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ATTI
REALE ACCADEMIA DELLE SCIENZE
DI TORINO
PUBBLICATI
mU ACCADEHICI SEGHETARI DELLE DUE CLASSI
VOLUME OINQUANTACINQUEISIMO
1910-1030
TOKINO
Libreria FRATELLI BOCCA
via Carlo jUberto. 3.
DiBumd, Google
Torino — Stubilimonto Tipografico Viaomo Boia
D,!„t,zed.yGOOg[e
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StP - i
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PRESIDENTI
REALE ACCADEMIA DELLE SCIENZE DI TORINO
dalla sua fondazione
1783, 25 tiglio
1788, 30 nofeBlm
1801, 24 flunis
(4pioroflem. IX)
1801, 15 tebbnio
1804, 25 refabnie
(5 ventoso a. XII)
1815. 25 Mveabre
1837. 26 .
1838, 18 ,
185t, 16
1864, 1"
PRESIDENTI PERPETUI (•)
Saloz»» di Moneaiglio (conte Giuseppe Anf^elo).
Ofiii le ditnÌ8BÌ0QÌ dalla carica e fareno accet-
tate (7 settembre 1788) cooferendogli il titolo di
Praiidentf emerito.
Ls Grange Tonmier (Giuseppe Luigi), Onorario.
Morozzo di Bianzé (cont« Carlo Lodovico).
Salozzo (cìttad. Angelo Giuseppe) ex-conte di
Monesiglio.
Col Begolamento del 26 piovoso anno IX (15 febbr. 1801)
essendoti stabilito cbe l'AcciDsuTt NtziosALii rìnno-
vatn col Deereto della CoinmùetoHe esecutiva del
PtemomU del 22 nevosa anno IX (IT i^eiinaio I80I)
non areue piii cbe due presideuti di clasne, cesea-
roDO queste funEÌoni del Sali;iio.
Bonaparte (Napoleone) primo console della Re-
pubblica Francese, Onorario.
Ballm di Tinadio (conte Prospero).
LaMaris di Tentlmlglla (marchese Agostino).
Salozzo di Monesiglio (conte Alessandro).
Plana (barone Giovanni).
Selopig di Salenuio (conte Federigo).
(*) Dal rotarne // primo secolo dtUa B. Accademia delle Seienxe di Torin*.^
Notiate itoriehe e bibliograficlte {1783-1883). Torino, 1888, pag. 141. v-
DrB,t,zed.yGOOg[e
ELEZIONE
1879, 9 marzo
1882, 12 rcbbnlt
1883, imm»
1885, 12 apriki
1888, 8 .
1889,28 .
1891, 2i maggio
189Ì, 2Ì (lagno
1895, 13 gonmiio
1898, 9 .
1901, 13 ,
1902, U «ctmbR
190i, 21 ftbbnio
1907, 17 mano
1910, 2i aprilo
1913, 18 maggio
1916, 28 .
1918, 3 felAraio
1919, 7 aprile
PRESIDENTI TRIENNALI *•'
Ricotti (Ercole).
Ricotti (Ercole) rieletto.
Fal)retti (Àriodante).
Genocclii (Angelo).
Genocclii (Angelo) rieletto.
Lessona (Michele) termina il 2" triennio iniziato
dal Genocchi.
Lesiona (Michele).
Lessona (Michele) rieletto, f 20 luglio 1891.
Carle (Giuseppe).
Carle (Giuseppe) rieletto.
Cossa (Alfonso) f 23 ottobre 1902.
D'Oridio (Enrico) termina il triennio iniziato
dal CossA.
D'Ovidio (Enrico).
D'Ovidio (Enrico) rieletto.
Boselli (Paolo).
Boselli (Paolo) rieletto.
Canterano (Lorenzo) t 22 novembre 1917.
Naccari (Andrea) continua il triennio iniziato
dal Cambrano.
Naccari (Andrea).
(*) A. norma dell'art. 3 dello Statuto della Beale Accademia delle Sciente
di Torino, approvato con R. Decreto 2 febbraio 1882, il Presidente dora
in carica un triennio e pub essere rieletto per un altro triennio.
>y Google
ELENCO
ACCADEMICI RESIDENTI, NAZIONALI NON RESIDENTI
STRANIERI E CORRISPONDENTI
AL 31 Dicembre 1919
- Negli elenchi degli Aecademiei la prima data è quella dell'elezione,
la seconda quella del B. Deerrlo che approva l'elezione.
Presidente
HftMsrl (Andrea), Dottore in Matematica. Professore emerito ài Finca ape-
rimentate nella B. Univeriità di Torino, uno dei XL della Società Ita-
liana delle ScìanES, Socio Nazionale della R. Accademia dei Lincei, Socio
corrispondente del R. latitato Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, del-
l'Accademia Qtoenia di Scienze naturali di Catania e dell'Accademia
Pontaniana, Comm. # e ^. — Torino, Via Sant'Aneelmo, 6. ■
Eletto alla carica il 27 aprile 1919 per il trìeonio dal 20 aprile 1919
al 19 aprile 1922.
VlCB-pRESIDENTE
RafflaI (Fr&iicesco\ Senatore del R^no, Dottore in Oi uri apro denia. Membro
corrispondente del Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, Fro-
fsHOre ordinario di diritto ecctegiaetico nella R. Univ. di Torino,
Grand' Off- • e ^. — Torino, Via Principe Amedeo, 22,
Eletto alla carica il 27 aprile 1919 per il triennio dal 20 aprile 1919
al 19 aonlo 1922.
D,!„t,zed.yGOOg[e
Tesoriere
Frftto (QiuBeppe), Dottore in Giuriipradenza, Professore ordinario di Eco-
nomìa politica e Scienza delle finanze nel R. Istituto superiore di Studi
commerciali diTorino.Profasaore incaricato di Diritto industriale e Libero
docente dì economia politica nella R. Università di Torino, Membro
effettivo della R. Deputazione sovra ^'i stadi di Storia patria per le
Antiche Provincie e la Lombardia. Socio ordinario della R. Accademia
di Agricoltura di Torino, Socio corrispondente della R. Accademia
Economico- Agrari a dei GeorgoRli in Firenze e della Socidté d'economie
politique di Parigi, *"■ . — Via Bertola, 37.
Eletto alla carica il 7 dicembre 1919 par il triennio dal 1* luglio 1919
al 80 giugno 1922.
D,!„t,zed.yGOOg[e
CLASSI! Ili mm FISICHfi. lllTeilATIW E NATIJRALI
Direttore
D'OtUÌ» (Enrico), Senatore del ReRno, Dottore in HAtematica, Professore
emerito di Algebra e Geometria analitica nella R, Università di Torino,
Direttore del R. Politecnico dì Torino, Uno dei XL della Società Italiana
delle Science, Socio naiionale della R. Accademia dei Lincei, Socio ordi-
nario non residente della R. Aècademia delle Scienze di Napoli, Cor-
rispondente del Reale Istituto Lombardo di Sciense e Lettere e del-
l'Ateneo di Brescia, onorario della R. Accademia di Scienze, Lettere ed
Arti di Modena e della Società matematica di Praga, Socio dell'Acca-
demia Pontaniana di Napoli e della Società matematica di Parigi,
Comm. #, e Or. Uff. 0m. — Torino, Via Sebastiano Valfri, li.
Rieletto alla carica l'il manto 1917 per il triennio dal 9 febbraio 1917
Hll'8 febbraio 1920.
Segretario
Far««a (Nob. Carlo Fabrizio), Dottore in Scienze nnturoli, Professore di
Geoloftia e Direttore del Museo di Qeologia e di Paleontologìa della
R. Università di Torino e Preside della Facoltà di Scienze, Socio na-
nODOle della R. Accademia dei Lincei, Socio reeidente della R. Acca-
demia di Agricoltura dì Torino, Socio corrispondente del Reale latituto
Lombardo di Scienze e Lettere, del R. Istituto Veneto dì Scienze,
Lettere ed Arti, della R. Accademia delle Scienze dì Napoli, della
B. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Modena, dell'Ateneo di
Brescia, dell'Accademia degli Agiati in Rovereto e dell'Accademia di
Verona, Membro del R. Comitato Geologico, ecc.. Comm. t, ^B, —
Totìmo, PalaMto Carignano.
Rieletto alla corica il 14 dicembre 1919 per il triennio dal 16 no-
vembre 1919 al 15 novembre 1922.
zed.yG00g[e
ACCADEMICI RESIDENTI
SalradArl (Conte Tommaso), Dottore in Medicina e Chirurgia, Vi cb- Di rettore-
dei Museo Zoologico della R. UniverBÌtà di Torino, Socio della E. Acca-
demia di Agrìcoltara di Torino, della Società Italiana di Scienie naturali,
• dell'Accademia Oioenia di Catania, Membro della Società Zoologica di
Londra, dell'Accademia delle Scienze di Nuova York, della Società dei
Naturalisti in Modena, della Società Reale delle Scienze di Liegi, delta
Reale Società delle Scienze naturali delle Indie Neerlandesi e del
R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, Membro effettivo della
Società Imperiale dei Naturalisti di Mosca, Socio straniero della
Britùh Orniihologieal Union, Socio «traniero onorario del Nvttall Omi-
thotogieai Club, Socio straniero d%\V American Omithologi»W Union, e
Membro onorario della Società Ornitologica di Vienna, Membro ordi-
nario della Società Ornitologica tedesca, Comm. Wt, Cav. dell'O. di S. Gia-
como del merito scientiBco, letterario ed artistico (Portogftllo). — Torino^
Via iV>«cipe Tommaso, 17,
29 gennaio 1871 - 9 febbraio 1871. — Pensionato 21 mano 1878.
D'OtMIo (Enrico), predetto.
29 dicembre 1878 - 16 gennaio 1879. — Pensionato 28 novembre 1889.
HAceari (Andrea), predetto.
5 dicembre 1880 - 23 dicembre 1880. — Pensionato 8 giugno 1893.
Segre (Corrado), Dottore in Matematica, Professore di Geometria superiore
nella R. Università di Torino, Socio nazionale della R. Accademia dei
Lincei e della Società Italiana delle Scienze (detta dei XL), Membro
onorario della Società FilosoSca di Cambridge e delle Società Mate-
matiche di Londra e di Calcutta, Socio straniero dell'Accademia delle
Scienze del Belgio e di quella di Danimarca , Socio corrispondente
della Società Fisico-Medica di Grlangen, dell'Accademia delle Science
dì Bologna, del Reale Istituto Lombardo dì Science e Lettere e del R. Isti-
tuto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, Socio onorario dell'Accademia
di Scienze, Lettere ed Arti di Modena, * e Comm. «i. — TorinOy
, Corso Vittorio EmaHuele, 85.
10 febbraio 1889 - 21 febbraio 1889, — Pensionato 8 ottobre 1898.
Peano (Giuseppe), Dottore in Matematica. Professore di Calcolo infinitesi-
male nella R. Università di Torino, Socio della Sodedad Cientifiea del
Messico, della Società matematica di Easan, della Società filosofica di
Ginevra, corrispondente della R. Accademia dei Lincei, • e a». —
Torino, Via Barharoux, i.
25 gennaio 1891 - 5 febbraio 1891. — Pensionato 22 giugno 1899.
D,!„t,zed.yGOOg[e
IX
JftdsBia (Nicodemo), Dottore in Matematica, PiofeEsore ordinario di Geodesia
teoretica nella R. Università di Torino e di Geometria pratica nel R. Po-
litaoDÌco, Socio dell'Accademia Pontaniana di Napoli, deirAcoademia
DafnicA di Acireale e della Società degl'Ingegneri Civili di Lìibona,
Membro effettivo della R. Commisaione Geodetica italiana, Comm. ^.
^ Torino. Via Madama Cristina, 11.
3 febbraio 1895 - 17 febbraio 1895. — Pensionato 17 ottobre 1902.
F»i|Pio\ Senatore del Regno, Dottore in Medicina e Cbirargia, ProJessore
ordinario di Anatomia Patologica nella R. Cni^rsità di Torino, Socio na-
zionale della R. Accademia dei Lincei, uno dei XL della Società Italiana
delle Scienze, Socio corrispondente del Reale Istituto Lombardo di Scienze
e Lettere e del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, Presidente
della Giunta di Vigilanza dell'Istitotu di Magistero per l'educaiione
fisica, Membro dell'Opera Nazionale per gl'invalidi della guerra in
Roma, ecc., ecc., Comm. # ^. — Torino, Corso Valentino, 40.
3 febbraio 1895 - 17 febbraio 1895. — Pensionato 9 novembre 1902
tinldl (Camillo), Ingegnere, Professore ordinario di Statica grafica e Scienza
delle coatruzioni e Direttore dell'annesso Laboratorio sperimentale dei
materiali da costruzione nel R. Politecnico in Torino, Corrispondente
della Reale Accademia dei Lincei, Off. #, Comm. ^. — Torino, Corso
ValenliHO. 7.
31 maggio 1B96 - 11 giugno 1896. — Pensionato 11 giugno 1903.
ParoDa (Nob. Carlo Fabriiio), predetto.
15 gennaio 1899 - 22 gennaio 1899. — Pensionato 21 gennaio 1909.
Mattlr»lo (Oreste), Dottore in Medicina, Chirurgia e Scienze naturali,
Professore ordinario di Botanica e Direttore dell'Istituto botanico della
R. Università di Torino, Socio nazionale della R. Accademia dei Lincei,
Uno dei XL della Società italiana delle Scienze, Socio della B. Acca-
demia di 'Medicina, Presidente della R. Accademia di Agricoltura di
Torino e della Società botanica italiana. Socio corrispondente del
Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, dell'Accademia delle Scienze
del R. Istituto di Bologna, della R. Accademia di Scienze, Lettere ed
Arti di Modena, della Società di Scienze naturali di Mosca, della fioynl
Bolanical Society di Edinburgh, della Società Veneto-Trentina, della
Società Antonio Alzate di Mexico, ecc., Comm. et, Offioier du inMt
agricole. — Torino, Orto Botanico della B, Uniaersilà (al Valentino).
10 marzo 1901 - 16 marzo 1901. — Pensionato 15 dicembre 1910.
OrMSf (Guido), Professore ordinario di Elettrotecnica e Direttore della
tcaola Galileo Ferraris nel R. Politecnico di Torino, Socio ordinario
della R. Accademia di Scienze fisiche e matematiche dì Napoli, del-
l'Accademia Pootaniana e del R. Istituto d'incoraggiamento di Napoli,
Corrispondente della R. Accademia dei Lincei, Membro della Commis-
sione superiore metrica al Ministero di Agricoltura. Industr. e Comm.,
Membro del Consiglio Superiore dei servizi elettrici al Ministero delle
Poste e Telegrafi, Uff. ♦, Comm, ^ . — TorÌHO, Viit Cemaia, 40.
9 febbraio 1902 • 23 febbraio 1902. — Pensionato 30 novembre 191).
D,!„t,zed.yGOOg[e
Stm^lUoa (nob. Carlo), Dottore in Matematiche, Profeatore ordinario di
Fisica matematica e incaricato di Meccanica rorionale nella R. Uni-
veraità di Torino, rappreseiitaiite dell'Accademia nel Coiuifrlio ammi-
nistratiro del R. Politecnico di Torino, Socio nazionale della B. Acca-
demia dei Lincei, Socio nazionale della Società italiana delle Sciense
(detta dei XL) e corrispondente del Reale Istituto Lombardo di Scienze
e Lettere, *, Comm. ^. — Corto Vinzagtio, 75.
5 marzo 1905 ■ 27 aprile 1905. — Pensionato 20 laglio 1913.
Panetti (Modesto), Dottore in Matematica. Inifegnere, Professore di mec-
oanica applicata alle macchine e di Costruzioni Aeronautiche nel
R. PoIiteoDÌco di Torino, Comm. flk, cav. %. — Via S Frnneeteo da
Paola, S6.
24 (gennaio 4915 ~ 14 febbraio 1915. — Pensionato 27 aprile 1919.
Ponzio (Oiacomo), Dottore in Chimica. Professore ordinario di chimica f;e-
nerale, Direttore dell'Istitiito di chimica generale della B. Università
di Torino. — Torino. Corso Massimo d'Aeeglio, 48.
10 marzo 1918 - 21 marzo 1918.
Smco (Federico) Dottore in Scienze, Professore ordinario di Oeologia ap-
plicata e Direttore del Museo geo-mineralogico nel R. Politecnico di
Torino. Professore incaricato di Pul eontologia nella K- Dniversità; Scoio
della R. Accademia d'Agricoltura di Torino; Socio corrispondente della
R. Accademia dei Lincei. dell'Ateneo di Brescia e della Oeological
Society di Londra: Membro onorario della Société belge de Geologie, de
Paleontologie et d' Unifrologie ; Membro del R. Comitato geologico ita-
liano. Comm. ^. — Torino, Corso Vittorio Emanuele II. n* IS.
10 marzo 1918 - 21 marzo 1918.
Majorana (Quirino). Dottore in fisica, Ingegnere, Socio corrispondente della
R. Accademia dei Lincei, Professore ordinario di Fisica sperimentate
nel R. Politecnico di Torino, Comm. • e ^. — Torino. Corso Duca
di Omora, 1.
10 marzo 191S - 21 mnno 191S.
D,!„t,zed.yGOOg[e
ACCADEMICI NAZIONALI NON RESIDENTI
Tolterra (Tito), Senatore del Regno. Dottore in Fìaica, Dottore e
in Matematiche della Università Fridericiana di Chriatiania, Dottore
onorario in Scienze della Università dì Cambridge, Dottore onorario in
Filoso6a delta Università di Stookbolm, Dottore onorario in Fisica della
Clark Utiivtrgily di Worcester (Hess.). Dottore honoris eauga della Sor-
bona (Università di Parigi), Professore di Fisica matematica, incaricato
di Meccanica superiore, Diretlore del Seminario Hateoiatico della
Facoltà di Scienze fisiche, matematiche e naturali nella R. Università
di Roma, Professore d'analisi all'Unìvernìtà di Stockholni (1906), Pro-
ffSìfur agrii à la Sorbonne (1912), Louir dark Vanuxem lerturer 11912)
airUniversità di Princeton N. J., Hilchkok tfcturr (1919) all'Università
di California, Berkeley, Cai., Presidente della Società Italiana delle
Scienze (detta dei XL), Socio nazionale della R. Accademia dei Lince),
Accatlemico corrispondente della R. Accademia delle Scienze dell'Isti-
tuto di Bolo)iQa, Socio corrispondente del Reale Istituto Lombardo di
Scienze e Lett«re, Socio corriapondente della K. Accademia di Scienze,
Lettere ed Arti di Modena, Socio onorario del l'Accademia tlioeniadi
Scienze natarali di Catania, Membro nazionale della Società degli Spet-
tro'<eDpÌsti italiani, Memliro straniero della Società Reale di Londra,
Membro della Rojal Institntion of ftreat Britain (Londra!, Associato
straniero dell'latituto di Francia (già Socio corrispondente nella Sezione
di Geometria dell'Accademia delle Scienze di PariKi), Membro straniero
nella Classe di Matematica pura della Reale Accademia Svedese delle
scienze. Membro onorario straniero della Società Reale di Edimburgo,
Membro straniero dell'Accademia nazionale delle Scienze (Mati Uniti
d'America, Washington). Membro straniero della Ainenean Phileeophìeal
Society far Promoting i'ffful Knoicltdge di PhilaJelphia IPft). Membro
ordinario della Società Reale delle Scienze di Upsala, Associato della
Selione di Scienze matematiche e fisiche dell'Accademia Reale delle
Scienze, I.ettere e Belle Arti del Belgio. Membro corrispondente della
Accademia delle Scienze di Pietrofcrado. Membro onorario dell'Acca-
demia Rumena di Bucarest, Membro du Bureau della Società matema-
tica di Francia. Membro onorario della Società Matematica di Londra,
Membro onorario della Società matematica di KhHrkow. Membro onO'
rario della Società matematica di Calcutta. Mrmbrr du Bureau della
Società fisica di Francia, Membro onorario della Società di Scienze fisiche
e naturali di Bordeaux, Membra corrispondente della Società Scientifica
di Buenos Aires, Membro onorario AeW Hairard Mathrmatleid Club in
Cambridge (Mass.). Vi ce -Presidente del R. Comitato Talassografico ita-
liano. Presidente della R. Commissione tecnica per gl'Istituti di Previ-
denza. Presidente dell' Asso ciati one Italiana per l'Intesa intellettaale
fra i paeii alleati ed amici, ecc., ^, #, ^. — Roma, Via in Lucina, 17.
3 febbraio 1895 - Il febbraio 18dò.
D,!„t,zed.yGOOg[e
XII
BiKBelil (Luìkì). ProfeBsora di Geometria anultticn nella R. Cniversità di
Pisa, Socio ordinario della R. Accademia dei Lincei e della Società Ita-
liana delle Scienze, detta dei XL; Socio corri a pendente dell'Accademia
delle Scienze Gslclie e matematiche di Napoli, dell'Accademia delle
Scienze dell'Istituto di Bologna e del Reale Istituto Lombardo di Scienze
e Lettere in Milano, ♦, AB, A. ~ Pisa, Via Manzoni, 3.
13 febbraio 1898 - 24 febbraio 1898.
Qolgi (Oamillol, Senatore del Regno, Presidente del Consiglio Superiore di
Sanità, Socio nazionale della R. Accademia dei Lìncei di Roma, Dottore
in Scienze ad konortm dell'Università di Cambridge, Membro onorario
dell'Università Imperiale di Charkoif, nno dei XL della Società Italiana
delle Scienze, Membro della Società per la Medicina interna di Berlino,
Membro onorario della Imp. Accademia Medica di Pietrogrado, della
Società di Psichiatria e Neurologia di Vienna, Socio corrispondente
onorario della Nenrotogieal Soeieti/ di Londra, Membro corrispondente
della Sociéti de Biologìe di Parigi, Membro AM' Aeademia Caesarea Leo-
poldino- Carolina, Socio della R. Società dalle Scienze di Gottinga e
delle Società Fisico- me diche di Wùrzburg, di Erlangen, di Gand, Membro
della Società Anatomica, Socio nazionale della R. Accademia delle
Scienze di Bologna, Socio corrispondente dell'Accademia di Medicina di
Torino, Socio onorario della K. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di
Padova, Socio corrispondente dell'Accademia Medico-fisica Fiorentina,
della R. Accademia delle Scienze mediche di Palermo, della Società
Medico-chirurgica di Bologna, Socio onorario della R. Accademia Me-
dica di Roma, Socio onorario della R, Accademia Medico -chirurgica di
Genova, Socio corrispondente dell'Accademia Fisiocrìtica di Siena, del-
l'Accademia Medi co -chirurgica di Perugia, della SoHHaa medicorum
Sceeana di Stoccolma, Membro onorario delV American Neurological AasO'
eiatioH di New- York, Socio onorario delia Royal Mieraacopicat Societi/ di
Londra, Membro corrispondente della R. Accademia di Medicina del
Belgio, Membro onorario della Società Freniatrica italiana e dell'Aaso-
ciaiione Medico- Lombarda, Socio onorario del Comizio Agrario di Pavia,
Professore ordinario di Patologia generale e di Istologia nella R. Oni-
versità di Pavia, Membro effettivo del Reale Istituto Lombardo di Scienze
e Lettere, Membro onorario dell'Università di Dublino, Socio corrispon-
dente della Società Medica di Batavia, Membro straniero dell'Accademia
di Medicina di Parigi, Membro onorario dell'Imperiale Società degK
alienisti e neurologi di Kazan, Socio emerito della R. Accademia Me-
dico-Chirurgica di Napoli, Socio corrispondente dell'Imp. Accademift
delle Scienze di Vienna, Socio onorario della R. Società dei Medici in
Vienna, Gomm. ♦, Gr. Cr., Gr. Cord., •», Cav. *. — Paria, Cono
Vitt. Eman. 77.
13 febbraio 1898 - 24 febbraio 1698.
Klgkl (AugD8to\ Senatore del Regno, Dottore, Professore ordinario di Fisica,
Incaricato dell'insegnamento della Fisica per i Medici, Farmacisti e
Veterinari nella B. Università di Bologna, Membro (Benedettino) della
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XIll
Aocademia delle Scienze del R. Istituto di Bologna, Socio nnsioiikle
della R. Accademiu dei Lincei, Socio coni sponde n te del R, Istituto
Teoetodi Scienze, Lettere ed Arti, del Reale Istituto Lombardo di Scienze
e Lettere, dell'Accademia di Padova, della R. Accademia di Scienze,
Lettere ed Arti dì Modena, dell'Accademia di Scienze natuialì ed eco-
nomiche di Palermo, dell'Accademia Gioenja di Scienze naturali di
Catania, Membro della Società det;li Spettroscopi a ti Italiani, Uno dei "Sii
della Souetà Italiana delle Scienze, Dottore in Filosofia hmons causa
detrUniveraità dì Gottingu, di Erlangen, Uembi'o corrispondente del-
l'Accademia di Parigi, dell'Accademia delle Scieoze di Pietrof^rado, di
Lund, dell'Accademia Olandese di Haarlem e della tìocietìi Reale
delle Scienze di Upsala, Membro onorario deWa, Philoaophical Socieli/ ài
Cambridge, della Società Reale di Edìnburgo, della Roynl Inslilulion
della Gran Bretagna, delia Società Antonio Alzate del Messico, delia
Società di Scienze naturali di Mosca, della Società di Fisica di Ginevra,
Uno dei 12 Soci onorari della Società Fìsica di Londra, Membro stra-
niero della R. Società delle Scienze di Gottinga, Membro onorario
deW IstituUon Electrical Engiaer* di Londra, Comm, *, Gr. Uff. gt,fr
— Bologna, Via Irnerio, 46.
24 gennaio 1915 - 14 febbraio 1915.
TErimelII (Torquato), Dottore, Professore ordinario di Geologia e Incari-
cato di Paleontologia nella R. Univeraità di Pavia, Membro del R. Co-
mitato Geologico e del R. Consiglio di Meteorologìa e Geodinamica,
Socio ordinario del Comizio Agrario di Pavia, Membro effettivo del
Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere. Socio degli Atenei di Brescia
e Bergamo, delle Accademie di Udine, di Verona e di Spoleto, della
Società Agraria Istriana, della Società dei Naturalisti di Modena, della
R. Accademia dei GeorgoRli di Firenze. Uno dei XL della Società Italiana
delle Scienze, Socio Nazionale della R. Accademia dei Lincei, dell'Ac-
cademia delle Scienze della Società Reale di Napoli, dell'Accademia
delle Scienze del R. Istituto di Bologna, dell'I. R. Accademia delle
Scienze di Rovereto, Socie onorario delle Società Alpine di Udine e
di Trento, dell'I. R. Istituto geolos^ìco di Vienna, della Società Reale
delle Scienze del Belgio, della Società Elvetica di Scienze naturali,
della Società di Scienze naturali di Filadelfia, Gr. Uff. ^, 4>, Cav. 4"'
— Pavia, Via Volta, 24.
24 gennaio 1915 - 14 febbraio 1915.
Bertlnt (Eugenio), Dottore. Professore ordinario di Geometria superiore
nella R. Università di Pisa, Professore onorario dell' Univeraità di
Pavia, Socio nazionale della R, Accndemin, dei Lincei, Membro effet-
tivo del Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, uno dei XL della
Società Italiana delle Scienze, Socio corrispondente della R. Accademia
delle Scienze di Lucca, #, OB. — Pisa, Lungarno Meiiicro. Palazzo Sckiff.
24 gennaio 1915 - 14 febbraio 1915.
Plrotta (Romnaldo), Dottore, Socio nazionale della R. Accademia dei Lincei,
UDO dei XL della Società italiana delle Scienze, Socio corrispondente
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XIV
del Reale Istituto Lombardo di scienze e lettere e dell'Iatitnto Veneto
di scienze, lettere ed urti, ProfesHore ordinario di Botanica e Direttore
del fi. Istituto e Orto Botanico dell'Università di Roma, Comm. ^. —
Roma. Vili Milano, 41. IsUliUo Botanico.
24 gennaio 1915 - 14 febbraio 1915.
Rftltl (Antonio), Dottore, Professore emerito del R. Istituto di Studi supe-
riori in Firenze, Vice Presidente della R. Accademia dei Lincei. —
Roma, Lungotevere FarHlginii, 2.
24 gennaio 1915 - 14 febbraio 1915.
ACCADEMICI STRANIERI
KleÌB (Felice), Professore nell'Università di QOttingen. — 10 gennaio 189T •
24 gennaio 1897.
KMther (Haasimiliano), Prof. nell'Università di Erlangen. — 15 maggio 1910
- 12 RiuRno 1910.
ThOBHVn (John Joseph), Professore nell'Università di Cambridge. — Id.ìd.
D,!„t,zed.yGOOg[e
CORRISPONDENTI
Sezione di Uatematiolie pure.
CanUr (Hauriiiol, Professore Dell 'Uni Tersità di Heidelberg. ~ 25 giuf^io 18^6.
Schwars (Ermanno A.). Professore nellft Università di Berlino. — 19 di-
cembre 1880.
Jtrdftì (Camillo), Professore ne) Collegio dì Francia, Membro dell'htitato
di Francia (Parigi). — 12 gennaio 1896.
■Ittag-Leffler (Gostavol. Professore all'Università di Stoccolma. — Id. id.
Picard (Emilio), Professore alla Sorbonne, Membro dell'Istituto di Francia
(Parigi). — 10 gennaio 1897.
VastcliiB«To (Guido). Prof, nella R. Università di Roma. — 17 aprile 1898.
Zeitbeii (Gerolamo Giorgio), Professore nella Università di Copenhagen. —
U giugno 1903.
Hilbert (Davide), Prof, ne 11' Uni Tersità di GOttingen. — Id. id.
Eaiiqnes (Federico). Prof. nell'Università di Bologna. — 15 maggio I9I0.
Beraolarl (Laigi), Professore Aella R. Università di Pavia. ~ 24 febbr. 1918.
Kareolougo (Roberto), Professore nella R. Università di Napoli — Id. id.
Pincherle (Salvatore), Professore nella R. Università di Bologna. — Id. id.
Blect-Carbaitra (Gregorio), Professore nella R. Università di Padovn. —
Id. id.
Severi (Francesco), Professore nella R. Università di Padova. — Id. id.
Segone di Hatematiohe applicate,
Astrooomla e Soieoza dell'ingegnere olrile e militare.
Bwlag (Giovanni Alfredo), Professore nell'Università di Edinburg. —
27 mst«io 18»4.
Celorla (Giovanni), Senatore del Regno. Direttore deirOMervatorio dì Mi-
lano. — 12 gennaio 1896.
Ceralli (Vincentol, Direttore dell' Osse rvnto rio Collarania, Teramo. —
15 maggio 1910.
Boaasiaesq (Valentino), Membro dell' I '«ti tu te di Francia, Professore nella
Università di Parigi. — Id. id.
LevNClvIta (Tallio), Professore nella R. Università di Padova. - Id. id.
Albeaga (Giuseppe', Professore nella R. Università di Bologna. — 24 feb-
braio 1918.
CvlanaetU (Gustavo), Professore nella R. Università di Pisa. — Id. id.
■aggi (Gian Antonio), Professore nella B. Università di Pisa. — Id. id.
■esoager (Agostino). Professore e Direttore dei Laboratori della Scuola
Naiìonale dei Ponti e Strade. Parigi. — 29 dicembre 1918.
D,B,t,zed.yGOOg[e
Sezione di FIbIck generale e sperimentale.
LippBMB (Galiriele), dell'Istituto di Francia (Parigi). — 15 maggio 1892.
RSntg» (Guglielmo Corrado), Professore nelì'Univeriità di Manchen. —
14 gingno 1903.
Lorentl {Knricol, Professore dell'Università e Curatore del Laboratorio
Tejler di Haarlem. — 14 giugno 1903.
6*rb&HS0 (Antonio), Professore nel R. Istituto dì Studi superiori di Firenze-
— 15 mafrffio 1910.
Neamann (Carlo), Professore nell'Uni versiti di Lipnia. — Id. id.
Zeemkn (P.), Professare nell'Università di Amsterdam. — Id. id.
ClBtoae (Michele). Professore nell'Università dì Napoli. — Id. id.
«orbino (Orso Mario). Professore nella R. Università di Roma' — 24 feb-
braio 1918.
Lombardi (Luigi), Professore nel Politecnico di Napoli. — Id. id.
■Brconl (Guglielmo', Dottore la scienze. Londra. — Id. id.
PaUizo (Luigi). Direttore del B, Ufficio Ceutrale di Meteorologia e Geo-
dinamica. — Id, id.
Sezione di Chimica generale ed applicata.
Paterno (Emanuele), Senatore del Regno, Professore nella R. Università
di Roma. — 2 gennaio 1881.
KSmer (Guglielmo), Professore nella R. Scuola superiore d'Agricoltura in
Milano. — Id. id.
Devrar (Giacomo), Professore DetrUoiveraitàdi Cambridge. —14 giugno 190S.
€ÌanilcÌan(Giacoiao), Senatore del Regno, Professore nell'Università di Bo-
logna. — Id. id.
Ostwald (Dr. Guglielmo). Gross Bothen (SacLsen). — 5 marzo 1905.
Arrhenins (Svante Au(fusto). Professore e Direttore dell' latiiutu Fisico del-
l'Università di Stoccolma. — Id. id.
Narnat (Walter), Professore nell" Università di Berlino. — Id. id.
Haller (Albin), Membro dell'Istituto dì Francia, Professore nell'Università
di Parigi. — 15 maggio 1910.
Wlllstltter (Richard), Professore, Inititut, Berlin. — Id. id.
Engler (Carlo), Professore nella Scuola superiore tecnica di Karlsruhe,
- Id. id.
Angeli (Aftgelo), Professore nel E. Istituto di Studi superiori e di Perfe-
zionamento di Firenze. . — 24 febbraio 1918.
Le Chateller (Enrico Luigi), dell'Istituto di Francia. Parigi. ~~ Id. id.
Nasini (Raff,Lele). Profes'iore nella R. Università di Pisa, — Id. id.
Flutti (Arnaldo). Professore nella R. Università di Napoli. — Id. id.
Brini (Giuseppe), R. Politecnico di Milano. — 15 giugno 1919.
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Sezione di Hlneralogia, Geologia e Paleontologia.
Capelllnl(Qiai-)iDiii|, Senatore del Kegoo. Professore cella R. Uoìveraità di
BobgD&. — 12 mano 1882.
Taeberniak (Guatavo), Professore nell'Unìveraitàdi Vìeuna. — 8 febbraio 1885.
6etkie (Sìr Arcibaldo), Direttore del Mu-ieo di Geologia priiticB, — Londra,
3 dicembre 1895.
Liebisch (Teodoro). Professore nell'UDÌTerailà di Gottin;^. — 28 ^ennuio lCì9S.
6rotli(PaoloEnrico),ProFe99orenen'UniveraitàdiMonaeo.- 13 febbraio 1898.
Issel (Arturo). ProfesBore nella R. [jDiveisità di (ìenovn. — 14 ^iugoo 1903.
tioldschmidt (Viktor), Profeuore ncH'Univ. di Heidelberg. — 5 marzo 1905.
Sness (Frane. Edoardo). Professore nella * Deiitsolie Techniache Hocbachule,
di Prftga. — Id. id,
Haag (Emilio), Professore nell'Università di Parigi. — Id. id.
Laerolx (Alfredo), Membro dell'Istituto di Francia, Professore al Museo di
Storia naturale di Parigi. — 15 maggio 1910.
Killan i Carlo), Professore nell' Univeraità di Grenoble. — Id. id.
Artlni (Ettore), Profeesore e Direttore del Museo Civico di Storia Naturale
di Hila.Do. — 24 febbraio 1918.
Brngnatelll (Luigi), Professore nella R. Università di Pavin. — Id. id.
Ital Piai (Giorgio), Professore nella R. Università di Padova. — Id. id.
De SlAfanl (Carlo), Professore nel R. Istituto di Studi superiori e di Per-
feEionamento in Firenze. — Id. id.
Sezione di Botanica e Fisiologia vegetale.
Sae^ardo (Andrea), Professore nella R. Università di Padova. — 8 feb-
braio 1885.
Goebel (Corto), Professore nell'Università di Monaca. — 13 febbraio 1898.
Pensig (Ottone). Professore nell' Uni Tersità di Genova. — Id. id.
WleBoer (Giulio), Professore nell'Univ. di Vienna. — 14 ffiugno 1903.
Klebs (Giorgio), Professore nell'Università di Halle. — Id. id.
Maagln (Luigi). Membro dell' Istituto di Francia, Professore al Museo di
Storia naturale di Parigi. — 15 maggio 1910.
De Trles (Ugo). Professore nella Università di Amsterdam. — 13 genn. 1918.
Bower (Federico Orpen), Professore nella Univeraità dì Glasgow. — 24 feb-
braio 1918.
De Toni (Giovanni Battista), Professore nella B. Università di Modena. —
Id. id.
Sezione di Zoologia, Anatomia e Fisiologia comparata.
ffalderer (Guglielmo). Professore nell'Univerailà di Berlino- — 1' di-
cembre 1889.
Beax (Guglielmo), Professore nell'Università di Halle. — 13 febbraio 1898.
Atti tifila B. Aeeodtmia — Voi. LV. n
D,!„t,zed.yGOOg[e
XVfll
Bonlenger {Giorgio Alberto), AeaÌBtente al Museo di Storia naturale di
Londra. — 28 gennaio 1900,
Marchand (Felice), Professoro nell'Università di Leipzig. — 14 giugno 1908.
WeUmuin (Auguato), Professore nell'Università di Freiburg i. Br. < Bades). —
5 marzo 1905.
Laokeater (Edwin Bay). Direttore del British Museum of Xalural HiaÌory_
— Id. id.
Bandn J Cajal (:JaDtÌago), Professore n eli' Unir eri ita dì Madrid. —
15 maggio 1!)10.
KOBsel (Albrecht), Professore nell'Università di Heidelberg. — Id. id.
Albertoni (Pietro), Professore nella Università di Bologna. — 24 febbr. 1S18.
Bovero (Alfonso), Professore alla Facoltà di Medicina, S. Paolo del Brasile.
— Id. id.
Chiarofl (Oiuliol, Profesaore nel R. Istituto di Studi superiori e di Perfe
zionamento. — Id. id.
OrAXRl (Qiovanm Battista), Professore nella R Università di Roma. — Id. id.
Tialletoi (L.), Professore di Anatomia Microscopica, Montpellier. — Id. id.
Basa (Daniele), Professore nella R. Università di Modena. — Id. id.
D,!„t,zed.yGOOg[e
CLASS» DI sciem iorau. mnm % tmmm
Boselli {S. E. PaoIo\ Primo Segretario di S, M. per l'Ordine Maumiano e
Cancelliere dell'Ordine della Corona d'Italia, Dottore aggregato alla Fa-
coltà di Oinrieprudenza della R. Università di Genova, già Professore
nella R. Università di Roma, Profeeeore onorario della R. Università di
Bologna, Presidente dell'Istituto Storico Italiano, Presidente del Consiglio
degli ÀTchÌTÌ, Socio corrispondente del R. Istituto Veneto di Scienze,
Lettere ed Arti, della Classe di scienze morali della R. Accademia delle
Scienze dell'Istituto di Bologna, della R. Accademia delle Scienze di Mo-
dena, Socio onorario della Società Minerva di Trieste, Membro ono-
rario nazionale dell'Istituto di Storia del Diritto Romano della
R. Uaiversità dì Catania, Socio corrispondente dell'Ateneo di Brescia,
Socio corrispondente dell' Accademia dei Oeorgofili, Presidente della
R. Depataiione di Storia Patria per le Antiche Provincie e la Lom-
bardi», Presidente della Società di Storia Patria dì Savona, Socio
onorario delta Società Lignre dì Storia Patria, Socio onorario dell'Ac-
cademia di Massa, Socio della R. Accademia di Agricoltura, Corrispon-
dente dell'Accademia Datnìca dì Acireale, Presidente onorario della
Societi di Storia Patria degli AbnuEÌ in Aquila, Presidente del Con-
siglio Centrale della Società Dante Alighieri, Presidente del Consiglio
di Amministrazione del R. Politecnico di Torino, Presidente del Co-
nsiglio Superiore della Marina Mercantile, Deputato al Parlamento na-
zionale. Presidente del Consiglio Provinciale di Torino, Presidente del
Comitato Nazionale per la Storia del Risorgimento, Cav. 0. 8. SS. A.,
Qr. Cord. * e «W, Gr. Cr. della L. d'O. dì Francia, Gr. Cord. dell'Or-
dine di Danilo del Montenegro, dell'Ordine del Sole Levante del Giap-
pone, Qr. UfSz. 0. di Leopoldo del Belgio, Uffiz. della Cor. di Pr.,
e C. 0. della Concezione del Portogallo. — Torino, Piatta Maria
Tertaa, 3.
Rieletto alla carica il 4 maggio 1919 per il triennio dal 20 aprile 1919
ftl 19 aprile 1922.
D,!„t,zed.yGOOg[e
Segretario.
Stampini (Ettore). Dottore in Lettere ed in Filosofia, Professore ordinario
di Letteratura latina, Direttore della Biblioteca e già Preside della
Facoltà di Filosofia e Lettere nella R. Università di Torino, Socio cor-
rispondente del Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, della
R. Accademia Pelorìtana di Messina, dell'Ateneo di Brescia, della
R. Accademia Virgiliana di Scienze, Lettere ed 'Arti di Mantova, della
R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Padova, Socio onorario
dell'Accademia di Agricoltura, Scienze, Lettere di Verona, Direttore
della Rivista di Filologia e d'Istruzione classica, già Membro del Con-
siglio e della Giunta Superiore dell'lstruz. Pubblica, Decorato della
Medaglia del Merito Civile di 1* Classe della Repubblica di S. Marino,
Uff. ♦, Comm. ^. — Piazza Vittorio Veneto, W.
Rieletto alla carica Ìl 4 maggio 1919 per il triennio dal 20 aprite 1919
al 19 aprile 1922.
ACCADEMICI RESIDENTI
B«iielll (Paolo), predetto.
15 gennaio 1888 - 2 febbraio 1888. — Pensionato 18 ottobre 1897.
PIeiI (Nobile Italo), Dottore in Lettere, Professore ordinario di Persiano e
Sanscrito nella R. Università di Torino, Socio corrispondente della Società
Colombaria di Firenze, Dottore onorario dell'Università di Lovanio, Socio
corrispondente dell'Ateneo Veneto, dell'Accademia Petrarchesca d'Arezzo,
dell'Accademia Dafnica di Acireale, dell' Accademia dell'Arcadia di
Roma, dell'Accademia Reale di Napoli, dell'Accademia delle Scienze
dell'Istituto di Bologna, della B. Accademia Peloritana di Messina. %.^n.
— Torino, Corso Vittorio Emanuel*, 16.
8 gennaio 1899 - 22 gennaio 1899. — Pensionato 16 giugno 1907.
De SftDclls (Gaetano), Dottore in Lettere, Professore ordinario di Storia
antica nella R. Università di Torino, Socio ordinario della Pontificia
Accademia romana di Archeologia, * e ^. — Torino, Corto Vittorio
Einanutle, i4.
21 giugno 1903 - 8 luglio 1908. ■ Pensionato 15 febbraio 1912.
BufBni (Francesco), predetto.
21 giugno 1903 - 8 luglio 1903. — Pensionato 19 giugno 1913.
StRUplnl (Ettore), predttto.
20 maggio 1906 - 9 giugno 1903. — Pensionato 24 gennaio 1915.
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XXI
Brondi (Vittorio), Dottol't^ in QiuriipnideDMt, Professore ordinario dì Diritto
amminiatrativo e Scienza dell'Amministrazione nella R. Università di
Torino. Membro del Couaiglio superiore della Pubblica Istrnzione e
della Sezione della Giunta per l'Istruzione primaria e popolare, Socio
corrispondente onoraria del Circolo di Studi euciali di Firenze, Membro
della Società intemazionale per lo studio delle questioni di assistenza
(Parigi), Membro della Commistione per il dopo guerra, Comro. 4t e ^.
— Torino, Via Montehello, 26.
17 febbraio 1907 - 1» aprile 1907. — Pennionato 4 febbraio 1917.
Sforss (Conte QiOTanni), Accademico della Crusca, Vie e- Presidente della
R. Deputazione di Storia patria di Modena per la Sotto-Sezione di
Massa e Carrara, Socio effettivo di quelle delle antiche Provincie e
della Lombardia, di Parma e Piacenza, e della Toscana. Socio ono-
rario della R, Deputazione Veneta di Storia patria. Corrispondente
della R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Modena, del-
l'Ateneo di Brescia, della Società Ligure di Storia patria, dalla R. Ac-
cademia Lucchese, Socio onorario della R. Accademia di Belle Arti
di Carrara e della Società I.unigianese Giovanni Capellini per la storia
naturale della regione. Membro d'onore AeW Acadimif Chablaitienne di
Thonon-les-Bains, Membro aggregato AeìV Acadétnit lìts Sciences, Bellea
LetlreB et Art» de Savoie, Socio della E, Commissione per i testi di lingua.
Membro della Commissione Araldica Piemontete. della Società di Storia
patria di Vignola. della Commissione municipale di Storia patria e
belle arti della Mirandola, detta Commissione Senese di Storia patria
e della Società storica di Carpi, Corrispondente della R. Accademia
Valdarnese del Pogfpo in Montevarchi, della Società Georgica di Treia,
della Colombaria di Firenze, e del Comitato nazionale per la Storia
del Risorgimento italiano, Socio elTettivo della Società Piemontese di
Archeologia e Belle Arti, Presidente onorario della R. Accademia dei
Rinnovati di Massa, Membro del Consiglio degli Archivi di Stato del
Regno. Gr. Uff. «B, Comm. ♦. Gr, Uff, del Me^jidiè. - Via S. Dal-
mazzo, 24.
17 febbraio 1907 • 19 aprile 1907. — Pensionato 13 dicembre I9I7.
BlB»mdl (Luigi), Senatore del Regno, Dottore in Giurisprudenza. Profes-
sore di Scienza delle finanze e Diritto finanziario nella R, Università
di Torino ed Incaricato di Economia e Legislazione industriale nel
R. Politecnico di Torino, Membro delta Regìa Deputazione sovra gli
Studi di Storia patria per la Antiche Provincie e la Lombardia, Socio
corrispondente della R. Accademia dei Lincei e di quella dei Oeorgofilì,
Socio onorario del CiAden Club di Londra, Membro del Comitato centrale
e della Commissione esecutiva del Consorzio nazionale. — Torino,
Piatta Statuto, IS.
10 aprile 1910 - 1* maggio 1910. — Pensionalo 18 dicembre 1917.
Baldi di Vosme (Alessandro dei conti). Dottore in Giurisprudenza, Soprin-
tendente alte Gallerie ed ai Musei medioevali. ecc. del Piemonte e della
D,!„t,zed.yGOOg[e
XXII
Li^ria, Direttore della R. Pinacoteca di Torino, Segretario della R. De-
patazione sovra gli Studi di Storia patria per 1e Antiche Provincie e la
Lombardia. — Via dei Mille. 5i.
10 aprile 1910 - 1° maggio 1910. — PeuBionato 4 luglio 191K
ScIilapar^III (Emeato), Dottore in Lettere, Professore incarìcRto di Egitto-
logia nella R. Daiversità di Torino, Socio nazionale della R. Àcca-
demia dei Lincei, Corrispondente del R. Istituto Veneto di Scienze. Let-
tere ed Arti, dell'Accademia delle Scienze dell'Istituto dì Bologna,
Menibro onorario dell'Istituto Khediviale egiziano e della Società Asia-
tica di Franci», delia Società di Archeologia biblica di Londra, Direttore
del R, Museo di Antiobità di Torino, Soprintendente dei Musei e Scavi
di antichità per il Piemonte e la Lifpirìa, Uff. *. Comm. 1B.
10 aprile 1910 - 1° maK^o 1910. - Pensionato 11 luglio 1918.
Patella (Federico), Dottore in Giurisprudenza, Profesaore di Storia del
Diritto italiano nella R. Università di Torino, Socio effettivo della
R. Accadeniia di Scienze, Lettere ed Arti di Modena, Membro delia
R. Deputaiione sovra gli Studi dì Storia patria per le Antiche Provincie
e la Lombardia, Socio corrispondente della R. Deputazione di Storia
patria ppr l'Umbria e della R. Dcputasione dì Storia patria per le
Provincie Modenesi, Socio fondatore della Commissione Senese di Storia
patria, Socio effettivo della Società Piemontese di Archeologia e Belle
Arti, Comm. *^. — Via S. Massimo, 44.
3 ma^ìo 1914 - 11 giugno 1914. — Pensionato 27 ottobre 1918.
Tidui (Giovanni), Dottore in Letfere e in Filosofia, Professore ordinario di
Pedagogia e già Preside della Facoltà di Filosofia e Lettere, Rettore della
B. nniversità di Torino, Membro del Reale Istituto Lombardo di Scienze
e Lettere, Socio corrispondente della R. Accademia dei Lincei e del-
l'Ateneo di Brescia. Uff. 4». Gr. Uff. ti», Comm. dell'Ordine di Danilo
dei Montenegro. — Via Vnlei/'jiv, 15.
31 gennaio 191-5 - 14 febbraio 191.5.
Prato (Giuseppe), predetto.
31 gennaio 1915 - 14 febbraio 1915.
CUb (Vittorio), Dottore in Lettere. Professore ordinario di Letteratura
italiana nella R. Università di Torino, Socio corrispondente del R. Isti-
tuto Veneto e del Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, Membro
effettivo della R. Deputazione sovrn gli studi di Storia patria per le
Antiche Provincie e la Lombardia e di quella di Venezia, Cav. Utf. ^.
— Fio G. Berehet, 2.
20 maggio 1917 - 10 giugno 1917.
Paeohloul (Giovanni), Dottore in Giurisprudenza, Professore ordinario di
diritto romano nella R. Università dì Torino, già Pro fesio re ordinario
dì diritto romano nella Università dì Innebruck, Socio corrispondente
della B. Accademia di Scienze. Lettere ed Arti di Modena e dell'Acca-
demia defrli Agiati di Rovereto, «•. — Via Cihyario, ■'•4.
20 maggio 1917 - 10 giugno 1917.
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XXIII
TAlnani (Luigi), Dottore in Lettere, Profesaoce ordinario di 6rammB.tÌoa
greca e latina e Preside della Facoltà di FtloeofiEi e Lettere nella
R. Dniveriiità di Torino, Socio corrispondente dell'Accademia Proper-
ziana del Subasio in AbbÌsì, della R. Accademia Virgiliana di Mantova,
della R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Padova, Comm. ^.
— Via S. Secondo. 31.
20 m^Tfpo ^917 ' 10 giugno 1917.
ACCADEMICI NAZIONALI NON RESIDENTI
Coaparetti (Domenico), Senatore del Regno, Professore emerito dell' Uni-
versità di Pisa e del R. Istituto di Studi superiori, pratici e di perle-
Kionamento in Firenze, Socio nazionale della R. Accademia dei Lincei,
della R. Accademia delle Scienze di Napoli. Socio corrispondente del-
l'Accademia della Cmsca, del Reale Istituto Lombardo e del B. latitato
Veneto, Membro della Società Reale pei testi dì lingua, Socio straniero
deiriatdtuto di Francia (Accademia delle Iscrìtioni e Belle Lettere) e
corrispondente della R. Accademia delle Scienze di Monaco, di Vienna, di
Copenhagen e di Pietrogrado, Dottore ad honoretn delle iTniversità di
Oxford, di Uracovia e di Atene, ^, Uff.' *, Comm, *». — Fireme,
Via Lautarmora, 30.
20 marzo 1892 - 26 marzo 1892.
SciaUJa (Vittorio), Senatore del Regno. Dottore in Oiurìsprudenza, Profes-
sore ordinario di Diritto romano nella R. Univenità di Roma, Professore
onorario della Università di Camerino, Socio nazionale della R. Acca-
demia dei Lincei e corrispondente delle RB. Accademie di Napoli, di
Bologna, di Modena e di Messina, Socio onorario della R. Accademia di
Palermo, ecc., Gr. Cr. • e *•. — Boma, Fiazm Oraaioli, 5.
29 marzo 4903 - 9 aprile 1903.'
RaJnB (Fio), Dottore in Lettere, Dottore honorit eaum dell'Università di
Qiessen, Professore ordinario di Lìngne e Letterature neo-latine nel
B. Istituto di Studi superiori di Firenze, Socio nazionale della R. Acca-
demia dei Lincei, Accademico residente della Crusca, Socio ordinario non
residente della Società Reale di Napoli, Socio ordinaria e Vicepresidente
della B. Deputazione sovra gli studi di Storia patria per la Toscana,
Socio Urbano della Società Colombaria, Socio onorario della R. Acca-
demia di Padova, della Società Dantesca americana, della New I^anguagt
ABtociation of Atneriea, della Soeiétt néopkilohgiqut dell'Università di
Pietrogrado, Socio corrispondente del Reale Istituto Lombardo di Scienze
e Iiottere, del R. Istituto Veneto, dell'Ateneo Veneto, della R. Acca-
demia di Palermo, della R. Accademia delle Scienze di Berlino, della
zed.yG00g[e
R. Società delle Scienze di Qfittingen, dell'Istituto di Francia (Académìe
dee Inscrìptiona et BelUs-Lettree), della Società Reale di Scienze e Let-
tere di Goteborg, deirAccademia R. Lucchese, ^. Uff. ♦, Gr. Uff. «0.
— Firenze, Piazza d'Azeglio, 13.
29 marzo 1903 - 8 aprile 1903.
€)lldl (lKDazto\ Senatore del Regno, Professore emerito di Ebraico e di
Lingue semitiche comparate nella R. Università Hi Roma, Socio e
Segretario della Classe di scienze morali, storìcbe e filologiche della
R. Accademia dei Lincei, ^, Uff. *, ^, C. 0. St. P. di Svezia. —
Roma, BoUtgke Oecare. 'Ji.
12 aprile 1908 - U maggio 1908.
Pigorlnl (Luigi), Senatore del Regno, Direttore dei Musei Preistorico e
Etnografico, Professore emerito di Paleoetnologia nella R. Università
di Roma, Socio nazionale della R, Accademia dei Lincei 4, Coiiim. 4»,
Gr. Uff. «•. — Roma, Via del Collegio Romano, 26.
12 aprile 1908 ■ 14 maggio 1908.
D'Ovidio (Francesco), Senatore del Regno, Professore ordinario di Storia
comparata delle letterature neo-latine nella R. Università di Napoli.
Socio ordinario della Società Reale di Napoli, Socio nazionale e Pre-
sidente delia R. Accademia dei Lincei, Accademico della Crusca, Socio
corrispondente del Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, del
R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, dell'Ateneo di Brescia,
Socio straniero della Dante Society d'America, ^, Comm. * e mt. —
Napoli, Largo Lalilla, fi.
31 gennaio 1915 - 14 febbraio 1915.
Sabbadlal (Remigio), Professore ordinario di Iietteratura latinanella R. Acca-
demia scientifico-letteraria di Milano, Professore onorario della R. Uni-
versità di Catania, Membro della Commissione per l'edizione nazionale
delle opere dei Petrarca, Membro effettivo del Reale Istituto Lombardo
di scienze e lettere. Socio corrispondente della R. Accademia dei
Lincei, ^. — Milano, Foro Bonaparté, 53.
23 giugno ISIS - 11 luglio 1918.
SftlTlonl (Carlo), Professore ordinario di Storia coinparata delle lingue clas-
siche e neo-latine nella R. Accademia scientifico-letteraria di Milano,
Socio nazionale della R. Accademia dei Lincei, Socio effettivo e Vice-
presidente del Reale Istituto Lombardo di scienze e lettere, Socio' corri-
spondente della R. Accademia della Crusca, della R. Accademia di
scienze, lettere ed arti dì Padova, della Società storica Friulana. —
Milano Via Arioalo, 4.
23 giugno 1918 - 11 luglio 1918.
Pareto (Marchese Vilfredo), Professore di Sociologia neirUnivereìtà di
Lausanne (Svizzera).
23 giugno I9I8 - li luglio 1916.
D,!„t,zed.yGOOg[e
ZZT
Salandra (Antonio), Deputato al Parlamento, Dottore in Giurieprudensa,
Profeaaore ordinario di Diritto amministrativo nella R. Università di
Roma, Socio naxionale della R. Accademia dei Lincei, Cavaliere del-
l'Ordine supremo della SS. Annoosiata, i>, Gr. Cord. 4t e ^, ecc. —
Soma, Tia Girolamo Fracatloro, 7.
22 dicembre 1918 - 12 gennaio 1919.
ACCADEMICI STRANIERI
Biurvani (Carlo), Professore nell'Università, di Lipsia. — 31 gennaio 1897
- 14 febbraio 1897.
Wandt (Qoglielmo), Professore nell'Università di Lipsia. — 29 mano 190S
- 9 aprile 1903,
DRekegne (Lnigi), Membro dell' Istituto di Francia, Direttore della Scnola
Francese in Roma.— 12 aprile 1S08 - 14 maggio 1908.
Mcrcler (Sna Eminenxa Desiderato), Arcivescovo di Matinee.
23 giugno 1918 - li luglio 1918.
Wilson (Woodrow Tommaso), già Professore e Rettore dell'Università di
Princeton, Presidente della Repubblica degli Stati Uniti d'America.
23 giugno 1918 - II luglio 1918.
NoUwe (Pietro de). Professore nell'École pratique des haotes étuden di
23 giagQO 1918 - 11 loglio 1918.
■ank «Il (Alfredo), già Professore neirUniveraitàdi Cambridge (Inghilterra).
23 giugno 1918 - 11 loglio 1918.
zed.yGOOg[e
CORRISPONDENTI
Sezione di Solenze FitOBOflche.
P[Dloehe(AuFnuto), Prof, nella Scuola Politecnica di Parigi. - \h mano 1896.
Cbiappelll < Alessandro), Senatore del Regno, PtofeMore emerito della
R. Università di Napoli. — Id. id.
Maeci (Filippo), Senatore del Regno, Professore emerito della R. UniTersìtì
di Napoli. — U giugno 1903.
Zacc&nte (Giuseppe), Professore nella R. Accademia scientifico-letteraria
dì Milano. — 31 maggio 1908.
Uentile (Giovanni). Prof, nella R. Università di Roma. — IT maggio 1914.
Hartlneitt (Pietro). Prof, nella R. Accademia scienti Geo-letterari a di Mi-
lano. — Id. id.
Bergson (Enrico Luigi), Membro dell'lstitato dì Francia. — Id. id.
Tarlseo (Bernardino), Prof, nella R. Università di Roma. — 33 gingno 1918.
Sezione di Scienze Giuridiche e Sociali.
Nchnpfer (Francesco), Senatore del Regno, Professore nella R. Università di
Roma. — U mano 1886.
t^Hbba (Carlo Francesco), Senatore del Regno, Prof, emerito della R. Uni-
versità di Pisa. — 3 marzo 1889.
Baonamicl (Francesco), Senatore del Regno, Prof, emerito della R. Uni-
versità di Pisa. — 16 marzo 1890.
Bonfante (Pietro), Prof, nella R. Università di Roma. — 21 giugno 1908.
Brandlleone (Francesco). Professore nella R. Università di Bologna. —
10 giugno 1906.
Brfnt (Giuseppe), Prof, nella R. Università di Bologna. — Id. id.
Padda (Carlo), Senatore del Regno, Prof, nella R. Università di Napoli. —
Id. id.
FlIoraul-GnelB (Francesco), Senatore del Regno, Prof, emerito della R. Uni-
versità dì Roma. — Id. id.
Polacco (Vittorio), Senatore del Regno, Prof, nella R. Università di Roma.
- Id. id.
Stoppato (Alessandro), Prof, nella R. Università di Boli^tna. — Id. id.
iannaceone (Pasquale), Prof, nella R. Univ. di Torino. — Il maggio 1914.
Hontalclni (Camillo), Prof, Segretario generale degli uffizi amministrativi
della Camera dei Deputati. — Id. id.
RanellettI (Oreste), Professore nella R. Unive. di Napoli. - 23 giugno 1918.
D,!„t,zed.yGOOg[e
Sezione di Scienze Storiche.
BIreh (Walter de Orar), del Museo Britannico di Londra. — 14 marao 1886.
Ch«ra1ler (Canonico UlÌBse), Bomiuis. - 26 febbraio 1893.
Brree (Giacomo), Londra. — 15 mano 1896.
TentDrl {AdolTo), Professore nella K. Università di Roma. — 31 maggio 1908.
LdiIo (Alessandro), Direttore del R. Archivio di SUto in Torino. —
31 maggio 1908.
Xejer (Edoardo), Prof. Dell'Università di Berlino. — 17 maggio 1914.
Lfppl (Silvio). Direttore dell'Archivio di Stato di Cagliari. ~ Id. id.
Sezione di Archeologia ed Etnografia.
Lattes (Elia), Membro del Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere,
Milano. — 14 marco 1886.
BirBabel (Felice), Roma. — 28 aprile 1895.
Orai (Paolo), Dirett. del Museo Archeologico di Siracusa. — 31 maggio 1908.
PatroDl (Giovanni), Professore nella R. Università di Pavia. — Id. id.
Halbherr (Federico). Prof, nella R. UniversiU dì Roma. — 23 giugno 1918.
Maraccfat (Orazio), Professore nella R. Università di Roma. — Id. id.
Paribenl (Roberto), Direttore del Museo Nazionale Romano (delle Terme).
- Id, id.
Sezione di Geografia.
Bertacchi (Cosimo), Professore nella R. Univ. di Torino. — 31 maggio 1908.
Sezione di Ltngulatloa e Filologia orientale.
Paredi (Ernesto Giacomo), Professore nel R. Istituto di Studi superiori,
pratici e di perfeEionamento in Firenze. — 81 maggio 1908.
balline (Carlo Alfonso), Professore nella R. Università di Roma. — 23 gin*
guo 1918.
Sezione di Filologia, Storia letteraria e Bibliografia
Del Lnngo (Isidoro), Senatore del Regno, Socio residente della R. Acca-
demia delta Cmsca (Firenne). — 16 marzo 1890.
Beui (Vittorio), Professore nella R. Università di Roma. — 21 giugno 1908.
Benito (Giuseppe), Professore nel Colico delle Querce in Fìrense. — Id. id.
D,!„t,zed.yGOOg[e
XXVIII
Biadefo (Giuseppe), Biblioteoario della Biblioteca Cìriea di Verona. —
21 giugno 1908.
Vitelli (Qerolamo), Profeaaore emerito nel R. Istituto di Studi superiori,
pratici e di perfesionamento in Firetue. — 31 maggio 1908,
FUminl (Francesco), Professore nella R. Università di Pisa. — Id. id.
ZBrettl (Carlo Oreste), Professore nella R. Accademia scientifico-letteraria
di Milano — 26 febbraio 1911.
Bostagno (Enrico), Professore nel R. Istituto di Stadi «uperiori, pratici e
di perfezionamento in Firenie. — 23 giugno 1918.
Barbi (Michele), Professore nella R. Università di MeMina. — IJ. id.
flallelll (Alfredo), Prof, nella R. Università di Bologna. - Id. id.
D,!„t,zed.yGOOg[e
MUTAZIONI
avventate nel Corpo Accadennico
dal T Gennaio al 31 Dicembre 1919
ELEZIOISTI
SOCI
Mattlrolo (Oreste), uel l'adunanza, del 9 febbraio 1919 della ClaBse di scieiiEe
fisiche, matematiche e naturali, riconfermato per un nuovo triennio
quale rappreaentaate della Claste nella Commiasione di vìgólansa per
la Biblioteca.
Da Sftoctts (Gaetano) \ eletti nell'adanauza del 2 marzo 191S della Claaae
Patetta (Federico) . . f di scienze morali, storiche e filologiche per com-
CUn (Vittorio) . . . . i porre, col Presidente, la CommisBione per le ono-
Stamplni (Ettore) . . ' rame che ai preparano in occaiione del Yl cen-
tenario della morte di Dante Alighieri.
Gaidi (CamiUo) . . . . l eletti nell'adunanza del 9 mano 1919 della Classe
GraiBl (Quido) I di scienze Gaiche, matematiche e naturali per
, P«Bilo (Giacomo). . . 1 comporre la Commiggione per la Conferenza in-
■^jorana (Quirino). . ' teralleata della orfranizzasione scientifica.
Jatfania (Nicodemo) . j rieletti nell'adunanza della Classe di scienze fisiche,
SalTadarl (Tommaso) S matematiche e naturali del 27 aprile 1919 qnali
rappresentanti della Classe nel Consiglio di Amministrazione dell'Ào*
cademia.
Naeeari (Andrea), eletto Presidente dell'Accademia nell'adunanza delle
Classi unite del 27 aprile 1919. Ne fn approvata l'elezione con D. L.
del 12 giugno 1919.
Ballai (Francesco), eletto Vice Presidente dell'Accademia nell'adunanza a
Claaai unite del 27 aprile 1919. Ne fa approvata l'elezione con D. L.
del 12 giugno 1919.
Baselll (S E Paolo) / *'*'*^ nell'adunanza del 13 aprile 1919 della Classe
De Sanetis (Gaetano) > ^^ '*''*""* ""*^*"' '*''"'^''« « filologiche per com-
Bandi di TeimefAlea \ P*""*- '^' Presidente, la Commissione per il
Sandro) ) P"*"*'" Gaotieri di Storia (triennio 1916-1918).
D,!„t,zed.yGOOg[e
xxz
stampini (Ettore) . . j nominati nell'adunanza del 18 aprile 1S19 per
De Sanctia (Gaetano) \ rapprexentare l'Accudemia alla rianione acca-
demica preparatoria interalleata per le ticercbe d' arcbeolofiìa, di
Sloloffia e dì storia che »i terrà a Parigi nel prossima mese di maggio.
In sostituzione del Socio Stampini, che rinunciò all'ufficio, fu nominato
il Socio Bbondi (Vittorio), il quale a sua Tolta fa sostituito dal Socio
PiTKTTi (Federico).
BOMllt 13, E. Paolo), rieletto Direttore della Classe di scienze morali, eto-
riche e filologiche nell'adunanza della stessa del 4 maggio 1919. Ne
fu approvata l'elezione con D. L. de! 12 giugno 1919.
StuDpini (Ettore), rieletto Segretario della Classe di scienze morali, sto-
riche e filologiche nell'adunanza della stessa Classe del 4 maggio 1919.
Ne fu approvata l'elezione con D. L. del 12 giugno 1919.
BOBelll (S. E. Paolo) . t nell'adunanza del 18 maggio 1919 della Classe di
Kafflnl (Francesco). . < scienze morali, storiche e filologiche nominati a
far parte della Commiasione per la celebrazione del sesto centenario
della morte di Dante Alighieri.
Bruni (Giuseppe), eletto nell'adunanza del 15 giugno 1919 Socio corrispon-
dente della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali vSeùone
di Chimica generale ed applicata).
BoBtIgliana (Carlo). . ) della Classe di scienze fisiche, matematiche e
MKJarftna (Quirino) . i naturali
L\Tap«dliTSÌto) I '^^"* ^^'^'' ^ '''"'"^ morali, storiche e filologiche
eletti nell'adunanza delle Classi unite del 22 giugno 1919 per inte-
grare la Commissione del Premio Bressa pel quadriennio 1915-1918.
Jadanza (Nicodemo) . t eletti della Classe di scienze fisiche, matematiche
Sacco (Federico) . . . ( e naturali nella adunanza a Classi unite del
22 giugno 1919 per integrare la Commissione del Premio Vallauri del
qnadriennio 1915-1918 per le scienze fisiche.
>y Google
MORTI
FiMrl (Romeo), socio nazionale residente della Glaase di acienie fiùche,
matematiche e natarali.
Rui (Pietro), socio corrispondente della Classe di scienze morali, etorìche
e filologiche (Sezione di Filologia, Storia letteraria e Bibliografia).
Belli (Saverio), socio corrispoadente della Claise di soienie fisiche, mate-
matiche e naturali (SeEJone di Botanica e Fisiologia vegetale).
Bsjlelgk (Lord Giovanni Qnglielmo), socio corrispondente della Classe di
•cienie fisiche, matematiche e natarali (Secione di Fisica generale e
sperimentale).
FIseher (Emilio) socio corrispondente della Classe dì scienze fisiche, ma-
tematiche e naturali (Sezione di Chimica generale applicata).
SehweBiener (Simone), socio corrispondente della Classe di acienie fisiche,
matematiche e naturali (Sezione di Botanica e Fisiologii vegetale).
10 agosto.
Hfteekel (Ernesto), socio straniero della Classe di scienze fisiche, matema-
tiche e natarali.
D,!„t,zed.yGOOg[e
22 settembre 1919.
Dalla TedoTa (Qiuaeppe), aocìo corrispondente della Classe i
morali, itoriclie e filologiche (Seiione di Geografia).
Bacearlil (Posqaalo), bocìo corria pò udente della Classe di scienze fisich€,
matematiche e naturali (Sezione di Botanica e Fisiologia vegetale).
Solilaparelll (Celestino), socio oorrispon dente della Classe di Scienze mo-
rali, storiche e filologiche (Sezione di Linguistica e Filologia orientale).
Reina (Vincenzo), socio corrispondente della Classe di scienze fisiche, ma-
tematiche e natnrali (Sezione di Matematiche applicate. Astronomia e
scienze dell'ingegnere civile e militare).
Onarnlero (Pier Enea), socio corrispondente della Ciane di scienze morali,
storiche e filologiche (Sezione di Linguistica e Filologia orientale).
zed.yGOOg[e
PDBBLIGAZIONI PEllIODIGHE BIGBTDTB DALL'ÀCCiDEHIA
Dal 1* eranaio al SI Dioemb» IMS
I» ulirim il rUama I* <•».
* Acireale. R. AcoMlemia di scienie, lettere ed arti degli Zelanti. Jtemoria
della Clasae di lettere, aei. 3*, voi. X, 1917-1916.
* Alz*MarMÌIl«. UniTeraité. AnnaleB de la Faculté de dtoit d'Aix, t TI, 8-4
(1912) : VII, 1, 2 (1913). Nonvelle sér., N. 1-2. — Annalea de la FamlU
'dea lettrea d'Aiz, t. VI, 3, 4 (1912); VII, 1-4 (191S); Vili, 1-4 (1914))
IX, 1-4 (1915); X, 1-2 (1916).
* Aarers. Socidté d'étades acieQtìfiqaeB. Bulletin, Noavelle aéi,, 1914-917.
AaanoIoB. Sociedad Nacional de Farmacia. Satatutos, 1916.
* Bairmloaa. Real Academia de Cienoiaa j Artea. Nòmina del Personal Aca-
dómico. 1918-1919. — Memoriaa, 8» època, voi. XIV, 8-12; XV,1-10.—
Boletin, 8* epoca, voi. IV, 3. — ObaerTatorio Fabra. BoleUn, I aeccion
aatronomioa, 1-2.
— Jtmta de Ciencias Natnmles. Hneei fiarcinoDenais Scientiarnm Hata-
raliam Opera. Acnari, li, 1917, pari 1, 11. ~ Ser. teologica, 1918, IV. —
Traballa del Hnaeu de Cienciea Naturai, voi. II, Sei. zool., N. 8.
* Baael. NatnrforacheDdeii Oeselhchaft Verhandlungen, Bd. XXVIII.
— Bibliothéque de rUniversité. Catalogne dea écrita acadéffliqnei «uiaae,
1916-1917.
* Baalleae et deaSTae. Helvetica Chimioa. Acta, voi. II, l-C.
* Bataria. Rojal Hagnetioal and Ueteorological ObaerTator; : Obaerra-
tiona, Tol. XXXVII, 1914. — Obaerrationa made at aecondarj StatioM
in Netherland Eaat-India, vo). V (1915); VI (1916).
* — Bataviaaach genootschap van kuntten en wetensohappeu. Notulea,
Deel. LUI, Afl.4; LIV, LV, LVI,LVU, 1. — Tydachrift, D1.LVII,5,«;
LVUI ; LIX, 1. — VerbandelingMi, DI. LXI, 5, 6. — Statnten en Begla-
ment van orde opgericht den 24*'"' Aprii 1778. — Hiitoriicha testoOn-
■tellnng 191S. Catalognea. — Qids voor den bezoeker van de aohatkapier,
1917. — Popalair-Wetenaohappelìjke Serie, N, I. — Oudheìdkandig
Veialag, 1912-1919. — B^porten van den ODdheidkDD{tig^n dienativ
Nedeflandacb-IndiE (1915).
— Obaerratory Java. Siamolivioal Bulletin, 1918, 1919, jannarj-June.
Atìi Mia R. Aeeadtmia. — Voi. LV. e
>y Google
XXXIT PUBBLICAZIONI RICBTOTB DALL ICGADBWU
* B«rgei. Bergens Haaenms Aarbok. Eiatorìsk-AutikT&riak raekke, 8 Heft.,
1917-1918. — Hatarridenskabeliir raekke, 1916.1917, 2 H«ft; 1917-lS,
1 Heft. — Account of the Cnietocea of Nocwa;, voi. VH, Copepod»
Sappi., Parts I & li.
* BolOKBa. B. Accademia delle Soìense dell'Istitnto di Bologna. Claaie di
Sciente morali. Rendiconto, ser. II, toI. II, 1917-18. — Memorie. Se-
aione di «cìbd» giaridiche, sei. II, t. II, faac. nnico. — Memorie. Setione
di scienze etorìco- filologiche, aer. Il, t. II, faao. unico. — Claaee di aciense
fisiche. Memorie, aer. T, t. lY {191619171. Rendiconto, nuova aerie,
voi. XXI (1916-17).
* — Società Hedico-Chirnrgica. Bollettino, 1918, faac. 11-12; 1919, aer. 9>,
voi. VII. faac. MI.
* — Matlieaia. Società italiana di Matematica. Bollettino, IX, t, 2; X, I ;
XI, 1-8.
* — Biblioteca Comunale. L'Archiginnasio. Ballettino, anno XIII, n. S-6;
XTV, 1-3.
* Bordeaux. Facnlté dea Lettrea de Bordeaux et dea Univeraitéa da HidL
Annalea, XL année. — Bnlletin hiapaniqae, t. XXI, 1-3. BuUetin ita-
lien, t. XVIII, 8-4. — Ravue dea étndea anciennea, t. XXI, 1, 2, 3.
■ BriXdllea. Società Bojale de Botanìqne de Belgiqne. Balletin, t. LUI.
* BxMreit. Académic Ronoiaine. BuUetin de la Seotion acientifiqaa.
5°" année, N. 2-5.
BBen«i-Alres. Hiniaterio de Agricultura de la Nacidn. Oficina Meteoroltfgioa
Nacìonal. Boletfn mensual. ano 11, 7-12; III, 1.
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— Obraa Sanitaria! de la Nación. Metodoa de analiaia de agnaa adoptadoa
en e1 Laboratorio, I faac. 8°. — Fabrioa de Alnmino ferrico, I fase. 8*. '
* CalcattB. Qeological Snrvej of India. Recotda, voi. XLIX, P. 2-4; L,
P. 1-3. — A Bibliograpby of Indian Geology and Phjaical Geographj
with an annotated index of Hinerala of economie vaine ; 2 voi. S*.
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of Agriculture in India for 1917-18.
— Board of acientific Advice for India. Annua) Report, 1917-16.
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VII, 1-3; VUI, I.
* Cntuila. Accademia Gioenia di aoienie naturali. Bollettino delle Mdnt«,
faao. 45. — Atti, aer. 5*, voi. XI.
* — Società degli SpettrOBoopiati italiani. Memorie, ser. 3*, voi. VII, 10-12;
VUI, 1-e, 9.
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moire, 5« aér., t. IV, 1917.
Chicago. Faychopathic Laboratorj of the Hnnicipal Court. Report far the
yeara May I, 1914, to Aprii 80, 1917; 1 voi. 8*.
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>y Google
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of Science. 1918, voi. XIX, N. 1-8. '
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Hémoìres. Section dee Sciencee, 8°" Sér., t. Ili, 2, 3 ; V, 1. .- Mathe-
mutiak-firsiakfl MeddeleUer, I, 8-12. — Historisk-fllologiske Meddelelser,
II, 3-6. — Biolopske Meddelelser, 1, 5-7. 9-12, 14. - Ofvecaigt (Bul-
letin), join 19ie-mai 1919.
* Dablln. Royal Dublin Society. ScientiGc Procaedinga. N. Ser., voi. XIV,
24-41; voi. XV, 1-34. — Economie Proceedinge, voi. II. 10-13,
* — Royal Iriih Academy : Proceedinga. Section B, voi. XXXV, 1-2.
Section C, voi. XXXV, 1-8.
* EdlnbarKh. Royal Society. Proceedingg. voi. XXXVIll. P. Ili (1917-18) ;
SXXIX, P. MI (1918-19). — TransactionB. voi. Lll, P. 2' (1918-19).
* — Royal Physicftl Society. Proceedinge, voi. XX, P. l'4.
* Firenze. R. Accademia eco nomi co-agrari a dei Qeorgofili. Atti, aer. 5*,
voi. XV, 1-4; XVI, 1-4.
* Flome. Deputazione Fiumana di Storia patria. Bullettino, voi. IV.
Fornasft. Qovecnment of Formosa. Icodch Plant«rum Formoaanarnm,
voi. VII.
* Frelbni^ I. BR. NaturforBchenden Gesellachaft. Berìcht iiber die Sitzung
am 15 Juli 1914; 1 Man-ApriI 1915. — Berichte, XXI. 1, 2; XXII, 1.
* titf. Société d'ÉtuJes dea Hautea-Alpe«. Bulletin, 4'°* .Sène, 19-23
(1917-1918).
* OenèTe. Société de Physii^ue et d'Uiatoire naturelle. Comple-rendu dea
Séances. voi. 35, 3; 36, 1-2. - Mémoiree. voi. 39. fase. 2.
Grai. Sénat académique de l'Université. La frontiere meridionale de la
Styrie allemande ; 8°.
' Habaaa. Secretarla de Sanìdad y Beneficenza. TrahajoB aelectoa del
Dr. Carica J. Finlay.
Halifax. Nova Scotìan Inttitute of Science. Proceedings and Tranaactiona,
voi. XIV, P. 3' (1916-1917J.
* Helsinsfars. Société dea Sciences de Finlande. Acta, voi. XLIII, XLIV,
1, 3, 5, 7 ; XLV, 1-3 ; XLVl. 1-8 ; XLVIl. - Ofversigt : A. Matematik,
LVi-LX; B. Humanistik. LXV-LIX ; C. BedegOrelaer och fltrhandiingar,
LVIl, LIX. — Bidray, voi. 74, 1; 75, 2; 77, 1-7; 78. 1-3.
* n«bart. Royal Society of Tasmania. Papera & Proceedings for the
year 1918.
* Jona Citf. Univeraity of Jowa. Honographa. Univeiaity bibliography fot
the year 1917.
* Kyoto. Scholae Medìciualia Uni versi tatia Imperialia. Acta, voi. Il, faac.4;
voi. Ili, 1. - Mémoirea, voi. Ili, 5-10.
* La Piata. Univer^ìdad Nacional. Facullad de Oienciaa ffiicae, matem&ticaa
y aitrontìmicas. Anuario, 1918, N. 9 ; 1919, 10. — Contribución de laa
cienciaa ffaicaa y matemàtica. Ser. tècnica, voi. I, enlrg. 6; II, 1-2. —
Contrìbncitìu al eatudio de laa cienciaa ffaìcaa y matemàticaa, Ser. ma-
te màti co- fiaica, voi. 11, 3-4. — Hemoria correa pò udiente a 1917, N, 7.
AUi della R. Accademia — Voi. LV. e'
D,!„t,zed.yGOOg[e
XXXTI PUBBLICAZIONI RICEVDTE DALL ACCADEMIA
Lejde. Bureau centrai de l'Associntion géodésìque intarnatioDale. Rapport
auT lea travaui... en 1918 et Profn^mme dea travaui pour l'eiercìoa
de 1919.
' LIège. Société Rodale dee Sciences. Uémoirea. 3™* aér., t. X.
■ Llm». Cnerpo de Ingenieros de HinaB del Perii. Boletin, N. 93, 94, 95.
* Lisboa. ComÌBa&o do Servilo geoMfcico de Portufiat. Comnnicacdea, t. XII,
1917.
* — Inatituto de Anatomia da Univeriiità. Archivo de Anatomia e Anthro-
pologia, voi. IV.
Llrorno. E. Accademia Navale. Pabblicazioni dell'Utituto E1ettrot«cnico e
Radiotelegrafico delta R. Marina. N. 5. 6. — Bollettino radioteleffrA-
fico, 1919. VI, 1-6.
* London. Rojal Society, Year Book 1919. Proceedings : MatUematical and
Physical sciencei. Ser. A, voi. 95, N.-670-678 ; 9€, 674-678. - Biolopcal
ficience». Ser. B. voi. 90, N. 631 ; voi. 91. N. 635. — Tranaactions. Ser. A,
voi. 217. Title. Contenta, Indei ; voi. 218, N. 561-569 ; voi. 219. 270 ;
voi. 220, 271-272. - Ser. B, voi. 209, N. 360-365. — Catalogne of Scien-
tific Papera. Fourth Ser., 1884-1900; voi. XVI, I-Marbnt.
* — Royal Inatìtution of Great Brìtain. Proceedinga, voi. XXU, P. Iv
* — BrìtiBh AsBooiation for the advaocement of Science. Report, 1918.
* — British Mnaenm (Naturai Hist-oryl. ' Terra Nova , Report. Zoologj,
voi. Il, N. 8, Brachiopoda; voi. Ili, N. 6, Arachnida, Pt. I, Aranceae ;
voi. IV, K. 2, Cephftlodiaousi ; voi. V, N. I, Coelenterata. Pt. 1, Actìniaria.
— Honograph of British Lichens, P. 1, Second editìon. — Economìe
Serica, N. 8. - Rata & Hicc.
* — RojaI Aatronomical Societjr. Monthlj Notices, voi. LXXIX, 2-6, 7-8, 9.
* — Geolo^cal Society. Qnarterl; Joamal. voi. LXXIII, P. 4; voi. LXXIV,
P. 1-4.
* — Linnean Society. Lìat, 1919-1920. — Proceedings, 131 at Seaaion, No-
vember 1918 to Juue 1919. — Tranaactiona. BoUny, 2"^ Ser., voi. XVII,
P. 8 ; Zoology, 2"" Ser., voi. IX, P. 1. — Journal. BoUny, N. 295 ; Zoo-
Io;^, voi. XXXIII, 224: XXXIV, 225-226.
* — London Mathematica! Society. — Liat of Memliers, I9I9. Proceedings,
Ser. 2-, voi. XVII, P. 4, 5; XVIII, 1-4.
* — Royal Microacopioal Society. Journal, 1918, P. 4; 1919, 1-3.
' Lnxouiboarg. Inatitut Grand-Docal. Section des sciencea naturellea,
pbyaiquea et mathéroatiqoes : Archives trimeatriellea, N. sér., an. 1909,
t. IV; t. V, 1910.
■ Lyon. Bibtiothèque de l'UniverBité. Annalea, Nodv. Sér. 1. Sciencea, Hé-
decine, faac. 41.
■ Madrid. Real Academia de la Hiatoria. Boletio, t. LXXIV (1919), cuad. 1-6 ;
LXXV, 1-6. — Memoria hiatiJrica de la Real Academia de la Hiatoria
por D. Juan Pérex de Gnzman y Gallo.
* — Junta para ampliacion de estudioa y inveatigaciones cientificaB. Labo-
ratorio j Seminario matemàtico, 1. 11. Memoria 1-3.
* — Real Academia de Ciencias exactAa, fiaicaa j naturalea. Anuario. 1919.
— RevisU, L XV,6-12: XVI, XVII, 1-12. — Mcmoriaa, t, XXVII-XXIX.
zed.yGOOgle
POBBLiCAZIOM BICBTDTE DA I.L ACCADEMIA XX3tVU
* Madrid. Sociedad Hai einiitica Espanda. Reviala matemàtica hispano-
americanB, t. I, 1-3, 6, 7.
* MaatOTS. R. Accademia Virgiliann. N. Ser., voi. ITIIT, P. 2> (1915).
* HeMina. R. Accademia Pelorìtanfl. Atti, toI. XXVIII.
Mexico. Biblioteca Nuciona) Estadoa-Unidoa Meiicanos. Boleti'n, t. SII, 5-6.
— El Cantar de Ics Cantares del glorioso Salomon. Version espaàola,
" — Sociedad CientiBca ' Antonio Alzate ,. MemoriiB y Revista, t. XXXVll,
N. 2; XXSVlir, 8-8.
— Duiveraidad Nacional. Boletin organo del Departamento Univenìtario
; de BelluB Artes, t. 1, 1. 1918, N. 2.
— Atcbivo general de la Nación. Autografai de Morelos : Los publica corno
komeniùe al Heroe en el CHI aniveraario de ta Muerte. Melico, 1918.
* — Osservatorio astronòmico Nacional de Tacubaja. Anuario 1920.
* Milano. Reale Istituto Lombardo di scienze e lettere. Rendiconti, Ser. 2*
Tol. LI. face. U-20; LIl, 1-12.
* — Società Italiiuia di Scienze naturali e Museo Uivico di Storia natn-
rale. Atti, voi. LVII, fase. 3, 4; LVUl, 1-2.
— R. OsBervatorio Astronomico di Brera. Anno bisestile 1920. Articoli ge-
nerali del Calendario ed Effemeridi del sole e della luna per l'oriz.
zonte di Milano. Con Appendice.
* — (Citià di). Bollettino manicipale di cronaca amministrativa e di stati-
stica, an. XXXIV, N. 12; XXXV, MI.
* — Touring-Club italiano. Rivisto mensile, voi. XXV (1919). 1-4. - Le
vie d'Italia, an, IH (1919), 1-12. - La Sorgente. Rivista mensile per
l'edncaiione della gioventù, an. IH (1919), 1-12.
— R. Commissione Geodetica italiana. Differ^ni^ di longitudine fra Roma
(M. Mario) e Napoli (Osserv. di Capodimonte) determinata nei mesi di
gingno e loglio del 1909, Parte 2*.
■ Madeua. Società dei Naturalisti e Matematici. Atti, ser. 5', voi. IV (1917-
1918).
* Manaco. Institat Océanographiqne. Bntletin, N. 848-360.
* Mantpellier. Académie dea Sciences et I/ettres. Bnlletin, juillet 1918-
avril 1919.
■ KancT. Académie de Stanislaa. Mémoires, sér. 6-°*, t. XIV, XV (1916-18).
* Napoli. Società Reale. Annuario 1919. — Accademia delle acienie fisiche
e matematiche. Eandioonlo, ser. 8», voi. XXIV. fase. 812; XXV, 1-6.
— Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti. Relazione... Pro
Ara . Pacis . Augnstae. Presentata dal socio G. E. Riszo. ~- Accademia
di aciense morali e politiche. Rendiconto, an. LVl (1917), LVII(1918).
Atti. voi. XLV.
* — R. latitato d'Incoraggiamento. Atti, ser. 6*, voi. LXX, fase. 1-4.
* — Accademia Pontaniana. Atti, ser. II, voi. 47, 48.
* Nenchitel. Société Nench&teloìie des gciences naturelles. Bulletin, 41,42.
* Hew-Tork. New Tork Public Library. Bulletin, voi. XXII, 1918, N. 11-12;
XXin, I-IO.
* — American Mathematica! Society. Bnlletin, voi. XXV, n. 8-10; XXVI,
n.1-2. - Transactious, voi. XIX, 4; XX, 1-3.
D,!„t,zed.yGOOg[e
ZXXTIU PUB HLIG AZIONI RICEVUTE DAI.l/ ACCADEMIA
New-Tork. loter-AmericB a Monthlj Magaiiue. Plngliih, 1918, 2; 1919,
voi. II, 3, 5. 6; III. I. - Eapaiiol, toI. Il, N. 5. 6 ; III. 1-4.
* NHmberr. Naturbiatoiische Oeaellsuhait Abbandlongen. XIX, Bd. 4, 5;
XXI, Bd. 1, 2. — Mitteilnngen, 19U. 1, 2; 1912-13, 1. 2. — Jahresbe-
richte aber die Zeik., vom Apri) 1912 big 1918.
ObeHlm (Ohio). Wilson Ornithological Clob. Wilsan Bulletin, voi. XXX, 4;
XXXI, 1-3.
Ottawa. Miniatère dee Mines. CominiBsioD Géologiqae, MéinoireB 92, 98, 103.
— Minéraui indastriele dn Canada. Rapport BOmmaire, 1917, Parte A.
" — Royal Society of Canada, Tran a action», voi. XII.
— Hinistère dea Hines, Diviaion dea Hinea. Rapport aommaire ponTTannée
civile terminée le 31 décenibre 1917. ~ Hiaéraui induatrìels du Ca-
nada. — Annna) Report on the minerai production of Canada durìng'
the Calendar jear 1917. — Id, in lingua francese.
— Department of Mines. Minea Branch. Preliminare Report of the minerai
production of Canada, februar? 27, 1919. — Bulletin, N. 28, 29.
lermo. Circolo Matematico. Rendiconti, t. XUI, 1917, fase. 2-8.
' Parli. Miniatère dea Travaui pubtica. Annales dea Miuei. Partie admi-
niatrativp. 11"* aér., t. VI!, Documentg du 2'-4"" trimestre 1918; Vili,
2* triraeatre 1919,
— Inatitut de Franco, Aoadémie dea Sciences, Annuaire pour 1919.
— Bureau ilea Longitiidea. Annuaire pour l'au 1919,
— Bureau internai, dea Poida et Mesures, Travaui et Mémoirea, t. XVI.
— Società Nationale dea Antiquairea de Prance. Bulletin, 1917. 2*-4*' tri-
mestre; 1918, 1". 2" trim, — Mettenaia, VII, — Mémoires. 8— sèrie,
t. L, 1916-1918,
— Muséum National dHistoire naturelle. Bulletin. 1917, N. 2-7; 1918, X-6.
— Sociélé de Gwgraphie. U «éographìe. Bulletin, 1916-17. N. US; I9I8.
N. 1-8.
— Société Géologique de France. Compte-rendu sommaire des Séancea,
an. I9I5. - Bulletin, 4' sér , t. XII, 9; XllI, 6-9; XIV, 1-9; XV, 1-9.
— Société Mathéinatiqae de France. Bulletin, t. XLVl, 3, 4. — Compten-
rendua dea Séances de l'année 1918,
— Société Zoologique de France, Bulletin, t. XLI, N, I-IO; XLIl. — Mé-
moires, t. XXVII.
— Inatìtut interaatìonal d'Anthropologie. École d'Antbropologie. Rapporta
préalables.
— Union intetlectuelle francn-italienne. Étudea italiennes, l^'année. N. 1,
1919 ; 8".
* PftTla. * Matheaia ,. Società italiana di Matematica. Bollettino, an. X
(1918), N. 2.
' Perngta. Regia Deputazione di Storia Patria per l'Ombrìa, Bollettino,
voi. XXIII, fase. 1-3.
■ Pblladelphla. Academy of Naturai Sciences, Proceedings. voi. LXX, P, 2.
- American Philoaophical Society. Proceedinga, voi. LVII, N. 6.
* Pisa. Società Toaeana di Scienze naturali. Atti. Procesai verbali, XXVI,
4-5; XXVIl, 1-2.
D,!„t,zed.yGOOg[e
PDBBUCAZIONI RICEVUTE D A LL ACCI DEMI A XXXIX
* Portlel. R. Scuola Snperiore di Agricoltura (Laboratorio ài Zoologia g«-
cerale e agraria). Ballettino, vo). XII.
Porta. Academia Polyte^hnica. Annaes Bcientilicoa, voi. S-XII. 1915-918.
'Pam. AgrìcultUTal Research Inatitute. Scientìfic Reporta {Inclnding tbe
Report of the Imperiai Cotton Specialisti 1917-18. Calcutta. 1918. —
Memoirit: Botanical Ber., voi. iX, 5; X, 1-3, — Chemical ser., voi. V, 5.
* ReiniB. Aoadéiuie de Reima. Travaui, annéea 1917-1919.
Rio d« Janeiro. Observatorìo Nacional. Anuarìo para el ano 1919.
* — Bibliotheca Nacional. Annaee 1915, voi. XX5V1I. — Relatorio qne ao
Sr. Dr. C. M. Pereira don SontOB ministro da Justifa e Negocios inte-
lioree npresentou em 7 abrii 1916; 31 inar9o 1917.
* — Museo Nacional. Archivo, voi. XX, XXI.
— Eccola SaperioT de Agricultura e Uedioina Veterinaria. Àrchivos, voi. II,
DB. 1-2.
* Roma. Ministero delle Finanze. Direzione Generale delle dogane e im-
poste indirette. Statistica del commercio speciale di importazione e di
eaportazione dal 1' Rennaio' dicembre 1918j 1° gennaio-luglio 1919. —
Bollettino di legislazione e atatistica doganale e commerciale, a. XXXV,
1918, maggio-dicembre.
— Miniatero dell'Interno. Statistica delle Carceri, an- 1916. — Statistica
dei Riformatori, an. 1916.
* — Ministero di Grazia, Giuatizia e dei Colti. Statistica notarile per gli
anni 1911-1913. — Statistica giudiziaria penale per l'anno 1914. —
Statistica giudiziaria civile e commerciale per l'anno 1913. — Stati-
stica della Criminalità per l'anno 1912.
* — Ministero dei Lavori Pubblici. Consiglio Superiore delle Acque pub*
bliche. Annali, an. 1919, fase. 1.
* — — Ispettorato del servizio idrografico. Osservazioni pluviometriche
raccolte a tuUo il 1915 dal R. Ufficia centrale di Meteorologia e Geo-
diilamica. Calabria e Basilicata; Campania; Puglie, Abruzzo e Molise ;
Sardegna e Sicilia; 5 fascicoli in fol.
* — Ministero per l'Industria, il Commercio e il Lavoro. Statistica della
emigrazione italiana per l'estero negli anni 1914 e 1915. — Statistica
delle cause di morte nell'anno 1915. — Movimento della popolazione
secondo gli Atti dello Stato civile nell'anno 1915 e notizie sommarie
per l'anno 1916.
— R. Ufficio Centrate di Statistica. Annali di Statistica, ser. V, voi. 9.
* — R. Accademia dei Lincei. Annuario 1919. Rendiconto dell'adunanza
solenne del 15 giugno 1919 onorata dalla presenza di S. H. il Re.
Rendiconto dell'adunansa delle due Classi del 18 gennaio 1919, voi. IIL
— Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali : Rendiconti,
voi. XXVII, XXVKI. Memorie, aer. 5», voi. XII, fase. 14-16; XIII, 1-2.
— Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Rendiconti, voi. XXVII.
Memorie, ser. S', voi. XV, 9-10. — Notizie degli scavi, aer, 5», voL XV,
fsBC. 4-12. «
— Società italiana per il progresso delle scienze. Bollettino del Comitato
glaciologico italiano. N. 2, S.
>y Google
XL PUBBLICAZIONI RICEVUTE DA LL ACCADEMIA
* BoHia. K. Comitato Geologico d'Italia. Bollettino, voi. XLVI (ter. 5'),
* — Istituto di Diritto Romano. Bollettino, an. }:XXIX, fase. 6.
* — R. Ufficio Centrale di Meteorologia e (ìeodinamioa. Bullettino meteo-
rico, I916-19I9. - OaservaE. ploTiometricke raccolte a tutto l'anno 1915:
Calabria e Baailicata ; Campania; Puglie, Abruszo e Holiae ; Sardegna,
Sicilia; Lazio e Umbria. ~ Memorie ed osiervazioni, ser. Ili, voi. VII,
P. 1.
— Società degli Agricoltori italiani. Bollettino mensile, voi. XXIlt, 12.
* — Biblioteca Nazionale Centrale * Vittorio Kmanuele,. Bollettino delle
opnre moderne e straniere acquietate dalle Biblioteche pubbliche g'o-
vernative del Regno d'Ilalia, an. 1918, ser. 4*, N. 165T6-1T78T.
* — Pontificia Accademia Romana dei Nuovi Lincei. Atti, an. 1918, Ses-
sione IV-VII, 17 marzo-16 giugno 1918; Sessione I, dicembre 1917 -
V del 13 aprile 1919, — Memorie, ser. 2», voi. 4'. — Catalogo delle
collezioni di Diatomee e dì Fnn);hi appartenute ai soci Ab. Conte Fran-
□Cflco Caotracane degli Antelminelli e Dott. Matteo Lanzi. Roma, 1918 ;
1 voi. 4".
* — Biblioteca Vaticana. Studi e Testi. N. 82.
' Saiht>LoDÌ8. Missonri Botanica! Garden. Annals, voi. V, 8.
Saint-Paul. University of Minnesota (University Farm. AgricuHaral eipe-
riment Station). Bulletin, 169, 170. 171.
■ Sarona. — Società Savonese di Storia patria. Atti. voi. I. 11.
* Sendal (Japan). Tohoku Imperiai University. Mathematica, Physics, Che-
mistrj. Science ReporU. 1" ser.. voi. VII, 8; Vili, 1-2; 2"^ ser. (Geo-
logy). voi. V, 2.
— Anatomiscben Institat der Kaiaerlich-Japaoischen Dniversitftt. Arbeiten,
Heft I-I II (1918-19).
* i^ieua. Circolo Giuridico della R. Università. Studi Senesi, voi. XXXIV,
* — R. Accademia dei Fisiocritici. Atti, ser. 8*, voi. X, 1-10.
* Stnekholm. Sveriges offentliga Bibliotek Stockholm, Uppsala, Lund, Go-
teborg. Accesaions Katalog, 92, 1917.
" — Académìe Royale Suédoise des Sciences. Handlingar (Mémoires), Bd. W,
1-17; 56, 1-6; 57, 1-9. — Arkiv Wr matematik, astronomi oob fysic,
Bd. 11, 4; 12. 1-4; 13, 1-4; 14, 1-2. - Arkiv fi5r kemi, mineralogi
oob geologi. Bd. 6, 4-6; 7, 1-3. - Arkiv fìir botanik, Bd. U. 4; 15,
1, 2. — Arkiv fOi zoologi, Bd. 10, 4; 11, 1-4. — Meddelanden fr&n
k. Vetenskapsakad. Nobelinstitut, S, i; 5. — Bereelius, Bref 5, 1- —
Samuel Klingenatiernas, I. — Register Ofver Kgl. Svenska Vetenskaps-
akademiens SkriOer, 1826-1917.
— Institnt Central de Mét«orologie. Observations mèteo rologiquea suédoises.
voi. 57, 1915; Appcndìi I. Fréquence des jours d'orage en Suède
17.%-1915: II. Lancées de ballons-pilotes à Abisko en 1918-1915;
■ voi. 58, 1916.
St«Dfhnr>t College Observatory. Resulta of Meteorologica) Magnetical
and Sciamological Observations, 1918.
D,!„t,zed.yGOOg[e
POBULICAZIONI RICEVUTE DALL ACCADEMIA Xl.I
fiandcrlftil. West Hendon House Obaervfttory. Publioatious, N. IT. Me-
teorologicftl obBervationa. Ckiefly ai Sanderlaud by T. W. Backouse, 1915.
■ 8Tl«erft. CominiBaioii géologique suisse. Hatérì&ux poar Ir Carte géolo-
gique de la Suisae, II Ber., livr. XX, 4 ; XLVI, 3.
* Sjdne;. Royal Society New South Wales. Journal and Proceedingt, 1914,
Part Ul. IV ; 1915, P. HV.
TeddiugtoD. National Phjaical Laboratocy. Report, 1916-17, 1917-18.
* ThoBon. Académie Cbablaisienae. Hémoirea et Documeots, t. XXX, 1917.
* TtkjS. College of Science, Imperiai University. Journal, voi. XXXIX,
art. 9; XL. 7; XLII, 1.
* — Imperiai University. Calendar, 2577-2578 (191T-1918). — Proceedìngs,
voi. I. H. 5.
* — Kuaecliohen Universitàt. UediEÌniechen Faknlt&t. Mitteìlungen, XVIII,
Bd. 8 e 4; XIX. 1-4; XX, 1-2,
— Imperiai Karthquake lavestigation Committee. Bnlletia, voi. VII, 3.
* Torino. R. Deputazione sovra gli Studi dì Storia patria. Biblioteca di
Storia italiana recente (1800-1B70), voi. VII.
* — Consiglio Provinciale. Atti, 1918.
* — B. Accademia di Agricoltura. Annali, voi. LXI, 1918.
* — R. Accademia di Hedicìna. Giornale, an. LXXXIJ, N. 1-4.
* — Società degli Ingegneri e degli Architetti. Atti, 1917. Suppl. fase. 1.
— R. Istituto Superiore dì Studi commerciali. Annuario, 1918-1919.
— Club Alpino italiano. Rivista mensile, voi. XXXVII. N. 10-12, 1918
voi. XXXVIII, 1 11.
* — Società Meteorologica italiana. Bollettino bimensuale, serie 3*, vo>
lume XXXVI, N. 6-X2; XXXVII, 1-6.
— Musei di Zoologìa ed Anatomia comparata della R. Università. Bollet-
tino, voi. XXXU, 1917; XXXIII, J918.
* — Municipio. Annuario, 1917-18.
— Casaa di Risparmio. Resoconto dell'anno 19I7,,1918.
■ Toroato. Royal Canadian Instìtnte. Transactioua' voi. XII, P. I.
* — Univeriity Studies. Historj and Economie», voi. III, N, 2. — Review
of hiskorical publications relating to Canada, voi. XXII, 1917-1918.
* Tortosa. Obaervatorìo del Ebro. Boletin mensual. 1918, voi. IX, M2.
— Besumen del ano 1917, voi. Vili. — Obiervaciones del eclisse anular
del 3 diciembre de 1918.
* Tonlon. Académie da Var. Bulletin, ao. 1915-1917.
* Toalonse. Faculté dea Sciences de l'Université. Annales, .t"* sér., t.VI
1I9W).
* — naiversité. Annales dn Midi. Revue de la France meridionale, an. 28
e 29 U917-1918), N. 111-114.
Trlette. R. Osservatorio marittimo. Effemeridi astronomiche nautiche per
l'anno 1919, anno XXXIII.
* Opsala. Upsala Universitet. Àrssktift, 1914-1917. Bref ocb «krifrelser
af och till Cari von Linné, med underattìd af Svenska Stataten ntgifna.
FJtrsta Afdelningen, Del VII.
D,!„t,zed.yGOOg[e
XLJI POBBLICAZIONI RICBVDTB DAL L ACCADEMIA
* DpMla. Bibliothèqne de l'Univeraité Rojnle GraDOB, Acta philotogica
Suecftna, voi. XV, 1-4; XVI, 1-4. — Arbeten utjjifnii m^d understod
af Vilhelm Ekmnns Univenitetafoud. N. 15, 18, 19, 21, 22 i, «, 23.
* — Obeervatoìre météorologique de rUniversité. Bnlletìn mensuet. voi. L
(1918).
* Urbana. State of Illinois. Department of Regiatratio» and Education.
DÌTÌBÌon of tbe Naturai Hiatory Survey. Balletin, vo!. XIII, art. 7,8.
Valle di Pomiiei. Caleiiclario del Santuario di Pompei, I9I9.
* Teneiia. R. Magistrato delle Acque. Ufficio idrografico. Bollettiun men-
sile, 1918; 1^9, 1-4. — Stazioni idrografiche. Opere idrauliche e ma-
gazzini idraulici. Pnbblicazione, N. 2. Ber. 2*.
* — Reale Istituto Veneto di fjcienze, Lettere ed Arti. Atti, t. 76, IO;
77; 78. 1-3. — Concorsi a premi pubblicati il 18 maggio 1918,
* Vercelli. Societii Vercellese di storia e d'arte (Archivio). Memorie e stadi,
an.X, 1918, 2, 3,4; XI, 1.
* Verona. Madonna Verona. Bollettino del Museo Civico, 1918. (Ano. 42-46.
" VlceniA. Accademia Olimpica. Atti, N. ser., foI. 6*.
* Washlng'lau. Sraìtbaonian Institntiou. U. 3. NatìoDat Huseum. Bulletiu,
102, voi. I, II, P. 4», 7»; 103. pp. M16, 123-188, 525 612; 100, voi. I.
P. 4», 5»; 99, 100, voi. Il, P. 1', 2*; 105; 107. — Report on the Pro-
greas and Condition... for the ;ear ending jnne 30, I9I6. — Contrìbu-
tions from the U. S. National Herbarinm, voi. 20, Part 6. 7.
— U. S. Department of Labor. Bureau of Labor statistici. Monthly Labor
Review, voi. VII, N. 4.
* — Department of Commerce. Bureau of Sfcpndarde. Bulletio, vo). XIII, 4;
XIV, 1-3.
* — Smithfonian Institntion. Smithsoniao Miscellnncous Collection, vo). 68,
N. 9, 11. 12; voi. 69, N. 2-8.
* — U. S. Naval Observatory. Publications. Ber. 2"\ voi. IX, P. lU-lV and
Appeudii. — Annual Report for the fiscal jear 1918.
•— National Academ^WSciences-Proceedingii, voi. IV, N. 11-12; V. 1-9.
— U. S. Coast and Geodenc Survey. Annnal Eeport of the Superintendeat...
to the Secretar; of Commerce for the fiscal year ended june 30. 1918.
— Carnegie Endowment for International Peace. Division of internatioDal
Laws. Tractatna De Bello, De Represaliis et De Duello by Giovanni
da Legnano 1. U. D. etc. ; 1 voi. in-4°. — Lei conventions et dèclara-
tions de la Haye do 1899 et 1907; I voi. 4'.
— Camegìe Endowment for Interoationat Peace. Division of Intercourse
and Kducabion. Publication N. 16.
— Carnegie Endowment for Internationa) Peace. Division of Economie* and
flistory. Publication N. 5, — The colonial tariff policy of France by
Arthur Girault. Edited by C, Gide. — Economie protectionism by
Josef Gruniel. Edited by E. von Philoppovich. — The industriai de-
velopment and commercial policies of the three Scandinavian countries
by Paul Drachmann. Edited by H. Weatergaard. — Epidemics reaulting
from Wars, by Dr. Friedrich Prinzing. Edited by H. Westergoard.
>yG0pg[C
(■OBBLICAZIOIft RICSTUT8 DAJ.L ACCADEMIA. XUI|
Welllnrtcn- Heotor Obaervfttory. BuUetìa N, 16-34.
— R«port of tli« OoTerameat Aatronomer; Jnlj 1919.
* ZBrldL NktarTorachendea GeielUchAft. Vierteljnhnechrift, €2, Jaìiig. 1S17,
1-4 ; 63, 1918, 1-2.
PBBIOlilCI 1913
> Àln&Mieeo italiano. Picoola enaiclopediii popolare della vita pratica.
Fireaie; 16°.
* Ann&Iei de Chimie et de Phjsique. Par»; 8°.
* Ainales seientìftqDeB de l'École Normale mipérienre. Parìa; 4*.
4bb«1I dì matematioa para ed applicata. Milano; 4° (dono del Socio
Prof. D'Ovidio).
AsnaU and Hogazine ot Naturai History. London; 8°,
* Annals of H^thematics. Charlotteiville ; i".
* Antologia (Nuova). Rivista di acieoze, lettere ed arti. Roma; 8°.
* ArefaiTes den Scìencea phyuques et naturellea, etc. Genève ; 8*.
* Areklvlo storìoo italiano. Firenze; 8°.
Arnhlrlo atorìoo lombardo. Milano ; 8°.
AreklTum Franciscannm historicum. Clatas Aquas.
* Atkeaaeom (The). Journal of Bngliah and Foreign Litorature, Science,
the Fine Arta, Haaic and the Drama. Iiondon ; 4°.
* A,theB&eiBi; Studi periodici di letteratura e atoria. Direttore Carlo
Pascal. Pavia; 8°.
' Biblioteca nazionale centrale di Firenze. Bollettino dello pobblicOBioui
italiane ricevute per diritto di atampa. Firenze; 8°.
'* Blbllotkfcqne univeraelle et Bevuo auiaee. Lauaanne; 8'.
'* Bollettino Ufficiale del Ministero dell'htruzione Pubblica. Roma; 8°.
* Brixii Saera. Bollettino bimestrale di Studi e documenti per la Storia
Eocleeiaatioa bresciana. Breacia; 8°.
* Cimento (Il nuovo). Pisa ; 8*.
Comptet-rendus hobdomadairea dea Séancea de l'Académio dee aciences.
Pari»; 4°.
* Contereue e Proluaionì. Periodico qnindiciuale. Roma; 4*.
* Elettricista IL'). Biviata mensile di elettrotecnica. Roma; 4°.
Felix Ravenna. Bollettino Storico Romagnolo edito da un gruppo dì
studiosi. Ravenna; 8°.
* Galletta chimica italiana. Roma; 8°.
* Gauetta DMciale dei Regno. Roma; 4°.
* Giornale del Genio civile. Roma; 8*.
" Giornale della libreria , della tipografla e delle arti e industrie affini
Milano; 8'.
Gloraalo di matematiche. Napoli; 4° (dono del Socio Prof. D'Ovidio).
** Glvrnals itorìco della Letteratura italiana. Torino; 8°.
>y Google
XttT POBBLICAZIONI RIOBTDTB DALL'ACCADEMIA
Oiornale storico della LunigmnB. 8pena; 8*.
** fluida commerciale ed amminiitniiTa di Toruo. 8*.
* Jtnraal (The American) of Science. Edit. Edward S. Dau. Naw-Bavea; 8*.
•• Jonmal a«iatiqae. Paris; 8°.
•• Joarnal des Sarant*. Pari»; $•.
* Joarnal of Physical Chemietry. Ithaoa; 8*.
* Xa^l(rhla. Sageegna menaile di botanica' Catania, 8°.
** Vatire, a weekly illuatrated Journal of Science. London; 8*.
* niaaw ArehleffvoorWirsknnde.UitgegeTendoorhel WisknndigGeaoot-
Bcbap te Amsterdam; 8'.
* Phflleal ReTlew (The); a journal of eiperimental and theoretioal phjsics.
Published for Cornell University Ithaca, New-Tork; 8*.
** Baceolt» Ufficiale delle tegf^i e dei déeteti del Regno d'Italia. Bomai 8*.
** Berne des Denx Hondea. Paris; 9'.
** Berne du mois. Paris.
** Berne generale des sciencei paree et appliqnées. Parii; 8*.
** Bene politìque et littéraire, revae bìene. Paris; 4*.
** Berne ecientifiqne. Paris; i*.
* Berne semestrielle des pnblicatìons mathématiqnes. Amsterdam ; 8*.
Blfarna (La) Sociale. Rauegna dì questioni economiche, finansiarìe e
sociali (Dodo del Socio Prof. Einaudi).
■* Blaorffiniento (11) italiano. Torino.
* Blrista di Artiglierìa e Qenio. Roma; 8*.
** BlrlBta di Filologia e d'Istruzione classica. Torino; 8*.
•* RlrlBta d'Italia. Roma; 8°.
** Blvlsta di filosofia. Continoazione dalla Siviala Filosofica, Pavia; 8*.
** BtrUta di filosofia neo- scolastica. Milano.
** BlrUta italiana di Sociologia. Roma.
* Blrista storica italiana. Torino; 8*.
Bosarlo (U) e la Nuova Pompei. Valle di Pompei ; 8*.
•• Sclenee. New-Tork; 8'.
* Science Abetraets. Pbysica and Etectrical Engineering. London; 8*.
** Selentla. Rivista di scienza. Organo intemasionale di sìntesi icientiBoa.
Bologna, 8°.
■ Sperimentale (Lo). Archivio di Biologìa. Firenze; 8*.
" Stampa (La). Grazzetta Piemontese. Torino; P.
TfthokD (The) Mathematica! Journal. Edited by T. Hayashì. Sendai; 8*.
Tale Review, New Serìes. Edited by Wilbur L. Crose. New Haven; 8*
(dono del Socio Prof. Einaudi).
D,!„t,zed.yGOOg[e
GLASSE
SOIENZR MOaAU, STORICHE E FILOLOGICHE
Adunanza del 33 Novembre 1919
PRESIDENZA DEL SOCIO S. E. OH. PAOLO BOSELLI
DIRETTORE DELLA CLASSE
Sono presenti i Soci Db Samotìs, Brondi, Einaudi, Baudi
DI Yeshk, Schiaparelli, Patetta, Prato, Ciak, Pacchioni, e
Stampini, Segretario della Classe.
È scusata l'aàsenza del Socio Vicepresidente Bufpini.
Si legge e si approva l'atto verbale dell'adunanza del
22 giugno u. e.
S. E. Paolo BosELLi, prendendo a parlare, dice che l'onore
di presiedere oggi alla prima adunanza dell'anno accademico
gli è contristato dal pensiero del dolore, del lutto che ha recen-
temente colpito il nostro stimato fi venerato Presidente Andrea
Naccari, orbato della diletta compagna di sua vita. Ricorda di
aver conosciuto l'egregia donna, eletta d'animo, di pensiero, di
modi, sì che pienamente comprende l'ineffabile tristezza dell'il-
lustre Collega, al quale invia le più sentite condoglianze, pro-
ponendo che a lui sia mandata speciale comunicazione dei sen-
timenti della Classe. E questa unanime approva che dal
Segretario della Classe sìa significata con lettera la sentita
sua partecipazione al lutto del Presidente.
Dopo aver inviato un saluto al Vicepresidente assente,
S. E. BosELLi prosegue il suo dire notando come, aprendosi un,.
Alti liflli II. ÀMaiifHiifi — Voi. LV. 1
>y Google
2
nuovo anno accademico dopo il lungo periodo di guerra immane,
che ogni altra superò per la sua vastità, un nuovo periodo di
civiltà si apre, di quella civiltà progrediente che ben si può
chiamare cristiana. Ricordando e sviluppando il concetto Gio'
bertiano di civiltà, egli ha fiducia che le scienze fisiche, conti-
nuando nel loro meraviglioso incremento, come durante la
guerra diedero opera, coi loro trovati, a suppeditare mezzi ter-
ribili di demolizione e di sterminio, cos'i d'ora in poi si volge-
ranno con novelli e sempre più efficaci mezzi al lavoro di rico-
struzione e alla prosperità delle umane genti. Ha pur fede che
nel campo delle scienze morali il nuovo periodo, che ora ai
inizia, instaurerà il principio del diritto e della equità al d
sopra di quello della forza che ha finora informato il pensiero
storico, filosofico ed economico dell'età moderna, e che vincitori
e vinti si riuniranno finalmente in un pensiero e ìn un senti-
mento, il pensiero e il sentimento della fede e della idealità.
Ma ciò non ostante, noi dobbiamo essere vigilanti per impedire
che nelle scuole d'ogni ordine abbia a soffrire detrimento il
pensiero italiano, il quale nella sua vera storica espressione
significa tutto quel complesso dì coltura da cui esso è stato
generato, coltura che mette capo alla civiltà latina, feconda-
trice, informatrice, animatrice di quella civiltà che fece grande
l'Italia anche nei secoli del suo politico servaggio. Vigiliamo
nel presente contro tutti i pericoli che minacciano questa col-
tura, la quale non solo deve essere salva, ma deve avere an-
cora pili alto incremento. La Classe applaude vivamente.
L'Accademico Segretario Staupini dà comunicazione d'una
lettera del Segretario della Reale Società Geografica Italiana,
il quale in nome di essa annunzia la morte del Prof. Senatore
Giuseppe Dalla Vedova, che fu nostro Socio corrispondente.
La Classe esprime le sue condoglianze. Sono lette, inoltre, una
lettera del Presidente della R. Accademia di Scienze, Lettere
ed Arti di Modena, la quale, pur plaudendo allo scopo che
l'Unione delle Accademie si prefigge, deve rinunziare a farne
zed.yGOOg[e
parte per deficienza dì mezzi finanziari; e un'altra del Vice-
presidente della R. Accademia di Scienze, Lettere e Belle Arti
di Palermo, che notifica come quell'Accademia, adwendo in
maasima alla nuova organizzazione dell'Unione Accademica,
siasi unita al voto della nostra Accademia a proposito della
modificazione da apportarsi all'articolo IV del disegno di Statuto
approvato dalla Union Académique de recherches et de publicatìoné
nella sua conferenza preliminare che ebbe luogo a Parigi il 15
e il 17 ma^^io u. s.
A proposito di questo Statuto, i Soci De Samctis e Patbtta,
i quali, conforme alla deliberazione presa dalla nostra Acca-
demia nella sua adunanza straordinaria del 6 luglio u. s., rap-
presentarono di nuovo l'Accademia nel secondo convegno di
Parigi che ebbe luogo nella seconda metà dell'ottobre u. s,,
fanno alcune comunicazioni sul convegno stesso, sulle accoglienze
cordialissime fatte ai delegati delle due Accademie italiane,
quella dei Lincei e la nostra, e sulla modificazione apportata
all'art. IV dello Statuto, appunto nel senso da noi desiderato.
Si riservano di riferire più ampiamente sull'opera loro, quando
perverrà lo Statuto definitivo della Union Académique. Ma in-
tanto, per proposta del Presidente, la Glasse vota un caloroso
plauso all'opera dei suoi due delegati De Sanctis e Patetta.
Dal Segretario Accademico è data comunicazione altresì
del Decreto Luogotenenziale concernente la elezione del Presi-
dente dell'Accademia Andrea Naccabi e quella del Vicepresi-
dente Francesco Ruffini, e la rielezione di S. E. Paolo Boselli
e del Socio Ettore Stampini, rispettivamente a Direttore e a
Segretario della nostra Classe.
Il Socio Brondi presenta, con parole di calorosa lode per l'au-
tore, dne pubblicazioni del Prof. Michele Roar, edite dalla Untone
tipografica editrice di Torino, cioè la ristampa della Storia
contemporanea d'Italia dalle origini del risorgimento alla confla-
grazione Europea, e il primo volume dell'opera L'Italia odierna.
Due secoli di lotta di studi e di lavoro ecc. La Glasse ringrazia.
>y Google
In fine l'Accademico Segretario presenta le seguenti pab-
blicazioni pervenute all'Accademia da parte degli editori :
P. Vergili Maronit Aenetdos libri VII, Vili, IX per cura di
itemigio Sabbadini, e L. Annoti Seneeae De ira ad Novatum
libri tre» per cura di A. Barriera, entrambi i volami apparte-
nenti al Corpus Scriplorum Latinorum Fiiravianum ; e La critica
dei poeti Romani in Orazio dì Carlo Pascal, volume che fa
parte della Biblioteca di Filologia classica diretta dal Pascal
e pubblicata dall'edito^ Catanese Francesco Battiate. La Classe
ringrazia i donatori.
L'Accademico Segretario
Ettore Staiifini
D,!„t,zed.yGOOg[e
CLASSE
SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI
Adunanza del 80 Novembre 1919
PREBIDENEA DEh SOCIO PROF. COIH. ANDBEA MACCARI
PRESIDEITTE DELL'aCCADEUA
Sono presenti i Soci Salvadobi, Segbe, Peano, Ooidi,
Mattiholo, Grassi, Sohiouana, Panetti, Sacco, Majorana
e Parova -Segretario.
È scusata l'assenza del Direttore della Glasse Senatore
D'Ovidio e dei Soci Senatore PoÀ e Ponzio.
Ad invito del Presidente, il Socio Mattirolo legge la
commemorazione del Socio corrispondente prof. Saverio Belli,
che sarà pubblicata negli Atti. Il Presidente ringrazia il Socio
Mattirolo dell'applaudito discorso, col quale ba, cMin efficacia
e dottrina, ricordato le virtù ed i meriti del compianto collega
e valente scienziato.
Il Socio Segretario, interpretando i sentimenti dei colleghi,
rinnova all'amato Preaidente le condoglianze per l'irreparabile
perdita da lui fotta colla morte della sua degna Consorte, ed
esprìme la speranza che la viva parte presa dagli accademici
al suo lutto possa essergli di qualche conforto. Il Presidente
rìsponde commosso e grato, e dice che le dimostrazioni dei
colleghi sempre piii lo persuadono cbe la nostra è una Società
di studiosi e insieme di amici affezionati.
D,!„t,zed.yGOOg[e
Sì legge e si approva l'atto verbale della precedente
adunanza.
Il Presidente annnncia che durante le ferie l'Accademia
ha fatto perdite gravi e dolorose nelle persone * del Socio
straniero Ernesto Haeckel e dei Soci corrispondenti Guglielmo
Batlsioh, Pasquale Bacoabini, Simone Schwendenbb, Bmilio
Fischer, Vincenzo Reina ,, ed alla memoria loro ed alle loro
opere rende omaggio. Comunica poi i ringraziamenti del pro-
fessore Q. BatJNi per la nomina a Socio corrispondente dell'Ac-
cademia.
n Segretario dà notizia di alcune comunicazioni scientifiche
manoscritte mandate da non Soci alla Segreteria accademica
durante le ferie: esse sono affidate per esame a Soci compe-
tenti. Presenta la Nota Oaset-vazioni sul fiore dell'Olivo inviata
in omaggio dalI'A. prof. B. Pirotta Socio nazionale. Ricorda
poi che il 6 luglio n. a., per gradito incarico del Presidente,
ebbe l'onore di rappresentare l'Accademia alle solenni onoranze,
rese nell'Università di Pavia, all'illustre Geologo e nostro Socio
nazionale Torquato Tabahelli, in occasione del suo 44" anno
d'insegnamento universitario ; e presenta in omaggio, a nome
del Comitato per le onoranze, una copia de] volumetto pubbli-
cato a ricordo della festa, e come omaggio proprio offre per il
medagliere dell'Accademia una copia in bronzo della medaglia
d'oro offerta al Tabahelli nell'occasione stessa. Il Presidente
ringrazia, compiacendosi delle degne onoranze al nostro Collega.
Si presentano e sono accolte per la stampa negli Atti le
Note seguenti:
Dott. Mauro Picche, Sul cambiamento della variabile di
integrazione nelFintegrale di Lebeague, presentata dal Socio Segre.
Dott. Luigi Zofpetti, L'abito fogliare nelle siepi di Li-
gustro, presentata dal Socio Mattirolo (1).
(*) QaesU Nota sarà pabblicnta nel pioMÌmo fMoioolo.
D,!„t,zed.yGOOg[e
Dott. Q. CoLoai, Ricerche anatomo-istologicke sugli Eufau-
tiacei- Il cuore di " Nematoscelis megalops „ G. 0. Sart, presen-
tata dal Socio Saltadobi.
Prof. Laigi Brusottti, Sulla scomposizione di una forma
binaria biquadratica ndla somma di due quadrati, presentata dal
Socio Peano a nome del Socio corriapondente Bebzolabi,
Dott. Filippo SiBtKANi, Espressioni analitiche che defini-
scono più funzioni analitiche ad area lacunare, pree^itata da)
Socio Peano.
Il Socio Majobaka presenta una sua Nota Sulla gravi-
tazione e Dfl dà notizia riassumendola.
D,!„t,zed.yGOOg[e
ORESTE HATTIROLO
LETTURE
COMMEMORAZIONE
SAVERIO BELLI
del Socio naz. reeid. ORESTE MATTIROLO
Nel Luglio dell'anno 1881, discendendo dalla svelta pira-
mide della Rognosa di Sestrières, conobbi Saverio Belu.
Il luogo del nostro incontro, le discussioni che intavolammo,
sono presenti oggi come allora alla mia mente, sorpresa dalla
coltura, dalla rettitudine dei giudizii, dàlia gentilezza e signo-
rilità dei modi del novello amico. Avevo trovato un'anima che
vibrava sintonicamente, che rispondeva colla mia, agli stessi
ideali.
La passione comune, l'entusiasmo giovanile, la suggestività
del luogo, valsero di colpo a suscitare fra noi quei vincoli di
simpatia che dovevano legarci poi per tutta la vita.
Erborizzammo insieme, lasciandoci come vecchi amici e tali
siamo rimasti quando, sbolliti gli entusiasmi giovanili, altre
cure ci presero e dovemmo volgerci a ricerche e a studi ben
più gravi di quelli che formavano allora la delizia di noi bota-
nici peripatetici principianti.
L'amicizia nostra non mutò mai natura; ebbe origini, dirò
cosi, botaniche, e tale carattere mantenne sempre, legando fra
loro le nostre anime coi vìncoli di una comunanza perfetta di
aspirazioni e di ideali scientifici.
Egli è perciò che il ricordo suo mi è rimasto associato ad
un profumo di idealità, quale forse non avrebbe avuto, ove
altri vincoli ci avessero uniti. Di lui non ho conosciuto che la
parte più bella, il suo amore ardente per quanto è vero, giusto,
bello; per quanto eleva Io spirito al disopra della materialità
della vita.
>y Google
COMMEMORAZIONE DI SAVERIO BELLI 9
Dire quindi di Saverio Belli, delle sue doti morali, dfille
Bue opere, oon è per me un dovere, ma un bisogno, al quale
soddisfo con animo grato verso la nostra Accademia, che me
ne ha affidato l'incarico, perocché questo e purtroppo l'unico
omaggio che io mi onoro di poter ofi^ire alta memoria del-
l'amico, troppo precocemente rapito, quando ancora molto egli
avrebbe potuto e saputo operai'e in prò della scienza.
Neil' anno 1883 il Professore Giuseppe Gibelli, l'indimenti-
cabile Maestro, allora chiamato alla Direzione dell'Orto botanico
di Torino, faceva ricerca di un assistente alla Cattedra sua, ed
io ebbi la ventura di proporgli l' amico, allora studente del
V" anno di Medicina nella R. Università di Kapoli.
Fu così che Saverio Belli venne chiamato a far parte
dell'Istituto nostro, dal quale più non ai staccò. Egli ben presto
divenne uno degli organi vitali del vecchio convento botanico
del Valentino, che rallegrava colla sua inesauribile arguzia e
colla facilità della vena poetica, e dove tutti ricorrevano a lui,
carne ad un consigliere prudente e sagace, famigliare ai piìi
ardui problemi della scienza.
Tale divenne e tale si mantenne sempre, riverito ed amato
da quanti ebbero la ventura di avvicinarlo e di conoscerlo in-
timamente.
La vita di Saverio Belli non fu segnata da momenti av-
venturosi, degni di particolare menzione; ai svolse quieta, serena
e laboriosa nell'ambiente del laboratorio e della famiglia.
Assistente prima, quindi aiuto, docente, incaricato della
Direzione e dell'insegnamento alla morte del Professor Gibelli,'
passò poi come Professore di Botanica all'Ateneo di Cagliari (1),
dove rimase pochi anni straordinario e ordinario poi. Per mo-
(I) Ecco il currieulutH vitae di S. Billi:
Laureato in ScienEe naturali, Il ^ngoo 1887, con pieni voti e lode.
AsBÌBtente presso il R. Orto botanico di Torino, 1' nov. 1884-1888.
Ainto i(t.. id., 1889-1900.
Libero docente, 30 maggia 1894.
Incaricato inugnamento della Botanica e della Direzione dot R. Orto
botanico di Torino, 1* Rennaio 1900.
Straordinario di Botanica alla R. Università di Cagliari, 1* die. 1901.
Ordinario, 1905.
D,!„t,zed.yGOOg[e
IO 0RS3TB UATTIBOLO
tÌTÌ di salute, giovane ancora, volle ritrarsi dallo insegnamento
ufficiale per ritornare alle abitudini antiche nella sua Torino,
dove riprese a vivere come prima nel Laboratorio nostro, intento
a quegli studi che formavano la sua passione.
Eccessivamente modesto, non volte coprire cariche di nessun
genere, alle quali pure la sua cultura, la sua scienza, il suo
retto giudizio, il naturale buon senso avrebbero potuto giovare
e dare ottimi frutti.
Tanta fu in lui la ritrosia, il disdegno di ogni distinzione che
morì senza nemmeno essere cara/i«re ! quantunque facesse parte,
come membro corrispondente, della nostra Accademia, fosse
socio anziano della Reale Accademia di Agricoltura, della So-
cietà Alzate del Messico e di altre Società scientifiche.
Se il nome dì Savebio Belli non sarà legato a vani titoli
onorifici, la sua memoria invece rimarrà affidata a ben più ràldì
titoli di benemerenza scientifica e figurerà onorevolmente nella
Storia della Botanica, perchè ad essa appartengono opere sue,
le quali hanno indubbiamente segnato un reale progresso del
pensiero filosofico.
Saverio Belli, figlio di Carlo e di Giuditta Silvetti, ebbe
cinque fratelli ed una sorella, sposa in prime nozze al Chiaris-
simo, compianto Professore Qiovanhi Delorenzi(I), ordinario di
Anatomia normale nella nostra Università, e quindi in seconde
nozze al Comandante Paolo Evilio Spezia, della nostra marina
da ^erra.
Dal padre, uomo di alto sentire, di vasta e profonda cul-
tura filosofica (Capo divisione al Ministero delle Finanze in
Torino), e dalla Madre, donna di preclare virtù, ebbe educazione
fine e completa.
Kato (2) da famiglia che per universale considerazione e
per censo avito contava fra le più oospicae della regione osso-
lana, studiò nel Collegio Rosmini di Domodossola, sotto la guida
del filosofo Giuseppe Calza e del valente naturalista Giuseppe
(1) Per quattro umi Sivuio Baixi fu aaiuiente volontuio di ano co-
gnato aeiriatituto lUHtomico di Torino.
(2) Nacque ti 25 mft^^o 1852 a DomodoagoU e morì dopo lunghe loSie-
reiuse, cristianamente e virilmeate sopportate, il 7 aprile di quest'anno.
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COKHBMOKAZIUNB DI SATB&IO BELLI 11
Oaoliabdi (1). Dal Collegio Rosmini paasb all'Univeraità di Torino
dapprima e quindi a quella di Napoli, per ritornare a compiere
gli studi a Torino, dove consegui brillantemente la Laurea in
Scienze naturali nell'anno 1887 (11 Giugno).
Forte, agile, cacciatore e tiratore valentissimo, godette di
una gioventii quale non è concessa a molti di fruire.
Ho detto di lui e della sua vita solo quel tanto cbe egli
mi avrebbe concesso di dire, perocché io nspetto la modestia
dell'amico.
So che egli era buono, leale e generoso ; dì una bontà non
solo di parole ma di fatti.
Lo seppi sempre onesto e retto nelle sue azioni.
(1) Giuseppe Gagliardi (n. a Olef^o 20 luglio IS12, morto a Rovereto
1° novembre 1881), ordinato Sacerdote (13 giugno ISSI), fii discepolo e
amico ili Antodio Rosmini e Vice Rettore del Collegio di Domodossola.
Filosofo, educatore, fu sopratutto naturalista di tleiione e appasBionatìs-
simo ntccoRlitore. Egli possedeva, come ricorda un suo biografo, in grado
eminente, l'arte di losinaare nella gioventù lo spirito di osservazione, co-
municando e trasfondendo in ea«a l'amore cbe egli aveva per le scienie
naturali. Le qualità di osservatore diligente, minazioiio e cotciencioso che
abbiamo ricordato in Sìvrrio Bbuj furono in lui svegliate da questo dotto
insegnante, benemerito della Flora ossolana. Di Notiris e Cesiti, tn, i
sommi botanici contemporanei suoi, erano legati da affettuosa amicisia con
Padre Oislubdi, 0 quale ebbe a comanicare loro enorme quantità di ma-
teriali ossolani. Chi consulta le Opere di questi Autori trova ad ogni mo-
mento ricordato il nome del GAOLiuni, ohe sì occupb di Fanerogame, ma
sopratutto di Epatiche, di Muschi, di Alghe Detmidiarre e Diatomacee, delle
quali ultime si intereasb sotto la guida dell'Abate Fs&kcesco CjLSTaicAiik,
quando per importanti affari dell'Ordine Rosmìniano risiedette per alcuni
anni a Boma (1857). Padre Giauiaoi pobblioò le Epatiche raeeeUe nei din-
torni dtl dUrario di Domodottola durante l'inverno 187&-76 negli ' Atti
dell'Accad. dei Nuovi Lincei ,, tomo XXXVI, gennaio 1883. Una nuova
Pediaatrea da lui scoperta, il Coela»trum Attroideum, ebbe l'onore di essere
inserita negli Eltment* per io irUidio delle Detmidiaett italiane di Oiria?PB
Da NoTABis, Genova, 1867. Estesi cenni biograScì di questo naturalista
sono riferiti da E. Chiotbmdì nella sua Flwa delle Alpi Lepontine (Parte 11,
Bibliografia, Boma, 10OS, pag. 74 e seg. Cibati nei suoi Appunti per una
fbtnra Crìttogamglogia Insubrìca (* Commentari della Società Crittogame-
logica italiana ,, fascicolo li, Genova, 1861} ricorda un Orthotrieum nuovo
e il rarissimo Hyloeomium Oackttii, il l^emalodon ambigutta, la DierantUa
etrvittàaia ed altre rare Crittogame scoperte dal Padre Oiauiani.
D,!„t,zed.yGOOg[e
ORESTE MATTIROLO
Ho perduto in lui un amico vero, un consigliere prezioso,
che piango e piangerò sempre amarissimamente.
I lavori di Saverio Belli rappresentano un complesso di
contribuzioni scientifiche in special modo dirette allo studio
della sistematica, dell'anatomia e della fisiologia dei vegetali.
Ad alcuni di essi accennerò solamente, mentre tenterò di
riassumere in concettosa sintesi i principali gruppi di ricerche
omogeneamente plasmati, perchè sono quelli che meglio conce-
dono di poter lumeggiare il pensiero dal quale trassero origine
e furono guidati ; e dimostrano l'indole dell'ingegno del valoroso
e modesto loro Autore, scomparso nel momento del più intenso
e fattivo rinnovamento di quelle discipline alle quali aveva de-
dicato la sua attività di lavoro.
Mentre è in tutti il sentimento di un'epoca in cui Inscienza
va affermandosi sopra basì e criterii nuovi; mentre si vanno
negando oggi quelle idee che, ancora pochi anni or sono, rap-
presentavano i dogmi della sistematica; e una scienza nuova,
quella dei fattori genetici, tuttora imprecisa e confusa, si impone
alla considerazione dei tassonomisti, e ne confonde le antiche
valutazioni, la scomparsa di una mente critica, qual era quella
di Saverio Belli, rotta per lungo lavoro a questo genere di
studi, equilibrata, giusta, serena nei giudizi, ponderata nelle
astrazioni, rappresenta una perdita dolorosa per la scienza.
I lavori sistematici del Belli vanno divisi in due serie:
la prima dedicata allo studio del genere TrÌfolium;l& seconda
a quello del genere Hieracium.
Al genere TrifoUum (V. Bibliogr., N. 1 a 11) attese col
compianto suo Maestro Giuseppe Gibelli per un certo periodo
di anni, proseguendo poi da solo nelle ricerche. Del genere
Hieraeium (V. Bibliogr., N. 12 a 20) invece si occupò da solo,
dedicandogli le cure piìi assidue e le simpatie piìi ardenti e
costanti.
In queste due serie di lavori, piti che la competenza del
monografo, ammiriamo la genialità colla quale ha saputo, par-
tendo da osservazioni singole, assurgere a concetti filosofici di
ordine generale.
D,!„t,zed.yGOOg[e
COUMEUORAZIONE DI SAVERIO BSLI.I 13
La sistematica del Belli procede, nei suoi lavori, sicura,
sciolta da quelle ricette scolastiche che avevano a poco a poco
ridotto questo ramo, pur gobi importante della botanica, a niente
altro che ad una specie di colossale collezione di lapidi di un
immenso cimitero di mummie vegetali.
£ssa ci appare quale dovrà essere, cioè la risultante delle
coDoscenze delle singole forme, desunta non solo da un unico
stadio, per quanto elevato, come è quello della riproduzione; ma
da tutto il ciclo di sviluppo di ogni specie, dall'esame compa-
rativo dei vari organi loro, dal modo di funzionare, dalla loro
vita dì relazione coll'ambiente esterno.
Lo scopo della sistematica, quale risulta dai lavori del
Belli, è quello di riuscire a stabilire un organismo di insieme,
nel qusle le specie di un genere o di una famiglia appariscono
quali discendenti di un comune albero genealogico, come rami-
ficazioni filogenetiche nel tempo e nello spazio.
I Fìtogralì del vecchio stampo, assillati dalla impellente
necessità di sistemare le varie specie di un Qenere, si sforza-
vano di creare gruppi o Sezioni subordinandoli ad un solo ca-
rattere, ingenerando così raggruppamenti artificiali: serie empi-
riche che le distanze morfologiche tra l'una specie e l'altra
rendono disuguali nella loro dignità.
Fondare unità tassonomiche naturali, omogenee, di uguale
valore, di uguale dignità gerarchica, aventi per conseguenza una
facies comune, le quali, in ultima analisi, inducano a ritenere le
specie singole, che le compongono, quali discendenti da un solo
capostipite, è lo scopo che il monografo deve proporsi per riu-
scire alla vagheggiata seriazione naturale delle forme.
Per questi gruppi, che il Gibelli e il Belli nella magistrale
Prefazione all'Opera dei Trifogli hanno profondamente discussi
e con finissimo intuito esattamente limitati nei loro confini, essi
hanno adottato il nome di Stirpes (o Schiatte), usando con inten-
dimenti ben definiti questo termine profondamente significativo.
Le Stirpe» esprimerebbero un fatto atavico; mentre le Species,
delle quali risultano le Stirpes, rappresenterebbero invece lo
attuali discendenze di esse.
Le Stirpes sono, secondo i nostri Autori, un complesso di
entità reali, che hanno uno slampo comune; che probabilmente
hanno avuto una origine comune, dimostrabile nella attualità:
>y Google
14 OKESTE HATTIIIOLO
che SÌ rassomigliano fra loro, cosi da costituite un nucleo beo
distinto e separato dalle altre Stirpes della Sezione, alle quali
esse appartengono, ed i cui caratteri sono inegualmente distri-
buiti nei vari membri che le compongono, originando cosi idi-
versi gradi di dignità, intesi coi nomi di specie», mtbspecies, va-
rietates, ecc.
Seguendo questi concetti fondamentali anche nel riguardo
dei gruppi di ordine secondario, nella definizione cioè delle specie,
delle sottospecie e delle varietà; operando con cura paziente e
meticolosa, durante sei anni di assiduo lavoro; studiando una
enorme quantità di materiali provenienti dai principali ninsei
di Europa, i due scienziati crearono quel complesso di claasiche
memorie sul genere Trifolium che rimarrà come un modello di
questo genere di studi.
Senza tema di esagerare, affermiamo che la Monogrnfia dei
Trifogli italiani distribuita in dieci grandi lavori raccolti nelle
Memorie e negli Atti della nostra Accademia, dei quali sette
condotti dal 1887 al 1901 in collaborazione fra il Gibblli e il
Belli e quattro spettanti al solo Belli e da lui dedicati al
Maestro), costituisce il più importante lavoro di insieme che la
Scienza oggi possieda sopra questo intricato e difficile gruppo
di vegetali.
Lo studio critico dei Trifogli non rivela soltanto la perizia e
la competenza degli Autori, ma è prova della loro onestà scien-
tifica, perocché non contiene una sola osservazione, la quale non
sia stata condotta sul vero, e vagliata anche net minimi particolari.
Il plauso col quale fu accolta questa serie poderosa di ri-
cerche ne dimostra l'eccezionale valore scientifico. Potranno
variare col tempo i criterii di ordinamento dell'insieme, quando-
con esattezza, direi matematica, si potrà giungere alla seria-
zione dei vegetali, ma non muterà certo la importanza delle
osservazioni che gli Autori hanno accumulate, così che nessuno
ardirà toccare questo difficile argomento senza la guida della
monografìa fondamentale che onora la sistematica italiana.
Per completare gli studi sui Trifogli volle il Belli rivol-
gere la sua attenzione ad una quantità di questioni interessanti
il significato anatomico de! loro tessuti, studiandole dal punto
di vista delle interpretazioni sulle quali si vorrebbe imperniare
la classificazione anatomica dei vegetali superiori.
D,!„t,zed.yGOOg[e
COHUEHORAZIONB DI SATBKIO BRI.I.I 15
Egli si ingolfò COSÌ, per on periodo di alcuni anni, nelle
questioni più intricate e discusse della moderna anatomia, e
quindi in un labirinto di lavori, di teorie, di nomi variamente
interpretati, che la luce della verità scientifica è ben lungi
ancora dall'illuminare.
Nella dÌBcu8aione critica Saverio Belu trovava un gradito
elemento di lavoro.
Pili te cose appativano dubbie, oscure, complicate, e più
egli si beava a dipanare tranquillamente le arruffate matasse
altrui.
Cosi egli si era lasciato indurre a interrogare la sfinge del
genere Trifolium; così si era impelagato nel genere IReraewm,
e così, studiatamente, si immerse nello studio critico dell'ana-
tomia caulinare e nella interpretazione teorica di tali tessuti
(V. Bibl., N. 11).
Riassumere anche per sommi capi l'imponente lavoro dì
critica bibliografica da lui esposta con la cura più meticolosa e
cosa impossibile; opperò al lavoro originale rinvierò il lettore,
tenendomi pago di esporre le conclusioni alle quali giunse il
Belli dopo un faticoso e complesso lavoro di ricerche biblio-
grafiche ed anatomiche.
L'attenzione dell'Autore fu sopratutto rivolta al cosidetto
Penciclo, nume col quale gli Autori francesi, specialmente della
Scuola di Van Tieghbu, intendono di designare un tessuto che,
come posizione, limiti e funzione, dovrebbe essere, secondo le
loro idee, non solo omologo, ma continuo con quello indicato nella
radice col nome di Pericambio.
Il carattere precìpuo del Pericambio radicale (come è uni-
versalmente noto), è quello di essere verso l'esterno avvolto da
una zona che internamente limita la corteccia, indicata col nome
di Endoderma, caratterizzata da anelli di inspessimento, pie-
ghettati 0 no, da suberificazioni, ecc.
Orbene, si volle da questi Autori, che anche il periciclo
caulinare, analogamente a quello della radice, fosse pur esso
accompagnato da un Endoderma caulinare, al quale poi lo Stras-
BUROER diede il nome di Fleoterma.
Questo concetto, che può in molti casi avere un fondamento
reale, dimostrabile in natura, fu a torto generalizzato, e dal
campo puramente anatomico, lasciandosi essi trasportare in
D,!„t,zed.yGOOg[e
16 0KB3TB MA1TIR0L0
quello teorico, proclamarono la normalità del fatto, ammettendo
la costante presenza nel fusto di un Endoderma come topografi-
camente esistente.
Fu merito del Belli di avere, con difficili ricerche iatoge-
neticbe, sullo sviluppo iniziale del Cambio, dimostrato che tale
concezione era erronea e che l'esistenza deW Endodertna {FUo-
terma) e del Pericieio non è dimostrabile sia nei Trifola, sia in
molte altre piante, e che per conseguenza i fatti singoli non
si potevano generalizzare come aveva inteso di fare la Scuola
di Van Tieghbu, la quale sulla esistenza supposta eostante delle
due sovraccennate regioni anatomiche aveva imperniato la
Teoria atelica, teoria che, come è noto, sta nella piìi sfretta di-
pendenza dalla supposta esistenza costante deìV Endoderma cau-
linare in prima linea e in seconda del Pericieio.
Sulla presenza dell'Endoderma fu infatti basata la divisione
regionale del fusto primario in : cilindro centrate e corteccia, per
cui, ovt! questa regione, cosidetta endodermica, non esistesse, non
vi sarebbe ragione di mantenere la divisione di cilindro centrale
e corteccia nel senso voluto dagli Autori.
Il paziente lavoro del Belli è in conclusione una critica
sottile, stringente, acuta della Teoria stelica e dei lavori che
cercano di illustrare una concezione che ha oggimai perduto
gran parte della importanza che avrebbe avuto, ove i fatti
avessero corrisposto alla immaginosa interpretazione teorica del
Van Tieoreh e della sua Scuola.
Il secondo gruppo di lavori è dedicato al genere Hieraeium,
per unanime consenso dei sistematici il piìi indiatolato (1), il piti
terribile dei generi dei vegetali vascolari, tanto esso è variabile,
ricco a dismisura di forme, dì varietà, dì ibridi derivanti da
un numero relativamente ristretto dì specie.
(1] Sui cartellini degli esemplari che si aoambiavana Bblu e Astet-
TouTiT, ad ogni momento «i incontrano espressioni che rivelano le difficoltà
che incontravano i due bieraciologi per gietemare le specie critiche. Così a
proposito di una forma di H. coltianum Arv, (var. ttrigulosum Arv.}: Ce
diabU de Oenre voue ditartonne à tout eoupl ti c'iti quand on se eroii le
più» ferri, qu'il voui dé»ar{onne U mieiix.'.'
D,!„t,zed.yGOOg[e
COMUEMOKAZIONE Ul SAVBRtO BELLI 17
Tanto è che Elia Fries, il padre della moderna hieraciologia
(autorità in di scussa), dopo averlo per tanti anni assiduamente
studiato, lo definiva scultoriamente così:
Hieracioruin Genus in opprobrium ScienUae, Bùtanicis adhuc
praebet nodtim quemdam Gordianum!
Il nostro Belli sino dalla giovinezza, quando a Napoli,
sotto la guida di Pasquale, andava eibori zzando, si innamorava
di questa sfinge botanica, così, die di poi non lasciò passare, si
pub dire, giorno senza occuparsene.
Le difficoltà di questo studio lo elettrizzavano, perchè la
complessità dei pioblemi che si riferiscono alla sua sistema-
zione, lo portava in un campo di ragionamenti particolarmente
adatti all'indole della sua mente, dalla natura portata alle
concezioni astratte e alla meditazione.
A poco a poco perdurando egli in questa sua passione dì
studio, diventando tetragono alle difficoltà e ai dubbi che lo
assalivano, e die a volte gli facevano rimpiangere il tempo e le
fatiche durate, riuscì a mettere insieme una delle piii ricche colle-
zioni di Hieracium, la quale volle poi donare al Museo di Torino,
accompagnata da nna biblioteca hieraciologica importantissima.
Studiò quindi la maggior parte delle collezioni italiane;
compulsò le raccolte europee più interessanti; intavolò corri-
spondenza attivissima coi migliori specialisti, giungendo infine
a redigere quella Chiave dicotomica delle specie del genere Hie-
racium crescenti in Italia (V. N. 18) che fa parte del compendio
deiÌA Flora italiana di Adriano Fiori; opera classica, testimonio
della sua rara competenza in questi studi.
Fra ì Hieraciologi più distinti : Artet-Touvet , Burkat.
BiccNELL, Armando Gaotier, Nagei.!, Sudbe, Coste... furono in
intima relazione con lui, ed una fratellanza, mutatasi presto in
tenera, fraterna amicizia legò per tutta la vita Arvet-Touvet,
il competente fra i competenti hieraciologi francesi, al Belli.
Chi legge la biografia di questo botanico dettata dalla
penna brillante di Marcello Mirahoe (1), può farsi un concetto
(1) MiBCBL HiBiNDE, Arvtl'Touvrl botanittt dauphinoi» ri »on eeuvre.
Grenoble, 1915, ' Annalea de l' UntverBÌté de Grenoble,, voi. XXTK,
N. 1. 1915. — Id., Oitimir Arcel-Toutìet botanisti hieradolùgut (18Ì1-19W,
' BulletiD de U Socìété de StotUtique „ tom. XXXIX. 1918.
Atti della R. Accademia — Tol. LV. 2
zed.yG00g[e
18 OBESFB UATTIROLO
delle relazioni riboccanti di passione scientifica che legavano i
due amici, i quali, pure non essendosi mai conosciuti di persona,
vibravano per lo stesso ideale.
Dalia loro corrispondenza emana il profumo del piii schietto
idealismo scientifico, talché non si direbbero lettere di due scien-
ziati che trattano di un Genere di piante, ma di due amanti
che vagheggiano, palpitano per un ideale comune; sono sospiri
di anime nate per intendersi!
Il MiEANDE, a! quale Belli affidava le lettere dell'amico,
che potè quindi seguire passo passo le fasi di questa nobile co-
munione di anime e analizzarla nella commovente biografia di
ÀRVET-TotivGT, ne fu cosi scosso che, scrivendomi teste parole
di acerbo rimpianto per la morte del Belli, cos'i si espresse:
" Si la famille n'avait pas trop de chagrin de se séparer
* de ces lettres, je serais bien heureux qu'elle veuille bien en
' faire hommage k l'Universìté de Grenoble.
° Je les plsrcerais dans la Salle Arvet-Touvet. Là la me-
" moire des deux savants, des deux amis intimes, qui de leur
' vivant ne se sont jamais vus, serait pìeusement conservée.
" Dans cette salle qui contient les Hieraeiums d'AKVEX-
* TouvET, et les lettres à lui écrites par Belli, leur ombres er-
' reront et seront heureuses de se rencoutrer!
■ Voudriez-vous préaenter ce v(eu à la famille du cher
* défant? ,.
Il desiderio del botanico francese, che la vedova di Saverio
Belli pietosamente e generosamente accolse, rivela con quale
ardore, con quale nobile slancio i due amici amarono la scienza ;
come essi intesero e servirono l'ideale che legava le loro anime
assetate del vero!
Ma volle fatalità, che la corrispondenza dei due amici ini-
ziatasi fra i pili ardenti entusiasmi dovesse chiudersi fra i dubbi
e gli scoraggiamenti, per effetto del movimento di idee nuove
che grava oggi sui criteri che dovranno regolare la intricatis-
sima questione della valutazione del concetto delle specie.
Nella sistemazione dei Generi critici (Rosa, Bubus, Mentha,
Enpkrasia, ecc.), e pili specialmente in quella del genere Hie-
raciam, siamo oggi piombati in un periodo di dubbi.
Nessuno infatti ha potuto definire quali sieno i limiti nei
quali si debbano circoscrivere le speric e in quali gradi sieno
D,!„t,zed.yGOOg[e
COMMEMORAZIONE DI SAVERIO BELLI 19
esse mutevoli, e quali caratteri valgano a segnare la dignità
delle mutazioni.
Se le specie sieno o oo espaci di dare ibridi fecondi o ete-
rili ; a quali serie di generazioni convengano queste attitudini,
SODO ancora questioni insolute.
Aggiungasi ancora che i problemi risultanti dalla consta-
tazione dei fenomeni cos'i detti di apognmia, si affacciano ad in-
tralciare queste già intricatissime questioni, a complicarle ancora !
Pochissimo è noto intorno al valore, al modo di compor-
tarsi del polline e degli ovuli delle varie forme, esse stesse
refrattarie per la omogeneità dei loro caratteri agli sforzi di
sistemazione.
Nel campo della Hieraciologia, dove le forme si presentano
variabilissime; dove {come nel Hieracium b&reale, nel H. mu-
rorum, ad es.) si può dire che ad ogni stazione corrispondano
forme particolari, il botanico rimane perplesso, confuso, non sa-
pendo come trarsi d'impaccio per valutare forme davvero tn<;o«r-
cibili.
Sopra tali argomenti si scrissero iiiDumerevoli volumi. Le
teorie si sovrapposero alle teorie, e le parole reboanti, piìi che
i fatti, servirono ad arruffare siffattamente la questione, tanto
che i due amici, dopo tanta somma di lavoro, condotto con im-
peccabile maestria di osservazioni diligenti e sagaci, di fronte
alle nuove gratuite valutazioni delle unità sistematiche e delle
loro relative dignità, sentirono l'offesa che veniva fatta alle idee
per le quali avevano strenuamente combattuto, e si ritrassero
sfiduciati dall'agone, lasciando al tempo il compito di sceverare
il vero dal falso e ricondurre la scienza sulla retta via.
" Nous laisserons certainement ,, scriveva Arvet-Touvet al
nostro Belli, * plus à faire après nous que nous n'aurons faiti
* Mais si les Z.... et 0* s'en mèlent et parviennent à s'y ac-
' créditer auprès dea botanistes, dont la très grande majorité
' n'y entendent absolument rien, tout est perdu peut-étre a
' jamais, et e' est le retour certain au chaoa! ,.
Queste parole rispecchiano le condizioni d'animo del vecchio,
appassionato naturalista, che poco tempo prima di morire vede
scossi, minati gli ideali che rappresentavano la sua fede, la sin-
tesi dell'attività scientifica di tutta la sua vita! Di fronte al
nefasto, travolgente sconvolgimento, egli altro non vede, di altro
D,!„t,zed.yGOOg[e
20 UKESTE MATTIR0I.O
non si preoccupa che del perìcolo che esso abbia a nuocere al
progresso reale della scienza.
li Belli invece non ai ritran^^e subito dalla lotta; aì nuovi
indirizzi di idee sul concetto dì valutazione delle specie si op-
pose energicamente; esponendo con ragionamento serrato, con
sagacia di critica, in un'opera serenamente pensata e limpida-
ineute scritta, i concetti ai quali egli aveva informata tutta
l'opera sua di sistematico.
Egli intese che tale lavoro rimanesse come testimonio tan-
gibile delle concezioni alle quali era stato condotto, sia dal ra-
gionamento, sia sopratutto dalla osservazione delle forme spe-
cialmente di Sieracium e di Trifolium, quali egli studiò in natura.
Le vedute sul concetto filosofico della specie furono affidate
alla nota opei-a Sur la réalité des Espèees en nature (V, N. 41),
che egli, perchè avesse maggiore difi'nsione, scrisse in lingua
francese, essendo destinata al Congresso internazionale dì Vienna,
nel quale si dovevano discutere le leggi della Nomenclatura
botanica.
Il lavoro del Belli, che io cercherò di prospettare nei suoi
concetti fondamentali, esamina e discute essenzialmente le ten-
denze delle opposte Scuole che oggi si agitano e si combattono,
e ohe si combatteranno ancora a lungo, sino a quando cioè agli
argomenti di indole prettamente filosofica si giungerà a sosti-
tuire basi veramente scientifiche e quindi indiscutibili, su cui
poggiare l'edificio.
Ma tali basi, tanto desiderate, sono ancora al dì là da ve-
nire e ci vorrà tempo, studi e ricerche di indole varia, prima
che la verità illumini finalmente la questione intricatissima e
conceda ai sistematici la luce tanto sospirata.
il valore della specie ò inteso oggi secondo due concetti
diametralmente opposti.
Una Scuola considera la specie come una realtà realmente
esistente in natura; l'altra nega questa concezione in modo
assoluto.
La prima Scuola, alla quale appartiene il Belli (I) (quella
che BaiquET definisce col nome dì neojordaniata), ammette che
(1) Iq fondo risalta che al nostro Bklli, come all'amico suo Astbp-Touvkt,
sorridevano gli ideati della tradizione monogenista linneana, quelli che
zed.yGOOg[e
COHMEUORAZIONB DI SAVERIO BELLI • 21
esìstano in natura, nel momento attuale, dei gruppi di vegetali
aventi limiti differenti (grandi o piccoli), rappreaen tanti di unità
attuali e reali; gruppi cioè di vegetali che presentano ai nostri
occhi un certo numero di caratteri in equilibrio etabile, la cui
variabilità oscilla entro limiti definiti e ai quali si dà il nome
di specie.
La seconda Scuola invece (alla quale conviene il nome di
neo-darwinista), nega l'esistenza in natura di questi gruppi ; non
ammette di realmente esìstente in natura altro che l'individuo,
tutte le altre c-ategorie o gruppi considera come astrazioni.
Le specie non sarebbero che una imagine, una concezione
spirituale dì molte esistenze reali, cioè di individui; esse quindi
non potrebbero considerarsi come aventi una esistenza reale.
La prima Scuola, tende in conclusione a dare una base
pratica alla sistematica; a salvare la specie linneana per non
distruggere il vasto complesso sul quale si inquadra tutto l'odierno
ordinamento tassonomico; la seconda invece induce ad un lavoro
di astrazione, sostituendo alla nozione di specie assoluta, real-
mente esistente, il concetto di specie relativa.
Con profondità di critica, con dovizia di argomentazioni,
con vastità di cultura, entra il Belli nel contrastato arringo
per dimostrare che la specie non è ne una illusione, ne una
astrazione, ma una realtà collettiva di individui nati l'uno dal-
l'altro nel tempo e nello spazio, la sintesi di una aerìe reale di
individui aventi caratteri comuni.
Se la specie fosse una illusione la sistematica non avrebbe
piii ragione di esistere!
La Storia ammonisce che più profondamente si studia un
genere di piante più aumentano le difficoltà di sistemarlo. Se
finora vaghiamo nel dubbio, ciò dipende dal fatto che è impos-
Jdssibv, Da Cavdollb, Cutibb avevano appo^giftto coli» loro autorità e che
il BoiBiin ha concettosamente esposti nella Prefazione della Flora orien-
taUà (p. mi). BoiMiBB infatti riteneva le specie, ' non conime des con-
' ceptioiu arbitraires de l'esprìt humain, mais corame dee créationi soHies
* a des époqaea diverses de la pnisBante main de Dieu, ne ponvant se
' traoBmner l'one en l'antre, mais sonvent Tariableii dant des limites phis
' on iboìdi étendnes, quetquefoie difBciles àtracer, mais qui toujoars eiistent
* «t qn'ellei ne dépassent jamais ,- Questa frase, come riferisce il Hiiìmi>b
(loc. cit-, pag. 15), era sovente ripetuta da Abtri'Todvbt.
>y Google
22 ORESI'B HJlTTIR0t.O
Bibile avere aotto gli occhi, in una data unità di tempo, tutti
gli individui esistenti nel globo, provenienti da altri ÌBdividui
della stessa specie.
Che se ciò fosse possibile noi avremmo sotto gli occhi, non
già una astrazione, ma l'insieme reale degli individui, costituenti
la materialità reale, dovuta alla successione ininterrotta di tutte
le forme derivanti dai loro parenti in un dato momento della
attualità.
La impotenza nella quale ci troviamo di comprendere la
specie assoluta nel suo insieme, non è però, secondo Belli, una
ragione per negare l'esistenza reùle della specie.
Quanto piil sarà possibile disporre di materiati abbondanti e
di mezzi piil perfezionati di investigazione, tanto pib ai potranno
riconoscere i limiti reali delle specie ed i valori intermediari
potranno essere piii esattamente compresi.
Il reale potrà cosi essere separato dal transitorio, e la luce
e la semplicità ritorneranno a rifulgere là dove erano confn-
sione e dubbi.
L'incertezza inevitabile oggi nei lavori di sistematica, dice
il Belli, non deve essere attrìtmita alla non esistenza della
specie, ma alla impossibilità di abbracciarne tutta la corporea
materialità.
Chi avrebbe detto trenta aolti or sono, quando imperavano
le dottrine evoluzioniste darwiniane, che esse sarebbero state
co8\ presto discusse P
Il Belli si preoccupava dei danni che le teorie a base di
eccessiva astrazione filosofica avrebbero prodotto alla sistematica,
demolendo il vasto, complesso edificio nel quale si inquadra
tutto il materiale floristico, senza ricostruirne un altro ; negando
senza produrre fotti, portando il caos ove già regnava un ordine
relativo basato sulle osservazioni oggettive, rendendo quasi im-
possibile l'opera dei monografì.
Però, secondo noi, sino a quando non saranno esattamente
noti i caratteri e le potenzialità degli ibridi, la cni importanza
genetica è venuta sempre più affermandosi colle teorie mende-
liane e con le moderne ricerche sul comportamento delle linee
pure; sino a quando non saranno note le importanze dei fattori
genetici, delle attività polliniche ed ovulari, ecc., non sarà con-
cesso ragionare con esattezza e stabilire i limiti di possibili
D,!„t,zed.yGOOg[e
COmiBUOKAZIONB DI SATBRIO BBLLI 28
Tariazìoni ; né avere un concetto sicuro di ciò che dovrà inten-
dersi coi Domi di specie, sottospecie, varietà, ecc.
La sistematica non giungerà a dignità di scienza se non
quando saranno noti questi elementi di giudizio; ma siamo pur
troppo da ciò ancora ben distanti e finora la verità assoluta
continua a rimanere oltre i limiti delle nostre conoscenze.
L'unità sistematica linneana, la specie cosìdetta elementare,
deve essere l'insieme di tutti gli individui i quali mantengono
i loro caratteri anche nelle generazioni successive, a meno che
non intervengano fatti di vera e propria mutazione.
La sistamatica linneana giudica in base al principio di
creazione. La genetica in base a quella di isogenesi.
Il concetto di specie linneana potrà rimanere fisso per il
sistematico che giudica gli individui quali sì presentano^ ma non
potrà essere tale per chi si occupa di genetica e giudica l'individuo'
analizzandone le discendenze, e sulle basi di tali considerazioni
cerca di fissarne il valore, il significato, la posizione, la natura.
I lavori hieraciologici ai quali già abbiamo accennato, non
costituiscono tutto il corredo che il Belli ci lasciò come testi-
monio della sua singolare perizia nella conoscenza di questo Ge-
nere; perocché, oltre alla Chiave, ci rimangono di lui otto Memorie
nelle quali egli studiò alcune specie di Hieracivm considerandole
dai ponti di vista storici, critici e sinonimici, e fra le quali
sono notevolissime quelle che si riferiscono ad alcune specie di
Alliobi, di MoRis, di Boissier, Pìncic, ecc. (V. N. 12. 15, 17. 19).
Ài Hieracium rimase Belli fedelissimo sino alla morte di
Abvkt-Topvbt, avvenuta il 4 marzo 1913; la scomparsa di lui
fu dal Belli così dolorosamente sentita, influì così profonda-
mente sullo spirito suo, che segnò una orientazione nuova nelle
sue speculazioni scientifiche. I Hieracium, ai quali per tanti anni
e con tanto ardore di passione aveva dedicato le sue cure,
a poco a poco furono da luì abbandonati; essi gli ricordavano
troppo la scomparsa dell'amico del cuore e le acerbe lotte so-
stenute contro i nemici dei suoi ideali scientifici!
Così egli, a partire .dal 1913, volse con piìi ardore la mente
a ricerche di indole filosofica sulla origine delle specie, ammas-
sando note e considerazioni, nell'intento di riordinarle in una
opera di polso, di cui lasciò scritti solo frammenti, avvegnaché
la morte lo cogliesse rapidamente.
zed.yGOOgle
24 OKBSTB MATTIKOLO
Del reeto non soltanto ai Trifogli e ai Hieradum aveva
rivolto il Belli la sua attenzione durante la sua carriera scien-
tifica.
Egli che nella conoscenza dei vegetali superiori era Maestro,
sistemò secondo i concetti ài Hackel {N. 24. 27) l'ingente ma-
teriale delle Festuche conservate nelle collezioni del Museo di
Torino, scrivendo due magistrali lavori comparsi nel giornale
botanico " Malpighia ,, dove pure pubblicava alcune sue interes-
santi Note Bopra specie rare della Flora italiana (V. N. 22-23).
Alla conoscenza della vegetazione sarda contribuì egli pure,
quando facemmo assieme conoscere ai botanici italiani i mano-
scritti ignorati di Michele Plazza da Villafranca Piemoute, di
quasi cento anni anteriori alla Fhra Sardoa del MoHis (V. N. 30).
Di parecchie rare specie italiane, di elenchi di piante si
occupò egli in epoche differenti (N, 21. 25. 26. 28), mentre nel*
l'anno 1904 descriveva e dedicava al compianto e rimpianto
comune amico, il Dottor Filippo Vallino, la curiosa e interes-
sante Euphorbia VaUiniana, apprezzato endemismo della Flora
pedemontana (N. 29).
L'ultimo suu lavoro, venuto alla luce dopo la sua morte,
è ancora uno studio sistematico e critico sulla controversa AUhaea
Taurinensis di De Candolle (K. 31).
Xè il Belli si interessò soltanto alle piante vascolari, che
in alcune notevoli contribuzioni trattò pure delle piante Tallofite
e particolarmente si interessò alle forme fungine superiori, che
gli arano profondamente note.
Due suoi contributi alla Flora micologica della Sardegna
illustrano forme nuove interessantissime, quali sono il Boletus
Sardoua Belli et Saccardo e il Montagnites radioaus Ilolloa
var. isosporui Belli (N. 33. 34. 35).
Gli studi sui frumenti carbonati rappresentano un prezioso
documento sulla Tilletia laevis Eilhn, anche per ciò che essi si
riferiscono alla sua importanza sanitaria (N. 32).
Delle benemerenze di Saverio Belli e della fervente opera
sua come Socio della Reale Accademia di Agricoltura, già disse
con affettuoso fervore e con elevatezza rara di sentimento il suo
allievo diletto Giovanni NBoai. Egli parlò di lui così bene e
cosi giustamente nella solenne Commemorazione testé svoltasi
in seno a quella Società, che io non trovo parole da aggiungere
>y Google
COMMBUORiZIOKB DI SAVERIO UELLI 25
alle aue, die non siano di schietto e doloroso rimpianto per chi
ha saputo, come il Belli, portare, anche nella pratica applica-
zione dei concetti scientifici, la più larga, apprezzata, illuminata
contribuzione di niente e di azione in elevate discussioni, in
geniali e provvide inìitiative.
In questi aitimi anni, specialmente dopo la morte di Arvbt-
TouvET e l'inizio della guerra europea, Saverio Belli cominciò
a mostrarsi fisicamente e moralmente assai mutato.
Le ali balde della Musa del nostro buon poeta maccheronico
si andavano ripiegando sotto il peso di una continuata malinconia -,
le odi latine e le satire del nostro caro " Orazio ftucddo , non
comparvero più spigliate, audaci e svelte a rallegrare le solen-
nità maggiori del convento de] Valentino, intese a ricordare
.l'amato maestro nostro Giuseppe Gibelli.
L'ultimo carme scherzoso, pieno di humour, egli lo compose
(e fu pubblicato da un giornale cittadino) due anni or sono,
quando aveva potuto lasciare il ietto, ove per due mesi lo aveva
piombato un disgraziato investimento automobilistico, che forse
fu la causa remota della sua morte immatura.
Poi il disgusto profondo provato per l'increscioso procedere
di certi elementi locali, nemici anche del nome della patria; le
TÌcÌB8Ìtudini delta guerra immane, le dubbiosità del momento
politico attuale piombarono a poco a poco l'animo onesto e pro-
fondamente patriottico del BetLi in uno stato di inquietudine.
Tristi presentimenti lo assalivano, così che perdette la fede nel-
l'avvenire e l'entusiasmo al lavoro, che era stato ragione della
sua vita.
Egli tristamente .si accasciò e persino giunse a staccarsi
definitivamente dai suoi Hieracittm, che volle con gentile pensiero
lasciare come ricordo al Museo di Torino unitamente alla pre-
ziosa biblioteca hieraciologìca, dalla quale non si era staccato
quando generosamente donava all'Istituto di Cagliari tutti i suoi
libri e il suo microscopio.
La salda sua fibra per alcun tempo lottò con tenacia incre-
dibile contro al male inesorabile; e senza che egli negli ultimi
D,!„t,zed.yGOOg[e
26 ORESTE UATTIROLO
giorni potesse avere coscienza del suo stato, abbandonò incoB-
sotabile ]a consorte diletta e gli amici.
Saverio Belli, tempra salda di uomo, meravigliosameDte
adatta alla complessa vita del pensatore, del crìtico, del filosofo,
dello scienziato, del poeta, del musico e dell'uomo di lettere,
non fu ugualmente uomo di azione nel senso m6demo della
parola.
Egli fu piuttosto un sognatore; coraggioso di fronte al
pericolo, ma dubbioso e timido nelle avversità della vita, che
visse solitaria coi pochi e fidati amici botanici, ai quali consacrò
l'ultimo suo lavoro (1).
Io intimo quotidiano commercio con Saveeio Belli ho tra-
scorso la pili gran parte della mia vita di Laboratorio. Con lui
ho sognato nella giovinezza, con lui più tardi ho conosciuto le
battaglie e la realtà delle cose. Ora che l'età grava e che gli
entusiasmi sono svaniti, sento tutto il valore e il dolore della
perdita di quegli che Fu per me amico sincero e leale. La sua
memoria rimane impressa nel mìo cuore e legata a ricordanze
che né il tempo, ne gli eventi cancelleranno.
(1) 11 lavoro (N. SI) della Bibliografia fa infatti dal Bblu dedicato ai
' Gola, Negri, Santi e VigDOlo-Lutati e all'instancabile e diletto suo
aioo il Conservatore del R. Orto botanico di Torino Cht. Enrico Ferrari.
Devo all'abilità e alla cortesia dell'amico D'* Felice Masino
il ritratto dt Saverio Belli, tratto da una istantanea eseguita
circa il 1900 dal compianto Avv. V. Ferrerò.
D,!„t,zed.yGOOg[e
COHUBVOR AZIONE DI SAVERIO BELLI
BIBLIOGRAFIA
Studi e ricerche sul gen. " TrlfoUum , Llnn. (l).
1. Bmlli 8. e OiBiLLi 0., IfUomo àUa morfologia differenziale esUma
ed aUa nomenclatura delle specie di ' Trifolium , della sezione
* Amaria , Presi, crescenti spontanee in Italia. Nota crìtÌGS. "Atti
della R. Acc. delle Scienze di Tonno ., voi. XXII, Torino. 1887.
2. * Trifolium Barbeyi , novam speeiem, ecc., ' Atti della E. Acc.
delle Scienze di Torino ,, voU XXII, Torino, 1887 (con 1 tavola).
8. Binala critica e descrittiva delle specie di ' Trifolium , ita-
liane e affini, comprese neUa sez. * Lagoptis , Koch. Saggio di
una Monografia dei Trifolìi italiani. ' Memorie della R. Acosd.
delle Scienze di Torino ., serie II, tom. XXXIX, Torino, 1888
(con nove tavole).
4. Rivista critica <2eUe specie di ' Trifolium , italiane, sezione
' Chronosemium , Ser. in DC. Prod. TI, p. 204. — CanOUri
gener<di dei ' Chronosemium , e della Stirps * Agraria , N<^.,
' Malpighìa „ voi. Ili, Genova, 1889.
5. — — Rivista critica dette specie di ' Trifolium , italiane comparate
con quelte del resto d'Europa e delle regioni circummediierranee
dàle sezioni: ' Galearia „ Presi., " Paramesus , Presi., ° Mi-
eraniheum „ Presi., ' Memorie della K Acc. deUe Scienze di To-
rino a, serie II, tom. XLI, Torino, 1690 (con tre tavole).
6. — — Rivista critica delle specie di * Trifolium „ italiane comparate
con quelle dd resto d^ Europa e delle regioni circummediierranee
dMa sezione ' Trigantkeum , Nobis (" iiirtyUus , Fred, pp.),
* Mem. R. Acc. Scienze di Torino ,, serie II, tom. XLII, Torino,
1691 (con tre tavole).
7. Bklli S., Sui rapporti aistematieo-biologiei del ' Trifolium subter-
raneum , L. cogli affini del gruppo ' Calycomorphum , Presi.,
* Malpighia „ enno VI, voi. VI, Genova, 1892.
8. BiLLi S. e QiBiLLi G., Rivista critica delle specie di ' Trifolium ,
italiane comparate con quelle dd resto d'Europa e ddte regioni
(1) I lavori sono elencati in ordine e
D,!„t,zed.yGOOg[e
28 ORESTE MATTIBOLO
circummediletratiee delie sezioni: ' Calycomorphum , Preri.,
' CryptoBciadiìtm , Celak, ' Mem. E. Ace, Scienze di Torino ,,
serifl II, tom. XLUI, Torino, 1892 (con tre tavole).
9. Bblli S., Rivista critica delle specie di ' Trifolium , italiane com-
parate con qtteUe straniere della sezione ' Lupinaster , fBttxbaum),
' Mem. R. Acc. Sciente di Torino „ serie II, tom. XLIV To-
rino, 1893 (con due tavole).
10. — Endoderma e Peridclo nel gai. ' Trifolium , t« rapporto colia
teoria della Stella di V. Tieghem e Douiiot. Osservasioni anato-
mico criticli e. ' Memorie R. Acc. Scienze di Torino,,, serie II,
tom. XLVI. Torino, 1896.
11. — Neue Beitràge zur Flora der Balkaninael insbesondere Serbietu,
Bosniens und Herzegooina von K. Fritsch. Gen. ' Trifolium ,
bearbeitel von Dr. S. Belli, ' Naturwiss. Verein fiir Steiermark ,,
1910, voi. 47.
Studi e ricerche sul genere ' Hieraclum , Llnn.
12. Belli S. Che cosa sieiio " Hieracium sabaudum , L. e ' Hieracium
sabaiidum , Ali. Studi critici. ' Malpighia ,, anno III, 18S9,
p. 433 (con tre tavole).
18. — Notizie sopra alcuni 'Hieracium „ 'Malpighia ,, anno II, voi, II,
1888-89, p. 342.
14. — Osservazioni su alcune specie del genere ' Hieracium , nuove per
la Flora Pedemontana, ' Malpighia „ III, 1889, p. 134.
15. — 1 ' Hieracium „ di Sardegna. Itivista critica delie specie note
dalla fiora Sardoa di Sforis e del Catalogo di W. Barbey. —
Specie nuove perla Sardegna e notizie sul 'H.crinitum„ Sibtk. Sm.,
• Mem. R. Acc. Scienie di Torino ,, serie II, tom. XLVII, To-
16.
— Un cospicuo dotto scientifico al B. Istilnto botanico deltVniper-
sita di Torino, Firenze, "Giornale botanico ital. ,, 1898.
— Il genere * Hieracium „ neUe Opere e nell'Erbario di AUioni,
" Malpigbia,, voi. XVIII (Volarne pubblicato per le Onoranze
centenarie di C. AUioni), Genova, 1904.
— Chiaee dicotomica per la determinazione d^le principali specie
crescenti in Italia del gen. ' Hieracium „ Padova, 1904 (Dalla
* Flora analitica d'Italia , di A. Fiori e 0. Paolettì, ecc.).
— Sul ' Hieracium undulatum , Boiss. ('H. Naegeliùnum , I^ncic),
' Ball, della Soc. bot. ital, ,, p. 71, Firenze, 1907.
— Intorno ad alcuni ' Hieracium , d^ Abruzzo, raccolti dal pro-
fessore Lino Vaccari, ' Ball. Soc. bot. ital. „ 1907, p. 98.
D,!„t,zed.yGOOg[e
COHUGUOBAZIONB VI 3ATEK10 BELLI
Sistematica delle Fanerogame.
21. Bklli S., Elenco di (àcune piante che si incontrano nei dintorni
di Cesano Torinese (in Piolti, Nei dintorni di Cesano), * Bol-
lettino C. A. I. „ voi. XX, n. 51. p. 259, 1887.
22. — ' Viola Lancifolia , Thor. Località nuoi>e delia ' Saxifraga fio-
ruJenta , Moretti, ' Malpìgbia ,, anno 11, voi. Il, p. 342 (1838-89).
23. — ' Carduus nutans ,, var. " latisqiiamus , Belli, ' Molpighia ,,
anno II, voi. II, pag. 265 (1888-89).
24. — Le Festuche italiane del R. Museo botanico torinese, enumerate
secondo la Monografia di Hackel, * Malpi)^bia ,, 111, 1889, p. 139.
25. — SuW ' Helianthemum VìDÌani , Poli., ' Atti del Congresso Bota-
nico Intemazionalp ,, 1892. Genova, 1893.
26. — " Rosa Jundiilli , Besser (nuoea jier la Flora italiana), ' Ball.
Soc. bot. italiana ,, Firenze, 1896.
27. — Le Festuche italiane negli Erbarìi del B. Istituto botanico di
Torino, " Malpighia „ voi. XIV, p. 275, 1900.
28. BiLLi S. e Mattirold 0., Note botaniche sul materiale raccolto dalla
spedizione polare di S. A. B. Luigi Amedeo di Savoia (1899-900J.
Milano, 1903 (Dall'opera : ' Osservazioni scientìfiche eseguite do-
rante la Spedizione polare di 8. A. K. Luigi Amedeo di Savoia
Duca degli Abruzzi, 1899-1900 ,).
29. BiLLi S., ^ Euphorbia Valliniana , nov. sp., 'Annali di Botanica ,,
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30. Belli 3., Mattirolo 0., Taramblli A., Michele Antonio Piazza da
ViUafranca (Piemonte) e la sua opera in Sardegna, 1748-1791,
" Memorie della R. Accad. delle Scienze di Torino ,, serie II,
tom. LVI, Torino, 1906.
51. Belli S., H'Althuea Taurinensi s , DC. ed i .suoi rapporti colU
specie affini crescenti in Italia, "Atti della R. Accademia delle
Scienze dì Torino,, voi. 54, 1918-19.
Sistematica delle Crittogame.
52. Belli S., La questione dei grani carbonati. Studi e relazioni. To-
rino, Pratelli Pozzo, 1896.
— — Trad. : La question des bUs mouchetés. Eiamen mkroscopiqae
et rapport. Tarin, 1906.
33. — Addenda ad Floram Sardoam. Cryptogamae (Fititgi). ' Boll.
Soc. bot. ital. ,, p. 225, Firenze, 1903.
>y Google
30 ORESTE HiTTIKOLO — COHHBHO RAZIONE Dt SAVERIO BELLI
34. Bblli S., ' BoleiUB sardous , Belli et Saceardo (n. sp.), * Atti della
a. Acc. delle Scienze di Torino „ voi. XLII, Torino, 1907.
86. — Addenda ad Floram Sardoam (CryjAogamae), ' Annali di Bo-
tanica „ Tol. VI, Roma, 1908.
36. — Ancora una parola suU' *AgarÌcus (PsaUiota) eampestris , L.
e guUa gua eoUioazùme in Italia, ' Annali della B. Accademia di
Agricoltura di Torino „ voi. LXI, 1918.
Opere varie.
37. BxLLi S., Giuseppe QibeUi. Commemorazione. "Ànnnario R. Uni-
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38. — Botanica sistematica, ' Nuova Enciclopedia Agraria ,, Torino,
Unione Tipografico-Editrlce, 1898.
39. — Oiuaeppe GihrMi. Commemorazione. " Annali della R. Accademia
d'Agricoltura di Torino „ voi. XLII, Torino. 1899.
40. Bklli S., Lezioni di Botanica (Gdìz. litogra&ta ad uso degli stu-
denti), 1899-900.
41. — Observations critiquea sur la rialiti dea espèces en nature att
paini de vue de la agstématique dea vigitaux, Turin, 1901,
G. Clauaen.
D,!„t,zed.yGOOg[e
MAURO PICOHB — SOL CAMBIAMENTO DELLA TARIABILK, ECC.
Sol eanblamflDto della variabile di lotegraziODO
neirintegrile di Lebespe
Nota di UAURO PICONE (a Catania)
Nella bella memoria Sur l'intégrale de Lebesgue ('} il de
la Vallee Poussin tratta ancbe del cambiamento della variabile
di integrazione nell'integrale di Lebesgae, enuDciando in pro-
posito teoremi di grande utilità nelle applicazioni e pia gene-
rali dì quelli a cui era già pervenuto l'Hobson (*).
L'argomento è importante, ed io mi permetto, in conside-
razione di ciò, di far conoscere con questa Nota, insieme a
qualche risultato nuovo, semplici e nuove dimostrazioni dei
Teoremi enunciati dal de la Vall^ Poussin,, le quali mi sem-
brano immuni da ogni obiezione. Alla dimostrazione fondamen-
tale del de la Vallèe Poussin, condotta col metodo, talvolta
assai proficuo, delle funzioni maggioranti e minoranti (>), parmi
si deva obiettare che, non essendo stabilito che le funzioni Fi (x)
e F,(x), rispettivamente maggioranti e minoranti, che Egli in-
troduce, abbiano numeri derivati limitati, non è lecito conclu-
dere, dalla sola ipotest dell'assoluta continuità di ^i (x), ■Fi(x),
<p(f) l'assoluta continuità delle funzioni /^i[cp(0], i^t[9(0]-
{') Db l* VitxAi Poussin, Sur l'inUgraU de Lrbetgut (' Transaction ot
the american mathenatioat Society ,. 1915).
O HoBsos, Oh ehange of fht eariaUe in a Ltòague ìnttgral (' Proceediugs
of the London mathematica! Society ,, 1909).
0 Cfr. anche il n" 70 del recente libro del dk li VàllA* Podssik, Inti-
graie» de Lrbe»gite, fonction* d'ennemblt, elas»eg de Baire, Collerione Borei
iParii, Gaathier-Villara, 1916).
D,!„t,zed.yGOOg[e
32 MAURO PICONK
1. Posizione della questione. — Xell'intervallo finito {to, 7^
dell'asse t, sia definita la funzione x = 'p{t) che supporremo
sempre limitata da due numeri dell'intervallo finito (Xf,, X)
dell'asse x.
Si sa clie: Se f(x) è una funzione defittila nell'intervallo
(Zoi^) e <t^ continua, e <p(t) possiede in (t^, T) una derivata
unica q)'(t), continua, sussiste l'eguaglianza:
ove t i un qualunque valore in (to. T).
La formola (1) traduce la regola del cambiamento della
variabile di integrazione. Ponendoci nel campo delle funzioni
finite e misurabili, ci domandiamo, sotto quali condizioni per le
funzioni f{x) e <p(i) risulta ancora valida la formola?
Ponendo, nella (1), f{x)^ 1, essa dà:
(2) <p{()-q>((o) = |^9(T)dT.
Si ha dunque, in virtù del teorema Lebesgue-Vitali (>):
Condizione necessaria affinchè, qualunque sia la funzione finita
e misurabile t(x), valga la formola (1). del cambiamento della va-
riabile di integrazione, è che la funzione 9(t} sia in (to, T) aiso-
lutamente continua.
Supposta pertanto q>(f) assolutamente continua in (^, T),
essa possiede quasi ovunque in {1^, T) una derivata unica a
finita q>'(0- Sia H quell'insieme di misura nulla contenuto in
(^oi "Hi nei punti dei quale la <p(t) non possiede una derivata
unica e finita. Le funzioni
nvmv'it), v'it)
che compaiono nelle formolo (1) e (2) sono definite per essere
/'[<p(f)] finita nell'insieme CH, complementare di H rispetto al-
l'intervallo {to, T). Sottintenderemo sempre di escludere, dall'in-
tervallo (to, T), i jtunti che appartengono ad H. Indicando con
(') Cfr., per eaempio. ui 1.1 Vallék Pol'ssik, libro citato a pag. 1, n* 74.
D,!„t,zed.yGOOg[e
SUL CAMBIAMENTO DELLA VAItlABlLK DI ISTEGBAZIOSB, ECC. OS
A(f) uno determinato dei quattro numeri derivati della fun-
zione q>{t). le forinole (I) e (2) si scrìvono anche:
(3) j^™/(»)<(j = ||_f[q>(T)]A(T)ÌT,
(4) 9((ì-?.«.)=f|^A(,)rfT,
e la nostra questione può cosi essere formulata:
Supponta la funzione cp (f) assolutamente continua in (to , T),
siaòUire delle condizioni per la funzione misurabile e finita f{x),
sotto le quali sia assicurata la validità della formala (3), ove A (t)
designa uno determinato dei quattro numeri derivati di "p(t).
2. Fonzioai dì fìmzìoDÌ. — Premettiamo un breve studio
della questione seguente:
Se f(x) i misurabile in (Xq, X) e cp(t) in (t^.T), che cosa si
può dire sulla misurabilità della funzione f[<p(t)] in (to,T)?
Per questo studio rìcotreremo dappnina alla identità, sta-
bilita dal Lebesgue (*), delle funzioni misurabili (B) (misurabili
al modo di Borei) con le funzioni di Baire.
Si sa intanto che se f{x) in {x^.X) e ip(i) in ((o, T) sono
continue, la funzione f[<(>{t)] è continua in (1^, T). Se, cioè, f{x)
in {xo, Xi e tp{i) in (fo.'H ^do misurabili (B) e di classe zero,
f[v{t)] è misurabile (B) e di classe zero in (Iq, T).
Dico che se f{x) è continua e <p(() misurabile (B) e di
classe uno, f[<p(t)] è misurabile {B) e al piìi di classe uno. Es-
sendo infatti <p{t) di classe uno, essa è la funzione limite di
una certa successione <Pi{()' <Pi(Ot- - - <^i funzioni continue (di
classe zero), limitate ai limiti inferiore e superìore di ip(f) (*),
/'[<p(f)] è dunque la funzione limite della successione di funzioni
contìnue flViit)]. f[<Vì{t) ).■■., e pertanto essa è al pib di classe
(') LsBisoL-K, Sur Ita fonetions i-rpr^rnlaUen analytiqueintnt (' Journal
de Hatfaématiqne ,, I90S).
t*) Seguendo una locuzione introdotta dal de la Vallèe Pouaiin, diremo
che una funzione t(i) è ottenuta dalla funzione u{i) limitandola ai nu-
meri a e fr {a < b). «e si pone e (1) = ■• ('), qnando u ha un valore com-
preso nell'intervallo (a, 6), e ((1 ^ a, quando è h < a, e (ti => 6, quando
fe M > 6.
Alti della R. Accademia — Voi. LV. 3
D,!„t,zed.yGOOg[e
34 MAUKO PICONE
Col metodo di dimostrazione por induzione completa (') si
stabilirà dunque che:
Se f{x) è continua e q)(0 misurabile {B) di classe {finita o
trantfinita) a, f[v(t)] è misurabile (fi) e al pili dì classe a.
Con ragionamento del tutto analogo a quello precedente,
si vede cbe se f{x) è misurabile {B) e di classe uno e (p(f) mi-
surabile (B) di classe a, /'['p('l] è misurabile (B) e al più di
classe a -{- 1, e si riesce infine, per induzione, al teorema:
Se f(x) m (xo, X) e q>{t) in (to, T) sono mÌBurabili (B),
f[<P(t)] i misurabile (B) in (to. T), Se f(x) è di classe p e (p(t)
di classe a, la funzione f[(p(t)] è al più di classe a + P (*).
Sia, di nuovo, f{x] continua in {xg, X). Dividiamo l'inter-
vallo (Xf,, X) in M parti eguali mediante ì punti di divisione
Xo, Si, Xt. . . . , a;„_i, x^ = X. Definiamo la funzione f^{x) po-
nendo: f„{x)=f{xo) per Xo^x<Cxi, f^{x) = f(xx) per x^^
^x-C^t' ■ ■! A(2^) — A^»-i) PS'" a',_i^ a:^3-„. Si ha:
limr.W = /'(«).
Sia ora (p{i) una funzione misurabile in (tg, T). Dico che
/"» [v W] è pur essa misurabile in {to, T). Ed invero l'insieme
dei punti di ito,T) per cui /", [tp (/}]>■ A , supposto che
f(xj), f{x,), . . . siano quelli fra gli » numeri fix^), f{xi). . . .,
f{x„.i) che superano A, è formato dalla somma dei seguenti
insiemi misurabili, in numero finito: l'insieme dei punti di
((o, T) per cui a^, ^<p(0<T.-+it l'insieme dei punti di (t^, T)
per cui a;, ^9(<)'<^i+i. La funzione /"[(p(i)] è il limite
per ft ^ 00 della successione dì funzioni misurabili /'i[cp(/)],
/sLvC)] °^ segue che /'[vO] ^ misurabile.
Se dunque f(x) è continua e q>(f) è misurabile, /'[cp(t)] è
misurabile. Se ne deduce, per induzione, il teorema:
Se f(x) è in (X(,,X) miaurabile (B) e qi(t) è ih (t^, T) mi-
surabile, fl(p(t)] è misurabile in ((o,T).
Alle conclusioni a cui siamo ora pervenuti, conferisce un certo
interesse anche il seguente esempio, che esse permettono di
(') CIt. il n" 33, datits dt Bairt, del libro del de la Vallèe Pousiin,
citato a pafif. 1. •
(*) È facile vedere come va qui inti'su la somma a -!- ^ dei due numeri
>y Google
SDL CAMBIAMENTO DELLA TARlAfiILB DI INTEOKAZIONE, ECC. 35
costruire, dì un'infinità non nunteraìnle di insiemi misuratiti, a
due a due sema punti comuni, costituenti un insieme misurabile.
La variabile x percorra un insieme E^ contenuto in {xo, X).
Sia x = tf>{t) la solita funzione, supposta mieurabile in (t^, T).
Si designi con £,''' quell'insieme misurabile formato dai punti
del tratto (to, T) per cui:
9(0 = ^.
X essendo un punto determinato di E^, AI variare di x nell'in-
sieme Ei,, l'insieme AV' descrive un insieme E, che è costituito
da un'infinità (numerabile o no aecondocbè lo è o non lo è l'In-
sieme Ef) di insiemi misurabili AV', a due a due senza punti
comuni.
Sia e{x) la funzione caratteristica dell'insieme E^ ('), defi-
nita nel tratto {xo. X) in cui è contenuto E^. La teoria prece-
dente, applicata alla funzione e[p(01t definita in {to, T). che ri-
sulta la funzione caratteristica per l'insieme E,, ci permette di
asserire che:
Se l'insieme E^ e la funzione (f>{t) sono misurabili (B), tale
è anche l'insieme E,. Se a è la classe di q)(f) e ^ la classe
di Eg, l'insieme E, risulta al più della classe a -|- p. Se l'in-
sieme E:, è misurabile {B) e la funzione q)(0 è misurabile, l'in-
sieme E, risulta misurabile. Sussiste dunque il teorema:
Si abbia una famiglia F di insiemi misurabili, a due a due
senza punti comuni, tutti contenuti nell'intervallo (fg, T) dell'asse ^
Esista un insieme E^ di punti dell'asse x, nell'intervallo (x^, X),
i cui punti siano in corrispondenza biunivoca con i sìngoli in-
siemi E,'-''> componenti la famiglia F, allora, se si può definire
in (^0, T) una funzione misurabile <p(0, soddisfacente alla limi-
tazione Xo^t>{t)^X, che per ogni punto dell'insieme E,''"'*
abbia il valore costante x, ascissa del punto (xq, X] corrispon-
dente a questo insieme, e se E^ è misurabile (B), si può con-
cludere che i punti della famiglia F formano un insieme misu-
rabile, che riesce inoltre misurabile (B) se la funzione qi{l) è
in (((,, T) por essa misurabile (B).
