche notizie che già si possedevano, ma che
troppo erano disperse, acquistano nuova importanza, coordinate, come
or sono, in una esposizione sistematica e veramente organica. L'opera
non può quindi riuscire che di grande utilità.
Giovanni Seregni.
Bernicoli Silvio. — Governi di Ravenna e di Romagna dalla fine del
secolo XII alla fine del secolo XIX. Tavole di cronologia (Conti,
rettori, legati e presidi della Romagna ; podestà, vicari e giudici
loro, governatori, legati, vice-legati, prefetti di Ravenna ; podestà
di alcuni altri luoghi d' Italia. — In-4. Ravenna, tip. e lit. Rave-
gnana, 1898.
L'autore, vice-bibliotecario della Classense, ci offre in queste sue
tavole cronologiche un esempio di quel che s i dovrebbe attivare per
la serie dei consoli, podestà, ecc., di Milano e di Lombardia — tut-
tora mancante al completo, malgrado le liste date dal Giulini e le
aggiunte di altri, comprese quelle utilissime del sac. dottor Ratti nel
nostro Archivio (1895, p. 363 segg.). Caviamone i nomi, in ordine ben
inteso cronologico, dei Lombardi che nella Romagna ed in Ravenna
tennero di tali cariche :
BIBLIOGRAFIA 42 I
Romagna. : — 1221. Gotiifredo di Biandraie, rettore di Romagna
per Federico II Imperatore. — i2jj. Carnevale de' Giorgi di Pavia,
conte e rettore pej: Federico II. — IJ02. Uberto Noti milanese, giu-
dice generale. — J^joj. Teobaldo Br usati di Brescia, conte e rettore
di Romagna per Benedetto XI. — Giacomo Br usati, vicario. — iJSJ'
Rizzardo de Gaffari di Mantova, marescalco. — 1J12. Sigismondo Gon-
zaga, legato di Bologna e di Ravenna e vicario del Papa in Roma-
gna. — ijóo e is^j. Carlo Borromeo milanese, card, legato di Bologna
e di Romagna. — iJ^J- Girolamo Federici di Treviglio, vescovo di Mar-
turano, vice-legato o presidente. — ijj6. Francesco Sangiorgio de' conti
di Biandrate, presidente. — //<?<?. Giulio Schiaffinati milanese, idem. —
IS9J. Fr. Sangiorgio de' conti di Biandrate, vescovo d'Aqui, idem. —
JjpS. Lo stesso, cardinale di S. Clemente, legato. — Marsiglio Lan-
driani milanese, vescovo di Vigevano, presidente. — 162J. Girolamo
Vidoni cremonese, idem. — 16 j']. Conte Onorato Visconti milanese,
arcivescovo di Larissa, idem. — 1640. Pietro Vidoni, cremonese, vice-
legato. — i^Sl' Giberto card. Borromeo, legato (aggregato alla nobiltà
ravennate nel 1660). — j6-j6. Giov. Antonio Secco-Borella milanese,
A ice-legato. — 168 1. M. Giorgio Barni di Lodi, idem (aggregato alla no-
biltà ravennate nel i685). — 16^4 ^97^ Giulio Resta milanese, vice-
legato. — 170J. Girolamo Are/unto milanese, vice-legato. — iyo6. Gae-
tano Stampa, idem. — ^7j8. Antonio Biglia, idem. — ^7^6. Gian Fran-
cesco Stoppani milanese, legato (nobile ravennate nel 1757). — 1761.
Ignazio Michele card. Crivelli milanese, legato. — 1769. Vitaliano Bor-
romeo, card, legato. — ^770. Gio. Filippo G aliar ati-Sc otti, vice-legato.
— 1776. Giovanni Caccia-Piatti novarese, vice-legato. — i77^- Luigi
card. Valenti Gonzaga di Mantova, legato. — 1795- Antonio card. Du-
gnani milanese, legato.
Ravenna. — 11 97- Giovanni da Crema, giudice del podestà. —
1206. Guido da Pirovano, podestà. — 1207. Uguccio da Cremona, idem.
— 1210, Guazzone, cremonese, idem. — 1219. Riniero da Mantova, vi-
cario. — 1222. Gallino d'Alliate, podestà. — 122^ e 1229. Sozzo Col-
leoni, idem. — i2S4> Azzo da Pirovano, idem. Bartol. da Mantova, giu-
dice. — 1289. Sinibaldo Gabbi di Pavia, giudice e assessore. — 1J04.
Dandino de Nupciis da Cremona, giudice e assessore. — ijii. Raimon-
dino Algisi da Cremona, giudice. — 132S' Corrado da Milano, giudice
e assessore. — 1J26. Bartolomeo Verdelli da Cremona, idem. — 1330.
Criovanni da Caudino di Crema, idem. — 133 1' Daniele de' Paterni di
^22 BIBLIOGRAFIA
Lodi, idem. — 1342. Egidio da Pavia, giudice e vicario. — ij4t. Viti-
cijiiiurra Ansoldi di Cremona, idem. — 147 7' Giacomo Soardi di Ber-
gam(>, giudice al criminale. — ijoó, Gio. Ballista Fenaroli di Brescia,
vicario e assessore. — ///J. Bernardino Tigliardini di Brescia, pode-
stà. — ij2j. Carlo da Villanova di Mantova, governatore. Uditore:
G. B. Scapoli da Mantova. — ij2j. Tideo Gadio, mantovano, podestà.
— IS42. Trivulzio Gualtieri d' Orvieto, podestà. — iJSS- Bartolomeo
Griffìo da Salò, podestà. — 15^4. Giulio Ungaresi di Milano, vice-go-
vernatore. — Gio. Battista Aresi d\ Milano, governatore. — Giulio Gal-
biati, idem. — ij6S. Giov. Maria Brugnoli di Pavia, governatore. —
JJQI. Orazio Mainoldi di Cremona, governatore. — i62y. Vignato Vi-
gnati, vice-governatore.
In un' "Appendice,, che offre i nomi di podestà di altri luoghi,
menzionati nei documenti sui quali sono stati compilati i regesti dal
Bernicoli si notano un Filippus de Ardiciis de Viglevano, leg., doct. vi-
cario di Belluno nel 1422; un Bonacursus de Sorixina, podestà di Bo-
logna nel 1257; ^^^'^ Pompilius de Pretis de Ravenna, judex podestatis,
di Brescia ; un Coradus de Snrexina podestà di Faenza nel i256 ; un
Io. Bapt. Fachinus de Manina, vicario di Ferrara nel 1609; un Bernar-
dimis de Polenta, podestà di Milano nel 1290, col suo giudice ed as-
sessore Johannes de Pergolinis.
E. M.
Majocchi Rodolfo. — Catelano Cristiani notaio visconteo. Ricerche bio-
grafiche. — Pavia, Artigianelli, 1900, pp. 64 in-8
La vita del notaio Catelano Cristiani non è ancora tessuta, e TA.
con questo suo modesto e utilissimo lavoretto vuole preparare la
materia al futuro biografo. " Questo mio lavoro, dice egli stesso (p. 4),
non ha la pretesa di esporre fatti e circostanze straordinarie; bensì
segue minutamente lo svolgersi della vita privata del famoso notaio,
facendo conoscere le origini della sua famiglia, i suoi due matrimoni,
la numerosa figliuolanza, gli onori e le cariche, il continuo accresci-
mento del patrimonio e in fine il suo testamento „. Vuole insomma
completare con notizie intime e meno note le importantissime già
date dal. prof. Giacinto Romano, ch^ nei molti suoi lavori sui Visconti
BIBLIOGRAFIA 423
mette in luce la grande importanza di questo notaio, i cui atti sono
certamente la principale fonte storica viscontea. Le pazienti e nume-
rosissime ricerche del prof. Majocchi nel Museo Civico di Storia Patria
di Pavia, neW Archivio notarile, nelle Schede del nob. sig. Carlo Marozzi,
benemerito e infaticato ricercatore di notizie e documenti genealogici,
nelle Schede Uditesi di Girolamo Bossi, nelle Pergamene Cristiani del
Seminario di Pavia, in manoscritti deìV Archivio Vecchio Comunale e
dell' Università di Pavia, hanno dato una buona messe di notizie, che,
insieme con quelle già pubblicate, e dall'autore insieme raccolte, per-
mettono di abbracciare tutta la vita del notaio visconteo.
Dopo aver accennato ai possessi della famiglia Cristiani, aggiun-
gendo qualche particolare a ciò che già aveva detto il Romano, passa
a parlare degli antenati, di cui però non riesce a dare la genealogia,
riportando interi o in parte documenti che servono a meglio chiarire
la esposizione. Induce con probabilità che Catelano con altri tre fra-
telli, Agostina, Antonio e Giacomo, sia nato da un Franceschino,
giurisperito e figlio di un Tedisio; non già da un PYanceschino, notaio,
e figlio di Rodolfo. Prova con atti che Catelano rogò prima del 1884,
e ne segue poi passo passo 1' attività notarile per gli anni i385 e i386.
Intorno alla fine dell' 86 o sul principio dell' 87 pensa che entrasse
come notaio al servizio visconteo, e riporta a conferma di ciò un giu-
ramento di fedeltà della città di Asti al Conte di Virtù, rogato dal
Cristiani. L'anno 1887 Catelano eredita insieme coi fratelli una terza
parte dei beni di un suo parente, il notaio Tomaino Mangano, ed entra
sempre più nella fiducia del Visconti che gli affida delicati incarichi
e gli concede privilegi ed esenzioni da tasse. Nel 1898 il Cristiani ot-
tiene la cittadinanza milanese insieme con tutti i suoi parenti, ed
entra nella Commissione per la revisione degli Statuti di Pavia.
L'A. lo segue per gli anni 1894-1401 in molti atti di compera, af-
fitto di beni e di case, di eredità, di investiture, ecc. Il 1402, anno della
morte di G. Galeazzo Visconti, il M., appoggiandosi ad una attesta-
zione di Gerolamo Bossi , congettura non essere impossibile che il
Cristiani rogasse il testamento del duca.
Dal 1402 pare che le cose volgessero amale per il Cristiani, che
abbandonò anche l'ufficio di notaio ducale; ma nel 1412, Filippo
M. Visconti lo prese di nuovo sotto la sua protezione, concedendogli
favori e varie immunità, tra le quali una per i dieci figli che erano:
Marietta, Giovanna, Parmina, Giovanni, Antonio, Francesco, Michele,
Luigi, Tedisio e Nicola.
424 BlBMOGnAFlA
Poche notizie in seguito, tranne la eredità dal fratello Antonio di
beni della campagna di Milano, di Berbenno e di Montagna in Valtel-
lina nel '17 e la esenzione di alcune tasse, ecc. nel '27 e nel '3o. Circa
il 1482 chiuse la abbastanza lunga sua vita (era nato circa il i356), e
nel testamento, eccetto alcuni legati alle figlie e a chiese, ripartì Ira i
cinque maschi rimastigli, Giovanni, Francesco, Luigi, Tedisio e Ni-
cola, i suoi beni, che un altro documento riportato dal Majocchi ci
dice essere stati molti e dispersi nella Campagna di Pavia, a Torre
del Mangano, a S. Martino Siconiario, a Casteggio, a Robecco, a Chi-
gnolo, a Caselle, a Cava, a Castel Lanibro, ecc. Finisce il lavoro con
un atto enumerante mobili e vesti che potranno servire allo stu-
dioso della storia del costume.
Ettore Galli.
Mariani Mariano. — Vita Univer sitar la Pavese nel secolo XV. —-Pavia,
Tip. Artigianelli, 1899. pp. 141 in-i6.
Sono quattro conferenze che l' A. tenne all' Associazione degli
Impiegati Civili a Pavia. La prima tratta dell' amore e delle cure che
i duchi ebbero sempre per mantenere e far fiorire lo Studio; la se-
conda concerne le relazioni tra Pavesi e Università, e la nomina dei
professori; la terza spiega l'ordinamento dello Studio; la quarta ri-
guarda gli stipendi dei professori e gli studenti.
Le notizie sono desunte da alcuni volumi manoscritti del Museo
Civico di Storia Patria di Pavia, contenenti trascrizioni di originali o
di copie autentiche di documenti che riguardano l'Università.
L'autore dimostra come i vari duchi si compiacessero del loro
Studio di Pavia, e si adoperassero per accrescerne il lustro con pro-
fessori insigni e con studenti che richiamavano per mezzo di faci-
litazioni, esenzioni e privilegi. Commenta in proposito una Supplica
di rettori e professori indirizzata al duca il 28 maggio 1402 da Piacenza,
dove tre anni prima si era trasferito lo Studio per causa della peste.
Tra le varie domande che vi si leggono, curiosa e degna di essere
studiata e illustrata con le condizioni economiche e sociali di Pavia
a quel tempo, è la domanda che fossero fissate 3oo case da affittarsi
esclusivamente a professori e studenti ad un prezzo non superiore al
quattro o al cinque per cento del valore delle case stesse.
BIBLIOGRAFIA 435
Con molti documenti l'A. la vedere con quale rigore il duca esi-
gesse da professori e da studenti l'esatta osservanza dei loro doveri.
Per questo incaricava i bidelli di vigilare l'opera dei professori, vie-
tava agli studenti il cambiamento di Università, e concedeva loro
esenzioni ed immunità che spesso suscitarono malumori nella citta-
dinanza.
I Pavesi però furono sempre gelosi custodi della integrità e con-
servazione della loro Università; e spesso fecero istanze presso il
duca perchè o con aumenti di stipendio, o con pronto e regolare paga-
mento delle mesate, che spesso si facevano aspettare, trattenesse pro-
fessori che se ne volevano andare trascinando seco anche gli studenti.
E anche quando la minaccia venne di fuori i Pavesi seppero sempre
provvedere interponendo i loro buoni uffici. Così nel 1408, dopo quattro
anni di assenza ottennero che lo Studio fosse riportato da Piacenza
a Pavia; scongiurarono il pericolo di perderlo il 1428 per causa dei
Parmensi, il 1448 per i Milanesi e il 1474 di nuovo per i Parmensi.
La nomina dei professori e dei bidelli (allora assai più importanti
di oggi) spettava di diritto al principe, che sempre se la riservò per
quanto ripetutamente i Pavesi avessero cercato di avocarla a sé.
Per la scelta, o assumeva il duca informazioni in proposito^ o si
imponeva la fama delF insegnante, o le Facoltà e i Sapienti di Prov-
visione facevano la proposta, o inoltravano domanda gli stessi interes-
sati, o valevano le raccomandazioni di potenti. Le nomine però, non
cadevano che su doctores o insegnanti di qualche gradus.
L'Università detta Studio generale, era formata di due Corporazioni
di studenti, cioè dei giuristi (numerosissima e composta anche di mol-
tissimi stranieri) e degli artisti e medici. Cancelliere dello Studio era il
Vescovo di Pavia. Altre cariche erano quelle del Rettore delle due Cor-
porazioni o Facoltà, che era sempre uno studente eletto da studenti,
dei Dodici Statutari (pure studenti) che presiedevano allo Statuto, dei
Dódici Consigliar i (pure studenti) che col Rettore sovrasiedevano al-
l'intera Università, dei due Sindaci (studenti) cioè controllori ed ispet-
tori, ééìV Economo e del Notaio o Segretario, ognuno dei quali aveva pro-
prie attribuzioni. V'erano inoltre i bidelli generali e speciali, gli sta-
zionari o venditori di libri, i legatori, i copisti che erano in qualche
modo addetti all'Università per la grande bisogna dei libri. Nella
chiesa di S. Tomaso, che era la chiesa dell'Università, era depositata
la Cassa dello Studio, contenente il Sigillo universitario, gli Statuti,
4i6
BIBLICGRAKIA
chiusa a tre chiavi tenute dal rettore, da uno statutario e da un con-
sigliarlo.
Dopo aver detto delle varie materie, l'A. passa a parlare dei pro-
fessori che erano ordinari e straordinari, delle lezioni mattutine e
vespertine, e di lezioni l'estive fatte da studenti italiani e forestieri.
La sede dello Studio fu da prima il Palazzo del Popolo {Mercato
Coperto), aggiuntevi poi altre aule appigionate qua e là; con Francesco
Sforza fu portata in un palazzo che sorgeva al posto del moderno
fabbricato. Cominciamento e fine delle lezioni erano dati da una can>
pana della torre maggiore e da un orologio pubblico posto sul castello.
Il nome dei professori era scritto in rotoli annuali dai quali si
rileva che alcuni insegnanti, pure appartenendo allo Studio, ed es-
sendo pagati da esso, non professavano a Pavia. È questo il caso del
Filelfo e di molti altri famosissimi, incaricati di leggere a Milano.
Gli stipendi di rettori e professori, che variavano secondo i tempi,
secondo le materie e secondo gli uomini , non erano di sovente pa-
gati a tempo debito, e furono spesso causa di pericolo per lo Studio.
Da ultimo, accennato al divieto fatto ai professori di esercitare
la medicina e l'avvocatura, si viene a dire degli studenti^ della loro
vita tumultuosa e dissoluta, di guai seri nati fra loro e i cittadini,
della loro condotta prepotente ed immorale, delle condizioni econo-
miche talora gravi di studenti e professori , e della istituzione di un
banchiere (uxurarius) per provvedervi.
È, come si vede, una buona messe di notizie ingegnosamente rag-
gruppate, che dipingono a colori molto vivi le condizioni non solo
dello Studio, ma della stessa città di Pavia. È una pagina bella ed
utile per la conoscenza di un periodo di storia, che non può più re-
stringersi a pochi fatti militari e politici. Due cose però, ce lo per-
metta Fautore, si sarebbero desiderate: che, specialmente nella prima
conferenza, per quella serenità che deve sempre informare le opere
storiche, si fossero lasciate da parte certe stonate osservazioni su cose
presenti; e che in fine molte preziosissime notizie, che nella narrazione
hanno assunto un valore molto superficiale e puramente descrittivo,
per il loro carattere spiccatamente economico e sociale, si fossero
considerate un po' più profondamente, fossero poste nel loro ambiente;
così che oltre ad acquistare esse tutta la importanza che hanno per
sé, avrebbero contribuito a illuminare di luce nuova molti fatti cji
quel maraviglioso secolo che è il quattrocento.
Ettore Galli.
BIBLIOGRAFIA 427
Fontana Ferdinando. — Antologia Meneghina. — Bellinzona, Colombi,
1900, pp. xxxvi-428, in-4 ili.
In quest' opera vuole il Fontana esporre popolarmente le vicende
della letteratura meneghina intesa nel suo senso più largo : troppo largo,
anzi, poiché l'autore non si perita di considerare come varietà del dia-
letto milanese i vernacoli del varesotto e quelli ben anco del Canton
Ticino !
Dello svolgimento di questa letteratura dialettale, così nella città
come nel contado, e delle maschere locali, che in essa appaiono, parla
brevemente il compilatore in una spigliata prefazione, ove coglie l'op-
portunità d' intessere una sorta di panegirico del popolo milanese,
della sua indole, della sua storia, della sua poesia. Non a tutti i giu-
dizi ivi espressi potremmo invero aderire. Non crediamo ad esempio
che il comune di Milano avesse sin dall'origine carattere democratico;
poiché nella nostra città, come altrove, il popolo minuto non acquistò
importanza, se non dopo una lunga lotta, che si combattè special-
mente nei primi decenni del secolo XIII.
Le parti meno felici del lavoro (diciamolo tosto) sono la breve
trattazione intorno alle origini ed all' estensione del dialetto milanese,
ed i capitoli relativi ai più antichi scrittori, che in esso poetarono.
Fanno qui difetto pur troppo 1' originalità del contenuto e la moder-
nità della critica. Meglio riesce il Fontana laddove tratta di poeti più
recenti e più popalarmente noti.
Opportunamente é seguito nel libro l'ordine cronologico ; ai saggi
di ciascun autore è preposto un cenno biografico or più, or meno
esteso.
Il compilatore ha avuto l'ottima idea di ripubblicare per intiero
(pp. 17-57), i Rabisch delF Accademia della Val di Bregno, che erano or-
mai presso che irreperibili. La ristampa di questo prezioso cimelio
letterario e linguistico é condotta sulla seconda edizione (del 1627), ed
e corredata da un cenno storico dell'egregio avv. Brenne Bertoni sui
Bleniesi a Milano. Poco più oltre (pp. 63-76) si trova pure riprodotto
integralmente, conforme all'edizione del 1750, il Varon Milanes coU'ag-
giunta del Prissian.
Al Maggi è tributato il dovuto onore, poiché se ne riferiscono non
Arch. Star. Lomb. -^ .Vnno XXVII — Fase. XXVI. 28
428 BIBLIOGRAFIA
poche poesie, oltre alla favola ed ai brani più notevoli delle comme-
die. Molto pure del Balestrieri.
Del Porta, le cui opere sono notissime, il Fontana nulla riporta
luorchè alcuni versi inediti ed una lettera, pure inedita, al Grossi. E
non possiamo in questo disapprovarlo . il posto dei sommi, ove si
astragga da casi specialissimi, non è nelle antologie.
Molte e molte pagine, troppe forse, son dedicate ai contempora-
nei (compresi i viventi): tre sole invece agli anonimi. Ed è peccato,
poiché in una congerie, ch'egli stesso dichiara "immensa,,, il Fon-
tana non avrebbe durato fatica a scovare materiali preziosi per la
storia e per la psicologia della popolazione milanese.
Un' appendice intitolata Gli Amici contiene notizie biografiche di
coloro, che hanno scritto intorno al dialetto di Milano ed alla sua let-
teratura.
In complesso, si desidererebbe nell' opera, utile certo per ricchezza
di materiali, un' impronta più modernamente scientifica ed un' unità
organica maggiore. È tuttavia innegabile il merito di chi 1' ha compi-
lata con lavoro lungo davvero e paziente.
GiovAN-M Seregni.
Luisa Anzoletti. — Maria Gaetana Agnesi, Milano, Cogliati, 1900,
pp. 495.
Fortunato caso fu certo che lo scrivere di Maria Gaetana Agnesi
toccasse ad una donna al pari di quella ornata di profonda e varia
coltura, addestrata allo studio delle più severe discipline e pur tutta
infiammata da queir entusiasmo per le cose buone onde 1' autrice delle
Istituzioni analitiche fu tratta a edificar sulla scienza la carità. Luisa
Anzoletti aveva tutte le doti per comprendere lo spirito non meno
che la mente di quella donna singolare, e ci ha dato non una semplice
biografia, ma una storia fedele e compiuta della vita intellettuale e
morale di lei. È un libro per molti rispetti ammirabile: ricco di dot-
trina e di critica soda e scrupolosa, quale oggi si richiede in chi vo-
glia comunque scrutare il passato, denso di pensiero, adorno delle più
pure eleganze della lingua e tutto invaso da una dolce e serena poesia,
che penetra per ogni dove ed ogni pensiero tramuta in imagine vitale.
BIBLIOGRAFIA 429
A questa poesia gentile, che è pur tanta parte in un libro consacrato
ad una idealizzatrice della scienza e della carità , qual fu V Agnesi ,
non è lecito a me fare su queste pagine più che un accenno: qui si
conviene tener conto dell'elemento, dirò così, positivo dell'opera. Il
quale non è né scarso né modesto.
Il canonico Anton Francesco Frisi , che primo tessè V elogio di
Gaetana e, sebbene troppo indulgesse all'elogio e troppo poco alla
storia, ebbe il merito di lasciar ricordo di quella carità, che altrimenti
sarebbe stata una pura tradizione, fu seguito da altri i quali non fe-
cero se non accumulare inesattezze o perpetuare leggende. — L' An-
zoletti si rifa da capo, riferendosi all'Agnesi stessa, interrogando tutte
le carte di lei, specialmerfte quelle in cui la critica non erasi ancor
mai esercitata. Prima così a cadere è la leggenda del patriziato, dal
Frisi e dagli altri attribuito a Pietro Agnesi, il quale ebbe, solo nel 1740,
il titolo di Don, annesso al feudo di Montevecchia, ma il patriziato
milanese, quantunque ardentemente desiderasse, mai non ottenne ; leg-
genda che nulla aggiungeva viva e nulla detrae morta alla eccellenza
di Gaetana " nata a dar nobiltà al suo tempo, non a riceverne „.
Quando nacque l' Agnesi respiravasi nel mondo politico un'aria
di burrasca, ma in quello letterario pesava un' afa sonnolenta ; vive-
vano sì Vico e Muratori, ma in* mezzo alla generale inerzia degli spi-
riti ; era età di boria vana, il pensiero si muoveva nella vacuità acca-
demica. E nelle accademie diede l' Agnesi le prime prove del suo sa-
pere, acquistato con meravigliosa rapidità: a nove anni nella /«/«^s/r«
umbratilis di casa sua, onde tanto compiace vasi il padre, recitò una
orazione in latino contro quelli che voglion preclusa alle donne la
via della scienza o, in termini più moderni, contro gli antifemministi.
U oratio agnesiana si ricollega a tutto un movimento femminista par-
tito dai Ricovrati di Padova, quando, nel 1722, il Vallisnieri, Principe
di quella accademia, propose il tema " Se le donne si debbono am-
mettere allo studio delle scienze e delle arti nobili „, tema discusso
da parecchi fra i begli ingegni di quel tempo e, in modo egregio,
dalla scrittrice sanese Aretafila Savini de Rossi, con un discorso sodo
ed elevato, dall'argomentazione franca e geniale, dalla lingua fresca
e purissima, che fece cascar le armi di mano anche ai più fieri av-
versari della causa femminile. Ultima nella serie di questi componi-
menti veniva V orazione della giovinetta Gaetana, intorno alla quale
si formò pure una leggenda che glie ne attribuì la composizione; m
^30 BIBLIOGRAFIA
anrhr qui TAnzoletti; calma e sagace nel suo giudizio, rimette le
l)osto e dimostra che l'orazione fu scritta in italiano dal pre-
< cuore, il padre Gemelli, e da quella tradotta in latino e imparata a
memoria, e la giudica nulla più che un imparaticcio, testimonio della
scuola falsa e decrepita a cui nei primi anni fu l' Agnesi assoggettata.
Alla Ora/io segue un decennio di costante applicazione allo studio
delle lingue: sette ne imparò, compreso il greco e l'ebraico. Neppure
su questo periodo trascura l'Anzoletti di soffermarsi; essa vuol con-
siderare r Agnesi anche come cultrice degli studi di lingue e, a tale
scopo, esamina quella copiosa raccolta di manoscritti inediti, conser-
vati neir Ambro^siana, che tutti, senza averli veduti, segnalano come
un santuario pieno d' imperscrutabili misteri. Non ne ricava molto, a
dir vero, ma abbastanza per sfatare qualche altra leggenda : una rac-
colta di vocaboli ebraici, una amplissima di greci (i3ooo) coi corris-
pondenti latini, scritta, è chiaro, per esercizio di memoria, e un
opuscolo mitologico da lei tradotto in greco, quelFopuscolo che por-
geva a Defendente Sacchi occasione di scrivere: " a nove anni sapeva
sì di greco e di latino che tradusse in greco una mitologia „, mentre
non si tratta che di poche pagine d'una lezioncina affatto elementare;
infine due libri di supplemento a Quinto Curzio colla traduzione ita-
liana, francese, tedesca e greca sotto il testo, da lei medesima trascritto.
Tutti questi studi, quantunque non fossero fine a sé stessi, ma solo
tendessero a procurar nuove chiavi del sapere, furon condotti, come
si vede, con costanza e con metodo non comuni.
A un lavoro più geniale e più fecondo diec e occasione la venuta a
Milano del celebre professore di poesia Gerolamo Tagliazucchi mo-
denese ; accolto con entusiasmo in casa Agnesi, intraprese l'istruzione
di Gaetana, e cominciò allora per lei un' epoca nuova : si tolse alle
accademiche pedanterie tutte d' esercizio meccanico e di falsariga, per
adottar metodi più ragionevoli e più acconci a sviluppare la sua per-
sonalità. Ma il Tagliazucchi, chiamato alF Università di Torino, do-
vette presto abbandonare la sua scolara; ed eccola dedicarsi con nuovi
maestri a nuove discipline : il pavese Carlo Belloni la inizia alla filo-
sofia, e più tardi, a cominciare dal 1787, e in filosofia e in matematica
la istruiscono il padre Somasco Manara e il Teatino Michele Casati,
non già con un corso regolare di lezioni, come sembra credere il
Frisi, perchè entrambi eran legati a cattedre lontane da Milano, ma
con una lunga e non interrotta corrispondenza, di cui qualche traccia
fu dato all'Anzoletti trovare nella biblioteca Ambrosiana.
BIBLIOGRAFIA 48 1
Neppur r erudizione filosofica delFAgnesi sfuggì alla leggenda. Sin-
golare certo quella erudizione ma non miracolosa. Il metodo delle scuoje
d' allora era, come diceva Pietro Verri, tutto idee e parole senza base
e, quantunque educata fuori delle pubbliche scuole, Gaetana non si
solleva sopra il livello comune del sapere nella prima metà del set-
tecento; r originalità del suo ingegno non va ricercata nelle sue di-
squisizioni filosofiche. I biografi han gridato al miracolo, ma non han
sollevato la cortina che nascondeva i venticinque volumi di mano-
scritti inediti dell'Ambrosiana : TAnzoletti lo ha fatto e nulla di me-
raviglioso ha trovato. Ella ha esaminato innanzi tutto le Propositiones
philosophicae (stampate nel 1788), discusse in più volte e non in una
sola come i biografi asseriscono ; il prospetto delle tesi è vasto come
una mezza enciclopedia, ma non sono che brevissime enunciazioni
del tema, rivelan l'ordine e il macchinismo della disputa, ma non di-
cono in qual modo fossero disputate, né posson darci una impronta
originale del pensiero di lei. Inoltre l'instituire discussioni di tal ge-
nere era cosa assai men difficile che non sembri; le esigenze delle
scuole d'allora eran modeste, gli autori che facevan testo e a cui ba-
stava riferirsi contavansi sulle dita, e solo di quelli sembra l'Agnesi
aver avuto cognizione, cognizione che non va oltre qualche breve passo
citato a proposito. Nò migliori saggi del suo pensiero filosofico danno
i famosi venticinque volumi : essi non contengono che le lezioni, colle
quali Gaetana si addestrò alla filosofia, lezioni che avrà avuto dai mae-
stri per studiare privatamente: il lavoro suo ci entra per poco, e si
può esser certi ch'ella non si appassionava gran fatto pei filosofi delle
scuole, ma prendeva le tesi come le venivan date e intorno a quelle
faceva la sua discussione accademica. La fisica e la geologia, di cui
pure si occupano que' manoscritti, non aveva diverso trattamento; non
un pensiero, non un sentimento originale: Gaetana Agnesi nella sua
prima età studiò moltissimo ma non diversamente dal modo con cui allora
si studiava. Le famose dispute filosofiche da lei sostenute in casa, sa-
rebbero state, secondo i biografi, improvvisate sempre, ma i documenti
provano che, almeno qualche volta eran preparate: in una raccolta
di tesi inedita, in gran parte autografa, si trovan botte e risposte d'in-
troduzione e di conclusione, i complimenti retorici a frasi fatte ò per
rispondere o per dar lode al lodatore, le dispute stesse ritornavano
ben sovente sul medesimo argomento: un repertorio dunque come pei
virtuosi d'arte lirica o drammatica. Ma che monta? quelle accademie
432 BIBLIOGRAFIA
cran fatte per volontà del padre, e quantunque tutti ne fossero entu-
siasti e un Charles de Brosses giudicasse l'Agnesi un phcnomène litté-
rairc, una cosa più stupenda que le dòme de Milan, non e detto ch'ella
le prendesse sul serio.
* *
Ma cessa finalmente Gaetana di essere una rarità da museo, la
sua personalità sta per svolgersi ed affermarsi; con acuto occhio ne
scorge TAnzoletti i primi indizi tra una pagina e l'altra della suppel-
lettile inedita. L'ingegno critico di lei si manifesta la prima volta
nella risoluzione di alcune difficoltà trovate nel Trattato analitico delle
sezioni coniche dell' Hopital, difficoltà che una lettera del Belloni di-
mostra essere state enormi, e appare ancor più chiaro e profondo in
una risposta a G. B. Bertucci, poeta ed erudito, che l'aveva richiesta
d'un giudizio intorno ad un suo manoscritto De telluris ac siderum vita:
quella lettera, dice l'Anzoletti, meriterebbe di essere chiamata un
saggio di letteratura manzoniana: in essa, come del resto in tutte le
scritture dell' Agnesi, " un gusto naturale sovraneggiante, una sublime
passione della verità, una eccessiva delicatezza di coscienza abbellita
da quel candore d'animo e da quella schietta modestia che è la più
amabile divisa della grandezza: un fine morale non mai perduto di
vista un istante e sopratutto una eccelsa unità di ragione filosofica e
di sentimento religioso, per cui idee e cognizioni, veri fisici e veri morali,
concetti e forma tutto si armonizza,,. Ho citato letteralmente questo
brano perchè ci rivela come l'Anzoletti abbia saputo scrutare l'intima
natura dell'Agnesi e comprendere l'unità mirabile e l'armonia del suo
spirito, che non lascian vedere ove finisca la scienziata e cominci la
donna di leligione.
Ed eccoci alle Istituzioni analitiche, frutto degli insegnamenti d'un
nuovo maestro ed amico, il Padre barnabita Ramiro Rampinelli. A
quel libro è principalmente dovuta la grande fama di lei; ed era
davvero un libro magistrale e per la forma agevole e piana, ben di-
versa dalla prosa infiacchita del settecento, e per la chiarezza del-
l'espressione scientifica, e per la facilità delle dimostrazioni che toglieva
ai giovani ogni difficoltà. Gli elogi furono illimitati ed universali, di-
cono i biografi, ma l'Anzoletti non si è accontentata di questa nuda
asserzione, essa ha voluto, com'era giusto, cercarne le prove, trasce-
BIBLIOGRAFIA 4.-'
gliendo dal carteggio ambrosiano i giudizi che gli scienziati più emi-
nenti dell'epoca, quali il Poleni, editore di Vitruvio, il Griselini, Fr.
M. Zanotti ed altri pronunciarono intorno a quell'opera; e studiando
la fortuna delle Istituzioni all'estero ed i pareri de' critici d'oltr'alpe :
entusiasti ne erano il signor De Fontaneu e M. De Montigny, il ge-
niale applicatore della scienza alla industria, V Academie des Sciences
le giudicava il miglior libro del genere e deplorava, per la prima volta
forse, che gli statuti escludessero dal suo grembo le donne; a distanza
di venticinque e cinquantanni esse furon tradotte in francese ed in
inglese; la traduzione del Colson, il commentatore di Newton, pub-
blicata a Londra nel 1801, fu accolta trionfalmente dalla critica bri-
Ij tannica, quando già mezzo secolo di progresso scientifico vi era pas-
sato sopra : ne è prova un lungo e bell'articolo dell' Edimòurg/t Revieiv
|| (ott. i8o3) che l'Anzoletti riassume. Per far opera in tutto completa,
la nostra autrice ha interrogato anche i moderni, e, come sintesi sto-
rica e critica, riporta il giudizio^ da lei medesima chiesto,'di due emi-
nenti scienziati italiani, Giovanni Schiaparelli e il prof. Loria dell'U-
niversità di Genova; il primo rifa in breve la storia della materia
trattata dall'Agnesi e ne considera l'opera in relazione alle condizioni
della scienza in quel tempo, il secondo sintetizza le testimonianze circa
la. parte che le Istituzioni hanno avuto nel promuovere il progresso
della matematica.
Così anche i profani posson formarsi un concetto del valore scien-
ifico dell'opera capitale dell' Agnesi, ed anche i profani comprendono
che, per quanto grande ne sia il valore, esso non giustifica l'esagera-
zione di alcuni che la paragonarono a Gerolamo Cardano e al Leib-
nitz: l'Agnesi non può stare fra gli scopritori di nuovi veri, essa ebbe
solo ed attuò un concetto nuovo per popolarizzare in Italia lo studio
della geometria e dell'algebra, e qui sta il suo merito, non piccolo, del
resto, e ben degno dell'onore di quella cattedra che Benedetto XIV le
destinò nell' Università di Bologna e ch'ella, per più ragioni, a cui non
fu certo estranea una invincibile modestia, non salì mai : e ciò sia detto
con buona pace di que' biografi che ve l'han fatta insegnare per qua-
rantotto anni ! Alle pompe non era inclinata Gaetana Agnesi, neppur
quand'essa fossero il più legittimo riconoscimento dei suoi meriti ; un'al-
tra vocazione la chiamava, quella della carità e del sacrificio. Le Istitu-
zioni analitiche segnano il colmo della sua carriera: dopo la loro pub-
blicazione ella sembra cessare da ogni attività scientifica, per dedicarsi
434
BIDLIUGKAKIA
ai poveri, agli ammalati, di cui riempie i suoi appartamenti, e se di tratto
in tratto si presta a sostenere qualche disputa dotta, e la virtù dell'ubbi-
dienza che la induce a non dispiacere al padre : ma dopo la morte di
Don Pietro (1752), ogni legame è sciolto ed ella segue franca e sicura la
propria strada. Fu il disprezzo pel mondo, fu T indifferenza dei con^
cittadini i quali, svaniti i primi entusiasmi, parvero dimenticarla, che
l'allontanarono dalla scienza per darla ad una vita di religione? No,
risponde TAnzoletti "da una ambizione crucciata non nasce il fiore
più ammirando della virtù,,. Il mistero psicologico che avvolgeva fi-
nora quel brusco passaggio è rivelato da un documento nuovo, pro-
prietà di casa Borromeo: è il primo dei tre scritti ascetici dell' Agnesi,
di cui dava notizia il canonico Frisi, ma che era sempre stato irrepe-
ribile: da quell'autografo, riportato per intero nel copioso e interes-
sante appendice, apprendiamo quali fossero le meditazioni da lei pre-
dilette nel corso più lungo della sua vita e traggiamo una evidentissima
prova che, cessati gli studi matematici, la teologia divenne l'oggetto
supremo del pensiero e degli affetti di lei. Né anche in questo campo
di studi le mancaron soddisfazioni, che l'Arcivescovo Pozzobonelli
sempre la tenne in altissima estimazione e la richiese talora del suo
giudizio intorno ad opere di dubbia ortodossia : una scrittura di lei
intorno ad un libro del Marchese Paolo Gorini Corio, messo all'indice,
mostra una vasta e matura dottrina in materia di dogmatica, di mo-
rale e di storia ecclesiastica e quell'ingegno che, per essere esercitato
in un campo assai diverso, nulla ha perduto del suo acume.
Qui, riassunto il lavoro storico e critico, il quale, anche da questi
brevi cenni, apparirà, spero, esauriente e definitivo, mi conviene fer-
marmi. Quella parte del libro ove è narrato l'ultimo trentennio della
vita di Gaetana, da quando cioè (1771) l'Arcivescovo la prescelse a di-
rigere il riparto femminile nel luogo pio Trivulzio, è tutto un inno di
poesia alle virtù sublimi di lei, che si ammira ma non si può rias-
sumere. L'autrice vi sfoga molti e nobili sentimenti, vi alterna osser-
vazioni ponderate, tratti di spirito, slanci di entusiasmo, e voci di
rimpianto per molte cose che discordano dai suoi ideali purissimi, e
ciò senza turbare l'armonia dell' opera dove tutti gli elementi sono
mirabilmente contemperati e fusi. Lei felice che la genialità sa di-
sposare alla dottrina, e nel documento, che per se è rigido cadavere,
infondere il calore della vita.
Ettore Verga.
BIBLIOGRAFIA 4DD
ScHERiLLO M. — Spigolature Par'miane in documenti inediti. — Napoli, tip.
Giannini, 1900 (in-8 gr., pp. 23). Estr. dagli Studi di letteratura ita-
liana, V. II.
Tra i ricordi più interessanti delle teste pariniane celebrate lo scorso
inverno nella nostra Milano ci piace ricordare questa recentissima pub-
blicazione dell'egregio consocio prof. Michele Scherillo, intitolata S/>/§-o-
lature Pariniane in documenti inediti. Sono appunti presi di sui documenti,
in gran parte sconosciuti, che vennero alla luce in occasione della mo-
stra pariniana fatta nella sala di Maria Teresa presso la biblioteca di
Brera; quali Y Inventario della sostanza lasciata dal Parini, redatto il
i5 agosto 1799, cioè il giorno stesso della morte del poeta, a cura del
Vimercati e del Frapolli, che il Parini aveva scelto a suoi esecutori testa-
mentari un anno prima; l'elenco dei libri, che il grand'uomo possedeva,
sulla scorta del quale l'ingegnoso commentatore si piace intessere
nuove ricerche intorno ai fonti donde l'artista derivò orl'una or l'altra
di quelle inspirazioni che suggerivangli poi le scene del Giorno; una
lista, poco lieta!, dei debiti e crediti del defunto (assai men numerosi
i secondi dei primi), ecc. Notevole è pure la descrizione che lo Sche-
rillo ci dà d'alcuni autografi pariniani, tra cui cospicuo il fascicoletto
contenente l' ode Per l* inclita Nice, offerto alla Castelbarco stessa con
contegnosa dedica in prosa che contrasta non poco coi poetici ardi-
menti dell'ode (i). È insomma questo, come si vede, un attraente ma-
nipolo di curiosità pariniane; ognuna delle quali riceve maggior lustro
dai dotti e garbati commenti ond'è adornata, come una gemma acquista
novello splendore mercè 1' abile mano dell' artefice che la vien sfac-
cettando.
F. N.
(i) Essa è tale: "L'Inclita Nice è supplicata di riconoscere sotto
" la forma poetica de' seguenti versi i veri sentimenti da cui proven-
" gono : cioè il rispetto, l'ammirazione e la riconoscenza dell'Autore
" per l'esimie qualità di Lei, e per la singolare benignità con cui Ella
" si degna di onorarlo „.
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDì
(marzo-giugno igoo).
I libri segnati c^n asterisco pervennero alla Biblioteca Sociale.
.4bati (sac. Isaia). Un secolo e mezzo di sani esempii: monografia sulla
chiesa prepositurale di Castione della Presolana. — Bergamo, sta-
bilimento tip. S. Alessandro, 1899, in-i6, pp. 180 con 2 prospetti.
Ada ecclesiae mediolanensis ab ejus initiis usque ad nostram aetatem,
opera et studio presb. Achillis Ratti. Voi. IV, fase. 55. — Medio-
1 a n i , R. Ferrari, 1900, in-4, col. 641 a 720.
Agiografia. — Vedi Barbier, Borgognoni, Borromeo, Brambilla, Gon-
zaga, Mancinelli, Nodari, Scandella.
Aunonì. Pel museo etnografico-geografico da istituirsi in iMilano. —
V Esplorazione commerciale, a, XV, n. 2-3 (Milano, 1900).
Antonini (G.). I precursori di C. Lombroso. — Torino, Bocca, 1900,
in-i6, pp. 172.
Cfr. il cap. III: G. B. della Porta e Guglielmo Grataroli [di
Bergamo].
* Anzoletti (Luisa). Maria Gaetana Agnesi. — Milano, Cogliati, 1900,
in-8 gr. ili., pp. 495.
Cfr. i cenni bibliogr. in questo fascicolo deW Archivio,
Appnnti sommari sulle campagne del 1848, 1849, 1866 in Italia (Scuola
di guerra, anno 1899-900). — Torino, tip. Roux e Viarengo, 1899,
in-4, pp. 52.
Araldica e genealogia. — Vedi Bollettino, Carreri, Corti, De Gitber-
natis, Lettere, Litta, Marozzi, Simeoni.
Archeologia. — Vedi Annoiti, Galloni, Giulini, Periodico, Ulrich.
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA 437
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di Lodi. Anno XIX, fase. I. — Lodi, Quirìco e Camagni, 1900.
Agnelli (G.). Ospedali Lodigiani : Ospedale di S. Antonio. —
Lo stesso. Della venuta di Massimiliano Sforza nel ducato di Milano
secondo le cronache e i documenti lodigiani \^Cont. e fine']. — Causa
tra il comune di Cremona, il monastero di S. Sisto di Piacenza e An-
selmo Selvatico crociato per la giurisdizione di Castelnuovo Bocca
d'Adda [Dal Codice diplomatico Cremonese dell' Astegiano]. — Ba-
roni (avv. Gio.). Il SS. Crocifisso della Maddalena. Note storiche. —
Atti della Deputazione storico-artistica lodigiana.
jtrienta (Giulio). Un quadro di Ruggero Vander Weyden al Santuario
di Varallo. — Arte e Storia, n. 7, 1900.
Arte. — Vedi Ar lenta, Bach, Barbier, Beltrami , Bertaux , Blanquart ,
Brescia, Carotti, Dell'Acqua, Delarnelle, Esposizione, Fabriczy, For-
nari, Fournier, Fregio, Frizzoni, Galleria, Gaitthiez, Giulini, Guida,
Lafenestre, Leonardo, Malaguzzi, Milano, Moretti, Muzio, Navenne,
Noseda, Ojetti, Philippi, Prout, Rocchi, Rushfurth , San f Ambrogio ,
Schweitzer.
Arullani (Vittorio Amedeo). Questioncella pariniana. — Fan/ulta della
domenica, n. 20, 1900.
Atti della Associazione elettrotecnica italiana. Voi. 3. — Milano, 1900.
Righi. Volta e la pila. — Mascart. Volta in Francia. — Bar-
ZANÒ. Contributo alla bibliografia voltiana. — Volta. Sulla opportu-
nità di raccogliere in una unica pubblicazione le opere sparse di Ales-
sandro Volta.
Bacìi (Max). Die illustrierten Vitruv-Ausgaben des XVI lahrhunderts.
Mit ili. — Zeitschrift ftirBucherfreunde, IV, 2-3, maggio-giugno 1900.
A pp. 51-52 si discorre dell' edizione del Vitruvio, a cura del Ce-
sariano, fatta da Gottardo da Ponte in Como nel 1521 e si riproduce
la vignetta a p. 166.
Balzani (Ugo). Le cronache italiane nel medio evo descritte da Ugo
Balzani. Seconda edizione riveduta. — Milano, U. Hoepli, 1900,
in-i6, pp. xj-323.
* ll'iiranfii (Carlo). Verdi e il nostro Conservatorio. — La Perseveranza,
12 marzo 1900.
Sfata la fiaba oramai vieta che Verdi non sia riuscito a superare
gli esami di ammissione al Conservatorio di Milano nel 1832.
Itarhier de llontault (X.). Le trésor de l'Eglise Saint-Ambroise, à
Milan. — Reviie de l'art chrètien, 2."''^ livr., 1900 {Coni.).
— La Vierge miraculeuse de Ré au diocèse de Novara (Italie). — P o i-
tiers, imp. Blais et Roy, 1900, in-8, pp. 12.
438
BIBLIOGHAKIA
A proposito di un quadro del secolo XV'I conservato nella gal-
leria della sig."» Barbier de Montault, a Poitiers.
Barlilera (R.). Carlo Bini ne' suoi scritti e nei processi inediti della Gio-
vine Italia. — Illustrazione italiana, n. io, 1900.
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Beatrice irKMtc. — The Atke?meum, n. 3771 (1900).
Beltranil (ardi. Luca). Pax.... Pax.... (A proposito degli oratorii pero-
siani). — Corriere della Sera, n. 113, 1900.
Cenni artistici sulla riconsacrata chiesa di S. Maria della Pace.
— 11 coronamento nella fronte del duomo di Milano in base ad antichi
disegni in parte inediti, con prefazione in risposta al voto di sette ar-
chitetti. — Milano, tip. U. Allegretti, 1900, in-4 fig., pp. 64, con
tre tavole.
— I ISIusei d' arte nel Castello Sforzesco ; Ricordi del Castello Sforzesco
(inaugurandosi i Musei d'arte). — Corriere della Sera, n. 119 e 126,
1900.
— La vita nel Castello di Milano al tempo degli Sforza. — Milano,
U. Allegretti, 1900.
— Il ritratto di Ambrosino da Longhignana, capitano generale nella Guar-
dia ducale, nel Castello Sforzesco. — La Perseveranza, 7 maggio 1900.
— Disegni di architettura. N. 7 della serie. — Edilizia Moderna, marzo
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// Duomo di Mdano verso il 1730 (disegno inedito, nella colle-
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Bernardini (arch. Giulio). L'assalto di Francesco Sforza alla Terra di
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* Bertaiix (E.). L'arco e la porta trionfale d'Alfonso e Ferdinando d'Ara-
gona a Castel Nuovo. — Archivio storico per le Provincie Napoletane,
a. XXV, fase. I (1900).
Importante monografia che riassumendo , coli' aggiunta di nuove
osservazioni, i risultati esposti dal Fabriczy, determina l'opera di Pietro
da Milano, come architetto e come scultore dell'Arco trionfale (1455-
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA
439
1473). Pietro da Milano, che è il lombardo Pietro di Giovanni di Mar-
tino da Viconago, e identico coU'omonimo celebre medag^lista, prima
di esser chiamato a Napoli , dove morì nel 1478 , aveva lavorato a
Siena, a Orvieto ed a Roma.
Berzevicxy (Albert). Italia, ùti rajzok es tanalmànyok, harmincz kép-
melléklettel (Italia, studi e schizzi di viaggio con l'aggiunta di 30 ve-
dute). — Budapest, Franklin-Tàrsulat, 1899, in-8, pp. viii-215.
L'A. dedica tanti capitoli separati alle varie città da lui visitate,
così a Milauo, descrivendone le bellezze naturali e artistiche, e i ri-
cordi storici. Per quanto riflette la Toscana cfr. la recensione del Gior-
gettì in Arch, stor. ital., fase. I, 1900, p. 189 segg.
BcMta. Sull'origine dei comuni rurali,
a. Ili, n. 6 (Roma, 1899).
Rivista italiana di sociologia^
Betloni (Pio). Antonio Stoppani : conferenza. — Atti del IV Congresso
meteorologico italiano (Torino, 1899) [vedi Kraus].
Biadeg^o (Giuseppe). La dominazione austriaca e il sentimento pubblico
a Verona dal 1814 al 1847. — Roma, Società editrice D. Alighieri,
1899, in-i6, pp. 190 [« Bibl. storica del Risorg. ital. », s. II, n. 3].
Il B. si sofferma a lungo, rettificando l'Adryane e il Gonfalonieri,
sui particolari del passaggio nel '24 da Verona del convoglio dei con-
dannati allo Spielberg.
* — Alessandro Volta a Ginevra nel 1787. Comunicazione. — Atti R. Isti-
tuto Veneto di scienze e lettere, t. LIX, parte II (1900), p. 563-68.
Biaitcliini (D.). Una lettera inedita di Ugo Foscolo. — Rivista d' Italia,
III, 2 (febbrajo 1900).
È senza data, ma del dicembre 1808, e scritta da Pavia a V. Monti.
Il Foscolo stabilisce quali lavori lo terranno occupato negli anni 1810-15.
Bincloni (Giuseppe). La topografia del romanzo «I Promessi Sposi».
Parte seconda: L esilio. Corredata di numerose tavole e illustrazioni.
— Milano, Cogliati, 1900, in-i6, pp. viii-281.
Biografie. — Vedi Antonini, Anzoletii, Barassi, Bettoni, Bianchini, Can-
tar, Cervesato, Cessi, Checchia, Chiappelli, Commetnorazione, De Gii-
bernatis, Foiirnier, Gabba, Gagliardi, Gauthiez, Giussani, Greppi,
Immich, Kraus, Litta, Luzzaiti, Manzoni, Mattioli, Meda, Michieli,
Mosso, Parini, Ravanello, Pelaez, Plinio, Poggi, Sabbadini, Sforza,
Tasso, Tortoli, Virgilio, Volta, Zoja.
Blscaro (G.). Contributo alla storia del diritto cambiario. — Rivista ita-
liana per le scienze giuridiche, voi. XXIX, fase. I-II (1900).
440 BIBLIOGKAFIA
Il documento più importante, in data 28 gennajo 1332, concerne
il pap:amento ili una lettera di cambio di 100 lire grosse tratta in Mi-
lano da Aliprandolo Ser Rainerio sopra Reoldolo Ser Kainerio a fa-
vore di Giovanolo Dei Bugi, pagabile in Venezia a io giorni vista,
per altrettante versate noviine cambiiW 13 dicembre 1351 da Lanfran-
colo Dei Bugi ad Aliprandolo.
Bluonl (sac. dott. G.). Gli Ungheri in Italia (studio storico-critico). Ca-
pitolo IV. Le irruzioni. — Scuola Cattolica, marzo-aprile 1900 e seg.
/.' irruzione, (Gli Ungari a Bergamo, a Como, a Milano, a Pavia,
a Vercelli).
Blanqiiart (F. M.-A.). La Chapelle de Gaillon et les fresques d'An-
drea Solario. — Bulletin de la Società des amis des arts du departe-
ment de V Eure, n. XIV (Evreux, Ch. Hérissey), av. ili.
Gaillon era la dimora del cardinale d'Amboise, nel XVI secolo.
L'A. vi ha visitato accuratamente le rovine ancora esistenti e rimar-
catovi gli affreschi che illustra. Rappresentano personaggi della fami-
glia d'Amboise.
Bolssonade (P.). Les négociations entre Louis et Ferdinand le Catho-
lique ; la trève du I^c avril 1313. — Revue d'histoir e moderne et con-
temporaine, t. I, 1899, n. 4.
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I Rusca, signori di Locamo, di Luino, di Val Intelvi, ecc., 1439-
1512 {^Cotit. anni 1499-1310]. — Gaudenzio Merula e Martino Muralto
[a proposito del lavoro del Butti in questo Archivio e con notizie sul
Muralto]. — Lettere di sovrani, principi e prelati dirette a Pio IV, al
cardinale Borromeo e ad altri (1561-1630). Dagli autografi in casa Pa-
leari a Morcote [Cont.]. — Parini e il Ticino. — Gli Statuti di Bia-
sca dell'anno 1434. — Avvisi bellinzonesi ed intrighi del Trivulzio
(i497ri499). — Inventario dei documenti dell' Archivio Torriani in
Mendrisio [1523-1543. Coni.']. — Bollettino bibliografico.
* Bonetti (Carlo). La sorpresa di Cremona, 2 febbrajo 1702, desunta da
manoscritti, rapporti e stampe dell'epoca. — La Provincia di Cre-
mona, n. 74-76, 31 marzo — 2 aprile 1900.
Bong^lil (R.). Pensieri inediti (con ricordi biografici di F. Crispi). —
Lucerà, 1899, in-8, pp. 99.
Pensieri che il B. lasciò dispersi fra le sue carte. Il pensiero 92
riguarda il Parini, che, a detta del B., può dare nelle liriche un'idea
di Pindaro a chi ignori il greco; i n. 116 e 119 il Pellico. Seguono
ventuno Pensieri di A. Manzoni raccolti dal Bonghi (1853-55), di so-
stanza manzoniana sì, ma di forma bonghiana aggressiva e acrimoniosa.
BOLLETTINO DI B1BLI0GRAFL\ STORICA LOMBARDA 44 1
Boniforti (can. Luigi). Religione e pàtria : alcuni vecchi scritti del ca-
nonico L. Boniforti, con sue note, ed un carme inedito dell' avv. Fe-
lice Devecchi, raccolti per la Piccola Cronaca Aronese. — Arona,
tip. Economica, 1900, in-i6, pp. 162.
Boniict (R.). Féte donnée en l'honneur de l'armée d'Italie, io ventóse^
an V. — Revolution fran^aise, febbrajo 1900.
»
Borgognoni (mons. Car. M.). Orazione panegirica in lode di S. Omo-
bono, recitata nella cattedrale di Cremona il dì 13 novembre 1899 nel
chiudersi delle feste centenarie celebrate in quella città. — M o d e n a ,
tip. Imm. Concezione, 1899, in-8, pp. 27.
Borromeo. — Vedi Bollettino, Chiappelli, Hohr, Meier, Motta.
Brainliilla (sac. Giovanni). Vita di S. Omobono, con brevi cenni sto-
rici sulla antica arcipretura plebana di Pieve Curata e sull'oratorio di
S. Omobono in Cà de' Corti. — Cremona, tip. E. Leoni, 1900,
in-i6, pp. 38.
* Brandileonc (Francesco). Note al cap. XXX dell'Editto di Liutprando.
Memoria letta alla R. Accademia di scienze morali e politiche della
Società Reale di Napoli (Estr. dal voi. XXXI degli Atti). —Na-
poli, tip. della R. Università di A. Tessitore e figlio, 1900, in-8,
PP- 31.
Brandstetter (losep. Leop.). Chronologische Differenzen (Separatab-
zijge aus den « Kathol. Schweizerblàtter » ). — L u z e r n , Ràber, 1900,
in-8, pp. 6.
A proposito di taluni documenti editi nel Periodico della Società
storica coìnense [« Codice diplomatico della Rezia »] le di cui date sono
state interpretate erroneamente, non essendosi tenuto il debito calcolo
A^Wexeunte mense.
Brescia. Monumento Martinengo in Brescia. Rilievo e disegno di Al-
fredo Premoli. 2 tavole [senza testo]. — Memorie di un ArchitettOy
voi. IX, n. XI (Torino, 1899).
Brescia. — Vedi Breyer, Cantar, Catalogo, Fabriczy, Marinelli, Scan-
della.
Breyer (Mirko). Nesto Gradje staroi kruatskoi kujizevno-kulturnoj po-
vjesti. — Krizevac, tip. Neuberg, 1898, in-8, pp. 77.
Notizie bibliografiche consacrate a fatti e personaggi della Croazia
e della Dalmazia, con un articolo speciale sullo stampatore Bonino de
Bonini (Dobrisa Dobric) originario di Ragusa, che, nel secolo XV eser-
citò l'arte sua a Brescia ed in altre città italiane, da ultimo a Lione.
Unisoni (E.). Von Luzern nach Mailand. Ein Reisefuhrer. — B e 1 1 i n-
zona, Colombi, 1900.
442
BIBMOGUAFIA
<;airo ((iiov. v (^larelll (F.). Codogno e il suo territorio nella ero-
naca e nella storia. Voi. II, fase. XLV. — Codogno, tip. Cairo,
1900, in-8, p. 257 a 272.
Cnnipagne del principe Eugenio di Savoia: opera pubblicata dalla
divisione storica dell'I, e R. Archivio di guerra in base a documenti
ufficiali ed altre fonti autentiche, fatta tradurre e stampare da S. M.
Umberto I, re d'Italia. Serie II, voi. Ill-V (Guerra per la succes-
sione di Spagna : campagne del 1710-1712). — Torino, tip. L. Roux
e C, 1898-1900, 3 voi., p. xxviij-486-439 ; XIIIJ-457-155 ; xx-366-312,
con 16 tav. e prospetto.
— del 1848-49 dell' esercito Sardo. Testo del generale Severino Zanelli.
Litografie del conte Stanislao Grimaldi, riprodotte da Pietro Carlevaris.
— Torino, tip. Cassone, 1899, con 35 tav. in eliotipia.
Cantone (M.). Sulla vita scientifica di A. Volta. Discorso letto nella
R. Università di Pavia in occasione del primo centenario della Pila.
— Z' Elettricità^ 1899.
Cantor (Moritz). Varlesungen iiber Geschichte der Mathematik. II Band,
von 1200-1668. 2.^^^ Auflage. — Gr. in-8. Leipzig, Teubner, 1900.
XII. V epoca 14S0-1S00 (56. Alberti, Leonardo da Vinci. 57. Luca
Paciolo. 58. Altri matematici italiani). XIII. U epoca 1500-1550 (64.
Matematici italiani. L'equazione cubica. 65. Opere di G. Cardano. 66.
Opere di Tartaglia). XV. L'epoca 1600-1668 (78. Cavalieri, Kepler).
Capelli (L. M.). Conferenze dantesche a Milano. — Giornale Dantesco^
s. III, quad. I.
Carducci (G.). Rerum italicarum scriptores di L. A. Muratori. — Nuova
Antologia, i.° maggio 1900.
— L. A. Muratori e la Società Palatina milanese. — Rivista (T Italia,
i5 maggio 1900.
Carotti (Giulio). I nuovi Musei del Castello di Milano (I e II). — Illu-
strazione Italiana, n. 20, 1900, con ili.
— Del duomo di Milano e della sua facciata (Con ili.). — Emporium,
aprile 1900.
Carraroli (D.). L'Ossola e i dintorni. — Natura ed Arte, 1." maggio
1900.
* Carreri (F. C). Due lettere inedite di Cabrino Fondulo. — Rivista
meìisile di lettere, di storia e d' arte di Casalmaggiore, a. I, n. 3, 1900.
Dell'anno 1412 e riflettenti la terra di S. Lorenzo de' Picenardi.
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA 443
* Carreri (F. C). Privilegi di casa Frassoni [-Faccliini, di Bergamo-
Mantova]. — Giornale araldico, a. XXVII, n. 9 (1899).
Catalogno della Biblioteca del Collegio dei Ragionieri di Milano. Parte I.
— Milano, 19CO.
— di una interessante raccolta di quadri, disegni, acquerelli, incisioni, mi-
niature ed oggetti dive,rsi riguardanti specialmente Milano, la Lom-
bardia, Napoleone I, il Risorgimento nazionale e Garibaldi. — Mi-
lano, L. Marchi, 1900, in-8, pp. 35 [^Vendile Sambon^ a. XXIII,
n. 189J.
— generale dei libri acquistati dalla società di lettura in Brescia al 31 di-
cembre 1899. — Brescia, tip. Apollonio, 1900, in-8, pp. 20.
Cenni storici del R. Istituto tecnico superiore di Milano, e programma
dell'anno 1899-1900. — Milano, tip. Galli e Raimondi, 1900, in-8,
PP- 133-
* CeraniOli (F.). Gregorio XI e Giovanna I Regina di Napoli. Docu-
menti inediti dell'Archivio Vaticano {Cotti, e fine). — Archivio Sto-
rico Napoletano, fase. III-IV, 1899.
. Interessante la lettera del 14 agosto 1372 da Avignone del papa
alla regina Giovanna, dove si parla delle truppe pontificie occupate
in Lombardia ai danni di Bernabò e Galeazzo Visconti. — Agg. l'al-
tra di Gregorio XI (IV Idus decembris) perchè mandi nunzi « prò fa-
cienda tregua » coi Visconti.
* Ccri'esato (Arnaldo). Giovanni De Castro. — Ateneo Veneto, marzo-
aprile 1900.
* Cessi (Camillo). Intorno al Falsificatore del Trattato « De Orthogra-
phia » attribuito ad Apuleio. — Ateneo Veneto, a. XXIII, voi. I, fa-
scicolo I, gennajo-febbrajo 1900.
Pare troppo diffìcile al C. di provare che Celio Rodigino (Ric-
chieri) ne fosse il falsificatore. Il Rodigino nel 15 16 fu chiamato a Mi-
lano da Francesco I ; dal 1519 al 1523 vi insegnò, ascritto fra i pro-
fessori dell' Università di Pavia.
Checcliia (Giuseppe). Poeti, prosatori e filosofi nel secolo che muore.
Studi, ritratti e bozzetti. — Caserta, Salvatore Marino, 1900.
Ascoli, Boito, Cavallotti, Mantegazza, Manzoni, Massarani, Nievo,
Rajna, Verdi, ecc., ecc.
* Clilappelli (A.). Il Maestro Vincenzo Ruffo a Pistoja. — Bullettino
storico pistojese, a. I, 1899, fase. I.
Del Ruffo, veronese, ha pubblicato nella Rivista vmsicale italiana
(III, 4 e IV, 2) uno studio biografico assai accurato il Torri. Il C. of-
ArcJi. Star. Lomb. — Anno XXVIl, — Fase. XXVI, 29
1 1
BIBLIOGRAFIA
fre qui le notizie, quasi ignorate, sulla permanenza a Pistoja di questo
celebre Maestro, e cosi completano lo studio del Torri. S. Carlo liorro-
meo, arcivescovo di Milano, tenne il Ruffo carissimo, ed ebbe da lui inci-
tamento a patrocinare e sostenere la riforma della musica sacra (Ratti,
Acia, II, 69). Al Borromeo il Ruffo dedicava la composizione di varie
messe, che sono a stampa, e si conoscono col nome di messe Bor-
romee. In Milano venne nel 1563 il Ruffo, a surrogare il maestro Bar-
tolomeo Torresan, come maestro della Cappella del Duomo, col salario
mensile di lire 20. E in Milano rimase il Ruffo per io anni, eserci-
tando con molta lode il suo ufficio, finché nel 1573 non lo rinunziò
per passare maestro di cappella nel Duomo di Pistoja. Quale poi fosse
la causa che determinasse il Ruffo a tale cambiamento, al Chiappelli
non è riuscito possibile precisare.
* Cipollini (Antonio). Due sonetti inediti di Carlo Tenca nel Museo
del Risorgimento. — La Perseveranza, 23 marzo 1900.
Colombo (prof. F.). Parini e il suo secolo: versi martelliani. — Mi-
lano, tip. U. Allegretti, 1900, in-8 fig., pp. 27, con due tavole fac-
simile.
Segue un fac-simile di un sonetto di Giuseppe Parini, scritto due
ore prima della sua morte (Estr. dalla Scuola secondaria).
Coiiiaudìni (A.). L' Italia nei Cento Anni del sec. XIX giorno per giorno
illustrata. — Milano, A. Vallardi, 1900, dispense 7-9, in-16 ili., pa-
gine 329-504.
Regno d'Italia: dicembre 1808 — agosto 1811.
— Marengo. Numero unico, 1800, 14 giugno — 1900. — Milano, An-
tonio Vallardi, edit., in fol., pp. 16 con ili.
1 799-1800 — Bonaparte passa le Alpi — In Milano — La batta-
glia di Marengo — La Legione Italica — La tregua di Alessandria —
Bonaparte vittorioso a Milano — Le onoranze a Desaix — Napoleone
a Marengo il 1805 — ^-^ seconda Cisalpina — Marengo nelle monete.
* Conielli (G. B.). Di Girolamo Ranuzzi secondo Conte della Porretta
[1434-1496]. — Atti e Memorie della R. Deputazione di storia patria
per le Romagne, s. Ili, voi. XVII, fase. IV-Vl (1899-1900).
Da due lettere famigliari che gli dirigeva il celebre card. Ja-
copo degli Ammanati, vescovo di Pavia (e riprodotte tra i documenti
in appendice) sappiamo che nel 1465 il Ranuzzi attendeva alla cura,
non sappiamo se in Roma od altrove, di un suo onorando cliente,
l' arcivescovo di Milano cardinal Nardini. Interessano di questo lavoro
biografico i capp. Ili Guerra di Romagjia e IV Battaglia delfldice,
per la parte presavi dal giovine Galeazzo Maria Sforza e da Bartolo-
meo Colleonì : di più ancora i capp. VII Cola Montano e Girolamo
Ranuzzi^ Vili La fine di Cola Montano, L'appendice III: I Bolo-
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA 44^
gitesi e la morte del duca Galeazzo Maria offre 4 lettere degli An-
ziani di Bologna alla duchessa vedova Bona di Savoja, in data 28
dicembre 1476 e 2, 4 e 22 genn. 1477.
Comineiiiorazioiie dei defunti benefattori e distribuzione dei premi
nell'Orfanotrofio maschile dei Martinitt in Milano, 22 ottobre 1899. —
Milano, tip. Gius. Rozza, 1899, in-8, pp. 46.
Como e Valtellina. — Vedi Bach, Bisoni, Bollettino, Brandsietter,
Corti, Fabriczy, Gauthiez, Heusler, Hiìffer, ImmicJi, Lago Maggiore,
Luszatti, Periodico, Plinio, Sarioriits, Tismar, Ulrich, Volta.
Corrcspoudancc politique de Guillaume Pellicier, ambassadeur de
Franca à Venise (1540-1542), par A. Tatisserat-Radel (T. Vili de
l' Inventaire analytique du ministère des Affaires étrangères). — Pa-
ris, Alcan, 1900, in-8, pp. lxxiii-8ii.
* Corti (Giampiero). Famiglia San Pjenedetto (di Como). — Giornale
araldico, a. XXVII, n. 9 (1899).
Couvrcu (Emile). Les Suisses à Marignan. — Bibliotheque Univer selle,
aprile 1900,
€o2;za-L.iizi (G.). Memoria di T. Tasso. — Giornale arcadico, febb. 1900.
Cremona. — Vedi Archivio, Bonetti, Borgognoni, Brambilla, Carreri,
Documenti, Fissore, Fottrnier, Frankel, Schweitzer.
Crivellnccl (A.). L' epistola rogatoria nel diritto ecclesiastico longo-
bardo. — S tildi storici, voi. Vili, fase. IV.
— Di alcune questioni relative alla vita di Paolo Diacono storico de' Lon-
gobardi. — Studi storici, XI, 1 (1900).
[Crocloni]. — 20 febbrajo igoo. Nozze Grassi- Morici. — V e 1 1 e t r i ,
tipografia Pio Stracca, 1900 (in-8, pp. 7).
Il prof. Crocioni per le nozze della sig. Clotilde Morici col signor
Arn. Grassi dà in luce insieme ad una lettera di G. Rossini al mae-
stro Carlo Conti di Arpino (1796-186S), contrappuntista ed armonista
famoso, vice-direttore del Conservatorio di S. Pietro in Majella , due
lettere allo stesso del poeta Felice Romani, scritte entrambe da Mi-
lano, l'una del 15 marzo 1830, l'altra del 5 genn. 1861.
Cug^nac (capitaine de). Campagne de l'armée de réserve en 1800. P""'"
partie. Passage du Grand Saint-Bernard. — Paris, Chapelot, 1900,
in-8, pp. vi-727 et pi.
* Daiiirla (M.). Mercurino de Gattinara, Gran canciller de Espana. —
Boletin de la R. Academia de la hisioria, XXXV, VI, 1899.
Resoconto della memoria del barone Claretta sul Gattinara.
446
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tecento. — Rivista iV Italia y 15 febbrajo 1900.
Lettere dirette a don Luigi Silva, dei conti di liiandratc, accade-
mico residente a Lodi dalle gentildonne : Arborio Gattinara Roma-
gnano di Virle, tenzoni Silvia, nata contessa Pellegrini, Berretti con-
tessa Maria, nata Civaschi, liondenti cont. Costanza, nata Sanseverino,
Bonfadini Adriana, nata Doltìn, Cristiani cont. Angelica, nata Ferrari,
Imbonati cont. Francesca, nata Bicetti, Fenaroli Camilla, nata con-
tessa Solar d'Asti, Masnaghi Teresa, nata Martinez, Mezzabarba con-
tessa Anna, nata Mancassoli, Romilli cont. Eleonora, nata Colleoni,
Sanseverino cont. Paola, nata Martinengo, Toffetti Zilia, nata Priula.
Dcir Acqua (dott. Girolamo). La basilica di S. Salvatore presso Pavia.
— Pavia, tip. frat. Fusi, 1900, in-i6, pp. 24.
lìclartiellc (Louis). I ritratti di Guidobaldo di Montefeltro e di Elisa-
betta Gonzaga nelle Gallerie di Firenze. — V Arie, a. Ili, fase. I-IV,
p. 147 seg. (1900).
Dctlesiscn (D.). Untersuchungen uber die Zusammensetzung der Natur-
geschichte des Plinius. — Berlin, Weidmann, 1899, in-8, pp. 96.
De Toni (G. B.). Osservazioni di L. da Vinci intorno ai fenomeni di
capillarità. — Rivista di fisica, matematica e scienze naturali, a. I,
n. I, gennajo 1900 (Pavia, Fusi).
* Documenti dell'Archivio Colonna pubblicati in occasione delle nozze
di donna Isabella de' principi Colonna col marchese Angiolo Chigi-
Zondadari. Vili gennajo MDCCCC. — Roma, tip. Forzani, 1900,
in-8 gr., pp. 45.
Dei 3 documenti qui pubblicati notiamo il primo : Istromenio nu-
ziale di Isabella Colonna figlia di Vespasiano e di Giulia Gonzaga^
la bellissima contessa de' P'ondi, con Filippo de la Noy principe di Sul-
mona, figlio del viceré di Carlo V, Carlo di La Noy, al quale Fran-
cesco I consegnò la spada nella battaglia di Pavia (1336, 28 febb.). —
Il terzo documento offre l' inventario di due galere appartenenti a
Marc' Antonio Colonna il Grande, dell'anno 1365, sei anni prima della
battaglia di Lepanto : nella ciurma figuravano, fra altri : Benedetto di
tomaso sanapi viilanese, Matheo da Milano alias franzesino, Francesco
di leronimo fontana milanese, Gio. Giacomo di gio. palilo rozzo da
Milano, sulla «Capitana»; e Antonio di francesco bergamasco , Fr'
Gottardo di Jacopo da Cremona sulla <l Colonna f>.
Ecclesiastica. — Vedi Abati, Ada, Agiografia, Archivio, Barbier, Bel-
trami, Bollettino, Dell' Acqua, Faraglia, Immich, Mattioli, Motta,
Padri, Poggi, Ratti, Riva.
Elsasser (W.). Die Funktion des Auges bei Leonardo da Vinci. — Zeii-
schrifi fùr Mathematih, 45, i.
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA 447
Kspofiixloiic (I.a) delle stampe a chiaroscuro alla Galleria Nazionale di
Roma. — VArte, a. Ili, 1900, fase. I-IV.
A p. 174 seg. notizie per Andrea Andreani incisore mantovano
del XVI secolo. L' opera più rilevante che ci resta di lui è il Trionfo
di Giulio Cesare del Mantegna, inciso a chiaroscuro in 4 forme nel
1599 su i disegni di Bernardo Malpizzi, pittore mantovano.
Kiiliel (K.). Aus dem papstlichen Konsistorialarchiv-Band C. 303. —
Romische QuArtalschrift, XIII, 2-3, 1899.
Ne trae anche le note del card. Ascanio Sforza, vice cancelliere
della Curia (1498-1499).
Fabricxy (C. von). Der Triumphbogen Alfonsos I am Castel Nuovo zu
Neapel. — Jahrhuch dei Musei Prussiani, 1899, fase. l-II.
Porta monumentale cominciata sotto la direzione di Pietro da
Milano nel 1455 e da lui finita nel 1470 [Vedi Bertaux].
— Die « Pax » von Chiavenna — Der alte Dom von Brescia, die sogen-
nante Rotonda. — Reperioriuin f'ùr Kunstwissenschaft, XXIII, i (1900).
Notizie desunte dagli articoli del Sant' Ambrogio (« Lega Lom-
barda ») e del Mercanti (1 Emporium »).
Fabry. Histoire de l'armée d'Italie (1796-97) : de Loano à février 1797.
— Paris, Champion, 1900, 2 voi. in-8,
Farag;lla (N. F.). Il libro di S. Marta. — Napoli Nobilissima, febb. 1900.
È un libro in pergamena esistente nell'Archivio di Stato di Mi-
lano, contenente gli stemmi miniati delle persone più insigni ascritti
in altri tempi al Collegio dei disciplinati eretto nella chiesa di S. Marta.
Qui discorre il Y. della suddetta chiesa edificata nel secolo XV {^Ri-
vista stori ital., 2, 1900, p. 147).
* Fellciangrcli (B.). Sull'acquisto di Pesaro fatto da Cesare Borgia. Ri-
cerche. — Camerino, tip. Savini, 1900, in-8 gr., pp. loi.
Buon lavoro che, sulla scorta di documenti nuovi degli archivi di
Milano e di Mantova, illustra le relazioni tra Giovanni Sforza e Lo-
dovico il Moro, le cause della ribellione di Pesaro nell'ottobre del
1500, il contegno ed il carattere dello Sforza, già marito di Lucrezia
Borgia.
Filippini (G.). Le campane del comune di Pavia. — Archivio per lo
studio delle tradizioni popolari, ottobre-dicembre 1899.
Filologia e storia letteraria, — Yedì Berfana, Bianchini, Bolle/fino,
Breyer, Cessi, Checchia, Cipollini, Camelli, De Gtibernatis, Foscolo,
Frànkel, Fratelli, Froitula, Grossi, Gulli, Lehnert, Lazio, Manda-
tari, Manzoni, Mascheroni , Mattioli , Murari, Parini , Pavanello ,
Pelaez, Plinio, Piccioni, Renda, Rua , Sabbadini, Salvi oni. Tasso,
Toldo, Vasi, Virgilio, Zimmerli.
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gine lij-412 con tavola.
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cenni storico-critici sull'istruzione dell'Istituto fino ad oggi 1803-900.
— Milano, tip. S. Giuseppe, 1900, in-8, pp. 74. Segue: Fac-simile
del testamento figurato del sordomuto Luca Riva milanese, MDCXXIV.
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Foscolo (Ugo). Dei sepolcri: carme, col commento di Ugo Angelo Ca-
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Intorno al « Bellum grammaticale » del Guarna, patrizio cremo-
nese, ed alle sue varie edizioni (principe quella di Cremona dell'a. 1311)
con encomi all' autore dei cremonesi Gieronimo Fondulo e Gaspare
Aviati.
Fregio del 1500 a Locate-Triulzi (Con ili.). — Monitore tecnico, n. 9,
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Frotula del Gagliano a Gian Galeazzo Visconti, conte di Virtù e signore
di Milano, 1391 [poemetto]. — Milano, tip. M. Bellinzaghi, 1900,
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BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA 449
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quattro atti, ridotto e compendiato ad uso privato del collegio S. Fran-
cesco in Lodi per il carnevale 1900. Musica di G. Verdi. — Lodi,
tip. Quirico e Camagni, 1900, in-i6, pp. 36.
Giiglielmino (F.). Noterella Manzoniana. — Le Grazie, di Catania, li, 2.
Vuol provare che nell' episodio di Ambrogio sagrestano, il quale,
alle grida di don Abbondio, si mette a sonare la campana, il Man-
450 BIBLIOGRAFIA
zoni si ricordasse di una scena molto simile che il Batacchi racconta
nel Zibaldone (VI, 122).
Oiilda Alta Italia coi paesi limitrofi di Nizza, Trentino, Trieste ed Istria.
Nuova ediz. completamente rifatta. — Milano, Treves, 1900, in-16,
pp. 560 con* 3 carte.
* — sommaria del Museo archeologico ed artistico nel Castello Sforzesco
di Milano. — Milano, tip. A. Lombardi, 1900, in-8, pp. 30.
Oiilll (A.). Dell' Ecerinis di Albertino Mussato: nota critica. — Pa-
lermo, A. Reber, 1900, in-8, pp. 27.
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rante el siglo XVI. Version del texto alemàn con un pròlogo de Fran-
cisco de Laiglesia. — Madrid, Est. tip. de la Vinda é Hijos de
Tillo, 1899, gr. in-8, pp. xxv-288.
— Quelques incunables espagnols relatifs à Christophe Colomb. — Le Bi-
bliographe moderne, III, 1899, n. 18, novembre-dicembre.
Vi è trattato dalla celebre piagnette dell'Ambrosiana, la lettera
di C. Colombo diretta a Luigi de Santangel , pubbl. dal d'Adda,
come si sa , e che si prova uscita dall' officina tipografica di Pietro
Giraldi e Michele de Planes a Valladolid.
Hairter (E.). Volkstiimliches aus dem Rheinvvald. 3. Redensart: 's ist
en Triv'ùlsch. — Bundnerisches Monatsblatt, 1899, P- 3 ^^Z'
Folk-lore nel Rheinwald (Grigioni) : 3. Espressione: 'sisten Tri-
v'ùlsch (è un Trivulzio), reminiscenza del dominio dei Trivulzio in
quella valle.
Hensel (Alfred), t De regno Italiae libri viginti » von Carlo Sigonrio,
Eine quellenkritische Untersuchung [Historische Studien, veroffentl.
von E. Ebenring. Heft XIII]. — Berlin, E. Ebering, r900, in-8,
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C. Brentano, I. von Gòrres u. s. w. hrsg. von W. Hohn. — In-4,
Trier, Paulinus-Druckerei, 1900.
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Jahre 1799. — Mittheilungen des Instituts far oesferr, Geschichtsfor-
schung, XXI, 2 (1900).
BOLLETTINO LI BIBLIOGRAFIA STCKICA LOMBARDA 461
I. Piano strategico di Suworow. II. Seppe Suworow a tempo, che
la strada del Gottardo terminava presso Altorf? III. Il supposto pas-
saggio di Lecourbe per il Bazberg nella notte 24-23 settembre 1799.
IV. Il combattimento al Ponte del Diavolo, 25 sett. 1799. V. La bat-
taglia al ponte Suworow nella valle della Muota al i." ottobre 1799
e il generale aiutante Lacour. [Cfr. la memoria del medesimo A. sul
Suworow pubblicata nella Revue historique^ marzo-aprile 1900, e ci-
tata in Arch. stor. loinb.^ I, 1900, p. 179].
Tmniicli (Max). Papst Innocenz XI, 1676-1^89. Beitrage zur Geschichte
seiner Politik und zur Charakteristik seiner Persònlichkeit. — Ber-
lin, Speyer u. Peter, 1900, in-8, pp. 113.
Papa Innocenzo XI [Odescalchi, di ComoJ 1676-1689. Contributi
alla storia della sua politica ed alla caratteristica della sua persona.
lorga (N.). Notes et extraits pour servir à l'histoire des Croisades au XV^
siècle. I e il sèries, — In-8 gr. Paris, E. Leroux, 1899.
Il 2." volume si chiude con una appendice che reca brani di poesie
politiche (1413-1433) di Giovanni Stella, di mastro Nicolò cieco e di
mastro Prospero, tolte da mss. dell'Ambrosiana di Milano, quindi altri
documenti (1440-1433) degli archivi e biblioteche di Milano.
* Kelir (P.). Papsturkunden in Parma und Piacenza. Bericht liber die
Forschungen von L. Schiaparelli. (Aus d.n « Nachrichten der K. Ge-
sellschaft der Wissenschaften zu Gottingen , Philologisch-historische
Klasse», 1500, Heft, I). In-4, pp. 75.
KraiiK (F. X.). Antonio Stoppani. — Dentsche Rundschau^ aprile 1900.
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B.afenestrc (G.). La peinture italienne. T. I. Depuis les origines jusqu'à
la fin du XV-" siècle. — Paris, May 1900, p. 360.
I^ag^o ilag^iorc (II) nel 1500. Descrittione di Macagno di sotto feudo
imperiale de' sig. Conti Mandali. — // Lago, di Luino, n. 3^), 1900,
e seg.
È la riproduzione della descrizione data dal p. Morigia nella sua
nota Nobiltà del Lago Maggiore.
liClincrdt (Max). Cencio und Agapito de' Rustici. Neue Beitrage zur
Geschichte des Humanismus in Italien. — Zeitschrìft far vergleichende
Lilteraturgeschichte, N. F. Bd. XVI, H. '/.} (1900).
A p. 167 seg. è riportato un « Carmen » di Agapito Rustici « ad
generosissimum clarissimumque heroem Carolum Gonzagam » .
lielaiid (Charles Godfrey . The unpublished Legends of Virgil. — Lon-
don , EUiot Stock, 1899, in-8, pp. xx-208.
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Rosenberg, Sachs.
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blicate da Nerio Malvezzi con prefazione di G. Carducci. Voi. 1. —
Bologna, Zanichelli, 1898.
II lettere di Pompeo Litta, dal 1836 al 1850, e versano tutte su
argomenti genealogici concernenti famiglie bolognesi. Altre lettere del-
l' Odorici trattano delle Croci marmoree che erano nelle vie di Bo-
logna e che il Gozzadini illustrò poi.
Litta (Pompeo). Bentivoglio di Bologna, ramo di Ferrara: estratto dalle
famiglie celebri d' Italia, di Litta Pompeo, ediz. Giusti Paolo Emilio,
Milano, 1819 [a cura di Ettore Pecorini]. — Bologna, tip. Zamo-
rani e Albertazzi, 1899, in-8, pp. 20.
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Lombarclo Radice (G.). Uno storico italiano della Rivoluzione Fran-
cese (Alessandro Manzoni). — Studi storici^ 9, i (1900).
Longobardi. — Vedi Brandileone, Crivelliicci, Neiimcycr, Ratti.
LiiJiiSiana. Alessandro Volta e la pila nel secolo decimonono. — Atti:
R. Accademia dei Fisiocritici in Siena, s. IV, voi. XI, n. 4-10 (1899)»
* liuzlo (Alessandro). Un pronostico satiricodi Pietro Aretino (MDXXXIIII)
edito ed illustrato. — Bergamo, Istituto italiano d'arti grafiche,
1900, in-8, pp. XLI-163 con fac-simili [• Biblioteca storica della lette-
ratura italiana » diretta da F. Novati, VI].
Se ne riparlerà.
— e Rcnicr (R.). La coltura e le relazioni letterarie di Isabella d'Este
Gonzaga. — Giornale storico della letteratura italiana, fase. 104-105
(1900).
IL Le relazioni letterarie. 2. Gruppo ferrarese. Vi si discorre di :
Antonio Tebaldeo — Jacopo Gallino — I Guarini — Niccolò Paniz-
zato — G. Battista Pio — Niccolò Lelio Cosmico — Matteo Maria
Bojardo e famiglia — Lodovico Ariosto — Il Cieco da Ferrara —
Bernardo Tasso — Niccolò da Correggio — Ercole Strozzi — Celio
Calcagnini — Guido Postumo Silvestri — Lelio Manfredi — Frate
Francesco da Ferrara — Pellegrino Prisciani [v. Renda].
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA 453
Luzxatti (L.). Romualdo Bonfadinì. — Nuova Antologia^ i." giugno 1900.
llala|;;uzxl (Francesco). Nuovi documenti su pittori del XV secolo tratti
dalle carte del periodo sforzesco. — L'Arte, a. Ili, 1900, fase. I-IV,
p. 144 seg.
Matteo Pasti. Baldassare d' Este. Giovanni da Milano. Bonifacio
Bembo. Cristoforo da Cremona. Vincenzo (Poppa) da Brescia. Leo-
nardo da Cremona. Zanetto. Ambrogio de Predis. Antonello da Mes-
sina [Alcuni di questi documenti sono però già editi].
* Hanacorcla (Giuseppe e Guido). La corte piemontese e le ricerche
storiche di L. A. Muratori in Piemonte. — Atti R. Accademia delle
scienze, voi. XXXV, disp. 6.' (1900).
Mancinelli (mons. Pasq.). Il Gonzaga ed il gesuita moderno: prolu-
sione letta nel trattenimento accademico tenuto nel seminario vesco-
vile di Città Pieve in onore di S. Luigi Gonzaga, in occasione del
terzo centenario di sua preziosa morte. — Città della Pieve,
tip. Melosio, 1899, in-8, pp. 12.
Haiiflalari (Mario). I proverbi del Bandello. — Catania, N. Gian-
netta, in-i6, pp. 21Ó [« Semprevivi ». Bibliot. popol. contemp. n. 24].
* llanfredf (Silio). L' insurrezione e il sacco di Pavia nel maggio 1796.
Monografia storica documentata. — Pavia, libreria edit. Giuseppe
Trattini, 1900, in-8 gr., pp. x-220.
I. Le fonti. IL Pavia sotto la dominazione austriaca, l'arrivo delle
truppe francesi. HI. L' insurrezione. IV. Il sacco. V. I processi.
Mantova. — Vedi Carreri, Esposizione, Gonzaga, Ltizio , Malaguzsi .^
Nodari, Rambaldi, Toldo, Trotter, Virgilio.
Manzoni. — Vedi Bindoni, Bonghi, Checchia, Guglielmino, LombardOy
Ravaglia, Rodriguez, Sacchi, Valeggia,
* Mariani (prof. M.). Cenni storici intorno all'Università. — Animarlo
della R. Università di Pavia. Anno scolastico 1899-1900.
Con un « Saggio di bibliografia storica e descrittiva dell' Univer-
sità di Pavia » dovuto a Zanino Volta. Cenni e Saggio abbastanza in-
completi. •
Marinelli (prof. Giovanni). Le Provincie d'Italia: brevi cenni geogra-
fici, statistici e storici per lo studio della geografia patria nelle scuole
elementari, secondo i programmi 29 novembre 1894 : Provincia di
Brescia, di Luigi Filippo De Magistris. Provincia di Pavia, del me-
desimo. — Roma, Soc. edit. • Dante Alighieri » , 1900, in-i6, pa-
gine 14 e pp. 12.
* Marezzi (Carlo). Famiglia Pasquali (di Pavia). — Giornale araldico
a. XXVII, n. 9 (1899).
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duzione e commento tli Ambrogio Mondino. — Torino, Paravi
1900, in-i6, pp. Ì06.
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dine Roniitano di S. Agostino. — Giornale arcadico, aprile 1900.
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dicembre 1898 alle associazioni cattoliche monzesi. — Milano, ti-
pografia edit. Artigianelli, 1900, in-16, pp. 30.
* lleicr (p. Gabriel). Die Fortschritte der Palaeographie mit Hilfe der
Photographie. Ein bibliographischer Versuch. — Centralblatl f'ùr Bi-
bliothekivcsen^ maggio-giugno 1900 \cont. e fine].
Cfr. Arch. star, lonib., I, 1900, p. i83. — Qui si notano le di-
verse edizioni fototipiche dei mss. di L. da Vifici (n. 276-281); il 7^/-
scottrs de saint Louis de Gonzagne a Philippe II roi d' Espagne (edi-
zione fac-simile : Tournai, 1891, n. 287); i Manoscritti, cimeli, ricordi
di Torquato Tasso (a cura Biagi e Solerti. Roma, Danesi, 1897, nu-
mero 294) , il Manuscrit 5/<?;'2'« dell'Azeglio (Londres, 1860, n. 295);
le Velntures des mss. de Virgile del de Nolhac (u Mélanges » dì Roma,
1884, n. 315); i Codici 7niniati di Brera (ediz. Carta); il Libro d'Ore
Borromeo (ediz. Beltrami) ; il Bréviaire de Marie de Savoie, duchesse
de Mìlan (ediz. Mugnier, n. 332, 335, 338) ; e V Arte negli arredi sacri
della Lombardia (ediz. Beltrami, n, 397).
* .llìcliieli (A. Augusto). Giuseppe Greatti [1738-1812]. — Ateneo Ve-
neto, gennajo-febbrajo 1900.
Dopo il trattato di Campoformio, il Greatti passò a Milano, dove
trovò il Foscolo che 1' aveva di poco preceduto e con lui altri amici
antichi e nuovi dai quali raccomandato potè ottenere, ma per poco,
il posto di prefetto della Braidense.
llllano. — La Pusterla dei Fabbri (Con 3 ili.). — Illustrazione italiana,
n. II, 1900.
— Armadio pensile nel Civico Museo artistico-industriale di Milano, se-
colo XVL — Stipo-scrivania fine sec. XVI ; ringhiera di ferro, prin-
cipio sec. XVIII; piccola inferriata fine del sec. XVII, nel predetto
museo. — Arte italiana decorativa, a. IX, 1900, fase. I-II [dettagli,
senza testo].
Milano. — Vedi Ada, Annoni, AnzolcUì, Barassi. Barbier, Beltrami,
Bertaux, Berzeviczy, Bettoni,. Biscaro, Bisoni, Brusoni, Cantar, Ca-
pelli, Carota, Catalogo, Cenni, Cessi, Chiapelli, Comandini, Comme-
morazione, Crociani, Documenti, Farnari, Frizzani, Galleria, Giidini,
Greppi, Guida, Manzoni, Miralles, Moretti, Muzio, Noseda y Nurra,
Pagani, Padri , Par ini , Pélissier , Piccioni, Pipi a, Poggi, Rajna ,
Sacco, San f Ambrogio. Vignali.
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA 4DD
Miralleis (José). Carta de Felipe IV al Cabildo de Mallorca sobre la pe-
ste en Milàn (1630). — Boletin de la Sociedad arqueológica Luliaiia,
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liana^ II. ii_, 1900.
lloltkcfi kriegsgeschichtliche Arbeiten. Kritische Aufsatze zur Geschichte
der FeldzLige von 1809, 1859, 1864, 1866 und 1870-71. Hrsgegb. vom
Grossen Generalstabe, Abtheilung fur Kriegsgeschichte. Mit Ueber-
sichtskarten, Planeii und Skizzen. — Berlin, Mittler u. Sohn, 1899,
gr. in-8, pp. x-2i6 [« Moltkes militàrische Werke », III, 2].
Memorie critiche per la storia delle campagne degli anni 1809,
1839, 1864, 1866 e 1870.
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Guerre et au Premier Consul. — Noiivelle Revue rétrospective, n. 67
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— 3Ieinorie della R. Accademia delle scienze^ di Torino, s. II, t. XLIX
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Motta (E.). Francesco Maria Zoppi, da Cannobio, vescovo di Massa e
Carrara. — Il ven. Giov. Antonio Cantova di Intra. — // Sempione di
Arona, n. 16 e 22, 1900.
Due lettere inedite : la prima dello Zoppi in data Massa, 22 no-
vembre 1829, la seconda, interessante la storia letteraria ed ecclesia-
stica del Messico, in data Messico, ^ genn. 1718.
— Personaggi celebri all' Isola Bella. (Prime spigolature). — Locamo.
Liste officielle des étrangers, V, 1900, n. 12 e 13.
* Murari (Rocco). I due epigrammi e una lettera inedita di Giovanni
Cotta a Marin Sanudo. — Ateneo Veneto, marzo-aprile 1900.
Nella lettera (Legnago, 7 agosto 1301) diretta al Sanudo, questore
a Verona, si fa menzione di Jacopo Antiquario, il noto umanista pe-
rugino, addetto alla cancelleria ducale in Milano durante e dopo la
signoria sforzesca.
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Milano. Con tav. e ili. — Arie, ilaliaiia decorativa, a. Vili, 1899, nu-
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Napoleonica. — Vedi Bonnet, Catalogo, Cotnandini, Cugnae, Fabry,
Greppi , Hitffer , Lombardo , Manfredi , Moneey , Murra , Pélissier ,
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italiana, a. IV, 1899, n. 10-12 (Napoli).
Nessuna prova sinora sostiene l'opinione che il Tasso ripudiasse
definitivamente prima della stampa del suo poema I' episodio di So-
fronia.
[\odari (F.)]. Osservazioni critiche sulla vita di San Longino martire
nell'Acta Sanctorum dei PP. Bollandisti, ossia difesa della tradizione
Mantovana sul lateral sangue di N. S. G. C. conservato nella basilica
di S. Andrea in Mantova. — Pavia, tip. Ist. Artigianelli, 1899,
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I Bollandisti replicano, in opposizione, nel fase. I, 1900, degli
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Vinci.
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Padri (I) camiliani a Milano. — Milano, tip. Pulzato e Giani, 1900,
in-16, pp. 63.
Pariiii (Giuseppe). Il «giorno» eie codi». Edizione integra con com-
mento di Luigi Valmaggi. Aggiuntovi il dialogo della nobiltà. — To-
rino, Fr. Casanova, edit., 1899, in-16, pp. xi-496.
pARiNi. — Vedi Aridlani, Bollettino, Bonghi, Colombo, Grimaldi, Rilloy
Scherìllo, Sinigaglia.
* Pavanello (F.). Gaspare Stampa (Note critiche). — Rivista mensile
di lettere e di storia di Casalmaggiore, a. I, n. 4, 1900 e seg.
Pavia. — Vedi Bisoni, Cessi, Dell'Acqua, Filippini, Man/redi, Mariani,
Marozziy Mosso, Salvioni, Sant'Ambrogio, Zoja.
* Pelaex (prof. Mario). Lettere di Girolamo Tiraboschi a Tommaso
Trenta. — Atti della R. Accademia lucchese di scienze e lettere, t. XXX
(1900).
* Pólisslcr (L. G.). Note e documenti su Luigi XII e Lodovico Sforza.
— Archivio storico italiano^ fase. I, 1900 \cont. e fine\,
VII. Sulla sistemazione dell'affare di Felizzano (1499). — Vili.
Una lettera di Isabella d'Este, marchesa di Mantova (3 maggio 1498,
all'oratore ferrarese Costabili). — IX. Sopra un periodo francese della
diplomazia veneziana (aprile-agosto 1499). — X. Concentramento del-
l'esercito francese nell'Astigiano nel 1499. — XI. Ragguagli sulle forze
mihtari milanesi negli ultimi mesi del 1498. — XII. Castellani e of-
ficiali eletti dal duca Lodovico Sforza nella sua breve restaurazione
del 1500.
* — Le fonds Fabre-Albany à la Bibliothèque Municipale de Montpellier.
— Centralblatt f'ùr Bibliothekswesen, maggio-giugno 1900.
Lettere di Luigi di Bréme e del Foscolo alla contessa d' Albany
(Milano, 1807-1819), già note. — Per i mss. dell'Alfieri, dalla contessa
Albany legati alla Braidense cfr. Arch. stor. lomb., XIII, 1886, p. 419.
— Pétition d'une abandonnée (Milan, 1802). — Corréspondance Archéolo-
gique, 1900.
438
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t Stendhal a voulu (lue son épitaphe le dit Milanais, parce <iu'.!
Milan » u il a vécu, — il a aimé, — il a ecrit •. Cette épitaphe aii-
rait pu convenir a plus d'un soldat des armées consulaires ou inij)*
riales, — dans ses premiers termes au moins. Le Languedocien An-
toine Cahier, par exemple, a, lui aussi, vecu et aimé a Milan, mais
il n'y écrivait pas — et c'est son silence obstiné qui amena une de ses
victimes [Rachele Consonni j à adresser au préfet de l'Herault, en 1802,
la • pétition » che il P. pubblica per esteso, aggiungendo le notizie in-
viatele in seguito d'officio intorno al di lei seduttore, assassino e bigamo.
* Periodico della Società Storica per la Provincia e antica diocesi di
Como. P'asc. 49.* — Como, Ostinelli, 1900, in-8 gr.
Scolari (F\). Plinio il giovine oratore [I. Plinio davanti alla cri-
tica. II. Studi retorici di Plinio. III. Arringhe di Plinio. IV. Meriti
oratori! di Plinio e sue idee sull'eloquenza (segue l'A. le traccie del-
PAUain, aggiungendovi del suo ricerche nuove e nuove considerazioni)!-
— GiussANi (A.). Due cippi romani scoperti in Olonio.
Pliilippi (Ad.). Kunstgeschtliche Einzeldarstellungen. N. io, u. 11, IV
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* Pos:gl (Vittorio). Un favorito di Giulio IL — Giornale storico e lette-
rario della Liguria, a. I, fase. 3-4, 1900.
Gerolamo de' Capitani d'Arzago, vescovo di Nizza (13 11) e prima
preposto della Mirandola. Titolare di una medaglia coniata * in me-
moriam » di papa Giulio IL I rapporti personali dell'Arzago con papa
Giulio, ai quali allude la parola « alumnus » nel dritto della medaglia,
non sono ben chiari.
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA 4:?9
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Puccinelll (can. Torquato). Torquato Tasso : carme latino conversione
italiana. — Livorno, tip. Meucci, 1899, in-8, pp. 20 [Per il 50."
anniversario della messa novella dell'autore].
Kaeiuy (Ch. de). Schinner et Supersaxo. — Revue historique vandoise,
1899.
Rajna (Michele). L'eclisse solare del 28 maggio 1900. — La Perseve-
ranza, 22 maggio 1900.
Con accenni agli eclissi degli anni 1804 e 1842 visibili in Lom-
bardia.
* Rambalcli (P. L.). Soldati cattivi soggetti. — Nuovo Archivio Ve-
neto, t. XIX, p. I, 1900.
Gli stipendiarj inglesi ed italiani che il 25 febbrajo 1381 lasciarono
il campo di Mestre lagnandosi di non aver ricevute le paghe dopo i
loro lodevoli servigi, e recatisi a fogliano ricevettero dal Carrarese
vettovaglie e poterono per sua concessione rimanere alcuni dì sul ter-
ritorio trevigiano. Un interessante documento veneziano pubblicato dal
Sardagna non pone in dubbio la corruzione per opera del Carrarese,
e cresce la misura della colpa dei soldati oltre ciò che è già riferito
dai cronisti. Questo documento è una lettera della Signoria inviata a
Bernabò Visconti e ad altri principi, in su la fine di marzo o a' primi
di aprile: in essa i soldati traditori sono segnalati uno per uno, e con
certe croci è indicato anche il grado della loro « iniquità » perchè da
tutti fossero in seguito tenuti lontani come vili e fedifraghi. Forse può
sembrare che il governo dogale abbia data soverchia importanza a quei
soldati cattivi soggetti ; ma è invece curioso sapere che la lettera della
Signoria non è che una dignitosa risposta ad un' altra lettera circo-
lare che que' soldati medesimi avevano indirizzata ai potentati italiani
il 5 marzo, da Padova. Lettera che tende a mostrare le buone ragioni
della loro diserzione con vergogna di Venezia ; ma il luogo stesso
donde era inviata attestava 1* corruzione. E il Rambaldi pubblica, il-
lustrandola, la copia ricevuta da Lodovico Gonzaga, traendola dall'Ar-
chivio di Mantova.
* Ratti (Achille). L'Omeliario detto di Carlo Magno e l' Omeliario di
Alano di Farfa. Nota. — Rendiconti Istituto Lombardo, s. II, vo-
lume XXXIII, fase. IX (1903) [vedi Acta\,
fio BIBLIOGRAFIA
4^)0
Argomento è quell'Omeliario, che di Carlo Magno è detto, ma
del (juale Paolo Diacono fu l'autore ed il compilatore.
Ila%aff;lla (K.). Quo vadis e i Promessi Sposi : studio parallelo. — Bo-
logna, L. Beltrami (libr. Treves), 1900, in-8.
Renda (Umberto). Recensione degli Studi folenghiani di A. Luzio. —
Giornale storico della leiieratura italiana, fase. 104 (1900), pp. 371-401.
Ilenier (Rodolfo). V. Luzio,
Itlllo (N.). Il primo centenario di G. Parini. — Napoli, Pierro e Ve-
raldi, 1900.
— Il centenario del Parini e l'origine del « Giorno». — Roma, Befani,
1900.
Risorgimento nazionale. — Vedi Appunti, Barbiera, Biadego, Boniforti,
Campagne, Catalogo, Cipollini, Luzzatti , Molinari , Moltke , Orsi,
Trevisan.
* Hi¥a (Giuseppe). Il giovedì e il venerdì santo a Monza sul principio
di questo secolo. — La Perseuerauza, 12-13 apnle 1900.
I. Oratori sacri. II. Processioni simboliche.
* Ri%'S»ta di storia, arte, archeologia della Provincia di Alessandria. Fa-
scicolo speciale dedicato alla storia del periodo napoleonico in occa-
sione del centenario della battaglia di Marengo. In-4. — Alessan-
dria, tip. G. Chiari, 1900 [Della «Rivista» a. IX, fase. XXIX,
gennajo-marzo 1900].
Itoeclii (ten. col. E.). Francesco di Giorgio Martini architetto civile e
militare (con 3 tav.). — Rivista di artiglieria e gefiio, maggio 1900.
Architetto chiamato anche a Milano dagli Sforza.
Koflri^iiex (F.). Il ritratto della Signora di Monza nei Promessi Sposi
di A. Manzoni. — Iride Mainertina, di Reggio Calabria, a. Ili, nu-
mero 2-3.
* Romano (G.). Niccolò Spinelli da Giovinazzo, diplomatico del se-
colo XIV. — Archivio storico napoletano^ XXIV, 3, 1899, e cont.
Nel 1355 fu in Bologna al servizio di Giovanni da Oleggio, fat-
tosi signore della città, che lo man^ ambasciatore al card. Albornoz,
legato di Innocenzo V che voleva ricuperare le terre della Chiesa. In-
dusse l 'Oleggio ad abbandonare le parti di Bernabò Visconti per ab-
bracciare quelle del legato, e ne ricevette in cambio di Bologna il
vicariato di Fermo e la rettoria della Marca (1360). Lo Spinelli passò
allora al servizio della Chiesa, ed in missione ad Avignone e in altre
occasioni ebbe incarichi nelle questioni politiche ardenti tra Chiesa e
Visconti.
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA 46 1
Rosenberg^ (Ad.). Das Abendmahl Leonardos da Vinci. (Mit Abb. iind
Kunstbeilage). — Daheiin ^ XXXVI, n. 27-28 (1900).
Ros»«i (Gerolamo). I Grimaldi di Ventimiglia (Estr. dalla Miscellanea dì
sloria ilaliana^ s. Ili, voi. II). — Torino, Paravia, 1899.
Secondo documenti dell'Archivio di Stato di Milano (1251-1502)
per le relazioni de' Grimaldi e dei Genovesi co' Visconti e più cogli
Sforza.
Hiia (G.). Una antica rivista politico-umoristica d' Italia imbastita sopra
un sonetto del Petrarca. — Giornale storico, fase. 104-103 (1900).
Si tratta di 14 Imprese dei primi anni del sec. XVII, alle quali
sono attribuiti per motti in giusto ordine i versi del sonetto del Pe-
trarca « Pace non trovo e non ho da far guerra ». E cioè « Imprese
con li loro motti sovra li principi e personaggi che intervengono nella
presente guerra del Monferrato l'anno 161 3 » (intervengono il duca di
Mantova, don Vincenzo Gonzaga, il governatore di Milano marchese
dell'Hinoyosa, e Mantova).
Rtisliforlli (G.). Carlo CrivelH. — New- York, Macmillan, 1900.
jSalibaflini (R.). Dante scriveva « Virgilio » o « Vergilio ? » — dar'-
naie Storico, fase. 104-103 (1900).
— Nuove notizie e nuovi documenti su Ognibene de' Bonisoli Leoniceno.
— Antologia Veneta, gennajo-febbrajo 1900 (Belluno).
taccili (E.). L'elemento religioso nell'arte del Manzoni. — Pavia,
fratelli Fusi, tip., 1899, in-8, pp. 11 [Estr. dalla Rivista filosofica^
1899, fase. IV-VJ.
^aeco (prof. Antonio). Il Duomo di Milano e la sua facciata. — Arte e
Storia, n. 6, 1900 e prec.
^aclis (Otto). Lionardo da Vinci. — Wiener Rimdschau, IV Jahrg, n. 6
(1900).
Salvioni (Carlo). Il pianto delle Marie in antico volgare marchigiano.
Nota. — Rendiconti R. Accademia dei Lincei, voi. Vili, 1900.
Dal Codice n. 42 della Biblioteca Universitaria di Pavia.
* — Sul valore della lira bolognese {cont.), — Atti e Memorie della R. De-
putazione di storia patria per le Provincie di Romagna, s. III, vo-
lume XVII, fase. IV-VI (1899).
XIII. Provvedimenti monetarii dal 1393 al 1402. Coniazione dei
quattrini [importante per le coniazioni viscontee in Bologna e per i
calcoli di ragguaglio dei quattrini ed altre monete dell' epoca].
* Sant' Amlirosio (Diego). Il Pantheon d' Agrippa e la Basilica Am-
brosiana. — Arte e Storia, n. 7, 1900.
BIBLIOGRAFIA
* Nnnt*;tiiilirog;lo (Diegfo). Quando fu relegato nella Sagrestia vecchia
il trittico d'avorio dell' Knibriachi e della collocazione sua nella Cer-
tosa di Pavia. — // Monitore tecnico, a. VI, 1900, n. 14.
* — Un dipinto votivo del castello di Porta Giovia ; Il fregio a puttini
della Certosa di Pavia ; L' affresco di bernardino Luini nella chiesa
parrocchiale di Carpiano ; Il Reliquiario dei Santi Innocenti nella Ba-
silica Ambrosiana. — Lega Lombarda, io maggio ; 15 maggio; 2\ mag-
gio ; 4 giugno 1900.
Sartorlus (A. Freiherr von Waltershausen). Die Germanisierung der
Ratoromanen in der Schweiz. Mit i Karte. — Stuttgart, Engel-
lìorn, 1900, gr. in-8.
Kcanclella (sac. Gaetano). Vita della venerabile Bartolomea Capitanio
di Lovere) principale fondatrice delle scuole della carità. XVI edi-
zione. — Brescia, tip. istituto Pavoni, 1899, in-i6, pp. 347.
Sclierillo (M.). Spigolature Pariniane in documenti inediti. — Studi
di letteratura italiana, voi. II (Napoli, 1900).
Cfr. i cenni bibliografici in questo fascicolo.
JScli^veifaser (Eugenio). La scuola pittorica cremonese (Ricordo del-
l'Esposizione d'arte sacra in Cremona). Con ili. — V Arte, a. III,
1900, fase. I-IV.
Segre (Arturo). Delle relazioni tra Savoja e Venezia da Amedeo VI a
Carlo II (III) [1336-1553]. — Memorie della R. Accademia delle scienze
di Torino, s. II, t. XLIX (1900).
Importanti per le relazioni dei duchi di Savoja con Filippo Maria
Visconti e con gli Sforza.
Sfing;e. <i Femminismo» storico. Isabella d' Este Gonzaga. — Fanfulla
della domenica, n. 9-10, 1900.
Sforza e Visconti. — Vedi Archivio, Beatrice, Beltrami, Bernardini,
Boissonade, Cerasoli, Comelli, Coiivreii, Vanirla, Eiibel , Felician-
geli. Fratelli, Frollila, Fueter, Haebler, Malaguzzi, Meier, Murari,
Pélissier, Racmy, Rambaldi, Romano, Rossi, Salvioni, Segre, Verga,
Vcrnon.
* Simeonì (dott. Luigi). Gli antichi possessori del castello di Soave. —
jVuoz'o Archivio Veneto, t. XIX, p. I, 1900.
Due documenti che provano come il castello appartenesse fin dai
primi anni del secolo XIII alla famiglia Greppi (di Verona), e mo-
strano quando e come esso venne in mano degli Scaligeri.
Siiiig;ag;lia (Gior.). Un poeta sociale nel secolo XVIII [Giuseppe Pa-
rinij. — Milano, Carlo Aliprandi, edit., 1900, in-i6, pp. 51, con
ritratto.
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA 468
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cembre 1899 (Pisa).
Tasso. — Vedi Cozza, Meìer , Mondolfo , Niscia , Prosch , Pitccinelli ,
V ac alili z zo , Voglie.
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Lugano-See, Lago Maggiore, Garda-See und Mailand. Praktisches Rei-
sehandbuch, 3. Aufl. — 12." Berlin, A. Goldschmidt, 1900 [« Grie-
ben's Reiscbiìcher 13].
Toldo (?.)• Le courtisan dans la littérature fran^aise et ses rapports avec
l'oeuvre du Castiglione. — Archiv fì\r das Studium der neuern Spra-
chen und LitteratnreUy CIV, i, 2.
Tortoli (Giovanni). Elogio di Carlo Negroni, accademico corrispondente.
— Alli R. Accademia della Crusca (adunanza pubblica, '7 genn. 1900).
* Cfr. 2Ci\<:^^ Rassegna nazionale, 16 marzo 1900.
Tra^^iil (A.). Peschiera: sue origini e vicende. — C h i et i , Marchionne,
1899, in-8, pp. 63 con 3 tav.
Trevisian (Francesco). La letteratura piemontese e Carlo Alberto nel
patrio risorgimento. — Rassegna nazionale, iG marzo 1900.
Agg. Berti (D.)- Carlo Alberto avanti il regno, in N. Antologia^
13 marzo 1900.
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delle tradizioni popolari, ottobre-dicembre 1899.
Turiicr (C. H.). Eusebius of Vercelli. — Journ. Theol. Stud. i. 1, ot-
tobre 1899.
Il probabile autore del « Ouicumque vult » nella seconda metà
del IV secolo.
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schzveìzerische Altertumskunde, n. 4, 1899, con 4 tav. {cont. e fine).
Vaccalliizzo (N.). I lettori della « Gerusalemme liberata ». — Rassegna
Pugliese, XVI, 8.
" Valeg:8:la (G.). La risciacquatura in Arno de' « Promessi Sposi ». —
Giornale storico e letterario della Liguria, a. I, 1900, n. 3-4.
* Vani (L.). Ricordi delle Colonie Lombarde di Sicilia. — Archivio Sto-
rico Siciliano, a. XXIV, fase. III-IV (1900).
* Ver;$a (Ettore), Documenti di storia perugina estratti dagli Archi vj di
Milano. — Bollettino della R. Deputazione di storia patria per r Um-
bria, a. VI, fase. I, 1900 [cont. e fine].
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cumenti varj per Niccola e Giace mo Antiquario.
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Compositionskunst Vergils in der Aeneide (Leipzig, Dieterich, 1899,
gr. in-8, pp. VI-250); BuRD (A. A.). Sophocles interpreted by V'irai!
(in Hermathena, n. XXV); Evverett (W.). Upon Virgil Aeneid, VI,
893-898 ; Scuter (A.). On Virgil, Aeneid, XII, 813-818 (in The Clas-
sical Revieiv, aprile 1900); Granger (F.). Folklore in Virgile {The
Classical Revie7v, voi. XIII, n. 9) ; D'Ovidio (F.). Due riscontri fra
1' t Eneide» e la < D. Commedia» (in Aieìie e Roma, II, 12); Sab-
BADiNi (R.). Il verso più difficile dell' « Eneide »>, IV, 436 (in Rivista
di filologia e rf' istruzione classica, 28, I) ; Weinberger (W.). Vergil
als Cicero (in Wiener Studien, XXI, 2).
Virgilio. — Vedi Leland, Sahbadini.
* Vitalini (O.). Zecchino di Francesco Gonzaga, principe di Castiglione
delle Stiviere. Con ili. — Rivista italiana di numismatica, fase. I, igoo.
W^og;ti« (E. M. Vie. te de). Le rappel des ombres. — Paris, Colin et C.
1900, in-8 gr.
La commémoration du Tasse.
\*OLTA. — Vedi Atti, Biadego, Cantone, Lussana, Somigliana.
Zininierli (d.^* J.). Die deutsch-franzòsische Sprachgrenze in der Schweiz.
III. Theil : Die Sprachgrenze im Wallis. — B ase 1 , H. Georg, 1899^
in-8, pp. 1V-154 e carte e tabelle.
I confini linguistici tedesco-francesi della Svizzera. III. Il confine
del Vallese [pur troppo senza tener calcolo delle colonie tedesche del-
l'Ossola e della Val Sesia].
iRoJa. — In memoria di Giovanni Zoja, morto in Pavia il 15 dicembre
1899. — Pavia, tip. cooperativa, 1900, in-8, pp. 48.
Agg. le commemorazioni dettate dal prof. Leopoldo alaggi in Bol-
lettino scientifico di Pavia, n. 4, 1899, e dal prof. C. Golgi nell' An-
nuario igeo dell' Università di Pavia [con bibliografia delle pubblica-
zioni dello Zoja].
APPUNTI E NOTIZIE
/^ Cronaca degli Istituti Scientifici Milanesi. — Archivio sto-
rico civico. A questo Archivio, prezioso per la storia sociale ed
economica di Milano, già da tempo furon destinati belli ed ampi
locali nel Castello, ma, mentre altri civici istituti di pubblica istru-
zione han già trovato nel superbo edificio sforzesco la loro dimora
definitiva, esso, trascurato dal Comune assai più che non meriti,
ancora l'attende, né si sa quando potrà averla. La instabilità della
sede non può che distrarre da parecchi lavori d'ordinamento interno,
intesi a facilitare studi e ricerche; tuttavia a tutto quello che, nel-
Toccasion del trasporto, non richiederà nuovi mutamenti, si va atten-
dendo con cura. A parte la compilazione continua di richiami, che
vengon disseminati in tutte le categorie dell'Archivio, fu, or non è
molto, compiuto il regesto dei sette codici di sentenze dei Podestà
(i385-i4io), buona fonte per lo studio della criminalità e dell'ordina-
mento giudiziario in Milano in quell'epoca; fu iniziato un regesto di
tutta la classe Ambasciatori , una delle più interessanti, giacché il
Municipio, com' é noto, manteneva, a Madrid prima e a Vienna poi,,
agenti speciali per tutelare gli interessi economici e strappare al Go-
verno, coir insistenza più ostinata, agevolezze e riforme; si van to-
gliendo dalle cartelle i numerosissimi opuscoli a stampa che vi erano
stati confusi, da altri, coi documenti, per ordinarli secondo le materie
e catalogarli; si sta compiendo un indice particolareggiato, pagina
per pagina, di quella preziosissima raccolta Bianconi che contiene i
disegni originali degli antichi edifici di Milano; si é disseppellita, dal
fondo di alcuni cassettoni, ordinata e classificata, una pregevole colle-
zione di stampe antiche milanesi, di stampe classiche dei secoli XVI,
XVII e XVIII, fra le quali si ammirano incisioni del Suavius, del Caracci,
46Ò APPINTI E NOTIZIK
^ta, di Guido Reni, del Ribera, ci Salvator Rosa, di Alian.et,
di Haedelink, grotteschi, vignette, e grandi ripro.duzioni da Rafi'aello
e da Tiziano, del Cinquecento, e di disegni originali alcuni dei quali
col nome del Parmigianino, di Quercino da Cento e di G. B. Tiepolo,
nonché un disegno originale di Giuseppe Bossi, rappresentante F/'-
nere e Urania che visitano la scuola di Leonardo. Ad alcuni di questi
lavori presta volontariamente un aiuto degno di encomio e di rico-
noscenza il giovane studente di lettere, signor Ugo Nebbia. Nel pro-
gramma infine dei lavori d'Archivio è pure un regesto dei Registri di
Provvisione, dal i385 al 1402, che sarà non disprezzabile supplemento
al Regesto Visconteo, al quale con tanta alacrità si attende ora dalla
nostra Società.
/^ Invitata cortesemente dall' on. Presidente Delegato della Con-
sulta del Museo Archeologico, Fon. dott. Giulio Pisa, con lettera del
2 maggio 1900 a voler acconsentire che la cerimonia solenne dell'inau-
gurazione dei due Musei Archeologico ed Artistico Municipale, ospi-
tati ormai signorilmente nel Castello Sforzesco , s'' effettuasse nella
grande aula spettante alla Società nostra, la Presidenza annuì premu-
rosa alla lusinghiera richiesta, giacché, come credè opportuno notare
nel concedere il suo assenso, essa non può non manifestare in ogni cir-
costanza pieno ed intero il proprio benevolo interesse per tutto quanto
concerne la vita intellettuale e scientifica di Milano. Perciò, il giorno io
dello stesso mese, alle ore dieci, nella sala nostra, riccamente addob-
bata d'arazzi, adorna di piante verdi, di tricolori vessilli, ebbe luogo
la cerimonia inaugurale. Giunte all'ora indicata le autorità, esse s'as-
sisero ad un grande tavolo, collocato proprio al di sotto del busto di
Re Umberto I e della lapide che commemora la parte avuta dalli
Società nostra nella conservazione del Castello. Presiedeva il prefetto,
comm. Alfazio, che aveva alla sua destra il generale Ferrerò, il pro-
fessor Novati, nostro Presidente, il cav. Carotti ; alla sinistra il pro-
sindaco comm. Mussi, il comm. Manusardi, presidente della Deputa-
zione Provinciale, e il comm. Lucini procuratore generale. Nella sala,
gremita di gente, si notavano poi tutte le più spiccate individualità
cittadine, tra le quali non pochi membri della Società nostra, i consi-
glieri Ambrosoli, Seletti, il segretario ing. Motta, ed i rappresentanti di
molte città lombarde, le commissioni direttive dei Musei di Como, di
Pavia, Lodi, dell'Accademia Carrara di Bergamo, Ala Ponzone di Cre-
mona, Malaspina di Pavia, ecc.
APPUNTI E NOTIZIE 467
Prese primo la parola il Prefetto, il quale, come rappresentante
del governo, disse la sua soddisfazione per l'incarico avuto; quindi
sorse a parlare il dott. Pisa , assessore per l' istruzione secondaria,
che, dopo avere riapidamente ricordate le origini e le vicende dei due
Musei, rese il debito omaggio a colui che per lunghi anni consacrò
la miglior parte del suo tempo e la sua somma competenza al riordi-
namento ed air incremento delle collezioni municipali d' arte, il mar-
chese Carlo Ermes Visconti, uno dei nostri più amati ed operosi rap-
presentanti.
Finiti i due brevi discorsi, il pro-sindaco invitò gli intervenuti a
far corteggio alle autorità nella visita ai due Musei che si schiudevano
per la prima volta al pubblico afìbllato e plaudente. E così la ceri-
monia si chiuse: cerimonia semplice in sé stessa, ma tale da lasciare
in chi ebbe la sorte di parteciparvi un ben gradito ricordo.
/^ Il Consiglio di Presidenza, bramoso di dare sempre nuove prove
della sua attività nel campo delle storiche discipline, air incremento
delle quali la Società nostra è destinata, ha in una delle sue ultima
adunanze deliberato di riprendere la pubblicazione della Bibìioiheca
bistorica italica, che dopo l'edizione del Codice Laudense fatta a cura
del compianto prof. Vignati era rimasta sospesa. E se ne è iniziata la
nuova serie nel formato stesso deWArc/tivio, con un lavoro del conte
Carlo Cipolla, professore di storia moderna nella R. Università di To-
rino, sulle Relazioni tra Mantova e Verona nel secolo XIII; magistrale
raccolta di più che duecento documenti, pressoché tutti inediti e sco-
nosciuti, riprodotti per intero o per sunto ed opportunamente illu-
strati, la quale sparge vivissima luce sopra le continue guerre che eb-
bero luogo nel Dugento tra Mantovani e Veronesi, e convolsero nel
loro turbine pressoché tutte le città di Lombardia. L'opera, attesa con
vivo interesse da quanti sono in Italia e fuori cultori della nostra
storia medievale, è già sotto i torchi e si potrà dare in pubblico sulla
Tuie dell'autunno. Ogni socio ne riceverà, secondo che é stato stabi-
lito, gratuitamente un esemplare.
^*^ Pure in omaggio al desiderio manifestato da parecchi soci, che
nel programma del nostro sodalizio trovasse luogo qualche escursione
a località vicine, degne d'essere visitate per l'importanza dei loro mo-
numenti archeologici, storici ed artistici, il Consiglio deliberava mesi
Arch. Star, Lo,;il: — Anno XXVH. — Fase. XXVI. ;r
468 APPUNTI E NOTIZIE
si»no di lare una prima gita alla Rocca d'Angcra sul Lago Maggiore.
La passeggiata ebbe difìatti luogo la domenica, giorno 27 maggio scorso,
e sotto tutti i rapporti ebbe lietissimo risultato. Trattandosi di un
primo tentativo, il drappello dei partecipanti alla gita non fu grande,
ma sceltissimo, quale è da augurare che si rinnovi in occasione d'una
seconda escursione, da tenersi nella prossima primavera. La gita ad
Angera riuscì più aggradevole, grazie alla cortesia dei Conti Borromeo,
signori della Rocca, e della sig.* Maria Castiglioni, sorella del nostro
socio dott. Alfonso Garovaglio, dimorante in Angera.
/^ Il socio sig. Carlo Fumagalli di Monza, tanto benemerito degli
studi artistici della Lombardia per le sue Reminiscenze di storia e d'arte,
edite in collaborazione con L. Beltrami e D. Sant'Ambrogio, e per la
monografia sul Castello di Malpaga ha fatto alla nostra Società di que-
sti giorni un dono non meno prezioso che gradito. Rilegata in due
eleganti cartelle coir intestazione sul dorso: Appendice alle Remini-
scenze, egli ha offerto alla Società una scelta delle fotografie da
lui eseguite con quella perizia che tutti gli riconoscono , dei molti e
importanti monumenti, sparsi nelle diverse località della Lombardia
ed anche in Milano, che nei tre volumi già editi delle Reminiscenze non
hanno trovato luogo. Son cinquanta fotografie, tutte interessanti e fi-
nissime, che ci fanno passar sott' occhio le bellezze architettoniche e
pittoriche della badia di S. Pietro di Civate, Mirasele, Vimodrone, dei
castelli di Bellosco e di Bereguardo, delle chiese e conventi di Agliate,
Casoretto, Solaro, di monumenti in Sulbiate, Nova milanese, Redece-
sio, Barzanò, Moncucco ed in special modo in Monza. Taluni dei mo-
numenti ch'esse riproducono — e ciò accresce il loro pregio — sono
ormai pur troppo spariti.
La raccolta così gentilmente donata costituirà la base di una col-
lezione di fotografie, stampe, calchi di monumenti, iscrizioni, ecc., con-
cernenti la Lombardia, che la Presidenza intende raccogliere nei lo-
cali sociali. All'uopo chiede ai molti soci, dilettanti di fotografia, di
voler aiutare l' impresa, imitando lo splendido esempio dato dal socio
Fumagalli, che ci promette altri graditissimi doni.
/^ La R. Deputazione di Storia patria per le antiche Provincie e la
Lombardia tenne l'annuale sua riunione in Torino il giorno 26 aprile
p. p. Dopo le comunicazioni fatte dal segretario barone A. Manno in-
APPUNTI E NOTIZIE 469
torno ai lavori sotto stampa od in preparazione (quali il Liber poteris
di Brescia, a cura di mons. Fé d'Ostiani, ed i Documenti per la storia
della libreria Visconteo-Sforzesca, a cura di E. Motta e A. Cappelli), e la
commemorazione del defunto socio barone Gaudenzio Claretta, si passò
a proclamare in nuovi soci effettivi, i sigg. : conte Ippolito Malaguzzi-Va-
leri, direttore delFArchivio di Stato di Milano, nostro benemerito con-
sigliere, nob. Pietro da Ponte in Brescia, cav. Lorenzo Bertano in Cuneo,
prof. sac. Francesco Gasparolo in Alessandria, avv. Ferdinando Rondò-
lino in Torino. A soci corrispondenti riuscirono eletti per la Lombar-
dia i sigg.: prof. Biagini p. Enrico in Lodi, prof. Giacitiio Gaggia in
Brescia, d.'^ Alessandro Litzio, direttore dell'Archivio di Stato in Man-
tova e principe Gian Giacomo Trivulzio in Milano.
/^ Una delle più cospicue pinacoteche private che l'Italia pos-
segga, vero ornamento della città nostra, la Galleria del comm. Benigno
Cristoforo Crespi, ha trovato or ora un degno illustratore nel chiaris-
simo storico dell' arte, comm. Adolfo Venturi, il quale ha dato alla
luce, col titolo : La Galleria Crespi in Milano, un volume in quarto
grande di pagine 845 adorno di 38 mirabili fotocalcografie e di 196
fototipografie, stampato pe' tipi dell' officina Poligrafica Romana, per
conto di Ulrico Hoepli. Il libro, sia per l' importanza eccezionale della
Quadreria che illustra, sia per la grandissima fama dell'Autore, è
meritevole d' un' accurata recensione, che speriamo di poter offerire
tra breve ai lettori éelV Archivio. Queste poche parole non hanno altro
intento da quello in fuori di segnalare la comparsa d' un' opera, de-
stinata a prendere luogo tra le più ragguardevoli che intorno alla
storia dell' arte della pittura in Italia siano venute alla luce in questi
ultimi tempi, ed insieme richiamare l'attenzione del pubblico studioso
sulle benemerenze che quell'appassionato ed intelligentissimo racco-
glitore ed amatore dell'arte, che è il comm. Crespi, va ogni dì più
acquistando verso il nostro paese. La signorile munificenza con cui
egli ha curata la stampa di questo splendido volume, è ben degna
di lui, e dell' affettuosa cura con cui egli si oppone all' esodo dei nostri
artistici tesori, dal suolo, ove sbocciarono, dando loro nelle sale della
sua Pinacoteca una sede che non ha nulla da invidiare alle più cele-
brate dalla storia.
470
APPUNTI E NOTIZIE
/^ Pubblicando un documento intorno alla fratellanza, matricola e
scuola dei sarti in Martincngo, nel secolo XV; il sig. Angelo Pinetti (i)
rannoda adesso varie notizie relative a diciassette paratici bergama-
schi e specialmente all'Università dei mercanti, di cui studia l'orga-
nizzazione e le funzioni, non dissimili, si direbbe, da quelle dell'Uni-
versità milanese, quali ci appaiono negli statuti del 1396. Accenna alla
floridezza dell' industria bergamasca, particolarmente di quella del la-
nificio, vigilata in modo speciale da tutte le comunità, e riporta al-
cune deliberazioni consigliari sui tessitori, assai rigide nel tutelare la
qualità della merce e del lavoro ed improntate a quella intransigente
fiscalità che raggiungerà il colmo nel secolo seguente. Chiude parlando
dell'industria dei giubboni (zuponi) di fustagno, viva, più che altrove,
in Martinengo, alla quale si collega la confraternita dei sarti già fio-
rente nel 1492, e riferisce il documento che ha dato motivo all' opu-
scolo, un istrumento, cioè, di procura dalla fratellanza rilasciato a un
De Rossis, dal quale si rileva qualche dato intorno all' organizzazione
e agli scopi del paratico. — L'opuscolo del prof. Pinetti, così com' è,
non ci apprende molto di nuovo, ma è promessa di studi più larghi
e più fecondi.
/^ Il dott. degli Azzi in un fascicoletto dal titolo: Della polizia
negli statuti dei comuni del medio evo, Prolegomeni, Perugia, 1900,
p. 23, espone il disegno di un'opera futura intesa a studiare la fun-
zione della Polizia nel medio evo, riducendo a sistema le norme sparse
nelle infinite leggi del tempo, rilevando i punti più caratteristici delle
diverse legislazioni, e ricostruendo alcuni degli istituti giuridici più
notevoli. Quest'opera andrebbe così divisa: I. Polizia protettrice o di
pubblica sicurezza: = disposizioni per la tutela dell'ordine pubblico,
repressione delle vendette e guerre private, rappresaglie, paci, tregue
e ferie; regolamento del diritto di riunione e d'associazione; legisla-
zione contro i nobili allo scopo di contener gli odi partigiani; rego-
lamenti per l'accattonaggio, il vagabondaggio, i forestieri; vigilanza
dei pregiudicati e sospetti, tutela della persona e della proprietà. —
II. Polizia sanitària: = norme per la salubrità delle acque e l'igiene
(i) La fratellanza artigiana dei sarti in Martinengo, contributo alla
storia delle corporazioni delle arti [bergamasche. Bergamo, 1899, p. 24.
APPUNTI E NOTIZIE 47 1
dell'aria; per le industrie insalubri e incomode, perla confezione e
vendita di sostanze alimentari; disposizioni contro le epidemie e sorve-
glianza degli ospedali ; misure preventive contro i morbi celtici, ecc. —
III. Polizia ausiliatrice o di pubblica beneficenza : = organizzazione del
lavoro manifatturiero e governo delle proprietà collettive (comunanze,
comunaglie, vicinati); regolamenti intesi a disciplinare l'istituto del-
l' enfiteusi allo scopo di favorire la piccola industria terriera, repres-
sione del bagarinaggio sulle derrate, tassa ufficiale dei prezzi, ordini
sull'usura; misure preventive contro la carestia, provvisioni per la tu-
tela del patrimonio dei poveri, ecc. — IV. Polizia dei costumi: = leggi
suntuarie e sulla prostituzione e sul libertinaggio ; tutela della mora-
lità contro i pubblici scandali; disposizioni contro l'adulterio e la so-
domia; legislazione sui giuochi.
L'opera così divisa riuscirebbe dunque un bel quadro della vita
comunale italiana, perchè la materia della polizia ha sviluppo gran-
dissimo, non solo negli statuti delle città ma anche in quelle dei pic-
coli centri secondari e rurali, e potrebbe essere un prezioso comple-
mento al recente e magistrale lavoro del Kohler [Das Strafrecht def
italienischen Statuten), che alla polizia consacra solo poche pagine. Il
dott. degli Azzi non è nuovo allo studio degli statuti medievali; già
ne diede buoni saggi in due lavori : Le rappresaglie negli statuti Peru-
gini, negli " Annali della Università di Perugia „, voi. V (iSgS) e /
capitani del contado nel Comune di Perugia (ibid., voi. VI). Esso attende
ora alla traduzione del mentovato libro del Kohler, che correderà di
molte note ed aggiunte e di un'ampia bibliografia; è dunque lecito
aspettarsi da lui 1' effettuazione del suo lodevole disegno.
/^ Sono entrate, per acquisto, nel Museo Nazionale Germanico di
Norimberga le preziose croci d' oro langobarde, trovate nel frugare
diverse tombe di guerrieri langobardi in Benevento, Cividale del
Friuli e Monza, già appartenenti alla celebre collezione di Carlo Mor-
bio. Ecco così de' cimeli importantissimi per la storia italiana migrati
air estero senza speranza di ritorno.
/* Tra le tesi sostenute nel XII Corso dell* Istituto storico au-
striaco (1897-1899) notiamo quella del laureato d."" H. Uebersberger,
// Cardinal Federico Borromeo e la sua opera " De pictura libri duo „.
472
APPUNTI E NOTIZIE
/^ Rettifica. — Il prof. Comani desidera di aggiungere a quanto
è detto nelle sue Informazioni sui documenti viscontei di Reggio Emilia
pubblicate nel precedente lascicelo (v. p. 224 sgg.), intorno ad indica-
zioni cronologiche malsicure e legature inopportune di registri diversi
in un solo volume, che questi errori risalgono al secolo passato, e quindi
le sue osservazioni non toccano affatto i benemeriti studiosi che or-
dinarono e conservarono l'Archivio Reggiano nel secolo attuale. Av-
verte ancora che vi sono due raccolte di documenti dell' Ospedale di
S. Maria Nuova; la più antica di esse è già ordinata da tempo e solo
la più recente è da ordinarsi.
t 11 28 maggio moriva in Milano il comin. Pietro Brambilla, Se-
natore del Regno, Presidente della Società bibliografica italiana. Avendo
condotto in moglie una nipote di Alessandro Manzoni, divenne il pro-
prietario dei diritti d'autore per gli scritti del grande poeta, di cui
acquistò anche le scritture inedite, delle quali con grande amore at-
tendeva alla pubblicazione. E pochi mesi sono era uscito il voi. I de-
gli Scritti postumi di A. M. Assai benemerito degli studi si rese an-
cora colla istituzione a Brera della " Sala Manzoniana „, che raccoglie
preziosi autografi e quanto dal Manzoni e sul Manzoni fu pubblicato
in tutto il mondo. La Società bibliografica italiana ad onorare il suo
amato Presidente ha deliberato di bandire un concorso a premio, per
un'opera bibliografica su argomento da fissarsi prossimamente, in un
alle norme del concorso medesimo. Il premio dovrà essere assegnato
nella Riunione Generale del 1901.
t II 25 giugno pure in Milano il nob. Carlo d'Adda, Senatore del
Regno " carattere di antica tempra — il cui nome si associa — ai più
splendidi momenti — del risorgimento nazionale — preclaro esempio
ai cittadini — di patriottismo unito alla fede ,,.
Cesare Vignati
Il giorno 24 dello scorso mese di giugno si spegneva alle ore 17
nella sua tranquilla abitazione di via Pontaccio il sac. prof. Cesare
Vignati, commendatore della Corona d' Italia, ufficiale Mauriziano, Pre-
side emerito del Liceo Parini, Vice-Presidente della R. Deputazione
sopra gli studi di storia patria per le antiche provincie e la Lombar-
dia, socio corrispondente del R. Istituto Lombardo di Scienze e Let-
tere, Vice-Presidente amatissimo della nostra Società.
I funerali ebbero luogo il 26 alle ore 17. Il carro funebre, sem-
plicissimo, senza fiori, per espressa volontà dell' illustre estinto, mosse
dalla casa per la chiesa di S. Marco, donde si recò poscia al Cimitero
Monumentale. Lo seguiva una schiera non molto numerosa ma eletta
d'ammiratori, d'amici, di discepoli ; precedeva un gruppo di vispi bam-
bini mandati dall'Asilo di Affori, che il Vignati aveva alquant' anni
or sono fondato. Ai cordoni del carro, oltreché un rappresentante
della città di Lodi, stavano il prof. Novati che insieme alla Società
nostra rappresentava il R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, il
cav. Seletti per la Deputazione di Storia Patria, l'on. Greppi, altro
nostro vice-presidente, il cav. Belletti, Preside del Liceo di Vigevano^
nipote del defunto. Al Monumentale, dove la salma fu deposta nell'at-
tesa di ripartire per Lodi (essendosi il Vignati preparato vivente in
patria il sepolcro)^ il prof. Novati pronunziò le seguenti parole :
V'hanno, o signori, taluni uomini, ai quali la benignità del destino
sembra concedere una vita che si prolunga al di là de' confini pre-
scritti con implacata rigidità dalla natura alla più parte de' mortali ;
quasi come se a loro incombesse l'ufficio di rimanere in mezzo alle
generazioni novelle a ricordo insieme ed esempio delle trapassate. Uno
di questi uomini appunto fu Cesare Vignati, colui che abbiamo ac-
compagnato gravi e mesti sin a questo melanconico asilo de' morti.
474
NKCROI.OGIO
dond'egli partirà di nuovo, domani, per chiedere l'eterno riposo ;l
quel terreno dove fu " nudrito così dolcemente „: colui, dico, ch'io
or m'appresto a commemorare con brevità di parole (che a cuor com-
mosso mal s' addice lungo discorso), in nome della Società Storica
Lombarda, che l'ebbe fino dagli inizi suoi membro operoso, saggio
consigliere, venerato Vice-Presidente; in nome ancora del Reale Isti-
tuto Lombardo di scienze e lettere, che l'aveva eletto già suo socio
corrispondente, e s' apprestava a dargli segno di maggior onoranza,
ove la morte non fosse sopravvenuta a rendere immobile e muto per
sempre il buon vegliardo che, ancor pochi mesi sono, soleva apparire
in mezzo a noi vigoroso, lieto e sereno.
Davvero, o signori, Cesare Vignati stava ancora tra noi a docu-
mento d' un' età tramontata, la quale, a breve distanza d'anni, ci appar
già quasi ravvolta, tanto profondo è stato il mutamento d' idee, di sen-
timenti, di consuetudini, nelle nebbie misteriose, onde suol ricingersi
il passato lontano. Nato a Lodi nel 1814, quando appunto crollava il
colosso imperiale, egli assistette, fanciullo, all'instaurarsi in Lombardia
della signoria straniera, già antica, ma scaduta, e di benefica ch'era
stata un tempo, tramutata in malvagia: giovinetto trascorse tristemente
quel periodo angoscioso d' attesa, durante il quale ciascuno fissava gli
occhi desiosi nel cielo buio e minaccevole, sperando insieme e dispe-
rando che le tenebre si diradassero, che V alba apparisse. E l' alba
apparve, e trovò lui, fremente di sensi generosi, rivestito d'un abito
sacerdotale, il quale però non tolse che ai magnifici entusiasmi di
queir ora solenne, il Vignati non partecipasse con arder vivo di pa-
triota provato alla scuola della sventura. Giacché il Nostro fé degna-
mente parte di quel clero lombardo, il quale si illustrò con tante
magnanime azioni nell' epopea del nostro riscatto, ed alla pietà sincera,
fervente seppe disposare 1' afietto per la terra natale, il culto operoso
per gli studi.
Fin dai suoi anni giovanili il Vignati s'era rivolto difatti a ricer-
care con tenerezza figliale le memorie della sua Lodi. Le indagini di
storia municipale, una volta forse troppo pregiate in Italia, son oggi
lasciate alquanto in abbandono : quel sentimento spontaneo e schietto che
spronava ogni intelletto colto, ogni cuore bennato a voler conoscere il
passato del proprio luogo natale, a rievocare dintorno a sé, nel paesag-
gio familiare, le ombre dei padri e degli avi, a celebrare insomma,
come direbbe Orazio, domestica facta; va oramai illanguidendo dinanzi
NECROLOGIO 47D
all'impeto irruente d'un cosmopolitismo gelido o brutale, il qual non
solo pretende che ci scordiamo del picciol nido dove siamo cresciuti,
ma altresì della grande patria comune. Ma il Vignati, nato in tempi
ben diversi, amava di vero affetto la sua Lodi, la città, dove un suo
antenato erasi eretto in signore ne' giorni in cui, fiaccata colla morte
di Giangaleazzo Visconti V alterigia del biscione milanese, tutta Lom-
bardia sussultava per un moto incomposto di ribellione e pullula-
vano d' ogni parte i tiranni. Egli dedicò quindi la miglior parte del
suo ingegno, de' suoi studi, del tempo suo a raccogliere, ad esumare
dalla polvere di archivi, di biblioteche documenti e diplomi: e così
a poco a poco, preceduto da monografie e da saggi di più particolar
carattere, venne elevandosi quel monumento pregevolissimo della sto-
ria di Lodi, che è il Codice Diplomatico Laudense, nel quale la città
lombarda, or amica or nemica (e più nemica che amica) della vicina
Milano, vede riprodotta a caratteri indelebili la serie delle sue vicende
dai tempi romani fino al termine del medio evo. Con quest'opera,
frutto di lunghe e perseveranti fatiche, il Vignati coronò la sua vita
di studioso: si assicurò un luogo cospicuo tra i cultori della storia
municipale italiana; ed anche quando dinanzi all'incessante progredir
della scienza il lavoro suo venisse — inevitabile destino delle opere
d'erudizione — a scemar di valore, il nome di chi l'ha condotto a com-
pimento rimarrebbe pur sempre annoverato con lode tra quelli di
coloro i quali nella prima metà del secolo XIX più efficacemente
cooperarono ad iniziare quel risveglio delle discipline storiche, che
è vanto non mediocre dei giorni presenti.
Io ho voluto, signori, con pochi e misurati tocchi richiamare di-
nanzi al vostro pensiero la mite figura dello studioso, del dotto, che
tutti abbiamo rispettato ed amato: vero dotto, studioso vero, che ac-
coppiò all'erudizione più eietta la modestia più sincera, né delle sue fa-
tiche volle mai menar vanto né farsene strumento di fini ambiziosi.
Dell'uomo, del sacerdote io non posso né debbo parlare: sol dirò,
per adoperare ancora una volta l'affettuosa espressione dantesca, che
la " cara immagine paterna „ dell'illustre estinto ci rimarrà sempre
fitta in cuore: essa sorgerà sempre dinanzi a noi quante volte ci verrà
fatto di raccoglierci in quelle sale del Castello , eh' egli frequentava
con tanto trasporto, lieto di vedere la Società, eh' eragli carissima,
svilupparsi e fiorire. in quella reggia sforzesca , eh' essa ha cooperato
a salvare, facendo opera degna delle proprie tradizioni , da una bar-
barica distruzione.
i:
NECROLOGIO
Air efficace commemorazione del nostro Presidente i'e' seguire po-
che parole il rappresentante di Lodi, e così la triste cerimonia ebbe fine.
A ricordo dell' uomo tanto stimato ed amato dalla Società nostra, per
la quale egli nutrì un attaccamento, di cui pur morendo volle darle prova,
instituendola erede di alquanti libri e d'una raccoltina di documenti cre-
monesi, ch'egli aveva fatte trascrivere dagli originali; aggiungeremo
adesso qui pochi sommari cenni sulla sua vita modestamente operosa
e sui suoi lavori. Il Vignati, secondochè desumiamo da un Cenno bio-
grafico, impresso dal Corriere dell* Adda, gazzetta di Lodi, del 2 dicem-
bre 1886, che fu anche tirato a parte, ed è traduzione aumentata e
corretta d'altra breve scrittura inserita nel Biographisches Lexikon der
Kaisert/mm Oesterreicbs di C. von Wurzbach (Vienna, 1884, voi. L, pa-
gine 290-91); era nato a Lodi il 14 settembre del 1814. Fatti i primi
studi in patria, entrò poi nel Seminario di Milano per attendervi alla
teologia: quindi, ricevuti gli ordini sacri, ritornò alla città nativa dove
assunse la direzione della Gazzetta provinciale di Lodi, che tenne per
quattro lustri. Alcun tempo insegnò pure lettere italiane nel patrio
Seminario, e nel 1847 ebbe anche ufficio governativo; ma, caduto in
sospetto per le sue idee liberali, e la parte che prese nei moti del
1848, gli fu l'anno appresso tolta la catted;-a. Allora ei si dedicò al-
l' insegnamento privato, e nel i855 alla cura delle anime, conseguendo
l'Arcipretura di Mairano e quindi di Massalengo nella diocesi di Lodi.
Dopo la costituzione del nuovo regno, spregiando lusinghiere of-
ferte di burocratici impieghi in altre città, egli preferì ottener un mo-
desto ufficio in patria per attendervi ai propri studi. Ed il Museo di
Lodi va debitore a lui della sua fondazione. Più tardi però ei si ri-
solse ad allontanarsi dalla terra natale, e fu allora nominato prima
preside del R. Liceo di Como (1870); quindi di quello di Pavia (1875)
e per ultimo del Parini di Milano (1882). Quest'ultima carica ei resse
con zelo e con amore per parecchi anni , finché stanco si ridusse a
vita privata, gustando un riposo di cui era ben degno.
Le pubblicazioni del Vignati, oltreché nel già citato cenno del
von Wursbach, dove però son rammentate solo in parte e sommaria-
mente, rinvengonsi enumerate con quella minuziosa accuratezza, che è
precipuo carattere di tutte le opere dell' erudito bibliofilo piemontese.
NECROLOGIO 477
il barone A. Manno, nel volume L'opera cinquantenaria della R. Depu-
tazione di Storia patria di Torino (Torino, Bocca, 1884, p. 447). Non ci
sembra però inutile di riprodurne qui l'elenco a rendere meno incom-
piuta questa disadorna commemorazione del venerando vegliardo, la
cui dipartita è stata tanto amara a coloro che stimavano in lui l'one-
stà impeccabile, la bontà spontanea dell'animo, 1' elevatezza grande
SCRITTI A STAMPA DI C. VIGNATI.
1. Ricor dazione funebre di Paolo Locatelli arciprete, parroco di S. Gual-
tiero nei sobborghi di Lodi. — In-4. Lodi, Wilmant, 1845.
2. Memorie importanti alla storia della pittura ed alla storia civile di Lodi,
tratte dalla chiesa di S. Francesco della medesima città prima degli
attuali restauri. — In-8. Lodi, Wilmant, 1845.
3. Biografia di Mons. Antonio Pezzoni da Lodi, Vescovo di Esbonen. —
In-8. Lodi, Wilmant, 1845.
4. Fiori sulla tomba di Emilia Lavelli De Capitani. — In-8. Lodi, 1846.
5. Di alcune divulgatissime mummificazioni e del nuovo trovato del pro-
fessore Paolo Gorini. — In-16. Lodi, Wilmant, 1847.
6. Storie lodigiane dall'origine alla caduta del Romano Impero. — In-8.
Lodi, Wilmant, 1847.
7. Catechismo elementare della dottrina cristiana. — In-8. Lodi, Wil-
mant, i85i.
8. Sofronia e Olindo, episodio della Gerusalemme liberata, tradotta
in dialetto lodigiano da Francesco de Lemene. Prima pubblicazione
con note filologiche. — In-8. Lodi, Wilmant, i852.
9. Lezioni di letteratura italiana. — In-16. Lodi, Wilmant, i853.
10. Elogio di Maffeo Vegio da Lodi. — In-8. Lodi, Wilmant, 1854.
11. Corso elementare di storia sacra. — In-i6. Lodi, Wilmant, i855.
12. Di Sant'Alberto Quadrelli vescovo di Lodi. — In-8. Lodi, Wilmant,
i856.
i3. Sposa Francesca, di Francesco De Lemene, colla vita dell'autore. —
In-i6. Lodi, Wilmant, 1857.
478 NECROLOGIO
14. Lodi r il sito territorio. — In-8. Milano, Cainii e Corona, 1860.
i5. Deile pretese di Crema di avere ima autonomia provinciale. — In-8.
Lodi, Wilmant, 1861.
16. Guida storico-artistica di Lodi. — In-8. Lodi, Wilmant, 1864.
17. Educandato femminile delle Dame inglesi in Lodi. — In-8. Lodi, Wil-
mant, i865.
18. // canale Muzza e l' irrigazione nel territorio lodigiano. — In -8. To-
rino, Negro edit., 1866.
19. Storia diplomatica della Lega Lombarda, con XXV documenti ine-
diti. — ln-4. Milano, Agnelli, 1866.
20. Istruzione ed educazione. — In-8. Lodi, Wilmant, 1869.
21. Mainfredo della Croce e il borgo di Rosate, in Archivio storico lom-
bardo, II, 1875.
22. L' importanza della battaglia di Legnano. — In-8. Milano, Bernar-
doni, 1876.
23. L^ istruzione secondaria classica in Pavia. — In-8. Pavia, Bizzoni,
1877.
24. Codice diplomatico Laudense. — In-4. 2 voi. Milano, Brigola, 1879.
[Bibliotheca historica italica, voi. II e III].
25. Una scomunica di Ottone Visconti arcivescovo di Milano. — Archivio
storico lombardo, Vili, 1881.
26. Statuti vecchi di Lodi. — In -4. Milano, Bortolotti, 1884.
Da molti istituti scientifici, società storiche, accademie e privati
son pervenute alla Presidenza lettere di condoglianza per la perdita
del nostro ottimo Vice-Presidente.
La Società Storica Lombarda esprime qui a tutti i cortesi che si
vollero associare al suo lutto l'espressione rispettosa e cordiale della
propria gratitudine.
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA
Adiinam^a generale del /." aprile ipoo.
Presidenza del Presidente dott. F. Novati.
L'adunanza, raggiunto il numero legale dei soci, si apre alle ore 14
colla approvazione del verbale della precedente seduta.
Commemorato il defunto socio marchese Norberto del Mayno e
mandato al convalescente Vice-Presidente comm. Vignati il reverente
augurio di un pieno ristabilimento, il Presidente comunica la lista dei
libri donati dai soci senatore Brambilla, prof. Intra, dott. Decio, dott.
Nogara e dott. Verga. Presenta inoltre al completo le schede prepa-
rate per il Regesto Visconteo dai soci Seregni e Riva e dal sac. Cervini
della Biblioteca Ambrosiana.
Si dà in seguito lettura di una circolare a stampa della Società
storica siciliana colla quale, per motivi più o meno giustificati, essa
rinunzia all' esecuzione del mandato conferitole di tenere nel corrente
anno- il VII Congresso storico Italiano in Palermo. L'assemblea, non
troppo soddisfatta, ne prende atto.
Il Presidente legge quindi la lettera che egli, interprete dei voti e
del sentimento della maggioranza dei soci, ha creduto dovere indi-
rizzare al Pro-Sindaco di Milano per rammaricarsi vivamente che la
Rappresentanza municipale non abbia rispettata la vecchia Pusterla
dei Fabbri, decretandone la demolizione (vedi Allegato A). Il dott.
Nogara applaude all' iniziativa presidenziale, ma in pari tempo crede
utile suftragarla con un voto solenne della Società. Voto che concre-
tato dal sen. Negri e da altri soci viene approvato all'unanimità nel-
l'ordine del giorno seguente : " L'assemblea, associandosi all'iniziativa
480 ATT! DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA
del SUO Presidente, e ricordando le deliberazioni del 21 maggio i885,
fa voti perchè l'Autorità Municipale voglia conservare al rispetto dt i
cittadini questi avanzi della cerchia antica „. 11 cons. Selciti domanda^
e si adotta, che del voto venga trasmessa con sollecitudine copia
air Ufficio Regionale per la conservazione dei monumenti della Lom-
bardia ed alla Commissione Provinciale conservatrice dei monu-
menti.
L'avv. Maggi legge in seguito il rapporto dei Revisori del con-
suntivo ^[899 conchiudente a piena approvazione, e viene ratificato a
pieni voti (vedi Allegato B).
E, presente il numero dei 30 soci richiesto dallo statuto, si adotta
la modificazione già proposta nella precedente assemblea dell'art. X
dello Statuto Sociale : e così rimane abolita la tassa d' ingresso di L. io
per i nuovi soci.
La seduta si chiude coli' ammissione a soci dei candidati: nob.
Muzio Albertoni, conte Febo Borromeo, prof. dott. Vittorio Cian, prof.
E. F. Comani, dott. Alessandro Luzio, cav. Aldo Noseda, marchese
dott. Alessandro Tassoni Estense e prof. Giulio Cesare Ruzzati.
// Presidente:
F. NOVATI.
Il Segretario:
E. Motta.
Allegato A.
Illustre Signore,
fin dal 1888, fin da quando cioè l'erezione del nuovo quartiere di
Porta Genova stava per essere iniziata, questa Società Storica Lom-
barda, ospitando nelle pagine del proprio Archivio uno studio con
cui si metteva dottamente in rilievo l'importanza storica ed archeo-
logica dell'Arco de' Fabbri, si associava al voto espresso dalla Con-
sulta Archeologica Milanese perchè il singoiar monumento fosse sot-
tratto alla distruzione. Unico avanzo di quella serie di pusterle (se
dieci o dodici non sanno dirci con sicurezza i vecchi cronisti) che,
intercalate alle sei porte maggiori, schiudevano adito alla campagna,
ATTI DELLA. SOCIETÀ STORICA LOMBARDA 48 1
esso possedeva e possiede di più un peculiare interesse per la citta-
dinanza nostra in quanto che, com' è notissimo a tutti, per secoli e
secoli vi trassero ad accendere lampade votive dinanzi al simulacro
che vi stava infisso, le novelle spose, le liminote milanesi. Per siffatte
ragioni, alle quali quella pur s'aggiungeva che dalla conservazione
della Pusterla non scaturiva verun ostacolo alla viabilità, la società
nostra nudrì sempre ferma speranza che i suoi voti non andrebbero
delusi: e nuovo conforto a tal credenza le venne, non è ancora un
anno, dal fatto che, demolite le costruzioni seriori, ond' era deturpato
il vecchio Arco, la passata Amministrazione comunale s'acquetò nel
proposito di mantenerlo in piedi. Ed ecco invece or ora con delibe-
razione che, possiamo ben dirlo, non tornò meno incresciosa che inat-
tesa a molta parte della cittadinanza, il municipale Consiglio sanzio-
nare all'opposto la demolizione dell'avanzo venerando.
Illustrissimo Signore! Come rappresentante di cotesto Sodalizio,
i membri del quale, senza vane superstizioni d'antiquari, ma con
cuore ed intelletto di studiosi e di cittadini, bramano vedere rispet-
tate le memorie della patria loro, io debbo vivamente deplorare la
risoluzione che l'Amministrazione dalla S. V. I. presieduta, s'è cre-
duta in diritto d'adottare. E l'amore ben noto, onde la S. V. I.
prosegue i ricordi della sua Milano, mi dà adito a sperare che Ella
vorrà saggiamente temperare le dannose conseguenze di cosiffatta
deliberazione. All' Arco de' Fabbri, reliquia di quella cerchia di mura,
onde Milano si fé schermo, quando per virtù di popolo risorse tanto
mirabilmente dalle rovine cui l' aveva dannata la " tedesca rabbia „ ;
di quelle mura che la tutelarono altresì dagli assalti d'un altro prepo-
tente, Federigo II, si collegano memorie da cui essa non può trarre
che vanto. Ma quando anche ciò non fosse, o non si discosta esso
dal sentiero del civile progresso quel popolo che neglige o rinnega il
proprio passato, e chiude l'orecchio agli ammonimenti sempre impar-
ziali e salutari della sua storia?
Gradisca, illustre Signore, i miei più rispettosi ossequi.
Della S. V. I. dev.°
F. NOVATI.
Milano, 20 marzo igoo.
^82 ATTI DIXLA SOCIETÀ STOHICA L0MBA1<1>A
AlLKCAK) U.
Onorevoli Colleglli,
La commissione dei revisori da voi scelta per 1' esame del con-
suntivo sociale 1899, inizia la Relazione col ringraziarvi della fiducia
che anche quest'anno le avete voluto dimostrare, con un incarico che
è per sé stesso un attestato di stima.
La commissione ha preso in esame il consuntivo 1899, e lo trovò
anzitutto pienamente assistito e provato dalle sue pezze giustificative.
Inoltre il consuntivo di poco si scosta dalle previsioni del pre-
ventivo, stato a suo tempo da voi approvato.
Le entrate di L. 7715 del preventivo furono invece di L. 7684.25
tenuto calcolo della partita di giro colla ditta Bocca. Furono adunque
inferiori di sole L. 180.75 alle previste: cifra insignificante in un bi-
lancio di L. 35i5i.o8.
Le uscite, preventivate in L. 583o, furono nella parte ordinaria
di L. 5197.97 (alle quali aggiunte L. 985, spesa straordinaria per il re-
pertorio diplomatico Visconteo), salirono a L. 6182.97.
L'avanzo perciò presunto in L. i885, a bilancio ordinario fu effet-
tivamente di L. 2886.28, superiore al previsto : dal quale dedotte le
L. 985 del regesto Visconteo (bilancio straordinario) l'avanzo fu di
L. 1451.28.
La donazione di L. 3ooo, stata versata anticipatamente dal Socio
benemerito commendator Lattes, venne posta sul nostro libretto della
Banca Popolare in conto corrente, e della stessa furono finóra erogate
nel 189S L. 565.15
nel 1899 „ 935.00
i
in tutto perciò . . . L. i5oo.i5
metà importo della donazione totale.
È consolante il constatare che furono preventivate L. 4000 come
contributo ordinario per dugento Soci, e se ne ebbero invece L. 4240
per Soci 212 : che fu preveduta 1' entrata di io soci nuovi mentre se
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA 483
ne ebbero dodici: e che mentre si presumevano L. loo per quote in
arretrato, le quote del 1899 furono invece integralmente pagate dai Soci.
È pur bello il *constata^re che il compenso agli autori di tante
pregevoli monografìe del nostro Archivio ammontò a sole L. i362. Il
disinteresse degli autori merita una lode speciale, giacché il bilancio
acconsentirebbe loro un maggior compenso, ed essi lasciano così a
disposizione della società un annuo avanzo, col quale si possono ini-
ziare e proseguire quei lavori straordinari, che tengono sempre più
alto il credito della Società Storica Lombarda. Le spese di provvi-
gioni, stampa, biblioteca, scritturazioni, posta, telegrammi, ecc., sono
pressapoco eguali a quelle degli scorsi anni, state sempre approvate
dalla vostra Assemblea, e perciò non crediamo sia il caso di farvi
osservazioni speciali.
Premesse queste brevi osservazioni, la commissione dei revisori,
mentre plaude all' opera sempre intelligente e coscienziosa del con-
siglio di presidenza della nostra Società, invita gli onorevoli colleghi
ad approvare pienamente il bilancio consuntivo del 1899, e di nuovo
li ringrazia dal meglio del cuore.
Avv. Giovanni Maggi
Dott. Alfonso Garovaglio
Dott. Giuseppe Luinl
Marzo ipoo.
Arch. Stor. Lomh. — Anno XXVII. — Fase. XXVI.
SECONDA RELAZIONE SUI LAVORI INTRAPRESI
PER IL
REGESTO DIPLOMATICO VISCONTEO
DALLA COMMISSIONE A CIÒ NOMINATA(i)
(Relatore Prof. F. NOVATI)
{Continuazione e fine)
ALLEGATO II.
I documenti viscontei dal 1279 al 1402 J
nei Regi Archivi di Stato in Pisa, Siena e Firenze
e negli Archivi Comunali
di Arezzo e di Pistoia
Relazione del socio GIUSEPPE RIVA
ARCHIVIO COMUNALE DI AREZZO.
La patria di Guido Monaco mi accolse la sera del 6 di settembre
e mi fu ospite cortese per sei giorni consecutivi, dei quali quattro
soli dedicati all' esplorazione dell' Archivio Comunale aretino, giacché,
nel breve periodo, ricorsero e la Natività di Maria e una domenica.
Avuta notizia degli scopi della mia missione, il chiar. prof. Ubaldo
Pasqui, che con amorosa sollecitudine sovrintende a queir impoverito
deposito, non tardò a mettermi sull'avviso che forse le mie ricerche
(i) Vedi quest'Archivio, a. XXVI, 1899, p. 217 sgg.
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA 485
avrebbero sortito risultati affatto negativi ; né, per vero dire, V accu-
rata rassegna delle varie serie, che ci conservano i documenti del XIV
e del XV secolo, smentì T avvertimento. Nulla, infatti, nell'Archivio
aretino di riferentesi a cose milanesi e tanto meno alle viscontee.
I tre grossi volumi membranacei in foglio grande che ci serbano
le " Provisiones Comunis Aretii „, nelle deliberazioni del suo Consi-
glio Generale, dal i383 al 1403, con la seguente distribuzione crono-
logica:
Voi. I. — Dal i383 al i388 ; fol. i36 ;
Voi. II. — „ i388 „ 1393 ; fol. 161 ;
Voi. III. — „ 1393 „ 1403 ; fol. 202 (i) ;
non contengono decisioni le qupli riguardino altre relazioni che con
Firenze ed altri affari che non siano d' interesse tutf affatto munici-
pale. Raramente vi sono ricordati i Comuni di Cortona, di Città di
Castello e altri limitrofi ; una sol volta ricorre una provvisione con-
cernente la città di Bologna. Le provvisioni ; del genere più disparato
e della più varia importanza ; si succedono fitte fitte ; dalle spese per
acquisti di carta in servizio della cancelleria comunale, alle ambasce-
rie ; ma, anche in riguardo alle ambascerie, quasi tutte destinate a Fi-
renze, le deliberazioni vertono piuttosto sul numero di quelli che le
debbano comporre e sul relativo onere da sostenersi per il Comune,
che non sul loro oggetto speciale ; ciò che attesta il pieno rimettersi
di Arezzo nella potente vicina, dalla quale il minor Comune si cura,
più che d' altro , d' ottenere imposizioni maggiormente adeguate alla
" impotentia civium aretinorum satis nota (2),,.
Del pari infruttuosa fu la ricerca nella serie delle Pergamene e
Carte varie, che conta in tutto 278 documenti, dei quali 5 appartenenti
al secolo XIII, 55 al XIV e 5 ancora al XV ; e ormai non occorre ri-
(i) La serie continua fino al voi. XXX che contiene le provvi-
sioni dal i588 al i595.
(2) Così in una deliberazione del Consiglio del Popolo fiorentino
celebrata il 3o marzo i388. Un secondo atto congenere dell'aprile 1891
accenna pure all' " impotentia que adhuc viget in civibus aretinis „.
Questi ed altri documenti consimili sono nell'archivio Aretino in Per-
gamene e Carte varie.
j.8t*) ATTI DhLLA >U(,lh lA MuUH.A LOMBAUDA
potere come egual sorte delle precedenti sia toccata alle restanti serie
dell' Archivio (i).
R. ARCHIVIO DI STATO IN FIRENZE.
È inutile rammentare come il Regio Archivio di Stato in Fi-
renze sia, senza dubbio, da annoverarsi fra i depositi scientifici più
ragguardevoli, se non da ritenersi addirittura il massimo che vanti
r Italia; e ciò è consentaneo alle tradizioni storiche della gloriosissima
Repubblica che tanta e così cospicua parte ebbe nei rivolgimenti po-
litici della patria nostra, poiché la cancelleria fiorentina ha recato il
suo contributo d'attività in presso che tutte, si può dire, le questioni
di maggior interesse che si siano afiacciate nella vita pubblica italiana
di parecchi secoli. Fortunatamente, dell' immensa copia di materiali
una quantità grandissima non ci venne invidiata dal tempo ed allo
studioso si offre un campo assai vasto da spigolare.
Quando, il 14 di settembre, m' accinsi all' ingente spoglio, gli schia-
rimenti avuti con l'usata cortesia dai signori cav. Alessandro Gherardi
e dott. Demetrio Marzi mi persuasero tosto che ad esaurire in tutte
le sue parti la ricerca, non sarebbero state sufficienti parecchie setti-
mane di lavoro paziente ed indefesso; epperò, anche per l'archivio
Fiorentino, come già per il Senese, dovetti far buon viso alla neces-
sità di restringere l'esplorazione entro determinati limiti in guisa da
poter offrire un saggio delle serie più importanti, quale sarebbe, ad
esempio, quella costituita dai
(i) Le altre serie dell' archivio Aretino interessanti il nostro pe-
riodo storico sono le seguenti: Pergamene del Ministero della SS. An-
nunziata, 1241-1462; Manoscritti diversi, i3ii - sec. XVI ; Protocolli
d'antichi notai aretini, 1280-1431 ; Capitoli, Statuti, Leggi e Ordini del
Collegio de' Dottori e Notai, 1339-1739; Statuti del Comune, Riforme,
1342-1784; Statuti, Riforme, Ordini e Tariffe della Dogana, 1345-1696;
Deliberazioni dei Priori, 1388-1773 ; Deliberazioni del Collegio e Con-
siglio, 1384-1397; Estrazioni degli Uffici pubblici di Città e delle Cor-
tine, 1388-1410; Registri di lettere, i395-i4o3; Giornali di decreti co-
munitativi, 1393-1408; Daziaiuoli della Città, 1386-1402.
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA 487
Capitoli del Comune.
I Capitoli del Comune; grossi registri in massima parte membra-
nacei, nei quali ritrovi le copie degli atti più notevoli della Repub-
blica nelle sue alte funzioni di stato, come sarebbero a dire paci, leghe,
sottomissioni di terre e di castelli, procure ad agire in nome del Co-
mune, compromessi e così via; sono forniti d'un inventario a forma
di regesto, riguardante ; in due volumi dati alle stampe nel 1866 e nel
1893 per cura della R. Sopraintendenza Generale degli Archivi To-
scani, allora affidata a Francesco Bonaini (1) ; una porzione abbastanza
rilevante della serie, per i rimanenti registri della quale soccorre poi
uno spoglio manoscritto di recente compilazione.
Grazie a codesti utilissimi inventari, la rassegna di 19 volumi del-
l' importante categoria fu compiuta in tempo relativamente breve e
con risultati non inferiori a quanto era naturalmente da ripromettersi,
considerato il genere degli atti da esaminarsi, riflettenti, salvo poche
eccezioni, la politica esterna del Comune e le sue relazioni con gli
altri stati italiani.
I volumi spogliati furono i seguenti :
Volume L — Dal 1824 al 1894; codice membranaceo, in foglio,
legato in asse, scritto nei secoli XIV e XV da più mani. Carte nu-
merate 225.
Da questo primo registro credetti opportuno di riportare sei fra
i documenti più notevoli riguardanti i rapporti del Comune di Firenze
coi capitani di ventura Giovanni Agudo e Corrado conte d'Alchim-
bergh, negli anni 1876 e 1891, durante la guerra con Giangaleazzo Vi-
sconti ed i suoi aderenti, primi fra i quali i Senesi. A proposito del-
l'Agudo, il volume I ci serba altri atti; che non interessano, però, il
Regesto Visconteo ; relativi alla sua transazione col Comune di Fi-
renze, avendo egli voluto abbandonarne, nel 1898, il servizio e " ad
" patriam antiquam redire.... aetate iam longeva fessus et infirmitate
" gravatus „ (1898, marzo 11, 12, 18; ff. 164 b — 167 a; 1894, gennaio
10, II ; fi'. 170 a — 178 b).
(i) Documenti degli Archivi Toscani pubblicati per cura della R. So-
praintendenza Generale degli Archivi medesimi. 1 Capitoli del Comune di
Firenze, invntario e regesto, in Firenze, coi tipi di M. Cellini e C, nella
Galileiana, mdccclxvi-mdcccxciii, volumi 2.
^.88 ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA
Volume IL — Dal i323 al i385; codice membranaceo, in loglio,
legato in asse, scritto da più mani nei secoli XIV e XV, di carte nu-
merate 222.
Due regesti del 9 e dell' 11 agosto iSSy riportano le condizioni
circa il richiamo dei banditi imposte da Giovanni Visconti arcivescovo
al Comune fiorentino in seguito alla pace di Sarzana del i353.
Volume XI. — Dal 1327 al 1410; codice in parte membranaceo
ed in parte cartaceo, in foglio, legato in asse. È scritto, da più mani,
nei secoli XIV e XV, con carte numerate 271.
Il presente volume aggiunge 12 regesti, i primi due dei quali, del
16 ottobre 1390, riflettono la convenzione stipulata dal Conte d'Arma-
gnac con P'irenze ai danni del Signore di Milano " qui.... conetur se-
" pelire et contundere Italicam libertatem et precipue Florentinam „ ;
e i rimanenti le trattative esperite, nel 1396, dal Visconti per amicarsi
la Repubblica fiorentina con la concordia che ne seguì ai 16 di mag-
gio; e infine la pace di Pavia del 1398 fra il Visconti stesso e An-
tonio Venerio doge di Venezia.
Volume XIL — Dal 1 336 al 1407; codice membranaceo, in foglio,
legato in asse. I quaderni, scritti da più mani nei secoli XIV e XV,
sono di vario formato e conservano particolari numerazioni ripetute
forse dai registri diversi dei quali ebbero prima a far parte. La nu-
merazione complessiva conta 268 carte.
I 20 regesti forniti da codesto volume recano un nuovo contributo,
di notizie e di documenti per lo studio delle relazioni intercorse, dal
i38o al 1399, fra i Signori di Milano, le Leghe Toscane e l'altre pro-
mosse da Firenze, e per la cognizione dei maneggi di Firenze e di
Bologna specialmente, onde assicurare l' intervento di Stefano duca
di Baviera ai danni del Conte di Virtù.
Volume XIII. — Dal i326 al 1392; codice membranaceo, in fo-
glio, legato in asse, di mano del secolo XIV, con carte numerate 202.
Altri 7 documenti interessanti il Regesto Visconteo ci sono ser-
bati dal volume XIII dei Capitoli. Cinque fra essi si riconnettono alla
pace di Sarzana del i353 ed i rimanenti due al lodo di Genova del 1392.
Volume XIV. — Dal i3oi al 1401; codice membranaceo, in fo-
glio, legato in asse, di più mani dei secoli XIV e XV. Carte nume-
rate 194.
Cotesto registro, notevole anche perchè ci conserva, intercalata
tra foglio e foglio, più d'una pergamena originale, aumenta ancora di
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA 489
due i regesti relativi alla pace di Sarzana; che, oltre ad una copia
dell'atto solennissimo, fornisce la ratifica fattane dai Pisani ; e così
pure aggiunge nuovi documenti ad illustrare il provocato intervento
del duca di Baviera contro il Signore di Milano ed, insieme con
esso, i patti firmati nella pace generale di Genova del 26 gennaio 1892
e nella formidabile lega veneto-fiorentina di sei anni dopo. Un solo
documento del 1401 ho creduto bene di riportare con gli accennati
perchè ci parla delle convenzioni seguite fra Roberto imperatore ed
il Comune di Firenze " in .... Comitis Virtutum et status eius ruinam
" exterminium exitium et iacturam „. In tutto 16 nuovi transunti.
Volume XV. — Dal 1884 al 1414; codice cartaceo, in foglio, ri-
legato in asse, scritto da più mani nei secoli XIV e XV, con carte
292 numerate.
Nessun documento visconteo in codesta copiosa raccolta di atti
che sono per lo più sottomissioni di terre e di castelli al Comune
fiorentino.
Volume XVI. — Il codice segnato col numero XVI è tutto car-
taceo air infuori della prima carta che è pergamenacea. È in foglio,
legato in asse, scritto da più mani nei secoli XIV, XV e XVI, e serba,
come nella numerazione, una divisione nelle materie. La prima parte
è un copiarlo di lettere e la seconda una raccolta di copie di docu-
menti a modo dei rimanenti registri della presente serie.
I 20 regesti desunti da codesto volume sono compresi fra gli anni
1821 e 1870 e si riferiscono parzialmente ad alcune lettere di Gio-
vanni XXII contenenti notevoli accenni ai fratelli Visconti " et sequa-
" ces ipsorum de heretica labe damnati rebelles quoque.... atque fide-
" lium persecutores immanes „. Seguono altre lettere di Clemente VI,
Innocenzo VI, Urbano V, Carlo IV imperatore, Pietro Corsini cardi-
nale fiorentino e Guido de Boulogne " Portuensis Episcopus Cardi-
" nalis „, tutte di speciale interesse per la storia delle contese che in-
fierirono tra la Chiesa ed i Signori milanesi.
Volume XXII. — Codice membranaceo, in foglio, legato in asse,
di carte numerate 209, delle quali 22 mancanti, scritte da più mani
nei secoli XIV e XV.
Ho riportato dal foglio 200 b un atto del 12 ottobre i865, mutilo
della fine ; poiché andò perduto il foglio seguente ; col quale vien re-
golata r assunzione di Ambrogio, di Bernabò Visconti e d' altri capi-
ani di ventura, al servizio della Repubblica di Firenze.
490 ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBAHDA
Volume XX y, — Codice iiicnibranaceo, in loglio, legato in asse,
scritto da più mani nei secoli XIV e seguenti. Carte numerate 23o.
La lega o, per meglio dire, le varie leghe formatesi, nel corso del
i336, ai danni di Mastino e di Alberto della Scala, partecipe anche
Azzone Visconti, e la pace conchiusa dai contendenti nel i338, occu-
pano IO dei 96 regesti tolti al volume XXV dei Capitoli. I rimanenti
86, compresi Ira gli anni i353 e iSSy, sono altre copie di documenti
illustrativi della pace di Sarzana promossa dall'Arcivescovo Giovanni.
Volume XXVII. — Codice membranaceo, in fogli di diverso for-
mato, legato in asse e scritto da più mani nei secoli XIV e XV. Com-
prende tre distinte numerazioni, la prima delle quali, in numeri ro-
mani, va dall'I al XCII, la seconda, in arabici, dall'i al 84 e la terza,
pure in numeri arabici, dal 5 al i53.
Si apprendono dalla terza suddivisione del codice XXVII otto do-
cumenti interessanti le leghe promosse dal 1869 al 1871, per opera
principale di Urbano V, fra i Comuni di Firenze, Lucca, Pisa, Bolo-
gna, gli Estensi, il Gonzaga, ecc. da una parte, e la Chiesa dall'altra,
" ad exterminium.... presertim Bernabovis de Vicecomitibus, non ob-
" stante quocumque vicariatu quod se habere pretendat, qui pacem
" quietem et tranquillum statum Ytalie perturbavit et perturbare non
" cessat ac nititur sub iugo tyrapnico subjugare „.
Volume XXXII. — Codice inembranaceo, in foglio, legato in asse,
scritto da più mani nei secoli XIV e XV. Carte numerate 282.