(') Db li VillAb Poussin, libro citato a pag. 1, ii° i
>y Google
'ìfi MADKO PICONB
Si offre spontaneamente l'esame della questione inversa di
quella teste trattata, e cioè l'esame della misurabilità dell'in-
sieme Ex di (xq, X) descritta dalla x, legata alla t dalla rela-
zione x^(p(f), quando t descrive un insieme misurabile E, di
(^0, T). Tale esame e stato già fatto dall'Hobson, nella nota
citata. Noi lo riprendiamo qui, ottenendo qualche risultato
nuovo.
La funzione limitata x^9(f) sia monotona, e, per Rasare
le idee, supponiamola non deorencente. I punti di discontinuità
della (p (0 formano un inaieme numerabile di punti. Siano / e Z.
i limiti inferiore e auperiore di q>(<} in {lo, T), si ba fo^f^
^ L ^ X. Siano ti, t^, , t.., . . . i punti dì discontinuità di
tp{t), e ai ponga:
Xj = <P ((, - 0) . Xn" = tP {(. + 0) .
Al variare di t nell'intervallo {t,,, T) il punto x descrive
l'insieme di punti che sì ottiene dall'intervallo (a^o, X) togliendo
da esso la seguente infinità numerabile dì intervalli (gli estremi
inclusi)
{xa, l), {L, X). {»,', Xi"), (x,\ Xi"), ...,
ed aggiungendo, eventualmente, un numero finito o un'infinità
(numerabile) di stremi degli intervalli indicati. L'insieme de-
scrìtto da :r è perciò misurabile (B).
Pertanto: Se la funzione x = q>{t) è monotona, mentre t
descrìve un intervallo di (((,, T), x descrive un insieme misura-
bile (B) di (xo, X). Ne segue il teorema:
Se la funzione x ^ (p (t) è monotona, mentre t descrive in
(to, T) II» insietne E, misurabile (B), x descrive in (xo, X) mi in-
sieme Egi esso pure misurabile (B).
Supponiamo ora che la funzione a ^=v ((), oltre ad essere
monotona, sia assolutamente continua. Sìa E, dì misura nulla,
esso aai'à allora contenuto in un insieme costituito da un'infi-
nità numerabile di intervalli (Of, p,), la cui misura £(6, — a,)
può rendersi piccola a piacere. L'insieme corrispondente E^ ri-
sulta contenuto nell'insieme costituito dall'infinità numerabile
di intervalli [vi^dy f> {?•)]. la cui misura £[q)(p,) — (p(ai)], in
D,!„t,zed.yGOOg[e
SDL CAMBIAMENTO DELLA VARIABILE DI JNTEQKAZIONE, ECC. 37
virtii dell'assoluta continuità dì (ft{l), e infinitesimo con Z(p,- — a^).
L'iusieme Ex è pertanto esso pure di misura nulla.
Sempre nell'ipotesi che la funzione x^=<ft{t) sia monotona
e assolutamente continua, supponiamo, semplicemente, £', misu-
rabile. Esistono ('} due insiemi E,' e E," misurabili (B) tali che
E,' < £, < E," ,
mentre £,' e E," differiscono per un insieme di misura nulla.
Detti Ex', EJ' gli insiemi corrispondenti, rispettivamente, a
Ei, E", si avrà:
EJ <^E^<,EJ' ,
mentre EJ. E," risultano misurabili [B] e differenti, in forza
di quanto precede, per un insieme di misura nulla. E^ risulterà
pertanto misurabile. Onde il teorema:
Se la funzione x ^ (p(() ^ assolutamente continua o monotona,
mentre t descrive, in (to, T), mm insieme E, misurabile, x descrive
in (xo, X) un insieme E^ esso pure misurabile. Se E, è di misura
nulla. Ex è di misura nulla.
Nello studio, fatto precedentemente, della funzione di fun-
zione f[ip (()] abbiamo dovuto sempre supporre f{x] misurabile (B)
in (xo, -X). Se si suppone f(xj semplicemente misurabile, il teo-
rema ultimamente ottenuto ci permette -ài enunciare il seguente:
Se f (x) è in (xo, X) misurabile e la funzione inversa della
funzione monotona e continua x = (p(t), è, in (Xq, X), assoluta-
mente continua; la funzione f[<p(t)] è misurabile in (to, T).
3. Dimostrazioae della formola (3) nell'ipotesi che f{x)
sia misurabile (B) e limitata. — Venendo ora allo scopo
principale della presente nota, alla dimostrazione cioè della for-
inola (3) sotto determinate condizioni, cominciamo dal supporre
f{x) misurabile (B) e limitata. In tale ipotesi, essendo p(() as-
solutamente continua in {tf,, T), risulterà (cfr. n" precedente)
/^[9(0] misurabile (B) e limitata e A(f), uno dei numeri deri-
(') Db la Tàllés Poussin, libro citnto a pag. 1, :
>y Google
38 MADRO PICONB
vati ài if{t), sommabile (>} in (^ot T). Si ha dunque intanto che
f[f(>it}]f^(t) riuscirà pur essa sommabile in (to, T). In ciò che
segue sarà di nuovo dimostrata la sommabilità di f[<p(t)]fi{t)
e si stabilirà, di più, il
Teorema I. — La formala (3) del cambiatnetito della varia-
bile di integrazione sussiste se f(z) è in (xq, X) limitata e misu-
rabile (B).
Cominciamo dal dimostrare il teorema nelle ipotesi che
f{x) sia continua in (Xf,, X) e la funzione assolutamente con-
tinua tp{t) abbia il suo numero derivato A(f) limitato in (^oi ^•
Se A{t} è, in tutto ((o. T), funzione continua dì t, la q>(t)
ha ovunque in (fo, T) una derivata unica tp' (t) continua, e per-
tanto il teorema sussiste. In generale, il numero derivato A(()
è (*) una funzione misurabile (B) (di Baire), sarà dunque dimo-
strato quanto vogliamo se faremo vedere che (*) detta a Ift
classe (finita o transfinita) di A{i), il teorema sussiste ove si
supponga che esso sta stato dimostrato per le funzioni q>(^) di
un nuovo derivato A(() di classe <Ca.
Sia A, {t). Al (0. . ■ . , A, ((), . . . una successione, avente per
limite A(t), di funzioni di classe <« e limitate ai limiti infe-
riore e superiore di A(<), i quali sono supposti finiti. Si ponga:
<pJ/) = <P((o)i-J|^A.(T)rfT
In virtù del teorema di Lebesgue per il passaggio al li-
mite sotto il segno integrale, qui applicabile, si ha:
lim <p„ (t) = <p (to) + I^A (t) rfT = <p (0 ,
ne segue, ovunque in ((,>, 7") ,
lim/'[q>.(l)lA.(l) = f['PWlAW(')-
(<) Di la VAi-Lta Poituiii, libro citato a pag. 1, n° 68.
0 Ibidem, n' 73.
{') Ibidem, n* 33.
(') Per essere sicuri che ^L<P->(<)Ì si" aempre deSnit» ì
porre fM^fixo) per i <*,. f(t:) = f(X) per x > X.^
zed.yGOOg[e
SUL CAHBIAMEVTO DELLA VARIABILE ni INTEOBAZIONB, ECC. 39
Ma, per ipotesi, è
mentre
e, di naovo p«r il teorema di Lebesgue ora citato,
Im //[». W] A. (T) d,=j'j[v (T)l A (,) d, .
Sussiste dunque l'eguaglianza (3) nelle ipotesi f{x) continua
e (t) limitata.
Sìa sempre f(x) continua e A(f) (sommabile) sìa comunque.
Denotiamo con Ajy(j) la funzione A{t) limitata ai numeri — N
e N (N positivo). Poniamo;
Si ha
lim fy (t) = tp (io) + J"^ A (t) rfT = (p (t) ,
e quindi, nei punti in cui A (f) è finita, e cioè quasi ovunque,
nmf[T,(l)]A,W=r[q,»lA(().
Se indichiamo con L il limite superiore di |^(3<)|, si ha
ir[i>,(')lA,(()ls:L|A(i)|.
e pertanto, in vìrtìi del teorema di Lebesgue generalizzato per
il passaggio al limite sotto il segno integrale, segue ch& f[<f(t)] A(0
è sommabile e che:
l™ \'J [9,(1)1 A,(t) dr^li'jiv (t)] a (t) dt ,
,Google
V) MACKO PICOSE
d'altra parte bì ha
ne segue l'eguaglianza (3) nella sola ipotesi della coatinuitk
di /■(»).
Per dimostrare il Teorema I, ora dimostrato per le fun-
zioni f{x) misurabili {B) di classe zero, detta et la classe di f{x),
basterà far vedere che esso sussiste ove si supponga che sia
stato già dimostrato per le funzioni f{x) di classe <a.
Sia fi(x), .... f.{x), . . . una successione, avente per lìmite
/■(x); di funzioni di classe <Ca e limitate ai limiti inferiore e
superiore di f(x), che sono supposti finiti. Si ha:
ir.[ipwiAwi£iiA(oi,
ove L è il limite superiore di [A-'^)]' ^ passando al limite per n
divergente sì ottiene, in forza del teorema di Lebesgue per il
passaggio al limite sotto il segno integrale (del primitivo e del
generalizzato), l'eguaglianza (3).
4. Una dimostrazione della formola (3) nelle ipotesi
che f{x) sia mìsiirabile e limitata, (p(0 monotona. — Dal
teorema testé dimostrato si deduce subito una prima dimostra-
zione del seguente:
Teorema. II. — La forinola (3) del cangiamento della varia-
bile di integrazione sussiste se f(x) è in (x©, X) limitata e misu-
rabile, e (p(t) è in {to, T) monotona.
Si sa che (') ogni funzione f(x) misurabile e limitata è in-
termediaria fra due funzioni misurabili (B) e limitate fi (x),
ft(x) che non differiscono da f{x) che sopra un insieme dt mi-
sura nulla. Poiché q>(f) è monotona, supponendola, per esempio,
non decrescente, sarà A(f)^0. Si ha:
(') Ds LA Vallèe Poussin, libro citato n pag. 1, n° 32.
D,!„t,zed.yGOOg[e
SUL CAMBIAMBNTU DBLLA VARIABILE DI INTeQRAZIONE, ECC.
e, Dei punti in cui A (t) è finita,
(5) f, [qi (01 A (0 S f [q> (01 A (0 S f, [f (01 A (0 .
Si ha anche
e siccome, per il teorema I del n° precedente, è
|^;^/,(i)i»=j|^/-,[T(')]A(T)rf,, (i=i,2),
segue
j'^ A [9 (T)] A (T) dT ^ j^ A [<P (t) I A (T) dt .
je, in virtù della (5), che ^ [(p(()] A(0 e /^[cpO)] A(()
differiscono al più aopra un insieme, in (tg, T), di misura nulla.
Ne seguono infine la misurabilità (') e la sommabilità di
/■[*P(0|A(0 e l'eguaglianza (3).
5. Dimostrazione della formola (3) nelle ipotesi di
De la Vallèe Poussin. — Passiamo ora a dimostrare la for-
mola (3) nelle ipotesi più generali considerate dal de la Vallee
Poussin nella memoria citata. Premettiamo il
Lehha. — Se X dtscritt un insieme E^ di misura nulla
quando t descrive un insieme Ei di misura estema non nulla, la
funzione q>(t) ha, quasi ovunque in E,, una derivata unica di va-
lore zero.
Supponiamo, anzitutto, che l'insieme E, di misura nulla sia
misurabile (B). La funzione caratteristica e{x) di £j, sarà (limi-
tata) e misurabile {B) in (xq, X). Siamo in grado di applicare
il Teorema I e di scrivere, per ogni numero derivato A(0 di
<P(0,
j'^J\{x)dx = ^^e[v{T)]A{T)d-c.
(') Se la fbnEione aa8olatameiit« continua e monotooft <p(l) foue di
funuone inversa aaa datamente contÌQua, la misurabilità e la BOmmabilità
di ^[■P(')]A(0 eegaìrebbero già dall'ultimo teorema del n* 2.
zed.yGOOg[e
42 MADKO FICONB
Ma il primo membro, esprimente la misura dell'insieme
comune all'intervallo [tp(to), <p(')) ^ all'insieme Ej^, è per ipotesi
sempre nullo qualunque aia ^ ne segue, in {t^, T), identica-
mente,
j%[<p(T)]A(T)rfT = 0.
L'integrale ora scritto ha dunque sempre la derivata nulla
in (ta, T). D'altra parte questa derivata coincide quasi ovunque
con e[<pW]A(0. e quindi ai ha, quasi ovunque in £,, A{() = **•
Supponiamo che l'insieme E^, di misura nulla, sia qua-
lunque. Esiste un insieme EJ dì misura nulla e misurabile (B)
contenente E^. Sia K', l'insieme corrispondente a Ex , sarà
E, <C E,' , (Me (E,) ^ nie (E,') (•), e quindi, avendo supposto
»'«(£i)>0, sarà anche mt(Ei')^0. La funzione q>(/} ha, per
quanto precede, quasi ovunque in E,', e quindi quasi ovunque
in Ei, una derivata unica di valore zero. 11 lemma è perciò di-
mostrato.
Dopo questo lemma si ha subito una semplice, rigorosa ed
elementare dimostrazione del seguente teorema enunciato (nella
Memoria citata) dal de la Vallèe Poussin:
Teorema III. — La formala (3) del cambiamento della va-
riabile di integrazione sussiste se f{x) è misurabile e limitata.
Poniamo
^■w=i;
la funzione F{x) è assolutamente continua e a numeri derivati
limitati. Posto
t>W = -f[q>W] = |^
secondo un risultato contenuto nella Memoria citata del de la
Vallee Fouasin, la funzione <t>(f). funzione assolutamente con-
tinua a numeri derivati limitati di funzione assolutamente con-
tinua, è pur essa, in (t^, T), assolutamente contìnua. Sarà per-
tanto dimostrata l'eguaglianza (3) ae faremo vedere che, quasi
(') Con m.{£) ÌDdicberemo la, misura estenift dell'insieme E.
D,!„t,zed.yGOOg[e
SQL CAHBtAHBNTO DBLLA TAKIABILB DI INTB0KA210KB, BCC. 43
ovunque in ((q, T), la funzione 0(t} possiede una derivata unica
data da f[v(f)]vit).
Sia ( un punto di (ta, T) appartenente all'ineiente CH, sul
quale <p{t) possiede una derivata unica e finita (p'(0 ^ snppo*
niarao che nel punto x = (p{(), corrispondente in (aro, X), a
questo punto t, la F{x) possieda la derivata unica f{x). Dato
un incremento ^t a t, si ha:
è^<t> = F {<9 -\- Ò.V) — f ((p}=/((p)ùip-|-<r((,Ai) A«p,
ove <5{t, A() è una funzione di f e di ^t che tende a zero
con ht. Per cui:
Al tendere di Af a zero, il rapporto Aq>:At tende al li-
mito finito (p'O e pertanto:
(6) lim ^?=/-Wt'(1)(').
Sia ora K^ l'insieme dei punti di {x^,. X), di misura nulla,
sopra il quale F{x) non ha una derivata unica. Se l'insieme Ki
di ((o, T), corrispondente a K^, è pur esso dì misura nulla, ri-
sulta già stabilita la (6) quasi ovunque in (/o, T). Se l'insieme
K, è di misura esterna non nulla, risulterà, in virtù del lemma
premesso, quasi ovunque in K,, cp' (f) ^ 0 e la validità della (6)
sarà di nuovo assicurata quasi ovunque in (^, 7^ se foremo ve-
dere che ove è <p'(0 = 0, la <I>0) possiede una derivata unica
di valore zero. Si ha invero:
(') Cfr. Piacacau, Lesioni di caleolo infinilegimaie (Bologna, Zanichelli),
Cap. 111. n* 151.
D,!„t,zed.yGOOg[e
44 MAURO PICONB
L designando il limite superiore di \f{x) \ in {xa, X). II Teorema
risulta pertanto dimostrato.
6. Estensioni del teorema III. — Nella Memoria citata
il de la Vallee Poussin afferma che, supposta la f(x) non
più limitata, ma solamente finita e sommabile in {x^, X). con-
dizione sufficiente per la validità della formola (3) del cambia-
mento della variabile di integrazione è die la funzione
['''^'^ f(x)dx.
risulti assolutamente continua. Ora talo asserto non trova una
facile giustificazione. Mentre è evidente la necessità di detta
condizione non così parmi si possa dire della aua sufficienza.
La dimostrazione data qui del Teorema III permette solo d'af-
fermare che;
La formola (3) del cambiamento della variabile di integra-
zione sussiste se, essendo f(x) finita e sommabile, la funzione 0(/)
risulta assolutamente continua, ed inoltre si verifica una delle
due seguenti circostanze: a) all'insieme K^ di (xa, X) in cui F(t)
non ha la derivata unica f{x), corrisponde in (f(,, T) un insieme
di misura nulla; b) ^(t) ha quasi ovunque, nell'insieme di {t^, T)
su cui <p'(0 =: 0, nulla la derivata. Il che avviene, per esempio,
se <p'(f) si annulla soltanto sopra un insieme di misura nulla.
Poiché (cfr. de la Vallee Poussin, Memoria citata) una
funzione assolutamente continua di una funzione assolutamente
continua e monotona è assolutamente continua, si ha, in parti-
colare, che:
La formola (3) sussiste se, essendo /'(a;) finita e sommaMle,
<p(0 monotona, sì verifica una delle due seguenti circostanze:
a) la funzione (p(0 è di funzione inversa assolutamente con-
tinua (cfr. n° 2); b} ^(t) ha, quasi ovunque, nell'insieme di
(io. T) su cui <p'(()^0, nulla la derivata. II che avviene, per
esempio, se q>'(0 si annulla soltanto sopra un insieme di mi-
sura nulla.
Condizione necessaria per la validità delta formola (3) è
che la funzione f{v{f)]t^(t) risulti sommabile in {ìq, T); ora è
facile dimostrare, cfr. la Memoria citata del de la Vallee
D,!„t,zed.yGOOg[e
SOL CAMBIAHBNTO DBI.LA TARIABIl.B DI IN1EQRAZI0ICE, ECC. 45
P oussin, basandosi sul Teorema III, che, supposta sempre f{x)
finita e misurabile, la condizione indicata è anche sufficiente.
Si ha dunque infine il bel teorema:
Supposta f (x) definita in {x^, X), ivi finita e misuralnle, con-
dizione necessaria e aufficiente affinchè valga in (to , T) la formala
del cambiamento della variabile di integrazione, è che q>(t) aia
assolutamente continua in (to , T), soddisfi alla limitazione Xo ^
^<p(t)^X, ed inoltre la funzione ft^Plt)] <p'(t) risulti somma-
bile in (to, T).
In particolare dunque (cfr. n° 2) se f{x) è misurabile (B)
e il prodotto /'[<p(0]9'(0 risulta limitato, la formola sussiste.
CrUdìb. laglio 1919.
>y Google
FU.WPO 3IBIRAHI
EspressfoBi analitiche che defiDiscoDO più fanzioni aBslitìche
ad area lacnaare
Nota di FILIPPO SIBIRANl (a Pavia)
1. — Poincaré (') e Goursat (*) hanno dimostrato cha: ae
(1) Co, Ci, e,, ... c„, ...
è una successione di punti nel piano complesso, ed
&Q, &,, a,, ... a», ...
una successione di numeri per cui è concergente £l|a,|, la serie
<2) 1^-.-.
è atiluppabile in serie di potenze di x — So, supposto Xo non ap-
partenere né ad (1) né al suo insieme derivato, il cui cerchio di
convergenza ha centro in s^ e raggio uguale al limite inferiore '
delle distame di x^ dai punti (1).
Date nel piano una o più curve C, se presi comunque due
punti non appartenenti a C è possibile congìungerli con una
curva continua di lunghezza finita la quale non abbia alcun
{') PouicAKÈ, Sur It» foactions à tapacea lacunaim. ' Acta Societatia
Scieutiamm Fennìcae „ 1881.
I*) OouBSÀT, Sur U* fonctioni uniformes prittntant dt lacune». * C. R.
de l'Acad. dea Sciences „ 1882; Sur le» fonction» à tspacea tactmairta.
* Bultetìn des Sciences Hathématiqnea „ 1887.
D,!„t,zed.yGOOgle
ESPKB!ÌS10\I ANAI.ITICHB CHI! UBPINISCOKO, KCC. 47
panto in comune con C, diremo che il piano non è divìso dalle C
io regioni distinte.
Se due punti, non appartenenti a C, non ai possono còn-
giungere con una linea continua priva di punti comiyii a C,
diremo che i due punti appartengono b duo regioni distinte
limitate dalle C: mentre diremo che due punti appartengono
alla atessa regione se è possibile congiungerli con una linea
continua priva di punti comuni a <7. Se è possìbile segnare nel
piano m punti non appartenenti a 0, tati che nessuna coppia
appartenga alla stessa regione, ma non è possibile prendere
m -\- \ punti che abbiano la stessa proprietà, diremo che le C
dividono il piano in m regioni distinte.
Diremo che la successione (1) è condensata su C se l'in-
sieme derivato della (1) è costituito da tutti i punti di C.
Supponiamo dunque l'insieme (1) condensato su una o più
lìnee Ole quali divìdano il piano in m regioni distìnte &',, S,, ... S„.
Se Xi è un punto non appartenente a C, ma appartenente ad Si,
la (2) è sviluppabile in una serie di potenze di x — Xi continua-
bile analiticamente entro tutta la Si e uno oltre; dì guisa che
la (2) è un'espressione poligena atta a definire m funzioni ana-
litiche valide ciascuna in una sola delle m regioni S.
Assegnate le linee 0 nel piano, si tratta di costruire la
Bucceasione di punti condensata sulle C. La costruzione d'un
insieme numerabile dì siffatti punti ho ottenuta parecchi anni
fa (') facendola dipendere dalla possibilità dì dare una legge di
ripartizione dell'insieme dei numeri razionali di un dato inter-
vallo (i"Ò in m insiemi ciascuno dei quali condensato in a''b.
Enunciai una legge dì ordinamento dell'insieme dei numeri ra-
zionali di a"6 in guisa che tutti quelli il cui posto è dato da
un numero congruo ad un dato numero rispetto al modulo m
appartengono ad un insieme condensato in a''b. Ma non è dato
di sapere quale numero razionale si trovi ad un dato posto q
se non quando, con l'indicato processo, non si siano costruiti tutti
gli elementi dell'insieme che precedono quello di posto q.
('] F. SiBiBini, Iniiemi numerabili di punti unìformtmtnle denti sopfa
litue od in urei atugnate. * Giornale di Battaglini „ vo). XLIII (1905). In
qoeito lavoro dbui della locuzione ' uniformemente denso , nel eenao qui
dato a * coudensato , (ted. Ubrralldicht).
D,!„t,zed.yGOOg[e
4^ FILIPPO SIBIK&NI
Scopo della presente comunicazione è di determinare effet-
tivamente una successione di punti (1) condensata su assegnate
linee, nel senso che, dato un numero q, si può cun determinate
operazioni aritmetiche calcolare l' elemento di posto q, senza
aver bisogno di aver determinati i precedenti.
2. — Indichiamo con
Po = l, Pi=^, Pi = 3. P» = ^, -Pk, -
la Bucceesione dei numeri primi, e consideriamo l'insieme dei
numeri
2m — 1
m = 1, 2, 3, ... 2"»'"! ; t = 1, 2 ... oc
il quale è manifestamente condensato in 0"1.
Ognuna delle frazioni è irriducibile, epperò nessuna di esse
può essere potenza di un razionale di esponente inferiore a p^+, ,
Di ogni numero a„, consideriamo le radici aritmetiche degli
indici primi 2, 3, 6, 7, ... p^; l'insieme di irrazionali che così si
forma è numerabile e condensato in 0"1, come lo sono gli m
insiemi parziali contenenti le radici di uno stesso indice.
Ordiniamo quest'insieme in una successione net senso dianzi
indicato. Fatto t=t, »> = ], ordiniamo i k radicali per indice
crescente, avremo cosi i primi k numeri della successione
dato poi ad m il valor 2 ordiniamo nello stesso modo i k ra-
dicali, i quali forniranno i successivi k termini della successione,
e lo stesso facciamo poi per m = 3, ... 2^*+!"'. Seguitando con
questo procedimento per t = 2, 3, ..., si crea la successione desi-
derata, della quale vogliamo esprimere l'elemento b,.
Posto
Po = 0, P.= l'2P'-' {r = l,2,...)
zed.yGOOgle
ESPRESSIONI ANALITICBB CHE DEFINISCONO, ECC. 49
si determini il numero r per cui
rappresentando E{qlk) Ìl maasimo intero contenuto in q'k.
ÀUora è
i = falg(g/*-)-y-l + iì'/i.,.,->,.-.,
" [ 21-*-.., J
Ciò si giustifica se si tien conto che degli elementi dell'in-
sieme die hanno al denominatore 2"* ce ne sono k2fM~ì e che
fra questi quello che ha per numeratore 2n-|-l e per indice
del radicale pi ha il posto (kn -{- t)-esimo (secondo l'ordina-
mento che abbiamo sopra definito).
3. — Sia <p (0 la funzione che ptende il valore 0 per
t irrazionale ed il valore 1 per t razionale (*), allora è chiaro che
se facciamo percorrere a f la successione bo, 6tt b^, ... testò
determinata, la funzione
F{l) = ÌA.v(l'-)
prende ì valori Ai per ( = 6,, q^i — l(modi), t^l,2, ...i.
Sul piano complesso, posto x z=: E -|- it\, siano date le k curve
Ci, Ci, ... Cx di equazioni
E = V.((). .n=X.(') (s = l,2,...fc)
con t variabile nell'intervallo O""!. La successione dei punti
C, = E, + in.
(') La funzione 1 — qi((l è nota sotto il nome di funuone di Duicbist.
Il pBuio ne diede p«r primo la eapteaiione analìtica nelle lae Annota-
eìodÌ al Ctdeolo ditftrtnxiaie ecc. di A. Gkhoccbi (Torino, 1884). Si regga
l'intereiiante Nota di A. Tàhtdku, Stdta funzione di DirUhtet t »uUa fun-
xiont lignum s di Ebonickib (' Atti della R. Acoad, delle Scienze di To-
rino .. »ol. LIV, 1918-19).
AUi àMa B. Aecadtmiv — Voi. LV. 4
D,!„t,zed.yGOOg[e
50 FILIl-PO SIBIBANI — ESPRESSIONI ANAl.lMCHE, ECC.
r« è
£, = Ìv.{*,)<p(V')
■;' (? = 1,2, ... QO)
>i,=i;x.(*,)<p(V)
condensata sulle k curve Ci, €%, ... C„.
4. — Mediante la succesaione dei numeri &o, ii , b^, ... del § 2,
issiamo anche costruire una espressione analitica monogena
ifiniente una funzione analitica ad area lacunare.
Sia A un'area del piano complesso, semplicemente connessa
contenente il punto x = 0; il suo contorno abbia l'equazione
= p(5)e'*, con 5 variabile in 0'"2n. L'insieme dei punti
e,.., = bsp (2iti,) e"*N (A, g = 1, 2, ... oc)
condensato nell'area A; l'insieme dei punti
T.., = 1/i» . P (2ni,) e'»"».
condensato in tatto il piano complesso da cui sia tolta A. Ne
igue che se ££ '^.J ^ convergente, le espressioni
%%-'
?S-s
no espressioni monogene definiente ciascuna una funzione ana-
lica ad area lacunare.
>y Google
GinSKPPK GOLOSI — RICBRCBK ANATOMO-ISTO LOGICHE, ECC.
RicerGhe anatomo-ìstologìGhe sugli Eofsusiacei.
Il caore di " Nflnatoscelis megalops „ Q. 0. Sars.
Nota di GIUSEPPE GOLOSI
Il cuore di Nematoscelis rnegalops è stato studiato sopra
abbondante materia te prò veniente dalle aeque di Val parai so
(Staz. XllI stabilita dalla R. Nave Liguria nel viaggio di cir-
cumnavigazione del 1903-05).
Il materiale era stato fissato in formalina e conservato in
alcool a 75°; non ostante la lunga dimora in liquido conservativo
si è prestato ancora bene non solo all'esame in toto del cuore
mediante dissezione degli animali, ma anche alle osservazioni
istologiche. Per colorare Is sezioni mi sono servito del gliche-
mallume di Mayer, del bleu di toluidina, della zafiFranina dì Babès.
Cuore. — Il cuore di Nematoscelis rnegalops è di aspetto
sacciforme, poco piìi lungo che largo, alquanto appiattito, spe-
Fig. 1. — Cuore visto di fianco: o', oatii superiori; o*, oatii inferiori;
a. e., aorta cefalica; a. l. a., arterie laterali anteriori; a. e., arterie
epatiche; a.d., arteria dÌBoendente; a, l.p., arterie laterali poste-
riori; a. P; aorte poiteriori.
cialmente in prossimità dell'apice anteriore. À un terzo circa
dall'apice anteriore l'altezza diventa massima, e si mantiene quasi
>y Google
52 ainsEPPB golosi
invariata fino all'estremità posteriore. Le tre maggiori dimeD'
Bioni sono all'ìncirca: mm. 1-1,5 per la lunghezza, mm. 0,90-0,95
per la larghezza, mm. 0,30-0,38 per l'altezza.
Il cuore è provvisto di quattro aperture, o ostii, disposte
in due paia laterali, che servono a far comunicara la cavità car-
diaca col seno pericardico. Ciascun ostìo è provvisto di due labbra
che possono chiudere tale comunicazione.
Dal cuore partono dieci tronchi arteriosi, cioè: un'aorta ce-
falica, due arterie laierali anteriori, due arterie, epatiche, un'arteria
sternale, due arterie laterali posteriori, due aorte posteriori. Cia-
scuna arteria è munita di un paio di valvole, che possono chiu-
dere la comunicazione fra il loro lume e la cavità cardiaca.
Le mie osservazioni sull'istologia del cuore concordano in ge-
nerale con quelle di Haeckel, Ebebth, Beboh, iu altri crostacei,
ed in parte con quelle di Gadzikibwicz.
Le pareti cardiache risultano costituite da due strati, uno
estemo, connettivale (adventitia), ed uno intemo, muscolare. Lo
strato esterno connettivale è formato da grosse cellule di Leydig,
vacuolose, con membrana sottilissima e nucleo sferico; da questo
strato si distaccano delle briglie e delle membrane che. legan-
dosi agli organi vicini, servono a tenere il cuore nella sua po-
sizione normale, sospeso nella cavità pericardica.
Ostil. — Cbcn attribuisce a Nematosceli» mantis Chun
(= N. micropa G. 0. Sars) e a Stiflockeiron ckelifer Chun {= Si.
abbreviatum Q. 0. Sars), tre paia di ostia; tre paia pure ne as-
segna Claus & Euphausia pellucida Dana; però sotto questa de-
nominazione, ormai cancellata da Hansen, come irriconoscibile,
venivano comprese varie specie.
ZiKHEE (14) in Euphausia superba e Raab (13) in Euphausia
Kronhii e in Meganyctiphanes norregica, trovano due sole paia
di ostii cardiaci.
Anch'io trovo in Nematoscelis megalops due paia di ostia, un
paio superiore e anteriore, l'altro inferiore e posteriore. Tale
numero del resto, secondo Lanq, è comune alla maggior parte
degli Euphausiacea e allo stadio zoea dei Decapodi. La forma
degli oatti è in Nematoscelis megalops, come in tutte le altre
specie, quella dì un'ellisse con l'asse maggiore lungo piti del
doppio che l'asse minore. Oli ostii superiori sono posti un poco
piìi innanzi rispetto agli inferiori. Essi però hanno dimensioni
D,!„t,zed.yGOOg[e
KICBKCHE A K ATOMO-ISTOLOGICHE SUOLI EOFADglACEI
53
pressoché uguali e misurano circa mm. 0,120-0,160 di lunghezza
per mm. 0,050-0,060 di larghezza. È notevole il fatto che essi
non aono disposti trasversalmente rispetto al cuore come vari
autori hanno precedentemente osservato per gli altri Euphau-
siacea, ma longitudinalmente: il loro asse maggiore fa soltanto
una piccola inclinazione rispetto all'asse cardiaco, ciò che con-
duce l'angolo anteriore dell'ostie a portarsi a un livello inferiore
a quello in cui si trova l'angolo posteriore.
Ciò risulta benissimo dalla 6g. 1.
Gli ostii, come tutti sanno, mettono in
comunicazione il seno venoso peiicardico
con la cavita cardiaca. Onde facilitare l'in-
grosso del sangue, i due margini che vanno
da un angolo all'altro dell'ostio, o labbra
ostiali, sono rivolti verso l'interno del cuore,
e funzionano come due valvole che, sia per
la pressione sanguigna aumentata al mo-
mento delia sistole, sia per azioni di quegli
speciali muscoli che son legati agli angoli
ostiali, impediscono il rifluire del sangue
dal cuore al seno pericardiaco.
La struttura delle labbra ostiali non
difl'erisce da quella delle pareti cardiache
per quanto riguarda la parte muscolare;
esse sono sprovviste dello strato esterno
connettivale. I^e fibre sono disposte secondo
la lunghezza dell'ostio.
Dagli angoli ostiali si staccano i mu-
scoli ostiali, che si dirigono verso il lato
opposto del cuore per andarsi a legare ad altri muscoli ostiali
o alle pareti cardiache; molte fibre si saldano ad altri fasci
che incontrano lungo il loro decorso.
Dall'angolo anteriore degli ostii superiori partono dei fasci
muscolari, parte dei quali vanno al corrispondente angolo ante-
riore dell'ostio de) lato opposto, costituendo il muscolo oatio-
ostiate, parte alla parete dorsale cardiaca del lato opposto.
Dall'angolo anteriore degli ostii inferiori partono vari fasci
muscolari, la massima parte dei quali s'inserisce nella parete
dorsale cardiaca del lato opposto, insieme con quelli degli OBtì>
Fig. 2. — Cuore visto
dall'alto (spiegai, delle
lettere t. fig. 1).
D,!„t,zed.yGOOg[e
54 aiDSEPPK coii)si
superiori; una minima parte si uniace al muscolo ostio-ostiale
o va verso la parete dorsale dello steBso lato.
I fasci muscolari che partono dall'angolo posteriore degli
oatìi superiori, si sparpagliano a ventaglio, alcuni dirigendosi
alla parete superiore, altri alla parete inferiore del cuore, ed
altri saldandosi ad altri muscoli.
I fasci muscolari che partono dall'angolo poBteriore degli
OBtii inferiori invece seguono una via ben determinata, dirìgen-
dosi più 0 meno divisi verso la parete cardiaca dorsale e sal-
dandosi alla porzione centrale di essa, senza però incrociarsi.
Fig. 3. — Sazione del onore al livello dell'in se nione dei masooli dell'an-
golo posteriore degli ointii inreriori (figura ee mie edematica}.
Le fibre della tonaca muscolare sono prevalentemente lon-
gitudinali, ma ve ne sono dei fasci diretti in tutti ì sensi. Il
decorso dei fasci è simmetrico rispetto al piano di simmetria
dell'animale. Benché vi siano anche molte fibre anulari, pure
non si trovano delle vere fibre semianulari che si incrociano
lungo le linee dorsale e ventrale.
À questo proposito aggiungerò che, mentre la disposizione
a fibre semianutari, per quanto finora è noto, può ritenersi ca-
ratteristica dei Peracaridi, negli Eucaridi (Eufausiacei e Deca-
podi) si ha una più complicata impalcatura muscolare del cuore,
la quale è certamente in rapporto con l'accorciamento e l'ac-
centramento dell'apparato propulsore del sangue, ed è costituita
non solo da una tonaca muscolare ma ancora da numerosi fa-
Bcetti muscolari che attraversano la cavità cardiaca. Tale strut-
tura è stata già segnalata da Zihheb (1) per Eupkausia superba.
Oltre alla tonaca muscolare, infatti, net crostaceo di cui mi
occupo, le fibre muscolari costituiscono nell'interno del cuore
D,!„t,zed.yGOOg[e
KICBBCHE ANATOMO-ISTOLOOICHE SUOLI EDPADSIACBI 55
dei fasci, dei nastri, che ataccaodosì da determinati punti della
parete vanao ad attaccarsi ad altri punti della parete stessa a
maggiore o minore distanza, oppnre ad anastomizzarsi con altri
fasci muscolari.
La disposizione di queste fibre muscolari interne al cuore
è simmetrica, ma complicatissima, specialmente a cagiono delte
numerose anastomosi parziali o totali. {Numerosi sono i fasci di
fibre che, tenendosi sempre dalla stessa banda o incrociandosi,
vanno dalla parete cardiaca dorsale alla ventrale. Essi sono
particolarmente robusti, mentre piuttosto esìgua è la tonaca
muscolare, ed a loro sono in special modo dovuti i movimenti
propulsori del cuore. Dalla imboccatura delle arterie partono
sempre due fasci muscolari che si dirigono alla parete dorsale:
all'imboccatura dell'arteria cefalica vi è un fascio destro ed uno
sinistro, all'imboccatura delle altre arterie uno anteriore e uno
posteriore.
Notevolissimi sono i fasci ostiali: gli ostio-parielali si stac-
cano da un angolo dell'ostio per attaccarsi alla parete cardiaca ;
gli ostio-ostiali connettono fra di loro gli angoli dì due ostii.
I muscoli ostiali che si staccano dagli angoli anteriori degli
ostii sono incrociati, quelli che sì staccano dagli angoli poste:
rieri sono diritti.
Per quanto riguarda la fine struttura della parte muscolare
del cuore, esatte sono le osservazioni di Gadzieiewicz. Si tratta
di una parte protoplasmatica che racchiude numerose fibrilla
contrattili striate trasversalmente. Nel caso di Nematoaeelis, come
in Nebatia, Squilla, Idothea, Gammarus, il protoplasma è diviso
in bende, ciascuna delle quali racchiude un gruppo di fibrille.
Tali bende sono in parte separate l'una dall'altra, costituendo
delle fibre, in parte saldate, similmente a quanto avviene in
Idothea e Gammarus. I nuclei sono immersi nella porzione proto^
plasmatica e sono relativamente grossi, schiacciati. Esiste un
sottilissimo sarcolemna. Quando una fibra si anastomizza con
un'altra, le fibrille, già strettamente unite durante il decorso
della fibra, si staccano contemporaneamente l'una dall'altra di-
vergendo bruscamente a largo ventaglio e proseguono rettilinea-
mente per breve tratto entro il dominio di un'altra fibra, com-
miste al fascio dì fibrille proprie di quest'ultima.
Come già era stato rilevato dai precedenti osservatori
>y Google
5d QIDSEPPE GOLOSI
(Haeckel, Ebebth, BEBas, Qadzikiewicz, ecc.) per altri crostacei,
manca un endotelio cardiaco atto a separare il tessuto musco-
lare dal liquido sanguigno: tale funzione è adempiuta dal sar-
colemma.
Entro la cavità cardiaca si notano abbondanti corpuscoli
sanguigni. Essi però in Nematoacelis non costituiscono nessuna
di quelle importanti formazioni che furono constatate in altri
crostacei; e si trovano liberi ed isolati.
Qual sia l'ufficio dei muscoli ostiali appare evidente. Ogni
volta che il cuore entra in sistole, i muscoli ostiali si contrag-
gono anch'essi, portando verso l'interno del cuore gli angoli
degli ostìi, onde ne consegue un avvicinamento delle labbra, che
vengono a contatto. Contemporaneamente l'accrescitita pressione
sanguigna serve a tenerli meglio l'uno contro l'altro, e così la
chiusura dell'ostìo è assicurata finché dura il periodti della si-
stole. Quando il cuore entra in diastole i muscoli ostiali si rilas-
seranno, la pressione sanguigna cesserà di agire dall'interno
verso l'esterno e gli ostii sì apriranno.
Oltre ai muscoli che attraversano la cavità cardiaca, dagli
angoli degli ostii si vedono irradiare tutto intorno numerose
fibrille muscolari, che fanno parte della parete dei cuore. Esse
hanno una funzione molto importante, giacché contraendosi fanno
aumentare la lunghezza e diminuire la larghezza dell'ostie, favo-
rendo l'avvicinamento delle labbra. Claus ha ben rappresentata
tale struttura.
Valvole. — Le valv<Ae cardio-arteriali degli Schizopodi
furono per la prima volta e con esattezza segnalate da Delaoe,
che le descrive come * deus lames qui se détachent de la paroi
laterale interne du coeur et qui s'avan^ant à la rencontre l'une
de l'autre, s'adossent sur la ligne mediane et remontenji ensemble
dans la cavité du vaisseau oh leur bord libre est flottant. EUes
s'écartent sans l'effort de la poussée sanguine, et se rapprochent
automatiquement dès que la pression dans te coeur est devenue
moindre que dans le vaisseau , . Le osservazioni di Delaoe si
estendono solo ai Misidacei. Però, nonostante la notevole di-
stanza fra i due gruppi, esse valgono pure per gli Eufausiacei.
Nella specie da me studiata si trovano due valvole per
ciascun orifizio arteriale. Ciascuna valvola ha una forma a semi-
disco 0 a semiovale, che con la porzione curva aderisce a metà
D,!„t,zed.yGOOg[e
RICERCHE ANATOMO-ISTOLOQICBB SDOLt EUFADSIACEI
57
del margine dell'orifizio arteriale, mentre col margine rettilineo
diametrale rispetto e tale apertura nuota liberamente nel lume
dell'arteria. Riguardo all'inserzione è però da notare che essa
non avviene normalmente, ma obliquamente, in modo che il mar-
gine libero vien portato entro l'arteria.
Riguardo all'orientazione, soltanto le valvole dell'arteria
cefalica sono disposte simmetricamente l'una a destra e l'altra
a sinistra rispetto al piano di simmetria; quelle delle altre ar-
terie sono disposte una superiormente e l'altra ventralmente,
oppure nna anteriormente e l'altra posteriormente.
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V\g. A. — Selione dorso- centrai e dell'apice posteriote del e»
posteriore;; a. d., arteria discendente; e., valvole; «
cardi co.
■e; a.p., aorta
le., seno peri-
Le mie osservazioni intomo alla struttura istologica con-
trastano con quelle di Oadzikiewicz. Questo dice: * Die Arte-
rìenktappen bestehen aus 2 Schichton, eine zur Herzward, die
andere zu Arterienwand gehdrìg, sie bilden also eine Falte ..
Io trovo che le valvole sono costituite da un solo strato e pre-
cisamente dalla continuazione dello strato muscolare della parete
cardiaca. Le fibrille muscolari delle valvole sono disposte in
UD solo senso, e vanno da una estremità all'altra del semicerchio
di inserzione, incurvandosi più o meno a seconda della maggiore
0 minore distanza dal margine libero rettilìneo. In corrispon-
denza di tale margine lo spessore delle valvole è maggiore.
È iuutile dire che sia nella faccia volta verso il cuore, sia nella
>y Google
58
GIUSEPPE GOLOSI
Opposta, non vi è alcun endotelio: le valvole sono quindi limi-
tate dal aarcoiemma.
La struttura istologica da me riscontrata in Neinatoacelis
serve a convalidare l'opinione di Pope vici- Baznosanu, il quale
considera le valvole come ostii che sboccano entro i vasi aortici,
riguardando da un unico punto di vista generale tutte le aper-
ture cardiache.
Sìa le valvole che le labbia ostiali, infatti, sono organi
che separano la porzione contrattile dell'apparato circolatorio
da quella non contrattile; entrambe
sono costituite da un boIo strato
muscolare, che è la continuazione
della tunica interna muscolare de!
cuore, ed entrambe fanno comuni-
care la cavità cardiaca con altre
cavità (tronchi aortici e seni ve-
nosi), la cui parete è costituita
dalla continuazione della tunica esterna connettivale del cuore.
Questo concetto dei rapporti reciproci fra cuore, valvole,
labbra ostiali, arterie e seni venosi, il quale comprende in sé
il concetto sopra esposto di Popovici-Baznosanu, ho rappresen-
tato nei due schemi della figura 6.
Fig. 5. — Ponione vicinale
deH'Borta posteriore destra.
Fig. 6. — Schema delU struttura istologica delle valvole e degli ostii:
a., orificio di un'arteria e sue valvole; b., ostìo e sue labbra.
II modo con cui le valvole lasciano passare il sangue dal
cuore alle arterie e ne impediscono successivamente il riflusso
è evidente; i vari autori lo hanno del resto indicato per i vari
crostacei.
Dalla linea d'inserzione delle valvole nella imboccatura delie
arterie si partono dei muscoli, che vanno ad attaccarsi alle pa-
D,!„t,zed.yGOOg[e
RICERCHE ANATOHO-ISTOLOQICHE flUaLl EUPADSIACEI 59
reti cardiache e specialmente alla parete dorsale, aia diretta-
mente, sia mediatamente legandosi ad altri fasci muscolari.
Credo però che ad essi non sia connessa alcuna speciale fun-
zione oltre a quella di provocare le sistoli. Non corrispondereb-
bero però ai muscoli ostiali; del resto anche la loro posizione
è diversa.
Arterie. — Dal cuore di Nemaloscelis megalops partono,
come ho già detto, dieci tronchi arteriosi, cioè, un'aorta cefa-
lica, due arterie laterali anteriori, due arterie epatiche, un'arteria
0 aorta discendente, due arterie laterali posteriori, due aorte
posteriori.
h'aorta cefalica parte dall'apice anteriore del cuore, in con-
tinuazione della linea mediana della sua parete dorsale ; subito
al disotto di essa, con cui anzi hanno comune l'origine, sì tro-
vano ie due arterie laterali anteriori. Le arterie epatiche si stac-
cano al disotto e all'indìetro delle tre prime, a poca distanza
da esse. L'aorta dÌBcendente è impari e ai trova in prossimità
dell'apice posteriore del cuore, ventralmente ; è notevole la sua
asimmetria, giacche si stacca un po' a sinistra della linea me-
diana del cuore, mantenendosi dalla stessa banda lungo il suo
decorso. Le due arterie laterali posteriori sono di piccolo calibro
e sorgono poco in avanti delle due aorte posteriori. Queste sono
molto ingrossate nella loro porzione iniziale e presentano poi,
per gran parte del loro decorso, delle ripiegature longitudinali
piii 0 meno irregolari,
ZiHHEB (14) in Euphausia superba descrive due arterie dì-
scendenti, di cui solo una, Vaorla discendente, è di grosso calibro e
raggiungerà l'arteria sternale, mentre l'altra è poco sviluppata, di
varia larghezza e di decorso incostante. Raab (13) in Meganycli-
phanes noroegica trova una sola arteria discendente. laNematoscelis
megalops vi è, è vero, una sola aorta discendente, ma questa
alla sua origine è grandemente svasata e sembra in qualche
caso, nella regione della svasatura, che presenti una sorta di
moncone tendente verso destra.
E da pensare che lo schema morfologico tipico porti due
arterie pari, simmetriche, e che, nel gruppo degli Eufausiacei,
mentre solo une di esse si è affermata come aorta discendente,
l'altra eia priva d'importanza e manifesti grande variabilità e
giunga persino a mancare.
zed.yGOOg[e
60 OIDSEFPB GOLOSI
Le arterie sono costituite da una tunica di cellule connet-
tivali, che sono la continuazione della tunica connettivale eeterna
del cuore. Esse sono molto larghe ed estremamente schiRcciate;
i margini di commissura fra cellule e cellule sono alquanto si-
nuosi. I nuclei sono mediocri, lenticolari, e producono nelle cel-
lule una sporgenza abbastanza notevole verso l'esterno. Questo
strato connettivale è generatore di una cuticola chitinosa anista,
che riveste internamente te arterie. Tale cuticola è pili o meno
spessa a seconda delle varie arterie, raggiungendo il massimo
dì spessore nella porzione vicinale delle grosse arterie posteriori.
Le pareti delle arterie dunque sodo oostituìte da due strati,
uno interno anisto (cutìcola o intima), ed uno esterno connet-
tivale {adventitia). E però da notare che l'intima sì assottiglia
col diminuire del calibro delle arterie; tanto che le piccole ar-
terie se ne trovano sprovvedute.
Dalla struttura istologica risulta che le arterie sono prive
di contrattilità.
Seni venosi. — Non è mio divisamente descrivere i vari
seni venosi di Nematoscelis, essendo il mio lavoro limitato al
cuore e agli organi vicini. Accenno perciò soltanto al setto pe-
ricardico, in cui affluisce il sangue venoso degli altri seni, che
per mezzo degli ostii passerà nel cuore. II cuore, come già avevo
detto, è sospeso nel seno pericardico per mezzo dì numerose
bende e membrane simmetriche dì tessuto connettivo, le quali
si distaccano dalla tunica esterna connettivale del cuore.
Ora nel suo lavoro sull'organizzazione dei Phronimidae, Claus
fin dal 1879 scrìveva: " Die bindegewebigen Faserzftge und
Membranen, welche ala mesenterien die Befestigung von Herz,
Darmcanal und Nerveusysteni an der Leibeswand vermittein,
haben neben dem Werthe von Suspensorien noch eine zweite,
nìcht minder wichtige Function, der man bislang unsoweniger
eine nUhere WUrdingung zu Theil werden lassen kounte, als die
ausserordentlìeh reicbe Entfaltung und regelm&ssige Àusbreìtung
dieserim Leibearaumeaussespannten Bindegewebigen Haute wird
aber der Leìbesraum in weite miteinander communicìrende Pe-
rivisceralcaiiiile zerlegt, in denen das an zelligen Elementen
reiche Blut nach seìnem Àustrìttaus den Gefòssofhungen welter
strSmt. Niclit in waadungsiosen Lacunen der Loibeshòble, son-
dern in woblbegrenzteu Canalen, in welche die Leibeshòhle durch
D,!„t,zed.yGOOg[e
RICBRCHB ANATOUO-ISTOLOaiCHE EUGU BDFAUSUCBl 61
BÌDdegewebshllnte geschìeden wird, volizìeht sich der regel-
màssige Kreialauf dea Blutes, welches durch LOcher der binde-
gewebigen Scheìdewftnde «us dem einen Canalbezirk in den
anderen an bestimniten Stelldn Ubergefuhrt wird ,.
Le pareti dei seni venosi sono in generale costituite da
uno strato di cellule connettivalì assai schiacciate, le quali pro-
ducono verso l'interno del seno ana cuticola chitinoaa {intima)
piìi o meno spessa Non ho potuto però ben accertare un'intima
ne nel connettivo che costituisce lo strato eeterno della parete
cardiaca e contemporaneamente la parete superiore del seno
pericardico, oè sui grossi muscoli del corpo che limitano i seni.
In quest'ultimo caso il perimisio sostituirebbe l'intima. Assai
spesso è l'intima che separa il seno pericardico dagli organi
sottostanti; cosi anche l'intima dei seni branchto- cardiaci.
CONCLUSIONI
1. Le pareti cardiache sono costituite da due strati, uno
estemo, connettivale, continuo, ed uno intemo, muscolare, dis-
continuo. Manca un endotelio.
2. Organi attivi dei movimenti cardiaci sono i muscoli pa-
rietali, e specialmente le trabecole muscolari che attraversano
nei vari sensi la cavità cardiaca. Le contrazioni hanno preva-
lentemente direzione dorao-ventrale.
3. Le labbra oetiali hanno struttura esclusivamente muscolare.
4. Gli ostii si aprono e sì chiudono per azione di muecoli
speciali che attraversano la cavità cardiaca.
5. Le valvole cardio-arteriali hanno struttura esclusiva-
mente muscolare.
6. Le valvole cardio-arteriali si aprono e si chiudono per
azione esclusiva, o quasi esclusiva, della pressione sanguigna.
7. Le pareti delle arterie sono costituite da un'intima omo-
genea interna e da un'avventizia connettivale esterna. Mancano
di fibre muscolari. Col diminuire del calibro delle arterie l'in-
tima si assottiglia fino a renderai invisibile.
8. Le arterie sono prive dì contrattilità.
9. Le pareti dei seni venosi sono costituite da un'intima
omogenea interna e de un'avventìzia connettivale eatema, Man-
D,!„t,zed.yGOOg[e
G2 flinSSPPE COLOSI — RICERCHE ANATOMO-ISTOLOaiCBB, ECC.
cano di fibre muscolari. L'intima può aseottigliarsi fino a spa-
rire. Può essera sostituita dal perìmisio.
10. I seni venosi sono privi di contrattilità.
11. Le valvole arteriali e le labbra ostiali rappresentano
la continuazione della tunica muscolare interna del cuore. En-
trambe hanno lo stesso significato morfologico.
12. Le pareti delle arterie e delle vene sono la continaa-
zione della tunica connettivale estema del cuore. Le arterie e
le vene hanno il medesimo valore morFologico.
OPERE CITATE
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Kandung bei Artkropodea, Jn * AnatomUchen Heften ,, Bd. XIX,
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4. Id. Die Krrialauforgant und Blulbeicegung der Stomatopodtn, in * Arbeit.
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5. Id., Zur Kennlnim der Kreiilauforgane dtr Sekizopodm u*d Decapoden,
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in 'Arch. de Zool, eipériro, et gin. ,. Il™ Sèrie. Tom. 1, 1883.
8. Oadzieiewicz W., Ueber den feìtereit Bau dea HerzeH» bei Malakostraken,
'in * Jenaische Zeit«chr. f. NaturwJM. ., Bd. XXXIX. N. F. Bd. XXXIII.
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10. Lino A., Lehrbaeh der vergleiehenden Anatomìe, Jena, 1888.
11. PoFomTcrBiinoaAKD A., Sur la morphtAogie du eaur de* arihropodet, in
* Bui, 3oc Se. Bncuresci „ XIV, 1906.
12. ScHHBiDiB C. C, HietologUehee Praktieunt der 'fiere, Jena, 1908.
13. Ràib F., Zur Anatomie und Hìstoloyie der Euphauaiiden, in * Zool.
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14. ZiHHBi C, Unltriuehungen ùber den ianeren Bau voh ' Eupbauma su-
perba Dana „ in * Zooloipca „ XXVI, 63, 1918.
D,!„t,zed.yGOOg[e
LUIGI BKDSOTTI — SULLA SCOM POSIZIONE, EOC.
SiUs scomposizione dì odi formi bisarii biquadratici
nella somaa dì dae qiidratì
Nota del Prof. LUIGI BRUSOTTI
In uno de' suoi interessanti lavori sulle frazioni continue
di Halfbeit, i) Prof. F. Gerbaldi tratta incidentalmente della
scomposizione di una biquadratica binaria nella somma di due
quadrati (*) e trova quanto segue:
' Una biquadratica X (x) ai può in infiniti modi decomporre
nella somma dei quadrati di due polinomi di 2" grado in z, dei
quali uno ha per radici due punti (£, y), che appartengono l'uno
alla terza polare dell'altro rispetto al covariante aeatico di X.
* Fissato. ad arbitrio E, restano possibili per y tre valori;
questi si calcolano razionalmente, qualunque sia £, appena sia ri-
soluta l'equazione invariante
che è indipendente da i ^. Con t e j sono indicati i noti inva-
rianti della biquadratica.
Ora, partendo da un'osservazione del tutto elementare, il
rJBultato si può ritrovare, ed anche, in un certo senso completare:
a) notando come ia proprietà affermata per uno dei due
quadrati in relazione al covariante sestico della biquadratica
valga anche per l'altro quadrato e in relazione ad uno stesso
(') F. Gibbàldi, Simmtlria e periodieità ntllt frazioni eotUinut di HalphtM
['Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino., io). LUI (1918):
Nota I, pp. 767-784; Nota ti, pp. 869-837]. Vedasi Nota I, n. 4 (pag. 77«).
D,!„t,zed.yGOOg[e
64 r.nioi brdsotti
f&ttore quadratico del covariante sestico, ossia ad una stessa
radice della citata risolvente cubica;
b) dimostrando che ogni decomposizione della biquadra-
tica nella somma di due quadrati è del tipo indicato.
Per comodità di linguaggio parlerò di cambinazione lineare
anziché di somma di quadrati; ma il divario è puramente for-
male, essendo sempre possibile includere nei quadrati Ì coeffi-
cienti (costanti) della combinazione lineare.
1. — Si ha facilmente che:
Condizione necessaria e sufficiente perchè una forma binaria
biqttadratica f sia esprimibile come combinazione lineare dei qua-
drati di due forme binarie quadratiche p e q (^) è che { possa
spezzarsi nel prodotto di due fattori quadratici r, s, in tal maniera
che i gruppi r = 0, s^O, p = 0, q^= Osiano in una stessa in-
voluzione ed in questa formino nell'ordine scritto quaterna armonica.
Ed invero dall'identità
segue l'altra
f=(kp-\-kq)(kp-kq)
e reciprocamente,
2. — Poiché lo spezzamento di una f generica {*) nel
prodotto di due fottorì quadratici si può effettuare in tre modi
essenzialmente distinti, così per la decomposizione di f nella
combinazione lineare di due quadrati si hanno tre distinte serie <x '
di soluzioni essenziali.
Basti osservare che, fissato uno spezzamento di f ìa fattori
quadratici r, s, e preso genericamente uno dei fattori lineari
ad esempio di p, è determinata;) (a meno di un fattor costante)
dall'appartenenza dì p = 0 all'involuzione individuata dai gruppi
r=:0, 8 = 0, ed è determinata q (sempre a meno di uo fattore
(') Si intende esduBo il cmo in cui p coincida con g, a meno di no
fattor costante; e ciò anche nel Bcgnito, salvo contraria menuoue.
(') Cioè a discriminante non nullo. La restrizione va tenuta presente
se si vof^liono accogliere senza riserve tatti gli enunciati.
D,!„t,zed.yGOOg[e
SDI.LA SC01IPU3IZIONB DI DNA FORMA BINARIA, ECC. 65
costante) dalla condizione che r = 0, s = 0, p = 0, 9 = 0, far.
mino quaterna armonica. Per confronto di coefficienti, scelti
comunque i fattori coatanti si determinano i parametri della
combinazione lineare (oppure scelti comunque i parametri si
determinano i fattori stessi) (')-
f-
- Introducasi ora il covariante sestico T dì f e siano
<p, Hi,X ì noti fattori quadratici di questo.
Gli elementi doppi dell'involuzione individuata dar^O, 8=0
aoQO forniti, com'è ben noto, dall'annutlarsi di uno dei fattori
quadratici dì T; sìa questo «p. Posto;
q = qj={«x)(vx),
si avrà allora
(<Pp)* = 'Pv<P. = 0, , , , ,,
(<P?) =<P«<Pi. = 0,
Ossia: Condizione necesaaria perchè una forma binaria bi-
quadratica sia esprimibile come combinazione lineare dei quadrati
di due date forme quadratichef è che queste siano coniugate ad
uno stesso dei tre noti fattori quadratici in cui si spezza il cova-
riante sestico della biquadratica.
4. — Dalla (»)
r=2<PVX
si deduce
V T,' = -g- VvV. VbV. XvXi + j <P»<P. } V/X** + V'*Xv* i 4-
+ Y '*'>''''' ' ""* "P*' + ""* "P"* ' "*"
(') È eccesionale il caso in cui il fattore lineare aasonto per p, lia
fottore linekre di f. Se Io ò, ad ea.. di r, coincidono, a meno di fattori
coitanti, p, q, r. La richiesta dee odi posizione di f noa b poBsibile, w ancfae a
non coincide, a meno di un fattor costante con r.
(*) Ci.aascB, TTtwrie dtr binàren algebraitehtrt Formen (Leipzif;, 1672),
§ M, form. (5).
Atti della S. Areadtmia — Voi. LV. 5
D,!„t,zed.yGOOg[e
66 LUIQI BRDSOTTI
Ma dalla
VuX* — vbXv — fy«) (vx)
e dalle analoghe, quadrando, ai ricavano la
Vy*X.' + V=*Xlf* — ^VyVt XirXf
e le analoghe, quando sì tengan presenti le
(vx)* = (X<P)* = (<PV)* = 0;
onde infine è
V7;« = 2<p„v='C»V.X,Xs;
e similmente
J'„'T,» = 2(p_cp>v„VrXHX>-
Dall'enunciato de) num. 3 si ricava dunque:
Condizione necessaria perchè una forma binaria biquadrati^'a f
sia esprimibile conte combinazione lineare dei quadrati di due date
forme quadratiche, è che per ciascuna di queste i due punti-ra-
dice appartengano uno al terzo gruppo polare dell'altro rispetto al
gruppo T = 0, essendo T il covariante sestico di f.
6. Se si fa riferimento ad una sola delle due forme qua-
dratiche, dai num.' 1. e 2. risulta che le condizioni esposte nei
num.' 3. e 4. si presentano anche come sufficienti. Ossia: Con-
dizione necessaria e sufficiente perchè f ^ a*„ sia decomponibile nella
combinazione lineare dei quadrati di due forme quadratiche di cut
una sia p = (yx){zx) è: 2 VT,' = (p„(p, . Vv V. . X^X, = 0 (').
Così dato il punto (y), ad (y) a» può associare come punto (z)
uno qualunque dei tre punti (z) forniti dalla T^' Tj* ="0 (risp.
dalle ipjipB = 0, VyVi = 0, XjXj^o).
Dico che essi sono razionalmente determinati quando si co-
noscano le radici m, m', m", della risolvente cubica
1
:/_ 'y=0.
(') Qui, e più lotto, sì tenga preaente come ecceEÌouale il e
«econUo la nota posta già al n. 2.
D,!„t,zed.yGOOg[e
SOLL;^ SCOUPOSIZIONB DI UNA FORMA BINABli, ECC. 67
Ed invero dalle 0)
— 29' = B -\- mf ,
-2x'^H+m"f,
nelle quali H^Hj,* e l'HeBsìano di f^a^*, si ricavano le
2<Py^.<Py' CPt = By'Hi + Ma/ A,,
— 2iVy^ . Vv Vt = Hy^ Ht -{- m' Oy'a, ,
— 2Xy*. Xp X.' = -ffii'-ff. + m"ay*at ,
ove ip', hi', x' sono simboli equivalenti a <f>, u», X-
Segue che, noto (y), ì tre punti {z) sono razionatmente
forniti rispettivamente dalle
Hy^ Ht -\- may* Oi ^0,
Hy»H^-\-m"ay»a, = 0.
6. — Chiudo con un cenno relativo ad una rappresen-
tazione iperspaziale già da me usata altrove (^).
Si interpretino i coefBcienti di f come coordinate omogenee
projettive di un punto [^1 corrente in un Si (punto imtnagine).
Fra ìq biquadratiche sì considerino quelle che son quadrati di
forme quadratiche; il luogo dei loro punti-immagine è una su-
perfìcie Z (del 4** ordine) proiezione della nota superficie di
Vebonese.
(*) CiMtBoa, op. cit„ % 44, form. (4).
(^1 E ciob in dne mie pubblicaziooi : Sulla curva razionale normale
dttlo spazio a quattro dimeitaioai [* Annali di HateroOitica ,, serie 8', tomo IX,
(1904), pp. 311-352]; Interpretazione ipergpaziale di un teorema di Oorpak
[■ Rend. del R. Ut. Lomb. ., serie 2», voi. XLIl (1909Ì, pp. 144-148); e in
an'aggianta alU Nota del Prof. Bbeeoubi, Sul «ignifieato geometrico di
alcune identità liiteari tra guadrafi di forme algebriche [' Ibid. ,, »ol. Lt
(1918), pp. 481-454] gentilmente dft lui pubblicata io fine del euo latoro
(pp. 452-454).
>y Google
68 LUiei BRDSOITI — HDLLA SCOMPOSIZIONE, ECC.
Il problema algebrico della rappreeentazione di una biqua-
dratica f generica come combinazione lineare dei quadrati di
due forme quadratiche ai traduce cob\ in quello dì trovare le
corde di Z passanti per un punto {f\ genericamente assegnato in S^.
Ora tali corde si diatribuiacoD» in tre S, passanti per l'unica
trisecante di Z che esca da [/"], come subito si trova ponendo
mente alle tre rette doppie ed al punto triplo della euperficie
di Stbiker che si può ottenere proiettando Z da [f] eopra un
generico St di S^.
Cosi V esistema di tre serie a>^ di soluzioni del posto problema
alffeòrico si collega a quella delle tre rette doppie della superficie
di Steiner.
Castel felice di Uontebello. Agosto 1919.
>y Google
QinRlNO MAJORANA. — SULLA GRAVITAZIONE
SrIU grsvitszione
NoU del Socio nazionale reaidente QUIBINO MAJORANA
Origim della ricerca. — In uà precedente lavoro (^) sulla
teoria delle relatività, e auU'inflaenza del moTÌmento della sor-
gente 0 di uno specchio Bulla propagazione della luce, esprìmevo
il dabbio che, fi-a le cause incognite che possono influire sul
fenomeno, petesse esservi il campo gravitazionale terrestre. Senza
aver la pretesa di connettere ora due ordini di fenomeni tanto
diversi, riferirò in questo lavoro di alcune ricerche sulla gravi-
tazione, che fiironc cosi originate dalle altre già deBcritte.
In nna Nota preliminare pubblicata in questi Atti {'), diedi
già notizia delle nuove ipotesi da me formulate, in connessione
con la presente ricerca, e che ora svolgerò più completamente.
Faccio notare peraltro, che il controllo sperimentale al quale in
detta Nota accennavo, mi aveva fornito in principio un risul-
tato contrario alle mie previsioni; ed in tal senso ne davo,
allora, notizia. In eeguito, avendo eliminata una causa di errore
non prevista, le mìe esperienze mi hanno condotto ad osser-
vare un fenomeno, in perfetto accordo con le mie previsioni,
come ora farò vedere.
Caratteri della legge dì Newton. — Questa legge appa-
riioe la pib perfetta fra le leggi fisiche, nella sua semplicità.
Xessnna influenza della natura del mezzo si è sinora constatata
nella propagazione della forza attrattiva, tra due masse mate-
(') 'Atti B. Acoad. delle Sciente di Torino ,
(*) idem., 6 aprile 1919.
zed.yGOOg[e
70 (tUEKINO MAJORANA
riali. Le ricerche dì Auatin e Tbwing ('), Kleiner {'), Laager (■),
Cremieu (*), Grisman (^) ei) altri, tendenti a scoprire un'azione
del genere, nulla hanno svelato. Per opera di Laager che stu-
diava il peso dì una sfera di argento circondata da piombo, ai
pub ritenere che la mancanza di effetto sia stata sinora con-
Btatata sino ad una precisione di circa 5.10~'. Queste esperienze
hanno confermato al fisico e all'astronomo la esattezza delta
legge di Newton.
Dubbi sulla esattezza della legge di Newton. — Non
mi sembra però lecito inferire, da una esperienza simile, p. e.,
a quella di Laager, che ciò che si constata in laboratorio, possa
ripetersi, con le stesse apparenze, anche nei casi astronomici.
Cosi, non è lecito concludere che la massa della sfera di argento
apparirebbe ancora la stessa, se collocata al centro della terra,
o al centro del sole (333000 volte la massa terrestre). Ammet-
tiamo dunque, per ipotesi, che la massa possa apparire piìi
piccola, se circondata da altre masse, che cioè vi sia diminuzione
della forza gravitazionale, per il propagarsi di questa a traverso
un mezzo materiale. Quella diminuzione potrebbe esser dovuta
ad un carattere dì tale mezzo, paragonabile alla permeabilità
elettrica o magnetica , oppure ad assorbimento progressivo
della forza. Nel primo caso, se l'analogia con i fenomeni elet-
trici e magnetici potesse stabilirsi, basterebbero piccoli spessori
del mezzo, per lasciare constatare la presunta permeabilità gra-
vitazionale; e questo non avviene nelle esperienze note. Nel
secondo caso, l'assorbimento potrebbe verificarsi solo per spes-
sori di mezzo molto forti, e quindi sfuggire alle indagini di
laboratorio, pur manifestandosi nei corpi celesti. Questo secondo
modello dell'assorbimento si presenta dunque come piii proba-
bile, e sarebbe più facilmente concepibile, se la forza gravita-
(') * PhyB. Rev. „ V. 5, 1897,
(*) "Arch. Se. phre. „ 1905, p. 420.
(») Dissert., Zaricb, 1904.
(*) ■ C. B, ., V, 140, p. 80. 1905; V. 141, pp. 65S. 718, 1905; V. 148,
p. 887, 1906,
(•) • Vierteljahrschr. „ V. f<d. p. 167, 1908.
>y Google
SULLA OR^VITAZIONS 71
zionale potesse venir causata da udh specie di flusso di energia,
sprìgionantesi continuamente dalla materia. Questo flusso, come
avviene, p. e., per la luce che traversa un mezzo torbido,
rimarrebbe progressivamente assorbito: la legge di Newton non
varrebbe che in prima approssimazione.
Consegaenze della ipotesi dell'assorbimento. — Come
conseguenza, si avrebbe anzitutto la cognizione di massa vera e
di massa apparente. La prima sarebbe il carattere della materia
da cui dipende la forza attrattiva, quando essa è estremamente
suddivisa. La seconda è, per contro, il valore apparente che as-
sume la massa, vera in conseguenza del progressivo assorbimento.
Per rispettare il principio della conservazione dell'energia,
occorrerebbe, inoltre, ammettere che la materia dì qualunque
natura, si vada progressivamente trasformando. Ciò sarebbe, in
certo modo, analogo a quanto avviene per il radio, colla diffe-
renza che per questo corpo la trasformazione dura qualche
migliaio di anni, mentre, per tutte le altre sostanze conosciute,
si avrebbe da fare con un tempo enormemente pili lungo.
Un'altra conseguenza potrebbe trarsi : poiché la forza gra*
vitazionale risulta da un flusso di energia assorbito, non potendo
l'energia distruggersi, questa si dovrebbe trasformare, p. e.,
in calore. Per cui materia soggetta a gravitazione si riscalda; in
ciò si avrebbe una nuova spiegazione di almeno una parte del
calore solare- L'ipotesi potrebbe inoltre essere messa a raffronto
col fatto, quasi sicuro, che il cielo è mancante di stelle oscure
di grandi dimensioni: infatti la materia agglomerata in piccolo
spazio dovrebbe riscaldarsi notevolmente.
L'ipotesi del carattere energetico della forza gravitazionale
è però da me avanzata con ogni riserva, e la ritirerei ove
considerazioni che ora mi sfuggono, dovessero farla ritenere
inammissibile.
Piuttosto, ritengo come probabile, ed anzi, in seguito a
talune esperienze che descriverò, come esatta, la ipotesi del-
ì^assorbimento gravitazionale.
Ricerche analitiche- — Per poter stabilire un piano di
esperienze tendenti a verificare l'ipotesi dell'assorbimento, oc-
corre concretare questa ipotesi, analiticamente. Una grandezza
D,!„t,zed.yGOOg[e
72
QUIRINO UIJOHANA
fisica sui generié può ora eseere definita, e chiamata fiutso di
atùme gravitazionale; non è però neceesario legare la nozione di
questa grandezza al coDcetto di energia.
Sia una particella materiale d m, tanto piccola da poter
ritenere il suo assorbimento gravitazionale interno nullo. Pos-
siamo supporre, secondo le fatte ipotesi, che essa emetta contì-
nuamente un certo flusso proporzionale a dm, cioè kdm, unifor-
memente irradiato in tutte le direzioni. Se la particella materiale
trovasi nel vuoto, a traverso un angolo solido che sottenda la
superficie da) alla distanza 1, ai avrebbe solo il flusso:
Se la particella, invece di trovarsi nel vuoto, si trova in
un mezzo di densità vera #«, il flusso che sarà arrivato alla
distanza x dalla particella sarà espresso da :
(I) q> = k e'"'.
Ciò equivale ad ammettere un assorbimento progressivo
del flusso, proporzionale al valore di esso in ciascun punto, allo
spessore del mezzo tra-
versato e alla densità
del mezzo S',. Sì suppone
infatti che:
essendo H il fattore dì
smorzamento per la den-
sità &v, ed k il fattore
dì smorzamento per la
densità 1.
Vogliamo ora consi-
derare una sfera piena,
di densità uniforme, e
determinare il flusso e-
mergente da essa. Sìa B
il suo raggio, 0 il suo centro (fig. 1). Considero il punto interno
dì essa P, nel quale sìa concentrata la massa dm. Conduco il
D,!„t,zed.yGOOg[e
SULU GKATITAZIONB 73
nggio PO della sfera, passante per P, e descrivo un angolo infini-
tfomo QPBy col vertice in P; conduco QA perpendicolare a PQ.
Dieo OP^=^r-, PQ^x; QD=^y. Faccio ruotare il triangolo
QPB, intorno all'asse PO; il segmento AQ descriverà l'area
2« . TQ . QA . Si può sostituire nella (1), al poeto di dw, questa
area, riportata ali 'unità di distanza da P, cioè divisa per x*.
S ha:
Conducasi QD parallela ad OP; proietto B normalmente au QD,
' il C. Sarà QC=^dy. Dicasi: PQO = a; POQ=%; si vede
iQa figura che dy =: QBaen%; QA = QBco8a; per cui
QA
— Al.
TQ = Raeu6; x^l/B*-\-r* — 2rv.
DiffeT«iziando :
Dal triangolo OPQ si ha:
r» = i» + fi» — 2a; fi cos a ;
im cai:
x' + lP-r'
8i ha quindi:
Chiamiamo d^il flusso di azione che emette la particella tfm,
in totale e che può uscir fuori dalla sfera ; esso sarà dato
dall'int^rale di <p esteso fra i limiti ll-\-r ed E — r:
«4 eseguendo l'integrazione:
,Google
74 QUIRINO UÀJORiKA
Estendo ai lìmiti dove è possìbile:
L'integrale rimasto in questa espressione è trascendente e
non se ne può avere il valore, che sviluppando questa, in serie.
Con opportuno artificio dì calcolo, suggeritomi gentilmente dal
collega Fubinì, ai può evitare ciò. Si pub intanto chiamare dm
non la sola massa contenuta nel punto P, ma tutta quella di
uno strato sferico di raggio r e spessore dr:
dm^-inr* *„rfr,
per cui:
dF^ ÌTt*„rdr [e ""-"(-^ + ;? -I- r) — «-""'+"(- +fi-r)
Per ottenere il valore del flusso totale emergente da tutti
ì punti della sfera, occorre integrare questa espressione da Oad A;
e si ha:
F=k,»,l\dr[e-'-"{^+R + r)-,-"-*'>(l+S-r)
- 1/(5 + «-)'-"•"■ "■■
_l„, [ZB" 2S , 1 1
Si può ora eseguire l'integrazione doppia dell' ultimo ter-
mine, iarertendo l'ordine di integrazione; occorre avvertire di
>y Google
3QLLA eR&TITAZIONG 75
cambiare anche opportunamente i limiti di integrazione. Cos'i
operando, e ponendo p = RH, ai ha finalmente :
(2) F=M.R>[l--^-. + r-'(^ + ^)].
A questo flusso sarebbe dunque dovuta l'azione gravita-
zionale, all'esterno della sfera. Poiché A: è il coefficiente di pro-
porzionalità che dà, in funzione della massa apparente, la forza
newtoniana, dicendo tale massa apparente Afa, si ha:
(3) F=kSJ„; .¥„ =
Se diciamo:
si ha:
(5) JI/„= I n9„fì'H' = M.V,
dove M„ rappresenta la massa vera della sfera. 8i ha inoltre:
(6) Jtfa = f «»««»: »<, = -^: ffa = *.H'; v = ^.
È facile vedere che:
(7)
e quindi:
Cioè, le masse apparente e vera coincidono, ae p = o; vale
a dire se si tratta di una sfera di raggio piccolissimo o se H=0.
Nella figura 2 si sono riportati sulle ascisse i valori di p
e sulle ordinate quelli di f: sì ha così la curva corrispondente
all'equazione (4). Essa tocca l'asse delle ordinate con un valore 1
(vedi [7j); ed à asaintotìca all'asse delle p.
La curva <t>, segnata sulla stessa figura, non è oggetto di
questa Nota.
D,!„t,zed.yGOOg[e
76
QUIRINO MAJORANA
Applicazione della funzione M' al sole. — Q sole non ha
certamente densità uniforme. Ma per un'indagine groBsolana-
mente approssimata suppongo costante la sua densità ed
uguale a &v
La sua densità apparente è quella astronomica e sì ha:
»,= 1,4L
Si possono fare varie ipotesi, sul vero valore di J^e, per il
sole; per ciascuna di esse si può calcolare il valore di Vf; me-
diante le (6), poi, dalla curva V, della fig. 2, si ricava il coni-
Kg. 2.
spondente valore di p; e finalmente, essendop^ BH^ B 9vh,
si può ricavare il vsJore di h, giacché si conosce il raggio
solare R, =^ 6, 95 . 10»« cm.
Si può così costruire la seguente tabella:
#. = 1,41 2
5
IO
15
20
■^ = 1 0.705
0,281
0,141
0,994
0,070
^ = 0 0,58
2,48
5,20
7.95
10,40
^- 0 8,81.10-'»
7,08.10-'
7,49.10-1
7,68.10-
7,64.10-
,Google
SULLA aSAVITAZlONB 77
Da coi 8Ì vede come, al crescere della densità vera, il va-
lore di k cresce rapidameote, sino alla densità di circa 2, e poi
assai più lentamente, tendendo verso un valore limite che, come
si paò vedere, rimane fissato a 7,65 . 10"".
Si vede ancora che, anche solo ammettendo una densità
vera solare di poco superiore alla apparente (p. e., 2), l'ordine
di grandezza del fattore di smorzamento A rimane fissato fra
10-" e 10-".
Ricerca del fattore h. — Secondo le ipotesi fatte, il fat-
tore A rappresenta una costante universale, da cui dipenderebbe
la misura dell'assorbimento gravitazionale.
La sua misura probabile pu6 rimanere fissata nel valore
anzidetto, ma la sua vera determinazione non può farsi colla
sola considerazione del fenomeno solare.
' Non si hanno elementi infatti per dire quale possa essere
la densità vera del sole; forse ai può sospettare che essa sìa
certamente superiore a 1,41 (densità apparente od astronomica),
quando si pensi alla grande densità di talnni corpi più pesanti.
La elevata temperatura del sole, che avrebbe per effetto di
tenere in uno stato di estrema espansione tali corpi, potrebbe,
nell'interno della massa solare, venir compensata dalla enorme
pressione. In ogni modo non è possibile stabilire a priori il
valore della detta densità vera solare.
Si pub dunque pensare ad un metodo sperimentale per la
ricerca della costante k. Esso pub realizzarsi cercando la even-
tuale variazione di peso di una massa m, relativamente piccola,
circondata da altra massa M, assai più grande. Infatti, come
è a ritenersi secondo le ipotesi fatte, che il flusso di m debba
essere in parte assorbito da M, cosi anche il flusso gravitazio-
nale, proveniente dalla nostra terra, deve affievolirsi prima di
raggiungere m a traverso M.
Suppongo questa massa M conformata a sfera di raggio r
e la massa m, piccola e situata al centro di Af. Se ^ è la
densità della sostanza che costituisce M, si avrà per la(l):
che rappresenta il flusso di m che riesce ad uscir fuori da M.
>y Google
'O QDIRrNO MAJORANA
Corriapondentemeote, diceodo f?ia ed m. le masse vera ed
apparente di m, si ha:
'"*- ;= e-*""" . ossia m- := tn. é"**' .
Essendo r assai piccolo (al più qualche decimetro), si ha:
tMa ^ IMp (1 — k&r).
Cioè la massa m subirebbe una variazione in meno dJ:
(8) (-mA»r.
Da questa si dedurrebbe il valore di
Si può stabilire quale sia l'ordine di grandezza di e, in una
possibile esperienza di questo genere. Supponiamo m =: m* = 1 kg.;
9:= 13,60; r = 10 cm. Ciò corrisponde, all'incirca, alle condi-
zioni da me realizzate in una esperienza che presto descriverò:
in essa m è una palla di piombo; la massa M è costituita da
mercurio distribuito simmetricamente intorno ad m. Poiché h
deve probabilmente risultare dell'ordine di 10~", sarà:
e --= 1000 . 10-'M3,60 . 10 = 1,4 . 10"' gr.
Cioè, occorrerebbe poter valutare circa 1,10000 di mg. su
1 kg. L'apparecchio necessario per l'esecuzione della progettata
esperienza dovrebbe soddisfare a tale condizione.
DeBcrizioiie della disposizione sperimentale. — Una bi-
lancia Rueprecht della portata di circa 1 kg. è stata rimossa
dalla sua custodia originale, e rinchiusa in una scatola metal-
lica a forma di T (6g. 3), capace di resistere alla pressione
atmosferica, quando si pratichi in essa il vuoto. Speciali artifici
sono stati escogitati per comandare dall'esterno il giogo, ed il
movimento del cavalierino di 1 cg., su questo. I piattelli origi-
nali della bilancia sono pure soppressi. Sotto il coltello di destra,
D,!„t,zed.yGOOg[e
,Google
80 QDIKi:«0 MAJORANA
è fissato alla scatola un tubo D di vetro, che coitgiunge questa
con l'ambiente nel quale si trova la massa m, come sarà detto.
Sotto il coltello di sinistra, si trova una protezione di metallo,
che racchiude una palla di piombo m', che serve di contrappeso
alla massa m. Sul giogo, nel suo punto mediano, si trova uno
specchio concavo S, per l'osservazione delle oscillazioni, con
raggio luminoso e scala verticale. La bilancia trovasi con la
sua scatola, sa di una mensola L, fissata al muro.
Al disotto di L e sul pavimento della stanza, si trova il
recipiente V, destinato a ricevere il mercurio, che circonderà la
massa t». Esso è costituito con assai robusti pezzi di legno
fissati insieme; è cilindrico, di circa 22 cm. di diametro e di
altezza interna. Nell'asse del cilindro U sono collocati due tubi
di ottone R, T, in prolungamento l'uno dell'altro e raccordati
mediante una sfera cava V, di ottone di 79 mm. di diametro.
Questa sfera è smontabile, mediante una giuntura a viti, nel
Buo piano diametrale, orizzontale.
Nell'interno di F e concentricamente, trovasi una seconda
sfera V cava, di ottone, di 70 mm. di diametro. Essa è connessa
mediante una canna di ottone N, al tubo D di vetro, che scende
dalla bilancia. La sfera V e la canna N non toccano in t^cun
punto la sfera V ed il tubo T.
La sfera F* è scomponibile come Y, in due calotte semi-
sferiche, in modo che è possibile racchiudere nel suo interno la
sfera m di piombo. Questa, mediante un filo sottile di ottone, è
sospesa al coltello di destra della bilancia, a traverso i tubi D ed N.
L'ingrossamento Z di quel filo permette, col catetometro,
di controllare la posizione della sfera m, rispetto al recipiente U.
In questo può affluire il mercurio dal basso; a volontà
questo liquido può essere rimosso, mediante aspirazione pneu-
matica. I livelli che il mercurio raggiunge, quando U ò stato
riempito, o quasi del tutto vuotato, sono controllati rigorosa-
mente da contatti elettrici P e F, opportunamente regolabili.
Oltre a ciò, un delicato sistema costituito da un galleggiante K
e dal suo contrappeso K' indica, mediante uno specchio S*, la
posizione che in ogni istante ha il mercurio nel vaso U.
Tutti gli aggiustaggi sono fatti con precisione superiore a
2/10 di mm.; dentro questo lìmite, si può ritenere che il mercurio
abbia il suo centro di gravità coincidente con quello della sfera
>y Google
SULLA ORATITAZIONE 81
di piombo m. Questa ha una massa dì 1274 gr. ; il mercurio
di 104 kg. [.a bilancia con i suoi accessori mantiene il vuoto
in maniera praticamente perfetta. Anche dopo 24 ore, la pres-
sione interna non risale al di eopra di 7/10 dì mm. di mercurio,
il quale valore rappresenta forse la tensione di vapore dei ma-
stici impiegati per chiudere la bilancia.
Durante le esperienze, occorre sempre tenere in funzione
la pompa rotativa a mercurio, per ridurre a meno di 1/10 di mm.
di mercurio la pressione.
In tali condizioni, sono completamente evitate perturba-
zioni dì temperatura dovute al mercurio che circonda i due invo-
lucri V e V.
he osservazioni vengono fatte da una stanza diversa da
quella della bilancia, mediante raggio luminoso riflesso da S mi
scala a 12 tn. di distanza; è cos) possibile apprezzare 1/10 di mm.
su questa scala. La sensibilità della bilancia pai), in conseguenza,
essere portata a circa 170 mm. di deviazione del raggio lumi-
noso per mg. Si pub quindi apprezzare circa 1/1700 di mg. a
lettura diretta e raggiungere precisione Hiaggiore, con molte
osservazioni.
Vi ha però il dubbio che una precisione simile eia illusoria,
e che minime cause perturbatrici possano mascherare comple-
taraente la deviazione di qaalehe millimetro. Sono però n'uscito
a rimuovere tutte le piii notevoli cause di errore. La piìi grave
fra queste era costituita dalle scosse meccaniche esteriori pro-
venienti dalla vita cittadina. Le ho evitate, sia facendo osser-
vazioni nelle ore notturne, eia profittando dei giorni di sciopero
generale, sotto tal riguardo utili.
Osaerrazione della variazione di peso. — L'effetto della
presenza del mercurio intorno alla sfera m, è stato cosi con-
statabile.
Lasciando permanentemente abbassato Ìl giogo della bi-
lancia, venivano fatte alternativamente e rapidamente determi-
nazioni della porzione di riposo della bilancia, con oppure sema
il mercurio, nel recipiente V. La figura 4 indica i diagrammi
di quattro serie di osservazioni eseguite ìl 20 ed il 21 luglio 1919
(giornate di sciopero generale). Come ascisse sono riportati i
Buccessivi intervalli di tempo, (7,8,, SjCs,CsS4,S4Cs, ... tutti
Atti della R. AceadtMia. — Voi. LV. 6
D,!„t,zed.yGOOg[e
82 QUISl.VO UAJOItANA
eguali, intercedenti fra le singole osservazioni senza mercurio
e con mercurio. Come ordinate sono riportate le posizioni di
riposo della bilancia, determinate ciascuna con tre letture di
oscillazioni. Sono poi stati congiunti con due linee i punti così
risultanti. Le due spezzate, per ciascuna serie, hanno andamento
ascendente, discendente o comunque variabile a cagione di pro-
gressivo spostamento dello zero della bilancia, causato da lievi,
*". *. *", s, e, s, e, Sg e, S.O c^ s„ ^ s^ q, ^
Fig. 4.
accidentali e non brusche variazioni di temperatura. Ma sempre,
quella sema mercurio, trovasi, con i suoi punti, al disotto di
quella con mercurio.
Ciò vuol dire che sempre la presenza del mercurio fa sem-
brare piti leggera la sfera di piombo m.
Nella stessa lìg. 4 i tratti verticali rappresentano le varie
medie successive ricavabili da ciascuna serie di osservazioni
rappresentata; essi sono 51. Per semplicità di figura, non riporto
qualche altro breve diagramma, corrispondente ad altre serie di
osservazioni fatte, insieme con quelle della fig. 4, nei giorni 20
e 21 Luglio.
Dirò solo, che prendendo la media generale di 57 medie
>y Google
3DLLA OBATITAZIONE 88
parziali, trovo, come valore dello spostamento della posizione dì
riposo della bilancia, per la presenza del mercurio:
mm. 0,358 + 0,012;
l'errore probabile 0,012 è stato calcolato con i minimi quadrati.
Il senso dello spostamento indica diminuzione di peso, cioè
assorbimstito della forza gravitazionale terrestre sulla sfera di
piombo a traverso il mercurio.
La sensibilità della bilancia, nel corso delle citate esperienze,
ai è mantenuta di 171 nim. per mg. Per cui quello spostamento
corrisponde ad una variazione di:
mg. ■
171
Correzione dell'effetto oaserrato. — Nella esperienza
così eseguita intervengono però parecchie cause, che, sovrap-
ponendosi con i loro effetti a quelli del fenomeno ricercato, ne
modificano notevolmente il risultato. Kon posso in questa rapida
esposizione discutere minutamente tali cause ; ma di esse, quelle
che danno effetto sensibile, sono riportate nella seguente tabella,
ciascuna col proprio segno :
Effetto constatato + mg. 0,00209 + 0,00007
, newtoniano dell'Hg. sulla tara — , 0,00085
dei serbatoi di Hg -j- , 0,00007
del galleggiante K e E' . . — . 0,00034
dell'Hg. sul giogo .... , 0,00000
Correzione per Io spostamento dello
zero + . 0,00001
Errore massimo ammissibile per dis-
simmetrie , 4; 0,00009
Effetto netto £ = mg. 0,00098+0,00016
Le tre correzioni qui sopra riportate per gli effetti newto-
niani del mercurio e del galleggiante con il suo contrappeso,
sono state calcolate rigorosamente. Il loro errore probabile è di .
molto inferiore all'errore probabile delle mie osservazioni.
>y Google
84 QUIRINO MAJORANA
L'errore massimo ammissibile per dissimmetrie nella posi-
zione del mercurio, rispetto alla sfera di piombo, computato a
mg. 0,00009, b certamente superiore al vero; ho volato esage-
rare nell'ammetterlo, per far vedere che esso non può coprire
il fenomeno trovato.
Si ha dunque una netta diminuzione di peso della sfera di
piombo la cui massa è gr. 1274, di mg. 0,00098, cioè del T.T-IO"*"
del suo valore, per il fatto di essere stata la sfera circondata
da mercurio.
PoBsibilìtà di altre canee di errore. — Nella descrizione
dettagliata di queste esperienze, che sarà pubblicata da me in
altra sede, discuto minutamente la possibilità di altre cause di
errore; qui mi limito ad accennarle:
I. Perturbazioni di carattere meccanico, come: effetto
del peso del mercurio sulla posizione della bilancia, delle lam-
pade di proiezione, delle scale, ecc. ; oppure, deformazione del
vaso contenente il mercurio, aumento per compressione della
densità di questo verso il basso, ecc.
II. Perturbazioni di carattere calorifico.
III. Azioni radiometriche.
IV. Azioni elettrostatiche.
V. Azioni magnetiche.
VI. Azioni elettromagnetiche.
£ dirò solo, che tali cause di errore, se intervengono, non
possono modificare il risultato avuto, sensibilmente.
Determinazioae della costante k. — La constatata va-
riazione di peso permette di calcolare il valore della costante
universale di smorzamento h, almeno dentro certi lìmiti di
approssimazione.
Mi servo delle relazioni (8), (9). Occorre però introdurre una
ipotetica semplificazione, nella eseguita esperienza, se non si
vuole incorrere in grandissime difficoltà di calcolo. D'altronde,
per una prima indagine del genere, ciò può essere permesso.
Suppongo la massa m di piombo pesante gr. 1274. concentrata
in un punto; suppongo inoltre la massa di kg. 104 di mercurio,
trasformata da cilindrica a sferica, pur contenendo sempre nel
suo interno l'involucro sferico V (fig. 3). Il raggio della sfera di
D,!„t,zed.yGOOg[e
SULLA OttATlTAZIONE 85
mercurio così risaltante, sarà di cm. 12,35. Infine lo spessore di
mercurio traversato dalle singole azioni gravitazionali emananti
dal piombo (od arrivanti ad esso) si può supporre, sempre con
grossolana approssimazione, uguale alla differenza dei raggi delta
sfera di mercurio e dell'involucro V. Ciò corrisponde a:
cm. 12,35 — 3,95 = cm. 8,40.
Nella formala (9) è dunque:
e = gr.9,8.10-^ m^-^gr. 1274; *= 13,60; r = 8,40.
Si ha quindi:
^=m4.wo.».4='^.""'-.
e l'ordine dì grandezza di questa determinazione coincide con
quello previsto precedentemente.
Applicazione del risaltato sperimentale al caso del sole.
— Il risultato ottenuto proviene principalmente dalla ipotesi
che la densità astronomica del sole, qui chiamata apparente,
possa essere inferiore ad una certa altra densità, che abbiamo
chiamata vera. Sempre facendo la semplificazione derivante
dall'ipotesi della costanza della densità vera solare, si pub pen-
sare che questa resti determinata per l'esperienza eseguita. Di-
ciamo infatti Bt il raggio solare, &„$, ^at -le due densità (ap-
parente e vera). Poiché si è detto p = RB^ Bk9, si ha per
il sole :
Al valore pi corrisponde un determinato valore V,, della
funzione M',, desumibile dalla fig. 2, se fosse conosciuta &«i.
Ora dalle (6) si ha:
e qnindi :
p.'V. = h}t,»^.
Essendo fl, — 6,95.I0"'cm., *«=1,41, ed A = 6,73.10-", si
ha ancora:
|.,V. = 6,73.I0-".6,95.10«.1,41 = 0,660.
D,!„t,zed.yGOOg[e
86 QUIRINO MAJORANA
Questa condizione deve risultare soddisfatta. Esaminando
la curva y della fig. 2, si rileva che per il punto p = 2,0, sì ha
V = 0,33, ed avviene quindi tale verifica. Dirò dunque p, = 2,0,
Vi = 0,33 ; e se ne deduce :
cioè; la densità vera del sole risulta il triplo di quella cono-
sciuta dagli astronomi (1,41).
Ma quantunque ritenga attendibile il risultato generico dì
una densità vera superiore all'apparente, non db soverchio peso
al preciso valore della fatta deterin inazione, il problema della
ricerca della densità vera , così posto, si presenta alquanto in-
certo. Infatti, basta ammettere anche un errore relativamente
lieve, nella determinazione di e, perchè il valore di #„ venga
notevolmente mutato. Ciò risulta dalla seguente tabella :
0,0007
4,80 . IO-"
2,42
0,0009
6,18.10-"
3,27
0,00098
6,73 . IO-"
4,27 (d«tertninaz.
0,0011
7,55 . 10-"
10,04
0,0012
8,23 . 10-"
—
' aperim,'*)
Se, p. es., si ammette e = 0,0011, la densità vera sale
da 4,27 a 10,04; per e = 0,0012, essa sarebbe immaginaria.
Ma l'esame della funzione V, porta ad una interessante
conseguenza: non è possibile che la costante k sia superiore
a 7,65.10~i*; infatti, se ciò fosse, dovrebbe essere nel caso del sole:
-|^>7.65.I0-"», cioè p,V.>0,75,
e tale condizione non può mai essere verificata dalla (4), che al
pili, per grandi valori di A, dà p^^^-v ■
Io altre parole, si può anche dire: poiché il sole ha una
densità apparente dì 1,41, il coefficiente di smorzamento A non
può essere superiore a 7,65.10-".
D,!„t,zed.yGOOg[e
SDLLA OKATITAZIONE 87
L'esperienza dà 6,73.10"", per cui vi è, ainora, accordo tra
i fatti e la teoria da me proposta.
Termino queste coDsiderazioni facendo rilevare che, am-
messe le ipotesi dell' asBorbimento gravitazionale, la trattazione
fatta per il sole con la semplificazione della costanza di densità
non può condarre a risultati troppo erronei. Infatti, se si sosti-
tuisce all'ipotesi della densità costante un'altra legge di varia-
zione della densità, questa ultima sarà necessariamente più
grande al centro che sulla superfìcie.
Per cui, da un canto, l'accumularsi della materia verso il
centro farebbe si che lo smorzamento di più gran parte di
questa si verifichi a traverso spessori maggiori, dovendo l'azione
gravitazionale passare principalmente dagli strati profondi alla
superficie e dopo all'esterno; ma dall'altro canto, la massa este-
riore è di densità ridotta e quindi lo smorzamento stesso dimi-
nuisce. Sono dunqne due cause opposte, che certamente non
potranno in generale compensarsi esattamente, ma che si sot-
traggono nei loro effetti, lasciando la densità media vera, non
troppo differente da quella da me trovata. .
Sommano e conclusione. — Partendo dall'esame della
legge di Newton, sono venuto nell'idea che la forza gravitazio*
naie possa affievolirai, per assorbimento da parte della materia.
Questa potrebbe quindi appalesarsi con una massa vera e
con una massa apparente. Con altri ragionamenti, sono arrivato
a sospettare che la materia che scherma la forza gravitazionale
possa riscaldarsi. Benché tale concezione risolverebbe in modo
nuovo la vecchia controversia dell'origine del calore solare, io
la formulo con tutte le riserve.
fio poi intrapreso la trattazione teorica del caso di una
massa aferìca a densità costante, soggetta all'assorbimento della
propria forza gravitazionale, e da essa ho tratto elementi per
l'esecuzione di un controllo sperimentale della mia ipotesi.
Qnesta esperienza è stata da me realizzata, pesando nel
vuoto una sfera di piombo di 1274 gr., simmetricamente cir-
condata da 104 kg. di mercurio. Avendo evitato tutte le possi-
bili cause di errore, sono venuto nella conclusione che la sfera
di piombo perde il 7,7.10i'' del suo peso, per Ut presenza del mer'
curio- Tale risultato porta alla determinazione della costante di
>y Google
So QUIRINO HAJOKANl — SDLU OfUTITAZIONE
smorzamento della forza gravitazionale per unità di densità ed
unità di lunghezza, nella misura di 6,73. 10~>*.
Applicando infine questo risultato al caso del Bole, calcolo
la densità vera di questo astro nella misura di 4,27.
L'importanza di questa ricerca è evidente, e non credo si
possano trovare facili ragioni di critica. Ad ogni modo, siccome
io per il primo desidero controllare con ogni mezzo possibOe
gli annanziati risultati, dichiaro che è mia intenzione rinnovare
le mie esperienze con congegni più grandiosi. All'uopo, nel
laboratorio di Fisica del Politecnico di Torino da me diretto, è
in corso di allestimento una disposizione che permetterà di spe-
rimentare con 10000 kg. di piombo, al posto dei 104 kg. di
mercurio, già adoperati. Sui risultati che con essa otterrò,
riferirò a suo tempo.
L'Accademico Segretario
Carlo Fabrizio Parona
>y Google
CLASSI UNITE
Adonanzft del 7 Dicembre 1919
PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. COUH. AHDREA NACCAHI
PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA
Sono prflBenti,
della Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali,
i Soci Salvadori, SEfiRE, Jadanza, Parona. Mattibolo, Orassi,
Sacco e Majorana;
della Classe di Scienze morali, storiche e filologiche,
i Soci De Sanctis, Einaudi, Baudi di Vbshe, Schiaparelli,
Patbtta, ViDARi, Prato, Cian, Pacchioni e Stampini, Segre-
tario della Classe, che funge da Segretario delle Classi unite.
È scusata l'assenza dei Soci Buondì e VALMAaei.
Si legge e si approva l'atto verbale dell'adunanza stra-
ordinaria del 6 luglio u. s.
11 Presidente dà facoltà di parlare al Socio Patetta, il
quale, anche a nome del Socio De Sanctis, informa l'Accademia
dell'esito dell'adunanza, tenutasi nella seconda metà dell'ot-
tobre u. s., della Union Aeadémique in Parigi, confermando
quanto già era stato esposto dal Socio Db SANCita nell'adunanza
precedente della Classe di Scienze morali, cioè che l'art. IV
dello Statuto ta modificato nel senso desiderato dalla nostra
Accademia. Si riserva di dare altri ragguagli, quando sarà giunto
il testo definitivo dello Statuto predetto. Intanto l'Accademia
vota un plauso unanime all'opera dei Soci Db Sanctis e Patstta
>y Google
che tanto degnamente la rappresentarono, come suoi delegati,
al convegno della Union AcadSmique.
L'Accademico Tesoriere Einaudi dà alcune informazioni
circa le nuove restrizioni deliberate dal Conaiglio d'Amministra-
zione relativamente alla stampa degli Alti, così per riguardo
alle Note dei Soci come per quelle delle persone estranee alla
Accademia, a causa dell' enorme nuovo rincaro delta carta e
della mano d'opera tipografica. E poiché non si vede ancora la
fine di tale disastroso rincaro, e i mezzi finanziari dell'Accademia
si vanno sempre più assottigliando, restringendosi così sempre
più la sua funzione di promuovere gli studi scientifici per mezzo
delle sue pubblicazioni, il Socio Stahpini propone che sìa rin-
nevato al Governo — il quale pur troppo non ha finora dato
alcun segno di averlo ascoltato — il voto espresso dalle Classi
Unite nella loro adunanza del 4 maggio u, s., inviando di nuovo
al Ministero il testo dell'ordine del giorno del Tesoriere Einaudi,
allora votato all'unanimità, insieme con quelle aggiunte che sono
rese necessarie dal nuovo gravissimo rincaro della stampa degli
Atti accademici. La proposta del Socio Stampini è approvata
all'unanimità; e il testo del nuovo ordine del giorno con le
aggiunte accennate risulta il seguente:
' La Reale Accademia delle Scienze di Torino, nella sua
adunanza a Classi unite del 7 dicembre 1919, udita la esposizione
dell'Accademico Tesoriere in aggiunta a quelle già fatte nella
adunanza del 4 maggio u. s. ;
* — considerata la somma e crescent« importanza della pub-
blicazione dei volumi delle Memorie e degli Atti, divenuti, in
tanto moltiplicarsi di pubblicazioni d'occasione od aventi relazione
con problemi applicati, mezzo per talune discipline quasi esclusivo
e desideratissi tuo di portare a conoscenza del mondo scientifico
i risultati degli studi di carattere più severamente teorico com-
piuti non soltanto nella regione piemontese;
' — considerato che, nonostante siasi tenuta ferma, con sa-
crifici su tutti gli altri capitoli di apese, la somma destinata
D,!„t,zed.yGOOg[e
01
alla stampa, l'incremento Btraordtnario del costo della carta e
delle tariffe di lavorazione, che non è destinato a cessare, ha
già da non pochi mesi costretto il Consiglio di Amministrazione
a decretare la sospensione della stampa delle Memorie e ad
imporre vincoli sempre più rigidi all'accettazione di Note per
gli Aiti;
' — considerata l'urgenza di riprendere, sia pure in misura
ridotta, l'attività scientifica sua, rìaffermantesi essenzialmente
nella possibilità fornita agli studiosi, soci ed estranei, di por-
tare a notizia degli scienziati singoli e delle altre Accademie
ed Istituti, con cui essa tiene commercio intellettuale, i risultati
delle proprie indagini e scoperte;
" — considerata la necessità di non rimanere, il che sarebbe
persino contrario al decoro della Patria, estranea ai convegni
intemazionali destinati a riorganizzare il lavoro scientifico nel
dopo guerra;
' — constatato, in fine, che recentemente si verificò un
nuovo e grave aumento delle spese di stampa degli Alti, cosi
che da lire 67,70 per ogni foglio di pagine 16 in 8** sono giunte
oggi a lire 276, senza calcolare la non lieve spesa ulteriore oc-
corrente per gli estratti da darsi, pur in misura limitata, agli
autori delle Ni^e, e sen2a tener conto di altro probabile inaspri-
mento di tariffe da parte della tipografia a partire dall'immi-
nente anno; si che, se non si viene in soccorso all'Accademia
da parte del Governo, essa dovrà, in breve volger di tempo,
ridurre a pochissimi fogli il volume degli Atti, con incalcolabile
detrimento della scienza;
' — presa nota che l'attuale assegno netto residuoei a afra
monetaria inferiore a quella stessa che la munificenza del Sovrano
fondatore aveale assegnato nel 1783 ed e in sostanza incapace di
fronteggiare anche solo un qwirto di quelle spese di stampa a cui
largamente si provvedeva con la dotazione originaria;
' fa caldissimi voti affinchè il Governo voglia non sol-
tanto ripristinare la cifra della dotazione in quella normale di
>y Google
92
bilancio di lire 18.700, ma aumentarla in guisa da renderla
meno disuguale, in valore intrinseco, da quella originaria e più
consona agli scopi scientifici, sempre vivi ed importantissimi,
a cui è ufficio dell'Accademia di attendere costantemente „.
Si procede alla votazione per la elezione dell'Accademico
Tesoriere per il triennio dal 1° luglio 1919 al 30 giugno 1922.
I votanti sono 19. Risulta ad unanimità proposto per la elezione
il Socio Prato. Il Presidente pertanto proclama eletto, salva
l'approvazione sovrana, a Tesoriere dell'Accademia il Socio
Prato, il quale ringrazia. L'Accademia unanime vota in fine
un caloroso ringraziamento al Socio Einaudi, che per due
trienni, quanti lo Statuto accademico comportava, tenne quel
difficile e delicato ufficio.
Oli Accademici Segretari
Cablo Fabrizio Parona
Ettore Staupini
>y Google
CLASSE
SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOfllCHE
Adunanza del 7 Dicembre 1919
PBB8IDBHZA DEL SOCIO PROF. COHII. ANDREA MACCARI
PBBSIDEKTE DELL'ACCADEMIA
Sono presenti i Soci De Sanctis, Einaudi, Baudi di Yeshe,
SCHIAPABELLI , PATETTA , VlDARI , PrATO , ClAN , PACCHIONI , 6
Stampini Segretario della Glasse.
Si Bcusa l'assenzs dei Soci Bbondi e Valhagoi.
Sì legge e si approva l'atto verbale dell'adunanza del
23 novembre u. a.
L'Accademico Segretario dà notizia dell'improvvisa morte,
avvenuta la sera del 1" corr., del Socio corrispondente Pier Enea
Guabnerio, professore ordinario di Storia comparata delle lingue
classiche e neo-latine nella R. Università di Pavia. La Classe
invia le sue condoglianze alla famiglia dell'illustre defunto.
L'Accademico Segretario presenta, a nome dell'autore Socio
corrispondente Giuseppe Zuccante, le seguenti pubblicazioni:
Vigilio Inama. Chmmemorazione (dai ' Rendiconti del Reale Istit.
Lomb. ,, ano. 1919); Coirenti di letteratura pessimi^ica di Arturo
Schopenhauer (Estr. dalia "Rivista di Filosofia,, 1919); L'ultimo
canto del Paradiso (dalla 'Rivista d'Italia,, 1919). La Classe
ringrazia.
D,!„t,zed.yGOOg[e
94
Saranno pubblicate negli Atti accademici la Nota esegetica
del Prof. Emilio Betti La ' condictio „ dei " fructvs „ contro il
po83e$9ore di mala fede, presentata dal Socio Pacchioni, e la
Nota del Socio corrispondente Giuseppe Boffito Due passi del
Cardano concernenti Leonardo da Vinci e l'aviazione, presentata
dall'Accademico Segretario.
>y Google
BUILtO BETTI — LA «CONDICTIO» DEI < FltnCTDS », ECC.
LETTURE
La "eondietio,, dei "fractns,, Gontpo il possessore di mala fede
Nota esegetica del Prof. EMILIO BETTI
deU'UniTenltb di Camerino.
Si suol ripetere che in diritto romano, mentre il possessore
di buona fede fa suoi t frutti della cosa posseduta scaduti o
separati prima che sia esperita in suo confronto l'azione di re-
vindica, il possessore di mala fede non li fa suoi mai. Posta in
questi termini, l'antitesi è, a mio avviso, inesatta. Se fosse esatta,
essa porterebbe, invero, ad escludere a priori che contro il pos-
sessore di mala fede potesse mai spettare al proprietario, per
la restituzione dei frutti, un'azione personale di ripetizione (con-
dictio) de' frutti stessi, eccetto che nel caso particolare in cui
la proprietà di lui si fosse estinta per un fatto dello stesso pos-
sessore, susseguente alla percezione, e quindi indipendentemente
da questa: p. es. per specificazione o per consunzione. Infatti
la ' condictio ,, essendo diretta al ' dare oportere ,, presuppone
(cfr. p. es. D. 12, 1, 14; D. 12, 6,^53; D. U, 6, 9. 1; D. 23,
3, 67 ; D. 46, 1, 19) che chi vi è passivamente legittimato abbia
acquisito la proprietà di ciò che ne forma oggetto: Gai. I. 4, 4
(dalla figura affatto anormale della ' condictio ex causa furtiva ,
qui si deve prescindere, poiché il fatto costitutivo della " malae
f. possessio , non è mai riassumibile nel concetto del furto). Ora
invece si trova ammesso per esplicito o per implicito (p. es.
D. 6, 1, 78; D. 12, 6, 56; D. 13, 7, 22, 2) che in determinate
circostanze il posaessore di mala fede acquisti la proprietà dei
frutti e precisamente una proprietà risolubile mediante * con-
dictio ., e in particolare poi in due passi (D. 6, 1, 78 ; D. 22, 1, 15)
si trova ammessa la ' condictio . contro di lui proprio sulla
base della percezione. E pertanto opportuno esaminare in quali
casi — all'infuorì di quello di una specificazione o consunzione
D,!„t,zed.yGOOg[e
96 EMILIO BBITt
da parte dello stesao possesBore di mala fede (Gai. I. 2, 79
' estioctae res coodici furibus et quibusdam aliia posscBsoribas
possunt ,) — sia ammessa la ' condictio p dei frutti contro
costui.
§ 1. — FoDdamentale in questa materia è il fr. seguente :
L<ibeo (211] 1. 4 pithanon a Paulo epitomai. D. 6, 1, 78: ' Si
iu3 fundi, quem alienum possideres, fructum non coegisti,mhìl
US fundi fructuum nomine te dare oportet. Pautus. Immo quae-
tur: liuiuB fructUB idcirco factus est, quod is eum suo nomine
perceperitP ' perceptionem fructus ' accipere debemue non si per-
fecti collecti, sed etiam coepti ita percipi, ut tetra continere se
fmctuB desierint: voluti sì olivae uvae lectae, nondum autem
vinum oleum ab allquo factum sit : statim enim tpse accepisse
fructum existimandus est ,.
Si tratta di un posseasore di mala fede, poiché l'obbligo
alla restituzione dei frutti, senza che preceda una ' litis con-
testatio , di cui nel passo non si fa cenno, non può ìn ogni
caso venire in considerazione che nei riguardi di un possessore
siffatto. E d'altra parte, se si sottintende una precedente * Ittis
contestatio ,, la posizione giuridica del possessore di buonafede
non differisce più, agli effetti della responsabilità pei frutti, da
quella del possessore di mala fede neppure quanto alla misura
(cfr. D. 6, 1. 33 con D. 6, 1, 62, 1, concernenti, quello, il pos-
sessore di buona, questo, di mala fede). La credenza de' Bizan-
tini (Basii. XI, 1, 77), del Cuiacio (Ubserv. XI, 39) e del Fabro
(Conj. lY, 17), che nel n. fr. si tratti di un possessore di bnona
fede obbligato a restituire i frutti percetti e non consumati, si
fonda sul falso presupposto che il possessore di buona f. fosse
in dir. romano (classico) tenuto a restituire quelli, dei frutti
percetti, che fossero tuttora esistenti presso dì sé al momento
della domanda giudiziale. Oggi però è da tutti riconosciuto che
la statuizione dì codesto obbligo è stata introdotta ne' testi clas-
sici mediante interpolazioni (1. 2, 1, 35; I. 4, 17, 2; D. 41, 1,
40: D. 41, 3, 4, 19; D. 25, 5, 1. 3; C. 3, 32, 22: D. 10, 1,
4, 2; D. 20, 1, 1, 2; D. 20, 1, 16, 4; cfr. D. 41, 1, 48 pr.;
quanto a D. 42, 1, 41, 1, concernente un caso particolare di
revindica contro un donante, ritengo si riferisca ai frutti scaduti
dopo la domanda giudiziale). Cfr. Paul. sent. 5, 9, 2; vat. fr. 17.
D,!„t,zed.yGOOg[e
LA « CONDICTIO » DII « rKCCTDS », BCC. {l7
Si tratta poi della responsabilità pei frutti di fronte a una
* condictio , per sé stante di essi frutti, non — come si è cre-
duto einora da quasi tutti gl'interpreti — della responsabilità
pei frutti nella revindìca della cosa principale (fondo). Di questa
secouda responsabilità qui non sì fa né poteva farsi neppure
questione, poiché nella fattispecie considerata si suppone che il
possessore non abbia piti il possesso del fondo: si dice infatti
• possideres ,, che, messo nella costruzione diretta, vale ' poa-
sidebas . — fatto passato rispetto al momento di cui si discute.
Ora, com'è noto, in diritto classico, venuto meno il possesso
della cosa da rivendicare, veniva meno per ciò stesso anche la
legittimazione passiva alla ' rei vindicatio . — salva sempre
r * actio ad exhibendum . quando vi fosse stato dolo (o colpa lata)
nell'aver cessato di possedere. La circostanza che nel n. fr. sì
suppone cessato il possesso del fondo è stata finora lasciata fuori
di considerazione anche da coloro che (come lo Heìmbach, Lehre
von der Fruckt 94. 95 e il Savigny, Sifstem VI p. 119 A) retta-
mente intesero che tra it n. fr. e quelli che affermano la re-
sponsabilità pei ' frnctns percipiendi , nella ' rei vindicatio ,
non vi fosse contradìzione alcuna. A prescindere da db, poi, le
stesse parole ' dare oportere ,, che Labeone adopera nel risol-
vere la questione propostasi, sono per l'appunto tecniche per
esprimere il contenuto di quella obbligazione astratta con og-
getto determinato che si t& valere con la ' condictio ., cosi
come viene enunciato nella * intentio , della formola di questa
(Gai. I. 4,4). Particolare, questo, di cui già si avvide il Savigny
{System VI, 119), senza però trarne per la interpretazione del
n. fr. quelle conseguenze ch^ avrebbe dovuto trame.
È d'uopo avvertire, poi, che nel n. fr., nel processo di ap-
propriazione e di trasformazione economica dei frutti, si distin-
guono nettamente due fasi: a) quella della raccolta iniziata
(perceptio coepta) e b) quella della elaborazione o trasforma-
zione dei frutti (coactio), con cui la raccolta viene condotta a
termine (collectio perfecta). Nella raccolta ai ri comprendono, in-
somma, due diversi momenti: non solo quello finale, della ela-
borazione, ma anche quello iniziale, della volontaria separazione
dal suolo. E nel determinare cosi il concetto di ' perceptio
fructus , Paolo si trovava perfettamente d'accordo — si noti —
con Labeone, come risulta dal seguente raffronto tra un altro
AtU dtUa R. Accademia — Voi. LV, 7
>y Google
■picam quae terra itneatur domini
fondi eaae ^nMCuniqae pereipi gpica
aut faeoo caeso aut uva adempia
ant eicuBsa olea, ^uamvia nondutn
tritum frumeotura aut oUum faetum
rei vindeniia coacta »it.
98 . EDILIO BETTI
passo di Labeone [251: D. 7, 4, 13], ove ai tratta dell'acquisto
dei frutti da parte dell'usufruttuario e che è riferito da Paolo
stesso [I. 3 ad Sabinum: 1650], e la parte corrispondente del
n. fr. :
* pererptiotum friictut , accip«re
debemna noo si (golum?) perfecti
collecti, Bed etiam coepti ita per*
cipi, ut terra contÌHtre se fnictus de-
sierint, velutì ei olivae uvae lectae,
nondum autrm vinum oltwna,h aliquo
factum ait.
Premesso tutto ciò, procediamo ora alla ricostruzione della
fattispecie contemplata nel n. fr. e delle opposte soluzioni di
Labeone e di Paolo, tenendo presente quanto si è avvertito. Il
possessore di mala fede di un fondo ha percetto ì frutti di esso
(come si desume dalla successiva osservazione di Paolo), ma,
prima dt averli elaborati (non coegistì), ha cessato senza suo
dolo 0 colpa di possedere il fondo stesso (possideres). Si deve
supporre che di essi frutti il proprietario del fondo abbia poi
perduto la proprietà, probabilmente perchè essi sono stati in
prosieguo elaborati da un terzo acquirente di buona fede (arg.
da: "ab aliquo,), il quale così 1Ì ha fatti suoi in modo ìrrevo-
cabile (cfr. D. Al, 2, 62 [61], 8 " cum emptor eos suo nomine
cogat , ; Gai. 1. 2, -43. 50 in f.), in combinazione col principio
che regola l'acquisto della proprietà per specificazione (Gai. 1.
2, 79; D. 41, 1, 7, 7) nell'opinione della scuola proculiana, a
cui Labeone appartiene. Poiché non ha più il possesso del foudQ,
il già possessore non è più tenuto con la ' rei vìndicatio , per
la restituzione della cosa principale e quindi neppure per il rì-
aarcimento del valore dei frutti che avrebbero dovuto essere, e
Doo furono, elaborati : risarcimento che può essere soltanto og-
getto di pretesa accessoria nell'ambito della revindica della cosa
principale (Savìgny, System VI, 120. 119). Poiché non si dice
che vi sia stato dolo (o colpa lata) nel venir meno del possesso, è
ovvio che il già possessore non è neppure tenuto, per lo scopo
detto or ora, con un' * actio ad exhibendum ,. Poiché d'altra
parte non si dice che il già possessore del fondo abbia attual-
mente il possesso dei frutti stessi, pur avendone preso possesso
una volta, resta escluso che egli possa essere tenuto con una
D,!„t,zed.yGOOg[e
U «CONDICTIO» DBl « FRUCTDS », ECC. 99
* TÌndicatio , per si atante di essi frutti, che più non esistono
presso di lui. Che egli possa esser tenuto eoo un' * actio ad exhl-
bendum , autonoma dei frutti è parimenti escluso dalla mancanza
di dolo (o colpa lata) Dell'avur cessato di possederli. Escluse ta
* viadicatio , e 1' * actio ad exbibendum , tanto pel fondo quante
pei frutti, sorge questione ae sìa almeno ammissibile contro i!
già possessore una " eondictio , per sé stante dei frutti da lui
non elaborati (fructuum nomine dare oportere).
Da Labeone la questione cosi posta viene risolta in senso
negativo: e ciò forse perla ragione implicita che, alla stregua
del principio che regola l'acquisto della proprietà per apecifìca-
zione secondo la scuola proculiana, i frutti elaborati da un terzo
□on possono considerarsi passati in proprietà del già possessore
dì mala fede, pur avendoli questi, quand'era al possesso del
fondo, separati dal suolo con l'intenzione di appropriarseli. Che
tale fosse la ragione decisiva per Labeone può argomentarsi a
contrario dalle successive osservazioni di Paolo e dal suo ricon-
nettersi col rigoroso criterio che i Proculiani seguono (D. 12,
6, 53; D. 23, 3, 67) nel delimitare il campo di applicazione della
' eondictio , da quello della ' rei vindicatio ,, richiedendo sempre,
per la legittimazione passiva all'azione di ripetizione, l'acquisto
della proprietà di ciò che ne forma l'oggetto.
Da Paolo, per contro, la questione se sia ammissibile contro
il già possessore una * eondictio , autonoma dei frutti non ela-
borati da lui, viene risolta in senso affermativo. Il n. fr. è a
questo punto oscurìssimo: determinare esattamente quale va-
loro abbia la domanda che P. si rivolge, è quanto mai difficile.
Si potrebbe pensare a primo aspetto che P., prima dì risolvere
la questione posta da Labeone, cominciasse col porsi una que-
stione diversa, nella cui risoluzione — dì carattere pregiudi-
ziale e di portata più generale — restasse in certo modo as-
sorbitala risoluzione della questione labeoniana. Paolo ai sarebbe
anzitutto prospettato l'ipotesi di fatto (opposta a quella consi-
derata da Labeone) che i frutti fossero stati elaborati dallo
stesso poBSessore: ipotosi, nella quale anche Labeone doveva
ammettere contro il possessore la ' eondictio , doi frutti, che
si consideravano passati formalmente in proprietà di lui. E avrebbe
assegnato come fondamento giurìdico della ' eondictio , in tale
ipotesi, non il fatto della elaborazione, bensì il fatto della ' per-
D,!„t,zed.yGOOg[e
100 EMILIO BETTI
ceptio SUO nomine , : fondamento giuridico che, però, per se
stesso, trascenderebbe l'ipotesi specifica in vista della quale
viene enunciato e troverebbe riscontro anche nell'altra ipotesi
prevista da Labeone. Se non che, ponderata a Fondo, tate spie-
gazione si rivela troppo sforzata (bisognerebbe soggiungere * ai
coegerit , dopo " huius ,, e un " autem , dopo " perceptionem ,)
e anche poco verosimile, poiché in genere i giuristi romani,
nelle loro critiche di opinioni altrui, non sogliono mutare dì
punto in bianco il " propositum ,. Conviene pertanto cercare
una spiegazione migliore. E questa mi sembra possa essere la
seguente.
Mantenendo sempre la stessa ipotesi di fatto contemplata
da Labeone, Paolo comincia senz'altro col proporre, ex abru^,
la soluzione affermativa opposta a quella di Labeone, nella
forma dì domanda, assegnando quale fondamento giuridico della
* condictro , da lui ammessa la " pereeptio suo nomine , dei frutti
non elaborati, in quanto in forza di questa essi frutti diventano del
possessore. * Fructum suo nomine percipere . significa raccogliere
i frutti per ragione propria, sulla base di una posizione autonoma
e di un rapporto diretto, ossia reale, con la cosa stessa, non
per il tramite di un rapporto contrattuale col proprietario della
cosa, e indipendentemente dalla volontà di questo {ctt. D. 12, 1,
4, 1 ' non ex voluntate domini , ; si ricordi il contrapposto in
D. 47, 2, 62 [61], 8: 'ideo colonum, ({aia voluntate domini eoa
percipere videatnr, suob fructus facere — cum emptor eos suo
nomine cogat ,; cfr. D. 39, 5, 6; D. 5, 4, 10). Ora la percezione
dei frutti è, secondo Paolo, idonea (idcirco quod) a far acquistare
i frutti stessi (huius fructus factue est). L'affermazione di Paolo
sarebbe, in ogni caso, da intendere naturalmente nel senso che
il possessore, essendo di mala fede, acquistava non una proprietà
irrevocabile, cum effectu, bensì soltanto una propria risolubile
mediante ' condicHo , . Tuttavia, anche intesa con questa restrizione
l'affermazione, in termini cosi generici, non sarebbe esatta.
Perchè, agli effetti della " condictio „, possa dirsi che il già posses-
sore del fondo abbia acquistato la proprietà dei frutti percetti,
è indispensabile che, par un fatto successivo alla percezione
dei frutti, sia stata estinta la proprietà che, ad onta dell'avve-
nuta percezione, aveva pur sempre au di essi il proprietario
del fondo. Escluso, secondo il * propositum ,, che tale fatto suc-
D,!„t,zed.yGOOg[e
LA «CONblCTJO» DSl « PROCTHS », ECC. 101
ceasivo alla percezione sia la specificazione o la coosunzione
dei frutti da parte detto stesso possessore che li ha percetti,
l'ipotesi che appare piìi plausibile è la seguente. .
I frutti percetti sono stati dal possessore alienati a un terzo
di buona fede, il quale, sempre in buona fede, li ha in prosieguo
elaborati o consumati ; per tal modo, egli ha estinto definitiva-
mente, per quanto si riferisce ad essi frutti, la * vindicatìo , del
proprietario (di fronte alla quale la sua * exceptio rei venditae et
traditae , sarebbe stata per l'innanzì paralizzata dalla * repHcatio
iusti domiaii ,} e ne ha acquisito la proprietà irrevocabile. Gfr.
per una situazione analoga Afr. 110 D, 47, 2, 62 [61], 8: " si tu
(colonus) alii fructus pendentes vendideris et emptor eos de-
portaverit — qua rstione coloni fieri possint, cura emptor eos
suo nomine cogat ? . Dove Africano nega che i frutti siano
mai diventati propri del conduttore e, accentuando in modo
esclusivo il momento della elaborazione (eoa suo nomine cogat),
afferma ch'essi sono trapassati in proprietà del compratore im-
mediatamente, senza passare prima in proprietà del conduttore.
Per converso, nel n. fr. Paolo, contradicendo a Labeone, sposta
tutto il peso delta " ratio decidendi , dal momento della elabora-
zione — nel quale Labeone aveva concentrato tutta la saa
attenzione — al precedente momento della iniziata " perceptio ..
E afferma che, quantunque la elaborazione dei fratti sia stata
fatta io prosieguo da un terzo (vinum oleum ab aliquo foctum sit),
resta per6 sempre il fatto che la percezione di essi è avvenuta
non da parte del terzo che li ha poi elaborati, bensì da parte
d«Uo stesso possessore del fondo [is suo nomine perceperit: dove
è da accentuare non tanto il ' suo nomine , quanto lo ' is , ;
e piii oltre; statim ipse). È vero che Paolo non dice per esplicito
che i frutti già percetti dal possessore siano stati poi effet-
tivamente elaborati da un terzo, ne dice che il possessore li
abbia alienati a un terzo di buona fede. Uà tale supposizione
è, a mio avviso, indispensabile per spiegare come il proprietario
del fondo non abbia più la * vindicatìo , dei frutti né verso il
già possessore nò verso altri, e come in conseguenza sorga que-
stione se egli abbia almeno una * condictio . verso il primo.
L'opinione di Paolo, in antitesi con quella di Labeone, può
formularsi in breve, così: agli effetti della legittimazione passiva
alla * condictio , dei frutti, il momento giuridicamente rilevante
D,!„t,zed.yGOOg[e
102 EUI1.10 BBTTl
non è quello della elitborazione — che secondo il * propositum ,
□OD è etata fatta dallo stesBO poseeeaore, — bensì quello della
percezione. L'espressione che Paolo dà a questa sua opinione
. può essere resa ne' termini seguenti : ' Ma non è il caso dì
domandarsi piuttosto se codesto possessore di mala fedo che
Labeone considera (ossia il * possessor qui fructum nott coegit ,)
non abbia Fatto suoi i frutti del fondo (poi elaborati da altri),
per ciò atesso che h stato proprio lui cbe li ha percelti in base
alla posizione autonoma in cui si trovava rispetto al fondo? ,.
Veramente, per esprimere in modo meglio adeguato tale pen-
siero, Paolo avrebbe dovuto scrivere non precisamente com'è
scritto ora nel testo delle Pandette, bens) nel modo seguente:
* Immo quaeritur: huius (sciiicet possessoris) (nonne) ìdcirco
fructus factus est, quod is eum suo nomine perceperit? ,. L'in-
tegràzione della domanda con un * nonne , mi sembra indispen-
sabile in ogni caso, poiché è evidente che essa attende una
nsposta affermativa.
Non si deve poi dimenticare che Paolo, quando parla di
acquisto dei frutti da parte del possessore di mala fede {huius
fructus factus est ; ipse aecepisse fructum), ha costantemente da-
vanti agli occhi la questione se esso possessore sta passivamente le-
gittimato alla * eondictio , dei &uttì stessi: poiché la ' condictio .
presuppone avvenuto, in capo a colui che vi è passivamente
legittimato, l'acquisto della proprietà di ciò che ne forma oggetto.
E chiaro però che la percezione di per aè sola, sema riguardo
a un fatto ulteriore — quale per l'appunto l'elaborazione dei
frutti da parte di un terzo dì buona fede — , non può consi-
derarsi sufficiente a produrre il trapasso della proprietà dei
frutti in capo al possessore di mala fede, poiché non può
estinguere ti diritto di proprietà che ha su di essi il proprietario
del fondo. Se pertanto Paolo costruisce un acquisto fondato sulta
percezione, ciò è soltanto per un anticipato riguardo alla soprav-
veniente circostanza che i frutti percetti siano elaborati da uo
terzo di buona fede. Con riguardo per l'appunto alla susse-
guente elaborazione, la proprietà dei frutti, venendo a estin-
gaersi in capo al proprietario del fondo, può considerarsi, ex
postfacto, come trapassata immediatammte in capo al possessore
già con la percezione, prima ancora di trapassare in capo al
terzo. La elaborazione dei frutti da parte di questo non fa che
D,!„t,zed.yGOOg[e
LA «CONDICTIO» DEI «FROCTUS», ECC. 103
integrare il t&tU> della percezione da parte del possessore, quanto
agli effetti di sottrarre al proprietario del fondo la proprietà
dei frutti (quod ad subtrahendum domino fructum). In tento la
percezione può, ex postfaeto, essere considerata dal giurista
come eausa d'acquisto dei fratti (sia pure di acquisto revoca-
bile), in quanto questi vengano poi elaborati da un terzo:
questo fatto è condizione di efficacia di quella causa.
Che tale fosse la costruzione sostenuta da Paolo pub desu-
mersi dal modo com'egli sì esprime alla fine del n. fr. Se prima
egli aveva detto addirittura * huius fructus factus est. (per:
* factus esse intellegitur ,), alla fine dice, pìii correttamente,
* statim ipBB aeeepisee fructum exiatimandus est ,. Ora lo ' exi-
atimandus est , e il passato * accepisse , stanno a indicare chia-
ramente che si tratta di una costruzione operata dal giurista, ex
postfaeto. In particolare, poi, l'espresaione " fructum accipere ,
designa un concetto d'intonazione alquanto diversa dalla espres-
sione ' h'uctus euoa facere , (cum efiTectu). È da notare infatti
che il termine ' accipere , ha, nel linguaggio de' giuristi romani,
il significato tecnico dì acquisto revocabile — quale è per l'ap-
punto quello di cui si tratta qui, in tema di " condìctio ,. Basterà
richiamare la nota spiegazione di Ulp. 1713 D. 50, 16, 71 pr.:
aliad est * capere ,, aliud * accipere,; ' capere , cum effeetu ac-
cipitnr: * accipere ,, et si quia non sic aecepit ut habeat, ìdeoque non
videtur qnis capere qt40d erit reatìtutifrua. Il che confermaquanto
ho avvertito in precedenza (Cfr. Pebnice, Laheo, II*, 1, 365 sg.).
§ 2. — Altro passo dì fondamentale importanza pel nostro
tema è il seguente:
Papinianus I. 6 quaestìonum [124: de rei vindìcatione]
D. 12, 6, 55 : ' Si urbana praedia locaverit praedo, quod meroedis
nomine ceperìt, ab eo qui solvit non repetetur, sed domino erit
oblìgatns. idemque iuris erit in vecturis navium, quss ipae lo-
caverit ant exercuerit, itera mercedibus eervorum quorum operae
per ipsum ftierint locatae. — nam si servus non locatus mer-
cedem, ut domino, praedoni rettulit, non fiet accipientis pecunia.
— quod si vecturas navinm, quas dominus locaverat, ìtem pen-
siones inanlamm acceperit, ob ìndebitum ei tenebitur, qui non
est liberatuB solvendo, quod ergo dici eolet, ' praedoni fructne
posse condici ', tane locum habet, cum domini fructus fueront ,.
>y Google
104 BMILIO BETTI
Il giurista tratta della questione se, ed in quali ipotesi,
spetti ai terzi debitori contro il possessore di mala fede la
* condictio indebiti , per la ripetizione di frutti civili della cosa
altrui, che essi gli abbiano pagati. La decisione è inspirata al
criterio generale di ammissibilità della " condictio indebiti so-
luti . nella ipotesi di una effettiva obbligazione preesistente e
che pub formularsi cosi (cfr. D. 12, 6, 23, 3). La possibilità di
ripetere, come indebito, ciò che si è pagato in adempimento
d'una effettiva obbligazione in tanto è ammessa, in quanto l'eae-
guito pagamento non abbia sortito l'effetto di liberare chi l'ha
eseguito dalla sua obbligazione: onde, allorché invece il paga-
mento ha effetto liberatorio, poiché così il suo scopo è rag-
giunto, la " condictio indebiti , resta esclusa. Nel n. fr. sono
contemplate tre situazioni diverse nelle quali pub trovarsi il
possessore di mala fede che riceve in pagamento frutti civili
della cosa altrui (il fr. si ricollega a Pap. 123 D. 6, 1, 62) :
situazioni distinte sopra con linee di separazione. Esaminiamole
ciascuna alla stregua del criterio ora enunciato.
Nella prima situazione, il possessore di mala fede riscuote
come creditore dai terzi conduttori i frutti civili di cose che
sono state loro locate da lui atesso {' ipso ,, * per ipsum „).
Si prospettano vari casi pei quali vale l'identica soluzione: loca-
zione di fondi urbani, di navi, di servi, esercizio di aziende ma-
rittime (nel qual caso il terzo che paga è il ° magister navis ,,
tenuto con 1' " actio mandati , verso il * praedo exercitor ,).
La soluzione è che i fitti delle case o delle navi o ì salari dei
servi pagati dai conduttori al possessore locatore, sono ben pa-
gati — pagati, cioè, con effetto liberatorio — , e non possono
quindi essere dal conduttori medesimi ripetuti con la * condictio
indebiti , (ab eo qui solvtt non repetetur). I fitti o i salari ri-
scossi passano in proprietà de) possessore di mala fede legitti-
mato a riscuoterli, né possono essere rivendicati dal proprietario
delle cose locate : qui, in antìtesi con la soluzione che si dà per
la situazione esaminata in secondo luogo, è proprio il caso di
dire " fit accipientis pecunia ,. Naturalmente, si tratta non di un
acquisto irrevocabile, quantunque si usi qui l'espressione 'capere,,
bensì di un acquisto revocabile (propriamente ' accipere , : X). 50,
16, 71 pr. ; 'capere., qui, significa semplicemente riscuotere
quanto ci e dovuto) : revocabile mediante ' condictio , da parte
>y Google
LA «CONDICTIO» DEI « FBDCTDS », ECC. 1C5
del proprietario delle cose locate. Il che vuol dire Papiniano
quando afferma ' sed domino erit obligatua „, rìferendoBi non al
conduttore che ha pagato, bensì allo stesso possessore di mala
fede ohe ha riscosso il fitto, e intendendo per ' obligatio , non
quella derivante per il primo dal rapporto di locazione, bens'i
il ' dare oportere . creato per il secondo dalla percezione dei
frutti delle cose altrui — precisamente quel " dare oportere ,
di cui tratta Labeone 211 D. 6, 1, 78.
Per renderci esatto conto della soluzione sostenuta da Pa-
piniano, occorre distinguere nettamente i due diversi rapporti,
ne* quali il possessore di mala i. viene a trovarsi: a) il rap-
porto contrattuale di locazione o di mandato (praepositio) col
terzo di buona fede (conduttore, capitano della nave); e b) it
rapporto di carattere illecito, dato dal possesso di mala fede,
col proprietario delle cose di cui sì è concesso al terzo l'uso.
Nell'ambito del rapporto contrattuale di locazione o di
mandato {a) è chiaro che il terzo di buona fede non può essere
obbligato a pagare il fitto convenuto se non allo stesso posses-
sore di mala fede, che concluse con lui il contratto in nome
proprio e non in nome del proprietario della cosa. Niun dubbio,
quindi, che il terzo, pagando al possessore che gli ha locato la
cosa, si liberi dall'obbligazione contratta verso di lui. Niun
dubbio, parimenti, che il possessore, riscuotendo dal terzo il
fitto convenuto, consegua ciò che gli spetta a tenore del rap-
porto contrattuale. È egli infatti, e non il proprietario della cosa,
colui che in questo rapporto ha la posizione giuridica di credi-
tore (loeator, exercitor). Non di rado nelle fonti si trova pro-
spettata l'ipotesi che un possessore di mala fede, o addirittura
un ladro, abbia stretto con un terzo di buona fede un negozio
giurìdico avente per oggetto la cosa' (o rispettivamente il da-
naro) altrui. Così p, 68. un deposito (D. 16, 3, 1, 89; D. 5, 1,
64 pr.), un comodato (D. 13, 6, 15. 16), un pegno o una fiducia
(D. 13, 7, 22, 2), una 'donatio mortis causa, (D. 39, 6, 13 pr.),
un mutuo (D. 12, I, 12 in f. 13 pr.), o un pagamento di debito
(D. 12, 1, 19, 1; D. 46, 3, 17) con successiva "consnmptio, del
danaro da parte del ricevente. In tutti questi casi l'effetto giu-
ridico del negozio (acquisto di un credito, estinzione del debito)
si produce non già in capo al proprietario della cosa che formò
oggetto del negozio, bensì in capo al possessore di mala fede,
>y Google
106 EDILIO BETTI
o al ladro, che coacluse il negozio medesimo. Al possessore di
mala fede, e non al proprietario, spetta l'azione a cui nei sin-
goli casi il negozio dà vita.
Particolare attenzione merita, tra i citati fr. , Ulp. 902 D.
13, 7, 22, 2 : * sì praedo rem pignori (fidnciaeP) dederit, competit
ei (scilicet: non domino) et de Fructibua pigneraticia (fiduciaeP)
actio, qusmvis ipse fractas saoa non faciet (...): proderit
igitur ei, quod creditor bona fide possessor fuit ,. L'avvertenza
cbe 3Ì trova inserita tra parentesi nel testo delle Pandette è da
ritenere o tutta quanta insitizia già per ciò stesso eh' è priva
di ogni nesso logico col pensiero seguito dal giurista, o almeno
interpolata in parte; più oltre ai indicherà la tendenza della
itpz. 0 della inserzione. Dal contrapposto espresso con 'quamvis,
si desume che nel caso specifico qui considerato il possessore
di mala f. * fructus suos facit,. Il valore dell'osservazione
'quamvis etc. , è, a mio avviso, questo: che, se a raccogliere
i frutti delta cosa altrui fosse egli .iteaao (ipse), il possessore di
mala f. non ne acquisterebbe la proprietà neppure in modo re-
vocabile. È vero che, per esprìmere tale pensiero, si sarebbe
piii esattamente dovuto dire 'qnamvis (alìoquìn) ipse fructus
suos non faeeret , ; laddove, espressa nella forma in cui si legge
nelle Pandette, l'osservazione pare voglia dire: 'quantunque
egli stesso non acquisterà la proprietà irrevocabile (cum effectu)
de' frutti che gli saranno per avventura restituiti in seguito
all'esperimento dell'azione di pegno,. Ma (anche a prescindere
dalla questione se in questo punto il passo non sia stato alte-
rato) che il significato dell'osservazione di Ulpiano sia quello
detto prima si desume, a mio avviso, dalla soggiunta esplica*
zione, che nel passo genuino le teneva forse dietro immediata-
mente: 'proderit igitur ei quod creditor bona fide possessor
fuit.. È evidente che 'creditor, si contrappone ad 'ipse,
(praedo): la buona fede dell'uno giova indirettamente all'altro,
sebbene questi sia di mala fede. Poiché il terzo creditore pigno>
ratizio era possessore di buona fede delia cosa pignorata, in
quanto ignorava ch'essa era di proprietà altrui, egli aveva dì-
ritto di acquistare in proprietà i frutti della cosa maturati e
percetti per tutta la durata del suo possesso. Pertanto, ora cbe,
in seguito al pagamento del debito, egli è tenuto con l'azione
di pegno a restituire al debitore, insieme con la cosa ricevutane
D,B,t,zed.yGOOg[e
Li «CONttlCnO» DRI «FKnCTCS», MC. 107
ÌD pegno, anche i frutti percèttine, è logico che con la restitu-
zione la . propriHà dei frutti ch'egli aveva ormai già acquisita
trapassi a colui al quale la restituzione deve farsi. Costui, ossia
il possessore di mala fede, — non già il proprietario della
cosa — può ora, ex postfacto, considerarsi come divenutone
proprietario per suo mezzo, quantunque egli stesso, ove percepisse
direttamente ì frutti, non potrebbe rendersene proprietatio. T
terzo di buona fede funge in certo modo, in quanto sorga per
lai il dovere di restituire la cosa, da intermediario del posses-
sore di mala fede nell'acquisto dei frutti. La situazione è ana-
loga a quella considerata da Papiniano nel n. fr. : anche qui il
possessore di mala fede, che, in massima, non acquista la pro-
prietà dei frutti con la percezione ch'egli per sé stesso ne &ccia,
acquista invece la proprietà dei frutti civili per mezzo del con-
duttore al quale egli ha locato la cosa altrui. Anche qui — come
parimenti, in D. 6, 1, 78 ove si accetti la supposizione da me
affacciata — il^ possessore di mala fede si avvantaggia, occasio-
nalmente, della òuona fede del terzo avente causa da lui. Che le
cose stessero in questi termini fu già intraveduto da) Cuiacio
nel suo cemento al fr. papinianeo (Opera, ed. Neap. , IV, 128 B)
con la seguente osservazione : ' praedo . . per aeipsum non facit
fnictus suos etiamsi ipse eos percipiat, sed per alium potest fa-
cere fructUB suos, ut per conductorem qui bonae fidei possesaor
(sic) fuit, vel etiam per creditorem suum qui bona fide pignus '
accepit,. Al quale proposito il G. licbiama T). 20,3, 3 in f.
(saepe enim quod quis ex sua persona non habet, hoc per extra-
neum babere potest).
Se poi dal rapporto contrattuale col terzo di buona fede
(designato sopra come rapporto a) si passa a considerale il
rapporto, fondato sul possesso illecito, col proprietario della cosa
posseduta (designato sopra come rapporto b), si avverte subito
che la posizione giuridica del possessore di mala fede muta ra-
dicalmente. Nell'ambito di questo rapporto, èchiaro che la pro-
prietà dei frutti civili, acquisita dal possessore di mala f. col valido
pagamento fittogliene dal terzo di buona fede, se è irrevoca-
bile di fronte a quest'ultimo, non può essere irrevocabile di
^ate al proprietario della cosa. La buona fede del terzo, legato
al possessore di m. f. da nn rapporto contrattuale, in tanto giova,
occasionalmente, al possessore di mala f. in quanto, conferendo
D,!„t,zed.yGOOg[e
108 EìilLIO BETTI
efficacia liberatoria al pagamento da lui eseguito, esime il t«rzo
dal ripetere quanto ha pagato. Ma, oltre questo limite, la buona
fede de! terzo non gli giova più: egli non pub derivarne, in
confronto col proprietario della cosa, il diritto di conservare
durevolmente quanto ha ricevuto. Quando ci si metta dal punto
di vista del proprietaiio delta cosa, l'acquisto della proprietà
dei frutti da parte del possessore di mala fede, appare semplice
conseguenza occasionale — o, per usare la nota espressione dello
Ihering, effetto riflesso — del rapporto contrattuale col terzo di
buona fede. All' infuori di questo rapporto, ha pieno vigore il
diritto, inerente alla posizione di proprietario della cosa, di ac-
quistare i frutti della cosa medesima. E polche nell'ipotesi consi-
derata essi frutti sono già passati in proprietà del possessore di
mala fede, quel diritto non può ormai più manifestarsi sotto
altra forma che quella di un'azione diretta a revocare l'acqui-
stata proprietà. Tale è per l'appunto la ' condictio ,, a cui Papi-
niano allude qualificando il possessore di mala f. come "domino
obligatus , .
Passiamo ora ad esaminare la seconda situazione conside-
rata da Papinìano nel n. fr. In essa, il possessore di mala f.
riceve da uno schiavo altrui, nella pretesa qualità di padrone
(ut domino), il salario che io schiavo medesimo ha guadagnato
per le " operae , prestate ad un terzo, senza che a questo terzo
le dette ' operae . fossero state locate né dal possessore di mala f.
né dal vero padrone, il caso è da raffigurare nel modo seguente:
uno schiavo stringe di sua iniziativa con iin terzo un contratto
di * locati» operarum „ e acquista così al proprio padrone il diritto
di credito al corrispondente salario (Gai. I. 2, 87); prestate le
"operae,, egli riceve dal terzo la somma di danaro convenuta a
titolo di salario e la rimette al possessore di mala f. scambian-
dolo pel proprio padrone. La soluzione, sicura e concisa, è che
il danaro non diventa di proprietà del ricevente. Non si può
dire, infotti, che noi qui siamo dinanzi a un pagamento valido
né sotto l'aspetto sostanziale, ne sotto l'aspetto formale. Non
sotto l'aspetto sostanziale, perchè, non essendo stato fatto a
colui che ha veste di creditore nel rapporto contrattuale di " lo-
catio operarum. — ossia al padrone dello schiavo — , non può
avere l'effetto di liberare il debitore dalla sua obbligazione
verso di quello. Presuppone, invero, il giurista che il' padrone
D,!„t,zed.yGOOg[e
LA «CONDICTIO» DEI « FRCCTCS », ECO. 109
non abbia dato alcun asBenso al ricevimento del danaro per
mezzo del proprio schiavo; polche, se tale assenso fosse stato
dato, lo schiavo avrebbe operato quale voluto strumento del
proprio padrone, nò si potrebbe negare che tra il padrone con-
sapevole e il terzo aia stato concluso un vero negozio di paga-
mento (cfr. D. 46, 3, 35). Nel qual caso la proprietà del danaro
spetterebbe al padrone dello schiavo: il padrone, non già il
terzo, sarebbe quindi legittimato alla revindica dei ' nummi ,. Nel
caso che Papiniano prospetta, invece, il padrone dello schiavo
è rimasto interamente estraneo all'operazione del pagamento.
D' altra parte non v'è stato da parte sua, prima della " locatio
operarum , conclusa dallo schiavo, un atto di derelizìone in con-
aegnenza del quale diverrebbe soggetto del credito il possessore
che dello schiavo s'è impadronito (D. 45, 3, 36). Niun dubbio
dunque che il pagamento eseguito non abbia effetto liberatorio.
Ma v'è di pih: manca un pagamento valido anche sotto
l'aspetto formale, come negozio giuridico concluso tra chi dette
il danaro e il possessore dì mala f. che Io ricevè dallo schiavo.
Manca, in breve, non solo l'effetto liberatorio, ma ]& fattispecie
stessa del pagamento. E facile dimostrarlo. Il pagamento è un
negozio giuridico consistente in una dazione di danaro, che, es-
sendo fatta nello scopo dì adempiere un debito, è diretta precisa-
mente a colui che il dante ritiene (non importa se a torto o a
ragione) suo creditore. Esso ha una duplice funzione — trasla-
tiva e liberatoria — : di cui quella è mezzo a questa. Perchè il
pagamento sia valido almeno come negozio traslativo idoneo a
produrre il trasferimento della proprietà del danaro, è indispen-
sabile che vi sia corrispondenza, cioè identità, tra la persona
alla quale la dazione fu diretta e la persona che effettivamente
ricevè ciò che era stato dato (cfr. D. 12, 1, 32 nullum negotium
mecum contraxisti — hoc enim nisi inter consentientes fieri non
potest). Ora è evidente che nel caso contemplato nel n. tr. tale
corrispondenza mancò interamente. Il conduttore delle " operae ,
consegnò allo schiavo la somma di danaro pattuita come sa-
lario nello scopo (non importa se espresso o tacito) di trasferire
la proprietà di tale somma al vero padrone — suo creditore.
Lo schiavo poi rimise la somma che gli era stata consegnata
nelle mani di persona diversa dal suo vero padrone, da lui scam-
biata per tale: nelle mani cioè del possessore di mala fede.
>y Google
Ilo BMIUO BBTTI
Costui Don aveva nessuna veste che lo legittimasse a ricevere
il danaro, non aveva nessun titolo per far suo il danaro rice-
vuto: non il titolo di proprietario; non il titolo di creditore.
Egli non pub accampare neppure la qualità di creditore appa-
rente, scambiato cioè per padrone e creditore dal conduttore
delle " operae ,, poiché non si dice punto, anzi si esclude, che questo
ultimo destinasse la dazione precisamente all'indirizzo di lui,
come Tizio individualmente considerato (cfr. per siffatta ipotesi
D. 16,3,1, 32: Titio quem dominum eius putasti). Si desume
anzi dal passo che il conduttore delle * operae , aveva destinato
(aia pare per implicito) la dazione all'indirizzo del padrone in
generale (arg. da: "ut domino,). Lo scambio è avvenuto da
parte dello schiavo, non da parte del conduttore. Non si deve
dunque credere che, per riavere il danaro dato via, il condut-
tore delle ' operae . abbia a sua disposizione una semplice azione
personale di ripetizione, e cioè una " condictio indebiti soluti ,
(così, erroneamente, Ouiacio, Opera [Neap.] IV, 129 B: ' condicet
et repetet tamquam solutum per errorem,). Perchè potesse
parlarsi di * condictio indebiti soluti ,, bisognerebbe che vi fosse
stata una aolutio valida, idonea cioè a far conseguire al rice-
vente la proprietà del danaro dato. Xel nostro caso invece —
a prescindere naturalmente dalla ipotesi che la proprietà in capo
al dante si estingua per un fatto ;wsfenW« alla dazione p. es. per
' consumptio , (nel qual caso però la " condictio, spettante [D. 12,
1, 11, 2] avrebbe il carattere non tanto di ' cond. indebiti , quanto
piuttosto di 'cond. ex causa furtiva,, data la mala fede dall'acci-
piente) — per effetto della sola dazione la proprietà del danaro
non trapassa all'accipiente. Ciò per l'appunto afferma Papiniano,
nel modo più reciso: "non fiet accipientis pecunia, (cfr. D. 12,
1, 11, 2: servus centra voluntatem domini credendo non facit
accipientis). E nulla autorizza l'interprete ad attenuare la por-
tata dell'affermazione intendendola nel senso di un ' fieri cum ef-
fectu,,di un "capere,. Niun dubbio, dunque, che la dazione non
abbia avuto effetto traslativo, cioè nessun effetto, e che il dante
abbia a sua disposizione, per riavere il danaro, la " rei vindicatio ,
(cfr. D. 12, 1, 1 1, 2). (Cfr. in generale Ferrini, Pandette*, n' 306-309).
Passiamo ora ad esaminare la terza aituazione considerata
da Papiniano nel □. fr. In essa, il possessore di mala fede riceve
in pagamento dai terzi conduttori i frutti civili (fitti) di cose
D,!„t,zed.yGOOg[e
LA «CONDICTIO» DEI « FRDCTDS », BCC. Ut
(navi 0 case) che sono state loro locate dal proprietario. L'ipotesi
è esattameDte l'oppoata di quella considerata in primo luogo.
In coerenza con ciò, la soluzione è parimenti antitetica a quella
colà adottata. Colà la * condictio indebiti , era esclusa per avere
il pagamento avuto effetto liberatorio : qui la * condictio inde-
biti , è detta spettare al conduttore per la ragione contraria,
che cioè il pagamento da lui fatto al posseesore di mala fede
Hon ha avuto l'effetto di liberarlo dalla obbligazione contratta
verso il proprietario (ob iodebitnm ei tenebitur [scil. praedo],
qui non eat liberatus solvendo). Comentando la soluzione qui
adottata, il giurista soggiunge che la regola comunemente ri-
detta * potersi ripetere (con la " condictio indebiti ,) i frutti
dal possessore di mata fede {come indebitamente pagati) trova
applicazione soltanto nel caso in cui i frutti in questione spet-
tasserò al proprietario, (domini fuerunt: cfr. D. 50, 16, 213, 1
aes sunoi est quod alii nobis debent; Gai. I. 2, 55 suum): non
invece nel caso in cui detti frutti fosaero dovuti proprio allo
stesso posaessore di mala fede. Il giurista presuppone anche,
naturalmente, che i frutti di cui si tratta siano stati valida-
mente pagati, cioè, trasferiti in proprietà al possessore di m. f. ;
ma non bada a rilevare questa ulteriore circostanza (che è sot-
tintesa), perchè la sua attenzione, a questo punto, è richiamata
dal contrapposto con la situazione esaminata in primo luogo,
non dal contrapposto con quella esaminata in secondo luogo.
Per apprezzare con esattezza la soluzione qui accolta da
Papiniano, occorre distinguere nettamente ì due diversi rapporti
che fanno capo alla persona del conduttore: aj il rapporto con-
trattuale di locazione, in cui questi si trovava già col proprie-
tario della cosa, e b) il nuovo rapporto d'obbligazione creato
dal negozio di pagamento (d'indebito) tra luì e il possessore di
mala fede della cosa medesima. Qui ei può prescindere intera-
mente dal rapporto diretto tra il possessore di mala f. e il pro-
prietario della cosa, poiché costoro non vengono in considera-
zione in tale loro qualità, bensì, rispettivamente, nella qualità di
ricevente e in quella di locatore. Nella ipotesi qui contemplata
il rapporto diretto tra di loro non ha modo di spiegare e^cienza
e neppure indiretta influenza.
A tenore del rapporto contrattuale di locazione, colui che
ha veste giuridica di creditore è il proprietario della cosa, non
D,!„t,zed.yGOOgÌe
112 EM1J.I0 BETTI
già il possessorfl di mala fede: questi è del tutto estraneo al
rapporto medesimo, non altrimenti che un qualsiasi terzo. Verso
il proprietArio, non verso il possessore, il conduttore è obbligato;
al proprietario, non al possessore, deve egli quindi fare il pa-
gamento per liberarsi dalla contratta obbligazione. Fatto per
errore al possessore di mala f., il pagamento ha bensì effetto
traslativo rispetto alla proprietà del danaro che ne forma og-
getto, ma non ha effetto liberatorio rispetto alla obbligazione
ch'esso è diretto ad adempiere (lo ha in D. 16, 3, 1, 32 perchè
nel rapporto di deposito it debitore risponde soltanto per dolo).
L'un effetto non è da confondere con l'altro; e non ai deve, nel
nostro caso, negare anche l'effetto traslativo per ciò stesso che
manca l'effetto liberatorio (così, erroneamente, Cuiacio, Opera
[Neap.j IV, 129 D). L'effetto traslativo mancherebbe soltanto
quando fosse nullo il negozio stesso di pagamento, come nella
ipotesi contemplata in secondo luogo, o quando il dante non
avesse la proprietà di ciò che ne forma oggetto (cfr. p. es. D.
46, 3, 38, 3). Ma qui non si parla di ciò: il giurista non dice,
come nell'altro caso, ' non fiet accìpientis pecunia ,, non dice
che l'accipiente è soggetto alla ' vindicatio , dei ' nummi , , bensì
dice ch'egli "oh indebitum tenebitur ,. Segno evidente che la
proprietà del danaro è passata all'accipiente, perchè altrimenti
non potrebbe spettare contro di lui la " condictio indebiti , —
azione di revoca della proprietà acquistata mediante pagamento
d'indebito. Il negozio di pagamento con effetto traslativo ma
senza effetto liberatorio crea tra le due parti un rapporto d'ob-
bligazione. £ poiché nell'ambito di questo nuovo rapporto la
posizione giuridica di creditore spetta non già al proprietario
della cosa locata, bensì al conduttore, è a questo e non a quello
che il possessore di mala fede — debitore in questo rapporto —
e obbligato a restituire il danaro ricevuto a titolo di fitto della
cosa locata. II proprietario non può pretendere tale danaro dal
possessore di mala f., ma deve rivolgersi al conduttore perchè
adempia l'obbligazione, tuttora inadempiuta, contratta verso
di lui.
Non bisogna, tuttavia, cadere in un eccesso dì formalismo.
Se il possessore di m. f., pur non essendovi obbligato, restituisse
il danaro ricevuto al proprietario delta cosa locata, deve dirsi
che il conduttore resterebbe liberato dalla sua obbligazione verso
D,!„t,zed.yGOOg[e
I,A. «CONDICTIO» DEI « FRDCTUS », ECC. 113
qudst'aUimo. Qui entra in vigore il principio che regola l'adem-
pimento deli'obbligazìoQfl da parte dì un terzo: quando il terzo
Agisce in luogo e vece del debitore, gerendo un negozio di lui
(cff. D. 5, 3, 31 pr.), il debitore resta liberato. Trattandosi del
possessore di mala f. di un'eredità, il quale restituisca all'erede
agente in giudizio quanto ha riscosso dai debitori dell'eredità,
ì giuristi romani — in particolare Giuliano sulle traccie di
Cassio (Ini. 717 D. 46, 3, 34, 9; lui. 84 D. 5, 3, 31, 5: cfr. D.
5, 3, 25, 17) — ammettono che ì debitori vengano non solo
liberati, ma anche ' ipso iure ,. Anzi, essi ranno piii oltre e am-
mettono addirittura che il possessore sia in dovere di restituire
all'erede, che domanda in giudizio l'eredità, ciò che gli è stato
pagato dai creditori (Ulp. 533 D. 5, 3, 31, 5: placet). Bisogna
però avvertire subito che quest'ultima soluzione non può essere
estesa al nostro caso, in cui l'azione spettante al proprietario
contro il possessore di mala f. non è la * hereditatis petitìo ,
bensì la * rei vindicatio ., come risulta dalla connessione del
□. fr. con Pap. 123 D, 6, 1, 62, La soluzione anzidetta è pos-
sibile soltanto nella ' hereditatis petitio ,, perchè questa * etsi
in rem actio sit, habet tamen praestationes quasdam personales,
ut puta eonim quae a debìtorìbns sunt exacta ,. Il che contri-
buisce a spiegare anche la costruzione ' fructus augent heredi-
tatem, (D. 5, 3, 40, 1; 51, 1; 20, 3; D. 50, 16, 178, 1).
Appena occorre soggiungere, infine, che se la restituzione dei
frutti fatta dal possessore di mala f. al proprietario della cosa
locata si riconosce idonea ad adempiere l'obbligazione del con-
duttore verso quest'ultimo, deve riconoscersi che, per effetto
riflesso di essa, venga meno anche la * condictio indebiti , del
conduttore verso il possessore di mala fede. In tutto ciò ne il
proprietario ne il possessore sono da considerare in questa loro
veste, bensì nella veste di creditore e rispettivamente di terzo
adempiente in luogo e vece del debitore.
§ 3. — Terminata cosi l'esegesi de' due passi fondamentali in
materia e dimostrato in quali situazioni l'azione possa aver luogo,
resta a indagare da quali presupposti dipenda in generale e che
natura abbia la ' condictio „ dei frutti spettante contro il pos-
sessore di mala fede al proprietario della cosa da lui posseduta.
Quanto alla * condictio , dei frutti pagati, spettante al terzo
JM déUa R. Accademia — Tol. LV. 8
D,!„t,zed.yGOOg[e
114 BMtUO BETTI
debitore del proprietario, essa non presenta nessuna particola-
rità che la distingua da uaa " condtctio indebiti , qualsiasi.
Dalla precedente esegesi risolta intanto questo: che — rispetto
ai frutti percetti dal possessore di mala fede — il proprietario
della cosa posseduta pu6 non avere a propria disposizione, contro
il possessore medesimo, che un'azione personale di ripetizione
(condìctio); e ciò indipendentemente dalla sopraveenuta circostanza
che esso possessore abbia consumato i frutti percetti. Ora però noi
ci troviamo davanti a due gruppi dì passi discrepanti tra loro:
laddove negli uni si parla sempl inenrente e in generale di con-
dìctio dei frutti percepiti in mala fede, negli altri si pone una
alternativa tra ' vindicatio , e ' condìctio , distinguendo, per
l'applicabilità dell'una o dell'altra, soltanto tra il caso in cui ì
frutti in questione stano tuttora esistenti in natura (cfr. Gai. I.
2, 82, 79 in f.) e il caso in cui siano stati, invece, consumati.
Appartengono al primo gruppo i passi seguenti. Anzitutto i due
fondamentali dianzi esaminati, ne' quali, parlandosi di * con-
dìctio . dei frutti (D. 6, 1, 78: dare oportet; D. 12, 6, 55:
domino obligatus), non si pensa affatto all'ipotesi dì una ' con-
sumptio ,. Inoltre : Paul. 377 D. IO, 1, 4, 2; " aut bona fide per-
cepit, et lucrari eum oportet, [. . -l, aut mala fide {sdì. percepH),
et condici oportet ,\ Paul. 1582 D. 22, 1,15: ' nequeeorum fì'uctuum,
qui post litem contestatam officio iudicis restituendi sunt (nella
' hereditatis petìtio , : cfr. D. 34, 9, 18 pr.), neque eorum qui
priuB (scil. ante Htem contestatam) percepii quasi malae fidei
possessori condicuntur ,; Ulp. 2794 D. 12, 1, 4, 1: 'rea pignori
data pecunia soluta condici potest.et fructus ex tniusta causa
percepti condicendi sunt „; cfr. Afr. 118 D. 44, 1, 18: " si eiua fundi,
quem tu possìdeaa et ego proprium meum esse dicam, fructus
condicere tibi velìm, etc. ,.
I passi appartenenti al secondo gruppo sono, a mio avviso,
interpolati per lo meno in quanto limitano il campo d'applica-
zione della " condìctio , alla sola ipotesi che abbia avuto luogo
" consumplio ,: limitazione, codesta, del tutto arbitraria e falsa,
inspirata dalla preoccupazione delta ' condemnatio in tpsam rem .
vigente per le azioni reali nel diritto giustinianeo (D. 6, 1, 68).
I passi accennati sono i tre seguenti: D. 13, 7, 22, 2: ipse
fructus suos non faciet (a praedone enim fructus [et vindìcari
exstantes) possunt [et coneumpti] condici) — posto che non
zed.yGOOg[e
LA •CONDICTIO» DBI « FKDCXDS >, ECC. Ilo
8Ì preferisca ritenere insitìzia l'intera osBerrazione inclusa tra
parentesi; C. 9, 32, 4, 2 (Gord. a. 242): fruotus autem rerum
quas mala fide tenuit, ticet expilatae hereditatis non teneatur
crimine, suos non facit, sed [exstantes quidem vindicari, ab-
sumptoB vero] condici posse procul dubio est; C. 4, 9, 3 (Diocl.
et Hax. 294): mala fide possidens de proprieteUe victus (cfr. D.
44, 1, 18 intervenire praetorem debere nec permittere petitori,
priusquam de proprietate consiet, huiusmodi iudiciis experìri)
lezstanttbus} (de) fructibus [vindicatione , consumptis vero]
condictione conventus horum restitutioni parere compellitur.
Interpolazione, quest'alti ma, che ricorda assai da vicino l'altra,
da tutti oggi riconosciuta, di I. 2, 1, 35 (itaque cum fundo etiam
fructus [, licet conaumpti sint,] cogitur restituere), con la quale
essa ha comune la preoccupazione della condanna in natura e il
tacito presupposto che al giudizio di revindica sia, in sé, inerente
una condanna siffatta : così che in tanto possa farsi luogo al-
l'azione di revindica in quanto (e tutte le volte che) esista in
natura ci6 che ne forma oggetto.
Una conferma della tesi che i passi citati siano st-ati itp.
nella tendenza anzidetta, si trova nel fatto che le medesime
interpolazioni tornano anche in altra materia. CotH in materia
di " condictio , fondata su un pagamento ab initio invalido,
perchè fatto da persona incapace: D. 12, 6, 29 (Hip. 44): in
his personis generaliter repetitioni locnm esse non ambigitur.
(et si quidem exstant nummi, vindicabuntur, consumptis vero
condictio locum habebit] (Pernice). Così parimenti in materia di
azione d'arricchimento contro il coniuge, diretta a revocare una
donazione fattagli: D. 24, 1, 5, 18 (Hip. 2766) : in donationibus
inre civili impeditis hactenus revocatur donum ab eo ab eave
cui donatum est, [ut, si quidem exatet rea vindicetur, si con-
aumpta sit condicatur hactenus,] quatenus locupletior quis eomm
factus est. È vero che nell'un caso e nell'altro l'alternativa tra
' vindicatio » e " condictio . ha un addentellato classico. Ha
presupposto giuridico della ' condictio , in diritto classico non
era la * consumptio , pura e semplice, come fatto naturale che
fa scomparire la cosa nella sua specifica individualità (tale è Ìl
800 significato per gli autori delle interpolazioni segnalate). Nel
primo caso, presupposto delta ' condictio , come ' condictio inde-
biti soluti ,, in tanto era la * consumptio , in quanto — secondo
D,!„t,zed.yGOOg[e
116 BMIMO BETTI
la costruzione di Oialiano — essa integrava la fattispecie del
pagamento ab ìnitio invalido, all'effetto di produrre, ex poet-
facto, il trapasso della proprietà del danaro pagato (D. 12, 1,
II, 2: da confrontare con D. 12, 1, 12 in f.; 13 pr.; 19, 1 :
su cii> ' Bull. dir. rom. , 28, 6i Bgg.). Xel secondo caso, poi, la
' condìctio , (D. 24, 1, 33, 1. 39), come forma di azione d'ar-
ricchimento revocatoria della donazione fatta al coniugo, ai fon>
dava non sulla consumptio sic et aìmpliciter , bensì su una
consumptio tale che costituisse pd consumatore un arricchimento.
Avverte infatti UIp. 2776 O. 24, 1 , 32, 9 : * consvmpsisse , sic
accipere debemus (all'effetto di escludere l'azione d'arricchi-
mento) ne is qui donationem accepit loeupletior faetus sU: ce-
terum si factns est, orationis .beneficium locum habebit; e
lui. 871 D. 24, 1, 39: aed si pecunia non exstat et mulier loeu-
pletior facto est, marituB eam <re)petet (cfì*. D. 24, 1, 25: ex
quibus et loeupletior mulier et pauperior niarìtus in suis rebus fit).
Tutte le interpolazioni ora segnalate mi oS^no l'ocoasione
per additare quale sia, a mio avviso, la vera portata di un'altra
serie d'interpolazioni che a queste ai riconnettono. Voglio dire
quelle dei paaai, già citati al g I, ne' quali i compilatori distin-
guono parimenti tra " fructus exatantes e fnictua consumpti , e
affermano che il possessore di buona fede, convenuto con l'azione
dì revindioa, è tenuto a restituire al proprietario quei frutta
peroetti che si trovino tuttora esistenti presso di lui al momento
della domanda giudiziale. Si è creduto in paasato dagli inter-
preti (p. es,, tra i Bizantini, dallo Stefano, Supplementmn ad Bas.
IZachariae], p. 105 ; tra i moderni dal Faber, Conjecturae, IV, 17
verso la Sne), e si è affermato di recente a titolo di valuta-
zione delle interpolazioni accennate (Àlbertario, La responsabi-
lità del * b. f. possessor , fino al limite del suo arricchimento,
18-21, 34-37), che con la disposizione anzidetta ai volesse statuire
una responaabilità ne' limiti dell'arricchimento che il possessore
di b. f. avesse ritratto dai frutti percetti. Sembra strano però
(e ciò oaaervo in particolare contro il Faber e lo Stefano) che
ì compilatori giustinianei, i quali sapevano perfettamente espri-
mere il loro pensiero in latino, dicessero ' fructus consumpti ,
per designare i * fructus quorum perceptione possessor loeupletior
factuB non est ,. E d'altra parte non è lecito all'interprete delle
fonti romane (ciò osservo in particolare contro l'Albertarìo)
D,!„t,zed.yGOOg[e
LA «CONDICTIO» DBl « PRCCTDS », ECC. 117
attrìbaire senz'altro un vero e proprio errore giuridico di for-,
malazione al legislatore giustÌDÌaneo, sulla base di una interpre-
tazione ^ che non ha corto il valore di autentica — fatta delle
sue parole da uno scoliasta bizantino.- 11 ' consumere , non
coincide affatto — e i compilatori giustinianei lo sapevano be-
nìssimo — con la mancanza di un arricchimento (v. p. es., oltre
D. 24, 1, 32, 9. 39 in f.: D. 4, 4, 34 pr. ; D. 4, 2, 18): tanto piìi
che l'arricchimento pub consistere anche nell'aver risparmiato
una spesa necessaria (e. d. arricchimento negativo) e che d'al-
tronde anche una trasformazione economica è ° consumptio ,
(D. 25, 2, 3, 3 vendidorit donaverit qualibet ratione consump-
eerit; pel " donare , cfr. D. 5, 3, 25, 11). Nelle istituzioni
(4, 17, 2) poi, i compilatori giustinianei dicono bensì che pel
" bona fide possessor , ' non habetur ratio consumptorum neque
non perceptorum ,, ma non dicono punto che a lui si faccia
l'identico trattamento tanto nella * rei vindicatio , quanto nella
■ beredìtatis petitio , (cosi invece Albortario, op.cit.,36): sembra
invece ch'essi pensino alla * rei vindicatio , e abbian dimenti-
cato r " hereditatis petitio ,. ' In utraque actione , è detto sol-
tanto n^ periodo precedente, dove del resto (secondo la giusta
interpretazione dello Schrader, accettata dal Vangerow, Pand. I,
§ 333, p. 656) l'identità di trattamento in discorso (eadem ratio)
si riferisce — come si desume dalla contrapposizione che segue,
del possessore di buona a quello di mala fede — a un confronto
tra ' frnctos non percepti ante litis contestationem , e " post litis
contestationem ,, non già a un confronto tra ' rei vindicatio ,
ed ' hereditatis petitio , (così invece Àlbertario, op. cit., 26-27).
D'altra parte, di fronte a D. 5, 3. 40, 1, e C. 3, 31, 1, 1 (genuini)
e a D. 5, 3, 51 pr. (che l'Albertarìo non considera), io non posso
credere che nella * hereditatis petitio , la responsabilità del
poaseasore di buona fedo ne' limiti dell'arricchimento venisse
soltanto da Oiuatiniano ' estesa ai frutti dell'eredità , (cOsi
Àlbertario, op. cit., 23-35). Una volta statuita dal e. d. Sen.
Gons. Oiuvenziano (D. 5, 3, 20, §§ 6 a, 6 i, 6 e) qnella respon-
sabilità, panni naturale ch'essa comprendesse tanto l'arriechi-
meato ritratto dalle stesse cose ereditarie, quanto l'arricchimento
ritratto dai frutti delle medesime. Ciò non è punto smentito ma
anzi confermato dal fatto che con ana esplicita disposizione
del Sen. Gons. (D. 5, 3, 20, 6 a) si esimesse il possessore di b. f.
D,!„t,zed.yGOOg[e
118 BMILIO BETTI
dall'obbligo di pagare gl'interesei del prezzo ricavato dalla ven-
dita delle cose ereditarie, scaduti prima della * litia conteetatìo ,.
Ma su questo punto debbo limitaroii a ttae nn semplice ceni»
incidentale della mia opinione, riserrandomi di dame altrove
un'esposizione adeguata. Qui importa notare soltanto questo:
che la mira dei compilatori giustinianei — nello statuire pel pos-
sessore di buona fede di cosa singola l'obbligo di restitatre al pro-
prietario rivendicante i frutti percetti esistenti presso di lui al
momento della domanda giudiziale — non pub essere stata quella
di colpire nel poaseasore l'arriccbimento da lui ricavato dalla
percezione dei frutti della cosa altrui, bensì quella dì far
subentrare il proprietario della cosa nel medenmo rapporto di fatto
(vacua possassio, nel senso dilucidato dal Goiacio, Opera [M'eap.],
IV, 669 G) in cui, al momento della domanda giudiziale, il pos-
sessore di b. f. si trova con la cosa stessa e coi frutti considé-
r<UÌ come accessioni (omnìs causa rei) della cosa fruttifera (c&.,
p. es., C. civ. it., 444, 1). Ora è chiaro che tale tendenza ha po-
tuto sorgere soltanto in regime di esecuzione forzata in forma
specifica e che è stata resa ovvia dal procedimento per consegna
o rilascio vigente in diritto giustinianeo per l'esecuziope di di-
ritti reali.
E a circostanze siffatte sono parimenti da ricollegare le
interpolazioni relative alla * condictio , dei frutti spettante al
proprietario della cosa contro il possessore di mala fede. In
diritto classico, data l'applicazione generale delia condanna pé-
cunìai'ia, tra l'azione reale di revindica e l'azione personale
di ripetizione dei frutti non sussisteva una differenza pratica
rilevante come in diritto giustinianeo. La differenza tra loro
era soprattutto nei rispettivi presupposti giuridici, in quanto
razione di ripetizione, in antitesi con quella di revindica, pre-
suppone — a rigore — perduta da parte del proprietario e acqui-
sita da parte del possessore di m, f. la proprietà dei frutti. Se
non che non sì deve credere che questo rigoroso criterio di
legittimazione alla * condictio ,, sostenuto dai corifei della scuola
proculiana, fosse riconosciuto e applicato con eguale rigore da
tutti gli altri giuristi romani. Il modo generale con cui parlano
di ' condioere. Africano (D. 44, 1, 18); Paolo (0. 10, 1, 4, 2; D.22,
1, 15); Ulpiano (D. 12, 1, 4, 1) induce a supporre che essi ri-
tenessero sufficiente la ' perceptìo , per ammettere la * cob-
aB,t,zed.yGOOg[e
LA «CONDICTIO» DU « PKUCTOd », BCC. 119
liictio , d«i fratti contro il posgeasore di mala fede. La quale
opinione potrebbe eesere anche stata provocata da un motivo
pratioo: dal deaiderio cioè di risparmiare al proprietario —
astrazioae Catta dall'ipotesi di revindica della cosa fruttifera
(con la quale egli poteva ricevere anche i frutti) — le lungag-
gini di ima previa * aotio ad exhibendum . indispensabile per
stabilire l'individualità specifica dei frutti perenti che avrebbero
dovuto formare ometto di un'azione di revindica autonoma.
È chiaro che per tal modo la " condietio , dei frutti veniva
ad assumere praticamente la funzione di azione Bostiiutiva ddla
revindica (azione in funzione di revindica) e a rassomigliare, sotto
questo rispetto, alla ' condietio ex causa furtiva ,. A. questa,
dol resto — se sì ha riguardo al suo fondamento giuridico — essa
era assai piii vicina che alle altre forme di " condietio , (azione
astratta diretta al * dare oportere .di * res certa .) fondate su un
negozio giuridico (datio, solutio, stipulatio, legatura). Come la
" condietio ex e. furtiva , è fondata sul * furtnm ., cosi essa
è fondata sulla ' perceptio mala fide , : atti entrambi inidonei,
come tali, a produrre un trapasso della proprtetì^ in chi è pas-
sivamente legittimato alla * condietio ,.
Una particolarità, infine, della ' condietio , dei frutti, dipen-
dMite dalla saa struttura processuale di azione di stretto gia-
dizìo con oggetto determinato (res certa), è che — come attesta
Paul. 1582 D. 22, 1, 15, dianzi riferito — con essa i! posses-
sore di mala fede non può essere tenuto a pagare gl'interessi
dei frutti che egli abbia venduto e trasformato in capitale frut-
tifero (cfr. D. 23, 4, 4 usurae qnae ex fructibus coUectis et in
sortem redactìs percìpi possunt). Che nella ' heredìtatis petìtìo .
il possessore dì mala f. risponda per gl'interessi dei frutti del-
l'eredità da lui venduti, con decorrenza dal giorno della vendita
(D. 5, 3,51,l;acontr. C. 3,31, 1, 1; cfr.D. 34, 9, 17. 18pr.; C. 6,
35, 1, 1), discende come corollario dalla costruzione, che i giuristi
romani &nno dei frutti percetti, quale accrescimento dell'eredità
domandata in giudizio (D. 5, 3, 20, 3. 40, 1. 51 , 1 ; D. 36, 1, 46 [44],
1 inf.; G. 3, 31, 2, 1). Costruzione, codesta, che è resa possibile
principalmente dall'essere la ' hereditatis petitio , un'azione con
oggetto indeterminato, poiché 1' ' bereditas , oggetto della * petitio ,
è un ' nomea ìuris ., un tutto suscettibile dì aumento (cfr.
Cuiacio, Opera [Neap.], IT, 889 A-B ; Savigny, St/stem, Yl, 149 sg.).
zed.yGOOg[e
120 BMIUO BETTI — LA. « CONDICTIO > DEI «FROCTOS», ECC.
La * coodictio , dei frutti, per contro, ha un oggetto ch'è ab
ìnitio determinato: cioè precisameiite quei frutti che sono stati
prodotti da una determinata cosa e percetti dal posseseore dì
mala fede durante quel periodo di tempo per cai egli ne ha
avuto il possesso. Questi stessi frutti in ncUura ed easi soltanto
— non i pretta in cui essi possono essere stati trasformati dal
possessore mediante vendita e non, quindi (dato anche che nella
* condictio certae pecuniae , fosse possibile tenerne conto), gl'inte-
ressi che potrebbero ritrarsi dai ' pretia , capitalizzati — sono
in obligatione e sì indicano quale ' petitum , nella * intentio ,
della formola. Che è proprio il contrario di quanto avviene nella
* hereditatis petitio ,, in cui ì frutti sono compresi nella ' pe-
titio , non come tali e a se stanti, bensì quali aumenti della
coea giudizialmente demandata — aumenti che possono venire
in considerazione anche sotto forma di ° pretia , produttivi d'in-
teressi. Anche sotto questo aspetto la ' condictio , dei frutti
spettante al proprietario della cosa contro il poBsessore di m. f.
appare, in generale, come un'azione sostitutiva della revìndica
de' frutti stessi.
Peraltro, nelle fattispecie esaminate dianzi (§g 1 e 2) la
" condictio , assume una fìsonomia particolare, che non ha nelle
altre. In quelle fattispecie, invero, essa nasce da un vero e
proprio acquisto della proprietà dei frutti da parte del posses-
sore-di mala fede sulla base della percezione da lui fatta dei
frutti medesimi.
D,!„t,zed.yGOOg[e
' DDl PASSI DEL CABDÀNO, ECC.
Ooe passi del CirdaBO
eoneerneBtt Leonardo da Tlnei e l'aviazione
Nota del Socio eotriipoDdente G. BOFFITO
Nel moderno fiorire di studi vinciani e aviatorii non riu-
scirà inutile, crediamo, richiamare l'attenzione degli studiosi su
dae passi del celebre modico e matematico milanese Girolamo
Cardano, rìferentiBi a Leonardo da Vinci e all'aviazione. L'uno
e l'altro mi sembrano per diverso rispetto agualmenta rìle-
vaotì, quello sovratutto intorno a Leonardo da Vinci, quale al-
meno si legge, genuino, nel testo cardaniano, non quale passò,
alterato, da una penna all'altra, dall'uno all'altro scrittore.
Dell'arte del volare il Cardano tratta in due luoghi diversi ;
né poteva, aggiungiamo, tralasciale interamente di parlarne, tanti
sono e pressoché innumerevoli gli argomenti di cui più o meno
ampiamente si occupa in alcune delle sue opere che sono vere
e proprie enciclopedie. \el De rerum varietale, opera prina-
mente uscita a Basilea nel 1557 (per Henricum Petrì, in foglio),
discute egli un problema aviatorio, che, per quanto sinora tras-
curato, occupa, come mi lusingo di poter prossimamente dimo-
strare (1), un posto eminente nella storia dell'aeronautica
italiana: il problema della colomba volante dì Archita.
Si pu6 costruire, si domanda il Cardano, una lignea colomba
sul genere di quella che, come narra Aulo Gellio, fobbrìcò Ar-
chita, la quale voli di per se? Degli automi che, mossi da interno
meccanismo, ai muovevano e passeggiavano sopra la tavola, ne
(1) Nella ristampa della mia AeroHauliea in Italia, gludio ttorico-Ublio-
grafico, che fe presentemente in prepanuione.
D,!„t,zed.yGOOg[e
122 a. BOFFITO
aveva egli veduti bensì, e anche degli uccelli meccanici che
volavano, legati peri) ad una fune (specie forse di aquiloni) ; ma
uccelli che volassero da sé, per virth propria, non era mai riu-
scito a vederne. Giudica egli tuttavia che, sebbene con difficoltà,
causata sovratatto dal peso dell'apparato motore, si possa riu-
scire allo scopo mediante una spinta iniziale e col favore del
vento (che giunge a far volare perfino le oche), quuido si co-
struisca la colomba di materia leggiera, la si fornisca di grandi
ali e s'inserisca nel suo interno un meccanismo d'orologerìa che
ne faccia sbattere le ali. * Quaeri solet (trascrìvo dalla edizione
Henrìcpetrana di Basilea, 1581, in-8 picc, caratt. cors., con ta-
vole, lib. Xll, p. 752) an columbam ligneam qualem Àrchitam Ta-
rentinum ex Oellio alibi narravimus fabricaese, tacere liceatP Sci-
licet quae sponte volet, ubi tamen quieverit, immota maneat?
Nani imagines statuasque ambulantes super mensam rotarum
abditanim vi alìquoties vìdìmus; volantem etiam avem, sed
funi inBÌtam, per se nondum. Ergo quae se sponte elevet, vìx
fieri potest, quoniam firma oportet esse vincula quae moveant
atque ideo graviora quam ut agi propriis possint virìbua. Mota
vero ab inìtio et impulsa et maxime vento flante secundo, oh
alarum magnitudinem et vim rotarum quae illas agat nihil pro-
hibet. Conveniat igitur levìtas corporìs, alarum magnitudo et
robur rotarum atque venti auxilium, quod et anserea et gra-
viores aves non negligunt, ut columba evolet certo ordine ,. Il
Cardano sembra anche aver intuito la forza elevante del fooco,
ma non gli pare che sarebbe questa la miglior via da tenersi
in pratica, perchè poco duraturo è ii fuoco, ne si pub aggiun-
gere troppo combustibile per via del peso che verrebbe natural-
mente a crescere. Segue egli infatti a dire: * Incerto (ordine)
autem ignis vi, quemadmodum et Ismpades (evolabit). Sic
enim et sponte se elevabit et alas movebit, aed statim desinet,
quoniam ignis non manet; et materiam cìtra pondus snppeditare
non licet ,.
Ma qui, come pure altrove nel De rerum varietate, non è
parola, per quanto a me consta, di Leonardo da Vinci ; il cui nome
ricorre invece almeno due volte, e una in argomento aviatorìo,
nell'altra più famosa opera cardaniana che s'intitola De subii-
litote, uscita per le stampe una diecina d'anni prima, nel 1550,
a Norimberga (apud Io. Fetreium, pur essa in foglio).
D,B,t,zed.yGOOg[e
DUB PASSI DEL CA.BDANO CONCBKNBNTI LEONARDO DA VINCI, ECC. 123
Gli stadi di Leonardo sugli apparecchi di volo, a cui iniaero
capo le sue diuturne esatte e acute oaservazioni sul volo degli
uccelli, sono generalmente noti oggi, dopo le perspicue e dotte
pubblicazioni del senatore Luca Beltratni. Ma già prima d'ora
non eraii mancati degli scienziati che vi accennassero e varia-
mente li illustrassero. Tra questi a me piace qui rammentare
Gilberto Oovi, onore e lume della nostra Accademia, il quale per
primo s'accorse, net 1881, che nel manoscritto vinciano B, conser-
vato nella Biblioteca dell'Istituto parigino, e che Carlo Ravaisson
8Ì accingeva proprio allora a pubblicare, si conteneva uno schema
di elicottero accompagnato dalle seguenti presiose note dichia-
rative di mano di Leonardo: (accanto) " L'estremità di fuori
della vite sia di ferro grosso una corda e dal centro al cerchio
sia braccia 8 ,. (sotto) ° Trovo se questo strumento fatto a vite
sarà ben fatto, cioè fatto di tela lina, stoppata i suoi pori con
amido, e voltato con prestezza, che detta vite si fa la femmina
dell'aria e monterà in alto. Piglia lo esempio da una riga larga
e sottile e menala cqn furia in fra l'aria: vedrai esser guidato
il tuo braccio per la linea del taglio della detta asse. Sia l'ar-
madura della sopradetta tela di canne lunghe e grosse. Puossene
fare uno piccolo modello di carta che lo stile suo sia di sottile
piastra di ferro e torta per forza e nel tornare in libertà farà
volgere la vite (e. 83) „ . II Govi diede subito notizia della sua
scoperta nei * Comptes rendus , dell'Accademia delle Scienze
di Parìgi (t. LXXXIII, juillet-décembre 1881, p. 400-402, con
2 Sg,, Sur une tri» ancienne appUeation de l'hélice camme organe
de propulaion: note de M. Govi), riproducendo il disegno leonar-
diano e aggiungendovi quello del paracadute (che il professore,
ed oggi senatore, Giuseppe Colombo aveva illustrato nella di-
chiarazione della tavola XVT, fo. 372, del Saggio delle opere di
L. da V. Milano, Tip. di Giovanni Ricordi, 1872, in foglio)
desunto dal Codice Atlantico dell'Ambrosiana, dove si trova
accompagoato dalla dichiarazione: ' Se un uomo ha un padi-
glione di panno lino intasato che sia 12 braccia per faccia e
alto 12 pota-à gettarsi da ogni grande altezza senza danno
di sé ,. Spettava peraltro al Beltrami, dopo il Colombo, il
trarre alla luce definitivamente e l'illustrare i veri e propri ap-
parecchi di v<^o escogitati da Leonardo, quali risultano dai
disegni e dalle note del codice Atlantico, cioè: due tipi dì appa-
D,!„t,zed.yGOOg[e
124 Q. BOFFITO
recchio, cbe potremmo denominare icariano, consistente nell'ag-
giunta all'organiBino umano del sussidio di due grandi ali diret-
tamente manovrate dalla forza muscolare dell'uomo, e un terzo
apparecchio che più si avvicina agli aeroplani o velivoli moderni
ma a differenza di questi aveva le ali mobili, ed è chiamato
dai francesi avion.
Ma volò davvero Leonardo? Lasciamo stare le tradizioni,
che nel caso presente, trattandosi di appurare un fatto concreto,
poco giovano e possono esser nate dalla notizia propalatasi dei
diuturni molteplici studi vinciani sul volo. E diciamo cob^, perchè
una tradizione accennata dal Solmi {Leonardo, p. 157, Firenze,
Barbèra, 1907) lo farebbe Incominciare i suoi esperimenti a
Milano nel giardino del duca Galeazzo, e un'altra tradizione
glieli farebbe riprendere a Firenze, sulla collina di Fiesole e
precisamente sul brullo monte Ceceri, donde ' doveva partire
narrerebbe anche oggi la tradizione popolare, un grande cigno
che poi scomparve e niuno potè mai rivedere , {ib., p, 158).
Vediamo piuttosto i dati che ci forniscono i manoscritti di Leo-
nardo, che non mancano, com'è noto, di preziose indicazioni bio-
grafiche, e le attestazioni, se ve n'ha, dei suoi contemporanei.
Certo il grande pittore fu nel 1506 a Fiesole: eì fosse an-
dato, come il Solmi suppone, a rinfrancarsi lo spirito turbato
dall'immane disastro toccato alla sua Battaglia di AngkiaH che
appena finita di dipingere nella gran sala del Consiglio in Pa-
lazzo Vecchio con un nuovo processo di mestica imparato da
Plinio, s'era cominciata a staccare e a cadere dalla parete, o
vi si fosse recato per altra ragione, a noi ignota (per trovare,
ad esempio, Alessandro Amadori canonico di Fiesole, fratello
della sua buona prima matrigna), è ben certo che nel 1506 fu a
Fiesole, leggendosi in un luogo dei suoi manoscritti riferito dal-
l'Amoretti {Memorie storiche su la vita, gli studi e le opere di
L. daV., p. 91; Milano, Gaetano Motta, 1804, in-8, con tavole)
sotto la data de) '5 (1505, cioè 1506 in istile comune) ad£ 14 di
marzo, questa osservazione: " Quando l'uccello ha gran lun-
ghezza d'alie e poca coda e che esso si voglia inalzare, allora
esso alzerà forte le alie, il qual vento facendosegli intorno lo
spingerà molto con prestezza, come il cortone uccello di rapina
ch'io vidi andando a Fiesole dopo il locho di Barbiga ,.E pure
probabile che dì quel medesimo tempo siano le note che si leg-
zed.yGOOgle
DUI PASSI DBL CARDANO CONCERNENTI LEONARDO DA VINCI, ECC. 125
gono nella seconda cartA del codice vÌDciano del volo, già ap-
part«Deat« a Giacomo Manzoni di Lugo, ampiainente descritto
da Gustavo TTzielli nella seconda serie delle ane Bieerche intomo
a L.da F. a pag. 401 sgg. (Roma, Salviucci, 1884): " Dal monte
[Cecero] che tiene il nome del grande uccello [cecero = cigno]
piglierà il volo il famoso uccello che empirà il mondo di sua
gran fama ,. * Piglierà il primo volo il grande uccello sopra
del dosso del suo magno Cecero, empiendo l'universo dì stupore,
empiendo di sua fama tutte le scritture e gloria eterna al nido
dove nacque ,. Sono note che danno a divedere una ferma in-
crollabile fiducia in Leonardo, che la sua macchina aviatoria,
così amorosamente studiata in tutti i piii minuti particolari,
come ne fanno fede i disegni del codice Atlantico di ce. 302 v,
308 p, 314 r più volte riprodotti dal Beltrami (1), avrebbe ri-
sposto a tutte le esigenze pratiche e ai sarebbe davvero librata
in aria, come un grande mirabile uccello umano, dall'alto della
collina di Fiesole.
Ma ogni tentativo riuscì vano e Leonardo dovette a malin-
cuore rinunciare al sogno lungamente accarezzato. Giacché ten-
tativi certo ce ne furono, e più probabilmente a Firenze ohe
altrove : si può asaerìrlo con piena sicurezza. Uno sperimentatore
come il Vinci, tanto innamorato della scienza da trascurare per
esaa alno l'arte sua, non era uomo da lasciar le cose a mezzo
o da indietreggiare davanti a qualsiasi ostacolo; e d'altronde
abbiamo l'attestazione di Girolamo Cardano, che, scrivendo alla
distanza di meno di mezzo secolo, merita piena fede. Il passo
del Cardano, sperso com'è nel mare magnum del suo De svbtv-
litote, è stato sinora malamente citato, più che altro a orecchio,
e quindi alterato, mentre sia per Leonardo, sia in genere per
la storia dell'aviazione ha aingoiar valore. Ecco pertanto quanto
si legge nel libro XVII del De aubtilitate, che tratta de artibus
artificioaisque rebus (della bussola, della polvere da aparo, del-
l'arte tipografica, delle tre arti figurative, ecc.) : ' Et quamquam
haec per se magnae subtilitatìa esempla sint, pleraeque tamen
nobiliorum artium ferme latent, tum oh rerum proprietatea ignotaa
(1) Si veda di lui, ad eiempio, L'a«roplano di Leonardo in Leonardo
pa Vinci: eoi^erenxe fiorentine, HiUao, Treves, 1910, pp. 318-328.
zed.yG00g[e
126 0. BOFFITO
adhuc, tum quia aubtiliori inveotione indigent. Suot autem quae
latent, ut: vitri tenacia facieadi ratio; thesanrorum inventio:
stridorem dandi agri; ab albo p)uinbuin aufer«idi ; effodiendi un-
deqnaque utilea res; tranemutandi colores; perfecta ratio per-
inutandi cormptnm viaum in acetum, quae inventa mea aetate
mea etiam aetate periit, tametai multa non inutilìa supra tra-
diderimus; diguoscendi rerum proprìas vires; ars proferendae
in longum vitae, de qua supra dìximua; materiam focere quae
machinarum ignearum vi resistàt; volandi ineentum, quad nuptr
tentatum a duobus, illis pessime eessU : Vincius, de guo supra di-
ximus, tentavU^ et frustra, hic pictor fuU egregius; super omnia
Tirydatis magia ob quam a Nerone ingenti pecunia et Armeniae
regno donatus est, dum ea docet facere quae fieri nequeunt ,
(De subtilitate, Lugduni, apud Bartholomaeum Honoratnm, 1580,
pag. 579). Com'è cbiaro anche alla prima lettura, il Cardano
parla anzitutto dì due sfortunati aviatori del suo tempo (* nuper ,)
dei quali soli dice che male loro intervenne (* illis pessime
cessit .), poi di Leonardo, del quale dice soltanto che invano
(" frustra ,) tentò di volare. D'altronde l'inciso ' illis pessime
. cesait , che è stato dal Solmi (1) e da altri applicato a Leo-
nardo, non ai può, oltreché per il contesto, applicare al Vinci
anche per la ragione del tempo diverso a cui si riferisce; poiché
mentre il Cardano accenna qui a uno sfortunato recente (" nuper,)
tentativo aviatorio, parlando poco prima, nel medesimo libro, del
Vinci, scrive: ' praeclara illa totius humani oorporis imìtatio
iam pluribm ante annis inchoata a Leonardo Vincio fiorentino
et pene absoluta . (pp. 57S-74). Il pasao è anche importante
perchè da esso si raccoglie qual era l'opinione del Cardano in-
torno all'aviazione: arte non tmpoaaibile, non inutile (che allora
l'avrebbe collocata nel libro 15° che tratta * de incerti generis
aut inutilibus subtilitatibus ,), ma immatura per quel tempo:
ed era il miglior giudizio che se ne potesse dare, chi tenga
presente come allora fosse nella sua prima in&nzia la mec-
canica.
(1) * Solo Girolamo Cardano nel suo Dt gubtiìUtUt scrìve con oscura
fhue; ' anche L. da V. tentò di volare, ma mal gU intervenne: era gronde
pittare ',. Op. cit., p. 157.
D,!„t,zed.yGOOg[e
DDE PASSI DSL CAEDANO CONCBftHBNTl LEONARDO DA VINCI, ECC. 127
Resterebbe a vedere chi fossero ì due sfortanati aviatori
che all'epoca della composizione dell'opera cardaniana (1) fecero
coA cattiva prova; ma su di questi, invece di poter fornire io
notizie e schiarimenti agli altri, lo aspetto dagli altri di rice-
verne (2).
(1) A scrivere il Dt siAtUitaU il Cardano avrebbe impiegato eoli otto
meei, ma impiegò poi vari anni a corre^ere e migliorare la gtta opera.
NiciBOH, Mimoirta, XIV, 267.
(2) Nessun lume si può ricavare dall'edizione delle Optra omnia del
Cardano, Lione, 1668, la quale non è accompagnata da note di sorta
L'Accademico Segretario
Ettobb Stampihi
D,!„t,zed.yGOOg[e
DiBumd, Google
SAVERIO BELLI
to II 15 amia lUt, aorta U 1 tptUa 1(11.
D,!„t,zed.yGOOg[e
DiBumd, Google
ATTI
REALE ACCADEMIA DELLE SCIENZE
DI TOKINO
mBBUOATI
DAGLI ACCADEMICI SEGRETARI DELLE DDE CLASSI
Toi,. LV, Disp. 8-, I9I9-IM0
TOaiNO
Librerìa FRATELLI BOOOA
VU Culo AUNTto, B.
1920
DiBumd, Google
„d, Google
CLASSE
SCIENZE PISECHE, MATEMATICHE E NATURALI
Adunanza del 14 Dicembre 1919
PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. COHH. ANDREA NACCARI
PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA
Sono presenti i Soci D'Ovidio, Direttore della Classe,
Salv ADORI, Seore, Peaho , Jadanza, Foà, Guidi, Mattirolo,
Grassi j Sohioltana , Ponzio , Sacco , Majorana e Paboha
Si legge e si approva l'atto verbale della precedente
adunanza.
Il Presidente comunica una lettera del Commissario pre-
fettizio aig. Conte Olgiati che annunzia di avere assunte le
funzioni di AmmÌDÌstratore del Comune di Torino.
Il Socio Grassi presenta in omaggio la quarta edizione
(voi. I) del suo Corso di Elettrotecnica; ed il Socio Peano pre-
senta pure come omaggio, per incarico dell' A. prof. L. Berzolari,
nostro Socio corrispondente, il Manuale di Geometria analitica
(I. Il Metodo delle Coordinate) e ne fa gli elogi. Il Presidente
ringrazia.
Presentazione di Note, che sono accolte per la stampa
negli Atti:
dal Socio Sacco, Le OBciUazioni glaciali;
Atti dtaa R. Aeeademia — Tol. LT. 9
D,!„t,zed.yGOOg[e
130
dal Soci') Jadanza, / concetti ntoderni 3uUa figura mate-
matica della Terra. Appunti }>er la storia della geodesia. Nota nona,
n divario fra l'ellissoide e la terra fluida, dell' Ing, Ottavio
Zanotti-Bianco :
dal Socio Pabona, Osservazioni eristallografìehe suWaz-
zurrite di Gonnesa (Cagliari), della dott. Fausta Balzac.
Raccoltasi poscia la Classe in seduta privata procede alia
votazione per l'elezione del Segretario della Glasse ed è rìcoD'
fermato per un nuovo triennio il Socio Carlo Fabrizio Pabona,
salvo l'appruvazione ^5ovrana.
D,!„t,zed.yGOOg[e
LUIGI ZOPPKTTI — L ABITO FOGLIARE, ECC.
LETTURE
L'abito fogliare neile siepi df Ligostni
Nota del Dott. LDIQl ZOPPETTI
Argomento di questo studio, suggeritomi dall'ilLmo prof«B-
sore 0. Mattirolo, che amorosamente mi guidò nel lavoro, è la
profonda variazione di abito fogliare che presentano i LiguUri
delle numerose siepi ornamentali dei giardini torinesi in con-
fronto di quelli che crescono all'Orto Botani«o o dovunque il
loro libero sviluppo non è soverchiamente contenuto da name-
rose potature (1). Le numerose osservazioni che riferisco bre-
vemente, rivelarono diversi ordini di fenomeni indipendenti, che
però convergono nel loro complesso a dar la ragione del fatto
che mi son proposto di spiegare.
1. — La caduta delle foglie.
La differenza fra le siepi potate e i Ligustri cresciuti libe-
ramente prende speciale rilievo all'inoltrarsi dell'inverno, perchè
mentre il processo della caduta fogliare sembra iniziarsi ugual-
mente, piti tardi si fa evidente il contrasto fra gli arboscelli
dai lunghi rami scheletriti e le siepi densamente fogliose. Se-
guiamo le modalità della caduta fogliare: cadono prima, sempre,
quelle alla base del ramo, poi man mano le altre. È la regola
generale: le foglie piìi vecchie, le prime sbocciate dalla gemma.
(1) La sistematica dei Li^atri non è ancora ben stabilita daf^U Au-
tori : ciò spiega come le deoominazioni dei Giardinieri siano tra loro in
allegra discordanza. La npecie ornamentale più diffusa da noi e a cui spe-
cialmente si riferisce questa Nota è il L. otalifolium Basikarl (* Catal. hort.
Bogor, „ 1844).
D,!„t,zed.yGOOg[e
!32 LOTai zoppam
precedono nella caduta le superiori, piii giovani; e anche nei
Ligustri più spogli è rara la scomparsa totale di questi ultimi
rappresentanti degli organi assimi latori. Qrande influenza su
questo fenomeno esercitano l'esposizione e la località in cui sì
trova la pianta. Ligustri cresciuti liberamente, ma ben protetti
da alti muri di cinta, si conservano densamente fogliosi tutto
l'inverno. Anche gli Autori sono abbastanza concordi nel rico-
noscere alle foglie del Ligustro la capacita di svernare (1).
Facciamo ora un primo rilievo: i soggetti non potati hanno
rami lunghetti e foglie piuttosto discoste: poche che ne cadano,
la pianta appare sfrondata. Invece nelle siepi potate, ricche di
rami brevi dalle foglie accostate, la caduta delle inferiori, quasi
nascoste dalle superiori, non è resa manifesta da un cambiamento
nell'aspetto delia chioma. Kon saremmo però nel vero se con-
eludessimo affermando che il simpatico carattere ornamentale
delle siepi potate non dipenda mioimamente dalla minor cadu-
cita delle foglie, perchè le osservazioni continuate attraverso
l'irrigidirsi dell'inverno dimostrano che nei soggetti molto potati
la caduta fogliare si svolge con intensità molto minore. Prima
però di dare a questa maggior persistenza il valore d'un pro-
blema anatomico o fisiologico, cerchiamo di trovar una spiega-
zione in fatti d'ordine generale e ben noti. Essendo la caduta
delle foglie in relazione con l'età loro, bisogna anzitutto stabi-
lire se le foglioline delle siepi in esame non siano da ascrivere
a periodi diversi di fasi vegetative in confronto delie foglie dei
Ligustri liberi. I giardinieri m'assicurarono che le siepi più belle
vengono potate ripetutamente, anche in agosto e settembre; e
la pianta reagisce sempre, sviluppando anche tardi le sue gemme
nelle foglioline tipiche, il cui ulteriore sviluppo viene poi l'in-
verno ad arrestare.
Il Ligustro non è, rigorosamente, una pianta sempreverde
{itnmer-ffrune); solo, le sue foglie sono più o meno svernanti
{tointer-ffrUne}. Quando, infatti, col risveglio delta vegetazione si
aprono le prime gemme, le foglie che mantennero verde la siepe
(1) Per i Frauoesi e gli Ingleai questa proprietà sarebbe caratteri etica
di lina varietà del L. vulgare (L. tempervirens), ia&aeuiati forse da Miller
(' The Gardner's Diotion. , Loodon, 1768) ohe vide una specie distinta
(£>. Ilulieum) nel comportamento che ha da noi questa pianta.
D,!„t,zed.yGOOg[e
l'abito FOOUARS NBLLE siepi di l-iaOSTBO 133
durante l'inverno ecoropaìono rapidamente, e non per il svilito
meccaDÌstno, ma per un processo di marceBcenza che le investe
dai margini, tanto più là dove il gelo le aveva maggiormente
colpite conferendo loro una tinta bruno-cupa.
2. — Grandezza e forma delle foglie.
Le dimensioni fogliari del Ligustro variano grandemente;
anche Schneider C. (" 111. H. d. Laubholzkunde ., Il, pag. 794)
osserva che con foglie di mm, 90 X 25 se ne trovano di
mm. 15 X 10; io ne misurai anche dì piìi granii e di più piccole.
Quello però che desta pHiticotare interesse non è la varia-
bilità di dimensioni, ma piuttosto un fatto di vera eterofillia, ài
cui nessun accenno ho trovato nella letteratura (eccetto forse
ScHLEGHBNTAL. Floro Berolifi., 1823, (, pag. 3), e che consiste in
un passaggio dalla forma tipica ovato-acuta ad una forma ovato-
ottusa fino a quella obcordata (I). Il rapporto numerico della
lunghezza alla larghezza del lembo fogliare esprime nel modo
più semplice questa discordanza di forme. Le numerose misu-
razioni fatte mi diedero tutti ì valori intermedi tra quelli mas-
simi e quelli minimi, e di nessuno di questi valori notai una
frequenza rimarchevole. Conclusi pertanto che il passaggio alle
due forme estreme è graduale, ed esclude l'esistenza di due
tipi distinti pur legati da forme di passaggio, perchè l'esistenza
di più forme fondamentali sarebbe certo rilevata dalla maggior
fiequenza di determinati rapporti. Il valore massimo è raggiunto
dalle foglie più acute e più grandi (2,6), e si scende, con le foglie
smussate, fino ad l,i.
Il vero fatto notevole che fu messo in evidenza dalle os-
servazioni predette è che la variazione di grandezza e di forma
è legata alla posizione della foglia sul ramo, indipendentemente
dal maggiore o minor sviluppo del ramo stesso. Alla base stanno
sempre le foglie più smussate e anche, rispetto alle superiori,
(1) fatti spiccati dì dimorSsmo fot^liare ai riscontrano in parecchie
altre Olettcee, con profonda alUraiiont nel contorno del lembo; di esii non
mi lODO occupato, perchè penso appartengano a tutt'altro ordine di fé-
D,!„t,zed.yGOOg[e
134 LUIGI ZOPPBTTI
più piccole; salendo lungo il ramo le foglie diventano gradual-
mente più acute e anche piìi grandi. Questa constatazione ìndi-
Bcutìbile che si può fare in qualsiasi nostro Ligustro, potato o
no, ci porta a istituire un problema a parte indipendente dai
fenomeni peculiari alle siepi assai potate. Molte circostanze in-
ducono a porre in relazione le foglie piccoline smussate con le
perule della gemma, e fanno nascere il dubbio che, esaurito il
loro ufiìcio protettivo, alcune perule nel caso nostro, invece di
cadere, persistano più o meno assumendo le funzioni d'una foglia
{perule- foglie). Le perule piii interne {3° i' paio) hanno lo stesso
contorno lanceolato delle foglie superiori; ma nella parte ante-
riore, in punta, gli elementi verdi sono alterati per un certo
tratto, che delimita, internamente, il contorno caratteristico delle
foglie ob cordate.
Una netta distinzione fra perule e foglie manca nel Ligustro ;
dopo le prime due o tre paia, che sono scaglie brunastre ca-
duche, appare una coppia che nella porzione basale, rimasta
protetta dalle squame esterne, rinverdisce e cresce alquanto,
mentre la porzione esterna apicale, esplicante la funzione pro-
tettiva e pigmentata, muore e ai distrugge; ecco così comparse,
alta base del ramo, due foglioline obcordate. Le perule (o foglie)
più interne acquistano sempre meglio l'attitudine a svilupparsi
in nomofillì; la parte anteriore di esse, che nella gemma restava
scoperta e pigmentata, va sempre più riducendosi, e di conse-
guenza il processo di mortificazione che prima intaccava la foglia
fino a renderla obcordata, s'approfondisce poi sempre meno, fino
a lasciare intatto il contorno primitivo della foglia ovale-lan-
ceolato.
In appoggio a questo modo di vedere sta. pure la consta-
tazione che, come tetrastiche sono le perule, tali sono pure le
foglie d'un ramo appena sbocciato, e, quasi sempre, quelle dei
brevissimi rami dei soggetti molto potati; piìi tardi Ìl ramo,
sviluppandosi notevolmente in lunghezza, porta le foglie in po-
sizione distica, ma un paio alla base ricorda quasi sempre la
disposizione primitiva.
zed.yGOOg[e
r. ABITO FOOLURB NBLLB SIEPI DI LlaOSTKO
3. — Anatomia delle foglie.
Se le ripetute potature hanno per effetto non soltanto di
metter in maggior evidenza o di modificare dei fenomeni che
avvengono normalmente nel Ligustro, ma producono un fatìo
nuovo, questo non deve certo sfuggire alla ricerca anatomica.
Lo studio dei tessuti fogliari non mi presentò alcunché di par-
ticolarmente interessante; si tratta sempre del comune tessuto
a palizzata, generalmente a due strati e che occupa circa due
terzi della sezione. Un po' più interessanti sono i dati riguar-
danti lo spessore dells foglia: & un fatto costante ohe, sullo
stesso ramo, lo spessore fogliare cresce iindando dal basso al-
l'alto a quel modo che crescono pure le dimensioni del lembo.
Le osservazioni fatte su individui o rami diversi e foglie di vario
tipo danno risultati cosi vari che non permettono di risalire a
nessuna legge costante.
4. — La formazione della siepe.
Solo dopo molti anni le siepi di Ligustro acquistano quel
carattere ornamentale che diede fondamento a questo studio; le
forbici del giardiniere s'esercitano su di esse parecchit: diecine
di volte prima che i virgulti diritti e largamente fogliosi si la-
scino sostituire dal cespuglio che ricorda il mirto. E qui è il
caso di mettere in rilievo la vigoria di questo arbusto che a
quattro o cinque potature annuali risponde con produzione esu-
berante di rami e foglie, e trova facilmente condizioni favore-
voli a germogliare: pochi giorni dì serra bastano a rinverdirne
un ramo anche in gennaio. Questa facile succtssione di quie-
scenze e di risvegli delle gemme, sì normali che avventizie, è
resa manifesta dal ripetersi, su di uno stesso ramo, della seria-
zione fogliare tipica che abbiamo studiato più sopra; cosicché
alcuni rami dell'annata, lunghi anche 40 cin,, possono presen-
tare ogni tre o quattro coppie di foglie normali acuminate un
ritorno brusco alla perù la- foglia, piìi piccola e smussata. La
figura annessa mostra assai bene quanto siam venuti ora espo-
nendo e illustra nello stesso tempo il esso di eterofillia di cui
D,!„t,zed.yGOOg[e
136 LDIOI ZOPPBTTI
e'è parlato a lungo. Il piccolo ramo in basso mostra assai bene
la seriazione dalle perule-foglie a quelle normali. Nell'altro ramo
piti lungo è facile osservare la successione di tre fasi vegeta-
tive della gemma terminale: nella prima, corrispondente al ri-
sveglio dopo il riposo invernale, è anclie molto evidente la dispo-
sizione tetrastica; questa appare
meno nelle altre due fasi, dove
però la presenza di nodi sotto
le foglioline del tipo cordato
significa che te prime perule-
foglie sono presto cadute.
La storia d'una siepe sugge-
risce alcuni naturali rilievi. Gli
apici vegetativi dei virgulti pri-
mitivi furono asportati dalla po-
tatura; le gemme sottostanti al
taglio avrebbero dovuto teorica-
mente sviluppare rami vigorosi
a foglie grandi, ed è questo in
realtà l'effetto cbe la potatura
produce nelle siepi giovani, " in
formazione ., che appaiono perciò
sempre coronate da lunghi getti
dalle foglie grandi, e anche Del-
l' interno della siepe parecchi
rami indisturbati ai slanciano
discretamente e portan foglie di
notevoli dimensioni. Ma le po-
tature ripetute nell'annata stessa
e nelle successive obbligano a svilupparsi le gemme sotto-
stanti; queste, essendo in istato di sviluppo meno avanzato,
non possono formare che rami meno vigorosi e foglie più
ridotte. Si direbbe anzi che la potatura insistente, invece di far
convergere i msterinli nutritizi nelle prime gemme sotto il taglio,
provochi, dirò così, un'esplosione di tutte le gemme del caule
per modo che la capacità vegetativa della pianta si fraziona in
numerosi rami : il loro sviluppo non può essere quale lo rag-
giungerebbero se fossero molto più pochi. Ne credo sia da tras-
curare la tendenza di questa pianta a produrre abbondanti in-
D,!„t,zed.yGOOg[e
l'abito FOOLIARB KELLE siepi di LIOUSTRO 137
fìorescenze: qualcuna ne presenta anche a dispetto delle forbici.
Ne conseguirebbe quanto lo stesso prof. Mattirolo (1) (studiando
un argomento di ben più alto interesse per l'agricoltura) ebbe
occasione di constatare, clie cioè ' l'asportazione continuata dei
fiori provoca uno sviluppo straordinario del sistema vegetativo ,.
Tutto ci porta a pensare ad un fenomeno di correlazione,
analogo a quello per cui un giovane faggio devastato dalle capre
assume la nota forma cespugliosa caratteristica. È principio
ammesso in fisiologia che una riduzione numerica di rami e di
foglie porta per riflesso allo sviluppo di rami e foglie piti grandi ;
a me pare che ne consegua anche il principio inverso, che cioè
un aumento nutnerico debba apportare una riduzione nelle di-
mensioni,
Hiasaumendo, la siepe acquista lentamente il suo valore
ornamentale in quanto che i rami, contenuti sempre nei loro
tentativi d'espansione, si lasciano raggiungere dai germogli delle
gemme più arretrate; la moltitudine di questi nuovi ramoscelli,
arrestata a sua volta, s'infoltisce con lo sviluppo di-altri ancor
più brevi, e ne risulta un groviglio di getti cortissimi, vera
rete vivente su cui si stende la zolla sempreverde delle foglie
piccoline.
CONCLUSIONE
1° Comune a tutti i Ligustri e non peculinrità di quelli
coltivati a siepe è un caso di etero/illin, che, dopo quanto s'è
osservato, trova una spiegazione molto semplice nel passaggio
graduale dalla perula alla perula-foglia e alla foglia normale.
2" L'abito fogliare dei Ligustri nelle siepi ben formate non
importa ne profonde alterazioni fisiologiche, né comparsa di
ii,uove forme anatomiche. Neppure si deve diro che le foglie
della siepe siano pììi atte a svernare. Là dove la siepe sente
piii forte il rigore dell'inverno spesso si sfronda completamente,
mentre non di rado una buona esposizione mantiene fogliosi i
(1) 0, Mattirolo, Sulla influenza ckt Vtstirpaz. dei fiori taereUa itti U
bereoli tUtle leguminote. Genova, 1900.
D,!„t,zed.yGOOg[e
138 LDIGI MPPETTI — L'ABITO FOOUABE, ECC.
Ligustri espansi liberamente. Pure circostanze ««terne favori-
Bcono nella siepe la persistenza delle foglie, e ia protezione che
altrove danno i muri o le piante vicine, qui sta nel groviglio
stesso dei rami : specie di auto-protezione, che la densità della
siepe, maggiore perifericamente, esercita su tutta la pianta, re-
sistendo efficacemente ad una rapida penetrazione del gelo. Altro
motivo, anche più importante, è che gran parte delle foglie
della siepe son sbocciate piìi tardi, sono piti giovani e in con-
seguenza più persistenti.
3° La riduzione delle dimensioni dei rami e sopratuUo delle
foglie è l'unico fatto che caratterizza ì Ligustri coltivati a siepe.
L'associazione costante di questi due dati dimostra che le stesse
cause che frenano lo eviluppo del ramo arrestano pure l'espan-
sione delle foglie. Questi brevi rami (1-2 cm.), con poche paia
di foglie, han tutta l'aria di gemme appena sbocciate ; e infatti
le foglioline che tengon verde la siepe nell'inverno provengono
da gemme risvegliatesi tardi, in agosto o settembre, ne e raro
trovare rami minuscoli all'ascella di foglie più grandi e certa-
mente più vecchie, che a loro volta son nelle stesse condizioni
rispetto ad altre sottostanti. Ecco cosi una
prima spiegazione: Sami e foglie dalle proporzioni ridotte
perchè sviluppatisi tardi, e arrestati dal freddo nel loro svi-
luppo. Una
seconda spiegazione (che trova essa pure fondamento nelle
osservazioni fatte) l'abbiamo richiamandoci a quelle formazioni
non infrequenti che sono il prodotto dì gemme dette dagli Autori
' avventizie ,, non originate da merìstemi primari e quindi
assai meno vigorose. Le ripetute potature, sopportate dai ZA-
gustrum fino al limite estremo, provocano tutta una ramificazioni
che direi pure avventizia, è che deve necessariamente presen-
tarsi in proporzioni ridotte.
Questo è ii segreto delie siepi deliziose, che se non arreca
un contributo dì novità alla scienza, è però una riprova della
Arrendevolezza con cui le piante si trasformano per l'uomo in
pure sorgenti di gioia.
Torino, lugUu 1919. Laboratorio del R. Orto butRuic-o.
D,!„t,zed.yGOOg[e
FBDB8IC0 SACCO — LE OSCILLAZIONI GLACIALI
Le Oseillazìoni glaeiali
Nota, del Socio nazionale reiidente Prof. FEDERICO SACCO
(con Dna tavola)
Non è lontano il tempo in cui ai credeva che i ghiacciai
delle nostre montagne fossero masse fisse, costituenti ammanti
immobili, più o meno ampi; come pure si credeva c)ie nella
Storia della Terra si fosse verificata ima sola Epoca glaciale,
quella famosa che precedette il grande sviluppo dell' Umanità
sulla Terra.
In questi ultimi anni le minute osservazioni degli studiosi
dei fenomeni alpini, nonché le pazienti ricerche dei geologi in
tatto le regioni del mondo, hanno poco a poco svelato una tale
quantità di importanti fatti glaciologici, recenti ed antichi, che
il concetto sul glacialismo terrestre si è profondamente modi-
ficato, anzi quasi totalmente mutato.
Qiacchè oggi possiamo con sicurezza considerare il glacia-
lismo come partecipante anch'esso, e nel modo pib chiaro, a
quella legge generale delle oscillazioni ritmiche, più o meno
regolari, la quale dirige ì fenomeni dell'Universo.
Inoltre devesi ricordare che, mentre gii studiosi di fenomeni
geologici constatavano i movimenti dei ghiacciai terrestri, gli
Astrofisici scoprivano pnre oscillazioni di sviluppo nelle calotte
glaciali polari di alcuni globi celesti, specialmente di Marte,
meglio COSI confermando l'universalità del fenomeno.
Sembra quindi ora opportuno di considerare con occhio sin-
tetico questo complesso di fenomeni glaciologie], da quelli spe-
ciali, minuti, di ordine inferiore e di breve durata, au su attra-
verso a quelli sempre più importanti, piii estesi e di più lungo
sviluppo, sino a quello veramente generale che, riferendosi a
D,!„t,zed.yGOOg[e
140 FEDERICO SACCO
tutta la superficie terrestre ed a milioni d'snui, abbraccia tutta
la serie cronologica della fase eedioientaria della Terra.
Ssaminiamo in breve, successivamente, ciascuno dei vari
casi, cominciando da quelli minori recenti, più facilcieute stu-
diabili ed interpretabili, risalendo poi nel tempo a quelli sempre
pili antichi ed importanti, sino a giungere a quello più esteso,
grandioso e generale.
Anzitutto possiamo ricordare i movimenti di oscillazioni
annue corrispondenti semplicemente alle diCFerenze stagionali e
quindi in stretto rapporto con un noto fenomeno astronomico.
Naturalmente tali oscillazioni presentano una certa regola-
rità generale, salvo il caso di fatti straordinari, come stacco
di masse del gliìacciaio, vatanglie, nevicate invernali o abla*
zioni estive straordinarie, ecc.
Come esempio presento (fig. I) il diagramma riferentesi alle
oscillazioni della fronte del ghiacciaio del Rodano, come fu
ricavato da misure precise fatte dal 1887 al 1910 mediante
rilevamenti mensili 11) mentre detto ghiacciaio era in fase di
complessivo regresso. In tale grafico osservasi nettamente che la
fronte glaciale presenta nella stagione estiva un regresso forte
e rapido a cui succede un progresso lento e limitato nella
stagione invernale, con una transizione brusca tra i due re-
gimi, donde il curioso aspetto di denti di sega che viene ad
assumere ÌI grafico in questione.
Mentre riesce difficile ed incerto il riconoscere i mutamenti
glaciologici nei lontani secoli trascorsi, giacché allora l'uomo
generalmente non solo non sì occupava dei ghiacciai ma persino
se ne teneva possibilmente discosto pel timore ch'essi gli incu-
tevano, invece da circa un secolo la penetrazione degli studiosi
nella regione alpina permise di conoscere alcune delle principali
oscillazioni glaciali, specialmente là dove le lunghe lingue di
ghiaccio scendono in fondo valle sin presso a centri d'abitazione,
come sarebbero per es. Chamonix e Courmayeur pel gruppo del
Monte Bianco, Gressoney e Macugnaga pel gruppo del Monte
Rosa, ecc.
(1) Verme»9ungeii am RhongUlaeher, 18T4-I91S (* Neu(
d. Scbw. Natarforsch. GeeelUch. „ Band l.ri, 1916).
D,!„t,zed.yGOOg[e
LE OSCILLAZIONI QLACIAU 141
Naturalmente, aiccome gli studii glaciologie) precisi si ini-
ziarono Bolo in qcesti ultiini anni, cos'i, volendo coetruire grafici
relativi a tali oscillazioni anche solo attraverso agli ultimi cento
anni, essi non possono riescire dettagliati ma solo un po' com-
prensivi, non comparendovi te oscillazioni minute che certamente
fii verificarono. Ne presento due esempi, riguardanti, uno il
gruppo del M. Bianco (secondo le ricerche del Mougin), l'altro
quello del M. Rosa, secondo le osservazioni di Forbes, Stoppani,
Dainelli, ecc. (fig. 11).
Senza discendere qui a dettagli, che sarebbero fuori luogo,
ricordo soltanto cbe, comparando fra loro le oscillazioni dei
ghiacciai alpini anche di uno stesso gruppo montuoso, si osserva
che esse, mentre mostrano generalmente una specie di isocro-
nismo complessivo (come indicano appunto ì due diagrammi
presentati), differenziano perb spesso nei dettagli; ciò che è na-
turalmente in rapporto colle svariate differenze di esposizione,
altimetria, ampiezzadi bacino, forma della valle, importanza della
massa glaciale, coi venti e quindi colla quantità e qualità delle
precipitazioni atmosferiche, ecc., ecc.
Ad ogni modo riesce evidente il fatto cbe da un secolo i
ghiacciai alpini, pur oscillando nel loro sviluppo (con un massimo
verso il 1818-20, forti oscillazioni positive verso i) 1850-65,
una minore verso il 1890-94, e viceversa con forti oscillazioni
negative verso il 1840-45, il 1880-85 e verso il 1905-12), mostra-
rono di essere in una fase di complessivo regresso; tale feno-
meno glaciologico sembra ìq rapporto abbastanza notevole con
un lieve miglioramento climatologico e con diminuzione nelle
precipitazioni atmosferiche (essenzialmente in quelle nevose)
verificatisi in complesso durante il secolo XIX, almeno nelle
Alpi Occidentali.
Volendo compilare grafici abbraccianti periodi di parecchi
secoli addietro, naturalmente le incertezze riescono sempre mag-
giori, diventando sempre piìl scarsi e spesso dubbiosi i dati
storici di appoggio. Tuttavia per diversi ghiacciai alpini, come
per es. quelli di Grindeiwald (Aar), del Rodano, dì parecchi
del Monte Bianco, ecc., si possono ricavare grafici approssi-
mativi risalenti sino alla metà del secolo XVI, come risulta dagli
studi di Forel, Rabot, Mougin, ecc.
D,!„t,zed.yGOOg[e
142 FBDBKIGO SACCO
Per esempio riasBumendo i dati riferestisi alle oscillazioni
dei principali ghiacciai del gruppo del Monte Bianco, spectal-
mento di quelli del lato francese studiati dal Mougto, potei rica-
vare il grafico sintetico (fig. ITI] che già pubblicai nella mono-
grafia sopra / Ghiacciai italiani del gruppo del Monte Bianco, 1918.
Tale grafico ci mostra abbastanza chiaramente una specie
di periodicità nella curva delle ondulazioni o pulsazioni positiva,
sìanaaggiori, quasi secolari (come quelle del 1605-10, del 1716-20
e del 1818-20), sia in quelle minori, verifìcanttsi ogni 30-40
anni all'incirca. Tali fatti glaciologie!, che, essendo conoessi con
quelli meteorologici, potrebbero collegarsi coi così detti cicli
oscillatori (di circa 35 anni) di piovosità e nevosità secondo
Bruckner, sono tuttora di interpretazione alquanto incerta. Ad
ogni modo constatiamo intanto il fatto di queste lunghe ed alte
onde glaciali, suddivisibili ciascuna in onde minori e che aembran
seguire "una specie di legge di periodicità relativa.
Se vogliamo spingere le ricerche glaciologiche oltre 4 o 5
secoli addietro, i dati storici un po' eicari vengono sempre piìi
a mancare. Sappiamo bena) che durante gran parte del Medioevo
il glacialismo alpino non fu molto espanso (generalmente meno
che negli ultimi tre secoli), tanto che parecchi valichi transal-
pini (divenuti poi assai diftìcili) riescivano allora relativamente
comodi, permettendo cos'i frequenti passaggi ancBe di varii
gruppi etnici, colonizzatori, come quelli tedeschi che dal Vallese
discesero in parecchie valli italiane del M. Ross; quelli, che da
Val Soana passarono in Val di Cogne, ecc.; ciò che spiegaci
quindi i frequenti commerci transalpiat, le relative relazioni
politiche, religiose, tradizionali, ecc., nonché la coltura agricola
e l'abitabilità allora assai più estese nelle valli alpine di quanto
siasi verificato generajmente in seguito.
Sappiamo inoltre che anche nel periodo storico precedente,
romano, largamente inteso, le condizioni citmatologiche delle
regioni alpine erano in complesso migliori (e quindi il glacia-
lismo probabilmente meno espanso) che non in questi ultimi se-
coli; come sarebbe dimostrato dalla penetrazione (e dal notevole
sviluppo) di varie popolazioni nell'interno delle Alpi, dove ven-
nero fondate persino notevoli città (come per es. Aosta sino
dal 1° millennio av. Cr.), nonché dall'incremento dei lavori mine-
D,!„t,zed.yGOOg[e
I.B OSCILLAZIONI GLACIALI 143
rari perBÌno Ìd alte regioni delle Alpi, del reato Anche dalle
antiche, estese, ripetute e quindi relativa mente facili invasioni
celtiche e simili attraverso la catena alpina.
È inoltre interessante osservare a questo riguardo che già
dal periodo del Bronzo, risalente a circa quattromila anni fa,
nelle Alpi marittime i ghiacciai si erano già tanto ritirati (od
anche scomparsi) che sulle euperfici rocciose di alta montagna
da essi mirabilmente levigate e poi lasciate Ubere, l'uomo pre-
istorico o protostorico potè incidere quelle migliaia di svariati di-
segni che troviamo attorno al M. Bego, tra i 2000 ed i 2500
metri circa di altitudine; fatto assai notevole e che ci indica
fin d'allora condizioni clìmatologicbe assai buone, analoghe
probabilmente a quelle odierne e già ben diverse da quelle
precedenti del Plistocene.
Né tale diminuzione pluvìo-glaciale negli ultimi Milleniiii
deve essersi verificata solo in Europa, giacché residui di antiche
grandiose Givilt-à (come per es. alcune asiatiche) in regioni
ora piuttosto aride, assai poco favorevoli alto sviluppo umano,
nonché segni oroidrografìci e biologici varii indicanti condizioni
ci imato logiche antiche già ben diverse dalle attuali, ci dime-
strano che le precipitazioni atmosferiche andarono in complesso
più o meno diminuendo, da alcuni Millennii fa ad oggi, su vaste
regioni della superfìcie terrestre.
Ma se tuttocib ci permette di ammettere pei glacialismo
generale negli ultimi 4 o 5 Millennii una grande fase. di depres-
sione 0 di regresso, certamente straordinario rispetto ai periodi
glaciali precedenti (che ricorderemo fra breve), tuttavia non ab-
biamo piti elementi per delinearne le ondulasioni che debbono
esservisi verificate un po' analogamente a quelle positivamente
constatate nel glacialismo degli ultimi 3 o 4 secoli.
Fero, se ci mancano dati precisi e diretti sul glacialismo
antico, storico, possiamo per ben altra via giungere a conoscere
le oscillazioni clìmatologicbe, e quindi indirettamente anche già-
ciologiche (quantunque di sviluppo più o meno attenuato e ri-
stretto), attraverso gli ultimi tre Millennii.
Ciò si può ottenere, ad es., per l'Asia centro-occidentale
basandosi sulle variazioni dei livelli critici del Mar Caspio, ri-
cavandosene, con tale correttivo caspiano. la curva, per quanto
sintetica e solo approssimativa ed alquanto incerta, segnata
D,!„t,zed.yGOOg[e
H4 FEDEKICO SACCO
punteggiata nella fìg. IV. Del reato è anche da considerarsi die le
grandi ondate di emigrazioni, di invasioni, ecc., verificatesi spe-
cialmente durante il Neolitico e nel periodo dei metalli, dal-
l'Asia subcentrale verso le regioni circostanti d'Europa, debbono
in parta attribuirsi a cause climatologi che. prevalentemente allo
accentuarsi dell'aridità con tutte le sue naturali conseguenze
fisiche e biologiche.
Ma ben più sicuramente e minutamente possiamo conoscere
tali antiche ondulazioni clìmatologiche seguendo il metodo ini-
ziato nel 1901 dal Dott. A. E. Douglaes {A method of estimating
Bainfall by the growth of Treea) per certi Pini e sviluppato spe-
cialmente nel 1914 dal Prof. E. Hungtington {The climatic Factor
<ts illustrated in Arid America, 1914) per le Sequoie della Cali-
fornia, ove esse raggiungono anche età plurimillenaria (s'è con-
statato un esemplare dì 3210 anni): cioè tenendo conto del
modo e dell'entità di sviluppo degli anelli del fusto di tali piante,
sviluppo che fu naturalmente vario ogni anno secondo le con-
temporanee condizioni climatiche (temperatura, precipitazioni
atmosferiche, ecc).
Con tale ingegnosa guida fitologica, le ricerche paleometeo-
rologiche si possono spingere sino ad un po' più dì tre Millennii
addietro, e ricavarne la curva clìmstologica abbastanza detta-
gliata indicata nella fig. IV.
Orbene esaminando e confrontando tali due curve anzitutto
possiamo constatare alcuni fatti interessanti, cioè :
1° una certa corrispondenza fra di esse, ciò che ci indica
una analogia e quindi una contemporaneità nelle variazioni clì-
matologiche fra l'Asia centro-occidentale e l'America nord-oc-
cidentale, almeno per regioni di analoghe condizioni geografiche,
di altitudine, latitudine, ecc. Analoghi sincronismi climatotogici
ai osservano pure talora fra l'Europa ed il Nord America, dei
resto anche recentemente, come per es. nell'arida estate del 191 1.
2° un progressivo decrescimento climatotogìco (essenzial-
mente dì pluviosìtà) dal 1° Milk'nnio av. Cr. ai due Uillennìi
seguenti.
3" una serie dì ondulazioni climatiche minori, direi de-
cennali 0 pluridecennali, e di ondulazioni maggiori (pluriseco-
lari) cioè verificantìsi con intervalli di uno o più secoli, come
p. es. quelle positive del 1300-1200, del 950, del 700 circa e
D,!„t,zed.yGOOg[e
LE OSCILLAZIONI OLACIAU 145
del 400 ftv.Cr., del principio dell'Era volgare, del 200, del 600,
del 900, del 1000, del 1350, ecc., oltre ad ondulaziooi di tipo
intermedio.
Le ondulazioni climatiche non presentano cicli regolari fissi,
ma assai vari, cioè (come indicano i suaccennati autori) di anni
2, 5, 11, 19, 21. sino a 150 : sappiamo cbe il cìclc di BrQckner
è di 35 anni, altri però lo riduce a 33; il Dott. W. I. S. Lokyer
nella sua DUcusaion of Australian Meteorologa - 1909, trovò
nelle variazioni delle pressioni barometriche un ciclo di circa
19 anni. È poi importante notare che il ciclo di anni 11 o 11,4
delle macchie solari (però con oscillazioni anche da 7 a 16
anni) corrisponde abbastanza bene con quello di una serie di
fenomeni terrestri, eia magnetici, sia termici, sia ciclonici, sia
in generale meteorologici (come p. es. le precipitazioni atmosfe-
riche), che alla loro volta naturalmente influiscono piìi o meno
nettamente su quelli biologici, p. es. sull'accrescimento degli
alberi, come indicano gli interessanti grafici presentati da)
Douglass e dall'Hungtington.
Anche le recenti ricerche delI'Àrctowsky, dell'Humphrey,
dell' Hungtington, ecc. (I), mostrano le analogie esistenti fra
le variazioni della costante solare e la temperatura terrestre,
nonché le corrispondenze meteorologiche esistenti fra regioni
(specialmente a clima equatoriale) anche molto lontane fra
loro, ciò che pure indicherebbe una vera influenza solare.
Anche il Newcomb nel suo accuratissimo lavoro A Search for
fiuct. in the Sun's termal Radiation thr. their inftuence on ter'
restr. Temper. - 1908, pur considerando come piccola l'influenza
delle macchie solari, indica che esiste una corrispondenza fra
le fluttuazioni della temperatura media e quelle di dette macchie.
Ora è a considerarsi come l'atmosfera sia un elemento cosi
mobile e sensibile ed in tale instabilità di equilibrio, che ba-
stano variazioni, anche piccole, di temperatura, di prtissione o
simili, per produrre fenomeni anche relativamente estesi ed
importanti.
Quindi volendo investigare la causa delle oscillazioni me-
(I) Per tali questioni è bene ricordare k'ì antichi studi di Riccioli e
Eircher e quelli posteriori di Herachel, Uuhn. St9ne, Kòppen, Nordmann,
Clough, ecc.
AIU della S. Aceadtmia. — Voi. LV. IO
D,!„t,zed.yGOOg[e
140 FEDEHICU SACCO
teorologiche e conseguentemente anche glacìologiche sovraccen-
iiftte, sembra abbastanza logico attribuirle, parzialmente almeno,
alle variazioni delle macchie solari (I), che presentano appunta)
cicli di periodicità, bensì alquanto irregolari, ma un po' ana-
loghi ai cicli climatici.
Quanto alla diminuzione nella piovosità (e quindi certa-
meute anche nella glaciazione), che si verilicò largamente da)
primo Millennio av. Or. in poi. essa è piuttosto interpretabile
come in rapporto colla Tase decrescente di quelle grandiose pul-
sazioni di origine te)lurica che esamineremo nelle pagine se-
guenti. De) resto è anche ammisaibìle che alcune delle oscillazioni
meteoro]ogiche soviaccennate, speciaìmente )e maggiori e meno
regolari, pos!<ano attribuirsi a pulsazioni telluriche, orogenetiche.
Se ora, lasciando i periodi storici e protostorici, gettiamo
uno sguardo più addietro nella storia geologica riguardo ai gla-
cialismo, subito ci appare grandiosa, imponente, la famosa Epoca
o fase glaciale o diluviu-glaciale che giganteggia nell'Era qua-
ternaria carntterizzaiidula, plasmandola quasi, colla imponenza
dei suoi svariati fenomeni, e costituendo sulla superficie ter-
restre quasi una grandiosa espansione delle zone climatiche po-
lari verso le reginni equatoriali.
Ma se questa Epoca glaciale quaternaria (essenzialmente
del Plistocene) ci appare a primo tratto, come è realmente nei
suo complesso, quale fase grandiosamente unica, studiata in
dettaglio risulta invece come scindibile in numerose fasi più o
meno importanti, le quali evidentemente corrispondono ad oscil-
lazioni piìi o mono acct^ntuate del glacialismo quaternario.
Cosi, per es., se noi dibcendiamo le nostre più grandi Valli
(I) Se le maecbie aoiari mppreiantHno violente perturbaiìoni di carat-
tere ciclonieo. per cui il matfrìnle solare jiiìi o meno profondo pub giun-
gere nella fotosfera, Hcereucendune la densità e diminuendo localmente
la ridia^ioiie lumino-'iv, termica, ere, del Rlobo solare, si comprende che
tali macchie possuno influire, peggiorandole, sulle condizioni climatiche
della siiperliiie terrestre. Data l'enorme, capitale influenza del Soie sulla
Terra, si comprende perfettamente come variazioni, anche piccole, nella
superficie solare possano influire molto su quella terrestre, la quale risente
quindi l'effetto ddle crisi o puhnzioni verificantiei piiì o meno periodica-
nient" nell'iitlivitn solare.
zed.yGOOg[e
LE OSCILLAZIONI GLACIALI 147
alpine, dall'alto delle loro vallette secondarie a quella assiale
seguendo poi questa sino al suo termine, vediamo che alle mo-
rene storiche (del secolo XIX o degli ultimi secoli), ora pib o
meno vicine alle attuali fronti glaciali, succedono verso il basso
in diversi punti successivi piti o meno distanti fra di loro, e quinilì
sempre pììi a valle, speciali formazioni moreniche foggiate ad
irregoiarì archi semplici o complessi, Anche allo sbocco della
Valle alpina sulla prospiciente pianura vediamo spesso impor-
tanti, grandiosi Anfiteatri morenici costituiti da numerosi (anche
oltre una veutina) cordoni morenici piìi o meno alti e potenti,
gli interni (di aspetto ancora piuttosto fresco) più bassi, gli
intermedi (ancora ben conservati) assai potenti ed elevati, gli
esterni (che sono i più vecchi, come dimostra la loro profonda
alterazione e la loro posizione) notevolmente espansi, ma rela-
tivamente depressi.
Tutto cib ci prova nel modo piìi evidente che l'epoca gla-
ciale presentò una serie di periodi glaciali più o meno impor-
tanti, divisi da periodi più o meno lunghi di relativo regresso
glaciale, detti perciò interglaciali (1). Ma se nelle regioni alpine
tali successive formazioni moreniche restarono più o meno dis-
turbate dallo stretto ambiente vallivo e da varie altre cause
locali, invece nelle libere, amplissime aree dell'Europa e del-
l'America Settentrionale dove il glacialismo si è sviluppato nel
modo più vasto e grandioso, i geologi riescirono a meglio di-
stinguere i diversi periodi glaciali ed interglaciali.
Senza voler scendere a particolari qui inopportuni e tenen-
doci ad una linea sintetica ed approssimativamente riassuntiva
di svariate ricerche ed opinioni tuttora dibattute, ricordiamo
che, arretrando dal periodo protostorico a quelli sempre più
lontani da noi, incontriamo, riguardo ai glacialisjiio che ci
interessa :
1°) il periodo Dauniano, cbe risale a circa 5-7 Millenni
fa, quando, in un ambiente biologico e fisico già un po' analogo
li In realtà i periodi interglaciali credo rappresentino le condizioni
normali (qnindi di relativamente tango periodo cronologico) della clima-
tologia terrestre, mentre i perìodi glaciali coatitaÌBCOUO quaai solo momenti
apeciali, critici, anormali (relativamente piìl o meno brevi) in corrispon-
lienza a rapidi, spesso subitanei, più o meno intensi, movimenti pulsatori!
orogenetici.
D,!„t,zed.yGOOg[e
148 FEDBRICO SA.CCO
all'attuale, sviluppavaei in Europa l'uomo neolitieo, in«ntre svol-
gevanei altrove le prime Civiltà, come per es. quelle egiziaae
e mesopotamicbe, che precedettero di 2-3 Millenni quella europea
2°) i Buccflsaivi perìodi glaciali, detti rispettivamente
Gschnitziano e Buhliano, risalenti ad oltre una diecina e forse
anche una quindicina di Millenni fa, quando l'uomo ancora pa-
leolitico (specialmente maddaleatto) si estendeva su gran parte
dell'Europa, frammezzo ad una Flora piuttosto forestale e ad
una Fauna di tipo eurasiatico, ancora con Renne, Mammoutb,
Rinoceronti villosi, ecc., ma già con tendenza verso i tipi
moderni di Cervidi, Equidi, piccoli Roditori, ecc., mentre intanto
il clima andava gradatamente migliorando.
Detti tre perìodi glaciolagici corrispondono a fasi di qualche
avanzamento e di arresto durante la lunga fase di complessiva re-
gressione glaciale detta postwurmiana o postglaciale, in riguardo
alla grande fase glaciale precedente, che accenneremo fra breve.
Naturalmente tali periodi glaciali (Dauniano, Oschnitziano,
Buhliano) furono tra loro separati da periodi di regresso od
interglaciali di varia importanza. Ma tra il perìodo Buhliano e
la precedente grande Epoca glaciale ei verificò una lunga &se
interglaciale (detta aacheniana), che, per la relativa dolcezza del
clima e pei connessi fenomeni fisici e biologici, permise ad una
razza umana superiore (aurifftiaciana, ecc.), cioè a quella del-
l'Homo sapiens (I. s., fossile o prìsco), dì giungere e gradatamente
estendersi in Europa, assieme a nuove forme biologiche, special-
mente di Mammiferi a tipo prevalentemente asiatico.
Giungiamo coù, arretrando di oltre una ventina di Mil-
lenne, alla grande fase che caratterizzò veramente la cosidetta
Epoca glaciale plistocenica, la quale nelle regioni subalpine è
rappresentata in gran parte dai giganteschi Anfiteatri morenici (1).
ma che in realtà è assai complessa, risultando da varie ed
(I) Gli atudi che ho fatto in questi ultimi anni sui grandi Anfiteatri
morenici italiani mi portano ad ammettere che emi risultano generalmente
dalU somma dei depositi wurmiani, riasiani e mindeliani; qneiiti ultimi
(e non giù i rissianì, come per lo più ora si crede) aarebbera rappresentati
dalle morene esteme più o meno ferrettizcate passatili al Z>t7iii>tu»i. Le
morene rissiane costita irebbero la parte generalmente più elevata, mentre
le morene wurmiftne formerebbero solo la parte più interna e depreain
degli Anfiteatri.
D,!„t,zed.yGOOg[e
LE OSCILLAZIONI OLAGIALl ,140
importanti fani glucialì ed interglaciali, cioè: dapprima l'impor-
tantissimo periodo W^urmiano {Mecklemburgiano o Visconsiano
secondo gli autori e le regioni) a grande sviluppo glaciale, per
cui nell'Europa, ridotta in gran parte allo stato di tundre, steppe
e foreste, io un clima umido e freddo, viveva miseramente una
razza umana inferiore, l'Homo primigenius (neanderthalensis o
mousteriensia) paleolitico, assieme ad una Fauna di tipo artico-
alpino (Renne, Camosci, Marmotte, ecc.) e con mimeroai animati
cavernicoli (Orsi, Jene, Leoni, ecc.). nonché Uri, Bisonti, grandi
Cervidi, Mammouth, Rinoceronti villosi, ecc., comprovanti la
grandissima umidità e la temperatura un po' bassa del clima
d'allora.
L'intenso glacialismo wurmiano fu preceduto da una lunga
fase interglaciale, Riss-wumtiana {Chelleana, Neudeckiann', San-
gamoniana, ecc.), a clima relativamente dolce, che favori lo svi-
luppo, in Europa, dell'uomo primigenio (Acheuleano ■ ChelUavo),
in un ambiente biologico di tipo un po' milito., temperato-dolce.
Il precedente periodo Btsuiano {Folandiano, Jowiano, IIU-
noiano, ecc.) costituì un altro importante periodo di grandissima
estensione glaciale, che corrispose naturalmente, in Europa, ad
una notevole depressione nella fiora e nella fauna ìn parte a
tipo di tundra e di steppa, coll'apparsa del Mammouth, di nu-
merosi e grandi Cervidi. del Bisonte, dell'Uro, ecc.
Invece, prima del Rissiano, sì verificò generalmente una
lunghissima fase interglaciale hfindei- Rissiana {Eheziana, Jar-
mouthiana, ecc.), il cui clima abbastanza dolce o temperato con-
tribuì probabilmente alla comparsa, in Europa, di una primitiva
r&zz» amplia prechelleana, quella ieH\' Homo keidelbergensis, mentre
si sviluppava intanto una Flora di tipo temperato- cai do assieme
ad una Fauna asiatico-africana ad Elefanti {H. anttquus), Rino-
ceronti (Rh. Merckii). Ippopotami {H. major). Felini diversi, ecc.
Un precedente periodo glaciale, il Mindeliano {Saxoniano,
Kansaniano, ecc.), durante il quale forse l'uomo, causa il clima
poco favorevole, ancora non erasi avanzato in Europa (oppure
vi era apparso solo col basso tipo eolitico), inizierebbe, secondo
me, l'Era quaternaria, pur non essendo il primo periodo glaciale
della serie in esame.
Infatti nella fase interglaciale che precedette il Mindeliano
e che fu denominata Ounz-Mìndeliana {Norfolkiana, Cromeriana,
D,!„t,zed.yGOOg[e
150 FGDEHICO SACCO
Aftoniana, ecc.) viveva in Europa una fauna ad Elephas meri-
dionalis, Rhinoceros etrusciiSy Equus Simonis, ecc., di tipo caldo,
afro- asiatico, schiettamente pliocenico, quantunque vi sia ora
tendenza s considerarla come quaternaria.
Quindi, secondo il mio modo di vedere, il perìodo glaciale
veriScatoai prima della fase interglaciale Gunz- Min del lana e clie
fa detto Ounziano (Scarnano, Nebraskano, Subaftoniano, ecc.), pur
rappresentando- una prima fase di glacialismo, sarebbe da col-
locarsi nel Pliocene superiore alla tino dell'Era terziaria, costi-
tuendo esso quasi il preludio o primo forte impulso di quel
fenomeno glaciologìco che si ripetè poi tanto intenso e fre-
quente nell'Era quaternaria da caratterizzarla e da farla quindi
denominare Epoca glaciali! per antonomasia.
Considerato in complesso, il glacialismo quaternario, per la
sua intensità e la sua estensione, determinò nella Flora e nella
Fauna una specie dì depressione o Crisi plistocenica o dilurio-
glaciaU, che produsse la distruzione di niolt« forme organiche
continentali, però promovendo l'evoluzione superiore, umanoide.
Secondo i sovraccennatì cenni sintetici, si potrebbero deli-
neare graficamente le ondulazioni della complessa fase glaciale in
questione come segnai schematicamente nella fig. V, dove, oltre
alle quattro oscillazioni principali, segnai anche, teoricamente,
in generale le oscillazioni minori che dovettero certamente
pure verificarsi, come indicano i tanti cordoni morenici degli
Anfiteatri, nonché gli archi morenici postglaciali.
Come si è sopraccennato, la grande fase glaciale o diluvio-
glaciale o plistocenica dell'Era quaternaria ebbe già il suo inizio
alla fine del Terziario, nel Pliocene; ma se esaminiamo la serie
terziaria o cenozoica vediamo che essa presenta sovente pure
cenni pili 0 meno notevoli di fenomeni diluviali e quindi pro-
babilmente glaciali nelle regioni elevate, come indicano i depo-
siti grossolani più o meno ciottolosi dell'Oligocene e del Miocene
in molte regioni specialmente circum-alpine, le formazioni an-
titUane o mescmi oceniche d'America, ecc., e come meglio preci-
sarono per ea. le ricerche dell'Atwood nell'Eocene del Colorado
con tipici ciottoli striati, ecc. Tale diluvio-glacialismo ceno-
zoico, che dovette avere una notevole influenza sull'evoluzione
organica, specialmente superiore, sia vegetale sia animale, ebbe
D,!„t,zed.yGOOg[e
LE OSCILLAZIONI OUCULI 151
maggiore iutensiUi in certi speciali momenti, derivandone parte
di quei caratteri (litologici e biologici) che servirono alla clas-
sica distinzione della serie cenozoìca nei grandi periodi detti :
Eocene, Oligocene, Miocene e Pliocene (1).
Se l'Era mesozoica, per la sua fisionomia essenzialmente
marina e quindi a continenti prevalentemente ristretti e poco
«levati, a clima piuttosto oceanico, ecc., non sì prestò, in gene-
rale, allo sviluppo glaciale, ne presentò tuttavia qualche cenno
al Huo principio (nel Trias), ma specialmente al suo termine
{nel Cretaceo passante all'Eocene), iniziando qua e là l'im-
portante Crisi oroidrografica detta alpina (o laramiea od orego-
niana od anclie postcomancheana pel Nord America) che, mentre
accelerò la decadenza dei Rettili, favorì invece intensamente
la rapida, mirabile evoluzione, quasi si potcebbe dire esplosione,
della Flora superiore a fiorì o angiospermica, e della Fauna
continentale, specialmente avioìdea e mammaloidea.
Invece la lunga Era primaria o paleozoica presentò tre
grandi fasi di glacialismo, cioè:
1°) Una terminale, grandiosa, che, iniziandosi nel Carbo-
nifero, culminò nel Permiano fino a chiudersi nel Trias inferiore
« che si sviluppò in quasi tutte le regioni della Terra, segna-
landosi coi tipici caratteri dì massi erratici, ciottoli striati, ter-
reno morenico ((Jn/'(), ecc., accompagnati da una speciale Flora a
Glossopteiis; fase glaciale che partecipò alla grande, lunghissima
Crisi perino-carbonifera, nntracolUica 0 erciniana o armoricaHO-vari-
sciuna od anche arkansiano-armoricana, la quale (pei suoi feno-
meni climatologici, oro-idrografici, eoe.) tanta importanza ebbe,
sia negativa, depressiva, distruggìtrice nei riguardi della Fauna
marina littoranea, sia positiva, direi quasi creatrice, nella im-
mensa meravigliosa Flora tenestre (che originò gran parte del-
l'odierno Carbon fossile), nonché nella Fauna continentale che
vidu sorgere i Rettili ed iniziarsi l'evoluzione prò mammaloidea.
2°) Una fase glaciale di mezzo, meno importante, che
lasciò traccie nei depositi, sia dall' Ordoviciano al Silurìano
(donde il nome di fase ordaviciana o laconica), sia specialmente
dal Siluriano al Devoniano nel Canada, nell'Europa aettentrio-
(I) Special mento ni principio di tali periodi, nonché due o tre volte
D,B,t,zed.yGOOg[e
152 F&DBRICO SACCO
naie e nell'Africa meridionale; fase corrispondente alla Crisi che
si può denominare eoderoniea o predevoniea o caledoniana o ir«»s-
mehiana, la quale favorì l'evoluzione anfihioidea dei Vertebrati.
^°) Una prima fase glaciale sviluppatasi (bensì degra-
dando) nel Cambriano, ma iniziatasi e svoltasi in modo ampio
ed intenso specialmente verso la fine dell'Era proterozoica; fase
che lasciò notevoli residui In varie regioni, piìi o meno circum-
arctiche d'Europa, d'Asia e d'America, nonché nell'India e nella
parte meridionale dell'Africa e dell'Australia. Questo antichis-
simo glacialismo fece parte della Crisi detta eocambrica o j>te-
cambrica (o huroniana od anclie penokeana o postkeeweniana o
algonkiana pel Nord America), che dovette influenzare notevol-
mente l'evoluzione organica, sia delle Crittogame, sia degli In-
vertebrati, allora essenzialmente marini.
Passando infine alla potentissima serie arcaica della Stra-
tosfera terrestre, dobbiamo purtroppo constatare che. per l'im-
mensa antichità della sua deposizione, che rimonta a tante de-
cine di milioni d'anni fa, e quindi pel profondo metamorfismo
che vi ha quasi completamente obliterato od alterato i depositi
originari, riesce molto difficile ed incerto riconoscervi ancora
le eventuali traccie del glacialismo; tanto piìi che le condizioni -
d'allora (clima ocennico, mari ampi, ecc.) non dovevano essere
molto propizie al suo sviluppo più caratteristico; alle quali dif-
ficoltà si aggiunge spesso quella della incerta interpretazione
cronologica di questa grandiosa serie cristallina, dove mancano i
fossili per orientarsi nella complicata e sconvolta sua stratigrafia.
Tuttavia cenni di glacialismo furono già riscontrati nello
Huruniano medio (Fase mesokuronica o tnesabianica) e apecial-
mente nell'Huroniano inferiore e nella zona di passaggio dal-
l'Archeozoico al Proterozoico, in alcune regioni dell'Europa,
nell'America settentrionale e nell'Africa meridionale ; ciò in
corrispondenza con una specie di Orisi eohuronica o prehuroniea
o lauremiana o archeana che sembra siasi allora verificata con
varia e ripetuta intensità, forse provocando l'evoluzione delle
Tallofiti e degli Invertebrati marini inferiori dallo stato proti-
stìco in cui doveva ancora trovarsi prima la materia organica
primordiale.
La fìg. VI schematizza le grandiose oscillazioni glaciali
concomitanti alle sovraccennate maggiori crisi fisico-biologiche
della Terra.
D,!„t,zed.yGOOg[e
LE OSCILLAZIONI GLACIALI 159
Bai dati riassuntivi somniarìaineDte esposti nelle pagine
precedenti e che cercai di sintetizzare coi grafici annessi, pos-
siamo ben comprendere l'importanza del glacialismo geologico
e la parte che esso ebbe nelle numerose, successive crisi, grandi
0 piccole, lunghe o corte, che tanto fortemente interessarono-
l'evoluzione terrestre; ma rimane ancora da indicarne la causa.
Riguardo alle ondulazioni minori, decennali o pluri decennali ,^
secolari o plurisecolari, già si accennò alla probabile influenza
delle macchie solari, ma per spiegare il fenomeno dei grandi
sviluppi glaciali sulla superficie terrestre detta causa appare-
insuffìciente; perciò si volle da molti ricorrere a grandiosi fe-
nomeni astronomici vanì, mentre credo che la causa sia insita
nella Terra stessa, come già esposi in una speciale Memoria
sopra 'Le condizioni meteoro-idrologìche dell'Era quaternaria e-
la causa dei periodi glaciali. (R. Accad. dei Lincei • 1919),
alla quale quindi rimando per ogni dettaglio.
La spiegazione da me sostenuta come la più semplice e
naturale e che può denominarsi teoria ipsometrica o dell'elevazione
od orografica o della deformazione crostale o semplicemente cro-
stale o, meglio ancora, orogenica, è in brevi parole la seguente.
Le energie termo-dins miche insite ne) globo terrestre pos-
sono rimanere più o meno a lungo sopite od apparentemente^
inattive, per cui, corrispondentemente, sulla superficie della
Terra si verificano fasi di calma, di tranquillità orogenetica e
quindi anche sismico -vulcanica. Anzi generalmente verificasi
allora (per naturale tendenza gravitazionale) una più o meno-
ampia e profonda depressione (quasi un accasciamento o abbas-
samento) crostale, che fa estendere lo aree oceaniche colle re-
lative conseguenze: nella sedimentazione, prevalentemente ma-
rina, fine, piuttosto argilloso- calcarea, spesso trasgressiva suite
formazioni piìi antiche; nel clima piuttosto dolce e subuniforme;
nelle precipitazioni atmosferiche a tipo prevalentemente ocea-
nico. Perciò anche l'Evoluzione biologica in tali /'a«aMoro5'«m'cAe^
[^litOtrmiche del Ramsay), relativamente lunghe, con notevole
assorbimento dell'anidride carbonica, può svolgersi in modo più
0 meno lento, graduale, regolare ed uniforme, a tipo, direi,
darioiniano; l'attività organica presentasi allora specialmente
notevole nelle aree marine tanto ampie, donde il grande svi-
luppo delle formazioni calcaree, ecc.
D,!„t,zed.yGOOg[e
154 FEDERICO SACCO
Ma intanto, durante detta fase di relativa tranquillità, a
tipo che si potrebbe denominare attuaiistico, si vanno natural-
fliente accumulando in profondità le energie potenziali endogene,
finché la somma delle loro varie tensioni riesce a vincere la
resistenza crostale della Litosfera.
Allora sì verifica una nuova e ben diversa fase, deforma-
tiva, diastrofica, orogenica ì. a. [miotermici sec. Ramsay), con
prevalente sollevamento crostale; ciò per fenomeni, sia oroge-
nici (corrugamenti e quindi sollevamenti di catene montuose, ecc.),
sia epeirogenici (elevazioni e quindi emersioni continentali);
fenomeni naturalmente accompagnati da fnttturazioni e nuovi
assettamenti crostali, quindi dall'intensificazione del seismo, del
plutoniamo e del vulcanismo, colle conneiiHe grandi emissioni
di vapori acquei, di anidride carbonica e di polveri vulcaniche
che si spargono nell'atmosfera diminuendo notevolmente (1)
l'effetto della radiazione solare sulla Terra, cioè la media in-
tensità di insolazione, ed aumentando la quantità e la conden-
sazione dei vapori acquei e quindi U precipitazioni atmosferiche.
Cosicché detta fase può anche talora apparire nel suo assieme
come cataclistica.
Inoltre detto complesso fenomeno di sollevamento (dal quale
naturalmente derivano pure importanti cangiamenti nelle cor-
renti marine ed atmosferiche, grandiosi mutamenti oro-idrogra-
fici, climatici, ecc.) deve produrre anche, per diretta conse-
guenza, il fatto che su certe regioni continentali, ben piii vaste
e più elevate di prima, si accentuano notevolissimamente te con-
densazioni e quindi le precipitazioni atmosferiche a regime piut-
tosto continentale che non oceanico, sia pluviose (donde gran-
diosità delie correnti acquee continentali, spesso diluviali,
potenza delle erosioni, spessore e grossolanità nelle sedimenta-
zioni, accumuli carboniosì, ecc.), sia. a qualche altitudine, nevose
(con grande abbassamento della lìnea delle nevi persistenti e
(1) Vedi le recenti ricerche di Abbot e Fowlo {VoleaHOts a. Climate,
1918) e di Humphrejs {fuicnni'c Duel a. alher Factor» in the production of
Cimatìe Changes a. their po$aìbh relation lo ice Agei, 1913) sopra g\i effetti
«limatici di alcune exploeioni vulcaniche dal 1750 ad oj^i, )>er le qnali
-(pur esBcndo tnioori di quelle ben piii niiineroee e graudioge, del posahto)
In diminuito persino del 10 ni 20 perci^nto l'elfetto della radiazione solare
-sulla superficie terrestre.
D,!„t,zed.yGOOg[e
T£ OSCtLLAZIOKl SLACIiLI 155
quindi con un enorme ampliamento dell'area di sviluppo di
questi manti od accumuli nevosi permanenti), derivandone natu-
ralmente la costituzione e lo sviluppo dei ghiacciai.
Da tutto questo complesso di grandiosi fenomeni oro - idrogra-
fici, endogeni, sedimentari, meteorologici, cHmatologici, ecc. (di cui
si hanno le prove sicure litologiche, tettoniche, ipsometriche [spe-
cialmente pel Naogene], ecc.) naturalmente anche l'Evoluzione
. biologica rimane fortemente influenzata (oltre che notevolmente
accelerata), sia in senso negativo, per es. colla distrazione di
forme non adattantisi ai nuovi ambienti, sia in senso positivo,
provocando per es. la trasformazione piìi o meno rapida (direi
deprieBÌana) delle forme più plastiche e quindi l'apparsa di
nuove specie ed anche di nuovi gruppi organici; dal che deri-
vano in massima parte quei maggiori cangiamenti paleontologici
(talora persino coll'aspetto di crisi o rivoluzioni biologiche, già
credute nuove creazioni) su cui si basano essenzialmente e giusta-
mente i geologi nella suddivisione della serie sedimentaria della
Crosta terrestre.
Dopo una tale fase piìi o meno intensa ed estesa, ologe-
nica, di diastrofismo (generalmente suddivìsa in varii perìodi) con
tutte le sue sovraccennate conseguenze fisico-biologiche, dato
sfogo, direi, temporaneamente alle energie termo-dinamiche
subcrostali, si ritorna ad una nuova, più o meno lunga fase
anorogenica, dì relativa calma e quindi di graduale e regolare
evoluzione fisico -biologica; finché l'accumulo lento ma continuo
di dette energie (tensioni, ecc.) endogeiche permette un nuovo
sforzo orogenico, occasionando una nuova fase diastrofica e così
di seguito.
Tali fasi verificansi (riguardo all'intensità, alia durata, ecc.)
tanto in grandu quanto in piccola scala, derivandone quindi le
distinzioni maggiori (Ere) e minori (Epoche o Periodi) della
cronologia terrestre.
Da quanto si è sommariamente esposto nelle pagine prece-
denti sul Qlacialismo terrestre parmi si possa concludere che
1« minori oscillazioni climatiche, e quindi glaciali, uni o pluri-
decennali, e forse parecchie di quelle unì o plurisecolari, sono
probabilmente dipendenti, almeno in parte, dalle variazioni delle
macchie solari che sappiamo influire più o meno nettamente
D,!„t,zed.yGOOg[e
156 FEDERICO SACCO — LB OSCILLAZIONI GLACIALI
sopra diversi fenomoDi terrestri, come il magnetismo, la tem-
peratura, i cicloni, nonché in generale sulla meteorologia terrestre.
Invece le ben più grandiose, intense ed estese oscillaziom
climati co-glaciali positive verificatesi sulla superficie della Terra
in periodi diversi, tra loro più o meno lontani (mìUenaii ed anche
centomillennii), oscillazioni generalmente concomitanti coi feno-
meni orogenetici, costituendo un episodio od una fisionomia parziale,
ma importante, delle grandi e complesse crisi geiche, sono piuttosto
da ritenersi di orìgine tellurica, cioè attribuibili essenzialmente
all'intensificarsi del diastrofìsmo crostale. Quindi i periodi gla-
ciali, cioè le maggiori intensifìcazioni dol Glacialismo geologico,
corrisponderebbero alle fasi, direi, positive o di sollevamento,
delle ondulazioni o pulsazioni piìi o meno ritmiche che tante
volte si verificarono successivamente nell'esplicazione delle forze
termodinamiche della Terra e che ancora si verificheranno in
avvenire, finche non si affievoliranno sino al loro spegnimento
tali gigantesche Energie inteme del Olobo terrestre.
SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA GRAFICA
- OacillOiEione stagionale della fronte del ghiacciaio del RodAiiQ
nel Buo complessivo regresso dal 1887 al 1899.
- Oscillazione dei ghiacciai dell'Argentière (M. Bianco] ( — ) e di
Macugnaga (M. Rosa) ( ) specialmente durante il sec. SIX<
- OEcillaiione media dei (rhìacciai del H. Bianco durante gli ul-
timi secoli.
- 0 il ci I Iasioni climatiche, durante gli ultimi tre Hillennii, nel
Nord-America occidentale (— ) e nell'Asia centrocoìdentole (— -)■
- Oacillaiioni glaciologiche in generale sulla Terra dalla Sne
dell'Era Terziaria ad opgi.
- Oscillaiioni giaci ol ottiche in generale sulla Terra »ttraTer»
tutta la serie delle Ere geologiche.
D,!„t,zed.yGOOg[e
- -jy- .^y^^t&^^fua tìaR ,ltf ùlìu/ ./af ÌBS7 af'/SS^/m. iW ^A
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D,!„t,zed.yGOOg[e
OTTAVIO ZANOITl BIANCO
I concetti nioilerai snlla figura matenatica della Terra.
Appasti per la storia della geodesia.
NOTA IX
11 divario fra l'ellissoide e la terra fluida
delHng. OTTAVIO ZANOTTI BIANCO (')
Ipotesi fondamentale del problema del quale atianio per
occuparci è che la Terra fos9e originarìamente fluida; è noto
d'altronde, specialmente per la teoria della precessione e no-
tazione dell'asce terrestre, che la densità della materia coati-
tuente il globo terrestre, va crescendo dalla saperGcie al centro:
è intieramente ignota per contro la legge secondo la quale quella
densità cresce colla profondità. Di queste leggi ne furono pro-
poste non poche, naturalmente non basate sull'osservazione; ma
bensì sopra considerazioni teoriche essenzialmente matematiche.
In tale stato di cose si sa che la Terra fluida non può avere
rigorosamente la forma di una ellissoide schiacciata alle estre-
mità dell'asse di rotazione, ma si ammette che essa prenda la
forma di uno sferoide di poco difl'erente dall'ellissoide, e simme-
trico, ove non si avverta il contrario rispetto all'equatore.
Il problema enunciato ha per iscopo di determinare di quanto,
lungo il raggio vettore di un dato punto, lo sferoide sovrasti
o sia depresso rispetto all'ellissoide concentrico e di eguali assi.
Per quanto io mi so, il primo che abbia trattato il nostfo
problema è Giorgio Biddel Airy, nel suo lavoro intitolato On
. , , . a Nota di poter completHre U storia deir«
gomento che forma oggetto della presente.
D,!„t,zed.yGOOg[e
Il, DIVARIO FBA L ELLISSOIDE E I.A TERliA FLDIDA 159
the Figure of the Earlh, stampato nella parte III del volume
pel 1826 delle PkUosophical Tranmctiona di Londra (voi. CXVI,
p. 548). E fu il primo, perchè fu anche il primo, se non errOr
a considerare nei calcoli la figura della terra spingendo t'ap-
proasi inazione tino alla seconda potenza dello schiacciamento,
necessaria alla natura del problema.
Darwin (G. H.), figlio al celebre naturalista, scrive le linee
seguenti circa i risultati ottenuti da Airy pel problema che ci
occupa.
* Àiry poi conchiuse che la superficie della terra (^i; Earth's
" surface) deve essere depressa sotto il livello del vero ellis-
* soide nelle latitudini medie. Egli non diede alcun apprezza-
" mento numerico di questa depressione, ma espresse l'opinione
' che deve essere molto piccola , (').
Thomson nel voi. II della Naturai Pktlosophy sua e di Tait,
p. 371, scrive quanto segue': * Nel caso poi di piccola devia-
' zìone dalla figura sferica, che solo interessa in riguardo alla
" teoria della tigura della terra e della sua costituzione interna,
" la superficie limite, e la superficie di egual densità e pres-
' siooe, Bono molto prossimamente ellissoidi di rivoluzione schiac-
* ciato. Airy ha stimato 24 piedi la massima deviazione della
' superficie esterna da un vero ellissoide ..Questa afTerniazione
di Thomson e Tait è ricordata da Helineit a pag. 141 del vo-
lume secondo della sua grande opera Theorieen der Hóheven
Geodàsie. E difficile conciliare le due asserzioni di Darwin e di
Thomson e Tait (').
Darwin scrive genericamente l'equazione di un'ellissoide di
semiassi n, a (l — e) e di schiacciamento e cosi
•■•In-, + -<"■' •>) = -'■
(') UoiUMy nolieea of the Uoyal AgtroHomicai Society, L'i., 1900, pp. 82-124
e Scimmie Paper», voi. UT, p. 78.
(*) Tedi al riguardo una lettera dell'autore del presente scritto al
giornale inglese Nature, e la risposta do! U' C. G, Knott in Nature.
voi. 103, pag. 334. 16, I, 1919. Avverto ancora obe fe strano che Todhunter
nella sna magistmle opera Hìntory of the theori/ of altraclion and the figure
of the Earth, non menziona l'i tn portantissima memoria di Airy della quali^
ai dÌBCorre nel testo.
D,!„t,zed.yGOOg[e
IbO OTTAVIO ZAMOTTI BIANCO
■ove r è il laggio vettore e 6 la colatitudine contata dall'asse
di rotazione; svolgendo in serie e trascurando le potenze di e1>2,
si ha
f = a[l — e eoa* e — -5- e*oos*e sen*9J ,
Poi considera uno sferoide rappresentato dall'equazione generica
r = « (1 — « cos« e 4- (f — Y e») aen» 9 eoa» e) .
-Questa superficie avrà pure uno scliiacciamento e, e l'eccesso
■dei suo raggio vettore su quello dell'ellissoide è a/'aen'S cos*6.
Il massimo eccesso si verifica alla latitudine geocentrica di 45*'
«d è -raf. Darwin osserva che quella grandezza che egli ha
designato con — fé designato da Airy con A. Darwin designa
■con a, e, F stampatella i valori di a, e, f, corrispondenti alla
superficie limite esterna della terra.
Airy pure trova per deviazione massima tra ellissoide sfe-
roide alla latitudine geometrica di 45° -^aA; e siccome .<1 ed .F
sono dello stesso ordine di grandezza, così tradotti in numeri
dovrebbero mantenersi tnli; invece Airy dà ^ = 0,000064 che
darebbe, come osserva Knott (Nature, p. 384), per deviazione
massima 334 piedi. Darwin ha i^^ 0,00000205 che lo conduce
ad una deviazione massima di — 3,26 metri, cioè circa 11 piedi.
Evidentemente VA di Airy e l'i'' di Darwin non sona dello
stesso ordine di grandezza. Non ho rifatto i calcoli di Airy,
ma quelli di Darwin sono esatti.
Dopo Airy si occuparono del nostro problema Hargraeve,
in uno scritto intitolato On the calculation of aHractiona and the
figure of the earth, e pubblicato nel volume CXXXI, 1841, delle
Philosophical Transactions, pp. 75-98, senza però giungere a
risultati numerici. Questo lavoro è menzionato da Helmert
■{Theorieen, II, p. 141), ma non da Darwin. Helmert menziona
anche alcuni sviluppi di Schmidt nei quali di tien pur conto
della seconda potenza dello schiacciamento: ma neppure in essi
si giunge a numeri (Lehrhuch der niathematiarhen und physischen
Geographie, GiJttìngen, 1829, voi. I, p. 339).
D,!„t,zed.yGOOg[e
IL DIVARIO FKA l'eLLISSOIDE B IJt TERRA FLUIDA 161
Bruna nella aua classica Figur der Erde (pp. 16-18) ha ri-
solto il problema di trovare quale è il massimo distacco fra il
geoide ed un'ellissoide di eguale schiacciamento. Il geoide, come
si sa, non è che uno sferoide di livello passante per un punto
della superficie fisica terrestre, e costituisce la superficie mate-
matica della terra. Bruns pone s rappresentare il geoide l'equa-
zione
(1)
dove r e 9 sono la distanza dal centro e la latitudine geocen-
trica del punto generico, J\f è la maaaa terrestre e K e tale
che se MA, MB, MC sono i tre momenti principali d'inerzia
della terra si ha K= C — -^(A~\- B). Si può dimostrare, come
segue, l'asserzione di Bruns, che la superficie rappresentata
dalla (1) è del 11° ordine. Uo è una costante e si ha
r = »/*'-|-y»4-2»,
JT = r cos «p cos \ , y = r os ip sen \ , z = r sen q» .
L'equazione (1) sì può scrìvere cosi
(fT. - f W +»■)) r» = Mr* + ii («■ + »•- 2j") ,
che elevata al quadrato diviene razionale ed e del 14° ordine;
ui è la velocità angolare della terra. La superficie del 14" or-
dine qui considerata diversifica di pochissimo da un'ellissoide;
e la si può riguardare, lo dicemmo, per quanto concerne la
figura della terra, come il rappresentante tipico del geoide.
Siano ri, $r| il raggio e la gravità equatoriali; r,, g, quelli
polari, sia ri — rg = ria, a rappresentando lo schiacciamento.
Brune ntiene senza esitazione sufficiente al suo scopo il porre
„_ u^n _ 1 _ 1 .
Alti dtUa fi. ActndtMÌa — Voi. LV.
D,!„t,zed.yGOOg[e
OTTAVIO ZAKOTTI BUNCO
Colle
ad il
notazioni
polo
pi(
Ecedenti a
i ha rispettivamente
peri
'eqiialore
£•0 =
M
+
MK , 1
lu'r,»; t7o =
•■i
Jlf^
yi =
—
si;
ftr.
-'!■ +
i- -?^^ — tu» r
este, con semplici operazioni e trascurando termini di or-
iti elevato, egli ottiene il teorema di Clairaut sotto la
"?('-f)=°» + '"' + '^-
li Bruns scrive queata osservazione importante, pei'chè'
Imente seguita tranne in alcuni lavori speciali.
Quando si utilizza il teorema di Clairaut per la deter-
zione dello achiaccia mento a mezzo delle osservazioni
olari, si possono sopprimere i termini di secondo ordine,
lè la loro influenza è motto piìi debole di quella delle
irbazioni della gravità ,.
à dicemmo che Aiiy e Darwin tennero conto anche dei
i di secondo ordine: vedremo che ciò fu fatto anche dal
atico tedesco Wiechert. Colle precedenti condizioni si
ano le relazioni.
»iir=r/i,,|(l+o), Jir = r,'|-(l+|),
tr avere la distanza massima tra lo sferoide 17=: l/^^
Bsoide concentrico di semiassi ri ed r^, riprendo l'equa-
1) sotto la forma
"•= " (i + 2' "- 3'™* f) +"'«""»■»).
„d, Google
IL DIVARIO FRA l'eLLISSOIDK E LA TERRA FLUIDA 163
che è come prima approssimazione, l'equazione polare della curva
che colla sua rotazione attorno all'asse polare genera il geoide.
Supponiamo ora che r aia svolto in una serie ordinata
secondo le potenze di sen* ip , coaì r = ri (1 — a, aen» tp -|-
-|- a4 8en*(p-.-) (3). All'equatore q) = 0 ed r=:»-,, al polo ^ = 90"
ed r = ri{l — o» + o* —) = ''» t oai che lo achiacciamento
o = Ì^ = a,-«. + ...
Soatituiaco ad r la sua espressione data dal secondo membro
della (3), avrd, svolgendo nel secondo membro trascurando le
pvtenze di r auperiori alla seconda, nonché quelle di sen'<p su-
periori alla seconda
fi (1 — Otsen'q) + a4 8en*<p.,.) =
= ^ j 1 + 2^v (1 - 3 sen« (p) (1 + aa. Ben» <p) +
ed eguagliando i coefficienti che nei due membri afiFettano ri-
spettivamente Ben*<p e aen*<p, e sostituendo nell'espressione
*■ := t-i (1 -Ì-<»een*<p + UiSen*<p...), avendo sostituito a ad a,,
il che è consentito dall'approssimazione adottata, avr6
r =^, 1 1 — a (l + -2-) sen»9 + y san* 9 + ... j .
Per un'ellisse di semiassi rj ed ri si ha
r* = r, [ 1 — 0 (l -}- ^J sen» (p + -|- aen* (p + ... j ,
per cui
r — r' = ria»8en*(p — ria*sen*(p + ...
= r,a»sen'9co8*(p ~\- ...
che è massima per p = 45", e si ha -'— = 19"',1; quindi
luogo il parallelo di 45° il geoide abbraccia l'ellissoide di egual
schiacciamento e ne dista di Id",!.
Helmert nelle pp. 79-80 del volume 2° ha riprodotto quello
svolgimento di Bruna alquanto modificato e a p. 90 ne riferisce
il risultato numerico.
zed.yGOOg[e
OriAVIO ZANOTTI BIANCO
L'espressione cui giunge Helmert per U soprselevazioDe
dello sferoide aorntale o geoide Bull'ellissoide di eguale schiac-
ciamento è -^ o|a(o4-2p) i, pp. 80 e 83, ove è
a = "~ - schiacciamento,
p ^ f'""' differenza fra la gravità g^ al polo e quella g,
all'equatore divisa per quest'ultima, e si pne
3 := — — rapporto fra la forza centrifuga all'equatore e la
gravita equatoriale. *
Egli adotta come espressione della gravità alia latitudine
geografica B l'espressione j = 9,7806 (1 + 0.0052 sen«B), per
cui al livello del mare si ha: 9, = 9,7806 e 0 = 0,0052, e pren-
dendo con Bessel a = 6377397 m. ha y = . Indi applicando,
reiteratamente il teorema di Clairaut trova 0 = 0,0034512.
Si rammenti che il teorema di Clairaut fornisce la forma
non la grandezza dell'ellissoide normale 0 del geoide, e che questo
è appunto tale da soddisfare alla legge di gravità trovata dalla
quale è dedotto. Coi soprascrìtti dati numerici Helmert trova
per la massima elevazione del geoide sali 'ellissoide 12,7 m.
A risultati numerìci ancora giunse Helmert nelle pa-
gine 136-140 del detto volume. Egli propone il problema nel
titolo del paragrafo: Estimo del dicario della tuperfieie di tma
terra fluida dalla forma di utt'elliasoidt di rir-cìugione. Nella so-
luzione egli si giova del teorema noto seguente: una massa
fluida, pressoché sferica, rotante, dece avere la forma di una su-
perficie di rivoluzione... che gli permette di limitare la sua solu-
zione alla ricerca del divario fra le due curve meridiane gene-
ratrici della superficie di una terra fluida e dell'elliseoide di
rivoluzione, s'intende, di eguale schiacciamento. Dopo l'enun-
ciato del problema Helmert scrive quanto segue:
' Poiché la densità della terra è variabile, e precisamente
' cresce verso l'interno, coù una terra fluida, non può, come si
' pub mostrare, assumere, avere una superficie foggiata ad el-
" lisBoide di rivoluzione ,.
* Noi non vogliamo qui procedere ad un computo accurato
" del divario fra le due superficie ; ma staremo contenti ad esporre
D,!„t,zed.yGOOg[e
IL nrVABlO TltK l'sLLISSOIDE e LA TERRA FLDIDA 165
* alcune conBÌderazioni, che ci permettono di ricavare una groato-
* lana misura di quel divario, con tenue applicazione di sviluppi.
Egli espiline il raggio r vettore di un punto generico del
corpo di latitudine geocentrica q> colla formota
ove B è una costante, e cioè il raggio equatoriale dello sferoide
e AT,, £^ funzioni sferiche di v, tralaaciando Ky e K^, perchè
si limita a considerare superficie di rotazione simmetriche ri-
spetto all'equatore, e tali che è
Kt = Ben» V — -5 ; ^* = sen* tp — y een» V + g^ .
e
Applicando poi noti teoremi delle funzioni sferiche all'espressione
(ove /*], P,... sono funzioni sferiche di 9) del potenziale del-
l'attrazione di uno sferoide di densità 6, egli procede a trovare
l'equazione della saperficie della terra fluida. Egli la suppone
costituita, come appare dal seguente suo periodo: " Ammettiamo
* ora che la terra sia formata da uno sferoide omogeneo inte-
' riormente compenetrato da strati omogenei sferici concentrici
' allo sferoide, col centro comune nel centro di gravità ,. Questi
fitrati siano di densità maggiore di quella generale dello sfe-
roide. Chiama M la massa totale della terra, M^ quella dello
sferoide omogeneo, applica allo sferoide l'espreaeione del poten-
ziale che egli ha trovato, e pel complesso degli strati sferici
quella semplice dì Massa: distanza dal punto attratto, e trova
per equazione di quella superficie di livello
-=i^(>+é-.')-é°.'^+^"«'(i-é..)i-
- f j fjf (a, - a,-) - t<Af, ( j a, - I a.^) + u."B»oi, \ ,
k* essendo la contante dell'attrazione.
zed.yGOOg[e
lOtì OTTATIO ZANOTTI BIANCO
Scrive la condizione che anoulla i coefficienti di K^eKt,
e da esae eliminando ui, trascurando i termini in o,^ trova la
espressione approssimata
3 — 2 -^'
e poiché a ed a, coincidono fino a quantità dell'ordine di o*, cosi
Helmert scrive a* al posto di a,' nella (a), col che, tralasciando
i termini in a', trova l'espressione
E quindi per uno sferoide di schiacciamento o e di raggio equa-
toriale a: r = a{l — [o + Oj] sen^ip + Oj sen*<p -|- ...)■
Per un'ellisse di eguale schiacctamento a si ha per la di-
stanza dal centro r di un punto di latitudine geocentrica q>t
come già si vide piìl indietro,
r = a\l — a + -y-l s^n* (p + -^ aen* <p -|- ...1 .
Per cut la distanza fra Io sferoide e l'ellissoide lungo il paral-
lelo di latitudine geocentrica q>, misurata lungo il raggio, e
r, — r« = 4 <*! o" •* Ot)8en'' J<p ,
e tenendo conto della {ò) si avrà ebe il massimo di questa dif-
ferenza, che si verifica per 3en»(p= , è
La densità media della terra è 5.6, quella alla superficie
è 2,8. Quindi il minimo valore che pub avere la massa dello
sferoide omogeneo è ^i ^ ò' ^ ^ prendendo per a ed a i valori di
Bessel « = 6377397 ed a* = 0,00001117 si ha (r.— »-,)„^= -16.
zed.yGOOg[e
IL DIVARIO FRA l'BLUSSOIDB E LA TERRA FLUIDA 167
Dopo ciò Helmert scrive: " Ma questo valore potrebbe essere
* troppo grande. Noi vedremo che la densìtÀ da principio creBce
' rapidamente e che già alla profondità di circa a : 4 è uguale
* a 5,6. Poniamo quindi per base uno aferoide omogeneo di den-
' aita -i- (2,8 + 5.6). allora sarà Jf, = -| Jtf ed (r,— r,)™.. = - 9.
* Noi vedremo che lo schiacciamento degli strati di egual densità
' diminuisce probabilmente andando verso l'interno. Quindi la
' massima distanza primamente trovata potrebbe essere troppo
" grande, giacché essa in certo qual modo implica la supposizione
' di una rapidissima variazione dello schiacciamento fino a zero.
' Il secondo valore mostra che un moderato ingrandimento
' della densità superficiale diminuisce notevolmente la differenza
' (r, — n)««.. fu ogni caso le distanze fra l'ellissoide e Io sfe-
' roide sono minime ,,
Helmert poi osserva che se si confrontano gli ultimi risul-
tati con quello di Bruna, ai avverte che, per uguali grandezze
degli assi, lo sferoide normale e lo sferoide dianzi considerato
si distaccano dall'ellissoide di quantità del medesimo ordine, ma
in senso opposto. E cioè, lo sferoide normale o geoide abbraccia
o avvolge alte latitudini medie l'ellissoide: lo sferoide consi-
derato da Helmert, cioè la Terra fiuida, è a quelle medesime
latitudini depresso sotto l'ellissoide. " Ciò non deve meravi-
* gliare ,, scrive Helmert, ' poiché deviazioni anche molto tenui
' della distribuzione della massa nell'interno della terra da
' quella dello strato fluido sono sufficienti a produrre una tale
' differenza. Ma indubbiamente la terra è solida fino ad una
" certa profondità, e se poi anche qui. a cagione di deviazioni
* della distribuzione della massa, dalla condizione fluida si ge-
* aerano tensioni, le quali da ultimo producano una distribuzione
* prossima a quella, ciò non si può tuttavia estendere a frazioni
' del raggio, della grandezza dell'ordine di a* ,.
In appoggio di questa sua affermazione Helmert adduce due
esempi irrefutabili. Egli si valse delle Formole per la variazione
della gravità al livello del mare date da Borenius e da Paucker ('),
l'I * BuDetin de la Glaaae physico-matbéniatiqne de l'Académie dei
Sciences de St-Péterabarg „ tome I, 1843: ibidem, tome 12, pp. 120-128;
tome 13, pp. 49-S9 e 225 237, particolarmente la p. 227.
zed.yG00g[e
168 OTTATIO ZANOTTl BIANCO
e applicando il teorema di Clairaut per avere lu schiacciameut»
e gli altri coefficienti della sua forinola, ottenne per la massima
distanza fra lo sfei-oide normale del geoide e l'ellisaoide di egual»
schiacciamento, e facendo a = 63775597, le espressioni seguenti^
dedotte da due differenti espressioni trovate da Bofenius, con
osservazioni della gravità al suo tempo, rispettivamente
Sferoide sopra l'ellissoide al massimo + 9",3
— 76;
dalla formula dì Faucker ebbe
Sferoide sopra l'ellissoide al massimo — 114'".
Nel 1900 Giorgio Darwin pubblicò nelle * Monthly Notices
of the Royal Astronomica! Society ,, In Memoria già menzionata
intitolata: T%e Theory of the figure of the Earth cnrried lo the tecond
arder of small quantities: questa fu stampata poi anche nel volume
dei Seientific Papera del medesimo autore (Cambridge, University
Press, 1910), pp. 78-118. Nell'introduzione a questa Memoria il
sig. Darwin scrìve quanto segue: * Nel secondo volume della sua
* Hahere Oeodasie, il dott. Uelmert ha anche investigato la formola
* per la gravità fino al secondo ordine di piccole quantità. L'espres-
* sìone della gravità che egli paragonò coi risultati degli espe-
' rìmenti del pendolo, fu presa come non avente alcun termine
' dipendente dalla quarta potenza del sono della latitudine. I rì-
* sultati degli esperimenti sono alquanto irregolari, e non vi
" era alcun vantaggio nell'inclusione di un tal termine; conse-
" guentemente il dott. Hetmert ammise, che un tal termine è
" di fatto evanescente, e accennò che ciò implica che la super-
* fiele della Terra è elevata sul vero ellissoide, invece di essere
' depressa sotto di esso, nelle latitudini medie. Non vi può, io
' penso, esservi alcun dubbio che debba esservi una depressione,
" e perciò sembra che sarebbe piii sicuro di adottare una for-
' mola tale quale io l'ho data al § 6 (41) per le future rida-
" zioni delle osservazioni pendolari ,.
La formola per la gravità alla quale allude Darwin, che si
riferisce al livello del mare, è la seguente:
y = j, (1 -|- i cos» A — 0,0000295 sen* \ cos> X)
ove g e fft sono la gravità alla colatìtudlne X e all'equatore
1,=: l'nlL^ g^ essendo la gravità al polo.
zed.yGOOg[e
IL DIVARIO FRA l'KLLISSOIDB E LA TEBKA FLUIDA 16ft
Per le forinole della gravità proposte dopo quella di Darwin
(1900), vedasi il noatro lavoro: / concetti moderni tulio figura
matematica della Terra, note otto, negli ' Atti dell'Accademia
delle Scienze di Tonno ,, pei- gli anni 1904-6-7-8.
L'affermazione che Darwin attribuisce ad Hetmert, nel passo
che qui trascrivo a scanso di equivoci: * and pointed out that
' tfais implies that the Earth's surface ìb elevated about the
* triie ellipsoid, instead of being depressed betow it in middle
* latitudes ,, e che chiude il cenno sull'opera di Helmert su
questo argomento, è senza dubbio contenuta nelle paroje che
qui traduciamo (Theorieen, II, p. 90), e che seguono l'esposizione
del risultato di Bruna, da noi pur riferito più sopra: ' Eviden-
* temente a tutto rigore g al livello del mare non è più fornito
"solo dall'espressione j = jf,(l + psen* fi), ma si presentano
* ancora termini in sen* B e seguenti, i quali però possono pren-
' dere solo valori molto piccoti, come d'altronde già segue dalla
" tenue differenza tra le massime elevazioni 13 e 19 metri ,.
In nessun altro passo dì Helmert trovo espressioni che giustifi-
chino l'affermazione che Darwin gli attribuisce.
A risultati perfettamente concordanti con quello di Helmert
da noi riferito a p. 167, giunse Callandreau in un suo notevole
studio. Intorno ad esso, ecco quanto scrive Darwin a p. 79 del
suo volume:
" Nei volume XIX (1889, pp. E, 1-84) degli ' Annales de
* l'Observatoire de Paris ', il sig. Callandrt-au ha svolto un'ela-
* bo rata investigazione dei problemi considerati in questo scritto.
' La pubblicazione del mio lavoro avrebbe potuto, per fermo.
' non essere necessaria, se non fosse che il mio procedimento
' è a mìo avviso piii semplice del suo, e che le mie formolo
* sono presentate in una forma più trattabile. Tuttavia, per
* qualche rispetto, ad esempio nella soluzione numerica delle
' equazioni differenziali, ho portato il lavoro alquanto piìi lontano
" di quanto egli abbia fatto; ma d'altra parte egli consideri»
' alcuni punti interessanti, che io non tocco. I nostri due me-
' tedi differiscono nei particolari dal principio al fine, e sarebbe
* piuttosto fastidioso il confrontarli punto per punto. Io fui con-
' t^to nel riconoscere che noi navighiamo lungo rotte paral-
* lele. Il sig. Callandreau scrisse anche una breve ma impoi-
" tante Nota sullo stesso argomento nel ' Bulletin Astronomique '
■ pel 1897 ,.
D,!„t,zed.yGOOg[e
170 OTTAHO ZANOTTI BIAKCO
A p. 102 Darwin scrive:
' Il sìg. Callandreau non risolae la sua equazione differen-
* eiale che corrisponde colla mia, ma egli conchiude che la de-
" pressione alla latitudine 45" deve essere minore di 5 metri ,.
A p. 117 poi scrive ancora:
' Si è asserito nell'introduzione che Ìl sig. Callandreau ha
* trattato questi problemi con metodi alquanto diversi dal mio.
* Egli concluse, ma senza risolvere definitivamente l'equazione
* differenziale, che la depressione alla latitudine di 45° deve
* essere minore di 5 metri ..
Quest'asserzione di Darwin si riferisce ad una nota a p. E. 51
dello scritto di Callandreau, che cosi è: * La dépression ne dé-
" passerait guère 5° vers la latitude de 45" ,. Ma nel testo alla
pagina medesima si legge: " Une conséquence dans te cas de
* la Terre est que la dépressìon de l'ellipsolde, maximum à
' 45 degrés de latitude ne saurait atteindre 7" ,, Ma di ciò
Darwin non ha tenuto conto.
n sig. Hamy, una delle più sicure e riconosciute autorità
su questo argomento, da me interpellato al riguardo, ebbe la
cortesia di scrivermi quanto segue, e motto ne lo ringrazio, a
proposito del rafferma zio ne contenuta nella nota di Callandreau:
' Maia ce résultat fonde sur un calcul très critiquabie ne saurait
' infirmer en rien la premiere conclusion. La limite de 7" obtenue
* suppose admise une formule proposée par Radeau ,.
Darwin ha ignorato l'esistenza di una nota di Callandreau
pubblicata nei * Comptes-Rendus de l'Académie dea Sciences ,,
tomo ex, 1890, intitolata: Écart enlre la surface de la Terre
supposée fluide et celle d'un ellipsoìde de revolution ayant mémes
nxes. Il " Bulletin astronomique ,, tomo VII, 1890, p, 239, così
scrive di quella Nota di Callandreau: ' L'écart en question est
* de l'ordre du carré de l'aplatissement; la théorie de Clairaut,
* étendue aux termos de l'ordre du carré de l'aplatissement,
" mentre que la surface fluide est déprimée reiativement à l'el-
' lìpsoTde; et M. Callandreau trouve que le maximum de cette
" dépression pour la latitude de 45°, atteint au plus 9",1 : ce
" chiffre est précisément conforme aux évaluations de M. Helmert,
■ dans sa Geodesie Supérteure, tom, II, chap. II, § 36, p, 13£ ,.
Il numero — 9", già da noi riferito, sta a p. 140,
Il sig. Hamy, al riguardo mi scrisse: " C'est en laissant
D,!„t,zed.yGOOg[e
IL DIVARIO FKA l'bLUSSOIDE E LA TERSA FLUIDA 171
* toute supposition de eUté que Callandreau a obtenu la limite
' inférieare de 9'", pour la dépression de l'ellipBotde ..
Nel volume XXU pel 1890 (1893) del ' Jahrbuch Uber die
Fortschritte der Mathematik ,, p. 1196, leggasi quanto segue: ' Ib
" seguito a lavori pubblicati da Tìsserand e Eadau nei ' Comptes-
* Rendus ' pel 1884- e 18S5, l'autore (Callandreau) vieneacom-
" pletare la saa Memoria contenuta nel volume XIX degli ' An-
* nali deirOaservatorio di Parigi '. La roasaìma depressione della
* terra fluida rispetto all'ellisaoide di rivoluzione sotto la lati-
' tudine di 45 gradi raggiunge al massimo 9'°,i, coincidente col
* risultato che Helmert ottenne nel volume II della sua Geo-
" desia Superiore ,.
Helmert si valse varie volte sempre con citazioni dei ri-
sultati di Darwin, ma, per quanto mi consta, non ebbe mai nep-
pure una parola circa l'asserzione di luì a suo riguardo, che
dimostrammo infondata. Darwin, a sua volta, scrive di Helmert
con molta deferenza o riguardo, e si dichiara a lui debitore dì
informazioni notevoli mentre egli stava scrivendo il suo lavoro.
Rimane quindi provato che Helmert ha ampiamente rico-
nosciuto ed esattamente calcolato la depressione della Terra fluida
rispetto all'ellìasoide di eguali assi alle latitudini medie.
Helmert, il più grande geodeta, dopo Bessel, fu rapito alla
scienza durante la guerra: ma sia detto a sua maggior gloria,
egli non firmò il manifesto dei dotti tedeschi a giustificazione
della guerra scatenata, flagello immane, sull'umanità dalla Ger-
mania. Nessuna nube offusca la gloria di quel grande, ed il nome
dì F. Roberto Helmert (') suonerà alto e puro finche la vera
ed onesta scienza avrà culto fra gli uomini.
(') F. Roberto Helmert nucque a Freiberg in Saisonia il 81 luglio 1848,
mori a Potadam il 15 giugno 1917.
>y Google-
FAUSTA BAI2AC
Osservazioni erisUilografiBiie
snii'azEurrite di fionnesa (Cagliari) ('>
Nota di FAUSTA BALZAC
Pochissimi giacimenti italiani di azzurrite sono stati finora
descrìtti crìstallograGcamente.
Infatti, dopo il prof. Riva che nei J899 trattò dell'azzurrite
di Rosas nel Sulcis (2), descrìvendo crìstalli piccolissimi, costan-
temente allungati secondo l'asse y, ed il prof. Zambonini che
nel 1907 De descrìsse alcuni provenienti dal Timpone Rosso,
presso Lagonegro (3), non si ebbero che le notizie del Millo-
sevich relative al giacimento del Castello di Bonvei, presso
Mara (4), in cui l'azzurrite si presenta in struttura concentrico-
lamellare, e net 1913, infine, lo studio del prof. Manasse sul-
l'azzurrite di Calabona. presso Alghero (5), i cui cristalli però,
par essendo, almeno in parte, abbastanza rìcchì di faccio, pre-
sentano sempre l'abito più comune per la specie e tutte forme
già note.
Ora, avendo il prof. Zambonini avuto dal dott. Grida un
campioncino proveniente dal giacimento di Gonoesa, in provincia
di Cagliari, con cristalli di habitus non comune, credette non
privo d'interesse il farne fare la determinazione cristallografica.
(1) Lavoro esegaito uell'Ietituto di mineralogia della R. Univeraità di
Torino, diretto dal prof. Ferruccio Zambonini.
(2) C. Rita, Sopra la formazione diabasiea « topra alcuni minerali di
Rota* ntl Sulei». ' Rendiconti R. Istituto Lombardo ,, 1899, XXXTI, 344.
(8) F. ZiMBORini, Notizia eritlàUografica null'aixurrite del Timpone Ro»so
pretto Lagontgro. ' Rend. Acc. Lincei „ 1907, XVI, 2" aem., 737.
(4) F. HiLLoasTiCH, Appunti di mineralogia Sarda. Il giaeirnento di azzur-
rite del Gattello di Bonvei. ' Eend. Aoo. Lincei ., XV (1B06). II, 732.
(5) E. HiMAsas, Azzurriti di Calabona presto Alghero. ' Memorie Società
Toscana di Scienze Naturali ,.
D,!„t,zed.yGOOg[e
OSSKRT AZIONI CKISTALLOORAFIGHE, BCC. 173
e, cortesemente, me ne affidò l'incarJco, del che mi è grato
ringraziarlo.
I cristalli ch'ebbi io esame si prestano assai bene a misure
gonìometriche, avendo faccio lucentissime. Essi tappezzano le
pareti delle fenditure di una roccia argilloso-quarzifera, molto
ricca in venale e cristallini di quarzo.
Alcnni, tabulari secondo j 001 { , sono abbastanza ricchi di
forme, in altri, tabulari secondo )100|, è notevole l'allunga-
mento secondo l'asse z. I primi, secóndo l'asse y, raggiungono
al massimo la lunghezza di mm. 3, i secondi dì mm. 5, lungo z.
Le forme complessivamente osservate sono le seguenti:
o 5100( e i001( A lOlOf o )101(
M }302t m IllOj p )021j X)032j
6 ilOlj
A } 221 {
0 I 201 {
/ 1225Ì
fra le quali, la ) 010 [ ò rara, e la |032( è nuova per l'azzur-
rite, almeno secondo la bibliografia che ho potato consultare.
Quanto a ] 225 ( , essa è nuova per ì giacimenti di Sardegna.
Fig. 1.
Nella fig. 1 ho rappresentato, ridotto a modello, il piii ca-
ratteristico fra i cristalli allungati nella direzione dell'asse y,
il quale raggiunge le dimensioni di mm. 3x2x2.
In esso tutte le faccio, abbastanza lucenti, hanno permesso
misure discretamente buone. Estese quelle dei pinacoidi }001j
e )100j e dei prismi )110( e )221t, sono meno sviluppate
quelle delle forme )021{ )101{ ] 20r( |302| }225[, e picco-
lissimo, poi, è il pinacoìde )010{.
La forma ) 225 { presenta un interesse tutt'affatto partico-
lare, perchè è una delle più rare nella azzurrite. Fu osservata
da Zippe e descritta nel 1831 nella sua memoria fondamentale
zed.yGOOg[e
174
FAUSTA BALZAC
por la morfologia dell'azzurrite (I). Miller le assegnò erronea-
mente il sìmbolo 1 125 |, ma Schrauf, nella sua ben nota mono-
grafia (2), notò che, in base al disegno ed ai legami di zona
indicati nettamente dallo Zippe, alla forma osservata dal mi-
neralista boemo spetta effettivamente il aimbolo ) 225 ( (JHSJ
nella orientazione di Schrauf).
Il prisma ] 2^5 { deve essere, certamente, assai raro, e non
sembra sia stato più trovato. E una, infatti, delle pochissime
forme non osservate personalmente dallo Schrauf; non è ricor-
data da Lacroix per i cristalli di
Chessy (3), e non si trova riportata
nemmeno nei lavori piìi importasti
dell'ultimo trentennio, quali quelli
di FarringtoQ, di Zimanyi, di Hobba,
di Anderson, dì Steiner, di To-
borffy, ecc.. sui cristalli dell'Ari-
zona, del Laurion, del Wisconsin,
dell'Australia e dell'Africa meri-
dionale.
Nel mìo cristallo io l'ho os-
servata con una nitida faccetta,
che ha permesso una misura abba-
stanza buona.
Neira tìg. 2 ho cercato, invece,
di riprodurre al naturale uno dei
cristalli allungati secondo l'asse
verticale. Tale habitus raramente si
osserva in cristalli di azzurrite prò-
Fig. 2. venienti da altri giacimenti. Infatti
il Lévy (4) figura dei cristalli pro-
venienti da Chessy, presso Lione, che hanno questo aspetto, ma
presentano però combinate le sole forme }0U1{, JllOt e |111(.
(1) 'PogR. Ann.,, 1831, SXIl, 393.
(2) 'SitznDgabericfateWieDerAkad.derWÌiMiuch.., ISTI. LXIT(l), 128.
(3) Mineralogie de la Frante et de tee Coiom'e», II), 751.
(4) Deseription d'une collection de minéraux, «te., Fig. 2, PI. LXIIl -iel-
l'atlonte.
D,!„t,zed.yGOOg[e
OSSBKViZIONl CRISTALLOGRAFICHE, ECC. 175
I cristalli ' prisniatici , di Ghessy, figurati da Schrauf e da La-
croix, sono generalmente più o meno schiacciati secondo la base;
quelli, pure detti ' prismatici ,, dell'Arizona, descritti dal Far-
rìngton(l), presentano molto estese le forme |1I0{, )221{, ]l01t.
Il cristallo da me osservato, invece, è molto allungato se-
condo z e, pur essendo tabulare secondo la }100(, ha ab-
bastanza sviluppate le faccie del prisma )110(, un po' pib
ridotte ancora quelle di )101{, )001{, }T01( e )302;, edesili,
ma nitide, quelle del prisma )032(, nuovo per il minerale.
Sebbene queste ultime io le abbia misurate ad una sola
estremità, essendo il cristallo impiantato per l'opposta di z, le
misure sono assai buone, ed il nuovo simbolo rimane stabilito
con certezza, come lo prova l'accordo discreto tra i valori ot-
tenuti e quelli calcolati in base alle costanti proposte dal
Manasse per l'azzurrite di Oalabona, e che sono certamente
migliori di quelle calcolate dallo Schrauf e generalmente adot-
tate, l'inesattezza delle quali risultava già chiara dagli studi
dì Farrington e specialmente di Toborffy (2).
Angoli Vttlori mianrati Valori calcolali
(032) : (110) 57" 28' 57° 24''/»
(032) : (100) 88" 36' 88" 36''/,.
Nella tabella che segue ho raccolte le misure che hanno
servito all'identificazione delle forme precedentemente menzionate.
' (1) CtyttaiUttd AiuriU from Arizona. 'Amer. Joaro. Se. ., 1891 (3),
XU, 800.
(2) Ueber K'tpftrhttur und fi^tùbleUre «on Ttumtb, ' Zeit. fOr Krfet. „
1913, LII, 225.
D,!„t,zed.yGOOg[e
17Q PAU3TA 8ALZAC — 0S8BRTAZI0NI CRISTALIXiaitAFICBB, BCC.
Angoli
Vulori calcolati
(001) : (101)
(001) : (lOl)
(ODI) ; (201)
(001) ; (302)
(001) : (HO)
(001) ; (021)
(001) : (221)
(001) : (225)
47' 8'
60» 27'
68» 10'
29' 0'
44» 48'
47" 12'
66« r
58" 62'
88" 14'
60" 36'
68" 19'
29" ■;.'
(001)
(100)
87" 40'
87" 41'
(100)
(101)
42" 58'
42" 53'
(100)
(101)
45" ir
45" 7'
(100)
(201)
26" 12'
26" 12'
(100)
(302)
33" 15'
33" 26' '1,
(100)
(110)
40" 26'
40" 35' >;,
(100)
(032)
88" 36'
88" 36' ■/■
(110)
(032)
67" 28'
67" 24' Vi
L'Accademico Segretario
Carlo Fabrizio Paroma
D,!„t,zed.yGOOg[e
CLASSE
SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE
Adunanza del Zi Dicembre 1919
PBESIDRNZA DEL SOCIO SEtTATORE PBAHCE6C0 RUFFINI
VICEPRESIDENTE DELL'ACCADEMIA
Sono preaenti i Soci Pizzi, De Sancti8, Brondi, Baudi
DI Vesme, Schiaparelli, Patetta, Vidabi, Prato, Ciao,
Pacchioni, e Stampini Segretario della Ctasse.
Scasa l'assenza il Socio Valmaooi.
Si legge e si approva l'atto verbale dell'adunanza del
giorno 7 coir.
Dal Socio Bbondi sono presentati in omaggio all'Accademia,
da parte dell'autore Avv, Prof. Emilio Bonaudi, le seguenti
pubblicazioni, delle quali espone brevemente i pregi : Della so-
spensione degli atti amministrativi (1908); La tutela degli inte-
ressi eoUettivi (1911); Del provvedimenti d'urgenza del sindaco
(2* ed. rìvfliìuta ed ampliata, 1920). La Classe ringrazia.
Il Socio Cian presenta la sua pubblicazione H primo cen-
tenario del romanzo storico italiano (1815-1824) (Extr. dalla
' Naova Antologia ,, 1° ott. 1919). La Claase ringrazia.
Saranno pubblicate negli Atti:
Minucio (Octaoius) - Cicerone (De natura deorum) • Cle-
mente Alessandrino (Opere), Nota del Prof. Arnaldo Belteami,
presentata dal Socio Pizzi;
L' anatema di Giovanni d'Alessandria contro Giovanni
Filopono. Nota del Prof. Giuseppe Pcrlani, presentata pure
dal Socio Pizzi;
Alli dtlln H. Aeeadtmia — Voi. LV. 12
D,!„t,zed.yGOOg[e
178
Settecento canoro. Nota li del Socio Ciak;
Jvles Ctimua filologo. Nota del Prof. Ferdinando Neri,
presentata dal Socio Giah.
Il Socio Db Sanctis, anche a nome del Socio Patbtta,
comunica una lettera inviata dai Professori H. Pibehhe e
J. BiDEZ, delegati dell'Accademia Reale del Belgio, in nome
del Segretariato amministrativo dell' f/rtioK Aeadémique interna-
tionale. I mittenti, richiamandosi all'art. 13 degli statuti del-
l'Union, fanno invito perchè siano trasmessi al detto Segreta-
riato amministrativo a Bruxelles gU eventuali progetti di
ricerche e pubblicazioni da presentarsi al Comitato dell' t7mo«
nella sua prossima adunanza che avrà luogo ne] mese di
maggio del 1920.
Dopo matura discussione, la Classe delibera di prendere
atto dell'invito e dì ringraziare il Segretariato amministrativo
deiri7nton, assicurandolo che la nostra Accademia prenderà in
attenta considerazione tutti i progetti che le saranno trasmessi
per il tramite del Segretariato stesso. Frattanto la Classe invita
tutti quei nostri Soci, ì quali abbiano proposte di lavori da ese-
guirsi sotto gli auspici dellfi Union Aeadémique, a volerle pre-
sentare alla Classe stessa, affinchè possano essere conveniente-
mente esaminate e discusse. Che se, dovendo le proposte essere
trasmesse al Segretariato amministrativo almeno quattro mesi
prima della riunione del Comitato, non sarà possibile, nel breve
lasso di tempo che questa volta ci resta, assicurarci le colla-
borazioni acientitìclie ed economiche che sono richieste dagli
statuti deW Union perchè una proposta possa essere presa in
considerazione, si potranno tuttavia le eventuali proposte dei
nostri Soci sottoporre ad esame e discussione certamente in
tempo per la seconda riunione ordinaria del Comitato, che sarà
nel 1921.
D,!„t,zed.yGOOg[e
ARNALDO BELTRAHl — 3IINDCI0 (OCTAVIUS), ECC.
LETTURE
MINUGIO (Oetavins) - CICEHONE (De natnni deopnm)
CLEMENTE ALESSANDailSO (Opere) «'>
Nota di ARNALDO BELTRAMI
Minucìo XIX, 1 Audio poetas quoque — Cicerone, I 18 sgg.
non fa nessuna menzione dei poeti. — Clemente Alessandrino,
Protreptico, 73, 1 "iiw óè fifùv ... xal aitrij (^) noiijvtx^. Minucio
premette i) cenno dei poeti. Clemente lo pospone.
Id., 2. Si ricorda il solo Virgilio. — Clem., Prolr.. 73,2-
76,6, nomina Arato, Esiodo, Euripide, Sofocle, Orfeo, Menandro,
Orriero e, una seconda volta, Euripide.
Id., 3. Recenseamus, si placet, disciplinam phìlosophorum:
deprehendes eoa, etsi sermonibus varila, ipsis tamen rebus in
hanc unain coire et conspirare sententiam (cioè che Dio è
mente, ragione, spirito). — Oic, ifi., I 13 Sed iam... ponam in
medio sententias phìlosophorum de natura Deorum. — Clem.,
ib., 64, 1 ' Entd^àfiù}ft£v de, el ^oi)ÌEi, xal x&v tpiXoaóipiav tàg
dó^ag, 6aa^ aixovoi negl t&v 9eùv, et niog xal ^iXoao^lav
ait^v ... xaià TtaQaÓQOftijv nagam^ai óvv^^ù/tev òvEiQtbz-
xovaav tijv àÀi^&eiap.
Id., 4-6... Sit Thales Milesius omnium primus, qui primua
omnium do caelestibua diaputavit. Is autem Milesius Thales
rerum initium aquam dizit, deutn autem eam mentem quae ex
aqua cuncta formaverit... Anaximenea deinceps et post Apol-
(1) Le edizioni da me adoperate sono quella del Va]maf;KÌ '■» * Corpus
Scrjptonim Latinorum Paravianam „ moderante Carolo Pascal) per Minucio,
quella del Mueller per Cicerone, quella dello Stàhlin per Clemente Ales-
sandrino.
DiBiimd, Google
180 ARNALDO BBLTRAHI
lionates Diogenes aera deum statuunt ìnfÌDitum et immenaum:...
Anaxagorae vero discriptio et motuB infinitae mentm deus di-
cìtur, et Pytbagorae deus est animus per universam rerum na-
turam commeans et intentus ex quo etiam sniraalìum omnium
vita carpatur. — Cic, ib., 25-27... Thales enìm Mileaius, qui
primns de talibus rebus quaesivit, aquam dixìt esse initium
rerum, deum autom eam meotera, quae ex aqua cuncta fingerei...
Post Ànaximenes agra deum statuit, eumque gigni esseque ira-
mensum et infinitum... Inde Anaxagoras... primus omnium rerum
discriptionem et modum mentis infinitae vi ac ratione dissì-
gnarì et confici voluit... Nam Pythagoras, qui censuit animoio
esse per naturam rerum omnem inteotum et commeantem, ex
quo nostri animi carperentur... Ib., 29 QuidP aèr, quo Diogenee
Apolloniates utitur deo... — Clem., Protr., 64, 2 atoixeta (tkv
oiv dQX^9 ànéXtnov i^v/tv^aineg Saiijg ò MtX^mog tò dótaQ
xaì 'Ava^i/iév^s 6 aizàg MiX^atog zòv diga, Hoteqov ò 'AnoX-
Xcùviàt^i xaTijxoÀoii9i]aEv ; Ib., 66, 1 làv óè dXXiav iptioaóqiiav
8aoi tà arotxsta éneg^dvtes ijsoivTiQay/tóvijadv n t>y)r]Xótegov
xaì ne^ntótE^op, ot fiiv aiitùiv %ó àjteiQov xa&iifiv^aap, dtg
'Ava^lfiavdgog (1) (Mii'^mog ìjv) xal 'Ava^ayógas 6 Kia^o/ii-
vios, xal ò 'AQ^vatog 'AQX^^og, toóta /liv ye d/i(p<a tòv vovv
Ì7i£OZ7iadTriv tjJ ànstgl^ (Cf. Stromate, I 52, 4) ; 72, 4 oùx àno-
xQvméov oidè Tobg dfitpl zòv IIv&ayÓQav, ot ^aatv ' b ftèv
9eòs etg, otzog óè oi>x, &g ztpc^ i>novoovaiv, éxzòg zàg óia-
Koafi^iog, dii' iv ain^, SXog iv 5X^ ztp xixJL^ èittaxonog
Tiàoag yevifjtog.
Id., 7-8. Xenophanem notum est omne infinitum cum mente
deum tradere et Antisthitnem poputares deos multos, sed natu-
ralem unum praecjpuum, Speusippum vim [naturatemi animalem,
qua omnia regantur, deum nosae. QuidP Democritus, quamvìs
atomorum primus inventor, nonne plerumque naturam, quae
imagines fundat et intellegentiam deum loquitur? — Cic, io., 28
Tum Xenopbanes, qui, mente adiuncta, omne praeterea quod
esset infinitum, deum voluit esse... Ib. 29 Quid? Democritus,
qui tum imagines earumque circumitus in deorum numero
refert, tum illam naturam quae imagines fundat ac mittat, tum
(1) Anche Cic. (ib. 25) cita Anassimandro, ma per altra regione.
D,!„t,zed.yGOOg[e
31INUCI0 (OCTATIDS) - CICERONE (DE NATURA DEORUH), ECC. 1 SI
.scientiam intellegentìamque nostrani... P... Ib., 32 Àtque etiam
Antisthd&es, in eo libro qui physicua ìnBcribitur, popularis deoa
mu1to6, naturalem unum esse dicens tollit rim et naturam
deorum. Nec multo secus Speuaippua Platonem avunculum sub-
sequeiis et vim quamdam dicens, qua omnia regantur eamque
animalem — Strom., VII 5, 5 (6 9£Ós, a'intende) Tidvtj) dà &v
nàvtote xal fii]óa/ifj Jiegiexi/isvo^ dXog rovg (Xenophanes, fr. 21
Diela). I^otr., 71, 2 'Aviia^évi]^ itkv yàq oi Kvvixòv ó^ toOto
(cioè l'unicità di Dio) évevót^aev (Antiathenes, fr. 24 Mullach).
Ib., II 19, 3 SneiaiitJios ... jà Sftoia t0 IHdjtavi ioixs ... yffd-
^etv... Ib., 133, 4 2jieóai7i:3tóg te, 6 HZàvoivog ddeX^ióov£.
Ib., I 52. 4 xaì oÌ làg dTÓfiovg dgxàg iinni&éftsvoi, pUoaqiptas
duo/ta éjiodvó/tEvot, d&eoi Tivcg dv&gionlaxoi xaì ipii^óovot
(significativa illustrazione dell'inciso di Minucio " qiiamvisato-
morum primus inventor ,. Gf. Cic, De nat. d., I 66 lata enim
flagitia Democriti sive etiam ante Leucippi esse corpuscula
quaedam). Protr., 6tì, 1 d de MiX^aiog Ae^xinTios xaì à Xìo^
Mr]T(fóóa>(}0$ diTidg, dtg Soixev, xaì aizù dqxàg dnEXtnétrjV
TcQoai^xe di Xa^òv loùtoiv toXv óveìv tà elótaXa ò 'A^ótj^ttjs
Aijftóxifizog.
H., 8. Strato quoque et ipse naturam (sottint.: deum lo-
quitur). Etiam Epicurus itle qui deoa ant otiosos fingìt aut
nullos. — Cic, ib., 35 Strato... qui oinnem vim divinam in na-
tura esse cenaet. Ib. 45... exposita illa sententia est ab Epicuro,
quod beatum aeternumque alt, id nec habere ipsum negotii nec
exhibere alteri (Cfr. ib., 102 Haec oratìo non modo deoa epoliat
motu et actione divina, aed etiam homines inertes efficit, si
quidem agena atiquid ne deus esse beatus poteat). Ib. II 76 aut
nugandum est es^ie deos, quod et Democritus simulacra et Epi-
curus imagines inducena quodam pacto negat, aut qui deoa eaae
concedant, iis fatendum est eos alìquid agere, idque praeclarum.
— Clemente non riporta nulla di Stratone sull'argomento e,
quanto ad Epicuro, dice in Protr., W, 5 : 'Enixoiqov fikv ydp
fióvov xal éxùv éxÀ^aofuti, 9g oióèv /iéÀ.eiv oìerat %0 &e^...
Id., 9. Aristoteles variai et adsignat tamen unam potè-
tttatem; oam interim mentem, mundum interim deum dicit,
interim mando deum praeficìt. Theoplirastus etiam variat, alias
mundo alias menti divinae tribuens principatum. Hernelides Pon-
tìcu9 quoque mundo divinam mentem quamvia varie adacribit.
D,!„t,zed.yGOOg[e
182 AKNAI.DO B8ITKAU1
— Cic, ib., 33 Aristotelesque in tertio de philosophia libro multa
turbai a magÌBtro buo Platone non disaentiena; modo enim
menti tribuit omnem divinitatem, modo mundum ipaiim deum
dicit esBA, modo alium quendam praeHcit mando. Ib. 34 eeg.
Ex eadem Platonis Bchola Ponticus Heraclides... modo mundum,
tum mentem divìnam esse putat, errantibus etiam atellts divi-
nitatem tribnit... eodemque in libro rursns terram et caelum
refert in deos. Nec vero Theophrasti inconstantia ferenda est:
modo enim menti divinum tribuit princìpatum, modo caelo, tum
autem sigili^ Bideribusque caelestibus. — Clem., Prolr., 66, 4
Kal 8 ye i^s algiasoìg (cioè di quella %<òv ix tov JlegiTidrov)
nati]^ ... tòv xaZo^ifiepov ' €naTor , tftvx^v elvai ioti navxò$
olExat ■... Inetta xbv xóofiov d'SÒv iifoifievog (Cf. [Aristotele! .
de mundo, p. 397'. 25). Ib. 66, 5 ò di 'Egéatog ixstvos ò 'Afi-
arméiovs yvtbQi/tog nfi fiìv oiQavóv, nij óè nvtvfia lòv 9eòv
inovoet... TI yàq 'HgaxZeló^g ò Ilovuxóg;
là., 10-12. Zeno et Chryaìppus et Cleanthes sunt et ipsi
multiformes, sed ad unitatem Ptovidentiae omnes revolvuntur.
Cleanthes enim mentem (modo), modo anìmum, modo aetbera.
plerumque rationem deum disserit. Zeno eiuadem niagistei-, na-
turalem legem atque divinam et aetbera interim ìnterdumque
rationem vult omnium esse principium: idem interpretando
Junonem aera, Jovem caelum, Neptunum mare, ìgnem esso
Vulcanum et ceteros aìmiliter vulgi deos elementa esat^ mon-
strando, publicum arguit graviter et revincit errorem. Eadem
fere ChryaippuB: vim divinam rationalem, naturam et mundui
interim fatalem necessìtatcm deum credit Zeaonemque inter-
pretatione pbysiologiiie in Hesiodi, Homert Orpheique carmi
nibus iniitatur. Babylonio etiam Diogeni disciplina est expo'
nendi et disserendi Jovis partum et ortum Mìnervae et lioc
genus cetera rerum vocabula esse non deomm. — Cic. io., l 36
Zeno... naturatem legem divinam esse censet... atque hic idem
alio loco aethera deum dicit, ...aliis autem libris rationem
quandam per omnem naturam rerum pertìncntem vi divina esse
adfectam putet. Gum vero Heaiodi theogoniam [id est originem
deoruml interpretatur, tollit omnino usitataa perceptionea deorum;
neque enim Jovem neque Junonem neque Vesta m neque queni-
quam, qui ita appelletur, tu deorum habet numero, sed rebus
inanimis atque mutis per quandam sìgnificatiuiiem haec docet
D,!„t,zed.yGOOg[e
UiyOCIO (OCTAVJUS) - CICEKOXB (dB NATDKi DKORDM), BCC.
tributa nomina. Ib. 37 Gleanthes autem, qui Zenonem audivit
una cum eo, quem proxime nominavi (Aristone lo Btoico), tum
ipsum mundum deuin dicìt esse, tum tottus naturae menti atque
animo tribuìt hoc nomen, tum ultimum et altissimum atque
nndique circumfiisum et extremum omnia cingèntem atque com-
plexum ardorem, qui aether nominetur, certissìmum deum
iudicat... tum nihii ratione uenset esse divinius. ib. 39>41 Chry-
sippua... ait... vim divinani in ratione esse posìtam et in ani-
versae naturae animo atque mente, ipsumque mundum deum •
dicit esse et eiua animi fusionem univeraam, tum eìus ìpsius
principatum qui in mente et ratione versetur communemque
rerum naturam universi tatemque omnia continentem, tum fa-
talem vim et necessìtatem rerum fnturarum... Idemque disputai
aetheraesae eum quem homines Jovem appellarent... volt Orphci.
Musaei, Hesiodi, Homerique fabellas accommodare ad ea quae
ipse... de deia immortatibus dixerat... Quem Diogenes Baby-
lonius consequens in libro, qui inscribitur de Minerva, partum
Jovis ortumque virginis ad phyaiologiam traducens diiungit a
fabula. Id. II 58 (Zenone): Talis igitur mena mundi eum sit ob -
«amque causam ve! prudenti» recti appellari possit (Graece
enim n<fóvoia dicitur) baec potissimum providet. Cf. ìd. II 13;
1 6 : 40 ; 63 ; 65 ; 66. — Clem.. Protr., 66, 3 oiàè ftijv Towg duo
ir}£ Sziaàq naQEÌEiùaoftat, dia ndu^g ^<Ìi;s, xal óià Tijg dzifio-
■làTtjz, TÒ &€Ìov ói^xeiv Àéyovvag, oì xataiox'^vovoiv dtsxvùts
rijv iptXoaotplav (parole che spiegano, come Clemente, il quale
tanto attinge agli Stoici nella parte morale., a Crisippo special-
mente, tocchi solo di sfuggita la loro dottrina teologica ; cf. Slrom.,
I 51, 1 ; V 89, 5). Strami, V 92, 4 yevijTÒv de xal ol SjmixoI
li^EPtai zòv xóa/iov. Ib., 134, 1 noli> ói nléav ol naq' "EX-
ÀTjot 7ioXvn^y(iOv£^ [ol ^iXóaofpot] (e fra questi sono, senza
dubbio, nel pensiero di Clemente, gli Stoici) ... (t^) doQàzt^ xaì
fióvù} xal 6vvaT<j>TdT<^ xal TEx^'XùyrdTCfi xai t(Òv HaÀÀtaroiv
aintatdz^ tijv n^iivoiav lòoaav.
Id., 13. Nam Socraticus Xenophon formam dei veri negat
videri posse et ideo quaeri non uportere. Ariste Stoicus com-
prehendi omnino non posse: uterque maiestatem dei intellegendi
desperatione senserunt. — Cic, ib.. I, 31 Xenophon... facit... So*
crntem dìsputantem formam dei quaeri non oportere. Ib. 36
Arìstonis non minus magno in errore sententia est, qui neque
D,!„t,zed.yGOOg[e
194 ARNALDO BBLTKAMI
formain dei intellegi posse censeat, neque in deis i^ensum esse
dicat dubitetque omnino deus animans necne sit. — Clem,,
Protr., 71, 3 SEvo(pù>v dì 6 'A9t}vaìos ... ' ó „ ..." za ndvxa ,.
fprjal, ' oeiov xal àrgifii^tav &g /ùv /liyas Tfg xai óvvaTÓg,
9>ai'£^<Ig ' Ò7ioÌog*ÓÌ xijv fiOQfi^v, d(pavi^g , {Memor., IV 3, 13).
Di Aristone, su questo argomento, nesBun cenno,
Id., 14. Fiatoni apeiHor de deo et rebus ipsis et nomi-
nibua oratio est et quae tota esset caelestis, nìsi persuasionis
civilis nonnumquam admixtione sordesceret. Fiatoni itaqui. in
Timaeo deus est ipso suo nomine mundi parena, artifex animae,
caelestium terrenorumque fabricator, quem et invenire diffìcile
prae nimia et incredibili potestate, ot cum inveneris, in pubticum
dicere inpossibile praefatur. — Cic, ti., 30 Jam de Platonis
inconstantia longum est dicere, qui in Ttmaeo patrem huius
mundi nominari neget posse, in legum autem libris, quid
sit omnino deus, anquiri oportere non censeat. Ib. II. 32 Au-
diamiis enim Platonem quasi quendam deum phiiosophorum. ■—
Clem., Protr., 68, l t/vc di} Àà^oi na^à aov {cioè dallo Sx^og dei
filosofi) avvsqyòv t^g ^iji^aetiìg; oii yàQ Tiavjdnaaiv àjicyvibxa-
/t4v ae. eI ^oóZtt, tòv Uldifava. n^ di] oÒv i^txvevréov tòv 9eóv,
& nXà-nav ; " xòv yà^ naviga xaì noifjxi^v %ovòe toù navtòg
eiigeìv te iffyov xal BÒQÓvza flg dnavtag i^eiiteìv dóiivazov , ...
" ^lòc yÙQ oiìSafiiàg ètniv , (Fiatone, Timeo, p. 28 C) ; in Strom,
V 78, 1 si riporta il medesimo testo Platonico, più le parole
" (ì)s tàÀÀa fia&^fiata ,. Ó g)i/iaÀ^9^g Àéyet IJXdjoiv (l'elogio
di Platone è insistente nelle opere dell'Alessandrino e concorda
con l'espressione enfatica di Minucio). Ib., V 65. 2 ò yàq tC>v
5Xùiv &£Òg ò tnhQ ndaav (pfovijv xal nàv vòrifta xaì nàaav
Ivvotav otx dv noTE y(ag)ìj nagaSo^Eli] d^^ijTog &r óvvd/tet
ifj aitov (Cf. Minucio, e. 18, 8-9 Nobis vero ad intellectuni
pectus angustum est, et ideo sic eum digne aestimamns, dum
inaestimabilem dicinius. Eloquar quemadmodum sentio : magni-
tudinem dei qui se putat nosse, minuit ; qui non vult minuere
non novit). Ib., V 81, 4 vai ftijv ò òvaittzaxei(ito%ó%cnog tieqì
&EOV Ààyog oiióg ioriv.
Id., 15. Eadem fere et ìsta, quae nostra sunt: nam et
Deum novimus et parentem omnium dicimus (Cf. le
prime parole del Simbolo Romano, già formulato al tempo di
Clemente, mentre non esisteva ancora un formulario alessan-
D,!„t,zed.yGOOg[e
MINOCIO (OCTATIDS) - CICERONE (l)E NATOKl DBORDu), ECC. ISS'
drino della Chiflaa apostolica; v. Tertulliano, De praescr. hae-
retic., 13), et nunquam publice nisi interrogati praedìcamus. —
Clem., Strom., 1 55, 2-4 xal o6óè tìjv yZf^vtav ftóvov, cUià
xaì tàg (fxoàg àyvl^ea&at ngoa^xei ij/ùv, el ye tijg (Ui/^e^ag
fte9éxtai elvat TieiQÒfiE&a, taSta ^v èfiitodùv tov yQdipeiv
i/iot, xai vvv Iti eiZa^aig ?j;w, J giTjatv, " ì/itiqoo&ev zàv
Xol(fù}v Toig /lagyaQhag ^cUXeip, fif} naie xatanati^aaai loìg
Jioal xal OTQaipévteg ^^^toaiv i/iàg (Matteo, 7, 6, Souter: ntjSk
^àX^Te Toòg (laQyaQtTag é/itàv Ìfi7i^oa&£v zdv xolqtùv, /ignote
xataTtax'^abXftv aitovg iv TOÌg noaiv aèiàtv , xal az^utpév-
teg xjX.) „. x^X^^iv Y^Q Tods negl dÀi}9tvov iptoiòg xa&agoiig
drziog xal óiavyeìg iTtiÓEi^ai lóyovg ^xqoaxtìiv xolg iùSeat te
xai djiatdEixotg ■ ax^Sòv yàg oix iati Tovttov Jtffòg toiig noX-
Xovg xatayeiaoTÓJEQa dxoiiafuna, oió' aC ngòg joi/g eiipveìg
9avftaaid>reQà le xal èv&ovaiaatixùteQa. Cf. ib., V 19, 2 ;
VI 129, 4.
Il ragguaglio, specie dei g§ 3 (uguaglianza di transizione),
5 (dopo Anasdimene si ricorda, e con espresaione analoga, Diogene
d'Apollonia: fhTE^ov ò 'Ati. xattjxoXoid'fiaev = et post Apol-
toniates D.), 9 (menzione di Eraclidtì Pontico subito dopo l'ac-
cenno a Teofrasto), 13 e 14 (corrispondenza testuale più stretta
che fra Minucio e Cicerone), fa apparire temerario il diniego di
qualsiasi rapporto fra Miimcio e Clemente Alessandrino. Che
Cicerone avesse, forse direttamente, fornito materiale teologico'
a Minucio, è ormai comunemente ammesso, mentre pochi sono
propensi a riconoscere che da Clemente e dagli apologisti greci,
QiustJDO, Taziano, Àteoagtra, Teofilo, provenga qualche contri-
buto alla composizione àeWOctapiaa. Avendo poi fatto oggetto
del mio esame non solo il testo di Minucio, ma anche le opere
di Clemente, e ben sapendo come talvolta la relazione fra due
scrittori si scopra meglio da lievissime analogie di composizione^
che da solenni e palesi affinità di materia, le quali possono de-
rivare da un fondo d'idee comune, ho creduto opportuno, pur
dopo gli studi pregevoli del Behr, del Kotek e del fiotterò, ri-
controllare il cap. XIX àeWOctavius col testo del De nal. d.
6 ne è risultato che nel catalogo dei filosofi la congruenza,
quanto alla serie dei nomi, è talvolta più perfetta fra Minucio
e Clemente che fra Minucio e Cicerone; il che non appare
privo d'importanza, essendo, in siffatta materia, difficile pensare
D,!„t,zed.yGOOg[e
186 ARNALDO BBLTKAHt
al puro caso. La supposizione, fondata senza dubbio, cbe fonte
comune ai due scrittori sia il De nat. d., non infirma il sospetto
-che Minucio abbia avuto sotto gli occhi, oltre Cicerone, le
•opeie del dotto alessandrino volte, come \'0ctaviu3, alla conver-
sione dei pagani colti; e il sospetto a me sembra sia per acqui-
stare qualche grado di probabilitii, se, fuori del e. XIX, il cui
studio offro alla Miscellanea giubilare in onore del mio insigne
Maestro, Ettore Stampini, l'equivalenza dei concetti, portata in
qualche luogo sino all'uguaglianza verbale, si riscontri evidente.
Ma di questo in un prossimo mio scritto. Valgano ora, come
saggio, i passi seguenti :
Minucio 12, 5... praecerptos cib.)s et delibatos altarihus
potus abhorretia. Sic reformidatis deos quos negatis. Ih. 38, 1
Quod vero sacrìficiorum reliquias et pocula delibata conte-
mnimus, non confessio timoris est, sed verae libertatis adsertio.
Nam, etsi omne quod nascttur, ut inviolabile Dei munus, nullo
opere conrumpìtnr, abstinemiis tamen, ne quis (nos) existimet
aut daemoniis, quibus libatum est cedere aut nostrae religionìs
pudore — Clemente, Pedagogo, Il 8, ;ì àtpexiéov tolvvv roiitiav
{cioè dagli eidù)Zó9vTa), oi dedtóxec, {où ydQ imi xig èv oùtoì^
óiva/iig cf. Min., 27, 5-7), Óià ók ti}v avveióijaip rf/v ^[uxéQav
àylav odaav xal xùv óat/toplwv Sta tì]v fiòikvQlav ofg ènixa-
tùìPÓ/tct(TTat, /ivaaTTù}/tévov$. Slrom., VI 40, 2 xaì xà iòta ^Qdi-
jMTa jSpOTOÌg ^ftaxa &^ovai xai vex^ vEx^oìg jtQoatpiQOvxeg
&$ i^EOt£ àxctQtaxovai x0 &£0, óià toìxìop ddvoófitpot attòv
slvat (parole che Clemente e poi Origene riferiscono a Pietro).
Minucio 32,1-2. Et cum homo latius maneam, intra unam
aediculam vim tantae maiestatis ìncliidam? Nonne melius, in
nostra dedicandus est mente? In nostro immo consecrandus ei^t
pectore? — Clem., Proti:. 117, 4 (Xóyog dXtj&elag) ò èv dv9gtit-
jiotg olxoóofiijaag veùv, iva èv àv^QÙnoig lÒQvofi tòv &eóv.
dyvtaov TÒV veùv, xaì xàg ^Sopàg xai xàg ^p&vfilag &a7teQ
dv&og ifpiinEQov xaxailfiJiavE dvéfto^ xai nvql, aù}ipQoaivr]g 3è
loi/g xagnovs yeÙQytjaov èfi^QÓviog, x«i oeavzòv àxQO&lvtov
àvdaxtiaov x^ &e0, Smog oix i^yov ftóvov, d^Zà xai x^Q'S Ì5s
■tov &£ov. Stroin., VII 28. 1 'H yàQ oò xaXùtg xaì àXrj9ù}g oùx
xóntp Tivì jiBQiyQdiponev ròv dneQUtjnxop, oùd' èv legoìg
Mgyvv/iEV " x^'Qo^ot^Totg „ xò ndvxiav ntQtextixóv ;
Minucio 37. II ...merito malis voluptatibus et pompis
D,!„t,zed.yGOOg[e
MlBnClO (OCTAVIUS) - CICRRONB (DE NATURA DEORDM), ECC. 187
vestria et spectAculis abstinemus quorum... noxia blandimenta
damnamus, Nam in ludis currulibus quìa non horreat populì in
se rixantis ioBaniam ? in gladìatoriis homieidii disciplinam? In
scenicis etiam non minor faror et turpitudo proHxior: nunc
eaim mimua vel exponit adulterìa ve) monstrat, nano enervis
faistrio amorem dum fingit, inflìgit: idem deca vctstros induendo
stupra, suspiria, odia dedecorat, idem simulatis doloribua lacrt-
mas vestras vanis gestibna et nutibua provocat : sic homicidiam
in vero llagitatis, in mendacio fletis. — Clemente, Pedag., Ili 76, 4
Tiejii^&aat yovv noiiijg dja^tag xal naQavo/tia£ al avvayiayal
aitai, xal al nQo^àaEt^ T^g avv^Xiaeoyg dxoofUas iarlv ahla
dvafU^ dfd^ùtv xal •/vvaix&v avvtóvx<ùv èul r^p dXkijXtàv &éav.
Ib., 77, 2 x/ (lèv yàd oix èntdetxwTat aiaxQÒv igyov iv &Ed-
VQOig ; ti ó' oi JtQog>éfovi:at ^^/la dvala^vzov ol yeltazonoiol ;
Ib., 77, 4 otxéii yàg naiòial al tptXoóo^tai dv^Àeslg elg tooov-
Tov 9ava%<òaat, dXX' (xùdh al xEvooTiooòlai xal al dXóyiazoi g>i-
Àorifiiai ... oùdt fiijv al ini rovrotg axdaeig Itt naiSial.
Minucio 21,11. Nisi fortìteriam Juppiter senuit. C\em., Protr.,
37, 3 jr«J de ai%ò$ \ ò Zevg; ytyijQaxe fiexà tov meQov-
Questo rafiFronto è dato, in nota, dallo Stftlilin, insieme con
Oct., 31, 4 = Pedag., IH 21, 5 ; Ort., 35, 3 = Pedag., IH 44, 2 ;
Ocl., 12. 2 = Slrom., IV 78, 1.
In fine, anche a giustificazione della mia modestissima
fatica, mi piace riportare le parole molto sensate del Wel-
trìnger (Ifusée Belge, X p, 279): " D'autres ont essayé de proover
que Miaucius Felix a réellement puisé dans les ceuvres dea
apologiates greca, mais ce travail de comparaison n'est
encore qu'^baueké et il est à soukaiter qu'il aoit con-
tinue ^.
D,!„t,zed.yGOOg[e
QiaSEPPR POKLANI
L'initema di Riovanoì d'Alessandria eontpo Giovanni FilopODO
Noto del Prof. GIUSEPPE PURLANI
Ai codici più preEÌ09Ì per la storia dell'eresia trìteìstica
nel sesto secolo appartile certamente anche il codice siriaco
Àdd. 14,602 del British Maseum ('), avendoci esso conservato
alcune opere importanti di Teodosio d'Alessandria (*) sulla eon-
0) W. Wbioht, Calalogue of »i/riae mantucripls in the British Museutn
acquirtd tinrt the ytar 1838, p, II, [London], 1871, pp. 701-715: * vellum,
about 9 '/i in. b; 6, consiating of 1 27 leavet, a few of vhich are touch itained
and tom, eapedaJ); the first ani) laet. The qaiieB. aigned with lettera,
are, 18 in numlier. Each page i> dìvided inlo two colnmng, of from 32 to
49 linea. Thia volume ìb written in a amali, elegant band of the VJth or Vn">
centnrj (I. e, p. 701). Queato codice è uno dei 250 manoacrittì i quali
Dell'enno 932 (1243 A.. Gr.) furono portati dall'abbate Mosè di Nialbln nel
convento di Santa Maria Deipara in Rgitto. Nel colofone aul f. 127 b È atato
cancellato il nome del convento, in cui fu scritto il codice ; è rimoito tol-
tanto il nome dell'abbate, 'Ell;0 GUIojO, Elia il Galileo (I. e, p. 715). Il
Wrìght enutnera 44 scritti, di cui la maggior parte sono lettere, contenuti
nel codice.
I*) Su Teodosio I d'AleaBandria (patriarca dall'8 febbraio 585 [cosi se-
condo il Kriiger nell'articolo che cito più giù] ai 10 od 11 del medeeiino
mese, e poi per la seconda volta, dopo Galano, dal loglio 535 fino al S87/38
[secondo il Gutschmid invece fino al 540]) vedi Sbtsbo di «L'AtMJiiiATN,
History of the Ritriai-chii of the Coptie ehureh of Alexatidria (ed. B, Evetts),
Patrologia Orientali», t. I, Paris. 1907, pp. 455-469; E. Gibbom. Hùtoiy of
the dedine and fall of the Roman Empire led. J, B. Bar;), t. V. London, 1898,
pp. 159-160; A. von Gutschuid, Kleine Schriflen (ed. F. RQhl), 2. Buid,
I.eipzig. 1830, pp. 459-467; G. Kafiora, nell'art. MonophgaiUn, nel voi. XIII
della Htnog-Hauck Rtatencyklopàdie filr proteftanliiche Theologie unti
Kirchi^ (Leipzig, 1903), pp. 394-395; A. FonTESCUt, The U»ur eattern cAut—
ches, London, I9I3, pp. 219-220. Le lettere dì Teodosio ed a Teodosio coa-
tenate nel codice suddetto potranno gettare nuova Ince su questo periodo
oscuro e compliciitiasimo della storia ecclesiastica dell'Oriente.
D,!„t,zed.yGOOg[e
l'aNATBUA Dt giOVANNI d'albssandkia, bcc. 189
troversìa del triteismo, e specialmente una versione letterale in
sirìaco di un suo lungo discorso antitrìteistico, tenuto a Costan-
tinopoli ('), ed alcune lettere del medesimo autore sullo stesso
argomento.
II medesimo manoscritto contiene pure una copia dell'ana-
tema lanciato da Qiovanni, patriarca d'Alessandria, contro Gio-
vanni il Grammatico 0 Filopono, il piti celebre dei triteisti del
sesto secolo (*). Siccome mi sono proposto di pubblicare tutti
gli scritti triteistici ed antitriteiatici che possano gettare maggior
luce sulla storia e sulle dottrine del triteismo del sesto secolo {'),
voglio render qui di pubblica ragione questo anatema, il quale
quantunque sia stato stampato per poco più della lìietà circa
dal Wrìght nel suo Cataloffue alla p. 703, nella versione siriaca,
non è riuscito ad attrarre finora l'attenzione di nessuno studioso.
Eppure esso ci fornisce nuovo materiale per meglio ricostruire
di quanto ai sia fatto finora la storia dei patriarchi d'Alessandria
e la biografia di Giovanni Filopono.
(*) F. 19a-f. 35 a. Eaao porta il tìtolo seguente: 'Trattato teologico
detto in Costantinopoli dal santo e beato arcivescovo d'AleBiandria Teo-
dosio, sa oib che non dobbiamo confessare nella Santa Trinità nn nnmero
di sostance o nature e che mentre ai è incarnata una (persona) della Tri-
nità, il Verbo Dio, né il Padre nk Io Spirito Santo si sono incarnati , (vedi
il testo sirìaco presso il Whiobt, 1. e., p. 702). È itato forse tenuto queato
discorso da Teodosio dorante il suo esilio a Coatantioopoli? Per le altre
opere di Teodosio I, contenate in versione siriaca in manoscritti del BritJsh
Musenm, confronta il Wrìght, {.f.,pp. 1329-1S30 a. V. ThtùdoÈiug of Alacandria.
Tatto questo materiale siriaco b ancora inedito. Quanto ([rande aia stata
l'anione esercitata da Teodosio ed il preatif{io che godette tra i monoGsiti,
specialmente nella lotta contro il triteismo, tti vede dalla frequenza con
cui h citato e dal rispetto che gli si porta nei SH strilli aniitriteìsiià da
me editi nella Patrologia Ori»ntaU», t. XIV, f. 4 (Paria, 1919) ; vedi Vindice
itgli terittori monofi$Ui a p. 93, s. v, Teodosio 1 d'Alessandria.
O Sa Giovanni Filopono vedi llatrodugioiu ai miei Sei acrilti anlitri-
ttistici in lingua siriaca, PO XIV 4, (Paris, 1919) pp. S-4 e specialmente la
nota 4 alle pp. S e 4. La bibliograSa ivi citata non b naturalmente com-
pleta, ma pn6 dare ana prima orientaiione. Si vedano pure la prarfatio
del Reichardt alla sna ediidone del de opificio mundi, Lipsiae, ltJ97, pp. vii-xi ;
1. P. N. Land, Ioantti Bitehof von Epkesoe, der trsle at/rische KìrdtenhiMo-
riker, Leyden, 1856, specialmente pp. 107 e 108, e 1. H. SchOrpeldeb, Die
Kirchengetckiehie dee lohannt» ron Epheeue, Uanchen, 1862, pp. 267-811.
Ci G. FD«Lfcwi, Sti terilti anlilriteietici, PO XIV 4, p. 4.
D,!„t,zed.yGOOg[e
190 aiUSKPPB njRLANI
Riproduco anzitutto i) titolo dell'anatema in sirìaco tra-
scritto con lettere latine e lo faccio poi seguire da una tradu-
zione latina letterale di tutto lo scritto.
L'anatema ai trova sui ff. 64a e 64ò del manoscritto suddetto.
[64 a] PehmS da.kthobh0 d.herind d.'eth'ebbedh b.bartbo
b.hoy d.'aleksandroyé 'al 'ambSn : men bothar 'aapha-
liyas (') qadhmoyotho d.'eth'ebliedh menhon: men Yó-
liannan l;iasyÓ 'episqopo: d leh 'oph slem kuleh qllrós
roliein l.'allohò dìloh kadh dilob da.mdi(n)td rabth&
'Aleksandriyó.;.
Esemplar libri interdictionis, in fine in (ecclesia maxima)
Àlexandrinorum super ambone factae, post datpaZelag anteriores
ab eis factas, a Yóhannan sancto episcopo, cui etiam accessit
totus clerus, Deum amans, eiusdem urbis magnae Àlexandriae.
Cum pater noster ille cuin Sanctis et caput episcoporum (*),
TheodosHis (*), recto et secundum doctrinam Patrum Sanctorum
docuisset et nuntìavisset. qualiter de Sancta et Consubatantìali
Trìnitate cogitare et credere debeamus, repperimus illa quae a
Yóhannan Grammatico {*) qui dicitiir Philoponus (*), sed (est)
baereticua (") verus, script» sunt, omni atbeismo piena esae et
contraria esse tractatui, qui de Sancta Trinitate a Sancto Patre
nostro (supra) dicto compositua est, et doctrìnae Patrum, qui
verbum veritatis rectum fecerunt. Interdicimus autem illa quae
de hoc (argumento) ipso a grammatico (*) Yóhannan (64£J, qui
ut dictuin est, Pbiloponus (^) vocatur, vero autem atheus, scripta
sunt et iltoa qui ea accipiunt Etiam illum autem, Ysljannan Qram-
maticum (*) interdicimus et omnem clerioum (') quemcumque,
qui ei eucharisttam praebeat ante poenitentiam propter hoc, et
Sabellium et illos qui accipiunt bas (doctrinas) eius, et decer-
('l àaipaXtias.
(•) T'eOdòsyOB,
C) phllopODOa.
C) hereiiqo.
C) qlfriqo.
D,!„t,zed.yGOOg[e
i/anatkha di oiovanki d'albssandria, ecc. 191
nimus, Yóhannan illum aUenum esse a Sancta et Coosubstan-
tiali Trinitate et a communione nobiscum.
Absolutnm est.
Nel titolo leggiamo che l'anatema è stato fatto b.harthS,
finalmente, perchè sembra che la chiesa d'Alessandria abbia di-
retto a GiovaRni Filopono parecdiie do(paXelaq, prima di aco-
municarlo. Quale è qui il significato di àuipàXeta^ Cosa sono
queste d<jg>dÀeiai fatta dagli Alessandrini? Nel Thesaurus dì
Payne-Smttli leggiamo a. v. 'asphaliya (e. 515), sigillum firmum,
seeuritas, ed una glossa di Bar Bahlùl ivi citata dice appunto
bothmo sanrS. Ma è chiaro che qui non si tratta di sigilli.
E pure poco probabile che dafpàXeia rivesta qui il significato di
seeuritas nel senso di sai va- condotto, quantunque questa acce-
zione sia anche di uso cla^isico ('). Mi pare che nessuno dei si-
gnificati menzionati dallo Stephanus nel Thesaurus sia adatto
al nostro passo. Vorrei quindi proporre una nuova accezione della
parola da(pdXsia.
Tra i significati del verbo datpaXl^eiv {^) vi è anche quello
di cavere {ne faeiat). Lo Stephanus cita il seguente passo di Gre-
gorio Nazianzeno : daipàXiaai /lij nàXiv xccxàtg i^av^at^g cave
ne yursus male pullules ('). E E. A. Sophocles precisa ancor meglio
questo senso, vertendo i! verbo in questione con to beware e to
wam, p. es., Duroteo 1676 A daepaXl^ETai fj/tSi tva fifi gtoixòì-
fiev warns us (*) ecc. Non credo quindi di andar molto errato
se assumo che anche àa(pàXeia possa rivestire l'accezione di
warning, ammonimento. Questo senso quadra perfettamente col
nostro passo; gli Alessandrini hanno diretto parecchi ammoni-
menti, datpaXelag, a Otovanni, poi infine, quando videro che non
intendeva di recedere dalle sue eresie, Io scomunicarono.
Hoy d.'Aleksandroye è la {chiesa maggiore) degli Alessan-
drini, la chiesa patriarcale. Il patriarca Giovanni che ha sco-
{') Stkpbìsus, Tfwaurut. t. 1, p. 2, e. 2308.
O BBKKia, Amcdota Graica, p. 456 ir : 'AoipdXtta (tìv xdl dufuXès 'BÀ-
Àtjviità, id óè àoipaAl^ia9at ^dg^agov.
{■) Stifhinui, t. e., a. 2313.
(') B. A. SopHOCLi», Oreek Lexicon of the Ronuin and Byxantine periodi,
New York-Leipzig, 1898, p, 270, a. v. àagiaXl^ia.
D,!„t,zed.yGOOg[e
102 QIDSBPPB FORLANI
municato Giovanni il Fiiopono era certamente, còme vedremo,
un monnfisita; non può quindi trattarsi della Cattedrale, o fie-
ydXf] ixxX^ala o xvQtaxóv — che era l'antico Kaioà^iov o
Se^àaxetov — di Alesaandria, essendo che questa chiesa rimase
in mano degli ortodossi (melchìti) fino all'anno 1641, in cui passò
ai giacchiti (monofisiti, copti). Si tratterà prohahilmente della
Chiesa di S. Michele, èxxÀijala 'AÀe^àvd^ov (').
'Ambdn è l'àfi^tDv, il pulpito, dal quale ni leggevano ai fe-
deli nelle chiese cristiane dei primi secoli i Vangeli e le Epi-
stole e si facevano loro comunicazioni di vario genere (*). Questo
«ra quindi il luogo piti adatto per pubblicare l'anatema.
Ma il problema più importante, che il testo siriaco da noi
tradotto ci dà a risolvere, è quello dell'identità del " santo ve-
scovo Giovanni ,, Chi è costui? Nel titolo è detto vescovo, cioè
vescovo d'Alessandria: egli era quindi un patriarca. Siccome egli
«hiama Teodosio I " il nostro Padre ed il capo dei vescovi ,,
Giovanni deve essere stato un monofinita teodosiano, dunque né
melchita ne monofisita gaianila, ina uno dei successori di Teo-
dosio I sul trono patriarcale d'Alessandria. Siccome Teodosio I
è morto ai 22 di giugno 567 secondo il Gutschmid {'), l'anno 567
« il terminus a quo della data dell'anatema lanciato contro il
Fiiopono. Ora il primo patriarca monofisita dopo Teodosio dal
nome di Giovanni è Giovanni III di Semenut, 680-689 {*). È af-
fatto impossibile però che Giovanni Fiiopono aia stato scomuni-
cato soltanto verso la fine del VII secolo. Siccome l'anatema
vieta ai chierici d'impartire al Fiiopono il sacramento della co-
munione ed accenna ad un possibile atto di penitenza da parte
dell'eresiarca, egli deve esser stato ancora vivo, quando fu col-
pito dalla scomunica. La conclusione è ovvia: il vescovo Gio-
vanni dell'anatema non pub essere ÌI patriarca monofisita Gio-
vanni 111.
I. P. N. Land credette dì poter dedurre dal passo a p. 227 m
'{voi, I) del Chronicon Ecclesiasticum di Bar 'Ebroyd (edd. Ab-
(') Vedi H. Lkclibcq. io Dtctionnaire d' Arehiologit ehr/tìtHH* t
4,irgU (Paris. 1904). I. 1107-1109.
Ci H. LkCLiiBca, (. ^., 1. 1880-13*7.
(•) L. e., p. 460.
{') Gutschmid, /. e, pp, 500-601.
D,!„t,zed.yGOOg[e
LAKlTBlli. DI GIOVANNI d'aI.ESSANDKIA, ECC. 103
bcIoos-Lamy), che dice re cognita, Alexandrini nuctorem [cioè
Gioviinni FìlopoMo| eiusque librum anathematizaiunt ('), che
la scomunica sia avvenuta durante la sedisvacanza dopo la morte
di Teodosio I (*). Così ai apiegherebbe il fatto che Bar 'Ebroyd
dice AUssandrini e nun fa il nome del patriarca. Ma il nostro
anatema, ohe è una versione siriaca, apparentemente esatta, della
scomunica in lingua greca, conservata in un manoscritto del VI
o YIl secolo (') — la acomunica è stata lanciata nel VI se-
colo — è una fonte storica di primo ordine, mentre il Ckfonieon
Ecclesiaatìcum è una compitazione, fatta da altre storie e cronache,
dei XIII secolo. Io preferisco quindi a quest'ultima il documento
originale, l'anatema.
Per ora non vedo una soluzione soddisfacente di questo
problema. Sarà bene attendere, flncliè avrò pubblicato altri testi
e documenti, che possano gettar luce sulla storia del triteismo.
Vorrei accennare ancora ad una possibile soluzione del pro-
blema. Giovanni potrebbe forse essere uno dei due Giovanni, che
al-Maqrlzl (ed, WUstenfeld, p. 18 del testo arabo e pp. 45 e 46
della traduzione tedesca) chiama Manichei (wa.kàna manàniyyan,
p, 18) e dei quali il secondo portava il sopianome al-qà'im
bi.'l.haqq, òtf&óóo^og secondo il Gutschmid (*). Secondo quest'ul-
timo autore il primo fu patriarca dal 573-576, il secondo dal
583-584. £ possibile che uno di questi due o tatti e due siano
stati paoliti o patriarchi di conciliazione tra i gaianiti ed i pao-
liti, e quindi teodosiani. Di un Giovanni, patriarca di concilia-
zione tra gaianiti e teodosiani, parla Teofane (^).
(') Il testo amaco dice 'Alehaatid^oyè 'ahrri)B.w(h)i w.la.kthobheh : gli
Ales9tuidrìni anatemalizzarono lui ed il suo libro. 11 nottro anatema ana-
tematizza invece prima ì libri scritti dal Filopono circa la Trinità e poi
il PiiopoDO steaao. È strano che OioTanni d'Efeso non parli nella «uà Storta
eccUtiattiea della scomunica del Kilopono. quantunque quasi tutta la seconda
metà del V libro tratti del triteismo (v. J. M. 3cHfiNFBi.DiiB, Die Kirehen-
gtsekichte dt» lohanttes vott Epht»ua, MQucben, 1862, p. 269).
('] Vedi anche il OtrttcBHiD, l. e., p. 495: *...er von den Aleiandrinern
w&hrend der Tacanz nach Tlieodosioa' Tode aua der Kirclie gestossen ward
(Und S. 108)..
C) Wbioht. i, «., p.701.
(') L. e., p. 494. Tra il Manicheo e 1' d^i^do^o; non c'è cootraddizione
alcuna. Sai significato di Manicheo vedi il Gdtscbhiq, l. e, p. 495.
l") Ed. Classen, C3HB, p. 372 l8-!e.
Atti Mia R. Aeeademia — Voi. LV. 13
D,!„t,zed.yGOOg[e
1&4 0ID3KPPB FDBLINI — L'IHATBMA, BCC.
Per quaoto riguardai) secondo Giovanni presso al-Haqrìzì,
che secondo me potrebbe foi-se essere identico col nostro Gio-
vanni che ha lanciato l'anatema contro il Filopono, è interes-
sante constatare, che il Gntschmid lo ritiene identico con Gio-
vanni Filopono (').
La morale della favola è questa: la storia dei patriarchi
d'Àlessandna è ancora da scrivere.
D,!„t,zed.yGOOg[e
VITTORIO CIAK — 3BTTKCBHT0 CANOKU
Setteeento canoro
Nota li del Socio dee. reud. VITTORIO C[AN
Un esame analitico dellti raccolta di melica settecentesca,
di cui ho dato la tavola, con brevi premesse, in una Nota pre-
cedente (1), e insieme una larga illuatrasione storico-letteraria
di essa, confermerebbero agevolmente quanto già ebbi ad osser-
vare in generale circa l'importanza ed il carattere di quella sil-
loge, venutami, come dissi, quasi come un invito augurale, da
Vittorio Veneto, tre Anni sono.
Dico " confermerebbero ,, perchè ragioni di spazio ed altre
mi tolgono di fare ora questa disamina e questo lavoro illu-
strativo con la larghezza e con la minuzia che sarebbero neces-
sarie. Dall'una e dell'altro debbo limitarmi quindi ad offrire ora
un breve saggio, un contributo modesto, anche perchè l'opera
mìa d'illustratore fu condotta nelle condizioni meno favorevoli,
e cioè con una scarsezza pericolosa del materiale bibliografico
più indispensabile, non solo, lontano da Venezia, ma nell'impos-
sibilità di fare o di far eseguire da altri le opportune ricerche
nella Biblioteca del Museo Correr e nella Marciana, i cui opu-
scoli e le cui miscellanee a stampa sono ancora imprigionati
nelle casse nelle quali erano stati racchiusi per metterli al si-
li) Negli AUi. Tol. LUI, pp. 1320 agg. Alla P. 1 dell'/niltce dei eapoiern
ai afCKÌungano: sotto il «"221'"': * Prendi; Augnato compiaogi e non l'umico,,
che è a e. 5 a. fra il n° 5 e il 183, aria di nielodrnmmH, fra doe consorelle
(Cfr. sotto il 11° 61, P. Il del nostro Indie*: ' Recami quell'acciaro . e la
nota relativa); sotto il u° 280'"': 'Vieni, o real donzella,, chebac.l6&,
e aotto il a° 280'": Vitlotlf, che sono insetite sparsamente e i coi capo-
versi sono dati qui, sotto qneeto nome, nelle Note illustrative alla parola
Viltotie. Alla P. II, il capoTerso del n" 50 si completi r ' 0 patria, o Roma,
o aorte! . e si aggiunga, sotto il n" 69*^': ' Superbo di me stesso ,.
D,!„t,zed.yGOOg[e
196 VITTORIO CIAS
curo dalle minacce del Demico, prodigo allora di bombe incen-
diane.
Per fortuna, nulla m'impedirà di riprendere in acuito e di
compiere questo lavoro d'illustrazione, appena il materiale rac>
colto sia tale da giustificare una nuova Nota aggiuntiva.
Il saggio ristretto di ìllustrazioaì e di riscontri che mi ac-
cingo ad o&ire, m'è stato possibile soltanto in grazia dei sua-
sidi fornitimi dal ricco Catalogne of Manuscript Mu»ic in the
Britiak Museum by Aug. Hughes-Eughes, in tre volumi, pubbli-
cati a Londra, ne) 1906-9, che si citeranno con Huohes. A pro-
posito del quale giova avvertire che fra ì molti mss. spogliati
dal benemerito studioso inglese non ve n'ha alcuno che s'avvi-
cini al tipo del nostro, ti quale ha tutti i caratteri d'una compi-
lazione ex novo, originale, dovuta ad uno, anzi, a due Veneti (1).
Fra quei manoscritti predominano le raccolte sul tipo del-
l'Additioiial 317I>9, compilato nei primissimi anni del sec. XIX,
col titolo Collezione di 126 canzonette veneziane ed italiane dette
Barcarole, presso Giuseppe Beozon, Venezia, col basso per accom-
pagnamento con chitarra, e la musica, quasi tutta del Widmann.
Per la parte operettistica, uhe è prevalente nella seconda
Sezione del nostro ms., m'è stato d'indiscutibile utilità il Cata-
logue of Opera Librettos printed before 1800 prepared by Oscar
George Theodor Sonneck, due bei volumi questi, stampati a
Washington nel 1914. Essi fanno parte della Library of Congress
e saranno citati con Sonneck.
(1) Che non ci tTOTiamo dinanii ftd una copia di altra, raccolta appare
evidente dall'aaaetto della medesima, da un certo disordine che vi regna,
dalle carte lasciate in bianco per eventaali agpnnte, da certe ripetizioni,
dai richiami, a dtstansa, dì poesie già trascrìtte che andavano raggnippate
insieme, ecc. Che i compilatori aleno veneti, se non propriamente vene-
ziani, ai comprende sabito, a una prima occhiata, dalla grafia, dove si
tratti di testi non dialettali, grafia caratteristica che tende a raddoppiare
le consonanti dove l'italiano ha la scempia e viceversa Ispetse fiatlr, gcel-
larte, invitto, aciarro, ecc.]. Inoltre erano persone esperte probabilmente
più di manica che non di poesia, tanti sono i versi storpiati, spesso, netla
Parte IÌ spezialmente, scritti di seguito come prosa, talvolta anche per
economia di spailo.
Nel riprodurre i testi in Appendice mi attengo il piìi che sia possibile
al ms., senza tentare quell'opera, facile ma pericolosa, di racconciatura,
che, data l'indole di questa raccolta, non mi sembra consigliabile.
D,!„t,zed.yGOOg[e
SETTECENTO CINORU 197
Sussidi preziosi, cotesti, ma ben lontani dal costituire per
la melica, e letteraria e popolare, del Settecento cadente, quello
ohe per la poesia musicale del Rinascimento è l'opera fonda-
mentale di K. Vogel, la nota Bibliothek der gedruckten tceltlichen
Vokatmusik ItalienB aus dm Jahrm 1500-1700 (Berlino, 1892,
voli. 2), che pure in questa occasione e! è stata di non poco
aiuto, e che citeremo con Voqkl.
Infatti non bisogna dimenticare che coteste ricerche fra
noi sono, pel Settecento sovrattutto, appena ai loro inizi; ed è
gran danno, anche per questo, che sia scomparso tanto precoce-
mente uno studioso come Francesco Novali, che era in grado di
dar loro un impulso addirittura decisivo (1).
L'importante per me è ora di dare un saggio quanto più
accurato mi sia possibile di questa silloge nella parte sua piti
notevole e curiosa, e di identificare e illustrare alcuni almeno
dei componimenti che la formano.
Nel coro di voci varie e, a primo tratto, confuse, che sembra
levarsi da questa doppia raccolta di rime venete, d'indole essen-
zialmente musicale, non è difficile distinguerne vari gruppi, che
rappresentano le correnti poetiche più caratteristiche di quel-
l'età, le più squisitamente settecentesche.
Fra queste, anzitutto, più numerose e più garrule, le can-
zonette raffinate, graziose, mollemente e, quasi direi, venezia-
namente sensuali, idilliche e galanti, peculiari prodotti di quella
Arcadia veneranda che, lasciati il Frugoni e i frugoniani, pa-
reva ringiovanire preferendo effondersi con le strofette del Meta-
stasio e dei metastasiani, del Bertela, di Antonio Lamberti e
del Vittorelli, attingendo non di rado spiriti e forme alla Uosa
popolaresca.
(1) A provare la verità dì quanto qui agaerisco, ben nota, del resto,
agli studiosi, basti citare due pubblicazioni, veramente fondamentali, ohe
il compianto amico ci ha. lasciato e proprio neffli ultimi anni; il predoso
CoHlritmto alla ttoria dtlla lirica aiìaicah HaliaHa popolare e popolareggiante
dei ateali XV, SVI t XVII, inserito ne^li Scritti mrii di erudizione e di
critica m onore di E. Renier, Torino, Bocca, 1912, pp. 899-StìO, e l'iuteres-
Haattssìmo volumetto La raccolta di «lampe popolari italiane della bìhlioteea
di Fr. Reina. Roma, Loeacher (ReKcnberfc), [1913], estr. da Lare», pub-
blicai, della Società di etnografia italiana.
D,!„t,zed.yGOOg[e
198 VITTORIO CIAD
Ke erano piene, come le carte di questo fiorilegio, cosi le
eale dei palazzi e delle ville patrizie sut Canal Grande e- luogo
la Brenta e sui colli ameni dell'alto Trevigiano, dai quali ap-
punto ci viene, come ho detto, il nostro manoscritto. Il quale è
assai probabile servisse come repertorio, messo insieme da uno
u due dilettanti di musica più che di poesia, ad uso dei tratte-
nimenti musicali di alcuna delle ville sparse in quella rìdente
plaga collinosa che da Gonegliano irraggia le sue vallette e i
suoi poggi SII verso Serravalle e Ceneda, t due antichi borghi
che dal 1866 formano appunto l'odierno Vittorio Veneto di glo-
riosa memoria.
Che in molte di queste canzonette — oltre quelle diretta-
mente provenienti dai melodrammi del Metastaaio — trionfi
ancora, fra il sec. XVIII e il XIX, lo spirito dell'arte metasta-
siana, non deve stupire, chi sappia come sia durato tenace il
fascino di quella che fu la voce piii canora del Settecento arca-
dico, ina che fu anche del poeta prediletto, per esempio, al
Rousseau, nel quale tutti riconoscono pure il padre spirituale
della Rivoluzione francese (1).
Da queste canzonette — che sono prodotti d'arte e non di
raro artificiose nei loro frequenti tenocinl, e sono talvolta di
paternità facilmente riconoscibile (Metastaaio, Rolli, Lamberti.
Bertela, Vittorelli), anche se il manoscrìtto sopprima sempre il
nome dell'autore e dell'opera e questa mutili arbitrariamente —
passiamo, via via, per una serie di gradazioni interessanti, at-
traverso a forme di poesia sempre più popolaresca e dialettale,
sino a certe canzonette e a certe mllotie, che sono quanto di più
schiettamente e audacemente realistico, e petulante, anzi tal-
volta grossolanamente shoccato abbia nel suo repertorio la Musa
popolana sulle Lagune e sulla terraferma di Venezia.
Un esemplare caratteristico di canzonetta dal tono inter-
medio fra le più raffinate e quelle più popolari, è la canzonetta
Nella slagion dei bòcoli, che qui, a! aolito, appare adespota, ma
che è di Antonio Lamberti, sia pure assoggettata ad una teme-
(1) Rimando all'acuta oegervazione del GiLLSTn. La pottia e l'mit di
O.Pa%eoii, Bologna, 1918. pp. 147-8.
D,!„t,zed.yGOOg[e
SBTTRCEKTO CANORO 199
raria riduzione del teato originale, come sarà detto oeila nota
illustrativa a quel capoverso (1).
Più intenBamente veneziane eono le altre due canzonette
gemelle Da brava, Gatina, e Basta così, ma basta {Append., n' 2
« 3), nelle quali Zanetto fa di tutto per indurre la sua Catina
a " mostrarsi bonìna ,, e la ragazza, innamorata, dopo aver cre-
duto di accontentarlo con un ' basetto ,, nei suoi sforzi per li-
berarsene, vedendoselo in ginocchio, ricorre, fra altro, suppli-
chevole e ammonitrice, ad un'espressione ancor viva nella par-
lata veneziana e che è un saporito tratto dì psicologia e di
lingua popolare: " Credimi, do par bon ,, cioè non fa bel vedere.
Altri componimenti hanno un'andatura popolaresca, vivace-
mente maliziosa, come la canzonetta Pipo, Pipo, vien di qua
(Append., n. IS).
Altrove la vivacità popolareggiante giunge sino alla sgua-
iataggine, come nel ca»o delle strofe in ' Allegretto , : Tu già
sai che ta mattina, dove la crudezza della sostanza è troppo
scarsamente velata dalla morbidezza, della forma. Vere monel-
lerie verseggiate, di sapor popolano, sono quel Frich Frach, tieni
in qua, che si pubblica in Appendice, a. 14, l'altra Padre santo
Cappuccino (Append., n. 24) e quella che potrebbe intitolarsi
' Il frate confessore e tentatore , ; Fra Formica, fra Formica
{Append., n. 9), piena di vita e di originalità nelle movenze e
negli spunti e che può fare il paio con un'altra canzonetta, il
cui titolo darebbe ' La confessione amorosa , : Una pwera cìtella
{Appena., Ti. 27).
11 contrasto fra la madre e la lìglia. al n. 30 AeW Appendice,
è particolarmente notevole per ciò, che ci offre un documento
vivo di quel costume, eminentemente settecentesco e italiano,
del cavalier servente, immortalato dal Parini e che qui
appare penetrato anche nella borghesia veneziana e in un tono fra
di cinismo allegro e d'incoscienza che colpisce, con quel patto
stretto fra la madre di manits piìi che larga e la figlia, fremente
(1) Per In cinoncenia della riccn produzione poetica dialettale, fiorita
in Venezia nel perìodo cai appartiene la, presente raccolta, RÌora, oltre
l'opera del Malamani che narà citata più oltre, il recente volumetto della
si^n. LccM Paoìno, i\)rt« dialtttati veneti del Settrrmlo, Venezia, VagA, 1915.
11 cap. Vili è coniiacritto ad Antonio Lamberti (1757-1832).
D,!„t,zed.yGOOg[e
200 VITTORIO GIAN
di desideri nuziali, in questo piccolo drammii sociale che si
abbozza agli occhi nostri, fra le due donne e i due uomini, l'Ec-
cellenza, ..predestinata e Tonta, futuro cavalìer servente.
In questa serie di carattere popolaresco non è a stupire,
se ci si affacciano, linguacciute, anzi sboccate e impertinenti o
sornione e furbescamente maliziose, le ragazze, * impazienti di
marito ,, secondo la felice espressione d'Alessandro -d'Ancona,
o audacemente indisciplinate. ìleritano perciò d'essere segna-
late le canzonette: " Non dansar ,, la marna dixe (Appmd., n. 20),
tutta malizia e doppi sensi, 0 cara siora mare {Appena., d. 30),
Marna mia, non mi gridate, alla quale s'accompagna quella, più
vivacemente originale, che com. Marna mia, qual'è quell'aiia
{Append., n. 32, cfr. nota illustrativa al n. 60), Mi ha promesso
la marna e il papà, promessa che è fatta, veramente, al figlio
innamorato, come al figlio sono rivolti i consigli in tèma di donne
e di matrimonio tn La mia tnadre, poverella; e, in forma narra-
tiva spigliata: La Nanetla villanella (Append., a. 23) e Senti,
mie care donne {Append., n. 19).
Com'è evidente, in questo gruppo si riprendono, con certa
nuova freschezza di atteggiamenti, vecchi motivi tradizionali,
come è tradizionale il tèma delle bellezze che si richiedono ad
una donna per essere veramente bella (1), quale occorre in una
villolta {Append., n. 31, III): " Sette bellezze ha d'aver una donna ,
e nella cairzone " Trenta cose a dirai bella . (Append., n. 34),
che forse era cantata da un servo in un melodramma giocoso.
-(1) Su questo mitico motivo tradizionale rimando a quanto un scrisse
R. RuHiKH, Il tipo «sietica della donna nel Mrdw Ero, Ancona, Morelli, 1885,
pp. 119 ajf. e n. 8, il quale a pp. 17*2-4 riprodusse dal Dottrinale di Jaeopn
Alighieri il passo dove sono enumerate le Nove (dieci) bellezze umane.
ToMH. Cibimi, parlando Di un repertorio giullareaeo in un xa^io riprodotto
poi nel voi. Sludi di poesia antica. Città di Castella, Lapì, 1914, pp. ^40 »g.,
pubblicò una ballata (la LXXVI) Pei- amor de belle brune, nella quale eon
passate in raiae^a le qualità fiaicbe e tuor&li delle donne, clauiGcate se-
condo il colore delle chiome e della pelle e secondo la statura e la com-
plessi one.'Qnesti motivi tradizionali passarono numerosi dall'nn capo all'altro
della Penisola, al ohe s'ebbe (cfr. il n* XXIT) anche una simile rassegna
per città. Nei Canti popol. vrnez. raccolti dal Bn>OMi, Veneria, 1872, pun-
tata 1*, n* 1, ne abbiamo uno ohe s'inizia così: * Sete beletze Rhe rorla a
una dona .. C. Sohbouk, Da» venezian. Volketi/d _ Die Villolta, Heidelberga,
1901, p. 126, lo cita e traduce senza citar la Fonte.
D,!„t,zed.yGOOg[e
SETTECENTO CAKOUO 201
Parimenti, un'eco di antiche voci, peraistente attrarerao i se-
coli, sorprendiamo nella curiosa e graziosa canzonetta Bella e
gentil fornara [Append., n. 26) e nel gruppo di villotte contro
le veccliie (Append,, n. 29, I, XXI).
Canzonette tratte direttamente da melodrammi seri e gio-
cosi incontriamo, aovrattutto da giocosi, nella seconda sezione
del Dostro ma. (1), mtintre un saggio interessante di galanteria
baldanzosamente romoroaa ci offre la canzonetta Donne care, nel
itostro giardino {Append., n, 10). Non mancano note che potreb-
boi'O dirsi, in una raccolta come questa, di eccezione, quale il
canto di guerra Ecco che lutti all'armi (2), e certe venature di
preromanticismu younghiano e werthei'iano, come i n' 227 e 242
della P. I, noncliè il n. 286, e. aovrattutto, il n. 194 della stessa
Parte I, che s'intitola Carhta alla lombo di Verter (3). Fra questi
canti, che lio detto di eccezione, nella silloge nostra, ve n'ha uno
conviviale, brindisi addirittura: Amici, amici, in lavala, ìmqW esso
anonimo, ma che sappiamo essere nientemeno che di Scipione
MalTei (4).
Infine, non dobbiamo meravigliarci di trovare in una sil-
loge veneta, che spesso, specie nelle villotte, ci richiama per le
forme idiomatiche a zone estreme della Regione veneta, i'occt-
deotale- veronese e l'orientale, anche un saggio di quelle canzo-
nette napoletane che anche nella Venezia settecentesca erano
accolte con tanta festa, come ci documenta, fra gli altri, l'in-
comparabile Goldoni (5). Alludo alla briosa canzonetta Stanno
abòascio alla marina [Ajìpend.. n. 35), che anche ad un esperto
(1) N« additertt due eoltaoto pcir agevolare le ricerche delle fonti re*
lative. Da uo melodramma giocoso Jev'eaBore tratto il Tmeto cbe n trova
nella P. I, e 10 a, qoello che com. * La Kelosia è bestiola | che salta qna
e là |*Pìmca, punge e becca... [ Va vìa, va via di qua .. Similmente il
Rteitativo del Sordo, che fe nella P. Il, e. ITu, e com. ' Vo star in atten-
zione [ te cantano gli nocelli ,.
(2) Rimando alla nota illustrativa sotto il n. 30; vedi Append., n, 6.
(3) Cfr. BuTAHA. Ih Arcadia. Napoli. 1909, pp. 420 sgg.
(4) Cfr. la nota qni inDansi, al n' 2.
(5) Nel dramma giocoso La Mateherata (nel t. Vili dei Drammi gioco»
del G., ed. Venezia, Zatta, 1795, voi. XLII delle Open tealrali), a. Il, se. VI,
Beltrame cauta sulla chitarra ' la canionetta in lingua napolitana , die
com. * Voria che fosse uciello e che volasse ,.
D,!„t,zed.yGOOg[e
2U2 VITTORIO CIAN'
«onoacitore di quella produzioDe, qual'è il Croce, è riuscita
nuova (1). Dobbiamo invece trovare assai naturale l'imbatterci,
come s'è detto, in un buon numero di villolte, che si pubblicano
quasi tutte — intendo quelle pubblicabili — pei loro carattere pììi
o meno popolaresco, alcune, cioè, schiettamente di popolo, onde
hanno riscontro in canti tuttora viventi nelle Venezie, altre dì
evidente imitazione letteraria [Appena., n. 12, I-XIX, 16, 29,
I-XXV). Di buona parte di questi freschi prodotti dovuti alla
Musa popolaresca non solo offro il testo compiuto, ma aggiungo
anche l'indice alfabetico compiuto dei capoversi, che avevo omesso
nella Nota precedente per ragioni di spazio.
Per chiudere — dulcia in fundo — con un rilievo che ci
trasporta più vivamente in pieno Settecento canoro, noto la can-
zonetta
11 moodo non è bello
che ìd forza dell'amore,
dove è esaltata con irruente sincerità la virtù dell'amore, come
la forza giocondatrice per eccellenza della vita. A confermare
poi il fascino irresistibile che questa poesia esercitava ancora
nel terzo decennio del secolo scorso, ricordo qui le due canzo-
nette che Santorre di Santarosa trascrisse in un suo Quaderno
* incominciato in Londra ai 10 di gennaio 182::( ,. recitategli o
udite cantare da qualche esule veneziano o in qualche convegno
poco prima ch'egli partisse alla volta di Grecia. L'una è for-
mata di due strofette voluttuose, la prima delle quali ha tutto
l'incanto d'una serenata sul Canal Grande inondato di luce
lunare:
Sta notte, de Nìna
Tra i brazzi de neve
Do volte la freve
Scordado ho d'amor :
(I) Queata canzonetta, maltrtittata sjieMO dal trascrittore veneto, ripro-
duco dapprima in forma diplomatica, poscia secondo una rìcostrnzinne nella
qu.tle ebbi cortese ed esperto col labe nitore l'amico dott. Fausto Nicolìnì.
E^gft ha un carattere narrntivo, che ci racconta un'avreaturn che In pen-
«are a quella boccaccesca di Andreoccio da Perugia, co»t bene illustrata
da B. Croci, La Mortila di A. da P., Bari, Laterza, IkII; cfr. L. Di FniKcti
nel Giornali star. d. Itti, ital., 59, 393-7.
D,!„t,zed.yGOOg[e
SETTECENTO CANORO 208
l'altra, intitolata dall'Esule aavigDanese Canzonetta veneziana,
consta di cinque strofette, l'ultima frammentaria. EBsa com.:
Tbin Ivieino) de Nina
Xè tuto incanto
E par che l'arte
Sia nata lit.
Hr quel che biiega. (1),
Che m'urta tanto
Xè qael tempieto,
Xè qael «ofà.
Ed è, con varianti notevoli, la canzone n. 280 della P. I nella
nostra raccolta (Vicino a Nina), opera del Lamberti.
C'è tanta parte, qui, di quel Settecento musicale e lirico
che faceva udire i suoi echi sempre vivaci anche nell'Ottocento
inoltrato, anche sulle rive del Tamigi, anche nel cuore d'uno dei
più eroici precursori del nostro Risorgimento!
Da questa rapida scorsa attraverso la raccolta nostra, anche
un lettore non propriamente * specialista , di questa materia,
potrà apprezzarne meglio, io spero, e il carattere e ii valore:
e questo apprezzamento uscirà pure corroborato dalle poche
illustrazioni che qui aggiungo seguendo l'ordine ieWIndice dei
capoterei.
1. Ah non san io che parto {Ind., I, 5). E del Metastasio (Opere,
ed. Londra [Livorno, P.Maai], 1785, t. II. 307), nell'usto,
a. m, se. 12.
2. Amici, amici, è in tavola (fnd., i, 17), è un brindisi di Scip.
Maffei, compreso nelle sue Poesie colg. e lat., Verona, 1752,
I, 138. citalo dal Carducci, // Furiti» minore, in Opere,
Xm, 190-2.
3. Amorosi miei sospiri (Ind., I, 20). Forse da identificare con
la " villanella , che è fra le Villanelle alla napolitana a
tre foct di Sioisuoxoo d'Ikdia nobile Palermitano, Libro
primo nuovamente stampato in Venetia, appresso Gardano
e fratelli, MDCX (Vogel, I, 23).
(I) Bùcega, eccita. Nella Cottei. d. migliori opere in dialtUo i
Venezia, 1817, voi. Ili, un altro bisegar lambertiano è spiegato * andar a
caore o al iangne ,.
D,!„t,zed.yGOOg[e
204 VITTOKIO CUN
4. Ascolta, infida, un sogno {Itid., I, 24). È nel ms. AdditioQ.
31769 del Museo Brìtann., registrato datl'HDOHEB, li, 613,
adesp. ; ma è fra le Anacreontiche del Vittorelli, 4* edtz.,
Venezia, 1797, la 5» nell'ediz. Sijiiomi. ScrUt. d'It., p. 87.
5. Auffelletti, ch'ai mio pianto (Ind., I, 25). Nel niB. Addttion.
14228 del Museo Brìtann., in Hdoues, II, 490, del 1698,
un ms. bislungo in (ol., col titolo: Cantate italiane, v'è
al fol. 60: Augeletti al vostro canto, di Laigt Manza; nel-
l'Addition. 14229, scritto e. 1723-32, l'altra: Augeletti,
che cantate (Htjghes, II, 514).
6. Aurette, che placide {Ind., I, 26). Nell'Addition. 31769, regi-
strato dalt'HuoHES, II, 613: * Aurette che placide | d'in-
torno movete , come nel nostro ms.
7. Basta, cosi, ma basta (Ind., I, 28). In Hughes, II, 610, è ad-
ditato nell'Addition. 31756, e. 45: Basta, cussi, come se-
conda parte di Da brava, carina, a e. 40. Il Sonkeck,
lì, p. 1644, registra Basta cosi, f intendo, come tratta da
Li tre Cicisbei ridicoli del Resta. Si direbbe una mossa
iniziale metastasiana (cfr. Opere del Metastasio, ed. cit.,
VI, 218; V, 117: IX, 137, ecc.). Cfr. qui sotto al n. 24.
8. Bel piaser andar a letto (Ind., I, 80). Anche questa è una mossa
iniziale metastasiana. Infatti in una acena del Partenope,
P. I, se. 3', si legge: Bel piacer d'un core amante. Forse
da questi prese lo spunto il Goldoni nel La ritornata da
Ijondra, rappresentata nel 1756, a. I, se. 1*: Bel piacer
quando t'arriva (Drammi giocosi per musica, t. X, ediz.
Zatta). Anche nel dramma dello stesso Goldoni /^ rfoHna
di governo, a. I, 8C. 7*: ' Bel piacer, che l'allegria! | Bel
piacer in compagnia | Star a bere ed a mangiar! „.
9. Bella e gentil fornara (Ltd., I, 32). È fra le Canzonette ve-
neziane ecc. con accompagnamento dì chitarra delI'Ad-
dition. 31759, registrate dalI'HuoHES, II, 612.
10. Bella rosa purpurina (Ind., I, 34). Sono due strofette sol-
tanto che hanno solo il primo verso quasi in comune con
la canzonetta del Chiabrera {Le opere, divise in 5 tomi, Ve-
nezia, 1782, II, 65). Severino Ferrari riprodusse quest'ul-
tima nella sua Biblioteca di Letteratura popol. iiat., a. I,
voi. I, Fir.. 1882, p. 157 seg., dal cod. Riccard. 2868 del
sec. XVII, avvertendo essere del Chiabrera e trovarsi
musicata dal Caccini fra le Camoneite musicali.
D,!„t,zed.yGOOg[e
SETTECENTO CAKOItO 305
li. Belle donne, che vantate (Ind., I, 35). InVooEL, I, 120, truvo
il principio d'uoa ' corrente , Belle donne, come esistente
in Scherzi, arie, canzonette e madrigali di Antonio Brv~
NELLI Maestro di Cappella del Serenisa. Granduca di To-
scana ecc., in Venetia, Vincenti, 1616.
12. Buona notte, mia carina. In Hdohes, II, 613, dail'Addition.
31759, fot. 135, è registrata Buona notte, nella cit. Collez.
di 126 canzonette venez. dette Barcarole,
13. Cara Elisa, amato bene (Tnd., I, 38, 39, dov'è in due stro-
fette e diverse). Dall'Àddition. 31759, fot. 95, il Hughes,
II, 612, registra Cara Elisa.
14. Cara Nino, ti xe in lato (Ind., I, 41). Dall'Àddition. 34052,
del sec. XIX in., fol. 326, il HixiHEa, II, 12, registra
Cara Nina, sto affannata ('[').
15. Caro il mio ben (Ind.,l, 46). Delle molte arie registrate con
questo capoverso in Hughes, una sola, quella in II, 613,
esistente nell'Addition, 31759, piìi volte citato, corrisponde
alla nostra.
16. Cento basati {Ind., I, 47). In Hughes, II, 569, dall'Addition,
31758, circa del 1763, contenente Ariate veneziane col
basso per arpicordo, probabilmente di Mattia Vento; seb*
bene non comprese fra le canzonette pubblicate da lui
in Londra in quell'anno 1763.
17. Cke grazioso puteletto (Ind., I, 51). Dal solito Addition. 31769,
Io registra il Huqhes, II, 613, con grafia piìi schietta-
mente veneziana; C%« grazioso puteleto.
18. Che mai risponderti (Ind., I, 52). In Hughes, II, 301, dal-
l'Addition. 31667, posteriore al 1766, fra le Arie da opere
italiane, al fol. 78, come tratto dal Demofoonte di Pietro
Guglielmi, Treviso, 1766. È anche nel Ihmcfoonte del
Uetastasio, musicato dal Jannelli, a. Ili, se. 7' (Opere,
ed. cit-, IV, 239).
19. Che non mi disse un di (Ind., \, 53). In Huohbs, II, 296,
dalI'Addition. 31633. posteriore al 1761 (?), raccolta di
componimenti operettistici con accompagnamento stru-
mentale. È data come tratta àsXY Olimpiade del Metastasio
(a. II, se. 4*, in Opere, bA. cit., H, 48), musicata dal Jan-
nelli. Nell'&ddìtion. 31619 del 1744 e, è data dalt'HuGHEs,
II, 270, fra le arie Ae\\' Olimpiade musicata da Lorando
Leo; e nell'Addition. 31654 fra le arie AeW Olimpiade ma-
zed.yGOOg[e
206 vmOBIO CIAK
eicata da David Perez (Huobes, II, 290) ; infine nell'Ad-
dition. 5057, anter. al 1760, fra le arie àeW Olimpiade
musicata dal Pergolese (1735), come nota lo stesso Hl'ghes,
II. 294 e 344.
20. Chi nasce pazzo {Ind., I, 58). Questa strofetta * Chi nasce
pazzo I non guarisce mai ] Tu che sei pazzo | noD gua*
rirai | Mai, mai, mai, mai , è registrata in Huohes, II, 12,
dall'Àddition. 34052, raccolta di Cantici e canoni di varii
autori del principio del sec. XIX, con la variante Chi nasci
matto.