I 33 regesti riferiti dal volume XXXII concernono in special modo
la concordia generale che il 19 luglio i333 poneva fine alle ostilità
passate fra Giovanni re di Boemia, le città di Parma, Cremona, Reg-
gio, Modena e Lucca, i Signori Della Scala, gli Estensi, Luigi Gonzaga,
Azzone Visconti, Franchino Rusconi, il Comune di Firenze e Roberto
re di Gerusalemme e di Sicilia. Alla qual pace seguono poi leghe ed
accordi parziali cui il Visconti interviene a tutela degli interessi della
sua politica. E Azzone Visconti riappare in un secondo manipolo di
documenti, dal i336 al i338, che vanno aggiunti a quelli già segnalati
a proposito del volume XXV di codesta raccolta, come pertinenti alle
leghe firmate dal Signore di Milano contro i Della Scala ed alla pace
con essi.
Volume XXXIII. — Codice simile al precedente, di carte nume-
rate 194, delle quali 26 mancanti.
Anche i 9 regesti dati da codesto volume si riannodano ai docu-
ATTI DELLA. SOCIETÀ STORICA LOMBARDA 49 1
menti del i336 e del i338 contenuti nei codici XXV e XXXII, ecce-
zion fatta per due del i338 e due del 1839.
Volume XXXV. — Codice membranaceo simile al precedente
ma i fogli sono di vario formato e le carte numerate sommano a 281.
Un primo documento di codesto volume riferisce la lega quin-
quennale firmata a Legnano, il 3i agosto del 1385, fra Giangaleazzo
Visconti ed i Comuni di Firenze e di Bologna; un secondo, del 1890,
ripete un atto già rilevato dal volume XII; un terzo, dell' istesso anno,
riflette pure il medesimo argomento.
Volume XXXIX. — Codice membranaceo, in foglio piccolo, le-
gato in asse, costituito da più fascicoli staccati l'uno dall' altro ma nu-
merati complessivamente in carte 226. La distinzione dei fascicoli ri-
specchia una certa distinzione anche della materia.
Nel codice XXXIX si riscontrano altre i5 copie di atti riferentisi
alla pace di Sarzana (i352-i353) e al lodo di Genova del 1891.
Volume XL. — " Il presente Tomo contiene le Elezioni et estra-
" zioni di Ufficiali, Ambasciatori, Castellani del Comune di Firenze dal
" i33i al i3 giugno i336„. Così il titolo del codice, che è pergame-
naceo, in foglio piccolo, rilegato in asse, con carte numerate 252, delle
quali mancano le tre dalla 241.^ alla 248.% scritto da più mani nel se-
colo XIV.
Codesto è l'unico volume della serie dei Capitoli che non mi fu
possibile di spogliare con tutta quella cura che un esame sommario
della materia in esso contenuta mi chiarì opportuna. Nel registro ri-
corrono con qualche frequenza le ambascerie a Milano e le risposte
ad ambascerie milanesi, accompagnate, quasi sempre, da una perspi-
cua, se non diffusa, designazione del loro oggetto, così da renderne
vieppiù interessante la notizia.
Volume XLL — Codice pergamenaceo, in foglio, legato in asse,
distribuito in vari quaderni che conservano analoga distinzione della
materia compresa in 285 carte numerate e scritte da più mani nel se-
colo XIV e sul principio del seguente.
I risultati furono qui perfettamente negativi, nonostante i molti
favorevoli indizi.
Volume XLII. — Più che d' un volume, per i documenti rac-
colti sotto il numero XLII, si tratta di frammenti di registri mem-
branacei i quali contengono, da carte i a carte 47, gli Ordini di Giu-
stizia del 18 gennaio 1292, e da carte 49 a carte i35 atti di leghe, di
492 ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA
società, ecc., a somiglianza degli altri volumi della serie, ed, insieme
con essi, lettere di vario argomento, tanto missive quanto responsive,
ed ambascerie fiorentine a parecchie città e castelli. Le pergamene
dalla carta 89.* alla i35." sono raccolte e legate in un volume a parte,
con copertura di cartone, che è pure segnato col numero XLII; e i
documenti che esse ci serbano, vanno riferiti specialmente alle trat-
tative dei Signori Della Scala col Comune di Firenze per V acquisto
di Lucca, ed ai negoziati di Firenze per stringer pace fra i Signori di
Pietramala e la città di Perugia. Numerose e interessantissime sono
a questo proposito le lettere, tutte in copia autenticata.
Anche nel rispetto delle ricerche viscontee, il volume non mancò
di oftrire 17 regesti, dodici dei quali di lettere, che sono sfortunata-
mente prive, nelle designazioni cronologiche, dell'anno in cui furono
scritte. Ma; e per l'indizio dei fatti importanti in esse memorati e per
la circostanza che, in grazia all'avvertenza preposta alle copie dal no-
taio fiorentino " Locterius Salvi de Cerreto (i) „, dobbiamo ritenere
tali lettere posteriori al i335; non riuscirà difficile a chi esaminerà di
proposito le mie schede ; dove, salvo poche eccezioni, ho creduto bene
di riferire integralmente codesti documenti; assegnare a ciascuno il
suo giusto tempo.
Dalla prima lettera, di Azzone Visconti al Comune di Firenze, che
porta la data dell'ultimo di settembre, si apprende come i Fiorentini
avessero eletto a loro podestà Ponzino Ponzone^ il famoso milite cre-
monese, capitano della fazione dei Maltraversi, il quale ebbe tanta
parte nei rivolgimenti politici che precedettero immediatamente la
sottomissione della sua patria al Signore di Milano. Azzone si dice
lietissimo della nomina, ma aggiunge di non poter accondiscendere al
desiderio che i Fiorentini avevano del Ponzone " cum multis et ma-
" ximis negotiis, peragendis ad presens indigeamur sua persona (2) „.
(i) Capitoli del Comune, voi. XLII, fol. 62 a.
(2) Ponzino dei Ponzoni, di famiglia originariamente guelfa, ma
poscia, per mutate condizioni di cose, fervente fautrice della parte
ghibellina, aveva già fin dal 1814 coperto la carica podestarile nella
città di Padova. Un Ponzio Ponzone appare, nel i33i, vicario del Re
Giovanni di Boemia in Parma, ma non saprei accertare se si tratta
del nostro. V. Astegiano, Codice Diplomatico Cremonese in Hist. Pa-
triae Mommi. Torino, 1895-1898, voi. II, pagg. 228-224; e cfr. Wììsten-
FELD, Serie dei Rettori dati da Cremona ad altri Cornimi in Robolotti,
Repertorio Diplomatico Cremonese. Cremona, Ronzi e Signori, 1878, pa-
gine 287-288.
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA 493
Ora, è noto come la città di Cremona, strenuamente difesa dal Pon-
zone, si sia arresa alle armi viscontee il i5 luglio del i334, ed è ov-
vio, pertanto, argomentare che non prima di questo tempo Azzone
abbia avuto modo di palesare con la lettera accennata la sua grande
stima per il nobile cremonese, il quale; giova pur avvertirlo; si era
acquistato non picciol titolo alla benemerenza ed alla fiducia dei Si-
gnori milanesi fin dal i3i8; da quando, cioè, insieme coi fuorusciti
ghibellini, cremonesi, si era accordato coi Signori Della Scala, con
Matteo Visconti e con Passerino Buonaccolsi per tentare sulla sua
patria quel famoso colpo di mano che lo condusse ad esserne gridato
signore. E s'aggiunga che, scacciato nuovamente dalla città Y anno
dopo, vi rimetteva piede in grazia degli aiuti d' un altro Visconti ;
Galeazzo (i).
La seconda lettera, del 22 marzo, è pur essa di Azzone al Comune
fiorentino e non saprei veramente a qual anno riferirla. Il Visconte
raccomanda vivamente i conti Guido ed Alberto di Mutiliana perchè
siano reintegrati nei loro possessi. La terza, del 28 aprile, è in favore
di Giovanni "de Flisco „; la quarta dell' 8 ottobre, va ricondotta ne-
cessariamente al j337, poiché Azzone annuncia in essa l'entrata delle
truppe viscontee in " civitatem veterem Brixie „ (2); la quinta, invece,
che è del 17 agosto, al i339, in quanto concerne la partecipazione
fatta da Giovanni e Luchino Visconti al Comune di Firenze della
morte d' Azzone, seguita, secondo il Corio (3), ai 14 del mese e del-
l'anno citato, e, secondo il Giulini (4), perfettamente d'accordo col
nostro documento, due giorni dopo.
Due altre lettere d' Azzone riguardano la presa di Piacenza (19
decembre) e " certum casum occursum in personam Ghavi „ fami-
gliare del Signore di Milano e figlio di " Puccarellus „ o " Puzzarellus
de Vicecomitibus de Pisis „ che insieme con " Ghabrioctus de Otto-
bellis „ era stato mandato, per affari del Visconte " ad partes Tuscie „ ;
e ciò " occasione cuiusdam improvisi rumoris in eorum hospitio facti „
(3 ottobre).
(1) ASTEGIANO, Op. Cit., Vol. II, pagg. 321-324.
(2) Giulini, op. cit., voi. V, pag. 253.
(3) Corio, Storta di Mi/aiw. Milano, F. Colombo, mdccclv-lvii, vo-
lume II, pag. i3i.
(4) Giulini, op. cit., voi. V, pag. 271.
494 ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA
Volume XLIV. — Codice pergamenaceo, in foglio grande, legato
in asse, di carte numerate 269, scritto da più mani nei secoli XIV e
seguenti.
Il registro segnato col numero XLIV non contiene traccia alcuna
di atti concernenti il Regesto Visconteo, ma si apre per altro con
una serie di documenti che per il tempo cui risalgono e per l' impor-
tanza del loro argomento non possono a meno d' interessare viva-
mente gli studiosi della storia lombarda in genere e quella in specie
delle relazioni intercorse nel secolo XIII fra le città dell'Alta Italia
ed il Comune di Firenze.
Si tratta di parecchie convenzioni stipulate dal 9 aprile al 16
luglio del 1279, tra Firenze, Venezia, Padova, Milano, Modena, Reggio,
Parma, Cremona e Bergamo, all'intento di " obviare malitiis civium...
" fugientium cum pecunia aliena et assessinorum qui, pecunia con-
" rupti, homines feriunt et occidunt „ (i), assicurandone la cattura in
ciascuna delle città nominate.
A codesto scopo, il 9 aprile, Firenze nominava suo procuratore
" Dogius de Burgo iurisperitus „ che dapprima, il 27 dello stesso
mese, stipulava 1' accordo a Venezia " corani nobili viro domino Ar-
" molao Justo vices ducis gerenti ob infirmitatem illustris domini Jacobi
" Contereni dey gratie Venetiarum Dalmacie atque Cloacie incliti
" ducis „ ; passando in seguito a Padova, dove, il penultimo di maggio
s'accordava col procuratore della città "Jacobinus quondam domini
" Parcitatis notarius „ ; e di là a Modena, che elesse a suo rappresen-
tante nella firma della convenzione il proprio banditore Zaccaria Ma-
scharini (12 giugno) ; e quindi a Reggio, per intendersi con quel dele-
gato " Bernardinus de Sancto Dalmazio „ (16 giugno) ; a Parma, rap-
presentata per tale bisogna dal notaio " Jacobus de Grossis „ (28-24
giugno); a Cremona, che faceva trattare con l'inviato fiorentino il tu-
butore del Comune " Guillelmus „ (2-3 luglio) ; a Bergamo, V adesione
della qual città alla convenzione è firmata per parte del Comune da
" Bertoldus de Guidoccis jurisperitus „ (12 luglio).
L'ultima tappa del procuratore fiorentino fu Milano, dove, il i5
luglio, il Consiglio degli ottocento, riunito " in palatio novo Comunis „
sotto la presidenza di "Giullus de Guilizzono index et assessor domini
(1) Capitoli del Comune, voi. XLIV, fol. 5 a.
\
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA 496
^' Loccerii Rusche potestatis „, nominava a rappresentare il Comune
^' Raynerium Garivoldum hostiarium Camere Palatii Comunis Medio-
^' lani „ che, nel giorno seguente, stipulava il contratto (i).
Volume XLV. — È un codice membranaceo, in foglio grande, legato
in asse, di carte numerate 149 e scritto da più mani in secoli diversi,
che non aggiunse nulla alla materia del Regesto Visconteo.
Volume L. — A proposito del volume L, V inventario manoscritto
dei Capitoli, che avemmo occasione di citare, avverte che " questa
" filza in carta bambagina ha in principio due istrumenti in carta
" pecora „; i quali non interessavano, però, le nostre ricerche; e che
dalla carta 3 alla carta io3 si hanno documenti riguardanti la città
d'Arezzo, "e specialmente l'alta protezione della Repubblica fio-
" rentina „ su di essa.
Dal canto mio ebbi modo di attingere a codesta fonte la cogni-
zione di due soli documenti, del 1898, cui va riconosciuto, a nostro
riguardo, un interesse assai scarso. S' aggiunga che della " copia di
" mandato fatta da Giovan Galeazzo Visconti duca di Milano e Conte
" di Virtù a far la Lega in nome suo e de' suoi aderenti con le Comu-
" nità di Firenze e di Bologna e altri „ l'anno 1896, ci vien serbata,
nel volume L, soltanto la copertina, recante per l'appunto tale indi-
cazione, giacché la copia manca, e da molto tempo, se pur è lecito
arguirlo dal fatto che l' inventario manoscritto dei Capitoli non ne fa
menzione alcuna.
LE RIFORMAGIONI.
Atti Pubblici.
Eccezione fatta, adunque, per il volume distinto col numero XL,
la serie dei Capitoli del Comune fu esaurita in tutte le sue parti.
Non così quella delle Riformagioni per quanto concerne gli Atti
Pubblici ; importante raccolta di pergamene e di quaderni membranacei,
che, neir originale od in copie autentiche, ci serbano atti molteplici
(i) I regesti di codesti atti, in numero di 16, sono riportati som-
mariamente in appendice alle schede fiorentine. Sul podestà di Milano
per l'anno 1279, Loterio Rusca, qui nominato, cfr. Giumni, op. cit., vo-
lume IV, p. 659.
496 ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA
della gestione politica comunale e rispecchiano per lungo ordine di
anni, l'andamento della vita pubblica fiorentina ed italiana ad un
tempo; poiché, dopo la visita e l'esplorazione dei minori Archivi di
Pisa, di Siena e di Arezzo, il fatto che maggiormente colpisce chi si
accinge all'esame del massimo deposito fiorentino è per l'appunto
codesto sopravvento che sulle memorie precipuamente municipali,
hanno quelle di interesse generale; ma d'altro canto la considerazione
delle notevoli vicende onde la storia del Comune di Firenze è intes-
suta, spiega a meraviglia il fenomeno, tutto proprio delle grandi città.
Di codesta categoria di documenti; nella quale si trovano in gran
numero gli originali o nuove copie degli atti serbatici dai Capitoli ;
posso offrire soltanto un piccolo saggio, che basterà per altro a chia-
rirne l'importanza.
Il saggio fu desunto in massima parte con la scorta di tre volumi
degli inventari manoscritti, e precisamente del III, del IV e del VI,
che in bell'ordine e con designazioni ampie e precise, riportano gli
spogli delle singole pergamene suddivise in gruppi a seconda del-
l'argomento cui si riferiscono. Così, accanto ad un gruppo intitolato
" Comune di Firenze con Milano „, ne abbiamo altri che, ad esempio,
palesano la natura del loro contenuto coi titoli " Comune di Firenze
con il duca di Ferrara e di Modena „, " Firenze con Venezia „, '* Fi-
renze con Mantova „, " Comune di Firenze con Siena prima che fosse
sottoposta „, ecc., ecc.
Volume III. — " Ristretto cronologico degli Atti Pubblici del
Comune di Firenze; Tomo III „.
Codesto volume aumentò la mia raccolta di 144 schede concer-
nenti originali ed apografi di documenti in parte nuovi ed in parte
già attinti ad altre fonti, per quanto riflette gli anni i353, i385, i39i>
1392 e 1398.
Gli atti del i353, non occorre dirlo, illustrano ancora la famosa
pace promossa a Sarzana dall' Arcivescovo Giovanni Visconti, e sono
compresi quasi tutti in dieci quinterni membranacei, in foglio grande,
di carte numerate 83, riuniti entro una copertina di carta segnata
col numero III in rosso. L'ultimo quinterno, dalla carta 76 in avanti,
è di formato più piccolo dei rimanenti (1).
(i) Nelle schede, codesta fonte è indicata: " Riformagioni, Atti
Pubblici, fase. III „.
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA 497
I documenti del 1892 si riferiscono al lodo pronunciato, nel mese
di gennaio, in Genova, e pur essi, in gran parte, sono raccolti in sei
quaderni pergamenacei, in foglio grande, di carte numerate 48, segnati
comprensivamente col numero rosso LXIII (i); ma d'altro canto le
Riformagìoni fiorentine conservano anche una lunga serie di ratifiche
celebrate da Principi, Comuni, Signori e private persone che erano
nominate nel lodo o per volerne godere i vantaggi o per doverne ri-
conoscerne le imposizioni.
II 28 febbraio, ratificava Filippo de' Roberti signore di Tripoli;
il 7 aprile, Francesco Gabbrielli signore di Gubbio raccomandato del
Comune di Firenze; il 3i marzo, il Comune di Modigliana e quello
di Montepulciano (2); il 2 aprile, Roberto Conte di Battifolle; il 7
marzo, Jacopino ed i fratelli di Rodiglia; il 3i, Alberto di Alamanno
di Petramala; il 28, Antonio di Francesco Conte di Modigliana; il 2
aprile, il Comune di Castiglione fiorentino; il 3, Francesco ed altri
dei Conti di Battifolle; il 7 marzo, Guido ed altri dei Conti di Mo-
digliana; in altro giorno non precisato, Alberghettino Manfredi, si-
gnore di Faenza; il 28 febbraio. Marco de' Pii signore di Carpi e
Novara; il 25 marzo, Niccolò del Conte Bandino di Rumena; il 16
aprile. Guido di Tancredi dei Conti di Modigliana; il io marzo, il
Conte di Rumena; il 3o, il Conte Giovanni del Conte Bandino già
nominato, signore di Ragginopoli ; 1' 8, Alberguccio e Niccolò dei No-
bili da Monte Cuccioli governatore d' alcune terre del distretto mo-
denese per Alberto Marchese estense ; il 3i, Alberto d'Este Marchese
di Ferrara e Malatesta di Francesco Conte di Dovadola; il 5, Salvatico
signore delle terre e dei castelli di Sarettia nella diocesi di Reggio;
il i5, Bernardino ed altri da Polenta, signori e vicarii generali di
Ravenna a nome della Chiesa; il 27, il Comune di Colle; il 2, Fran-
cesco Juniore da Carrara e Alberto Marchese d'Este insieme coi loro
aderenti e raccomandati; il 28, Giovanni Manfredi signore di Faenza;
r 8, Orlandino da Fogliano signore di Bosio ; il 5, Lodovico da Zago-
nara Conte di Conio e di Zagonara in Romagna; sul principio del
1893, Farinata di Bustaccio degli libertini; il 20 marzo di quest'anno,
(i) Per le schede vale l'indicazione; " Riformagioni, Atti Pubblici
fase. LXIII,,.
(2) La ratifica del Comune di Montepulciano veniva trasmessa a
Firenze il i.° aprile.
498 ATTI DELLA SOCIETÀ. STORICA LOMBARDA
infine; l'Adorno, doge di Genova, diciiiarava compreso n«'lla pRve
anche Andreine di Biordo degli Libertini.
Altri documenti di soggetto visconteo, che non mi fu possibile
per mancanza di tempo, accogliere nei regesti, sarà pur facile rin-
tracciare sotto gli anni i35i, i353, 1870-71, 1875, 1878-79, 1884-85, 1892
e 1896-1400.
Volume IV. — " Ristretto Cronologico degli Atti Pubblici del
Comune di Firenze — Spoglio dei Tomi XX a XXVIII „.
Volimie VI. — " Ristretto Cronologico degli Atti pubblici del
Comun'e di Firenze — Spoglio dei Tomi di Suppl. XLIV-XLVIII „.
Con questi due volumi si accrebbe di altri 16 documenti il saggio
delle Riformagioni senza però conferire ad esso ulteriore varietà, in
quanto i nuovi regesti ripetono atti già offerti dai volumi precedenti,
e riflettono il loro stesso argomento.
LEGAZIONI E COMMISSARIE.
Una serie speciale, non molto copiosa ma non per questo meno
delle altre degna di nota, è dedicata nell'Archivio fiorentino, alle
Legazioni e Commissarie, che ci conservano, cioè, le istruzioni dei
Signori e dei Dieci di Balìa agli oratori mandati a città ed a Prin-
cipi per le varie contingenze del Comune, e insieme con esse, le
relazioni che gli ambasciatori facevano poscia ai rispettivi Ufficii del
loro operato e dei risultati della missione. Le legazioni da parte dei
Signori incominciano col 1898, ma, aggiunti alla serie principale, si
hanno altri 5 registri di rapporti, di risposte e di verbali che prin-
cipiano dal 1895; col qual anno s' inaugura pure la serie delle am-
bascerie e delle missioni diplomatiche spettanti ai dieci di Balìa.
Seguono quelle degli otto di Pratica, incominciando, però, dal 1480.
Anche per codesta serie fu giuocoforza accontentarmi d' un sem-
plice saggio desunto dai registri numerati i, 2 (A), 2 (B) e 28, che
diedero complessivamente 5i regesti, i quali non dubito varranno a
persuadere la necessità d' un esame completo della raccolta.
Registro i. — " Dieci di Balìa: Legazioni e Commissarie, Rapporti
di Oratori „. Codesto primo registro conta 71 fogli cartacei, di piccolo
formato, numerati fino al 66, ed è rilegato in pergamena.
Le relazioni in esso contenute vanno dal 1895 al 1401 e risguar-
dano; ciò che accade anche per i rimanenti registri della presente
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA 499
serie; affari disparatissimi e della più varia importanza, vuoi politica
vuoi amministrativa. Ma da quei rapporti risulta sempre e ricorre
con straordinaria insistenza; poiché si rivela anche là dove parrebbe
mancare ogni pretesto; la preoccupazione grandissima che in Firenze
destavano le mire ambiziose del duca di Milano, a proposito del
quale non sono raccomandazioni che bastino ed a Bologna, ed a Pe-
rugia, e al Pontefice, e ai Signori di Lombardia, perchè si guardino
dalla biscia viscontea usata a mescere il veleno della tirannide col
dolce delle lusinghe e delle magnifiche profferte. Non mancano lega-
zioni a Milano, ma gli ambasciatóri fiorentini lasciano trapelare per
i primi quanta poca fede si convenga prestare alle attestazioni e
alle proteste del duca che egli altro non voglia e non ricerchi se non
la pace d'Italia a costo anche de' suoi pretesi diritti. Firenze non
cessa dal provvedere alla propria sicurezza e di ciò parecchie testi-
monianze offre il nostro registro nei riguardi specialmente della pro-
vocata spedizione in Italia del Conte d'Armagnac.
Registro 2 [A). — " Signori, Legazioni e Commissarie, Istruzioni,
n. 2 (1399-1406) „. Volume cartaceo, in foglio piccolo, rilegato in per-
gamena, di carte numerate 79.
Le fortunate imprese del Conte di Virtù accrescono sempre più
il timore e la preoccupazione nella Signoria Fiorentina, che non tra-
lascia occasione per mostrare a quanti possono aver ragioni per
temere del Visconti " come il Duca possiede in Toscana più di cento
" miglia di riviera di mare. E queste terre a comperate cosi vitupe-
" rosamente nel paese et che stando eglino e gli altri pure a vedere
" si fa e si farà sì forte che riparo non sia che tutti venghino sotto
" il giogo „ (i); come già accadde ai Pisani ed ai Senesi, l'esempio
dei quali " mostra chiaro lui non riputare nulla suo se non quello
" che tiene e signoreggia „ (2), onde il bisogno di unirsi e di ricor-
rere all'aiuto altrui, e del Papa principalmente, perchè "voglia
" diligentemente aver l'occhio alla conservatione d'Italia et in sin-
'• gularità della sua libertà come quella che sempre fu congiunta chon
" santa chiesa e non piccolo sostegno di essa „ (3); e ciò sempre a
(r) Ambasceria a Bologna di Andrea Vettori, 1899(1400), marzo 5;
f. 29 b.
(2) Amb. di Filippo Corsini e Cristoforo d'Anfrione degli Spini
a Perugia ed a Cortona, 1899, decembre 24; f. 21 a.
(8) Amb. di maestro Grazia al Papa, 14C0 (1401), febbraio 4; f. 89^.
Arck. Stor. Lomb. — Anno XXVII, — Fase XX.VI 35
500 ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA
line " che questa biscia non abbia sì lunga coda „ (i). Di grande in-
teresse sono poi le ambascerie all'Imperatore per afìrettarne l'inter-
vento in soccorso della minacciata libertà d'Italia.
Registro 2 (B). — " Signori, Legazioni e Commissarie, Rapporti
d'Oratori, n. 2, dal iSgS al 1408 „. Volume simile ai precedenti.
Alle pratiche già accennate per l'intervento di Roberto di Ba-
viera contro il Duca di Milano ed ai tentativi esperiti dalla Signoria
fiorentina presso varie città e principi italiani, il Papa compreso,
all'intento di preparare favorevole accoglienza e terreno sicuro alla
prossima spedizione imperiale, si riferiscono precipuamente le rela-
zioni comprese nel Registro 2 (B), dove è pur notevole una lusinghiera
ambasciata spedita da Firenze al Conte di Virtù per rallegrarsi con
lui del titolo ducale da poco ottenuto e per iscusarsi di non so qual
" indugio del compromesso tra il Conte Giovanni da Barbiano e il
" Marchese et Astore „. La legazione è accompagnata col regalo di
otto robe di velluto e con l'incarico di visitare la " donna „ del Duca
che, " rispose accettando le proferte di questo comune et proferendosi
assai „ (2).
Registro 28. — " Signori, Legazioni e Commissarie, Elezioni, Istru-
zioni, n. 28 „. 11 presente registro, a somiglianza degli altri della
medesima serie cartaceo ed in foglio piccolo, è numerato dal 7 air82
e contiene le istruzioni agli ambasciatori fiorentini dall'anno 1401
al 1629.
Delle quali istruzioni mi sembrarono degne d' essere riferite
quelle relative all'ambasceria di messer Tomaso Sacchetti, Filippo
Corsini, Rinaldo Gianfigliazzi e Maso degli Albizi mandati, nel no-
vembre del 1401, all'Imperatore con l'intento precipuo di renderlo
avvertito come " el crudele e ingiustissimo tyranno Jovangaleas non
" conte di vertu cerne s'intitola ma fonte d' ogni vitio et di tradi-
" mento „, era " venuto tanto avanti chon sua malitia che esso aveva
"dato ordine fare morire lui e la sacratissima augusta donna sua et
" suoi gloriosi figliuoli chon crudele veleno „ ; coonestando la sup-
posizione della spaventosa trama; sventata solo perchè in tempo s'era
(1) Amb. di Agnolo di Luigi degli Spini in Lombardia, 1400 (1401),
febbraio 16; f. 41 a.
(2) Relazione, in datala settembre 1895, dell'ambasceria com-
piuta a Milano dal 26 agosto al 20 settembre; f. 1 b.
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA 5o I
interposta " la dextera dell' onipotente dio „; con l'esempio di tanti
altri che il Duca aveva spento in cotal guisa (i).
Il Carteggio.
Il saggio si assotiglia ancora più per i documenti del Carteggio
fiorentino che, secondo una tavola cortesemente fornitami dal signor
Alfredo Municchi, solerte impiegato di quell' Archivio, è distribuito
nel modo seguente (2) :
/ Minutari, i3io
,,, , ,1-^ Cancelleria \ Originali
T 1 Missive <
i ] j ' Registri, i3o8
SIGNORI 1 12.^ Cancelleria — Registri, 1441
Responsive — Incominciano con frammenti degli
anni i3oi-i3io.
Ebbi campo, cioè, di esaminare appena i registri I e II dei Mi-
nutari della prima Cancelleria (3) ; che sono un inserto di fogli cartacei
di vario formato, numerati secondo la progressione cronologica; dai
quali credetti bene togliere quattro regesti di lettere del i3io e del
i3ii. Ma non occorre dire, io credo, che l'intera serie, promettitrice
di risultati notevolissimi, vuol essere interamente spogliata. Neil' at-
tesa, intanto, dello spoglio definitivo, non sarà inutile riferire col
sussidio degli inventari manoscritti dell'Archivio fiorentino (4), le
indicazioni delle lettere d' argomento visconteo che il Carteggio ci
conserva. L' esame dei singoli documenti consiglierà poi la Ig^ro in-
clusione od esclusione dal Regesto (5);
(1) Questo doc. è una bella aggiunta a quelli pubblicati dal Ro-
mano nella monografia citata su Giangaleazzo Visconti avvelenatore.
(2) Gli anni segnati nella tavola indicano donde incominciano le
varie serie. Alle serie dei Signori seguono quelle dei Dicci di Balìa
e degli Otto di Pratica, che principiano solo col 1413 per giungere
sino al 1471.
(3) Signori, Carteggio, Missive, Minutari, i.^ Cancelleria, I e IL
(4) Spoglio del Carteggio Universale della Repubblica di Firenze
compilato da Filippo Brunetti. Tomi 2.
(4) Uso le seguenti abbreviazioni: F. -Filza; d. S. - della Signoria
(missive); a. S. - alla Signoria (responsive); d. D. - dei Dieci (miss.);
a. D. - ai Dieci (respons.). Segno tra parentesi l'argomento princi-
pale cui le lettere si riferiscono.
502 ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA
i3i4, marzo 18, 19 — F. VI d. S.
1844, aprile 5, 6 — F. IX d. S. — (Guerra di Luchino Visconti contro
Pisa).
i35o, aprile, settembre 24, 16; novembre 16 — F. X d. S. (Giovanni
Visconti).
i35i, marzo 7, 25; maggio g, 17, 28; giugno 12; luglio 24; agosto 4, 5,
li, 16, £0, 26, 27; settembre 2, 4, 16; ottobre 3 5, s3, 25, 28; no-
vembre 26; decembre 17 — F. X d. S. (Giovanni Visconti).
i352, aprile 14; maggio 9, i3, i5, 22, 25; giugno 21, 23, 3o — F. X d. S.
(Giovanni Visconti).
i352, luglio 6; agosto 6; novembre 19, i5; decembre 3i — F. XI d. S.
(Giovanni Visconti).
i353, gennaio 5; gennaio 3i — febbraio 27; marzo 3, i3; marzo i3;
aprile i; aprile 10, 11, 18, 25, 3o; maggio 3, 3i; luglio 9, i3;
settembre 27; — F. XI d. S. (Giovanni Visconti, a proposito
specialmente della pace di Sarzana).
1354, aprile 27; ottobre 23; novembre 19; decembre 5 — F. XI d. S.
(Giovanni Visconti).
i355, gennaio 7; maggio 19 — F. XI d. S. (Sulla progettata vendita di
Lucca ai Visconti).
i355, giugno 21 ed altre sei lettere senza data — F. IV a. S. (Bernabò
Visconti, a proposito specialmente delle sue trattative con l'Im-
peratore per la compera di Pisa).
i355, luglio 5 — F. XI d. S. (Come sopra).
i359, febbraio 20, 22 — F. V a. S. (Bernabò e Galeazzo Visconti).
1364, settembre 9, io, i3 — ¥. VI a. S. (Sono quindici lettere in mas
sima parte di Giovanni dell'Agnello, signore di Pisa, in riguardo
alla pace di Sarzana del i353).
1864, settembre i5 — F. XII d. S. (Bernabò ed Ambrogio Visconti).
i365, gennaio 3o; marzo 16; agosto i; settembre io, i3, i5, 19, 27 —
F. XII d. S. (Come sopra).
i366, giugno 23; decembre 18 — F. XIII d. S. (Circa il matrimonio di
Taddea, figlia di Bernabò V, con Stefano Duca del Reno e di
Baviera).
1867, maggio 26; luglio 7 — F. XIII d. S. (Matrimonio di Marco Vi-
sconti con la figliuola del Duca di Baviera; pace fra i Signori
di Milano e Genova).
i386, marzo i3, 25, 28; aprile 16; giugno 8, 26; luglio 21 — F. I d. D.
(Conte di Virtù).
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA 5o3
i388, febbraio i8; aprile 8; maggio 4; luglio 7, 19, 21, 22, 25, 3i; agosto
i3, 19; settembre 6; ottobre 7; novembre 19, 27; decembre 26
— F. I d. D. (Affari diversi col Conte di Virtù; espulsione di
Carlo Visconti dal territorio fiorentino).
1889, gennaio 14, 20, 22; febbraio 4; marzo 12, i5, 16; aprile io; mag-
gio 2^ 21, 29; giugno 5, 8, 28; luglio i5, 26; agosto 9, 14, 19;
ottobre i, 5; novembre 7 — F. I d. D. (Affari diversi col Conte
di Virtù).
J390, maggio 2 — F. I d. S. (Come sopra).
1891, febbraio ti — F. I d. S. (Come sopra).
1895, agosto 26 — F. I a. D. (Come sopra).
1895, settembre 20 — F. VII a. S. (Come sopra).
1895, decembre 20 — F. I a. D. (Come sopra).
1896, luglio 14 — F. I a. D. (Come sopra).
1896, luglio 14 — F. VII a S. (Come sopra).
1896, luglio 21; agosto 3, 4; decembre i5, 27, 80 — F. I a. D. (Come
sopra).
1897, gennaio 12, 22; febbraio 7 — F. I a. D. (Come sopra).
1897, febbraio 7; aprile 7; luglio 24; settembre 6; ottobre 18 — F. VII
d. S. (Come sopra).
1898, gennaio 6, 9; febbraio 20; marzo io; maggio 27; giugno i —
F. VII d. S. (Come sopra).
1898, agosto I — F. I a. D. (Come sopra).
1899, aprile 27, 28; gennaio 7; giugno i — F. VII a. S. (Come sopra;
esortazioni ai Perugini perchè si guardino dal Signore di Milano).
1899, luglio i5 — F. XI a. S. (Affari diversi col Conte di Virtù).
1899, agosto 7; settembre 28 — F. XV d. S. e F. VII a. S. (Come
sopra).
1899, ottobre 8 — F. XV d. S. (Come sopra).
1899, ottobre 19 — F. XV d. S. e F. VII a. S. (Come sopra).
1899, novembre i5 — F. XV d. S. (Come sopra).
1899, decembre 24 — F. XI d. S. e F. VII a. S. (Come sopra).
1400, gennaio i3 — F. XV d. S. e F. VII a. S. (Come sopra).
1400, gennaio 18 — F. XI d. S. e F. VII a. S. (Come sopra).
1400, gennaio 20 — F. XV d. S. (Come sopra).
1400, gennaio 26, 27; febbraio i, ....; — FF. XI e XV d. S. e F. VII
a, S. (Come sopra).
1400, febbraio 24, 27; marzo 9 — F. I a. D. (Come sopra).
504 ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA
1400, maggio i3 — F. XV d. S. t; F. VII a. S. (Come sopra).
1401, gennaio 3o; febbraio 4; marzo 4; aprile 4; luglio i5 — F. XV
d. S. e F. VII a. S. (Come sopra).
1401, aprile 23; maggio i3 — F. 1 a. D. (Come sopra).
1401, novembre 12 — F. XIV d. S. e F. VII a. S. (Come sopra).
1402, aprile 11,20; giugno 22; luglio i3 — F. XV d. S. e F. VII a. S.
(Come sopra).
1402, luglio 3i ; ottobre — F. Vili a. S. (Come sopra).
1402, ottobre 16 — F. VII a. S. (Come sopra).
* *
In tal modo i 14 giorni di lavoro durati nell'Archivio di Firenze,
dal 14 al 3o di settembre, fruttarono la raccolta di 5io regesti all' in-
circa; ma l'esplorazione di quel grandioso deposito non può dirsi
neanche condotta a mezzo. Restano da compiere gli spogli degli Atti
pubblici, delle Legazioni e del Carteggio, appena iniziati, e occorre
pure intraprendere l'esame delle Provvisioni, che la tavola sopra ac-
cennata riferisce con queste distinzioni:
I. Registri 1284-
II. Protocolli 1281.
III. Duplicati i3i8.
IV. Frammenti .... 1289-1312.
Le provvisioni; che comprendono le deliberazioni del Consiglio
dei Cento e di quelli del Podestà, del Capitano, del Popolo e del
Comune; non vanno, fortunatamente, prive d'un accurato schedario
a foggia di regesto, che faciliterà di non poco lo spoglio della nuova
serie; la quale esaurirà le ricerche possibili nell'Archivio fiorentino,
a meno che non si creda necessario di scorrere anche le molte filze
di documenti; un centinaio circa; che costituiscono 1' "Archivio Me-
diceo avanti il Principato „.
ARCHIVIO COMUNALE DI PISTOIA.
A Pistoia mi ritrovai il 2 di ottobre; e, in grazia dei cortesi aiuti
prestatimi dall' avv. Luigi Chiappelli, valente ricercatore delle me-
morie Pistoiesi, e dal prof. Alfredo Chiti, preposto a quell'Archivio
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA
5o5
Comunale, mi fu consentito di compiere l'esame del nuovo deposito
nel termine di tre giorni ; quanti, cioè, bastavano allo, spoglio della
serie delle Riformagioni e della poverissima raccolta del Carteggio
che sole potevano offrire qualche speranza di* buon risultato. .
Trentadue furono i volumi delle Riformagioni che ritenni pru-
dente di esaminare, ma quei grossi registri pergamenacei, dalle pode-
rose rilegature in asse, corrisposero in misura assai scarsa alla mia
aspettativa, così che a mala pena i risultati possono sommarsi a 12
regesti d'importanza assai discutibile. Gioverà, ad ogni modo, rife-
rirne qui l'elenco, ritornando a segnare con un asterisco quei volumi
che diedero materia al Regesto Visconteo:
Volume IV, — Anno 1821 — Numerazioni diverse.
Volume V. — „ i33o — Fol. 1-67; 3-6o.
Volume V bis. — i33o-i338 — Fol. 1-79; i-i3.
Volume VI. — Anni i33i e 1862 — Fol. 26, cui seguono gli Sta-
tuti della Corporazione Beati Jacobi Apostoli.
* Volume VII. — "Questo libro contiene vari ordini. Leggi e
" Provvisioni fatte da' fiorentini sopra la città di Pistoia in
" vigore dell'autorità e balìa datali dai Pistoiesi e contiene
" ancora vari statuti, riforme, provvisioni ed altro fatto dai
" medesimi Pistoiesi e tutte queste Leggi e Statuti et altro
" come sono, appariscono fatte di più tempi che pare co-
" mincino del i33i fino al 1378 salvo, ecc. „ Così il titolo del
volume che è membranaceo, in foglio, legato in asse e nu-
merato variamente: 1-16; 1-4; 23 fogli non numerati; 1-12; 6
fogli non num.; 86-96; 7 fogli non numerati; 72-75;. 68-71;
66-67; 80-81; 23 fogli non numerati.
'^ Volume Vili. — "Riforme del Generale Consiglio del Popolo
" dell'anno i332 „. Volume pergamenaceo, in foglio, legato
in asse, numerato dall' i al iii e poscia dall' i al 9 e ancora
dal 5 al 79. Le tre numerazioni sono precedute ciascuna da
una rubrica.
Volume IX. — Anno i33i — Fogli 90.
* Volume X. — "Riforme ed altre varie scritture dall'anno 1396
" al i338 „. Registro membranaceo, in foglio, legato in asse
con le numerazioni 1-88; 1-88; 1-74; 1-77; i-36.
Volume XL — i339-i342 — Fogli 1-67; i-53; 1-41; i-36; 1-6.
5o6 ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA
Volume JCJI. — 1843- 1844 — P'ogli 1-96; 1-46.
Volume XIII — 1344-1345 — Fogli 1-81; 1-8.
Volume XIX. — 1845-1848 — Fogli 1-60; i-63; 1-48; 1-21.
Volume XX. — i348-i358 — Fogli i-5i ; 1-18; i-58; 1-41.
Volume XXI. — i853-i356 — Fogli i.5o; 1-81; 1-16.
Volume XXIII. — "ìlilorme ed altre Provisioni del Consiglio
" del Popolo deiranno 1881 e successivi. Lettere del Duca
" d'Atene e atti del di lui governo in Pistoia „. Fogli 1-42; 1-16.
Volume XXIV. — 1873-1874 — Fogli i-56; 1-20.
* Volume XXV. — " Riforme ed altre Provisioni delli anni 1875
e 1876,,. Registro simile ai precedenti, di fogli numerati 76
preceduti da rubrica.
Volume XX VI. — 1876-1877 — Fogli 1-207; 1-16.
Volume XXVII. — 1878-1883 — Fogli 842.
Volume XXVIII. — i358-i866 — Fogli 1-92; 1-90; 25-41.
* Volume XXIX. — " Riforme ed altre Provisioni delli anni 1867
e i368 „. Registro simile ai precedenti, di varia numerazione
(io fogli non numerati; 1-61; 68-70; i52; i55.
* Volume XXX. — "Riforme ed altre Provisioni dell'anno i368
al 1871 „. Registro simile ai precedenti, di fogli numerati
1J4. Mancano le carte 112-118.
Volume XXXI. — 1866-1867 — Fogli 80. Manca la carta 2.^
Volume XXXIV. — i385-i389 — Fogli 1-40; 1-82; 2; 85; 46-55;
4; i-ii; 8; 8.
Volume XXXV — i888-i885 — Fogli 86.
Volume XXX VI. — 1887-1889 — Fogli 72.
* Volume XXXVII. — " Libro contenente ordinamenti e delibe-
razioni delli anni 1890 e 1891 „. Registro simile ai prece-
denti, con due numerazioni: 1-18; 1-144.
Volume XXXVIII. — 1892-1894 — Fogli 1-144; 118-122; 148;
191-206.
. Volume XXXIX. — 1897-1899 — Fogli 175.
Volume XL. — i255-i382 — Numerazioni diverse.
Volume XLI. — 1896-1400 — Fogli 49.
Volume XLIIL — 1401-1405 — Fogli 258.
Le schede pistoiesi 6.^ e 7.^, aggiunte alle 12 delle Provisioni, rap-
presentano i risultati ottenuti dalF esame del Carteggio. La prima
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA DO7
lettera, presumibilmente del i35o, venne tratta da una cartella segnata
" Spedale del Prato del Vescovo „ e accenna alla " grande guerra
che la r arcivescovo di Milano,, intorno a Bologna; la seconda, da
assegnarsi certamente al 1864, mi venne fornita, in copia, dall' avv.
Luigi Chiappelli, né mi fu possibile rintracciarne V originale esistente
neir Archivio Comunale, al riordinamento del quale attende ora, con
lodevole solerzia, il prof. Chiti. Anche questa lettera, di Filippo di
messer Marco da Volterra a Ser Piero di ser Jacopo di messer Vanni
in Pistoia, è, come la prima, di carattere privato, ma, fra V altre no-
tizie, dà anche quella della venuta in Milano del " Cardinale di
" Crungni.... a levare lonterdicto e ricomunichare messer Barnabo e
" suoi e dee riavere per la chiesa Lucho e Taltre terre chello singnore
" di melano tiene di quelle di bolongna, e accio manda atorno la po-
" sessione uno suo nepote, e dee avere messer Barnabo dalla chiesa
" in X anni V cento migliaia di fiorini. „ Nulla, adunque, di notevole
anche in codesta serie.
L' Archivio Comunale di Pistoia pose termine alla mia peregri-
nazione; e qui ha pur fine la mia non breve relazione, cresciuta ne-
cessariamente di mole in confronto di quella dello scorso anno, e per
il maggior numero degli Archivi esplorati, e per la quantità più
rilevante della materia ch'essa riflette.
Ho ferma certezza, per quanto riguarda l'operosità e la diligenza
usata nelle ricerche, di non essere in nulla venuto meno alla fiducia
riconfermatami da codesta Onorevole Commissione, alla quale, insieme
con la relazione, presento la raccolta delle schede, sempre disposto
a fornire quegli altri schiarimenti e quelle maggiori spiegazioni che
si rendessero necessarie.
A me non rimane ora che di porgere vivi ringraziamenti e di
protestare la massima riconoscenza per l' incarico affidatomi che, in-
sieme con la soddisfazione di collaborare ad un' opera di tanto inte-
resse, qual' è il Regesto Diplomatico Visconteo, mi offrì 1' opportunità
di compiere un viaggio altamente istruttivo e di accrescere senza
paragone il piccolo patrimonio delle mie cognizioni storiche.
Monjsa, gennaio ipoo.
Il Socio
Giuseppe Riva.
Al II 1)1 II A SOC.IITV SrOKICV I.OMIiARDA
ALLEGATO IV
L
I documenti viscontei (1 272^-140 2)
nell'Archivio Municipale di Milano
Onor, Commiss, per il Repertorio Diplom. Visconteo.
Credo mio dovere il dare qualche notizia intorno ai limiti ed ai
risultamenti delle ricerche da me compiute, per incarico di cotesta Ono-
revole Commissione, nell'Archivio Municipale della nostra città.
I documenti viscontei da questo posseduti si contengono, da po-
chissimi in fuori, nei Registri delle Lettere Ducali, delle Provvisioni
e delle Sentenze del Podestà. L' incarico di esplorare queste ultime
fu assunto dal chiarissimo dott. Calligaris; gli altri fondi, da me spo-
gliati, diedero una messe di più che trecento carte. La prima, desunta,
al pari d' altre non poche, da documenti posteriori, risale al 2 settem-
bre 1334: l'ultima, fra quelle antecedenti alla morte del primo duca,
porta, per errore o per voluto inganno, la data del domani di questa,
ossia del 4 settembre 1402, pur essendo, come appare dal contesto
medesimo, una lettera di Gian Galeazzo.
Lettere Ducali (i).
Un primo registro di Lettere Ducali (1389-1396) andò da tempo
perduto. Di esso però si conserva nell'Archivio Civico un indice com-
pilato sul finire del secolo scorso dall'archivista Lualdi da Piacenza;
ed ivi si ha brevemente riassunta la materia dei singoli documenti.
(i) Le indichiamo nelle schede mediante le sigle L. D.
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA SOQ
Tre fra questi, tutti dell' anno 1889, si trovano anche copiati, due • per
intiero, l' altro parzialmente, in un Repertorio Cronologico esistente
neir Archivio medesimo ; cosicché ci fu possibile tenerne calcolo nello
spoglio (i). Più altri, dati da diverse fonti, furono già editi in opere a
stampa, e massimamente nel Ducato di Milano del Formentini (2) ; pa-
rimenti si potranno di non pochi rinvenire altrove gli originali o altre
copie. Del rimanente, il dottor Ettore Verga, direttore dell'Archivio
Municipale, con gentilezza squisita ci ha dichiarato, che sarebbe pronto
a trascrivere sulle apposite schede i sommari del Lualdi, qualora ne
fosse richiesto da cotesta Onorevole Commissione
Il massimo numero dei documenti riassunti nelle nostre schede,
(atti di nomina di pubblici ufficiali, imposizioni di taglie, esenzioni da
imposte, privilegi di varia natura, ordini di festeggiamenti per vittorie
o per annessioni di nuove terre allo stato, ecc.), fu dato dai due Re-
gistri di Lettere Ducali degli anni 1895-1409, 1401-1403. Le copie con-
tenute ad un tempo in entrambi questi codici sono ben poche, diver.
samente da ciò che V intitolazione cronologica indurrebbe ad aspettare.
Nell'uno e nell'altro si ritrovano, frammisti alle lettere del Si-
gnore o cel Duca, alcuni atti di altre autorità; generalmente del Vi-
cario e dei Dodici presiedenti al Tribunale delle Provvisioni. Sono in
questo numero, ad esempio, varie gride, colle quali s' interdice 1' am-
ministrazione dei beni ad alcuni giocatori biscatie et taxilorum (3), e
molte concessioni d'immunità da imposte, per un periodo di venti-
cinque anni, per cascine nuovamente edificate (4). Di tali decreti, non
emananti dalla Cancelleria Ducale, non ci siamo naturalmente occupati.
Tre carte ci furono fornite da registri posteriori; una, del 19 ago-
sto 1864, dal codice L. D., 1410-18 ; due, del 24 giugno e del 7 novem-
bre dell' anno 1401, da L. D., 1462-72.
(i) La fonte è indicata coll'abbreviazione Chron. — {ExL.D, 1J89-96).
(2) Questi li trasse probabilmente da certo suo codice, ora posse-
duto dalla Società Storica Lombarda; ed appunto ci proponiamo d'esa-
minarlo.
(8) Vedasi ad es. una grida del 7 maggio 1894 in L. D., 1895-1409,
fol. 108.
(4) Un esempio si può vedere in L. D., 1895-1409, fol. 2 (carta del
giorno 8 giugno 1895); cfr. Statuti di Milano, (ed. Carpano; Milano,
1588-85), voi. II, p. 79.
5 IO ATTI DELLA SOCIE lÀ STORICA LOMBARDA
Registri DELLE Provvisioni (i).
Nel primo registro di questa serie (R. P., i385-88) si legge a carte
34 la copia d' un atto del 9 ottobre i352 (2). Esso fu ivi trascritto il
24 marzo i386 a petizione di privati, atteso massimamente (come è
4ctto in una nota, che segue alla sottoscrizione del notaio), " quod
tallis provtxio non r eperir et ur in aliquo libro existenti de presenti propter
combustionem scripturarum que erant ad offiiium provixionum se combust....
de anno proxime preterito „. L'UfiScio delle Provvisioni ed i documenti
in esso conservati erano dunque stati preda del fuoco nel i385. Così
si spiega come solo da questa data abbia principio la serie dei regi-
stri oggi esistenti nelFArchivio Municipale della nostra città. E poi-
ché, sventuratamente, la filza presenta una lacuna frali 3398 ed il 1406,
così le nostre ricerche si dovettero limitare ai due soli registri degli
anni i335-88, 1889-97.
Per buona ventura, tuttavia, Y esame di questi codici non fu in-
fruttuoso. Pur lasciando da parte, per non vagare inutilmente fuori
dei prefissi confini, le Provvisioni che non avevano diretto rapporto
con atti della Cancelleria Viscontea, ebbi a raccogliere non isprege-
vole numero di documenti; per massima parte lettere del Signore o
del Duca, talora isolate, più spesso inserite in decreti del Vicario e
dei Dodici (3). Tali carte contengono generalmente concessioni di
cittadinanza, ordini per oblazioni a diverse chiese, sospensioni di
cause, ecc.
Altre Fonti.
Alcuni documenti infine furono trovati in altri fondi dell' Archi-
vio ; uno cioè (del 1872) si rinvenne riassunto in una nota manoscritta
sotto Località — Maggiore {Lago); altri cinque, trascritti in un codice,
(i) Nelle schede R. P.
(2) Cfr. Osio, Docum. Diplom. Milano, 1864, voi. I, p. ii5, doc. LXI
(da altra copia autentica).
(3) Ho indicata la fonte di questi documenti ora colle parole; Hae
litterae transcripiae reperiuntur in Decreto, etc, ora più brevemente così :
In Decreto Officii Provisionis diei, etc; oppure: In Provisione dici, etc.
Naturalmente, segue poi sempre l'indicazione del foglio e del registro.
ATTI DELLA SOCIETÀ. STORICA LOMBARDA 5ll
(cartaceo, come tutti i sin qui accennati), che riguarda gli inizi della
fabbrica del Duomo. Un rozzo disegno di chiesa vedesi sulla coperta;
sul verso di questa si legge come titolo Liber Ecclesie Maioris Medio-
lani silicei beate Virginis Marie, e più in alto, in caratteri più recenti,
ab anno ijSj nsque 1400 (i). Questo breve registro ci fornì un decreto
visconteo del i5 ottobre 1887: un atto del 26 marzo 1400, ove è ricor-
dato il cavaliere {miles) Antonio de Vicecomitibus , e tre carte infine,
del i5 dicembre 1897, del i gennaio 1898, del io maggio 1899, che si
riferiscono ad un Luchino Visconti, tesoriere della fabbrica per l'Os-
sola e sovraintendente agli scavi della Gandolia.
Nel redigere queste schede fu mia cura attenermi alle norme ge-
nerali stabilite da cotesta Onorevole Commissione. Ogni qualvolta mi
fu dato di trovar edito in questa o in quell'opera a stampa 1' uno o
l'altro dei documenti da me veduti, non lasciai d'aggiungere questa
alle altre indicazioni.
Debbo infine ricordare, con vivo senso di gratitudine, il solerte
direttore dell'Archivio Municipale di Milano, dott. Ettore Verga, che
in più modi mi rese agevole il lavoro, e largamente mi giovò colla
sua assisteoiza.
Ed ora, voglia cotesta esimia Commissione giudicare benignamente
l'opera mia. Non me ne dissimulo le imperfezioni; ma sono pur con-
scio d'essermi adoperato per quanto era in me, acciocché non appa-
rissi indegno della fiducia in me posta.
Milano, maggio i8gg,
Giovanni Seregnl
(i) A questo codice rimando nelle schede colle sigle L. E. M.
5l2 ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA
I documenti viscontei del ms. Formentini.
Onor. Commiss, per il Repertorio Diplomatico Visconteo.
Gli ottantasette documenti, di cui qui unisco il riassunto, si ritro-
vano in due volumi manoscritti, appartenenti già al compianto ragio-
niere Formentini, ed ora alla Società Storica Lombarda (i). Ivi essi
furono tutti copiati da un codice di lettere di Gian Galeazzo Visconti
alle autorità municipali di Milano degli anni 1389-1896; codice che,
come abbiamo avvertito nella Relazione sui Documenti Viscontei del-
TArchivio Civico Milanese, andò perduto.
Già un' altra volta questo avventuroso copiano erasi smarrito.
Volle la buona fortuna, che nel 1726 lo ritrovasse in casa sua, nescius
quo fato, vino dei sessanta decurioni di Milano, Don Guido Brivio, da
cui lo ottenne Don Costanzo Maria D'Adda, decurione egli pure e
Tribuno della milizia urbana di Porta Ticinese. Questi dispose, affin-
chè il codice fosse conservato insieme cogli altri monumenti della
storia cittadina; ed estrattene alcune carte, che più gli sembravan
notevoli {aliqua notabiliorà), le copiò nel secondo dei volumi ora pos-
seduti dalla nostra Società. Così è narrato in una prefazione a questo
appunto premessa.
Segue a tal proemio V indice dei documenti trascritti nel libro ;
di poi si hanno le lettere stesse, ordinate, salvo poche eccezioni, cro-
nologicamente; infine due indici compilati dal D'Adda; l'uno, invero
assai succinto, di tutti i documenti, che si contenevano nel codice rin-
venuto, l'altro, molto copioso e pregevole, dei nomi è delle cose, di
cui in essi documenti era fatta menzione. In entrambi questi indici
tuttavia il D'Adda non rimanda alle pagine del manoscritto originale,
(i) Li indichiamo nelle schede colle sigle S. S. L. I. ; S. S. L. II.
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA 5l3
ma a quelle d'una copia, che Don Guido Brivio ne aveva tratto, e che
il Conte Gabriele Verri, reggitore della città, gli aveva concesso di
conservare. E chi sa se tale esemplare non si trovi ancora presso qual-
che signorile famiglia della nostra città?
Quanto all' originale, esso si perdette verosimilmente, per la se-
conda volta, sul finire del secolo scorso o sul cominciare del nostro ;
perocché di quegli anni T archivista Lualdi ne compilò, con qualche
maggior larghezza che il D'Adda, l' indice dei documenti, che ancora
si può vedere nell'Archivio Municipale (i).
Già prima di quel tempo, secondo ogni probabilità, erano state
trascritte da tale volume nel primo dei codici della Società nostra cin-
que carte; quelle cioè del 3 aprile e del 21 giugno 1889, del 4 agosto
1892, del 23 dicembre 1894, del 21 luglio 1895 (2) (schede 4.% 8.% 47.%
62.^, 76.^). In calce a ciascuna di queste copie è indicato il foglio del
registro originale. Ed è a notarsi che, ad eccezione della prima, esse
si leggono pure nell' altro dei nostri due libri manoscritti.
Sono pertanto ben lieto di poter consegnare a cotesta Onorevole
Commissione un'altra breve serie di schede, quasi a complemento di
quelle date dall' esplorazione del nostro Civico Archivio. Alcuni fra i
documenti qui riassunti furono già pubblicati (e lo indichiamo) dal
Formentini e da altri; i più ci sembrano inediti.
Ci è grata l'opportunità, che ne è porta, di attestare nuovamente
ai singoli membri di cotesta esimia Commissione la nostra massima
stima.
Milano, ij; luglio iSpp.
Giovanni Seregni.
(i) Vedi la nostra Relazione sui Documenti Viscontei di tale Ar-
chivio.
(2) Nella copia in S. S. L. I si legge la data 21 luglio i885; leg-
gesi invece 1895 nelle altre copie in S. S. L. II e nel volume di Let-
tere Ducali degli anni 1410-1418 (Archivio Municipale). Che la seconda
lezione sia la vera, è evidente. In tale anno infatti si dovette prestare
il giuramento al nuovo Duca, secondo ciò che nel documento si dice.
5 14 ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA
III.
I documenti viscontei dal 1272 al 1402
negli Archivi di Vicenza e di Venezia.
Relazione del socio d.' GIOVANNI SEREGNI
Onor, Commiss, per il Regesto Diplomatico Visconteo,
Negli scorsi mesi di luglio e dì agosto, per lo spazio di circa qua-
ranta giorni, attesi, secondo V incarico di cui cotesta esimia Commis-
sione volle anche quest'anno onorarmi, ad esplorare gli archivi di Vi-
cenza e di Venezia, ed a riassumere i documenti viscontei, che in essi
si conservano. Sarei stato lietissimo, se avessi potuto, come bramavo,
recarmi per simile scopo anche a Verona; pur troppo non mi bastò il
tempo. Le giornate e V opera, che dovetti spendere nelle altre due
città, non furono tuttavia senza buon frutto. Le scritture da me ve-
dute nei vari archivi vicentini ed in quello dei Frari a Venezia (due-
cento circa le prime, più di centoquaranta le seconde), rappresentano,
per quel eh' io posso affermare, quanto era ivi a trovarsi che facesse
per noi. E mentre sono ora lieto di presentarne il compiuto reper-
torio, stimo opportuno illustrar questo con brevi note e rendere ra-
gione ad un tempo dell'ordine e dei criteri da me seguiti nella ricerca.
ARCHIVI DI VICENZA.
" Neil' antico Archivio Comunale di Vicenza si conserva un grosso
volume in pergamena, contenente esso solo alcune centinaia di lettere
(in copia) indirizzate dal Visconti ai podestà di Vicenza, e tutte in
materia di governo della città. Altri documenti poi si leggono sparsi
qua e là nell' istesso archivio e in quelli delle soppresse corporazioni
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA 5 lS
religiose „. Così scriveva alla Società Storica Lombarda addì 24 feb-»
braio 1898 il chiarissimo signore cav. Don Domenico Bortolan, diret-
tore della Biblioteca della città di Vicenza, cui l'Archivio Comunale
è congiunto.
Appena giunto a Vicenza, intrapresi pertanto lo spoglio del co-
dice, cui tale lettera alludeva (Libro H). Mi volsi poscia ad esaminare
le altre fonti dell' Archivio Comunale e della Biblioteca, nonché le
carte dei monasteri soppressi. Infine, seguendo le. indicazioni forni-
temi con somma cortesia dal cav. Bortolan, esplorai gli altri archivi
pubblici e privati della città, così che non rimanesse necessità alcuna
di nuove ricerche a Vicenza. Parlerò adunque de' miei lavori nell'or^
dine medesimo che in essi ebbi a seguire.
A. — Archivio Comunale.
I. Il Libro H.
Questo codice membranaceo, segnato ora colla lettera H e col nu-
mero 777 dell'inventario (i), era detto una volta Libro N od Albo
Vecchio. Francesco Fortunato Vigna, nel suo Zibaldone, usa sempre
r una o l'altra di queste due denominazioni.
Sono in esso trascritte le lettere dirette al Podestà di Vicenza dai
vari signori, cui la città fu soggetta, dal 1877 ^1 1426. I primi quaran-
tatre fogli sono occupati per la massima parte da lettere degli Scali-
geri ; tuttavia a carte i, i5 v.°, 84, si leggono tre documenti dell' età
viscontea, dei quali il secondo è però posteriore alla morte di Gian
Galeazzo. Dal foglio 44 ha principio una serie di missive e decreti del
Conte di Virtù, la quale continua, poco ordinata, ma non interrotta, sino
a carte 92. Nei fogli 92-115 si hanno lettere del doge Michele Steno
ed altre scritture dell'età sua, astrazion fatta da un decreto mutilo
del Signore di Milano a fol. no v.° (scheda 4). A carte 116 si ritro-
vano di bel nuovo documenti viscontei, e questi continuano (salvo
un' ultima interruzione ai fogli 118-120, occupati da diversi statuti),
sino a carte i33 ; senonchè deve notarsi che le lettere trascritte negli
ultimi tre fogli, portando i nomi della Duchessa reggente e de' suoi
(i) Nelle schede 1' ho citato con ambo le indicazioni: H 777.
Arch. Stor. Lomb. — Anno XXVII. — Fase, XXVI, 34
5l6 ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA
tìgli (anni 1402-1404), escono già dai confini, entro i quali ci siamo
prefissi di rimanere. Dal foglio 184 sino alla fine del volume non si
hanno più che epistole dei dogi Michele Steno, Tomaso Mocenigo e
Francesco Foscari, e diversi atti della medesima età.
I documenti viscontei contenuti in questo registro, ove non si com-
putino le lettere posteriori alla morte di Gian Galeazzo, si riducono
a centotrentacinque ; un numero alquanto minore di quello che ci si
ora lasciato sperare. In tale somma sono compresi una cinquantina di
provvedimenti e statuti composti dal principe per tutte le città sog-
gette al suo dominio, e già pubblicati per gran parte negli Antiqua
Ducum Mediolani Decreta (i).
Nel codice vicentino il decreto è sovente inserito od allegato ad
una lettera accompagnatoria diretta dal Signore o dal Duca (2) al Po-
destà di Vicenza; ed ha generalmente la stessa data della missiva od
una data di poco anteriore. Taluni appaiono privi di note croniche ;
ed a quelli fra essi, che trovai editi negli A. D. D., credetti opportuno
assegnare, scrivendola fra parentesi, la data sotto cui erano stati spe-
diti al Podestà di Milano. Così feci nelle prime quattro schede ed in
quelle segnate coi n. iii-ii3, 179-181. Parimenti si vedrà chiusa fra pa-
rentesi la data del doc. 26, indotta per analogia da quella della let-
tera affatto simile, che ad esso precede (doc. 25).
II decreto 3o settembre 1892 (scheda 81) porta negli A. D. D. la
data 3o settembre 1897 ; ma si tratta evidentemente d' un errore. In
primo luogo infatti Gian Galeazzo vi si chiama Dominus Mediolani an-
ziché Dux : ed in tale lezione convengono così il codice vicentino
come il volume anzidetto. Secondariamente la lettera accompagnatoria
al Podestà di Vicenza è del i aprile 1893 (vedi scheda 92), cosicché il
dubbio non è possibile.
Il decreto non datato concernente T estradizione dei banditi e mal-
fattori dei domini veneti, che abbiamo riassunto nella scheda 82, è
allegato a lettera del 17 luglio 1889, e forse é del 14 dello stesso mese»
Sotto tal data infatti un simile decreto si legge nei Libri Commemo-
riali della Repubblica Veneta (scheda 112 fra le veneziane).
Noteremo infine, che uno fra i documenti del codice H (scheda 46),
piuttosto breve, ma abbastanza importante, fu da noi copiato per in-
tiero anziché compendiato.
(1) Quest' opera (Milano, 1654) è da me citata colle sigle A. D. D.
(2) In un solo caso (scheda i38) da' suoi ufficiali.
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA 5l7
2. Altri fondi della Biblioteca Bertoliana
E dell'Archivio di Torre.
Gli altri fondi della Biblioteca Bertoliana e dell* Archivio di Torre
si possono agevolmente distribuire in tre classi:
a) manoscritti di età recente ;
b) codici della Libreria Gonzati ;
e) archivio di Torre.
a) Manoscritti di età recente. — In questa prima categoria
comprendiamo il noto Zibaldone del Vigna, composto di tredici libri
manoscritti, la Miscellanea del Macca, in altrettanti tomi, ed il Codice
Diplomatico Vicentino del medesimo, in due volumi.
In queste tre collezioni, da me consultate per suggerimento del-
l'egregio cav. Bortolan, trovai utili indicazioni per le ricerche poste-
riori, nonché le copie di alcuni documenti estranei all' archivio.
Nel XIII tomo dello Zibaldone del Vigna rinvenni un' investitura
feudale fatta il 4 aprile 1891 dal marchese Malaspina e dal Capitano
di Vicenza, quali rappresentanti del Visconti, a favore di Pietro Birlo
(scheda 53). L'autentico esisteva presso il nobile Pietro Palazzi; così
il Vigna asserisce. Un'altra copia ne vidi poscia nel privato archivio
dei conti Porto-Godi-Piovene.
Il I volume del Codice Diplomatico Vicentino mi offrì , trascritto ,.
un diploma visconteo del 6 maggio 1892 a favore di Lonigo (scheda 70),
che il Macca scrive d'aver rinvenuto nell' archivio di casa Pagelli a
S. Francesco di Vicenza. Tale collezione non si ritrova più nella città,,
e non è facile sapere se sia andata dispersa o sia stata trasportata
altrove.
Taccio di non pochi altri documenti, di cui i codici dell'Archivio
di Torre o le carte delle Congregazioni Religiose mi fornirono in se-
guito o gli originali o copie più dirette.
b) Codici della Libreria Gonzati. — I manoscritti del Vigna e
del Macca di cui ho testé fatto parola, sono ora posti nella Libreria
Gonzati, sebbene questa collocazione non appaia ancora segnata sulla
coperta. Questa libreria comprende, oltre a non pochi volumi a stampa,
parecchi codici antichi; tre dei quali mi offrirono qualche buon do-
cumento. Sono essi :
5l8 ATTI DELLA SOCIKT A. STORICA LOMBARDA.
i,o _ \\ codice 22. 8. 5 (già 769 dell'Inventario); Statuta Vin-
ccnlic MCCCXXVl. Oltre agli statuti si leggono però a carte i83 e
seguenti lettere di dogi veneti e d'altri principi; Ira queste quattro
di Gian Galeazzo Visconti (doc. 6, 48, 46, 56) ;
2° — il codice 26. 5. 14: De B. Ioanne Se ledo Vicentino Disci-
pulo S. Dominici sacrae Miscelanae ad ipsius mirabilem vitam conscriben-
dam accommodatae (Le pagine non son numerate). Contiene fra altro
le copie di due diplomi di Gian Galeazzo a favore del cavaliere Gior-
gio Cavalli; Conte di Sant' Orso (schede 146 e 149). Li ritrovai del re-
sto trascritti anche altrove, vale a dire nelle collezioni del Vigna e
del Macca ed in un codice dell' archivio Capra;
3.0 — il codice i8. 9. I : Illusirium et nobiliion de Thienis privi-
legiorwn collecta ab autenticis assumpta per me fratrem Io. Baptistam
Vicent. Ordinis Eremitarum sancii Agostini (sic) Anno MDLXXX mense
Decemb. Ne trassi i numeri 72, 82, 144 del mio spoglio.
Fra gli altri manoscritti di questa serie mi sembrò pure merite-
vole d' una scorsa quello segnato "Libreria Gonzati , 22. 8. 8„ (già
Libro E, 776 dell' Inventario). Ma la mia speranza fu delusa. La prima
parte del codice contiene infatti statuti anteriori al dominio visconteo,
la seconda leggi, ordini e decreti del periodo della veneta dominazione.
I rimanenti codici della libreria non hanno rapporto colle ricerche
nostre. Quanto ai volumi a stampa, mi convenne, per certa occasione,
vederne due, aventi per titolo il primo : Privilegia ac lura Bassani
(Venetiis, MDCL, Ex typographia Ducali Pinelliana, Libreria Gonzati
4. 6. 26) ; il secondo : Statuta Bassanensia.... (Impressum Vincenti e per
magistrum Henricum de Sancto Urso i5o6, Libreria Gonzati, 4. 7. 2).
E poiché entrambi mi parvero piuttosto rari, stimai opportuno pren-
dere nota dei pochi diplomi viscontei, che in essi si leggono (schede
44, 45, 69, 80, 83).
e) Archivio di Torre. — L' Archivio di Torre è propriamente
l'archivio storico della città. Le pergamene d'antica data ch'esso pos-
siede sono ben poche ; poiché, com' é noto, durante la guerra della
lega di Cambra}'', le vecchie raccolte cittadine andarono distrutte dal
fuoco. Di qualche compenso al danno sono diverse centinaia di co-
piari e di registri ; uno dei quali é il medesimo Libro H, da noi più
sopra descritto.
Tutti i documenti dell'Archivio si trovano ricordati e largamente
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA 5iq
riassunti in un accuratissimo Catastico in ventisette grossi volumi.
Questo indice, da me esaminato colla massima diligenza, mi diede
modo di ritrovare non poche copie di lettere già vedute ed una quin-
dicina di nuovi diplomi sparsi in quel mare magno.
Ed ecco 1' elenco dei libri, ove trovai questi documenti :
i.° — Libro ig, Bergamena (48 dell'Inventario): è una collezione
di pergamene, tre delle quali, ivi segnate coi numeri 80, 81, 84, ema-
nano dai rappresentanti del Signore di Milano nella città di Vicenza,
e concernono in modo più o meno diretto le cose viscontee (schede
66, 68, 87) : r ultima notevole anche sotto T aspetto corografico, è pure
trascritta in
2.° — Albo Secondo, grosso codice cartaceo, che del rimanente
non contiene se non copie di scritture del periodo veneto, ed in ispe-
cie dei secoli XVII-XVIII ;
3.° — Libro I (già M, colla qual lettera è indicato nello Zibal-
done del Vigna); in questo volume membranaceo, segnato ad inven-
tario col numero 778, non si legge che una sola lettera del Visconti
(in copia) del giorno i3 luglio 1890 (scheda 47) ;
4.° — Libro O, San Giuliano e San Vincenzo; è formato da più
codici membranacei insieme legati : un medesimo documento si ritrova
sovente copiato in vari di questi fascicoli. Di qui abbiamo ricavato i
numeri 42, 49, 5o, 5i, 64 del nostro regesto ;
5.°-23.° — Infine molti altri libri cartacei, costituiti per la mas-
sima parte da più quaderni od incartamenti ciascuno. I loro numeri
d' inventario sono :
33, 218, [Marostica, Libro 18°),
36, 225, {Gambellara, Libro <5.°),
106, 281, [Esenzioni],
III, [Nodari, t-I<, Libro /), 899, [Libro <5.° ir^) ;
ii5, II [Fiera, Libro j.°), a cui debbonsi aggiungere i co-
i85, [Territorio, Libro 22.^), dici, che portano le indicazioni:
189, [Montagne, Libro i.% Callo 24,
192, [Montagne y Libro 4°), Callo jj [Rasoniero],
ig3, [Montagne, Libro j°), Callo jp,
200, [Montagne, Libro 12°), Callo O [Rasoniero),
D20
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA
Nel Libro iii (Nodari, Kp, Libro 1), leggemmo copia di una lettera
di Gian Galeazzo, che già avevamo veduta trascritta nel codice " Li-
breria Gonzati, 22, 8, 5 „. Ambo le copie sventuratamente sono incom-
plete ; ma la prima contiene un capitolo che nell'altra è omesso. (Vedi
scheda 6).
I diplomi riassunti nelle schede 18, 28, 98, 169 (dai Libri 192 e 218)
sono a favore degli abitanti dei Sette Comuni, detti nel secondo •' Teu-
tonici „.
Del giorno 7 dicembre 1894 il Libro i85 riporta la vendita d' una
mariganza compiuta da un procuratore del Visconti (scheda 128).
Un ultimo documento, una sentenza pronunciata da Giovan Ga-
leazzo Conte di Virtù e Duca di Milano (scheda 197), porta la data
80 novembre 1402, Indizione X, martedì {die martis) : data assurda, sia
perchè il Duca era morto sin dai primi di settembre, sia perchè, come
è facile riconoscere con breve calcolo, il 3o novembre 1402 dovette
cadere in giovedì anziché in martedì. Che sia errato l'anno non mi
sembra probabile, poiché T indizione corrisponde: ^^°^^'^ \ dà infatti
per resto io. Inclinerei piuttosto a credere che a Novembris si debba
sostituire Mail ; perocché il giorno 80 del maggio 1402, e di tal mese
solamente in quell'anno, era per l'appunto un martedì. Del resto la
copia, che sola abbiam potuta vedere di tal documento (nel Libro 899),
è piuttosto recente e tutt' altro che felice. Il nome del podestà di Vi-
cenza nel 1898, Brocardo Picenardi da Cremona, vi appare scritto così :
" Brocardum de Pizzamellis „.
8. Corporazioni Religiose.
Fra gli archivi dei soppressi monasteri, che in una col Comunale,
si conservano nella Biblioteca della città di Vicenza, ebbi ad esplo-
rare, come contenenti carte anteriori al 1402, quelli di otto congre-
gazioni: SS. Felice e Fortunato, Santa Corona, S. Domenico, Ogni
Santi, S. Tomaso, S. Silvestro, S. Lorenzo, S. Pietro.
Queste raccolte di documenti sono, a dir vero, tutt' altro che or-
dinate; ma per buona ventura esistono di esse tutte diligenti Cata-
stici. Grazie a questi, a non so qual sorte benigna, e più alla valentia
dell' esperto cav. Bortolan, potei ritrovare, nonostante il disordine,
dodici documenti compresi nelle prime quattro fra le mentovate col-
lezioni. Tre di essi sono propriamente lettere viscontee, 1' una del 9
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA 521
febbraio 1892 (scheda 65) a favore del monastero di Santa Corona (i) ;
le due rimanenti, del 3 febbraio 1893 e del 24 luglio 1402 (88 e 196) a
vantaggio delle Congregazioni di San Domenico e d'Ogni Santi. Hanno
rapporto con questi due diplomi altre carte dei due monasteri, le quali
emanano dal Podestà o dal Referendario del principe in Vicenza (Vedi
per San Domenico le schede Sj, 90, 187 ; per Ogni Santi i numeri 76,
77, 188). Infine tre atti notarili del 28 novembre 1891, appartenenti al-
l'archivio della soppressa Corporazione di San Felice (58, 69, 60) si
riferiscono, come altri fra i documenti nostri, alle vicende dei beni
della Fattoria viscontea nella città e nel territorio vicentino (2).
Fra le scritture degli altri quattro monasteri (me ne persuase fa-
cilmente l'esame degli Inventari di esse), nessuna si ritrovava che fa-
cesse per noi.
B. — Altri Archivi Pubblici.
Compiuta l'esplorazione dell'Archivio Comunale, intrapresi lo spo-
glio di altri fondi di antiche scritture, che il cav. Bortolan m' indicava
come esistenti presso vari istituti della città:
a) r Ospizio degli Esposti ; e) la Congregazione di Carità ;
b) l'Ospitale; d) l'Archivio Notarile.
a) Ospizio degli Esposti.
Negli uffici del brefotrofio vicentino, presso la chiesa di S. Rocco,
si conservano le carte della soppressa Congregazione ospitaliera di
San Marcello ; e fra queste, servendomi del Catastico delle scritture,
ed esplorando inoltre direttamente le serie dei secoli XIV-XV, potei
rinvenire i documenti, di cui do il riassunto nelle schede 89, 98, 157,
i58. 11 primo è una lettera viscontea, il secondo la condanna d'un no-
(i) Nel Catastico delle scritture della Congregazione, questa let-
tera è ricordata, per equivoco, sotto la data 9 aprile 1897; che è al-
l' incontro quella della redazione della copia da noi veduta.
(2) A tergo del primo fra questi tre documenti, fu scritta per er-
rore la data 20 (anziché 28) novembre. Lo sbaglio fu quindi ripetuto
nel Catastico e nello Zibaldone del Vigna (XJ, 41).
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBAUDA
taio falsarlo pronunciata dal Podestà di Vicenza, il quale dichiara
d'agire conformemente a lettere d'un consigliere del Visconti. Di en-
trambi questi atti le copie si hanno in un codice (Libro B), notevole
sia per eleganza, sia per contenere, fra altro, un frammento di noto
poemetto italiano del sec. XIV (i). I due diplomi rimanenti, i quali
emanano da un procuratore del Duca di Milano, si leggono trascritti
in altro registro.
b) Ospitale.
L'Archivio di questo Istituto, che risulta dalla fusione di più an-
tichi ospizi, comprende, oltre a carte recenziori, varie serie bene di-
stinte di scritture.
La più cospicua è quella dell'Ospitale di Sant'Antonio, e qui me-
ritavano esame, per la data, due gruppi di pergamene (anni 1296-1387,
1387-1404) e vari copiari (i, 2, 18 dell'Inventario). Li scorsi adunque
e tenni pure presente il Catastico dei documenti (78 dell'Inventario).
Ma la ricerca non diede che una pergamena viscontea del 7 marzo 1890
(scheda 41).
I due piccoli archivi dei minori ospedali dei SS. Ambrogio e Bel-
lino e di S. Bovo, le pergamene e bombacine dei quali risalgono ri-
spettivamente agli anni 1824 e 1287, non mi offrirono nulla.
Nel Catastico delle scritture d'un ultimo Ospitale, quello di San
Lazzaro, vidi riassunto (119) un atto, del quale avevo già trovato un
esemplare nell'Arch. Comunale (scheda 66) ; fra le carte di S. Lazzaro
tuttavia la pergamena più non esiste. In questa collezione non resta
dell'età viscontea che un solo copiarlo (Libro A — Livelli 1348-1880),
ove nulla si trova che meriti menzione nel reportorio nostro.
Rimanevano diverse serie di scritture, provenienti dalle eredità di
più famiglie benefattrici ; una sola però, quella dell'eredità Serbelloni,
risultò aver principio da una data anteriore alla morte di Gian Ga-
leazzo, e ciò per una carta del io agosto 1401 (89 dell' Inventario; per-
gamene e bombacine degli anni I40i-i538, i). Ma questo documento
pure non concerne le cose viscontee se non in guisa troppo indiretta.
(i) È il Lamentum Virginis, più volte pubblicato. Il frammento che
si legge nel codice vicentino fu edito dal Morsolin in Atti del R. Isti-
tuto Veneto, Serie VII, t. I, disp. io.
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA D23
Il Referendario del Duca, Ghirardus de Bobio de Suziis, vi interviene
insieme col Podestà di Vicenza, lacopus dì Terziis, coi Sapienti della
città e con altri magistrati all'elezione di un Antonio del quondam
Bartolomeo de Malchiavelli (nominato anche in più pergamene di
Sant'Antonio), a patrono e rettore della chiesa di S. Vincenzo.
c) Congregazione di Carità.
Al pari dell'Ospitale, questo Istituto possiede i piccoli archivi di
alcuni antichi ospizi della città e di più cospicue famiglie, di cui è
erede.
Gli archivi degli Ospitali dei Proti e di S. Valentino e delle fa-
miglie Quinto-Rubini e Sorio (tutti e quattro con inventari delle scrit-
ture), non contengono documento alcuno che concerna i Visconti. In-
fruttuoso risultò parimenti lo spoglio delle pergamene e bombacine
dell' Ospitale dei SS. Pietro e Paolo. — Restavano ad esaminarsi al-
cuni mazzi di bombacine o pergamene di eredità varie, non numerati
neppure nel generale Inventario degli Archivi dell'Istituto. Qui fui
più fortunato, poiché rinvenni i due documenti riassunti nelle schede
71 e 166. Entrambi sono atti di rappresentanti del Visconti, e concer-
nono i beni, che la fattoria di questo possedeva in Vicenza e nel Vi-
centino (i). — Altre serie di scritture appartengono alla Congregazione
di Carità, ma tutte d'età più recente.
* d) Archivio Notarile.
Fra i notai vissuti nella città e nel territorio di Vicenza al tempo
di Gian Galeazzo Visconti o in quel torno, i soli, di cui si conservino
gli atti nell'Arch. Notarile, sono (come dall'Indice di questo facilmente
si rileva) i seguenti : Bpssio Gerardo del fu Nicolò, Chiericati Valerio
di Gregorio, Gerardo di Nodari dalle Molle da Torrebelyicino, Ogni-
ben Bortolo del fu Enrico, Pagliarini Gabriele del fu Vitto, Palton
Antonio fu Ottolin. Di *tutti passai in rassegna i registri e le minute,
ma solo in un atto del notaio Valerio Chiericati trovai copiata una
lettera viscontea del 21 agosto 1892 (scheda 79).
(1) La prima delle due pergamene porta a tergo la data 1396, ma
si tratta indubitabilmente d'un errore. Nel documento si legge in modo
abbastanza chiaro nonagesimo sedo. E l' indizione (X) toglie ogni in-
certezza.
524 ^"^"^^ DELLA SOCIETÀ. STORICA LOMBARDA
AU'Arch. Notarile è pure annesso quello della lamiglia Capra, di
cui esiste un generale Inventario. Lo spoglio fu dunque facile, ma non
diede se non nuove copie di due documenti già veduti (schede 145
e 149).
C. — Collezioni minori.
A compiere l'esplorazione dei j^ubblici Archivi di Vicenza, non
trascurai una visita a quello della Curia Vescovile; ma, esaminato
r Inventario generale delle scritture ivi esistenti, dovetti riconoscere
nulla trovarsi colà di relativo ai Visconti: cosa che del resto m'aveva
già fat'to prevedere il Direttore dell'Archivio Comunale.
Da questa egregia persona m' erano anche stati additati alcuni
archivi di private famiglie meritevoli, da parte nostra, di una esplo-
razione. Erano essi :
l'archivio Loschi, ora presso i Conti Zileri;
l'archivio Caldogno, posseduto ora dai Conti Pagello;
l'archivio dei Conti Da Schio;
l'archivio dei Conti Porto-Godi-Piovene (1).
Alla visita di queste collezioni, tutte ordinate e provvedute di in-
ventari, dedicai alcune ore negli ultimi giorni, e per l'appunto quelle
in cui i pubblici uffici eran chiusi. Debbo anche avvertire che le ri-
cerche mi furono dovunque concesse e rese facili dalla gentilezza squi-
sita dei proprietari,... e dalla buona ventura, che mi permise di tro-
varli a Vicenza.
I due primi archivi. Loschi e Caldogno, nulla contengono che im-
porti al nostro proposito.
Trovai invece un diploma originale di Gian Galeazzo presso i Conti
da Schio (scheda 146), e più altri documenti jn casa Porto-Godi-Pio-
vene. Di questi ultimi, uno è copia d' un atto del 4 aprile iSqi, di cui
(i) In una piccola collezione di scritture posseduta dal Conte Giulio
Porto non si hanno diplomi viscontei; così almeno mi fu assicurato
dal segretario della casa, con cui solo potei conferire, perocché il Conte
non si trovava a Vicenza.
ATTI CELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA 525
ho fatto menzione a proposito dello Zibaldone del Vigna (scheda 53) ;
un secondo (24), pur non emanando direttamente dal Signore di Mi-
lano, serve d' opportuno complemento alla lettera di questo da noi
compendiata nella scheda 17; altri cinque sono diplomi viscontei degli
anni 1392-1393 (schede 84, gS, 97, 99, 104) (i).
Esplorati anche questi minori archivi, potei lasciare Vicenza colla
persuasione d' avervi compiuto in modo esauriente le ricerche neces-
sarie pel nostro assunto.
ARCHIVIO DI STATO IN VENEZIA.
Pacta — LiBER Blancus — Patti sciolti — Atti Diplomatici.
Alla lettera del 9 marzo 1898, con cui il chiarissimo signore cava-
liere Giomo, reggente allora l'Archivio di Venezia, rispondeva alla
circolare di codesta onorevole Commissione, andava annesso un elenco
dei documenti di quell'Archivio riguardanti i rapporti fra Venezia ed
i Visconti. Si avvertiva inoltre la- Commissione medesima, chele in-
dicazioni date in tale nota si sarebbero potute completare, prendendo
ad esame i Regesti dei Libri Commemoriali della Repubblica di Venezia,
pubblicati dalla R. Deputazione Veneta di Storia Patria.
Innanzi partir da Milano, avevo dunque avuto cura di trascrivere
il mentovato elenco; ed all'Archivio dei Erari intrapresi anzitutto
l'esame dei documenti ivi enumerati. Tutti li riassunsi, sebbene uno
fosse bensì milanese, ma non già visconteo. Come appare dal cenno
che ne do nella scheda a, esso è un trattato per la fornitura del sale
concluso fra Milano e Venezia il i." giugno 1804. Ora è noto che in
tale anno i Visconti erano esuli da Milano. Fra i rimanenti i più sono
atti conclusi dai Signori di Milano o da loro rappresentanti; altri
pochi, o strettamente connessi coi precedenti, o riguardanti in vario
modo i Visconti, meritavano pure di venir ricordati. Tale è un trattato
del 2 novembre 1299 (scheda 2), ove i sindici di Milano non appaiono
(i) Del 1892 (3o dicembre) è soltanto il primo, che si legge tra-
scritto in un decreto del i luglio 1898. — Nel testo si ha la data 1898,
perchè l'anno vi si considera incominciato dal 25 dicembre.
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA
esplicitamente eletti per volere o per consenso di Matteo Visconti
(sebbene sembri assai probabile, che l'autorità di questo sia inter-
venuta a convalidar l'elezione); tali, vari atti di procura rilasciati
dai Dogi di Venezia a persone da loro incaricate di trattare coi nostri
Signori (33, 46, 48, 49, 106); tali, due documenti relativi alla pace del
i355 fra Venezia e Genova (52, 54); tale, infine, certa dichiarazione
del 26 gennaio 1392(121), che modifica alcuni articoli d'una sentenza
arbitramentale del 20 gennaio (pubblicata dal Verci nella sua Storia
della Marca Trivigiana, to. XVII, doc, p. 54).
Le fonti dei diplomi originali e delle copie, di cui è menzione
nell'elenco a noi con tanta gentilezza comunicato, sono le seguenti:
Liber Blancus ;
Pacta; Voi. Ili, IV, V, VI;
Pacta Secreta, (Patti sciolti) ; / , . * . ,.
/ (più mazzi di pergamene).
Miscellanea, Atti Diplomatici. )
Giacché avevamo fra le mani queste serie di documenti, ci parve
opportuno esaminarle tutte con. qualche diligenza. E questo lavoro non
fu inutile, poiché ci permise di trovare, oltre a quelli già nell' elenco
compresi, qualche atto veramente degno di considerazione da parte
nostra. Innanzi tutto rinvenimmo copia del trattato dell'alleanza stretta
il IO marzo i337 da Venezia, da Azzone Visconti e da altre città e
signorie contro gli Scaligeri (scheda i5). A questo documento si con-
nettono pure i due da noi riassunti nella precedente e nella susse-
guente scheda. In secondo luogo prendemmo cognizione del trattato
di pace del 24 gennaio i339 (i338 stile veneto, Ind. VII), fra Venezia,
Firenze e Mastino della Scala; il Visconti é nominato fra quelli che,
ove lor piaccia, potranno essere compresi nella pace (scheda 17). Di
poi non credemmo dover trascurare i trattati di commercio, che le
città di Brescia, Bergamo, Como, Lodi e Cremona, signore ed auspice
Azzone Visconti, conclusero con Venezia nel i339 (schede 18-22, 25-28).
La procura accennata al n. 31 si collega intimamente coi tre atti suc-
cessivi; né meno stretto è il rapporto che unisce al doc. 54 ed ai
precedenti gli allegati 5^a, S^b, e le lettere, che seguono, di Luchino
Dal Verme, luogotenente dei Visconti a Genova (55-58, 60).
Infine, se non sono direttamente viscontei, toccano tuttavia, ed
4
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA 627
abbastanza da vicino, la storia della casa dominante a Milano i docu-
menti, di cui diamo notizia nelle schede 39-44 e nella 97; relativi
quelli ad alleanze contratte da Venezia contro i Visconti negli anni
i353-i354, l'ultimo a commissioni date da Antonio della Scala agli
ambasciatori veneti presso il Conte di Virtù.
Altre scritture non concernevano le cose nostre se non in modo
troppo mediato; epperò ci limitiamo a farne qui menzione. Al trattato
d'alleanza contro gli Scaligeri del io marzo 1887 va unito un Contractus
habitus inter Communia Veneciarum et Florentie ante quam fieret Uga
ctim dominis Lombardie [stesso giorno, io marzo 1887, Vcneciis; in
Pacta, V, f. 48 (5i) v.°]. Il Romanin nella sua Storia (Voi. Ili, p. 123),
ne dà il principio ed i sommi capi. Alle alleanze strette da Venezia
contro il Visconti nel i853 e nell' anno successivo, si riferiscono, oltre a
quelli compendiati da noi, vari documenti di nessuna importanza per
l'opera cui attendiamo (P«<7/« V, f. 128-129). Parimenti alquanti atti, che
non concernono i Visconti, hanno rapporto colla pace stretta fra Ve-
nezia e Genova nel i855 {Pacta V, fol. 141 v'^, 142). Del 20 gennaio 1892
(Genova) esiste una dichiarazione fatta dagli ambasciatori di Firenze,
di Bologna, di Francesco Carrara, di Azzone d'Este e d'altri alleati
relativamente alla sentenza arbi tramentale dello stesso giorno {Pacta
Secreta [o Patti Sciolti], 33o, in una copia del 20 aprile 1898). Infine
ricorderemo varie ratificazioni di collegati, aderenti alla tregua decen-
nale stipulata fra Milano e Venezia nel i8$8 (Ibid.) 826, 882, 885).
Libri Commemoriali.
Compiuto lo spoglio delle fonti summentovate, mi sembrò oppor-
tuno intraprendere l'esame dei Libri Commemoriali, e' precisamente
dei primi nove fra essi, perocché nei successivi si esce dal periodo,
di cui noi ci occupiamo (i). I regesti compilati dall'esimio Cav. Predelli
e pubblicati dalla R. Deputazione Veneta di S. P. sono assai diligenti;
ma naturalmente non potevo trascurare di procurarmi diretta cogni-
zione delle scritture in essi riassunti, e di darne poi notizia secondo
le norme stabilite da cotesta Onorevole Commissione per la redazione
(i) Qualche documento di data anteriore al 1402 vi si ritrova, a
dir vero : non uno tuttavia che riguardi i Visconti.
528
att; della società storica lombarda
del nostro Regesto. Talvolta ebbi opportunità di far meglio conoscere
qualche circostanza, o di porne in luce qualche altra, omessa nei
Regesti veneti: all'incontro, per alcuni documenti assai lunghi, che
trovavo in questi compendiati con mirabile esattezza e con grande
abbondanza di particolari, mi permisi una maggior brevità. Sarà
intatti sempre possibile, qualora appaia necessario, aggiungere, colla
scorta dei sullodati Regesti, le notizie secondarie da me trascurate.
Tali documenti portano le date:
14 novembre 1877; - {Regesti, tomo III, Lib. Vllf, N. 42; - Scheda 88);
25 marzo
1379; - (
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„ „ 186;-
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141).
Anche qui, oltre a numerose lettere viscontee ed a diversi atti,,
in cui appaiono, se non i Visconti, i loro rappresentanti (vedi le
schede io, i3, 29, 45, 59, 61, 62, 63, 64, 91, 109), ho incluso nello spoglio
un certo numero di documenti, che per svariati motivi mi sembravano
tali da dovere trovar posto nel Repertorio, o da riuscire utili in qualche
modo a chi lo dovrà redigere. Così sotto i numeri 8, 9, 12, 67, 77 si
troverà notizia di concessioni di cittadinanza veneta ad Azzone ed a
Luchino, signori di Milano, a Giovanni Visconti da Oleggio ed a
Stefano, nipote di questo. Cittadino veneto fu pure creato nel i332
un Franzolo da Rho per intercessione speciale di Azzone Visconti
(scheda 11). Del 3o aprile i339 è una lettera di Folchino de Schiciis
(scheda 24), la quale è opportunissimo allegato ad altra scritta dal
Visconti lo stesso giorno (scheda 23). Il doc. 74 allude a lettere di
Bernabò, che più non si possiedono, a favore del cavaliere Sagramoro
de Pomeriis. I doc. 81 e 9$ si connettono ai due, che rispettivamente
li seguono (82 e 96). Similmente le scritture, cui accenniamo nelle
schede 89-90, si collegano in intima guisa al diploma compendiato nella
(i) Questo documento d'altronde fu già pubblicato dal Du Mont.
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBMiDA 52q
precedente (88): in questo infatti vediamo Venezia allearsi col Visconti
ai danni di Genova (14 novembre 1877), in quelle, accedere alla lega
il re di Cipro. Sotto il n. i3o infine si ricorda l'alleanza conclusa il
21 marzo 1898 fra Venezia, Firenze, Bologna e i signori di Ferrara,
Padova e Mantova in opposizione al Duca di Milano (i).
Hanno una più lontana relazione cella storia viscontea altri docu-
menti, che non abbiamo stimato di dover riassumere. Se ne potrà
trovare notizia nei Regesti dei Libri Commemoriali già più volte lodati
ai numeri seguenti :
nel Tomo I (dei Regesti):
Comm. Libro 1/ 81 ;
„ „ II, 817 ed allegati;
nel Tomo II:
Comm. Libro IV, 849;
V, 24, 25, 54, 57, 90;
„ „ VI, 198, 201, 287, 889;
nel Tomo III:
Comm. Libro VII, 42, 55;
„ Vili, 82, 287;
„ „ IX, 82-86, 89-100, 108-107, iio-ii5, 117-119, 121, 128-125,
T28, i3o, 182, i5i, i55, 175, 179, 180, 181, 184,
219-221, 226, 227.
Altre serie di documentl
Compiute le ricerche sin qui descritte, stimai mio dovere infor-
marmi, se altri fondi rimanessero ad esplorare. Il valente Cav. Predelli,
cui ero stato indirizzato dall'egregio uomo, che dirige l'Archivio di Ve-
nezia, il Comm. C. Malagola, mi assicurò adunque, dietro mia istanza,
nessun' altra fonte, oltre quelle da me già vedute, potermi fornire nuovi
documenti viscontei : egli stesso infatti si era già occupato di simile
investigazione nel 1898, attendendo a redigere quel medesimo elenco.
(i) Alcune di queste nostre schede, pochissime d'altronde, si rife-
riscono non a veri documenti, ma a semplici note, che si ritrovano
nei Libri Commemoriali. Non ne abbiamo riferite le prime parole, per
non lasciar credere, si trattasse di lettere o diplomi.
Al 11 IM ! I \ SOf.ll 1 A SKJKICA ! ,( )M IJ A K I) A
che la Direzione dell' Arciiivio aveva poi comunicato alla Società
nostra (i). Al più, rimaneva una scarsa probabilità di rinvenire qualche
diploma visconteo nella immensa .congerie degli atti delle soppresse
Corporazioni Religiose o Manimorte. A Venezia furono inlatti tras-
portati, com'è noto, gli archivi di non pochi monasteri d'altre città,
alcune delle quali per un ppriodo ora di più lustri, come Verona,
ora di qualche anno, come Padova, furono soggette ai Visconti. Ed
avendo a Vicenza trovato qualche non ispregievole documento nelle
carte delle antiche corporazioni, non credevo dover trascurare a Ve-
nezia una simile ricerca.
Sulle prime era a temersi, che questo spoglio potesse esigere un
tempo troppo lungo rispetto alle probabilità di buon successo; e ciò,
sia pel numero considerevole delle collezioni, cui conveniva esami-
nare, secondo i dati della " Statistica degli Archivi Veneti,, (2), sia pel
non mediocre disordine, in cui esse ancora si trovano. Vennero for-
tunatamente in mio aiuto il Cav. Predelli, che si compiacque d'assi-
stermi in una prima ricognizione sommaria, ed il Comm. Malagola,
il quale con somma cortesia mi permise di esaminare i registri ed i
mazzi di pergamene delle manimorte nelle sale stesse ove sono cu-
stodite, sotto la scorta e colla cooperazione d'un valente impiegato (3).
In secondo luogo, sia per le informazioni che mi forniva la summen-
tovata " Statistica „ sia per diretto esame, ritrovai, che non pochi fra
questi archivi delle manimorte non contenevano se non carte dei secoli
più recenti. Di altri (S. Zeno Maggiore, SS. Nazaro e Celso, S. Leo-
(i) Le Deliberazioni Miste del Senato e del Consiglio dei Dieci,
ricche di notizie, non contengono documenti; che questi venivano
trascritti altrove (nei Pacta, nei Commemoriali, ecc.). L'esame di alcuni
codici di queste due vaste serie e le altrui asserzioni me ne persuasero.
Anche mi accertai dell'impossibilità di trovare alcunché nei Libri dei
Consultori in Iure o nei Codici dell' Archivio.
(2) Quivi si leggono infatti i nomi e le località delle soppresse
Congregazioni, di cui si conservano le carte; talvolta è anche indicato,
a quale periodo di tempo queste si riferiscano. Le scritture di alcuni
pochi fra i monasteri ivi enumerati (Santa Maria delle Riviere di
Brescia, SS. Fermo e Rustico di Lonigo, Minimi di Montegalda e di
Salò, Conventuali di Pieve di Sacco) non si poterono rinvenire, nono-
stante reiterate ricerche.
(3) Il medesimo Comm. Malagola già da qualche giorno m'aveva
pure assai gentilmente concesso di rimanere in Archivio un'ora ogni
dì oltre il termine regolamentare.
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA 53 1
nardo in Monte, tutti e tre di Verona, Santa Maria degli Angeli di
Vicenza, Santa Maria dei Miracoli di Lonigo, S. Daniele in Monte e
S. Giovanni Battista di Venda, entrambi di Padova) rinvenni gli Indici
o Inventari delle scritture ; e da questi risultò, non possedersi da tali
monasteri diploma alcuno dei Visconti. Solo nell'Indice del monastero
di S. Maria dei Miracoli (Lonigo) trovai riassunta sotto la data 24
gennaio 1890 un atto (rogato dal notaio Giacomo Paiarini del quondam
Michele), con cui il Dott. Andrea Albinea Giudice ed il nobile signore
Antonio di S. Vitale di Parma, Podestà di Vicenza a nome del Conte
di Virtù, concedevano il possesso di alcune terre a F. Alberto, priore
del convento di Santa Eufemia di Verona dell'ordine eremitano di
S. Agostino. Il documento si sarebbe dovuto trovare nel Mazzo Se-
condo delle Pergamene; ma questo mazzo appunto ed altri fra i
primi risultarono mancanti.
Dei rimanenti monasteri (i) uopo fu esplorare direttamente i codici
e. le pergamene : ma il non breve lavoro riuscì del tutto infecondo.
In una sola pergamena della congregazione di S. Bartolomeo di Vi-
cenza (di cui si hanno più copiari e, pei soli secoli XIV-XV, ben nove
buste ripiene di rotoli membranacei) trovai nominati, e solo per inci-
denza, i Visconti. È dessa il rotolo 1886, del 27 novembre 1389, e vi è
cenno dei danni subiti dal monastero propier morialitates et guerras,
qiie vigncriint ollim inier dominum Anthoniuni de la Scala, dom. Frana-
scttm de Carraria, ilhistrem et serenissinmm principem magnificum domi-
num [nostrum^ dominum Comitetn Virtutum Mediolani Vincentie eie. im-
perialem vicarium generalem.
Benché il risultato negativo di queste ultime ricerche mi dolesse,
trassi nondimeno motivo di conforto dal pensare, che oramai potevo
asserire, con piena convinzione, d' aver veduto nell'Archivio di Stato
di Venezia quanto meritava attenzione da parte nostra. Le esimie per-
sone che lo dirigono mi dichiararono inoltre, d' essere pronte a rispon-
dere ad ogni nostra richiesta, qualora per alcuno dei documenti da
me veduti e riassunti o per altro che si fosse occorressero correzioni
o schiarimenti.
Occorre appena avvertire, che simile promessa mi fu fatta anche
dall'egregio e reverendo signore il Cav. Bortolan, allorché mi congedai
da lui.
(i) Se ne troveranno i nomi nell' aggiunto Diario.
Arch. Stor. Lomb. — Anno XXVII. — Fase. XXVI. ??
532 ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA
A questi chiari cultori e fautori dei buoni studi, ed a quanti mi
furono larghi, in questa occasione, di aiuto cortese, serbo animo gra-
tissimo.
Ad opportuno compimento di questa relazione, aggiungo un breve
diario del lavoro da me compiuto nell'una e nell'altra città.
A VICENZA.
Luglio 21. — Venerdì. — Esame sommario del codice H (N. 777 del-
l'Inventario). Riassunti 12 documenti
„ 22. — Sabato. — Riass. 35 doc.
„ 24. — Lunedì. — Riass. 26 doc.
„ 25. — Martedì. — Riass. 29 doc.
„ 26. — Mercoledì. — Riass. 27 doc.
„ 27. — Giovedì. — Esaurito il codice H. Visti pure ed esauriti
i codici: Libreria Gonzati 22.8. 5. (già N. 769 dell'Invent.);
„ „ 26.5.14:
„ „ 28.9. I.
Riassunti in tutto i3 doc.
„ 28. — Venerdì. — Iniziato lo spoglio dello Zibaldone del Vigna.
„ 29. — Sabato. — Continuato il detto spoglio.
„ 3i. — Lunedì. — Esaurito lo spoglio medesimo. Visti pure ed
esauriti i codici "Albo Secondo,, e "Libro I„ (N. 778
dell' Invent.); esaminati pure i volumi a stampa Pri-
vilegia ac Jura Bassani, Statuta Bassanensia.
Riassunti 8 doc.
Agosto I. — Martedì. — (Dalle io alle i3 soltanto, essendo questo
giorno, per Vicenza, semifestivo). — Visto ed esami-
nato per intiero il Codice diplomatico Vicentino dei
Macca. Iniziato pure lo spoglio della Miscellanea del
medesimo. Riassunti 2 documenti.
„ 2. — Mercoledì. — Finito lo spoglio della detta Miscellanea.
Cominciata l'esplorazione dell'Archivio di Torre, colla
scorta degli Indici del medesimo.
„ 3. — Giovedì. — Continuazione dello spoglio dell'Archivio
di Torre.
Rivedute più schede.
Riassunti 7 documenti.
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA 533
Agosto 4. — Venerdì. — Continuazione dello spoglio suddetto.
Riassunti 3 documenti.
„ 5. — Sabato. — Continuazione dello spoglio medesimo.
Riassunti 8 documenti.
„ 7. — Lunedì. — Terminato l'esame dei codici appartenenti
air Archivio di Torre. Esplorati gli archivi dei mona-
steri dei SS. Felice e Fortunato e di Santa Corona.
Riassunti 4 documenti.
„ 8. — Martedì. — Monasteri di S. Domenico, d'Ogni Santi, di
S. Tomaso, di S. Silvestro, di S. Lorenzo, di S. Pietro.
Riassunti 8 documenti.'
„ 9. — Mercoledì. — Prima visita agli Archivi degli Esposti e
dell'Ospitale. Archivio Caldogno in casa Pagello.
Riassunti 2 documenti.
„ IO. — Giovedì. — Finito lo spoglio dell'Archivio degli Esposti.
Archivio Loschi (in casa Zileri). Curia Vescovile, ecc.
Prima visita all'Archivio Notarile.
Riassunti 2 documenti.
„ II. — Venerdì. — Archivio dell'Ospitale
. esauriti.
Archivio Notarile
Riassunti 2 documenti.
Sabato. — Archivio Capra (presso l'Archivio Notarile).
Archivio della Congregazione di Carità.
Archivio dei Conti Da Schio.
Archivio dei Conti Porto-Godi-Piovene.
Riassunti 9 documenti.
A VENEZIA.
Agosto 14. — Lunedì. ~ Cominciato lo spoglio del Liber Blancus.
Riassunti 9 documenti.
„ i5. — Martedì. — Festa.
„ 16. — Mercoledì. — Terminato l'esame del Libcr Blancus.
Esaminati per intiero Pacta III ed in parte Pacta V.
Riassunti 14 documenti.
„ 17. — Giovedì. — Compiuto lo spoglio di Pacta V e VI.
Riassunti 22 documenti.
AITI DI.I.I.A SOCIETÀ STORICA r.OMUAllDA
Agosto i8. — Venerdì — Esplorati i voi. I, II e IV della serie Poeta,
e gli Atti Diploinatici (Miscellanea).
Iniziato pure lo spoglio dei Patti Sciolti {Poeta Seereta).
Riassunti 8 documenti.
„ 19. — Sabato. — Terminato lo spoglio dei Patti Sciolti.
Incominciato Tesarne dei Commemoriali, Libro I.
Riassunti 9 documenti.
„ 21. — Lunedì. — Commemoriali, Libri I, II, III, IV, V.
Riassunti 24 documenti.
„ 22. — Martedì. — Commemoriali, Libro VI e parte dell' VIII.
Riassunti 27 documenti.
^, 23. — Mercoledì. — Commemoriali, Libri VII, Vili (il rima-
nente), IX (in parte).
Riassunti 25 documenti.
„ 24. — Giovedì. — Commemoriali^ Libro IX (il rimanente).
Esame sommario dei successivi Libri Commemoriali e
delle altre fonti.
Archivi di S. Zeno Maggiore e dei SS. Nazaro e Celso
(Verona).
Archivio di S. Bartolomeo di Vicenza (in parte).
Riassunti 9 documenti.
„ 25. — Venerdì. — Archivi delle seguenti corporazioni: Ago-
stiniani di Santa Caterina e Conventuali di S. Fran-
cesco (Bassano); Agostiniani di Santa Maria della
Misericordia in Pontevico, S. Maria degli Angeli della
Basella, Convento di Lavello, Madonna della Conce-
zione e S. Francesco di Longuello (tutti di Ber-
gamo); S. Giovanni Evangelista, Umiliati di Santa
Maddalena di Gambara, SS. Filippo e Giacomo (Bre-
scia); S. Maria degli Ospitalieri (Cadore); S. Bene-
detto e S. Bernardo (Crema) ; S. Giacomo (Grigliano) ;
S. Maria dei Miracoli (Lonigo); Predicatori di S. Rocco
(Marostica); S. Daniele in Monte, Eremitani di S. Ago-
stino, S. Cristoforo e Santa Maria dell'Olmo, Santa
Giustina, S. Marco (Padova); Santa Maria (Piazzano);
Cappuccine (Sovere); S. Benedetto (Vallalta o Val-
lotta); Conventuali (Valcamonica); S. Leonardo in
Monte (Verona); Santa Maria degli Angeli e Geroli-
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA 53S
mini di Santa Maddalena (Vicenza). [I più fra questi
archivi sono minuscole rimanenze degli ultimi secoli]»
Agosto £0. — Sabato. — Altri monasteri, cioè: Certosa di Camposam-
piero; Agostiniani di Santa Maria del Prato (Feltre);
Santa Maria in Merlara, Conventuali di S. Francesco
(Montagnana); S. Giovanni di Verdara, S. Giov. Bat-
tista di Venda, Santa Maria di Lispida, Santa Maria
della Riviera, S.Antonio (Padova); Gerolimini di Santa
Maria delle Grazie, Minimi, S. Stefano e Santa Maria
dei Servi (Vicenza),
Continuato lo spoglio delle carte di S. Bartolomeo di
Vicenza.
„ 28. — Lunedi. — Finita la esplorazione delle pergamene di
S. Bartolomeo di Vicenza.
Visti pure i codici di S. Michele di Candiana (Padova)»
Ultima revisione.
Ho così dato conto dell' opera mia. Voglia cotesta Onorevole
Commissione giudicarla con benevolenza, e conservarmi la sua fiducia,
della quale nulla mi è maggiormente prezioso.
Varese, 14 ottobre i8^g.
Giovanni Seregni.
NOTA.
Nelle schede a questa relazione allegate usiamo le segnature se-
guenti :
A. Vie. — Archivio Comunale di Vicenza.
Vie. — Vicenza (altri Archivi minori, pubblici o privati).
Ven. Frari — Archivio di Stato di Venezia, neir antico convento
dei Frari.
Le sigle o le indicazioni rimanenti o furono già spiegate in queste
pagine, o sono ovvie.
ELBNCO
DELLE OPERE ED OPUSCOLI PERVENUTI IN DONO
ALLA BIBLIOTECA DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA
NEL I." SEMESTRE DEL 1 900
Andreini Gio. Battista. L'Adamo, sacra rappresentazione. Alla M. Christ.
di Maria de Medici Reina di Francia. — Milano, Geronimo Bordoni,
libraro, 1613 (d. d. s. prof. Novati).
Annoni Carlo. Documenti spettanti alla storia della S. Chiesa Milanese.
— Como, Ostinelli, 1839 (d. d. s, prof. Novati).
Annual Report of the American Historical Association for the Year,
1893. — Washington, Governement Printing office, 1899.
Annuario della R. Accademia dei Lincei, 1900, CCXCVil della sua fon-
dazione. — Roma, tip. della R. Accademia dei Lincei, 1900 (d. del-
l'Accademia dei Lincei).
— della nobiltà italiana. Anno XXII, 1900, in- 16. — Bari, direzione del
«Giornale Araldico», 1900 (d. dell' Ed.).
— della R. Università di Pavia, con cenni storici descrittivi, in-8. — Pa-
via, tip. succ. Bizzoni, 1900 (d. della R. Università di Pavia).
Anzoletti Luisa. Maria Gaetana Agnesi. — Milano, tip. edit. Cogliati,
1900 (d. dell'A.).
Atti del Municipio di Milano, annata 1 898-1 899, 2 voi. — Milano, Sor-
mani e Ghidini, 1899 (d. del Municipio).
— e Rendiconti dell'Accademia Dafnica di scienze, lettere ed arti in Aci-
reale. Voi. VI, anno 1898, in-8. — Acireale, tip. dell' Etna, 1899
(d. dell'Accademia Dafnica).
Belgrano L. T. Il secondo registro della Curia Arcivescovile di Genova
trascritto da Luigi Beretta. — Genova, tip. del R. Istituto Sordomuti,
1888 (d. d. s. prof. Novati).
Beltrami arch. Luca. La tutela artistica del Duomo di Milano nell' ul-
timo quarto del secolo XIX, ìn-8. — Milano, tip. Pagnoni, 1900 (d.
dell'A.).
ELENCO DELLE OPERE E PUBBLICAZIONI 53'
Benadduci Giovanni. V. Filelfo.
Bernicoli Silvio. Governi di Ravenna e di Romagna dalla fine del se-
colo XII alla fine del secolo XIX. Tavole di cronologia. — Ravenna,
tip. Ravegnana, 1898, in-4 (d. dell'A.).
BiADEGO Giuseppe. Alessandro Volta a Ginevra nel 1787. — Venezia,
1900, in-8 (d. dell'A.).
Bianchi abbé Alexandre. La protection de l'enfance et les réformatoires,
in-8. — Milan, Reggiani, 1899 (d. delPA.).
Biffignandi P. G. Storia di Vigevano, in-8. — Vigevano, Spargella, 1870
(d. d. s. Ambrosoli).
Bollettino di filologia classica. A. V-VI, 189S-1899. — Torino, Loescher
(d. d. s. Motta).
Brandileone prof. Francesco. Note al cap. XXX dell' Editto di Liut-
prando. Memoria, in-8. — Napoli, tip. della R. Università, 1900 (d.
dell'A.).
Bullettino Storico Pistojese. A. I, fase. I7IV, 1899; A. II, fase. I, 1900,
in-8. — Pistoja, G. Fiori, 1899-1900 (d. d. Società Pistojese di storia
patria) .
Calligaris prof. G. Lombardei, Emilia, Toscana (Jahresberichte der Ge-
schichtsvvissenschaft. Sonderdruch). — Berlin, 1899, Gaertner's Ver-
lag, in-8 (d. dell'A.).
Campagne del Principe Eugenio di Savoia. Voi. XII-XIII-XIV, con tre
allegati grafici. — Torino, tip. Roux Frassati, 1898-1900 (d. della
R. Casa).
Campani dott. Annibale. Una insigne collezione di autografi. (Carteggio
Angeloni — Rolandi — Giannini). Notizia e catalogo, in-8. — Mi-
lano, Albrighi, Segati e C, 1900 (d. dell'A.).
Cantù Cesare. Storie Minori. Voi. I. Ezzelino da Romano — Il sacro
macello — La Valtellina — Como — La Brianza — Venezia. Voi. IL
Storia di Milano — La Lombardia nel secolo XVII — Parini e il suo
secolo. — Torino, Unione tipog. edit., 1864-65 (d. della socia perpe-
tua Donna Rachele Villa Pernice).
Il Conciliatore e i Carbonari, in-8. — Milano, Treves, 1878 (d. della
socia perpetua Donna Rachele Villa Pernice).
Carotti Giulio. Giovanni Antonio Boltraffio (a proposito dell' acquisto
della Tavola dei due. devoti). — R. Galleria di Brera in Milano,
fol. ili. — Roma, a cura del Ministero dell' Istr. Pubblica, 1899 (d.
d. s. A.).
l.I.L.NUU DIA.LE OPKUE K PLIJULICAZIONI
Catalogo del Museo Artistico Municipale di Milano. — Milano, i87<j
(d. della Consulta Archeologica).
— della Biblioteca del Circolo filologico milanese (fino al gennajo 1896)
e Supplemento dal febbrajo 1896 al settembre 1899. — Milano, Con-
falonieri, 1896 e 1899, 2 voi. in-8 (d. dell' Ed.).
Cesari Rocca c.»c Colonna. La réunion definitive de la Corse aux etais
de la Commune de Génes en 1347» in-8. — Genova, tip. Sordomuti,
1900 (d. dell'A.).
Chimenti sac. Emilio. Belcastro patria di S. Tommaso d'Aquino, in-8. —
Napoli, tip. edit. elzeviriana, 1900 (d. dell'A.).
Cian-Sappa-Flandinet. Per nozze 1893. — Bergamo, Istit. ital. d'arti gra-
fiche, 1894 (d. d. s. prof. Novati).
C0RNAGGIA Carlo Ottavio. Le elezioni amministrative a Milano, in-8. —
Roma, tip. della « N. Antologia», 1899 (d. d. s. A.).
Decio dott. Carlo. Rettificazioni storico-critiche intorno ad un autore della
ostetricia italiana del secolo XVL — Milano, Cogliati, 1896, in-4.
— — Del parto forzato e del taglio cesareo in gravida agonizzante purché
il feto sia vivo e vitale. Studio storico-critico, in-8. — Milano, Co-
gliati, 1896.
Mostruosità fetale 'inedita osservata nel secolo XVI. Documento per
servire alla storia della teratologia, in-8. — Milano, Cogliati, 1897.
Congetture sull'epoca della introduzione del forcipe in Milano, in-8.
— Milano, Cogliati, 1898.
Sopra due rarissime medaglie mediche milanesi, in-8. — Milano,
Cogliati, 1898.
La peste in Milano nell'anno 145 1 e il primo lazzaretto a Cusago.
Appunti storici, in-4. — Milano, Cogliati, 1900 (d. del s. A.).
Deputazione (R.) Toscana sugli studj di storia patria. V. Pasqiii.
Diplomatarium Veneto-Levantinum sive Acta et Diplomata Res Venetas,
Graecas atque Levantis illustrantia, a. 1331-1454. Pars II, in-4. —
Venetijs, sumpt. Societatis, 1899 (d. della R. Deputazione Veneta di
storia patria).
Documenti dell'Archivio Colonna pubblicati in occasione delle nozze Co-
lonna-Chigi Zondadari, in-8. — Roma, Forzani, 1930 (d. d. s. Motta).
Feliciangeli B. Suir acquisto di Pesaro fatto da Cesare Borgia. Ricerche,
in-8 gr. — Camerino, tip. Savinì, 1900 (d. dell'A.).
Filelfo Francesco. Orazione al doge Francesco Foscari per gli esuli
Zaratini. Edita per la prima volta da Giovanni Benadduci secondo il
ELENCO DELLE OPERE E PUBBLICAZIONI 5Òg
codice H. IH. 8 della Biblioteca nazionale di Torino, in-8. — Tolen-
tino, tip. Fr. Filelfo, 1900 (d. dell' Ed.).
Fontana Ferdinando. Antologia Meneghina. — Bellinzona, stab. tipo-
litografico Eni. Colombi, 1900 (d. d. s. comm. G. Silvestri).
Fumagalli prof. Giuseppe. Edifici di biblioteche itahane, in-i6. — Fi-
renze, tip. Carnesecchi, 1899.
Di un' antica tavola di abbreviazioni in un codice del sec. XV, in-4.
— Firenze, s. a.
V. Thompson fd. d. s. A.).
Gallerie (Le) nazionali italiane. Notizie e documenti. A. IV, fol. ili. —
Roma, 1899 (d. d. Ministero della Pubbl. Istruzione).
Giulini Alessandro. I tentativi di demolizione degli Archi di Porta Nuova
([822-1869). — Milano, tip. Pulzato e Giani, 1900 (d. d. s. A.).
Grasso Gabriele. Il castello di Ariano. Conferenza, in-8. — Ariano, sta-
bilimento tipogr. appulo-irpino, 1900 (d. dell'A.).
Greppi conte Giuseppe. La rivoluzione francese nel Carteggio di un os-
servatore itahano (Paolo Greppi), in-8. — Milano, U. Hoepli, 1900
(d. d. s. A.).
Guida sommaria del Museo Archeologico ed Artistico nel Castello Sfor-
zesco di Milano, in-8. — Milano, Lombardi, 1900 (d. d. s. Seletti).
Kehr P. Papsturkunden in Venezien und Friaul. Berichte iiber die For-
schungen L. Schiaparelli's. — Gòttingen, 1899, in-4.
Papsturkunden in Malta. Bericht ùber die Forschungen L. Schiapa-
relli's. — Gòttingen, 1899, in-4 (<^' ^' dott. Schiaparelli).
Papsturkunden in Parma und Piacenza. Bericht iiber die Forschuri-
gen von L. Schiaparelli, in-4. — Gòttingen, 1900 (d. d. dott. Schia-
parelH).
Kiener d."" Fritz. Verfassungsgeschichte der Provence seit der Ostgothen-
herrschaft bis zur Errichtung der Konsulate (510-1200), in-8. — Leip-
zig, Dykische Buchhandlung, 1900 (d. dell' Ed.).
La Mantia Vito. Antiche consuetudini delle Città di Sicilia, in-8 gr. —
Palermo, Alberto Reber, 1900 (d. dell'A.).
Lattes Alessandro. Il Diritto Commerciale nella legislazione statutaria
delle città italiane, in-8. -- Milano, Hoepli, 1884 (d. d. s. A.).
LisiNi A. R. Archivio di Stato in Siena. Indice sommario delle serie dei
documenti al i.* gennajo 1900, in-8. — Siena, tip. Sordomuti, 1900
(d. d. R. Archivio di Stato di Siena).
Luzio Alessandro. Un pronostico satirico di Pietro Aretino. Un volume
54<>
KLFNCO ì)VAA.i: ORKKK 1- l'I HHI,U:aZIONI
in-S , p. xLn-164. — Bergamo, Istituto italiano d'arti grafiche, 1900
(d. d. s. prof. Novati).
Majocchi Rodolfo. Catellano Cristiani, notajo visconteo. Notizie biogra-
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Manfredi Silio. L* insurrezione e il sacco di Pavia nel maggio 179G. —
Pavia, lib. edit. Giuseppe Trattini (d. dell' A.).
Manzoni Alessandro. Opere inedite o rare. Volumi 5, in-8. — Milano,
Rechiedei, 1883-1898 (d. d. s. senator Brambilla).
La rivoluzione francese del 1789 e la rivoluzione italiana del 1859,
in-8. — Milano, Rechiedei, 1889 (d. d. s. senator Brambilla).
Scritti postumi pubblicati da P. Brambilla a cura di Giovanni Sforza,
in-8. Voi. I. — Milano, Rechiedei, 1900 (d. d. s. senator Brambilla).
Memorie storiche e documenti sulla città e sull'antico principato di Carpi.
Volumi I-II-III-IV-VI e VII pubblicati in Carpi negli anni 1877-97
(d. d. s. prof. Novati).
Mercati Giovanni. Il catalogo della biblioteca di Pomposa , in-4. —
Roma, 1896 (d. d. s. prof. Novati).
Milano Sanitaria, 1900. Anno V (Direttore: dott. Eugenio Levati),
in-i6. — Milano^ Gonfalonieri, 1900 (d. dell'Ed.).
MiROT Leon. La politique pontificale et le retour du Saint-Siège à Rome
en 1376, in-8. — Paris, Bouillon, éditeur, 1899 (d. dell'Ed.).
Miscellanea di storia veneta edita per cura della R. Dep. Veneta di
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Giessen, Roth, 1894-1899 (d. d. s. Motta).
Nava Cesare. Le recenti elezioni comunali di Milano e l' insuccesso dei
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NoGARA B. Nozze vSoragna Borghi. Ai genitori dello sposo. Milano, XIX
aprile MDCCCC, fol. voi. — Milano, tip. Martinelli, 1900 (d. d. s. A.).
Novati Francesco. La giovinezza di Coluccio Salutati, in-8. — Torino,
Loescher, 1888.
Studi critici e letterari, in-8. — Torino, Loescher, 1899.
L' influsso del pensiero latino sopra la civiltà italiana nel Medio Evo,
in-8. — Milano, Hoepli, 1899.
Indagini e postille dantesche. Serie I, in-S. — Bologna, ZanicheUi,
1899 (d. d. s. A.).
ELENCO DELLE OPERE E PUBBLICAZIONI 54I
NovATi Francesco. Diciannove tra opuscoli ed estratti di varie riviste
italiane ed estere (d. d. s. A.).
Parazzi a. Depositi antestorici in Vhò Cremonese, in-8. — Parma, tipo-
grafia Battei, 1890.
— — La chiesa e la torre di Fossa Caprara. Note archeologico-artistiche,
in-i2. — Cremona, tip. Montaldi, 1892.
Di Francesco Antonio Pinola, scultore in legno e in plastica viada-
nese, in-8. — Viadana, Remagni, 1892.
La musica gregoriana risorta e un buon metodo per eseguirla, in-8.
— Firenze, « Rassegna nazionale», 1894 (d. d. s. G. B. Intra).
Pasqui Ubaldo. Documenti per la storia della città di Arezzo nel M. Evo.
Voi. I. Codice diplomatico (an. 650? — 1180), in-4 gr. — Firenze,
Vieusseux, 1900 [Documenti di storia italiana pubbl. a cura della
R. Deputaz. toscana di st. patria, voi. X] (d. della R. Deputaz. to-
scana di storia patria).
PiccoLOMiNi conte Niccolò. Il Monte dei Paschi di Siena e le Aziende
in esso riunite. Voi. VI. — Siena, tip. e lit. Sordomuti, 1900 (d. della
Direzione).
Pro Serafino dell' Uomo. Abbiategrasso, 11 marzo 1900. Numero unico,
fol. — Lodi, Wilmant (d. d. s. Motta).
QuELLEN und Forschungen aus ital. Archiven und Bibliotheken, heraus-
gegb. vom Kgl. Preussischen Historischen Institut in Rom. Bde I-III,
I. — Rom, Loescher, 1897-1900 (Cambio dell' Istituto storico prus-
siano in Roma).
Relatorio da Directoria do Gabinete "Portuguez de lei turano Rio de Ja-
neiro, 1893-1898, in-8 gr. — Rio de Janeiro, typ. do « Journal de
Commercio» de Rodrigues e C, 1899 (d. dell' Ed.).
Rivista mensile di lettere, di storia e d'arte diretta dal prof. dott. A. F.
Pavanello. A. I, n. 1-3. — Casalmaggiore, stab. G. Granata, 1900
(d. della Redazione).
— di storia antica e scienze affini, diretta dal dott. prof. Giacomo Tropea.
Anni I a IV, 1895-1899. — Messina, 1895-1899 (Cambio della Dire-
zione e d. d. s. Nogara).
Sacchi Maria Fanny. Autobiografia di Defendente Sacchi, con prefazione
e commento, in-8. — Pavia, succ. Bizzoni, 1899 (d. d. *s. Motta).
— — Lettere inedite di Clotilde Tambroni pubblicate e annotate, in-8. —
Milano, Agnelli, 1900 (d. dell'A.).
Salzer dr. Ernst. Ueber die Anfànge der Signorie in Oberitalien. —
Berlin, 1900. Verlag von E. Ehering (d. dell' Ed.).
54^ ELENCO DELLE OPEHE E PUBBLICAZIONI
Sangioroio Gaetano. I primi contorni di una storia commerciale del Me-
diterraneo. — Roma, Soc. edit. Dante Alighieri, kjoo, in-8 (d. dell'A.).
Sant* Ambrogio Diego. Un bassorilievo del rinascimento lombardo in una
sala del Monte di Pietà di Milano, in-8. — Milano, tip. de^l' Inge-
gneri, 1899.
Il pozzo progettato a compimento del cortile del palazzo di Brera.
Con tav., in-8. — Milano, tip. e lit. degl'Ingegneri, 1900 (d. d. s. A.).
Thompson E. M. Paleografia greca e latina. Trad. dall' inglese con ag-
giunte e note di Giuseppe Fumagalli. 2.'* ediz. riveduta ed ampliata,
in-i6. — Milano, U. Hoepli, 1899 (d. d. s. Fumagalli).
Un secolo e mezzo di vita editoriale, 1750-1900. Ricordo della ditta edi-
trice Antonio Vallardi, in-S picc. — Milano, A. Vallardi, 1900 (d. d.
s. Motta).
Schiaparelli L. V. Kehr.
Torelli Ruggero. Sonetti ed altre poesie in dialetto perugino, in-8. —
Milano, C. Chiesa e F. Guindani, 1895 (d. d. s. Verga).
Verga Ettore. Saggio di studi su Bernardo Bellincioni, in-8. — Milano,
1892 (d. d. s. A.).
Vida Gerolamo. Cremonensium orationes III ad versus Papienses in con-
troversia de principatu. — Cremonae • MDL • mense quintil. (d. d.
s. prof. Novati).
Zeitschrift der histor. Gesellschaft fiir die Provinz Posen. Jahrgange
XI-XV. — Posen, Jolowicz, 1896-99 (d. d. s. Motta).
— des Vereins fùr Thùringische Geschichte u. Altertumskunde. Bde IX-XI.
— Jena, Fischer, 1893-98 (d. d. s. Motta).
// Bibliotecario
B. Nogara.
I N D I e K
MEMORIE.
Il Rotolo dell'Archivio capitolare di Novara. — Luigi Schia-
PARELLI Pag. 5
Le leggi suntuarie e la decadenza dell' industria in Milano
(i565-i57o) — Ettore Verìga » 40
Ardengo Folperti maestro delle entrate di F. M. Visconti.
— Studii e ricerche di storia pavese. — Prof. Sac. Ro-
dolfo Majocchi » 267
Mastri da muro e architetti lombardi in Sanseverino-M arche
nel secolo XV. — Memorie e documenti dell'Archivio
Comunale della suddetta Città. — Vittorio Emanuele
Aleandri » 323
Un episodio della lotta tra Francia e Spagna a mezzo il cin-
quecento. — Carlo Duca di Savoia e le sue discordie
con Ferrante Gonzaga. — Arturo Segre » 367
VARIETÀ.
I pretesi rapporti dei Milanesi con Giovanna d'Arco (Contri-
buto alla storia della contesa fra il Panormita e il Rau-
dense. — Felice Vismara » 117
D'un ignoto poemetto del Fossa sulla calata di Carlo Vili in
Italia. — Francesco Novati » 126
Quattro lettere inedite ed un sonetto pure inedito di Carlo
Porta. — X » 137
Usi cancellereschi viscontei. — F. E. Comani » 385
Un organo a Cremona nel 1441. — E). Motta » 413
544 INDICE
BIBLIOGRAFIA.
Salzer Dr. Ernst. — Ueber die Anfftnge der Sij;:norie in
Oberitalien. Beitrag zur italiilnischeii Verfassuiigsgeschi-
clite, Berlin, Ebering, 1900. (Historische Studien, XIV).
— Giovanni Seregni Vaq. 144
Cipolla C. — Compendio della storia politica di Verona ,
Verona, Cabianca (Libreria Dante), 1900. — Giovaìini
Seregni » 14S
Professione Alfonso. — Il Ministero in Spagna e il pro-
cesso del cardinale Giulio Alberoni. Studio storico do-
cumentato, Torino, Clausen, 189S, — Giuseppe Calligaris, » 150
Decio Dott. F. Carlo. — La peste in Milano nell'anno i45i
• e il primo lazzaretto a Cusago. Appunti storici e note
inedite tratte dagli archivi milanesi , con 4 illustrazioni e
2 fac-simili, Milano, Cogliati, 1900. — Ettore Verga . » 160
KiENER Fritz. — Verfassungsgeschichte der Provence seit
der Ostgothenherrschaft bis zur Errichtung der Konsulate,
Leipzig, 1900. — Giovanni Seregni » 418
Bernicoli Silvio. — Governi di Ravenna e di Romagna
dalla fine del secolo XII alla fine del secolo XIX. Ravenna,
tip. Ravegnana, 1898. — E. M. » 420
Majocchi Rodolfo. — Catelano Cristiani notaio visconteo.
Ricerche biografiche. Pavia, Artigianelli, 1900. — Ettore
Galli » 422
Mariane Mariano. — Vita Universitaria Pavese nel sec. XV
Pavia, tip. Artigianelli, 1899. — Ettore Galli .... » 424
Fontana Ferdinando. — Antologia Meneghina. Bellinzona,
Colombi, 1900. — Giovanni Seregni » 427
Anzoletti Luisa. — Maria Gaetana Agnesi. Milano , Co-
gliati, 1900. — Ettore Verga .......... » 42S
ScHERiLLO M, — Spigolature Pariniane in documenti inediti.
Napoli, tip. Giannini, 1900. — F. N » 485
Bollettino di Bibliografia Storica Lombarda (marzo-giugno 1 900) » 1 63-436
INDICE ?4D
Appunti e Notizie .Pag. 196-465
NECROLOGIO.
Cesare Vignati » 473
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA.
Elenco dei Soci , » 206
Adunanza Generale del 28 gennaio 1900: verbale .... » 211
Adunanza Generale del i.** aprile 1900: verbale » 479
Relazione sui lavori intrapresi per il Regesto Diplomatico Vi-
sconteo dalla Commissione a ciò nominata : Relatori
Prof. F. Novali, F. E. Comani, G. Riva, G. Seregni . » 2.5-484
Elenco dei libri ed opuscoli pervenuti in dono alla Biblioteca
della Società nel primo semestre 1900: B. Nogara . . » 546
ILLUSTRAZIONI.
Organo a Cremona nel 1441 » 4i5
Amos M antegazza, gerente-responsabile.
Milano, tip. Pietro Faverio di Con/alonieri Pietro, via Gozzadini, 47'49.
ARCHIVIO STORICO LOMBARDO
1
ARCHIVIO STORICO
LOMBARDO
GIORNALE
DELLA
SOCIETÀ STORICA LOMBARDA
SERIE TERZA
VOLUME XIV — ANNO XXVII
IVI IIv ANO
SEDE
DELLA SOCIETÀ
Castello Sforzesco
LIBRERIA
FRATELLI BOCCA
Corso Vittorio Em., 21
1900
I
La proprietà letteraria è riservata agli Autori dei singoli scritti
Milano, 1900 — Tip. Pietro Gonfalonieri, Via Gozzadini, 47-49'
XXIX LUGLIO MDCCCC
L'inenarrabile sciagura, ond' è stata colpita
l'Italia in quell'infausta notte, che vide un
iniquo assassino alzare la mano parricida
sopra UMBERTO I, il più amato, il più generoso,
il più leale de' sovrani, ha sollevato un grido d'in-
dignazione e d'angoscia in tutto il mondo ; e l'eco
ne risuonerà ben lungo, ben doloroso nelle pagine
della storia. Ma il nome del re buono, divenuto
il re m art ir e, ha preso già luogo oramai tra quelli
de' più grandi benefattori della patria nostra , di
coloro che colla mano, coll'ingegno, col sangue si
travagliarono a farla libera ed una, e la desidera-
rono (così piaccia al cielo far paghi i loro voti !) e
giusta e gloriosa. Dal tempio dell' immortalità, dove
la storia piacquesi assegnar loro altissimi scanni,
insieme a Carlo Alberto, a Vittorio Emanuele II,
protendono le braccia al nipote magnanimo ed in-
feHce — cui l' ostile furore lasciò incolume sul
campo di battaglia, a Villafranca, a Gusto za , e
doveva tórre di vita a Monza, tra l'onesta letizia
di popolare convegno, il piombo vile d'un rin-
X.\l\ I. IGF. IO MDCC.CC
negato I — Carlo Emanuele I, Vittorio Amedeo II,
Emanuele Filiberto ; quanti tra gli eletti spirti della
prosapia sabauda, pur in mezzo alla decadenza mi-
seranda d' ogni nazionale vigore, serbaron fede in-
concussa nell' idea italiana.
Il lutto della patria è lutto domestico per la
Società Storica Lombarda, Del nome venerato e di-
letto d' UMBERTO, fin dai primi suoi passi, traen-
done all'opera propria lietissimi auspici,- essa aveva
fi'egiato il suo albo, dove lo si vedeva risplendere
accanto a quello della «Margherita delle Marghe-
rite». Ed essa andava, a buon dritto, orgogHosa
di vivere e prosperare ormai da più lustri sotto
r egida tutelare d' un monarca, cui niuna manife-
stazione dell' attività intellettuale del suo paese
lasciava indifferente. Occorre forse rammentar qui
ciò che ninno tra noi può avere dimenticato ? Al-
lorquando, tre anni or sono , esultante nell' accom-
pimento d'un disegno lungamente accarezzato, la
Società Storica Lombarda inaugurava la sua nuova
sede nel Castello Sforzesco, redento dalla secolare
abbiezione, non interveniva egli forse a rendere più
solenne, più grata la famiUare allegrezza, in un col-
l'augusta Consorte, col figHo, rampollo nobilissimo
d'una schiatta d' eroi. Colui, del quale oggi siam
pur troppo costretti a lamentare la perdita crudel-
mente immatura?
Un marmo, murato nelle pareti di questo re-
cinto, sacro un giorno alla fede, dedicato oggi al
culto severo delle patrie memorie , eterna codesti
XXIX LUGLIO MDCCCC
ricordi ; giocondi un tempo, ade.sso tristi, ma pur
sempre cari. Essi però meglio ancor che nel marmo
vivono scolpiti nel nostro cuore. E da questo, seb-
bene l'amarezza del terribile momento l'abbia vinto
e prostrato, prorompa ora un saluto, pien di do-
lore insieme e di speranza , al successore di Lui
che non è più, che, « impavido e sicuro », sale al
trono paterno per continuarvi nobilmente le tra-
dizioni d'una stirpe, cui governò sempre la reli-
gione dell'onore e del dovere. Al novello re d'Italia,
al figlio d' UMBERTO I, la Società Storica Lombarda
s'inchina riverente e fiduciosa. VIVA VITTORIO
EMANUELE III !
Dal Castello Sforzesco.
Non appena si sparse nella Città nostra il funestissimo
annunzio della morte di S. M. UMBERTO I, la Presidenza
si affrettò a manifestare alla nostra Augusta Socia, S. M. la
REGINA MARGHERITA, la sua indignazione ed il suo do-
lore per l'inaudito misfatto col telegramma che segue :
Milano, SO luglio igoo.
La Società Storica Lombarda, che andava superba
di aver a patrono il magnanimo Sovrano atrocemente
caduto sotto il piombo assassino, mentre manifesta alla
Maestà Vostra la propria costernazione per l'esecrabile
parricidio, pur in mezzo al lutto ineffabile Vostro, del-
NOTITIA CLERI MEDIOLANENSIS
DE ANNO 1398
CIRCA IPSIUS IMMUNITATEM
Così si intitola un codice cartaceo, della fine del sec. XIV,
copia di un registro, simile agli odierni ruoli di ricche:{:{a
mobile, fatta probabilmente ad uso della Curia Arcive-
scovile (quantunque ora appartenga alla Biblioteca del Capitolo
Metropolitano di Milano, coli' antica segnatura D. 60), e che si
potrebbe considerare quale lo Stato della Chiesa Milanese, o
Milano Sacro dell'anno 1398, come volgarmente si chiama questa
statistica, la cui pubblicazione si intrapprese nell'anno 1761 dal
tipografo Arcivescovile Giovanni Montano. — L'importanza di
questo Stato della Diocesi di Milano, sebbene non molto antico,
è in ragione diretta della scarsità di documenti congeneri. — Il
Giulini (Memorie di Milano, p. IX, pag. 112 e segg.) ha tentato
di ricostruire un Catalogo delle Pievi e dei Luogi della Cam-
pagna Milanese, alla fine del sec. XII: ma, per quanto pregevole
il suo lavoro, non possiamo essere certi che sia completo; poiché il
dotto scrittore, dichiara esplicitamente di aver fatto l' indice sol-
tanto delle Pievi e dei luoghi menzionati nella sua opera. Simile
Catalogo si potrebbe ricostruire sul Liber notitiae Sanctoriim Me-
diolani dì GolTredo da Busserò, Cappellano di Rovello (7 1289); ma
un estratto del Goffredo non avrebbe il pregio di un lavoro origi-
nale, come il nostro; sebbene potrebbe giovare per completare que-
sta preziosa Notitia. Per opportuni confronti, però, ho posto in nota,
indicandoli colla sigla Gof., gli estratti deWIndice sommario (forse
di 2.^ mano) delle chiese e altari di ciascun Pieve, che si trova in
IO NOTITIA CLICKI MEUIOLAiNLNSlS DE ANNO iSqS
calce del Codice di Goffredo, poiché la nostra Notitia non dà ch<
la indicazione dei beneficii o cappellanie, probabilmente il primo
cespite dei beneficii parrocchiali nelle rispettive pievi ; i quali poi
nel decorso dei secoli subirono variazioni, per provvedere ai bisogni
delle popolazioni, specialmente durante il pontificato di S. Carlo,
che darebbe materia per un lungo studio intorno alla soppres-
sione delle antiche parrocchie, alla unione di quelle preesistenti,
e alla creazione di nuove; pel quale studio riesce indispensabile
la Notitia che pubblichiamo.
Quantunque posteriore d'un secolo a Goffredo da Busserò, e
^.Wlndice goffrediano (in parte ricopiato dal Bonvesin da Riva nel
De Magnalibiis Urbis Mediolani, e anche dal Fiamma), questa
Notitia del 1398, p'oichè compilata per cura del Fisco — al quale,
lo sappiamo per esperienza, in ogni tempo difficilmente si sfugge —
è interessantissima, perchè dà in modo presiso la divisione dell'Agro
Milanese, alla fine del sec. XIV, e lo Stato dì tutte le Pievi, Parroc-
chie, Cappelle del Diocesi di Milano, le quali avessero un piccolo
reddito, senza tener conto dei Feudi ecclesiastici, degli Ospedali, dei
Monasteri e delle Canoniche; dati preziosi non meno per la ecclesia-
stica, che per la storia civile, dai quali seppero trarne partito il
Tira boschi (Vetej^a Humiliatoriim Monumenta) e il Dozio (Delle
Pievi BriantineJ, — Per queste ragioni, quantunque il Mazzucchelli
(Osserva:{ioni sopra il Rito Ambrosiano, pag. 36/ e segg.) abbia
già edito lo Status Ecclesiae Mediolanensis anni 1466, ho stimato
opportuno di pubblicare nella sua integrità questa Notitia del
1398, conservando con scrupolosa esattezza l'ortografia originale,
e perchè importante per la toponomastica, e per evitare qualche
abbaglio, troppo facile , nel volere interpretare o correggere, te-
nendo conto dei nomi moderni. Dove poi la lezione mi parve
dubbia, anche dopo avere consultato persone competenti, ho ap-
posto un punto interrogativo, che potrà servire agli studiosi nel
caso volessero verificare l'originale. Non ho poi omesso (come fe-
cero il Tiraboschi, il Dozio e altri, nei pochi estratti da loro pub-
blicati) le cifre di estimo di ciascun ente , perchè sono indizi
della ricchezza di ciascun paese, ospedale, monastero, tee, né vi
CIRCA IPSIUS IMMUNITATEM
è a temere per gli odierni esattori , che iianno saputo superare
gli antichi nei loro accertamenti. Quale poi fosse nel iSpS il va-
lore della lira non sarebbe facile precisarlo: stando al computo
fatto dal prof. Gentile Pagani {Raccolta Milanese, gennaio 1888)
la lira imperiale (i) usata nel Ducato Milanese, che nel i354 equi-
valeva a L. i5o delle nostre, andò deprezzando fino ad equiva-
lere L. 100 nel 1409.
Le altre poche indicazioni aggiunte in nota, che avrei potuto
moltiplicare, mi parvero sufficienti per illustrare il documento,
già voluminoso; per l'intelligenza del medesimo non occorrendo
di dare le notizie , che facilmente si possono trovare presso gli
scrittori Milanesi.
Dott. Marco Magistretti.
(i) Per chi non lo ricordasse, la lira imperiale si divideva in 20
soldi, ed il soldo equivaleva a 12 denari.
12
NOTITIA (..L1:KJ MEDIOLANENSIS DE ANNO iBqS
NOTITIA CLERI MEDIOLANENSIS
DE ANNO I 398
. CIRCA IPSIUS IMMUNITATKM.
TABULA HUIUS LIBRI,
1 (*) Dominus Archiepiscopus
Mediolanensis
2 Domini Ordinarij Ecclexie Me-
diolanensis
3 Hobedientie
4 Canonica Decumanorum
16 Canonica S. Martini ad Corpus
17 „ S. Marie Nove Me-
diolani
18 Monasteria Mediolani
19 Hospitalia Mediolani
20 Capellani porte Horientalis
5
»>
S. Ambrosij
21 „ „ Romane
6
»
S. Nazarij in Broli 0
22 „ ■ „ Ticinensis
7
)>
S. Tegle
23 „ „ Verceline
8
»
S. Georgij in Pallatio
24 „ „ Cumane
9
}}
S. Stefani in Broli 0
25 „ „ Nove
IO
»
S. Marie ad Folcho-
26 Canonica S. Johannis de Mo-
rinum
doezia cum Capellanis
II
w
S. Laurentij Medio-
27 Capellani Curie de Modoetia
lani
28 Canonica S. JuUiani ad Col-
12
1)
S. Bertholamei
loniam
i3
V
S. Kalimeri
29 Fratres et humiliate de Mo-
14
»
S. Sepulchri
doetia
i5
n
S. Protaxij ad Mo-
3o Canonica de Coberta cum Ca-
nachos
pellanis
(i) Per facilitare la consultazione di questo documento, ho aggiunto
a questa tavola e al corrispondente testo i numeri arabici progressivi,
che mancano nelF originale.
CIRCA IPSIU IMMUNITATEM
l3
3i
Can
onica de Treno cum Capei.
64 Canonica de Grogunzola cum
32
, de Cisano „
Capellenis
33
, de Appiano „
65
w
de Segrate „
34
, de Nerviano „
66
»
S. Donati „
35
, de Perabiago „
67
»
S. Petri de Mezate.
36
, de Raude „
68
}}
de Liscate.
37
, de Gerenzano „
69
»
Ss. Stefani et Zeno.
38
de Dayrago „
nis de Decimo.
39
, de Gallarate „
70
w
de Roxate cum Cap-
40
, de Crena „
71
w
S. Victoris de Caxo-
41
Dom
US Plebis de Gallarate
rate.
42
Cane
mica de Angleria cum Ca-
pellanis
72
ti
S. Juliani in Strata
cum Capellanis.
43
1
de Arsago cum Cap.
73
w
S. Alexandri de Lo-
44
f
de Mezana „
cate.
45
,
de Somma „
74
u
S. Michaelis deBasi-
46
>
, de Brebia „
lichapetri cum Cap.
47
f
de Olzate Olona cum
75
,,
de Dexio „
Capellanis.
76
n
de Bollate „
48
1
de Legnano „
77
fi
de Marliano „
49
,
de Varixio „
78
II
de Sevixio „
5o
lì
de Sgìanio „
79
ti
S.Fidelis delncaxate.
5i
de Castro Seprio
80
II
de Galiano cum Cap.
cum Capellanis
81
II
de Inzino „
52
11
de Habiateguazono.
82
II
de Vicomerchato
53
f>
de Arsizate cum Cap.
cum Capellanis
54
)t
de Clivi 0 „
83
II
de Aliate „
55
V
de Travalia „
84
II
S. lohannis in la
56
w
de Lezeduno „
[razia] bazazia
57
»
de Canobio „
85
II
S. Viti ad Lambrum
58
»
de Porlezia „
86
»
de BruzanocumCap.
59
»;
de Criviasca „
87
II
de Prippio „
60
w
de PontiroUo cum
88
II
de Bebulcho.
Capellanis
89
II
de MassaliacumCap.
61
»
S.Georgij de Cornate
90
II
de Barzanore.
62
»
de Cornaliano cum
91
II
de Uglono cum Cap.
Capellanis
92
II
de Cariate „
63
il
de Septrra „
93
II
de Leucho.
H
NOTITIA CLERI MKDIOLANENSIS DE ANNO 1 SpS
94 Canonica de Dervio.
95 „ de Sellano.
96 „ de S. Martini montis
Varene.
97 „ de Vallissaxina
98 In Giara Abdue
99 Canonica S. Alexandri de
Farra
100 Ecclexia S. Martini de Trivilio
101 „ S. Marie de Bregnano
102 „ Ss. Firmi & Rustici
de Caravazio
103 „ S. Marie extra Cara-
vazium
104 „ Ss. Marie et Johannis
de Fornovo
io5 „ S. Laurentij de Ma-
xano
106 Canonica de Arsago cum Ca-
pellanis ultra Abduam
107 „ S. Sigismondi de Ri-
palta
108 Ecclexia S. Marie de Caxirate
109 „ S. Georgi] de Caxirate
110 „ S.PetrideCalvenvano
111 „ S. Nazarij de Spino
112 „ S. Georgij de Pandino
ii3 Canonica et Capellani de Po-
stino
114 Ecclexia S. Marie et S. Lau-
rentij de Crignolo
n5 „ et Canonici portus
Moroni
116 „ S. Georgij etVillalan-
terio
117 Capella S. Christine.
Dux Mediolani etc. Papié ac Virtutum Comes. Sapien. et pruden-
tibus viris dno vicario et duodecim provixionis communis nri Me-
diolani.
Ad tollendum crebras manifestationes (sic) et querellas que nobis
dietim per plures et plures de clero et civitatis et ducatus nostri Medio-
lani diversimode fiunt. iniquitates et enormitates in cleri ipsius extimi
refectione commissas fore allegantes. volimus et vobis mandamus
quatenus una cum totidem adiunctis ad hoc spetialiter vocandis elli-
gatis sex vel octo de clero praedicto bone conditionis et fame intelli-
gentes ac deum timentes. qui non sint aliqualiter de Maioribus et
habentibus maius extimum ymo sint solum de Mediocribus dicti cleri
deinde elligatis vos et dicti adiuncti sex vel octo personas laycas
praticas et intelligentes bone conditionis et fame deumque timentes.
quibus ellectionibus secutis. faciatis quod praedicti clerici et layci ut
supra elligendi. delato prius sacramento debito et opportuno praeviis
bonis et expedientibus informationibus extimum supradictuin secundum
eorum rectam et puram conscientiam corrigant et moderent sic quod
equalitas in dicto extimo protinus servetur et locum habeat. Data
Mediolani die X Aprilis MCCCLXXXXVIII.
Raymondus Jacobinus.
CIRCA IPSIUS IMMUNITATEM
l5
Clerici deputati.
Layci deputati.
D. Antonius de Gluxiano ordinarius
D. Abbas de Gratasolio
D. Prepositus de Dayrago
D. Prepositus de Glaxiate
D. presbiter Christoforus S. Sal-
vatoris
D. pbr. Albertus de Valle
D. Magister hospitalis sancti Sim-
pliziani
D. pbr. Filipus de Busero.
D. Johannes de Cornagijs
D. Johannolus de Comite
D. Johannes de Madregnano
D. Guidetus de Bossiis
D. Beltramolus de Carbonarijs
D. Beltramus de Melzio
D. Leonardus Sansonus
D. Johannolus de porta romana.
1. Doriiinus Archiepiscopus
in extimo L. 600 S. — D. —
2. Ordìnarìj ecclesie Mediolanensis
D. Christoforus de Medicis archipresbyter , . 8 2 8
Item prò ordinaria (i) i5 5 —
D. Leo de Veliate archidiaconus 4 i 4
Item prò ordinaria ]5 5 —
D. Antonius de Gluxiano 7 2 4
D. Matheus de Carcano i5 5 —
D. Johannes de Yspera 3 i —
D. Paganinus de Bizozero 5 1 8
D. Johannes de Homadeis ........ 7 2 4
D. Ambrosius de Veliate 4 i 4
D. Johannes de Grassis 3 i —
(1) Nel sec. XIV erano soltanto due le Dignità del Capitolo degli
Ordinarli, T Arciprete e l'Arcidiacono; e ciascuna aveva due prebende,
quella propria della Dignità, e quella comune agli altri Canonici, detta
Ordinaria.
l6 NOTITIA CLERI MEDIOLA i>hN.^i.^ Uh A.NNO I SqS
D. Thomas de Pusterla L. i5 S. 5 D. —
D. EusebiusReynaproorcliiiariaetCimiliarcha(i) 40 i3 4
D. Marchus de Vicomerchaio 2 — 8
D. Sarandus de Cottis i5 5 —
D. Paulus de Dugiiano 11 3 8
D. Antonius de Vicecomittibus 4 i 4
D. Johannes de Crivellis 2 — 8
D. Lodovicus de Lastrata 4 i 4
D. Johannes de Carcano ...i — 4
D. Comellus de Brippio i5 5 —
Filius dni Thomaxii de Vicomerchato. ... 4 i 4
D. Antonius de Lauello 3 i —
D. Matheus de Carchano primicerius major (2) 6 17 3
L. 212 S. 4 D.
(1) Il Reyna era investito di due benefici, V Ordinaria e il Cimiliarcaio.
Il Cimiliarca era amministratore e custode dei tesori della Chiesa con
onere di manutenzione dei sacri arredi (v. MazzucchellI; op. cit. p. 367) ;
da lui dipendevano 16 Custodi con beneficio di collazione del Cimi-
liarca stesso (V. Beroldus, ediz. Magistretti, Milano, 1894: pp. 55 et i55).
(2) \J Ordinario D. Matteo da Carcano, oltre che investito del-
l' Ordinaria, era anche Primicerio Maggiore, o capo del Clero delle 100
ferule: soltanto nel 1441 il Primiceriato Maggiore venne annoverato
fra le Dignità del Capitolo (V. Beroldus, pag. 154Ì. La istituzione di que-
sta dignità è antichissima (cfr. Landulfus, sen. 1. i, e. 3). Da lui dipen-
devano ed erano collati i benefici della Città, che, secondo la tradi-
zione, si ritenevano i più antichi, dopo il Clero Metropolitano, e le
Obedentie (v. n. seg.), istituite in diversi luoghi della Diocesi, indicati
dalla loro denominazione, ma che in seguito vennero concentrate nella
chiesa maggiore. Senza discutere il valore della accennata tradizione
(ricordata anche in un interessante opuscolo scritto da Francesco Ca-
stelli, ordinario della chiesa milanese, nel 1564, che ci conservò lo
stato del Clero Metropolitano prima delle riforme di S. Carlo) credo
opportuno trascrivere dal Cod. Metrop. " Liber Primicerii Majoris „
scritto nei primi anni del secolo XV, la notizia precisa dei beneficiati
che costituivano il Clero dei 100 de ferula, o dei dipendenti dal detto
Primicerio, che in seguito troviamo registrati in questa Notitia Cleri,
'* Ordinatio ferulae cleri, seu centum presbyterorum, qui portare
debent Archam et Ydeam, et in quadragesima facere scrutinium, et
baptismum in sabbato sancto (cfr. Beroldus, pp. 81, 92, ii3, ii5'i.
Et nota primo quod Canonici canonicae decumanorum numero II
debent portare Ydeam induti camixio et pianeta in festo purificationis
anno currenti MCCCCXIII. Similiter duodecim ex ipsis in die Jovis
CIRCA IPSIUS IMMUNITATEM I7
3. Obedientie (j)
Filius Salvarolli de Gluxiano prò hobedientia
de Colliate L. i S. 12 D. i
Item prò hobedientia de Carimate (?).... i 12 i
Sancto debent interesse ad crisma confìciendum, et baptismum in
gabbato sancto lacere: necnon in lesto resurrectionis Domini prae-
dictam Archam ad ecclesiam aescivam portare , in testo dedicationis
ad ecclesiam yemalem.
MCCCCXIIII. Canonici S. Ambrosii n. XII debent portare et facere
omnia prout supra dictum est.
Deinde Canonici S. Teglae num. XII, MCCCCXV supra dieta com-
plebunt.
Canonici S. Nazarii num. XII. MCCCCXVI, ut dictum est latient.
Canonici S. Georgi! in Palatio, n. VIII cum IV canonicis S. Bar-
tholomei MCCCCXVII.
Octo ex Canonicis S. Laurentii cum quatuor canonicis S. Naboris
(i quali, in seguito, nello stesso codice, sono detti Canonici Sec. Mariae
ad Ftdchorimim perchè quivi vennero traslati questi benefici, quando
nella prima metà del sec. XIII la basilica naboriana fu data ai France-
scani) MCCCCXVIIL
Octo ex Canonicis S. Stefani cum quatuor S. Martini ad Corpus
MCCCCXVIIII.
Duo Canonici S. Kalimerii cum infrascriptis cappellanis :
Primo {in Porta Romana) Capellanus S. Eufemie: Capellanus
S. Joannis ad Concham : Capellanus S. Alexandii in Zebedia.
In porta Horientali: Capellanus S. Babillae sive S. Romani: Ca-
pellanus S. Michaelis sub Domo.
In Porta nova Capellanus S. Fidelis.
In Porta Cumana Capellanus S. Karpophori.
In Porta Vercellina Capellanus S. Vitalis.
In Porta Ticinensi Capellanus S. Mariae ad Circulum. et S. Petri
in Campo Laudensi.
numero XII omnes isti debent simul portare in anno currenti
MCCCCXX. Et sic rivertendum est a capite. „
I cento delia ferula in origine chiamavansi tutti decumani, nome
che trovasi usato anche fuori di Milano; ma in seguito restò speciale
dei Canonici addetti alla Chiesa maggiore Iemale (v. n. 4). Da un pro-
cesso del 1289 (v. PuRicELLi, Dissert. Nazariana, cap. CXII) consta che
alla fine del sec. XIII il capellano di S. Carpoforo non era ancora
compreso nel numero dei cento, e così pure il Capitolo di S. Nazaro,
quantunque il Puricelli sostenga che nel detto processo, invece di ca-
nonici S. .Naboris, come abbiamo anche nel ms. e nel Liber primicerii
maj.y si debba leggere S. Nazarii, correzione questa afi'atto arbitraria.
(i) In ordine gerarchico, precedevano i notai, i lettori ed i mazv
zeconici (v. Beroldus, p. 35), i quali, a quanto pare, non avevano be-
Arc/i. Star. Lomh. — Anno XXVII. — lasc. XX VII. 2
|8 NOTITIA CLERI MEDIOLANENSIS DE ANNO I398
I l'I. Lhristoibrus de Arisiis prò hobedicntia
Stefìani gnandete (?) L. 8 S. io D. io
D. Johannes de Salotiis prò hobedicntia de
Clari 4 li 6
Zanala de Dexio prò hobedientia de Carimate 4 11 6
D. Thomas de herbapro hobedientia de. (sic). 2 4 10
Hobedientia de Septara sive de Premcnugo .3 7 2
pbr. Laurentius de Porris prò hobedientia de
Birago 2 4 9
pbr. Christoforus de ortolanis prò hobedien-
tia de. (sic) 2 4 9
Guidetus de Bossijs prò hobedientia de-Gregna-
no m(er)cido i 2 5
Filius poiroli de Giochis prò hobedientia de
Varredo i 2 5
Pbr. Ambrosius de Cerro prò hobedientia
Petri prealoni — 11 3
Loco Ambrosii de panigayrclis 4 2 4
Loco Fratris drudi — 11 3
Loco Mafioli de Castiliono (i) i 4 5
L. 39 S. i3 D. 7
4. Canonica decumanorum (2)
D. Johannes Carpanus archipresbyter . . L. 27 S, 19 D. 4
Pbr. Ambrosius de Cerro i3 19 7
neficio proprio; le obedienze , beneficii collati dal Primicerio Mag-
giore, senza obbligo di residenza nella chiesa metropolitana (v. Mazzu-
CHELLi, op. cit.), vennero soppresse da S. Carlo (v. Giulini).
(i) Nello Stato del 1466 (v. Mazzuchelli, o. c.) oltre le obedientie
sono enumerati: Cappellani XVI prò missis dicendis. ... XVI Cttstodes
(per il servizio) ed i Vegloni et Veglonisse, che avevano redditi molto
tenui, cioè semplici distribuzioni, non beneficii propriamente detti.
(2) Il Capitolo dei Decumani serviva nella Chiesa maggiore, e come
leggesi nello Stato del 1466: " isti cantant primam missam bono mane „
mentre il Capitolo degli Ordinari funzionava alternativamente, secondo
4e stagioni, nella Chiesa Iemale di S. Maria Maggiore, e nella Chiesa
Estiva di S, Tecla, che aveva anch'essa un clero o capitolo proprio
(V. più avanti n. 7).
CIRCA IPSIUS IMMUNITATEM ip
D. Conradollus Cagnolla L. io
D. Ambrosius de blanchis de Veliate .... 9
D. Antonius de Synellis 6
pbr. Christolbrus de Arixiis 6
Magister Johannes de Cagnollis 7
Pbr. Johannes ce Bexutio 7
lohannolus dictus Zanalla de Dexio .... 11
Guilielmus de Arsago 3
Johannes de Ca^^rate 8
Christolbrus de Arixiis 4
D. Sarandus de Cottis 3
Capella sci Martini de La(m)brate 6
Capella de Calvariate 8
3 D
• 4
3
—
12
2
H
3
14
7
14
7
3
8
9
2
8
8
9
6
I
—
2
—
2
7
L. 134 S. 7 D.
5. Canonica Sancti Ambrosi]
D. Praepositus dee Canonice L. 33 S.
D. Michael Prealonus 12
D. Marcholus Mondella 11
D. pbr. Franciscus Sallinbene 14
Ambrosius de Colldirarijs (sic) 8
Christolbrus de Arixiis :o
Ambrosius de Landriano io
D. Antonius de Baronibus 5
Beltramus de Robiano 12
Beltramus prealonus 6
D. Johannes de Larmayrola 7
Lanzarotus de Gresago (?) 11
Gabriel de Marzagoris 11
Ambrosius de Curadis io
Superstantiaria (i) diete ecclesie 35
II u
. —
8
I
3
8
II
—
19
—
3
4
II
7
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—
6
8
14
3
14
7
3
8
3
8
3
4
II
8
L. 201 S. 17 D.
(i) I redditi della superstantiaria credo avessero uguale destina-
zione di quelli del cimiliarcato della Chiesa maggiore.
20 NOTITIA CLERI MEDlOLANLNbl.s Di: ANNO I SqS
6. Canonica Sancti Nazari] in Brollio (i)
D. Franciscus de Buschis pracpositus prò dua-
bus praebendis L. 18 S. 6 D
D. Antonius de Vicecomittibiis loco dni Johan-
nis de Caxelleto . 21 3
D. Johannes de Nouellina (?) 19
D. Raynoldus de RozoUio 10
D. Aaron Spinella i3
D. Bassianus de Roziis 9
D. Gabriel de Cuxano 9
D. pbr. Antonius de Longo i3
D. Filipus Capelliniis i3
D. Michael de Roziis eius loco Franciscus de
la Cruce 5
D. pbr. Johannes de Vicomerchato 14
D. Branda de Castiliono 5
D. Johannes de Salutiis 9
Curadus de Strata i3
D. Nicholaus de paravicino ....... 12
. Magister Johannes de Nava 3
Capella sancte Marie sita in dieta ecclesia que
appellatur capella de la florana 5
Capella sancti Donati sive Bernardi in dieta
ecclesia 2
Capella sancti Johannis sita prope dictam ec-
clesiam i
Capella sancti Michaelis sita in dieta ecclesia. i
Capella sancti Augustini sita in dieta ecclexia. 3
Capella sancti Matroniani ut supra i
(i) Il dott. G. Mercati; in nota a La leggenda dei Santi Nazaro e
Celso, (v. Ambrosiana = Distert. VII, pag. 58), opportunamente ricordò,
che Brolo è corruzione della voce greca tv-piSoIlo^j, hortus.
—
3
3
•1
8
6
3
—
3
—
8
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—
8
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—
I
—
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II
6
I
—
IO
6
CIRCV IPSIUS IMMUNITATEM 2 1
Capella sancti Ambrosii ut supra L. i S. io D. 6
Capella sancte Marie ut supra 2 — 8
L. 208 S. II D. I
7. Canonica Sancte Tegle (i)
D. Paganinus de Bezozero praepositus. . . L. 4 S. i D. 4
Item prò canonicatu -4 i 4
D. Ambrosius de Veliate — 12 3
Pbr. Stefanus de Medicis de Nevate .... 5 11 io
Franciscus de Monte i 4 4
D. pbr. Dominicus de ponzano io 3 4
D. Protaxius de Bozolanis (?) de Soma ... 4 9 6
Antoni US Flandronus (?) 8 19 —
Marcholus de Toschanis i i3 .7
D. Christoforus de Medicis 4 9 7
Pbr. Augustinus de Bugatis — 3 i
D. Jacobus de Arixio 4 9 6
Beltramus de Cizate i 2 4
Superstantiaria diete ecclesie 66 8 8
Capella sancti Claudi sita ut supra — i i
L. 117 S. IO D. 7
8. Canonica Sancti Georgi! in Pallatio
D. Johannes de Larmayrola L. 16 S. 17 D. 6
D. Antonius de Gaytonibus 5 11 10
Antonius de Sessa 5 11 io
pbr. Vincentius de Buttis 4 9 6
Nichorolus de Schanio 4 9 6
(i) Dal processo del 1289 già citato, risulta che oltre il titolo di
S. Tecla, questa chiesa chiamavasi anche del Salvatore " duodecim in
canonica S. Tegle, quae dicitur ecclesia Salvatoris, seu quod ita con
Suevit appellari,,. — Gof. nella Notiiia Sanctoriim, etc. (n. 862) enu-
mera 6 chiese in Milano dedicate al Salvatore: " Eccla que nunc di-
citur sce Tegle. Eccla que nunc dicitur sci Dionisii. Eccla quo nunc
dicitunsce Radegundii. Eccla que nunc dicitur sci Viti majoris. Eccla sci
Salvatoris ad murum : et sexta est eccla sci Salvatoris ad Scnodochium „.
22
NOTITIA CLERI MEDIOLANKNSIS DE ANNO I 3 98
D. ConradoUus Longus L. 4
D. pbr. Girardus de Brioscho 5
D. Manlredus de Gazonibus (?) 2
pbr. Jacobus de Brena 7
D. Jacobus de Arexio 2
Christoforus de Arixiis (sic) 2
Gabriel de Bellonibus 7
Capella sancti Ambrosii sita in dieta ecclesia
per condam dominum Paulum de Brayda . 3
S.
9. Canonica Sancti Stefani in Broliio
D. Pbr. Degnanus de Nava praepositus . . L. 4
D. Gasparinus de Muzano (?) 14
D. pbr. Dominichus Caxina 10
D. Michael de Roziis 11
Christoforus de Crassis 11
D. Eusebius Regna (sic) 13
Superstantiaria diete ecclesie, h ' —
Capella sancti Christofori sita in dieta ecclesia
constructa per condam Nigrum de Septara . 4
Capella sancti Antonii ut s 2
Capella sancte Luzie ut s 2
Capella sancti Martini ut s 2
9 K
►. 6
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16
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16
7
L. 73 S. 8 D.
S.
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8
—
4
14
II
H .
11
19
7
L. 76 S. 3 D.
IO. Canonica Sancte IVIarie ad Folchorinum (ij
Dominus praepositus diete ecclexie ... L. 11 S. 3 D. 8
Loco dni Filipoli de Bezozero i5 -3 2
(i) A questa chiesa, come è detto nel Liber Primecerii Majoris,
erano stati aggregati i Canonici S. Naboris, dopo che la loro basilica
fu ceduta, nel i255, ai frati minori. Cfr. Giulini, 0. e, Vili, p. 122.
CIRCA IPSITTS IMMUNITATEM
Thomas de Homadeis L. 8 S. 19 D. —
D. Thomas de Pusterla 11 3 8
D. pbr. Petrus de Forsano 9 3 —
D. Branda de Castiliono 4 9 6
Filius Aynulfi de Comitte de Pusterla ... 7 16 7
Johannes de Bonis 6 i3 3
74 S.
If. Canonica Sancti Laurent!] Mediolani (i)
De Johannes Sumaripa prò praepositura et ca-
nonicatu L. 16 S.
Franciscus de Alyate 6
Loco dni Cardani 6
Pbr. AndrioUus de Pado 6
Lanzarotus de Tersago 9
Pbr. March olus de Robiano 5
Petrus de Mediolano .5
D. pbr. Antonius de Carchano 5
D. Matheus de Borsano 6
Pbr. Georgius Grassus 5
Prb. Rugerius de Bossiis 2
Pbr. Petrus de Barbariis i
Capella illorum de Comxite que tenetur per
pbr. Martinum {?) 4
Capella sancti Petri ut s , . , . i
Superstantiaria diete ecclesie 11
7 I
). 5
14
3
14
3
14
3
IO
2
II
IO
I
8
II
IO
14
3
I
8
4
9
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4
.
I
4
~
4
3
8
L. 93 S. 12 D.
(i) Nel Processo del 1289 il teste Albertino Conte (v. Puricelli, o. c,
p. 572) rispondeva, che di canonici appartenenti al clero delle 100 fe-
rule eranvi " in Sancto Laurentio octo, computatis quatuor, qui con-
sueverunt esse de ecclesia Sancti Eustorgii, quae unita est cum illa
ecclesia Sancti Laurentii (quando, nel 1220, secondo Goffredo da Bus-
serò, nelle mem. di S. Domenico, e secondo il Corio, la basilica eustor-
giana fu assegnata ai Domenicani) in qua erant alii quatuor, et sic sunt
modo octo „.
•^4
NOTiTIA CLERI MEDIOLANKNSIS DE ANNO 1 398
12. Canonica Sancti Bartholomei Mediolani (i)
Pbr. Antonius de Castiliono Canonicus . . L. i S.
Marcholus Toschanus i
Belt. de Cizate i
Loco pbr. Belt. de Dulceboni i
i3 D.
7
j3
7
3
5
i3
7
L. 6 S.
D.
13. Canonica Sancti Kailmeri
D. pbr. Antonius de Molteno L. 12 S.
Leo de Molteno 11
Pbr. Johannes de Forsano 11
Capella sanate Marie ut s 3
Capella sancti Antonii ut s 5
12
D.
2
)6
11
9
10
7
2
—
8
L. 44 S. 6 D.
14. Canonica Sancti Sepuiciiri (2)
Pbr. Sydraah de Balbis L. 5 S. 11 D. io
Pbr. Franciscus de Veliate 12 6 i
Pbr. Franciscus de Cortexella 12 6 i
L. 3o S. 3 D.
(1) Questi canonicati fino al 1120, secondo il Puricelli {o. c, p. 570%
appartenevano alla basilica di S. Dionigi, che poi fu assegnata al mo-
nastero contiguo, eretto per disposizione dell' arcivescovo Ariberto.
(2) In Gof. da Busserò leggesi : " An. io36 edificata est eccl. S. Se-
pulchri ad scuriolum Mediol. vz. an. 16 archìepi Dni Heriberti Me-
dio!. „.
CIRCA IPSIUS IMMUNITATEM 2D
15. Canonica Sancti Protaxii ad Monachos.
Melchior de Maynerijs L. ii S. 3 D. 8
pbr. Luchinus portalupus ........ 9 — —
Dns. Grazinus (sic) de Caymis 11 3 8
L. 3i S. 7 D. 4
■
16. Canonica Sancti Martini ad Corpus
Pbr. Ambrosius de Gullasica cum tribiis aliis
Canonicis , L. 7 S. 5 D. 5
L. 7 S. 5 D. 5
17. Canonica Sancte IVIarie Nove IMediolani (i)
Dominus praepositus diete Canonice ... L. 12 S.
Vigintì Canonici diete Canonice ad computum
de L. 6 prò quolibet 120
Clericus pbri Vincentij de Agris 6
L. i38 S. — D.
18. IMonasteria iVIedioIani
Monasterium Clare Vallis L. i5oo S. — D —
„ de Myramundo 3i8 4
„ de Gratasolio 228 i3 4
(1) È questa la Collegiata, poi detta della Scala, fondata nel i383,
in porta Nuova. Più sotto fra le Cappelle di Porta Vercellina è indi-
cata una cappella " Sancta Maria Nova q. Jacobi Schachabarozii „.
2(] NOTITJA CLERI MEDIOLANENSIS DE ANNO iSqS
Monasterium Sancii Ambrosi! (i) . . . . L. 726 S. — D.
„ Sancii Sympliciani 448 —
Item Superstantiaria — —
Monasterium Sancii Gelsi 447
„ Sancii Dionisij 2o3
„ Sanctis Victoris 228
„ Sancii Vinceniii intus pratum . 228
„ de Clivate 279
„ de Carsenzago 366
„ de Brinate 325
„• Sancte Christine 228
Domus de Tempio 177
Monasterium de Calvenzano 95
„ sive Canonica de Campo Mortuo 94
„ de Figina 81
Canonica Sancii Barnabe (2) 81
Monasterium Maius 284
„ Sancte Redegunde 2o3
„ Horonum (sic) cum Monasterio
de Cornate unito secum . . loi
„ Sancte Margarite 17
„ Novum 55
„ Lantaxium 96
„ Bocheti 55
„ Sancii Jacobi 8
„ Sancte Marie in Valle .... 20
„ de Lantate 9
„ de Cambiago Angelli Sichi. . . 3
Domus dominarum de Intusvineam .... 61
,; „ Virginum porte Ticino nsis 63
(i) Dipendenti dal Monastero di S. Ambrogio, sebbene comprese
nei confini della Diocesi milanese, erano le terre di Campione, Li-
monta e Civenna non indicate in questa Notitia. Gli statuti civili e cri-
minali di queste dipendenze dell'Abbate di S. Ambrogio furono stam-
pati in Milano negli anni 1689 e 1640.
(2) Nello Status Eccl. Med. del 1466, edito dal Mazzucchelli, si legge :
" Monasterium sci Barnabe extra muros Mediolani „ dei Canonici Re-
golari, ora Collegio dei PP. Barnabiti. Cfr. Giulini^ t. V, p. 444.
7
—
7
8
14
—
'4
—
14
—
II
—
II
—
18
—
IO
7
IO
7
7
—
7
—
IO
—
7
—
14
—
18
—
19
—
12
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19
—
3
—
6
6
i3
—
7
2
IO
2
8
IO u
—
IO
—
i8
4
6
8
i5
6
CIRCA IPSIUS IMMUNITATEM 27
Domus dominarum supra Murum (?) . . . L. 64 S.
„ „ Veterum 64
„ „ de Archagniago .... 65
„ „ de Cantaluppo .... 61
„ „ Sancii Petri supra dorsum 20
„ „ Sancte Marie de Cambyago i6
„ „ Sancii Auguslini de Cam-
biago 16 — —
„ „ de via levala (?).... 9 — —
„ „ de Ranchale 11 3 8
„ „ Capuciarum (sic) de Co-
xorizio 22 7 4
„ „ Sancle Clare sive de la
Cyresa ii 3 8
„ „ Sancii Petri in lerrasancla
de Vedano i5 5 —
„ „ Sancii Luce prope san-
cium Franciscum ... 5 i 8
„ „ Sancte Caldine prope san-
clum Symplitianum . .3 7 2
„ Sancii Ambrosii ad Coslam .... 2 — 8
„ dominarum de Viglenlino io 10 2
„ fratrum humiliatorum de Mirasole cum
capella sancii Salvaloris prope san-
ctum Pelrum ad Ortum prò Lib. X. 258 — —
„ fratrum humiliatorum Brayde . . . 3i6 — —
„ „ „ de Vicoboldono 3oo — —
„ „ „ porle Horien-
talis .... 191 — —
„ „ „ Sancii Spirilus 2i3 2 —
„ „ „ de Monte forti no 14 —
„ „ „ Sancii Kalimeri
cum domo de
Gallarate et
domo de Gio-
cano (?) uni-
tis secum . . 195 — —
„ „ „ de la Canova (sic) 45 — —
28
NOTITIA CLERI MEDIOLANENSIS DE ANNO l3gS
Domus fratrum humiliatorum SancteTrinitatisL.
96 S. - D.
„ „ „ de Glaxiate . .
210
—
—
„ „ „ Canoni ce Matris
Domini . . .
24
—
—
de Otaziis . .
85
34
—
„ „ „ de Carugate .
5o
—
—
„ „ „ de Marliano .
79
10
—
„ dominarum de Blasono cum domo do-
minarum de Maria de Busti
8
JO
6
Domus dominarum humiliatarum de Baynera .
3
n
4
„ „ Sancte Marie ad Circulum
cum domo de Aziis. et
domo Sancii Martini de
S(fr)enio (?) unitis secum
8
8
10
„ „ de Senadochio (sic) . . .
IO
3
4
„ „ de Tegnono
I
2
5
„ „ de Caxirate
6
—
—
„ „ de Viglinano de Montaziis
I
2
5
L. 9681 S. i5 D. 8
9. Hospitalia Mediolani
Hospitale BroUij Mediolani L. 1260
Item prò Capella de Ganazio (sic) plebis San
Juliani 3
Hospitale Sancii Ambrosij 284
„ „ Siraplitiani i53
» » Gelsi . , ii5
„ Novum 193
Item prò domo fratrum de Senago unita secum i
Hospitale Sancii Vincentii inius pratum . . 106
» „ Dionixij 45
» „ LSLZSLTÌ 2l5
» „ Nazarij si ve porcorum (sic) 62
„ Sancte Crucis 139
» „ Kateline 20
Domus fratrum de la Columbeta io
S.
18
D. -
4
—
8
6
18
—
—
6
i5
7
i5
—
i5
—
17
—
6
—
8
4
3
+
CIRCA IPSIUS IMMUNITATEM 29
Hospitale Sancii Martini L. 5 S. — D. 8
„ „ Bernardi 8 3 8
„ de la Magdalena i —
L. 2591 S. 3 D. 7
20. Porta Horientalls (i)
Capella Sancti Jacobi ad Rande . . . . L. 11 S. 3 D. 8
„ Sancte Marie passerete 6 17 —
(i) La divisione della città in sei porte o regioni, e antichissima;
né qui occorre provarlo. Se per la topografìa milanese questa Notitia
delle chiese e relative cappellanie esistenti alla fine del sec. XIV è
importante; a stabilire l'antichità di alcune di esse, ancor più gioverà
conoscere l'elenco di quelle in cui, nei sec. IX e XI, si faceva la Sta-
zione durante le processioni del triduo delle Litanie Minori. Questo si
può dedurre da due codici antichissimi, cioè Y Evang elistar io del sec. IX
(Bibl. Ambr., cod. : A. 28 inf.) ed il Lezionario (del quale i PP. Bene-
dettini di Solesmes ora hanno edito un indice o Capitulare, — Aii-
ctarium Solesmense, voi, I, p. 198 e segg. — dove è a notare che la loro
opinione relativa all'età di questo codice non è confermata dal giu-
dizio di competenti paleografi, che lo assegnano al sec. XI piuttosto
che al XII, come vorrebbero gli eruditi editori). L'elenco delle chiese
visitate, che qui riproduciamo, è tolto dal codice più antico (sec. IX)^
e le varianti o aggiunte, segnate fra parentesi, sono quelle del Lezio-
nario del sec. XI.
Incipit de LETANIIS Triduanis. '
Die primo. In die sccundo.
In SCO Simpliciano In sco Fidele
In SCO Carpophoro In sco Dionisio
In sco Protasio (in campo) Ad Concilia Sanctorum (Ad scum
In sco Victore ad Ulmum Romanum). [Nel libro Primi-
In sco Victore ad Corpus cerii Maj si dice: Capellanus
In sco Martino. S. Babbile sive S. Romani].
In sco Angustino (Ad scum Vin- In sco Stephano
centium) In sco Kalimero
In sco Ambrosio In sca Agathe
In sco Vitale In Basilica Apostolorum
In sca Valeria In sco Alexandro
In sco Nabore In sco Joanne (ad Concam)
In sco Victore ad Refugium (ad In Ecclesia Minore (ad Missam)
Theatrum) [cioè S. Tecla].
In Ecclesia Malore (Ad Missam) j^j ^-^ tertio.
In sca Eufymia
?0
NOTITI A CLERI MEDIOLANENSIS DE ANNO 1 398
Cappella Sancti Salvatoris in Senadochio . L. 7
Clericatus supradicte ecclexie ...... 3
Capella Sancti Simplitiani i
„ „. Viti in Pasquirolo 8
„ „ Petri ad hortum 9
„ „ Martini in Compedo .... 8
„ „ Raphaellis 4
„ „ Babille 6
„ supradicte ecclexie prò presbytero
Jacobo de Inarzio 6
„ supradicte ecclexie prò presbytero
Paulo de Oddonibus 8
„ supradicte ecclexie prò presbytero
Martino 8
„ Sancti Zenonis in Pasquirollo ... 2
„ „ Pauli in compedo 7
„ supradicte ecclexie 7
„ Sancti Michaelis sub domo cum clerico 7
„ „ Steffani ad Terragium ... 6
„ » Primi 2
„ „ Georgii ad puteum album . . 3
„ „ Martini de Grecho 2
„ Sancte Marie de Turri 12
„ „ Eufonie in porta horientali. . —
„ sita prope sanctum Babillam (i) quam
tenet pbr. Jacobus de Inarzio. . . —
Sancti Romani —
S. 12 D.
7
8
IO
18
16
16
5
IO
IO
—
IO
__
'4
14
—
8
—
IO
—
4
—
5
—
4
—
IO
2
IO
2
:o
2
In S. Nazari o (in Campo), [ora
Tempio di S. M. dei Miracoli
presso S. Celso]
In SCO Celso
In SCO Eustorgio
In SCO Laurentio
In SCO Xysto
In Basilica Domini Salvatoris (Ad
scum Vitum). [Nel Beroldo,
p. 98, leggesi : In eccl. S. Sal-
vatoris quae modo S. Viti ap-
pellatur]
In sca Maria (ad circulum)
In SCO Quirico
In SCO Georgio
In SCO Sebastiano
In sca Maria (Bertrade)
In Ecclesia Majore (ad Missam).
(i) Nello Sfato del 1466 si legge: " Eccla.... S. Romani. Alia Ca-
pella ibidem „.
CIRCA IPSIUS IMMUNITATEM 3l
Gufredolus Menclozìus alamanus maior cum
alamano minori (i) 44 S. io D. —
Capella Sancti Stefìani sitajuxta cohopertum
sancti Zenonis porta horientalis 3 i —
Capella Sancte Marie de la stella sita extra
portam Tousam i — 4
L. 193 S. 8 D. 6
21. Porta Romana
Capella ecclesie Sancti Lazari L. 5 S. 12 D. —
„ Sancti Johannis ad concham .... 16 i3 —
Clericatus supradicte ecclexie ......11 2 —
Capella Sancti Satyri i3 8 —
„ Sancti Michaelis ad murum ruptum .6 io —
„ Sancte Eufomie 6 14
„ supradicte ecclexie prò presbyteroFatio 6 54 —
„ Sancti Victoris ad portam Romanam (2) 6 14 —
„ et Clericatus Sancti Johannis ad Au-
girollum (3) 6 — —
„ Sancti Zenonis ad Portam Romanam 7 — —
„ Sancte Marie Beltradis ...... 12 — —
„ supradicte ecclexie io io —
„ Sancti Johannis evangeliste sita ut s. 7 4 —
„ „ Mathie in Moneta 9 18 —
„ „ Bartholamey in curte de Me-
legnano 6 10 —
„ „ Johannis ad fontes (4) ... 3 7 —
(i) Alamamis era l'investito del beneficio fondato da Adelmano
Menclozzi nella Chiesa di S. Giorgio al Pozzo Bianco (an. 956): Ala-
manus minor era quello investito di un altro beneficio fondato da un
altro Menclozzi (v. Giulini, o. c). In un opuscoletto del Frane. Castelli,
già citato, di questi beneficiati si legge: " sunt saeculares, sed non
possunt esse uxorati, et habent ad pias causas diversa onera, et dece-
dente majore minor succediti et sunt de domo Menclotiorum „.
(2) Nello Stato del 1466 è detta " ad Crucetam „.
(3) In tempi a noi vicini, il volgo chiamava questa chiesa: S. Gio-
vanni in guggiroo.
{4) Nello Stato del 1466 è aggiunto " destructa fuit propter curiam
Arengi. „
32 NOTITIA CLERI MKDIOLANENSIS DE ANNO I SqS
Catella Sancii Andree ad niurum ruptum . L. 2 S. 4 1).
„ „ Johannis Ytolani 4 io
„ Sancte Marie de Viglentino .... 4 10
Clericatus supradicte ecclcxie 5 —
Capella Sancti Vicentii ad Septaram ... 7 10
„ Sancte Marie constructa in ecclesia
sancti Mathie in Mota (?).... 5 9
„ Sancti Stefani ad Centenayrollum in
Rugabella
L. i65 S. 9 D. 10
22. Porta Ticinensis
Capella Sancti Petri in curte L. i S. 2 D. —
„ condam domini Ardizoni de Cernite .4 10 —
„ Sancte Marie ad circulum 6 14 —
„ supradicte ecclexie 6 14 —
„ Sancti Quirici 5 — —
„ „ Petri in Campo Laudensi . . 3 7 —
„ supradicte ecclexie prò presbytero
Jacobo 6 14 —
„ Sancti Petri in Caminadela .... 8 7 —
„ „ Victoris ad puteum 3 7 —
„ Vitti 8 i3 —
„ „ Sebastiani ........ 7 14 —
„ supradicte ecclexie 7 14 —
„ Sancti Maurillij (i) 6 14 —
„ „ Alexandri in pallatio (s) . . . 7 14 —
v „ Systi 2 2 —
„ „ Godeardi sita extra portam Ti-
cinensem 2 — 8
,, „ Antonij sita in ecclexia Sancti
Alexandri in Zebedia . . i 4. —
(lì In Goffredo da Busserò, si legge : " De S. Maurilio est eccla
ad quinque vias ubi vadunt Ordinarii „.
(2) Nello Sfato del 1466 è detta semplicemente " S. Alexandrini „.
CIRCA .IPSIUS IMMUNITATEM 33
Capella Sancti Alexandri in Zebedia . . . L. ii S. — D. —
„ supradicte ecclexie 7 i5 —
„ Sancti Michaelis ad Cluxiam .... 7 — —
„ supradicte ecclexie 6 10 —
„ Sanctorum Petri & Pauli sita in hospi-
tale Sancte Cateline Mediolani . . 4 i — '
„ Sancti Tranquilli sita in ecclesia Sancti
Sebastiani per iilos de Scarpigeris(?) 3 — —
„ Sancte Marie sita in ecclesia Sancti
Quinci (i) ......... . 2 — 7
„ Sancti Ambrosiiin Solayrolo ... 6 12 —
„ „ Firmi (2) -2 — —
L. 339 S. 9 D.
23. Porta Vercelina
Capella Sancti Petri supra dorsum . . . . L. 5 S. it)
Sanctorum Stefani^ Zenonis et Johannis
in parochia Sancte Marie Pedonis i 2
Sancti Petri ad Linti (3) 7 5
de Cipis 3 6
Monasterii novi 3 —
Sancti Mathei ad banchetam .... 6 io
„ Victoris ad theatrum .... 2 4
supradicte ecclexie 8 18
Sancte Marie ad portam 9 i3
supradicte ecclexie .10 io
Sancte Marie Pedonis 3 10
supradicte ecclexie 3 —
(i) Parrocchiale distrutta nel 1610 (Puricelli, Naz„ e. 64) situata
vicino alla porta del soppresso Monastero di S. Orsola [Lattuada, Descr.,
IV-62).
(2) Gof. indica anche una chiesa di S. Materno, qui non registrata:
"De S. Materno est.... eccla ad Carubium porte Ticinensis „.
(3) Si legge ad linti anche nello Stato del 1466, ma forse era una
corruzione invece di et Lini, come ancora si denomina la piccola
piazza in via Meravigli.
Arch. Star. Lotnb. — Anno XXVII. — Fase XXVII. 3
34
NOTITI A (.LF.Rl MKDIOLANLNSIS DE ANNO l3gS
Capella rondam Enrichi Schachabarozij in pa-
rochia Sancte Marie Pcdonis . L. 3 S. —
„ Sancti Nicholay i —
Johannis supra muriim. ... 3 —
Vitalis 3 2
Laurentii in Civitato .... 6 io
Vallerie 14 —
Petri intus vineam 5
Sancte Marie Nove. q. Jacobi Scha-
chabarozii 4 —
Sancti Christofori in ecclesia Sancte
Marie ad portam .... — io
„ Antonii in ecclesia Sancti Jo-
hannis supra murum . . 1 —
dotata per illos de Castello in ecclesia
Sancti Petri intus vineam ... 2 —
D.
L. 107 S. i3 D.
24. Porta Cumana
Capella Sancti Zipriani L. 5 S. — D. —
,; „ Damiani in carobio . . . . i3 — —
j, „ Eusebij 6 5 —
„ „ Silvestri 6 'io —
„ „ Laurentii ad torrigium (sic). .3 i5 —
V „ Illarij 3 2 —
» „ Dalmatij 8 18 —
„ „ Michaelis ad Gallum .... 14 i5 —
„ Sancte Marie secrete 12 5 —
„ Sancti Marcelini 4 5 —
„ „ lohannis ad quatuor fati e s . . 6 — —
„ „ Karpofori 7 — —
„ supradicte ecclexie 7 6 —
„ Sancti Protaxii in Campo 3 6 —
„ supradicte ecclexie (i) ...... 3 6 —
(i) Nello Sfato del 1466 si legge : " S. Protasii in campo, intus :
S, Protasii in campo, extra,,. Secondo l'indicazione di L. Beltrami,
questa chiesa fu distrutta per la edificazione del Castello sforzesco".
CIRCA IPSIUS IMMUNITATEM 35
Capella Sancti Prosperi L. 2 S. 11 D. —
,, „ Nazarij ad Petram Sanctam .4 9 —
„ supradicte ecclexie -4 9 —
„ „ „ prò presbytero Li-
bertino de Lan-
driano .... 4 9 —
„ dotata in ecclesia Sancti Eusebij per
illos de S(£'r)azonibus (?).... — 12 2
„ Sancti Martini sita in ecclesia Sancti
Symplitiani dotata per illos de Sy-
cheriis i — 4
„ Sancti Blaxii sita in ecclesia Sancti
Marcelini . i — 4
„ „ Thome in cruce sich. (?) , . 7 16 —
„ supradicte ecclexie (i) 7 16
„ Sancte Cateline in ecclesia Sancti Sim-
plitiani 2 — S
„ . „ Fidis in ecclesia supradicta .4 ^ ^
„ Sancti Girardi ut supra 9 — 8
„ „ Blaxij de Salvano (2) .... 9 — 8
„ Sanctorum Georgi] et Nycholay de
Dergano 2 — 8
„ Sancti Johannis in ecclesia Sancti Sim-
plitiani 2 — 8
„ „ Michaellis . i — 4
L. 169 S. I D. 2
25. Porta Nova
Capella Sancti Jacobi in burgo L. 4 S. io D.
„ „ Domini (sic) ad Maziam ... 6 8
Petri ad Cornaredum . . . . ^ 2
I ,_.,_„„.,
B^fduos parochianos sacerdotes „.
I^^ (2) Nello Sfato del 1466 si legge: « Sci Blasii de Solvano de Der-
gano „.
36
NOTITIA CLERI MKDIOLANENSIS DE ANNO 1 30)8
Capclla Sancii Andrea ad pusterlam novam . L. 1 1
„ „ Fidelis 3
„ supradicte ecclexic 3
„ Sancti Martini ad noxigiam .... 7
„ „ Victoris ad Quadraginta Mar-
tyres 11
„ „ Benedicti 5
„ „ Stefìani ad noxigiam .... 7
„ Sanctorum Cateline et Nicholay in ec-
clesia Sancti Petri ad Cornaredum 3
„ Sancte Cateline sita in ecclesia Sancti
Protaxii ad Monachos, quam tenet
hospitale Sancte Cateline .... i
i5
18
16
i6
i5
D.
L. 69 S. 5 D. IO
26. Canonica S. Johannis de Modoetia cum Capellanis et Clericis eie.
D. Stefanus de pusterla archipresbyter . . L. 21
D. Franciscus de Medicis de Sereni o .... 20
D. Jacobus de Zanatonibus (?) de Veliate . . 28
D. Christoforus de Arixiis 16
D. Robertus de PYonzula (?) 17
D. Guglielmus de Arsago 8
D. pbr. Paulus de Brena 17
D. Magister Symon de Casteliono 14
D. Paganinus Mondella 12
D. Jacobus de Blancis de Veliate 9
D. Bellinus de Lampuguano 7
D. Bertinus (?) de Medda i3
D. Augustinus de Coldirarijs . 4
D. Branda de Casteliono 3
D. Ambrosius de Crivellis 7
D. Bartholomeus Ferrarius 6
D. Franciscus de Biffis -14
D. Paulus de Fayno 8
D. Andrietus de Carpanis 5
S.
7 i
). —
6
8
3
8
IO
6
IO
IO
i3
—
IO
IO
16
—
9
—
16
—
12
—
4
—
8
IO
6
—
12
—
12
—
8
—
H
—
8
—
CIRCA IPSIUS IMMUNITATEM Z'J
D. Bartolomeus de Schachabaroziis . . . L. i6 S. 12 D. —
D. pbr. Stefanus de Vegiis eius loco D. F'ran-
ciscus de la Cruce 4 2 —
D. pbr. Nicholaus de Cominis . 7 14 —
D. Johannes de Bonis 7 io —
D. Mayfredolus Gambaloyta 7 io —
D. Johannes de Crivellis 11 8 —
D. Johannes de Novellina ........ 7 12 —
D. Georgius de Crivellis 6 11 —
D. Paganinus de Bizozéro 9 4 —
D. Ambrosius de Blanchis de Veliate .... 9 4 —
D. Antonius de Blanchis de Veliate .... 4 8 —
D. Antonius de Valle 4. 8 —
D. Christoforus de Blanchis de Veliate ... 3 6 —
L. 334 S. 17 D. 4
27. Capellani Curie de Modoetia (i)
Capella de poronzonibus in ecclesia de Mo-
doetia L. 2 S. 10 D. 4
(1) Per le illustrazioni di questo titolo giova sapere che nell'Evan-
gelistario monzese, del sec. XI, secondo il Frisi, Memorie di Monza, ecc. :
(III, 65) havvi laseg. memoria delle Chiese stazionali visitate dal Clero
di Monza nelle Rogazioni: " Ordo litaniarum Ecclesie Modoetiensis.
Prima die Statio ad S. Agatham, ad S. Fidelem, ad S. Georgium.
— Die secunda ad S. Mauritium. ad S. Donatum. ad S, Victorem. ad
S. Salvatorem. — Die III. ad S. Petrum. ad S. Laurentium. ad S. Mar-
tinum. ad S. Blaxium. ad S. Michaelem. item ad S. Laurentium „. Di
queste chiese alcune erano appartenenti a Monasteri (v. più sotto).
Cfr. anche l'altro indice delle stazionali, presso il Frisi (III, 201), il
quale dà anche una carta del 1278, dalla quale si rileva che erano
alla dipendenza del Capitolo di Monza le segg:
Cappella S. Michaelis de Modoetia Ecclesia S. Alexandri ad buschum
Ecclesia S. Fidelis de Modoetia „ „ Carpophori de CoUia-
Mauritii de Modoetia te (Pieve di Seveso)
Donati de Modoetia „ „ Georgii deColliate(id.)
Laurentii de Modoetia „ „ Alexandri de Sesto
Martini de Modoetia „ „ Michaelis de Sexto
Eugenii de Concorezo „ „ Juliani ad Colloniam
(Pieve di Vimercate) „ seu Capella S. Victorisde....
NOTITIA CLERI MEDIOLANENSIS DE ANNO i3q8
Capella S. Marie de Veliate L. 2 S. i6
„ Carpofori 7 4
„ „ Assandri (sic) ad buschum ... 4 9
„ „ Agate in Modoetia — 11
„ „ Mauritij in Modoetia 1 2
„ „ Mauritij in ecclesia Modoetie . . 2 4
„ supradicte ecclexie per Ant. de Li-
prandis 2 4
„ supradicte ecclexie à 7
„ S. Micliaelis in Modoetia i 2
„ „ Donati prope torratiam 2 4
„ „ Georgij apud vellum (sic) ... . 5 10
„ „ Fidelis in Modoetia 5 io
„ „ Laurentii in curia de Modoetia . 3 7
„ „ Luzie in ecclesia S. Johannis . . 7 16
„ „ Martini . . . ^ i 2
„ „ Johannis evangeliste 6 14
„ „ Alexandri de Sexto Johanne . . . 2. 4
„ „ Michaelis de Sexto Johanne ... 2 4
„ supradicte ecclesie quam tenet Stefa-
nus de Garbagnate 2 4
Custodes S. Johannis de Modoetia 4 9
Decimaria quam tenebat Otorollus de Zunis (?) i 2
Capella dotata per d. Johannem de Vicecomit-
tibus 3 I
„ „ „ „ Galeaz Vicecomitem . 3 i
D.
5j
3!
5'
9J
9
2
5
9
10
IO'
2
7;
5'
3
9j
9i
9]
5
L. 77 S. 7 D, II
Monasterium de Cremella (Pieve
di Missaglia)
Ecclesia S. Sisinii de Cremella
„ „ Johannis de biolziago
(Bulciago Pieve di
Missaglia)
Capella S. Victoris de Modoetia
Ecclesia S. Georgii de Calpuno
(Pieve di Missaglia)
Ecclesia S. Joannis de Castro Mar-
tire(Pieve di Incino)
„ seu Capella S. Mariae de
Porenzonis
Capella S. Agathe de Modoetia
„ „ Mauri ti i de Catiis de
Cixinusculo asina-
rio (Pieve di Gor-
gonzola).
Neil' Indice di Gof. leggesi : " Archipresbyter Modoetiae sine exem-
ptis habet ecclesias 38 anno aitar. 60 „ (simile forma è usata per tutte
le pievi).
CIRCA IPSIUS IMMUNITATEM -^9
28. Canonica S. Juliiani ad Cologniam Curie terre Modoetie
D. Stefanus de Naxiis L. 7 S.
Angelinus de Magatis 7
Andreas de Cysate 3
Ambrosius de Conchorizio 5
Capella S. Marie de Vimodrono dotata de bonis
Moreschi de puteo bonello 2
16 ■
D. 7
16
i
9
6
II
IO
L. 27 S. 5 D. 2
29. Fratres et humiliate Curie IVIodoetie
Fratres S. Agate de Modoetia ordinis humi-
liatorum L. 67 S. 2 D. —
„ „ Bartholomei de Modoetia cum do-
mo fratrum de medio vico . . 67 2 —
„. „ Michaelis de Modoetia cum domo
fratrum de Lixono 118
„ de Cavanago (i) .55
„ de Ripalta 67
Domus dominarum de but.° (?) bachete ... 8
,,. ,, de Leucho 5
„ domine Beatricis de Lambro .... 9
Domine humiliate caputie io
„ „ de Bernadigio de Modoetia 6
„ „ de Blassono „ „ i
Hospitale S. Girardi de Modoetia 83
Monialles Monasteri] de Crimella 8
Monasterium de Sexto Johanne 11
Domine humiliatae de Sexto Johanne . ... 2
Monasterium de Ingnio (sic) (2) 2
18
—
17
10
2
—
2
8
I
8
3
—
3
4
7
J
i5
II
17
—
19
6
3
8
4
IO
4
IO
L. 525 S. I D.
(i) Prepositura di S. Andrea di Cavenago in Monza. Frisi, li, 178
e seg.
(2) Leggasi Ingino, che era una parte del territorio monzese, detta
anche Incinum e Anglinum dove trovavasi il Monasterium S. Mariac
sub tur vis (Frisi, III, 278).
^O NOTITIA ( I.I.in Mi:i)IOr.ANKNSlS DE ANNO ìl^qH
30. Canonica de Corbeta cum Capellanis et domibus (i)
D. Enrichus de Burris praepositus . . . . L. 7 S.
Item prò Canonicatu 7
D. Christoforus de Medicis 7
D. pbr. Johannes de oddonibiis 7
D. Gabriel de Bellonibus . 7
D. Johannes de Casteliono 7
Georgius Galdinus 7
Johannes de Lampugnano 7
Zanalla de Dexio 7
Petrus trechus 7
Mafiollus de Schanzijs 7
Albertinus de Castiliono 7
D. Gulielmus de Pusterla 6
Franciscus de Gallaziis 6
Capella S. Marie Magdalene sita in dieta ec-
clesia I i3
16 D
• 7
16
7
16
7
16
7
36
7
17
7
17
7
16
7
16
7
16
7
16
7
16
7
14
3
14
3
L. 109 S. i3 D.
Capellani de Corbeta
Capella S. Martini de Manzeta (sic) (2) . . L. 6 S.
„ supradicte ecclexie 7
„ S. Marie de Vitudono 8
„ „ Petri de Habiate Grasso .... 7
„ supradicte ecclexie 8
„ S. Andree de Casterno 11
„ „ Marie de Bestazio ....... i
„ ,, Marie de Manzeta 3
(i) Secondo l'Indice di Gof., nella pieve di Corbetta eranvi " sine
canonicis „ 68 chiese e 86 altari (v. più sotto le Domus plebis Corbeté).
(2) Leggasi Magenta.
IO ]
3. 6
4
3
19
—
16
7
5
9
3
8
2
5
5
I
CIRCA IPSIUS IMMUNITATEM 4I
Capella S. Romeni (?) de Sydriano . . . L. 7
„ „ Marie de Albayrate seu de Bodio. 6
„ „ Georgii ut supra 9
„ supradicte ecclexie prò pbro Beltr. . 7
„ S. Johannis de Albayrate 4
„ „ Marie de Carpenzago 2
„ „ Johannis de Cisliano . . . . . 7
„ „ Viti ad Bestazium 4
„ „ Francisci de Robecho 2
„ „ Nazari j de Baradigio (i) .... 8
„ „ Nazarij de Marchallo 5
Clericatns supradicte ecclexie 2
Capella S. Christophori de Ossona 6
„ Marie de Mesero 8
„ Ambrosij de Habiate 4
dotata per Johannem de Burris in ec-
clesia de Corbeta — 17
»>
16 D. 7
12
2
9
2
4
9
9
6
i3
II
4
5
5
5
4
I
19
—
12
—
7
2
i3
3
19
—
4
5
L. 143 S. i5 D. —
Domus plebis Cprbete
Monasterium de Habiate Grasso L. 188 S. 12 D. —
Hospitale S. Marie de la Roveda 18 7 —
Canonica S. Petri ad Ulmum 190 2 8
Ecclesia S. Marie Celestinorum de Manzeta . 20 17 —
L. 417 S. 17 D. 8
31. Canonica de Treno cum Capeilanis (2)
D. Praepositus diete Canonice . . . . . . L. 10 S. — D. 4
D. Stefanus de la Cruce . . . .- 7 16 7
Pbr. Andriollus de Bassano 3 7 2
21 S. 4 D.
(i) In una carta del 1148 presso Giulini (V, 480) questo paese
(Bareggio) è detto anche Baradeglo.
(2) L' Indice di Gof. dà nella pieve di Trenno, sine exemptiSy chiese
20, altari 26.
4»
NOTiTiA ìaa:\<i mi:diolani:nsis de anno l'iyS
<;<n.llnni supradicte plebis
Capclla S. Materni de Pigino cum capella de
Quinto 4 S. 9 D. 7
„ „ Petri de Arexio 5 n io
„ „ Desideri] de Pantanedo 3 19 4
L. 14 S.
D.
32. Canonica de Cisano cum Capellanìs (i)
D. Praepositus diete Canonico L
D. Christoforus de Arisiis
Belt. de Cyxate
Pbr. Andrietus Carpanus
Aluyxius de Fossato
Pbr. Petrus de Forsano
Ambrosius de Laude
6
S.
2
D. —
0
2
18
4
2
18
—
3
18
4
2
i5
2
2
i5
2
s.
Capellani supradicte plebis.
Capella S. Marie de Baziana unita cum capella
S. Yllarii de Baziana. L. 3
Capella Ss. Protaxij et Gervaxij de Romano
cum Capella de Granzino 5
Capella S. Sebastiani de Vigangollo (sic) . . 2
„ S. Petri de Corsicho .' 2
„ S. Malgarite de Septimo 4
„ S. Ambrosii de Trezano 4
„ S. Petri de Verderio 3
S. 18 D.
I
IO
—
8
~
8
7
6
9
6
7
2
(i) La pieve di Girano, secondo Vindice di Gof.^ contava 34 chiese
e 40 altari, senza tener conto delle chiese esenti.
CIRCA IPSIUS IMMUNITATEM 4>
S. Martini de Garbagniate . . . . L. 4 S. 9 D. 6
de Badagio 10 1 4
S. Marie de Garegnano — 11 8
de Axago 7 14 7
de Tersago exempta a plebe .... 3 7 2
L. 5i S. 19 D. II
33. Canonica de Aplano cum Capelianis (i)
D. Parrus (?) de via lenate (?) prepositus . L. 7 S. 12 D. 6
Pbr. Symon de Maynerijs 4 3 6
Nichorolus de Tersago 3 16 —
Pbr. Johannes de Carnixio 2 7 —
D. Mafiolus de Carcano 3 7 6
Pbr. Ambrosius de Carcano 3 16 —
Martinus (?) de Blanchis 3 7 —
D. Johannes de Salutiis 4 4 6
Pbr. Petrus de Carchano 4 3 6
Galdinolus de Mayneriis 3 16 —
Filipolus de Nasis ....4 3 ó
Gasparolus Paganus — 11 3
Pbr. Jacobus Sponzonus (sic) — 11 3
Pbr. Antonius de Casteliono — 11 3
Pbr. Antonius de Daverio — 11 3
Pbr. lacobus de Casgnago — 11 2
Pbr. Belt. de Bucinigo — 11 2
Donatus filius Bartholi de Carchano .... — 11 2
Pbr. Franciscus de Carchano — 11 2
Eusebius de Panzeriis — 11 2
Godeardus de Horrigonibus — 11 2
Johannollus dictus Pagierius (?) — 11 2
L. 5o S. 19 D.
(i) Nella pieve di Appiano V Indice di Gof., senza tener conto degli
esenti, pone chiese 44, altari 56.
44
NOTITI A CLERI MElJlOLANENSIS DK ANNO I BpS
Capellani supradicte plebis
Capella de Rodello L. 1 1
de Mòzate 6
„ S. Salvatoris de Oltrona 2
„ S. Johannis de Carbonate —
„ de Cirimeri (?) 3
„ S. Habundij de Limidi 5
„ S. Vitti de Lomazio 7
„ supradicte ecclexie 7
„ S. Marie de Vetegnano 1
„ S. Agate de Bulgari 3
„ S. Martini de Casterno 2
„ S. Romerii (sic) de Filiario .... 3
„ S. Marie de Fenegrohe 4
„ S. Marie de Carbonate i
„ S. Petri de Turate 12
„ S. Georgij de Lurate i
„ S. Georgij de Lurago 5
„ S. Quirici de Fenegrohe exempta a plebe 5
„ S. Marie de Vogonzate ...... 12
„ Ss. Victoris et Quirici de Locate . . i
„ S. Laurentij de Vogonzate 2
„ S. Marie de Bulgari —
„ S. Marie de Lurate 3
„ S. Martini de Lurate Abbatis exempta
a plebe 4
„ S. Laurentij de Lomatio constructa per
condam Clericum de Lomatio ... 3
„ S. Marie de Turate constructa per con-
dam Azum (?) de Caymis .... 3
„ dotata per Castellolum de Caymis de
Bonis 2
„ S. Jacobi sita in ecclesia de Fenegrohe
dotata per d. Tamolum de Clericis. 3
„ dotata per d. Gabriollum de Caymis . 3
0
D. 8
H
2
4
9
11
2
7
I
II
IO
16
7
16
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2
4
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li
IO
4
—
2
4
i5
IO
II
2
7
I
CIRCA IPSIUS IMMUNITATEM 40
Capella S. Mauritii de Turate . 2 S, " 4 D. 9
„ S. Marie de Binago 4 9 6
„ S. Agate de Binago ........ x i3 6
„ dotata de Bonis domini Protaxij de
Caymis 2 — 8
L. i35 S. 5 D.
Humiliate supradicte plebis
Fratres de Aplano ordinis humiliatorum . L. 47 S. — D. —
Domus S. Eufonie de Cirimidri (?) 2 4 9
L. 49 S. 4 D. 9
}4. Canonica de Nerviano cum Capellanis (x)^
D. Matheus de Borsano prepositus . . . L. 17 S. 5 D. «S
D. Franciscus de Castiliono 9 3 —
Loduouichus (sic) de Trincheriis 4 11 io
D, Matheus de Comitibus .7 i —
Loco D. Francisci de Maynerijs ...... io — 4
„ Ambrosij de Gluxiano 7 — —
„ Antonìj de Caymis 7 — —
L. 62 S. I D. 10
Capelle supradicte plebis
Capella S. Marie de Carono L, 10 S. i D. 4
„ Ss. Nazarij et Angelli de Cornaredo .10 i 4
„ S. Petri de Serono 17 iS —
„ „ Georgij de Nerviano 2 7 2
„ „ Cassiani de Venzago 7 16 7
(i) Per Nerviano Y Indice di Gof. dà chiese 3o^ altari 38: in questa
pieve, -secondo l' Indice sudd., non vi erano esenti dalla giurisdizione
plebana.
^6 NOTITIA CLERI NEDIOLANENSIS DE ANNO I SpS
Capclla S. Georgii de Udrugio L. 6
„ Marie de Cornaredo 9
„ Petri de Ladenate 6
„ „ Pctri de Polliano j j
„ „ Petri de Pregnana 4
„ „ Quirici de Polliano 11
„ „ Johannis Baptiste de Nerviano . . 3
„ „ Marie Collorine teritorii de Ner-
viano 2
4 ]
0. 3
0
2
3
1
3
6
9
8
7
8
7
2
12 D.
Domus supradicte plebis
Monasterium de Carrono L. 35 S. 16 D.
Fratres de Serono cum duabus suis (?)... 4 9
L. 40 S. 5 D. 6
35. Canonica de Parabiago cum Capellanis (2)
D. Antonius de Crivellis prepositus , . . L. i5
lohannollus de Crivellis 7
Marcholus Mondella 5
Pbr. Ambrosius de Sellanova 6
Filipinus de Cacatosicis 6
Johanninus de Lampugnano 7
II D
'. 2
2
4
—
8
14
3
14
3
2
7
L. 48 S. 5 D.
(2) Nella pieve di Parabiago l' Indice di Gof. indica, sine exemptis^
chiese 2.6, altari 39,
CIRCA IPSIUS IMMUNITATEM 47
Capellani de Parabiago
Capella de Canegrate L. i3
„ „ Uboldono 4
„ „ Arluno 5
„ „ Casoretio 5
„ S. Bartholomei exempta a plebe . . 2
7
D.
5
9
6
II
IO
II
IO
4
9
L. 3i S. 6 D.
36. Canonica de Raude cum Capellanis
Capella de Raude L. 3 S. 7 D. 2
„ „ Passana (sic) (1) i i3 7
„ „ Pasquirollo i5 — —
Capellani
D. Prepositus diete Canonice 19
D. Johannes dictus Barhuchus (sic) .... 8
Pbr. Raynerius de Carcano 8
Antonius de Oxnago 8
16
—
10
IO
IO
10
IO
10
L. 45 S. 8 D.
37. Canonica de Gerpnzano
D. Prepositus diete Canonice L, i3
D. Thomas de Vicecomittibus 6
Pbr. Comellus (sic) Beliate 5
GasparoUus Caymus 5
Petrus Morexinus 5
D. Branda de Castiliono 5
Custos diete ecclexie —
8
D.
5
3
10
IO
IO
IO
3
L. 43 S. I D.
(1) Leggasi " Passerana „ : oggidì dicesi Passirana.
48
NOTITIA CLERI MEDIOtANENSIS DK ANNO 1 3r,8
Capellani suprascripte plebis
Capella S. Petri de Gerenzano L. 2 S. 4 D. 9
„ S. Cateline ut supra 2 i3 6
38. Canonica de Dayrago cum Capeilanìs (i)
D. Stefanus de la Cruce prepositus . . . L. 4
Item prò Canonicatu 8
D. Christoforus de Medicis 8
D. Pbr. Petrus de Forsano 5
D. pbr. Antonius de Biffignani.s 5
Petrollus Sallinbene (sic) 6
Augustinus de Colderariis 4
S. 18 D.
39
19
—
li
IO
II
IO
3
3
9
6
L. 43 S. 16 D.
Capellani plebis Dayragi
Capella S. Salvatorìs de Busti Carulfi . . L. io
„ S. Martini de Inveruno io
„ de Cuzono 5
„ „ Casteleto 3
„ „ Padregnano 3
„ „ de Turbigo i
„ S. Michaelis de Magnago io
„ S. Petri de Borsano 6
„ de Casteno 7
„ suprascripte ecclesie 6
„ de Archonate 2
„ - „ de Bristicana (?) 2
I D
• 4
I
4
II
10
7
2
7
2
2
5
3
4
14
3
i5
7
12 D. 2
IO
IO
IO
IO
(i) NeW Indice dì Gof, Dairago, swe exemptis, ha chiese 46, altari 57.
CIRCA IPSIUS IMMUNITATExM 49
Capella S. Bartholomei de Busti Carulfì. . L. i S. 2 D. 5
„ S. Mauritii de Cuzono i 2 5
„ S. Marie de Archonate 3 7 2
„ S. Marie de Borsano ....... 3 7 2
„ S. Johannis de Casteno i i3 7
„ S. Marie de Casteno 2 i3 (?) 8
„ S. Thadei de S. AntonioUo constructa
per q. D. Villanum Crivellum 424
„ de Tornavento i 5 7
L. 86 S. 19 D.
Domus suprascripte plebis
Fratre hospitalis S. Romeni Busti Carulfi . . 5 S. 11 D. io
Ministra domus honestarum de Dayrago . . i i3 7
Domus humiliatorum de Cornaredo de Busti
carulfi cum domo humiliatarum de Inveruno
et cum domo fratris Bonzii suprascripti Burgi 48
Ministra domus nove de Casteno . . .
„ „ S. Fidelis de Lonate in burgo
de Casteno ....
Magister hospitalis humiliatorum S. Marie de
Casteno
Prelatus fratrum humiliatorum de Archonate
L. 5i S. 16 D.
39. Canonica de Gallarate cum Capellanis (i)
D. Prepositus diete ecclexie L. 14 S. 4 D. 8
Johannes Marrus 4 i 4
Jacobus Marrus 4 i 4
Antonius Baronus 4 i 4
(1) La pieve di Gallarate, sine exemptis, seco ndo T Indice di Gof. aveva
chiese 87, altari 47.
Ardi. Star. Lcmb. — Anno XXVIl. - Fase. XXVll. 4
45
i5
—
—
i5
3
I
i3
7
2
i5
II
I
—
4
5o
NOTITIA CM-Ul MlCDIOLANENbli DL ANNO ì5c)S
Franciscus de Bossi js I- 4 S.
Pbr. Guglielmus de Rubeis 4
Pbr. Johannes Cagnolla 4
Pbr. Antonius de Solbiate 4
Jacobinus Cagnolla 4
Pbr. Johannes de Arsago 4
Pbr. Guglielmus de Rosonatis 4
Guidetus de Bossijs 3 17
Gabriel de Marzagoris — i3
Thomas de Baronibus — i3
Antonius de Lampugnano — i3
Raynerius Cagnolla — i3
Laurenzollus Ferrarius — i3
Balsarinus de Solbiate — i3
L. 62 S. 14 D. IO
Capellani de Gallarate
Capella seu altare S. Petri martyris de Gal-
larate L. —
„ „ „ ■ „ Ambrosij situm in ecclesia
de Gallarate —
„ S. Petri Apostoli sita in burgo de Gal-
larate 3
„ S. Antoni] in dicto burgo i
„ S. Jacob! de Mierago (sic) —
„ S. Ambrosij de Lonate pozoldo (sic) . 3
„ suprascripte ecclexie 3
„ S, Johannis de Lonate pozoldo ... 2
„ S. Martini de Ferno 2
„ S. Salvatoris de Samarate 4
„ S. Anastaxij de Cardano 6
„ S. Johannis in suprascripta ecclesia . i
„ S. Nazarij de Amate i
„ S. Georgij de Cedrate i
„ S. Marie de Cassano Magno (sic) . . 7
„ S. Jullij ut supra 3
IO D.
17
16
2
—
4
18
II
18
II
18
II
i3
3
i5
7
3
3
i5
7
2
5
2
5
16
7
7
2
CIRCA IPSIUS IMMUNITATEM 5l
Capella S. Ambrosij de Bolladello . . . . L. 6
„ S. Marie de Peveranzio i
„ S. Mauritiì de Solbiate 3
„ S. Alexandri de Albizate 2
„ S. Georgij de Mierago (sic) 3
„ S. Martini de Bexnate 2
„ S. Eusebij de Cayllo 2
„ S. Stefani de Ogyona (sic) 3
„ S. Marie de Ogyona 2
„ S. Zenonis de Crena 1
„ de la Cavayra i
„ S. Johannis de Orago i
„ S. Marie in Valle de Arno dotata per
Johannem de Giringelis ... 2
„ S Nichelai de Cedrate —
„ Sancte (sic) sita in ecclesia S. Nazarij
de Lonate dotata per D. Bellinum
de S. Antoniollo (i) 4
14 D. 3
i5
7
7
2
4
IO
7
2
4
IO
IO
2
18
4
—
8
2
5
2
5
i3
7
—
8
II
3
L. 84 S.
40. Canonica de Crena
Pbr. Antonius de Purixellis L. i S. 7 D. —
Antonius de Blanchis - . . i 7 —
Antonius de Blanchis (sic) i 7 —
Johannes de Roxonado 1 7 —
Antonius de Cuticis ,.,.. i 7 —
Pbr. Antonius de Solbiate . i 7 —
8 S. 2 D. —
(i) Al n. 41 sono indicate le case religiose della Pieve di Gal-
larate.
Sa
NOTITIA CLERI MEDIOLANKNSIS DE ANNO 1 398
41. Domus Plebis de Gallarafe
Ministra domusS. Marie de LonatePozoldo(sic)L. 6 S. 2 D. —
„ „ domine Andriolle de S. Augu-
stine 2
„ „ domini Pagani Plantanide . 4
„ D. Alegranzine sive Fratris Aycardi 4
„ domus D. Firme (?) 5
„ de Carchano sive Syre (?) .... 4
„ domus veteris de Lonate 4
„ S. Agate sive pbri Johannis . . . . 14 (?)
„ domus de Monte 2
„ „ d. Cateline de Marra ... 3
„ dominarum Virginum Veteris Magne
Gallarate 8
„ domus S. Michaelis de Gallarate . . 4
„ dominarum virginum domus parve de
de Gallarate 3
„ domus dominarum de Cassano Magno i
„ „ „ veteris de Cassano
cum domo dominarum humiliata-
rum de Cassano unita secum . . 4 i
„ domus de Montegio de Samarate . . i 2
Monasterium de la Cavayra 20 —
Hospitale S. Laurentii de Burgo Gallarate . . 2 —
3
9
9
6
9
6
II
IO
1
4
I
4
I
, 4
4
9
7
4
8
IO
I
4
I
—
i3
8
42. Canonica de Angleria cum Capellanìs (i)
91
D. Protaxius dulcebonus prepositus
Porrollus de Lexmo (?)
.L.
S. 18 D. 4
i5 II
(1) Alla Pieve di Angera, sine exemptis, secondo l' Indice di Gof, ap-
partenevano chiese 35, altari 42.
CIRCA IPSIUS IMMUNITATEM 53
Pbr. Johannes de la Brima L. 2 S. i5 D. 11
D. Rugerius de Solbiate 2 i5 11
Antonius de Veliate 2 i5 11
Pbr. Jacobus de Bezozero 2 i5 11
L. 17 S. 17 D. II
Capellani suprascripte plebis
Capella de Nibiono L. 4 S. 9 D. 6
„ S. Malgarite de Momdra (?). .... 3 7 2
„ „ lohannis de Marchallo i i3 7
„ „ Martini de Monte i 2 5
Clericatus suprascripte ecclesie i 2 5
Capella S. Antonii de Orliano i i3 7
L. i3 S. 8 D. 8
Domus suprascripte plebis
Monasterium de Arona sine Monasterio de la
Cavayra (?) L. 167 S. i5 D. —
„ de Sesto 71 3 4
L. 238 S. 18 D.
43. Canonica de Arsago cum Capellanls (i)
D, Prepositus diete Canonice L. 4 S.
Antonius Fiandronus 4
Martinus Curadus 3
Petrus de Mediolano 3
Antonius de Cuxano 3
Franciscus de Curte 3
Eusebius de Panzerijs 3
Thomas de Baronibus 3
9 D.
6
9
6
18
18
18
18
18
18
L. 32 S. 19 D.
(i) ì>ieìV Indice di Gof. Arsago (Artiagum) conta 38 chiese e 46 al-
tari ; in questa indicazione non si fa cenno di chiese esenti.
NOTITIA CLERI MEDI0LANEN8IS DE ANNO I SpS
Capellani suprascriptc plebis
Capella S. Gaudentij de Vinago L. 2 S. 4 D. 9
„ S. Petri de Quinzano 2 4 9
„ S. Blaxij de Montenate 2 i3 11
„ S. Alexandri ut supra i — 4
„ S. Alexandri de Samoyrago .... 2 4 9
„ S. Vincentij de Menzago — 11 3
„ S. Michaelis de Mornago ..... 2 4 9
„ S. Marie de Colognola 6 18 3
„ S. Marie de Arsago 3 7
„ S. Marie de Coxorate (sic) 2 4
„ S. Marie de Bruzono 3
„ S. Syri de Albuzago 2 4 9
„ S. Jacobi de Arsago i — 4.
„ S. Gusmeri de Arsago — i3 3
„ S. Firmi de Arsago — i3 3
„ S. Naboris de Castronavate (sic). . . i i3 7
Stefanus de Garzonibus 2
Pbr. Albertus de Viandrono (sic) 2 4
Pbr. Anselmus de Gallarate 2
Andreas de Vicecomittibus 2
Antonius de Bexutio 2
2
9
7 2
35 S. 7 D.
44. Canonica de Mezana cum Capellanis (i)
D. Prepositus diete Canonice L. 4 S. 9 D. 6
4 9
9
4 9
4 9
4 9
PinoUus de Bexutio 2 4 9
L. 17 S. 18 D.
(i) La pieve di Mezzana, secondo Vindice di Gof., sine exemptis,
contava chiese 11 e altari 14.
CIRCA IPSIUS IMMUNITATEM
55
Capellani plebis Mezane
Capella S. Martini locorum de Zimbri et
Cuyroni L. 3 S. 7 D. 2
„ S. Marie de Lambro sive de Villa .3 7 2
„ S. Stefani de Mezana 4 3 5
„ de Borderà — 11 3
„ „ Caxate — 5 7
Monasterium de Pancratij 6 14 3
L. 18 S. 8 D. IO
45. Canonica de Soma cum Capellanis (i)
D. Prepositus diete Canonice ...... L, 8
Pbr, Anselmus de Mozate 2
Filipinus Cacatosichus 2
Dionisius Bregonzinus 2
D. Rodulfus de Veliate . 2
Aluysius de Tricheriis i
Pbr. Petrus de Gallarate 2
Pbr. Martinus de Busti 2
L. 27
19 L
). —
i5
II
i5
II
i5
II
i5
II
i5
7
i5
II
i5
II
IO
Capellani suprascripte plebis
Capella S. Michaelis de Gullasicha
„ S. Eusebij de Saxona (sic)
„ S. Martini de Vergute (sic]
„ S. Georgij de Corzeno
S. Marie de Gullasicha .
L.
L.
S.
7
7
7
8
D.
12 vS. 19 D. 7
(i) Somma, sine exemptis, secondo V Indice di Gof., aveva chiese i3,
altari 18.
56
NOTITI A CLERI MklDIOLANENSIS DE ANNO I BqS
46. Canonica de Brebia cum Capellanis (i)
D. Prepositus diete Canonice L, 3 S.
Antonius de Verate 2
Mafiolus de CoUognolla 2
Symonolus de Pirovano 2
Pbr. Otto de CoUognolla 2
Maynollus Blanchus 2
Pbr. Guglielmus de Bexutio . 3
Pbr. Gulielmus de Gallarate 2
Pbr. Johannes de Carnixio . _ i
Pbr. Antonius de Lezeduno i
Antonius de Clivio i
Pbr. Petrus de Bexutio —
Pbr. Martinus de Carnixio i
Pbr. Johannes de (Carnixio) corretto poi in
Besuxio —
Antoniollus de Bexutio —
Johannes de Caranate (sic) —
Antonius de Bexutio . —
Petrollus de Comite —
Pbr. Johannes de Blanchis de Bexutio ... —
7 1^
• -'■
4
9
4
9
4
9
4
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4
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II
3
19
7
II
3
II
3
II
3
II
3
II
3
II
3
32
IO D.
Capellani de Brebia
Capella de Travedona L. i
Cocho —
Carnixio 2
Gavirate 2
Brinate —
Castro Brebie i
S.
2 D.
5
L2
3
4
9
4
9
5
7
8
6
(1) vindice di Gof. assegna a Brebbia chiese 46, altari 55, senza
contare le chiese esenti.
CIRCA IPSIUS IMMUNITATEM yS
Capella S. Martini de Ispera . . . . ^ ^ . 2 S. 8 D. 4
„ S. Laureiitii de Biandrono • .... 3 7 2
„ S. Martini de Cardana i 2 5
„ S. Vitti de Bongo (sic) i 2 5
„ S. Quinci de Trinate i i3 7
„ de Comabio 4 9 6
„ S. Marie de Cadrezate 3 7 2
„ S. Syri de Trivisago . ■ 1 2 5
D. Prepositus et Fratres seu Canonici de Be-
xutio
44
L. 70 S. II D.
{Continua).
IL MUSEO SHll ALA
CONTRIBUTO PER LA STORIA
DELLA
COLTURA IN MILANO NEL SECOLO XVH
/y LLA Pinacoteca dell'Ambrosiana, nella prima sala delle
/ \ pitture, l'attenzione dei visitatori è attratta dalla vista
X X, di due grandi lenti, incorniciate e giranti sopra appo- m
siti piedestalli, costrutte nel secolo decimosettimo dal canonico
Manfredo Settala che tentava di riprodurre i famosi specchi in-
cendiari di Archimede. Su di una delle bacheche, affisse alla pa-
rete, tra questi due specchi, è scritto « Lavori in osso di Man-
fredo Settala » ; e dentro si vedono rilievi d' avorio d' aspetto
molto antico, scatole, coltelli dal manico lavorato, statuette, vasi
contorti e adorni di colonnine, di torricelle, minutaglie d'osso
incise a pazienza e molti altri oggetti che lungo sarebbe descri-
vere. Tutte queste cose varie dì natura e di valore mescolate alla
rinfusa. Nello scaffale vicino, a destra, sono esposti istrumenti
astronomici: ostrolabii, righe pantometre, sistemi planetari gi-
ranti; e in quello che segue si conservano rami di coralli incisi,
cristalli, piccoli cammei, un medaglione con 1' iscrizione « Ludu-
vicus Septalius», che si trova non si sa come né perchè tra uno
del Molière ed uno del Rousseau.
Questi sono gli ultimi disordinati avanzi del Museo Settala
che cosi ridotti costituiscono per l'Ambrosiana un' inutile ed in-
gombrante eredità.
È fastidioso davanti ai quadri del Borgognone, del Moretto
e a quello dolcissimo del Botticelli distrarsi ad osservare simili
CONTRIBUTO PER LA STORIA DELLA COLTURA IN MILANO, ECC. 5q
bazzecole. Ma ben diverso era il Museo Settala al tempo del suo
fiorire, quando nel seicento era detto una delle meraviglie di Mi-
lano ed i personaggi più augusti non si fermavano nella nostra
città senza visitarlo. Di esso abbiamo a stampa in latino una de-
scrizione o catalogo fatta nel 1664 da Paolo Maria Terzago (i)
poi tradotta ed ampliata due anni dopo da Francesco Scara-
belli (2).
Non potendosi controllare le troppo facili attribuzioni è le-
cito dubitare se il museo raccogliesse opere d'arte veramente pre-
gevoli; certo nel seicento era un centro di non poca importanza
per la diffusione tra noi della coltura scientifica. Vi si vedevano
insieme ai meccanismi per il moto perpetuo e insieme a certi ri-
dicoli balocchi semoventi, il teloscopio, il pendolo, il compasso di
proporzione del Galileo ed ai visitatori si mostrava attraverso ai
microscopi « la innumerevole quantità di vermicelli » che si an-
nidano in una goccia di sangue, mentre si discuteva ancora, per
dirne una, se l'uccello del paradiso fosse veramente la fenice, se
avesse o no i piedi, se vivesse o no d'aria come il camaleonte. I
dotti italiani e stranieri venendolo a visitare s'impegnavano in
svariatissime discussioni scientifiche col nobile canonico Manfredo
che di tutto sapeva e di tutto si interessava. Vi facevano capo in
modo speciale i gesuiti ritornati dalle lontane missioni dell' India,
della Cina o delle Americhe per dar notizia di quei paesi e spesso
vi lasciavano in dono oggetti esotici e rari.
Uno studio su quest9 che si può dire il primo dei musei mi-
lanesi, condotto sulle descrizioni sopracitate e su altre memorie,
credo possa essere di qualche interesse per la storia della coltura
milanese né inutile tornerà il tentativo di rimettere in luce al-
cune delle persone della famiglia Settala che maggiormente coo-
perarono a formarlo.
(i) Paulus Terzagus, Museum Septalianum. Dertonae, 1664.
(2) Francesco Scarabelli, Museo e Gallarla adunata dal sapere e
dallo studio del signor Canonico Manfredo Settata. Tortona, 1666.
60 IL MUSEO SETTALA
I.
Della famiglia Settala, di antica nobiltà milanese, si trovano
notizie sufficienti nelle opere d'araldica e abbondantissime, se non
sempre esatte, ne olire una memoria composta da Carlo Andrea^
Settala nel i633 per ottenere l'ammissione al collegio dei giure-j
consulti milanesi, memoria ristampata allo stesso scopo nel 1661
dai fratelli Settimo e Passaguado Settala (i). E una nobiltà di
carattere, per così dire, ecclesiastico, che si gloria sopratutto
di santi, di beati, d'arcivescovi, di vescovi e d'una infinità di
prelati (2).
(i) All'Ambrosiana si conserva un esemplare di questa edizione:
vedi la raccolta di opuscoli : Famiglie nobili milanesi^ Lettera S.
(2) Il più lontano capostipite a cui risale la tradizione nobilesca
della famiglia è detto parente di S. Senatore, eletto arcivescovo di
Milano neir anno 477. Essendosi attorno a questo santo combattuta
nel seicento una vera battaglia di erudizione tra la famiglia dei Vil-
lani e quella dei Settala, la curia milanese con sentenza arcivescovile
del i5 maggio 1676 decretò che S. Senatore si ritenesse dei Settala;
ma il Papembroch, Y erudito gesuita, dimostrò negli Ada Sanctorum
Mai, tomo VI, p. 770, la falsità di tre documenti sui quali si fonda-
vano le pretese di quest' ultima famiglia. Neil' antica lapide che, dopo
la riedificazione di Milano, distrutta dal Barbarossa, fu posta sulla
rocca di Porta Romana tra i nomi dei consoli che nel 1171 fondarono
le nuove mura è scritto per primo quello^ di " Passaguadus di Sép-
tora „ ; e il Papembroch (op. cit., loc. citato) vorrebbe vedere rap-
presentato questo console nella prima figura del rozzo cimelio di Porta
Romana, di cui più giusta spiegazione diede il Giulini. La supposi-
zione del Papembroch e la riproduzione schematica che l'accompagna
devono aggiungersi alle altre ricordate da Luca Beltrami nello studio
intorno alle sculture di Porta Romana pubblicato in quest' Archivio,
a. XXII, 1895, p. 335, dove si dà notizia di quanti descrissero i Basso-
rilievi famosi. — Posto importantissimo nella storia milanese occupa
r arcivescovo Enrico Settala eletto da Innocenzo III con un breve del
7 novembre 1213. — Meritano di essere citati ancora il beato Man-
fredo, che condusse vita eremitica e morendo verso il 1210, fu sepolto
nella chiesetta di S. Vitale nel paesello di Riva sul Lago di Lugano
come ne dà notizia Luigi Tatti {Annali sacri della città di Como, i883.
CONTRIBUTO PER LA STORIA DELLA COLTURA IN MILANO, ECC. ÒI
Il primo della famiglia che abbia diretta relazione col nostro
socrgetto è il giureconsulto Lodovico Settala, vissuto alla fine del
sec. XV e al principio del XVI.
Si legge nel libro già citato dello Scarabelli sul museo (i):
« Questa nobil famiglia Settala, qual sempre ebbe pensieri gene-
« rosi, unì il presente museo alla singolare libreria della di lei casa:
« biblioteca dissi singolare per la rarità delli manoscritti e sin-
« golarità dei libri e per la copia di essi. Questa fu cominciata dal
« proavo del signor Manfredo, dico dal signor Lodovico I. C. Col-
« legiato Decurione e Regio questore di Milano ». Lodovico era
figlio di un Francesco Settala che si trova notato insieme a Pie-
tro Anton Settala ed insieme all'ateniese Demetrio Calcondila, in
un documento del 7 dicembre 1495 che ricorda i componenti la
Cancelleria sforzesca. Nell'Archivio di Stato di Milano esiste un
decreto ducale dal quale possiamo ricavare che nel 1498 Lodovico
Settala, avendo finito con lode gli studi delle leggi, era stato in-
caricato della « lectura extraordinaria » nell'Università di Pavia.
Riporto in nota il documento perchè può darci qualche notizia
sulle costumanze universitarie d' allora (2). Lodovico coprì cari-
vol. II, p. 542) e il beato Lanfranco Settala, che si crede fondatore
della chiesa e del convento di S. Marco a Milano dove dovrebbe es-
sere stato sepolto in un bel monumento che ancora vi si ammira, opera
del trecento, attribuita a Balduccio da Pisa o alla sua scuola (vedi Mon-
GERi, L'Arte a Milano, p. 2o3 e Alfredo Gottol Meyer, Lombardische,
Denkmàler. Stuttgart, 1893, p. 29). Il monumento porta ancora l'arme
dei Settala, cioè le sette ali d' oro in campo rosso. Vi "è dubbio però
se il monumento sia stato fatto per Lanfranco Settala agostiniano che
visse nel secolo XIII o per un altro dello stesso nome e pure agosti-
niano che visse nel secolo dopo ed insegnò teologia nell'Università di
Parigi (vedi Denifle-Chatelain, Chartolarium Universitatis Parisiensis,
tomo lì, p. 291.
(* Vedi qMesi' Archivio, 1891, p. 268.
(2) Il documento si trova nella cartella della famiglia Settala e
suona così : " Ludovicus Maria Sfortia Anglus — Dux Mediolani, etc.
" Papiae Angleriaeque Comes ac Genuae etiam Dominus — Promotus
" est nuper a nobis ad Lecturam institutam in Ginnasio hoc nostro
" Ticinensi eruditus legum scolarus Dominus Franciscus Neapolitanus
'' qui prius lecturam extraordinariam optinebat — Ad quam cum Alius
62 IL MUSEO SETTALA
che importanti in quei fortunosi anni nei quali si sfasciava l'an-
tico ducato milanese ed ebbe missioni diplomatiche di un certo
valore come quella ricordata dal Picinelli e dall'Argellati, a Fran-
cesco I re di Francia. Giurista e figlio di giuristi e di cancellieri
ducali in un tempo in cui trionfava l'erudizione umanistica è
naturale eh' egli si formasse in casa una piccola biblioteca che i
nipoti andarono poi aumentando.
Nella galleria Settala si teneva in gran pregio come il qua-
dro più bello il ritratto di Galeazzo Settala, fratello di Lodovico
dottore, che si credeva dipiato dal Tiziano. Galeazzo era stato in
" Idoneus Delligendus a Nobis foret — Informati Dominum Ludovicum
" de Septara Civem Nostrum Mediolanensem Pariter legum scolarum^
" eo ingenio ac eruditione esse ut Lecturae ipse extraordinariae sit
" Egrege satisfacturus. Eundem dominum Luduvicum Tenore praesen-
" tium deligimus et deputamus ab hac die quoad nobis placuerit ad
" ipsam lecturam extraordinariam loco prenominati Domini Francisci
" Neapolitani cum salario honoribus oneribus prerogativis et emolu-
" mentis eidem lecturae debitae spectantibus ac pertinentibus — et
" per precessores suos ac ipsum Dominum Franciscum hactenus per-
" cipi solitis. Mandantes Rectori luristarum et vicecancellario ipsius
" ginnasi Magistroque Intratarum et Thesaurario generali ceterisque
" omnibus et singulis quibus spectat quatenus ipsum dominum Lodo-
" vicum in ipsius Lecturae possessione ponant et positum teneant ac
" de salario et ceteris predictis respondeant — et faciant debito tem-
" pore responderi „ — Datae Papiae sub Fide nostri sigilli die " Tertio
Novembris MCCCCLXXXX octavo [in calce) Agostinus Calcus „.
In quest' Archivio stesso (1878, p. 607) Giulio Porro pubblicò la
"pianta delle spese per l'Università di Pavia nel 1498,, tolta da un
codice triulziano nella quale troviamo appunto segnato che " Dominus
" Luduvicus de Septara „ per la " lectura luris civilis vespertina „ do-
vea ricevere per dodici paghe, di lire 4. io. 5 ciascuna, lire 54. 5, e
" Dominus Franciscus Napolitanus „ per dodici paghe, a lire 5. 3. 4,
lire 62. 1. Il Porro spiega la sorprendente tenuità di questi stipendi
colF enorme differenza del valore della moneta a quei tempi; ma alla
giustissima osservazione giova aggiungerne un' altra che si ricava dal
soprascritto documento cioè che molti degli insegnanti nominati non
erano dei veri professori, bensì degli allievi che cominciavano la loro
carriera e pei quali la paga era piuttosto un sussidio che uno stipen-
dio. Infatti la maggior parte delle altre paghe supera le lire cento e
a Demetrio Calcondila ne erano assegnate 1162.60 e a Giasone del
Majno lire 36oo.
CONTRIBUTO PER LA STORIA DELLA COLTURA IN MILANO, ECC. 63
giovinezza paggio d'onore del duca Lodovico Sforza ed aveva poi
Ottenuta la nomina a capitano dei cavalieri teutonici che prima
dello scisma di Alberto di Brandeburgo avevano una sede anche
a Milano. Nei due fratelli della nobile famiglia, Lodovico e Ga-
leazzo, possiamo vedere rappresentati i cosidetti cavalieri di toga
e quelli di cappa e spada : le due grandi categorie dei nobili d'allora.
Ma a noi giova, lasciando altri dei Settala che si fecero onore
nelle armi e negli studi (i), giungere tosto al protofisico Lodovico,
il medico famoso della peste del i63o, descritta dal Manzoni, che
fu veramente il fondatore del museo. Il dottor Ercole Ferrario in
un suo opuscolo (2) studiò con molta cura le opere mediche del
Settala sì che per la scienza poco, io credo, si potrebbe aggiun-
gere alle sue dotte osservazioni, e d'altra parte, Alessandro Man-
zoni col ricordarlo nel suo romanzo non solo rinnovellò la fama
del medico coraggioso, ma ne fece rivivere la nobile figura in
quella sfortunata battaglia combattuta dalla scienza preveggente
contro il pregiudizio ostinato; di modo che il vecchio protofisico
può starsi contento della buona memoria dei posteri. Ma una
parte della sua molteplice attività resta ancora nell'ombra: quella
dell'umanista, del professore di filosofia greca, del leggitore e rac-
coglitore appassionato di libri e di cose belle e rare; e di questa
io debbo occuparmi.
La medicina allora non andava mai scompagnata dalla filo-
sofia. Più che l'anatomia dei cadaveri, l'anatomia e l'analisi dei
periodi di Galeno e degli aforismi dì Ippocrate occupavano ed
interessavano i medici d' allora, e per una infinità di questioni
che oggi sarebbero estranee ad ogni medico si agitavano quei dotti
esponendole e confutandole in poderosi volumi. Non la chimica
e la fisica, scienze che nascevano appena, erano considerate le au-
(i) Nel grande atlante dell' Ortelius la carta geografica del ducato
a Milano si deve ad un Giovanni Giorgio Settala, che fiorì verso il i55o.
Vedi Theatrum Orbis Terrarum, Antverpiae, 1670.
(2) Dott. Ercole Ferrario, Intorno alla vita e alle opere ^nediche di
Lodovico Settala milanese. Milano, i856.
IL MUSEO SETTALA
siliaric della medicina, bensì la filologia e la filosofia parevi
assai più necessarie alla lettura dei libri greci e latini e ad orien-
tarsi nelle sottili distinzioni di quel mondo ideale e verbale. Con
tutta facilità passava il professore di logica ad occupare la cat-
tedra di medicina ed il medico saliva a quella di morale e spie-
gava Aristotile. In tutti era inoltre una tendenza, un bisogno
d' essere enciclopedici poiché facile riusciva a quei tempi abbrac-
ciare in una cognizione universale tutti i vari studi ancora poco
sviluppati e tutte le scuole a ciò tendevano. Anche Lodovico Set-
tala, nato nel i552, ed educato a Milano nelle scuole dei gesuiti
a S. Fedele e poi all'Università di Pavia fu, come Don Ferrante,
enciclopedico.
Il medico milanese Giovan Battista Silvatico nel suo libro sul
Collegio dei medici della nostra città (i) dopo molte altre lodi
così scrive del nostro Lodovico : « In Historia legenda assiduus'
est et in ea iudicanda criticus. Egregia sua sane cum laude opu-
lentissimam librorum cuiuscumque generis collegit supellectilem,
quam sumptibus multis, multaque diligentia in dies auget. In le-
gendis libris omnino indeffessus semper fuit, ut non inaniter licet
iocose magnus librorum helluo a nonnullis dicatur. Rerum pul-
crarum cupiditate flagrans est, bonus, amabilis, comes et discre-
tusìì. Se noi potessimo consultare i numerosi volumi di lettere
scritte dal Nostro e a lui dirette da molti studiosi del suo tempo,
volumi che l'Argellati ricorda fra i molti manoscritti posseduti
dalla famiglia Settala, facile sarebbe il formarsi un'idea su quella
società di eruditi nella quale egli rifulse al tramontare del cin-
quecento e al sorgere del seicento. Ma poiché quei volumi più non
si trovano dobbiamo accontentarci di raccogliere notizie da altre
fonti. Il Settala pubblicava nel i5qo la traduzione latina dell'opera
di Ippocrate, De aeribus acquis et locis (2) emendando in molti
luoghi il testo greco sulla scorta di codici antichi e dedicava il
(i) Collega Mediolanensium Medicorum origo, antiquitas. Mediolani,
1607: V. Ludovicus Septalius.
(2) Librimi Hippocratis " De aeribus „, ecc. Coloniae, iSpo.
CONTRIBUTO PER LA STORIA DELLA COLTURA IN MILANO, ECC. 65
lavoro, che doveva dargli non poca fama, a G. Vincenzo Pinelli.
Questo dotto padovano, bella figura di studioso alla fine del cin-
quecento, l'amico fidato di Fulvio Orsini col quale scambiò un
grandissimo numero di lettere conservate all' Ambrosiana, che
sono, come dimostrò il De Nolhac (i), una fonte copiosissima
per la storia dell'erudizione italiana, presenta tanta somiglianza
col nostro Settala per quella larghezza signorile con cui, occupan-
dosi di ogni genere di studi, raccoglieva in casa propria quanto
più poteva di raro e di curioso, mettendolo a disposizione degli
amici, che mi piace di ricordare qui fin da principio l'amicizia
che era tra di loro. Un' altra interessante relazione del Settala
cogli eruditi del tempo è quella con Enrico Puteano, il dotto
fiammingo Van de Putte, un vero maniaco della erudizione. La
lettura delle sue quattro centurie di lettere delle quali molte sono
dirette ad illustri milanesi, al Settala, al Silvatico, parecchie a
Federico Borromeo, può meglio di qualunque altra cosa farci co-
noscere la società di dotti milanesi d'allora.
In una lettera del 3 dicembre 1600 (2) scrive appunto il Pu-
teano a Giusto Lipsie d'essere venuto a Milano, d'aver parlato
felicemente in pubblico e di godersi ora le lodi degli amici, primo
tra questi, Lodovico Settala, che ebbe ogni premura per lui ed
eccitò gli altri ad applaudirlo. Egli, soggiunge in latino, fa ciò
per causa tua, poiché egli ama te e te continuamente loda. Egli
è fra i più nobili milanesi dottissimo ed umanissimo, ed io godo
della sua ospitalità e sono sorretto dalla sua erudizione; egli è
per me un vero padre. L' orazione alla quale allude il Puteano
era stata detta da lui in ringraziamento della nomina a profes-
sore di eloquenza nelle scuole palatine ed anche in essa si leggono
lodi del nostro Lodovico. Alcuni vogliono che il Puteano dovesse
al Settala anche la carica di istoriografo del re di Spagna (3) che
(i) Pierre De Nolhac, La biblioihèque de Fulvio Orsini. Paris, 1887.
(2) Erigi Puteani, Epistolarum cenhiriae. Lovanii, 1612, Centuria 1,
lettera CXII.
(3) Vedi TiRABoscHi, Storia della letteratura italiana. Milano, 1822-
1826, t. VII, p. 1009.
Arch. Star. Lomè» — Anno XXVII. — Fase. XXVII. e
C6 • IL MUSEO SETTALA
a quest'ultimo, quale gran leggitore di libri storici, era stata prima
ortcrta. In una lettera da Padova il Puteano manda al Settala
nel 1601 la copia di una lapide antica dedicata ad Esculapio (i),
in un'altra gli propone una correzione ad un passo di Galeno, e
la sostiene citando un' iscrizione scoperta allora a Milano (2). Si
deve pensare che solo nella forma queste sono lettere private, ma
in verità si scrivevano per la stampa e perciò esse attestano oltre
che l'amicizia per il dotto milanese anche il piacere che lo scri-
vente aveva di far sapere al mondo le sue relazioni con gli eru-
diti della nostra città.
Ma non era necessario che per vivere in compagnia dei dotti
il Settala andasse a cercarli fuori di Milano. Allora a Milano ben-
ché non vi fosse una scuola universitaria, non mancava quella vita
ntellettuale che sorse dal continuo convivere desìi studiosi tra d
J,W V^«X ^^XX^X^^^^ V-V^li VXTWX^, V.l^j,X
loro. Chi si porrà a scrivere la storia della coltura in questa città
dovrà studiare con cura il periodo alla fine del secolo XVI, du-
rante il quale si va formando quell'ambiente che darà vita ad
una istituzione tanto importante nella storia della civiltà e che e
uno dei più bei vanti di Milano: la biblioteca ambrosiana. Certo
essa non sarebbe sorta senza l'animosa lautezza di Federico Borro-
meo, ma la persuasione di compiere un'opera utile e desiderata
fton solo dai dotti di fuori, ma da quanti anche in Milano si affa-
ticavano sui libri antichi, dovette concorrere a determinare l'atto
generoso. Quanta devota amicizia avesse il Settala per il cardinal
Borromeo lo attesta la dedica che gli fece dell'opera De Peste et
pestiferis effectibus (3), che composta in gioventù dopo la peste
del 1576, durante la quale il Settala aveva ammirate le opere di
carità di S. Carlo, era stata pubblicata solo nel 1622, quasi col
(i) Centuria II, lettera LXXII.
(2) Centuria II, lettera LXXXVIII.
(3) Luduvici Se,ptalii, Medici mediolanensii , De peste et pestiferis effec-
tibus. Libri quinque. Mediolani, 1622, Anche T opera Analyticarum et
Animasticarmn Dissertationum, Libri duo. Mediolani, 1626, discussioni
di logica e di metafisica di Lodovico Settala, è dedicata al Cardinal
Federico.
CONTRIBUTO PER LA STORIA DELLA COLTURA IN MILANO, ECC. 67
presentimento che il terribile flagello avesse nuovamente a deva-
stare la Lombardia.
Anche Gerolamo Settala, fratello di Lodovico, che occupava
un posto eminente tra gli ecclesiastici milanesi quale penitenzia-
rio maggiore della chiesa metropolitana, e che, esperto nel diritto
civile e canonico, molto aveva giovato all'arcivescovo Carlo e poi
a Federico in parecchie gravissime liti e da ultimo era andato a
Roma a sollecitare la canonizzazione di S. Carlo, doveva render
più salda l'amicizia che congiungeva i Settala alla potente fami-
glia degli arcivescovi milanesi. Nella descrizione della galleria set-
taliana è ricordato (i) che « Donna Cecilia Medici Gonzaga, ni-
pote di papa Pio IV, honorò i grandi meriti del signor Lodovico
Settala, dandogli in dono un anello con grossa Turchesa inca-
strata, in cui scolpita in bassorilievo è la immagine del medesimo
Pontefice con l'arme sue gentilizie». Pio IV, cioè Giulio Angelo
Medici, il papa milanese che era l'orgoglio e il vanto della no-
biltà cittadina, era stato l'origine della potenza ecclesiastica dei
Borromei : egli che a S. Carlo, figlio di sua sorella Margherita,
aveva dato la porpora, e al fratello di lui Federico, conte di Arona,
affidato il comando dell'esercito pontificio; di modo che questo
dono è una prova di più della grande stima in che Lodovico era
tenuto da tutto intero il parentado dei Borromeo. Non si va quincn
lungi dal vero immaginando Lodovico Settala come uno dei più
assidui frequentatori della dotta casa del fondatore dell' Am-
brosiana.
Abbiamo notizia che nel i5g4(2)si era inaugurata a Milano
in casa del signor Muzio Sforza Colonna marchese di Caravaggio
l'Accademia degli Inquieti che si radunava ogni giovedì ad udir
letture in latino ed in italiano, e che ad essa era stato aggregato
anche il Settala, che l'ingegno arguto e la gentilezza dei modi
rendono certo uno dei meno noiosi lettori. Abbiamo di lui infatti
(i) ScARABELLi, Museo € Galleria, cit,, p. 114.
{2) Vedi PÀOLO MoRiGGi, La Nobiltà di Milano, Milano, 1619, lib. Ili,
pagina 297.
68 H' MUSEO SETTALA
un discorso intitolato De Naeviis (i), composto senza scrii inten-
dimenti, ma per intrattenere piacevolmente una dotta brigata.
Prendendo argomento della rispondenza che egli crede esistere
tra i nei sparsi sul corpo umano, il Nostro tratteggia un piccolo
studio d'armonia corporale, mostrando le analogie che si possono
trovare fra le parti della testa e le altre parti dell'uomo e con
circonlocuzioni che non mancano di arguzia ci fa intendete ciò che
nel corpo corrisponde al naso, alla bocca, alle guance. Brilla in
questa conferenza quell'arte, una volta tutta italiana, di dire le
cose più arrischiate in modo conveniente, o almeno senza offen-
dere altrui. II discorso piacque immensamente ed il libro trovò
grande diffusione, tanto che Ambrogio Biffi lo traduceva in ita-
liano, nel 1609, dicendolo nella sua entusiastica prefazione, « un
microcosmo dell'ingegno del Seltala ». Se il dotto milanese cre-
desse o meno alla fisonomia astrologica d' allora si può difficil-
mente stabilire da questo discorso, ad ogni modo il processo
contro la infelice Caterina Medici ci attesta anche troppo chiara-
mente quanto anche in lui potesse la superstizione. E a questo
proposito si deve da noi ripetere la sentenza che su di lui pro-
nunciò il Manzoni: che era, bensì, più avanti dei suoi contem-
poranei ma non se ne discostava.
Dobbiamo parlare adesso brevemente del Settala come pro-
fessore di morale aristotelica nelle scuole canobiane di Milano.
Erano queste scuole state fondate qualche anno dopo la nascita
di lui per la munificenza del patrizio Paolo Canobio il quale con
testamento del i3 marzo i554 (2) aveva lasciato il suo patrimonio
all'Ospitale Maggiore, perchè fosse dato uno stipendio ad un no-
tabile professore che « legga et esplani pubblicamente li libri
c( dell'Etica e della Politica d'Aristotele, ordinariamente in quel
« modo ordine e tempo che il giudizio dellaf coscienza sua gli det-
(i) De Naeviis — liber ttnits ad Hieronimimi Caimiim. Mediolani; 1626.
(2) Neir Archivio di Stato, nella cartella " Scuole Canobiane „ si
conserva in un libretto a stampa la copia del testamento di Paolo
Canobio nella parte che riguarda l'istituzione di queste scuole.
CONTRIBUTO PER LA STORIA DELLA COLTURA IN MILANO, ECC. 69
« terà essere conveniente e profittevole agli uditori, seguendo nel-
« l'etica la esposizione di Eustratio e poi d'altri dottori a modo
« suo ». Il primo di questi professori, per designazione dello stesso
Canobio, era stato Ottaviano Ferrario, grande amico del nostro
Settala, sebbene più vecchio d'assai e già gli fosse stato maestro
di morale a Pavia. Lodovico fu eletto professore delle canobio ne
nel i6o5 dal collegio dei giuristi che lo dichiararono omni excep-
tione maior, e non vollero che per la sua nomina si pubblicasse
concorso di sorta. Grande dovette essere l'affetto che il Settala nudrì
per queste scuole, nate con lui alla metà del secolo XVI e che egli
aveva vedute crescere con quella forza che è propria delle nuove
istituzioni. Ne è prova 1' alto concetto che egli ha del suo ufficio
di professore come possiamo vedere nella opera Della ragion di
stato pubblicata nel 1628. Rivendicando a sé il diritto di trattare,
come professore di morale, anche della politica egli scrive: « Ne
« sia chi dica essere questa materia da essere trattata da Principi o
« da Consigliere o da segretario di principe e, non da medico o fi-
« losofo, perchè potrò rispondere Platone e Aristotele, i quali più
« di tutti si sono in questa affaticati e non solamente posti i
« fondamenti a quest'arte, ma perfettamente fabbricatala, essere
« stati filosofi e che io in questa mia età di settantadue anni,
« havendo osservato tante cose et attioni di Principi e Repubbli-
« che, con non poca curiosità, et avendo letto tanti storici di tante
« nazioni e linguaggi e tanti scrittori politici, poteva ancora in
« queste materie saper qualche cosa e insegnarla: e tanto più es-
« sendo più di vent'anni che in questa mia patria, nella famosa
« scuola canobiana io leggo la filosofìa attiva compresa da Aristo-
« tele nei dieci libri dei costumi a Nicomachio suo figlio e negli
« otto politici. Ne l'esser io medico impedisce l'esercitare l'ingegno
« in altre materie, poiché veggo essere stati accetti al mondo e agli
« uomini dotti non solo le mie opere medicinali, ma ancora i
« commentari sopra il libro di Hippocrate e sopra le quattordici
« settioni dei problemi di Aristotole ». In questo libro non rin-
viensi mai (eppure l'argomento ne presentava ad ogni passo
l'opportunità!) la più piccola adulazione agli Spagnuoli; e scb-
70
IL MUSEO SETTALA
bene molto si dovesse concedere alla teoria, non dovevano riuscir
troppo gradite ai rapaci ministri dell'iberica monarchia che spa-
droneggiavano nel nostro paese, certe recise sentenze contro le mal-
vagitcì dei reggitori e le gravezze straordinarie senza legittima
occasione imposte (i). Lungo ricordo e desiderio lasciò il Settala
delle sue lezioni nei giovani che si vantavano con orgoglio di
averlo avuto a maestro. Il Torre, ad esempio, nel suo Ritratto di
Milano, parlando delle scuole canobiane nota: « Hebbi io la for-
« tuna nei miei primi anni d'haver quivi per maestro della mo-
« rale, il saggio filosofo, e per dir meglio il saputo Ippocrate mo-
« derno, Lodovico Settala, splendore de' letterati della nostra mi-
« lanese patria. » Se ai meriti del Settala come letterato e filo-
sofo, aggiungiamo la fama che gli aveva procacciata lo studio
della medicina comprenderemo come al principio del secolo egli
fosse desiderato e invitato da molte università. Il duca di Ba-
viera Massimiliano 1 lo voleva all'università di Ingolstad, a co-
prir la cattedra primaria di filosofia; il duca di Toscana Cosimo II
l'invitò a Pisa, l'università di Bologna gli offrì la cattedra di
medicina primaria con l'onorario di milleduecento scudi; ma il
senato veneziano superò tutti gli altri, perchè pur di avere il
Settala a Padova gli offrì l'assegnamento di mille e cento zecchini
ed inoltre duecento altri per il trasporto della famiglia. Ma il
Settala si trovava troppo bene a Milano e troppo grande era qui
la considerazione che godeva il suo nobile casato perchè cedesse
allo stimolo di andare in cerca di miglior sorte in altri paesi.
(i) Così ad esempio al Capitolo 14.° (pag. 56) " Fra tutte le cose
" che rendono vacillante lo stato del Principe sono le gravezze stra-
" ordinarie senza occasione imposte: essendo che le gravezze sono
" concesse dagli sudditi, acciò possa il Principe sortendo il suo grado
" mantenere la giustizia fra loro, la quale come potranno sperare se
" si veggono ingiustamente da lui spolpare e se alla giornata veggono
" essere permesso, che le ordinarie e le straordinarie siano da mini-
" stri rapaci acerbamente riscosse e accresciute. Onde avviene che i
" popoli aggravati sopra le forze si rivoltano contro il Principe o con
" qualche occasione cercano darsi ai nemici „. Queste parole si stam-
pavano a Milano nel 1628, l'anno dei tumulti per il pane.
CONTRIBUTO PER LA STORIA DELLA COLTURA IN MILANO, ECC. 7I
Intanto egli si era visto nascere ben diciotto figlioli dalla moglie
Anna Arona, gentildonna milanese, e reggendo una famiglia così
numerosa doveva» avere largo campo alla pratica delle teorie mo-
rali apprese dai suoi autori. Facilmente perciò si spiega l'origine
del trattato (era quello il tempo dei trattati) De ratione insti-
tiienda et giibernanda familia, che insieme a molti altri forse
fu presente al Manzoni nel disegnare la tipica figura del suo
Don Ferrante. Il primogenito di Lodovico, Claudio Francesco,
lasciò la casa paterna per entrare assai giovane fra i gesuiti e
morì prima del padre, nel collegio di Arona. Un altro dei figlioli,
Senatore, era stato accolto nel i6i5 nel collegio dei fisici e s'era
posto a seguire il padre nello studio e nella pratica della medi-
cina. Senatore, fu amico e collega di Alessandro Tadino, ed i loro
nomi, che si trovano congiunti nella storia della peste, si leggono
già prima incisi l'uno presso l'altro su di una lapide posta al
comune amico Gaspare Aselli, il famoso scopritore delle vene
lattee, morto nel 1626 (i). Nel libro De lactibiis sive Lacteis Venis,
ad attestare l'esattezza delle sue esperienze l'Aselli ricorda come vi
avesse assistito anche Lodovico Settala, primo senza dubbio dei
medici del nostro tempo la di cui testimonianza può da sola far
fede di tutto. Possiamo quindi immaginare la casa di Lodovico
in questi tempi quasi come il centro di una nuova scuola di me-
dici, che dal vecchio dottore imparerà a temere i mali contagiosi
e a vigilare contro di essi. Ma dei figlioli di Lodovico chi mag-
giormente ci interessa è Manfredo, il raccoglitore del museo.
Nato nel 1600, fu mandato molto giovane a Pavia e poi a Siena,
dove ebbe a condiscepolo ed amico Fabio Chigi, che divenne
Alessandro VII. Lodovico si giovò molto dell'amicizia che lo
univa ai duchi di Toscana, per l'educazione di Manfredo, che non
solo, essendo a Pisa, potè godere della loro protezione e vivere in
mezzo alla società più alta e più dotta, ma sulle galere del gran
duca ebbe agio d'intraprendere un lungo viaggio di studio in
( I ) V. Forcella, Iscrizioni delle Chiese e degli altri edifici di Milano.
Milano, 1 889- 1893, voi. I, n. 221.
72 IL MUSEO SETTA LA
Oriente, dapertutto osservando gli usi e i costumi dei popoli, im-
parandone le lingue e formandosi quello spirito vivace e appas-
sionato che ammireremo trasfuso nel suo museo. Carlo Andrea,
l'ultimo dei figlioli di Lodovico, si fé' prete, entrò nel i633, poco
prima della morte del padre, nel collegio dei giureconsulti e si
spinse poi tanto avanti nella carriera ecclesiastica da essere nomi-
nato vescovo di Tortona. Così l'opera del padre si moltiplicava
in quella dei 'figlioli ed un fervore di vita intellettuale si span-
deva per tutta la famiglia.
Non è meraviglia che in casa Settala una doviziosa raccolta
di libri si venisse così accumulando. Ma non basta. L'amicizia
con principi, duchi e personaggi illustri italiani e forestieri, do-
veva portar con sé un desiderio di lusso e il bisogno di ornare
la casa di qualche opera d'arte. Tra gli illustri amici del Set-
tala va ricordato lo splendido cardinale Maurizio di Savoia ,
grande dissipatore e protettore di letterati e di artisti, al quale
Lodovico dedicò i suoi commenti ad Aristotele (i) e forse n'ebbe
in dono quell' « anello d'oro in cui il ritratto dell' Eminentissimo
« Cardinale Mauritio di Savoia si riverisce » che troviamo ricor-
dato nella galleria (2). La bella edizione dei commenti ad Aristo-
tele è ornata da un ritratto di Lodovico inciso finamente in rame,
sotto il quale il Puteano (l'edizione è di Lione, i632) fece porre
un suo epigramma. La fronte alta, gli occhi vivaci, il naso aqui-
lino e la barba piena, fluente, danno alla figura dignità ed im-
ponenza; mentre la fisonomia è buona, serena, da filosofo antico.
Sappiamo che la pittrice Fede Gallizia aveva disegnato e colorito
mirabilmente un piccolo ritratto di Lodovico che si conservava
in una cassetta di ebano leonato, e che da esso il famosissimo
Sadeler fiammingo aveva cavata l'incisione in rame che servì
probabilmente alla stampa ora citata (3). Fede Gallizia, nata nel
1578 dal rinomato incisore e miniatore trentino Nunzio, e morta
(i) Commentari in Aristotelis problemata, Tomi tres. Lugduni, 1682.
(2) SCARABELLI, Op. cit., pag. Il 6.
(3) SCARABELLI, Op. cit.^ pag. 211.
CONTRIBUTO PER LA STORIA DELLA COLTURA IN MILANO, ECC. 73
probabilmente di peste nel i63o (i), era pittrice di qualche valore
e fama grandissima al principio del seicento, sopratutto tra le
famiglie patrizie milanesi. Sembra che essa godesse continuamente
la protezione dei Settala, poiché nella galleria loro trovavansi
dieci quadri di sua mano e parecchi altri sono ricordati in alcuni
documenti privati di Isabella Calusca moglie di Senatore Settala (2).
In quanto al fiammingo Sadeler, che si confonde con tanti inci-
sori di quel cognome venuti quei tempi in Italia, egli è forse lo
stesso che Enrico Puteano ricorda in una lettera del 1600 datata
da Padova, nella quale esorta il Settala ad ospitarlo in casa pro-
pria e a legarlo a sé con ogni beneficio, perchè era un incisore
(i) Vedi un mio piccolo studio intitolato Artisti Trentini a Milano
— Nunzio e Fede GalUzia, iSyS-ióSo nella Rivista Tridentum, Anno I,
fase. V (Trento, Zippel, 1898).
(2) Il nobile signor Bentivoglio Pisani, che discende per via col-
laterale dalla famiglia Settala, possiede nel suo archivio privato una
petizione che nel 1698 i figlioli di Senatore Settala fecero alla loro
madre Isabella Calusca passata in seconde nozze col conte Panigarola,
diffidandola a restituire molti oggetti che essa aveva portati nella casa
del secondo marito. Alle specificate domande di varii oggetti la Calusca
contrappone osservazioni giustificative negando la richiesta restituzione.
In questa nota troviamo ricordati sette quadri della Gallizia e di al-
cuni si dice che la Calusca li aveva comperati da madonna Anna
erede di Fede, di altri si danno più interessanti notizie. Così " un
" quadro di Santa Caterina gli fu mandato da Madonna Fede in punto
" di morte per non aver scudi 12 da restituirgli de contanti che gli
" aveva dato in prestito dei suoi propri denari „ e ancora " un quadro
" di S. Carlo piccolo di mano di Fede gli fu dato da detta Fede di
" festa un Natale come separatamente» ne dava al S. Senatore an-
" cora et li suoi sono in casa Settala,,. Attestati questi di una ben
meschina protezione, ma la miseria del seicento non consentiva di me-
glio. Tra le altre comiche risposte della Calusca mi piace riportare la
seguente che mostra come alla larghezza signorile dello spendere pel
vestito fosse subentrata una grande taccagneria. Si domandava " Un
" sottanino di damasco argentino ornato con più di venti lavori d' oro
" fattogli tial S. Senatore „. E la Calusca risponde " Il sottanino ar-
" gentino fu fatto nel 1628 e dopo averlo portato anni i5 per non
" averne mai avuti altri se ne è valsa per necessità ed in questo non
" è meraviglia che il signor Antonio lo dimandi o se ne ricordi, poi-
" che per così lungo tempo l'ha sempre veduto innanzi agli occhi „.
74
IL MUSEO SETTALA
Jci più insigni e un uomo probo e lepido: insomma un vero
fiammingo. Fa in modo, conclude Puteano, che noi possiamo ve-
dere tra breve la tua bella faccia scolpita da lui (i). Nella de-
scrizione della galleria si ricorda uno scatolino col ritratto di
Lodovico « formato dal grande scultore per nome Milano, perchè
« servisse a farne una medaglia di bronzo ». Lo scatolino col
ritratto si vede ancora all'Ambrosiana nello scaffale che racchiude
i pochi avanzi del disperso museo ed una medaglia coniata su
quel modello, si conserva nel Gabinetto Mumismatico di Brera.
Tra le scolture troviamo ricordato nel catalogo un piccolo busto
di Lodovico, lavorato da Andrea Biffi, scultore coetaneo del Set-
tala, che molto operò per il Duomo. Io penso che il Manzoni
abbia tratto ispirazione da qualcuno dei ritratti di Lodovico a
ravvivare, nel racconto della peste, con un tocco d'artista un epi-
sodio ricordato in modo pedestre dal Rigamonti. La gente, che
tumultua attorno alla bussola del protofisico, grida «esser lui il
« capo di coloro che volevano che vi fosse la peste, lui che met-
« teva in ispavento la città, con quel suo cipiglio, con quella sua
« barbacela, tutto per dar da fare ai medici ». La faccia grave
e pensierosa, la barba imponente, il grande collare alla spagnuola
dovevano renderlo infatti una maestosa figura che il popolo era
solito a riverire umilmente , e che solo in quei giorni di irri-
tazione malata insultava con quella stessa rabbia con cui spesso
bestemmia il Dio in cui crede. Il Settala, proteggendo gli artisti
per quanto era nelle sue forze , aiutava le geniali iniziative del
cardinale Federico che nell'istituto dell'Ambrosiana aveva dato
largo sviluppo all' insegnamento delle arti, cui presiedevano uo-
mini che serbavano ancora alta la dignità dell' arte, e che i po-
steri ancora rispettano. Di costoro era amico il nostro Settala e
questi egli accoglieva nella sua casa pregiandone e comperandone
i lavori.
Di Giovan Battista Crespi, detto più comunemente il Cerano,
che, invitato alla corte dei Borromei, insegnava pittura all' Am-
(i) E. PuTEANi, Epistolarum centuriae, Centuria I, lett. XIIII.
CONTRIBUTO PER LA STORIA DELLA COLTURA IN MILANO, ECC. 7:)
brosiana, e che mori nello stesso anno nel quale scese nel sepol-
cro Lodovico (i633), si ricordano nella galleria settaliana alcuni
quadri « Uno grande singolarmente stimato, historiato dal suc-
« cesso di Lucretia romana in atto di uccidersi, con attorno i
« suoi parenti, che con diverso atteggiamento rimirano quell' a-
« troce spettacolo. Un altro piccolo con S. Giacomo a cavallo
« che con la spada imbrandita uccide e stende a terra molti ne-
« mici del nome cattolico. Originale del sodetto Cerano di tutta
« eccellenza, dal medesimo donato prima che morisse, in pegno
« del suo affetto ».
L' opera certo più famosa che bella del Cerano, la statua
colossale di S. Carlo ad Arona, era ricordata nella galleria da un
piccolo modello fatto dallo stesso artista (i). Molti altri oggetti
attestavano una stretta amicizia della famiglia per lui. « Due
« ovali, ai centri dei quali ritratta la moglie e la madre del fa-
« moso Cerano (2) ». « Un San Giuseppe dipinto dal padre dello
« stesso Cerano v. « Un San Francesco dipinto dalla sua so-
ft rella (3) ». « Capo del precursore Battista dentro a un disco
« sostenuto dalla perfida Erodiade, lavoro di una figliola del me-
« desimo Cerano, che poi si maritò col celebre pittore Melchior
« Gerardino ». Ecco, insieme a Fede Gallizia, un'altra pittrice
ravvivare colla sua virtuosità il gruppo di questi giovani artisti
che sorgono dalla scuola dell' Ambrosiana a combattere 1' ultima
e non ingloriosa battaglia dell' arte. Melchior Gerardini è con Da-
niele Crespi, con Carlo Francesco Nuvolone, con Ercole Procac-
cino, uno dei migliori di questo piccolo drappello. Del Gerardini
si vantavano nella galleria due tele, un S. Gerolamo e una Santa
Lucia, di Daniele Crespi erano detti i ritratti dei figlioli di Lo-
dovico, Manfredo e Senatore ; del Procaccino si ricordavano un
S. Giovanni ed una Maddalena penitente. Pur troppo l'anno della
peste fu fatale all' Accademia dell' Ambrosiana, che dopo d'allora
(1) SCARABELLI, Op. cit., p. 21 7.
(2) Id,, ibid., p. 212.
(3) Id., ibid., p. 259.
76
\L MISEO SKTTALA
non diede più segno di vita. — Nella scoltura Milano aveva un
grande dovere da compiere: terminare la fabbrica del Duomo (i)
Dei nostri artisti, che incoraggiati dalla protezione dei Borromei,
lavorarono con molta lena attorno a questo monumento, parecchi
lasciarono qualche loro opera nella galleria dei Settala. Angelo
De Marinis, detto « il gran siciliano », che scolpì per il Duomo
nel i55ó la statua di Pio IV de' Medici, e poscia quella della
Maddalena, di Eva, di Santa Tecla, trattò per il Settala con
molta pazienza alcuni coralli, effigiando in uno i due vecchioni
e la casta Susanna, in un altro una mano. Questi coralli si ve-
dono ancora fra i pochi oggetti artistici del disperso museo, che
sono all'Ambrosiana. Gerolamo Prestinaro, valente scultore, che
nella prima metà del secolo XVI arricchì internamente ed ester-
namente di pregevoli statue la nostra cattedrale, è ricordato al-
tresì nella Galleria (2) per la sua statua di una Venere alta più
di un braccio. Una statuetta di Marte è detta di Gaspare Vi-
smara (3), che fra le molte opere fatte per il Duomo sul declina^x*
del secolo XVI e nei primi del susseguente, vanta il grandioso
rilievo posto sopra la porta di mezzo, rappresentante la creazione
di» Eva dalla d'osta di Adamo, rilievo del quale il Cerano aveva
tracciato il disegno. Ad insegnare la scoltura era stato chiamato
all'Ambrosiana Andrea Biffi, anch' egli uno degli scultori più ce-
lebri del Duomo in questo tempo , del quale oltre il ritratto di
Lodovico, si enumerano nella Galleria parecchie figure di cera ed
altre sculture.
Ma oltre alle opere dei contemporanei ricorda il catalogo della
Galleria Settala, un buon numero di lavori di autori di ben maggior
pregio. Si è già detto del ritratto dello zio di Lodovico, il Cavalier
teutonico Galeazzo, che vuoisi dipinto dal Tiziano, e che era tenuto
come il più prezioso gioiello della famiglia. Si citano ancora al-
(i) Ved. MoNGERi, La facciata del Duomo di Milano e i suoi disegni
antichi e moderni, in quest'^rc/r., a. XIII, 1886, p. 298.
(2) SCARABELLI, Op. cit., p. 217^ n.° 7.
(3) SCARABELLI, Op. cit., p. 21 7, n.° 8
I
CONTRIBUTO PER LA STORIA DELLA COLTURA IN MILANO, ECC. 77
cune statue: una Venere con putti di Giovanni da Bologna,
alcuni quadri si attribuiscono a Raffaello, altri a Leonardo da
Vinci, altri ancora al Luino. A noi oggi non resta altro che il
dubbio che l'autore del catalogo abbia, come di solito, largheg-
giato molto neir attribuire a sommi pittori quadri forse mediocri.
Quel poco che il museo conteneva di artistico fu, a mio credere,
raccolto tutto dal buon gusto del vecchio protofisico; Manfredo
aveva (come vedremo) altri gusti ed altre tendenze.
Nel testamento di Lodovico Settala quondam Francesco, ro-
gato da Francesco Crivelli notaio milanese ai 5 di giugno del i632
che si conserva alla biblioteca di Brera fra i manoscritti Morbio,
oltre alla grande raccolta di libri che l'instancabile leggitore si era
venuto formando, è rammentata espressamente anche la galleria.
In questo suo testamento Lodovico istituisce eredi i suoi figliuoli,
Antonio, Senatore, Manfredo, Carlandrea « in egual porzione,...
« sostituendo gli uni agli altri in linea mascolina per fidecom-
« messo con facoltà al signor Antonio di poter alienare solo pei
« suoi bisogni, dichiarando che i libri debbono restare sempre in
« casa presso la sua famiglia e che si debba fare il repertorio di
« detti libri e della galleria, sottoponendola anche questa al fide-
« comesso ». Il grande amore per i suoi libri, per la sua casa, ricca
di grati ed onorati ricordi, la volontà e la speranza che essa fosse
conservata ad attestare ai posteri la sua passione per la coltura
e tutte le sue lotte, sono dati abbastanza importanti a lumeggiare
la vita intera di questo uomo e lo spirito suo formatosi in mezzo
a quella splendida società italiana della fine del cinquecento, che
pur soprafatta da tante sciagure e dissanguata in tanti modi,
non sapeva rassegnarsi a vivere mediocremente, ma voleva per sé
tutti i godimenti del sapere, le gioie dell'arte, ed aspirava, pur
con sì poche forze, alla gloria. Lodovico Settala morì il 12 set-
tembre i633 e poco dopo cessarono di vivere anche i suoi figlioli
Antonio e Senatore. Il fidecommissario del testamento sopracitato
divenne perciò Manfredo Settala, e con lui la biblioteca e la gal-
leria si trasformarono in un vero museo, del quale, come che
costituisca il principale soggetto del nostro studio, è tempo di
venir adesso a discorrere particolarmente.
IL MUSEO StTTALA
I
II.
Mentre nel quattrocento e nella prima metà del cinquecento
il desiderio di raccogliere cose rare nasceva sopratutto dal piacere
di adunare ogni bellezza nella casa signorile, nel seicento invece
anche il museo aspira a rappresentare lo stato della scienza, si
prefigge di raccogliere tutto quanto possa dare un'idea generale
del mondo, dell' uomo e della sua storia.
Se leggiamo i cataloghi del museo Kircheriano di Roma (i),
del museo Cospiano di Bologna (2), delle gallerie medicee fioren-
tine, vediamo dapertutto farsi manifesto questo carattere. Così
nel Musco Settaliano gli oggetti d'arte ricordati' più avanti ave-
vano un'importanza secondaria in confronto del medagliere, delle
iscrizioni antiche della raccolta di rarità naturali, di quella di
istrumenti e di meccanismi per lo studio della fisica, di quella in-
fine che diremo etnografica, formata cioè di vesti, di armi, di libri
portati dall'Oriente e dalle Americhe. Il voler tutto comprendere,
il voler soddisfare ad ogni curiosità era naturalmente di gran
danno al valore delle singole raccolte, poiché l'attività e i mezzi
limitati di un privato non si potevano concentrare con frutto su
alcuna di esse. Ma questa dispersione era pur necessaria se si
voleva dar degnamente alle proprie raccolte il nome di Museo.
L'indipendenza delle varie discipline fra loro non si era ancora
stabilita: e come abbiamo visto della medicina che si fondeva
colla filologia, così succedeva della storia naturale, della fisica,
della storia delle antichità, insomma lo scibile umano, ad onta
dell'opera limitatrice del Galileo e di quelli che avevano ben com-
(1) BoNANNi, Musami Kircheriaman a P. Atanasio Kirchero S. I.
in Collegio Rom. S. L Romae, 1709.
(2) Lorenzo Legali [Dott. Filosofo, Medico e Pubblico Professore
a Bologna]. Museo Cospiano — Annesso a quello del famosissimo Ulisse
Aldrovandi e donato alla sua patria dal Sig. Ferdinando Cospi. Bo-
logna, Monti, 1667.
CONTRIBUTO PER LA STORIA DELLA COLTURA IN MILANO, ECC. 79
preso lo spirito della scienza nuova, sembrava ai più uno e indi-
visibile. Ulisse Aldrovandi, il naturalista bolognese, nella sua storia
naturale formata da ben tredici volumi in foglio, parlando del
bue e del gallo raccoglie tutto ciò che intorno a questi due ani-
mali hanno pensato gli antichi, tutte le favole, i miracoli, le si-
militudini dei poeti, le rappresentazioni grafiche. Scrittori ed opere
di simile genere ve ne sono un gran numero al principio del sei-
cento, poiché tale rimane il carattere della scienza d'allora.
Il museo Settala trovò de' descrittori che seguirono il metodo
ora citato ed infatti il libi"o del dottor fisico collegiato Paolo Maria
Terzaghi, pubblicato nel 1664, si dilunga a raccogliere quante
notizie può intorno ai vari oggetti ricordati, desumendole da scrit-
tori e da poeti, e alla descrizione fa seguire quattro cosidetti
« Luogocentoni « sulle ambre, sui cristalli, sulla calamita, sui
fossili, dove espone le strane idee del tempo intorno alla natura
e al modo di formazione di queste materie. Nel 1666 Pietro Sca'
rabelli. Dottor Fisico di Voghera « per esaudire la molteplicità
« delle istanze di Cavalieri e Dame curiose » tradusse in volgare
il libro del Terzaghi, aggiungendovi parecchie notizie relative
alle molte curiosità entrate di recente nel Museo, e pubblicò la
sua fatica a Tortona dedicandola al conte Bartolomeo Arese. Alla
Biblioteca Nazionale di Firenze nell'enorme carteggio tenuto dal
Magliabechi con pressoché tutti gli eruditi del suo tempo, ho
trovate anche dieci lettere di Manfredo Settala. In una di queste
del 17 settembre 1664 egli scrive: « Dall'ordinario nostro di Milano
« riceverà V. S. l'Indice delle mie frascherie e subito che sarà
« stampato il volgare glielo invierò ». Il canonico Manfredo fu cer-
tamente l'inspiratore di queste due opere, ma senza curarsene
molto (se diam retta alle sue parole or citate) egli mise a disposi-
zione dei due dottori fisici collegiati oltre che il museo anche la
ricca biblioteca di casa. Gli autori si giovarono ben più di questa
cfie di quello; infatti nei loro libri citarono tutte le diverse sentenze
che gli scrittori di cose naturali e descrittori di musei avevano
esposte prima di loro sui vari argomenti, ma non si curarono
mai coir osservazione precisa degli oggetti, di accertare quelle no-
b'o
IL MUSEO SETTALA
tizie, di sceverare il vero dal falso. Perciò scientificamente non fu
certo molto grande l'importanza del musco milanese. In Toscana
invece dalle raccolte medicee, formate cogli stessi criteri, sotto la
guida del nuovo metodo esperimentale, l'ingegno acuto di Fran-
cesco Redi seppe trarre grande vantaggio. In una lettera diretta
al P. Atanasio Kirchcr della Compagnia di Gesù, fondatore del
museo che da lui tolse il nome, il Redi espone appunto alcune
sue esperienze intorno a diverse cose naturali e particolarmente
a quelle che sono portate dall'India e quindi mette garbatamente
in canzone le bugie, le frottole infinite che (spacciate da ciarlatani
o da ignoranti) erano credute come vangelo da dottori fisici di
grande nome ai dì suoi. Né è qui inutile digressione il ricordare
l'operetta dello scienziato aretino, che contiene pagine bellissime,
ricche di quel « humour » garbato, direi quasi inglese, di cui si
hanno così rari esempi nella nostra letteratura, perchè tra i tanti
libri dei quali egli ricavò notizie per metterla insieme, v'è citata
anche la descrizione del nostro museo, che lo stesso Manfredo
Settala, come vedremo più avanti, gli aveva mandato in dono.
Parlando di alcuni medicamenti ai quali si attribuivano grandi
effetti mentre non ne possedevano alcuno, il Redi scrive (i) «Nel
« numero di questi è quell'animale col guscio, quasi simile alla
« testuggine, che nel Brasile e nella Nuova Spagna è chiamato
« Tatoii e dagli Spagnoli ArmadillOj descritto dall'Oviedo, da
« Pietro Martire, dal Gesnero, da Giovanni Leri, dal Clusio, dal
« Nierembergo, dal Vorm.io e dal Settala nel suo nobile Museo.
« Dicono alcuni che una dramma della sua scorza, o guscio, pro-
« voca potentemente il sudore a coloro che hanno il mal francese;
« e che un ossicino della sua coda ridotto in polvere impalpabile
« e messone quanto un capo di spillo nell'orecchio, vale contro
« alla sordità e la guarisce infallibilmente. Tutto è mera favola ».
(i) Esperienze intorno a diverse cose naturali e particolarmente a
quelle che ci sono portate dalle Indie, fatte dal Sig. Francesco Redi
e scritte in una lettera al P. Atanasio Kircher della Compagnia di Gesù
in Redi, Opere, voi. IV. Milano, Tipografia dei Classici, 1811, pag. 66.
CONTRIBUTO PER LA STORIA DELLA COLTURA IN MILANO, ECC. 8z
Questo poteva attestare deducendolo dalle proprie esperienze il
medico Redi, mentre i descrittori del museo settaliano si accon-
tentano di rammentare in prova della indiscutibile virtù della
polvere di Armadillo le esperienze degli altri. Benché solamente
questa volta il Redi nomini il mus.eo del Settala, pure tutti i
vari punti della sua operetta potrebbero essere messi a confronto
colle sopracitate descrizioni e sempre naturalmente a scorno dei
dottori fisici collegiati milanesi. Talvolta la loro credulità ai rac-
conti degli scrittori antichi e moderni oltrepassa ogni limite ed
è addirittura ridicola. Anch'essi parlano del pesce donna, al quale
accenna pure il Redi (i). « Denti diversi di Lamia cui stimo dì
« q.uelle fiere, così scrive lo Scarabelli (2), che Dione Crisostomo
« dice ritrovarsi nell'Africa, di faccia feminile, con le mammelle
« e il petto bello, quanto mai si possa con colori dipingere. Onde
« si dice, che per ingannar gli h uomini, de quali vivon fameliche,
« mostrai! loro il petto ignudo per allettarli e guadagnarsene
« la vicinanza. Nel che pare che Geremia alludesse con quelle
« parole: Sed et Lamiae niidaveriint niammam ». Opportunamente
il Redi paragonava questi eruditi credenzoni ai rozzi castellani
di Certaldo che credevano veri gli effetti della penna e dei car-
boni mostrati loro quali reliquie incomparabili da quel ribaldis-
simo ingannatore mentovato dal Boccaccio (3). Né il medico
toscano si accontentava solamente deplorare tutti questi sciocchi
errori, ma ne spiegava anche la derivazione. « I favolosi trovati,
« egli scrive (4), che si raccontano intorno ai medicamenti mo-
« derni, hanno per lo più avuta origine da qualche novelletta scritta
« e creduta da alcuno degli antichi credulissimi scrittori. E chi
« non s'avvede che quanto narra costui della sua pietra Mom-
« baga intorno all'utilità che suole apportare alle partorienti, lo
« ha tolto di peso da coloro, che sognarono e descrissero le virtù
(i) Redi, op, cit., pag. 67.
(2) Scarabelli, op. cit., pag. 170.
(3) Redi, op. cit., pag. Co.
(4) Id., ibid., pag. 64.
4rck. Stor. Lomb. — Anno XXVIL — Fase. XXVII.
82 IL MUSEO SETTALA
i
« della pietra Aquilina? » Naturalmente anche il Tcrzaghi e lo
Scarabclli ricordano nel musco la pietra aquilina e ne raccontano
i portenti (i). Un'altra ancora di queste ridicole credenze, e sarà
l'ultima citata, perchè troppo si andrebbe per le lunghe a rac-
coglierle tutte, era quella dejla pietra fungifera che posta in un
terreno umido, in una notte produceva i funghi. Né è a meravi- fl
gliarsi, come fanno il Luzio e il Renier (2), che anche la marchesa '^
Isabella d'Este, ai suoi tempi, credesse al potere di essa quando
nel seicento ne parla con tutta convinzione il Kircher e prima
di lui l'avevano descritta il Porta, lo Scaligero, il Cardano, il
Mattioli e Ludovico Bertaldi che si trovano tutti citati dai de-
scrittori del museo settaliano. A noi sembra impossibile che tanti
uomini, che pure avean nome di scienziati, avessero potuto ripetere
notizie così strane, senza che alcuno mai pensasse a sincerarsi,
facendone esperimento. Ma non dobbiamo giudicare di essi troppo
severamente con concetti moderni. La forza d'inerzia dominava
su tutti di modo che l'uno si rimetteva interamente alla testi-
monianza dell'altro; si desiderava più di saper molto che di saper
bene, poco importava che le notizie raccolte fossero vere o no;
purché fossero state dette e ripetute da qualche grande dottore
parevano degne di rispetto e di fede.
Anche al canonico Manfredo Settala, sempre animato di
grande interesse per tutte le questioni naturali, sembra mancasse
un vero concetto scientifico nell' ordinare le sue raccolte. Colla
perseveranza di tutta la vita, con grande varietà di attitudini,
con una dottrina universale e pronta, con una speciale gentilezza
di modi, egli aveva reso il suo museo un'istituzione unica ed im-
portante della città natale (3), ne aveva fatto un luogo pieno di at-
(1) SCARABELLI, op. cH., pag. 85.
(2) // lusso d'Isabella d' Esie Marchesa di Mantova in Nuova Anto-
logia, i5 luglio 1896, pag. 299.
(3) Alcuni altri nobili raccoglievano, in Milano sopratutto, monete,
codici, cammei; vedi ad esempio E. Motta - // Museo di un letterato
milanese nel seicento (Il canonico Giovanni Valeri). Bellinzona, i8p2 —
ma nessuno venne in tanta fama da poter gareggiare col Settala.
CONTRIBUTO PER LA STORIA DELLA COLTURA IN MILANO, ECC. 83
trattive non solo per gli studiosi, ma per tutti quanti della scienza
volevano cogliere senza fatica i più facili frutti; e di ciò stava pago.
Egli lasciò quindi ad altri la cura di scrivere libri scientifici o
pseudo-scientifici sul suo museo, a lui bastò imitando l'Aldrovandi,
di far ritrarre accuratamente in apposite tavole, gli oggetti più im-
portanti delle sue raccolte. « In una certa parte della Galleria,
« dice lo Scarabelli (i), si conservano sette volumi mezzani nei
« quali si vedono disegnate e miniate dai più eccellenti giovani
« pittori di Milano, molte delle cose più rare e cospicue che si
« trovano nella Galleria stessa ». Il libraio Karl W. Hiersemann
di Lipsia (2), nel catalogo della sua biblioteca antiquaria offre
due volumi in quarto con centotrentotto tavole di acquerelli ori-
ginali dove sono raffigurati trecento degli oggetti più importanti
del museo Settala, volumi che io credo si possano identificare con
alcuni di quelli più sopra indicati, che sarebbero forse stati di
grande utilità a questo lavoro quando li avessi potuti vedere.
Il Terzaghi e lo Scarabelli si dimenticano di indicarci dove
precisamente fosse collocato in Milano il nostro Museo. Era allora
tanto conosciuto che siffatta notizia sarebbe sembrata superflua;
oggi invece la ricerca riesce disagevole ed è facile essere tratti in
errore (3).
(i) Scarabelli, op. cit., pag. 298.
(2) Karl W. Hiersemann in Leipzig, Kóningsstrasse, j - Katalog. 3184
Settala Museo. 2 Quartbànde mit i38 Tafeln von Original-Aquarellen
die 3oo der wichtigsten Gegenstànde darstellen. Habbleder. Etwa 1670
(Besonders hervorragend ist die Keramische Ablheilung mit sorgfàltig
ausgefuhrten Darstellungen von chinesischen, japanischen, koreanische
bucharischen, persichen, estruskischen, keramischen Gegenstànden.
Alle Darstellungen sind in sorgsamem, naturgetreuem Coiorit aus-
gefiihrt von D. Tencalla, A. Costa, Madiolari, Ferro, n. A.)
(3) Seletti-Forcella. Le iscriz. Cristiane Milanesi poster al sec. IX,
Codogno 1897, p. i85, descrivendo un marmo inscritto, ora esistente
sotto il portico della biblioteca Ambrosiana " dove fu portato dalla
casa del canonico Settala, nella qual casa fu veduto fin dal 1668 dal
Gudio, come ha letto il Mommsen, V. P. 2° n. 6198 „ asseriscono che
" il Palazzo Settala col celebrato suo Museo, era nella contrada della
" Cavalchina al n. 1401 (dovrebbe essere 1411) e propriamente sul
8^ IL MUSEO SETTALA
li Lattuada (i) nella sua descrizione di Milano, stampata
nel 1737 quando, morto da più che cinquant'anni, Manfredo,
il musco era ancora in proprietà della famiglia Settala, ne deter-
mina esattamente la posizione.
« Ella è situata (questa galleria) nella casa propria dei nobili
« signori Settala, famiglia delle più riguardevoli di questa Metro-
« poli; e posta nella contrada denominata del Pantano, allorquando
« venendo dalla croce piramidale del Bottonuto verso la basilica
« Nazariana si allarga lo spazio abbracciando il ramo abbando-
a nato dall'altra più corta contrada che porta il nome di Posla-
<( ghetto; ed appunto in fin di essa tenendo la destra di chi viene
e si trova e la casa e la via dì cui ragioniamo (2).
La casa di via Pantano N. 26, che potrebbe essere quella
con tanta minuziosa cura indicataci dal Lattuada, non ha l'a-
spetto di un palazzo signorile , né internamente conserva (per
quanto io ho potuto sapere) alcun ricordo della nobile famiglia. 11
Torre, che era, come egli dice « un concalonico del Sig. Manfredo »
nel suo Ritratto di Milano, dopo aver parlato della chiesa di
S. Nazzaro in Brolio e di due altre chiese che ora più non esi-
stono, ricorda la galleria dei Settala: « Giù di questa piazza, quel
« vicino casamento nobile da noi scoperto nel lato sinistro della
" l'angolo dell'attuale via Manin e piazza Cavour „. La notizia è stata
tolta dalla Milano nuovamente descritta dal Pittore Pirovano, 1882, p. 282,
dove si parla della casa posseduta dai discendenti di un altio ramo
della famiglia Settala.
(i) Serviliano Lattuada. Descrizione di Milano, — Milano^ i737-
Tomo II, pag. 145.
(2) Da alcune carte esistenti nell'Archivio Municipale, veniamo
a sapere che Lodovico Settala, fisico colle^iato, era nel 1601 divenuto
padrone di due case situate a Porta Romana, nella parrocchia di S. Na-
zaro in Brolio. Con ciò non si vuol negare che la vera casa della fa-
miglia, sulla fine del cinquecento, sorgesse a Porta Orientale. Ne è
indizio il sapere che nella peste del 1576 a Lodovico Settala era af-
fidata la cura dei contagiosi del sestiere di quella porta, e nel i63o
suo figlio Senatore, doveva sovraintendere ai medici di quel quartiere.
Ma comunque sia di ciò non si può dubitare che il museo non fosse
nella casa di via Pantano.
CONTRIBUTO PER LA STORIA DELLA COLTURA IN MILANO, ECC. 85
« contrada, che dilungasi qui per contro, si è l'abitazione dei
« signori Settali, a cui fan capo quanti forestieri sogliono venire
« a Milano; le squisite qualità del Signor Manfredo sono quelle
« magiche, ma virtuose Alcine, che fanno sforzare gli animi a
« renderli tributari d'ossequi ». Né il Torre ci lascia dubitare
che, vivente Manfredo (cioè fino dal 1679), il museo fosse in un
altro posto, perchè, terminatane la descrizione e uscito dalla casa
Settala, dice: « La spaziosa e lunga strada che vedesi di qua giun-
« gere fino all'Aguglia (ora più non esiste), eretta nel mezzo di
« quattro vie chiamasi contrada di Pantano » (i). Si potrebbe
credere che il « concalonico », per piacere all'amico, e per esaltare
maggiormente anche in questa parte la sua Milano, esagerasse
nelle lodi del museo, ma la parola di uno straniero ci assi-
cura che la fama di esso e sopratutto della persona che l'aveva
composto nel seicento fu sempre e veramente non piccola. Bal-
dassare Monconys (i6ii-i665), uno dei più instancabili e curiosi
viaggiatori del suo secolo, che sapeva di tutto ed aveva legami
di amicizia coi personaggi più dotti del tempo, nel 1664, accom-
pagnando in un lungo viaggio il figlio del duca di Luynes, passò
per Milano. Nei libri che raccolgono le memorie dei suoi viaggi
e che sono pieni piuttosto di cose curiose che importanti, dopo
aver rammentato il Duomo e il palazzo vicereale, che dice grande
ma punto bello, così vien a parlare del nostro: « mais la chose
« la plus curieuse de cette Ville est M. le Chanoine Septalla,
« gentilhomme ajmé et honnoré de tous les Princes de la Chre-
« stiente, de tous le Curieux, et generalement de tout le monde ».
Queste lodi sono fatte a Manfredo per il suo Museo, che il Mon-
conys ci descrive enumerando gli oggetti, che più l'avevano inte-
ressato.
Ma se noi volessimo raccogliere tutte le lodi che si fanno di
Manfredo e dell' opera sua dagli scrittori italiani del seicento,
sarebbe cosa lunga e noiosa perchè molto uniformi sono nelle loro
iperboli questi instancabili laudatori. Ma anche se sulla scorta del
(i) Torre. // ritratto di Milano. Milano, 1674, pag. 36-38.
IL MUSEO SETTALA
catalogo, ci facessimo a visitare pazientemente il musco, trattando
anche noi degli «specchi », e degli « istrumenti matematici », e
dei « vari horologi », e de' « moti perpetui », e dell' « ambra gialla,
ossia carabe», e della «pietra mirabile della calamita», e delle
« pietre bezoariste », e dei « corni di unicorno o rinoceronte » e di
cento e cento altre cose, prima si stancherebbe la nostra pazienza
che fossimo neppur giunti a mezzo della via, lunga e faticosa. Il
gesuita Giovan Battista Pastorini in un brutto sonetto dettato in
morte di Manfredo, diceva che rivedendo senza di lui il grande
museo, ogni cosa gli sembrava aver perduto luce e bellezza. *A
render gradito tutto quell'ammasso indigesto di oggetti svariati
era infatti necessario l'uomo che ad uno ad uno li conosceva e li
amava. Morto Manfredo, in quelle stanze di via Pantano tutto
perdeva di pregio, e morti anche i nipoti, in cui almeno viveva
il ricordo dell'attività e dell'entusiasmo dello zio, tutto si disper-
deva malamente. Noi dobbiamo fare in modo quindi che Manfredo
ci accompagni nella nostra visita, che egli stesso ci mostri in opera
i meccanismi costrutti dalle sue mani; eh' egli ci dica l'importanza
di quegli oggetti, e dove nei suoi viaggi egli li aveva raccolti e
chi li aveva a lui portati di lontano, ci nomini i donatori più
illustri, ricordi compiacendosi le visite dei principi, dei potenti,
ci inizii nelle dispute sorte nel suo museo e continuate per let-
tera contanti dotti italiani, di Francia, di Germania e d'Inghilterra.
i
III.
La passione del raccogliere era forse sorta in lui già potente
quando giovinetto di quindici anni, mandato dal padre a Man-
tova, aveva visitate le stanze del palazzo ducale, ripiene di tanti
oggetti preziosi, di tante insigni opere d'arte. Chissà quanto do-
lore provò Manfredo in quel terribile anno del i63o, alla notizia
del sacco di Mantova, immaginando quei tesori con tanto studio
raccolti dai magnifici signori di quella città, parte consumati dalle
fiamme, parte divenuti preda di barbari rapitori! Fra « le pietre
CONTRIBLTO PER LA STORIA DELLA COLTURA IN MILANO, ECC. 87
« preziose e singolari » del Museo Settala, si ricorda « una ma-
« lacchita d' impareggiabile bellezza e grossa mezzo un pugno che
« fu ammirata e lodata dal serenissimo Duca di Mantova, dalla
« cui presenza fu tre volte onorato questo per ogni parte ammi-
« rabile Museo r. Così lo Scarabelli (i), che queste notizie aveva
raccolto dalle labbra di Manfredo giustamente orgoglioso delle
visite e dell'amicizia di casa Gonzaga.
Numero maggiore di più dolci ricordi avrebbe evocato Man-
fredo, guidandoci per le stanze del suo museo, dalla vita di stu-
dente passata nella dolce Toscana.
Della avvedutezza del vecchio protofisico Lodovico abbiamo
una bella prova in questa preferenza, data da lui, per l'educa-
zione de' suoi figlioli, alle università toscane, le uniche che nel
rapido decadere degli istituti italiani mantenessero ancora qualche
splendore (2). Erano i tempi del Galileo quando quel grande,
lasciata Padova, recavasi ad occupare la cattedra nello studio di
Pisa. Fiorivano sopratutto in Toscana le scienze matematiche e
la semplicità dell' esperimento coli' evidenza dimostrativa soggio-
gava r animo dei giovani, liberandoli alcun poco dal sofisma sco-
lastico. Il lavoro manuale era in onore. Manfredo aveva avuto
condiscepolo a Siena Fabio Ghigi, che fu poi Alessandro VII, e
sappiamo che egli pure, il futuro pontefice, oltre aver studiato
filosofia e legge in queir università, si era applicato alle matema-
tiche sì speculative che pratiche « esercitando eziandio acconcia-
« tamente la mano, come scrive il suo biografo, in cilindri, in
« concavi ed in convessi d' ogni maniera, ed in lavori di rilievo
« e d' intaglio, e formando oriuoli così portatili come murali (3). »
In ciò si distinse anche il nostro Manfredo, che pure studiava
giurisprudenza a Siena e a Pisa. Egli era maestro nel lavorare,
al tornio « e per T esquisitezza sua nel tornir ovato, dice il Pic-
« cinelii, il serenissimo gran Duca, come l'Arciduchessa, oltremodo
(i) Op. cit„ p. 86.
(2) TiRABoscHi, Storia di kit. ital, Vili, p. 54.
(3) Sforza Pallavicini, Vita di Alessandro VII. Milano, i643.
IL MUSEO SETTALA
« se gli affezionarono (i) »/ Con pazienza e diligenza infinita egli
riusciva a scolpire e formare certe sue opere minute, che desta-
vano una grande ammirazione in uomini amanti, come voleva il
tempo loro, del curioso e dello strano. Egli conservava nel suo
museo « due cocchi con quattro cavalli, con sopra di loro il
« cocchiere ed alcune donne dentro : cocchi così piccoli, che sotto
« r ala di un' ape comodamente si ricoprono, — ■ due piccolissime
*( artiglierie d'avorio — un grano di pepe tornito, dentro a cui
c< si vedono tutti i trentadue pezzi degli scacchi — e ancora una
« ciliegia d' avorio col suo nocciolo al naturale, nella cui parte
« convessa si distinguono scolpiti al vivo cento capi, o sia teschi
« di morto e nella concava stan rinchiusi tutti gli scacchi ».
« Trattenimenti, soggiunge lo Scarabelli, del signor Manfredo nel
« tempo ch'era allo studio di Pisa ». Ci restano alcune di queste
sue opere minute, lavorate al torno, conservate all' Ambrosiana,
dove si possono vedere ancora le due «piccolissime artiglierie».
Forse il tempo infinito speso in questi lavori, può a noi sembrare
sprecato; pure ci attesta una grande e tenace forza di volontà, che
rivolta a migliori scopi avrebbe potuto divenire sorgente dì utili
effetti. All'. Ambrosiana si conservano ancora de' vasi d'avorio tor-
niti da Manfredo; alcuni de' quali anzi, facilmente possono identi-
ficarsi con altri dallo Scarabelli ricordati (2). Non sono opere belle
di forma, perfette però nell'esecuzione (3); e guastate solo dai
troppi e troppo complicati adornamenti. Di questi lavori molto si
compiaceva il Nostro, e non solo come uomo desideroso d'esser lo-
dato, ma anche come cittadino, che avrebbe voluto che rifiorissero
in Italia quelle industrie che per il tempo addietro ne erano stato
(i) PiciNELLi, Ateneo dei letterati milanesi. Milano, 1670, p. 406-407
(2) Ad esempio a pag. 201, i vasi n.° 11, i3 e i5 che portano in
cima dei fiori variamente colorati.
(3) Vasi simili si vedono anche al R. Museo Nazionale di Firenze.
Vedi la Guida per il visitatore del R. Museo Nazionale neW antico palazzo
del Podestà in Firenze. Firenze, Bensini, 1884, p. 112. — Alquanti
sono dette opere di Giov. Ambrogio Maggione, celebre tornitore mi-
lanege che fioriva fra il 1670 e il 1597, altri di Marco Hidon di Coburgo.
CONTRIBUTO PER LA ^TORIA DELLA COLTURA UN MILANO, ECC. 89
esclusivo vanto. Si ricordavano nel Museo « un vaso ovato a cui
« sovra sta un altro vaso tornito a rosa co' loro coperchi di bosso
« formati a scala chiocciola, benché in differente maniera. Furono
« torniti, leggiamo nella descrizione del Museo, dal signor Manfredo
.( ad istanza di un gran personaggio, che nel rimirare le opere a
« torno di questo Museo non si persuadeva che fossero parti del
« signor Manfredo, ma anzi di artefici Germani, onde convenne
« che in sua presenza egli alcuni ne terminasse e gli facesse ve-
« dere che anche in Lombardia vi fossero i patienti della Ger-
« mania ». Il pregiudizio che uom nobile non dovesse abbassarsi
a mestieri vili né lavorare per denaro, né attendere alle industrie
né ai traffici; pregiudizio che la grandigia spagnola aveva rimesso
di moda, e si può dire imposto, impedì che le attitudini di Man-
fredo fossero di qualche utilità alla patria, come sarebbe avvenuto,
se egli invece di rinchiudersi nel museo, ne fosse uscito e, circon-
dato di bravi operai, avesse saputo creare una grande ofìlicina, una
fabbrica. Preferiva invece insegnare a tornire a qualche gran perso-
naggio. Il gesuita Gian Battista Pastorini (i) nella orazione funebre
per Manfredo, dice che « un Don Giovanni d'Austria, un Don Vin-
« cenzo Gonzaga, un marchese di Garacena si compiacquero d' iu-
te chinar con esso lui la mano all'opera e di farsi discepoli di sì
<c famoso maestro ». Anche nel Museo difatti si ricordano v al-
« cuni scatolini torniti alla presenza del Serenissimo Don Gio-
« vanni d'Austria (2) il quale onorò in persona questo museo.
« Imparò questo signore a tornir fuori di centro, e sempre vi
« s'impiegò, che gliel permise 1' esercitio dell'armi, stimando di
« non poter meglio e con più diletto divertire il suo pensiero
« delle cure più gravi (3) ». Ma ad opere ben più importanti si
(i) Orazione funebre per la morte del Can. Manfredo Settata nelle
esequie celebrate in Milano dai suoi nipoti, ecc. Milano, 1686.
(2) Don Giovanni d'Austria figlio naturale di Filippo IV e d'una
commediante Maria Calderona, era stato mandato in Italia nel 1647
ad assumere il comando delle truppe spagnole e a domare la rivo-
luzione di Napoli.
(3) SCARABELLI; Op. Clt., p. 2I4, U. 84.
IL MUSEO SETTALA
senti stimolato Manfredo, dagli studi compiti in Toscana, al per-
fezionamento cioè di quegli strumenti ottici che già avevano sco-
perti tanti segreti del cielo. Ancor oggi si ammirano all'Ambro-
siana i suoi grandi specchi ustorii. Il P. Atanasio Kircher, il ge-
suita tedesco, che a Roma insegnava matematiche, ed era il più
dotto fisico dell'ordine, nel suo libro ylr^ magna lucis et iimbrae
stampato per la prima volta a Roma nel 1645, parla degli specchi
di Manfredo con grande favore (i). Persuaso della falsità delle
asserzioni del Cardano, che diceva di aver costrutto uno spec-
chio caustico i cui effetti si verificavano a mille passi di distanza,
ma pur fiducioso che si potesse riuscire a qualche utile risultato,
il Kircher era andato cercando per molte città d' Italia e di
Francia i migliori artefici nel lavoro dei vetri, ma tutti s'erano
affaticati invano nel tentar di costruire uno specchio caustico a
distanza come quello d'Archimede.
Dopo avere detto ciò, il gesuita riporta nel suo libro una
lettera da Milano nella quale un Johannes Gappupius Sacerdos,
attesta che l'insigne meccanico Manfredo Settala aveva risolto il
problema con la costruzione di specchi, che esercitavano il potere
ustorio a quindici passi di distanza, come egli stesso, il Gappu-
pius, era stato in grado d'esperimentare. Un'altra lettera troviamo
ancora nel libro del Kircher, diretta al padre generale milanese
Giovanni Rho, nella quale si dice v Ho fatto l'esperienza con le
« mie proprie mani, applicando un pezzo di tavola e fatta bru-
« giare accesa come vivo carbone. E ben vero che lo specchio più
« piccolo che arde in lontananza di 7 braccia opera in mance di
« un' Ave Maria, dove quello che arriva dalle 1 5 alle i6, ope-
« rando più lentamente bisogna aspettare un gran miserere ».
Non solo quindi alla curiosità dei forestieri serviva il museo dei
Settala, ma a dei veri esperimenti scientifici. Alla costruzione
dello specchio ustorio avevano atteso i più insigni matematici, e,
coincidenza che molto c'interessa, il milanese Bonaventura Ga-
(i) Athanasii Kircherii, Ars Magna lucis et iintbrae. Amsterdam,
1671, libro X, pag. 764-765.
CONTRIBUTO PER LA STORIA DELLA COLTURA IN MILANO, ECC. 9I
valieri aveva pubblicato nel 1660 il suo primo lavoro col titolo
Lo specchio ustorio, ossia Trattato delle se:{ioni coniche (1). E
noto che Bonaventura Cavalieri, nato a Milano nel i5g8 e fattosi
gesuato nel 161 3 da principio era unicamente un dotto ed acuto
professore di teologia, molto prediletto per la sua sottile dialet-
tica da Federico Borromeo. Mandato a Pisa, vi strinse amicizia
con Benedetto Castelli che lo persuase a dedicarsi alle matematiche,
in cui fece tali progressi che in breve tempo divenne uno degli
uomini più insigni in quella scienza. Non solo egli s'occupava
del calcolo astratto, ma attendeva alla meccanica pratica, come
ci dice il Giulini: « si affatica al presente col ravvivare lo spec-
« chio d'Archimede, per quello che spetta alla pratica, perchè
« per la speculativa, già eccellentemente ne tratta nel suo specchio
<( ustorio ». E più che probabile che fra l'acuto indagatore delle
sezioni coniche ed il costruttore dello specchio d' Archimede abbia
avuto luogo uno scambio d'idee e forse siasi stretto un legame
d'amicizia. Mi sembra infatti quasi impossibile che Manfredo,
vivendo in continua corrispondenza con tanti dotti, non si cu-
rasse del Cavalieri, al quale il Galileo dava quel titolo di nuovo
Archimede che noi troviamo attribuito da tanti a Manfredo. Il
gesuita Giamxbattista Pastorini nel suo panegirico, attesta le con-
tinue relazioni del Settala cogli studiosi di Toscana. « Io certa-
me mente, egli dice, rivolgendo ier 1' altro un suo libricciuolo, in
« cui perchè tenerissimo delle virtuose amicizie segnava i rari nomi
« dei suoi corrispondenti ed amici, che aveva moltissimi per tutto
« ^ mondo, ci ho contati più che ottantadue cavalieri fiorentini
« che si pregiavano di averlo amico e gli comunicavano le belle
« esperienze che si fanno nella loro Accademia sì famosa. Ma
« quel che più rileva, gli stessi serenissimi di Toscana lo tratta-
« rono con sì benigna dimostrazione di stima, principalmente il
« gran duca Ferdinando II di sue lettere spesso degnandolo e
(i) 1,0 specchio ustorio del P. F. Bonaventura Cavalieri, gesuato,
ovvero trattato delle settioni coniche e di alcuni loro mirabili effetti.
Bologna, i65o.
92
IL MUSEO SETTALA
« Cosimo III regnante accrescendone la galleria con pellegrini te-
M sori ». Quanto veramente fosse tenuta in pregio in Toscana
la persona del Settala troviamo attestato dal Magliabechi che»
scrivendo al Mabillon (i) nel 1686, parecchi anni dopo la morte
di Manfredo, assevera di dover molto di gratitudine al bibliote-
cario parigino Enrico Bigot, allora morto, perchè ei l'aveva
messo in relazione epistolare con Manfredo Settala, quando egli,
ancora giovinetto, teneva pochissime corrispondenze con uomini
dotti. Or nelle lettere del Settala al Magliabechi, esistenti alla
Nazionale di Firenze, troviamo molte notizie sulle relazioni dì
Manfredo coi dotti di Toscana. Così nel giugno del 1664 egli ri-
chiede per un amico il dialogo del Galileo e gli racconta che il
principe Leopoldo gli aveva mandato in dono « il bel libro delle
« Vipere fatto dal nostro signor Redi che io tanto amo e rive-
« risco »; e il 28 di luglio dello stesso anno avvisa il Maglia-
bechi di avergli mandato alcune copie dell'indice del suo gabi-
netto, una delle quali era per il « signor Redi ». E più sotto
soggiunge: « Come sarà stampato il libro delle Sperienze la
« supplico di accenarmelo. Goderò anche sapere circa le novità
« letterarie oltremontane et delle altre città d'Italia solo sapere
« il titolo et dove è stampato ». Per il libro delle Sperienze
credo si debba intendere il libro scritto dal Magalotti come segre-
tario dell'Accademia del Cimento, sotto il titolo : « Saggi di natu-
<( rali esperienze fatte dall' Accademia del Cimento sotto la prote-
« zìone del serenissimo Principe Leopoldo di Toscana », poiché in
un' altra lettera il Settala dice che del Libro delle Esperienze gli
era stato fatto dono dallo stesso Principe Leopoldo.
Manfredo ci avrebbe fatti vedere nel suo museo i doni di
questi principi e tra molti altri gli apparecchi fisici, dei quali
certo sarebbe stato capace di offrire una spiegazione più chiara di
quella che non abbiano data i descrittori della sua galleria, o
meglio ancora, a tutto spiegare sarebbe ricorso all'esperimento.
(i) E. GiGAS, Letfres des Bénédictins de la congregation de S. Manr
(1652-1700). Copenhagen — Paris, 1892, pag. i56.
CONTRIBUTO PER LA STORIA DELLA COLTURA IN MILANO, ECC. g'Ò
Avremmo veduti, ad esempio, donati dal serenissimo di Toscana,
certi istrumenti di vetro, « che servivano a far conoscere a cia-
« senno la leggerezza e la gravità delle acque ». « Imperocché,
« scrive lo Scarabelli, essendovi sessanta piccoli circoli o anelli,
« che dir vogliamo, ne' quali si ripartisce un grano, e questi con
« sottilissimo orificio lavorati, se con poca colla si ripongono alla
« sommità degli stromenti suddetti, tosto si conosce la leggerezza
« e la gravità delle acque, che essi contengono dalla osservazione
« dei circoli, che se molti sono di numero, più gravosa l'acqua
«'dimostrano, se pochi leggiera e confacevole dello stomaco».
Ma con ben maggiore entusiasmo egli avrebbe fatto ammirare
la ricca serie dei suoi canocchiali. Due ne aveva di trenta palmi,
e quattro di venticinque «maneggevoli a spiare in un'occhiata
« la natura de' corpi celesti»; a cui s'univano molti altri più
piccoli di mole ma di complessa struttura, e tutti posti convenien-
temente sui loro Cavalletti o trepiedi d'antico e di moderno la-
voro (i). Né avrebbe lasciato di vantarci i suoi nuovi trovati pei
canocchiali fabbricati di più canne, in modo che i vetri intermedi
si opponessero perfettamente in linea retta. Se fosse caduto il di-
scorso sul cattivo vezzo degli stranieri, già inveterato fin da quei
tempi, di appropriarsi sfacciatamente il vanto discoperte e d'in-
venzioni fatte dai nostri, egli ci avrebbe mostrato un piedestallo
sul quale si poteva facilmente alzare ed abbassare il canocchiale
e seguire e misurare perfettamente il corso degli astri e ci avrebbe
detto chea torto un abate francese si arrogava quell'invenzione,
poiché anch' egli era stato informato di essa parecchi anni prima
dai suoi amici fiorentini, che concordamente l' attribuivano al
sacerdote Candido del Buono discepolo del Galileo ed accademico
del Cimento. Il Targioni Tozzetti negli Atti e memorie dell'Ac-
cademia del Cimento rivendica appunto al sarerdote fiorentino
l'invenzione di questo piedestallo, costrutto per il lunghissimo
telescopio del Campani, del quale usava Ferdinando II, ed in prova
cita una lettera di Leonardo Magalotti scritta in difesa del Del
(i) Scarabelli, op. cit., pag i8, n. 6.
94
IL MUSEO SETTA LA
Buono, nel 1664 ad Ottavio Falconieri (i). È bello vedere che non
solo pochi anni dopo Manfredo conosceva minutamente l'inven-
zione di questo piedestallo, ma già ne aveva fatto costruire uno
simile per i cannocchiali del suo gabinetto (2).
Ma oltre che di costruire cannocchiali, Manfredo s'occupava
di perfezionare i microscopi. Non è facile immaginare la mera-
viglia di un visitatore del seicento, che nuovo a tutto quel ri-
sveglio scientifico, fosse stato invitato dal nostro Manfredo ad
osservare attraverso uno dei suoi microscopi « che aveva la forza
« d'ingrossare le sottilissime fila dei capelli alla corporatura di una
« piuma, i microbi che compongono una goccia d'acqua. E chi
« mai avrebbe creduto, scrive lo Scarabelli, che si annidasse in-
« numerabile quantità di vermicelli nel sangue di persona febbri-
« citante, se ciò non si fosse avverato col mezzo di microscopi
« dopo haver tal' uno nel medesimo modo osservalo gravida pur
« dì vermi la sostanza di quell'aceto, che non contento di som-
« ministrare lor nel suo seno l' alimento di una vita acetosa, bevuto
« poi, e nell'altrui viscere ricevuto subitanea, e più che mai acri-
« moniosa arreca la morte?». Quando nel 1624 il Galileo co-
struiva i primi microscopi, Manfredo era ancora in Toscana, e
forse sapeva delle fatiche durate da quel potente ingegno per dar
perfezione al delicato istrumento. « Ho tardato a mandarlo, scri-
« veva in quell'anno il Galileo a Federico Cesi, inviandogli uno
« di questi «occhialini per vedere da vicino le cose minute»,
« perchè non l'ho prima .ridotto a perfezione, avendo avuto dif-
« ficoltà in trovare il modo di lavorare i cristalli perfettamente ».
Quella paziente abilità della quale il Settala aveva dato prova
nel costrurre le «piccolissime artiglierie» d'avorio, i cocchi coi
cavalli e i cocchieri che potevano stare sotto l'ala di un'ape, do-
veva tornargli utilissimia in questi lavori del vetro. Infatti presto
(i) Targioni Tozzetti, Aiti e memorie deW Accademia del Cimento,
Firenze, 1780, pag. 485. — Nella tavola del II volume si vede il disegna
di questo cannocchiale e del suo sostegno.
(2) Scarabelli, op, cit., pag. 18, n. 9.
CONTRIBUTO PER LA STORIA, DELLA COLTURA IN MILANO, ECC. QO
divennero famosi i microscopi costrutti da lui. Il Tiraboschi pone
il nome del Settala tra i nomi di coloro che perfezionarono gli
istrumenti ottici, subito dopo quelli d'Eustacchio Divini e di
Giuseppe Campani (i). Nel Miiseum Kircherianiinij il Bonanni,
parlando del grande numero di meccanici, che nei diversi paesi si
contendevano il vanto dell'invenzione del microscopio, dice: «Non
e minus claruit in Italia, ut aliarum rerum scientia et Musaeo
« toto orbe celeberrimo D. Manfredus Septala Mediolani Urbis
« Sidus splendidissimum , opticorum instrumentorum lubrica».
Nel i63o aveva ottenuto Manfredo dal cardinale Federico Borromeo
un canonicato della chiesa di san Nazzaro, e sebbene per godere
della prebenda non fossero necessari gli ordini ecclesiastici ma solo
la prima tonsura, pure egli s'era fatto ordinare suddiacono. Così
egli viveva completamente libero, intento ai suoi lavori e nelle
stanze che spettavano a lui, della Canonica, s'era eretto un vero
laboratorio. « Je le vais voir d' abord, così scrive il Monconys,
« dans le Laboratoire qu'il a dans la Cloitre de l'Eglise d'ou il
« est Chanoine. Ou je vis ses petit Microscopes tres bons et la ma-
« niere de laquelle il tourne tous se verres grands et petits, puis
« l'etain clacine et detrempé dans l'eau ». Non solo ai microscopi
e ai telescopi, m_a a quasi tutte le scoperte di meccanica pratica,
che sono attribuite al Galileo, rivolse del resto il Settala la sua at-
tività. Fra gli istrumenti miatematici, insieme agli astrolabi, alle
sfere armillari ed a molti compassi, dei quali sono non senza valore
artistico quelli del bravo cesellatore Federico Barocci di Urbino, si
ricorda l'esistenza nel Museo d'un «compasso secondo le regole
del Galileo dal signor « Manfredo egregiamente fabbricato».
L'ingegnoso meccanismo dell'orologio, con tutti i facili per-
fezionamenti, con tutte le varie combinazioni che si possono otte-
nere nella misurazione del tempo, doveva stuzzicare un ingegno
come quello del Settala, che non tanto per l'amor della scienza
s' applicava a questi lavori, quanto per ottenere degli istrumenti
che mettessero in mostra la sua abilità di meccanico. La storia
(i) Tiraboschi, op. cit., tomo VII, pag. 265.
IL MLSi:0 bLilAl.A
degli orologi si può dire la storia dei meccanici dilettanti di tutti
i tempi. Troviamo un orologio « che di tre giorni lo spazio corre
« senza mai punto traviare dalla rettitudine del suo moto, con il
« dedalo o pendolo » orologio che era stato donato dalla « benefica
mano » del Serenissimo Granduca di Toscana. Un altro, con due
ruote sole e ccn il pendolo, era stato costrutto da Manfredo. Oltre
a questi si ammiravano nelle sale di casa Settala, infiniti altri
orologi di tutte le foggie e di tutti i sistemi. Uno era costrutto
sul modello di quello famoso della città di Strasburgo (i); aveva
quattro faccie ed otto sfere, ed insieme alle ore segnava i giorni
della settimana, dell'anno, le costellazioni, ecc. Giuseppe Cam-
pani nel 1660 aveva pubblicato a Roma un'operetta intitolata:
Discorso di G. Campani, intorno ai suoi muti orinoli, alle sue
sfere archimedee, tee, e già nel 1664 Manfredo faceva ammirare
nel suo museo due di questi oriuoli, « Bellissimo horiuolo (dice
« lo Scarabelli) consimile a quello che d'ordine di Sua Santità
« Alessandro, settimo di questo nome, ingegnosamente fabbricò
« con il pendolo l'artefice Campano ^^/c^. Invenzione non per la
(f curiosità del lavoro quanto per l'ineffabile disegnamento del-
« l'hora, assai lodevole e cospicua. Nel gran silenzio della notte
« anch'esso tacendo non interrompe a' mortali il notturno riposo;
« che se vegliando ambisce sollecito alcuno di rintracciare il nu-
« mero delle bore già scorse, eccone adempito il desìo, imperocché
« tra l'ombre rilucendo tanto di splendore gli fa vedere agli occhi,
« quanto porta il numero dell'hora ». « Due di questi (egli con-
« tinua) ne possiede il nostro Museo, alla costruzione dei quali
« concorse 1' Ingegno d'inarrivabile Artefice Fiammingo, che dal-
« l'Eccellentissimo Signor Conte di Fuesaldagna (2) Governatore
« di Milano e Immortai Restauratore della Pace tra le due corone
« di Spagna e di Francia, fu chiamato all'habitazione di questo
(i) Scarabelli, op. cit., p. 3o, n. i.
(2) Don Alfonso Perez di Vivero, conte di Fuesaldagna del Reale
Consiglio supremo di guerra, governatore e capitano generale nello
Stato di Milano, era venuto fra noi nel i656. Nel 1660 passò a Parigi
come ambasciatore ordinario.
CONTRIBUTO PER LA STORIA DELLA COLTURA IN MILANO, ECC. 97
« Stato ». Vado raccogliendo queste notizie perchè ci dimostrano
con quanto amore il canonico milanese seguisse continuamente
tutte le invenzioni meccaniche, che presentavano qualche lato
curioso onde provenir potesse diletto a' contemporanei suoi.
Il desiderio del nuovo, dello strano, trova la sua manifesta-
zione non solo nelle lettere, ma in tutta la vita del seicento. Fra
il Galileo, il Redi ed il Settala, sebbene abbian tutti dei tratti
di rassomiglianza, corre diversità grandissima. Ne' primi infatti
trionfa la critica ed il metodo, che dagli esperimenti trae le leggi
della scienza; nel secondo invece l'amore dell' esperienza vive solo
in quanto essa è fonte d'interesse, pascolo di curiosità. Però quanti
dei membri della famosa accademia del Cimento assomigliavano
più al Settala che al Galileo o a suoi migliori discepoli! Tuttavia
l'opera loro fu utilissima al progredire delle scienze, perchè forma-
vano attorno al vero scienziato una società che lo poteva intendere
o almeno apprezzare e sostenere coli' applauso e con le ricom-
pense. Se anche a Milano, invece dei governatori spagnuoli, aves-
simo avuto una corte paesana, e un governo non unicamente
preoccupato d'aumentare le tasse, ma sollecito anche della vita
intellettuale della città, l'opera di Manfredo Settala non sarebbe
forse andata perduta e la sua iniziativa, aiutata sagacemente,
avrebbe potuto dar vita ad una istituzione utile al progresso scien-
tifico. Allo scopo di rendere più attraente il suo museo per tutte
le persone ignare di scienza, Manfredo adornava in tal modo i
suoi apparati da renderli piuttosto depositi di balocchi che ricetto
di strumenti scientifici. Ai suoi orologi, per esempio, univa dei
clavicembali (i) ed altri strumenti musicali, che suonavano alle
ore volute e sopra vi poneva delle figurine variamente vestite,
che grazie a vari giuochi di molle, eseguivano danze francesi e
spagnuole. Di un orologio aveva fatto una tigre che muoveva gli
occhi , di un altro un cane che saltava , e così via. Per questo
stesso scopo benché ne fosse stata scientificamente dimostrata l'im-
possibilità, egli s'affaticava alla ricerca del moto perpetuo, o, per
(1) SCARABELLI, Op. cit., pag. 32-33.
Arch. Stor. Lomb. — Anno XXVII, — Fase. XXVII. r
q8 il museo settala
dir meglio, si scervellava a crear meccanismi che dessero in qualche
modo l'illusione dclT automatismo. Così ad esempio, egli aveva
fabbricata una sfera d'ottone, che correva sopra uno specchio per
un tempo lunghissimo. Aveva pure costrutta una piramide trian-
golare lungo la quale scendeva una palla di diaspiro. Giunta in
fondo questa palla percoteva quattro piccole campane; e poi ri-
gettata di rimbalzo, non si sa come, in cima alla piramide ripi-
gliava il giro « imperocché, dice il descrittore del Museo, rien-
« trando in altra porticella per incognito sì, ma ingegnoso sentiero,
« direttamente rigettata, se ne viene a una superiore campanella
« che dal suo tocco ripercossa, pare che a' suoi gloriosi moti riso-
« nando applauda; indi per la porticella superiore che subito si
« chiude, inavvedutamente movendo di nuovo, si ravvisa la
« palla (i) ».
Messo sopra una tal via, il Settala aveva fabbricato un gran
numero di figure semoventi, cercardo di rappresentare le scene
che maggiormente avessero fatto impressione sulle menti ingenue
e superstiziose de' visitatori. Chi vuole avere un'idea di queste
stranezze legga nello Scarabelli la descrizione dell' orribile mostro
che mandava ululati spaventosi dalla bocca e schizzava vipere
furiose dagli occhi; quella dello schiavo incatenato: cose che po-
tevano solo far paura alle donne e ai bambini che poi di notte se
ne sognavano (2). Per queste ridicole invenzioni, certo più che per
ogni altro merito del Nostro, l'abbate Filippo Maria Bonini, con-
sultore teologo e assistente all' ufficio della Fede in tutto lo Stato
della Repubblica di Genova in certa sua opera ascetica, parlando
dei portenti dell' attività umana che attestano della forza divina,
citava come esempio, facendone le più grandi lodi Manfredo e il
suo museo (3). Al vanto di inventore e costruttore di nuovi con-
(i) ScARABELLi; op. ctt., p. 36. Un orologio a foggia di torre, dove
si vede scender e salire senza posa una palla, messa in moto da un
congegno assai simile a quello qui descritto, si conserva in quel gran
deposito di preziosi gioielli che sono le Griine Gremàlde di Dresda.
(2) Scarabelli, op. cii., pag. 38, n. 7.
(3) Uhuomo evangelico, diviso in tre parti, ecc. Venezia, 1667, pa-
gine 98-99.
CONTRIBLTO PER LA STORIA DELLA COLTURA IN MILANO, ECC. Qp
gegni, il Settala teneva più che ad ogni altro e si compiaceva di
possedere un gran numero di segreti. Il Monconys nel libro già
citato, nota non senza invidia che il canonico Manfredo possedeva
il segreto di cangiar il ferro in acciaio e quello di fondere in
meno di una notte .tre cannoni di batteria per palle delpeso di
più di 3o libbre. Ma una non meno rinomata prerogativa del
Settala era la fabbricazione di nuovi strumenti musicali; in un
suo gabinetto nella canonica di S. Nazzaro ne aveva raccolto un
gran numero, che Eugenio de Bricquiville ha recentemente stu-
diato di sul catalogo, mettendone in rilievo l'importanza e la
rarità (i). A proposito della « sordellina » specie di chiavicembalo
col mantice, che il Settala credeva di sua esclusiva invenzione,
Filippo Baldinucci nella sua nota opera postuma « Notizie dei
professori del disegno da Gimabue in qua » ci racconta Lina leg-
giadra novelletta, della quale è soggetto il contrasto avuto dal
Settala con lo scultore Antonio Novelli che pure aveva costruito
in gioventù un simile istrumento; novelletta che torna ad onore
di Manfredo e del suo pacifico carattere.
Il Settala non trasse però dagli studi compiti in Toscana so-
lamente questo amore per la meccanica pratica nella quale spese
tanta attività, ma ancora un forte eccitamento ai viaggi in O-
riente. La marina toscana era ancora vigorosa nel seicento e con-
tinue erano le piccole zuffe ch'essa appiccava per mare cogli in-
fedeli, tanto che i duchi si vantavano di mantenere la flotta con
le prede dei Turchi. Di queste ricche spoglie Manfredo conserva
nel museo delle reliquie che eran forse uno dei tanti doni ricevuti
dai signori di Toscana. Consistevano desse in uno specchio d'ac-
ciaio rotondo, « qual'era di quel gran personaggio turco per nome
« Moratorais, acquistato allora che egli fu dalle galere del Sere-
« nissimo di Toscana fatto prigioniero » col rovescio tutto ad
oro e le lune ottomane d'argento (2). In questi stessi tempi gli
(1) EuGENE DE Bricqueville. Les collecHoiis d' insiniments de musique
alt XV!."", XVII ° et XFIII° siede, in UAri, 1894, pag. 3i.
(2) ScARABELLi, of. cit., pag. lO^ n. 23.
100 II. Mi:Si:0 SKTTALA
ardili mercanti toscani si spingevano fino nelle Indie, nella Cina
e nel Giappone (i), e di là ritornavano portando dei tesori, se
il viaggio era stato felice. Gli oggetti esotici orientali venivano ri-
cercati con passione nel seicento per la loro rarità e perchè nuovi
e strani erano stimati bellissimi. Una raccolta non piccola di essi
era messa in mostra nel nostro museo, perchè Manfredo stesso aveva
intrapreso un viaggio in Oriente, approfittando per favore dei
duchi, come abbiamo già detto, delle navi toscane. Come ci attesta
infatti il Picinelli (2), il Settala « desideroso di vedere la Sicilia,
« colà si condusse sulle galere del Gran Duca; ma invitato dal
« capitano, il cavalier Vincioli, ad intraprendere con esso lui il
« viaggio dì Levante, addirittura si condusse ad Otranto, indi a
« Cipro, e corseggiando fino ad Ascalon e Gaza di Palestina, si
« rivoltò ad Alessandria d'Egitto, a Negroponte e Candia, ha-
« vendo corso gravissimi pericoli fra gli assalti dei legni turcheschi,
« trafitto per mano dei barbari col colpo di una saetta ».
Non pochi tra gli oggetti del Museo dovettero essere raccolti
da Manfredo in questo viaggio. Tra gli altri un braccio ed un
piede di mummia fasciati da lunghissimo nastro « o diciamo me-
« glio bindello, già in tal modo disposto forse più di due mila
« anni sono » (3). Così lo Scarabelli che invita chi legge a studiar
le lettere che sulle mummie aveva scritto Pietro Della Valle, il
viaggiatore romano che dal 16 14 al 1626 aveva compito un grande
giro in Oriente, viaggiando da gran signore con seguito di servi
e sfoggio di livree e di tende. Il Della Valle era stato il primo a
penetrare in Egitto nella seconda piramide e ne aveva estratte
le due mummie che oggi si trovano nella collezione di antichità
a Dresda. Da Candia assieme ad un negoziante francese, Man-
fredo passò a Smirme poi ad Efeso, ed infine a Costantinopoli
dove rimase due mesi. Il Yrissari nella biografia di Manfredo,
(i) Cfr. Amat di S. Filippo. Gli illustri viaggiatori italiani. Roma,
i885. — Viaggiatori del 600.
(2) Filippo Picinelli, Ateneo, pag. 407.
(3) Scarabelli, op. cit., pag. 181,
CONTRIBUTO PER LA STORr\ DELLA COLTURA IN MILANO, ECC. lOI
scritta in ispagnuolo, ci parla delle visite fatte da lui a quasi
tutte le moschee, a Santa Sofia, al Circo {que en lengua turca se
dice hippodromo), al palazzo del Sultano ove s'informò dei costumi
delle odalische e degli eunuchi, e raccolse molpe notizie sulla re-
ligione ottomana (i). Sbarcato a Livorno giunse a Milano l'anno
della peste. Una raccolta d'archi, di freccie e di faretre turchesche,
un calamaio fabbricato in Turchia, lungo due palmi, e parec-
chi libri di preghiera turchi ed arabi, furono certo allora por-
tati a Milano dal viaggiatore (2). Il Tiraboschi deplorando che
nel seicento vengano meno per l'Italia i grandi viaggiatori, gloria
del secolo antecedente, si duole che neppure ci si facciano avanti
« i viaggiatori eruditi che aggirandosi per le principali provincie
« d'Europa, ne osservassero diligentemente lo stato della lettera-
« tura e delle scienze, le biblioteche, gli archivi, i musei e ne re-
« cassero notizia ai loro compratriotti. Tali furono certamente,
« continua il Tiraboschi, quei che Federico Borromeo mandò in
« ogni parte cercando libri per la sua biblioteca Ambrosiana, e
« tal fu il sopra lodato Manfredo Settala. Ma essi non ci lascia-
« rono la descrizione dei loro viaggi, e scarso frutto perciò ne
« raccolse la curiosità degli eruditi » (3).
Oltre il grande viaggio in Oriente, il Settala, se prestiam fede
ad un suo biografo (4) « aveva corsa, si può dire, tutta l' Italia^
« condottosi cinque volte a Napoli, undici a Roma, diciasette a
« Venezia, tre volte nella Sicilia, due in Sardegna, una volta al
« Capo Bonifacio a vedere la pesca dei coralli ». Vecchio, non po-
tendo più viaggiare, soddisfaceva al desiderio di conoscere cose
nuove colla lettura dei libri di viaggio. Egli scriveva, nel 167 1 al
Magliabechi: « Io poi entro nei settantacinque anni e tiro innanzi
« finché N. S. li piace, ma ad ogni modo questo poco di tempo
(i) Alfonso B. Yrissari, Compendio della vita de Manfredo Settata^
con la descripcion de su Caler ia. Milano, 1681.
(2) ScARABELLi, op. cit., pag. 189 seg., i36, 240.
(3) Op. cit., t. Vili, pag. 143.
(4) Filippo Picinelli, Ateneo, p. 407.
102 IL Ml'SEO SETTA LA
« che mi ciN^inza desidero goder di cose nuove, perciò vengo dal
« mio ciiro Signor Antonio a pregarla di darmi qualche indizio
« di chi ha trattato della Groenlandia et il nome dell'Autore
« dov'è stampato,, come anche della Nuova-Olandia. Io ho fatto
« venire da Amsterdamo una cassa di libri bellissimi, ma mi è
« costata molto cara, ma questo poco m'importa; di nuovo dunque
« la prego darmi qualche notizia dei già accennati libri come an-
« che sapere chi ha ben scritto dei moderni di Etiopia e del Mo-
« nomotapo et dove sono stampati, con il nome di autori, come
« anche se sapesse di qualche altra parte incognita ».
Si capisce come continuamente occupato a costruire, a viag-
giare, a raccogliere, a leggere, il nostro Manfredo non trovasse
tempo di scrivere libri, alla qual impresa forse neppur era per
natura disposto. Sembra tuttavia molto probabile che debbasi a
lui la traduzione del Viaggio di levante, del signor Loire e del
Viaggio d' Inghilterra, del sig. Sorbiere stampati a Milano nel
1670 (i). Il primo di questi viaggi certo doveva ridestare in lui
un'infinità di ricordi, ed il secondo essergli molto caro perchè
vi trovava glorificato quello spirito di attività nelle invenzioni
meccaniche, e negli studi della fisica che in quel paese animava
anche gli uomini più illustri dell'aristocrazia mentre da noi era
guardato dalla maggioranza come una stranezza di solitario. Il
Settala, membro di molte accademie italiane, era stato inscritto
anche all'Accademia reale d'Inghilterra, fondata a Londra nel
i658 e costituitasi definitivamente nel i663, e regolarmente gli
studiosi di quel paese comunicavano a lui e volevano sapere ciò che
si fosse inventato di nuovo. Dall'Inghilterra, dice il Pastorini, era
(1) Viaggio di levante del Signor di Loire nel quale si danno molte
notizie della Grecia e del Dominio del Gran Signore, della religione e dei
costumi dei suoi sudditi e molte particolarità non descritte da Pietro
Della Valle. Aggiuntovi il viaggio d" Inghilterra del Sig, Serbiere in cui
si narrano molte cose intorno alle scienze e religioni e altre materie cu-
riose. Tradotta daW idioma francese in italiano dal secretar io F. F. Mi-
lano, 1670. Il Picinelli nell'Ateneo, pag. 107, scrivendo nel 1670, dice
che Manfredo stava preparando "un libro di secreti d'arcane curio-
sità ben copioso „ ma non lo diede alle stampe.
CONTRIBUTO PER LA STORIA DELLA COLTURA IN MILANO, ECC. Io3
Stato prevenuto nel nobile ritrovato della tromba parlante ma
« egli seppe subito renderla maggiore e migliorarne la forma».
La figura del nobile canonico milanese sorge a poco a poco più
grande davanti ai nostri occhi così da sembrarci veramente quel-
l'uomo universale chei biografi esaltano.
Questi ultimi ci assicurano che egli parlava e scriveva con
gran facilità latino, spagnuolo, francese, e che intendeva il tedesco,
l'inglese, il greco, l'arabo, l'indiano, il turco e il chinese. Se la
nostra incredulità può dubitare di un così vario poliglottismo,
dobbiamo pur credere che l'uomo che riceveva lettere e doni dalle
più remote parti del mondo ed era visitato continuamente da
stranieri non poteva a meno di possedere parecchie lingue. La
stessa sua vanità di far bene apprezzare i portenti del gabinetto
a persone che venissero da lontano, che lontane sarebbero andate
a diffonder le lodi di lui, doveva incitarlo ad apprendere i loro
linguaggi, tanto da poterli intrattenere comodamente. Il Monconys
nella relazione dei giorni che passò a Milano nel giugno del 1664,
ci dice: « le 24 je passaj une partie de la matinée avec le Sieur
« Septalla dans son Laboratoire, et donnaj a ses deux neveux le
« dessein de la machine de M. de Zulcon; puis je fus ouir la
« Messe.... Tapiesdìnée je fus prendre congé de Messieurs Septalla,
« on je trouvay M. Muller de Koppenhagen fils du grand Threso-
« rier de Dannemarc » (i). In una lettera commendatizia, molto
^onfnsa, del i3 gennaio 1677, Manfredo così scrive al Magliabechi
« La presente serve per rinnovare la mia servitù al mio caro t
« riverito Sig. Antonio quale tanto osservo, et se io ho fatto un
« sì longo silenzio, non resta però, che con il Sig. Bibliotecario
« nostro, spesse volte facciamo commemorazioni delle sue rare
« virtù et qualità così amabili, et in tale occasione che se ne
« viene a godere della bella e cara Firenze il signor Ehrenfried
« Walther de Tschirnhans Cavaglier di Lugato (?) qual è stu-
« diosissimo e dottissimo in diverse scienze et ha studiato a Leida
« molti anni; et nel discorrere so' ne sentirà gusto, perciò mi sono
(i) Journal des Voyages, pag. 493.
in I IL MLSl.l) SJ.ri ALA
« pigliato questo ardire di incomodarla et ne bavera gusto, ed
« e molto amico del Signore Oldembergo secretario dell'Accademia
<■ reale di Londra ».
I signori Rencii di Amsterdam, la grande officina libraria d'al-
lora dalla quale come abbiamo veduto Manfredo si faceva spedire
i libri a casse, gli avevano mandato in dono il modello di un
piccolo bastimento colle artiglierie e la « numerosa soldatesca di
Picmei » non che un pesce raro chiamato « Man di Sirena » (i).
Più interessante è il ricordo delle relazioni sue col principe po-
lacco Stanislao Lubomisck (1640-1702), grande uomo di Stato e
difensore della libertà del suo paese, che aveva tradotto in gio-
ventù il Pastor fido, ed era in corrispondenza con gli studiosi
d'Italia, a cagione di una grande collezione di libri, di medaglie
d'antichità, di istromenti di fisica e matematica che s'era formata.
Passando da Milano aveva visitato il Museo Settala, e vi aveva la-
sciato in dono (2) un coltello persiano o del gran Mogol, dal ma-
nico di corniola bianca con legatura d'oro e alcuni rubini e con
la fodera pure molto preziosa. In questa visita era sorta una di-
scussione scientifica sulla forma dei cristalli che il Settala diceva
trarre dalla loro generazione la configurazione esagona, mentre
il principe sosteneva che nelle miniere dei suoi stati se ne trova-
vano di quadrati, e tornato a casa mandava in prova della sua
asserzione « una massa bellissima di cristalli quadrati di purissima
« miniera d'oro naturalmente coperti (3)». Il signor Manfredo pen-
sava però, come ci dice lo Scarabelli, che questa massa fosse una
specie di gesso diafano simile a quei cristalli che si erano poco
prima scavati a Tortona nei possedimenti del sig. Carlo Andrea
Settala che ne aveva donati parecchi esemplari al museo.
Assai ricca era la collezione dei cristalli, molti dei quali con-
tenevano rinchiusi dei peli, dei fili d'erba, altri mostravano al-
l'interno cavità e canali, alcuni chiudevano dentro delle goccie
(
(i) Scarabelli, op. cit, pag. 11 e 178.
(2) Id., ibid., pag. 220, n. 3.
(3) Id., ibid., pag. 54..
CONTRIBUTO PER LA STORIA DKLLA COLTURA IN MILANO, ECC. lOD
d'acqua che si movevano, uno che ne conteneva tre « con istu-
porosa osservazione, scrive lo Scarabelli, nel discendere che fa, una
di loro si vedono le altre due ascendere, sopra di che apostrofando
il signor Terzago contro di Aristotile, e a seconda del genio del
padre di Kircherio con filosofica illatione si fa credere poco meno
che difensore del vuoto » (i). Né di minore importanza era la rac-
colta dei pezzi d'ambra, in molti dei quali eran racchiusi insetti,
venuti a Manfredo direttamente da Danzica greggi come si erano
ritrovati (2). Non mancavano le conche grandi e piccine, alcune
portate da Amsterdam, altre fin dalla Cina, altre pescate nel Mar
Rosso, e sulle rive della Persia. Dovevano destare molto interesse
le varie cose impietrate e le « miniere di diverse sorta », cioè
metalli e gemme al loro stato di natura, quali erano stati scavati
dalle vene delle miniere (3). Anche oro e argento del Potosi, città
dell'antico Perù nella Bolivia era stato portato in dono a Man-
fredo da un cavaliere che tornava di là. Ma insieme alle miniere
dei paesi lontani è bello trovar ricordate anche le nostrane. Il
cavaliere Giorgio d'Adda (del quale l'Argellati ricorda un trat-
tateli© sul modo da lui inventato di lavorare col mercurio le
miniere d'oro e d'argento) (4), aveva donato al museo « una mi-
niera d'oro assai preziosa in uno dei suoi poderi ritrovata » (3).
Questo fatto ci mostra come la società nobile milanese si interes-
sasse alla istituzione di Manfredo, e dalla rinomanza del luogo e
dalle dotte dispute che vi nascevano fosse allettata a mettervi in
mostra qualche rarità paesana. Per il grande interesse che Man-
fredo prestava a tutto ciò che fosse scienza, le quattro stanze di
via Pantano erano divenute quasi il museo cittadino ove si rac-
coglieva quanto di scientificamente importante si fosse trovato in
città. Eccone un esempio. Un frate francescano di S. Maria della
(i) Scarabelli, op. cit., pag., 53, n. 29.
{2) Id., ibid., pag, 56-6i.
(3) Id., ibid., pag. 75.
(4) Argellati, Biblioteca script, med., t. I, par. II, pag. 3.
(5) Scarabelli, op. cit., pag. 83, n. 9.
IL MI SEO SETTALA
Pace, come racconta lo Scara bel li (i;, era stato colpito ed ucciso
da un fulmine, e in una ferita del suo corpo si era ritrovata una
pietra di figura quasi sferica, del peso d'un quarto d'oncia. Man-
fredo, che sembra fosse accorso a visitare il colpito, conservava
questa « pietra folgore o sia ceraunia » nel suo museo esposta alla
curiosità di chiunque volesse constatare che i fulmini «sono cor-
te porca sostanza impietrita e non esalazione sia pur questa di
« qualsivoglia materia dementata ».
Ma non solo il museo Settala raccoglieva di queste curiosità
scientifiche, che hanno oggi per noi un limitato interesse, ma
anche molti degli oggetti antichi che si rinvenivano in città o
che si ritenevano degni d'esser meglio conservati e custoditi. Tro-
viamo, ad esempio, un vaso lacrimatorio e due urne grandi col
nome dei sepolti rinvenute nello scavare le fondamenta del ca-
stello di Milano (2).
Ancora « quattro urne in vasi grandi formate, che si ritro-
« varono anni sono nello scavare le fondamenta del monastero
« delle Capuccine in Milano in Porta Tosa, come volgarmente
« si appellano » (3). Tra le figure diverse troviamo ricordata nel
« catalogo una « Historica rappresentazione di un pezzo di marmo
« destinato al sepolcro di quel gran soldato per nome Gastone
« di Fois, fatta da valente scultore, vi si veggono quattro piccoli
« cavalli e alcune bizzarie(4) ». E più sotto: «Due statue di marmo
(i) Id., ibid., pag. 97-98.
(2) Id., ibid., pag. 127, n. 8.
(3) ScARABELLi, op. cit., pag. i3o. — DÌ molte altre urne non è in-
dicata la provenienza, ma è facile supporre che anch' esse sieno state
rinvenute in qualche scavo e trasportate nel museo, L' architetto Luca
Beltrami donava nel 1888 al museo archeologico un bassorilievo in
marmo bianco, della lunghezza di cent. 82, del secolo XIII, che rap-
presenta il bacio di Giuda a Cristo, composto di sette figure, che por-
tava l'indicazione manoscritta: " bassorilievo appartenente alla demo-
" lita cappella nella Rocchetta di Porta Romana, già rei museo Settala ,,
(cfr. quest' Arc/tlvio, XV, f. 446). Dagli esempi raccolti più sopra, pos-
siamo ritenere esatta l'indicazione, sebbene il descrittore del mureo
non accenni ad un tale bassorilievo.
(4) Id., ibid., pag. 218, n. i5-i6.
1
CONTRIBUTO PER LA STORIA DELLA COLTURA IN MILANO, ECC. IO7
« di Carrara destinate al sepolcro del suddetto soldato ». La ri-
composizione del famoso monumento di Agostino Busti è uno dei
problemi che maggiormente hanno stancata la pazienza degli ar-
cheologi milanesi. Se questi del museo fossero dei frammenti di-
versi da quelli dell'Ambrosiana e del Museo Archeologico di Mi-
lano è difficile dedurre dalla troppo breve indicazione. Certo
r essere dette le due statue di marmo di Carrara, mentre si sa
che il monumento è di marmo di Gandoglia, non è indizio con-
fortante a troppo favorevoli ipotesi.
Il ricco catalogo della raccolta di medaglie antiche che si
trova infine al libro dello Scarabelli, era stato compilato dallo
stesso Manfredo che a rendere completo il suo museo non poteva
trascurare una parte così importante per la conoscenza dell* an-
tichità. Egli scriveva al Magliabechi ai 22 di settembre del 1678
« Ho visto quanto V. S. 111. mi accenna circa la medaglia così
« rara di Ottone dell'Ili. Sig. Tiepoli qual è cosa di qualsivoglia
« Principe per la sua rarità; io allo studio delle medaglie li ho
« fatto un poco di pausa, poiché requivi t totum hominem et hora
« procuro di conservar l'individuo» (i).
Con maggiore ardore si era dedicato allo studio dei monu-
menti antichi Carlo Andrea Settala, fratello di Manfredo, vescovo
di Tortona. Peccato che il timore di allontanarmi troppo dall'ar-
gomento non mi permetta di tratteggiare in modo conveniente la
figura di questo ambizioso prelato che dai possessi suoi episcopali
assunse e trasmise ai nipoti il titolo di feudatario di Sardiliano ;
e dei vescovi tortonesi fu l'ultimo ad esercitare l'antico diritto di
battere moneta. Il libro del Terzaghi e quello dello Scarabelli fu-
rono entrambi editi a Tortona sotto la sua vigilanza e l'opera del
(i) Aveva ben ragione di concedersi un po' di riposo il povero
vecchio; infatti egli dice in altra parte di questa lettera, l'ultima di
quelle da lui dirette al bibliotecario fiorentino " Compatisca S. V. 111.
" se è mal scritta e composta [la lettera] poiché la gotta mi ha pi-
" gliato nella mano, che mi travaglia un po' più dell'ordinario, oltre
" anche gli anni che sono settanta otto, età grave, ma per Iddio grazia
" mi sento assai bene e ne dò grazia a N. S. „
I08 li- MUSEO SETTALA
fratello fu da lui continuamente favorita. Come veniamo a sapere
da certe sue lettere dirette al cavalier Cassiano Dal Pozzo, il ce-
lebre erudito e raccoglitore romano, egli aveva in mente di scri-
vere la storia di Tortona antica e per l'interpretazione di alcune
epigrafi si rivolgeva a Luca Hostein, il famoso bibliotecario della
Vaticana (i). Anche Manfredo era in relazione con Cassiano
Dal Pozzo, che è ricordato più volte tra coloro che contribuirono
ad arricchire il museo settaliano e dei suoi doni alcuni sono ab-
bastanza importanti, altri molto curiosi. Curioso per lo meno è
quello delle « lagrime humane in uno scatolino conservate (2) ».
Era un dono assai stimato un pezzo di cinnamomo, legno assai
raro, e l'altro di una tazza cinese; ma di ben maggiore impor-
tanza sembra fosse « un' agata orientale sardonica di ovata figura,
di colore bianchiccio, di grossezza come un uovo di colombo dei
più grossi, simile a una rotonda nocciuola nel cui midollo ri-
splende una massa di acqua, che volgendosi si vede muoversi ed
è la metà ripiena, donata al signor Manfredo dal Rev."^° Abbate
Cassiano Dal Pozzo (3) ». È probabile che i fratelli Dal Pozzo fos-
sero a Roma i corrispondenti di Manfredo e ad essi si rivolgesse
per gli acquisti di oggetti antichi in quella città (4). Una tra le
(i) Giacomo Lumbroso, Notizie sulla vita di Cassiano Dal Pozzo, in
Miscellanea di storia italiana. Torino^ 1878, tomo XV, p. 129 e seg., pa-
gina 270.