21. Conservati fedeU {Ind., I. 61). NoU'Hughes, II, 614, dall'Àd-
dition. 33310 (del principio del sec. XIX, canti con accom-
pagnamento di piano), son registrate due trascrizioni di
questo recitativo ed aria, tratto A&W Artaserse del Meta-
stasio, a. I, se. 1*, in Opere, ed. cit., I, 9.
22. Corpo di Bacco (Ind., II, 14). Nella Favola de' tre gobbi. In-
termezzo del Goldoni (Venezia, Zatta, voi. 35, 1789-95),
registrato dal Sonheck, II, 483, ma è diverso il principio :
* Corpo di Bacco | San Parpagnacco .. Cfr. in Sonneck,
li, 1090, / tre gobbi rivali, Intermezzo a 4 voci da can-
tarsi dalla Compagnia dei Comici Lombardi nel teatro dei
Fiorentini nel Carnevale del 1783, Napoli, 1783. £ una
riduzione in due atti dei Tre gobbi goldoniani, musica
del Fabrizi romano. Nel 2° Intermezzo c'è l'aria Corpo
di Bacco.
23. Crude stelle (Ind., I, 65). Strofetta di quattro quadrisillabi,
registrata daU'HuoHES, II, 611, dì sull'Additioo. 31759 e
più addietro (II, 235) di sull'Àddition. 1269, quello del
prine. del sec. XIX, questo della fine del XVIU.
24. Da brano, Cattina (Ind., 1, 66). In Hughes, II, 610, dall'Àd-
dition. 31756, del princ. del XIX aec, con la var. Da
braca Carina, insieme con la seconda parte Basta cussi.
Con questa medesima variante riappare nell' Addition.
31757 (HuoHES, II, 611).
25. Dal di ch'io ti mirai (Ind., I, 67). In Hughks, II, 586, dal-
l'Addition. 31226 del sec. XVllI, cantata italiana dì
Bened. Marcello con la var. Dal dì ch'io rimirai, mio caro.
Lo stesso Hughes, II, 527, registra dall'Àddition. 31504,
poster, al 1740, fra le Cantate ed arie di Niccola Porpora:
Dal di che ti mirai. Ma la nostra, formata di due stro-
D,!„t,zed.yGOOg[e
SRTTECKNTO CANORO 207
fette, suona così: * Dal di ch'io vi mirai, j Pupille lusin-
ghiere, I Non sa che sìa piacere | Il povero mio cor ..
26. Ddce mio bm, perdona (Ind., I, 86). Il Sohneck, I, 958,
registra un Dolce mìo ben ne La Rosilla, Tragicommedia
di Filostrato Lucano Cinneo, Napoli, 1733, musica del
sig. Antonio Orefici. Dolce mio ben è anche l'inizio d'un
madrigale Canto di Baldetsar Donato in // secondo libro
de Madrigali a quattro voci, in Venetia, appresso Antonio
Gardano, 1568, in Vooel, I, 207. Dolce ben mio è il prin-
cipio d'una delle Villanelle a tre et a quattro vari et arie
di Franco Lombardi, Libro primo, in Napoli, Bonino, 1607
(VoflEL, I, 340). Infine, con Dolce mìo bene comincia un'aria
degli Affetti canori, cantate ed ariette di 6. Batt. Bassani,
maestro di cappella dell 'illustrissima Accademia della
Morte di Ferrara, ecc., Venetia, Sala, 1692, p. 73 (VoeEi,,
I, 71).
27. Dolci aurate, ombre notturne (Ind., I, 87). Affatto diversa
dev'essere la Dolce auretla, compresa nei Musicali concenti
a una e due voci di Nicolò Borboni, Libro primo, in Roma,
l'anno 1618, registrata dal Vooel, I, 109.
28. Dovea svenarti allora {Ind., I. 90). In Huohes, II, 357, dal-
l'Addition. 14207, che contiene arie d'opera con accompa-
gnamento, questa, tratta dal Catone in Utica del Motastasio,
a. II, ac. 13' (Opere, IV, 82), musica del Duni, e. 1738.
Lo stesso HuaHBS, II, 340, dall'Addition. 31593, conte-
nente arie di opere con accompagnamento, registra que-
st'aria dal Catone, 1727, di Leonardo Vinci.
29. Ecco alle mie catene (Ind., I, 92). È del Metastasio (Opere,
ed. cit., II. 275), nell'.Ezto, a. II, se. 13».
30. Ecco, che tuUi all'armi (Ind., I, 94). È, come s'è detto, uno
dei pochi canti di guerra del Settecento italiano. Non è
la canzone violenta d'una Amazzone del Weisse, quella
che il nostro Bertola, in Appendice aW'Idea della bella
Letteratura alemanna, t. I, 1784, pp. 207 sgg., fece co-
noscere agl'Italiani, tradotta in una prosa abbastanza
vigorosa, ma attenuandone le asprezze che parevano so-
verchie a' suoi orecchi delicati di arcade. Si veda anche
ciò che il riminese dice, a pp. 214-15 n, delle ' Canzoni
di guerra di un granatiere prussiano , del Gleim, poste
in musica e pubblicate a Berlino nel 1758. Su questo
D,!„t,zed.yGOOg[e
208 VITTORIO CIAK
argomento può giovare il saggio di G. Natali in Idee,
costumi, uomini del Settecento, Torino (1916), pp. 99 egg.,
intitolato La guerra e la pace nel pensiero italiano del
sec. XVIII.
31. Ecco di Gnido al tempio (Intl., I, 95). È la 16» delle Ana-
creontiche del Vittorelli, nella ediz. Venezia, 1797; nel-
l'ediz, Simioni, p. 88. Neli'Addition. 31759,fol. 15, e daU
anonima (Husbes, II, 611), e parimente nell' Addition.
31769, fol. 37*, con la var. Questo è di Onido il tempio.
32. Erma valle, amico mo (Ind.,l, 96). In Hughes, II, 613, dal-
l'Àddition. 31769, fol. 846, musicaU dal Widmann.
33. Fìlle, se mai pretendi {Ind., I, 97-98). Conquesto some pa-
storale di Fille e di Fillide incominciano molti madri-
gali e canzonette dei secoli XVI e XVII (cfr. Yooel, I,
22, 27, 62, 63, ecc.). Di Filli invocate in rima sono pieni
particolarmente i Madrigali di Bartolomeo Barbeiino (Ve-
netia, 1617), e le Canzonette dello stesso (Venetia, 1613),
come si può vedere dai capoversi clie ne riferisce il Vogel,
I, 63. Numerosi i capoversi che cominciano con Fille e
Filli anche nell'Indice dell'HuoHES.
34. Fra cento affanni e cento {Ind.. I, 101). È del Metaetasio
(Opere, ed. cit., I, 12), nell '.^r/o serse, a. II, se. 2*.
35. Fra Formica, fra Formica {Ind., !. 102). Deformato in Fan-
formica, Fanformica. si trova trascritto dal Besnoni nei
cit. Canti popol, veneziani, punt. XI, n. 8. Le trasforma-
zioni e varianti sono qui non poche, nà lievi; questa, so-
vrattutto, che invece d'una " citella . come nel nostro me.,
la compiacente devota è una " vedovella ,.
36. Forza h ch'io ceda {Ind., I, 22). In Hoohes, IJ, 365, dal-
l'Addition. 31817, della fine del sec. 18°, come aria dì
Angelo Tarchi.
37. Già la notte s'acncina (Ind., I, 112). Hughes, II, 592 e 84,
dall' Addition. 31742, del sec, 18°, registra fra le ' Can-
zoncine , con accompagnamento di piano, di Domenico
Cimarosa, Già la notte s'avvicina, e dall'Addition. 31732,
della seconda metà del sec, 18°, fra i DiteUini notturni
di Gottlieb Naumann, autogr., al fot. 6, Già la notte s'av-
vicina, le cui due prime strofe sono prese dalla Cantata
La Pesca del Metastasi», musicata dal Porpora (confr.
D,!„t,zed.yGOOg[e
3BTTKKKT0 CANOKO 209
S. Mattei, Prefaz. al t. XIII delle O^wrt del Metastasio,
Napoli. 1784). Opere, ed. cit., Vili, 375.
38. Giunse il fatai momento {Ind., I, 114). In Huohbs, II, 309,
dali'Addition. 14396, o. del 1786, registra Giunse al fin
il momento, che è il rondeau de Le Nozze di Figaro, eoo
aocorapagnamento di pianoforte del Mozart.
39. Grazie agl'inganni tuoi (Jnd., 7, 115). Io Hughbb, li, 585,
dali'Addition. 24307, canto con accompagnamento; e a
p. 7 dali'Addition. 31462; in entrambi i casi anonima.
Ma è la famosa canzonetta metastasiana La libertà, dalla
quale qui sono riprodotte con una storpiatura {lagni in-
vece di lacci) due strofette soltanto.
40. Guarda che bianca luna {Ind., 1, 117). È la 7* nella Rac-
colta delle Anacreontiche del VittorelH, ed. cit. di Venezia ;
nell'ediz. cit. del Simioni, a p. 84.
41. Il cagnolin vezzoso {Ind., I, 121). È del Vittorelli, fra le
Anacreontiche, ed. Simioni, p. 82.
42. H mio ben quando verrà {Ind,, li, 28). H mio ben è i) prin-
cipio d'uno dei Madrigaletti a due ei a tre voci, compresi
nel Canto primo di Stefano Bernardi, Venetia, Vincenti,
1627 (VooBi,, I, 90). Ma questa e l'aria famosa della
Nina pazza per amore, del Lorenzi, come, del resto, av-
verte la didascalia del nostro ms. Sì trova registrata
anche in Huqhes, II, 315, dal ma. Addition. 31724, fol. 16 b,
come musicata dal Paìsiello, nel 1787.
43. La gelosia i bestiola {lnd.,1, 133). Hughes, II, 642, nell'Ad-
dition. 32314, segnala 3 Cantate italiane del Oraun, una
delle quali La Gelosia com. ' Ahi, qual cruccio ,,
44. La Nanata villanella {Ind., l, 136). Huohes, II, 610, dal-
i'Addition. 31755, del princìpio del sec. XIX, contenente
Canti specialmente twieziani, canzonette, ecc., con accompa-
gnamento: * La Nanetta ,, probabilmente la stessa della
nostra raccolta.
45. La neve alla montagna {Ind., I, 157). Huohes, II, 370, nel-
l'Additìon. 17830, del aec. XVIIl-XIX, contenente fram-
menti di Opere di mano di Domenico Dragonetti, fol. 47,
addita La neee in la montagna. Ma è del Rolli, L'Inverno ;
solo le prime due strofette.
46. La sorte mia tiranna {Ind., I, 142). % del Metaatasio, nel
Siroe, a. I, se. 13» {Opere, ed. cit.. Ili, 245). Neil' Addition.
JUi ittUa k. Acendim-t — Voi. LV. 14
D,!„t,zed.yGOOg[e
210 VITTOHIO CUN
'H1654 (e. 1751-7), contenente ^ne con sinfonie e accom-
pagnamento di musica, in questa parte di Baldass. 6a-
luppi; al fol. 177 il HuoHES, IT, 290, segnala <|aflst'arìa.
47. Lilla, se non m'intendi {Ind., I, 144). Nel Voqel, 1. 70. 156.
229, 246, troviamo non poche canzonette mosicali che
nel capoverso recano il nome di Lilla, ma nesmna che
possa identificarsi con la nostra.
48. Luci adorate del mio trsoro (Ind., I, 146-7), Hughes. Il, 275,
segnala nell'Addition. 31655 (e. 1747-48), al fol. 22: Luci
amate, di Matteo Capranica.
49. Mamma mia, non mi gridate (Ind.. 1,149). È anche nell'Ad-
dition. 31724, poster, al 1794 (Hdoheb, TI, 576), e nel-
l'Addition. 25075. della fine del sec. 18° (Huobes, li. 596).
Racconto d'una licenziosa avventura con un frate; non
ne ho trovato riseontri nella letteratura antifratesca.
50. Mama mia, qttal'è quell'aria {Ind.,1, 150). Interessante e gu-
stosa varietà del vecchio motivo tradizionale della ra-
gazza desiderosa di nozze; sovrattutto perchè ci troviamo
dinanzi ad una di quelle " incatenature ., che furono co^
btiiie illustrate dal D'Ancona, da Severino Ferrari e, recen-
temente, dal Nevati. Il quale ultimo nel bel Contributo cit.,
pp. 904 3gg., illustrò come nessun altro avrebbe potuto,
r " incatenatura . u ' fricassea , di Lodovico Fogliani,
compresa nel IX libro delle Frottole, edite dal Petrucci
fra il 1504 e il 1508. Riservandomi dì illustrare altrove
la nostra canzonetta-incatenatura, mi limito qui ad ad-
ditare due altri esemplari settecenteschi veneziani di
contrasto fra madre e figlia; quello Le concuhion ' Siora
mare, consolème „, e l'altro. Contrasto fra la mare e la
fia che voi maridarse (che com. * L'è curiosa che no possa ■),
■ entrambe fatte conoscere dal Malamani, Il Settecento a
Venezia. II. La Mu.ta popolare, Torino, 1892, pp, 93-5,
259 sg. Il Malamani pubblicò anche (pp. 241 eg.) un Con-
trasto tra mare e fia per un gobo, del 1740 (che com,
" Cessa fustu, di, Zaneta ,), interessante, perchè la madre
confessa che Tonino, alla cui mano aspira la figlia, è og-
getto del suo amore, onde essa vorrebbe darle invece un
caro ' gobeto ,.
51. Maritati, o poverelli [Ind., l, 153). In Hughes, TI, 306 e 381,
è registrato dallAddition. 31747 (sec. XVKI-XIX), il re-
zed.yGOOgle
SBTTECBKTO CANORO 211
citativo ' Misero Bernardone , con aria " Maritati pove-
relli ,, eoQ aìnfonie e accompagnamento di vari strumenti,
di Domenico Cimarosa (P).
52. iTha ditto la mia marna {Ind., I, 157). In Hdobes, II, 593,
è registrato dall'Addition. 31742 (sec. XVIII): ■ Mi ha
detto la mìa mamma ,.
53. Mio ben, ricordati (Ind., I, 162). È del Metaatasio (Opert,
ed. cit., IV, 331), aelV Alessandro, a. IH, se. 7*, e occorre
anche nell'Addition. 31759, fol. 106 b).
54. Mio por, tu prendi a scherno {Ind., I, 163). S anche questa
del Metastaaio {Opere, ed. cit., II, 403), nel Ciclope.
55. Nella stagion dei bòcoli {Ind., I, '169). Come s'è avvertito, è
una riduzione dal Lamberti. Gfr. MALAHAta, op. citata,
pp. 58-60, che la dice ridotta dal francese. II Mal. avverte
in nota 2, p. 60. che la musica di questa canzonetta si
può trovare al Museo Civico, Raccolta Cicogna, a. 157,
biwtalS. È anche nell'Addition. 31759, registrata dall'Ho-
OBE6, II, 611. Si trova nella iV^uomi Collezione di poesie scritte
in dialetto veneziano da Antonio Lahbebti, voi. 1, Treviso, tip.
Andreola, 1835, pp. 180-3, col titolo Et tropo e'I tropo paco.
56. Niee dorme, io bagno iiUanto {Ind., I, 170). È nel solito Ad-
dition. 31759, fol. 121 b, registrata dall'HuoHES, II, 612.
57. iVina, non dir di no (Ind.. I. 172-173). È trascritta in tre Ad-
dition. 31760, 31755, 31757, in Hdoheb, II, 607, 610 e 611.
58. Non è vero, ingrata Nice {Ind.. I, 176). Hughes, II, 609, la
segnala nell'Addition. 34202, fol. 73 (sec. 18''-I9'>).
59. Non far la smorfiosa {Ind., I, 177). Dall'Addition. 31759,
fol. 4, la registra Hdohes, li, 611,
60. Non so frenare il pianto {Ind., I, 180). È del Metaatasio,
Demetrio, a. II, se. 12', ed è trascrìtta nei quattro Ad-
dition. 31632, 31634, 14230 e 31593 (Hughes, II, 287,
298, 329, 340). Nel primo di questi mss. l'aria figura
come del Farnace di Gius. Adami su parole del Meta-
stasio, nel quarto, come musicata da Leonardo Vinci.
61. Non ti appressare all'urna {Ind., I, 181). È la 21* delle cit.
Anacreontiche del Vittorelli, ma col capoverso Non t'ac-
costare all'urna appare anche negli Addition. 31759 e
31769 (HuoHBB, II, 611, 613), nonché nella stampa in
foglio volante, creduta del Malahahi, op. cit., p. 236,
nota, dove è adespota.
D,!„t,zed.yGOOg[e
212 VITTORIO CIAN
62. Non v'i più barbaro (Ind., I, 182). È del Metastasio (De-
metrio, a. II, scena 11*) ed è traacritta anche negli Àd-
dition. 14230 (sec. 18»), 31598 e 31651, nel secondo dei
quali figura come muaicata da Ad. Haase, nel terzo da
Q. Pr. de Maio (HtroHES, II, 329, 289. 298).
63. Numi, se giuati siete (Ind., 1, 183). È dol Metastaaio, nel-
V Adriano, a. 1, se. 11* (Opere, ed. cit., I, 137); appare
anche trascrìtta nell'Additios. 31724 (Hughes, II, 315).
64. 0 cara immagine del mio tesoro (Ind., I, 185). È anche nel-
l'Addition. 14208 (sec. 18", seconda metà), quale cavatina
con accompagnamento dì piano, di Camillo Aureli (Hughes,
II, 328).
65. Oh che caso, che strano ai»ù2en^e (7tu2., Il, 46). Nell'Additton.
31756 il Hughes, II, 611, registra on Oh che caso.
66. Oh che felici pianti (Ind., I, 189). È del Metastaaio (Opere,
ed. cit., VI, 47), nella Zenobìa, a. II, se. 5*.
67. Oh Dio! mancar mi sento (Ind., I, 190). È anche questa del
Metastaaio, nsìV Adriano, a. IH, se. 2* (Opere, ed. cit., I,
192). Cfr. l'Addition. 31649, in Hdohbs, II, 260.
68. Ornai tutto oscura notte (Ind., 1, 194). La didascalia del
nostro ma. ' Carlotta alla tomba di Verter ,, dovrebbe
agevolare l'identificazione.
69. Ombra cara ed amorosa (Ind., I, 195), Hughks, II, 348, la
segnala esistente nell'Addition. 14175, della 2' metà del
sec. 18", come musicata da Tommaso Traetta.
70. Ombre amene, amiche piante (Ind., I, 196). È del Metastasio
neiV Angelica, P. I (Opere, ed. cit., X, 196). Trovasi pure
neir Addition. 31742 (sec. 18°}, registrata dall'HcoHEs,
H, 593.
71. Ombre dilette, insane (Ind., I, 198). Nonostante la grande
somiglianza del capoverso, non è identificabile con ì'Ombra
dilata del Metastasio (Opere, ed. cit., H, 146). (Hr. l'Ad-
dition. 30973, in Hughbs, li, 293.
72. Or che la notte placida (Ind., I, 199). Il Vogel, I, 144, se-
gnala nel iVtmo mazzetto di fiori musicalmente eoJtt dal
Giardino Bellerefonteo, ecc., di B. Castaldi (Venetia, Vin-
centi, 1623), una canzonetta Or che la niOte. Mell'Ad-
dition. 31759, abbiamo Or chela notte ombrosa (Huohes.
II, 611; cfr. anche II, 613, dall'Addition. 31769).
73. Orgoglioso fiumicello [Ind., I, 200). È recata anche nelI'Ad-
D,!„t,zed.yGOOg[e
SETTBCBKTO CANORO 213
ditìon. 31591, in un gruppo di Canzoncine probabilmente
di Domen. Cimarosa (Htiohes, II, 606); nell' Additìoo.
14229 (e. 1723-32), come muaicatA da Giov. Ad. Hfisse
(HtTQHBS, U, 514),. e oelI'Addition. 81604, musicata dallo
Hasse (Hu&hes, U, 527).
74. Parma, compatirne (Jnd., I, 206). È anche nell'Addition. 31724
e nel 31755 (Hc&hes, U, 315, 610), ma forse tanto vb-
rìata dal nostro quanto è il testo offerto dal MALAiuin,
op, cit., pp. 120-2, col titolo Cassa che panaria e anonima.
75. Parapatun ck'è morta la vecia (Ind., I, 205). Fa pensare alla
canz. Pata pota patapon dell'Egerton 1519-1521, in Hughes,
n. 518.
76. Partirò dal caro bene (Ind., I, 207). È anche nell'Addition.
31812 (Hu&HES, n, 320).
77. Passò quel tempo, Enea {Ind., II, 54). È del Metastasìo, nella
nota se. 4* dell'a. Il della Bidone abbandonata {Opere,
ed. cit., m, 49).
78. Per carUà, Belina {Ind., I, 213). L'Hdghes, II, 610, la re-
gistra nell'Addition. 31755.
79. Per te,Nina,pien (^affetto (/mf., I, 219). Anche nell'Addition.
31755 e nel 31756 troviamo una Per ti, Nina (Hughes,
n, 610-11).
80. Per vivere contenti {Ind., I, 221). Pare la contenga anche
l'Addition. 31724, posteriore al 1794; dico ' pare ,, perchè
in HuoHES, II, 576, il capoverso è dato con nna variante
nella parola finale in rima: " Per vivere contento ,.
81. Prendi, Augusto compiangi e non l'amico. Cfr. piìi nanzi, il
n. 86.
82. PupilletU, die destate {Ind., \, 228). In HijOHEa,II, 169 e 524,
sono registrate da due mss., l'Addition. 24312 (sec. 18°),
un madrigale dì Alessandro Strudella che com. PupilOte
amorose, e l'Addition. 14211, del 1736 e, una canzonetta
Pupillette idolatrate, di Frane. Mancini.
83. Pitti, mi gho qua un fior {Ind., 1, 229). È anche nell'Ad-
dition. 31757, come rilevo dall'HuGHES, II, 611.
84. Quanto mai felici siete (/n(2., 1,235). È del Uetastasio (Opere,
ed. cit., Il, 226). È pure nell'Addition. 31655 e nell'Ad-
dition. 31676 (Hdohes, II, 276, 344).
85. Quella fiamma che m'accende {Ind., I, 238). Nel Sokneck,
II, 337, è segnalata un'aria Quella fiamma che v'accende.
D,!„t,zed.yGOOg[e
214 VITTORtO CIAN
come tratta dal Curioso accidente, dramma giocoso per mu-
sica di Giov. Bertati, da rappresentarsi nel nobile Teatro
Giustiniani in 8. Moisè per la prima opera dell'autnoco
1789, Venezia, Zenzo, 1789.
86. Recami quell'acciaro {Jnd., II, 61). È, ridotta, del Metaatasio.
nell'ozio, a. II, so. 7* {Opere, ed. cit., Il, 254). È anche
nell'Àddìtion. 14208, dei sec. 18°, come musicata da Ant.
Sacchini, e. 1770. Col verso che precede * Prendi, Au-
gusto compiangi e non T amico ., essa compare nella
P. I, e. 5 a, a. 227 bis del nostro Ind.
87. Ricordati, mio bene (Ind., I, 241). Nell'Addition. 14223, della
metà del sec. 18°, v'è un Ricordati, ben mio, musicato da
Niccolò Piccinni {Hughes, II, 285).
88. Sacre piante, amicorio{Ind.,l,2i2).È del Metastaaio (Op«r<!,
ed. cit., Vili, 346), nella Festa teatrale - Cantata il Par-
naso confuso.
89. Sacri orrori, amiche selce [Ind., I, 243). È anche del Meta-
atasio (Opere, ed. cit., XIII, 109). Cfr. t. VII, 102, Primo
■ stato (redazione) Ae\V Azione sacra intitolata S. Elena al
Calvario, dove le due strofe cominciano, alquanto variate:
" Sacri orrori, ombre felici ,. È anche, con evidente va-
rietà, un ' Coro , nell'Addition. 31717 (Hcohbs, II, 346),
che com. : Sacro orrore.
90. Saper bramate (Ind., I, 244). È del Metestasio (Opere, ed.
cit., VII, 56), nella Semiramide, a. II, se. 4*.
91. Se cerca, se dice, ecc. (Ind., I, 245). Anche questa è del Meta-
staaìo (Opere, ed. cit., II, 6b),neìl' Olimpiade, a. II, se. 10*).
Lo reca anche l'Addition. 32674, con musica del Jom-
melli (1769), come nota rUuoHea, II, 385.
92. Se mi ce fosse arente (Ind., 1, 249). E tratta, adespota, come
sempre, dalla commedia di 0. Goldoni, / due gemelli ve-
neziani, a. Ili, se. 2*. La riprodusse il Malamani, op.
cit., pp. 67-8.
98. Si, chi son io lo sai (Ind., Il, 65). L'Addition. 31440 (anter.
al 1685 P), contenente Madrigali a 5 voci di F. Reggio,
al fol. 1856, reca Si ch'io... (Huohes, 11, 155). Sarà lo
stesso canto?
94. Si, tacerò, se così vuoi (Ind.,l, 254). È del ì/letABtaaio (Opere,
ed. cit., IX, 10), nel dramma // trionfo di Clelia, dove il
capoverso è nella forma corretta: ' Si, tacerò se vuoi ,.
D,!„t,zed.yGOOg[e
SETFBCBNTO CASOSO 215
95. Si, veramente io deggio {Ind., II, €7). È nella Didone abban-
donata del Metaetasio, a. II, se. 4* (Opere, ed. cit., a. Ili,
8C. 4').
36. Solitario bosco ombroso {Ind., 1, 255). Si trova anche nel-
l'Addition. 31724 (poster, al 1794), nell'Addition. 31817,
della fìne del sec. 18°, e nell'Addition. 17830 (xec ISo-lO"),
come appare dall'HuanES, n, 576, 365, .S70. Ma è del Rolli
De' Poetici componimenti del sig. P. Bolli, lib, li, Nizza,
1782, pp. 165 Bg.).
97. Son ferito in mezzo al core {Ind., 1, 258). Nell'Addition. 14218
(del 1688?), l'HuQHES, II, 485, registra una cantata, al
fol. 71, che com. Son ferita.
98. Sorge la bella Aurora {Ind., I, 259). Nella raccolta di Con-
zoneUe a una e due voci, ecc., di Bartolou. Barbarino
da Fabriano detto il Pesarino, Venetia, 1616 (Vogbl, I, 63),
è una canzonetta Sorge l'Aurora dì Frane, Corniani.
99. Spine, voi che germogliate {Ind., I, 262). È anche nell'Ad-
dition. 31759, del principio del sec. 18° (Hughes, II, 611).
100. Sul mattin quando l'Aurora {Ind,, I, 266). Nella raccolta
di Canzonette, ecc., cit., aotto il n. 98, è indicata dal Yooel,
I, 63, la canzonetta del Rinuccini Sul mattin quando.
101. Superbo dime stesso {lnd.,U, 69 ftis)- Negli Addition. 31648
(1730-1813), 31602 (Hughes, II. 259, 266), contenente
Arie, ecc., da Opere, e 29274, nel primo con musica del
Gimarosa, negli altri due, del Pergolese, è registrata
quest'aria àeìV Olimpiade, a, I, se. 2" (Opere, ed. cit., Il, 13).
102. 7^ fflt sprezzi e tu non m'ami (Ind., t, 270). Ricorda il
Tu mi disprezzi, ingrato del Metastasio (Opere, ed. cit.,
Vn, 50).
103. Tutto, mie care donne {Ind., I, 272). Nell'Addition. 31712,
della fine del sec. 18°, è registrata quest'Aria, probabil-
mente dall'opera La forza delle donne (1780) di Pasquale
Anfossi (HuoHES, II, 362).
104. Vago pensando, o nonola {Ind., 1, 276), Premesso che ' vago „
anche oggi, nella parlata veneziana, equivale a ' vado ,,
e che * nonola , è un vezzeggiativo amoroso corrispon-
dente, press'a poco, a * cuor mio „, noto che questa canzon.
è del Lamberti (Nuova collezione cit., voi. I, pp, 137-9,
dove s'intitola El pensier), e fu riprodotta dal Malahani,
op. cit., pp. 137-9. Ma nel nostro ms. questa deliziosa
D,!„t,zed.yGOOg[e
TITTOKIO CIAK
Btrofette. È anche negli
musica di G. S. Mayer
canzonetta è ridotta da 14 a
Addition. 31756 e 31757, oo
(Hughes, II, 610).
105. Vedrete che allegria {Ind., I, 278). Nell'Addition. 31705,
contenente numeri d'opera, con sinfonie e accompagaà-
menti, ecc., questa canzoo. è data come tratta da un'opera
di Vino. Martini, nella quale appaiono Ciprigna, Finta e
Bonarco (Hughes, II, 362).
106. Vicino a Nina {Ind., I, 280). Nell'Addition. 31756, questa
canzon., al fol. 21, è data con musica di 6, B. Peruchini
(Hdohes, ir, 610). È del Lamberti e ai legge, col tìtolo
El sofà, nella cit. Nuova Confezione delle sue Poesie, voi. I,
pp. 177-9.
1G7. Vieni, o real donzella {Ind., I, 280 bis). È anche nell'Ad-
dition. 31650, contenente Arie di Opere, del 1730, al
fol. 16, come tratta dall'opera I giochi d'Agrigenti (1792)
di Giovanni Paisiello (Hughes, lì, 260).
108. VlLLOTTB.
Se ne danno qui i capoversi in ordine alfabetico, indicandone
la collocazione net ma., e avvertendo che si trovano
tutte nella 1* Parte e sono pubbl. in parte neWAppend.
1. Alta da terra senza la pianella e. 17 fr
Segue, concatenata, alla n. 37 Sette bellezze.
2. Andando a Medro colla me messora
3. A notte, a mezza notte sona i vespri
4. Arsera, l'altra sera ho visto l'Orco .
5. Gara, per ben mostrar le tue fattezze ... e. 5 6
6. Diavolo lo porta via lo paroloto e. 17 fr
7. Dicono i vati che sia il Dio Cupido
8. È andado a messa prima el me Curato
9. Era nell'orto che basava el gatto . . . , e. 17 fr
10. E venze fora el paron de quelle zucche
11. Ohe vogio tanto ben all'anzoleta e. 5 fr
Si trova anche nel Bernoni, op. cit., Punt. 11, n. 54.
12. Idolo mio, deh vieni il suono umile .... e. 5 ^
13. Il rossignuolo dal natio boschetto
14. Il mio garzone il pifero suonava .
È la 1" di un ciclo di 6 villotte, che si pub-
blicano in Appendice, n. 16.
D,!„t,zed.yGOOg[e
19).
SETTKCBNTO CANORO
15. La chitarrìna no la voi più sonare
16. La me morosa è cara cara . . .
17. La me morosa l'è dura de corpo.
18. La me morosa la s'è ca... adosso
19. La me morosa l'è una bella putta
20. La me morosa la se da Pelanda.
21. La me morosa l'è una bella putta
(Continua diversamente dall'antecedente
22. La me morosa quando che glie scappa
23. La me morosa stava alla finestra . .
(Continna con un'altra cosf sconcia, che il ca-
poverso non ne è riferibile).
24. La prima volta ch'ho dormìo con donne . .
25-8. Me son inamorado in quattro vede . . .
(Seguono altre tre villotte incatenate con
questa, tutte contro le vecchie).
29. Me son inamorà in una marzetta
30. Me Bonti innamora o m'innamoro
31. Morosa bella, vota che te diga . .
32. Non mi far languire, o vita mia . .
83. Omini della vai fé tuti festa . .
34. Oh tote via de qua, mostasso intento
35. Parapatun, ch'è morta la vecchia
36. Put... busBFona, ho visto l'orco . .
37. Quando frisin frison frìsea lo pesse .
(La stessa, con lievi varianti, a e. 5
38. Quando sarà quel di e quella notte .
39. Quant'esser pagheria in un zinbattino
Era stata già registrata nelì'Tndice, sotto
n. 234, P. l.
40. Quanti ghe n'è che brama la fortuna .
41. Questo piii bel seren fu nuvolao . . .
È anche nel Bebnoni, op. cit., Punt. II, n
42. Se mai ti apiran l'aure al viso intorno
43. Sette bellezze ha d'aver la donna . .
(Sì continua con Alta da terra, ecc., al i
44. Su tn vedessi il e... de la me Togna
45. So andà su chìgb dalla Cattarina . .
46. Son nato appena al mondo ch'ho sentito
47. Son stato per il mondo a me palese
54
, 17 4
5ft
17 4
18 4
54
D,!„t,zed.yGOOg[e
218 rrrroRio ciav
18. Sospira pur sovente, idolo mio e. 6 a
49. Sta notte ho visto la Togna sn l'ara . . . e. Il b
50. Sta notto m'ho insogna la Ltsabetta
51. Sta notte son sogna c'fao ca.. in letto
52. Talor m'augbro diventar un cane
53. Tanti ghe n'è che sona al conaggioiie
54. Tiritofoto vegnl fora col brenton e cola lora e. bb
Di villotte abbiamo raccolte antiche e moderne, spesso
interessanti. Fra le più antiche a stampa, con questo
nome, sono quelle comprese nel Libro primo della For-
tuna, silloge musicale, stampata a Venezia, forse da Ottav.
Scoto, nel 1535 (Vooel, II, 379), seguito dalle rare rac-
colto, segnalate e descritte dal Vooel, t, 46-7, di Filippo
Azzaiolo, Il primo libro di ViUote alla padoana con alcune
napoliiane a quattro voci intitolate ViUote del fiore, Ve-
netia, per Antonio Qardano, 1557, e 11 secondo libro di
ViUote del fiore alla padoana con alcune napolìtane, ecc.,
Venetia, Gardano, 1559. Fra le più caratteristiche sono
le friulane, delle quali abbiamo le note raccolte del I^eicht
(1867), dell'Arboit (1876), ecc. Del Caliari abbiamo ^a-
tiche villotte e aUri canti del folk-lore veronese, Verona-
Padova, Drucker, 1900. Mediocre lavoro e, nella parte
consacrata al dialetto, pretensionoso e superficiale, è il vo-
lumetto cit. di C. SouBOBN, Das retiezianische Volktlied:
Die Villotta. Delle villotte parla piìi volte il Rdbibbi,
Storia d. poesia popol. ital., Firenze, Barbèra, 1877, e sul
significato di questa parola, equivalente all'altro di * vil-
lanella ,, vedasi F. Novati, Contributo, cit-, p. 960.
109. Za s'abbazava el zorno [Ind., I, 284). È anonima, come tutte
le poesie della nostra raccolta, ma è certamente del Lam-
berti, ed è la seconda parte della famosa canz. La bion-
dina in gondoleta (La Gondoleta). SÌ trova staccata anche
nell'Addition. 34295 (Hughes, II, 609-1 1) ; mentre nell'Ad-
dition. 31756 sono comprese tutt'e due le parti (Hughes,
II, 610). È riferita anche dal Malaham, op. cit., pp. 188-9.
Questa seconda canzonetta s'intitola nelle stampe La Ma-
rina {Nuova Collezione cit., voi. I, pp. 91-3),
zed.yGOOg[e
3ETTECBNTD CANORO
APPENDICE
Pei ti, mia cara Nina,
Non BO trovar mai paae,
Qnel tanto ohe me pìaaa
If'a&nnB notte e d{.
E par ch'ella mi dina:
' Caro, ze qua el momento
Cbe ti tatb contento,
Cbe te dirb de «i ,.
[Zonetto a Gattina].
Da brava, Cattina,
Hottreve booina,
Mostre y e pietosa,
Cortese con mi.
Uu baso domando.
No ze un con trabando,
No xe una gran coea,
Diaeme de si.
Fin l'uso el consente,
L'È n> baso innocente.
Né soHre alcun danno
La vostra virtii.
Cbe ecropolo è qqetto?
Che genio molesto?
Che sorte d'inganno?
Ho vìa, disé sii.
Base pur lior pare.
Base pur sìora mare,
E al vostro Zanetto
Va baso neghé?
Sa ve che v'adoro,
Che ih el mio tesoro,
E in premio al mio affetto
Cnsi me tratte?
8b amabile e cara,
No sìé tanto avara.
No sié, cara xoia,
Scortese con mi.
Da brava. Gattina,
Uostreve bonina.
Cave me sta voia.
Diaeme de ai.
[Cattloa a Zanetto].
Baata cosi, ma basta.
D'amarti te prometto.
Nessun te Io contrasta.
Tutto el mio cor ti gha.
8on certa, caro fio,
Son certa, ti xé mio.
Ha va via, va via Zanetto,
Ho va via, per carità.
V. IO. rabbi, hai avnto (t'a'bu).
T'ho contenta de oor.
T'abbil da mi un baaetto.
Ti m'ha domanda amor,
E l'amor mio t'bo dà.
Credimi, no par bon
Quel star in teuochion.
Ta via, va via, Zanetto,
Ho va via, per carità.
zed.yGOOg[e
VITTORIO CIAN
Qnel c'ite ti voi da mi,
Disponi e del mio affetto:
Ila, oh Dio, basta onsH
Domao te tornerà.
Quei occhi e qoel parlar
Quel forte sospirar.
Va ?ia, va via, eco.
3ì si, li t'ho caplo,
No dnbitar, sta qoieto,
Anima mia, ma, oh Dio!
Abbi de mi pietà.
Dhe smania, che calor,
Come mi trema il cor.
Va
Hama mia, non mi ((ridate.
Vi dirò Ib verità.
Sotto al letto v'era un frate
Che chiedea la carità.
Col la la la la la col lalarà
La laralà.
Questo frate zitto zitto
È vennto poco fa
E si pose a. capo ritto
Che mi ha tutta spaventa.
Col la la, ecc.
Lui mi prese per la mano
E la volle auoo baciar
E mi disse piano piano ;
* Io ti voglio consolar ,.
Io ti
, rossa
E mi posi anche a tremar,
E mi prese a tutta possa
Che mi fece spiritar.
Coaa disse e cosa fece
Non lo so ben ricordar.
Ha di sdegno amor invece
Ei nel sen mi fé' provar.
Col la la. ecc.
Se provaste, madre amata.
Del mio frat« la bontà,
Questo misero mio fallo
Vi iarebbe. oh Dio, pietà.
Gol la la, eco.
In gabbia nn nsoignuolo
Avea per mio diletto
E un giorno per dispetto
Da quella mi scampò.
Adesso il fnrbettino
Vorrebbe ritornare.
Hi prega col cantare,
Ha io gli dico : no.
Frìn frin frìn frin
Chio chioro chio chiò.
Se canta quell'augello,
Non canta per amore,
Ha spiega l'aspro cuore
Dì chi lo ingabbib.
Rimira la gabbietta,
S voi ozia intorno a quella,
Poi dice in sua hvella:
* Za pid non tornerò ,.
frin frin, ecc.
Chio chioro, ecc.
Ecco che tutti all'armi
Già sono i reggimenti,
Al Buono di strumenti
Cominciano a marciar.
Sen van tutti alla guerra
Le truppe valorose,
Benché le sue morose
Conviene allor la«ciar.
D,!„t,zed.yGOOg[e
SBTTBCBNTO CANORO
Non pid piangete, o care,
Se alfin dobbi&m partire.
0 vincete o morire,
Cotesto h it ga6TTegf(ia.T.
Ahi che ^à ben io sento
Della gran banda il «uonc
Con armonioao tuono
In ritaci a i
ISHOmma % tntto pronto.
Spiegate le bandiere,
Schierate le trinciere.
Sì sente a bombeggiar.
Parenti miei, addio,
Amici, già *ì lascio.
Vi prego d'un abbraccio
Volermi alfin donar.
Cara udienza benedetta,
Ve dimando perdonanza,
Se per mi ve dol la pania,
Perché adesso abbia canta.
Se ho canta, bo canta mi solo,
E mi solo ho sfadigà.
Se qualcun voi dar de naso.
No rt el sito questo qua.
V. 9. Dove sia qualche difatto, supplite (rattoppate) voi. — v. 12. Che
non sono un cantante di professione. Non occorre spiegare l'espressione
in attinensa a un mostruoso costume caratteristico del Settecento, né ri-
chiamare nna famosa ode pariniana, né dimostrare che Venezia e la
Regione veneta erano allora, non meno di Milano e delta Lombardia,
* d'erirati cantori allettatrioi ,. — v. 13. Shraiado, sbraitato.
Dove manca, tacoonèghe;
Se mai fiasco avesse fatto.
No m'importa gnente affatto,
Che mi mai son sta castra.
La rason perché ho nbraiado
L'È nna sola, eccola qua ;
L'allegrìa sta sempre bene
in città.
Desolata e tenia speme
Vo p
indo i gioì
Già perdei it mio caro bene,
Né v'è pili per me pietà.
Giorno e notte i' vo passando (ni
11 mio barbaro destino
E fìra me già non comprendo
Come possi respirar.
Olà ritrovo in me sbandita
Quella pace cosi cara,
Né alcnn'alma mi dà aita
Nel mio barbaro dolor.
Morte sol io vo invocaudo.
Ma fin questa non mi ascolta,
U Ciel solo ne sa quando
Finirò di tormentar.
Se potessi le mìe pene
Terminar aenz'altri affanni,
Direi solo che un sol bene
Già mi resta, un Al a provar.
0 Piagnerb (n, monti e selve
Del mio bene il caro nome
E negl'antri fin le belve
Chiamerb per me a pietà.
Dirò ancor fin cb'avrb vita
Che fu qnesta un'alma cara
E che un'opra ri compita
Non mandò mai il Ciel quaggiii.
Parò ch'Eco mi risponda
Di Lindoro il caro nome
Fin dall'una all'altra sponda
Col mio lungo lagrìmar.
D,!„t,zed.yGOOg[e
TITZOIUO CUN
A RlUcciarmi questo caore
Morte sol farà che torni,
Ha che acorda un tant'amt
Cadrà il mondo, e dico il v
ìì, la tomba solo aspetto
Che mi dia riposo e pace
E alli amanti nel oiio affetto
Sia d'eaempio il mio morir.
1 Fra Formica, fra Formica!
— Chi domanda fra Formica?
Che Tuoi tu da fra FormicaV
— Padre, io Bono ana citella
5 Che mi voglio confessar,
Ma pili presto che ai possa
Io mi vorrei anche abrigar.
— Se vuoi, fÌK''i^T confessarti.
In ginocchio ti pon qui.
10 — Padre si. Padre si.
— Quanto tempo tu sei atata
Che non sei tu confessata?
— Otto soli, 0 dieci àil
— Otto soli, o dieci di?
15 — Padre ai. Padre s(.
— Da quel tempo fino adesso
Dimmi i falli ch'hai commesso.
— Padre, pria ho battuto il gatto
Per la ciccia che mi ha presa,
20 ludi pili di rabhla accesa
Io poi rap;n l'orinale.
— Figlia, questo h poco male.
Che con l'acqua benedetta
Tu diventi un'angio letta.
25 Se hai altro a me da dire,
Di par su che sto a sentire.
— Padre, poi nel giorno appresso
Io sgridai con la gallina.
Perché entrandomi in cucina
30 Tutto il riso mi becca.
— Se hai altro a me da dire.
Di pur su, che sto a sentire.
— Padre, poi ae ho a dire il vero.
M'invaghii d'un cavalliero.
— Figlia, poi segui l'effetto? 35
— Padre, no, sol col pensiero.
— Del pensier l'effetto e l'opra
Fa che a me tutto si scopra.
— Ei mi die solo de' baci ;
Io gli resi la parìglia. 40
Vi fu guerra, vi fu paci,
Ma or non son più qnella Sglìa,
Da poiché son risoluta
Dì voler cambiar mia vita.
— Mai poiché sei risoluta 45
Di voler cangiar tua vita.
Bacia intanto il mio cordone.
— Il cordone ho già baciato.
— In isconto del pecoafo.
Figlia, le vorrai oonfessarti, 60
Verrò io stesso a ritrovarti:
Piaccia a te di far cosi?
— Padre si. Padre af.
— Per venir da te pili spesso
Fingerò le vesti e 'I aesso. 55
Piaccia a te di far oosf?
— Padre il, padre sf.
— Dimmi il nome e il tuo paese.
— Teresina modenese,
— Dimmi il nome e la contrada. 60
— Sulla via sto della Spada.
— Va, che il Ciel ti benedica.
Abbi in mente fra Formica.
V. 61. Basterebbe questo accenno topografico ad una nota cale ven»
liaiia, per indicarci l'origine di questa colorita e mnlisiosa ' Confessione ,.
D,!„t,zed.yGOOg[e
SBTTBCENTO CANORO
Donne care, nel vostro guidino
Una rosa bel(ÌBBÌnia v'era,
Ma l'odore lan tan la ran lera
Hi faceva lan tan la ran la
Se v'anùte un bel ft^Uomino,
Quanto vaga sarfa primavera,
E in allora tan tan la tan lera.
Si potrebbe tan tan la ran 1^
So che «lete cortesi e galanti
E ch'avete nna buona maniere.
Ma perché danqae tan eoe.
Noi non pouiiimo tan ecc.?
Te', come ballo é il mar.
Bellissima Nerina:
L'anreUa mattutina
Apjiena in aoll'arena
Fa t'onda gorgogliar.
II.
Sgombro di nubi è il cielo.
L'onda tranquilla e chiara;
Sciogliam dal lido, o cara,
Scìogliam a trastullar.
12.
VlUotte.
1.
Gfae voggjo tanto ben alt'anzoletfa
E so sior pare no me la voi dar;
Mi prego el Ciel che venga una saetta,
Brusi la casa fuor che l'anzoletta.
II.
La vedovella quan la fa an el letto,
La tra' iDspiri ch'el par che la mora
E con nna mun la se toccava el petto
Dieendo; ' anima mia, voatu che mora? ,
IH.
Questo pili bel aeren fn nuvoloso
El par che voja piover e pò el pasta:
Cosef fa l'omo quan l'è innamorao.
L'ama la bella donna e poi la lima,
IV.
Quanti ghe a'h che brama la fortuna!
O mi meschino, no la bramo mai; bramo
Una giovenina de ventun anno:
Questa l'è la fortuna che mi bramo.
Digitized^yGOOgle
TlTTORrO CIAN
He Ronti ÌDi
Piuttoito nel boàr che nel T«rBoro,
Perché el vergerò l'è fuUo de «teli e.
El boarol de carne bianche a belle.
TV, 2-4, Vtnoro è l'aratro; hoàr e boaròl, il bovaro o bifolco, il giovine
villano (il diminutivo boarol fa pensare appunto ad ona giovinena fiorente,
a * oame bianabe e belle ,). Il canto d'amore b posto in bocca a una donna.
VI.
Quando FrìBÌn Friion frizeva el pesce (s>e).
Colle chiappe del e. lìi lo voltava
E l'oglio ghe saltava in le braghesee:
Qnando Friain Frison friieva el pesce.
La redazione cbe dì questa pillotta si legge a e. 17 b, reca queste va-
rianti: frveea lo pt»se; lo riroliavo, E rogito It colta io per U.
Tiritofòlo, vegni fora col brenton e colta lora
E luì li li li liu li li riu lin li rìn liu li ria Ini
Tutto me tiro, e la cotola mai.
3. eblola, sottana.
Vili.
Non mi far pili languire, o vita mia,
Lasciami vagheggiar quel viso bello;
E se tu brami di saper ch'io sia.
Guardati in mezso al cor, ch'io vivo in quello.
IX.
8on stato per il mondo a me palese
Una fedele amante rintracciando;
Adesso che son giunto in sto paese.
Quella trovai che andava ricercando.
Dicono i Vati che sia il Dio Cupido
La causa all'uom d'ogni fatai tormento,
Ha poiché nel tuo volto ha egli suo nido.
Non già m'arreca duolo, anzi contento.
D,!„t,zed.yGOOg[e
SETTECENTO CANORO
XI.
Idolo mio, deb vieni i) «nono nmile
Ad ascoltar del tno diletto amante:
Vieni a mostranni il volto ai untile.
Le poma alabastrine e d'adamante.
XIl.
Il roeiignoolo del natio boacbetto
Pianffe la prole che il villui rapfo:
Coi'io oe piando te, vezcoio oggetto.
Come colei ohe mi rapi il cor mio.
XIII.
Son nato appena al mondo, ch'ho sentito
Hancanni, oh Dio, la costa delicata,
Perb di la oeroar presi partito,
Finché in te, vita mia, l'ho ritrovata.
XIV.
Cara, per ben mostrar le tne fattele
BisognarÉa che al sol tu fossi appresso;
Cosi sobiaiaodo il sol le tue belleue,
Veder potrei se schiari anco me stesso.
XV.
Se mai ti spiran l'anre al viso intorno,
Dalle ricetto in seno, o anima mia,
Perché son baci qnei ch'entro qnel giorno
11 tno diletto amante a te ne invia.
XVI.
Sospira par sovente, idolo mio;
Perché qnei tuoi soapir mi vanno al core
E aocresoon nuove fiamme all'amor mio
E al tno bel ciglio ancor nuovo splendore.
xvn.
Qaant'esser psgheria in un ziabattino
Per poder brte, o bella, le scarpette,
E per toccarte quel tuo bel penino
Onde veder ae le t'b larghe o Etrette!
ino, vivo ancora nel Veneto, per piedino.
Voi. LV.
D,!„t,zed.yGOOg[e
VITTORIO CliN
XVIII.
Talor m'ftngiiro diTantar un oana
Sol per poder nnaarte il peTerone;
0 per poder iapere alU lontana
Se te ine le pub dar òatlive o buone.
XIX.
Tanti ghe xi% cbe sona el caaaggione
E tanti 'I toandolia tonar impara;
Solo mi gramo lono el chitarrone
Per accordarmi con U tua chitarra.
— Pipo, Pipo, vieni io qua,
— Ferma, 'acoUa una parola,
Io ti vo' eolla mandola
Or cantarti una cedeod.
— Pipo mio, se la ti piace,
Dimmi pur, non ti fermare,
Ha finisci di cantare,
Che mi dai canioloiion.
— V'era un tempo un gìovinoUo
Che in amar pageava l'ore,
Ma infelice era in amore
Per fatale ano destin.
Per sfortuna dunque avea
Bello il core e brutto il viso.
Ch'eccitava i labri al riso
A chiunque eragli vicin.
Or con tal prerogativa
Di bellezza in cor nascosta.
Di brottema in volto esposta
Pretendeva esser amato.
A cib fai- egli adoprava
Tutti i termiu di galante
E faceva il spaflimant»
Al 8U0 ben idolatrato.
Per esprimer il suo affetto
Spesso ' t'amo ., egli dicea,
'T'amo anch'io,, rUpondea;
signor ef.
a l'affetto
il suo sembiante,
va il suo contante,
signor ai.
o Pipo caro,
_. _a arsenale,
Non averti ora a male.
Se ti voglio oonaigliar.
Fuggi, fuggi dalle donne.
Da' suoi vezEÌ, dal lor brio.
Che son tatti, amico mio.
Tesi lacci ad ingaonar.
Ecco, quale
Uno ama
L'altro ai
Tu ohe tieni
Di difetti
Fri eh Frach, vieni in qua,
'Scolta 'scolta una parola,
lo ti vo' colla mandola
Raccontarti nn lattare I.
La gallina fece l'uovo,
La gattina fece il gnao,
Ah ch'io temo il barabao
Non mi lasci terminar '.
E cosi, com'io dicea,
Andb il gol dalla gallina
E irovb la poverina
Ch'era d'esso in atteniion.
Pria di gingnerli dappresso
La furbetta lo vede
E gli disse ' codcodé „
Saltellandogli vicìn.
D,!„t,zed.yGOOgle
SBTTECKNTO CANORO
Fatti ì loro complimenti
S'acoingeKQO a qaalche affare
Hentr'io fili a diitorbare
Orìdeati idoì piacer.
Oiansi là per puro caso
Molto allegro in volto e lieto,
Cbe Tsnfa a tor l'ovetto
Che credea di ritrovar.
Ha trovai dell'evo invece
La gallina e poi il gallo
Tnttì e dne, per non far Mio,
Che voleannii aMaaainar.
Con eroico coraggio
Foggo allora d'ogni lato,
Per disgrazia trovo il gato
K gli pesto a'un sampin.
Egli sgrida, io non riipondo.
Fiero gbufo, io qnieto taccio,
Sopraginnge il gallinaccio
E Io attizza sempre più.
Que«to fece il compimento
Dell'aSare in trinati vo :
L'uno fnggo, l'altro schivo.
Ha li fìiggo sempre invan.
Il timor b{ mi sorprese,
Che credea divenir mato,
Pnr, per caio disperato,
Hi riaolii far cosf.
Lesto kprii il mio verone.
Hi lanciai gid dal balcone.
Dove alfine ho ritrovato
Un minchion che m'ascoltb.
IO.
Su la sua spina
Simile a quella
La verginella
La vaga rosa
Che tutta spira
D'aprii onor.
Soave ardor,
Ha tal mattino
Se mano amica
Se non si coglie
Non rabbellisce.
Chiude le foglie.
Uanoa. languisce.
Perde il color.
Non desta amor.
Baohellns, Notaro. Vilhu.
Il mio garzone il pifero suonava
E acconto il mio molino fìltìcava.
Notar Pistacchio mi dettava ed io
Per me facea acrìtture a modo mio.
Cantava un Calaudrin la Romanella
Ed io stavo a sentir ridente e bella.
Centrati eum leetione capitava (sic),
Negotia non plus ultra ed io imbrogliava.
Intorno al mio molìn sempre girava
Un ganimede che m'amoreggiava.
Alla mia oncia mai non ci mancava
Qualche donnetta cbe m'aocareizava.
D,!„t,zed.yGOOg[e
TITTOKIO CIAN
H'ha dito la mìa mamifw
Che uaore è un bel bambino.
Se viene, poverino,
Lo voglio &c carenar.
Ma Re mi farà male.
Se mi vorrà toccar,
Dirb, dirò, dirb:
* Va via, briccone,
Che non ti voglio amar ,.
Ha già mi >e l'ho detto,
Fnggiam da questo loco.
In Beno a me quel foco
Cominaa a. serpeggiar.
Già cresce quella fiamma
E tentomi abbmeiar.
Non IO, cara i
Chi mi potrà sanar.
Ogn'nomo, ogni donzella,
Hi a dolce Mirami,
Mi dice che sei bella
E penso anch'io cosi.
Hi dice che sei bella,
E penso anch'io cosf.
Non dico bella bella
Ha l(... ma H... ma li
La batte li.
La &ccia rubiconda.
Mia dolce Miromf,
La treccia bionda bionda,
Che l'alma mi rapi.
La treccia ecc.
Non dico bionda bionda
Ha li-, ma li... la batte li.
Al labAro tao dorato,
Mia dolce Mirami,
Al naso profilato
Penso la notte e il di
Al naso ecc.
Non dico profilato
Ma U... ma li... eoe.
Se sposa mi sarai.
Mia dolce Uirami,
Le ftemme e l'oro avrai
Del Gange e del Chili.
Le gemme, ecc.
Non dico che le avrai
Ma li... ma li... eoo.
Vestirti io non presumo.
Mia dolce Mirami,
Con gran bottoni attorno
Lncenti come il di.
Con gran eoo.
Non dico come il giorno
Ha li... ecc.
Contempla le mie pene.
Mia dolce Mirami,
Ti voglio tanto bene,
Ma tu non sei cosi.
Ti voglio tanto eoo.
Non dico bene bene.
Ma 11... ma li... la batte 1
Senti, mie care donne,
Sta bella novelletta:
Un vecchio che Ninetta
Ha fatto i
Per ella inutilmente
El spàaema, el delira.
Co el vento no tira
No se le bnta in mar.
'. S. Co, nel ritornello, ripetuto ad ogni due strote, quando.
D,!„t,zed.yGOOg[e
SETTECENTO CANORO
Minet& per moroso
10 Ha tu bravo (^ovinotto
Fn ì aedeei e i diadotto
Che ella poi bea trattar.
B quel cojon de vecebio
Per geloaia el aoapira:
15 Co el Tento eec
El pitnae, el ee dea pera,
El bata fin le bave,
L'è' al buHO de U chiave
El corre a tpionar.
20 Ninetta ride e cbiaaaa
Pili che amanioBO el s'irà:
Co el vento ecc.
E co la gba biaogno
D'on qualche regaietto
25 Un rtndtz segceto
La ghe promette dar.
Allora il vecchio spende
E subito el respira;
Co et vento ecc.
30 Del renda sull'ora
Corre impaiiente él vecchio.
Se el se vardosse in speoofaio
Noi se faria burlar.
V. 19. Spumar, spiare insistentemente. — v. 21. El g'ira, si adira. —
T. 25. Nel ms. reitdtr, e coti pure al v. 80. Evidentemente si tratta di on
remhg-voiu. — v. 87. Supia, soffia, sbuffa. — v. 42. Un corno che v'infllci.'
— V. 52. Chiude il po^oolo, cioè la finestra del pogginolo o Verone.
Nineta col moroso
Intanto se ritira:
Co e1 vento ecc.
El matto supia e bulle,
La porta sta serada,
Ninetta el lassa in strada
Un'ora a bestemmiar.
E po' la ghe risponde:
Un conto che v'impira:
Co el vento eeo.
No me voH far lame,
Son qua col mio moroso.
Un duetin grazioso
Mi ve &rb guardar.
De rabbia la perucea
El vecchio se destira:
Co el vento ecc.
Nineta no ghe bada,
El pargolo la sera,
El veoehto se deapera,
Ha gnente noi poi far.
Vecchi, pensé a sta massima
Che la novella ispira:
Co el vento ecc.
* Non dansar ,, la marna dis[s]e
Figlia mia ; né tu non sai
Che dansando perderai
D'innocenza il bel candor.
ITenne un biondo cacciatore
Che alla danza l'invitò;
Per non perdere il candore
Qnella bella rìciuti.
Disse il biondo: * Se paventi
L'innocenza che ti scappi,
Per cucirtela tra' drappi
Do bel ago adoprerb ,.
Indi, trattala in disparte.
La cucf tra gonna e busto
E la bella aentf gusto
Del ricamo ohe formò.
Ritornarono alla dansa,
Qnando Nina disse in fretta:
' Per cucirla nn po' pid stretta
Altro punto dar si pub ,.
* Nina mia, non ho più refe ,
Disse il biondo a denti stretti.
* Ma due bei gomitoletti —
Disse Nina — ho visto qua,.
D,!„t,zed.yGOOg[e
TITTOBIO CUN
Anietta, ohe placide
D'intorno movete,
Tftcete, Ucete,
Vuol dori dormir.
Sali 'erbe pid tenere
Del pmto ripota.
Fili belln di rou
Sai fresco niattin.
Un velo purpureo
Le copre le membra.
Che tutta nusembra
La madre d'Amor.
Le acende aagl'omeri
Aurata la chioma.
Le ondegr^T'en le poma
Ai moti del cor.
A grette, toglietevi
D'intorno a qnel cifjlio,
Bel labaro vermiglio.
Bel nome d'amor.
8e Glori rìsveglÌMÌ.
Voi Glori itendete.
Tacete, tacete,
Vuol Glori dormir.
- Padre santo Cappuccino,
Tu che dici il mattutino,
Alca gli occhi e guarda qna.
Qoarda me ohe, eventurata,
No' tnoi lacci abbandonata
Ti dimando carità.
- Io, ragaEza, non ho niente.
Sono un povero pezzente
Che dimanda carità.
Se tu vuoi insatntella,
Dae olivAcoie e ravanella,
Te ne dono in quantità.
- Io sol bramo i) tao bel core,
Per cui l'alma langue e more
Ed il core in pene sta.
Questo ai, questo sol voglio,
Non olive, aceto ed oglìo,
Ma qoaloh'altra carità.
-Va via pure, sfacciatella.
Che per me sei troppo bella. 20
E per me questo non fa.
Son ristretto in penitenia
E)d a Dio, somma dementa.
Dedicato ho castità.
- Deh non esser bÌ crudele 25
Con un cor che ti b fedele.
Con un cor che in pene sta!
Fa che almen sia consolata,
Ì/Ln non già da disperata
Io men vada via di qoa! SO
- Marcia, marcia, sfocciatella.
Che al mio cor tu sei mbella,
Marcia, marcia via di qua!
Se pid resti, o figlia mia.
Tu mi porti a mala via, 95
E allor Dio ci perderà:
Marcia, marcia via di qua!
. 81. Marcia, vattene, ancor vive in parlate venete.
La Nanetta villanella.
Decantata in un villaggio.
La più scaltra, la piìi bella,
Va da un padre Capuccino
Che non lungi da quel loco,
Ritirato in una cella,
Tutto pien di santo foco.
Recitava il mattutin.
zed.yGOOgle
SBTTRCBNTO CAKOEO
231
Ave» seco I» NanetU
Del batìro e no po' di pane,
Delle fratta colte in fretta.
Tatto deatro un caneatria.
Picchia all'ascio e fra Fantino
Pone il libro ael capuccio,
Lei s'accosta al SaestriDo;
— Son Nauetta, fra Fantin.
— Che mi porti tn, di belo?
— Del bntiro e nn po' di pane.
— Benedetta sii del Cielo,
Entra figlia, e ^oggÌA qni.
— Del fornaio son lorella,
Della Henica «on figlia.
— Dio ti «al'ì. Villanella,
El baon Dio ti mandn qui.
Dimmi il ?era
Cangeresti volentieri
La tua casa in questa cellk
Per goder l'eternità?
— Ha la starna è troppo stretta.
Che per me non resta loco.
— 0 figliuola benedetta.
Siamo stati fino a tre.
— Permettete, o caro padre,
Ch'io ritorni alla famiglia,
Che dift un bacio alla mia madre,
E un saluto al mio fratal.
Addio, padre fra FantinD.
— Figlia mia, ti lascio, addio,
Prendi il *noto canestrino
E riportilo con te.
Bel piaser che xe la sera
Andar «otto alla sua cara
E sonando la chitara
Dirli: 'gioia, te voi ben,.
yassìoDro che in mia vita
Non ho proTà maggior diletto
G che questo pid perfetto
No di qnesto non si dà.
Se volé che una raf^aiza
Vi sìa un poco compiacente,
Ho ghe le meglio espedierte
Che cantarghe una causon.
Ha cantar sema iatromento
L'b una .cosa poco cara,
Tiolé dnnque nna chitara
E cantegfae ona canzon.
Procurar però bisogna
La canzon che sia amorosa
E la musica graziosa
Per poterla intenerir.
Vedaré che con tal arte
Riuscirà il vostro disegno
E per primo contrassegno
Verrà subita al balcon.
Co vede che la ragazza
Sorte fnor dalla fenestra
Con maniera pronta e destra
Dovè dirghe po' cosi :
* Caro ben, anima mia,
Sol per vn son qna, mia cara.
Per va sono la chitara
Per vn canto, amato ben ,.
Cento baaeti
Sq quei ochieti
Nineta cara,
Mi te voi dar-
Ma perché mai
Tante smorflete
. 12. Taeà, accanto (attaccato).
Con (chi) ti ama
De vero cor?
Non ghe' pid bella
Vita di quella
Che fa un moroso
Taci al so ben.
D,!„t,zed.yGOOg[e
TITTOHIO CUN
Ogni veneto
El xé un teioreto,
Non ghé pili bella
Felicità.
Ma pur vualtre,
Ragazze scaltre,
Ande negando
Sto bel piaser,
E prolungando
E indrio tirando
Come se un danno
Fosse il 7oler.
Bella e gentil foniara,
La di cui bianca man
Ci cuoce e ci prepara
Tenero e fteico il pan,
Perclib ci TÌen rapita
Con tanta crudeltà
Con gli occhi suoi la vita
Che la sna man ci dà?
Bella e gentil ecc.
Della tua pelle fina
È chiaro si il color.
Che il fior dalla farina
Non ha ai bel candor.
Tu fai Bf bello e buono
E saporito il pan.
Che sol natura un dono
Ci fece alla tua man.
Bella e gentil ecc.
De' tuoi bei pan d'amore
Sempre vorrei guatar.
Dammeli di buon cuore
0 lasciali rubar.
Ma già tu non m'intendi
Quanto ti parlo più,
Tenero b il pan che vendi
Fili che non -lo sei ta;
Bella e gentil ecc.
Se di al buona pasta
Compagno h il tuo bel cor.
Perché ae ne contrasta
L'acquisto a un fido amor?
Deh, per pietade, un giorno
Lasciati intenerir.
A cuocer nel tuo forno.
Deb lasciami venir!
Bella e gentil ecc.
27.
- Una povera citella
Torri a, Padre, confessarli
Onde l'anima salvarsi
E peccar mai piti, mai più.
— Cominciamo, dite su.
— M'invaghii d'un giovinotto
Oiardinero assai granato.
Che or facea lo spasimato
E mi stava tu per tu.
— Tia, capisco, dite su.
- Mi veniva sempre dietro,
Quando andava a lavorare
E voleva ognor toccare
La mia mano e niente piìi.
— Non v'è male, dite su.
— E nll'ora del meriggio
Rinfiniti, stanchi e lassi
E' voleft che m'adattassi
A giocare al polachìd.
— Cara 6glia, dite su.
— Ui faceva allor ballare
Ad un ballo sf giocondo,
Ora in quadro ed ora in ton<
Ora in so ed ora in giù.
— Si, capisco, dite au.
— Dopo aver ben faticato
Quattro, cinque e ancor sei o:
H'assiugava dal sudore
Viso, collo ed il Bacid.
— Si, capisco, dite sa.
— Hi ricordo ogni momento
Di quel baio del sudore,
Caro Padre confessore,
Pace, ahimé, non trovo piiL
— Tia, citella, andate in paee^
Cosa tal non &te pili.
D,!„t,zed.yGOOg[e
SBTTECKNTO CANORO
1 Che gnaioao pnteletto
Xe qael biizaro d'Amor,
Qnondo el voi portar diletto
El delida i nostri cor.
5 Hi medeaìmo el cognOReo
Se el xe un bravo biaeghia
E Io lodo quando posso,
Lo rìngrasio senza fin.
Cento ooae, cento inxegni
Quel piiaotto el m'à ÌDaegnà,
Lagrìmete, amorfie, adegni.
Tatto qnanto m'ba giova.
Seguitando la so scola
M'ho prova l'altra mattina
A beccar da aolo a sola
La ritToaa Uenegfaina.
10
Con quell'aria iunocentina,
Le gaoasse pallidette,
Qael pariar da fantoiina,
Qaelle luci amoroaette
Che a Cupido aon prodotte
E prodotte in sagrifiiio
— E mi gera el sacerdote
Deatinà per tale nffliio —
La ho chìappada stretta stretta.
L'ho botada sul so^
La m'à fatto nna amorfietta.
La m'à ditto; * disgraiià! ,
E d'amor tatta ìnfiammada
Tutti do l'avemo orba,.
Come dopo la aia etoda,
Mi noi diffo; Amor lo sa.
V, 2. bùzaro, forma poco pulita, equivalente qui B ' diavolo ,
pili comune butaron. — v. 6. bitighi» (altrove bìxtghiHÌ, frugolino.
29.
Villotte.
1.
Perapatan ch'b morta la vecchia.
No la farà più fogo alla pignata,
E rotto la pignata e spanto il brodo,
Onanca la vecchia no farà più fogo.
n.
0 tote via de qua, mostaiEo intento.
Muso da pi guada brustolada.
Che te me pari el diavolo depento:
0 tote via de qua, mostoszo intento.
. 1. tolt, tbgliti; mottaxio, :
: inlenlo, audicio, tinto
III.
Sotte bellezze ha d'aver una donna
Avanti [che] la se haaa chiamar bella.
Primieramente nna bella andatura.
Larga de spalle, stretta de centura.
D,!„t,zed.yGOOg[e
4 VITTORIO CIAH
Atta da terra «enia la piatiella,
BÌMca e roiiina Benza farai bella,
El viso biondo e quelle belle trezze,
E qneate u diiaman le sette bellenc.
V. e. Nel ma. qtitUe.
IV.
Era nell'orto cbe basava el gatto,
L'ortolanclla me tegiieva a mente,
La Balte fora, la diie: ' che fasta, matto?
Bàaeme mi, ma non basar el gatto ,.
T. 2. L'ort. mi teneva d'occhio, pensando a me.
La chitarrina no vuol pili suonare,
Perché ghe manca solo una cordiella;
Gnanca il molin no vuol più maaenare.
Perché ghe manca la molinarella.
VI.
Arsera l'altra sera ho visto l'Orco,
Ho visto Andola bella andar per broco.
Ho visto Pero bello andatghe drìo
Con dir; * Mincota bella, me volfo? ,.
T. 2. ptr broeo, per acqua con la brocca? — v. 3. andarghe drio, se-
guitarla.
- VII.
1a me morosa l'è nna bella puta.
Con sette pani la se fa la zuppa.
Con un bocal de vin la se moja.
La me morosa l'b nna porca boja.
V. 8. la u ittoja, se li bagna, cioè li inzuppa.
Vili.
A notte, a mezzanotte, sona i vespri,
Ho visto no peraegar pieno de nespole,
Ho magna tanti di qni dolci fighi
Che m'ho imperni la ponza de marasche.
Questa e la «egueate appartengono alta categoria dei canti voluta-
mente spropositati, o ' spropositi ,.
>y Google
SBTTECIMTO CIHOBO
IX.
S veme fora el patron de quelle ciicche,
Bl m'à dito: * lassème star le me spinale! ,
El m'h tira un bosso in t-on calcagno
Ch'ho porta mal a on reohio piti d'nn anno.
Tenne. — t. 2. Ne! ms. ìatceme.
Sta notte m'ho insogna la Lisabetta
Che U bsea ballar i burattini
E la fasea ballar Pnlioinella
Testio da festa coi so cantarini.
T. 3. Nel ma. pulieintUa.
XI.
Andando a medro colla messora
Mi lou incontra in la Hincola sterlera,
Gho rasonà da tendro più d'un'ora,
E con un baso gho dà la bona sera.
V. 1. medro, nel mi. Medro; ma sionramente tnedro per nmfn ^ mie-
tere, come perdro per perdere, forme vive ancora, p. es., nella Valpolicella.
lAreh, glatt., Tol. I, 424). — t. 1. meMora, falcetto per mietere.
XII.
Omini della Tal, fé' tutti festa.
Che a'à ■narid& il figiol de Rngoloio,
Esattor della Tal, qoella gran testa
Che lasab anch'Endreo sulla «anta eroso.
T. 4. tmdt'tHdrto, cost nel ras.; ma sarà forse da leggere Andrea, Andreu.
xm.
Ve' là la Cattarina «e l'b lesU!
P[ dei altri ghe par sto di glorioso
E la no ved l'ora quella peata
De narse a collegar rento a lo sposo.
T. 1. Nel ms. V'è la la eaitarina, — v. S. pttta per peste, nel ms. patta.
— t. i. nane a eolUgar rento, andarsene a coricare acoaoto.
XIV.
Sta notte ho visto la Togna sull'ara
Che la se sfazendava a scartoBare,
Qbe so anà rento colla me chitarra
E una ffran mattina gho toIbiS fare.
», 1. un», qa. — ». eeartotare, scartocciare i torsi del granturco.
D,!„t,zed.yGOOg[e
VITTORIO CIAN
XV.
Diavolo, porta *m lo Paroloto,
Perché el m'à ftatto un buso in la pignatto,
El me ghk fatto un buio eoo an occo:
Diavolo, porta via lo Paroloto.
. S. acca, il maschio dell'oca? Vive ancora net contado venei.
XVI.
Se te vedeiH el e. della sua To^a,
Ti te direaai che l'È un contrabaado,
El ghà 600 btafoli de rogna.-
I par ipoloni fatti a buio grando.
. 8. hr&foU, titoraoli.
XVII.
La me morosa l'è ana bella putta,
L'b bianca e rosia come el mfil de zQCCi
I denti carola, la bocca atorta.
I occi da Bimia e la liera da morta.
xvni.
La me morosa la zi da Pelanda,
La >'à pelada tutta da una bando,
Dell'altra parte no la f[a oavei.
La va cantando * miserere meil ,.
XIX.
Vate a far busarar, vate a &r i riui,
Che te ae' una gran rosia buiarona,
E «e te to' cavarte i to caprizzi.
To' la chitarra in man e vaia lona.
V. 4. vaia tona, va a suonarla, del tipo ' vattelapeaca ,. Cfr. Arck. g
XIV, 453 Bgg.; MRrBE-LBBC», EEW, 54.
XX.
Qoando aarà quel Ai o quella notte
Cbe la lettiera farà trich ta^ch,
Ti te aaré dai pie' e mi >^al cao,
Ti te farà brugneo e mi bragnao.
D,!„t,zed.yGOOg[e
8BTTBCBNT0 CANORO
1 Me aon iDnamorado in quattro vecie
B tutte quattro le voi contentare ;
Della prima 'de voi far un patto,.
DormirKbe insieme e mai hdd la tocoare-
i Della seconda de voi far baratto,
Tor tanto porco per sto carnevale ;
Della tena 'de voi far un gioco,
Impegolargbe el e. e darghe foco.
Della quarta darghe tante bostonae
10 E ohe le mora tutte ete vecie rapae,
Tutte le vecie le voi scortegare.
Diavolo, che &r6 de tante pelle?
Faremo delle corde da ohitara,
Per far ballar ate giovinette belle.
T. 5, 7. 'de Boi, ne voglio- — v. 6. Comprare tanta oame «oina, ecc.
— T. IO. rapae, pelate. È del ciclo, ricco anche nella poeaia venenana, di
canti contro le vecchie.
XXU.
Vate far buiarar che te gbe mando,
A Castel Vecchio gh'b la beccarla,
Dove che i vende dei comi de manco:
Vate far buiarar che te ghe mando,
Y. 1, CaftelvÉtehio, di Verona? — v. 8. È ancor viva nel Veneto l'eicla-
matione, fra negativa e augurale, ' un corno! ..
sxm.
Me ton innamora in una marzetta
E ia so mama no me la vot dare.
Che prego el Ciel che vegna una saetta
Che porta via la marna e la marzetta.
V. I. marzHta, fa pensar a »p%xettta, una pretensiosetta.
XXIV.
La prima volta ch'ho dorm/o con donna
Credeva de morir dalla paura
E dormendo mentre me voltava.
Credeva de morir, me consolava.
sxv.
Vate a far buEarar. malinconia.
Che la to gatta ha rovina la mia,
E l'ha rovina in t'uua maniera
Che DO \'k più la gatta che la giera.
D,!„t,zed.yGOOg[e
VITTORIO CliH
1—0 cara siora inare.
Hi gbb nna certa apùmt,
Torìn tante novizia
Col caro mio Tonin.
5 — Disf, Bora frucona,
Coti ata impertinenut?
PrometBa a Sua Eccellenza
Mancar non ghe dovè.
— L'è vecchio, noi me piaae.
10 La se lo sposa ElU,
Che mi non aon già quella
Che l'abbia da sposar.
— VoU, siora frurona,
Stancar la me pazienza?
IS Fromessa a Sua Eccoti enia,
Mancar non ghe dovè.
~-No se me poi aTonar,
La se una tirannia,
Mi ghe Bcaparb via
SO Col caro mio Tonin.
— Ancora de bIo tanto,
De andar ti gha coragffìo!
Ancora sto Itngnaggio
T'adoperi con mi!
25 — La scusi, la perdoni,
Ma parla la natura;
No la aia tanto dura
Col fruto del tao cor!
— Gnancora no ti i stuffa,
30 No ti la metti via,
Deboto si, de dia,
Te pesto come va!
— E ben, la se sodisfa,
La copa pur so Sa, -
S5 Ma fin che viva sia
Mai laaciarò Tonin.
— A vu, aiora fraacona,
Tiolé sta bona al epa.
Che vostra mare crepa
Da poi che va veld!
— Per coaa mo me dalla?
Mi no gho fotto gnente.
Mi ghe aarb ubbidiente.
Ma voi spoxar Tonin.
— Vi, tocco de fraacona,
So' stoffa e l'è vergogna,
Tib, tocco de carogna.
Sto pie nel to martìn.
— 0 Dio! la me aconqnaaaa,
0 Dio! el me tafanario;
Fenimo sto divario,
EI vecchio aposarò.
— 0 biava, brava, adesso
Te tegno per mia fia,
Tiea qoa, coccola mia.
Che un baso te voi dar.
— Son qaa. via, la me barn,
Son qua, la me perdona,
Son qua, via, sarò bona,
Ha con ana condiiion.
— Df, la mia baronzella,
Che condì zion se questa
Che ti gha nella testa?
Qual condì zio n sarà?
— Per contentarla ella
Hi aposo Soa Eccellenca,
Quando el me dà licenia
De praticar Tonin.
Stornirghe a In la testa.
Uh una licenza questa
Che tìbrtìla ti poi.
V. 2. gpizM, prurito. — v. 8. novigto, sposa. — v. 6. Cori nel ms.; da
correfrttere cos'i = eosV. — v. 10. Il ms. La xi. — v. 21. Anche questa! —
V. 80. Non la ametti. — v. 81. Quaai quasi, s£, per dio; dt dia, forma eufe-
mistica, che vive anche nella forma corpo dt dia, e dt diana. — v. 38. Pren-
detevi questa buona guanciata, schiaffo. — v. 40. Il ms. da poi le; volt,
volete. — V. 41. Perché dunque la mi batte? — vv. 48, 50. Marti» e Utfa-
Hario, due ainonìiDÌ facilmente spiegabili, ambedue viviasimi tuttora in
parlate venete. — v. 51. Defluiamo queata contesa. — v. 61. baronxttla, bric-
concella. — vv.69-70. Sciocca! che occorre confondergli (veramente ' fargli
girare ,) la testa. — v. 72. Te la puoi prendere.
zed.yG00gle
SBTTKCBNTO CINORO
— He bdrlela davero?
Tonili me starà tubate?
75 11 cavalier leivente
Il mio Tonin sarà?
— Ha si, care raiie,
Ha 00 'n po' di giudiiieto,
Il marfo sarà il vecchieto,
80 11 morosa il tuo Toni».
— Co l'È coti, stasera
Spoaarb bo BcoellenBa,
T. 77. eart raixr, radici del %a.o cuo
lieto. Vedi Cuaeb Mtia\TTi, Amor maler
2> edic, 1887. — v. 87. caro, coni il ma.,
Co quella intelliffenta
D'avetgbe el m« Tonio.
Duttto.
Cosi siamo contente, 85
Contente si de cuor,
Tonin sarà il ^9 caro,
El vecchio in fan canton.
ire, espreasione ancor viva nel V«-
I nei dit^Uo venRzi'ano, VenMia,
rvia, tattBvia,la correzioDe amor.
Lo fan perché non sentono
Pili il dolce tippettà
Pili il dolce tippettà.
Amate pur di core,
Anch'io Te lo oonaifflìo.
Sperate caro figlio,
Che bene vi farà.
Un giorno mi direte
Che dolce tippettà
Tippett« tippette tippett«tà
Un (giorno ecc.
31.
n mondo non b bello
Che in fona dell'amore,
Viviamo sol per qaello,
Per qnello abbiamo il core.
OgnnDO ha da provare
D'amore il tippettà.
Ognuno ecc.
Tipette tippette tipette
Tipetto tipette tipette tipettetà
Ogntino eco.
Non son di qne' filosofi
Che amor voglion bandire,
Che dicon che patire
Fa amor l'umanità.
È riprodotta nella Parte II, a e. 24 A, senza varianti notevoli.
32.
F, Hama mia, qaal'b quell'aria
Ch'insegnarmi vuoi la prima.
Onde meglio mi s'imprima
Entro il tenero cenreli'
M. Sarà l'aria di Licoridt
Che si eanta in primavera
Qaando l'alba lusinghiera
Fa fiorir il praticel.
F. Cara marna, b troppo insipida
Troppo fredda cansonetta:
Solo fiori, solo erbetta,
Sol ghirlande al biondo crin.
D,!„t,zed.yGOOg[e
240 TITTORIO CliN
M. Canterem quella di Ctonico,
Quando il gregge ai puacU
Qanndo ifida il buoh d'aTeni
Or Damone ed or Elpin,
F. Che aia por bella ed b
Tutta quanta la e
Ma quel brotto di DamoDe
Hi fa troppo ìmolentir.
Jf. Vuoi veder eoi brando t l'egida
Setitder bella in fleto lampa,
Yaoi voder di Marte il campo
Che ti facia impalidir?
F. No, che sento in petto i palpiti
A DomaT Bol ballo e Marte,
Maledetta sia quell'arte
Che fa gl'aomini ammaczar.
M. 0 foacinllft incontentabile.
Trova tu quell'aria vuoi.
Io mi pretto a' voler tuoi
Che le so tutte cantar.
F. E' mi par ch'una ve n'abbia
Che incomincia Dolet tpota:
Oh che questa b graziosa
E Gniace inim« e Amor!
M. Furfantella, questa musica
È per te difficil troppo:
Troverai più d'un intoppo
Fra i bembli od ora ad or.
F. Su proviam che tatto io modulo
I bembli in ogni tuono
E vedrai ohe brava io Bono
E che supero l'età.
Jf. Ma i begued [eie) ancor ti mancano
A formar il pili bel canto
E gl'altri uniamo intanto
E oantiam do re mi fa.
Do re mi fa, e cantiam
E cantiam do re mi fa
Do re mi fa do re mi fk.
33.
1 Cari i me Sgnuoii, L'è tante blena, l'È tante cara
Ch'im Rt&gan aacultar Cantaren sovra la mulinara.
tTn caa cnrioDi Oh cara, oh bella la tra
Chi far& maraviat. La bella murara chi la godni. 10
5 L'ineegna all'uoman ch's fami spua Tira la barca in aentinella.
Con la mtger di o'eiser gelus. L'era pur bella l'era in quel di'.
D,!„t,zed.yGOOg[e
SBTTBCKNTO CANORO
241
in tei mulen,
L'ha per mari un gatantamen.
Degli amizezi «emper l'in tIstd
E del giudei! poc l'an avevo.
Tira la barca in sentinella,
L'à poc gindezi la mulinar»
Oh cara, oh bella ecc.
La mnlinam l'à tri mnis,
Lo mari l'è qd d'sti gelns.
Che aempar li ten dri,
El dì po' mai cavar i pi,
L'è tanta blena e tanta cara
Tich e titooh la molinara.
La mnnarena t' trovò in t'I occasion
J era Lnvig e Piren e UioROn,
J andon tntt' qnatter une
All'nBteri di tre Re.
Tira la barca in aintinella
Com la a'ha ^nam& la moUnara.
Oh cara eoe.
Al mnnaren j tgniva drf,
L'arrìvb denter in ti uatorf.
Là ri ioga una matozia,
Ailonra ai dea: 'bratta Invasza ,.
L'b tante blena e tante cara,
Com la s'insngava la mnlinara.
Oh cara ecc.
Li tutta peina d'impertinenzi
La ja rapond cnn degl'inanlenzi.
Al munaren ciapò un baston
Come un matarel gli era grosson.
Tira la barca in santinella,
Ticb e titoch la mnlinara.
Oh cara ecc.
La munarena la s'Ia ciappb,
Tutta )a no l'ai pinab
& a bnpn'ora la n'andb vi
Con i su mrn« ch'i tgnìven dri.
Le tante blena, e tante cara,
Amboln e tombola la mnlinara.
Oh cara ecc.
Al munaren i'iivà la matteina
An trovò pìii la mnnarona
Av' par, av' degfa d'bon.
Al dÌTÌntò matt de la pa«BÌoa.
Tira la barca in santinella,
Com la H*la hnSa, la mulinara.
Oh cara ecc.
I mi Omen an voi far imparar
Ch'on feiBi com ha fat il monar,
Brisa geins, e semper ainzer,
Se no argtarf senta mi^er.
Vh tante blena, l'è tante cara,
Talf eeempi dalla mulinara.
Oh cara ecc.
11 testo di qnesta canione bolot^neae, scorrettiBsima, è qui dato diplo-
V, 7. bietta, bellina.
Trenta coae a dirai bella
Una donna deve avere.
Trenta cose deve avere,
Tre bianche, tre rosse e tre nere.
Tre grosse, tre lunghe e tre corte.
Tre magre e tre grasse.
Tre sono le lunghe
Tre sono le corte
Deve insomma d'ogni sorte
Una bella averne tre.
Bono tre le cose nere :
Occhio, ciglio 9 nera chioma.
State attenti ad ascoltar.
Atti dtUa R. Accademia — Tol
Sono tre le cose corte:
Mano, piedi e corta lingua;
Ha la lingua è difficile a trovar.
Sono tre le cose strette ;
Vita, bocca, bada bene.
L'altra., poi non mi sovviene.
Ma tra poco la dire.
Ha che serve dirne tante?
Tu le vedi quante quante
Te ne mancano di già.
Te ne manoan dell« gialle.
Te ne moncan delle verde,
Delle bianche, delle score,
LV. IS
D,!„t,zed.yGOOg[e
242 TtTTORIO CIAH
Delle lecche, delle scarne, E tre e tre tre e trenta.
Delle mafire, delle {traaae, Te ne mancan delle nere.
Delle groBie, delle tonde, Te ne mancan delle rotae.
Delle larghe, delle strette, Delle Inoghe, delle corte.
Delle alte, delle basae. Hacorrìam,cheilpatTonii'aipetterà.
La chiusa fa lospettare che questo sia il monologo barleseo d'un per-
sonaggio-maichera di commedia dell'arte, o servo in nn melodramma
giocoso.
35.
Trascrizione diplomatica del testo scorretto del ma.:
Staono a bascio alla marina me trovai n'anamorata, che de jomo e de
matina ronnejava pe de cha; Una contr'ora esse me diede, e né mi, né rizi,
salimmo m. Mo' che dorme tata e mamma, oi bolimmo nn po' spaaik. Nel
bedermi a muso, a moto -ti con qnel morso oannamto, jo ehe a&tto
non ce apoto, ra'acoomenso ad accosta. Nel sentire apri la porta lo Papà,
ch'era chid dritto, se inssete nto rito, e la spia se pose a tk. Sta iBgjeimo
lo processo iasa piaica, e io Io stesso; e ohid m'aliamo, e chiri m'anfooo,
e i calori a poco a poco m'acomenzauo a salf ; Mentre stavamo alla meglio,
ci bidjmmo Pap^ innanti, co' una mazaa fatiganti per pctiooe adicrea; La
figiola mesza morta disse fiio pe' la cncina. Pe' scappe sta voltcdina me
jettai da nn nastricetto, Dove jeti poveretto, me ve boglio fa' seuU! Cado
n' coppa a odo montone di terreno e pnzzolana, e nna cosa molla molta
s'accomenaa ad eccoatfc. G li panni, come oolla, e'aasicaono in collo a me.
Irbo da coppa menava torsi, io da baacio menava scene; E io stonnato
infanfìiruto non sapeva chili ad aj. Che bidissii ano Ruscello di Qn^oni,
de Gas -, e GE^oncelli, Chi con mazze, chi con frate, chi dioeano chisio é
paazo. Ed io stoanato infanfaruto non sapeva chid ad oj.
Eicoatruzione in forma lievemente rammodérnata.
1 Stanno a bbascio a Ila marina, Nel vedermi a musso a mosso 8
me tmvaie 'na 'nnnmmurata, con quel maorzo cannaruto,
che de iuomo e de matina io, che a^lto no' 'nce spato,
runziava (?) pe de ccà. Illa?] m'accumenzo ad accustà'.
2 'Na cuntrora essa me dice ; Nel sentire apri' In porta, 4
— Né', ziif, sagli mò' su! In papà, ch'era cchiii dritto,
Kb' che ddorme tata e mamma, se susette zitto litto,
'noe Tulimmo un po' spaaaà'. — e la spia se pose a ffa'.
D,!„t,zed.yGOOg[e
fjETTBCKNTO CANORO
Sta' leggenoo la pruceMo:
•aa»» pftieca, e i' la steMo;
cctud m'allummo e cchid me
['nfoco,
e i calori a ppoco a ppoco
m'accummenzano a saRlf*.
Mentre etévemo a la mmeglio,
'□ce vedimmo papà 'nnante
cu 'na maiza fatigante
pe' puterce (?) addicreà'.
La figliola, meta morta,
disse: — Foie pe' ila cacina! —
Pe' scappa' ita voltolina (?),
me iettale da n' aatrìchetto.
Dove ietti, poveretto,
ramb' v' 'u voglio fa' aeuti'.
Cado 'Dcopp' a nn mantone 8
de terreno 'e pozzolana,
e 'na cosa molla molla
a'accummenca ad accuBtà';
e li panne comm' a colla
s'auiooaieae 'ncaollo a mme.
Ibbo a coppa mena torse, 9
i' a vatoio meogo Bcoize:
e i', stanato, 'infanfaruto,
non sapeva cchiiì addb' i'.
Che bbedivi I 'nn rascello 10
de gaaglinne e gnagliuncelle,
chi co' mazze, chi cu' prète,
che dioeano: -~ Chiet'è pazzo! —
E i', stanato, 'nfaa&ruto
non sapeva ccbìd addb' i'.
6 T, 4. Forse arrieriàì — 10 », 1. rugeelh. per un'ondata, i
Traduzione, e interpretazione.
1. Stando giii alla marina, trovai un'innamorata, che giorno e notte ron>
lava (?) per qui (o per lf?J.
2. [On giorno] nelle ore canicolari ella mi dice: — Ohe, zio. sali ora su!
Ora che dorme hahho e mamma, ci vogliamo un po' divertire. —
3. Nel vedermi a faccia a foccia con qael boccone prelibato, io che |a co-
deste cose] non ci sputo punto [sopra] (non le disprezzo), incomincio
ad accostarmi.
4. Nel sentire aprir la porta, il babbo che era piti furbo [di lei? 0 di quel
che pensassimci], si levò pian pianino e si pose a origliare.
5. Leggi ora qnel che avvenne: ella dà pizzicotti, io egualmente; più mi
accendo e pid prendo fuoco, e Ì calori a poco a poco
salirmi [alla testa].
6. Mentre eravamo nel meglio, ci vediamo davanti Ìl padr
sante (?) bastone per poterci [o volerci?] coDsotare,
7. Lb ragazza, mezzo morta, disse: — Fuggi per la cucina.
gire a <]iiesta gragnuoia di coipi (?) mi gettai giiì da
Dove, povero me, cascai, ora ve lo voglio far sentire.
8. Cado sopra un mucchio dì terreno di pozzolana [ma la fr
senso : un terreno di roba puzzotenle], e una cosa molle molle inco'
minoia ad accostarci, ei vestiti mi si attaccarono addosso come colla.
9. Lui da su getta torsoli, io da gid icaglio bucce; e io, fuor di me, in-
tontito, non sapevo piii dove andare.
10. AvesHi visto! Un branco di ragazzi e ragazzine, chi con bastoni, chi
con pietre, che dicevano: — Quest'uomo h matto! — E io fuor di me,
intontito, non sapevo più dove andare.
Per isfiig-
terrazzino.
a doppio
Atti della R. Accademia — Voi. LV.
D,!„t,zed.yGOOg[e
FBBDINANDO NKRI
JULSS GAinS, flUlogO'*'
NoU di FERDINANDO NERI
Era Tenuto in Italia a ventiaei anni, e visse a Padova fra
il 187S e rsi; indi a Modena, fino a] 1889, insegnante dì fran-
cese nella B. Scuola Militare; da altimo, passato alla Scnola
di guerra, a Torino. Nel 1893 consegui preaao questa Univer-
sità la libera docenza di Lingua e letteratura francese, e coprì
per incarico la cattedra di Letteratura francese dal 1913 al 1915.
Nato a Magny-en-Yexin il 1° giugno 1847, è morto a Torino
.prima dell'alba del 26 gennaio 1917. Era uno spirito chinso,
rassegnato alla sorte; ed il suo volto buono ed arguto, fatto
piti rigido negli ultimi tempi dalla paralisi che l'avvingìiìava,
pareva emergere sereno da una lunga solitudine, nella quale
aveva serbato, insieme col suo puro francese di Milly e di Pa-
rigi, i primi caratteri della patria.
La sua attività di filologo ai delineò per gradi attraverso
gli studi botanici, che gli furono sempre cari, e possiamo regi-
strare così un primo gruppo delle sue pubblicazioni:
Studio di lessicografia botanica sopra alcune note manoscritte
del secolo XVI in vernacolo veneto (estr. dagli * Atti del R. Isti-
tuto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, t. II, S. VI, 1884): po-
stille marginali ad un anonimo libro d'erbe tedesco del 1543,
dovute a qualche speziale o * herborista , della Venezia occi-
dentale;.
(*) DeìVOpera botanica del Camna trattò il prof. Hattirolo nel voi. LII
defili 'Atti .; queste pagine avrebbero dovuto uscir poco dopo nell'An-
naario dell' Cini ve raità, di cui fu a lungo aospesa la pubblio
zed.yGOOg[e
JITLES CKUVS, rilJ)LO00 246
Elude de Uxkologie botanique {additions au Di^ionnaire de
Littréj, eetr. dalla ' Revue de Botanique ,, t. m, 1884: è uno
spoglio, per la Domenclatura francese, dei Commentarii a Dio-
Bcoride del Mattioli {aull'edizione dì Basilea, 1598, raffrontata
con l'ediz. prìncipe, 1558), dell'^eriam nuovo di Castore Durante,
Roma, 1585, della Fìorutn et ...kerbarum historia di Budoens,
Anversa, 1568, e della Pkarmawpoea Helvetica diretta da Haller,
Basilea, 1771;
Botanique et phUologie (estr. dalla * Feuille dea Jeunes Ma-
turalietes ,, XV. 18S4-85): addita il valore, e la necessità, di
tali glossari per il perìodo del Rinascimento — che vuol dire
qui il secolo XVI, che rimane come trascurato (e non per la
botanica soltanto) fra i due lessici del Oodefroy, che vi giunge
appena, e del Littré che muove dalla fine di esso; rammenta
le opere di Du Pinet, Beton, Thevet, ecc., e aggiunge alcuni
esempi del Du Pinet (Historia planfarum, Lione, 1561).
Un * Indice .dei nomi volgari , di piante, della fine del
sec. XVI. chiude V Illustrazione del ducale erbario estense conser-
rato nel R. Archivio di Stato in Modena, in collaborazione col
Penzig (estr. dagli * Atti della Società dei Naturalisti , di Mo-
dena, S. Ili, voi. IV, 1885).
In seguito, il Camus si accinse all'esplorazione dei mano-
scritti francesi delta Biblioteca Estense:
L'opera salernitana ' Circa Instans , ed il testo primUivo del
' Qrant Herbier tn frangoys „ secondo due codici del secolo XV
conservati nella Regia Biblioteca Estense (estr. dalle ' Memorie
della R. Accademia dt Scienze, Lettere ed Arti dì Modena .,
voi. VI, S. II, 1886);
Precetti di rettorica scritti per Enrico III re di Francia, pub-
blicati secondo un manoscritto inedito conservato nella R. Bildio'
teca Estense (nelle stesse ' Memorie ,, voi. V, S. II, 1887);
Alcuni frammenti in attico dialetto ptccardo dell'Etica di
Aristotele compendiata da Brunetto Latini (nelle stesse * Memorie ,,
voi. VII, S. II, 1889);
e coronò le sue indagini con le due successive redazioni del
catalogo :
/ codici francesi della fi. Biblioteca Estense, Modena, 1S90;
Noticea et extraits des Manuscrits fran^is de Modène ante-
D,!„t,zed.yGOOg[e
246 FERDINANDO NERI
rìeurs au XVI' siècle (nella * Revue des languea romaDes .,
t. XXXV, 1891) (1).
Lo studio * Circa Instans , comprende un ricco glossano
botanico del secolo XV e si collega alle ricerche disposte nel
gruppo precedente ; i Precetti di rettorica per Enrico ITI, che il
Camus riaccosta con ragione si Projet de l'éloquence rodale di
Amyot, sebbene ciò non basti ad attribuirglieli (come avvertiva
lo Sturel, Jacques Amyot traducteur de lìutarque, p. 425), co-
stituiscono un utile documento, dì cui avrebbero dovuto tener
conto i molti studiosi di Robert Garnier: i testi, infatti, che vi
ai adducono — tralasciando una citazione piuttosto vaga dal
Desportes — , derivano tutti dalle prime sei tragedie del Oarnier,
ed io non lo crederei estraneo alta compilazione (2); i Fram-
menti dell'Etica, oltre alla determinazione linguistica del testo
pabblicato, concorrono alla storia della composizione del Trésor.
Quanto al catelogo dei mss. francesi, il secondo è piii compiuto
aggiunge il ms. IV, D, 5, fondo lat. 568, pel canzoniere dì cnì
die notizia il Cappelli, e di altri reca estratti più larghi, p.es.
Pronostics fondis sur la coìncidence de Noel, di cui ìl Meyer aveva
indicato un testo diverso, e la Correspondance poitique entre
i%cjrnfnoncf et 3fe'tadu8, integrando la pubblicazione detHey8e(S).
Prima di lasciare questo periodo " estense ,, dobbiamo
ancora ricordare i Morceaux ehoisis des prosateurs frangais du
XIJC" siècle (In Modena, 1890), pubblicati in servìgio del suo
insegnamento (4): la serie dei passi, a cominciare da alcune
pagine dì Désìré Nisard su Fm langue fran^aise. che ne rap-
ii) Agli estratti ìl C. appose un altro frontiapizio. cou la data di Mo-
dena, 1891, e al verao Ih dedica 'A mon maitre Frédéric Uodefroj
(2) La nota a pp. 39-40 di qaeati Precetti fu poi grolta dal G. in una
comnnìoazioDe al ' Oiomale storico d. Leti, italìuna,, XLUI, pp. 166-68,
L'rxpreimoH de Dante "ri ni batte l'anca „: e direi che nello studio di un
gesto umano egli è ancora il 'naturalista,.
(3) Cfr, BiBTOHi, Le lettere franeo-Ualiane dì Faramon * ìttUadus, in
' Giornale storico d. Lett. ital. ,, LSIIJ, p. 79 segg. — Un'edizione del m*.
eatense del Perceval, continuaziotie di Gauofaer de Dourdau. era statn an-
nunziata dal Camus, con la promessa coli ab o rasi one di Gaston Paris
<v. R*jNi, Le fonti dell'Orlando fuHoso, 2> ed., p. 822, n. '2).
(4) E due brevi poesie: La Pàqtterctle, favola, per il numero unico
Chàritas, 15 febbr. 18S7, e la verdione Chant dt Mai, dal Mailied di Goethe.
D,!„t,zed.yGOOg[e
JULES CAMUS, FILOLOOO 247
presentano come il proposito letterario, si svolge su di una scelta
di prevalenza militare, che direi intonata allo spirito di Alfred
de VigDy, scrittore a lui carissimo, onde tolse * Le prisonnier
de la mer ., cioè il severo episodio dell'ammiraglio Collingwood.
Nel 1894 pubblicò nel voi. Vili del " Journal de Bota-
nique , la monografia su Les noms dea plantes du * Livre d'heures ,
d'Anne de Bretagne, conservato nella Bibliothèque Nationale di
Parigi (ms. lat. 9474); il botanico e il filologo si piegano in-
sieme sui margini miniati della pergamena, a cogliere fra quella
decorazione sontuosa la prova di uno studio sincero delle fragili
forme arboree; e fin d'allora s'era proposto di seguire questo
metodo per altri due manoscritti, già posseduti da Claude Seyssel
e aerbati nella Biblioteca Nazionale dì Torino, in cut aveva ri-
conosciuto la stessa mano d'artista; peccato che ad attuare il
suo disegno abbia aspettato quasi dieci anni: gli accadde cosi
di riprendere quei due codici preziosi poco prima dell'incendio,
e non potè darne che un cenno * postumo , nel voi. Vili (1905)
dell' ' Arte ,: Mini^we di Jean BaurdicHon distrutte nell'incendio
dfUa Biblioteca Nazionale di Torino: e un cenno ch'egli dovette
consegnare in francese alla redazione, e che fu mal tradotto.
Dal modo come sono disposti gli steli dello zafferano deduce
che vi fossero già erbari alla fine del secolo XV, una quarantina
d'anni prima del più antico pervenuto fino a noi, ch'è quello di
Gherardo Cibo, incominciato nel 1532 (1).
Dei mss. della Nazionale di Torino illustrò la miscellanea
medica M. IV. 11, riconoscendovi, sulla scorta degli studi lin-
guistici del Wilmotte, l'impronta dell'antico vallone, sotto le
due azioni laterali del piccardo e del borgognone: Un manuaerit
namurois du XV' siede, estr. dalla ' Revue des langnes romanes ,,
t. XXXVIII, 1895 (con un esteso ed importante glossario), b Les
songes au moyen àge d'après un manuaerit namuroia du XV aiècle
(eatr. dal voi. Il del " Bulletin de Folklore ., di Liège, 1895), su
di una sezióne dello stesso ms., ce 182-96, " Le livre de l'ex-
pocicion des soinges ,, pubblicato integralmente; dal ms. L.
(1) Quest'argomento, che toma dì frequente ne* suoi lavori, trattò di
propotito oelV Hitlorique de» premier» herbìer», estr. da * Ualpigbìa ,, IX,
1895; cfr. a pp. 4-5 gli accenni a) RabeUia.
D,!„t,zed.yGOOg[e
248 PERDIKANDO NERI
V. 17, ce. 43-48, trasBe il Riceptaire franfais àu XIV' sikU
d'après un manuserit de Twrin, Dijon, 1892 (eatr. d&l VII " Bul-
letin de la Société Syndicale des Pharmaciens de la Còte d'or ,).
Inoltre, Notice d'une traduction frangaiae de " Végèce , fatte en 1380
(sul ma. 188 della Biblioteca del Duca di Genova), nella Ha-
tnania. XXV, 1896, pp. 393-400 (cui Paul Meyer fece seguire
il fluo studio su Les anciennes traductions de Végèce et en parti-
ctilier Jean de Vignai: v. pp. 402-05, sulla traduzióne anonima
del 1380), e La seconde traduction de la Chirurgie de MotidevUle
(Turin, Bibl. Nat., L. IV. 17), in ' BuUetJn de la Société dea
Anciens Textea Frant^is „, XXVIII, 1902, pp. 100-119, a comple-
mento dell'edis. Bo3 : egli assegna questo nuovo ms. al sec. XIV,
poiché sul testo di esso è condotta la traduzioue provenzale
dolla Laurenziana.
Ma lo studio del ms. L. III. 17 h senza dubbio il lavoro
più importante del Camus nel campo letterario: La première
version fran^aise de l'Enfer de Dante. Notes et observations, nel
" Giornale storico della Letteratura italiana,, XXXVII, 1901,
pp. 70-93; con l'esame dei più riposti elementi, egli collocò
questo notevole documento della cultura italiana in Francia entro
termini più sicuri di quelli fra cui vagavano gli studiosi prece-
denti: non si può risalire oltre il nov. 1491, data dell'edizione
di Venezia del commento di Cristoforo Landino, ond'è copiato
il testo italiano: su questo punto non vi pnò essere dubbio;
quanto ai ritocchi e varianti della traduzione, essi possono di-
scendere fin dopo il 1528. Il traduttore primitivo, a giudicare
dagl'indizi linguistici, appartiene al Berry, e la metrica — per
l'uso della terzina di alessandrini e per l'osservanza quasi co-
stante della norma sulla coupé fiminine, ch'elide l'è muta alla
cesura, escludendo la finale femminile quando non possa eli-
dersi, — ce lo rappresenta come un discepolo di Jean Lemaire,
il quale pubblicò le prime terzine francesi nel 1503 e applicò
detinitivamente la legge della cesura nel 1510, mentre con Jean
Marot riappariva intorno a quegli anni, prima di trionfare col
Ronsard, l'alessandrino, di cui diede saggio anche il Lemaire.
Queste conclusioni, in sé coerenti e persuasive, sono ancora te-
nute in iscacco per una nota indicata dal Vossler nell'inventario
20 nov. 1496 dei beni mobili del Conte d'Angouléme: " le libvre
de Dante, escript en parchemin et à la main, et en italien et
D,!„t,zed.yGOOg[e
JULBS CAMUS, FILOLOGO 249
en franijoys , (v. Farinelli, Dante e la Francia, I, pp. 237-38) ;
ci si chiede per quale vincolo debba collegarsi a quel perduto
libro la versione rimasta nel manoscritto ài Torino; tanto pììi
che il Camus, osservata l'impronta * berrichonne , della tradu-
zione primitiva, aveva già pensato ad attribuirla alia corte stu-
diosa di Margherita d'Angoulétne, la futura regina dì Navarra,
ch'ebbe dal fratello nel 1517 il titolo di Duchessa di Berry.
Perciò egli assegnava la traduzione ai primi anni del regno di
Francesco I, mentre, a rigore, la sua argomentazione pub con-
tenersi nei limiti del regno di Luigi XIl ( — 1515); ma ad avan-
zarli fino al 1496 non 'si riesce: le indagini più recenti sulla
metrica francese confermano pienamente la posizione di Jean
Lemaire (v. Martinon, Études sur le vera frangais, in ' Revue
d'Histoire littéraire de la Franco ,, XYI, pp. 62 sgg.). Piii ch'es-
sere la ■ première version frant^se ,, il manoscritto di Torino
appartiene alla storia della * première version . ; un buon tratto
ne rappresenta pur esso, poiché nelle numerose correzioni ai
scorge l'intervento di scribi del Mezzogiorno.
TI Camus, ormai, aveva ampliato e nello stesso tempo acuito
la sua visione degli studi; in questo periodo figura una serie
di ricerche storiche, iniziata con la Memoria su La venue en
Franee de Valentine Visconti Duchesse d'Orléans et l'inventaire de
sea joyaux apportés de Lombardie (estr. dalla * Miscellanea di
Storia Italiana,,S. m, t. V, 1898): questo 'Inventoire dejoyaulx
et vaisselle de Madame de Touraine ,, serbato nelle Àrchives
nationales di Parigi, è il germe del lavoro (l), per il quale rac-
colse nuovi documenti dagli archivi di Milano, di Dijon, dai
Conti dei tesorieri di Savoia e dsgli Ordinati dei comuni piemon-
tesi, SI da ricostituire fedelmente il viaggio nuziale (1389) di
Valentina, la figlia del conte di Virtii e d'Isabelle de Franco, e
che sarà poi la madre di Charles d'Orléans. — Alcune sue as-
serzioni difese l'armo seguente, in polemica col Romano, nello
(1) Il C. \i alludeva già Del '94, nella Nota Le» " Vofagt» , de Man-
dtvitle copify pour yalentìne dt Milan (* Berne dei bibiiothèqoes ,. IV,
pp. 12-19), dove riprende le conclusioni del Carta per dimoetrare efae il
019. estense è quello eteeio * li ber unoa Domini Johannis de Mandavilla,,
registrato nell'in Tentario. V. ancora Burroni, in * Giornale, storico ,, XLIX,
p. 358 eegg-
D,!„t,zed.yGOOg[e
251) FERDINANDO NERI
scritto SU La maison de Savoie et le mariage de Vatentine Vi-
scotUi (estr. dal * Bollettino storico- bibliografico sabalpino .,
IV. 1899).
Con lo stesso proposito, anche più evidente, di storico della
vita privata, descrisse La cour du Due Amédée Vili à RutnUli/
en Albanais {1418-1419), estr. dalla * Revue Savoisienne ,, 1901 :
le fogge, gli appartamenti, i giochi, il costume nel senso piti
esteso ed ìntimo. E come per un esercizio elegante d'erudizione,
che riesce al commento preciso di un passo del Journal de
voyage del Montaigne, aveva trattato, nella * Revue Savoisienne .
del 1898, de f^ea épées de Bordeaux en Guyenne ti en Savoie:
spade che non si conoscono nelle armeiie {* Tout porte à peoser
que c'étaient de courtes épées ou dagues de luxe ,), ed i cui
forgeura, di Bordeaux, passando a Bourdeaux presso il lago di
Bourget, furono causa di uno scompiglio fra i cavalieri e cu-
riosi. — Nella " Miscellanea di Storia Italiana ,, S. III. t. XI,
1906, studiò Le» Premiers autographes de la Maison de Savoie,
che risalgono al secolo XIV: sono, infatti, di Amedeo VII, il
Conte Rosso, di sua moglie Bonne de Berry, di sua madre, Bonne
de Bourbon, vedova del Conte Verde.
L' ultimo suo lavoro, pubblicato nel voi. LUI. 1909, del
" Giornale storico della Letteratura italiana ,, è la bella Me-
moria su La * lonza , de Dante et tea ' léoparda , de Pélrarque,
de l'Arioate, eie. ; si può dividei-e, a p. 28. in due parti distinte :
la prima sulla lonza, la seconda sui leopardi, di cui egli s'era
già occupato, movendo da due lettere di Louis XI ad Ercole I
d'Este. in una breve indagine su Lea guéparda chaaseura en Franca
au XV et au XVP aièrie (voi. XVIII, 1888, delia ■ Peuille dea
Jeunes Naturalistes ,). Ve tutta una fauna letteraria che di-
pende dalla fantasia dei poeti; ma qui gli * attori .sono vera-
mente la pantera ed il leopardo: essi, e non le fiere poetiche,
veduti nella loro agile progenie e poi cercati con un diletto
pieno di benevolenza nei piil rari documenti; e taluno, già noto,
acquista un valor», od un riliev», diverso: cos'i la scena gaia
e colorita che apparve a fra Salimbene mentre questuava da
giovine a Pisa, scena evocata già dal Oebhart e dal Cian (* Ibi
erant leopardi et alie bestie ultramarine quam pinres, quas li-
henter aspeximus tengo intuitu, quia libenter inusitata et pulcra
videntur... , ; e le donne sotto il pergolato cantavano una strana
zed.yGOOg[e
JDLBS CAMUS, FILOLOGO 251
e bella canzone * et quantum ad verba et quantum ad vocum
varietatem .), il Camaa la riporta con la maggiore Terisiiniglianza
alla corte di Federico II, che fu in Pìaa mentre vi abitava il
frate minore (luglio-agosto 1244 e maggio 1245: v. la Cronica,
ed. Holder-Egger, p. 44 e 349 n. 2). Tale sopravvive ne' suoi
studi quel pregio di esattezza, e di grazia, ch'egli ricereb sopra
ogni altro.
L'Accademico Segretario
EVrroBE Stahpiki
D,!„t,zed.yGOOg[e
„d, Google
ATTI
REALE ACCADEMIA DELLE SCIENZE
i
DI TOKINO ;
■ !
FOBBLtOATI
DAGLI AffiABEMICI SEGRETARI DELIE DUE CLASSI
Tou LV, Di». 4-, I9I9.I920
TOSINO
Libreria FKATELLl BOOOA
VI» Ohio Albnte, S.
1920
DiBumd, Google
DiBumd, Google
CLASSE
SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI
Adunanza del 28 Dicembre 1919
PRESIDENZA DEL SOOIO PBOF. OOHH. ANDREA NAOOABI
PBE8IDENTS DELL'aOCADEHIA
Sono presenti i Soci Salvadori, Segbb, Peano, Jadahza,
Guidi, Mattibolo. Gsassi, Panetti, Ponzio, Sacco e Pabona
Segretario.
Scusa l'assenza il Senatore D'Ovidio, Direttore della Gasse.
Si legge e si approva l'atto verbale della precedente
adananza.
Il Socio Jadahza commemora il Socio corrispondente Vin-
cenzo Reina, ed il Presidente lo ringrazia, rinnovando l'espres-
sione dì cordoglio per la morte immatura del compianto collega,
e dice che la commemorazione sarà stampata negli Atti.
Il Socio Sacco presenta io omaggio tre sue pubblicazioni:
Bitomiamo alla Sorgente ... alla Natura; La formazione geologica
dell'Italia; I serbatoi montani. E tre pubblicazioni pure in omaggio
offre il Socio Peano: Sulla forma dei segni di algebra; Le defini-
zioni per astrazione; Tavole numeriche. Il Presidente ringrazia.
Il Segretario, a nome del Senatore D'Ovidio, presenta nna
Nota del Prof. F. Gesbaldi, Sulla scomposizione di una forma
binaria biquadratica nella somma di due quadrati.
II Socio Panetti presenta nna Nota, Ricerche sperimentali
sai valori del titolo in benzina della miscela di alimentazione dei
mt^ori a scoppio, dell'Ing, Gnido Guidi.
Le due Note sono accolte per la stampa negli AM.
Ani della R. Accademia — Voi. LV.
>y Google
NICODBHO JADANZA
LETTURE
GOMHEHOBAZIONE
dd Stelt eorrlBfoidente
Prof. VINCENZO REINA
fatta dal Socio nai. reaid. N. JADANZA
Il giorno 9 novembre 1919 moriva nella città di Como il
nostro socio corriapondente Conte Vincenzo Reina, profesaore
di Geodesia e Geometria pratica nella R. Scuola degli Inge-
gneri di Roma, a soli 57 anni!
La sua morte ha addolorato quanti sono i cultori della
Geodesia in Italia ed è stata appresa con rammarico da quanti
ebbero la ventura di conoscerlo.
11 prof. Reina era nato a Como il 22 novembre 1862 da
Francesco ed Antonietta de Orchi. Allievo del Collegio Qbislieri di
Pavia, ebbe in quella Università la Laurea di Dottore in Mate-
matiche il 14 novembre 1885 con pieni votì e lode. Nel 1° ot-
tobre 1887 fu nominato Assistente di Geodesia del prof. 1*000!
nella Scuola degl'Ingegneri di Roma, e negli anni scolastici
1890 e 1891 fu incaricato dell' insegnamento di esercitazioni
matematiche in quella Scuola. In seguito alla morte del pro-
fessore Pucci, avvenuta nel marzo 1891, ebbe l'incarico della
Geodesia e della Geometrìa differenziale. Libero docente di Geo>
desia nel maggio 1892. Nell'aprile 1894, dopo la morte del pro-
fessore Pitocchi, ebbe anche l'inearico della Geometrìa pratica.
Nominato straordinario di Geodesia e Geometria pratica nel 1895,
fu promosso ordinario il 6 novembre 1900 (*). Eletto socio corrì-
(') E: degno di nota il aeguente fatto. Il Rbihi fu nominato Straordi-
rio tenga eoncorao dui Hinistro Guido Baocku-i. Un anno dopo fece aprire
), che Egli Tinse.
D,!„t,zed.yGOOg[e
COHHBMOKAZIONB DI VINCENZO REINA 255
Spendente dell'Accademia dei Lincei il 12 luglio 1905, divenne
socio nazionale il 17 febbraio 1916, e Segretario aggiunto il
2 febbraio 1919. Fu Segretario della Società Italiana per il
Progresso delle Scienze dal 23 ottobre 1918 in poi, e membro
della R. Commissione Geodetica Italiana, di cui attualmente era
UDO dei Segretari.
L'attività scientifica del Reina si manifestò ben presto dap*
prima con note di matematica pura, quali sono quelle indicate
coi numeri 1, 2, 3, i dell'annesso elenco, e poi con lavori atti-
nenti specialmente alla Geodesia ed all'Astronomia geodetica.
Sono relative alla Geodesia elementare o Geometria pratica le
pubblicazioni notate coi numeri 5, 7, 8. È di somma importanza la
Memoria sulla Lunghezza del pendolo semplice a secondi in Roma.
In essa rende conto delle esperienze fatte io Roma dai pro-
fessori Pisati e Pucci, che, per la loro morte immatura, non po-
terono pubblicarle. Tali esperienze, fatte con molta cura ed
abnegazione dai due benemeriti Professori, ebbero una piena
conferma da quelle fatte a t^itsdam parecchi anni dopo, come
rilevasi dalla nota che ha per titolo : Confronto fra il valore aaso-
luto dell» (/ravità deUrminato a Roma e quello determinato a Potsdam.
Nel 1902 ebbe il premio Reale dell'Àccudemia dei Lincei per
le determinazioni Aatronomico-Geodetìche eseguite lungo Ì1 me-
ridiano di Roma e conseguente determinazione del profilo del
Geoide. Con l'apparato pendolare Steruek a mensola, da Lai
modificato per rendere minima e misurabile la oscillazione del
supporto, Egli ha fatto due campagne gravimetriche negli anni
1912 e 1913, i cui risultati si trovano esposti nelle due impor-
tanti Memorie pubblicate a cura della Commissione Geodetica
Italiana, aventi per titoto :
Determinazioni di gravità relativa, compiute nel 1912 a Roma,
Arcetri, lAvomo, Genova, Vienna e Potsdam in collaborazione
dell'ing. G. Cassinis.
Determinazioni di Latitudine astronomica e di gravità rela-
tiva eseguite in Umbria ed in Toscana nel 1913 da V. Reina e
G. Cassinis.
Prese ancke parte ai lavori geodetici per la Società Già-
ciologica Italiana.
Cultore di Matematica applicata, ebbe sempre in mente dì
rimuovere l'abuso che molti matematici puri facevano e fanno
D,!„t,zed.yGOOg[e
256 NICODBUO JADANZA
a danoo delle scienze applicate, e qnesta idea, che ora è invalsa
nella maggior parte delle Scuole d'Ingegneri, secondo la qoale
le discipline matematìclie che ivi s'insegnano, debbono limitarsi
a quanto può essere ntile nelle applicaziooi, non tarderà ad
estendere la sua influenza anche nelle scuole secondarie. Potrà
così avverarsi ciò che il prof. Reina dice in un suo scrìtto (Ma-
tematica di precisione e Matematica di approasimazione):
' Ora io vorrei formulare il voto che anche nelle scuole
* medie la Matematica non si irrigidisca in forme puramente
* scolastiche, non dimentichi le sue prime origini che sono spe-
* rimentali, e, dal contatto colla natura e col regno dei fatti,
* tragga vita e vigore ed alimento ad ulteriori progressi ,.
Alla sua memoria mando un reverente saluto a nome di
quanti hanno deplorato la sna immatura perdita e specialmente
a nome della Commissione Geodetica Italiana, di cui era il mag-
giore decoro.
Dicembre 1919.
ELENCO DELLE PUBBLICAZIONI
de) Prof. VinoiMEO EnNl.
1. Sugli oricicli dMe superficie pseudo-sfericke {'Heaà. Acc. lincei ,,
voi. V, 1889).
3. Di alcune proprietà ddle linee earatteriatiche (*B«Qd. Acc. lÀncei ,,
voi. T, 1889).
3. Sulle linee coniugate di una superficie. Note I e II (* Send. Accad.
Lincei ,, voi. VI, 1" Bamestra 1890).
4. Di alcune formule relative alla teoria (2eU« superficie (* Band. Ace.
Lincei ,, voi. VI, 2° semestre 1890).
5. Della Compensazione nd ProUema di Hansen (* Atti della R. Acc
Scienze di Torino ,, 1891).
6. Bulla determinazione dei raggi dì curvatura di una superficie per
mezzo di misure locali sopra di essa (* Band. Acc. Lincei ,, voi. II,
2' gemestre 1893).
7. CoUegamento ddla Specola geodetica ài S. Pietro in Vincoli cogli
Osservatori astronomici del Collegio Romano e dd Campidoglio
(* Rend. Acc. Lineai ., voi. II, 1° semeatre 1893).
D,!„t,zed.yGOOg[e
COMKBMORAZIONB DI TIKCBNZO KBIHA 2ò7
8. R ealeolo di compensazione nel Problema genere^ di Hanaen (• Ri-
vista di Topografia e Catasto ,, 1894).
9. Azimut assoluto di M.te Cavo sull'orizzonte della Specola geodetica
di S. Pietro in Vincali in Soma (a cura della Gommisaioiia Geo-
detica Italiana, Padova, Tipografia del Seminario, 1894).
10. SuUa lunghezza dd pendolo semplice a secondi in Roma (Esperienze
eseguite dai professori 0. Pisati ed E. Pnooi pubblicate per cara
di y. Riina) (* Memorie Acc. Lincei ,, seria 5', voi. I, 1894).
11. Sulla determinazione dtiìa diurna tra due punti per mezzo di mi-
sure angolari nei punti stessi (*Biv. di Topogr. e Catasto,, 1894).
12. L'attrazione locale nétta Specola geodetica di S. Pietro in Vincoli
{' Rend. Acc. Lincei ,, voi. TV", 1" semestre 1895).
18. Ricerche sul coefficiente di rifrazione terrestre eseguite in Soma
nel 1895 in collaborazione col prof. 0. Cioconitti (' Memorie
della S<;>c. delle Scienze, detta dei XL ., Serie S\ Tomo X, 1896).
14. Una nuoi>a forma di Tacheometro riduttore (* Biv. di Topografia
e Catasto ,, 1896).
15. Determinazione astronomica della tati^tdine di M.te Soratte nel 1900
(* Rend. Acc. Lincei ,, voi. X, 1' semestre 1901).
16. Determinazioni astronomiche di latitudine e di azimut eseguite Umgo
U meridiano di Soma (Pabblic. della R. Commissione Geod. Ital-,
Firenze, 1903).
17. Determinazioni astronomiche di latitudine eseguile a Venezia, Do-
nada e Comacchio nel 1903 {' Rend. Accad. Lincei ,, voi. XIII,
l" semestre 1904).
18. Determinazioni astronomiche di l(Uitudine e di azimut eseguile a
Oderzo, Col Brombolo e Calolzo nel 1904 (* Rend. Acc. Lincei .,
voi. XVI, 1* semestre 190^.
19. D^erminazioni astronomiche di latitudine e di azimut eseguite al-
Pisola di Ponza ed a Monte Circeo nd 1905 (* Rend. Accad.
Lincei ,, 1907).
20. RUievo planimMrico e altimetrieo di Villa Adriana, eseguito dagli
Allievi déRa Scuola degl'Ingegneri di Roma nel 1905 {' Notizie
degli Scavi ,, anno 1906, &bcÌco1o 8*).
21. Confronto fra il valore assoluto della gravità determinato a Roma
e quello determinato a Potsdam (' Rend. Acc. Lincei ., voi. XV,
2' semestre).
22. SuUa teoria delle proiezioni quantitative (' Rend. Accad. Lìncei ,,
voi. VI, 2* semestre 1897).
28. Differenza di longitudine fra Milano (Osservatorio di Brera) e Soma
(Monte Mario), in eoUaborazione con E. Bianchi, L. Gabba e
Q. A. Favabo (Pubblicazioni della R. Commissione Qeod. ItaL,
Bologna, 1912).
D,!„t,zed.yGOOg[e
258 NICODBHO JAD&NZA — COHMSHORAZIONB, BCC
24. MatemeUieo di precisione g Matematica di approssimazione (* Atti
del III Congresso della Mathesis „ 1913).
25. Determinazioni di gravita relativa compiute nel 1913 a Roma, Ar'
eetri, Livorno, Genova, Vienna e Potsdam, in collaborazione dd-
l'ingegnere Q. Gassihis (Pabblicazioni della R. Comm, Oeodetin
Italiana, Roma, 1913).
26. Commemorazione dei Corrispondente prof. Adolfo Tintubi (* ELend.
Acc. Lincei ,, voi. XXtV, 1* semeatro 1915).
27. Determinazioni di latitudine astronomica e di gravità rdativa ese-
guite in Umbria ed in Toscana da Y. EmA e Q. Cabbinis (Fob-
blicazioDÌ della B. Commissione Geodetica Ital., Roma, 1915).
28. Strumenti Diottrici (Manuale Hoepli, volume di pagine KIT -202 e
103 figure nel testo, 1908).
D,!„t,zed.yGOOg[e
r. QBRBALDI — SDLLA 3C0HPUSIZ10NE, ECC.
ShUi seomposlzioDO di ona fìima binaria iiiqnadratica
neila somma di doe qnadrati
Nota del Prof. F. GERBALDI
La Nota del Prof. L. Bbcsotti, dallo stesso titolo di questa
[' Atti della R. Àcc. delle Scienze di Torino ,, voi. LV (1919-20),
p. 63], partili interessante non solo per il modo semplice, eoi
quale egli dimostra un teorema sulla scomposizione di una
forma binaria biquadratica nella somma di due quadratii obe io
ho trovato incidentalmente oelle mie ricerche sulle frazioni con-
tinue dì Halfhsn (*}, ma piii ancora per il complemento, cbe
egli vi apporta, mercè il quale il teorema ora 8l pu6 enunciare
nella forma seguente:
* Una forma binaria biquadratica si pub in infiniti modi
' decomporre nella somma dei quadrati di due forme quadro-
* tiche; in una qualunque di queste decomposizioni ciascuna
' delle quadratiche ha per radici due punti, che appartengono
* l'uno alla terza polare dell'altro rispetto al covariante sestico
' della biquadratica ..
Quella Nota mi offre l'occasione di ritornare suH'argomento,
per studiare altre proprietà delle forme quadratiche considerate
nel teorema.
1. — Queste forme quadratiche sì trovano già costniiié
nella citata mia Nota, ed in virtb dell'estensione data dal
Bbusotti al teorema, si possono tutte comprendere nell'espres-
sione da me designata con A (1. c.> pag. 777). Si ha:
(*) Stnunelria e péricdieità ntUe frazioni eontinut di Hupsh ['Atti
della R. Acc delle Soienie di Torino ;, voi. UII (1918)].
D,!„t,zed.yGOOg[e
e, aiccoma:
SÌ pub scrìvere:
ìpt
Qui l denota ana qualunque delle radici li, l,, l, della risol-
vente cubica:
(2) „^^i,-\j=0;
inoltre :
s = x-t, ^, = X(E), Pt = ^X-{l), p,= ^X"(£).
Sostitnendo, si trova per A reepreesione esplicita:
(3) ^ = J=^IM' 4: 2».s + »■)»■ + 2 («i£' + 2«.E + «,)>:
+ (a,P + 2a,l + »J _ ( (i, _ E)i] ,
ossìa in notazione simbolica:
(3»*) A = ..- ^ [afaj — l (E»)*! ,
essendo:
X{xi, x,)^ aa* = rtoXi* + iaiXi'xt + ... -{-a^x^*.
Z. — I polinomi A formano tre serie, caratterizzate dai
tre valori sopradetti di I, quando si attribuiscono al parametro
£ 1= -=-) tutti gli infiniti valori, esclusi quelli che sono radici
della biquadratica data. Denoterò con Ai^" il polinomio che ap-
partiene alla serie caratterizzata da Ij (t = 1, 2, 3) ed ha il pa-
rametro E.
Intanto, per una qualunque decomposizione di X nella
somma di due quadrati, si ha:
(4) X=A'-\-A\
D,B,t,zed.yGOOg[e
3DLLA SCOMPOSIZIONE DI ONA FORMI BINARIA, SCC. 261
I due polinomi A, A', che eotrano io una stessa decompo-
aizioae e che dirò complementari, appartengono ad una atessa
sene. Infatti, se sussiste la (4) e se £, £' sono ì parametri
di A, A', per quanto ho stabilito al N. 4 della mia Nota sopra
citata (pag. 776), A' ha per radice £ e similmente A ha per
radice E'; quindi, se si pone:
A = Ai^% A' = ^e"',
segue :
V«c* — li (£ E')' = 0 . «t'fll'* — ^ (E E')» = 0 ;
tengasi presente che (££')#>0; perchè, se fosse (E£') = 0, ne
verrebbe X(£|, E,) =:0, ciò che è escluso; e si conclude U^lx-
Da quanto precede sì deduce inoltre: Se due polinomi A{^,
J|J'> sono complementari, i loro parametri E, E' ^ M= E') soddi-
sfano Inequazione:
(5) ax*av* — li [liy = a,
ossia:
(S"») OoE'E'» + 2<i.EE' {E + E') + (a, — l,) (E« + E'»)
+ (4o, ->r 2h) £E' + 2«, (E + E') + a, ^ 0.
Quest'equazione rappresenta, per t^l,2, 3, tre notevoli corri-
spondenze [2,2] involutorie, che denoterò con corrisponderne )i[.
Il polinomio A^*' ha per radici i due valori di £', che corrispon-
dono al parametro E nella corrispondenza jt|.
3. — Considero il fascio di corrispondenze [2, 2] tutte in-
volutorie:
at'dj^ — /(££')» = 0,
determinata dal secondo sistema polare rispetto alla biquadratica
data e dal quadrato della corrispondenza identica. In questo
foacio vi sono tre corrispondenze cicliche, con cicli di 4° ordine;
esse sono precisamente le corrispondenze )«'[. Infatti, si formi
l'invariante t, d'una corrispondenza generica del fascio ; esso è (*) :
(*) y. la mia Nota: Lt frtmoni eontititu di Rilphu ìh relaxiont eoUt
earrUpoitdtnMt [2,2] intoiiitorie, ecc. (* Bendio. Circ. Hatem. dì Palermo ,,
t xml).
D,!„t,zed.yGOOg[e
(6) i)(/) =
F. OUtBALDI
Oo 2oi Oj — l
2ai ia,-\-2l 2a,
o, — i 2«8 a*
eguagliandolo a zero, si ha un'equazione di 3° grado in /, che,
come BÌ vede sviluppando il determinante, coincide colla risol-
vente cubica (2); d'altra parte si sa che quando si annulla l'in-
variante t) la corrispondenza è ciclica, con cicli dì i" ordine.
È notevole che ogni polinomio A si ottiene, a meno di un
fattor costante, dal primo membro dell'equazione (5) delle dette
corrispondenze cìcliche, fissando in esso il valore d'una delle due
variabili, ad es. Ei : £., e allora il fattore è , , ed assu-
mendo l'altra E^' : Ef' come variabile x.
4. — In una corrispondenza ]H siano E, n i punti corri-
spondenti ad un dato pnnto £'; al punto r\ corrispondono il
punto E' ed un altro punto n'; al punto n' corrispondono il
punto T| ed un altro punto, che coincide con E; perchè, essendo
la corrispondenza cìclica, con cicli di 4° ordine, si ha la suc-
cessione periodica:
...E, E', n. ti', e. E', ...
dove i due termini contigui ad an termine qualunque sono i
corrispondenti di questo. Segue che ì due polinomi A^^, Atf^
di 2" grado in x, hanno entrambi le radici E', t|'; quindi essi
sono tra loro eguali a meno d'un fattore k:
Ponendo qui una volta z=:E e l'altra volta x^=r\, si deduce:
VS' — ^ (Si)» = *(/X(E,,E,).Z(ì|i,ni)
= 4-^'X(E„E,).3r(iii.n,),
donde i ^ + Ij e però si ha l'identità:
<" yfè«[°'"-'-''<''"=«è^f<"'°-'-''(-'"-
DiBumd, Google
SULLA SCOMPOSIZIONI DI UNA FORHA BINABIA, ECC. 263
Sì conchìnde che per ciascun polinomio A fli hanno due
valori del parametro; a ciascuna delle radici E', ri' d'un poli-
nomio ^^ corrispondono nella corrispondenza ) t { gli stessi due
valori E, r|, che sono i valori del parametro di quel polinomio.
Se due polinomi A, A' sono complementari, le due radici del-
l'ano sono eguali ai due valori del parametro dell'altro.
5. — Siano ancora f, n i due punti che corrispondono ad
un dato £' in una corrispondenza ]i(; le coppie E, i) al variare
di E' costituiscono un'involuzione; si ottengono così tre involu-
zioni (t ^=- 1, 2, 3) ed ì primi membri delle loro equazioni si espri-
mono razionalmente nei coefficienti della biquadratica e nelle
radici li della risolvente cubica. Infatti, si denotino con Da$ i
minori di 2° ordine del determinante D{1) e con D^^ Ìl valore
di Dog quando si sostituisce per l il valore li. Allora si ha:
(8) P,,*' : P,,'" : D,,") = i),."> i)„^ : i)„'« =ìì i?,/" : D, «: /)„«;
e posto:
P= OoE'» -f 2oiE' -f o, — ^,
Q = 2a,r» + (4a, + 21,) E' + 2a„
fi = (ai-WE'» + 2a,E' + a4,
qualunque sia E', si hanno le tre identità:
(9) Da^'>P-\- DJ"Q -i DJ^B = 0, (i = 1, 2, 3)
dove è indifferente che per indice a si prenda uno qualunque
dei numeri 1, 2, 3.
D'altra parte E, n sono le radici dell'equazione:
P^ + Qx-\-B = <Ì,
che si deduce dalla (5^), donde:
P(E+ii) = -0, F%r\ = B;
e ora da queste e dalle (9) si ricavano le equazioni:
(10) ■ i>ai"'-i)a»«'(£ + T|) + i)«»"'Et) = 0;
D,!„t,zed.yGOOg[e
264 r. GKRBALDI
queste sono precisamente le equazioni delle tre involnzioiu so-
pradette.
6. — Tenendo presente che, per quanto si è visto sopra
(n" 4), i due punti S, t), che in una corrispondenza ]ti corri-
apondono ad un dato punto E', sono le radici del polinomio A^/'",
e che per il teorema fondamentale le radici di un polinomio A
appartengono l'una alla terza polare dell'altra rispetto al cova-
riante sestico T della biquadratica data, si coachiude che i tre
punti, che formano il terzo sistema polare d'un dato punto E
rispetto a T, sono i coniugati di E nelle tre involuzioni (10) e
perciò essi si calcolano razionalmente per mezzo delle (10),
quando si conoscono le radici U della risolvente cubica {*).
Osservando ancora che i punti doppi delle tre involuzioni
in discorso sono radici di T, sì conchiude che
(11) Dal'" — 2i)«9*''« + />a8"'V (» = 1,2,3)
sono, a meno di fattori costanti, ì tre noti fattori quadratici 9,
V, X di T.
Ciò si conferma anche col seguente calcolo. Sìa
fl = 2(ooag — (ii*)a:* + 4(00*8 — aiO»)a)*
+ 2 (aoflt + 2a,a, — 3o,») x» + ...
l'Hessiana della data biquadratica, si ha:
2(ff+(X)=i>„a^-4i>„a^ + 2(/)„-f2Z>„)*»— 4A.*+Ai;
donde, tenendo presenti le (8), si dedut»:
2 D«„ (fl+ i,-X) = (Dal™ — 2Z>tì'*'a! + D^")^)*;
(*) Le equasioni (10) «ono da ritenersi pii) semplici delle altre
propoite dal Prof. Bbdsotti, perche qaeste ultime contengono un fattore
eatraDBo, ohe è q>{*, o vf^, o Xg*.
>y Google
SULLA SCOMPOSIZIONE DI UNA FORMA BINARU, ECC. 265
ed ancora, avendo presenti le forinole:
fl+Ì,X= — 2<p*, ecc.
ai ricava:
(12) Dmi — 2 D„ax +D^x*=:2t/— Z)^^" tp, ecc.;
7. — Chiamo associati due parametri l, £', che si corri-
spondono in una qualunque delle tre corrispondenze ]J(; per
guisa che ogni parametro E ne ha 6 associati. L'equazione, che
dà tutti e 6 gli associati di E, ei ottiene eliminando l dalle due
equazioni :
ai'av' - l (EE')« = 0 , P - -l ,7 - i-^-= 0 .
ed è:
(13) (W)' - \ i (££')* W - ii (EE')' = 0.
Giova mettere questo risultato sotto altra forma. Si faccia la
soatituzione:
[a) xi = Eiy, + E,'y, , a, = E,y, + E,'y, ;
e si ponga per brevità:
"i* = «0 1 <H* "v ^ Oi , «(* Of* = «i ) «1 o^ =' Oj , oj"* = 04 .
Si ha:
X= a,* = Ooyi* + 4aiyi»y, + ... + o^y/.
Siccome poi (SE') è il modulo della sostituzione (a) e t, j sono
invarianti di pesi 4, 6, si ha inoltre:
y i (££')• = do 04 — 4a,0( + 30|',
y;(EE')»=aoa,o« + 2a,a,a, — a,» — ooV — VoiJ
sostituendo nella (13) si deduce:
(14) SooOiOj — 2aoa,* — 2a,*(u = 0.
D,!„t,zed.yGOOg[e
266 r. OEKBALDi
Questa è ona notevole relazione tra i valori Oq, ai,... del^
BucceBBive forme polari della biquadratica data, calcolate per
due parametri associati E, £'.
8. — Col mezzo di questa relazione possiamo ftuslmente
dimostrare con calcolo diretto la formola (4), che dà la scom-
posizione della biquadratica nella somma di due quadrati.
Supposto che £ e £' stano associati ^>^E'), supposto cioè:
(15) Vo?* — A{EE')» = 0; ossia: a, = i.(jr)",
si tratta di verificare che si ha:
Facciasi ancora la sostituzione (a) ; tenendo presente la (5),
si ha:
^l"* = ^ Kyi* + 2a,y,y,) ,
^'' = -^(2«.y.yi + o.y.')-
Quadrando e sommando e tenendo conto che in virtù della (14)
si ha:
si deduce:
[^«P + LVil«= 1 (Ooy,' + 2a,y,y,)' + ^{2o,y,y, + o,y,»)'
= «oyi*+*aiyi'y»+6aiyi'y»'+*0iyiyi'+»*s'i*
= X{xi, *j.
9. — In ciascuna corrispondenza )»( i punti doppi sono le
radici della data biquadratica, e queste (come sopra sì è detto)
non si possono assumere come valori di parametri per i poli-
nomi A.
Ad un punto di diramazione della corrispondenza ) 1 ( cor-
rispondono due punti coincidenti in uno, che à radice di qi. Se
x', x" sono le radici di <p, nella corrispondenza 1 1 { al punto x'
corrispondono due punti di diramazione i', r\ ed al punto x"
Disitized^y Google
SXSIH SCOHPOSIBONB DI UNA FORMA BINARIA, BCC. 267
gli altri due puati di diramazione. Il polinoipio A^f^' ha te
radici E', ti' ; ed il polinomio complementare è un quadrato colla
radice doppia x', ecc. Segue che una biquadratica bì può in
6 pfodi scomporre nella somma di un quadrato e di una quarta
potenza; quest'ultima sì annulla per una radice del covariante
sestico (*).
Siano ora y' e y" le radici di v; «'e z" le radici dì Xi
le coppie y', y" e z, z" sono (come è noto) coppie di punti coniu-
gati nell'involuzione, che ha per punti doppi le radici *', x" di <p.
Da quest'oaservazione, per quanto si è stabilito sopra (n< 5, 6),
segue che w e x sono (a menq di fattori costanti) due polinomi A
nella serie caratterizzata da h; dico di più che in questa ^rie
tali due polinomi A sono complementari. Infatti, osservo anzi-
tutto le relazioni:
(a cp)* V = /, ipt*. {a vY a\* = h Vt», («x)' H* = hTA*\
la prima delle quali discende dal fatto che, dato comunque E,
le radici delle due equazioni di 2** grado in x:
«('«-* — h (E*)' = 0 , «P;.* = 0 ,
si separano armonicamente, ecc. Ciò posto, considero la forma
quadratica :
« = ii,t = a,*a,* — It {zx}*,
per la quale si ha:
{«(p)' = (o(p)*a«* — hVt' = 0, qualunque sia z;
si ha inoltre:
(ttx)* = («x)'a.'-'iX.' = (/.-A)X.';
donde :
{«X)' = 0, se « è radice di x-
Dunque, se 2 è una radice di Xt u è la jacobiana di ijp e Xi ^
però coincide con v (a meno di un fattore); cioè nella serie
(*) Cfr. la mia Nota citata, a pag. 777, del toI. LUI degìì 'Atti della
R. Acoad. delle Scienie di Torino ..
D,!„t,zed.yGOOg[e
268 F. QBRBALDI — SULLA SCOMPOSIZIONE, BCC.
caratterizzata da ^i e per i parametri^', 2" si ha un polinoinio A,
che (a meno di un fattore) coincide con if>; aimilmente ai vede
che nella stessa serie e per i parametri y, y" si ha un poli-
nomio A, che (a meno di nn fattore) coincide con Xì ini^tre
tali due potinomi sono complementari, perchè (n° 4) le radici
dell'ano sono parametri dell'altro. Ciò è d'accordo colle note
formolo :
^=^*'+ 7;^ «■=■■■
sulle quali è basato un classico metodo per ]a risoluzione del-
l'eqaazione biquadratica; queste, come si vede, rientrano come
caso particolare nelle formole di scomposizione della biqua-
dratica nella somma di due quadrati ; è chiaro che le formole
piti generali, di cui ci siamo qui occupati, sì possono ter aei^
Tire allo stesso scopo.
Alagli»- Seda, settembre 1919.
D,!„t,zed.yGOOg[e
' RICBRCBB SPKBIHBNTALI, ECC.
Rieerehe spepìmentali sai valori del titolo in benzina
della miscela di alimeotazione del motori a scoppio
Nota delllDg. GUIDO GUIDI
(Con 5 Tavole).
Oggetto della presente relazione è uno studio sperimentale
avente per scopo la determinazione del titolo della miscela espio-
aiva fornita da un carburatore ai diversi regimi di marcia del
motore.
È noto che per ottenere il massimo rendimento da un mo-
tore ad esplosione, a parità di altre condizioni, occorre alimen-
tarlo con una miscela di combustibile e di comburente nella
quale il rapporto fra i due elementi sia quanto più possibile co-
stante, e prossimo a quello teoricamente richiesto per la com-
binazione chimica che si forma nella combustione: l'eccesso di
uno qualunque di questi due elementi costituisce una massa
inerte, che, oltre a non partecipare al fenomeno chimico, dimi-
nnisce la rapidità della combustione, perchè allontana fra dr loro
le molecole che debbono combinarsi. Conseguenza immediata, il
rendimento del motore diminuisce, il suo consumo per cavallo
ora aumenta.
Per altro lato si comprende che, pur avendo ottenuto il
titolo esatto per certi regimi di marcia, sia assai difficile il man-
tenerlo invariato per tutta la gamma estesissima di velocità e
di volumi di aria, che il motore, durante il suo funzionamento,
richiama attraverso te tubazioni di introduzione.
La soluzione di questo problema, essenziale per l'economia
di marcia del motore, ha dato luogo ad una grande varietà di
tipi di carburatori, nei quali, con mezzi adatti, si tende a
AUi (Mia R. Accademia — Voi. LV. 18
D,!„t,zed.yGOOg[e
270 flDIDO QDIDI
compensare l'iDcostanza del tìtolo della miscela, variando la
portata di ano dei due elementi componenti.
PresciDdiamo dai carburatori nei quali questa compensa-
zione è affidata alla perizia del motorista, che può manovrare
delle prese d'aria addizionali o dei riduttori di benzina: una
soluzione non può ritenersi scientifica quando è affidata all'abi-
lità individuale. Ci occupiamo invece dei carburatori a compen-
sazione automatica; in essi la correzione del titolo avviene,
come è noto, o per l'azione di dispositivi meccanici comandati
dalla stessa depressione, o per la diversa portata di differenti
getti ad azione simultanea od indipendente, oppure ancora per
l'aspirazione assai variabile che l'aria esercita sai getto, pas-
sando ÌD circuiti speciali, che entrano particolarmente in azione
ai regimi minimi.
Nella presente relazione intendiamo particolarmente illo-
strare come furono condotte le esperienze per determinare il
titolo della miscela, fornita da questi carburatori a compensa-
zione automatica, nelle varie condizioni di marcia. Tale deter-
minazione sarebbe difficilissima ad eseguirsi su dì un motore in
marcia, per le forti variazioni di temperatura, ma specialmente
per il fatto che, variando anche di poco il titolo della miscela,
il motore funziona irregolarmente, od anche si arresta. Per ciò
si ritenne che non si sarebbe mai potuto, su di un motore in
marcia, determinare, con sufficiente esattezza, il titolo delia
miscela, dotata di una velocità assai prossima ai 100 metri
a secondo. Si pensò quindi di porre il carburatore nelle stesse
condizioni di funzionamento, indipendentemente dal motore. A
questo scopo si cominciò col determinare con la massima esat-
tezza, in funzione delle velocità angolari del motore, la legge
di variazione delie depressioni {Tavola I) create dal motore
stesiso,' a monte, a valle, ed in prossimità dell'organo di chiu-
sura del carburatore, costituito per lo più da una valvola a
farfalla, o da un rubinetto cilindrico: ì valori trovati sono, per
i motori di automobile, sensibilmente uguali per i vari tipi; si
intendono rilevati per motore marciante sotto carico normale,
con regime variabile tra un
il tìiòtore si arresta, ed un massi
Queste stesse depressioni
imo di 200 giri, oltre il quale
imo di 1500 giri.
iscontrate durante il funziona-
mento del motore, si sono riprodotte con una pompa centrifuga
>y Google
L GUIDI - Ricerche sperimentaìi sui valori d.u\ iAL ^taU Siceai. UU Scit..
dei titoli in benzina ecc. é,^^ "X^ino. ■ Voi. LV.
D,!„t,zed.yGOOg[e
G. GUIDI - Ricerche sperimenlali sui valori £liu UL §ltJ, ficcati- iAU Scìr»
dei liloli in benzina ecc. à\ ^=»nc. - SÌA. Vi.
f
I
. I
i 1
DiBumd, Google
RICERCUB SPBBIHEHrALI SUI VALORI DEI. TITOLO, ECC. 271
multipla, nei carburatori sottopoati alle prove, operando nelle
condizioni più favorevoli per eseguire misure esattissime, sia
eliminandole cause di errore derivanti dalla marcia del motore,
aia mantenendo assolatamente costante la velocità della colonna
d'aria, anche ad efflusso di benzina interrotto, o parzializzato,
come nel caao di un carburatore a doppio gicleur, uno dei quali
fosse stato otturato, per misurare la portata dell'altro. In cor-
rispondenza della sezione a valle della valvola a farfalla, se-
zione indicata nella Tavola I col simbolo EF, si sono misurate
le velocità dell'aria (e di conseguenza le portata, conoscendo le
pressioni): partendo da questi valori, e rìducendoli alla pres-
sione atmosferica, si sono costruite le prime due colonne delle
tabelle che seguono.
Si sono pure misurate le portate dì benzina colla lettura
del tempo occorrente per fame effluire delle quantità determi-
nate: si determinarono assai comodamente le portate dei sin-
goli passaggi di benzina nei carburatori muniti di dispositivi
per la marcia al minimo, o di compensatori o di gieleurs mul-
tipli; i valori trovati sono riprodotti nelle tabelle, l'ultima co-
lonna delle quali ci dà senz'altro il rapporto fra i volumi di
benzina e di aria, rapporto che deve rimanere, per quanto è
possìbile, costante.
Nella Tavola II riportiamo, in forma assolutamente dimo-
strativa, l'andamento degli efflussi dell'aria e della benzina in
un carburatore semplice non compensato. La curva OA rappre-
senta la portata dell'aria in funzione della depressione, la O'B
la portata della benzina, scegliendo le scale delle ordinate in
modo che il loro rapporto a quelle dell'aria sia uguale al rap-
porto che i due elementi debbono avere nella miscela. Con questo
sistema di rappresentazione da noi usato, le linee di efflusso
della benzina, che in esatte proporzioni risulterebbero quasi coin-
cidenti con l'asse delle ascisse, vengono ad essere assai facil-
mente paragonabili alle linee di cMusso dell'aria: a colpo
d'occhio si può apprezzare se la carburazione è buona in ogni
ponto del diagramma, poiché è assai più facile stimare la so-
vrapponìbitiUi di due curve, che non la proporzionalità delle
loro ordinate, specialmente quando i loro valori sono molto dif-
ferenti.
D,!„t,zed.yGOOg[e
272
ODIDO auiDi
Co8\, ad esempio, la tavola II, benché sobemafcica, ìndica in
maniera evidente che la miscela è troppo ricca di carburante
in corrispondenza dei valori massimi delle depressioni, e delle
portate, ed è troppo povera in corrispondenza dei minimi. Qaeeto
fatto, ben noto in pratica, ci dice che qualsiasi sistema di com-
penaazioDe deve permettere di impoverire il titolo al massimo,
e di arricchirlo al minimo.
Applicando i metodi sopra esposti, si sono rilevati i dia-
grammi di funzionamento di parecchi tipi di carburatori: ci
limitiamo, per ragioni di spazio e di opportunità, a riportarne tre,
scelti fra i più interessanti, ed uniamo le tabelle mediante le
quali essi furono costruiti.
D,!„t,zed.yGOOg[e
BICBBCBB SFKRDIBNTALI SUI TALORl DEL TITOLO, ECC.
Spa tipo 6000 verticale, Anno 1912, Tavola III.
TelociU
Portata
di aria
Portata di benaina
Bappcrti
dell'Aria
del getto
piccolo
del getto
grande
totale
di benaioa
e di aria
mtt
V«
wn"/»
omVi
«a-*
5
9,0
1,11
-
1,11
8110
10
18,4
1,42
—
1,42
9430
15
16,1
1,45
-
1,46
11100
20
18,8
1,30
0,30
1,60
11700
30
23,0
0,75
1,60
2,25
10200
40
25,3
0,25
2,30
2,65
9920
50
28,0
—
2,80
2,80
lOOOO
60
30,5
—
3,15
3,16
9680
70
33,0
—
3,50
3,50
9430
80
36,0
—
3,75
3,75
9380
90
36,5
—
4,00
4,00
9130
La precedente tabella raccoglie alcuni dei dati sperimentali
mediante i quali si è costruito il diagramma della Tavola m.
Esso è il diagramma-tipo dei carburatori a doppio fficleur e per
tutti si ripete quasi invariato, specialmente nella zona corrispon-
dente ai medi regimi, ove appunto si verifica la maggior inco-
stanza del titolo : la curva OA rappresenta la portata dell'aria,
* la OB la portata del getto piccolo, la (/B' quella del getto
grande; la linea OPOB' la portata totale della benzina. II dia-
gramma dimostra obiaramente che in tutta la zona dei regimi
medi, quando all'azione di un getto si va sostituendo quella
dell'altro, il titolo varia fortemente da punto a punto, ciò che
nella marcia del motore provoca degli sbalzi dì potenza e delle
vibrazioni. Risulta anche in modo evidente che la miscela è
inevitabilmente ricca, tanto al maaaimo che al minimo ; e pare
>y Google
274
QUI DO oniDi
questo fatto è largamente confermato dalla pratica. Le condizioni
sono leggermeote migliorate applicando una presa d'aria supple-
mentare automatica : allora la portata dell'aria è rappresentata
da OA', mentre O'B" dà la portata del getto grande, tenuta
leggermente eccedente coll'aumentare le dimensioni del foro del
gicleur. Anche in questo caso però siamo lontani da una buona
compensazione e dalla costanza del titolo.
Zenith tipo verticale 1916, Tavola IV.
Velocità
Portai»
Portata di beozina
Bapporti
fra i volami
dell'ari»
diaria
dal
nienti
dal
compen-
satore
dal
getto
totale
di beoaina
e di aria
m/s
l/«
om'/B
om'rt
«•■;•
5
6,5
0,85
—
—
0,85
7650
10
9.5
1,05
—
—
1,05
9040
15
12,0
1,10
—
—
1,10
10900
20
14,0
0,90
0,30
0,15
1,35
10400
25
16,0
0,70
0,40
0,60
1,70
9410
35
18,8
0,40
0,50
1,05
1,95
9630
50
22,6
0,20
0,60
1,60
2,40
9370
90
30,0
0,06
0,65
2,65
3,36
8930
La tabella riassume i risultati sperimentali sui quali è co-
struita la Tavola IV: in essa la portata dell'aria è rappreeen*
^ta in OA; la curva OT ci dà la portata totale della bensin^,
somma delle tre curve OR, O'B ed O'ff, che rappresentano le
portate di benzina rispettivamente dal dispositivo del raienti,
dal getto principale e dal compeqsatore. Quest'ultjoia, secondo
i) sistema ^averey, sol quale si fonda ì} carburatore Zenith.
«dovrebbe essere cqstante, e quindi fappreaent-a^ dalla 0"B"
parallela all'asse delle ascisse. Per un complesso dì cause che
non ci dilunghiamo ad esporle, 1^ portata del coipp^naatore è
D,!„t,zed.yGOOg[e
G. GUIDI - Ricerche sperimentali
dei lìloli in benzina ecc.
ui valori
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Ili, d.ii. a,.i.a«.ij,i(.&™,.
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G. GUIDI - Ricerche sperìmeniali sui valori ^ii; itUa Si^aU accedi. AttU Se.,
dei titoli in benzina eco. di ^oiino. - Voi. LV.
D,!„t,zed.yGOOg[e
RICBKCHB SPBRIHKNTAlil SUI TALOKI DKL TITOLO, ECC.
275
invece assai simile a quella di un getto ordinario, aensibilmeote
strozzato, e con una riserva per la rjpresa: per conseguenza
esso perde la funzione di compensare le variazioni di portata del
getto principale, e non serve che a facilitare la ripresa, mentre
la compensazione è affidata al solo dispositivo del ralenti.
Féroldi tipo 3, Anno 1919, Tavola V.
È il carburatore che, fra quelli sperimentati, ha dimostratp
di meglio rispondere ai requisiti di costanza del titolo.
Nella seguente tabella sodo raccolti i risultati delle espe-
rienze.
VelooiU
Port&U
di aria
Portata di bea
ia.
Eapporti
drfr.™
circuito
miDÌmo
cironito
effettiva
di bcDCÌDa
e di aria
m/i
iv«
om</.
BMi^
<,m>/.
i
13,5
1,5
0,3
1,60
1 : 9000
10
18,0
2,0
1,5
2,00
1 : 9000
20
27,0
2,95
2,9
2,95
1 : 9150
30
32,8
3,5
3,7
3,60
1 : 9150
*0
39,0
3,9
4,4
4,30
1 : 9070
60
46,9
4,2
5,4
5,15
1 : 9100
80
54,0
4,3
6,3
5,95
1 : 9080
100
59,5
4,8
7,1
6,55
1 : 9090
In questo carburatore il getto di benzina è unico, però
la sua portata è aaeai differente secondo che l'aria circola per
le condutture del minimo, o per la conduttura principale. Imma-
ginando di scindere queste due portate teoriche si avrebbero le
due linee di efflusso indicate nel diagramma. Effettivamente in-
vece la portata è unica, e si avvicinerà all'una od all'altra
delle due curve a aeconda di come si £anno variare le Beziooi
dei due circuiti seguiti dall'aria. È evidente che si possono sce-
D,!„t,zed.yGOOg[e
'276 aiTiDO eniDi — ricerche spekimentau, ecc.
gliere le sezioni di passaggio in modo da ottenere che la legge
deU'effluBSo della benzina; rìsultante dal concorso dei due circniti,
sia praticamente identica a quella dell'aria, per modo che risulti
costante il titolo, e quindi la stessa linea rappresenti l'efflusso
dell'aria e della benzina. Questa esatta coincidenza di linee non
sì potrìt ottenere che per una determinata condizione aia della
densità della benzina, sia di quella dell'aria; però le perturba-
zioni sono di un ordine di grandezza tale da non compromettere
la bontà dei risultati.
Torino, 27 dicembre 1919.
L'Accademico Segretario
Carlo Fabrizio Pabona
D,!„t,zed.yGOOg[e
CLASSE
SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE,
Adtmsnza del 4 Oennaio 19S0
PBBSIDENZA DEL SOCIO PROF. COHH. ANDREA NACCABI
PRESIDENTE DELL' ACCADBHIA
Sono presenti ì Soci Pizzi, De Sanctis, Brondi, Einaudi,
Baudi di Veski, Schiaparelli, Patetta, Vidabi, Prato, Clan,
Pacchioni, Valmaogi, e Stampini Segretario della Classe.
Si legge e si approva l'atto verbale dell'adunanza prece-
dente del giorno 21 dicembre u. b.
L'Accademico Segretario presenta, a nome del Socio cor-
rispondente C. MoHTALCiHi, il recente volume Legge elettorale
polUiea. Testo unico 2 Settembre 1919. Commento teorico e pratico
(Bologna, Zanichelli), composto da esso C. Montalcini in colla-
borazione con A. Alberti, Capo della Segreterìa della Camera
dei Deputati. La Glasse vivamente ringrazia il Socio Montalcini
per il pregevole dono.
Lo stesso Socio Stampimi presenta per la pubblicazione
negli Atti una breve silloge dì sue iscrizioni latine inedite e di
suoi distici elegiaci latini col titolo Nonnallae inscriptiones et
distieha.
Si ammette alla stampa negli Atti stessi la Nota del
Prof. Dott. Oiovanoi Marro intitolata Sulla psicologia dell'an-
tico Egitto, che il Socio Vidari presenta alla Classe e giudica
D,!„t,zed.yGOOg[e
degna di considerazione in virtù dei rapporti che corrono fra
gli atudl filosofici e le indagini antropologiche da cui il Mabbo
ha preso le mosse nel suo interessante studio.
U Socio ScHtAPABELLi, as80ciandosi al collega Vidabi nella
presentazione della Nota del Prof. Giovanni Uabbo, aggiunge
* che la Nota stessa è il risultato di un lungo e diligente studio
* fatto dal IìIabbo sulla raccolta antropologica del Museo di
' Torino, comprendeute varie centinaia di antichi cranii e di
* scheletri egiziani completi , raccolti dalla nostra Missione
* archeologica in Egitto nelle necropoli di Assiut e di Ghebelein
' fra gli anni 1910 e 1914.
* La scelta del detto materiale è stata fatta informandosi
* ai criterii scientifici più rigorosi, preoccupandosi unicamente
' della qualità del medesimo e non della quantità; e attenen-
' dosi ai criterii medesimi la nostra -Missione costituì, sia per
' la necropoli di Assiut, come per quella di Obebelein, una
' doppia serie di scheletrì completi e di cranii. Per Assiut,
' oltre 250 scheletrì completi, di adulti dei due sessi e di fan-
' oiulli, e numerosi cranii sono sicuramente da attrìbuirsi al
* periodo fra la sesta e la dodicesima Dinastia, ed un centinaio
' circa fra scheletri completi e cranii si rìferìscono non meno
' sicuramente al periodo greco-romano; per Ghebeleìn, circa
" 100 scheletri completi e numerosi cranii debbono rìferìrsi al
* perìodo fra le prime e la decima Dinastia, ed un numero
* quasi corrispondente appartiene al perìodo greco-romano.
' Altra serie, che già comprende alcune decine di scheletrì
' completi della sesta Dinastia, fu inoltre iniziata nell'anno 1914
' nella necropoli di Elefantina.
* Il detto matonaie, che ò in stato di conservazione vera-
* mente perfetta, parrebbe dover costituire il principale e più
* sicuro contrìbuto che finora sia stato portato agli studi della
' antropologia dell'antico Egitto, sia per le indagini che to'
' gliano intraprendersi sulla affinità etnografica degli antichi
D,!„t,zed.yGOOg[e
279
' Egiziani con altri popoli, sia sullo modificazioni etnografiche
' ofae, nel corso della stessa storia egiziana, si sieno per av-
' ventura prodotte nelle regioni alle quali le serie accennate
' ai riferiscono, sìa per determinare ì peculiari caratteri della
' razza egiziana, in relazione anche collo svolgimento della
* sua civiltà.
* Le indagini del Prof. Marbo, che prese parte personal-
* mente a due campagne di scavi della nostra Missione, sì sono
' per ora rivolte principalmente a quest'ultima parte, e nella
' Nota presentata egli ne riassume alcuni risultati, che sem-
* brano meritevoli della maggiore attenzione ..
D,!„t,zed.yGOOg[e
KTTOSK STAMPISI
LETTURE
NONNVLLAE INSORIPTIONES
ET
DISTIOHA
HECTORIS STAMPINI
Soda//s ordinarti ab actis
Loculua tminM, in regia Supergae basilica nomini BumberU
Sabaudi, Comiiia urbis Salemi, congecratua, eiua beUietam
erueem duoque argentea nomisnuàa militari virtuii deco-
randae in fronte marmoreo exhibet huie auperposita inaerip-
turni meae,
(Seripsi menai dicembri an. HCHXIX)
HVMBERTVS • SABAVDVS ■ DOMO ■ AVGVSTA ■ PRAET-
COMES • VRBIS • SALEMI | natvs*avcvstab*tavrin-d*xxii-iiss>
IVN'AM*BIDCCCLXXXIX'OBnT'D-XIX'MBS-OCT'AN-MC«XVm | CRBSPAMl*
IN -GRAPPA -MONTE • VBI ■ MATRIS ■ VOLVNTATE • ET • RBGIS ' ADSBN3V • BIVS*
OSSA-QVIBSCVNT
PRO -PATRIA-PVGNANS- IVVBNILI&-LVMINA -CLAVSIT
BT * CORPVS • GRAFPAE • S AXA ■ CRVENT A- TEC VNT
HONSTRAT* AT* HIC-LOCVLVS-MAGHI- IVXTA- OSSA- PASENT1S
BBLUCA- QVAE- MERITI- PRABMIA-TBRNA'TVLIT
D,!„t,zed.yGOOg[e
INSCEUPTIONES ET DUTICHA
n.
Jnacriplio tabutae marmoreae insculpenda atque ad partetem figenda
in aedOnta iudicum Taurinensium iudiciis tribunaliUm reco-
gnoaeendis, in honorem iudicum atque advocatorum qui prò
patria ceciderunt.
IVDICIBVS-ATQVE-ADVOCATIS
FOKI-TAVRINENSIS
QVI-AB*AN'MCMXV- VSQ V E-AD-BXITVU-BBLLI
IN'ACIE'PROCVBVERVNT
COLLGGAB
COLLEGIS •IN'GLORIAE'PERPETVITATE- VI VENTIB VS
p.p
AVSOS-PRO*PATRIA-PRO-IVRE'OCCVMBERE*MORTEM
EXIMIT'E'LETO-NON-PERITVRVS*HONOR
m.
jid ÀLOtsiCH Martini, Sacerdotem ac Praesidem Lycei Oymna-
eiique Desentianensia, atque Aloisiuh Valhaooi, Praesidem
ordinis profesaorum philosophiae et liUeris tradendis in
Begia studiorum Umveraitatt Taurinensi.
ANNVS
QVI-CVRRVREDEVNTE*DIEM*FESTVM-ADVEX1T
NOMINI- SANCTI • ALOISll -SVMMA • CA ERI MONIA- COLENDO
ME'MONET
VT'ALOISlO-MARTINfET-ALOlSIO-VALMAGGI
AMICIS* MEIS- LONGE -S VA VISSIMIS
ETSI-IAH-PRIDEM-MEAM-ERGA-SE-V OLVNT ATBM
PENITVS'PERSPECT AM ■ HABEAKT
NVNC-SOLLEMNTOVASI-RITVPERFVNCTVS
QVAB'IIS- SEMPER • EX- ANIMO -OPTA VE RIM
BONA'FAVSTA-FELICIA'FORTVNATA
VERBIS- CONPIRMATA- AC- TRADITA'LITTERIS- MITTAM
>y Google
ETTOBB STAMPINI
ATQVB'HAGC-IISDEU- PRAETER -OHinA • ADPRSCBR
SINT ■LAETI'SOJT'SANI
ET* TBNVIA • C APUNT • PRAZSEHTIS ■ HORAB • DONA
HOX- VERO'ET- VIDBRB -BT'HVLTA'IM-LVSTRA-PSOSOGASB
P0S3INT • MEL10RE3 • P A TRI AE • DIES
A ■ D-XI-KAL ■ IVL- AH-HCMXIX
IV.
Ad GuEBmoH Benedictuh Fbaocaxtiebi
GVERINO • BENEDICTO ■ FRACCAL VIERI
PHILOSOPHI AE • ET - LITTERAR VH • DOCTORI
AC'PRABPOSITO -SODALI VM -BABNABITARVM-PROVIMCIAIJ
EPHEBEI- DENIQVE- MONTISCALERII
CAROLI-ALBERTI-REGIS-NOMINE-EXORNATI
NVNC'QVINTVM- ET- VICESIMVM ■ ANN VM -EXPLBNTI
BX'QVO-CATBOLICAE- RELIG1 ONIS • S A CERDOTl VM • INI VIT
SIMVLQVE'DOCENDl- ARTEM-IN- SCHOLIS* PROnTERI- COBPIT
Q VOD • IN • EIV S • HONOREM
SODALI VH-BARNABITARVM'COETVS-COLLECAE-PAUILIARES-AHia
VETERES'NOVIQVE'ALVMNI
Vn-DIEM'ANTE'IDVS'DEC'AN'MCMXIX
FESTO • ADPAR AT V • ET • SOLLEMNI -RITV-CELEBRARE' DECRE VERV74T
QVQ. TEMPORE
VICTORl VS ■ EMMAN VEL ■ III ■ REX
SACÉRDOTEM- BXnnVM -ET -MAGISTRVM-DOCTISSIMVM
DE'ADVLBSCENTVLORVM'INSTITVTIONB'OPTIMB* MERITVM
COLLARI- FASCIA
BQVBSTRIS'ORDINISTTALICA'COBONA'DISTINCTl
S VA ■ SPONTE ■ ET • VOLVNTATE • DECORAVIT
HECTOR 'STAMPINI
CVM'VEHEMEMTER- GRATVLATVR'TVM- FA VSTA -OMNIA' ADPRECATVR
EXIGVOSQVE- ELEGOS- SVOS
VIRO 'AMPLISSIMO 'SIBIQVE* BENE VOLBNTISSIMO
INSCRIBIT ■ ATQVE- COMHENDAT
D,!„t,zed.yGOOg[e
1N80RIPTIONE3 BT DISTICH*
Elegl
Lux hodierna pari memorat tibi tempora rito
quae voluisti homini quaeqae sacrare Deo.
Nam schola doctorem, te tempia habuere mìnistnim
qnot nnmerant annos saecula secta quater.
Tot iam annoB paeri docileB iuveneaque magistnun
te audire et laeta discere fronte aolent;
totque Bacerdotem Christì te turba veretur
in templieque tao peodet ab ore pia.
Te extollunt omnes, quaerunt matresque patresque
quae tibi lana hodie, quia tribuatur honor.
Gaudia quanta moves, quod nunc tibi fascia collum
ornet et in media soulpta corona cruce,
ultro quam misit, cui dat Victoria nomen
Princeps, qui sapiens Itala fata regit!
Credere qui natos tibi consuevere parentes,
te praeceptorem te celebraotque ducem.
Spargis enìm tenera» in mentes lumina docte,
et monatras vjtae qua via recta patet.
Ergo nil mirum, si te reverentur alumni,
teque colunt toto corde vocantque patrem;
si, qui te novit, te exoptat dicere amicum,
expetit et semper tempora fausta tibi.
Illa igitur cuncti ferlmuB felicia vota,
ut tibi praeclarum pergere detur iter,
altera et ut posaÌB vicesima quinta videre
tempora sollemni concelebraoda die!
Quod si non poterit lux haec fulgore poetae,
colìegas luBtret diBcipulosque tuos.
• A-D-vn-lD-DEC-AN'MCHXIX
D,!„t,zed.yGOOg[e
ETTORI STAMPINI
«xemplari rriticae meae Horati Operum editionis, quod losepho
Deabate dono misi, haec manu mea acripta mnt:
lOSEPHO- DEABATE
I VRIS ■ DOCTORI • POETAE ■ DOCTR INA • BXCVLTISSIHO
DIVRNORVM- COMMEtlTARIORVlI
QVI' ITAUS'VOCABVLIS- GAZZETTA «DEL* POPOLO-NOIONAMTVR
SCRIPTORI-OKNATISSIMO
HBCTOR-STABfPlNI
MAXIMAS-CRATIAS- ACIT'SALVTBM- PLVRIMAM'DICIT
OMNIA'DBNIQVB-BONA* ADPRECATVR
AMICVM'SVAVISSIMVM-ROGAMS'ATQVB-ORANS
VT'HOC-SVAB- HORATr OPERVM-EDmONIS'EXBMPLAR
ORE • BEKIGNO • BXClPI AT ■ RSTINEA T ■ SERVET
IN-MEMORIAM- AMICITIAE- NOSTBAB-SBMPITERMAU
KAL- FEB- AN - KCHX Viti
VI.
Inscriptio in aenea parmula honoris causa inwulpta.
IOANNI- GARZINO
MEDICINA E'ET'CHIRVRGIAE- DOCTORI
QVI'CVM'MEDICORVM'CLAVASn-ET-FINITIMORVM'HVNiaPlORVM
COLI.ECIVM'AVSPICIIS'SVIS'INSTITVTVM
SAPIEMTISSTMIS-CONSILIIS'MODERETVR-ET-RECAT
DE'SANITATE-PVBLICA
FACTIS'SCRIPTISQVE'OPTIME'MBRITVS-HABETVR
QVOD
PRO'SVIS- M AXIMIS- CL A RISQVE- VIRTVTIBVS
ER-EQVITES-ITALICAE-CORONAE-INSIGNIBVS-EXORNATOS-A
COLLEGAE-ET'AMICI
CONSPIRANTIS-OMNIVM'CONSENSVS-I NTERPRETES
DOCTISSIMO'ET'SPECTATISSIMO'VIRO
OMNIA'LAETA-AC'PROSPERA- OMIN A NT VR
A-D-Vl-ID-IAN-AN-HCMXt
D,!„t,zed.yGOOg[e
1N3CIUP7I0NB3 BT DISTICHA
vn.
£Hstichon in basi inscriptum operis a Petto Canonico scuìpti,
quo Njftnpka campis oryza consitis tuendis effiiAa est.
(an. MCMVIl)
Urna capaz Myniphae, virea ut germina sumant,
undas ìq campoa fundit, oryza, tuos.
Vili.
Ad Rehioiuk Sabbadini
(prid. kai. Hart. ao. HCMXl)
Parva, sed ex animo sunt haec tibi reddìta digno;
et niaiora quidem noB tribuisse velitn.
IX.
Ad eundkh
(id. Mart. an. MCMXI)
Quod mibi inserenti miserando funere matris
raisiati nuper maestus eptatolium,
'QUO curas acres lenires trìstia amici
et mulcenB dìctis erigereB animum,
accipe qnas grates commoto corde rependo,
eitqne tibi semper vita referta bonis.
IHstickon tnea manu scriptum in nonnullis fastorum
anni MCMXIV libellis aorte vendendis.
Sit, quamcumqne leges, gracili hoc descrìpta libello
. omnis fausta tibi sitque serena dies.
Afa iella R. Aeettdemia — Voi. LT. 19
D,!„t,zed.yGOOg[e
ETTORE STlHPIKt
XI.
Ad IoaBFHUu MAGsnn
(an. HCHXllI)
Sic te poat longum tempos iam vìseie possem,
eumque iocis tecum fundere viaa aimiil,
atque epulas tecum lectas consumere, tecntn
lentos ÌD riau dissìmutare diesi
Invidet at semper dirum tnihi gaudta fatam :
tn modo sis felix et memor usque mei !
XII.
Ad Petruh Ra»!
(an. UClfXIII)
Si rapidutn tempus vertentis defluii anni,
at, fugiens tacite, sit levis hora tibi.
Me vero trietis coepit turbare senecta,
et iam membra labant, qaae modo firma tuli.
Hoc tamen est animus numquam perferre moleste,
munera si reatent suavis amicitiae,
si valesnt comites dulces dulcesque propinqui,
et mentis robur polleat usque meae.
Volvitur interea celeraos, quem riximus, annua,
quem bene si vixi, gratia babenda Deo est,
ac novus ecce venit, qui tote corde precamur
ut bonua et faustus sit tibi eitque tuis.
XUI.
Ad eundev
(an. HCH£I11]
Accipe, quae reddo, prò te, mi dulcia amice,
natisqne et cara coniuge vota bona.
D,!„t,zed.yGOOg[e
INSCBIPTIONBS ST DISTICHA
XIV.
Ad eundem
(an. MCMirV}
Nuper quae nobis misisti vota benigne
reddimaB haec eadoin multiplicata tibì.
XV.
"Hiticha mea manu scripa in fiabellis sorte venalUnta.
(ao. MCHXIV]
Àccipe flabeltum, quo det tibi frigus in aeatu
iacandum flabria aura agitata citis.
Hoc move flabellum, ai quando perfurìt aeatRs:
mitior aura tibi frìgora grata dabit.
Hoc cape flabellum, dulce ut, cum Sihaa ardet,
mota levamentum ventilet aura tibi.
Parvum flabellum bì quando agitare iuvabit,
ver tibi praebebit, ferveat aura licet.
Flabellum parvum parìam tibì commoda magna,
aera si mecum putset amica manuB.
f-
Salve, flabellum! quamvis sit torrida, frigus .
aura dabit motu sollicitata tuo.
>y Google
ETTORB STAMPINI
Motìbna ìndalgens flabelli frigus habebis,
etfli bacchetur stellft molesta caoìs.
Utere flabello, medìoqne frueris in aestu
aurìs quaa tepidas tempotra verna ferunt.
XVI.
In ruBUiAV iuventute flobeitteh
(ui. MCHXT)
Pulchra iuventa tibi ridet, dnm labitur annua;
at mihì iam senium quae volat bora tnlit.
Te manet annonim seriea longinqaa puellam;
at mihi nunc restant tempora carta aenì.
XVII.
Distichon in honorem diaoipulorum Regiae studiorum Univerrilatit
Taurinetisis, qui prò patria morlui aunt (1).
(an. HCUXIX)
Morte sua ìuvenea patrìae peperere trìumphum:
agmina quae duxit docta Minerva fuit.
(1) In eonim honorem iam ab anno HCMXVII in pariete anditoiii
maximi Regii AUienftei haeo disticha mea inscripta aunt:
Morte obita raortem vitarunl te m pus in omne,
dnm itabuut Alpea et mare Tbjbrìs alet.
MentìbuB in nostrii vivent aariqae nepotes
marmore in aetemo nomina sancta legeut.
Haec antem ex tabella honorifica a me composita aant exscrìpta, oqÌd'
eiemplarìa familìis alnmnoram Atbenaei, qai in aoie prò patria cecideraali
D,!„t,zed.yGOOg[e
INSCSIPTI0KE8 BT DISTICHE
xvm.
In HtHUTAS BOBDHDBII DIBOIPULOBUK IMAeiNES PIOTAB
(an. MCUXIX)
Ora videa iuvenum, atudiJs qui sponte relìctis
pectora prò patria firma dedere neci.
XIX.
Db vita xea
(an. HCHXIX prid. kftl. Un.)
Forte meos prìmos vagitus reddidit echo
pagi cui nomen parva fenestra dedit (1);
eed docnit dulcìs me prima elemeota roagistra,
Brìzia, Benaci ridet ut unda tui (2).
lam pridem mieerum me deseruere parentes
cumque meo Aemilio nata gemella sìmul,
defleviqne duaa, quae heu! mihi fota sorores
iuDxere et dira mox rapuere manu ;
et timor usque meam mentem pectusque coercet,
ne mibi contingat funera ferre nova.
Si vero quaeris quot aol mihi volverit annos,
quattuor impievi biaque quaterque decem.
ammna TÌcorum ac mnlierum celebrìtate a. d. TI11 kal. Apr. eiuBdem u
dÌRtribnta Bunt; qno quidam die mota eorum ìmmortalis mea quoque o
tiene in mtaimo Athenaei auditorio primnm com me morata est.
(1) Intellege Finestrelle in provincia Taurinensi.
(8) In pago qnem vocant RivolMIa prope Desentianum lito.
D,!„t,zed.yGOOg[e
ETTORE STAMPINI — INSCBIPTIONKS ET DISTICHA
Dittìeha ad doetiasimam puettam missa kalendia lanuariis
diem natalem suum agentem.
(kal. Iftn. an. HCMXX)
Àccipe quae tenui complector cannine vota
hoc tibi quo coepit sol radiare die:
8Ìt tibi natalis felix faustusque bonusqu^,
prospere et eveniant quae tibi cumque cupia;
quique novus nobis hodie simul ìncipit annus
fata ferat patrtae prosperìora datis.
XXI.
AD LBCTOBEH
(III Qon. Ud. an. HCMXX)
Confregi calamum, cum spes iam nulla maneret
posse quidem vita me meliore frui.
Multa tamen scripai; nunc vero, candide lector,
pagina in estrema dextra recumbit iners.
Digitized^yGOOgle
QIOYANNl HARBO — aOhhk PSICOLOGIA, ECC.
SolU psìeologia doirantieo Egitto
Nota preliiuiiuue del Prof. Dott. GIOVANNI HARRO
Unica fra tutte le Missioni che esplorano le necropoli egi-
ziane quella Italiana — diretta dal Prof. Ernesto Schiaparelli,
e della quale da alcuni anni io ho l'onore di fare parte — oltre
lo scopo archeologico e storico ha anche quello antropologico ;
essendosi essa proposto un programma di ampie ricerche sulle
costituzione fisica e sulla psicologia dell'antica razza egiziana.
Tali ricerche sono state particolarmente a me affidate da]
Prof. Schiaparelli; ed il mio lavoro complessivo, raccolto in
monografia ampiamente corredata di tavole, costituisce uno dei
volumi della Relazione Ufficiale della Missione Archeologica
Italiana in Egitto, di imminente stampa sotto gli auspici e col
concorso del Ministero della Pubblica Istruzione.
Alcuni saggi dello studio analitico finora compiuto sul ma-
teriale osteologico, ricavato dallo scava della Missione e depo-
sitato, in ricca e preziosa collezione, presso il R. Museo di An-
tichità di Torino, sono stati già da me comunicati in memorie
antecedenti (1).
Nella nota che segue io esporrò — per l'appunto sulla
scorta dei dati di antropologia fisica già da me ottenuti — un
contributo preliminare allo studio della psicologia dell'antico
Egitto.
(1) QioTuHi Uauo: 1) Osservaiioni Morfotogieht e OtUontetrieht guUo
aeheletro degli Egiziani antichi. 'Rivista di Àatropologia di Roma ,, voi. £VilI.
2) Siàta eoA detta Perfùrazione Oleeraniea e lul ngnificatù anatomico e antro-
pologico cUlla medetima. ' Idem „ toI. XyiII. 3) Sid tignifieato delle varie
forme dell' apertura " piriformi» „. 'Idem,, voi. XIX. 4) U profilo della
faccia negli Egiziani antichi, ' AtiDali di Freniatria e Scienze affini ., To-
rino, Tol. XXIII. 5) Nuovo metodo per lo studio del profilo della faccia t »»a
applicazione ad una centuria di crani egiziani antichi. ' Arohivio di Antro-
pologia Criminale, ecc.,, Torino, voi. XXXVII.
D,!„t,zed.yGOOg[e
QIOVINKI HAKRO
Fra le questioni da me indagate aulla collezione acheletricB
egiziana del Museo di Torino vi è quella della detenninazioDe
del sesso. E a questo riguardo io ho preso in esame : il cranio,
il femore, il bacino, lo sterno.
Fermo dapprima l'attenzione sul fatto che nel cranio e nel
femore le caratteristiche sessuali maschili mi sono risultate poco
evidenti.
Se ora si riflette che i caratteri cosi detti maschili, e de)
cranio b del femore, sono, per la maggior parte almeno, con-
seguenza della maggiore robustezza e rozzezza dello scheletro
maschile, si viene, col sopra esposto, a portare elemento favo-
revole alla conclusione — eh© nettamente scaturirà in seguito,
sulla base di numerosi altri dati — secondo la quale la costi-
tuzione scheletrica degli Egiziani antichi, fatte poche eccezioni,
non è robusta e rozza, bensì fine, armonica, anzi piuttosto delicata.
Ha, l'abbinamento del cranio e del femore, nei confronU
della minore accentuazione dell'impronta sessuale maschile,
acquista maggiore importanza e significato specialissimo per un
altro portato delle mie ricerche, il quale, come contrapposto,
stabilisce che nel bacino e nello sterno sono meno spiccate le
caratteristiche femminili.
Ora, le due risultanze suddette autorizzano veramente la
conclusione dì sintesi : Nello scheletro degli Egiziani antichi si
ha l'attenuazione di tutti i caratteri sessuali * positivi , (1) ; e,
in ultima analisi, la convergenza della struttura scheletrica ma-
schile con quella femminile.
A conferma di tiile enunciato ricordo ancora che nel par-
ticolare studio compiuto sul profilo della faccia — studio fondato
sul prelievo di otto angoli nel profilo sagittale mediano della
(1) Dopo aver considerato che i oantterì •«•inalt del eranio e de) fè-
more lono, per la maffnior parto, io rapporto colla fOntìon» aobeletriM dì
«oete^no e dì ìnmrEione mnecolars, quelli dello stenio e •opratatto quelli
d«I bacino lotto la dipendenaa invece defili organi TÌaeemli e più preci»-
mente — nella donna — della fannione leianale, io ha proposto di ritenere
* po*itÌTÌ ,: per il cranio e per il femore i caratteri offerti dall'uomo, per
lo sterno e per il bacino qaelli offerti dalla donna.
D,!„t,zed.yGOOg[e
SULLA PSICOLOGIA DBLL' ANTICO EGITTO 2PS
faccia, a mezzo di uno speciftle atrumento fatto appositamente
costrtirre - io ho riscontrato che il dimorfismo sessuale è poco
apiccato e che, per di piii, la oondizioDe di tale dimorfismo à
talora invertita nei confronti colle altre razze.
L'effettiva deficienza dell'impronta sessuale sullo scheletro
femminile egiziano, la quale resterebbe così stabilita, merita di
essere segnalata anche perchè può fornire un buon elemento per
spiegare la particolare stilizzazione della figura muliebre, tanto
caratteristica nella scultura e anche nella pittura egizia. In-
fatti deriverebbe da tali mie osBervaziuni che le sottili silhoueitea
fomminilì dell'arte egiziana — colla deficiente curva dei fianchi,
coll'appena accennato rilievo dell'addome, colla leggera con-
vessità del petto; fatti che tonto donano di castità e dì pudi-
cizia — aorebbero improntate anche a reali fatti anatomici.
G mi piace subito notare in merito come il primitivo abito
femminile — che sostenuto sulle spalle da brettelle si stendeva
dall'origine dei seni fin quasi alla caviglia, strettamente ac-
collato al corpo come guaina; e di cui l'uso, quasi esclusivo
nell'antico e nel medio Impero, non andò totalmente perduto
neppure dopo la XVII dinastia — dovesse contribuìie ad im-
porre all'artista il rispetto della linea anatomica, siccome quello
che tale linea poneva mirabilmente in rilievo.
Appare poi tanto più verosimile che gli artisti si siano
ispirati alla speciale anatomìa muliebre, accentuandone le pe-
culiarità colla ingenua, leggiadra stilizzazione, qualora si rifletta
quanto l'egiziano andasse fiero degli elementi somatici che lo
differenziavano dalle altre razze, e quanta gelosa cura egli po-
nesse per metterli bene in risalto nelle sue figurazioni.
Per esempio: Nelle pitture e nelle statue o baseoiilievi dì-
pinti il colore della pelle dell'Egiziano, tendente al rameico, si
trova qnasi costantemente esagerato in una tinta rosso intensa,
uniformemente estesa a tutto il corpo; e sovente un colore
giallino è riservato alla donna, forse perchè essa aveva la pelle
meno abbrunata per la minore esposizione ai raggi solari. In
quella specie di atlante etnografico-geografico, come lo chiama
il Tonnini (1), costituito da uno &a i meravigliosi bassorilievi
(1) S. ToHMixt, Ideologia della deUtà Egizia. Torino, 1906.
zed.yGOOg[e
294 SIOVANMI HARKO
dipinti dell'ipogeo di Seti I della XVIII dinastia, sono figurati
i rappresentanti dei quattro popoli allora conosciuti: l'egizÌBno,
l 'asiatico, l'europeo, il negro; rispettivamente colorati in roBso,
in giallo, in bianco, in nero.
Ma, anuhe nei prodotti della plastica pib arcaica noi po8>
siamo dimostrare la preoccupazione dell'Egiziano nel mettere
in particolare rilievo i tratti della persona che egli riteneva
come peculiari della bus razza.
Caratteristico di questa razza era, come ò noto, il naso di-
ritto, lungo, piuttosto affilato. Ora, nella faccia delle primitive
figurine umane di Egitto (figurine per Io pib in terra cotta,
come i begli esemplari conservati ne! R. Museo di Antichità di
Torino) domina generalmente un naso sraìsuratamente lungo,
proluttgantesi anzi talora come in un becco di uccello; ed a me
sembra che tale spropositato sviluppo dell'appendice nasale
possa giustamente interpretarsi come intenzionale esagerazione
del carattere etnico fisionomico che maggiormente differenziava
l'Egiziano, soprattutto dal negro. Ed il fatto potrebbe citarsi
anche a conferma del domìnio, nell'arte primitiva, del concetto
del motivo essenziale nel senso del Taine (l), come io stesso ho
già accennato io altro lavoro. Ancora ricordo che nell'involucro
de) capo delle mummie più antiche avviene, sebbene raramente,
di trovare impiantata, in corrispondenza del naso, nna lunga e
sottile appendice, che ha pure somiglianza col becco di un uccello.
Cresciuto in un paese così nettamente isolato da ogni altra
contrada abitata, e reso poco avventuroso perchè la grande
ubertosità del suolo e la dolce mollezza del clima non lo spin-
gevano a fare precoce ricerca di altri paesi, l'Egiziano rimase
per secoli e secoli nella convinzione che tutto il mondo fosse
limitato all'Egitto, all'infuori del quale nuU'attro v'era che
sabbia e mare. L'idea poi nella quale sempre convennero le
varie concezioni cosmografiche del mondo poneva l'Egitto come
centro del mondo stesso (2).
E permase l'Egiziano cosi infatuato del proprio suolo da
considerare con pietà e disprezzo le genti di altrove, ritenendole
(1) Ti:nE, PhitotophU de l'Art. Parie, 1918.
(2) E. 8caiAPtBCLt.r, La geografia dell'Africa Orientate ueondo le indica-
li dei monumenti tgiziani. Eloma, 1S16.
D,!„t,zed.yGOOg[e
SULLA PSICOLOGIA DELL'ANTICO EaiTTO 29f>
disceadenti, forse, da esaeri sporadici b infelici. E ciò proba-
bilmeate anche in base alta credcaza dell'antico sterminio del-
l'umanità; sterminio compiuto dalia sanguinaria dea Sekhet,
dal capo leonino, la quale avrebbe risparmiato gran parte del
popolo di Egitto per intervento di Ra. Certo le altre razze erano
inferiori; e naturalmente il primo uomo era stato creato nel-
l'Egitto.
Feticista del proprio paese, del proprio clima, della propria
fauna, l'Egiziano era così anche feticista di sé stesso. E come
nella beata valle del Nilo egli vedeva ' l'immagine del cielo...
il tempio di tutto l'universo ,, e come a molti animali che seco lui
là vivevano egli dava attributi divini, cosi egli si riteneva can-
didamente l'essere prediletto dell'umanità; e nei suoi tratti
etnici difiFerenzìali doveva scorgere altrettante impronte, bene-
volmente in luì segnate dal suo creatore, che l'aveva formato
col lìmo della terra (1).
E cade qui in acconcio fermare l'attenzione che sulla civiltà
egiziana pìh che in ogni altra emerge la potente influenza del-
l'ambiente: l'antro pò geo grafi a trova qui, senza dubbio, la sua
più solenne applicazione.
Già nel determinare il precocissimo sorgere della civiltà
nell'Egitto principali fattori sono stati: la grande e spontanea
ubertosità del suolo e la costante dolcezza del clima.
E questa civiltà ha poi potuto svilupparsi, mantenersi indi-
pendente e perdurare cosi a lungo perchè gli effetti debilitanti
e fiaccanti, sia sul fisico sìa sullo spirito dell'uomo ^inelutta-
bilmente apportati dalla grande facilità dì vita e che non avreb-
bero tardato a far degenerare l'Egiziano — hanno là trovato un
possente correttivo in un'avversa forza naturale. Questa avversa
forza naturale è costituita dai venti del deserto, i quali nel-
l'Egitto riversano perennemente sabbia e tendono ad apportare
il deserto; e che perciò hanno ognora stimolato l'operosità del-
l'Egiziano, fortificandone il carattere ed elevandone il morale.
Tale è la tesi acutamente svolta dallo Schiaparelli (2), il quale
sostiene anzi che l'indirizzo generale della mitologia e dì tutta
(1) Q. JtaniEK, Hisloirt di la civilisation Éguptienne. Faris.
(2) E. ScHiAPiRKLLi, La configurazione geografica dell'Alto Egitto <f> rela~
•ne eolio svolgimento della sua antica civiltà. * Cuemos ,, Roma, 1894-96.
zed.yGOOg^[e
296 eiOVANNI HAKRO
la civiltà egiziana sia informato al contrasto fra l'azione fecoD-
datrice del Nilo e quella steri liitzatrioe dei venti del deserbi.
Ma, anche nella diretta intimità psicologica dell'Egiziano,
nelle varie epoche faraoniche, doì possiamo scorgere l'orma pro-
fonda del mirabile e tenace potere assorbente ed escluaivieta
del Paese.
Appunto perchè addestrato a ricavare dalla sua meravi-
gliosa contrada quanto a lai occorreva mercè una quieta, eguale
ma sempre solerte opera di preparazione e di previdenza, l'Egi-
ziano ebbe affinato in modo singolare il talento di osservazione
e di registrazione dei fatti naturali. Acuto osservatore e fedele
registratore dei &tti naturali egli fu per eccellenza.
Ben si paò poi affermare che il popolo Egiziano si sviluppò
e sempre evolse in intimo contatto col proprio ristretto paese.