(2) SCARABELLI, Op. cit., p. I27, n. IO.
(3) Luigi Bossi, parlando dell' Ambrosiana nella sua Guida di Mi-
lano del 1818 ricorda nelle sale della Pinacoteca " alcuni sottoposti
scarabattoli dove tuttora stanno i resti del Museo Settala „ e dice che
non deve ommettersi l'osservazione di "un ciottolo di agata, conte-
" nente una considerabile quantità d' acqua, pezzo unico e che ove si
" consideri la qualità della sostanza riesce assai più pregevole di tutti
"gli ossidri veneti,,. Ma oggi negli "scarabattoli,, il ciottolo donato
da Cassiano Dal Pozzo non si vede più né so dove sia andato a finire.
(4) Carlo Antonio Dal Pozzo era in continua corrispondenza con
Monsignor Liergues Monconnys, fratello di colui che conosciamo per
le lodi che fa del nostro museo, perchè come scrive Cassiano in una
lettera " si trova avere un gabinetto di varie curiosità e quasi ogni
settimana richiede che gli si provveda qualche cosa „. Vedi Lumbroso,
op. cit., pagina 149.
CONTRIBL^TO PER LA STORIA DELLA COLTURA IN MILANO, ECC. IO9
tante volte che Manfredo si recò a Roma v' andò per esprimere
la sua devozione all' antico compagno di studio, il senese Fabio
Chigi divenuto-papa Alessandro VII, e si trattenne a lungo
nell'Urbe a visitare tutti i monumenti e col maggior studio
quelli dei primi tempi cristiani; anzi discese giù nelle cata-
combe a leggere le iscrizioni e corse pericolo di perdersi in quei
labirinti.
Nella bella raccolta di cammei del museo Settala troviamo
« una corniola, dentro a cui spicca di mezzo rilievo il capo di
« Seneca e due capi di Mori con turbantino in tutto rilievo in
« atto di svenarlo.... Alla rappresentazione di sì memorabil fatto
«non cede la singolarità dell'opera tanto bella quanto antica,
« poiché il signor Manfredo la vide scavare da le fondamenta di
« un nuovo monastero della Lungara in Roma e indi per gioia
«del suo Museo la trasportò in Milano».
Uno dei più intelligenti ed appassionati raccoglitori dal quale
il nostro Settala deve aver avuto conforto fu certamente lo stesso
arcivescovo di Milano il cardinale Cesare Monti che s'era for-
mata una assai pregevole raccolta di quadri che lasciò morendo
all'Arcivescovado nel i65o. Egli aveva donato al canonico un
« pezzo di coralloide spongosa di cinericcio colore », forse a com-
pletare quella raccolta di coralli del museo che doveva essere di qual-
che pregio e per il numero e per la rarità, poiché racchiudeva pezzi
di corallo bianco e di corallo nero, e rami nati dentro chiocciole e
sopra ostriche. Per provvedere ad essa Manfredo si era recato fino
al Capo Bonifacio ed aveva fatte compere in Sardegna e fin nel Mar
Rosso. Ma ritornando al cardinale Monti, fra « i libri pellegrini e
« le carte forastiere fatte di foglie di corteccie d'alberi » troviamo
ricordato « un foglio di carta (cinese o giapponese) in lunghezza
« di otto braccia e in larghezza di due e mezzo di color candi-
« dissimo, eccedente ogni maggiore grandezza di cui possa essere
« fabbricato nelle nostre contrade, e forse non per altro ad ogni
K alto eminente, che perché fu dono delle cortesissime mani del-
« l'eminentissimo signor cardinale Monti già arcivescovo di questa
«metropoli di Milano». Un altro dono dello stesso cardinale ci
IL MUSEO SETTALA
porta a trattare brevemente della raccolta di oggetti esotici
non era ultima parte del museo.
È questo « un vaso grande col suo manubrio da gettar l'acqua
« di color ceruleo, dai lati del quale molti intagli e caratteri giap-
« ponesi si veggono che furono a viva voce espressi dal P. Bohimo
« della Compagnia di Gesù, Ambasciador della chiesa a Roma,
« che anni sono in persona si compiacque di honorare, un cosi
« nobile teatro di meraviglie (i) ».
Nella prefazione alla sua opera compendiosa sulla Cina il
padre Atanasio Kircher ricorda fra i più benemeriti dello studio di
quel paese, prima quasi inesplorato, oltre che il padre Martino
Martini di Trento, il nostro padre Boym e il padre Filippo Ma-
rini genovese (2). Nel museo settaliano abbiamo ricordo di visite e
di doni anche di quest' ultimo e di parecchi altri gesuiti, di modo
che possiamo dire che esso museo era un centro al quale i jnissio-
nari convenivano volentieri a raccontare le loro imprese e a met-
tere in mostra le loro peregrine cognizioni etnografiche. Non è qui
il luogo di parlare dell'importanza e del valore scientifico delle mis-
sioni gesuitiche in quel tempo, basti solo notare quanto per opera
loro sì fosse diffuso in Italia l'amore per le strane regioni del-
l'oriente dopo che, nel i585, il padre Alessandro Valegnani aveva
condotto in Italia, tra lo stupore delle città per le quali passò,
un' ambasceria dei re giapponesi composta di giovani principi di
quei paesi novellamente convertiti (3). Nel seicento è grandissimo
il numero di opere che parlano dell' estremo oriente e dell'Ame-
rica e vi si leggono le notizie più fantastiche e strane che certo non
spiacevano in quei tempi desiderosi sopratutto dello straordinario.
Quanto il nostro Manfredo si interessasse a queste pubblicazioni
risulta da una sua lettera al Magliabechi che credo utile di pub-
blicare qui per intero: «La gentilezza e amorevolezza di V. S.,
(1) SCARABELLI, Op. cit, p. 184, II. 7,
(2) KiRCHERi, China Monumentis sacris et profanis. Amstelodami, 1667.
(3) Ne parla il P. Daniello Bartoli, Dell* istoria della compagnia
di Gesì4. UAsia, p. 266 e sgg.
CONTRIBUTO PER LA STORIA DELLA COLTURA IN MILANO, ECC. Ili
« scriveva egli adunque da Milano il 22 agosto del 1668, mi sprona
« ad incomodarla, ciò lo attribuisca alla sua bontà e compatisca
« il mio desiderio. Essendo io dunque curioso di sapere se il Ser.™"
« Gran Principe nei libri che ha comperato in Amsterdam ci fosse
« quello del Viaggio ed Ambasciata fatta da Stati di Olanda al
« re della China che da Macao a Canton si partirono e attraver-
« sarono tutta la China sino a Pechino sedia del Re, havendo
« notato e fatto il diario, con notati tutti gli accidenti e tutte le
«città messe in prospettiva; libro molto curioso et da me molto
« desiderato havendone dato notitia uno di Amsterdam che lo ha
« letto, credo che sia in latino, et in francese, ne desiderarla don-
« que solo sapere il titolo et chi lo ha stampato acciò lo possa far
«venire che lo desidero al maggior segno; come anche desidero
« da V. S. sapere se è stampato il viaggio del padre Dorville et
u Gratero suo compagno, quali si partirono da Pechino e vennero
« per terra sino in Agra sedia del gran Mogol, pur fatto in dia-
« rio e con le città et habiti dove passavano. Il Rev.'^^ Kirchero
« nel suo libro ultimamente stampato China Moniimentìs sacris
« et profanis -^ lo descrive ma così compendiosamente sebbene vi
«sono alcuni belli habiti de Tartari; ma per essere così compen-
« dioso non dà quella sotisfazione che io desidero, gli scrissi a
« giorni passati, mi rispose che il medesimo Padre lo voleva far
« stampare con tutto il suo Diario non so se in Olanda o a Vienna
« sia stampato; perciò prego V. S. con ogni affetto havendone no-
« tizia di questi duoi libri inviarmi solo il titolo di tutti e duoi
«ed ove sono stampati con l'anno. Mi scusi di grazia del troppo
« ardire e mi comandi che mi troverà prontissimo ad ogni mi-
« nimo suo cenno e con tal fine vi sono e sarò sempre, ecc. ^)
IV.
Sulla scorta di questi libri e delle notizie avute privatamente,
si affaticava Manfredo alla ricerca del segreto per la fabbricazione
della porcellana non che di vasi che assomigliassero in tutto a
quelli che gli erano stati portati dalla Cina.
112 IL MUSEO SETTALA
«È però da notare, leggiamo nel catalogo (i), che dei Vasi di
« Porcellana Chinese, quelli tutti si stimano veri e legittimi che
« portano in sé inciso con caratteri del paese il nome dell'arte-
«fìcc; così asserì il precitato P. Bohimo, del che prese motivo il
« signor Manfredo d' intagliare nel vaso, che pur di Porcellana
« ci lece (segreto fin hora da niun de' nostri saputo) il proprio
« nome, come chiaramente si legge ». Sembra che il segreto della
fabbrica della porcellana fosse già conosciuto in Italia nei primi
anni del secolo XVII, poiché in quel tempo si fabbricavano por-
cellane a somiglianza di quelle della China dai granduca di To-
scana (2). Il padre gesuita Marini aveva portato a Manfredo « nel
« ritorno che fece dal Tonchino (3) due tazze di porcellana finis-
« sima, fatte da Tartari nuovamente impadronitisi del gran Regno
« della China ». Ma, più che i doni, ci piace di ricordare le visite
di questi gesuiti e le vere rappresentazioni date da essi nel museo
di Manfredo, davanti ai buoni milanesi, curiosi dei costumi del-
l'estremo Oriente. Nel capitolo «dei legni odoriferi e preziosi »
lo Scarabelli ricorda « Due piccoli stecchetti di ebano, coi quali
« il detto P. Marini, ad imitazione dei Tonchinesi, fu osservato
« dal signor Manfredo e da altre persone riguardevoli a mangiar
« particolarmente il riso; non ha vendo i Tonchinesi in uso come
« noi Europei, le forchette. Con quella occasione si compiacque
« ancora il Padre di vestirsi al modello che fu nuovamente dal
«re Tartaro prescritto a' suoi popoli, havendo per l'antipatia
« particolare, che ha co' Cinesi, bando la testa, vietato 1' uso de
« gli habiti propri della Cina, perché con gli habiti non vestis-
« sero anche gli affetti di quella natione (4) ». Un simile spetta-
colo riuscirebbe interessante ancor oggi a noi che su quei paesi
possiamo procurarci ogni più diffusa notizia. Che pensare della
curiosità destata allora quando tutto questo mondo orientale era
(i) ScARABELLT, op. cit., pag. i35, n. 8.
(2) Dott. Alessandro Ioresi, Sulle Porcellane Medicee, lettera al Ba-
rone di Monville. Firenze, 1869.
(3) Scarabelli, op. cit., pag. i35, n. 9.
(4) Scarabelli, op. cit., pag. 197, n. 35 e sgg.
CONTRIBUTO PER LA STORIA-DELTA COLTURA IN MILANO, ECC. II 3
pressoché completamente sconosciuto! Il padre Bohimo, già no-
minato, venne una volta a Milano con un ambasciatore Cinese
« con habiti oltremodo stravaganti e con le acconciature del capo
« simili in tutto a quelle delle figure che erano dipinte sulle carte
«cinesi di Manfredo (i)». Ma la curiosità dei nostri padri non
si fermava alle forme esterne; essi tentavano anche di saper qual-
che cosa della civiltà e della letteratura di quelle regioni. Lo
Scarabelli riporta un lungo tratto della storia della Compagnia
di Gesù del Bartoli, ove delle lettere dei Cinesi, del loro modo
di profferir le parole e dello scrivere si ragiona (2) ; e nel museo
conservavasi un calamaio chinese di cui dice V illustratore: « Con-
« tiene un gran pezzo d' inchiostro, scorgendovisi da un lato una
e cavità per cui bagnandosi un pennello simile a quello dei pit-
« tori, usavan quei popoli di fermare i loro caratteri, non iscri-
« vendo questi, come gli altri Indiani con alcuno stilo di ferro, o
(( con altra penna, come noi Europei (3) ». Troviamo ancora men-
zionati parecchi libri cinesi; come ad esempio « un libro di Co-
« smografia tutto di carta di seta sottilissima; è scritto a caratteri
« Cinesi perfettissimi. Dono uscito dalla mano liberale dell'Ecce-
« lentissimo signor duca di Varaguas (4) ».
Parlando poi d'una carta pure di cosmografia cinese, osserva
lo Scarabelli che i cinesi pongono l'Asia dove nelle nostre è l'Eu-
ropa « perchè essi pensano distare in mezzo ». Per intendere qual-
che cosa di questi libri si giovava Manfredo delle cognizioni dei
suoi amici gesuiti. Sappiamo che un libro cinese nel quale erano
descritte le facoltà e stupende virtù delle erbe di quei paesi, fu
letto in una sua visita al museo del padre Bohym « con una sin-
golare soddisfazione ed indicibil gusto di chi si trovò presente (5),
essendo egli espertissimo di quello idioma, anzi pregato dal no-
(i) Scarabelli, op. ciL, p. 289, n. 9.
(2) Scarabelli, op. cit., p. 284.
(3) Scarabelli, op. cit., p. 187.
(4) Scarabelli, op. cit., p. 288, n. i.
(5) vScarabelli, op. cit., p. 288, n. 2.
Arch. Star. Lovib. — Anno XXVII. — Fase. XXVIl.
I 14 IL MUSEO SETTALA
stro sig. Manfredo a scrivere alcuna cosa in Cinese, egli il com-
piacque con iscrittura particolare, che pur quivi si conserva ».
Altrettanto dicasi dei libri indiani. Un altro dei gesuiti visitatori
del museo, il padre Giacinto de Magistri, era pur stato visitatore
generale del Malabar o Tamulè (Madurè) anzi nel 1661 su quella
cristianità aveva fatto stampare un'opera (i). Anch' egli fu pre-
gato da Manfredo di leggere un libro scritto con caratteri indiani.
Non meno che dai missionari, il Museo Settala fu visitato
spesso da' principi forestieri che per necessità o per diporto reca-
vansi a Milano. Così ebbe a vederlo Anna Maria d'Austria quando
nel 1649 passò di qui per andar sposa a Filippo IV, e più tardi,
cioè nell'estate del 1664, anche Cosimo di Toscana, come ci in-
segna la relazione del viaggio di questo principe scritta da un
suo cortigiano, il prete Filippo Pizzichi (2). Il Settala, com'è fa-
cile intendere, andava orgoglioso di codeste visite dei principi e
dei grandi ed è a credere che in simili occasioni mettesse in opera
tutta la sua genialità di espositore e di esperimentatore, gli espe-
rimenti fossero preparati con grande cura, in modo di riuscire
attraenti e da soddisfare ogni curiosità. Egli possedeva, ad esem-
pio, dei fili e delle matassine di amianto ed una bellissima borsa
pure di asbesto (3) che « era stata più volte gettata sopra gran
« quantità di carboni accesi alla presenza di molti signori e prin-
« cipi, e specialmente dal Serenissimo Arciduca di Ispruch e dalla
« Serenissima Arciduchessa di Toscana, curiosi di vedere 1' espe-
« rienza con gli occhi propri, né mai ha ricevuta lesione alcuna ».
Qualche volta Manfredo donava a questi illustri visitatori ciò che
maggiormente era loro piaciuto, forse pensando che si dona con
vantaggio ai principi.
(x) De Magistris Giacinto, gesuita, Della Crisiianità del Madurée
fatta dai PP. Missionari della Compagnia di Gesù, della provincia di Ma-
lavar. Roma, 1661.
(2) Viaggio per l'Alta Italia di Cosimo III di Toscana, descritto da
Filippo Pizzichi, edito dal canonico Moreni, dell' anno 1664. Firenze,
Magli eri, 1828.
(3) SCARABELLI^ Op. cit., pag. 232, n. 2.
CONTRIBUTO PER LA STORIA DELLA COLTURA IN MILANO, ECC. IID
Gli arciduchi d'Austria si erano molto divertiti con un «Micco»
giapponese, che Manfredo allevava nel museo, che aveva la faccia
bianca senza pelo, similissima a quella di una bella vecchia, una
barbetta sotto al mento, fra gli orecchi una macchia nera, il ri-
manente del corpo di color berettino ed era « mirabilmente giuo-
« chevole (i) ». Manfredo ne fece loro dono, ma prima volle che
fosse ritratto in un quadro. Così egli conservava un ricordo per-
petuo di questa sua munificienza, e certo non dimenticava di far-
sene bello cogli altri visitatori. Parecchi quadri della galleria raf-
figuravano animali rari e curiosi, portati da lontano e custoditi
per gran tempo in casa, giacché il Nostro era anche addomesti-
catore, e nel museo si conservavano gli scheletri di un' aquila, di
una volpe e di una lepre (2) ; bestie tutte ch'egli aveva avvezzate
a star seco senza recare alcun disturbo. Né mancavan infine a dare
un certo carattere di misterioso alla riunione di tante cose biz-
zarre alcuni scheletri umani.
Questa scolorita enumerazione non porgerà che un'idea com-
plessiva dell'aspetto di tutto il museo. Preziosi per sé stessi erano
gli scrigni, parecchi incrostati di pietre e di mosaici, che adorna-
vano le pareti delle quattro stanze. Nei cassetti di questi scrigni
erano disposte le monete romane, le puniche e le greche, i meda-
glioni d'oro e d'argento dei papi e dei duchi di Milano e alcuni
«di busso stimati al pari di quei d'oro intagliati da Alberto
(^ Duro, huomo in tal professione singolarissimo ». In altri cassetti
trovavan luogo gli anelli, più di venti, ed altrettanti cammei, e
molte gemme, tra le quali un grande zafìRro orientale, in cui era
inciso il ritratto di Bona Sforza, regina di Polonia, figlia di Gio.
Galeazzo : forse un dono dei duchi a qualcuno degli antenati del
Settala. In basso, sotto gli scrigni, come possiamo vedere nella
brutta incisione che accompagna l'opera dello Scarabelli, erano
collocati i vasi, le balestre, gli archi, le faretre, le statuette ed i
(i) Scarabelli, op. cit., p. 262, n. 66.
(2) Scarabelli, op, cit, p. 249,
1 IO IL MUSEO SKTTALA
busti, sopra gli scrigni stavano gli orologi, i mappamondi, i corni,
le conchiglie. Piìi in aitosi miravano i quadri. Dal soffitto infine]
pendevano i coccodrilli, i pescicani, i pesci volanti e gli altri mo-j
stri imbalsamati. La ricca biblioteca formata da 9290 volumi e
1600 manoscritti, completava il museo e forniva i testi necessari^
alle dotte dispute.
Dopo quanto abbiamo detto è inutile trattenerci a parlare
ancora del grande amore che Manfredo nudriva pei libri: an-
ch' egli come il padre ne era avidissimo raccoglitore. Le sue let-
tere al Magliabechi ce lo attestano ripetutamente, anzi esse mo-
strano che egli seguiva con interesse anche le vicende del com-
mercio librario (i). Dei libri da lui posseduti erano stati fatti
(i) Il Magliabechi lo aveva incaricato di comperare alcuni libri
alla grande bottega dei fratelli Bidelli milanesi, ed egli così rispon-
deva ai 26 di luglio del 1662. " È stato un peccato che questi signori
" Bidelli si siano separati, poiché adesso chi tira in qua, chi tira in
" là e se non moriva il povero signor Raffael Fransinelli stava quasi
" aggiustato per fare un rilievo della parte dei duoi fratelli, poi che
" forsi in Europa non si aveva libraria tale, havendo quando erano
" insieme trentacinque camere ben grandi non solo attorno attorno,
" ma nel mezzo tutte ripiene di balle di libri „. Le lettere del Ma-
gliabechi al Settala, ricche di notizie sui nuovi libri comparsi, pas-
savano poi per le mani di molti dotti milanesi. Riporto un' altra let-
tera di Manfredo al Magliabechi , che ad onta delle scorrezioni mi
sembra assai interessante e tale da renderci più simpatico il vecchio
studioso. " IlL™o Signore. Dal Nostro Sig. Bondicchi ho ricevuto una
" sua a me caris."^* al maggior segno mi ha rallegrato mentre stavo
" pensoso e travagliato per gli eccessivi calori, che oggidì fanno qual
" sono molti anni che ciò non è successo, et hanno regnato malattie
" infettive a segno tale che nel nostro Hospitale Maggiore vi saranno
*' mille e duecento ammialati né si sa più dove riporli. N. S. ci con-
" servi. In questo ponto aspetto il signor Bibliotecario Bosca qual si
^' sincera et lo ringrazia della memoria che V. S. 111.»"^ tiene di lei.
^' Ho letto poi la Gen.^a sua piena di notizie rare e molti sigg. me
^' la richiedono per le rare notizie; la prego con ogni affetto conser-
^' varmi in buona gratia et la prego qualche volta consolarmi con sue.
" Io poi me la vado passando alla meglio che posso poiché la mia età
" é di settantotto e presto entro nelli 79 con assai buona salute leg-
" gendo sempre qualche libro curioso, come bora leggo li duoi tomi
^' di viaggi del sig. Taverniere in francese che sono assai curiosi come
CONTRIBUTO PER LA STORIA DELLA COLTURA IN MILANO, ECC. Il';
indici per nomi e cognomi degli autori e per materie; ma oggi
questi cataloghi non si possono più consultare e della biblioteca
non si sa altro che era disposta in trecento casse secondo i vari
rami dello scibile. Vi era anche una raccolta, in sette gran vo-
lumi, di più che ventimila fra disegni e stampe dei più eccellenti
pittori ed architetti messa insieme da Carlo Andrea Settala negli
anni della prima gioventù.
Così mi sembra di aver finito di spigolare tutti i dati neces-
sari, per dare un' idea di quanto era raccolto nelle stanze di via
Pantano, e credo non si possa a meno di meravigliarsi che una
sola famiglia, un solo uomo avesse potuto giungere a tanto. A
questo lavoro Manfredo aveva dato tutto sé stesso e divenuto pa-
drone della galleria di famiglia, dopo la morte del fratello Sena-
tore, già nel 1649 aveva fatto salire in tanta fama il suo museo
da renderlo degno di visite regali. Da questo tempo sino alla
morte egli non cessa mai dal raccogliere, dal creare nuove mera-
viglie per la sua collezione mentre nel laboratorio che erige nella
Canonica di S. Nazzaro attende a perfezionare gli istrumenti mu-
sicali, a distillare ogni sorta d'essenze al fuoco della lampada, a
tentare difficili operazioni chirurgiche.
Visse il nostro raccoglitore fino agli ottant' anni e morì ai 16
dì febbraio del 1680. Peccato che egli non abbia saputo dare un
indirizzo preciso e determinato alla sua attività così da compiere
" ben.'^'' V. S. 111.™^ li bavera letti. Compatirà se è mal scritta poiché
" Tata e il gran caldo indeboliscono il corpo humano. Resta solo che
" V. S. Ill.'T'i ha saputo con sì belle maniere obbligarmi mi porga an-
" che r occasione di raddoppiare le obbligazioni che sarà con V ho-
" nore de suoi da me desiderati comandi et crederà che io sono con
" l'affetto qual mi sottoscrivo, ecc. Milano, il primo di settembre 1678 „.
Manfredo era intimo amico dei dottori dell'Ambrosiana ed assiduo fre-
quentatore di quella libreria. E lo dice Emerigo Bigot, bibliotecario
parigino, che così scrive da Milano al Magliabechi il 17 luglio 1661:
" L'altro ieri venne nella libraria [Ambrosiana] il signor Settala e mi
" intrattenni una mezz' ora a discorrere con lui, si loda sommamente
" della sua gentilezza e mi disse che le doveva scrivere oggi per rin-
" graziarla della Repubblica Chinese della quale V. S. l'ha regalata,,.
Ìl8 IL MUSEO SETTALA
un'opera duratura. Egli era di' quegli uomini che nulla lasciano
intentato, che raccolgono tutto quanto trovano sulhi loro via
senza pensare se il troppo grave carico impedirà loro di procedere
avanti. Quanta maggiore è l'ammirazione che questi uomini de-
stano nei contemporanei, tanto minore e il ricordo che ne resta.
Quando Manfredo lasciò la terra parve alla società dotta mila-
nese che con lui si spegnesse un uomo di grande valore, e la sua
perdita si giudicò irreparabile; pochi anni dopo egli ed il suo
museo già cadevano in queir obblio da cui noi ci siam sforzati
ritrarli.
V.
Le memorie che abbiamo serbate intorno agli onori che fu-
rono resi al Settala dopo la morte ci danno prova di ciò e ci
offrono un interessante quadro delle costumanze d' allora. Il mar-
chese Giovanni Maria Visconti, cognato di Manfredo, di cui aveva
sposato una sorella, ci ha lasciato, in apposito opuscolo, la de-
scrizione delle esequie celebrate a Manfredo nel tempio di S. Na-
zaro. Varrà la pena di ricavarne qualche notizia (i).
Il Visconti ci dice dunque che dal museo Settala, noto in
tutto il mondo, erano stati tolti gli oggetti che potevano conve-
nientemente adornare il catafalco e significar dolore, perchè l'ot-
timo vecchio avesse vicine anche nella bara le sue fatiche e de-
lizie. Le pareti del tempio erano adorne di grandi quadri alle-
gorici, disegnati dal pittor Cesare Floribus. In uno era dipinto
un compasso deposto sovra un circolo tracciato, col motto Satis
est implevimus orbem ; in un'altra tavola era rappresentato l' i-
(i) Esequiae in tempio S. Nazari Manfredo Septalio patricio tnedio-
lanensi celebratae — exposuit March. Johannes Maria Vicecomes Acc.
Animosus. Mediolani, 1680. — In una incisione che va unita all'opu-
scolo è raffigurato il grande catafalco in cima del quale sta un map-
pamondo che porta il busto di Manfredo; al di sotto una grande
urna antica.
I
CONTRIBUTO PER LA STORIA DELLA COLTURA IN MILANO, ECC. IIQ
Strumento musicale a canne, la « sordellina » col mantice, inven-
zione come sappiamo di Manfredo, e la scritta diceva Defedi
spiritiis meus. Dall' altra parte era raffigurato il cosi detto moto
perpetuo della piramide di bronzo, intorno alla quale discendeva
a palla di diaspro, che, giunta in fondo, era lanciata di nuovo
sulla cima ; vicino lo scheletro della morte che con la mano
fermava la palla nella sua discesa; e la scritta commentava Nihil
perpetinim. Presso questo un altro quadro dove la morte coniava
medaglie in onore dei Settala e diceva Maius ab exequis nomen.
Sopra un'altra tela si vedeva ancora la morte, che con lo spec-
chio ustorio di Manfredo stesso raccogliendo i raggi del sole ac-
cendeva una fiaccola e diceva Sic splendor collectus abit. In
una quinta pittura la morte gettava la sua falce su di un
cumolo di faretre, di archi, di balestre e di cannoni, riproducente
le armi del museo e la scritta commentava Ferii securius isia.
Il padre gesuita Giov. Battista Pastorini pronunciò l'orazione in
lode del defunto, tracciando sommariamente la storia della fami-
glia Settala ed enumerando le principali opere del lodato. Ma
non bastava ; i gesuiti, dei quali Manfredo e tutta la famiglia
erano stati grandi amici, vollero onorarlo con una pubblica acca-
demia nell'aula massima del loro collegio di Brera (i). Una strana
cerimonia ci si svolge davanti mentre leggiamo la descrizione di
questa accademia, una cerimonia che nella sua teatralità ci fa
sorridere, mentre pure attestandoci il grande entusiasmo destato
da questo vecchio studioso della natura, nella sua secentistica
esagerazione non è priva di valore. In questa accademia si dove-
vano celebrare le esequie di Manfredo secondo l'antico costume
latino e i rettori e gli scolari del collegio portare quindi in mo-
stra processionalmente gli oggetti del museo Settala dando ad
essi un significato allegorico colla recitazione di epigrammi latini.
(i) Manfredo Septalio Accademia funebris jpttblice habita in classe
rhetoricae collegii brajdensis Socie fatis Jesu. Auctoribus eiusdem palestrae
accademicis quorum scriptiones in ordinem digessi/. Cons Ioannes Andreas
Alifer. Mediolani, 1680.
20 IL ML'SKO SETTA LA
Doveva aprire il corteo la Fama, non colla tromba argentea, ma
a>ii r;inglica tuba, o tromba parlante,e recitare un'epigrafe del
rettore Gian Battista Barbavara. Venivano poi portate avanti
l'agata ed i cristalli che mostravano racchiuse dentro le goccie
d'acqua, e del loro occulto significato dava notizia l'epigramma :
Naturae iletum career cristallinus ambit
Mentiri interna haec lacrima sola nequit.
La fiala lacrimatoria regalata al Settala da Cassiano Dal Pozzo
aveva un'inscrizione di Claudio Pancerio. Seguiva una schiera
di prefiche piangenti; e ad essa tenevan dietro la Musica, la Fi-
sica e l'Ottica rappresentate dai quattro rettori il marchese Gio-
vanni Acerbi, il conte Giovanni Andrea Alifer e il marchese Gio-
vanni Maria Visconti che recitavano un carme dialogico tutto
in lode del defunto. Precedevano il letto funebre come le imagini
antiche, i quadri, le medaglie che portavano effigiati gli avi del
morto. Vi era il quadro attribuito al Tiziano raffigurante Ga-
leazzo cavaliere teutonico, il ritratto di Lodovico protofisico di-
pinto da Fede Gallizia. Tutte queste figure « aveva animate »
il rettore Claudio Mariano col recitare l'epigramma:
Nos quondam pace et bello dum vita manebat
Egregios, tumulus claudere non potuit.
Tu quoque post cineres volitas Manfrede per Orbem.
Posteritas nostris laudi bus adde tuas !
A Passaguado, il capitano riedificatore di Milano, distrutta dal
Barbarossa, era dedicata una speciale poesia. Portatosi davanti
il medaglione d'oro di S. Senatore, Ottaviano Scotti con un suo
carme lirico, diceva le lodi del Santo. Giunto il feretro al luogo
convenuto, gli si ergeva la pira, usando dei legni preziosi del
museo. La Musica, 1' Ottica, la Fisica ponevano i loro doni sul
rogo. Alessandro Bulgaro professore, vi portava la « ciliegia »
d'avorio, scolpita internamente dalla pazienza di Manfredo con
CONTRIBUTO PER LA STORIA DELLA COLTURA IN MILANO, ECC. 121
tante teste da morto. Gli archi, le saette, le faretre dei Brasiliani
e dei Turchi servivano da trofei. Si fingeva che il rogo fosse
arso, le fìnte ceneri venivano poste nell'urna, e si costruiva per
esse un grande mausoleo. Quattro colossi sostenevano come caria-
tidi una mole quadrata: una raffigurava il Lavoro e portava il
motto consueto a Manfredo Potius mori quam otiari, V altra la
Sapienza col detto pur di Manfredo Sapiens numquam soliiSy la
Virtù era il terzo col motto Virtuti ubique obvius amor, l'ultima
era 1' Arte col motto Belli et Pacis artes amicae. Fra i colossi
nelle loro nicchie stavano le statue di Septalius Caesar socio
nell'impero a Settimio, il presunto capostipite romano della fa-
miglia, di Passaguado Settala, di S. Senatore e di Enrico Settala
arcivescovo. Sul tumolo erano state dipinte alcune scene delle
cosidette imprese di Manfredo, cioè quando giovane e desideroso
d'imparare, navigando verso l'Egitto, era stato ferito dai Turchi ;
quando, disceso nelle cripte sotterranee dei martiri a Roma per
leggere i caratteri degli antichi monumenti, a stento aveva po-
tuto uscirne; e quando insegnava l'arte del tornire all'arciduca
Giovanni d'Austria, a Don Vincenzo Gonzaga e al marchese Ca-
racena. Su in alto fra le nubi, misti a genii in atto di suonar
tibie e fistole, tolte al museo, stavano le immagini di S. Senatore,
del beato Manfredo e del beato Lanfranco.
Così alla fine del secolo XVII, nel più grande palazzo mila-
nese dedicato agli studi, si celebrava l'apoteosi della famiglia
Settala e del suo museo.
VI.
Dopo molte ricerche ho potuto trovare nel nostro archivio
notarile la copia del testamento del canonico Settala, steso dal
notaio milanese Carlo Cadolini, il giorno i3 luglio 1672. In esso
Manfredo dispone che il suo Museo sia conservato dal fratello
Carlo, vescovo di Tortona, e alla sua morte dai nipoti e passi
poi in ereditai ai loro discendenti nella linea dei primogeniti
12J, li, MI SI () SICT'IALA
maschi; qualora poi la discendenza si estinguesse, fosse dato in
custodia alla Biblioteca Ambrosiana. Quale inventario degli og-
getti contenuti nel museo, che dagli eredi non potevano essere
alienati, si trova ancor oggi unita al testamento una copia del
libro dello Scarabclli. In una lunga relazione che precede una
sentenza pronunziata il 17 febbraio lySi dal senato milanese che
decreta il passaggio del musco in proprietà del venerando collegio
dell' Ambrosiana, della quale si trova copia nell'archivio famigliare
del signor conte Bertoglio Pisani, leggiamo riassunta con chiarezza
tutta la storia della successione del museo. Morto Manfredo nel 1680,
le sue raccolte passavano al fratello Carlo, vescovo di Tortona,
il primo designato nel testamento. Morto dopo qualche anno
costui, vennero nelle mani di Francesco Settala che, come lo zio,*
era canonico di S. Nazzaro; e questi le conservò fino al 1716,
anno di sua morte. In questo tempo troviamo ricordata la col-
lezione Settala da Lodovico Antonio Muratori che in essa scoprì
r Index Sanctorum Martyriim , quorum corpora S. Gregari
Magni temporibus Romae quiescebant che egli pubblicò nei suoi
Anedocta, preponendo molle lodi del museo (i). Questo prezioso
codice non si trova ricordato nella descrizione dello Scarabelli,
o che non se ne conoscesse l' importanza così da confonderlo cogli
altri « libri di corteccia d'arbori », o che fosse acquistato da
(i) L. A. MuRATORius, Anedocta quae ex Ambrosianae Bibliotecac
codicibus esuit, Mediolani, 1698, -Toinus II, pag. 194: *' Inter praecla-
" rissima Italiae monumenta musaeum Septalianum Mediolani situm
" absque te meritatis metu numeramus. Massima illi a rebus visu dignis-
" simis commendatio est, neque minor a quibusdam antiquis rebus,
" quos temporum edacitas, absumere non est ausa. Illinc Indicem
" istum describere nihi licuit, veniam dante illustrissimo Francisco
" Septalio Nazarianae Basilicae canonico. Quod maxime huius Cata-
" logi pretium auget, est ipsa, ut puto, scripturae at papyri antiquitas.
" Haec Aegyptiaca est, eamque minus periti corteccia d'arbori appellant,
" illa vero characteres exhibet non multum ab iis dissimiles quos in
" celeberrimo Codice Ambrosianae Bibliotecae legimus „. Il Muratori
ricorda che il padre Michele Germano aveva fatto una trascrizione
di questo codice esistente nel museo , perchè ne fosse accessibile la
lettura ai profani.
CONTRIBUTO PER LA STORIA DELLA COLTURA IN MILANO, ECC. 123
Manfredo dopo il 1666 o più tardi ancora dal canonico Francesco.
Nel 1700 il museo fu visitato dal Montfaucon (i) che vi osservò
oltre che il papiro illustrato dal Muratori, una lapide in cui era
scolpito un imperatore con lo scettro e la spada che si diceva
essere Carlo Magno, ed una gemma che recava inciso Alessan-
dro. Il Thévenot scriveva versoli i685 al Mabillon e al Germain :
« Le Neueu du canonico Settala, qui a son cabinet, aidera beau-
« coup les pères [Benedettini] dans leurs recerches (sic) de Saints
« de leur ordre (2) :>. Insomma non che essere ben conservato
sotto la tutela del canonico Francesco, il museo manteneva la
fama anteriormente goduta. La pacifica possessione del canonico
Francesco fu molestata nel 1698 dalle pretese della marchesa Ca-
terina Settala, maritata al marchese Gaetano Emanuele Dal Pozzo,
figlia ed erede universale di Settimo Passaguado Settala, fratello
del canonico Francesco, la quale voleva che si dividesse l'eredità
del canonico Manfredo per averne la parte che sarebbe spettata
al padre. Ma una sentenza del 18 gennaio 1698 insieme ad altre
decisioni che non ci riguardano, stabiliva che la casa rimanesse
indivisa in proprietà dei fratelli Settala, « quod agitur de domo
« incapaci divisionis, et cuius meliora loca a museo Septaliano,
« ac duabus magnificis bibliotecis occupata reperiuntur », e di-
ceva che il Museo era stato affidato alla custodia del canonico
Francesco « non tam ad familiae, sed etiam totius civitates splen-
« dorem ». Morendo, il canonico Francesco istituiva suo erede
un Carlo Settala, che nel 1718 teneva in Milano la carica di ca-
pitano della milizia civica e che discendeva da un ramo della
famiglia diverso da quello da cui provenivano i figli ed i nipoti
del protofisico Lodovico. Il nonno di questo ultimo, quel Lodo-
vico dottore, che abbiamo veduto nel (495 insegnare giurispru-
denza a Pavia, era fratello di un Bernardo, dal quale (secondo
gli alberi geneologici della famiglia (3)) deriva questo ramo dei
(i) Bernardo de Monfaucon, Diarium Italicum, Parisiis, 1702, p. 21.
(2) GiGAS E., Lettres de Bénédiciins de la congregation de S. Maur
(1652-1700). Copenhagene — Paris, 1892, p. 83.
(3) Vedi all'Archivio di Stato la Cartella Famiglia Settala.
24
n. MUSEO SETTALA
Settala che al principio del secolo XIX ebbe il titolo di conte,
portato per il primo da quel Luigi Settala la cui discendenza
dura ancora ai nostri giorni. Carlo Settala, erede del canonico
Francesco, non poteva, a norma del testamento di Manfredo, ve-
nire in possesso del museo che doveva essere trasmesso solo ai
primogeniti maschi dei nipoti, e perciò venivano ad acquistar
valore i diritti della Biblioteca Ambrosiana, i conservatori della
quale già nel 1716 sì erano rivolti ai tribunali perchè dessero
esecuzione alle disposizioni del fidecommesso in loro favore ; ma
Carlo Settala ed il fratello suo, indugiando nelle pratiche giu-
diziarie erano riusciti ad evitare per ben trentaquattro anni una
risoluzione definitiva.
Sappiamo che in questo tempo le raccolte di Manfredo sta-
vano ancora disposte nelle stanze di via Pantano, anzi il Lat-
tuada nella sua Descrizione di Milano, stampata nel 1737 ci dice
che il museo era lasciato « mai sempre aperto dalla gentilezza
« degli eredi del canonico Manfredo; tra quali, continua il Lat-
« tuada, sia permesso fare onorevole menzione del sig. Don Carlo,
« a cui porgiamo in questi fogli un pubblico attestato della no-
« stra ossequiosa riconoscenza (i). » Nel 175 1 finalmente fu pre-
sentata al Senato la relazione di cui ho già fatto parola, della
quale furono autori G. Battista Moschini e Giuseppe Pizzotti.
Le obbiezioni sollevate dai Settala consistevano dall'impossibilità
di identificare i beni compresi dal fidecommesso e nella contesta-
zione della podestà nel testatore Manfredo di stabilire un fidecom-
messo. Alla prima si opponeva l'esistenza del libro dello Scara-
belli, allegato al testamento, l'acquiescenza degli eredi: il vescovo
Carlo e il canonico Francesco, che l' avevano accettato senza ri-
serve e la sentenza pronunciata nel 1698 contro la marchesa Dal
Pozzo, colla quale si stabiliva che lo stesso canonico Francesco
conservasse gli oggetti esistenti nel museo e descritti « in Inventa-
rio inserto in Testamento ». La seconda obbiezione si fondava sul
testamento del protofisico Lodovico, che diceva di voler che il suo
(i) Descrisione di Milano. Milano, 1787, Tom. II, p. 346.
CONTRIBUTO PER LA STORIA DELLA COLTURA IN MILANO, ECC. I2D
gabinetto fosse conservato eternamente dai discendenti della sua
famiglia da padre in figlio, e quindi impediva che se ne disponesse
in favore di terzi. Ma si opponeva che ben piccola cosa doveva es-
sere stato il gabinetto del protofisico Lodovico a confronto della
galleria di Manfredo, e che ad ogni modo già i fratelli di quest'ul-
timo si erano accordati nel riconoscere lui come solo proprietario
e nel permettere che sotto il suo nome si stampasse il catalogo
dello Scarabelli; che, infine, il testamento del protofisico Lodo-
vico non contemplava il caso che la discendenza sua venisse meno:
or presentatosi questo caso, dovevansi eseguire le disposizioni date
da Manfredo. Ad ogni modo Carlo Settala, discendente da ramo
diverso, non aveva alcun titolo alla proprietà del museo. Per
queste ed altre ragioni i relatori consigliano il Senato a pronun-
ciarsi in favore della Biblioteca Ambrosiana. Il Senato il 19 feb-
braio 175 1 pubblicava la seguente sentenza:
« Referente Magnifico Castillioneo causam vertentem inter
« Ven. Collegium Bibliotecae Ambrosianae hujus Urbis ex una,
« et D. Carolum et D. Senatorem Lanfrancum fratres de Septala,
« ex altera,
« Censuit Senatus, Fideicommissum condictum ab olim Ven.
« Canonico Manfredo Septala subesse.
« Vener. Collegium Bibliotecae Ambrosianae Mediolani esse
« ex Vocatis, eiusque favore casum evenisse per obitum Ven.
« Canonici Francisci Septalae; ideoque res constituentesMuseaum,
« vulgo Galleria descriptas in Libro inserto in Testamento ejusdem
« Ven. Manfredi relaxandas fore et esse dicto Ven. Collegio Bi-
« bliotecae, non obstantibus deductis.
« Teneri D. Carolum et Fratrem de Septala relaxare eidem
« Vener. Collegio Libros descriptos in donationibus, et in peti-
« rione, absoluto dicto Collegio a petitis in reconventione prò-
« posita per dictos Fratres de Septala, salvis in reliquis juribus
« Partium, et cuiuscumque Tertii. Et Magnif. Castillioneus Re-
(( lator etiam sit Executor praesentis sententiae ecc. Signat Ma-
« gnificus Marchio Goldonus Vidonus Pro Praeses et Magnificus
(' Castillioneus ».
126 IL MI SKO hl.IJALA (.ONIhllJLlU JLU LA MUUIA, LtC.
Non si capisce come delle parecchie migliaia di oggetti che
troviamo ricordati nel libro dello Scarabelli citato espressamente
in questa sentenza, quale inventario, e ancora nelT Archivio No-
tarile « inserto in testamento eiusdem Ven. Manfredi », oggi
non si vedano più, in un luogo sacro alla conservazione delle me-
morie d' arte e di scienza come e V Ambrosiana, se non gli spec-
chi ustori e pochi altri oggetti di dubbio valore. Gli odierni ze-
lantissimi direttori dell'Ambrosiana farebbero opera buona se
volessero far noto come ciò sia avvenuto anche a soddisfazione
dei discendenti di quel Carlo Scttala, che non troppo volentieri,
per quanto risulta dai documenti citati, rinunciò al possesso del
famoso museo, che secondo la volontà del canonico Manfredo,
doveva essere conservato nelle sale dell' Ambrosiana « ad eternam
« eius memoriam (i) ».
Certo se la tanto lodata Galleria sussistesse ancora nella in-
tegrità sua quale io ho cercato di descriverla ai suoi bei tempi,
potrebbe essere, ancor oggi visitata con piacere da chi amasse
seguire lo svolgersi dell' attività scientifica tanto nei suoi pro-
gressi che nei suoi traviamenti. Io ho cercato di far rivivere in
queste mie pagine lo spirito che la informava e spero che da esse
si potrà trarre un capitolo non del tutto senza importanza per
la futura storia della coltura milanese del secolo XVII.
Gino Focolari.
(i) Sarebbe ottima cosa che a compensare i danni sofferti dal
museo la Biblioteca dell'Ambrosiana curasse almeno di acquistare i
due volumi con centotrentotto tavole di acquarelli originali, in cui
sono raffigurati trecento degli oggetti più importanti del museo, oggi
posseduto dal libraio antiquario Harl. W. Hiersemann di Lipsia.
MARMI E LAPIDI DI MILANO
VILLA ANTONA-TRAVERSI DI DESIO
Solicitae jucuuda oblivia vltae.
Villa Traversi.
GIÀ si ebbe occasione di render conto ai lettori dell' ^r-
chivio Storico Lombardo, nel i° fascicolo trimestrale del
i8g6, del rinvenimento di cinque lapidi funerarie e di al-
cuni frammenti marmorei dispersi della nostra città nella Villa
e nel giardino degli Uboldi in Cernusco sul Naviglio, fra cui an-
noveravasi come scultura di singoiar importanza, di Giovan Gia-
como Della Porta, l'elegante sarcofago del 1544, che adornava
un giorno la chiesa di Santa Maria della Pace, in ricordanza dello
spagnuolo Gian Lupo Soria.
Una messe altrettanto copiosa e di non minore pregio era
a sperarsi si ottenesse dall' ispezione , cortesemente acconsentita
dagli attuali possessori della principesca Villa Antona-Traversi di
Desio (i), per quanto concerne i numerosi cippi, stemmi, basso-
rilievi e marmi con iscrizioni che si sapevano da tempo esistenti
a scopo ornamentale nella base della torre gotica che, coll'annes-
(i) Rendo grazie in ispecial modo airiU.^o sig. Comm. Tommaso
Tittoni, marito di Donna Bice Antona-Traversi , che si compiacque ,
sulla richiesta fattagli, di accordarmi cortesemente il permesso di vi-
sitare la villa ed i marmi e le iscrizioni di Desio, aggiungendovi po-
scia la facoltà di farne eseguire le fotografie.
128 MAKMI i; l.AI'lUl 1)1 MILANO
sovi fabbricato deircgual stile, veniva costrutta ad abbellimento
del giardino nel 1844 sopra disegno del celebre pittore bolognese
Palagi Pelagio (vedasi l'allegata tavola).
Non e dunque che da quest' ultima data , relativamente re-
cente, che tutti quei frammenti scultorii ed epigrafici furono ar-
tìsticamente disposti con senso decorativo nella fantasiosa costru-
zione del Palagi, ma una gran parte di essi già esisteva in Desio,
ed anzi a poca distanza dal luogo attuale, nell' antica villa dei
Marchesi Cusani, cui si sostituiva nel 1844 da Giovan Battista
Traversi l'attuale edificio di maestoso aspetto e d'una suntuosità
Cjuasi reale.
Tutto induce quindi a ritenere che 1' acquisto di quei diversi
pezzi abbia avuto luogo fino dai primi anni del XIX secolo, al-
lorché, colla soppressione delle sepolture nell' interno delle chiese
e, in molti casi, delle chiese stesse, andarono venduti all'incanto
bassorilievi e marmi scritti d'ogni' sorta , con uno sperpero ed
una dispersione tali da riescir difficile oggidì il rendersi conto
anche approssimativamente di quel che sia avvenuto pur dei più
conosciuti fra di essi.
Degli ottanta e più frammenti della torre di Desio, uno solo
ricorda la patrizia progenie dei Cusani che ebbe in Milano tombe
e ricordi diversi, cosicché è a ritenersi che la collezione di quelle
anticaglie, disparatissime fra di loro, sia stata originata in parte
da ricuperi di quella famiglia ed in parte, altresì, da acquisti se-
parati stati fatti qua e là nell'intento più che altro di procu-
rarsi artistici ricordi.
Eppure, nonostante che quel vero ripostiglio archeologico di
tanto interesse, esistesse a poca distanza da Milano ed in una re-
sidenza, parecchie volte visitata da artisti e letterati, di famiglia
che ha in Milano stessa un grandioso palazzo, nessuna notizia
venne fin qui data di quei reliquati, se non quella generica con-
tenuta nel primo \o\umQ, àoìV Illustrazione del Lombardo- Veneto,
in cui accennavasi sulle generali ad una sola delle molte lastre
e scolture tombali raccoltevi, e cioè a quella di un De Guzman,
perito in giovane età all'assalto di Lodi nel i528.
NELLA VILLA ANTONA-TRAVERSI DI DESIO I29
E, senza qui esimermi dall' osservare che ciò avvenne anche
pei marmi e per le epigrafi di Cernusco sul Naviglio che erano
pure in vista di tutti in un pubblico giardino, non riescirà discaro
di avere intanto una preliminare notizia di quel tesoretto arti-
stico ed epigrafico che trovasi raccolto ed inesplorato nella villa
di Desio, e che olTrirà per molto tempo materia di studio ed os-
servazione proficua a quanti si dilettano della storia dell' arte
lombarda.
Come già s' è detto, essendo i rilievi marmorei di cui discor-
riamo, riuniti unicamente a titolo decorativo, nessun ordine os-
servasi nella disposizione loro: una serie di stemmi ed alcuni busti
con qualche medaglione di buon carattere adorna la parte supe-
riore del fianco della finta chiesa attigua alla gran torre pirami-
dale del Palagi, e più in basso stanno, quali in nicchie, quali su
piedestalli, statue grandi e piccole, e più vicino a terra, frontali
d'avello e le epigrafi funerarie.
Sul lato della torre in cui s' apre la porta d' accesso, con co-
lonne dai vaghi capitelli e statuette tolte esse pure ad antichi
monumenti, vediamo anche due frontali di camino, l'uno di essi
assai guasto della seconda .metà del XVI secolo, con una cornice
a mensolette bugnate e puttini rafifiguranti le diverse stagioni,
ma r altro in buon essere ancora e del più gaio ed elegante stile
del rinascimento con putti ignudi tenenti fra loro ghirlande
sormontate da aquilette e nel mezzo lo scudo dei Casati, colla
torre recinta dalle due treccie di Santa Giustina.
E venendo ora a discorrere innanzi tutto delle varie lastre
tombali ed epigrafiche, e fra di esse, di quella già ricordata allo
spagnuolo De Guzman, noteremo che è dessa dell'altezza di m. 2.3o,
compresavi la sottostante iscrizione, e di una larghezza di cent. 80.
Com' è accennato sotto il n. 472 del III volume delle Iscri-
zioni milanesi, trovavasi questa lapide originariamente nel pavi-
mento sotto il grande arco davanti all' aitar maggiore di Santa
Maria delle Grazie, e solo più tardi fu portata nel piccolo chio-
stro, recentemente restaurato, davanti alla sagrestia di quel tem-
pio , da dove venne asportata con altri marmi, taluno dei quali
Arck. Stor. Lotnh. — Anno XXVII. — Fase. XXVII. 9
j30 marmi e lapidi di MILANO
111 rinvenuto, anni or sono, con diverse lapidi della Pace, nel
brolo attiguo all' antico convento domenicano.
La collocazione sua precitata nel pavimento spiega i guasti
lievi ma più l'erosione del marmo nei punti salienti della statua
supina del Ramirez De Guzman, raffigurato in pieno assetto di
guerra, con armatura intera a parti snodate, corazza, bracciali,
cosciali ed il morione ai piedi sul lato destro della persona, men-
tre dal lato sinistro vi sta un libro chiuso.
Il capo ricoperto da un berretto con lunga piuma, riposa su
due cuscini : porta il defunto baffi e barba intera accuratamente
arrotondata quale usava l'imperatore Carlo V, e mentre la mano
sinistra riposa sull'elsa della lunga spada stesa sulla sua persona,
la destra pare accarezzi nervosamente il pugnale o stocco che gli
pende al fianco.
In una specie d'attico all'estremità superiore di questa lastra
tombale dovevano essere riprodotti gli stemmi di questo capitano
dei fanti, morto valorosamente di 35 anni all' assalto di Lodi nel
i528, e che vantava la discendenza sua dalla illustre famiglia dei
De Guzman di Spagna; essi andarono però scalpellati all'epoca
della Cisalpina, come abrase andarono pure le lettere in corsivo
della epigrafe che qui appresso si riproduce, per le discordanze
che offre nella disposizione e in alcune parole, fra cui in quella
di mestissimi invece di meritissimiy col testo dell'Allegranza.
L' icrizione è la seguente:
DIEGO RAMIREZ DE GVZMAN RAMIRI NVGNEZ DE GVZMAN FILIO
genere ab Hispaniae regibus ingenio qdem divino atq
IPSIS MORTALIBVS GRATISS * Q DVM IN LAVDENSI EXPVGNA
TIGNE DVRISS ' CAE * COHORTIS DVCTOR INTER PRIMOS SIN
GVLARI VIRTVTE VOLITARET AD MVROS ICTV TORMENTI
FEMVR TRANSFIXVS MORTEM SVAE INCLITE FAMILIE DEBITAM
NEC NON INGENTIS ANIMI SVI ARDORI PAREM OCCVBVIT
PROPINQ.VI AMICIQ FORTIS IVVENI COììlitiq DVLCISSQ AMICO
MESTISS • POSVERE MDXXVIII TTIO KAL * IVLII ' VIXIT ANN. XXXV.
NELLA VILLA ANTONA-TRAVERSI DI DESIO l3l
Non appare da questa lapide di Desio che vi sia stato ag-
giunto, come vorrebbe il Valeri, il verso seguente:
Q.V0D FORTVNA NEGAS ARS OPEROSA DABIT
la qual sentenza sarebbe rimasta ad attestare altresì della eccel-
lenza dell'opera d'arte che dava ai posteri l'effigie per intero
del guerriero che i fati avevano rapito ; in ogni modo, e benché
trattandosi di persona di cospicua famiglia venuta a mancare sì
tragicamente nel 028, allorché fiorivano in Milano come scul-
tori egregi il Busti, il Solari ed il Cristoforo Lombardi, detto il
Lombardino, é alle scuole di questi egregi artisti che par deb-
basi quel simulacro attribuire, i guasti soff'erti da quel marmo
non permettono di mettere innanzi alcuno di quei nomi gloriosi
dell'arte lombarda, e il lavoro non esce apparentemente dalla
media dei ricordi tumulari consimili, poco essendovi a notare di
lodevole anche nella trascrizione epigrafica cui si dava invece
grande importanza nei lavori di qualche conto.
Di ben maggiore considerazione sono, vicino a questa lapide
del De Guzman, due statuette della Forza colla colonna fra le
mani, e presumibilmente della Giustizia cui manca però l'attri-
buto della bilancia, le quali, collocate su due pilastrini aventi fra
di loro in mezzo un medaglione di 60 centimetri di diametro col
soggetto della Sacra Famiglia, si manifestano opera egregia di
Agostino Busti detto il Bambaja, e potrebbero anche essere le
due statue tuttora mancanti a compiere il numero di sei, vedute
dal Vasari nel sarcofago dei Birago di San Francesco Grande.
Tali statue sono anzi delle stesse dimensioni (ad un dipresso
65 cent, d'altezza), e dell'egual valore tecnico di quelle delle Virtù
predisposte dal Busti pel monumento a Gastone di Foix, e di una
statua affine a quella della Forza colla colonna fra mani, il calco
fa bella mostra di sé nel Museo Archeologico al disopra dello
scaffale a vetri vicino alla statua tumulare del defunto eroe.
Avvertasi ad ogni modo che un'altra statuetta nello stile del
Busti che, dal puttino che tiene col braccio sinistro si qualifiche-
|32 MARMI E LAPIDI DI MILANO
I
rcbbc come la personificazione della Carità, vcdesi nella torre di
Desio, sul terrazzo che guida alla camera gotica superiore, deco-
rata, com'è noto, col gruppo di P'austo e Margherita del Tantar-
dini, e coi mirabili vetri tedeschi del 1607, del i683 e del i68r)
che vanno fra i migliori che si conoscano di quell'arte.
Quanto al medaglione, benché in assenza d'ogni data non
riesca possibile lo stabilire la provenienza sua anche approssimati-
vamente, e solo leggasi al basso in una cartella ad orecchiette nello
stile del rinascimento la scritta: Ecce Agnus Dei, ecce qui tollii
peccata mundi, lo stile del Busti riesce oltremodo perspicuo nella
grazia della Vergine dinanzi ai cui piedi stanno sollazzandosi il
bambino Gesù e San Giovanni. Nello sfondo angeli oranti e te-
stine alate di divini messaggeri e sul lato destro la figura barbuta
di San Giuseppe: più importante sul lato sinistro una persona
con larga giubba e dalla copiosa zazzera sforzesca in cui direbbesi
effigiato lo stesso Duca Lodovico il Moro.
E accenniamo alla scuola del Busti cui si collega pure quella
del Briosco e che fu prodiga fra di noi di tanti lavori nella prima
metà del XVI secolo, inquantochè al XV secolo e così chiara-
mente alla scuola dell'Omodeo si appalesa invece ascrivibile altro
medaglione, press'a poco delle eguali dimensioni e in candido mar-
mo di Carrara, collocato a poca distanza esso pure dalla tomba
De Guzman, e che rappresenta il giovinetto Cristo nella Sinagoga
ritto in piedi su una specie di soppalco a gradinate, e cui stanno
ascoltando, volgendo le spalle agli osservatori, come usò di fre-
quente rOmodeo nei suoi bassorilievi, parecchi dottori della Si-
nagoga drappeggiati all'orientale e con abiti dalle pieghe cartacee.
Poco più in alto altro medaglione ma di terracotta, con busto
racchiuso in una specie di conchiglia, rivela esso pure l'arte pu-
rissima ed elegante del XV secolo, e ricordano l'acconciatura del
capo e lo sparato dell'abito i costumi delle gentildonne italiane
di quell'epoca.
Sulla bellezza artistica e sull' importanza di questi medaglioni
si insiste anzi, nonostante i guasti loro arrecati dal tempo, in-
quantochè, fatta eccezione di un disco coll'effigie di Filippo Maria
NELLA VILLA ANTONA-TRAVERSI DI DESIO l33
Visconti, dì una medaglia con profilo di donna dalle sigle B. L.,
e di altra consimile in bianco marmo con un cavaliero irrom-
pente contro nemici da lui atterrati, la qual ultima vedesi presso
la scala d'accesso alla torre, le altre medaglie d'arenaria incluse
nell'edificio a scopo ornamentale furono eseguite verso la metà
del XIX secolo e sono tolte dai calchi fatti alla Certosa di Pavia
dalla Ditta Pierotti-Perabò dei duchi e delle duchesse di Gasa
Visconti e degli Sforza.
Ed ora, venendo a discorrere di altra lastra tombale che tro-
vasi disposta sotto una specie di edicoletta posticcia costruita da
frammenti disparati, a pochi passi appena da quella del De Guz-
man, abbiamo sott'occhi in essa un esemplare cospicuo dell'arte
nostrana del principio del XIV secolo, mirabile non solo per le
sculture ad altorilievo di cui va fregiata, ma altresì per la bel-
lezza e nitidezza dei caratteri epigrafici in puro gotico dell' iscri-
zione (Vedasi l'annessa tavola, che comprende anche le due sta-
tuette del Busti e il medaglione testé citato).
È un frontale d'avello, delle dimensioni di m. 2.20 di lun-
ghezza per un' altezza di cent. 80, in cui vedonsi scolpiti con alto
magistero e a tutto rilievo la Vergine col divino infante in braccio,
fra Sant'Agostino a sinistra e San Marco a destra, il qual ultimo
le presenta il tumulato vestito in abito talare e colle mani di-
votamente giunte in atto di supplicazione.
Grande è la perizia dello scalpello negli abiti vescovili di
Sant'Agostino e in quelli a larghe pieghe dell'apostolo San Marco,
i cui nomi appajono scritti in gotico sull'orlo superiore, ed anche
nell'atteggiamento della Vergine e del Bambino e più nei visi di
questi diversi personaggi vi è un forte sapore di realismo e pregi
grandi di sentimento. La devozione ed una confidente aspetta-
zione traspirano veramente dalle fattezze del defunto ginocchioni,
di cui sappiamo, dall' iscrizione gotica che leggesi sul lato destro,
che morì nel i3io, e che era giusto e pio e largo di soccorsi ai
bisognosi i quali sostentava non solo, ma colmava di elemosine.
Questo frontale d'avello è pertanto disposto nel modo gra-
fico e coir iscrizione seguente:
.34
MAKMi I:: LAMUI DI MILANO
S. AUCUSTINUS
S. MARCUS
Anno milleno
deno dominique
ir ice no
Nona dies me
bris dai gaudi
\
1 a mse novembris
V
f cum justo noe
1 M ir ani de Becha
1 he
/ Qui pius et le
nis fuit atque be
nignus egenis j
hos sustentando
nec non alimo
nia dando.
Rapppresentando poi la scultura un agostiniano presentato
alla Vergine da San Marco, fu facile l'arguire la provenienza di
questo davanzale di avello dalla chiesa di S. Marco in Milano,
e infatti troviamo segnato questo sepolcreto fra i dispersi di quella
chiesa a pag. 294 del voi. IV delle Iscrizioni milanesi del Gav. For-
cella.
Il felice rinvenimento suo viene per altro a rettificare l'iscri-
zione quale era stata data dal Forcella sulle traccie dello Schrader,
del prof. Luigi Torelli e dell' Errerà, avvertendo che mentre
del secondo capoverso si dà la versione seguente, e cioè : Nona
dies membìHs dat gaudia mense novembris nomine cum moritiir
Mirani de Bechaloe, essa va rettificata dopo la parola novem-
bris, secondo quanto aveva scritto il Puccinelli, cum justo no-
mine, ecc.
E aggiungasi che questo vetusto documento marmoreo è ora
ricuperato per sempre e lascierà comodo di maggiori studii e di
controllo agli epigrafisti. Esso trovavasi in passato nel chiostro
NELLA VILLA ANTONA-TRAVERSI DI DESIO i35
dei morti del convento agostiniano di San Marco milanese, ma
ignoravasi ciò che vi avesse raffigurato lo scalpello dell' ignoto
artista (i), indicandosi solo che v'erano riprodotte alcune figure
di religiosi in abito eremitano e niun cenno facendosi dello stemma
inquartato che pure vi si vede.
Un altro frontale d'avello,^proveniente esso pure da Milano,
a cui parrebbe riferirsi il cartello colla scritta : « Angiiigerae gloria
gentis » pOsSto al disopra della lastra tombale testé citata, è quello
che vedesi nella parte di mezzo del finto edificio medioevale di
Desio e delle dimensioni esso pure di circa due metri di larghezza
per un'altezza di cen. 90 con due stemmi viscontei, aventi la bi-
scia nella prima partizione e la croce nella seconda, disposti sim-
metricamente intorno ad una testa scolpita di leone.
Si potrebbe pensare che siamo qui di fronte a qualcuna delle
tombe viscontee, fra cui quella della prima Beatrice d'Este, esi-
stenti a San Francesco Grande, e la supposizione prenderebbe
parvenza dalle diverse statue nello stile del trecento che sopra-
vanzano qua e là in questo edificio di stile gotico di Desio, quali
a poca distanza un simulacro di guerriero appoggiato alla spada
intorno alla quale è avvolta a fitte ripiegature la cintola, e cui fa
simmetria un San Francesco in umile atteggiamento, e sopra il
frontale stesso in questione, tre statue delle dimensioni di poco
minori del vero, raffiguranti San Pietro a sinistra, un Vescovo
con pallio e lunga stola sul petto e il pastorale nella destra, e in-
fine un guerriero a destra colla spada dalla cintola avvolta in-
torno alla guaina essa pure.
Manca per altro qualsiasi indicazione scritta o contrassegno
alcuno per dedurre al riguardo sicure conseguenze.
Altrettanto deve dirsi pel bel frontale di sepolcro che vedesi
nel basamento della torre a poca altezza da terra, scolpito con
perizia ed accuratezza in marmo di Carrara e delle dimensioni
consuete di m. 1.70 per un'altezza di cent. 63.
(i) Dallo stile si appalesa lo stesso Ugo da Campione cui il Got-
thold Meyer ascrive il sarcofago Suardi, del iSoq, già in S. Stefano
di Bergamo.
l3(> MAIMII i; IM'II)! DI MILANO
Il pallio è diviso in tre scomparti coi Santi Giorgio e Vit-
tore, designati in caratteri gotici nei due lati estremi e nel mezzo
la scena tipica di siffatti sarcofagi del defunto presentato alla
Vergine col bambino in grembo da Santa Caterina d'Alessandria,
contraddistinta dalla ruota del martirio.
Che poi il tumulato fosse un guerriero, lo indica chiaramente
il lucco che lo ricopre con larga cintura al disopra da cui pende
il pugnale al fianco, e il vedersi ai lati i due santi guerrieri per
eccellenza, di San Giorgio in atto di trapassare colla lancia il
temuto drago, e di San Vittore con larga bandiera tripartita nella
mano destra; ma ninna traccia assolutamente del nome suo e
della provenienza almeno di questa bell'arca del XIV secolo.
L'egual scena di San Giorgio che uccide il mostro, questa
volta alla presenza della vergine da lui liberata, la quale sta poco
lungi ginocchioni, la scorgiamo pure a Desio in un frammento di
lastrone ornamentale in pietra amfibolica di color azzurrino, cui
pare si colleghi altro lastrone con un putto fra due draghi d'un
bel carattere del Rinascimento. Anche per tali sculture nessun
dato di riferimento benché nel bassorilievo di San Giorgio si ab-
biano sott'occhi due stemmi con fascia a fusi accostati e drago alato
in cimiero, quale hanno i Foscarini di Venezia, ed era assegnato
neir antica araldica milanese alla poco nota famiglia dei Capi-
zucchi, e, con qualche variante, agli Osio.
Due volte vediamo invece ripetuto lo scudo dei Mandelli coi
tre leoni passanti, in questi rilievi marmorei, e solo in uno di
essi foggiato con qualche ricercatezza a forma di quadrilobo con
fiorami ai quattro lati ed un mostro dalle lunghe orecchie tese
e dalla bocca spalancata al disopra dell'elmo pentolare, vediamo
inscritte le iniziali di P. E. che accennerebbero al nome di un
Pietro Mandelli.
Ritenuto che la stirpe patrizia dei Mandelli, fregiata del di-
stintivo dei tre leoni d'Inghilterra, oltre le tombe di Santa Maria
della Passione, aveva un marmo con pomposa iscrizione al disopra
della porta dei SS. Cosma e Damiano, la qual chiesa fu poi adi-
bita ad uso di teatro dei Filodrammatici, e sorgeva un giorno
VILLA ANTONA-TRA VERSI A DESIO.
Eliot. Cnlzclnrì e Ferrarlo - Milano
Torre gotica del Palagi nel giardino .
VILLA ANTONA-TRA VERSI A DESIO.
Frontale d avello del 1310, due statuette del Busti
e medaglione del Rinascimento.
NELLA VILLA ANTONA-TRAVERSI DI DESIO
sull'area delle vetuste case di quel ceppo avito, è a questo edifi-
cio per l'appunto che sarebbe da ascriversi la dispersione di quei
due scudi araldici.
Naturalmente, più dei marmi figurati, ma mancanti di chiara
iscrizione, riesce facile il reperimento del luogo d'origine e il com-
pletamento delle epigrafi, per le lapidi ài qualsiasi genere pur se
frammentarie, e infatti riesci agevole il ridurre alla sua inte-
.grale dizione la lastra marmorea ridotta alla sola metà di destra,
di cui diamo qui appresso il testo integrale, segnando in carattere
corsivo la parte di essa che manca a Desio.
Divae Apol — loniae capvt
ex Transylv — anla divini nvminis
be il ignita te dep — ortatvm et hvic
religiosi tempio — a franc. caldarino
stimma cum pi — etate oblatvm
in hoc loco — opera francisci
Cu sani huju — s templi canon
ici integerri — mi asservatvr
III Kal. a. — vGv • m • dlii.
Il nome dei Cusani, cui apparteneva in origine la Villa An-
Itona-Traversi di Desio, appare qui per la prima volta nella parte
[mancante di questa lapide dell'anno i552 che esisteva un giorno
nella Basilica di S. Nazaro Maggiore, al dir del Torre, sotto il
pulpito ove leggevasi il Vangelo.
La parte ritrovata consentiva intanto di rettificare in Cal-
darino il nome di Calderino letto dal Puccinelli, ma più valse a
far sospettare che dalla egual chiesa di San Nazaro Maggiore
provenissero col tramite del Cusani le altre lapidi di cui diremo
qui appresso, come infatti ne fu confermato dal loro riscontro
colla collezione del Forcella.
Una di esse che trascriviamo integralmente per la differenza
di data che offre con quella segnata nelle Iscrizioni milanesi del
095 (voi. 1, 626), e per la diversa disposizione epigrafica, è quella
che il Puccinelli lesse un giorno presso la Cappella di S. Ulderico
in S. Nazaro Maggiore e trascrisse come se datata dal 161 3.
l38 MAUMl L LAl'ini DI MILANO
Essa è la seguente:
D. o. M.
D. VLDERICO PONT
HVIVS ARAE PRAESIDI
HYERONIMVS LATVADA CANONlCORVM NATV MAXIMVS
VT TANTVM NVMEN ET CINERES HAC ARA CONDITI
RELIGIOSIVS COLANTVR
VECTIGALIBVS SACERDOTI AD REM DIVINAM QVOTIDIE EACIENDAM
ET PSALMODIAM IN ODEO RECITANDAM
ATTRIBVTIS
JVRE FASQVE LEGENDI SACERDOTIS Q.VAMDIV VIXERIT RECEPTO
VBI DECESSERIT CANONICIS RELICTO
ANNOMDCXV
VIVENS P.
Altre due iscrizioni provengono infatti dalla basilica di San Na-
zaro Maggiore e furono presumibilmente ritirate dai Cusani in-
sieme a quella più sopra citata di loro pertinenza, e ci vediamo
indotti a qui riprodurle entrambe per intero, attese le varianti
che presentano nella grafia se non nelle date, con quelle ripro-
dotte dal Cav. Forcella.
La prima di esse (voi. V, 558), si riferisce alla famiglia de Cor-
des, ed esisteva un giorno in San Nazaro nella parete destra della
cappella del Rosario che è la terza a destra della chiesa.
Essa è del seguente tenore, con varianti in ispecial modo nei
nomi esteri che vi figurano :
D. o. M.
PRAENOB. IVVENI IO JACOBO DE CORDES
HOOBERGAE DNO
PATRE NATO DNO JO. CAROLO DE CORDES EQVITE
WICHELAE CERSCAMPI RETHAE W^AERLOSAE ET TOPARCHA
ET DNA ISABELLA DE ROBIANO
STIRPIBVS NOB.'^"^ gf aNTIQ.^^'^ ORIVNDIS *
E NERVIIS ILLE HAEC MEDIOLANI
QVI DVM ROMAE OBTENTO JUBILAEO PATRIA COGITAT
VARIOLIS IN HAC VRBE MORITVR
DIE 23 DEC. A. l65c.
NELLA VILLA ANTONA-TRAVERSI DI DESIO l'Òg
Si tratta dunque di un nobile De Cordes morto a Milano di
vajuolo di ritorno dal Giubileo del i65o indetto da Papa Inno-
cenzo X, come è pure di altro nobile straniero, certo Giovan
Enrico De Elven l'altra lapide funeraria di Desio delle dimensioni
di cent, go di larghezza per un'altezza di m. i.35 che ha pure
varianti colla epigrafe riprodotta colla erronea data del 1622 nella
Raccolta Forcella Voi. I, N. 633, come dal testo che segue.
D. o. M.
JOANNES HENRICVS AB ELVEN
QVEM VIRTVS ATQ.VE NOBILITAS
GOMITI SALMAE
GVLIELMO SALENTINO
PRO REGE CATH. BELLICAE REI
CONSILIARIO
AC DVARVM EQVITVM PEDITVMQVE
GERMANICARVM LEGIONEM
IN INSVBRIA DVCTORI
ITA COMMENDARVNT
VT EVM DOMVS SVAE PRAEFECTVM DIXERIT
AC POST VERVAE OBSIDIONEM
EQVITVM CATAPHRACTORVM
TVRMAE IMPOSVERIT
IMMATVRA MORTE PRAERAPTVS
POST FVNVS MILITARI POMPA DVCTVM
EADEM HERILI BENIGNITATE
HVNC TVMVLI HONOREM
ACCEPIT
KAL. SEPT. ANN. MDCXXVI.
Ascrivibile presumibilmente alla Chiesa di San Nazaro Mag-
giore essa pure per la vicinanza col gruppo delle altre tre lapidi
testé riportate, piuttostochè a disperso marmo della chiesuola di
San Nazaro e Celso alla Barona, fuori di Porta Ticinese, ed in
ogni modo epigrafe non compresa nella Raccolta Forcella né tra-
scritta fin qui dagli autori milanesi, e come tale di maggior in-
teresse storico, è la iscrizione del 1654 che segue su lastra di marmo
140 MAUMl i; l.AriDl hi MII.WO
delle dimensioni di cent. yS di larghezza per un' altezza di cent. 82
e che fa menzione di un membro della famif^lia Spinola.
]). (). M.
IN HVIVS SACELLI ERECTIONE
AD PECVLIAREM DIVI NAZARI ET GELSI CVLTV
. ALAONIS SPINVLAE CIV. JANVENS. EAM LEGANTJS
COMENDA PIETATEM
CVM AVTEM VIDERIS SACERDOTVM P. V. GAP." ELL^^*'
AD ISTVD ALTARE QVOT."' GELEB.^i AG IN HOC PSAL. ^'
STATIM AC AVCTO REDDITV
EX PROVENT • ElVS LOCOR BANCIS S. GEORGI JANVAE
GONGRVENS MERCES VT ILLE HANC CONSTITVTA
RESPONDERI VALEAT
COMENDATIS ET RELIGIONEM
D. D. PROP. ET CAN."S HVIVS INSIGNE BASILICA GRAT....
P. P. AN. SAL MDCLIV.
Altre due lapidi infine, ed una di esse di qualche importanza
storicamente, riscontriamo inoltre nell'inesplorato ripostiglio di
Desio, le quali non figurano fin qui nella Raccolta Forcella, ben-
ché provenienti manifestamente esse pure da Milano.
Sono di data relativamente recente ed una d'esse fu tolta in-
dubbiamente non già, come poteva supporsi, da San Francesco
Grande ove gli Anguissola, oriundi di Piacenza, avevano una se-
poltura con vetusta iscrizione del secolo XV riprodotta dal For-
cella sotto il N. 118 del IV volume delle Iscrizioni, ma bensì
dalla Chiesa di Sant' Eustorgio, ove esisteva nel paviment-o della
navata maggiore fra il 4.° e il 5." pilone.
L'epigrafe, riprodotta a pag. 143 del volume II delle Iscri-
zioni milanesi, venne fatta apporre nel 1772 dal conte Carlo
Antonio Anguissola, il quale vi aggiunse la delineazione dello
stemma poco prima approvato dall'apposita Consulta araldica, e
le ultime cinque linee.
Essa è la seguente:
NELLA VILLA ANTONA-TRAVERSI DI DESIO I4I
ANTIQ.VISS1MAE ANGVISCIOLARVM
FAM]LL\E
MONVMENTVM
QVOD
BEATRICI
MAGNI IO. GALEATll
PRIMI MEDIOLANI DVCIS
SORORI
BARTHOLOMAEVS ET BERNARDVf.
ANGVISCIOLAE COMITES
ILLVSTRISSIMAE MATRl POSVERVNT
VETVSTATE PRORE COLLAPSVM
CO. IVLIVS ANGVISCIOLA TVDISCVS
INSTAUVRAVIT
ANNO DOMINI MDCLXIIl.
Stemma Geniilizio.
TESSERAM GENTILITIAM
A TRIBVNALI HERALDICO
ANNO MDCCLXXII PRIDIE ID. MARTII
RECOGNITAM
IO. ANTONIVS CAROLVS ANGVISCIOLA
TVDISCVS SICCVS COMNENVS P.
Dispersa andò invece dalla Chiesa di San Francesco Grande
la lapide Anguissola testé ricordata, come oramai perduto per
r arte può tenersi -il monumento che sorgeva in quel vetusto tem-
pio di Beatrice d'Este, della famiglia ducale Viscontea, cui ascri-
vemmo solo dubitativamente il frontale marmoreo cogli stemmi
del biscione avente al disopra alcune statue di vecchia data, benché
altro marmo coli' angue viscontea osservisi a Desio nell'architrave
della porta sotto la torre.
Più importante di questa lapide ma di più piccole dimensioni,
e cioè di 53 centimetri di larghezza per un'altezza di centim. 90,
ne riprodotta fin qui dal Forcella e da altri epigrafisti, è l'iscri-
142 MARMI E LAPIDI DI MILANO
zionc in marmo anfibolico di colore azzurrognolo che ricorda un
personaggio dei tempi napoleonici di qualche lustro e tale che
meritò nel Famedio cittadino l'onore di un medaglione, descritto
sotto il N. 526 della tav. I, voi. VII della Raccolta Forcella.
Questo personaggio è quel Giuseppe Luosi (lyóS-iSSo) che fu,
come si direbbe ora, Ministro di Grazia e Giustizia sotto il primo
regno italico e come tale addivenne ai provvedimenti speciali di
cui è cenno nella iscrizione che segue:
NAPOLEONE M. IMPERATORE REGE
ANN. IMPERII III REGNI ITAL. II
EVGENIO NAP. FILIO
PROREGE
lOSEPHVS LVOSIVS
LEGIONIS HONORARIAE ET CORONAE FERREAE
EQVES PRIMARIVS
SVMMVS REI IVDICIARIAE PRAEKECTVS
TABVLARIVM SENATVS MEDIOLANENSIS
A VETERI SQVALLORE ET SITV
DEMOVIT
ET CELEBRIORI HAC SAEDE
IN FORO DESIGNATA
ADDITIS SVPREMVM TRIBVNALIVM
DECORATIS
MAGISTRATVVM COMMODO
BONO CIVIVM VRBIS ORNAMENTO
STATVIT
PRIDIE GAL. SEXTIL CIOIDCCCV.
E poiché i tempi e le vicende dell'epoca napoleonica sono ora
oggetto di rinnovati studii critici, viene questa lapide, che ornò
un tempo la sede del Senato di Milano, a portar nuova luce in
argomento, tanto più dopo il lungo oblìo che passò su di essa e
sul nome del chiaro uomo che veniva in quel marmo illustrato.
Dopo ciò, par qui superfluo di insistere su altra lapide di Desio
che trascriviamo per altro in calce in ricordanza di un oblato
Giov. Battista Repossi, già preposto nella chiesa del S. Sepolcro
NELLA VILLA ANTON A-TR AVERSI DI DESIO I4.->
e passato poscia ad altro tempio, della quale epigrafe parimenti
non è cenno nella collezione delle Iscrizioni milanesi (i), e in-
nanzi ultimare questa breve rivista archeologica, preferiamo ri-
chiamare l'attenzione su qualche altro marmo di carattere arti-
stico infisso del pari a scopo ornamentale nella torre e nel fabbri-
cato a sesto acuto del giardino di Desio.
L'estendersi al riguardo sull'importanza loro, in mancanza
delle fotografie tutte che valgano a* darne una idea adeguata riesce
affatto superfluo, e solo la riproduzione, ad esempio, delle varie
statuette (cinque almeno) di angeli suonanti tube, arpe e cimballi
varrebbe a far apprezzare questi sperperati avanzi dell' arte scul-
toria lombarda della seconda metà del XV secolo, nello stile dei
Mantegazza e dell'Omodeo, cui ben si associano altri angeli oranti
ginocchioni, più piccoli ma dell' egual scuola di quelli della Ga-
gnola ultimamente acquistati dal Museo archeologico.
Squisita d'esecuzione anche una Madonna col bambino in un'an-
conetta a ventaglio benché semplice lavoro di figulina, e di mag-
gior pregio ancora ed altresì di maggiori dimensioni altra Madonna
col putto Gesù ritto in piedi sulle sue ginocchia^ scultura egregia
in marmo della metà del XIV secolo, e che ha nell'ingenua
grazia della composizione e nelle sobrie pieghe dell'abito la maestà
ieratica delle Madonne di Giovanni da Campione.
Sempre fra le cose minori notiamo pure una lastrina di marmo
(i) Il testo dell'epigrafe è il seguente:
IO. BAPTISTA REPOSSIVS
ECCLESIAE PRIMVM S. SEPVLCRI
DEHINC HVIVS BASILICAE
PRAEPOSITVS
OBLATOS CONFRATRES
CANONICOS COLLEGAS
FIDELES VNIVERSOS
VT SIBI PRECANTVR
AETERNAM REQVIEM
HIC lACENS ROGAT
OBIIT IV NON. APRILIS
ANNO SAL. MDCCXLIII.
I^^. MARMI E LAI'lDl l>i MILANO
romboidale colla voce PAX sormontata da una corona a il motto
in una cartella più in basso, proprio della famiglia dei Rescalli
di Bisce pati, senza che si possa asserire che pervenga dalia sop-
pressa chiesa di Milano divenuta ora il salone Perosi,
Bella assai anche una targhetta coli' aquila sorante dell'aral-
dica arcaica.
Deperite invece fino al punto da riescirc illeggibili le iscri-
zioni, sono varie lastre tombali; una di esse, di m. i per lato,
porta lo stemma apparentemente dei Mantegazza ma con sirena
alata in cimiero spiegante un vessillo, e ai lati le lettere G. Z. f. f . ;
un'altra di 2 metri di lunghezza per i di altezza, ha il leone con
una stella nello scudo, il cervo in cimiero e la sigla G. V. ed
un' ultima delle eguali dimensioni all' incirca, dallo scudo irrico-
noscibile e con una figura femminile in cimiero tenente un filat-
tero spiegato nella destra ed una spada snudata ed in palo nella
sinistra.
Una targa ovoidale, coU'aquila nel mezzo, porta scritto il
nome della famiglia Caldera.
Notevoli anche una specie di dossale di marmo di Gandoglia
in due pezzi con accurate riquadrature, e delle dimensioni di
m. i.3o di larghezza per i metro d'altezza, e due mezze statue
al naturale delle sibille Camana e Frigia, di buona lavorazione
e colle iscrizioni relative nei cartelli che tengono spiegati fra mani,
e i motti di Virginis a partii saeci a beata fluent nell' una, e di
Virginis in corpus voliiit dimittere coelo ipse deus prolem.
Ma, su tutti questi lavori di scultura e su altri parecchi di
cui si tace per brevità, ha la preminenza la bella statua di Ma-
donna col bambino seduto se non meglio adagiato in grembo,
delle dimensioni quasi al naturale, che vedesi con sottostante ele-
gantissimo piedestallo a piedi quasi della gran torre.
La testa va recinta di corona ducale e l'impresa viscontea
della colomba in raggiante scorgesi pure sul disco che serve di
gancio al manto della Vergine sul dinanzi del petto, cosicché di-
rebbesi questa statua eseguita un giorno, e apparentemente nei
primi anni del XV secolo, da artista alla dipendenza della Fab-
brica del Duomo.
I
NELLA VILLA ANTONA-TRAVERSI DI DESIO 145
Ciò vien tradito anche dal sottostante piedestallo con puttini
che tengono festoni fra mano, secondo l'usanza del nuovo stile
del Rinascimento in Toscana dapprima e poscia fra di noi, non
senza osservare che il garbo toscano si manifesta in genere da molti
particolari di questa statua, fra cui dalle pieghe ricadenti simme-
tricamente sul Piedestallo dell'abito della Vergine, quali imitò
Jacopino da Tradate nella statua di Martino V, ma è precipua
caratteristica dello stile du Nicolò d'Arezzo, e, fra l'altre opere
sue, della statua del San Luca testé rivendicatagli da C. von Fa-
briczy ed oggidì nel cortile del Bargello.
È dunque a questo artista che lavorò nei primi anni del XV
secolo anche per la Cattedrale di Milano, più che non a Jacopino
da Tradate che ricorre il pensiero per l'assegnazione di questa
vaghissima statua della Vergine che ha in tutto un sapor schietto
e le doti mirabili dell'arte toscana del protorinascimento.
Coir augurio pertanto che un più maturo studio abbia ad
accertare siffatte conclusioni che tornerebbero ad alto onore del-
l'arte lombarda e'toscana dai primordii del XV secolo, poniamo
fine a questi brevi cenni illustrativi, reputando, dopo il già detto,,
inopportuno il soffermarsi pel momento su altri marmi minori, fra
cui due grandi lastre con stemmi ben delineati ma con iscrizioni
obliterate, e così pure su certa colonna a spirale di scaglia rossa,
collocata presso la scala d'accesso alla torre, e che ha un capitello
ed un piedestallo figurati di grande interesse.
Vi sarà tempo al caso più tardi per questa messe secondaria,
a dir vero, ubi majora nitent, e devesi frattanto giudicare una
ben fortunata riconquista per l'epigrafia e per l'arte milanese la
ricomparsa quasi fra di noi di questo manipolo di epigrafi e di
marmi della città di Milano che era quasi follia lo sperare di
veder conservato fino a noi dopo lo sperpero avvenuto di tutto
quanto costituiva il patrimonio storico ed artistico della città
dell'Olona.
Diego Sant'Ambrogio.
Arch. Stor. Lomb. — Anno XXVII. — Fase. XXVII.
I
VARIETÀ
Maestro Jambobino «da Cremona
traduttore dall' arabo fin qui sconosciuto.
Accanto al nome tanto celebre di maestro Gherardo da Cre-
mona ci è ora permesso collocare nella lista dei dotti, che dal sec. XI
in poi si accinsero a tradurre dall'arabo in latino, insieme agli scritti
de' greci maestri, le opere più importanti di carattere scientifico
che la sapienza araba e persiana avesse prodotte, anche quello oscu-
rissimo di un suo compatriota, maestro Jambobino. Di costui, che
è rimasto (per quanto sembra) quasi ignoto a coloro che di siffatto
argomento s'occuparono, talché neppur il Wustenfeld lo ricorda
nel suo lavoro giustamente lodato (i), conservasi ancora la fa-
tica in un ms. della Nazionale di Parigi. Questo codice, corri-
spondente alla segnatura Ms. Lat. 9328, è un ms. membranaceo,
di carte 162, che misura mm. 25i X 36o, scritto sulla fine del se-
colo XIII a due colonne con iniziali miniate, da mano italiana,
ed appare assai guasto per umidità sofferta così in principio come
in fine. Contien desso una raccolta di opere messe insieme per
Carlo d'Angiò, II di questo nome, re di Napoli (2), a cominciare
dal De ì^iiralihus commodis di Pietro de' Crescenzi, che ne oc-
cupa la maggior parte (e. i a- 122 b), per venire ad un trattatello
adespoto sul modo di educare le api, piantar alberi, ecc. (e. i23 a -
129 a), ed un altro intitolato Quomodo preparanda et condienda
(i) Wustenfeld F., Die Uebersetzungen Arabischer Werke in das
Lateinische scit dem XI Jahrh., Gottingen^ 1877.
(2) Il cod, passò più tardi a far parte (sec. XIV) della celebre li-
breria del duca di Berry, il nome del quale scritto di sua mano leg-
gasi a e. 161 a: Ce liure est an due de de (sic) Berry. Jehan.
VARIETÀ
147
omnia cibaria qiie comuniter comediintur (e. 129 a- i33 b); ad un
Liber de coquina (e. i33 b- 139 b), ad un opuscolo De valitiidine
conservanda, che si dice dovuto a certo ignoto Silvester (140 a -
148 b); ed infine al Regimen sanitatis, ascritto al notissimo Ar-
naldo da Villanova (149A-157A) (1). Or dove appunto s'arresta
l'opericciuola del medico che altri vuol provenzale, altri catalano,
segue, senza titolo alcuno, un libretto diviso in ottantatre capi-
toli, ciascuno de' quali descrive il modo di comporre sciroppi, con-
dimenti, salse e via dicendo (2). A e. 161 a, dov' esso ha termine,
si legge questa nota finale :
a Explicit liber de ferciilis et condimentis translatiis in Ve-
neciis a magistro Jambobino cremonensi ex arabico in latinum,
extractiis ex libro Gege filii Alga^ael intitiilato de cibis et me-
dicinis simplicibiis et compositis.
Siamo dunque dinanzi, non già ad una vera e propria opera
letteralmente tradotta, bensì invece ad alquanti estratti, che un
medico cremonese ha dedotti dall' opera d' un arabo scienziato.
Disgraziatamente, nel ms. parigino il nome di quest' ultimo è
conciato in così mala guisa da renderlo irriconoscibile. E tale
(r) Cfr. Antonio, Biblioth. Hisp. vet., lib. IX, cap. I, t. II, p. 112;
Fabricius, Bibl. lat. mediae et inf. aet., ed. Galletti, Firenze, iSSp, t. I,
Arnaldus.
(2) Il contenuto del trattatcllo, che coni, colle parole: Juleb de
ppme (sic) ex eo est qiiod fit ex zucc. et oleo de amigdalis et gallina, etc,
è indicato dalla seguente noia che tien dietro all' explicit sotto riferito :
" Capitula huius libri sunt 83. quorum 79 sunt fercula et tria sunt con-
" dimenta, s. s a h a n e et m u r i et s i r a s. Et duo sunt nomina aliis
" et sunt xerxechia, qua est idem cum berbesia et bachia,
" que est idem cum mehelebra,,. — Altri scritti concernenti alla ga-
stronomia furono poi voltati dall' arabo in latino durante il medio evo,
con quanto vantaggio degli stomachi occidentali non saprei dire. Tali
sono il libro del celebre medico cordovano Abul-Mutarrif Abd-el-Rah_
man Ibn Wàfid (t 1075), De medicinis et cibis simpUcibus, traslatato da
Gherardo da Cremona (cfr. WìIstenfeld, op. cit., p. 72) e quel Taciti-
num sanitatis in medicina , versione d' un libro d' Albucasis, che fu
tanto gradito alla società italiana del trecento : cfr. Delisle in Journal
des savanis, scpt. 1896.
VAHIKTA
intatti, con molto suo rammarico, lo aveva dichiarato il D/ Lu-
ciano Ledere, autore dell' eruditissima opera intitolata Histoirc
de la médecine arabe, nella quale del libro epitomato dal fisico
lombardo sono recati alcuni saggi , detti curiosi ed interessanti,
perchè non v* ha nella letteratura medicale araba altr' opera, la
quale al pari di questa, oftVa notizie così precise e minute sulle
preparazioni alimentari (i). Più tardi però, come ci risulta da
talune notizie da noi privatamente raccolte, il Ledere riusci a
porre la mano sopra l'originale donde maestro Jambobino aveva
dedotto il suo compendio; quest'originale è II sentiero dell' indi-
ca:[ione che fa conoscere ciò che serve all'uso dell' nomo; trat-
tato scritto da Aboù 'Ali Yahyà ibn Diazla, del quale si conser-
vano alla Nazionale di Parigi cinque manoscritti : evidente indizio
di una larga popolarità (2).
Se il mistero che ravvolgeva dunque la persona dell' autor
vero del Liber de fercidis et condimentis, viene così ad essere
tolto di mezzo, non scema però l'oscurità, onde riman circondato
il traduttore. La forma Jambobiniis, sotto la quale il nome di co-
stui ci è offerto dal codice parigino, è tale da destare in noi gra-
vissimi sospetti intorno alla sua autenticità. Il medico cremonese
si sarà egli chiamato realmente così, o in Jambobinus dobbiamo
noi vedere il frutto d' una falsa lettura ? Quando si pensi come
fosse comune nell' Italia superiore durante il medio evo, ma più
specialmente poi nel secolo tredicesimo, il nome di Johannes Bo-
miSj che nel volgare diveniva Giambono e nella forma diminutiva
(i) D/ L. Leclerc, Histoire de la médecine arabe, Paris, 1876, t. II,
p. 475. Qui il Cremonese è chiamato, sulla scorta del catalogo dei co-
dici latini, Jambolinus.
(2) Son i codici del fondo Arabo segnati coi numeri 2948, 2949,
2960, 2951, 2952. I tre primi spettano al sec. XIII: gli altri ai sec. XVI
e XVII. Cfr. De Segane, Catalogne des mss. arabes, etc. Paris, i885-
1895, p. 527, e. I e 2. — Il vero nome dell' autore arabo, come ben si
vede, riusciva assai difficile a scovare così mutilo come ce l' aveva
trasmesso il ms. parigino; però Gege filius Algazael non differisce in-
fine eccessivamente da Yahyà ibn Djazla.
VARIETÀ 149
Giatnbonino ; non è possibile scacciare il dubbio che, sotto l'incon-
sueto Jambohinus del ms., si celi un comunissimo Jamboninus (i).
Essendosi gli scrittori cremonesi chiusi in un «ssoluto silenzio
a proposito di questo loro antico concittadino, non possiamo con
nostro rincrescimento dare notizie più precise né sulla persona sua
né suir età in cui esso fiorì. Non sarà tuttavia temerario l'asserire
ch'esso dovette vivere nel momento in cui maggiore era l'inte-
resse che risvegliava nelle menti dei dotti occidentali la scienza
attinta alle scuole di Cordova e di Toledo. Maestro Jambobino
dovette dunque percorrere la sua modesta carriera di studioso in
un periodo di tempo che si può stabilire tra gli ultimi del se-
colo XII e la prima metà del XIII.
F. N.
Usi cancellereschi viscontei.
I.
Data del tempo.
Riguardo alla data del tempo due osservazioni ho avuto
occasione di fare.
La prima riguarda l'uso dell'anno a nativitate, di cui già
feci cenno nella mia Informa:(ione (2) a proposito dei documenti
reggiani e della loro collocazione. Abbondano qui le prove che
i documenti della cancelleria viscontea sono datati a nativitate.
Le lettere dei giorni 25-3 1 dicembre arrivavano ed erano regi-
strate a Reggio nel gennaio o febbraio dell' anno medesimo in cui,
secondo il computo milanese, erano partite. Ad esempio troviamo
(1) Non è però a tacere che tra i nomi portati da Cremonesi nel
medio 'evo se ne rinvengono d'abbastanza bizzarri; basti rammentar
qui il misterioso Gasgapinus, di cui Galvano Fiamma allega le croni-
che, che nessuno dal sec. XIV in poi ha vedute mai !
(2) In quest'Archiv., anno corr., fase. I, 225.
|50 VARIETÀ
giunta a Reggio il 12 febbraio l'iyS una lettera partita da Milano
il 26 dicembre iSyS (i); una lettera partita il 3i dicembre i38o
la trovjamo giunta il 6 gennaio 1389 (2); un'altra partita il 29
dicembre 1390 la troviamo giunta il 5 gennaio 1390 (3), e vi si
cita come lettera del mese corrente una che è del i5 dicembre
1389, ancora conservata (4): un ordine dato il 3o dicembre 1393
ebbe esecuzione il 5 gennaio i393 (5). Ma una lettera del 24 di-
cembre i388 è presentata in Reggio il 3o dicembre i388 (6), per-
chè qui si seguiva lo stile comune e quindi Tanno cominciava
col 1." di gennaio.
Stante la piccola differenza tra Tanno comune e Tanno a na-
tivitate, è facile errare e Terrore dev'essere frequente.
Trovo infatti nelT Osio qualche documento che sembra ve-
ramente fuori del suo posto. Così in una lettera del 28 dicem-
bre i383, da lui pubblicata, Regina della Scala chiede notizie
del duca d' Angiò e del conte di Savoia, che è certamente Ame-
deo VI (7) ; ma questi era già morto fino dal marzo di quel-
l'anno, e suo figlio non aveva continuata la guerra a prò' del-
l'Angioino, quindi il documento deve essere del i383 a nativitate,
cioè del i382 stile comune. Checché sia di ciò, queste notizie non
sono sicuramente inutili per i ricercatori e per i compilatori del
futuro Repertorio visconteo.
La seconda osservazione riguarda le date dei decreti ed altre
disposizioni legislative.
Per la particolar natura degli Stati signorili, che non erano
ancora veri stati unitari ma soltanto un fascio di comuni e di
(i) Provvigioni dei deputati sulle entrate ij']2-ij']j; a carte 3o t.°;
cfr. pure 33 t.°
(2) Carteggio del Reggimento. La data delTarrivo risulta da un' an-
notazione contemporanea.
(3) Carteggio del Reggimento. Cfr. nota 2.
(4) Carteggio del Reggimento.
(5) Registro anziani Ijg2-ijg6 a carte 71 r.° La nota ap'^ostavi
informa sulT esecuzione delT ordine.
(6) Carteggio del Reggimento. Cfr. nota 5,
(7) Osio, Doc. dipi, l, p. 240, n. CLXXXL
VARIETÀ l5
feudi insieme uniti dalla sudditanza verso un solo Signore, una
disposizione legislativa era valida in una terra sol quando il Si-
gnore l'aveva notificata ai suoi reggitori, fatta pubblicare ed in-
serire nei libri appositi del Comune. Quindi la data originaria
del decreto non aveva che ben poca importanza (al contrario di
quanto accade oggidì); e molto più importanti erano la data
della lettera accompagnatoria, che s'indirizzava a quel determinato
Comune insieme con la» copia dei decreti (i), la data della pub-
blicazione nel Comune e quella della registrazione (2). Da ciò con-
segue che la data originaria del decreto in molte copie è ommessa ;
e perfino i compilatori degli Antiqua decreta , sebbene si propo-
nessero piuttosto uno scopo storico che pratico (3), poco si cura-
rono delle date e stamparono molti decreti come si trovano nelle
copie ed accontentandosi di seguire 1' ordine cronologico delle let-
tere accompagnatorie. Perciò il medesimo decreto si trova nelle
diverse raccolte sotto le più diverse date; e paragonando gli An-
tiqua decreta col Registro dei decreti ms. dell' archivio di Reggio
si trovano, a cagion d'esempio, i casi seguenti:
Antiqua decreta Registro reggiano
II aprile i386 (pp. 96-97) = .....maggio i386 (carta 7 r.)
5 febbraio i386 (p. 91) = 22 settembre i386 (e. 11 r.)
ed ancora il seguente, più curioso :
j 18 luglio 1 386 (e. 8) per una p.*^
18 luglio i386 (pp. io3-io6) = „ , « ox
^ ^^^ (3i » » (e. 8 1.°) per il resto
e finalmente il decreto 22 febbraio i386 del Registro reggiano
(j) Vedi fase, preced., p. 386, nota i.
(2) Cfr. quanto dice E. Salzer, Ueber die Anfàngc der Signorie in
Oberitalien, Berlin, 1900^ pp. 252-253.
(3) Vedi la lettera-prefazione e la dedicatoria premesse agli An-
tiqua decreta.
l52 VARIETÀ
non e che una parte del decreto del dicembre i335 « super causis
civilibus» (ed. in Antiqua decreta, p. io); e del decreto che nel
Registro stesso ha la data i8 novembre i385, è detto in una po-
stilla « reperitur in Statuto Mediolani Mccclj ».
Che data debba scegliere chi intenda di raccogliere in uno
tutta la legislazione viscontea, non e facile dire. Sarà però utile
avvertire che non sarebbe troppo opportuno tener per date dei
decreti le date delle lettere accompagnatòrie o quelle che i decreti
stessi portano nella collezione del Bonetto, per due ragioni:
1.*^ che nella collezione vi sono discrepanze di date; p. es. a pa-
gina 145 si cita in Un decreto un altro decreto antecedente con
la data del 22 settembre i386, mentre questo decreto trovasi a
pagina 114-115 senza data propria e con lettera accompagnatoria
del 26 settembre i386: 2.° che le date delle disposizioni conte-
nute negli Antiqua decreta non hanno sempre la priorità su
quelle offerte da altre collezioni, p. es. la disposizione contro chi
prende cervi compare nel Registro reggiano il 7 ottobre i385
e negli Antiqua decreta (come si è detto) il 23 dicembre i393.
II.
Lettere militari. Segni particolari.
Le lettere riguardanti cose militari e più particolarmente i
movimenti delle truppe, provengono quasi sempre dal Signore e
portano la data della vera residenza. Secondo il regolamento sui
sigilli (v. f." ant.) non potevano entrare truppe in una città senza
una lettera portante il sigillo grande. Non ho trovate eccezioni
alla regola, anzi ho trovata un' aggiunta. Un buon numero di
lettere dell'archivio reggiano, tutte concernenti movimenti di
truppe, hanno tre segni distintivi interni; e cioè: i.°) un sigillo
in cera rossa, molto piccolo, posto a sinistra ed immediatamente
sotto l'ultima riga del testo; 2.°) una firma sotto questo sigillo;
3.°) dopo r altra firma solita situata a destra in basso, un segno
particolare, alquanto simile ad un grosso (t greco, sebbene non
abbia certamente che vedere con questa lettera.
I
I
VARIETÀ l33
Trovansi documenti di questa specie nell' archivio di Reggio
{Carteggio del Reggimento) alle date: 1390, aprile 5, 12, i5; 1391,
luglio 9; 1392 febbraio, 2, marzo i, 17; i393, maggio.
Il sigillino interno doveva portar l' impronta della corniola
di Giangaleazzo (i) e probabilmente della corniola segreta , di
cui altróve parla Giangaleazzo medesimo (2).
III.
Documenti di Regina della Scala.
Aggiungiamo a queste osservazioni qualche notizia, non stret-
tamente diplomatica, sui documenti di Regina della Scala moglie
di Bernabò Visconti.
Quanta parte avesse Regina nel governo dello Stato, è cosa
notissima. E pur noto che alcune terre le furono certamente do-
nate ed altre, almeno al dire d'alcuni, formalmente vendute (3).
Fin dal 1370 Bernabò le diede in dono Sarzana, Avenza, Carrara,
S. Stefano di Magra, e tutte le terre del vescovado di Luni (4).
Acquistata nel 1371 la signoria di Reggio, il Visconti non tardò
molto a permettere che la moglie compisse in questo territorio
atti di governo. Il 21 aprile 1372 troviamo fra i documenti reg-
giani la prima lettera di Regina, con la quale, esercitando un
(i) Questo mi suggerisce il sig. Motta prelodato.
(2) Archivio di Reggio. Carteggio del Reggimento , 1392, giugno 4,
Pavia: "non possint conduci extra territoria nostra aliqui destrarij.,..
sine literis nostris patentibus passus, sigillatis sigillo nostro magno
.et corniola secreta „.
(3) Narra il Corio, Hist. di Milano, parte III (Venezia, i565, p. 609),
che Bernabò le vendette molte terre di Lunigiana " et molte altre terre
in quel di Reggio „ per 25o,ooo fiorini d'oro da lei portati in dote; e
che questo fu il 28 aprile i383. Ma le terre lunensi erano già state
donate fino dal 1870 e della vendita di terre reggiane non si conserva
ricordo nelle memorie reggiane. Forse il Corio cadde in qualche equi-
voco ?
(4) Osio, Doc. dipi., 1, p. 145, n. LXXX.
1^4 VARIETÀ
diritto proprio del Signore, nomina Gasparolo di Robiate notaio
dei malefici in Reggio (i). Segue a questo una serie non breve
di documenti di consimile natura, frequentemente alternati con
documenti di Bernabò, fino al 20 luglio iSyB (2). Sotto quest' ul-
tima data troviamo finalmente la lettera che segue:
Dominus Mediolani etc.
Imperialis vicarius generalis
Volumus quod de omnibus necessariis et omnibus que occur-
rent in terris cure vestre commissis: de cetero aliquid nobis non
scribatis. Sed omnia que scribenda habebitis scribatis Illustri* Do-
mine* consorti nostre: et sic faciatis omnia que ipsa uobis man-
dabit : et de predictis, notitiam faciatis omnibus vicariis et offi-
cialibus districtus nostri Regij ut illud idem seruent. Dat. Me-
diolani. XX. Julij Mccclxxiij
Nobilibus viris" Potestati** Capitaneo** necnon** Referendario
et alijs officialibus nostris Regij (3).
Quest'amplissima delegazione di poteri dovette certamente avere
parecchie ragioni politiche. Forse parve a Bernabò che fosse op-
(i) Registro anziani ij'ji-ijy2, a carte 82. Un'altra copia nell'ul-
timo quaderno dello stesso Registro anziani, che ha numerazione indi-
pendente, a carte 5.
(2) Questi documenti si trovano sparsi in due distinti volumi, il
Registro anziani precitato e le Provvigioni dei deputati sulle entrate IJ72-
^J7S da carta i5 a carta 46. I titoli dei due registri bastano a mostrare
che si tratta di documenti di Stato; del resto la lettura delle lettere
di Regina lo conferma. Nel Registro di provvigioni dei suddetti depu-
tati (diverso dal già citato e compreso nella serie Consigli. Provvi-
gioni, mentre 1' altro è compreso nella serie Carteggi) per gli anni
1372-1377 a carte 12 t.° trovasi una lettera di Luigi Gonzaga a Regina
per affari riguardanti il comune di Reggio, in data 11 settembre 1372.
(3) Provvigioni dei deputati sulle entrate jj'j2-ij'js cit., a carte 46 t.
Credo bene avvertire che i documenti di Bernabò e Regina non hanno
alcuna segnatura.
VARIETÀ l55
portuno, volendo affidare una provincia a Regina, ctie questa
provincia confinasse con le i-erre, già donatele, della Lunigiana.
Forse ancora egli fu mosso da un pensiero consentaneo alla sua
politica generale, che fu quella di cattivarsi 1' amicizia del mag-
gior numero dei suoi vicini e sulle amicizie ed i parentadi fondare
il suo predominio (i). Egli voleva aver amici Scaligeri e Gonzaga.
Regina gli servì opportunamente, tanto colla casa Scaligera quanto
con quella dei Gonzaga, con i quali ella fu in continua corri-
spondenza diplomatica (2). E pur da notarsi che Bernabò aveva
comprata Reggio dai Gonzaga; ma questi alla loro volta l'ave-
vano ricevuta in feudo dagli Scaligeri, cui pagavano il tributo
annuo di un falcone (3). La casa Scaligera avrà quindi conservata
almeno qualche velleità d'esercitare l'alto dominio su Reggio; e
può darsi che Bernabò abbia voluto compiere un atto di defe-
renza verso di essa affidando Reggio a Regina, e nel medesimo
Jempo abbia voluto quasi dare un pegno agli Scaligeri che l'ac-
quisto di Reggio per parte dei Visconti non avrebbe avuto cdYi-
seguenze politiche funeste per loro. Certamente la grande autorità
che Regina godeva in Reggio subito dopo l'acquisto della città,
era conosciuta e rispettata anche fuor di stato, poiché Luigi
Gonzaga l' 1 1 settembre 1372, dovendo scrivere per affari che ri-
guardavano il Comune di Reggio, s'indirizza a Regina e non a
Bernabò (4).
Ad ogni modo, e checché sia di ciò, Regina esercitò effetti-
vamente il potere affidatole, tanto che nei Registri spesso citati
di Provvigioni dei deputati sulle entrate le lettere ed i decreti
(1) Romano, Il primo matrim. di Lucia Visconti e la rovina di Ber-
nabò in quest'Archivio, XX, 602 sgg.
(2) È facile osservare che i documenti di Regina della Scala pub-
blicati in Osio, Doc. dipi., voi, I, sono quasi tutti lettere indirizzate ai
Gonzaga.
(3) Tn^ABOscHi, Mem. stor. modcn., II, Modena, 1798, p. 260. Il do-
cumento d' investitura è pubblicato nel Tacoli, Mem. storiche di Reggio,
li, Parma, 1748, pp. 661-664. Su questi rapporti di vassallaggio che
avevano tra loro anche i p.incipali signori, vedi Salzer, op. cit., p. 25o.
(4) Vedi sopra a p. 164, nota 2.
56 VARIETÀ
di Regina superano il numero di quelli di Bernabò; ed e a cre-
dersi che se avessimo il Carteggio ed i Registri degli ambiarti,
purtroppo perduti, osserveremmo anche in questi la prcvnlcn/.a elei
documenti di Regina su quelli di Bernabò.
In tutti i documenti Regina paria in proprio nome; Tinte-
stazione dei suoi documenti non porta il nome del marito ma il
suo nome ed il suo casato; e ciò perchè essa era come associata
nella Signoria e qui a Reggio agiva come Signora. La sua asso-
ciazione alla Signoria risulta del resto da altri documenti già
noti, fra cui il conosciutissimo decreto di grazia del i382, in testa
al quale trovansi i nomi di Bernabò e Regina che compiono in-
sieme un atto di vera e propria sovranità (i). Regina ebbe quindi
anche il suo proprio sigillo di stato; infatti nei documenti reg-
giani torna spesso la formola vjussimus nostri sigilli mimimine
roborari », anzi la troviamo lino dal 17 novembre 1372, cioè otto
mesi prima della formale delegazione di potere, di cui si è parlato.
E'si deve escludere che il sigillo menzionato da Regina nei suoi
documenti sia il medesimo di cui si serviva il marito, perchè il
decreto di grazia del i382 ha, nel testo dell' Osio, le seguenti pa-
role: « nostrique sigillorum munimine, ecc. » che sono certa-
mente da correggere « nostroriim sigillorum ». I sigilli erano due
e, ben si capisce, diversi. Probabilmente il sigillo di Regina in-
quartava l'arme scaligera con quella viscontea, se dobbiamo
procedere a norma dell'analogia d'altri sigilli posteriori di
donne maritate nei Visconti e che ebbero parte negli affari di
stato (2).
La natura poi del potere affidato a Regina appare anche dal
fatto che gli officiali del Reggimento di Reggio si chiamano offi-
ciali della signora Regina e negli atti d'un processo reggiano
dell'anno i383 un teste è chiamato « Castelanus castri Feline
prò ilustri- et excelienti domina Regina ^^ (3).
(i) Osio, Doc. dipi, l, pp. 284-235, n. CLXXVIIL
(2) Devo anche questa ipotesi alla dottrina del eh. sig. Motta.
(3) Archivio di Reggio. Capitoli. Serie cronoL di documenti. Lite
per i pascoli dell'alpe di M. Cusna, quaderno 25 agosto — 27 settem-
bre 1383, interrog. del teste n. XXXV.
VARIETÀ ID'
Gli esempi fin qui arrecati avranno anche mostrato agli
studiosi che Regina non è mai chiamata Beatrice. I documenti
reggiani, come i documenti milanesi (almeno a quanto dice l'O-
sio (i)), non conoscono assolutamente il nome di Beatrice; e sebbene
i posteri abbiano ripetuto codesto nome anche sull' ultimo depo-
sito delle sue ossa (2), i sudditi di lei non conobbero molto pro-
babilmente altro nome che quello di Regina, e, a dir vero, non
avranno creduto possibile che quel nome, scritto in testa ai solenni
decreti, fosse un soprannome.
F. E. COMANI.
(i) Osio, Doc. dipi, l, p. 217, nota.
(2) V. in quesi' Archivio, XIX, pp. 219-220.
NB. Prego il lettore di fare nell'antecedente fascicolo AeXV Archivio le seguenti correzioni :
i^' 39S> !• 3> invece di atiquorum leggasi alìquorum ; p. 4C2, n. 2, invece di /. 5 i, legg. p. 395;
p 412, 1. 14, invece di reuocaturis legg. renocattiri.
BIBLIOGRAFIA
AsTEGiANO Lorenzo. — Codice Diplomatico Cremonese, 715-1334. In Hi-
storiae Patriae Momimcnta edita jussu Regis Caroli Alberti, series II,
tomi XXI-XXII, Augustae Taurinorum , mdcccxcv-mdcccxcviii,
in-8 gr., pp. 400; xii-4500.
Intorno a questo Codice, la pubblicazione del quale, iniziata nel
1895 a cura della R. Deputazione sopra gli studi di Storia Patria delle
Antiche Provincie e della Lombardia, è stata, due anni or sono, com-
piuta col secondo volume; non mi è occorso di vedere alcun' altra
recensione dopo quella che, a proposito del primo volume soltanto,
inseriva il prof. C. Cipolla nella sua solita rivista delle Pubblicazioni
sulla storia medioevale italiana uscite alla luce appunto nel 1895 (i) ;
ma l'opera dell' Astegiano, vuoi per l'importanza singolare dell'argo-
mento, vuoi per lo scopo che l'autore ebbe a prefiggersi, d'appagar
cioè il lungo desiderio dei ricercatori, di veder raccolti in corpo unico
i tesori veramente ragguardevoli serbatici dagli Archivi cremonesi;
merita senza dubbio più largo e più particolareggiato esame di quello
che il Cipolla, costretto dalle esigenze della sua revisione sommaria
e sintetica, abbia potuto dedicarle. D'altro canto l'interesse precipua-
mente lombardo di tale pubblicazione non renderà discaro ai lettori
di codesto Archivio che l'esame si faccia qui e con qualche lar-
ghezza.
(i) C. Cipolla, Pubblicazioni sulla storia medioevale italiana (1895)
in Nuovo Archivio Veneto, tomo XIV, parte I, a. 1897, pagg. 143-sgg.
A proposito di cotesta recensione è davvero curioso che l' illustre sto-
rico veronese si ostini a chiamare Astesano, invece di Astegiano, l'au-
tore del Codice cremonese. Una breve notizia di quest' opera abbiamo
pure in Neues Archiv, voi. XXI, 1896, p. 598.
BIBLIOGRAFIA I DQ
Come è noto, i tentativi per agevolare agli studiosi le ricerche
nel copiosissimo Archivio Comunale cremonese, custodito con gelosia
davvero eccessiva, ancor oggi in un ripostiglio presso che inaccessi-
bile sopra le volte della suntuosa Cattedrale risalgono a tempo molto
lontano. Un primo ordinamento di quei materiali venne esperito par-
zialmente nel i567, e se ne hanno traccie in un repertorio rimasto
incompleto, e probabilmente ad esso si riferiscono anche due reper-
tori particolari dei Codici segnati con le lettere A e C. Due secoli
dopo, nel i75i, i decurioni cremonesi, conte Giulio Cesare Bonetti e
conte G. Paolo Offredi Ambrosini, davano opera ad un nuovo ordi-
namento dell'Archivio, dedicandovi tre anni di assiduo lavoro, cosic-
ché le pergamene, dapprima serbate sciolte ed incustodite, furono ri-
poste entro scatole di latta, dove oggi pure si conservano, efficacis-
simo riparo alle ingiurie del tempo. Da allora primamente i preziosi
documenti dell'Archivio fornirono materia agli studi del Campi, del
Torresini, del Bresciani, dell'Arisi e poscia del Muratori, finché il
dottore Francesco Robolotti, appassionatissimo e popolare, se non
fortunato e guardingo cultore di storia, ed Ippolito Cereda, valente,
instancabile paleografo; al quale, per sollecitazione del Robolotti, il
Municipio di Cremona aveva delegata l'ingente opera della trascri-
zione dei documenti dell'Archivio all'intento di formarne un Codice
Diplomatico ; diffusero ancora più la conoscenza 'del ragguardevole
deposito, pubblicando il primo, comunicando il secondo agli studiosi
le carte di maggior interesse (i).
(i) Molti docc. il Cereda trascrisse per il comm. Cesare Vignati,
che ne fece largo ed ottimo uso nelle sue opere e specialmente in
quella del Codice Diplomatico Laudense (in Bibliotheca Historica Italica,
voli. II-IV, Milano, 1879-1885). La raccolta di queste copie; che
gentilmente il Vignati metteva a mia disposizione quando era ancora
ben lontana la catastrofe che privava la Società Storica Lombarda
del suo illustre vice-presidente; numera 116 carte dal 716 al 1541 ed
è corredata di un ricchissimo indice delle pergamene dell'Archivio
Comunale di Cremona. Altre copie dal Cereda mandate al canonico
Giovanni Finazzi sono ora conservate, in numero di circa 40, presso
la Biblioteca Comunale di Bergamo. Dell'opera solerte e disinteres-
sata del modesto paleografo, le virtù del quale meriterebbero per
avventura d'essere meglio comm.endatc, si: valsero molti altri stu-
|6o r.llJl lOCiKAllA
Morto il Cercda, la trascrizione delle pergamene fu continuata
dal paleografo Odoardo Terragni, ma, dimesso per varie ragioni il
progetto di pubblicare integralmente i documenti dell'Archivio, il Ro-
bolotti venne nella determinazione di raccoglierne invece i soli re-
gesti, accompagnandoli col testo delle carte più notevoli; e così, nel
J878, si cl>bc per le stampe il primo volume del Repertorio Diplomatico
diosi, che da ogni parte lo richiedevano di copie e di comunicazioni.
E interessante a questo proposito un dialogo che il Cereda fa se-
guire alla copia del più antico documento trasmesso al Vignati (il
diploma di Liutprando del 7i5), e che egli immagina avvenuto " fra
" r antiquario cav. Federico Pezzi ed un cremonese „ all' intento di
rilevare le mende nelle quali il Muratori, pubblicando la medesima
carta, era incorso. Il cremonese del dialogo, non occorre dirlo, è il
Cereda stesso e ad un certo punto risponde: " Le dirò, signor cava-
" liere: io sono un povero impiegato dell'Archivio Notarile di Cre-
" mona, che, per necessità ed obbligo dell' impiego, mi feci a studiare
" ed interpretare le antiche scritture, insomma un oscuro paleografo.
" Sono già dieci anni che io mi sono dato al trascrivere per altri
" quei documenti che possono avere un valore storico; e ne trascrissi
'' per il dottore e cav. Francesco Robolotti di Cremona, per il cano-
" nico e cav. Don Giuseppe Finazzi di Bergamo, per il cav. Federico
" Odorici di Brescia (ora R. Bibliotecario in Parma), per il signor
" Conte e Senatore del Regno Jacopo Sanvitali di Parma, per il conte
"Bernardo PoUastrelli di Piacenza...; anzi mi ricordo di aver copiato
" (nel 1861) un centinaio e più di Provisioni antiche dal 1296 al i3io
" della Gabella magna della città di Cremona per Sua Eccellenza il
" signor conte e cav. Luigi Cibrario Senatore del Regno.... „. E più
innanzi : " ....spero che tra breve il conte Cesare {sic) Porro Lam-
" bertenghi di Milano ed il cav. G. Finazzi di Bergamo consegne-
" ranno un centinaio di mie prime Copie alle Loro Eccellenze il ba-
" rone Manno ed il Senatore Sclopis,,. E a domanda del cav. Pezzi
il Cereda risponde di aver trascritto per la R. Deputazione di Cre-
mona 121 pergamene anteriori al 1000 e ben 800 di posteriori; " e
" tuttora mi occupo a trascrivere le pergamene del nostro Comune
" che sommano a più di duemila; essendomi state assegnate dal Mu-
" nicipio soltanto lire tremila (allora austriache) per la loro trascri-
" zione „. Tale lavoro richiese dal povero Cereda " dieci ore continue
" tutti i giorni dal 1861 in poi, voglio dire sei ore al R. Ufficio No-
" tarile 046 spesso 5 in casa „. " Addio, conclude il Pezzi, o sfor-
" tunato antiquario cremonese. Addio ! „ Il Cereda aveva poi il vezzo
tutto suo di alleviare la fatica e la noia del lavoro lungo e monotono,
cui era obbligato, chiosando le copie con sfoghi umoristici, satirici e
spesso patriottici, in versi ed in prosa, che sono talvolta esilaranti
davvero e curiosi. Annota ad esempio: " Un nostro dotto cremonese
" è in collera con me (perchè il Cereda aveva spedito delle copie di
" pergamene al Finazzi) e dice che io devo servire prima la patria.
" Ecco un po' di municipalismo! Per Dio, la patria nostra non è forse
BIBLIOGRAFIA l6l
Cremonese (i), il quale comprendeva, oltre che un sommario della sto-
ria di Cremona dalle origini al 1200 e alcune importantissime comu-
nicazioni di Teodoro Wustenfeld, professore dell' Università di Got-
tinga, le pergamene dell'Archivio Comunale dal 716 al 1200, gli spogli
degli Archivi Morbio e di Stato in Milano e i sunti dei documenti
relativi agli Umiliati cremonesi che Isidoro Carini aveva, l'anno prima,
comunicato da Palermo 2XÌ! Archivio Storico Siciliano (2).
Ma al Robolotti, tempra di erudito certamente inadatta a lavori
di simil peso, fallirono in gran parte i mezzi per condurre un' opera
di tanto momento con tutte quelle norme che ne dovevano assicurare
la precisione scientifica e la pratica utilità. Fra l'altro, mancava a lui
una repertoriazione generale dei documenti dell'Archivio del Comune
tale da permettergli un giusto apprezzamento dei materiali e da poter
assegnare preventivamente l'indirizzo e l'entità della pubblicazione;
talché avvenne, che, infiorato d' errori frequentissimi, e spesso gros-
solani, derivanti o da cattiva interpretazione del testo o da abbagli
di trascrizione (3), manchevole di non po:hi documenti di raro inte-
resse, trasandato nella compilazione dei regesti, affatto insufficienti a
darci una chiara, precisa e compiuta notizia dei singoli atti, il Reper-
torio non regge al lume della critica anco più benigna e non fa per
nulla rimpiangere la mancanza del secondo volume che doveva esserne
il compimento (4).
" l'Italia? Ogni città sorella ha diritto di avere da me i miei servigi,
" e non baderò a collere, né ad; ire „. In una pergamena mandata a
Lodi s' imbatte nel nome di Gàribaldus : ciò basta perchè egli vi ag-
giunga la chiosa : " Gàribaldus ? ad hoc nomen, cives Laudenses, dici te
" io „. E altrove: " Quando vien l'occasione mi sfogo, perché ne ho
" grande bisogno. Viva Garibaldi ! „ E si potrebbe continuare.
(1) Repertorio Diplomatico cremonese ordinato e pubblicato per cura
del Municipio di Cremona, volume primo dall' anno DCCXV al MCC,
Cremona, Tip. Ronzi e Signori, 1878. Edizione di soli 200 esemplari
fuori di commercio.
(2) AsTEGiANO, C{odice) D{iplomatico) C{remonesc), Prefazione, voi. i,
pagg. 1-4.
(3) Il Robolotti non era per nulla paleografo ed il suo grande
progetto della trascrizione di tutte le pergamene cremonesi non mi-
rava, in fondo, come egli stesso ebbe a dire, che a ridonarle " con
" caratteri di comune intelligenza „ ed a renderle così accessibili a
" qualunque studioso „. Vedi il C. D. C, Prefaz., voi. I. pag. 3.
{4) Per r opera ed i meriti del Robolotti v. la commemorazione
del prof. F. Novati, Francesco Robolotti {i8o2-i88s) in Ardi, St. Lomb.,
a. XII, i885, pp. 863-sgg.
Arch. Star. Lovib. — Anpo XXVII. _ Fase. XXVII. Il
I02i BIBLIOGRAFIA
AirAstegiano, adunque, che dapprima ebbe V incarico di compiere
soltanto r opera del Robolotti provvedendo alla compilazione del
secondo volume, si apparteneva un lavoro 3i ben altra entità ed im-
portanza, quando egli accolse, invece, T invito dell' ing. Fortunato
Fontana, assessore municipale di Cremona, di rifare la pubblicazione
intera in servigio della R. Deputazione di Storia Patria.
I materiali già raccolti e pubblicati dallo storico cremonese non
potevano essere usati da lui se non con la massima circospezione e
cautela; l'indirizzo al quale si era attenuto il suo predecessore vo-
leva dall' Astegiano essere compiutamente abbandonato per non in-
correre nelle stesse mende e negli stessi difetti che rendono ora il
Repertorio presso che inservibile. Tutto richiedeva una rinnovazione
radicale; materia, indirizzo, metodo; e per di più occorreva tener
giusto conto di una quantità non certo indifferente di materiali che
il Robolotti, per trascuratezza o per certe sue vedute particolari, non
si era fatto scrupolo di tralasciare interamente.
II Repertorio rappresenta infatti, un tentativo, notevole, se si vuole,
e frutto di nobili propositi, ma nella massima parte, per non dire
compiutamente, fallito, cui urgeva sostituire un' opera scientifica nel
più rigoroso senso della parola che le incertezze e le deficienze della
pubblicazione antecedente avesse tolto di mezzo per sempre; giacche
un bis in idem, in questo caso, sarebbe stata la peggiore fra le inu-
tilità ed il massimo sciupìo di tempo e di lavoro; offrendo ai dotti
una guida definitivamente precisa per lo studio e 1' esatto apprezza-
mento dei materiali storici cremonesi. Non, certo, impresa, codesta,
da pigliarsi a gabbo, ma tale anzi da richiedere in chi vi si accingeva
una larga e profonda e non comune preparazione ; che è quanto dire
la cognizione più ampia possibile dei vari depositi scientifici e delle
fonti bibliografiche; accompagnata, o meglio illuminata da un chiaro
disegno prestabilito a tutta 1' opera, così che l' inclusione o 1' esclu-
sione nei regesti dei vari documenti risultasse per norme stabili, fin
dov'è possibile, e dedotte da considerazioni apprezzabili; perchè op-
portunamente presentate ; dalla comune degli studiosi e non tanto
da chi dell' intiero complesso dei materiali aveva avuto la comodità
di prendere visione e di giudicare.
1
BIBLIOGRAFIA l63
In altri termini, il programma della pubblicazione; giacché, per
la enorme quantità dei documenti, parve all' Astegiano inattuabile il
divisamento di tener conto di tutto senza distinzione; doveva pale-
sarsi nella scelta di limiti ben definiti, senza dubbi o incertezze di
sorta, in guisa da mettere chi ricorre al Codice in condizione di sa-
pere preventivamente ed esattamente per quali specie di documenti,
ed entro quali confini di tempo e di luoghi, egli potrà fare assegna-
mento su di una guida sicura.
Codeste necessarie considerazioni ebbe a proporsi l' Astegiano?
In quanto ai limiti di tempo, entro i quali restringere le ricerche^
air Astegiano non potevano rimanere dubbi: accogliere nel proprio
Codice le memorie più remote e proseguirle per tutta la durata del-
l'autonomia municipale cremonese, era il miglior consiglio che si
potesse abbracciare ; ed infatti l' Astegiano, incominciato dal 715, del
qual anno è la più vetusta carta attinente a Cremona, non procedette
oltre il i335, poiché da questo momento la città, invano difesa da
Ponzino Ponzone , entra definitivamente a far parte del dominio di
Azzone Visconti , e le libere istituzioni comunali ; già rimaneggiate
nei mutamenti politici anteriori e violate nel frequente avvicendarsi
di signorie straniere e paesane; sopportano il colpo più grave (1).
Non così facile il determinare i confini delle indagini rispetto
alle fonti così numerose e copiose che vengono offerte dalla città di
Cremona. Il Robolotti, come già notammo, si era limitato ai docu-
menti dell'Archivio Comunale e degli Archivi Morbi o e di Stato in
Milano; ma già fin da quando, nel 1879, aveva assunto l'incarico di
compire il Repertorio, s' era manifestata all' Astegiano la necessità as-
soluta d'allargare le ricerche e gli spogli alle pergamene ed alle carte
in genere d'altri archivi cremonesi, quali, ad esempio, la raccolta
della Biblioteca Governativa, l'Archivio della Chiesa di S. Agata, il
Vescovile, quello della Congregazione di Carità, ecc., ecc. Ed egual
proposito egli giudiziosamente mantenne per la compilazione ex novo
del suo Codice che da non molto attende il giudizio della critica. La
(i) Astegiano, Ricerche sulla storia civile del Comune di Cremona,.
in C. D. C, II, 324.
I()4 BIBLIOGRAFIA
quale, per quanto concerne la copia e l'importanza delle fonti usu-
fruite dall' Astegiano non può che esprimer lode, giacche il Codice
Dìploniatuo Cremonese, oltre al comprendere, naturalmente, la parte
sovra ogni altra notevole dell'Archivio Comunale; e cioè le perga-
mene conservate nelle teche di latta, i codici A, C ed lesus, quelli
segnati con una croce ed una crocetta dentro un circolo ed il codice
di Sicardo; riguarda anche, ed in non scarsa misura, il deposito della
Biblioteca Governativa; che ci serba le pergamene già appartenenti
al Museo Ala-Ponzone, altre dei Frati Predicatori di Cremona, il Cedex
Diplomaticus Capiiuli Cremonensis del Dragoni (i), le Memorie del dot-
tor G. Iacopo Torrcsino, ecc.; l'Archivio Vescovile, l'Archivio della
Chiesa di Sant'Agata, l'Archivio Notarile, la raccolta del canonico
Girondclli, l'Archivio di Stato in Milano, l'Archivio Gonzaga di Man-
tova, la raccolta del cav. Morbio, un codice frammentario degli Sta-
tuti cremonesi del i3i3, posseduto dal marchese Pallavicino (2), i re-
gesti già accennati del Carini, e finalmente le opere stampate (3Ì.
Di fronte a così ingente copia di documenti, ripetiamo, l' Aste-
giano dovette necessariamente prefìggersi dei limiti: prima grande
difficoltà del lavoro e di tanta delicatezza da pregiudicare, con una
cattiva soluzione, il valore e 1' utilità dell' opera tutta. Sfortunatamente
r Astegiano s'appigliò, a mio vedere, ad una mezza misura; poiché,
posto come caposaldo che per i secoli più antichi le pergamene ave-
vano, senza distinzione di sorta, un' importanza eccezionale, egli
non rimase in dubbio nell'accoglierle tutte quante, fino alla metà del
secolo XII, ne' suoi regesti; ma, per gli anni ed i secoli successivi,
(i) Le falsificazioni del Dragoni sono quasi proverbiali, ma ciò
non toglie che nel suo Codex si riscontrino importantissime carte au-
tentiche, la copia d' alcuna delle quali è anche di mano del Cereda.
Cfr. C D. C, Prefaz., I, 14.
(2) Il RoBOLOTTi pubblicava le rubriche di questo Codice nei
Documenti storici e letterari di Cremona. {Lettera di F. Robolotti a Fe-
derico Odorici di Brescia corredata di alcuni disegni di monumenti cre-
monesi de* tempi romani e di mezzo illustrati dallo stesso Odorici e da
alami documenti inediti, Cremona, G. Feraboli, 1857 ; pagg. 104 e sgg.)
Agli Statuti del i3i3 procedono frammenti di altri Statuti e di Cro-
nache dei quali tenne conto in parte e il Robolotti stesso (op. cit.,
pag. 104), e r Iaffè nella pubblicazione de' suoi Annales Cremonenses.
Cfr. C D. C; Pre/az., I, i3.
(3) Notizie, troppo spesso insufficienti, di ciascuna di codeste fonti
da r Astegiano nella Prefazione al suo C. D. C, I, 8-17.
BIBLIOGRAFIA l65
a guidare la scelta, non credette o non fu in grado di ritrovare mi-
glior criterio che il proprio discernimento e cioè l'opportunità volta
a volta suggerita dall'esame dei singoli documenti.
" Per i secoli più antichi... „, dice l'Astegiano, " e fino alla metà
" del secolo XII, ho notato tutto quanto ho trovato e ho potuto ve-
" dere. Non mi era possibile far questo per gii anni posteriori, a
" cagione dell'enorme copia di documenti. Nella scelta ho seguito
" questo criterio. Ho dato, innanzi tutto, tutte le carte di argomento
" pubblico e comunale, ossia di storia civile; di storia ecclesiastica,
" quelle che sono congiunte colla storia della città, o che per qual-
" siasi altra ragione sono maggiormente degne di nota; delle altre
" quelle di maggior interesse nella classe a cui appartengono (i) „.
Ciò starebbe bene, se l' affermare, come l' Astegiano fa, che le
tali o le tali altre carte ofìrono una importanza maggiore o minore
rispetto alle rimanenti della medesima serie o del medesimo genere,
non rispecchiasse, secondo quanto si è detto, un criterio tutt' affatto
soggettivo, alla sola stregua del quale un'opera del genere di quelle
che ora esaminiamo non potrà mai essere condotta con piena soddi-
sfazione ed utilità degli studiosi. Basti il dire che duemila documenti
air incirca, non computati i i3i5 del Codice lesus quasi compiutamente
trascurati, confessa l'Astegiano di non avere incluso nei regesti.
La coscienza che l'Astegiano ebbe senza dubbio di non avere
bastevolmente e con ragioni sufficienti assegnato giusti confini all' o-
pera sua, risulta sempre chiarissima dal bisogno che egli trova di
rispondere, per così dire, preventivamente alle obbiezioni più pro-
babili, e infatti, dopo d'aver invocato, con le parole citate, la neces-
sità, e la necessità sola, a giustificare una qualsiasi delimitazione del
campo delle sue ricerche, egli si affretta a far noto come non abbia
trascurato " nessun genere di documenti „, procurando bensì di of-
frire " di tutti.... qualche esempio, e, a suo avviso, il più adatto (2) „.
Maggiore indecisione di codesta non si potrebbe dare. E in verità,
per un Codice della natura di quello dell' Astegiano, — i Regesti d'ol-
tralpe insegnino — ; destinato, come sarebbe, non ad essere una spe-
cie di " campionario „ dei vari generi di documenti conservatici da
uno o più depositi archivistici, ma a riunire in corpo unico tutti gli
(i) C. D. C, Prefaz., I, 18.
(2) C. D. C, Prefaz., I, 18.
jó(, BIBF.IOGUAKIA
atti relativi ad un dato argomento, nell'ambito prefisso di un periodo
storico, od a tornirne almeno traccie sicure e bastevoli; non è pos-
sibile ed è contrario ad ogni buona norma l'accettare ad occhi chiusi
questo benedetto "avviso,, personale, eretto dall'autore a sommo cri-
terio direttivo di tutta l'opera e in grazia del quale ben duemila do-
cumenti furono condannati all'ostracismo (i).
Del rimanente io non so se all'autore siano state imposte speciali
condizioni circa l'estensione e la mole dell'opera; ma, anche nel'a
piena ignoranza delle trattative e degli accordi che avranno neces-
sariamente preceduto l'onorevole incarico, non mi pare avventata la
persuasione che la R. Deputazione di Storia Patria non avrebbe tatto
a meno di apprezzare, se ad essa fatte presenti, le molte ragioni; e
prima di tutte la straordinaria importanza delle memorie mcdioevali
cremonesi; che, pur di avere un lavoro compiuto sotto ogni rispetto
consigliavano per avventura l'aggiunta di un terzo volume ai due che
ora formano il Codice Diplomatico Cremonese.
Per meglio spiegarmi con un esempio che ha diretta attinenza
con l'opera dell' Astegiano, si sarebbe forse capita a meraviglia, in
grazia delle solite ragioni di necessità, l' esclusione completa degli
Inventari di beni e di arredi lasciati per morte che, a detta dell' A-
stegiano stesso, sono documenti importantissimi a immetterci nella
conoscenza delia vita intima, degli usi e dei costumi domestici dei
secoli XIII e XIV, ma non si sa ben apprezzare l'opportunità della
scelta di pochi fra essi col sacrificio di tutti gli altri. Quali, almeno,
i criteri seguiti nell'esclusione? Strano a dirsi, l' Astegiano mantiene
anche su di ciò il più rigoroso ed ingiustificato silenzio e s'accon-
tenta di osservare che " fare un semplice accenno di tutti era pres-
" sochè inutile ; eccessivo il fermarsi particolarmente su ciascuno di
" essi (2) „.
(i) L' Astegiano insieme coi docc.^ riporta anche delle inscrizioni.
Vedo riferite, ad esempio, quella del 1107 circa l'erezione della Cat-
tedrale cremonese, e quella del 1261 affissa alla torre della chiesa
parrocchiale di Sospiro; C. D. C, i, 96 e 3i5, numm. 12 e 769; ma
moltissime altre sono trascurate e dal silenzio che a questo proposito
viene, more solito, serbato dall' autore, a nessuno riesce d' intendere
quali siano stati i concetti ed i criteri cui egli si sia, per questa parte,
inspirato.
(2) C. D. C, Prefaz., I, 19.
BIBLIOGRAFIA 1 6'
Ma veramente all'Astegiano non potevano mancare ripieghi per
conciliare insieme con le esigenze in riguardo ai limiti ed alla mole
d^Ua pubblicazione, quelle anche degli studiosi, che pur non sono
da trascurare, o riunendo, cioè, come egli ha fatto per altre classi di
documenti, sotto un titolo speciale tutti gli Inventari; per la maggior
parte dei quali, quando si fossero dati gli esempi più notevoli, sareb-
bero bastate brevissime indicazioni; oppure, mantenuta l'attuale di-
stribuzione nei regesti comuni dei saggi principali, raggruppando
sotto di essi, in una nota, se si vuole, quelli che più vi si accostas-
sero per somiglianza di contenuto e di dettato. Qualunque sia però
la soluzione che si voglia dare a codesta difficoltà, resta pur sempre
assodato che, di fronte alla indicazione completa di tutti i documenti
accennati, la scelta fra di essi perde ogni valore d'opportunità.
A concludere l'esposizione dei propositi che l'hanno guidato nella
compilazione del Codice, TAstegiano aggiunge: " Da tutti però i do-
" cumenti che qui non accolsi, ho tolto quantità di notizie, e di nomi
" per completare la serie dei Rettori di Cremona, del Wùstenfeld ;
" per quest' ultima bisogna mi servirono in special modo i numerosi
" atti giudiziari in cui m' imbattei. Quindi se in una nota, o nella
" serie dei Rettori o dei Vescovi, sarà citata alcuna carta, qualunque
" ne sia la fonte, che non si riscontri poi nei regesti, si intenderà
" che appartiene a quelle che di proposito tralasciai (i) „.
Tale spiegazione era necessaria. Se non che essa ci avverte e ci
dà la conferma più sicura che gli atti tralasciati dall' Astegiano hanno
forse, neir interesse della storia, molta maggiore importanza di quella
che la loro esclusione dal Codice farebbe sospettare, poiché l'autore
stesso ha potuto giovarsene, e con profitto, per compiere e rettificare
lavori ed opinioni altrui , cavandone discreta copia di notizie e ma-
teria a nuovi studi.
Altre osservazioni si potrebbero muovere, e non certo favorevoli
air Astegiano, circa il non aver notato, per tutti gli atti, il nome del
notaio {2) né, trattandosi di apografi, se la copia sia semplice o au-
(i) C. D. C, I, 19.
(2) Il nome del notaio è indicato per atti che davvero non sem-
brano i più importanti della raccolta, come sarebbero, ad esempio,
quelli dei regesti n. 47, p. 61; n. 66, p. 65; n. 108, p. 112; n. i37, p. 116;
n. i53, p. 118; n. i58, p. 119; n. 5o3, p. 269; n. 768, p. 820, ecc. com-
lf,S niBLIOGHAI lA
tcntica e di che tempo: particolarità tutte che, osservate, avrebbero
conferito maggiore precisione scientifica al lavoro nel suo complesso
e dato modo, quando occorrano delle copie, di giudicare con miglioi
sicurezza del valore e dell'entità del documento.
Ma ci tarda di venire a più minuto esame dell'opera, anche per
documentare le obbiezioni che ci credemmo in dovere di muovere
all'indirizzo ed al metodo suo in sfcncralc.
Il primo volume del Codice Diplomatico Cremonese, oltre alla Pre-
fazione, comprende i documenti dal secolo Vili al XIII. Gli otto del
secolo Vili ; dal 7i5, ossia dalla costituzione di Liutprando per Co-
macchio, al 781, e cioè all'altra costituzione di Carlo re dei Franchi
e dei Langobardi sul medesimo oggetto; sono ricavati tutti dal Codex
Diplomaiicus Langobardiac edito in Torino nel 1878. L'Astegiano come
per ciascuno dei rimanenti secoli, così anche per questo primo, se-
gnala i documenti spurii dovuti, per 1' ottavo secolo, all' invenzione
del canonico Antonio Dragoni e già accolti per genuini dal Troya,
dal Tiraboschi e persin dal Bòhmer.
Il secolo IX numera 28 carte dall' 825 all' 891 ed ancor queste, ad
eccezione della prima, che è la costituzione scolastica di Lotario e
venne tolta dai Monumenta Germaniae Historica del Pertz, sono rife-
rite tutte quante dal Codex citato, " testo sicuramente invecchiato e
malsicuro „, come già osservava il Cipolla (i), e tale senza dubbio da
consigliare, per una nuova pubblicazione, più minuziosa e rigorosa
collazione di quella che ci attestino le poche varianti annotato dal-
l'Astegiano a pie di pagina.
Col secolo X, che comprende 74 documenti dal 902 al 1000, inco-
minciano .a comparire alcune carte inedite di qualche momento, e cioè
due permute di terre compiute, il marzo ed il i5 aprile del 970, da
Liutprando vescovo. È segnata inedita, sotto il numero 62, anche
presi nel voi. I, e dei regesti n. i, p. i; n. 64, p. 7; n. 288, p. 55;
n. 289, p. 56; n. 296, p. 57, ecc. del voi. II. Moltissimi altri documenti
invece, di gran lunga più notevoli dei citati, ne vanno privi, ed il
perchè di tale omissione è difficile, anche qui, indovinare,
(i) Cipolla, op. cit., pag. 148.
BIBLIOGRAFIA 169
l'importante donazione di alcune terre fatta/ nelF ottobre del 996, da
Dominicus fìlius quondam Marine de civitate Creinone al Monastero di
San Lorenzo, ma veramente quest' atto aveva già reso di pubblica
ragione il prof. Novati, 1' anno prima che il Codice Diplomatico Cre-
monese vedesse la luce (i).
La materia del secolo XI, che abbraccia gli anni looi-iioo, è na-
turalmente più copiosa e ai 206 regesti aggiunge non piccolo pregio
la segnalazione di parecchi documenti inediti, 29 dei quali integral-
mente pubblicati.
I regesti dei secolo XII, dal noi al 1200, crescono alla bella cifra
di 629, e 33 sono le carte pubblicate per intero fra le molte che si
presentano inedite. E giova pur osservare sulla scorta del Cipolla,
come " le carte nuove d'interesse storico si fanno frequenti al cadere
" del XII secolo (2) „; da quando, cioè, è lecito aggiungere, 1' Aste-
giano non si attiene più all' ottimo divisamento di pubblicare tutto
quanto gli vien sotto mano di confacente all'opera sua, ma incomincia
a scegliere fra i copiosi materiali che via via gli si offrono ; poiché
con la metà dal secolo XII il nostro autore muta in cotal guisa il me-
todo di compilazione.
II secolo XIII ci presenta 1177 transunti, 69 dei quali accompa-
gnati dal documento intero. Quasi tutte le nuove carte indicate in
codesta raccolta del secolo decimoterzo concernono argomenti di non
piccolo interesse e offrono agli studiosi una quantità notevole di buoni
mezzi per illustrare meglio di quanto si sia fatto finora le relazioni
passate fra il Comune di Cremona, Piacenza, Verona, Ferrara, Brescia,
Azzone Visconti, i luoghi del distretto e le città finitime in genere (3).
(t) F. Novati, Miscellanea Diplomatica Cremonese [sec. X-XII)^ in
Archivio Storico Italiano, serie V, tomo XIV, anno 1894; doc. 2.° Di
questa pubblicazione, dopo che era già stata segnalata dal Cipolla
(op. cit.^ p. 144.-145), l'Astegiano tenne conto nelle Correzioni ed Ag-
giunte inserite nel li volume, a pag. 447. A proposito della mede-
sima pubblicazione del Novati, cfr. H. Bloch in Neues Archiv, v. XX,
p. 677, e Cipolla, op. cit.^ p. 146.
(2) Cipolla, op. cit.^ pag. 143.
(3) Fra i docc. del sec: XIII; ma nelle Correz. ed Agg., Il, 449;
r Astegiano riporta anche il regesto delle " Carta ellectionis domini
" nicolai de matarelis „ del 1292; data in luce per la prima volta dal
Romano, Un documento cremonese relativo ali" '^ Universitas Scholarium, „
in coó.ost' Arch., a. XXIII. fa.sc. XI, 1896, e ripubblicata, col fac-similc;
itinr.ioGKAKiA
I . (Ite dal i3oi al i335; in numero di 3o2, aprono il secondo
volume. Soltanto dieci sono i documenti riferiti compiutaincntc, ma
fra essi si notano con piacere anche gli Statuta Crenione, del decembre
i3i3, t mpore Regis Roberti getter alis domini civitatis et distr ictus, che ci
sono conservati, come sappiamo, dal Codice Pallavicino.
Seguono gli atti concernenti, dall' 864 al 1127, il posse.sso di Gua-
stalla e di Luzzara; e cioè dalla donazione fattane dall'imperatore
Lodovico alla consorte sua Engilberga, insino alla convenzione coi
Piacentini in forza della quale un terzo di queste terre toccò a Cre-
mona col diritto di avvocazionc sull'intero possesso (i); i documenti
relativi alla lite sostenuta dai Cremonesi, per il dominio delle due
corti accennate, con l'Abate del Monastero di S. Sisto in Piacenza,
dal 1197 al 1227; quelli riguardanti i dissidi con Anselmo Selvatico,
vassallo del Comune, e ancora con l'Abate piacentino per Castelnuovo
Bocca d'Adda, dal 1226 al 1284; e gli atti infine della controversia,
durata per un sesennio dal 1224, con Bonino Mommolerio e Monte-
molerio, cittadino e mercante d'Asti, il quale, conducendo granaglie
a Cremona, aveva subito gravi danni e ne pretendeva adeguata ripa-
razione.
Ma non mancano altre suddivisioni speciali. E la prima di esse
è consacrata ad un piccolo; certamente troppo piccolo; saggio del
Codice segnato lesiis [IHS), detto anche Investiturarum : grosso regi-
stro dell'Archivio Comunale che ci serba le copie di ben i3i5 docu-
menti ; quattro dei quali del secolo XII e gli altri tutti compresi fra
dal Cappelli, Dizionario di abbreviature latine ed italiane, Milano,
Hoepli, 1892, pag. 59; facendola, però, del 28 giugno e assai proba-
bilmente del 24, in considerazione che il martedì attestato dalla da-
tazione del doc. cadeva appunto il 24. Il Romano assegna a questa
carta la data dell' 8 giugno e di questo medesimo giorno fa il docu-
mettto che sullo stesso argomento pubblicava l' Astegiano, I, 385,
nura. 1124; ma nel primo caso il Romano ha letto il " die martis
^' octavo exeunte mense lunii „ senza tener conto dell' exeunte e nel
secondo; in seguito, come sappiamo, ad un' errata comunicazione ; ha
scambiato la data del 28 giugno con quella dell' 8. Né l'una né l'altra
.svista r Astegiano s' é dato cura di rilevare.
(i) L' Astegiano, però, ha tenuto conto delle sole carte dell'Ar-
chivio Comunale. Ai regesti aggiunge, in nota a p. 59, " 1' elenco delle
" Badesse e degli Abati del Monastero di S. Sisto in Piacenza, dalle
" origini fino all'abate Leonardo col quale cessò la lite fra il Comune
f' di Cremona e la Badia.... „.
BIBLIOGRAFIA 171
il 1206 ed il 1225; relativi nella massima parte alle vendite fatte dal
Comune di Cremona delle terre giacenti nella Mosa, nei terrapieni
fra le porte Santa Croce e S. Michele, nell'Oltrepò ed in molti altri
luoghi, e delle case già concesse ai Cremaschi perchè vi abitassero.
L'Astegiano s' accontenta di riportare un solo documento per intero
e di accennarne altri 19.
Due soli esempì, V uno del 1225 e V altro del 1227, sono prodotti
ad illustrare una breve rassegna delle 879 carte della Capsa Monetae
(1225-1229), cui seguono 1' analisi del Codice C ; contenente le Prov-
visioni della Gabella Magna dal 1295 al i3io riportate in 249 regesti ;
e l'indicazione di 11 documenti non cremonesi, dall' 872 al i3i2, con-
servati nell'Archivio dei Comune di Cremona, con l'avvertenza, a
questo riguardo, che sei altri della medesima categoria furono collo-
cati nei regesti comuni dei secoli XII e XIII (i).
Chiudono il secondo volume la serie dei Vescovi di Cremona dal
461 al i335; la serie dei Rettori dal 1112 al i335, con aggiunte e cor-
rezioni a quella pubblicata dal Wiistenleld (2); la serie dei Cremonesi
(i) Cfr. II23, nov. 4; 1126, febbr. 5; 1168, dee. 3; 1181, ag. io;
1196, apr. 12; 1219, febbr. 2.
(2) Strano a dirsi, il Robolotti, che pubblicò nel suo Repertorio,
pp. 210 sgg., la Serie dei Rettori del Comune di Cremona dal ii2y al
ijgy e la Serie dei Rettori dati da Cremona ad altri Comuni dal 11 7S
al ijji, del prof. Wùstenfeld, trovò modo d'infiorare dei soliti stra-
falcioni anche codeste inserzioni, cui l'Astegiano potè fare le oppor-
tune rettifiche, confrontando la stampa con l' originale esistente presso
la Biblioteca Governativa cremonese. Cfr, C. D. C, Prefaz., I, 7 e II, 176.
Il Wiistenfeld, poi, incomincia dal 1127 la sua serie dei Rettori di Cre-
mona, non avendo trovato nominati, prima di quell' anno, i Consules
Cremonenses. L'Astegiano, invece, si rifa al 1112-1116 sulla testimo-
nianza di un documento pubblicato dall' AnemìIller, Geschichte der Ver-
fassung Mailands, lojj-iiiy, Halle, 1881 , p. 55. Cfr. C. D. C, I, 97,
num.2i e II, 176. Tanto nell' Astégiano che nel Wiistenfeld la serie
dei Rettori dati da Cremona ed altri Comuni incomincia, invece, col
1175. Le aggiunte del primo, piuttosto numerose, sono contrassegnate,
per l'una e l'altra serie, da \xna. — Due carte di speciale interesse cre-
monese appartenenti al sec. XIII e conservate nell' Arch. di Stato fio-
rentino, Capit. del Com., voi. XLIV, fol. gb eioa, permettono una pic-
cola aggiunta alla serie dei Rettori di Cremona. La prima è una pro-
cura del Comune di Cremona fatta il 2 luglio nella persona di Guglielmo
tubatore municipale a stipulare col rappresentante del Comune di Fi-
renze una convenzione, per la cattura dei ladri e degli assassini^
cui aderivano anche Venezia, Padova, Milano, Modena, Reggio, Parma
clic ebbero ufficio in altri coiiumi dal 1175 al j335, pure condotta
quasi intieramente sulla scorta del professore tedesco (1); le Ricerche
sulla storia civile del Comune di Crrtnona fino al 1JJ4, pubblicate su
di una memoria premiata, nel 1889, della R. Accademia dei Lincei
nel concorso bandito dal Ministero della Istruzione Pubblica; e final-
mente un indice alfabetico dei nomi delle persone e dei luoghi più
notevoli che ricorrono menzionati nei due volumi del Codice.
Il semplice csanie dell'opera dell' Astegiamo attesta subito quanto
essa; e per la maggiore quantità della materia e per la più assennata
distribuzione delle parti; si discosti dal Repertorio del Robolotti, al
quale nessuno più ricorre, e con giusta ragione. Ma è strano vera-
mente e più d'ogni altra menda displace di dover rilevare nel Codice
dell' Astegiano parecchi fra quegli stessi errori grossolani che detur-
pano il lavoro del suo precursore e che altri s' era già fatto obbligo
di segnalare pubblicamente fin dal primo apparire dell'infelicissimo
Repertorio.
Il Novati, infatti, rendendone conto noW Archivio Veneto del 1879 (2);
oltre che deplorare le molteplici irregolarità di compilazione e di
e Bergamo. La seconda è l'atto della convenzione firmata a Cremona
il giorno seguente. Neil' atto del 2 luglio è nominato il podestà cre-
monese dominus Freschus de Freschobaldis da Firenze, che ha posto
nella serie del Wììstenfeld, Repertorio cit., p. 224, e dell' Astegiano,
II, 197, ma occorre in esso anche il nome del capitano del popolo
dominus lacobus de Martittengo, del quale né 1' uno né 1' altro degli
storici ricordati ebbe notizia. Cfr. la Seconda Relazione sui lavori in-
trapresi per il Regesto Diplomatico Visconteo, ecc., in q^ìe'&t'Arch. a. XXVII,
1900, pp. 494-495.
[7) A proposito di Poncinus de Ponzonibus ricordato in questa
Serie come podestà e quindi vicario di Padova nel secondo semestre
del 1814 (C D. C, II, 228; cfr. Robolotti, op. cit.^ p. 287), va aggiunto
che, intorno al i335, egli era stato eletto podestà di Firenze, secondo
apprendiamo da una lettera d' Azzone Visconti ai Fiorentini, con la
quale il Signore di Milano si scusa di non poter accondiscendere al
desiderio che avevano del Ponzoni, cum multis et maximis negotiis pe-
ragendis ad presens indigeamur sua persona. La lettera si trova, in co-
pia, nel R. Arch. di Stato in Firenze, Capitoli del Comune, voi. XLII,
fol. 66 a. Cfr. la Seconda Relazione cit. in quest'^rr/?.^ a. cit., p. 492.
(2) Tomo XVII, parte li, anno 1879.
BIBLIOGRAFIA l'j'Ò
cronologia, la mancanza gravissima d'un indice delle persone e dei
luoghi, la promiscuità nelF uso del latino e dell' italiano nella forma-
zione dei regesti, la negligenza dei transunti e le non poche omis-
sioni di documenti importantissimi; metteva giustamente in rilievo
parecchi svarioni nei quali il Robolotti, per insipienza o per trascu-
ratezza, era incorso.
Il Robolotti, ad esempio, datava da Moediciae quel diploma del
26 decembre 918, già pubblicato dal Codex Diplomaticus Langobar-
diae (1), col quale l'imperatore Berengario dona al vescovo di Cremona
cinque iugeri di pertinenza della regia corte di Sexpilas {2). Il Novati,
rileggendo il documento, trovò che diceva Modicie e non Moediciae,
ma r errore del Robolotti ricorre tal quale nel Codice dell' Astegiano,
che pur si diede la pena di ricorrere ancor lui al testo della carta
per ampliare e chiarire il regesto mutilo ed oscuro del Repertorio (3).
Ma e' è ben altro. A proposito d' una certa donazione di fondi fatta
il i5 agosto 1019 a Landolfo vescovo cremonese, il Novati osservava
al Robolotti che nessuno mai avrebbe accettato, come di buona lega,
queir Imonides che, insieme con Rozo Archipresbiier ed Albertus, vo-
leva essere il nome del primo fra i tre fratelli donatori (4) ; e giusta-
mente rettificava la peregrina invenzione del moderno copista, accolta
ad occhi chiusi nel Repertorio, producendo quelle parole del docu-
mento che dicono invece, subito dopo le note cronologiche e la defi-
nizione del luogo, Nos imo avderivs et Rozo Archìpresbiter et Alber-
tus etc. Ma, pur troppo, il nesso di imo con l'abbreviazione di Auderiiis,
che ancor io riscontrai nell' esemplare del documento conservato
presso la Biblioteca Governativa di Cremona (5), e forse più la scia-
gurata interpretazione del Robolotti, trasse l' Astegiano a ripetere il
medesimo errore. Immonidem leggiamo nel suo regesto e ancora /wo-
ìnides e più innanzi Immonidcs nel testo della pergamena eh 'egli
pubblica per intero ! (6).
(i) Codex Dipi. Lang., pag. 828.
(2) Repertorio qìX., pag. 4, num. 27.
(3) C. D. C„ \, 3o, num. 7.
(4) Repertorio oW.., pag, 19, num. 148.
(5) Pergamene Robolotti appartenenti già alla collezione Robolotti
del museo Ala-Ponzone sotto il num. i362. ;
(6) C. D. C, \, 56, num. 3o. Qui può cadere acconcia un' altra os-
servazione. L' Astegiano avverte (I, 23) che i docc. che, nel suo Codice,
'74
BIBLIOGRAFIA
Il Robolotti; inoltre, poneva erroneamente la data XI Kal. Aprilis
1020 ad un istrumento di vendita fra il prete Giovanni e Landoll'o
vescovo (i), che il Nevati restituiva invece all'undici di aprile, poiché
la carta dice appunto undecima die mense Aprilis e non già XI Kal.
Aprilis. Or bene, l' Astegiano, che ha certamente confrontato il rege-
sto del Robolotti con l'originale del documento, poiché ne ha tratto
i nomi dei Lstes ed ha corretto l'indicazione della località, che è non
longe a Porta quae dicìtur Natalis invece di prope portam Natali, come
vorrebbe il Repertorio, se pure è correzione il sostituire, come l'Aste-
giaro fa, non multum longe a porta QVI dicitur Natali (2); non si è per
nulla accorto della errata designazione cronologica del Robolotti, e
di conseguenza l' istrumento è posto anche nel Codice sotto la data
del 22 marzo.
E che la lettura delle varie carte non abbia sempre recato all' A-,
stegiano quei vantaggi sull'opera del Robolotti che era presumibile
aspettarsi, è facile arguire anche dal regesto del documento 17 gen-
naio io33 (3), che l' autore del Repertorio scambiava per una semplice
donazione (4), ed è invece formale contratto di permuta fra Leone
canonico ed Ubaldo vescovo, il primo dei quali dà tre pezze di terra
duo in loco et fundo Vixianelli, lercia pecia in loco ubi dicitur Dovaria,
ed il secondo altre tre a sua volta, due delle quali alla Cava ed al Sab-
bione e la terza fuori di città non lungi dalla Porta Natale. L' autore
del Codice trova modo, infatti, di presentarci questa bella curiosità di
nomi : Leo presbyter ecc. donai Hubaldo episcopo Cremonensi atque reci-
pit in emphyteusin ecc. ires pecias terrae in cuxina ebli, in lo varia; item
recipit quatuor (?) pecias terrae, iuris episcopii, in cona (prope Pipiam),
non hanno speciali indicazioni d'Archivio " sono quelli di proprietà
" del Comune di Cremona, sia che si conservino nell'Archivio segreto,
" sia nella Biblioteca Governativa, trasportativi dal Museo Ronzone „ .
Così, ad esempio, nel caso del presente doc, non possiamo sapere
se r apografo riferito nel Codice appartiene piuttosto all'Archivio se-
greto o alla collezione della Governativa ; due depositi affatto distinti,
quantunque la proprietà sia unica, cui necessariamente dovrebbe cor-
rispondere analoga distinzione d' indicazioni perchè sia facilitata e
resa pronta la ricerca delle varie pergamene citate. Un' altra incer-
tezza da aggiungere alle molte già rilevate,
(i) Repertorio cit., pag. 20, num. 154.
(2) C. D. C, I, 57, num. 33.
(3) C. È>. C, I, 65, num. 62.
(4) Repertorio cit.,. pag. 23, num. i83.
BIBLIOGRAFIA 1^0
in Sablone, ecc. E nulla, a questo proposito, è da imputarsi al cattivo
esempio del Robolotti che s'era accontentato d'indicare Cava Sabh-
ne, etc. senz'altro denominazioni di luoghi.
Non mancherebbero, dunque, buone prove per aftermare che
l'Astegiano non attese sempre con quella cura che avrebbe dovuto
a correggere le molte inesattezze del Repertorio. Queste ripullulano,
invece, nel Codice, non scompagnate da errori nuovi e^ se non altro,
accertano che l'Astegiano non ebbe contezza alcuna della recensione
del Novati, a quella guisa che non conobbe pure un' altra pubblica-
zione, importantissima, del chiaro professore cremonese, dalla quale
avrebbe potuto attingere non tanto la notizia di due documenti nuovi,
quant' anche maggior lume e miglior sicurezza nella compilazione di
alcuni fra i suoi regesti.
La Miscellanea Diplomatica Cremonese, che il Novati pubblicava
r anno 1894 nell' Archivio Storico Italiano, riporta l' atto di fondazione
e di dotazione delle Chiese di S. Lorenzo e dei SS. Filippo e Gia-
como con r annesso Monastero, celebrato il 3i maggio del 990 dal
vescovo di Cremona Olderico (i). L'Astegiano, riferendo il transunto
della medesima carta (2), s' accontenta di citare il Codex Diplomaticus
Langobardiae, ma non accenna al Muratori, che pure la pubblicò,
sebbene frammentariamente e con molte inesattezze (3); e tanto meno
al Novati che presentò finalmente una copia fedelissima all'originale.
Ed il peggio è che nel regesto dell'Astegiano non sono per nulla di-
stinte una fondazione ed una dotazione: che di quest'ultima soltanto
vi è fatta parola ; e per di più le località designate nel documento
Canedo et Altedo appaiono una sola nel Codice, dove trovi scritto
Canedo Altedo ; e delle terre poste nelle immediate vicinanze di Cre-
mona, che pur sono comprese nella dotazione, non trovi alcun cenno.
La donazione, dell' ottobre 996, di Dominicus f. q. Mariae al Mo-
nastero di S. Lorenzo ha pure riscontro, come già si è avvertito,
nella Miscellanea citata (4); ma, oltre al fatto gravissimo che l'Aste-
(i) Novati, op. cit., doc. L
(2) C. D. C, I, 38, num 5i.
(3) Muratori, Antiq. Ital., t. II, ce. '263 e sgg.
(4) Novati, op. cit., doc. IL
176
BIBMOGKAKIA
giano si dinientita di notare la legge secondo la quale il donatore
vivC; che è la romana, va pur rilevato come il do.umento venne
ricavato dal manoscritto dei Privilegi Diversi; ora presso la Biblioteca
Governativa; di quel grande spacciatore di favole che Ju Giuseppe
Bresciani, e che ciò non ostante 1' Astcgiano non ritenne necessario
di spendere una sola parola d' assicurazione sulla sua autenticità. La
deplorevole mancanza si ripete slortunatamente anche per altri do-
cumenti tolti tali e quali, dai manoscritti del Dragoni ; che in latto
di falsificazioni storiche è discendente del Bresciani e degli altri suoi
peggiori; senza nemmanco un miserissimo accenno di discussione.
La genuinità loro è affermata per la sola circostanza che sono accolti
nel Codice e tanto basta ! (i).
Air Astegiano, il Bresciani doveva suggerire piuttosto un altro
documento, ignorato anche dal Girondelli e dal Robolotti, del quale
il Novati ha giustamente chiarita, insieme con 1' autenticità, il non
comune valore nel rispetto storico e filologico (2); poiché si tratta del
più antico documento riguardante il vescovo Landolfo che il XII Kal.
lumi del ioo5 promette a Sigifredo da Soresina di non contrastargli
il possesso d'una cappella dedicata ai Santi Matteo ed Andrea Apo-
stolo ed a S. Maurizio in loco mimtenaringo. A questa carta il Novati
aggiungeva la copia di un'altra del 1007, comunicatagli dal Girondelli
e pur essa ignota all' Astegiano, con la quale Landolfo vescovo assi-
cura a Razone da Credaria il libero possesso di una pecia.... de iera
cum edifici um ad honorem ecclesie (3).
La sentenza del 12 ottobre 1148 (4), proferita dal Cardinale e Le-
gato Apostolico in Lombardia Guido da Somma nella lite insorta fra
Oberto Vescovo di Cremona e Gerardo vescovo di Bergamo a pro-
posito della Chiesa di Romano e di Bariano e delle decime di Zibido,
venne pure ripubblicata dal Novati (5), perchè una copia rinvenuta
neir Archivio Vescovile di Cremona lo metteva in grado, oltre che
di stabilire importanti varietà di lezione rispetto all' apografo sicar-
diano , d' offrire anche 1' elenco delle firme mancanti nel Codice di
(j) C. D. C, I, 77, numm. 125-126; pag. 118, num. i53. Cfr. Cipolla,
op, cit., pag. 146.
(2) Novati, op. cit, doc. Ili, i.
(3) Novati, op. cit., doc. Ili, 2.
(4) C. D. C, I, X17, num. 144.
(5) Novati, op. cit, doe. IV.
BIBLIOGRAFIA
//
Sicardo ed interessantissime per il fatto " che, appartenendo esse
'' quasi tutte a preti della Cattedrale, i nomi de' quali sono registrati
" senza veruna indicazione d' anno nel Necrologio della chiesa cre-
" monese, ci permettono di stabilire con assoluta certezza il tempo
" in cui essi vissero (i) „. UAstegiano, che pure spogliò le carte
dell'Archivio Vescovile, non si curò o non s' avvide del prezioso
complemento e s' attenne unicamente al Codice di Sicardo senza pur
accennare alla seconda fonte del documento.
Anche d' altre pubblicazioni storiche o diplomatiche di soggetto
cremonese, uscite alla luce; e non sono, poi, molte; nell' ultimo ven-
tennio; che è quanto dire L'Obituario della Cattedrale di Cremona del
N ovati (2) e le ricerche del Sommi-Picenardi (3) e dello Stanga (4)
sulle loro famiglie ; l' Astegiano o non ebbe contezza, o non seppe
trarre da esse tutto quel profitto eh' era lecito aspettarsi.
Dall' opera dello Stanga non occorre, infatti, menzione alcuna,
neanche nelle aggiunte al volume secondo del Codice^ sebbene il do-
cumento in essa pubblicato abbia, fra quelli del secolo XIII, un' im-
portanza assai notevole in quanto è il più antico a testimoniarci l'e-
sistenza d' un rappresentante dell'illustre famiglia cremonese, Bono
Stanga (5), e conferma indiscutibilmente la notizia data da Isidoro
Bianchi, sulla fede d' un atto che non cita, a proposito dei consules
iustitiae di Cremona per 1' anno 1282 (6).
L' Obituario del Novati è citato, invece dall' Astegiano a proposito
di tre documenti, anche quando siano desunti da tutt' altre fonti (7),
(i) Novati, op. cit., pag. 17 dell' estratto.
(2) In Arch. St, Lomb., a. VII, 1880, pp. 245-sgg. e pp. 567-sgg.; a. VIII^
3881 pp. 246-sgg. e pp. 484-sgg.
(3) G. SoMMi-PiCENARDi, La Famiglia Sommi, memorie e documenti
di storia cremonese, MDCccxcni.
(4) I. Stanga, La Famiglia Stanga di Cremona, cenni storici. Milano,
tip. Bernardoni di C. Rebeschini e C, mdcccxcv.
(5) Stanga, op. cit., p. 4 in n. Il primo Stanga che appare nel Co-
dice dell' Astegiano, I, 33o, n. 828 (1264, giugno 27), è Ottonellus quon-
dam lohannisboni de Stanghis.
(6) Cfr. C. D. C, Serie dei Rettori di Cremona, II, i85, sotto il 1282.
(7) C. D. C, I, 38, n. 47; 108, n. 89; 202, n. 7.
Arch. Star. Lomb. — Anno XXVIF. — Fase. XXVII. )2
|y8 hlHl.lUÒKAHA
ma vien dimenticato, ad esempio, per quell'atto del 27 gennaio lotó,
concernente il vescovo Ubaldo, che il chiaro professore cremonese
ripubblicava sulla copia del Bresciani, offrendo così un nuovo testo
accanto a quello dello Hortzchansky e Perlbach, del Lucchini, del
Dragoni e del Girondelli, che sono pur ricordati nel Couice (i); e la
medesima omissione dispiace maggiormente riscontrarla anche per la
lettera d' Onorio III ai cremonesi, del 3 decembre 1216, che, contem-
poraneamente al Winkelmann, il Novati dava in luce, traendola dal-
l'Archivio segreto e confrontandola con un esemplare dell'Archivio
della Cattedrale (2).
Se, in ultimo, ci volgiamo all' opera del Sommi, veramente no-
tevole per copia ed importanza di documenti, nella maggior parte
inediti; non sappiamo comprendere le ragioni per le quali l' Astegiano,
nel mentre ebbe a far riferimento, per alcuni regesti (3), alla prege-
vole pubblicazione, per altri molti, invece, non si curò di designare
la nuova fonte (4), a quella stessa guisa che, accolti nel Codici pa-
(i) C D. C, 1 , 79, n. 139. Cfr. Novati, op. cit., a. VII, pp. 576-577.
Anche per il doc. I, i52, n. 36o sono citati 1' Hortzchansky e Per-
lbach, ma non il Novati, op. cit., a. Vili, pp. 488-489.
(2) C. D. C, I, 227, n. 198. Cfr. E. Winkelmann, Ada imperli inedita
saeculi XIII et XlVy Innsbruck, Wagner, 1880-1886, voi. I, p. 475; e
Novati, op. cit., a. Vili, p. 492.
(3) C. D. C, l, 180, in n.; 2o3, n. 18; 255, n. 416; 843, n. 890; 847,
n. 908; a proposito del qual doc, del 9 gennaio 1270, rÀsTEGiANO, 1. e,
in n,, osserva giustamente al Sommi, op. cit., Documenti, p. 9, e Regesti,
p. IV, che non si tratta d' un precetto dei Sapienti di Cremona, ma
d'una sentenza del giudice dei bandezati del Comune; 352, n. 922;
II, 18, n. 116; 43, n. 184.
(4) C. D. C, I, 71, n. 97 (Sommi, op. cit.^ doc. I) ; 106, n. 72 (doc. II);
128, n. 2o5 (doc. Ili); i5o, n. 845; 159, n. 407; i65, n. 448; 171, n. 461;
175, n. 465; 176, n. 474; 178, n. 479, n. 482 e n. 488; 179, n. 488; 180,
n. 498; 184, n. 533; 187, n. 540; 188, n. 55i; 208, n. i3 (SoìMmi, op. cit.
Regesti, p. II); 2o5, n. 25 ; 282, n. 246 ; 235, n. 268 ; 244, n. 353 ; 245, n. 356 ;
256, n. 426; 257, n. 487; 261, n. 461 {Regesti, p. Ili); 268, n. 472 (doc. IX);
266, n. 497; 276, n. 556 {Regesti, p. Ili); 278, n. 569 (doc. XI); 299, n. 685
(doc. XII); 336, n. 862 (doc. XIII), dove il Sommi, procuratore di Cre-
mona, non è, come scrive l' Astegiano, Bonzaninus, ma Bonzacarius,
ed occorre pur notare che il Sommi traeva il doc. direttamente dall' Arch.
di Mantova, facendo non piccole correzioni al testo dato dal Tirabo-
schi, cui r Astegiano s'accontenta di riferirsi; 848, n. 890; 844, n. 894;
365, n. 974; 867, n. 989; 870, n. 1018 {Regesti, p. IV); II, 53, n. 264
(doc. XX).
BIBLIOGRAFIA l'jg
recchi di quei documenti^ un buon numero ne passò sotto ingiustifi-
cato silenzio.
Nessun cenno, infatti; pur omettendo il diploma fredericiano del
1175, tratto dal Ficker (i), che forse interessava troppo indirettamente
il Codice cremonese ; né della donazione fatta l'anno 1098 al vescovo
di Cremona da Goffredo di Rodolfo, né dell' investitura del ii53 con-
cessa da Oberto vescovo alla Badessa del Monastero dei Santi Simone
e Giuda, né della donazione, del i5 maggio iiSy, di Tebaldo Arciprete
al proprio Capitolo, né d'altre carte del 1181, decembre 19; ii85; 1188,
novembre i; 1191, agosto 24; 1196 ab Inc., marzo 17 (2); 1202, luglio 22;
1204, decembre 22; 1207, luglio (3); i235 ab 'Inc., marzo i3 (4); 1244,
decembre 16 (5); ecc., ecc. E non s'è varcata, come si vede, la metà
del secolo XIII, prima della quale 1' Astegiano intese d'accogliere nel
suo Codice tutti i documenti, che gli fossero venuti fra mano, senza
distinzione di sorta (6).
Dai regesti pubblicati dal Sommi, l' Astegiano avrebbe potuto
trarre almeno le notizie interessanti le due serie dei Rettori di Cre-
mona e dei Cremonesi che ebbero onorevoli uffici fuori della patria,
ma, anche a questo riguardo, la citazione occorre una sol volta a
proposito d' Armanno d'Ugo Sommi podestà di Parma nel i3o3 e di
Matteo Sommi, suo giudice ed assessore (7) ; e l' autore del Codice^
non ha posto mente che una carta del 19 decembre 1181 poteva of-
frirgli i nomi dei consoli cremonesi di quell'anno, mancanti alla Serie ;
(i) FicKEK, Forschiìngen ziir Reichs und Rechtsgeschichte Italiens^
Inn.sbruck, 1868-1874; e Sommi, op. cit., doc. IV.
(2) Sommi, op. cit.. Regesti, p. IL
(3) Sommi, op. cit.. Regesti, p. III.
(4) Sommi, op. cit., doc. X e Regesti, p. III.
(5) È r instrumento col quale si autentica l'investitura, feudale
concessa dal vescovo Si cardo ai consorti Sommi il 2 luglio 1202 e
riportata anche nel C. D. C.,!, 2o3, n. 18.
(6) Dei doc. posteriori al i25o, segnalati dal Sommi, op. cit.. Regesti,
pp. III-IV, l'Astegiano ha trascurato quelli posti sotto le date 1260,
luglio i3; 1261, maggio 6, 27; 1271, ottobre 27; 1274, aprile 19; 1276,
novembre 24; 1287, giugno 16, che riguarda l'approvazione dell' istru-
mento riportato anche nel C D. C, I, 870, n. 1018; 1281, decembre 7;
1297, agosto IO, che si trova nell'investitura feudale del 1413 (Sommi,
op. cit., docc, p. 45) dalla quale l'Astegiano, I, 3ii, n. 729, trasse pure
un regesto del 1260; i3oo, marzo io, ecc.
(7) C D. C, II, 222.
iJ^O niHLlOr.KAKIA
che una seconda del I233 segnalava Oberto Sommi quale podestà di
Lucca per la seconda volta, ed una terza, infine, del j328, Odolfredo
Soniiiii -iiic'ice di Matteo Sommi, podestà di Soncino (i).
Ma, per quanto concerne alle indicazioni delle fonti, le omissioni
accennate non possono fare molta specie, quando si consideri la grande
imprecisione e insufficienza di indicazioni generalmente usate a questo
riguardo dall' Astegiano. 11 quale, nonché escludere ogni discussione
sul valore delle fonti ed'ogni cenno esplicativo dei loro caratteri pa-
leografici e diplomatici; tralascia troppo spesso d'avvertire se il do-
cumento, oltre che nell' unica fonte addotta nel Codice, possa ritrovarsi
in altre ancora, siano esse d' archivio o bibliografiche.
A questo proposito il Cipolla (2) rimproverava all' Astegiano di
non avere usufruito delle ricerche del Chroust sulle carte longobarde,
né dell' edizione moderna dei diplomi ottomani, né dell' edizione
Ficker-Winkelmann dei Regesti di Federico II, né delle Constitutiones
del Weiland, ecc. Dal canto mio m' accontenterò di notare, ad esem-
pio, come per due documenti fredericiani del ii55 (3) , egli alleghi
bensì il Muratori, 1' Argelati e 1' Odorici, ma non già la Descrizione
di Cremona del Bordigallo, opera manoscritta che si trova presso la
Biblioteca Governativa cremonese (4), la quale, ai fogli 2.5 b e 2.6 a reca
appunto le copie dei due diplomi. Così pure il Bordigallo, che non
é citato a proposito di altri quattro documenti (5), avrebbe potuto of-
frire all'Astegiano una nuova carta fredericiana, data a Grosseto nel
gennaio del 1176, con la quale l'Imperatore conferma ai Cremonesi
le concessioni de castro Roncharoti già fatte da suo figlio Enrico re
di Sardegna (6).
(i) Sommi, op. cit.. Regesti, pp. IlI-lV.
(2) Cipolla, op. cit., pag. 145. Cfr. Neues Archiv, voi. cit., p. SpS.
(3) C. D. C, I, 120-121, numm. 166-167.
(4) Codice AA, 8, 16, già del Museo Ala-Ponzone.
(5) Sono precisamente i docc. ii59, mag. 17 (n. 187); ii59, dee. 3o
(n. 192); I2i3, febbr, i5 (n. i65); 1329, giugno 21 (n. 25i), che si riscon
frano nel codice del Bordigallo rispettivamente ai fogli 56 a, 56 b,
2.5 a Q 2.6 b.
(6) Bordigallo, cod. cit., f. 24 b.
BIBLIOGRAFIA lòl
Altrove TAstegiano trascura l'originale di un documento per at-
tenersi alla copia (i) e la conseguenza è che talvolta, come succede
per r atto del 1082 posto sotto il numero 56, sono riportate le auten-
ticazioni notarili dell'apografo e non già quella dell'originale, che nel
caso citato vuol essere aggiunta nei termini seguenti: Bruno cancel-
lariits ad vicem Aribonis Magontini Archiepiscopi et archicancellarii re-
cognovi (2).
Ciò non ostante i regesti dell' Astegiano sono generalmente mi-
gliori di quelli del Robolotti. Se non che le mende e le inesattezze
che si riscontrano in parecchi di essi, oltre i già citati, inducono il
dubbio che pure altri regesti, dei quali non ci è dato presentemente
di poter fare il confronto con gli originali, siano intinti della mede-
sima pece. Gioverà pertanto spigolare qualche nuovo esempio:
Nel regesto 1173, agosto (n. 3o3) è tralasciata una quarta pezza di
terra che iacet in Casale; nel 929, settembre 26 (n. 11) non si ricorda
la circostanza che i privilegi confermati da Berengario avevano a lor
volta già riconfermato Rotari ed Ariberto ; nel 999, febbraio (n. 71)
la designazione locale in curtibus Croia, Aquanigra, Scxto, in lacu Sexto
et Silva Auzea mal risponde al testo che dice più chiaramente in cur-
tibus, ecc. cum lacu Sexto et silva Auzea inter Padum et Oleum; e inoltre
le vendite, di che ai numeri Sy e 69 del secolo XII, per non dire di
altre, mancano del prezzo col quale i beni vengono computati; quella
del 1178, agosto (n. 3o3) fa desiderare addirittura il nome del compra-
(i) È il caso codesto, dei doc. 1045, settembre 25 (n. 94); che l'A-
stegiano riferisce al Codice di Sicardo, ma che il Cereda ricopiava
per conto del Vignati traondolo e capsula Laudi et Cremae; 1074, giugn o
17 (n. i56); 1082 (n. 56); e d'altri ancora.
(2) Sempre a proposito di questo doc. l' Astegiano allega, tra le
fonti, lo Stumpf-Brentano , l'Ughelli ed il Sanclemente, ma voleva
essere aggiunto anche lo Zaccaria, Cremonensium Episcoporum Series etc.
Mediolani, in Regia Curia, mdccxlix; pag. 95. Lo Zaccaria va pure an-
noverato tra le fonti dei doc. 1116, mag. 29 (n. 29); 1066, ottob. 3o
(n. 145), ecc. Nelle fonti del doc. 759, sett. 17 (n. 2) è trascurato per-
sino il Muratori, Antiq. Ital., t. Ili, e. 555, che va aggiunto anche
alle fonti dei documenti 761, sett. io (n. 4), 769 (n. 5) e 908 (II, 61,
n. 16); Muratori, op. cit., t. V, e. 499; t. I, e. 525; t. I, e. 867.
lg2 BIBLIOGRAFIA
.SCOVO Ofìrcdo. Non.è poi amnus^ibilc che, nel regesto
del privilegio concesso da Eugenio III al vescovo Oberto {1148, luglio
7, nuiii. 142), le parole cremenses ecclesie et clerici, qui cremonensis epi-
scopatus ittris erant dicano proprio tutto quanto si trova molto più
precisato nel documento e cioè Cremenses ecclesiae qiiae iiiris episcopatus
cremonensis existunt et pars clericorum Ecclesiae Sanctae Mariae subjccta
cidem episcopo; e così pure non appare dal testo della pergamena che
nel documento 1019, aprile 3 (n. 27), Lademasco subtus ripa siano un
luogo solo e che si debba per converso scindere in due località diverse
V Isola Pazoni del testo, facendone, nel regesto, un Iso e un Lapazonil
Le inesattezze sono però maggiori e ricorrono più frequentemente
nella segnatura dei testes che subiscono, le poche volte che vengono
riferiti, strane metamorfosi e ingiustificati accorciamenti.
Un etc. alle volte fa supporre chi sa quanti altri testimoni. Si con-
fronta il documento e si vede che ne manca uno solo. È questo il
caso dei regesti 1189, aprile 14 (11. ii3), dove è da aggiungere il solo
Muso Apellinus, e 1176, giugno 22 (n. 822). Per contrario Tatto ii5i,
marzo i5 (n. i53) aggiunge ai nomi dei testimoni et quam plures alii,
ma invano si ricercherebbe nel transunto dell'Astegiano codesta espres-
sione od un eie. equivalente.
Nel 1196, marzo i (n. 58o) i testimoni Vicecomes et Azo de Comuni
et Jacobus Radinus diventano, secondo il Codice, niente di meno che
pares curiae, ma evidentemente quel pares è cattiva interpretazione di
parte; nel 1021, luglio 28 (n, 38) i testes sono indicati Ardoinus comes
palata, Petrus, Petrus.... de Rivaltella, ma nel documento si legge Ardoinu'^
comes palata, Petrus Lamberti, Petrus Petri, An..., Ambrosii de Rivaltella ;
nel io5i, agósto (n. io3) la designazione dei testimoni Grenzo e Lanzo
mal s'acconcia con quanto è riferito nell'atto e cioè Signum tt ^^^ci-
nibus Erenzoni seu item Lanzoni testes; nel 1057, marzo 19 (n. 119), se
si accoglie la formula dell' Astegiano, sono iudices sacri palacii ben
sette degli otto testes citati, mxcntre il documento riconosce tale qua-
lità a due soli fra essi e precisamente ai nominati Laurentius ed
Ugo; nel 1128, gennaio 24, sono riportati tre soli testes, gli ultimi no-
minati, ma veramente sono otto e vanno aggiunti i nomi di Girardtis
Secamilica, Albricus Agginus , Ugetime filius Bellezonus, Truffo filius
Lanfranci, Raynaldus Grasulfus filìus V alt eri; altrove un Ubaldus de
Moringo ci vien spacciato per Ribaldus de Moringo (io65, novembre ,
n. i.'ò^); Johannes Bonus diventa. Joannes Borius (1169, giugno 28, n. 245);
BIBLIOGRAFIA 1ò:>
e Gropimts Vicecomes, Tropinus Vicecomes e Lanfranciis Ociili aurei,
Lanfranciis Celiamei (1173, maggio 20, n. 296); e così via.
C'è tanto che basta, io credo, perchè ci sia consigliata la massima
circospezione nelF uso del nuovo Codice Cremonese il quale ha voluto
riparare alle enormi deficienze del Repertorio e s'appalesa, invece, non
immune dai medesimi vizi e dai medesimi difetti.
Il Cipolla (i) si è compiaciuto di segnalare, ad esempio, il caso
stranissimo per il quale, a proposito di un documento del 998, mag-
gio 8, n. 45, l'Astegiano, adottando nel regesto la lezione coram Wdl-
tario indice, veniva poi, in una nota corrispondente, a smentire espli-
citamente sé stesso col propugnare l'opinione dell' Hortzschansky
e Perlbach che preferiscono leggere Waltuus invece di Waltarius.
Può fare degnamente il paio quest' altra incongruenza singolare che
si rileva a proposito delle Ricerche sulla storia civile del comune di Cre-
mona, dove (2) r Astegiano parla di quella lettera esortativa che A-
Icssandro II scriveva Cremonensis eccUsiae religiosis clericis et fidelibus
laicis, allorché il popolo, eccitato da quel Cristoforo Abate, che Bo-
nizonc (3) chiama Duce della Fatarla Cremonese, aveva scacciato i
preti simoniaci e concubinari, offendendo anche il vescovo Arnolfo,
indegno del suo ufficio. L'Autore sostiene, contro l'opinione del Wat-
terich (4), il quale assegna la lettera al 1066, che la data va differita
di due anni e cioè fino al 1068, in quanto il documento accenna ad
un sinodo tenutosi appunto dopo lo Pasqua del 1068, e nel 1066 era
ancora in vita Ubaldo , If antecessore d' Arnolfo nel vescovado di
Cremona. Ma, se si ricorre al Codice, la lettera non si trova né fra
i regesti del 1068, né fra quelli del 1066, e fa veramente specie di rin-
tracciarla sotto il 1067 (5), che, del resto, é il vero anno da assegnarsi,
poiché, nella lettera pontificia, il sinodo della Pasqua del 1068 è se-
gnalato come venturo (6).
(i) Cipolla, op. cit., pag. 145.
(2) C. D. C, li, 277.
(3) BoNizoNE, IJber ad amicum, De persecutione ecclesiae, in Watte-
RiCH, Pontificum Romanorum Vitae, Lipsia, 1862, voi. I.
(4) Watterich, op. cit., voi. I, pag. 268.
(5) C D. C, I, 81, n. 146.
(6) Cfr. Jaffè, Regesta Pontificum Romanorum, Lipsiae, i885, voi. I,
pag. 58i.
84 BIBLl'JUHAMA
Le luciidc che abbiamo rilevato sono un piccolo saggio di quelle
chC; con un esame più particolareggiato, si potrebbero riscontrare nei
due volumi del Codice in numero molto più rilevante. Alle volte sono
particolarità minime, ma in opere di questo genere la precisione e
tutto; più spesso il mancato accenno d'un particolare e T incom-
pleta designazione dell'argomento toglie ai regesti quel carattere di
fedeltà all'originale che vuol essere cura precipua di chi attende a
siffatti lavori.
Restano, poi, sempre le deficienze gravissime, prodotte dalla omis-
sione di qualche migliaio di documenti.
Il Cipolla (i) ebbe su di ciò ad esprimere il dubbio che l'Astegiano
non abbia tratto tutto quel vantaggio che poteva dal codice dei Pnz/i/^-
gia commimis Manine conservsLto a Mantova nell'Archivio Gonzaga; ma,
anche senza allontanarsi dagli Archivi cremonesi, non possono man-
care argomenti per confermarci nel sospetto, già dal Cipolla manife-
stato, che l'Astegiano abbia compiuto i suoi spogli con straordinaria
fretta, così da lasciare inosservati documenti meritevoli, forse, di
essere pubblicati anche integralmente. L'esame della Miscellanea del
Novati ce ne ha già posto due conferme ; altre molte non è difficile
rintracciare; ma non è nei propositi di questa recensione il compiere
tutte le lacune del Codice cremonese; ciò che richiederebbe tempo e
fatica non lieve e cui, per avventura, sarebbe appena sufficiente un
terzo volume da aggiungersi ai due che formano ora quell'opera.
Tra le carte del secolo XI, sotto l'anno 1084, trovo, ad esempio,
il contratto firmato tra i fratelli Adelbertns, pergomatis ecclesie levita, et
Oddo fila Rotepoldi de Galiano ed il vescovo cremonese Ubaldo (2), ma
non la permuta seguita il XIII Kal. febrnarii a Fornovo dalla quale
" constat Hubaldum episcopum dedisse comutacionis nomine cuidam
" Ardingo de Cassano duas pecias de terra, unam in loco qui dicitur
" Barbato, cui a mone coerit Anselmus qui dicitur de Badagio sancte
" cremonensis ecclesie de ordine canonicus, alteram in loco Calzo
(i) Op. cit., pag. 134.
(2) C. D. C, I, 65, num. 63.
BIBLIOGRAFIA l85
" ubi dicitur ad Gerani, cui a monte coerit Girardus qui dicitur Siccus
" Burgundus sancte cremonensis ecclesie item de ordine canonicus :
" et ad viceni recepisse ab eodem Ardingo sex pecias de terra scilicet
" tres in loco Mozanica, duas in Foro Novo, sextain in loco qui no-
" minatur Verdello, cui sexte a meridie coerit eidem Anselmi de
" Badagio „ (i).
E così pure non vedo il rogito del notaio cremonese Amizone, del
14 febbraio 1004, per il quale Uberto figlio d'altro Uberto di Pavia,
conte, fa promessa al Vescovo di Cremona già nominato, ed insieme
a' suoi successori e m'issi^ di tenere sempre a loro disposizione, per-
chè possano prendervi ospizio, una casa in Pavia di ragione del Ve-
scovado cremonese, e posta presso il Monastero di San Felice, sopra
una pezza di terra su cui è pure dedicata la chiesa di S. Giovanni (2).
Se si passa al secolo seguente, le omissioni non mancano pure di
palesarsi e per documenti che, a dire il vero, fa meraviglia di veder
completamente trascurati. Basterà accennare V investitura di una pezza
di terra, situata presso la Cava, fatta da Pietro arciprete della chiesa
maggiore di Cremona in Agostino parroco di Santa Maria Maddalena
e della Cava del Morbasco, il 22 agosto del iii3; l'investitura di due
pezze di terra, situate nelle vicinanze di Ardole, fatta da Imerio di Ber-
nardo in prete Alberto canonico della chiesa di Cremona, il 3 maggio
del 1182; una terza investitura, del 29 luglio 1188, di Maestro Girard o
Ripari canonico e massaro della Chiesa Maggiore di Cremona in Gio-
vanni Bono Magnavacca per una pezza di terra situata in Tebarengo
e della misura di tre pertiche e mezza; il giuramento prestato da quei
di Pavia, il 28 luglio 1190, di osservare i patti amichevoli celebrati
coi Cremonesi e coi Bergamaschi; il giuramento dato il 7 dicembre 1191
da Bonifacio marchese del Monferrato e dal figlio di lui Guglielmo che
essi avrebbero sempre protetto, nei confini del loro territorio, le cose
e le persone di Cremona, di Pavia, di Bergamo, di Como e di Lodi ;
(i) Della carta, che non ho visto altrimenti pubblicata, il Cereda
mandò copia al Finazzi, ed ora si conserva presso la Biblioteca Co-
munale di Bergamo.
(2) Questo doc. fu pubblicato dal Muratori, Antiquitates Medii Aevi,
t. II, pag. 421-segg. Non accenna ad esso neppure il Robolotti, nel
suo Repertorio, sebbene la pergamena si trovi ora fra le altre molte che
sotto il suo nome si conservano presso la Biblioteca Governativa di
Cremona.
l'.II!I.I()C.UAl-IA
l'Ilo atto, codesto, della concordia di cinquant'anni firmata tra le
parti suddette in favore dell'Impero ed in odio a Milano (i); l' istru-
mento rogato il 14 novembre 1192 in canonica Ecclesiae Maioris Cre-
tnonae per istanza di qucdarn Aloica quondam Vcnerii e del figlio suo
Giovanni che fanno completa remissione all'arciprete Pietro ed alla
Canonica di quanto è dovuto da questi al defunto Venerio ; un privi-
legio concesso da Enrico VI imperatore a Guizardo conte di Crema e
ad Alberto Strusio giudici e procuratori del Comune di Cremona, in
data VI idus iiinii iiqS; l'investitura, del 27 marzo 1196, che Casiela tixor
quondam Ade de Bono de Casalcbutano hitrix filium Oldofrcdi tt Ymol-
dinc et Joannes de Bono frater Ade facevano nella persona dell'Arci-
prete Pietro nomine canonice ecclesie maioris di Cremona, di una pezza
di terra ad Casalchuianmn in loco ubi dicitur Cicognolum; l'investitura
d' un'altra pezza di terra situata presso Cremona al luogo detto Sab-
bione, fatta da Arnaldo e Rolando, canonici della chiesa cremonese,
in Giovanni di Obizone ed Alberga sua moglie, il XIII Kal. Martii 1197;
la vendita, seguita il 9 decembre dello stesso anno, per parte di Osberto
da Casalbuttano a Pietro arciprete della canonica di S. Maria, di una
pezza di terra posta in Casalbuttano e della misura di pertiche tre e
mezza, ecc., ecc.
Le lacune aumentano naturalmente per il secolo XIII, dove più
che per gli altri, i documenti si presentavano numerosi.
Mancano, fra l'altro, gli accordi presi dai Cremonesi e dai Parmi-
giani, il 3i luglio 1202, neir occasione delle discordie che tenevan divisi
i Modenesi da quei di Reggio; mancano il giuramento prestato, il 1208,
nei giorni 8, 9, io e i3 del giugno, dai Modenesi per promettere che
avrebbero osservato i patti della concordia stabilite con Cremona (2);
l'altro giuramento, in data 8 luglio del medesimo anno, col quale i
cittadini di Reggio si dichiarano pronti ad ottemperare a quanto sopra
le loro discordie con Modena saranno per decidere i Podestà di Cremona
e di Parma; la richiesta, fatta il 22 agosto 1212, perchè il Comune di
Parma voglia aiutare quello di Cremona contro Pizzighettone; la re-
lazione pronunciata per dominum Albertum Strusium Imperialis Curiae
ludicem nella pubblica adunanza cremonese del 2 maggio I2i3, a pro-
(i) C. D. C, I, 180, num. 498.
(2) L'Astegiano riporta invece quello dei Veronesi. V. C. D. C, I,
212, num. 78.
BIBLIOGRAFIA 1 87
posito della guerra coi Milanesi; il giuramento, in data 2 decembre 1218
del podestà di Milano servandi tnandata nomine civitatis Mediolani per
ciò che riguarda le guerre e le questioni vigenti fra Milano, Piacenza
ed i fautori da una parte e Cremona, Parma e gli aderenti dall'altra;
la presentazione, seguita il X/FiTa/.^/'r/Z/s del 1221 delle lettere papali
con le quali Onorio III ingiunge al Comune di Cremona di mandargli
suoi procuratori entro la domenica qua cantatur : Ego swn pastor bonus
per definire la lite con l'Abate di S. Sisto in Piacenza; la vicendevole
promessa dei Piacentini e dei Cremonesi di non oflfendersl (1222, feb-
braio II) e molti altri documenti relativi a questa pace; la procura
del Podestà di Cremona ad appellarsi presso la Santa Sede contro
ogni gravezza che avessero voluto imporre a Cremona il Vescovo ed
i Consoli piacentini (1222, aprile 8) ; la scomunica fulminata da Onorio III
contro i Veneziani, il 18 maggio del 1226, poiché essi persistevano
nel commerciare coi Cremonesi colpiti da interdetto; un documento
del 2 settembre 1271 relativo alla questione vertente dinanzi agli ar-
bitri del Comune di Cremona e di Parma tra Cremona da una parte
e Passarino de Equis parmense dall' altra , a cagione d' un furto che
il secondo aveva subito (i); ma ulteriori aggiunte riuscirebbero
forse fastidiose.
Del rimanente, e gli esempì addotti e^ più che altro la pratica del
Codice persuadono tosto che notevoli lacune non mancano nell'opera
dell' Astegia no, al quale va pure domandato se ai documenti del se-
colo IX, tutti quanti editi o dal Codex Diplomaticus Langobar diae o
dal Pertz, ed a quelli del secolo X, egli non abbia trovato da poter
aggiungerne due altri di notevole importanza almeno per il tempo cui
appartengono.
Si vuole, cioè, acccfnnare innanzi tutto all'atto del febbraio 87Ò,
col quale diciotto vescovi, riuniti in Pavia con a capo l'Arcivescovo
di Milano Ansperto, ed i Conti e gli ottimati del Regno rispondevano
alle sollecitazioni del pontefice Giovanni VIII (2) col riconoscere la
a\itorità dell'imperatore Carlo il Calvo (3); ed in secondo luogo alla
(j) L' Astegiano [CD. C, I, 353, num. 929 e pag. 864, num. 971),
riporta due altri doc. relativi a codesta vertenza.
(2) Le esortazioni di Giovanni Vili si possono vedere in Jaffè^
op. cit., voi. I, pag. 203, che le trasse dal Mansi, Conciliorum amplissima
collectio, Florentiac, 1759, voi. XVII, pagg. 233 e 235.
(3) La carta fu pubblicata dal Muratori, Rerum Italie. Scriptores,
l88 biULlOCiUAi lA
conferma fatta in giudizio, il 5 settembre del 991, da Gualtero, giudice
e messo d'Ottone ITI, d'una carta di donazione di terre in Maleo e
nei dintorni presentata dai coniugi Rotgero ed Ermcngarda (i).
A voler l'orniulare, dopo quanto si è detto, un giudizio comples-
sivo sull'opera dell' Astegiano, ci pare di dover concludere che il
Codice Cremonese, se da una parto; e precisamente per ciò che riguarda
la copia delle fonti usufruite e la distribuzione generale del lavoro;
merita elogi non scarsi, offre, dall' altra, troppo largo appiglio alla
critica, nel rispetto, anzitutto, dei molti documenti omessi e, in misura
non minore, per quanto concerne alla pertinace trascuratezza nella
compilazione dei regesti e all'assenza quasi completa d'ogni cenno
illustrativo delle fonti.
Anche dell'indice alfabetico, aggiunto ai due volumi, si potrebbe
osservare che non tutta la materia del Codice è in esso egualmente
distribuita, giacché molti nomi, di luoghi e di persone, o mancano del
tutto, o sono accennati troppo oscuramente, o difettano di qualche
riferimento; ma ormai sat prata biberunt, ed in questo caso è impos-
sibile che la recensione sia anche T errata corrige completa della pub-
blicazione.
Nell'attesa, intanfo, o d' un opportuno ritorno dell' Astegiano sul-
r opera sua o d' una nuova pubblicazione che s' attenga meglio alle
voi. II, parte II, col. i5o. Cfr. del medesimo A. gli Annali sotto l'anno
876, e inoltre Robolini, Notizie appartenenti alla storia della sua patria,
Pavia, Fusi e Comp., i823-i838, volumi 8; voi. II, pag. 35. Il Sancle-
MENTE, Series critico-chronologica episcoporum cremonensium, Cremonae,
apud Josephum Feraboli , mdcccxiv, fa un' eccezione alla regola non
riportando dal Muratori codesto doc. a proposito del vescovo Bene-
detto che è nominato a pag. 28. Similmente si comporta lo Zaccaria,
op. cit., pag. 65, ed è da argomentare che il silenzio degli scrittof'i
cremonesi abbia causato l'omissione dell' Astegiano.
(i) Questo documento, su di una copia fornitagli dal Cereda, pub-
blicava primamente il Vignati, op. cit., voi. II, pag. 33. Un'altra carta'
cremonese, edita dal Vignati, op. cit., voi. II, p. 65 e trascurata dal-
l'Astegiano è la sentenza dell' 11 giugno io52 data in Piacenza a favore
di Adeleida, badessa del Monastero piacentino dei Santi Sisto e Fa-
biano, la quale si rivendicava la proprietà della corte di Larderà ciim
castro noviter inchoatum.
BIBLIOGRAFIA i8q
norme scientifiche che a codesti lavori sono proposte, faciliterà di non
poco, a quanti ne avessero bisogno o desiderio, l' esame e lo spoglio
del massimo fra i depositi archivistici cremonesi; che è quanto dire
l'Archivio Segreto; l'attuazione del tanto invocato provvedimento che
tolga per sempre all' acrea " muda „ della Cattedrale, confinata là, sotto
i tetti e illuminata da un " breve pertugio „ costantemente aperto ad
ogni imperversare d'intemperie; i diplomi ed i registri che, per leg-
gittimo timore, un tempo, edora per ingiustificata gelosia, vi sono da
secoli costretti
L'esame di quelF Archivio è, nelle attuali condizioni, un'impresa
da spaventare, direi quasi, il ricercatore più assuefatto ad ogni sor-
presa. Nei locali del Comune si ha un Repertorio con la scorta del
quale occorre primamente designare le pergamene od i registri che
si desiderano, ad un impiegato, che mette quindi a dura prova i suoi
sentimenti di cortesia e la forza de' suoi garretti, ahimè! non più
giovanili, col scendere le scale giù fino in piazza ed, attraversata questa,
percorrere anche le navate della Cattedrale; poscia, giunto ad una
porticina tutta ferrata che stride sotto il morso delle doppie chiavi,
arrampicarsi per un buon tratto su di una scaletta tortuosa ed oscura
costruita nello spessore d'una delle facciate del Duomo!.
Compiuto anche il ritorno del tenebroso e fantastico viaggio, che
richiede sempre una buona mezz'ora, T impiegato potrà recarvi© non
recarvi le pergamene che cercate, ma non vi basterà certamente l' a-
nimo di rimandarlo fin lassù una seconda volta. Ond'è ch'io penso
con un certo terrore all'infinite volte che l'Astegiano, per condurre
a termine il suo lavoro con materiali di pertinenza quasi esclusiva
dell' Archivio Segreto, avrà dovuto necessariamente far ripetere la
poco lieta e punto facile peregrinazione; e, d'altro canto, non so ren-
dermi ragione della proposta, anzi della viva raccomandazione eh' egli
crede opportuno di fare, nella prefazion sua (i), ai reggitori odierni
del Comune di Cremona, affinchè, nel sognato timore di trafugamenti
e di dispersioni, l'Archivio sia mantenuto sotto il tetto della Cattedrale
Tutti i pericoli per i preziosi cimeli si potrebbero, infatti, piena-
mente scongiurare, procacciando nel medesimo tempo comodità e van-
taggi infiniti agli studiosi, quando fosse data làcoltà alla Biblioteca
Governativa, che può mettere a disposizione opportuni locali, d'ag-
(i) C. D. C, Prefaz,, I, 8.
QO BIBLIOGRAFIA
giungere ai depositi minori già affidati ad essa dalla fiducia cittadina
quello sovra ogni altro cospicuo dell'Archivio Segreto. Quali le ra-
gioni in contrario ?
Giuseppe Riva.
Manfredi Silio. — U insurrezione e il sacco di Pavia nel maggio i^cfO.
Monografia storica documentata. Pavia, Giuseppe Trattini. 1900,
pp. x-220, in 8.
Tutta l'opera è divisa in cinque capitoli: Le fonti, Pavia sotto la
dominazione austriaca e l'arrivo delle truppe francesi, L'insurrezione,
Il sacco, I processi.
L'autore, dovendo raccontare un episodio di storia pavese già
narrato da molti, ma non esposto nella sua interezza e non messo
nella sua vera luce, sente il bisogno di riprendere il lavoro da capo
e di esaminare particolarmente le varie fonti, studiandone 1' impor-
tanza. È questo l'argomento del primo capitolo, che non esito a dirlo
uno dei più belli di tutto il lavoro.
Con ordine, con chiarezza e con fine critica studia ad una ad una
le cronache contemporanee, rileva- di alcune le parti comuni, stabili-
sce la priorità di altre, la poca importanza di altre ancora, mette in
luce il carattere dei cronisti e la attendibilità loro per riguardo al-
l' indole, alla cultura e alla loro contemporaneità agli avvenimenti. È
un capitolo fine, veramente necessario per giustificare la narrazione e
per dare ad essa il valore di opera definitiva.
Il diario che ha il diritto di precedenza è quello di Vincenzo Rosa,
custode del Museo dell'Università. Il M. ne fa la storia e ne rileva i
difetti, enumera le buone qualità e la scrupolosa esattezza del cronista
neir indicare la provenienza delle notizie. Secondo per importanza e
per derivazione viene il diario manoscritto di Luigi Fenini. Su questo
manoscritto 1' autore esercita tutto 1' acume della sua critica, e dimo-
stra che il diario risulta di una parte originale e di una parte tolta
dal Rosa; ne mette in chiaro la molta ma non eccessiva importanza
(come altri prima ha creduto), giovandosi anche di altri manoscritti da
lui scoperti che, con l'esame calligrafico, dimostra dello stesso Fenini.
Viene terzo un diario anonimo, probabilissimamente opera del nobile
BIBLIOGRAFIA IQI
marchese Gaspare Belcredi, come provano i numerosi argomenti ad-
dotti dal Manfredi. È documento utile per le molte notizie che dà e
per la cultura e la parte cospicua avuta dall'autore nella città e nella
vita pubblica; ma ha tutto un'intonazione partigiana. Il quarto ma-
noscritto, "Il tumulto di Pavia contro ai Francesi nell'anno 1796,,
di Pietro Carpanelli non è originale : deriva dal Fenini , dal Rosa e
da altri /pur avendo anche alcun che di nuovo e di particolare; es-
sendo poi l'autore uomo di parte, non si può tenere in grande consi-
derazione. I manoscritti Favalli giovano solo per le abbondanti notizie
militari e religiose. Sesta ed ultima fonte sono le note manoscritte di
Siro Comi nella raccolta " Ticinensia „ che, come dice il Manfredi,
"costituiscono da sé sole un'ampia e sicura esposizione di fatti,,...;
" non solo riempiono le lacune del Rosa, ma costituiscono per noi una
" fonte importantissima. Qui siamo davanti non ad un cronista rozzo e
" incolto, come nel caso del Fenini e del Favalli, ma ad uno storico
" vero e proprio „. L'A. poi si serve di molti altri documenti dell'Ar-
chivio Civico di Pavia, di manoscritti scoperti nelle vicinanze di Pavia
e dei libri a stampa di Carlo Magenta e di Giovanni Vidari, dei quali
autoti, anzi reca un giudizio severo. A questo proposito sarebbe stato
forse desiderabile che il M. avesse temperato un po' la forma, perchè
più d' un lettore potrebbe giudicare irriverenti le parole che sono ado-
perate a loro riguardo. Io però, che per esperienza conosco specialmente
il primo libro, se posso ammettere che qualche frase abbia un colorito
un po' troppo forte, non credo che l'autore abbia mancato di riverenza;
e mentre da una parte desidererei meno rude la espressione, dall'altra
ammiro la franchezza e il coraggio di mettere avanti un giudizio vero,
esatto e sicuro intorno a libri, che se hanno grandissimi pregi (nessun
li nega) hanno però anche tali e così gravi difetti che, per la verità
e l'onestà storica, se ne deve avvertire il lettore.
Il secondo capitolo, che è preparazione alla vera trattazione della
materia, espone le condizioni di Pavia sotto la dominazione austriaca.
Dopo aver accennato alle molte riforme fatte dall'Austria in Lombar-
dia, l'A. tocca quelle riguardanti Pavia in ispecial modo; cioè la co-
struzione del moderno grandioso palazzo della Università, la chiamata
di professori valenti, l'apertura di un gran Seminario lombardo con
divieto ai vescovi di aprirne in altre diocesi, il favore morale dato
alle lettere e agli studi in genere, il miglioramento delle condizioni
economiche della città, la costruzione di strade al Po, a Belgioioso
02 «IBLIOG RAFIA
c S. Cristina, ad Arena e a Parpancse, a Binasco, a Casoratc, a Motta
Visconti, al Gravellone, ecc., la rappresentanza della città e provincia
di Pavia, cioè il Consiglio generale, la Congregazione municipale.
Quanto alle idee francesi, se si eccettua qualche raro caso di stu-
denti generosi e di alcuni ecclesiastici dotti ed illibati, il popolo pavese
era ostile al movimento d'Oltralpe. A lui non era arrivato che l'eco
più clamoroso e spaventoso di frenesie e di ribellione ad ogni autorità.
" A chi è avvezzo a scivolare senza scosse lungo la china della vita,
anche la piiì piccola novità dà ombra e fa paura „ (p. 66). A colorire
anche peggio la Rivoluzione contribuivano moltissimi preti francesi,
che si rifugiavano in Italia, nobili e principi che venivano da noi a
chieder asilo e un tetto sotto cui conservare livree e privilegi ; rac-
conti pieni d' orrore e di sangue che di bocca in bocca ingranditi,
riempivano di sgomento il popolo della città, e peggio quello delle
campagne (pp. 09-73). Così che all' avvicinarsi dei Francesi la città fu
presa da terrore. L'Università fu chiusa, il generale austriaco Beau-
licu, ingannato da Bonaparte, dovette ritirarsi. La Comunità allora,
priva di soldati, cerca di premunirsi contro il pericolo, creando una
milizia urbana, distribuisce farina a Linaroio, Belgiojoso, Corteolona,
S. Cristina, Spessa, Torre dei Negri, Vigalfo, Copiano e Villanterio
per provveder di pane i Francesi, manda lettere e messi per ingra-
ziarsi i nuovi signori e risparmiare dolori alla città. Il 14 maggio fi-
nalmente arriva il generale Augereau con 6000 Francesi. La Munici-
palità insieme col vescovo va ad incontrare l'esercito, distribuisce ai
soldati pane e carne , mentre con coccarde al petto e con fanfare
sonanti le arie della Carmagnola e del ^aira i cittadini fanno per
le vie un' accoglienza benevola se non entusiastica ai nuovi venuti
{pp. 75-83).
Appena insediati, il generale francese ebbe bisogno di denari e
di viveri, poiché i soldati francesi, pieni di sacro entusiasmo, di ri-
spetto e di civiltà verso i nuovi ospiti, mancavano però di abiti e di
regolare armamento. Onde, sia per le molte e gravi requisizioni, sia
per il soverchio entusiasmo di alcuni giacobini (che ave\^ano anche co-
stituito una Società popolare), sia per l' innalzamento dell' albero della
libertà, in Piazza Grande, causa di tumulti e della deposizione dell'ari-
stocratica Municipalità, sia per la definitiva erezione in Piazza Piccola
dell' albero della libertà e per il vandalico abbattimento della statua
del Regisole, sia per alcuni tumulti nati in Borgo Ticino, e sia infine
BIBLIOGRAFIA ig-'>
per ripulsione alla novità e per odio ad un sistema di cose dannoso
ai ricchi, cominciò a manifestarsi una corrente contraria a' Francesi,
corrente che si estese e serpeggiò minacciosa per le campagne. Il 17
maggio infatti, al suono della campana a martello di Trivolzio insor-
gono i contadini dell'occidente, e, armati alla meglio e capitanati da
preti, fittabili e fattori, si avviano in soccorso della città, la quale, a
vero dire, era sempre stata in buoni rapporti con i soldati francesi.
Disgraziatamente l'Augereau, invitato da Napoleone, il 21 maggio
parte con le milizie per Cassano d'Adda, avuta prima assicurazione
che Pavia non era in pericolo; e così la città vien lasciata in balia
di sé e degli animi eccitati. Allora, da persone interessate furono fatte
correre voci allarmanti, che i Francesi erano battuti, che gli Austriaci
tornavano minacciosi e vendicativi. Si abbatte l'albero della libertà
al grido di viva V imperaiorc, giù le coccarde, si gira per la città, si
trovano armi, si assediano nel castello i pochi Francesi rimasti col
Latrille: la città tutta è in tumulto (i3 maggio). La Comunità dissuade,
invita alla calma, ma il popolo corre alla torre maggiore e suona a
martello. I contadini già alle porte irrompono anch' essi alla ricerca
dei giacobini, diventano i veri padroni della città. Anzi in tutto il tu-
multo quelli che sono più numerosi, più riscaldati sono i contadini,
che pretencono da mangiare (pane, vino, formaggio), vogliono prendere
il castello, e da ultimo finiscono quasi ad impegnar lotta con gli stessi
cittadini. Il giorno dopo continua il tumulto, che si estende anche alla
parte orientale della campagna: e, per disgrazia della città, alle porte
una compagnia di banditi esige da chiunque passi una taglia per
l'uscita. Lo stesso giorno, 24, altri contadini a Rinasco avevano suo-
nato a stormo, ammucchiati ciottoli e suscitati tumulti contro i Fran-
cesi, mentre i borghigiani non si movevano neppure.
Ma a mezzodì viene da Milano un corpo di cavalli e di fanti Fran-
cesi, che, penetrati a viva forza nel Borgo, reprimono il moto e ap-
piccano fuoco alle case. Il giorno dopo, lo stesso Bonaparte, preceduto
dal vescovo di Milano, s'incammina verso Pavia, mentre i contadini,
rientrati in città, vanno di nuovo al castello e ne ottengono la resa
(p. 127). Le parole del vescovo non riescono a calmare la gazzarra dei
contadini, che si preparano alla resistenza. Ma presto con finte mosse
i Francesi entrano, e comincia il sacco. L'A. dimostra che anche que-
sta volta i soldati Francesi si mostrarono meno crudeli che non si
sia creduto, e che altri abbia scritto ; poiché sofl'ersero i ricchi di quelli
Areh. Star. Lomb. - Anno XXVII. _ Fase. XXVII. i;
104 BIBLIOGRAFIA
sole vie (Strada Nuova e Corso di P." Borgoratto), dove i contadini
avevano opposto resistenza maggiore, buttando dai tetti tegole e
mattoni.
La vendetta, cominciata il 25 sera non durò più delle nove del
giorno dopo, perchè d' ordine superiore con trombe, tamburi e squa-
dre di soldati si impose di cessare dal saccheggio: nelle campagne
1' esecuzione dclF ordine si compì necessariamente più tardi.
Allora l'u rinnovata la Municipalità, che il Bonaparte volle com-
posta di 17 anzi che di 12 membri, scelti per metà fra i democratici
e per metà fra gli aristocratici e i neutrali. Tra gli aristocratici fu il
marchese Luigi Malaspina, grande erudito e benemerito cultore d'arte,
che lasciò in dono a Pavia il suo grande palazzo e le relative colle-
zioni artistiche.
La Municipalità, il generale Haquin, il vescovo coi loro buoni uf-
fici seppero ben presto ricondurre la calma, la quale non fu turbata che
dalle conseguenze dolorose del moto. Per tale lavorìo saggio e concorde
tornano le simpatie per i Francesi, i quali però non possono fare che
si risparmino sacrifizi di denaro per sopperire ai gravi danni.
Tornata la calma si diede opera ai processi. Le condanne furono
veramente pòche, e, a detta degli stessi cronisti, non ispirate ad ec-
cessivo rigore. Numerosi invece tra il 29 e il 3o gli arresti special'
mente di nobili e di ricchi proprietari di terre, che in numero di 60
furono mandati come ostaggi ad Antibo.
Importante fu il processo contro la Municipalità, incolpata di avere
favorito il moto : ma in grazia di testimonianze autorevoli, come quelle
del generale Haquin, fu completamente assolta.
Finisce la trattazione un paragrafo di questo capitolo intitolato
/ veri colpevoli, in cui il M. espone le varie opinioni intorno alle cause
del moto stesso, aggiungendo la opinione sua che, principale fra tutte
dovette essere il cattivo governo dei Francesi, e si appoggia per que-
sto alla autorità di Pietro Verri.
Il libro piace, e anche se non si avesse quel veramente bel ca-
pitolo intorno alle fonti, il resto direbbe da sé che siamo davanti ad
un lavoro equilibrato e sicuro. Né potrebbe essere altrimenti, dato
l'animo tranquillo e sereno dell'autore, il quale infatti per quanto
tocchi argomenti che sotto forma poco diversa vivono ancor oggi.,
pure si tiene sempre lontano dagli estremi sia di alcuni cronisti con-
temporanei sia di storici posteriori.
BIBLIOGRAFIA If)5
La forma, stentata da principio e quasi direi forzata, viene di mano
in mano accomodandosi, finché diventa scorrevole ed efficace. Tutto
il lavoro attesta le buone qualità del giovane storico, e sopratutto la
diligenza e la scrupolosità.
Ma chi lo conosce a fondo, come colui che scrive, avrebbe desi-
derato anche un saggio di altro, per cui non mancava all' autore né
r ingegno né la dottrina. Parlando delle cause si é, quasi direi, affret-
tato, si è limitato ad osservazioni generali, buone per vero, ma non
sufficenti a interamente spiegare il moto. Egli si attenne più che altro
a considerazioni psicologiche e politiche, non rilevando per intero
l' importanza di un grave elemento economico. Risulta da tutta la
narrazione che il fermento maggiore fu nelle campagne, che i veri
rivoltosi e tumultuanti furono i contadini condotti da preti, fittabili
e fattori. Orbene, utilissimo sarebbe stato se Y autore avesse messo
in opera la sua cultura economica e sociologica e avesse sviscerato
l'argomento da questo punto. Non ci risponda che ne avrebbero pa-
tito le proporzioni del libro, perchè egli stesso s'accorge subito che
anzi sarebbe un degno coronamento del bel lavoro un capitoletto di
conclusione intorno alle cause vicine e remote. Oggi la storia, special-
mente di questi argomenti, non si può più limitare alla sola narrazione
di ciò che é più appariscente e tumultuoso, a ricerca di cause esclu-
sivamente legate alla politica superficiale, alla psiche individuale o
collettiva delle folle; ma deve anche aver di mira quelle cause che
talora sono origine prima delle une e delle altre e finiscono poi ad
assommarsi e complicarsi con esse. Nel nostro caso infatti non é a
caso che il moto proceda quasi interamente dai campi e dall' opera
di preti e di fittabili. Perché adunque tutto questo ? La risposta, ne
sono certo, ce la darà l'autore in un prossimo studio di completa-
mento; anzi spero che da oggi se ne assuma l'impegno formale, e
ad utile del suo sodo, severo e bello studio, tragga partito anche da
altre risorse del suo ingegno e della sua cultura.
Ettore Galli.
196
BIBLIOGRAFIA
D/ Henri-Maxime Ferrari. Une chaire de médecinc au XV siede — Un
professeur à rUniversité de Pavie de 14J2 à 1472. Avec un fac-si-
mile d'autographe et cinq gravures. Paris, Felix Alcan, 1899, in-8,
pp. 33i.
I cultori della storia della medicina hanno finito col riconoscere
che per narrare a dovere le vicende della loro scienza, faceva d'uopo
rinunziare alle grandi opere sintetiche, generali, e mettersi a scrivere
delle monografie particolari e minuziose sopra date scuole o scienziati
singoli, dall'opera dei quali gii studi medici avessero ricevuto un in-
cremento. Così vediamo, da alcuni anni a questa parte, apparir tratto
in luce anche tra noi dei lavori che offrono un interesse speciale allo
storico, il quale vi ritrova ricercato non soltanto ciò che concerne alle
discipline salutari, ma messo in luce altresì quanto può illustrar vuoi
la storia della cultura, vuoi quella del costume. Né sono soltanto de'
medici, che a quest'utile impresa consacrano i loro sforzi, ma anche
degli eruditi. Così, per non citare che degli esempì recentissimi, or
ora il professor Sante Ferrari dell' Università di Genova ha data fuori
un'opera poderosa sopra Pietro da Abano, dove la parte che spetta
air attività spiegata come medico da quel celebre personaggio vien
accuratamente illustrata; ed il Dott. Arnaldo SegarÌ2zi si è più mode-
stamente, ma con felice successo, industriato a ritessere la biografia
d'un altro medico padovano, che godette ei pure di molta celebrità
nel sec. xv; Michele Savonarola, colui che trattò, dopo Ugolino da
Montecatini, con maggior competenza delle acque termali d' Italia.
L'autore del libro che adesso annunziamo non è un erudito, uno
storico, bensì un medico, il quale, contando tra i suoi antenati un
illustre cultore dell' arte salutare, ed avendo nel domestico archivio
molti documenti che lo riguardavano, ha creduto doveroso innalzare
alla memoria dell' antico suo congiunto un durevole ricordo. E questo
suo disegno merita lode, giacché ben pochi oramai conoscevano più
se non di nome Giammatteo Ferrari di Grado , che fu professore al-
l'Università di Pavia dal 1482 al 1472.
Giammatteo era nato a Milano negli ultimi anni del sec. xiv dal
fisico collegiato Giovanni. La sua famiglia, oriunda d' Agrate (donde
si disse di Gradi o di Grado), era di buona nobiltà, e parecchi tra i
BIBLIOGRAFIA
suoi parenti conseguirono onori e cariche alla corte dei Visconti.
Recatosi a Pavia a studiarvi medicina verso il 1425 , ei vi si addot-
torò ; e siccome la fama eh' erasi guadagnata crebbe rapidamente ,
così sette anni dopo ritornava in qualità di maestro nelle scuole dove
era entrato discepolo. Né da Pavia si allontanò mai, se non quando
la morte lo colse sul cadere del 1472.
Il Dott. Ferrari ha diviso il suo libro in quattro parti. La prima
è dedicata a narrare la storia dell'università Pavese nel sec. XV ed
a tessere la vita del Ferrari, che ne fu per tant' anni cospicuo orna-
mento. La seconda intende a dar un' idea della medicina medievale.
La terza comprende alcuni Consulti del professore Pavese. La quarta
infine una bibliografia de' suoi scritti editi ed inediti. Un indice bi-
bliografico delle opere consultate ed un'Appendice di documenti ine-
diti chiudono il poderoso volume.
Non tutte le quattro parti, di cui il libro del Dott. Ferrari è com-
posto, possono dirsi d'uguale valore. L'autore, l'abbiamo già notato,
è un medico, non uno storico; e si comprende dunque agevolmente
com'egli non possegga un metodo molto sicuro nelle indagini erudite,
né una cognizione assai estesa degli argomenti che é obbligato a trat-
tare. Perciò la prima parte che riguarda le vicende dell'Ateneo Pavese
nel quattrocento, oltre a. non presentare novità di sorta, lascia molto
a desiderare sia per l'ordine con cui la materia è svolta, sia per le
considerazioni dalle quali i documenti, assai mal trascritti quasi sem-
pre, sono accompagnati. Così pure la seconda parte che riassumer
vorrebbe in una sintesi succinta le vicende della medicina durante il
medio evo, offrirebbe il fianco a molte e molte osservazioni. In com-
penso la vita del Ferrari, finora ignota, è rischiarata dall'A. con molti
frammenti del carteggio del celebre medico, i quali permettono di
conoscere le relazioni ch'egli ebbe colla corte Milanese, dove non
solo l'onorò di sua fiducia Filippo Maria Visconti, ma lo tennero in
alto conto e Bianca Maria di lui figliuola e il di lei marito Francesco
Sforza; i quali gli prestarono man forte nelle lotte ch'egli si trovò a
sostenere coi suoi colleghi Pavesi; e quindi anche il figlio loro Ga-
leazzo Maria. Anche V esame delle opere di Giammatteo, la Practica,
i Consilia, le Expositiones, scritti che conseguirono ai tempi del loro
Autore una grande diffusione e furono stampati molte e molte volte
nel corso del sec. xv, è condotto con diligenza ed acume ed ofìrc
utili elementi alla cognizione delle condizioni in cui versarono in que'
|f)8 BIBLIOGRAFIA
tempi cosi per loro infelici, la medicina e la chirurgia. Accurata e ben
fatta e pure la bibliografia degli scritti di Giammatteo: solo è a la-
mentare che, tanto nel riferire i nomi propri «come nel riportare frasi
o periodi di testi latini ed italiani, il Dott. Ferrari cada sempre in
gravi errori di trascrizione i quali a volte tolgono addirittura il senso.
Se egli avesse chiesto l'aiuto di qualche studioso italiano, l'opera sua
sarebbe uscita purgata da questo inconveniente che le reca nocumento
non lieve. Ma chieder agli scrittori francesi che non snaturino nomi
o parole italiane — lo so bene — è quasi come chiedere l' impos-
sibile! (r)
F. N.
(i) Perchè stampare Fagnano (p. i), Rienzi (per De Remi, p. 3),
Anghiera (p. 89), Angleria (p. 49), Angliera (p. 62) per Angera, Cara-
vago (p. 5o) per Caravaggio, e scrivere " la quale se ritrovatra de
" malia volia,, (p. 9) invece di " la quale s'è ritrovata de mala volia „ ;
"scrivo per mia excavationc „ (ibid.) invece di " per mia excusatione „ ;
" giovanetti incanti „ per " incauti „ (p. 27); " veduta in uno volume „
per " reduta in uno volume,, (p. 54); " mcura „ per "morirà,,, ecc.
E che diamine vorrà dire " abbia e se suUi i doce si dividano i si-
guenti libri,, (p. 65)? E questi son pochi esempi, raccolti a caso tra
altri infiniti.
APPUNTI E NOTIZIE
^\ Le Colonne di S. Lorenzo. — Della seduta, che si tenne dalla
Società nostra il 19 dello scorso luglio, per prendere le opportune mi-
sure, affinchè un'agitazione che s'era iniziata in città a danno di quel
venerando "rottame d'antichità,, che sono le Colonne di S. Lorenzo,
non procedesse tant'oltre da divenire pericolosa; si renderà più esatto
conto nel fascicolo prossimo, dove troveranno luogo gli Affi del/a Società,
di cui la mancanza dello spazio ci consiglia a ritardare la pubblica-
zione. Sol ci basterà accennare qui che alla seduta intervennero molti
più soci di quanto, data la stagione poco favorevole, si fosse in di-
ritto d'attendere; che un ordine del giorno, giustamente vibrato, pro-
posto dalla Presidenza, venne approvato all'unanimità, e comunicato
quindi, senz'indugio, alle autorità municipali, al Prefetto, nonché a
S. E. il Ministro della Pubblica Istruzione. Con sollecitudine di cui
gli professiamo viva obbligazione, il Pro Sindaco comm. Mussi si è
dato cura di rispondere che del voto espresso dalla Società, ove 1' oc-
casione sorgesse, sarebbe tenuto il debito conto.
/^ Annunziamo con piacere la ristampa dell'importante libro del
conte Ugo Balzani, Le cronache italiane nel medio evo, eseguita da quel-
l'infaticabile editore che è U. Hoepli. Nel ridare alla luce, dopo di-
ciassett'anni, il suo scritto, l'egregio autore ha sentito il bisogno di
rivederlo accuratamente e di additare nelle note i più recenti e pre-
gevoli studi sopra gli autori de' quali egli ha analizzato le opere. La
Lombardia ha, naturalmente, una parte notevole in questo libro, giac-
ché, a cominciar dal secolo ix (per tacere di Paolo Diacono), essa
oifre cronisti come Andrea da Bergamo; e storici, quali Liudprando,
un secolo appresso. Più specialmente agli scrittori municipali lombardi
si rivolge l'attenzione del Balzani nel cap. VI, dove sono sobriamente
200 APPUNTI E NOTIZIE
rammentati i mirabili narratori del sec. xi e del xii, A mollo, Lan-
dolfo di S. Paolo, il cosiddetto sir Raul, Ottone ed Acerbo Morena.
Tra gli annalisti dei sec. xiii-xiv, oltreché un bel profilo di Salimbenc,
che ha per noi tanta importanza, rinveniam rapidamente disegnate le
figure di Stelanardo da Vimercate, di Giovanni da Cermenate, di Bo
nincontro Morigia, di Galvano Fiamma. Ci sia concesso di manife-
stare qui però Li nostra meraviglia, perchè al libro così originale di
Bonvesin da Riva, recentemente tornato alla luce, il Balzani non de-
dichi neppure una parola.
In complesso il bel volume è d'attraente lettura e gioverà cerio
a fare conoscere un po' meglio il medio evo italiano a que' molti che
— forse non a torto — indietreggiano di fronte ai libri troppo grossi
e troppo eruditi, che, del resto, non sono scritti per loro.
/^ Un altro libro recente che interessa la Lombardia è quello di
lulia Cartwright (Henry Ady), intitolato Beatrice d'Este duchess of Milan
(London, Dent, 1899), nitidamente stampato ed abbellito di fotoinci-
sioni. L'autrice s'è proposta di colorire un quadro della vita di corte
in Milano ai giorni di Lodovico il Moro, facendo rivivere intorno al
duca ed alla diletta sua consorte i letterati e gii artisti più famosi
del tempo, che furono con loro in rapporti. Trattandosi d'un' opera
di divulgazione, non si può pretendere molta novità di ricerche ; tut-
tavia la signora Cartwright ha applicato un po' troppo largamente il si-
stema caro a Molière; essa -pnre prend son bien oh elle le trouve : e quindi
(coni' osserva giustamente il Giornale storico della letter. ital., xxxvi, 274),
ha saccheggiato " alla lettera „ il lavoro, pubblicato, anni fa, in questo
Archivio dai nostri soci cav. A. Luzio e prof. Renier, Delle relazioni
di Isabella d^ Este Gonzaga con Lodovico e Beatrice Sforza.
^\ Polir la recherche des documents historiques : è questo il titolo
d'un' interessantissima Nota che l'instancabile studioso il quale risponde
al nome di Leon G. Pélissisr, ha pubblicato testé nel Bibliographe
Moderne (1900, n. i), riassumendo una Prolusione da lui tenuta tempo
addietro nell'Università di Montpellier. Il Pélissier si è proposto di
mostrare in questo suo scritto come le biblioteche e gli archivi dei
piccoli centri racchiudano due generi di documenti : gli uni normali
e, per così dire, autoctoni; anormali gli altri, cioè avventizi e stranieri
al luogo dove si rinvengono. Or questi documenti errabondi, che gli
APPUNTI E NOTIZIE 20]
Studiosi locali per lo più curarono e curano poco, perchè non appor-
tano veruna utilità alle loro speciali ricerche, possono viceversa aver
un'importanza singolare per gli studi storici in genere: e molte volte
il caso ; giacché pur troppo un'esplorazione sistematica di questi ma-
teriali non è ancor stata intrapresa e sarebbe ibrse impossibile ese-
guirla; il caso mette in luce, cavandoli da nascondigli, dove l'esistenza
loro non si sarebbe mai sospettata, tesori inapprezzabili. Il Pélissier
cita molti e molti esempì di simili scoperte, suggeritegli dall' immensa
pratica ch'ei possiede degli archivi e delle biblioteche di Francia; e
consiglia e raccomanda caldamente ai suoi allievi d' intraprendere,
ognuno per suo conto, dovunque gli aceada di poterla fare, quest'e-
splorazione scientifica regionale, anzi municipale. È un consiglio che
non si saprebbe abbastanza ripetere anche da noi, dove esistono an-
cora tanti depositi scientifici press' a poco sconosciuti ed il più delle
volte malamente conservati.
/^ Potrebbe parer strano che noi annunciassimo la pubblicazione
di un' operetta famosa del celebre poeta francese del secolo xv Alano
Chartier, Le Curial, edita a Halle da pochi mesi per cura del signor
P\ Heuckenkamp, privato docente in quell'Università, se non ci afi^ret-
tassimo a soggiungere che, insieme al testo francese, edito con molta
cura sopra vari mss. di Parigi, di Bruxelles, di Vienna, ecc., il signor
Heuckenkamp ha anche ristampato, servendosi, oltreché dell'edizione
datane dai pp. Martène e Durand nella loro Amplissima Collectio, di
un ms. parigino; il trattatello De vita curiali detestanda tamquam mi-
seriis piena, di cui Alano Chartier s'è limitato a dare nel suo scritto
così celebrato nel secolo xv, una semplice e fedele versione. Ora il
libretto De vita curiali é opera di un letterato milanese della fine del
secolo XIV, di q[\\g\V Ambrosius de Miliis, cioè, il quale, recatosi in
Francia, divenne segretario del duca Ludovico d' Orléans e 1' accom-
pagnò poi nella sua venuta ad Asti l'anno 1412. Il De Mlliis in Francia
aveva stretta relazione con tutto il gruppo letterario che viveva alla
corte di Carlo VI; e si hanno di lui, oltre il libretto De vita curiali,
in cui egli dipinge con molta vivacità le miserie dei cortigiani, altre
lettere notevoli per mordacità di frizzi, dottrina e malcelato scetticismo
religioso e filosofico. Ei fu anche in relazione con Coluccio Salutati;
ma disgraziatamente sin qui altro non sappiamo de' casi suoi se non
quel poco che ci rivelano le lettere ricordate: il sig. Heuckenkamp
202 APPUNTI E NOTIZIE
nulla aggiunge alla nostra scarsissima scienza. Forse gli Archivi Mi-
lanesi potranno o prima o poi recarci nuove notizie su quest'interes-
sante figura di letterato ambrosiano del primo Quattrocento,
/^ Per le nozze Grassi-Morici il prof. Giovanni Crocioni ha dato
alla luce due lettere di Felice Romani al maestro Carlo Conti d'Ar-
pino (Velletri, tip. Stracca).
/^ Sappiamo che vedrà presto la luce a cura del prof. Carlo Sal-
vioni dell'Università di Pavia, il quale attende da tempo ad un'edi-
zione critica delle Poesie edite ed inedite di C. Porta, quel carteggio
del celebre poeta vernacolo con Tommaso Grossi ed altri suoi amici,
sovra il quale nel fascicolo penultimo di quest' Archivio noi avevamo
richiamata l'attenzione degli studiosi, raccomandandone la pubblica-
zione.
/^ Errata-Corrige. — Per una semplice svista tipografica, nella
Rassegna dei lavori pubblicati dal compianto nostro Vice-Presidente,
comm. C. Vignati, inserita nel fascicolo precedente (p. 477), furono
omessi i titoli delle più recenti monografie storiche da lui messe alla
stampa dal 1884 in poi. Ci diamo qui premura di completare l'elenco,
chiedendo scusa ai lettori dell'involontaria omissione:
27. Gastone di Foix e V esercito francese a Bologna, a Brescia, a Ravenna,
dal genn. all' apr. Jji2 {Arch. Stor. Lomb., XI, 1884).
28. / primi studi di C. Correnti {Arch. Stor. Lomb., XVI, 1889).
29. // decreto di Francesco 1 re di Francia per la fabbrica della chiesa
e del Monastero della Vittoria in Zivido presso Melegnano, i5i8 [Arch.
Stor. Lomb., XVIII, 1891).
30. Francesco da Lemene e il suo epistolario inedito [Arch. Stor. Lomb.,
XIX, 1892).
Tra gli scritti dell'egregio Uomo, che ci ha per sempre lasciati
dee pur trovare luogo una Cantica, ch'egli diede in luce nel i852 in
occasione di nozze, senza però porvi in fronte il suo nome. Il raro
opuscolo, pervenuto in possesso delia Società nostra dopo la di lui
morte, per dono dell'egregio nostro Segretario ing. E. Motta, è stam-
pato a Lodi. Eccone una breve descrizione: Nelle Nozze — Pansini-Wil-
APPUNTI E NOTIZIE
203
mani — Cantica — Lodi, Tipografia di C. Wilmant e Figli, i8j2. 24 carte
non numerate, in foglio grande. La dedica suona: A — Rachele Wilmant
— nel giorno di sue nozze — con — Angelo Fanzini — che — la Fatria —
co' musicali studi onora — questa cantica — dedicano — i Tipografi Lodigiani,
L'opuscolo è stampato su carta di lusso, con ricchi fregi dorati, dove
ricorrono pure i colori rosso, verde, azzurro; e costituisce un curioso
specimen d' eleganza tipografica quale si ricercava mezzo secolo fa in
Lombardia.
PERIODICI
che pervengono alla Biblioteca Sociale in dono
o per cambio coli' Archivio.
Italia.
Acireale. — Atti e rendiconti dell'Accademia Dafnica di scienze, let-
tere ed arti.
Alessandria. — Rivista di storia, arte, archeologia della Provincia di
Alessandria.
Bari. — Giornale araldico-genealogico-diplomatico.
Bologna. — Atti e memorie della R. Deputazione di storia patria.
Brescia. — Commentari dell'Ateneo di Brescia.
Casalmaggiore. — Rivista di lettere, di storia e d' arte.
C aste Ifwr enti no. — Miscellanea storica della Valdelsa.
Como. — Periodico e Raccolta della Società storica comense.
— Rivista archeologica della Provincia di Como.
Ferrara. — Atti della Deputazione ferrarese di storia patria.
Firenze. — Archivio storico italiano.
Genova. — Atti della Società Ligure di storia patria.
— Giornale storico e letterario della Liguria.
Lodi. — Archivio storico per la città e comuni del circondario di Lodi.
Lucca. — Atti della Reale Accademia lucchese di scienze, lettere ed arti.
Milano. — Rendiconti del Reale Istituto Lombardo di scienze e lettere.
— Rivista italiana di numismatica.
Mantova. — Atti e memorie della R. Accademia Virgiliana.
Messina. — Rivista di Storia Antica. Periodico trimestrale di Anti-
chità Classica.
Modena. — Atti e memorie della Deputazione di storia patria per le
Provincie modenesi.
PERIODICI CHE PERVENGONO ALLA BIBLIOTECA DI QUESTA SOCIETÀ 20^
Napoli. — Archivio storico per le provincie napoletane.
— Bollettino della Società Africana d' Italia.
Palermo. — Archivio storico siciliano.
— Documenti per servire alla Storia di Sicilia.
Parma. — Archivio Storico per cura della R. Deputazione di storia
patria per le Provincie Parmensi.
Parenzo. — Atti e memorie della Società istriana di Archeologia e
storia patria.
Perugia. — Bollettino della Società Umbra di storia patria.
Pistoia. — Bollettino storico pistoiese.
Roma. — Ministero della Pubblica Istruzione, Indici e Cataloghi delle
biblioteche e raccolte del Regno.
— Istituto storico italiano. Bollettino e Fonti per la Storia d' Italia.
— Rendiconti della Reale Accademia dei Lincei.
— Archivio della R. Società romana di storia patria.
— Mélanges de FEcole Frangaise de Rome.
— Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Biblio-
theken herausg. v. Koenigl. Preussischen Institut in Rom.
— Biblioteca dell'Accademia Storico-giuridica.
— Studi e documenti di storia e diritto.
— BuUettino della Commissione archeologica comunale di Roma.
— Nuovo BuUettino di Archeologia Cristiana.
— Bollettino e Memorie della Società Geografica italiana.
Rovereto. — Atti dell' I. R. Accademia degli Agiati.
Savona. — Atti e memorie della Società Storica Savonese.
Spalato. — BuUettino di Archeologia e Storia Dalmata.
Sulmona. — Rassegna abruzzese di storia ed arte.
Torino. — Biblioteca Storica italiana pubblicata per cura della R. De-
putazione di storia patria.
— Bollettino Storico-Bibliografico subalpino.
— Bollettino di Filologia classica.
— Miscellanea di Storia italiana.
— Rivista storica italiana.
— Atti e Memorie dell'Accademia delle Scienze di Torino.
— Atti della Società di Archeologia e Belle Arti per la provincia di
Torino.
Trento. — Archivio trentino.
Trieste. — Archeografo triestino.
206 PERIODICI CHE PERVENGONO ALLA BIBLIOTECA DI QUESTA SOCIETÀ
Veneaia. — Atti del R. Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti.
— L* Ateneo Veneto.
— Nuovo Archivio Veneto.
Francia e Belgio.
Revue historique, Paris.
Revue des questions historiques, Paris.
Revue d'histoire diplomatique, Paris.
Polybiblion. Revue Bibliographique universelle, Paris.
Académie des inscriptions et belles lettres. Compte-rendus des séan-
ces, Paris.
Bibliothèque de Fècole des chartes, Paris.
Analecta BoUandiana, Bruxelles.
Bulletin de la Société des études des Hautes-Alpes, Gap.
Journal des Savants, Paris.
Bulletin et mémoires de la Société nationale des antiquaires de France
Paris.
Bulletin de l'Académie Delphinale, Grenoble,
Spagna.
Boletin de la Real Academia de la Historia, Madrid.
Revista de Archivos, Bibliotecas y Museos, Madrid.
Austria.
Archiv fur òsterreichische Geschichte, Wien.
Zeitschrift des Ferdinandeums fur Tirol und Vorarlberg, Innsbruck.
Mittheilungen des Jnstìtuts tur òsterreichische Geschichtsforschung,
Innsbruck.
Bulletin International de l'académie des sciences de Cracovie.
Mittheilungen des histor. Vereins fur Steiermark,. Graz.
Beitràge zur Kunde steiermàrkischer Geschichtsquellen, Graz.
Germania.
Abhandlungend der historischen classe derKòniglich Bayerischen Aka-
demie der Wissenschaften, Miinchen.
PERIODICI CHE PERVENGONO ALLA BIBLIOTECA DI QUESTA SOCIETÀ 207
Sitzungsberichte der historischen classe der K. K. Akademie der Wis-
senschaften, Miinchen.
Mitteilungen des Oberhessischen Geschichtsvereins, Giessen.
Sitzungsberichte der Kòniglich Preussischen Akademie der Wissen-
schaften, Berlin.
Centralblatt fur Bibliothekswesen, Leipzig.
Zeitschrift fiir romanische Philologie, Halle.
Zeitschrift der histor. Gesellschaft ftir die Provinz Posen, Posen.
Zeitschrift tur Thuringische Geschichte, Jena.
Svizzera.
Bollettino storico della Svizzera Italiana, Bellinzona.
Beitràge zur vaterlàndischen Geschichte, Basel.
Der Geschichtsfreund. Mitteilungen des historischen Vereins der tunf
Orte, Stans.
lahrbuch fùr Schweizerische Geschichte, Zùrich.
Quellen zur Schweizer. Geschichte, herausgegeben von den Allgc-
meinen geschichtforschenden Gesellschaft der Schweiz, Basel.
Mémoires et documents publiés par la Société d'histoire et d'archeo-
logie de Genève, Genève.
Inghilterra.
The English Historical Review, London.
• America.
Amerikan Journal of Archaeology and of the History of the fine arts,
Princeton.
Smithsonian Institution, Washington.
Johns Hopkins University Studies in historical and politicai science,
Baltimore.
// bibliotecario
B. NOGARA.
Amos Mantegazza, gerente-responsabile,
Milano, tip. Pietro Faverio di Gonfalonieri Pietre, via Gozzadini, 47'49.
FONTI E MEMORIE STORICHE
DI
S. ARIALDO
NON è necessario parlare di tutte le fonti storiche della vita
di S. Arialdo, poiché alcune di esse, come Arnolfo e Lan-
dolfo Seniore , vennero già sufficientemente studiate.
Credo invece utile discorrere di quelle fonti, che non vennero
ancora sottoposte a serio esame, eguali sono le due vite di S. Arialdo,
la prima scritta dal beato Andrea di Srumi, la seconda scritta
da un anonimo del XII o XIII secolo.
Riguardo alle memorie storiche si avverte che in questi ap-
punti vengono raccolti i fatti che ponno illustrare la storia spe-
cialmente postuma di S. Arialdo: vedremo quali leggende si so-
vrapposero alla sua figura storica, faremo delle ricerche per rin-
tracciare, se ci sarà possibile, il suo corpo, da ultimo brevemente
vedremo i monumenti che ci parlano di lui.
In questo primo articolo parleremo delle fonti storiche.
E noto che la causa per la restaurazione del culto a questo
santo, dopo la sentenza favorevole emanata dal tribunale eccle-
siastico milanese il 4 ottobre 1899, venne presentata al supremo
tribunale dell'Apostolica Sede. Questo fatto darà maggiore attua-
lità e interesse a queste memorie, le quali saranno un ben pic-
colo contributo alla storia di Milano. Pure mi conforta il pen-
siero che r indirizzo moderno degli studi storici non rifugge dai
minimi particolari: dappertutto si raccolgono frammenti di storia,
si dissotterrano ricordi anche apparentemente inutili, ma che poi
Arch. Star. Lo>nb. - Anno XXVII. — Fase. XXVHI. 14
210 FONTI K MEMORIE STORICHE
avranno il loro posto nella ricostruzione ideale del mondo che
tu; sono come ossa aride che si trovano sparse qua, là nelle n
viste, nelle memorie di Archivio, in mille opuscoli, che aspettano
una potente intelligenza sintetica, la quale li unisca in un sol
tutto, e su quelle ossa intimi col profeta : Ossa aride, ascoltate la
voce del Signore.... ed ecco accostarsi osso ad osso , formarsi ì
nervi , stendersi la pelle , e bacare in piedi vivo ed agguerrito
un esercito grandissimo.
I.
Della prima vita di S. Arialdo
scritta dal B. Andrea di Srumi.
'Di Andrea di Srumi parlano diversi autori, fra i quali noto
i Bollandisti ai io marzo (.4. SS. Martii, II, 48) e Affò nei Lette-
rati parmigiani (I, pag. 49). Si potrebbero anche vedere le non
poche meinorie Vallombrosane e anche alcuni manoscritti conser-
vati nelle Biblioteche di Firenze, specialmente nella Marucelliana.
Dirò brevemente di lui.
Gli autori comunemente lo dicono parmigiano, però io non
ho trovato alcun documento, sul quale poggi tale 'asserzione: sol-
tanto sappiamo che la sua terra natale doveva essere lontana da
Vallombrosa cinque giorni di viaggio a piedi, il che, per quanto
sia una indicazione molto vaga, può avverarsi meglio di Parma
che di Milano (i). Solo negli ultimi anni della vita di S. Arialdo
Andrea appare come uno dei canonici o fratelli, che abitavano
nella canonica di P. Nuova, vivendo vita comune: è quindi pro-
babile quanto scrive l'Affò che Andrea verso il 1061 abbia do-
(i) Lettera di Siro ad Andrea presso Puricelli^ De SS. Arialdo
Alciato et Herlembaldo Coita, Mediolani, i658, p. 119. Petisti famostun
et celebre Vallis Umbrosce ccenobium itinere dierum quinque a natali solo
semotum. — Per andare ad Angera da Milano Andrea aveva impie-
gato buona parte d'un giorno e una notte (vedi ivi, p. 108, cap. 29).
DI S. ARIALDO 21 1
vLito abbandonare, come fecero altri, la sua patria, la quale era
sede di Cadalo antipapa, che si chiamava «Apostolico eletto (i)».
A Milano divenne amico intimo di Arialdo, e gli fu fedele anche
nella sventura. Quando il suo amato maestro venne di nascosto
ucciso (1066), egli andò al lago Maggiore, per averne notizie, ne
conobbe la miseranda fine, che poi fedelmente ci descrisse, né sa-
peva staccarsi da quei luoghi, prima di avere veduto il cadavere
del santo martire; corse tre volte pericolo di vita, una volta dai
satelliti di Oliva, Tempia nipote di Guido, fu preso e chiuso in
orrida prigione, dove anche ammalò, ma poi lo lasciarono li-
bero (2). Fu spettatore del solenne trasporto del corpo del mar-
tire dalle sponde del Ticino a Milano; poi ritirossi in patria, ma,
desideroso di chiudersi in un convento, dove la disciplina fosse ri-
gorosamente osservata, andò pellegrinando a piedi a Vallombrosa,
e si pose sotto la guida di S. Giovanni di Gualberto , come già
prima di lui avevano fatto molti altri milanesi, cremonesi e pia-
centini (3) e vestì 1' abito valloni brosano. Indi a non molto
venne eletto abate di S. Fedele in Srumi nel Casentino , dio-
cesi di Arezzo. Già fin dal io85 un documento riferito dal
Soldani ed accennato dall' Affò lo presenta rivestito di tale di-
gnità (4). Abbiamo diversi documenti, che parlano di lui: uno
appartiene all'anno 1090(5), un altro all'anno 1094 (6) e due
all'anno 1100(7). ^^^ i^ ^^^ possiamo bene essere sicuri eh' ei
(i) Affò, Letterati Parmigiani, (Parma, 1789) voi. T, 49 e anche
Storia di Parma, II, all' anno 1061.
(2) Lettera di Siro sopra citata.
(3) Vita di S. Giovanni di Gualberto scritta dal B. Andrea negli
Ada SS. Julii, III, 357 (cap. VII, 79).
(4) Affò, Letterati Parmigiani, 1. e, cita un' opera del Soldani, che
non ho potuto vedere.
(5) Davidsohn, Geschichte von Florenz (Berlin, 1896), 291, parla di
Andrea di Brunii, e affatto gratuitamente dice che sostenesse anche
coir armi la Fatarla milanese. Nei Forschungen zur alter en Geschichte
von Florenz, 69, cita il documento dell' anno 1090.
(6) Soldani, Historia Monasterii S. Michaelis de Passignano, p. ii56.
(7) Soldani, Op. cit., p. 116, e Affò, Storia di S. Bernardo U ber ti
Vescovo di Parma (Parma, 1788) a pag. 118, nota 3 tra i sottoscritti.
Mi:.M()i(iic sroKicMi;
non mori nel 1097, come comunemente si disse. Anzi egli doveva
essere in vita, e maneggiare la penna anche nell'anno 1106, per-
chè neir ultimo miracolo, ch'egli attribuisce a S. Giovanni di
Gualberto in line della vita che scrisse di quel santo, dà il titolo
di vescovo di I^irma a Bernardo liberti, monaco vallombrosano
e cardinale, il quale non conseguì quel vescovado, se non nel
I loò (i). Ma quell'anno fu anche l'ultimo di sua vita, poiché nel
1 J07 o forse alla tìnc del 1 106 troviamo ricordato il suo successore
nel monastero di S. Fedele di Srumi (2). I suoi biografi (seguendo
Io scrittore Vallombrosano Girolamo di Raggiolo, che scriveva nel
i486), dicono che egli fece buona opera pacificando gli aretini e
i fiesolani in lotta fra loro, che minacciavano venire all'armi.
Fu anche rigoroso conservatore della disciplina monastica, come
possiamo arguire dal fatto che in quel monastero Vallombrosano,
dove la disciplina monastica era pur rigorosamente osservata, egli
si lamentava che i monaci dai secolari solo per l'abito si distin-
guessero e non per le virtù (3). Il nostro Andrea venne sepolto nella
chiesa del suo monastero di Srumi, e la sua memoria è ricordata
nel martirologio dell'ordine ci io di marzo col titolo di beato.
Scrisse due opere assai pregevoli, dice il Davidsohn, per la
storia dì quei tempi ancor barbari ed oscuri, le quali per somma
ventura ci vennero conservate; la Vita et Passio Sanati Arialdi
Mediolanensis diaconi et martyris e la Vita S. Joannis. Questa
seconda opera fu scritta dal nostro Andrea già vecchio; scoperta
nel 1691 venne pubblicata per la prima volta dal Papembroch
negli Acta SS. Jiilii, tom. Ili, 343-65, ma di essa noi non par-
leremo.
L'opera che ci interessa è quella riguardante S. Arialdo. Venne
essa scritta da Andrea nella seconda metà dell'anno 1075(4).
(i) Ada Sanctorum Jiilii, III, 365,
(2) Davidsohn, Forscìmngen, ecc., 1. e, p. 69.
(3) Ada SS. Julii, III, 348.
(4) Il P. Rodolfo, al quale è dedicata 1' opera di Andrea, tenne il
generalato Vallombrosano dal 12 luglio 1073 al 12 novembre 1075. 11
DI S. ARIALLO
Dell'occasione, che Io spinse a scriverla egli stesso così dice
in una lettera al prete Siro, altro dei canonici o fratelli di
S. Arialdo, che abitavano nella canonica di P. Nuova, il quale
dopo la morte del santo divenne rettore della chiesa di S. Maria
Podone: Legente me, gli scrive Andrea, olim ea quce ciini socio
Herìmberto de venerabili Arialdo scripsisti, reperi vos multa prce-
terisse, qua^ dici oporteret. Unde factum est ut jubente B. memo-
riae Rodulpho patre, cujus anima jam cum Christo gaudet, multa,
tam de liis qucv omisisti, quam qua^ dixisti exprimere conatas
sinn. Qiice ad te mittens, obsecro per charitatem, ut diligente)'
inspicias, et si vera sunt testimonium feras. Nam sicut ipsiim
ìiabuij ut hcec facerem, prceceptorem, sic te habere volo, ut vera
sint, assertorem.... Tu enim tanto tempore ejus esse frater fami-
liaris meruisti, ut pene quidquid de eò dixerim, proprio intuitu
inspiceres.
A questa lettera risponde Siro : Miror, diarissime, quod de
illis requiras rebus unum testem, quas testari possimi non solum
multa millia jìdelium (i Patarinì così chiamavano sé stessi) sed
etiam infidelium (cioè i nicolaiti e simoniaci e loro sostenitori).
Et si nulliis super es set alius, qui harum rerum existere posse t
testis idoneus, quis tam vecors inveniretur, qui diceret te scrip-
sisse falsa ?... Porro de obitu eius ciani peracto quis te certior
existit ? qui prò hoc mortis periculo ter te dedisti.... Verumtamen.
licet multum Iceter super cuncta quce dixisti, quia vera sunt, et
a'dificationi utilia, tamen valde dolco quia omisisti prcecipua, ti-
B. Andrea scriveva la vita di S. Arialdo mentre da poco tempo era morto
Erlembaldo (vedi cap. XVI dell'edizione Puricelliana) e sappiamo che
Erlembaldo morì nella primavera del loyS. Confrontando il proemio del-
l'opera di Andrea con la prima lettera sua al prete Siro veniamo a sapere
che l'opera si cominciò essendo ancor vivo Rodolfo secondo generale
Vallombrosano, e si finì quand'esso era già morto. Finalmente lo stesso
Andrea ci dice che egli scrisse la vita di S. Arialdo nel decimo anno
dalla morte di lui (cap. 33 dell'edizione Puricelliana) e quindi non dieci
anni dopo quel martirio , ma piuttosto nove anni dopo , correndo il
decimo. Tutte queste circostanze confermano che 1' opera di Andrea
venne finita nella seconda metà del 1075.
2 1^ FONTI K MKMOUIK STORICHE
biqiic votissitJia, et ciir hoc feceris sic admiron, ut velim ex his
iìliqiiantula prudere coram te, et qiiare dimiseris addiscere. K
qui ci racconta alcuni fatti di qualche importanza (i).
Queste parole di Siro ci fanno lamentare la perdita della
vita di S. Arialdo scritta da lui e dal suo socio Erimberto, la
quale forse, raccontando quelle cose (prcecipua), che Andrea tra-
scurò, avrebbe portato un importante contributo alla storia così
di S. Arialdo come di Milano. Non è a dire perduta ogni spe-
ranza di poterla rintracciare in qualche scadale di biblioteca
conventuale o altrove , ma è debole speranza, se osserviamo che
ài quella vita di S. Arialdo nessun altro accenno si rinviene poi.
Le citate lettere ci manifestano anche quanto sia degno di
fede lo scritto del nostro Andrea , il quale non risparmiò fa-
tiche e viaggi per venire in chiaro della verità. Per quanto con-
cerne l'educazione ed i primi anni di vita pubblica di S. Arialdo,
egli riferisce quel che udì dal di lui fratello Melchiorre (a Mar-
cinone, nome che in questo caso non è di dignità , come alcuni
credettero, ma di persona) dal fedel servo Bonvisino, dalla madre
B'eza , che Andrea vide a Cucciago , e da molti altri testimoni
oculari (2). Per gli ultimxi anni poi , che sono anche i più im-
portanti, il nostro autore è egli stesso testimonio oculare, e ben
può dire di quanto narra: pars magna fui. Si mostra poi sempre
amante del vero. 11 Wattenbach, parlando di Arnolfo, dice che
costui nel narrare i fatti si discosta per lo più da Landolfo Se-
niore, che pure era del suo stesso partito, e invece quasi sempre
si accorda con quanto scrivono Andrea di Srumi e Bonizone di
Sutri, che pure militavano nel partito avverso (3). Quest'osserva-
zione, che è esatta, costituisce la più bella testimonianza a favore
dei tre scrittori, e la prova più convincente della nessuna fede, che
merita Landolfo il Vecchio.
Andrea però era monaco , e scriveva per monaci , poiché il
(i) PuRicELLi, op. cit., lib. II, cap. 34 e 35.
(2) PuRicELLi, op. cit., pag. 73, 75, 83, etc.
(3) M. G. H. Script., Vili, prefazione ad Arnolfo.
DI S. ARIALDO 21 D
SUO libro doveva essere mandato ai dodici monasteri dell'ordine
Vallombrosano per essere ivi letto. Per questo motivo forse, egli
credette di poter trascurare molti di quei fatti , che Siro a ra-
gione chiamava prcecipua , e che riguardano i rapporti della
storia di Arialdo con la storia della città di Milano, come p. e. la
legazione di S. Pier Damiani ed altre legazioni pontificie seguite
in quel periodo di tempo. Questa è una lacuna che dobbiamo la-
mentare. Ei si mostra poi, non però di frequente, troppo facile
nel giudicare un fatto come soprannaturale. Del resto non solo
sotto l'aspetto agiografico, ma anche sotto quello storico questo
autore è della massima autorità ed importanza.
Ed ora passiamo in rivista i codici dell'opera di Andrea.
Quelli eh' io ho studiati sono tre, conservati tutti nella bi-
blioteca Alessandrina di Roma.
i) Codice segnato Sp. — È miscellaneo di diverse mani, nella
parte III, a fol. 694 e segg. di mano del secolo XVII, si legge: Passio
sanctorum Martyrum Arialdi levitai et sociorum S. Joannis Giial-
berti alumnoriim, \^ab~] Andrea Vallis Umbrosa^ monaclio itineris et
certaminis ipsoriini comite individuo descripta. I fogli furono posti
da chi rilegò il codice, nel più brutto disordine, basti dire che
la vita comincia col penultimo foglio, che non era neppure nu-
merato. Le parole del codice sopra citate ci manifestano che,
quando esso fu scritto, era già formata la tradizione vallombro-
sana, che ascrive S. Arialdo a quell' ordine monastico, e gli dà
alcuni compagni: di ciò parleremo in seguito. Questo codice
non appare nel catalogo dei mss. Alessandrini compilato da Nar-
ducci, e mi fu indicato dal bollandista Van Ortroy, cui porgo
ringraziamenti come per questo, così per molti altri ajuti ch'ebbe
la bontà di darmi.
2) Codice segnato pp : pure miscellaneo di diverse mani del
secolo XVII: ha una Vita et Passio S. Arialdi Martyris Me-
diolanensis.
Questi due codici non sono che copie del solo importante
3) Codice segnato 2^ b. — È pure miscellaneo di diverse
mani, in quarto. Vi si trovano (N. 3) due quaderni in pergamena
i; MI .M(»IM
col titolo in rosso: Incipit prologus iìi passione Sancii Arialdi
Martyris Mediolanensis : bella scrittura a due colonne. Questo
codice venne esaminato (nel 1895?) dal Davidsohn (1) il dotto
scrittore della Storia di Firenze, il quale senza esitanza lo attri-
buisce alla line dell' XI secolo; nel quiilc avviso concordano il
bollandista Van Ortroy ed il bibliotecario della Vaticana dottor
Mercati, i quali, al più tardi, lo ascrivono, pei caratteri paleo-
ieratici, al principio del XII secolo, ma non sono lontani dal cre-
derlo anche lo stesso autos^rafo di Andrea, benché non abbiano
trovato argomento serio per dirlo tale. Si deve però avvertire-chc
nel codice appajono non solo delle annotazioni marginali ed in-
terlineari di mano posteriore, ma anche non poche correzioni, che
appartengono alla stessa mano, che scrisse il codice, e che sem-
brano, più che sbagli del copista, pentimenti dello scrittore, che
volle modificare il proprio pensiero: il che ci fa supporre di es-
sere alla presenza dell' autografo del B. Andrea.
Queste correzioni, che appartengono alla stessa mano che
scrisse il codice, passarono nell'ediziine del Puricelli e da essa
nelle susseguenti dei Bolla udisti {Acta SS. Jiiniì, die 27, tom. V,
281000) e del Migne (P.L., tom. CXLIII, 1437-82). Invece le an-
notazioni di mano posteriore sono ancora inedite. È pregio del-
l'opera pubblicarle ora. Il Davidsohn {\. e.) giudica che la mano
che fece queste annotazioni sia della fine del secolo XII, solo due
annotazioni sono di mano assai posteriore e verranno accennate.
Nel primo foglio del codice, recto, si trovano le principali
annotazioni.
i) In principio del prologo e della dedica a Rodolfo: Iste
Rodidphus fiiit sanctus abbas Valle et discipulus Sancti Joannis
Gualberti.
2) Alla fine del prologo, dove Andrea dico, che il suo scritto
verrà mandato ai dodici conventi vallombrosani : Vallombrosanus
ardo tiinc non habebat pliira monasteria.
3) In principio della vita, dove, parlando di Cucciago, l'au-
(i) Forschungeii, eie, loc. cit.
DI S. ARI ALDO 2iy
tore dice che è tra Milano e Como, e spiega, al vigesimo miglio
dal maggiore e al quinto dal minore, la rubrica pone sulla pa-
rola majorc « Mediolano », sulla parola minore « a Como, qua'
iirbs est » .
4) Sulla line della seconda colonna troviamo questa nota
marginale riferita a S. Arialdo: Iste Sanctus temporibus fiiit
beati Joannis abbatis Vali, et pugnam cum nicolaytis habuit et
simoniaciSf in tantum ut martyrium meruerit, ciijus discipulus
Andreas monacus effectus est in monasterio predicto.
5) In calce alla pagina, di mano del secolo XVII, sta scritto:
Ex libris D. Constantini Caietani a Siracusis monaci cassi
nensis.
6) Pur troppo questo prezioso codice è mutilo, mancando
il primo foglio del secondo quaderno, e, quello che è peggio,
mutilo laddove si narra uno dei più importanti momenti della
vita di S. Arialdo, quando l'Arcivescovo venne colpito di scomu-
nica e ne nacque il tumulto della pentecoste del 1066. L'ultima
pagina del primo quaderno finisce parlando dei due preti di Monza,
che furono imprigionati da Guido e liberati da Arialdo, e ne de
scrive l'entrata in Milano: Qiiibus Christi famulus cum multis
fidelibus illieo occurrit obvius, eosque deoscalans cum magno gau-
dio suscepit et excelsa voce Te Deum laudamus, cum fratribus
cantare ccepit, illosque in Ecclesia introduxit. Qiios tunc... E qui
manca il foglio. Una mano assai posteriore (del secolo XVI ?) scrisse
sotto quel quos tunc la parola: costerna, per l'evidente fine di far
scomparire la mancanza del foglio, poiché quel costerna doveva
unirsi alle prime parole del foglio seguente tos cruentosque. Av-
veniva però naturalmente una grande confusione di pensiero, poi-
ché dall' allegra accoglienza dei due preti di Monza a Milano si
passava ad una delle ultime fasi del tumulto della pentecoste
del 1066. Eppure i compilatori dei codici 89 e 99 sopra ricordati
non vi badarono neppure, e non ci badò neanche Giustiniano
Marsili, un. monaco Vallombrosano, che scrisse nella prima metà
del secolo XVII due vite di S. Arialdo, una in italiano conser-
vata manoscritta nell'Archivio della chiesa di S. Giuseppe in
iS
lUNll K Mfc-MUKIii blUHU.Hl.
J^escia (codice segnato e. 43), e una in latino conservata all'Am-
brosiana tra i manoscritti del Puricelli nel codice D, 2ì2 inf.
In questo grave errore non poteva cadere il Gaetani, il quale
quindi si diede attorno per trovare il foglio perduto, ma senza ri-
sultato. E indirizzando una lettera al Puricelli (o a Matteo Valerio),
nella quale mandava copia di quella parte della vita di S. Arialdo
scritta dall'Anonimo, che in qualche modo suppliva alla man-
canza del manoscritto, diceva: « La vita del Beato Arialdo, quale
«tengo io, è d'altro autore, e più breve, e nel fine dice che
« questo Beato da Alessandro II Papa, essendo in Milano, fu messo
« nel catalogo dei santi martiri (parla della vita dell'Anonimo).
« In quella di V. P. (cioè in quella del B. Andrea, di cui il Va-
« lerio prima, poi il Puricelli possedevano una copia) mancano
« queste cose seguenti nel foglio che li accennai j). Segue la copia
del brano dell'Anonimo (i).
Neil' esaminare i codici avevo qualche speranza di poter tro-
vare il foglio perduto, o almeno una qualche copia fatta sullo
scritto di Andrea non ancora mutilo: ma non ne fu nulla.
Finalmente avverto che l'unica annotazione passata nella
stampa è precisamente questo sbaglio del costerna : benché il
Puricelli ponga in avviso il lettore della mancanza del foglio.
Continuiamo a indicare le note marginali :
7) In principio della lettera di Andrea a Siro la stessa mano
della fine del secolo XII pone: Monacus fiiìt Vallis umbrosce iste
Andreas.
8) Nella lettera di Siro ad Andrea, dove si fanno le lodi
del monastero vallombrosano: Nota de monasterio Valle.
Da queste annotazioni giova ricavare qualche lume.
L'annotatore sicuramente è un monaco vallombrosano, ep-
pure mentre non fa che mettere in lilievo le glorie del suo or-
dine e nota con compiacenza e ripetutamente che il B. Andrea,
lo scrittore, ad esso apparteneva, non dice mai che vallombrosano
fosse r eroe stesso e il martire. Si capisce che la tradizione, che
1
(i) Codice Alessandrino, 99 (voi. II), p. 489.
DI S. ARI ALDO 2ig
iiscrive S. Arialdo a quell'ordine, non era ancor nata. — Siamo
assicurati che il B. Rodolfo, a cui Andrea dedicò l'opera sua, è
il successore di S. Giovanni di Gualberto nel generalato dell'or-
dine.
Ed ora sarà bene tentare una breve storia del codice e del-
l'edizione Puricelliana.
Il codice dovette servire a qualche monastero vallombrosano
di Toscana, le note, che sempre parlano di quell' ordine mona-
stico, e r annotazione di Como qiice iirbs est ce lo fanno intrav-
vedere. Anzi possiamo essere sicuri eh' esso un tempo le' parte
dell'Archivio di Vallombrosa.
Infatti il Marsili, di cui sopra ho toccato, intesta la vita la-
tina di S. Arialdo (i) da lui composta prima del 1640, così: Com-
pendiinn viice S. Arialdi Diaconi et Martyris invictissimi.... ex
;peciidineis antiqiiissimis scriptis deprompta% qucv olim in Archi-
caenobio Vallis iinibrosce Juerunt repertce, sed ab extraneo scrip-
tore siiffuratce ^ ìiostrisqiie temporibus Roma^ in aniciana bi-
bliotheca adhnc consej^vatce. Viene il sospetto che sia stato il
P. Gaetani a levare quel codice, per suoi studi. Si osservi che
l'antico Archivio Vallombrosano era davvero ricchissimo, ma quei
tanti tesori andarono perduti, parte per incendi, parte perchè i
libri imprestati al Baronio e ad altri non ritornarono a casa (2)
e, più che tutto, per le due ultime soppressioni dell'ordine nel
1810 e 1869; alcuni buoni manoscritti , che già appartenevano
a quell'Archivio, vennero dati alle biblioteche dello Stato a Fi-
renze, e l'Archivio dell'ordine, che si conserva nel monastero di
S. Giuseppe a Pescia, è ridotto adesso a ben poca cosa.
(i) Codice Ambrosiano D, 212 inf. ; miscellaneo di diverse mani
del secolo XVII, contiene molti scritti del Puricelli, dei quali taluni
riguardano S. Arialdo, e questa vita di mano, pare, dello stesso com-
pilatore.
(2) SoLDANi in Oucstioiti Vallombrosane (Lucca, i73i), parte 1, 8.
MICMORIE STORICHi:
La « biblioteca Aniciana », di cui ci parla il Marsili, era al-
l'Ospizio di S. Gregorio sul monte Celio, detta quindi anche
Gregoriana. Quando papa Alessandro VII nel lòfli l'ondò la bi-
blioteca, che da lui prese il nome, annessa al Palazzo della Sa-
pienza, vi trasportò i manoscritti e i libri dell'Aniciana : ed ecco
come il nostro codice passò dove oggi si trova. L' Alessandrina
s'arricchì anche con la ricca biblioteca, che possedeva il Gaetani
(più che sei mila volumi) e coi manoscritti di lui prima depositati
all'Aniciana. I due altri codici sopra notati della vita di S. Arialdo
fanno parte dei mss. del Gaetani. I quali, diciamolo per transenna,
sono d'una grande importanza specie per l'agiografia, poiché il
Gaetani lece egli stesso e fece fare copia di molti codici, special-
mente di vite di santi, che andaron poi perduti. Quindi quelle
copie fanno rivivere preziosi manoscritti.
Però l'Archivio Vallombrosa.no possedeva nel secolo XVII,
una copia del ms. delTAniciana, poi dell'x^lessandrina, giacché il
Franchi, che stampò a Firenze nel 1640 una vita di S. Giovanni
Gualberto (i), la nota insieme con altri manoscritti da lui con-
sultati, e il Marsili nel iòSp ne faceva una traduzione in italiano
pel popolo, che si conserva ancora manoscritta (2). Questa copia
lo non riio vista, però essa certamente era mutila; piuttosto la
copia che servì prima all'anonimo autore della seconda vita di
S. Arialdo, poi all'Alciati dovrebbe essere integra e dovrebbe tro-
varsi in Lombardia.
Il prezioso cod. dell' Alessandrina venne attentamente stu-
diato dal Gaetani, che ne fecQ estrarre per suo comodo due copie.
Lo mostrò anche al Baronio, il quale ne usò nel comporre i suoi
Annali (3). Fu appunto il Baronio, coli' inserire la vita di S. Arialdo
(i) Nella noia degli autori manoscritti citati nelV opera al n. i pone
Andrea, l'opera del quale dice trovarsi, benché non originale, nell'Ar-
chivio di Vallombrosa.
(2) Biblioteca del convento di S. Giuseppe in Pescia, codice se-
gnato C, 45; è la traduzione dell'opera del P. Andrea, " affinchè anche
il popolo possa conoscere, amare, onorare S. Arialdo „.
(3) Guam (vitam S. Arìaldi) antiqiiitiis scriptam accepimus a Domino
DI S. ARIALDO 22 1
ne' suoi Annali, che diede a questo santo celebrità: mentre
prima era noto solo agli storici milanesi, i quali le notizie di
lui ricavavano da Landolfo e da Arnolfo, o dagli zibaldoni del
Fiamma.
Poco tempo dopo, essendo a Roma Matteo Valerio monaco
certosino, che fu poscia priore della Certosa di Pavia e che vi
fondò la biblioteca, il Gaetani mostrò anche a lui il codice di
Andrea di Srumi. Il Valerio, che già possedeva un esemplare della
seconda vita di S. Arialdo composta dall' Anonimo, ne fu oltre-
modo contento, e subito ne volle fare una copia abbastanza fe-
dele, che portò seco a Pavia.
In Milano a quei tempi viveva un altro ricercatore passio-
nato ed intelligente di antichità, il Puricelli, preposto o meglio
Arciprete di S. Lorenzo maggiore, stretto in amicizia e col Gae-
tani e col Valerio. Costui venne ripetutamente dallo stesso Va-
lerio pregato, perchè volesse dare alle stampe e l'opera d'Andrea di
Srumi e la seconda vita dell'Anonimo, che allora si credeva dettata
da Landolfo Juniore, dichiarandosi il Valerio prontissimo a pre-
stargli le copie delle due vite di S. Arialdo non solo, ma anche
un brano di vita dello stesso santo cominciata a scriversi da
Andrea Alciati, di cui pure il Valerio possedeva una copia (i).
Si conservano in diverse biblioteche alcune lettere concernenti
queste trattative. Il Puricelli il 3o gennajo 1641 scriveva al Gae-
tani : «Non mi è stato neanco possibile il mettere all'ordine
« compitamente la vita del nostro S. Arialdo Quando tal
« vita sia in ordine V. P. sarà la prima ad essere avvisata » (2).
Cosimi /ino Caj etano monacho cassinensi , qui in huiusmodi antiquiiaiibus
in htcem vindicandis fructuose laborat {Annali, anno 1066, art. 16).
(i) Prefazione del Puricelli all' opera citata e altrove, specie in
Basii. Ambrosiane^ Monumenta, n. 256, p. 488. Sicitt ille (Cajetanus) Ba-
ronio, codicem ipsum antiquum commcndaverat, sic eiiam familiarissimo
suo Mattheo Valerio carihusiano, cum Romce aliquando essef, eundem ob-
iuiit, ut vitam illam sibi facerct inde transcribi. Transcriptam igiiur hic
apud se habebat, etc, etc,
(2) Cod. Alessandrino, 102, fol. Sió-y.
222 FONTI E MEMORIE STORICHE
E il 2 settembre ir)44 il Valerio eccitava nuovamente l'amico a
stampare la vita di S. Arialdo « tanto da me desiderata » (i). Il
Puricellì prometteva , ma, pressato da altri lavori, specie della
stampa delle sue Memorie sulla basilica di S. Ambrogio, tirava
per le lunghe. È bello il vedere uomini di tanto valore, come il
Baronio, il Gactani, il Valerio, il Puricelli aiutarsi scambievol-
mente in codeste indagini.
Finalmente dopo lunga aspettativa l'opera del Puricelli esci
alle stampe l'anno Kny coi tipi del Malatesta, e fu davvero una
bella edizione ; ma il Valerio era già morto da un pezzo.
La divisione in capitoli, tanto quella dell'edizione Puricel-
liana, come quella usata dai Bollandisti, nonché l' intestazione dei
capitoli stessi non esistono nel codice.
La copia adoperata dal Puricelli era corretta, quindi corretta
riuscì l'edizione. Le emendazioni che vi si potrebbero fare, col-
lazionandola coir originale, non sono che accidentali e senz' im-
portanza.
n.
Della seconda vita di S. Arialdo.
Autore di questo scritto da Andrea Alciati venne creduto
Arnolfo celebre storico milanese (2): ma ormai nessuno ripeterà
questo errore. Il Puricelli pensò invece all'altro storico milanese,
Landolfo di S. Paolo (3): ma gli argomenti, ai quali si appog-
giava, furono giudicati troppo deboli dal Giulini (4), che primo
cominciò a chiamare l'autore Anonimo e fu poi seguito da tutti.
Questo Anonimo fu certamente milanese, poiché egli chiama
0
(i) Cod. Ambrosiano, D, ii5 inf, fol. 173.
(2) Presso Puricelli, De SS. Arialdo, etc, p. 16.
(3) Puricelli, nella prefazione al lib. Ili dell' opera citata.
(4) Memorie spettanti alla storia di Milano, voi. II , pag. 37^ t'ella
2.^ edizione.
DI S. ARIALDO 223
S. Ambrogio protector nostrae clarissimae urbis (i) e scrisse dopo
il secolo XI, perchè dice che S. Arialdo era sepolto a S. Dionigi
e riferisce alcuni versi collocati su quel sepolcro (2). Ora S. Arialdo
fu trasportato a S. Dionigi o nel 1099 o nel iioo. Parlando della
chiesa che il B. Andrea dice Ecclesia Ro^onis, egli aggiunge; qiiae
mine dicitur S. Sepulchri (3); ma quella chiesa non si chiamò
così se non dopo il iog5. Si aggiungano i cognomi, che il
B. Andrea non indica e che l'Anonimo invece riferisce. Da ultimo
il B. Andrea chiamò Sta^^ona quel medesimo borgo (o città), che
l'Anonimo con vocabolo più moderno dice Angleria (4). Queste
osservazioni dimostrano all'evidenza che l'autore della seconda
vita di Arialdo è posteriore all'XI secolo.
Il codice più antico che possediamo di quel lavoro appartiene
al principio del secolo XV al più tardi. Neil' assegnare dunque il
tempo in cui visse il nostro Anonimo non possiamo andare più
in giù del quattrocento.
Questi limiti sono evidenti, ma anche troppo vaghi. Non
possiamo assegnare al nostro Anonimo un'epoca più precisa? Mi
pare di sì. Goffredo di Busserò, noto agli studiosi di storia mila-
nese, che nacque nel 1220 e morì nel 1289, nel suo libro Notitie
sanctorum Mediolani, parla al n. 46 di S. Arialdo ed Erlem balde,
e ci dice ch'egli raccolse le notizie di questi santi e anche dì
Liprando, di cui pure parla, da un libro ottimo e grande: Horiim
Martyrum diioriim (Arialdo e Liprando) scilicet et Herlembaldi
constai liber optimus et tnagnus de vita et passione eorundem apiid
nitidos et miindos sacerdotes. Ora quale può essere stato questo
libro, che servì a Goffredo per raccogliere le notizie di quei santi?
Non certo la vita di S. Arialdo scritta dal B. Andrea, poiché tra i
pochi cenni che Goffredo ci dei di S. Arialdo v' hanno questi : il santo
essere sepolto a S. Dionigi (la chiesa era chiamata anche dei SS. Dio-
(i) Presso il PuRicELLi, loc. cit., lib. Ili, cap. XVIII.
(2) Ivi, in fine dello scritto dell'Anonimo.
(3) Ivi, cap. XXV.
(4) Ivi, cap. XXX.
224
FONTI E MEMORIE STORICIII
nifii ed Aurelio) e discendere dalla famiglia da (Uniììiatc: oiii
queste due notizie non sono mirrate dal H. Andrea, bensì solo dal-
l'Anonimo autore della seconda vita. Altri ragguagli poi, che ri-
guardano Erlembaldo (e fra essi che egli venne ucciso da Arialdo
da Rho) e Liprando, dati da Goffredo, si trovano solo nella storia
di Milano di Landolfo di S. Paolo o Juniore.
Possiamo dunque essere sicuri che quel liber magniis et opti-
miis, a cui attinse Goffredo, non può essere stato se non un ms. che
conteneva e la storia di Milano dì Landolfo Juniore e la Passio
S, Arialdi dell'Anonimo. A conferma di ciò si noti che anche
presentemente nei codici trovansi per lo più uniti questi due la-
vori. Anche quello che Goffredo aggiunge, il libro grande ed ottimo
conservarsi apud nitìdos et mundos sacerdotes, pare accenni alla
ortodossia, per così esprimermi, di questi due scritti, in opposi-
zione alle idee scismatiche e nicolaitiche, alle quali erano inspi-
rate le due storie milanesi di Landolfo Seniore e di Arnolfo.
Ora Goffredo scriveva verso il 1260: possiamo dunque senza
tema di errare ascrivere il nostro A.nonimo vuoi al secolo XII
vuoi alla prima metà del XIII. Forse alcuno, osservando che Gof-
fredo fonde in un solo i due scritti dell'Anonimo e di Landolfo
Juniore col titolo di liber magniis et optimiis, vorrà concludere che
egli li attribuiva al medesimo autore. Questa conclusione, che farebbe
rivivere l'opinione del Puricelli, la quale può essere anche la vera,
merita d'essere suffragata da più valide prove. Giova però avvertire
che il Giulini non si appoggiò ad alcuna ragione positiva per com-
battere il Puricelli, ma solo allegò la debolezza degli argomenti da
costui addotti (che erano la somiglianza nello stile dei due scritti
e la loro unione nei codici); e poi una ragione, che non è
ragione, « per schivare la confusione dei nomi simili » : aveva
infatti quel momento storico già due Landolfi, il Vecchio e il
Cotta, l'opinione del Puricelli ne aggiungeva un terzo.
Ed ora diamo un'occhiata ai mss. della Vita.
i) Codice Ambrosiano, R., i icj siip. Cartaceo del sec. XVII.
A fol. 180 ha: Landulphi de S. Paulo Historia urbis Mediai, et
B. Ariali Mart. Passio ex manudscripto Caroli episcopi Nova-
DI S. ARIALDO 22D
riensis (Bescapè) collegii S. Marci Novariae collation. ciim auto-
grapho a Jo. Ant. Castellioneo Apost, Notaì'io, Dopo la storia di
Landolfo Juniore a fol. 232 ha Passio Beati Arialdi Martyris
qui ad S. Dionysiiim tumulatiir. È copia dell'altro codice am-
brosiano Hj 89 inf., di cui principalmente parleremo.
2) Codice Ambrosiano N. 2^cf sup., cartaceo di una sola
mano del secolo XVII: copia come sopra.
3) Codice Trivul:{iano 1348, cartaceo del secolo XVII: altra
copia come sopra. Di simili codici sarà facile trovarne anche altrove.
4) Codice Ambrosiano H, 8^ inf. È il migliore, l'unico
importante, e abbastanza noto, perchè contiene oltre la così detta
Cronicha Datii (ossia Landolfo Seniore ed Arnolfo), anche la
storia di Landolfo Juniore e dopo, a fol. 94 v. Passio beati Arialdi
Martyris qui ad S. Dionysium tumulatur. Diverse mani scrissero
questo codice membranaceo spettanti o alla fine del secolo XIV
o alla prima metà del XV. Quella che scrisse la Passio, che viene
in ultimo luogo, è della prima metà del XV. Il codice appartenne
prima a Francesco Castelli, ordinario della metropolitana mila-
nese, poi passò alla biblioteca del capitolo metropolitano, e nel
1822 all'Ambrosiana. Molti lo videro, e fra gli altri il Muratori,
il Sassi, il Wattenbach, il Jaffè (1). Ma se questi dotti conside-
rarono gli scritti che li interessavano, cioè le storie dei due Lan-
dolfi e di Arnolfo, trascurarono però la Passio Beati Arialdi, che
noi dobbiamo esaminare. Di essa diede già una edizione il Puri-
celli nel libro III dell'opera De Sanctis Arialdi Alciato et Her-
lembaldo Cotta fatta sopra una copia a lui mutuata dal Valerio e
non sopra questo codice. Gli editori palatini avevano promesso
più volte di curarne una edizione (2); ma non mantennero la
promessa.
(i) Vedi le prefazioni ad Arnolfo e Landolfo nei R. L Script.,
tom. IV, e nei M, G. H., VIII, 4, 35 e XX, 20.
(2) R. L Script., tom. IV, nelle note 67, 83 al lib. Ili di Arnolfo:
l'annotatore segue il Puricelli chiamando Landolfo luniore il nostro
Anonimo.
Ardi. Star. Lomh. — Anno XXVII. — fase. XXVIII. I>
2 2 Ci
FONTI K MEMORIE STOUICHK
Si trovò quindi necessario fare la collazione tra l'edizione
Puricelliana e questo ms. che è in due colonne, non rubricate se
non nella sola intestazione, e non porta sommari marginali; non
ha' divisione di capitoli, ma di frequente reca due lineette, che
fanno le veci di un a capo in quella scrittura fitta : vi appaiono
poi molte rasure. La considerazione del codice fruttò due scoperte,
che sono per noi molto importanti: di altre piccole correzioni darò
conto in nota (i).
I
(i) Ecco un' errata-corrige :
PURICELLI
Passio Beati Arialdi martyris
qui ad S. Dionisium tumulatur.
Cap. Ili, n. I. Nobis hsec ideo
loqueris quia ineruditos ìws esse
conoscis.
Cap. IV. Sic ea quae caepimus,
quia vera sunt, tacere non volu-
mus. Domini lingua vocem fauci-
bus inspirabit. Et ex inde ambo
decreverunt suum prepositum in
urbe Mediolani reserare.
Cap. V. Ouos audiens quidam
sacerdos,
Cap. VI, 2. Ineruditis autem doc-
torum vitam et pastorum clerico-
rumque prò lectione instituit.
Cap. VI; 3. Inducens multos cives
ad alterutrum duorum.
Cap. VI, 3. Cum vita inquinata
corporeque tentato luxuria puritas
esse, non potest ad sumptionem
caelestis sacramenti.
Cap. XI, I. Si socius Landulphus
et potentior et generosior.
Cap. XI, 2. Inventus est quidam
nefandus clericus, qui se id factu-
rum promisit, acceptoque gladio
venenato ut res celerius confice-
retur.
CoD. Ambrosiano
Il timiiilatur è tra due rasure, la
seconda pare sia della parola Me-
diolani.
Manca il nos.
Sic ea quae csepimus, quia vera
sunt, tacere non volumus, donec
lingua vocem faucibus expirabit.
Et eschinde ambo decreverunt in
ttrbs Mediolani suum profosituni re-
serare.
Quód audiens, etc. •
Ineruditis, etc, prò lectione no-
bis instituit.
Inducens cunctos cives, etc.
Cum vita inquinata, etc, puritas
digna esse non potest, etc
Si socius Landulphus eo poten-
tior et generosior.
Inventus est autem quidam, etc,
. . . . ut res celerius irnpleretur.
DI S. ARIALDO
121'
L'opera comincia: Arìaldus in loco Cii:{ago prope Canturiimi
lediolanensis diecesis ortus fuit nobilibiis parentibus de aliate.
[el de al:[ate appare evidentemente rasura e correzione fatta di
iano più recente, della primitiva parola, che ancora si può con
'Cap. XVI, 2. Et quod nos effi-
tre non potuimus, tua dextera
3juti perficere valeamns. Esto no-
(s quasi Mathatias et filii, ejus...
isitasti sepulcrum ejus, libera
itur ecclesiam ejus.
fCap. XVI, 3. His auditis.
Hic dum esset ordinarius Me-
tolanensis Ecclesiae scientiis et
lioribus laudabilis fuit, scientiis
[uens et in sermone potens.
Idem domestice satisfecit A-
Lldo.
Cap. XVI, 5. Quod te in tanto
honoris culmine per Dei miseri-
cordiam .... Nunc itaque animus
meus multìs attenuatus angustiis
agnoscit quod olim tua mihi di-
lectio promittebat.
Cap. XVIII, I. Ibi per Guibertuni
Archidiaconum, Antonium Biffum-
Andream decumanum multa pro-
lata sunt centra Arialdum.
Cap. XXI, I. Praeterea cum Me-
dioianenses....
Cap. XXII, 2. Ad Ecclesiam
Arialdi quae canonica et usque
modo nuncupatur.
Cap. XXV, 2. Ergo tollantur de
terra viventium hi seminatores
verborum, quotidie laborant, ut
haec Urbs pristinam (ut sit subdita
Romse) et propriam perdat liber-
tatem.
Cap. XXVIII, 2. Videns autem
Arialdus Clerum sacrilegis parere
praecepit; sociis ignorantibus....
Et quod nos perficerè usqneinodo
non potuimus tua dextera adiuci
compiere valeamus .... Visitasti
sepulcrum Dei: libere ecclesiam
ejus.
Oiiibus auditis.
.... divitiis affluens et in sermone
potens.
Idem domestice satisfecit de A-
rialdo.
Quod te per ejus misericor-
diam.
. . . . dopo r agnoscit il ms. ha due
parole (tibi, populo ?), che non so
decifrare.
Ibi per Guibertum Archidiaco-
num, Antonium Biifum, Andream
decumanum per clerum electos mul-
ta prolata sunt....
Una mano posteriore, forse quel-
la del Castelli antico proprietario
del codice, scrisse in calce alla
pagina anteced. propterea.
Ad ecclesiam Arialdi quae Urne
canonica et usque modo nuncu-
patur.
Ergo tollantur de terra viven-
tium hi seminatores verborum:
quotidie laborant ut haec Urbs
pristinum decus amiiiat, ut sit sub-
dita Romcc et propriam perdat li-
bcrtatem.
sacrilegis o/;t'tì^/r^praeccptis; sociis
id ignorantibus....
228 FONTI K MKMOKIK STOKK.Mi:
sicurezza determinare essere stata de carimate. Infatti si vede biaiTc
il posto dove era scritto il e, Va della prima mano e lasciato, 1';
è raschiata, Vi allungato in un / e l'allungamento è fatto con
inchiostro differente da quello adoperato dalla prima mano, anzi
superiormente appare una dimenticanza del raschiatorc, il puntino
dell'/ in ulia lineetta, V m è raschiata e con inchiostro diffcrcnt
trasformata in una :{ sgangherata, perchè destinata a sostituire Vm,
le tre ultime lettere {ate) sono della prima mano. Si adoperò
anche con parsimonia un reagente chimico, che non hco. che ag-
giungere nuovi dati a ciò che già per se era evidente. È notevole
il fatto che la stessa parola da Carimate era già antecedentemente
scritta in rasura, ciò per altro non deve far meraviglia, poiché
dalla considerazione del codice appare che l'amanuense era un
poco distratto, e faceva frequenti sbagli, e quindi vi son comuni
le rasure, riempite poi dallo stesso amanuense.
Ma nel nostro caso all'antica rasura, che toglieva un qualchi
sbaglio dell'amanuense, se ne aggiunse una seconda e peggio un
correzione o meglio una corruzione, che di punto in bianco fe(
cambiare casato ad Arialdo.
Che un Arialdo da Carimate abbia esistito sapevamo già, poj
che ne parla il Fiamma ne' suoi libri (i). Ma il Giulini (2) e dopi
Cap. XXXIV, I mane autem mane autem.... de eo autem ni-
revcrtantes locum invenimus: de hil. Putamusque nocte eadem in
eo autem nihil, Putamusque quod arce sit....
nocte eadem in arce sit....
Cap. XXXVI. Itaque beatus le- Itaque beatus levita
vita et martyr Arialdus dccem an in eius
nis prò ventate dimicavit: in eius martyrio decem membra Christo
martyrio decem membra Christo obtulit : decem viensibus in profitn-
obtulit : per decem millaria lacus do laci incolumis iacuit : per de-
nobis illuni proximiorem reddidit. cem millaria....
Ho trascurato alcune frequenti trasposizioni d'una o più parole,
che sono affatto indifferenti.
(i) Nella Chronica Major al cap. 768 il Fiamma, enumerando gli
eletti dal popolo per l'arcivescovado di Milano, nota tra loro: Arialdus
ex capitaneis de Carimate. Così pure nel Manipulus Forum (R. I. Scrip. XI,
cap. i52): cui (Herlembaldo)/////5t';;^^^r socius et auxiliator Beatus Arial-
dus, qui natus filerai ex nobilihus civibus de Carimate.
(2) Memorie, eie., di Milano, ediz. II, voi. II, p. 807.
DI S. ARIALDO 22Q
Lii altri ((), credettero che si trattasse d'un Arialdo diverso dal
lostro Santo. Di fatto però il Fiamma quando parla di Arialdo
la Carimate intende sicuramente parlare del nostro: ma insomma
>i è tanto avvezzi a dar torto al Fiamma, che anche quando ne
iidovina una, non ci si crede. Questa volta però egli aveva per-
fettamente ragione, ed a dargliela ecco ora concorrere anche l'Ano-
limo autore della seconda vita di S. Arialdo, sulla cui fede gli si
dava prima torto. Così va il mondo qualche volta; e quando va
così non va poi male! Del resto non l'Anonimo e il Fiamma
soltanto dicono che il parentado di Arialdo era da Carimate.
Goffredo da Busserò anch'egli scrive: Venerabilis levita et Martyr
Arialdus jacet in Ecclesia Sanctorum Dionysii et Aiirelii. Hic
fiiit oriiindus nobilium de Carimate (2). In un catalogo degli Ar-
civescovi di Milano, che si conserva ms. all'Ambrosiana, redatto nel
secolo XV, di cui abbiamo diverse copie, si legge (cod. H^ 87 sup.
membr. del principio del XVI, fol. 26% A, 89 inf. del XV fol. 2r, —
N. 294 sup. fol. 36^'; — S, 89 sup. fol. 129'' e i3o^) parlandosi dì
Guido: Hic fuit contrariiis Laudulphi, et Herlembaldi de Cottis et
Arialdi de carimate^ qui primo incoaveriint ut clerici castitatem
servarent, prò quo martirio coronatur. Anche la cronaca detta
El valison (opera di Fabricio Marliani, vescovo di Piacenza del-
l'anno 1496, conservata in un bel codice della catedrale di Novara,
del quale Italo Rauli parlò nella Rivista Storica Ilaliana, voi. Vili,
fase. I, anno 1891) a fol. 71 e segg. parla di S. Arialdo, ricavan-
done le notizie dal Fiamma , e dicendolo oriundo de capitaneis
de carimate. Da ultimo il Besta (3) ripete che Arialdo era della
nobile famiglia da Carimate. Ormai dunque questa verità è as-
sicurata.
Della famiglia da Carimate (paese non lontano da Cucciago,
che in antico si diceva anche Canimale o Carimalo), non occorre
(1) Archivio St. Loiìib.f a. XVII, p. 791.
(2) Cod. nella biblioteca del Capitolo Metropolitano, di cui una
copia recente esiste nell'Ambrosiana, al n. 46.
(3) Cod. Trivulziano 181, voi. I, 299 e segg.
I i; Mi.Muini; storichk
purlurc a lungo. Pure un breve cenno non tornerà sgradito. Nel
vsecolo IX Attonc da Garimatc , avvocato della chiesa milanese
sottoscriveva quasi tutte le sentenze del nostro tribunale, che e
60no conservate. Un suo figlio Adalberto verso l'anno 890 ebbe
il vescovado di Bergamo; e fu uno dei più gloriosi vescovi di
quella diocesi, sostenitore potente di Ugone re d'Italia, munifico
ristoratore della città e delle sue mura(i). La storia ricorda an-
che altri personaggi di questa famiglia, fra cui un Arderico, car-
dinale diacono della chiesa milanese sul principio del secolo XII,
fautore dell'arcivescovo Grossolano. Ben presto però la casata stessa
s'estinse, e nell'elenco delle nobili famiglie milanesi compilato
nell'anno 1277 più non appare.
Ma qui non posso .resistere alla tentazione di chiedermi:
Chi introdusse quella corruzione nel manoscritto? Sarò forse ar-
dito nel lanciare una accusa, ma avverto che non le dò se noi
il valore d'un sospetto. Credo dunque che la colpa della sostiti
zione vada attribuita al celebre giureconsulto Andrea Alciati.
carattere infelice di questo uomo è abbastanza noto, come pud
è noto che molte delle iscrizioni, eh' ci vorrebbe gabellare comi
antiche, sono opera sua: e di queste una riguarda appunto S. A|
rialdo (2). Sul principio egli credette in tutta buona fede chj
(i) 11 Lapi, Cedex diplomaUciis bergomensis, I, loio e sgg. è incerta
neirassegnarc la patria di Adalberto, semplicemente perchè non s2
dove sia Canimalo, che è poi il nostro Carimate: del resto lo stesso
Adalberto nel suo testamento si dice figlio di Attone di Canimolo
(o Carimalo); od indica i possessi di sua famiglia vicini a Como^ benché
altri ne avesse anche sul bergamasco, ch'ei potè avere acquistati du-
rante il suo pontificato.
(2) Arialdo Diacono :
Qui nemo ut melius divini mystica verbi
Tradidit et populi solus in ore fuit;
Qui lapsos mores disciplinamque cadentcm
Et Thyasi errores corrigere ausus erat,
Hic Arialdus adest. Heu noxia vita nocentum,
Quae censorem ullum ferro scelesta nequit!
Clam raptum appensumque molae projcit in undas
Verbani. ut rapidis piscibus esca foret.
Deinde sed inventum, atque illeso corpore, templis
Est dignata novo martyri posteritas.
Passus III Kal Julias MLXVI.
S. ARIALDO 23l
S. Arialdo fosse della sua famiglia e se ne gloriava. Eg-li allora
di S. Arialdo conosceva solo la vita scritta da Andrea di Srumi,
che lo dice nobile nativo di Cucciago, e la famiglia degli Alciati
era precisamente di antica nobiltà e d'un paesello vicinissimo a
Cucciago, Alzate. Ed appunto perchè 1' Alciati credeva Arialdo un
suo antenato , volle scriverne la vita , che venne pubblicata dal
Puricelli nel libro I della sua opera sui santi Arialdo ed Erlem-
baldo, cap. XII (i). In essa l'Alciati dice: Qiiod (lo scrivere la
Quel Thyasi l'Alciati spiega per cleri \
I Bollandisti ed il Mommsen dubitano assai ragionevolmente che
questo epigramma sia del secolo di Arialdo, e lo credono opera del-
l'Alciati. Il De-Vit nella Vita di S. Arialdo inserita nell'opera sul lago
Maggiore osserva che al tempo di Arialdo e per un po' di tempo dopo
il lago Maggiore non si chiamava col nome di Verbano.
(i) Questo frammento di vita di S. Arialdo dell'Alciati leggesi nel
cod. Ambrosiano A, 136, inf. Trivulziano 8x3, Braidense A E XIII, i5.
11 ms. Ambrosiano appartenne già al celebre Bescapè, vescovo di No-
vara, il quale vi appose alcune note, che appaiono anche negli altri
mss. e sono meritevoli d'essere considerate, sicché è a lamentare
che il Puricelli nel pubblicare il frammento le abbia trascurate. Noi
mostriamo quelle "che giudichiamo di maggiore importanza „. — Là
dove l'Alciati parla del Pontefice Milanese chiamandolo cceteris om-
nibus augHstior (Ediz. Puricelliana, lib. I, cap. 12, n. 4) nota il Be-
scapè : " Ad quem scilicet spectat reges Italice facere , non dispari jure
qiiam quo septemviri Germanica principeni eligimt. lUm imperatorem or bis
Ponti/ex Maximus creai. Annal Mediol. „ — Dove l'Alciati dice (1. e. in
fine) Cujus exemplo Germanos ccesares institutum est eo in sacrario
ferrea corona insignir i; il Bescapè nota: '' Divi Gregorii diplomate et
Caroli Magni auctoritate antea constitutum fuerat, quod tingati Medio-
lanenses corani Pontifìce Maximo ostenderimt atque vicerunt anno 102"].
Annales Mediol. „ — Due linee dopo (1. e, n. 5), dove è ricordato Cor-
rado re di Svcvia, il Bescapè, ritornando ancora sul medesimo pen-
siero, nota: ^^ anno lojj, Hic est imperator qui ante decennium (quindi
nel 1027 sopra indicato) coram Pontifìce maximo, diis /wminibusque
plaudentibus con fessus fuerat Regem Italice ab Archiepiscopo Mediolanensi
legi et inj ungi posse. Annal, Mediol,,. Si vede che il Bescapè ci teneva
assai ai privilegi del suo arcivescovo, benché quando egli viveva
fossero già da tempo senza valore. — Poco dopo, quando l'Alciati
comincia a parlare dell'arcivescovo Guido, che chiama ex Velata
familia, il Bescapè pone una nota assai curiosa: ^^ Hunc quidam au-
tumant fuisse ex Bianca, hoc est ex Candida familia „. Si vegga quindi
lONii i: MI Mouii; srouiCHK
vita ili S. Arìaldo) citm homiiiis sanctimonia cxpostiilare de
qiiolibct civc meo non injuria possct, tiim de me praesertim, qui
eadem familia prognatiis, vel gentilitioriim communione, commii-
nionc sanctorum qiiam maximam pieiati ejiis gratiam reddere
debeam.
Ma la vita di S. Arialdo venne poi da lui sul bel prircipio
troncata, perchè egli trovò un'altra opera, cioè la seconda vita di
S. Arialdo, ch'egli attribuì ad Arnolfo storico milanese. Quell'o-
pera certo dovette andargli poco a genio, perchè vi leggeva che
S. Arialdo era della famiglia di Ca rimate. Posto tra la evidente
verità storica e l'ambizioso desiderio di dirsi nipote d'un santo,
ei non seppe resistere alla tentazione. E una lontana eco della
cattiva azione da lui fatta q\ è rimasta in un suo scritto, pure
pubblicato dal Puricelli, dove dice: Arìaldi conciones, dispiita-
tioneSj necenij miracula Arnulphus historicus noster memoriae ìio-
miniim commendavit j idqiie adeo diligenter, ut omnem mihi de
eo scribendi ansam praeripuerit, qiiod alioquin facturiis eram,
nipote gentilitiam historiam cditurus. Habeo enim aiictores ex
Alciata familia, oppido tamen Carimato, vel, ut alii dicunt, Cuc-
ciago oriondum esse (i). Nessuno disse mai che Arialdo sia nato
a Carimate , come nessuno prima dell' Alciati disse mai che era
della famiglia De Al:{ate o Alciati.
Passiamo alla seconda scoperta, essa pure non poco interes-
sante.
come il nostro Guido Arcivescovo dovette essere secondo il Bcscapè,
o Bianchi Guido ovvero Candido Guido, invece secondo il Galesino
autore del Catalogo degli Arcivescovi milanesi inserito negli Atti della
Chiesa Milanese (parte VI, tavola l, n. 76) sarebbe un Guido Valvas-
sori, mentr-e l'Alciati lo dice Guido Velati. Di tutti costoro chi poi ha
ragione? probabilmente nessuno. — Altre note del Bescapè possiamo
trascurare: e forse il lettore troverà che anche di queste si poteva
fare a meno.
(i) De SS. Arialdo, eie. lib* I, cap. 2, p. 16. Il ms. veduto dal Pu-
ricelli è quello che si conserva all'Ambrosiana^ D, 486 inf. fol. 76 v. —
11 sunto fatto dal Fontana, di quel che dice l'Alciati pubblicato esso
pure dal Puricelli, 1. e, si rinviene nel cod. Braidense A E IX, 2.
DI S. ARIALDO 233
E un' altra rasura e non d' una parola, di otto linee, sulla fine
del codice. La mancanza venne notata anche dal Puricelli (lib. Ili,
cap. XXXVIII ad lectorevi), il quale divinò quel che mancava.
Per mezzo di reagenti chimici, adoperati dal rev."i° dott.'' Ratti,
al quale e per questo e per altri molti favori rendo vivi ringra-
ziamenti, si poterono leggere le frasi abrase, che presento nell'or-
dine delle linee che hanno nel ms. Pongo in carattere corsivo le
erose :
1. Martyruin catalogo annotavi t. Postea vero anno
2. Domini MLXXXXVI Anselmus de Bttis
3. Archiepiscopus mediolanensium corpus Beati Arialdi
4. ab ecclesia sancii celsi ad ecclesiam sancii dio-
5. nisii cum multis miraculis iravisiulit
6. ubi tales suvit versus
7. Mariyr leviia jacet hac Arialdus in urna
8. Troncatus moritur sed vite dona meretur
Seguono nell'altro foglio i versi rimanenti dell'iscrizione
Hoc niansoUo revcrenter condita digno
His gerninis causis Arialdus passus ab istis
Martir in Ecclesia leviia reconditur isia
Transiulit Anselmus pastor venerabile corpus.
Chi fece questa altra raschiatura? Fu uno posteriore al se-
colo XIV, perchè chi appose le note a Landolfo Seniore attinse
da queste parole un errore di data, come vedremo. Né credo sia
giudizio temerario l'accusare anche di questa rasura l'Alciati; ne
darò la prova quando parlerò delle vicende, alle quali andò sog-
getto il corpo di S. Arialdo. Piuttosto consideriamo alquanto
la scoperta, e per ciò mettiamola in confronto con ciò che di-
cono Landolfo Seniore e il suo annotatore rubricale, ed anche
il Fiamma, ì quali tutti narrano il fatto medesimo, ch'or sap-
piamo raccontato anche dall'Anonimo. Landolfo Sen. dice: His
itaqiie peractis Herlembaldus suis cum omnibus , magnisqiic
234 FONTI K MI.MOini: sIOKlClli;
cacremoniis, quasi noviim martyrcm vcncrantes , fantastica de-
lusi imagine, ut postea in tempore quarti Anselmi Archiepiscopi
apparuit, scdule ac devote colebant. Cum enim post biennium
sitdc coìiscci'iìtionis dominus Ansclmus Arialdi ossa et corpus,
qualiier nialc olim in veritate fuissent humata comperisset, ciiria-
liter cumpaucis clericis ad locum tandcns, ossa/quae habere potiiit,
colligens, in ecclesia sancti Dionysii liinnavit (i). L'annotatore
rubricale poi, clic appartenne alla fine del sec. XIV a quelle parole
post biennium sua' consecrationis postilla: scilicet MLXXXXVI:
e ancora in margine aggiunge questa nota : 'lpa'\ssus est beatus
arialdus lm\artir et levita anno \dm\ MLXVI V.'' Kall. \ju\!ii
canoni^atus per \Al\exandriim secundiim nec \m\irandum si iste
isto[ri]ografus et sequens \non'\ laudent istum A. [et] ipsi erant
fau[tjores sacerdotum uxii[r]atorum concubinatorum [et] simonia-
coriim, a quibiis [bea]tus Arialdus passus est [e]t anno Dui
MLXVII [A]lexander secundus venit mediolanum ab [m]ortem
Arialdi dum ad [sj^]nodum pergeret qiiam man[tu]e celebravit....
In calce poi dà i Versus super sepulcrum beati Arialdi:
Martyr et levita jacet hac Arialdus in urna etc. con quelle
forme caratteristiche mausoleo e troncatiis. A questi aggiunge poi
altri tre versi uniti insieme da un paragrafo e presentati con tali pa-
role: isti tres versus loquiintur de Arialdo et Herlembaldo. Eccoli:
Sacros thesauros venerare per omnia caros
Hos pugiles Christi gens inclita mediolani
de cuius sancti sunt isti sanguine nati.
Si avverta che nel medesimo luogo ebbero sepoltura S. Arialdo
e S. Erlembaldo, e che al primo si dedicarono i sei versi sopra
riferiti, all'altro, otto che noi non riferiamo, ma che si leggono
e nel ms. Ambr. H, 89 inf. a fol. 43 v. in nota marginale e nelle
opere del Fiamma. Si capisce come il poeta (rozzo poeta invero)
dopo aver parlato partitamente di Arialdo e di Erlembaldo, li
unisca in questi tre ultimi versi.
{-^) M. G. H. Script. Vili, p. 96.
I
DI S. ARIALDO 2DD
Finalmente anche il Fiamma ne' suoi zibaldoni storici ci ri-
ferisce i sei versi scritti sul sepolcro di S. Arialdo, ma in un or-
dine differente, e aggiunge alcuni di essi essere scritti sul pavi-
mento della chiesa. Dice pure che egli li tolse dalla cronaca
calendariay fonte che noi oggi non possediamo o almeno non
possiamo identificare (i).
I versi presentano poche difficoltà. Del resto hanno tutta
l'impronta della rozzezza dei tempi, nei quali vennero scritti,
l'anno 10996 1100. Quell'/i/^ geminiò- causis, cioè per combattere
la simonia e l'incontinenza del clero, riceve schiarimento dai versi
ad onore di S. Erlembaldo incisi lì presso, nei quali le stesse
cause erano additate : così quel passiis ab istis vuol dire dai preti
simoniaci ed incontinenti. Presenta qualche difficoltà (2) la tra-
duzione dei tre verài scritti ad onore dei due santi: Sacros the-
saiu^os, etc. che può essere meglio fatta così: « Inclito popolo di
« Milano,, dal cui sangue sono nati questi due santi, venera i
« santi tesori cari sopra ogni cosa, questi campioni di Cristo ».
Una maggiore difficoltà offre l'indicazione del 1096 allegato
e dall'Anonimo autore della seconda vita di S. Arialdo e dal-
l' annotatore rubricale di Landolfo Sen. come data del trasporto
del corpo di S. Arialdo da S. Celso a S. Dionigi. Nel 1096 viveva
ancora l'arcivescovo Anselmo III di P. Orientale, mentre l'Ano-
nimo ci dice chiaro che al trasporto presiedette Anselmo de Buis.
(Bovisio) , il che conferma Landolfo. Ora Anselmo IV o de Buis
sali alla cattedra nel 1097 soltanto, dopo aver vinto il competitore
Landolfo da Saggio, ragguardevole nostro cittadino, parente dei
duo, Anselmi da Saggio, papa Alessandro II e S. Anselmo patrono
di Mantova. La cronologia in questo punto storico non patisce
dubbio. Siccome poi Landolfo Seniore, che certo fu contempora-
neo al trasporto di quel sacro corpo, ci dice che ebbe luogo due
anni dopo la consacrazione di Anselmo IV {ciim enim post bien-
ni) Cronicon Majus (cod. Ambrosiano A, 2.'^S inf., fol. 194); Galva-
gtiiana (cod. Braidense A E X, io; fol 67 v., coli. 2).
(2) Archivio Stor. Lonih. Marzo 1899, p. 233.
236 1 UN 1 1 1 mi;m()i<ii: s iouicmk di s. ahiai.do
niitm suac consecrationi dominus Anselmtis....) e costui fu consa-
crato il '3 novembre 1007 (i), resta accertata la data comunemente
assegnata al trasporto di S. Arialdo, cioè la rìne del 1099, o il
principio del 1 100, prima della partenza di Anselmo per Terra
Santa, che avvenne verso il ib luglio 1 100. Altro dunque non ci
resta a dire se non che il nostro Anonimo errò nel computo degli
anni, e indusse in errore anche l'annotatore rubricale di Lan-
dolfo Seniore, il quale ha mutuato questa, come anche altre no-
tizie da lui.
L'Anonimo nel comporre la biografìa di S. Arialdo aveva
certamente sott' occhio il libro del B. Andrea, che egli segue,
sunteggia, e non una volta sola cita ; aggiungiamo che l'esemplare
adoperato da lui non era mutilo, poiché egli descrive anche i
fatti che dovevano essere narrati nelle pagine del manoscritto
Alessandrino ora mancanti. Aveva egli anche tra le mani la vita
di S. Arialdo scritta dal prete Siro? Non so, egli certo non la
cita; ma non cita nemmeno Arnolfo e Landolfo Seniore, eppure
reca notizie, che, se non sono tolte dalla biografia ài Siro, certo
derivano da questi due storici milanesi. Mostra molto criterio
storico nel coordinare i fatti ; del resto non è una fonte primitiva
se non per pochi fatti, quali il casato e la tumulazione di S. Arialdo
in S. Dionigi.
Strano davvero che queste due notizie, le più importanti che
si possan ricavare da questo autore, sieno state soggette alla ma-
nomissione d' un raschiatore di codici !
Sac. dott. Pellegrini.
(t) Giulini^ Memorie, etc, II, 682, della seconda edizione.
SPIGOLATURl^: DI STORIA LOMBARDA
IN UN
ARCHIVIO DI OLTRE PO
Chiese e Monasteri di Pavia e territorio.
L' Archivio della già collegiata di Castel San Giovanni,
anticamente Olubra dal piccolo torrente che scorre ai
confini occidentali della grossa borgata, contiene un nu-
mero grandissimo di pergamene che danno a quella vetustissima
pieve una importanza affatto eccezionale. Chi scrive si è interes-
sato e, di quando in quando, ancora si occupa di quella inesplo-
rata fonte di materiali per la storia della plaga di territorio che
si stende dalla Trebbia ai confini degli antichi Stati Sardi e dai
monti di Bobbio al Po (i).
Buona parte però delle membrane che arricchivano l'archivio
di Olubra si crede con fondamento che venissero esportate per
motivi che non si possono precisare, specialmente nei secoli decimo
settimo e decimo ottavo.
Un bravo paleografo che credo fosse il canonico Pier Maria
Campi, forse per incarico del Capitolo di Castel San Giovanni,
s'accinse all'impresa di trascrivere in sunto tutte le pergamene
che esistevano colà sul principio del seicento, e formò un volume
preziosissimo che servì poscia allo stesso Campi nella compilazione
della storia ecclesiastica di Piacenza : si hanno anzi memorie che
il Campi chiedesse al Capitolo l'uso a domicilio di diverse mem-
brane; e benché appaia che avesse il costume di restituirle appena
(i) Archivio Storico dille Provincie Pannensi — Voi. I, (1892), p. i.
238 SPIGOLATI hi: DI STOKIA LO.MMARDA
adoperate, tuttavia si dubita che non tutti quei documenti rive-
dessero l'antica loro sede. Si deve poi al caso se il manoscritto
dei transunti fu salvato dal naufragio tcKcato a tanti altri suoi
simili in Piacenza, dove venne acquistato al prezzo di lire novan-
taciin|iie il 7 aprile 17^3 dall'arciprete di Castel San Giovanni
Antonio Ardizzone Calvi.
Quel manoscritto conta 290 facciate della dimensione di cen-
timetri 22 X ^6, divise, mediante una riga longitudinale, in due
colonne; è scritto in caratteri minutissimi, ma chiari, con molte
abbreviature, sigle ed altri segni convenzionali. I nomi delle per-
sone e dei luoghi che all'amanuense parvero degni di nota sono
sottolineati : i punti poi che meritano maggior attenzione sono
indicati mediante un segno speciale (una mano coli' indice lun-
ghissimo) posto al margine delle colonnette. Nella trascrizione non
fu osservato l'ordine metodico delle materie e tanto meno quello
cronologico; si vede che le pergamene, poste in diversi carnieri,
vennero transuntate man mano senza sistema prefìsso : non fu
fatta nemmeno la numerazione delle pagine : neppure un segno
qualsiasi serve di richiamo per rintracciare gli originali quando
si volessero consultare direttamente. Un indice delle persone, dei
luoghi e degli anni fu eseguito dallo scrivente per incarico del-
l'arciprete don Luigi Sacchelli, ora defunto, nel 1891 e 1892. Con
questo le ricerche vengono di molto semplificate potendosi rag-
gruppare le notizie sopra qualunque voce, e sopra qualunque
tempo.
Fra le località e le persone lombarde che più di frequente
si riscontrano in quegli atti, Pavia occupa il primo posto come
quella il cui territorio involgeva a ponente ed a tramontana
l'antica plebe di Olubra.
Racconta il Robolini nelle sue Noti:{ie appartenenti alla Storia
della sua Patria {i), sulla scorta di un manoscritto del Rossi, che
nell'anno 1090, alcuni monaci vallombrosani venuti di Toscana
(i) Pavia, 1828, voL HI, pag. 69-70.
IN UN ARCHIVIO DI OLTRE PO 289
fabbricarono un tempio in onore del Sepolcro di Cristo, con mo-
nastero, nel luogo poco lontano da Pavia, ora detto San Lanfranco.
Un po'- più oltre (i), sempre secondo il citato Rossi, è detto che
nel 1116 l'abbadessa di S. Maria del Monastero Vecchio di Pavia
investì i monaci di San Sepolcro di Vallombrosa di alcune terre
poste in 'Fontana di Vicoldone, vicino alla chiesa di S. Sepolcro.
Altrove poi (2) lo storico pavese asserisce che ai tempi di S. Ro-
dobaldo, che nella sua cronaca qualifica per santo il vescovo Lan-
franco di Pavia morto nel iigS, la chiesa di S. Sepolcro conser-
vava ancora il suo titolo originario ; ma attese le molte grazie e
miracoli operati per intercessione di Lanfranco, che' in quel mo-
nastero aveva passato gli ultimi suoi giorni, quella chiesa e quel
monastero in seguito si denominarono da lui.
Ma il manoscritto di Castel San Giovanni, e, quasi con cer-
tezza, l'Archivio di quella antica collegiata, ci forniscono sul mo-
nastero di S. Sepolcro o di S. Lanfranco di Pavia altre notizie
molto importanti, avvalorate anche di un diploma dell' impera-
tore Federico Barbarossa finora inedito, confermante a quel mo-
nastero i beni già acquisiti e speciali privilegi.
I monaci di S. Sepolcro avevano qualche ingerenza sul mo-
nastero di S. Marco di Piacenza, della stessa congregazione di
Vallombrosa. Il 23 maggio i38o, nella canonica della Chiesa Mag-
giore di Pavia, V il venerabile e discreto uomo Enrico de Dymis
preposto di Pavia e vicario generale del reverendo in Cristo padre
Francesco per grazia di Dio e dell'apostolica Sede Vescovo di Pavia
e Conte, per l'autorità di cui era investito, « comandò al notaio
Buon Vicino di redigere e autenticare alcuni istromenti che si
riferivano al monastero di S. Sepolcro. Dalla serie dei documenti
di quel tempo non si può ricavare il motivo che indusse il pre-
vosto della cattedrale pavese ad ordinare la trascrizione di quegli
atti che si riproducono come si trovano transuntati nel nostro
manoscritto.
^i) Op. cii., pag. 208.
(2) Op. cit., pag. 92.
240
SPIGOLAII hi; di SIOKIA LOMMAKDA
« Anno ab incarnationc Domini nostri Ytsu Christi ii2'3
quartodecimo die mensis iunii, indictìone prima Monasterio
sanctì Marci foris civitate Placencie(i) constructo, ncc.non et
Monasterio sancti Sepuicri foris civitate l^apie ordinato non
multum longe a Pluvio Tissini quod est superpositum predicto
Monasterio et congregationi Vallis Ombrose, Nos Antonius til-
lius quondam Gaurungii filii Antonii, et Gamdulfus ac Gui-
lielmus Anticus germani, filii quondam Ribaldi item filili An-
tonii qui protessi sumus ex nacione nostra lege longobarda vi-
vere Oblatores et donatores predictorum monasteriorum sancti
Marci et sancti Sepuicri Papié,' etc. Ideoque nos iam dicti An-
tonius et Gandulfus ac Vuilielmus a presenti die in predictis
monasteriis prò" remedio animarum nostrarum ofterinus et do-
namus hoc totum iuris quod habebamus in tota villa de Sancto
Marciano de super Oluura et de eius pertinenciis atque de vil-
lanis ibi de inde a parte Monasteriorum pertinentibus etc. Actum
sub porticu predicti Monasterii sancti Marci feliciter.
« Signa manuam infrascriptorum Antonii et Gai;dulfi ac Vui-
lielmi qui hanc cartam oblacionis sive refutacionis fecerunt.
« Signa manuum Gerardi Bigullij Vassalli Garegagi guten-
teste Gillii Peru^ni. . . . Vassalli Boni Johannis Gasii Guifredi
Martinolla, Gita Lafranci Sclatucii Bonisenioris, Derno Arde-
zoni vocagate testim. Ego predictus Bonus Vicinus notarius hanc
cartam oblacionis atque refutacionis scripsi tradidi compievi et
dedi » (2).
« Anno 1123, duodecimo Kallendas Julii. Indictione prima
Monasteriis sancti Marci civitatis Placentie et sancti Sepuicri
Papié. Nos Mallus Vicinus et Malia Parte fratres filli quondam
Boni senioris filii Antonii, et Ubertus eorum neposfilius quondam
Uberti fratris nostri et habiaticus Alberti Pinzi qui professi su-
mus ex nacione nostra lege longobarda vivere etc. Ideoque nos
(i) Il Campi dice che poi, siilFarca di questo Monastero, fu edifi-
cato il Castello.
(2) Pag. 145, col. I.
IN UN ARCHIVIO DI OLTRE PO 24 1
« iam dicti Mallus Vicinus et Mallaparte et Ubertus a presenti
« die in eisdem Monasteriis prò remedio anime nostre offerimus
« et donamus hoc totus iuris quod quondam habebamiis in tota
« Villa de Sancto Marciano de super Oluura et de eius perti-
« nenciis atque de Villanis ibi de inde a parte monasteriorum
« pertinentibus, etc. Hanc cartam oblacionis Bonovicino notario
« traddimus. , . . Actum sub porticum predicti Monasterii sancti
« Marci feliciter.
« Signa manuum Malvicini et Mallepartis et Uberti eorum
« nepotis qui hanc cartum oblacionis sive refutacionis fecerunt.
« Rogaverunt et ipsi patruelles et avus eisdem Uberti confirma-
« verunt et approbaverunt ut supra.
« Signa manuum Surexii Gandulti fìlii Alberici hlii Ugonis,
« Bonis Johannis Palastreli, Malnominis Bagaroti, Bonis Johannis
« Spezacavigle, Martini Botacii, Petri Oculi testium Abbates tunc
« sancti Sypulcri cum fratribus suis cum multo labore et dispen-
« dio et missis et phaltena et helimosinis et penitencia illorum
« fecerunt hoc tenore quod prò bona fide debent attendere et ob-
« servare quod super dicto monasterio promiserunt, etc. E Auto-
« ritate Domini Calisti Pape et Innocencij Pape et Sancte Pla-
« centine Ecclesie eius voluntate et consensu fecimus etiam ne
« blacioni subiaceant.
« Ego Ruffin^s Antaclla Imperialis notarius Auctoritate hoc
« exemplum vidi et legi et sicut in eo continebatur etc. Ego Opizo
« Frigius notarius Sacri Palacii autenticum huius exempli vidi
« et legi ut sic in eo continebatur, etc. Et inde dictus Dominus
« Vicarius hanc cartam me autenticari iussit.
« Interfuerunt presbiter Fedricus de Medio barbis capellanus
« in Ecclesie Papiensis et Zanellus de Albertucio capellanus in
e eadem ecclesia et familiaris prefati domini Vicarii inde'testes.
« Ego Bergonzinus de Mediis barbis notarius hanc cartam
n mihi autenticari iussam exemplavi et scripsi et ideo me sub-
« scripsi. -)
« In nomine Gloriose et Individue Trinitatis Fedrichus di-
Arch. Stor. Lomb. — Anno XXVII. — Fase. XX VITI. 16
>^2 SPIGOLATURE DI STORIA LOMBARDA
. \iii;i ia\cnu- >. IciiRii*.!;! HomaiKHuni Iinpcrator et scmpcr An-
« gustus, Notiim esse volkimus univcrsis Imperils nostri liikllilnis
« tam prcscntibus quarn futuris quod Nos Monasteri li m qiiod di-
« citur Sancti Sepulcri et in papiensis civitatis contìnio sytum est
« prò timore Dei ac petitione Ottonis ei'usdem Monasteri! Abbatis
(( in Imperialis tuicionis patrocinio m cum (minibus ipsi Mona-
te sterio atincntibus suscepimus inde est cjuod presentis pagine in-
« scriptione omnibus cum presentibus ac posteris percipiendo sta-
te tuimus ut nullus Episcoporum duchum marchionum comitum
« nulla civitatum nemo consullum aut alicuius ordinis hominum
(f prescripti Monasterii, Rursum inquietare aut ullo genere vexa-
« tionis gravare vel bona eorum que presentialitcr possident seu
« in futuro obtinere iustis modis poterunt ullo modo minuere
« aut alienare presumat Nominatis eciam locum Sancti Marchioni
« quen prefatum Monasterium de iure possidet ab omni exa-
« clone placentinorum et militum eorum de Fontana et tocius
« domus. . . . (t). Imminens prorsus esse decernimus etc.
« Datum in obsidione Mediolani tu u septembris. Et inde dictus
« dominus Vicarius hanc cartam et hoc privilegium me auten-
« ticari iussit. Interfuerunt (gli stessi testimoni deW altro do-
« cumento).
c( Ego Bergonzino de Medijsbarbis notariilB papiensis ac im-
« perialli auctoritate hoc privilegium me autenticari iussum au-
« tenticavi et ideo me subscripsi (2) ».
L'amanuense nel trascrivere la data di questo documento non
fu troppo chiaro, così che ben difficilmente dai segni lasciatici
appare se abbia voluto indicare le calende o le none di settembre.
Ad ogni modo il privilegio imperiale, redatto durante l'assedio
di Milano deve essere o del 3o di agosto ovvero del 3 settembre;
noi sappiamo che l'assedio posto a Milano dal Barbarossa nel
(1) Spazio di due centimetri corroso.
(2) Fa^. 146.
IN UN ARCHIVIO DI OLTRE PO 243
1158 fa tolto il 7 di settembre. Le ricerche per rinvenire la per-
gamena nell'archivio della chiesa di CastekS. Giovanni onde me-
glio rischiarare la l'accenda riescirono infruttuose.
Gli abitanti di San Marziano, sotto il potente dominio dei
monaci di Vallombrosa, e spalleggiati dai medesimi, usarono ogni
possa per sottrarsi alla giurisdizione temporale e spirituale della
plebe di Olubra: questa pretensione degli uomini di S. Marziano
generò liti lunghissime ed importanti per le persone che vi pre-
sero parte. Il fatto stesso del privilegio imperiale provocato dal-
l'abate Ottone in favore del proprio monastero, dimostra che tra
i monaci di S. Sepolcro e i Fontana, potentissimi signori di quelle
parti, erano già sorte delle controversie.
Contro la famiglia Fontana, sessant'anni più tardi, i monaci
vallombrosani ebbero altra causa, come appare dal seguente do-
cumento.
« 1227, die 14 Kallendas madii, apud monasterium Sancti Se-
te pulcri de Papia in Capitulo monasteri! eisdem.
« Donnus Bonus abbas ipsius monasterii, donnus Lonbardus,^
« donnus Bonus fans, donnus Geremias, frater Peracius, frater
« Flambertus camarlengus, frater Lanfrancus, frater Jacobus Ce-
« bulla, frater Josep, frater Henricus, frater Jacobus Butigella,
« donnus Albertus donnus Lanfrancus de Gambolato Deganus^
« donnus Rufinus Salinbene, donnus Rubaldus, frater Carbonus,.
« frater Andreas, frater Rusticus de Veglevano, frater Simon^
« frater Otto et frater Rufinus Butigella, monaci prenominati
« monasterii et frater Johannes Guiride ortolanus et frater Petrus
« calegarius, frater Lanfrancus de Gropello et frater Obertus dic-
« tus Azario conversi iam dicti monasterii nomine et a parte
« predicti monasterii constituerunt et fecerunt donnum Lanfran-
« cum Astarium monacum dicti monasterii eorum sindicum et
« auctorem seu procuratorem in omnibus causis quas idem Mo-
li nasterium habet, etc. et specialiter prò negociis loci sancti Mar-
te ciani predicti monasterii, et precipue cum Uberto de Gambolato
« de Fontana et Resonato cius filio et Petro Papiensi de Fontana
-544
M'KJOI.A I I IM. HI S I U|( I A I.' ).\l r. A
« et Jacobo Laudexano de Fontana, nomine et occasione debiti
<( quod dcbcbat quondam Pctro de Burgo Malgario. ... quod de-
« bitum Icgavcrat idem quondam l^ctrus prò remedio anime sue
« predicto Monasterio.
« Interl'uerunt l^etrus Calderarius et Faxatus Perburgcngus,
« testes.
« Ego Albertus de Monte regio sacri palacii notarius auten-
(( ticum huius exempli vidi et legi in quo sic continebatur ut
i< supra iussu Domini Conradi Abbatis monasteri! Sancti Alexandri
(f que iudex crat asummo pontifice manum propria fidcliter exem-
« piavi (i) w.
Di questo tempo l'invasione dei diritti della plebe di Olubra,
operata dai monaci di Pavia, si era maggiormente accentuata, se-
condo risulta dalla seguente lettera :
« Guifredus miseratione divina tituli Sancti Marci presbiter
« cardinalis Apostolice Sedis Legatus. Dilecto in Cristo filio Ab-
« bati Sancti Alexandri Placentin. salutem in Domino. Dilecti filii
« Archipresbiter et Capitulum plebis de Olubra sua nobis con-
« questione monstrarunt quod Abbas et Conventus Sancti Se-
« pulcri Papiensis ordinis Vallisumbrose et quidam alii clerici et
« laici Placentinae et papiensis diocesis super iure Parrochiali
« eisdem Plebis, Decimis et rebus aliis iniuriantur eidem. Ideoque
« discretione tua qua fungimur autoritate mandamus quatinus
« partibus convocatis audias causam et eam debito fine decidas
« facies quod decerneris per censsuram ecclesiasticam firmiter ob-
« servari. Testes autemque fuerint nominati se se gratia odio vel
« timore subtraxerint per censuram cogus veritati testimonium
« perhibere. Datum apud Laude ii idus Madii » (Anno 1229) (2).
Sembra però che l'abate di S. Alessandro di Piacenza non
(i) Pag. 45.
(2) Pag. 40, col. I.'
IN UN ARCHIVIO DI OLTRE PO 24?
sia riescito a nulla; anzi pare che la controversia si facesse molto
più seria perchè lo stesso pontefice delegò il priore di Santa Vit-
toria, il quale, alla sua volta incaricò il maestro P. di S. Teodoro
Pavese e il suddiacono Guglielmo, priore della Vernagola a sen-
tenziare tra il sindaco della plebe di Olubra e gli abitanti di San
Marziano. Questi documenti, quantunque senza millesimo, sono
dal paleografo registrati sotto l'anno 1200.
E quasiché l'opera del legato della Santa Sede non bastasse,
ecco che Papa Gregorio IX, da Perugia, il i3 delle calende di
aprile, secondo anno del suo pontificato (1229) con suo breve de-
lega a decidere la causa tra l'arciprete di Olubra e quelli di San
Marziano, il priore di Santa Vittoria di Piacenza. Il breve pon-
tificio fu presentato a Raynerio Correrlo e a Bongiovanni del fu
Androne Mangiavillani, consoli di S. Marziano, dal prete Armanno,
canonico della Plebe di Olubra, il io maggio 1229 in presenza di
Pietro PonteloUio, Salio Mocio di S. Marziano, e Giovanni Passera,
dello stesso luogo, nel chiostro della Plebe di Olubra (i).
Il priore di Santa Vittoria però, alla sua volta incaricò della
bisogna il maestro Pererio di S. Teodoro pavese unitamente al
suddiacono Guglielmo, priore della Vernagola (2).
L'abate di S. Alessandro il 4 delle calende di novembre, nel
chiostro del suo monastero in Piacenza, alla presenza dei signori
Oddone e Guintorto, del prete Baro, dello stesso monastero, pub-
blicò la -causa a cui fu delegato colle seguenti parole: « Lis con-
ce testata est coram Domino Corrado Abbate Sancti Alexandri
« super libello porrecto a presbiteri Armanno Sindico Plebis Olu-
« bre, dompno Lanfranco Sindico Monasterii Sancti Sepulcri Pa-
« pie Ordinis Vallis Umbrose. ... super decimis et maxime in loco
« Sancti Marzani et super ecclesia eisdem loci pertinentibus ad
« eandem Plebem. ...» (3).
Il 7 delle calende di settembre 1230 i frati di S. Sepolcro,
(i) Pag. 43.
(2) Pag. 44.
(3) Pag. 210.
SPIGOLATURK DI STORI \ LOMBARDA
riuniti in capitolo da Lanfranco loro abate, nominarono il frate
Giacomo loro maestro, sindaco e procuratore nella causa vertente
coll'arciprele di Olubra (i). Il 6 del successivo settembre siamo a
S. Marziano, vicino alla chiesa del luogo ed in presenza di Giacomo
de Podio, Ottolino de Campospinoso, A urico Ferrarlo, Panino de
Ambrosi , Giovanni Capuccio ed Anrico Todesco. Da un lun-
ghissimo istromento transunto nel manoscritto (2) si ricavano le
petizioni sporte dalla Plebe di Olubra a mezzo del proprio sindaco
canonico Armanno all'Abate di Sant'Alessandro, nominato dal
cardinale Guifredo, ed al Priore di Santa Vittoria, delegato pon-
tificio.
« Conqueritur Deo et vobis Domino Abbati Sancti Alexandri
« Placentie Armannus presbiter et canonicus plebis Olubre et
<^ syndicus eiusdem plebis de Abbate et Conventu Sancti Sepulcri
« papiensis Ordinis Vallis Umbrose qui iniuriantur predicte plebi
« super iure parochiali, Decimis et maxime in loco Sancti Mar-
« tiani. et super ecclesia eiusdem loci pertinenti ad eandem ple-
« bem. Unde petit a vobis nomine eisdem plebis quatenus fa-
ce ciatis eos cessare ab huiusmodi iniuri et infestacione, et supra-
« dieta adiudicatis sepedicte plebi et ipsam nomine eisdem plebis
« inducetis in possessione predictarum et inductum defendatis
« Presbiter Armannus syndicus Plebis Olubre nomine ipsius
« plebis contra homines sancti Marciani dicens eo iniufiari sibi
« et diete plebi super iure parochiali. Videlicet retinendo decimas
« diete plebis debitas vel aliis indebite solvendo (sic); non ve-
ce niendo ad baptismum apud dictam plebem nec ad penitencias
« publicas, nec ad letanias sicut alii parochiani capellarum pre-
ce diete plebis faciunt. Unde petit a vobis, domino Priore Sancte
ce Vittorie a Domino Papa judice legato quatinus adiudicetis su-
ce pradicta ipsi plebi quod sua sint et ad eam pertineant et ipsum
(i) Pag. 261.
(2) Pag. 47.
à
IN UN ARCHIVIO DI OLTRE PO 247
« syndicum nomine predicte plebis inducatis in possessionem vel
« quasi predictarum et ipsum indultum defendatis. «
In seguito a tali vertenze l'arciprete Cristoforo di Olubra coi
confratelli e canonici della stessa Plebe per una parte, e Lanfranco,
abate di S. Sepolcro, Pietro de Bernardi, Viviano de Gandulfo,
consoli di S. Marziano, e Rainerio de Cereria sindaco della Co-
munità e dei vicini di San Marziano, per l'altra parte, conforme
è detto nell'istromento redato dal notaio Ansaldo di Olubra, pre-
senti, consenzienti ed affermanti i vicini di S. Marziano, fecero
compromesso a Guglielmo suddiacono del Papa, al priore di San
Giacomo della Vernagola, ed al maestro Pererio, preposto di
S. Teodoro di Pavia di attenersi ed osservare, ed in perpetuo avere
per ferma e ratificata la decisione sopra la sentenza, e promisero
in caso contrario di pagare la pena di cento libre di Piacenza.
La senteaiza pronunciata nel parlatorio di S. Alessandro il
() ottobre i23o, in presenza di Giovanni e Dondedeo, monaci di
quel monastero, del prete Bazo cappellano dello stesso, e di Gui-
dotto Guasco e Fornengo, è del seguente tenore:
« Ita dicimus, pronunciamus atque adjudicamus in scriptis
« per amicabilem cumpositionem et omnibus aliis modis quibus
« possumus quod decima et ius decimationis ipsius loci Sancti
« Marciani et eius territorii pertineant ad dictam plebem, et
« dieta Plebes et habeat absque alicuius contraditione tenendo
« in se dictum monasterium et de cetero habendo sine contrad-
« ditione Archipresbiteri et eius sucesoris totani decimam et ius
.< decimationis possessionum terrarum cultarum, incultarum, vi-
« nearum, prativarum et boschivarum tam futurarum tam pre-
ce sentium quas dictum monasterium habet et per ipso Monasteri©
« tenentur in predicto loco Sancti Marciani et eius territorio a
(( dieta Plebe, et « eidem Plebi omni anno nomine census ex ipsis
u dando et solvendo in festivitate beati Johannis Batiste unam
<^ libram incensi, etc. ».
248 SPKiOI.ArilUC DlSlOinA I.OMHAHDA
Lo Stesso giorno la sentenza fu partecipata all'arciprete di
Olubra, al suo procuratore Armanno, ed a Bagnerio de Cureria
console e sindaco di S. Marziano nella curia della chiesa di Santa
Vittoria, alla presenza di vari testimoni. Ai monaci di S. Sepolcro
la partecipazione venne eseguita il i5 di ottobre in presenza di
Giacomo di S. Teodoro, canonico, Roglerio Spria frigore, Jacobino
Vercellense, Giovanni de Lanterio porcari dicti monasteri, e di
Monteglo figlio del fu Giovanni Ferrari di Olubra, testimoni (1).
Ma il decreto dell'abate di S. Alessandro non ebbe esecuzione
da parte degli abitanti di San Marziano, i quali, il giorno 11 gen-
naio i23i tolsero il mandato ai loro rappresentanti, tra i quali
figurava un Domnum Flambertum camerlengum et domnum Oli-
verium monacos sanati Sepulcri de Papia (2).
Dietro nuovi reclami dell'Arciprete e del Capitolo di Olubra,
Papa Gregorio IX con suo breve dato in Laterano l'ottavo delle
Idi di marzo, anno quarto del suo pontificato (7 marzo i232),
delegò a Giudice della risorta vertenza il prevosto della Chiesa
di S. Olderico ài Piacenza, il prevosto della Chiesa di S. Elena
di Rotofredo, e un prete Simone, canonico di S. Antonino di Pia-
cenza, colla ingiunzione di costringere quelli di S. Marziano a
pagare la multa di lire cinquanta piacentine al Capitolo di Olubra,
e risarcirlo delle spese da esso fatte per la causa (3).
Si ha ragione di convenire che questa volta quelli di S. Mar-
ziano, non spalleggiati dai loro potenti sostenitori quali erano
frati di S. Sepolcro, si siano sottomessi all'Arciprete d'i Olubra,
giacché non si trovano più notizie di controversie per lo spazio
di ben cinquanta anni.
L'anno 1280 Guglielmo di Fontana, arciprete di Olubra, pre-
tendeva dai Monaci di S. Sepolcro una certa quantità di biada e
di denaro che nel corso di trenta anni, essendo stata insoluta, si
era grandemente moltiplicata. L'Arciprete e il Capitolo ricorsero
(i) Pag. i65.
{2) Pag. 55.
(3) Pag. 47.
IN UN ARCHIVIO DI OLTRE PO 249
a Papa Nicolò III, il quale con suo breve del 2 marzo, dato in
Roma, apiid sanctus Petrum, l'anno terzo del suo pontificato,
delegò Antonino, Abate di S. Alessandro di Piacenza, ad udire le
parti, i testimoni delle parti e a decidere la controversia.
L'Abate di S. Alessandro il 28 marzo dello stesso anno con-
segnò una sua lettera portante il breve pontiticio, sigillo cereo
impressa forma cuiiis est y mago iinius abbatis rivestiti ciim fe-
rula in manti dextra, a Giardino Agacia di Piacenza affinchè la
portasse a Pavia.
Il messo infatti si presentò il i.° aprile nel chiostro del Mo-
nastero di S. Sepolcro ed alla presenza di Razano Salimbene,
giudice, di Oglerio Saltari, di Giovanollo figlio di Pietro Beccaria
dimorante con Guidone Beccaria canonico di Pavia, consegnò la
lettera a Ruffino abbate di S. Sepolcro (i).
Ma quelli di S. Marziano non si diedero per intesi. In questo
frattempo all'abate d'i S. Alessandro venne dal legato Apostolico
Bernardo vescovo di Pavia sostituito Oberto Corvo proposto della
Chiesa di S. Olderico di Piacenza, il quale, a scuotere gli uomini
di S. Marziano mandò Lanfranco, canonico della Plebe di Olubra,
che rS delle càlende di febbraio del 1283, nella Curia della Chiesa
di quel luogo, presenti Jacobino da Castello, Guglielmo de la Sca-
leta. Perone de Bernardis e Pietro de Rondana, presentò una let-
tera ai consoli ed agli uomini di S. Marziano del seguente tenore :
« Obertus Corvus prepositus ecclesie Sancti Olderici Placentie.
« Venerabili Patris Domini Bernardi Dey gracia Portuemis Epi-
« scopi Apostolice Sedis legati iudex delegatus. Viris discretis con-
« sulibus ed hominibus de Sancto Marciano salutem in Domino.
« Noveritis nos Guillelmi de Vicomarino procuratorem nostrum
« presente in hijs scriptis excomunicasse ipsius exigente contumacia
« manifesta, etc. »
Fu in seguito a ciò che l' 1 1 ottobre di quell'anno nella curia
{i)Pag.43.
SPIGOLATI'UK DI STORIA LOMBARDA
della loro chicsii, congregati gli abitanti di S. Marziano unita,
mente ai loro consoli, nominarono Guglielmo de Costula, Mar-
ciano de Tedisi e Falcone de Rondana loro sindaci e procuratori
nella causa vertente tra loro e l'Arciprete di Olubra.
II 16 giugno 1285 nel chiostro della Chiesa di S. Olderico
in presenza di Oberto Fontana, prevosto del monastero de Vietilo,
di prete Vincenzo della chiesa di S. Giorgio, canonico della stessa
chiesa di S. Olderico, Albertuccio Bendico de Fontana, Giovanni
Capra de' P^ontana testimoni, il reverendo Oberto Corvo proposto
delegato dal Cardinale legato, decise la questione tra la plebe di
Olubra, i monaci di S. Sepolcro di Pavia e gli uomini di S. Mar-
ziano nei termini registrati in un atto rogato da Oliverio Picino
notaio, il IO maggio antecedente. Il manoscritto della Collegiata
di Castel S. Giovanni non registra questo atto né per esteso, nò
in sunto : il Campi però che certamente lo vide, e forse lo portò
con sé, lo traduce e lo pubblica nella sua /Ustoria Ecclesiastica
di Piacenza (i), ed ecco come andò a finire la quistione :
« Oberto Corvo preposto dì S. Olderico .di Piacenza, come
« Giudice, e come compromissario ancora delle parti, dopo aver
<.< il tutto, secondo che conveniva, ottimamente ponderato, alla
« presenza di Giovanni Passacaldaia canonico piacentino, e di due
« Dottori di legge collegiati che furono Giovanni Buffa e Nicolino
« Ziani pronunciò il suo laudo nell'ultimo d'aprile, lunedì delle
« litanie minori di quest'anno nel claustro di Sant' Olderico di
<^ consenso e con intervento eziandio dell'abbate l^uono (così ap-
« pellato) a nome del monasterio predetto e di Guglielmo Fontana
« arciprete di Castel San Giovanni. E fu la sostanza di tal sen-
« tenza, et amicabile compositione che restando assoluti l'Abbate
« et i Monaci dalla dimanda et obbligo delle pretese decime per
« lo passato, fossero tenuti da indi innanzi per la detta decima
« al pagamento ogni anno in tempo di pace nelle calende di agosto
(i) Voi. Ili, pag. i5, col. i.''^
IN UN ARCHIVIO DI OLTRE PO 23 1
« di Stala dieci di formento con la beneditione, bello e mondo a
« pala e viglinolo secondo che dir si suole da' contadini, e misu-
« rato allo staio di Piacenza, da condursi alla Pieve da un messo
« del Monasterio, a cui dar dovesse il Capitolo della Pieve da
« mangiare ; e nel tempo di guerra fosse in arbitrio dell'Abbate
« e Monaci di pagare o lo stesso fitto di grano, o la deccima sola
« di que' frutti che cavati si fossero tanto dalli terreni quanto
<c dalli animali loro in quell'anno. Inoltre quanto alla chiesa dì
« S. Martiano sì dichiarò che quella con ogni sua pertinenza dì
« possessioni, et altro tanto nello spirituale quanto nel temporale,
« spettasse pieno iure al monastero di S. Lanfranco, eccetto che
<( nel vacar detta Chiesa presentar si dovesse il nuovo rettore da
« instituirsi in essa all'arciprete e Capitolo di CastelsanGiovanni,
« i quali avessero senza veruno esame, e senza eccetione alcuna
« di ragione o di fatto e gratis, et anche senza dura spesa od
« altro aggravio al presentato Prete a confermare la di lui elet-
« tione fra quindici giorni a die presentationis, e non confer-
« mandolo in detto tempo, potesse l'eletto senza più entrare al
(c possesso della Chiesa, et amministrar liberamente i beni e ciò
« che in quella a lui si appartenesse di fare. Et andando l'Arci-
« prete e il Capitolo in processione ne' giorni delle Litanie fosse
« tenuto il Rettore a riceverli con l'acqua benedetta et incenso
« senz' altra spesa o pretensione di quelli. »
La decima convenuta in questa sentenza fu in seguito sempre
pagata alla plebe di Olubra. Nel manoscritto in quistione, sotto
il 7 dicembre 1468, è registrato il versamento di « starios decem
« frumenti prò ficto decime anni presentis finiti et completi quod
« fictum annuum dictum capitulum conventus et monasterii sancti
<' Lanfranchi suprascripti reddi et reddere tenetur et debet diete
« Capitulo Plebis et Ecclesie sancti Johannis predicti de prò et
« occasione decime decimationis et decimarla terrarum et posses-
(.' sionem dicti monasterii sancti Lanfrancis de Papia positarun
« in territorio Castri Sancti Johannis predicti Episcopatus Pla-
« cent le. »
252 SIMGOLATI'RK DI STOHIA LOMUAUDA
In una recensione di decime fatta dalla Plebe di Castel San
Giovanni nell'anno i5()3 è pure nominata l'Abbazia di S. Lan-
franco di Pavia per la decima di staia io di frumento gravante
sulle terre di S. Marziano.
Il IO di agosto dell'anno r32() Giovanni, vescovo eletto ili
Pavia, nominò collettore di una taglia un frate Pietro de Mixanno
priore della chiesa di S. Giacomo di Ponte Albarola. Bisogna cre-
dere che questa taglia non entrasse nelle mire del monastero di
S. Sepolcro, perchè il 23 dello stesso mese di agosto frate Manuelle
abbate del monastero di S. Lanfranco, ossia di S. Sepolcro, chiede
in scritto ciim omni reverenda et divocione al vescovo suddetto
un libello appellatorio. Non è conosciuto l'esito di questo reclamo :
quello che maggiormente interessa però è che l'ordine Vescovile
di riscuotere la taglia, e la presentazione del libello appellatorio
avvennero in Piacenza, nella chiesa di S. Maria dei Dodici Apo-
stoli, dove risiedeva allora il vescovo eletto « propter giierras et
« rebelionem civitatis Papié cantra romanam Ecclesiam » (i).
L'anno i354 i monaci di S. Sepolcro ricorrono all'arcivescovo
Giovanni Visconti, signore allora di quella parte del Piacentino
che volge verso ponente, per ottenere ragione sui beni loro di
S. Marziano affittati ai Malvicini di Fontana, di Piacenza. L'Ar-
civescovo il giorno 2 settembre scrisse al suo podestà di Castel
San Giovanni: «Volumus et mandamus tibi quod dictas terras
possessiones et bona earum ac fructorum reditus et proventibus
dari, restituì, relaxari faciat predicti Abbati, monachis, capitulo
et Conventui monasterium predicti seu eorum sindico et procu-
ratori, colonorum, inquilinorum seu massariorum jure semper
salvo ipsoque Abbatum, monachos, capitulum et conventum dicti
monasterii seu eorum sindicum, etc. » (2).
Nel testamento di un Martino Orzone « mercator publicus »
di Pavia havvi una protesta contro Giacomo di Bercledo de Mon-
taldo in cui il mercante dichiara che i beni di S. Marziano da
(1) Pag. 176-177.
(2) Pag. 44.
IN UN ARCHIVIO DI OLTRE PO 23.-)
lui comperati dal Monastero di S. Sepolcro per il prezzo di lire
seicento imperiali, furono pagati non coi propri denari, ma con
quelli del nobile Dondacio Malvicini di Fontana, cavaliere pia-
centino e del predetto Giacomo di Bercledo, i quali signori fecero
istanza e petizioni a lui perchè li comperasse (21 luglio 1347) (i).
In una recensione di decime del 18 dicembre 1224 che paga-
vano quelli di Montedonico alla Plebe di Olubra appare che la
chiesa di S. Pietro in Ciel d'Oro di Pavia possedeva beni in quei
paraggi : figurano pure registrati come proprietari di quelle terre
quelli de Beccaria (2). Pure in Montedonico teneva suoi beni la
chiesa di S. Michele Maggiore di Pavia in un luogo « ubi dicitur
Burghus rognoxus » in coerenza coi beni di Guidoto Advocato
de Canevanova (3) (a. i332).
Un Antonio Villani di Castel S. Giovanni nel suo testamento
29 giugno 1404, nomina erede un Giacomo Villani suo fratello
« qui habitat juxta Civitatem Papié in burgo ubi dicitur Sigi-
mate » (4).
Parpanese. — 11 19 aprile i3oo Gerardo Biondo, Gerardo de
Plana e Guglielmo Mussone, tutti di Castel San Giovanni, si ob-
bligano con istromento rogato da Gerardo Tridapane notaio, di
pagare al prete Azone di Parpanese, e non ad altri, in denaro
numerato, quattordici lire e sei soldi di Piacenza, valuta da essi
ricevuta in deposito « et nomini depositi ad omne suis periculum,
risigum, fortunam, ignis, furti, rapine, naufragi, etc. « (5).
(i) Pag. 49.
(2) Pag. 287.
(3) Pag. 172.
(4) Pag. 91.
(5) Pag. 267.
2^4 SlMCiDLAl IKi; DI S'IOUIA LOMUAUDA
11 22 Icbbraio i 34(J, nel chiostro della chiesa di Sant'Yvencio
di Pavi;i, per r();^it() di Giacomo di S. Sisto, notaio, Bartolomeo
di Clic)\aniii ile .\iitii|uo de Fontana, chierico eletto nella chiesa
di S. Mnri.i di i\ui\incse «dieta de la Pleheta » diocesi di Pavia,
<c constituivit et tccit donum Clavarinum canonicum Ecclesie
sancti Cìeoi^ii de N'eroiKi ;> siiidaeo e procuratore di Portalbera (i).
Monte (Monyte) CAfALMACGiORE, Suriasco. — Il 21 feb-
braio i'385 Pietro Grillo, arciprete di Castel S.Giovanni, investì
a fitto per nove anni Giovanni Marconi, figlio di Rolando, della
decima di alcune terre pervenute nella sua plebe in seguito a di-
versi anteriori acejuisti, situate nel territorio di Monte, vescovato
di Pavia, per il fitto di unum leporem, e due staia di frumento,
condotto e consegnato il tutto alla stessa plebe a spese dell'affit-
tuario.
Nove anni dopo, cioè il 22 luglio 1394, lo stesso arciprete
rinnovò l'investitura, ma per 29 anni, nello stesso Giovanni Mar-
coni : il canone d'afiitto fu però aumentato : invece di una lepie
l'enfiteuta doveva consegnare un « bonum et pinguiun crastonuni »
e staia tre di frumento, colle stesse avvertenze. Neil' istromento
è detto che le decime affittate si fondavano su beni « in teriHtorio
de Monyte et Caxali Majoris territorii Siuriaschi episcopatus
Papié. » (2).
RovEscALA. — Il i5 agosto 1223 Alberico di Rovoscala, per
tre lire e sette soldi meno e^uattro denari di Pavia che il padre
suo Gualterio promise alla plebe di Olubra per un calice, dà al
prete Armanno della detta plebe un pezzo di terra di 5 pertiche.
(i) Pag. 270.
(2) Pagg. 174 e 197.
IN UN AIICHIVIO DI OLTRE PO 2DD
coltivate, posto nel territorio di Rovescala vicino al mercato ed
alla strada pubblica (i).
Il 4 agosto dell'anno successivo l'arciprete Cristoforo di Olubra
investe a titolo di affitto perpetuo il conte Roberto di Rovorscala
e suoi eredi della terza parte prò indiviso dì tutte le deciaie in
Rovorscala, suo territorio e curia per l'annuo fitto di sei denari
di Pavia da pagarsi al S. Martino (2).