Ed in ciò è forse riposto l'elemento che fondamentalmente
lo difiFerenzia da ogni altro.
La fusione coU'ambiente naturale, dalla quale riescono a
liberarsi, ad emanciparsi gli altri popoli quando giungono ad
un certo punto di maturità, fu invece veramente perenne per
il popolo egiziano.
Conseguentemente tale popolo ebbe, in tutti i suoi vari pe-
riodi storici, unilaterale e ingenuo orientamento psichico e aa
di lui esercitò ognora grande impero la tradizione; sì che il
millenario ciclo della sua esistenza trova semplice rìscontro
nella vita dell'individuo che ai sviluppa ed evolve mantenendosi
sempre in intimo contatto colla natura, e con natura uniforme
e non aspra.
Ogni epoca della sua lunga vita apportò all'antica schiatta
egiziana nuove idee, la arricchì di nuove esperienze, allargò la
cerchia del suo sapere. Però, come è ben noto, le primitive
i^dee, tendenze e credenze sempre si tramandarono come patri-
monio sacro, sempre permasero quale substrato fondamentale
della personalità morale e intellettuale ; alcune sembrarono
bensì, volte a volte, attenuarsi si da preludiare al definitiva
tramonto, ma in seguito nuovamente sbocciavano con vivace
rigoglio. E la conservata ingenuità del psichismo portò l'Egi-
ziano a non preoccuparsi, a mai sentirsi a disagio per il con-
trasto e per l'assurdo che molte volte derivava — e che ne-
D,!„t,zed.yGOOg[e
SOLLA PSICOLOAIi DBLL ANTICO BGITTO 297
eessariamente pur doveva balzare al suo spirito — fra lo etato
delle sue conoscenze fondate su elementi bene stabiliti e con-
trollati, e ì prodotti delta sna originale invenzione, cosi tena-
cemente in lui radicati e sempre strettamente legati colle pe-
caliarità dall'ambiente.
Il meravigiioBo paese " dono del '^ilo , che aveva provocato
il magnifico sboccio di una elevata civiltà autoctona, quando
tutto intorno e nella vicina Europa non erano par anco spuntati
i prìmi albori del vivere civile, anche in seguito sempre con-
tinuò ad invigilare i passi del suo popolo, troppo esclusivamente
dominandone il sentimento ed il pensiero.
L'Egitto rimase anche per il popolo egiziano adulto vera
culla e mantenne tale popolo in stato, per cotà dire, di perenne
puerilità.
In una recente pubblicazione io coaì scrivevo, tenendo pure
presente la decadenza delia civiltà egiziana:
Devesi osservare che ogni periodo della civiltà porta ten-
denze, ha rosnifestazioni adeguate ed armoniche col grado del
progresso raggiunto. Ora, le tendenze, le manifestazioni proprie
di un periodo, se perdurano in altri consecutivi, o se troppo
precocemente compaiono, ai presentano come anomalie e ì loro
prodotti sono sempre difettosi, poco utili e molto volte anzi
nocivi per la successiva evoluzione civile. E quel che si verifica
nella storia dei popoli si ha pure nella vita dell'individuo; donde,
come legge generale: sia la precoce comparsa, sia la tenace
persistenza o la reintegrazione di idee, di sentimenti, di ten-
denze possono condurre all'infralimento della razza o dell'indi-
viduo; aggravando la tara degenerativa preesistente, se pur già
non sono semplici conseguenze della medesima (1).
Nello studio della decadenza della civiltà egiziana questo,
a mio avviso, non deve essere perduto di vista.
L'Erman cos'i sintetizza la psicologia de] popolo egiziano:
* Sul popolo egiziano gravava una particolare maledizione: non
poteva scordare , (2). Ed in questa impossibilità di scordare, la
quale, in ultima analisi, finisce di risolversi in deficiente o meglio
di 0. Mabro, Art* /VimtttM) « Àrie Ftiranoiea. 'Annali di Froniatria
e Sciame affini ,, Torino, 1918.
(2) A. Ebmu, La Riligione Egizia. Tradaiione di A. Pellegrini, Ber-
|t»mo, 1908.
D,!„t,zed.yGOOg[e
2dS aiOTANHl MAURO
deviata evoluzione, io credo doversi ripetere la causa che nella
razza egiziana non siasi sviluppata quella duttilità di spirito
che porta nn popolo ad orientarsi differentemente a seconda del
grado del progresso ra^unto, e che solamente gli può fornire
i mezzi per sostenere vittoriosamente l'urto, il cimento con altre
civiltà. La tenacia conservatrice di questo paese, che, come
nota il Meyer, * ne ha protetto la ooltora come un'armatura
magica impedendo più volte il ritorno della barbarie , (1), ha
costituito infine principale elemento di sfacelo e di crollo (2).
Scrìve il Renan: * Nella sua lunga vita di nàsione l'Egitto
ricevè poco, ma dette molto. Questa è la sorte di tutti gli Stati
profondamente convinti della propria superiorità. Queste sorta
di civiltà non sopportano di esaere menomate; resistono lungo
tempo e crollano quando si vuole riformarle , (3).
Il filosofo francese coglie un lato giusto della questione.
Non vi ha dubbio che l'isolamento sentimentale in cui continuò
a vivere l'Egiziano in mezzo al mondo civile — e per l'appunto
in gran parte quale conseguenza del persistente troppo elevato
concetto di se stesso e del proprio paese — contribuì potente-
mente al tramonto, sia pur tardi, della sua civiltà.
E invero lo speciale isolamento, anziché condarre questo
popolo all'asdimiiazione dei prodotti delle altre civiltà, giovani,
robuste, fiorenti — e all'abbandono delle scorie, accumulate nel
suo vecchio organismo — lo portò invece alla inadattabilità colle
medesime; mantenendolo tenacemente fisso nel voler dare soffio
di vitalità a quel che era passato. Inoltre, con giro vizioso, tale
isolamento favorì la persistenza nell'Egiziano delle manifesta-
zioni egocentriche proprie del fanciullo e del bambino, il quale
giunge a fare convergere alla propria personalità tutto il mondo
che conosce. — Un bambino di sette anni mi palesava un giorno
(1) E. ìixTwa, Hitloire ds l'AntiguiU. TradnctioD de A. Horat, tome II,
Farif>, 19U.
(2) La tendenza alla immutabilità, per così dire, è stata là anche pe-
culiarità fondamentale dell'ordinamento Bociale e famigliare. L'impianta
di tale tendenza ai aeoriife, per es., a parer mio, nella ereditarietà non solo
delle oariche ma ancho delle profeiiioni, nonché nella grande freqaeiiia
del matrimonio fra congiunti, anche tra fratelli e sorelle; per conserrare
la pnrezia del sangue il faraone giungeva talora a sposare la figlia.
(3) E. Rmu, Le» aniiquilés ti ita fouille» d'ÉgupIt. * Revue des Denx
Hondes „ Paria, 1866.
D,!„t,zed.yGOOg[e
SDLLA PSICOI^SII DELL ANTICO EOITTO 299
la convinzione che durante il ano sonno della notte tutto il
mondo cessasse di esistere. E l'Egiziano, che per secoli e secoli
era rimasto nella credenza che tutto il mcndo fossfi limitato
all'Egitto, sempre poi pose l'Egitto quale centro del mondo
stesso e sempre si ritenne l'essere prediletto dalle divinità,
come sopra si è osservato.
E non siamo qui lontani dai confini del campo della pato-
logia mentale. Gito in proposito quanto io stesso scrivevo in
una recentissima pubblicazione: Una delle conseguenze piil di-
rette e più gravi della degenerazione paranoica io credo essere
quella di portare la personalità mentale alla inadattabilità e
all'antagonismo col mondo ambiente nonché all'iaolamento dal
medesimo; condizioni psicologiche speciali cui spetta poi una
parte importantissima nella organizzazione e nella evoluzione
delle idee deliranti, come già nell'affermazione dell' egocen-
triamo (1).
Ma, non solo l'Egitto non assimilava ma repelleva, e con
grande facilità eliminava quanto dall'esterno vi veniva importato,
sìa pure a tutta prima bene accolto ed accetto.
Porto alcuni esempi :'^
— Fra la XVII e la XX dinastia erano giunte dall'Asia alcune
bellissime varietà di vasi che incontrarono molto presso gli
Egiziani, anche perchè il prodotto locale era, e ad essi appariva,
di gran lunga inferiore; e tati vasi furono riprodotti in grande
abbondanza e molto diffusi. Dopo poco tempo però le antiche
forme abbandonate e meno belle tornarono in onore e quelle
asiatiche non tardarono a scomparire.
— Solo alcuni animali domestici riuscirono là ad essere sta-
bilmente piìi apprezzati delle specie originarie del paese: al
giungere del cavallo dall'Asia, al principio della XVIII dinastia,
l'asino decadde molto nella considerazione dell'Egiziano, il quale
però pur continuò a valersi ampiamente della sua opera.
— La civiltà romana in tutti i paesi di conquista riuscì ad
imporsi ed a sovrapporsi, ad eccezione che nella Grecia e nel-
l'Egitto. Ma, più ancora che nella Grecia, dove alcuni prodotti
dell'architettura romana poterono affermarsi, l'arte dì Roma si
(1) G. Hasbo, Stato éognante vero da tèaurimenlo acuto, con ÌHdagine
pgìco-analitiea. 'Archivio di Antropologia Criroinale, ecc. „ Torino, ldl9.
D,B,t,zed.yGOOg[e
300 aiOTANNI MAKKO
piegò e si adattò alle tradizioni locali nell'Egitto. Ed invero,
esclusione fatta di Alesauidria, città pib greca che egiziana,
veri monumenti romani non si incontrano in Egitto, sebbene
grande abbondanza di templi e anche di etatue i Romani vi
abbiano coatrotto ed eretto. Por esempio: il tempio di Edfu,
gran parte di quello di Dendera e di qaetli di File sono romani,
ma di stile prettamente egizio.
— Anche Cambise, dopo avere conqDÌstato l'Egitto, ne vmerb
le divinità ed eresse in loro onore templi sullo etile locale; e
racchiuse il suo nome nel caratteristico * cartello faraonico ,.
— Quante ei-esie della religione cristiana non provennero
poi dall'Egitto, direttamente sorte con salde radici dalle favole,
locali? —
Stran» potere di questo maraviglioso paese: tutto ciò che
vi giungeva dall'esterno, o rapidamente sì mimetizzava, per cofà
dire, coll'ambiente, o vi aveva breve ciclo di vita!
Recentemente il RatzeI toma ai-ibadire l'antico concetto
che sulla conservazione e sulla stabilità della civiltà egiziana
ha potentemente influito la durevolezza delle costruzioni di
pietra : " Il granito di Siene, ì marmi di Persepoli sono fra le
roccie più durature ohe si conoscano, e conservano ancora
oggidì le loro scolture più (ini e la loro lucidissima politura...
Queste roccie costituirono per la tradizione come un'ossatnra
che le impedì di invecchiare... Certo Ìl cristallizzarsi dello
spirito egizio è in parte spiegato dalla presenza di qoesta ossa-
tura rigida, da questo che potrebbe dirai un continuo radìcarai
dello spirito dentro la pietra , (1).
In questa sfida all'opera edace del tempo la durevolezza
della pietra è stata coadiuvata dalla mole sovente ciclopica dei
monumenti e insieme dalla loro semplicità architettonica, come
giustamente dice il Maspero (2).
Ma, ancora nei confronti della forte imposizione del passato
allo spirito dell'antico Egiziano da parte delle costruzioni mono-
(1) F. Ratikl, Otografin drlVUoma. Tradnii. di IT. CnTallero, Torino, 1914.
(2) O. M&BPtno. L'Arie in Egitto. Ti&Am. di G. Farina, Beiamo. 1913.
D,!„t,zed.yGOOg[e
SULLA PSICOLOQIA DB LL ANTICO SaiTTU 301
mentarie, un altro elemento deve, a parer mio, essere parti-
colarmente lumeggiato : ed è la mirabile intonazione, anzi fasìone
dei monumenti etessi collo speciale ambiente. Intonazione, fusione
tale da darci qualche volta quasi l'illusione che i monumenti
par essi siano semplice, spontaneo prodotto dell'ambiente stesso.
£ vari sono gli elementi che cooperano a stabilire la fusione
dei monumenti egiziani collo speciale ambiente.
Noi li troviamo essenzialmente riposti nella intima conso-
nanza cbe intercede : da una parte fra la semplicità, la purezza,
la rigidità anche della linea architettonica e la monotona uni-
formità del paese e la semplicità dei suoi elementi costitutivi;
dall'altra fra la mole colossale di questi monumenti, meraviglio-
samente armonici nelle proporzioni, e la immensità del deserto,
Bul quale o in tutta prossimità del quale essi sorgono.
In questa perfetta armonia deve forse essere ricercata la
precipua ragione del grande potere suggestivo che tali monu-
menti dovevano esercitare su ogni antico Egiziano : classe dirì-
gente e popolo.
Sulle dinastie faraoniche il fascino degli antichi monumenti
doveva specialmente risolversi col tenerle stabilmente avvinte
nel pensiero degli epici fasti leggendari dei primi dominatori, e
co ir alimentare potentemente in esse l'alto e geloso egocentrismo
— in grazia del quale il faraone era portato a far convergere
tutto alla grandezza d^lla propria personalità, approfittando
della virtù di simbolo che in lui unanimemente sl riconosceva.
£ sul popolo tale fascino doveva agire; imponendogli con-
tinuamente il culto, anzi il pavido rispetta per il passato; para-
lizzandone, per COSI dire, il genio inventivo ; polarizzandone
stabilmente il sentimento ed il pensiero, anche nella convinzione
della propria pochezza (1); contribuendo a renderlo passivamente
prono a chi dei costruttori di questi antichi monumenti poteva
considerarsi diretto discendente.
In conclusione : lo spettacolo degli antichi monumenti esal-
tava nei faraoni la convinzione della propria grandezza, depri-
meva invece nel popolo il concetto di se stesso; singolarmente
(1) Nulla Tale a dettare più in noi il sentimento di essere una quantità
trMDurabile quanto il trovarsi al cospetto di un fatto grandioso, del qnale
bene non possiamo spiegarci la formasione e le ragioni della saa formazione.
D,!„t,zed.yGOOg[e
302 fllOVANNl UARBO
doveva cooperare a maotenere lo spirito di tutti in condizioni
di credula ingenuità.
£ qai calza bene il rilevare che l'inveterata ingenuità del-
l'Egiziano ha poi sempre mantenuto rigogliosamente sveglio
l'amore per il colossale. Invero, dalla visione compleaeiva dei
monumenti delle vane epoche faraoniche scaturisce ovvia l'osser-
vazione che la razza nilotica — calcando le orme degli antidii
padri — ha, in ogni periodo della sua civiltà, tradotto estesa-
mente in atto, nelle opere edilizie e nelle statue dei faraoni,
la profonda sua tendenza per il gigantesco, per il formidabile;
valendosi di blocchi di granito o di calcare sovente già immani,
evitando però di cadere nel grottesco e nel mosti'uoso.
Anche nei prodotti della estesa manifestazione artistica
egiziana noi troviamo particolare documentazione; e del man-
tenuto intimo contatto coli'ambiente naturale, e della conservata
primitività del psichismo; attraverso i vari periodi storici.
Come è noto, l'arte animalista è sempre stata ampia-
mente coltivata presso l'antico Egiziano; e grande dovizia noi
troviamo profusa in tutto l'Egitto di sculture e di pitture ripro-
ducenti scene di caccia, di vita agricola, di vita pastorale.
E mentre nella figurazione umana generalmente spicca,
insieme alla schietta ingenuità della trattazione, una certa rigi-
dità (ti linea e l'impronta del convenzionalismo ; nella rappre-
sentazione degli animali ci colpisce e ci seduce, sempre si può
dire, lo schietto verismo, la grande naturalezza e soprattutto
l'impeccabile fedeltà delle pose e dei movimenti — analoga-
mente cioè a quanto sì suole riscontrare nei prodotti d'arte di
tutti i popoli primitivi. Il Grosse riferendo sulle sculture degli
Iperborei nota: ' La figura umana è eseguita assai meno bene
che la figura degli animali, i quali sono visti con tanta esat-
tezza da poter servire di soggetto di studio agli zoologi , (I);
e nel mio studio sull'arte primitiva io cosi concludeva : ' Schietta
emanazione dell'incosciente sentimento della natura, l'arte pri-
mitiva si risolve in un potente inno alla vita animale, colla
quale l'uomo primitivo fa veramente corpo , (2).
(1) OioBBR, ht» Dibttis de l'Art. Traductiou fruifaÌBQ, Parìa, 1
(2) 0. Habro, vedi citai, a pag. 9.
>y Google
SULLA PSICOLOOU DELL' ANTICO BOITTO 303
— Io sono debitore di una delle più profonde impressioDÌ
estetiche ai prìmo entrare in una tomba dell'Alto Egitto, risa-
lente alle prime dinastie (scoperta nello scavo della necropoli
di Qebelein dalla H. A. I.)-
— Una grande auccedsione di scene agresti, di caccia, di
pesca mi apparve colà figurata, a colorì per lo piti molto vivaci,
ricoprente la volta e le pareti di un lungo corridoio rettilineo :
buoi mansueti dal lento incedere, condotti al sacrifizio u al
lavoro dei campì; torì dall'occhio feroce e sanguigno ira loro
cozzanti, colla possente muscolatura del collo tesa nel grande
aforzo; asinelli, che, iiberì da ogni freno e da ogni peso, trottano
palivi o che, troppo carichi, si impuntano recalcitranti, sebbene
chi li conduce li batta a sangue che sprizza tutto intorno ; branchi
di agili antilopi colte su balze di rupi; ippopotami fuggenti fra
canneti e palmeti; gruppi di ibis aparsi in terreno paludoso;
vane specie di pesci ancora guizzanti fra le maglie della rete...
Sulle pecche grossolane del disegno, sulla chiazzatura del corpo
degli animali, per Io pit inverosimile, anzi fantastica, l'occhio
sorvolava; estasiato dalla visione della vita che era là palpi-
tante, impressa nelle varie forme con vigore e maestria — .
E mi si porge qui l'occasione di notare che nell'Egitto, dove
probabilmente non si è avuto un brusco passaggio fra il periodo
della caccia e quello dell'agricoltura — poiché, per le già notate
Bpecialissime condizioni di ambiente, la coltivazione della terra
è sorta molto precocemente e dirò anche spontaneamente — non
deve essersi verificata l'attenuazione del naturale talento arti-
stico nel passaggio dall'uno all'altro periodo.
Nella vallata del Nilo, l'arte, sorta per impulso, procedente
dall'istinto — come in ogni altro paese — e gradualmente
mtrata nel dominio del ragionamento e dell'osservazione cosciente,
non ai è mai distaccata, aopratutto nella figurazione degli ani-
mali, dal contatto colla natura: & sempre stata schiettamente
realistica.
Bìtomo ora all'indagine scheletrica.
E vi ritorno per presentare alcuni dati del mio studio, i
quali — anche io unione con quelli dapprìma esposti — mi
eoQsentiraano di formulare infine una conclusione sulla costitn-
D,!„t,zed.yGOOg[e
304 OIOVANM UARRO
zìone fisica dell'&ntico Egiziano nel suo complesao: concloBÌone
alta qaale, come vedremo, a me è parso di trovare un certo
rÌBContro nel particolare abito psicologico di questo popolo.
Anzitutto alcune osservazioni sulle ossa delle eetremitb.
Nello studio dei rapporti intercedenti fra la lunghezza degli
arti, io ho notato che le medie dei valori degli indici: omero-
radiale, femore-tibiale, intermembrale, sono molto elevate, distan-
ziandosi notevolmente in più dalle medie ritenute normali nelle
popolazioni europee attuali. In altre parole: negli Egiziani antichi,
secondo le mie ricerche, sono molto lunghi l'avambraccio ri-
spetto al braccio, la gamba rispetto alla coscia, l'arto supe-
riore rispetto a quello inferiore.
Ora, sulla base di parecchi elementi dì fatto io ho avan-
zata l'ipotesi che la coesistenza di queste tre peculiarità ana-
tomiche, nonché la frequente concomitanza, pure da me notata,
della tibia * a lama di sciabola , — fatti tutti che armonizzano
perfettamente l'uno coU'altro e che appaiono quaie caratteri-
stico complesso di inferiorità — sia in rapporto di dipendenza
' colle particolari condizioni di vita e soprattutto collo speciale
lavoro degli arti imposto là continuatamente al popolo.
Nel passaggio di un * Inno al sole , si sorprende il grido
desolato di quella moltitudine, che soffriva nella schiaviti] e
penava nella costruzione delle piramidi (1). Ed Erodoto ci narra
che, per la gravezza delle fatiche imposte e per il deficiente
cibo somministrato, piìi volte ebbero luogo sommosse e rivolte
fra i lavoratori della piramide di Cheope, le quali portarono a
repressioni sanguinose (2). Per6, noi sappiamo anche che il
popolo egiziano fu sempre profondamente avvinto ed asservito
al concetto: e di apprestare al faraone una indistruttibile di-
mora funeraria e di eternarne la memoria con templi dedicati
al suo culto, dalle proporzioni sovente gigantesche; nell'erezione
di questi templi — difettando gli ordigni e i mezzi meccanici
per il trasporto e l'elevazione del materiale da costruzione —
doveva per l'appunto essere largamente richiesta ed impiegata
la prestazione del lavoro manuale.
E come conseguenza della continuata imposizione dello spe-
(1) E. M. Dk Vuotlft, ' Revue dea Denx Hondes „ PmÌb, 1877.
(■2i ErciwTo, Storia, Libro li.
zed.yGOOg[e
SDLL& PSICOLOQU dbll'antico boitto 305
ciale lavoro manuale a questo popolo io ho creduto di poter
pi-ospettare anche un'altra particolarità morfologica: il foro
olecrano-coronoideo (1), assai frequente, come è noto, negli Egi-
ziani dell'antichità.
Questa particolarità morfologica fu da me esaminata negli
Bcheletri di bambini, di ragazzi, di giovani, di adulti, di vecchi ;
ho così potuto indagarne la modalità di comparsa, seguirne la
formazione e l'evoluzione. E merita di essere qui incordata
un'altra conclasione del lavoro compiuto in merito: * Il foro
olecrano-coronoideo — carattere di razza nell'evoluzione fisio-
logica dell'omero degli Egiziani antichi — sì risolve ad essere
una semplice usura, in probabile connessione con una locale
deficienza di resistenza delle trabecolatnre ossee ,.
Ora, qnesta risultanza armonizza perfettamente con molti
altri dati i quali depongono in realtà per un processo oasifica-
tìvo deficiente, ritardato, non regolarmente completo, nello sche-
letro egiziano.
Accenno per esempio dì avere notato: molto tardivamente
la compieta indipendenza della porzione basilare dell'occìpite da
quella condìloidea ; molto frequente il hiatus sterni, talora amplis-
simo ; qualche volta l'incompletezza degli archi vertebrali o la
mancata unione ossea dell'arco col corpo della vertebra.
E non mi appare di poco momento ai fini della nostra di-
mostrazione il fatto che nello studio e nella classificazione delle
forme craniche è stata da me ottenuta una percentuale assai
elevata (30,8) delle forme pentagonoides e rhomboides: cioè delle
forme meno evolute, meno differenziate, meglio conservanti le
caratteristiche fetali e infantili.
Ricordo ancora che nella indagine sull'apertura pyriformis
a me è risultata una percentuale relativamente molto esigua
della forma antropina (34,04): dato che acquista qui particolare
importanza tenendo presente che tutte le disposizioni le quali
differiscono da quella vera antropina sono da interpretarsi come
semplici atipie collegate all'arresto, alla deficienza e alta irre-
golarità Del locale compimento del processo ossificativo.
(1) Queita deDomÌDaiione è stata da me proposta in aostitozioDe di
quella comonemeiite osata di perforazions olecranica. perché, in base allo
itndìo da nm compinto, està risulta atiatomioameiite piii appropriata.
D,!„t,zed.yGOOg[e
306 QIOVANNl HARBO
È vero che pur dì frequente io ho rilevato esostosi mul-
tiple sopra la colonna vertebrale; come anche sulle ossa lunghe,
specialmente sul femore. Ma, a tale proposito, osservo che l'ah-
Dormita, sia pure in eccesso, e la deficienza dell'attività for-
mativa non sono fra loro in contrasto; soventi volte sì accom-
pagnano, completando insieme il quadro della deviazione dì
sviluppo: deviazione di sviluppo che si risolve sempre ad essere
espressione dì manchevolezza.
In conclusione, tutto questo vario complesso dì dati auto-
rizza e giustifica pienamente, secondo il parer mio, la dedazione
di sintesi: Una delle caratteristiche fondamentali dello sviluppo
fisico dell'antica raiiza egi/Jana è la poca accentuazione delle
note differenziali fra to scheletro infantile e giovanile e quello
dell'adulto. E con questa deduzione non contrasta, anzi collima,
la convergenza della struttura scheletrica maschile con quella
femminile, ossia l'attenuazione di tutti i caratteri sessuali posi-
tivi dello scheletro; come hanno portato a stabilire i dati prima
esposti.
Mi piace ora osservare che tale nota, dirò cosi, di infan-
tilità somatica, trova singolare riscontro in quel carattere di
ingenuità e dì puerilità psìchica, sul quale ho particolarmente
insistito: l'ulteriore studio potrà forse stabilire se e quali rap-
posti intercedono fra i due fatti.
Ma, le mìe indagini sulla costituzione fisica degli antichi
Egiziani non sono semplicemente limitate al diretto elemento
antropologico: le ossa: esse si estendono anche ai prodotti della
statuaria, prodotti che ogni epoca faraonica ci ha tramandato
in grande dovizia. E speciale osservazione è da me volta ai
costdetti 'doppi, — generalmente di pietra o di marmo, tal-
volta di legno o dì terra cotta.
Ora, mentre i ' doppi , sono utili elementi per lo studio
dell'antropologia tìsica, il concetto del ■ doppio . — la credenza
che lo spirito del defunto dovesse allogarsi in un sembiante, in
un'immagine materiale per avere assicurata l'eterna vita futura
— è vera faccetta del poliedro della psicologia egiziana.
Tale concetto, che noi vediamo fedelmente tramandarsi
attraverso a tutte le varie epoche faraoniche, rappresenta uno
dei caratteristici fondamenti della religione egiziana, ed ha avuto
zed.yGOOg[e
SDLLA PSICOLOGIA DELL'aNTICO BQITTO 807
una grande influenza su tutto lo aTolgimeato di quella antica
civiltà.
Soprattutto esso ha potentemente là contribuito a dare lo
speciale indirizzo all'arte e a ferie toccare un sì alto fastigio.
Invero, tate concetto ha costituito il più poderoso elemento
ispiratore della statuaria egiziana, e attraverso le parecchie
migliaia di anni di sua durata: ' quasi tutte le più belle statue
dell'antico e del medio Impero e alcune dei bassi tempi, che
noi possediamo, provengono dalle tombe e generalmente rap-
presentano il doppio del defunto . (1).
N^ello scavo delle necropoli succede ben sovente di rinve-
nire nella camera del sarcofego una, due, tre, quattro, talvolta
fino a. otto e anche a dodici statue del defunto; in ciascuna
delle quali cioè, ed eventualmente anche in un semplice loro
frammento, si sarebbe potuto allogare, come nella mummia,
l'essenza della persona, alla quale sarebbe stata cosi assicurata
la reviviscenza perpetua: fatto di straordinaria previdenza, che
può esaere paragonato a quello che compie la natura, la quale,
a fine di ovviare al pericolo della estinzione della specie, per
la grande distruzione cui vanno soggetti (per esempio) molti
pesci, fa deporre ad una sola femmina migliaia e migliaia
di uova.
E noi possiamo spiegarci come la convinzione di poter dare
la vita alla materia plasmandola, o di poter in qualche modo
far risiedere lo spirito, l'anima nella materia plasmata — la
quale convinzione sta, come è noto, alla base dell'origine della
plastica (2) — continuò a presiedere all'evoluzione artistica
dell'Egiziano appunto perchè egli, pur nel maturo raggiungi-
mento di elevata civiltà, conservava freschezza e ingenuità di
impressioni, di sentimento, di pensiero.
Noto però che deve aver valso a disciplinare sempre, a
tarpare talora, l'ala del genio creatore il fatto che lo scopo
della fine statuaria egiziana è sempre stato precipuamente quello
dì foggiare il ritratto del defunto: sovente con ispirazione rea-
listica, ognora con ossequio alla speciale tradizione.
(1) E. SoBiipiBBLLi, Il Libro dei Funerali degU antichi Egiziani. * Acca»
demia dei Lincei .- Roma, 1882-90.
(2) HoiBKKS, L'Uomo. Storia Naturale e Prtiitoria. Tradns. del ZanolH,
Milano, 1912.
D,!„t,zed.yGOOg[e
308 OIOVINNI MiBRO — SULLA PSICOLOGIA, SCC.
Una poi fra le principali ragioni per le quali l'artiBU si
adattava ad essere servilmente prono al dogma, alla tradizione,
potrebbe, io credo, essere pare ricercata nei fatto che l'opera
del pittore e dello scultore era generalmente destinata ad occul-
tarsi per sempre sotterra, senza lasciare alcuna traccia o ri-
cordo fra i vivi.
Nell'antico Egitto veniva a mancare all'artista: sia la epinta
di quella potente molla che assai sovente presso di noi presiede
all'opera del genio, costituita dalla speranza di fare ammirata
la propria opera nella posterità, di rendere duratura, dì eter-
nare la propria gloria ; sia l'ammaestramento e lo stimolo pro-
cedenti dalla visione e dallo studio dei capolavori del pasaato,
destinati come suppellettile del sacrario delle grandi tombe, e
dei quali perciò doveva essersi perduto financo il ricordo. Talora
l'artista effigiava anche se stesso nel decoro dei sontuosi am-
bienti funerari, ponendosi fra i servi o ì dipendenti del grande
possessore di tomba (come per esempio si rileva in alcune ma-
staba della necropoli di Menfi) ; e così di alcuni fra essi a noi
è pervenuta notizia.
L'arte in Egitto non è mai stata Sne a se stessa; come
sempre è stata un portato dell'ambiente, un'emanazione della
collettività.
Con ritorno ora al concetto del * doppio . devesì notare che,
siccome gli Egiziani credevano che nella vita dell'ai di là l'uomo
permani!s8« eternamente giovane, il * doppio „ sempre lo rap-
presenta nel fiore dell'età. La vecchiaia ben poco impressionò
l'arte t^^iziiina e raramente fu là presa a modello.
A parte |)erb queste deviazioni dalla scrupolosa rappre-
sentazione dall'indivìduo all'epoca della morte, i * doppi , do-
vevano essere fedeli, realistici ritratti del defunto che rappre-
sentavano. E come tali essi costituiscono documenti particolar-
mente preziosi nel confronto degli studi antropologici.
L'Accademico Segretaria
Ettore Staupini
zed.yGOOgle
„d, Google
,Google
CLASSE
SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI
Adnanza deU'U Geimaio 1920
PBBSIDENZA DSL SOCIO PBOF. COHH. ANDBEA NACCABt
PRESIDENTE DELL'AOCADEHIA
Sono preaenti i Soci Sai.vadori, Seghe, Peaho, Jadakza,
FoX, Hattibolo, Osassi, Sokiguaka, Panetti, Ponzio, Sacco,
Majorana e Paboka Segretario.
È scasata l'aasenza del Senatore D'Ovidio, Direttore della
Claaee, e del Socio Guidi.
Si legge e si approva l'atto verbale della precedente
adananza.
Il Segretario, a nome del Socio Senatore D'Ovidio, presenta
la Kota (n*) del Prof. Gustavo Sannia, Serie di funzioni som-
mabili uniformemente col metodo di Borei generalizzato, che à
accolta per la stampa negli Atti.
Aiti della B. Accademia -
zed.yGOOg[e
QDSTAVO SANNU
LETTURE
Serie di fanzioni somoialiiii nnifonoeinente
coi metodo di Borei generalizzato
Nota II di GUSTAVO 8ANNIA (a CBgliiiri)
In una precedente Nota, recante lo atesso titolo (>}, ho
studiato le serie di funzioni dal punto di vista della uniforme
sommabilità allorché vengono interpretate col metodo di Bomma-
zione {B, r), ossìa con uno di quegli infiniti metodi da me in-
trodotti (»}
(1) ..., (B, - 2), (B, - 1). (B, 0), {B, 1), B, 2), ...
che sono analoghi al metodo esponenziale del Borel, cbe corri-
sponde a (B, 0). Ed alle serid uniformemente aommabili col
metodo (B, r) ho esteao i più notevoli fra i teoremi sulle serie
uniformemente convergenti. Ma un tale studio, faUo con un va-
lore fisso dell'intero r (per quanto arbitrario), non basta. Infatti
con l'introduzione dei metodi (1) non ho inteso di sostituire
quello (B, 0) del Borel con uno dei rimanenti, ben^ di consi-
derarli tutti nel contempo e, con la loro somma logica, costi*
tuire ciò che ho chiamato metodo di Borei generalizzata (o Bg),
intendendo cioè che una serie sia sommabile con tal metodo
quando Io è con qualcuno dei metodi (1).
È dunque alle serie uniformemente sommabili col metodo Bg
(opportunamente definite) che bìaogna pervenire. Ciò richiedo
(') Questi AUi, voi. LIV, 1918-19, p. 171.
(') Kella Memoria: Nuovo metodo di tommaziont delle strie: eatnuiom
del metodo di Borei (' Reod. del Ciro. Mat. di Falerno „ t. XLIl, 191T,
p. 30S). La indicherb nel seguito con la lettera M.
zed.yGOOg[e
SEBIB DI FUNZIONI SOMMABILI UNIFORUEHENTE, ECC. 311
un previo esame comparatiTO fra i metodi (1) rispetto alla uni-
forme sommabilità. À tale scopo è dedicato il § 3. Per rendere
più spedita la lettura di questa parte eBsenziale della Nota, ho
raccolto nel § 1 un certo numero di lemmi, alcuni dei quali pos-
sono avere qualche interesse anche autonomamente considerati.
§ 1. — Lemmi.
1. — Lehha I, Sia { (a, z) una funzione definita per i valori
di a ^> 0 (^) e diz in un intervallo Z, che ammetta derivata fa' (a, z)
rispetto ad a e che per ogni o ^ 0 fissato sia funzione limitata
di z in Z; tia inoltre g (a) una funzione positiva crescente di a ^ 0,
tendente o -|- oo con a e che ammetta derivata g' (a). Allora, se
per a ^ + 00 il secondo dei rapporti
(2)
tende uniformemente in 7, ad una funzione limite 1 (z) limitata,
anche il primo tende uniformemente in Z alla stessa funzione (*).
Infatti, giusta l'ipotesi, dato e;>0, esiste un numero aa;>0
(indipendente da z) tale che per a^Uo ^ P^** ogni z di .? risulti
(3) ,(„_^<i^,t£l<,(,, + i..
Ora, fissato un a]>-ao e un ^ in Z, ai ha, per il teorema
del valor medio,
f{c.z)-f('k.') _ f''{?,')
ove ao<p<;a, quindi la (3) (ove si ponga P in luogo di a)
puè scriversi
{') 0 di un qualunque altro numero fisiO.
(*) Il lemma rale anche ae f dipende da più variabili, oltre che da □.
Supponendo invece f funzione della sola a, ai cade su di un teorema di
D,!„t,zed.yGOOg[e
312 OnSTATO SINNU
moltiplicandola per la quantità positiva (giusta l'ipotesi)
0(0) — ?(ao)]:?(o}
si ha l'altra
(4) [,w_|l|l-^|+l^<
per ogni a ]> Oq e ogni z di Z,
Ora, per ipotesi, lim jr(a) =: ^ co, quindi i membri estremi
di (1) tendono rispettivamente a / (z) — ?- e a Z (2) -f- -^ per
a = -|- 00 ; ad uniformemente rispetto a « in Z, poiché, per ipo-
tesi, /'(oo.z) e I(z) sono funzioni limitat« in Z (*).
Segue da ciò che esiste un numero ai '~> a^ (0 indipendente
da 2) tale che per ogni a >• a] e ogni 2 di Z il primo membro
di (4) risulti maggiore di ^(2) — ^ — -|- = 1(2) — t; ed osiate
del pari un numero a, ^ Oo (e indipendente da 2) tale che per
ogni a ;> Ot e ogni 2 di 2 il terzo membro di (4) risulti mi-
nore di K (■») + y + y = ^ (*) 4- '■ Dunque, per ogni a >■ a»
e di Of e per ogni 2 di Z, risulterà
iM-t<-^<lW + t c.d.d.
OssEBT. U lemma susaiaié anche se si suppone che f (a, z)
sia funzione (reale 0 complessa) della variabile reale a^O e
della variabile complessa z in un'area Z, e che sia di modulo
limitato in Z per ogni fissato a^O,
Poiché, posto z=:x + itf, si può scrivere
f{a, 2) — u (a, X, y)-tiv{ a, x, y)
(°) Infatti oioicun termine del 1* membro per ea. b del tipo fl*)g(K)
con f(z) limitata in Z, sia \fizì\Kh, e Um ;(a) = ^ (indipendente da •).
{le segne che, dato e > 0, eiiite unA ooitante a« tale ohe per a >> O) rianlti
1^(0)- J|<y, quindi |/Wir(a)-^WJ|<e, eperoib^lÌm__[r(«)y(<i)]-
/M^ uniformemente in Z.
>y Google
SSBIK DI yOHZIONI SOUHiBILI DNIFOBHB MENTE, ECC. 313
con u e f funzioni reali delle variabili reali a, x,y e eoddisfìt-
ceoti alle condizioni a cui soddÌBfa f{a,t) nel lemma; ammet-
tono cioè derivata rispetto ad a e, per ogni fissato a ^ 0, sono
funzioni limitate di (x, y) nell'area Z. Ora poiché, per la nota {*),
il lemma pub applicarsi a ciascuna di esse, potrà applicarsi
anche a f(a,z).
2. — Dirò che una serie di funzioni (di una o ^ìi varia-
bili reali o complesse)
(5) „„ + „, + „,_!_.„
è convergente assoluto-uniformemtnte in un campo C qoando è
ivi convergente uniformemente la serie formata dai modnli dei
suoi termini.
Evidentemente la convergenza assolato- uniforme non h la
sovrapposizione della convergenza assoluta e di quella uniforme,
ma implica condizioni più restrittive : da essa seguono le altre
due, ma non viceversa. £ però meno restrittiva della conver-
genza normale ('), dalla quale infatti segue quella assoluto-
uniforme {'').
3. — LsiDiA II. / eoefficimUi di una serie di potenze di una
variabile a
(6) a, (») + <!.(»)» + ".(»)»■ + ■•■
siano funzioni di una (per es.J variabile z in un campo Z. Se per
ogni fissato a ^ 0 ia serie è convergente uniformemente in Z, sarà
convergente normalmente (quindi anche ass<duto-uniformemente)
quando la si consideri come serie di funzioni delle due varia-
bili Zea, per z in Z ed a nell'intervallo (0, m), qualunque aia
m'^0. E viceversa (evidentemepte).
(*l La (5) è convergente HormatmtnU io un campo quando i modali
dei «noi tennini lono minori dei termini oorHipondenti di nna «erie eon-
TerKente a tennini povitiri costanti.
C) Iniomma dueuna delle convergenze, nonnaie, asBolnto-anifonne,
iiiolnta e naifbrme, uniforme, trae leco la sedente.
zed.yG00g[e
314 GUSTATO SANNIA
Inoltre di ambedue le proprietà godranno pure le serie che
si deducono dalla data (6) derivandola o integrandola in (0,a)
rispetto ad a, termine a termine,
Inhtti, dato m ]> 0 e scelto ud h>m, la (6) è per ip.
convergente uoifornieniente in Z quando vi si pone a =: A,
quindi è lim a» (z) A' := 0 uniformemente io Z, ossia, dato e>0,
esiste un intero Hq (indipeadente da z) tale ohe risulti
la.W*-|<( (•),
quindi
io.w«-i=i«.w»-i|-s-i'<i».w**i|xr<«!".
ove q^~<^l, per n > «o e a in (O.m). Ora, poiché Sj' è
convergente, cib prova la prima parte dell'enunciato.
Inoltre si vede del pari facilmente che
I « a« (2) o"-' I < 7 " S'"' - I «- (2) -^^ j < * e -f^ ,
6 poiché le serie /,"?"~'t 7. ^j- sono convergenti, ciò prova
che le serie che si ottengono da (6) derivandola o integrandola
in (0, a) rispetto ad a sono convergenti normalmente per tin Z
e a in (0, m).
4. — Lehhà III. Se una serie di funzioni (di una 0 più
variabili reali o complesse) di modulo limitato in un campo C
(7) Uo +«! + «! + -
è ìpì convergente uniformemente, anche la somma u della strie ha
modulo limitato in G ed i moduli delle somme parziali
(8) «0, «o + M|, Wo + Ui + «»' —
sotto limitati nel loro insieme in G.
(') Di qui segue che \<'^M\<-rz per i«>»io. e perciò ohe i mtf/i-
eienti a„ (e1 della (6) tono funeiom di modulo limitato in Z a partirt da n"
zed.yGOOg[e
SERIB DI FUNZIONI SOMMABILI DNIFOBHBUBNTE, BCC. 315
Infatti, per ipotesi si pa6 scrìvere
(9) u = Mo -f K, + ... i- «„ + r„
«, dato £!>0, ai può rendere [r.|<|c in C per ogni n mag-
giore di un intero costante m; (|uindi
:»l<l"«l + l«,l + ...+|».!+e,
il che prova che |u| è limitato in C7, tali essendo |uo|. ■•> l"»!-
Sia |iil<Ci. Allora da (9) segue che per n^m
|tio + «. + -+«'"l<l«l+k,l</ + e,
e perciò che sono limitati nel loro insieme in C i moduli delle
somme (8) astrazione fatta dalle prime tn-\-l, e quindi anche
queste incluse.
6. — Lemma IV. Se due serie di fumioni di modulo limi'
tato in un campo C
(10) «0 + «1 + «1 + .... fo + Pi + Pj + -
sono convergenti uniformemente in C, tale è pure la serie-prodotto
(11) Wo + «-1 + Wl + - (W- = «O^n + WlO»-l + - + W-Po)
se una delle due date è convergente assoluto-uniformemenie in C;
che se poi tali sono ambedue le date, tale sarà pure la serie-prodotto.
Supponiamo che Ja prìma delle (10) sia convergente asso-
luto>uniformemente in C e perciò che, oltre alle (10), anche
la serie
l«ol + !«,l + l«,l+...
sia conyergente uniformemente in C; sicché le somme
"o + «1 + - + W». «0 + Ci -f ... + »«,
i«oi+i«.;+.-.+i"-!
per n = 00 tendano a lìmiti finiti uniformemente in C. Dobhiamo
dimostrare che lo stesso accade di t^o + Wi -f ... 4* tP» •
D,!„t,zed.yGOOg[e
S16 aOSTATO SANKIA
Poiché («0 + M, + ... + ««) ("o + l'i 4- — + P») tende ad
un limite 6nito uniformemente in C, basterà dimostrare che le
differenze
d, = K + ... + «>J _(^, + ... + «,) („, + ... + r.),
dn'~ (U>0 + - + Wh+l) ~ («0 + ... + «.H-l) (»0 + - H- «'-+l)
tendono a limiti finiti (precisamente a zero) oniformemente in C
Dimostriamolo per es. per la prima.
Sostituendo alle w^ le loro espressioni (11), ordinando ri-
spetto alle Uq, u,, ... e poi prendendo i modali, si ha
|dJ<l«0ll«',4.+ ... + «'..| + l«.l|f.*. + ... + f^.!+...
+ |«^. Il f^.| + |«.^, Il «0 + ... +l»,-,H-|ll^ Il fo + ...
+ «'^.|+...+|«,-||t.o|.
Per la convergenza uniforme delle serie (10) e (12) e per
il lemma HI , le somme | fo + -.- + e» I < I **o I + ■-. H~ I **<> I
{n = 0, 1, 2, ...) sono limitate nel loro insieme in C, ossia esisto
ana costante 1^0, tale che per ogni n e in tutto C risulti
|co + ... + r,|<i, |«,|+...+|«,|</.
Inoltre, dato e>0, esiste un intero m^O, tale che per
ogni intero » ^ m e per ogni intero p !> 0 risulti in C
l».*! + ■■• + f.+,l< ^ , K+, + ... + tui.,\<-^ .
Ne segue che, per ogni n ^ m e in tutto C
l*.l<l«.l-2r+-+!"-'lTr+l""'l'+-+l"~l'
= [|.„|+... + »._,|]-i.+[|..t,| + ...+KI]i
e quindi che lim d^ = 0 uniformemente in C. e. d. d.
:>:,CoOglc
SERIE DI FUNZIONI 30HHAB1U UNIFORMEHBNTE, ECC. 317
Se poi tinche
(13) Kl + I»il + I».l+...
è convergente uniformemente in C, applicando la prima parte
del lemma (ora dimostrata) alle (12) e (13), bì ha che
K!!<'oH-(K||r.i+|«j[fol)
+ (KII«'.l + i«.l|Pil + l«,|lro!) + ...
è convergente uniformemente in C; quindi lo è a foriiori
ossia
l«'ol + l«'il + l«'»l+-;
e ciò che prova la seconda parte del lemma.
§ 2. — SommabiUtÀ Bg uniforme.
7. — Consideriamo una serie di funzioni di una (per es.)
variabile z in un campo Z
(U) «.w + «,w + »,(») + ...
Poniamo
(15) t7.W = „,M + .,(j) + ;.. + «.(«) (, = 0,1,2,...)
e, per convenzione,
«, («) = tr» (2) = 0 (« = — 1, — 2, ...).
Per un 2 fissato di Z la (14) h una serie numerica, quindi
(M, n' 8 e 9) è eommaòìle (B,r):
l") quando la serie
(16) t^'"»(a,^) = 2P.+^.(2)|;
D,!„t,zed.yGOOg[e
318 ODSTAVO SANKIA
è convergente per ogni a (*) ed esiste
(17) lim e-' t7"-"(o, «) = «(*),
che allora è la somma della serie;
2°) oppure quando la serie
(18) "'■'(a,«)=|]«-^(^)f
è convergente per ogni o, ed è convergente
(19) ^^e-u">{a,z)da,
che allora, aumentato di U,-, (z), è la somma tt {z) della serie.
Le due definizioni sono del tutto equivalenti. Qui però con-
viene di considerarle (almeno per poco) come se fossero distinte;
perciò quando vorrò riferirmi alla prima dirò che la (14) è som-
mabile (B', r— 1), pur ricordando che
(20) sommabilità {B', r — 1) = sommabilità (B, r).
8. — La (14) può essere sommabile {B', r — 1) ^ (B, r)
in tutti ì punti di Z: dirò che è un^ormemente aommabiU (B', r — 1)
quando per ogni fissato a^O la (16) è convergente uniforme-
mente in Z ed il limite (17) è uniforme in Z ('<>); e dirò che
i uniformemente sommabile (B,r) in Z quando la serie (18) per
ogni fissato a^O e l'integrale (19) sono convergenti uniforme-
mente in Z (>i).
(*) Perb ad a saranno attribuiti sempre wltsnlo valori reali non oe-
(fativi.
('") Questa defiaisioDe concorda con quella data dal Boan. per il caso
r = 0 da lui considerato (' Comptes Rendas,, t. CXXT, 1895, p. 1125).
[") Detti questa deBnisìone per la prima volta in una Nota dei ' Bend.
della R. Accad. dei Lincei , (voi. XXVI, Eerie 5*, 1° seni., fase. 8*, p. 162).
Kella Nota citata in (') mostrai la opportonità di modificarla imponendo
alla (18) nna condisìone piìi restrittiva (a prima vista): che, considerata
come serie di funiioni dello due variabili z e a, dovesse essere conver-
D,!„t,zed.yGOOg[e
SBKIB DJ FDKZIOXl SOMMABILI DNIFOBHEUI-NTB, ECC. 319"
Passando allo studio delle proprietà delle serie di funzioni
dal punto di vista della aniforme sommabilità in un campo Z,
supporrò che queste funzioni siano di modulo limitato nel campo Z.
E COSI resta inteso d'ora innanzi {").
9. — I concetti di serie uniformemente sommabili (B*, r — 1}
o (B, r) sono estensioni dell'ordinario concetto di serie unifor-
memente convergente, perchè:
Se la serie (14) è uniformemente convergente in Z con somma
u (z), è pure uniformemente sommabile (B', r — 1) e (B, r) in Z
e con ugual somma C^).
10. — Se la serie (li) è uniformemente sommabile (B' , r — 1)
in Z con somma u (z), è pure tintfOrmemente sommabile (B', r — 2)
in Z e con ugual somma.
Poiché, giusta l'ipotesi, la serie (16) è convergente unifor-
memente in Z per ogni fissato o^O, lo stesso avverrà (perii
lemma li) della serie
(21) C"-'(<.,2) = 2f'-t'-W-S
che se ne deduce integrandola rispetto ad a, e sarà
-^(/<"''(a,2) = C^~"(o>«)-
gente ani forme mente per « in 2 e a in (0, >n) qualunque eia ni>0. Ma
ora il lemma II del n" 2 assicura che questa maggior reatriiione b solo
apparente; aicchb le due definizioni sono del tutto equivalenti.
(") Qnesta limitazione, che per le applicaiioni non h di gran peso, "b
d'altronde già in parte implicitamente contenuta nella deEnizione stessa
di serie uniformemente sommabile (B, r). Segue infatti dalla condiiione
i?i imposta alla (18) e dalla nota I?) che i coe^cienti della (18), e quindi
le Wa-t-r(z),' sono di modnlo limitato a partire da uno di essi.
(") Per la sommabilità {B,r) cìb \ stato dimostrato nella Nota citata
in ("). Pei la sommabilità (£', r — 1) vale la stessa dimostraiione, ma ar-
restata alta formola (12) di p. 79. (E tale dimostrazione, data nel campo
reale, vale anche ne] campo complesso, come subito si riconosce).
zed.yGOOg[e
320 QDSTATO SANHIA
Inoltre, essendo le u^ (z) funzioni di modolo limitato in Z,
tali aaranno le 17,, (z) (15) , e quindi anche i termini della
serie (16), e quindi anche (per il lemma III) la somma ^"'"{a, a)
per ogni fissato a ^ 0.
Infine, esiste per ip. il limite (17) ed è uniforme in Z,
Si può dunque applicare il lemma I, assumendovi
/^(a,2)=l7<'-'(a,,), »(.) = .-,
e che dà
lira e-' t7"-" (a, z) = lim e— (7"-" (a, z)=u (2)
uniformemente in Z.
11. — Se la serie (14) Ì uniformemenU sommabile (B', r — I)
in Z con somma u (z), è pure uniformemetUe sommabile (B, r) tn Z
con ugual somma; e viceversa.
Giusta le definizioni del n" 8, ai tratta di dimostrare in
primo luogo che, fissato a^O, se la (16) è uniformemente
convergente in Z, tale è anche la (18), e viceversa.
Perciò immaginiamo fissato un z in Z, sicché la (14) di-
venti una serie numerica e le (16) e (18) serie di potenze di a
a coefficienti numerici. Allora sappiamo (M, n" 6) che le (16)
e (18) son tali che quando l'una è convergente per ogni a
(e necessariamente per ogni r) tale è anche l'altra, e che tn
le loro somme passano le relazioni
(22) U"> (., ») - U<~» (0,1) = «<■< (a, ») ,
^ [.-[;'--" (ci,»)l =,-»'-> (a, z),
da cui
(23) «- f/"-" (a, «) = t7,_, (z) + 1%- «"> (a, *) da ,
ossia
(24) U"-'* (a, z) = e' t7_, (z) + e' f%- 1/" (a, z) da.
Ciò vale per ogni 2 fissato di Z, quindi le (22), (23) e (24)
valgono per ogni a ^ 0 e ogni z di Z.
D,!„t,zed.yGOOg[e
SBKIB DI FUNZIONI SOUHiBIU DKIFORHEHEKTE, ECC. 321
Ora si supponga che, per ogni fissato a^O, la (16) sìa
convergente uniformemente in Z', allora lo stesso avverrà (n" 3)
delta
(25) t^'»(a.«)=2f^-+'Tf
e quindi della (18), loro differenza, per la (22).
Viceversa, si supponga che, per ogni a^O, la (18) eia
convergente uniformemente in Z. Allora essa, anche considerata
come serie di funzioni delle due variabili zen, sarà (n" 3) con-
vergente asaoluto-uniformemente per z in ^ e a in (0, m) qua-
lunque sia m^O; e tale essendo anche )o sviluppo di Mac-
Ladbim di e~' (che non dipende da z), tale sarà anche (n" 5)
la serie che si ottiene moltiplicandole con la regola dì Caucht
e che avrà per somma e" u'"* (a, «) ; e tale sarà pure quella
che se ne deduce integrandola rispetto ad a (n° 3); e tale in-
fine, per la (24), sarà la serie (16). Perciò quest'ultima serie
sarà convergente uniformemente in Z per ogni fissato a ^ 0.
Bisogna dimostrare in secondo luogo che, se esiste il li-
mite (17) ed è uniforme in Z, l'integrale (19) è convergente
uniformemente in Z; e viceversa. E cib segue subito dalla (23),
perchè (19) non è che il limite dell'integrale che vi figura
per o i= -f 00.
Infine la stessa (23), al limite per o = -f oo, esprime (n" 7)
che la somma della (14) è la medesima u{z) quando si adope-
rano i metodi {B', r — 1) e [B, r).
12. — Il teorema precedente assicura che la (20) Bussile
anche per rispetto alla uniforme aommabUità; quindi d'ora in-
nanzi possiamo ritornare a parlare del solo metodo di somma-
zione (B, r).
In particolare, il teorema del n° 10 diventa: se la serie (14)
è uniformemente sommabile (B, r) in Z con somma u (z), è pure
uniformemente sommabile (B, r — 1) in Z e con ugual somma.
Dunque anche per rispetto alla sommabilità uniforme ('*)
('*} Come accoderà riipetto alU semplice (H, n* 18).
zed.yGOOg[e
322 0D3TAYO SANNIA — SBRIB DI FDNZIONI, ECC.
i metodi (1) non sono discordi tra loro e la loro potenza va
crescendo da destra a sinistra. Ciò legittima la seguente defi-
nizione :
La serie (14) è uniformemetUe sommabile Bg (ossia col me-
todo di Borei generalizzato) quando è uniformemente sommabile
con qualche metodo (1).
Che se poi la (14) è uniformemente sommabile con tutti i
metodi (1) ('^), dirò che è uniformemente sommabile (senz'altro o)
Bt (cioè totalmente. Cfr. M, § 4).
13. — Sussistono quei teoremi !„, ..., IV^ e quei coroUarii
I„, ..., IVk t cui enunciati si ottengono da quelli dei teoremi 1, ..., IV
e dei corollari I, ..., IV dei n' 19, 20 e 21 di M, premettendovi
la parola " uniformemente „ alla parola " sommabile ,, Ometto
per brevità di trascrìverli.
Ometto anche .le dimostrazioni. Poiché i corollarii si dedu-
cono dai teoremi come in M, e i teoremi si dimostrano come i
corrispondenti di M, tenendo conto in più che la convergenza
delle serie e degli integrali associati delle serie che vi si con-
siderano è uniforme (come è detto nella seconda definizione
del n° 7).
I teoremi 1„, ..., IV„ e i corollarii /„, ..., /F„ provano che,
operando su serie uniformemente sommabili Bg con tutte quelle
operazioni che sono lecite sulle serie convergenti ("), si hanno
sempre nuove serie pure uniformemente sommabili Bg.
Cagliari, 1" dicembre 1919.
(") Come accade delle eerie uniformemente conTeifrenti (n° 9).
('*) Combinazione lineare di due aerìe, aoppreRsione o inseraiODe di au
finito di termini, scambii tr« un nomerò finito di termini, omo-
di un nomerò finito di termini ed operazione contraria.
L'Accademico Segretario
Cablo Fabrizio Parona
D,!„t,zed.yGOOg[e
CLASSE
SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE
Adunanza del 18 Gennaio 19S0
PBBSIDENZA OBL SOCIO PROF. COMH. ANDREA KACCABl
PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA
Sono presenti i Soci Pizzi, Db Sanctis, Brondi, Einaudi,
Baddi di Vesme, Schiaparelli, Patetta, ViOARi, CiAN, Pacchioni,
Valhaogi, e Stampini Segretario della Classe.
Scusa l'assenza il Socio Prato.
È letto od approvato l'atto verbale dell'adunanza del
4 corrente.
Il Socio Gian presenta, con parole di vivo elogio per l'au-
tore, la monografia di Eugenio Passauonti H mini^ero Capponi
ed il tramonto dtl liberalismo Toscano nel 1848 (Estr. dalla
" Rassegna Storica del Risorgimento ., 1919). La Classe rin-
grazia.
Il Socio De Sanctis, anche a nome del Socio Patetta,
comunica alla Glasse essere giunti gli Statuts de V Union acadi-
mique internationale, ed avere col collega preparato una rela-
zione sull'opera svolta da lui e dal collega. Si riserva di darne
lettura in una prossima adunanza delle Glassi unite. Intanto
egli presenta alla Classe due proposte a stampa, provenienti
dalla ' Académie Royale des Sciences d'Amsterdam ,, sulle
D,!„t,zed.yGOOg[e
quali crede essere bene che si esprìma il parere della Classe.
I Soci Patbtta e Pacchioni sono designati dalla Classe ad
esaminare le dae proposte, che sono: 1* una edizione completa
delle Opere di Ugo Grotius; 2* la pubblicazione dei materiali
aventi relazione col diritto consuetudinario deirindonesìa. I Soci
Patetta e Pacchioni riferiranno su quBste proposte in una
prossima adunanza.
Raccoltasi poscia la Classe in adunanza privata, procedette
alla votazione per l'elezione di tre Soci nazionali residenti.
Biaultiu-ono eletti, salvo l'approvazione sovrana, il Comm. Adolfo
Faqsi, il Comm. Alessandro Luzio, e il Comm. Senatore Oaetaao
Mosca.
L'Aceademieo Segretario
Ettobx SrAMPon
D,!„t,zed.yGOOg[e
CLASSE
SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI
Adunanza del 35 Gennaio 1920.
PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. COUM. ANDBEA MACCARI
FBEBIDEKTE DELL'ACCADEMIA
Sono presenti il Direttore della Classe D'OtIdio ed i Soci
SeoBE, Peano, Fol, Mattikolo, Grassi, Somioliana, Panetti,
Ponzio, Sacco e Paroha Segretario.
E scusata l'assenza dei Soci Jadanza, Salvadobi, Guidi,
Uajobama.
Sì legge e si approva l' atto verbale della precedents
adunanza.
Il Socio SiOBB annuncia con rararaarico la perdita &tta
dalla Classe nella persona del Socio corrispondente H. G. Zedtheh
e ne ricorda i lavori ed i meriti scientifici.
n Presidente ringrazia il Socio Seobe per l'elogio fatto del
compianto co^ega, e ringrazia anche il Socio Gbassi del dono
dei suoi Principii scientifici della Elettrotecnica. Introduzione al
Corso di Elettrotecnica.
Il Presidente dii poi lettura dì un invito del Direttore ge-
nerale del Touring Club Italiano a partecipare ad una escursione
nell'interno della Cirenaica, promossa dal Governatore Senatore
De Martino, ed avverte che le eventuali proposte per parte dei
Soci dovranno essere trasmesso dalla Presidenza non più tardi
del 15 febbraio p. v.
AUi data B, Aeeadtmia — Tol. LV. 22
D,!„t,zed.yGOOg[e
326
Sono accolte per la stampa negli Aiti le seguenti Note:
Ing. Giovanni Gribodo, / " Rittcoti „ ed i " LepidoUrri „
delle Oasi xerotropiohe di Val di Suso, presentata dal Socio
Mattirolo,
Dott. Luigi CooMETTi DE Martiis, Osservazìotti tul nudeo
delle cellule basali dell' " Helix pomatia „, presentata dal Socio
Paeona.
Prof. Gustavo Colonnetti, Socio corrispondente, Rifolu-
xione grafica di alcuni problemi relativi all'equilibrio delle funi
pesanti.
Il Presidente presenta infine un bellissimo ritratto foto-
grafico dell'illustre geologo piemontese. Socio e Tesoriere del-
l'Accademia, Prof. Angelo Sishomda, Senatore del Regno (n. 1807,
m. 1878), grazioso dono della N. D. Emilia Forneris-Kebaudengo,
nipote del compianto collega. Egli esprime alla donatrice i piìi
vivi ringraziamenti a nome dell'Accademia.
Raccoltasi poscia la Glasse in adunanza privata, procedette
alla votazione per l'elezione di Soci nazionali residenti. Risul-
tarono eletti, salva l'approvazione Sovrana, i professori della
R. Università di Torino Daniele Rosa, Amedeo Herlitzka e
Alfredo Pochettino.
zed.yGOOgle
J
LETTURE
H. G. ZEUXHEIN
Cenno oommemdrativo del Socio naz. resid. CORRADO SEGRE
Nel 6° giorno dì questo mese a Copenhagen s'è spento dol-
cemente, senza malattia, piìi che ottantenne, uno dei nostri più
illustii Soci : il matematico danese Zedthen. Per l'affetto che
da molti anni mi legava a lui, per la gratitudine che gli por-
tavo in causa di tutto ciò che da lui -ho imparato, sento il
dovere di richiamare la vostra attenzione, sia pur brevemente,
sulla grande perdita che abbiamo fatto.
È stato lo Zeuthen uno dei piii valorosi geometri della
2* metà del secolo scorso. Intorno al 1865, attratto dalle ce-
lebri ricerche di M. Cuasles (di cui fu discepolo) sulle questioni
□umerative relative alle coniche, era penetrato in questo argo-
mento, e poi anche in quello delle caratteristiche delle qua-
driche, e delle curve piane di 3° e 4° ordine, ottenendo una
lunga serie di nuovi risultati.
Forse accadde a lui come ad Halphen, di sentire la neces-
sità, per una trattazione rigorosa e profonda dei problemi nu-
merativi, di studiare con cura i punti singolari delle varietà
algebriche ed i loro iotomi analitici. Il fatto è che egli passò
presto ad occuparsi anche di questo campo; compiendo varie
ricerche, generali e speciali, sulle singolarità delie curve e su-
perficie algebriche; in particolare sulla natura dei punti e delle
linee singolari delle superficie. Sono lavori fondamentali per
chiunque si occupi di geometria algebrica. In essi si dà, fra
altro, un assetto definitivo al sistema delle formole che legano
ì diversi caratteri di una superficie.
Anche fra i caratteri di due curve, o di due superficie, in
corrispondenza algebrica tra loro, lo Zeuthen ottenne delle re-
D,!„t,zed.yGOOg[e
lazioni, che accade sempre di adoperare. £ qui, per quanto ri-
guarda le corrispondenze biunivoche fra superficie, e i caratteri
invarìantivi di queste, il buo nome viene a legarai strettamente
a quello di un altro grande scienziato, che mi piace ricordare,
e che è pure un nostro venerato Socio: M. Noetheb.
Concetti e metodi nuovi e fecondi egli diede altresì nello
studio della forma reale delle curve e superficie; od esempio nei
bei lavori sulle quarticbe piane, non che sulle superficie cubiche
e sulle superficie del 4" ordine a conica doppia. La fecondità di
quei metodi apparve dai lavori che seguirono presto di altri, e
in tempi recenti di qualche suo valoroso discepolo.
Net lf)14 pubblicb un trattato di Geometria numerativa,
di grande interesse per l'accuratezza e l'eleganza con cui la
materia è trattata, e per la ricchezza dì metodi e di risnttati,
relativi ai campi pib svariati: ottenuti coi procedimenti nume-
rativi, ma costituenti nel loro insieme, quasi si direbbe, on'opera
enciclopedica di Geometria algebrica.
Come Chaslbs, cosi Zedthen s'interessò molto alla storia
della Matematica; e intorno ad essa pubbtiob, fino, si pub dire,
alla sua morte, una serie di memorie e di libri originali. Cono-
scitore diretto dei vari autori, anche dei piii antichi, potè pre-
sentare in quelle sue pubblicazioni delie vedute proprie, che fu-
rono molto apprezzate. Citerò, fra gli altri, il libro, che fece epoca,
flvlle coniche presso i geometri greci; nel quale fu per la prima
volta messa in luce, in tutti ì suoi particolari, l'opera, fino allora
presso che incompresa, compiuta da Apollonio (e prima da altri,
fra cui Euclide e àbchikede) nella teorìa delle coniche.
Era lo Zeothen un uomo di squisita gentilezza, benevolo,
equanime nei giudìzi. Molto legato ai geometri italiani, soleva
esprimere verdo la nostra geometrìa, anche pubblicamente, dei
giudìzi molto lusingbìerì. Ed amava l'Italia: in cui (in partico-
lare a Torino) era venuto rìpetotamente. Non è un mese che
egli mi scrìveva con tali sensi; e sì univa a me net deplorare
la recente perdita di altrì due illustri geometri suoi coetanei:
Th. Rers e R. Stobm. Ahimè, quanto presto egli è andato a
raggiungerli !
D,!„t,zed.yGOOg[e
aiOTANNI QRIBOBO ~- I « KIHCOTI >
I " RiocDti „ ed i " Lepidotteri „ delie Oasi xerotroplelie
di Tal di Sasa
Nata delllng. OIOVANNI GRIBODO (1)
Nel presentarle questa seconda parte dei miei Btudi eugli
insetti zerofìli dei dintorni di Suaa devo premettere alcune os-
servazioni. Ed anzitutto siccome soltanto per gli Imenotteri io
mi SODO preoccupato di formare una colleziono quanto piìi pos-
sibile completa di ogni parte del globo terrestre col sistema
COSI detto a serie, riunendo cioè il maggior numero possibile di
esemplari d'ogni possibile paese o località, mentre per gli altri
Ordini d'insetti mi limitavo a raccogliere e conservare solo
quanto mi capitava direttamente tra le mani nelle mie caccie
senza cercare di aggiungere altri materiali o con compere o
con scambi; così per questi Ordini non posso piì) dare quelle
speciali e sicure indicazioni di patria dedotte da materiali miei
proprìi (2) di provenienza ben accertata che avevo segnato per
gli Imenotteri; devo per questi Ordini limitarmi a segnare le
provenienze cbe trovo indicate nei diversi autori. I principali
di qaeati autori, quelli cioè dei quali mi sono più largamente
(1) Lettera al Chiar"* ProreHore 0. Hattìrolo. — V. la latterà prece-
dante negli 'Atti d. R. Aocad. delle Scieiue ., toI. LIV, pag. 846.
(2) Devo aggìongere che, per rìdarre il lavoro di conservasi One, da
varii anni tio cedato le mio collezioni eatomologiohe al R. HoBeo delta
UniTernità dì Torino (ove sono pur sempre a mìa dispoaiiìone), eccettuate
poche cose taioìate a qualche collega; ritenendo prexBO dì me i soli Ime-
notteri e Coleotteri.
D,!„t,zed.yGOOg[e
830 - OIOVANNI ORIBODU
servito, sono pet i Rincoti il Garbiglietti (I) e l'OsbaDln (2). e
per i Lepidotteri Ohiliatii (3), Curò (4), Staudinger u. Wocke (5)
e Gianelli (6).
A questo punto devo dichiarare che per la classificazione
e la nomenclatura generica dei Lepidotteri ho creduto bene at-
tenermi al pregevolissimo lavoro del Curò anziché a quelli più
recenti, perchè a mio parere studi quali il presente interessano
più i naturalisti in genere che gli specialisti sistematici; ora,
qualunque zoologo conosce, ad esempio, il genere Bot^s, mentre
molti ignorano cosa sia il suo surrogato Pyrausta; gli specialisti
d'altronde conoscono perfettamente tanto i nomi antichi quanto
quelli più recenti. Vorrei anche aggiungere che qualche volta
alcune variazioni dì nomenclatura sono del tutto arbitrarie ed
ingiustificate; come ad esempio negli Imenotteri la sostituzione
del nome generico Podalirius a quello di Anthophora, oppure
Antkrena ad Andrena, e simili.
Riguardo ai Rincoti credo opportuno richiamare l'attenzione
sulla singolare dispersione che presentano tante specie di questo
ordine d'Insetti; sono numerosissimi ì casi nei quali Vh^bitai dì
una specie si estende a due, tre ed anche quattro regioni zoo-
logiche, e per alcune si arriva a tutte le sei regioni; già nelle
poche specie xerofile di Susa noi troviamo diversi esempi dì
tale fenomeno (Brachypelta aterrima Forst., Lyorissus hyalinus F.,
Lygus apicalis Fieb., e sopra tutte Nezara viridula L.), ed infì-
(1) OARBioLiRTri, Catal. method. et ggnon. Btmipt. Heteropt. Italiae indig,
• Bull. Soc. Ent. Ita). „ voi. I, 1869.
(2) OsBiKiM, Verzeieh. d. PaUarkt. Hemipl. ' Eaiserl. Akad. d. Wìssennch...
S.-Petersb., 1906-10.
(3) Qhiu&hi, Elenco delle specie di Ltpid. rieonoseìute esittmii negli Stali
Sardi. ' Hem. d. R. Aocad. delle Scienie di Torino ., Sor. JI, voi. XIV. 1852.
(4) Curò, Saggio di uk Catal. dei Lepid. d'Italia. ' Bull. Soc. Entom.
Ital. ,, Tol. VI, 1874 e aegg. (con la collaborKiione di G. Tubiti per le
Tingine, Micropterigint, PUroforine, Àlueitine, al voi. XV, 1888).
(9) STiDDinasH u. Woci*. Kalal. d. Lepid. d. ettrop. Faunengeb. Dread.,
1871 (Contr. occorrendo con l'edii. 1901).
(6) QiiHBLLt, 0»»erp. ed aggiunte al Catal. d. Ltpid. d. Piein. di Okiliatti,
"Ann. d. R. AccaU. d'.tgr. di Torino ,, voi. XXXIII, 1890. — / Mierolepid.
d. ftVut., ' Ibidem „ lol. LTII, 1910 — Agg. al Catal. d. Microlepid. d. Pien*..
' Ibidem „ voi. LIX, 1917.
D,!„t,zed.yGOOg[e
I « KINCOTI » SD 1 « LBPIDOTTEBI », ECC. 331
niti altri si potrebbero trovare nelle altre specie di quest'Ordine.
Questo fatto non sì verifica piìi in nessuno degli altri Ordini.
In questi se alcune poche specie risultano più o meno cosmo-
polite cib deve attribuirsi sempre all'azione diretta dell'uomo
ohe o volontariamente {Apis melica) od inconsapevolmente (iV
riptaneta orietUalis, Pulex, Pèdiculus, ecc.) {1} ne favorì la diffu-
aione; ma questa ragione non pub certamente valere per le
troppo numerose specie di Kincoti a targa diffusione. Siamo
dunque in presenza di un fenomeno ben singolare, e che sarebbe
degno di uno speciale esame.
Tori DO, gennaio 1920.
RHYNCHOTA
1. Macroscytus brunneus F. Susa, Gribodo.
L'Italia risulta la regione più settentrionale in cui
questa specie venne trovata, e vi è sparsa quasi ovunque,
ma assai più al sud che al nord; altrove fu segnalata
nella Francia mer.. Spagna, Grecia, Tvniaia, Algeria,
Marocco, Canarie, Siria, Russia mer., Caucaso, Turkestan,
Cina, Ceglon, India, Burma, Caffreria.
2. Oeotomus punctulatua Costa. Susa, Gribodo.
Autori varii, Italia mer., Francia, Germania, Ungheria,
Grecia, Spagna, Marocco, Algeria, Tunisia, Asia min,,
Caucaso, Turkestan, Giappone.
3. Srachypelta aterrima Foret. Susa, Gribodo.
Specie diffusissima, ma più specialmente nelle regioni
meridionali. Essa trovasi bensì (però nelle parti più me-
ridionali) in Germania, Ungheria, Serbia, Bulgaria, Russia,
Caucaso, Turkestan, e perfino in qualche parte della Si-
beria, ma trovasi pure ed assai più abbondante in Francia,
Spagna, Grecia, Asia min., Tunisia, Algeria, Marocco,
Canarie, Madera, spìngendosi fino al Capo di B. Sper,,
Indie, e perfino in Australia (Queemland).
(1) Anche fra i Rinooti abbiamo apeoie rete cosmopolite, involontaria-
meate, dall'uomo {Cimex UetiUariu», Ph-lloxera, Diatpia).
zed.yGOOg[e
3S2 aiovANMi ofirBODO
4. SeMrus nifteulipes HuIb. Sum, Oribodo.
Autori vani, Sicilia, Francia mcr-, Spagna, Grecia.
5. Ochetogtethua nanna H. S. Svsa, Gribodo.
Anche questa specie si estende ad alcune zone tempe-
rate (come la Germania, Bulgaria, Serbia, Ungheria), ma
h assai più diffusa al sod, cioè in Italia, Grecia, Spagna,
Marocco, Algeria, Ttmisia, Canarie; trovasi pure nella
Buttia, Caucaso, Turkestan.
6. Odontotargus grammieus L. 8u»a (molto abbondante).
Oribodo.
Autori varii, come per la specie precedente.
7. Paaeasta cotispei'sa Germ. Susa, Gribodo.
Autori varii, Italia, Francia, Spagna, Tunisia, Russia
mer., Caucaso.
8. Eurygaster hottentotus F. Suea, Ghiliani, Gribodo.
Questa è specie schiettamente meridionale; in Piemonte
non la trovai altrove che a Susa (1), ove non h rara.
Fuori d'Italia essa trovoss; nella Francia mer.. Spagna,
Grecia, Asia min.; Russia mer., Tunisia, Algeria, Marocco,
A questa specie si dovrebbe riunire l'affine E. maurus L.,
che è pur comunissimo a Susa, e quasi introvabile in altre
parti del Piemonte; esso ai estende bensì da una parte
all'Europa ed Asia temperate, ma dall'altra va fino alle
Indie or. (Songkong).
9. Trigonoaonut Vìiaticum F. Susa, Gribodo.
Autori varii, Italia, Francia mer., Spagna, Grecia,
Algeria, Tunisia.
10. Selenodera falcatum Cyr. Suaa, Gribodo.
Autori varii, Italia mer., Francia mer.. Spagna, Grecia,
Egitto, Tunisia, Algeria, Marocco, Caucaso, Turkestan.
11. Stei-nodoutua obtuau» Mula, et Rey. Susa, Ghiliani.
Specie rara trovata finora nella Francia mer., Illiria,
Ungheria, Egitto.
12. Ancyrofoma alboUneatunt F. Susa, Ghiliani, Gribodo.
Autori varii, Ungheria mer., Dalmazia, Bulgaria, Ro-
mania, Serbia, Grecia, Francia mer., Italia mer. ed isole,
(1) Conin del rerto per tutte le precedenti (eocettaata la Braekypelta
rrima) e molte delle snMitgaenti.
D,!„t,zed.yGOOg[e
I « RINGOTI > BD I < LEPIDOTTKRI >, ECC. 333
Asia min., Russia mer., Caucaso, Turkestan, Siberia occ.mer.,
Egitto, Tunisia, Algeria, Marocco, Qmarie.
13. Oraphosoma semiputictatuin F. Suso, Gribodo.
Stosso habitat della specie precedente; in Piemonte non
la trovai che a Susa, ove è abbastanza comune, come
anche la susseguente.
14. Oraphosoma lineatum L, Susa, Gribodo.
Autori vani, Corsica, Algeria, Tunisia, Egitto. La var.
italieum MQU. (che oon trovai a Susa) è asaai più diffusa;
abita anche cioè diverse regioni dell'Europa ed Asia tem-
perate.
15. Sciocoris homalonottia Fieb. Susa, Gribodo.
Autori varii, Italia, Francia mer.. Spagna, Ungheria
(Dalmazia?), Tunisia.
16. Dyroderea uinhraoulatu» F, Susa, Gribodo.
Autori varii, Italia, Francia mer., Spagna, Grecia,
Serìna, Asia min., Siria, Russia mer., Caucaso, Marocco,
Algeria.
17. Aelia cognata, Fieb. Susa, Gribodo.
Oltre che in Italia venne pur trovata nella Spagna e
nella Francia mer,
18. Ifeottigloaaa bifida Costa. Susa, Gribodo.
Autori varii, Italia (Fiume, Napoletano), Francia mer.,
Spagna, Marocco, Algeria, Siria, Asia min.
19. Eusarcorl» inconsptCHua H. S. Susa, Gribodo.
Specie diffusissima nelle regioni paleartiche meridionali,
etiopiche «d orientali. Trovoasi, procedendo dal nord, in
Ungheria, Serbia, Romania, Bulgaria, Italia, Francia mer.,
Spagna, Grecia, Siria, Persia, Russia mer., Caucaso, Tur-
kestan, Egitto, Tunisia, Algeria, Marocco, Caruirie, Senegal^
Nubia, Caffreria, Capo di B. Sp., Indie, Filippine,
20. Moleoatethua analis Costa. Susa, Gribodo.
Anton varii, IttUia (Sicilia^ Corsica), Francia mer.,
Spagna, Marocco, Algeria.
21. Carpocoria fuaclapinua Bob. Susa, Gribodo.
Diffusa in gran parte dell'europa media « mer., si
estonde a tutta V Africa bar. (comprese le Canarie e Ma-
dera), alVAsia m*r. paleartica, e si spinge fino alle Isole
Sandwich. Lo stesso pu& dirsi dell'affine C. purpurei'
D,!„t,zed.yGOOg[e
334 OinVANNl OBIBODO
pennis De Geer, il quale però non trovasi alle I. Sandtoieh,
ma invece abita il Catckemir; questa specie è a Saaa
assai comune.
22. Codophila varia F. Suso, Qribodo, Ghiliani {Carpoeorii
lunula F.).
Autori vnrii, Italia, Francia mer.. Spagna, Ungheria,
Romania, Grecia, Asia min., Siria, Persia, Russia mer.,
Caucaxo, Turkestan, Tunisia, Algeria, Maroc", Canarie.
23. Holcogaster flbulatus Germ. Suso, Gribotlo.
Autori vani, Italia (rara), Svizzera mer., Francia mer.,
Spagna, Teneriffa, Algeria, Tunisia, Siria, Grecia, Rus9Ìa
merid.
24. Earydema festiva L. e sua var. decorata H. S. Susa
(molto comune), Ghiliani, Gribodo.
Questa specie trovasi, ma poco abbondante, nelle re-
gioni più basse dell'Europa ed Asia temperate [Germania,
Svizzera, Francia, Ungheria, Russia mer., Caucaso, Tur-
kestan); ed invece è molto comune in quelle meridionali
di Europa {Italia, Spagna, Grecia), settentrionali d'Afrièa
{Egitto, Tunisia, Algeria, Marocco, Canarie), e meridionali
d'Asia {Asia min., Siria, Persia, Cina mer., India). Lo
stesso può dirsi della sua congenere K. ornata L., non
rara a Susa.
25. Ne»ara virUltUa L., var. torquatu F. Susa (comunis-
sima), Gribodo.
Specie comunissima a Susa, nella forma torquata spe-
cialmente; non la trovai che rarissimamente altrove in
Piemonte {Oimhiano); essa à d'altronde diffusissima in
quasi tutti i paosi caldi del globo. Le regioni più elevate
in cui venne trovata sono la Francia mer., Italia, Un-
gheria mer. (o meglio Dalmazia), Russia mer., Caucaso,
Persia, Cina, Giappone. Al disotto abita la Spagna, Mo'
dera, Canarie, Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto, Siria;
tutta la Regione Etiopica (in sostanza tutta VAfriea),
tutta la Regione Orientale e sue Isole, spingendosi fino
a Lombok ed alla Nuora Zelanda; ad occidente poi tro-
vossi alle Antille ed al Texas.
Questa bellissima specie è fra quelle che più spicca-
tamente presentano facies ed habitat tropicali.
D,!„t,zed.yGOOg[e
I «RINCOTI> B» I «LBPIDOTTEEI>, ECC. 335
26. Verlunta quadrata F., vsr. rhomhea L. Susa, Gribodo.
La forma tipica di questa specie si spande per quasi
tutta la regione paleartica (eccettuate le regioni boreali):
ma invece la var, rhombea che trovasi a Saaa è pretta-
mente meridionale; finora venne trovata in varit paesi
dell'Europa meridionale [Italia, Spagna, Grecia); in tutta
l'Africa settentrionale dalle Cartaria aìVE^Uto; in Siria,
Caucaso e Turcomannia.
27. Haploprocta sulctcomin P. Susa, Gribodo.
Autori varii, Italia, Francia mer.. Spagna, Grecia, tiitt«
y Africa seti, dalle Canarie fino a.\\'EgÌllo, Siria, Asia min.,
Russia mer.
28. C«ntrocorÌH apiniifer P. Suaa, Gribodo.
Autori varii, Italia, Serbia, Romania, Orecia, Asia min.,
Siria, Russia mer., Caucaso, Turcomannia, Francia mer.,
Spagna, Marocco, Algeria.
29. Spatfìocera lobata H. S. Susa, Gribodo.
Autoii varii, Italia (Napolitano, Corsica, Dalmazia),
Francia mer., Spagna, Grecia, Serbia, Romania, Asia mi»,,
Russia mer., Caucaso, Turkestan, Algeria.
30. Ceraleptes obtuatm Brulle. Susa, Gribodo.
Autori varii, Italia, Francia mer., Spagna, Turchia,
Siria, Caucaso, Turcomannia, Teneriffa, Egitto.
31. Cainptopus lateralia Germ. Susa, Gribodo.
Specie non rara a Susa; si estende bensì a qualche
parte più meridionale delle regioni centrali d'Europa e
d'Asia (Germania mer., Ungheria (Dalmazia), Serbia,
Romania, Turchia, Russia mer., Caucaso, Turkestan), ma
è assai piii abbondante in Spagna, Grecia, Madera, Ca-
narie, Marocco, Algeria, Tunisia, India (Sindh).
32. Lyoì'iBSUH hyalinas F. Susa, Gribodo.
Specie stranamente diffusa in svariatisaime regioni
temperate o tropicali. In Europa trovaci, poco comune,
anzi rara, in Inghilterra, Francia, Svizzera, Moldavia,
Serbia, Ungheria; pili comune in Italia, Spagna, Grecia.
In Africa al nord nel Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto,
Nubia, Canarie; al sud al Capo di B. Sp. In Asta tro-
V098Ì in Striti, Russia mer., Caucaso, Turkestan, Giappone.
In Australia. E finalmente nel Sud-America al Cile ed
D,!„t,zed.yGOOg[e
3Se GIOTANNI QSIBODO
AntUle; e nel Nord-America al Messico, Texas, Oalifomiaf
Nebraska, Dacota.
33. Maccevethus lineala F. Susa, Grìbodo.
In Italia trovasi anche in Liguria, Toscana, Napoletano,
Sicilia, Sardegna, (hrsica; io la raccolsi a ToHdo, e fu
trovata anche una volta al Moncenisio. Altrove in Un-
gheria (Dalmazia), Bulgaria, Serbia, Russia mer., Caucaso,
Turkestan, Spagna, Marocco, Algeria, Tunisia.
34. Oxycarenus lavaterae F. Susa, Grìbodo.
Segno questa specio essenzialmente meridionale (Italia,
Francia mer.. Spagna, Ungheria mer., l\tnisia, Algeria,
Marocco, Teneriffa) per rilevare un fatto atraniseimo; di
essa oltre che a Susa (dove trovai un solo esemplare)
non mi fu possibile incontrarla che un'altra volta a To-
rino in inverno sui tigli del viale Massimo d'Azeglio; erano
decine forse dì migliaia di esemplari alquanto ìntirìzziti
ma perfettamente vivi; il fenomeno, a mia conoscenza,
non si è pia ripetuto.
35. Aphanua pineti H. S. Susa, Grìbodo.
Secondo il Garbiglìetti questa specie sarebbe sparsa in
quasi tutta l'Italia; io dubito invece che essa ora soltanto
yi sia stata trovata, a Susa; finora non mi rìsulterebbe
raccolta altrove che in Spagna e neW Algeria.
36. Beoaua guad/ripunctatus MQll. Susa, Oribodo.
Autori varii, Italia, Francia mer.. Spagna, Corfit, Grecia,
Ungheria, Serbia, Romania, Siria, Asia min,, Russia mer.,
Caucaso, Turkestan, Siberia or.!
37. Oncocepfialua squaliduB Rossi. Susa, Grìbodo.
In Italia venne trovato in Liguria, Sardegna, Sicilia;
altrove nella Francia mer., Spagna, Marocco, Tunisia,
Algeria, Nubia, Asia min., Russia mer., Caucaso; sarebbeei
pur raccolto in Bulgaria e nel Giappone.
38. Piratea hybridua Scop. Susa, Gribodo.
Autori varii, Italia (Liguria, Toscana, Sardegna, Sicilia),
Germania mer.. Svizzera, Francia, Ungheria, Serbia, Bo-
mania, Russia mer., Taurtde, Caucaso, Turkestan, Ama min.,
Siria, Turchia, Grecia, Tunisia, Algeria, Marocco.
39. Aeanthta aìnplicoUia Reut. Susa, Qribodo.
Specie abbastanza rara, non ancora finora trovata in
D,!„t,zed.yGOOg[e
I <IUNCOTI> SD t «LEPIDOITERI», BCC. 337
Italia; mi risulterebbe soltanto dolla Spagna, Croazia,
Grecia, Asia min., Siria, Turkestan.
40. Lygué aptealia Fieb. Susa, Qrìbodo.
Autori varii, Italia, Francia mer., Spagna, Marocco,
Algeria, Tunisia, Egitto, Creta, Grecia, Erzegovina, Un-
gheria mer., Persia, China mer., Abissinia, Kilimandjaro,
Sierra Leona, S, Elena, Messico, Maine, Cuba, Giamaica.
41. Oteadetta argentata Oliv. Susa, Orìbodo.
Aatori varii, Italia, Francia mer., Spagna, Portogallo.
Nella famiglia delle Cieadidae sì potrebbero anche
citare come trovate a Susa la Tettigia orni L., la Cicada
plebeja Scop., e financo lo stesso Tibicen kaematodes Scop.,
specie essenzialmente meridionali. La maggior parte delle
specie di questa famiglia abitano le regioni tropicali o
subtropicali.
42. Trieephora nanguinolenta L. Susa, Gribodo.
Autori varii, ItaUa (Liguria, Napoletano), Francia mer..
Spagna, Turchia, Siria, Caucaso.
48. Aglena ornata H. Scbeff. Susa, Gribodo.
Autori varii, Italia (Sicilia), Turchia, Asia min., Marocco.
44. Meberiella Mori St&I. Susa, Gribodo.
Autori varii, Italia, Austria, Ungheria, Romania, Grecia,
Persia, Caucaso, Francia mer.
45. Selenocephalus griseua F. Susa, Gribodo.
Come la precedente, però si è inoltre trovata in Spagna
ed in Tunisia.
46. Sélenocephalua pallidus Krbm. Susa, Gribodo.
Autori varii, Carimia, Dalmazia, Grecia, Anatolia,
Tunisia?
47. JPhlepsius intrtcatus H. Seheff. Susa, Gribodo.
Autori vani, Italia, Francia mer.. Spagna, Ungheria,
Romania, Algeria, Tunisia, Siria, Caucaso, Turkestan.
48. Thantnotettix FiebeiH Peir. Susa, Gribodo.
Autori varii, Liguria, Sieitia, Francia mer., Romania.
49. Chiarita teaaéUata Leth. Susa, Gribodo.
Autori varii, Ungheria, Romania, Russia mer.; ed in
America California, Utah. Finora non venne trovata in
Italia che a Susa.'
50. COHéeeltg BoneUM Latr, Susa, Gribodo.
D,!„t,zed.yGOOg[e
338 QIOVANNI QBIBODO
Autori varii, Italia (Napoletano, Sicilia, Dalmazia),
Austria mer., Francia mer., Erzegovina.
51. Hysteroptemm grylloide» Fab. Su»a, Ghilianì, Gribodo.
Autori varii, Italia (Liguria, Dalmazia), Svizzera,
Austria mer., Romania, Turchia, Grecia, Asia min., Siria,
Russia mer., Tunisia, Algeria, Canarie.
52. Hyeteropterum reticulatum H. Scbeff. Susa, Gribodo.
Autori varii, Sicilia, Dalmazia, Svizzera mer., Francia
merid.
53. Sotnotoma ficua L. Susa, Gribodo.
Aatorì varii, Dalmazia, Francia mer.. Spagna, Caucaso.
LEPIDOPTERy\
1. Papilio PodaUrius L., ab. Zancleus Z. Susa, Gianelli.
Autori varii, Europa mer., Toscana, Sicilia. Secondo il
Curò sarebbe in Sicilia assai abbondante, ed anzi ivi so-
stituirebbe il tipo.
2. Anthoearis Euphenoides Stgr. Susa, Gribodo.
Autori varii, Francia mer., Italia, Spagna, Portogallo,
lì Curò la dice rara in Toscana e frequente in Liguria;
secondo il Gianelli sarebbe stata catturata a Plan-Pin^
{Mongineoro), forse immigrata perchè è questa una specie
decisamente meridionale.
3. Polyotnmatus Alctphron Rott., var. intermedia Stef.
Susa, Gianelli, Gribodo.
Autori varii, Toscana, Abruzzi, Sicilia, Grecia. La forma
tipica è pur essa essenzialmente meridionale.
4. Lì/eaetia Admetua Esp., var. Itippertii Frr. Susa,
Ghiliani, Gianelli, Gribodo.
Autori vani, Tirolo, Liguria, Bulgaria, Grecia, Asia
min.; anche per questa specie la forma tipica appartiene
all'Europa mer. ed Asia min. Secondo il Ghiliani (Note
inedite) la Eippertii sarebbe comune a Susa; io invece,
ed il Gianelli, la trovammo raramente.
5. Lycfiena lolas 0. Susa, Gianelli, Gribodo.
Autori varii, Liguria, Nizza, Toscana, Bolzano, Un-
zed.yGOOg[e
I « BISCOTi » ED I « LEPIDOTTEKI », ECC. 339
gheria (forse Dalmazia, che falsamentie si riteneva come
parte dell'Ungheria), Balcani, Francia mer., Catalogna,
Asia min.
6. Vanessa L-album Esp. Suaa, Ghiliani, Gribodo.
Autori varii, Bolzano, Padova, Liguria, Italia mer.,
Germania mer., Ungheria? Russia?. Ghitiani ne avrebbe
trovato un esemplare ad Exilles.
7. Vatiessa Egea Qr. Susa, GianeJli, Oribodo.
Autori varii, Italia e sue Isole, Europa mer. (eccettuato
Spagna, Ungheria, Russia mer.), Asia occ, ■ Persia.
8. Melitea Aurelta Nick. Susa, Gribodo.
Autori varii, Germania mer.. Svizzera, Armenia, Russia
mer. Segno questa specie, che forse non può definirsi
precisamente meridionale, solo perchè sarebbe la prima
volta che fu trovata in Italia; il Curò però dice essergli
atato riferito che venne trovata alto Stelvio.
9. Melaìiargta Galathea L., ab. Leuoomelas Esp. Susa,
.Ghiliani, Gianetli, Gribodo.
Autori varii, Liguria, Italia mer. (dove è assai comune),
Asia min.
10. JErebia Manto Esp., var. Alberganus D. Pr, Susa, Ghi-
liani, Gianelli.
La specie Manto trovasi nei Pirenei, Carpazi, Alpi?,
ma la var. Alberganus pare propria del Piemonte, ove
con le due seguenti fu dapprima trovata dal De Prunner.
Essa è assai vicina alla var. Cecilia Hb. dei Pirenei e
del Piemonte.
11. ErebUt Stigne 0., var. 2Waru« D. Pr. Susa, Ghiliani,
Gribodo.
Per la forma tipica Germania, Francia mer., Pirenei,
Siberia?; per la var. Triarus FHemonte?; Gianelli l'avrebbe
trovata anche ad Exilles.
12. JSrebia Pronae Esp. var. Medon D. Pr. Susa, Ghiliani.
Autori varii; la forma tipica Europa centr. e mer.,
Pirenei, Asta min., Armenia; la var. Medon Alpi marit-
ti'ue e Cozie.
13. Satyrua Aretuaa Esp. Susa, Ghiliani, Gribodo.
Autori varii, Carso, Germania mer., Europa mer., Ar-
menia.
D,!„t,zed.yGOOg[e
840 QIOVANNI QRIBODO
14. Syrictua Orbifei- Hb. Sma, Grìbodo.
Autori varii, Sicilia, Europa mer. or., Asia occ, Amur.
15. Dèil^hiln Celfrio L. Siisa, Grìbodo.
Ho trovato a Susa questa bellissima specie, che 6hi-
iiani e Gurb dicono rarissima in Piemonte, ed io genere
nell'Europa temperata, mentre sarebbe comune in alconi
paesi meridionali (specialmente del bacino mediterraneo),
e che si eutende alle Indie or., e perfino in Auttralia.
Il Ghiliani dice averne raccolto cinque esemplari in Ta-
rantaaia — provincia della Savoia particolare per le «w
produzioni in insetti dell'Europa meridionale (1) — . Secondo
lo Stefanelli questa specie sarebbe frequente in certe
annate nei dintorni di Lutea; il Ghiliani la trovò abbon-
dante a Malaga.
16. Oellephila Livomica Esp. Suaa, Ghiliani {lineata F.).
Autori varii, Europa nter, e parte della cenlr. (advena?),
Africa sett. e mer., Asia occ., Siberia mer.?. Ghiliani, che
la trovò in Sardegna ed in Liguria abbondante, dice di
averla pur trovata in Tarantasia (rara).
17. Heterogynia Pennella Hb. Susa, Gribodo, Curò (comune
a Suaa).
Autori varii, Liguria, Toscana, Alpi orient. ed oecid.?,
Francia mer., Spagna, Qjmida (2).
18. Zygaena Sarpedon Hb. Suaa, Ghiliani (abbondante (3)),
Grìbodo.
Autori varii, Francia mer., Spagna seti, or., Ligwia,
Savoia (Taranto sia?).
19. Zygaena Erythrua Hb. Suaa, Gribodo.
Autori varii, Piemonte, Liguria, Toscana (copionssinis),
Francia mer.
(1) OaiLiia:, Bltneo d. tpeeit di Lepid. riconoteiult uiÉtmti ntgli Stali
Sardi. ' Mem. d. R. Àcoad. d. Scienze di Torino ., toI. XIV, po^. 97.
(2) I dintorni di Suaa sono eccezionalmente ricchi bìb di specie che di
esemplari di Sesie; mentre attrOTe è raro il caao di trovare più di qdo o
due enmplari H Seaie in un* gteno ^orao, «olla Brunetta invece mi ^
non raramente Bucceaao (in «Uri tempi) di catturarne anche 8 o 10. Nes-
■ana tpecie vi bo trovato ohe potean oonaidenmi come zeioGla; dinote-
TOlì ri bo incontrato (nna sol volta) la rariasima S. Tiphiatformi» Bork,
(S) Ghilimi, Nolitie di eseura. e eaceie entom. ' Bull. Soc. Ent. Ital. „
1674, pag. 98.
D,B,t,zed.yGOOg[e
1 «KINCOTI» ED I «LEPIDOTTERI», ECC. 341
20. Zyg<iena HUaris 0. Suso, Ghiliani, Grìbodo.
Autori vani, Piemonte, Liguria (contane), Francia mer.,
Andalusia.
21. Zygaena Stoeehadta Bork. Suaa, Ohiliani {MedieaginiB),
Qribodo.
Autori varii, Piemonte, Liguria (comune), Toaeana, Na-
poletano, Francia mer,, Catalogna, Armenia? (I).
22. NacHa Punetata ¥. Susa,' Gribodo.
Autori varii, Piemonte, Italia e sue isole. Europa mer.
in genere, Asia min,
23. Ddopeia -PulchéUa L. Susa, Gribodo.
Autori varii, Italia sett. (rara), mer, ed isole (comune),
Europa centr. (advenaP) e mer., Africa seti., Asia min.,
Imalaia , America srit. , Australia. Specie largamente
Bparaa, però nelle regioni calde; Qhilianì afferma che
trovasi anche nei dintorni di Torino in praterie arìde;
comune in Liguria (ove io pure la incontrai non rara-
mente) ; la trovò anche in Tarantasia, regione analoga a
Suaa. Io non la incontrai tn Piemonte altrimenti che a
Susa, ove però non sembra troppo abbondante, benché
in ogni anno se ne possa sempre raccogliere qualche
esemplare. È questa una heUissima specie avente un
facies veramente esotico.
24. Dianthoeoia Irregularis Hn&i. Susa, Ghiliani {Eehii
Bork.).
Autori vani, Italia, Dalmazia, Francia mer.. Europa
centr., Russia mer., Asia min.
25. S^sema Scariaeea Eap. Susa, Ghiliani ((Seocerin Sco^
riacea), Gribodo.
Autori varii, Gamia, Germania mer. or., Francia mer.,
Ungheria (Dalmazia?), Asia min.
26. Polla Rufocineta H. G. Susa, Ghiliani, Gribodo.
Autori vani, Italia (Tirolo mer., Piemonte, Lombardia,
(I) Si potrebbero ancora citare come abitanti i dintorni di Sasa (ove
in generale le ZigatHtu sono asoai abbondanti) dÌTene altre specie (Fautìa,
Tripholii, Angtlieae, ecc.) ohe sono par meridionali, se dette specie non si
estendessero piil o meno anche nell'Europa centrale.
Atti ddla li. Aeeadtmia — Voi. LV. 28
Disitized^y Google
342 oiOTANNi ausODO
Nizzardo, Sicilia), Francia, Ungheria or., Grecia, Aita
minore.
27. Hadena Solieri B. Sxisa, Gribodo.
Specie, a quanto pare, aasai rara, ma schiettamente me-
ridionale. Qhìiìani afferma di averla trovata solo sui
monti tardi e liguri. I cataloghi la segnano della Francia
mer., Spagna, Dalmazia, Grecia, Alia min.
28. Ihriopus Latreillei Dup. Suso, Ghiliani, Curò.
Trovata pure sui monti nizzardi dal Giuliani. Secondo
gli autori essa abita Vltalia centr. mer. e te me isole;
in genere l'Europa mer., come pure la Mattritania, ì'Aaia
min. e la Siria?
29. Caradrina Bxigua Hb. Suaa, Gribodo.
Autori vani, Italia (rara al nord, assai pib comune al
centro e nelle isole), Europa mer., Asia min., Armenia,
Siria.
30. Colpe Capueina Esp. Suso, Gribodo.
Un solo esemplare dì Suga; rarissima in Italia; fuori
trovosei nel Vallese, Dalmazia, Pirenei, Turchia, Russia
mer,, Armenia, Amur, Giappone.
31. Plusia Chalcytee Esp. Susa, Gribodo.
Autori varii, IttUia, Europa mer., Asia min., Imalaia,
Africa seti.. Canarie.
32. Ctram/mode» Bifasdata Pet. Susa, Gribodo.
Autori varii, Italia (rarissima al nord, piii comune al
sud). Ghiiiani, che non la trovò in Piemonte, la raccolse
abbondante tn Liguria, e sopratutto in Sardegna (Ophiusa
Geometrica F,); Francia mer., Spagna, Asia min., Siria,
Africa aett.
33. Addalia Camparla H. 8. Suaa, Gribodo
Autori varii, Sicilia, Corsica, Dalmaxia, Grecia, Francia
mer., Asia min., Siria.
34. Addalia Incarnaria H. S. Susa, Gribodo.
Autori varii, tutta l'Italia e le sue isole (rara), Francia
mer., Grecia, Asia min.
35. Cfnophos Reaperaaria Hb. Suaa, Gbiliani.
Il Ghilinui avrebbe trovata questa specie ancbe nelle
Alpi marittime, il Costa a S. Severino. Il Curò ritiene che
la specie del Ghiiiani aia la Sariata Fr. Se essa è vera-
D,!„t,zed.yGOOg[e
I «aiNCOTI» ED I «LRPIDOTTBBI», ECC. 343
mente la Besperaaria, sarebbeai allora già trovata nella
DalTiiazia, Spagna, Russia mer. oec. ; se invece è la Sar-
tata, questa fu raccolta in Sicilia, Corsica, Carnia, Dal-
mazia, Grecia, Russia mer. occ, Asia min., Siria; tanto
l'una quanto l'altra delle due specie Bono specie meri-
dionali.
36. Stherra Sacraria L., ab. Sanguinaria Esp. Susa,
Gribodo.
Autori varìì, tutta Vltalia (rara al nord, è assai comune
invece al sud, sopratutto nelle isole), Europa ctntr. e mer.,
Asia min., Mauritania, Canarie.
37. Sotys Purpuralis L., var. Moeatalis Dup. Susa, Ohi-
liani.
La forma tipica trovasi in tutta l'Italia, Europa, Ar-
menia; la var. Moestalis invece è meridionale, e forse
in Italia non venne trovata che a Susa.
38. Botys Sepandalis S. Y. Susa, Gianelli.
Autori vani, Alpi marittime, Istria, Romagna, Europa
centr. e mer.
39. Eurjforeon Clathralia Hb. (P). Susa, Gianelli.
Il Curò nel suo pregiato Saggio di un Catal. di I/^id.
d'ital. parla (in una Aggiunta) di un Botys dathralis Hb.
come b-ovato (ed anzi assai comune) a Susa dal Qianelli.
Ora io non conoscerei alcun Botys dathraUs, ma solo un
Eur^eon dathralis (segnalato come abitante la Russia
mer., Armenia, Asia min., e per una sua varietà (Tesse-
lalis) anche la Corsica, Francia mer., Andalusia, e quindi
meridionale; senonchò il Curò stesso segna questo Eu-
ryereon come alpino, anzi — delie praterie elevatissime — ? !
È questa una specie a me del tutto ignota.
40. Myeloia TranaveraeUa Dup. Susa, Grìbodo.
Autori varii, Sicilia, Corsica, Francia mer., Spagna,
Dalmazia, Grecia, Asta min., Armenia. Ghiliani {FKyets)
la trovò in Sardegna e Liguria; Gianelli a Torino; Curò
l'annunzia come dì tutta l'Italia, esclusa la settentrionale.
41. Ephestia Onidiella Mill. Susa, Gribodo.
Autori varii, Sicilia, Francia mer,. Spagna.
42. Teriis Variegana Schiff., ab. ^speranaF. Susa, Gribodo.
La specie tipica trovasi beneà in tutta l'Europa, ma
D,!„t,zed.yGOOg[e
344 QIOTANNI GBIBODO — 1 «BINCOn», ECC.
t'ab. Aaperana è invece dssenzialmente meridionale; oltre
che a Susa trovoesi nelle Alpi mariit., Nizzardo, Toscana,
Corsica, Sardegna.
43. Atyehia Putnila 0. Susa, Gbiliani. Sianelli.
Specie assai rara, trovata in Toscana, Ungheria, Buasia
merid.
44. Acrolepia VeapereUa Z. Susa, Gribodo.
Autori varii, Livorno, Liguria?, Sicilia, Francia tner.,
Dalmazia.
45. Depretsaria Imparata Stgr. Susa, Gribodo,
Ho trovato a Susa an esemplare di questa rara specie,
che finora, a quanto mi risulta, non sarebbe stata trovata
che in Grecia.
Dall'amico Gianelli, appassionato lepidotterologo e zelan-
tissimo ricercatore della regione piemontese, mi viene comani-
eato il seguente elenco di specie da Ini raccolte a Susa, e che
egli ritiene come essenzialmente meridionali.
I^ntotnig Mariana Querct Verity. — Polia Ve-
nusta B. — Brotolomia Meticulosa L. — Carttdrina
AmMgua P. — Pluaia Outta Gn. — AcotUia JAicida Hnfii.
. — Catocala Puerpera Qioma. — Aeidalia [mitaria Hb.
— PeUonia CalabrarUi Z. — StmaetMa Ifetnorana Eh
— Depreaaaria Alstroemeriana CI. — Pleurotn Pun-
gitieUa H. S. — CHyphipterix ArgyrogutteUa Rag. ~
Lithocoltetia MiUierella Stgr.
D,B,t,ied.yGOOgle
GUSTATO COLONNBTTl — RISOLUZIONE GRAFICA, ECC.
RisolflKione gpaSea
di ileDDi problemi relativi all'equilibrio delle fbni pesanti
Nota del Socio comapondente GUSTAVO COLONNETTl
In occaaione dì uno studio — recentemente affidatomi dal
R. Ministero delta - Marina — sulle condizioni di posa degli
stralli di ancoraggio di un altisainio palo destinato a sostenere
l'aereo di una stazione radiotelegrafica ultrapotente, ho dovuto
ripetutamente risolvere i più svariati problemi di equilibrio di
funi pesanti ; ed ho constatato con quanto vantaggio i proce-
dimenti analitici, anche più semplici, possono in pratica venir
sostituiti da procedimenti grafici, i quali presentano sui primi
una incontestabile superiorità in quanto rispecchiano con im-
mediata evidenza il modo con cui i singoli elementi variabili
influiscono sull'andamento generale del fenomeno che si studia.
Uno di questi procedimenti mi sembra particolarmente me-
ritevole di essere conosciuto per la sua singolare semplicità e
per la grande varietà e generalità delle applicazioni a cui si
presta.
Ecco, in breve, dì che si tratta.
Sia MOy (fig. 1) l'arco di catenaria secondo cui si dispone,
in equilibrio, una fune pesante — omogenea e perfettamente
flesBÌbile — sospesa pei suoi estremi a due punti dati M, N.
Sia i la distanza MN ed » la lunghezza dell'arco MON;
riterrò sempre, in ciò che segue, che la catenaria sia sufficien-
temente tesa perchè si possa trascurare la differenza s — la.
fronte di l.
D,!„t,zed.yGOOgle
GUSTATO COLONNETTI
Con queste conTenziooì, e colle notazioni della figura, si
ha notoriamente:
D'altra parte, detto Q il peso compleseivo della fané, da
conaiderarai come uniformemente ripartito sulla aaa lunghezza
— 0, piti Bemplicemente, sulla corda MN — si deve avere, per
l'equilibrio :
(2) J'/'=T*'-
Sostituendo si trova la relazione:
(3)
ITI ■ — •
(?,
la quale mette bene in evidenza il modo con cui, pel tramite
del parametro — — che si potrebbe chiamare la earaUeristiM
dell'arco di catenaria considerato, vengono ad influire bdIIo
stato di tensione che à generalmente l'incognita fondamentale
del problema, le condizioni di montaggio (in quanto implicano,
a parità di distanza dei punti di attacco, una piti o meno
grande lunghezza di fune), le variazioni di temperatura (che
fanno ulteriormente aumentare o diminuire questa lunghezza)
e finalmente gli eventuali cedimenti dei ponti di attacco (in
quanto inducono una variazione nella loro distanza).
D,!„t,zed.yGOOg[e
RISOLUZIONE QBiFICl DI ALCUNI PROBLEUI, ECC. S47
Tuttavia l'utilizzazione della (3) pel calcolo della tensione
non riesce cosi immediato come a tutta prima potrebbe ore-
derei, perchè la lunghezza della fune non è costante, ma varia,
sia pur di poco, col variare del suo stato di tensione; in una
parola, perchè s è funzione di H.
Nelle ipotesi fatte si usa ritenere, con approssimazione più
che sufficiente per tutte le esigenze della pratica,
_ 1 Ri
S — So -t- j-f .
So essendo la lunghezza iniziale della fune scarica,
E il suo modulo apparente di elasticità a trazione (*),
F la sua sezione resistente (somma delle sezioni dei fili
che la compongono).
Sottraendo l da entrambi i membri e dividendo poi tutto
per l, si può scrivere;
w
dove ^^ — è il valore che la caratteristica '■ - avrebbe se
la fune fosse inestensibile (£c=ao), valore a cui darò il nome
di caraUeriaiea di montaggio.
Ciò posto, si può evitare la risoluzione diretta dell'equa-
zione (3) la quale, a sostituzioni fatte, riesce evidentemente del
terzo grado in H, procedendo nel modo seguente.
Assunte le — r— e le fl rìepettivamente come ascisse e
come ordinate in un ordinario sistema di coordinate cartesiane
ortogonali, si tracci la curva rappresentata dalla (3) pel do-
(*) C&. H. PAMtmt, Sui modulo di elattieìtà a Irationt dtUe fumi nuial'
licite, ' Atti della R. Accwl. delle Scienie di Torino „ rol. ZLI7 (1908-09).
zed.yG00g[e
348
SOSTàTO COLOSSETTI
Tato valore di Q; in flg. 2 cib À stato fatto nell'ipoteet che
sia Q = l.
Sì supponga — tanto per ftire il caso più ovvio — che n
conoscano le coudìzioni di montaggio di una fune di tale peso:
che cioè sia dato il valore della caratteristica di montaggio:
«.-f _
OA.
,
Z
3
\
s
/.»/
\
/
^~~~~~~~~
-— — ^tl.
1
i
0
At«
B
Per A ei conduca una retta inclinata sull'asse delle ascisse
dell'angolo a tale che
tga = £Ji'n
fino ad incontrare la curva in discorso in un ponto C.
(*) Cft. la costrniioiie grafica eteguita in figura a eÌDÌstra oon riferi-
mento ad DD valore a&tto arbitrario di H.
D,!„t,zed.yGOOg[e
aisoLCZiONs oRÀrici. di alcuni problemi, ecc. 349
£ focile constatare che questo punto caratterizza la confi-
gurazione di equilibrio della fune: invero ponendo:
BC=H
si trova:
e quindi:
OB=OA + AB=!>=l + -^ = t=l,
Si ha co^ da una parte il valore della tensione H e dal-
l'altra quello della caratteristica T" , ovvero, se lo si prefe-
risce, quello della freccia: dalla (1) si ricava infatti con tutta
facilità la relazione:
coll'aiuto della quale si pub graduare l'asse delle ascisse io
valori del rapporto y; tale graduazione è stata nella figura
riportata in alto : su di essa si proietterà direttamente il punto C
ogniqualvolta si voglia calcolare f.
Reciprocamente nota la freccia f, oppure la tensione H,
si potrà, conoscendo la posizione del punto O, o rispettivamente
del punto D, dedurre quella di C, tracciare l'obliqua CA e leg-
gere il valore OA della caratteristica di montaggio.
Ma anche più evidenti divengono i vantaggi di questo pro-
cedimento quando si tratta di risolvere problemi più complessi.
Si supponga, per esempio, di dover montare una fune colla
condizione che essa presenti una variazione &H data di ten-
sione per una data variazione del peso (quale si verifica ogni-
qualvolta la fune viene sovraccaricata, naturalmente in modo
uniforme, per presenza di vento o di neve) ; e si snpponga pure
-^ per fare senz'altro il caso più generale — che l'applicazione
>y Google
358
0U3T1.TQ COLONHBTTI
del sovraccarico eia accompagnata da una data variazione di
temperatura e, se si vuole, aache da on dato cedimento da
punti di attacco: in una parola, da una data variazione della
caratteristica di montaggio.
Basterà allora tener presente che i due punti C e C, che
sul disegno debbono rispettivamente caratterizzare le condizioni
iniziale e finale del sistema, dovranno presentare ana diSereoza
di ordinata eguale a AH*, e che d'altra parte la proiezione del
\
\ ' '*'
e
1
\
\f
\
/ \
v^
1
/
/
1
1 '
/
/
e
^^
/
/
/
/
■/
0
A,'
B
segmento GC BuH'asae delle ascisse, eseguita sotto l'angolo a,
dovrà misurare la data variazione della caratteristica di mon-
taggio.
Tracciato pertanto (flg. 3) nn segmento RS il quale misiin
(in grandezza e segno) quest'ultima variazione, pel termine S
di esso si conduca una retta ST inclinata del solito angolo a;'
quindi su RS come base, e con ST come secondo lato, si co-
struisca il triangolo che ha per altezza &£; il lato di chiusa i^iT
rappresenterà (in grandezza ed orientazione) la distanza cer-
cata CC".
D,B,t,zed.yGOOg[e
RISOLUZIOKB QRAPIGA DI AI^UKI FfiOBLEKl, ECC. 351
Se si tiene conto che C e C debbono appartenere a due
carré ben determinate, rispettivamente corrispondenti al valore
iniziate Q ed al valore finale Q' del peso, non sarà difficile
identificarne sul disegno le posizioni e dedurne le relative carat-
teristiche e freccie, nonché il valore della tensione iniziale colla
quale si soddisfo alle condizioni imposte.
Il traociamento delle varie curve che a questo fine possono
occorrere, relative a diversi valori di Q, non presenta difficoltà
aostanziali. Tuttavia, per renderlo immediatamente agevole a
chiunque intendesse applicare a qualche caso pratico il proce-
dimento che ho descritto, ho creduto non inutile riportare, nella
breve tabella numerica allegata, i valori di H quali risultano
dalla (3) per Q = l e per — — variabile di decimillesimo in
decimillesimo da zero fino ad un centesimo; le corrispondenti
ordinate delle singole curve si otterranno cosi nel modo pib
semplice moltiplicando tali valori pel rispettivo valore di Q.
Quando si prevede di dover ripetere i calcoli per molte
funi di pesi differenti o differentemente sovraccaricate, conviene
costruire una volta per tutte un fascio di curve corrispondenti
a valori gradatamente variabili di Q, sulle quali si opererà poi
direttamente o per interpolazione.
Si ottiene cosi un abaco che io segnalo particolarmente
all'attenzione degli elettrotecnici perchè mi sembra che — tanto
dal punto di vista della semplicità, come da quello della gene-
ralità — esso potrebbe sostituire con qualche vantaggio i vari
abacbi che sono stati da diversi autori proposti per la posa
razionale delle condutture elettriche {*).
(*) Cfr. G. SmiNzi, Tavole grafiehi per la pi/sa ragionale delle eOHdutlHre
amriehe. 'Atti dell'ABiocituione Blettroteonica Italiana ., voi. XVII (1913).
I. BanHBLLi, Abaehi per deUrmmart la teniione di posa dei fili aerei in
rtlaxiottt alla temperatura e im previtione di nere o tento, * L'Elettrotecnica „
voi. IV (1917).
A. OkOMDi, SmUo Ktudio tneecanico delle linee elettriche di grande Ira»-
porto, ' L'Elettroteonica „ toI. IV (1917).
D,!„t,zed.yGOOg[e
QOSTITO COLONNBTTI — HISOLDKIONB ORAPICA, BCC.
a;
2.3415
2.3262
2.3112
2.2965
2.2822
2.2681
2.2542
2.2406
2.2272
2.2140
2.2011
2.1884
2.1760
2.1637
2.1516
2.1398
2.1281
2.1166
2.1053
2.0942
2.0833
2.0725
2.0620
2.0515
2.0412
7 ~
0.0076
0.0077
0.0078
0.0079
0.0080
0.0081
0.0082
0.0083
0.0084
0.0085
0.0086
0.0087
0.0088
0.0089
0.0090
0.0091
0.0092
0.0093
0.0094
0.0095
0.0096
0.0097
0.0098
0.0099
0.0100
l!
2.8583
2.8307
2.8038
2.7778
2.7524
2.7277
2.7037
2.6803
2.6575
2.6352
2.6135
2.5924
2.5717
2.5515
2.5319
2.5126
2.4937
2.4754
2.4574
2.4397
2.4225
2.4056
2.8891
2.3729
2.3570
7 ~
0.0051
0.0052
0.0053
0.0054
0.0055
0.0056
0.0057
0.0058
0.0059
0.0060
0.0061
0.0062
0.0063
0.0064
0.0065
0.0066
0.0067
0.0068
0.0069
0.0070
0.0071
0.0072
0.007S
0.0074
0.0075
:5
4.0032
3.9283
3.8576
3.7904
3.7268
3.6661
3.6084
3.5533
3.5006
3.4504
3.4021
3.3557
3.3120
3.2686
3.2275
3.1879
3.1497
8.1128
3.0773
3.0429
3.0096
2.9774
2.9463
2.9161
2.8867
7 -
0.0026
0.0027
0.0028
0.0029
0.0030
0.0031
0.0032
0.0033
0.0034
0.0035
0.0036
0.0037
0.0038
0.0039
0.0040
0.0041
0.0042
0.0043
0.0044
0.0046
0.0046
0.0047
0.0048
0.0049
0.0050
4:
20.4123
14.4338
11.7847
10.2062
9.1286
8.3507
7.7150
7.2169
6.8041
6.4697
6.1546
5.8926
5.6613
5.4680
5.2704
5.1031
4.9507
4.8113
4.6829
4.5644
4.4543
4.3519
4.2563
4.1666
4.0825
7 -
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0.00
0.00
0.00
0.00
0.00
0.00
0.00
0.00
0.00
0.00
0.00
0.00
0.00
0.00
0.00
0.00
0.00
0.00
0.00
0.00
0.00
0.00
0.00
0.00
0.00
„d, Google
LDIQI COgHKTTl DB HÀKTIIS — 083EBTAZION1, ECC.
Ossenizioni sai Doeleo delle eellalB basali
della " Helix pomitU „
Nota del Dott. LUIOI COQNETTI di HABTIIS
Le cellule basali (Basalzelien, granular cells, Ammen, cel-
lalea de Platner, cellules nourricièrea) della ghiandola ermafì'o-
ditica di H. poma^ vennero da vari autori prese in esame per
conoacerne la struttura e la funzione. I lavori dì Lee (1897) e
di Anoel (1902) ne trattano diffusamente. Il secondo autore cur^
pure lo studio delta loro istogenesi (loc. cit., pag. 545-548, €12),
derivandone fra altro la distinzione fra cellule nutritizie (= e. ba-
sali sulle quali s'impiantano elementi sessuali maschili) e ' cel-
lulea' folticuleuses , incaricate di dare direttamente materiale di
nutrizione agli ovociti con i quali sono in immediato coutatto
(pag. 547 e 570) presso lo strato delle cellule indifferenti della
parete gonadtale. Piil tardi Buresch (1911), pure basandosi su
ricerche istogenetiohe, affermò l'esistenza di un follicolo attorno
agli ovociti di H. arbustortim, ma dalla sua desorizione, come
dalle figure che l'accompagnano, non risulta la netta distinzione
stabilita da Anoel.
Secondo quest'ultimo autore, l'ovocito può essere separato
dal lume dell'acino della ghiandola erma&odìtica da un doppio
strato: a) follicolo formato da * une assise cellolaire unique
provenant de l'assise externe qui tapisse la paroi du tube herma*
phrodìte, (pag. 547); b) strato formato da cellule basali (tav. 16,
fig. 59 e 60). Quest'ultimo strato pub venire a mancare, ma ad
ÀNCEL non è sfuggita la condizione che precede la formazione
del follicolo, quando * le jeune ovocyte quelque temps après sa
naissance , (pag. 545) non è separato dal lume della ghiandola
che per mezzo delle cellule basali (v. anche pag. 570).
D,!„t,zed.yGOOg[e
354 LOiai COONETTI DB MARTIIS
Dal canto mio, essendomi dedicato a studiare le cellule ba-
Bali della 3. pomatia (1910' 1910'), ho avuto cura di non confon-
derle con le cellule folliculose, e per le prime potei dimostrare
una importante funzione fagocitarla verso gli elementi sessuali
mascliili che succede o ai accompagna alla funzione nutritiva.
Le cellule basali sono facilmente riconoscibili, oltre che per
altri caratteri, anche per le dimensioni, la forma e la struttura
del nucleo : si consulti al riguardo la minuziosa descrizione di
Les (1897, pag. 202-204), nella quale sono precisati pel nucleo
la forma sferica o piìi spesso ovale, e il diametro di 25 fi ' et
méme plus dans lee cellules développées ..
Poco o punto conosciuta è la funzione di moltiplicazione
nelle cellule basali: ancora recentemente Bubesch (1911, pag. 327)
ha affermato che esse sono incapaci a dividersi. Leb (1897, p. 204)
dichiara che esse non presentftBO mai alcun indizio di divisione
per cariocinesi, ed è propenso a negare anche l'esistenza di una
divisione diretta (1), pur avendo famigliarità con le depressioni
ed i solchi, simili a fessure, che possono interessare quasi tutto
lo spessore del nucleo, il quale appare in conseguenza profon-
damente bilobo.
Lee richiama l'attenzione sull'aspetto che assume la cro-
matina dei nuclei delle cellule basali, presentandosi essa * sous
la forme d'une quantité innombrable de petits chromoaomes de
forme définie de petits b&tonneta piata ou ronde, droits ou
incurvés, mesurant environ de 1 ft sur 0,5 ^, jnsqu'à 2 fi sor
1 ]X. Souvent, ìls ont un certain aspect dimidié ou gémine, qui
fait peuser à une division longitudinale; méme ila donnent
souvent & l'observateur l'impression de figures en V dont les
deux branches seraient extrémement rapprochées, ecc. eco. ,.
* Outre lea chromoaomes, ces noyaux contiennent un ou plusienrs
nucléoles plasmatiquea .'
La lunga famigliarità coU'oaservazione di detti nuclei mi
permette di associarmi alla descrizione dell'eminente citologo
(1) Precedente mente umneasa da Fi^thib (18SS) « da vom Batb (1891):
quest'ultimo autore eaclnse la dÌTisione per oariocineai. TTn breve riainmto
dei dati relativi alle cellule bagali b dato da EcacaiuwiTicB (ISIS,
pp. 278, 279), che coniidera pure la capacità di dette cellule a difideni
(t. aTanti).
>y Google
OSSBBTIZIOKI SOL NOCLBO DBLLB CBLLULR BASALI, ECC. 355
belga 6 anche all'ipotesi di questo stesso autore (1897, pag. 205,
206, 271), ohe la loro struttura sia in rapporto con la funzione
nutritiva (I), e — posso aggiungere — con quella fagocitaria delle
cellule basali. Non posso perà accordarmi con Lsb, per ragioni
esposte piti avanti, nel dare il valore di cromosomi ai * petite
b&tonnets , sopra indicati.
Anche a me è occorso molte volte di vedere un aspetto
* dimidié ou gémine , nei grani dì cromatina lunghi 1-2 fi, ma
la mia attenzione è stata particolarmente colpita dalla presenza
di filamenti cromatinici, veri cromosomi, molto piti lunghi di
2 e disposti in coppie. Tale circostanza mi si è presentata
eetremamente rara, anzi, a dir vero, due soli nuclei, tra ì mol-
tiseimì esaminati in vari esemplari, mostrano in modo convin-
cente i filamenti cromatinici riuniti in coppie: i due nuclei
appartengono ad un medesimo individuo. Le cellule basali cfae
li contengono mostrano il citoplasma dotato della consueta
struttura a maglie irregolari piil o meno ampie; esso è privo di
materiali fagocitati (2). Esse stanno attaccate alla parete di un
piccolo acino della ghiandola ermafroditica privo nel suo lume
di elementi liberi, sia maschili che femminili. Il lume è reso
angusto dai grossi lobi delle varie cellule basali, nettamente
delimitate l'una dall'altra, tranne nella porzione che si continua
col sincizio della parete gonadiale.
Al medesimo follicolo appartengono due giovani ovociti
con nucleo tondeggiante, spesso 20-80 ^ (8): nno di essi è ri-
(1) Bicordo la legge formulata da Ptraa (1899): * Je intenaiver die
ìndÌTidnelIe Th&tigkeit der Zelle iat, desto feiner vertheilt sioh die cbrs
matiscbe Snbstanz ìm Eern ,.
(2) 11 grosto esemplare dal quale ricavai le aeuoni era sveglio, e fa
raccolto il 6 giugno 1910 nel R. Orto botanico di Totìdo. La ghiandola
ermafrodita venne Astata in alcool nitrico cromico di Perény per 15 ore.
Le sezioni che comprendono i due nuclei in parola sono spesse 5 ^, tinte
con ematossilina ferrica Heidenhain e scarlatto Biebrich. La fissaiione
Tinta non permette di riconoscere nel plasma delle cellule basali le carat-
teristiche sferette annerite dalla flsiacione osmica.
(S) Il nucleo di entrambi gli ovociti corrisponde a quello riprodotto,
nella Bgura 29 di àrcil (1902, tav. 14). Il nncleolo non ha trattenuto la
lacca ferrica se non in una parte centrale organizzata in tenui maglie o
granuli e allogata in qu ampio vacuolo centrale.
D,!„t,zed.yGOOg[e
356 LDiai GOQNSTTI DB UiRTtIS
portato nella figura 1 (ov.). 1 duB ovociti, poco discosti fra loro,
sono separati dal lume dell'acino per opera d'uno spesso invoglio
citoplasmatico formato da alcune celiala basali : mancano ancora
le cellule follicolari, circostanza già notata da àhcel (vedi sopra).
Sono appunto due cellule basali avvolgenti in parte i due
ovociti suddetti quelle che presentano il nucleo con cromosomi
uniti a due a due : le altre cellule basali hanno nucleo normale
corrispondente alla descrizione di Lee.
Il nucleo distinto nella figura 1 (1) con la lettera A è distri-
buito in cinque sezioni spesse 5 ^, dalle quali sono tratti rispet-
Fiff.1
tivamente i cinque disegni : quello a contomo piii ampio, ripro-
dotto in A^, misura 23 fi X 14 ^- I cromosomi, esaminati ìh
una sola sezione (v. avanti), appaiono assai vari in lunghezza e
più o meno incurvati, mentre lo spessore si mantiene fra 1 e
2 fi ; non tutti sono figurati, onde lasciare maggior chiarezza ai
disegni, ognuno dei quali contiene cromosomi distribuiti in piii
piani ottici. La coppia di cromosomi disegnata a piit forte in-
grandimento in fig. C è scelta frs quelle che si presentano più
lunghe, e misura circa 14 m> Le coppie addossate alla mem-
brana nucleare (2) ai presentano di regola corte , ma ciò
(1) iQfpand. 800 diam. obb. koristka '/it semi&pocr.
(2) Questa è alquanto più cottile di quanto appaia dalle figure.
D,!„t,zed.yGOOg[e
OSSBBVIZIONI SOL KOGLBO DELLE CELLOLK BASALI, BCC. 357
va Bpe&BO ascritto alia loro posizione rispetto al piano della
sezione.
Il nucleo figurato in B (I) è distribuito in quattro sezioni
delio epessore suddetto: la sua cromatina e organizzata come
Dell'altro nucleo.
In entrambi i nuclei la riunione in coppie non è riconosci-
bile per tutti i cromosomi. La distanza fra due cromosomi
appaiati varia da fi 0,2 a poco pia di 1 ^t a parte il caao di
lunghi cromosomi fra loro molto divergenti (fig. A'). Non sono
riconoscibili nucleoli plasmatici (2).
Malgrado l'attento esame delle sezioni non ho potuto con-
vincermi che l'organizzazione dei due nuclei in parola cor-
risponda ad uno stadio di doppio apìreroa in buona parte
accollato alla membrana nucleare : non escludo che qualche
pezzo di cromatina sia stato asportato o spostato dal rasoio o
dai vari liquidi adoperati.
Se i due nuclei mostrano realmente dei cromosomi uniti
in coppie, si dovrebbero contare in ciascun nucleo almeno
24 coppie (3). Le coppie, se sono soltanto 24, avrebbero vero-
similmente una lunghezza alquanto superiore a quella di 14 ^
aopra ricordata, per cui ogni coppia sarebbe stata tagliata dal
rasoio in tratti distribuiti in due o più sezioni successive: ciò
a cagione anche della varia curvatura delle coppie stesse e della
loro disposizione disordinata nei nuclei. Il controllo del numero
delle coppie mi è tuttavia riuscito impossibile: a tal fine con-
verrebbe disporre di nuclei non sezionati.
Credo inopportuno addentrarmi in discussioni circa il signi-
ficato delie coppie di cromosomi sopra considerate e sul loro
accordo con le teorie suggerite da Strasburger e dalla sua
scuola : ciò a cagione dell' estrema scarsità dei casi da me os-
servati. Basti rammentare che ogni coppia potrebbe equivalere
(1) Anche qui parte dei oromosomi ò trolaiciata.
(2) Cfr. L», 1897, p. 208 e tav. 1, Sg. 2.
(3) Il numero diploide per H. pomtUia b 48 nelle oellule prog^rmina-
tìve masohili eeoondo Avcn. (1902, p. 618) e, Becondo Lib (1910, p. 57),
anche negli apermatofioni, eccettaati quelli deU'nltiina generatone. Beata
ancora a dimoitnvre che nelle cellule aomatiche il numero diploide ei eon-
■erva immutato.
AUi deUa R. Acoadtmia — Voi. LV. 24
Digitized^yGOOgle
358 Lurai coqnbiti db hartiis
ad un zigomito (Strasburger e Miyake) fonnato dall'uDÌone dt
due procromosoinì (Overton). L'unione di procromoBomì a paia
è aiata dimostrata anche in nuclei somatici quiescenti (1); i
dae casi da me osservati non garantÌBCono quindi la capacità
da parte delie cellule basali di dividerei per carìocineBÌ, a meno
che .i casi atesBÌ, come ho aopra dubitativamente espresso, cor-
rispondano ad nno stadio di spirema sdoppiato.
Sulla capacità a dividersi delle cellule basali Kdscha-
KEWiTscH (1913, pag. 279) è giunto alla conclusione che detti
elementi, se giovani e ancora relativamente piccoli, possiedano
la facoltà di dividersi per mitosi, mentre se giunti a completo
sviluppo * machen zwar den Versuch zu einer solchen Teilung,
ftthren den mitotisclien Prozess aber niemals bis zu seinem Ende ,.
I casi da me osservati potrebbero venire in appoggio a
questa conclusione.
Un altro fatto degno di nota mi fu dato d'osservare, e
questo con maggiore fì-equenza, ma io due eoli esemplari dì
H. pam. Nel nucleo di molte .cellule basali, oltre ai numerosi
grani di cromatina con aspetto del tutto normale, trovai uno o
raramente due bastoncelli fusiformi con estremità acuminate.
Le due ghiandole ermafroditicbe vennero fissate t'una in eublì-
mato picro-acetico di vom Rath (2) e l'altra in alcool cromo-
nitrico di Perény. La prima venne tolta il 6 novembre 1909 da
un esemplare già chiuso con epifragma, la seconda il 6 giugno 1910
da un grosso esemplare sbocciato (3). Le sezioni, di 5 fi, sono
state tinte: con ematossilina ferrica Heidenhain seguita da nn
colorante di contrasto (eosina, orange g, scarlatto Biebrich, Con-
gocorinto, rosso Bordeaux), oppure con emallume acido, o con
bleu di metilene policromo di TJnna.
(1) Ck. per i Tegetali BoBim, 1912, p. 281 tAi liUr.
t2) Trattata in *eguito con tintura di jodo jodurata.
(3) Nella ghiandola ennafrodìtic» Swata il 6 ginRno 1910 trovai i dm
BDclei ricordati nel paragnifo preoedente. Nb l'ano nb l'altro contengono
i bastoncelli in parala.
3,t,zed.yGOOg[e
OSSERVAZIONI SQL NDCLEO DELLE CELLULE BASALI, ECC. 359
I bastoncelli fusiformi trattengono rematossilìna ferrica e
l'emallume : la figura 2 qui a fianco (I) è ricavata da un preparato
tinto col primo colorante. Nei bastoncelli non sono distinguibili
particolari strutture: di rado la
parte assile sì mostra meno co-
lorata. La disposizione loro nei
nuclei è varia, ora vicini alla
membrana ora lontani da questa,
ora curvi ora dritti. Misurano
da 6 a 10 M in lunghezza e da
fi 0,5 a 1 H in spessore. In un
caso mi è occorso di notare una 1
strozzatura accompagnata ad una
Sessione in un lungo bastoncello.
Ogni bastoncello è circoscritto da un'area priva di grani cro-
matinici, che verosimilmente rappresenta un vacuolo.
Quanto all'interpretazione dei bastoncelli in parola, ho po-
tuto anzitutto escludete ch'essi fossero dei pezzi di spermi por-
tati dal coltello del microtomo nell'area dei nuclei delle cellule
basali, e ciò, fra altro, in base alla forma dei bastoncelli e alla
loro disposizione nello spessore delle sezioni dei nuclei in cui
sono contenuti (2).
Ipotesi logica sarebbe quella della natura parassitaria dei
detti bastoncelli, ma mi mancano dati per confermarla, mentre
sono noti d'altra parte organuli o inclusi nucleari che si prestano
per un confronto con i bastoncelli stessi. Sono questi ì filametUi
centrosomigetìi e i cristalloidi.
I primi sono stati scoperti da Sohookaert (1900) nel nucleo
dei giovani ovociti di Thysanozoon (3), e appaiono in forma dì
* un filament lisse, acuminé à ses deux bouts ,, colorabili col-
l'ematossilina ferrica Heidenbain, ma mostrano, durante la loro
evoluzione nel produrre i centrosomi, speciali rapporti di posi-
ci) Ingrand. 1600 diam. obb. korìstkft '/n semiapocr.
(2) PoBso escludere ch'essi siano de^li artefatti, considerando fra altro
la differente natura dei due Gasativi adoperati, e posso pure escludere che
essi corrispondaDO e, pieghe della membrana nucleare (cfr. Rohcoboki, 18^
e LuaAHo, 1898).
(3) E da GteiaD in altra planaria: cfr. Schoceiebt, Ioc. cit-, p. 88>
DiQitizedoyGOOgle
360 LOiai COQNSTTt DK HABTII3
zione col nucleolo, quali non si OBservano pei bastoncelli del
nucleo delle cellule basali dell' H. pom. 11 nucleo di queste al-
titne è, come sopra ho ricordato, privo (o quasi) della facoltà di
dividerei per mitosi, e la divisione amitotica è lungi dall'essere
dimostrata; né d'altra parte mi pare verosimile che un organile
in diretto rapporto genetico col centrosoma rivesta il carattere
di trovarsi saltuariamente, com'è il caso dei bastoncelli in parola.
Più sostenibile mi pare il confronto fra questi ultimi e i
cristalloidi, meglio detti da Leqshdre (1912) * b&tonnets intra-
nucléaires ,, Begnalati nel nucleo di cellule nervose e varia
altre (1). Rimando alla nota di LeeEtmitE e ad un precedente
lavoro di Gesa-Buhchi (1907) per la bibliografia relativa a
questi curiosi corpiccioli. Degno di particolare menzione è il
fatto, notato da Cesa.-Bianchi, che cristalloidi * si trovano con
notevole frequenza negli animali ibernanti, particolarmente du-
rante i primi periodi dello stato letargico , (loc. cit., pag. 93).
Gobi, dei due esemplari di H. pom., nei quali trovai i bastoncelli
intranuclearì delle cellule basali, uno era appunto in stato letar-
gico (novembre), mentre l'altro (6 giugno) era sbocciato, ma
probabilmente soltanto da poche settimane: nel primo i baston-
celli sono molto piti frequenti che nel secondo.
Secondo Gesa-Bianchi pare che i cristalloidi rappresentino
* un materiale di riserva, che verrà in seguito utilizzato dalla
cellula stesBa in cui si sono originati .: riguardo ai bastoncelli
nucleari qui descritti non ho elementi per appoggiare o escla-
dere detta ipoteBi. Nelle cellule basali si compie senza dubbio
un intenso lavorio chimico, fra altro preparazione di na pabulum
per gli elementi della Berie maschile e modificazione di mate-
riale citologico fagocitato : forse i bastoncelli ìntranncleari hanno
qualche rapporto con quel lavorìo, ma la loro saltuiurietà toglie
verosimiglianza a una simile ipotesi, sicché il loro significato
rimane dubbio.
Dall'Iet. di Anat. e Fiaiol. cotnpar. della R. TJniT. di Torino,
Palazzo Carignano, nOTembre 1919.
(1) Makk (1694), che li Itotò nel nucleo delle traodi cellule pinunidali
della corteccia cerebrale del coniglio, li paragonb a dei centroBomi.
zed.yGOOg[e
OSSERTAZIONI SUL NDCLSO DELLE CELLULE BA3AU, ECC. 361
LAVORI CITATt
Abcml P., 1902, Hiatogaiitt et lUrueture de la glande kernwpkrodit» d"Belix
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nella ghiandola ermafroditiea di Helix pomatia, nota preliminare, in
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KVBCHAKBwiTscH L., 1913, SluditH BbeT den Divtorpkiamue der mUnnUehen
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t Rats Otto, 1891, Veber die Bedeutung der amitotiaehen fCemtheilungen
im Boden, in * Zool. Anz. „ 14, pp. 855-363.
L'Accademico Segretario
Carlo Fabrizio Paroka
D,!„t,zed.yGOOg[e
CLASSE
SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE
Adunanza del 1° Febbraio 1920
PRESIDENZA DEL SOCIO PBOP. COHU. ANDREA NACCABI
PBESIDENTE DBLL'aCCADEHIA
Sono preBeoti i Soci Pizzi, De Sakotis, Bbondi, Baddi di
Veshe, Patbtta, Vidari, Prato, Ciak, Pacchiokt, e Stampini
Segretario della Glasse.
È scusata l'assenza dei Socio Yalhao^i.
Si legge e si approva l'atto verbale dell'aduDanza pre-
cedente del 18 gennaio.
L'Accademico Segretario presenta, per incarico del Socio
assente Sforza, l'opuscolo da Ini inviato in omaggio all'Acca-
demia Conaiderazioni Geologiche e Topografiche di Gerolamo
Guidoni sul Territorio Moatignosino (Estr. dalle " Memorie della
Soc LunigianesQ G. Capellini ., 1919). La Classe ringrazia.
Il Socio De Sancttis, anche a nome del Socio Patetta,
presenta alla Classe la proposta del Prof. Casimiro De MbsAwsKi
dell'Università dì Cracovia, trasmessa dal Segretariato ammi-
nistrativo della Union académique intemationale per la pubbli-
cazione 1° di una edizione di Gregorio Xazianzeno; 2° di una
edizione delle Celtarum imagines. La Glasse incarica i predetti
Soci De Sanctis e Patetta di riferire su tali proposte in una
prossima riunione.
L'Accademico Segretario
Ettore Stampini
D,!„t,zed.yGOOg[e
DiBumd, Google
„d, Google
PDBBLICIZIONI nnS Sfltro oli IDSPICI DELIi'iCCADEUIA
n XMmle miniato del card, Slwìò Rsselll detto il cardinale d'Aragona.
Codice della Biblioteca nazionale di Torino riprodotto in fao-aimìle
per cura di C. Frati, A. Baudl di Vesme e C. Cipolla.
Torino. Fratelli Bocca editori, 1906, 1 voi. in-f dì 82 pp. e 134 ta-
vole in fotocoUograSa.
U Cadice eTaiiKellco k della Biblioteca (JniTersitaria nazionale di Torino,
riprodotto in fiLC-simile per cnra di C. Cipolla, O. De Sanctli
e F. Fedele.
Torino, Casa editrice 0. Holfeae, 1913. 1 voi. in-4* di 70 pagg.
e 96 .tav.
zed.yGOOg[e
SOMMARIO
Glaasfl dì ScienEe Fisiche, Matematiche e Natiirali.
Santo dell'Atto Verbale dell' Ad unansa dell'I! Gennaio 1930 . Ptig. S09
Sihiiiji (QuBtavo). — Serie di funzioni sommabili uniformemente col
metodo di liorel generalizzato (Nota li) . ■ - - . 310
GlaBse di Scienze Morali, Storiche e TUfflof^die.
Santo dell'Atto Verbale dell'Adunanza del 18 'Gennaio 192D . Pag. 328
Glasse di Scienze Fisiche, UatemsLtiche e Katnrali.
Sunto dell'Atto Verbale dell'Adunanza del 25 Gennaio 19-.Ì0 . FUg- S^S
Sbori (Corrado). — Commemorazione di H. G. Zeuthen , , , 827
QaiBODo (Giovanni), — I ' Rincotì , ed i * Lepidotteri , delle Oasi
lerotropiche di Val dì Susa 829
CoLONNETTi (Gustavo). — Rìsoluzlone f^raSoa di alcnni problemi rela-
tivi all'equilìbrio delle funi pesanti . . V~^. . . , 84S
CooMETti DE Mabtiis (Luìgì). — Osservazìonl sul nucleo delle celiale
baeali della * Helii pomatia , , 353
Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche.
Sunto dell'Atto Verbale dell'Adunanza del 1° Febbraio J920 . Pag, S62
zed.yGOOgle
ATTI
REALE ACCADEMIA DELLE SCIENZE
DI TORINO
PDBBUCATI
DAGLI ACCADEMICI SEGRETARI DELIE DOE CLASSI
ToL. LT, Disp. 7-, I9l9'l92a
TORINO
Libreria FRATELLI BOOOA
VUi Oulo Uberto. S.
1920
DiBumd, Google
„d, Google
CLASSE
SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI
Adunanza dell'S Febbraio 1980
PBBSIDKNZA DEL SOCIO PROF. OOVH. ANDREA NACCASI
PBEBIDENTE DELL'aOCADEXIA
Sono presenti il Direttore della Classe D'Ovidio ed i Soci
Sbosb, Peano, Jadanza, Guidi, Mathrclo, Grassi, Sohiouaka,
Panetti, Saooo, Majorana e Parona Segretario.
Si legge e si approva l'atto verbale della precedente
adonanza.
n Socio SoKiQLiAHA, riferendosi all'invito del Touring Club
Italiano a partedpare all'eflcursione progettata nell'interno della
Cirenaica, dice di aver raccomandato alla Direzione del Club di
far coincidere l'escursione colle ferie pasquali al fine di rendere
più probabile la partecipazione dei professori universitari! e dei
nostri accademici.
Il Presidente ringrazia per l'opportuna raccomandazione del
Socio SoiuoLiAKA ; SÌ rallegra poi per la guarigione dei colleghi
Guidi e Majorana, che ringraziano.
Il Socio Mattirolo oStb in omaggio la sua Nota La Dal-
dinia cmcentrica DNtrs. et Gas., trovata ndle torbiere di MùtUor-
fano (Como) e la riassume brevemente.
H Presidente presentando e distribuendo ai colleghi le copie
della commemorazione di Icilio Guareschi, inviate in dono dal-
ÀUi dMa B. Aeeademia — Voi. LV. 25
zed.yG00g[e
S64
l'autore prof. Felice Oarklli, ne rileva l'importanza ed esprime
a nome di tutti i ringraziamenti al donatore, che ha reso coal
degno omaggio alla memoria del rimpianto nostro collega.
Ed a proposito dì onoranze ad Icilio OnABESom, il Socio
Hattibolo informa l'Accademia della costituzione, allo stesso
nobile scopo, di no Comitato d'onore e di un Gomitato eseca-
tivo e della sottoscrizione iniziata per raccogliere i fondi desti-
nati alla collocazione di un ricordo nella Scuola creata dal
GluABBSGHi ed all'istituzione di un premio per gli studenti delia
Scuola di Farmacia di Torino. Il Presidente ai compiace della
ben ideata iniziativa, alla quale augura il meritato successo.
Sono accettate per la stampa negli Jai:
Ing. Ottorino Sesini, Le oscillazioni torsionali degli alberi
di trasmiaeione con massa propria e con masse conctntraU in punti
intermedi; Nota presentata dal Socio Panetti.
Dott. Gino Poli, Sulla teoria dei fenomeni ottici nàl'ipo-
tesi che il moto della sorgente modifichi la velocità dMa luce emessa;
Kota presentata dal Socio Sohigliaha.
zed.yGOOg[e
0TT08IN0 SBSINl — LE 08CILL&ZI0HI T0B3I0HAL1, BCC.
LETTURE
Le oseilluloii torstoBili degli alberi di trisBlssioie,
eoe ussa proprie e eoo masse eoneeHtrate li penti letemedi
Nota dell'Ing. OTTOBINO 8E8INI
Le oscillazioni toraionali degli ftlberi di traamissioiie farono
oggetto dì parecchi Btudi, dopo che se ne noti) la presenza e
l'importanza nei lunghi alberi d'elica delle navi.
Sono note le solazionì date al problema, sia considerando
l'albero come semplice organo elastico, sìa, in lavori più recenti,
come quelli del Lorrain e dell'Ing. Bninelli (*), risolvendo pare
la questione dell'influenza della massa propria dell'albero, sup-
posto omogeneo e di sezione costante.
Scopo del presente stadio è quello di esporre un metodo
dì calcolo relativamente semplice, che permette di tener conto,
aia della massa propria dell'albero, sia dì masse concentrate
Inngo dì asso, o dì variazioni di sezione.
A tale esposizione è utile far precedere le seguenti pre-
messe, che sono it presupposto comune a tutti gli studi suU'ar-
gomeoto:
Tutte le masse moventìsi coll'albero si suppongono rìdn-
(àbili a eemplici volanti, calettati in determinate sezioni.
Il sistema viene considerato solo a regime e se ne stadia
il moto relativo al moto medio; così puro dei momenti agenti
si studiano solo le variazioni rispetto al valore medio.
(*) LoBBiiH, Éltide sur Uà varatiima de Utrtion. ' Bulletin de l'Aii.
Tech. Mar. ,, 1909. — Ing. L. M. BimBLLi, Teoria ieUe oecUlavUrni torti»-
Mali degli alberi di tratmiatioMe. * Atti del R. Istituto dì iDcoraggìamento „
Napoli, 1S15.
D,!„t,zed.yGOOg[e
3^ OTTORINO SESINI
Basta qaindi coasiderare un eistema composto di im albero,
cv>a relocìtà angolare inedia nulla, solidale a masse rotanti, e
sollecitato dall'esterno, all'estremo ove si trova il motore (che
dìr«mo estremo-motore) da un momento funzione periodica del
tempo (variazione del momento motore rispetto al valore medio),
e all'altro estremo (estremo-elica) da un momento (variazione
del momento resistente rispetto al valore medio) che si ammette
contrario alla velocità di tale estremo, relativa al suo moto
medio, e proporzionale ad essa secondo un coefficiente «^. Per
gli alberi d'elica delle navi, seguendo il Frahm, si pub porre:
(1) • «^=(3,6 -=-4)-^,
dove Mn, Ò il momento motore medio, e. la veloci^ angolare
media dell'elica.
Studiato in tal modo il solo moto oscillatorio, bisognerà
aggiungervi il moto medio del sistema per averne il moto ef-
fettivo.
Noi supporremo inoltre perfetta l'elasticità dell'albero.
Caso di un albero oUlndrico omogeneo
con sola masae rotanti estreme.
Se d' è l'angolo di cui, al tempo t, è ruotata una sezione
normale all'asse, posta a distanza x da un punto deirasse stesso
preso come origine; se con et? indichiamo il momento polare di
inerzia della sezione, che si suppone costante; con K la costante
elastica torsionale dell'albero (momento torcente per angolo di
torsione =: 1, fra sezioni a distanza 1); con t la densità del
metallo, l'equazione del moto è notoriamente:
E a'a _ a»»
la quale ammette come soluzione generale;
»=A(<-.yf)+A.(< + «(/f),
„d, Google
LB OSCILLAZIONI TORSIONALI OBOLI ALBERI DI TRASH., ECC. 367
ossia vtuB. funziooe rappresentabile con due onde torsionali, de-
finite delle funzioni f^ ed f, arbitrarie, propagantisi in sensi
opposti lungo l'albero con velocità ^^^l/f^- Tale velocità di
propagazione, nel caso di sezioni circolari od annlarì, per le
quali si ha sempre K^=Gq7 dove 0 è il modulo di elasticità
tangenziale, è uguale a V^ , e perciò costante per un dato
materiale; per l'acciaio Martin-Siemens è F=3230'"/g.
Le funzioni fi ed ft si determinano conoscendo le coppie
agenti e ponendo le equazioni dell'equilibrio dinamico per le
sezioni estreme. Inoltre, osservato che, a regime, l'oscillazione
ò periodica, e perciò sempre scomponibile in un numero prati-
camente limitato di oscillazioni armoniche, si può svolgere la
trattazione, attribuendo alle funzioni f la forma di funzioni si-
nusoidali, per mezzo delle quali, essendo, colte ipotesi ammesse,
applicabile il principio della sovrapposizione degli effetti, si può
studiare una oscillazione comunque complessa.
Il metodo che si propone per la determinazione di tali so-
luzioni sinusoidali, si basa sulle seguenti considerazioni:
Una soluzione sinusoidale qualunque di pulsazione tu avrà
la forma:
* = a sen ui i -
-y)-hVi] + bsen[^[t-\-f)-^V,];
questa espressione, indicando con a un angolo qualunque,
purché diverso da 0 o da un multiplo di n, sì può sempre
trasformare nell'altra:
(2) J = ^, sen {ui( + (p.) sen (.^ + a) +
(Si sen (vit -^ <Pi) sen ~ ,
dove (?i, f^i, (pi e cpg sono determinati dai valori di a, b, tpi, iti|
e a. I due termini dalla cui somma risulta ^, rappresentano moti
oscillatori nei quali le varie sezioni sì muovono colla stessa
fase q>i 0 ip, e con ampiezze ^i sen (^- -\-a\ o <^f sen -— , le
quali, essendo ^i e &, due costanti, variano sinusoidalnxonte
con l'ascisaa x\ esse costituiscono perciò due onde stazionarie
D,!„t,zed.yGOOg[e
368 omauno sbsini
armoniche, di ampiezze massime (^i ed (S,, aventi un nodo l'iuia
nel punto di aaciaaa x = — ^—, l'altra nel punto a;=0. Dato
che l'origine x = Q ò arbitraria, e che tate è pure a, porche
diverso da 0 o da un multiplo di n, se ne deduce che qualsiasi
soluzione armonica di pulsazione ui, si può considerare come
somma di due oscillazioni stazionarie, aveuti la stessa pnlsa-
zione. nodi in punti arbitrari, purché non coincidenti, ampiezze
e fasi da determinarsi.
Di ciascuna oscillazione atazionarìa si può dare una facile
rappresentazione grafica (fig. 1) portando come ordinata aa
ciascun punto dell'albero BA, ed in scala arbitraria, l'am-
piezza 6 dell'oscillazione delia corrispondente sezione, e trac-
ciando la curva BA' (arco di sinusoide) che ne risulta. H
momento torcente da essa provocato in una sezione di ascissa v
ò dato da ^-t— ; nell'onda stazionaria è ^ =: 6 sen (u>f -{- ip),
dove 0 è funzione della sola x; si avrà perciò:
di» dx \ I -rrr
ciò significa che il momento torcente è funzione sinusoidale de^
tempo, in &se con 3-, ed ba ampiezza K -j— .
Osservato poi che -j- non è altro che la tangente trigo-
nometrica dell'angolo formato dalla tangente CBo alla curva
rappresentante l'onda, con l'asse della x, possiamo scrivere:
L'albero cioè si comporta, per ciò che rignarda la sezione con-
BÌderata, come se fosse privo di massa e la sezione immobile
fosse in Bq anziché in B. h& lunghezza CB^ (sottotangente) è
evidentemente funzione dell'ascissa x, e non dipende da 0.
Siamo così in grado di conoscere i momenti torcenti che
un'onda stazionaria dà alle estremità, e di porre quindi le con-
dizioni di equilibrio dinamico per le estremità stesse, ove ai
hanno due masse rotanti di momenti d'inerzia rispettiva-
mente Ji (motore) J, (elìca) e le coppie esterne applicate.
D,!„t,zed.yGOOg[e
LB OSCnUZlOMI TORSIOHJkU DBOU ILBBBI DI TBASM., 8CC. 369
Si possono con ci6 determinare ampiezze e fosi delle due
onde stazionarie ia coi si immagina dì scindere l'oscillazione
complessiva, e trovare co^ la soluzione sinoidale cercata.
La scelta dei nodi delle dna onde componenti i affatto ar-
bitraria; perciò possiamo porre per una il nodo in A (esb-emo-
motore), per l'altra in B (estremo-elica). Siano BA' ed AB' (flg. 1)
gli archi di sinusoide (uguali) che rappreeentajio, in scale diverse
e da determinarsi, le due onde. Le incognite sono appunto queste
acale (cioè le ampiezze delle oacillazionì estreme) e le tasi delle
oscillazioni stesse (cioà le Pi e <Pi della (2)).
Se 6i è l'ampiezza della oscillazione ^i di A, noi avremo
per effetto dell'onda A'B i seguenti mementi armonici (variabili
ainasoidalmente col tempo) in fase con 3-]:
All'estremo A: il momento torcente, di ampiezza — y^- Qi
essendo A'B^ tangente in A' alla BA'; la coppia d'inerzia do-
vuta alla massa rotante, di ampiezza ut* J^ e, ; in totale, ampiezza
della coppia agente in A: {jiw* — Jd")*'»*
All'estremo B: il momento torcente di ampiezza
^^' TZ~:é^' ^^'^* parallela alla tangente A"B).
Analogamente, se e, è l'ampiezza dell'oscillazione &, del-
l'elica, l'onda AB" dà ai due estremi momenti armonici, in &ee
con ^t, dì ampiezze:
per reelremo B: (/,»* — jg 18,;
■ ■ ^■■^^-
Per brevità indicheremo con m la quantità (•Ai"'— ^^j;
con n la (j,\u* — T»)' ^"^ P '* ab,' ^ longhezze ABi ed
AB^, necessarie per calcolare m, n ep, si possono determinare
colle relazioni, facili a dimostrarsi:
■^Bi = -tg-y-, ABt- ~B6n-^,
dove L è la longhezza dell'albero.
>y Google
370 orroBiNO sbsini
Ciò posto, vediamo come si pa& stabilire l'equilibrio fra le
coppie ora trovate e quelle esterne. Ricorriamo perciò alla rap-
presentazione vettoriale delle grandezze armoniche.
Sia (fig. 2) OAf=ei il vettore rappresentante l'oscillazioDe
. dell'elica. Avremo all'elica la coppia ON^^n , Q^, ed inoltre la
coppia dovuta alla resistenza dell'acqua. Quest'ultima, essendo
proporzionale ed opposta alla velocita angolare, sarà data
da 0 W, in ritardo di 90° rispetto a d, , ed uguale in grandezza
a e^mO,, dove a^è il coefficiente di resistenza. La coppia totale
agente sull'elica, per effetto dell'onda che ha il nodo al motore,
sarà 0H.=:OW-\- ON. A tale coppia dovrà &r equilibrio la p9t
che si ha all' estremo-elica per effetto dell'oBciltazione 6] del
motore; sarà perciò e, = 0F= . Otteniamo ootì la 8i
corrispondente alla 6| presupposta. SuU'estremo-motore agi-
scono le coppie: OS:=mQi dovuta all'oscillazione di; 0V=p9,
dovuta all'oscillazione 6,; sia OT=:OS -\- OU. La coppia
esterna, applicata all'estremo-motore, deve essere — OT. Sic-
come tale coppia è generalmente un dato del problema, noi
dobbiamo supporre noto OT, e da esso ricaveremo, con una
semplice proporzione, le grandezze e le direzioni effettive di
tutti gli altri vettori. In particolare conosceremo e^ e Oj ed
avremo quindi pienamente determinate le due onde stazionarie.
Si può cosi, per ciascuno dei momenti armonici in cui si può
scindere il momento periodico dovuto al motore, dedurre il
moto oscillatorio che ne risulta.
Per fare una applicazione di questo procedimento, suppo-
niamo di avere i seguenti dati, espressi in mm., sec. e kg.
(unità di forza):
Jt = 2,61 X 10», Jt = 4,19 X ltl^ S: = 1,46 X 10'»,
£=5,21 X 10*, F=3,23 X 10^
Dalla (1), dato che sia Jf.= 19,1X10' ed 6. = 14, si
può ricavare:
5 = 4~ = 5,45X10'.
zed.yGOOg[e
LE OSCILLAZIONI TORSIOMALI OBOLI ALBERI DI TRASU., ECC. 371
Eseguendo con questi dati i calcoli BOpra datti, per valori
dì uj crescenti da 20 a 240, si sodo ottenati, per ciascuno dei
valori considerati di u), tutti i vettori della fig. 2, e si è cosi
potato tracciare il diagramma aj, che dà S^ in funzione di tu,
sapposto che il momento armonico, applicato al motore, abbia
an'ampiezza di 10^ kg. mm. = 1 tonn.x metro. In tale diagramma
si vedono nettamente due pulsazioni dì risonanza, ui = 40,2
ed uLi ^ 203,3, per le quali è massima l'ampiezza dell'oscilla-
zione 6,, ed altre se ne troverebbero proseguendo nella ricerca
per valori di u) che differiscono da quelli sopra detti di poco
meno di un multiplo di ~- .
Questi risultati, come pure l'andamento del fenomeno, si
potrebbero senza difficoltà discutere in modo esauriente, ginn*
gendo a tutte le conclusioni a cui portano gli altri procedimenti.
Senza addentrarci in tale discussione, ci limiteremo alle osser-
vazioni seguenti:
Per ui ^ —=- le due onde stazionarie hanno entrambe
due nodi sulle due estremità A e B (fig, 1), e perciò il metodo
cade in difetto. Considerando invece due onde stazionarie coi
nodi rispettivamente in j4 e nel punto di mezzo dell'albero, si
evita l'eccezione, e si vede facilmente che in questo caso nelle
sezioni estreme si hanno rotazioni e momenti uguali e di segno
contrario.
Per lu^— le reazioni dell'albero sugli estremi, che
dipendono dalle lunghezze AB^ ed AB, della fig. 1, non cam-
biano (eccezione fatta pei segui) se si sopprìme il tronco d'al-
bero compreso fra i due nodi che ciascuna onda ha sull'albero
stesso; tutto avviene cioè, per quanto riguarda le sezioni estreme,
come se l'albero avesse una lunghezza L lo L — k — ae
sull'albero cadono k -{- 1 nodi]- Questa osservazione, mentre
spiega il ripeterei della risonanza pei valori di uj sempre piti
aiti, dà pure ragione del fatto che per queste pulsazioni più
elevate di risonanza, ad oscillazioni estreme assai minori, per
effetto dell'aumentato smorzamento dell'elica), corrispondono
invece torsioni massime assai maggiori che non per la prima
D,!„t,zed.yGOOg[e
872 OTTORINO SBSINI
risOD&nza, come se l'albero si ridacease ad una lunghezza L — —
(„L_i^.
Invero, se noi determimamo il momento torcente masaimo
corrispondente a ciascuna delle oscillazioni calcolate, cib che si
pub fare con costruzioni vettoriali deducibili da quelle già viste,
troviamo che tale momento (che si verifica in una determinata
sezione, la cui posizione varia con ui) assume per \u = 40,2 un
valore uguale a circa 5,5 volte l'ampiezza del momento im-
presso, per Vi = 203,8 un valore circa 27 volte l'ampiezza sud-
detta. Il risultato relativo alla pulsazione maggiore sarebbe
evidentemente molto modificato quando si tenesse conto anche
dell'isteresi elastica dell'albero.
Oltre che a sistemi semplici come quello ora esaminato, il
metodo suesposto può prestarsi a risolvere problemi pìii com-
plessi, come sarebbe il :
Caso di sezioni variabili con dlsoontlntiltà,
e di concentrazioni intermedie di masse.
Anche in queste condizioni infatti è facile dimostrare che
si possono avere onde stazionarie armoniche di periodo arbi-
b'ario, vale a dire moti torsionalì nei quali le varie sezioni
dell'albero compiono oscillazioni armoniche, di pulsazioni e fasi
ugnali, e di ampiezza 6 variabile da sezione a sezione. Per un
movimento di tal genere noi sappiamo che lungo ciascun tronco
cilindrico omogeneo si ha equilibrio dinamico quando le am-
piezze e variano colla legge 9 = ^sen (~ -)- a\ dove (S* ed a
sono costanti indeterminate.
In una sezione in cui K passa repentinamente dal valore Ki
al valore Kf, ed in cui è calettata una massa rotante di mo-
mento d'inerzia J^, si avrà equilibrio dinamico, quando
^.(f).-'^.(a=^.""».
ove si distinguono coU'indice 1 i valori che si riferiscono al
tronco che sta dalla parte delle x crescenti, coU'indice 2 quelli
D,!„t,zed.yGOOg[e
LE OSCILLjLZIOHI TORSIOKALI degù alberi di TRISH., ECC. 373
die bì riferiscono all'altro tronco. Questa equazione, conoscendo
la curva dell'onda fino ^la sezione di discontinuità, permette
di trovare -j- (o la tangente) all'origine del tratto di curva
seguente e perciò dà modo di determinare la (^ e la a per
questo nuovo tratto. Cominciando da un nodo sì possono quindi
determinare i successivi archi di sinusoide che rappresentano
un'onda stazionaria. Il moto cosi definito mantiene l'equilibrio
dinamico su tutta la lunghezza dell'albero; basterà, nel modo
già visto, per mezzo di due di queste onde stabilire le condi-
ztoni di equilìbrio anche per gli estremi, per poter ottenere una
soluzione sinusoidale del problema.
Prendiamo in esame il caso in cui l'albero dell'elica sia
formato di due tronchi omogenei cilindrici di lunghezze Li ed Lt
e di costanti elastiche Ki e Kt rispettivamente, e supponiamo
che nel plinto di congiunzione dei due tronchi sia calettata una
massa rotante di momento d'inerzia J^.
Partendo dal punto B (fig. 3) preso come nodo e come
origine delle coordinate, il primo tratto di onda JSC sarà
una sinusoide di equazione O^tS", sen~ (<^i è arbitrario;
influisce solo sull'ampiezza dell'onda che sì considera); per
a; ^ Lt sì avrà una ordinata CC =: e,, = {S^, aen ^^ ed una
tangente CB, alla curva; sappiamo che è CBg =-;j-tg^^.
La tangente in C alla curva CA' sarà invece la C'Bi, che si
determina colla relazione:
die ci dà la sottotangente CBi. Il tratto seguente di curva è
pure un arco di BÌnnsoide dì equazione S = (S'jBen (-^ -|-a).
(Fi può essere diverso da V,). iS^ ed a sono definiti dalle
6o = ^.sen(^ + a) e CB, = -^tg (^ + a) ;
ricavato a dalla seconda equazione, si ottiene (fi dalla prima.
Determinato cosi anche il secondo arco d'onda, si ha la tan-
D,!„t,zed.yGOOg[e
S74 OTTOBIHO SESINI
gente A'Bi in A' e la sottotangente ABi; la parallela A'Ba
condotta per A' alla tangente in 0 dà il segmento AB^ . Queste
operazioni, espresse per comodità in forma geometrica, ai pos-
sono, colle formule già viste, eseguire analiticamente. Le lun-
ghezze ABi ed ABt trovate corrispondono alle omonime della
fig. 1, caratterizzano nello stesso modo le azioni dell'albero sugli
estremi, e servono ugualmente (dati Ji^J,, momenti d'inerzia
dello masse estreme) a calcolare m = fJ,uj» — "70)^ P^^~ab.'
In questo caso però bisogna ripetere il calcolo per l'onda con
nodo in A, diversa in generale dalla precedente, per ricavarne n ;
per la p è facile dimostrare che sì ottiene lo stesso valore
coll'nna o coll'altra delle due onde. Dopo ciò vale senza modi-
ficazione alcuna quanto già si è detto satla composizione dei
vettori rappresentanti le grandezze armoniche in ginoco.
Applichiamo tale calcolo ai seguenti dati ipotetici, espressi
in mm., sec. e kg. (unità di forza):
Ji = 1,2 X 10'; ^i == 1.0 X 10*; Jo = 2,0 X 10»;
Ki = Kt = 1,42 X 10" ; yi = Vt = 3,23 X 10*;
il = 7,5 X 10"; Lt = 2,5 X 10*.
Dato che sia e = 26 , Jtf» = 2,54 X 10', si pub porre :
a,ff=4^ = 8,9X10>.
Eseguiti i calcoli per pulsazioni crescenti da tu ^ 20 ad
up = 60, si è trovato il diagramma b), analogo al a), che dà per
un momento impresso di ampiezza 10' kg. mm. ^ 1 tonn.Xmetro,
le ampiezze delle oscillazioni 61 del motore, in funzione dì m.
Risulta da tale diagramma che si ha un massimo nell'oscil*
lazione, sia per ut ^26,4, sia per ui:^51,6, valori assai pros-
simi a quelli che si ottengono calcolando, con formule note, le
pulsazioni delle oscillazioni proprie del sistema, supposto t'albero
privo di massa.
Il fatto piti significativo che emerge da questo diagramma,
è che l'ampiezza dell'oscillazione, che per la prima risonanza è
abbastanza piccola, acquista nella seconda risonanza un valore
D,!„t,zed.yGOOg[e
LI OSCILLiZlOHI TORSIOHAU DROLl ALBBBl DI TUASH., ECC. 375
rilevantissimo (circa 20 volte maggiore del maasimo che ei ot-
terrebbe sopprìmendo la massa intermedia), malgrado il consi-
derevole smorzamento dell'elica. Tutto avviene cioè come se
per ui = 51,6 l'azione smorzante dell'elica fosse molto attenuata,
o, per lo meno, fosae poco sentita all'estremo motore.
Si potrebbe dimostrare che tale comportamento non è ecce-
zionale, ma si verìfica generalmente quando il valore di -jr-p
6 molto superiore a quello di ■*- (supposto che J^ sia dell'or-
dine di grandezza di Ji e /|).
Se poi calcoliamo ì momenti torcenti dovuti alle oscillazioni
suddette, troviamo che la prìma risonanza affatica di piti il
secondo tronco d'albero che non il primo, mentre la seconda
affatica enormemente il primo tronco potendo dare un momento
torcente uguale a circa 440 volte il momento impresso.
Naturalmente in pratica non si raggiungerà una risonanza
cosà rilevante, perchè, di &onte al diminuito smorzamento del-
l'elica, acquisteranno importanza tutte le altre cause, trascurate
nel calcolo, di disperdimento di energìa; tuttavia, da quanto si
è detto, ei comprende come la presenza di una massa rotante
intermedia, possa in determinate condizioni agevolare la proda-
zione di oscillazioni torsionali, e dar luogo, in una parte del-
l'albero, a torsioni assai rilevanti; e si possono cos) epiegare
le forti sollecitazioni riscontrate in pratica in alberi che sì tro-
vano in condizioni paragonabili a quelle ora supposte (alberi
d'elica di sommergibili nei quali si ebbero a lamentare riscal-
damenti e rotture nei giunti vicini alla massa intermedia) (*).
(') T. Hemoria dell'log. P. FasKBrn, Vn eato notevole di
torttoHoU. ' Atti della B. Aooademia dei Lincei „ 1919.
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- SOLLA TSORIA DEI FEN'OMEHI OTTICI, ECC.
Sella teoria dei renomeni ottici
lell'ipotesi eke il isoto della sorgente modlllelil la velocità
della liee emessa
Nota di CINO POLI
Le ipotesi fatte da Freanel {>) sulla velocità della luce oei
BÌstemi in moto, spogliate dalle interpretazioni meccaniche sug-
gerite dall'analogia delle onde luminose con le onde trasversali
nei mezzi elastici, sono essenzialmente le seguenti:
1° Esiste un sistema di riferimento rispetto al quale la
velocità della luce nel vuoto è una costante assoluta e, indipen-
dente dalle condizioni di moto della sorgente e dei mezzi tra-
Tersati o delle superficie su cui ha subito rifiessionì.
2" La velocità della luce monocromatica di data frequenza
in un mezzo rifrangente in quiete (rispetto al aistema fondamene
tale ora definito) ha un rapporto costante l/n con la velocità
nel vuoto; se poi il mezzo è in moto traslatorio uniforme, la
velocità assoluta della luce diviene c/n -|- (1 -> 1/ti') vcosa;
dove f> è la velocità del mezzo e a l'angolo che la direzione
del moto fit con la direzione di propagazione della luce.
Da queste ipotesi si deduce, come è noto, che in un aietema
rigido in traslazione uniforme i fenomeni ottici sono diversi da
quelli che hanno luogo nel medesimo sistema in quiete; però
le esperienze dirette a riconoscere l'influenza del moto annuale
della terra sui sistemi terrestri, non possono dare risultati po-
(*) A. FBXSHaL, Sur VinfitUHet du MOHt>M(«n( ttrrtHre dana qutlgue» pht-
noa^M** d'optigue {Ltttn à Aragò). 'Ann. de ohim. et de phji. ,, 9 (1818f,
p. 57; (Euvret, t. 2, p. 627.
zed.yG00gle
aitivi finché l'ordine degli errori di oeservazione permette dì
trascurare i termini contenenti il fattore -j , poiché i metodi
finora usati non consentono misure dirate di velocità della luce
0 di lunghezze d'onda, ma si riducono sempre al con&onto dei
tempi impiegati dalla luce a percorrere vari cammini congino-
gentt i medesimi estremi (*). L'esperienza di Michelson è l'unica
che raggiunga la precisione richiesta, ma dà anch'essa risultato
negativo (*).
Se dunque si ritiene che questa sia rettamente interpre-
tata {*), e cioè che veramente sia in contradizione con le ipotesi
di FroBuel, pare ovvio dedurne che queste non sono accettabili
e vanno pertanto modificate ('). In sostanza l'esistenza di quel
sietema privilegiato di riferimento postnlato da Fresnel è negati
dall'esperienza di Michelson, e pertanto sembra naturale ammet-
tere invece che la costante e rappresenta la velocità della loce
relativa alla sorgente che l'ha emessa (<). Ma alcuni fisici auto-
(*) G. Stoeim, Mathematieal and Piiyiieal Paperi, t. 1, p. 141. — Hiscast,
Traile d'optique. — Lobbntc, Theory of Electron^.
(*) A. A. MicHBLBOif, The relative motion ofthe earlh and the luMiniftnm
«ther. 'Amerìoan Jourual of Scienoe , (8), 23 (18811, p. 20. — A. A. HicamMi
and E. W. Hobut, * ibidem , (3), 34 (1867), p. 338. — E. W. Uobui ud
D. C. MiLUB, ' PhjloBophical Mngaune . (6), 9 (1905), p. 680.
(*) Cfr. A. RiQBi, L'esperienza di MicheUon e la ma interpreUuioiit.
'Memorie dell'Accademia d. Sciente di Bologna., 12 genn. 1919.
(*) Non h taor di luogo notare a qneato punto 1a illogicità dello >'>•
lappo storico ohe lia condotto alla teoria di Einstein; in quanto che dalli
prinw teorìa di LorentE, la quale inquadrando l'ottica nella elettrodinamica
generale otteneva ii secondo postulato di Fresnel come conseguenza del
primo, sì passa alla seconda teoria di Lorentz che per mantenere il primo
postulato di Fresnel nega resistenia fìsica dei corpi rigidi, ed inSne alle
teorie di Einstein che pur costretto ad abbandonare l'ipotesi di {Vesoel
tuo! mantenere le eqnacioni di Lorentx che erano esienEÌalmeute bsMle
■n di està, e per far ciò non esita ad abbandonare anche il postulato di
Euclide. La via scelta b pericolosa, perchb, se oggi per interpretare ^e■p^
riensa di Hichelson si ricorre alla critica gnoseologica del concetto di
tempo e di spailo, domani per un'altra esperienu ai giungerà addirittoi*
alla critica delle forme del ragionamento e delle regole logiche!
(*} W. Rira, Btcherche* criti^ut» tur l'éUetrodfnamique généraU. * An-
oales de chimie et do physique . (8), 18 (1908), p. 145; (Euvret, p, SIT. —
J. J. Tbokboh, ' FhiloBophical Hagazine „ 19 (1910), p. 301.
D,B,t,zed.yGOOg[e
SULLA TEORIA DEI FENOMENI OTTICI, ECC. 379
revoli hanno asserito receatemeote ohe questa ipotesi, che chia-
meremo emissiva, conduce a risultati contrari all' esperienza,
quando intervengano moti relativi delle parti costituenti il
sistema (^).
Queste asserzioni sodo dovute ad errore di interpretazione
delle esperienze {').
Infatti Tolman e Majorana osservano che nell'ipotesi di
un moto della sorgente rispetto all'osservatore supposto in
quiete, la teoria di Fresnel prevede un cambifiinento della
lunghezza d'onda, mentre nell'ipotesi emissiva questa resta in-
variata; e poiché nella ordinaria teoria della diffrazione le am-
piezze delle frangie prodotte da un interferometro o la posi-
zione delle righe nello spettro normale (cioè prodotto da un
reticolo) è espressa in funzione della sola lunghezza d'onda,
gli Autori citati ne deducono che nell'ipotesi di Fresnel si pre-
vederà uno spostamento delle frangie o delle righe, mentre
nell'ipotesi emissiva non si avrà nessuna modificazione. Tale
spostamento è effettivamente osservato (esso non è che il fe-
nomeno Doppler-Fizeau), e quindi si crede condannata l'ipotesi
L'orrore di questo ragionamento sta nell'ammettere a priori
che le ampiezze delle frangie si esprìmano in funzione della
sola lunghezza d'onda non solo nei sistemi in quiete che è il
caso supposto dell'ordinaria teoria, ma anche quando vi sia
moto relativo delle parti del sistema. Di ciò ci si persuade
facilmente tentando di ripetere, per es., la trattazione elemen-
tare dei fenomeni di diffrazione di Fraunhofer; e del resto basta
ricordare che, se si suppone la sorgente in quiete e l'osserva-
0 TotMi», ' Physical Review „ 81 (1910), p. 26. — W. di Sittsb.
' FroceediugB Akad. Ameterdam ., 15 (1918), p. 1297; 16 (1913), p. 395;
* PhjBikaliacfae Zeitschrift „ 14 (1918), pp. 429, 1267. — E. Fbiidkdlich,
* Phjgikaliache Zeitechrift „ 14 (1913), p. 885. — P. Gcthhice, ' Astron.
Haehrichten „ 195 (1913), Nr. 4670. — Q. Muoraka, ' Bendìconti Àcoad.
dei LiDCeì,, 26 (1918), pp. 118, 155; 27 (1918), p. 402; 'Atti R. Accad.
di Torino ., 53 (1918), p. 793.
C) 'Si confronti, p. ea., le critiche di Stewart alle esperienze di Tolman,
per quanto le apiegaxioDi date da Stewart non mi sembrino Bodditracenti
ai complete (' Phyaical Review ., 31 (1911), p. 26).
Atti della B. Acradeutia — Tol. LV. 26
Digitized^yGOOgle
tore in moto, anche nella ipotesi dì Fresnel la langhecza
d'onda in nn sistema d'assi connessi all'oeserratore non è af-
fetto alterata, e quindi col ragionamento di Tolman e di Ma*
jorana dovremmo attenderci che i fenomeni di difFrazione non
siano modificati, mentre è noto che l'effetto Doppler sì mani-
festa nello spettro normale anche in qaesto caso.
Le obiezioni fatte alla ipotesi emissiva crollano dunque
senz'altro, poiché evidentemente errate, tanto che sarebbero in
contrasto colle stesse ipotesi di Fresnel.
Occorre notare ancora che l'ipotesi emissiva come Ò stata
enunciata finora non è sufficientemente completa per costruire
una teoria ottica. Infatti non dice cosa avvenga della velocità
della luce nella riflessione sa uno specchio in moto (*) e
tanto meno indica le modificazioni prodotte dai mezzi ri-
frangenti.
In altri termini, occorre sostituire prima le ipotesi di Fresnel
con delle nnove ipotesi altrettanto complete e farne poi il con-
trollo sperimentale. Enunciare queste ipotesi e dimostrarle con-
formi alle esperienze fatte è lo scopo dì questa Nota.
Il sistema delle sorgenti luminose, delle superficie riflet-
tenti e dei mezzi rifrangenti sia costituito da parti rigide, cia-
scuna delle quali abbia un qualunque moto di traslazione uni-
forme ('"); gli assi di riferimento siano quelli della meccanica
classica. Ciò posto supporremo quanto segue:
1° La velocità della luce emessa da una sorgente, la cui
velocità è a, è, nel vuoto, e -|~ u ^oa a, dove a è l'angolo della di-
rezione del moto della sorgente con quella di propagazione della
luce, qualunque stano le riflessioni o rifrazioni precedentemente
subite.
(*) Di questo ai h ben aocorto il Michaad (che si riferisce probabil-
mente alle belHasime esperienze di Q. Hi^orana), il quale fa, per la rifles-
sione, precisamente l'ipotesi contenuta nei postulati che enuncio più avanti
e Comptes-Rendus Acad. des Se. „ 158 (1919), p. 507).
('") Per le esperienze di cui si tratta queste coudicioni non sono restrit-
tive, perchè tutte aoddiafatte entro i limiti degli errori di oBseivazione.
D,!„t,zed.yGOOg[e
SULLA TSOBU DEI FENONENI OTTICI, ECC. 381
2" La velocità della luce monocromatica emeesa da detta
sorgente, in un mezzo rifrangente di indice a che si muove con
la telocità v, è
— + « eoe a + (l 1 ) (" C08 p — u eoa a) ,
dove P è l'angolo della direzione di propagazione della luce con la
direzione del moto del mezzo. ^
È chiaro che pei sistemi in quiete bÌ ritrova l'ottica cIab-
sica. Inoltro è indifferente sostituire al primitivo sistema di ri-
ferimento un altro che sia in traslazione uniforme rispetto al
primo, poiché, con le formule date, seguita a valere la regola
di composizione delle velocità della cinematica. Quindi nell'as-
aenza di moto relativo delle parti i fenomeni sono indipendenti
dalla traslazione d'insieme dell'intero sistema.
Quando vi sta una sola sorgente luminosa, ci si potrà rife-
rire ad assi connessi con la sorgente: in tal modo le espressioni
date dalle nostre ipotesi vengono a coincidere con quelle dì
Fresnel nel caso di una sorgente fissa. Si osservi allora che
tutte le esperienze fatte finora suH'infiuenza del moto relativo
di sorgente ed osservatore vertono solo sui termini del primo
ordine, e sono tutte soggette a quelle restrizioni surricordate
che fanno sì che una traslazione d'insieme non modificherebbe
i risultati osservati neanche ammettendo le ipotesi di Fresnel.
Se dunque si tratta di esperienze in cui (noli 'applicare le teorie
di Fresnel) si ritenga fissa la sorgente, avremo gli stessi risul-
tati anche colle nuove ipotesi, poiché si ha perfetta coincidenza
delle formolo ; se invece si ritiene che la sorgente sia in moto,
ì risultati della teoria di Fresnel non restano modificati (nel
1° ordine) dando una traslazione a tutto il sistema che riduca
in quiete la sorgente, e quindi vengono ancora a coincidere con
quelli forniti dalle nuove ipotesi.
Tutte le esperienze eseguite finora (tranne quella di Mi-
chelson, che è contraria alla teorìa di Fresnel) si possono
dunque indifferentemente interpretare colle ipotesi di Fresnel
0 con quelle proposte nella presente Nota: per decidere in
bvore dell'una o delt'allra, tenendo conto dei soli termini del
1* ordine, occorrono misure dirtlte della velocità della luce o,
ciò che è sostanzialmente lo stesso, delle lunghezze di onda.
D,!„t,zed.yGOOg[e
382 CIHO POLI ~ SULLA TBOBlt. DEI FENOHBHI OTTICI, ECa
Le ipoteai proposte son lungi dal costituire Dna teoria
completa dell'ottica dei Biatemi m moto: sì limitano ai moti
imìformi e trattano l'ottica indipeadentemente dai suoi legami
con l'elettrodinamica ; ma ho solo voluto mostrai-e che l'ipotesi
di Ritz sulla velocità della luce non è contraddetta da alcuna
esperienza, A che merita per la sua semplicità di venir adot-
tata almeno come working hypothesis piiì frequentemente che
non si sia fatto BBiora.
Torino, 13 gennaio 1919.
L'Aoeademico Segretario
Cablo Fabbizio Pabona
D,!„t,zed.yGOOg[e
CLASSI UNITE
Adunanza del 16 Febbraio 19S0
PRESIDENZA DEL 30CI0 PROF. COUH. ANDBEA. NACCABI
PRESIDENTE DELL'ACCADEVI A
Sono presentì, della Classe di Scienze fisiche, matematiche
e natarali, i Soci Seqre, Parona, Mattirolo, Grassi, Sohigliana,
Sacco,
e della Glasse di Scienze morali, storiche e filologiche,
i Soci RuFFiNi, Vicepresidente dell'Accademia, Pizzi, Db Sanctis,
Brondi, Einaudi, Baudi di Vbskb, Vidabi, Prato, Ciak, Valhaqqi,
e Stampini Segretario della Classe, che funge da Segretario delle
Classi unite.
È scusata l'assenza del Socio D'Ovidio, Direttore della
Classe di Scienze fisiche.
Si legge e si approva l'atto verbale dell'adunanza delle
Classi unite del giorno 7 dicembre u. s.
Il Presidente dà comunicazione della lettera del Ministro
della Pubblica Istruzione, il quale, rispondendo con data del
10 gennaio u. s. all'ordine del giorno votato dall'Accademia
nella sua adunanza testé ricordata del 7 dicembre 1919, ripete
di non potere elevare l'annua dotazione, pur riconoscendola in>
sufficiente, per la recisa opposizione del Ministro del Tesoro.
Il Socio Orassi legge la relazione della Commissione per
il 21" Premio Bressa relativo al quadriennio 1915-1918. Ter-
minata la lettura, attesoché la Commissione deliberò di chiedere
all'Accademia ' se non sarebbe conveniente sospendere pel mo-
mento il giudizio definitivo sul conferimento del premio ,, pre-
D,!„t,zed.yGOOg[e
384
Bentando nell'ultimo capoverso della relazione due proposte alla
scelta dell'Accademia, il Socio Sbobb propone che ' la conchio-
sione nltima della CommiseioDe sia modificata nel aenso che nn
premio sta conferito ad opere del quadrienno 1915-1918 solo se
in questo quadriennio si troverà un'opera degna del premio ; in
caso contrario i due premi si assegnino ad opere pubblicate
negli anni dal 1915 al 1922 ,. La proposta del Socio Seoke è
combattuta dal Vicepresidente Rcffini, e al dibattito prendono
parte t Soci De Sanctis, SowaLiAMA, Bbondi e Stahfini. Dopo
aoimata discusBione l'Accademia approva unanime la relazione
e delibera di rimandare alla prossima adunanza delle Clas»
unite la votazioue sull'ultima proposta, che è quella di affidare
il compito di nuove ricerche e di una nuova relazione a quella
Commissione che dovrà giudicare dell'assegnazione del premio
Bressa intemazionale per il quadriennio che scadrà nel 1922.
Il Socio SoUGUANA legge la relazione della Commissione
per il Premio Vatlauri riservato alle Scienze fisiche per il qua-
driennio 1915-1918. La relazione è approvata senza dÌBCossione,
e si rimanda alla prossima adunanza la votazione sulla proposta
della Commissioue, che, non essendovi persona a cui possa essere
conferito il premio, " il premio stesso vada ad aumento del
capitale e serva così ad accrescere coi propri interessi i premi
Infine il Socio De SANcrts legge, anche a nome del Socio
Patetta, la Relazione intorno alla seconda conferenza accade-
mica internazionale. La relazione è approvata con plauso dalla
Accademia che di buon grado conviene di esprimere la sua gra-
titudine ed il suo plauso ai Colleghi francesi e segnatamente ai
signori Senart presidente e Hohollk segretario della confe-
renza, e riconosce l'opportunità d'un convegno in Roma di rap-
presentanti delle Classi morali delle singole Accademie Reali
italiane nelle prossime ferie pasquali.
zed.yGOOg[e
RELAZIONE
XXI PREM.IO BRESS-A-
(quadriennio iei5-18)
Nessuna proposta di opere meritevoli di concorrere al
premio fu fatta da soci dell'Accademia. Furono invece presen-
tate dai loro autori le opere seguenti:
1. BfinDENKK VioTOB. — La préveniion de la luberculose.
2. Gbirnhill 0. — N° 5 Memorie relative Et questioni di meccanica,
tre delle quali sono anteriori al 1915, cioè:
Report <m the Theory of a Stream Line post a piane harrier,
and of the discontinuity arising at the edge, mth an appli-
eation of the Theory to o» Aerarne. London, 1910.
The Attraction of a Homogeneoua Spherieal Segment. Baltimore, 1913.
Beport on Gyroscopic Theory. London, 1914.
Quelli compresi nel quadriennio 1915-18 sono:
Theory of a Stream Line post a Curved Wing. London, 1916.
The PoUnlial of a Lem, and Allied Pkysical ProUems. Balti-
more, 1917.
3. Hknby Chablis. — Bayonnement, gravitation, vie. ' Bulletin de
rinstitat general psfchologiqne ,, Paris, 1918.
4. HicKs W. M. — On the enhanced serie» of linea in spertra ofatka-
line earlhs. London, 1915.
A criticai study of spectral series. Parte In. IV, Le prime tre
parU sono anteriori al 1916. La parte IV è del 1916. Londra.
5. Honda (Kotabo) e collaboratori Musakaki, Ókcbo e Ishiwaba. —
N. 13 lavori sulle proprietà magnetiche dei corpi. Tutti com-
presi nel quadriennio :
HoDDA (E.). — On magnetic awdysis as a means of studying the
atructure of iron ailoys, s. 1., 1918.
— 0» the temperature of the reversibìe A, transformation in carbon
ateelt. Sendaì, Japan, 1916.
zed.yGOOg[e
Honda (K.). — A criterion for aUotropie Iraneformationt ùf iron
ai high temperaturea. Sendaì, Japan, 1917.
— On the magnetic investigatian of the atatea of cementite in oh-
nealed and quenched earhon aleels. Sendai, Japan, 1917.
— and MuBAKAHi (T.). — On the thermomagnetic properiiea of the
carbidea found in ateela. Sendai, Japan, 1918.
0» the atructure of the magnet ateela and ita change with
the heat treatments. S«Ddai, Jupan, 1917.
On the atrwAure of tungsten ateela. Sendai, Jspan, 1918.
— and Okubo (J.). — Ferramagnelic auhalaiKeB and crgatala in the
Ughi of Ewing's Theorg of Moleeular Magnetism. Sendaì, Japan,
1916.
On the effect of temperature on magnetiaalion conaidered
front the etandpoint of Ewing'a Theory of Magnetiam. Sendai,
Japan, 1916.
— — On a theory of hyatereaia-loaa bg magnetiaalion. Sendai,
Japan, 1917.
— — On a kinetie theory of magnetiam in general. Sendai, Japan,
1918.
Ibhiwaba (T.). — On the magnetic inveatigation of A^ and A, tram-
formationa in pure iron and steel.
MuBAEAUi (T.). — On the atructure of tron-carbon-chromium aUoys.
Sendai, Japan, 1918.
6. JiFrRBY3 H. — N. 15 lavori di fisica e meccanica terrestre ed
astronomica; tntti compresi nel quadriennio; cioè:
Certain Hypotheaes aa to the Internai Structure of the Earth and
Moon. London, 1915.
The Effect of a Reaìsting Medium on Lagrang^a Three Partidea.
London, 1915.
Two applications of Jacobfa integrai. London, 1917.
The Viscoaity of the Earth. London, 1915.
The Viscoaity of the Earth (Third Paper). London, 1917.
The Compreaaion of the Earth'a Cruat in Cooling. London, 1916.
0» Certain Poaaible Distribuiiona of Meteoric Bodiea in the Solar
System. London, 1916.
The Secular Perturbationa of the Four Inner Pianeta. London, 1916.
The Secular Perturbationa of the Inner Pianeta. London, 1918,
On the Early Hiatory of the Solar System. London, 1918.
lite Reaonance Theory of the Origin of the Moon. London, 1917.
Cauaes contributory to the Annual Variation of Latitttde. London,
1916.
On Periodic Connection Currenta in the Atmosphere. I-IL London,
1917.
>y Google
387
&»ne ProUems of Eoaporation. London, 1918.
Problema of Bimudation. London, 1918.
7. MiBK Albxandbk, — The migration of fish. London, 1916.
8. HiOHAtD FìLix. — N. 5 lavori di fisico-cblmica e t«rmodÌnamicft ;
tutti compreai nel quadriennio; cioà :
Les Solutions des gaz dans lea liqaides. Sxtrait dea "Annales de
Physique „ 9» Serie.
Cotiiribuiion à l'étude des mtìanges. ' Idem ,.
Le principe de Camot et le principe de la dégradatìon et de Pé-
nergie. Nei n' 16-17 della * Berne scientiSque , dell'll, 18,
25 agosto 1917.
Parois aemi-perméàbles et Potentina tkermodi/namiques. Nel n. 21
della " Revne generale des Sciences , del 15 settembre 1917.
Aasoeiation molieulaire et Comìnnaiaon ehimigue. Nel n. 23 ' Id. ,
del 15 dicembre 1917.
9. BiDGBWAT WiLLiAU. — The Dramaa and dramatic Dances of non-
European raeea in special reference to the origin of Oreek
tragedy. Cambridge, 1915.
10. Shaplkt H. and Pbasb, ^ N. 7 lavori di astronomia, tutti com-
presi nel quadriennio, cioè :
Shaplkt (H.). — Oultine and summarg of a Study of magnitudea
in the globvlar dusler Messier 13, 1916 (Publications of the
Astronomica! Society of the Pacific, 1916-1918).
— lite dimensiona of a globvlar ctuster, 1917.
— Qlobxdar cluaterg and the structure of the Galactie at/atem, 1918.