Del 3i agosto 1228 si ha la seguente sentenza in causa di
appellazione per la chiesa di S. Maria de Costula in favore della
plebe di. Olubra e contro quella di Rovescala, data sub qiiodam
porticu della chiesa maggiore di Piacenza, a rogito dì Guglielmo
de Pillolis, ed alla presenza di diversi testimoni.
« Dominus Aymericus Archidiaconus placentinus ita dixit :
« Causa appellationis vertebatur inter Presbiterum Armanum
« canonicum et syndicum Plebis Olubre nomine ipsius Plebis ex
« una parte, et ex altera presbiterum Petrum syndicum plebis
« de Rovorscala nomine diete Plebis Rovoiscale. Qua nobis a
« Summo Pontifice fuit commissa sicut apparet per litteras bul-
« latas Domini Pape. Quarum tenor talis est. Honorius episcopus
« servus servorum Dei. Dilecto filio Archidiacono piacentino sa-
ie lutem et apostolicam beneditionem. Archipresbiter et.Capitulum
« Plebis Olubre sua nobis peticione monstrarunt quod cum inter
« ipsos ex parte una et Archipresbiterum et Capitulum Rovor-
« scale papiensis Diocesis ex altera, coram abbate sancti Apoli-
« naris super reditibus et rebus aliis autoritate apostolica questio
« verteretur idem Abbas contra eos diffinituram sententiam pro-
ci mulgavit iniquam; a qua nostrani audienciam appellarunt, etc.
« Datum Laterano 6 idibus octubris pontificatus nostri Anno
« undecimo, etc. Inscriptis sentenciando pronunciamus sentenciam
« latam ab Abbate sancti Apolinaris papiensis super Ecclesia
« Sancte Marie de Costula et super redditibus et rebus aliis per-
ii) Pag. 16.
(2) Pag. 74.
2?0 MMi.Ul.All Ki; iJi MOHIA LOMHAUDA IN UN Al< l!l\ IO hi ')1.IJ<L TU
« tincntibus ad candem ecclcsiam prò Archipresbitero et Capitulo
« Plcbis Rovorscale centra Archiprcsbiterum et Capitulum Plcbis
« Oliibrc esse iniustam et iniquam et nichilomino valere et ab
« ipsa sententia bene fuisse appellatum et male pronunciatum,
« et iandictam sentenciam latam per predictum abbatem sancti
« Apolinaris infrigimus et casamus, et I^lebem Olubre esse in
« possessione iandicte Ecclesie Sancte Marie de Costula . et sen-
« tenciam excomunicationis latam contra Archipresbiterum et
« Capitulum plebis Olubre de jure non tenuisse nec tenere de-
ce bere et ad cautelam absolvimus dictos archipresbiterum et <CJa-
« pitulum plebis Olubre ab illa excomunicacione. » (i).
il 28 luglio i328 Oberto Musso arciprete di Rovoschala pa-
piensis diocesis et clericus ecclesie sancti Blaxii de Plebe Portiis
Moroni fa il suo testamento instituendo sua erede la nipote Gio-
vanna figlia di Giovanni suo fratello (2).
Il 7 luglio 1387, l'arciprete Grillo della plebe di Castel San
Giovanni (Olubra), investe a titolo di affitto per nove anni Gio-
vanni Marcone figlio del fu Rolando, della decima che la detta
plebe e chiesa ha nel luogo, territorio e curia di Rovescala per
due staia di frumento annui (3).
Il 2 delle none di febbraio dell'anno 1429, Papa Martino V,
per la morte di Rallaele da Castello, canonico della chiesa di
Santa Maria di Rovescala, diocesi di Pavia, nomina a quel posto
il prete Pietro de Gerii beneficiario prebendario della chiesa di
S. Giovanni di Olubra (4).
Giovanni Agnelli.
(i) Pag. 94.
(2) Pag. 255.
(3) Pag. 74.
(4) Pag. 187.
NOTITIA CLERI MEDIOLANENSIS
DE ANNO 1398
CIRCA IPSIUS IMMUNITATEM
(Continnazìone e fine).
47. Canonica de Olzate Olona cum Capellanìs (i)
D. Rugerius de Solbiate praepositus . . . L. 7 S. 16 D. 7
Beltramus de Cixate 2 4 9
D. Pbr. Inanus (?) de Landriano 3 7 3
Ambrosius de Colliate 3 7 3
Johanninus de Dalfìnellis (?) 2 4 9
Antoni US de Solbyate 3 7 2
Pbr. Antonius de Pigoziis . 3 7 2
Pbr. Jacobinus de Inarzio 3 7 2
Andriollus de Cixate 2 4 9
Quidam de Crassis 2 4 9
^. 3i S. II D.
s.
4
D.
9
18
4
i5
II
9
6
Capellani plebis de Olzale Olona
Capella S. Marie de Gorlamayori . . . . L. 2
„ de la Castellanzia 3
„ de Sachonago 2
„ S. Johannis de Bustiarsizio (2) ... 4
(1) ^q\M Indice di Gof. Olgiate conta chiese 34, altari 42.
(2) Nello Siato del 1466 Busto Arsizio sembra indipendente da Ol-
giate Olona, leggendosi, prima delle chiese regolari, esenti dalla ple-
bana " Capelle in Busti 3 „.
Arch. Star. Lomh. — Anno XXVH. — Fase. XXVIII. 17
258
01 IMA CLIiUI MLDIOLANKNSIS DI- ANNO J 3()8
Capclla Suprascriptc ecclesie I.. 4
„ de Solbiale supra Olonani 2
„ de CystcUago 3
„ de Marnate 3
„ S. Laurentii de>Gorla minori .... 3
„ S. Nazarij de Prospiano 2
„ S. Antonij de Camcnago . ..... 2
„ S. Vitallis de Gorlamayori j
„ S. Martini de Fagnano 7
„ S. Johannis de Bergaro 2
„ S. Johannis de Restagnijs de Busti . 2
„ S. Cateline de Busti Arsizio .... i
„ S. Martini de Cayrate 3
,, S. Michaelis de Busti Arsizio .... 3
9 1
' f )
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1 1
7
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8
16
10
4
9
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7
18
4
7
2
L. 5o S. 3 D.
Domus suprascripte plebis
Fratres S. Marie de Legnano L. 18
Monasterium de Cayrate 25
Fratres et humiliate de Solbiate maiori (?) . 9
Fratres hospitalis S. Erasmi de Legnano • . 28
Fratres domus parve de Cistellago S. Benedicti 28
Domus humiliatorum de Fagnano 20
Domine humiliate de Bustiarsizio 2
Fratres h umiliati de Legnano —
6 D. —
8
4
4
1
9
4
-
2
7
8
L. i33 S.
14
D.
48. Canonica de Legnano cum Capellanis
D. Pbr. Christotbrus Vincemala L. 3 S. 7
D. Jacobus de Subinago (?) 3 7
D. Luchinus Vincemala 3 7
Elyas de Porris 3 7
L.
S.
8 D.
CIRCA IPSIUS IMMUNITATEM 2:^9
I
S.
i3
D.
7
I
i3
7
I
i3
7
• 4
I
7
Capellani Suprascripte plebis
Capella S. Marie de Legnano L. i
„ S. Ambrosi! de Legnano ....
„ S. Martini de Legnano . . . . .
„ SS. Ziprij (sic) & Cornelij de Cerro
L. 9 S. 3 D. 4
49. Canonica de Varixio cum Capellanis (i)
D. Antonius Giranus prepositus L. 3 S. i D. —
Franciscus Paxolli Canoniciis 3 i —
Pbr. Albertus fiotta 3 i —
Pbr. Aedigolus (sic) Frotta .3 i —
GuarniroUus Bossi us 2 4 9
Guidctus Bossius 2 4 9
Maynolus Blanchus , 2 4 19
Rcliqui decemocto Canonici sunt in extimo 1. 2,
s. IO, d. IO prò quolibet 46 i5 —
Pro octo feudis ad computum de S. 5, den. 6
prò quolibet (2) 2 4 —
L. 66 S. 17 D. 3
(i) Secondo V Indice di Gof. nella pieve di Varese eranvi chiese 55,
altari 70.
(2) Quali fossero i Feudi dipendenti dal Capitolo Varesino non è
specificato: il Borri, Statuii e Ordinamenti del Capitolo di S. Vittore in
Varese (Varese, 1897) pubblicò diversi giudicati, nei quali sono inai-
cate che le terre che devono pagare la decima al detto Capitolo; ma
non dà documento contemporaneo che precisi gli o//o/(?//tì'/ qui indicati.
Invece, danna ricevuta del i326, risulta che i Canonici di Varese pa-
gavano a Galeazzo Visconti i tributi per le seguenti chiese da loro
dipendenti (v. Borri, o. c, p. 102) " prò Capella de Daverioet monastcrio
de Crossio.... capella de Moresolo, cap. de Barassio, cap. de Logonate,
cap. de Voltrona, cap. de Casgiago, cap. de Velate, cap. de Masenago,
cap. de Colcinate, cap. de Bobiate, cap. de Malnate, cap. de Bosii, cap.
de Schianio, cap. de Aciate, cap. de Caliate, cap. de Logonago, cap. de
Besozero, quae omnes capelle et monasterium sunt plebis dictac Ca-
nonice „. Nello Stato del 1466 Icggesi semplicemente: "Canonica de
I
—
2
—
4
9
11
IO
4
9
8
6
4
9
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7
—
4
260 NOI! HA CLKHl MEDlOf-ANLlNSIS DI) ANNO 1 3g8
Capdlani suprascriptt' Plcl)i.s
C.iix Ihi S. l<.liaiiiiis ad Hospitale . . . .L. 2 S. — i '.
Seii Aliare S. Mariao in rcdesiaS. Vio
toris de Varixio 3
„ S. Johannis in Baptisterio 3
„ Altaris Maioris S. Victoris 2
„ S. Marchi de Morcxello 5
„ SS. Vitalis et Valerle de introna^ h. . —
„ SS. Ypoliti et Cassiani de Legnate . 2
„ SS. Johannis et Eusebij de Casgiago . 4
„ SS. Ypoliti & Cassiani de Maxnago . 2
„ S. Evasi] de Bezozero 1
„ S. Martini de Sgianio (sic) i
„ S. Marie in ecclesia S. Stepani de Be-
zozero ' I 2 5
„ S. Marie de Aziate 2 18 —
„ S.. Laurentii de Aziate i — 4
„ S. Petri de Daverio . 4 io —
„ de Bosti — II 3
„ S. Georgij de Logonago .2 4 9
„ S. Cassiani de Veliate 3 — —
„ de Barassio 4 9 6
„ S. Marie de la Sgirana 2 4 9
„ de Bobiate — 5 7
„ de Lisago — 5 7
„ S. Martini de Malnate 3 7 2
„ SS. Protaxij & Gervaxij de Galliate .3 7 2
„ S. Antonij de Aziate 3 i —
„ de Bimio (sic) Superiori i 2 5
„ S. Bernardi in Monte de Veliate . . 2 — 8
„ allia S. Bernardi 2 — 8
L. 65 S. 3 D.
Varisio habet prepositum cum Canonie. 24. Beneficia, que Fenda di-
cuntur Vili, Cappellani ibidem V, Ecclesiae Parochiales et Capclle
Plebis, 23. Fenda ecclesiastica Varisci XI (v. più sotto quali l'ossero
questi feudi).
CIRCA IPSIUS IMMUNIIATEM 26 I
Fenda Varixii
Guglielmus de Arsago prò B^cudo S. Dionixij L. 4. S. 9 D. 6
Feudum S. Patri de Bosti io i 4
„ .S. Quirici 7 16 7
„ S. Mauritii de Magiiago 3 7 2
,, suprascripte ecclexie i 2 5
„ S. Petri de Bimio inferiore .... 3 7 2
„ S. Petri de Malnate — — —
„ S. Ambrosi] de Zobiano 3 7 2
„ S. Georgii de Bimio superiori ... 4 9 7
„ S. Vitti de Legnate 5 i 8
„ S. Laurentii de Masnago — 11 3
L. 43 S. i3 D.
Domus plebis Varixii
Prelatus Fratrum humiliatorum de Varixio L. 48 S.
Ministra S. Martini de Varixio 7
Hospitale de Noveni Fontanis 11
Monasterium de Capite ii3 — —
Domus S. Antonii de Legnate 12 — —
Domus de Cantorezio de Masnago 5 i 8
D. Arctiipresbyter S. Marie Mentis cum quin-
que alii (Canonicis) 25 — —
Monasterium de Ulturio (?) 167 i5 —
8 E
•• 4
16
TI
3
8
L. 390 S. 5 D.
50. Canonica de Sgianio
D. Nichorollus de Sgianio archipresbyter . L. 4 S. io D. 6
Guidollus de la Fcrraria '...4 9 6
Silvester de Bossijs 4 9 6
L. i3 S. 9 D. 6
I.Kl MI.WlOI.ANhNMS» Uh ANNO 1 :>g8
51. Canonica de Castro Seprio cum Capellanis (i)
D. Prcpo.situs diete Canonice : L. 48. io 1). 6
D. Paganinus de Bezozcro 3 io 2
Reliqui dcceni canonici sunt in extimo 1. 5,
s. I, d. 8 prò quolbet 5o 17 8
L. 58 S. J7 I).
Capellani suprascripte plebis
CapcUa S. Laurentii de Castelliono . . . L. 4
„ S. Sepulcri ut supra 2
„ S. Marie de buzijs ut supra .... 2
„ de Venegono superiori cum S. Protaxio
dicti loci 3
„ de Castrono i
„ de Venegono inferiori 2
„ S. Nazarij de Vico Seprio 2
„ de Morenzono 2
„ de Torba 5
„ de Carono de Giringelis i
„ S. Marie foris portas Castri Seprii . i
„ de Rollate (sic) i
„ de Vedano 4
„ de Cornate Superiori —
„ Lonate Cepino 2
,; de Tradate 4
„ S. Marie de loco Castiliono .... 2
„ de Carnago 3
„ S. Pauli de Castro Seprio 2
„ S. Antonii de Lozia —
„ de Carono Corbellario —
9 D.
6
4
5
4
5
6
2
2
5
4
9
4
9
4
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2
5
2
5
2
5
2
S
11
6
II
3
5
9
3
—
4
9
7
2
7
9
II
3
11
3
(i) La Pieve di Castel Seprio, secondo Vindice di Gol'., aveva chiese
48, altari 60.
CIRCA IPSIU IMMUNITATEM
263
Capella de Cornate inferiori L. —
„ Ss. Antonii & Leonardi dotata per
quondam D. Johannollum de Comi-
tibus prepositum de Rande .... 2
„ dotata in ecclesia de Castro Seprio per
prepositum Beltr i
Domus plebis Castri Seprii
Monasterium de Torba . . .
Domus humiliate de Castilliono
52. Canonica de Habiate Guazono
S. II D. /3
L. 49 S. 7 D. II
L. 20 S. IO D.
I —
L. 21 S. II D.
D. Thomas de Pusterla prepositus . . . . L. 8 S.
Pbr. Antonius de Purisellis 5
Johannollus de Bossijs 5
Pbr. Antonius de Mesero 5
Loco Pinamontis de Carnago 5
Pbr. de- Habiate guazono loco ejus comune de
Habiate Guazono 5
18 D
. 8
II
6
II
6
1 1
6
11
6
li
L. 36 S. 16 D.
53. Canonica de Arsizate cum Capellanis (i)
D. Prepositus diete Canonice L. 2
Pbr. Franciscus de Lotia 2
Pbr. Ambrosius de Veliate . 2
Pbr. Johannes de Balbis 2
Ambrosius de Veliate 2
Pbr. Antonius de Longis 2
S.
D.
(i) Arcisate, secondo Vindice di Gof., aveva chiese 82, altari 40.
204 NOI J HA l.Ll.Kl Mi.J)IOLAM.NM> DI'. ANNO l Mj'6
1 ■ '" m •
Jacobus de Zaiiatis (?) de Veliate ....!.. -j. S. i D. y
johannollus de Horrexii» 2 4 9
Guidetus de Pusterla 2 4 9
Pbr. Symon de Induno 2 4 9
Pasolus de Viglue 2 4 9
Petrus de Judicibus 2
Ambrosius de Cixate 2
Donatus de Cixio 2 4 9
Angellinus de Rippa 2 4 9
Petrollus de Legnate . — ]3 3
Jacobus de Blanchis de Veliate — i3 3
Pbr. Stefanus de Veliate — i3 3
Aliotus de Asnago .;...._ 13 3
Johannollus de Judicibus — i3 3
4 9
4 9
L. 36 S. t8 D.
Capellani de Arsizate
Capella S. Martini de Viglue 'L. 3 S. 7 D.
„ S. Georgi]* de Ligurni (sic) 3 7
„ S. Alberti de Ligurni i
„ S. Petri de Induno . . . ' 2
„ S. Maria de Osteria (sic), h —
2
2
2 5
4 9
L. IO S. I D. 6
Domus suprascripte plebi s
Domus S. Fidelis de Ponte L. 2 S. 4 D. 9
D. Prior et domus Sanctc Sylle (sic) .... 4 i 4
D. Prior de Ganna 168 18 8
L. 175 S. 4 D. jo
Feuda suprascripte plebis
Petrus de Eossijs teudatarius de Arsizate . L, i S. 2 D. 5
Quidam de Martignionibus Feudatarius . . . i 2 5
L. — S. - D. —
CIRCA IPSirS IMMUNITATKM
26:>
54. Canonica de Clivio cum Capellanis
D. Archipresbyter prò duabus prebeiidis . L. 6 S. 3 D.
Paxolus de Vigilie 3 i
Laurentius Morliaiius (sic) 3 i
D. Branda de Castilliono 3 i
D. Luchiiius Vicemalla (sic) 3 i
L. i8 S. 7 D. —
Capellani plebis Clivij
Capella S. Syri de Mio (?) L. i S. 2 D. 5
„ S. Martini de Clivio i 2 5
,, S. Marie de Clivio — 11 3
L.
S. 16 D.
55. Canonica de Travallia cum Capellanis (i).
D. Prepositus diete Canonice L. 4
Pbr. Beltramus Cermegnana (?) i
Reliqui decem canonici sunt in extimo 1. 2.,
s. 4, d. 9 prò quolibet * 29
L. 34
2 D.
i3
17 D. TI
Capellani de Travallia
Capella S. Johannis de Cermegnana
„ S. Petri de Luyno . .
„ ' S. Marie de Voldomino
„ S. Francisci de Luyno
„ S. Stefani de Machagno
„ S. Georgii de Rimo (?)
I
s.
2 D.
5
2
4
9
I
2
5
I
2
5
I
i3
8
I
i3
8
(i) La pieve di Valtravaglia, w^V^ Indie r di Gof., consta chiese 49,
altari 55.
2Ò6
NOI III A CLKHI MKDIOr.ANKNSIS 1)1' ANNO 1 3o8
Capclla S. Ambrosi! de Montegareno (i) et Ca-
pella S. Petri de Grantorra . . L. j
„ S. Jullii in Canonica de Travallia . . i
„ S. Marie de Curte i
„ Ss. Petri & Georgij de Vechano et de
Musadino i
„ S. Blaxij de Voldomino —
Custos S. Antonij de Travallia 2
„ S. Eusebij de Agra i
„ S. Nazarij de Camtia (sic) ...... i
L. 19
i3 I)
. 8
i3
7
2
5
2
5
II
3
4
9
2
5
2
5
S. 12 D.
56. Canonica de Lezeduno cum Capellis (2)
D. Antoni US de Carnate preposi tus . . . . L. 4 S.
D. Franciscus de Cocho —
Franciscus Bossius 2
Aliollus (sic) Blanchus i
D. pbr. Sadonus (sic) de Carnixio .....—
D. pbr. Johannes de Bexutio i
D. pbr. Johannes de Cardana i
D. pbr. Jacobus de Caranate 2
D. pbr. Guglielmus de Bexutio -
Filius Martinoli de Luyno i
L. i3 S. 14 D.
I 1
). 6
16
10
4
9
2
5
16
10
2
5
4
5
4
9
17
IO
2
5
Capellani de Lezeduno
Capella de CirixoUo (sic) L. — S.
„ Ss. Marie et Jacobi de Laveno ... 1
,, de Montebello i
16 D.
2
i3
(i) Monfegareno: nel codice l'abbreviaz. è Motegano: in una nota
necrologica al Calendario inserito nel Manuale Ambros. del sec. XI
appartenente alla Canonica di Valtravaglia, ora del Capitolo Metropo-
litano, leggesi " de Monte Agarino „.
(2) Per Legiuno Y Indice di Gof. dà chiese 18, altari 22.
CIRCA IPSirS IMMUNITATEM
267
Capella S. Nazarij de Montebello
„ S. Primi de Lezeduno
„ S. Marie de Bassa . . .
„ S. Georgij de Celli na . .
„ S. Marie de Montebello .
„ S. Michaelis de Montebello
Domus fratrum humiliatorumde Montebello (sic)
II
1 1
4
II
5
2
2
L. IO S.
D.
57. Canonica de Canobio cum Capelianis
D. Jacobus de Taxanis prepositus . . . . L. 4
Pbr. Georgius de Udrigio 4
Pbr. Dominichus de Laveno 4
D. Leo de Blanchis de Veliate 4
Franciscus de Coldirariis 4
Stefanollus de Bezozero 4
Franciscus de Sexa . 4
Anton ioUus Balbus 4
Capellani supradicte plebis
Capella de Brisago L. 4
de Blazio 2
de Canero 2
de Valle Canenina (?) 2
de Valvedascha 3
Trarego
de Vigiona
de Trozano
de Pino .
S.
D.
S.
9
4
4
4
7
li
lì
II
li
D.
L. 38 S. i5 D. —
L. 16 S. 16 D.
Domus de Canobio
Domus l'ratrum S. Laurentij de Canobio . L. 20
Monasterium S. Eusebij de Canobio .... 16
S.
6 D.
i5
S. 2 D.
368
NOTITIA CLERI MKDIOI.ANKNSIS DE ANNO 13^8
58. Canonica da Porletia cum Capellanis (j)
1). Symon de Induno prepositus L. 6
Albertinus de Quadro . 5
Pbr. Johannes de Vallerna 5
Pbr. Beltramus de Varixio 5
l^br de Choco 4
Johannes de Vassinellis 2
L. 3o
S. J4 1
. 3
1 1
IO
j j
io
II
IO
9
6
4
9
I).
Capellani suprascripte plebi s
Capella S. Mametis
,, S. Bartholamei de Montanea
S. i3 D.
i3
L. i3 S.
I).
7
31
59. Canonica de Criviasca (2)
D. Pbr. Beltramus de Quadro ...... L. 2
Ardizzollus de Quadro 2
Ardigollus de Quadro 2
Jacobus Marronarius (3) 2
8
S.
D.
19 D.
(1) La pieve di Porlezza, secondo Vindice di Gof., ha chiese 22,
altari 26.
(2) La Canonica di Creviasca o Capriasca, d^lY Indice di Gol"., aveva
soggette chiese 8, altari 11.
(3) l>leìV Indice di Gof. sono indicate anche le due Valli Elvetiche,
soggette agli Ordinarii della Chiesa Milanese sia per il temporale che
per lo spirituale: e leggesi che la Va/le Leveniina aveva chiese 40 e
altari 48: quella di Bregno, chiese 22 e altari 24. '— Con. lo Stato del
1466 si potrebbe supplire la lacuna della nostra Noiitia : poiché vi si
legge: " In vallibus Leventine et Bregnii, que sunt confines Alemanie,
" sunt multe ecclesie, quarum dare nequirem numerum, nec aliam
" notitiam. Sed inter ceteras sunt duo Hospitalia: Hospitale S. Go-
" tardi in Summo Apenninii versus Alamaniam distans a Mediolano
" per milliaria C, Hospitale prope Abiascam. Canonica de Abiasca
" habet prepositum cum canonicis X, ultra Birinzonam. „
CIRCA IPSIUS IMMUNITATEM 26()
60 Canonica de Pontirollo cum capellanis (i)
D. Prepositns diete Canonice L. io S.
Pbr. Johannes de Caminago 6
Guglielmus de Pusterla . 6
Enrichus de Alamania 2
Pbr. Albertus de Dexio 4
Pbr. Antoni US de Purixellis 4
Albertus Cagnolla 4
Luchinus de Hermenultis 4
Pbr. Barnabas Crinus (?) 2
Reliqui quindecim Canonici sunt in extimo 1. 3,
s. II, d. 2 prò quolibet 53
3
D.
4
2
—
2
—
IO
IO
II
6
II
6
II
6
II
6
8
L. 98 S. i3 D. 4
Capellani plebis Pontirolli.
Capella S. Marie sita in ecclesia S. Johannis
de Pontirolo L. 2 S. 4 D. 9
„ S. Ambrosij ut supra 3 i —
„ de Oxio superiori ........3 i —
Pbr. Franciscus de Marliano clericus .... 3 i —
D. Johannis de Yspera clericus ut supra . . i i3 7
Johannes de Dalfìnellis (?) — 11 3
Capella de Oxio Inferiori i 3 5
(i) " Pontirolo vecchio, ora comunemente chiamato Canonica.... Sul
" finire del sec. XIV i prevosti di Pontirolo avevano piena giurisdizione
'' episcopale su Trevi e in tutta la pieve di Pontirolo, e se la manten-
" nero, finché fu abolita quella Canonica „. Così nella Cronaca del
XVII sec. citata dal Rainom, Treviglio le sue Chiese; Il suo Santua-
rio. Treviglio, 1895, p. 56. — Quanto alla giurisdizione, quasi epi-
scopale, del prevosto di Pontirolo, che forse era nò più né meno di
quella degli altri capi-pieve prima del Tridentino, non è qui a di-
scorrere: piuttosto, da questa Nofifia resta, provato che Treviglio non
dipendeva da Pontirolo, ma era esente, poiché trovasi estimato a
parte coi suoi Monasteri (v. n. 100). Secondo V Indice di Gof., la pieve
di Pontirolo contava chiese 54 e altari 68, " sinc cxemptis et illis al-
terius episcopatus „ cioè della Dioc. di Bergamo.
270 Norm\ i.lkui mjjiìoi.am.nms ì'i. A.^.>t> 1398
Jacobus de Maria clericus ut supra . . . L. 1 S.
Pbr. Johannes dictus Gazollus ut supra ... 2
Jacobus Magagnus clericus S. Protaxij de Tri-
zio . 2
Johannes de Pirovano clericus ut Jàupra . . 2
Pbr. Nicholetus Cominus ut supra 2
Johannes Dalfinelus ut supra —
RugiroUus de Medda ut supra 2
Capella de Colnago 2
Jacobus de Merate clericus ut supra .... 2
Capella de Gradegnano 1
Christotbrus de Zuchis clericus ut supra . . i
Capella S. Marie de Crino i
Bartolus de Sanctis clericus ut supra .... i
GuidoUus de Pusterla clericus ut supra ... i
Capella de Michaelis de Salianese 1
Ambrosius de Sanctis clericus i
Capella de Bucinago 1
Arasmolus de Curte clericus 1
Georgius Crassus clericus ut supra .... i
Michael de Salianese clericus ut supra ... i
Capella de Rozello —
„ de Granziano 2
Johannes Ysolanus clericus ut supra .... 2
Capella de Derzano , . i
Antonius de Curte clericus ut supra . . . 1 i
Capella de Baxiliano i
Leonardus de Serono clericus i
Capella de Cropello (i) 2
Ambrosius de Mayno clericus ut supra ... i
Johannes de Mixinti ut .supra 2
Girardus de Mixinti ut supra 2
Capella de Vaprio 3
D. Luchinus de Vicemalla clericus 4
Capella de Concixa 2
(i) Gropello aveva anche un monastero immediatamente soggetto
alla S. Sede.
10 I)
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II
8
—
6
16
5
CIRCA IPSIUS IMMUNITATEM 271
I). Stefanus de Pusterla clericus L. 3
Capella de Lurano (?) . i
„ de Arcene i
D. Stefanus de Noxis clericus i
Capella de Pugnano i
„ de Menchrino (sic) i
Antonius de Verdello clericus ut supra ... i
Capella di Ciserano 2
Antonius de Crassis clericus 2
Capella de Verdello minori 2
Damianus de Suardis clericus 2
D. Conradollus de Cagnollis ut supra .... 2
Capella de Verdello maiori 2
Bartholomeus de Verdello clericus 2
Antonius de Costazijs ut supra ...... 2
Capella de Lenate . ; 3
Fachinus (sic) de Roxonis clerichus .... 3
Leonardus de Canalis ut supra 3
Capella de Sabbio 3
„ de Sportiathicha (sic) 2
Beltramus de papis clericus 2
TonoUus de Grassis ut supra 2
Capella de Marziano 2
Jacobus de Ferrarijs clericus 5
Capella de Vuolterio 2
„ de Brambate Inferiori 2
Johannollus de Rodariis clericus 2
Petrus Sachus de Varixio ut supra .... 2
Capella de Marni i
„ de Capriate i
Clericus de Capriate 2
Capella de S. Gervaxio 2
Clericus de S. Gervaxio 2
I L
. —
i3
7
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6
i3
7
19
2
2
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2
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10
2
10
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2
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19
2
19
2
4
9
4
9
4
9
L. 160 S. 5 D.
272
NOTITI A (I.I.Hl MEDiOl.AM.NSiS l>i, ANNO l3<)'S
Domus plebis Pontirolli
Monasteriuni de Portexana L. 8 S. J9 1). —
„ de Baxliano 11 3 8
„ de Porta Fugaxia 2 4 9
Hospitale de Trizio 4 9 6
Domus Fratrum luimiliatorum de Trizio . . 9 3 —
Domine de Buzinago i 2 5
L. 37 S. 2 D; 4
61. Canonica de Cornate cum Capella (i)
D. Archipresbyter diete Canonice . . . . L. 12 S. 6 D. —
Pbr. Marchus de Robiaiio 6 14 3
Pbr. Filipus ce Benzonibns : 3 7 2
Pbr. Enrichiis de Cornate 3 7 2
D. Dominichus de la ecclesia 4 9 6
Antoniollus de Gluxiano ...4 9 6
Aluixius Schachabarozius . 4 9 6
Primus de Lipprandis 3 7 2
Capella S. Johannis Baptiste sita in loco de
Cornate i 2 5
D.
62. Canonica de Corliiano (2) cum Capelianis
D. Prepositus diete Canonice ...... L. i
Item prò Canonicati! 1
Pbr. Petrus de la Strata i
Reliqui quinque canonici (sic) —
L. —
ì5 D.
2
2
D.
(1) Gof. " ....Multi nobiles fecerunt ecclesias hujus sci (Georgii)
" velut quidam comes ecclam sci Georgii de Cornate „.
(2) Dal titolo messo in principio dell'indicazione successiva cor-
reggi : " Cornaliano „: Secondo Vindice di Gof., questa pieve aveva,
chiese 14, altari 16.
CIKCA IPSIUS IMMUNITATEM
273
Capellani de Cornalliano.
Capella S. Michaelis de Torchazano . . . L. 5
de Incngnate 5
de Albinago 2
de Cornalliano 2
dò Cavalli ano 2
S. Malgarite de Melzio exempta a plebe 5
S. Andree de Melzio 2
de Cassano supra Abduam exempta a
plebe 7
Domine de Cassano supra Abduam .... —
II
JO
II
10
4
9
4
9
4
9
II
IO
9
IO
16
7
2
—
L. i3 S. 18 D.
63. Canonica de Septari (sic) cum Capeilanis (i)
D. Prepositus diete Canonice L. 19 S.
Christolbrus de Carixiis 6
Anselmus de Faraliano 2
D. Branda de Casti Ili ono 4
Pbr. Johannes Cigola 7
—
D.
3
14
3
IO
IO
9
6
5
3
L. Ao S. — D.
Capellani de Septara
Capella S. lacobi di Caledrce ...... L. 7
Petrollus de Septara clericns 5
Capella de Luzino 5
„ de Tranzanexio i
„ de Premenugo 5
Clericus de Premenugo 6
lò U
. 7
—
8
14
3
2
5
II
IO
14
3
L. 33 S. — D.
(i) Nella pieve di Settala, secondo V Indice di Gol'., eranvi chiese 16,
altari 18.
Arch. Star. Lomb. — Anno XXVII. — Fase. XXVIII. jS
Sy^ NOTITIA CLERI MEDIOLANKNMN DE ANN(^ 1 398
64. Canonica de Grogunzolla cum Capellanìs (i)
]). Conradollus Cagnolla prepositus . . . L, 6 S. J4 D
Pbr. Johannes de Caxate 5 1
Stelanus de Garbagnate 6 —
AndrioUus de Viganore 3
Jacobinus Plantanida 5
Severinus Cornagia 5
Laurentius de Terzago 5
Pbr. Girardus de Briuscho 4
Pbr. Augustinus de Landriaiio 4
Ambrosius de Dexio 4
Mafiolus de Pirrovano 4
Pbr. Ubizollus de Bernadigio 3
Mazollinus de Elio 3
Antoniollus de Crassis 3
Pbr. Johannes de Cassiano 3
Pbr. Gottus de Mantegazijs 3
Christoforus de Petrasancta 3
Beltramus Prealonus 5
Christoforus de Lampugnano 3
Pbr. Dominichus de Balbelis i
Christoforus de Arixijs i
Gulielmus de Pusterla i
Johanninus de Giochis (sic) 2
Enrichus de Lamania (?) i
Superstantiaria diete ecclesie 7
7
2
—
8
—
8
9
6
9
6
9
6
9
6
7
2
7
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12
9
12
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2
—
8
18
4
18
2
18
2
18
2
4
9
2
5
16
7
L. 100 S. 9 D.
Capellani de Grogunzolla
Capella S. Marie de Inzago L. 9 S. io D. 2
„ S. Lazari de Trizella 2 4 9
(i) La pieve di Gorgonzola aveva, secondo l' Indice di Gof., chiese 5i,
altari 61.
CIRCA IPSIUS IMMUNITATEM 275
Capella S. Marie de Pozollo L. 5
„ S. Ambrosij de Bexendrate .... i
„ S. Michaellis de Birinzago 4
„ S. Johannis de Maxate 6
„ S. Zenonis de Cambiago 7
„ S. Pctri de Glaxiate • 6
„ Suprascripte ecclexic 6
„ SS. Cornellij et Zippriani de Bornago 6
„ SS. Vitalis et Vallerie de Pessano . . 11
„ SS. Nazarij et Gelsi de Busero ... io
„ S. Marie de Cisinischulo 4
„ S. Cateline de Cerinischulo (sic) ... 3
Clericus S. Genexii de Cerinischulo .... i
Clericus S. Marie Colzelate 6
Capella S. Ambrosij de Vignate 8
Clericus suprascripte ecclexie 3
II D
. IO
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2
5
14
3
8
9
18
3
L. -06 S. 3 D.
Domus suprascripte plebis
Domine de Glogunzolla (sic) L,
Monasterium de (sic) ,
—
S.
5
D.
7
5
II
IO
5
S.
17
D.
5
L.
65. Canonica de Segrate (i)
D. Prepositus diete Canonico L. 6
Severinus Cornagia 3
Hcnrichus Cornagia 5
D. Thomas de la Ecclesia 4
Franciscus de x\lliate 3
D. Petrus de Forsano 3
D. Ambrosius de Rochis 5
D. Clinus (?) de Solario 5
Pbr. Johannes de Mirabillijs (sic) 4
(i) Nella Pieve di Segrate Y Indice di Gof. conta chiese 3o, altari 33.
2 L
). —
TI
2
8
4
2
2
IO
IO
6
2y6 NOTITIA CLKRI MEDIOLANENSIS DK ANNO l'k)S
l). jacobiis de Arexio L. 3 S. 7 I>. 2
Filipinus de Novale 3 7 -^
Anseliims de Fan aliano i 2 5
joliannes Giocha .1 2 5
L. 5o S. J2 D. 10
Capcllani .suprascriptc plebi.'
Capella de Pantilliate L. vS S. Ji 1). jo
„ de Pioltello 5 11 jo
„ S. Vicentii de Castegnanega .... 7 16 7
„ S. Martini de Limidi 7 16 7
„ S. Gcorgii de Limidi 8 19 —
„ S. Marie Regallis. h — — —
Clcricus suprascripte ecclexìe 6 19 2
L. 42 S. ]5 I). —
Domus .suprascripte plebis
Domine superiores 'de Pioltello L. 3 S, 7 D. 2
Domine Inferiores ut supra 3 18 4
L. 7 S. 5 D.
66. Canonica Sancti Donati (i)
D. Prepositus diete Canonice ...... L. 11 S. 3 D.
Pbr. Olinius (?) de Sollario 4
Stefanus de Garbagnate 3
Pbr. Franciscus de Puteo —
Bartolomeus de Cisinischullo (sic) ..... 2
PorroUus de Vexino 3
Georgius de Trincherijs 2
Johannes de Borsano , —
II
ò
I
—
16
6
—
8
18
4
6
:o
16
10
L. 28 S. ]5 D.
(1) ì^clV Iiidice di Gol", sono indicati, per la pieve di S. Donato,
chiese 17, altari 22.
CIRCA IPSIUS IMMUNITATEM 2^^
Capellaiii suprascripte plebis cimi Monasteri o
Capella de Noxeda . L. i S. 5 D. 5
„ de Montexcllo i 2 5
„ de BagiioUo et de Triulzio 2 11 4
„ de Podascho 2 4 9
„ de Azelio 3 i 6
„ de Morsengia (?) 2 t 2
„ do Bolsano 1 2 5
Monasterium de Azelio 11 3 8
L. — S. — D. —
67. Canonica de Mezate (1)
D. Prepositus et Canon. 1. 5, s. 11, d. io (sic.) L. — S. — D. —
Capella de Linate 3 7 2
„ de Mirazano i 2 5
(sic) L. 12 S. IO D. 3
68. Canonica de Lischate (2)
D. Archiprcsbyter diete Canonice . . . . L. 6 S. 2 D. —
Loco domini Guarengi de Mercelis (?)... 2 4 9
Johannes de Dexio 2 4 9
AndrioUus de Viganore 2 4 9
L. 12 S. 16 D. 3
69. Canonica de Decimo (3) cum Capelianìs
1). Prepositus diete Canonice L. i5 S. i3 D. 3
D. Deganus de Nava 4. i 4
(j) La Canonica di Mezzate, secondo l' Indice di Gof,, aveva chiese 5,
altari 5.
(2) Gof. " Pagani Valvasores (fecerunt) canonicam Sci Georgi i de
lixcate „.
(3) Decimo, l'attuale pieve di Lacc/iiarel/a, secondo V Indice di Gof.^
aveva chiese 24 e altari 25.
,s
i.in Mi:i)iOLANr-NSis de anno iSqS
D. Juliiuiiics de Nava L, 4 S. 11 T). C>
D. Christolbrus de Arixiis 5 11 10
Johannes de Arluno 5 11 io
Ambrosius de Borsano 2 4 9
Melchior de Maincrijs 2 4 9
L. 39 S. 19 I). 3
Capellani suprescripte plebis
Capclla S. Marie de Zibidi L. 2 S, 4 D. 9
„ S. Petri de Cuzago 6 14 3
„ S. Bartolomei de Scpziano 2 4 9
„ S. Donati de Caxirago 5 11 io
„ S. Agate de Baxillio 3 7 2
„ S. Marie de Badellio 2 4 9
„ S. Silvestri de Badellio 5 9 io
„ S. Jacobi de Zibidi 4 9 8
„ suprascriptc ecclesie 3 7 2
„ S. Martini de Fiorano — 11 3
de Moyrago — 11 9
de Lactarella (i) 6 2 —
V
L. 42 S. 19 D. z
70. Canonica de Roxate cum Capellanis (2)
D. Prepositus prò duabus prebendis . . . L. 8 S. 2 D. 8
Pbr. Guglielmus Motta 5 — —
Pbr. Antoniiis de Caxirate 4
Pbr. Johannes de Caxirago 3
Pbr. Ambrosius de Gullasicha 4
Pbr. Andriollus Portaluppus 2
Anselmus de Farraliano 2
D. Johannes de Salutijs 2
(i) Gof... " In pi. Decimi loco Campo Mortuo, altare S. Syri in ec-
clesia S. Marie.,, Questa chiesa era esente.
(2) 'NeìV Indice di Gof., Rosate contava chiese 44, altari 49.
IO
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6
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I
4
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CIRCA IPSirS IMMUNITATEM
2
s.
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D.
II
3
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7
2
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II
Galeas de Sartirana . L,
Marchinus Menclotius
Lanzarotus de 7>rzago 3
Pbr. Christoforus Motta
L. 44 S. II D.
Capellani suprascripte plebis
Capella S. Zenonis de Vermezio L. 3 S.
„ S. Ambrosi] ut supra 2
„ S. Eugenij de Sporzano 16
„ S. Martini de Imbrino 5
„ S. Syri de Ozeno 4
„ S. Juliani de Azelio 4
„ S. Onirici de Gudi 3
„ S. Andrea de Barate cum capella de
Taynate 2
„ S. Eugenii de Vigano 6
„ de Rancexio —
" de Mayrano 2
5 D
• 4
4
9
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IO
3
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19
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4
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3
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3
4
5
L. 5i S. 9 D. —
71. Canonica S. Victoris de Caxorate (i)
D. Prepositus diete Canonice L. 4 S. 11 D. ]o
Pbr. Petrus de Udrigio 2 4 9
Pbr. Marchus de Robiano 3 18 4
Johannes de Dalfinellis 2 4 9
Pbr. Luchinus Portalupus 2 4 9
L. i5 S. 4 D.
Capellae suprascripte plebis
Capella S. Donati de Gazano dotata perD. Mar-
garollam quondam Dni Petri de Trezano L. i S. — D.
(i) La pieve di Casorate, secondo Vindice di Gol'., contava chiese 21,
altari 26.
I MI.DIOI.ANKNSIS DK \NN() ]S()H
Capella de Lliuazaiio 1,. i S. i ). \
S. Cassiaiii de la Mota f. i i io
S. Eustorgii de Canag."" (?) 4 9 6
„ S. Alexandri de Bexate 2 4 9
„ S. Michaelis ut supra 4 9 6
„ S. Antoni! de Caxoratc 2 4 9
„ S. Damiani de Pistizago (sic) .... 1 8 7
L. 22 S. 9 D. 7
72. Canonica S. Julliani in Strata(i)
. D. Prepositus diete canonice L. 12 S. 6 1). j
Pbr. Cornelius de Rochis 6
Pbr. Stefanus de Herba 3
Primollus de Zeno 5 11 10
Primus Radonus 3 7 2
Antonius de Ossona 4 9 6
Johannes de Lanziapanicus 4 . 9 6
Beltramus de Cixae 2 4 9
14 3
7 2
L. 42 S. 10 D. 3
Capellanis supradicte plebis
Capella S. Malgarite de Fayno L. 2 S. 4 D. 9
„ S. Marie de la Rocha 4 9 6
„ S. Martini Castrivegii 3 18 3
„ S. Johannis de Melegnano 6 14 3
„ Ss. Fiorenti] et Stefani de Trizinti .3 7 2
„ S. Martini de Celano i i3 7
„ S. Martini de Carpi ano 8 7 5
„ S. Martini de Sexto Oltrano (sic) . . 9 7 9
„ S. Marie de Biistigera 5 1 8
Monasteriuni de Bruzanello 20 16 8
L. 66 S. I D.
(1) y^GÌV Indice di Gof., nella pieve di S. Giuliano si enumerano
chiese 44 e altari 54.
CIRCA IPSIUS IMMUNITATEM 2ÒI
73. Canonica S. Alexandrl de Locate (i)
D. Michael de Archnri prepositus . . . .L. ii S. 3 D. 8
Pbr. Antonius de Tabiago 3 7 2
Dominichus de la ecclexia 3 7 2
Johannes de Nava 2 4 9
Andriollus de Viganore 2 4 9
Pbr. Paulus de Brena 3 7 2
L. 25 S. 14 D.
Capellani suprascripte plebis
Capella S. Victoris de Locate L. 5 S. 11 D. io
Altare S. Marie in dieta ecclesia 2 4 9
Capella S. Marie de Ambri (?) 2 4 9
„ S. Ambrosi i de Rozano ...... i 2 5
L. 11 S. 3 I). 9
74. Canonica S. Micliaelis de Basilica Patri
D. Archipresbyter et Canonici diete Canonice L. 26 S. 18 D. 8
L. £6 S. 38 D. 8
Capellani suprascripte plebis
Capella S. Victoris de Landriano . . . . L. 6 S. 14 D. 3
„ suprascripte ecclesie 6 14 3
„ S. Quirici de Landriano 4 9 6
„ S.. Marie de Payrana 4 7 2
„ S. Georgij de Cantenago (sic) .... 2 4 9
Clericus de Payrana i 2 5
Capella S. Syri de Trognano 3 7 2
„ Ss. Cristotbri et Matrognani de Cerro 372
„ Sancti (sic) de Gugnano 4 9 6
L. 36 S. 16 D. 2
(i) 'NelV Indice di Gol"., la pieve di Locate conta chiese 16 e altari 23.
2^2 NOriilA (l.IKI MEDIOLANENSIS DE ANNO I SqS
75. Canonica de Dexio(i)
D. Prcpositus diete Canonicc L. 14 S.
Pbr. Johannes de Bedre 8
Pbr. Petrus de la Strata 6
Christotorus de Varredo 6
D. Augustinus de Coldirariis . 6
D. Beltramus de Olzate 5
PetroUus de Fossato 5
Taminus de Bulgari 7
Leo de Dugnano 7
Amizinus (?) de Monti 5
Filippus de Cuxano 7
D. Jacobus de Arexio 6
ID 1>
10
2
8
12
2
14
3
14
3
14
3
II
10
16
7
16
7
I
8
2
4
14
3
L. 89 S. 17 D. 8
Capellani suprascripte plebis
Capella de Boxio (?) L. 2 S. 4 D. 9
„ de Varedo 3 7 2
„ de Parazollo 8 19 —
„ de Inzirano i i3 7
„ de Dugnano i i3 7
„ de Paderno 2 4 9
„ de Cuxano ...2 4 9
„ de Balsemo 3 7 2
„ de Cinixello 4 9 6
„ de Migloe (sic) 4 9 6
„ de Nova 2 4 9
„ de Blasono 4 9 2
„ de Vedano -4 9 6
„ de Machario . - . 8 39 —
„ S. Victoris de Serenio 4 9 6
„ S. Ambrosii ut supra . 2 4 9
(i) Nella pieve di Desio, secondo V Indice di Gof., eranvi chiese 40
e altari 45.
CIRCA IPSIUS IMMUNITATEM
283
Capella de Lissono L. 5
„ S. Gusmeri de Blassono 4
„ S. Nazari] de Machario —
L. 72
S.
II
9
II
D.
3 D.
IO
6
3
Domus plebis de Dexio
Domus Fratrum humiliatorum Dexii . . . L. 2
Domine de Lissono —
Domine Monialles S. Alexandri de Blassono. L. 2
Domine de Nova . i
Domine Nove de Seregnio —
L.
S. — D.
11
3
i5
II
i3
7
5
7
s.
D.
76. Canonica de Bollate (i)
D. Prepositiis diete Canonice L. 1 1
Petrus de Stbrsano 5
Pbr. Jacobinus de Inarzio 3
Beltramus de Rivolla 2
Henrichus de Septara 5
Aluisius Trincherius 2
Pbr. Johannes de Lantreijs 5
Pbr. Lanfranchns (sic) de Veliate 2
Godeardus de Canevexijs 2
Nicholaus de Tusignana 2
D. Redulfus de Veliate 3
D. Leo de Corbeta 2
S. i5 D.
—
8
7
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II
—
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—
9
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II
4
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7
2
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II
L.
49
S. 5 D. 8
Capellani suprascripte plebis
.Capella de Garbagnate L. 7 S. 5 D.
„ S. Marie Rubre 4 9
(i) In pieve di Bollate, all'epoca delVIndicc del Gof., eranvi chiese
26 e altari 29.
. 1 NoiiiiA ciJiHi mi:1)10i.ani:nsis de anno ì'ò^S
Capella de Villatrancha L. 8
„ S. Marie de Senago 6
„ S. Marie de Cixate 3
S. Martini de Bollate 6
S. Marie ut supra 7
„ S. Agate Hospitalis de Bollate . . . —
„ Ss. Protaxij et Gervaxij de Novate . 5
„ S. Bartolomei ut supra 2
19 1
). —
3
—
7
2
3
—
6
7
]0
12
11
JO
4
9
L. 52 S. JO I >.
77. Canonica de Mariiano cum Capellanis (1)
D. Prepositus diete Canonice L. 4 S. 11 D. io
Pbr. Franciscus de Mariiano 3 11 2
Pbr. Johannes Gambaloyta 3 11 2
Pbr. Jordanus de Fossato 3 i —
Pbr. Johannes de Rodarijs 1 io 7
Vincenti US de Mariiano i 2 5
Robertus de Cremenago 2 io io
Panzieria (sic) de Dexio 2 4 9
Adorardus (sic) Ranzonus 3
Gabriel Ranzonus i
Johannes de Bulgari i
Joseph de Mariiano . i
Capella S. Marie de Mariiano 3 7 2
II 2
— IO
2 5
2 5
coristructa ad altare S. Stefani ... 3 7 2
L. 35 S. 14 D. II
Capellani supradicte plebis
Capella de Brena . L. 8 ;
„ de Arosio 6
„ de Inverico 3
„ de Carugo 5
(i) Mariano, secondo Vindice di Gof., aveva 24 chiese e 29 altari,
IO L
•• 9
H
. 3
7
2
II
IO
CIRCA IPSIUS IMMUNITATEM 285
Capella S. Martini de Gaterio (?)... . L.. 2 S. 4 D. 9
„ S. Martini de Gabiate . ..... 2 4 9
„ de la Villa i 2 5
„ S. Michaelis de Romanore .... — — —
„ de Cremenago i' 2 5
„ S. Deliberate de Aguliano (?)... — 5 7
Domus dominarum caputiarum de Marliano .1 2 5
L. 3i S. 5 D. 4
78. Canonica de Sevìxio cum CapeManls (i)
D. Thomas de Birago praepositus . . . . L. i S. i3 I). 7
D. Stefanus de Pusterla i i3 7
Pbr. Petrus Martignonus i i3 7
Pbr. Ubizius de Pigino 2 4 9
D. Antonius de Gluxiano i 2 5
Pbr. Cristotbrus de Varedo 2 4 9
Pbr. Johannes de Martignonibus i 3 3 7
Pbr. Petrus de Cagathosicis i i3 7
Pbr. Marcus de Cropello i 2 5
Pbr. Johannes de Madijs i 2 5
Pbr. Stefanus de Brascha i 2 5
Pbr. Antonius de Bexnate i 2 5
Pbr. Manfredus de Bossi js . i 2 5
L. 19 S. I D. II
Capellani plebis de Sevixio
Capella S. Vitti de Lantate L. 17
„ S. Alexandri de Cropeno (sic) ... 5
„ de Birago 3
„ S. Blaxii de Lantate 3
,, de Camenago 4
(i) Nella pieve di Seveso, stando bW Indice di Gof., eranvi chiese 34
e altari 36.
i5 L
). IO
II
IO
9
2
7
2
9
5
ìS6
NOTITIA CLEKI MEDIOLANENSIS DE ANNO I 3q8
Capclla de Barlasina L. 3 S. 7
„ de Cisano de Madcrnis 4 9
„ * de Branzago — 11
„ de Lunate (?) 4 9
„ supradicte ecclesie 4 <)
„ de SoUario 7 16
„ de Cerliano (sic) 4 9
„ de Colliatc 5 11
„ de Mixinti • 5 11
„ S. Siri de Mixinti 5 11
Clericus S. Stefani supradscripti loci .... 2 4
Capella de Lazate 4 9
„ S. Stefani de Lantate 4 i
„ S. „ de Lantate 3 i
1).
6
6
3
6
6
7
6
10
IO
10
9
6
4
L. 97 S. 19 D. II
Domus SLiprascripte plebis
Monasterium de Medda L. 189 S. 16 D. —
Monasterium de Collyate 11 3 8
Hospitale S. Petri Martyris de Sevixio ... — 2 —
D. 8
79. Canonica S. Fidelis de Incaxate
D. Archipresbyter diete Canonice . . . . L. 2 S. 4
Pbr. Ambrosius de Aplano 2 4
D. Christoforus de Arixijs 2 4
Rizardus de Vertono i i3
Andriollus de Caxinis 2 4
Aluysius de Pompertis (sic). i i3
D.
L. 12 S. 6 D.
CIRCA IPSIUS IMMUNITATEM 287
80. Canonica de Galliano cum Capellani (i)
D. Prepositus diete Canonice L. 7 S. 12 U. —
Pbr. Ambrosius de Veliate 3 7 —
Lucinus Vicecomes 2 16 —
Gasparinus de Veliate 2 5 —
Pbr. Beltramus de Oro 2 5 —
Beltramus de Montorfano 2 5 —
Ambrosius de Bulgari 2 5 —
Pbr. Albertus de Veliate 3 7 —
Pbr. Johannes Gazollus 3 7 —
AntonoUus Grassus . , 2 5 —
Filius D. Johannis de Vulpis 2 16 —
Jacobinus de Fossato i 14 —
Gervasius de Coyris 2 5 —
Pbr. Johannes de Camenago 3 7 —
Antonius de Giuliano ..2 5 —
Pbr. AndrioUus de Oxana (sic) — 11 —
Beltramus de Robiano 3 7 —
Pbr. Balsarrus (sic) de Oxagijs 2 5 —
Stefanus de Rodarijs 2 5 —
Pbr. Johannes de Fossato i 14 —
Capella supradicte ecclesie i 3 —
Clericus „ „ 2 16 —
L. 63 S. 0 D. —
Capellani de Galliano
Capella S. Pauli de Canturio L. 5 S. — D. 8
„ supradicte ecclesie 4 9 6
(i) Neir Indice di Gof., la pieve di Galliano contava chiese 29 e
altari 49.
•j8«
NoiniA cLi;ui mkijioi,ani:nsis dk anno 1 3()8
Capella de Vigazzoh L 4
de Intiniiano 6
S. Gcorgij de Castcllcto —
S. Christolori de Canturio 3
de Ruzago 5
S. Bartolamci de (sic) Theodor! de
Canturio 3
de Cuzago 2
S. Michaelis de Canturio 2
de Novedrate 2
de Alzate 3
supradicte ecclesie 2
S. Georgij de Carimate 3
S. Alexandri de Carimate 4
de Figino 5
S. Antonij de Fratta 4
de Montorfano 2
S. Marchi sita in ecclesia S. Michaelis
de Canturio .3
S. Antonij sita in ecclesia S. Fetri de
Vigazollo 2
S.
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II
IO
9
6
4
9
L. 42 S.
D.
Domus suprascripte plebis/
Domus Iratrum humiliatorum de Camporo-
tondo L
„ Dominarum de la Nuce de Canturio
Monasterium S. Marie de Canturio
H ospitale de Montebello de Canturio
„ S. Antonij de Canturio .
„ S. Ambrosij de Canturio
Monasterium de Fis-ino - h
3o
S.
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D.
—
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14
3
L. 174 S. 18 D.
CIRCA IPSIUS IMMLNITATEM 28()
81. Canonica de Inzino cum Capellanis (i)
Dominus Prepositus diete Canonice . . . L. 3 S. — D.
Item prò Canonicatu i —
Pbr. Magister Petrus de Paravicino .... 2 10
Pbr. Johannes de Blanchis 2 —
Pbf. Antonius de Cormano i 3
Pbr. Antonius de Caxellio i —
Pbr. Antonius Cagaronus (sic) ...... . 1 12
Pbr. Zanonus de Paravicino ....... 2 —
Donatus de Cixero . . . , 2 4
Antonius de Nava 2 4
Antonius Carpanus 2 4
D. Thomas de la ecclesia 2 i5
D. Christoforus de Aryxiis i 18
Bonus Carpanus > 1 2
L. 26 S. 12 I).
Capellani suprascripte plebis
Capella S. Eufonie de Inzino L. 2 S. — D.
„ S. Bartholainei ut supra 2 —
„ S. Slelani ce Ganzo 2 —
„ S. Marie de Menzago 2 —
„ S. Petri ad Pemorum (?) 2 2
„ Georgi i de Corneno 2 —
„ S. Firmi de Cerzana 4 —
„ S. Georgij de Castelleto 2 —
„ S. Michaelis de Anzano 2 17
„ S. Marie de Maxnago 2 4
„ S. Bassiani de Rozeno 2 4
„ S. Georgi! de Dolzago 6 12
„ S. Jacobi do Merono 1 i3
(1) Nella pieve di Incino, secondo V Indice del Gei'., eranvi chiese 61
e altari 73.
Arch. Sior. Loviò. — Anno XXVH. — Fase. XXVIII. 19
20O
NOTITIA CLERI MKDIOLANIOSIS DE ANNO I 3^8
Capella S. Martini de (3rsanig<) L. 2. S. 4 D.
S. Dionixij de Carchano -^ 4
„ S. Nazari j de Carchano — —
„ S. Victoris de Villa — 5
„ S. Marie de Caxcllio 3 6
„ S. Georgi] de Ruzmada (sic) .... r jo
„ S. Marcellini de Calvenzana' (?)... — 16
„ , S. Johannis de Lurago, .S, Stefani de
Dolzago et S. Cassiani de Monguzo. i 2
„ S. Vincenti] de Aguliano (?).... 2 4
„ de Castromartire i —
„ S. Antonii sita in ecclesia S. Bartho-
lamei de Paravicino ...... 3 —
L.
S. 3 1).
Domus plebis de Inzino (i'
Monasteri um de Lambrugo
L. i3 S.
L. i3 S.
D.
D.
82. Canonica de Vichomerchate cum Capellanis (2)
D. Jacobus de Bossijs Prepositus . . . . L. 11
Pbr. Laurentius de Oldanis 4
Pbr. Petrus (?) de Cottis 3
Johannes Carpanus . . . • 4
Pbr. Petrus de Subinago (?) 5
Pasinus Paganus 3
Pbr. Paulus de Floronibus 3
3
U.
6
9
6
7
^i
9
8
17
2
18
3
(i) In questa Notitia, e anche nello Status, etc. del 1466^ non è men-
zionata idi pieve di Asso; ma nell'Indice di Gof. leggesi che " Prepo-
situs de Asxo habet, sine cxemptis, in ecclesiis 16 aliar ia 20 „. Il Giu-
lini (IX, 129) nella pieve d'Asso ricorda Barnum, che però era di-
pendente da Givate, e Lemonta e Civenna feudi imperiali, che abbiamo
già ricordati come dipendenti dall' Abb. di vS. Ambrogio.
(2) Vimercate ai tempi di Gof., secondo Y Indice, aveva chiese 75
e altari 98. ■ . .
CIRCA IPSIUS IMMUNITATEM 2qI
Pbr. Petrus de Littis 3 S.
Pbr. Albertus de Fidellibus ....... 3
Mateus de Bernadigio 3
Johannes de Dalfinellis 2
Ottorollus Zena 2
Stefanus de Beluscho 3
Beltramus Paganus 2
Johannes Moresinus o . . 3
Daniel de Novellina , . . . . 4
Conradus de Strata 4
Johanollus de Gluxiano 2
Capella de Carugate cum Capella de Dexio (sic) i
7 iJ
2
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7
L. 74 .S. 17 D.
Capellani suprascripte plebis
Capella de Carugate L. 5 S.
de Gradi 8
de Caponago 5
de Homate 2
de Cavenago 3
de Overnago . . 4
vS. Martini de Beluscho 2
Clericus suprascripte ecclesie . 2
Capella S. Marie de Beluscho i
„ de Brentana 5
Clericus de Brentana 5
Capella de Licurti 4
„ de Bernadigio 5
„ de Bernadigio 5
„ de Bernadigio 6
„ S. Dionixij de Passi rano i
„ de Roncho 2
» de Gualdaniga 5
Clericus S. Marie de Menzago 3
Capella de Menzago 2
„ S. Victoris de Amzago (sic) .... i
- D.
8
2
8
II
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4
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II
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II
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II
i3
7
N(,I1I1A ( l.l.KI
Ml;l)lOLANI•:^•sI^ di- anno l'igS
Capt
Ila de Boyrago I
de Villanova
de Veliate
de Boriiate
de Archuri
de Oxijs de Usuiate
de Usuiate
S. Nazarij de Opreiio
S. Michaelis de Opreno
de Condì orizio (i)
de Lexmo
de Carnate
Dossi de Prcnede (sic)
'j^ S. 4
1).
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L. Ilo
3 1).
Domus suprascripte plebis
Domine de Capite burgi Vicomerchati
de Cugnollo
Monasterium de Moyrano . . .
Domus dominarum de Bernadigio
Domine humiliatc de Valle . . .
Monasterium S. Martini de Archuri .... io
„ S. Apolinaris ut supra .... 8
„ S. Nazarij de Beluscho .... 7
„ S. Nazarij ad Conchorizium , . 5
Domine Virgines S. Laurentij . .
Monasterium S. Ambrosij de Carugate cum
Monasterio S. Georgi j de Ca
ponago et cum domo Domi-
narum de Zinis unit. secum 36 12
„ de Cumizago 22 7
„ de Subiate 11 3
.S.
i3 r
• 7
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7
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16
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3
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18
—
16
7
II
IO
2
5
(i) 11 Frisi (L, 201 e III., 100) ricorda che in Concorrezzo, alla Ba-
raggia, vi era una chiesa di S. Eugenio, ma dipendente dall'Arciprete di
Monza, al quale l'avevano ceduta nel sec. IX gli Abati di S. Am-
brogio.
CIRCA IPSIUS IMMUNITATEM
293
Hospitale S. Johannis de Vicomerchato . . L. i3 S. 17 D. 3
„ S. Damiani ut supra 6 14 3
„ de Moyrano 12 17 3
„ S. Marie ad Miilofolam 5 11 io
D.
L. i53 S. 17 D. —
83. Canonica S. Retri de Aliate (i)
D. Prepositus diete Canonice L. 3 S. 7
Pbr. Johannes de Gluxiano i i3
D. Antonius de Gaytonibus (sic) i i5
D. Johannes de Vicecomitibus i i3
D. Enrichus Confanonerius i 8
Christolbrus de la Strata i 8
Pbr. Antonius Confanonerius — 5
Chrjstoforus de Gluxiano — 5
Georgius Canda — 5
Petrinus de Giochis — 5
Antonius de Nava — 5
S. 14 D.
Capellani de Alliate
Capella Ss. Protaxij & Gervaxij de Bexana L. 3
„ Ss. Petri et Marcellini ut supra ... 8
„ suprascripte ecclexie 8
„ de Buschoe i
„ de Viganore 3
„ Castelantie 2
„ de Briuscho 4
„ de Trongio (?) —
„ de Valle . 2
„ de %^^illarapari(> i
„ de Caloe 2
,, de Vergo 3
S.
18 D
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—
4
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4
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7
4
9
18
4
(1) Nella pieve di Agliate, secondo V ludica di Gol'., eranvi 67 chiese
e 71 altari.
2()4 NoririA cr.iiHi micdioi.aniinsis di: anno i3f)8
CnpHla de Monte L. 5 S. — D. é
de Gazano 2 4 9
„ de Sovico 2 i3 7
„ de I labiate (sic) 2 4 9
„ S. Simplitiani de Carata .... 2 i5 11
„ S. Ambrosij ut supra 3 3 2
„ Capello de Baziis 2 — 8
„ de Verano 2 5 11
„ de Robiano 3 7 2
„ de Gluxiano 3 18 4
L. 72 S. 7 D. -
Domus suprascripte plebis
Domus fratrum humiliatorum de Carate . . L. 29 S. i D. 7
Monasterium de Brugola 28 — 2
Domine humiliate de Brioscho 3 i 6
Hospitale de Carate i3 4 8
L. 73 S. 7 D. 11
84. Canonica S. Julliani in Barazia
D. Prepositus diete Canonico L. 4 S. i D. 4
Reliqui quatuor Canonici sunt in extimo 1. 2,
d. 8 prò quolibet 8 2
L. 12 S. 4 D. —
85. Canonica S. Vitti ad Lambrum
D. Prepositus diete Canonico L. 8 S. 2 D. 8
Reliqui dno Canonici sunt in extimo 1. 3, s. 11, •
d. 2 prò quolibet 7 2 4
L. i5 S. 5 D. -
CIRCA IPSIIS IMMUNITATEM 2Q3
S6. Canonica de Bruzano (i)
D. Prepositus diete Canonice L. 3 S. i D.
Reliqui sex Canonici sunt in extimo 1. i, d. 4
prò quolibet 6 2
L. Q S. 3 D. —
Capellani de Bruzano
Capella ecclesie de Brasule (sic) L. 4
„ de Affori 2
„ de Cormano 3
„ de Brixio 2
„ de Niguarda 2
„ de Prato centenario 4
de Bruzano 2
II
D.
II
IO
IO
8
6
IO
IO
—
8
0
5
—
8
6
D.
II
L. 21
87. Canonica de Brippio (2)
D. Prepositus diete Canonice L. io S. i3 D. —
Pbr. Symon de Scotis io i 4
Pbr. Johannes de Caxate 7 17 7
Item prò Maceconiatu (3) 3 7 2
Pbr. Angellinus de Bexnate 4 9 6
Beltramus de Vicecomittibus 3 i —
Pbr. Joiiannes de Cisinischolo 3 7 2
Pbr. Antoninus de Anono 2 4 9
Pbr. Antonius de Sarra i i3 —
(i) Secondo Vindice di Gof., nella pieve di Bruzzano si contavano
chiese 23 e altari 29.
(2) Secondo Vindice del Coi',, nella pieve di Brivio eranvi 40 chiese
e 49 altari.
(3) Corruzione della voce Magister Scìiolariim, rimasta ancora in
uso nella gerarchia del Clero Metropolitano: ^^ Mezoconici „.
MA (i.KHi mi;1)I()lani:nsis di', anno i3o8
Jacobus de Ajroldis de Rob I,. j s. g
Pbr. Beltranius de Giringellis à 7
jobannes de Bossijs — —
Pbr. Dionisius de Robiatc 'A 7
L. 57 S. j8
1).
Capellani suprascripte plebis
Capella S. Pauli de Mareiitio ultra Abduam h. 8
Clericus diete ecclexie 8
Capella S. Andree in Villa ultra Abduam . , 4
„ S. Martini in dieta Villa 3
„ S. Marie de la Cima (i) 3
„ S. Ambrosi] ultra Abduam 2
„ S. Ambrosi] de Merate 4
f, S. Georgij de Vizago 4
„ S. Damiani de Ayruno i
„ S. Marcellini de Imbersago 4
„ S. Marie de Robiate 3
„ S. Stefani de Novate 1
„ S. Florani de Verderio 4
„ S. Martini de Casternago 2
„ de Calcho h —
]8
9
7
7
i5
9
9
2
9
8
2
9
4
1).
8
8
6
6
2
II
6
ó
5
6
2
5
6
9
L.
S.
7 D. 8
88 Canonica de Bubulcho
D. Prepositus diete Canonice
Pbr. Antonius de Cambiago
Pbr. Vicentius Serbellonus .
Pbr. Martinus de Arexio . .
Bassianus de Vicomerchato .
Pbr. Christoforus de Arixii's
S.
9
4
4
IO
4
i3
D.
(1) TI Dozio [Notizie della pieve di Brivio, p. 70) opina si possa iden-
tificare questo nome per S. M. di Celana.
CIRCA IPSTUS liMMUNITATEM 297
Donatus de Vicomerchato L, i S. 2 Dv 5
Pbr. Thomas de Birago 1 2 —
Ambroxius de Cysate i 2 5
Lucinus de Vicomerchato i
12 7
L. 19 S. 7 D.
89. Canonica S. Vlctoris de Massalia(i)
D. Prepositus diete Canonice L. 3 S. 7 D. 6
Ambrosius de Cysale •.....,.-., i 2 5
Reliqui decem Canonici sunt in extimo 1. 2, s. 4,
d. 9 prò quolibet 2,2. 7 6
L. 26 S. 17 D.
Capeliani de Massalia
espella S. Georgi] de Caxate L. 3 S. 7 D. 2
„ suprascripte ecclexie 3 7 2
„ S. Marie de Turre villa 3 72
„ suprascripte ecclesie '3 7 2
„ S. Instine de Caxate novo 4 9 6
„ S. Vitti de Barzanore 3 7 2
„ de Caxago 3 7 2
„ de Hoe 3 7 2
„ Sancte Crucis 2 4 9
„ allia suprascripte ecclexie 2 4 9
„ de Viganore 3 7 2
„ de Montevegia •. . 2 4 9
Clericus de Montevegia 2 4 9
Capella S.Johannisde Cisinischulo Lombardore i :à 5
„ S. Dionisij de Cisinischulo i 2 5
„ S. Laurentij de Cermischulo . . . . i 2 5
„ de Senago 2 4 9
^i) Secondo Y Indice del Gof., in pieve di Missaglia eranvi 67 chiese
e 76 altari.
2q8
NO i MIA i.l.l.Ul MKUIOLANENSIi 1*K ANNO 1 3(^8
Capcila S. Silvestri !.. j
de Marixic) 2
S. Nazari i de Pi ro vano i
S. Mi(li:i( li-> ut supra —
S. Marie de suprascripte Pirovano . , —
de Barzago i
de Sirtury j
S. Blaxij de Galzaiia Vi lascila ... 1
S. Georgi) de Oprena (sic) 4
S.
2 1
). D
4
9
2
5
i6
JO
i6
IO
2
5
2
5
2
ò
9
7
L. 59
17 D.
D.
Domus plebis Massalie
Monasterium de Bernaga L. 7 S.
„ de BrianzoUa 3
„ de Caxate vegio i
„ de Poenzano 3
L. 14 S. 18 D. 5
3
12
2
I
90. Canonica de Barzanore
U. Prepositus diete Canonice L. 2 S. i5
Pbr. Guglielmus de Pirovano i 2
Petrus de Silva i 2
Johannes de Pegiis (?) i i3
Antoni US de Pirovano — i3
Pbr. Guido de Pirovano , , i 2
Pbr. PMlipus de Pirovano i 2
Pbr. Jacobus Boninus 3 6
Pbr. Antonius de Aquate 2 4
Johannes de Ravagnate 2 4
Capellanus S. Blaxij de Barzanore 3 7
D.
II
5
5
.7
3
5
5
6
9
9
2
L. 20
i5 D.
CIRCA IPSIUS IMML'NITATEM 2Q()
91. Canonica de Uglono (i)
D. Prepositus diete Canonice cum Capellanis
de Dolzago et allijs Capellanis diete plebis
et Canonieis L. 25 S. i5 D. 6
L. 25 S. i5 D. 6
92. Canonica de Cariate cum Capella una (2)
D. Prepositus diete Canoniee L. 8 S. io D. 9
Reliqui sex Canonici sunt in extimo 1. 4, s. 9,
d. 6 prò quolibet 26 17 —
Capella S. Marie de Olzelate ....... 4 9 6
L. 39 S. 17 D. 3
93. Canonica de Leucho (3)
D. Prepfositus diete Canoniee L. 2 S. 4 D. 9
Anselmus de Faraliano i — 4
Reliqui septem Canonici sunt in extimo 1. i,
s. 2, d. 5 prò quolibet 7 16 11
Capella S. Marie Magdalene eum Clerieatu
S. Martini in Agra 6 i3 ii
L. 17 S. i5 D. II
94. Canonica de Cervio (4)
D. Prepositus diete Canoniee L. 2 S. 4 D. 9
Reliqui quinque Canonici sunt in extimo 1. i,
s. 8 prò quolibet 7 — —
L, 9 S. 4 D. 9
(i) Oggionno, ntilV Indice di Gof., eonta chiese 17 e altari 20.
(2) Nell'Indice di Gof. sono enumerate come appartenenti a Garlate
42 chiese e altari 5i.
(3) Secondo Vindice di Gof., dipendevano dal preposto di Lecco
chiese 18 e altari 19.
(4) Secondo V Indice del Gol", erano soggetti al Prevosto di Dervio
chiese io, altari t3.
3oo
NOTITIA CLERI MKDIOLANENSIS DE ANNO I $98
95. Canonica de BHIano (i)
I). Prepositus diete Canonico L. 3 S. 7 D- '^
Pbr. Affonsinus Campatius 3 7 -j.
Georgiiis Campatius ?. 7 2.
AndrioUus Campatius 2 4 9
Johannes de Potremulo — 11 3
AndrioUus de Ogionibus de Varixio . . , . i 2 5
Antonius Saxolus 1 2 5
ID
D.
96. Canonica S. Martini Montisvarene (2)
D. Prepusitus diete Canoni ce L. 5
Pbr. Barnaba de Calastris 3
Reliqui tres Canonici sunt in extimo 1. 4, s. 7,
d. 6 i3
II
7
D.
IO
7
L. 22 S. I D. II
97. Canonica de Vallissaxina (3)
D. Prepositus et Canonica Vallissaxine .
L. i3 S. 8 U. 5
L. i3 S. 8 D. 5
(i) Stando 2ii^ Indice di Gof., Bellano aveva chiese 5 e cdtari 5.
Muggiasca, nella pieve di Bel,, sebbene non compaia in questa Notitia,
pure doveva avere una chiesa già importante: oltre gli antichi affres-
chi, lo proverebbero da solo i due codd. dell' Antifonario Ambro-
siano datati di prima mano, del i388, scritti "in honore di S. Lau-
rentii de Mugiasca „. Nell'archivio prepositurale di Bellano si conser-
vano i documenti dello smembramento della vicinanza di Muggiasca,
dalla parrocchia di Bellano, e l'erezione in parrocchia autonoma, av-
venuta nell'anno i368.
(2) T>?i\V Indice delle pievi presso Gof. consta che Varenna aveva
7 chiese e 9 altari. E notevole nell'Indice di Gof. Y indicazione " Ab-
batia Sancii Vincentii in plebe Mandello in ecclesiis io habet altaria 12 „
dalla quale si potrebbe dedurre, che il territorio d'Abbadia dipendesse
dalla Diocesi di Milano; ma di questa non è alcun cenno nello Sfato
del 1466.
(3) 'NelV Indice delle pievi presso Gof. leggesi che la Valsasina
contava chiese 27 e altari 82.
CIRCA IPSll'S IMMUNITATEM '3o I
Capellani suprascripte plebis
Capellani Vallissaxine L. 33 S. ii D. —
L. 33 S. II D. —
98. In Giara Abdue
Ecclesia S. Marie de Capis (sic) L. 7 S. 16 D. 7
L. 7 S. 16 D. 7
99. Canonica S. Alexandrl de Farra
D. Archipresbyter et Canonici de Farra . . L. 24 S. i3 D. —
L. 24 S. i3 D. —
iOO. Ecclexia S. Martini de Triviilio
Sex Canonici sive Capellani diete ecclexie sunt
in extimo 1. 6, s. 14, d. 3 prò quolibet . L. 40 S. 5 D. 6
L. 40 S. 5 D. 6
Domus Trivillij
Domus Fratrum humiliatorum (sic) S. Augustini
de Triviilio L. 2 S. 4 1). 9
,, ,, „ de Triviilio . . 6 2 —
'„ Dominarnm hnmiliatariim de Inzago in
Triviilio 2 8
Ecclesia S. Christolbri de Triviilio i 4
Can. (?) S. Nazari j de Pagazano i3 8 5
Capella S. Johannis de Vitalengo 8 19
L. 33 S. i5 D. 2
.'>o:
NOTiTiA CLTCìn ml;i)IOi..anensis de anno i3g8
101. Ecclexia S. Marie de Bregnano
Tres Capellani diete ecclesie suiit in cxllnin
1. 3, s. 7, d. 2 prò quolibel L. io S. i I). 6
Domus fratrnni humiliatorum de Bernago Bre-
gnano (sic) i3 4 4
L. 23 S. 5 1). IO
102. Ecclesia SS. Firmi et Rustici de Caravazio
Quatuor Clerici suprascripte ecclesie sunt in
extimo 1. 5, s. ii, d. io prò quolibet . L. 22 S. 7 D. 4
' L. 22 S. 7 D. 4
103. Ecclesia S. Marie extra Caravazium
Pbr. Daniel Benef. diete ecclexie ..... L. 5 S. 8 D. —
Pbr. Laurentius de Porris clericus suprascripte
ecclesie 2 i5 11
Domus fratrum humiliatorum de Caravazio
cum domo de Calvenzano unita secum . . 48 2 io
L. 56 S. 5 D. 9
104. Ecclexia S. Marie et Johannis de Fornovo
D. Archipresbyter diete ecclexie L. 5 S. 11 D. io
Reliqui quatuor Canonici sunt in extimo 1. 3,
s. 7, d. 2 prò quolibet i3 8 8
L. 19 S. — D. 6
Domus de Fornovo
Domus fratrum humiliatorum de Fornovo cum
domo de Valiate unita L. 5o S. 16 D. 8
Ecclesia S. Vitalis de Fornovo — 5 8
„ S. Petri de Rogorzano i 2 5
L. 52 S. 4 D. 9
CIRCA IPSIUS IMMUNITATEM 3o3
105. Ecclesia S. Laurentìj de Mysano
D. Archipresbyter L, 7 . S. i6 D. 8
Reliqui quinque Canonici sunt in extimo 1, 3,
s. 18, d. 4 prò quolibet 19 11 8
Capella S. Laurentij de Myxano 3 7 2
Ecclesia S. Petri de Vaylate 14 7 2
L. 45 S. 2 D. 8
106. Canonica S. Laurentij de Arsago ultra Abduam
D. Prepositus diete Canonice L. 6 S. 14 D. 3
Merlinus de Capitaneis 5 — 8
Pbr. Martinus de Calvenzano 3 18 4
Albertinus de Capitaneis 3 18 4
Jacobus Rozonus 2 i5 4
Beltramus de Pergamo 2 i5 11
Capella diete ecclesie 2 i5 11
L. 27 S. 19 D. 4
107. Canonica S. Sigismondi di Ripalta
D. Prepositus diete Canonice L. 5 S. 11 D. io
D. Franciscus de Brischis (sic) 3 — 6
Reliqui septem Canonici sunt in extimo 1. 2,
s. i5, d. II prò quolibet 19 11 5
Domus fratrum humiliatorum de Ripalta . . i 2 5
L. 29 S. ó D. 2
108. Ecclexia S. Marie de Caxirate
Pbr. Aluysius de Busti benef. L. 2 S. i5 D. 11
Reliqui tres clerici sunt in extimo ]. 2, s. 4,
d. 9 prò quolibet . . . ' 6 14 3
L, 9 S. IO D. 2
.H)4
NOIITIA CMiKI MI;I)J0I.ANI:NSIS DIi ANNO 1?>()H
109. Ecclesìa S. Georgi] de Caxirate
Franciscus de Clericus I.. i S. 2 I). S
Johannes de Srhrliapiscis (sii) ut su|:)ra . . . i 2 5
L. 2 S. 4 1). ]<.
110-117.
Ecclesia S. Patri de Calvenzano L. 6 S. 14 D. 3
„ S. Nazari] de Sino (?) 1 i3 7
„ S. Georgij de Pandino .-,... 5 11 10
Canonica et Capellani de Postino 8 . 18
Ecclesia S. Marie et Laurentij de CrignoUo .11 3 8
U. Archipresbyter et Canonici portus [nio-
ronius(?). 6 14 3
Ecclesia de Villa Lanterio 3 7 2
Capella S. Kristine 5 n io
»
L. 49 S. i5 D. 3
Dott. Marco Magistretti
CARLO MARIA MAGGI
SOPRAINTENDENTE ALL'UNIVERSITÀ DI PAVIA
SCRISSE il Muratori: « Alle tante occupazioni del Maggi, si ac-
crebbe ancor quella di sopraintendere alla Università di Pa-
via ed ai Lettori di essa; e con tutto ciò non si distoglieva
punto la sua mente dagli studii ameni, e massimamente dal colti-
vare la poesia, perchè è un privilegio dei vasti ingegni il poter ac-
cordare con le pubbliche cure la quiete richiesta dalle Muse, facendo
essi diventar ricreazione dell'animo ciò, che ad altri poveri di ta-
lento suol costare fatica incredibile(i) ». — Non dice altro, e non
se ne sa altro; ma noi abbiamo trovato nel R. Archivio di Stato
milanese documenti inediti e manoscritti autografi del Maggi, an-
cora inediti, che si riferiscono a tale sopraintendenza, e siamo in
grado di dare notizie che illustrino questa cura ed aggiungano
una pagina nuova alla storia del famoso ateneo pavese (2).
(i) Vita di C. M. Maggi, scritta da Lodovic' Antonio Muratori,
Milano per Giuseppe Pandolfo Malatesta, 1700, p. 29.
(2) Nel 1878 A. Corradi, Rettore dell' Università di Pavia, nel
Proemio dell'opera ^^ Memorie e Documenti per la Storia dell' Università di
Pavia, ecc. Stabilimento tipografico-librario successori Bizzoni, Pavia,
1878. Parte I, II e III, di complessive pagine 1171 „ lasciò scritto che
" avrebbesi voluto dare la Storia delV Università di Pavia, ma la brevità
del tempo non consentiva l'ampio ed arduo lavoro, pel quale occor-
revano molte e continuate ricerche, così in questi come in altri Ar-
chivij, e particolarmente in quello di Stato di Milano, dove il più
delle carte attinenti all'Ateneo pavese sta raccolto; e ciò pei tempi
a noi più vicini, giacché per i più remoti le difficoltà sarebbero state
anche maggiori, spesso spesso non trovandosi per essi memorie od
avendosi manchevoli. „
Arch. Star. Loml. — Anno XXVII. — Fase. XXVIII. zo
3o6 CAIU.O MAHIA MA(l(iI
* *
Nel 1676 il Maggi era da i5 anni Segretario del Senato e
da 12 Lettore di eloqiien:{a latina e greca nelle Scuole Palatine
di Milano. Il salario di questi due impieghi era allora ben poca
cosa, di circa lire 2000 il primo (i), e di lire Goo il secondo, e se
il Maggi non avesse avuto del suo (2), carico di figliuoli e di pa-
renti, e largo di cuore e di mano, come era con gli amici, si sa-
rebbe certamente trovato in istrettezze finanziarie maggiori dì
quelle, onde egli spesso si duole nelle sue liriche (3), — Morto
adunque nel 1676 il dottore e segretario del Senato, Francesco
Sadarino (4), che allora aveva la cura dello Studio di Pavia e
delle Scuole Palatine, il Maggi, per godere delle 400 lire, onde
quella cura veniva retribuita (5), la chiese per sé e l'ottenne;
l'ottenne senza difficoltà, perchè, se il dottor Sadarino moriva
vecchio in fama d^ altissimo senno e di non minore eloquenza (6),
il Maggi che allora toccava il 46.*^ anno di vita, godeva l'affetto
e la stima universale come uomo, come insegnante e come ma-
gistrato.
* -
* *
La domanda, con cui egli chiese questa sopraintendenza,
e che noi abbiamo trovato nel Regio Archivio milanese, è una
(i) Vedi il nostro studio " Carlo Maria Maggi — Il Segretario del
Senato „ Milano, Bari e Cazzulani, 1899, p. 17.
(2) Vedi il nostro studio " C. M. Maggi — // Ritratto „ Milano,
Aliprandi, 1894, p. 21.
(3) Rime varie, ediz. Muratori, Milano, 1700, tom. IV, p. 279.
(4) Di lui, oltre alle opere a stampa, si conservano inedite nel
R. Archivio di Stato milanese moltissime consulte, scritte in latino,
interessanti per la storia del Ducato di Milano, sotto la dominazione
spagnuola.
(5) R. Archivio di Stato milanese: Salarti e Sportole, 96; vedi le due
ricevute autografe del Maggi, Tuna di L. 200 de"* 26 maggio 1690 e
l'altra di L. 200 de' 2 ottobre 1690.
(6) Muratori, Vita del Maggi, p. i3.
SOPRA intendenti: all'università di PAVIA Boy
bozza autografa, senza indirizzo, senza data ed incompleta, per-
chè il Maggi con essa chiede solo la cura della Università di
Pavia, mentre il decreto di Carlo II degli 8 luglio 1676 gli
concede anche quella delle Scuole Palatine (i), ed il Senato mi-
lanese ai 28 luglio dello stesso anno dà le disposizioni, perchè gli
siano pagate le 400 lire per la cura d'entrambi gli istituti (2). —
Comunque, il Maggi, come Sopr aintendente dell' Università di
Pavia e delle Scuole Palatine di Milano, doveva, ogni anno, com-
pilare le Tavole dei Lettori, con la materia d'insegnamento, coi
rispettivi stipendii e con le osservazioni che erano del caso, e
quelle Tavole poi mandava, "per l'approvazione, al Presidente del
Senato ed ai Questori, i quali, alla loro volta, davano gli ordini
ai Daziarii, perchè fosse pagato il salario al Sopraintendente, ai
bidelli ed ai Lettori, dal giorno in cui ciascuno di questi comin-
ciava a leggere pubblicamente, à die quo coeperit publicè leggere
in scholis. — Vi erano cattedre vacanti? Il salario corrispettivo
si chiedea che fosse impiegato nei lavori di fabbrica dell'Univer-
sità stessa, già ridotta a mal partito.
* *
Il Maggi tenne questa cura dall'anno 1676 al 1699, ultimo
di sua vita, cioè per 23 anni, e noi dovremmo possedere 2j Tavole,
che sarebbero un documento ufficiale assai importante per la storia
dQÌV Ateneo pavese, poiché completerebbero, almeno per questo
periodo di tempo, la lista dei Lettori che professarono la loro
scienza dentro quelle mura gloriose (3). Nel R. Archivio di Siato
(i) Vedi Archivio di Stato: Salarti e Sportole, gS.
{2) Ibidem.
(3) Vedi la nostra nota, in cui si riportano le parole del Corradi sul-
r opera: Memorie e Documenti per la Storia dell' Università di Pavia, ecc.
— Quest' opera , composta col lavoro di parecchi professori e dot-
tori invitati dal Corradi per lo studio dei materiali ed il loro ordina-
mento, è pregevole e loquace in parecchi capitoli, ma assolutamente
muta nei rapporti che 1' Università pav:se ebbe con le Scuole Palatine
3o8 CARLO MARIA MAGGI
milanese noi trovammo invece la prima lettera del Maggi, por-
tante la data dei 22 febbraio 1677, con la quale egli mandò al
Presidente del Senato, Don Luca Pcrtusato, ed ai Questori, la sua
prima Tavola dei Lettori dell'Accademia Ticinese e delle Palatine
di Milano, con l'osservazione che per le cattedre vacanti, a cui pre-
sto si sarebbe provveduto, restavano devolute in spese l'atte e
da farsi per lavori di fabbrica, lire 12600; cifra non indifferente,
quando si pensi che la somma annua stanziata nel bilancio dello
Stato per la Università di Pavia, era di circa lire 40000. Se con
questa lettera accompagnatoria noi avessimo trovato anche la
Tavola, ci sarebbe facile, conoscenao quelle cattedre vacanti, il
formarci un criterio sulla loro maggiore o minore importanza, e
sulla condizione degli studi dell' Università stessa, ma la Tavola
a noi non fu agevole trovare nel mare magno e tempestoso del
R. Archivio milanese, non ostante le ricerche nostre minuziose,
e crediamo ch'essa non esista più, come non esistono molte altre
desìi anni successivi.
Delle 23, infatti, compilate dal Maggi, due sole Tavole furono
salve dal naufragio, quella dei i5 gennaio 1692 e quella dei 4 di-
cembre 1695. Con la prima sappiamo che la somma stanziata inj
bilancio per l'Università di Pavia nel 1692 era di lire 39604, delle
quali lire 19200 assegnate per quel gruppo di Lettori compresi
sotto il nome di Legisti (che insegnavano Giurisprudenza); lire
19960 per il gruppo degli Artisti (che insegnavano Medicina e
Chirurgia, Selenite Matematiche e Fisiche, Lettere e Filosofia),
e lire 464 di avanzo, a benefìcio dell'Università per lavori di fab-
brica. Sappiamo che i Lettori erano 36^ — i. Francesco Maria
di Milano ed il Senato milanese, ed il nome del Sopraintendente,
Carlo Maria Maggi, e quello di parecchi Lettori della seconda metà
del secolo XVII, conservatici nello sue Tavole, non si trovano regi-
strati in nessuna delle tre parti, onde quell'opera si compone.
SOPRAINTENDENTE ALl' UNIVERSITÀ DI PAVIA 30Q
Pecchie, Arcidiacono^ con lo stipendio di L. 2200. — 2. Giuseppe
SarciO con L. 1200. — 3. Giuseppe Goldaniga con L. 1600. —
4. Pompeo Alemanni con L. iò5o. — 5. Cristoforo Bazetta con
L. 4550. — 6. Stefano Verri con L. 1700. — 7. Giovanni Bel-
loni con L. i55o. — 8. Giuseppe Antonio La Garda con L. 400. —
q. Carlo Bazetta con L. 900. — io. Giuseppe Bellingeri con
L. 450. — n. Conte Don Sicca Borella con L. gSo. — 12. Lo-
dovico de Negri con L. 450. (Appartenenti tutti al gruppo dei
Lettori di Giiirispriiden:ia,) — i3. Don Siro Antonio Panigati,
Lettore à' Arte Oratoria latina e greca, con L. 600. — 14. Don
Pietro Giovanni Lonato di Filosofia Morale, con L. óoo. — i5.
Luigi De Ferrari, di Teologia Scolastica, con L. 600. — 16. Don
Giuseppe Gerolamo Semenzi, come sopra, con L. 600. — 17. Vin-
cenzo Strozzi, di Sacra Scrittura, con L. 600. — 18. Giuseppe
Maria Pomari, di Logica, con L. 600. — 19. Giovanni Battista
Gorio, come sopra, con L. 600. — 20. Tommaso Guasco, Straor-
dinario di Filosofia, con L. 600. — 21. Stefano Antonio Passerini,
Lettore di Metafisica, con L. 600. — 22. Gioachino Benedetto
Bursa, Lettore come sopra, con L. 5oo. — 23. Giovanni Battista
Bom bello. Ordinario di Filosofia, con L. 5oo. — 24. Carlo Fran-
cesco Rovelli, Lettore di Filosofia, con L. 600. — 25. Pietro
Francesco Scarabelli, Lettore di Medicina Teorica, con L. 1600. —
26. Lodovico Pansia, come sopra (t)> ^oii L. 800. — 27. Siro Friggi,
Lettore di Medicina pratica, con L. 1400. — 28. Agostino Galle-
rati, come sopra, con L. i3oo. — 29. Giovanni Domenico Belcredi,
Lettore d'Almansore, con L. i3oo. — 3o. Agostino Bocchi, come
sopra, con L. 1000. — 3i. Paolo Antonio Gabiano, Lector Sim-
plicium, con L. 5oo. — 32. Pietro Clementi Gallerati, Straordi-
nario di Medicina Teorica, con L. 3uo. — 33. Pietro Francesco
Friggi, Straordinario di Medicina pratica, con L. 35o. — 34. Gri-
storedo Pecchi, Lettore di Architettura militare e matematica.
(i) Il nome di questo Lettore non è registrato nell'opera sull'U-
niversità pavese, già ricordata; a p. 148 si trova Pausa Pio Antonio,
che cominciò il suo insegnamento di Medicina pratica l'anno 1704.
3lO CAIU.O MARIA MAGGI
con L. 2200. — 35. Domenico Angelo Manganoni, Lettore di
Chirurgia, con L. looo. — 36. Fiorenzo Care, Lettore di Ana-
tomia, con L. i35o (i).
Sappiamo che le cattedre vacanti erano due: delle Pandette
(Pandectarum) e della Lettura Criminale (ad Lccturam Crimi-
nalem); che alT Università, sotto la dominazione spagnuola, non
esistevano cattedre di storia antica e moderna, ne di letteratura
italiana; che i bidelli erano 5, dei quali solamente 3 pagati, due
con lo stipendio annuo di L. 200 (2) e l'altro con quello di
L. 25o (3), ed uno solo il segretario o Sopraintendente, il nostro
Carlo Maria Maggi, retribuito, come si è detto, con lo stipendio
annuo e fisso di L. 400
Questa Tavola è importantissima: ci mette sotto occhio tutte
le cattedre universitarie pavesi di quel tempo; con essa possiamo
correggere, come si è avvertito nella nota, i nomi de' Lettori
errati nella maggiore pubblicazione che si è finora fatta intorno
diW Accademia Ticinese, e ne aggiunge uno nuovo, quello di Lo-
dovico Pansi.a, coi nomi dei bidelli e del Sopraintendente e con
lo stipendio di tutto il personale; è importantissima, perchè il
Maggi vi segna altre notizie che noi, per brevità, non possiamo
qui riferire (4) e che darebbero motivo allo storico ed allo statista
(i) Facciamo osservare che nel tradurre in italiano questi nomi
scritti dal Maggi in latino, abbiamo ricorso, quando si è potuto, alle
opere italiane stampate degli stessi, perciò pretendiamo di essere più
precisi dei compilatori dell'opera più volte ricordata sull'Università
pavese, i quali spesso li hanno storpiati e guasti.
(2) Il Maggi ce ne tramandò i nomi: Siro Ambrogio Dossena e
Siro Magri. Il non pagato era Giuseppe Derba che con decreto del
Senato dei i3 febbraio 1690 era stato ammesso a sostituire il Dossena.
(3) Si chiamava Giovanni Battista Griggi, che aveva per suo coa-
diutore, senza salario {Coadiutor sine salariò), Francesco Molinari, come
dal decreto del Senato Milanese del giorno So aprile i685.
(4) R. Archivio di Stato: " Tabulae DD. Lectorum Ticinensis et
Palatini Gymnasij huius Urbis. Ad atinum 1692. Die XV. January 1692. „
SOPRAINTENDENTE ALl' UNIVERSITÀ DI PAVIA 3 II
di formulare giudizii e considerazioni non prive d'interesse e d'una
certa utilità, anche per i nostri tempi.
* *
L'altra Tavola superstite è e-[uella del 1695. — • Questa c'in-
segna che la somma stanziata in bilancio è minore quest'anno
di L. 400, vale a dire è di L. 39254; delle quali sono assegnate
al gruppo dei Legisti L. i8i5o, ed a quello degli Artisti L. 2o85o,
con un avanzo di L. 254, da devolvere in opere di restauro per
r Università ridotta in pessime condizioni. — I Lettori sono 36,
le cattedre vacanti 2, i bidelli 3, il segretario o Sopraintendente
uno, il Maggi; e sono pagati, alcuni con aumento dello stipendio
segnato nella Tavola del 1692, altri invece con diminuzione, come
l'Alemanni, Lettore di Dritto Civile, che, invece di L. i65o, ha
qui segnato uno stipendio annuo di L. 1600, ed altri, come i
Lettori « Artis Oratoriae Graecae et Latinae » e quello di « Fi-
losophiae moralis » con lo stipendio invariabile di L. 600 annue. —
Dei 36 Lettori notificati in questa Tavola, soli 7 sono nuovi,
non si trovano cioè in quella del 1692 e sono: — i. Antonio
De Caspa ri, Lettore di Dritto canonico, con lo stipendio di L. 1600.
— 2. Giovanni Bartolomeo Incisa, di Dritto Civile, con L. 1600.
— 3. Giovanni Antonio Pulzio, di Instituponi, con L. 800. —
4. Don Angelo de Apezteguia, di Teorica pratica-criminale, con
L. 800. — 5. Giovanni Paolo Cavalli, Straordinario di Filosofia,
con L. 600. — 6. Giovanni Paolo de Valenti, Lettore di Teorica
medica, con L. iioo. — 7. Giovanni Maria Bonello, Lettore di
Chinirgia, con L. 400.
Le due cattedre vacanti sono: Ad lectiiram de Actionibus, e
Pandectarum: i bidelli: Siro Magri e Giuseppe Derba per il
gruppo de' Legisti, pagati L. 200 cadauno, e Francesco Molinari
per quello degli Artisti, pagato L. 2 5o. Anche questa Tavola è
importantissima per le stesse ragioni che abbiamo addotte per
l'altra; in questa i Lettori nuovi, e che non si trovano registrati
nelle tavole dell'opera sull' Università pavese più volte menzionata,
CAULO MARIA MAGGI
sono due: Giovanni Paolo De Valenti e Giovanni xMaria Bo-
nello ( I ).
* *
E non solo il Maggi, come Sopraintendente, compilava le
Tavole dei Lettori, ma, sulle attestazioni dei bidelli, doveva av-
visare le autorità senatorie che i signori Lcf^orf avevano già dato
principio a leggere, ciascuno dalla cattedra destinatagli dalV E-
minentissimo Senato, nelle calende del mese di novembre, e ciò,
perchè fossero dati gli ordini opportuni, onde a tutti venisse pa-
gato lo stipendio mensile (2). — Dichiarava ai Lettori le promo-
zioni, le norme, onde erano tenuti a giustificare le lezioni om-
messe nel corso dell'anno, il plauso del Senato per i più celebri
e diligenti, ed il rincrescimento dei Signori della Cameretta per
quelli che mancavano al loro dovere. Così ai 18 gennaio 1699 egli
annunzia al celebre dottore Cristoforo Bazetta, Lettore di Dritto
Civile (il maggiore stipendiato, L. 4750 annue) la ricondotta con
cinquecento lire di accrescimento, il che, quantunque non ade-
guato ai suoi celebri meriti, ad ogni modo è stato con grande
plauso del Senato (3). — Al dottore Agostino Gallerati, Lettore
di medicina, annunzia la parità col primario di pratica e V ac-
crescimento di L. 200 dategli dal Senato con sommo plauso alla
dottrina ed alla diligenza che fa risplendere in cotesta Univer-
sità (4), ed al dottore Giovanni Paolo Valenti la promozione
alla cattedra doiV Ahnansore, con l'aumento di lire i5o (5). —
(i) R. Archivio di Stato milanese: Tabulae DD. Lectorum Ticincnsis
et Palatini Gymnasij huius Urbis. Ad aiinum 1695. Die quarta decem-
bris 1694. „
(2) R. Archivio di Stato milanese. Vedi la dichiarazione autografa
del Maggi, sulla fede de' due bidelli Siro Ambrogio Dossena e Ciò.
Batt. Griggi, dei 16 novembre 1682.
(3) R. Archivio di Stato milanese: comunicazione autografa del Maggi,
diretta al Sig. Dottor Cristoforo Bazetta, Primario di Pavia.
(4) Ibidem, comunicazione autografa.
(5) Ibidem, comunicazione autografa.
SOPRAINTENDENTE ALL UNIVERSITÀ DI PAVIA
3l3
Ai due ultimi poi raccomanda la giustificazione delle lezioni om-
messe; al Gallerati la giustificazione di otto ed al Valenti di
nove, notate dai Bidelli.
E quando, dietro V invito, i signori Lettori non curavano di
presentare la giustificazione richiesta, o e|uesta non era favore-
volmente accolta dalla Cameretta di Milano, il Maggi allora in-
fliggeva la multa, che andava a beneficio dell' Università, che ne
avea tanto bisogno per le sue mura cadenti. — Così, con decreto
dei 14 dicembre 1696 (i), il Sopraintendente dà ordine che dallo
stipendio del Dottore Giuseppe Gerolamo Semenzi, Lettore di
Teologia, siano ritenute a favore dell'Università (iuxta solitum
in usus ejusdem Universitatis) lire i65, soldi 2 e danari 6, per
lezioni ommesse {prò lectionibiis ommissis anno literario proxime
lapso); multa non indifferente, se ricordiamo che lo stipendio
annuo del Dottor Semenzi era, come è stato avvertito, di lire
600 annue. — E, cosa che torna a grande lode del Soprainten-
dente, tra il Maggi ed il Semenzi correvano rapporti di amicizia,
di stima e d'ammirazione reciproca. — Francesco Arisi lasciò
scritto che il Semenzi, prima d'essere nominato Lettore a Pavia,
aveva imparato il greco a Milano nelle Palatine dal Maggi: « lin-
guam graecam percepit a Carolo Maria Maddio, quem saepe in
Scholis Palatinis audivit (2) ». E nel Mondo Creato (3) del Se-
menzi troviamo nel 1686 pubblicati in suo onore due sonetti com-
posti dal Maggi stesso, il primo a p. 19 ed il secondo a p. 404. —
Ma, prima di ricorrere all' estremo della multa, abbiamo docu-
(i) R. Archiv. di Stato milanese. È un decreto autografo del Maggi,
inedito, che comincia con la formula: " Carolus II Hispaniarum Rex
et Mediolani Dux, etc. „
(2) Vedi Crei nona Ut erata seu in Cremonenses Doctrinis et Literariis
Dignitatibus Eminentiores, etc, tom. Ili, p. i83.
(3) Mondo Creato Diviso nelle sette Giornate, Poesie Mistiche, ecc. Mi-
lano, Malatesta, 1686.
.^4
CAIU-O MAKIA M Aliti I
menti inediti per affermare che il Maggi, con modi gentili e forma
cortese, più che burocratica, non tralasciava di avvisare i Lettori,
pregandoli di giustificarsi secondo le norme fissate dalle disposi-
:{ioni di legge, e cioè che le attestazioni dei medici fossero fatte
con giuramento dei medici stessi, e con la definizione delle ma-
lattie che erano state causa delle mancanze. — Troviamo, infatti,
con la data dei i8 gennaio 1699, quattro mesi prima della morte
del Maggi, r invito fatto al Lettore Stefano Antonio Passerini di
giustificare alla forma degli ordini otto lezioni dai Bidelli dichia-
rate ommesse ^er disagio di salute (i). Troviamo l'invito fatto
al Lettore Giovanni Domenico Belcredi di giustificare la morte
della suocera, per cui i Bidelli avevano notato tre lezioni om-
messe, ed alla forma degli ordini giustificare le altre otto che i
detti Bidelli dicono mancate per disagio di salute (2). Troviamo,
parimenti, V invito fatto al Lettore Siro Antonio Panigati di giu-
stificare, sempre nella forma degli ordini, quattordici lezioni om-
messe per disagio di salute, secondo la solita dichiarazione dei
Bidelli, e quello fatto al Lettore Giovanni Maria Bonelli per
cinque lezioni, nella forma voluta dai signori della Cameretta.
Ed in tutti questi inviti il Maggi, come si è detto, adopera espres-
sioni sempre gentili e cortesissime, qualche volta proporzionate
al merito ed alla fama del Lettore. — Per esempio, l'invito fatto
al Lettore Panigati si chiude con le parole: « Attendo i suoi or-
dini in questo ed in ogni altra cosa, in cui la posso servire, vo-
lendo io sempre essere di V. S. IH. umilissimo servitore » ; e quello
mandato al Lettore Bonelli con queste altre : « Le raccordo la
mia pronta osservanza ed il desiderio di farmi sempre conoscere
di V. S. 111. obbligatissimo servitore ».
Di molto interesse per la storia dell'Ateneo, e per conoscere
le condizioni anarchiche degli studenti e del territorio pavese.
(i) R. Archivio di Stato milanese: Salarij e Sportole, 95.
(2) R. Archivio di Stato milanese, ibidem.
SOPRAI^JTENDENTE ALl'uNIVERSITÀ DI PAVIA .3l5
sono alcune consulte manoscritte inedite del Maggi, che si con-
servano nel detto R. Archivio di Stato. Queste consulte dicono
che fra gli studenti ed i pavesi talora si accendevano così gravi
contese che il Governatore Don Luigi de Guzman dovette un
giorno mandare da Milano a Pavia il Presidente del Senato Don
Carlo Bellone ed il Conte Vitaliano Borromeo, perchè con de-
stre:{^a autorevole procurassero di comporre gli animi, e dopo
d' avere appurato le circostante del fatto e le cagioni e i princi-
pali autori, potessero prendere la risoluzione che convenisse. —
La consulta dei 'So aprile i665, mandata dal Maggi al Go-
vernatore, ci fa sapere che sono specialmente gli studenti mila-
nesi quelli che di continuo agitano la città di Pavia. — Questi
studenti una sera, riunitisi sul ponte del Ticino, insolentiscono
contro i contadini e con parole disoneste offendono le signore che
vi passano in carrozza. Di ciò forse si duole col Pretore il pavese
Conte Belcredi; il Pretore ammonisce severamente gli studenti
che negano e si fa promettere da loro che non darebbero più
noia ad alcuno; di questa promessa avvisa i cittadini e la cosa
si mette in tacere. Ma, dopo qualche giorno, portandosi con gran
pompa, in processione per la città, la Sacra Spina, gli studenti
milanesi, insieme con altri « scholares Mediolanenses et alii »
v' intervengono vestiti da pellegrini, col mantello ed il bacolo, e
ciò è ritenuto dai pavesi come una dimostrazione di sprezzo fatta
alla città ii processioni intervenerunt cum veste peregrinorum,
scilicet penula et baculo, quod quidem Cives in Civitatis contemp-
tum sunt interpretati». Di più, la sera tornano sul ponte a ri-
volgere parole oscene alle signore, onde, il giorno dopo, una mol-
titudine di pavesi, coi servi ed altri seguaci armati, si dà convegno
sul ponte, nell'ora che gli studenti solevano radunarsi, decisi tutti
di dare loro una buona lezione. Il Pretore ed il Vicario, avvisati
dai Tenente Generale Biasio Sonnino, giungono a tempo per al-
lontanare gli studenti., e, sino a notte inoltrata, rimangono sul
ponte, donde non riescono, in nessuna guisa, a rimuovere i pa-
vesi convenuti coi loro servi ed i loro seguaci. La mattina dopo,
per prevenire malanni e disordini, danno ordine che gli scolari
CARLO MAHIA MAGGI
non escano di casa, resti chiusa l'Università e quattro studenti
dei pili compromessi, e quattro pavesi fra gli accorsi sul ponte
armati, vengono tratti a Milano, per essere sottoposti ad interro-
gatorio (i).
*
* *
E non solo dietro le processioni e sul ponte gli studenti uni-
versitari! provocavano con atti e con parole disoneste la cittadi-
nanza, ma scandali gravissimi, persino nelle aule stesse dell'Uni-
versità {totius quondam Italiae florentissima) avvenivano fra essi
ed i bombardieri; scandali seguiti da fatti di sangue, per cui le
famiglie spaventate non vi mandavano più i loro figliuoli a stu-
diare. A tale proposito due consulte del Maggi hanno speciale
importanza storica, quella dei 26 gennaio 1668 (2) e l'altra dei
IO novembre dello stesso anno (3), tutte e due mandate dal Maggi
a Sua Reale Cattolica Maestà in Madrid, invocando l'alto suo
patrocinio, poiché al Governatore invano si era rivolto il Senato,
per porre un freno ai disordini degli studenti ed alla corruzione
della città, che avevano ridotto nelle più squallide condizioni la
più celebre Accademia che avesse avuto un tempo non solo lo
Stato di Milano j ma tutta Italia: li Non solimi Mediolanensis
Provinciae, sed totius olim Italiae celeberrima ». — Ma se non
facevano nulla di buono i Governatori, che almeno erano sui
luogo, non facevano nulla di buono neppure i re da Madrid, ed
ancora una consulta del Maggi con la data dei 27 maggio 1669 (4),
(i) Vedi: Carlo Maria Maggi. Le Consulte ms. inedite esistenti
ncW Archivio di Stato di Milano. Ricerche e studio di Antonio Cipol-
lini, in Archivio Storico Lombardo, anno XXVI, fase. XXII, 1899. " In
causa contentionis inter discipulos et cives Ticinenses, 9 iunij i665. Secret.
Carolus Maria Maddius „ .
{2) Studio citato : " De con/trmandis litteris Sttae Maiestatis circa
delationem rotatorum in urbe Papiae, 26 ianuarij 1668. Secret. Maddius „ .
(3) Ibid. "De eadem causa: io novembris 1668. Secret. Maddius,,.
(4) Studio citato: " De promulgando proclamate , ne quis in Acade-
mia Papiensi arma rotata deferat. Secret. Maddius „.
SOPUAINTENDENTE ALl'L'NI VERSITA DI PAVIA 3l7
rimessa all'Eccellentissimo Governatore di Milano, quasi sei mesi
dopo quella mandata a Sua Maestà Cristianissima, ci ammonisce
che i disordini non erano cessati, ed, a nome del Senato, si chiede
che venga impedito di portare arma rotata nell'interno dell'Uni-
versità.
*
* *
Per conoscere poi quelle condizioni anarchiche del territorio
pavese, a cui abbiamo accennato di sopra, possediamo altre con-
sulte manoscritte inedite del Maggi. — Quella dei 14 dicembre
1661 (i) dice che le vie di tutta la provincia sono infestate da
sicari! e ladroni, che, ogni giorno, commettono nuovi e truci de-
litti, ed il Senato milanese, per catturarli, spedisce ordini ai feu-
datarii di Godilo Assio, di Puteolo e di Fortunago; « iws prò eis
detinendis opportunos ordines dedimus feudatarijs Godili Assi],
Piitheoli et Fortunaghi ». — La consulta dei 29 gennaio i663 (2)
dice che i soldati di nuova leva in Pavia commettono furti sulle
pubbliche strade e la compagnia del Capitano Naccazza è la più
inquieta nei soprusi, e molte sono le doglianze per i suoi disor-
dini e robbarie ; onde il Senato comanda che sia tolta dal quar-
tiere di Pavia e messa sotto la vigilanza d' un Capitano più an-
tico. — Una banda di facinorosi, muniti d' armi e larvati, da una.
chiesa di Pavia, che non si trova nominata nella consulta, pe-
netra in casa d'un tal Pietro Giovanni, percuote a morte lui, la
moglie, i figli e ruba quanto trova nell'appartamento. Il Senato,
scosso a questa notizia, manda lettere al Pretore di Pavia, invi-
tandolo a chiedere subito il maggiore aiuto ai feudatari!, ed i
malfattori siano tratti in arresto nel più breve tempo possibile,
cercati nei campi, o tra i monti o tra i boschi : n prò detentione
ìioriim delinquentium in agris, ac inter montes et nemora moram
(1) Studio citato: " 14 decembris 1661. '^ De curanda detentione gras-
^aiorùm viarum in Provincia Transpadana. Secret. Maddiiis „ .
(2) Studio citato: "29 ianuarij i663. Responsum Stiae Excelleutiac
circa excesstis per milites in Urbe Papiinsi patratos. Secret. Maddiiis „ .
3l8 CARLO MARIA MAGGI SÙPRAINTENDENTE , ECC.
trahentiiim (i)». K non solo ai Icudatarii, ma si cliieclc aiuto ai
Capitani delle milizie ospitate a Pavia, perche facciano di tutto,
onde siano presi quei ladroni e non abbiano a restare impuniti
i loro delitti. E potremmo continuare un pezzo a citare fatti di
tal genere con la guida di altre consulte del Maggi, ma quanto
è già detto può bastare per avere un'idea dell'ambiente, in mezzo
al quale si svolgeva l'azione educativa ed istruttiva del primario
Istituto di Pavia, desiderando noi di non allonumarci troppo dal-
l' argomento principale, dai rapporti cioè che Carlo Maria Maggi
ebbe con l' Università come Sopraintendente.
Chiudiamo queste ricerche col dire che se il Maggi, per i suoi
studii universitarii preferì Bologna a Pavia, egli ebbe per l'Ac-
cademia Ticinese affetto e stima e sentì vero rincrescimento per
quanto di miserevole avveniva, ai suoi tempi, in quelle mura,
un tempo, gloriose. All' Università pavese egli mandò a studiare
legge il suo figliuolo Angelo (2), che gli successe poi nel grado
di Segretario del Senato e mantenne sempre, egli Lettore di elo-
quenza latina e greca alle Palatine e poeta acclamato in Italia
e fuori, cordiali e rispettosi rapporti coi Lettori di quell' Istituto.
Quando per commemorare la gloria del Maggi, dopo la sua
morte avvenuta ai 23 aprile 1699, si radunarono i più distinti
ingegni nell'Accademia istituita in casa Borromeo per cura del
Conte Giovanni, vi lessero prose e versi italiani e latini Lodo-
vico Antonio Muratori, Don Alessandro Litta, Francesco Puri-
celli, il Governatore D. Ivan Simon Henriquez de Cabrerà, Maria
Elena Lusignani e molti altri. Fra questi due pubblici Lettori
dell'Università di Pavia: Giuseppe Gerolamo Semenzi ed An-
tonio Gatti.
Antonio Cipollini.
(i) Studio citato : " i5 aprilis 1662. De curanda dctentione nonnullo-
rnm delinquentium. Secret. Maddius „.
(2) Vedi Archiv. del conte Giberto Borromeo, Milano.
VARIETÀ
L' iscrizione funebre di Mirano da Bechaloe
(1310).
Tra gli antichi cimeli milanesi, de' quali si deplorava la per-
dita, e che invece oggi sappiamo, grazie alle solerti indagini ese-
guite dal dott. Diego Sant'Ambrogio, conservati nella villa An-
tona Traversi a Desio (i), tiene luogo ragguardevole il frontale
dell'avello dove nel 1 3 io era stato deposto dalla memore gratitu-
dine de' monaci di S. Marco un pio e devoto uomo, che rispon-
deva al nome, per verità alquanto strano ed inconsueto, di Mi-
rano da Bechaloe (2). Sparito, al finire forse del secolo XVIII, il
deposito di Mirano dal chiostro de' morti dove sin allora era stato
esposto allo sguardo del pubblico, non rimaneva altra notizia
agli studiosi dell'esistenza sua da quella in fuori che ci fornivano
i vecchi raccoglitori degli epitafi milanesi, i quali già nel sedice-
(1) Ved. Arch. Sior. Lomb. a. XXVII, p. 127 sgg.
(2) " Mirano „ potrebb'essere il nome stesso della città nostra nella
riduzione volgare (cfr. Bonvesin de Riva, De Magn. urbis Mediai., Vili, i5,
in Bullett. deirisiit. Stor. ItaL, n. 20, p. 174), diventato poi, caso non
raro davvero, nome di persona. Ma che sarà Bechaloe? Un villaggio,
un castello, ora distrutto, e del quale ogni ricordo è andato perduto?
La cosa non riuscirebbe improbabile, sebbene nò in Lombardia né
altrove, ch'io mi sappia, si rinvenga un luogo abitato che porti siffatto
appellativo. Affine ad esso, per la prima parte almeno, è solo il Beccalzù,
nome con cui è chiamata una frazione del comune di Bescapè (prov-
di Pavia).
320 VARIETÀ
simo secolo eraiisi dati cura Ji trascrivere dal marmoreo monu-
mento il titolo che ricorda \ a il nome ed i meriti di colui che vi
uiaccNa scjM)lt(). Disgraziatamente però ninno di costoro aveva
saputo leggere a dovere i quattro versi leonini, onde l'epigramma
funebre constava. Lorenzo Schrader infatti, che primo lo mise a
stampa (i), ce ne dà questa lezione, la quale, come da parecchi
altri, è stata pure riprodotta nella sua recente silloge dal cav. V.,
Forcella (2) :
ANNO MILLENO DENO DOMINIQVE THICENO
NONA DIES MEMBRIS DAT GAVDIA MENSE DECEMBRIS
NOMINE CVM MOIUTVR MIRANI DE BECHALOE
QVI PIVS ET LENIS FUIT ATQVE BENIGNVS EGENIS
KOS SVSTENTANDO NECNON ALIMONIA DANDO.
Che in questo testo siansi insinuate corruttele gravissime ap-
pare a primo tratto manifesto. Non è possibile cavare un senso
soddisfacente dalla proposizione che comincia col secondo verso
e finisce coi terzo, dove, non che altro, la sintassi è violata ; di
più si comprende che il guasto dev'essere avvenuto proprio nel
terzo verso, quando si rifletta che , mentre i due antecedenti ed
i due susseguenti sono de' leonini regolari, sonori e provveduti
della loro rima interna, questo verso invece non oflre siffatta rima
e si trascina faticosamente sovra i suoi piedi malfermi.
Una riprova che l'iscrizione, quale si leggeva ne' Monumenta
ciello Schrader, fosse davvero sfigurata, balzava fuori poi prima
d'ora anche dal raffronto che si poteva istituire colla lezione che
di essa nelle sue Memorie antiche di Milano, circa sessant'anni
dopo la pubblicazione dell'erudito sassone, ne aveva divulgata
(i) Moniimentór. Italiae qiiae hoc nostro saec. et a Christianis posita simt,
libri quatuor, Helmaestadii , MDXCII, lib. IV, Mediolanum, p. 867 b.
(2) Iscriz. delle Chiese e degli altri edifìci di Milano, Milano, 1890,
V. IV, p. 294, n. 414. Il Forcella cita altri autori che riferiscono V iscri-
zione; ma non vale la pena di registrarne qui nuovamente i nomi e
gli errori.
VARIETÀ 321
D. Placido Puccinelli (i). Il Decano Cassinese però, sebbene si
spacciasse ne' frontispizi de' suoi libri «indagatore delle antichità
venerande », da buon secentista qual era, si permetteva trattarle
con molta disinvoltura. Sicché anche l'epitafio di Mirano venne
per opera sua conciato a dovere :
ANNO MILENO BENO DOMINIQVE TRICENO
NOVA DIES MEMBRIS DAT GAVDIA MEN?E NOVEMBRIS
CVM IVSTO NOMINE ACERAM DE BECCHATE
QVI PTIVS ET LVCIS, ATQVE BENIGNVS EGENIS,
KOS SVSTENTANDO, NEC NON ALIMONIA DANDO.
Di male in peggio, come si vede ! Il terzo verso, già inintel-
ligibile presso lo Schrader, diviene qui addirittura caotico. Tut-
tavia in mezzo a tanto buio, vediamo far capolino un picciol
raggio di verità. Il Puccinelli s'è sforzato di riportare ciò che
leggeva sul marmo, senza vergognarsi di non comprenderne il senso:
lo Schrader, più saputo, ha indietreggiato dinanzi a sì spiacevole
confessione, ed ha preferito rimaneggiare il verso invece di ripro-
durlo com'era o come credeva che fosse scritto.
La riproduzione del marmo originale ci permette adesso di
sciogliere il piccolo problema epigrafico e di additare insieme la
fonte prima degli errori in cui sono incorsi tutti coloro i quali
hanno riferite prima d'ora la ritmica iscrizione di Mirano da
Bechaloe. Sebbene la riproduzione fotografica del frontale del-
l'avello di S. Marco, di cui il dott. Sant'Ambrogio ha corredato
il suo lavoro, sia molto piccola e di conseguenza l' iscrizione scol-
pita nel lato destro del monumento si legga a fatica, pure riesce
possibile restituire grazie ad essa il testo nella genuinità sua. Esso
dunque suona :
(i) Memorie ani. di Milano e d'alcuni alivi luoghi dello Stato, Milano,
i65o, cap. Ili, pag 3i, n. 9. '
Ar.h. Sior. Lcmh. — Anno XXVII. — Fase. XXVIII.
322 VARIPTÀ.
ANNO MILLENO DENO DOMINIQVK TRICENO
NONA DIES MEMBRIS DAT GAVDIA MENSE NOVEMBKIS
CVM IVSTO NOE MIKANI DE BECHALOE
QVI PIVS ET LENIS FVIT ATQVE BENIGNVS EGENIS
HOS SVSTENTANDO NEC NON ALIMONIA DANDO;
E tradotto direb*be così :
« Nell'anno del Signore millesimo trecentesimo decimo il dì
« nono nel mese di novembre dà gioie (celesti) insieme col giusto
« Noè alle membra di Mirano da Bechaloe , il quale fu pio e
« mite e benigno verso i poveri sia col beneficarli , sia col dar
« loro alimenti ».
Il pensiero di far riposare Mirano col più giusto de' patriarchi,
il solo uomo giusto, anzi, che Iddio avesse rinvenuto sulla faccia
della terra (i), è stato suggerito al poco valente poeta del sec. XIV
dalla difficoltà quasi insuperabile di rinvenire una parola che ri-
masse con quel bizzarro cognome di Bechaloe. E l'erronea cre-
denza che quel noe non fosse già un nome proprio, bensì l'abbre-
viazione di nomine (2), infiltratasi nella mente degli eruditi
posteriori, ha trasformato l'epitafio in una sciarada, della quale
ormai stimo trovata la soluzione.
F. N.
(i) Genes. VI, 9 : " Noe homo iustus, perfectus existens in genera-
" tione sua, Deo placuit Noe „. E cfr. VII, i.
(2) In quest'opinione persiste pure il valoroso d.'' Sant'Ambrogio,
il quale, op. cit., pag. 184, riproducendo l'epigrafe come sia e giace nel
marmo, pone una trattina sopra wo^ (noe), e poscia scrive che il terzo
verso deve leggersi " secondo quanto aveva scritto il Puccinelli, cum
j listo nomine, ecc.,,. Ma, se io ben discerno, il marmo non porta trac-
cia di abbreviazione veruna collocata sopra noe: che se qualcuna vi
fosse, si tratterebbe non già d'un segno d'abbreviazione, bensì quasi
d'una dieresi , posta per indicare che si doveva pronunziare no-e, bi-
sillabo. Ed una dieresi del resto è posta dallo Schrader su Bechaloe.
VARIETÀ 323-
Un medico condotto in Abbiategrasso.
nel 1473.
Ai molti medici che la nostra Società annovera fra i suoi
membri, non dispiacerà di certo vedere VArchivio occuparsi di
storia medica lombarda. Ma premettiamo addirittura che non
trattasi che di una brevissima varietà quattrocentista; mentre il
copioso materiale da noi già raccolto intorno ai medici alla corte
visconteo-sforzesca, fin d'ora dichiariamo di mettere a loro com-
pleta disposizione, sperando che qualche collega studioso se ne
valga e ne stenda quell'ampia memoria che in linea, diremo
tecnica, a noi non riuscirebbe oramai di dare completa.
Ecco il nostro documento :
Trattasi dei patti stipulati, il giorno di venerdì, i3 ago-
sto 1473(1), tra lo spettabile fisico maestro Evangelista de' Car-
pani, fil. del q.™ d. Antonio, abitante in Milano nella parrocchia
di S. Pietro all'Orto, e lo speziale Battista de' Griffi detto de
Fayde, abitante in Abbiategrasso (2). Curiosa un tantino questa
convenzione !
Primieramente detto « dominus Magister Evangelista » si ob-
bligava e prometteva a detto Battista, presente e stipulante, « die
jovis prox. futur. ire ad standum et habitandum. in dieta terra
Abiatisgrassi, duchatus Mediolani, et ibidem stare et habitare per
(i) Arch. notarile Milano. Rogiti notajo Zunico.
(2) Del "14 dicembre 1889 sono gli statuti degli speziali milanesi
[Arch. di Stato. Reg. Panig. A, i5i). Provvisioni ducali impetrate dagli
speziali, con riferimento di tutti i loro nomi, sono del 18 febbraio 1420
{Arch. civico. Provvisioni, IV, 48). Per la storia del collegio degli aro-
matari di Milano, cfr. una memoria di Rice. Macchi (Milano, tip. Ri-
formatorio patronato, 1898, 8.").
324 VARIETÀ
annum unum tuno prox. futuruin et ibidem medichare omncs
infìrmos sibi evenientes et alios se medichari postulantes et a qui-
bus postulatus fuerit, astantes seu morantes in dicto burgo ». Il
lucro totale proveniente «ab ipsis de dicto burgo » dovevasi versare
« in totum » allo speziale Battista, eccettuate le cose mangerecce
« exccptis rebus comedituris in quibus non comprcndantur vinum
nec biada ». Tenuto però maestro Evangelista ed obbligato « prò
posse suo facere et curare cum effecto quod omnes mcdichandi »
si recassero alla bottega di spezieria del detto Battista « in eo locho
seu burgo, prò necessariis infirmitatum (i) ».
Convenuto in seguito che tutti i richiedenti detto medico «causa
medichandi, vel purgandi », ma non dimoranti in Abbiategrasso,
dovessero soddisfare la dovuta mercede per intiero a maestro Evan-
gelista. «Ed quod quotiescumque ipsedominus magister Evangelista
voluerit equitare in partibus illis, silicet extra burgum causa me-
dichandi » lo speziale Battista fosse tenuto « ire equcster seu mit-
tere unum suum famulum cum equo ad assotiandum dictum
magistrum Evangelistam ». E per mercede sua « medichandi in
eo burgo » il Battista prometteva dì « dare et solvere prò dicto
anno uno » Lire loo imperiali in due termini, e cioè la prima
metà alle calende di marzo e l'altra metà in fine dell'anno, in
uno alle spese. E inoltre « dare et consignare ipsi dicto magistro
Evangelista in ejus domo habitationis quam tenebit in eo burgo
fenum, biada et paleam prò uno equo manutenendo ». In più
« brentas duas vernazole et brentas duas vini vermelij boni » e
questo vino da consegnarsi entro due mesi.
(i) A rogito del med. notajo Zunico [Arch. notarile) sono i patti,
3o ottobre 1478, per rcsercizio della farmacia dei Delfinoni, al segno
del Delfino, situata in S. Maria Beltrade "super quoddam cantono,,.
Patti stipulati per 9 anni tra i Trivulzio, Francesco de' Ferrari de
Gradi detto da Caravaggio e Cristoforo de' Delfinoni. — Speziale all'in-
segna del Gallo in principio della contrada de' Speronar! era nel 1446
un tal Giacomo Ambrosoni, ed ai 25 di febbraio otteneva licenza du-
cale di poter ampliare un pontile sopra la sua bottega {Ardi. Civico.
Lettere ducali, 1445-50, fol. 7, t.°).
VARIETÀ 325
Durò oltre ranno convenuto il nostro medico milanese in
Abbiategrasso?... È quanto i documenti non ci dicono (i).
E. M.
(i) Due anni dopo figura in Milano come medichessa " fixica et ci-
royca, et doctorata per litteras ducales,,, una nobile "magistra Antonia
de Genua de Campogrando, mQglie di Cristoforo da Padulio, abitante
in Santa Maria alla Chiusa,,. Da rog. not. B. Cairati, 26 maggio 1475,
risulta aver ella conosciuto " ex inspectione urine unius brentatoris il-
luni in extremis laborare ex una magna impostematione „. {Triviil-
ziana, Cod. n. 1817, Ibi. 210).
BIBLIOGRAFIA
Venturi Adolfo. — La Galleria Crespi in Milano, note e raffronti con
CXCVI incisioni fototipografiche e XXXVIII fotocalcografie. In
Milano. Ulrico Hoepli, editore. Tipi dell'officina poligrafica ro-
mana, M.D.CCCC.
Le esposizioni del Burlington Firn Aris Club di Londra, le pub-
blicazioni sulla pittura lombarda, l'interesse che han sempre destato
e la grande figura di Leonardo resa più gigantesca, se era possibile,
dopo la conoscenza de' suoi scritti, e per riverbero, l'attività dei suoi
scolari più diretti, tutto ha valso a richiamare da qualche tempo l'at-
tenzione degli artisti e degli studiosi sulla scuola pittorica lombarda
della Rinascenza. Questo ritorno alle glorie antiche della nostra re-
gione è del tutto giustificato non tanto per lo spirito che anima le
opere di quei vecchi maestri quanto per la varietà loro. L'anima del
grande caposcuola si trasfonde bene nei seguaci, ma quanta diversità d'e-
strinsecazione appare in ognun d'essi ! Andrea Solario si concentra nella
rappresentazione del dolore che sa rendere nei suoi Ecce homo con tutta
r intensità del sentimento cristiano, il Boltraffio è il pittore della dol-
cezza. Bernardino Luini e Gaudenzio Ferrari affini, ma diversi, con-
ducono all'apogeo, dopo il maestro del quale il capolavoro non è pur-
troppo quasi altro che una larva, la composizione grandiosa e popolata
dell'affresco, con un'attività che avrebbe fatto la gloria di dieci ar-
tisti, mentre Ambrogio de Predis e Bernardino de Conti sembran pre-
ferire il ritratto oggettivo e parlante. Marco d'Oggiono traduce sulla
tela la bellezza plastica e lo spirito di Leonardo più di tutti, e Giam-
pietrino la soavità senza pari. Dei maestri che precedettero Leonardo
e delle loro opere si sa poco : altre notizie e nomi nuovi e opere im-
BIBLIOGRAFIA 827
portanti loro e di altri pittori del ciclo leonardesco che emigrarono
o si perdettero, gli archivi milanesi sono ancor destinati a rivelare
ben più di quanto si creda : e forse permetteranno di seguir le tracce
di opere scomparse e di precisar meglio l'attività di maestri poco noti
o anche noti male.
Questa nuova pubblicazione del Venturi, edita signorilmente dal-
l' Hoepli, in gran formato, con gran lusso di carta, di lettere rubricate
nei capoversi, e di splendide illustrazioni, è degna veramente del nome
dell'autore, del buon gusto del committente e della diligenza dell'edi^
tore. Ripetiamola ancora una volta la frase che si sente spesso pro-
nunciare, a proposito di pubblicazioni artistiche: finalmente l'Italia
si è messa a pari delle nazioni più progredite e non ha più nulla a
invidiar loro in simili lavori. In quest'opera splendida, l'occhio ri-
posa nella bella distribuzione dei caratteri elzeviriani, nelle ampie
marginature e si ferma, ammirando, sulle belle tavole intercalate e
fuori testo. E gli studiosi debbono esser lieti che in luogo di un ca-
talogo della galleria Crespi, il Venturi " abbia preso le mosse per
trattare di molti e grandi problemi della storia e della critica d'arte „
e con larghe vedute abbia messo a confronto i quadri della collezione
Crespi con altri di altre raccolte che con quelli presentano analogie.
E in questo modo che la pubblicazione d' arte apporta una vera uti-
lità, non staccando, come oggi si suol fare non di rado, dal quadro
generale dell'evoluzione artistica il maestro o la scuola o la collezione
di che si scrive. Il confronto è il sistema sperimentale di questi studi,
e nel libro del Venturi è fatto con la consueta dottrina, e il lettore può
seguirlo scorrendo le illustrazioni. Benigno Crespi che " come un ita-
liano di parecchi secoli fa, ha voluto cercare fuor del traffico sollievo
e godimenti nell'arte „ dev'esser soddisfatto che l'opera sua di paziente
raccoglitore che salvò, come i Trivulzi, come i Borromei, come i Vi-
sconti-Venosta, gran parte dei tesori artistici del paese dalla bufera
travolgente lontano il meglio del nostro patrimonio d'arte, trovi oggi
così degno coronamento.
Alla scuola lombarda è dato, nella galleria Crespi e nella illustra-
zione del Venturi, un posto d'onore. I pittori di quella scuola schie-
ransi nella raccolta solennemente : " Andrea Solario, Marco d'Og-
giono, Giampictrino, Gaudenzio Ferrari, ecc., richiamano la fioritura
rigogliosa del Rinascimento. Andrea Solario domina nella raccolta con
parecchi quadri, tra cui la Madonna che palleggia il Bambino; poi
mni,io(iHAiiA
rumanissimo Cristo la cui fronte suda sangue, e sangue lacrimano gli
ocelli azzurrini ; infine la Vergine addolorata, chiusa nel manto, sopra
un fondo scuro che sembra involgerla nel lutto. Appresso Gaudenzio
con la — Deposizione della Croce — raddolcisce la scena di morte: il
Cristo non è esamine, nìa dorme soavemente, appoggiando il capo
sulla fronte di Maria che lo guarda come tenera sorella, mentre Mad-
dalena stende le braccia ad un amplesso. Tutto è del colore dello
spighe, quando il sole indora la messe nei campi lombardi. E il solc^
rosseggia tra i capelli arricciati della Madonna, nel grande quadro
di Marco d'Oggiono e fa scintillare il rubino della tunica di lei, come
abbronza le carni di S. Giovanni, che addita al committente .inginoc-
chiato la Madre divina, come sfiora le testine degli angioli, uno dei
quali tocca le corde del liuto, guardando con occhi languenti lo spet-
tatore, mentre l'altro apre le ali candide e, curvo sulla viola, sta come
in un incanto „.
Il libro si apre con una prefazione in cui l'autore spiega i criteri che
lo consigliarono a seguire il sistema critico nella sua opera. Il primo
gruppo degli artisti esaminati è quello degli emiliani. E primo
ci si presenta il Correggio del quale la galleria Crespi possiede quei
meraviglioso gioiello che è la Natività, che il Venturi crede eseguita
prima del i5i5, cioè tra il periodo dell'educazione artistica dell'Al-
legri sotto l'inilusso del Bianchi Ferrari e quella del Mantegna. I
rapporti fra questo quadro e alcune altre opere dello stesso artista
son messi in evidenza dal Venturi : un elemento affatto simile a
quello dell' angioletto librato in aria , come appeso ad un filo attac-
cato alle reni, che si vede nel quadro del Crespi è nella Madonna del
S. Francesco di Dresda eseguita nel i5i5. La testa ricciutella del
S. Giovannino nel quadro del Crespi è uguale a quella del Bambino
Gesù nella Madonna di Sigmaringen. Lo studio critico e i confronti
stilistici fra le opere del Correggio e quelle dì pittori per qualche
aspetto affini, sono interessanti. Ma non tutti saranno d'accordo col
Venturi nell'ammettere tutte le sue affermazioni : per esempio che
debbansi ascrivere al grande maestro la Maddalena della Galleria di
Dresda e il San Giovanni Battista della galleria granducale diOlden-
burgo, nel quale occorre certo molta buona volontà per trovare " quel
corpo delicato „ e quella " bella e dolce testa fiorente di giovi-
nezza „ che il Venturi ci vede : e rimane forte il dubbio che il Ga-
nimede di Vienna sia non opera del Correggio, ma una copia evidente
BIBLIOGRAFIA 329
da un esemplare del maestro, E saT-cbbe anche stato esatto il dire che
il piccolo Fauno, ascritto un tempo dal Frizzoni al Lotto ultimamente
dal Venturi al Correggio, era già stato dato a questo maestro dal
Ricci nella sua opera magistrale su questo pittore. Seguono, nel libro del
Venturi, i raffronti fra le opere della scuola del Francia, e di Battista
del Dosso, di Innocenzo da Imola, del Mazzolino, di Bartolomeo
Schedone, conservate nella collezione Crespi, con le opere affini.
Gli artisti veneti son rappresentati splendidamente nella raccolta.
Le opere di Bartolomeo Vivarini, del Morone (del quale la notevo-
lissima caduta dei Bonacolsi, restaurata recentemente dal Cavenaghi e
di un interesse senza pari non tanto per la storia dell'arte, quanto
per quella dei costumi e dell'ambiente), di Antonello da Messina, di
Bartolomeo Veneto, del Beccaccino, del Basaiti, del Romanino, del
Moretto da Brescia, del Pordenone, di Francesco Rizzo e di Girolamo
da Santa Croce, di Paris Bordone, di Paolo Veronese, di Giulio Car-
pioni, di Gian Battista Tiepolo, di Sebastiano Ricci, del Cavaletto, del
Zuccarelli, sfilano sotto gli occhi del lettore, riccamente commentate,
con gran corredo di belle riproduzioni. Di Bartolomeo Veneto, ar-
tista notevolissimo e pieno di carattere nei ritratti forti e individuali,
già il Venturi, nell'Arte, tracciò quasi una monografìa.
E gli studiosi gli saran grati di averne riprodotto, con tanta lar-
ghezza, le opere numerose, conservate anche all' estero, a Londra, a
Francoforte, a Vienna, a Dresda, a Glasgow, a Cambridge, ma qualcuno
non potrà a meno di notare come la Madonna che il Venturi riproduce
a pag. 83, che si conserva nella Galleria di Venezia e che egli dà al
nostro pitttore porti invece la firma del Bissolo e come le Madonne
col Bambino riprodotte nell'identica posizione con le gambette allar-
gate in grembo alla madre provengano bensì da un tipo comune, forse
giambellinesco, ma non si possano assolutamente ascrivere tutte a
uno stesso pittore, a meno di ammettere, in un solo individuo, di-
scordanze palesi nello spirito, se non nella forma apparente, che anima
le figure, il che non è consentaneo neppure all'arte, pur tanto varia,
del Rinascimento. Né troverà certamente molti proseliti l'opinione
presentata dal Venturi a proposito della Madonna della galleria di
Stuttgart che ha più i caratteri dell'arte bellinesca, tutta dolcezza e
melanconia che quelli forti e un po' rudi di Bartolomeo Veneto. Né
mancherà chi sia disposto a ripetere ancora piuttosto il nome di Gi-
rolamo da Santacroce per la bella composizione della Galleria Lochis
33o BIBLIOGRAFIA
di Bergamo, riprodotta a pag. 88, che quello di Bartolomeo. E il me-
raviglioso ritratto della " Schiavona „ nonostante le ragioni messe
innanzi dal Venturi per ascriverlo al Pordenone, troverà ancora dei
fedeli all'opinione del Bode che lo vuole del Giorgione, del quale è
ben degno anche il ritratto della galleria di Budapest riprodotto a
pag. 139.
Degli artisti toscani la galleria Crespi possiede una Madonna col
Bambino e santi attribuita a Lorenzo Monaco, il Rosario di Bastiano
Mainardi, Y Entrata di Carlo Vili in Firenze di Francesco Granacci, no-
tevolissima composizione dai vivaci colori, la Madonna col Bambino e
l'adorazione dei Magi del Bacchiacca. Il quadro riprodotto a pag. 2i3 e
posseduto dalla galleria di Monaco di Baviera, è là attribuito al Bec-
cafumi e Fattribuzione sembra più convincente che quella al Bac-
chiacca: e la mediocre figura della " Prudenza „ della Università di
Strasburgo, che non è che la riproduzione d'una delle Sibille della
cappella Sistina, non par degna del nome del Bacchiacca che il Ven-
turi le assegna.
Di particolare interesse per noi è il capitolo che si riferisce alle
opere dei pittori lombardi. Le notizie che sto raccogliendo negli Ar-
chivi milanesi varranno, lo spero, a diradare un poco le tenebre che
avvolgono ancora quasi complete la prima scuola lombarda che pre-
cedette l'avvento di Leonardo e potranno servire a chiarire meglio
i limiti dell'attività degli stessi artisti del XVI secolo. Il contributo
critico portato dal Venturi, illustrando i quadri della raccolta Crespi,
è note ve. Nella Vergine col Bambino, una santa Monaca e tm Certosino,
non vede la mano di Cristoforo di Moretto da Crema, al quale si
attribuiva fin qui. Il nome di questo artista appare di quando in quando
nelle carte del periodo sforzesco della seconda metà del XV secolo,
ma per lo più per mansioni piuttosto modeste, benché anch'esso
avesse la qualità ufficiale di pittore ducale. L'influsso di Pisanello, come
Venturi osserva, si estese da Verona a Milano : a Monza nelle pitture
murali della cappella della regina Teodolinda^ opera dei Zavattari,
nel dipinto della chiesa di Manzoro presso Cusago, in una sala a pian
terreno del palazzo Borromeo; e vi potremmo aggiungere le due ve-
trate a colori della chiesa di S. Nazaro a Milano e forse l'Adorazione
dei Magi della Pinacoteca di Brera, dato a Stefano da Zevio.
A Vincenzo Poppa appartiene una Vergine col Bambino, dal so-
lito impasto bruno delle carni, ma piena di plastica forza " tanto da
BIBLIOGRAFIA 33 1
sembrare una bella piccola terracotta colorata „. Anche di questo ar-
tista non è stata detta ancora l'ultima parola. I documenti ce lo mo-
strano pittore di fama a' suoi tempi e ricercato da principi, da con-
fraternite, da privati.
Di Andrea Solario la raccolta Crespi possiede un Ecce homo de-
rivante, osserva il Venturi, da un esemplare di Antonello da Messina
conservato nella collezione del marchese Spinola delle Pelliccerie in
Genova : ma i lineamenti duri proprii del grande messinese si am-
morbidiscono nel quadro del Crespi. Il maestro modificò ancora il
prototipo déiV Ecce homo di questa galleria nell'eseguire l'altro del
Museo Poldi-Pezzoli; un altro, pure del Solario, nella galleria di Ber-
gamo si avvicina di più, nella costruzione del volto, a quello del
Crespi, ma il pensiero è minore e la vita è quasi spenta. La Madonna
che allatta il Bambino è un altro gioiello del Solario nella raccolta
Crespi. Il confronto col gruppo analogo della galleria di Bergamo, e
con quelli della collezione Schweitzer di Berlino e del Louvre (quest'ul-
timo a me ricorda le cose dolcissime di Giampietrino), può esser fatto
anche dal lettore osservando le belle riproduzioni. U Addolorata e il
Cristo hen?diceiìtc sono altri due quadri del Solario della raccolta Cre-
spi : il secondo dev'essere una delle ultime opere del pittore; sopra-
tutto le pieghe pesanti rivelano il tempo piuttosto avanzato a cui. ap-
partiene il dipinto.
Il Boltraffio è rappresentato nella raccolta dalla Madonna col
Bambino, già nella collezione Colbacchini e quasi identica ad altra dello
stesso pittore posseduta da Carlo Loeser fatta sullo stesso cartone, con
lievi modificazioni. Il pittore s' ispirò, secondo il Venturi, a tipi e
forme di Leonardo da Vinci e precisamente alla piccola Annunciata
del Louvre o ad altra disegnata poi dal grande maestro : e i rapporti con
altre opere di questi, come l'Adorazione dei Magi a Firenze, son chiari.
Di Bernardino Luini il Crespi possiede un S. Girolamo. Il pittore
dipinse più volte la figura di questo .santo: ne possedono il Museo
Poldi-Pezzoli, la galleria Harrach e quella imperiale di Vienna, la
Cattedrale di Como. Quello del Crespi ha il candore e la semplicità
propria del maestro.
Alla scuola del Luini il Venturi ascrive una Crocifissione a mono-
cromato in tutto simile a quella della collezione dell' Ermitage di Pie-
troburgo dove è ascritta invece alla scuola senese del XVI secolo: il
Cristo in croce ha affinità con l'altro di quell'artista . nella indimen-
BIBLIOGKAllA
ticabilc composizione a Santa Maria degli Angeli a Lugano e così
il S. Giovanni. Noto che il tondo della rappresentazione di Gerusa-
lemme dell' aifresco di Lugano non è un mausoleo, come lo chiama il
Venturi, ma un edificio chiesastico di tipo bramantesco che ricorda,
meglio che l'altro riprodotto dal quadro Crespi, le costruzioni lombarde
del cinquecento derivate dal tiburio di Santa Maria delle Grazie. Un
altro quadro della raccolta Crespi ascritto alla scuola lu inesca raffi-
gura la Purificazione.
E veniamo alla Madonna col Bambino che il Venturi ascrive con
sicurezza ad Ambrogio de Predis : sul conto del quale i documenti son
destinati a gettare nuova luce ad assicurarci della sua attività e dei
rapporti con Lodovico il Moro che da lui si fece ritrarre e gli com-
mise parecchi lavori.
A me questo quadro della raccolta Crespi fece sempre l'impres-
sione di un'opera non finita. Se non lo rivelasse subito il tono basso
di colore che sembra più che altro una preparazione quasi a monocro-
mato, basterebbe ad assicurarne la mancanza di rotondità nella figura
del Bambino e specialmente nei piedi e nelle mani dalle falangi corte
e piatte. Alcuni caratteri materiali son comuni a queste e al quadro
del Louvre "La Madonna delle Rocce,,. Nel quadro del Crespi però
alcune cose, comelepieghe in basso, furon rifatte dal pittore Cavenaghi.
" La testa della Vergine è grossa, con occhi tagliati comodai ce-
sello nel bronzo ; ha i capelli rossi , le labbra morelle. Le carni
della Vergine e quelle del Bambino sono chiare, ceree, ma in quel
lividore vi è qua e là uno sfumato delicatissimo; l'occhio sinistro di
Maria ha le palpebre inferiori come tronche ; le pieghe sotto il corpo
del Bambino hanno rigonfiamenti che sembran copiati all'ingrosso
dalla " Madonna delle Rocce „, ove si vede ad evidenza, se anche i
documenti non ne fornissero la prova, la mano di Ambrogio de' Predis
nel risvolto dorato del manto della Vergine, ne' suoi capelli ad anella
fulve, nelle carni livide, ne' fiori che spuntano dal suolo coi petali
d'argento e d'oro, nell'effetto generale nerastro „. Così il Venturi che
vuole che il Preda collaborasse con Leonardo nel dipingere la " Ver-
gine delle Rocce „ della National Gallery traducendone solamente
i cartoni sotto la direzione del maestro, ma esagerando nei toni del
colorito e slargando i contorni che sono invece più ristretti e più
giusti nel quadro con lo stesso soggetto del Louvre, dove manca, se-
condo lo scrittore, la spontaneità di Leonardo e " quel segno che si
BIBLIOGRAFIA 333
determina senza sforzo^ soavemente, quel chiaroscuro coi più lievi
trapassi di grado, che sa la sostanza delle cose e il loro fondamento
interiore „. Venturi ritiene poi che la Belle Ferronière, da alcuni creduta
opera di Boltraffio, appartenga a Leonardo del quale ha tutta la fu-
sione. Poiché il grande fiorentino dubitava sempre di sé e lasciava
spesso la cura di condurre a termine le sue creazioni ai discepoli,
si intende come l'esame delle opere che passarono sotto il nome del
maestro abbia lasciato e lasci ancora parecchi critici in dubbio. Al
tempo e alle nuove scoperte sarà dato certamente di dividere net-
tamente Fattività del primo da quella dei seguaci, I dubbi e i dispa-
reri dell' oggi, anche nella critica artistica, porteranno alla certezza
del domani.
Di Bernardino de' Conti la raccolta Crespi possiede un ritratto
virile e nel libro che sto esaminando l'autore cerca di precisarne
l'attività e di dividerla da quella di altri pittori coi quali fu confuso.
Di Marco d'Oggiono v'é un polittico d'altare raffigurante la Madonna col
Bambino e parecchi santi e un quadro di un Santo Stefano e di un
Santo Vescovo che dev'essere lavoro giovanile ma di uno splendore
di colorito e di un' attrattiva grande di fronte a cui le punte della
critica si spezzano. Venturi osserva come questo artista, sebbene fra i
discepoli di Leonardo sia dei più antichi, mostri una particolare ten-
denza al manierismo di lusso e di gran pratica, e come del maestro
egli sembri subire più di tutti una specie di suggestione, così che le
opere di questi ripete in modo pedestre costantemente, le traduce
nei suoi forti contrasti di chiaroscuro e ne' colori intensi; nello sco-
laro manca la " fine profonda modellatura di Leonardo e tutte quelle
penembre soavissime, delicate, che seguono il moto delle fibre umane,
il fluire del sangue sotto il velo della pelle „. La sua opera più dili-
gente é il Salva.or Mundi della galleria Borghese che nonostante i
difetti che vi nota il Venturi, é pur sempre una delle creazioni più
attraenti di quella raccolta. Il colore delle carni in seguito si accende,
come nella Madonna del Louvre e nei tre splendidi arcangeli che
abbattono il demonio, a Brera, in cui la bellezza plastica raggiunge
il colmo nell'arte del pittore.
Il soavissimo Giampietrino è rappresentato nella collezione Crespi
da una Madonna col Bambino e S. Giovannino e da una seconda Ma-
donna col Bambino. Il colorito cereo, il sentimento della tenerezza e
un'espressione tutta sua patticolare negli occhi delle sue Vergini
334 iJiliLUGUAl lA
dall'espressione languida sono i caratteri più comuni di questo pit-
tore attraentissimo.
Un altro gioiello della raccolta è la Pietà di Gaudenzio Ferrari.
Il dipinto appartiene al periodo in cui l'artista eseguì il polittico della
collegiata di Varallo Sesia. Il motivo fu ripetuto da Gaudenzio più
volte : in una predella della cattedrale di Novara, in un cartone dell'Acca-
demia Albertina di Torino, nel detto polittico di Varallo. Quello della
raccolta Crespi, che nel libro che ho sott'occhio è riprodotto in una
splendida tavola doppia fuori testo, è una composizione piena di
sentimento nella figura principale e di bellezza plastica nelle altre.
Di una grazia più intima è l'altro quadro della stessa raccolta ascritto
a Gaudenzio : una Madonna col Bambino in piedi sul grembo in una
mossa vivace e biricchina : il putto in piedi sulle ginocchia della
Madre il nostro pittore ripetè nei quadri della Galleria di Bergamo,
della Nazionale di Londra, di Brera.
Nel libro segue l' illustrazione delle opere di maestri minori :
Albertino Piazza, Lomazzo, Daniele Crespi.
La raccolta è ricca di opere di artisti stranieri : Vandcr Veyden,
Lucas Cranach seniore, Ribera, e di maestri italiani del periodo avan-
zato : Guercino, Sassoferrato, Sustermans, Giuseppe Crespi, ecc. Il libro
si chiude con un'appendice in cui sono illustrate una Vergine col
Bambino data al Giambellino, una Pietà di Marco Marziale, e un forte
ritratto del Moroni.
Questo nuovo contributo alla illustrazione della pittura lombarda
sarà accolto dagli studiosi con favore, e la ricca serie di belle illu-
strazioni che lo accompagnano lo renderà gradito anche alle persone
intelligenti che non si occupano esclusivamente della materia.
Francesco Malaguzzi.
BIBLIOGRAFIA 335
Beltrami arch. Luca. — " Divixm Vicecomitorum „. Dal "Libro delle
Arme antique de Milano,,. (Codice n.° 1890, della Biblioteca Tri-
vulziana). — Milano^ tip. U. Allegretti, 1900, 8.° pp. 69 ili. (Nozze
Giuseppe Visconti - Carla Erba).
Bene operò l'intelligente architetto di offrirci, in occasione delle
nozze di un Visconti, un saggio delle imprese viscontee (i), deducen-
dole dal prezioso codice trivulziano 1890, ai cultori della storia aral-
dica e della miniatura lombarda ben noto. Appunto in questo Codice,
che fu già proprietà, e in parte forse fattura dei pittori Lampugnano
e Scotto, che lavorarono al castello (1474) ed al duomo di Milano,
nelle prime tre facciate sono dipinti gli stemmi e le imprese viscontee,
lavori finissimi dal lato artistico e da quello dell'età (metà del quat-
trocento) (2), che il Beltrami riproduce nel suo opuscolo nuziale: 18
di numero e che riguardano Gian Galeazzo (come conte di Pavia, come
signore di Milano, Asti, Vicenza, Verona e Pisa, come duca di Milano)
Giovanni Visconti, Gabriele Maria Visconti (signore di Pisa), Giovanni
Maria Visconti (duca di Milano), Giovanni Carlo Visconti (signore di
Milano), Estore Visconti (signore di Monza), Filippo Maria Visconti
(come conte di Parma, come conte d' Angera, come duca di Milano, e
colle divise di PVancia e dell'Impero). Chiudesi la serie cogli stemmi
e imprese di Francesco Sforza come duca di Milano e come signore
di Parma e di Alessandria. E qui il B. accompagna alla riproduzione
delle imprese quei richiami storici che interessano lo studioso.
(i) Del Breverus abbiamo fin dal 1686 una Exercitatio de symbolo
heroico, Italis impresa, Gallis devise dicto (4.°, Altorf).
(2) Vero armoriale. della nobiltà del ducato lombardo del sec. XV
e che, meglio d' ogni inutile pubblicazione genealogica a base di me-
stiere, meriterebbe una riproduzione a fac-simile al completo. È questo
Codice Trivulziano l'archetipo e da lui derivano, con distanza di
secoli, quello Archinto (nella Biblioteca di S. M. a Torino) e quello
del Cremosano (in casa dal Verme). Da questo codice ha riprodotto,
non è molto, alcuni stemmi di famiglie lombarde lo Stiickelberg, di
Zurigo [Heraldische Analekten in Schweizer. Archiv fur Heraldik, 1897-99).
336 hiU(.UMi«AKlA
Passa clilatti in rassegna la vipcia (i), la vipera e le tre aquile
(insegna del contado di Pavia), la vipera e i gigli (casa di Francia),
la vipera e le aquile inquartate (imperiale) (2), il nodo l'atto con un
velo, la colomba nel fiammante radiato (col motto à bon droit), la co-
rona ducale col lauro e la palma, la colomba radiata che scende sopra
un nido, i tre tizzoni ardenti con secchielli (3), il motto Ich hof, il
fiammante, i tre anelli incrociati (4), la scopetta ed il morso. Natural-
mente che parecchio vi sarebbe da aggiungere e completare per l'ori-
gine e lo sviluppo di tali imprese ed armi, ma non è qui il posto (5).
Né aggiungeremo la letteratura araldica viscontea, che per quanto già
copiosa a proposito di codici miniati e di monete, è aftatto insuffi-
ciente (6). Ma stiamo in aspettativa di quel " Dizionarietto delle im-
prese visconteo-sforzesche „, cui sappiamo lavora il B. e che portato
al completo fino all'ultimo Sforza, giovandosi anche dell'altro pre-
zioso codice trivulziano e.° 2168 (7), certamente deve riuscire un lavoro
(1) Per varianti del vecchio stemma visconteo, cfr. Melzi, Somma
Lombardo, p. 179, 212 e Bianchetti, UOssola Inferiore, I, 208.
(2) Un decreto del iSgS " prò dipingenda arma imperialis altius
quartilato „ sta nel Codice delle Lettere ducali viscontee, fol. 96, presso
la Socie. à storica lombarda. Dei 25 aprile 1408 è invece il decreto con
cui è vietato di far dipingere fuori delle case aquile e gigli (Archivio
di Stato. Reg. Panig. B, 78 t.°).
(3) Nelle Devises héroiques del Paradin (Anvers, Plantin, i562) sono
riferite le imprese di Galeazzo Visconti, il tizzone ardente colla leg-
genda Humentia siccis e quelle per Valentina Visconti Rien ne in^est
plus. Plus ne m,'est riens.
(4) Avverta però il B. che l'impresa dei tre anelli non deriva
punto da Gabrin Fondulo, come ebbe a congetturare il dott. Sant'Am-
brogio (cfr. Ardi. lomb. XIX, 216).
(5) Nell'^rr/f. di Stato milanese (Carteggio sforzesco) è una lettera
assai interessante di Antonio de' Porri diretta al duca di Milano
(3i luglio 1469) in cui sono delle notizie utili per la vera divisa ducale
concessa da Galeazzo Visconti e dissimile da quella in allora usata.
(6) Dei vecchi autori troppo noti il Giovio, il Ruscelli, il Simeoni,
il Domenichi, il Decenibrio, il de Boot, il Muratori, il Litta, ecc. Più
recenti le pubblicazioni del Carta (Codici miniati di Brera), del D'A-
zeglio (Manuscrit Sforza,- 1860), del Gnecchi-Biondelli (Le monete di
Milano), del Beltrami (Il Castello di Milano), del Sant' Ambrogio ^A-
regrinazioni araldiche, 18^2), del Gavazzi (Rivista Italiana di numisma-
tica, 1888) ed altre,
(7) Per imprese sforzesche cfr. anche il Cod. Triv. n." 1891, ricor-
BIBLIOGRAFIA 337
non meno geniale che utile e desiderato. E dopo non seguirà, sull'e-
sempio di quanto già fatto, bene o male, per la casa di Savoja, l' Ico-
nografia dei duchi di Milano? (i).
E. M.
Un Pronostico satirico di Pietro Aretino, edito ed illustrato da Alessandro
Luzio [Bibliot. Stor. della Lett. ItaL, diretta da F. Nevati), Bergamo,
Istituto italiano d' arti grafiche, 1900, pp. xli-i63.
Con questo volume il chiaro sig. A. Luzio ci offre un altro sapo-
ritissimo frutto dei suoi studi nelle biblioteche, di Vienna (dico un
altro, ripensando a quella serie di geniali articoli nei quali egli, primo,
rifece la storia delle cinque giornate milanesi, sulle fonti austriache).
Si tratta questa volta di una vera scoperta, che ci fa conoscere com-
pletamente una forma della nostra letteratura del Cinquecento, se non
del tutto ignota, appena da pochi ed imperfetti indizi lasciata intrav-
vedere. Il Pronostico, sebbene sembri una trasformazione dei Giu-
dizi, che ogni anno pubblicavano gli astrologi sulle future vicende del
tempo, de' raccolti e magari della politica, si può dir creazione dello
spirito bizzarro di Pietro Aretino : egli pel primo comprese il partito
che si poteva trarre dalla popolarità di quei componimenti, ne fece un ge-
nere affatto nuovo, lasciando da parte le astruserie dei maghi, e ar-
rogandosi davvero quel giudizio su tutto e su tutti, che a buon diritto
fece a taluno vedere in lui il precursore del moderno giornalismo. Il
suo primo Pronostico, perduto come parecchi altri successivi, compose
dato qui dal B. E agg. il n.° i323, dove sebbene rozzamente disegnate,
diverse imprese sono nuove e con qualche interpretazione anche della
problematica greca di Francesco Sforza.
(i) Così potremmo rintracciare dovè andati a finire i ritratti di
Massimiliano Sforza, di L. da Vinci, in casa già del Melzi, e di Fran-
cesco II Sforza, del Tiziano, già presso Mario Amigone milanese,
menzionati dal Campi. Un ritratto di Cristierna, moglie di Francesco II
.Sforza, pur del Tiziano, spediva nel 1604 Guido Magenta al Gran-
duca Ferdinando di Toscana (v. Gaye, Carteggio, III, 53i).
Ardi. Stor. Lomb. — Anno XXVII. — Fase. XXVIII. 22
338 BIBLIOGKAFIA
l'Aretino nel 1527: con strana antiveggenza vi aveva preveduta la im-
minente rovina di Roma, e si sa che la predizione aveva urtato for-
temente i nervi di Clemente VII. La diftusione di tali sentenze areti-
nesche (manoscritte o stampate che fossero, e sembra assai probabile
venissero stampate alla macchia) era così grande da dare persino ori-
gine e vita air industria del falsificarle; straordinaria l'influenza ch'esse
esercitavano sull'opinione pubblica, giacché "erano argute e piccanti
divinazioni basate nella sua larga conoscenza degli uomini e della vita
contemporanea, nell'abilità di sfruttare il pettegolezzo e lo scandalo,
i segreti d'anticamera di tutte le corti, nel suo genio infine di libel-
lista „.
Quando, nel i533, la fortuna di Carlo V accennava a declinare e
Clemente VII e Francesco I combinavano a Marsiglia una nuova al-
zata di scudi, l'Aretino era francofilo arrabbiato: il famoso regalo
della magnifica collana sembrava accennare a ben altre ricompense
al suo zelo ufficioso da parte del Re cavaliere; ed eccolo, nel Prono-
stico del 1534, che il Luzio ci presenta, l'unico rimasto completo, ri-
fare a modo suo la carta d'Europa, cacciare Spagnuoli da Napoli,
Doria da Genova, Sforza da MUano, fabbricare un regno d' Etruria
per Francesco I. Se non che i rovesci della Francia freddaron presto
tutti questi entusiasmi; gli agenti della politica imperiale determina-
rono a poco a poco il flagello de' Principi a un voltafaccia, lo ridussero
il più sfacciato adulatore di Carlo V. L'imperatore, coperto di vituperi
nel pronostico del i534, lo aveva cercato, lo aveva comprato con due-
cento scudi l'anno sulle entrate dello Stato di Milano; tali furono le
origini del quarto potere !
Il testo curiosissimo di questo pronostico, che il Luzio scovò nel-
r Imperiale di Vienna, è così pieno di bisticci, di arzigogoli, di oscure
allusioni, di ardite allegorie, che sarebbe rimasto pressoché incom-
prensibile senza le amplissime note di cui il dotto editore lo ha corre-
dato : note che, inspirate in parte dalla sua profonda conoscenza del
Cinquecento, in parte attinte alla inesauribile miniera dell'archivio
Gonzaga, ci tracciano un quadro di tutte le incongruenze, le immoralità,
le sfacciataggini di quell' epoca straordinaria e formano di per sé stesse
un contributo non indifferente alla storia del secolo XVI. Esse ci pro-
vano inoltre che di rado le calunnie dell'Aretino eran prive di fon-
damento: il maligno libellista nomina centinaia di persone e ciascuna
distingue con un epiteto mordace, che i documenti provano, il più
BIBLIOGRAFIA 33q
delle volte, vero o verosimile; si comprende così di leggieri come i
bistrattati, anziché tentare la vendetta, si umiliassero dinnanzi a lui
o cercassero comprarlo per evitarne gli attacchi : Carlo V vedeva nel
divulgarsi de' suoi amori colla cognata una minaccia al proprio pre-
stigio, Francesco Sforza aveva sulla coscienza la condanna del Mera-
viglia, Anton de Leva bramava si tirasse un velo sui suoi impicci ga-
lanti e sulle estorsioni fatte a Milano; — ma quello che più sorprende
si è la viltà di una donna quale Veronica Gambara che, dopo essere
stata chiamata, a torto questa volta si può credere, meretrice laureata,
gli fa la corte, lo colma di elogi e di regali, lo richiede di consigli, e
il figliuolo di lei, invece di rintuzzare l' insulto con un buon colpo di
spada e magari di pugnale, come la morale del tempo avrebbe potuto
suggerirgli, gli manda in dono cestelle di frutta! Isabella d'Este fu
r unica a non preoccuparsi delle ingiurie dell'Aretino : ella aveva ora-
mai raggiunto un' età che poteva permetterle di sdegnare certe ca-
lunnie: buon per lei che l'Aretino non scriveva pronostici quando il
suo contegno e quello delle sue damigelie in Milano, alla corte sforze-
sca, induceva il buon Prato e Gerolamo Morone ad apprezzamenti poco
lusinghieri [Ardi. stor. ital., Ili, 809 [1842] — Misceli, stor. ital., II, 282).
Il Pronostico che abbiam sott' occhio può ben dirsi un capolavoro
di malignità infernale. Carlo V, chiamato mascellaia maestà con mor-
dace allusione alla grossezza della mascella inferiore, è accusato di
dissolutezza (da qual pulpito veniva la predica!), d'incesto, d'avarizia
e perfino d'incapacità militare per l' ingloriosa spedizione d'Ungheria
del i532; la Chiesa svillaneggiata in papa Clemente, detto per ischerno
papa Chimevito, di cui si deridono la pusillanimità e le debolezze ga-
lanti ; nel sacro collegio, preso in fascio e vituperato con ogni sorta
d'epiteti; e nei singoli Cardinali, come Paolo Caraffa, attaccato vele-
nosamente per quelle riforme a' costumi del Clero con cui iniziò una
acerba reazione cattolica, il Cardinal Cibo " cognato e amorevole ma-
rito della moglie del fratello „, come lo chiamava F. M. della Rovere,
pe' suoi amori incestuosi, Matteo Palmieri trattato da buffone: e nel
tempo stesso azzannato Lutero e la Riforma, contraddizione flagrante,
abbastanza spiegata dall' intento di far rabbia a Carlo V e schernire
le sue velleità riformatrici : punzecchiato in ogni modo il marchese
del Vasto per la sua famosa effeminatezza, pe' suoi insuccessi militari
di Monopoli e di Volterra, e per la prigionia navale dopo la sconfitta
data nel golfo di Napoli agl'imperiali da P'ilippino Doria: messa in
BIBLIOGKAKIA
più luoghi in ridicolo T avarizia di Alfonso d' Este e la povertà di
Carlo III di Savoja. A Federigo, duca di Mantova, rimprovera l'Are-
tino r infingardaggine e i pasticci matrimoniali, e se non gli rinfaccia
la complicità nell' assassinio di G. F. Pico della Mirandola, perpetrato
dal nipote Galeotto, non è certo per benignità sua, ma perch' ei non
sapeva, per avventura, quello che i documenti importantissimi ora
esumati dal Luzio insegnano a noi (p. 64). Delle donne in allora più
celebrate, oltre Isabella d'Este e la Gambara, è presa di mira, seb-
ben con minore astiosità. Vittoria Colonna, specchio di virtù; e an-
ch' essa è indulgente verso il maligno, sia per riguardo alle opere
ascetiche di lui, sia nell'intento di renderne meno crudi gli attacchi
contro il marchese del Vasto, eh' ella aveva educato e riteneva suo
figliuolo intellettuale. Alla Giulia Sanseverino del Mayno, alla quale
il Bandello, ossequioso ammiratore, aveva dedicato qualche novella,
e indirizzato una canzone il favorito stesso dell'Aretino, Ambrogio
Eusebi, è regalato l'epiteto di meretrice, e si può immaginare se agli
artigli del nostro Pietro sia sfuggita quella Rabina, menzionata spesso
anche dal Sanudo pei suoi amori con Antonio de Leva. A proposito
di queste ultime due donne mi piace segnalarne i ritratti che si tro-
vano nel codice trivulziano del Noceto (v. Catal. Porro, p. 3i6), il quale
contiene I' effigie di ventisette dame milanesi, e quanto alla Rabina,
ivi detta Beatrice, aggiungerò (notizia comunicatami come la prece-
dente dal chiar. sig. Emilio Motta), che in una pasquinata milanese
senza data, ma sicuramente compresa tra il i5oo e il 1540 (cod. tri-
vulziano, n. 1169), ove sono passati in rivista i principali personaggi
d'allora, è questo epigramma:
Alla Rabina
L' arbor eh' a tempo rio foglia non perde
Mostra eh' a primavera era anchor verde.
Ma quegli che l'Aretino sembra tartassare con più crudele com-
piacenza è il nostro povero Francesco II Sforza: lo deride ad ogni
pie' sospinto per quella suppo\>ta impotenza genitale, che inspirava
talora anche a Carlo V frizzanti facezie, preconizzando Y amico e con-
fidente del Duca, Massimiliano Stampa, qual luogotenente nel Ducato
e nel matrimonio; lo chiama il protomartire Sforza, il Duca di Mum-.
BIBLIOGRAFIA "Ò^l
mia, che sta con una natica nello Stato di Milano e che i Milanesi-
voglion mangiar vivo, lo gratifica d'ipocrita e di ribaldo, gli predice
una fine per man di popolo, a vendetta del supplizio di Alberto Me-
raviglia: e su quella condanna (intorno alla quale la storia, nonostante
i documenti messi in luce dal Romussi e dal Portioli, non ha ancora,
a parer mio, pronunciata 1' ultima parola) insiste ripetutamente, col-
r intenzione palese di metterla sotto la luce di un vero assassinio
politico.
Le copiose note del Luzio offrono, ho detto, anche il contributo
di notizie e documenti inediti alla "storia del tempo. Accenno ai più
importanti. Il misterioso convegno di Mar.;iglia fra Clemente VII e il
Re di Francia e il matrimonio di Caterina de' Medici sono illustrati
da una interessante lettera di un testimonio oculare al Duca di Man-
tova; un episodio sulla violenza di carattere del Cardinal Cibo ci dà
preziosi ragguagli sul carnevale di Roma del 1026 e sul costume in-
valso fra cardinali d'andare in maschera; un dispaccio in cifra del-
l' agente a Roma del Duca di Mantova sparge molta luce sui rancori
e le inimicizie fra il Cardinale Bernardo Accolti e Ippolito de' Me-
dici. Ai documenti, assai rilevanti, intorno all' assassinio del Miran-
dolano, ho già accennato; noterò ancora: due lettere di Annibale
Gonzaga all'Aretino, che dimostrano come questi fosse desiderato alla
corte di Francesco I e quanti ammiratori avesse in Francia; le lettere
scrittegli dal Marchese di Mantova nel i526, piene di gustosi parti-
colari, poiché allora l'Aretino, fuggito da Roma, era nel campo di Gio-
vanni de' Medici d'onde mandava al principe Federico corrispondenze
ricche di fatti e di apprezzamenti ; alcuni brevi documenti fiorentini
relativi a Tiziano, e le relazioni di Ercole Caponi illustranti i tumulti'
avvenuti a Bologna nel i53o fra cittadini e spagnuoli.
L'opera del Luzio si chiude con notevoli appendici, ne' quali,
come fa chi possiede ad un tempo genialità e dottrina, o espone cose
nuove, o le vecchie ridesta a nuova vita. Vien prima una lettera del-
l' Aretino al Vergerlo, estratta dall'Archivio di Stato di Firenze, che
contiene parecchi accenni satirici svolti nel Pronostico, offre molte
differenze dalla lezione pubblicata nell' epistolario aretinesco e toglie
ogni dubbio sulla scritta della famosa collana di Francesco I, la quale
4'^
HIBLIOGKAKIA
diceva: ^^ lingua vius loquetta-Judicium „, e non ^^ mrndaciinn „ < omo
s' è voluto da molti. Poi una canzone dell'Aretino a Francesco I, tolta
dalla rara stampa della Passione di Gesù (i534), un capitolo del me-
desimo al Re di Francia, dell'edizione pur rara dei Capitoli Aretino -
Dolce — Sansovino, del 1540; una lettera satirica "mandata dalla
Corte dello Imperatore, dall'ambasciatore de' Sanesi a Siena, circa la
venuta di Sua Maestà in Italia. Data di Barzalono,,, lettera che gli
editori delle carte Strozziane avevan creduto, se non propria dell' am-
basciator di Siena, almeno una burla di qualche senese, ed ora dal
Luzio trionfalmente rivendicata all'Aretino. Aggiungasi un manipolo
di documenti dell'Archivio Gonzaga che, pur non risolvendo defini-
tivamente la questione, possono indurre qualche dubbio sulla causa
della morte del Card. Ippolito de' Medici, dal Varchi, fra i contem-
poranei, e dal Ferrai, fra gli storici moderni, attribuita a veleno, e
purgare la memoria del Duca Alessandro dall' infamia di un nuovo
delitto : a questo risultato, giova notarlo, arrivava contemporanea-
mente e appoggiandosi in parte su documenti mantovani, il signor
A. Rossi nella sua nota opera su Francesco Guicciardini. Ma, se le
sagaci ricerche del Luzio possono rallegrare lo spirito di Alessandro
de Medici, turberanno quello di Pier Luigi Farnese, sul cui attentato
osceno contro il Vescovo di Fano con troppa fretta il compianto Ca-
passo sollevò dubbi. Quando il Vergerio pronunciava la pretesa ca-
lunnia, già da tempo il fatto si affermava non solo in Italia ma anche
in Germania, ove 1' accusa si divulgava in varii libri e facea far le
grasse risate ai luterani sempre vigili nella loro lotta contro il pa-
pato. Così, e non solo nei luoghi e negli argomenti da me accennati,
il Luzio trova modo di rettificare, passo passo, parecchi errori, e cor-
reggere parecchie opinioni degli storici precedenti e, piuttosto che
una semplice illustrazione d' un testo inedito, ci dà una serie di studi
freschi e originali.
Ettore Vèrga.
BIBLIOGRAFIA 343
BiNDONi Giuseppe — La topografìa del Romanzo I Promessi Sposi:
Parte seconda, T £"5/7/0 — Milano, Cogliati, 1900, pp. 281.
Quando apparve il primo volume di quest' opera, che può ben
dirsi frutto di lungo studio e grande amore, la critica si trovò di-
scorde nel giudicarla; quelli, e non eran pochi, cui le conclusioni del-
l'autore non convinsero, o, negando importanza alla questione topo-
grafica nei Promessi Sposi, lo accusarono d' aver sprecato tempo ed
ingegno, o, appoggiandosi a certe dichiarazioni confidenziali del Man-
zoni stesso, non vollero ammettere che questi, nella descrizione de'
luoghi, pochi eccettuati, avesse seguito un determinato piano. Quanto
all'importanza della questione io, lo confesso, non .so disconoscerla.
Dimostrato che nel descrivere i luoghi il Manzoni si fosse, per sistema^
attenuto al vero, coi debiti riguardi alle condizioni storiche del se-
colo XVII ed alle parziali alterazioni rese indispensabili dal colloca-
mento di edifizi ideati da lui, si avrebbe un'altra prova (e la prima
ce la porge Dante) che il genio non trascura neppure i più minuti
particolari, perchè il concorso di circostanze, le quali a prima giunta
posson sembrare materiali ed accessorie, accresce l'evidenza e l'effi-
cacia dell'insieme e contribuisce a dare alle finzioni stesse dell'artista
la consistenza di cose reali. Quanto alle confidenze del Manzoni, io,
con tutto il rispetto pel grande lombardo, non vorrei dar loro troppo
peso, parendomi che il critico e lo storico non possano, senza scapito
di serietà, tener conto di documenti di questo genere : e d' altra parte
in questo caso, quelle confidenze si contraddicono, giacché, allo Stampa
escludeva dai luoghi che avrebbe inventato il convento e la chiesa di
Pescarenico, e al Buonanno il tabernacolo dei bravi ed il poggetto
di Canterelli. Non si può negare invece che il Manzoni stesso impli-
citamente confessasse di attribuir molto valore alla verità topografica,
quando, come ci insegna la sua corrispondenza col Gonin, voleva che
il celebre artista torinese prendesse qui i disegni relativi ai luoghi
milanesi, pur lasciandogli piena libertà di eseguire dove volesse quelli
che non avessero per oggetto o per sfondo località od edifizi.
E, nel romanzo medesimo, se consideriamo quante determinazioni
topografiche, quanti accenni geografici e descrittivi si trovino ad ogni
MI
BIBLIOGRAFIA
passo e qual parte abbiano nella descrizione dei vari atteggiamenti di
Renzo, per limitarmi a lui, l'incertezza sulle strade da prendere, gli
itinerari, le indicazioni avute da' viandanti, e cosi via, non possiamo,
a voler esser giusti, attribuire o rimproverare ai commentatori l'in-
venzione della questione topografica, ma dobbiamo almeno riconoscere
che il Manzoni 1' ha pel primo indirettamente proposta.
Nel lavoro del Bindoni bisogna innanzi tutto ammirare la dili-
genza scrupolosa, la chiarezza, l'ordine e quel calore di convinzione
che esercita sul lettore un fascino, in alcuni casi persino pericoloso.
Se non tutte le sue conclusioni possono accettarsi senza riserva, se,
per voler tutto spiegare egli corre talora troppo avanti, per cadere o
in esagerazioni o addirittura in qualche ingenuità, come quando vuol
dar ragione d&ì . venticinque o dei dieci lettori, o quando nell' "olà,,
lanciato da' gabellieri di Porta Nuova a Renzo, vede un accenno ad
Olate, paesello di. Lucia, l'impressione che lascia il libro, e special-
mente questa seconda parte, ove è svolta la topografia milanese, è in
generale quella della persuasione. Certo se noi partiamo dal concetto
che il Manzoni abbia rappresentato i luoghi secondo la propria fan-
tasia, non possiam che sorridere agli sforzi dimostrativi del nostro
autore, ma se di tal preconcetto ci spogliamo, non abbiamo parecchie
volte, non voglio dir sempre, che rispondergli in contrario.
A dare un' idea del suo metodo e dei risultati a cui giunge, darò
un breve riassunto, intercalato da qualche osservazione, di quella
parte che studia le vicende di Renzo in Milano.
Dopo una felice ricostruzione di Monza, qual era nel seicento, il
Bindoni si mette ai fianchi del protagonista e, per la via di Ponte Se-
veso, ove questi rimane per buon tratto estatico (i) alla veduta dell' ottava
m.eTa.YÌglìsi, la gran macchina del Duomo, e per la scorciatoia indicata
(i) A giustificar lo stupore di Renzo, il B. riferisce alcuni passi
del Morigia, ove il Duomo è appunto chiamato l' ottava meraviglia,
ma non fa al Manzoni quell' appunto, che sembra ovvio a chi ripensi
come la veste esteriore della Cattedrale, coperta d' un tettacelo su cui
si ergeva un brutto campanile quadrato, quale la vediamo nella
stampa del Dal Re del 1706, e nella vignetta a mano della gran carta
murale del Riccardi (1734), conservata nell' Archivio storico civico,
non era tale da far rimanere attonito chi, specialmente, la mirasse da
circa due chilometri di distanza.
BIBLIOGRAFIA 345
dal viandante (e segnata in alcune vecchie carte) ; lo fa entrare
da porta Orientale in Milano. Dato uno sguardo generale alla topo-
grafia di Milano del secolo XVII, che, senza dir nulla di nuovo, rico-
struisce con molta chiarezza, segue Renzo lungo il borgo. Siamo ai
primi indizi del tumulto: la narrazione manzoniana concorda perfet-
tamente, e il Dindoni lo fa notare passo passo con larghi raffronti,
con quelle del Ripamonti e del Tadino: lungo la corsia dei Servi,
dinnanzi al prestin di scanso, per la piazza Mercanti, Fustagnari, il Cor-
dusio teniam dietro ai tumultuanti fino alla Casa del Vicario di Prov-
visione, Lodovico Melzi, identificata col n. 7 in S. Maria Segreta, ov'è
ancora lo stemma Melzi. Neppur T osteria della Lima piena, sfugge
all'indagine del Bindoni, che, seguendo gii indizi dati inseguito dal
Manzoni nel descrivere la fuga di Renzo verso Porta Orientale, la
pone in via Armorari ; neppur la chiesa e il convento che la gente
indicava al fuggente gridando: "scappa, scappa galantuomo,,: sup-
posta negli Armorari V osteria, non poteva trattarsi se non della Chiesa
di S. Michele al Gallo, e del convento dei Somaschi allora annesso a
S. M. Segreta; solo si dovrà osservare che la prima non era, come
crede il Bindoni, sull' angolo di via Armorari e via Ratti, ma in via
Orefici, adiacente al portone di Piazza Mercanti. Ki la pone anche la
carta del 1784, di cui mi sembra siasi egli valso poco, e che avrei
preferito veder riprodotta invece di quella, troppo recente, pubblicata
dal Municipio nel 1814.
Non seguirò il nostro autore nelle sue laboriose investigazioni
sulle strade fra Milano e Bergamo ; ciò mi porterebbe troppo in
lungo : salto invece alla seconda dimora di Renzo in Milano, nel i63o.
Entrò egli questa volta in città per via Galileo e Porta Nuova
percorse quello che oggi chiamasi Corso di P. Nuova, e per la strada
di S. Teresa (Moscova), la via e il Ponte di S. Marco, ove incontrò il
primo funebre convoglio, il Ponte Marcellino e Borgonuovo, entrò in
quella crociata di strade che aveva nome Carrobbio di Porta Nuova.
Fin qui le indicazioni manzoniane sono precise ; ma dal Carrobbio
alla casa di Don Ferrante, e a Porta Orientale, ei non fa più nome
alle vie: Renzo, secondo l'itinerario suggeritogli dal prete di Borgo-
nuovo, si aggira in un labirinto, che il Bindoni, facendo tesoro di tutti
gli indizi della narrazione manzoniana, tenta districare fin ne' più ri-
posti e attorcigliati meandri; quell'itinerario sarebbe così ricostrutto:
via Bigi), S. Vittore quaranta martiri (Pietro Verri) teatro dell' epi-
3^6 niBLIOliUAKlA
sodio di Cecilia (e qui fissa il punto dove il Manzoni dovrebbe averne
immaginato la casa, e studiando il livello stradale vien perfino a spiegare
lo ^^ scendeva dalla soglia „), il Monte (detto allora in parte le sbarre &
in parte contrada di S. Andrea), la via Gesù, ov'è la casa di Don Fer-
rante, e la via Spiga.
Perchè il prete di Borgonuovo si domanda a questo punto il Din-
doni, prevedendo una facile obbiezione, invece di suggerire a Renzo
un cammino di se-tte od otto strade, non lo mandò per la più diritta e
più spiccia, pel Monte? e risponde con una ipotesi che mi sembra,
dirò poi perchè, degna di nota. Ei suppone che in causa di quella
furia straordinaria colla quale, dice il Manzoni, il morbo aveva deso-
lato le vicinanze, a tal punto che il fetor dei cadaveri lasciati lì aveva
indotto i pochi rimasti vivi a sloggiare, a tutela della proprietà e per
motivi d'ordine pubblico, quella via fosse stata sbarrata; fatto non
nuovo a que' giorni, e, per altre località, riferito dal Ripamonti e dal
La Croce. Il documento che confermi questa ipotesi, invoca l'autor
nostro, da chi non ha che allungare la mano per immergerla nelle
miniere delle ricchezze manzoniane. Ritenuto per fermo che Renzo
non passò dal Monte, che in tal caso non avrebbe dovuto voltare per
tante dritte e tante «mancine, queir ipotesi ci fa supporre che il Man-
zoni non siasi limitato, come i più credono, a quelle poche fonti di
comune ragione, ma abbia per avventura ricorso, senza farne mostra,
a documenti inediti e sconosciuti, e può, mi sembra, invogliare gli
studiosi a qualche nuova ricerca su questo campo (i). A giustificare
un tal desiderio, non manca qualche altro indizio. Per esempio: né
il Morigia, né il Ripamonti, né il Tadino, né il Lattuada, che pur cita
fonti anteriori, fanno menzione del lascito Bevilacqua (1468) ond'ebbe
origine il Lazzeretto, di cui parlano gli studi recenti del Canetta, del
Beltrami, condotti sui documenti dell' Ospedal Maggiore; e il Man-
(i) Io ho voluto cercare fra le ordinazioni dell'Autorità munici-
pale d'allora, che si conservano nell'Archivio Storico Civico, se una
se ne trovasse prescrivente lo sbarramento della citata contrada : ma
proprio quel manipolo di documenti che comprende il periodo della
peste ho trovato mancare, e una annotazione d' un archivista del se-
colo scorso, lascia intendere ch'essi furono dati a quel Ripamonti
stesso il quale tessè la storia del morbo, cavata dagli Annali della Città,
e più non li restituì.
BIBLIOGRAFIA 347
zoili lo fa. Nessuno parla di una campana sulF ingresso dell' edificio,
(quella che annunziò la predica del padre Felice), e quella campana
compare, come fatta porre dal Tribunale della Sanità, in un inventario
del 1728 dato in luce dal Beltrami medesimo. Infine, la descrizione
dei tumulti è, si può dire, identica, in sostanza a quelle del Ripamonti
e del Tadino, ma pure c'è qualche cosuccia che i due storici tacciono,
e che compare nella Relazione dei provvedimenti presi dal Tribunale
di Provvisione, conservata nell'Archivio Storico Civico, e transuntata
da G. Pagani nel Pensiero Italiano del 1892. Sono puri, deboli indizi:
il terreno è molto sdrucciolevole per chi voglia arrivare a conclusioni
sicure, ma può tuttavia non essere inutile l' averli me'ssi in rilievo.
Il lavoro del Dindoni si chiude con alcuni capitoli intorno al Laz-
zeretto, ne' quali, a dire il vero, anche a me pare vedere un po' esa-
gerato il sistema. La tentata identificazione del cammino di Renzo, in
relazione alle strade moderne gettate sull'area del Lazzeretto, del
posto occupato dalla capanna di Lucia, da quella del Padre Cristoforo
e di Don Rodrigo, dal quartiere delle donne, dal recinto dei bambini,
tutto questo sforzo d' ingegno per ricostruire una topografia, che, per
essere limitata ad un piccolo recinto, appare assai meno importante
di quella generale del romanzo, ci lascia un po' più freddi e dubbiosi,
quantunque, ripeto, non sia facile contraddire alle ingegnose deduzioni
dell' autore, senza scartare le premesse e spostare quindi i termini
della questione.
Riepilogando: questo curioso lavoro, potrà avere qualche lato
debole, potrà non convincere molti, ma rivela una forza d' ingegno e
un acume di critica che, qualora venissero applicate allo studio di un
argomento, dirò così, più solidamente scientifico, darebbero senza
dubbio invidiabili frutti.
\
Ettore Verga.
Ottone dott. Giuseppe. — // Partito della Guerra in Lomellina nel
1848-49. — Milano. Libreria edit. Trevisini, 1899, pag. 106.
Il libretto del giovane dott. G. Ottone vibra di bella e sana gio-
vinezza ed è scaldato dai più puri e nobili affetti : forze veramente
348 blHLIUÓKAKlA
degne di animare una scrittura, che ci vuol rappresentare una pagina di
quell'età eroica, di quell'epopea quarantottesca, la quale fu una bella
e ardita gioventù della nuova Italia, ed eruppe nei fatti da pnf -/za *•
altezza di sentimento incomparabili.
Il giovine autore ebbe a modello le rassegne storiche che V. Fio-
rini dirige e pubblica nella Piccola Biblioteca del Risorgimento Italiano.
E inspirato da assennate parole del Fiorini medesimo, rigolgendosi a
sua volta a spirare vita e fede colla narrazione di quagli eventi, per 'ri-
suscitare all'antica virtù la fibra nazionale, che intorpidisce nell'oblio,
tolse a riscattare da tale oblio gli avvenimenti e gli uomini della sua
Lomellina, destandosi a commozioni soavi, a slanci di affetto, a memorie
pietose.
Così egli avverte che ci presenta un lavoro uscito di getto dal cuore
ancor pili che daW intelletto ; benché a dir vero ne' limiti di esso, e non
ostante qualche imperfezione, nel libretto dell'Ottone si vedano con-
giunti mente e cuore. Che se vi abbondano le confessate vibrazioni
dell'affetto, ciò non è male, ove non ne vengano fuorviate quelle, che
egli dice selezioni dell' analisi, e io chiamerò disamine e sicuri risultati
della ricerca e della critica.
Del lavoretto sono evidentemente due i più importanti soggetti,
l'insigne patriottaG.Josti, di Mortara, e G. Robecchi, del Vigevanasco,
sacerdote di Cristo e della patria, secondo quello spirito quarantotte-
sco, che rianimava le memorie guelfe alla meraviglia — stupore doloroso
per il Metternich — davanti all'esordiente Papato di Pio IX. E per
avventura l'opuscolo dell'Ottone avrebbe raggiunta anche più orga-
nica e compatta unità, se si fosse anche più fedelmente aggirato in-
torno a que' due, come a fulcri della trattazione.
De' quali, G. Josti, non si può certo dire disseppellito dall'oblio;
che non poteva ciò avvenire d'un uomo, di cui tante volte ricorre il
nome negli Atti del Parlamento Subalpino e nei giornali torinesi, come
Y Italiano, Gazzetta del Popolo, indici di grande notorietà in quel tempo,
e di cui discorre poi largamente e frequentissimamente il Bersezio ne 7/
regno di Vittorio Einanuele, oper^. delle più divulgate, e ben nota al-
l' Ottone.
Assai men conosciuta la figura di G. Robecchi. Fuori della Lo-
mellina gli eruditi si possono facilmente rammentare del fratello Giulio,
a cui dedica pure un cenno sufficiente e opportuno l' Ottone, e che è
raccomandato alla posterità dalla dedica a lui fatta dal Gioberti, del
BIBLIOGRAFIA 349
Gesuita Moderno. Ma intorno a Giuseppe, nato a Gambolò, parroco di
S. Cristoforo a Vigevano, predicatore della guerra santa dal pergamo di-
venuto per lui anche tribuna, poi tolto alla parrocchia e al sacerdozio,
deputato di Vigevano al Parlamento Subalpino e in fine senatore, eccetto
il necrologio in foglio volante — j\q\V Opinione , a suo tempo, — e il ma-
grissimo cenno del Bersezio in o. e, fuori della Lomellina poco o
punto è noto. Perciò dirò tosto, che intorno a questo prete, al cui
proposito, per l'analoga direzione delle idee, l'Ottone ben rammenta
secondo il colorito del tempo l'esempio del Lamennais, sarebbe stato
conveniente cercare notizie biografiche più minute, esatte, documen-
tate. L'atto di nascita, un cenno, quanto vogliasi sommario delle con-
dizioni di famiglia, e dell'educazione da lui ricevuta, si desiderano a
più esatta, scientifica, compiuta illustrazione nell'opuscolo dell'Ottone;
dove non istarebbero coteste cose men bene, che le copiose citazioni
dei discorsi sì di G. Josti e sì del Robecchi stesso.
Al proposito de' quali discorsi non biasimo l' A. come egli s' a-
spetta, per le copiose citazioni: sì più tosto per non averle fatte ge-
neralmente in nota, o in appendice. Meglio sarebbe stato in appendice
per quelli del Robecchi, che vanno sparsi, e furono quasi tutti detti
o al popolo dei Fedeli in chiesa, o a' concittadini in riunioni ristrette
come quella del Gabinetto Letterario di Vigevano, e quella della Guardia
Nazionale. Il raccogliere una tale appendice sarebbe stato oltre che
il miglior ristoro alla memoria del venerato patriotta, anche il più
prezioso contributo ai materiali di quella storia fortunosa, e fors' anco
un contributo non ispregevole alla storia letteraria del medesimo pe-
riodo.
Vero è che anche così com'è, il lavoro riesce attraente e l'Ottone
lo rende pur tale con la forma non solo corretta, ma colorita, calda,
e geniale.
Un primo capitolo riguarda "La Lomellina nel periodo di prepara-
zione,,; e non è certo il più felice, del libro, benché non siano senza at-
trattiva certe spigolature nell'opera notissima del De Castro — " Milano
e le cospirazioni Lombarde „ — e in quella di G. Vidari — " Fram-
menti cronistorici dell'Agro ticinese „ — e altrove, che vengono qui
raccolte a dare indizii delle condizioni delle cose e degli "animi nella
Lomellina, che ben la prepararono a essere poi nel Piemonte, a cui
da Aquisgrana al 1859 — ritoltane per breve ora da Napoleone — fu
congiunta, uno dei territori più fedeli al Partito della Guerra. Certo
35o BIBLIOGRAFIA
V' sono qui delle lacune; il cenno al podestà di Vigevano Biffignandi
voleva essere più compiuto, e così quello dei ritrovi carbonaristici in
Vigevano richiedeva un rincalzo di ricerche originali alle notizie ca-
suali date da altri, che l'Ottone ha il merito tuttavia d'aver bene
accostate. Inoltre quella Preparazione si doveva illustrare pure con
un cenno delle ragioni economiche ed etnografiche, che traevano la
Lomellina, e massime Vigevano — nobile figlia di Milano — alla Lom-
bardia, e però fomentavano qui più facilmente gli spiriti pairiotiici.
L'A. poteva rificttere come de' fatti e personaggi da lui accennati in
questo Primo Capitolo venisse a lui luce dalla storia di Milano e della
Lombardia. Oltrecchè tutta la Storia più antica di Vigevano, pure le
memorie del Regno Italico, che ebbero tanta parte nel suscitare la Ri-
voluzione, — al quale Regno Napoleone congiunse Vigevano ricono-
scendone la parentela e i legami indissolubili con la Lombardia —
dovevano essere chiamate cjui in causa.
Gli altri Capitoli discorrono più propriamente il periodo storica
1848-1849, con ricchezza di particolari e con più d'una felice spigola-
tura, che acquista per callida iunctura novità. Noto di passata l' ine-
sattezza nel prenome del conte Priora (p. 3i) di cui non è qui menzio-
nato l'opuscolo ^^ U avvenir e di Fif^^z^^/^o „ pubblicato del '49, in momento
momentoso. E ancora noto che il dott. Morselli, citato con il Sindaco
Priora e altri magistrati e cittadini, i quali mandarono a Milano tosto
dopo la liberazione (x aprile) di questa un saluto fraterno, con pari
affetto ricambiato, non è più oscuro degli altri ivi citati a p. 3i ; anzi
si sarebbe potuto nel capitolo antecedente ricordare quell'Andrea, forse
della stessa famiglia al quale è dedicata un'iscrizione di P. Giordani (i).
A proposito del Robecchi è notevole la congettura dell' A., che
potesse essere il Robecchi medesimo il sacerdote lomellino, indicato da
F. Mellana nel narrare alla Camera dei Deputati in Torino, il 26
marzo 1849, dell'assedio sostenuto dalla sua eroica Casale, come no-
bile esempio di patriottismo. Di fatto l' A. riferisce l'attestazione del
Diario d'un prete vigevanese morto il ij ottobre 184^ circa la partenza
del Robecchi da Vigevano il 22 di marzo, sì che potè essere a Casale
la memorabile giornata del 25. E a Casale, ben lo sa l'Ottone, il par-
(i) Scritti ed. e postumi di P. Giordani, pubblicati da A. Gussalli,
Milano, i858, pag. 287.
BIBLIOGRAFIA 35 I
roco Robecchi si trovava il 22 settembre 1849, quando procunciò le
" Due parole intorno a Carlo Alberto dette in Casale il 22 settembre
e dedicate a quella Guardia Nazionale „. Si desidererebbero tuttavia
ulteriori ricerche per mutare la congettura in notizia positiva.
Né so perchè 1' A., che riportò per intero, — e ne metteva conto —
le parole di G. Josti nella memorabile adunanza parlamentare del 26
marzo, dove fra le più altre, con cui assorse davvero " al suo più gran
successo parlamentare „ sono commoventissime quelle in lode del-
l' "italo Amleto,, — "Deputati, mostratevi degni della vostra ' mis-
sione. Io per me in tanta meschinità d' uomini una sola figura vene-
randa veggo elevarsi, ed è quella di Carlo Alberto. Mirate il martire
d' Italia.... „ — ; dopo queste non abbia anche reputato conveniente
riportare per intero quelle poche parole del Robecchi, che in modo
sì nuovo, sì quarantottesco, consuonano in fine all' alta lode di G. Josti.
Aggiungo che queste parole del R. furono pronunciate davanti alla
Guardia Nazionale, forse nella Chiesa di S. Domenico.
L'Ottone soggiunge giustamente : "....direi senz' altro che le apo-
teosi più eloquenti di C. A. vennero da questa mia terra...; la fierezza
educata tra i lunghi e melanconici silenzi delle brune pianure, le quali
si stendono in riva all' azzurro Ticino, in vista delle uniformi au-
striache biancheggianti sulle opposte rive, crebbe negli uomini politici
della Lomellina una sincerità ed una vivezza di devozione per l'uomo
oramai fatto martire e per l'ideale che incarnava, tali che non pote-
rono più esser superate. E la memoria del re pallido e taciturno, com-
parso sempre e soltanto nei giorni della sventura, alla testa delle sue
schiere di valorosi affamati e disperati, ha ancora, dopo tanti anni,
un'eco non languida nei racconti dei suoi veterani, sparsi per le cit-
tadine, per i borghi, per le fattorie della ubertosa pianura.... „ Perciò
accade anche di trovare, aggiungo io, in molte case vigevanasche certo
epicedio di quel re, a stampa, in endecasillabi sciolti, dovuto a un
Bertagni; e il cinquantenario del fatto della Sforzesca fu solennissi"
mamente celebrato a Vigevano, esagerandosi assai, a dir vero, l'im-
portanza del fatto.
La monografia del dott. Ottone rievoca felicemente que' giorni,
benché noi avremmo desiderato che avesse più ampiamente chiarito
la partecipazione — e i lìmiti di essa — dei principali uomini della
Lomellina ai fini e ai metodi del partito della guerra ; le relazioni
loro con quelli che lo rappresentavano a Casale, dove usciva alla luce
352 BIBLIOGRAFIA
un giornale dal nome significativo " Il Carroccio „; le cause e le vi-
cende della brutta accoglienza che ebbe a Vigevano, nel .'49, il Hiol-
ferio. Ma il meglio non deve far spregiare il bene.
Il dott. G. Ottone ha scritta una buona pagina della storia subal-
pina e lombarda; e se poteva tentare ulteriori ricerche d'archivio,
ha tuttavia ben compulsate altre fonti in copia. Forse non doveva
accanto a opere veramente storiche come quelle citate anche qui, e
raccolte belle e diligenti come quelle degli Scritti Lomellini di Vin-
cenzo Boldrini, mettere il libro popolare di A. Basletta (i), che non
ha, né può avere intendimenti scientifici.
Attilio Butti.
Pezza dott. Francesco. — Saggio di Demografia Storico-Sanitaria di
un Comune risicolo d' Italia (Mortara). — Mortara-Vigevano, Stabi-
limento tipografico Cortellezzi, 1899, pagg. 146.
È questa un'operetta, che appare pregevole anche a chi non è
versato nelle discipline mediche; e specialmente nell' igiene, a cui sto-
ricamente essa serve, essendo anzi la pubblicazione dell'operetta pro-
mossa daìV Istituto d^ Igiene della R. Università di Pavia, diretto dal
prof. G. Sormani, al quale istituto fa onore. La chiarezza dell' esposi-
zione e il metodo statistico rendono il lavoro accessibile anche al
profano, e né fanno necessariamente persuasivi i risultati, specialmente
a chi é cultore di studi storici e famigliare col metodo di questi. An-
che un profano poi sente la serietà del lavoro, e vi intuisce la larga,
sicura, paziente preparazione dell'autore. Certo non ostante tutto ciò,
io non oserò recare in mezzo il mio giudizio, benché entro me in-
chini a dare pienamente ragione all' A., dove egli si afiatica a mostrare
attraverso le statistiche di più secoli, e anche facendo scorrerie nel
campo demografico di comuni limitrofi, che alla risaia propriamente
non è da imputare la malaria, e già si schiera fra i seguaci della dot-
trina del prof. Grassi, che recentemente — un anno dopo la pubbli-
cazione del Pezza — sembra, aver ottenuto un vero trionfo. A me basta
invece segnalare come il lavoro del Pezza sia un utile materiale di
storia del Comune di Mortara, secondo ricerche originali, essendo ve-
(j) C. A. a Vigevano, Roma 1898.
BIBLIOGRAFIA 353
ramente storia d' igiene e storia della medicina soprattutto, ma non
senza dar lume alla storia di quel Comune anche altrimenti. Così ad
esempio nel Capitolo " Statistica Mortarese nel secolo XVI „ e' è da
spigolare con frutto anche per noi. Cito la noticina intorno a' matri-
moni de' soldati spagnuoli, le notizie economiche intorno a Mortara
nei tempi tosto susseguenti alla battaglia di Pavia, le notizie copiose,
accertate e bene ordinate circa la peste bubbonica (pag. 36-41), le no-
tizie utili, anche se necessariamente sommarie, intorno al personale
sanitario in età ormai riinote. Una bella pagina in fine mi piace segna-
lare, che è come una parte distinta, cioè il capitolo intitolato " Un igie-
nista mortarese del secolo XVII „. Questi è il dott. Agostino Gallarati,
nome — può dirlo il Pezza con giusto vanto — da lui per il primo sot-
tratto alla polvere immeritata dell'oblio. Lo ha sottratto, aggiungo io, con
metodo severo e rigoroso, che il Pezza usò anche in altri scritti, come
su " I nobili Gallarati Loin£;no „ pubblicato in Giovine Lomellina, 1894,
n. 48 (Mortara); scritti che mostrano bellissima attitudine alla ricerca
e critica storica, e che è da dolersi vadano sparsi in fogli volanti,
d'ambito ristretto e di carattere non dottrinale. Tanto più è ragione-
vole il mio lamento, in quanto che il dott. Pezza ha, oltre air attitu-
dine scientifica e alla serietà degl'intendimenti, l'arte di presentare
i risultati, a cui perviene, in forma lucidissima, piana, corretta e ade-
scante pur senza lenocinii.
Attilio Butti-
Dell'Acqua dott. Girolamo. — La Basilica di S. Salvatore presso Pavia.
— Pavia, tip. Fratelli Fusi, 1900, 8.°, pp. 24.
Gradite queste notizie storico-artistiche consacrate alla basilica di
S. Salvatore che tiene posto importantissimo fra i monumenti che la
Rinascenza ha lasciato a Pavia e che ora sta per essere ridonata al
culto dell'arte e della religione. Alle notizie storiche il Dell'Acqua
fa seguire quelle interessanti epigrafiche e artistiche, non dimenti-
cando una diligente serie degli abati di S. Salvatore dal 962 al 1795.
Vi aggiunge notizie per l' imperatrice Adelaide il di cui corpo ripose-
rebbe, anziché in Selz od in Hannover, in S. Salvatore.
Arch. Star. Lomb. — Anno XXVII, — Fase. XXV]
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA
(giugno-dicembre igooj.
I libri segnati cnn astefisco pervennero alla Biblioteca Sociale,
AcUi, ecclesiae mediolanensis ab ejus inidis usque ad nostrani aeta-
tem, opera et studio presb. Achillis Ratti, voi. IV, fase. Só-Sy. —
Mediolani, Raph. Ferraris, edit., 3^0, in-4, col. 721-880.
Agiografia. — Vedi Ambrogio (S.), Dubois, Gonzaga, Lodovico, Magriy
Martinengo,
Ag;iicsi« — Di un nuovo libro intorno a Maria Gaetana Agnesi. —
Civiltà Cattolica, 21 luglio 1900.
Almanacco-llaniiale della Provincia di Como pel 1900. Anno LXIII.
— In-8. Como, tip. Ostinelli, 1900.
Le onoranze a Volta e la stampa. — Pratesi (Plinio). Il Mo-
numento a Parini in Bosisio. — San Fedelino. — Bertolini (An-
tonio). Il dott. prof. Innocenzo Regazzoni. — Carcano (Paolo). L'av-
vocato Giuseppe Gatti. — Rubini (Filippo). Il senatore Gaetano
Scalini. — p. r. Il senatore Achille Polti.
jLiiibrog^io (S.). Bischof Ambrosius und Kaiser Theodosius. — Illn-
strierte Zeitung, n. 2990 (1900).
Ambrogio (S.). — Vedi Briìcker, Cipollini, Lova.
Antonini (G.). Un episodio emotivo di Gaetano Donizetti. — Rivista
musicale italiana, fase. Ili, 1900.
Araldica e Genealogia. — Vedi Bollettino, Carreri, Moscardi, Pietra-
mellara, Miìntz, Periodico, Portugal, Salazar, Stùckelberg.
Arcari (Paolo). Commemorando Cesare Cantù. — Scuola Cattolica,
luglio-agosto 1900.
Archeologia. — Vedi Atti, Beltrami, Castelfranco, Colini, Cozza, Del-
l'Acqua, Jecklin, Jullian, Oberziner, Pais, Parazzi, Pauli, Pitard
Poggi, Ricci, Vegezzi.
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA 355
* Arcblvio storico per la città e comuni del Circondario di Lodi.
Anno XIX. — Lodi, tip. Quirico e Camagni, 1900.
Fase. II (aprile-giugno). Agnelli (Giovanni). Ospedali Lodigiani:
Ospedale di S. Giacomo. — Lo stesso. Luoghi perduti: La Corte di
Ronco. — Documenti del secolo XV riguardanti località del Basso
Lodigiano. — Notizie varie (Papa Pio VI nel Lodigiano; Maestri
d'arte italiani in Lione dal XV al XVII secolo; Gaetano Landriani ;
Simone da Lodi, ingegnere; Visita al Corpo di S. Bassiano, i583);
Macchina per far scrivere i ciechi. — Agnelli (G.). Cesare Vignati
[necrologia con documenti inediti biografici ed elenco delle sue
pubblicazioni]. — Lettere delF ing. Dionigi Biancardi (1860).
Fase. Ili (luglio-settembre). Agnelli (Giovanni). Ospedali Lo-
digiani: Ospedale di S. Stefano. — Lo stesso. Luoghi dimenticati :
Dove era la Corte di Tillio; Gioveiiigo. — Documenti riguardanti
località del Basso Lodigiano: Maleo. — Agnelli (G.). Controversie
fra il Vescovo di Lodi, i Prevosti di S. Salvatore ed i Delegati del-
l' Ospedale Maggiore, per Y esercizio dei funerali ed altre funzioni
religiose. — Ritratti di Lodigiani illustri nella Biblioteca Comu-
nale di Lodi. — Deputazione storico-artistica di Lodi.
Arci (prof. Fil.). Gli amplessi di Virgilio con Sordello e Stazio : no-
ticina dantesca. — Alatri, tip. De Andreis, 1900, in-8, pp. i5.
Arte. — Vedi Barbier, Bel trami, Bergamo, Bianchi, Bolldiino, Brescia,
Caremi, Carotti, Certosa, DeW Acqua, Eichholz, Fabriczy, Fonda-
zione, Frizioni, Gradi, Hermann, Leonardo, Liebenau, Luzio, Maj oc-
chi, Mazzetti, Melani, Meyer, Milano, Morelli, Moretti, Muntz, Muzio,
Nicastro, Oberziner, Petrocchi, Pittura, Quirici, Relazione, Reproduc-
tions, Roberti, Salv eraglio, Sant' Ambrogio, Schweitzer, Sforza, Si-
gnori, Tedeschi, Toschi, Valtellina, Vcgezzi, Venturi, Vittadini, Wolff.
Ascoli (G.). Carlo Cattaneo negli studi storici. Lettera a F. L. Pullé.
— Nuova Antologia, 16 giugno 1900.
Asensio (José Maria). Sobre algunos incunables espanoles relativos
a Cristobai Colon. — Boletin de la R. Academia de la historia, giu-
gno J900.
Contrariamente alle conclusioni prodotte nel Bibliographe Mo-
derne dal sig. Haebler, l'A., anziché per Fa. 1497, e in Valladolid,
insiste che la lettera del Colombo (delFAmbrosiana) sia stata stam-
pata a Siviglia nelF aprile 1493. Difatti, dopo il 2.° viaggio del Co-
lombo e le susseguite sue scoperte, c'era bisogno di ristampare nel
T497 la prima notizia delle prime scoperte del 1498?
Atlas universel de gcographie, commencé par Vivien de Saint-Martin
et continue par Fr. Schrader. Carte n. 22: Italie Septentrionale. —
Paris, Hachette, 1900, in fol.
mRMOCHAVIA
Atti dcU'Atcneo di scienze ed arti in Bergamo. Voi. XV (1898-99). —
Bergamo, 1900.
Antonini. I precursori di Lombroso. — Locatkli.i. Vittor<
Tasca. — Fornoni. Condizioni tisiche e topografiche dell' antico
territorio bcrgomense. — Pinetti. La fratellanza artigiana dei
sarti in Martincngo. — Piccioni. Il giornalismo bergamasco. — '
Mantovani. Notizie arciieologichc bergomensi (1897-99).
Balladoro (Arrigo). Impronte maravigliose in Italia. XCV. Le zampe
del diavolo (Pavia). XCVI. La mano di San Colombano (Pavia). —
Archivio delle tradizioni popolari, gennaio-marzo 1900.
Bai'liicr de llonlatilt (X.). Le trésor de St.-Ambroise à Milan. —
Revae de l'art chrctieiì, 3."^ livr. 1900 [cont.).
— Couronne de fer de Monza. — Reviie de l'art chréticn, sett. 1900.
Baroni (avv. Giovanni). Il crocilìsso della Maddalena [in Lodi] : no-
tizie storiche. — Lodi, tip. vescov. Quirico e Camagni, 1900,
in-8, pp. 19.
* Barzixxa. — Lettera di Guini forte Barzizza alla duchessa Bianca
Maria Sforza [12 agosto 1457] pubblicata a cura di Domenico Orano.
(Nozze Ciraolo-Pascucci). — Roma, Forzani e C' M. DCCCC,
in-8 gr., pp. i3.
La lettera del Barzizza si aggira intorno all'educazione di Ga-
leazzo Maria Sforza e particolarmente al viaggio di questi a Fer-
rara nel 1457, ed è da unirsi a quelle già segnalate e pubblicate
dal Mazzatinti e dal Cappelli [Ardi. stor. lombardo) (1894). L' inte-
ressante documento è corredato di utili notizie biografiche del
Barzizzaj e l'A. ci lascia sperare l'edizione di altri documenti let-
terarj sforzeschi in di lui possesso, grazie a dono fattogliene nel
1890 da Domenico Berti, suo zio.
Bassi (Emma). Tre paginette di storia italiana: conferenze. — M i-
lano, Albrighi e C.', 1900, in-16.
I. La bandiera italiana e la lirica popolare nel 1848. 3. Le
donne lombarde nella rivoluzione.
Becker (P. A.). Marguerite duchesse d'Aleng;on et Guillaume Bri-
connet, évéque de Meaux, d'après leur correspondance manuscrite,
■ 1521-1524. — Bulleiin de la Società de Fhistoire dii protcstantisme
fran^ais, agosto-settembre 1900.
Beig;eri (E.). Il predominio spagnuolo e Carlo Emanuele I di Savoia.
Conferenza. — Cuneo, frat. Isoardi, 1899, in-8, pp. 41.
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA .^Dy
-Ifieltranii (L.). Le Colonne di S. Lorenzo. — Umberto I ed il Ca-
stello di Milano. — Per la memoria di Umberto I in Milano. Pro-
posta della Torre Umberto. — Perseveranza, 6 luglio; 20 agosto ;
8 novembre 1900.
— Per il restauro della fronte principale del Castello Sforzesco. — Il
Castello di Novara. — La " Cà del duca „ sul Canal Grande a Ve-
nezia. — Corriere della Sera, 8 luglio; 4 settembre; 8 sett. 1900.
— Intorno al Castello di Milano. — Il Monitore tecnico, n. 19, io lu-
glio 1900, con ili.
— Un quadro storico. L'assedio ed attacco del Castello di Milano nel
dicembre 1783 per opera delle truppe franco-sarde. Con ili. — Il-
lustrazione italiana, n. 87^ 1900.
Il quadro si trova ora nel Museo municipale di Milano, ed è
opera di Alessandro Antoniano.
— Il palazzo " Venezia „ sede delle Assicurazioni generali in Milano.
— Edilizia Moderna, maggio 1900.
— I lavori di restauro al Castello Sforzesco di Milano negli anni 1899-
903. Con incisioni ed i tavola. — Edilizia Moderna, sett. 1900.
— Da L. da Vinci a Nietzsche. — Corriere della Sera, n. 25g, 1900.
— Disegni d'architettura, n. 8 e 9 della serie. — Edilizia moderna, lu-
glio-agosto 1900.
Disegno di Boccascena per il R. Teatro, nel Palazzo di Corte
a Milano, secolo XVIII (raccolta Beltrami), — Disegno a penna del
secolo XV [sedia vescovile del duomo di Milano]. Raccolta della
Biblioteca Ambrosiana.
* — La Cà del Duca sul Canal Grande ed altre reminiscenze sforze-
Ische in Venezia. — M i La n o , U. Allegretti, 1900, in-8 fig., pp. 62
con tavole (Nozze Albertini-Giacosa).
Sulla scorta di documenti inediti dell'Archivio di stato mila-
nese, il B. ricostituisce la storia, fin qui abbastanza confusa, del
palazzo venduto da Marco Cornare nel 1460 al duca Francesco
Sforza, cedendo in cambio la casa, in contrada di S. Polo, già
donatagli dalla Serenissima, e che fin dal 1458, per esame dell'ar-
chitetto Filarete era ritenuta in cattive condizioni d'abitazione.
Si danno notizie nuove sull'invio a Venezia dell'architetto fio-
rentino Benedetto Ferrini (1461), che allora lavorava al castello
di Milano, e si addita, interessante scoperta, in Bartolomeo Bon
l'architetto di quel grandioso palazzo. — Fra le altre reminiscenze
sforzesche si notano le costruzioni di Galeazzo Maria alla Giu-
decca, e di Lodovico il Moro a S. Giustina, con riproduzione del
358 BIBLIOGRAFIA
ducale sforzesco, ora nel Musco Correr, e già coiuunicato dal Si>
('.uso (Venezia, 1878), e noi Porlafoi^U delle arti decorative dcirOii-
gania (a. II, tav. I).
Tiziano sembra aprisse bottega nella casa " olim del duca de
Milan „ (clr. Lorenzi, Monumenti per la storia del palazzo du-
cale, p. I, 161. — MoLMENTi, p. 206),
* Bcltranii (L.). "Divixia Vicecomitorum,,. (Dal " Libro delle Arme
antique de Milano,,. Codice n. 1890, della Biblioteca Trivulziana).
— Milano, tip. U. Allegretti, M C M m-'ò ili., pp. 58 (Nozze
Visconti-Erba).
Cfr. i Cenni bibliografici.
— La porta settentrionale del Duomo di Milano (Porta versus Com-
pedum). Vicende e raffr(niti con disegni inediti. — Milano,
U. Allegretti, 1900^ pp. 44 con 12 ine.
Benratli (K.). lulia Gonzaga. Ein Lebensbild aus der Geschichte der
Retbrmation in Italien. [Schritten des Vereins tur Reformations-
geschichte n. 65]. — Halle, Niemeyer, 1900.
Giulia Gonzaga. Una figura della storia della riforma in Italia.
Bergamo. — Fregio in una sala del Convento dei Canonici Latera-
nensi, ora Albergo dell' Elefante , in Bergamo. Cromolitografia
[senza testo]. — Arti italiana decoraiiva, a. IX, 1900, n. 8.
Bergamo. — Vedi Antonini, Atti, Barzizza, Fornoni, Guida, Locatelli,
Magnaghi, Magri, Marchesi, Mascheroni, Meyer, Pelaez, Piccioni,
Proto.
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Lepreri, Lioy, Locatelli, M., Magnaghi, Manzoni, Marimò, Masche-
roni, Morellini, Mi'mtz, Negri, Parini, Paulus, Pellini, Plinio, Ra-
cheli. Ratti, Salvioni, Schiaparelli, Sforza, Tarozzi, Volta.
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richt ilber Suworovs Zug durch die Schweiz im Herbst 1799
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N. 4-8. I Rusca, signori di Locamo, di Luino, di Val Intelvi, ecc.
[Continuaz. i5o8-i5i2]. — Gli Statuti di Biasca dell'anno 1434. —
Lettere di sovrani, principi e prelati dirette a Pio IV, al cardinale
Borromeo e ad altri (i56i-i633). Dagli autografi in casa Paleari a
BIBMOGKAl'lA
Morcotc. [Cont.]. — "Artisti della Svizzera Italiana. (Spigolature e
documenti). — Delle pietre preziose e dei metalli nel Ticino. —
Inventario dei documenti dell'Archivio Torriani in Mcndrisio.
[Co«/.J. — Gli "asini,, di Arbcdo, — Varietà: Un ministro sviz-
zero che dà delle feste all'Isola }3ella (il famoso Hallcr, nel 1798];
Ginevra bandita per eresia (iSSg); Per la storia della chiesa di
Loreto di Lugano (1728); Il padre Roviglio [suoi sonetti per le
nozze Litta-Visconti di Milano, nel 1745]; Due lettere del gene-
rale Dufour. — Cronaca. — Bollettino bibliografico.
N. 9-10. Salvioni (Carlo). Notcrellc di toponomastica lombarda
[Baggio, Bisnate, Campodolcino, Chiuro, Cislago, Crebbio, Ghiffa,
Ispra, Luino, Magherno, Pallanza, Paraviso, Pescio, Predore, Porta
Renza, Ronscio, Teglio, Trasquera, Vagna, ecc.]. — Gli Statuti di
Biasca dell'anno 1484. [Cont.\. — Liebenau (d/ T.). Die Anfànge
der Gotthardhefestigung. [I primordi delle fortificazioni al Got-
tardo, 1618]. — Lettere di sovrani, ecc. dirette a Pio IV, al cardi-
nale Borromeo e ad altri. [Fine]. — Inventario dei documenti
dell'Archivio Torriani in Mendrisio. [Coni. Anni 1574-1684]. —
Varietà. — Bollettino bibliografico.
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M. Pasquale Malespini in Roma, nella stampa de' Dorici, i557, in-8).
Nota. — Atti R. Accademia lucchese delle scienze, voi. XXX, 1900.
Composizioni a proposito delle guerre franco-imperiali in Italia,
molte poi inspirate dalla politica, dove l'A., benché non voglia es-
ser chiamato guelfo né ghibellino, si mostra aderente e partecipe
alla fazione di Francia, di cui seguitava la bandiera. Talché nel-
l'ultimo sonetto, racconta come potè vedere il re F'rancesco pri-
gioniero in Pizzighettone e avrebbe posto la sua vita in pericolo
pur di liberarlo. — Vi sono stanze in morte di Bramante che l'A.,
il primo giorno che giunse a Roma, vide sul feretro " colla barba
lunga e chioma corta „, altre in lode di Scaramuccia Trivulzio,
cardinale di Como. Ma quelle che contengono una più espressa
confessione della fede politica dell' A., sono le ottave intitolate
Conforta il Re Francesco a passare in Italia, di certo ispirate e
scritte alla vigilia della catastrofe di Pavia.
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della ferrovia del Gottardo, dei Tre Laghi, del Lago dei Quattro
Cantoni, del Canton Ticino, ecc., compresovi Brunate, il Monte
Generoso, il San Salvatore, il Righi, il Pilato, lo Stanserhorn, le
Ferrovie Nord-Milano, le linee principali delle reti Mediterranea
ed Adriatica, la Bassa Valtellina, l'Alta Engadina, la Valle Mesol-
cina. Prima edizione. 14 carte topografiche, 5 piante di città, i pa-
norama, i3o fine incisioni. — Bellinzona, Colombi, 1900, in-8^
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BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA 363
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compilato a cura del prof. Attilio Pagliaini, bibliotecario della Re-
gia Università di Genova. — Milano, Associaz. Tip. libr. ita-
liana, 1900, fase. I e II, in-8, pp. 80-80.
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lano. — Milano, tip. C. Tamburini, 1900, in-8 gr., pp. 189.
Cativelli (Lod.). I bacini del Rodano e del Po; considerazioni mili-
tari. — F o s s a n o , tip. M. Rossetti, in-8, pp. 69.
Centenario (Per l'XI) di Paolo Diacono: atti e memorie del Con-
gresso storico tenuto in Cividale nei giorni 3-5 settembre 1899. —
Udine, P. Gambierasi, 1900, in-8 gr., pp. 240.
— della battaglia di Marengo. Memorie storiche del periodo napoleo-
nico pubblicate a spese del Municipio di Alessandria, per cura
della Società di Storia della provincia. Voi. I e II. — Alessan-
dria, G. Chiari, 1900, in-4, pp. 270 e 359.
Certosa (La) di Pavia: [cenni descrittivi]. — Milano, tip. Um-
berto Allegretti, 1900, in-8 fig., pp. 23.
— di Pavia e i suoi prodotti: guida pratica per i visitatori. — Pa-
via, stab. succ. Marcili, 1900, in-i6 fig., pp. 20.
Chevallier (L.). Le lac de Garde. — Tour dii Monde, io febb. 1900.
Cliiarinì (G.). Lettere inedite di U. Foscolo a Isabella Teotochi-Al-
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Degli anni 1806-1824 e datate quasi tutte da Milano.
* Cipolla (Carlo). Pubblicazioni sulla storia Medioevale Italiana [1897].
— Nuovo Archivio Veneto, tomo XIX, parte II (1900) e XX, p. I.
A pp. 65-85: Lombardia.
— Le fonti ecclesiastiche adoperate da Paolo Diacono per narrare la
storia dello scisma aquilejese. — Cividale, tip. Giov. Fulvio,
1900, in-8, pp. 32. [" Atti del Congresso storico tenuto a Cividale
nel Centenario di P. Diacono „].
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numento alle Scuole Palatine — nel II Centenario della morte i63o-
1699. — Milano, tip. Elzeviriana di Guidetti e Mondini, 1900,
in-8, pp. 123 e i tavola.
Cipollini (A.). Il poeta patriottico (dalla S^r<7^ 8-9 maggio 1800);
Notizia della vita e delle opere (dal Corriere della Sera, 2.02,1 marzo
1900); li prosatore all'Accademia milanese de' Faticosi (dalla Z^^^rf
Lombarda, 3o-3i maggio 1900) ; Cronaca milanese tratta dalle con-
364
niBLIQGRAFlA
JQGR
suite inedite del Magici (órW Jdcd /J/j rak, u8 lebbrajo 1899); Il
ritratto del Maggi e del Manzoni (dal Giulio 7 arra, periodico edu-
cativo, 4 tebbr?jo 1899) ; Il poeta dialettale (dalla Perseveranza,
7 luglio 1899); G. Parini e C. M. Maggi (dalla Lombardia, 9 aprile
1899); Maggi, Casa Savoja, Bologna e Lesmo (dalla Sera, 8-4 giu-
gno 1899); Aneddoti (dalla Sera, 18-19 maggio 1899); Il Lettore e
Sopraintendente delle Scuole Palatine di Milano (dalla Perseve-
ranza, 26 ottobre 1900); Il Mctastasio, il Conte Vitaliano Borro-
meo ed il Teatro di C. M. Maggi (dal Mondo Arfistico, novembre
1900); Carlo Maria Maggi scacchista (dalla Sera, 8-9 maggio 1899);
Il sonetto autoritratto mandato dal Maggi a Cosimo III di Toscana;
Fiori Maggiani; — Il Comitato perle onoranze. — Relazione del
Presidente del Comitato, Comm. Conte Emilio Belgiojoso. — Poesia
di Gaetano Crespi.
* Ciiìollini (Antonio). Carlo Maria Maggi e le Scuole Palatine di
Milano. — La Perseveranza, 27 ottobre 1900.
* — Le feste di Sant'Ambrogio a Milano nel 1698 e C. M. Maggi. —
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'' Colin (J. capitaine). L'éducation militaire de Napoléon. — Paris,
librairie militaire R. Chapelot, i8od, in-8 gr., pp. x-5oi et cartes.
Cfr. il cap. IV : Uarmée d'Italie.
Colini (G. A.). Il sepolcreto di Remedello-Sotto nel Bresciano e il
periodo eneolitico in Italia. Parte IL — Parma, Battei, 1900,
in-8 fig., p. XIJ-126 con 7 tavole. (Estr. dal Bollettino di paletnologia
italiana, a. XXV, 1899, n. i-3, 10-12).
I. Suppellettile funebre, (i. Armi ed utensili scheggiati di selce.
2. Manufatti di cssidana. 3. Cuspidi di frecce di selce. 4. Lame di
coltelli e pugnali di selce). II. Appendici: i. Sepolcri eneolitici
del Bresciano e del Cremonese. 2. Materiali neolitici ed eneolitici
del Lazio e della Toscana.
Colomlìo (Giacobbe). Il cavaliere della morte [a Legnano] : fantasia
medioevale in dieci canti. — Milano, tip. L. F. Cogliati, 1900,
in-8, pp. 91 con tavola.
Coniandinl (A.). L'Italia nei Cento Anni del secolo XIX giorno per
giorno illustrata. — Milano, A. Vallardi, 1900, dispense io-j6,
in-i6 ili., pp. 5o5-928.
Continuano abbondan'i in queste ultime dispense, che abbrac-
ciano gli anni fortunosi 1811-1816, le tavole illustrative ed il testo
consacrata a Milano ed alla Lombardia. Notiamo ad es., le tavole
intiere per ritratti e fac-simili del Porta, dell' areonauta madama
Blanchard, il laz aretto di Milano, una prima manovra dei pom-
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA 365
pieri di Milano, azione delle diligenze milanesi, feste napoleoniche
in Milano, ritratti e autografi di Eugenio Beauharnais e consorte,
Melzi, Moscati, Bossi, Mellerio, ecc., ecc., uccisione del ministro
Prina, la villa d'Este, entrata di Francesco I in Milano, monete
del Lombardo-Veneto, figurini di mode, stemmi, ecc., ecc.
Coiiiitti (Chiarina). Don Abbondio : studio critico. — M o n d o v ì ,
tip. Enrico Schioppo, 1900, in-8, pp. 20.
Coiiiincntarioluiii super theoricas novas planetarum Georgii Pur-
bachii in studio generali Cracoviensi per mag. Albertum de Brud-
zewo diligenter corrogatum a. M. DCCCCLXXXII. Post editionem
principem Mediolanensem a. MCCCCXCV ad fidem codicum prae-
stantissimorum denuo edendum curavit Ludov. Anton. Birkenmajer.
— Krakau, 1900, gr. in-8, pp. Lvi-169. [" Munera saecularia uni-
versitatis Cracoviensis quingentesimuin annuin ab instauratione
sua soUemniter celebrantis „, voi. IVJ.
Como e Valtellina. — Vedi Almanacco, Bianchi, Bollettino, Camenisch,
Campell, Canili, Castel/ranco, Crollalansa, Guida, Guler, Jecklin,
Rock, Lampugnani, Majocchi, Mazzetti, Meyer, Moscardi, Miìntz,
Periodico, Petrocchi, Plinio, Portngal, Qnirici, Schellhass, Schulte,
Valtellina, Vegezzi, Verner.
Coiisioli (dott. Santi). Il neologismo negli scritti di Plinio il giovane:
contributo agli studi sulla latinità argentea. — Palermo, Al-
berto Reber, 1900, in-8, pp. i33.
Contini (prof. P.). Inno alla pila di Volta: [versi]. — Varese, ti-
pografia Cronaca Prealpina, 1899, in-i6, pp. 5.
Coppia dello Statuto di Elenio fatto stampare da Giovanni Giuliani
in Milano, MDCCXLII. In Ul Bregnon, n. 48, prec. e segg. (Pru-
giasco, C. Ticino, 1900).
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Bonsenso) 1826-1930: discorsi commemorativi con parole inaugu-
rali di Tito Vignoli [pronunciati nella scuola tecnico-letteraria
femminile di Milano il giorno 8 aprile 1900]. — Milano, tipo-
grafia C. Rebeschini e C, 1900, in-8, pp. 53, con ritratto.
Corradi, — Sormani (prof. G.). Monumento ad Alfonso Corradi, inau-
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Del sentimento di umanità nel Parini. — Di alcune allusioni
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BOLLETTINO DI BlBLIOGRAFL\ STORICA LOMBARDA 867
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Plinius Nat. Hist., XIll, § 68-89. — Leipzig, Teubner, in-8^
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Cfr. il cap. IV'. La preparazione della charta, con testo e tradu-
zione di Plinio, nat. hist., XIII, § 68-89, nonché l'appendice: No-
tizie intorno al Palinsesto di Plinio M. del Convento di S. Paolo
in Carinzia. = Agg. in proposito gli appunti di *Birth (Th.). Zur
Geschichte des antiken Buchwesens, in Centralblatt fùr Bibliotheks-
wesen, dicembre 1900 (per Plinio cfr. pp. 553 seg.
Die Carolina und ihre Vorgàngerinnen : I. Die peinliche Gerichts-
ordnung Kaissr Karls V constitutio criminalis Carolina kritisch
herausgeg. von F. Kohler und W. Scheel. — Pialle, Waisen-
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lìi Franco Squillaci (prof. Salvatore). Il Parini educatore : discorso
pronunziato in occasione della chiusura dell' anno scolastico 1898-
1899 nel Collegio Gioeni. — Catania, tip. Gius. Micale, 1900,
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Dotti (Maria). Delle derivazioni nei Promessi Sposi, di Alessandro
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Duern^virtli (R.). Vor hundert Jahren. — Carinthia , LXXXIX,
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Ecclesiastica. — Vedi Acta, Agiografia, Archivio, Barbier, Baroni,
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Per la bibliografia cairolina agg. : Baricelli (prof. Carmela).
L' ideale di patria fondamento di civiltà : discorso pronunciato al-
l'istituto Cairoli in Pavia in occasione delle solenni onoranze ai
prodi Cairoli (Pavia, tip. Ottani, 1900, in-8, pp. 19); Pavesi (pro-
fessor Pietro). Scritti e parole.... nelle feste inaugurali del monu-
mento ai Cairoli (Pavia, Bizzoni, 1900, in-8, pp. 20); Preti (Ro-
berto). Per l'inaugurazione del monumento alla famiglia Cairoli:
ode (Pavia, Bizzoni, in-4, PP- ^5); Rampoldi (R.). Discorso comme-
morativo per r inaugurazione del monumento nazionale alla fa-
miglia Cairoli in Pavia (Milano, Rebeschini, in-8, pp. 5o con tav.) ;
RocH (Canton). I nostar Cairoli (versi) (Pavia, tip. cooperativa,
in-i6, pp. Si).
FrÌKzoni (Gustavo). Rassegna d' insigni artisti italiani a ricordo del-
l'incremento dato ai musei di Milano dal direttore Giuseppe Ber-
tini. Con ili. — L'Arte, III, 1900, fase. IX.
Ambrogio Borgognone.
— Une feuille de dessins inèdite de la inain de Raphael. — Gazette
des beattx-arts, gennajo 1900.
Foglio che ha servito di preparazione per la parte superiore
dell'affresco così celebre della Disputa del S. Sacramento, in Va-
ticano, e contenuto nel Codice Resta della Biblioteca Ambrosiana.
Ardi. Sior. Lomb. — Anno XXVIL — Fase. XXVIII. 2-1
lyo
BIUIJOGHAFIA
FamRffallI (G.). Brambilla Pietro (necrologio). — Rivista delle Biblio-
teche, a. XI, voi. XI; 11. 4-6 (1900) con ritr.
— Una novissima riproduzione dell'opuscolo di Niccolò Scillacio "De
insulis nuper invcntis „. Con 2 ili. — La Bibliofilia, a. Il, n. Vl-VlI.
A proposito della riproduzione del noto opuscolo dello Scil-
lacio (Pavia, 1494) curata dall' Olschki, e che si conosce in soli 5
esemplari.
Fulei (Sebastiano). Alexandre Manzoni: discours comniémoratif. —
Messina, tip. dei Tribunali, 1900, in-8, pp. 7.
* Fumi (L.). Una lettera del Bayeux, oratore di Francesco I in Ve-
nezia, al datario Gian Matteo Giberti in Roma (ii dicembre i526).
— Archivio dilla R. Società Romana di storia patria, voi. XXI li,
fase. I-II (1900).
* Galli (Ettore). La mobilia di un canonico del secolo XIV illustrata.
(Nozze Locurcio-Castagnini). — Pavia, tip. cooperativa, 1899,
iu-8, pp. 42.
Inventario della mobiglia di Pietro Cibrenna, canonico della
canonica di Gualterio in Pavia, del iv3 .luglio i3©8, tolto dall'Ar-
chivio notarile di Pavia, e dal Galli, con molta cura annotato,
trattando con copia di raffronti, tolti da altri documenti pavesi e
dalle opere del Merkel, del Cipolla, del Motta, del Nevati, del
Cittadella, del Calvi, del Caudini, ecc., dei mobili di casa, degli
oggetti di chiesa e degli abiti.
* — Un cattolico imperialista del secolo XVI. ~ Pavia, tip. Coo-
perativa, 1899, in-8, pp. 35.
Trattasi del conte Ludovico Nogarola (n. 1607) e di alcuni suoi
componimenti in lode di Ferrante Gonzaga, tolti da un codice del-
l' Universitaria di Pavia.
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Ernesto Valli ni. — Livorno, tip. Corriere Toscano, 1900, in-8,
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gio, tip. Sparolazzi, 1900, in-8, pp. 14.
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stauro della Basilica di S. Giovanni Battista in Busto Arsizio. —
Milano, tip. P. B. Bellini, 1900, in-8, pp. 8.
<>iiicla°ìtiiici*ario alle prealpi bergamasche compresa la Valsassina
ed i passi alla Valtellina ed alla Valcamonica colla prelazione del
prof. A. Stoppani, e cenni geologici del prof. T. Taramelli. S.'' edi-
zione rifatta per cura della sezione di Bergamo del club alpino
italiano. — Milano, U. Hoepli, edit. (tip. M. Bellinzaghi), 1900,
in- 16, pp. xLvni-226, con i5 tav.
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Antonio Cesari con Vincenzo Monti, Francesco Villardi ed Ales-
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seppa II per essere divisa nelle librerie di Brera, di Pavia e di
Padova.
Hcrmaiiii (d.'" Hermann Julius). Zur Geschichte der Miniaturma-
lerei am Hofe der Este, in Ferrara. Stilivritische Studien. Mit 26
Tafeln und 108 Textill. in Heliogravure, Lichtdruck und Photo-
typie. (Aus dem XXI Bande des Jahrbuchs der Kunsthistorischen
Sammlungen des Allerhòchsten Kaiserhauses), gr. fol. ili. —
Wien, 1900.
Splendida pubblicazione per il testo e per le finissime tavole e
illustrazioni che l'adornano. Chi oramai si occuperà della minia-
tura ferrarese, non potrà a meno di far capo a questi studi cri-
tici stilistici, dove sono passati in rassegna minuziosa e con ap-
parato scientifico tutti i cimeli estensi, in gran parte di proprietà,
dal 1859, dell'arciduca Francesco Ferdinando d'Austria-Este. I mi;
BOLLETTINO DI BIBLIOGR4FIA STORICA LOMBARDA
ì
ì
niatori lombardi e la scuola lombarda del minio occupano non
piccola parte del lavoro del d/' Hermann. E v'è descritta in
prima linea la superba Bibula di Borso d'Este^ scritta dal calli-
grafo milanese Pietro Paolo Maroni e miniata da Taddeo Crivelli^
milanese, e da Franco de messer Zohanne de Russi di Mantova
(1455-65). Altri lavori, noti, del Crivelli il Messa/e del duca Borso
ed i Corali di S. Petronio di Bologna (1473-76).
Altro miniatore lombardo in Ferrara Alessandro de' Leoni
figlio di Antonio di Milano, che ajutò suo zio, il più celebre Gu-
glielmo Giraldi, a miniare il Salterio della Certosa di Ferrara, in
Modena, e 'gli Antifonari in Ferrara. Del Giraldi è un bel ritratto
miniato di Borso d'Este (circa 1470) nel Cod. Trivulziano, n. 86.
Le miniature lombarde in codici estensi, provenienti da casa
Sforza, nota e illustra ancora l'A. : tali ad es. il Cod. CCIX del-
l'Estense ^^ Spheras celestis et Planetartm descriptio „, ov' è miniata
una scena di decapitazione alla presenza di un duca di Milano
(cfr. la tav. a p. 97); il Corale e il Messale della cappella ducale
di Cristoforo de'Predis, per il duca Ercole I, con tavole per lo
studio comparativo col Messale di Varese del medesimo autore
(1476) ed il Messale di Anna Sforza maritata nel 1491 negli Estc
(cfr. p. 100).
Altri lavori finissimi dovuti ai miniatori Tommaso da Modena
e Matteo da Milano sono il Breviario di Ercole I d'Este ed il Mes-
sale del cardinal Ippolito I, il primo nella collezione già ricordata
dell'arciduca d'Austria d'Este, il secondo nella Biblioteca d'Inn-
sbruck (cfr. p. idi, 119). Saggi invece di decadenza della miniatura
ferrarese offrono i codici trivulziani dei Diplomi dei duchi di Fer-
rara alla Certosa di S. Cristoforo (cfr. p. 129). E dello stupendo
Messale di Ercole I d'Este, ancora in Trivulziana (cod. 2i65), l'Her-
mann ci olTre illustrazioni, stabilendone l'autore in Martino da
Modena (circa 1470).
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È sotto stampa, a cura del Mandrot, il 1° volume dell' edi-
zione critica delle Mémoires del Commynes per la Collection de
textes potir servir à létude et à Vensdgnement de Vhistoire (Alph. Pi-
card edit).
Mantova. — Vedi Bisoni, Biifardeci, Catalogo, Cotronei, D'ùrmuirth,
Ferrerò, F insiti, Frescura, Girardi, Gonzaga, Hermann, Knoff, Ko-
neczni, Lepelletier, Parazzi, Roberti, Toldo, Toschi, Virgilio.
Manzoni (Alessandro). Lettere inedite raccolte e annotate da Ercole
Gnecchi. 2.^ ediz. — Milano, tip. «L. F. Cogiiati, 1900, in-4, P^"
gine 179, con tredici fac-simili.
I. Lettere. 2. Biglietti a Gaetano Cattaneo, Francesco Rossi e
Luigi Longoni. 3. Scritti vari. 4. Appendice.
— Carteggio fra Alessandro Manzoni e Antonio Rosmini, raccolto ed
annotato da Giulio Bonola. — Milano, tip. edit. L. F. Cogiiati,
1901, in-16, pp. xv-599, con due ritratti e fac-simili.
— I Promessi Sposi, raffrontati sulle due edizioni del 1825 e 1840, con
un commento storico, estetico e hlologico di P.Petrocchi. Parte III.
Cap. XVII-XXVI, in-r6, — Firenze, Sansoni, 1900.
Manzoni. — Vedi Bertolini, Butti, Comitti, Dotti, Fulci, Guidetti, Morici ,
Stroppolatini, Terlizzi.
llarelie^iil (G. B.). Un viaggio da Bergamo a Roma nel 1760. Usi e
costumi. — Archivio per lo studio delle tradizioni popolari, gennaio-
marzo 1900.
Viaggio compiuto da don Giambattista Rota in compagnia
dell'amico don Lelio Mazzolcni. Il ms. della lunga e minuta de-
scrizione è nella Civica di Bergamo.
hlhLiUCiKAt-l \
MureiiKO. — Bailleiiache (M. de). Marengo (14 juin 1900). — Revuc
de la FniHce Moderne, giugno 1900.
Agg.: Dampiekrk (adj-géncral). Lcttres sur la campagne de Ma-
rengo (" Rcvue de Paris,,, i5 giugno 1900); Fontana (Tullio). La
battaglia di Marengo raccontata al popolo (Alessandria, tip. Caz-
zotti, in-i6, pp. 184); Laurencin (P.). La bataillc de Marengo et la
niortde Desaix (" Rcvue hebdomadairc „, lógiugno 1900); Picard.
La charge dcs 400 à Marengo (" Arinéc illustrée „, 9 giugno 1900);
Picard. Le centcnaire de Marengo ("Journal des sciences mili-
taires „, giugno-luglio 1900). = Vedi sotto Centenario, Rivista.
■Ini'iiiiò (dott. Fr.). Giovanni Rasori e la malaria. — Rendiconti della
Associazione medico chirurgica di Panna, a. I, n. 7, luglio 1900.
Matrki (dott. Aless.). Le vestigia dei Longobardi in Ungheria. —
Givi d ale, tip. G. Fulvio, 1900, in-8, pp. io. ["Atti Congresso
storico nel centenario di P. Diacono „].
lUarCiiicngfO. — Super beati!'. Mariae Magd. Martinengo a Barco, et
77 Serv. Dei in Cochinchina, Tunquino et Sinarum imperio in-
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(" Festschrift der Stadt Mainz zum 5oo = Jàhrigen Geburtsstage
von Johann Gutenberg „).
Notizie anche per i tipografi tedeschi in Lombardia.
llaiiclieroiii. — Nel primo Centenario dalla morte di Lorenzo Ma-
scheroni, 14 luglio 1,900, [a cura del] prof. A. Fiammazzo. — Ber-
gamo, Istituto italiano delle arti grafiche, 1900, in-8, pag. 117,
COI) ritratto.
1. Della vita e delle òpere di Lorenzo Mascheroni: notizie di
Aloisio Fantoni. 2. Dieci lettere di Lorenzo Mascheroni. 3. Per
una nuova biografia di Lorenzo Mascheroni : date e documenti,
4. Delle ultime lettere di -Lorenzo Mascheroni. 5. Per la biblio-
grafìa e l'Invito a Lesbia: appunti.
llay (I.). Die Mailander Dcmosthenes Handschritt D 112 Sup. — Nette
philologische Rtmdschatt, n. io, 1900 e prec.
llaxerollc. Le "Journal de la Monnaie des Médailles „ 1697-1726.
— Gazette numisìiiatiqtie fran^aise, III, 1899, 3.° fase.
I n. 1060 e 1082 sono gettoni di Carlo II Gonzaga, duca di
Ncvers.
Hazzetti (Emilio). Bernardino Luini è di Lugano ? (Note artistiche).
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ROLT.ETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA .^yQ
Medili (A.). Sonetti [i3] per la Lega di Cambrai MDVIIL — P a-
dova, tip. Gallina, 1900, in-8, pp. 24 (Nozze Lazzarini-Sesler),
— e llorptirg^o (S.). La battaglia della Polesella, 22 dicembre 1609 :
narrazione inedita. — Padova, tip. fratelli Gallina, 1900, in-8,
pp. 18 [Nozze Frati-Silbermann].
Lettera estratta dal carteggio degli ambasciatori estensi a
Roma, nel R. Archivio di Stato di Modena. -= Agg. del Ciscato,
Gli avvenimenti del i5o9 nel Padovano, alcuni documenti inediti
(Padova, tip. Salmina, 1900, in-8, pp. 16).
llelani (Alfredo). The Chapel of S.- Peter Martyr in S. Eustorgio,
ÙNIilan. — The Architectural Revieiv, luglio 1900.
Nel The American Architect di Boston, n. 1268 (io marzo 1900)
è tradotto e riassunto lo studio di A. Melani sulla facciata del
Duomo di Milano già pubblicato nella Constriiciion Moderne.
— Il Musco Poldi-Pezzoli. Con ili. — Emporiiim, settembre 1900.
Vi si rende conto del riordinamento recente del Museo e si
parla sopratutto delle sue pitture.
— Decorations in terracotta in Upper-ItaU'. — The Journal of deco-
raiiv ylrfj ottobre 1900.
Vi si parla degli antichi monumenti di terracotta di Milano,
di Pavia e della Certosa, ecc., con gran lusso d'illustrazioni.
Hély (F. de). La Couronne de fer de Monza. Correspondance. — Rcvue
de l'art chrétien, novembre 1900.
* Meyei* (d.*^ Alfred Gotthold). Oberitalienische Fruhrenaissance. Bau-
ten und Bildvverke der Lombardie. Zweiter Theil: Die Bluthezeit.
Mit 14 Tafeln und 146 Abbildungen im Text. — Berlin, 1900,
Verlag von Wilhelm Ernst u. Sohn, in-4 ili., pp. vn-294.
Introduzione: Protezione artistica degli Sforza. — Cap. 1. 1 cor-
tili della Certosa. — Cap. II. La cappella Colleoni in Bergamo. —
Cap. III. Stile Bramantesco: Bramante in Milano, S. Maria presso
S. Satiro, S. Maria delle Grazie, Canonica di S. Ambrogio, S. Maria
di Abbiategrassc, S. Maria di Canepanova, Casa Fontana e altri pa-
lazzi in Milano, Palazzi bramanteschi fuori di Milano (Cremona.
Piacenza, Pavia). Chiese bramantesche in Lombardia (Incoronata
in Lodi, S. Maria in Busto Arsizio, S. Magno in Legnano, S. Maria
della Croce in Crema, S. Maria in Saronno). Classicismo braman-
tesco del periodo posteriore (S. Maria della Passione, S. Maria di
S. Celso, Cappella Trivulzio, L. da Vinci, Cortili nello stile del
Dolcebuono e di Cristoforo Solari). — Cap. IV. Facciata e navata
trasversale della Certosa. Tombe. — Cap. V. Il Duomo di Milano
nella prima rinascenza (Il tiburio, la torre dell'Omodco). — Ca-^
38o BIBLIOGRAFIA
pitolo VI. II Duonin (li Conio. — Cap. VII. La Chiesa dei Mira-
coli, la Loggia e i piccoli monumenti di Brescia (Palazzo del Monte
di Pietà). — Cap. Vili. S. Lorenzo in Lugano, la Madonna di Ti
rano. — Di questa importante pubblicazione riparlerà V Archivio.
* melici (I.). Essai sur Ics curiosités bibliographiqu«js de la Bihlio-
thcquc de Gap. — Bulletin de la Società d'études des Haittes-Alpes,
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Cornice intagliata in legno a traforo per un quadro di Palma il Vec-
chio, nel predetto Museo. Conili. — Arte Italiana decorativa, a. IX,
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Agg. nel n. 8 : Rotelle ed elmi fiel Museo Poldi-Pezzoli, sec. XV I -
XVI l (dettagli, senza testo).
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lettino, Brusoni, Buzzoni, Carota, Catalogo, Cipollini, Comaiulini,
Commentar iolum, Corio , Fabriczy, Fondazione, Frizzoni, Giannctti,
Cerini, Gerola, Haag , Herzog , Hermann, Kock , Lrprcri, Metani,
Meyer, Michel, Muzio, Paulus, Ratti, Ricci, Sanf Ambrogio , Schultc,
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in Milano alla presenza di S. Em. il Sig. Cardinale Arcivescovo
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Legnano del monumento della battaglia di Legnano. (Estr. dal pe-
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e tavole dilucidato.
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dite di G. B. Niccolini e Atto Vannucci. — Milano, Albrighi,
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BOLLETTINO DI BIBLIOGR AFLA. STORICA LOMBARDA 383
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Svizzera, a' tempi dello Zwingli; articolo tessuto sulla biografia
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Dell'Acqua, Dubois, Fabriczy, Filippini, Fumagalli, Galli, Gazzaniga,
Giulietti, H'ùttinger, Kauf marni, Maj occhi, Metani, Meyer, Nicoli, Oliva,
Potsz, Ricordo, Sant'Ambrogio, Schult:, Semeria, Storia, Tannery.
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et lettres politiques de 1498-1499. — Revue des langues romanes,
marzo-aprile 1900.
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d'Alviano à Louis XII (16 dicembre 1514). — Nuovo Archivio Ve-
ncto, t. XX. p. I, 1900.
— L'artillerie de Charles VIII et Florence. — La Correspondance hi-
storique et archéologique, 1900, settembre.
* Pellc^'i'inì (A.). Il Piccinino. — Zcifschrift f'.'.r romanische Philo-
logie, XXIV, 1900, 2-3.
Continuazione della pubblicazione del cantare in morte del
Piccinino, già segnalato in questo Archivio.
* Pellloi (S.). Guerrazzi e Bertani nel 1864 (lettere inedite). — Ri-
vista mensile di Casalmaggiore, a. I, 1900, n. 5-6.
* — Giuseppe Prina, ministro delle finanze del Regno Italico. Docu-
menti inediti. — Novara, tip. fratelli Miglio, 1900, in-8 gr.
pp. xv-i3i.
Se ne riparlerà.
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11 Gap. 3," / maestri Comacini menziona Jacobo maestro mar-
morario lombardo che fece contratto nel 1281 per lavori murari
assieme agli altri maestri lombardi Pietro Gerardo e Bonaventura:
menziona pure maestro Enrico e maestro Giroldo da Como che
nel 1267 costruì il battistero, e maestro Adamo di S. Vico di Val
di Lugano, Matteo di Lugano ed altri autori di muri per sbarra-
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phales de la Vallèe du Rhòne appartiennent a ce que Fon dé-
nomme Ics Celtes-Alpins (ou Rhétiens, ou Ligures, Rhéto-Ligures,
Celto-Ligures, etc. „).
Pittura (La) lombarda nel secolo XIX. — Milano, Società perle
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r
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA 385
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in-16, pp. 14 (Nozze Zannoni-Mazzoletti).
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Ilachelt (mons. Ant.). Commemorandosi nella chiesa di S. Francesco
di Brescia i defunti bresciani del secolo XIX, 4 gennajo 1900. —
Brescia, stab. tip. "Sentinella bresciana,,, 1900, in-8, pp. 18.
Kaiuhaldi (P. L.). La battaglia di Galliano e la morte di Roberto
da Sanseverino. (Con ili.). — Archivio Trentino, a. XV, fase. I
(Trento, 1900).
;* Ratti (dott. Achille). Un vescovo ed un concilio di Milano scono-
sciuti o quasi. Nota. — Rendiconti Istituto lombardo, s. JI, voi. XXXIII,
fase. XVI (1900).
Nota che rischiara un punto molto oscuro della storia eccle-
siastica milanese sul primo inizio del secolo VII, portando anche
luce sulle condizioni della chiesa africana alla stessa epoca.
Arck. btor. Lomb. — Anno XXVII. — hnsc. XXVIII. . 25
386 BIULIOGKAFIA
* llattl (clott. Achille). Poesie di Carlo Maria Maggi in manoscritti ro-
mani. Nota. — Rcndiconii htituto Lombardo, s. Il, voi. XXXIII,
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\'cdi Ada.
Rcffciita imperli VI. Die Urkunden Kaiser Sigmunds (1410- 1437),
vcrzcichnct von Wilh. Altmann. II. Bd. 3. (Schluss Llg.) (Nach-
tràge u. Rcgister zu Bd, I u. II), gr. in 8. — Innsbruck, Wa-
gner, 1900.
RelaKioiie della Commissione speciale in merito alla sistemazione
interna ed esterna del palazzo municipale. Loggia (Collegio degli
ingegneri ed architetti di Brescia). — Brescia, tip. Istituto Pa-
voni, 1900, in-8, pp. II.
Renier. — Vedi Liizio.
Rerum ItaliciEiriim Scrlptorcis. Raccolta degli Storici Italiani
del Cinquecento al Millecinquecento ordinata da L. A. Muratori.
Nuova edizione riveduta, ampliata e corretta con la direzione di
Giosuè Carducci, in-4 gr. a 2 col. — Città di Castello, Sci-
pione Lapi, edit., 1900.
Sono usciti i tomi I> parte I : La Historia Miscella di Landolfo
Sagace a cura di Vittorio Fiorini e Giorgio Rossi, e t. XXII,
parte IV: Le Vite dei Dogi di Marin Sanudo a cura di Giovanni
Monticolo.
Rcprodutioiiiii in Fac-iiimilc of Drawings by the old Masters
in the coliection of the Earl of Pembroke and Montgomery at
Wilson House. With Text hy S. Arthur Sthrong: Pa.Tt I. — Lon-
don, Colnaghi, 1900.
I. L. da Vinci. Disegno di un cavaliere sul destriero a galoppo,
e studio per la statua equestre dello Sforza. — 5. Cesare da Sesto.
Disegno per una santa famiglia. — 11. Maestro deW Italia settentrio-
nale. Disegno per il quadro attribuito nella Galleria Borghese a
Lorenzo Lotto.
Ricci (dott. Serafino). Le colonne di S, Lorenzo. — Ancora delle co-
lonne di S. Lorenzo. Per definire la questione archeologica. —
La Sera, 4 luglio 1900 e La Perseveranza, 29 luglio 1900.
* — Del metodo sperimentale nelle discipline archeologiche. Prolu-
sione pronunciata il 16 gennajo 1900 al corso di archeologia e
storia dell' arte presso la R. Accademia scientifico-letteraria di
Milano. — Firenze, Ufì&cio della "Rassegna nazionale,,, 1900,
in-8; pp. 32.
* — Le gipsoteche d'arte in Italia. Lóro carattere e loro importanza
per gli studi archeologici e artistici. (A proposito della fondazione
I
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA 38?
ì
di una gipsoteca d'arte a Milano). — Messina, tip. della "Ri-
vista di storia antica „, i.° giugno 1900, in-8 gr., pp. 22.
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e P. M. Molmenti, 29 ottobre 1899. — Oderzo, tipografia ditta.
G. B. Bianchi, 1900, in-8, pp. 41.
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della, Friedjimg, Helfcrt, Lepelleiier, Locaietli, Luzio, Negri, Nì'irn-
berger, Orsi, Ostcrmann, Par oli, Pellini, Piccioni, Quinci, Santa Rosa,
SaiwiHf Struggle, Torresani, Variali, Venturelli, Vita, Wymann.
* Riva (Giuseppe). Episodi inediti della ritirata di Garibaldi a Monza.
— La Sera, 5-6 dicembre 1900.
* Rivista di storia, arte, archeologia della Provincia di Alessandria.
Fascicolo speciale dedicato alla storia del periodo Napoleonico
in occasione del Centenario della Battaglia di Marengo. (Anno IX,
fase. XXX), in-4 ili. — Alessandria, tip. G. Chiari, 1900.
PiTTALUGA (V.). La Battaglia di Marengo. — Trucco (A. F.).
La Battaglia di Marengo ed il piano di guerra della seconda cam-
pagna d' Italia, Appunti storici e militari. — Gasparolo (F.). Ales-
sandria nel periodo Napoleonico, 14 giugno 1800-1802. — Bruz-
zoNE (Pier Luigi). La statua di Napoleone Bonaparte a Marengo.
Rolierti (co. Tiberio). Il Mantegna a Bassano. — Arte e Storia, n. 11,
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marie. — La famille de Bayart. Reste-t-il des armes ou autres
objets ayant appartenu authentiquement à Bayard? — Reviie dau-
phinoise, maggio e settembre 1900.
* Romano (G.). Gli studi storici in Italia allo stato presente in rap-
porto alla natura e all'ufficio della storiografìa. — Pavia, Suc-
cessori Bizzoni, 1900, in-8, pp. 28. (Estr. " Rivista filosofica „, vo-
lume III, 11. 3).
* — Niccolò Spinelli da Giovinazzo diplomatico del secolo XIV. Ca-
pitolo V. N. Spinelli gran cancelliere del regno di Sicilia e sini-
scalco di Provenza (1867-1372) [cont.). — Archivio storico per le Pro-
vincie napoletane, a. XXV, fase. II-III (1900).
^Rofisl (avv. Giuseppe). Memorie sulla battaglia di Legnano. Confe-
renza tenuta in Legnano il giorno i3 maggio 1900, a beneficio del
monumento. In-8 gr., Gallarate, 1900.
Loiivet (Massillon). Une ambassade à Rome sous Henri IV. Charles
de Gonzague, due de Nevers, d'après une rarissime relation de
1608. — Nevers, impr. Cloix, 1900, in-8, pp. 27.
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pagnie, 1749-1751 {cont). — L'Ami^des nwfiitmetits et c/es arts, vo-
lume XIV, n. 77 (1900).
." Hiililnl (avv. Filippo). Parini che ride. Atto unico. Premiato con
diploma d' onore alla io.''* gara indetta dal giornale " Scaramuccia „
di Firenze. — Torre Annunziata, tip. edit. G. Maggi, 1898,
in-8, pp. 62.
L'azione ha luogo in una .suntuosa Villa del Lario.
RubMam (I.). Aus der Urzcit der modernen Post (1425- 1562). — Hi-
storisc/ies lahrbiich di Monaco, XXI, I, 1900,
Notizie sulla vita dei corrieri, specialmente Milanesi, la quale
sotto F. Maria Visconti era faticosissima.
* ^alaxar (L.). iStoria della famiglia Salazar. — Giornale araldica-
genealogico, a. XXVI, 1898, fase. VI [1900].
* ìSallesii (G.). Un traitre au XVI" siècle, Clement Champion, valct de
chambre de Fran9ois I^''". — Revite des questions historiques, i,° lu-
glio 1900.
Champion, che dal i5i9 al i525 aveva compiute diverse im-
portanti missioni, svelò a Carlo V, nel i525, il segreto del com-
plotto organizzato da Cavriana per 1' evasione di Francesco I.
Saltet (L.). Un texte nouveau: la " Dissertati© Maximini contra Am-
brosium,,. — Bnlletin de littérature ecclésiastique, n. 4, 1900.
Protesta ariana contro la procedura del concilio di Aquilea
del 38i che aveva deposto Palladio e Secondiano; lavoro prezioso
(secondo la Revue historique, LXIII, 1900, p. 410) per le citazioni
che contiene di Aussenzio e di Palladio e per i nuovi dettagli
che offre per la vita e la dottrina di Ulfìla.
Sali^'atore (A.). Rileggendo il Bandello. — Le Grazie, li, 3 (1900)
[v. Morellini'j.
Scalveranno (F.). La Pittura Cremonese — // Torrazzo di Cremona,
n. IO, 1900.
* Salvioiii (Carlo). Bibliografia dei Dialetti Ticinesi. — Bell inzona,
tip. C. Salvioni, 1900. [Nozze auree Salvioni-Borsa ', in-8, pp. 17.
— La biblioteca di Carlo Porta. — La Perseveranza, 28 sett. 1900.
— Lomb. skérpa, corredo, ed altre etimologie [bergamasche, pa-
vesi, ecc.], — Archivio glottologico italiano, XV, 864-69 (Torino, 1900).
— A proposito di amis lomb. — Romania, 1900, pp. 547-558.
I
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BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA 38q
"Sant'Ani broglio (Diego). Il cilicio di Santa Caterina da Siena, nel
borgo di Carpiano; — Nel Museo di Porta Giovia: "Il Maestro
di S. Trovaso „ ; — La Colonna Antoniana nel Museo di Milano; —
Un Medaglione artistico nel chiostrino di S. Maria delle Grazie
in Milano; — Una questione iconografica nel chiostrino delle
Grazie; — Una lapide storica in Milano del 1707; — Nel Museo
di P. Giovia: La tomba di Gastone di Foix e le sculture del Bam-
baja; — Le antiche case di Vaprio e di Concesa per la custodia
del Naviglio. — Lega Lombarda, 22, 24 e 26 giugno ; 8 luglio ; 22
luglio; 23 settembre; io, 27 e 28 ottobre 1900.
— Nel Museo di Porta Giovia in Milano. " La statua orante di Cate-
rina Visconti „. — La lastra tombale del Folperti nella Certosa di
Pavia. — Arte e Storia, n. i3-i4, 18-19, 1900.
— Lo zodiaco del finestrone di San Domenico in Casale Monferrato.
— Astrofilo, 3 luglio 1900.
— Suir originario aitar maggiore della Certosa di Pavia, ora a Car-
piano. — Cosmos catholiciis, di Roma, n. 14, 1900.
* — Il pulpito nel refettorio della Certosa di Pavia. — Nel Museo di
Porta Giovia: Il pallio o trittico di Vighignolo. — Il Monitore tec-
nico, n. 22, 28, 1900.
* §»aiiita Rosia (Santorre Derossi di). Carlo Alberto di Savoia-Cari-
gnano e sue relazioni con Santorre, Pietro e Teodoro di Santa
Rosa. — Torino, tip. Roux e Viarengo, 1900, in-8, pp. 3i.
Agg. : Fiorini (Vittorio). Gli scritti di Carlo Alberto sul moto
piemontese del 1821. Roma, Soc. edit. D. Alighieri, 1900. [" Biblio-
teca storica del risorgimento italiano „, s. I, n. 12].
^aiivin (G.). Un pélerinage patriotique à Solferino. — Reviie hebdo-
madaire, 28 giugno 1900.
Scafi (dott. Arduino). Voltaire, Pezzana, Pecis. — Rivista delle Biblio-
teche, a. XI, voi. XI, n. 7-9 (1900).
§icaraniclla (G.). Relazioni tra Pisa e Venezia (1494-1496). — Studj
Storici, IX, 2.
" <t|»cliellliafiii (K.). Akten uber die Reformthàtigkeit Felician Nin-
guarda's in Baiern und Oesterreich, 1572-1577 [cont.). — Ouellen
und Forschungen, dell' Istituto storico Prussiano, in Roma, voi. Ili,
fase. II (1900).
Atti per Fattività riformatoria di Feliciano Ninguarda in Ba-
viera ed in Austria, 1572-1577. — Continuazione dell' importante
memoria.
* MfliiniMirclll. — Omaggio airastronomo G. V. Schiaparclli. —Mi-
lano, tip. Menotti B., 1900, in-4 fìg., pp. 86, con ritratto.
I. Lettera degli astronomi italiani al prof. Schiaparelli. 2. Prima
del 3o giugno 1860. 3. Dopo il So giugno 1860. 4. Bibliografia degli
scritti di G. V. Schiaparelli.
* Scliuelinrclt (H.). Zu oberital. bórrcr u. s. \v. Rom. Etyni. II, 182.
— Zeitschrift fi'ir romanische Philologie, XXIV, 1900,2-8, p. 417-18.
* Scliiilte (prof, d.' Aloys). Geschichte des mittelalterlichen Handels
und Vcrkehrs zwischen Westdeutschland und Italien mit Auss-
chluss von Venedig. Herausgegb. von dcr Badischen Historischen
Kommission. I. Band: Darstcllung; II. Band: Urkunden. Mit 2
Karten. •— Leipzig, Verlag von Duncker und Ilumblot, 1900,
gr. in-8, pp. xxxii-742 e 358 con 2 carte geogr.
Di quest' importante opera consacrata alla storia del com-
mercio medioevale tra la Germania del Sud e l'Italia, in ispecie
la Lombardia, V Archivio si occuperà nel p. f. fascicolo.
Scli^veitxer (Eugenio). La Scuola pittorica cremonese (Ricordo del-
l'Esposizione d'arte sacra in Cremona). Con ili. L'Arte, a. Ili, 1900,
fase. I-IV.
Boccaccio Boccaccino — Galeazzo Campi — Tomm.aso Aleni
— Lorenzo Becci — Francesco e Filippo Tacconi — Galeazzo Ri-
velli della Barba — Antonio Cicognara — Altobello Ferrari, detto
Melone o Melloni — Gian Francesco Bembo — Giulio Campi —
Bernardino Gatti detto il Solaro.
* Segre (prof. Arturo). La politica sabauda con Francia e Spagna
dal i5i5 al i533. Memoria. — Memorie della R. Acc(idemia delle
scienze di Torino, serie II, tomo L (1900).
* Semeria (p. Giovanni). Il cristianesimo di Severino Boezio. —
Studi e documenti di storia e diritto, a. XXI, fase. I-III (1900).
Serena (Augusto). Pagine letterarie. — Roma, tip. Forzani, 1900, in-8.
4. Le rime a stampa di Francesco di Vannozzo da Volpago
[poeta visconteo]. 7. A proposito di una raccolta; noterelle pari-
niane.
* Sforza (G.). La nuora e la figlia di Francesco Malaspina. — Gior-
nale storico della Liguria, a. I, 1900, fase. VII-IX. .
Si discorre di Ippolita, figlia di Ettore Fioramonte, generale
delle armi di Lodovico il Moro, maritata a Lodovico, figlio di
Francesco Malaspina, e della sua figliolanza. Portò in dote alma-
rito, per dono appunto del Moro che aveva voluto quel matri-
monio, la pieve di Desio, Gambolò e Villa S. Vittore. La benevo-
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA Spi
lenza del Moro per l' Ippolita e per i di lei figli rimase tradizionale
nella famiglia Sforza e lo prova anche una lettera di Massimiliano
Sforza , da Cusago , 6 marzo i5t4 , riportata dallo S. Ma egli
avrebbe potuto dire di più della bella Ippolita, signora di Scal-
dasele, che figura nelle novelle del Bandelle e nelle opere del
Brantóme e d'altri erotici del tempo. Il di lei ritratto è a vedersi
nel celebre codice delle belle donne milanesi, del Nuceto, in Tri-
vulziana.
Sforza. — Un interessante bicchiere sforzesco [nel Museo di P. Gio-
via]. — Domenica del Corriere, n. 44, 1900.
Sforza e Visconti. — Vedi Arciy Bar zizza, Becker, Beltranii, Bongi,
Cabanés, Dallari, Dalla Scala, Fumi, Gerola, Giulietti, Gtdgne,
Her marni, Kraus, Liizio, Mandrot, Medin, Morelli, Morellini, Nota,
Novara, Omont, Pélissier, Pellegrini, Pércopo, Parini, Periodico, Poli,
Pozzoli, Rambaldi, Riva, Romano, Rochas, Ri'ibsam, Salles, Scara-
mella, Segre, Serena, Sforza, Tosata, Zippel.
!SicÌliaifto Villaniieva (Luigi). SulF influenza longobarda nella po-
litica ecclesiastica normanna. [Pel 5o.° anno d' insegnamento del
prof. Francesco Pepere: scritti. — Napoli , 1900, tip. soc. coo-
perativa tipogr.].
— Saggio di bibliografia della storia dei Comuni Italiani. — Rivista
di storia e filosofia del diritto, voi. IL — Palermo, 1900.
S»ig;nori (E.). Alcune opere d'arte in Cremona. Con tav. e ili. — Arte
italiana decorativa, a. IX, n. 6, 1900.
Pace del Moderno — Cornice di Pala d' altare nella chiesa
di S. Giovanni in Croce a Cremona — Arcibanchi già in S. Sigi-
smondo, ora nel Museo Civico — Candelabro nella Cattedrale di
Cremona — Pianete e paliotto d' altare regalato da Francesco I
alla chiesa di Pizzighettone — Quadro di A. Campi in S. Sigi-
smondo a Cremona — Base del busto di S, Ceroide nella chiesa
di S. Maddalena a Cremona — Ornamenti di pilastro dipinti in
una tempera della chiesa di S. Michele in Cremona.
— Il palazzo Raimondi a Porta Milano. — // Torrazzo di Creir.ona,
n. IO, 1900.
!liimon»relcl (H.). Nochmals die Wahl Friedrich Rothbart's. — Hi-
storische Vierteljahrsschrift, fase. III, 1899.
Ancora dell' elezione di Federico Barbarossa.
* Atmirag^lia Scoj^naiiilg;lio (d.' Nino). Ricerche e documenti sulla
giovinezza di Leonardo da Vinci (1452-1882). Memoria premiata
dal R. Istituto Lombardo di scienze e lettere. — Napoli, Ric-
cardo Marghieri, 1900, in-8 gr., pp. x-159.
L
3()2 lUHIJOdHAriA
JS«»liiil (Kciinondo). Leonardo da Vinci (14521519). — Firenze,
G. Barbèra, 1900, in-16, pp. vi-240 con ritratto.
I. Il primo trentennio in Firenze. 2. La corte dì Lodovico il
Moro. 3. 11 tempo della vita errante. 4. Appendici.
SouvoRov. — Vedi Blum, Leupold, Stremoitkhov.
Stearn» (Frank Preston). The midsummer of italianart; t oiiLajiuiig
an cxamination of the works of Michel Angelo, Leonardo da Vinci,
Raphael Santi, and Correggio. Rev. ed. — New -York, Putnam,
1900, in-16, pp. 327.
Sterlocelii (sac. Lorenzo). La Valle Mesolcina. Schizzi. — Como,
tip. Casa Divina Provvidenza, 1899, in-24, pp. 72.
Schizzi storici affatto inutili intorno alla Mesolcina, già feudo
dei Trivulzio.
Storia (Per la) del libro in Italia nei secoli XV e XVI: notizie rac-
colte a cura del Ministero della Pubblica Istruzione. — Firenze,
Leo S. Olschki, 1900, in-8, pp. xn-i23, con tavola.
■ 5. Milano. 8. Pavia, io. Cremona.
— del santuario della Madonna dei Miracoli presso il Borgo di Rho,
con l'aggiunta di una visita descrittiva al santuario e di alcuni
cenni intorno al collegio degli oblati missionari. — Milano,
stab. tip. pont. A. Bertarelli, 1900, in-24 fi&\» PP- 126 con 5 tav.
SStremoukhov (M.) i Sniaii!«kii (P.). Zizn Suvorova v khudojestv,
izobrajeniiakh. (Vita di Souvorov in ritratti, ecc.). — Moskva,
Knebel, in-4, pp. 396.
Per la biografia del Souvorov agg. le seguenti opere russe :
PoLEVoi (N. A.). Istoriia kniazia italiiska go grata Suvorova-Rym-
nikokagov (Moskva, I. Morozov, in-8, pp. 340) ; Usov (P.). Istoriia
Suvorova (S.^ Pétersbourg, Wolf, in-8, pp. 297) ; Roudakov (V. E.).
Generalisimus kniaz A. V. Suvorov (S.' Pétersbourg, imp. Su-
vorin, in-i2, pp. 240); Chevliakov (M.) i Chtchegolev (Jar.). Swo-
rov V anekdotakh (S.- Pétersbourg, Ivan Ivanov, in-8, pp. 167);
Pétruchevskh (A.). Geneneralissimus kniez Suvorov (S.^ Péter-
sbourg, imp. Stasiulevitch, in-8, pp. 818); Vasilev (E.). Suvorov.
Otcherkego voemoi (La carriera militare di vSouvorov) (Vilna,
imp. de TEtat Major, in-8, pp. 278); Dragomiroff (general). Sur
Souvorov. (" La Revue de Paris „, i5 ottobre 1900).
Stroppolatini (d/ G.). Di una nuova osservazione sui Promessi
Sposi di A. Manzoni. — Catania, tip. Sicula di Monaco e Mol-
lica, 1900, in-16, pp. 19.
SU'ug-gle (The) for Italian Independence (1815-1849). — The Edin-
burgh Review, aprile 1900.
ì
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA 3g3
Rassegna delle pubblicazioni del Probyn (New-York, 1891),
dello Stillman (Cambridge, 1898) e del King (Londra, 1899).
* Stiickelherg (E. A.). Heraldische Analekten. (Separatabdruck aus
dem " Schweiz. Archiv fiir Heraldik „, Jahrg. 1897-1900). ln-8.
Si danno gli stemmi delle famiglie Galbiati e Induno tolti dal
celebre codice trivulziano (n. 1890) degli stemmi lombardi. —
S'aggiunge lo stemma dell'arcivescovo di Milano Bartolomeo
Capra morto in Basilea.
Studi Eporediesi di B. Vesme, E. Durando, A. Tallone, C. Pa-
trucco. — In-8 gr. P i n e r o 1 o , tip. Chiantore-Mascarelli, 1900.
[" Biblioteca della Società Storica Subalpina „, diretta da F. Ga-
botto, VII].
Baudi di Vesme (Benedetto). Il re Ardoino e la riscossa ita-
lica contro Ottone III ed Arrigo I. — Tallone (Armando). Ivrea
e il Piemonte al tempo della prima dominazione francese (i536-
1559). — Patrucco (Carlo). Ivrea da Carlo Emanuele I a Carlo
Emanuele III.
fiupplementuiii sive Auctarium Solesmense ad utramque I. P, Mi-
gne Patrologiam Series liturgica. T. I: Veterum Ambrosianae li-
turgiae monumentorum absoluta collectio nunc primum e codi-
cibus eruta, I, i. Codex sacramentorum Bergomensis. — S o 1 e s-
mes, imp. Saint-Pierre, 1900, in-8, pp. 208.
Tamaiisia (Nino). Paolo Diacono. Discorso letto in Cividale il 4 set-
tembre 1899. — Cividale, Giov. Fulvio, 1900, in-8, pp. 3i.
Tannery (P.), Notes sur la Pseudo-Geometrie de Boèce. — Biblio-
theca Mathematica dell' Enestròm, 3."^ s., voi. I, fase. l-II (Lipsia, 1900).
Tarozzi (Gius.). Menti e caratteri. In-8. — Bologna, Zanichelli,
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Tartaglia. — A Ms. of Tartaglia. — The Athenaeum, n. 8789 (1900).
Tedeiiciii (Achille). La beneficenza a Milano: Il Pio Albergo Tri-
vulzio. — Illustrazione italiana, n. 84, 36, 87, 1900, con ili.
* — (Paolo). Di alcune opere di Calisto Piazza e di vari cimeli lodi-
digiani conservati a Milano, — Lodi, tip. C. Dell'Avo, 1900,
in-16, pp. 28.
Opere di Calisto nel Monastero Maggiore, a S. Maria alla
Porta, sullo scalone della Biblioteca di Brera e nella Pinacoteca
omonima. — Ara con bassorilievi, elmo e camino Grifi di Lodi-
vecchio, pugnale pescato nell'Adda, medaglione con busto dal
394 BIHLIOGKAHA
palazzo dejla famiglia Rho in Borghctto Lodigiano , terracotta
dell'antico Ospedale e cornice intagliata lombarda con dipinti
provenienti dall' Incoronata di Lodi nel museo di Porta Giovia.
TerllzKt (prof. Mauro). Studio su La Cecilia di A. Manzoni. — Fi-
renze, Scuola tipogr. Salesiana, 1900, in-16, pp. 29. (Nozze Ter-
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Tononi (G.). Il monumento della vittoria di Legnano. — Rassegna
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* Tordi (D.). La stampa in Orvieto nei secoli XVI e XVII. — Bol-
lettino della R. Deputazione di storia patria per V Umbria, a. VI, fa-
scicolo II (1900).
II. Un libraio in Orvieto, i532 [domanda, accolta favorevol-
mente, di Ovidio, detto il Milano (da Milano?) per impiantare il
suo commercio in Orvieto, (Suplicatio Ovidij alias Milano librarij)].
Torresani (baron Cari). Von der Wasser bis zur Feuertaufe. —
D r e s d e n u. Leipzig, Pierson, 1900.
Dal battesimo dell'acqua a quello del fuoco; memorie del
troppo noto direttore generale della polizia in Lombardia dal 1828
al 1848, raccolte da un suo nipote. (Cfr. Corriere della Sera, n. 189,
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Tosattl (can. Pellegrino). Un veterano dell' esercito di Filippo Maria
Visconti: dramma in 3 atti. — Modena, tip. pont. dell'Imma-
colata Concezione, 1900, in-16, pp. 67. [" Piccolo teatro delle case
di educazione „, fase. iiS].
Toiicbi (G. B.). Lelio Orsi da Novellara, pittore ed architetto (i5ii-
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Tiisxo^vskl (lozefj. Muntz et Léonard de Vinci. — Przeglad Pows-
zechny, settembre 1900.
Trivulzio. — Vedi Bongi, Sterloccin, Tedeschi.
Valtellina. — La Madonna delle Grazie venerata nella prepositu-
rale di Regolo in Valtellina: cenni, grazie, preghiere. — Ber-
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— Porta della chiesa di S. Pietro in Berbenno di Valtellina. Con ili.
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Vanbianclii (Carlo). Raccolte e raccoglitori di autografi in 'Italia. —
Milano, U. Hoepli, edit., 1900, in-24, pp. xiij-376, con 46 ritratti,
53 fac-simili e 3 tav. (" Manuali Hoepli „).
ì
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMBARDA '^qS
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4 giugno 1859 : ode (con libera traduzione francese in prosa). —
Milano, tip. Ant. Vallardi, 1900, in-8, pp. 8.
Vc^exzi (can. P.). Inscrizione etrusca a Tesserete. — Glorie citta-
dine: Urbano VII [Castagna] è di Lugano. — Corriere del Ticino
di Lugano, n. 182, 2o3 segg., 1900.
Agg. del Vegezzi: Le Mont S.^ Sah^atore. Souvenir de Lugano
(Lugano, imp. Tessin-Touriste, 1900, in-i6 ili., pp. 36).
— Note e riflessi sulla prima esposizione storica in Lugano. Voi. II,
in-i6 ili. — Lugano, Grassi, 1900.
Con molte notizie sui diversi artisti della plaga luganese emersi
in Italia e fuori.
Vcnturelli (Elisabetta). Luciano Manara: biografìa con documenti
inediti. — Prato, tip. Giachetti, 1900, in-8, pp. 89.
Venturi (Adolfo). I quadri di scuola italiana nella Galleria Nazio-
nale di Budapest. Con ili. — L'Arte, a. Ili, 1900, fase. V-VIIL'
Ambrogio Borgognone — Due quadri di Bernardo Luini —
Aurelio Luini — Giampietrino-Boltraffìo — Copia da Cesare da
Sesto — Palma Vecchio-.
Verner von Heiclentitaiii. Ueber den Splugen. — Die Wage,
Wiener Wochenschrift, n. 3i, 1900.
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longobardo.
Virgilio» — Bellino (H.). Studien iiber die Compositionskunst Ver-
gils in der Aeneide. — Leipzig, Dieterich, in-8, pp. vii-25o.
Agg. per gli studi vergiliani: Boltenstern. Schillers Vergil-
studien. Teil II (Programma Ginnasio di Kòslin, in-4, pp. 21);
Burghclere. The Georgics of Virgil (" Nineteenth Century „, feb-
brajo T900); Cavicchi. Il lib. IV delle "Georgiche,, di Virgilio e
" Le Api „ di G. Rucellai (" Rivista Abruzzese „, XV, 8-4); Gran-
GER (F.). Folklore in Verg. Bue. IV, 48, Aen. 282; 898 (" The Clas-
sical Review „, voi. XIV, n. 2); Grappa (prof. M.). Dizionario per
le Georgiche di Virgilio (Torino, tip. Salesiana, in-i8); Kroll. (W.).
Studien iiber die Composition der Aeneis (" Jahrbtìcher fur clas-
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gilianae (Palermo, Sandron, in-8, pp. 164).
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\ iMiiitira (dott. Fcl.). L'invettiva, arma preferita dagli umanisti nelle
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belle arti: dall' Hayez ai fratelli Induno. — Mantegazza (P.). A 16
anni sulle barricate di Milano. — M arazzi (Fort.). Volontari e re-
golari alla prima guerra dell'indipendenza italiana.
ViCta<lini (G. B.). I nostri nuovi musei. — Corriere della Sera, n. 24,
25 settembre 1900.
A proposito del breve estratto di uno studio pubblicato dalla
%'olla (A. juniore). Alessandro Volta e il suo tempo; conferenza, col-
r aggiunta della lettera inedita al P. Barletti (1777) sulla pistola
elettrica. — Milano, P. Carrara, 1900, in-8 fig., pp. i5i, con ri-
tratto e fac-similc.
Volta* — Lettre d'Alex. Volta à sa lemme. — Intermédiaire des cìier-
cheurs et ciirieux, 22 maggio 1900.
Volta. — Vedi Almanacco, Contini, Fossati, Geronimi, Kneller.
Volynskii (A. L.). Leonardo da Vinci. — Saint-Pétersbourg,
Marx, 1900, in-4, pp. 722 et fig.
^%'eift»liaiipt (M.). Das Abendmahl des Leonardo da Vinci. Mit i
Stahlstich. — Neuen-Dettelsau, Buchhandlung der Diako-
nissen-Anstalt, 1900, in-12, pp. 3i.
Il Cenacolo di Leonardo da Vinci, con i ine. in acciajo.
^%'olff(d.'" Fritz). Michelozzo di Bartolomeo. Ein Beitrag zur Geschichte
der Architektur und Plastik im Quattrocento. — Strassburg,
Heitz, 1900, in-8 lex., pp. vn-io3. [" Zur Kunstgeschichte des Aus-
landes „ lì],
Michelozzo di Bartolomeo. Contributo alla storia dell' archi-
tettura e della plastica nel quattrocento.
Wusiclicr-ltccclii (H.). Italische Stàdtesagen und Legenden. —
Leipzig, Friedrich, in-8, pp. xv-2io.
Galvano Fiamma è tra le fonti alle quali FA. ricorre con fre-
quenza.
*
BOLLETTINO DI BIBLIOGRAFIA STORICA LOMfARDA ?>[}"
HVyiiianii (Eduard). Die schweizerischen Freiplàtze in den erzbi-
chòflichen Seminarien Mailands. — In Monat-Rosen, i5 agosto 1900
prec. e seg.
Le piazze libere per gli studenti svizzeri nei seminari arcive-
scovili di Milano. (Interessanti articoli per la storia del Seminario
di Milano durante il 1848-1849).
Zaiiitierletti (Teodoro). Il giuramento di Pontida : dramma storico
in tre atti. — Milano, tip. dott. G. Martinelli, 1900, in-8, pp. 44.
Xidimeco (G.). La Valle Seriana : guida descrittiva, storica, artistica
e pratica (da Bergamo a Gandino e elusone). — Milano, An-
tonio Vallardi, edit, tip., 1900, in-i6 iìg., pp. 78, con tavola.
J^ippel (G.). La morte di Roberto da Sanseverino nella poesia con-
temporanea. — Ricordo del VII Congresso della Lrga Nazionale
(Arco, 1900, p. i23-ii^8).
Dà conto del Somnimn Romaniini dell' umanista mantovano
Battista Spagnoli,
APPUNTI E NOTIZIE
/^ Del ricupero di un marmo disperso di Santa Maria delle Gra-
zie IN Milano. — Già fu data notizia, in altro dei periodici cittadini (i)^
come sia stata recentemente rinvenuta nell'area dell'antico convento
dei domenicani e opportunamente collocata su una parete del chio-
strino di Santa Maria delle Grazie, una lastra tombale di poca im-
portanza per sé ma la cui breve epigrafe rettifica quella riportata dal
Valeri e dal Fusi e trascritta a pag. 414 del III volume delle Iscri-
zioni milanesi dal Cav. Forcella.
Chiudeva quel marmo l'antico deposito funebre dei Frati conversi
di quel cenobio, con iscrizione lambiccata allusiva al riprendere che
fa la madre terra quanto ha prestato ai viventi, cosi testualmente
espressa :
vniversorvm parens terra
QvoT F[ratribvs] conversis S. Mariae
gratiarvm mvtvaverat hic recipit.
Ora, un altro marmo sepolcrale di questa stessa chiesa, che ha
attinenza con quello testé citato, per costituire l'analoga bocca di
chiusura della tomba, non già dei conversi, ma dei padri stessi di
San Domenico, esiste tuttora in Milano, mentre credevasi disperso coi
molti altri del tempio, e vedesi fra varie anticaglie conservate sotto
il portico che conduce alla sagrestia della chiesa di Santa Maria del
Carmine in Milano.
È desso una lastra marmorea, delle dimensioni di 5o cent, di lar-
(i) La Lega Lombarda, del 22 luglio 1900, N. igS.
APPUNTI E NOTIZIE 3qq
ghezza per un'altezza di cent. 60, che, adorna nel mezzo di una
corona a nastri collo stemma dell'Ordine oggidì pressoché afìatto
obliterato, porta in basso la scritta:
ORBIS FAMA * MAVSOLEV * CINERES
SPIRITVS • AETHER " PATRVM
S. MaRIAE GrAR • ASSERVAT '
•
Il Forcella riproduce questa epigrafe a pag. 413 del III volume
delle Iscrizioni milanesi ^ quale gli venne dato di rilevare dal Valeii
(car. 102) e dal Fusi (Pars secunda, cart. 178 v., n. 742), ma il marmo
rinvenuto rettifica in asservat Y osservai, trascritto in quei testi.
L'affinità nelle dimensioni di entrambe le lapidi testé descritte,
e più nel lavoro scultorio e perfino nella grafìa e nello stile epigra-
fico delle due iscrizioni induce a ritenere che esse si facessero
simmetria un giorno nel pavimento della chiesa di Santa Maria delle
Grazie, e avessero l'egual data degli ultimi decenni del XV secolo.
E poiché il reperimento della seconda di tali lapidi in luogo di
deposito aftatto provvisorio della chiesa del Carmine, offre 1' oppor-
tunità della rimozione sua dal porticato sotto cui trovasi senza troppo
grandi difficoltà, s' esprime il voto che la Fabbriceria di detta chiesa,
air uopo officiata, si compiaccia di concedere la cessione di detta la-
pide a cui spetta provvedere pel tempio di Santa Maria delle Grazie,
perché venga collocata nel chiostrino surricordato accanto alla lastra
tombale analoga dei Frati conversi, come marmo di compendio un
giorno di quel monumentale edifìcio. (D. Sant'Ambrogio).
/^ Della vita e delle opere inedite di Giovanni de Bonis, d' Arezzo
poeta alla corte di Gian Galeazzo Visconti ed addetto alla libreria
del Duomo di Milano, s'è occupato in quest'Archivio (XVllI, 1898) il
prof. Enrico Carrara. Ma anche egli, malgrado ricerche estese, ha
recato pochi ragguagli biografici dell'umanista aretino.
A' tempi del de Bonis oravi pure in Milano un suo conterraneo
ed omonimo, Giovanni de' Corvini di Arezzo, amico di Vittorino da
Feltre, segretario ducale, conte palatino e possessore di una scelta
biblioteca, illustrata già dal Sabbadini. Ed è spesso nata confusione
tra i due Giovanni d'Arezzo.
400 APPUNTI E NOTIZIE
Un parlici)laic biogratìco, possiamo aggiungere dcducendolo da un
Registro di Lettere ducali dal i389 al 1896 intorno al de Bonis con-
servato tra i mss. donati dal rag. Fornicntini alla nostra Società Storica
ed è quello di cui si giovò ultimamente il prof. .Seregni per il Regesto
Visconteo in corso di laxoro. Veramente non trattasi del completo Regi-
stro delle lettere ducali, che è andato smarrito ed invano si cerca negli
archivi cittadini, ma di uno spoglio abbondante del medesimo; dove
appunto sotto l'anno 1892 leggesi: " Dominus Joannes de Bonis de
Aretio sapiens vir, jurisperitus et dilectus creatur a domino judex Male-
fitiorum Mediolani et Comitatus, abrogato uno ex duobus elcctis a
Potestale prò ejus Curia ad sex menses cum salario floren. 100 omni
semestre, detractis prò eo salario floren. 10 qui solvebantur Potestati,
et prò reliquo abrogatur sollicitator (i). „ Con decreto in data di Pavia
24 maggio 1893, il de Bonis veniva sostituito nel suo ufficio per sei mesi
dal pavese Antonio de' Cristiani, della famiglia del celebre notajo
Calciano, illustrato dai proff. Romano e Majocchi. Ai differenti Aretini
di quei tempi vissuti alla corte viscontea, vuoisi aggiungere Bertolino
de Bonis, referendario di Milano nel 1893 (cfr. Osio, I, 3o8); e tra i
vicari di provvisione il giureconsulto Antonio de' Foglioni, subentrato
agli 8 agosto 1893 a Bandellino de Bandelli, e in carica ancora nel 1895.
(cfr. il citato Registro Formentini, ed il Cod. Triv. 1812). Ed altro poeta
aretino alla corte di G. Galeazzo Visconti non era forse Braccio Bracci?
^\ Nella storia sforzesca e più particolarmente in quella del castello
di Milano, dov' era ducale capitano alla sua custodia, ricorre frequente
il nome di Ambrogio da Longhignana, imparentato anche coi Borro-
meo. Ora il suo vero casato, fin qui ignorato, era quello dei Rimoldi
— (Ambrosius de Turate dictus de Longhignana e figlio del qm. domino
Donato) — e risulta da un istrumento notarile 4 aprile 1470, a rogito
Maffeo Suganappi. In quel medesimo anno (20 marzo) veniva infeudato
di Porlezza, mentre una sua figlia Maddalena, moglie di Giacomo Cor-
renti, faceva testamento ai 13 febbraio 1494, essendole premorto il padre.
(i) Il marchese Vercellino Maria Visconti, uomo d'armi e racco-
glitore paziente di documenti storici milanesi (y 1669), che vide il
volume delle Lettere ducali ancora nell'Archivio della città di Milano,
aggiunge la data precisa del decreto: 1892, 18 marzo, Milano. [Codice
Trivulziaiio, 1821, fol. OO, IV).
APPUNTI E NOTIZIE 40 1
{Not. Boniforte Gira, Codice Trivulziano, n.° 1824, Ibi. 690; n.^ 1828,
fol. 342 e Arch. di Stato filza 8.% n.° 19).
/^ Si è celebrato a Magonza nel giugno p. p., e con solenne pompa
di feste, il 5.° centenario della nascita di Gutenberg ed in tale occa-
sione fondavasi pure un Museo Gutenberg. Anche l' Italia prese parte
alle feste con abbondanza di pubblicazioni commemorative e numeri
unici speciali, non ultima quello del dottor Marzi sui tipografi tedeschi
in Italia. A quanto in quest' Archivio già s'è stampato intorno al tipo-
grafo tedesco Cristoforo Waldarfer in Milano, nel 1477 (cfr. Arch.
stor. lomb., fase. Ili, 1898) siamo lieti di aggiungere oggi che ai 14 aprile
1477 nuovi patti stringevansi fra il Waldarfer ed i fratelli Bernardino
e Michele da Sant'Angelo, milanesi, per la composizione e correzione
di diverse opere. Il documento, a rogito notajo Maffeo Suganappi,
conservasi wqW Archivio notarile di Milano.
/^ La pusterla dei Fabbri è oramai demolita e gli avanzi si con-
servano ammucchiati in una corte del Castello di Milano, in attesa
di qualche decisione sulla loro ultima e definitiva collocazione. Un
particolare storico che, se non riguarda direttamente quell' arco, pure
può interessare l'antiche mura della città, ci è fornito da una sup-
plica dell' a. 1480, da un tal Giovanni Marinoni, cittadino milanese,
diretta al duca di Milano, onde potere occupare una torretta al di-
s otto del ponte dei Fabbri (" turrem secundam a digressu pontis quem
vulgus pontem fabrice appellat extra portam Ticinensem „) e fabbri-
carvi sopra una camera ed un colombario. GÌ' ingegneri delegati ad
esaminare se la concessione non portasse detrimento alle mura vi
riconoscevano anzi un abbellimento della cit'tà, e perciò il duca in
data 29 settembre 1480 concedeva al Marinoni l'apprensione della de-
siderata torretta [Arch. di Stato. Reg. due. PP. fol. 2o5). Tre anni
dopo (7 giugno 1488) egual concessione elargivasi al cittadino milanese
Ambrogio Crivelli, per un'altra torretta (" cujusdam turriculae „)
situata nelle mura della città, e che era la prima a partire dalla nota
Torre dell'Imperatore andando verso Porta Romana (Ibid. Reg. due,
n." 77, fol. 129).
/^ Manca una storia tipografica di Monza che però non rimon-
terebbe oltre il secolo che sta per morire. Pur sarebbe prezzo dcl-
Arch. Stor' Lomb. — Anno XXVII. — Fase. XXVIII. 26
^02 APPLMl 1. NUTIZIK
l'opera di rintracciare nuovi documenti intorno al nioiìzcsc Ottavian
Scotti, il noto editore quattrocentista in Venezia. E fors' altri tipo-
grafi di Monza, vissuti fuor di patria, aspettano la loro risurrezione.
Noi noteremo, ad es., Topuscoletto in 4." Suspension del S. nostro
Julio pappa tj da ogni administratione così ne le cose spirituale coni
ne le temporale stampato in Milano " per maestro Zoane Antonio
Zaita da Monza adì octo de aprile M.CCCCC.XII „. La rara plaqiiette
è in Trivulziana (Miscellanee voi. X, n." 35). Il casato Zaita più non
esiste in Monza.
*^ Qualche volta i diplomi degli ultimi duchi Sforza portano la
firma di un cancelliere PoUtianus : così nel 1527 ancora (Cod. Triv.
n."' 1618, fol. 17 /.). Ora ci venne mossa la domanda: trattasi di un
pseudonimo o di un vero cognome?... Possiamo rispondere che
un nobile " dominus Hieronimus dictus Politianus de Bertonis „
viveva nel i523 (Cod. Triv. n.*^ 1814, fol. 147, rog. Giovanni Pietm
de Carcano) e forse era una medesima persona col cancelliere ducale.
Ai So maggio iSsS poi, Poliziano Bertono (il medesimo?) veniva creato
cancelliere del podestà di Bergamo. (Cod. Triv. n.*^ 3o8, che si riferisce
al Registro ducale n.^ 78, fol. 124 dell' Archivio di stato» milanese).
Come si vede dee trattarsi meglio d'un soprannome che d'un cognome.
^^ Nel Bullctin historique dii diocèse de Lyon (I, n.'' i, 1900) è ri-
portato r obituario dei cappuccini di Roanne e di S. Chamond. E a
notarsi che il convento di Roanne, fondato nel 1576 sotto la prote-
zione di S. Nicola di Mira, ebbe a suo primo guardiano nel 1577 il
padre Gabriele da Cremona. Vi morì nel 1622 il frate laico Ubaldo
d' Italia.
*^ Il socio dott. Fogolari ha, con molti nuovi particolari, illustrato
nel precedente fascicolo deìYArchivio, il Museo Settala. Fra i diversi
collezionisti di quel tempo, a Milano non era sconosciuto, anche per
le sue pubblicazioni numismatiche, il conte Mezzabarba, e la visita del
suo gabinetto numismatico era raccomandata ai forastieri. Nell'opera
infatti di Baudelot de Dairval, (avocat au parlement) De V titilité des
voyages, et de V avantage que la recJierche des antiqiiités procure aiix
sfavans (Nouv. édition, t. II, pag. 895. Rouen, Ferrand, 1727, 8.'^)
è detto che " à Milan, les recherches de Monsieur le Comte de Mez-
APPUNTI E NOTIZIE
4<j:>
zabarbe, qui nous a donne une belle Edition augmentée des Médailles
d'Occo, doivent exciter puissainent les Curieux à aller vpir son Ca-
binet „. Del Mezzabarba è recente ricordo nel Centralblatt f ì'ir Biblio-
thekwescn dell'aprile-maggio 1898, a p. i65.
/^ Appassionato cultore della musica, come non pochi altri del suo
casato, fu il principe Emilio Belgiojoso, marito della principessa Cri-
stina Trivuizio, la bella patriota. E dei principali compositori del suo
teaipo fu amico e spesso mecenate. È interessante il seguente bigiiettino
direttogli dal Rossini, e che si conserva tra gli autografi delle colle-
zioni Trivulzio-Belgiojoso :
Mio dolcissimo Emilio,
Tu mi chiedi un autografo, eccolo; cosa potrei mai dirti di sedu-
cente! ti dirò ciò che mille volte ti ho verbalmente detto e ripetuto,
t'amo e t'amerò sempre, addio.
Rossini.
Parigi 3o dicembre 1884.
Al Sig.r
Il S. Principe Emilio Belgiojoso
S. P. M.
/"^ È sotto stampa, a cura del consocio avv. Emilio Seletti, la raccolta
delle " Iscrizioni del Museo Archeologico „. L'opera, riccamente illu-
strata, comprenderà tutte le iscrizioni raccolte nel Castello Sforzesco,
dalle gallo-italiche venendo alle moderne; e riuscirà certo una guida
gradita per gli studiosi visitatori di quei musei così egregiamente orga-
nizzati.
■*^ Il tomo XXXI degli Scriptores della serie dei Momimenta Ger-
inaniac historica conterrà, oltre gli Annales Cremonenses, la Cronaca
di Sicardo di Cremona, la doppia cronaca di Peggio e, possibilmente
anche la cronaca di Salimbene.
,*^ Quale sia stata la fortuna della leggenda d' Uggeri il Danese
in Italia, indagò già Pio Rajna. Se non che l'erudito filologo, per lo
404 Al'PL'NTri: NOllZli:
studio suo, potè valersi unicamente delle stampe antiche e di due ni.ss.
mutili. Ora il nostro consocio dottor Bernardo Sanviscnti ebbe la
vtntnr;i di rintracciare nella privata biblioteca della contessa Antoniii
Suardi-Ponti l'unico codice che ci conservi integro il poema in 8." rima
su Uggeri il Danesi, opera di un trecentista di Siena, il quale elaborò
un originale franco-veneto. La dotta memoria dal Sanvisenti consa-
crata a studiare quel poema, è ora uscita nelle Memorie, (fella A'. Acca-
demia delle sciente di Torino.
^'\ 11 nostro socio e zelante bibliotecario dottor Bartolomeo No-
gara ò stato chiamato a Roma ad occuparvi il posto di scrittore della
Biblioteca Vaticana e direttore dell'importante Musco Etrusc(> nei
Palazzi Apostolici.
^\ Da alcuni mesi è aperto in Locamo un Museo Storico Archeo-
logico che da comunale quale ora è, non è dubbio presto abbia a di-
ventare cantonale pel Canton Ticino. Il piccolo Museo contiene fin
d'ora raccolte preziose. Le collezioni d'antichità romane, specialmente
il riparto vetri, contengono cose veramente rare e che possono far invi-
dia a qualunque primario museo. Abbondante la raccolta di pietre
medievali provenienti dalle chiese di S. Vittore di Muralto e di paesi
circonvicini del Lago Maggiore. Interessanti le collezioni archeologiche
del Mendrisiotto e Luganese, già del dottor Lavizzari, e ricche oltre-
modo per numero e per qualità le collezioni numismatiche depostevi
dal signor Emilio Balli, che del Museo fu il creatore e ne cura con raro
disinteresse la conservazione e l'ingrandimento. Per lo studio dell'e-
poca romana sul Verbano il nuovo museo si raccomanda agli studiosi
lombardi.
/^ Dai proff. E. Galli ed U. Martinelli, appassionati cultori di
storia, che si son fatti promotori, e da illuminati e colti signori val-
tellinesi che con entusiasmo han risposto all'appello, si sta attendendo
alla costituzione di un Archivio generale valtellinese, che raccolga tutto
il materiale storico disperso per la Provincia di Sondrio, in archivi e
case private. Pur troppo per varie ragioni buona parte dei documenti
storici valtellinesi è perduta. A impedire un' ulteriore distruzione e
a conservare nel modo migliore i documenti restanti intende la costi-
tuzione di quest'Archivio, che sarà poi base 'di studi storici intorno
APPUNTI E NOTIZIE 4o5
alla gloriosa Valtellina (cfr. il giornale La Valtellina ^ numeri 44-46,
1900). La nostra Società Storica nella sua adunanza generale del 16
scorso dicembre, su relazione del socio nob. Giovanni Visconti-Ve-
nosta, dava incarico alla Presidenza, perchè d'accordo con la Società
Storica Comense e con efficace propaganda concorra alla realizzazione
di così patriottica istituzione.
^^ Nel mentre è in corso di pubblicazione tutto Y Inventario del
R. Archivio di Stato di Siena, giova segnalare Vindice sommario della
srrie dei documenti al 7.^ gennajo igoo (Siena, tip. Sordomuti, 8.'') che
gli serve come d'introduzione e che è dovuto all' operoso direttore di
quell'Archivio, il cav. A. Lisini.
Nella classe Capitoli sec. XIV (n.° 83) e sec. XV (n." 110) vi sono
documenti per Gian Galeazzo Visconti e per gli Sforza. Nella sezione
Famiglie forestiere, troviamo indicati documenti per Acuto (Hawk-
wood), Attendoli di Cottignola, Cotta di Milano, 1482, De Mari da
S. Colombano, 1456, Giannino da Pavia, 1408, Gonzaga di Mantova,
1480-1553, Grasso di ?tlilano, 1541, Maraschi di Mantova, 1481, Marti-
nengo di Brescia, 1456, ÌNIeddé di Milano, 1406, Micheli di Cremona,
1488, Pusterla di Milano, 1897-98, Salvestrt di Milano, iSSy, Sannazzaro
di Milano, 1436, San Severino, 1455-1482, Sforza di Milano, 1407-1603,
Sfondrati di Milano [Cremona], 1542-1554, Simonetta di Calabria,
sec. XIV, Trezzo da Milano, 1452-58, Tornielli di Novara, sec. XIV,
Visconti di Milano, 1896-1496.
*^ A Milano s'è inaugurato il giorno 18 novembre scorso il mo-
numento a Carlo Maria Maggi, sotto il portico della Camera di Com-
mercio in Piazza Mercanti, dov'erano un tempo le Scuole Palatine.
La ragione che indusse il Comitato delle onoranze a scegliere quella
località, è additata nella iscrizione del monumento stesso, egregia
opera dello scultore Secchi e del prof. Borsani:
A Carlo Maria Maggi — Onore delle Scuole Palatine — Qui già fiorenti —
Poeta popolare e patriottico — Nel II Centenario della morte — Concit-
tadini e Italiani — Posero — lójo-ió^c^.
La consegna del monumento al Presidente della Camera di Com-
lercio venne fatta con applaudito discorso, dal conte Emilio Belgio-
^.06 AIMM :■ Il ' Oli/Il
joso, Presidente del Comitato delle onoranze. In pari tempo si distribuì
a cura del medesimo Comitato la memoria del prof. A. Cipollini, Per
Carlo Maria Maggi (Milano, tip. Elzeviriana, 1900).
/^ Si e costituito in Napoli un comitato provv i.-^ono, |.>i niato dai
profi'. De Blasiis, Ceci, Chiappelli, Croce, Padda, Milonc, Mortara, Nitti,
Pais, De Petra e Schipa, per promuovere un Congresso intcrnazional<
di scienze storiche da tenersi in Roma nella primav^era del 1902. Alle
numerose adesioni state annunziate, è da aggiungere quella della
Società nostra che fa voti perchè la geniale idea incontri il favore di
tutti i cultori degli studi storici.
/^. La nostra Società ha aderito pure all'invito direttole dall' Uf-
ficio regionale per la conservazione dei monumenti della Lombardia
di concorrere ad un lavoro collettivo tendente ad illustrare l'antica
topografia di Milano Romana, ad attestare l'antica grandezza di Me-
diolanmn esaltata da Ausonio.
/^ 11 giorno 18 dicembre scorso, nel salone della Società Storica
Lombarda, alla presenza del Sindaco e dei più autorevoli rappresentanti
dell'intellettualità milanese seguiva la consegna all'architetto Luca
Beltrami della medaglia d'oro direttagli dai numerosi sottoscrittori e
sinceri estimatori dell' opera sua quale geniale restauratore ed illu-
stratore del Castello Visconteo-Sforzesco.
/^ Per onorare la memoria del compianto suo presidente sena-
tore Piero Brambilla, la Società bibliografica italiana ha aperto un
concorso a premio per un'opera bibliografica coi seguenti temi : a) una
mo'nografia intorno ad una cospicua collezione pubblica o privata (ma in
questo caso però accessibile allo studioso) di codici manoscritti ; ovvero
b) una monografia inedita che descriva una collezione non meno impor-
tante di stampati antichi, siano questi collegati insieme dal vincolo della
comunanza del soggetto che trattano o da quello delV identità d'origine
tipografica. I manoscritti dovranno essere inviati entro il 3o novem-
bre 1901 alla Presidenza della Società bibliografica italiana (Palazzo
di Brera, a Milano); il premio sarà di lire 5oo, con l'obbligo della
stampa dell' opera.
i
APPUNTI E NOTIZIE
407
»
Y Ai i3 ottobre p. p. è morto nella sua villa di Elio il socio conte
Aldo Annoni, Senatore del Regno. La fiducia dei suoi concittadini lo
ebbe a chiamare alle più alte cariche pubbliche. Appassionato delle
belle arti; aveva raccolto nel suo palazzo di Milano una cospicua rac-
colta di quadri che conteneva insigni capi d'arte della scuola lom-
barda.
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA
Adunan:{a generale del giorno 24 giugno igoo.
Presidenza del Presidente prof. F. Novati.
Alle ore 14, constatato il numero legale dei soci, letto ed ap-
provato il processo verbale della precedente adunanza, il Presi-
dente commemora il defunto socio Senatore Piero Brambilla, ed
informa della gita sociale effettuata, con esito assai soddisfacente,
alla Rocca di Angera, ai 27 scorso maggio.
Comunica in seguito la deliberazione presa dal Consiglio di
Presidenza di riprendere la pubblicazione della Bibliotheca histo-
rica italica, che dopo l'edizione del Codice Laudense, fatta a cura
del comm. Vignati era rimasta sospesa; iniziando la nuova serie
nel formato stesso <ìé[V Archivio con un dotto lavoro del consocio
prof, conte Carlo Cipolla sulle Relazioni tra Verona e Mantova nel
secolo XIII. L'assemblea ne approva la pubblicazione e resta adot-
tato che ogni socio ne riceverà gratuitamente un esemplare.
Si approva pure, dopo spiegazioni domandate ed avute dai
soci dott. Sant'Ambrogio, conte E. Belgiojoso, dott. Ratti, la con-
venzione supplementare col Lod. Municipio ài Milano per l'am-
pliamento della sede sociale. L' Assemblea vota la somma di
L. 1000, domandata dal Comune a titolo di restauro della nuova
sala; e così resta stabilito che la nuova Sede sociale occuperà, in
più del salone attuale, la sala attualmente goduta dalla Società
Italiana di Numismatica, più un locale per deposito dei giornali e
libri, sotto il portico.
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA 409
Non essendo all'ordine del giorno, viene rimandata alla Pre-
sidenza la proposta del prof. Cipollini di h\r associare la Società
alla nuova edizione dei Rerum Italicarum Scriptores del Mura-
tori, a cura del Carducci, ed editore il Lapi di Città di Castello.
Si votano in seguito a nuovi soci i candidati signori : pro-
fessor comm. Amato Amati, ing. Guido Bianchi, dott. sac. Ales-
sandro Bianchi, conte Francesco Albertoni Picenardi, dott. Achille
Bertarelli, dott. Emanuele Cattaneo, ing. Cesare Nava, prof, sa-
cerdote Luigi Rocca in Milano; prof. Ettore Galli in Sondrio e
prof. Silio Manfredi in Monza.
La seduta è levata alle ore i5 V2-
// Presidente :
F. NOVATI.
// Segretario :
E. Motta.
Adiinan:{a generale straordinaria del giorno ig luglio igoo.
Presidenza del Presidente prof. F. Novati.
Presente un bel numero di Soci, alle ore 14 il Presidente apre
la seduta straordinaria indetta per prendere le opportune deli-
berazioni intorno alla minacciata demolizione delle Colonne di
S. Lorenzo colle seguenti parole :
Sipiiori,
sebbene la violenza della caldura non consigliasse troppo di rac-
cogliervi in questi giorni ad adunanza, pure è sembrato alla Presidenza
indispensabile di fare appello alla vostra cortesia prima che l'estate
410
AHI UKLLA SOCIETÀ bTCUUCA LOMBARDA
vi disperdesse in ogni direzione, per provvedere ad una questione nella
quale il decoro) cittadino è altrettanto impegnato quanto l'interesse
della sti)ria e quello dell'arte. Come e accennato nella circolare d' in-
vito, fin (he a noi oggi preme di mettere in discussione, prima che
essa faccia ulteriori e dannosi avanzamenti, è la cosiddetta " questione
delle colonne di S. Lorenzo „ ; giacché, come mesi sono, esisteva,
ahimè !, una " questione della Pusterla de' Fabbri „, pare adesso che
stia per sorgerne una seconda a proposito delle Colonne di S. Lo-
renzo ; e come ad espugnare e distruggere l'ultimo avanzo della cinta
di mura, onde Milano risorta s'era fatta schermo contro future mi-
nacciò, abbiamo veduto muovere una turba ritrosa ad ogni ammoni-
mento della storia, ribelle ad ogni ossequio verso le antiche memorie
cittadine; così un'altra turba non inferiore a quella ne per numero
né per baldanza, accenna adesso, agitando il vessillo delle " esigenze
imperioso della viabilità „, a chiedere la distruzione del solo monu-
mentale cimelio che agli occhi di noi, tardi nepoti, sorge ancora a
raffigurare quello che fu codesta città, quando, nella progressiva de-
cadenza dell' impero , ne venne qui collocato il seggio supremo a
fronteggiare la barbarica rabbia; quand' Ausonio cantava:
Et Mediolani mira omnia, copia rerum,
innumerae cultaeque domus, facunda virorum
ingenia et m.ores laeti, tum duplice muro •
amplificata loci species populique voluptas,
circus, et inclusi moles cuneata theatri,
tempia Palatinaeque arces opulensque moneta
et regio Herculei Celebris sub honore lavacri :
cunctaque marmoreis ornata peristyla signis,
moeniaque in valli formam circumdata limbo,
omnia quae magnis operum velut aemula formis
excellunt nec iuncta premit vicinia Romae.
Questa delle colonne, che s'asseriscono ora dai più residuo delle
terme di Massimiano Erculeo (ad un phammi Herciilis pensavano in-
vece con curiosa insistenza i pili tra i vecchi cronisti municipali), è
una vexata quaestio per davvero ; ed i tentativi vandalici , eh' or ac-
cennano a rinnovarsi, ma andranno, giova sperare, anche una volta
frustrati, altri parecchi ce ne richiamano al pensiero. Vuoisi difatti
che già nella seconda metà del secolo XVl, allorché Filippo II si recò
a' visitare Milano, caduta ormai sotto la spagnolesca soggezione, ta-
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA 4I I
luni fanatici della " linea ret'a „, proponessero d'atterrare il colonnato
per lasciar libero il passo al corteggio regale ch'entrar doveva dalla
Porta Ticinese; ma anche allora vi fu chi sostenne le ragioni dell'ar-
cheologia, e Ferrante Gonzaga, governatore della città, non solo ri-
lìutò di toccare in nulla quel glorioso rottame, ma, riprendendo un
lavoro già iniziato nel i5ii, die ordine che fossero rafforzate le co-
lonne ; anzi volle che il figlio di Carlo V vi passasse di mezzo. Più
tardi, sul cadere del secolo decimottavo, altri amatori de' rettifili ri-
tornarono all'assalto contro le colonne, ma trovarono in Pietro Verri
un vigoroso campione di esse che li costrinse a volgersi in ritirata.
Il patrizio milanese dava poi conto al fratello Alessandro, già domi-
ciliato in Roma, della conseguita vittoria; e l'autore delle Adotti Romane
s'affrettava a dirgli la sua gioia perchè fosse stato impedito un atto
di vandalica ignoranza, degno d'un altro Uraia e d'un novello Bar-
barossa.
La lotta però si riaccese più viva che mai nell'anno trentesimo
del secolo il quale sta per spirare. S'era allora addivenuti nel pro-
posito di riordinare il corso angusto e deforme di Porta Ticinese ; e
tornaron fuori i soliti sistematici odiatori delle " anticaglie „ a prò
porre che si togliesse via quel rottame inutile ed ingombrante. S'ad-
ducevano allora le ragioni stesse, più speciose che reali, le quali ve-
demmo testé ricomparire su per le gazzette ; non esservi nulla di male
a levare dal luogo dove sorgevano le colonne, già altra volta spostate
e rialzate lungi dalla loro originaria base di fondazione. Non mancò,
naturalmente, anche a que' giorni chi levasse la voce contro la manìa
demolitrice di quanti avevano escogitato o di fare in pezzi il colonnato
o d'incastrarlo, trasferendolo altrove, in un novello edificio; ed un
articolo inserito nel Bidletiino dell' Istituto di Corrispondenza Archeologica
{giugno i83o), dettato da persona competente che nascondersi volle
sotto il velo dell'anonimo, uscì a biasimare acremente le capricciose
proposte d'architetti a spasso e d'ignoranti caparbi : " Supposto an-
cora, v'era detto tra altro, che la comodità fosse in qualche piccolis-
sima parte impedita (e no'l può essere che in piccolissima parte), come
si oserà ciò non ostante distruggere così magnifico resto ? „
" Chi crede essere giunto all'apice della propria scienza, quando
sacrifica ogni altra cosa alla passione della linea retta, può sostenere
la contraria opinione. Avrà egli forse il suffragio del volgo che nulla
sa e nulla conosce all' infuori dello stretto momentaneo bisogno : ma
I ATTI DELLA SOCIETÀ. STORICA LOMBARDA
quegli che segue i desideri de' Volgari, deve per necessità riiiuiiciarc
al Sublime ed al Grandioso „.
Le parole deirautorevole giornalista dovettero conseguire molto
successo : l'att'ò che " i desideri de' Volgari „ non ritrovarono favore
veruno presso coloro che reggevano la cosa pubblica. Venne anzi no-
minata dal Municipio una Commissione archeologica coli' incarico di
esaminare le condizioni del Colonnato e di proporne un razionale
restauro, ove l'osse del caso. E la Commissione si radunò, fé' degli
assaggi al di sotto del rivestimento in cotto, di cui nel 1811 s'erano
ricoperte le costruzioni per rassodarle, e concluse che le colonne ri.sa-
livano, contro il parere di taluni, al III secolo, ch'erano sempre esi-
stite laddove si trovavano, e che poggiavano sopra i loro originari
fondamenti formati con opus signinum che nell'età media era stato
messo affatto in abbandono. Così nel i83i finì con il trionfo della
scienza un'agitazione la quale parve un momento minacciare al ve-
tusto resto delle terme Erculee la sorte del veronese Arco de' Cavi.
Che l'animosità quasi istintiva in molti contro tutto quanto è an-
tico ed eccita rispetto negli intelletti colti e gentili, riesca oggi a con-
seguir la vittoria che le mancò settantanni or sono, non è, stimiamo,
credibile. Oggi le discipline archeologiche sono al pari delle storiche
in troppa reputazione, perchè de' progetti simili a quelli che vediamo
da taluni macchinati in danno del propileo di S. Lorenzo possano
essere attuati senza sollevare la giusta indignazione di quanti sono
studiosi non solo in Italia, ma in tutto il mondo civile. Perciò, anche
attese le assicurazioni che ci provengono da più parti circa l'attitu-
dine che assumerebbero le autorità tutrici, io non so indurmi a rite-
nere che un vero, imminente pericolo minacci l'incolumità del gran-
dioso Colonnato.
Perciò non questa sola è la causa che ha incitato la Presidenza
a riunirvi dintorno a lei. Posto anche che i tentativi vandalici sian
fiaccati sul nascere loro dall'opposizione risoluta di quanti in Milano,
senza distinzione di classi né di partiti, serbano in cuore viva la fiamma
dell'amor patrio, ciò non significa tuttavia che non possano in tempo
più o meno vicino essere di bel nuovo ripresi. Urge dunque non solo
invigilare perchè alla conservazione del cimelio venerando non si
muova ver un nuovo attacco, ma altresì di curare che cotesta conser-
vazione divenga indiscutibile per l'avvenire, in una parola, definitiva;
che il Colonnato sia messo in siffatte condizioni di solidità e stabilità
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA 41-^
da non porgere più occasione né pretesto ad accuse, a rimbrotti : da
far tacere per sempre le lamentele, più o meno fondate, che contro
la sua odierna ubicazione sollevano coloro i quali lo dicono d' im-
paccio alla viabilità, d'ingombro alla circolazione del pubblico.
Or a questo desiderabile risultato si potrà giungere soltanto
quando venga posto mano ad un' impresa assai rilevante, quale sarebbe
quella di riordinare degnamente tutta la parte del quartiere di Porta
Ticinese, in cui insieme al Colonnato si eleva superba la chiesa di
S. Lorenzo. Voi sapete troppo bene, o Signori, come questa al pari
di quello stiano a rappresentare gli avanzi se non d'un solo gigan-
tesco edificio, secondochè s'assevera da molti, d'un sontuoso complesso
di fabbricati , ond' inorgogliva quella che con Ausonio potremmo
chiamare la regio Herculea. La sala rotonda, parte centrale del mo-
numento, trasformata poi in tempio cristiano, rimase per tutta l'età
di mezzo mirabile esempio di romana grandezza e magnificenza così
per le belle proporzioni sue architettoniche come per l'ampia cupola,
ed i mosaici onde questa era tutta sfavillante.
Gloriose sacris micat ornata ecclesiis,
ex quibus alma est Laurentii intus aula variis
lapidibus auroquc tecta, aedita in turribus ;
così cantava di Milano con municipale fierezza Tanonimo chierico del
sec. Vili, a cui dobbiamo il Versimi, composto ai giorni di re Liutprando
e dell'arcivescovo Teodoro (725-789). Pur troppo, il formidabile in-
cendio del 1071 devastò il monumento degno di stupore ; S. Lorenzo,
se credessimo ad Arnolfo, sarebbe divenuto irriconoscibile, giacché i
mosaici dorati e variopinti, i marmi screziati, gli intagli in legno
sarebbero tutti scomparsi ingoiati dalle fiamme. Ma si ha ragione di
credere che i danni sofi'erti dalla basilica allora e quelli altresì che
il vorace elemento ebbe a recarle alquant'anni dopo (1124) siano
stati men gravi di quanto i cronisti abbian voluto dipingerli. Certo
si è, difatti, che sui primi del sec. XIV a Fazio degli Uberti, ospite
de' Visconti, pareva, entrando in S. Lorenzo, di trovarsi, non già a
Milano, bensì a Roma:
Poi fui in S. Lorenzo più d' un' ora,
vago di quel lavoro grande e bello ;
eh' essere mi pareva in Roma allora.
>
ATTI IMMA Mi(li;i\ ^|(»IM( \ LOMHAHItA
Sventuratamente iicppur quaiìt'cbbe a vedere il poeta fiorentino
l)(>.s.sianio oggi ammirare noi : la volta della chiesa, restaurata più volte,
dopo tante iatture precipitò al suolo ai giorni di S. Carlo : sicché la
cupola ch'or si vede, è quella ricostruita, ina in proporzioni più esigue,
da Martino Bassi (i573).
Benché anche recentemente studiati da qualche erudito architetto
tedesco, tanto il tempio insomma quanto il Colonnato potrebbero
venir adesso, coll'occasione di un definitivo riordinamento del quar-
tiere di Porta Ticinese, esser fatti oggetto d' una esplorazione ampia,
metodica, minuziosa: tale infine quale non ebbe mai luogo, da offrire
un tesoro inapprezzabile di notizie intorno alla topografia fin qui im-
perfettissimamente conosciuta d'una delle parti di Milano più ricca
di ricordi archeologici e storici.
Non solo adunque io vi invito, o Signori, a voler richiamare l'at-
tenzione delle autorità governativa e cittadina sopra l'alto interesse
scientifico e morale della conservazione delle Colonne di S. Lorenzo ;
ma insieme anche a discutere sul modo di ottenere che questo gran-
dioso avanzo romano possa essere definitivamente sistemato in guisa
che anche gli studi sulla topografia antica milanese ne traggano lumi
nuovi e inattesi. E appunto perchè Voi manifestiate sopra entrambi
questi punti l'opinione vostra, dichiaro adesso aperta la discussione (i).
(i) Aggiungiamo qui, per comodità dei lettori, che bramassero
esaminare nelle sue varie fasi la questione delle Colonne di S. Lo-
renzo, un po' di bibliografìa. Ne son esclusi, per ragione di brevità,
gli articoli pubblicati durante l'anno che sta per chiudersi ne' gior-
nali quotidiani.
I. Amati Carlo, architetto professore, Antichità di Milano esistenti presso
S. Lorenzo, Milano, coi tipi di Giovanni Pirotta, MDCCCXXI, in
folio, pp. i5, con quattro tavole.
2. Succinte memorie intorno le sedici antiche colonne presso S. Lo-
renzo esposte nella circostanza della ricostruzione e riordinamento del
corso di Porta Ticinese coWordine progressivo delle scoperte che pos-
sono servire di séguito aW illustrazione dal medesimo pubblicata nel-
Vanno MDCCCXXL Milano, coi tipi di Luigi di Giacomo Pirola,
MDCCCXXXI, in quarto, pp. 32, con una tavola.
3. Anonimo, Articolo sulle Colonne di S. Lorenzo in Milano in Bullettino
deir Istituto di Corrispondenza Archeologica di Roma, giugno i83o.
4. Colonne presso la basilica di S. Lorenzo in Milatm, articolo
in Biblioteca Italiana o sia Giornale di Letteratura, Scienze ed Artiy
tomo LXIII, anno XVI, luglio-settembre i83i, p. i85 sgg.
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA 4ID
Terminata la chiara e documentata relazione del Presidente,
si apre la discussione che riesce ampia e completa ed alla quale
partecipano i signori conte Emilio Belgiojoso, prof. Serafino Ricci,
arch. Paolo Cesa-Bianchi, dott. Bartolomeo Nogara, marchese
Carlo Ottavio Cornaggia, arch. Gaetano Moretti, avv. Emilio Se-
letti, dott. Diego Sant'Ambrogio e dott. G. Riva. Alla fine, af-
fermata la necessità di una vibrata protesta, si vota all'unanimità
il seguente ordine del giorno, del quale si stabilisce di trasmet-
tere copia al Ministero della P. Istruzione ed al Comune di Milano:
« La Società Storica Lombarda dinanzi all'inconsulta agi-
tazione con cui si tenta strappare alla cittadinanza *.una delibc-
5. Bassi Martino, arch. Dispareri in materia d^ Architettura e Prospet-
tiva, coli' aggiunta degli scritti del medesimo intorno all'insigne Tempio
di S. Lorenzo Maggiore di Milano, 2 ed. a cura dell' ing. Bern. Fer-
rari, Milano, 1771, in-4, pp. 126.
6. Chalchi Tristani, Mediolanensis Historia Patria, ms. delF Ambro-
siana, segn. A, 188 inf., copia con correzioni ed aggiunte autografe
— (A e. 19 B offre la raffigurazione delle colonne di S. Lorenzo)
7. Gratiolius D. Petrus, Bononiensis^ Congr. S. Panili, vulgo Barnabi-
tar. Cler. Reg., De praeclaris Mediolani aedificiis quae ^nobarbi
cladem antecesserunt Dissertatio, Mediolani, MDCCXXXV, Gap. IV,
p. 61 sgg.
8. Grilloni dott. G., Le Colonne di S. Lorenzo, Como, Stab. Longatti,
1900, pp. i5.
9. Gltllon Amato, Sulle sedici colonne corintie antiche di marmo stant,
in Milano, volgarmente chiamate colonne di S. Lorenzo e sulle Terme
Erculee cui appartenevano, Dissertazione, Milano, 1812, pp. 61,
{Estratta dal Giornale Italiano, 3i ag.-3o die. 181 1).
IO KoTHE luLius, Die Kirche San Lorenzo in Mailand, mit 7 Kupfer-
tafeln und 24 Holzschnitton, Berlin, Ernst u. Kora, 1891, pp. 26.
11. Binali, Parere del chiaro consigliere Pinati di Verona sulle sedici co-
lonne presso S. Lorenzo [Milano, 1811 (?), coi tipi di G. Bernardoni\
in-8, pp. 8.
12. S[ilva] E[rcole], Sopra le sedici colonne presso S. Lorenzo in Milano,
Monza, Stamperia Corbetta, 1811, in-8, pp. 18, più una non numerata.
i3. Progetto di Piazza magnifica e centrale in Milano, S. 1. n. d.
[Monza? i8ii?J, in 8, pp. 16.
14. Visconti Ennio Quirino, Sopra le sedici colonne presso S. Lorenzo in
Milano [Estr. dallo Opere varie di E. Q. V.], s. 1. n. d. (Milano.^,
1811?], pp. 7.
4i6
1 A SI OH ICA LOMIJAKDA
razione favorevole iilla demolizione delle Colonne di S. Lorenzo,
esprime il suo fervido voto che ben lungi dal toccar con mano
sacrilega quel prezioso monumento, unica reliquia della magnifi-
cenza di Milano romana, se ne assicuri efficacemente la conser-
vazione, e si provvegga insieme con opportuni lavori edilizi a
farne sempre più risaltare l'importanza ed il valore in relazione
colTannessa Basilica di S. Lorenzo ».
Il Gons. Seletti approfitta dell'occasione per far omaggio alla
Biblioteca sociale dell'opera illustrata dell' arch. Amati intorno
alle Colonne di S. Lorenzo.
Segue l'accettazione in nuovi soci dei signori comm. Ulrico
Hoepli e dott. Cesare Foligno in Milano.
La seduta si chiude alle ore i5 V2-
// Presidente:
F. NOVATI.
» Il Segretario:
E. Motta.
KIvE'NCO
DELLE OPERE ED OPUSCOLI PERVENUTI IN DONO
ALLA BIBLIOTECA DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA
NEL 2." SEMESTRE DEL 1 9OO
Andreani rag. Carlo. La pieve di Dervio. — 8.*^ Lecco, tip. Grassi, 1898
(d. dell' A.).
Abati sac. Isaia. Un secolo e mezzo di sani esempi. — Monografia
sulla Chiesa Prepositurale di Castione della Presolana. — 8.° Ber-
gamo, tip. S. Alessandro, 1899 (d. dell' A.).
Amati Carlo. Antichità di Milano. — Un voi. in foglio con tavole e
disegni. Milano, Giovanni Pirotta, 1821 (d. d. s. avv. Seletti).
— — Antichità di Milano esistenti presso S. Lorenzo. — Milano, Gio-
vanni Pirotta, 1821 (d. d. s. E. Seletti).
Anniversario (CCCL) della Università di Messina. — 4.° gr., Messina,
A. Trimarchi, 1900 (d. della R. Università di Messina).
Anniversario (CCCL) della Università di Messina. Contributo storico.
— 4.° Messina, tip. D'Amico, 1900 (d. d. R. Accademia Peloritana).
Archivio Tipografico. Numero-ricordo del Quinto Centenario della na-
scita di Gutenberg. — Fol., Torino, XXIV giugno MDCCCC (d. del
tipografo Gonfalonieri).
Arrigoni Louis. Notice historique et bibliographique sur vingt-cinque
manuscrits dont vingt-quatre sur parchemin, etc. de Petrarque.
— 8." ili., Milano, i883 (d. d. s. d.'' Vergani).
AssERETO Ugo. Genova e la Corsica i358-i378. — 8." Spezia, tipografia
F. Zappa, 1900 (d. dell' A.).
Di alcuni documenti poco noti dell'Archivio di Genova. — 8."
Spezia, tip. F. Zappa, 1900 (d. dell' A.).
Bahrfeldt M. Le monete romano-campane. — Traduz. dal tedesco
del dott. Serafino Ricci. 8.° gr.. Milano, Cogliati, 1900 (d. del s. tra-
duttore).
Arch. Stor. Lomb. — Anno XXVII. — Fase. XXVIII. 27
4i8 i:m:nco dklle opkue e i»i hiujca/ioni
Bakadez Louis. Étude sur Beccaria. Dis( .in BesaiKjon, impr. Millot
Frères, 1898 (d. d. Tipogr.).
Barone Enrico. Studi sulla condotta della guerra. 1806 in CJcrinania
- 1814 in Francia - 1866 in Boemia. — 8." Torino, Editori Roux
e Viarengo, 1900. Tre voi. di 2 parti (d. degli Editori).
Beltrami arch. Luca. " Divixia Vicecomitoruin „ (Nozze Visconti-
Erba). — 8.° Milano, Allegretti, 1900.
La " Cà del Duca „ sul Canal Grande ed altre reminiscenze
sforzesche in Venezia. (Nozze Albertini-Giacosa). — 8." Milano,
Allegretti, 1900 (d. dell' A.).
Bertoldi Alfonso. Prose critiche di storia e d'arte. — 8.^ Firenze,
G. C. Sansoni Ed., 1900 (d. dell' Ed.).
Biscaro dott. Gerolamo. Contributo alla storia del diritto cambiario.
— 8.*^ Torino, Bocca, 1900 (d. dell' A.).
BoLDONi Sigismondo. — V. (Per la) Inaugurazione, ecc.
BoLLAZzi E. Mazzini. — 16.^ Milano, tip. Ed. Sonzogno, 1898 (d. dell'Ed.).
Bornate dott. Carlo. Ricerche intorno alla vita di Mercurino Gatti-
nara gran cancelliere di Carlo V. — 8." Novara, tip. Miglio, 1899
(d. degli Ed.).
BossoLA Amilcare. Il governo provvisorio piemontese e la municipa-
lità d'Alessandria — 8." Torino, Ed. Casanova, 1900 (.d. dell' A.).
Brambilla sac. dott. Giovanni. Vita di S. Omobono. — 16." Cremona,
tip. Leoni, 1899 (d. d. s. A.).
Bruschetti Ampellio. La società del Giardino in Milano. Memorie
ed appunti. — 8." Milano, stab, tip. -li t. Zanaboni e Gabuzzi, 1899
(d. della Tipog.).
Castrucci Clotilde. Il teatro di P. Ferrari. Saggio critico. — 8.° Città
di Castello, S. Lapi, 1898 (d. dell'Ed.).
Cauchie a. Les études d' Histoire Ecclésiastique. (Extr. de la Renne
d" Histoire ecclésiast) — Louvain, Ch. Peeters, 1900 (d. dell'Uni-
versità Cattolica di Lovanio).
Cenno biografico di Cesare Vignati, preside del R. Liceo Parini. -^
Lodi, tip. Wilmant, 1887 (d. d. s. Seletti).
Cipollini Antonio. Carlo Maria Maggi .nel secondo centenario dalla
sua morte. — 8." ili., Milano, U. Hoepli, 1900.
— — Per Carlo Maria Maggi inaugurandosi il monumento. — 8."
Milano, tip. Elzeviriana, 1900 (d. del Comitato per le onoranze a
Carlo Maria Maggi).
ELENCO DELLE OPERE E PUBBLICAZIONI 419
I
Colin J. L'éducation militaire de Napoléon. — 8." Paris, Librairie Mi-
litaire R. Chapelot, 1900 (d. dell' Ed.).
Comincia la vita e la fine del | glorioso sancto hieronj'no | doctore ex-
cellentissimo. — In fine: M.CCCC.LXXIII. Nicolao Truno du | ce
venetiarum regnante impres | sum fuit hoc opus Ibeliciter (d, d, s.
prof. N ovati).
Commemorazione del cinquantesimo anniversario dell' 8 Agosto 1848.
— 8." Bologna, R. tipog. Merlani, 1898 (d. d. s. d.'' Vergani).
Commemorazione del cinquantesimo anniversario delle otto giornate
del maggio 1849 e della morte di Ugo Bassi. — 8." Bologna, R. ti-
pografia Merlani, 1899 (d. d. s. d."" cav. Vergani.
Commemorazioni in morte di Giuseppe Sacchi, 7 marzo 1891. — 4.°
Milano, Pirola, 1891 (d. d. s. cav. d.*" Vergani).
Corridore Francesco. Storia documentata della marina sarda dal do-
minio spaglinolo al savoino (1479-1720). — 8." Bologna, Zanichelli,
1900 (d. dell' A.),
De Cognac. Campagne de l' armée de réserve en 1800. Première Partie :
Passage du Grand-Saint-Bernard. — 8.** Paris, Librairie Militaire,
R. Chapelot, 1900 (d. dell' Ed.).
Degli Azzi dott. Giustiniano. Della Polizia negli statuti dei comuni
italiani del Medio Evo. Prolegomeni. — 8." Perugia, Unione Ti-
pografica Cooper. 1900 (d. d. s. Verga).
Dell' Acqua dott. Girolamo. La basilica di S. Salvatore presso Pavia.
— i6.° Pavia, tip. Fusi, 1900 (d. dell' Ed.).
Donati Sebastiano. De' dittici degli antichi profani e sacri libri III,
coir appendice d'alcuni necrologi e calendari finora non pubbli-
cati. — Lucca, per F. M. Benedini, 1753 (d. d. s. prof. Nevati).
Fenini-Ferrari. Letteratura Italiana dalle origini al 1748. — 16. •" Mi-
lano, Hoepli, 1900 (d. d. s. prof. Ferrari).
Ferrari d.'" Henri-Maxime. Une chaire de médecine au XV siede.
Un professeur à TUniversité de Pavie de 1482 à 1472. — 8." Paris',
Al9an, Éditeur, 1899 (d. dell' Ed.).
Ferrari Vittorio. In memoria di S. M. Umberto I. — Milano, tipo-
grafia Bellini, 1900 (d. d. s. A.).
Ferrario Giuseppe. Le risaie. Discorso pronunciato nel Consiglio Co-
munale |di Milano]. — 8." Milano, tip. Naz., 1881 (d. d. s. dottor
cav. Vergani).
Filopanti Quirico. Storia di un secolo dal 1789 al 1889. — Quattro
fascicoli in-i6.° Milano, tip. edit. Sonzogno, 1892 (d. dell' Ed.).
420 KLKNCO DELLE OPERE E ITBBLICAZION I
Francesia sa( . (>. \'>. Vita di S. Ambrogio Vescovo di Milano narrata
al popolo. — 8." S. Benigno Canavese, Scuola tipog. Sales, 1898
(d. della Se. Tipog.).
Frittelli dott. Ugo. Giannant(jnio de' Pandoni detto il Porcellio. —
8." Firenze, Paravia, 1900 (d. dell' A.).
Galli prof. Ettore. Un cattolico imperialista nelsec. XVI. — 8." Pavia,
tip. Coop., 1899 (d. del s. A.).
La mobilia di un canonico del secolo XIV illustrata. — 8.*
Pavia, tip. Coop., j£99 (d. del s. A.).
Galloni avv. Egisto. Mergozzo e l'antica necropoli scoperta sulla
riva del suo lago. — 8." ili., Milano, stab. Menotti Bassani, 1900
(d. dell' A.).
Cariba/di. Storia della sua vita scritta da un ex-volontario. — j6." Mi-
lano, tip. Ed. Sonzogno, 1894 (d. dell' Ed,).
Gero/amo (S.) Vita. — V. Comincia.
GioRCELLi dott. Giuseppe. Documenti storici del Monferrato. — 4." Ales-
sandria, tip. Chiari, 1900 (d. dell' A.).
Il processo dei Giacobini Casalesi. — 4.° Alessandria, Jaquemod,
1900 (d. deirA.).
Grassi prof. Alfonso. Imitazione della Moscheide di Téofilo Folengo.
— 8.*^ Aversa, tip. Panfilo Castaldi, 1898 (d, della Tipog.).
Grassi dott. Giambattista. Alcune notizie sulla valle di Scalve .«-critte
nel 1843 con aggiunte trascritte nel 1854. — 8.*^ Bergamo, fratelli
Bolis, 1899 (d. degli Ed.).
Grilloni dott. G. Le colonne di S. Lorenzo. — 8." Como, Longatti,
1900 (d. dell' A.).
Gutenberg. — V. Archivio Tipografico, ^
Inaugurazione (Per la) del monumento a Sigismondo Boldoni in Bel- ^
lano il giorno 11 settembre 1898. — Milano, tip. F. Pagnoni, 1899
(d. d. sig. Virgilio Gobbi).
Indici e Cataloghi (Ministero della P. Istruzione). I manoscritti della
R. Biblioteca Riccardiana di Firenze, a cura di S. Morpurgo,
voi. I, fase. 8-9 e ultimo. — 8.° Roma, 1900 (d. del Ministero della
P. Istruzione).
Istituto (Il Pio) di Maternità e dei Ricoveri pei bambini lattanti in
Milano. Statuti, Relazioni ed Atti per gli anni 1858-1896. — Milano,
Annali Universali delle Scienze. Pirola, Rebeschini, Giacomo Pirola,
34 fase. in-8.° (d. d. socio d.'' Vergani).
ELENCO DELLE OPERE E PUBBLICAZIONI 42 I
Ladeuze P. L'épitre de Barnabé. — 8.° Louvain, Ch. Peeters, 1900
(d. dell' Un. Catt. di Lovanio).
Legnano. Numero unico 29 maggio 1176 - 29 giugno 1900. — Fol. ili.,
Milano, Sonzogno (d. dell' avv. Romussi).
?*rAGiSTRETTi sac. Marco. Riti e cerimonie per la solenne dedicazione
di una chiesa. — 8.° Milano, Cogliati, 1889 {d. d. s. d.'' Vergani).
MagroxNE Domenico. Libro Rosso. Privilegi dell' Università di Molfetta.
Voi. I. Periodo Angioino. ~ 8.° Trani, Vecchi, 1899 (d. d. s. Novati).
IMajocchi prof. Rodolfo, L'autenticità della Strage degli Innocenti.
Quadro di Raffaello Sanzio. Note critiche. — 4.° gr. Pavia, Fusi,
1900 (d. d. s. A.).
Mazza Salvatore. Le cinque giornate di Milano. — i6.° Milano, ti-
pografia Sonzogno, 1898 (d. dell' Ed.),
Meyer d.^" Alfred Gotthold. Oberi tali ciiische Friihrenaissance, I. Die
Gothik des Mailànderdomes und der Uebergangsstil. — fol. ili.
Berlin, W. Ernst u. Sohn, 1897 (d. dell' Ed.).
— — Oberitalienische Friihrenaissance. Bautcn und Bildwerke der
Lombardei. II. Die Blùthezeit. — Fol. ili., Berlin, Ernst u. Sohn,
1900 (d. dell' Ed.).
Mojana (De) Alberto. La battaglia di Legnano. — 8." Monza, tip. ed.
Artigianelli, 1900 (d. d. s. A.).
Municipio di Milano. Dati statistici a corredo del Resoconto* dell'Am-
ministrazione comunale 1899. — 4." Milano, tip. Sorniani e Ghi-
dini, 1900 (d. del Municipio di Milano).
MuoNi Damiano. Commemorazione. — 8.° Milano, Pirola, 1894 (d. d. s.
d.'" Vergani).
NovATi Francesco. In memoriam. Cenno necrologico del prof. Carlo
Giussani (d. d. s. A.).
Orano Domenico. Lettera di Guini forte Barzizza alla duchessa B.^ Maria
Sforza. — 8.'^ Roma, Forzani, 1900 (d. dell' A.).
Paladini Leone. I prigionieri in Castello nelle cinque giornate di Mi-
lano del 48. — 8." Firenze, Ditta M. Mozzon, 1898 (d. dell'Ed.).
Panzini-Wilmant. Per nozze. Cantica (di C. Vignati). — 4." Lodi,
tip. Wilmant, i852 (d. d. s. E. Motta).
Parini Giuseppe. Descrizione delle feste celebrate in Milano per le
nozze delle L.L. Altezze Reali l'Arciduca d'Austria e l'Arcidu-
chezza Maria Beatrice d' Este. — 4." Milano, Soc. Tip. de' classici
italiani, MDCCCXXV (d. d. s. d."" cav. Vergani).
hi.i.NCo j>i:li.i, <;ui.i<i; i. 1'1-ui;lì.
Pakoli Eugenio. Le X giornate di Brescia del 1849. —8." Milano, So-
cietà Ed. Sonzogno (d. deirEd.).
Pkllegrino P. da Forlì, cappuccino. Cenno sulla vita del B. Benedetto
Passionei da Urbino, cappuccino. — 8." Trieste, tip. di E. Coen,
1868 (d. d. s. d."* cav. Vergani).
Pei.lini dott. Silvio. Giuseppe Prina, ministro delle finan/c del regno
italico. — 8." Novara, tip. Miglio, 1900 (d. dell'avv. cav. R. Tarella).
PiADENi dott. Federico. 11 lago di Como. Nuova guida. — 8." Como,
tip. ed. Ostinelli, 1899 (d. degli Ed.).
Piccirilli P. L'Abruzzo monumentale. — 8." Casalbordino, Stab. tip.
De Arcangelis, 1900 (d. dcll'A.).
PozzoLi Pietro. Vita di Francesco Sforza, quarto duca di Milano. —
Prosa milanese in sesta rima. — 8." Milano, Bellini, 1900 (d. dell'A).
Prada sac. Pietro. Domodossola e il Monte Calvario. — 8." Milano,
tip. Cogliati, 1897 (d. dell' Ed.).
Pranzelóres Antonio. La famiglia del poeta Nicolò d'Arco (1479-1546).
— Trento, Soc. Tip. Ed. Trentina, 1900 (d. dell'A.).
Primo sac. Luigi. Cassano d'Adda cent'anni or sono, ossia la guerra
del 27 api ile 1799. — 8." Treviglio, Stab. Sociale Tip. Libr., 1899
(d. della Tipog.).
Pullè Leopoldo. Penna e spada. Memorie patrie di armi, di lettere
di letterati. — S."" Milano, Hoepli, 1900 (d. d. s. Ed.).
Racca Matteo. Il Borgo di Domodossola durante la Signoria Spa-
gnuola. — 8." Milano, tip. ed. L. F. Cogliati, 1899 (d. dell'Ed.).
Rafanelli dott. Antonio. L' agiomachia di Teofilo Folengo. Saggio
sulla poesia sacra latina del sec. XVL
L' agiomachia di Teofilo Folengo edita con note. I. Passio Sancii
Andreae Apostoli.
— — L' agiomachia di Teofilo Folengo con introduzione e note. II.
Passio Sancti ApoUinaris Pontificis. — Tre fase, in-8.^' Salerno,
Stab. tip. Fruscione e Negri, 1898-1900 (d. dell'A.).
Regazzoni prof. I. Alcune considerazioni retrospettive sulla insurre-
zione comense del marzo 1848. — 8.'* Como, tip. F. Casartelli, 1898
(d. della Tipog.).
Relazione della Commissione igienica per la deviazione del naviglio
interno. — 8.^' Milano, Civelli, 1876 (d. d. s. d.' Vergani).
Renda dott. Umberto. Scampoli Folenghiani. Serie prima. — 8.*^ Tra-
pani, tip. Fratelli Messina, 1898 (d. dell'A.).
ELENCO DELLE OPERE E PUBBLICAZIONI
Ricci Serafino. Le gipsoteche d'arte in Italia. — 8." Messina, Riv.
d'arte antica, 1900.
Dell'importanza degli stadi archeologici in Italia. — 8.^ Firenze,
Rassegna Nazionale, 1899.
Del metodo sperimentale nelle discipline archeologiche. — 8.°
Firenze, Rassegna Nazionale, 1900.
L'arte nell'educazione della donna. Conferenza. — 16." Milano,
stamp. ed. lombarda, 1900 (d. d. s. A.).
Riva Giuseppe e Lucchini Zaccaria. Guida di Monza e del Circon-
dario. — 8.*^ Milano, edit. Morosini, 1897.
— — Il giovedì e il venerdì santo a Monza sul principio di questo
secolo. — i6.° Milano, tipog, della Perseveranza, 1900 (d. d. s. A.).
RoBEccHi Giuseppe, XXII febbraio MDCCCXCVIII (Discorsi funebri, ecc.)
— 4.° Milano, Cogliati, 1898 (d. d. s. d.*" Vergani).
Rodolfi-Cavallini Paolo. Daniele Manin. — 16. *• Milano, tip. ed. Son-
zogno, 1893 (d. dell' Ed.).
RòiiRicHT R. Deutsche Pilgerreisen nach dem Heilg. Lande. — 8."
Innsbruck, Wagner, 1900 (d. dell'A.).
Romano Giacinto. Gli studi storici in Italia allo stato presente in
rapporto alla natura e all'ufficio della storiografia. — 8." Pavia,
stab. tip. Bizzoni, 1900 (d. d. s. A.).
RoMUSSi Carlo. Carlo Cattaneo. — ló.*^ Milano, tip. ed. Sonzogno, 1896
(d. dell' Ed.).
RosETTi ing. Emilio. Forlimpopoli e dintorni. Storia e descrizione. —
8.» Milano, Rechiedei, 1890 (d. d. s. d.'" cav. Vergani).
Rossi dott. Giuseppe, Busto Arsizio nella Storia e nell' Industria. —
8.'^ Busto Arsizio, tip. Pisoni, 1898 (d. della Tipog.).
Rozza Pietro. Giovanni Bellezza e suoi discepoli. — 8." Milano, ti-
pografia del Riformatorio Patronato (d. della Tipog.).
Rubini avv. Filippo. L' inaugurazione del monumento a Giuseppe Pa-
rini in Bosisio. In " Provincia di Como della Domenica „ 29 ot-
tobre 1899 (d. dell'A.).
Parini che ride. Atto unico. — 8.'^ Torre Annunziata, G. Maggi
tipog. ed., 1898 (d. dell'A.).
Giuseppe Parini. Centone storico-critico. — 8." Como, tip. Coope-
rativa comense, 1898 (d. dell'A.).
Sacchi Giuseppe. — V. Commemorazioni in morte di.
Santa Rosa Derossi Santorre. Carlo Alberto di Savoia-Cari gnano e
jjj ELENCO DKLI.K UIM.KI, i. l'I IJliLK. AZIONI
e sue relazioni con Santorrc, Pietro e Teodoro di Santa Rosa. —
8." Torino, tip. Roux e Viarcngo, 1900 (d. dcll'A,).
ScHjERiLLO Michele. Spigolature parinìane in documenti inediti. — 8."
Napoli, Giannini, 1900 (d. d. s. A.).
ScHiAPARELLi G. V. All' Astronomo G. V. Schiaparelli, omaggio. 3o
giugno 1860 - 3o giugno 1900. — 4." Milano, stab. Menotti Bassani,
1900 (d. dei Sottoscrittori).
ScHULTE d."" Aloys, Geschichte des mittelaltcrlichen Ilandels und
Verkehrs zwischen Westdcutschland und Italien mit Ausschluss
von Venedig. — Due voi. in-8. Leipzig, Duncker und Humblot, 1900
(d. della Badische historische Kommission).
Segre prof. Arturo. La politica sabauda con Francia e Spagna dal
i5i5 al i533. Memoria. — 4." Torino, Clausen, 1900 (d. dell' A.).
Smiraglia ScoGNAMiGLio dott. NiNO. Ricerche e documenti sulla
giovinezza di L. da Vinci. — 8.*' Napoli, Marghieri , 1900 (d.
dell'A.).
Stella Giovannl Opus de vitis pontificum summa cum diligentia re-
visum atque correctum. — 4." Venetiis, per Bernardinum venetum
de Vitalibus, i5o5.
Augustalis libellus. — ^11 Kal. Decembris, Anno Christianae
Salutis M. D. III. — Venetiis per Bernardinum etc. (d. del socio
prof. Novati).
Stììckelberg e. a. Heraldische Analekten. — Separatabdruck aus dem
Schweiz. Archiv fur Heraldik. — Jahrgang 1897-1900 (d. dell'A.).
Tedeschi Paolo. Di alcune opere di Calisto Piazza conservate a Mi-
lano. — 16.0 Lodi, Dell'Avo, 1900 (d. dell'A.).
Tragini a. Armi e sepolcri nella regione del Garda. — 8.'^ Roma,
Voghera Ed., 1899 (dono dell' Ed.).
— — Peschiera, sue origini e vicende. Cenni storici. — 4.'^ Chieti,
Marchionne Ed., 1899 (d. dell' Ed.).
Trucco avv. A. Francesco. Novi e Napoleone Bonaparte. — 8.'^ Novi
Ligure, tip. Sociale Ed., 1898 (d. dell'A.).
Ugoletti Antonio. Brescia nella rivoluzione del 1848-49. — 8." Bolo-
gna, Zanichelli, 1899 (d. dell' Ed.).
Vignati Cesare. — V. cenno biografico.
Villa Pernice Angelo. Discorso pronunziato nel cimitero monumen-
tale di Milano nel giorno So ottobre 1892 in commemorazione di
Giuseppe Sacchi. — Milano, Pirola, 1892 (d. d. s. d /' Vergani).
ELENCO DELLE OPERE E PUBBLICAZIONI 42D
Zanetti dott. Gian Luca. La legge romana retica-coiresc o udinese.
8.'^ Milano, Hoepli, 1900 (d. del s. Ed.).
ZiPPEL Giuseppe. Il Filelfo a Firenze (1429-1434). — 8." Roma, Fratelli
Bocca, 1899 (d. d. Ditta Ed. Zippel di Trento).
LIBRI PROVENIENTI DALL'EREDITÀ VIGNATI.
Alberti Leandro. Descrittione di tutta Italia. — Venetia, L. Avan-
zi, i568.
Aldini Pier Vittorio. Sopra un'antica moneta di Lodi. — Pavia,
Fusi, i836.
Allocchio Stefano. La nuova Milano. — Milano, Bernardoni, 1884.
Ballarini Francesco. Compendio delle Croniche della città di Como.
— Como, G. A. Turato, 1619.
Bazzoni G. B. Dell' antichissima condizione geologica e politica del-
l'Alta Lombardia per quanto specialmente riguarda l'origine di
Bergamo. Cenni storici. — Milano, Manini, r835.
Belgrano L. La porta soprana di S. Andrea. — Genova, tip. Sordo-
Muti, 1882.
Jerenzi Angelo. La patria di Giovanni Paolo Maggini. — Cremona,
Ghisani, 1891.
B1AGINI Enrico M. Giovanni Vignati Signore di Lodi e di Piacenza.
— Lodi, Quirico, 1894.
— — FanfuUa parmigiano o lodigiano ? — Lodi, Quirico, 1897.
Lodi nuovo. Chiesa di S. Francesco: monografia storico-arti-
stica. — Lodi, Quirico, 1897.
BiANCHi-GioviNi^A. Sulla Storia Universale di Cesare Cantù, studi
critici. — Milano, Civelli, 1846.
Borromeo Carlo. Constitutioni et regole della compagnia et scuole
della Dottrina Cristiana. — Milano, P. Pontio, i585.
Carli Gian Rinaldo. Il censimento di Milano. — Milano, Silve-
stri, 1835.
Cereda Ippolito. Antiche carte dell'Archivio di Cremona, trascritte
per incarico di Cesare Vignati. (Manoscritto).
Cesati F. Cenno critico-storico sulla Battaglia di Legnano. — Milano,
Civelli, 1876.
Ceva Tomaso. Memorie di alcune virtù del signor conte PVancesco
De Lemene. — Milano Malatesta, 1706.
426 ELENCO DELLE OPERE E PUBBLICAZIONI
CiBRARio Luigi. Memorie storiche. — Torino, Botta, 1868.
Studi storici. — Torino, Stamperia Reale, i85i.
CiSEKi Alessandro. Sacra istoria de' Santuarj dedicati alla Beata
Vergine Maria nella città e borghi di Lodi. — Lodi, Astori-
no, 1729.
Claretta Gaudenzio. Memoriale autografo di Carlo Emanuele II,
Duca di Savoia. — Genova, tip. Sordo-Muti, 1878.
Corbella Pompeo. Memorie di Agliate e della sua antichissima Basi-
lica. — Milano, Agnelli, 1895.
Cusani F. Biografia del conte Pompeo Litta. — Milano, Vallardi, 1870.
Dayot Armando. Napoleone nelle opere dei pittori, degli scultori,
degli incisori. — Milano, tip. Corriere della sera, 1896.
De Castro Giovanni. I congiurati lombardi del 1814. Conferenza. —
Como, Longatti, 1894.
De Lemene Francesco. La sposa Francesca, comedia. — Lodi, Asto-
rino Sevesi, 1709.
De Lèris G. L'Italia superiore. — Milano, tip. Corriere della sera, 1892.
Dell'Acqua Carlo. Ricordi storici biografici pavesi. Almanacco po-
polare per l'anno 1870 e seguenti sino al 2000. — Pavia, Fusi, 1870.