— Studies of magnitudea in alar dustera (Proceedings National
Academy of Sciences. Washington, 1916-1917):
I. On the absorption of light in space. - II. On the se-
quence of spectral types in Stellar revolution. - IIL The
colors of the brìghter stare in four globular systems. ■
lY. On the color of stars in the Galactie clouds surroundìng
Messier II. ■ V. Purther evidence of the absence of scat-
tering of light in space. - VI. The relation of bine stars
and yariables to Galactie planes. - VII, A method for the
determination of the relative distances of globular clusters.
Washington, 1917; 6 fase.
— Studiea baaed on the eolors and magnitudea in ateUar clusters
(Oontrìbutìon from the Monnt Wilson Solar Obssrratory;
Nos 115-117, 126, 133, 151-157):
I, The general problem of clusters. - II. IJiirteen hundred
stars in the Hercules ^ ci uater (Messier 13). - III. A cata-
logne of 311 stara in Messier 67. - IV. The Galactie cluster
- V. Color-indtces of stars in the Galactie clouds. -
zed.yGOOg[e
VI. Od the detorminstion of the dìstances of globulu* cliu-
ters. • VII. The distances, distribatioD in Epace, and di-
mension of 69 globular clnsters. - Vili. The luminosìties
and distances of 139 Cepheid varìables. - IX. Three notes
OD Cepheid varìation. - X. A criticai magnitade in the se-
quence of stellar luminositiea. - XI. A compariaon of the
diatance of varìous celestial objects. - XII. Remarka oq the
arrangement of the sideral universe.
Pkase (Fb. G.) and Shaplit (H.). — Axea ofsymmetry in (flobular
dusters. Washington, 1917 (Proceedìngs National Academy of
Washington, 1917).
— On the dielribiUion of stari in ttodve globular dusters. Washing-
ton, 1917 (Contributiona from tbe Mount Wilson Solar Obser-
vatory, 129; " Aatrophysical Journal „ voi. XLV, 1917).
11. SopfB H. E. — Improvements in the metkod of and means far
compiline tabular and statistical data. Brevetto N. 117834.
London, 1918.
12. WooDWARD Arthur Smith. — Lavori diversi di Paleontol<^(ÌB, tatti
compresi nel quadriennio, cioè:
WooDWARD (A. 8.). — The use of fossil Fiskes in ^raligrajAieal
Oeology. London, 1915.
— The use of the Higher Vertebrates in stratigraphieal Oeotog^.
London, 1917.
— T^ fossil Fishes of the English Wealden and Purbeek forma-
lions. Part I-IL London, 1916-1918.
— A neto specimen of Haurostomus esocinus. London, 1916.
— On a Mammalian ntandiUe (" Cimolestes Cutleri ^ from an
Upper Cretaceous formation in Alberta, Canada. London, 1916.
— Early Man. London, 1917.
— On a new species of Edestus from the Upper Carboniferous of
Workshire. London, 1917.
-- Notes on the Pgenodont Fishes. London, 1917.
— On the Skult of an exttnct Mammal related to Aeluropus from
a Cave in the Ruby Mines at Mogok, Burma. London, 1917.
— The to-calted Coprolites of Ichtht/osaurians and LabyritdhodotUs.
London, 1917.
~ A Ouide to theFosail Bemaitis ofMan. 2'"'edition. London, 1918.
— and Smith (G. Elliot). — Cht a Second Skuil from the Pili-
down Oravel. London, 1917.
— and Dawsos (Ch.). — Oh a Bone implement from Piltdoicn
(SuSaex). London, 1916.
— and Pbtboniitics (B.). — On the Peetoral and Peline Arehes of
the BritishMuseum Specimen of * Arehaeopteryx ,. London,1917.
D,!„t,zed.yGOOg[e
Oltre a questi coacorrenti si era presentato ancbe il signor
Thoral J. M. (pseudonimo Tony Lathor), eoo due opuscoli dal
titolo; La faiUite du monde savatit. Ma lo stesso autore dichiara
nella sua lettera del 30 aprile 1917 che qu^li opuscoli furono
pubblicati prima del 1914; cosicché non è il caso di prenderli
in considerazione.
Anche il concorreute sig. Brudeone non può esaere preso
in considerazione, perchè, dopo aver annunciato di voler con-
correre al premio colla sua opera sulla prevenzione della tu-
bercolosi, si limitò a iax conoscere un indice del contenuto del-
l'opera, che, pare, non sia stata ancora pubblicata.
Conviene poi avvertire che due degli altri undici concor-
renti, cioè il sig. Honda e il sig. Shapley, presentarono i loro
lavori colla dichiarazione di voler coucorrere ai premi che ven-
gono conferiti dalla nostra Accademia, senza indicare precisa-
mente se aspirassero al premio Bressa o al premio Vallaurì;
perciò si è creduto di considerarli come concorrenti ad entrambi
codesti premi.
Ed ecco ora un giudizio riassuntivo sui lavori dei singoli
concorrenti.
QBEENHILL G.
Nei lavoro sulle correnti fluide che incontrano un ostacolo,
l'autore, ben noto già per altri pregevoli lavori, nel campo della
meccanica, intende preparare elementi per la teoria dell'aero-
plano e la tecnica della sua direzione, Sono però ricerche sol-
tanto teoriche, dove vengono riassunte in gran parte teorie note,
dovute, per quanto riguarda le correnti fluide, a geometri ita-
liani, e se ne fanno applicazioni che non implicano novità di
concetti; sebbene siano condotte con scrupoloso metodo scien-
tifico.
Mei lavoro relativo alla teoria del potenziale il Qreenhìll
studia con molta abilità analitica il campo di attrazione dì una
lente piatta. La riducibilità del problema agli integrali ellìttià
era stata dimostrata da Hill; perciò e per quanto interessanti
siano i risultati a cui l'autore arriva, convieo riconoscere che
il contenuto concettuale, essenziale della ricerca non gli ap»
partiene.
D,!„t,zed.yGOOg[e
La Gommisgione quindi ritiene che questi lavori del Greenbill,
nonostante i loro pregi indiacutibili, non presentano tale ca-
rattere di originalità, o tale importanza di risultati da essere
giudicati meritevoli del premio.
HENRT CHABLES.
La Monografia Ra^onnement, Oravitation, Vie, presentata
da questo concorrente, comincia colla esposizione di molte no-
zioni di Fisica moderna, quali il flusso luminoso, la legge di
Lambert, quella di Eirchlioff, quella di Stephan, quella di Dulong
e Petit, la formota di Planck, la teorìa dei Quanta. Cerca poi
di connettere tali nozioni o teorie con delle questioni dì fisica
fisiologica, ritornando spesso a questioni di fisica pura, come
quella della relatività, dì Einstein e Minkowski. Ma pur troppo
non si riesce a comprendere il nesso logico, se veramente esso
esiste, che ha guidato l'autore nel riunire nozioni tanto di-
sparate.
Pare quindi che tale lavoro non possa in alcuna guisa
esser preso in considerazione per il conferimento del premio.
HICKS W. M.
II lavoro presentato costituisce un paziente e minuto studio
crìtico sopra gli spettri in eerie.
Le prime tre parti però sono di pubblicazione anterìore
al 1915, e perciò dovrebbe essere presa in considerazione sol-
tanto la parte Quarta, dove l'autore esamina la struttura degli
spettri emessi sotto l'azione della scintilla elettrìca, e la Nota
ultima sugli spettri delle terre alcaline.
L'argomento studiato dall'autore è assai complesso e su di
esso si hanno già tanti lavori sperimentati e dati d'osservazione
da giustificare forse l'assenza di uno studio sperimentale ori-
ginale nel lavoro del sig. Hicks. Uà d'altra parte, se le con-
fusioni a cui conducono le vane formole o teorìe precedente-
mente' note, a cominciare da quella di Balmer, sono lungi
dall'essere d'accordo, anche il sig. Hicks, quantunque ai sia afor-
D,!„t,zed.yGOOg[e
zato a perfezionare con molta cura e pazienza le idee degli
autori precedenti, non pare aia riuscito a formulare teorie che
rappresentino un progresso notevole nello studio in parola, e
tale da poter essere preso in considerazione per il conferimento
del premio.
HONDA KOTARO.
Le 13 Kote presentate dal Prof. Honda e suoi collaboratori
Murakami, Ishiwara e Okubo, vanno distinta in dne gruppi.
Un primo gruppo di nove Note è dedicato allo studio delle
trasformazioni allotropiche che subiscono il ferro e le sue leghe
ferromagnetiche a diverse temperature, studio eseguito col me-
todo dell'analisi magnetica.
Questo metodo si basa sulla proprietà seguente delle so-
stanze ferromagnetiche, che cioè tali sostanze, poste in un campo
magnetizzante non troppo debole, assumono una intensità dì
magnetizzazione che col crescere della temperatura va dimi-
nuendo, da prima lentamente e poi più rapidamente per annullarsi
infine ad una temperatura critica, che è una costaote caratteristica
della sostanza; inoltre, se questa subisce una trasformazione
allotropica, a una determinata temperatura, la suscettività ma-
gnetica varia bruscamente.
L'autore con numerose esperienze ha voluto dimostrare che
questo metodo d'analisi magnetica permette dì determinare
facilmente e con molta esattezza le temperature a cui avven-
gono le trasformazioni ed anche la natura di esse.
Le ricerche furono estese poi a molte sostanze ferroma-
gnetiche, ferro, acciaio al carbonio, acciaio al tungsteno, leghe
di ferro e cromo, carburi di ferro. Ne risulta veramente ben
dimostrata l'utilità del metodo per riconoscere la struttura delle
diverse leghe nelle varie fasi del riscaldamento e del raffred-
damento. Il gran numero di misure accurate eseguite su mate-
riali di varia composizione, l'accordo dei risultati cosi ottenuti
con quelli forniti dall'analisi termica e microscopica non lasciano
alcun dubbio sulla esattezza delle conclusioni a cuigiungel'autore;
però, salvo in qualche particolare, coteste conclusioni corrispon-
dono in generale a quanto già si conosceva intorno alla strut-
tura degli acciai ed alle trasformazioni che vi si producono per
zed.yGOOg[e
302
effetto del riscaldamento. Non si può dire adunque che si tratti
della scoperta di nuovi fenomeni importanti, ma certamente i
numerosi risultati ottenuti potranno rendere preziosi servìgi
agli studiosi.
L'altro gruppo di quattro Note Sulla teoria molecolare ddìa
magnetizzazione tratta del modo di spiegare ì fenomeni magne-
tici nelle sostanze ferromagnetiche, secondo l'ipotesi dei magne-
tismo molecolare dì Ewing.
L'autore ammette perciò, secondo tale ipotesi, che i corpi
ferromagnetici siano costituiti da complessi elementari formati
di magneti, che si orientano poi sotto l'azione di un campo
esterno, e che la forza direttrice, antagonista, sì riduca a quella
che nasce dalla stessa polarità magnetica permanente degli
elementi.
In seguito, per spiegare certe particolarità del fenomeno,
specialmente della isteresi, fa intervenire anche l'influenza del
moto termico e della viscosità. Ma di tate intervento è fatto
cenno soltanto in termini generici.
Il calcolo conduce a formolo complicate, che l'autore poi
semplifica con qualche ipotesi accessoria. Rtesoe cosi a trovare
una rappresentazione del fenomeno che si approssima abbastanza
ai risultati sperimentali.
Anche il ciclo d'isteresi teorico risulta molto simile a quello
reale nel suo andamento generale, ma ha il difetta che dà un valore
eccessivo del magnetismo residuo, cioè 0,89 del massimo corri-
spondente alla saturazione, cioè almeno una volta e mezza del
vero, e anche piii in molti casi; come del resto aveva già tro-
vato lo Ewing; inoltre questo valore sarebbe costante, mentre
si aa che varia notevolmente da una sostanza all'altra.
Qualche altro punto della dimostrazione teorica del feno-
meno d'isteresi lascia alquanto a desiderare.
In conclusione è questo uno stadio paziente e laborioso,
dove l'autore ha mostrato molta ingegnosità per superare le
difficoltà che gli si presentavano strada facendo ; ma, pur su-
perandone parecchie, non ha fatto che perfezionare alquanto lo
studio del modello di Ewing, senza raggiungere lo scopo, che
a quanto pare egli si proponeva, di mostrare che la semplice
ipotesi di Ewing può spiegare completamente ' ì fenomeni ma-
gnetici.
zed.yGOOg[e
S93
La teoria dell'autore resta sempre un modello, di cui non
ai deve esagerare l'importanza, sia in riguardo al suo grado di
veroBimiglianza, eia in considerazione della sua utilità come
gnida a nuove ricerche.
Tanto pili se si pensa che il far astrazione da qualunque
specie di forze interne molecolari, all'infuorì di quelle che nasce-
rebbero dalla polarità magnetica degli ultimi elementi, sembra
una ipotesi, se non azzardata, almeno tale che avrebbe bisogno
di essere discussa e giustificata, anche per metterla d'accordo
colle odierne vedute dei fisici intorno alla struttura molecolare
dei corpi ; e che effettivamente occorra tener conto dì altre forze,
oltre alla polarità magnetica, Io riconosce lo stesso autore laddove
trova necessario di far intervenire la così detta viscosità e i
moti termici.
I lavori dello Honda sono adunque assai pregevoli, senza
dubbio, ma i risultati ottenuti non hanno qael carattere dì
novità 0 quel grado d'importanza scientifica o tecnica che si
deve richiedere affinchè l'opera possa essere segnalata come
meritevole del premio.
JEFFBEYS HABOLD.
Il gruppo dei lavori presentati dal Sig. Harold Jeffreys
si impone alla nostra attenzione per la varietà grande delle
questioni trattate, che sono tra le più vitali del momento pre-
sente nel campo della geoflsica e della geomeccanica, della
cosmogonia del sistema solare e della meccanica celeste. S'impone
anche per la mole veramente notevole, prodotto di un lavoro
straordinario compiuto nel perìodo esattamente quadriennale
prescritto dal concoreo. È finalmente ammirabile l'ardire col
qnale l'autore attacca problemi nuovi, che sembrano ì meno
accessibili ai metodi matematici e i piìi impenetrabili al potere
dell'analisi .
Dare un'analisi completa della produzione scientifica in
esame non è cosa facile senza uscire dai limiti di una Relazione
accademica, ed entrare in troppi particolari di indole essen-
zialmente matematica. Tuttavia un esame sintetico degli argo*
gementi che sono oggetto delle investigazioni dell'autore ed un
D,!„t,zed.yGOOg[e
riosstinto dei risultati raggiunti può essere sufficiente per dare
un'idea del valore dell'opera.
Nel gruppo delle Memorie riguardanti la geofisiea (N" 1,
4, 5, 6, 12, 13, 14, 15) troviamo dapprima nn lavoro di crìtica
intomo alle ipotesi sulla struttura interna delta terra. L'autore
parte dalle equazioni stabilite da Herglotz per l'eqiiilibrìo ela-
stico di un solido costituito in modo conforme all'ipotesi di
Wiechert, cioè da un nucleo centrale e da una crosta super*
Sciale di densità diversa, ed arriva ad una conferma dei numeri
dati dallo stesso Wiechert per le densità ed il rapporto dei
raggi.
Discute anche alcune ipotesi sulla struttura della luna e
tenta una spiegazione del fatto che essa mota mostrando sempre
alla terra la stessa faccia.
Altri lavori sono dedicati alle relazioni tra le costanti di
elasticità e di viscosità della terra ed i fenomeni della marea
e della nutazione euleriana, e ad una valutazione delle pressioni
superficiali, che devono svilupparsi per effetto della contrazione
dovuta si raffreddamento.
Di assai notevole importanza è la ricerca dedicata alle
cause che possono produrre i movimenti del polo terrestre, ossìa
le variazioni di latitudine. In linea generale è noto che esse, in
quanto si sovrappongono alla nutazione euleriana, dipendono da
variazioni di densità o di distribuzione dì massa nel globo ter-
restre. L'autore con acuta analisi ricerca gli effetti che sugli
spostamenti del polo possono produrre i movimenti periodid
dell'atmosfera e le conseguenti variazioni di pressione e di li-
vello oceanico, le correnti prodotte da differenze di temperatura
nei mari e le precipitazioni atmosferiche. Un'altra causa, pure
di carattere periodico, e che l'autore con ipotesi speciali sotto-
pone al calcolo, è la variazione di massa superficiale dovuta
allo sviluppo della vegetazione nella stagione estiva. Natural-
mente, estremamente incerti devono essere i dati di partenza
ipotetici in una questione di tal genere, ma è notevole il fatto
che l'autore abbia potuto attaccarla. Si occupa infine degli ef-
fetti dovuti alte glaciazioni polari.
A problemi speciali, che si connettono colla ricerca prece-
dente, sono dedicati varii altri lavori sulle correnti di conve-
zione nell'atmosfera, ed a quelli che l'autore chiama Problemi
.D,!„t,zed.yGOOg[e
af evaporation e I^oblems of denudaiion, e cioè alla diffusione
del vapor acqueo nell'aria ed agli effetti che la precipitazione
esercita sul suolo come agente di abrasione e di sedimentazione.
Con metodi analoghi l'autore prende a trattare quistioni
fondamentali di meccanica del siatema solare (N' 2, 3, 7, 8, 9,
10, 11). Le modificazioni che l'ipotesi di un mezzo resistente
porta al movimento nel problema dei tre corpi sono discusse
in due Note. Un'ampia Memoria è dedicata alla legge di distri»
buzione dei corpi meteorici nel sistema solare, considerati come
sciami di meteore moventisi intorno ad un grosso nucleo. Am-
messo il moto stazionario e simmetrico rispetto ad an asse,
l'autore trova che gli urti reciproci devono portare le orbite
meteoriche ad avvicinarsi a cerchi giacenti in uno stesso piano.
È questo un risultato applicabile all'anello di Saturno.
Un'altra Memoria è dedicata alla discussione della possi-
bilità di formazione del sistema solare per condensazione da
una massa gassosa, e l'autoie esclude la possibilità che i pia-
neti esistenti abbiano avuto una origine di questa specie, tolta
la luna.
Non è facile seguire l'autore nella molteplicità delle con-
clusioni a cui arriva in questioni così complesse. Tuttavia la
facilità con cui egli enumera una folla di risultati e la recisione
delle affermazioni, confrontata ooll'abbon danza dell'elemento
ipotetico, non possono a meno di lasciare il lettore perplesso
intorno al valore definitivo di queste ricerche scientifiche.
In conclusione, volendo riassumere in un giudizio sintetico
l'impressione nostra sull'opera dello Jeffreys, dobbiamo dire che,
pur accettando senza troppo discutere le conclusioni a cui egli
arriva, queste non assurgono alla importanza di risultati nuovi,
che segnino progressi sostanziali nella scienza della terra e del
cosmo. Mancando quindi, sia l'originalità vera del metodo ma-
tematico, sia l'importanza decisiva dei risultati raggiunti dal
punto di vista fenomenologico, la Commissione, pur riconoscendo
nell'autore attitudini brillanti di ricercatore, che potranno in
seguito condurlo' ad una elevata posizione nella scienza, non
crede, nelle condizioni attuali, di poterlo proporre per il premio
Bressa.
Atti dilla S. Accademia -
D,!„t,zed.yGOOg[e
HEEK ALEXANDER.
L'autore ha raccolto in un volarne ì dati re1atÌTÌ alle mi-
grazioni dei pesci, che formano oggetto dell'iuduBtria della pesca,
e nel volume è seguito l'ordine sistematico, come piti raziousle,
anche per agevolare la consultazione.
Ogni capitolo tratta di una sottoclasse, o di on ordine, di
un BOtt'ordine o di un gruppo sistematico piii ristretto, a se-
conda della sua importanza o della ricchezza in specie pesche-
recce.
tTna breve introduzione pone il pro&no al corrente delle
cause biologiche e geologiche di migrazione, e della letterato»
generale sa questo soggetto. Nei capitoli relativi ai vani gruppi
sistematici sono pnre indicati ì lavori dai quali l'autore ha ri-
cavato le nozioni diligentemente coordinate nei capitoli stessi e
corredate da buon numero dì figure, dì diagrammi, di cartiDe
in parte originali. Ogni capitolo ha quindi valore di un'acco-
rata compilazione nella quale il lettore può trovare quanto si
riferisce alla biologìa dei varii pesci, sia marini che d'acqua
dolce. Particolarmente sviluppati sono i capìtoli che riguardano
le aringhe, i salmoni, i merluzzi.
È fatto un largo posto alla embriologia, al comportamento
delle larve e degli avanotti, tenendo per6 presente la pratica
utilità di questi soggetti. Chiude il volume on breve riassunto
con considerazioni generali sulle migrazioni e la distribuzione
geografica in senso orizzontale e verticale.
L'opera del Meek può essere vantaggiosamente consultata
nei riguardi delle norme da seguire e da impartire per disci-
plinare la pesca, e aopratatto le grandi pesche, senza turbare
le condizioni biologiche delle varie specie che sono oggetto di
commercio e senza ostacolare la loro riproduzione.
Non è tuttavia, per originalilÀ dì trattazione e per iInpo^
tanza scientifica dei risultati, oos) notevole da poter essere se-
gnalato come degno del premio Bressa.
D,!„t,zed.yGOOg[e
MICHAUD FÉUX.
Il lavoro principale del Michaud è uoa estesa Memoria dal
titolo Contribution à l'étude dea mélanges, pubblicata negli * Àn*
nales de Physique , del 1916. In questo lavoro l'autore intro-
duce alcuni nuovi concetti relativi alle pareti semipermeabili,
di cui si fa tanto ubo nello studio delle trasformazioni dei mi-
scugli, applicando i princìpi della termodinamica; e in parti-
colare l'autore vuol dimostrare la opportunità di considerare
delle pareti permeabili soltanto all'entropia e impermeabili alla
materia. Stabilisce quindi alcuni teoremi fondamentali e ne fa
l'applicazione a diversi casi di miscugli.
Le questioni trattate nelle altre pubblicazioni, cioè una
Memoria dal titolo Les solutions dee gaz dona les liquides negli
* Ànnsles de Physique ., un articolo nella ' Revue Scìenti-
fique , sul principio della degradazione dell'energia, e due brevi
Note nella * Revue Generale dea Sciences purea et appliquées ,
si riferiscono al medesimo argomento e si svolgono intorno ai
medesimi concetti stabiliti in quella prima Uemoria. Degna di
nota è specialmente la trattazione di alcune questioni relative
alla soluzione dei gas nei liquidi, dove giunge a spiegare in
modo plausibile alcune particolarità interessanti intomo al com-
portamento di tali soluzioni.
In complesso però i procedimenti ideati dall'autore non
conducono alla scoperta di fatti o leggi nuove dì notevole im-
portanza; una gran parte dei risultati si limita ad una con-
ferma dì leggi e proprietà note. Rimane infine l'impressione
che i metodi suggeriti dall'autore per studiare o dimostrare le
proprietà dei miscugli non oGFrano neppure in generale il van-
taggio di una maggiore semplicità e chiarezza nel procedimento
dimostrativo.
L'opera del Michaud è certamente pregevole e meritevole
di molta considerazione dal punto di vista del metodo dì ricerca
scientifica; ma non raggiunge tal grado d'importanza da indurre
la Commissione a proporla come degna del premio.
D,!„t,zed.yGOOg[e
RIDGEWAY WILLIAM.
Noto pel suo libro Tke origin of metallic currency and
weight standards, l'Autore presenta per il premio Biessa ti vo-
lume: The Dratnas and dratnatie Danees of non- European racea
in special referenee to the origin of Greek tragedy, Cambridge 1915,
che sì collega con un auo precedente lavoro dal titolo The
origin of tragedy with special referenee to the Greek 'tragedians.
In quest'opera egli sosteneva che la tragedia greca ha ori-
gine esclusiva dalle primitive celebrazioni degli eroi, cioè dei
defunti eroizzati. Che in tale teoria siano parecchi elementi di
verità non pare discutibile. Ma essa sembra per un lato con-
nettersi troppo strettamente con la dottrina della origine esclu-
siva della religione dal culto dei morti, che ora è generalmente
sostituita da dottrine più larghe e comprensive, e per l'altro
non tener conto sufficiente della parte fondamentale, ben rile-
vata ad esempio dal Dietertch, che ebbero nella formazione del
dramma i sacri dromena dei misteri.
Alla difesa della propria teoria contro le obiezioni altrui,
difesa sempre acuta, se non sempre convincente, dedica il
Ridgeway l'ampia introduzione del nuovo libro. Nel quale poi, a
rincalzo della teoria sulla tragedia Greca, egli studia antiche e
moderne notizie sui sacri drammi e le sacre danze dell'Asia
Occidentale, dell'Egitto, dell'India, di Oiava, dell'Indocina, della
Cina, del Giappone e d'altre regioni e giunge alla conclusione
che Drammi e Danze son collegati col culto dei morti e che in
generale totemismo e venerazione di spiriti delle piante sono
formazioni secondarie, germogliate dalla fede nella esistenza
dell'anima dopo la morte.
Questa trattazione, per quanto ricca di materiali preziosi,
lascia perplessi non meno della precedente sulla tragedia Greca.
Che ci siano danze e rappresentazioni sacre connesse col
culto dei morti, su cib non cade dubbio; ma che tutte le danze
e rappresentazioni sacre siano, almeno in origine, connesse con
quel culto, questo non appare appieno dimostrato. E, convìen
dire, la dimostrazione riesce tanto meno efficace e persuasiva,
in quanto nel campo della letteratura Indiana, della Egittologìa,
zed.yGOOg[e
deirislam, della lettern.tiira dell'estremo oriente, 6 in quello
stesso della storia comparata delle religioni^ il Ridgeway si
muove con assai minore sicurezza d'informazioni (se non di giu-
dizio) che non in qaello a lui più famigliare della letteratura
Greca.
Ciò non toglie che il libro costituisca nel tatto insieme un
importante contributo alla storia della Drammatica; ma i suoi
pregi non sembrano tali da renderlo meritevole dì esser preso
in considerazione per il conferimento del premio.
H. E.
n Sig. Soper H. E. presenta un suo brevetto dal titolo:
* Improvements in the method of and meana for compiling ta-
bular and statistical data (1918) ,.
Sono già in uso presso parecchi uffici statìstici apparecchi
o meccanismi intesi a rendere più rapida, meno faticosa e più
sicura tanto l'operazione di classìGcare i singoli casi osservati,
a seconda di certi caratteri o combinazioni di caratteri, quanto
quella di contare il numero di individui aventi un dato carattere
o combinazione di caratteri.
Il dispositivo ideato dal Soper vorrebbe essere una modifica-
zione e un perfezionamento di quelli in uso: ma ei tratta di
una invenzione che manca di carattere scientifico, e per quanto
possa presentare una certa utilità pratica nella compilazione di
tavole statistiche, non è certamente di tale importanza da poter
essere presa in considerazione per il concorso al premio Bresea.
SHAFLEY H.
L'opera che lo Shapley espone nelle sue 12 Memorie con-
siste di due parti. La prima, di carattere osservativo, consiste
nell'indagare nei diversi ammassi stellari {cluster) globulari il
comportamento delle grandezze stellari apparenti in rapporto
coli' index cohris; vedere cioè per ogni index coloris, ossia per
ogni tipo spettrale, il numero delle stelle rispondenti a ciascuna
grandezza apparente.
D,!„t,zed.yGOOg[e
400
L'autore, pur limitando le oBservazioni a quattro o cinque
grandezze, in alcuni ammassi, giunge ad un risultato degno della
masaima attenzione; cioè che, crescendo l'ordine di grandezza,
ossia diminuendo lo splendore apparente da nna stella a un'altra,
diminuisce, nelle stelle dei detti ammassi, anche l'index colorii;
le stelle più lucide hanno sempre piìi gradi dì rosso che le piò
deboli.
Una prima conclusione che l'autore trae da queste oeser-
vazioni è che si possa ritenere nuUa, o trasonrabile, l'estinàone
della luce negli spazi interstellari. Ma a questo risultato n
possono muovere serie obiezioni, cosicché esso va considerato
come assai dubbio, essendo forse probabile che l'afisorbimento,
tanto generale, quanto selettivo, non sìa trascurabile fuori del
piano Galattico, allo stesso modo come non lo è (ed anche Io
Shapley lo sa) nel detto piano.
La seconda parte del lavoro concerne la determinazione delle
parallassi degli ammassi globulari.
Tre sono i metodi impiegati dall'autore per la stima delle
distanze. Il primo, che fu già ideato dallo Hertzsprung, si basa
sulla ipotesi che la grandezza assoluta delle stelle variabili del
tipo di d Cephei, dette appunto Cefèidi, sia funzione del solo
periodo. Il secondo è un metodo che si fonda in massima su di
un principio, pure già ammesso da altri, che cioè un ammasso
il quale mostri stelle più lucide di un altro è probabilmente
più vicino.
Pih spedito è il terzo metodo, che consiste nel desumere la
distanza degli ammassi dai loro diametri angolari, ammettendo
che su per gih abbiano tutti la stessa estensione assolata nello
spazio.
Una trentina di ammassi, trattati coi due primi metodi, gli
danno un diagramma che mette a riscontro la distanza col
diametro apparente, e da questo diagramma egli attìnge per gli
altri ammassi, di cui è solo noto il diametro, la distanza.
In base ai precedenti metodi è possibile allo Shapley pro-
cedere ad una grande ricostruzione dell'universo siderale, dove
ad ogni oggetto celeste è assegnato il suo posto, sia rispetto
all'osservatore terrestre, sia rispetto al piano centrale della
Galassia. Ma tutto questo edifizìo, attese le enormi incertezze
onde sono affette le parallassi determinate dall'autore, è dubbio
zed.yGOOgle
401
ohe possa reggere alla prova dei fatti cbe verranno in Ince nel-
l'avvenire. Basta ad avvalorare questo dubbio osservare le enormi
differenze fra le parallassi determinate dallo Shapley e quelle
calcolate dallo Schouten per gli stessi ammassi, in base alle curve
di luminosità di Kapteyn.
La lettura delle 12 Ifemorie presentate dallo Shapley rivela
nell'autore una rara abilità net trarre partito dalle osservazioni
in modo da ricavarne quanti più risultati è possibile; ma rivela
anche una certa fretta. E conseguenza di ciò è anche qualche
contradizione; così, ad esempio, mentre nella seconda Memoria
la distribuzione pecnliare dei cluster globulari e la loro grande
distanza mostrano che essi non fanno parte del sistema galat-
tico, e cbe questo sia distintamente fuori del centro di gravità
di quell'ordine di sistemi, nella dodicesima Memoria l'universo
galattico comprende anche ì cluster globulari, e non c'è più
luogo a pluralità di sistemi. Questo cambiamento di concezione
fra il principio e il termine del lavoro fa capire quanto ancora
siano scarsi e incerti i dati d'osservazione, perchè se ne possa
trarre quella solida costruzione dell'universo che lo Shapley
vagheggia.
L'opera delio Shapley è indubbiamente meritevole di grande
encomio, e fornisce allo studioso una quantità di dati e di con-
siderazioni preziosissime, ma non raggiunge tale grado di per-
fezione da indurre la Commissione a proporre che il premio gli
sia conferito.
ARTHUR SMITH WOODWARD.
Conservatore di Geologia nel Brìtish Museam, presenta
numerose pubblicazioni, delle quali una in collaborazione con
Ch. Dawson e un'altra con B. Petronievìcs. Di vario argomento
paleontologico, sono in generale descrizioni di fossili di notevole
importanza, ed una sola è di carattere monografico. Due sono
discorsi presidenziali tenuti alla Società Geografica di Londra
nel 1915 e 1916, nei quali l'A. delinea e illustra l'importanza
ohe hanno i resti fossili dei vertebrati nella Geologia storica.
Quattro Note sono di argomento antropologico, ed in par-
ticolare degna di menzione l'istruttiva guida alla collezione degli
avanzi fossili dell'uomo nel Museo Britannico, e l'interessante
D,!„t,zed.yGOOg[e
402
studio sopra una distinta fonna di ud uomo primitivo (* On a
eecond skull, etc. ,).
Altre due riguardano pure doi resti di mammiferi; in una
considera un genere che ritiene nuovo (Àelureidopus), e nell'altra
degli avanzi di Gimolestes del Cretacico del Canada. Sono inoltre
da ricordare la breve Nota nella quale discute sull'attribuzione
di certe Coproliti ai Selacìdì piuttosto che ai Rettili, e l'inte-
ressante breve scritto: * On the pectoral and pelvic arches of
Àrchaeopteryx ,, in cui l'autore ravvisa caratteri essenzialmente
SBuroidi con qualche analogia con archi dei viventi fiatiti.
Ma i lavori più importanti del Woodward sono quelli che
prendono in esame i resti fossili dei Pesci, come lo scritto sopra
' A new species of Saurostomus esocinus , (1916), le ' Notes
on the Pycnodont fishes , (1917), la descrizione dell'Edestus Kew-
toni (1917), e sopratutto la Monografia sopra ' The fossil Fishes
of the englìsh Wealden and Forbeck formatione (part 1, II) .,
della quale furono pubblicati finora due fascicoli nelle Me*
morie della Paleontographical Society di Londra (1916-1918).
Si tratta di una accurata descrizione sistematica, corredata d&
numerose figure nel testo e da molte tavole, nella quale è esa-
minata la ricca fauna fossile dei pesci del Wealdiano e del
Porbeckiano inglese, a cominciare dagli Elasmobranchi, coi generi
HyboduB, Àcrodus, Asterocanthus, ed il nuovo genere Mylaeo*
bates. In seguito si passa allo studio particolareggiato dei Te-
leostomi, numerosissimi,' appartenenti a parecchi generi, dne
nuovi (Eomesodon, Enchelyolepis). Ma la estesa monografia è
per ora incompleta e non può essere considerata nei suoi risultati
e nelle conclusioni geostoriche e biologiche; sicché la Commis-
sione, che ha fissato particolarmente la sua attenzione sopra
questo lavoro dell'insigne paleoittiologo, non è in grado di ap-
prezzarne tutta l'importanza e non crede di poterlo proporre per
il conferimento del premio,
In conclusione nessuno dei concorrenti vien giudicato me-
ritevole del premio.
Considerato l'esito negativo del concorso, la Commissione
crede opportuno avvertire che tale risultato può attribuirsi a
diverse cause, dipendenti dalle condizioni eccezionali in cui si
è svolto il quadriennio 1915-18, coincidente si può dire eeatta-
zed.yGOOg[e
403
mente col periodo della guerre mondiale, condizioni che, se da
un lato hanno potuto distrarre le menti e l'attività degli stu-
diosi e impedir loro di compiere un lavoro regolare e proficuo
nel campo acientifico, d'altre parte hanno reso anche difficile il
compito della Commissione e dei soci tutti dell'Accademia nella
ricerca e nell'esame di lavori scientifici compiuti e di opere
pabblicate nel detto quadriennio, tali da meritare di essere prese
in considerazione nel concorso al premio.
La GommÌB3Ìone perciò sente il dovere di t&t presente al-
l'Accademia questo stato di cose e di chiedere nello stesso
tempo ee non sarebbe conveniente sospendere pel momento il
giudizio definitivo sul conferimento del premio, per provvedere
ad integrare il lavoro di ricerca e di eeame di quelle opere che,
pur essendo state pubblicate nel quadriennio scaduto, potessero
per avventura essere efuggite all'attenzione della Commissione
o dei Soci, ed essere così rimaste sconosciute.
La proposta della Commissione sarebbe dunque di rinnovare
la procedura regolare per il concorso intemazionale al premio
Breeea, relativo sempre ai soli lavori pubblicati nel quadriennio
scaduto 1915-18; nominando perciò di nuovo una prima Commis-
sione, che dovrà poi essere integrata a norma del Regolamento,
e assegnando un termine alla detta Commissione per presentare
la sua Relazione; o meglio affidando il compito medesimo alla
Commissione che dovrà giudicare dell'assegnazione del premio
Breasa internazionale per il quadriennio che scadrà nel 1922; la
quale Commissione avrebbe quindi da conferire due premi, uno
per le opere compiute e pubblicate nel quadriennio 1915-18 e
l'altro per quelle del quadriennio seguente 1919-22.
La Cotmnisaione
Presidente
ÀMDBBA NaCCAHI
CabIìO Fabrizio Paroha Gaetaho De Sanctis
CoBRADO Seghe Fbdebico Patetta
Guido Orassi Scgretirìo Relatore Ettore Stampini
Carlo Sohioliana Francesco Rdftini
Quirino Majorana Ernesto Scuiaparelu
D,!„t,zed.yGOOg[e
RELAZIONE DELLA COMMISSIONE
J^REMIO VALLAXJRI
(quadrleruilo 1815-18)
I concorrenti al premio Vollauri dei qaflli la Commissione
ha esamÌDate le opere sono i sigg. D' Pisani Michele, Musciacco
Augnato, Leonardi- Cattolica amm. Pasquale col Maggiore Luria
Aristide, Vecellio Alessandro, Vebson prof. Enrico, Babkes
Qeorge Edward, Shaplet H., Eotaro>Honda, e Cibinu Egieto.
Nessuna proposta pel premio fu fatta dai Soci dell'Acca-
demia. Le memorie presentate dai concorrenti sono le seguenti :
1. Prof. CiBiNsi. — Quattro esemplari del N. 5 dell'anno VII del
periodico ' Fides e Labor , del Collegio Santa Maria, Organo
dell' Asaociszione degli antichi allievi.
2. PlBANI UlOHBLI fu AlTOMBO :
a) Cura del Tracotrta e della Cheratite vascidosa superficiale
(panno grasto ddla cornea) con fanto-aiero-terapia. Go-
eenza, Tip. Municipale B. De Bose, 1914.
b) La Cataforesi nella terapia deUe lesioni sifilitiche déU'occhio.
Cosenza, Tip. Municipale B. De Bose, 1915.
3. Musciacco Augusto da Lecce. — Per im piccolo misero nd vor-
tice dei liquidi. Lecce, Tip. Editrice Leccese, 1917.
— // Restometro. Lecce, Tip. Editrice Leccese, 1917.
— Il Restometro. Riassunto.
— Postilla sulla differenza di tdtezza tra due battenti, ecc.
— Delle illusioni oUiche spaziali in reazione con la rHina umana.
Lecce, 1918.
— Un tratto d'unione tra spirito e materia (CoDsideraxiom di
fisica organica). Lecce, 1918.
4. LioxABDi Cattolioa S. e. Pasquali e Luhia Maggiore Aristidb. —
Fari e segnali marittimi. Torino, Stab. Doyen di L. Simondetii.
— Documenti a schiarimento A a I (N. 9).
zed.yGOOg[e
406
6. TioxLLio Alubahvbo. — Equilibrio cotmieo. P. X*, S esemplari.
Peltro, Stabil. Tip. P. Castaldi di 0. BoBChiero. 1916.
6. VuBOH Ekbioo. — Il FilugMo e l'arie di governarlo. Eoma-Napolì,
Società Editrice Libraria, 1917.
7. Baku» Obomb Ewabo. — The Etiologi/ of dieturbancea of the heart
beat. Boston, 1917.
— 7^ rationaìe of Neurasthenia and of ditturbanees of arUrial
tension. Boston, 1917.
8. Shaplkt (H.). — Outline and summary of a Stud^ of magmludes
in the globuìar clutter Meaeier 13, 1916 (PnbUcatiODs of the
Astronomical Society of the Pacific, 1916-1918).
— The dimensiona of a globuìar duater, 1917.
— Gtìobular duaters and the strueture of the Oalatìie system, 1918.
— Studies of magnitudes in star duaters (Proceftdiags NatioBlJ
Academj of Sciences. Washington, 1916-1917):
I. On tbe BbsoTption of light in space. - II. On the se-
qiience of spectral tTpes in Stellar revolution. - III. The
colors of the brighter stArs in fonr globuìar systems. -
lY. On the color of stara in the Gnlactie clonds sorroonding
Messier 11. - V. Furtfaer eridence of the absence of scat-
tering of ligbt in space. - VI. The relation of blue stars
and rariablea to Oalactìc planes. - VII. A metbod for the
determinatioa of the relative distoncee of globolar clastetB.
Washington, 1917 ; 6 fase.
— Studies based on the colors and magnihtdea in stellar duaters
(Gontribution firom the Moiint Wilson Solar Obserratory ;
Noa 115-117, 126, 133, 151-157) ;
I. The general problem of clastera. - II. Tbirteen hundred
stara in the Hercates closter (Messier 13). - III. A cata-
logne of SII stare in Messier 67. - IV. The Qalactic cluster
MesBÌer 11.- V. Color- indi ce a of atars in theGalactic cloads.-
VI. On the determisation of the diatances of globuìar clns-
ters. - VII. The diatances, distributioa in space, and di-
menaioa of 69 globuìar clnsters. - VIII. The luminosities
and distonces of 139 Cepheid variables. - IX, Tbree notes
on Cepbeid variatian. - X. A criticai magnitude in the se-
quence of stellar luminosities. - XI, A comparison of the
dietance of rariona celestial objects. - XII. Bemarka on the
arrangement of tfae sideral universe.
9. PsAra (Fb. 6.) and SH&PLax (H.). — Axes of aymmetry in globuìar
duaters. Washington, 1917 (Proceedings National Academy of
Washington, 1917).
— On the diatribution of atars in twdve globuìar dusters. Washing-
D,!„t,zed.yGOOgle
406
ton, 1917 (ContrìbutìoDB from the Moniit Wilson Solar ObsAi^
Tatory, 129; ' Astrophjaical Journal,, yol. XLV, 1917).
10. Honda (K.). — On magnetic analysi» aa a meana of aUidging tke
stntcture of iron ailoys, b. I., 1918.
— On the temperature of the reveraiile A, Iransformaiion in carbtm
ateels. Sendai, Japan, 1916.
— A criterion for alìolropic transformations of iron ai high tem-
peralurea. Sendai, Japao, 1917.
— On the magnetie investigation of the states of cementite in An-
nealed and Quenched carhon steels. Sendai, Japan, 1917.
— and MoBAKAHi (T.). — On the thermomagnetic pr<^erties of the
carbidea found in steels. Sendai, Japan, 1918.
On the atrueture of the magnet steda and ita ehange wUh
the heat treatmenta. Sendai, Japan, 1917.
— — On the atrueture of tungaten sleda. Sendai, Japan, 1918.
— and Òkuso (J.), — Ffrromagnetic aubstances and ergstals in Ihe
tight of Emng'a Theory of MóUcular Magnetiam. Sendai, Japan,
1916.
— — On the effect of temperature on magnetiaation considerei
from the atandpoint of Eunng's Theory of Magnetiam. Sendai,
Japan, 1916.
— — On a theory of hystereaia-hsa by magnetiaation. Sendai,
Japan, 1917,
— — On a kinetic theory of magnetiam in general. Sendai, Japan,
1918.
11. MnBAKAMi (T.). — On the atrueture of iron-carbon-chromium ailoya.
Sendai, Japan, 1918.
La Commissione dopo un primo esame ha concluBO che non
potessero essere prese in considerazione agli eSetti del concorso
le due memorie del D'' Pisani coi titoli: Cura del Tracoma <
delUt Cheratite vaaculosa; La Cataforesi nella Terapia, in quanto
non contengono che osservazioai d'indole clinica, senza alcuna
ricerca originale. Le osservazioni sono anche in numero limi-
tato e troppo compendiosamente descritte per poter portare ad
alcun convincimento sulla bontà dei metodi curativi proposti
dall'autore.
Parimenti fu esclusa l'opera presentata dal sig. Alessandro
Vecellio col titolo: Equilibrio coamico. Parte I: L'equilibrio nd
mondo fisico, perchè mancante di serietà scientifica. Altrettanto
dicasi di UD breve scritto riguardante una pretesa scoperta del
zed.yGOOg[e
407
9Ìg. CiRiNEi, inserito nel periodico " Fides et Labor , col titolo:
Una sorpresa dell'indagine sperimentale.
Ispirate ad un puro dilettantismo scientifico, e non basate
che sulla più ingenua intuizione sono le memorie presentate dal
sig, cav. Augusto MosciACOo coi titoli : Per un piccolo misero
nel vortice dei liquidi; Delle illusioni ottiche spaziali in relazione
con la retina umana; Un tratto d'untone tra spirito e materia.
A questi lavori d'indole quasi filosofica il sig. Musciacco
aggiunge la descrizione di un suo apparecchio costruito allo
scopo di ottenere la costanza nell'afflusso dei liquidi, e che non
presenta che modificazioni di poco significato rispetto ad appa-
recchi notissimi.
Ragioni intrinseche consigliarono perciò di non prendere in
considerazione i lavori del sig. Musciacco.
Passando ad opere di ben maggiore importanza e serietà,
la Commissione ha preso in attento esame l'opera in due vo-
lumi : Fari e segnali marittimi presentata dai sigg. Ammiraglio
Pasquale Leonabdi-Cattolica e Gap. del genio Aristide Lubia.
la essa è esposto tutto quanto riguarda il segnalamento ma-
rittimo, servizio di primaria importanza e 'di grande interesse
internazionale. Quest'opera è di importanza fondamentale per la
Marina italiana, la quale prosegue l'opera patriottica iniziata
dall'ammiraglio Magnaghi per emancipare i nostri servizi ma-
rittimi dagli stranieri.
Non si può che compiacersi coi due egregi autori che hanno
saputo esporre con chiarezza tutti i principali progressi della
scienza moderna relativi all'illuminazione delle coste per la si-
curezza della navigazione. Tuttavia la Commissione deve con-
cludere per la non presa in considerazione dell'opera stessa, in
quanto non si possono in essa riconoscersi quei caratteri di ri-
cerca originale scientifica, che costituiscono la condizione fonda-
mentale pel conferimento del premio.
Il prof. Kotaro Honda, insieme ai suoi collaboratori Mu-
rakami ed Okubo ha inviato due gruppi di memorie che la Com-
missione ha ritenuto come presentati, oltre che por il premio
Bressa, anche pel premio Yallauri.
Le 13 N'ote presentate dal Prof. Honda e suoi collaboratori
vanno distinte in due gruppi.
Un primo gruppo di nove Note è dedicato alto studio delle
zed.yGOOg[e
408
trasformazioni allotropicbe che sabiscono il ferro e le soe leghe
ferromagnetiche a diverse temperature, stadio eaegaiio col me-
todo dell'analisi magnetica.
Questo metodo si basa sulla proprietà segaento delle so-
stanze ferromagneticbe, che cioè tali sostanze, poste in on campo
magnetizzante non troppo debole, assumono una intensità di
magnetizzazione che col crescere della temperatura va dimi-
nnendo, da prima lentamente e poi più rapidamente per annallata
infine ad una temperatura critica, che è una costante caratteristica
della sostanza; inoltre, se questa subisce una trasformazione
allotropica, a una determinata temperatura, la suacettÌTità ma-
gnetica varia bruscamente.
L'autore con numerose esperienze ha voluto dimostrare che
questo metodo d'analisi magnetica permette di determinare
fiacilmeDte e con molta esattezza le temperature a cnt avven-
gono le trasformazioni ed andie la natura dì esse.
Le ricerche furono estese poi a molte sostanze ferroma-
gnetiche, ferro, acciaio al carbonio, acciaio al tungsteno, l^be
di ferro e cromo, carburi di ferro. Ne risulta veramente ben
dimostrata l'utilità del metodo per riconoscere la struttura delle
diverse leghe nelle varie fasi del riscaldamento e del raft«d-
damento. Il gran numero di misure accurate eseguite su mate-
riali di varia composizione, l'accordo dei risultati così ottenuti
con quelli forniti dall'analisi termica e microscopica non lasdaoo
alcun dubbio sulla esattezza delle conclusioni a cui giunge l'antorei
però, salvo in qualche particolare, cotesto conclusioni corrispon-
dono in generale a quanto già si conosceva intomo alla stmt-
tura degli acciai ed alle trasformazioni che vi si producono per
eletto del riscaldamento. Non si può dire adunque che si tratti
della scoperta di nuovi fenomeni importanti, ma certamente i
numerosi risultati ottenuti potranno rendere preàoù servigi
agli studiosi.
L'altro gruppo di quattro Note Sulla teoria molecolare della
maffnetizzazioné tratta del modo di spiegare i fenomeni magne-
tici nelle sostanze ferromagnetiche, secondo l'ipotesi del magne-
tismo molecolare di £wìng.
L'autore ammette perciò, secondo tale ipotesi, che i corpi
ferromagnetici siano costituiti da complessi elementari formati
di magneti, che si orientano poi sotto l'azione di un campo
D,!„t,zed.yGOOg[e
409
eeterno, e che la forza direttrice, antagonista, si riduca a quella
che naace dalla stessa polarità magnetica permanente degli
elementi.
In seguito, per spiegare certe particolarità del fenomeno,
specialmente della isteresi, fa intervenire anche l'influenza del
moto termico e della viscosità. Ma di tale intervento è fatto
cenno soltanto in termini generici.
II calcolo conduce a formolo complicate, che l'autore poi
semplifica con qualche ipotesi accessoria. Riesce così a trovare
Dna rappresentazione del fenomeno che si approssima abbastanza
ai risultati sperimentali.
Anche il ciclo d'isteresi teorico risulta molto simile a quello
reale nel suo andamento generale, ma ha il difetto che dà un valore
eccessivo del magnetismo residuo, cioè 0,89 del massimo corri-
spondente alla saturazione, cioè almeno una volta e mezza del
vero, e anche più in molti casi; come del resto aveva già tro-
vato lo Ewing; inoltre questo valore sarebbe costante, mentre
si sa che varia notevolmente da una sostanza all'altra.
Qualche altro punto della dimostrazione teorica del feno-
meno d'isteresi lascia alquanto a desiderare.
In conclusione è questo uno studio paziente e laborioso,
dove l'autore ha mostrato molta ingegnosità per superare le
difficoltà che gli si presentavano strada facendo; ma, pur su-
perandone parecchie, non ha fatto che perfezionare alquanto lo
studio del modello di Ewing, senza raggiungere lo scopo, cbo
a quanto pare egli si proponeva, di mostrare che la semplice
ipotesi di Ewing può spiegare completamente i fenomeni ma-
gnetici.
La teoria dell'autore resta sempre un modello, di cui non
si deve esagerare l'importanza, sìa in riguardo al suo grado di
verosimiglianza, sia in considerazione della sua utilità come
guida a nuove ricerche.
Tanto più se si pensa che il far astrazione da qualunque
specie di forze interne molecolari, all'infnori di quelle che nasce-
rebbero dalla polarità magnetica degli ultimi elementi, sembra
una ipotesi, se non azzardata, almeno tale che avrebbe bisogno
di essere discussa e giustificata, anche per metterla d'accordo
colle odierne vedute dei fisici intorno alla struttura molecolare
dei corpi; e che effettivamente occorra tener conto di altre forze,
D,!„t,zed.yGOOg[e
410
oltre alla polarità magnetica, lo riconosce lo stesso autore laddove
trova necessario di far intervenire la cosi detta viscosità e i
moti termici.
I lavori dello Honda sono adunque assai pregevoli, senza
dubbio, ma i risultati ottenuti non hanno quel carattere di
novità 0 quel grado d'importanza scientifica o tecnica che si
deve richiedere affinchè l'opera possa essere segnalata come
meritevole del premio.
L'astronomo H. Shapley del Mount Wilson solar Observatory
ci presenta un gruppo grandioso di lavori, in cui le più accurate
indagini di osservazioni sono poste a base di alcune nuove ed
originali vedute sulla costituzione di sistemi astrali {globulars
sjfatems, come l'autore li chiama), nei quali sì vorrebbero ri-
scontrare caratteri generali d'analogia col nostro sistema solare.
Due lavori sono fatti in collaborazione col sig. F. Q. Pease.
L'opera che lo Shapley espone nelle sue 12 Memorie con-
siste di due parti. La prima, di carattere osservativo, consiste
nell'indagare nei diversi ammassi stellari (cluater) globulari il
comportamento delle grandezze stellari apparenti in rapporto
coìVindex coloris; vedere cioè per ogni index coloris, ossia per
ogni tipo spettrale, il numero delle stelle rispondenti a ciascuna
grandezza apparente.
L'autore, pur limitando le osservazioni a quattro o cinqae
grandezze, in alcuni ammassi, giunge ad un multato degno della
massima attenzione; cioè che, crescendo l'ordine di grandezza,
ossia diminuendo lo splendore apparente da una stella a un'altra,
diminuisce, nelle stelle dei detti ammassi, anche Vtndex coloris;
le stelle più lucide hanno sempre più gradi di rosso che le più
deboli.
Una prima conclusione che l'autore trae da queste osser-
vazioni è che si possa ritenere nulla, o trascurabile, l'estinzione
della luce negli spazi interstellari. Ma a questo risultato si
possono muovere serie obiezioni, cosicché esso va considerato
come assai dubbio, essendo forse probabile che l'assorbimento,
tanto generale, quanto selettivo, non sìa trascurabile fuori del
piano Galattico, allo stesso modo come non lo è (ed anche lo
Shapley lo ss) nel detto piano.
La seconda parte del lavoro concerne la determinazione delle
parallassi degli ammassi globulari.
D,!„t,zed.yGOOg[e
411
Tre sono i metodi impiegati dall'autore per la stima delle
distanze. Il primo, che fu già ideato dallo Hertzeprung, si basa
sulla ipotesi che la grandezza assoluta delle stelle variabili del
tipo di ó Cepkei, dette appunto Cefeidi, sia funzione del solo
periodo. Il secondo è un metodo che si fonda in massima su di
un principio, pure già ammesso da altri, che cioè un ammasso
il quale mostri stelle pib lucide di un altro è probabilmente
più vicino.
Più spedito è il terzo metodo, che consiste nel desumere la
distanza degli ammassi dai loro diametri angolari, ammettendo
che su per giù abbiano tutti la stessa estensione assoluta nello
spazio.
Una trentina di ammassi, trattati coi due primi metodi, gli
danno un diagramma che mette a riscontro la distanza col
diametro apparente, e da questo diagramma egli attinge per gli
altri ammassi, di cui è solo noto il diametro, la distanza.
In base ai precedenti metodi è possibile allo Shapley pro-
cedere ad una grande ricostruzione dell'universo siderale, dove
ad ogni oggetto celeste è assegnato il suo posto, sia rispetto
all'osservatore terrestre, sia rispetto al piano centrale della
Galassia. Ma tutto questo edifizio, attese le enormi incertezze
onde sono affette le parallassi determinate dall'autore, è dubbio
che possa reggere alla prova dei fatti che' verranno in luce nel-
l'avvenire. Basta ad avvalorare questo dubbio osservare le enormi
differenze fra le parallassi determinate dallo Shapley e quelle
calcolate dallo Scbouten per gli stessi ammassi, in base alle curve
di luminosità di Kapteyn.
La lettura delle 12 Memorie presentate dallo Shapley rivela
nell'autore una rara abilità nel trarre partito dalle osservazioni
in modo da ricavarne quanti più risultati è possibile ; ma rivela
anche una certa fretta. £ conseguenza di ciò è anche qualche
contradizione; così, ad esempio, mentre nella seconda Memoria
la distribuzione peculiare dei cluster globulari e la loro grande
distanza mostrano che essi non fanno parte del sistema galat-
tico, e che questo sia distintamente fuori del centro di gravità
di quell'ordine di sistemi, nella dodicesima Memoria l'universo
galattico comprende anche i cluster globulari, e non c'è più
luogo a pluralità di sistemi. Questo cambiamento di concezione
fra il principio e il termine del lavoro fa capire quanto ancora
Atti dttla fi, Aeeadtntia — Voi. LV. 28
D,!„t,zed.yGOOg[e
412
siano scarsi e incerti i dati d'oBservazione, perchè se ne possa
trarre quella solida costrazione dell'unÌTerso che lo Sfaapley
vagheggia.
L'opera dello Shapley è indubbiamente meritevole di grande
encomio, e fornisce allo studioso una quantità di dati e dì con*
siderazioni preziosissime, ma non raggiunge tale grado di per-
fezione da indurre la Commissione a proporre che il premio gli
eia conferito.
Il prof. Enrico Vbbson, direttore della R. Stazione baco-
logica sperimentale di Padova presenta un volume dal titolo:
Il filugello e l'arte di governarlo. La Commissione pur rìoono-
scendo in esso meriti eminenti, tali da renderlo praticamente
utilissimo ai bachicnltorì, non crede possa rappresentare l'opraa
più ragguardevole, ne quella più celebre del quadriennio, come
vuole lo Statuto. Conclude quindi proponendo che non sìa presa
in considerazione agli effetti del premio Yallauri.
D Big. D' Barnes George Edward ha presentato al concorso
due memorie: l'una concernente l'Eziologia dei disturbi del cuore,
l'altra sulla neurastenia e sulle alterazioni della tensione ar-
teriosa.
Circa la prima quistione l'autore adotta la teorìa neurogena,
piuttosto che quella miogenìca, due eterni campì dì dìspute tra
gli studiosi con argomentazioni anatomo-fiaìopatologìche impor-
tanti da ambo le partì. Le considerazioni dell'autore sono di
vario ordine, tratte dalla fisiologìa e dalla clinica, ma senza ne-
gare l'importanza della tesi e delle argomentazioni sostenute
dall'autore, sì pub affermare che vi manca la nota originale e
decisiva e sopratutto che l'autore non presenta risultati spen-
mentali suoi propriì, onde anche accettando le oonclusìonì spe-
cntative del medesimo il suo lavoro non sarebbe dì tale natura
da poter essere preso in considerazione per il premio Tallaurì.
E altrettanto è necessarìo concludere per il lavoro sulla
Neurastenia che è fatto di una serie di considerazioni interes-
santi tratte dalla fisiologìa e dalla clinica, ma senza aggiunta
di ricerche sperìmentali proprie dell'autore. L'argomento è dei
più largamente discusai nella medicina moderna e si possono
trovare già vagliati tutti gli argomenti e tutte le ipotesi.
h& Commissione non si meraviglia dei risultati negativi dei
D,!„t,zed.yGOOg[e
41S
suoi lavori sai materiale presentato pel concorso al premio'
Vallaarì. Il quadriennio che corre dal 1915 al 1918 è nn perìodo
cosi eccezionale nella storia del mondo, che non poteva non
avere ripercussione anche sulla produzione scientifica. Essa è
aiata generalmente scarsa, frammentaria, quali le preoccupazioni
generali imponevano. Inoltre i piìi giovani e validi cultori della
ricerca scientifica furono assorbiti in opere attinenti alla guerra,
sia per aumentarne i mezzi di offesa, o rinforzare quelli di di-
fesa, 0 per attenuarne gli effetti disastrosi.
Anche in tale opera si potrebbero forse riscontrare caratteri
dì genialità che uniti alla sua alta importanza sociale, avreb*
bere potuto offrire all'Accademia campo pel conferimento del
premio Vallaurì. Ma essa è ancora mal nota e di non facile ac-
cesso. Un tentativo fatto in seno alla Commissione per presen-
tare all'Accademia proposte estranee al gruppo dei concorrenti,
non ha avuto successo.
Alla Commissione non resta qnìndi altro compito che pro-
porre all'Accademia che per quanto concerne il III premio
Vallauri per le Scienze fisiche sia applicato l'art. 6 dello Statuto
e cioè che il premio stesso vada ad aumento del capitale e serva
cosi ad aecreacere eoi propri interessi i premi successivi.
La Commissione:
Il Presidente dell'Accademia
A. Naocari,
Commissari
C. SouoLiANA, Segr^ario relatore
G. Grassi
E. D'Ovinio
C. F. Parona
N. Jahanza
F. Sacco.
D,!„t,zed.yGOOg[e
^Bela»ione intorno alla seconda conferenza accademica ititer-
nazionale.
Egregi Gou.E6HI,
Con i poteri da voi conferitici, dopo approvata la nostra
. relazione, nella adunanza a classi uaite del 6 luglio scorso, noi
partecipammo come vostri delegati alla seconda conferenza ac-
cademica internazionale per le scienze filologiche, archeologiche,
storiche, morali, politiche e sociali, che si tenne in Parigi dal
15 al 18 ottobre 1919.
Mentre al precedente convegno di maggio non erano rap-
presentate che le accademie di sette Stati (Stati Uniti d'America,
Belgio, Francia, Grecia, Italia, Giappone, Romania), al secondo
erano rappresentate quelle di ben undici (Stati Uniti, Inghilterra,
Belgio, Danimarca, Francia, Grecia, Olanda, Italia, Giappone,
Polonia, Russia); tre altri Stati avevano aderito (Spagna, Ro-
mania, Norvegia); le accademie di tre altri, pur non potendo
prendere pel momento deliberazioni definitive a causa delle ferie,
facevano però prevedere la loro adesione (Finlandia, Portogallo,
Ceco-Slovacchia). Come si vede, la iniziativa assunta dalla Ac-
cademia delle Iscrizioni e Belle Lettere di Parigi per la unione
accademica internazionale è stata dunque coronata dal meritato
successo, e lo schema di statuto da noi elaborato nel maggio 1919
faa ottenuto, in massima, larga approvazione dalle altre acca-
demie scientifiche. Delle accademie invitate mancavano soltanto,
oltre quelle di Serbia, Brasile e Cina di cui non eran giunte in
tempo le risposte, che possono prevedersi favorevoli, quelle di
Svezia e Svizzera. Per la Svezia l'Accademia di Stoccolma ha
dichiarato * che sarà lieta di partecipare alla Unione quando
sarà possibile invitarvi tutte le nazioni ,. Quanto alla Svizzera,
pur non avendo essa aderito ancora, assisteva però alle nostre
adunanze un rappresentante ufficioso per render conto dell'opera
nostra alle società scientifiche svizzere e prepararne la eventuale
adesione.
D,!„t,zed.yGOOg[e
415
Giusta la relazione che vi facemmo e le vostre delibera-
zioni, noi ci proponevamo: 1° di chiarire l'art. XI intorno al
contributo da darsi al bilancio ordinario dell'Unione da ciascuno
de' suoi membri; 2° di dare maggiore elasticità all'art. XII
circa le proposte di ricerche e pubblicazioni ; 3° e soprattutto,
d'insistere perchè l'art. IV, conforme ad un emendamento già
da noi presentato ed approvato nella sessione di maggio, noa
contenesse nessuna esclusione ; ma lasciasse aperte le porte, con
le debite, cautele, a -tutti quelli da cui pub attendersi una onesta
e cordiale collaborazione.
Il testo dell'art. XI nello statuto definitivo, che è allegato
alla presente relazione, precisa nel modo più chiaro che la con-
tribuzione annua deve pesare sulle nazioni e non sulle singole
accademie. £sso infatti dice che il bilancio ordinario è alimen-
tato da contribuzioni eguali per tutti ì membri- della U. A. L;
dove il senso in cui è adoperato il termine membro è chiarito
dall'art. IV: ' chacune des délégations nationales est dite en
son ensemble membre de l'Union ,. Noteremo qui inoltre che
il nostro Ministro degli Esteri ha preso, per bocca del sen. Lan-
ciani rappresentante dell'Accademia dei Lincei, impegno formale
di mettere a disposizione della delegazione italiana una somma
ben superiore ai 2000 franchi, che sono stabiliti come contributo
provvisorio per ciascuno Stato, e che tale dichiarazione rendeva
inutile per parte nostra ogni riserva di carattere finanziario.
L'art. Xn poi circa le proposte di ricerche e pubblicazioni,
pur rimanendo inalterato per ciò che riguarda le condizioni
finanziarie e tecniche per l'accoglimento delle proposte, venne
però, a richiesta nostra e di un delegato belga, precisato nel
senso che la iniziativa di tali proposte può partire: 1° dai membri
della Unione, cioè dalle delegazioni nazionali ; 2" dalle singole
accademie partecipanti, le quali potranno anche delegare com-
missari speciali per discuterne nelle adunanze dei delegati ;
3° dal consiglio direttivo della Unione. Crediamo d'avere cosi
nel modo migliore assicurato l'autonomia e la libertà d'iniziativa
alle accademie singole, mentre al tempo stesso è resa possibile
la federazione di due o pìii accademie d'uno stesso Stato o di
piii Stati per un comune lavoro scientifico.
Venendo all'art. tV, che per una trasposizione d'articoli è
divenuto il V, esso ora stabilendo che sull'ammissione di nuovi
D,!„t,zed.yGOOg[e
416
membri si vota a scrutìnio segreto e si richiede la maggioranza
dei tre quarti sulla totalità delle voci, risponde in tutto, ci
sembra, ai desiderati da voi espressi. Cioè esso afferma virtual-
mente la aaiversalità della Unione accademica, mentre, come ap-
punto suggerivamo nella relazione da voi approvata, circonda il
voto delle cautele necessarie ' a piena guarentigia contro am-
missioni che potessero riuscire inopportune ovvero odiose, o che
fossero tali da turbare anziché promuovere la serenità della
collaborazione scientifica ,. '
Per tutto il reato, senza che noi entriamo in una minuta e
particolare disamina, il confronto tra lo schema di statuto ap-
provato nel maggio e lo statuto definitivo mostra come non c'è
articolo che non sia stato sottoposto a rigorosa revisione e ad
attenta elaborazione per precisarlo e migliorarlo: alla quale eia-
borazione abbiamo cooperato noi stessi come meglio abbiamo
saputo.
Né solo abbiamo rivolto la nostra attenzione allo statuto.
Ma anche rispetto al voto presentato da un delegato americano
al nostro convegno per porre la conservazione dei monumenti
e la direzione delle ricerche archeologiche nei territori dell'im-
pero ottomano, quale era nel 1914, sotto la sorveglianza di una
commissione internazionale, che sarebbe nominata alla sua volta
da una delle commissioni la cui nomina è preveduta dal patto
della Società delle Nazioni, noi intervenimmo sostenendo due
riserve. Queste riserve, che ci parvero assai opportune a sal-
vaguardare, tanto gli interessi della scienza quanto quelli del-
l'Italia e che vedemmo con piacere approvate da tutti i colleghi,
sono: 1** che i commissari archeologici vengano nominati dai
corpi competenti delle nazioni interessate; 2° che la sorveglianza
della commissione internazionale non si estenda ai territori del-
l'impero ottomano assegnati ad una Potenza in piena sovranità,
ai quali si applicheranno anclie per le antichità e gli scavi le
leggi e i regolamenti nazionali.
Voi vedete del resto anche dalle numerose proposte di ri-
cerche e pubblicazioni registrate nell'atto verbale della Confe-
renza, come sia vivo e fattivo in tutti i partecipanti all'Unione
il desiderio dì lavoro intenso e fecondo. Essendo peraltro tas-
sativamente prescritto dall'art. XII dellcr statuto che proposte
di tal fatta per essere prese in considerazione debbano presen-
zed.yGOOg[e
417
tarsi con modalità determioate al comitato dei delegati del-
l'Unione eletto con le norme stabilite all'art. IV, esse non po-
tevano essere presentate alla nostra conferenza se non a titolo
provvisorio ed ufficioso, e fa perciò stabilito esplicitamente
che non dovessero creare rispetto ai loro argomenti alcun di-
ritto di priorità in favore dì chi le presentava. Ciò a salva-
guardia delle accademie, che per allora non potevano fare alcuna
proposta. Tra le quali è la nostra. Perchè, non avendo alcun
mandato specifico da voi in tal materia, e non avendo nessun
affidamento intomo al contributo finanziario che l'Accademia o
chi per essa avrebbe potuto dare per l'attuazione dì studi o
ricerche, noi ci astenemmo dal fare proposte in vostro nome,
non volendo oltrepassare il mandato da voi conferitoci e non
potendo dì nostro capo prendere per conto vostro quegli impegni
che sono richiesti al comma 3" dell'art. XII.
È sempre del resto pienamente libera la nostra Classe di
preparare e presentare quelle proposte che creda, quando ritenga
di avere i mezzi per finanziarle. Al presente, poiché le proposte
provvisorie pervenute all'Unione, nei termini generici in cui sono
registrate nell'atto verbale, non possono fornire argomento di
utile discussione, noi dobbiamo attendere che il segretariato
provvisorio, già impiantato a Bruxelles, ce le trasmetta man mano
nella redazione definitiva e nelle condizioni prescritte dall'ar-
ticolo XII, come già ba cominciato a fare. E toccherà alla Classe
di presentare in merito le sue osservazioni, che dovranno essere
discusse con quelle delle altre accademie nella prima tornata
ordinaria dei delegati dell'Unione. E bene poi osservare fin da
ora che non mancano proposte le quali hanno grande interesse
per l'Italia e non possono effettuarsi senza valida collaborazione
italiana, quelle p. e. presentate dall'Accademia dei Lincei pel
Corpus inscriptionum e per la Forma orbis Romani; e che dovrà
essere intento della nostra Classe assicurare a questa fi. Ac-
cademia nella attuazione dì imprese di tanta importanza quella
parte che per la sua autorità e le sue tradizioni le compete.
Urge frattanto che la presidenza della nostra Accademia
si ponga in relazione con l'Accademia dei Lincei e con le altre
Accademie Reali italiane, quelle specialmente che hanno risposto
al nostro invito facendoci prevedere condizionata o incondizio-
nata la loro adesione, per costituire in Italia quell'aggruppa-
zed.yGOOg[e
418
mento dei corpi scientifici nazionali, preveduto dall'art. lY, che
dovrà provvedere alle modalità della nomina dei due delegati
italiani ed eventualmente all'esame di proposte collettive di
lavori e ricerche da presentarsi all'Unione. A tal uopo sarà da
esaminare, d'accordo con le altre Accademie Reali, la opportunità
d'nn convegno di rappresentanti delle Classi morali delle sìngole
Accademie, che potrebbe per esempio tenersi in Roma nelle
prossime ferie pasquali.
Ed ora a noi non resta che deporre nelle vostre mani il
mandato affidatoci, che crediamo di avere debitamente adem-
piuto, e chiedervi la ratìfica della firma da noi apposta in vostro
nome e in virtti dei poteri da voi conferitici, allo statuto defi-
nitivo della U. A. I.
Ma prima di chiudere è nostro gradito dovere ricordare il
tòno amichevole e veramente fraterno, che regnò in tutte le
discussioni del congresso, la cordialità che fu sempre e da tutti
dimostrata a noi delegati italiani, l'assenza di qualsiasi velleità
d'imperialismo scientifico per parte di qualsiasi nazione, il tatto
e la volontà sincera di accordo, con cui le discussioni furono
dirette dai colleghi francesi che avevano preso l'iniziativa della
Unione. Ai quali, e segnatamente ai Sig'' Senart presidente e
HomoUe segretario della conferenza, noi crederemmo perciò do-
veroso che sì esprìmesse la gratitudine e il plauso della nostra
Accademia.
Signori: è certamente prematuro il dire quali potranno
essere i risultati positivi che si otterranno nel campo delle
scienze morali per mezzo della nuova Unione. Noi li augunamo
amplissimi, e auguriamo che la nostra Accademia vi contribuisca
efficacemente così come ha efficacemente contribuito al costi-
tuirsi della Unione stessa. Ma questo possiamo dire, che già lo
stesso raccogliersi tra tanti popoli un fascio così ragguardevole
di forze miranti al progresso delle scienze da noi professate è
un fatto d'alto valore umano e civile. Dall'attuazione di esso
non doveva rimanere assente, e non è rimasta assente, l'Italia.
E noi ci sentiamo onorati di avervi attivamente partecipato
come rappresentanti di questa insigne Accademia Reale.
Fedebico Patetta.
Gaetano Db Sahctis Relaicre.
D,!„t,zed.yGOOg[e
STATUTS
l'Union Académique Internationale.
I.
Lescorps savants ou gronpes de corps sav&nts appartenant
aux nations dont les nonia suìvent et représentés par des <Ìé-
léguéa munis de pleìns pouToìra ou dfiment qualifiéa:
Amérique (Am. philosophical Society, Atn. Academy of
Arta and Sciences, Àm. philosophical Association, Am. philolo-
gical Association, Am. orientai Society, Modera Language Aa-
Bociation of America, Archaeological Inatitute of America, Am.
historical Association, Am. Antiquarian Society, Am. Economie
Association),
Belgique (Académie royale des Sciences, des Lettres et
des Beaux-Arta de Belgique),
Danemark (Académie royale des Sciences et Lettres de
Danemark),
France (Académie des Inscriptions et Belles-Lettres, Aca-
démie des Sciences morales et politiques),
Grande Bretagne (Brìtish Academy),
Orèce (Délégation du Gouvemement hellénìque, suppléant
t'Académie d'Athenes dont la création est prochaine),
Hollande (Académie royale des Sciences),
Italie (Académie nationale des Lincei de Rome, Académie
royale des Sciences de Turin),
Japon (Académie Imperiale),
Pologne (Académie polonaise des Sciences de Gracovie),
Russie (Académie des Sciences de Russie),
estiment qu'il y a lieu de régler par un accord nouveau les
relations corporstives dea académies et corps savants, en tuo
de la collaboratioD scientìfique interastìonale.
D,!„t,zed.yGOOg[e
II.
Le but de cet accord est la coopération aa progrès dea
études par des recherchaa et des publicationa collectìvea, dans
l'ordre des sciences cultivées par les académiea et inetitutions
scieatifiques particìpantes: scieocea philologiques, arcbéotogìques
et hìatoriqaes, soiences morales, politiques et sociales.
m.
A cette fin, les corps savanta et groupea de corps savants
énumérés & l'article I"' décident de ae grouper en une fédé-
ration scientifique qui port le nom à'Union Académique intema-
tionale (VAI).
Par le mot Union ils affirment les sentiments de confra-
teiiiité amicale, confiante, égale et libre dont ila sont animés
et dont s'inspiro la fédération.
Le mot Académique a'entend d'abord et avant tout des corps
savants proprement appelés académies et ayant un caractère
national; il embrasae ausai, soit à défaut d'académiea, soit à
coté de celles-ci et d'enteate avec elles, les institutions 8<»en-
tifiquea, assimilables en raìaon de leur caractère national, de
leur consécration scientifique, de la nature et de la métbode de
leura travaus, qui, dans cbacun des pays affiliés à l'Union, ont
décide ou décideront de se grouper et de se donner une repr^
sentation collective.
IV.
Cbacune des nations, quel que aoit le nombre dea académiea
ou institutiona scientifiquea participant, pour leur compte, à
rUÀI, est repréaentée par deus délégués. Cea délégués sont
déaignés dans cbaque pays par les corps savants ou le groope
dee corps savants affiliés à l'Union. La composìtion de ces
groupea eat réglée librement par chacune des nations appartenant
à rUAI, soua la réserve qu'elle sera notifiéeà celle-ci. Cbacune
des délégations nationalea est dite, en aon ensemble, membre
de l'Union.
V.
Les corps savants ou groupes de corps savants dea nations
qui ne sont pas comprises dans la liste de l'art. I", s'ila dé-
D,B,t,zed.yGOOgle
421
sirent faire partie de VUdìoq Àcadémique Internationale, font
connaltre leur intention, soit directement, eoìt par l'entremise
de troia dea membres de l'UAI. II eat statue sur l'admÌBsioD au
BcrutÌD secret, à la majorité des troia quarte de la totalité des
Toìx de rUAI, exprimées directement ou par correapondance.
VI.
Les déI4gaés réunis composent le Comité de l'Union; ils
élisent le Bureau directeur de l'UAI, ils délibèrent et statuent
sur toutee les questiona d'intérét general, en particulier sur lea
admissiona de membres nouveaux, sur les projets de recherches
ou de publicatioDS collectives, sur la geation dea finances de
l'UAI.
Les décisioDs du Comité sont priaea à la majorìté absolue
dea voix, sauf en ce qui concerne les admìssions dea membres
nouveaux et lea modiflcations aux atatuts, pour lesquelles la
majorìté des trois quarts est requiso (art. Y et XIII).
Gbaque membro dispoae de deus voix: en cas d'absence
motivée d'un des délégués, le déìégaé présent jouit du doublé vote.
Le Comité ne peut délibérer valablement que ai plus de
la moitié dea membrea participe à la délibération.
VII.
Le Bureau da Comité se compose de un président, deuz vice-
présidents, un secrétaire et deus secrétaires-adjointa.
11 est élu pour une durée de troia ans, il se reaouvelle par
roulement, au tlrage au aort, à raison de un président et un
secrétaire par année.
Les membres du Bureau aont rééligiblea, mais paa immé-
diatement après la fin de leur mandat.
Une mème nation ne peut étre repréaentée & la foia dsna
le Bureau par plua d'un de aes déléguéa.
Le Bureau préaide aux délibérations du Comité, contrdle
l'admìnistration generale de l'UAI et l'avancement de ses travauz.
II a qualité pour prendre, dans l'intervallo des seasions, les
mesures urgentes et convoquer au beaoin le Comité.
D,!„t,zed.yGOOg[e
vili.
L'Union Académique internationale élit pour son siège per-
manent la ville de Bruxelles. Il y est établi un secrétarìat ad-
mÌDÌstratif, par lea soins de la délégation belge, chargée, sous
le contrOle du Bureau, de l'expédition des affaires courantes,
de la correspondance, de la garde des archives, de la gestion
du budget ordinaire adminiatratif (art. XI), et éventuellement
des fonds qui pourraient advenir au secrétarìat de Bruxelles
par dona, legs ou fondations destinéa aux oeuvres de l'UAI. La
laugue fraD9aise est adoptée comme langue officielle de l'UAI
pour la correspondance et toutes les pi^ces administratives.
IX.
Lea délégués se réunissent au moina une foìs l'an à Bruxelles
en seaaioD ordinaire. Ila fixent à chaque réunion la date de la
auivante. Us peuvent étre convoqués hors session par le Bureau
si celui-ci le juge uécesaaire.
Des réunions extraordinaìres, ayant le caractère de solen-
□ités acientifiques ou de fétes confraternelles, et auxquellea se-
raient conviées en corpalea académiea ou inatìtutiona assimilées
faisaut pat'tie de l'UAI, peuvent avoir lìeu, sans périodicité ré-
gulière, sur l'initiatìve spontanee et par invìtation speciale d'un
dea membres de l'Union, dans l'un ou l'autre des pays qui y
ont adhéré.
XI.
L'Union académique internationale est pourvue d'un bndget
qui comporte deux ch&^ìtres: Budget ordinaire ou administratif,
destine aux dépenses du secrétari&t de Bruxelles ;£u(Ì<^«r<ni-
ordinaire ou scientiSque, destine aux recbercbes et publications.
Le premier est alimenté par une contribution égale ponr
tous les membres de l'UAI.
D,!„t,zed.yGOOg[e
423
Le secoud est conetitué, au fur et à mesure des besoina,
par leB soìns des membres de l'Uniot] qui auront pris l'inìtia-
tive et assume la charge de recherches ou de publicationa ap-
prouvées par ITnioo, soit auz frais des gouvemements ou des
bareaux directeurs dont its relevent, soit au moyen des res-
sources dont l'UAI disposerà ou des fondatìons dont elle pourra
bénéficier. La divereité des législations en matière de dooations
pourant s'opposer & ce que l'UAI en re^oive directement, il
paraltrait expédient qu'en chaque pays les donations fuseent
faites aux corps savants intéressés, avec affectation speciale &
rtTAI, ou qu'elles fussent attrìbuées pour la méme fin au secré-
tariat permaneut de Bruxelles.
xn.
Les metnbres de l'UAI devront étre saisis, au moins quatre
moie avant la réunion du Cotnité, des projets de recherches ou
de publicatioDs que l'on se proposerait de soumettre à celui-ci,
afin queles déléguéa puisseot recevoir du corps savant ou du
groupe de corps savants qu'ila représentent des ìnstructions et
un mandat définis.
L'initiatìve des recherches ou publicatìons peut étre prise
Boit par chacun des membres de l'Union ou des corps savants
représentés, soit par le Bureau de l'Union.
Dans tous les cas, les auteurs de la proposition doivent,
nutre la mention très précise du sujet, l'exposé des motifs, le
pian du travaii, l'estimation des dépenses, indiquer la mesure
dans laquelle ils comptent eux-mémes contribuer scientifìquement
et financièrement à l'exécution, les collaborations ou concours
qu'ils demandent ou dont ils se sont assurés. Its peuvent de-
signer des co mm issai res spéciaux pour la discusaion en comité.
Le corps savant ou les corps savants qui auront assume
la charge d'une recherche ou publication avec l'assentiment du
Comité, en auront la direction sousson contrOle; ils organiseront
le travaìl, en désigneront le siège, en choisìront les collabo-
rateurs, et les réuniront quand ils le jugeront nécessaire.
Si la proposition étnsne du Bureau, le Comité, aprèsl'avoir
examinée et approuvée, delibero sur les moyeos d'exécution; il
coastitue les commissions spéciaJes qui sont cbargées, sous son
contròie, de diriger les recherches ou publications.
D,!„t,zed.yGOOg[e
XIII.
Lea propoBÌtìons de modifications anx statuts doivent étre
présentéea par troìs membres de l'Union, quatre moia au moina
avact la réunion du Comité.
Le vote sur ces propositiona a lieii dans les mémes con-
ditioDB que le vote sur lea admissiona de membrea nouveauz
(art. V, VI), à la majority dea troia quarta.
Ont aigné:
W. H. BucEUB ÉtatfUnU (TAmériqtie
Louis H. Oa&y ,
H. Punn™ Btìgique
3. L. HiiBVBa Dattemark
Otto Jesfusbh ,
Éhils SmuT Frante
TatOFHILE HOKOU-B ... ,
Ém. Bodtboux ,
AsTHUB Crcquxt ,
Frìdébio G. Kttrrom , . . Orande-Bretagne
D. ÉouriTu Orèee
H. Kebbdsv ,
e. YAK ToLLEHHOvur . . . HoUandt
J. 3. Saltbriu di Gkavi . ,
Linciami Itidit
G. DB SlMOTta ,
F. PiTBrlA
K. Ohoedu Japon
3. Takakdbd >
Cahihib Mokawbki .... Fologne
JlAH RoZWADOWBKI ... ,
H. RoaTo«TEiFr Suatft
Gli Accademici Segretari
Cablo Fabrizio Pabona
Ettobe Stampisi
D,!„t,zed.yGOOg[e
CLASSE
SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE
Adunanza del 15 Febbraio 19&0
PRESIDENZA DEL SOCIO SEHATOBE FBAKCBSCO RCTFHfl
TICEPREaiDEKTE DELL'aCCADEIDA
Sono presenti ì Soci Pizzi, De Sanotis, BBoin)i, Eihacdi,
Bahdi di Vesme, Vidari, Prato, Gian, Valhagqi, e STAiiPiiri
Segretario della Classe.
Si legge e ai approva l'atto verbale dell'adunanza del
1° febbraio corr.
Il Vicepresidente Ruffini dichiara che non potè essere pre-
sente a parecchie delle precedenti adunanze per ragioni di pub-
blico ufficio in Roma e fu anche impedito di darne avviso alla
Classe per lo sciopero postale, prima, e poi per Io aciopero
ferroviario.
L'Accademico Segretario presenta alta Classe l'opuscolo del
Socio corrispondente Cosimo Bebtaoohi, inviato da questo in
omaggio, Giuseppe Dalla Vedova e il moderno indirizzo degli
studi geografici in Italia (estratto dalla * Nuova Antologia .).
La Classe ringrazia.
II Socio Prato presenta per la pubblicazione negli Alti
una sua Nota dal titolo JJn tentativo di banco pubblico a Mantova
nel 1626.
D,!„t,zed.yGOOg[e
aiDSEPPB PRATO
LETTURE
Ub tBBtatiTO di biBGO pubblico a Mantova oel 1626
Nota del Socio nazionale residente GIUSEPPE PRATO
Ebbi, tempo addietro, occasione di segnalare un caratteri-
stico tentativo dì istituto bancario avvenuto in Mantova, nel 1756,
con intenti e funzioni assai complessi di assicurazione, di depo-
sito, di sussidio al commercio (I), ricordandone l'insuccesBO, a
cui segui una breve risurrezione nel 17^5 (2). Ma per altri e
maggiori titoli le vicende fortunose della insigne città lombarda
sì connettono a quella evoluzione delle forme bancarie che è
vera gloria della storia economica italiana.
I documenti contabili dei regolari rapporti fra l'avveduta
ed ordinata gestione della casa Gonzaga ed i banchieri veneti
(autentici libretti di conto corrente, di cui parecchi ai conser-
vano nell'Archivio mantovano) porgerebbero un interessante ma>
teriale di studio a chi si facesse ad indagare i peculiari aspetti
(1) Cfr. Problemi titonelari e baiteari nei lecoli XVII t XVIIl, in " Do-
cumenti 6nanEÌari degli atati della monarchia piemontese ,, serie 1*, toI. Ili,
Torino, 1916, p. 120 e ag. n.
(2) Cfr. C. D'Aaoo, Studi intorno al municipio di Mantova, dall'origine ài
questo all'anno 1863. voi. V, Mantova, 1872, p. 18. Questo secondo tentativo
era stato preceduto da provvedimenti diversi intesi ad affidare ad altri
istituti qualcuno dei compiti che si eran voluti concentrare nella Cava di
eommtrcio del 1756. Coal il 25 maggio 1781 ai ordinava venisse fondato in
Mantova un monte aggregato a quello di S." Teresa di Milano, presso il
quale ciascuno potesse depositare in pegno qualunque quantità di sete na-
zionali, ricavandone 2/3 del valore, con facoltà di riscattarlo entro l'anno
col pagamento del 4°/o' Fin dal 1770 poi il monte nuovo di pietà veniva
incaricato di prestar fondi al 2 "In ai possessori di terre incolte che si ob-
bligassero a migliorarle. Ibid., p. 21, e voi. VI, p. 142.
zed.yG00g[e
UN TBNTATIYO DI BANCO PCBBLICO A MAKTOVA KEI. 1626 427
della vita commerciale nei secoli XIV e XY (1). Ma fra le carte
di quella prezioBB raccolta pure esiate la prova che Is ^miglia
principesca, la cui amministrazione privata e pubblica offri tanti
esempì di acuto senso economico e di accorto spìrito mercantile,
vagheggiò altresì il disegno di dotare lo stato d'un organo di
credito proprio, e tentò di tradurlo in atto, alla vigìlia della
estinzione del suo ramo principale, in forma caratteristica.
Il Banco di S> Barbara, creato con l'ordinanza che trascrivo
de una rara (probabUmente unica) stampa di quell'archivio (2),
non potè certo segnalarsi per attività molto proficua, perchè,
quattro anni soltanto dopo la sua fondazione, nel sacco della
città andò travolto e distrutto. Xeglì anni stessi d'altronde delta
breve sua vita non sembra crescesse a importanza considerevole,
se gli storici di quel memorando periodo non ne parlano mini-
mamente. Non vi accenna il Maffei, scrivendo pochi anni dopo (3).
Ne alcuna traccia se ne incontra nelle cronache di Scipione
Capilupi e di Giovanni Mambrino (1628-1631) pubblicate da
C. D'Arco, neppure là dove essi ricordano le depredazioni del
monte dì pietà e del ghetto e banchi degli ebrei compiute dai
nemici nel 1630 (4). Anche gli annalisti che con maggior pro-
lissità analitica riferirono gli avvenimenti della citta in quel
secolo non avvertirono come episodio degno di memoria, la
fondazione di cui ci occupiamo. Cosi Francesco Tonelli, che, per
l'anno 1626, racconta perfino quanti furono in città a raggiun-
(1] Un libretto del 1370-76, che elenca i depositi del teno capitano
Ludovico a Venezia, ò cosi intestato: *ln Chriati Domine Amen H"' D. D. Lu-
doTicns de Gonzaga habet infra«criptoa denarios ad oameram impreatitorum
in civitate Teneciamm ut inferiue continetur «criptoB in centrata S. Boldi
de Veneciis ,. Ogni cifra porta diatiata l'intestaiione : ' Hoe est capitale
— hec eat ntilitaa ,. I conti ai liquidavano ogni aemeatre; p. e., nel 1376,
cosi: * Facta ratiotte SX marcii MCCCLXXVl videtnr quod omnia impre-
stila aunt in aumma dnc. LXXX m XVI auri, a. VII p. Tangit omni medio
auDO due. MH auri, a. XXV p. ,. Il banco corrispondeva nn ta^ao del 5%,
che fb ridotto pochi anni dopo. Cfr. À. Luzio, La galleria dei Gonzaga ven-
duta aa'IngkiUerra nel 1627-28, Milano, 1913, p. 3.
(2) Devo l'indicazione dell 'intc resa ante documento alla corteaia di Alea-
anndro Luzio.
(3) C&. Gli annali di Mantova, Tortona, 1675.
(4) C&. Baeeolta di eromtti t doeitmenti glorici lombardi inediti, Milano,
18S7, V. II, p. 465 e agg.
Atti deUa B. Aeeademia — Voi. LV. 29
>y Google
428 8IU3KPPK PRATO
gere l'età Doaagenaria, e ci ragiona attorno con rìmpianto (1).
Spiegasi quindi come il D'Arco non menzioni ancb'egli j] banco,
mentre ricorda le vicende fortunose del monte di pietà eretto
nel 1484 da Francesco Gonzaga coi consigli e l'opera del padre
Bernardino da Feltre, e depauperato dal duca pei bisogni delta
guerra prima che la soldatesca vittoriosa Io ponesse a sacco (2).
Onde sembra, in complesso, plausibile l'ipotesi che, nei quattro
anni di sua esistenza, il nuovo istituto, forse per l'oBcnrarsi
dell'orizzonte politico, neppure abbia potuto affermare efficace-
mente la propria personalità. Non dunque nella sua entità in-
trinseca e nella utilità pratica della funzione svolta deve rav-
visarsi l'importanza del banco; la quale appare invece non
spregevole nella sua struttura formale, fatta ragione dei tempi
in cui avvenne lo sfortunato esperimento.
Cronologicamente il Banco di S.** Barbara non può preten-
dere titoli di priorità. È anzi piuttosto una delle ultime mani*
festazioni della tendenza di reazione contro i pericoli della
libertà bancaria, che si espresse nella fondazione dei banchi di
deposito, sorti o riformati nei principali centri commerciali di
Europa fra la fine del secolo XV e gli inizi del XVH (Beo. XV:
Barcellona, Valenza, Saragozza; XVI: Palermo, Messina, Tra-
pali, Oenova, Napoli, Venezia, Milano; XVII: Amsterdam,
Rotterdam, Amburgo, Norimberga). E giunge quando il bisogno
economico dì cui tali istituti eran stati frutto ed espressione
già accenna a declinare sotto la spinta delle esigenze nuove e
degli orientamenti politico-sociali diversi, onde scaturiranno fra
breve le prime bancbe di emissione in senso proprio; non senza
che il prossimo avvento di queste creazioni dell'economia mo-
derna fin d'allora si preannunci nel graduale alterarsi della
rigidità di ordinamenti inizialmente prescritti a quegli organi
di difesa dei mercati contro le intemperanze della specolazìone
libera (3). A Venezia, fra l'altro, che è la piazza con cui Man-
ti) Cfr. Bieerehe Hortehe di MmUova, ManloTO, 1800, t IV. p. 100.
(2) Cfr. Studi ialonto al muttieipto di Mantova, dalVorigine Ai qtusto
aU'anno 1865, v. VII, p. 189 e sgg-
(3) Ho analiticamente esposti gli aspetti caratterietici di quellluteres-
aante momento etorìco in Problemi Monetari € bancari nei steM XVII é XVIII.
Torino, 1915, p. 3 e agg. e pa»»im.
zed.yGOOg[e
VS TENTATIVO DI BASCU PUBBLICO A HANTOTA NEL 1626 429
tova tiene più frequenti negozi, il decadimento del baDCo-gÌro
BÌ accentua, proprio in quegli anni (1630-1650), attraverso una
serie di abusive o tollerate deroghe alle norme statutarie, che
ne modificano singolarmente la primitiva fisionomia (1), ren-
dendo fra breve necessaria quella riforma di regolamenti (1663)
in cui si ravvisa la miglior prova delle gravi malversazioni
aofferte (2).
Forse alla suggestione di tale esempio devono specialmente
riferirei le misure dì estremo rigore che negli ordini qui ripro-
dotti troviamo emanate ad assicurare la regolarità di gestione
e le garanzie di sicurezza del banco. 11 concetto d'una giuris-
dizione privilegiata, commessa ai suoi dirigenti, per ogni causa,
controversia, trasgressione dal medesimo dipendente, non è
nuovo. D'un foro speciale beneficiarono quasi sempre i banchieri
medioevali, sebbene talvolta in comune con altre classi di mer-
canti (3). Oenova, fin dal 1417, confort a S. Giorgio la piena
giurisdizione civile e criminale, col diritto di far pubbliche
leggi, civili e penali, col jua gladii fino alla pena di morte per
tutte le materie ad esso relative (4), subordinando in seguito
perfino la sovranità dello stato a quelle decisioni (5). Ha il
legislatore mantovano, pure riconoscendo l'opportunità di sot-
trarre questa singolare materia alle lungaggini formalistiche
della procedura ordinaria e di assicurare l'ordine e la disciplina
dell'istituto, attribuendo al sopraintendente facoltà larghissime
di pronta ed esemplare repressione e giustizia, non trascura di
considerare i non minori pericoli che dalla negligenza, tolleranza
e connivenza degli amministratori possono altresì derivare ai
clienti ed al credito del banco; riservandosi il compito di pu-
nirne con la massima severità i funzionari ove, per loro omis-
(1) Ctr. A. Erani, Storia dta'teoHomia poliUea nei ateoli Xrile XVIII
negli itati delta RtptMliea ventta, YeneiiB, 1877, p. SS e Bg^.
(2) Cfr. C. V. DinraiB, Beonomie tnay», New Tork, 1904, p. Ifi9 e ig.
IS) Cfr. A. Làttks, B diritto eommereialt nella legitlarione elatutaria
dtUe eittà italiane, Hilaiio, 1884, pp. 201 e tgg., 218.
(4) Cfr. H. Suthims, Studio lulle fhtanxe genovesi del medio evo e in par-
ticolare sulla Caia di S. Giorgio (tr. ìt.), in * Atti della Società ligure di
■torìft patria ,, y. XXXV, p.* 2*, p. 99 e igg.
(5) Cfr. H. Eabibbb, Crietoforo Colombo e il Baneo di S. Giorgio, Oenova,
1B90, p. 104 e Bgg.
Atti delia B. Aceademia — Voi. LV. 29*
D,!„t,zed.yGOOg[e
430 Q10SBPPB PRATO
sione o colpa, errori o &odi risultino nelle controllate conta-
tabilità.
La prudenza che si riflette in simili precauzioni, come la
enumerazione delie forme e dei modi con cui la buona fede
dell'istituto può essere sorpresa, costituiscono un interessante
attestato dell'apprezzamento che circa la condotta ed i risultati
dei banchi-giro italiani incominci avK a prevalere agli inizi del
secolo XVII,
Gli Ordini e regole del 1663 del Banco del giro di Venezia
(emanati dopo la ecoperta di un grosso * intacco , di uo com-
messo registratore), pieni di cautele contro la negligenza e l'in-
fedeltà e. di continue allusioni ad abusi criminosi confermeranno
definitivamente il giudizio, lasciando l'impressione di una lotta
costante con impiegati disonesti o malfidi (1).
All'esempio veneto, consacrato dai regolamenti del 1593
e 1594 per il Banco di Rialto (2), si ispirano altresì manifesta-
mente le disposizioni che riguardano l'obbligo di saldare escla-
sivamente io banco le cambiali negoziate sulla piazza. Privilegio
comune alle vecchie banche di deposito, per le quali, nota il
Pareto, ciò equivaleva all'attribuzione di corso forzoso alla loro
valuta (3); ma di rado accolto con altrettanta ampiezza, dacché
ad Amsterdam (4) e ad Amburgo (5) soltanto gli effetti di va-
lore considerevole (600 e poi 300 fiorini, e 400 marchi rispet-
tivamente) eran soggetti a tale limitazione (6), e 3. Giorgio
non lo adotterà integralmente se non a partire dal 1675 (7).
A Venezia stessa il rigore del precetto era temperato dalla
esistenza della ' cassa del contante ,, aperta a chi volesse con-
vertire i titoli in moneta effettiva per minute transazioni o pa-
ti) Cfr. DoRBiB, EcoHontie tsaayt, p. 159 e igg.
(2) Cfr. E. LiTTiia, La UUrià iéUt bancht a Vittena dot ucolo SUI
al XVII, Milano, ÌH&i. p. 170.
(3j Cfr. Court d'icotiomie politique, LcmuuM, 1896, L 1, p. 3S0.
{4) Cfr. C. F. DuMBia, Cliaplert on the tìieory and Imtory of hanking,
2' ed., New York, 1900, p. 9».
(5) Cfr. P. Roti., Storia delU baneìit, Miluio, 1874, p. 1S8.
(6) Proponendo di imitare a Napoli l'eaempio Teneto, limitava ali»
cambiali superiori ai 200 ducati il ealdo obbligatorio in banca V. Lcairrt,
iWiKea ntercamtUe, Napoli, 1680, p. Z&.
(T) Cfr. V. PABno, Court d'iconomit potiUgiu, t. I, p. 860 n.
D,!„t,zed.yGOOg[e
ON TBNTATIYO DI BANCO PUBBLICO A XANIOTA NEL 1626 431
gamenti all'estero (1). E perfino Oiovanni Law non eaiterà, quasi
un seoulo piìi tariìì, a segnalare a Vittorio Amedeo II di Savoia
i perìcoli di un metodo, che egli medeainio però dovrà, spìngere
poco dopo, in Francia, al colmo dei piìi catastrofici ecceBsi (2).
Il Dunbar narra da quali pratiche abusive, dannosamente in-
valse sul mercato veneziano, fosse sorto un provvedimento inteso
a restaurare la correttezza degli effettivi pagamenti (3). Uguali
motivi non è probabile sussistessero a Mantova, dove troviamo
rìprodotta la norma, senza limiti o temperamenti. Il che forse
trova spiegazione nel desiderio di quel governo di accreditare
prontamente, con generosi privilegi, un istituto che intendeva
veder sorgere senza indugio, mentre certo non era in grado di
affrettare con sovvenzioni dirette (siccome altrove quasi dovunque
ft'era praticato (4)) la sua costituzione.
Che agli intenti dei fondatori fosse del tutto estraneo il se-
greto pensiero di apprestare nel banco un comodo serbatoio di
capitale, a coi poter tacitamente attingere in urgenze improvvise
dello stato o della dinastia, non oserei certo affermare. Il torbido
momento politico, il bisogno di danaro che proprio in quegli
anni indnceva i Gonzaga a trattar la vendita delle loro magni-
fiche collezioni artistiche (5), il ricordo del trattamento subito
dal monte di pietà (6) rendono tutt'altro che fantastica simile
ipotesi. Fu probabilmente soltanto la mancata esecuzione inte-
grale del decretato suo disegno che impedì al Banco di S.** Bar-
bara di compiere, durante le traversie fortunose degli anni cbe
precedettero il tragico assedio, la funzione di clandestino sov-
(1) Cfr. DieHonnaire du eitoyen,ou abrégé hiitortque, théorique et pratigut
dtt commerce, Pari^, 1761, t. I, p. 109, e J. Sav&bt, LeparfaiC eoinmerfaut,
ou inatructioit giniral* poitr e* ^t rtgardt It commerce de» marehanditea de
Frmnee tt de» Pa^ ilrangtr», uoav. ed., Gineira. 1752, t. I, p. 108.
(3) Cfc. G. PaiTO, V* tapitolo drlla mia di Giovanni Lav, in * Uemocia
deltfi R. Accademia delle Scienze di Torino „ 1914, p. 31 dell'eatr.
(3) Ofr. Economie etaay», p. 156.
(4) Cfr. Pbìio, ProbUmi tnonelari e bancari nei eccoli XVH e XriIJ,
p. 146 e B(?)f.
(5) Cfr. Ldzio, La galleria dei Gontaga venduta all'Inghilterra nel 16S7-28,
p. 10 e i^.
(6) Cfr. D'Akco, Sludi intorno al municìpio di Mantova, dall'origine di
queeto all'anno 1863, r. TU, p. 189 e sgg.
D,!„t,zed.yGOOg[e
432 aiDSKPFE PRATO
ventore dell'erario ducale, anticipando la sorte ben presto toc-
cata al suo maggior confratello veneto, manomesso senza sera-
poli dal governo della Serenissima negli impellenti bisogni della
guerra di Gandia.
ORDINI
per la nuova erettione del Banco di Santa Barbara in Mantova
ÀppreBio Aurelio e Ludovico Oianiia fratelli, Stampatori Ducali
M . DC . XXVI.
FEEDINANDO
PBB LÀ aSÀtlA DI DIO DUCA DI HÀNTOTA BI DI K0irTKBU.T0.
Haveudo Noi dopo maturo consiglio determinato d'aprire un Banco
in UantoTa, ad ìmitatione d'altre ben regolate Città, per m^gior faci-
lità dei comercii, commodiU dei negotianti, e sicurezza dei contratti;
Con il presente Editto notifichiamo a qaalsi voglia persona, come il
sodetto Banco s'aprirà allì 12. del corrente mese di Genoro 1626, di-
chiarando Sopraintendente, e Superiore di esso il Marchese Alessandro
Gonzaga, con la sicurtà del Mag." Giulio Cesare ZaToretli, si come ogni
altro Ufficiale la darà competente secondo il carico, ch'eserciterà, per
la rekta amministratione, affine che ogn'nno, che s'interesserà in detto
Banco, possa restar sicuro non haveme a sentire alcun danno o pre-
giuditio. Et le regole, con cui s'haverà da governare, si pubblicheraimo
prima, che s'apra il Banco, e si stamperanno ad nnlTersale notitia, a'
quali ci riportiamo.
Sarà dnnqae lecito à chi si sia metter in Banco quella quantità
di danari, ohe vorrà, con facoltà di riscuoterli da esso Banco senza
alcuna dimìnutione, e spesa, e senza veruna perdita di tempo a veglia
sua, o di disponeme in altra maniera, secondo che più gli piacerà;
ordinando, che mentre i danari staranno in Banco, non possano essere
per qua] si voglia causa sequestrati, né confiscati per delitti, non com-
prendendo però i delitti di lesa Maestà, divina, e humana, di assassinii,
d'incendij, e di false monete; poiché tal privilegio concediamo di moto
proprio, certa scienza, e con la pienezza della nostra autorità, non
ostando qual si voglia ordine, legge, o statuto in contrario; volendo
D,B,t,zed.yGOOg[e
OH TBNTATITO DI BANCO PDBBUCO A HANTOTA NEL 1626 4S8
ohe di tal concessione godano tanto qaellì dello Stato, come qneUi
della Oittft, e i forastieri.
Potrà di più ciaacon debitore, etiandio aenza consenso, o partici-
patione del creditore, quando vorrà pagar il debito, sia dì qual aorte,
0 dì qoal cagion si voglia, acrìverglì in Banco -il denaro, dal qaale poi
il creditore bavera facoltà a ano piacere di recuperarlo in contanti, o
disponerlo come meglio gli parerà.
Ordiniamo però, che per Banco necessariamente debbano passare
tutti i pagamenti, cbe si faranno per l'avrenire in qneata Oìttà, cosi
tra sudditi, come tra forastieri, comandandolo espressamente a tutti i
contrahenti per i negotij seguenti, cioè lett«re di cambio, e cambi per
ogni luogo ; sotto pena a contrafocienti di perdere quanto valerà la let-
tera, ò il cambio ìstesso, da applicarsi la tersa parte all'accusatore, la
terza al Banco, e il rimanente al Fisco nostro.
Comandiamo pertanto a tutti i Tribunali, e Giusdicenti, cosi CÌtìIì,
come Criminali, che osservino, e facciano inviolabilmente osservare
questa nostra ben determinata volontà.
Di Mantova il dì 8 di Oenaro 1626.
FERDINANDO.
V.' Stbiaaius
Luogo del suggello
TiKcxNTiDs FoBTus Canccll. man. Seren
Duo. rei. D. HiaonLia Makliari
«OS Cels. a Secretis Status, subscrìpsit
Ordini e Regole del Banco
Il Banco dunque che erìgiamo in questa nostra Città sotto il titolo
di Santa Barbara havrà per Superiore, e Sopraìntendente il Uarchese
Alessandro Gonzaga, come di sopra habbiamo detto.
Vi saranno tre Soprabancbi, un Dottore, e due Mercanti. Per quello
deputiamo i) Commissario Bruschi, e per gli altri nominiamo il Fran*
cescfaìno, e 11 Zanatti.
Staranno i sopradetti nelle predette cariche a nostro beneplacito.
Sarà cura de' Soprabanchi il sopraintendere, e giudicare tutti gli
errori, che possano occorrere nel Banco per intacco,, e per qualsivoglia
D,!„t,zed.yGOOg[e
434 QinSEPPK PRATO
alt» maaiera, e tatto le differenze, che uasceasaro le doveraano d»-
terminare sommitriameiite in una sola udienza, b aasolTeodo, ò coo-
dannando.
n Superiore del Baoco vi ù dovrà trovare ogni mattina per sot-
toscriverà i Oioruali, né si potrà aggiungere di più alcuita partita qael
^omo ilopo la «na gottoscrìttione.
I Soprabanchi dovranno trovarsi &1 Banco Ogni volta, che dal Su-
petiore paraimo dimandati.
U Superiore del Banco avrà aattorità di poter far carcerare, e pu-
«in dì corda chi portasse poca riverenza al luogo, senza che n'abbia &
render conto neanche a Noi; Volendo Noi, che quel luogo sia rispettato
come qnal si voglia altro nostro Tribunale.
Et perchè è di necessiti che nel Banco vi sia un Cassiere, depu-
tiamo Diego Crestini à tal Ufficio. Egli dovrà dare idonea sicurtà par
tutto il danaro, che gli capitasse nelle mani, e venisse in sua Gassa,
né potrà sopra quel danaro profittarsi dell'agio, sotto pena di pagar
venti per cento, della privatione dell'Ufficio, e d'ogn'altra pena cosi
reale, come personale a Noi urbitraria.
Né potendosi fare questo negotio, senza un Giornalista, deputiamo
al detto Uftlcio Gio: Battista Alari, che dovrà dare valida sicurtà di
bene amministrarlo, e per gl'iotacchì etiandio, che bì lasciasae fare da
persone, che non havessero credito in Banco, né il modo di pagare.
Gl'intacchi s'intendono in due mamere. Primo, intacca chi non ha
credito nel Banco, e se ne serve, e questo incorrerà nella pena di dieci
per cento, da essere ìrreraisibilmente centra di luì subito eseguita; e
essendo persona cognita, non sarà sottoposto il Oiomolista. La seconda
maniera d'iutacco si fa ò per via dì procura falsa, ò per persona inco-
gnita, che non abbia credito in Banco, e per questo é tenuto il Gior-
nalista, e soggiacerà alla pena. Egli però per cantarsi bene, non cono-
scendo chi dispone in Banco, dovrà dimandare due testìmonij, che fac-
ciano fede di quella persona.
Le pene pecuniarie che si esseguissero saranno divise in tre parti,
una ai Soprabanchi, una a chi trova l'intacco, e la terza a Scritturali.
II Giornalista nello scrivere tutte le partite, che venissero in Banco,
tanto del dare quanto dell'havere, dovrà notarle di dentro con numeri
all'antica, che si chiamano all'Imperiale, e di fnori per numero di abaco;
e nello scrivere dette partite, dovrà pronuntiare forte la partita, che
scriverà, e ne dirà la causa.
Et affinché più regolatamente, e con maggiore sicurezza camini la
serìttura del Banco, deputiamo per Cogitore, o sia Regolatore [i7 nome
resta in bianco] il qnale dovrà dar sicurtà di buona ammini strati one,
e questi avrà cura di notare tutto quello, che scrìverà il Giornalista
puntualmente come lo sentirà a dire, e pronuntiare.
zed.yGOOg[e
UN TENTATIVO DI BANCO POBBLICO A MANTOVA NEL 1626 435
Il medesimo Begolstore dovrii riponare la scrittura in libro maestro
e questo starà sotto chiave dei SoprabancHi.
L'istesso Regolatore dovrà rivelare al Superiore del Banco, e ai
Soprabanchi tutti gl'intaccbi, e ogn'altro mancamento, che trovasse
nella sciittuni, sotto pena a Noi arbitraria, etiandio di vita.
Quando a' libri del Banco venisse scritto per resto, o per imprestito
dal debitore, come anche in ciascuna lettera dì cambio sopra pretesto,
non vogliamo che vaglia senza la presenza del creditore, e però do-
vranno gli scritturali guardarsi molto bene da simili errori, sotto pena
a Noi arbitraria.
Ciaschnno che bavesse gusto, per sua maggior cantìone, pagar debiti
di qualsivoglia piccola o grossa somma, e assicurarsi che senza altra
publica, o privata scrittura non gli venissero di nuovo, come suole alle
volte, dimandati; potrà etiandio in absenza dbl suo creditore scrìverglieli
incontro, passando la partita per Banco, e il creditore potrà disporae
à chi gli piacerà, ò levarli contanti a suo piacere.
Et perchè molte volte occorre, che chi passa per Banco non com-
pare personalmente, ma si vale di procuratore, perciò deputiamo
l'Agnelli Notsro del detto Banco, e egli dovrà aver cura di^ registrare
tutte le procure, tanto de' terrieri quanto de' forastìeri. Né alle procure
d'altri Notarì si darà fede in Banco, quando le medesime procure non
saranno fermate dal Notaro del suddetto Banco, e queste dovranno
essere registrate dal Giornalista per potersene trovar conto à tutte l'hore.
L'bora che si negotierà in Banco sarà per la mattina, dove si do-
vranno i negotjanti, e altri ridurre per i loro interessi.
Chi vorrà negolàare per Banco, dovrà tenere il suo scontro, e ogni
tre mesi ai rìvederanno i conti di cassa.
Dovendo pertanto essere il Banco un depositario, e tesoriere del
publico, nel quale non havrà più autorità il ricco del povero, ma Ìl
benefitìo sarà dei soli interessati; perciò habbiamo volnto privilegiarlo
delle Bodette gratie, e regolarlo con gli ordini sodetti a comune utilità.
FERDINANDO.
U Accademico Segretario
Ettore Stampini
D,!„t,zed.yGOOg[e
,Google
ATTI
REALE ACCADEMIA DELLE SCIENZE
DI TORINO
PUBBLICATI
DACLI ACCADEMICI SECSm»! DELIE DUE CLASSI
ToL. LT, Dm. 8-, 9- I IO*, IMS-I9S0
TOKENO
Lilbrerla FRATELLI HOOOA
Vi> Oailo Alberto, S,
1920
DiBumd, Google
„d, Google
CLASSI UNITE
Adunanza del S^ Febbraio 19S0
PBESIDENZA DBL SOCIO PROF. COHK. ANDREA XAOCARI
PRESIDENTE DELL' ACCADEMIA
Sono presenti, della Classe di Scienze fisiche, matematiche
e naturali, i Soci D'Ovidio, Direttore della Classe, Seobe, Fok,
Parona, GRAsai, Majorana,
e della Classe di Scienze morali, storiche e filologiche,
ì Soci RcFFiNi, Vicepresidente dell 'Accademia, Einaudi, Baodi
DI Veshe, Patetta, Prato, e Stampini Segretario della Classe,
che funge da Segretario delle Classi unite.
È scusata l'assenza del Soci Guidi, Mattirolo, Sacco e Ciak.
Si legge e si approva fatto verbale della precedente adu-
nanza dello Classi unite del giorno 15 corr.
L'Accademico Segretario dà lettura della lettera ministe-
riale con la quale si annunzia che con R. Decreto del 15 gen-
naio u. 8. il Socio Prato fu eletto Tesoriere dell'Accademia
per un triennio a decorrere dal 1° luglio 1919, e il Presidente,
salutando il nuovo Tesoriere, porge, a nome dell'Accademia,
nuovi e vivi ringraziamenti al Socio Einaudi per l'opera da lui
prestata nel suo ufficio sessennale di Tesoriere.
Si procede alla votazione concernente il 21" Premio Bressa
(quadriennio 1915-1918) secondo la proposta della Commissione,
che è quella di affidare il compito di nuove ricerche e di una
nuova relazione alla Commissione che dovrà giudicare dell'as-
Atti della R. Areadtmin — Voi LV. 30
>y Google
segnazione del Premio BresBa intemazionale per il quadriennio
che scadrà nel 1922. La proposta è approvata alla unanimità.
Si passa poi alla votazione riguardante il Premio Vallanri
riservato alle Scienze fìsiche per il quadriennio 1915-1918, se-
condo la proposta della Commissione, che è di non conferire il
premio, s^ che il premio vada ad aumento del capitale e serva
ad accrescere in tal guisa coi propri interessi i premi succee-
sivi. La proposta è approvata alla unanimità.
Finalmente si effettua separatamente da parte delle due
Classi la votazione per la nomina della Commissione per il
Premio Bressa (nazionale, quadriennio 1917-1920). La Commis-
sione risulta composta dei Soci Majobaha, Seore e Orassi per
la Classe di Scienze fisiche, e dei Soci De SANcris, Ruffini e
Patetta per la Classe di Scienze morali.
Gli Accademici Segretari
Carlo Fabrizio Paroma
Ettore Stahpiki
D,!„t,zed.yGOOg[e
CLASSE
SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI
Adunanza del SS Febbraio 1920
PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. OOm. ANDREA MAOCABI
PBBSIDEirEE dell'accademia
Sono presentì i Soci Senatore D'Ovidio, Direttore della
Classe, SsoBE, Foì, Grassi, pAmrm, Majorana, e Parona Se-
gretario.
È scusata l'assenza dei Soci Salvadori, Jadanza, Guidi,
Mattieulo, Sacco.
Si legge e si approva l'atto verbale della precedente
adunanza.
Il Presidente con parole di vivo rimpianto dà notizia della
morte dell'illustre botanico Pierandrea Saccardo, nostro Socio
corrispondente dal 1885; ne ricorda le virtìi e le benemerenze
scientifiche, in attesa che Egli sia degnamente commemorato,
e soggiunge che, a suo invito, l'Accademia fu rappresentata ai
funerali dal Rettore dell'Università di Padova,
Il Presidente pi-esenta per la stampa n^li Atti una Kota
del Prof, E, Peeocca col tìtolo Elettrizzazione del Mercurio p«r
strofinio.
D,!„t,zed.yGOOg[e
ELIGIO PEKUCVA
LETTURE
Sulla eletlrizzazIoDB del mercurio per strofinio
Nota 1 di FXIOIO PERDCGA
§ 1. Introdnzione. — Scopo di questo lavoro è di ren-
dere noto un fenomeno presentato dal mercurio nelle condì-
zioni ordinarie di esperienze del genere, cioè nell'aria, a pres-
sione normale e a temperature ordinarie (lO^-W). Questo
fenomeno, afuggito alla osservazione dei precedenti sperimen-
tatori, è il seguente : una superficie di mercurio appena formata
si elettrizza ettergicamente di segno positivo se posta a contatto
con quarzo, vetro, paraffina, ceralacca, ebanite, cera tergine, colo-
fonia, lana, ecc. ('), ma, in un tempo variabile da pochissimi se-
condi fino a qualche ora, la superfìcie di mercurio va perdendo la
sua eccitabilità positiva, passa per un istante di eccitabilità nulla,
per poi acquistare eccitabilità negativa, la quale cresce asintoti-
camente fino a un valore limite.
Vien subito in mente di connettere questo fenomeno con
le variazioni col tempo della costante capillare del mercurio,
osservate già da molti anni (*), e con le variazioni col tempo
del comportamento ottico nella riflessione su superfici di mer-
curio (*),
(*) Coordinando i miei risultati con quelli di P. E. Shaw |' Proc. Roj.
Soo. „ A. 94, p. 16, 1917; dal titolo ai prevede la pubblicazione di ulteriori
risulttkti aul l'argo mento, ma non mi rÌBulta che ciù aia stato fatto fino ad
ora], il fenomeno presumibilmente avviene al contatto de) niercurio con
tutti i corpi elencati da tale autore, eacluiii celluloide e caucciù da un lato
e amianto dall'altro. V. però la nota (') a p. 4.
(*) P. ea. A. KahlXbs. ' An. d. Phyi, ,. 7, p. 471. 1902.
1") J. J. Haah e K. SiasiNOB, ' K. Ak. Amat. Pr. ., 21, p. 678. 191fl. Sa-
rebbe stato per me inte rea santi aaimo porre in relazione i risultati di questo
zed.yGOOg[e
SDLLA ELETTRIZZAZIONE DEI. MBRCCHIO PER STHOFINIO 441
Il fenomeno in questione permette di interpretare i risul-
tati numerosi ottenuti dai vari sperimentatori sulla elettrizza-
zione del mercurio per strofinio.
Hi limiterò in questa nota a:
1° descrivere le condizioni nelle quali ho eseguito le espe-
rienze ed esporne i risultati,
2° coordinare i risultati ottenuti dagli altri sperimentatori.
Rinvio ad un'altra comunicazione la discussione sulla causa
del fenomeno.
La superficie di mercurio dì fresco pi'eparata evidentemente
si va modificando. In base alle esperienze già eseguite, risulta
necessario il contatto della superficie di mercurio con l'aria; è
quindi probabile che l'ossigeno e l'umidità dell'ambiente parte-
cipino al fenomeno in modo notevole.
§ 2. Condizioni Bperìmentali. — Veniva preparata in un
piattello di circa 8 cm. di lato una superficie fresca di mercurio,
filtrando questo metallo attraverso carta bibula forellata, oppure
facendolo effluire da un imbuto a colto affilato. Il mercurio era
stato preventivamente purificato con acido cloridrico e acido
nitrico, lavato in acqua distillata, poi asciugato,
Ho usato piattelli di ferro, di alluminio, di vetro. 11 piat-
tello di ferro è preferibile, perchè non viene attaccato dal mer-
cario, come succede per l'alluminio, e non dà segno di elettriz-
zazione per strofinio col mercurio, come succede pel vetro. M&
l'esperienza riesce ugualmente in tutti e tre i casi. Ho anche
usato due recipienti di ferro cilindrici, l'uno di circa S cm. di
diametro, l'altro, invece, molto pili ampio.
In molte esperienze {*) il mercurio era in comunicazione per-
reunte lavoro con le mie OH«ervaiioiii; ma ciò non mi È stato possibile,
perchb finora non ho potuto procurarmi il lavoro orìi^iaale, del qoate tni
sono note solo le receDaioni dei Se. Abttrada e dei Briblàtttr.
Ad esempio, anche L. P. Whe«ler (' Phil. Mag. .. 32. p. 229, 1911)
osserva che ana nuperBcie tersa di mercurio perde rapidamente la sua
freschezza.
{*) Le esperienze eseguite sono state parecchie centinaia, distribuite
in circa 70 giorni. Quasi sempre una esperienza consìsteva i
prove successivamente eseguite. Ogni risultato fe stato verìScato i
merose esperì enee.
D,!„t,zed.yGOOg[e
443 BLIOIO PBKOCCi.
manente, mediante un filo di rame, con un elettrometro a foglia
d'anuminio. Trattandosi per ora di esperienze puramente qua-
litative, dirò solo che ogai divisione della scala corrispondeva,
in media, a circa IO volta. Poggiavo delicatamente sul mercurio
il disco isolante per circa due secondi, poi lo allontanavo.
Ma la maggior parte d^Ile esperienze sono state fatte tenendo
il mercurio a terra, poggiandovi su delicatamente il disco del-
l'isolante per circa due secondi, e introducendo qoest'ulUmo in un
pozzo di Faraday connesso all'elettrometro a foglia d'allumìaìo.
Determinavo il segno del potenziale e quindi della carica
indicata dall'elettrometro avvicinando al mercorio — nella prioia
disposizione — o al pozzo di Faraday — nella seconda — nna
bacdietta di ebanite strofinata con lana. Numerose prove ese-
guite con una pila Zamboni mi hanno assicurato che in ogni
caso la mia ebanite si caricava negativamente.
Per il mio scopo, risultò indifferente, come del resto è natu-
rale, l'usare l'una o l'altra disposizione.
Oli isolanti con i quali toccavo il mercurio sono stati :
Quarzo (lamina perpendicolare all'asse con facce piane e
levigate). Mi sono più volte assicurato che non si producessero
fenomeni piezo- o piroelettrìci, ma che l'elettrizzazione ai mani-
festasse nel quarzo per solo effetto del contatto con il mercurio.
Vetro (due dischi a facce piane e levigate di cristallo di
qualità diversa; e parecchi tubi di vetro di circa 2 cm. di dia-
metro di qualità diverse, tubi destinati, in particolare, a essere
introdotti nel mercurio nei recipienti di ferro cilindrici di cui
ho parlato precedentemente.
Alcune prove mi hanno assicurato che il fenomeno si svolge
in modo analogo anche quando l'isolante sia:
paraffina \
ceralacca J
ebanite [
cera verone i
colofonia ]
lana '
Preferisco però limitarmi a considerare le sole esperienze
col vetro e con il quarzo, e specialmente quelle col quarzo^ il
1 dischi fotti con materiale preso dal commercio.
D,!„t,zed.yGOOg[e
SDLLA BLKTTRIZZAZION'B DEL HEKCDRIO PKR STROFINIO 4J3
solo, tea gli isolanti solidi che avevo a disposiziooo, cbimioa-
meote definito (*). '
I dischi di isolante erano incollati a un disco di paraffina
o ebanite, sul quale era innestato un manico metallico, con
cui sostenevo il disco. Così ìl disco era isolato, ma era evitata
la produzione di elettricità che eì manifesta s&egando con le
dita un isolante.
Una prova ordinaria consisteva ne) sovraporre delicatamente
al mercurio il disco di materiale isolante, lascìarvelo a contatto
circa due secondi, poi asportarlo e misurare la carica del mer-
curio (1* disposizione) o dell'isolante (2* disposizione).
L'elettrizzazione che così acquistano mercurio e isotante è
fortissima ; l'elettrometro indica sia nell'una che nell'altra delle
disposizioni su indicate, aventi infatti capacità elettrostatiche
dello stesso ordine, un potenziale che raggiunge anche parecchie
centinaia di volte.
Dopo ogni prova, scaricavo il mercurio ponendo al suolo il
piattello mediante la mano ; scaricavo in pochi secondi l'isolante,
ponendolo lateralmente ad alcuni cm. da una fiammella a gas
tenuta in una stanza attigua a quella delle esperienze.
Le esperienze sono etate eseguite con superfici terse di
mercurio e di isolante.
Ho già detto che finora ho eseguito le esperienze nell'aria
ia pressione e temperatura ordinarie. Noterò soltanto che anche
n queste esperienze preliminari potevo far variare entro limiti
abbastanza estesi e conosciuti l'umidità relativa, ms anche la
temperatura dell'aria sovrastante al mercurio: facevo quasi con-
temporaneamente le esperienze nelle parti piti fredde del labo-
ratorio (10° circa) e sul termosifone (10" circa).
§ 3. Esperienze ordinarie e loro risultati. — Mercurio in
un piattello, toccato con la superficie del disco di quarzo. Clas-
(*) Lo solfo, ai* poggiato ohe immerao bnito*meate nel mercorio, li b
umpre elettrimto poaitiTamente; pih fortemente, perb, quando aia poggiato.
£ probabile che, con una sufficiente velocità di immeraìone, anche lo solfo
si elettrici negativamente.
Non credo sia opportuno l'uio dello solfo, chb, anche a temperatura
ordinaria, reagisce col mercurio.
D,!„t,zed.yGOOg[e
444
ELIGIO PBKDCCA
aìfico i risultati secondo il modo col quale sodo stati ottenati,
ma, come si vedrà dal seguito del lavoro, non credo si debba
attribuire all'umidità l'importanza che da questa classificazione
scaturisce :
a) in ambiente freddo e umido (nelle parti fredde del labo-
ratorio, con tempo nebbioso o pioggia). Soltanto dopo parecchie
filtrazioni attraverso carta bibula ben secca riescivo ad otte-
nere il fenomeno da me indicato. E, quando l'ottenevo, la varia-
zione di sogno della eccitabilità del mercurio avveniva in pochis-
simi secondi. Viene quindi il dubbio che le numerose esperienze
con risultato negativo che si hanno in queste condizioni siano
dovute alla rapidità con la quale il fenomeno avviene, o addi-
rittura al non formarsi, durante la filtrazione, della superfìcie
fresca di mercurio, sulla quale il fenomeno si presenta.
b) in ambiente piuttosto aecco (con bel tempo anche nelle
parti fredde del laboratorio, ma ordinariamente ad un paio di
metri dal termosifone, a una temperatura dì circa 18"). Il feno-
meno si produce quasi sempre dopo una sola filtrazione, pur di
usare carta da filtro ben pulita e Asciutta; esso richiede qualche
minuto per svolgersi.
Esempio : Eccitabilità del quarzo posto a contatto con su-
perficie di mercurio vecchia di due giorni e misurata dalla devia-
zione all'eletti-ometro connesso col pozzo di Faraday (seconda
delle disposizioni su accennate): -|-18.
Eccitabilità del quarzo a contatto con lo stesso mercurio,
la cui superficie è stata appena formata mediante filtrazione:
Tempi
0
20"
40"
1'
1'»"
l'40"
2'
Eccitabilità
— 35
— 30
- 21
— 14
-9
-4
0
!
2' 20" y^O"
3'
4'
•'
10'
20"
+ 3
+ 5
+ 6
+ 7
+ 8
+ 1*
+ 17
•1 mTti
lira
•1 W
Avverto che a questi numeri non ai deve attribuire alcun
valore quantitativo; basti notare, infatti, che l'eccitabilità del
D,!„t,zed.yGOOg[e
SQLLA BLBTTKIZZAZIONB DBL HERCORtO PEK STROFINIO 445
quarzo coa\ miaurata mediante il potenziale indicato dall'elet-
trometro cresce col tempo durante il quale quarzo e mercurio
sono a contatto. Ciò è probabilmente dovuto a una lieve con-
ducibilità del quarzo.
I pochi cosi nei quali il fenomeno non si è prodotto bì
possono attribuire con grande verosimiglianza a qualche varia-
zione accidentale e non facilmente verificabile nelle condizioni
dell'ambiente o della filtrazione del mercurio.
e) ambiente caldo e secco. I) fenomeno si produce senza
bisogno di speciali precauzioni nel filtrare il mercurio, ma questa
volta esso richiede molti minuti per svolgersi. Con il mercurio
già caldo, filtrato e tenuto sul termosifone, a circa 40°, l'ecci-
tabìlità iniziale positiva del mercurio cambiava segno sol dopo
una, due, tre ore.
g 4. Interpretazione del fenomeno. — L'esistenza di
questi fatti, verificati iu varie centinaia di superfici di mercurio
al loro contatto con una etessa superficie di quarzo, induce a
pensare che la superficie fresca di mercurio abbia proprietà
fisiche nettamente distinte da quelle di una superficie vecchia.
Ho già detto che, per altre vie, vari sperimentatori erano
già stati condotti a questo risultato.
II mercurio entra dunque nel numeroso gruppo dei metalli
che si elettrizzano di segno diverso secondo lo stato della loro
superficie o il modo con cui vengono strofinati. Si tratta, vera-
mente, di risultati tra loro slegati e non sempre concordi: così
De La Rive {') attribuisce all'umidità una grande importanza;
J. A. Me Clelland e C. J, Power (^) non confermano il fatto.
Il caso del mercurio è più semplice, perchè si pub preparare
in pochi secondi una superficie nuova di mercurio in condizioni
sensibilmente eguali. Inoltre l'elettrizzazione del mercurio si
ottiene col semplice contatto col dielettrico; quindi sono evitate
tutte le complicazioni dello strofinìo, in particolare l'asporta-
zione reciproca di particelle e il riscaldamento.
(*) ■ Pogg. Ann. „ 37, p. 506, 1886.
0 * R07. Irigli Ac. Proc. ., A.. 3à, p. 40, 1918; mi sono note solo le
recemioni della ' Rer. Scieotìfiqae . e dell' ' Elettriciita .. Altro lavoro
recente b dorato a. W. H. Jones (* Phil. Mag. „ 29, p. 261. 1915).
D,!„t,zed.yGOOg[e
446 BLlalO PBROCCA
È certo che la saperflcie fresca di mercurio va alterandosi
«ol tempo, quando 3Ìa in presenza dell'aria (v. g 5). Vien subito
il dubbio clie ossigeno e umidità possano essere i priocipaH ar-
tefici. Pur rinviando ad altra Nota la discussione sulla causa del
fatto, noterò fin d'ora che il fenomeno avviene molto lentamente
nell'ambiente a temperatura elevata sovrastante al termosifone;
quindi è probabile che non si tratti di una reazione chimica
alla superficie del mercurio {^). Per questo io credo che la causa
della variazione superficiale del mercurio connessa col aegno
della sua eccitabilità elettrica al contatto col quarzo e col vetro
vada cercata piuttosto in un fenomeno fisico alla superficie di
contatto mercurio-aria. Un adsorbimento di ossigeno da parte
del mercurio h già stato segnalato in esperienze di capilla-
rità {*). Dai risultati esposti nel paragrafo precedente sembre-
rebbe naturale attribuire il fenomeno ad adsorbimento di vapor
d'acqua da parte della superfìcie di mercurio; ma non forma-
zione di un semplice strato superficiale aeriforme ricco dì vapor
d'acqua, perchè, nelle condizioni b) e e), il cambiamento di
segno nella eccitabilità del mercurio non viene accelerato dal-
l'alitare sul mercurio fino a formarvi sii una pellicola di rugiada
«he rapidamente sparisce. Né il cambiamento di segno viene
ottenuto rapidamente preparando la superfìcie fresca di mercurio
in ambiente artificialmente saturato di vapor d'acqua e tenes-
dovela alcuni minuti.
Noterò, inoltre, che nelle esperienze e) non era esclusa la
possibilità di correnti convettive del mercurio, quindi di un con-
tinuo rimescolamento ('").
Esperienze ulteriori, fatte in un ambiente ove siaBO note
« variabili a piacere la natura e le condizioni fisiche del gas
sovrastante al mercurio, mi permetteranno, io spero, di trovare
la causa del fenomeno.
(■) V. perì. S 5, d.
O W. e. Me C. Lbw», • Z3. fflr Phya. Chem. „ 73, p. 188, 1910. Chri-
itianseo (* Wied. Ann. ,, 53, 401. 1894) ftttribaisce nll'oui^no un'impOT'
tanzA capitale.
(") Ma col «oio ria caldamente del mercurio si riesce ORaalmento ad
ottenere il rinnovameli to della superficie del mercurio i
farne tornare politica i' eccitabilità (v. % 5, d).
D,!„t,zed.yGOOg[e
SDLLA KLBTTRIZZAZIONB DSL MBBCDRIO FBR STROFINIO 447
g 6. Esperienze speciali e i loro risaltati. — Ho ese-
guito varie esperienze per assicurarmi che il fenomeDo descrìtto
sia dovuto all'esistenza sa) mercurìo di dae specie di superfici,
l'nna fresca, che si contatto con vetro, quarzo, ecc., si carica
poeitivamente ; l'altra vecchia, ottenuta per Qn'alterazione non
ancor ben definita della precedente, la quale si canea negati-
vamente al contatto con questi isolanti.
Esporrò solo le seguenti esperienze, per l'applicazione che
ne brb nel paragrafo seguente:
a) Ho fatto numerose volte esperienze contemporanee
con la stessa superficie di mercnrio e diverse enperfici di iso-
lante, nel mio caso il disco dì quarzo e un disco di vetro da
specchi.
Il fenomeno del cambiamento di segno avviene sensibil-
mente allo stesso istante sia pel cfuarzo che pel vetro, forse un
po' prima pel quarzo (").
Ho fatto esperienze contemporaneamente con una superficie
vecchia di mercurio e una superficie fresca di mercurio, toccate
eoo la stessa lamina di quarzo. Cosi mi sono assicurato che,
mentre il fenomeno avviene nella superficie fresca di mercurio,
la lamina di quarzo dimostra ai suoi contatti con la superficie
vecchia di conservare sempre le stesse proprietà.
In tutte le prove occorrenti per queste esperienze non ho
mai toccato la superficie del dielettrico altro che col mercurio.
Nelle ultime esperienze ho sempre verificato, mediante una
superficie di mercurio vecchia di molti giorni, quale fosse la
condizione di eccitabilità dell'isolante.
Pur dovendosi ammettere l'influenza dallo stato superficiale
del quarzo o del vetro (^*}, è logico concludere che il fenomeno
avviene alla superficie del mercurio e non alla superficie del
dielettrico.
Ho fatto anche prove per cercare un'influenza dello stato
o della storia precedente della euperficìe del dielettrico, ma i
(") Pomo Aooennare che esperience analoghe con la paraffina, l'ebaaite
e la ceralacca hanno mostrato che il cambiamento di tegao dell'ecoitabilità
del mercarìo n ha prima nel quarto e vetro, poi nella ceralacca e nella
paraflna qnaai contemporaneamente; infine nell'ebanite.
('*) V. in particolare i lavori di ChriBtianBeo e di Shaw già citati.
D,!„t,zed.yGOOg[e
448 ELiaiO PBKOCCA
fatti oagervati sono irregolari e non mi è riuscito di riprodurli
a mia volontt.. Essi si notano nei vetro, nel quarzo e si ridu-
cono ordinariamente a una variazione del valore dell'eccitabi-
lità, non del segno di questa.
Vetro e quarzo, lasciati all'aria libera qualche tempo, di-
ventano poco eccitabili al contatto col mercurio, ma ritornano
alle condizioni ordinarie mediante una semplice pulitura con un
qualunque corpo asciutto.
Rarissime volte mi è riuscito come di ritardare il momento
in cui una superficie fresca di mercurio cambia il segno della
sua eccitabilità, pulendo rapidamente il dielettrico con cotone
ben secco, oppure scaldando la superficie del dielettrico a tem-
peratura molto elevata (200°- 300°), ma aspettandone il raffred-
damento prima dì fare la prova.
b) Un recipiente dì ferro cilindrico, profondo circa 12 cm.,
diametro 3 cm. circa, viene riempito di mercurio per circa 4 cm.
In questo mercurio posso immergere un tubo di vetro chioso a
un'estremità (p. es. un tubo da saggio). Le cose sono disposte in
modo che, introducendo il tubo, il mercurio aale fino ai bordo del
recipiente di ferro. Si ha cosi modo di porre a contatto del tubo
di vetro una superficie di mercurio costretta a distendersi gran-
demente e, quindi, paragonabile, con ogni probabilità, a una
superficie di mercurio preparata di fresco.
Versato nel recipiente di ferro un po' di mercurio a super-
ficie vecchia, lo tocco con l'estremità del tubo di vetro, senza
produrre grande estensione della superficie di mercurio. Verifico
che l'estremità del tubo è carica positivamente.
Immergo, sia pur dolcemente (cioè in 3-4 secondi), il tubo di
vetro fino in fondo al cilindro, in modo ohe la superficie di
mercurio si distenda e venga a lambire per quasi Ì2 cm. il
tubo di vetro. Ora il tubo di vetro risulta fortemente carico dì
elettricità negativa.
Parecchie volte, con un tubo di vetro bene asciutto e,
quindi, pochissimo conduttore, ho potuto addirittura constatare
che l'estremità del tubo era carica positivamente, le zone suc-
cessive erano cariche negativamente.
e) Ritento le esperienze nelle stesee condizioni di b),
solo sostituendo allo stretto cilindro di ferro un recipiente di
ferro di parecchi cm. di diametro — nel mio caso nna vaschetta
di 20 cm. di diametro e 6-7 cm. di profondità.
D,!„t,zed.yGOOg[e
SULLA ELBTTRIZZAZIONB DEI. HBRCnRIO PBK STROFINIO 449
Le esperienze precedenti riescono soltanto se il tubo di
vetro viene introdotto nei merccrìo molto vivacemente, quaai
vi venga battuto; anche cosi alcune volte non si riesce a otte*
nere il vetro carico negativamente, ma soltanto una elettriz-
zazione positiva del vetro piti debole di quella che si ottiene
con ona immersione delicata. Non è escluso che con velocità di
immersione snfficentemente alte il fenomeno si produca anche
in questo caso.
Queste esperienze si accordano immediatamente con l'inter-
pretazione esposta al g 4.
d) Una 8nper6cie vecchia di mercurio acquista la carat-
teristica di superficie fresca, cioè si elettrizza positivamente, se
il mercurio a cui essa appartiene viene sbattuto o rimescolato
vivacemente. Probabilmente la filtrazione agisce in questo senso.
Si può attribuire a rimescolamento l'effetto del riscalda-
mento notato a pag. 446, 3° periodo, e cioè la lentezza con cui
avviene il fenomeno nel caso del § 3, e).
e) Una superficie fresca di mercurio veniva coperta er-
meticamente con una lastra di vetro, così da toglierla dal con-
tatto dell'aria. Una tal superficie rimaneva fresca per moltis-
sime ore (fino a 24, nelle mie prove), mentre una superficie
preparata io modo eguale, dello stesso mercurio, ma all'aria,
dava luogo al fenomeno in circa mezz'ora.
Questa prova, ripetuta numerosissime volte, obbliga a con-
siderare l'aria come causa essenziale del fenomeno.
/) Infine, facendo gocciolare il mercurio (") sulle super-
fici isolanti di quarzo, vetro, colofonia, cera vergine, lana, eba-
nite, ceralacca, paraffina, queste risultarono sempre cariche
negativamente; il mercurio risultò carico positivamente.
Tutti questi isolanti, posti a contatto con la superficie vecchia
dello stesso mercurio, si elettrizzavano positivamente. Anche questo
fotto si accorda facilmente con l'ipotesi del § 4, ma noterò che
questo non è un modo semplice dì eseguire le esperienze, perchè
("t Eaperienze preliminari mi aaiicuravano che le goccioline dì mer-
cario non erano elettrizzate prima di battete BuH'iBolante. Non mi consta
che il Christiansen abbia esteso al mercurio le sue esperienze di ballo-
eiettrìciU.
D,!„t,zed.yGOOg[e
450 ELISIO P8HQCCA
si sostituisce al semplice contatto l'urto mal definito e accom-
pagnato dallo sminuzzamonto delle goccie di mercurio.
g 6. I rUnltati dei precedenti Bperìmentatori. — Sodo
numerosi, ma disparati. Disgraziatamente, gli autori raramente
indicano con sufficiente dettaglio le condizioni delle esperienze.
Invero, non risulta, p. es., che alcuno abbia pensato finora che
occorresse indicare la larghezza del recipiente contenente il mer-
curio rispetto alla grossezza della bacchetta isolante che vi si
immerge. Per questo, è difficile verificare e trovare una spie-
gazione per i risaltati ottenuti. Ma, limitandomi all'elenco dei
fatti più importanti, sarà facile accorgersi che tutti — tranne
uno — si possono far dipendere dal fenomeno da me descritto.
Canton e Le Roy trovano risultati discordanti per l'elet-
trizzazione del mercurio a contatto col vetro e con qualche altro
isolante; l'uno trova il mercurio negativo, l'altro positivo.
Ingenhousz (1764) tenta accordare questi risultati, attri-
buendoli a diversa velocità di tocco dell'isolante col mercurio.
Le sue ricerche lo conducono al risultato che il mercurio si
elettrizza positivamente per un tocco lento con vetro, canfora,
lacca, caocciii, negativamente per un tocco rapido.
È ipte^o il solo dei risultati finora <atenuti suW elettrizzazione
del mercurio, che i in disaccordo netto con le esperienze da me
eseguite.
Ma tutti gli sperimentatori che dopo Ingenhouaz hanno ri-
fatto le esperienze sull'argomento (Dessaignes, Riegg, Shaw)
hanno trovato risultati opposti a quelli dati da Ingenhousz.
Dessaignes ('*) è autore del lavoro più dettagliato snll'elet-
trizzazione del mercurio per contatto con isolanti. Per quanto
si tratti di un lavoro condotto in un modo strano, i suoi risul-
tati fondamentali sono benissimo interpretabili dal mio punto
di vista.
Eccoli : col barometro alto (quindi, probabilmente, con
tempo secco) il mercurio tende ad elettrizzarsi positivamente;
col barometro basso (quindi, probabilmente, con tempo umido)
il mercurio tende ad elettrizzarsi negativamente; sembra quindi
('*) ' An. de Cbim. et de Phj*. ,. S, p. 69, 1816.
D,!„t,zed.yGOOg[e
SULLA BLETTRIZZIZIONK DEL HERCDRIO PEK STROFINIO 451
che il Dassaignes bì sia trovato in condizioni analoghe a quelle
del g 3, a> e e); che sia proprio l'umidità relativa a produrre
tale diversità di risultati, è cosa dobbia, specialmente dopo le
prove di pag. 446, 1° capov. ;
il mercurio che è toccato da ceralacca, vetro, zolfo ('^) si
elettrizza negativamente, si elettrizza positivamente quando eia da
essi battuto; con una certa velocità di tocco, il mercurio sembra
ineccitabile.
Ma uno dei risultati del Dessaìgnes è inesatto certamente:
vetro freddo in mercnrio caldo non si elettrizza; vetro caldo io
mercurio freddo si elettrizza fortemente. Di un altro risultato,
quello riguardante l'influenza di una stretta fasciatura nella
parte del corpo isolante non introdotta nel mercurio, non sono
riuscito ad avere conferma.
Kiess ('*) asserisce che mercurio pulito a contatto con vetro
pulito si elettrizza negativamente. Questo risultato può benis-
simo coesistere con i miei. Dice anche che la velocità del tocco
tra isolante e mercurio non ha influenza: io credo dì poterne
desumere che egli si sia trovato nel caso del § 5, e) (secondo
capoverso).
Infine, in un recente lavoro sull'elettrizzazione per strofinio,
P. E. Shaw p') ha preso in considerazione il comportamento
del mercurio; disgraziatamente sorvola su varie delle condizioni
sperimentali. Forse per questo non mi è stato possibile ripro-
durre tutti i fenomeni descritti da questo autore. Pur prescin-
dendo dalla connessione tra l'interpretazione da me proposta e
i fenomeni di capillarità e ottici già accennati, io noterò che il
fenomeno permette di apiegare nel modo ptt) semplice i risul-
tati del Shaw da me verificati, senza introdurre il concetto di
una ' anormalità , alla superficie del dielettrico, prodotta dal-
'^ l'urto di questo col mercurio. Non sono, naturalmente, in grado
dì discutere i risultati indicati dal Shaw e da me non saputi
ritrovare.
Nelle esperienze a temperatura ordinaria, il Shaw trova:
("1 V. nota ('] R, p. i.
(") lUibkHgttUklrizitat, voi. Il, p
(") U». cit-, p. -25.
zed.yGOOg[e
452 SUQIO PEBUCC&
1° Bacchette di tutti i dielettrici — eccetto celluloide
« caucciù da un tato, amianto dall'altro lato — introdotte gen-
tilmente net mercurio, lo elettrizzano negativamente; introdotte
vivacemente, lo elettrizzano positivamente. È il fenomeno già
scoperto dal Dessaignea,. corrispondente a quello del % b ò) e e).
Potrei notare nuovamente che con lo zolfo ne l'esperienza ^ b b)
ne l'esperienza %hf) mi sono mai riuscite; lo zolfo si è elet-
trizzato Fiompre positivamente, sia pur più debolmente quando
veniva immerso bruscamente nel mercurio.
2" Vetro, mica e altri dielettrici ' anormali , (perchè
riscaldati alla ' temperatura critica ,) elettrizzano positivamente
il mercurio per contatto sia gentile che violento.
Se il mercurio si elettrizza positivamente al contatto delicato, è
evidente dal mio punto di vista che al tocco brusco il mercurio resta
positivo. Limitandomi dunque al caso del contatto delicato, le
«sperienze ('*) che hanno condotto il Shaw all'enunciato 2° sonostate
forse eseguite con una superficie fresca di mercurio. Se cosi non
fosse, io dovrei pensare che questo risultato del Shaw è dovuto a
circostanze fortuite ; e infatti ne la lamina di quarzo né alcuno dei
vetri da me utilizzati hanno dimostrato di diventare ' anormali .,
cioè di elettrizzare positivamente il mercurio a superficie vecchia,
a temperature anche notevolmente superiori a quelle indicate
dal Shaw. Per i vetri, potrà dipendere dalla qualità, perchè non
è ben chiaro su quali specie di vetri il Sfaaw abbia sperimentato;
pel quarzo, la cosa si spiega meno facilmente ('*).
Mi è riuscito di riprodurre il fenomeno della "anormalità,
di Shaw le alcune volte che mi è riuscito di pormi in queste
condizioni: la superficie di mercurio ba appena oltrepassato
l'istanti) di eccitabilità nulla al tocco col vetro o col quarzo,
già usati da molto tempo e in molte prove senza alcuna puli-
tura; riscaldo rapidissimamente la superficie dell'isolante r'^cco
•che il mercurio torna positivo per riprendere la sua marcia verso
la condizione limite di eccitabilità negativa. Ma lo stesso effetto
l'*) Non è detto quante prove iihbia f.ilto l'Autore e in quali codc
per ipuDgere a questo rÌBnlhito.
('^) Il Shnw non dice come nin tiif;'>^to il qunno rÌB|iett« all'ai
tico; non È questo un elemento trnscu rullile. 9 peci ni mente se si tien
,<ielln pieio- e tenno-clfttricità del qnnizo.
D,!„t,zed.yGOOg[e
SULLA ELETTBIZZAZION'E DEL USRCDRIO PER STROFIKIO 453
ho avuto se, invece dì scaldare a 300" circa, pulisco vetro o
quarzo con cotoue ben secco. Questa prova, da me ripetuta varie
volte io gioiiii e condizioni diverse, dimostra che 1'* anormalità,
dovuta al riscaldamento potrebbe consistere anche in una sem-
plice modificazione dell'atmosfera superficiale del dielettrico, mo-
dificazione che avviene in grado sufficiente solo a una certa tem-
peratura (temperatura critica). L'azione del cotone secco sarebbe
di asportare l'atmosfera a contatto con il vetro o con il quarzo
per sostituirla con un'atmosfera nuova.
3° Una bacchetta di vetro, immersa nel mercurio, si
carica fortemente con carica ~|-; ripetendo la prova molte volte,
la carica -f- fioÌBCs col diventare molto piccola; ma la eccita-
bilità iniziale è ristabilita se si frega il vetro con la mano o
con un batuffolo di cotone.
Non mi è stato facile verificare neanche questo risultato
del Shaw. Parecchie volte ho provato ad immergere gentilmente
fino a più di 100 volte di seguito il quarzo e il vetro nel mer-
curio; non ho trovato notevole differenza di eccitabilità. Se le
successive immersioni si fanno un po' rapidamente, si ha l'effetto
indicato dal Shaw, ma si ricade nel fatto 1° o del § 5 d^; ciò
si accorda col fatto che il quarzo e il vetro, i quali dopo qualche
decina di rapide immersioni si mostravano debolmente carichi,
riassumevano immediatamente o, al massimo, dopo pochi secondi,
l'eccitabilità ordinaria se posti a dolce contatto col mercurio
per il solito tempo di due secondi.
Àncora in vari altri casi ho trovato l'effetto indicato dal
Shaw, e precisamente quando, per la poca pulizia del mercurio,
dopo alcune immersioni, sia pur delicate, quarzo e vetro si mo-
strano come lievemente appannati e qualche gocciolina di mer-
curio cominciava ad aderirvi. E allora questa * anormalità ,
del quarzo o del vetro sparisce per strofinio con la mano, col
-cotone, con la lana, insomma pulendo la superficie del dielettrico.
Ho già avuto occasione di accennare che le superfìci di
mercurio e di quarzo dalle quali ho dedotto le mie conclusioni,
erano sempre terse.
Christiansen, nel lavoro citato, ha fatto numerose espe-
rienze sulla elettrizzazione a contatto tra mercurio e isolanti,
in particolare tra mercurio e vetro. £gli ha attribuito all'ossi-
geno i fenomeni osservati; ha considerato in particolare l'in-
Alti della n. Aceadfinia ~ Voi. LV. 81
D,!„t,zed.yGOOg[e
451 ELISIO FRBnCCA. — SCLLA ELETTRIZZAZIONE, ECC.
fluenza detl'oaaigeno adsorbito dagli isolanti ; nel caso parUcolaro
del votxo trova delle variazioni di eooitabilità col tempo, che
ricordano il fenomeno da me descritto; ma, come anche il Shaw,
ha dato forse troppa importanza alle variazioni che avvengono
nell'isolante, mentre che le esperienze da me descrìtte pongono
fuori dubbio l'esistenza di una modiflcazione superficiale del mei^
cario, di importanza eccezionale per l'elettrizzazione a contatto.
§ 7. — Il fenomeno che ho preso in esame è certamente
particolare; ma io credo che possa contriboire dal suo canto &
far luce nella questione ancor cosi complessa della elettrizzazione
per strofinio.
Tutti SODO d'accordo nel ritenere che la causa di questa
elettrizzazione sia nelle differenze fisiche tra le due saperflci &
contatto e sia della stessa natura della causa [Hxtduoente l'elet-
trizzazione per contatto; ma finora si conoscono solo alcune re-
lazioni particolari e non prive di eccezioni tra le proprietà fisiche
e l'elettrizzazione per strofinio (legge di Cohen, leggi di Hésébous).
Ciò è dovuto alla inesatta conoscenza delle condisionì superficiali
dei dielettrici utilizzati, molti dei quali — e i piti comuni —
sono corpi chimicamente non definiti e difficilmente riproducibili
in condizioni fisiche sensibilmente uguali. Per questa difficoltà,
avevo iniziato le mie esperienze, dirette ad uno scopo molto gene-
rale (verifica della identità del fenomeno Volta e del fenomeno
di elettrizzazione per strofinio in modo pib completo di quanto
facciano le esperienze di Thompson, di Hoorweg, di Gbristiansen),
sulla coppia mercurio-quarzo.
Come si à visto, anche in questo caso le esperienze avevano
condotto a risultati disparati ; le mie ricerche hanao indicato
un tatto nuovo, mediante il quale diventa possibile il coordi-
namento di tati risultati.
Torino, 20 febbraio 1920.
Gabinetto di Fiaica del R. Liceo Alfieri.
L' Accademieo Segrttario
Carlo Fabrizio Parqha
D,!„t,zed.yGOOg[e
CLASSE
S(MEN7,E MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE
Adunanza del S9 Febbraio 1920
PRESIDENZA DEL SOCIO SENATORE PRABCBSCO BCITCNI
VICEPRESIDENTE DELL'ACCADEMIA
Sono presenti i Soci Vidabi, Ciah, VALHAoai, e Stampimi,
Segretario della Classe.
È Bcusata l'assenza del Socio Patetta,
Si legge e si approva l'atto verbale dell'adunanza pre-
cedente del giorno 15 con*.
Il Socio Vidabi fa dono all'Accademia, come già fece dei
dae precedenti, del terzo Tolume de' suoi Elementi di Pedagoga
che ha per titolo La Didattica (Milano, Hoeplì, 1920). II Vice-
presidente lo ringrazia a nome della Glasse rallegrandosi per
la novella manifestazione della grande e alta attività scientifica
del Socio ViDARi.
L'Accademico Segretario presenta alla Classe, quale omaggio
del Socio Sforza assente, il recentÌBsimo libro La regione di
Adalia. OiUà, foreste, risorse agricole e minerarie, commercio
(Edito a cara della * Società commerciale d'Oriente „ Milano),
Aggiunge che questa pubblicazione, la quale à di grandissimo
interesse per gl'Italiani nell'ora presente ed è adoma di belle
illustrazioni, è stata diretta e in bnona parte scritta dall'illustre
D,!„t,zed.yGOOg[e
456
Conte Ing. Michele SroBZA, figlio dei nostro Socio, il quale fa
prigioniero in Àfrica ed è profondo conoacitore del mondo tna-
Bulmano. La Glasae porge vivi ringraziamenti per il graditÌB-
Bimo dono.
Io fine il Socio Valhaoqi presenta per la pubblicazione
negli Atti, che è accordata, una Nota del Prof. Nicola Tebzaobi
Per la storia del Ditirambo (Pap. Oxyrh. 1604 col. 11).
D,!„t,zed.yGOOg[e
NICOLI TBRZASHl — PBR LA STORIA DKL DltlRAMBO
LETTURE
Per la storia del diiirambo
(Pop. Oxyrh. 1604 col. II)
Nota del Prof. NICOLA TEBZAGHI
La recentissima scoperta e pubblicazione del Pap. Oxyrh. 1604
giunge in buon punto per buttar giù, almeno in parte, le idee
dominanti a proposito della evoluzione letteraria del ditirambo.
II piti importante fra i frammenti ditirambici di Pindaro con-
tenuti nel papiro è il secondo, nella seconda colonna, iniziato
da tre versi già conosciuti e costituenti il fr. 79", accomodato
dall'Hermann di sulle varie lezioni dei cinque luoghi antichi da
cai ci è tramandato (1). Ora sappiamo che quel fr. costituiva
l'inizio di un ditirambo dedicato ai Tebant ed ornato, quasi
certamente dagli Alessandrini (2), di un doppio titolo, a guisa
di alcuni degli analoghi componimenti bacchilidei: ^(fotrìis
'Hi}axZils ^ Kéii^eQos. Il principio suona così, nella ricostru-
zione accolta dai benemeriti editori inglesi:
II[^iv fitv SqnE axoivotéveid x ào^à \
di9[vQdfipoiv [Fr. 79*
ttaì iò <jà\v xl^òaXov dv&^tbitounv ànò enofidnav. )
dta7tin[i]a[vTai óè vvv I^oìg] 3liÀa[^ xi-
5 xXouti véat * [.':":'7e]W((Tcs (3)
tiiav Bffo/ttov [leicjtàv
xaì naifà {Txà[7tt]ov àtò^ OÒQavióat
àv fteydQoi^ t[a{t)d]vn . xté.
(1) Strab. X 469. Atheu. X 465^ U8', XI 4iT, Dion js. de cotnp.
vtrh. U; cfr. l'apparato in Pap. Ox. XIII 41.
(2) Cfr. rinel che ne ho detto in Fabula 1 121.
(3) L'ioterpniicione dopo yiat non è nel pap., nel qaale ansi ai vede
appena la parte inferiore dell'* finale. Naturalmente essa potrà enerci o
D,!„t,zed.yGOOg[e
458 NICOLA TERZAQHI
La lezione dei vv. 1-2 è controllata dai vv. 19-20; disgra-
ziatamente il V. 3 non si può controllare che fino ad dv&Qdta-
percbè il v. 21 è mntilo delle ultime BÌllabe. CoBÌcchè gli editori
inglesi ricostruiscono metricamente il v. 21 in base alla con-
gettura hermanniana pel t. 3, con una petìtio principii, la quale
non pnò non lasciarci perplessi. Ma il male è meno grave di
quel che sembra: il senso è sicuro, e sicure sono anche press'a
poco le parole, giacché tanto dv9(/ònots quanto djtò axofidxav
si trovano la prima in Àtb. X ^hV" ed in Dionys. de comp.
verb. 14, le seconde in Àtb. XI 467". •
Il papiro, dunque, sotto il punto di vista della esatta let-
tura de! fr. 79°, non serve che poco; serve invece, e molto, ad
uno scopo importante, per quanto negativo: a farcì vedere errata
l'interpretazione corrente che se ne dava. Infatti, eoprattntto
pel ricordo dì Hor, carm. IV 2. 10 sa.,
seu per audaces nova dithyramhoa
verbo detolifit, numeritque fertur
tege solutis,
si intendevano le parole axoivoTiveid z'doidd come un'allusione
ai predecessori di Pindaro (e non c'è dubbio che quelli appunto
egli prendesse dì mira scrivendo n^lv (lév), i quali componevano
i ditirambi in gruppi regolari di strofe, antiatrofe ed epodo,
mentre egli si serviva dei versi sciolti. Tale interpretazione ai
fondava sul luogo oraziano sopra citato, e su alcune parole
dello Pseudo-Censorino (1): (Pindaro) libero» Hiam nutntria modos
edidit. Ossìa, poiché axotvotiveta significa ' lungo e teso come
fune ', la lunghezza e la tensione avrebbero avuto come tertium
comparationia la disposizione sistematica or ora accennata.
Ma la realtà attuale, come ci è offerta dal papiro, ci co-
stringe ad intendere in tutt'altro modo, poiché il secondo diti-
rambo, quello di cui parliamo, aveva certamente divisione stro-
fica, corrispondendo i vv. 1-18 ai vv. 19 ss. Se mai, si può
non euerci, a Becondn della ricoatmiione che ai ìmmagin» per U parole
aegnenti. Qli editori «odo in dubbio per la ricoitniiìone del v. 4, troppo
langa, aambra, per la rottura del papiro.
(1) 9 = 0L VI 608 K.
D,!„t,zed.yGOOg[e
PBE LA STORIA DEL DITIRAMBO Ah9
«ssere in dubbio ee il carme constasse di aole strofe — e sì
«vrebbe qualcosa di analogo a Baccbyl. XVII (XVIII) — , o
<U gruppi di strofe, antistrofe ed epodo, come gli epinici pin-
'daricì e gli altri ditirambi bacchilidei. Non è facile deciderei;
ma la risposta sarebbe invece certa, ove si potesse provare che
« questo carme apparteneva il &. 81, il quale può, metrica-
mente, dividersi in due parti, di cui la seconda corrisponde ai
TV. 1-3 del fr. 79° fino a Mip-, e la prima potrebbe &r parte
411 nn epodo (1).
Disgraziatamente, quantanque il fr. 81 derivi dai ditirambi
« celebrasse Eracle, come appunto il II carme del papiro, è
molto possibile che facesse parte dì un componimento diverso,
poiché tratta dei buoi di Gerione, mentre il ditirambo che o'in-
teressa parlava dell'impresa di Cerbero. È vero che la parte con-
servata ai svolge tutta in una specie di introduzione, e che non
sappiamo oè quanto fosse lungo il ditirambo, né se in esso non
ci potesse capitare anche la menzione di altre imprese dell'eroe.
Ala argomenti sicuri non uè abbiamo, e quindi non dobbiamo
toccare un tasto che, domani, un'altra scoperta potrebbe dimo-
strare pericoloso. Invece, siccome il ditirambo che precede nel
papiro era certamente diviso in strofe, antistrofe ed epodo, sì
potrebbe far valere il principio dell'analogia.
Ad ogni modo, non ci troviamo davanti a versi sciolti, e
uxofvotiveid t' doiÓd non può quindi alludere ad essi. Se mai,
dovrebbe essere proprio il contrario, giacché, dato e non con-
cesso che quelle parole si riferisBero alla forma dei ditirambi
più antichi contrapposta a quella usata da Pindaro, se questi
ai servi di sistemi strofici, dovrebbe prender di mira gli dno-
JUiv/téva dei suoi predecessori, data la punta ironica dei primi
tre versi ed il contrasto con quelli che seguono. Infatti, è sicuro
che nei vv. 4 s. si parla di niÀat vétu ohe òtanémamai xéxXots
— giacche mi sembra certa la integrazione óianimavtat, sug-
gerita dal Sandys ed accolta dagli editori (2). Kixiot sono
(1) Cfr. l'apparato in Pap. Ox, XIU 40.
(2) Cfr. l'apparato in Fl^. Ox. XIII 42, a specialmente il ìnogo paral-
lelo di Pind. O VI 27 {fftS.Ìitf B/tftt» àpaaltvaftn) ivi citato inii« me con
altri meno BÌmili a qneato del ditirambo.
D,!„t,zed.yGOOg[e
460 NICOLA TBRZ&QEl
Benza dubbio i cori ciclici dei ditirambi (1), e le 'porte nuove
che bì aprono ' ad eaai noo possono non intendersi come una
innovazione pindarica. Tale concluBÌone sarebbe inoppugnabile,
se non ci fosse di mezzo Orazio, il quale conosceva i ditirambi
di Pindaro meglio di noi, lo Pseudo-Censorìno, a cui non c'&
ragione dì negar fede (2), ed il fatto che nella tragedia, che
deve molto della sua forma al ditirambo (3), non sono rari gli
dnoieiv/téva, e non solo presso i suoi poeti più recenti, ma
anche presso quelli più antichi, come prova, ad es., la monodia
di Prometeo, da cui è dimostrato che, diciamo, Euripide non
subisce soltanto l'influsso delle teorie e forme musicali alla
moda. Bisogna quindi cercare per altra via una soluzione del
problema e della difficoltà ad esso inerente.
La ricostruzione hermanniana dei primi tre versi è, corno
abbiamo già detto, esatta almeno per la sostanza, e certo &
esatta anche per la stretta unione dei due soggetti che reggono
il verbo Iqtis, giacché il re ed il xal sono dati da Strabene e
da Ateneo, ed il testo di Dionigi d'Àlicarnasso, pure essendo
corrotto (4), è tale o da ammettere quelle due particelle o da
mostrare, per lo meno, che axotvotiveia doiód e rò aàv %i§ÒaXov
sono termini coordinati fra loro. Ateneo riferisce il aàv xipóaÀov
alle (ìióaì àatyfioi di Laso di Ermione, i KivTav(fOi e l'inno a
Demetra, di cui anzi riporta un verso, sulla fede di Eraclide Pon-
tico. Ora, per i Kévtavgoi, Ateneo stesso fa pensare che le parole
di Pindaro sieno dirette contro i falsificatori del ditirambo dmyftog
di Laso: xorfìTa aij/iei&acut' dv tig n^òg Toèg voSeioviag Ad-
am) lot! 'Efifitoviag tijv daiyfiov ipd'^v, fjzts éjttytjdipetai Kiv-
xavQm (X 455'). Quindi, secondo lui, il aàv xl^Òalov sarebbe
(1) È forse impoagibile pensare che qualche roce della parola xo^C
O Hitvoi a qualcosa di aimile bì nasconda nella lacuna del v. bì Se cosi
fosse, si capisce che non potrebbe aversi l'inteypnnzìone dopo *iiu.
(2) Cfr. Cansina, PW V t. v, Dithi/rarnho» 1214.
(S) Cfr. quanto ho scrìtto sull' argomento in * Atti della R. Acc. delle
Se. di Torino „ LII SOI.
(4) Cfr. l'apparato dell'edii. del Robbbtb, da cui si rileva che F (= cod.
Lanr. LIX \h) ha axoMiottvt^aia^ olia, in ras. È una male intesa oopii,
forse non immediata, di un ma. senta la divisione delle parole, da cai
sarebbe stato possibile di trarre anche la lei. f^iusta.
D,!„t,zed.yGOOg[e
PEK LA STORIA DSL DITIRAMBO 461
il * falao aigma', ossia il sigma e le parole con sigma UBatJ
da chi falsificò i Kévtavgot (1), composti, invece, da Laso,
senza quella lettera dell'alfabeto. Tutto ciò pab costituire una
nuova difficoltà, come se non bastasse già quella data dal oàv
xtffdaiov, che, dì per se stesso, non è facile ad intendere. Ma
vediamo un po'- Laso compose sicuramente delle (^dal àaiy/ioi:
era uno scherzo, un gioco ài abilità in cui l'arte non entrava
per nulla, ma soltanto l'artifizio. Però è innegabile ch'egli aveva
dei meriti, e non piccoli, rispetto al perfezionamento del diti-
rambo, e che, come maestro di cori ciclici, ossia ditirambici,
fu veramente e meritamente apprezzato (2).
E ovvio supporre che, scrìvendo * il falso sigma * (perchè
xl^dt]Àos, in sostanza, non significa altro, ma può anche equi-
valere a vi&o^, 'spurio, falsificato*), Pindaro non potesse allu-
dere se non à qualche componimento in cui il a non doveva
esserci, ma invece c'era, perchè introdotto da un falsario. Sarà
difficile, forse, di pensare che già al tempo di Pindaro girassero
delle falsificazioni dei ditirambi di Laso, per quanto la cosa non
apparisca assurda a priori: forse egli aveva usato parole e forme
troppo sviate dalla comune, e non era riuscito a piacere al pub-
blico, invitando 00^ in certo modo qaalche rimaneggiatore in
buona od in mala fede a modificare i suoi testi per renderli piii
accetti agli uditori cui dovevano essere destinati. In tutti i casi,
il valore di xifidijXov, combinato con il luogo di Ateneo, non dà
luogo ad altra interpretazione che non aia sforzata. Sicché i
primi versi del II ditirambo pindarico, in parafrasi, vengono a
dire: 'prima di me v'era il canto dei ditirambi disteso qual
fune e la falsificazione del a; ora, invece, nuovi orizzonti sì
aprono ai cori ciclici'. Del resto, anche accettando la verosi-
mile traduzione ed interpretazione del Sandya (3), il senso fon-
damentale del passo non si allontana gran fatto da questo.
(1) Per qaeeto senso non h neceigarìo peuaare che Ateneo avrebbe
dOTDto scrivere toùs vo&nSaavTas- Ol va&tóovtes in quel luogo hft valore
di QD vero e proprio soatantivo, anche facendo astrazione dal valore, che
par pnb avere, di nn part. impf., ed equivale al più tardo voéetnal.
(2) Cfr. CaoeKB. 1. c, 1212 a.
(8) Cfr. l'apparato in Pup. Oxyrh. XIII 41. Ma bisogna ragionar così;
il o xlfiiaXov, spurio, falso o falsificato, corrisponde ad on vó/ttofta titfiótjÀov
D,!„t,zed.yGOOg[e
462 NICOLA TERZAQHI
Per giudicar bene in che cob& consiateasero questi nuovi
orizzonti bisognerebbe aver molto piti di quel che non possediamo
dei ditirambi pindarici. Però qualche coea possiamo dire anche
con quel poco di cui disponiamo, traendone qualche sicuro ele-
mento di giudizio. 11 fr. 75, riferito da Dionys. de camp,
verb- 22, e che iniziava un ditirambo per gli Ateniesi, parla di
Semele. Non sappiamo come continuasse ne qual mito trattasse,
come non potremmo dire se tutto il componimento fosse o no
in dnoXsXv(Uva (1). Però Semele è la madre di Dioniso. E di
Dioniso si parla con una certa ampiezza io tutti e tre i nuovi
frammenti di Oxyrhynchos, i quali tuttavia si occupano fonda-
mentalmente e principalmente di altri soggetti. Ora, noi possiamo
affermar con sicurezza che in origine i ditirambi erano soltanto
dionisiaci, mentre non sono tali quelli di Bacchilide, i meglio
cotiosciuti da noi. Quelli di Pindaro, come ora vediamo, sono
dionisiaci solo in parte. Qui c'è la possibilità di vedere una
specie di passaggio e di gradazione, e di notare uno sforzo per
arrivare, dal primitivo ditirambo esclusivamente dionisiaco, a
quello semplicemente eroico, senza alcun nesso col dio, in cui
il poeta entra ex abrupto a parlare del soggetto da lui prescelto,
con molta somiglianza sostanziale e formale con la tragedia (2).
Tuttavia non si giunge subito a questo : ci si arriva per mezzo
di un passaggio, in cui Dioniso ha ancora qualche parte, pur
non costituendo l'argomento vero e proprio del carme. Questo
stadio intermedio è qoello rappresentato da Pindaro, e nessuno
può dire che egli non abbia fatto anche -il passo definitivo per
liberarsi totalmente dagli schemi tradizionali, passo che costi-
tuisce un terzo stadio, per cui dobbiamo oggi richiamarci a
ad una moneta faUa, e quindi measa fuor di cono, reapinta dall'uao e per
oonaeguenw non usata. Pindaro aveva adoperato il verbo #?»' di senBO
poiitivo, « non poteva piò dire: 'prima UBoiva daUa bocca degli uomini
il ditirambo ed il a mancante', giacché questa sarebbe stata una con-
traddizione in termini». Per evitarla e per mantener Io Eeogma con Ifit,
acme 'il a%i?iaÀov. mesBO fnor d'uso', che col suo valore aoitaniialmente
negativo, ma formalmente positivo, ai pub adattare a quel verbo, qoaai
aveste detto: ' uaciva il ditirambo ed il non-ir ', cioè non usciva il a.
Il) Che fosaero versi sciolti era l'opinione corrente, oggi revocata giu-
•tamente in dubbio dagli editori inglesi dei Pttp. Ox. XIII 28.
(2) Cfr. CoHrianri, Mèi. Weil 27 s.
D,!„t,zed.yGOOg[e
PKR Lk STOSEA DSL DITIRAMBO 463
Bacchilide. In ciò, dunque, mi par certo debba coosiatere la
grande novità dì cui si gloria a buon diritto con le parole
dtajtimamat niXtu xÓKloiat viat, e che oon eaee, mettendo a
confronto le novità da lui introdotte con ciò che facevano i
Buoi predecessori, penai alla sostanza e non alla forma esterna
dei ditirambi, a cui, perciò, deve alludere anche nei primi tre
versi. Ma allora, che cosa significherà la axotvoiiveia dotód?
Anche senza voler vedere in queste parole (e pur sarebbe per-
messo, data la chiara ironìa che contengono) un'allusione quasi
dispregiativa ed un richiamo agli oxoivo^diai, ' canto teso a
guisa di fune', può voler dire, mi sembra, due cose: o canto
lungo, senza capo né coda, fosse pure in ìstrofe od in iscìolti,
quasi improvvisato, in cai si parlava dì Dioniso e delle sue
avventure, senza ordine nh unità né conclusione, come veniva
veniva, quasi improvvisato, secondo il tipo pììi antico e la sua
orìgine autoschediaetica (1); oppure pub voler dire canto che
tende o fa tender l'attenzione e la pazienza degli ascoltatori,
ì quali non hanno da sentire e da gustare nulla di artistico:
ciò a cui allude in ogni modo anche il aàv xl^òalov nominato
subito dì poi. L'opinione altissima che Pindaro aveva dell'arte
sua, a cui indulge spesso e pure, con parole solenni e non certo
modeste, in questo secondo ditirambo oxyrhynchìta (' me, eletto
araldo di poesia (2), la Musa fece sorgere a pregar fortuna per
la Grecia e per Tebe dai potenti carri ', v. 23 ss.), può confor-
tarci all'una od all'altra di queste due interpretazioni; la prima mi
sembra preferibile, corrispondendo meglio alla storia del ditirambo
ed agli axotvtnevfj ^ftaia di cui paria Phìlostr. Her. 1 14.
(1) ArÌBt. Poet. 1449* 9. È chiaro che, dOTendOBÌ mettere in istretta
relazione le dae parti del periodo aristotelico (ytvo/tévti aèv àa' àfx^S
aéioox^Siaaii»^S »<ii airi] [cioè 4 ^^^'f^^o] ool ^ tuitft^Sia, koI { ^iv
itti r^v è^a^x^"^^ '^ ói&àfaftffov il Sé àjiò nSv rà ^XÀi%il, ttrt.),
l'atioaxMÓiaafta non poua riferirai loltaato alla tragedia, ma ancbe al
ditirambo, pieoiiamente come aitoaxtóidofiaia erano, per forza di cose,
là <paÀÀi»d, e tutti i oanti destinati al popolo, anche se, come certo il
ditirambo, avevano cultori appositi i qoali davan loro forma letteraria.
Per au'analogia, si pensi ai moderni eoupletg.
(2) Tale è certo il senso di ooqitìv irttav del teste, cfr. Bacchjl.
IX {X) 39, Sol. elg tavi. 52. 'Araldo di savie parole' sarebbe nn inatile
fronzolo.
D,!„t,zed.yGOOg[e
464 NICOLA TBRZAQHI — PER LA STORIA DSL DITIRAMBO
Se ricordiamo ciò che si è detto innanzi per intendere il
aàv xl^ÓaXov, e lo uniamo con ciò che abbiam detto or ora,
non ci sarà difficile di capire anche tutto il luogo pindarico in
discussione, il tono quasi dispregiativo con cui Pindaro parla,
e gli orizzonti nuovi che per lui si aprono ai cori ciclici. Egli
dice: 'prima di me c'erano dei ditirambi senza capo ne coda;
c'erano anche delle scioccliezze, prive di qualsiasi valore arti*
stico, ma ora, con me, comincia il nuovo ed il buono'. Non
dobbiamo troppo preoccuparci, se ciò non sia del tutto vero,
e se Pindaro stesso si giovò, e come, anche dell'opera dei suoi
spregiati predecessori. I poeti ìn genere, e Pindaro in ispecie,
amavffno ed amano metter nell'ombra chi li precedette, ed Orazio
poteva scriver di sé prineepa aeoUum carmen ad italoa deduxissé
modos, quasi Catullo non fosse mai esistito. Sarebbe piuttosto
interessante conoscere come continuava, esattamente, il suo
pensiero, e come si legasse questo proemio con la descrizione
della sacra festa di Bromio sull'Olimpo. Il papiro è, dopo la
parola véai, disgraziatamente e disperatamente lacunoso, dò io
voglia provarmi al gioco di restituirlo, gioco che, se pure può
esser dilettevole, è però altrettanto, e forse più, pericoloso. Mi
par certo che il soggetto di eldóies debba essere ancora il
x^Xoi che precede, o qualche concetto analogo (1). Ed il senso
sarebbe ottimo: ' Prima dalla bocca degli uomini usciva il lungo
noioso canto dei ditirambi e la soSstiflcazione del sigma; ora ai
cori ciclici si aprono nuove porte di carmi: [cantano essi] cono-
scendo qual sacra festa di Bromìo, proprio presso lo scettro di
Zeus, gli Uranidi celebrano nelle celesti magioni '.
(1) Cfr. Boprft p. 460'.
L'Accademico Segretario
Ettore SxAJiPiNr
D,!„t,zed.yGOOg[e
CLASSE
SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI
Adonanza del 7 Marzo 1980
PBEBIDENZA DEL 30CI0 FBOF. OOUH. ANDREA NACCABI
PRESIDENTE DBLL'aCCADEIGA
Sono presenti i Soci D'Ovidio Direttore della Classe, Seobe,
FoÀ, Guidi, Mattirolo, Osassi, Sovigltana, Panetti, Ponzio,
Sacco, Majorana e Pabona Segretario.
Si legge e ei approva l' atto verbale della precedente
adunanza.
Il Presidente annunzia che il 22 dello scorso febbraio,
nell'ora stessa della nostra precedente adunanza, mentre si
esprimevano fervidi voti per la aaa guarigione, si spegneva il
Socio Prof. Nicodemo Jadanza, il caro collega ed amico, che
fu Tesoriere dell'Accademia. Soggiunge che altri dirà degna-
mente dei suoi meriti scientifici: si limita a ricordare che il
compianto Jadanza, nato nel 1SÌ7 in Campo Lattare (Molise)
da poveri contadini, animato da ferrea volontà e da innato
amore del sapere, potè cogli scarsi aiuti di nn congiunto salire
alla dignità di professore universitario, dopo di aver conseguita,
attraverso grandi privazioni, la laurea di ingegnere in Napoli.
A Torino, dove venne nel 1881 e insegnò Geodesia all'Univer- '
sita e al Politecnico, svolse la sua attività scientifica, della
D,!„t,zed.yGOOg[e
466
quale i rieultati sono quasi tutti consegnati nelle nostre pub-
blicazioni accademiche. Noi lo ricorderemo come scienziato e
docente, ma anche per la sua assiduità esemplare e diligenza
nel compimento del dovere, per la schietta modestia, per la
franchezza del carattere, e per la grande bontà dell'animo suo.
Il Socio D'Ovidio manda pare nn affettuoso saluto alla
memoria del suo conterraneo, confermando gli eroici sforzi da
Lui compiuti per la conquista della elevata posizione sociale e
additandolo come esempio mirabile ài giovani, segnatamente ai
giovani meridionali.
Il Presidente dice che comunicherà alla famiglia del rim-
pianto Socio l'espressione del nostro cordoglio, e prega il Socio
Pametti di accettare l'iocarìco della commemorazione, per la
quale potrà profittare dei cenni autobiografici dallo stesso
Jadanza destinati all'Accademia. Il Socio Panetti accoglie di
buon grado l'invito di scrivere l'elogio dell'amato suo professore.
Il Socio Sacco fa omaggio della sua Memoria La condizioni
meteoro-idrologicke dell'Era quaternaria e la causa dei periodi
glaciali. Il Presidente ringrazia e invita il Socio Mattirolo a
commemorare il compianto nostro Socio corrispondente P. A. Sac-
CARDO. Il collega Mattibolo accetta volentieri l'incarico.
Quindi la Glasse si raduna in seduta privata e procede
alla nomina di un rappresentante della Classe nel Consiglio di
Amministrazione.
D,!„t,zed.yGOOg[e
GLASSE
3CIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI
Adunanza del 21 Marzo 1920
PRESIDENZA DEL 30CI0 3EHAT0RE ENRICO D OVIDIO
DIRETTOBE DELLA CLASSE
- Sono presenti i Soci Seghe, Gcidi, Mattibolo, Gbasst,
Ponzio, Sacco, Majoraha e Paroma Segretario.
È scusata l'assenza del Presidente Naccari.
Si legge e si approva l'atto verbale della precedente
Ad invito del Presidente, ìì Socio Mattibolo legge la com-
memorazione del Socio corrispondente P. A. Saccardo. Il Pre-
sidente ringrazia il collega per l'eloquente e degno elogio del
compianto ed eminente botanico. Comunica poi le circolari re-
lative al ' Congrès international dea Mathématiciens , che si
terrà a Strasburgo durante l'estate prossimo, ed al ' Congresso
internazionale di Meteorologia „ promosso dalla Società Meteo-
rologica, Italiana, che si raccoglierà a Venezia nel prossimo
ottobre.
D,!„t,zed.yGOOg[e
ORESTE MATTIEOLO
LETTURE
FIETBO iNDBEi SiCCABDO
Xreviao, 23 Aprile 1846 — Padova, 12 Febbraio 1020
Commemoraiione letta dal Socio nat. resid. ORESTE HATTIROLO
Per l'amicìzia afiFettuosa e cordiale che, da una lunga serie
di anni, mi legava con perfetta comunanza di ideali a Pietbo
Andrea Saccardo, ho accettato con entusiasmo l'onore di rie-
vocare davanti a voi la figura e l'opera del sommo micologo
tedtè Bcomparso, perchè, purtroppo! sarà qneato l'unico conforto
al dolore che mi affligge: l'anice omaggio che io potrò offrire
alla memoria dell'amico troppo duramente rapito alla scienza.
Dire degnamente di P. À. Saccabdo e della gigantesca
opera sua, non è certo impresa da potersi aaeolvere nei lìmiti
coDcesei dai Regolamenti delta nostra Accademia, onde le mìe
povere parole, più che una commemorazione, saranno l'espres-
sione dei sentimenti e del desiderio intensissimo che ha lasciato
nei nostri cuori la scomparsa di cosi eletto ingegno, di così
nobile carattere.
Kell'ora dolorosa del distacco, quando l'animo piange l'a-
mico, il collega, il consigliere, non sorregge la calma neces-
saria per analizzarne l'opera: ciò sarà fatto più tardi; oggi io
cercherò solo di prospettare la grandezza della perdita che ha
fatto la scienza, e lumeggiare, in una rapida sintesi, l'idea
animatrice dell'opera di P. A. Saccabdo, che ha stupito il mondo
per la mole e l'importanza.
Quando sì pensi che Saccabdo (nato a Treviso il 23 aprile
1845) iniziò la serie delle sue pubblicazioni appena sedicenne;
D,!„t,zed.yGOOg[e
COUHBUORAZIONB ni FIBTRO iNDRGA SACCARDO 469
cb« da allora non rubò, si può dire, un'ora al lavoro; quando
si consideri la mole della sua opera maggiore, la Sylloge fun-
gorum omnium hucusqtie cognitorum, durata già lo spazio dì
trent'nn anno, comprendente 22 volumi di complessive 23451 pa-
gine (e due volumi ancora inediti); quando, infine, si faccia
anche un censimento, sia pure sommario, delle sue pubblica-
EÌoni, che raggiungono, in numero, parecchie centinaia, dì cai
una sola è ricca di 1500 figure colorate, disegnate dallo stesso
Autore, si rimane sbalorditi di fronte a tanta somma di la-
voro, e la mente ricorre alla favolosa produttività aldrovandiana ;
alla leggendaria energìa enciclopedica dell'EaiiETE Tbishe&isto!
e nello stesso tempo alla ininterrotta produttività degli allu-
minatorì medioevali, coi lavori dei quali anche il lavoro sac-
cardiano ha molti punti di contatto.
Egli non ebbe altro scopo nella vita che la famiglia ed il
lavoro; altra soddisfazione, si può dire, che la scoperta di
nuove forme.
La natura lo aveva dotato di un intuito morfologico mera-
viglioso e, potrei dire meglio, miracoloso; di una memoria delle
pili tenaci ; e l'ordine col quale egli attendeva alle sue ricerche,
segaiva norme fisse. La sua vita, appena dopo il periodo della
gioventh, fu sempre uguale; e, come quella dei certosini, obbe-
diente ad una * Regola , dalla quale mai, tranne in casi ecce-
zionalissimi, si dipartiva, tanto che io mi ero indotto a chia-
marlo il Padre generale dei Mieeti Osservanti, appellativo che
era rimasto gradito al mio diletto amico, cosicché lo usò poi
sempre nella corrispondenza oostra.
Sensibilissimo alle vicissitudini atmosferiche, quando i primi
freddi autunnali preludiavano ai rigori dell'iovemo, egli pìU non
abbandonava l'ambiente del Laboratorio e in esso, dirò cosi, si
inciatidava per tutta quanta la durata dell'inverno; e però egli
stesso soleva paragonarsi ad una Orchidea di serra calda.
In questo genere di vita laboriosissima e metodicamente
ordinata, stava il segreto della stupefacente produttività del
Saccabdo.
Ordine e metodo erano parte integrante del suo essere,
erano le direttive dei suoi lavori, che rispecchiano questa par-
ticolari attitudini.
La StfUoge stessa, riassunto di una enorme congerie di
Alti della R. Aeeademia — Voi. LV. 32
D,!„t,zed.yGOOg[e
470 ORESTE MATTIKOLO
forme, non sarebbe ciò che è, se il niKteriale di cui si compone
non fosfte stato disciplinato da Sii conduttori, che il Saccardo
ha saputo opportunamente e mirabilmonte ordire.
Per ciò che si riferiece alla conoscenza delle forme fungine
non ebbe egli chi lo superasse, ne credo che alcuno mai potrà
superarlo.
Questo che io iiuq dubito di affermare, è d'altronde lumi-
nosamente dimostrato dai suoi lavori, sussidiati da classiche
raccolto di Exaiccata; i quali pongono l'Italia all'avanguardia
delle Nazioni per ciò che si riferisce a tali generi di lavori,
così che il nome di lui rifulgerà nel campo della sistematica,
illuminato dall'aureola che corona le opere dei Grandi.
Cosi innata era in lui la conoscenza delle forme dei funghi,
tale l'intuito delle affinità e delle analogie che regolano la loro
correlazione nel tempo e nello spazio, che egli, non solo giunse
a descrivere un numero colossale di miceti, ma riuscì a ' di-
vinare ,' molti di quelli che ancora non si erano rivelati agii
osservatori !
Quante volte non ebbe poi il conforto di vedere avverate
le predizioni raccolte nel suo curioso lavoro sui PrevedAili
funghi futuri secondo la legge di analogia*. (1896).
L'opera del Saccabdo, in certo qual modo, io penso para-
gonarla a quella dei compositori di musica, dei poeti, dei pit-
tori, che compongono, scrìvono, dipingono, animati da un senti-
mento che essi stessi non possono definire, ma che li sospinge a
creare melodie nuove, a raggiungere effetti di luce e di colore
non prima sognati, ad evocare, col ritmo delle parole, sensazioni
che agitano il cuore. L'analogia, l'armonia delle forme è d'al-
tronde legge che regola tutti i regni della natura; e Saccardo
sentì la potenza di questa legge che immortalò l'opera suo,
sgorgata da un concetto originale intuitivo, unilaterale, non
suffragato però da uno spirito critico tale da assicurarle basi
solidamente scientifiche.
La Sylloge conserverà, così, immutato nel tempo il carattere
di indiscutibile utilità pratica, ma non potrà essere in avvenire
ugualmente fattrice di progresso reale, se la consideriamo dal
punto di vista al quale tendono le specalazionì della scienza
moderna, fondate, piìi che sulla forma dì un solo stadio per
quanto elevato, come è quello della riproduzione, sulla Ìntima
D,!„t,zed.yGOOg[e
COUHBHOKAZiOKE DI PIETRO ANDKBA SACCAliUO 471
conoscenza dell'intero rido di sviluppo di ogni singola specie,
e sulle relazioni che ogni specie contrae colle sue vicine durante
i periodi di sviluppo e di accrescimento.
L'opera maggiore di Saccardo è quindi 'essenzialmente
opera di statistica o, dirò meglio, di " statica , delle forme,
censimento cbe è base indispensabile a qualunque ulteriore
studio di micologia, ed è in questo senso ammirabile e prodi-
giosa, COSI che nessuno raggiungerà l'altezza alla quale egli è
assurto.
Ma Don a questo solo campo di studi applicò il Saccabdo
le doti speciali del suo ingegno organizzatore, la straordinaria
sua cultura bibliografica, sussidiate dalle innate facoltà di
ordine; che egli ci lasciò pure un numero grande di lavori che
si riferiscouo alla storia della Botanica in Italia, riuscendo a
riassumere, ordinare, elencare, in mirabile modo, la immensa
varietà dei lavori dei botanici che lo precedettero. Cosi la sua
Botanica in Italia e la sua Cronologia della Slora italiana e
tanti altri lavori suoi sono repertorii, miniere di nozioni, di
dati, di date che formano e formeranno, chi sa per quanti anni
ancora, il substratum degli stadi che si riferiscono alla Storia
della nostra scienza.
Con ugnale competenza trattò egli pure la sistematica delle
piante superiori; degna della sua fama è, fra le altre, l'opera
che si riferisce allo studio della fiora della provincia di Treviso,
compilata negli anni della prima giovinezza, alloraquando, inde-
fessamente erborizzando, andava raccogliendo ogni sorta di ma-
teriali vegetali, essendo egli un botanico completo.
Datano da quegli anni le celebri sue raccolte di Exsiccata,
fra le quali la notissima Mycotheca veneta, che testimoniano
della sua splendida attività di botanico peripatetico, durata
purtroppo breve periodo di tempo, prima cioè di chiudersi nel
laboratorio, per dedicarsi allo studio dei materiali da lui rac-
colti e dì qnelli che d'ogni parte del mondo affluivano a lui
perchè da lui fossero classificati e studiati.
In questa occasione io non tento neppure di ricordare le
innumere contribuzioni micologiche che illustrano raccolte Ì&tte
da specialisti di ogni parte del mondo e da lui studiate!
La enumerazione delle opere di Saccardo potrà essere com-
piuta soltanto dal suo diletto figlio Domenico, micologo cresciuto
zed.yGOOg[e
472 ORESTE UATTIKOLO
alla scQola paterna. Sarà questo il più glorioso monumento che
la pietìi figliale potrà dedicare alla sua memoria!
Ma, prima di porre termine alla affrettata rievocazione del-
l'opera del compianta amico, io mi voglio ancora compiacere di
segnalare la sua Flora Tarviaina Benovata pubblicata sul finire
della guerra, ossia Enumerazione critica delle piante vascolari
finora note nella provincia di Treviso, * come quella che gli ri*
cordava tante miserie ma anche tanti eroismi! ,, illustrando essa
le glorioso regioni del Grappa, del Montetlo, di Vittorio Veneto.
In questo suo lavoro l'illustre Autore si compiace di rie-
vocare i tempi della sua feconda attività giovanile, quando, in-
coraggiato da tre insigni naturalisti veneti, Nabdo, Zakardini,
De Visiani (che fu suo maestro), indefessamente andava erbo-
rizzando nelle località che oggi sintetizzano le più fulgide glorie
d'Italia.
L'antica prima edizione, ossia il Prospetto della Flora tre-
vigiana, fu la causa decisiva, perchè, sono sue parole, " la Bo-
tanica divenisse il suo studio prediletto e professionale ,.
Tredicenne appena iniziava il Prospetto, e lo conduceva a
termine nell'anno 1863, ottenendo di pubblicarlo negli * Atti
dell'Istituto Veneto ,, quando egli era entrato nel diciottesimo
anno dell'età sua!
I risultati delle successive conquiste botaniche in quella
regione che gli fu culla e che egli con orgoglio di italiano
segui palpitante nelle tristi e nelle liete vicende, culminate poi
nella vittoria di Vittorio Veneto, si possono qui riassumere con
duo soli numeri: mentre 1387 erano le piante elencate nel pro-
spetto dui 1863; 1717 sono invece quelle raccolte nella Flora
Tarvisina Renovata del 1917.
D'altra parte e per dare un'idea dell'attività eaccardiana
anche nel campo della Micologia, notiamo che: se erano 245 i
funghi noti per la regione veneta, secondo il censimento del
barone De Hohknbdehl Heuflbub, elencati nella Enumeratio
Ciypt. Italiae Venetae, edita nel 1871 (prima cioè dei lavori di
Saccardo), 4600 divennero quelli da luì enumerati e studiati
nella stessa regione; mentre di essi 3000 furono raccolti nella
sola provincia di Treviso. Cifre eloquenti che lumeggiano l'im-
portanza dell'opera sistematica da luì compiuta, che pone il Ve-
neto fra le regioni meglio note della Penisola dal punto di vista
botanico.
D,!„t,zed.yGOOg[e
COMMBHORAZIONB DI PIETRO ANDREA SAGCAEDO 473
Pier Ahdbea Saccabdo, ardente patriota, che dopo Capo-
retto vide la saa diletta Vittorio calpestata, rovinata dalle orde
barbariche; che pianse amaramente, non di sgomento per la
perdita di ogni avere, ma per la rovina temuta dei suoi ideali,
ebbe pure il supremo, ineffabile conforto di assistere al trionfo e
alla liberazione dei fratelli da tanto tempo achiavi dello Btraniero.
Nel suo ritiro di Avellino presso il genero Prof. Trotter,
gli giunse la notizia degli eventi gloriosi; esultante d'entusiasmo
potè quindi far ritorno con animo sereno alla sua Padova (così
duramente provata durante la guerra), dove lo aveva colpito una
irreparabile sciagura, la perdita della sua adorata e fedele com-
pagna. Egli allora si raccolse in sé stesso e, con rinnovato ardore,
tutto si consacrò al lavoro, nel quale cercò conforto e oblio.
Intensificò ancora la sua già eccezionale attività scientifica, sere-
namente spegnendosi il 12 febbraio ora scorso, fra le collezioni,
&a i libri, che erano stati lo scopo della sua esistenza, il sospiro
della sua anima innamorata di ogni cosa bella e buona.
Scienziato di Laboratorio non fu egli solamente, ma come
insegnante valoroso ed efficace fu lustro e decoro dell'antichis-
sima Cattedra di Botanica dell'Ateneo Padovano. Dalla sua
Scuola USCI tutta una schiera di valorosissimi sistematici, che
oggi degnamente onorano il Maestro e la scienza e ne seguono
l'esempio e le tradizioni.
Per tutta la vita il Sacoasdo seguì l'ideale che si era pre-
fisso da giovinetto; gli allori che egli raccolse per consenso
universale, i suffragi, i premi che le più insigni Accademie di
tutto il mondo gli decretarono, additano la sua nobile figura
alla riconoscenza nostra, perchè la sua fama è gloria d'Italia.
La nostra Accademia, che annoverò il Saccardo fra i suoi
Soci corrispondenti fino dall'8 febbraio del 1885, invia oggi alla
famiglia desolata e per essa al suo diletto figlio Domenico, coi
sentimenti di condoglianza profondamente e dolorosamente sen-
titi, l'espressione della sua ammirazione per l'opera da Lui com-
piuta a vantaggio della scienza e per l'onore della Patria.
Torino, 12 mano 1920.
L'Accademico Segretario
Carlo Pabsizio Paroma
D,!„t,zed.yGOOg[e
CLASSE
SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE
Àdnnaiiza del 38 Marzo 1930
PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. COUC. ANDREA MACCARI
PaESlDGKTE dell'accademia
Sono presenti t Soci Pizzi, De Sanctis, Baodi di VsaifE,
Patetta, Prato, Ciak, Fagoi, Lezio, e Stahpcki Segretario
della Classe.
Si legge 6 ai approva l'atto verbale dell'adunanza del
29 febbraio u. s.
Il Presidente presenta alla Classe con un caloroso saluto
ì nuovi Soci nazionali residenti Adolfo Faggi e Alessandro
Luzio, che ringraziano così per la loro nomina la Glasse come
per il cortese saluto Ìl Presidente,
L'Accademico Segretario dà lettura della deliberazione
presa dal Consiglio di amministrazione dell'Accademia, che,
essendo oramai superato il numero di 30 fogli di stampa del
volume in corso degli Atti e crescendo quasi ogni giorno in
modo sconfortante le spese di stampa, mentre invano s'è invo-
cato un aumento della dotazione dell'Accademia, sìa chiusa
l'accettazione di nuove Note, ed al Socio nazionale sta consentita
solo piii la presentazione di una propria Nota, ove egli non
abbia già esaurito il numero totale (di tre) assegnatogli con la
deliberazione del 29 novembre dello scorso anno.
zed.yGOOg[e
475
L'Accademico Segretario notifica poscia che la Reale Ac-
cademia dalla Crusca ha aderito alla proposta fatta dalla nostra
Classe in nome delia Accademia, e si farà rappresentare ad un
eventuale convegno in Roma dei rappresentanti delle singole
Accademie Reali italiane nelle prossime ferie pasquali per
mezzo del suo Socio corrispondente Vittorio Rossi. Invece il
presidente dell'Accademia di archeologia, lettere e belle arti
di Napoli ha dichiarato che, non avendo quell'Accademia ancora
aderito all'invito direttamente avuto dall'Académie des Inscrip-
tions et Belles Lettres, non può dare alcuna risposta relativa
a tal convegno. Altre Accademie non hanno finora dato risposta
alla lettera loro inviata per quello scopo.
Dopo breve discussione la Classe a voti unanimi delibera
di conferire pieni poteri al Socio De Sanctis per trattare in
Roma, nelle prossime ferie pasquali, coi rappresentanti della
Accademie dei Lincei e della Crusca, ed eventualmente con
quelli di altre Accademie Reali italiane, intorno alla costi-
tuzione dell'aggruppamento delle Accademie nazionali pre-
scritto dall'art. 4 dello Statuto della Unione accademica Inter- .
nazionale, e intorno alle modalità da seguire per riguardo allo
invio dei due Delegati italiani alla prima riunione interacca-
demica che avrà luogo in Bruxelles nel maggio prosiìimo. De-
libera inoltre che sia anche rivolta calda preghiera a S. E. il
Ministro degli Affari Esteri, affinchè voglia concedere il suo
alto appoggio alla costituzione di queir aggruppamento dei
Corpi accademici italiani, riconoscendo ufficialmente i due De-
legati dell'Italia quali effettivi rappresentanti di tutte le Acca-
demie italiane aventi carattere nazionale, cioè delle Accademie
Reali contemplate nell'art. 21 dello Statuto del Regno e selle
Leggi che lo integrano, o almeno di quelle Accademie che
hanno partecipato alle conferenze preliminari di Parigi, cioè
l'Accademia dei Lincei e quella delle Scienze di Torino.
il Socio Pizzi presenta alla Classe, che ringrazia, due pub-
D,!„t,zed.yGOOg[e
476
blìcazioni del prof. MichelaQgelo B[u.ia: l^ Se le leggi econo-
miche patiscano eccezione (Firenze, 1919); 2* Sulla Causa (Fi-
renze, 1918).
L'Accademico Segretario presenta, a nome del Socio Sfohza.
assente, la sua monografia Nuovi documenti aulteecidio dei Fra'
telli Bandiera e dei loro compagni (Estratto dalla * Rassegna
storica del Risorgimento ,, 1919). La Classe ringrazia il Socio
Sfobza.
L'Accademico Segrtìario
Ettobb Stampimi
D,!„t,zed.yGOOg[e
ATTI
REALE ACCADEMIA DELLE SCIENZE
DI TORINO
PUBBUOATJ
DtGlI ACCADEMICI SEGRETARI DEUE DUE aASSI
Tou Lv, Disp. Il-, is-, 13- 1 14-, i9ia-iaaa
TOWNO
Ubrerla FRATEIjIjI BOOOA
Tl« Varia llbnto, B.
1920
DiBiimd, Google
DiBumd, Google
CLASSE
scienze: fisiche, matematiche e naturali
Adananza dell' 11 Aprile 1920
PRESIDENZA DEL SOCIO 3ENAT0BE ENRICO D OVIDIO
DIRETTORE DELLA CLA33E
Sono presenti i Soci Salvadori, Seghe, Peano, Foà, Guidi,
Mattirolo, Panetti, Sacco, Majorana, Roba, Herlitska e
Parona Segretario.
Si legge e si approva l'atto verbale della precedente
adunanza.
Il "Presidente presenta i nuovi Soci Rosa e Herlitska, dà
loro il benvenuto a nome della Classe, rallegrandosi della loro
nomina, per la quale nuove forze si aggiungono a rinvigorire
l'attività dell'Accademia. I Soci Rosa ed Herlitska rispondono,
rinnovando i ringraziamenti per la loro nomina già espressi per
lettera.
n Socio Foà presenta in omaggio la prima dispensa del
Trattato di Anatomia patologica, da lui pubblicato in collabora-
zione di parecchi colleghi, e ne parla, richiamando l'attenzione
dei colleghi sulla edizione e sulle figure che fanno onore alle
Arti grafiche torinesi. Il Socio OuiDi fa omaggio della sua Nota
Sul calcolo statico delle dighe a gravità, ed il Socio Panetti
del suo scritto su 7^ Laboratorio di aerodinamica del B. Poli-
tecnico di Torino. Come omaggio lìell'autore prof. M. Chini, il
AUi dilla fi. Aeeadtmia ~- Voi. LV. 33
D,!„t,zed.yGOOg[e
478
Sodo PsAiro oSh-e con parole di lode i dne volumi Corto spe-
dale di Matematiche ad uso dei ehinUci e dei naturalisti (4* ediz.).
Esercizi di Calcolo infinitesimale (3* ediz.). Il ProBiderte ringrazia
a nome della Classe.
Ricorda poi le deliberazioni restrittive del Consiglio dì
Amministrazione, riguardanti le pubblicazioni accademiche, im-
poste dalle difficili condizioni finanziarie del momento (23 no-
Tembre 1919, 26 febbraio 1920), e fa osservare che, pur troppo,
si deve ora applicare il provvedimento pel quale, allorché il
numero dei fogli stampati (Atti) giunga a 30 ed il Tesoriere
ne avverta i Segretari, si deve chindere l'accettazione di nuove
Note, consentendosi al Socio, a partire da quel momento, solo
più la presentazione di una Nota propria, ove egli non abbia
già esaurito il numero totale (tre) assegnatogli. Il Segretario
aggiunge che il Consiglio di Amministrazione dovrà provvedere
al nuovo aggravio nelle spese di stampa per l'aumento del 20 ".'o
annunciato in questi giorni dalla tipografia.
Su queste comunicazioni si ha uno scambio dì idee fra i
Soci Sacco, Majorana, Foà, Peano ed il Presidente nell'intento
di studiare i modi onde evitare i danni di ulteriori riduzioni
nelle pubblicazioni, scopo principale dell'azione accademica. Il
Presidente, a nome del Consiglio di Amministrazione, prende
atto delle idee e proposte dei colleghi, ed assicura che la
Presidenza agisce attivamente nel senso di rimediare per
quanto è possibile alle attuali strettezze finanziarie che para-
lizzano le nostre attività.
Il Socio Seobb presenta per la stampa negli Atti, ma con
riserva subordinatamente alle disposizioni ora entrate in vigore,
una Nota (III) del Dott. A. Terracini intomo ad Alcune que-
stioni sugli spazi tangenti e osculatori a una variHà,
Il Socio corrispondente Prof. G. Colomnetti ha mandato
alla Presidenza, pure per la stampa, una sua Nota sui Rapporti
per azioni statiche e dinamiche nei pali di una conduttura elettrica.
D,!„t,zed.yGOOg[e
479
La Clasee si raccoglie in seguito in seduta privata e in con-
formità all'art. 14 dello Statuto accademico procede, mediante vo-
tazione a schede segrete, alla elezione del Direttore della Classe.
Riesce eletto il Socio Prof. Corrado Seobe, salvo l'approvazione
Sovrana.
D,!„t,zed.yGOOg[e
ALBSSANDKO TEKItAClM
LETTURE
Alcnne questioni sogli spazi tangeatì
e oscDlatori ad ona varietà
Nota 111 di ALESSANDRO TERRACINI {')
Determinazione delle l\ {k ^ 4) le cui sezioni iper-
plane hanno spazi osculatori di dimensione
minore deir ordinario.
1. — Nella Introduzione alla Nota I, e poi anche al □" 8
della medesima Nota, già ho accennato a un problema connesso
cogli altri di cui mi sono occupato in questo lavoro, cioè al
problema della determinazione delle Fi, le cui sezioni tperpiane
hanno spazi osculatori di dimensione minore dell'ordinario. Pre-
cisamente, se P è un punto geneiico di una V^, S^ lo spazio
in esso osculatore, F»., la sezione della V^ con un ìperpiano
generico a passante per P, Sa- lo spazio osculatore in Pa F'k-i,
Appartenente perciò alla intersezione a Sa, risulta da quel n« 8
che, in generale, S^y esaurirà l'intersezione oSa, ossia sarà
tu' = i« — 1, non appena sia tu ^ -= 1- 1, mentre per
(k - 1) ik
u)> '*-"'* ■ " +1 sarà, in generate, i
(') Per le Note I e ti ofr. questi Alti, voi. XLIX, pp. 2U-24T, adunanza
del U dicembre 1913, e voi. LI, pp. 695-716, adunanza del 5 mano 191S.
O Colgo quest'occasione per avvertire che neirultima linea del n° 8
della Nota 1 invece di d ai deve leggere k (come h scritto, esattamente,
nell'enunciato di quel n*); e che nella eettima linea dell'enunciato ohe
chiude la Nota II, anziché * retta direttrice , si deve leggere ' onrTa di-
rettrice , (come b scritto, esattamente, al n° ^).
D,!„t,zed.yGOOg[e
ALCUNE QUESTIONI Smil SPAZI TAKGBNTt, ECC.
Vi Bono tuttavia delle F» eccezionali, tali che, per le loi
iperpiane generiche, uj' ha un valore piiì piccolo di quelli ora
indicati: ci vogliamo appunto occupare della ricerca di tali V^
eccezionali, per A: ^4. Il modo di avviare la ricerca è indicato
dal risultato già acquisito (v. ancora il d° 8 della Nota I), che
quelle F^ sono, tutte e sole, quelle che soddisfanno a un sistema
di (/ = 2 UJ eq. di Laplace lin. ind., tale che la ma-
trice jacobiana delle toro forme associate {') sia identicamente
nulla, di caratteristica le — (u» — uj' — 1).
Per k = 2, si riconosce immediatamente che non esiste nes-
suna superficie di tal fatta ; per k = 3, il sistema delle coniche
associate sarà costituito dalle coppie di rette (del loro piano)
per un punto fisso, cosicché il teorema del n" 10 dalla Nota I
ci assicura che le sole Vg del tipo richiesto sono i luoghi gene-
rici (*) di piani di Sr con r p=- fi.
Per k^ i, il sistema delle quadricbe associate dovràressere
ano di quelli elencati sotto aj, »«), a^), b) e e] nel n" 1 della
Nota li, oppure il sistema oo* delle coppie di piani per una
retta. In quest'ultimo caso si trovano, fondandosi ancora sul
n" 10 della Nota I, le V* luoghi generici (cfr. la nota (*))
di piani di S, con r ^ 1 1 ; e, nello stesso modo, il caso a{)
conduce alle V^ luoghi generici di Sj immerse in S^ con r S 8.
D caso b) rientra fra quelli studiati al n** 12 della Nota I.
Restano quindi a trattare ì casi a,), ag) e e).
2. — Gioverà sgombrare anzitutto il terreno dal caso e),
in cui te quadi'iche, associate al sistema di equazioni di Laplace
nppresentato dalle F^, costituiscono un sistema oo> contenente
nn sistema oo* formato dalle coppie di piani per una retta r.
Ora però, a differenza di quanto si è fatto nella Nota II, ci
converrà non escludere quei particolari sistemi di quadricbe
che soddisfanno contemporaneamente anche alla definizione del
caso a) (sistemi lineari di coni col medesimo vertice). Le no-
(») V. Nota I, n* 2.
(*} Generici nel aenso che quelle K] dou debbono rappresentate altre
equaciom dì Laplace, se non le w* che esprimoDO che quelle V, sono luoghi
D,!„t,zed.yGOOg[e
4S2 ALESSANDRO TSRIUCINI
tazjoni SODO le medesime che abbiamo definito nel 0° 5 della
Nota II.
Si tratta di determinare le Vi che rappresentano tutte e
sole le equazioni di un sistema:
AiAix +2 j-,!, i"' 4- jf„ X = 0
A,A,x + Sj?,^:^"' + (/„' = 0
SM^,^Xa: + £p,aì*" -\-px =0
(dove i quattro operatori differenziali Ai, A», A3, Ai siano
linearmente indipendenti), nell'ultima delle quali posfiìamo sup-
porre 1*11 = «11 = «M =^ 0. Col procedimento del n* 10 della
Nota I le tre prime equazioni conducono a dne nuove equa-
zioni di Laplace le cui quadriche associate hanno per equazioni:
I ai(<P»i + T„) -OiTn = 0,
Ora, se non è identicamente «»» = «g^ = U4t = 0 (cioè nei sot-
tocasi e^ e Ct) in cui non tutte le quadriche associate alle (1)
passano per la retta r), queste quadriche, in quanto passano
per la retta r (a, = o, = 0)^ dovranno appartenere al sistema
lineare delle quadrìcbe associate alle tre prime equazioni (1);
e perciò segue che Tik Tm T», Pn si annullano nei punti di
quella retta. II sistema differenziale ^,f = .^jF=0 è dunque
completo, e si può effettuare un opportuno cambiamento di va-
riabili in modo da dare al sistema (1) la forma ('):
xf*^ +'S9''r=^" + 9«x=^(f
S«r,3^"'+i:pr:c<" -\-px =0
(1')
(*) Indichiamo, per aemplicità, i coefficienti delle (l'i cogli atoasi aim-
boli uasti nelle (1); non occorre avvertire che si tratterà geQeralment« dì
funzioni diverse.
D,!„t,zed.yGOOg[e
ALCmiS QUESTIONI SnOU SPAZI TANGENTI, ECC. 483
E non potrà neppur om essere identicamente u,, = ugi^«4i=0,
poiché, variando ia scelta dei parametri, il sistems lineare delle
quadri eh e associate alle equazioni di Laplace rappresentate
dalla Ff resta proiettivo a sé stesso (Nota I, n" 2); cosicché
lo stesso ragionamento di sopra prova che ffita^=gu*=^9tts^
= 9iM^i'»M ^^Mi^O: le superfìcie t, ^cost-, T4 = co9t. rap-
presentano tre eq. di Lap. lin. ind. e sono perciò piani.
Nei sùUocasi cj c^) si ottengono dunque le V4 luoghi di piani,
rappresentanti quattro e^tazioni di Lap. lin. ind.
3. — Nel sottocaso et), in cui tutte le quadriche associate
alle (1) del n° precedente passano per la retta r (cioè Us3 =
=:Wm = Wu^O), la conclusione precedente non è più valida.
Tuttavia si può dimostrare che il sistema AiF=AfF^O é
ancora completo, e dedurre che, se la F4 non è ancora un luogo
di piani, rappresentante quattro eq. di Lap. lin. ind., essa è co-
stituita da oo' F,, rappresentanti quattro eq. di Lap. lin. ind.
Infatti, operiamo per semplicità, nello S, delle quadriche asso-
ciate, un cambiamento di coordinate, ponendo i nuovi piani
fondamentali in a, = 0, a, ^ 0, Oj = 0, a* = 0, e precisamente
poniamo le nuove coordinate 6' di un punto [6] proporzionali
a Sfluflr, Sf'trfl,, Soar^r, SatrBf- Allora se, colle formole di
trasformazione, t» = £ 9if % diviene identicamente t'u =
= Sff'ifc^.-i *M- (cosicché la relazione <Pi, ^ — <Pìi = Jjì — g»
diviene ip'„ = — <p',i = g'„ — g\i), dal fatto che le quadriche (2)
debbono stare con 0|*, a, a,, Ot' in un sistema co", segue:
, [| <p'iis + j'us v'iit-\-g'i3t —g'iii —g'iu jj_
Il — ?'i« — g'tu v'iu + 9'na <p'iM + g'tu 11
D'altra parte, operiamo sulle tre prime (1) con Ag, A^
in modo da ricavarne le A,,AiA,^x (f,m=l,2; n=:3,4), e
quindi anche \% AiA^A.^X'^ AnAtA„x-\-^ o„r (p„„ «"", espresse
linearmente per x e le sue derivate nrìme a seconde: e nosti-
tuiamo poi queste espressici
operando con A^, A, sull'ull
D,!„t,zed.yGOOg[e
484 ALESSANDRO TERRACINI
due nuove equazioni di Laplace, che hanno per quadriche as-
sociate :
(4) wis (— «8 Ti, + a, <p„) + 11,4 (— a* Tu + «i 94,) +
+ «M {— a» Ti, + Cij V»t) + w»4 (— "4 Tu + a, (p„) +
+ ^ («1») OiOs + -^1 {miJ oio* + A, («„) a,aj +
+ ^ («.4) a, a^ + a, it = 0 {1=1,2),
dove, come al solito, n = £p,e,. E poiché attualmente tutte
le quadriche associate alle (1) contengono la retta a, := a, = 0,
COSI su questa retta dovrà essere:
«iaasTii-H«i4 04Ti, 4-MMasTt, + «i4a4T», = 0 (1=1,2),
ossia sarà:
(5)
4- Wjs g'm = 0
"uS'll* +W|4S''»14 = 0
«U 9'lU + «14 S'iM = 0
+ «uyiis +Wì»S''bi4 +«»*y'«s = o
4-«u?'m +««S''m4 +««?'fM = 0.
Ora le u non sono certo tutte nulle, cosicché in una almeno
delle coppie Uu, Uj^; uu, u» v'è una u diversa da zero; se,
per fissare le idee, ui,, Ujg sono entrambe nulle, segue dalle
due prime (5) ^,"* ",'" ' = 0, Allora, se anche Un, uk non
9 113 9 1» I
sono entrambe identicamente nulle, segue dalla terza e dalla
quarta (5) ' ,"* ,"* ' = 0, mentre, se «,«, u,i sono entrambe
9 114 9 tu I
identicamente nulle, lo stesso risultato segue dalle due ultime
eguaglianze dello stesso gruppo. In ogni caso sì ha dunque:
,.. , 9 ns 9 ìli 9 tu 9 ti
\Pf ; , , = I .
. (/ 111 jT m . ì 9 Hi 9 11
zed.yGOOg[e
ALCUNE QUESTIONI SDQLI SPAZI TANGENTI, ECC. 485
he quali eguaglianze, paragonate colle (3) e tenuto conto che
■P'm = — (p'iin = y'ti, — (/'il, {n = 3, 4), porgono (p'i„ = 9'iM = 0.
Perciò, anche nel caso attuale, cp,j si annulla sulla retta ai=a,=0;
il BÌstema A,F=AiF = 0 è completo. Pertanto nel caso cg) il
sistema rappresentato dalla F*, con un opportuno cambiamento
di parametri, è riducibile alla forma:
«13 a^"' + «L* ^'*' + «23 a;"" + K« 3^"' + S P, ^'" + px = 0
(cosicché si può supporre che gli operatori Ai, At, A», A, siano
rispettivamente -T—, v~ , -r — , -r—j; anzi le considerazioni svolto
ci permettono inoltre di affermare che sussistono le (3) e le (6)
in cui le ip' si pongano uguali a zero e al posto delle g' si
sostituiscano le attuali g (giacche ora i due sistemi [6] e [O'J
si possono supporre coincidenti). Ora fra le uguaglianze com-
pendiate nella (3) vi sono te
I 9nì P'iu I _ [ P'iiì ffiM I
. 9ìK 9w I I 9in 9%ti I
che permettono (^) di porre :
S'«s = vA, 9nt. = \k.
Dalle (6) segue allora (Xv — m") A* = (Xv — n») fc' = 0:
el primo caso,
giacché le (8) mo-
ra le coppie di re-
>y Google
486 ALESSANDRO TBfiBiCINI
nelle tre prime fra le (7) Don compaiono se non derivazioni
fatte rispetto a T], T|: eì coDchiude ancora, come nei casi e,), e,),
che la Vi è una oo^ di piani. Se invece non è identicamente
h = k^O, nel qual caso potremo supporre non tutte identica-
mente nulle X, p, V, e perciò anche, in virtù della Xv — pi^O,
non entrambe identicamente nulle X e v — per fissare le idee
supporremo nel seguito non identicamente nulla la X — si trae
dalle (7), tenuto conto delle (8), che fi:c'">— Xa^«' , va^'»> — (ia^«>
si esprimono come combinazioni lineari di x, x"', ^i^"; le sn-
perficie Tjsscost., t^ = cost. rappresentano due distinte equa-
zioni di Laplace le cui forme associate contengono , poiché
Xv — ^* = 0, uno stesso fattore lineare, e sono perciò svilup-
pabili ('). Orbene, queste oo* sviluppabili si ripartiscono in co*
sistemi semplicemente infiniti, dando luogo a <»> F,, ciascuna
delle quali rappresenta quattro eq. di Lap. lin. ind.
Infatti, si osservi anzitutto che l' equazione di Laplace,
conseguenza delle (7), la cui quadrìca associata è la prima fra
le (2), è attualmente:
(9) nA*'""+M*a:""— ^A^"'— Xia^"' + (...)aJ"+(-)*"'4-{-)^+
+ (- \hg,n + vAj,,.. + tik [g,,, -<?,«] + (MA)"'-(XAn ««+ |
+ (- Xi?... + viffa, + fift [ff.ii -<»<«] + (pA)'"-(Uf>):c<'>=0. I
equazione che non può, nelle ipotesi attuali, esaere identica-
mente soddisfatta, e che pertanto non pub differire, se non per
un fattore, dall'ultima fra le (7), alla quale si può dunque sup-
porre senz'altro sostituita. Si formi allora quella ulteriore equa-
zione di Laplace, conseguenza delle (7), che ha per quadrìca i
associata la prima delle (4) (^ = 1), cioè la ,
(10) (A [vj?„, — ji<,,a + 2 p'" - X'"] + 2mA"' — XA«) a^'i -|-
+ (A [v</,i, — i^gm + 2p"' — X'*!] -+- 2nA"' - X*^) *<"' +
+ (A [- »?.,.+ X<?L--X'"] - XA">)a^"' + .
_(_ (i [— ^y„, 4- Xyi„ — X">] — \k>"] ar"" r^ 0. I
0) II risultato vale anche nel caso in cui sia ^^v = 0, perchb allon
la «ecoucU e la turca fra le oquaziouL (7) mostrano |{ià ohe quelle super-
ficie sono STiluppabìli.
D,!„t,zed.yGOOg[e
ALCUNE QCBSTIONI SDOLl SPAZI TANUENTI, ECC. 487
La proporzionalità fra i coefficienti di a^"', x*"' in questa equa*
zione e nella (9) porge iutanto (giacché X^O):
i * ^"' I _
I i i"' P*''
mentre quella fra i coefficienti di x^^, x>* permette ulterior-
mente di concludere, almeno se m ^ 0 :
I * *'" I _
I A ft**> \^'
Che se fosse poi identicamente p = 0, e perciò anche v = 0,
la medesima conclusione emerge dal fatto che, mancando allora
nella (9) i termini in x"*', a^"\ essi dovranno mancare anche
nella (IO), e quindi sarà (AX)"' = (A:X)'" = 0.
Il rapporto di A e A: è dunque funzione delle sole t,, t^,
e perciò l'equazione in F:
ammette soluzioni — non costanti — funzioni delle sole t„ t^.
Se ero una generica fra esse, eseguendo il cambiamento di variabili
ff,:=T,, o, = T,, (Tj:=T3, (J4 := (T (tj, T^) (certo invertìbile salvo,
forse, uno scambio fra i due ultimi parametri), nel sistema (7)
trasformato le prime tre equazioni vengono a non contenere piìi
derivazioni fatte rispetto a cf^, e perciò anche la quarta (come
risulta dalla ispezione della (9), ove si ponga k = Q); vale a
dire le Vg o^ ^ cost. rappresentano quattro eq. di Lap. Un. ind.
Concludendo, si può affermare che nel caso e), le V« cercate,
appartenenti a S^ con f ^10, sono le V^ luoghi di piani, rap-
presentanti quattro eq. di Lap. Un. ind., e inoltre altre V^ appar^
tenenti alla classe delle V«, luoghi generici (*) di oo»Vj rappre-
sentanti ciascuna quattro eq. di Lap. Un. ind. Per le V^ del
(*) Qenerìcì nel senso che le V, dou iftp
non qnelle eaprimenti appunto che esse so
tanti quattro eq. di Lap. lin. ind.
D,!„t,zed.yGOOg[e
488 ALESSANDRO TERRACINI
primo tipo è ben chiaro che esse risolvono il nostro problema
nel C&80 e) ; per quelle del secondo tipo si può ancora affermare
che esse risolvono tutte il problema, per quanto esse corrispon-
dano ovviamente al caso ag), e perciò, in generale, non al caso e).
Le Kj di cui risultano luogo queste F^, e pertanto anche le
stesse V^, si sanno costruire tutte ('); esse si troveranno enu-
merate nell'enunciato finale di questo lavoro.
4. — Nel sottocaso a^), in cui le quadrìche associate alle
equazioni di Laplace rappresentate dalla K^ costituiscono un si*
stema 00* di coni col medesimo vertice, il sistema di equazioni
di Laplace rappresentato dalla F4 si può supporre della forma:
l A^AfX-^X ffur ^" + Jii ar = 0
(11) I A3A,x + Ìg„,a^'> + gnX = <i
I AiA,x-i-p,A:,AtX-\-'S, ?ur ^" + Su * = 0
\ At At X -\~ p. A, A, X -{• ^ ga' x*'' -|- y^ * = 0
dove i tre operatori Ai, At, A3 si suppongono (come in tutto
seguito di questo' lavoro) linearmente indipendenti.
Il calcolo delle espressioni A^ A^ Ai x — A^ A^ Ai x
{l,m,n= 1,2,3; l=4=m=¥'n) desunte dalle prime tre equazioni,
porge intanto tre nuove equazioni di Laplace, conseguenze
delle (11), le cui quadriche associate hanno per equazione:
l a,q)t, + Os Tu — Ot Tu = 0
(12) j a, (p„ + a, T«, - a, Th = 0
( a, q)„ + a, Tm — «i T» == 0 .
E poiché esse devono avere un punto doppio in Oi = ai^ag=0,
segue che <Pii, 9i3, <Pk>i Tu, Tu, Tu Bono combinazioni lineari
(•} Cfr. U mia rfota; SulU Vj, che rappreetntaHO più di -
eioni di Laplace linearmente indipendenti. ' Rend. del Circ. mat. di Palenno ,
t. XXXllI (1912), pp. 176-186.
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ALCUNE QUESTIONI SUOLI SPAZI TIVOBNTI, ECC. 489
di a,, a,, Qj. Di più, operando con At e con ^i rispettiva-
mente sulla quarta e sulla quinta equazione (11), e ricavando
AtA^ A,X'^A, AtAiX-\-^a,^ Viux"* dalla prima equazione, si
ottengono ancora due equazioni di Laplace, aventi per quadrìcbe
associate :
i — a,T„+a,(p„ + .4.(p,)a;-|-p|(— a,T3i+Os'Pa)-fa,Y,i=0,
ì — a.T» + a»<Pii + -^;(Pt)a' + Pi(— OsT3i+ai<P3i) + a,Tt,=0.
Anche per queste quadrìcbe il punto ai=:a,^a,^0 è doppio,
e perciò in quel punto è anche Tii = Tm = I>. Tutto questo prova
che il sistema AiF=AtF=AjF^=Q è completo, e che, assu-
mendo come nuovo parametro t, una soluzione di tale sistema,
nel sistema (11) trasformato non compaiono piìi derivate fatte
rispetto a t^; cioè' le V^ t, = cost. rappresentano cinque equa-
òodì di Lap. Un. ind. Ora una V^ rappresentante cinque equa-
zioni di Lap. lin. ind. (v. la nota (')) o sta in S,, o è una oo' di
piani sviluppabile ordinaria, eventualmente degenere. La V, in
questione aark dunque costituita da oo' V^ di S,, o da oo' piani
di una sviluppabile ordinaria (insieme coi casi degeneri). Vice-
versa, le V4 generiche (dove la parola generiche ba un significato
analogo a quello definito nella nota (^)) fra quelle di questi due
tipi rappresentano cinque sole eq. di Lap. lin. ind. e corrispon-
dono proprìo al caso a,). Quindi le V* corrispondenti al caso Ot)
(situate in S, con rS9) sono V, generiche fra quelle costituite
da 00' V» di S4, 0 da cd' sviluppabili ordinarie di piani (insieme
eoi casi degeneri).
Non è forse senza interesse osservare che in modo perfet*
tamente analogo si dimostra che, se una V^ rappresenta tutte
e sole le equazioni di un sistema:
(in
J A^AnX'-^O (m, n=l,2, ...p; m=t=«)
i" A„A„x-\-p„A^A,xr-~'(ì (m=l,2, ...p— 1)
dove i p operatorì differenziali A sono linearmente indipendenti,
essa, se p >■ 2, è luogo di oo*"' F, , ciascuna delle quali rap-
presenta ^ ^g I eq. di Lap. lin. ind., cioè luogo di oo*-' F^
appartenenti ciascuna a uno '%+[, oppure dì x*"" luoghi di S^.,
D,!„t,zed.yGOOg[e
490 ALESSANDRO TERRACINI
sviluppabili ordinarie eventualmente degeneri. E di qui eegne
facilmente il risultato, che estende, in un certo senso, il teorema
finale del n" 10 della Nota I:
Se una V» ammette in ogni punto generico un cono VJ_i di
tangenti tripunle, con p !> 2, e se essa non rappresenta altre equa-
zioni di Laplace se non quelle che esprimono questa proprietà, essa
una co*"' di V, appartenenti ciascuna a uno Sp+,, oppure una
00 *~'' di luoghi di S^^i soiluppabili ordinarie, eventualmente dege-
neri (nella seconda alternativa quel cono V^ , essendo costituito
da uno <S^i doppio).
6. — Resta finalmente a studiare il sottocaeo aj), in cai
le quadrìche associate alle equazioni di Laplace rappresentate
dalla Vf costituiscono un sistema oo' di coni col medesimo ver-
tice. Come già si è osservato alla fine del n° 3, le Vt luoghi
generici di oo* F, rappresentanti ciascuna quattro eq. di Lap.
lin. ind., forniscono appunto delle V^ di questo tipo; risultei^
perb che esse non sono le sole.
La trattazione di questo caso riuscirà un po' minuziosa in
quanto, por conseguire una certa semplicità nei calcoli, saremo
condotti a distinguerlo ancora, a sua volta, in vari sottocasi.
Precisamente, segando il sistema ao> dei coni quadrici associati
con un piano generico, si otterrà un sistema co' di coniche
luogo, avente come polare una schiera di coniche inviluppo 6,
che apparterrà necessariamente a uno dei seguenti tipi, proiet-
tivamente distinti:
L le coniche di G ammettono uno stesso trilatero autopolare;
n. sono tangenti in un punto, e ammettono ulteriormente
due tangenti in comune;
in. sono oaculatrici di un punto;
IV. hanno in comune un contatto quadripunto;
y. sono bitangenti;
YL costituiscono un'involuzione di coppie di punti su una
punteggiata :
VII e Vili, sono costituite da un punto 6s8o, e da un punto
variabile su una retta che rispettivamente non gli appartiene
0 gli appartiene.
Nei casi VII e Vili le relative F^ corrispondono, oltre che
al caso Qi), anche al caso e), e quindi sono da ritenersi già note;
ci limiteremo pertanto a trattare gli altri casi.
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ALCDNB QUESTIONI SOSLl SPAZI TANQBNTl, ECC. 491
6. — Nella ipotesi I, il siatema rappresentato dalia V, ei
pab supporre ridotto alla forma:
I A ^1 a; + £ giv 3^'' 4- ?is « = 0
I AiA,x-^^ ga.. a:''' + 3,, a: = 0
i. Pi A, A^ X -\- p, At At X -[• Pt Ai A3 X -{- Sjfr*''' + ?« = 0,
(U)
dove nessuna delle tre funzioni pi, p*, p, sìa identicamente nulla.
Dalle prime tre equazioni segue intanto, come al n" 4, che il
sistema AiF^ AtF = A3F=(i è completo, e che inoltre per
a, = a, = aj:=0 è Tit ^ Tia = Tn = 0, Approfittando nel aolito
modo di questa circostanza possiamo intanto supporre an=au^
^ af^^ g„t^ g,^ = ffiif^O. Applichiamo di nuovo in questa
ipotesi lo stesso procedimento, deducendone p. es. l'equazione
di Laplace la cui quadrìca asaociata è la prima delle (12); essa è:
1 «i. 9t> ar*"* + £ a», giù a^'" — £ a,, g,^^ x"" -f £ ol'.' «p», a;''' +
+ £ («a. ?m ~ a*. ?l^) a:' -\- A^ig-tx) — A^igux) = Q.
In questa equazione non compare la derivata a^"; pertanto
è g^^=0, oppure essa è combinazione lineare delle sole prime
tre equazioni (14). Nella prima ipotesi, in nessuna delle equa-
zioni (14) compaiono derivate fatte rispetto a t^, e perciò le
F", T4 = cost. rappresentano quattro eq. di Lap. lin. ind., o la V,
è una co' di Kg rappresentanti ciascuna quattro eq. di Lap. Un.
ind. Occupiamoci dunque della seconda ipotesi, in cui le forme
che stanno al primo membro delle (12) sono combinazioni lineari
di oiai, aiO], 0,0,; allora <pa< ft>, Tu risultano combinazioni
lineari delle sole a,, Og, ecc. Ciascuno dei tre sistemi AtF =
= A,F=0; A.F^A^F^Q; A F= ^if= 0, nella funzione
incognita F, è dunqu" ■"-■""'"*'- " " "«"«""^ c.«=t;*™™ = , -r -,
tre nuovi parameti
questi tre sistemi (e
mento di parametri
riducibile alla forme
D,!„t,zed.yGOOg[e
ALESSANDRO TBRHACIKI
«"" + ?,.,«"' +J,.i"' + J„i = 0
(15) .; a^'« + j,„jJ» + ,„»»l +y„a! = 0
(dove sì è tenuto conto delle condizioni trovate per Tn, ecc.),
coli 'ipotesi che anche ora </, non sia identicamente nullo (per
non ricadere nel caso già trattato], e che nessuna delle p sia
identicamente nulla. Ci sì può poi anche ridurre, dividendo le x
per una stessa soluzione del sistema (15), al caso in cui
?ii = yis = ?t3^? = 0; indicheremo in seguito con (15') il ai-
stema (15) così trasformato. Tra i coefficienti che compaiono
nelle (15') devono intercedere parecchie relazioni dì cui diremo
al n° 7; in particolare, il fatto che la F, non può rappre-
sentare equazioni del primo ordine porta a stabilire, tra i
coefficienti delle prime tre equazioni, delle relazioni che già
furono considerate dal Darboux ("*). Ciascuna delle F, ^^ = cost.
rappresenta dunque un sistema di tre equazioni di Laplace
[le tre prime del sistema (15)], la forma delle quali mette in
evidenza, su dì essa, l'esistenza di tre sistemi co' di superficie
che si tagliano secondo linee coniugate, nel senso che le linee
secondo le quali ogni superficie di un sistema è segata dalle super-
ficie degli altri due sistemi costituiscono (su quella superficie) due
sistemi coniugati. Una tale Vt, in quanto non verifichi delle ul-
teriori equazioni di Laplace, sarà chiamata brevemente nel se-
guito Fg di Darboux; essa si può anche definire come una V^
rappresentante tre sole eq. di Lap. Un. ind., e contenente tre si-
stemi ce' di superficie, tali che i piani tangenti alle superficie di
un sistema 7iei punti della linea intersezione di due superficie dei
rimanenti due sistemi costituiscono una sviluppabile ordinaria
(eventualmente degenere).
Le V, che andiamo ricercando, rappresentanti il sistema (15)
con gt'^0 appaiono dunque intanto come V^ di S^ (r ^ 10)
(">) Lecong tur la théorìe generale dra surfacei'. Phiìb, IcSi-lSSe. Qua-
trième PnHie, n" 1089 e wgg.
D,!„t,zed.yGOOg[e
ALCUNE QUESTIONI SUGLI SPAZI TINSENTI, ECC. 493
luoghi di oo'Vj di Darboux che abbiano per la V, comportamento
asintotico, nel senso che gli S, osculatoli a una di quelle F^
contengatio lo jS* tangente a F^, nel punto di osculazione; e pre-
cisamente come varietà generiche tra le F, ora descritte, dove
alla parola generiche attribuiamo, come al solito, il significato
che quelle V, non debbono rappresentare altre eq. di Lap., se
non quelle che esprimono la proprietà mediante la quale esse
sono state definite. L'effettiva esistenza di tali V, risulta dagli
sviluppi del seguente n" 7.
7. — Le relazioni fra i coefficienti delle tre prime {15')
osservate dal Darboux, di cui è cenno al n" precedente, per-
mettono intanto di scrivere quel sistema sotto la forma:
(16)
1'"»= h',»x'« + h'}>é'>
dove le funzioni hi, À*, ht soddisfanno alle:
I A™> = Af hT 4- Ai?' Al» — Af A'i'i
(17) h'i" = hT Ai" + Ai" A?' - M'' Ai"
' ftr = AV'A!," + A™M"-Ai'>A!,". .
Le tre prime equazioni (16) permettono, con opportune de-
rivazioni, di ricavare le derivate terze del tipo :e""', espresse
linearmente mediante le derivate prime e seconde della x; così:
(18) :c""' = Af i"" + {A7' Ai" + Ai"') x'" + {M" A',» + Ai"i) a:"' ;
e, successivamente, dall'ultima, delle (16), derivata rispetto
a "Cu l'ti Tg separatamente, si possono ricavare, in quanto le p
sono diverse da zero, le derivate terze a:'"", i**"', x""', espresse
ancora linearmente per le derivate prime e seconde della x;
cosi p. es.:
D,!„t,zed.yGOOg[e
494 ALBSSÀNDBO TBKEUCINI
(19) SpI'V-: + S/'^" + P.^"" +
" + p, (*','>!'«'+ (A'," M" + *;"*)««' + (A?' A?' + hT) *"') +
■f P. (A^''^"' + (A?' Ai'> + M'")xP' + (Af'A?' 4- AD ^'0 -t-
+ 9, ^" + ?. (A?' a;'' + Ai" a:"> + ff, (Afi^a^" -j- A','' ^*') +
La (18) poi, derivata rispetto a ti, permetterà, tenuto
conto di quanto precede, di ricavare a^"'**, espressa ancora
linearmente per le derivate prime e seconde di x. Allora, se
si deriva la (19) rispetto a t,, e si sostituiscono le derivate
terze e quarte di x, che cosi prendono origine, mediante te espres-
sioni di cui si è detto, si trova una equazione di Laplace, con-
seguenza delle (16), dì cui scriviamo per ora i soli termini con-
tenenti «"*' e !<"*:
(20) [y,'>_^'j,]:^">+[j/"_-^'5,]a:.«.+ ... = 0.
Ora, poiché termini in x*"', x*"' non compaiono nelle (16), essi
dovranno mancare altresì nella (20); percib, con opportune per-
mutazioni di iodici sulle relazioni che ne seguono, si deduce
intanto:
(log p,)'" = (log p»)'" = (log s<)'" , ecc.
e perciò Pi, Pi, pi sono proporzionali a tre funzioni rispettiva-
mente delle sole t,, t^; t,, t,; t,, i^. Quindi, moltiplicando l'ul-
tima fra le (16) per un opportuno fattore, si pub supporre
senz'altro :
(21) P( = P,(T(,tJ (Ì=l,2,3).
(22) </^=y.(Tj.
Ciò posto, se si scrive in questa ipotesi per disteso la (20), ai
trova che in essa manca il termine ìa o^***, e perciò, se si tien
conto delle tre prime (16), essa si deve ridurre a un'identità.
Scrìvendo che in essa sono nulli i coefficienti di x"'' e af*'^ si
hanno le relazioni:
?'i'' + 2p,Ai'" = 0,
j^,">+2p,Ar = 0,
D,!„t,zed.yGOOg[e
AWUNK QUESTIONI SUGLI BPAZI TANQBNTI, ECC. 495
che, insiemB colle loro analoghe, permettono di porre:
</< + 2p<A? = 2p.n'MTMT,) (i=l,2,3).
Perciò, introducendo delle nuove k, che cbiamiamo pel mo-
mento V, e in seguito indichiamo ancora con h, definite in fun-
zione delle primitive mediante le
(23) hi' = ht — ft(ji,T,) ((=1,2,3),
[cosicché hf\ hf, ecc. restano invariate, e inoltre le nuove h
verificano ancora le (17)], si avrà:
(24) 9i-i-2PihT=Q (i = l,2,3).
Finalmente, nella (20) il termine in x'^ manca; scrivendo
che quelli in x"' e a^' hanno coefficienti nulli, e permutando
poi convenientemente gli indici, si ha un sistema di sei ulte-
riori relazioni:
(25) pV (Ai'> fti" + Ai'" - 2Af A«') + p?» (Af Af - h<ì") +
+ Pi (2A;" M'" - 2Ai" AV" + Ai"" - 2 Ai" M"0 +
4- Pi (2Ai" Ai"> — AV"' + 2Ai" Ai"* — 2k? Ai"') +
+ P» (Ai" hr - A?* A^'" + Ai" Af> - Ai" Ai»" +
+ Ai'> Ai?' Ai" + Af ki> Ai" + Ap Ai" Ai" -
— Ai" A," M" — 2 Al?' Ai'") + g^ Ai'" = 0, ecc.
Viceversa, quando i coefficienti che compaiono nel sistema (16)
soddisfanno alle varie relazioni trovate [cioè le (17), (21), (22),
(24), (25)], il sistema (16) ammette (") cu integrale x tale che
per T, = T,, Ti = Ti, Ts = T,, X, a:'", a?*'', xf", ^"\ af"' ai riducano
rispettivamente a sei funzioni, arbitrariamente date, della sola t, .
Ne segue poi subito che, quando queste funzioni siano assegnate
io modo generico corrispondentemente a ciascuna di quelle so-
luzioni di (16) che si assume come coordinata di una F* dì 8^
(") Cfr. p. GB. C. RiQmBR, Les systèmts d'équalioni aux dérioéea partitile».
Paris, 1910, ». il n" 170.
D,!„t,zed.yGOOg[e
496 ALESSANDRO TEKBACINI
(con rS 10) integrale del sistema stesso, questa V^ non rap-
presenta altre equaziooi dì Laplace, se non le combinazioni
lineari delle (16) stesse.
Alle condizioni iniziali si potrà dare talora una forma piìi
simmetrica. Precisamente, se si indica con R {x) il primo membro
dell'ultima equazione (16), ogniqualvolta sussistano le due se-
guenti proprietà:
1) l'equaziono R{t) = 0 possiede una e una sola solu-
zione, che ammette derivate quarte rispetto a t,, t^, t,, la
quale per 14 = 14 si riduce a una data funzione di x,, t,, t,;
2) Il sistema nelle tre funzioni incognite Uj,, Uu, u,i:
-B (««) + pi'* wS + Pi," u'S-t-\„u„ + 2 Pi (Ar* - A',"') «., +
4-2p,(Ar-An«„=o
,26) ; R («,.) + pi" tti'^ + Pl^' «S? 4 X„ M,. + 2 p, (Ai"' — M"') «,. +
' +2p,(A^'" — Ai"Vn = t>
R M + p*," «iV + P'.^' "i',' + k» «« + 2 p. (A?" - Ai«') «„ +
+ 2p3(Ai"'-A'n»„ = 0
dove si è posto:
\„ = 2 p, (Ai"' - Af) + 2 p. (A,»' - AH — 2 p?' A?" - 2 pl=' A'," -|-
+ PÌ"A/' + (^"ft?>, ecc.
non ammette altri sistemi di soluzioni nulle per ^^ = ^^, se non
quelle identicamente nulle:
allora il sistema (16) ammUte us integrale x tale che
«(TiiT,, Ta, T4), X(ii, T,,Ts, T4), a!(T,,T,, Ts, T4)
si riducano a tre funzioni arbitrarie rispettivamente delle sole ii,
T„ tj, siano 6m(Ti), 8is(Tj), 812(^1), colla restrizione e„(T,) =
= e» et) = e.! Cui
Invero, aia <p (t,, tj, Tg) quella soluzione del sistema formato
dalle tre prime equazioni (16), per 14 = 14, che corrisponde ('*)
{") Cfr. DiRBoui, 0
D,!„t,zed.yGOOg[e
ALCONR QDSSTIONI SOGLI SPAZI TANOBNTl, ECC. 497
alle condizioni iniziai] ora indicate, e sia x la soluzione dì
i?(x)^0 elle per t^^tj si riduce a <P (t,, t^, Tj), Posto:
H
, = »"-
-M'i"
-».'
'*",
S,:
, = !>•'• -
-J1»J!™
-«
'i»i.
',:
, = »l"l-
- M" i"'
-*!'
'«»,
il calcolo di B Kt). ecc., tenuto conto della B{x) =^0 e delle
varie relazioni che intercedono fra i coefficienti delle (16), porta
precisamente a scrivere che sono soddisfatte le (26) dove alle u
ai sostituiscano le s; e poiché per t^^t^ le s si annullano
(giacche allora x = ip), segue dalle ipotesi fatte che le s si
annulleranno ovunque, e perciò la x soddisfa, per ogni valore
dì T^, anche alle tre prime equazioni (16) (**).
8- — Per il sistema definito dalle tre prime equazioni (16)
il Darboux (") ha mostrato l'esistenza di trasformazioni di La-
place che dàn luogo a nuovi sistemi di tre equazioni costituite
in modo analogo. Orbene, tali trasformazioni di Laplace mutano
anche la quarta equazione (16) in una equazione del medesimo
tipo, e perciò tutto il sistema (16) in un sistema del mede-
simo tipo.
Poniamo infatti, col Darbgux, p. es.
(27) y = *" — A'.'^,
dove X e una soluzione del sistema (16); il calcolo di y*", y'*",
y'^'t y"' porge intanto che Ìl punto y descrive una Vj (e non
una varietà di dimensione minore) fintantoché
(28) [Ai'i — M"] [hf> - Al" hf] =4= 0.'
Si calcolino poi le derivate seconde di y. Per semplificare
i calcoli, si può supporre di avere effettuato un cambiamento
(") Non occorre naturalmeote richiamare l'attanEione eul fatto che la
presenta dell'equazioiie parabolica A(x)^0 nel iietemit (161 fa li ohe gli
integrali del sistema dipendoDO da un numero diverso di funzioni arbitrarie
di una variabile, secondo che questa è p. es. t, oppure T| .
(") Op. cit., V. il n" 1042.
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408 ALESSANDRO TERIUCINI
di variabili, in modo che Pi, p,, pg siano costanti, ciò che è
certamente possibile in rirtù delle (21). In base ai valori delle
derivate seconde cosi ottenuti, risulta che il punto pi y*'" -{-
+ Pi y*'" + Pi y*"' + 9* y'*' è una combinazione lineare dei punti
X, aj*", x"', af"\ ossia, come scriveremo piìi brevemente:
P. f" + Pi y"" + P3 y"^ + 9. y"' = {x, é'', a^\ :r^') ,
e perciò anche, esprimendo linearmente, ciò che è possibile nella
ipotesi (28), X, od'-, a^, ai""' per y, y"', y"', y™, risulta:
P, y*"' + P. y'"' + P, y^' + jf* y"' = (y, f'\ y"'. y"")-
La carjetà descritta da y rappresenta dunque, in qvanto non
degeneri, ancora un sistema del tipo (16), cioè contiene oo^ Vg di
Darbottx che hanno per essa comportamento asintotico. IH piò, in
genera/e, essa è affatto analoga alla V^ di partenza, anche in
quanto non rappresenta ulteriori equazioni di Laplace.
L'ultima parte dell'enunciato, la quale in sostanza afferma
che i punti
(29) y, y"', y'", y"', y*", y"", y""', y"*', y<"', f*\ y'"'
sono in generale linearmente indipendenti, si giustifica esami-
nando le espressioni esplicite di tali punti come combinazioni
lineari di
X, a;"!, *"', af'i, a^", a:<"', 3^"', «•'*', x'"\ a:'*", 3f'"\ «<"*',
i quali punti intanto sono tra loro, in generale, linearmente
indipendenti [cfr. nel n° 7 il primo sistema di condizioni ini-
ziali atto a individuare una soluzione di (16)]. Da questo esame
risulta invero che in quelle combinazioni lineari, ir""' e a^*"* com-
paiono rispettivamente (con coefficienti non nulli) nelle sole
espressioni di y' e y'"'; x"". con coefficiente hf — A!?', nella
espressione della sola y'"'; a:"', con coefficiente — [AS"' — A?' A-?'],
nella espressione della sola y"". Poi, fra i residui pnnti (29),
y"" è il solo nella cui espressione entri 3^" (con coefficiente
M" — Aj"), e y"', y' sono i soli nelle cui espressioni entrano
zed.yGOOgle
ALCUNE QUESTIONI SDOLI SPAZI TANGENTI, ECC. 499
a^*' e *'"', con coefficienti il cui determinante è A™' — A?'A?'4=0
nella ipotesi (28). Inoltre, iq questa stessa ipotesi, anche tutti
gli altri coefficienti di cui or ora si è detto sono =1= 0. Non re-
stano più allora, fra i punti (29), se non y, y"', y"', /", che
già sappiamo easere, per la (28), linearmente indipendenti.
Quindi i punti (29) in generale risultano, come si è affermato,
linearmente indipendenti.
Concludiamo dunque:
Le V^ in questione ammettono m generale sei trasformate di
Laplace, affatto analoghe ad esse, ciascuna delle quali ha con la Vi
originaria od> tangenti in comune (*').
Le trasformatti di Laplace della V^ possono poi degene-
rare in varietà di minor dimensione incontrate, senza contatto,
da co^ tangenti della F4. Senza indagare i vari casi dì degene-
razione che si possono presentare, osserveremo solo che per
Aì = Aì(t(,tJ, (i=!l,2,3) ("), quelle trasformate si riducono
a tre sole, e precisamente a tre superficie Oi, t>s, 4>3, descrìtte
rispettivamente dai punti y = a:*", y = a:"', y = «"'. Ciascuna di
queste superficie (che risulta luogo dei vertici di oo* coni-a tre
dimensioni -circoscritti alla V^) viene ad essere descritta da un
punto funzione rispettivamente delle sole t^, T4; Xt, t^; t,, t^; e
rappresenta un'equazione di Laplace di tipo paraholico [p. es.,
per la <t>,,
P. y"" + tp;" + ir.] y"' + g< y"' + ?S" y == 0 ,
equazione a cui si riduce ora la (19) del n" 7] , la quale esprime
che su di essa le tangenti alle linee t, (t= 1, 2, 3) sono b con-
tatto tripunto.
9. — Nei casi V e VI il sistema rappresentato dalla V^
si può immaginare ancora ridotto alla forma (14), dove sì faccia
rispettivamente:
(") I punti dì contatto di quelle tangenti deecrìvono per intero le
due V,.
(") In tal OB80 le varie relazioni che, secondo il n" 7, devono inter-
cedere fra i coefBcicuti delle (16), risultano senz'altro soddisfatte, purché
«i de&niscano le P e le tr colle (21), (22), (24).
D,!„t,zed.yGOOg[e
500 ALESSANDRO TBKRACINI — ALCUNE (JOBSTIONI, ECC.
(30) Pi 4=0, P,4=0, pg = 0,
e
(31) Pi=l=0, p, = 0, Ps = 0.'
Si potrà allora ragionare come nel a° 6 fino a dedurne
che 0 è ^4 = 0, oppure il sistema rappresentato dalla F^ è riduci-
bile alla forma (15), dove si facciano ora rispettivamente le ipo-
tesi (30) e (31). Ma questa seconda alternativa conduce ancora
alla conclusione ^^ = 0; bastando, per ciò, derivare l'ultima (15)
rispetto a Tg, con clie si ottiene, tenuto conto delle altre (15)
opportunamente derivate, una nuova equazione di Laplace, in
cui compare a:"" col coefficiente g^; e poiché x'^' non compare
nelle (15), ecc.
Quindi nei casi V e Yì la V^ è luogo di oo' V,, ciascuna
delle quali rappresenta quattro eq. di Lap. Un. ind.
Per esaurire la ricerca non restano pììi dunque a esaminare
se non le ipotesi II, III, IV del sottocaso «g). Questo esame
sarà fatto in una ulteriore Nota, che conterrà altresì un enun-
ciato riassuntivo dei risultati conseguiti.
D,!„t,zed.yGOOg[e
GUSTAVO COLONNETTI — RAPPORTI PRA AZIONI, ICC.
Rapporti fra azioni staticIiB e dinamiclie
Dei paii di noa eosduttura elettrica
Nota del Socio corrispondente GUSTAVO COLONNETTI
Il problema accennato nel titolo di questa Nota è di quelli
a cui più difficilmente l'analisi matematica, non confortata da
ricerche sperimentali, può portare an contributo decisivo.
I fenomeni dinamici che si verificano in una serie di pali
elasticamente flessibili, tra i quali sia teso un filo pesante, od
QD aìatema di tìli pesanti, in occasione di un improvviso muta-
mento delle condizioni di carico, ovvero delio strappamento di
una tesata, sono invero enormemente complessi anche quando
le condizioni statiche iniziali e finali si possono definire in modo
relativamente sempfice.
Per fermarci al caso tipico dello strappamento di una te-
sata, è ben noto che — supposto che la sollecitazione che esso
determina agisca sui pali attigui istantaneamente in tutta la sua
intensità, sia pure senza urto — elementarÌBSìme considerazioni
teoriche conducono a ritenere l'azione dinamica pressoché doppia
dell'azione statica (I).
Orbene alcune esperienze eseguite sopra modelli apposita-
mente preparati mi hanno convinto che questa ed altre afiFer-
mazioni su cui io stesso mi ero appoggiato in occasione di
precedenti ricerche (1), possono perdere ogni valore in dipen-
denza di certe circostanze di fatto cui a prima vista si sarebbe
portati ad attribuire un'importanza affatto secondaria.
Sarebbe pertanto desiderabile che sistematiche esperienze
venissero istituite — possibilmente su vere condutture — nell'io-
(1) Cfr, questi medesimi Atti, toI. LII, pug. 574.
D,!„t,zed.yGOOg[e
502 GUSTAVO COLONNBTTI
tento di accertare l'andamento reale delle cose nei casi che pììi
direttamente interessano la pratica.
Intanto — non foss' altro che per dare nn*idea dell'inte-
resse che siffatte esperienze potrebbero presentare — mi per-
metto di riferire qui molto concisamente ciò che ho potuto
osservare in un caso concreto, in cut i fenomeni in discorso si
sono presentati singolarmente netti e facilmente interpretabili.
L'esperienza era stata disposta per modo che si poteva in
un dato momento recidere una tesata con un taglio così netto
ed istantaneo da evitare assolutamente qualsiasi sensibile va-
riazione preliminare della tensione; e ciò tanto nel senso di ud
momentaneo aumento, quale potrebbe derivare, in mancanza di
apposite cautele, dal primo contatto dell'utensile col filo, quanto
net senso di una incipiente diminuzione quale si verificherebbe
se la rottura fosse preceduta da un apprezzabile allungamento
della tesata.
Sono dunque da considerarsi qui come escluse tanto quelle
possibilità di attenuazione dei fenomeni dinamici a cui si riferiva
il prof. C. Guidi nella sua Nota intitolata SoUecitazione prodotta
nei pali, di una conduttura elettrica per strappamento completo di
una tesata (1), come quelle eventualità di accentuameli to dei
fenomeni stesai che io ebbi occasione di segnalare nella mia già
citata Nota Sul comportamento dei pali di una conduttura elfttrieà
per strappamento completo di una tesata (2).
E tuttavia il coefficiente dinamico presentò valori diverais*
simi da due. I diagrammi che riproduco, scelti fra i tanti che
ho potuto registrare nel corso delle mie esperienze mediante
apparati scriventi del noto tipo Rabut, si riferiscono l'uno al
palo immediatamente adiacente alla tesata recisa, l'altro al palo
successivo; nel primo il coefficiente dinamico raggiunge ap-
pena 1,25; nell'altro supera 4.
Ecco in poche parole quel che succede.
Nell'atto ih cui la tesata viene recisa — e,' conseguente-
mente, la sua tensione si annulla — il palo immediatamente
adiacente viene a trovarsi soggetto alla intiera tensione della
tesata successiva. Ma sarebbe un errore credere che tale ten-
di Cfr. questi medeBimi Atti, voi. Lll, pmt- 226.
(2) Cfr. questi medeaimi Atti, voi. Lll, paff. 574.
D,!„t,zed.yGOOg[e
RAPPORTI FRA AZIONI STATICHE E DINAMICHE, ECC. 503
BÌone agisca su di esso, da quell'istante in poi, sempre colla
sua intensità statica. Sotto la sua azione il palo prende infatti
immediatamente ad inflettersi; orbene, se la velocità con cui esso
ai deforma è abbastanza grande, la tensione della tesata, per
l'improvviso cedimento del suo punto di attacco, decresce su-
bito di molt^i e può anche temporaneamente annullarsi.
Ecco perchè il palo, prontamente scaricato dalla forza de-
formatrice che ha agito su di esso in tutta la sua intensità sol-
tanto per un piccolissimo intervallo di tempo, non raggiunge più
una freccia doppia di quella che, sotto l'azione della stessa forza,
dovrà presentare in condizioni d'equilìbrio, ma si limita ad una
escursione di ampiezza assai minore; poi senz'altro retrocede,
richiamato dalle tensioni elastiche in esso generate colla defor-
mazione.
Né l'improvvisa riduzione di tensione nella tesata intatta
manca di far sentire la sua ripercussione sul secondo palo; esso
pure infatti viene a trovarsi sollecitato pressoché dalla sola ten-
sione della tesata susseguente, e si mette in moto inflettendosi
verso quest'ultima. Ma qui l'azione, pur essendo ancora soltanto
momentanea, è perb per intensità molto piii grande della risul-
tante delle tensioni che sul palo stesso agiranno ad equilibrio ri-
stabilito; si spiega cos'i come la freccia dinamica del secondo palo
possa superare la corrispondente freccia statica anche di molto.
Naturalmente nel frattempo la tesata, sotto l'azione della
gravità, si sarà mossa alla sua volta rimettendosi ben presto
in tensione; e il suo intervento verrà necessariamente a per*
turbare gli iniziali moti osciltatorii dei pali.
Particolarmente caratteristico sotto questo punto di vista
è il primo diagramma, dove un brusco regresso ìndica netta-
mente l'istante in cui ciò è avvenuto; da quell'istante in poi la
massa della tesata domina palesemente il fenomeno determinando
una serie di oscillazioni di periodo assai maggiore dì quello proprio
del palo, nel cui andamento, abbastanza regolarmente smorzato,
le ripercussioni di ciò che avviene in tutto il resto della lìnea
sì avvertono appena.
La legge del moto è invece assai piti complessa nel caso
del secondo palo e dei successivi, su cui due diverse tesate ^i-
econo direttamente e, in generale, non sincronicamente.
?{*A, marzo ISIÌO.
D,!„t,zed.yGOOg[e
QDSTAVO COLONNBTTl
Rilo immediatamenle aiiiaeeiile atla leiata r
i tempi, le ordinate gli scostamenti del vertice
Itt paio dalln verticale.
D,!„t,zed.yGOOg[e
RAPPORTI FHA AZIONI STATICHE E DINAMICHE, ECC. 505
Palo situato tra due lesale rimaste ìntattr.
Le ascisae rappieiientano i tempi, le ordinate gli scoatamenti del vertice
del palo dalla verticale.
L'Accademico Segretario
Cablo Fabrizio Paroma
D,!„t,zed.yGOOg[e
CLASSE
SCIENZE MORALI. STORICHE E FILOLOGICHE
Adunanza del 18 Aprile 1930
PRESIDBHZA DEL SOCIO SENATORE FRANCESCO BUFFINI
VICEPRESIDENTE DELL'aCCADEUIA
Sono presenti i Soci 3. E. Boselli, Direttore della Classe,
Pizzi, De Sanctis, Brondi, Eihacdi, Baudi di Veshe, Patetta,
Prato, Pacchioni, Faoqi, Luzio, e Staicpihi Segretario della
Classe.
È scusata l'assenza dei Soci Cian e Yalvaogi.
Si legge e si approva l'atto verbale dell'adunanza prece-
cedente del 28 marzo u. s.
Il Socio Brondi, a nome dell'autore, presenta due pubbli-
cazioni del prof. avv. Michele Delle Donne, esponendo ì motivi
che le rendono degne di attenzione, cioè Saggio critico sul diritto
pubblico italiano in rapporto alle attuali tendenze economiche
(Torino, 1917); / consorzi amministrativi. Parte generale (To-
rino, 1919). La Classe ringrazia.
Il Socio Einaudi presenta un suo volume, che è il n« 1 di
una ' Biblioteca di scienze economiche , ed ha per tìtolo // pro-
blema della finanza post-bellica. Lezioni tenute all'Università com-
merciale Bocconi (Milano, 1919). La Classe porge vive grazie al
Socio Einaudi.
Il Socio B>uDi di Veshe espone il contenuto di un opuscolo
del prof. A. De Oeuleneeb, destinato in omaggio alla Classe, e
D,!„t,zed.yGOOg[e
I 507
intitolato La charité romaine dans la littérature et dans l'art.
La Classe ringrazia.
Il Socio Prato fa omaggio alla Classe di una sua recente
pubblicazione Fatti e dottrine economiche alla tiiffilia del 1848.
L'Associazione agraria subalpina e Camillo Cavour (Torino, 1920),
volume estratto dalla ' Biblioteca di stona italiana recente ,
della R. Deputazione sovra gli studi di storia patria per le
antiche provincie e la Lombardia (voi. IX). La Classe s'inte-
ressa vivamente al breve riassunto che il Socio Prato fa del
suo poderoso lavoro, ed il Vicepresidente Ruffim presenta, a
nome di essa, i più calorosi rallegramenti all'autore che in
modo così egregio prosegue le tradizioni della nostra Accademia,
la quale ha sempre considerato quale uno de' suoi principali
doveri il mettere nella debita luce i fatti riguardanti la vita
del nostro Piemonte studiata sotto tutti gli aspetti che possano
essere oggetto di trattazione scientifica.
Il Socio Luzio presenta, quale omaggio dell'autore Pietro
Torelli, direttore dell'Archivio di Stato di Mantova, e della
R. Accademia Virgiliana, il volume primo di una pubblicazione
dal tìtolo L'Archivio Gonzaga di Mantova, recentemente e splen-
didamente stampato in Ostiglia coi tipi delle officine grafiche
A. Mondadori, a spese della Banca italiana di sconto, sede di
Mantova. La presentazione del volume è fatta dal Socio Luzio
con un breve discorso dal tenore seguente:
' Ho l'onore di presentare in omaggio all'Accademia questo
' splendido volume sull'Archivio Gonzaga.
' È dovuto al Dr. P. Torelli, attuale direttore, e già mio
* collaboratore per molti anni a Mantova.
* Niella lunga cousuetudìcie d'allora ci ripartimmo appunto
* il compito d'illustrare il prezioso materiale affidatoci: ed io
* mi riserbai i carteggi diplomatici per un volume, anche più
■ esteso di questo, che uscirà, spero, quanto prima; il Torelli
* s'incaricò delle altre serie, e in genere di riteasere la storia
* dell'Archivio, la sua formazione, il suo ordinamento, i suoi
' graduali incrementi, le sue molte e lacrimevoli dispersioni.
D,!„t,zed.yGOOg[e
508
' Nell'assolvere questa parte, il Tobelli ha spiegato la
' dottrina, l'acume, l'originalità di vedute che fanno di lui noe
■ soltanto uno dei nostri più valorosi giovani archivisti, ma
' anche un poderoso tiattatista di paleografia e diplomatica,
' apprezzato dal Breaslau nella 2' edizione deli' UrkundenUhre.
' Il suo volume renderà grandi servigi agli studiosi, che vi
' troveranno additata tanta parte del materiale d'un Archivio
' più famoso che non in realtà conosciuto: e avranno agevolate
' le ricerche da copiosi indici, da ricca bibliografia, da interes-
" santi fac-simile.
" P. e. l'Archivio di Torino avrà ora elementi sicuri, irre-
' fragabili per rintracciare tutti gli atti del Monferrato, che
* l'Anstria consegnò a Casa Savoia, dopo la deposizione dei
' Gonzaga.
" Quegli atti erano stati ordinati a Mantova da un archi-
' vista modello del sec. XVT, il Daino, che assieme a parecchi
' cooperatori aveva apposto a ciascun documento un indice del
* contenuto, o addirittura un regesto o segnature, ecc. Orbene
* ho potuto io stesso, compulsando parecchie filze, constatare
■ subito, col riscontro dei fac-simile dati dal Torelli, la pro-
" venìenza monferrina di moltissimi atti de' più antichi dell'Ar-
* chivio di Torino, recanti quelle annotazioni di pugno del
" Daino e C.
' Ma io desidero più che altro richiamare la vostra atten-
* zione su due fatti degni di nota.
* Anzitutto: la magnificenza della veste tipografica di un
* volume che esce da un paese secondario del Mantovano, dove
" sta sorgendo un'officina di Arti grafiche, di pom'ordine, che
* in tempo relativamente breve ha saputo allestire un'edizione
' da rivaleggiar» con qualsiasi casa primaria italiana. Dovendo
* anche il mio futuro volume essere a quella affidato, non posso
' che allietarmene, mandando alla officina Ostigliese l'augurio
" di non esser aduggiata dalla imperversante scioperomania, e
' di conquistare sempre più rigogliosa floridezza, per decoro dì
* questa industria eminentemente italiana.
' Dati i tempi proibitivi per le produzioni delle Accademie,
' si domanderà come mai la Virgiliana di Mantova possa af-
' frontare delle spese di tale entità. Ecco il secondo fatto che
* vuol esser segnalato.
D,!„t,zed.yGOOg[e
509
' L'Accademia Virgiliana non ha dotazione del Ministero
" deiriatruzione Pubblica: non rendite proprie, tranne un assegno
' che il Municipio le corrisponde per cessione fattagli di gran
" parte del palazzo e relativo teatrino scientifico — assegno
' appena sufficiente ai bisogni normali più modesti.
* Ma l'Accademia amministra un Legato Franchetti, istituito
' per concorsi a premio, su temi a sua scelta.
" Questi concorsi andarono per molti anni deserti: e l'Ac-
' cademia pensò giustamente di dedicare i risparmi accantonati
' del Legato Franchetti a pubblicazioni da lei promosse. E
' quale si poteva presentare piìi utile, piii meritevole di ap-
■ poggio che una rassegna completa de' tesori dell'Archivio
' Gonzaga?
* La decisione fu presa sin dal 1915, ante bellum, col fa-
' vore concorde della stampa cittadina e l'assenso degli eredi
' del testatore Franchetti.
* Ma essendo a dismisura nel frattempo cresciute le esi-
" gonze tipografiche, non avrebbero bastato per due volumi di
* simil mole le economie del Legato Franchetti: e l'impresa si
* sarebbe arenata, se con un gesto munifico ammirevolissimo la
' Sede mantovana della Banca italiana di sconto non avesse
' offerto spontanea il contributo di 15 mila lire.
" È un esempio confortante che giova sperare non resti
" isolato: dacché nella crisi attuale che mortifica, tarpa e abo-
' lisce tante manifestazioni del lavoro scientifico occorrono bene
" de' provvedimenti eccezionali per impedire la paralisi e l'ab-
' bassamento della vita intellettuale italiana.
* A buon conto gli Archivi conservano titoli insigni di
* gloria pel nostro paese, son anche una delle fonti pili cospicue
' per la storia delle altre nazioni. Sarebbe colpevole abbandono
' il negligerli, il lasciarli scadere a infeconda palestra d'eser-
' citazioni burocratiche e retoriche. Va quindi accolto con sod-
' disfazione speciale tutto ciò che tenda a risollevare nell'opi-
* nione pubblica il loro reale valore; li aiuti a produrre non
' già quisquiglie erudite o fatui detriti professionali, ma solidi
' e organici studi moderni ; li restituisca insomma alla vera e
' maggior funzione e dignità di laboratori scientifici.
' Questo indirizzo, nei volume del Torelli, è propugnato e
' attuato con giovanile energia, con caldo sentimento di sano
Alti Mia R. Atcì'ifiiii — Voi. LV. 85
D,!„t,zed.yGOOg[e
510
' nazionalismo, dacché nella prefazione è detto argutamente
* che ' per i bisogni dallo spirito ahbiamo in casa nostra le
* materie prime, e ne abbiamo anche non poche per casa di
* altri'; onde l'Italia pub aver innanzi a sé it pib lutninoso
' avvenire ae tutti comprendano le esigenze de' nuovi tempi, e
* la solidarietà necessaria nel cornane lavoro.
* Fra tanti sintomi di depressione morale, questa vigorosa
* affermazione esige, più che una platonica lode, un virile con-
* senao di fede operosa ,.
II Presidente ringrazia il Socio Lezio per il suo interessante
discorso e insieme, a nome della Classe, manda vive azioni di
grazie e cordiali congratulazioni al Dott. Tobelli e all'Acca-
demia Virgiliana, augurando, nel tempo stesso, che il nobile
atto della Sede mantovana della Banca italiana di sconto trovi
molti imitatori a conforto e sostegno degli Istituti scientìfici
nell'attuale momento cosi privi di mezzi per esplicare tutta la
loro attività.
Il Socio Patetta legge, anche a nome del Socio Pacchioni,
la relazione circa le due proposte provenienti dalla Accademia
delle Scienze di Amsterdam, relativa l'una ad un'edizione delle
opere di Ugo Grotius, e l'altra concernente la pubblicazione
dei materiali che si riferiscono al diritto consuetudinario del-
l'Indonesia. La Classe approva la relazione.
Il Socio De Sakctis, dopo di aver comunicato alla Classe
una circolare stampata dal Segretariato amministrativo della
Unione Accademica intemazionale con sede a Bruxelles, in cui
si aanunzia che la seconda conferenza dell'Unione medesima
Bara aperta in Bruxelles mercoledì 26 maggio alle ore 10, ri-
ferisce intorno alle pratiche ufficioso da lui fatte in Roma d'in-
carico della nostra Accademia con il Ministero degli Esteri, la
Segreteria dell'Accademia dei Lincei e il prof. Vittorio Rosai,
rappresentante la R. Accademia della Crusca, circa la compo-
sizione della delegazione che deve rappresentare l'Italia nel
prossimo congresso dell'Unione Accademica intemazionale. Da
D,!„t,zed.yGOOg[e
SII
tali pratiche rÌBuIta che, tenuto conto della impossibilità di
costituire per ora in Italia quell'aggruppamento delle Accademie
nazionali che è preveduto dall'art. 4 dello Statuto dell'Unione,
è indispensabile che in via provvisoria la rappresentanza del-
l'Italia sia affidata a uu delegato dell'Accademia dei Lincei e
a un delegato della Reale Accademia delle Scienze di Torino,
le due sole Accademie italiane che partedparono ai convegni
internazionali preparatori tenuti nel maggio e nell'ottobre del-
l'anno scoreo in Parigi. Inoltre il Socio De Sanctis propone
che si metta all'ordine del giorno della prossima adunanza della
Classe la nomina di un delegato per rappresentare l'Italia nel
prossimo convegno accademico intemazionale di Bruxelles. La
proposta è approvata alla mianìmìtà.
Raccoltasi la Glasse in adunanza privata, procedette alla
nomina delle Commissioni per il Premio Vallaiirì riservato alla
Letteratura latina (internazionale, quadriennio 1919-1922) e per
il Premio Gautieri riservato alla Letteratura (triennio 1917-1919).
Risultano eletti per la Commissione del Premio Vallauri i Soci
De Sanctis, Stampini, Pacchioni e Talhaooe, e per quella del
Premio Qautieri i Soci Pizzi, Cian, TALHAOt» e Faqoi.
L'Aceademieo Segr^ario
Ettobb Stampiki
D,!„t,zed.yGOOg[e
CLASSE
SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURAU
Adunanza del 25 Aprile 19S0
PRESIDENZA DEL 80CI0 FBOF. COHH. ANDREA NACOAIU
PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA
Sono presenti i Soci D'Ovidio, Direttore della Classe,- Seobs,
FoÀ , Guidi , Mattibolo , Osassi , Sacco , Majorana , Rosa,
Heblitzka, Pochbttino e Paroma Segretario.
È scusata l'aasenza dei Soci Sohiqliana, Ponzio e Parbtti.
Si legge e si approva l'atto verbale della precedente
adunanza.
Il Presidente rinnova ai Soci Rosa, Heblitzka e Pochbttino
i rallegramenti per la loro nomina a Soci.
Il Socio SeoBE dà il doloroso annunzio della morte, avve-
nuta in Heidelberg il 10 aprile corr., dei Socio corrispondente
Maurizio Cahtor; e ricorda i grandi meriti di questo illustre
Storico della Matematica.
Sono presentate in omaggio : dal Socio Sacco la sua Nota
Una tromba marina, e dal Socio Mattibolo due Mote del Socio
corrispondente G. B. De Toni, Commemorazione dei Soci G, Briosi
e P. Baccarini; Spigolature Aldrocandiane XVI. Il Presidente
ringrazia.
D,!„t,zed.yGOOg[e
513
II Segretario mette a disposizione dei colleghi un certo
numero di copie, giunte alla Segreteria, relative ai Contegni
didattici di Elettrotecnica e Meccanica, presso il B. Istituto Na-
zumale d'istruzione professionale in Roma; Scuola di Magistero.
Il Socio Sacco presenta, per la stampa negli Atti, la sua
Nota Jl Finalese, Schema geologico, ,
D,!„t,zed.yGOOg[e
FBDEKICO SACCO
LETTTTRii
IL FISALESE
Schema, geologico del Socio residente Prof. FEDERICO SACCO
La regione del Fiaalese, oltre ad eBsere una delle più belle
della Liguria, nella varietà accidentata della sna pittoresca zona
littoranea, anche ottima stazione balnearia, e nelle diverse ape-
cialità della sua zona interna che bì presta mirabilmente ad ogni
aorta di attraentisBime escursioni, è pure certamente ana delle
piti interessanti, sia per i suoi svariati fenomeni geologici, stra-
tigrafici, Bpeleologici e paleontologici; sia per la aua grande
importanza paleoetnologica, essendo la regione che, per le ano
numerosissime caverne state lungamente abitate dall'uomo litico,
costituì uno dei più grandiosi centri di sviluppo della TJmaDità
preistorica in Italia; sia per le sue vicende storiche a oomin-
ciare dall'epoca romana (di cui restano ancora residui in ponti, ecc.)
ed attraverso il Medioevo, come ci mostrano tuttora alcuni avanzi
di fortilizi, torri e castelli, come per es. quelli dì Noli, Varigotti,
Finale, ecc.
È inoltre il Finalese una regione delle più importanti in
Liguria dal punto di vista economico per le sue Quarziti, per
i suoi Calcari da calce e per la sua famosa Pietra da costruzione,
nota appunto in tutta la Liguria come Plttra di Finale.
Senza occuparmi qui della parte turistica, storica e preisto-
rica, già. trattate da parecchi, accenno solo essenzialmente a
quella geologica meno nota, mentre presentasi invece interes-
santissima (come mi risultò da un minuto rilevamento generale
al 25.000, per ora non pubblicabile per causa economica) ed è
quella che ha plasmato il paesaggio con tutte le sue conse-
guenze, sia oroidrograflche generali, sia speleologiche speciali,
zed.yGOOgle
IL PINALB3K
Bis quindi anche paleoetnologtcbe, ecc., per quel concatenamento
dì fatti che b«n appaiono a chi considera una ragione con occhio
sintetico riealendo sino alle sue origini geologiche.
Riguardo alla geologia del Finalese è bene premettere come
sin dal 1781 essa abbia già attratto l'attenzione dello Spallan-
zani quando egli fece, nell'autunno di detto anno, un viaggio
lungo la Riviera del Genovesato sino a Monaco; giacche egli
ricorda (84) precisamente la pietra lutaachella che si estrae,
per costruzione, dalle montagne presso Finale e di cui egli vi-
sitò le cave, notando che essa è costituita essenzialmente di
Testacei del genere Pettine.
Anche li Brocchi (10) indicò detta Pietra di Finale senza
ftu-vi osservazioni speciali. Pib accuratamente invece se ne oc-
cupò A. Sasso (80), attribuendola giustamente alla seconda parte
dei terreni terziarii.
Intanto il Barelli net suo prazioao Catalogo ragionato delle
roccie e dei minerali del Piemonte e della Liguria (6) indica:
gli Schiati talcosi e la Miniera di ferro ossidato di Noli; i Calcari
da calce di Noli, Varìgotti, Finalmarina, ecc. ; le Arenarie cal-
caree, conchiglifere o Ptara di Firtale o Pietra di Caprazoppa
di Finalmarina, Verezzi, ecc., usate come materiale da costru-
zione, specialmente come pietra da scalpello; le puddinghe cal-
careo-quarzose soggiacenti a detti calcari arenacei ed escavate
talora per macine da olive; certe argille giallastre di Tarigotti
e Finalmarina, usate per modelli e ceramica; alcune sabbie ne-
rìcce, ferrifere, della spiaggia di Varìgotti; oltre a marmi, sta-
lattiti, ecc. Il Sismonda accenna solo di sfuggita (82) alla Pietra
di Finale.
Poco dopo il Pareto nella sua descrizione geologica della
Liguria (70), con annessa carta geologica, indicò con pochi cenni
il Finalese, notando però giustamente le roccie quarzoso-talcose
soggiacenti ai calcari dolomitici secondari!, talora verticali e
coronati dai terreni terziarii in banchi orizzontali, cioè dalla
calcarea grossolana terziaria piena dì gusci dì Ostriche e Pettini.
Il Sismonda nella sua ' Carta geologica di Savoia, Piemonte
e Liguria , (83) segna nel Finalese come substraium generale
D,!„t,zed.yGOOg[e
616 FEDEHICO SACCO
il SUO " Oiuraasico metamorfo , con placche sparse di Terziario
superiore marino, cuofondeado cos'i ancora la Pietra di Finale
coi ben diversi depositi pliocenici tanto estesi nella Liguria.
Lo Jervis, nella parte seconda della sua opera " I Tesori
sotterranei dell'Italia , (55) sui dati del Barelli, accenna alle
stalattiti di alcune caverne fìnalesi, alla Magnetite della spiaggia,
al ferro oligisto di Noli, ecc., mentre che nella parte 4» {Geo-
logia economica) ricorda pure i calcari triasici da calce, l'are-
naria calcarea miocenica (o Pietra di Finale) da costruzione, ecc.
Finalmente l'Issel, tanto benemerito della Geologia e Paleo-
etaologia ligure, con lavori speciali (34. 35, 36) precisava l'età
miocenica media e lo sviluppo della Pietra di Finale, e nello
stesso tempo dava uno schizzo geologico dove distingueva, nella
serie fortemente raddrizzata, i Calcarei dolomitici colle Quarziti,
attribuiti al Trias medio, ed i Talco-schisti e Cloriteschiati e
Gneiss, che attribuiva al Trias inferiore.
La * Carta Geologica delle Riviere liguri ., al 200.000 (39),
pubblicata nel seguente anno 1887 da Issel, Mazzuoli e Zaccagna,
come pure la * Carta geologica della Liguria ,, ecc., pubblicata,
anche al 200.000, da Issel e Squinabol nel 1890 (42) con note
esplicative, nonché la carta geologica pubblicata nel 1914 da
P. Sacco, al 500,000, ed intitolata " L'Appennino settentrio-
nale e centrale . (79) sono essenzialmente, pel Finalese, deriva-
zioni del sovraccennato lavoro dell'Issel.
Quanto all'opera dell'Issel ' Liguria geologica e preistorica ,
(Genova, I892J, essa non presenta nuovi dati speciali sulla geo-
logia finalese, ma è interessantissima pel riassunto speleologico
e paleoetnologìco ricavato da tante ricerche di Amerano, Bensa,
Morelli, Piccinini, Ferrando, ecc., nonché dello stesso Issel di
cui sono numerosissime le pubblicazioni fatte su tale riguardo
attraverso mezzo secolo, dal 1864 al 1915 (Vedi 18-54).
Il Rovereto nel suo lavoro ' Arcaico e Paleozoico nel Sa-
vonese , presentò una cartina ed alcune sezioni geologiche che
riguardono anche il Finalese, di cui mostra l'andamento tettonico
tormentato.
Ricordo infine che più recentemente lo Zaccagna in nn suo
lavoro (86) spinse le sue osservazioni sin presso il Finalese
occidentale illustrandolo con una cartina ed interessanti sezioni
geologiche.
D,!„t,zed.yGOOg[e
IL FINALESE
Premessi questi cenni preliminari, esaminiamo brevemente
come si presenta la serie dei terreni costituenti il Finalese.
Carbonifero. — Nella profonda incisione di V&l Porrà
a monte dì Calice Ligure, nei dintorni di Rialto, appaiono certi
schisti lucidi, micacei, talora un po' brunastri passanti qua e là
al verdognolo, che Io Zaccagna riferisce già al Carbonifero.
Questi schisti presentano un'inclinazione (generalmente poco
accentuata e talvolta un po' ondulata) verso il Sud od ii S. 0.
all'incirca, e passano superiormente, in modo quasi insensibile,
a Bchisti gneissico-appennin itici, grigio-verdicci.
FemUano. — La serie permiana è molto potente e com-
plessa; essa è costituita essenzialmente di schisti piii o meno
micacei, grigiastri, che verso il basso diventano spesso verdastri,
passando a svariati schisti appenninitici, gneissiformi o gneiss
talcoso-cloritici ; invece verso l'alto passano talora a schisti
sericitici, tal coso-cJorì tosi, grigio- biancastri o grìgio- verdicci,
oppure a schisti micacei plumbei con vene epatiche, talora a
veri schisti verdi, talvolta invece a schisti quarziferi che fanno
qua e là transizione graduale alle Quarziti del Trias inferiore.
Si tratta evidentemente di Schisti metamorfici svariati
perchè derivanti da diverse qualità di sedimenti marini, più o
meno argillosi o sabbiosi, ecc.
La stratificazione è sempre bene evidente, ma la tettonica
è spesso conturbata, sia in piccola scala da arricciature locali
molto frequenti, sia in grande scala da ondulazioni e da cor-
rugamenti pili o meno accentuati, tanto che non di rado gli
strati sono sollevati anche alla verticale e persino rovesciati
(V. Sezioni).
Nel seguente capitolo, del Trias, accennerò ai fenomeni
geoidrologici causati dalla quasi impermeabilità degli schisti
metamorfici del Permiano; qui ricordo solo come l'affioramento
di questi schisti, spesso un po' teneri frammezzo alle formazioni
calcaree più resistenti, din talora origine a vere gradinate oro-
grafiche.
D,!„t,zed.yGOOg[e
518 FKDBBICO SACCO
Una delle più caratteristiche è quella che dà a) profilo del
Capo Noli l'assetto di una poppa di nave capovolta; esaminando
con cura tale regione bì nota infatti che tra il basso Capo Noli
e la punta del Semaforo, verso i 100 m. s. I. m., frammezzo ai
mascheranti detriti calcarei af&orano i tipici schisti verdastri
della stretta anticlinale (rovesciata a S. E.) del Paleozoico su-
periore; è la zona quarzìtico-schistosa che scende verso mare
(allargando visi), sia a S. 0. dove sono aperte le cave di quarzo
di Illalpasso, sia a Nord verso Noli-
Un'altra gradinata prospettante ii mare Snalese e di ana-
loga origine osservasi tra i casolari di Monte sopra Finalpìa ed
i casolari superiori di Selva; quivi predominano gli schisti quar-
zosi e verdicci di passaggio tra il Trias inferiore ed il Permiano
superiore, col solito corteo di sorgentelle, frane, scoscendimenti.
Quando le formazioni schìstose del Paleozoico superiore si
sviluppano ampiamente, ne derivano rilievi dorsali piuttosto
dolci, ampie vallate d'erosione, frequenti colli depressi, ecc.,
eccetto là dove la serie passa alla costituzione gneiss! co-appen-
ninitica, quindi compatta, che dà origino invece a rilievi anche
aspri, come per esempio quelli di Roccia Cucca-Bric Gettine, ecc.
a N. 0. di Finalborgo.
Trias. — La serie triasica, quando completa, si inizia in-
feriormente con schisti mìcaceo-quarzosì passanti spesso a vere
Quarziti biancastre o bianco- verdognole, derivanti probabilmente
dal metamorlismo di sabbie quarzose littoranee; raramente vi
si incontrarono impronte di Estheria.
Segue in alto una potente formazione di calcari più o meno
dolomitici, in strati o banchi generalmente assai distinti; nella
parte inferiore della serie calcarea appaiono talora speciali
breccie; i fossili che si incontrano qua e là in detti calcari
Sono per lo più mal conservati, come per es. i dischi di Encrìni,
i resti di Dipiopore, ecc. (').
(') Permettomi qui ricordare the ebbi la fortuna di trovare per la
prima volta le Dipiopore nei calcari triaaici del Fìnalese e precisamente
salendo il monte di Caprixzoppa oltre trent'anni fa, durante un'escursione
della Società GeoloRica Italiana, il 16 settembre 1887 (" Boll. Soc. Geol.
Ital. „ VI. 1887, pag. 479).
D,!„t,zed.yGOOg[e
IL FINALB3E 519
Uno dei punti più comodi per osservare il passaggio del
Permiano enperiore al Trias è la strada nazionale della Cornice,
là dove essa supera in leggera salita la sella del promontorio
di Yarigotti.
Quivi vediamo che sopra la serie dei banchi calcarei (dis-
posti in sinclinale rovesciata) bq cui sta, in splendida posizione,
il Castello diruto dì Tarìgotti, si appoggiano per rovesciamento
le Quarziti del Trina inferiore (come osservasi, per es., presso la
Cappelletta di Crocevia), quindi la caratteristica serie degli
Bchisti verdognoli, qua e là violacescenti, che formano tettoni-
camente l'anticlinale di una piega coricata a S. E. ed orogra-
ficamente (per facile erosione) la depressione per cui passa
appunto la strada delis Cornice.
Su questi scfaisti sviluppasi in serie e posizione regolare
la potente formazione quarzitìca, inclinata di 20°-30° a N. 0-,
costituita dapprima da quarziti biancastre un po' friabili che
nella parte superiore diventano meglio stratificate, ancora bian-
chicce ma con leggera tendenza al verdastro, finché passano
gradatamente in alto a schisti quarzosi grigio- verdiccio- violace-
scenti 0 leggermente rosati, dello spessore complessivo di solo
1 a 3 metri.
Su questa caratteristica formazione quarzttica del Trias
inferiore, largamente escavata per la sua comodità di accesso,
poggiasi in concordanza la potentissima serie calcareo-dolomitica
qua e là marmorea, nettamente stratificata, del Trias medio
(pure inclinata anche di oltre 20'-30° a N. 0.), che con spes-
sore di circa 200 metri (ma in sinclinale rovesciata a S. E.)
sollevasi talvolta quasi verticalmente e sviluppasi trasversal-
mente a costituire l'alta gradinata del Monte Capo Noli.
Alla base di questa potente pila calcareo-dolomitica gri-
giastra gli strati sono un po' schistosi, ma poi diventano presto
pììl compatti verso l'alto.
Nella linea di contatto tra i Calcari e le sottostanti Quarziti
ai nota che ì primi sono un po' giallastri e corrosi; tinta e fe-
nomeno che sono in relazione colla falda -acquifera formatasi
naturalmente per arresto delle acque scendenti attraverso i per-
meabili terreni calcarei sulla impermeabile zona quarzosa, cor-
rodendo ed alterando alquanto fisicamente e chimicamente ia
soprastante zona calcarea, nella sua parte basale specialmente.
D,!„t,zed.yGOOg[e
520 FBDEKICO SACCO
Tale fenomeno geoidrologico, che qui osBerriamo diretta-
mente in sezione naturale nei suoi effetti corrosivi, è quasi ge-
nerale nel Fiiialese e dà origine ad una quantità di sorgenti
grandi e piccole là dove, per sinclinali svasate, tagli naturali
od artificiali, ecc., viene a giorno parte dell'acqua sotterranea
che è obbligata ad arrestarsi nella sua discesa e scorrere tra
la formazione calcarea tanto permeabile e quella sottostante
quarzosa oppure scistoso-cristallìpa quasi impermeabile.
Purtroppo tale falda acquifera per l'azione sua diretta fa*
alitante il trasporto e lo scorrimento, nonché per imbibire,
quindi rammollire ed alterare le formazioni fra cui passa, dà
pure spesso origine a scoscendimenti, frane svariate, ecc., di
cui debbonsi appunto deplorare esempi continui danneggianti
la strada della Cornice, cosi poro a N. E. del promontorio di
S. Donato, dove esiste pure una nota sorgente, collegata al
fenomeno in questione.
Anche in rapporto a detta falda acquea ed alla sua azione
erodente e corrodente sui Calcari, sono da ricordarsi alcune
cavernosità esistenti alla base della serie calcarea, oltre alle
grotte esistenti nella massa stessa dei calcari, come quella
Eamosa delle Arene candide nel promontorio di Gaprazoppa.
Cosi, sempre lungo la mirabile strada nazionale della Cornice,
in parecchi punti tra Finalpia ed il Capo Noli, per esempio, in
due luoghi tra il cimitero di Finalpia ed il Capo S. Donato,
poco ad Ovest del Promontorio di S. Donato, al Km. 64, ecc.,
vediamo che, per piccole ondulazioni ad anticlinale le quali
fanno emergere gli schisti cristallini (spesso grigio-verdastri)
sotto ai calcari pure sollevati a leggera cupula, questi si fog-
giano a caverna iniziale, la cui parte inferiore è costituita da
detti schisti quarzosi o talcoso-clor itici.
Nella sovraccennata dolcissima anticlinale del Km. 61 si
può vedere anche assai bene la potente serie calcarea passare
inferiormente a pochi metri di quarziti bianco- verdicce, sotto
cui appaiono i caratteristici schisti verdastri metamorfici. Però
spesso in questa zona di passaggio tra Trias e Permiano vi è
trasgressione, per cui la formazione quarzitica è ridottissima
od anche manca; come appunto può osservarsi comodamente
sopra la strada nazionale tra il Castelletto di Finalpia ed il
Capo S. Donato.
D,!„t,zed.yGOOg[e
IL PlHil^B 521
Non sempre però la mancanza della zona quarzitica è at-
tribuibile a aola trasgressione, ma anche a notevole disegua-
glianza orìginarìa di sviluppo; tant'è cbo detta formazione
talvolta è potentissima, talora invece, anche in regioni pros-
sime, si vede che riducesi a pochi metri sino a scomparire,
senza che esistano sempre cause tettoniche che possano spie-
gare tale differenza di sviluppo.
Dal punto di vista orografico le formazioni triasiche spic-
cano generalmente per un aspetto rupestre, cioà a balze rovi-
nose, dirupate, qua e ih anche a torrioni, ecc., come si può
osservare in cento punti, sia lungo la Cornice tra Yado e Pietra
Ligure, sia nell'interno.
Ciò verificasi specialmente nella serie calcarea; ma anche
la formazione quarzitica inferiore, là dove è un po' potente,
origina tali forme orografiche aspre, come appunto al giusta-
mente detto Brio Aguzzo (Ovest di Bardino). Però piò frequen-
temente la serie quarzitica presentasi in uno stato di profonda
alterazione che la rende quasi sabbiosa, come vedasi nei din-
torni di Noli, presso il Malpasso, ecc., ciò che ne rende facile
l'escavazione, che vi è infatti molto estega ed intensa. Sovente
verificasi una specie di grandiosa gradinata fra, i banchi calcarei
erti ed i sottostanti schisti più o meno teneri.
La frammentarietà del Calcare dà spesso origine a gran-
diosi detriti di falda od anche a veri franamenti con blocchi
giganteschi, come può osservarsi assai bene lungo la Cornice
tra Finalpia e Capo Noli. Così si pub esaminare comodamente
lo sfacelo del calcare alla punta di Castelletto presso il cimitero
di Finalpia; punta attraversata da una breve galleria stata op-
portunamente sottomurata giacché mostra il calcare tutto scre-
polato, fratturato, pericolante, cariata dagli agenti atmosferici
e dal mare, nonché minato da acque sotterranee essendovi a poca
profondità gli schisti verdastri impermeabili.
Oltre alle tante svariatìssime cavernosità escavate dalle
onde marine e dalle acque sotterranee nei calcari trìasici, questi
mostrano anche qua e là tipiche marmitte di erosione fluviale
e torrenziale, come per es. nel letto della Fiumara di Finalpia,
poco a valle della confluenza del Rio scendente dal Bric Spa-
veutaggi.
Nelle sezioni geologiche allegate appare chiaramente quanto
zed.yGOOgle
522 FEDERICO SACCO
siano piegate e ripiegate le formazioni calcaree malgrado la
loro compattezza, almeno attuale; né trattasi solo di ipotesi,
giaccbà in alcuni punti si può osservare direttamente tale fe-
nomeno; cosà, per es., a mezza via circa tra il Capo Noli e Noli
vedesi, sul fianco interno delia strada nazionale, una splendida
incurvatura dei calcari triasici colla convessità rivolta a Nord
circa, in modo da andare ad immergersi sotto la formazione
quarzitico-schistosa del Permotrias (Vedi Tavola).
[ terreni triasici hanno varie applicazioni: quelli inferiori,
quarzitici, sono qua e là escavati per materiale refì-attario;
quelli calcarei per materiale da costruzione, da pietrisco e da
calce, oltre che da ornamentazione per alcune varietà cristalline
o variamente colorate, come per es. presso Pietra Ligure, al .
Capo Noli, ecc.
lafìraUas. — Sul fianco settentrionale dei monti di Bor-
ghetto appaiono, sopra alla serie triasica, alcuni strati di calcari
grigiastri o grigio-brunastri, qua e là schistosi, con qualche
resto di bivalvi, specialmente dell' Avtcula contorta, per cui già
lo Zaccagna li riferì al Retico.
Olurallas. — La catena montuosa che sviluppasi da Bor-
ghetto-Ceriale a Zuccarello, separando la regione di Albenga da
quella del Finalese (1. s.), è in gran parte costituita da calcari
grigiastri, qua e là con lenticelle selciose, con rari resti dì
Belemniti che li fanno riferire alla serie giurassica largamente
intesa.
Gli strati sono più o meno fortemente sollevati, talora
anche alla verticale; anzi l'esame della serie verso ZoccareUo,
come già fece vedere lo Zaccagna, mostra che essi fanno parte
di una doppia piega parzialmente rovesciata.
Eocene. — Contro la catena mesozoica dì Geriale-Zucca-
rello-Nasino, ecc., si adagia più o meno traagressivamente (*)
(') Ud punto comodo per osservare tale traB^reasioDe i la eeiione eai-
steate presso la stazione di Ceriaìe, dove gli achieti arf^lloso-cAlcarei con-
torti dell'Eocene (che alla base mostrano qua e là lenti di conglomerato-
breccioide più o meDO metamorfosati) gi appoggiano sui banchi calcarei
zed.yGOOg[e
IL FIN&LESS 523
il margine settentrionale della potente ed amplìssima formazione
eocenica che si estende così caratteristicamente a gigantesco
ventaglio nei monti di Porto Maurizio, insinuandosi però anche
curiosamente qua e là in forti trasgressioni tra le pieghe del
Mesozoico di Balestrìno-Zuccarello, ecc.
Si tratta della solita formazione argilloschistosa piìi o meno
calcarea, grìgio-brunastra o grigio-giallastra, talora prevalente-
mente calcarea, talora invece specialmente arenacea.
Miocene. — Uentre che nella Lignria mancano general-
mente i terreni miocenici, eccezionalmente essi compaiono ap-
punto nel Ftnalese in forma di grandiose placche calcareo-are-
nacee sovrapposte suborìzzontal mente e quindi più o meno
trasgressivamente sui terreni permiani e triasici che formano
l'impalcatura di tale regione appenninica (Vedi Tavola).
In linea generale si può dire che la formazione miocenica
giace in una leggiera conca allungata da E. N. E. a 0. S. 0.
che corrisponde parzialmente ad un'antica conca tettonica, come
appare specialmente alla sua estremità orientale, dove vediamo
la semiellittica sinclinale triasica di Verzi-S. GiacomcBric dei
Monti ■ Bric Care (Portio) abbracciare ed accogliere in dolcissima
sinclinale ì terreni miocenici.
Quando è completa, la serie miocenica si inizia con una
formazione marnosa o marnoso- arenacea grigiastra, come per
esempio a S. 0. di Orco.
Seguono tosto, verso l'alto, banchi sabbioao-arenaceì gros-
solani ed una potente serie di banchi calcareo-arenacei abba-
stanza compatti, di tinta grigiastra o grigio-giallastra od anche
leggermente rosata o rossigna, ricordanti la Panchina; si tratta
di nn calcare grossolano, più o meno vacuolare, spesso traver-
tinoso o panchinoide, cristallino, a piccole concrezioni cristalline
calcìtiche, e con sparsi granuli di quarzite, di felspati, di mi-
caschisti, di talcoschisti, di cloritoschisti, di appenniniti, ecc.
provenienti dall' abrasione delle formazioni permotriasiche ;
^rigi, ondaUti, della aerie ginraliaaica; citi ci fa comprendere come possano
originarsi sorgenti (come la nota Fontana di Ceriale sotto il Poggio Ca-
stellaro) là dove i poco permeabili schisti eocenici tamponano, in zone
basse, ì permeabilissimi calcari mesozoici.
D,!„t,zed.yGOOg[e
524 PBIiERICO SACCO
tont'è che talora, specialmente verso la base, compaiono tra il
calcare miocenico veri frammenti di calcari trìaeici e di schisti
cristallÌDÌ del Permiano.
Talora questa formazione calcareo-arenacea è poco cemen-
tata (particolarmente nella parte inferiore) e ridotta quasi ad
un sabbione grigio-giallastro (per alterazione), spesso così sciolto
da potersi utilizzare come sabbia per le malte: talvolta, pure
specialmente verso la base, vi compaiono zone breccioidi piìi o
meno grossolane ad elementi rocciosi angolosi derivanti dalle
prossime formazioni permiane; piti raramente e per breve tratto
tali elementi (specialmente quarzosi o calcarei) appaiono ciot-
tolosi, indicandoci un'origine littoranea, come per es. presso
Verezzi, verso la base della serie miocenica in esame. Ne è raro
trovare l'ocra rossastra commista ai depositi in questione oppure
accantonata in speciali zone.
Tali variazioni litologiche sono parzialmente in rapporto
col lavorio cementante oppure dissolvente delle acque suttei^
ranee, ma in gran parte si debbono a cause originarie collegate
colla natura di depositi di mare basso o di littorale (e quindi
assai variabile da luogo a luogo) della formazione in esame.
Lo spessore della serie miocenica finalese può calcolarsi
complessivamente in oltre 100 metri, ma probabilmente giunge
in alcuni punti a circa 200 metri.
l Fossili inclusi nella Pietra di Finale sono straordinaria-
mente abbondanti, anzi allo stato di minuti frammenti coati-
tuiscoDo talora una vera breccìolina organica commista a sabbie
quarzose, ecc. ; però qua e là, spesso in speciali orizzonti o lenti,
i fossili appaiono anche completi o quasi, quantunque talora
solo allo stato di impronte interne od esterne. Essi sono spe-
cialmente Corallari (Conotrochi), Echinidi (Cidariti, Clipeastridì
abbondantissimi), Brachiopodi (alcune Terebratule e Megerlie),
Pelecipodi (Ostriche, Fettunculi, un'enorme quantità di Pettini,
specialmente affini al P. scabrellua Lk, ed al P. rotundalus Lk.l,
Gasteropodi (Coni, ecc.), Balanidi e numerosissimi denti di Pesci
(Oxyrhine, Lamne, Odontaspidi, Chrysopbridi, Carcarodontì,
Sargidi, Sparidi, ecc.).
Riguardo all'età, la Pietra di Finale, per la sua natura
littoranea, la sua posizione, ma specialmente per i suoi fossili,
deve attribuirsi al Miocene medio e più precisamente ni piano
Elveziano, come già giustamente stabilì l'Issai.
zed.yGOOg[e
IL FINALBSB 525
La caratteriatica formazione miocenica del Finalese, per la
suborizzontalità dei suoi banchi, costituisce in complesso gigan-
teschi irregolari altipiani ricordanti le ambe abissine elevantisi
a circa 300-400 m. s. 1. m., ma molto ondulati in causa dell'ero-
sione acquea varia secondo i luoghi, la differente compattezza
dei diversi banchi, dei diversi punti di ogni banco, ecc.
Tati placche sono un po' labirinticamente solcate da valle-
cole quasi sempre asciutte, causa la permeabilità della roccia,
e profondamente incise da torrenti che ne mettono a nudo la
intera serie stratigrafica sino a raggiungere generalmente la
soggiacente formazione antica.
Detta incisione valliva, iniziatasi già nell'epoca pliocenica,
dovette però esser compiuta Bpecialmente nella prima metà
dell'epoca quaternaria, quando le precipitazioni erano straordi-
nariamente abbondanti.
1 fianchi di queste placche mioceniche terminano general-
mente con pareti più o meno abrupte che presentano salti anche
di oltre 100 metri, cioè vere gradinate gigantesche, al cui piede
aonvi talora accumuli più o meno vasti di grandiosi detrìti di
dette fcrmadoni, in modo da mascherare per ampio tratto i
terreni sottostanti, come per esempio nei dintorni di Verezzi,
nel Vallone dell'Aquila verso Orco Feglino, ecc.
Per la notevole permeabilità e la facile erosione di queste
formazioni calcareo- arenacee, di costituzione già originalmente
un po' irregolare, si verifìcb in esse una frequente cavernosità
di vario grado; dai piccoli vacai che le fanno apparire quasi
spugnose sino alle grotte abbastanza grandiose che si osservano
sulle loro pareti e nel loro interno a varie altezze, ma special-
mente verso la base, cioè nella zona di più facile ed abbondante
accumulo dell'acqua sotterranea che si raduna speciatmeute tra
la permeabilissima iormazione miocenica e quelle antiche sotto-
stanti meno permeabili. Di tale tipo sono: la caratteristica grotta
ad arco (così regolare che sembra quasi una volta artificiale)
di Arma (appunto denominazione ligure delle grotte) a N. E. di
Finalpia; la famosa caverna delle Fate a N. N. E. di Varzi,
alcune grotte presso Calvisìo, alcune di Pianmarìno (come la
famosa di Pollerà) presso i casolari di Montesordo, ecc.
Alcune di tali caverne corrìspondono ad antichi corsi acquei
sotterranei, ora scomparsi (per diminuite precipitazioni atmosfe-
Atii della R. Aceaiiimin — Voi. LV". 36
D,!„t,zed.yGOOg[e
520 PEDEKICO SACCO
riche o per abbasBaniento della rete acquea), tant'è che spesso
vi si trovano depositi alluvionali, anche ciottolosi, come nella
caverna delle Fate, in quella del Kian, bcc.
La grande permeabilità delle furniaztoni mioceniche in esame
£a si che esse si presentano piuttosto aride, a superficie di tipo
carsico, mentre che le dette zonule acquee inferiori originano
qua e là sorgenti; quindi spesso le zone miocenicbe spiccano
per il loro assetto grigiastro, complessivamente brullo, etaccaotesi
cosi assai bene dalla loro base, più o meno verdeggiante per
erbe ed arbusti.
La Pietra di Finale nella sua forma piii compatta venne
utilizzata sul sito sin dall'epoca romana, come lo provano i resti
di antichi ponti costruiti dì piccoli parallelepipedi di tale roccia
abbastanza ben scalpellinata.
In seguito, trattandosi di pietra costruttiva e decorativa
resistente, e viceversa assai facilmente escavabile e lavorabile,
di tinta aggradevole, sita a poca distanza dal littorale, ecc., il
suo uso si estese poco a poco dal Finalese a varie regioni della
Liguria, tantoché nei secoli XVI, XVII e XVIII molte costru-
zioni di Qeuova ne furono parzialmente .costruite, cosi la Porta
d'Arco e la Porta del Molo Vecchio, la Basilica di Carignano,
il Palazzo Municipale ed una quantità di Palazzi sorti in quel
periodo di tempo.
Erano specialmente ricercate le varietà granose e rosate,
come per es. quella di Verezzì, ricordanti certi graniti rosei.
Data la facilità di lavorazione se ne traevano spesso (come
del resto se ne traggono tuttora), nen solo grossi e piccoli pa-
rallelepipedi, ma anche colonne, balaustrini, stipiti, cornici, ar-
chitravi ed altri varii pezzi decorativi.
Tale nso andò alquando diminuendo, forse in parte per la
natura un po' alterabile della roccia, pur continuandosi, special-
mente per i blocchi quadrangoli che si estraggono dalle regioni
piìi comode nei fondi vallivi del T. Àquila e della Fiumara
(R. Cornei) di Finalpia; pure escavandosi e lavorandosi amar-
tellina variameute certi banchi a grana un po' compatta, spe-
cialmente presso Verezzi (Caprazoppa).
Pllooene. — La tipica formazione pliocenica, che non
affiora net Finalese, occupa però l'ampia insenatura di Albenga
D,!„t,zed.yGOOg[e
IL PINALBSB 527
estendendosi sin contro le fald« mcìndionali delta catena mon-
tuosa di Cerìale*Zuccarello; ma vj è in massima parte mascherata
dai depositi quaternari antichi e recenti.
La si vede quindi quasi solo afGorare nelle pììi profonde
incisioni fatte dai torrenti, specialmente da quella del T. Torsero,
che fu reso famoso, da quasi un secolo, per le accurate ricerche
di À. Sasso; dopo d'allora il Rio Torsero fu meta di escursioni
paleontologiche di quasi tutti gli studiosi del Pliocene ligure,
perchè le sue marne piìi o meno sabbiose sono straordinaria-
mente ricche di fossili, specialmente Molluschi (8. 78, 80),
Vi predomioa l'orizzonte marnoso grigio del Pliocene infe-
riore {Piacemiano) che qua e là passa verso l'alto a zone
marnoso-sabbiose , grìgio-giallastre o gialle dell'asciano, che
però venne in gran parte abraso dalle acque torrenziali del
Plistocene.
Quaternario. — Scarse in generale nell'interno della re-
gione in esame, le formazioni quaternarie sono invece assai estese
nella zona littoranea.
Specialmente interessanti sono i terreni plistoeemd rappre-
sentati da depositi continentali ciottoloso-sabbioso-argillosi,
giallo-rossicci, che si estendono specialmente nelle maggiori in-
senature costiere, come per es. di Borgio, Loano ed Albenga.
Tali depositi, di spessore svariatissimo, da meno di un metro
ad oltre una ventina di metri, vanno ad appoggiarsi ad unghia
sulle falde dei monti vicini di cui costituiscono quasi la scarpa
avvolgente; sono limitati lateralmente in modo abbastanza spic-
cato dalle terrazze di erosione fluvio- torrenziale, mentre che
terminano piii dolcemente verso il littorale.
I depositi olocenici sono rappresentati da detriti di falda
(talora passanti a quelli plistocenici), da alluvioni sabbioso-
ghiaioso- ciottolose, fluvio-torrenziali, da sabbie e ghiaie litto-
ranee, da dune d'ostacolo (come le Arene candide state addos-
sate dal vento alle falde del rilievo di Caprazoppa), nonché da
locali depositi travertinosi con impronte di vegetali, di Ciclo-
storne, ecc.
Di un certo interesse sono speciali depositi quaternaii lit-
toranei che per la loro particolare posizione possono servire da
indice circa ì movimenti della costa e l'intensità delle erosioni
in epoca recente.
D,!„t,zed.yGOOg[e
528 FEDEHICO SACCO
Uicoi-do per es. la formazione di irregolari cogoli (special-
mente quarzosi, cementati con calcare) che costituisce una piat-
taforma su cui fu costruito l'antico borgo (ora diruto) del
Castello di Varigutti. Tale deposito, in relazione colla facile
erodibilità dogli schisti permotriasici di una anticlinsle già de-
scritta a 8U0 luogo, è tuttora ben conservato per trovarsi ripa-
rato dal promontorio calcareo del Castello di Varigotti; il suo
interesse sta nel fatto di trovarsi ora ad una quarantina dì
metri s. 1. m. ed isolato in modo, per successivi fenomeni di
erosione, da indicarci che questa regione doveva avere ancora
nella prima metà del Quaternario una forma orografica ed una
altimetria abbastanza diverse dell'attuale.
Chiudo infine questi cenni sul Finalese ricordando un argo-
mento importantissimo che riguarda il Quaternario di questa
regione, cioè le Caverne, le quali vi sono abbondantissime, sia
nel calcare trìasico, sia nella Pietra di Finale.
Il loro interesse grandissimo è dovuto essenzialmente al
fatto che esse diventarono il naturale ricovero di una quantità
di svariati animali e dell'uomo stesso primitivo (che talvolta
vi inumò anche i propri! morti) già nel Paleolitico, ma special-
mente durante il periodo Neolitico ed anche temporaneamente
in seguito sino all'invasione romana.
Tanti furono gli studiosi di Speleologia finalese che debbo
limitarmi a citarne i nomi principali, di cui unisco l'elenco bi-
bliografico, cioè: Amerano, Barberi, Barrili, Bensa, Broocke,
Brown, Brian, Gelosia, Clerici, D'AIbertis, De-Negrì, Dodero,
Fea, Gestro, Gervasio, Gandolfi, Issel, Molo», Morelli, Pacinì,
Ferrando, Perez, Pigorini, Podestà, Raffo, Raimondi, Ranieri,
Ramorino, Rovereto, Rossi, Sergi, Solari, Squinabol, Vacca,
Woll, ecc.
Le caverne (grotte od arme in dialetto ligure) sono assai
numerose nel Finalese; ricordo fra le piti note, per dati paletno-
logie! ed altri, quella di Ponte Vara nel calcare trìasico di
Val Maremola, di I^etra Ligure nel Trias presso il casello fei^
roviario di Pietra, di Gatusso nel calcare tra la strada ferro-
viaria di Borgio e le Arene candide presso la strada nazionale,
di Verezzi nel Trias a livello della ferrovia, delle Arene candide
0 Armassa nel Trias sopra tali dune, della Rocca di Perii (quasi
precedendo il Castrttm Perticfjntm), di Pollerà o Pian Marino tra
D,!„t,zed.yGOOg[e
IL FINALESE b29
questi casolari e qu ili di Mooteaordo nel calcare arenaceo del
Miocene, grotta che funzionò anche da necropoli neolitica, del
Principale {Principà 0 Martin) pure nel Miocene presso Monte-
sordo, del Rio (Rian) proasima a quella de) Principale, del Bujo
e del Sambrugo (Sambuco) a S. E. di Montesordo, dell'^c^ua e
deiri7otno morto nei calcari miocenici del fianco destro della
Valle d'Aquila, del Sanguineto o della Matta puie nel calcare
arenaceo miocenico del fianco destro dì Valle d'Aquila, dei
Zeròi nella Pietra di Finale sulla siniatra di Valle d'Aquila
sotto il Bricco Pianarella, delle Fate {Faje o Zembu) nel calcare
arenaceo miocenico della sinistra di Val Ponei sopra il ponte
romano dì Verzi, di Arma, cavità ad amplissima apertura ad
arco, nel calcare miocenico, sulla quale stanno i casolari detti
appunto dì Arma sul tormentato altipiano prolungantesì a N.E.
di FìQalpia.
Senza parlare della speciale Flora e partìcolaimente della
Fauna attuale cavernicole, mi limiterò ad accennare come nei
depositi (breccie, terriccio, stalagmiti e sedimenti vani) delle
caverne finalesi siasi raccolta una gran quantità di reati di
animali, sìa gusci di Gasteropodi (Belici, Zonitì, Hjalinie, Gi-
clostome. Pupe, Bulimi, ecc.), sia ossami di Pesci e Rettili, ma
specialmente di Uccelli (Picchi, Tordi, Merli, Lodole, Rondini,
Usignuoli, Fringuelli, Stornelli, Corvi, Cornacchie, Gazze, Per-
nici, Fagiani, Stame, Quaglie, Pivieri, Beccacce, (Colombelle,
Civette, Gheppi, Aquile, Gufi, Falchi), e svariati Mammìferi,
come PipistreUi, Talpe, Ricci, Arvicole, Ratti, Toporagni, Ghiri,
Lepri, Donnole, Ermellini, Faine, Puzzole, Marmotte, Bovidi
(Bue primigenio, Bisonte), Cervidi, Caprioli, Antilopi, Camosci (^),
Tassi, Lupi, Volpi, Cani, Orsi numerosi e diversi (Orso speleo
colla sua varietà ligustica, ecc.), Fetidi (Leoni delle caverne,
Pantere, Gatti, Linci, ecc.). Iene, Cinghiali, Cavalli, Rinoce-
ronti, ecc.; animali che in parte vissero o vennero a rifugiarsi
e quindi spesso a morire nelle caverne, ma in parte vi vennero
portati sia da animali da preda, sia dall'uomo preistorico, essen-
zialmente appunto cacciatore.
('} La preaenia di Camosci e di Marmotte è interegeante per indicarci
le condizioni climatologicbe d'allora dell'Appennino Boaleae, dove detti ani-
mali dovettero vivere ed essere preda del cacciatore DeoUtìco.
zed.yGOOg[e
530 PBDEKICO SACCO
Quanto ai residni dell'uomo preistorico, specialmente neoli-
tico, essi sono rappresentati : sia da scheletri completi indìcantici
antiche sepolture, sia da resti di armi e strumenti varii in pietre
scheggiate (punte di freccia o di lancia, pugnali, raschiatoi, pan-
temoli, seghe, coltelli, ecc.) o levigate (ascìe, accette, scalpelli,
mazze, martelli, macinatoi, ecc.); nonché da alcuni strumenti
anche di rame o di bronzo (ascio, pugnali, coltelli, ecc.) e più
raramente di ferro, oppure, piti spesso, di osso, di corno, od
anche fatti con denti di Selacidi; cosi pure da stoviglie piut-
tosto grossolane, ma spesso con graffiti (ciotole, olle, ecc.), da
oggetti svariati (come lampadine, figurine di terracotta, fusarole,
cucchiai, arponi ed aghi di osso o di corno), anche ornamentali
(come conchiglie marine, denti, coralli ed oggetti lavorati per
collane, pintadere da tatuaggio e relativa ocra rossa, anelli,
verghette nasali, ecc.), ossami spaccati o no, conchiglie ed altri
resti di pasto, ecc.
Ricordiamo anche alcuni, purtroppo scarsi, resti di stazioni
all'aperto, nonché le curiose incisioni rupestri che oseervansi
sull'altipiano di calcare miocenico a circa un km. e mezzo da
Orco Feglino nella regione^ di Chiappo delle conche.
Da tutto eli) si può dedurre che l'uomo preistorico, a tipo
dolicocefalo, prognato, selvaggio, essenzialmente nomade-caccia-
tore, comparso nel Finalese sin dal periodo paleolitico (essendo
allora contemporaneo colla grande fauna spelea di Orsi, Leoni,
Iene, ecc.), trovò in tale regione (per la forma orografica, le
dense foreste, la ricca fauna, il clima propizio, e specialmente
per la grande quantità di caverne e simili ripari) un ambiente
COSI favorevole da avilupparvìsi notevolmente, in modo speciale
nel susseguente Neolitico, utilizzando tali caverne come ricoveri
piìi o meno temporanei, talvolta anche come aiti di sepoltura. Si
affermarono quindi (pih o meno direttamente) questi preistorici
finalesi. semiselvaggi, come aborigeni Ibero-Liguri mediterranei
(commistisi poi con altre razze ananoidi, brachicefale, immigrate,
di pastori-agricoltori, in parte di origine celtica) nei susseguenti
periodi proto3tori<:i del Bronzo e del Ferro, sino a raggiungere
quello storico, Romano, in cui si civìliaBarono.
D,!„t,zed.yGOOg[e
IL FlITALESE
BIBLIOGRARIA
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(29) — Cenni sui materiali estrattivi dei monti Liguri (Rie. Sez. Lig.
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(SO) — Pintaderas (■ La Natura „ n" 24, Milano, 1884).
(31) — Caverne del Loanese e del Finalese (con appendice di C. Rai-
mondi) C Bull. Paletn. Ital. „ XI, 1885).
(32) — La Ligorìa ed i suoi abitanti nei tempi primordiali (Genova, 1885).
(33) — Dei Fossili recentemente raccolti nella Caverna delle Fate (* Ann.
Mus. Civ. di Genova „ serie 2", voi. 9", 1886).
(84) — Note intorno al rilevamento geologico del territorio compreso
nei fogli di Cairo Uontenotte e Varasse della Carta topogr.
milit. e Boll. Com. geol. ital. „ XVI, 1885).
(85) — La Pietia dì Finale neUa Riviera Ligure (* Boll. Com. geol. ital. , ,
XVI, 1885).
(36) — Catalogo dei fossili della Pietra di Finale (* Boll. Com. geoU
ital. „ XVII, 1886).
N.B. Questi ultimi tre lavori sul Finalese furono rìoniti
dall'Autore in un fascìcolo speciale intitolato * Contributi
alla Geologia Ligustica ,, Roma, 1886.
(87) — Scavi recenti nella Caverna delle Arene Candide (* Bnll. Paletn.
Ital. „ XII, 1886).
D,!„t,zed.yGOOg[e
IL F1NALB8B 533
(88) Ibsil a., Besti di nn - antropoide rìnveoati nel pliocene di Pietra
Ligure e BoU. Soc. geol. ital. ,, V, 1886).
(39) — Mazzooli L. e Zaooagna D., Carta geologica delle Ririere Liguri
e delle AJpi Marìttime (3ez. lig. del C. A. I., Oenora, 1887),
scala di 1 a 200.000.
(40) — La nuova Carta geologica delle Riviere Liguri e delle Alpi Ma-
rittime (' BoU. Soc. geol. ital. „ VI, 1887).
(41) — Del ritrovamento di una conchìglia esotica nella Caverna delle
Arene Candide (' Bull. Paletn. Ital. „ Xm, 1887).
(42) — e SQOiHABot. S., Carta geologica della Liguria (Qenova, 1891),
scala di 1 a 200.000.
(43) — Note paletnologiche snlla Collezione del sig.^0. B. Bossi (* BuU.
Paletn. Ital. „ XIX, 1893).
(44) — e Tr&vbbso S., Note sul litorale fra Vado e Spotonio ('Atti
Soc. lig. Se. Nat. „ V, 1894).
(45) — Cenni "di nuove raccolte nelle Caverne ossifere della Liguria
("Atti Soc. lig. Se. Nat. ,, V, Genova, 1894).
(46) — Liguria geol<^ca e preistorica (Genova, 1892).
(47) — Eicursion géologique dans les env. de Gflnes (Genova, 1905).
(48) — Incisionìrnpe8trinelPinale8eCBall.Paletn.Ital.„XXIV,1900).
f49) — Dn exemple de survivance préhisturique (* C. R. XIII Gongrés
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(50) — Cavità rupestri simili alle Caldaie dei Giganti (Genova, 1907).
(51) — Liguria preistorica ('Atti Soc. lig. Storia patria,, voi. XL,
Genova, 1908).
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(58) — Paletnologia italiana. I nostri antenati (Parma, 1887).
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Toirano ('Atti Soc. lig. Se. Nat. ,, I, Genova, 1889).
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Genova, 1889).
(61) — Relazione sugli scavi esegniti nella Caverna della Pollerà situata
nel Finatese (* Mem. R. Acc. Lincei „ IV, 1888).
D,!„t,zed.yGOOg[e
534 PEDBKICO SACCO
(62) MoKBLLi N., Nota sopra due Cavenie recentemente esplorata nel
territorio di Toirano (' BaU. Paletn. Ital. „ SVI, 1890).
(63) — La Caverna del Pastore e Livrea, situata nel territorio di Toi-
rano e Atti Soc. lìg. Se. Nat. „ I e II, Genova, 1889-1690).
(64) — Di una Stazione litica a Pieti'a Ligure ("Atti Soc. lig. Se.
Nat.,, II, Genova, 1890).
(65) — Antichi manafatti metallici della Liguria (' Bull. Paletn. ItaL ,,
XIV, 1888).
(66) — Resti organici rinvenuti nelle Caverne delle Arene Candide
('Atti Soc. lig. Se. Nat.,, I e II, 1889-1890).
(67) — La Caverna di S. Eusebio nel Finalese ('Atti Soc. lìg. Se
Nat. ,, V, Genova, 1894).
(68) — Iconografia della Preistoria ligustica (Genova, 1901).
(69) Pacihi Cadublo M., L'Arma del Sanguineto o Caverna della Matta
("Atti Soc. Storia savonese ,, II, Savona, 1890),
(70) Pakbto L., Descrizione di Genova e del Genovesato (Voi. I, Ge-
nova, 1846).
(71) Pbrbando D, G., Sur deui Cavemes de la Ligarie (Congr. Internat
d'Anthròp. et d'Archéol. préhist., V, Bologne, 1873).
(72) PioomHt L., Avanzi umani e manufatti litici colorati dell'età della
Pietra (" Boll. Paletn. Ital. „ VI, 1880).
(73) Batfo L., Le Caverne delle Arene Candide e della Pollerà (* Rie.
Sex. lig. C. A. I. ., Genova, 18S3).
(74) Raimondi C, Dì una anomalìa dell'osso sacro nell'uomo, più fre-
quente nelle Scimmie antropoidi (* Ami. Mns. civ. St Nat. „
II, voi. 2', Genova, 1885, e ' Rend. Et. Aec. Se. med. „
Genova, 1885).
(75) Rakokiho G., Sopra le Caverne di Liguria e specialmente sopra
una recentemente scoperta a Verezzi sopra Finale (* Mem.
R. Acc. Se. Torino „ serie II, voi. XXIV, Torino, 1866).
(76) Ranikbi L., Cenni intomo alle antiche Caverne della Liguria
e L'Unione „ n" 17 a 28, Porto Maurizio, 1886).
(77) RovBBBTO G., Arcaico e Paleozoico nel Savonese (' Boll. Soc. geol.
ital. „ XIV. 1895).
(78) Saooo F. (V. Bbllabsi), I Molluschi dei Terreni terriarii del Pie-
monte e della Liguria (Voi. VI-XXX, Torino, 1889-1904).
(79) — L'Appennino settentrionale e centrale (Torino, 1904), con Carta
geologica alla scala dì 1 a 500.000.
(80) Sasso A., Saggio geologico sopra il Bacino terziario di Albei^
e Gìom. lig. di Se, Lett. ed Arti „ V, Genova, 1827).
(81) Sbbqi G., Ligori e Celti nella valle del Po (' Arch. per l'Antrop.
e l'Etnol. ., XIII, Firenze, 1883).
D,!„t,zed.yGOOg[e
IL riNALESB 535
(82) SiBHONDA A-, OsserrazìoDÌ geologiche sulle Alpi Marittiine e sugli
Appennini lignriCUem.B.Acc. Bc. Torino,, serie II, tomo IV,
Torino, 1841).
(83) — Carta geologica di Savoia, Piemonte e Liguria (Torino, 1862,
1866).
(84) Sp&llahzahi L., Lettera relatdya a dì7erei oggetti fossili e montani
(' Uem. di Uatem. e Fìsica ,, II, Verona, 1784).
(85) Zaooaoha D. (V. Issbl, 1887).
(86) — Conformazione stratigrafica fra il torrente Neva ed il Penna-
vaira in territorio dì Albenga (' Boll. Com. geol.it. ,,XL, 1909).
INDICE
Qeberalità Pag. 514
Carbonifero e Permiano , 517
Trias 618
Infraìiaa, Gìoraliat, Eocene , 522
Miocene 523
Pliocene ,526
Quaternario , 527
Bibliografia 531
D,!„t,zed.yGOOg[e
FEDBRICO SACCO — IL FINALESE
«
l. }
4.
ili
ì if
L' Accademico Segretario
Cablo Fabrizio Pabona
D,!„t,zed.yGOOg[e
CLASSE
SCIENZE MORALI. STORICHE E FILOLOGICHE
Adunanza del 8 Maggio 1920
PRESIDENZA DEL SOCIO SENATORE FRANCESCO ROFFINI
VICEPRESIDENTE DSLL'aCCADEHIA
Sono presenti i Soci S. E. Boselli Direttore della Classe,
De Sanctis, Bronci, Baudi di Veske, Patetta, Vidabi, Prato,
Gian, Valmao&i, Faggi, Luzio, Mosca, e Stampini Segretario
della Classe.
È scusata l'assenza dei Soci Einaudi e Pacchioni.
Si legge e si approva l'atto verbale della precedente
adunanza del 18 aprile u. s.
Il Presidente saluta e presenta alla Classe il nuovo Socio
nazionale residente Senatore Oaetano Mosca, il quale porge vivi
ringraziamenti così al Presidente come alla Classe.
Il Socio Prato presenta in omcCggio all'Accademia, anche
a nome del Socio Einaudi, i) volume XXX (anno 1919) della
rivista La Siforma Sociale insieme col volume L'Italia economica
nel 1918 (anno X) di Riccardo Bachi. La Classe ringrazia.
L'Accademico Segretario presenta il volume, pervenuto alla
Accademia, di Paolo Monceaux su Saint Optai et les premiera
écrivains Donatistea (Paris, 1920), che è il quinto della Hiatoire
littéraire de l'Afrique chréiienne, e ricorda che i primi tre volumi
di quest'opera furono premiati dalla nostra Accademia nel 1908.
La Classe gradisce, ringraziando, il dono.
zed.yGOOgle
538
Il Vicepresidente Rottini fa omaggio all' Accademia della
sua monografia Guerra e riforme coBtitiizionaU che è, nelle sue
parti essenziali, il discorao da lui letto per l'inaugurazione
degli studi il 24 novembre 1919 neirUniversità Torinese. £ il
Socio S. E. BosBLLi rileva con una breve disamina rimportaaza
di tale monografia ih cui l'autore, movendo da tin argomento
essenzialmente politico, lo ha saputo rendere rigorosamente
scientifico. La Classe ringrazia per il dono graditissimo.
11 Socio Luzio presenta per la pubblicazione negli Atti una
Nota del Socio Sforza assente intitolata La patria di papa
Entichiano.
Raccoltasi la Classe in adunanza privata, procede alla no-
mina di un membro della Commissione per il Premio Gantieri
riservato alla Letteratura (triennio 1917-1919), in sostituzione
del Socio Gian dimiasionarìo. Risulta eletto il Socio Luzio. La
Classe nominò poscia a Delegato della Reale Accademia delle
Scienze di Torino per il prossimo convegoo accademico inter-
nazionale a Bruxelles il Socio De Sahotis. E il Socio EiKAUot
fu eletto a delegato della Classe nel Consiglio d'Amministra-
zione dell'Accademia. ^
>y Google
GIOVANNI SFOIIZA — LA PATRIA DI PAPA BUTICBIANO
LETTURE
La piitpia di papa fiutichiaDO
Nota del Socio nazionale residente GIOVANNI SFORZA
Il P. Cesare Franciotti della Congregazione della Madre di
Dio, nato a Lucca il 3 luglio del 1557, predicatore applaudito
dal Bellarmino e dal Baronie, e caro a S. Filippo Neri, nel 1613
stampò le Historie delle miracolose imagini e delle vite de' Santi,
i corpi de' quali sono nella citìà di Lucca. A p. 49, parlando di
S. Eutichiano, sostiene non esser di Luni, ma lucchese, come
'si ha , (son sue parole) ' dagli istromenti antichi, conservati
nell'Archivio del Vescovato di Lucca, ne' quali si afferma che
questo pontefice era nativo del castello di Montemagno, vicino
a Schiava; il qual castello in tutto lo stato di Luni non si trova
nominato in alcuna maniera, ma si trova bene nello stato di
Lucca, circa dieci miglia lontano dalla città ,. Il prof. Domenico
Bertini, nel ricordarlo, soggiunge: " Il non aver esso , [Fran-
ciotti], ' secondo il costume del suo tempo, indicato il registro
di questi strumenti, è stato certo un danno per me, non es-
sendo sì agevole il rinvenirli fì'a tante migliaia di altre carte
diverse, registrate non secondo l'ordine cronologico; ed ognun
vede quanto sarebbe per noi opjLortunauna siffatta testimonianza
nella presente quistione. Può peraltro stabilirsi fin d'ora, che da
una parte non è lecito di apporre senza ragione a questo scrit-
tore, per tanti titoli venerabile, la taccia di mentitore. Affer-
mandolo in un modo positivo, bisogna che ei leggesse di fatto
ne' nostri archivi qualche cosa di relativo a questo punto , (1).
(1) DoHiHico Bebtiui, OsiemoiioiU intorno alla pntria e alla famiglia
del «omino pontefice EitgeHÌQ III; negli *Atti della B. Accademia Lucchese
di scienze, lettere ed arti ., 11. 153.
D,!„t,zed.yGOOg[e
540 GIOVANNI &FOKZA
Dell'affermazione del P. Francjotti non è da tenere nessu-
nìssimo conto, leggendosi in un'opera, che, a giudizio perfino
di Cesare Lucchesini, * spira molta pietà, ma vi si desidera
maggior critica , (1). Del resto, il sarzanese Bonaventara
De' Bossi [16661741] ebbe a dichiarare: • Fatto da me rico-
noscere se Degli Archivi di Lucca v'era istromento alcuno che
canonizzasse questo santo pontefice per lucchese, come pretende
■1 P. Franciotti, la risposta fu non esservi se non una memoria
antica, in caratten antichi e di folta e difficilissima intelligenza,
dove non si scorge appieno se si dica lucchese o lunese; e dove
dice il P. Franciotti che fosse di Montemagno, vii-ino a Schiava,
ha preso un equivoco evidentissimo, perchè in detta scrittura,
che, in sostanza, è un piccolo compendio della vita di questo
santo papa, non si nomina né Montemagno, né Schiava, ma
bene') Magnes, schiavo persiano, che, come eretico iniquissimo
che ingannava con false dottrine i popoli d'Asia, fu dal nostro
santo pontefice Eutichiano riprovato e dannato. Oltre dì che,
si sa benissimo che gli atti de' santi della primitiva Chiesa, e
massime di quelli che furono più vicini a' tempi di Gesù Cristo,
sono periti in gran parte, essendone appena rimasta la semplice
tradizione, onde sarebbe stata gran fortuna della Chiesa di
Lucca l'aver potuto conservare istrumenti cosi anUchì , (2). È
forza ripetere con l'ab. Giuseppe Paganetti: * di Loni sempre
stimollo tutta costantemente l'antichità, e quanti poi buoni
critici di lui hanno scritto ne' secoli più moderni... Que' pochi
autori che fanno lucchese Eutìchiano sono moderni, e contrap-
posti a' loro contrari non reggono al confronto . (3). Uno di
questi ' pochi autori ,, ma affatto ignoto, è ricordato dal Fran-
ciotti. * Ultimamente . (così scrive) * anche Girolamo Francino
(1) CuiBC Ldcchhihi, DtUa Storia htltraria dtl Ducato di iMcea, libri
gttle; nelle * Mamorie e Documenti per aerfire all'irtorift del Dacato di
Lucca ., X, 93.
(2) BoHivEHTDBÀ Di' RoBBi, CoHeltanta copiotitsima di memorie e noli'z»
isteriche apparlentnti alla città e provincia di Luni, dettante con gran tempo
t fatica da mollisiiine aeritlure et istorie autentiche e da varii Arehivii, tos.
piesao il dott. Raimondo Lari di Sanano, voi. II. put. 1. pp. 76-79.
(H) Gioairra PASAHnri, Istoria ecelesiatliea itila Liguria, Genova, Taii^,
176S, tom. I, pp. 818-814.
D,!„t,zed.yGOOg[e
LA PATRIA DI PAPA BDTICHIANO 54L
aFFerma essere stato lucchese questo santo pontefice , . Lucchese
l'aveva fatto assai prima Onofrio Panvinio [1529-1568] di Ve-
rona (I). Ecco le sue parole: * Eutichianus, nattone Italus, pro-
vincia Thuscia, patria Lucensis, ex patre Maximo , (2).
(Ij Epitome PoHtifieum Romanorum a S. Pttro ungile ad Faulum liti,
HoMCPBHio Pahvinio, vtroHenniì f. augustiniano authorf, Venetiia, impensis
lacobi Stradae mantaani, 1557, p. 10.
(2) Il padre del pontefice fa iavece Marino. Nell'errore di farlo figliuolo
di Manimo, era gik caduto il PlAtina, che icrigse: 'Eutichianus, natìoa«
Thuacua, patre Maximo ,. Già ai leggeva nell'ifa'ta iiltutrata di Flftvio
Biondo: ' Secna Uacram ainnem vetnsta interiit Lana inter capita Etruriae
numerata, quae Eutichianum, pontificem Romanum, patre Maiimo genuìt ..
Già Iacopo Filippo da Bergamo, nel suo Sopplimmto delle Cronieht univer-
sali del mondo (mi vnlgo della traduzione che ne fece Francesco Sbubovìuo,
stampata a VeoCEta, presso Altobello Salicnto, il 1581), disse: * Eutichiano,
papa, nato in Toscana, nella città di Lnni, et di padre chiamato Mauioio ,.
Tommaso Forcacchì dì Castiglione aretino vuole che papa Eutichiano
sia della * famiglia Hartia di Roma , ; sogna che Marzio Agrippa, dopo la
morte di Caracalla, si ritirasse a Luni. 'dove si haveva fnbricato luoghi
deitciosi per quella marina , e dove fini la vita, ' d'età vecchissimo, l'anno
del Signore 220 ,, lasciando molti figliuoli; uno * de' quali, G. Massimo, fa
christiano et sopportando le persecutioni che in quei tempi da tutti i chri-
Btiani furono l'ottava volta patite, ancor esso ci fu ammazzato l'anno 258 ,.
Afferma che * di Massimo reatb, fra gli altri, un figliuolo, che fu P. Euti-
chiano, il qnale nacque appressa Luna in Thoscana , ; e * datosi alla rel-
ligion Christiana e vivendo santamente fu creato papa ,. Cfr. Toumaso.
PoBCACQHi, Hisioria dell'origine et gueeestiont dell' Jllustritiima Famiglia Ma-
laapina, Verona, Discepolo, 1585, pp. 17-18. 11 canonico sarzanese Ippolito
Landinelli [1556-1S29], alla sua volta, scrive: ' Nacque questo santo pon-
tefice , [Entichiano] * nella nostra città di Lani di nobilissima stirpe,
comecché li suoi antenati fossero romani, ritiratisi in Luni dopo l'avveni-
mento di Cristo nei tempi d'Adriano, imperatore. Da Lucio Marzio, che
mori dopo Caracalla e della salute 220 anni, dicono che discese Caio Ha»-
BÌmo, e che del 258 pati persecuiione e martirio per Gesù Cristo; e da
Gaio Massimo, Eutichiano, il quale, seguendo le vestigie del padre, ae ne
andò a Roma, e quivi, per la santità della vita fn creato papa,. Cfr. Ip-
polito Landinelli, Origine deìl'antiehùiaitHa città di Luni, della 4ua diìtru-
tione, della città di Sarzana e di tutte le cose più notabili appartenenti a
detta città e a tutta la Provincia di Luni, della Chieta Luitete e de' tuoi
veeeovi antichi, ms. presso di me, cap. 13, p. 134. Raffaello Soprani di Ge-
nova afferma Eutichiano esser nato nell'antica città di Luni * da Gn. Mas-
simo, di famiglia Martia, anch'egli Lunese e martire di Christo ,. Cfr Raf-
pAKtLO SopBAMr, Li Scrittori della Liguria, Genovn, Calenzani. 1665, p. 87.
Atti delta R. Accademia — Voi. LV. 37
D,!„t,zed.yGOOg[e
542 GiovAxin sfokza
Anche un altro lucchese, Nicolao Tucci, che viase dal 1541
al 1615, ne' suoi Illustrium Lueetisium elogia, opera rimaata ma-
noscritta, tratta De Sancto Eutychiano poittifice et martire, e lo
fa nato a Lucca. Che però sia di Luiii lo attesta il Liber pon-
tificalis: * natione Tuscus, ex patre Marino, de civitate Lunae , (1).
Il P. Gabriele Orammatica, lucchese anch'esso ed egli pure
della Congregazione della Madre di Dio, nella seconda edizione
della sua Gnida sacra alle chiese di Lucca, che vide la luce
nel 1741, sotto il giorno 19 decembre scrive: " S, Eutichiano
pap4 e martire. La sua deposizione celebrasi agli 8 di questo
mese, secondo il Martirologio Romano e quello del Fiorentini;
da altii è portata a questo giorno. È tradizione antica che
questo santo fosse lucchese, benché per una leggiera mutazione
di lettere si trovi scritto luneae. Anche vien creduto nato nel
castello di Montemagno della nostra diocesi e stato; e nella
chiesa di questo luogo si dice essersi scorto fino a' dì nostri
un'antica pittura, mezza cancellata, esprimente l'immagine di
AgoBtÌDO Oldoini della Spezia to dice * e familia Mattia, Joannis Haiimi
filiQH,. Cfr. Athmaeum Ligusticum, mu Syìlabus acriptantm Liguruni, nte
non Sartaninrium ac Ci/rnensius Reipubtieae Genuensit «uMJforunt ab Anou'
■TINO Oldoinio, Soeielatia leau, collectus, Pproaiae, ex tjp. episcopali, 1680,
pp. 168-169. Giuliano Lamorati dì PortoTSnere stampa: * S. Entichiano,
Dato in Loni, fu reso atto ad imprese grandi, non solo dalla nascita, che
diede aempre onerosi impulsi ad eroicamente operare, poscia che fa di
casa Martia, orianda da Anco Martio, re de' Romani, ma ancora da dome-
itici easempii, essendo figlio di Gn. Massimo, che sotto l'imperatore Yale-
nano co'l suo sangue inalbò te palme del euo trionfo ,. Cfr. Gicliaho
Lahobati, Hiwtorie di Limigìana che contengono »ucee$H mrmoriAiU, ruine
di Luhì, eroi in santità, pirtà e dignità teclttioitìcht riguardevoU che in delta
Pfovincia fiorirono. In Matusa, nella stampa di Girolamo Marini, 1685,
pp. 67-58.
Tra i pochi che non caddero nel grossolano errore è da se^alani il
Ciaeconio - Alfonso Chacon -; le coi Vitae et rea geslae Pontifieum Bomanorttm
et S. R. B. Cardinalium nsciron fuori postume il 1601, per cura di Francesco
Uoralei Cabrerà; le ristampò Luca WaddiDg nel 1630; Agoatino Oldoini
il 1677. Ti sta scritto: * Sanctus Eutichianus etmaoas, patria Lnnensis,
Marino geaitua patre ..
(1) Liber pontificali» pars prior. Edidit Treodobos Mohhbbh, Berolini,
apud WiedmannOB, MDCCCXCVIII, p. 38. Fa parte del voi, I Oe*t4>rKm
Pontìfitutn Romanorum, ne' Monumenta Germaniae kiatorica.
zed.yGOOgle
LA PATRIA DI PAPA EDTICBIANO 543
questo santo Pontefice ,. L'affermazione de] Grammatica andò
poco a sangue a monsig. Gio. Domenico Mansi, che osserva:
* Bisogna però confessare che tutti i rodici a pi^nna del Libro
chiamato Pontificale di S. Damaso, o aia dì Anastasio, leggono
costantemente de chiiate Lunae, e non mai Lucae, onde resta
solo a dichiararlo lucchese una tradizione per dir vero incerta,
perchè non fondata se non su d'una mediocre antichità , (1).
A favore del Grammatica spezzò invece una lancia l'ab. Dome-
nico Barsocchini. " Il celebre bollandista Papembrochio , (cosi
scrisse) ' nel Pr/obil. ad Ada SS. Maxi, pag. 120, parlando della
nostra tradizione, osserva che S. Eutichiano dìcesi negli atti to-
scano; e riflettendo quindi che tanto Strabene, lib. IV, quanto
Pomponio Mela, lib. II, pongono amendue Luni non in Toscana,
ma in Liguria, protestasi di non voler pregiudicare col suo giu-
dìzio ne all'una, né all'altra città, sebbene però ben sì veda
dalle sue parole propendere più per Lucca che per Luni. Ego
neutri urbi praejudicatum volo: maximi tamen apud me momenti
est, ut esse debft, dicisio Frocincìarum a Stntbone et Pomponio
indirata, qui lieet vixerint vniis sub Tiberio, alter sub Claudio ...
Lunam non attribuunt Tusciae, sed Liguriae. Dunque Eutichiano ,
(conchiude il Barsocchini) ' non poteva esser Junese, perchè
Luni, almen di quel tempo, non fu mai compresa nella Toscana.
Dee quindi dedursene che forse per uno sbaglio, facile a com-
mettersi nei codici a penna, sia incorsa la parola lunense invece
di lucense , (2). Son baie: i codici tutti si accordano a dirlo di
Luni; né a Luni Io toglie Francesco Maria Fiorentini, il più
dotto degli eruditi lucchesi, che scrive: " Lucensem patriae
meao civem aliqui ex nostris S. Eutichianum malunt, quam
Lunensem. Sine vetusto monumento, ant auctore, non affir-
marem . (3).
(1] Gio. DoMBMico Mansi, Diario sagro antico e moderno delle chiese di
Lutea, eompùàlo già da un religioso drlla Congregaiioite delta Madre di Dia,
rivtdnto ed aeeretciuto, Lncca, per Giuseppe Salanì e Tincenzo Oiuntìni,
1753, p. 348.
(2) Diario tacro delle ekitae di Lucca di monaignore Giovin Dohinico Minsi,
aecomodato all'uto dei tempi moderai ed accresciuto di molle notizie sloriche
del nostro paese dall'ab. Domknico Babsocchihi, Lucca, tipografìa Giusti, 1836,
pp. 304-306.
(3) Veluttius oecidtntalis Ecclesiae Martyi-ologium D. Hieronymo a Caa-
tiodoro, fieda, Walfrido, Notkero aliieqiie seriptoribut tribulum, quod noneu-
D,!„t,zed.yGOOg[e
544 GIOVANNI SFOKZA
Oltre la nostra, vi fu però in Italia anche un'altra città
che portò il nome di Luni; al giorno d'oggi, del pari scomparsa.
Queata città, ' ancli'easa etrusca , e che poi ' divenne castello ,;
come affeima il Silvestrelli, ' fece parte nel secolo XII della
contea di Yetralla, e fu donata per metà a Viterbo, ne) 1170,
da Guitto, conte di Vetralla; e sì distrusse nel 1262 , (1).
Quitto, per testimonianza del Pinzi, comprò l'alleanza dei Vi-
terbesi * col rinunciare loto la metà della rOcca di Vetralla e
dei tenimenti di ussa, nonché i castelli di Rispampani, di Luni
e la metà di Bisenzo, di Marano, di Pìanssno, di Castel Luiprando
e degli altri doininj che erano già suoi, o lo fossero in appresso,
a patto che gli mantenessero in suggezione i suoi vassalli di
Vetralla , (2). Net documento è chiamato castrum Lutti (3). Il
Ldber Pontificalis racconta che nel 730 un certo Tiberio, detto
Petasio, ribellò contro Leone Isauro, imperatore, Luni, Barbe-
rano e Blera o Bleda, facendosi giurar fedeltà da qae' popoli
come a Signore. Il Muratori crede ' scorretta la parola Lunenses,
perche Luni, città marittima, situata al fiume Magra, era sotto
i Longobardi, e troppo lontana, né potè ribellarsi contro chi
non ne era padrone . (4). Il Liber Pontificalis, però, cosa che
non sfugge al grande storico, * parla di popoli posti in quella
Provìncia Romana, che oggidì si chiama il Patrimonio ,; e
appunto X\ sorgeva l'altra città di Luni, che era * un castello
della Toscana Suburbìcaria , (S).
pandum e»»e Bomanum, a Magno Ongorio detcriptum, ab Adone laudatum,
proximioribug saeeitli» praeltritum et expetifum iion leviora argumtnta tuadent.
Fbancibcdi Maria Plobkhtihids, nuh. luceiuie, ex >ho pratgertim ae patriot
maiorit Eeeleaiae plur^uique aliis probatae pdei codicibug, qua noti*, qua
txercitationibtu expiieatum, tnUgre vulgavit, Luoae, ex t^pof^rophìa JKc;nthi
P&cii, MDCLSVIII, p. 1023.
ti) Giulio Siltmtbblli, Citlà, coèteUi t terre della regione romana, ri'
eerehe di gloria medioevale e moderna fino all'anno 1800, Città di Castello,
Uniotie arti f^raiìche, 1914, p. 5IJ8.
(2) CuABK Pinzi, Storia della eiltà di Viterbo, illustrata con note e nuovi
documenti in gran parte inediti, Roma, tipogr. della Camera dei Deputati,
1887, p. 175.
(3) Cablo Caumb, Prefetti di Vico; neìV ' Archivio della Società Romana
di Storia patria,, voi. X [1887], pp. 13 e 428.
(4) Loi>OTico AnroHio Murato», Annali d'Italia, Monaco, 1762, IV, 261.
(6) Carlo Phoms, Dell'antica città di Luni e del «uo elato preeente, me-
morie, Massa, Frediani, 1857, p. 61.
D,!„t,zed.yGOOg[e
LA PATRIA DI PAPA BDTICHIANO 545
Nel maggio del 1 860 " un cortese ed erudito lettore , della
Citiìtà Cattolica inviava a quel periodico la seguente notizia,
" attinta a fonti sicure e da persone ben conoscenti dei luoghi ,
dove sorgeva la Luni della Tuscia Romanorum. " Luni {così
trovasi scritto ne' documenti più autentici], Lune, o Luna, fu
città, ovvero castello etrusco, situato sulla destra del Mignone
un poco sopra il confluente di questo colla riviera Vesca, e di-
stante, credo, un dieci miglia da Barbarano e da Sieda, rimpetto
alle montagne della Tolfa, che dominano la sinistra del detto
Mignone. Ne restano i ruderi a capo di una rupe non molto
elevata, vicina al Vignolo, al piano che tuttora chiamasi comu-
nemente Pian di Luni, ed a Mootefortìno, nome che pur si dà
ad una rupe prossima, la quale sembra con arte ben acconciata
ad uso di rOcca. Gode quel piano di ottima acqua sorgente, la
migliore di tutto il territorio. La necropoli, che si estendeva
fino alla strada delle Quadrello, venne frugata ne' bassi tempi
e spogliata:' nondimeno vi si vedono tuttavia de' sepolcri adorni
di bassirilievi. Alcuni frantumi di vasi, rinvenuti nelle vicinanze,
ricordano la più bell'epoca dell'arte etrusca. Ancor più ampie
notizie si sarebbero avute da una grande lapide etrusca di
cinque o seicento lettere, ivi disseppellita nel 1859, se i pastori
non l'avessero fatta in pezzi e cosi murata in un abbeveratoio.
Non può dunque mettersi in dubbio l'esistenza di quest'altra
Luni. Ciò non ostante, di essa non si ha menzione negli antichi
scrittori che ci rimangono, sia perchè non abbia avuta giammai
grande importanza, sia perchè, essendo già decaduta allorché i
Romani soggiogarono l'Etruria, e vigorendo, per contrario, la
prima, di questa sola siasi conservato il nome e la fama pre-
valente; sia perchè, non posta, come Bieda, sulla via Claudia,
fosse sempre poco nota agli scrittori latini, dai quali teniamo
ogni antica memoria. Prima di Anastasio (1) non so ohe altri
l'abbia nominata: ma è certissimo che nel 1169 fu donata in-
sieme a San Giovenale (luogo vicino, che quindi innanzi si vede
costantemente accoppiato alla nostra Luni) al Comune di Vi-
terbo dall'imperator Federico (V. Langellotto e Bussi, Storta ài
Viterbo). Nel 1242 fu data in feudo alla famiglia Farulfa, e non
(1) Leviore» quoque deeipitiu (TiberiuB PetaaiuH), ila ul MmOnriatuHXt»,
LuNBasu atqut BUdani et gierameiUa praeititu*ent. In Qregorio II.
D,!„t,zed.yGOOg[e
546 QIOVAN'NI SFORZA
guari dopo tornata al medestnio Comune, per non essersi man-
tenuti i patti (Documenti nell'Archivio di Viterbo). Nel 1262
la ebbe nello stesso modo la famiglia De Vico (Item): e, circa
quel tempo, gli Orsini, che signoreggiavano le confinanti terre
della Tolfa, come nemici mortali de' De Vico, assaltarono im-
provvisamente Ludi, e ne fecero si mal governo che Pietro
De Vico reputò bene trapiantarne a Bieda la popolazione sfug-
gita al crudele macello. Omesse altre notizie, noto, per ultimo,
un breve di papa Paolo II, esistente nell'Archivio Comunale di
Bieda, nel quale, fatte varie concessioni, si dice: Volumua
quoque ... quod Uberi et exempti sUis glandium, spicarum et kerbarttm
tenimettti vestrae terre et herbarum dumtaxat Sancii Juvenalis et
Lutti. Del resto, il nome di Luni è vivo tuttora in bocca a tutti
ì popoli circonvicini; ed è inoltre segnato nelle carte geografiche,
anche non molto antiche, quantunque dovrebbe collocarsi più
presso al confluente: trovasi così nella carta grande dello Stato
Pontificio, in quella dedicata al Duca Blacas, ed in quella del
Patrimonio, pubblicata l'anno 1791 , (1).
Trattandosi dì due città, tutte e due nella Tuscia, seb-
bene una in quella annonaria e una in quella suburbicsria, le
parole natione Tascus, con le quali il Liber Foniificalia chiama
papa Eutichiano, tanto possono riferirsi all'una, quanto all'altra.
Resta dunque indecìso quale delle due Luni gli abbia dato i
natali. Il fatto di essergli stata eretta una statua sulla facciata
della cattedrale di Sarzana niente prova; giacche au quella
stessa facciata ne fu innalzata una anche a papa Sergio IV,
spacciandolo egli pure lunìgianese, mentre tutti gli scrittori
ecclesiastici si accordano nel ritenerlo romano, a cominciare dal
Liber PoniificaUs, che afferma: Sergius, qui vocatur Os porci,
natione romatius (2). Soltanto il Ciacconio lo vuole originario
del castello di Luni, ma però nato a Roma: Ser</ius IV (sono
suo parole) Petri Martini filius, romatius, Buecaporci antea dictus,
ex castro Luna", motiachus aiiten benedectùius (3). Fu vescovo di
(U ' La Civiltà Cattolica ., ann. XI [1860], serie IV, voi. VI, pp. 469-470,
li) Le Liber Pontificalis. tfxit. inlrodurlion et commfHlair» par Vabbé
L. DucHmsMi, Pari», Thorìn, 1866, tom. I, p. 267.
(8) Ciiccomus A., Vitae et ret gr.$tae pontifieum RomanorutH et S. R. E. ear-
dinfdium, ab initio natcentis Ecdeaiae ad CUmmlem IX, ab Aoaumno Ol-
Domo reeognitae, Romse, 1677, voi. I, pp. 763.
zed.yGOOg[e
LA. PATHIA. DI PAPA EUriCHIANO 547
Albano, e come suppone il Gregorovius, " forse tusculano egli
medeaimo ,. Del resto, * il Bacca si trova assai spesso nel
composto di nomi romani del secolo XI e del secolo XI!: Bacca
di pecora, Burcalupo, Buccafusco, Buccacane, Buccamazza, Buc-
capiscis, Buccazonca, BuccamoUt, Buccaòella , (1). E nome schiet-
tamente romano, non lunense, è quello di Marino, il padre di
Enticfaiano.
Questo pontefice, asceso sulla cattedra dì S. Pietro nel
gennaio del 275 (2), vi sedè otto anni, dieci mesi e tre giorni.
* Sedit ann. Vili, m. X, d. Ili .; sta scritto nel Liber Ponti/i-
calia (3). Morì il 7 decembre del 283, e fu sepolto ' in cyme-
terio Calisti via Appia ,. Disgraziatamente, dell'epitaffio, —
* nna lastra marmorea sottile ed oblunga . — restano ben
pochi frammenti, che Giambattista De' Rossi illustrò da pari
ano (4). Vi si legge soltanto:
EYTYXIAOC EniC.
Il suo corpo fu da papa Innocenzo X regalato a monsignor
Filippo Casoni di Sarzana, procuratore del Sacro Collegio, il
quale * con grato animo tolse dalla cripta CalUstiana e tenne
preziosissimo il dono; e creato, nel 1659, vescovo di Borgo
S. Donnino, in quel di Piacenza, trasportò l'urna, con te sacre
reliquie, in patria, e l'affidò al fratello suo Niccolò conte di
Villanova ,. Morto Filippo, toccò in eredità a Niccolò, che
' ne fece liberale dono al Capitolo del Duomo perchè venisse
conservato ed esposto alla pubblica venerazione , (5). Ciò se-
guiva nell'anno 1669 (6). Con decreto della S. Congregazione
(1) Fkrdimàndci GBBOOROTtus, Storia della città di Roma uri medio ero,
Roma. 6. Romagna, 1S12, voi. Il, pp. 197 e 217.
(2) Sembra il giorno 5. mn la data non è sicura. Lo Jaffé, il Potthast,
il Gami e il compianto amico mio Fedele Savio la accompagnano pruden-
temente con un interrogativo.
(3.) Liber Fontifiealia (edizione del Mommsen), p. 38.
(4) QtiuBiTTisT* De' Romi, La Roma eollerranea eriitiana deieritta e
itliutraia, tom. Il, pp. 70-72.
(5) FiBDia^auo Podmtì, S. fulicAtano/iafia. Firenze, Stabilimento tipo-
grafico S. Giuseppe, 1916, pp. 50-51.
(6) Il conte Niccolb Casoni morì d'ottantacinqne anni nel 1688 e fu
■eppellito neiluL chiesa, de' PP. Domenicani di 3arzana. Dell'is
D,!„t,zed.yGOOg[e
548 atOVANHl SFORZA — LA PATRIA DI PAPA EDTICHIASO
de' Riti, del 24 gennaio 1688, fu concesso alla Diocesi di Luni-
Sarzana Vofficium sancii Eutifchiani, fissandone la festa il 9 de-
cembre d'ogni anno (1). Venne dipinto a fresco, nel salone del
palazzo vescovile, in mezzo a Santo Àbundanzìo ed a Paolo Sergio,
scrivendoci: S. Eutichianus \ Papa Lun. \ E Max. viro nob. Lun.
orius I PP. et Mart. fuit passus Bo \ mae sub Numeriano tmp. \
ano 275. Vi son due errori: come s'è visto, mori nel 283, non
nel 275; era figlio di Marino, non di Massimo. È poi contro-
verso ae fu martirizzato.
polcrala notevole questo brano: s
VITATI DORANDO PDBLICIB TBNRRATIONl BXPOBUIT PiTBIAH^rB
(!) Officia IH feato S. Eutiehiani papa* H mart. Cfr. Offieia propria
Sanetorum prò Sanela Luneiiti~SarzaHtiin EecUgia in Hnxni eoUerta. etc.
Clavari, MDCCCXLl. Ex ProTincialì Tjpogrraphìa Aigiroffo, pp. 15-17. —
Offieia propria Sanetorum recilantla in cathedrali et diotcesi Apuana, etc,
FivÌMani, ei tjp, Bartoii et boc. 184*, pp. 310-811. — Offieia propria tu
Sanota Eeeltaia Lunen.-Sart^nensi ex eonettaione Apotìotiea recitando, etc.,
Angostae Taurinornm, ei typ. pontificia Petri H, F. Marietti, 1870, pa-
gine 251-252. — Offieia propria in ^asgenai dioeeesi ex Apostolica conca-
mone reeilanda, etc., Hassae, ex t^p. S. Petri, 1875, pp. S16-317.
L'Accademico Segretario
Ettobe Stampini
zed.yGOOg[e
CLASSE
SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI
Adunanza del 9 Maggio 19S0
PRESIDENZA DEL SOOIO PKOP. OOHU. AHDREA NACCARI
PREaiDENTE DELL'aCCADEHIA
Sono presenti i Soci Sesbe, Peano, Guidi, Mattirolo,
Osassi, Sohioliana, Panetti, Sacco, Majorana, Hbrlitzka,
Rosa, Pochettino e Parona Segretario.
Si legge e si approva l'atto verbale della precedente
adunanza.
Il Socio GniDi fa omaggio della 2* edizione del volarne
Eiercixi - Lezioni sulla scienza delle costruzioni, ed il Socio
Mattirolo delle sue tre Note: Pasquale Baecarini; Due "Av-
ventizie „ ntfove per la Flora italiana; TartuficuUura e rimbo-
schimento. Il Presidente ringrazia a nome della Classe.
Il Socio SoHiaLiAMA riferisce quanto segue sul viaggio
in Cirenaica, organizzato dal Touring Club:
' Nel gennaio di guest' anno la Direzione del Touring Club
italiano inviava alla nostra Accademia l'invito a partecipare ad
un'escursione in Cirenaica, organizzata da quel benemerito So-
dalizio, per desiderio del Governatore della Colonia S. E. il Se-
natore De-Martino. Scopo dell'escursione quello cbe persone
competenti nell'agricoltura, nell'industria, nei commerci, nelle
quistioni coloniali o provette negli studi geografici ed archeo-
D,!„t,zed.yGOOg[e
550
logici, traessero dalla visione diretta dei luoghi ud giusto ap-
prezzamento delle sue risoree attuali, delle sue promesse, del
suo sicuro avvenire.
* Avendo partecipato all'escursione, che si svolse con per-
fetta organizzazione dal 12 al 28 aprile scorso b colla partecipa-
zione di ben 250 persone, credo conveniente riferirne brevemente.
* L'itinerario percorso in Cirenaica fu da Bengasi alla ver-
deggiante conca di Merg, da Merg alla classica Cirene, da Cirene
,a Derna, con auto-carri militari forniti dal governo della Colonia.
Da Merg e da Cirene si discese rispettivamente a Tolmetta ed
a Marsa Susa, le antiche Tolemaide ed Apollonia, per visitare
le rovine di quelle famose colonie.
' Persone specialmente competenti del Governatorato ten-
nero numerose conferenze sulle condizioni agricole attuali ed i
tentativi, ora appena iniziati, di colonizzazione, sulle condizioni
politiche in riguardo ai rapporti colla popolazione araba, sugli
scavi archeologici avviati con una certa larghezza, particolar-
mente a Cirene ed a Marsa Susa.
" 11 risultato più importante raggiunto dal Governatorato,
da quando ò retto dall'illuminato criterio del Sen. De-Martino,
è la pacificazione della colonia. La popolazione araba, enorme-
mente ridotta di numero durante la guerra per la carestia e la
peste, vede ora negli italiani dei fratelli che l'hanno aiutata e
protetta in quel terribile periodo, che rispettano il movimento
culturale e religioso del paese imperniato nella Senussia, che
si apprestano a dar loro diritto di cittadinanza ed autonomia.
£ sentimenti di fratellanza, dì simpatia e desiderio di collabo- -
razione nel lavoro di incivilimento furono ripetutamente espressi
anche a noi dall'elemento arabo più colto. Un fatto caratteri-
stico è che un fì*atello del Gran Senusso, Sidi Redha, venne
appositamente a Bengasi incontro a noi dalla sua lontana resi-
denza di Sedabia.
' n paesaggio da noi' attraversato è dei piìi interessanti.
Scarsa è dappertutto la coltivazione e fatta con metodi primi-
tivi, come in qualunque paese arabo. Ms estesissimi pascoli na-
turali si presentano appena da Bengasi si sale sull'altipiano e
raggiungono uno sviluppo veramente meraviglioso nell'ampia
conca verdeggiante di Merg, ove anche la coltivazione dell'orzo
è notevolmente intensa. Fra Uerg e Cirene si ammirano larghe
zed.yGOOgle
351
zone di terreno accidentato, che si elevano fino a quasi 900 metri
sol mare, con boschi fitti dì piante di alto fusto, in gran parte
ginepri. Fra Cirene e Derna si attraversano regioni in cui invece
la vegetazione scarseggia, e domina un carattere predesertico,
ma avvicinandosi a Derna ritornano pascoli e boschi, e compare
numeroso l'ulivo selvatico, che, al dire dei competenti, pnò essere
facilmente trasformato in ulivo gentile, e ridotto attamente red-
ditizio.
* Derna è costrutta su una magnifica oasi tutta a palme,
banane, viti e alberi fruttiferi di ogni genere, alimentata da
un uadi che sgorga dalla scogliera a circa sette chilometri
dalla città, con una notevole portata di alcune centinaia di litri
al secondo. Più che Bengasi Derna ha aspetto pulito e civile
e può diventare una magnifica residenza invernale.
* In complesso è da tutti ì competenti ammesso che una
intensificazione ed estensione dell'agricoltura, ora allo stato quasi
embrionale, sia certamente possibile. Naturalmente occorreranno
non brevi tentativi e studi, trattandosi di regione il cui regime
idrico e meteorologico è così diverso dai nostri. A questo scopo
la escursione del Touring ha già dato un risultato colla costi-
tuzione di un Sindacato che si propone di fornire i mezzi per
lo studio di un piano generale di sfruttamento agricolo, allar-
gando i lavori già lodevolmente iniziati dal Governo in qualche
punto del territorio coll'impianto di campi sperimentali.
' Dobbiamo augurarci che altre spedizioni simile a questa,
organizzata dal Touring Club con tanto sentimento d'italianità
e di patriottismo, facciano conoscere agli italiani colti le nostre
colonie ,.
Il Presidente ringrazia il Socio ìiSohigliana dell'interessante
comunicazione e si compiace dei risultati del viaggio.
L'Accademico Bestiario
Cablo Fabrizio Paeona
D,!„t,zed.yGOOg[e
CLASSE
SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE
Adunanza del 16 Saggio 19S0
PBBSIDENZA DEL SOCIO SENATORE FBAMOESOO BDFFINI
VICEPBESI DENTE DELL' AOOAOBHIA
Sono presenti i Soci Pizzi, De Sanctib, Einaudi, Baudi
DI Vesmb, Patetta, PAccmom, Faggi, Luzio, Mosca, e Stampini
Segretario della Classe.
È scusata l' assenza dei Soci Bbondi, Pbato, Clan e
Talhagqi.
Si legge e si approva l'atto verbale dell'adunanza del
giorno 2 maggio corrente.
L'Accademico Segretario dà lettura di una lettera del
Sottosegretario di Stato per gli affari esteri, il quale notifica
che ha sottoposto al Ministero della Pubblica Istruzione, ' poiché
la cosa rientra nella speciale competenza , di esso, la pratica
relativa alla partecipazione della nostra Accademia alla Unione
Accademica internazionale, il cui convegno in Bruxelles è fis-
sato pel giorno 26 corr. La Classe, dopo breve discussione,
delibera che sia inviato d'urgenza un telegramma al Ministero
della Istruzione, perchè voglia far conoscere: l" se abbia prov-
veduto allo invio della adesione ufficiale del Regno d'Italia alla
Unione Accademica internazionale predetta, e fatto il versa-
D,!„t,zed.yGOOg[e
553
mento prescritto della Bua quota dì lire duemila; 2° se abbia
accolte favorevolmente le proposte fatte dalla Accademia dei
LÌDcei e dalla nostra circa la rappresentanza italiana a quel
convegno; 3° se sìa disposto a fare al nostro delegato prof.
Gaetano De Sanctis lo stesso trattamento che sia eventualmente
usato al Senatore Lanciani rappresentante dell'Accademia dei
Lincei.
L'Accademico Segretario
Ettobe Stampini
D,!„t,zed.yGOOg[e
CLASSE
SCIKNZB FISICHK, MATEMATICHE E NATURALI
Adunanza del 23 Haggio 1980
PREamSNZA DEL SOCIO PROF. OOHH. AHDREA KACCABI
PBBSIDENTE DELL'aCCADEHIA
Sono presenti ì Soci D'Ovidio, Seore, Foà, Gdidi, Grassi,
Sohioliana, Panetti, Ponzio, Sacoo, Majorana, Rosa, Herlitzka
e Parona Segretsiio,
Si legge e si approva l'atto verbale della precedente
adunanza.
n Socio Sacco fa omaggio della sua Nota La ylaciation
dans les vailons de Saint-BartkéUmy et de Torgnon riassumen-
dola, n Presidente ringrazia.
Il Segretario presenta il II Tomo delle (Euvres complètes
de Thomas Jan StieUjes pubblicate dalla Società matematica dì
Amsterdam, spedito in gradito dono all'Accademia.
11 Socio Panetti presenta per la pubblicazione negli Atti
una sua Nota Per una precisa definizione del metacentro longitu-
dinale di u» aeroplano.
zed.yGOOgle
MODESTO PANETTI — PBK DNA PBECISA DEFINIZIONE, ECC. 555
. LETTURE
Per ani preeisa definizione dei metacentro iongitadiniie
di nn aeroplano
Nota del Socio ntuioDale residente MODESTO PANETTI
1. — È noto che le caratteristiche dei volo rettilineo dì
un aeroplano dipeodono dal suo centraggio, ossia dalla posizione
del baricentro (? a cui è applicato il peso Q, rispetto all'asse
dell'elica propellente secondo il quale opera la propulsione P
ed al centro aerodinamico C dell'appareccbio, intorno al quale
rota la risultante R delle reazioni dell'aria mentre l'aereo compie
rotazioni infinitesime intomo all'asse baricentrico trasversale
(moti di beccheggio).
Per un dato angolo di barra del timone di altezza, al quale
corrisponde un dato regime di volo orizzontale e quindi un valore
costante di P, la reazione R si modifica con l'assetto longitu*
dinaie dell'aereo, ossia con l'angolo di elevazione a formato dal-
l'asse di costruzione dell'aeroplano con la velocità del suo bari-
centro, positivo se questa è al di sotto di detto asse.
2. — Le variazioni di R si rappresentano immaginando di
tener fermo l'aeroplano e di modificare la orientazione della
corrente d'aria che lo investe, in modo da riprodurre tutti i
valori dell'angolo a che possono interessare, tracciando nel piano
di simmetria dell'apparecchio la schiera delle rette di azione
della B, ovvero il suo inviluppo i, nonché per un pnnto 0 il
fascio dei segmenti equipollenti ai singoli valori di B, ovvero
il luogo p degli estremi di tali segmenti, a cui si dà il nome
di polare relativa all'apparecchio.
D,!„t,zed.yGOOg[e
556 MODESTO PANETTI
Naturalmente si dovrebbero conoscere tanti inviluppi e tante
polari quanti sono gli angoli di barra del timone di altezza che
8Ì considerano, ossia quanti sono i regimi di volo orizzontale
che si prendono in esame.
3. — Durante un qualsiasi regime le forze P Q ed R de-
vono farsi equilibrio, quindi le loro rette d'azione devono con-
correre in un unico punto H che è l'intersezione della pro-
pulsione P col peso Q. In conseguenza la R deve eeaere la
tangente per H all'inviluppo corrispondente al regime consi-
derato.
Il punto di tangenza è precisamente il centro aerodina-
mico C di cui abbiamo parlato: in vero, variando di pochissimo
l'angolo di elevazione a, la R ai dispone secondo una tangente
vicinissima, la cui intersezione con la posizione iniziale tende
a C quando a tende a zero.
Inoltre, sempre per il fatto dell'equilibrio, le forze P Q
ed R devono essere equipollenti ai lati di un triangolo, che si
vede costruito in OBA, essendo B il punto della polare corri-
spondente al regime considerato.
È importante che, nel caso in cui la propulsione manchi o
si riduca sensibilmente, l'apparecchio si disponga spontanea-
D,!„t,zed.yGOOg[e
PER DNA PRECISA DEFINIZIONE DEL METACENTRO, ECC. 557
mento al volo librato in discesa. Bisogna i>er questo che la B
abbia rispetto al baricentro momento di senso tale da abbassare
la prora e qnindi la P abbia momento raddrizzante, ossia l'asse
del propulsore stia al di sotto del baricentro; quantunque, per con-
siderazioni estranee alla trattazione presente, convenga che la
distanza trh G e P sia molto piccola.
4. — D'altra parte, se consideriamo la stabilità longitudi'
naie di forma, ossia quella che interessa il semplice fenomeno
statico, quando cioè si astrae dai momenti resistenti che smor-
zano le oscillazioni di beccheggio, le variazioni t>R della reazione
aerodinamica dovrebbero avere rispetto al baricentro G momenti
di segno opposto alle rotazioni che le hanno provocate.
Ora le bR per piccolissime rotazioni dell'aereo intomo alla
posizione di equilibrio sono parallele alla tangente t alla polare
nel punto B. Inoltre sono rivolte verso l'alto se le rotazioni che
le provocano aumentano l'angolo di elevazione. Condotta quindi
per C parallelamente a t la t che è retta di azione della bB,
si riconosce subito che il baricentro G dovrebbe rimaner» al
di sotto delta t. Viene cosi a limitarsi nel piano di simmetrìa
dell'apparecchio una regione, definita per ciascun regime, com-
presa fra le rette P B e t, alla quale è circoscritta la scelta
del baricentro G, dato che sì esìga dall'aeroplano la stabilità
di forma.
D'altra parte per un dato regime è pure determinata ri-
spetto all'aereo l'orientazione della verticale, e quindi la scelta
del baricentro è limitata al segmento verticale HM compreso
{ra la propulsione P in basso e la retta secondo la quale av-
vengono le variazioni della B in sito. Accostandosi alla prima
si ha unajnaggiore stabilità al beccheggio; accostandosi alla
seconda sì accentuerà nell'aereo la capacità ad iniziare spon-
taneamente il voto librato in discesa.
Se il centro aerodinamico cadesse sull'asse della propul-
sione, il segmento HM si ridurrebbe ad un punto col quale
quindi, volendo evitare la instabilità di forma, dovrebbe coin-
cidere il b*ricentro. Si ha in tal caso l'apparecchio a centri
riuniti.
6. — Portato l'apparecchio in posizione diversa da quella
di regime con una rotazione piccolissima ba, consideriamo le
Atti deUa K. Aeeadtmia — Voi. LY. 38
D,!„t,zed.yGOOg[e
558 MOItESTO PANETTI
9ote azioni che opererebbero bu di esso se, fermo in tale orien-
tazione, procedesse con la medesima velocità in volo orizzontale.
Risulta subito che la reazione aerodinamica B' da sostituirsi
alla B, la propulsione P' necessaria a mantenere la stessa ve-
^ locità col nuovo orientamento e la ^ ruotata dell'angolo ba
rispetto all'aereo non possono più farsi equilibrio.
In particolare, ammesso che la variazione di P sia trascu-
rabile rispetto 8 quella di B, bisognerebbe sostituire a Q la
forza B'A sensibilmente diversa per chiudere il triangolo dolle
forze. Così pure il peso passante tuttora per 0, inclinato di ba
rispetto a Q, non passerà per la nuova intersezione H' della P
con la B".
n momento totale SU delle forze considerate rispetto al
baricentro, che sappiamo essere raddrizzante se (7 è al di sotto
di M, misura la stabilità di forma dell'aereo.
Uniformandoci quindi al concetto tradizionale della mec-
canica, possiamo definire altezza metacentrica longitudinale il
valore lìmite del rapporto
quando ba tende a zero.
6. — Per calcolarlo ci occorre stabilire la nuova orienta-
zione del peso Q in accordo con quella data arbitrariamente
alla B. Avvertiamo perciò che quando l'aereo passa nel moto di
beccheggio per l'assetto considerato, il suo baricentro non per-
corre più una orizzontale ma una curva serpeggiante intorno ad
essa con accelerazione a, quindi due nuove forze vengono a
sommarsi a quelle già considerate.
Esse sono: le forze d'inerzia degli elementi di massa del-
l'aereo e le resistenze aerodinamiche derivate dovute al moto
perturbato.
Le somme geometriche delle une e delle altre sono due
azioni baricentriche:
-»-a e D.
9
iposte con Q nell'orientamento momentaneo del-
nno una risultante Q', ohe deve permettere di
riangolo di equilibrio OAB'. Dunque Q' è rappre-
lato B'A.
D,!„t,zed.yGOOg[e
PBR UNA. PRECISI DEFINIZIONE DEL METACENTKO, BCC. 559
D'altra parte, potciiidosi ritenere che la proiezione orizzontale
del moto sia anifornic durante un beccheggio di piccolissima
ampiezza, l'accelerazione a e la somma geometrica delle reazioni
aerodinamiche derivate tendono ad assumere direzione verticale,
quindi S'A nette condizioni limiti è anche la direzione dì Q ri-
spetto all'aereo girato dell'angolo ba.
7. — Se finalmente confrontiamo i due quadrangoli com-
pleti OABB', HH'CM nei quali i 5 lati già tracciati del
secondo sono rispettivamente paralleli ai 5 corrispondenti del
primo, ne deduciamo che Q' è parallelo ad MH', mentre la
sua retta d'azione deve passare per G.
Uà Q' trasportato in H' sarebbe con Bf e con P in equi-
librio; dunque la risaltante di queste due forze passa per M
ed ha rispetto al baricentro G momento uguale a
9'.A/ff.sen(ba).
Dal confronto di questa con l'espressione dell'altezza metacen-
trica h data nel n" 5 siamo autorizzati a concludere che effet-
tivamente M ai deve considerare come il metacentro longitudinale
dell'aereo corrispondente alla posizione del timone predisposta
al regime considerato di volo, essendo il peso Q a cui nel fe-
nomeno statico si ascrive il momento raddrizzante, sostituito
dalla forza Q', che in sé include le somme geometriche delle
azioni dinamiche di massa e delle reazioni derivate dell'aria da
aggiungecai nello studio del moto relativo al baricentro.
Le piccolissime oscillazioni di beccheggio avvengono dunque
come se l'aereo fosse fissato ad un asse trasversale la cui traccia
è nella intersezione della verticale baricentrica con la parallela t
pel centro aerodinamico alla direzione della polare p nel punto B
che corrisponde al regime considerato.
II metacentro ed il centro aerodinamico sono due plinti di
regola ben distinti che importa non confondere.
L'Accademico Segretario
Carlo Fabrizio Paroka
D,!„t,zed.yGOOg[e
CLASSE
-SCIENZE MORALI. STORICHE E FILOLOGICHE
Adunanza del 30 Kaggìo 1930
PRESIDEKZA DEL SOCIO BEHATOBE FBAMCESCO BCFFTNI
VICEPRESIDENTE DELL'aCCAJ>E1IIA
Sono presenti i Soci Bbondi, Baudi di Veshe, Clan, Fagot,
Luzio, e STAHPtHi Segretario della Classe.
Scusano la loro assenza i Soci De Sanctis, Patetta, Vidabi,
Pacchioni e Mosca.
Si legge e si approva l'atto verbale dell'adunanza pre-
cedente del giorno 16 corr.
L'Accademico Segretario dà lettura di un telegramma di
S. E. il Ministro Torre, nel quale, rispondendo al telegramma
urgente deliberato dalla Classe nella precedente adunanza, co-
munica che, mentre il Ministero degli Esteri prowederà all'invio
dell'adesione ufficiale dell'Italia al convegno dell'Unione Acca-
demica internazionale in Bruxelles, alla quale già fu versata la
quota prescritta, accetta la proposta che l'Italia sia rappresen-
tata dal Socio De Sanotis della nostra Accademia e dal Senatore
Lanciani dell'Accademia dei Lincei, provvedendo per il rimborso
delle spese di viaggio. Per effetto di questo telegramma il Socio
De Samotis partì subito per Bruxelles a compiervi il mandato
ricevuto.
D,!„t,zed.yGOOg[e
501
L'Accademico Segretario preeesta alla Classe il Manuale
di diritto costUugionale ìn due volumi, pubblicato daH'On. Pietro
CHiKiEtm (Roma, Atbenaeum, 1918 e 1920), e dall'aatore in-
viato in omaggio all'Accademia. Il Vicepresidente HuFFim espone
un breve giudizio su quest'opera, cbe eg!i considera come un
lodevole sforzo per sistemare la materia del diritto costituzio-
nale con nuovi criteri, tenendo conto di quegli elementi storici
e politici che erano stati troppo trascurati per tener dietro sola-
mente agli elementi dogmatici. La Classe ringrazia t'On. Chihienti.
11 Socio Bromdi presenta alla Classe, in nome dell'autore
nostro Socio corrispondente, il volume secondo dei B^ncipii di
diritto amministrativo di Oreste Ranelletti (Napoli, 1915), po-
nendone in rilievo i grandissimi pregi co^ delia sostanza come
della forma. La Glasse ringrazia.
Dall'Accademico Segretario sono anche presentate le se-
guenti pubblicazioni mandate in dono all'Accifdemia dai relativi
Editori: P. Vergili Sfaronis Aeneidoa libri X, XI, XII di Remigio
Sabbadiki, A: Persii Flaeei Satirarum liber di Felice Rahoriko,
e M. Talli Ciceronis Laelius De Amidtia liber di Ignazio Bassi,
che fanno parte, coi num. 25, 26 e 27, del Corpus scriptorum
latinorum Paravianum ; e Le satire di A. Persio Fiacco illustrate
con note italiane da Felice Rahoriko (Seconda edizione rifatta.
Torino, Qiovanni Chiantore, 1920). La Classe ringrazia gli
Editori.
In fine il Socio Ciak offte in omaggio alla Classe ta sua
pubblicazione Un problema urgente (Estratto dalla Nuova Anto-
logia, 16 Aprile 1920). La Classe ringrazia.
L'Accademieo Segretario
ErroBi Stahfimi
D,!„t,zed.yGOOg[e
,Google
ATTI
REALE ACCADEMIA DELLB SCIENZE
r>I TORINO
PtlBBUOATI
DAGLI AKADEHCI SEGR^RI DEUE DUE CUSSI
Voi. LV, Di». I5-. 1919-1920
XOBDJO
Libreria FRATELLI BOOOA
TU OhIo Albwto, e.
1920
DiBumd, Google
„d, Google
CLASSE
SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI
Adunanza del 18 Giugno 1930
PBE9IDEKZA DEL SOCIO PROF. COHU. ANDREA NACCARI
PREaiDBSTE dell'accademia
Sono presentì il Direttore della Classe Seore, ed ì Soci
Peano, Qmoi, Mattieolo, Grassi, Panetti, Sacco, Majorana,
BosA e Parona Segretario.
È scasata l'assenza dei Soci Saltadori e D'Ovidio.
Si legge e si approva l' atto verbale della precedente
adunanza.
Il Presidente annuncia la morte del Socio nazionale A. Righi,
e con commosse parole esprime il dolore suo e dei colleglli per
l'improvvisa scomparsa dell'uomo eminente e di co3\ alto valore
acientifico. Rammenta che l'Accademia gli conferì il premio Val-
lauri, che fu nominato Socio corrispondente nel 1884 e Socio
nazionale non residente nel 1915. Dà notizia dei telegrammi di
condoglianza inviati alla famiglia ed all'Università di Bologna,
fl aggiunge che l'Accademia fu rappresentata ai funerali dal
Rettore dell'Università stessa, in assenza del nostro Socio
Prof. PiNCHBRLE che ne era stato incaricato. Invita poi il Socio
Majorana ad assumerai l'incarico di commemorare l'illustre
Estinto, ed il collega di buon grado acconsente.
Atti della R. Accademia — Voi. LV. 39
D,!„t,zed.yGOOg[e
564
Gomuaica che è gÌDoto U decreto reale dì confenns alla
oonuna a Direttore della Gasae del Socio Sbors. Il nnovo Di-
rettore rinnoTa i ringraziamenti per l'onore conferitogli.
Il Socio Grassi ofiFre in omaggio il secondo volnme del ano
Corao di EleUroteenica (4* ediz.); il Sodo Sacco la sua Kota
Le pidtazioni d^Ia crosto terrerire ; ed il Segretario il secondo
fascicolo del Trattato di Anaiamia Bxttdogica a nome del Socio
Fol, che ne cura la pnbblicazione. Il Presidente ringrazis a
nome della Classe.
II Direttore Sbobe rileva, fra i libri giunti in dono, l'opera
del 8Ìg. SuRBNDRAiiosAK Oahouli di Calcstta, Leetures on the
theory of piane eurves.
n Socio Obabsi presenta, per la stampa negli MU, ona
Nota del Socio corrispondente L. Lokbabdi, Sopra un metodo
eemj^iee per rilevare le curve di variazione ddU grandezze alter-
ncUive e le loro armoniche eucceesive.
D,!„t,zed.yGOOg[e
Lmai LOMBARDI — SOPBA UN METODO SBMPUCB, ECC.
LETTURE
Sopri en metodo semplìee
per rìleTire le Gitf?e di Tariazione delle grandezze eltenutive
e le loro armoniche seecessWe
Nota del Socio oonispondente LUIGI LOMBARDI
La conoscenza esatta delle leggi di variazione delle gran-
dezze alternative assume una notevole importanza nella tratta-
zione di molti problemi di elettrotecnica, onde si giustifica la
ricerca dei mezzi piii semplici per rilevarne sperimentalmente le
curve di rappreeentazione, e per decomporle nell'onda fonda-
mentale e nelle armoniche successive. I metodi aU'nopo impie-
gati sono numerosi, e per ta maggior parte ben noti (I), eì che
non occorre in questa sede farne particolareggiata enumerazione.
Quello più antico, che ha servito di base per molti altri,
fa suggerito da Joubert, 0 quale si valse di un organo di con-
tatto rotante per stabilire una comunicazione metallica dì
brevissima durata fra due parti del circuito a un determinato
istante del periodo, variandone la fase mediante lo spoetamento
angolare della molla o della spazzola, destinata a ricevere il
contatto. Nella forma più comune si utilizza questo contatto
per caricare un condensatore alla differenza istantanea di po-
tenziale, che intercede al momento voluto fra due punti del
circuito, e si scarica poi il condensatore medesimo attraverso
un galvanometro balistico, mediante la trasposizione di un reoforo
estemo. È possibile però di ottenere dallo stesso organo di con*
tatto rotante la carica del condensatore in una prima posi-
zione, e snccessivamente la scarica dì esso attraverso al galva-
(1) OsLifH, Àufnahmt und Anali/tr von Weekttlslroinkartm.
D,B,t,zed.yGOOg[e
566 LUiai LOMBARDI
nometro medi&nte l'aggiunta di una seconda spazzola fissa, ed
in questa forma l'apparecchio, trasformato in un vero commu-
tatore rotante, è anche di ubo frequente per la misura di pic-
cole capacità col metodo di Fleming. Il prof. Ilevessi (1) na
propose l'impiego per rilevare le curve di variazione della f. e. m.
degli alternatori, utilizzando a muovere l'organo di contatto un
motore asincrono di piccolo acorrimento, il quale, variando per
gradi la fase del contatto, permette di seguire al galvanometro
la deviazione di scarica, proporzionale alle singole ordinate
della curva di tensione, in un intervallo di tempo corrispon-
dente al periodo differenziale di battimento, si da poter appli-
care al rilievo un metodo comune di registrazione.
Una prima semplificazione di questo metodo ai può otte-
nere, sostituendo al commutatore a due contatti successivi un
semplice interruttore rotante, che stabilisce la comunicazione
istantanea della 2' armatura del condensatore con uno dei punti,
tra cui si desidera di rilevare la curva di tensione, mentre l'altro
punto è in comunicazione permanente con la 1' armatura. Fra
le due armature si può mantenere in permanenza derivato il
galvanometro con una adeguata resistenza zavorra, atta a limi-
tare la corrente istantanea direttamente assorbita dallo stru-
mento, laddove quella media di scarica si sviluppa in tutto
l'intervallo fra i contatti successivi, e può fornire all'equipaggio,
convenientemente smorzato, una deviazione stabile.
Ridotta a questa semplicità la funzione dell'apparecchio,
non è più necessario di renderne le parti permanentemente
solidali con la macchina generatrice, ovvero con apposito mo-
tore sincrono o asincrono, come era solito per i primitivi appa-
recchi di Joub^t, potendosi dare al sistema la forma dì un disco
girevole attorno ad un asse, munito di impugnatura, come un
ordinario contagiri, da adattarsi all'albero della macchina me-
diante un innesto metallico a punta triedrica, ovvero mediante
un bottone elastico di frizione. Se l'applicazione è fatta a un
motore asincrono, col metodo Revessi, basta prolungare l'innesto
per tutto l'intervallo di un periodo dì battimento; se a un mo-
tore sincrono, ovvero al generatore, in ogni posizione dell'im-
U] Ani Mf Associai. EUttrot. Hai, 1909, p. 211.
D,!„t,zed.yGOOgle
SOPRA UN URTODO SBMPLECB PER RILEVARE LE CDICVB, ECC. 567
pugnatura, cui è solidale la spazzola, e che si può leggere me-
diante un indice fisso alla ossatura della macchina, di fronte a
cui si aposta una scala circolare solidale alla impugnatura, o
vicerersa, si rileva mediante una deviazione stabile del galva-
nometro una delle ordinate della curva. Nel 1° caso, per rile-
vare curve molto accidentate, occorre un galvanometro di' equi-
paggio cosi leggero, da poter seguire proporzionalmente tutte
le oscillazioni armoniche, impresse durante il periodo di batti-
mento; nel 2" caso l'inerzia dell'equipaggio non presenta alcun
inconveniente, anzi serve a render più .stabili le deviazioni; in
entrambi i casi però è necessario limitare la durata dei contatti
di carica a segno, da renderla trascurabile di fronte all'inter-
vallo clie corrisponde, in base alla velocità periferica del disco,
allo sviluppo dell'onda fondamentale e di una qualunque delle
armoniche da rilevare.
Se un interruttore sincrono così fatto si applica, per il ri-
lievo della curva della f. e. m. o di altra grandezza correlativa,
ad un alternatore multipolare, si può accrescere la sensibilità
del metodo, ossia il numero delle cariche istantanee del con-
densatore, e quindi la deviazione del galvanometro, aumentando
il numero dei contatti per ogni giro in proporzione del numero
delle coppie polari, con che essi risultino fra loro a eguale di-
stanza, in modo da ripetersi per fasi coincidenti, uno in ogni
perìodo. Ove il numero dei contatti si aumentasse ulteriormente,
in modo che questi si ripetessero a eguali intervalli due o piìi
volte entro ogni periodo, la somma delle cariche conferite al
condensatore in un numero intero di periodi risulterebbe alge-
bricamente nulla, e nulla del pari la deviazione del galvano-
metro, semprechè ei trattasse di una differenza di potenzÌRle
variabile con legge sinusoidale. E di qui è scaturita l'idea di
applicare il metodo stesso per il rilievo separato della curva
rìsultante e delle sue armoniche di ordine superiore.