De Simon: C. Tononi: Nuovi documenti intorno alle pratiche di pace
tra Federico Barbarossa e i Lombardi (nell' " Archivio Storico
Lombardo,,, 1877, pp. 215-49): recensione. — Firenze, Galileia-
na, 1877.
Diacono Paolo. Storia dei fatti de' Langobardi, tradotta e illustrata
da Q. Viviani. — Voi. 2, Udine, Mattiuzzi, 1826-28.
Fasti (1) della Chiesa Milanese. Descritti nella serie cronologica di
tutti gli arcivescovi da S. Barnaba a P^ilippo Visconti. — Milano,
Agnelli, 1801.
Fé d'Ostiani L. F. Storia, tradizione ed arte nelle vie di Brescia. —
Brescia, Queriniana, 1895-96, 4 fase.
Ferrario Vincenzo. La vera agricoltura pratica della Lombardia. —
Milano, Carrara, 1844.
Ghiron Isaia. Bibliografia lombarda, catalogo dei manoscritti intorno
alla storia della Lombardia, esistenti nella Biblioteca Nazionale
di Brera. — Milano, Bortolotti, 1884.
Grandi G. e A. G. Tononi. Stato delle arti e industrie e del commer-
cio di Piacenza (1765-1766). — Piacenza, 1896.
Hayez Francesco. Le mie memorie. — Milano, Bernardo ni, 1890.
ELENCO DELLE OPERE E PUBBLICAZIONI 427
Huillard-Brèholles J. L. A. Chronicon Placentinum et Chronicon de
rebus in Italia gestis historiae stirpis imperatoriae suevorum
illustrandae aptissima. Ad fidem Parisiensis et Londinensis co-
dicum nunc primum recensuit, edidit et praefatione instruxit. —
Parisiis, Plon, i856.
Jacl\i Stefano. La proprietà fondiaria e le popolazioni agricole in
Lombardia, studi economici. — Milano, Borroni Scotti, 1854.
L. T. e F. S. Lodi o compendio della sua storia. — Lodi, Wilmant, 1841.
Maggi Carlo Maria. Rime varie amorose, piacevoli, ecc. raccolte
da Lodovico A. Muratori (il solo tomo IV). — Milano, Malate-
sta, 1700.
Maixeri B. G. a Legnano" il 29 maggio 1876. Parole. — Milano, tipo-
grafìa Sociale, 3876.
Martani Bassano. Sui capi d'arte e d'archeologia in Lodi. — Lodi,
E. Wilmant, 1868.
MixoiA Mario. La vita di Maffeo Vegio umanista lodigiano. — Lodi,
Quirico, 1896.
Molossi Giambattista. Memorie di alcuni uomini illustri della città
di Lodi con una preliminare dissertazione dell'antica Lodi. —
Lodi, Pallavicini, 1776, voi. 2.
Muntz Eugenio. L'arte italiana nel quattrocento. — Milano, Rcbe-
schini, 1894.
L' età aurea dell' arte italiana. — Milano, tipog. Corriere della
sera, 1895.
Negroni Carlo. Lettera dedicatoria delle lezioni petrarchesche di
Gio. Batta Celli. — Bologna, Romagnoli, 1884.
Pavia (città). L' istruzione classica secondaria in Pavia. — Pavia,
Bizzoni, 1877.
Porro Cleto. Guida della Regia città di Lodi per uso dei forestieri.
— Lodi, Orcesi, i833.
Robolotti F. I Cremonesi nella lotta trentenne dell'Italia contro Fe-
derico Barbarossa. — Cremona, Ronzi, 1876.
RoNzoN Antonio. Le scuole antiche e moderne di Lodi. — Lodi, ti-
pografia Editrice, i883.
Sesti Gio. Battista. Piante delle città, piazze' e castelli fortificati in
questo Stato di Milano. — Milano, Agnelli, 1707.
Fettoni Leone. Vita letteraria del conte Giovanni Antonio Luigi
Cibrario. — Torino, Botta, 1872.
428 ELENCO DELLE OPERE E PUBBLICAZIONI
Tononi G. Nuovi (IcMiimciili iiiLoino allo pratiche di pace tra t'ctr
rico Barbarossa e i Lombardi. — Milano, Bernarclrmi, 1877.
VoiGT Giovanni. Storia della Lega Lombarda e delle sue guerre co
l'imperatore Federigo I, tratta dalle fonti originali. -- Milan
A. Bonlniili, iH.|8.
WiLMANT Claudio. Vita d'amore. — Milano, Wilmant, 1847.
\. R. — A questo elenco vut)ls! a >.; m m i ;: n.- min ventini tra opuscoli e volumi, tutti di opere
compianto prof. Vignati e che mancavano alla serie delle sue pubblicazioni ni
Biblioteca Sociale.
// Bibliotecario
B. NOGARA.
INDICE
i
XXIX Luglio MDCCCC Pag. 5
MEMORIE.
Notitia Cleri Mediolaiiensis de anno 1398 circa ipsius immu-
nitatem. — Dott. Marco Magistretti » 9> 257
Il INIuseo Settala — Contributo per la storia della coltura in
Milano nel secolo XVII. — Gino Focjqlari » 58
Marmi e lapidi di Milano nella Villa Antona-Traversi di De-
sio. — Diego Sant'Ambrogio » 127
Pronti e memorie storiche di S. Arialdo. — Sac. dott. Carlo
Pellegrini » 209
Spigolature di storia lombarda in un Archivio di oltre Po.
— Giovanni Agnelli » 237
Carlo Maria Maggi sopraintendente all' Università di Pavia.
— Antonio Cipollini » 303
VARIETÀ.
Maestro Jambobino da Cremona traduttore dall'arabo fin qui
sconosciuto. — F. N » 146
Usi cancellereschi viscontei. — F. E. Comani » 149
L'iscrizione funebre di Mirano da Bechaloe (13 io). — F. N. » 319
Un medico condotto in Abbiategra.sso nel 1473. — E. M. . » 323
4-^0
INDICE
BIBLIOGRAFIA.
AsTEGiANO Lorenzo. — Codice Diplomatico Cremonese,
71 5- '334* I" Historiae Patriae Monumenta edita jussu
Regis Caroli Alberti, series JI, tomi XXI-XXII, Augu-
stae Taurinorum, mdcccxcv-mdcccxcviii, in-Sgr., p. 400;
xii-4500. — Giuseppe Riva Vag. 138
Manfredi Silio. — L' insurrezione e il sacco di Pavia nel
maggio 1796. Monografia storica documentata. Pavia,
Giuseppe Frattini, 1900, pp. x-220, in-8. — Ettore Galli » 190
D.'^ Henri-Maxime Ferrari. Une chaire de médecine au XV
siede. — Un professeur à l'Université de Pavie de 1432
à 1472. Avec un fac-simile d'autographe et cinq gravu-
res. Paris, Felix Alcan, 1899, in-8, pp. 331. — F.N. . » 196
Venturi Adolfo. — La Galleria Crespi in Milano, note e
raffronti con CXCVl incisioni fototipografiche e XXXVIII
fotocalcografie. In ISIilano, Ulrico Hoepli, editore. Tipi
dell'officina poligrafica romana, M.D.CCCC. — Francesco
Malaguzzi » 326
Beltrami arch. Luca. — •«.< Divixia Vicecomitorum », Dal
« Libro delle Arme antique de Milano ». (Codice n." 1390,
della Biblioteca Trivulziana). — Milano, tip. U. Alle-
gretti, 1900, in-S , pp. 89, ili. (Nozze Giuseppe Visconti
- Carla Erba). — E. M. » 335
Un pronostico satirico di Pietro Aretino, edito ed illustrato
da Alessandro Luzio (Bibliot. Stor. della Lett. Ital., di-
retta da F. Novati), Bergamo, Istituto italiano d'arti gra-
fiche, 1900, pp. XLI-163. — Ettore Verga » 337
BiNDONi Giuseppe. — La topografia del romanzo I Promessi
Sposi. Parte seconda, l'Esilio, Milano, Cogliati , 1900,
pp. 281. — Ettore Verga » 343
Ottone dott. Giuseppe. — Il Partito delia Guerra in Lo-
mellina nel 1S48-49. I\Iilano, Libreria edit. Trevisini, 1899,
pag. 106. — Attilio Butti » 347
Pezza dott. F'rancesco. — Saggio di Demografia Storico-
Sanitaria di un comune risicolo d'Italia (Mortara). —
Mortara-Vigevano , Stabilimento tipografico Cortellezzi ,
1899, pagg. 146. — Attilio Butti » 352
INDICE 40 r
ì
Dell'Acqua dott. Gerolamo, — La Basilica di S. Salvatore
presso Pavia. — Pavia , tip. Fratelli Fusi , 1900 , in-8 ,
PP. 24 Pag. 353
Bollettino di Bibliografia Storica Lombarda (giugno-dicem-
bre igoo) » 354
Appunti e Notizie » i99, 398
ATTI DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA.
Adunanza Generale del 24 giugno 1900 : verbale .... > 408
Adunanza Generale straordinaria del 19 luglio 1900: verbale. » 409
Periodici che pervengono alla Biblioteca Sociale in dono o in
cambio coll'Archivio : B. Novara » 204
Elenco dei libri ed opuscoli pervenuti in dono alla Biblioteca
della Società nel secondo semestre 1900: B. Nogara. . » 417
Amos M antegazza, gerente-responsabile.
Milano, tip. Pietro Faverio dì Con/alonieri Pietro via Gozziniini, 47- 4 (y.
/
p%
SUPPLEMENTI
ALL'
ARCHIVIO STORICO LOMBARDO
FASCICOLO I.
OTTAVA RELAZIONE
DELL'UFFICIO REGIONALE
PER LA CONSERVAZIONE DEI MONUMENT
IN LOIVIBARDIA
A CLR\ DELL ARCHITETTO
GAETANO MORETTI
(
I
498712
^^5. 10.4^
MILANO
Tipografia P. Faverio di P. Gonfalonieri
Via Gozzadini, 47^49
1900
COSTITUZIONE DELL'UKKICIO
Prof. Gaetano Moretti, Architetto-Direttore
Architetti:
Ing. Augusto Brusconi, Luigi Perron]e, Raineri Arcaini
Ing. Achille Patricolo (Residente a Mantova
e incaricato dell^ amministrazione di quel Palazzo Ducale)
Ing. Emilio Gussalli
incaricato della compilazione del Catalogo dei Monumenti
e Oggetti diarie.
Segretario :
Giusto De Briganti
Capo custode e assistente tecnico alla Certosa di Pavia:
Giani Carlo
Sede dell'Ufficio - PALAZZO BRERA - Milano
Commissioni Conservatrici dei Monumenti
{Sotto la presidenza dei RR, Prefetti)
Provincia di Milano.
Commissari :
Archinti cav. Luigi — Guidini arch. comm. Augusto — Vignoli cav.
prof. Tito — Frizzoni cav. dott. Gustavo — Bagatti-Valsecchi nob.
cav. P^austo — Ceruti cav. ing. Giovanni — Sant'Ambrogio dottor
Diego — Formenti Ing. Arch. Prof. Carlo.
Ispettori :
Circond. di Abbiategrasso — Bertoglio conte Napoleone
„ „ Gallarate — Tettamanti sac. Giuseppe
„ „ Lodi — Martani dott. cav. Bassano
„ „ Milano — Castelfranco prof. cav. Pompeo
„ „ Monza — Bagatti-Valsecchi nob. dott. Giuseppe.
COSTITUZIONE Dir I II KlflO
Commissione artistica di Vigilanza
ai restauri della Basilica di Sant' Ambrogio.
Bagatti-Valsecchi nob. cav. Fausto — Cesa Bianchi ing. cav. Paolo —
Combi ing. arch. cav. Enrico — Comi mons. D. Gerolamo, prop.
parroco — Moretti arch. Gaetano.
Commissione artistica di Vigilanza
per la Basilica di S. Vincenzo in Prato.
Borsani arch. cav. G. B. — Cesa Bianchi ing. cav. Paolo — Combi
ing. cav. Enrico — Nava ing. cav. Cesare — Pollini ing. Alessandro.
Provincia di Como.
Commissari :
Garovaglio dott. cav. Alfonso — Rovelli nob. cav. Vittorio — Regaz-
zoni prof. cav. Innocenzo — Monti sac. Sante — Poggi dottor
Vincenzo — Pogliaghi prof. cav. Lodovico — Mariani ingegnere
Enrico — Ferrari ing. Andrea — Getti ing. Giovanni — Linati
ing. Eugenio.
Ispettori :
Circond. di Como — Garovaglio dott. cav. Alfonso
„ „ Lecco — Magni dott. cav. Antonio
„ „ Varese — Riva ing. Luigi.
/;/ seguilo ad ima deliberazione della Commissione Conservatrice, appro-
vata dal Ministero, e stato incaricato di invigilare alla conservazione
dei fnonumenti posti nel Comune di Civaie, il Sac. Mambretti Pietro.
Provincia di Pavia (i).
Commissari :
Campari ing. cav. Alessandro — Michis prof. Pietro — Dell' Acqua
dott. comm. Carlo — Cavagna Sàngiuliani conte Antonio — Monti
(t) Dipende dall'Ufficio Regionale della Lombardia solo la parte della provincia di Pavia che
si trova a sinistra del Po e del Ticino , la rimanente parte è aggregata all' Ufficio Regionale del
l'iemonte.
I
COSTITUZIONE DELL UFFICIO
5
nob. cav. Enrico — Canna prof. cav. Giovanni — Raffele Am-
brogio — Mariani prof. Lucio.
Ispettori:
Circondario di Pavia — Savoldi ing. prof. Angelo, architetto.
«► Provincia di Bergamo.
Commissari :
Fornoni prof. cav. ing. Elia — Camozzi-Vertova conte dott. Cesare —
Gaffuri cav. Paolo — Loverini cav. prof. Ponziano, pittore —
Frizzoni architetto cav. Giacomo — Muzio arch. prof. Virginio —
Piccinelli cav. Giovanni.
Ispettori :
Circond. di Bergamo — Mantovani prof. cav. Gaetano
„ „ elusone — Castelli ing. Virgilio
„ ,, Treviglio — Bedolini prof. Angelo.
Provincia di Brescia.
Commissari :
Folcieri prof. comm. Giovanni — Arcioni arch. Luigi — Ariassi Giu-
seppe, pittore — Cicogna Luigi — Cassa avv. Andre'a — Taglia-
ferri arch. cav. Antonio — Rovetta Francesco — Manziana Carlo.
Ispettori:
Circond. di Breno — Prudenzini avv. Paolo
„ „ Brescia — Da Ponte dott. cav. uff. Pietro
„ idem (Mand. VI - Desenzano) Rambotti prof. dott. uff. Giovanni
„ „ Chiari — Giani dott. prof. Gustavo
„ „ Salò — Fossati Andrea, pittore
,, „ Verolanuova — N. N.
COSTITUZIONE DELL UFFICIO
Provincia di Cremona.
Commissari :
Pinzi ing. Enrico — Fontana ing. Fortunato — Fci prof. Giuseppe —
Venturini prof. Tancredi — Michieli prof. Guglielmo — Arcari
cav. dott. Francesco — Bergamaschi prof. Giovanni — Landriani
Alessandro. ^
Ispettori :
Circond. di Casalmaggiore — N. N. ,
„ „ Crema — Albergoni Napo
„ „ Cremona — Signori ing. Ettore.
Provincia di Mantova.
Commissari :
Intra prof. comm. G. B. — Dall'Acqua ing. prof. Carlo — Arrivabene
conte cav. Silvio — Gilioli prof. Angelo — Martinelli ing. arch.
Gaetano — Concina dott. Giulio — Rocca avv. cav. Fermo —
Giannantoni avv. Emanuele.
Ispettori :
Distretto di Asola — Ruzzenenti sac. Luigi
„ „ Bozzolo — N. N.
„ „ Canneto sull'Oglio — Panini ing. Domizio
„ „ Castiglione delle Stiviere — Bignotti sac. Antonio
„ „ Gonzaga — Nizzoli dott. cav. Alessandro
„ „ Mantova — Dall'Oca sac. dott. prof. Gaspare
„ Ostiglia — N. N.
„ „ Revere — Savoia ing. Massimiliano
„ „ Sermide — Mantovani prof. cav. Gaetano
„ „ Viadana — Parazzi sac. Luigi.
„ „ Volta Mantovana — Melchior! di Monzambano dottor
Marcello.
COSTITUZIONE DELL UFFICIO
Provincia di Sondrio.
Commissari :
Polatti ing. Francesco — Zaccaria don Nicola — Bonadei dott. cav.
Carlo — Visconti Venosta nob. comm. Giovanni — Gavazzeni
Giovanni — Besta nob. prof. Fabio — Lavizzari nob. ing. Giu-
seppe — Damiani prof. Guglielmo Felice.
Ispettori :
Circondario unico — Paribelli nob. cav. avv. Gian Giacomo.
reivA2:^ione:
dell'Ufficio Regionale per la conservazione dei Monumenti
in Lombardia
Anno finanziario: ì8^^-igoo
NEL presentare la relazione dell'opera che V Ufficio Regio-
nale ha esercitato durante Vanno finanziario i8^g-igoo
— anno col quale può dirsi raggiunto il primo decennio
della vita di questa istitupojte — si affaccerebbe la opportunità di
riassumere l' apone svolta in tale periodo di tempo, per ritrarne
delle conclusioni d' indole generale. Certamente, quando si pensi
alla deficienza dei me^li disponibili, alla scarsità del personale, alla
persistente incerte^Z^ ^ riguardo la definitiva sistemazione di que-
sti uffici regionali, la Direzione di Lombardia, rievocando l'opera
fin qui compiuta, non può a meno di ritrarne la persuasione di
aver corrisposto, in tutto quanto le fu possibile, al difficile inca-
rico di tutelare in questa regione il patrimonio artistico nazio-
nale, pur essendo convinta che un risultato ancora piii efficace
avrebbe potuto raggiungere quando fosse stato possibile al Mini-
stero di assecondare tutte quelle proposte di miglioramento nell'as-
setto generale, nei singoli servizi e nel personale subalterno, che
ripetutamente la direzione stessa credette doveroso di avanzare.
La ristrettezz^ <^^i fondi in bilancio è certo un argomento
categorico ed indeclinabile, che si oppone a molte riforme ed a
molti desideri ; pure, la scrivente non crede ancora che, di fronte
a questa ristrettezz^^^ dovuta in gran parte ad un erroneo pre-
IO STOIUA Kl) AUTi:
concetto circa V injluen:{a delle Belle Arti sulle condizioni econo-
miche del paese, sia stata messa in rilievo tutta V utilità di un
ben inteso servi:{io di tutela del nostro patrimonio artistico e sto-
rico, additando il beneficio che al bilancio dello Stato ridonda
per le attrattive che tale patrimonio esercita, formando dell' Italia
una regione dove gareggiano, colle belle^^^e naturali, gli splen-
dori dell'arte passata.
Se, mediante una amministra:{ione sempre vigile e rigorosa,
si riescisse ad imprimere nella opinione pubblica la convinzione
di tale importanza, se si avesse il coraggio di contrapporre a
tante ingiuste diffidenze la prova di tali benefici e se si consi-
derasse per un momento la questione dal semplice punto di vista
utilitario, sarebbe facile persuadere dei vantaggi economici anche
gli indifferenti e i diffidenti, e certo non si assisterebbe umiliati
al progressivo inaridimento che si verifica nei mezzi ^ nelle at-
tività rivolte alla conservazione del patrimonio artistico italiano.
Quando nella opinione pubblica fosse sempre viva e sponta-
nea la convinzione che il denaro impiegato in questa tutela viene
speso col maggior profitto e col metodo più razionale, certo non
vi sarebbe alcuna ragione per non affrontare, a seconda delle
esigenze, la richiesta dei nuovi fondi necessari per dare un as-
setto sempre più vigoroso ed esteso al servizio dei monumenti e
degli oggetti d'arte.
Il patrimonio artistico d* Italia, ancora ricchissimo, non è
inesauribile come i tesori della natura, poiché ogni anno, per la
fatale azione del tempo, per V inerzia e la malevolenza degli uomini,
subisce una sensibile menomazione: mentre presso altre nazioni —
meno ricche di noi nel campo artistico, e meno interessate a ri-
trarne un utile immediato — i monumenti, le raccolte, i Musei, le
Gallerie sono in continuo incremento, per sollecitudine di Governo
ed iniziativa di cittadini. Ritardare quanto più sia possibile il
disperdimento e la rovina delle memorie del nostro passato, sparse
in ogni angolo della penisola, non è altro che provvedere al con-
solidamento della prosperità del paese, assicurandogli un avve-
nire che risponda a quelle idealità, che ispirarono gli artisti di
ogni tempo.
{
OTTAVA RELAZIONE DELL UFFICIO REGIONALE I I
Erano da poco istituiti gli uffici regionali, quando un gio-
vane artista milanese, passando in rassegna l'opera compiuta nel
ventennio precedente dal Ministero della Pubblica Istruzione, a
vantaggio del patrimonio artistico na:[ionale, col proposito di di-
mostrare i benefici che la nuova iniziativa del Ministro Vi Ilari
avrebbe recato al paese scriveva:
« .... quale manifestazione si può immaginare, che piìi del-
« l'arte, sia efficace a sollevare l'animo e ad affascinarlo colla
a estrinsecazione di un vincolo ideale che lega la natura al genio
« dell'uomo? Persuadere le masse come qualunque materia, la
« quale porti la impronta dell' ingegno, diventi per sé stessa degna
« di rispetto, e come ogni traccia che il tempo vi aggiunge ne
<( accresca l' interesse, è dare la forma pili immediata e positiva
« alla educazione popolare.
« Per noi italiani, questo rispetto per le memorie del passato
« è, pili che altrove, un dovere ; poiché, quando nelle tr accie di
«■ remote civiltà che si sono stratificate sul nostro suolo, noi leg-
« giamo la constatazione materiale di una prosperità che si é
« continuata attraverso alle vicende più fortunose, non possiamo
« a meno di ricavare da questi documenti del nostro passato, un
« sentimento di fiducia nella prosperità avvenire; e quando noi
« vediamo come, attraverso al lungo periodo delle invasioni, delle
« lotte intestine, delle tirannie e dominazioni straniere, il senti-
« mento dell'Arte non si è mai lasciato sopraffare, ma si è affer-
« 77iato sempre come la caratteristica più spiccata dello spirito
'( italiano, quando noi vediamo che é stata la tradizione di questo
« sentimento d' Arte — pietrificato, dirò così, nei nostri monti-
(r menti — quella che ha mantenuto vivo il sentimento della patria,
« ed ha contribuito alla ricostituzione della nostra unità, non
<( possiamo sottrarci ad un senso di riverenza per questo patri-
« monio artistico, e sentiamo il dovere di custodirlo con le cure
« più gelose ».
Nel ricordare oggi le poche pagine che contengono queste
elevate parole, il pensiero ricorre agli entusiasmi che fin dai
primi giorni ci hanno animati nell'opera assunta e, se il con-
12 SIOUIA i-A) AKii;
franto di tante sperante coi risultati pratici fin qui ottenuti ci
mostra purtroppo in tutta la sua eviden:{a V arduo cammino che
ancora ci disgiunge dalla mèta, non sarà certo la sfiducia quella
che potrà scemare in noi le fon^e e paralii^^are gli ardimenti.
Quali siano le mire nostre è detto nelle parole qui sopra ripor-
tate. E così, che l'Ufficio al quale la fiducia del Ministero affi-
dava la conservazione del patrimonio artistico di Lombardia, ha
inteso e intende il suo mandato.
\
PROVINCIA DI MILANO.
Commissione Conservatrice. — La Commissione Con-
servatrice pei monumenti di questa Provincia fu convocata una
sola volta nel corso dell'anno 1899-1900, e cioè il giorno
23 aprile 1900, allo scopo di pronunciarsi circa la domanda
avanzata dal Comune di Milano per essere autorizzato a de-
molire l'antica Pusterla dei Fabbri. — Nell'occasione di tale
seduta, ed esauritosi dalla Commissione l'argomento che era
all'ordine del giorno, il direttore dell'Ufficio Regionale, giusta
una sua proposta favorevolmente accolta dal superiore Mi-
nistero, e da questo estesa poi a tutti gli uffici del Regno,
prese parte all' adunanza, informando la on. Commissione
dell'opera esercitata negli ultimi tempi a vantaggio dei Mo-
numenti della Provincia di Milano.
Duomo. — Non è questione nuova, quella che è sorta nel campo
artistico a riguardo della facciata del Duomo di Milano, ma sic-
come ad essa hanno ultimamente portato un largo contributo
di considerazioni e di studi, artisti ed eruditi insigni, e poiché
la stessa cittadinanza, rivendicando i suoi diritti, ha voluto
partecipare al dibattito, è giusto che tale agitazione venga
registrata fra le memorie dell'Ufficio Regionale.
OTTAVA RELAZIONE DELl'uFFICIO REGIONALE l3
Fu specialmente in occasione dei modelli, dall'Ammini-
strazione predisposti per l'esecuzione della nuova porta mag-
giore, che la questione si riaccese fino ad accalorare in modo
insolito il pubblico milanese.
Si vorrebbe da una parte ammettere senz'altro l'attua-
zione di quanto fu precedentemente deliberato, limitandola
questione ad una semplice divergenza di ideali artistici, facil-
mente conciliabili cogli interessi supremi del monumento; dal-
l'altra parte invece, senza entrare in qualsiasi considerazione
di merito circa i risultati dei precedenti concorsi, si sostiene
che la facciata attuale, con tutto quanto presenta di mera-
viglioso, di meno bello e anche di insulso, costituisce pel
monumento una pagina di storia di tale importanza, che nes-
suno ha il diritto di cancellare. A sostenere questa tesi, oltre
il principio tutt'affatto moderno che stabilisce, come criterio
per la conservazione dei monumenti d'arte, il massimo ri-
spetto alle manifestazioni delle diverse epoche e 1' abbandono
di ogni elemento che possa rappresentare contraffazione, si
aggiunge pure che, volendo addottare seriamente il concetto
che ispira l'idea di sostituire l'attuale facciata, si arriverebbe
alla conclusione di spogliare il Duomo di tutte le sue parti
più caratteristiche, a cominciare dalla stessa guglia principale.
Così divisa era la pubblica opinione quando, nell'ottobre
del 1899, essendo compiuti alcuni modelli al vero che l'Ammi-
nistrazione del Duomo aveva fatto eseguire nell'intendimento
di dar principio alla lavorazione in marmo della porta prin-
cipale e della cuspide centrale, il R. Ministero della Pubblica
Istruzione invitava l'Ufficio Regionale ad ispezionare i modelli
stessi. Per corrispondere a tale incarico, l'Ufficio stendeva la
relazione in data del 16 ottobre, e con questa, ammettendo che
il materiale ingrandimento del progetto Brentano dovesse
considerarsi soltanto come un lavoro preparatorio — desti-
nato a far presente, a chi dovrà sostituire l'autore defunto,
la strada lunga e difficile che rimane a superare per rag-
giungere la mèta ideale — giudicava come benemerita l' idea
H
SIOUIA ED ARTE
I
a tale proposito adottata dairAmmìnistrazione del Duomo, ri
tenuto che questa, davanti a una suprema questione d' arte-
eccedente i limiti della competenza sua, avesse stabilito di
assicurare all'opera della nuova facciata una degna dirigenza.
Ma poiché fu dato di temere come, non già a scopo di studio
preparatorio, ma bensì a titolo di effettivi modelli di esecu-
zione, fossero stati eseguiti quei lavori, l'Ufficio non potè a
meno di esprimere un severo giudizio a riguardo di essi, perche
li riconobbe mancanti di ogni caratteristica d'arte, e pregiu-
dicevoli alla stessa memoria di quell'artista valoroso che fu
Giuseppe Brentano.
A riguardo dell'indirizzo che si avrebbe dovuto seguire,
l'Ufficio Regionale così si esprimeva nella sua relazione :
« .... perchè il portale, quale fu ideato dal Brentano, riesca
K in ogni sua parte quell'opera nobile, geniale e spontanea
a che dovrà aggiungere nuova gloria al nome del suo sven-
« turato autore, sarà necessario assegnare la dovuta impor-
« tanza alla parte scultoria del lavoro. Assicurato lo schema
« architettonico della porta, tornerà indispensabile unostudio
« plastico generale così serio e completo, quale non si potrà
« mai ottenere seguendo i consueti criteri speculativi e dis-
« giungendo, come ora si vorrebbe, la scultura ornamentale
« da quella figurativa.
« All'artista che avrà la ventura di essere chiamato a
« estrinsecare, nelle sue parti decorative, il concetto del Bren-
« tano, dovrà essere assegnato il compito di condurre a ter-
« mine il presente modello, che ora va considerato come ap-
« pena iniziato nelle sole parti architettoniche, ed egli stesso,
« partendo dalla grande composizione figurativa della lunetta,
« dovrà studiare tutte le altre sculture che vi fanno contorno
« subordinandone gli effetti di rilievo e di chiaroscuro alle esi-
le genze artistiche di quell'opera che è destinata a riescire il fuoco
« di tutta la composizione architettonica della nuova facciata.
« Nessuna difficoltà, né tecnica né economica, deve sussistere
« a questo riguardo. — Sia o non sia possibile dar corso im-
OTTAVA RELAZIONE DELL UFFICIO REGIONALE
« mediato ad alcune parti del lavoro, debbasi o no rimandare a
« miglior momento la traduzione in marmo della lunetta stessa,
« è indispensabile però che di essa e di tutte le restanti
« sculture venga fatto in precedenza uno studio completo ed
« esauriente.
« Il nuovo modello eseguito, non già per pochi tratti,
« ma per l'intiera porta, in base a elevati criteri d' arte, espo-
« sto nelle precise condizioni di luce della facciata del Duomo,
« e fors' anche assicurato alla facciata stessa (della quale
« però, per nessuna ragione, non dovrà intanto concedersi lo
« scomponimento) potrà dare un'idea più esatta dell' im.por-
« tanza somma del lavoro che si dovrebbe eseguire e potrà,
« meglio dei pochi frammenti attuali, essere sottoposto al giu-
c( dizio di quelle competenti autorità le quali (insieme alle altre
« autorità, o alle corporazioni artistiche cittadine, che per
« tradizione sarebbero tenute ad intervenire nelle questioni
« riguardanti il Duomo di Milano) giudicheranno dei mo-
« delli e, al caso, ne concederanno la definitiva traduzione
« in marmo ».
Il rapporto dell'Ufficio Regionale concludeva quindi colla
proposta di invitare l'Amministrazione del Duomo a dar prin-
cipio a nuovi studi, che per serietà e coscienziosità potessero con-
siderarsi come i veri modelli di esecuzione della porta principale
del Duomo: e siccome erano stati sottoposti all'esame dell'Uf-
ficio altri modelli, riguardanti la decorazione della cuspide
frontale, e anche in questi si ebbe a riscontrare la stessa de-
ficienza di interpretazione lamentata nel modello della porta,
così venne consigliata la sospensiva per ogni deliberazione
anche a questo riguardo, in attesa di nuovi e più soddisfa-
centi saggi.
In conseguenza del parere espresso con quel rapporto, il
R. Ministero, con Decreto del 26 gennaio 1900, deliberava
l'istituzione di una Commissione, incaricata di soprainten^
dere per la parte artistica alle opere della nuova facciata
secondo il progetto Brentano, e chiamava a far parte della
l() STORIA ED arti:
I
4
Commissione stessa, il comm. Alfredo D'Andrade, direttore
dell'Ufficio Regionale pei monumenti del Piemonte e della
Liguria, il comm. prof. Camillo Boito, presidente della R. Ac-
cademia di Belle Ani di Milano, l'architetto Sebastiano Giu-
seppe Locati, professore nella R. Università di Pavia, il com-
mendator Odoardo Tabacchi, professore di scultura nella
R. Accademia Albertina di Torino e lo scrivente, architetto
Gaetano foretti.
Alla fine di giugno la sopra citata Commissione aveva te-
nuto due adunanze. Nella prima, di queste, si limitò a stu-
diare r argomento, soprassedendo a qualsiasi deliberazione
nella fiducia che, in omaggio alle discussioni di quei giorni, le
sarebbero stati aggregati altri membri, in rappresentanza della
i^mministrazione cittadina. Nella seconda adunanza invece,
mancato l'intervento di questi nuovi elementi, essa prosegui
nei suoi lavori concludendo con l'affidare al prof. Sebastiano
G. Locati, lo studio e la soluzione dei vari problemi di in-
dole costruttiva che ancora si connettevano al progetto Bren-
tano , riservandosi di passare allo studio degli elementi de-
corativi soltanto dopo assicurata la perfezione dell'opera nei
rapporti della struttura organica.
Come sempre, l'Ufficio Regionale ebbe ad occuparsi, anche
pel corrente anno, della revisione dei bilanci dell'erogazione
dell'assegno erariale, in quanto si riferisce alla partita tecnica
e artistica. Sia a riguardo del consuntivo dell'anno 1898, chea
proposito del bilancio preventivo per l'anno 1900, l'Ufficio riferì
al superiore Ministero circa l'operato suo, ed espose le osser-
vazioni suggerite dall'esame dì quei bilanci.
Basilica di S. Ambrogio. — All' infuori delle opere di
ordinaria manutenzione e della prosecuzione degli studi ri-
guardanti la sistemazione del cortile Bramantesco, nessun altro
lavoro importante è stato compiuto durante lo scorso anno
nella monumentale basilica di S. Ambrogio. Ciò in omaggio
anche al parere della Commissione Artistica di vigilanza ai
OTTAVA RELAZIONE DELl'uFFICIO REGIONALE I7
restauri la quale, allo stato attuale delle cose, ha convenuto
nellopportunitcà di studiare un programma generale delle fu-
ture opere di restauro, di isolamento e di risanamento, che
sia possibile di eseguire in varie riprese, a norma dei mezzi
disponibili, o delle necessità che si presenteranno. .
L'Ufficio Regionale, in rappresentanza del superiore Mi-
nistero della Pubblica Istruzione^ si è occupato della revisione
dei rendiconti di spese sostenute coU'assegno erariale concesso
alla Basilica.
Chiesa e Chiostri di S. Maria delle Grazie. — Nel
periodo di tempo trascorso dal luglio 1899 a tutto oggi, l'at-
tività dell'Ufficio Regionale nei restauri delle Grazie è stata
in gran parte assorbita dalle molte opere complementari ri-
chieste dai restauri già eseguiti, allo scopo di renderli meglio
intonati al complesso del monumento e di assicurarne la
buona conservazione. Oltre a ciò, furono condotti a buon punto
i restauri interni ed esterni della Sagrestia : alle finestre ret-
tangolari del primo ordine furono rifatte le vetrate a rulli
e fascie di colore, pari a quelli delle finestre circolari supe-
riori. Lo stipite della porta di accesso, in marmo svizzero di
macchia vecchia, fu completato e rimesso nel suo stato pri-
mitivo, le imposte in legno furono ripulite dalla verniciatura
a biacca, di modo che ritornarono in vista le tarsie degli
scomparti: oltre a ciò, gli affreschi che adornano la parete del
piccolo chiostro in corrispondenza a questa porta, furono ri-
puliti e rimessi in perfetta evidenza. — Vennero pure ripulite
le pitture che decorano la porticina che dal piccolo chiostro
conduce al Tempio.
Il piccolo locale, creato evidentemente fin dal tempo della
costruzione della "Chiesa, nell'insenatura che esiste tra l'abside
maggiore, il campanile e il chiostrino, fu restaurato in modo
che, all' interno ha riacquistato tutte le caratteristiche confe-
ritegli dagli elementi architettonici e pittorici che lo decorano,
ed all'esterno è scomparso l'effetto disaggradevole di abbandono
i8
STOin \ II) ai: I
in cui era riJotta la sua parete di chiusura. Anche il tetto
<5>
di questo locale, considerevolmente abbassato per lasciare in
vista la maggior parte possibile delle decorazioni esteriori del
tempio, ha dovuto essere completamente rifatto.
OTTAVA RELAZIONE UELL l FFIC.IO RI:GI0NALE
IO
Mentre questi ed altri lavori continuavano al tempio ed
agli annessi fabbricati, mentre il restauro del chicstriro ve-
niva ultimato nei più minuti particolari, anche al ciiiostro
20
STORIA ED ARTK
Lirandc, clic i in consegna dell'I 'lììcio Rc^^ionalc, \ciìivano
continuate le opere di manutenzione ordinaria e straordinaria
reclamate dalle condizioni in cui, per gli usi precedenti, era
OTTAVA RELAZIONE DELL UFFICIO REGIONALE
2i
Stato ridotto. Così, in attesa del momento propizio per pra-
ticare in esso i veri e propri restauri di cui abbisogna, si è
provveduto a riassettare i tetti dei vari corpi di fabbrica, si
sono compiute diverse opere di consolidamento, si sono demoliti
muri inutili, si sono riposte in uso provvisorio diverse parti
inservibili, e si sono continuati gli scandagli intesi a fornire
i dati artistici per la sua sistemazione futura: scandagli che,
al pari dei precedenti, hanno avuto anche Tesito di rimettere
in luce altre interessanti pitture.
In previsione del futuro riordino del servizio di custodia
-RESTAVRI-CHiesA delle cpArrt ./wilano-
ca05PETTI VERiO l
jTATO ATTVAL
TESTATA SETTENTRIONALE DELLA SAGRESTIA
E FABBRICATI SECONDARI ADLVCENTI.
al Cenacolo di Leonardo da Vinci, in rapporto al gruppo mo-
numentale delle Grazie, l'Ufficio Regionale ha studiato un
progetto generale di sistemazione il quale tende a migliorare
s I oiM \ i:i) MCI i:
la condizione del servizio del culto e degli alloggi delle per-
sone che vi sono addette, rendendola indipendente dal servizio
clic l'Amministrazione sarà chiamata a svolgere nell'interesse
degli studiosi del monumento. Tale progetto, il quale prov-
vede anche a dotare la Chiesa di una nuova, ampia e più co-
moda sagrestia in immediata sua comunicazione, attende ora
la approvazione superiore.
E noto come gli stabili demaniali già formanti parte del
Convento di S. Domenico e ultimamente usati come caserma,
i quali per l'assenza di ogni importanza storica o artistica
non erano stati compresi nel gruppo. monumentale delle Grazie
fossero destinati alla vendita. Prima però che si addivenisse
a tale atto, l'Ufficio Regionale, che nella sua qualità di con-
segnatario del Palazzo di Brera ebbe più volte ad occuparsi
di un miglioramento delle condizioni della Biblioteca Nazio-
nale, credette opportuno suggerire al Capo di questo Isti-
tuto di richiedere al Ministero l'uso degli accennati stabili,
per adattarli a deposito e custodia del materiale di minore
importanza della Biblioteca stessa. Accolta tale idea, furono
avviate le trattative più opportune per assicurare alla ini-
ziativa un esito fortunato.
Al punto cui sono giunti ora i lavori di restauro alle
Grazie, l'Uflìcio Regionale ha stimato doveroso riassumere
la storia dei restauri stessi a partire dal 1880, e ne ha fatto
oggetto di una speciale relazione storico-tecnica-artistica e fi-
nanziaria inviata al Ministero e da questi approvata.
Chiesa di S. Antonio. — In seguito al lascito di un bene-
fattore defunto, fu deciso di provvedere al restauro interno
della Chiesa dì S. Antonio, L'incarico di tale lavoro venne
affidato all'arch. ing. C. Nava il quale, accordatosi con l'Uf-
ficio Regionale, stabilì di limitare le opere di restauro, al ri-
pulimento delle decorazioni e al risarcimento degli stucchi,
partendo dal principio di conservare col maggior scrupolo
possibile la tonalità generale dell'ambiente che l'azione del
tempo ha reso tanto simpatica e pittoresca.
OTTAVA Ri;r.\zioNi-: dell'ufficio regionale 23
In tal senso furono iniziate e vengono condotte le opere
di restauro, che, per la parte pittorica, sono affidate all'artista
Giovanni Sottocornola.
Chiesa di Santa Maria del Carmine. — Abbandonato
il progetto di una cappella dedicata alla Sacra Famiglia, circa
il quale l'Ufficio aveva sollevato alcune eccezioni, furono com-
piuti dall'architetto a ciò delegato, sig. prof. E. Mazzucchelli,
nuovi studi più conformi al carattere ed alle esigenze artistiche
del Tempio, i quali ottennero la completa approvazione di
questo stesso Ufficio.
Basilica di S. Simpliciano. — L'Ufficio Regionale si è
occupato perchè alla basilica di S. Simpliciano, e precisamente
in corrispondenza al braccio di croce settentrionale, venissero
tolti i gravi inconvenienti derivanti dall'esercizio di uno stabi-
limento industriale, ad azione meccanica, creato a ridosso delle
pareti esterne del monumento. L'opera dell'Ufficio e le esi-
genze dell'industria stessa, il cui sviluppo richiese un nuovo
impianto, valsero a rimuovere in gran parte quei pericoli
ai quali la Fabbriceria sarebbe stata in dovere di opporsi fin
da principio.
Ex-Chiesa di Santa Maria della Pace. — È stata una
delle chiese più fortunate di Milano per il valore delle opere
d'arte che vi furono profuse, e, colle altre due di S. Pietro
in Gessate e di Santa Maria Incoronata, essa, benché oramai
spoglia di tutto, rappresenta ancora uno dei tipi più caratte-
ristici dell'architettura religiosa della seconda metà del XV se-
colo. Fu fondata nel 1466 durante il dominio di Galeazzo Ma-
ria Sforza, e venne costruita dall'architetto Guinifortc Solari,
al quale succedette nel lavoro il figlio Pietro, che fu più tardi
l'architetto del Kremlino di Mosca. La Chiesa, consacrata
solo nel 1497 dall'arcivescovo Arcimboldi, appartenne in ori-
gine ad un ordine di Francescani, e passò poi ad altre con-
24
STORIA II) AKli:
gregazioni. Avvenuta la soppressione delle corporazioni reli-
giose, ed essendo lo stabile destinato ad usi volila ri, non
mancò chi provvide a salvare da completa rovina parecchi
dei suoi tesori artistici. Così, durante il i8o5 tu asportato dalla
Chiesa il monumento del Vescovo Bagaroto che ora si ammira
nel Museo Archeologico, e, nello stesso anno, furono distaccati
dalle pareti ventotto affreschi di Bernardino Luini, di Marco
d'Oggiono e di Gaudenzio Ferrari, ora custoditi nella R. Pi-
nacoteca di Brera. In epoca assai più prossima a noi (anno iSyS),
per iniziativa della Consulta Archeologica, furono asportati e
ritirati pure in Pinacoteca gli affreschi di Bernardino Luini
che adornavano la Cappella di S. Giuseppe. Le altre pitture
della Chiesa portavano i nomi del Cerano, del Procaccini,
del Fiammenghino, del Campi, del Semini, del Crespi, ecc.
Numerose iscrizioni, ricordate dal Valeri e riprodotte dal
Forcella, rammentavano un tempo le cospicue famiglie che
avevano avuto sepoltura in questo tempio, e non pochi avanzi
di monumenti si riconoscono ancora fra i marmi del Museo
Archeologico, e fra quelli che furono raccolti dai privati.
Ma, ad onta di tante spogliazioni, ad onta dell'uso a cui
fu sottoposta (servì in parte lino a questi ultimi tempi come
maneggio della vicina caserma), la chiesa conservava ancora
così elette qualità artistiche, da essere ricercata quale op-
portuna sede, allorquando venne fondata in Milano una nuova
istituzione di musica religiosa.
Fu appunto sul principio del corrente anno che ebbero
inizio i lavori per adattare la Chiesa a tale nuova destinazio-
ne, e i lavori stessi, ideati e diretti da un membro della Com-
missione Conservatrice, quantunque per la parte artistica siano
appena al loro inizio, vennero ispirati al concetto di conciliare
le esigenze di uso dell'ambiente colla più opportuna soluzione
dèi problemi artistici, e danno quindi affidamento di buona
riescita. Intanto, le prime opere di adattamento hanno portato
alla scoperta della originaria decorazione della vòlta, decora-
zione costituita da un fondo seminato dì fiammanti coi motti
OTTAVA RELAZIONE DELL UFFICIO REGIONALE
2D
di Jesus t PaXj interessante oltre che per la originalità ed effi-
cacia ornamentale, per la somma semplicitcà di mezzi con cui
è ottenuta.
APPELLA DI S. GIUSF.PPE .NELLA EX-CHIESA DI SANTA MARIA DELLA PACE.
L'Ufficio Regionale, il quale si propone di meglio illustrare
questo edificio a lavori compiuti, ha intanto provveduto al
rilievo esatto della cappella di S. Giuseppe, rilievo che varrei
2() STORIA ED ARTE
ad ottenere la ricostruzione della cappella stessa in uno dei
locali della R. Pinacoteca di Brern, essendo nei progetti del
Direttore di questa, di ricomporre gli atiVeschi del Luini nelhi
loro originaria disposizione, e sotto le naturali condizioni di
luce.
Colonne di S. Lorenzo. — Il risultato raggiunto dagli in-
teressati alla demolizione della Pusterla dei Fabbri, col ricor-
rere all'espediente di numerose firme di cittadini in appog-
gio della loro domanda presentata al Comune, non poteva a
meno di incoraggi<tre gli interessati ad altre distruzioni, a
raccogliere firme di adesione ai loro intenti: la stessa facilità
colla quale l'Amministrazione Municipale aveva, senza alcun
controllo, assegnato autorità alla petizione di abitanti del quar-
tiere di Porta Genova, facendone il diretto pretesto per chiedere
al Consiglio la demolizione della Pusterla dei Fabbri, doveva
rendere ancora più spedito il compito di raccogliere le firme
sotto una petizione chiedente la demolizione delle Colonne
di S. Lorenzo: per cui gli interessati a questa mostravano la
piena fiducia nell'esito favorevole, asserendo di avere già ra-
dunate pili di cinquemila firme. In tale condizione di cose,
un articolo della Perseveran:{a (9 luglio 1900), a firma del-
l'arch. L. Beltrami, immaginando rinnovate per le Colonne di
S. Lorenzo le stesse vicende che avevano condotto al sacri-
ficio della Pusterla dei Fabbri, valse a scuotere l'opinione
pubblica, destando un allarme che fu provvidenziale. Infatti
la stampa cittadina si occupò dell'argomento, e la stessa ipo-
tetica narrazione della Perseveran:{a, portò l'Amministrazione
Municipale a fare una dichiarazione ufficiosa, per allontanare
ogni sospetto che, da parte sua, si fosse per compromettere
la conservazione di quegli avanzi : lo stesso Sindaco, inter-
vistato in proposito, ebbe a dichiarare, come riferi il Secolo
del IO luglio 1900, « fino a quando sarò a questo posto nes-
suno toccherà le Colonne delle celebri Terme, che furono
onore della Milano Romana ». L'agitazione prodottasi in
OTTAVA RELAZIONE DELL UFFICIO REGIONALE
tale circostanza diede luogo a varie proposte di sistemazione
del Corso di Porta Ticinese, sia in giornali che in opuscoli.
L'Ufficio Tecnico Municipale si accinse a studiare lo stesso
argomento, ma nessuna decisione venne ancora presa. Se il pe-
ricolo è scongiurato, non si può per questo dire che sia rimosso :
e poiché l'agitazione degli interessi privati non mancherà di
cogliere altre occasioni favorevoli per affermarsi, così è ne-
cessario che gli studiosi abbiano a vigilare.
Antica casa dei Missaglia, ed edifici attigui, tra
le vie Orefici, Rattft e Spadari. — Essendo stata
avviata la demolizione di una parte dell'isolato di case fra
le vie Orefici, Ratti e Spadari, destinato ad essere interamente
rifabbricato, l'Ufficio si occupò di raccogliere gli indizi di
vecchie costruzioni medioevali e del rinascimento sfuggite alle
ripetute trasformazioni di quella parte del centro della città:
di due antiche case rimangono ancora notevoli avanzi, illu-
strati nel Volume I delle Reminiscen:^e di Storia e d'Arte
nella città di Milano: e sono la casa dei Missaglia, nel fondo
del cortile della casa N. 10-12, dì via Spadari; e la casa di
stile d^] rinascimento, a decorazioni in terracotta, in fondo
alla casa N. 12 di via Torino.
La casa in via Spadari ha un particolare interesse per
la storia milanese, essendo stata la dimora di quella famiglia
dei Missaglia che tanto si distinse nella fabbricazione delle
celebri armature milanesi, ed alla quale apparteneva il Fran-
cesco Missaglia che nel 1466 venne spedito a Luigi XI di
Francia per rifornirlo di armi: tre arcate a sesto acuto, sor-
rette da pilastri ottagonali, rimangono ancora visibili di questa
costruzione, ed i monogrammi dei Missaglia si veggono scol-
piti sui capitelli. Sebbene le demolizioni iniziate non intac-
cassero ancora questo porticato, pure l'Ufficio ritenne suo dovere
di far precedere al lavoro di demolizione degli stabili attigui,
le indagini occorrenti ad accertare la esistenza di altre traccie
nascoste sotto le manomissioni ed alterazioni di quegli stabili.
28
STORIA ED AKTK
I-e ricerche non rimasero senza risultato, e si poterono ancor
rinvenire antichi soffitti in legno, stìpiti di finestre in terra
cotta con avanzi di ornamentazioni policrome, graffiti, ecc.
Cosi, oltre all'essersi assicurato che l'opera di demolizione di
quelle vecchie case non avrebbe inconsciamente distrutto ri-
cordi storici ed artistici degni di rispetto, l'Ufficio potè rac-
cogliere degli elementi non privi d'interesse riguardo le c(;-
struzioni civili del centro di Milano dell'epoca viscontea e
sforzesca, elementi che spera di poter illustrare in una pros-
sima relazione.
Avanzi della Casa de' Medici in Via Terraggio.
I
ULTIMI AVANZI DELL, ANTICO PALAZZO DKI MEDICI
RILEVATI dall' UFFICIO REGIONALE.
— In vista delle opere di ricostruzione dell'ala di fabbricato
versola Via Terraggio, appartenente alla casa n. 20 del Corso
Magenta, in conseguenza delle quali opere si veniva a ma-
scherare l'ultima traccia, ancora visibile dalla pubblica via,
della antica casa Medici, l'Ufficio Regionale provvide a com-
piere i rilievi di quell'avanzo architettonico, interessante tanto
dal punto artistico che dal punto storico. Trattasi infatti della
casa che i Medici avevano cominciato a costrurre in Milano
al tempo di Lodovico il Moro, ed alla quale il Vasari ac-
OTTAVA RELAZIONE DELL UFFICIO REGIONALE 29
cenna là dove, parlando delTarchitetto Giuliano da Sangallo,
riferisce come questi fosse venuto a Milano per fare il mo-
dello di un palazzo « e presentando egli il modello per parte
del Magnifico Lorenzo , riempiè quel Duca (di Milano) , di
stupore e di meraviglia, nel vedere in esso l'ordine e la di-
stribuzione di tanti begli ornamenti, e con arte tutti e con
leggiadria accomodati nei luoghi loro ».
A questa circostanza si collega il dato di fatto che nel
i^iu^no i486 il Duca di Milano ebbe a donare a Lorenzo de' Me-
dici una casa « sitam apud S. Maiiritium in urbe nostra
Mediolani » come risulta da un atto firmato da Lodovico il
Moro conservato all'Archivio di" Stato di Milano (Reg. due,
n. 22 alias 5, fol. 9^), e la identificazione di tale palazzo col
fabbricato di Via Terraggio, poco discosto dalla chiesa di
S. Maurizio al Monastero Maggiore, risulta altresì dal fatto
che nel compiere alcune opere interne, or sono nove anni,
si trovò uno stipite di porta in terracotta collo stesso motto
semper droit, che si trova sugli altri edifici di Via Bossi e
della Bicocca^ eretti in Milano dalla famiglia Medici.
Le suaccennate opere di ricostruzione offrirono la possi-
bilità di rilevare altre parti che si trovavano già da tempo
mascherate dalle costi uzioni adossate alla composizione del
Sangallo la quale rimase incompleta, come osserva il Vasari
che menziona la interruzione di molte opere d'arte in Milano
a per la venuta dei Francesi » nel 1499 « ne ancora si potè
finire il pala:^:[o ». Il rilievo di cui si presenta la riprodu-
zione, offre un motivo interessante di architettura tutta in la-
terizio, nel quale si avverte il carattere particolare dello stile
fiorentino.
Palazzo Marino. — A cura dell'Ufficio Tecnico Municipale,
venne iniziato e compiuto il restauro della fronte del Pa-
lazzo Marino, prospettante la Via Case Rotte.
}() S I Kl> 1 \ I I. \ l« I I
Colonna del Leone al largo S. Babila. — Io stile
architettonico di questo monumento, tanto caratteristico in
Milano, rivela l'epoca della sua erezione, avvenuta nel 1628
per opera di un Serbelloni: ma una delle iscrizioni incastrate
nel suo piedestallo ci avverte come il monumento risalga ad
epoca assai più antica, e sebbene non si con()sca la data precisa
della sua origine, è nota però quella di un restauro avvenuto]
nel 1549. Il leone che sta alla sommità della colonna e assai,
probabilmente quello del monumento originario: esso è scol-
pito in pietra serpentina e, mentre dalle memorie cittadine
può considerarsi come l'emblema dell'antica Porta Orientale
rappresentata appunto da un leone, antiche tradizioni vollero
ravvisarvi la memoria di una vittoria riportata dai milanesi sui
veneziani, con un fatto d'armi che presumibilmente dovrebbe
essere avvenuto durante la signoria dei Visconti.
La qualità del materiale usato nella ricostruzione del 1628
aveva pregiudicato la stabilità della colonna, tanto che l'Am-
ministrazione comunale, d'accordo coll'Ufficio Regionale, ne
deliberò il restauro. Seguendo il concetto di evitare qualsiasi
rifacimento, fu possibile restituire al manufatto la voluta so-
lidità senza menomamente alterarne il carattere : e questo
lavoro, lodevolmente eseguito dall'Ufficio Tecnico Municipale,
fu completato col ripristino della lapide scomparsa che si tro-
vava sul lato di ponente, ed il cui testo era stato conservato
nell'Archivio Stampa Soncino.
Affresco nell'ex-'P alazzo Landriani, ora R. Ac'-
cademia ScientifìcoHLetteraria. — È stato felice-
mente compiuto il distacco e il ricollocamento in posto, previo
risanamento delle pareti, dell'affresco attribuito a Bernardino
Luini, adornante la parete di testa del portico terreno del-
l'antico Palazzo Landriani.
R. Palazzo di Brera. — Approvatosi dal superiore Mini-
stero il progettto tecnico redatto dall'Ufficio Regionale-per il
OTTAVA relazioni: DKLt/i FFICIO REGIONALE 3l
riordino della R. Pinacoteca, secondo le idee del Direttore di
queir Istituto, dott. Corrado Ricci, vennero iniziati e condotti
a buon punto i lavori a ciò necessari. Tale sistemazione im-
pose anche lo spostamento di parecchi monumenti onorari,
pei quali l'Ufficio assicurò un nuovo collocamento in altre
parti del palazzo.
La necessità di provvedere alla sede della consueta espo-
sizione artistica triennale, suggerì alla R. Accademia di Belle
Arti lo studio di un grande salone provvisorio da costruirsi
in legno in uno dei cortili secondari del Palazzo; ma l'Ufficio
Regionale, considerati i pericoli gravi che una costruzione in
legno potrebbe produrre in un palazzo nel quale, fra gli altri
istituti, hanno sede la R. Pinacoteca e la Biblioteca Nazionale,
non ritenne di appoggiare tale idea, e di sua iniziativa studiò la
costruzione di un grande salone stabile in cemento armato,
destinato a servire, in via straordinaria, per l'esposizione di
scoltura e, in condizioni normali, come aula di scuola della
R. Accademia. Tale costruzione è stata felicemente compiuta
sotto la direzione dell'architetto dell'Ufficio sig. A. Brusconi
particolarmente addetto anche a tutti i lavori di manuten-
zione e di restauro del R. Palazzo di Brera.
È stata consegnata all'Ufficio Regionale una piccola lapide
in marmo nero colla data del i5oi ricordante la fondazione
del Palazzo di Brera, scoperta anni addietro durante alcuni
lavori nel sottosuolo e ritenuta, dal testo dell'iscrizione, come
la prima pietra del palazzo stesso.
Anche i lavori già avviati per la nuova fognatura, ebbero
nel corso dell'anno la più opportuna continuazione, al pari
delle opere di manutenzione ordinaria e delle consuete man-
sioni amministrative dipendenti dall'incarico dell'Ufficio Re-
gionale di provvedere alla direzione del Palazzo.
Antica Pusterla dei Fabbri. — L'Ufficio Regionale per
la conservazione dei monumenti della Lombardia, di fronte
alla presentazione al Consiglio Comunale della proposta di
MOKI A Kli Alili;
demolire l'Arco dei I'';ibbri, non mancò di informare il Mi-
nistero della Pubblica Istruzione, poiché la Commissione con-
servatrice aveva aderito alla demolizione solo per « esigenze
di viabilità» accampate dal Comune, e che all' Ufficio lU'^io-
IKPCSTX DELL'/IRCO
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DAI RILIEVI ESEGUITI NELL AIRILE I9OO DALL'UFFICIO REGIONALE
PER LA CONSERVAZIONE DEI MONUMENTI IN LOMBARDIA.
naie risultavano insussistenti. Il Ministero della Pubblica
Istruzione ebbe quindi a rivol£,ere un invito al Sindaco di
Milano perchè fosse rimandata ad ulteriore esame la proposta
di demolizione: ma l'Autorità Comunale non credette di ade-
rire all'invito, assumendosi il compito di dichiarare che l'Arco
dei Fabbri « non presentava assolutamente importanza arti-
stica, né architettonica, e per essere conservato dovrebbe es-
OTTAVA RELAZIONE DELL UFFICIO REGIONALE
33
sere in gran parte rifatto per riguardo all'estetica ed alla
stabilità »: esprimeva quindi la speranza che la proposta della
Giunta sarebbe stata approvata dal Consiglio, per non tur-
bare un progetto « che implica questioni economiche e di
viabilità ».
La discussione avvenuta nel Consiglio, non corrispose
invece a tale speranza, né condivise il giudizio recisamente
PORTA VERSO LA CITTÀ IN DEMOLIZIONE — MAGGIO I9OO.
negativo rispetto al valore artistico del rudere in questione:
e nella seduta del Consiglio Comunale del 3o maggio 1899
venne respinta la proposta di demolizione della Pusterla dei
Fabbri.
Sotto l'impressione della imminente minaccia di demoli-
zione, l'Ufficio Regionale, riconoscendo come l'origine delle
ostilità del Comune verso l'Arco dei Fabbri si dovesse rav-
visare, anziché nelle esigenze di viabilità, nelle preoccupazioni
destate dalla ristrettezza della zona stradale risultante fra
l'Arco e la erigenda casa, pensò che tali preoccupazioni avreb-
}
■H
STOHIA i:i) ARTK
hcro potuto essere rimosse allorquando si fosse invece adot-
tato il partito di collegare questa costruzione coll'Arco, a
condizione che dalla stessa struttura della casa apparisse evi-
dente l'intenzione di tale collegamento. Un nuovo studio
planimetrico venne in tale senso suggerito dall'Ufficio Regio-
nale, e sottoposto al voto della Commissione conservatrice
dei monumenti, la quale, nella seduta del 22 giugno 1899, ^'-^
PORTA VERSO LA CAMPAGNA IN DEMOLIZIONE
MAGGIO 1900.
ben lieta di dare il seguente voto favorevole alla proposta
variante: « La Commissione per la conservazione dei monu-
menti della Provincia di Milano, soddisfatta che l'Ammini-
strazione Comunale abbia riconosciuto che le esigenze della
viabilità non imponevano inevitabilmente la rimozione del-
l'Arco dei Fabbri, ed abbia quindi deliberato in omaggio al
culto delle memorie storiche di conservare quell'importante
rudere, aderisce in massima al progetto compilato dall'Uffi-
cio Regionale, trasmesso dal Sindaco di Milano ».
Il giorno 6 marzo 1900 si radunava il nuovo Consiglio
OTTAVA RELAZIONE DELl'uFFICIO REGIONALE 35
Comunale, e fra i vari argomenti posti in discussione eravi
la proposta di demolizione dell' Arco dei Fabbri, in base alla
seguente relazione della Giunta :
« Pervenne a questa Giunta una petizione coperta da
numerose firme di abitanti del quartiere di porta Genova,
per la demolizione della Pusterla dei Fabbri, sotto motivo
che « tale antichità presenta nulla affatto d'interessante, sia
« dal lato architettonico che estetico, mentre occupa uno spazio
« che potrebbe invece venir ridotto a giardino o piazza, dando
« così miglior vita ed aspetto alla località ».
« Epperò, ritenuto che il Consiglio abbia ad essere favo-
revole alla rimozione di questa antichità, si presenta il se-
guente ordine del giorno:
« // Consiglio Comunale, vista la domanda di molti cit-
tadini per la demoli:{ione della Pusterla dei Fabbri: /." de-
libera la demolizione della Pusterla stessa, conservandone
la memoria storica nei modi e coi me:(p consigliati dalla
Commissione provinciale per la conservazione dei monumenti,
compreso il trasporto nel Museo archeologico dei ruderi da
conservare; 2.^ approva la convenzione 2j febbraio igoo,
colla Ditta Longoni, Pedroni e Zanini, pei conseguenti com-
pensi a suo carico ed on'eri di esecuzione dei lavori di ab-
battimento e di trasporto in Castello di detti ruderi >>.
La discussione impegnatasi fu breve; e messa a partito
la proposta della Giunta venne a grande maggioranza appro-
vata, accolte le raccomandazioni fatte dal cons. Bozzi, perchè
la demolizione dell'Arco fosse fatta sotto la vigilanza del-
l'Ufficio Regionale dei Monumenti.
L'Ufficio Regionale aveva già avviato il lavoro dì rilievo
della Pusterla dei Fabbri per poter predisporre lo studio
delle opere occorrenti al suo restauro : ma in seguito alla ri-
ferita deliberazione del Consiglio Comunale, malgrado il so-
praggiungere dei voti favorevoli alla conservazione per parte
:() STOKIA l.J> AKIK
della Consulta archeologica e della Società Storica Lombarda, le
demolizioni erano state avviate senza indugio, e l'Ufficio do-
vette limitarsi a prendere, d'accordo coli' Ufficio Tecnico
Municipale, le disposizioni relative al ritiro in castello delle
parti della Pusterla da conservare. Oggi i blocchi in marmo
e pietra dell'Arco dei Fabbri, debitamente numerati, sono
raccolti sotto una tettoja provvisoria nel grande cortile del
Castello Sforzesco, in attesa di essere ricomposti, secondo gli
impegni presi dal Comune: anche le altre prescrizioni della
Commissione conservatrice relativa alla indicazione della pla-
nimetria della Pusterla sull'area stradale e alla lapide com-
memorativa, non ebbero alcuna esecuzione.
Loggia degli Osii. — Riguardo al restauro di questo inte-
ressante esempio di architettura civile e preziosa memoria
della vita milanese del secolo XIV, si affermò nell'anno 1807
l'interessamento cittadino, quando in base ad un progetto
compilato a cura degli architetti Borsani e Savoldi, venne
aperta una sottoscrizione per provvedere alle spese di restauro,
della sua parte artistica. Le condizioni ristrette di tempo in
cui si svolse la sottoscrizione, e la inopportuna intenzione di
volere far concorrere l'iniziativa privata anche pei lavori che
si devono riguardare come effettivo miglioramento dello sta-
bile e quindi spettanti alla Camera di Commercio, che ne
è proprietaria, contribuirono a lasciare in sospeso l'ideata
opera di restauro. Col rinnovamento avvenuto nella Presi-
denza e nel Consiglio della Camera di Commercio, e colla
possibilità che la somma già raccolta da qualche anno e de-
positata presso la stessa Camera abbia a bastare per far fronte
alle opere di restauro artistico, è da sperare che si abbia
prossimamente ad avviare un'opera vivamente desiderata
dalla cittadinanza ed alla quale anche il Comune vorrà in-
teressarsi non dimenticando la parte importante che tale edi-
fìcio ebbe nel medioevo nei rapporti della vita comunale.
I
OrrAYA Ri:7.AZI0NE DELL UFFICIO REGIONALE
Palazzo della Ragione. — Coli' anno 1900 scade il periodo
di tempo della concessione del porticato terreno del Palazzo
della Ragione per affitti privati, concessione fatta dalla Ca-
mera di Commercio, quantunque il Comune di Milano non
abbia mai riconosciuto il diritto nella stessa dì valersi di
quel porticato terreno con disposizioni e concessioni perma-
nenti, essendo solo riconosciuto ai negozianti il diritto di
raccogliersi sotto il porticato durante le ore dei mercati e
degli affari. In vista di una prossima sistemazione di altri
rapporti fra Comune e Camera di Commercio, in dipen-
denza del prossimo cambiamento della sede per la Borsa,
e della sistemazione della Piazza Mercanti nella zona retro-
stante al Palazzo della Ragione, venne prorogata di un anno
la scadenza della concessione in corso del porticato terreno
ad affitti privati; ma è ormai necessario che non si indugi
maggiormente a risolvere la questione della riapertura del
porticato terreno, colla remozione delle vetrate, oltre che per
il decoro del centro della città, per ovviare al grave incon-
veniente deli'atfollamento del ceto dei negozianti sulla tratta
di Via Mercanti, oggi percorsa da sei diverse linee tramviarie.
Castello Sforzesco. — Venne compiuto il restauro dello
stemma in marmo sulla Torre di Bona di Savoia, cui si
accennò nella precedente relazione, ripristinando anche la
iscrizione dedicatoria, di cui fu ancora possibile ricostituire
il testo originario: alla spesa per tale opera, l'Ufficio Regio-
nale potè far fronte specialmente per il munifico contributo
di L. 3ooo dato dal sig. Giuseppe Pisa.
Nella Rocchetta, durante il lavoro di collocamento della
raccolta epigrafica, avvenuta a cura del Consultore avv. Emilio
Seletti, venne eseguito il pavimento del porticato terreno, in
laterizio, e fu abbassato il piano del cortile per modo da ri-
pristinare il gradino sull'allineamento delle colonne.
Il lavoro del ripristino della merlatura della Rocchetta
venne esteso anche al lato sud-ovest e diede occasione di ri-
38
STORIA Ki) A un:
solvere il collegamento della merlatura della K(;cclictta con
quella della cortina che si attacca alla torre rotonda sud:
l'imposta di un grande arco e le traccie di un piano incli-
nato nello spessore della cortina hanno potuto guidare la
ricomposizione di quell'interessante difesa dell'accesso alla
Rocchetta, risolta mediante ponticella levatoja. Il ripristino
LATO SUD-OVEST {prima del restauro).
della merlatura sul lato sud-ovest della Rocchetta portò alla
necessità di risolvere il collegamento di quel lato colla torre
d'angolo, detta del Tesoro: si trattava di una parte abba-
stanza ardua da ricostituire, poiché i beccatelli dì quella torre
s'impostano di m. 5 più in basso di quelli del lato dèlia
Rocchetta. Lo sgombro delle macerie che ostruivano i sotto-
tetti permise di mettere in evidenza la disposizione di un' al-
tra ponticella levatoja che serviva di comunicazione fra la
torre castellana e la cortina prima che questa fosse stata so-
pralzata per lo sviluppo dato ai fabbricati della Rocchetta :
OTTAVA RELAZIONE DELL UFFICIO REGIONALE
39
Jiii'-ii.Jjjj 15
tiiàrgi
OTTAVA RELAZIOVE DELl'uKFICIO REGIONALE 4I
di più, vennero in luce delle piccole finestre col contorno
superiore trilobato nelle parti più elevate dei muri interni
della torre quadra: esaurite tutte le indagini si potè accer-
tare come fra la zona dei beccatelli a quattro ordini e il pa-
rapetto superiore della merlatura vi fosse stato, nella torre
d'angolo, un corridojo interno di difesa, sul tipo di quelli che
si veggono al Castello di Pandino, rischiarati da finestrelle:
così, nell'occasione del ripristino della merlatura del lato
sud-ovest della Rocchetta, si potè avviare anche l'innesto della
merlatura della Torre del Tesoro.
Nella Rocchetta vennero sistemati anche i locali del primo
piano corrispondenti al lato nord-ovest per soddisfare all'esi-
genza di ampliamento del Museo del Risorgimento: i locali
terreni sottostanti, a destra dell'ingresso, furono adattati a
posto di guardia dei pompieri. Infine si effettuò uno sposta-
mento nelle sedi della Società Storica Lombarda e della So-
cietà Numismatica italiana, alle quali vennero assegnati solo
dei locali verso il fossato, mentre i locali a sinistra dell' in-
"* gresso alla Rocchetta furono destinati a sede dell' UfìBcio
Tecnico e dell'Ufficio Regionale, per la direzione dei lavori
in Castello.
Gli ultimi studi rivolti a quelle parti del monumento il
cui definitivo restauro lasciava ancora adito a qualche dubbio,
hanno procurato ottimi risultati. In seguito ad essi, sì e po-
tuto constatare che le costruzioni addossate alla cortina della
fronte principale esistevano fin dall'origine, si sono ritrovati
gli elementi necessari a stabilire la forma e l'ampiezza dei locali
contenuti in tali costruzioni e, quello che più importa, si sono
rinvenute le sei grandi finestre che, per disposizione del duca
Francesco Sforza, oltre ad assicurare luce ed aria a quei locali,
dovevan contribuire al maggior decoro del prospetto esterno.
Avvicinandosi l'epoca della apertura dei Musei si pensò
di ripristinare anche lo stemma disposto sopra la porta d'ac-
cesso alla Rocchetta, il cui ducale era stato abraso; lo spessore
del marmo permise di riscolpirvi le vipere e le aquile inquar-
42 STOKIA i:i) AUTK
tate e sotto il lineale si poterono aneora rieono.ecrc le traccie
dell'iscrizione pure abrasa così da ricostituirne in modo non
dubbio il testo nella forma seguente:
FRANCISCVS-SFORTIA- VICEGOMES DVX UH
ET • ANIMO INVICTVS • ET • CORPORE
ANNO- MCCGCL- AD- UH - KAL - MARTIAS
HORA • XX - DOMINIO • VRBIS - MEDIOLANI
POTITVS EST-
IDEM • ILL - PRINGEPS - EODEM • ANNO - IDIBVS
IVNIIS • HORA XX - ARCEM • HANC - RADICIP.VS
EXCISAM - INSTAVRARE • AMPLIFICARE
QVE COEPIT.
Nel completare la ripulitura degli avanzi del dipinto vo-
tivo, che il signor Mullér Walde fino dal i8r)3 aveva ritro-
vato di fianco all'arco di accesso munito di saracinesca, si
ebbe la fortuna di scoprire un frammento della iscrizione che
identifica il devoto cui è dovuto il dipinto stesso, e che in que-
sto si vede appunto rafifìgurato ai piedi della croce: trattasi di
quell'Ambrogio da Longhignana che fu capitano delle guardie
della scorta ducale di Galeazzo M. Sforza, e che, dopo l'as-
sassinio di questi, ebbe per qualche tempo l'ufficio di custo-
dire l'accesso alla Gorte Ducale; il dipinto risalirebbe quindi,
come epoca, fra il 1476 e il 1480.
Pure per la imminenza dell' inaugurazione dei Musei si
trovò necessario di sistemare le adiacenze dell'accesso verso il
Parco, colla demolizione del locale a colonne e volte che era
stato costrutto fra le due cortine che difendono quell'accesso:
vennero così in luce la fondazione di' un rivellino interno, il
quale difendeva il passaggio alla Gorte Ducale e alla Roc-
chetta, e già si avviarono gli studi per il ripristino di quella
disposizione.
Gompiuto l'ordinamento dei Musei, a cura specialmente
dei signori Marchesi G. Ermes Visconti, coadiuvato dai si-
gnori G. B. Vittadini e G. Bazzero per il Musco Municipale,
OTTAVA RELAZIONE DELl'uFFICIO REGIONALE ^3
dei signori E. Seletti e A. Garovaglio per la parte antica del
Museo Archeologico, e dal signor dott. G. Carotti per la scul-
tura medioevale e del rinascimento, il tutto colla cooperazione
deir Ufficio Regionale, e dell' ing. A. Pavia dell'Ufficio tecnico
municipale, per quanto riguardava la disposizione in rapporto
colla struttura dell'edificio, i Musei vennero inaugurati uffi-
cialmente ed aperti al pubblico il giorno io maggio h)oo.
A favore dei restauri artistici del Castello, sono ultima-
mente pervenute all'Ufficio Regionale le offerte seguenti :
Cav. Giuseppe Pisa L. 3ooo — ing. cav. Amabile Ter-
ruggia L. 100 — Federico Weil L. 5o — prof. Agostino Fra-
polli L. loo — Arch. Gerolamo Cairati L. 5o — cav. Giuseppe
Chierichetti L. looo — N. N. L. 5o — ing. Giulio Pisa L. looo
— N. N. L. DO — comm. Luigi Sala L. loo — cav. Giuseppe
Spatz L., 100 — Giuseppe Sessa L. 200 — cav. ing. Cesare
Beruto L. 5o — duca Nicola Riario Sforza L. 1000 — Sal-
darini avv. Giovanni L. 5o — Da una riunione di ingegneri
L. ii8.o5 — comm. prof. Elia Lattes L. 10000.
Ancora per i restauri del Castello e con speciale desti-
nazione alla torre principale, detta del Filarete, si ebbero le
offerte seguenti :
Raccolte dal « Corriere della Sera » L. 464 — Fratelli
Gnecchi L. 1000 — comm. Ulrico Hoepli L. 100 — Achille
Cantoni L. 5o — senatore Edoardo Porro L. 100 — cava-
liere Emilio Silvestri L. 200 — ing. cav. Amabile Terruggia
L. 100 — Salvatore Sala L. 45 — Luigi Monti L. i5 — Luca
Beltrami L. 5oo — Aman cav. Edoardo L. 1000 — Dubini
ing. Francesco L. 5o — Ponti comm. Ettore L. 1000 —
N. N. L. 25o — Avanzi realizzati dal Comitato per la meda-
glia in onore di Luca Beltrami L. 4680.75 — Stefano Johnson
N. 60 esemplari della medaglia Beltrami per il valore di L. 600.
ZVLuseo Archeologico. — L'Ufficio Regionale, la cui opera
di direzione nei restauri del Castello di Milano fu pure, per
incarico Ministeriale, rivolta alla migliore sistemazione del
4;. , STORIA KD ARTE
Museo Archeologico triisfcrito dal Palazzo di ikcra al Ca-
stello stesso, provvide anche a trasportare nel cortile del
Museo la colonna gotica votiva, di cui si e altra volta par-
lato, già esistente davanti alla Chiesa di S. Antonio in Mi-
lano, ed ultimamente nei giardini del Castello di Belgioioso.
Il giorno 8 novembre del 1899, innanzi lasciare la con-
sueta residenza di Monza per recarsi alla Capitale, i Sovrani
vollero visitare un'altra volta il Castello e i Musei Archeo-
logico e Artistico municipale. Quella visita, che fu l'ultima
fatta da S. M. Umberto I al Castello, venne quasi considerata
come una cerimonia inaugurale dei Musei, allora pressoché
completamente allestiti, ma che furon aperti al pubblico so-
lamente il IO maggio del 1900, giorno in cui la nuova Am-
ministrazione Cittadina compiva solennemente l'inaugurazione
ufliciale del Museo Archeologico insieme a quelja del Museo
Artistico Municipale.
Il R. Ministero della Pubblica Istruzione, dietro proposta
dell'Ufficio Regionale, provvide, come al solito, al pagamento
delle rate di sussidio promesse per il trasporto del Museo
Archeologico nella sua nuova sede.
Chiara valle: Ex Abbazia dei Cistercensi. — Nei li-
miti, disgraziatamente troppo ristretti, dei mezzi disponibili,
l'Ufficio Regionale ha continuati i restauri dell' Ex-Abbazia
di Chiaravalle, compiendo alcune opere complementari ri-
chieste dai lavori già fatti. Cessati anche quegli scarsi mezzi,
non rimane ora che ripetere i precedenti voti perchè un av-
venire finanziario più propizio possa finalmente schiudersi a
favore di così interessante monumento.
Circondario di Monza.
Monza : Basilica di S. Giovanni Battista (Duomo).
— Anche nel corso dello spirato esercizio, i restauri della fronte
di questo monumento, assicurati coU'attuazione del piano fi-
OTTAVA RELAZIONE DELL UFFICIO REGIONALE 4D
nanziario, proseguirono con la voluta alacrità. Il restauro
del rivestimento marmoreo è oramai quasi compiuto, e pari-
menti è prossimo ad essere ultimato ciuello delle cornici di
coronamento della fronte in corrispondenza alle quattro navi
minori. La ricostituzione dell'antica guglia, che per ragioni
statiche erasi dovuta scomporre, è stata ultimata, e così pure
è stato ultimato il lavoro riguardante la nuova guglia ese-
guita sul contrafforte corrispondente a quello della guglia
vecchia, all'estremità opposta della facciata. Salvo l'esecuzione
e la posa in opera delle foglie gotiche rampanti di finimento,
i lavori da compiersi alla sommità della fronte si possono
oramai considerare come limitati al solo tratto in corrispon-
denza della navata di mezzo, e ai pinnacoli terminali. Nel
corso del prossimo anno si ritiene che i lavori, eseguiti
come seiTipre sotto la dirigenza dell' ing. Enrico Mina e col-
r immediata sorveglianza dell'Ufficio Regionale, potranno es-
sere compiuti, e verranno rimosse le impalcature che per tanti
anni hanno sottratto alla vista del pubblico i pregi di questo
monumento.
Circondario di Lodi.
Lodi: Cattedrale. — La Fabbriceria del Duomo di Lodi
avanzò istanza per essere autorizzata alla vendita di molti
oggetti di culto fuori d'uso. L'Ufficio, ispezionati tali oggetti,
si oppose alla vendita di alcuni di essi, raccomandandone in-
vece la migliore conservazione — autorizzò la vendita di al-
tri oggetti purché l'acquirente fosse il Civico xMuseo, e infine
per parecchi altri pezzi concesse l'alienazione desiderata, su-
bordinandola a condizioni speciali.
Chiesa di Santa Maria Incoronata. — Interessato dalla
onorevole Presidenza della Congregazione di Carità di Lodi,
l'Ufficio Regionale studiò e suggerì l'indirizzo più opportuno
^
46 STORIA ED ARTE
da seguire nella sostituzione della copertura metallica del
Tempio deir Incoronata. Fu adottato, in confronto della co-
pertura vecchia, il più razionale impiego del metallo a dila-
tazione libera, e con tale sistema fu provveduto alla prote-
zione del cupolino e della cupola, mentre in altre parti del-
l'edifìcio, specie nella loggctta, furono radicalmente restaurate
le originarie coperture in pietra.
Le spese considerevoli incontrate con tali lavori, sono
state assunte ^alla Congregazione di Carità di Lodi, la quale
si è perciò acquistata un nuovo importantissimo titolo di be-
nemerenza verso l'arte e verso la città.
Chiesa di S. Francesco. — Neil' approvare il bilancio
preventivo presentato da questo Ufficio per il nuovo anno
finanziario, il R. Ministero ha pure approvato la proposta
di concedere un sussidio per i lavori di isolamento del fianco
di mezzogiorno del Tempio di S. Francesco in Lodi, lavori
che dovranno essere compiuti entro il prossimo esercizio
1 000-1901, sotto la direzione dell'Ufficio Regionale, il quale
in tale occasione non mancherà di occuparsi di altri bisogni
di questo monumentale edificio, e in special modo delle
interessanti pitture che lo adornano.
LfOdi Vecchio: Chiesa di S. Bassiano. — L'interessa-
mento della Fabbriceria di Lodi Vecchio, e in particolar modo
l'intelligente iniziativa del vicario Don Pietro Frontori, val-
sero a procurare i fondi necessari all' incominciamento di
quelle, fra le opere di consolidamento riconosciute indispen-
sabili, che assumevano carattere di assoluta urgenza e senza
le quali non sarebbe stata possibile la riapertura del Tempio.
Tali opere vennero infatti avviate e, mentre la stabilità del-
l'edificio veniva in tal modo assicurata, si dava pure prin-
cipio al generale riordino òqì tetti della Chiesa. — In seguito
alle pratiche avviate dall'Ufficio Regionale presso la on. Am-
ministrazione dell'Ospedale Maggiore, fu convenuta la demo-
OTTAVA RELAZIONE DELL'UFFICIO REGIONALE
47
lizione di varie casupole addossate al fianco di mezzogiorno
del Tempio, demolizione alla quale si diede tosto effetto e che,
CHIESA DI S. BASSIANO IN LODI VECCHIO.
fra gli altri vantaggi, ebbe anche quello di rimettere in luce
indizi interessanti della Chiesa primitiva.
4«
s IO in A i:i) AUir.
I fondi di cui disponeva la Fabbriceria vennero luhijmc-
tamente assorbiti colla esecuzione dei citati lavori. Ora, mcn-
LODI VECCHIO.
FIANCO MERIDIONALE DELLA CHIESA DI S. BASSIANO.
tre il R. Ministero della Pubblica Istruzione ha deliberato un
sussidio per le future opere di indole artistica, si attende che
anche altri Enti, e in special modo il R. Ministero dei Culti^
abbiano a sovvenire il tanto reclamato restauro di questo sto-
rico tempio.
OTTAVA IIELAZIONE DELL UFFICIO REGIONAF-E 49
Cerreto : Chiesa della ex-- Abbazia dei Cistercensi.
— Essendo stato concesso dal R. Ministero della Pubblica
Istruzione un sussidio per il proseguimento dei restauri di
questo monumentale edificio, e potendosi fare assegnamento
su altre limitate risorse, l'Ufficio Regionale si propone di ri-
prendere al più presto le opere già iniziate anni addietro e
quindi sospese per mancanza di mezzi. — È a far voti perchè
altri Enti, e in particolar modo il R. Ministero dei Culti, non
manchino di assegnare nuovi sussidi intesi ad assicurare la
continuità e il risLiltato dei tanto reclamati restauri.
Villanova Sillaro : Antifonario e miniature di
proprietà della Parrocchiale. — La Fabbriceria
Parrocchiale di Villanova Sillaro domandò di essere autoriz-
zata a vendere un antico antifonario e parecchi frammenti
pergamenacei miniati. — Riconbsciuta l'importanza artistica
degli oggetti, e stabilito avere essi una ragione di rimanere
a Villanova nella stessa chiesa per la quale furono eseguiti,
l'Ufficio Regionale si oppose alla vendita vagheggiata, espri-
mendo invece il parere di adottare una più opportuna cu-
stodia onde garantire la conservazione delle pergamene nella
loro sede originaria.
GlHCONDARlO DI AbBIATEGRASSO.
Abbiategrasso : Castello. — Neil' eseguire alcuni scavi
per la fognatura della città in piazza Garibaldi, sono venute
in luce le fondamenta di una delle torri che doveVano pro-
babilmente rappresentare il limite del lato di mezzogiorno
del castello, dal che si può arguire quanta parte del castello
originario sia andata distrutta nei tempi passati.
Ex-Convento dell'Annunciata. — Era da sperare che
questo antico edificio, nel quale si conservano pitture interes-
5o SI OKI A i:i) AitTi:
santi per la storia locale, passando da un proprietario privato
a un' Ente morale quale è la Congregazione di Carità di Ab-
. biategrasso, si avvantagiasse per 1' intervento di criteri più
elevati ed intesi a favorire V interesse generale del paese. Ma
purtroppo, mentre il defunto sig. Reali si era dimostrato
sempre deferente ai consigli di coloro che si interessavano alla
conservazione delle note pitture, mantenendo sgombro affatto
il locale che le conteneva, la Congregazione, che questi ebbe
a fare sua erede, convertì quel locale in magazzeno di latticini,
provocando così tanta umidità e salsedine, da pregiudicare
delinitivamcnte la conservazione di quelle pitture.
Morimondo : Chiesa ed ex-- Abbazia. — L'interessa-
mento di questo Ufficio e quello del R. Ispettore Conte Ber-
toglio, non sono valsi ancora a procurare le risorse occor-
renti per rimediare ai danni che il tempo e gli uomini hanno
cagionato agli edifìci della ex-Abbazia di Morimondo, edifici
clie, cogli avanzi delle Abbazie di Cerreto e di Chiaravalle co-
stituiscono il migliore ricordo di quello che erano un giorno
le sedi principali dei Cistercensi nel territorio milanese, e che
oggi ancora rappresentano interessanti cimeli per la storia
dell'architettura. Intanto però l'Ufficio Regionale, su proposta
del predetto Ispettore, ha invitato la Fabbriceria di Mori-
mondo a interdire al pubblico l'accesso al coro del Tempio
durante le sacre funzioni, onde rimuovere ogni causa di mag-
giore deperimento a quei pregevoli stalli e l'ha pure inte-
ressata ad occuparsi per la migliore sistemazione del terreno
verso il lato di tramontana della Chiesa.
Albairate: Scoperta nel sottosuolo. — Nel gennajo
del corrente anno, in un territorio del Comune di Albairate,
e precisamente nel podere detto « la Scamozzina » di pro-
prietà Pisani Dossi, sono stati rinvenuti alla profondità di
circa 60 centimetri parecchi vasi funerari arcaici. — Purtroppo,
la maggior parte di questi vasi andò distrutta e ben pochi
OTTAVA RELAZIONE DELL'uFFICIO REGIONALE
sono quelli che poterono essere ritirati intatti dallo stesso
proprietario nella sua villa in Corbetta; qualcuno fra questi
conteneva ossa combuste, armille, anelli di bronzo e qualche
grano osseo di collana.
La notizia di tali ritrovamenti è pervenuta a questo Uf»
fido a mezzo dell'egregio ispettore signor conte Napoleone
Bertoglio, ed essa assume particolare importanza poiché si
collega ad altre scoperte fatte in quei dintorni fra cui quella,
pure recente, di altri vasi rinvenuti nel territorio di Corbetta.
Circondario di Gallarate.
Saronno : Santuario della B. V. — Compiuti i rilievi
grafici della cupola del monumento, l' Ufficio Regionale li
trasmise alla on. Amministrazione del Tempio perchè, in
base alle risorse di cui dispone e ai contributi sui quali
crede di poter fare assegnamento, formulasse gli estremi ne-
cessari a stabilire, d'accordo, un programma tecnico finan-
ziario delle opere da eseguirsi.
Constatato che a tutta quanta la parte marmorea della
cupola occorrono rinsaldi considerevoli e numerosi ricambi di
quei materiali che per 1' azione degli agenti atmosferici si sono
gravemente corrosi o deteriorati, fu stabilito pure che tutta la
copertura metallica della cupola debba essere rifatta con più
opportuni sistemi; perciò, ritenuto che la perfetta esecuzione di
tali opere porterà indubbiamente incontro a spese considere-
voli, r Ufficio Regionale dimostrò come l'indirizzo più oppor-
tuno da seguire nel presente caso debba essere basato sul con-
cetto di ripartire il lavoro e le spese relative in tanti periodi
di tempo, da stabilirsi a seconda dei mezzi disponibili, inco-
minciando necessariamente da quelle parti che sono più am-
malorate e che possono procurare danno anche ai preziosi di-
pinti che adornano l'interno della cupola. L'Ufficio sta ora
in attesa di quanto vorrà deliberare la on. Amministra-
52
STORIA ED AHTE
1
CVPOLA
Santvario di Saronno
RILIEVI DELLA CUPOLA DEL SANTUARIO DI SARONNO
ESEGUITI dall'ufficio REGIONALE.
zione del Tempio, per prendere poi le determinazioni più op-
portune.
Arsago : Antico battistero. — Essendosi constatato dal
R. Ispettore, Mons. cav. D. Giuseppe Tettamanti, alcuni gua-
OTTAVA RELAZIONE DELl'lFFICIO REGIONALE 53
sti alla copertura dell'antico battistero di Arsago, l'Ufficio
si occupò dello studio dei provvedimenti tecnici necessari e
ppichè non emergevano dati positivi per stabilire l'origine
di quei guasti e la loro natura non appariva tale da recare
né immediato né grave pregiudizio, si ordinò l'applicazione
di alcune biffe o spie in corrispondenza alle screpolature
della volta, riservandosi di constatare poi 1' entità del male e
le misure più opportune per porvi rimedio.
Intanto l'Ufficio avvertiva la R. Prefettura della neces-
sità di riparare a vari inconvenienti derivanti dalla mancata
manutenzione dei tetti, e segnalava 1' abuso compiuto dalla
Fabbriceria facendo costruire, senza autorizzazione, un tetto
in lamiera metallica a riparo di una delle porte della vicina
basilica, contrariamente alle esigenze artistiche del monumento.
Si avvertiva inoltre la R. Prefettura, per le sue pratiche
amministrative, che presso la Fabbriceria devono ancor tro-
varsi depositati gli avanzi di un vecchio lascito, i quali po-
trebbero servire per le opere che si sono rese ora necessarie.
PROVINCIA DI BERGAMO.
Commissione Conservatrice. — Il giorno 4 settem-
bre 1899 la Commissione Conservatrice dei monumenti di
questa Provincia tenne un'adunanza presso la R. Prefettura
allo scopo di discutere gli oggetti seguenti:
1. Fabbriceria Parrocchiale di Zandobbio: vendita alla Congre-
gazione di Carità di Bergamo del confessionale dei Fantoni.
2. Chiesa di Fontanella restauri all'edificio e ai dipinti.
3. Chiesa di S. Marco di Capatiglio e chiesa di Dossena.
4. Catalogazione dei monumenti ed antichità.
Il giorno 26 aprile 1900 la Commissione si è nuovamente
radunata per decidere; circa l'istanza della Fabbriceria di
I
SYORIA ED AHTI-:
S. Alessandro della Croce in Bergamo chiedente Tautorizza-
zione a vendere un bacile di argento cesellato e circa il pro-
getto di restauro della torre della Chiesa di Palazzago.
Confessionale di Zandobbio trasportato in S. Ma-
ria Maggiore. — Venne autorizzata la Fabbriceria Par-
rocchiale di Zandobbio a cedere alla Congregazione di Ca-
rità di Bergamo l'artistico confessionale di Andrea Fantoni
da Rovetta, già esistente in quella Chiesa.
Il pregevole mobile, eseguito in origine per la Cattedrale
di Bergamo, è ora ammirato nel tempio monumentale di
S. Maria Maggiore.
Treviglio : Chiesa Parrocchiale. — Sull' antica icona
di Bernardo Zenale e Bernardino Buttinone, che si conserva
nel retrocoro della Parrocchiale di S. Martino in Treviglio,
fu richiamata dal solerte Ispettore prof. Bedolini V attenzione
della Fabbriceria e dell'Ufficio Regionale, perchè lo stato di
abbandono in cui era tenuta quella pregevole opera d'arte
reclamava seri provvedimenti. — Su proposta e per opera
dell' Ispettore stesso fu quindi provveduto alla ripulitura dei
dipinti e della cornice, e fu rimossa e meglio sostituita la
tenda che era stata collocata davanti all' icona a scopo di
protezione, ma che costituiva in realtà un danno continuo
per l'opera d'arte, tanto in causa degli sfregamenti ai dipinti,
quanto per effetto dei pericoli di incendio durante le funzioni
religiose.
Treviglio : Santuario della B. V. delle Lacrime. —
Venne approvato dall'Ufficio il concetto di provvedere al-
l'ampliamento del Santuario della B. V. delle Lacrime in
Treviglio, giusta il progetto prescelto da una speciale com-
missione artistica, della quale faceva parte lo stesso R. Ispet-
tore pei Monumenti di quel Circondario.
OTTAVA RELAZIONE DELL'uFFICIO REGIONALE
Caravaggio : Chiesa de* SS. Fermo e Rustico. Cap"
pella del SS. Sacramento. — La Cappella del SS. Sa-
VEDUTA ESTERNA DELLA CAPPELLA
{da un acquarello del Prof. Cav. L. Cavenaghi).
cramento in Caravaggio, aggiunta all'antico Tempio dei
SS. Fermo e Rustico tra la fine del XV secolo e i primi del se-
56 SI Olii A i:i) AUTi:
colo successivo, e attribuita al celebre lodigiano , allievo di
Bramante, Giovanni Battaggio, il medesimo autore dei Tem-
pii di Santa Maria della Croce in Crema e di S. M. Incoro-
nata in Lodi. — La riproduzione di uji acquerello del pro-
fessore cav. Luigi Cavenaghi, ci permette di offrire un'idea
dell' esterno di questo artistico edificio, pochissimo noto per
la sua ubicazione, e tanto interessante come esempio dell'ar-
chitettura del rinascimento in Lombardia.
Lo stato di abbandono in cui si trovava da tanto tem.po
questa Cappella, indusse il benemerito. Arciprete a sollecitare
r intervento dell' Ufficio Regionale per assicurarne il restauro
ed infatti, in grazia anche dell'interessamento del prof. Ca-
venaghi e del R. Ispettore prof. Bedolini, venne compiuto il
restauro interno della Cappella, in attesa di future iniziative
che permettano di assicurare il ripristino della sua parte esterna.
È stata opera non lieve quella occorsa per liberare la
decorazione interna dalle superfetazioni posteriori; ma tale
opera, affidata al pittore Luigi Armanini, valse a ritornare
all'ambiente il suo originario carattere ornamentale ed a
rimettere nella dovuta evidenza le pitture eseguite verso il 1670
dal cremonese Bernardino Campi e dal caravaggese Vincenzo
Mojetta.
Brignano : Antico palazzo dei Visconti detto Ca-
stello. — L' Ufficio Regionale fu autorizzato ad assicurare
alla sua raccolta grafica una serie di fotografie dell'antico
palazzo Visconti in Brignano, oramai spogliato di tutte le
migliori sue caratteristiche d' arte.
Martinengo : Antichi merletti di proprietà della
Parrocchiale. — La Fabbriceria della Parrocchiale di
Martinengo avanzò domanda al superiore Ministero per es-
sere autorizzata a vendere alcuni antichi merletti, ma 1' Uf-
ficio Regionale, al quale fu chiesto parere al riguardo, espose
in una speciale relazione le ragioni che lo inducevano a scon-
sigliare una tale concessione.
OTTAVA RELAZIONE dell'ufficio REGIONALE Sy
PROVINCIA DI BRESCIA.
Commissione Conservatrice. — La On. Commissione
Conservatrice pei monumenti della Provincia di Brescia tenne
un'adunanza il 18 novembre 1899 nell'intento di deliberare
circa i restauri e l'uso futuro del salone, già biblioteca degli
Agostiniani, nell'ex convento di S. Barnaba in Brescia, e
ritenuto che la provvisoria destinazione dell'ambiente ad uso
di dormitorio del pio Istituto Pavoni non possa impedire né
pregiudicare i futuri lavori di restauro del salone, ammise
che si potesse concedere alla Presidenza di tale Istituto l'uti-
lizzazione vagheggiata.
Palazzo della Loggia. — Neil' intento di presto conseguire
l'adattamento interno del Palazzo della Loggia, tanto recla-
mato per il definitivo assetto degli uffici municipali, l'auto-
rità comunale di Brescia sollecitò dal R. Ministero l'autoriz-
zazione a dar corso ai necessari lavori, offrendo per garanzia
di sottoporsi ad alcune condizioni intese a non pregiudicare la
questione più importante, quella cioè che riguarda la copertura
curva del palazzo. Ma 1' Ufficio Regionale potè facilmente con-
statare la materiale impossibilità di un tale provvedimento per-
chè gli impegni che il Comune figurava di assumere, erano,
non solo in evidente contraddizione col progetto ai riordino, ma
coir attuazione di questo sarebbe venuta meno l'efficacia della
garanzia offerta. Il R. Ministero ordinò quindi all'Ufficio di
interessarsi onde assicurare alla questione un migliore indi-
rizzo : ma poiché erano già stati presi impegni seri circa
l'esecuzione dei lavori, esso deliberò di deferire ad una spe-
ciale Commissione l' incarico di studiare, quali fra i proposti
lavori di adattamento potessero essere eseguiti senza che ne
»
58 STORIA ED ARTE
rimanesse pregiudicata la soluzione del problema per la co-
pertura del Palazzo, problema che doveva essere più tardi
sottoposto al parere della Giunta Superiore di Belle Arti.
Furono chiamati a formare tale Commissione gli ar-
chitetti Koch e Podesti di Roma, insieme allo scrivente e al-
l'architetto Brusconi di quest' Ufficio Regionale, e in seguito
alla ispezione fatta al palazzo il 26 novembre 1899, la Com-
missione presentò al superiore Ministero una relazione nella
quale erano stabiliti i limiti dei lavori eseguibili ed erano
svolte seri^ considerazioni le quali portavano a esprimere anche
il desiderio che il salone principale avesse ad essere conservato
come ebbe a idearlo e a costruirlo il Vanvitelli, invece di es-
sere suddiviso in locali minori secondo il progetto dell' Uffi-
cio Municipale.
Il Ministero autorizzò l' incominciamento delle opere alle
condizioni suggerite dalla Commissione, affidando all'Ufficio
Regionale l'incarico di invigilare acciocché le superiori di-
sposizioni venissero rispettate. — Più tardi però, l'andamento
dei lavori e l'evidente necessità di improntarli ad un indi-
rizzo artistico più elevato di quanto potessero lasciar sperare
gli incompleti progetti dell'Ufficio Municipale, indussero l'Uf-
ficio regionale a sollecitare lo studio definitivo dell'argomento
da parte della Giunta Superiore di Belle Arti.
Il giorno 9 luglio 1900 i signori comm. ing. Guglielmo
Calderini e conte comm. Giuseppe Sacconi architetti e il
sig. comm. Ettore Ximenes scultore, in rappresentanza della
Giunta Superiore di Belle Arti, si sono recati a Brescia per
compiere l'incarico avuto dal Ministero dell' Istruzione, quello
cioè di pronunciarsi definitivamente in merito al ripristino
della copertura curva del Palazzo della Loggia.
Lo studio del monumento in rapporto anche ai prece-
denti rilievi eseguiti dall'architetto Arcaini dell'Ufficio Re-
gionale e l'esame fatto ai progetti col concorso dei rappre-
sentanti l'Ufficio stesso, portarono la Commissione-a dichia-
rare che « /' attico che inghirlanda il Pala:{^o deve ad ogni
OTTAVA RELAZIONE DELl'uFFICIO REGIONALE 59
patto sparire, che va esclusa assolutamente la copertura a
falde piane la quale sarebbe un novello deplorabilissimo de-
turpamento dell' edificio, e che la copertura arcuata va pro-
pugnata ardentemente e tenacemente e deve essere sen:[* altro
eseguita con V avvertenza che la balaustrata superiore, tanto
per ragioni estetiche che per motivi statici, sia lasciata libera
per dimostrarsi, come realmente deve essere, una ringhiera
limitante un passaggio retrostante, pari a quello dell'ordine
inferiore.
Al pari della Commissione precedente, la rappresentanza
della Giunta Superiore, rilevò i pregi eccezionali, tanto dal
lato artistico che dal lato statico, del salone iniziato dal Van-
vitelli epperciò, nella dotta e diffusa relazione con la quale
accompagnò il suo giudizio al superiore Ministero in merito
alla questione principale, essa non mancò di far voti perchè
il salone medesimo venga degnamente ultimato e conservato
a decoro della rappresentanza cittadina, invece che suddiviso
come si insiste di voler fare.
L'Ufficio Regionale, in omaggio al voto della Giunta
Superiore, ha studiato e trasmesso al Comune di Brescia il
tipo schematico della nuova copertura quale dovrebbe risul-
tare con la balaustrata superiore perfettamente praticabile, e
quella on. Autorità ha subito disposto per gli studi pratici
inerenti all'attuazione della copertura curva del palazzo.
Palazzo del Broletto. — Come fu accennato nella relazione
precedente, l' idea del ripristino della balconata che sporgeva
un tempo sulla fronte principale del Broletto, fu preceduta
dalle ultime opere di restauro occorrenti a quella parte della
fronte che sta sopra alla balconata stessa. — Compiuto tale
lavoro, d'accordo con le autorità artistiche locali, e in par-
ticolar modo coli' Ateneo che si è fatto iniziatore di tale re-
stauro, l'Ufficio si occupò degli studi riguardanti l'antica log-
gia, in base alle tracce offerte dallo stesso monumento, alle
memorie storiche, alle precedenti ricerche dell' architetto Ar-
6o STORIA ED ARTE
cionì e agli elementi originari che tutt'ora si conservano
nel Civico Museo. — L' importante argomento non potrà però
essere tanto sollecitamente risolto, poiché abbisogna ancora
di molti studi ai quali non mancheranno certo di concor-
rere i benemeriti cittadini che si occupano delle memorie
storiche e artistiche bresciane.
Chiesa di S. Giovanni Evangelista. — Venne rifatto
il pavimento della Chiesa di S. Giovanni Evangelista, senza
che le autorità tutorie ne fossero, come di dovere, avvertite
per la emissione del regolare nulla osta. — Perchè il deplo-
revole abuso potesse ottenere la voluta sanatoria, occorse
un accertamento da parte dell'Ufficio Regionale, il quale potè
constatare in luogo che i nuovi lavori non avevano recato
pregiudizio agli interessi storici ed artistici dell' edificio.
Chiesa di Santa Giulia, S. Salvatore e Santa Ma^-
ria in Solario. — È un gruppo di antichi monumenti che
fin dal 1874 il Municipio di Brescia acquistava dal R. Demanio,
e che ora sono occupati in parte dall'importante raccolta del
Museo Civico medioevale. A completare quell' interessante com-
plesso di edifici manca però l'abside di S. Salvatore, ancora
compenetrata fra, altri locali che sono in uso dell'Autorità
militare, ma la on. Amministrazione Municipale di Brescia, in-
terprete dei voti del locale Ateneo, della Commissione Conserva-
trice e della cittadinanza stessa, ha manifestato all'autorità
Governativa il lodevole intento di ricuperare anche quell'ultima
parte dell'antico tempio. L'Ufficio Regionale, interpellato al
riguardo dal R. Ministero dell'Istruzione, ha pienamente ap-
provato il proposito del Comune di Brescia e ne ha calda-
mente raccomandato il favorevole accoglimento.
Pieve di Gemmo in Comune di Capo di Ponte. —
Fu denunciata la necessità di scrii restauri al tetto di quel-
l'importante edificio che è la Chiesa parrocchiale di Gemmo,
e l'Ufficio Regionale ha infatti constatato la necessità di ri-
OTTAVA RELAZIONE DELL'uFFICIO REGIONALE 6ì
parare con la maggior sollecitudine ai danni lamentati. S"e^
nonché, l'attuale copertura che si vorrebbe riassettare ^non è
più quella originaria, ma bensì un adattamento post'eHore
contrario al carattere dell'edificio e tale che, quando si do-
vesse dar corso ai lavori come sono stati ideati, si finirebbe
col . perpetuare l' inconveniente di un tetto ad armature ecces-
sivamente deboli in confronto del peso normale delle ' pietre
e dei considerevoli sovracarichi delle forti nevicate, oltre al
fatto che si finirebbe per. eliminare ogni possibilità di tògliere
al monumento le deformazioni alle quali fu sottoposto allor-
quando alla copertura antica fu sostituito il tetto attuale.
In base a ciò, l'Ufficio propose le necessarie modifiche al
progetto e si interessò perchè le superiori autorità ven-
gano in a'juto della Fabbriceria nel compimento delle opere
necessarie.
Salò : Chiesa di Santa Maria Annunciata. — In se-
guito al parere dell'Ufficio Regionale, il. R. Ministero della
Pubblica Istruzione sottopose alla Giunta Superiore; di Belle
Arti la proposta di inscrivere la Chiesa di Santa Maria An-
nunciata in Salò, nell'elenco dei monumenti Nazionali, e la
Giunta stessa, nell'adunanza tenuta sul principio del 1900
emise il seguente ordine del giorno : « La Giunta Superiore
« di Belle Arti, esaminati gli atti relativi alla Chiesa di Santa
« Maria Annunciata in Salò, considerato il valore storico di
« alcune parti di essa, esprime il parere che la Chiesa pre-
« detta possa essere iscritta nell'elenco degli edifici monu-
M mentali ».
Nel dare comunicazione del desiderato voto alla Fabbri-
ceria del Tempio, l'Ufficio non mancò di avvertirla come per
- tal fatto essa non debba ritenersi sollevata né in tutto né in
parte dell'obbligo che le incombe per la conservazione del
Tempio, come erroneamente mostrano tante volte di credere
altre Amministrazioni che trovansi nello stesso caso.
03 STORIA KD ARTE
Chiesa Parrocchiale di Tavernole. — Fu avanzata
la domanda di autorizzazione a demolire la Chiesa Parroc-
chiale di Tavernole per far luogo alla costruenda nuova
Chiesa, ma all'Ufficio Regionale che subito si propose di con-
statare in luogo se ed in quanto fosse da consentirsi tale ri-
chiesta, venne fatto di sapere che la chiesa era già stata at-
terrata abusivamente.
L'Ufficio non conosce quale provvedimento sia stato preso
dalle autorità tutorie verso i responsabili di tanto arbitrio.
PROVINCIA DI COMO.
Commissione Conservatrice. — 11 giorno 27 marzo 1900,
la on. Commissione Conservatrice dei monumenti per la
Provincia di Como tenne una adunanza onde discutere gli
argomenti seguenti:
1. Abbattimento di un tratto delle antiche mura della città
presso la torre di Porta Vittoria.
2. Lapidi comasche dell'epoca romana esistenti nel Museo Ar-
cheologico di Milano.
3. Nomina di un delegato per la vigilanza ai monumenti del
Comune di Civate.
4. Scoperta di oggetti antichi nella Caserma Sirtori in Como.
5. Scoperta di cippi e manufatti antichi nel Comune di Sorico.
Esposizione di Arte Sacra tenutasi in Como nel
1899. — Per desiderio espresso dal Superiore Ministero fu
stesa da questo Ufficio una relazione a riguardo della Espo-
sizione di Arte Sacra tenutasi in Como, in occasione della com-
memorazione del Centenario di Alessandro Volta. L' ingegnere
Emilio Gussalli, al quale è affidato il compito di provvedere
all'elenco delle opere d'arte della regione, fu incaricato degh
OTTAVA RELAZIONA DELL'uFFICIO REGIONALE 63
Studi a ciò necessari e fece seguire al catalogo da lui com-
pilato, alcuni appunti che credesi utile di qui riportare in
parte a ricordanza di un avvenimento che forse fu l'ultimo
del genere e che per la importanza e la copia di opere rac-
colte, potè essere considerato come un degno riassunto delle
precedenti esposizioni simili.
Le pitture del Carpaccio, del Veronese, del Tiziano, di tutti quegli
artefici che più signorilmente profusero nelle loro opere le lucentezze
dei broccati e le profonde colorazioni dei velluti, sono qui illustrate
da splendidi paramenti (Piviale di Teglie (114) sala 1). — (Pianeta di
Serico (26) sala II). — (Paramento del Santuario di Tirano (sala II),
— (Pianeta di Prosto (21) sala II). — Gli arazzi del Duomo di Como,
due esclusi venuti di Fiandra, provengono dalle Arazzerie italiane di
Ferrara e di Firenze. Cinque furono eseguiti a Ferrara quando Er-
cole II volle — ben si può dire artificiosamente, poiché questa non
fu mai arte nostra — ripetere le glorie del XV secolo, chiamando dalla
Fiandra Giovanni Karcker e quel Rost o Pwoost (il Vasari lo chiama
Rosso e altrove Resto), che più tardi, negli ultimi anni del Ducato di
Cosimo, introdusse l'arte a Firenze. Le arazzerie medicee segnano il
loro fiorire con cinque arazzi eseguiti da Gerolamo Sersacessi e di-
segnati con tutta la larghezza decorativa del XVI secolo. La deca-
denza era già iniziata quando Scipione Ammirati tesseva la " Nascita
di Maria Vergine „ dove ogni vaghezza decorativa è soffocata dalla
vana preoccupazione di emulare la pittura.
Artisti italiani, anzi locali, emergono per le opere d' oreficeria
così che lo studioso è invogliato a farne più larga conoscenza. Se
si esclude la Pace di Chiavenna, così chiamata solo perchè da tempo
immemorabile è consuetudine d'offrirla al bacio dei fedeli, queste
opere si devono a orafi Comacini i quali, similmente ai maestri mu-
ratori coevi, mostrano una gustosissima esuberanza decorativa spo-
sata a una facilità d'esecuzione impareggiabile. Vanno ricordati Pietro
Lieriii, autore della Croce astile di Domaso, e Francesco Ser Gregorio
di Grayedona, cui si deve la più bella Croce della mostra (Gravedona
(298) ) e al quale si possono sicuramente attribuire altri mirabili
oggetti: nonché la croce astile di Mandello, il calice di Gravedona e
le croci di Peglio e Livo che non figuravano nella mostra. Né si può
64 . . ìhIOuia ki) arte
dimenticare Gasparo Molo di Breglia Val Menaggio, orafo e armo-
raro, morto a Roma nel 1640 lavorando in quella Zecca, di cui dico
l'Angelucci ('^l^rw/ da fuoco), e secondo Antonio Pctrini (1643, Trattalo
dell'Arte fabbrile), " il più famoso che oggi sia nella cesellatura „.
I Guicciardi, che fecero nel 1578 il Ciborio di Ponte, meriterebbero
uno !5tudio che rivendichi intero il loro valore, tale è V eleganza di
quest'opera cui aggiunge pregio l'essere solutiva d' una nuova archi-
tettura degli altari. Difatti è noto che solo verso la metà del XVI
secolo si adottarono tabernacoli fissi sulle mense come parte inte-
grante e inamovibile della loco decorazione. Che io mi sappia, i soli
esempi insigni che questo precedettero, furono il Ciborio della Cer-
tosa di Pavia incominciato da Ambrogio Volpi nel 1567, e quello
della Chiesa di S. Maria in Bergamo, condotto dal Frasconi nel i56o.
Anche nel campo della pittura si rivelano alcuni artefici locali
finora sconosciuti, o quasi. Fra le varie ragioni del successo di queste
esposizioni d'Arte Sacra (benché tutte cedano ai pericoli molteplici
cui vanno soggette le opere), una è certo quella di offrire all'osser-
vatore alcune opere d'artisti di valore secondario, che non possono
aspirare agli onori delle Pinacoteche, ma che qui ravvicinate servono
a dimostrare tutta l'influenza dei maestri e le più lontane propagini.
della loro arte, e così infine a integrarne il valore, che non è solo nei
capolavori ammirati, ma ancora nella figliazione intellettuale oserei-,
tata nel loro tempo e nei germi che evolvendosi preparavano altre
forme. Nulla di più istruttivo che il vedere, ad esempio, gli elementi
dell'arte luinesca e di Gaudenzio Ferrari nelle opere del De Magistris
e del De Passeris. Pressoché ignorato Sigismondo De Magistris ha di-
pinti ad Albosaggia, nell'oratorio di Montagna e a San Miro di Sorico
(i525). Nella mostra era suo un quadro firmato, esprimente il " Bat-
tesimo di Cristo „, motivo ripetuto con poche varianti in uno scom-
parto del polittico, di S. Maria di Breno su Bellagio, che con tutta
attendibilità gli si può attribuire per la stessa tonalità rossastra C'
opaca delle carni, la grazia luinesca delle figure, i fondi di paese
vivificati da episodi della vita cinquecentesca e ancora per le stesse
scorrettezze di disegno.
Meno ignoto e Andrea de Passeris da Torno, che fu anche inta-
gliatore e dipinse a fuoco sul vetro. Suo é il trittico di Brienno (i5o8),
esposto a Como accanto alla " Vergine Assunta „ (proprietà della con-
tessa Luisa Palumbo Gerboni (N. 24)) d'assai anteriore (1488, die 27martii)
I
OTTAVA RELAZIONE DELl'uFFICIO REGIONALE 63
Quest' ultimo proviene dalla Chiesa di S. Tecla di Torno. Nel i5o6
trescava nell'oratorio dei SS. Rocco e Bastiano a Brienno, ma di questa
sua opera non rimane traccia. Il 14 aprile del i562 finiva la " Vergine
delle Grazie „ che ancora si conserva nel Duomo di Como, dove gli
è pure attribuita l'ancona in legno di S. Abbondio. Certamente inta-
gliò l'ancona di S. Giorgio in Grosio di Valtellina e vi scolpì questa
iscrizione: — 1494, die 8 martii. Andreas Passeris de Turno fecit
hoc opus.
Di ambedue questi pittori locali si può ripetere quanto arguta-
mente osserva Marcel Reymond in una sua opera recente : Inessenziale
de W arte non esser tanto nell'assenza dei difetti d'esecuzione, quanto e assai
più nella estrinsecazione delle qualità spirituali.
Dello stesso tempo, erano rappresentati alla mostra Luigi Donati
comasco e Pietro Brentani di Varenna, e del secolo successivo i fra-
telli Recchi di Borgovico, i Crespi di Busto e Giovan Mauro della
Rovere detto il Fiammenghino.
Due stendardi della Cattedrale di Como ricordavano due insigni
pittori comaschi ; Giovanni Pietro Malacrida (sala I, n. i. fuori vetrina)
e il Morazzone (sala I, n. i, vetrina centrale).
Il " Trionfo di Cristo „ di Bellagio, il cui cartone è nella raccolta
Albertina di Torino, è tale opera che, benché guasta da restauri, si
può sicuramente attribuire a Gaudenzio Ferrari e all'epoca più fertile
della sua produzione. Derivazione diretta della sua arte sono i quadri
di Ponte (sala II, n. 35, 36, 42, 46), e la " Sacra Famiglia „ di Nesso.
Molte opere sono attribuite al Bergognone. Fra queste, la " Ma-
donna „ e il " Trittico di Cromia „ hanno sofferto per reiterati re-
stauri. L'ingenua sentimentalità del pittore lombardo si rivela sugge-
stiva nella " Madonna col Bambino „ di proprietà del nobile Antonio
Natta di Como.
Con questo, furono segnalati nel presente Catalogo altri quadri di
privata proprietà. Lo fu la " Strage degli Innocenti „ (proprietà Riva
Binda) attribuita a Raffaello Sanzio, per il rumore mosso da questa
attribuzione dottamente sostenuta, benché il dipinto di fronte all'opera
deirUrbinate altro non appaia se non una copia colorata della nota
stampa di Marc'Antonio. Y> ho creduto opportuno di segnalare un altro
quadro di proprietà Natta, senza attribuzione nel Catalogo generale,
ma che si rivela uno pseudo-Bocaccino, non scevro di pregi nelle
mezze figure campate sull'azzurro del cielo che spande la sua serenità
su tutta la scena. s
66 . STORIA i:i) AKT1-:
Cattedrale. — Fu pagata rultima rata del sussidio concesso
dal R. Ministero della Pubblica Istruzione a titolo di con-
tributo nei restauri e nelle opere di completamento eseguite
al Duomo di Como.
Chiesa di S. Giuliano. — Furono regolarmente autorizzate
alcune opere riconosciute necessarie alla Chiesa di S. Giuliano
per rimediare ai danni di un incendio avvenuto nel marzo
del 1899.
Chiesa di S. Agostino. — Fu autorizzata l'esecuzione del
progetto ideato per sostituire l'attuale castello delle campane
in legno, reso ormai inservibile, con un nuovo sistema di
supporti in ferro per la manovra delle campane stesse.
Antiche lapidi romane. — In seguito all'interessamento
dell'Ufficio Regionale, la Consulta del Museo Archeologico di
Milano ha concesso che alcune lapidi romane contenute nel
Museo stesso, ma interessanti specialmente la città di Como,
vengano riprodotte allo scopo di arricchire e completare la
raccolta epigrafica del Museo Civico di quella città.
Antiche mura in collegamento colla torre di
Porta Vittoria. — In seguito anche al parere emesso
dalla on. Commissione Conservatrice, l'Ufficio Regionale pro-
pose al R. Ministero l'approvazione di un progetto col quale
l'Autorità Comunale di Como chiedeva l'atterramento di un
tratto dell'antico muro della città verso la torre di Porta
Vittoria, a condizione però che abbiano a restare in evidenza
nella torre medesima l'attacco di essa col muro che si an-
drà a demolire nonché le traccie della maggiore altezza che
aveva in origine il muro stesso. Il R. Ministero ha approvato
la proposta fattagli, e l'Ufficio invigilerà all'adempimento delle
suaccennate operazioni non appena l'Autorità Comunale de-
liberi r incominciamento dei lavori.
I
OTTAVA RELAZIONE DELl'uFFICIO REGIONALE 67
Torre del Baradello. — Valendosi dei fondi disposti dal
Comune, dalla Provincia e dal R. Ministero dell' Istruzione,
l'Ufficio Regionale si propone di far compiere al più presto
alcune opere necessarie ad arrestare il continuo sgretolamento
degli avanzi della rocca del Baradello.
Museo Civico. — Il R. Ministero della Pubblica Istruzione,
accogliendo la proposta dell'Ufficio Regionale, concesse al Ci-
vico Museo un sussidio a titolo di incoraggiamento per la
lodevole opera compiuta raccogliendo nei suoi locali gli af-
freschi che decoravano l'antico Convento di Santa Margherita.
Camerlata: Chiesa di S. Carpoforo. — Assicurati final-
mente, dopo tante pratiche, i fondi necessari, sarà possibile
iniziare al più presto i lavori intesi a ridonare alla monu-
mentale basilica di S. Carpoforo la sua abside minore di
destra, fino ad ora aggregata alla casa parrocchiale e trasfor-
mata in cantina. Il relativo progetto, concretato da parecchi
anni, rimase lungo tempo sospeso davanti alla difficoltà in-
contrata pel fatto di dover provvedere di una nuova cantina
la casa parrocchiale, impresa alquanto ardua sia nei rapporti
costruttivi che dal punto di vista economico.
Cantù: Basilica di S. Vincenzo in Galliano. — Aci
onta di una parziale demolizione e di altri gravi danni cau-
•sati dall' inconsulto adattamento del fabbricato ad uso di casa
colonica, l'antica basilica di S. Vincenzo che sta a lato del
celebre battistero di Galliano, conserva ancora tante parti
pregevoli, quante ne bastano per riconoscere in essa l'avanzo
di uno dei più antichi e preziosi monumenti dell'arte Lom-
barda, e per far sentire vi\'amente il desiderio di vederla resti-
tuita al culto ed all'arte.
L' abside contiene gran parte delle pitture originarie e
del pavimento marmoreo; il tratto superiore della navata dì
mezzo, ora suddivisa in camere d'abitazione, presenta ancora in-
68 SI QUIA i;i) AUTK
tcressanti pitture murali : — la cripta, alla quale si accede da
un fianco della chiesa, in seguito alla distruzione della navata
meridionale, e assai importante e, dei suoi ingressi naturali,
quello di sinistra, che in origine reggeva l'ambone, mostra
ancora tutti gli elementi costruttivi e decorativi originari.
Resta insomma di questa importante basilica, quanto basta
per rimettere nella dovuta evidenza l'importanza storica e
artistica di uno dei più antichi monumenti della Cristianità
in Lombardia: e l'Ufficio Regionale, il quale ha sempre avuto
a cuore il riscatto di questo edificio, ha motivo di sperare
che le sue aspirazioni, oggetto di lunghe e pazienti pratiche,
abbiano finalmente incontrato nell'attuale proprietario dello
stabile la possibilità di una non lontana realizzazione.
Cantù: Santuario della B. V. dei Miracoli. — Fu
sottoposto all'Ufficio Regionale il progetto di una nuova de-
corazione per la facciata del Santuario della Vergine dei Mi-
racoli in Cantù, e l'Ufficio, constatato come l'esecuzione di
una nuova facciata non sia lavoro tale da recare pregiudi-
zio ad interessi storici ed artistici, ammise che si potesse dar
corso a tale opera, lasciando però da parte ogni apprezzamento
circa il merito artistico del progetto redatto a tale scopo.
Bellano: Chiesa Parrocchiale. — L'Ufficio Regionale
si è interessato a quanto è stato fatto e a ciò che ancora ri-
mane a farsi per assicurare il restauro artistico e statico della
Chiesa Parrocchiale di Bellano, ed ha preso cogli interessati le
disposizioni più opportune per lo svolgimento del programma
riflettente l'esecuzione delle opere future.
Ossuccio: Campanile dell'Oratorio di Ospeda-
letto. — E una minuscola e assai curiosa costruzione quella
del campanile che si vede sulla riva occidentale del Lario al
di là dell'isola Gomacina e che forma la caratteristica prin-
cipale del territorio di Ossuccio. Appartiene all'Opera Pia
OTTAVA RELAZIONE DELL UFFICIO REGIONALE
69
Giovio, come l'Oratorio e gli altri annessi che costituiscono
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l'antico rifugio di Ospedaletto e il signor Conte Giovio, pa-
trono della storica istituzione, volle che fosse rimediato, con
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CAynPANILE DI OSPEDALETTO
3 TVDIO DI. CO.-nPLET/iAE N TO
OTTAVA RELAZIONE DELL UFFICIO REGIONALE 7I
opportuni restauri, allo stato di deperimento in cui, la lunga
incuria aveva lasciato cadere una costruzione tanto interes-
sante. L'Ufficio Regionale, chiamato ad esaminare un primi-
tivo progetto, modificò V indirizzo che volevasi seguire nei
lavori, e con istruzioni impartite sopra luogo e con una pe-
riodica dirigenza delle opere assicurò l'esito del restauro nei
limiti voluti dall' interesse artistico del campanile, evitando
quindi qualsiasi aggiunta, fosse pure a titolo di completamento.
Però, data l'originalità del soggetto, l'Ufficio avrebbe creduto
di mancare ad un dovere se non si fosse curato di compiere
uno studio grafico del campanile quale doveva essere in ori-
gine: ed infatti, approfittando dei ponti di servizio e dei dati
del monumento stesso, gli fu possibile compiere i rilievi e lo
studio di completamento qui riprodotti.
Brenzio: Chiesa Parrocchiale. — È stato segnalato il
rinvenimento di antichi affreschi nella Chiesa parrochiale di
Brenzio sopra Gravedona, della quale ebbe altre volte ad oc-
cuparsi l'Ufficio Regionale per restauri statici e per le pitture
del Fiammenghino Giovanni della Rovere.
Accertata la cosa, l'Ufficio incoraggiò l'iniziata opera di
scoprimento, impartendo all'uopo le opportune istruzioni.
Sorico: Cippi romani scoperti in Olonio. — Du-
rante l'esecuzione di alcune costruzioni rurali nel territorio
del Comune di Sorico sono apparse le vestigia di un antico edi-
ficio a pianta quadrata, nella cui costruzione si constatò la
presenza di due pezzi marmorei riconosciuti poi per cippi
romani.
Di questo ritrovamento si è occupato con molta compe-
tenza l'egregio ingegnere Antonio Giussani di Como, il quale
ha reso pubbliche le osservazioni da lui fatte in proposito con
una interessante monografia (i).
(i) " Due cippi romani scoperti in Olonio „. Como, tipografia Osti
nelli, 1900.
72
STORIA i:d arte
Antico tempio di S. Fedellno sul lago di Mezzola.
— Sorge di contro a Novate, e precisamente nel punto ove
la Mera si getta nel lago. E un piccolissimo tempietto od
oratorio, che la tradizione vuole eretto là dove ebbe la prima
sepoltura il corpo del martire S. Fedele, ed è collocato a ri-
dosso dì uno sperone del monte di Sorico. Essendo disposto
secondo l'orientamento liturgico, quella che dovrebbe essere
la fronte del tempio sì trova addossata ai massi della montagna,
di modo che la porta di accesso al locale interno si trova su
di un fianco invece che sulla fronte dell'edificio. Per la stessa
ragione, l'abside che è rivolta a levante, trovasi immersa nel
lago e le conseguenze di tale esposizione si riscontrano nella sua
parte inferiore che è gravemente corrosa dalla corrente della
Mera. L'edificio, il quale consta di un ambiente quadrato mi-
surante all'interno la superficie di circa undici metri, oltre la su-
perficie della piccola abside, è assai interessante come cimelio
d'arte lombarda e l'Ufficio Regionale, la cui attenzione sul
piccolo monumento fu richiamata da diversi studiosi, oltre
che da una interessante monografia pubblicata dal prof. D.
Pietro Buzzetti, se ne è occupato ispezionandolo e impartendo
agli interessati i suggerimenti più opportuni onde ottenerne
il riscatto dai privati che ora lo posseggono, non senza ac-
cennare ad un incoraggiamento finanziario da parte del Mi-
nistero della Istruzione Pubblica allorquando il monumento,
libero da ogni vincolo , potrà essere convenientemente re-
staurato.
Givate: Ex Chiesa di S. Calocero. — È un antico tem-
pio non più funzionato, nel quale si ritiene essere sepolto il
corpo del Santo, di cui porta il nome. Ad onta del suo stato
di abbandono, il complesso dell'edificio col caratteristico cam-
panile a cono cestile, sia dal lato storico che nei rapporti
dell'estetica, ha sempre costituito una singolare attrattiva per il
paese di Givate.
Questo solo fatto, indipendentemente dai diritti che la
OTTAVA RELAZIONE DELL* UFFICIO REGIONALE yS
popolazione sarebbe forse in facoltà di attribuirsi in simili
casi, avrebbe potato bastare per imporre un senso di rispetto
a chi, per semplice ragione di censo, si trovava in possesso
dello stabile. Ma ciò non fu inteso dal proprietario, il quale
deliberò l'abbattimento del campanile.
L'Ufficio Regionale, avvertito della cosa, potè constatare la
già avvenuta demolizione del cono cestile e, a mezzo della R. Pre-
fettura di Como, intimò la sospensione dei lavori. Quindi, col
concorso del R. Corpo del Genio Civile effettuò un sopraluogo
allo scopo di stabilire l'attendibilità delle ragioni di sicurezza
addotte a giustificazione del provvedimento preso. I risultati
di tale sopraluogo furono: l'assenza assoluta dei pretesi peri-
coli, l'emergente inutilità della demolizione e la opportunità
invece di conservare, nell'interesse del paese, il caratteristico
monumento, facendolo oggetto di particolari cure nei riguardi
storici ed artistici.
Malgrado ciò, l'autorità municipale di Civate, della quale
era membro lo stesso interessato, confermava l'inopportuna
deliberazione; e la medesima R. Sottoprefettura di Lecco, ap-
provava tale ordinanza autorizzando il proseguimento della
demolizione del campanile, che in breve fu completamente
distrutto.
Pusiano: Edifìcio annesso al Palazzo Conti, già
dell'arciduca Ferdinando d Austria. — Essendo
corsa voce dell'alienazione di interessanti soffitti del XV secolo
appartenenti ad un edificio di quell'epoca annesso al palazzo di
proprietà Conti in Pusiano, l'Ufficio si interessò della cosa e,
a mezzo del solerte ispettore circondariale sig. D. Magni, ebbe
assicurazione della nessuna sussistenza di tale notizia.
I
74
STORIA Eli AKlh
PROVINCIA DI CREMONA.
Commissione Conservatrice. — La Commissione Cor-
servatrice della provincia di Cremona, tenne una adunanza
il 5 aprile 1900 per discutere gli oggetti seguenti:
1. Pavimentazione in marmo della Chiesa dei SS. Giorgio e
Pietro in Cremona.
2. Opere alla Cappella della Deposizione in S. Agostino.
3. Vendita di oggetti d'arte dell'ex Chiesa dell'Orfanotrofio
femminile.
Riferirono e ottennero il pieno assenso della Commissione,
per il primo oggetto, l'ing. Fortunato Fontana, per il secondo
il prof. Davide Bergamaschi e circa il terzo, il dott. cav. Fran-
cesco Arcari.
Esposizione di Arte Sacra. — L'esposizione di Arte Sacra
tenutasi in Cremona nella primavera del 1899 è stata oggetto
per parte dell'Ufficio Regionale di speciali studi riassunti in
una relazione dal sig. ingegnere Emilio Gussalli, e comuni-
cata al superiore Ministero.
Duomo: Isolamento. — Il Comitato promotore dell'isola-
mento del Duomo di Cremona ha offerto una nuova prova
della sua benemerita attività, iniziando le pratiche per com-
pletare la liberazione del tratto più importante del fianco e
capocroce settentrionale. L'Ufficio Regionale ha incoraggiato
una tale iniziativa alla quale non vorrà certo mancare l'ap-
poggio dei Ministeri dell'Istruzione e dei Culti. È certo però che
tale appoggio dovrà essere subordinato a serie garanzie circa le
future opere artistiche di ordinaria e straordinaria manuten-
zione del Duomo e degli edifici annessi, affinchè tali opere
non abbiano a proseguire coli' indirizzo fin qui tenuto dalla
on. Amministrazione della Cattedrale.
OTTAVA RELAZIONE DELL*UFFICIO REGIONALE 75
Scoperte nel sottosuolo. — Nel corso di alcuni lavori ai
sotterranei del Cafife Soresini (catfè che occupa l'antica casa
ed officina del celebre Antonio Stradivari) si è rinvenuto per
una superficie di circa quattro metri, un pavimento romano
a mosaico benissimo conservato.
Il disegno di questo pavimento, assai interessante, è costi-
tuito da due campi divisi da eleganti bordure a motivo geo-
metrico e a tre colori: bianco, rosso e nero. Il rinvenimento
si è verificato a tre metri circa di profondità dal livello stra-
dale e continua sotto ad un vicolo vicino. Il terreno, ad un
metro circa sotto la crosta musiva, è apparso attraversato da
un condotto in mattoni, e in uno scavo dove venne distrutto
parte del mosaico si sono rinvenuti molti vasi in laterizio.
Non appena l'Ufficio fu a cognizione di questi ritrova-
menti si interessò perchè fosse assicurata la conservazione del
mosaico e infatti, grazie all'opera efficace del R. Ispettore
ing. Signori e del membro della Commissione Conservatrice
prof. G. Fei, è stata possibile l'asportazione di un pezzo del
pavimento, che sarà conservato nel Museo cittadino.
Duemiglia di Cremona: Chiesa di S. Sigismondo.
— La Fabbriceria della Chiesa monumentale di S. Sigismondo
denunciò la necessità urgente di proteggere quell'edificio tanto
artistico e purtroppo tanto negletto, contro i danni continui
e gravi causati da una mancata manutenzione, che si deve
all'assenza assoluta di ogni risorsa.
Della questione si occupò anche il R. Ispettore ing, Ettore
Signori, il quale stese una perizia di alcuni lavori. L'Ufficio
Regionale, chiamato ad occuparsi della pratica, completò
l'elenco delle opere di maggiore urgenza e ne riferì al Mini-
stero dell'Istruzione Pubblica avanzando la proposta, subito
accolta con favore, di contribuire nelle spese necessarie. Ora
si attende che il R. Ministero dei Culti assicuri il contributo
suo per deliberare in merito all'inizio dei lavori.
Nel rapporto inviato al R. Ministero dell'Istruzione,
yS STORIA ED ARTE
rUfficio Regionale avanzò alcune proposte tendenti ad assicu-
rare per r avvenire una migliore vigilanza al nìonunicnto e
alle opere d'arte che vi si contengono.
Crema : Cattedrale. — Già da molti anni l'attenzione del-
l'Ufficio Regionale ì\\ richiamata da un progetto di decora-
zione interna di quel monumentale edificio che è il Duomo
di Crema, e fin da quel tempo, abbandonata ogni idea per quanto
si riferiva a lavori di superficiale ornamentazione, si interessò
la Fabbriceria a far sì che altre delle opere ideate fossero coor-
dinate ad un ripristino dell'edificio basato sulle iraccie antiche
fortunatamente ricordate in alcuni rilievi dell' ing. Bernieri.
Ora, trascorso tanto tempo, e stata risollevata la que-
stione della decorazione interna e fu presentato all' Ufficio
Regionale un nuovo progetto che venne senz'altro dichiarato
inattuabile, perchè in contraddizione con la vera struttura
dell'edificio e deficiente come lavoro d'arte.
Soncino: Rocca Sforzesca. — Ultimati e collaudati i lavori
di restauro compiuti nello scorso anno alla Rocca Sforzesca,
l'Ufficio Regionale trasmise al superiore Ministero dell' Istru-
zione una particolareggiata relazione delle opere compiute e
si interessò perchè venisse pagato al Comune di Soncino la
somma concessa dal Ministero medesimo a titolo di contri-
buto nelle spese incontrate coll'esecuzione di quei lavori.
PROVINCIA DI MANTOVA.
Commissione Conservatrice. — Il 5 dicembre 1899 la
on. Commissione Conservatrice pei monumenti della Pro-
vincia di Mantova tenne una seduta, alla quale prese parte
anche l'Ufficio Regionale, a proposito delle scoperte fatte
OTTAVA RELAZIONE DELL UFFICIO REGIONALE
7/
nell'antica Chiesa di Acquanegra sul Chiese. Il giorno 27 gen-
naio 1900 la stessa Commissione, nuovamente convocata, dopo
avere commemorato il defunto Monsignore Antonio Parazzi,
R. Ispettore per il distretto di Viadana , deliberò che per
l'ultima volta venisse appoggiata presso le superiori autorità
la richiesta di locali dell'ex Palazzo Ducale per feste di Be-
neficenza, ammettendo come linea di massima che quand'an-
che si fosse adattata l'illuminazione elettrica mai più si sa-
rebbe concessa per balli la sala degli specchi, — decise di far
pratiche perchè venga interdetto l'accesso del pubblico al Coro
e alla Sagrestia della chiesa di S. Benedetto Po, — si occupò
nuovamente delle questioni insorte circa le scoperte fatte
nella chiesa di Acquanegra sul Chiese, — espresse il voto che
sia provveduto alla miglior conservazione degli Arazzi del
Duomo di Mantova, — si oppose alla richiesta della Fabbri-
ceria di Santa Barbara circa la vendita di un antico arazzo
è infine deliberò di far presente al superiore Ministero della
pubblica Istruzione la necessità di aumentare la somma desti-
nata alla manutenzione del Palazzo ex Ducale e di insistere
perchè il Castello di San Giorgio venga liberato dagli archivi
che ora vi hanno sede.
Palazzo ex Ducale : Cortiletto e appartamento della
GROTTA. — Seguendo il programma iniziato coi precedenti
lavori, si poterono nel corso dell' anno proseguire i restauri
del cortiletto e dell'annesso appartamento di Isabella, detto
della grotta. Venne pure praticato il ripristino delle crocere
nell'andito che riuniva la stanza di Leonbruno (camera
pietà) col cortiletto, si provvide alla riparazione del muro
esterno e al restauro delle nicchie della grotta ed ora si at-
tende che da nuove indagini possano scaturire elementi
sicuri per il ripristino del piccolo atrio che serviva di comu-
nicazione tra la grotta stessa e il cortiletto.
Un inventario inedito del 1542, fatto tre anni dopo la
morte della marchesa Isabella, oltre alla descrizione minu-
yS STORIA i:i) AUTK
. tissima delie antichità, dei quadri, delle gioje, del mobilio
contenuti neirappartamento della grotta, descrive l'interno
della grotta stessa in modo da facilitarne, volendo, non solo
la restaurazione parietale, ma anche l'ammobiliamento e la
distribuzione degli oggetti descritti, cosi che, se le attuali
difficoltà dovessero un giorno scomparire, non sarebbe im-
possibile imitare ciò che V Inghilterra già fece nel Sout
Kensigton Museum, colla riproduzione dei gabinetti dell'ap-
partamento del Paradiso.
Sala detta di Angelo Croce. — Importanti scrostamenti eseguiti
nella volta dì questa sala, ritornarono in luce tutta la deco-
razione dipintavi sulla fine del XVI secolo.'AlT interesse delle
pitture ornamentali va aggiunto quello singolare di molte
vedute delle principali città, riprodotte a volo d'uccello sulle
lunette nonché una serie di stemmi colle imprese dei Gon-
zaga e dei Medici.
Gabinetto di Isabella d'Este in Paradiso. — Dei due noti ga-
binetti, quello degli armadi, che fu riprodotto al Kensigton
Museum di Londra, è stato oggetto di nuovi studi i quali,
portando a considerare anche la parte superiore delle pareti
come disposte a scaffali, inducono a dubitare dell'attendibilità
del criterio seguito nella riproduzione inglese circa le tele
apposte a decorare i vani che trovansi, al disopra degli ar-
madi oggi esistenti, fra le eleganti colonnine intagliate a
candelabro e dorate.
In questo locale si è iniziato il lavoro di restauro delle
decorazioni in azzurro ed oro dell'epoca di Guglielmo (se-
conda metà del secolo XVI) quasi nascoste dall' untume ac-
cumulatovisi da circa un secolo; fu ripulita la splendida
porta marmorea di Tulio Lombardo, e, nell'interesse di en-
trambi i gabinetti, si sono iniziate pratiche per togliere i lo-
cali attigui dall'uso che ne fanno attualmente gli estranei
Cui sono ceduti in affitto.
OTTAVA RELAZIONE DELL UFFICIO REGIONALE 79
Appartamento Paviglione. — Furono liberati gli ambienti del-
l'appartamento Paviglione e le comunicazioni fra questo,
l'appartamento del Paradiso, la galleria della Mostra e l'ap-
• partarnento Estivale, vennero completamente ristabilite. Si
spera' di poter presto regolare il libero accesso all'orto onde
rendere agevole l'esame della facciata del Fancelli e quello
dell'appartamento.
Galleria della Mostra. — Sono stati condotti a buon punto
i lavori di restauro alle cornici e agli ornati a stucco che
inquadrano gli armadi e le nicchie e che adornano tutte le pareti
di questa galleria, seguendo come sempre, il criterio di met-
tere in evidenza gli elementi più importanti delle decorazioni
che si sono sovrapposte nelle diverse epoche.
Gayallerizza. — Si sono predisposti i materiali occorrenti al
restauro e alla parziale sostituzione della cornice di gronda
della cavallerizza, seguendo i criteri suggeriti da opportuni
esperimenti intesi ad assicurare l'esito del lavoro tanto nei
rapporti della statica e dell'estetica quaiisto in riguardo alle
considerazioni economiche.
Castello di San Giorgio. — Le molte cure di cui abbi-
sogna il monumentale Castello di S. Giorgio come rimedio
ai danni provenienti dalla sua vetustà e dalle superfetazioni
compiute sopra di lui in varie epoche, sono state in gran
parte prevedute dall'Ufficio Regionale il quale, pur non dis-
simulandosi le gravi difficoltà che si dovranno superare onde
ottenere il consolidamento ed il restauro dell'edificio, non
viene meno al suo proposito di predisporre gli studi a tale
uopo necessari. Qualunque abbia ad essere l'entità del pro-
gramma tecnico ed artistico che si dovrà svolgere per rag-
giungere un tale intento, è però indispensabile che alla sua
attuazione debba precedere lo sgombero del Castello dagli uf-
fici che ora vi sono insediati. A ciò è stata ed è tuttora ri-
I
80 STORIA ED ARTE
volta l'attenzione dell'Ufficio Regionale il quale, fallite le
precedenti pratiche, ha compiuto, a mezzo del suo rappresen-
tante in Mantova, architetto Patricolo, lo studio di adatta-
mento a sede degli archivi, dì uno stabile Demaniale, studio
concretato in un progetto tecnico che ha già ottenuto l'appro-
vazione del R. Ministero dell'Interno.
Duomo. — La Commissione Conservatrice e l'Ufficio Regio^
naie, si sono occupati dei pregevoli arazzi del principio del
XVII secolo che frate Francesco Gonzaga donò alla Chiesa
mentre era Nunzio alla Corte di Francia.
La bellezza di quei lavori e il loro stato di conservazione
poco rassicurante, indussero a consigliarne il restauro e a far
pratiche perchè venga provveduto ad una esposizione mi-
gliore, e tutto induce a sperare che la benemerita Fabbrice-
ria riesca a conciliare le esigenze ecclesiastiche con quelle
indiscutibili della Storia e dell'Arte.
Ex Chiesa della Vittoria. — È un edificio interessante
come ricordo della vittoria ottenuta nel 1498 dalle armi ita-
liane guidate dal marchese Francesco Gonzaga contro i Fran-
cesi alla battaglia del Taro, ed è lo stesso edificio pel quale
il Mantegna eseguì il quadro famoso detto la Madonna della
Vittoria, che si ammira al Museo del Louvre.
La Chiesa, ridotta oggi a laboratorio, è stata deturpata
da una nuova porta aperta sul suo fianco e da una inop-
portuna decorazione applicata alla fronte, e l'Ufficio si è fatto
un dovere di interessare l'autorità municipale perchè ottenga
il riparo ad un inconveniente che costituisce anche uno sconcio
edilizio.
Marmi della ex^Chiesa di S. Sebastiano. — L'Uffi-
cio Regionale provvide al ricupero di alcuni marmi che già
decoravano un altare della soppressa Chiesa di S. Sebastiano
»
OTTAVA RELAZIONE DELl'uFFICIO REGIONALE 8l
e li depositò nel Palazzo Ducale in attesa di ricostruirli in
modo e in località degna, entro il palazzo stesso.
Palazzo del Te. — In seguito ad una ispezione compiuta al
palazzo» del Te, fu constatato come, alcune importanti sale
decorate a stucchi e a pitture del XVI secolo, fossero adibite
quali magazzeni di legname. L'architetto di questo Ufficio
residente in Mantova, fece rilevare a quell'autorità comunale,
proprietaria dello stabile famoso, i gravi inconvenienti di un
simile uso, e suggerì il rimedio più opportuno per ovviare
ogni pericolo, salvando al tempo stesso le ragioni dell'arte.
Acquanegra sul Chiese: Chiesa Parrocchiale. —
Verso l'ottobre del 1899, l'egregio Ispettore del Distretto di
Asola Don Luigi Ruzzenenti segnalava all'Ufficio la scoperta
nella chiesa di Acquanegra di alcuni tratti di pavimento a
mosaico ritenuti di epoca romana. In seguito ad una ispezione
sopra luogo, potè l'Ufficio constatare come, alla profondità di
circa mezzo metro dalla nuova pavimentazione, esistesse un
secondo pavimento a musaico formato di tessere bianche e
nere, con alcune parti in rosso. — Il carattere del musaico,
molto simile a quello della Cappella di S. Antonio in S. Be-
nedetto Po e gli altri elementi offerti dalla stessa chiesa di
Acquanegra, benché trasformati goffamente all'interno e assai
alterati all'esterno, indussero subito a credere che chiesa e
pavimento fossero la creazione di una medesima opera e,
assai probabilmente, anteriore al XII secolo.
Il tratto di musaico scoperto, accennava ad una conti-
nuità intimamente legata allo scomparto delle colonne che
dividono la chiesa in tre navi di modo che il tutto insieme
della scoperta fatta veniva ad acquistare una tale importanza
che indusse l'Ufficio a sospendere momentaneamente i lavori
in corso per il nuovo pavimento onde essere nel frattempo
autorizzato a sostenere le spese necessarie a ultimare lo scavo
e a compiere i rilievi grafici dell'antico mosaico.
83
STORIA ED ARTE
Non occorre qui ricordare la lunga serie di opposizioni
incontrate in seguito a questo proposito, opposizioni che hanno
sortito, per chi le sostenne, l'esito più disgraziato poiché non
servirono ad altro che a far ritardare i desiderati lavori di
sistemazione definitiva della Chiesa.
L'Ufficio Regionale potò svolgere per intiero il suo prò-
/Kcay,^NKC■^^^ avi. Cnitst
gramma in modo che, a scavo compiuto, tornarono in luce
grandi tratti di pavimento i quali dimostrarono infondata
l'ipotesi che portava taluni a sostenere trattarsi del pavimento
'di un tempio di Iside eretto nei primi anni del terzo secolo
di Cristo, da Marco Cassio, centurione della quinta coorte
pretoria.
Oltre alla scoperta del pavimento, venne pure in luce
in direzione dell'altare maggiore, l'interessante avanzo di una
cripta della quale offre un'idea l'unito schizzo.
Le controversie deplorevolissime avute, imposero di far
precedere allo studio grafico del monumento murato e del
mosaico, quello della definitiva sistemazione del pavimento
nuovo per modo da rendere possibile la conservazione delle
recenti scoperte.
Asola : Chiesa Parrocchiale. — L' UfìBcio Regionale
ispezionò ripetutamente quell'insigne monumento del XV se-
colo che è la Chiesa Parrocchiale di Asola nella quale si con-
servano opere d'arte di alto valore e meritevoli di particolare
considerazione. Di ciò erasi già occupato molti anni ad-
dietro anche il R. Ispettore mons. Ruzzenenti provocando da
parte dell'Accademia di Belle Arti di Milano una ispqzione
che non ebbe esito alcuno. Purtroppo però, le condizioni dello
stabile sono tali da sconsigliare per ora qualsiasi iniziativa
riguardo alle opere d'arte, urgendo invece assegnare ;l,a pre-
cedenza ai lavori di consolidamento e di restauro della Chiesa.
La Fabbriceria si è impegnata a provvedere la redazione di
un progetto sommario delle necessità tecniche onde avviare
le trattative coi vari Enti interessati alla, manutenzione
della Chiesa ed ottenerne un proporzionale ed equo ^con-
corso pecuniario.
Curtatone: Scoperta nel sottosuolo. — In territorio
di Curtatone, fu rinvenuto un importante complesso di vasi
in terracotta la cui disposizione, date anche le condizioni del
terreno, portò l'architetto di questo Ufficio a ritenere trat-
tarsi del deposito di un'antica fornace distrutta .e sepolta da
qualche alluvione.
Marengo: Scoperta nel sottosuolo. — Nella proprietà
del signor Giovanni Angelini, detta Casino verde, fu rinve-
nuta in un sedimento di ghiaja, una costruzione giudicata
di epoca romana. Non è ancora ben precisato il carattere del
manufatto che, allo stato attuale, parrebbe logico ritenere
un'antica piscina e si attende quindi chela prosecuzione dei
lavori di scavo e la cortesia del proprietario, permettano di
completare gli studi al riguardo.
f San Benedetto Po: Chiesa arcipretale. — La lode-
vole iniziativa del Rev. Arciprete Don Enea Amadci, permise
l'inizio del restauro ad alcune delle cappelle poste a tramon-
tana del tempio monumentale di S. Benedetto Po onde ripa-
rare ai danni gravissimi prodotti dalla filtrazione delle acque.
84 STORIA ED ARTE
Cenobio. — Malgrado le ristrettezze del bilancio, il Comune
di S. Benedetto Po ha saputo stanziare una somma annuale
per assicurare la continuazione dei restauri dell'antico chiostro
di S. Simeone. Ciò torna a lode di quell'amministrazione
retta dal sindaco dott. cav. Enrico Bertazzoni come è pure degna
della maggior lode l'opera benemerita del signor Guido Bar-
iletti il quale, con amore e disinteresse va continuamente
prestando validissimo aiuto alla artistica iniziativa.
Vennero restaurate alcune finestre bifore scoperte nello
scorso anno e le eleganti finestre della sala detta la Pule-
ghina che fu probabilmente lo studio degli antichi miniatori
benedettini. Fra le altre scoperte, va annoverata quella di
alcune transenne di clausura in laterizio che separano il retro
coro della chiesa dal portico congiungente il chiostro detto
Reale con quello di S. Simeone.
Si è proseguito il lavoro dì scoprimento delle interessanti
pitture già rinvenute in uno dei corridoi adiacenti ad altro
chiostro dell'antico Cenobio e, quantunque la poca consi-
stenza della pittura e la tenacità dell'imbianco onde ostata
ricoperta, abbiano costituito un grave ostacolo, pure l'opera
paziente usata permise di rimettere in luce un lavoro d'arte
decorativa di tale valore da giustificare il giudizio di chi vuole
attribuirla al pennello del Mantegna.
Oratorio di Valverde. — È un antico edificio, oggi in
proprietà del signor Augusto Norsa di Mantova, il quale fu con
molta probabilità fondato da Matilde di Canossa contempo-
raneamente alla prima chiesa di S. Benedetto. L'originario
oratorio venne nel 1445 accresciuto di un piccolo monastero
del quale rimangono ancora sufficienti avanzi, monastero che,
per la sua posizione, potrebbe forse essere ritenuto come un
sanatorio dei monaci infermi del vicino Cenobio di S. Be-
nedetto.
L'Ufficio Regionale, chiamato ad occuparsi di questo an-
OTTAVA RELAZIONE DELL UFFICIO REGIONALE
85
.^n:—
tico edificio , potè rilevare come,
sotto l'intonaco dello scorso se-
colo, si nascondessero degli anti-
chi dipinti, epperciò praticò del-
le indagini che portarono allo
scoprimento di non poche pittu-
re attribuibili al principio del XV
secolo nell'abside, sull'arco di
trionfo e sulle pareti di pro-
spetto.
DISPOSIZIONE PLANIMETRICA
dell'oratorio DI VALVERDE
E AVANZI
dell'attiguo chiostro.
PROVINCIA DI PAVIA.
Commissione Conservatri'-
ce. — Nel corso dell'anno 1899-
1900 la on. Commissione Con-
servatrice per la Provincia di
Pavia non ebbe occasione di riu-
nirsi in seduta ordinaria per stu-
diare argomenti di sua compe-
tenza. Però, in seguito alla ri-
chiesta dell'Ufficio Regionale,
essa intervenne il 3o marzo 1900
ad un sopraluogo alla Chiesa di
S. Maria del Carmine allo scopo
di esaminare le decorazioni pit-
toriche eseguite in una cappella
dal lato di tramontana, appro-
vando per intiero il giudizio che
l'Ufficio medesimo aveva già c-
messo a tale ri^uardo.
86 SIOKIA I.Ji AlMi;
Dipinti esistenti nelle Chiese di Pavia. — L'Auto-
rità Ecclesiastica di Pavia aveva ideato di raggruppare in un
unico ambiente della Cattedrale tutte le pitture di maggior
pregio esistenti nelle varie chiese della città, ma tale progetto
incontrò non poche ostilità da parte delle rispettive Fabbri-
cerie che in tale proposta, benché giustificata dalla necessità
di riparare a taluni dei quadri stessi, credettero di ravvisare
il principio di una spogliazione. L'Ufficio Regionale, inter-
pellato al riguardo dal R. Ministero della Istruzione non
credette approvabile la esposizione progettata e rilevò l'inop-
portunità dell'arbitrio commesso col procedere senza autoriz-
zazione al restauro di un quadro del Gian Pietrino. Nell'oc-
cuparsi di tale argomento l' Ufficio credette suo dovere
compilare un elenco delle opere pittoriche che destano speciale
interesse artistico, tenendo conto del loro stato di eonserva-
zione. Da tale elenco emergono le opere seguenti :
DUOMO. — Quadro del Rosario — Bernardino Gatti detto il
Soiaro. Quest'opera è ora in restauro. BIBLIOGRAFIA, — Carlo
Dell' Acqua nel Bollettino Storico Pavese, 1895.
— Madonna col Bambino, San Gerolamo e San Giovanni Battista. —
Fondo d'architettura e di paese. Opera di Giampietrino. Dice l'iscri-
zione latina, nella predella della cornice, che il quadro fu fatto ese-
guire da Lodovica Fornari per volontà del defunto marito. Questo
quadro era fino ad ora conservato nella Chiesa di San Marino di pa-
tronato del Comune di Pavia, e fu qui trasportato dopo i restauri di
Valentino Bernardi di Bergamo. BIBLIOGRAFIA. — Gustavo Friz-
zoNi, Lllustrazione Italiana, Fratelli Treves. — Prelini, Storia della
Basilica di S. Marino. — Bartoli, Notizie delle Pitture, ecc., con attri-
buzione a Bernardino Lanino.
— La Vergine col Figlio, San Giovanni Battista, S. Stefano, S. Siro,
S. Antonio di Padova, S. Luigi e un altro Santo. — Opera del se-
colo XVIL BIBLIOGRAFIA. — Francesco Bartoli, Notizie delle
pitture, sculture e architetture che ornano le chiese di tutte le piìi rinomate
citta d,' Italia. In quest'opera il quadro è attribuito a Carlo Sacchi
pavese 1617-1707). Questa pala d'altare fu eccessivamente inverniciata
OTTAVA RELAZIONE DELL UFFICIO REGIONALE
c il colore minaccia di screpolarsi benché nel 1899 il pittore Bernardi
lo restaurasse e ne levasse alquanta vernice.
— La Vergine col Figlio, S. Antonio da Padova, S. Siro e un
Angelo alato. — Opera di Daniele Crespi. È in buon stato di conser-
vazione e immune da restauri. BIBLIOGRAFIA. — Comm. Carlo
Dell'Acqua, Ricordi Slorici Biografici Pavesi. Pavia, 1870, pag. 290.
— D. Cesare Prelini, San Siro. Pavia, Fusi, 1870, voi. II, pagg. 383 e 391.
— L'adorazione dei Magi. — Opera di Gian Battista Crespi. Quadro
annerito : la tela si è aperta in prossimità della cornice. BIBLIO-
GRAFIA. — Dr. Pietro Talini, Vavia e dintorni. Pavia, Bizzoni, 1877,
pag. ^o.
CHIESA DEL CARMINE. — Madonna col Bambino, S. Anna, Gio-
vanni Evangelista, Giuseppe e due medaglie con altre pitture nella
cornice. — Opera di Bernardino Colombani pavese, i5n5. Sotto il trono
in caratteri a stampatello del rinascimento è scritto: " Bernardini Co-
lumbani opus IV Idus Augusti i5i5 „. È annerito, screpolato e dila-
vato; solo in qualche parte il colore conserva il primitivo smalto.
Inoltre, delle tre tavole su cui è condotta la pittura, una s'è incurvata,
causando una screpolatura che va per tutta l'altezza. Fu restaurato
dal pittore Carlo Sara.
— Trittico di S. Ambrogio. — Nel mezzo la Vergine col Figlio,
a destra S. Ambrogio, a sinistra S. Agostino. Nella predella gli Apo-
stoli. Nella cimasa l'Angelo e la Vergine simboleggiano l'Annunciazione,
nel centro Cristo. Nel coronamento della cornice è dipinta la testa
del Padre Eterno. Principio del XVI secolo. La maniera del dipinto
fa pensare al pavese Pietro Francesco Sacchi che dipingeva nei primi
decenni del cinquecento. Il trittico ha alcune screpolature accentuate
nelle figure del timpano.
Gli affreschi di Leonardo Guidolenghi sono in stato di conser-
vazione detìcente; perchè inamovibili non fanno parte delle opere che
si vorrebbero restaurare.
CHIESA DI S. FRANCESCO. — S. Matteo con un Angelo. — Se-
colo XVII. BIBLIOGRAFIA. — Lanzi, Storli pittorica. Il quadro è
annerito e polveroso, la tela rilassata.
— Martirio di S. Bartolomeo. — Opera di Giovan Battista Ta.ssi-
nari pavese (fine del XVI e principio del XVII secolo).
Buon stato di conservazione.
— Trittico in cornice barocca. — Nel centro quattro Santi con
,98 STORIA i:i) Airn;
tondo di paese. Assai pregevoli le due altre parti: S. r'ranccsco con
una divota e un Santo Vescovo. Quest'ultima tavola ha so1T( ito qualciic
screpolatura e v'c traccia di restauri. È opera della prima metà del
XVI secolo.
— Immacolata con due Ailgeli. — Opera del XVII secolo, l'uro
pregevole, ma bisognosa di urgenti restauri.
— Istituzione dell' ordine Francescano. — Attribuzione a Fran-
cesco Barbieri. È in cattivo stato di conservazione. La tela iia vaile
rotture.
— Martirio di S. Caterina. — Opera attribuita a Camillo Procac-
cino. Il colore e offuscato, la tela rilassata e rattoppata malamente in
molte parti.
CHIESA DI S. MARIA DI CANEPANOVA. — Contiene pregevoli
quadri del secolo XVI. Esprimono: lo " svenimento di Ester „, "Giu-
ditta „, " Pietro di Canepanova (Giovanni XIV) coi suoi Cardinali „,
" Personaggi della famiglia Visconti, offerenti „, " Passaggio del Mai-
Rosso „, " Debora „.
Quest'ultimo è in cattivo stato di conservazione, gli altri furono
recentemente ripuliti.
CHIESA DI S. MICHELE. — Maria in trono col Figlio, S. Rocco
e Sebastiano. — È attribuito al Moncalvo. La tela è polverosa e an-
nerita, il colore tende a .sgretolarsi.
— Assunzione della Vergine. — Opera del secolo XVII. È in buon
stato di conservazione.
Chiesa di Santa Maria del Carmine. — Furono mo-
dificati i progetti di decorazione per la Cappella del Sacro Cuore
nella Chiesa di Santa Maria del Carmine — progetti dei quali
fu tenuto parola nella relazione precedente — e venne auto-
rizzato l' inizio dei lavori di pittura subordinatamente a quanto
riguarda la decora'zione delle volte e le fascie di contorno,
delle pareti. — Il risultato pratico dì tali lavori fu alquanto
inferiore all'aspettativa, e a tale riguardo vennero suggerite le
modifiche più opportune. Siccome poi erano stati predisposti
nuovi studi per la decorazione delle pareti e per la costru-
zione di un nuovo altare, l'Ufficio Regionale unitamente alla
Commissione Conservatrice e al R. Ispettore ing. Savoldi
OTTAVA relazioni: dell'ufficio regionale Sg
intervenuti sopra luogo, si dichiararono in massima contrari
all'attuazione ditali progetti, perchè troppo inferiori alle esi-
genze artistiche del Tempio di Santa Maria del Carmine.
Basilica di S. Pietro in Cielo d'oro e Arca di
S. Agostino. — I lavori compiuti nell'ultimo periodo di
tempo alla basilica di S. Pietro in Cielo d'oro, sono stati in
particolar modo intesi a predisporre il collocamento in opera
dell'Arca di S. Agostino, la cui restituzione all'antica sede
fu definitivamente concessa dopo sessantotto anni dacché
quell'insigne monumento era statj trasferito nella Cattedrale.
Il lavoro di scomponimento, dapprima male indirizzato,
venne corretto in tempo per merito delle istruzioni impartite
dal R. Ispettore prof. Savoldi e dall' Ufficio Regionale; in obbe-
dienza alle prescrizioni ministeriali fu poi serbata memoria
fotografica per ciascuno dei pezzi scolpiti e quindi, completate
le opere di consolidamento alla cripta, si diede principio alla
ricomposizione dell'Arca, disposta a decorazione dell'altare
maggiore nella basilica di S. Pietro in Cielo d'oro.
Basilica di S. Michele Maggiore. — I restauri avviati
alla cupola della basilica di S. Michele Maggiore fin dallo
scorso anno (vedasi precedente relazione, pag. io6) hanno
avuto il loro compimento, e coi fondi già disponibili, aumen-
tati da nuove risorse concesse dal R. Ministero della P. Istru-
zione, furono regolate le relative partite di spesa.
Ora è a far voti che abbiano presto a sorgere nuove
iniziative intese a far sì che gli altri bisogni di questo insigne
monumento abbiano presto assicurati i mezzi necessari al loro
compimento.
Basilica di S. Teodoro. — La on. Fabbriceria della basi-
lica di S. Teodoro, già tanto benemerita per l'iniziativa di-
mostrata in questi ultimi anni a favore dei restauri di quel
tempio monumentale, non ha mai desistito dal lodevole prò-
oo
STOHIA KD AH TE
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-^^'I^Éii
OTTAVA RELAZIONE DELl'uFFICIO REGIONALE QJ
posito di condurre a compimento il suo programma e, non
appena ebbe sistemato gli impegni assunti colle opere pre-
cedenti, rivolse un appello alla cittadinanza per animarla a
fornire i mezzi a ciò necessari.
L'Ufficio Regionale, approvando in massima l'idea mani-
festatagli, fece presente la necessità di subordinare ogni deli-
berazione, in merito all'esecuzione dei lavori, ai risultati di
opportuni scandagli. — Venne infatti adottata una tale linea
di condotta e le indagini praticate all'interno del Tempio
hanno offerto dati interessanti per i restauri futuri, mentre
gli studi già predisposti per il riordino della copertura hanno
potuto essere modificati secondo le vere esigenze statiche e
artistiche del monumento.
Basilica di S. Salvatore annessa all' ex Convento
di S. Mauro. — Dopo tanti anni trascorsi fra trattative
e progetti, finalmente i voti del R. Ministero della Pubblica
Istruzione e delle benemerite autorità pavesi sono prossimi
ad essere esauditi. Lo sforzo che il Ministero ha potuto com-
piere, assicurando all'opera di riscatto del tempio un consi-
derevole contributo, ha valso a rimuovere le ultime difficoltà,
di modo che fra poco l'Autorità militare sarà in grado di
retrocedere il Tempio al Demanio, il quale lo affiderà in con-
segna all' Ufficio Regionale nella sua qualità dì rappresen-
tante il R. Ministero della Pubblica Istruzione.
A norma poi dei precorsi accordi , potrà il R. Mini-
stero predetto, se lo crederà opportuno, e previa le necessarie
garanzie, affidare la custodia temporanea del Tempio alla
Società pavese di conservazione dei monumenti cristiani, che
tanto si è adoperata per il riscatto del Tempio stesso, con
facoltà alla medesima di ripristinarvi l'esercizio del culto in
base a quelle norme che, nell'interesse del monumento, il
Ministero stesso e in sua rappresentanza l'Ufficio Regionale,
crederanno utile di stabilire.
02 STOKIA Ki) \nii:
Castello Visconteo. - Modificando le precedenti sue deli-
berazioni, r Autorità militare di Pavia, già autorizzata ad eri-
gere una cancellata davanti ad una tettoja di deposito nei
pressi del Castello, richiese di costruire, invece di quella,
una cancellata attraversante tutto il piazzale del Castello e in
senso obliquo rispetto al Castello stesso. — Una tale do-
manda non poteva essere appoggiata dall'Ufficio Regionale,
ma poiché il lavoro ideato non intaccava l'integrità del mo-
numento, l'Ufficio ha creduto di rinvenire nei problema un
argomento di speciale competenza della Commissione Edi-
lizia cittadina, e in tale senso ha riferito alla R. Prefettura
di Pavia.
Certosa di Pavia: Ingresso principale. — Oltre le im-
portanti trasformazioni che ha subito fin dall' origine il
fabbricato che precede a guisa di vestibolo il gran piazzale
della Certosa, non poche furono le aggiunte fatte al fabbri-
cato stesso in epoche successive fino ad alterarne e pregiudi-
carne l'aspetto, reso tanto nobile dalle pitture del pavese
Bernardino de' Rossi. L'Ufficio Regionale ha ritenuto compito
suo quello di ritornare l'edificio nelle primitive condizioni
e partendo da tale concetto, operò la riapertura delle quattro
grandi lunette destinate a illuminare l' interno del vestibolo,
provvide al restauro e all'isolamento esterno del lato meridio-
nale, atterrò le rozze muraglie che chiudevano i due giardini
laterali sostituendovi due cancellate che permettono di go-
dere per intero la vista di tutto il fabbricato d'ingresso,
provvide a due ingressi laterali, di servizio per gli estranei,
rendendo indipendente il monumento da ogni servitù di pas-
saggio : ed ora si propone, una volta completati i restauri che
verranno in conseguenza dei lavori accennati, di studiare una
nuova cancellata di chiusura in sostituzione delle indecorose
imposte applicate qualche secolo più tardi alla porta princi-
pale di accesso al convento.
OTTAVA RELAZIONE DELl'lFFICIO REGIONALE
PLANIMETRIA GENERALE DEI FABBRICATI COSTITUENTI
LA CFRTOSA DI PxWTA.
93
'^ h L L L
in
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JOLL ^ ^jj ^u ^u ^u JJ
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N. I. Vestibolo d'ingresso
» 2. Piazzale
» 3. Tempio
» 4. Coro
» J. Chiostro piccolo
» 6. Refettorio
o 7. Biblioteca
X. S. Sagrestia nuova
» 9. Gran chiostro e celle
» IO. Prioria
» li. Cortile della Prioria
» 12. Cortile del Capitolo
» 15. Capitolo.
Tempio. — Continuò il restauro della cupola principale, col ri-
cambio di molti pezzi di pietra e di marmo ammalorati e
resi inservibili, e fu predisposta la lavorazione di altri pezzi
ch'e andranno man mano a sostituire i vecchi a norma dello
svolgimento del lavoro. Furono restaurati i pinnacoli dei
94
Si Old A i:i) A kit;
capicroce clic l'azione del tempo e le vegetazioni avevano
seriamente sconnessi.
E stato tutto predisposto per l'inizio del restauro della
fronte, a cominciare dal contrafforte all'angolo sud-ovest. Sono
continuati i restauri marmorei artistici e statici all'interno
CUPOLA, ABSIDE E CAPOCROCE SETTENTRIONALE DEL TEMPIO.
del tempio e particolarmente nelle cappelle, nel coro e intorno
all'altare maggiore; si eseguirono lavori diversi in legno e si
diede principio, a titolo di saggio, al restauro di parte del
prezioso trittico d'avorio che si conserva nella sagrestia vecchia.
Chiostro Grande — Si è continuato il restauro del lato rivolto
a mezzogiorno: furono riaperte parecchie finestre antiche
e ne furono otturate altre di epoca posteriore, non neces-
OTTAVA RELAZIONE DELl'cFFICIO REGIONALE
QD
sarie e che deturpavano l'aspetto del fabbricato; furono pure
rinvenute le traccie di varie porte che anticamente servivano
di comunicazione tra il chiostro e i fabbricati adiacenti e si
FACCIATA DEL TEMPIO.
provvide al restauro di quegli interessanti indizii dell' antica
struttura del Cenobio. Si darà mano fra breve al restauro
del finestrone circolare che illuminava in origine il refettorio
e a quello delle meridiane antiche che adornano il lato di
mezzogiorno del chiostro.
Palazzo Ducale. — Nel palazzo detto Ducale, che 1' architetto
F. M. Richino eresse nel primo quarto del XV.II secolo,
continuarono i restauri già precedentemente avviati, fra cui
quelli dei pregevoli infìssi in legno del secolo passato, la ria-
pertura di finestre murate a metà, il ricollocamento di antichi
sedili in marmo negli squarci delle finestre, ecc.
STOIUA ED AUTi:
1 woiM Divliusi. — Ai lavori .sopr«T accennati, nei quali come
sempre prestò l'opera sua l'architetto di questo Ufficio, inge-
gnere A. Brusconi, vanno aggiunti quelli che riguardano la
•ordinaria e straordinaria manutenzione di quell'immenso
gruppo di fabbricati, le riparazioni importanti occorse ai tetti,
i diversi lavori in legno, in metallo, in marmo e finalmente
il nuovo ingresso rustico per il servizio del personale addetto
al servizio della Certosa. Inoltre, va annoverata 1' opera
prestata dall'Ufficio nei riguardi ammistrativi, sia per l'esa-
zione della tassa di ingresso sia per la gestione dei fondi che
alla Certosa sono assegnati a titolo di dote.
Podere. — Un vecchio dipinto a tempera rappresentante, scor-
rettamente ma con bastante sincerità, la veduta del mo-
nastero, nel XVII secolo, permette di offrire un'idea del
grandissimo recìnto che forma il podere della Certosa di Pavia.
Tale podere, attualmente in affitto di estranei secondo le con-
suete norme rurali, conserva ancora molte delle sue caratte-
ristiche originarie ; fra l'altro, le cappellette disposte lungo il
muro di cinta, il bosco all'angolo nord-est, la gran vasca per
la piscicoltura, e il pergolato a colonnati in pietra che dal
muro di cinta, passando presso la vasca, va fino al grande
chiostro. Tutte queste opere, intese con alto senso artistico,
insieme alle risorse della natura spirante ovunque un poetico
senso di mestizia, costituiscono intorno al tempio e a tutto
il cenobio un paesaggio che ne forma il più degno e indispen-
sabile complemento. Ora è avvenuto che, senza tenere conto
alcuno delle esigenze del monumento, e senza alcuna intesa
con l'Ufficio Regionale, venne concessa all'affittuario del po-
dere di abbattere, a titolo di pura speculazione, la maggior
parte degli alberi di alto fusto che adornano il podere stesso.
Solo per caso l'Ufficio ebbe cognizione della concessione, ma
per fortuna lo fu in tempo per scongiurare il danno che mi-
nacciava le adiacenze del monumento.
Essendo prossima la rinnovazione del contratto di affitto
OTTAVA RELAZIONE DELL LFFICIO REGIONALE
97
del podere, 1' Ufficio Regionale, d' accordo col R. Corpo del
ANTICA VEDUTA DELLA CERTOSA E DELL ANNESSO PODERE.
Genio Civile di Pavia e col R. Ispettore prof. A. Savoldi,
propose che nel nuovo contratto siano inserite condizioni
PERGOLATO CHE ATTRAVERSA IL PODERE
q8 storia Eh ARTI-:
speciali, intese a meglio salvaguardare gli interessi dell'arte
e che i manufatti più caratteristici del podere stesso, come
il pergolato e la gran vasca, vengano ora ripristinati a cura
dell'amministrazione delle Finanze riservandosi l'Ufficio Re-
gionale di curarne in seguito la buona conservazione.
PROVINCIA DI SONDRIO.
Commissione Conservatrice. — La on. Commissione
Conservatrice pei monumenti della Provincia di Sondrio tenne
un'adunanza il 28 settembre 1899, sotto la presidenza di
queir 111."^" signor Prefetto. Fu oggetto principale di discus-
sione la vendita arbitraria fatta dal parroco di Frontale
(Sondalo) di alcuni oggetti e paramenti sacri antichi, e poiché
le prime pratiche esperite allo scopo di ricuperare gli oggetti
medesimi non ebbero esito favorevole, così la Commissione
interessò il signor Prefetto a ordinare nuove indagini a tale
scopo deliberando che, in caso negativo, fosse obbligato il
parroco al loro pagamento e in difetto di ciò venisse sporta
querela giudiziaria contro il parroco stesso.
Esaurito tale argomento la Commissione si occupò di
questioni d'arte riguardanti le chiese di Novate Mezzola, di
Verceja e quella della Madonna in prossimità del Cimitero
di Morbegno. L' Ispettore agli scavi e monumenti avvocato
cav. Paribelli, lamentò i guasti di alcune opere d'arte della
provincia e la necessità di porvi riparo. Venne rilevato il
bisogno di cure ai monumenti di Teglio alla chiesa di San
Giovanni di Mello e a diverse opere d'arte in Cesio e in Ar-
denno. Fu ricordata la scoperta di antiche monete romane in
comune di Cosio e infine si fecero voti perchè la Commis-
sione stessa si occupasse della compilazione di un catalogo
dei monumenti e degli oggetti d'arte.
OTTAVA RELAZIONE DELL UFFICIO RFGIONALE 99
Catalogo dei monumenti e degli oggetti d'arte. —
Il voto espresso dalla on. Commissione Conservatrice di Son-
drio nella sua adunanza del settembre 1899, ha prodotto i
più benefici effetti. I Commissari signori Giovanni Gavazzeni
pittore e prof. Guglielmo Damiani si assunsero volonterosa-
mente l'incarico di compiere l'elenco dei monumenti e delle
opere d'arte della Provincia: e l'Ufficio Regionale, onde assi-
curare l'esito di un così importante lavoro, si accordò coi
benemeriti iniziatori perchè, in omaggio alle norme stabilite
dal superiore Ministero, la loro impresa fosse inspirata al-
l'indirizzo più opportuno.
L'opera esercitata dall'Ufficio Regionale nel corso degli
anni 1899-1900, è ricordata nelle precedenti pagine solo a
riguardo degli argomenti di maggior rilievo. Per brevità, non
furono qui menzionate moltissime altre pratiche svoltesi tanto
nell'ambito della regione, che fuori della medesima, questioni
di interesse generale e studi o iniziative particolari, proposte
già favorevolmente accolte e desideri non ancora esauditi,
poiché, se l'importanza apparentemente limitata rende su-
perfluo accennare oggi a talune di esse, la fiducia che una
nuova legge sulla conservazione del patrimonio artistico ita-
liano venga presto approvata, assicura la prossima soluzione
di tante altre questioni interessanti il servizio affidato agli
Uffici Regionali.
Le medesime ragioni valgono anche per il lavoro di ca-
talogazione dei monumenti e degli oggetti d'arte affidati
all'ing. Emilio Gussalli, lavoro il quale ha avuto anche que-
st'anno il suo naturale svolgimento, ma che, per la sua im-
portanza, richiede una speciale relazione che è opportuno
rimandare ad epoca futura.
STORIA r.i) Airri-:
Nel chiudere la presente relazione corre l'obbligo al sot-
toscritto di rendere pubbliche e vivissime grazie, in nome
dell'Ufficio, a tutte le autorità e agli studiosi che gli furono
larghi di consigli e di aiuti nello svolgimento del suo man-
dato. 11 dott. comm. Corrado Ricci, l'ing. Antonio Giussani
di Como, l'arch. comm. Luca Beltrami, il dott. Diego San-
t'Ambrogio, il dott. cav. Giulio Carotti, il sacerdote dottor
Rodolfo Majocchi, il dott. prof. Alfred Gothold Meycr, il
prof. Gaetano Mantovani, il prof. Virginio Muzio, l'archi-
tetto Angelo Savoldi, il sig. rag. Valtolina e tutti quanti
hanno favorito all'Ufficio interessanti pubblicazioni, disegni
e fotografie di studi artistici e storici, si abbiano i sensi della
più viva gratitudine.
Anche in qucst' anno, la morte ha fatto vuoti considere-
voli fra i nostri benemeriti. Al comm. mons. Antonio Pa-
razzi, R. Ispettore per il distretto di Viadana, all'ottimo fun-
zionario che fu il cav. Domenico Foratini, Amministratore
del Palazzo Ducale di Mantova, alla memoria di tutti gli
scomparsi un saluto riverente e affettuoso.
Milano, ottobre 1500.
Arch. Gaetano Moretti.
0
BINDING SECT. DEC 1 9 196/
DG
651
A7
anno ^^
supp.
archivio storico lombardo
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