Basta, infatti, per questo impiegare un interruttore, il
quale riproduca i contatti istantanei tante volte in ogni giro,
quanto è il numero dei perìodi dell'armonica che si vuol rile-
vare, purché il numero d'ordine di questa non abbia alcun
fattore comune col numero di coppie polari, ossia di periodi
dell'onda fondamentale in ogni giro. Così per rilevare separa-
tamente l'armonica 3» 5' 7* 11" 13"... della f. e. m. o della
>y Google
568 LOiai LOUBARDI
tensione, prodotta da un alternatore, che abbia 1, 2, 4, 8, 16 coppie
polari, basterà che l'interrattore ripeta i contatti a ogni giro 3,
5, 7, 11, 13 volte, laddove per una macchina a 3 o 5 coppie
polari il rilievo separato della 3* e 5* armonica richiederebbe
un numero di contatti 3X3, 5 X &i ecc.
Per adattare a questi differenti rilievi uno stesso interrut-
tore sincrono, non è indispensabile di ricambiare ogni volta il
disco destinato a stabilire i contatti, ma bensì è possìbile di
munire il medesimo disco di un numero di segmenti, cbe abbia
per divisori i numeri di contatti desiderati, rendendo solidali fra
loro quelli equidistanti, il cui numero corrisponde al numero dei
contatti medesimi. Così con un disco di ebanite, portante alla
periferia 3X^X7 = 105 segmenti metallici della larghezza
periferica di 1 a 2 mm., i qgali coi rispettivi segmenti ìsolanti
di analogo spessore possono occupare in complesso uno spazio
di circa 20 a 40 cm. e pertanto richiedono un diametro di 7
a 14 cm. non eccessivamente ingombrante, si possono ese-
guire i rilievi delle prime armoniche indicate, che per molti
casi della pratica sono sufficienti. Con un numero di segmenti
maggiore d'altronde, anche se esso non contiene come divisore
il numero esatto che si vorrebbe attuare, l'errore che si com-
mette collegando fra loro i segmenti, che meno si allontanano
dalle posizioni equidistanti prestabilite, può essere abbastanza
tenue, da potersi in molti casi tollerare in una ricerea appros-
simativa.
Per rendere solidali fra di loro i segmenti, posti alle di-
stanze indicate, bastano altrettante radere o stelle di metallo,
mantenute su la faccia lìbera del disco che si volge alla mac-
china mediante una vite di pressione. La Gasa Hartmann & Brano
costruiva piccoli interruttori di questo genere a 24 segmenti
metallici isolati, dei quali si possono, mediante apposite stelle
d'ottone stampato, rendere solidali con l'asse metallico 12, 8,
6, 4, 3, 2 per realizzare in ogni giro altrettante interruzioni di
una debole corrente, fornita da una pila o sorgente qualsiasi
ad uno dei soliti frequenziometri a linguetta, i quali io tal
modo si possono utilizzare come misuratori dì velocità per
macchine qualunque. Kella impugnatura è perciò allogato un
contatto strisciante, al quale fa capo mediante an cordone
fieesibile uno dei reofori della pila, mentre l'altro fa capo alla
D,!„t,zed.yGOOg[e
SOPRA Oìf METODO SKXPUCB PER RILEVARE LE CORTE, ECC. &69
spazzola appoggiatn 3u la periferia del disco, e destinata a ri-
cevere ti contatto dei segmenti.
Mediante questo apparecchio semplicissimo, di cai la pre-
detta Società dichiara di avere abbandonato la costruzione,
per la richiesta eccessivamente limitata, ho potuto eseguire
con molta fedeltà, e in iwchì minuti, il rilievo di curve molto
capricciose di tensione sopra un gruppo di due alternatori,
accodati sul medesimo asse, uno dei quali a 4 poli fornisce
l'onda fondamentale, di forma prossima alla sinusoide, e l'altro
a 12 poli, eccitato separatamente, fornisce la 3* armonica di
ampiezza e fase variabile, essendo lo statore sostenuto da un
collare girevole mediante un comando a dentiera e vite senza
fine. La curva della tensione risultante veniva rilevata munendo
l'apparecchio della stella a 2 punte diametralmente opposte, e
la 3* armonica separata mediante la stella a 3 o quella a 6 punte,
con che le ordinate rispettive risultavano in relazione alle prime
moltiplicate per il rapporto 3/2 e 6/2. La capacità impiegata
era di alcuni microfarad; la resistenza in serie col galvanometro,
derivata fra le armature, di alcune decine di migliaia di ohm.
Con l'apparecchio in esame non era possibile rilevare altre ar-
moniche, ma è allo studio la costruzione di un modello piìi
grande, con l'aiuto del quale anche la 5* e !*■ armonica potranno
rilevarsi con la stessa facilità (1).
Con tale modalità è da presumere che l'apparecchio possa
trovare praticamente una larga applicazione nelle ricerche di
carattere industriale, per le quali non è sempre a disposizione
an oscillografo, od altro complesso dì apparecchi da laboratorio.
Napoli, Istituto Elettrotecnico del R. Politecnico,
IO giugno 1920.
(1) L'OfBcina Qalileo dì Firenze ha cortesemente assunto la costruzione
^dTqaeato apparecchio. ,
L'Accademico Segretario
Carlo Fabrizio Pabona
D,!„t,zed.yGOOg[e
CLASSI UNITE
Adunanza del 20 Qingno 1930
PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. COHH. ANDREA KACCARI
PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA
Sono presenti
della Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturati
i Soci D'Ovidio, Foà, Guidi, Pabona, Mattiholo, Grassi,
SoMiouAKA, Panetti, Sacco, Rosa, Herlitzka;
e della Classe di 'Scienze morali, storiche e filologiche
i Soci Rdffini, Vicepresidente dell'Accademia, Pizzi, De Sahctis,
Baudi di Veshe, Schiafarelli, Patetta, Yidari, Gian, Talmaooi,
Faooi, Luzto, e Stampini Segretario della Classe, che funge da
Segretario delle Classi unite.
È scusata l'assenza dei Soci Segre,. Direttore della Classe
di Scienze fisiche, matematiche e naturali, Saltadori, Einaudi
e Prato.
Si legge e si approva l'atto verbale dell'adunanza delle
Classi unite del giorno 22 febbraio u. s.
Il Socio Fok legge il suo discorso commemorativo del de-
funto Socio nazionale residente Romeo Fusaei. Segue il Socio
CuN che legge la commemorazione del Socio nazionale residente
Rodolfo Rrnier e del Socio corrispondente Francesco Novati.
Il Presidente ringrazia gli oratori, applauditi dall'Accademia e
dal pubblico.
D,!„t,zed.yGOOg[e
- IN HKUORIA DI BOUBO FDSARI
IN MEMORIA
ROMEO p-USARI
Discono commemorativo Ietto dal Socio nai. resid. FIO FOÀ.
Il 29 di marzo 1919 ai spegneva a 62 anni Romeo Fusabi,
Professore ordinario di Anatomia umana nella B. Università dì
Torino. Alla propria fine, stoicamente attesa, ai era venuto pre-
parando da varti mesi, durante i quali invadeva ineaorabilmente
il euo corpo un male irreparabile. £gli era nato nel 1857 a
Gaatiglione d'Adda, dove appena terminati gli studi ginnasiali
si trovò di fronte alla necessità di guadagnarsi il pane, atten*
dendo ad umili impieghi, ma il modesto oscuro eroe non perdeva
di vista l'intento di guadagnarai con lo studio l'avviamento verso
una carriera liberale. Riuscì ad ottenere il passaggio dalla 2*
alla 3* claaae del Liceo, ed ebbe l'iacrizione alla Scuola di Far-
macia di Pavia, da cui passò in seguito a quella Facoltà di
Medicina, nella quale conaegui la laurea l'anno 1885. Però, fin
dall'anno 1884 egli ottenne' la carica di aiuto alla Cattedra di
Istologia dell'Università Pavese, ove rimase sino al 1886. Vinse
poi un posto di perfezionamento che lo condusse a Messina come
allievo nel Laboratorio di Embriologia del Prof. Kleinenberg
e di là passò al posto di 1° Settore nell'Istituto di Anatomia
normale a Messina. Fu libero docente per titoli ed incaricato
dell'insegnamento ufficiale dell'Istologia dal 1888 al 1890. Indi
fu, fino al 1895, Straordinario di Anatomia umana a Ferrara e
poi Straordinario di Anatomia microscopica a Bologna nel 1895-96.
Fu, in seguito a concorso, Straordinario e poi Ordinario di Ana-
tomia umana a Modena net 1897 e 1898, nel quale anno ebbe
D,!„t,zed.yGOOg[e
572 no FOl
l'onore di succedere alla Cattedra di Anatomia umana lasciata
vacante a Torino dal compianto Prof. Giacomtnj. Superate le
prime difficoltà, accreaciute da innovazioni nei metodi sino allora
prevalsi, non tardò a conquistarsi la stima dei Colleghi e l'affetto
deferente degli allievi, quando questi giunsero a comprenderne
la solidità della dottrina e la rettitudine esemplare della persona.
Le qualità personali elevate, e l'esempio costante di lavoro adem-
piuto con la piìi scrupolosa coacienzs, indussero i CoUegbi della
sua Facoltà a proporlo quale Rettore dell'Università, nella quale
carica rimase dal 1913 sino all'ottobre del 1917, mentre l'Italia
e l'Ateneo Torinese attraversavano il grandioso periodo della
guerra mondiale. Fusari, Rettore, fu l'esponente di quel grande
movimento che condusse il nostro Ateneo a divenire un focolaio
di Italianità, e quando quésto volle solennemente celebrare la
visita fattagli dal Presidente del Consiglio dei Ministri, Antonio
Salandra, dopo che questi aveva proclamata la guerra e aveva
chiuso tutto un periodo precedente assai critico per la politica
nazionale, il Fusabi pronunciò in presenza di un grande pubblico
e di molte autorità un discorso ispirato ad alti sensi patriottici
e civili, che per l'eleganza della forma e per la nobiltà del
contenuto, concesse anche a chi non lo conosceva intimamente
di rilevare, direi quasi di scoprire, quanto tesoro di sentimento
fosse racchiuso nell'anima di quell'uomo, dalle apparenze poco
espressive, e piuttosto ruvide.
Era uomo interamente dedito al lavoro del suo laboratorio
e agli affetti della famiglia, che vedeva non senza legittimo or-
goglio avviarsi verso una relativa agiatezza; egli, che aveva
conosciuto il più profondo disagio, e che rammentava con sod-
disfazione la prima modestissima moneta consacrata finalmente
al risparmio, quale espressione della sua vita sobria, castigata
e previdente.
Il Fusabi, superata la naturale resistenza in chi è assue-
fatto al lavoro scientìfico sistematico e alla piìi scrupolosa ese-
cuzione del compito didattico, comprese che, urgendo le necessità
complesse determinate dalla guerra, era necessario dare la
propria attività anche al di fuori della vita strettamente acca-
demica, e Iq vediamo, infatti, assumere la Presidenza della
Unione dagli Insegnanti sorta a quel tempo nell'intento di ali-
mentare la fiamma dal più puro patriottismo nell'animo dei
zed.yGOOg[e
IN MEMORIA DI ROUEO FDSAKI 573
maestri, e adoperarsi eziandio nel Ck>mit&to dì preparazione per
opere destinate alla guerra. Ne segui con animo fermo le vi-
cende e sopportò con eroica e tranquilla rassegnazione la pena
di avere il figlio che giovaDÌssimo si fece volontario e durò le
^avi fatiche della guerra sotto Tolmino, sul Carso e io Gamia,
caduto poi prigioniero. Ebbe, dopo gravi trepidazioni, la gioia
di rivederlo quando fu liberato dalla vittoria delle nostre armi,
e senta la grandezza ed il prestigio che l'Italia per essa si era
meritata nel mondo. La morte incolse il nostro compianto prima
che egli potesse vedere compensata la Patria, che tanto ha
amato, dei grandi sacrifici che ha sofferto, e quando ancora
stava lavorando alla compilazione delle sae lezioni di Anatomia
topografica.
Infaticabile lavoratore, aveva da giovane guadagnato un
posto al Collegio Ghisleri di Pavia nel 1882. Ebbe, come ai
disae, il posto di perfezionamento all'interno nel 1887, vinse il
Premio Carpi della R. Accademia dei Lincei ed il Premio Fossati
del R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere nel 1891. Fu
Socio Ordinario della nostra Accademia, Corrispondente ai Lincei,
Socio Ordinario della R. Accademia di Medicina, Socio'Onorario
dell'Accademia di Scienze Mediche e Naturali di Ferrara e Membro
delle Società Medico-Chirurgiche di Bologna e di Modena.
FusARt si trovò come aiuto nel gabinetto di Golgi, quando
questi dopo aver scoperta la cosidetta reazione nera per lo
studio della fine struttura del sistema nervoso, apriva un nuovo
e largo campo di studi: onde egli produsse in quegli anni il
gruppo più considerevole dei suoi lavori. Studiò comparativa-
mente l'uomo, i vertebrati superiori e vi aggiunse lo studio dei
vertebrati inferiori, tanto opportuni per la conoscenza dei pro-
blemi della morfologia, e adoperò, oltre alla suddetta reazione
nera, altri metodi conosciuti onde eliminare eventuali cause di
errore. Studiò il cervelletto dell'uomo e l'encefalo dei teleostei, .
confermando sia nei vertebrati superiori, sia negli inferiori i
due tipi di cellule e di fibre, l'una di natura probabilmente
motoria, e l'altra probabilmente di natura sensitiva, come il
Ctolgi aveva descritto. Nel cervelletto, dimostrò i rapporti tra
le piccole cellule dello strato molecolare e la partecipazione,
coi loro prolungamenti nervosi, alla formazione del fascio delle
fibre arcuate. Fusabi ebbe occasione di studiare i fasci dì con-
D,!„t,zed.yGOOg[e
574 , PIO Foi '
nesaione cerebellare in uà uomo, nel quale il cervelletto mao-
cava quasi completamente senza avere dato sintomi attribuibili
alla lesione, all'infuorl del mancato sviluppo dell'intelligenza.
Tutti i fasci di connessione del cervelletto con gli altri segmenti
dell'asse cerebro-spinale furono riscontrati molto ridotti.
Con lo studio dei vertebrati inferiori, il Fusari, contro la
opinione dì precedenti autori, dimostrò che la struttura, dei centri
nervosi di quelli, non è essenzialmente diversa da quella dei
vertebrati superiori. Confermò il concetto di Golgi sull'origine
ectodermale della cellule della neuroglia e delle cellule epiteliali.
Ritenne il cervelletto dei vertebrati inferiori analogo al verme
cerebellare dei vertebrati superiori, e ritenne che il tetto ottico
sia analogo, per la struttura, alle eminenze bigemine anteriori
dei mammiferi e dell'uomo. Dimostrò con la reazione nera la
esistenza di un fascio di fibre di connessione fra le due retine
passanti dal nervo ottico di un lato a quello dell'altro lato.
Altri preziosi contributi ha dato il Fdsabi alla struttara dei
centri nervosi, di cui anche descrisse accuratamente alcune
anomalie di sviluppo. In una ricca collezione di encefali di
bambini, di cui Fusari ha dotato l'Istituto di Anatomia normale
di Torino, studiò il solco orbito-frontale di Oiacominì dimo-
strandone la persistenza in tutto il periodo fetale.
ÌHeWamphioxus lanceolatus, mediante la impregnazione nera
il FusAKi riuscì a mettere in evidenza molte particolarìtii nuove
del modo di terminare dei nervi nelle branchie e nei cirri boc-
cali, e dimostrò che i corpuscoli terminali di Erause connessi
colle ultime diramazioni delle prime due paia di nervi non sono
altro che gangli periferici. Descrisse eziandio le terminazioni
nervose nei muscoli striati, nella cute, nella mucosa orale e
nell'apparecchio branchiale.
Il Fusari fu il primo a studiare esattamente il modo di
comportarsi delle fìbre nervose nelle capsule surrenali, e dimostrò
con sicurezza i fili terminali nervosi anche nel parenchima della
milza. Colla applicazione nera anche ad altri tessuti, il Fitsaiu
contribuì alla più fine conoscenza di etementi cellulari, come le
fibre muscolari, le cellule connettive della lingua, le cellule car-
tilaginee ed ossee, e le cellule della dentina.
Numerose pubblicazioni del Fdsari riguardarono l'embrio-
logia, l'organogenesi, e la teratologia. Egli studiò i più complessi
D,!„t,zed.yGOOg[e
IN MBHORU DI ROMEO FUSAB! 575
problemi della segmentazione, della gastrulazione e della bla-
stogenesi. Altro lavoro di embriologia fu quello con cui il Fusabi,
mettendo in relazione il grado di sviluppo degli embrioni dei
piccoli Bacchi provenienti da aborti, con la data dell'ultima me-
struazione avvenuta e della prima mancata, stabili che l'uovo
fecondato può essere tanto quello eliminato nel perìodo della
prima mestruazione mancata, quanto quello eliminato dall'ovaia
durante l'ultima mestruazione comparsa.
In altra importante ricerca, il Fusabi dimostrò l'origine
diversa, oggi uni versai niente rìconosciuta, della sostanza corti-
cale delle capsule surrenali dall'epitelio perìtoneale, e quella
della sostanza midollare di natura simpatica.
È pure oggi universalmente accolta l'origine della sostanza
midollare delle capsule surrenali e delle cellule simpatiche da
un elemento comune, sebbene si distinguano gli elementi feocromi
dagli elementi nervosi. Fusabi rilevò che le prime note dello
sviluppo del simpatico appaiono nel pollo indipendentemente
dai gangli intervertebrali e dai nervi spinali, coi quali si col-
legano solo più tardi, e ne dedusse l'orìgine mesodermìca del
simpatico. Quali contributi alla teratologia segnaliamo l'accurata
descrìzione delle forme esterne dello scheletro, dei muscoli, dei
nervi e delle arterie di un arto assai breve, provveduto di una
mano con due sole dita chiuse da un rivestimento cutaneo co-
mune, e le osservazioni sulle divisioni dell'occipite basilare e
sulla fusione delle ueuroapofisi cervicali in mostro anencefalo,
osservazioni che servono di sostegno alla teoria vertebrale del
cranio.
Dei lavori di morfologia va sopra agli altri segnalato
quello sulla forma, la disposizione e lo sviluppo dei villi inte-
stinali.
TI Fusabi in molte pubblicazioni ne dimostrò la varietà dì
forma e di distribuzione a seconda dei varii segmenti del tenue
e anche, sopratutto per il duodeno, a seconda degli individui.
Adoperò il metodo della microstereofotografia per lo studio, e
la dimostrazione mediante il microscopio binoculare. Formatisi
i primi villi e le creste del canale digerente, resta proliferante
solo la parte di epitelio che tappezza i Fondi ciechi tra villo e
villo, e questa parte proliferante forma gettoni cavi che fanno
allungare i villi preesìstenti alla base, e creano nuovi villi.
zed.yGOOg[e
576 PIO FoA
Anche per qaeBti nuovi villi la capacità proliferativa cessa
presto nelle parti libere, e continaa nei fondi ciechi, e cosi il
fenomeno si ripete parecchie volte, finché le ultime gemme cave
formate dai fondi ciechi, diventano le ghiandole intestinali.
Il FusAKi trovò nel setto della lingua di un soggetto adulto
giovane, tre noduli cartilaginei, e studiando i, feti umani trovò
che il setto tra il i" e il 5° mese faa struttura precartilaginea
con piccoli nodi differenziati di cartilagine. Questi esistono anche
nei conigli, in cui sono più gròsai.
Il FusARi rìcercb il numero delle piastrine nel sangue nor-
male e patologico, e fece altre ricerche sulla topografia dei bulbi
gustativi nella lingua del ghiro, dei quali constatò l'assenza nel
delfino, e altre sulle appendici rappresentate dalla guaina radi-
colare dei peli. Altre osservazioni riguardano le connessioni
delle cellule muscolari liscie, in cui l'autore ha provato che la
lamina d'aspetto connettivo che avvolge e separa le cellule mu-
scolari stesse, è un prodotto di trasformazione dell'ectoplasma
delle stesse cellule.
n FusABi arriccfal il Museo di Anatomia normale di alcune
riuscitissime preparazioni del labirinto auditivo membranoso, e
ideò metodi semplici e pratici dal punto di vista didattico. Cod
pure il FusARi propose un metodo per la colorazione elet-
tiva dei granuli delle cellule di Panetb delle ghiandole inte-
stinali, il che, adoperando i vecchi metodi, non sempre si riu-
sciva ad ottenere. In fine, fra le maggiori attività del Fdsabi
negli ultimi anni, va annoverata quella della produzione dì
opere didattiche, fra le quali va segnalato il Chmpendio di
Anatomia umana, diffusissimo fra gli studenti, e il volume sul
Sistema nervoso nel Trattato colUUtvo italiano del Vallardi, mentre
purtroppo rimase inedito un TVaUato di Anatomia topografica.
Il FcsARi attese eziandio all'arricchimento del Museo dì Ana-
tomia normale e all'istituzione del Laboratorio di Istologia nor-
male. Negli ultimi anni diresse per la Ditta Pai'avia la costru-
zione dei primi modelli di preparati anatomici in gesso fotti in
Italia, giungendo a superare quelli fatti all'estero.
FosABi fu uomo austero nel senso pieno della parola, e
Brio-
lattì.
Coo.qlc
IS HKHOBU DI ROMEO FD3ARI " 577,
mente espressivo quando doveva comunicare per apprendere ad
altri cognizioni tecniche o scientifiche, di cui era ricco al dì
sopra dell'aspettativa. Ligio al proprio ' dovere, che compiva
con la più scrupolosa costanza ed esattezza, nascondeva sotto
una sottile ruvida scorza un cuore eccellente. Furono, come si
disse, centri abituali della sua esistenza la famìglia ed il labo-
ratorio, ed ebbe la gioia dì vedere sempre più apprezzata la
sua posizione scientifica e sempre più allargata dalle circo-
stanze la schiera dei suoi amici.
La nostra Accademia rende onore al suo socio assiduo e
coscienzioso, che le ha dato molti contributi dell'attività propria
e dei suoi allievi.
zed.yGOOg[e
VITTORIO CUN
COMMEMORAZIONE
aODOLFO RENIER e di FRANCESCO ROTATI
fatta dal Socio naz. resid. VITTORIO GIAN
EaSEOI COLLEOHI,
Mesi SODO la Classe di scienze morali, storiche e filologiche
volle conferirmi l'ufficio, a me particolarmente doloroso, ma
altamente onorevole, anche ae arduo, di commemorare due in-
signì consoci, troppo presto scomparsi, Rodolfo Renieb e Fras-
CESCO NOVATI.
Dovendo rendere cosi un tardo, ma non perciò intempestivo
tributo d'onore alla memoria dei diletti maestri ed amici, ho
pensato di adempiere questo dovere in una forma inconsueta
e, forse, non del tutto consentanea alla nostra tradizione acca-
demica ; ho deliberato, cioè, di appaiare e quasi di strìngere
insieme in queste mie paiole commemorative le figure e le opere
dei due compianti studiosi, perchè, in tal modo, mi pareva quasi
.di simboleggiare e d'illustrar meglio quella comunanza perfetta,
quella solidarietà fraterna di pensieri e di azione spirìtnale e
scientifica che li avvinse l'uno all'altro in vita.
Questo abbinamento, del resto, credo che, com'è sorto spon-
taneo nella mia niente, cosi sorgerà nell'animo di chiunque
abbia, come voi, qualche conoscenza dei due illustri colleghi
defunti ; per questa ragione, se non altro, che esso era tale
nella realtà effettiva ch'io mi accingo a lumeggiare:
Degno è che, dov'è l'aa, l'altro s'induca ;
Sì che, com'elli ad una mìlìtaro,
CobI la gloria loro insieme luca.
(Rirarf., SII. 34-6).
zed.yGOOgle
COMMEMOB. DI RODOLFO RENIBR E DI FBANCBSCO NOYATI 579
Perciò, meritamentaj Pio Rajna, il grande maestro di questi
loro studi, che, come la quercia delle sue Alpi, sta saldo e di-
ritto sulla vetta raggiunta, quasi a sfidare gli anni e gli eventi,
l'indomani della morte dì Francesco Novati, che gli era stato
aaccessore sulla cattedra dell'Accademia letteraria di Milano,
accennando anche al Renìer, scriveva con accorata mestizia :
* La morte, a meno d'un anno di distanza, dei due atleti, cosi
dissìmili per tanti rispetti fra di loro, e nondimeno cos'i inti-
mamente legati, ha qualche cosa di fatale : l'uno (il Renier)
aveva compiuto da pochi mesi il 57° anno, l'altro stava per
compierlo . (1).
Questa mia rievocazione dei due commilitoni, che, natural-
mente, non vuole, né pub essere una compiuta monografia e
meo che meno un'esauriente illustrazione biografica e critico-
bibliografica, si propone appunto di far vedere con rapidi tratti
queste dissìmtglianze individuali e, in quanto hanno di più ca-
ratteristico, di rilevare pure le fondamentali somiglianze e le
affinità intellettuali onde i due poterono con profonda efficacia
associare tanta parte dell'attività loro, i frutti piii sapidi e re-
sistenti, còlti durante la loro esistenza, breve, ma quant'altra
mai feconda, di maestri e di studiosi.
Il loro valore fu tale e così universalmente riconosciuto e
così viva l'impressione dolorosa della loro precoce scomparsa,
che si capisce come l'uno e l'altro sieno stati largamente e
degnamente commemorati e varie forme di onoranze sieno state
ad essi tributate, in particolar modo con la pubblicazione di
scritti loro e di altri (2).
(1) Nel Marioceo del 2 (reniaio 1916.
(2) Pei la conoscenza dell'opeia di R. Genier è fondamentale la Biblio-
grafia compresa nella poderosa miscellanea di Serilti virii di erudiiione e
di critica, Torino, Bocca, 1912, e che sarà integrata in un altro volume di
scritti suoi che è in preparazione. Di qneHta miiicellanea si compiacque di
dare raftguoglio il R. etesao nel euo aiornale ttor., voi. LXII, pp. 182 sgi^.
Delle Dumerose commemorazioni e degli scritti commemorativi ricorderb
anzitutto quella dello scrìvente e di Arturo Farinelli, ineerita nell'annuario
della R. Università di Torino per l'anno 1915-16; l'articolo di Fr. Picco,
■n L'operosità scientifica di B. S., nella N. Antologia del 16 febbraio 1915,
la commemorazione di A. FitBiKELLi, R. R., tenuta all'Ateneo torinese e
pubblicata nella N. Antologia del 16 marzo 1915; lo pagine di aDettnosi
AUt della R. Accademia — Voi. LV. 40
D,!„t,zed.yGOOg[e
580 TITTORIO GIAN
Figli di due regioni finitime, veneto l'uno, lombardo l'altro,
furono portati dai casi della vita e dalle naturali tendenze sopra
una stessa via, verso un'identica mèta.
Il Renier, nato a Treviso l'U agosto del 1857, da Luigi, ap-
partenente ad un^ ramo dell'antica famiglia dogale veneziana,
e da Fanny Venturi, trentina, segui le vicende del padre ma-
gistrato.
Perciò non è a stupire se gli studi, iniziati nel Veneto,
egli li abbia proseguiti poi nel Ginnasio di Camerino e ad Ur-
bino, nel cui Liceo fu per qualche tempo compagno caro a Gio-
vanni Pascoli ed ebbe a maestro quel degno Scolopio che fu il
padre Francesco Donati ■ — il " Cecco frate , carducciano —
che, com'egli stesso scrisse, gì' insegnò per la prima volta a
conoscere Dante. Il Liceo compì ad Ancona e gli studi univer-
sitari intraprese a Bologna alla scuola di Giosuè Carducci, la
cui vigorosa virilità si espandeva allora cosi nei versi, sempre
più luminosi di bellezza e d'italianità battagliera, come nelle
prose critiche e, dalla cattedra, in corsi memorabili.
Nel '76, attratto dalla fama crescente d'un giovine precoce,
precoce maestro e critico e poeta, che fu dei nostri e dei mi-
gliori, Arturo Qraf, venne qui sulle rive del Po ; e qui non solo
si consacrò con lena raddoppiata agli studi letterari sotto la
nuova guida, che gli dischiuse ignoti orizzonti di coltura e di
critica, ma si diede anche agli studi filosofici, tanto che, nel
ricordi che Fb. Noveri inserì nel Giornale storico, voi. LXV, pp. 191 a^.;
infine l'aBettDoao articolo d'nn valoroso discepolo, anch'esso acompareo nel
fiore della vita, Bbbedbtto Soldìti, nel FanfuUa d. Domenica, del 24 gen-
naio 1915 (con ritratto). — Pel Nevati rimandiamo alla BMiogra/ìa degli
scrini di F. N., MDCCCLXXVIII-MCMVIIl, Milano, 1909, il Bupplemento
alla quale b nel volume Francesco Notati, pubblicato dalla Società storica
lombarda, Milano, 27 die. 1917, pel secondo anniversario della morte, vo-
lume foodamentate, su cut cfr. E. Levi nel Giornale storico, voi. LXXIII,
pp. 261 egg. Oltre l'articolo citato di P. Rajna, si vedano le pagine Bipren-
dendo a cammino di E. Gobba, nel Giom. star., voi. LSVII, 1916, pp, 1 fgfi.
e V. CiiN, Fr. N., nella N. Antologia del 1° febbr. 1916 ed Ezio L«vi, Fr. N.,
nella JUrisla d'Italia del febbraio 1916. Mi permetto anche di ricordare il
Medaglione con ritratto che del N. pubblicai nella Itìuttratione italiaHH del
24 giugno 1906, in occasione della sua nomina alla presideniB della Società
bibliografica italiana.
D,!„t,zed.yGOOg[e
COUUEHOR. DI RODOLFO RBNIER E DI FRANCESCO NOVATI 581
giugno del '79, vi coDeeguì la laurea in filosofia. Quella in let-
tere gli fìi conferita l'anno seguente in Firenze, dove era pas-
sato presso quell'Istituto a perfezionarvisi, come si dice, e dove
si perfezionò davvero nel miglior senso della parola sotto quel-
l'altro insigne maestro dei rinnovati stud! storico-letterari, che
fu Adolfo Bartoli. Altra volta ebbi ad afTermare che l'autore dei
Primi secoli e della Storia letteraria, l'operoso e vivace araldo
del nuovo avviamento crìtico, ch'io ricorderò sempre con calda
simpatia e con gratitudine profonda, ebbe sul giovine Renier
un'efBcacia * decisiva , ; e questo giudizio mi sembra oggi pìii
che mai rispondente al vero (1). Fra l'SO e r82 egli trascorse
ancora in Firenze tre anni felici, durante i quali si tuffò volut-
tuosamente nel mare magnum ài quelle biblioteche, tesoreggiò
con un'industria sapiente e tenace le ricchezze dei loro mano-
scritti, in gran parte allora inesplorati, compiendo nel modo
migliore, come nel più adatto dei laboratori sperimentali, quel
tirocinio scientifico che aveva iniziato sotto cosi valenti e cosi
diversi maestrì, quali il Carducci, il Graf ed il Bartoli.
In Firenze appunto s'incontrarono la prima volta ì due gio-
vani studiosi, il Renier ed il Nevati; e sino da questo primo
contatto sorse in loro quell'amicizia e quella concorde frater-
nità d'armi, d'intenti e di opere, che doveva suggellarsi ben
presto in una grande impresa comune, alla quale dovevano ri-
manere legati indissolubilmente i loro nomi.
Narra infatti il Nevati, in certe sue pagine commemora-
tive, consacrate appunto all'amico da poco perduto (2), che in
quel tempo " e per lunghi mesi, un manipolo di giovani, uscito
da scuole diverse, ma mossi da un affetto medesimo ,, si ritro-
varono nella Rotonda, la luminosa Rotonda michelangiolesca
della Biblioteca Laurenziana e, in seguito, nella semibuia saletta
dove, in quei giorni, si potevano esplorare i tesori manoscritti
della Vaticana. In cotesti rìtrovi amichevoli sorse l'idea che
(1) Quale fosse il carattere della scuola del Bartoli rilevò aasai bene
l'amico Ferdinando Neri in un acuto saggio (La »euoIa del Bartoli, in Riv.
d'Italia, nov. 1913), che il Renier approvò con tutto il ano aatorevole
consenso, come notò opportunamente il compianto Soldati nel cit. articolo
commemorativo ieì ano maestro torinese.
(2) Nel Giarn. mi: cit., vo!. XLIV, p. 191.
D,!„t,zed.yGOOg[e
582 TITTORIO CIAII
allora poteva parere addirittura temeraria, ma che invece, perchè
buona e validamente propugnata, era destinata a tradursi fra
non molto in realtà bella e duratura.
Di ciò non è a Btupire, se pensiamo che i primi e princi-
pali propugnatori di essa furono appunto il Renier e il Novatì.
Questi, nato il 10 gennaio 1859, in Cremona, da un'antica
famiglia nella quale era viva la tradizione d'ogni buona coltura
e di arte, aveva compiuto con ardore gli studi medi nella città,
natale, e gli universitari nell'SO, in Pisa, presso quella Scuola
Normale Superiore universitaria, dove di Alessandro D'Ancona,
il grande maestro, era stato, meritamente, uno dei discepoli
prediletti.
L'impresa vagheggiata, alla quale alludevo, era quel Gior~
naie storico della Letteratura italiana, il cui primo fascicolo vide
la luce qui in Torino nella primavera del 1883, con un prO'
gramma limpido e preciso che recava ìe firme di Arturo Graf,
di Francesco liovati e di Rodolfo Renier. Ma prima che ai ma-
turasse questo che fu un vero avvenimento per gli studi ita-
liani, il Renier aveva ottenuto in Torino, il 2 dicembre dell' 82,
l'abilitazione, come allora usava dire, alla libera docenza nelle
letterature neo-latine e il 28 del febbraio 1883, in seguito ad
una nobile e tanto piìi lodevole quanto piii rara risoluzione e
Bu proposta del Graf, che ne teneva l'incarico, fli dalla Facoltà
incaricato d'insegnare la storia comparata delle stesse lettera-
ture, e questo insegnamento egli professò subito dopo, e dal
1° novembre del 1885 in qualità di professore straordinario
durante dieci lunghi anni, e dal 1° dicembre 1895 in qualità
di ordinario.
Contemporaneamente, il Nevati, nominato libero docente
di storia comparata delle letterature neo-latine a Firenze (1883),
fu chiamato a Milano con l'incarico della stessa materia presso
quell'Accademia scientifico-letteraria.
Cosi, per opera d'una triade di giovani che ormai si pote-
vano dire provetti, anzi maestri valenti, s'iniziava nella nostra
Torino quella che è la più antica rivista della letteratura ita-
liana e diventò e rimane lo strumento più valido di quel pro-
fondo rinnovamento della indagine e della critica storica, che,
felicemente divinato e preaiinunciato da Francesco De Sanctis
e in parte attuato da Giosuè Carducci e da Adolfo Bartoli,
D,!„t,zed.yGOOg[e
COUUEHOR. DI RODOLFO SENIGR S DI FRANCESCO NOVATI 583
vantava come suo campione più autorevole Àlesaandro D'Ancona,
e aveva ormai insigni rappresentanti in ogni regionfi d'Italia.
Allorquando il Renier e il dovati si accingevano, dunqae,
all'ardua fatica, sotto lo stimolo e con l'efficace patrocinio del
pili anziano condirettore del Giornale, Arturo Graf, non avevano
soltanto ricevuto la cresima accademica, ma avevano già dato
prove non poche del loro valore negli studi neo-latini e più
specialmente in quel territorio che è l'italiano. Infatti, com'ebbi
già a rilevare in altra occasione, s'è dato il caso caratteristico
che i tre fondatori della nuova rivista storica della letteratura
italiana, furono in origine e ufficialmente tre romanisti, quan-
tunque tutt'e tre finissero col diventare, dì fotto, sempre più
schietti italianisti, e più del Novatì, il Renier.
Nei primissimi lavori di quest'ultimo, in certi saggi, so-
vrattutto, sul realismo nell'arte, sull'Ariosto e il Cervantes, e
nell'importante volume su La Vita Nuova e, la Fiammetta, che
h del 1879, — ragguardevoli tentativi d'un esordiente valoroso
il quale non ha trovato ancora la sna vìa, — è facile rilevare
l'influsso di quegli studi filosofici ai quali l'autore s'era dedicato
dapprincipio con molto ardore e con solida dottrina.
Ha la sua strada, dicevo, non era quella. E infatti la prima
vera affermazione delle qualità caratteristiche del suo ingegno
e del metodo ch'egli doveva seguire per tutta, la vita con un
moto continuamente progressivo è il poderoso volume consa-
crato a Fazio degli Uberti, che comprende l'edizione critica
delie liriche preceduta da un'ampia magistrale introduzione es-
senzialmente e forse troppo esclusivamente storica ed estema,
che attesta non solo la vasta erudizione, e lo spìrito alacre di
ricerca feconda che aveva animato il giovine autore, ma anche
la sua penetrazione e la sua dirittura crìtica.
A partire da questo volume, che è del 1883, sino agli
Svaghi critici, ultima sua pubblicazione di mole, uscita nel 1910,
il Renier battè sempre la stessa via ascendente, fedele allo
stesso metodo vigoroso, ma affinandolo e ampliando il campo
delle sue applicazioni, e sia pure con una preferenza sempre
più palese pel territorio italiano, facendosi più agile nella forma
e sempre più largo nella concezione e nei giudizi.
E poiché ho toccato del ' metodo ,, m'è pur doveroso dime
qualche parola.
D,!„t,zed.yGOOg[e
584 VITTORIO Clio
Ricordo che un critico ÌD3Ìgae e tutt' altro che sospetto,
Ernesto Giacomo Parodi, discorrendo con lode meritata nel
Marzocco (23 marzo 1913), intorno al magnifico monamentale
volume miscellaneo, oEferto nel 1912, da amici e collegbi, al
Renier, * per pubblica testimonianza — cosi suonava la dedica
dettata da Arturo Graf — di ammirazione, di affetto, di grati*
tudine, volto l'anno trentesimo del suo insegnamento all'Uni-
versità di Torino e dell'opera fruttuosa, indefessa, da lui con-
sacrata al Oiomale storico della letteratura italiana ,, intitolò il
suo simpatico fervido articolo cosi : In onore del metodo storico.
Il titolo non poteva essere più appropriato, perchè come
quella preziosa miscellanea fu un degno omaggio tributato al
maestro che dalla cattedra e con gli scrìtti aveva onorato gli
studi severi della storia letteraria italiana, fu anche un trìbnto
d'onore reso al metodo ch'egli cosi nobilmente impersonava e
con tanta efficaci^ propugnava, più che a parole, con l'esempio
austero. Questo metodo — tanto maltrattato e vilipeso sovrat-
tutto da coloro che lo ignorano o che Io vogliono fraintendere,
chiudendo gli occhi sullo svolgimento progressivo da esso com-
piuto nell'ultimo ventennio — è quello della disciplina piìi se-
vera e precisa, ma non pedantesca o miope, ma non piii, come
nei primi anni dei giovani neofiti, intransigente od esclusiva od
esterna, nell'indagine storica ed erudita, neirillnstrazione crìtica
e nella comparazione dei fatti anche minimi nel campo cosi
propriamente letterario, come in quello psicologico 0 biografico
e filologico 0 culturale, base necessaria e premessa e sussidio
indispensabile di qualsiasi indagine estetica. Questa disciplina
appunto il Renier nella sua laborìoeissima giornata venne pro-
fessando ed esercitando fruttuosamente su materie diversissime.
Il THpo estetico della donna nel Medio Evo (1885) è un bel-
l'esempio di ricerca comparativa attraverso a più secoli e a più
letterature, mentre ì lavori sulla coltura e sulle relazioni lette-
rane di Isabella d'Este Gonzaga e quello su Urbino — il primo,
scritto, con più altri, in collaborazione col nostro egregio consocio
e SQO amico degnissimo Alessandro Luzio — sono, per tacere
degli altri consimili, fra i più ricchi, originali contributi che
abbiamo sul nostro Rinascimento maturo. Le benemerenze del
Renier s'accrebbero con le edizioni crìtiche, sia pure non sempre
impeccabili, causa le condizioni ìn cui furono eseguite, di alcuni
>y Google
COHMEUOS. DI RODOLFO RENIEK E DI FRANCESCO NOVATI 585
testi notevolissimi, come le novelle del Sercambi e le rime del
Pistoia, precedute sncb'ease da larghe introduzioni; ai accreb-
bero ancora con quei tesori di erudizione e di vera dottrina
che prodigò nei quasi dugento fascicoli del suo Giornale da Ini
curati, in una fatica oscura, ma febbrile, tenace, logorante, di
tutti i giórni, fatica che solo gli studiosi di professione possono
apprezzare adeguatamente. Appunto il dovere che gl'imponeva
l'ufficio di principale direttore e redattore — anzi di Cireneo in-
faticabile — della vecchia Rivista, il dovere, intendo, di seguire
via via tutta la produzione sempre più copiosa e in campi
sempre più vart della storia letteraria nostra e di quelle fini-
time, gli offriva continue occasioni di estendere l'ambito e la
materia della propria coltura, nonché dj,4)erfezionare e rendere,
direi, più ragionevolmente ed efficacemente elastici o meno
rigidi ed esclusivi i criteit dell'opera sua.
Di questa crescente larghezza critica e culturale sono nu-
merosi ed evidenti i segni non soltanto nel Oiomale storico, ma
anche nella collaborazione che il Renier, con lena inesausta,
diede, sino agli ultimi suoi giorni, anche ad alcuni periodici
fatti pel grande pubblico, come la Nuova Antologia, V Emporiunt
e il Fanfulla della domenica, e perfino ad alcuni grandi quoti-
diani politici. Questi suoi artìcoli critici, d'indole divulgativa,
ma sopra un solido fondo storico-bibliografico, nei quali discorse
con penna più agile, con rettitudine e temperanza dignitosa pari
alla chiarezza e alla competenza, dei più diversi scrittori italiani
e stranieri, antichi e moderni, erano, nel loro genere, magistrali.
Perciò fu ottima idea la sua di raccoglierne ona parte nel vo-
lume che non a caso volte intitolare Svaghi critici; perciò s&rìk
accetto con favore dagli studiosi l'altro volume consimile che
ai vien preparando, a cura di Tittorio Rossi e mia, per lo stesso
editore Laterza (1).
Uà poiché il Renier aveva dei propri doveri una coscienza
(1) La pubblicazione fe affidata prìnci palmento all'opera di Vittorio
Boati, deirnaireraìtà di Boma, che al Reniar fn cngino affeuonato e di-
•cepolo degninimo. Etta aarà piec«dnta da tiii' introdndone biografica,
scritta dallo steiso Roui. Purtroppo nel Tolame non potranno entrare che
una parte degli articoli ancora diepersi del compianto Benier. Hi angoro
zed.yG00g[e
586 VITTORIO CUK
severa sino al sacriBcio non è a meravigliarsi ae in Ini lo stn-
dioso instancabile, che aveva fatta piena dedizione di gè alla
scienza, trovasse degno alleato nel maestro, che dalla cattedra
e nei contatti cordiali coi giovani diede a questi l'esempio più
austero e incitamenti che fruttificarono largamente.
Per questo meraviglioso sentimento del proprio dovere
anche in quest'aule, dalle quali troppo presto è scomparsa la
sua figura alta, quadrata, la sua faccia venezianamente affabile
e bonaria, diede saggi d'operosità, di rigoroso adempimento
dell'ufficio suo d'accademico e di segretario (1). Kon occorre
ch'io ricordi le Incide relazioni sui concorsi ai premi Qantierì,
nelle quali il suo nome si trova più volte associato degnamente
a quello d'un altro indimenticabile maestro, Arturo Graf,
Più vario e, direi, piò irrequieto e quasi inquieto nell'atti'
vitò sua, si mostrò Francesco Novati, che all'Accademia nostra
appartenne in qualità di socio corrispondente a partire dal
giugno 1903. Spirito insonne d'erudito di nnovo stampo, affer-
matosi sin dagli inizi sovrattutto come un comparatista formi-
dabile, un medievalista riccamente fornito di veri tesori di
filologia classica e di dottrina sterminata, gareggiò in attività,
in costanza indomita nel lavoro col suo degno commilitone
Kenier. Diverso in ciò dall'amico, che in lui la severità degli
studi e dell'opera diuturna faceva un singolare contrasto con
l'elegante mondanità della persona e dei gusti e delle abitudini
anche esteriori; e che l'ardore per la scienza espandeva in
un'inesauribile varietà e molteplicità di iniziative e di tentativi
pratici, cosi di lavori suoi propri, come di pubblicazioni e d'im*
prese letterarie per le quali chiamava a raccolta i suoi com-
pagni d'armi e di fede. Quanto egli sia riuscito a prodarre in
un'esistenza relativamente così breve, ma così intensamente
spesa per la scienza e per la scuola, attesta con un'eloquenza
sbalorditiva la bibliografia dei suoi scrìtti, nella quale sarebbe
che poasa eeeetii compreio il Incido e forte acrìtto sn Xa fuiiMiM» teitntifiai
detrUtituto univeraitarU» che vide la luce nei Nuovi doveri, a. II, im-iiTt
80 lugIio-I5 agosto IS08.
(1} Il R. fa eletto Socio di qneit'AocademÌK 1*8 genii. 18B9; fu «egre-
tuio per dae tnennl, il primo, paniale, a compiere quello del buo predeoei-
■ore, dftl 26 dot. 1S99, il lecondo dal 24 giugno 1900 fino al SI febbr. 1904.
D,!„t,zed.yGOOg[e
COMHEHOR. DI RODOUO R8NIER E M FKIHCBSCO KOT&TI 587
utile e gradito — se qui fosse concesso — venire apigolando e
raggruppando con opportuni commenti. Ma io debbo acconten-
tarmi di rilevare che il Novati, nonostante la sempre pib
irresistibile tendenza alle forme divulgative e le tentazioni
molteplici alle quali non sapeva resistere, nonostante certi
atteggiamenti, alquanto forzatamente artistici, di alcuni suoi
scrìtti e sovrattutto di alcune sue conferenze, rimase, come il
Renier, essenzialmente uno storico ed on erudito insuperabile
per dottrina ed acume e probità severa di ricercatore e di
critico (1).
La sua mente ei compiaceva di suscitare e discutere con
nna sagacia straordinaria, ma talvolta con mosA audacemente,
. anche se felicemente, paradossali, ì problemi più ardui e più
complessi; e più ne suscitava e tentava dì quanto non riuscisse,
com'è naturale, a risolveme. Per questo e per l'ininterrotta
aspirazione ad approfondire e ad allargare la materia che aveva
fra mano, e per la sua stessa incontentabilità, fatta di scienza
e di coscienza nella ricerca, si spiega com'egli abbia tardato
troppo a condurre a compimento quella che fu l'opera sua più
poderosa, non solo di storia, ma e di critica e di pensiero, le
Origini.
Su quest'opera insisto con particolare intenzione in quest'ora
fuggevole, perchè, senza colpa dì alcuno, s'è dato il caso curioso
e spiacevole che proprio nel bel volume consatrato ad onorarne
la memoria, pubblicato dalla Società Storica lombarda, che l'ebbe
benemeritissimo presidente, sia rimasto nell'ombra questo che è
il suo lavoro più cospicuo, e che come tale andava messo in
prima linea e lumeggiato in piena luce:
L'annuncio e quasi il nucleo embrionale dell'opera può
considerarsi quel memorabile discorso su L'influsso del pensiero
latino sopra la civiltà italiana del Medio Evo, che il Novati tenne
nel 1896 per l'inaugurazione dell'anno scolastico all'Accademia
scientifico-letteraria di Milano.
(1) Provi) precocemente la passione per la storia e per la ricerca era-
dita. Basterebbero a provarlo le due pubbli canoni, cb« sono fra le ne più
gìoTKiiti, La bibiioteea dtgli Agottiniani di Cremona, nel BibliofBo, a. IV,
188S, n' 2-4 e Scrittori e miniatori eremontH dtl tee. XV, nello rteieo pe-
riodico, a. VI, 1885, n' 49.
D,!„t,zed.yGOOg[e
588 VITTORIO CUN
Edito primamente nel '97 e poi ristampato nel '99 con nocvo
corredo d'ingenti note illustrative finali, esso rivelava il medie-
valista già agguerrito al grande cimento (1). E qnesto cimento,
che era tale da * far tremar le vene e i polsi ,, egli saperi)
vittoriosamente come nessun altro ne in Italia, ne, io penso,
altrove avrebbe sapato fare. Infatti queste ane Origini, opera
veramente vasta e poderosa, ancbe se non sono riuscite quella
rappresentazione ' in forma sintetica , delle vicende della let-
teraturii nazionale nel periodo piti mattiniero della sua vita,
come l'autore ebbe ad annunziare, rimarranno il primo tenta-
tivo coraggioso di tratteggiare in un grande qnadro, e con par-
ticolare riguardo all'Italia, la storia della coltura e delle lettere
latine, durante i secoli che vanno dall'età langobardica fino alto
schiudersi del sec. XIII. Illustrano, cioè, gli antecedenti imme-
diati e necessari, gli anteced.enti latini della letteratura pro-
priamente italiana. Origini, dunque, delle origini; origini anche
remotisaime, ma legittime, scaturigini profonde, ma, grazie a lai,
non più latenti ormai agli occhi nosti-i, di quella meravigliosa
creazione che è la letteratura nazionale d'Italia. Opera non
veramente di sìntesi, dicevo, anzi tutta intessuta di esposizioni
analitiche e di discussioni talvolta minute, ma esempio, appunto
per questo, magistrale di quel lavoro d'epurazione, di sgombero,
direi, e di revisione critica, conche di parziale ricostruzione,
che era indispensabile e che non poteva essere tentato da uno
(1) A questo discorso conaacrò un'accurata digamina crìtica il Puri-
LOEit., La Iradiiione latina nella ìetteralura t nella civiltà dell'Eco Medio nel
Tol. misceli, cit. Fr. Aomft, pp. 7-38. 11 quale ebbe in esso a rilevarsua aapetto
negativo, per quella parte, nella qnale non gli pareva dì trovare tutta
qnelU preparacione filosofica, che egli gìaatamente giudicava indiapeusa-
bile. Nella * vaatisùma e flolìdÌBaima' erudlcioiie di medievalista insigne ,
del Nevati egli notava (p. 31-2) una * lacuna ,, cioè, ' la scarsa conoBcenu
del movimento filosofico medievale, derivata da uno acftrso intereaae —
sino a diventar talora diadema — per la filoaoGa in genere .. Qli effetti
dì qoeata manchevolesza, ohe il P. esagera, si possono aoorgere qua e là
anche nelle Origini.
Mi sia conceaso dì rinviaie a quanto de L'influito ebbi a aorìvere nel-
YAnhitio storico ital., S. T, t. XXL Le riapoite cortesi ohe l'illnstr» amico
fece ad alcune mie obieiioni nelle note della 2* adii., non mi parvero e
non mi paiono soddisfacenti.
„d, Google
COMUBUOR. DI RODOLFO BENIEB E DI FRiNCESCO NOTATI 5b9
studioso più eaperto, eccezion fatta per quelle parti che banno
maggiore attinenza alla storia del pensiero filosofico e religioso
del Medio Evo. Opera tale che gli etranieri, anche quelli che
delle vicende dell'età di mezzo sono i più assìdni esploratori, i
Tedeschi, possono invidiarci senza sentirsi menomati nelle loro
benemerenze o feriti nel loro amor proprio.
Perciò sarà argomento di viva soddisfazione per tutti l'ap-
prendere che fra le carte lasciate dal compianto amico si sono
rinvenuti materiali cosi copiosi e già così elaborati per la con-
tinuazione di essa - — oltre le dispense edite dal Yallardi — che
permetteranno ad un suo degno discepolo, il prof. Angelo
Monteverdi, di condurla sino al termine da lui designato.
Un tratto caratteristico del Novati era la sua versatilità
prodigiosa, che in un certo senso appariva anche non scevra di
perìcoli e di danni, perchè, essendo la vita umana, purtroppo,
limitata — ars longa, vUa brevis —, lo distraeva spesso tentan-
dolo a provarsi in argomenti disparatissimi e fin troppo dispa-
rati fra loro, interrompendo i lavori già iniziati. Ciononostante
egli non venne mai meno ai metodi più severi di' ricerca e di
trattazione, onde non vi ha pure una pagina da lui stampata,
non un discorso da lui pronunziato o un articolo da lui pubbli-
cato, fra cento, o nella Nuova Antologia, o neW Emporìum, o
nella Lettura, o nella Perseveranza, che non rechi qualche note-
vole contributo di fatti o d'idee, qualche sprazzo di luce nuova
in questioni sempre interessanti, spesso assai controverse. Gli
è che questa versatilità in lui era la franca agilità d'una mente
vigorosa e sicura di se, nutrita di erudizione valstissima, di
coltura profonda, non solo di lingue e letterature moderne, come
il Renier, ma anche di filologia classica, cosi greca come la-
tina (1), dotata di rara sagacia e di penetrazione, e d'una forza
di lavoro eccezionale. Era la negazione di quel dilettantismo
superficiale che è soprattutto inconcludente, mentre il Novati
aveva il segreto di riuscire, in ogni sua pagina, a conclusioni
0 nuove o suggestive. Questa sua virtìi gli permetteva di pas-
ci) Si veda quanto del Novati ellenista e ìllastratore dell'ni
•OiÌMero rispettivamente Abistidr CiLoaBiNi e Vittorio Rdui nel cit. voi.
miicellaneo Fr. Novati, pp. 1-6 e 80-98.
D,!„t,zed.yGOOg[e
590 VITTOKIO CIAN
Bare da quel modello di testo critico che è l'Epistolario di Co-
luccio Salutati, illustrato con una felice ricchezza di annotazioni
erudite, saggio monumentale, singolarmente prezioso per la
conoscenza del primo umanesimo, fino a quel Carteggio di AJes-
sandro e di Pietro Verri, che nella storia del sec. Xvill non
ha importanza minore che in quella del XIV la raccolta episto-
lare dello Stignanese; gli permetteva ancora di giungere fino a
quel vivace volumetto sullo Stendhal e l'Italia, che vide la luce
postumo nel 1915 (1).
(1) Di quest'ultima soft fatica il povero amico parla in ona letten,
l'ultima ch'egli mi acritse, e che anche pel suo valore di documeoto anto-
biograSco, non ta tenermi dal riferire qui per intero.
' S. Remo, 24 novembre 1915.
' Jfio caro Cian,
* Ti sono veramente grato della tua amichevole premura, e sento man-
giormente dinansi a queste reiterate prove della tua afiFettnosa gentileixa,
il mio torto. Io dovevo risponderti da tempo e ringraziarti della tna cata
cartolina ; ma che vuoi ? Speravo sempre di poterti scrivere, come qael
tal ginllare : Bent »um liberatug ; e la liberatone non veniva mai. I me-
dici me l'avevan promessa per la fine di ottobre ; invece b venata la fine
di novembre prima cbe io tornassi padrone di me e delle mie azioni. E
difatti soltanto da sabato ho potuto abbandonare le stanze divenute la mia
prigione per dne mesi, qaaei, e Milano, dove s'addensava la nebbia e ri
acaiva un freddo piil che decembrino, per recarmi qui. Come sia conciato
non ti so dire ; tre atti chirurgici mi hanno così orrìbilmente fatto scempio
della nuca e del collo, che la povera mia testa, spogliata anche de' capelli,
pare □□ terreno vulcanico, tutta escrescenze, fessure, ondulazioni..' Certo
occorrerà del tempo e molto, perchè le cose si raccomodino alla meglio;
ed io sono rassegnato a portar le tracce incancellabili di questa triste av-
ventura, ben contento di essermela cavata, giacché v'è stato un momento
in cni ho potato dire col Parini
e son molto soddisfatto di aveigli, almeno per ora, risparmiata la fatica
del passaggio. Credo che ana mia cartolina al caro Cochin sia andata perduta;
di qui quel silenzio apparente, di cui egli colla solita sua bontà sì è do-
luto. D'altronde, quest'anuo tutto è così sconvolto, che, in mezzo alla ge-
nerale agitazione, come tu giustamente osservi, non si trova la volontà ed
il coraggio di far nalla; il pensiero h sempre rivolto ver
D,B,t,zed.yGOOg[e
COUHEMOR. DI RODOLFO RENIBR E DI PRANCBSCO NOTATI 591
Questa aua tendenza a spaziare con occhio sicuro nei campi
più diverai, questa sua feconda irrequietezza lo spinsero ad
occuparsi di quel folk-lore, che, come appare anche . da certe
confidenze pubblicate di recente dal fratello suo Uberto (1), era
stata in lui una vera passione sino dalla primissima giovinezza;
lo spinsero a occuparsi ancora con cura entusiastica di biblio-
grafia, di stampe popolari, di storia dell'arte e del costume, di
curiosità medievali e moderne. Aveva inoltre l'amore dell'antico
e dell'inedito, ma dall'antico — così nelle questioni, come nei
fatti — sapeva trarre il nuovo, e dai vecchi documenti, come
nell'attrito dalle foglie aromatiche, secche e ingiallite, sapeva
sprigionare il sentore, lo spirito del passato. Àncora, in queste
indagini, in queste discussioni e ricostruzioni — notevolissime
quelle di soggetto dantesco — recava sempre un gusto vigile, un
senso vivo della misura e della bellezza. Sì, anche della bellezza.
Non era soltanto ano studioso infaticato al tavolino o dalla
cattedra. Era un erudito e un dotto, ma anche un uomo d'azione
nel campo suo, una mente aperta e, come si suol dire, organiz-
zatrice e sempre a vantaggio dei suoi studi prediletti.
bì preBentft carico di tanti paarosì problemi, mentre il presente atterrisce
inaieme e rallegra, almeno per quanto ci rignarda !
* Io conto restare qui un mese ftU'incirca per trarre profitto della non
lieve cornie, che ho aBBunto, ahbandonando in questa stagione Milano, la
mia casa e le mie occnpazioni... Certo questo è un paradiso terrestre; ma
io sono come il francese della canzone: J'aime mieux ma mie! Pazienza.
* Avrai presto dal CoglJati Ìl mìo Stendhal e l'anima italiana, libretto
che doveva nsoire qaasi un anno fa e che per le vicende note ha finito a
rimaner nelle mani degli stampatori un periodo molto lungo di tempo.
Ciò non gli fa nessun danno; uscirà sempre troppo presto, dati gli amori
del tempo, che di studi poco, ed a ragione, s'interessa!
' Addio, carissimo. Sta sano, e grazie di nuovo della tua amorevole
sollecitudine.
•Il tuo atr.m„
(1) Cfr. Giornale storico, voi. LXXIT, 1919, p. 201. Che il Nevati con-
servasse viva sino agli ultimi giorni questa passione della aua adolescenza
appare da quel prezioso Contributo alla storia della lirica musicale italiana
popolare e popolareggiante dei tee. XVI, XVII e XYIII ch'egli offerse con
parole affettuose all'amico Renier e fu pnbblicato negli Scritti vari di eru-
ditìone e di ci-itica in onore di R. Renier, Torino, 1912, pp. 898 ggg.
zed.yGOOg[e
592 VITTORIO GIAN
Non contento di dirigere, un po' a distanza e, negli ultimi
anni, un po' platonicamente, col Renier, il Giornale storico e
direttamente gli Studi medievali, con la cooperazione dell'amico
suo, fondb, come presidente della Società bibliografica italiana,
il periodico II libro e la stampa.
Succeduto al compianto Lamberto Loria nella presidenza
della Società etnografica italiana, assunse anche la direzioìie
del Lares. Benemerito presidente della Società atorica lombarda,
aasìcurb una vita, una dignità, un'importanza nuove tXÌ' Archivio
storico lombardo. E quasi ciò non bastasse, valendosi felicemente
della larga fiducia che gli accordava il benemerito Istituto d'Arti
Grafiche di Bergamo, iniziò nelI'S^ e prosegua per ben otto vo-
lumi la pregevole Biblioteca storica della letteratura, alla quale
diede egli stesso un eccellente contributo; e più tardi, presso
la medesima Casa editrice, intraprese la splendida Collezione
Notati, della quale è peccato abbiano veduta la luce due
volumi soltanto, uno dei quali dovuto alle sue cure. Infine pro-
mosse con altri la pubblicazione d'un utile Bollettino: La Lom-
bardia nel Risorgimento italiano.
Passò, dunque, non come un affrettato escursionista, ma
come un forte, sagace esploratore nei territori più vari della
storia, della critica, della coltura, dovunque prodigando tesori
d'attività e di sapere. Si direbbe che egli si fosse proposto di
rinnovare e, quasi aggiungerei, di riabilitare il tipo tradizionale
dell'erudito esclusivo, pedantesco, ringhioso, misantropo, tutto
chiuso nei suoi libri e fra le sue schede. Il topo di biblioteca e
d'archivio, pur amando frugare senza posa nelle biblioteche e
negli archivi, amava anche l'aria lìbera e soleggiata e sapeva
diventare pure un uomo " di società , ricercato e irreprensibile;
un buongustaio pieno di curiosità geniali, che i mesi delle va-
canze dedicava, al pari del suo amico Renier, a viaggi di pia-
cere e d'istruzione e di ricerca attraverso l'Europa, dai quali
ritornava sempre nel suo elegante e ricco quartierino di Via
Borgonuovo — un nido' ideale per uno scapolo, mezzo biblioteca
e mezzo pinacoteca — riportandovi qualche felice acquisto di
coltura nuova e di ghiotta prede erudite a vantaggio degli studi
italiani.
Così, o colleghi, i due amici defunti, in tante cose fra loro
diversi, per la figura e l'opera loro individuale, si completavano
D,!„t,zed.yGOOg[e
COMU&UOR. VI RODOLFO KBNIER B 1>I FRANCESCO NOVATI 593
l'uno con l'altro, tanta era in es3Ì l'identità dei princìpi e dei
metodi, tanto in entrambi l'ardore purissimo per la scienza
pura.
I due fratelli d'arme, quelli che Fio Bajna ebbe a dire i
due " atleti , nel campo di questi nostri studi, caddero colpiti
dal destino, crudele ed ingiusto. Caddero, quando ancora così
larga messe di opere si poteva, si doveva attendere da loro.
Caddero colpiti, mentre anch'essi, come ogni buono e degno
italiano (1), provavano l'ansia, la passione struggente della tra-
gedia immane — sanguinosa, ma giustiziera e, a dispetto delie
dolorose ma transitorie apparenze, purificatrice — che allora
s'iniziava appena, quella che trascinò anche il popolo nostro
verso la mèta fatale, da esso afferrata per l'eternità, proprio
allorquando appariva più lontana e inafferrabile.
Dinanzi alle figure dei due consoci, i cui nomi splendono
tra i^ più insigni negli annali di questo antico sodalizio, noi
dobbiamo inchinarci con un sentimento di gratitudine e d'affet-
tuosa reverente ammirazione, ma anche con un augurio; l'au-
(1) A dimostrare quale fosse l'aUepiKiiiniento fortemente, apertamente
italiano del Renier sin dagli inizi della guerra, basterebbe ricordare ch'egli
mi fu caldo incitatore e gpirituale collaboratore nel redìgere quella circo-
lare a stampa, che — in data del 20 ottobre 1914 — fu diffusa fra i pro-
feisori uuiveraitari e firmata da un gruppo non troppo numeroso di eaai.
La circolare era una fiera risposta ' Ai colleghi di Germania , che ave-
vano osato rivolgersi, proprio essi, * Alle nazioni civili , e ' quali rappre-
sentanti della scienza e dell'arte tedesca , in tono di fiera protesta' e in
difesii del loro popolo, del loro governo e del loro imperatore, natural-
mente, innocenti delle colpe, ond'erano accusati da tutto il mondo civile.
Della buona itiilinnità dei due estinti calleghi sarebbe superfluo par-
lare. Dell'attegi^iamento del Renier sino dal principio della guerra toccai
anche nella Commemorazioncrinserìta nell'^finrinrio della R. Università (p. 12
dell'estr.); del Novati ricorderò, oltre la lettera pubblicata piii addietro, nn
particolare poco noto, anteriore alla guerra. Nel I9I3 in occasione d'un
referendum .sul Nazionalismo, pubblicato nel volumetto II Nazionalismo giu-
dicato da letterati, artisti e scienziati, uomini politici e giornalisti italiani,
Genova, Libreria editr. moderna, 1913, p, 13, Ej^li così rispondeva atterzo
quesito sulle conseguenze che sì avrebbero dal prevalere della corrente
nazionalistica in Italia: " Ceito, una sola via non conduce a nulla. La fra-
tellanza universale, che non ha mai esistito, che non esisterà mai, perchb
fe fuori dell'ordine naturale, fe aspirazione di sognatori. Un paese che ha
coscienza di ?.\i, sarà sempre un paese forte. Tale possa divenire l'Italia! ,.
zed.yGOOg[e
594 TITTOBIO GIAN — COHHEHOBIAZIOSS, ECC.
gorio — certo, non vano — che i giovani della generazione la qnale
ha avuto la fortuna ed il merito, la gioia e, moetnioso a dirsi,
anche il dolore di salutare l'alba purpurea e tempestosa, ma,
grazie all'italiana Vittoria, gloriosa, ma augusta, ma santa e,
a dispetto dei tradimenti intemazionali e dei tradimenti no-
strani, feconda, della nuova giornata d'Italia, che i giovani
sappiano proseguire degnamente gli esempi nobilissimi dei due
Maestri scomparsi.
Gli Accademici Segretari
Cablo Fabbizio Pabona.
Ettobb Stampini
D,B,t,zed.yGOOg[e
CLASS K
SCIENZE MORALI, STORICHE E PILOLOQICHE
Adunanza del 30 Oiagno 19S0
PRESIDENZA DEL SOCIO SENATORE FBANCESCO RDFFINI
TI CEPRKSI DENTE DELL'aCCADEIHA
Sono presenti i Soci Pizzi, De Sanctis, Baudi di Ybshe,
SCHIAFARBLLI, PaTETTA, ViDARI, CiAN, VaLHAOOI, FaGOI, LdZIO,
e Stampini Segretario della Classe.
E scusata l'assenza dei Soci Einaudi e Prato.
Si legge e si approva l'atto verbale della precedente
adunanza del giorno 30 maggio.
L'Accademico Segretario dà lettura del telegramma col
quale S. E. Boselli, Direttore della Classe, ringrazia per il te-
legramma augurale inviatogli a nome della Classe e annunzia
che la sua guarigione procede felicemente.
11 Socio Stampini presenta, per la pubblicazione negli Atti,
una sua Nota dal titolo Nuovi saggi umanistici. Presenta inoltre,
per lo stesso scopo, una Nota del Socio corrispondente Elia
Lattes, intitolata Obiezioni generali del Meillet e d'altri contro
U parentele ilalicke dell'etrusco.
Il Socio Stampini fa omaggio alla Classe, anche a nome
dell'Editore Giovanni Chiantore, del suo recente volume in cui
L'^Orator ' di M. Tullio Cicerone commentato da Attilio De Marchi
è presentato in una novella edizione da lui notevolmente modi-
Aai lUUa R. Areadtmii — Voi. LV. 41
D,!„t,zed.yGOOg[e
596
ficata, specialmente in rapporto a tutto ciò che concerne il ritmo
oratorio, ed anche in parte totalmente rifusa. La Glasse ringrazia.
Finalmente il Socio Staiipini presenta un recente opuscolo
del Socio corrispondente Giuseppe Biadeoo, da questo inviato
in omaggio all'Accademia, Per il centenario della morte di Dante
Alighieri. Il Socio corrispondente Biadeoo in questo opuscolo
propose all'Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere di Ve-
rona che essa prendesse " l'iniziativa di un volume che raccolga
gli scritti che intorno a Dante dettò un nostro illustre collega
da pochi anni scomparso, Carlo Cipolla ,. L'Accademico Segre-
tario Stampini, anche nella sua qualità di Socio onorario dell'Ac*
cademia di Verona, la quale approvò alla unanimità, nella sua
adunanza del 30 maggio u. s., la proposta del Biadboo, plaude
a tale deliberazione, e propone a sua volta che la nostra Classe,
la quale ebbe l'onore dì avere per tanti anni a suo Socio Carlo
Cipolla e di pubblicare anche alcuni suoi importantissimi lavori
danteschi, esprima altresì il suo fervido plauso alla proposta del
Biadeoo e al voto dell'Accademia Veronese. Parlano in favore
della proposta Stampini i Soci De Sanctis e Cian, e la Classe
la approva alla unanimità, ringraziando il Socio corrispondente
Biadeoo.
D,!„t,zed.yGOOg[e
BTTOBK STAMPINI — NUOTI SlOai UMANICTICl
LETTURE
NDOVI SÀDSl VHOISTIGI <'>
Da Catullo. Saggio di versione in dìstici elegiaci italiani. — Alcuni i
grammi attribuiti a Seneca recati in elegiaci italiani. — Intcriptto
Nota del Socio nazionale residente ETTORE STAMPINI
DA CATULLO
àìsfici elegiaci italiani
(1920)
Premetto poche righe d'avvertenza per dire che, se sono
persuaso, come mi sono studiato di dimostrare (1), che l'ende-
casillabo italiano, per la sua capacità di varie movenze, per
differenti posizioni e combinazioni d'accento, di cui è suscetti-
bile, può benissimo, nel tradurre, tenere il posto del falecio,
del trimetro giambico e anche del coliambo latino, non sono,
per contro, dello stesso avviso, allorché si tratti di recare nella
lingua nostra il distico elegiaco. Si ha un bel dire, ma il nostro
endecasillabo, per quanto foggiato da mano maestra, potrà bensì
conservare tantissime qualità, la forza, la leggiadria, l'asprezza,
la tenerezza, la fluidità, la maestà, la lentezza, la rapidità, tutto
quel che si vuole, dell'originale classico, ma solo fino ad un certo
(•) Per altri saggi, pubblicati in vnrii tempi, cfr. di questi Ani i to-
lumì LI, pag. 1358 sgg.; LII. pag. 1053* egg.; LIV, pag. 26Cr sg., SOS" igg.,
632'egg., {126* sgg.; LV, pag. 280 agg., e, in genere, le AppettAiei ai miei
due Tolumi di Stadi di Lettn-atura e Filologia latina (Torino, Bocca, 1917
e 1921).
ri) Nel Tol. LIV di questi Atti (a. 1919), pag. 924 sg.
D,!„t,zed.yGOOg[e
598 BTTORS 3TAHP1NI
punto: che non riuscirà mai s riflettere, nella traduzione italiana,
quell'elemento imponderabile, immensurabile, ma pur reale, por
sensibile, che è compenetrato col metro dell'esemplare e che
inesorabilmente sfugge anche alla più minuziosa attenzione,
all'arte squisita del piti abile de' traduttori, qualora questi non
s'adoperi per salvare, in armonia con l'indole della propria
lingua, quanto più pub di quel ritmo in cui è configurato il
pensiero e il sentimento del suo autore. E dico il ritmo, cbe è
la parte spirituale, per cosi esprimermi, del verso, e cfae sus-
siste indipendentemente dalla quantità, la quale costitnisce la
parte materiale del metro (1).
Penso perciò che non sia possibile tradur bene i distici
elegiaci latini, se loro non si fsccian rispondere altrettanti di-
stici italiani con lo stesso ritmo. E parmi cbe, in riguardo
all'esametro, gran difficoltà non vi sia, purché l'accento nostro
prenda il posto che ha nel metro latino Vidug o tempo forte,
ciò che mi sono argomentato di fare ne' miei esametri. Meno
facile, molto meno facile, è ricondurre il pentametro ad un
ritmo che non sia monotono e, dirò anche, parecchio ingrato,
come s'avrebbe seguendo in entrambe le parti di esso metro il
criterio fisso della perpetua rispondenza dell'accento italiano
all'ictus latino. Ho cercato pertanto un temperamento per il
primo membro, talora attenendomi a quella rispondenza, p. e.,
e. 72 b( come ai gèneri vqòI ( J w v, x ^ ^, .f)
, fùraa ad am&r di pili (J ^ v, ^ -, .i)
e 75 né d'am&rti cegiàr {^ -, j. ^ ^, j.)
e. 109 durerà fra nói (.i -, J. -, J);
ma altre volte mi sono scostato da siffatto procedimento, seguendo
quelle altre forme cbe sono da me state altrove minutamente
analizzate (2). Gob\ ho ottenuto una certa varietà di movenze nel
primo membro, per compensare l'inevitabile uniformità del se-
condo, giusta lo schema che risulta dal chiudere questo secondo
membro normalmente con parola bisillaba (come il piii delle
(0 Vedi l'ampia trattazione di questo punto nel mio studio Lt Odi
borbart di Oioauì Carducci e la metrica latina, Torino, 1881, pag. ix b|^.
e» ìfel mondo latino. Sttidt di Letteratura e Filologia. Seconda serie, Torino,
1920. pag. 6 8gg.
(2) Op. cit. pag. 53 agg. = Studi di Leu. cit., pag. 89 sgg.
I
zed.yGOOgle
NUOTI SAOfll UHANISTICI 599
volte si riscontra nel verso latino), ma conservando sempre
scrupolosamente l'ictus classico nei due primi piedi mediante
l'accentuazione italiana, p. e.,
e. 96 giòia l'amóre tao {gauéet amóre tuo).
Ed ora giudichi il lettore.
70 (1).
Dice la donna mia che a nessuno vorrebbe sposarsi,
salvo che a me, né pur se la chiedesse Giove.
Dice: ma quel che dice la donna al cupido amante
d'uopo è nel vento scrivere e in rapida onda.
72.
Tempo fu che dicevi che sol conoscevi Catullo,
Lesbia, ed in vece mia neanche volevi Giove.
Bene ti volli allor, ma non come Ìl volgo all'amica,
ai come ai generi vuol e come ai figli il padre.
Ma or ti conosco: perciò se più intenso il mio fuoco divampa, 5
pure tu sei per me molto più abbietta e vile.
Come lo puoi? tu dici. Perchè tale ingiuria l'amante
forza ad amar di piil, ma a ben voler di meno.
(1) Testo latino;
70.
Nulli ee dicit mnlier mea nnbere malie
quam mihi, non si ee loppiter ip«B petat.
Dicit: B«d rnnlier cupido quod dicit amanti,
in vento et rapida acrìbere opoitet aqua.
72.
Dicebaa quondam lolum te nosae CatuUum,
Lesbia, nec prae ne Telle tenere lovem.
Dileii tnm te non tantum ut vulgus amicam,
Bed pater ut gnatos dili^t et generos.
Nunc te oognovi: qnare etsi impenaiai oror,
multo mi tamen ea TÌlior et levior.
Qui poti* aat? inquia. Quod amantem iniuria talia
oogit amare magia, aed bene velie minua.
D,!„t,zed.yGOOg[e
ETTORE iiTlKPlNt
75 (1).
L'anima per tua colpa a tal punto, o mìa Lesbia, è ridotta
e s'è Braarrita così, per conservar sua fede,
che volerti più bene non può, se pur fossi pudica,
né d'amarti cessar, qual che tu faccia cosa.
79.
Lesbio è bel. Come no, s'è quegli che Lesbia prepone
a te con l'intera gente, Catullo, tua?
Ma cotesto bel venda pur con sua gente Catullo,
se troverà tre baci dì conoscenti suoi.
Quinzio, se vuoi che degli occhi ti eia debitore Catullo
0 d'altro, se cosa v'è più degli occhi cara,
deh! non rapire a luì quel che a Ini di molto è piìi caro
degli occhi, o s'altro v'è piìi degli occhi caro.
76.
Huc eat meo* deducU tua, mea Lesbia, colpa,
atque ita ae ofBcio perdidit ipsa ano,
nt iam neo bene velie qneat tibi, li optima fiaa,
nec desistere amare, omnia si famaa.
79.
Lesbins est pulcher. Qaid ni? quem Lesbia malit
qnam te cnm tota gente, Oatulle, taa.
Sed tamen bio palober vendat cnm gente Catullnm,
ti tria notomm savia reppererit.
82.
Quinti, si tibi vie oonloB debere Catatlnm
aut aliad si quid oarias e«t ocnlis,
erìpere ei noli, molto quod oarìns illi
est ooali* aen quid caria» est oonlia.
zed.yG00g[e
NUOVI SAGGI UMANISTICI
3(1).
Lesbia, presente il marito, di me dice il massimo male,
e quel baggiano somma letizia prova.
Mulo, non t'accorgi : se di noi tacesse obliosa,
sana saria: perchè gagnola e dice corna,
non ricorda sol, ma, quello che ha più del piccante, 5
è sdegnata; cioè, brucia e nel cuor si cuoce.
85.
Odio ed amo. Perchè ciò foccia tu forse domandi.
Non so; ma pure sento che è vero e soffro.
Niuna donna può dir che in vero fu amata cotanto,
quanto amata da me fosti tu, Lesbia mia.
In niun patto giammai mostrossi cotanta la fede,
quanta nell'amarti fu dalla parte mia.
Lesbia mi praeiente viro mala plurima dicit;
haec illi fatuo maxima laetìtia est.
Hnle, nihil aentis: si nostri oblila tacerat,
Bana esaet: nana, qnod gannii et obloqnitui:,
non Bolnm meminit, sed, qnae malto Kcrior eat rei,
irata est; hoo est, oritur et coqDÌtnr.
Odi et amo. Qnare id faciam, fortasse reqnirii.
Hescio, sed fieri senti o et e
87.
Nulla potest mnlier tantnm se dioere a
vere, quantum a me Lesbia amata mea es.
Naila fides «Ilo fiiit umqnam in foedere tanta,
quanta in amore tuo es patte reperi» mea est.
D,!„t,zed.yGOOg[e
ETTORI STAMPINI
Cesare, troppo a cuor uou mi sta di volerti piacere,
nò dì saper mi curo B'uom tu eia bianco o nero.
96.
Cosa gradita e cara ae mai dai muti sepolcri
accadere, o Calvo, possa dal nostro lutto
— con tal cordoglio gli amorì riviver facciamo lontani
e rimioviamo il pianto per l'amicizie perse — ,
certo non tanto reca la morte immatura dolore
a Quintilia quanto gioia l'amore tuo.
Per molte genti, per molti mari portato,
a queste esequie tristi, giunto, o fratello, io sono,
per ofiiire a te l'estremo tributo di morte
e al cener muto vane parole dire,
(1) Testo latino:
Nil Dimium stadeo, Caesar, tibi velie piacere,
nec Boìre nUnin ma olbns va ater hoino.
».
Si quicquam mutia gratum acceptnmTe sepnlcrìi
uccìdere a nostro. Calve, dolore potesi,
quo deiiderio veterea renovamni amores
atqne olim miuaa BemnH amicitìfu,
certe non tanto mora immatura dolori ett
Quiotiliae, quantum gnudet amore tuo.
101.
Multai per gentes et multa per aeqnora vectni
advenio has miaeraB, frater, ad inferiai,
nt te postremo doaarem moaere mortù
et matam nequiqoam alloquerer dnerem,
D,!„t,zed.yGOOg[e
NCOTl SASSI DltAHISTICI 603
poi che la so)-t« rapimmi la tua persona, o fratello 5
sventurato, a me A indegnamente tolto!
Queste offerte intanto, che, giusta il prisco degli avi
uso, all'esequie tue, mesto presente, io reco,
tu ricevi stillanti di molto pianto fraterno,
ed in perpetuo salve, fratello, e vale. 10
104 (1).
Credi tu ch'io potei maledire colei cb'è mia vita,
che a me d'entrambi gli occhi più cara torna?
No! Se il potessi, il mio amor non cosi disperato sana;
ma con Tappon le cose mostruosamente svisi.
108.
Se per voler di popol la tua canuta vecchiaia
d'impure azioni sporca, o Cominio, pera,
dubbio non ho che pria la lingua nemica de' buoni,
tagliata, a ingordo nibbio assegnata sia,
gli occhi cavati un corvo con atra gola divori, 5
gl'intestini i cani, l'altre tue membra i lupi.
(1) Testo l&tiuo:
qnandoquìdem fortuna mihi tete abatulit ipsDin,
heu miier indigne frftter adempte mihìi
Nunc tanan interea haec prisco qnae more paientam
tradita auni triiti munere ad inferiaa,
aooip* fraterno nmltmn manantia fleto,
■tqae in perpetnom, frater, ave atqne vale.
104.
CredÌB me potuiue meae maledìcere vitae,
amboboi mihi qnae carior est oontis?
Non potai, nec, ri possem, tam perdite amarem:
eed tu cnm Tappone omnia monitra tua».
108.
Si, Domini, popnli arbitrio tua cuna BenectoB
«porcata imparia morìbaa intereat,
non eqnidem dnbito qnia primnm inimica bonomm
lingua aisecta arido sit data Toltarìo,
effoaeoi oculos voret atro gnttnre corvos,
inteitina canes, cetera membra lapi.
D,!„t,zed.yGOOg[e
ETTORE STAMPINI
109 <1).
Hi fai parer, mia vita, che il nostro amore presente
durerà fra noi perpetuamente lieto.
Grandi dei, fate voi ctie il vero promettere possa,
che ci6 sincera dica e dall'imo cuore,
^ che sia lecito a noi protrarre per tutta la vita
sempiterno questo patto di sacra fede.
(lìTeato latino:
10».
locondum, mea vita, milii proponi* amorem
hunc noitrum Inter nos perpetuoro^oe fore.
Di magni, facite iit vere promittere poesit,
atque id sincere dìcat et ex animo,
ut liceat nobis tota prodocere vita
aeternuoi hoc ganctae foedus amicitiae.
D,!„t,zed.yGOOg[e
NCO?I SAQQl DUALISTICI
ALCUNI EPIGRAMMI ATTRIBUITI A SENECA
recati In elegiaci Italiani (•)
(ISSO)
I (232) (1).
Tutto divora il tempo edace, tntto divelle,
tutto smuove dì sede, niente esser lascia a lungo.
Cessano i fiumi, il profugo mare rasciugano i lidi,
scendono io basso i monti, crollan gli eccelsi gioghi.
Picciolo cose io dico: del ciel la bellissima mole 5
arderà ad un tratto tutta di fiamme sue.
Morte tutto pretende. È legge, non pena, perire:
tempo sarà che questo mondo nel nulla fia.
(1) Tuto tatÌDo:
I (232).
Omuift teupus edax depaecitur, omnia curpit,
omnia Bede movet, nil ainit esie dm.
Flumina deSciunt, profngnm mare litota ticcant,
■ubsidiiiit mooten et iuga celia ruunt.
Quid tam parrà loquor? tnolei pnlcherrìma caeli
ardebH flammis tota repente buìi.
Omnia mori poioit. Lei est, non poeua, perire:
bio aliqno raundui tempore nulluB erit.
(*) I numeri fra parentali son quelli d.9\ì'Anlh4>logia latina di Aleuandro
Bieee (I*, 1894-906). E appena il caio di avvertire che boIo dei tre primi
epigrammi ai pub conaiderare aicara l 'autenticità; ma b probabile anche
quella di altri. Certo non pnb essere di Seneca, benil di acrittore criiftano,
il cosi detto Epita^iun Seneeae (num. XII ^ 667 Rieie), nonostante l'inge-
gnoio tentativo fatto da Carlo Pascal per dimoitrare ohe 6 poiiibile lia
itato scritto da Seneca steiio (c&. Attnt t Bontà, X, 1007, N. 97-98,
col. 22-26).
D,!„t,zed.yGOOg[e
ETTORS STAHPIKI
II (236) (1).
Corsica, o terra un dì dal colono Pocaico abitata,
Corsica che Cyrnoa eri con Greco nome,
Corsica di Sardegna più corta, piil lunga dell'Elba,
Corsica, regione pervia a pescosi fiumi,
Corsica orrenda, appena diviene infocata l'estate,
cruda piti ancor, se il muso mostra feroce il Cane,
ì relegati risparmia; cioè, risparmia i passati!
Al cener de' vivi sia la tua terra lieve!
Ili (237).
Barbara è chiusa la Corsica in mezzo a balze scoscese,
aspra e deserta tutta per desolate plaghe.
Non l'autunno frutti, non educa biade l'estate,
e alla canuta bruma manca il Palladio dono.
Primavera piovosa non dì prodotti s'allieta,
neanche l'erba vien in quest'infausto suolo.
Qui non pane, non sorso d'acqua, non l'ultimo fuoco ;
sol due cose son qui: l'esule con l'esilio!
(1) Teato latino :
li (236).
CorBÌoa Pbocaico tellua habitata colono.
Cornea qoae Qraio nomioo C^moi eraa.
Conica Sordinin brevior, porrectioc Uva,
CorùcA pìaoDB» peivìa flu mini bus.
Conica terrìbillB, cnm primum incanduit aaitaa,
Baevior, ostendìt cam ferua ora Cania,
parce relegaiìa; hoc est, iam parca aolntia!
Vivoram cinerì ait tua terra le*ia!
Ili (2871.
Barbara praeraptis inctuaa eat Corsica aazìa,
horrida, deaertìa andique vaata locii.
Non poma BotuinDUB, tegetea non odneat aMttta,
oanaqne Palladio manere brama caret.
Imbrìfemm nnllo ver eat la«tabile fetn,
nnllacine in infauato naacìtnr herba tolo.
Non pania, non haaatua aquaa, non nltìmna igni*;
hic aola haec dno annt: ezau] et eiaìliam.
D,!„t,zed.yGOOg[e
NUOTI SAOQI UMANISTICI
IV (418) (1).
Opra nessuna sorge, cui non annosa vecchiaia
vinca, od avverso giorno non a soqquadro metta,
anche se alle stelle grandiose montagne tu estolli,
e le piramidi arse cerchi uguagliar co' marmi.
Ninna morte all'ingegno nuoce; è tranquillo e sicuro,
e sempre illesa serbano fama j carmi.
y (429).
Piacemì omai ai giochi e ai furti lascivi tornare.
Musa giocar mi giova: Musa severa, vale!
Voglio ornai Àretusa cantar dalle turgide mamme,
stretta talor le chiome, sciolta talor le chiome,
come alla soglia mia percota col segno notturno
e intrepido al buio metta scaltrita il piede,
e ora le molli attorno al collo avvolgendo sue braccia,
il niveo fianco semisupina pieghi.
IV (418).
Nnlluin opua eisurgit, quod non annoHft vetugtas
eipuRiiet, quod non vertnt iniqua diea,
tu licet extollae maKiios B,d aidera montes,
et calìdas aequea marmore pyramìdas.
Ingenio mon nulla nocet; vacat uudique tutum;
inlaeanni semper carmina nomen habent.
V (429).
lam libet ad lasca lagcivaque furta revecti.
Ludere, Uuaa, iuTat: Musa aevera, vale!
lam mibi narieiur tu mi dia Are th usa papilUs,
nuno astri età co mas, nunc reaoluta co mas,
ut modo nocturno pulaet mea limina signo
intrepidoa tenebria ponete docta pedes,
nnnc colto molles circum diffusa Incertos
inflectat nÌTeum temisupina latus,
D,!„t,zed.yGOOg[e
608 BTTORB STAMPINI
e ora di posa in posa, i dolci imitaado dipiati,
10 sappia paasare ed essa penda dal letto mio,
né si vergogni mai, ma di me più ancora procace,
irrequieta sempre salti per tutto il Ietto.
Non mancherà chi Priamo compianga od Ettore canti:
Musa, giocar mi giova: Musa severa, vale!
VI (430) (1).
0 benedetto viso, di Bacco e d'Apolline degno,
che uomo giammai né donna senza periglio vede!
Dita, quai di fanciullo o di verginella diresti,
o esser piuttosto del verginale iddio!
5 Oh felice la donna che il collo ti morde, e felice
quella che a te col labhro livido il lahbro rende,
e la fonciulla che teco petto con petto giungendo,
nella tua molle bocca stanca la lingua sua!
VII (432).
Non del sacro Catone stupiscati il rozzo sepolcro;
anche del grande Giove piccole tombe trovi.
(1) Testo latino:
ioqae inodos omnes, dulcee imit&ta tabellas,
10 transeat et lecto penduat illa meo,
nec pudeat quicquam. sed me quoque neqaior ipso
«I9ultet toto non requieta toro.
NoD derìt, Prìamum qui deSent. Hectora narret :
ìudere. Musa ìuvat: Mnsa aevern, vale!
VI (430).
0 sacroa vultua Botcho ve) Apolline di^oa,
quoa Tir, quoa tuto femina nultn videi!
0 digitof. quales pneri vai virginia eaae
vel potiua credai virginia esse dei!
5 Felix, ai quit tuum conrodit femina colluna,
fplìi. quae labria livida labra facit,
quiteque pnella tuo cum pectore pectora ponit
et lingnam tenero laasat in ore snam !
VII (432).
Ne mirere sacri deformìa buntu Catonia:
visuntur niaj^ai parva gepulcra lovi?.
D,!„t,zed.yGOOg[e
NUOVI SAOSI 0MAN1STICI
Quando il belletto ai mette, la faccia Sartorìa si mette:
quando il belletto perde, perde del par la faccia.
IX (441).
Deh sopravvivano a me il fratello maggiore e il minore,
e abbiano duol da me sol per la morte mia!
Deh ch'io li vinca e a mia volta da lor nell'amare sia vinto ;
deh fra noi bella mutua d'amor sia gara!
Deh possa Marco un di, che or con dolce loquela cinguetta,
ambi gli zii sfidar con l'eloquente labbro!
X (442).
Serse il grande appari Ne accompagna la marcia l'intero
orbe. Sei, Grecia, in forse di sopportarne il giogo?
Gli ordini esegue il mondo: coprirò il sol le saette,
si calpesta il mare, fluttua gigante l'Athos.
(1) Teato latino:
Cum cretam snmit. fnciem SertorU «nmit:
perdidit ut cretam, perdidìt et faciem.
]X (441).
Sic mihi sit frater maiorque minorque superate^
et de me doleant nil nisi morte mea!
Sic illos vincam, eie vincar rursus amando ;
mutuoB inter noa hìc bene certet amor!
Sic dulci Marcus qui nunc sermone fritinnit,
facundo patraos provucet ore duoal
X (442).
Xeriea n)fk}(nai4 ndeH. Tottis comitatur euotem
orbie. Quid dubitas, Graeeia, ferre iuRuni?
Mundus iussa facit: Bolem teiere eagittae,
calcator pontue, floctuat altus Athon.
D,!„t,zed.yGOOg[e
ETTOKB STAMPIMI
XI (448) (1).
Possa esser tns colei, qual sia, che vuoi fare tua donna,
e colei che vorrai, struggala mutuo foco!
Oh non manchi giammai al tuo petto fiamma soave,
e sempre sgombro sia da pasaion che neccia!
XII (667).
Cura, fatica, merto, uffici ed onori con essi,
ite! per l'avvenir altri tentate cuori!
Dio me chiama da voi lontano: è finita! compiute
le terrene cose, tu, ospite terra, vale.
Pure il mio corpo, o avara, fra pietre solenni ricevi:
che l'alma al cielo, ma a te rendiamo l'ossa.
XI (448).
Sic tua ut, quamcumque tuam vis esse puellun,
«e qaaiDCuniqae Tolea mutous ignìa edat;
sic numqii&in dolci careont tua psctora flamma,
et sic laeanro semper amore vaceot.
XII (661).
Cura, labor, meritura, sumpti prò mnnere honorea,
ite, alias posthac Bollicitate animM!
He procul a vobia deas erocat. Ilicet, actìi
rebus terreais, hospita terra, vale.
OorpQB, avara, tamen sollemnibui accipe sasii:
namqne animam caelo, reddimna ossa tifai.
D,!„t,zed.yGOOg[e
KDOVI SAOai UMANISTICI
INSCKIPTIONES
I.
Ad Ahicos Desentianenses
qvoD
RECTOHES- ET-PROFfiRSOKES
LYCEI'flyMSASlIQVE'REOIIS'IVRE-AEQTATI
ET- SCHOL \E 'TECIISIC A E ■ ET- EPH EBEf M VNICIPALIS
DESENTIANI-AD-BENACVM
AVCrrOBIBVa-ALOISlO-MABTINl-GABRlEL-BEBLESE' A VOVSTINO- VEDOVI
A1IICI8-MEI&
MIHI'GBATVLAT10NI3-CAV8A
KEUBRANAH'HVNERfHISERVNT-ELEaANTER-HARGINATAH
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A'SILVIOGIACOMELLI- AMICO-MEO- EXCOGITAT AH
AC-LECnSSUaa-SESTENTlABVM'ET-VEKBORVM-ORNAJIENTIS'EXFOUTAlC
GOTHICIS-LITTERARVM'FORMIS-DESCRIPSIT
PRO-TANTA-ERGA- ME -BENEVOLENTI A
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MIRIFICA8-GRATIA8-AOO-ATgVE-HABE0
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HVIC-HONORI- AMPLISSIMO
KERITA-UEA-NEQVAQVAH-RESPONDERE
ET- PRO-CERTO- AFFIRMARE-AVDEO
NON-MIHI-CONTINGERE-POSSE
QVOD- AMICI- MEI-DESENTIANKNSES
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SACRO -RELIOIONIS' RITV- ET- DOUESTICA-LAETITIA- CELEBRANTI
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SIC- AMPLIPrCAT • ET TROPAO AT
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HECTOR- STAMPINI
OMNIA-PAVSTA'IN-MVLTOS-ANNOS'RITE-OMINATVS
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BiaNITATia • AT<1 VE • HONOBIB • ASCBNDAT
zed.yG00gle
NUOTI SAQQl UMANISTICI
I.
Ad Pauluk Boselli
(prid. kal. Apr. a». 3tCMXX)
Candida, Paule, tibi mitto paschalia vota:
ore rogo excipias quo mea acripta aoles.
LandibuB extollie quae interdum carmina pango
Naao quibus cecinit trJBtia' bta modie;
landibus atque tuia addis catcaria menti,
pectorìa et vires ingemique fovea.
Quam tribuia nobia, laus est duloÌBsima rerum:
nil est quod valeat noa recreare magia.
Eiua namque Viri, concors quem Patria laudat,
laude mihi quidnam dulcius esae potestP
Ast ego nunc Fatrìae dilectae tempore iniquo
Bcribere quid posanm, quid uisi dura loqui?
Quidve meo adgrediar venerando dicere Paulo,
cui placidas aurea adplicuisse velit?
Quid praebet noatria optabile vita diebua?
quid sperare datuvP quae facienda rear?
Multa vigent hodie merito quae abiecta fuenint,
multaque nunc aordent quae placuere modo.
Quoquo oculos vertas, quoquo vestigia flectaa,
quot Bcatet infelix Itala terra malia!
Heu! heu quoa hominee, quoa morea protulit atrox
aetaa quam Patriae fata dedere meae!
Impia turba, rapax, omni desueta labore,
iam ruit in vetitum desidioaa nefas.
D,!„t,zed.yGOOg[e
t ETTORE STAUFINI
Quas genuit nuper divina Pecunia mundo,
artes nunc poUent et decus omne [>arant.
Gontra quae quondam florebant Palladis artes,
nunc sine honore iacent, nunc sine pane gemunt.
Quid quod nunc acrìs studia haec ezstinguit egestas,
macra quibua quamvls rea ateteratque decus?
Dicam quos bellum potuit ditare scelestos,
quos effert turpi rea mate parta manuP
Aut quibus eat foedo rerum penuria Incro,
civis ut a lacrimia aurea praeda fluatP
Turbidna anne opifex vino dapibusque profundat,
parvuB quae peperit praemia magna labor,
dum qui doctrinae studiisque ìncumbit honestis,
languet inops misere, deficit atque fame?
Scilicet illius praesto eat sententia cordi,
qui aatius vita credidit esse morì!
Nonne fuit pulchnim non haec vidisae nefanda?
0 fortunati qui periere pnua!
At non iata tibi debebam acribere, Paule;
nempe ego prò laetis carmina maestà cano.
Farce, precor, dictia, maeror quae fudit, acerbis,
prosperet et caelam quod mea vota petant.
Multa tibi in longa aerventur gaudia vita,
flebile nec quìdquam sora inimica ferat;
multaque vivendo auperana felicia lustra
Xeatoreos fines egrediare senex,
aemper et incolumis fidoque superstes amico
extremum dìcaa tu mihi, Paule, vale.
D,!„t,zed.yGOOg[e
NUOVI SAQOI UUAMSTICI
IL
AD ÀDELAH PlACIDÀM CaRBSRA
(«unse lunio an. ÌSCMXX)
Natalem celebrare tuum nomenque quotannis
dalce mihi studium curaque grata faìt
iam ttim, cum priniiini tenera ea spectata puella
mensque probata tua est ingeniumque mìhi.
0 quot sunt nobis esin iam lustra peracta!
iam saecti spatium praeteriisse putem.
Quot res mutatas perverse vidimuB ambo,
cernere quot caaua contigit atque pati!
Tempora nam subeunt tibi cum, carissima Àdela,
vivere ìucunde fata benigna dabant.
Felix tam genitor, felìx pulcherrìma mater
oscula carpebant, unica nata, tua:
ac tu crescebas, ut crescit floscalua ex quo
aera permulcens funditur almus odor.
Ut vero in pratis gracilÌB flos surgit apertis,
quem ventus subito stemit iniquus humi,
sic teneria fatum miseram te stravit in annis,
cum mortis iaculis cessit uterque parens.
Tu tamen atroci potuistì obsistere fato;
sed quae perpessa es non meminiese iuvat.
Hoc meminisse placet solum repetamque frequenter:
durasti fortis, casta, modesta, pia.
Rebus in adversis vìtae durisque procellis
iodomitum pectus vincere nil potait.
Te artibas intentam doctae studiisque Mioervae
extulit ingenìum sedulus atque labor,
Qnare nulla, puto, reperìri femina possit,
qaam tu doctrina non superare queas.
-Doctrìna dociles mentes operosa magistra
imbuis, ad morea instituisque probos.
D,!„t,zed.yGOOg[e
BTTORB STAHPINI
Tuqae Deum colere et Patriam praeponere vìtae,
tuqufi sequi leges ìustitiamque doces.
Quid? modo te ridi, dubii per tempora belli,
prò patriia aria et trepidare focis,
teque fovere inopeB curia aegrosque reversos
ex acie morbìs vulneribneque domum,
corpoTÌB et mentis vires consumere laetam,
omnibua adflictis ferre libenter opera.
Tempora nunc memoro, quae tum quoque &ust8 vocares,
cum nostria armis sora inimica fuit.
Nam poat immanea clades et funera dira
Itala ree potuit toUere firma caput:
tanta quidem numquam risit Victoria, quantam
Italiae Italicae tuac peperere manos.
Spes igitur nobia fuerat fidisaima pulchros
noe iterum Patriae poase videro dies,
Pax quibus Italiae populea optata vocaret
ad ae, in maternum collidere tqne sìnum.
Horrida permiscet sed nunc vecordia civea:
infandum! &atrum apargitur ecce cruor.
Trietia legisti, memini, doctiaBÌma Adela,
carmina quae cecini, nec ceciniase pìget;
at mala quae fieri auat certe parva putanda,
ai quae sit videas criminis atra seges
qua nunc infelix vastatur patria terra;
nec scia qui tandem possit adesse modus.
Nunc nec relligio nec quae olim aancta fuerunt
nec aerrant vitrea publica iuta suas.
Ipaa magietra docena pueroe elementa tenellos
tam apernit Patriam, tum negat esse Deum!
Quia metuit legea? lex eat sua cuìque libido,
aut lex eat potius quod mala turba iubet.
Etsi quod aervit nunc eat ignobile volgus:
nrbitrium paucis imperinmque dedit.
Ergo quam vitam nunc vivere cogimur omnesl
quot nova proapioimua, quot graviora mala!
Quid restat nobis, iam toto ai ingruit orbe
turbida tempeatas horrìbilisque metoe,
D,!„t,zed.yGOOg[e
NUOTI SAGGI UMANISTICI
inque dies peior baccfaatur turba scelesta,
atque in deterius public» fata ruunt?
Ecce chori resonant, rubra ea vexilla canuntnr,
et plebs carmiDibua concita plaudit ovans!
Haec etiam pueri cantant, bortante raagistro,
iungitur et virgo, matre favente, choria.
Contra si aspicìat terno vexilla colore,
sibila tum vulgus, tum mala probra iacit.
Qaìn etiam proceres quosdam modo vidimus aequis
auribuB atque oculis hoc tolerare nefae!
Vezillam est Patriae spretum, tolerantibus ipsis,
prò quo tot cives sustinuere morì!
Heu! meus heu! genìtor quid sacra in pace sepulcrì
dicit, ai foeda haec cernere facta poteatP
qui, cum maestà suoa calcare Novaria (1) campoa
vidit et ÀustriacoB ingeminare minas,
vesillum quartae peditum servare cohortis
et valuit salvo grande parare decus?
qui iam, cum primum iuveues accivit ad arma
Italia, ut tandem libera terra foret,
Summa (2) ubi vitiferum totlit Campania collem
Austriaois telia paene peremptus eratP
Agmina quid dicunt, letam quae oppressit acerbum,
ut nostros victus linqueret bostìs agrosP
Umbrae quid dicant quaero manesque aepulti,
saevos cum casus corpora viva fleant?
Saltem si possem moriendo avertere sortem
dilectam Patrìam quae miseranda premit,
ut vellent cives iras deponere caecas,
firmiter et pacem conciliare uovam!
(1) Nellft battaglia di Novara (a. 1849} mìo padre Giovanni portb, oome
sottotenente, la bandiera del 4° Regf^imento Fanteria, che fn decorata della
medaglia d'argento al valore militare. A mio padre fa conferita la men-
zione onorevole al valore, cbe corrisponde all'odierna medaglia di bronzo.
(2) Nella battaglia di Sommacampagna (1S48) mio padre era itato
gravemente ferito al capo, e, rilennto morto, per poco non era stato
sepolto coi cadaveri fra cui Ai trovato. Gli fa data la meniione onorevole
al valore.
D,!„t,zed.yGOOg[e
ETTORE STAMPINI — NUOVI SIOOI UHANI3TICI
Non dtves nummis, agrìs domibuBque superbus
publica procuret patriciusque volo,
sed tantum civis mores qui praestet honestoa,
qui patrias leges iuetitìamqae colai,
qui doDans sapiens iusta mercede laborem
pacatos populea unanìinosque regat.
Hei mihi! nil possunt homiaes: vis maxima cae!
si obsequitur votis, Patria sospea erit.
Dicunt in oaelo stellam fulgore benignam
quae gentes Italas ad bona fata trafaat.
Haec utinam fausta conlustret lampade terras
Italiae, saltem dum tibì vita viget,
ut spectes Patriam tranquilla pace fruentem
triatiaque ex omni bella fugata solo!
Non ego tunc vivam, mundi nec clara nitebit
exatinctis oculia sors renovata meia;
aed mea secreto in busto tunc frigida fervens
ignibus inauetis ossa movebit amor.
III.
Ad Aloisiah Laubah Ottaviano
(a. d. XI. kal. M. an. MCMXX)
Prospera lux oritur tandem, mea dulcis alumna,
qua bona consuemua reddere vota tibi.
Nomen namque tuum sollemni, Aloisia, ritu
nos colimus, multam fundimus atque procem,
longa tibi ut vigeat semper faustissima vita
aisque aimul nostri, docta puella, meroor.
D,!„t,zed.yGOOg[e
ZLHl LATTBS — OBIEZIONI QEIiBRALI DSL HBIL ^ T, ECC. 621
Obiezioni generati del Heillet e d'altri
contro ie parentele itaiiclifi dell'etrusco
Nota del Socio comap. ELIA. LATTES
Pregato di riassumere francamente le sue difficoltà contro
l'opinione che, dietro i vecchi maestri italiani ed il Corssen, e
più o meno il Deecke ed il Bugge ed altri, da cinquant'anni
difendo e, secondo il poter mio, mi sforzo di documentare, rispose
il Meillet con molta cortesia: " si l'étrusque est indoeuropéen
de la famille italique, je n'arrive pas à comprendre pourquoi il a
an aspect insolite , ; mentre, interrogato similmente un dilettante
italiano di rara dottrina e perizia, dichiarò la ' interpretazione
dell'Etrusco a base di Latino , essere senza più * una fallacia ,
che * non rende un senso non solo convincente, ma nemmeno
plausibile,, sicché 'quantunque fatta con una tale copia, con
una tale famigliarità di dettaglio, con una tale ingegnosità e
sopra tutto persistenza, che fa persino rincrescere a dubitare ,,
sia 'tutto questo lavoro un'illusione filologica!?,.
Ora, quant'al primo punto, cioè allo ' aspect insolite ,, io
quasi mi vergogno di ricordare all'avversario illustre l'aspetto
insolito delle più antiche iscrizioni latine, cioè dire ad esempio:
1) quoi hordas sakro esed sordas ei diasias regei
loeba, ecc. del famoso niger lapis scoperto vent'anni fa nel Foro;
2) loveis at deivos quod met mitat nei ted endo cosmìsu
irco sied, secondo lesse il Bréal, sul vaso del Quirinale, laddove
il Pauli divise io veisat deivos, qoi med mitat nei ted endo coamiè
virco siet, ed altri altrimenti;
3) neteluervemamtar simineurrere in pleorea del carme
degli Arvali;
4) i carmina Saliaria vix sacerdotibus suis aatis inlellecta
(Quintil. VI 40) e tali che, secondo Orazio (Ep. II 1), qui laudat
et illud quod mecum ignorai aolus vult acire videri ;
D,!„t,zed.yGOOgle
622 ELIA i.ArrES
5) infine i testi augurali e aruspicali latini, cioè qaei
testi appunto nei quali possiamo facilmente ammettere influsso
etrusco, andavano famosi per arcaica stravaganza, causa p. e.
il loro colubmm per ' Tevere ', rumentum per ' interruzione ', e
così teaca e quirquir e cortumume, aiccbè del ' de baruspicum
responso ' ciceroniano opinò il Wolf ubiqtie kic Cicero aniliUr
garrire. Ma s'aggiunge che proprio della lingua etrusca lo
" aspect , mutò col tempo siffattamente, che di abbondantis-
simo nelle vocali, quale si presenta nei testi di scrittura arcaica,
p. e. ad Orvieto, diventò poi nei meno antichi e nei recenU,
quello di una favella impronunciabile appunto per difetto di
vocali: la lingua di dn e etti, di Clutmsta recente per Cluthu'
mustha arcaico, ossia gr. Klvzat/ivTjmQa; lingua un tempo di
Aritimi Ckaluchaau per 'Aqxe/u^ KàXxa^, passata poi ad ad avU
per avil avils e Arnfhl Larlhi TìUnl per Arn^<U Lardai TuttuU.
E s'aggiunge ancora che l'epigrafe latina del lapis niger predetto
giJi sotto il riguardo grafico presenta * aspect insolite , afhtto
etrusco, ed anzi affatto simile sopratutto a quello dell'arcaica
epigrafe etrusca della contemporanea tavola fittile di Capua (1).
Il medesimo illustre Maestro, a proposito del mio Terzo
Saggio di un indice lessicale etrusco, lodatane graziosamente la
utilità, osserva (BuUetin de la SoeUti de linguidique XXI 2, 67)
che ' à force de fixer les yeuz sur des textes étrasques,
M. E. Lattes s'est convaiucu qu'on en pouvait estraìre parfois
un sens, et il est vrai que quelques resultata sont établis ,,
ma ' de là à traduire avec certitude un morcean étrusqne de
quelque étendue, il y a encore loin ,, e ' par suite on ne saurait
encore déterminer k quelle famìlle de langues appartieni
l'étrusque. M. E. Lattes croit fermément que l'étrusque ap-
partient au groupe italique; mais ses preuves n'ont pas con-
vaiucu la plus part de ceux qui ont étudié la question, il le
(1) E «'aggÌDnge ancora che h abbiamo nell'arcaica epigrafe di Barba-
rano, come nel bale^ dell'etroBcheggiante di Norilara, ed o in questa, come
in Zeronai di Lemno e nel frontae (circa gr. Int *brontax) della bilingae di
Pesaro, aenia dire di th per f e Ai q e k e ài h g d: t. Vicende fonelieh* àeì-
ì'Alfab. tir. nelle Mem. Iti. Lomb., voi. XI[ 1907 pp. 304-356, dove peri)
circa vh vuoUi confrontare oggidì DanieltBon su den Lyditchtn IntekrifUti
(Upsala (1917) p. 37.
zed.yGOOgle
OBIEZIONI GENERALI DEL UEILLET E D ALTIU, ECC. 623
reconnatt lai-méme. £t la force n'en apparali guère ,. Clie anzi,
conclude il Meillet, * dans la mesure où les mèmeB mota se
trouvent en étimsque et dans les langaea italiques, il semble
qu'il s'agisse d'emprunta ,, e ricorda i ' curieux exemples
d'emprunts du latin à l'étruaque , dati * recemment , da
F. Moller in Mnemosyne 47 p. 117 sg., fra cui ' on noterà en
particulier apurius ,.
Ora, sgraziatamente, io son ben lungi da contraddire alla
evidenza di codeste riflessioni: ma, coal formulate aenza rustrì-
zioni, mi sembrano prescindere dalle premeaae certe e dalle
certe conseguenze da tutti ammesae, non che dalle applicazioni
certe 0 probabili.
E per Véro, punto di partenza inconcusso per chi tratta
della questione della lingua etruaca, anche se deciao avveraarìo
di qualsivoglia italianità sua, si è anzitutto l'importanza e la
durata delle relazioni civili degli Etruschi coi Romani Latini e
Falisci e cogli Umbri Osci e Sabelli: sicché tutti ornai accettano
la famosa sentenza del BQcheler: ' doversi considerare come
un'ipotesi per sé stessa poco probabile che due potenti tronchi
linguistici, quali l'etrusco e il latino, pur non avendo avuto fra
loro innata comunanza, fossero vissuti tanti secoli uno accanto
all'altro senza che esercitassero tra di loro una considerevole
influenza , (1).
In secondo luogo, i quasi novemila testi etruschi pervenu-
tici, quasi tutti epitaffj, ci danno, ognun sa, mille e mille e mille
nomi proprj personali, ora identici, ora manifestamente appa-
rentati, specie coi Latini: cosi, per figura, ì prenomi etr. Aule
Cae Cuinte Marce ecc. lat. Auliis Caius Quintus Marcua ecc.;
così i nomi etr. AcUa Acline Acrates ecc. lat, Acilius Aclenus
Acerratiìia ecc.; così i cognomi e le coppie nominali etr. Acini
Clute, Thansi Zuchnis, Ceicna Caspu, Pumpu Piante o Mute,
lat. Acilius Cla{u)dia, Socconius Dasius, Caecina Caspa, Pom-
ponius Fiautua o Ptotus ecc. (2). Studiate le quali migliaia di
(1) Rh. Mas., XXXIX 409; cfr. Skutgcei, La lingua eirutea, trad. it. con
giunte e correzìoai di;) Pontrandolli; e vedi ' bcieutia , XXY-I3 (aprile 1919),
XXVM3 (novembre 1919).
(2) Cfc. Per la tlorica estimazicme delle concordame onomastiche latino-
etruache in Klio Btilr. ecc. 1912 XII pp. 877-386.
D,!„t,zed.yGOOg[e
C24 ELIA LATTBS
nomi di persona nell'opera monumentale dì W. Schulze, ioaieme
rÌBDlta: a) la progressiva diffusione in tutto l'orbe romano dei
nomi proprj derivati col suff. -na ' il più etrusco , dei suf-
fissi (1); cos'i p. es. Abenna Abennius Abinnius, Adenna Adinnùu,
Areumenna (etr. Arcmsnei) ecc.; b) la romanizzazione di alquanti
nomi personali etruschi formati mediante suffissi assai più re-
moti dall'uso latino che non -na -enna -etinius: tale p. es. il
suff. -sa, quasi ignoto anche a Perugia e quasi proprio soltanto
della regione chiusina, suffisso rappresentato a Roma in tempi
già bene antichi da P. Corneliua Caluasa primo pontefice mas-
simo plebeo (Liv. XXV 5) (2} ; cj la regolare parallela evoluzione
in ambo gli onomastici, l'etrusco cioè ed il romano, del feno-
meno delle ampliazioni sinonimo, per effetto del quale ad esempio
nelle bilingui latino-etrusche rispondono a lat. Alf-iu-s, Arr-iu-s,
Var-ia nalus, etr. Alf-n-i Arttt-n-% Var-n-al, senza variazione di
significato ampliati mediante il suffisso nasale; ora come ad es.
lat. Afinius Aferius, Babriniua Baberius, Buseinius Busceriu»,
Casinius Caserius, Caspenius Gisperius ecc., così etr. Arsina
Arsirà, Arusni Ar»seri, Cepeni Cipiru ecc., sicché non torna
illecito, penso, sospettare analoga relazione fra gli appellativi
etr. capeni caperi, spureni spureri, nun^ene nun&eri, alla ma-
niera, se mai, che ìat. campanius campariua, extraneus extrarius^
anziché quella divisata p. es. da Bugge e Torp senza fonda-
mento, parmi, fra casi diversi d'una immaginaria declinazione.
In terzo luogo, si dà perfetta uguaglianza &a Etruschi e
Latini o Italici nelle formolo onomastiche e oell'importantissima
distinzione del prenome, e persino nella particolarità dello scri-
verlo abbreviato (3). In effetto, prenomi veri, quali oggi ancora
(1) Hkrbiq Ittdoff. Forgch. 1909 XXTI 369.
(2) W. ScHULEi: Znr Qeaeh. lat. Eigtnm. 326 n. 8, onettamente e grk-
zioanmente avvertiace * dasB er [cioè Calutsa) etroakisch ist habe ich von
Lattea, SaRgi e Appunti 17S Stnd. tUl. di 61ol. ci. 3, 237 gelernt ,.
(3) GiJt nef{lì nrcaici epitaSg etruschi di Orvieto il prenome vedesi ben
distinto dal nome, ma si scrìve ancora distesamente: mi Vtneluf Spuritnca,
mi Venilus Tveàelics, mi MamaretB Vel9ienaa, mi Mainarees Papalnat, ecc.
Per contro nei piìi antichi testi latini il preoome degl'ingenui certi pk
occorre abbreviato, e perb non in Nome» Hautio» o Vibi» Fiìipu» o Beta*
Oabinio C(at) §{trvM) e simili.
D,!„t,zed.yGOOg[e
OBIEZIONI GENERAU DEL UEILLET E D'ALTRI, ECC. 625
per eredità romana e cristiana inteadiamo, possedettero nel-
l'Italia medeBitna insieme coi Latini Falischi Umbri Oschi, i
soli Etruschi, e non i Messapi od ì Veneti, e non in Italia o
fuori i Greci, t Galli, i Germani, ne, ch'io sappia, qualsivoglia
altra gente ariana o anariana: il che dimostra che presso gli
Etruschi, come presso i Latini e loro affini, le vicende istorìche
ingenerarono quelle condizioni sociali e quegl'istituti famigliari
da cui spontaneamente di necessità consegui la funzione per
alquanti nomi personali, comuni piìi o meno a tutte la genti e
famiglie, di distinguere per entro ad esso ed allo Stato, i gentili
l'uno dall'altro; nomi singolari, abbreviati di regola e pre-
posti (1) al nome comune dei gentili di ciascuna famiglia, come
appunto, insieme coi Romani e loro affini, usarono gli Etruschi,
entrambi fra loro concordi, e diversi dagli altri tutti, eziandio
nel normale collocamento davanti al nome e nella scrittura ab-
breviata, che noi del pari ereditammo insieme collo atesso pre-
nome. Oltre poi a questo, fu peculiare degli Etruschi, come dei
Latini ed affini la formola onomastica trimembre, stata prima
bimembre, e cresciuta poi presso gli Etruschi ed i Latini, sino
a diventare sovente per Io meno quadrimembre. Ma è grave e
frequente errore l'affermazione che gli Etruschi sì distinguessero
dagli altri niente meno che per via del matronimico, che por
contro né occorre nei testi piii antichi, né mai diventò generale,
ed anzi tardi sorse, vensimilmente colla rilassatezza del co-
stume, compagna inevitabile della ricchezza, e piuttosto scarsa-
mente si diffuse (2).
Quarto, la comunanza di mille e mille nomi personali, stati
naturalmente prima meri appellativi, o da questi derivati, rende
più che probabile di molti fra quelli essere stati altresì comuni
ai due popoli: e lo confermano di continuo i testi, quali la
bilingue di Pesaro che ci apprende a lat. fulguriator rispon-
dere etr. frontac ossia circa un greco-latino *brontax ancora
vivente nel nostro brontolare; le Bende, dove tredici volte vinum
(1) Caratteristica dell'Etrariu meridionale fu la poapoaiitone del pre-
>me, altrove rarti ed eccezionale.
(2) V. il mio Di UH grani e frequente errore intorno alla donna ed alla
miglia etruica in Ateite e Roma 1910 Xlil num. 133-134 col. 1-11.
D,!„t,zed.yGOOg[e
626 BLU LÌ.TTES
ed ana vinm designano un sacro fanebre liquido, etniscamente,
se non m'illudo, appellato vena (1), come celticamente venom;
i documenti per etr. mul-vene-ke ' dedicò consecrò ', ossia lette-
ralmente con Cicerone lat. 'mola Tino (fecit)'; quelli dei nume-
rali 6h et s'a per lat. ' duo quin{que) s^x] ' e così cent'altre
parole certe o probabili o possibili, ogni di più.
Quinto, il contenuto sommario dei testi maggiori può atFer-
marsi ornai accertato, mentre di non pochi fra gl'incisi onde
constano e di alquanti fra' minori tes^i lìce omai con prudenza
avventurare l'interpretazione verbale e grammaticale. E concludo
osando offrir quella dell'epigrafe, reputata finora oscura fra tutte,
della patera di Foiano; Gamurrini, Append 912^:
ekuQu^iialzrexumzeles'ulzi puleQesuva purti&ura pruevneturare-
keti (2),
ossia, per me, a un di presso:
eku Qu^iialz rexuva zel es'ulzi, puleQesuva purtisura pruevnetura
reketi
' ego (3) tuticus rex praesui ter, sacerdoa apulo vinalis in regia
(posui) '
per conft-onto: a) colle parole finali della tazza Vaticana Fab. 2406
etr, mine 6una s'ta chel equ, ossia per me circa ' dedi donavi
poBui pateram ego'; b) con etr. tu^iu eepen e cepen tutin, circa
(1) Lo deduco Aii etr. tur rma&. tanto vicino a Ifit. loia rmi, e come
bì conviene accompagniito dn,l numero, penso, della misura: cfr. CIE. 5093
lur con ti-iae-, come vinum con trìn ecc. (Hennes 1913 XLVrlI p. 4H7 n. 1).
(2) La tentò da ultimo il Toep Zeitack. f. vergi. Spraehf. SLI p. 198 »g.
(cfr. il mio Indice leatie. a. v. eku e 9u9ìiialz), cui elu)tf^ essere eaia rip»-
tuta in Gam. 652; inoltre per errore (cfr. lo stesso Torf Etr. Beitr. ].56)
dà egli dne volte pul&e- — anziché puU^t- — e tre volte &utiial in luogo
di 9u9iial; egli fa poi di -va ' eln eigenes Element , e reputa numerali
&utiialz{i) e zelta'ulii che manda coll'errato sno cianil (v. Ind. let». s. v.).
(3) Spiace naturalmente all'HiBsio Rh. Mu». 1913 LXVlll p. 521 co-
desto ' faUo ' pareggiamento di etr. eku equ (diverso dall'reu ' qneato ') con
lat. ego: ma stanno a favore, oltre alle ragioni generali, gli argomenti per
cui spero si persuadano una buona volta i compagni di studio che etr. mi
vale probabilmente ' (io per) me ' e non già ' questo': v. da ultimo il mio
'A che punto siamo' in Rh. Mas. 1913 LXVIII p. 525 (cfr. AUne e Roma
1910 p. 201 sgg., 257 sgg.l.
D,!„t,zed.yGOOg[e
OBIEZIONI OBMBRALl DSL HEILLET B D'iI.TBI, ECC. 627
lat. tiitieu8 eupencus: già d'altronde il Bueos Beitr. p. 49 am-
mise potersi QuOiialz mandare coll'umbr. tota e rispondere a
lat. tuticus, cioè letteralmente, penso, *tutialia con -alz nomina-
tivo per -als, come p. es. Aulez Vipiaz in luogo dei soliti Aules'
Vipia^; e) col finale reke-ti, e con tnar-va-s marunuxva per umbr.
maru (c&. lat. Maro) e coi numerosi derivati in -va panìtalici,
spettanti a dei o riti o magistrati (1) : già il Bugge 1. cit. in-
terpreta 'derEOmg dea Staates' o 'der Stadtgemeinde'; d) con
2il Oeraias (cfr. Sanaxvd per SanxpU), ossia zilaQ degli ^«ra,
cioè preposto dei liberti di seconda generazione, e però pros-
simi all'ingenuità; e) coi numerali eslz e zal, come tutti con-
sentono; f) eoo sup. rexuva e con pul Hermu, per me circa
epula Mercurii, e con zilax^ve pìdum, ossia circa ' presiedette in
qualità di zìi vXVepula (funeratizia '); h) aonpurt purts'mi, circa
' preposto ', donde e-prQ-ne, ch'io sospetto andare con lat. im-
•perator; i) con muluevne'ke allato a mul-vene-ke e però con
vena-3 vene vinum e lat. mola vino (fedi); l) coi locativi su6i-ti
' in sepulcro ', cela-tì ' in cella ' e simili, analoghi, fra l'altro
all'abl. lat. 'd; m) coi namerosi derivati in -Bura -tura (p. es.
rax^ tura) lat. -toriua ecc. (2), buon rincalzo, direi, della
relazione fra etr. 'ol -als e lat. -alia, -sa lat. -aiua, -sia e lat.
-ciò, come fra ì'-e di Aule e quello di lat. ille ipse rimpetto
a ollua ipsua (3).
£ vengo ora brevissimamente all'erudito dilettante ed a
coloro che con lui tuttodì consentono, purtroppo tuttodì né
pochi, né piccoli. Stimano essi anzitutto che * alla stessa stregua ,
che io col latino, * si potrebbe, e si è, interpretato , l'etrasco
* con qualunque lingua,, salvochè non si fece mai ne' modi
che a me procurano dalla loro benevolenza, quantunque avver-
sarli, un mondo di lodi. Allegano essi ad esempio le mie oseer-
(1) Saggi ed App. iéc. etr. della Mummia, Hem. Ist. Lomb. 1892<93
pp. 244^112 Alaiva Menrva, ninb. Krapuvi lat. Oradivm, Iftt. augunum
gOficiuiH, ìiostiae prodigivat ecc.
(2] Cfr. W. ScBuui Lai. Eigenn. pp. 883.342. Noi titoli d'afficio in-
dica -tura it lecondo grado o la gapplenzB, «e mot non vedo (p. e. vicerb
0 iecondo pretore).
(9} y. 'per la solusione dell' enimma etrusco' in SeienHa 1919 XIII
p. 8 Bg. e aiotta V 221-226 (-« plnr&le, -m -n acc. ag., -nt perfetto plur.).
Atti della II. Aceadtmia — Tol. LV. 43
D,!„t,zed.yGOOg[e
628 ELIA LATTBS
vazìont nella Riv. dì filologia torineae ' aulle IbctìzìodÌ Lemnie .
e protestano che non ' va giìi , ad essi ' che il lemnio arai ti*
eia arae geminai, che l'atr. tivas eerixu ^ aacro ai Ceri, ziva»
murs'l = divus defunctus, nacnca =f defunto, perchè in latìao c'è
ara, mort, neas , ; e conolude l'egregio dilettante: * io 8ono con-
tento di Btare coll'aureo libretto dello Skutsch e dì attendere ..
Ora, appunto lo SkutBoh facendosi a confutare in fine del suo
* aureo libretto . la ' ipotesi , degli ' Italianìssimi >, cioè * che
l'Etruaoo sia non solo una lingua indogermanica, ma per di piil
una lingua italica ,, premette che essa * occupa nna poaizione
favorevole di fronte alle altre ipotesi; non solo perchè in questo
arringo si sono provati dotti dei tempi piìi diversi e di diver-
sissimo indirizzo, ma anche perchè qui alcune importanti somi-
glianze s'impongono in contrapposto a tatti gli altri paragoni .;
e conclude riportando la già riferita sentenza del BQchelfv circa
l'influenza reciproca dei due popoli sulla rispettiva lingua. Di
ohe consegue, come il Meillet nel Bulletin sopra ricordato av-
vertisce, per bocca dell'olandese M. F. Moller, che immanca-
bilmente dovettero anche darsi ' de corieux exemples d'empronte
du latin à l'étrusqae,, quale fra gli altri spurius, dove, ag-
giungo io, a favore dell'etnisca origine stanno il matronimico
e i derivati apureni e spurestrea (circa ' spuriorum magister ')
pretti etruschi e nella forma e nella sostanza (1). Niente meno
poi che un avversario quale Io Herbig riconosce {Indog- Forsch.
1909 XXVI p. 366) che " la parte maggiore della suppellettile
linguistica etnisca (der grSsste Teil dee uns ilberlieferten etru-
schischen Sprachgutes) tramandataci, è inseparabile per le basì
i suffissi e le desinenze dalla latina (nach Sttlmmen, Snfflxen
und Endungen) „. Noti adunque perchè in latino s'abbia ara,
venne da me proposta l'interpretazione con lat. arae geminae,
ma 81 perchè quell'interpretazione ben convenendomi ai testi con
ara e con ti, i generali argomenti premessi sembrano confer-
ei) Nella bibliografia della Rivista indogreeo-italica 1920 IH 4 p. !82
trovo allegato ' MIIlles V\ etr. fiere (lat. fahre Varr. 1. 1. Ili 5, 14 e 16):
Ptiiloloffus LXXIV (1917-1918) 446 459.. dove parimente, l'opera aandna
degli Etruschi in Roma nella qualità di architetti, rende probabile appunto
la mutnasìoae da parte dei Romani, Benz'eaclusione però delia parente!»
con lat. fata e aimili.
,t,zed.yGOOglC
OBIEZIONI flENBIUU DEL UEILLBT S D ALTRI, ECC.
maria ed imporla, e similmento, fra l'altro, etr. nacnva si mandò
con lat. nex, perchè i testi, secondo la comune opinione (Pauli,
Deecke, Bugge, Torp), afendo suggerito ed anzi imposto per
quella voce ed affini il significato circa di ' morto ' o ' tomba '
o ' funebre ', astrazion fatta da qualsiasi ragione etimologica,
i generali argomenti premessi persuasero i fautori delle parentele
italicbe tornare lecito e verosimile anche in tal caso appunto
sìfhtta parentela. Non adunque il significato si propose e ac-
cettò per la somiglianza di suono col vocabolo latino, ma in-
versamente, riconosciuto di per sé quel significato, parve lecito
e ragionevole tener conto della somiglianza del suono e dedurne
anche in tal caso possibile ed anzi probabile la parentela lessicale.
L'Accademico Segretario
Bttobb Stampini
D,!„t,zed.yGOOg[e
„d, Google
ATTI
REALE ACCADEMIA DELLE SCIENZE
DI TORINO •
PDBBUaATI
DAGLI AatDEMICI SEGRETARI DELIE DDE CLASSI
Voi. LT, Disr. IB-, I8I9.I920
TOBIHO
Lilbreria FRATELLI BOOOA
Tta OarU) Alb«rto, S.
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DiBumd, Google
CLASSI UNITE
Adunanza del S7 Giugno 1930
PRBSIDEKZA DEL SOCIO PROF. COHU. ANDRKA tfACCABI
PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA
Sono presentì :
della Glasse di Scienze fisiche, matematiche e naturali
i Soci D'Ovidio , Seqre , Peano , Guidi , Mattirolo , Grassi,
SoHiQLiANA, Panetti, Ponzio, Sacco, Majorana, Rosa, Herlitzka
« Parona che funge da Segretario delie Classi unite;
e della Classe di Scienze morali, storiche e filologiche
i Soci Pizzi, De Sanctis, Einaudi, Baudi di Vrsub, Schiaparblli,
Patbtta, Prato, Pacchioni, Valuaogi, Faooi e Luzio.
Hanno scusata l'assenza i Soci Stampini e Brondi.
Si legge e si approva l'atto verbale della precedente adu-
nanza delle Classi unite del giorno 20 corr.
L'adunanza è indetta per la commemorazione dei Soci pro-
fessori Icilio Guareschi e Nicodemo Jadanza : l' elogio del
prof. Jadanza è letto dal Socio Panetti e quello del prof. Gua-
reschi dal Socio Ponzio. Il Presidente ringrazia i colleghi cbe
hanno rievocato la vita e le opere dei due illustri defunti, per
la perdita dei quali sono sempre vivi il cordoglio ed il rimpianto.
Ad invito del Presidente, il Socio Tesoriere Prato presenta,
illustrandolo, il Rendiconto finanziario dell'esercizio 1919, che
l'Accademia approva. Similmente riferisce sul bilancio preventivo
per il 1920, ponendo in rilievo le cause delle presenti strettezze
finanziarie. I Soci Guidi, Db Sanctis, D'Ovidio, Eikaudi ed Ìl
Alti dflla R. Accademia — Voi. LV. 44
zed.y Google
632
Tesoriere discutono proposte dirette a porre riparo, almeno in
parte, allo difficoltà finanziarie. 11 Presidente assicura i colleglli
che le proposte e le raccomandazioni saranno attentamente con-
siderate dal Consiglio di Amminiatrazione, e ringrazia partico-
larmente i) collega Guidi dell'ispezione fatta, insieme col col-
lega Panetti, alla Specola in rapporto agli urgenti lavori di
riparazione e della buona notizia che i lavori stessi potranno
forse eseguirsi con spese relativamente non grandi. Dopo di
che anche il Bilancio preventivo è pure approvato, ed il Pre-
sidente ringrazia il collega Tesoriere dell'opera sua zelante a
vantaggio dell'Accademia.
Come indica l'ordine del giorno, il Socio De Sanctis dà
lettura delia Relazione preliminare relativa alla Conferenza ac-
cademica di Bruxelles. Il Presidente unisce il proprio plauso a
quello dei colleghi e ringrazia il relatore per il modo col quale
svolse la sua missione in condizioni difficili, con lodevole disin-
teresse e con onore per la nostra Accademia.
In fine il Socio Patetta legge la Relazione sul Concorso
al premio Oautìeri per la Storia (triennio 1916-1918). Il Pre-
sidente ringrazia il Relatore e la Commissione per il lavoro
compiuto, ed apre la discussione sulla Relazione; e, poiché nes-
suno chiede di parlare al riguardo, toglie la seduta, avvertendo
che la votazione, senza ulteriore discussione, per il conferimento
del premio ai fata nella prossima adunanza.
zed.yGOOg[e
DiBumd, Google
Vc-^w-w-^t»^
DiBumd, Google
MODESTO PANBm — NOTE ADT0BIQ3RAFICBB, ECC.
NICODEMO JADAN2A
NOTE AUTOBIOGKAFICHB
riordinate e lette dal Socio nazionale residente MODESTO PANETTI
H tributo di onore che l'Accademia rende oggi alla memoria
di NicoDEMo Jadanza, l'insigne Maestro della Geodesia in Italia,
BÌ compie con una circostanza di eccezione.
Il venerato Collega nostro, mentre negli ultimi anni pie-
gava sotto una lenta malattia che, senza nulla togliere al aao
vigore intellettuale ed alla coraggiosa fiducia del suo spirito
forte, gli dava però la sensazione vaga del termine non lontano
della sua esistenza, si compiacque di tracciare nello stile breve
e concettoso che gli fu abituale i propri cenni biografici, desti-
nandoli per l'appunto alla sua commemorazione in questa sede.
Scrisse il Jadanza in capo a quei cenni: ' L'incarico di com-
memorare un Socio defunto non è sempre facile: molte volte la
ricerca delle notizie riguardanti l'estinto riesce penosa ed incom-
pleta, specialmente quando queuti non fu in sua vita fra quelli
che Eanno molto parlare di so, vuoi per ecoperte insigni, vuoi per
rumorosa vanità. Ho voluto risparmiare a quello fra i Colleghi
che sarà incaricato dì fare la mìa commemorazione un tale lavoro;
e l'ho fatto io, obbiettivamente, come se si fosse trattato di
altra persona. Il Collega non farà altro che leggere questo scritto,
e di ciò lo ringrazio ,.
Farmi che nel pensiero e nelle parole citate sia tutto l'uomo:
originale nel concepire le idee ; dotato di alto senso pratico nello
sceglierle; preciso, concreto e quasi ingenuo nell 'esprimerle;
D,!„t,zed.yGOOg[e
634 MODBSTO PANETTI
alieno assolutamente dall'adombrarle con accorgimenti di forma
0 involuzioni di pensiero.
Kd io sarò osservante alla sua volontà.
Solo aggiungerò alla trama da lui tracciata quello cbu può
lusingarsi dì aaper dire un antico allievo affezionato, anche se
privo di competenza speciale nel campo di studi del suo Maestro :
quello che egli può aver omesso dettando con la freddezza di
au protocollo le notìzie della sua operosità ed ì giudizi sul
valore dì essa, sìa in tesi assoluta, sia relativa al momento in
cui si svolse.
Ecco quanto narra della sua fanciullezza:
Nella notte dal 13 al 14 ottobre 1847 in Cnmpolattaro,
paese del Sannio, allora nella provincia di Campobasso, nacque
Nicodemo Jadanza ultimo dì otto figli d'una famiglia di conta-
dini poco agiati; Giovanni Jadanza e Giovanna Denza.
Segnato dalla nascita con una deformità nei piedi che,
grazie alle amorevoli cure della madre ed alla correzione spon-
tanea dello sviluppo, andò gradatamente attenuandosi, era desi-
gnato nel suo paesetto con l'appellativo dialettale ro zoppareglio
(il piccolo zoppo).
Frequentò la Scuola elementare presso lo zio sacerdote
don Antonio Jadanza, dove, grazie alla sua svegliata intelli-
genza, riceveva meno busse degli altri scolaretti. Dallo zio stesso,
che egli ricorda come distinto latinista, fu avviato allo studio
del latino e dell'italiano: poi nel 1860-61 passò alla Scuola dei
Padri Scolopi di Benevento, e vi fu inscritto ai corsi di Ketoiioa.
Ma la carriera didattica del piccolo Nicodemo doveva svol-
gersi fra le piìi gravi difficoltà.
Nell'agosto del 1861, dopo la deposizione dal trono di Napoli
di Francesco II, scoppiava nel Sannio, come già pochi mesi
prima nelle Basilicate, una insurrezione per opera del partito
realista. I moti rinfocolati da odi privati condussero a deplore-
voli eccessi,
n fanciullo, richiamato da Benevento, giunse al paese mentre
i rivoltosi costringevano Io zìo e gli altri sacerdoti a cantare
un Te Deum nella Chiesa parrocchiale.
D,!„t,zed.yGOOg[e
MOTE ABTOBIOQRAPICHB ni KICODBUO JADANZA G35
La rapressione che ne segni colpi gravemente la sua povera
famiglia. II padre e lo zio furono trattenuti in carcere per sei
meai, prima clie se ne riconoscesse la innocenza, e Ì1 giovinetto
fu avviato dalla madre al duro mestiere dello scalpellino, che
esercitò per quattro mesi.
Restituito alla famiglia, il padre mori nel maggio 1862.
Cos'i sul diftìcite cammino del fanciullo si concentravano le
asprezze di una faticosa esistenza.
Lo zio si allontanò dal paese per occupare il posto di pre-
cettore presso una casa privata, ma non dimenticò l'intelligente
giovinetto, che indirizzò al Liceo di Benevento e quindi a Napoli,
ove si trasferì egli stesso con un altro suo nipote: Benedetto
Jadanza, che si avviò al sacerdozio e fa buon prete.
A Napoli l'attività del Jadanza fu felicemente orientata da
un valorosissimo docente di matematiuhe: Achille Sannia.
Alle lacune dell'insegnamento scientifico ufficiale sopperiva
allora in quella città l'insegnamento privato, per antica tradi-
zione assai fiorente ed esteso.
Come Enrico D'Ovidio ricorda nella sua prefazione alle
lezioni di Geometria proiettiva del Sannia, questi teneva uno
di tali studi privati, dove, con quella energìa d'animo e d'intelletto,
che fu suo carattere eminente, insegnava per sei ore consecu-
tive, senza dar segno di stanchezza, tutte le discipline mate-
matiche dall'Aritmetica al Calcolo integrale, dalla Geometria
elementare alla descrittiva ed alla Meccanica razionale, illu-
strando con notizie storiche i migliori trattati, e moltiplicando
gli esercizi per eccitare nei giovani la capacità inventiva e la
emulazione.
A quella scuola il giovane Jadanza fu ammesso gratuita-
mente e vi attinse l'amore per lo studio delle matematiche, fre-
quentandola per più anni, anche quando, allontanatosi nel 1865
il Sannia, vi succedettero Enrico D'Ovidio, Pisani, Salvatore
Dino, larghi al giovane delle stesse agevolazioni concedute a lui
dal primo suo maestro.
Frattanto il Jadanza percorreva il ciclo degli studi univer-
sitari alla scuola dei professori: Trudi, Padula, Schiavoni, Per-
gola, Battaglini, Del Grosso, Zannotti e De Gasparis: ma la
sua vita universitaria fu ben diversa dalla gaia e spensierata
esistenza goliardica. Oli scarsi guadagni dello zio, sempre solle-
D,!„t,zed.yGOOg[e
636 MODESTO PANETTI
cito del giovane studioso, non bastavano ai bisogoi più urgenti
della vita, ed egli ne mitigava le gravi ristrettezze con lezioni
private di aritmetica, e più tardi col modico stipendio di maestro
elementare di matematica nelle Scuole serali del Uunicipio di
Napoli, ottenuto per concorso.
Nel dicembre 1869 conseguiva la laurea in matematica.
Ma la specializzazione dei suoi studi non doveva subito de-
lìnearsi. Aperto infatti uno studio privato per la preparazione
dei giovani agli esami del biennio matematico, egli si dedicava
a tale compito con grande attività insieme con due snoi col-
leghi; Tarquinio Fuortes, attualmente Professore al Collegio mi-
litare di Napoli, ed Onofno Porcelli, che diventò Preside del-
l'Istituto tecnico di Bari, dove mort. II Jadanza ricorda con
compiacimento la floridezza di quello studio e la cura posta dai
docenti nella preparazione dei giovani. Col guadagno cosi assi-
curato acquistava libri e seguiva lezioni di lingue moderne.
Frattanto veniva dal De Oasparis ammesso all'Osservatorio
di Capodimonte in qualità di alunno astronomo a titolo gratuito.
Poi nel 1874, presentatosi per incitamenlo del prof. Scbiavoni
al concorso dell'Istituto topografico militare, dopo un anno di
esperimento fatto parte a Napoli per l'addestramento nei cal-
coli e parte in campagna per i rilevamenti, fu nell'aprile del 1875
nominato Aiutante Ingegnere geografo con residenza in Firenze,
dov'era la sede principale dell'Istituto.
Qui troviamo il Jadanza in un periodo laboriosissimo della
sua esistenza, che decise dell'indirizzo di tutta la sua vita.
La grande energia fattiva del suo spirito, predisponendolo
favorevolmente agli studi di applicazione, con rapido ed inten-
sissimo lavoro gli permise di formarsi tutta la migliore compe-
tenza del calcolatore e dell'operatore.
Indirizzato alle operazioni geodetiche per la Carta d'Italia
al centomila, prese parte da prima ai lavori di triangolazione
di 3" e 4° ordine nella Toscana, poi negli annidai '76 al '79 ai
lavori di 1° ordine nel Piemonte per conto della Commissione
Geodetica Italiana.
Nei quattro fascicoli di osservazioni azimutali che l'Istituto
D,!„t,zed.yGOOg[e
^'OTS AUTOBIOaRAFICBB DI NICODBUO JADÀNZÀ 637
geografico ha pubblicato per gli anni ebe volsero dal 1877 all'Sl
le stazioni fatte dal Jadanza ai distinguono da quelle degli altri
oaservatorì, pure assai periti, per una maggiore correttezza; e la
sua eccellenza risulta in misura direi numerica dall'ultimo del
citati fascicoli, dove sono gli specchi degli errori medi retativi
alle singole stazioni e quelli dell'errore medio per ciascun os-
servatore.
Così sui fondamenti di una forte e bene assimilata coltura
matematica, con l'esercizio intenso nel campo delle misure geo-
detiche ai preparava il Jadanza all'insegnamento superiore, va-
gheggiato fin dal suo privato esperimento di Napoli. Ed il suc-
cesso fu rapido ed intero.
Nel concorso al posto dì Professore straordinario di Geo-
metria pratica, apertosi il 1881 sia per la università di Palermo
sia per quella di Torino, fu giudicato primo, ed optò per
quest'ultima.
Cinque anni dopo in un concorso per ordinario nello stesso
insegnamento in Messina, da una Commissione esaminatrice, com-
posta fra gli altri dallo Schiavoni, dallo Schìapparelli e dal
Slacci, gli fu pure assegnato il primo posto; ma il Jadanza pre-
ferì fermarsi in Torino, ad attendervi la promozione, che ottenne
più tardi nel febbraio dei 1890.
In un terzo concorso dato nel 1887 per l'insegnamento della
Geometria pratica alla Scuola di Applicazione degli Ingegneri
nella nostra Città, fra valorosi competitori segtialati nel campo
professionale, con una Commissione insigne per i nomi del Re-
spighi e del Celoria, ancbe in questo campo essenzialmente ap-
plicativo, furono riconosciuti i meriti preminenti del Jadanza, e
fu classificato primo nell'intendimento di proporre, sono parole
della Relazione, chi poteva rialzare le sorti modeste della Geo-
metria pratica in Italia e darle l'indirizzo scientifico e severo
che le compete.
Né il voto andò disperso.
Iniziata la sua azione di docente all'Università, trattando la
Geodesia coi caratteri di uno studio nettamente indirizzato ai
suoi fini concreti, con un largo sviluppo della teoria degli stru-
D,!„t,zed.yGOOg[e
638 MODESTO PANBTTI
menti diottrici, e curando l'addestrameiito degli allievi all'uso
di es9i, potè continuarla nella Scuola d'Applicazione degli Inge-
gnerì, instaurandovi l'insegnamento della Geometria pratica so
basi scientifiche, senza dimenticare le sue finalità professionali.
L'opera del Jadanza presso di noi può dirsi un quaran-
tennio dì apostolato didattico, fecondo per i risultati ottenuti,
per l'indirizzo stabilmente introdotto e per la formazione di
valorosi allievi, oggi docenti insigni. Due fra gli altri, vissuti
nella piìi intima collaborazione con lui nel periodo della prìma
organizzazione dei suoi insegnamenti, nominerò come particolar*
menti legati al Maestro da vincoli di affetto e comunitii di studi
e di pensiero: Vittorio Baggi e Cesare Aimouetti.
Rimangono nei due Istituti, documento tangibile della sua
attività e competenza, i Laboratori, che, su basi si può dire
nulle, svolgendo per gradi un programma preordinato, seppe
rendere ì meglio dotati in Italia.
Il Gabinetto di Geodesia all'Università possiede infatti due
apparecchi completi di tutti gli accessori per la misura delle
basi, tre teodoliti per osservazioni geodetiche di primo ordine
e parecchi altri per osservazioni di 2" e 3° ordine, due livelli
di precisione, un telescopio zenitale di Simma, uno strumento
dei passaggi, cronometri da marina, pendoli astronomici, un ap-
parecchio per misure gravimetriche, macchine a dividere, nonché
parti ed elementi destinati sia allo studio di innovazioni nel
campo degli strumenti diottrici sia a scopo didattico.
Del Gabinetto di Geometria Pratica si può dire che tutte
le novità degne di considerazione vi sono rappresentate, e fra
esse la sene importante di apparecchi ideati da luì e dai suoi
collaboratori, che conferisce alla ricca collezione un carattere di
originalità segnalata.
Frattanto la fama crescente della sua competenza gli aveva
valso la nomina a Membro effettivo della Commissione Geode-
tica Italiana, a Socio corrispondente della Accademia Pontaniana
di Napoli, e, fin dal febbraio 1895, a Socio nazionale di questa
Accademia, della quale fu tesoriere nel sessennio 1901-907, e
costantemente Membro attivo e diligentissimo per la importanza
del suo contributo scientifico e di quello dei suoi allievi.
Nello stesso anno della sua nomina all'Accademia, essendo
cessate le pubblicazioni della prima Rivista di Topografia e Ca-
D,!„t,zed.yGOOg[e
NOTE ADTOBIOfiKAFlCBB DI NICODEHO JADANZA 639
tasto, che il Giornale dei Lavori pubblici aveva iniziato come
proprio supplemento fin dal 1888, il Jsdanza fu invitato ad
assumere la direzione di un nuovo periodico con Io stesso titolo,
succedendo cosi al generale Annibale Ferrerò, che aveva diretto
con tanta competenza i lavori del Catasto in Italia.
E per dieci anni, dal primo fascicolo pubblicato nell'agosto
del 189Ò, egli ne fu valido sostegno e redattore fecondo, corag-
giosamente lottando contro le difficoltà finanziarie della gestione
del periodico, le quali non solo esclusero per lui e per i suoi
più diretti collaboratori ogni vantaggio economico, ma imposero
talvolta sacrifizi.
Cosi si compiva il ciclo della massima produttività del
Jadanza. Il piccolo scalpellino di Campolattaro aveva picchiato
sodo e bene, e la forte figura dell'uomo maturo rispondeva alla
virile intellettualità del dotto.
Ma quando, già tormentato dal male a cui doveva soccom-
bere, nel periodo aflan/ioso della grande guerra, fra le preoccu-
pazioni per la famiglia a cui tutto ai dedicava, senti il fremito
delle forze nazionali che in tutte le manifestazioni del pensiero
e del lavoro volevano affermare la propria capacità a rendersi
indipendenti dall'estero, il Jadanza si fece innanzi per dare il
suo consiglio e la sua attività alla nobile crociata.
Propose nel 1917 l'edizione nazionale delle Tavole di loga-
ritmi con sette decimali, ed ebbe la soddisfazione di vedere la
sua proposta bene accolta, e la Commissione, costituita in gran
parte di Soci della Mathesis, presieduta da Enrico D'Ovidio,
affrontare con intendimenti pratici il problema, escludendo per
sentimento di nazionale dignità la riproduzione fotografica delle
tavole straniere.
Anzi, incaricato di studiare il capitolo dei logaritmi delle
funzioni trigonometriche, ne tracciò il programma, coordinando
quanto di meglio era stato fatto da altri, e presentando tutto
il materiale pronto per la stampa il 1° maggio 1918.
Le eccezionali condizioni economiche del periodo che at-
traversiamo non permisero la pubblicazione immediata delle
tavole da lui progettate, ma l'atto e il lavoro del Jadanza ri-
D,!„t,zed.yGOOg[e
640 MODESTO PANETTI
mangono come segno della forza d'aaìmo e dell'alto suo modo
di sentire, e traggono importanza dal momento solenne per la
Patria nostra in cui furono compiuti.
Essi costituiscono oggi un ammonimento: afirettiamo coi
voti il momento in cui saranno tradotti in una beila realtà.
Il 22 febbraio 1920 Nicodemo Jadanza moriva in Torino.
L' opera scientifica del Jadanza si può apprezzare al giusto
suo valore solo conoscendo lo stato degli studi geodetici e sopra
tutto della Scuola di Geodesia in Italia nel tempo in cui egli
vi dedicò il suo forte ingegno.
La scienza della misura della terra, formatasi per un felice
coordinamento di notizie desunte dalla Astronomia, dalla Geo-
metrìa e dall'Ottica, assunse fisionomia propria e perfetta nel
breve periodo che corre dagli studi del Legendre a quelli del
Bessel.
In un magnìfico fervore di progressi tecnici e scientifici,
verso la fine del IS" secolo, aveva lavorato in Francia il De-
lambre, quando i dubbi manifestati sulla posizione relativa degli
Osservatori di Londra e di Pai'igi provocarono ad una feconda
gara di perfezionamento dì mezzi e di rigore dì calcoli i Geodeti
Francesi ed Inglesi, e sulle opposte rive della Manica operarono
il teodolite di Ramsden ed il circolo ripetitore di Borda.
Più tardi le opere magistrali di Cario Federìco Gauss assi-
curavano ulteriori elementi di progresso nei due capisaldi delle
Scienze geodetiche con le Disquisitiones generales circa Super-
ficies curvas del 1827 e le Diopirische Unterauckungen del 1841,
E finalmente nuovi contributi al grado di precisione dei calcoli
venivano dati- dal Bessel e dal Bayer, introducendo le operazioni
di compensazione col metodo dei minimi quadrati.
' Nell'Italia, appena costituita ad unità, col riordinamento
della Istruzione superiore si introdusse in alcune Università l'in-
segnamento della Geodesia teoretica. Però, come scrive il Jadanza,
rìodirizzo di tale insegnamento fu diverso a seconda degli uo-
D,!„t,zed.yGOOg[e
NOTB ADTOBIOORAFICHB DI NICODEHO JADINZA 641
mini che furono chiamati a svolgerlo. Così, mentre a Napoli il
prof. Federigo Schiavoni insegnava la Geodesia quale era da
tempo coltivata nell'Istituto topografico dell'ex Regno di Napoli,
•e che non era se non quella classica del Delsmbre e del Puissant
con l'aggiunta dei metodi del Bessel e del Bayer, nelle altre
Università e specialmente a Pisa ed a Bologna l'insegnamento
della Geodesia erasi trasformato in una palestra per la tratta-
zione di teorie attinenti bensì ad essa, ma lontane dalia pratica
delle osservazioni.
Anzi, in un indirizzo tutto speciale, l'opera del Gauss veniva
raccolta da un insigne nostro maestro, Ulisse Dini, ohe su
quelle traccie, con classiche memorie, gettava le basì della
Geometria differenziale.
Affatto distinto dalla Geodesìa per fondamento e per me-
todo si svolgeva lo studio della Geometria pratica o Topografia,
così essenziale e caratteristico della cultura tecnica, ma trattato
allora in molte Scuole con metodi non rigorosi, come imperfetti
erano gli strumenti di cui si serviva nella pratica.
Spettava al Jadanza, che per una fortunata coincidenza
riuniva in sé gli uffici di docente nei due insegnamenti, spet-
tava a lui, dico, superare le deficienze che facevano di essi due
discipline estranee l'una all' altra, orientando la Geodesia verso
gli scopi suoi dii-etti e concreti, ed elevando la Geometria pra-
tica fino a valersi degli stessi principi e di mezzi affini a quelli
della sua maggiore sorella.
Tale fu di fatto la sua opera fondamentale nella scienza,
nella pratica e nella scuola, e mi sembra che non si possa
meglio riassumerla che colle parole da lui scritte nella prefa-
zione alla ultima recente edizione del suo trattato di Geometria
pratica,
" Ci siamo studiati, egli dice, di mettere in evidenza quella
armonia fra la pratica e la teoria, la quale consiste nel fatto
che nessuna operazione pratica deve essere fatta senza una
ragione e nessuna teoria deve essere data che non abbia una
immediata applicazione ,,
Non dimentichiamo, meditando queste parole, che esse fu-
rono scritte come introduzione ad un corso di studi eminente-
mente applicativi, e non possono smentire nella intellettualità,
elevata del prof. Jadanza tutta l'attitudine a sentire la bellezza
D,!„t,zed.yGOOg[e
642 MODESTO PANETTI
e l'importanza della ricerca aciestifica per aè steasa, indipen-
dentemente dagli scopi che ai propone.
Ma nello svolgimento dì una tate miasione non potevano
muicare contraati.
Un illuatre innovatore degli studi topografici in Italia,
Ignazio Porro, Maggiore del Genio nell' esercito Piemouteae,
aveva compreso, come scrive il Jadanza, che la Geometria pra-
tica doveva servirsi degli atesai strumenti che adoperava la
Geodesia, sebbene in proporzioni ridotte; e, abilissimo mecca-
nico quale egli era, costruì il tacheometro, che non è altro se
non il teodolite con la divisione centesimale dei suoi circoli e
col cannocchiale capace della misura indiretta delle distanze
secondo il metodo del Green perfezionato dal Reìcbenbach.
li rilevamento numerico e la CeUrimensura, che Ìl Porro
aggiunse agli altri metodi già noti fin dalla antichità, erano
degni di tutta l'attenzione dei cultori della Geometrìa pratica,
ma non dovevano far dimenticare, come alcuno dei suoi seguaci
volle, quanto di bnono orasi ottenuto con successivi perfeziona-
menti io queato cnmpo.
Nel periodo culminante della sua attività il Jadanza so-
stenne vìve polemiche per il giusto apprezzamento di questo
nuovo mozzo ausiliario della Topografia, e fu persino accuaato
di avere voluto menomare i meriti del Porro con la sua mono-
grafia: Per la Sfuria della CeUrimensura. Ma crìtico sereno e
storico coscienzioso, egli non fece che esporre quanto rìsultava
dai documenti, e nelle stease pagine autobiografiche, coi giudizi
qui letteralmente riprodotti, ha dimostrato di avere per l'illuatre
inventore del tacheometro quella ben intesa ammirazione che si
differenzia da un feticismo inconcludente e procede dalla pro-
fonda competenza della materia.
La parte più caratteriatica degli atudì orìginali del Jadanza
riguarda la teoria e la ideazione degli strumenti diottrici.
Due gruppi dì ricerche ai coordinano l'una al cannocchiale
terrestre accorciato, l'altra al cannocchiale ridotto.
Del primo argomento il Jadanza cominciò ad occuparsi
con una sua Nota inserìta negli atti di questa Accademia ìl
zed.yGOOg[e
MOTE AUTOBIOOKAPICHE DI NICUDBilO JADAKZA 643
dicembre del 1885. God successive elaborazioni il duovo appa-
recchio da lui denominato plesiotelescopio ai dimostrò atto ad
osservare oggetti collocati a qualsiasi distanza da zero ad infi-
nito, riunendo t caratteri del microscopio e del telescopio, e
presentando vantaggi sul cannocchiale panfocaJe del Porro. In
seguito, ritornando sull'argomento a pììi riprese fino al 1895, ne
approfondi le applicazioni alla determinazione del punto anal-
lattico di un cannocchiale, alla misura della distanza focale delle
lenti convergenti e divergenti, e finalmente alla misura delle
basi topografiche, applicando ad essa il metodo del Porro per
la misura delle basi geodetiche.
Del cannocchiaie ridotto, che l'illustre Galileo Ferraris fra i
primi saggi della sua feconda intellettualità aveva nel ISSO
considerato in una sua nota sui cannocchiali con obbiettivo com>
poeto di pìii lenti separate, si occupò poi sistematicamente it
Jadanza, cominciando a trattarne nel 18S4, senza conoscere lo
studio precedente del Collega. Il problema dì ottenere un can-
nocchiale astronomico con obbiettivo capace di dare immagini
reali piuttosto grandi degli oggetti lontani senza richiedere
eccessiva lunghezza si è presentato, dice il Jadanza, in tutti i
tempi ai cultori dell'ottica. Egli ne fece costruire un esemplare
che fu assai notato all'Esposizione di Torino del 1884, p con-
statandone la diffusione per opera di valentissimi costruttori,
ne ricercò assai piii tardi le origini in una sua Memoria inti-
tolata: // teUobbiettivo e la tua storia, scritta per rettificare una
relazione sulla Telefotografia comparsa negli Atti del primo
Congresso fotografico nazionale tenuto in Torino nel 189S.
Parecchie altre innovazioni ha introdotto il Jadanza nel-
l'ottica degli strumenti, come il microscopio ad ingrandimento
costante e il microscopio a distanza. Esse sono trattate in
quella bella sintesi dell'argomento, che è la sua: Teorica dei ntn-
nocchiali esposta secondo il metodo di Gauss, edita prima nel 1885,
poi, in seconda edizione con notevoli aggiunte, nel 1906. In questo
stesso trattato si trova una minuta ed elaborata Storta del can-
ttocchiaU, che fu anche pubblicata nella Rivista di Astronomia,
ricorrendo il terzo centenario della invenzione del Galilei.
Particolarissima competenza fu quella del Jadanza sulla
influenza degli errori strumentali, e la sua nota riguardante per
l'appunto tale influenza nel teodolite per la misura degli angoli
D,!„t,zed.yGOOg[e
644 MODESTO PANETTI
orizzontali, pubblicata nel 1887, è riguardata anche oggi come
l'ultima parola sull'argomento.
Nel campo «Iella Gteodesia il Jadanza ha saputo approfon>
dire parecchi problemi fondamentali: La misura di. un arco
di parallelo; il calcolo della distanza di due punti di posizioni
geografiche note: la forma del triangolo geodetico e la esattezza
di una rete trigonometrica sono studi che gli crearono la fama
di esperto Geodeta fin dai primi anni della sua carriera didat-
tica. Piìi recentemente, affrontando ìt problema del calcolo delle
coordinate geografiche dei vertici di una rete trigonometrica,
ottenne dalle serie di Legendre sviluppate fino ai termini
del ò" ordine formule poco differenti da quelle che il danese
Andrae aveva raggiunto per tutt'altra via, consistente nel cal-
colare prima le coordinate geodetiche rettangolari e poi le coor-
dinate geografiche. La sua monografia pubblicata nel 1891 col
titolo: Guida al calcolo delle coordinate geodetiche contiene tali
formolo con le tabelle numeriche occorrenti alla semplificazione
dei calcoli.
Nel campo della Geometria pratica la sua opera di docente
è riassunta nel trattato dato per la prima volta alle stampe
nel 1909, e di cui oggi si attende la terza edizione. In esso
sono coordinati gli ètudi che andava svolgendo con note e me-
morie quasi tutte pubblicate nella nostra Accademia. La teoria
dei prismi a riflessione introdotta da Mas Bauernfeind nei suoi
Elemente der Vertnessungskunde editi a Stoccarda nel 1879 è
dal Jadanza ridotta ad una magnifica semplicità per mezzo di
una nuova proposizione da lui dimostrata sull'angolo di devia-
zione di un raggio luminoso attraversante un prisma di cristallo.
La teoria del cannocchiale anallattico, geniale invenzione
del Porro, vi assume in upa esposizione facile e completa la
massima precisione, permettendo al costruttore di strumenti
topografici di evitare errori di fabbricazione, ed istruendo il
letture sui vantaggi deli'anallattismo e sulla convenieoia di
rendere spostabile la lente anallattica.
La storia del cannocchiale distanziometro vi è svolta met-
tendo in evidenza tutte le sue particolarità.
D,!„t,zed.yGOOg[e
NOTE iOTORIOORAFJCHE DI NICUDEUO JADANZA (Ì4&
Un esame accurato del metodo della Celeriioensura ne rileva
ì pregi ed i difetti, ed ha per utile corredo te tavole tacheome-
triche sessagesimali e centesimali.
Non vi mancano notizie inedite, come la possibilità di sem-
plificare i reticoli dei microscopi a stima per la lettura dei
cìrcoli graduati dei teodoliti, senza nuocere all'esattezza dei
risultati, e l'uso del cannocchiale ridotto, nella misura indiretta
delle distanze.
Il volume si chiude con un capitolo intitolato ProbUmi
astronomici, in cui sono esposti i metodi per la ricerca della
posizione geografica di un luogo e per la determinazione di un
azimut, accessìbili ad un ingegnere allenato al maneggio del
teodolite.
Con questo trattato ha termine il ciclo di studi percorso
dalla forte intelligenza del Jadaoza movendo dalla matematica
e dall'astronomia verso un campo di applicazioni tecniche fìrft
le più feconde di risultati utili al progresso civile ed economico.
Ne forse in questa evoluzione devesi vedere soltanto l'ef-
fetto della mentalità speciale dell'Uomo che onoriamo. La Geo-
desia infatti, esaurita la parte fondamentale del suo compito,
sembra oggi cedere il posto alla Geofisica, dalla quale tanti
importanti problemi attendono la loro soluzione. Ma nel pro-
gramma vastissimo della utilizzazione tecnica delle energie na-
turali, al cui compimento è legata la possibilità di elevare
iudefiaitamente il benessere sociale, la Geometria pratica, assorta
al grado di Scienza per sicurezza di premesse e rigore di me-
todo, ha un grande compito da svolgere, e i granelli di sabbia
che il Jadanza, per servirmi di una sua frase, ha raccolto per
il nuovo edificio, non saranno travolti dal tempo, ma concorre-
ranno a costituirne la solida base.
D,!„t,zed.yGOOg[e
MOUeSTO PANETTI
FabbUmM del Pror. NICODEHO JABINZI
Negli " Atti della R, Accademia delle Scienze di Torino ,.
1. Sopra an determi n&nte gobbo che bì presenta nello studio dei on-
nocchiali. Voi. XVII, pag. 714.
2. Sopra alconi sistemi diottnci composti di due lenti. XVIII, 601.
3. Sui sistemi diottnci composti. XIX, 99.
4. Cannocchiali ridotti. XIX, 769.
5. Sulla misura di un arco di parallelo terrestre. XIX, 990; XX, 326.
6. Sulla forma del triangolo geodetico e sulla esattezza di una ret«
trigonometrica. XX, 765.
7. Sui ponti cardinali di un sistema diottrico centrato e sul cannoc*
chiale anallattico. XX, 917.
8. Nuoto metodo per accorciare i cannocchiali terrestri. XXI, 118.
9. Sul calcolo della distanza di due punti le cui posizioni geograBche
sono note. XXI, 469.
10. Influenza degli errori strumentali del teodolite sulla misura degli
angoli orizzontati. XXII, 12.
11. Una questione di ottica ed un nuovo apparecchio per raddrizzare
le imagini nel cannocchiali terrestri. XXII, 447.
12. Sul calcolo degli azimut mediante le coordinate rettilinee. XXIIt, 89.
13. Sullo spostamento della lente anallattica e solla verticalità della
sUdia. XXIII, 294.
14. Una nuova forma di cannocchiale. XXIII, 570.
15. Sulta misura diretta ed indiretta dei lati di una poligonale topo-
grafica. XXIV, 177.
16. Sol modo di adoperare gli elementi geodetici dell'Istituto geografico
militare. XXV, 90, 414.
17. Influenza degli errori strumentali del Teodolite sulla misura delle
distanze zenitali. XXV, 148.
18. Influenza della eccentricità dell'alidada sui vernieri, ed un micro-
scopio ad ingrandimento costante. XXVI, 536.
19. Un prisma universale a riflessione. XXVI, 649.
20. Teorica di alcuni strumenti topografici a riflessione. XXVII, 911.
D,!„t,zed.yGOOg[e
NOTE AUTOBIOQIUFICBE DI NICODBMO JAOANZA 647
21. Sopra alcune differenze trovate nel calcolo delle coordinate geogra-
fiche dei vertici del quadrilatero che congiunge l'Algeria colla
Spagna. XXVII, 923.
22. La misura delle distanze col cannocchiale ridotto. XXX, 713.
23. Influenza dell'errore di vertìcalit\ della stadia sulla misura delle
distanze e sulle altezze. XXXI, 376.
24. Un nuovo focometro. XXXIII, 535.
25. n cannocchiale terrestre accorciato. XXXIII, 803.
26. Aloone oBservazionì sul calcolo dell'errore medio di nn angolo nel
metodo delle combinazioni binarie. XXXIII, 883.
27. Errata-corrige alla Nota 'Alcune osservazioni sul calcolo dell'er-
rore medio di nn angolo nel metodo delle combinazioni binarie ,.
XXXIV, 966.
28. Matteo FioniNi. Brevi pai-ole di commemorazione. XXXVI, 416.
29. Sul calcolo della convergenza dei meridiani, XXXVI, 887.
30. Nuovo metodo per determinare il rapporto diastimometrico in un
cannocchiale distanziometro. XL, 691.
31. Il cannocchiale di Galilei adoperato come microscopio. XLIII, 685.
32. Un precursore di Heyde nel costruire teodoliti a circoli dentati.
XLIV, 339.
33. Determinazioni delle costanti in un cannocchiale distanziometro.
XLV, 53.
34. Sopra alcuni sistemi composti di due lenti, e sul livello di H. Wild
costrutto dalla Casa Zeiss in Jena. XLVI, 350.
35. Jailanza Nluodemo e Ba^^rl Vittorio. Un livello che dà sicuramente
la visuale orizzontale. XLIII, 3.
36. GinsiPFR IiOBiNzoNi. Commemorazione letta nell'adunanza del 21 feb-
bi-aio 1915. L.
37. Ehanugli Fbboola. Commemorazione letta nell' adunanza del
23 maggio 1915. L.
38. Sul calcolo numei-ico dei logaritmi neperiani di 2 e 5. L.
39. Il cannocchiale panfocale di Porro e due problemi snit'an al lattiamo.
LI, 1915-16.
40. Ignazio Pobko. Notizie biografiche (Idem).
41. Sul calcolo della distanza tra dne punti di note posizioni geogra-
fiche. LII, 1916-17.
42. Per una edizione nazionale di tavole di logaritmi (Idem).
43. Teoria elementare del cannocchiale terrestre accorciato (Idem).
44. Cenni necrologiei sa Paolo Pizzbtti. LUI, 1917-18.
45. Deterjui Dazio ne geodetica del Caatello e del Camjxinile del comune
di Tbana (Idem).
Atti ittita H. Aixadtmin — Voi. LV. 45
D,!„t,zed.yGOOg[e
MODESTO PiNEITl
Nelle ' Memorie della R. Acendetnìa delle Scienze di Torino » ,
Serie II.
1. Alcuni problemi dì Geodesia. Voi. XXSV, pag. 157.
2. Per la storia del cannocchiale. Contributo olla storia del metodo
sperimentale. XLVI, 253.
3. Il teleobbiettivo e la sna storia. XLIX, 153.
4. Alcani BÌstoint diottrici speciali ed noa nuova forma di teleobbiet-
tivo. LUI, 72.
5. Giovanni V. Sohiap&rblli. Commemorazione. LXII, Sfil.
6. Determinazione geodetica di alcani punti nella Valle del SangODe.
LXIII, 219.
Nella " Sioiata di Topografia e Catasto „.
1. Per la Storia della Celerimensara. Voi. VI (maggio 1894), pag. 1-^7.
2. FiDBBtco ScHiAVoHi. Cenni biografici. Voi. VII (1894-95), pag. 141.
8. n livello a visuale reciproca. Idem, pag. 190.
4. Per la Storia della Celeri mensura. Idem, pag. 195.
5. Teoria del cannocchiale anallatCico. Idem, pag. 196.
6. Ai cultori della Geometria Pratica. Voi. Vili (1895-96), pag. 1.
7. La misura delle distanze col cannocchiale ridotto. Idem, pag. 2.
8. Storia del cannocchiale ridotto. Idem, pag. 6.
9. A proposito di Porro e delle sua celeri mensura. Idem, pag. 10.
10. Il cannocchiale panfocale di Porro. Idem, pag. 33.
11. Il Plesiotelescopio Jadanza ed osi del medesimo in Topografia.
Idem, pag. 36.
12. Influenza dell'errore di verticalità detta stadia sulle distanze e sulle
altezze. Idem, pag. 118.
18. Per la stona del Teodolite. Idem, pag. 170.
14. Esposizione del metodo di Huygens per la rettificazione di un arco
di circolo qualunque e della circonferensa. Idem, pag. 172.
15. Metodo per conoscere la latitudine di un luogo e l'azimut di nn
oggetto terrestre senza conoscere il tempo. Voi. IX (1896-97),
pag. 26.
16. Sulla misura delle distanze colla stadia. Voi. X (1897-98), pag. 143.
17. Un nuovo focometro. Idem, pag. 170.
18. D cannocchiale terrestre accorciato. Idem, pag. 188.
D,!„t,zed.yGOOg[e
N'OTE ADTOBIOORiFICHB DI NICODEMO JADANZ* 649
19. Sui cftlcoio dell'error medio di an angolo oet metodo delle combi-
nazioni binarie. Voi. XI (1898-99), pagg. 44-50.
20. Metodo semplice per la ricerca dei punti cardinali dì an sistema
composto di due lenti. Idem, pag. 61.
21. D teleobbìettivo e la sua storia. Voi. XII (1899-900), pag. 17.
22. La Celenmensnra. Idem, pag. 129.
23. Necrologio di Mattk. Pioeini. Voi. XIII (1900-901), pag. 111.
24. Necrologio del Generale Annibali Fibbibo. VoL XV (1902-903),
pag. 17.
25. Dna nnOTa forma di teleobbiettivo. Idem, pag. 170.
26. Un nuovo modeUo di Tacheometro. Voi. XVI (1903-904), pag. J 72.
Monografie e Trattati.
1. Ouida al calcolo delle coordinate geodetiche. Torino, Loescher, 1882.
2. I metodi nsati per la misura di un arco di meridiano. Firenze,
Barbèra, 1881.
3. Solla latitndine, longitudine ed azimut dei punti di una rete trigo-
nometrica. Firenze, Barbèra, 1883.
4. Un nuovo tacheometro (' L'arte di misurare ,, parte I). Camilla e
Bertolero, 1890.
5. Tavole tacheometriche centesimali. Torino, Rosemberg e Sellier,
1893 — 2* edirione, Torino, Bona, 1904 — 3* edizione, 1912,
tradotte in tedesco da 0. Hammer.
6. Teorica dei cannocchiali esposta secondo il metodo di Gauss.
Torino, Loescher, 1885 — 2» edizione, 1896.
7. Tavole tacheometriche sessagesimali. Torino, Bona, 1909.
e. Trattato di Geometria pratica, Torino, Bona, 1909 — 2* ediz., 1918.
D,!„t,zed.yGOOg[e
GIACOMO PONZIO
ICILIO GUARESCHI
Commemoraiiotie letta dal Socio dm. reiid. GIACOMO PONZIO
Da una famiglia in cui, da secoli, era ereditaria la professione
farmaceutica, nacque, il 24 dicembre 1847 in San Secondo Par*
mense, il compianto nostro Socio Icilio Odareschi. Dopo aver
fotto come volontario la campagna del '&6, conseguì a Bologna
il diploma in Farmacia ed a Pisa la laurea in Scienze Naturali.
Dedicatosi all'insegnamento e trascorsi alcuni anni nelle Scuole
medie, fu nominato nel 1879 professore all'Università di Torino,
ove tenne la cattedra di Chimica farmaceutica e tossicologica
fino al giorno della sua morte, avvenuta il 20 giugno 1918.
Ecco come Egli parlò dì se nel 1904 (1):
* Fui un bimbo ne molto precoce né molto ottuso, un bimbo
insomma come tanti altri. Co8\ pure, la mia prima giovinezza
passò senza vicende degne di essere ricordate, sebbene io possa
dire, con la sicura coscienza che non può, spero, esser scam-
biata con orgoglio, che fin da giovane nutrii gli stessi senti-
menti che furono poi la guida ed il conforto della mia vita:
Patria, Famiglia e Studio, collegati insieme dal Dovere, sono
stati sempre i tre cardini della mia esistenza.
* Ricorderò che fino dall'inizio dei miei studi universitari,
benché avviato alle scienze, provai una grande predilezione per
le letture storiche. Che questa passione abbia fatto si che pren-
dessi grande amore anche alla storia delle scienze ed abbia in-
fluito a far A ohe io dedichi gli ultimi anni della vita alta storia
(1) Discorso pronunEÌato
m«Dto netU R. Università di Torino.
D,!„t,zed.yGOOg[e
COHHGUORAZIONB Di ICIUO OCARKSCHI 651
della chimìcR? Eppure, strana cosa! La sincerità mi obbliga a
confessare che nel Liceo io fui lo scolaro che più degli altri del
mio corso fece tanto inquietare il nofitro povero professore di
storia !
* Terminati gli studi liceali nel 1866, io dovevo, dopo il
ritorno dalla guerra, a cui presi parte come volontario, avviarmi
per la professione di ingegnere; poi le circostanze mie di fa>
miglia cambiarono nello stesso anno e nel mese di ottobre studiai
computisteria e lingua francese perchè avrei dovuto invece se-
guire la via del commercio; ma nel novembre altra fatale con-
dizione di cose mi avviò a quella professione che da piti di
quattro secoli era ereditaria nella mia famiglia, la farmacia, che
però io non ero destinato ad esercitare.
' Nella piccola, ma scelta, biblioteca del povero mio fra-
tello mi colpirono subito alcuni libri che divorai, e primo fra
tutti il famoso TrcUtato di Chimica del Regnault, tradotto con
aggiunte da quel Francesco Selmi, che allora non conoscevo, e
che doveva essere pochi anni dopo uno dei miei piti cari maestri
ed amici.
* Sino all'età di 18 anni nulla faceva presagire in me la
vocazione, direi l'istinto, dell'insegnamento. Questo mi si risvegliò
fin dal primo anno in cui frequentai l'Università. Provavo qualche
cosa di gioioso quando potevo dare alcuni schiarimenti ai miei
compagni, o a qualcuno di loro ripetere una parte delle lezioni.
Mi si manifestò come un impulso a far penetrare qualche cosa
dal mio cervello entro il cervello di un altro. Quando per la
prima volta nel 1871, dopo ottenuta anche la laurea in Scienze
Naturali, insegnai come assistente di Selmi la chimica analitica
a Bologna, là fra quei 20 o 30 scolari, fra i quali era attivissimo
l'attuale mio collega, il professore Leone Pesci, io sentivo una
gioia immensa.
" Conservo ancora i minuti appunti di quelle mie prime
prove didattiche, che io, naturalmente, attingevo, riassumendole,
dal classico Freseoiua. Era la prima volta che in quella Uni-
versità 8) faceva un corso regolare di analisi chimica. Io allora
venivo da Firenze, dal laboratorio di Ugo Schiff. Fn là nel
vicino laboratorio di Fisiologia che striasi tenace amicizia con
un giovane studiosissimo, che divenne poi mio collega, il pro-
fessore Angelo Mosso.
D,!„t,zed.yGOOg[e
652 OUCOBID PONZIO
' Curiosa ricordanza: come io con qualche difficoltà mi ero
adattato alla disciplina del soldato, entrato all'Università sentii
profondamente la disciplina della Scuola; sentimento che misi
accrebbe quando incominciai ad insegnare già quale assistente.
Il rispetto per la Scuola divenne per me sacro, e questo senti-
mento ho sempre cercato di far penetrare nei miei allievi, colla
persuasione e coll'esempio, mai coll'imposizioDe.
" Nella Scuola il giovine sì imbeve di quei sentimenti e dì
quel sapere che dovranno poi, poco o tanto, servirgli per tutta
la vita, anche quando non se ne accorge, o crede dì averli di-
menticati; il professore si sforza di comunicare, di trasfondere
parte del suo pensiero nei giovani cervelli che lo ascoltano.
Tutto ciò rappresenta una delle piìi alte, delle più nobili funzioni
che l'uomo possa compiere; ora perchè non si dovrebbe com-
pierla, almeno almeno, colla stessa rigorosa disciplina con cui
il soldato compie il suo dovere? Che la forza del pensiero, che
vince e trasforma i secoli e le grandi epoche, sia inferiore alla
forza del braccio? Io non lo credo, ne lo crederb mai!
* Nasce da ciò la contentezza che ho sempre provato per
il contegno serio e dignitoso dei miei studenti, a Bologna
ed a Firenze come assistente, a Livorno, a Siena e qui in
Torino, come professore. L'affezione e la stima dei proprìì sco-
lari è la massima soddisfazione dell 'insegnante anche nei mo-
menti di maggior sconforto. Ma, ai dirà, voi avete anche il
conforto dei vostri lavori scientifici. È vero, ma non basta. Io
non avrei fatto certameate nulla se non avessi avuto la molla
dell'insegnamento. Io sono sempre stato d'avviso che nelle
Scuole Superiori l'insegnante e lo scienziato non debbono andare
disgiunti.
* Non posso dimenticare che se ho insegnato 25 anni a
Torino è però da 33 anni che data ÌI mìo insegnamento uffi-
ciale; non posso dimenticare le due città ove ho incominciato
la mia carriera di insegnante: Livorno e Siena, alle quali debbo
gratitudine perchè mi fornirono i mezzi di impiantare due pic-
coli laboratori di chimica, ì quali oltre all'insegnamento servi-
rono benissimo per i miei studi scientifici, che mi aprirono la
grande via dì Torino.
' Oli allievi dell'Istituto Tecnico di Livorno furono i primi
a darmi le grandi soddisfazioni dell'insegnamento. Siena poi mi
D,!„t,zed.yGOOg[e
COMMEMORAZIONE SI ICIUO GOARBSCHI 653
è cara per altri ricordi; allora vi erano in quella Universi^
pochi sbudentii ; nel mio corso erano pocfaiaaimì. Li rammento
però, sempre con affetto. Ma, ricordo carissimo al mio caore,
è quel!' allora giovane professore che assiduamente frequen-
tava le mie lezioni: egli era ìl professore di Fisiologia alla
Uaiveraità, era quindi un mio collega, che divenne subito uno
dei miei piìi cari amici, il professor Albertoni. Ricordo questo
caso, perchè a me servi di grande incoraggiamento. Ho pochis-
simi studenti, è vero, dicevo tra me, alquanto sconfortato, ma
hisogna dire che qualche cosa dì hnono vi sia in queste mie
lezioni, se con tanta assidaità viene uno che è già professore di
una materia affine, che prima io non conosceva, e che proviene
da una grande Università come Padova.
' Nel dicembre 1879 venni a Torino come professore ordi-
nario: e qui si apri nella mia vita an nnovo e vasto orizzonte;
nei quindici anni passati nel vecchio e piccolo laboratorio di
San Francesco da Paola, vissi continuamente in mezzo ai giovani.
Anche là quella Scuola non tanto piccola e sempre riboccante
di studenti, era il mio orgoglio; là nel laboratorio Io spezio era
così ristretto che il professore e gli assistenti facevano i loro
lavori scientifici in mezzo agli studenti ; era una vera società
comunista; si lavorava nello stesso locale, molti lavoravano
anche nella mia camera privata, perchè là solamente erano le
bilance, il barometro, gli altri strumenti, la biblioteca, il mio
stadio; tutto insieme. Non posso pensare a quei giorni senza
commozione! Quanti cari ricordi! Ma la città di Torino con
onesta imparzialità volle pensare anche a quel meschino labo-
ratorio ed in pochi anni fu costruito l'attuale grande Istituto.
" Amore, Dovere e Lavoro: ecco le tre parole, i tre sen-
timenti che dovrebbero riassumere l'opera dell'umanità. Il lavoro
è sempre stata la guida suprema della mia vita, ed io non so
comprendere, non so capire, quei giovani i quali perdono il loro
tempo, pili o meno nell'ozio; essi non capiscono (e sono da com-
piangere) il valore della vita. La scienza, nel largo senso della
parole, ha nei tempi moderni un ufficio molto maggiore di quello
che aveva in altri tempi; essa reclama la direzione materiale,
la direzione intellettuale e la direzione morale della Società.
L'amore della Verità e la coscienza del Doveie saranno le fon-
damenta piti salde e sicure di quell'ideale edificio di futura e
D,!„t,zed.yGOOg[e
654 GIACOMO PONZIO
piti felice Umanità a cui ogni Qomo ha il dovere di portare,
foss'anco in minima parte, il buo contributo di Sapere, di Lavoro ,.
Dire esaurientemente di Lui non sarebbe possibile in una
breve commemorazione, tanti sono i campi in cui il Quareschi
manifestò la sua straordinaria attività, tante sono le pubblica»
zioni che nel volgere di quasi dieci lustri Eg\ì prodigò in numerosi
periodici nazionali ed esteri e negli Atti delle Accademie delle
quali faceva parte. D'altronde lo stesso Guareschi, nel suo lavoro
su Francesco Seimì, aveva scritto, e lo ripetè nella commemora-
zione di Ugo Schiff tenuta nella nostra Accademia (1): ' Oli elogi
storici dovrebbero sempre essere dettati noti prima di cinquanta o
di trenta anni dopo la morte dello scienziato che vuoisi onorare.
Per l'uomo di scienza che veramente lascia una traccia prò-
fonda è bene che l'esposizione dei suoi meriti venga fatta dopo
qualche tempo cessata la vita materiale; il tempo, giusto esti-
matore di tutto e di tutti, accresce la fama od almeno fo scor-
gere l'importanza delle scoperte del commemorato ,.
Ma pur uniformandomi a questi giusti concetti, e pur aven-
dolo conosciuto intimamente soltanto negli ultimi anni della sua
vita, mi sia concesso di esprimere la più grande ammirazione
per la sua rara tempra di lavoratore e di accennare alle sue
indiscutibili qualità. Alle cinque del mattino, con qualunque
tempo ed in qualunque stagione, egli iniziava la sua giornata,
alternandone le ore fra il tavolino ed il laboratorio. E se qualche
romanzo storico attirava la sua attenzione, leggeva anche una
buona parte della notte, interessandosi a tutto, prendendo appunti
su tutto. Àppassionattssimo per la politica ed ardente patriota, si
oompiaceva di scrivere ogni giorno, unicamente per so stesso e
custodendole con gelosa cura, le sue impressioni sugli avveni-
menti più importanti, allietandosi per le fortune d'Italia, com-
movendoai per le sue sventure. Rigidissimo nell'adempimento
di quello die riteneva fosse il suo dovere, esigente verso di se
e verso gli altri, seppe tuttavia conquistarsi l'amicizia di molti
fra coloro che Io conobbero e che pur non dividevano intera-
mente le sue opinioni ed i suoi entusiasmi.
Gli è che Icilio Guareschi fu sempre uomo di buona fede
(]) Alti, Tol. L, pRg. ;
D,!„t,zed.yGOOg[e
COMHBIIOBIZIONB DI ICILIO QDiRESGai 655
ed ebbe sempre come scopo delle sue azioni la ricerca del Vero.
E ee la Terit& di ieri non è più quella di oggi, e se la Verità
di oggi non sarà, forse, quella di domani, nessuno potrà discono-
scere che l'opera scientifics del nostro compianto Socio ba molto
contribuito al progresso della Chimica nell'ultimo trentennio ed
ha onorato l'Italia che egli cosi fortemente amava. Di luì non
saranno dimenticate alcune ricerche dì Chimica organica, ana-
litica e farmaceutica, il contributo portato alla storia della Ghi-
inica Italiana del 1750-1800, e sovratutto l'ardore e l'energia
coi quali, già avanzato negli anni, cercò di sostenere, colla
parola e coll'esempio, il morate dei suoi concittadini durante il
Inngo periodo della nostra guerra, convinto che l'auspicata Vit-
toria avrebbe floalmente coronato gli sforzi ed i sacrifizi della
Nazione.
zed.yGOOg[e
Selaxione preliminare intomo alla Conferenza accademica in-
ternazionale di Bruxellea.
EOBBai COLLEOHI,
Nella adunanza a Classi Unite del 15 febbrai», conforme
alla relazione che il collega Patetta ed io vi presentammo, voi
ratificaste la firma da noi apposta in vostro nome allo statuto
definitivo della Unione Accademica Internazionale per le scienze
filologiche, archeologiche, storiche, morali, politiche e sociali e
approvaste le proposte da noi fatte per costituire in Italia l'ag-
gruppamento dei corpi scientifici nazionali preveduto dall'arti-
colo IV dello Statuto della Unione. Tale aggruppamento è per
ora incompleto, oltre l'Accademia dei Lincei e la nostra non
avendo aderito alla Unione stessa se non la R. Accademia della
Crusca. Con queste Accademie ad ogni modo sì presero ac-
cordi circa la composizione della delegazione italiana, che, giusta
Io Statuto, deve constare di due membri ; e nell'attesa che
abbia migliore assetto l'aggruppamento nazionale, si convenne
che per ora le due Accademie che hanno avuto parte effettiva
nel costituirsi della U. A. I., l'Accademia dei Lincei e la nostra,
avessero a designare ciascuna uno dei due delegati italiani. Dopo
lunghe pratiche condotte presso i Ministeri degli Esteri e della
P. I. questo accordo ebbe la sanzione governativa. I due dele-
gati, cioè il Senatore Lancìani per l'Acc. dei Lincei e il sotto-
scritto per l'Acc. di Torino, ebbero dal Governo il loro ricono-
scimento ufficiale. Nello stesso tempo il Ministero della P. I.
trasmise alla segreteria della U. A. I. la adesione ufficiale
dell'Italia e s'impegnò a pagare la quota annua, stabilita per
ora nella somma modestissima di franchi belgi 2000 per cia-
scuna delle nazioni aderenti. Non è necessario che insista sulla
importanza del risultato così ottenuto, sia per se stesso, sìa ia
quanto costituisce un solenne riconoscimento dell'operato di
zed.yGOOgle
657
questa R. Accademia e le assicura in modo definitivo, di pieno
diritto, il posto che le spetta fra le Accademie partecipanti
alla Unione. Di ciò si deve sapere grado sopratutto all'energia
con cui la presidenza dell'Accademia ha preso a cuore le nostre
richieste e tutelati i vostri diritti.
Purtroppo l'approvazione governativa delle nostre proposto
non ci giunse che la mattina del 24 maggio, onde il vostro
delegato non potè essere in Bruxelles che la sera del 26, man-
cando così alla solenne seduta d' inaugurazione e ai primi lavori
del congresso. Avendo scusato l'assenza l'altro delegato sena-
tore Lancìani, io ebbi per la vostra delegazione l'onorifico ma
grave ufficio di rappresentare da solo la scienza italiana. Ma
nonostante il non lieve peso delle responsabilità che dovetti
cosi assumere, fui lieto di essere intervenuto al congieaso, sia
perchè credo di avervi speso non inutilmente la mia opera per la
scienza e per la patria, sia perchè l'assenza dell'Italia avrebbe dato
luogo a commenti che ci sarebbero riusciti senza dubbio penosi.
All'Italia del resto non si mancò di usare il dovuto riguardo
nella formazione dell'ufficio di presidenza, che riuscì costituito
dai Sigg. Pirenne (Belgio), presidente, Homolle (Francia) e
Eenyon (Inghilterra), vicepresidenti, Lancìani (Italia), segretario,
Oray (Stati Uniti) ed Heiberg (Danimarca), vice-segretari. Sarit
bene notare che oltre questi Stati erano rappresentati ufficial-
mente al convegno il Giappone, l'Olanda, la Grecia, e vi assi-
stevano senza delegazione ufficiale uno scienziato russo e un
rappresentante della Serbia.
Si discusse minutamente e ai deliberò nel convegno intorno
alle molte proposte di lavori presentate al Segretariato della
Unione. Senza entrare in particolari tecnici, che saranno meglio
riservati alla Classe di scienze morali e che ad ogni modo oggi
non possono essere dati, mancandomi ancora i testi ufficiali delle
deliberazioni, dirò in generale che la Unione dimostrò la ferma
e recisa volontà di iniziare immediatamente un lavoro fecondo,
e che per alcune delle pubblicazioni deliberate si sono anche
trovate già almeno in parte le collaborazioni e i mozzi, e può
quindi attendersene con fiducia l'inizio in un avvenire che
abbiamo ragione di ritenere prossimo.
Le due proposte di maggiore importanza che fossero sul
tappeto erano quella dell'Accademia dei Lincei per la continua-
D,!„t,zed.yGOOg[e
658
2Ìone del Corpus Inscriptitmum di Berlino e qaella fattn dal
Sig. E. Pottier, conservatore del Museo del Louvre, per un Corpus
dei vasi greci dipinti; due proposte, di cui, parlando in an con-
eesso di dotti, non è neceBBarto che io rilevi la importanza ve-
ramente capitale per la scienza. La proposta dell'Accademia dei
Lincei pel Corpus Inscriptionum, ineieme con altra della stessa
Accademia per la forma oròia Bimiani, fu rinviata per nuovi
studi all'Accademia stessa. Trovai giungendo in Bruxelles già
presa questa deliberazione: che del resto era inevitabile, perchè
la proposta dei Lincei non era stata presentata quattro mesi
prima del convegno, come richiede l'art. XII dello Statuto della
U, A. I-, e perchè non conteneva quell'esatto programma scien-
tifico e quel preciso preventivo finanziario che prescrive detto
articolo. Non potei che limitarmi ad insìstere perchè alla Acca-
demia dei Lincei venisse riservata la iniziativa di entrambe le
proposte.
L'altra proposta d'importanza capitale, quella del Sig. Pottier
pel Corpus dei vasi dipinti, presentata nelle condizioni prescritte
dallo Statuto, dopo matura discussione seguita nella commis-
sione designata all'uopo, di cui ebbi l'onore di far parte, fu in
massima approvata. Trovai però il consenso di tutti, compresi
gli stessi proponenti, in una serie di riserve dirette a far rò
che il lavoro non procedesse sulla base d'un sistema di accen-
tramento, quale era quello seguito nella compilazione del Corpus
inscriptionum Lattnarum e Graecarum dalla Accademia di Berlino.
Fissate cioè le direttive generali, il lavoro procederà in modo
autonomo in ciascuno Stato sotto un direttore nazionale respon-
sabile, il quale vi provvederà d'intesa con le Accademie locali
nella misura dei mezzi che Io Stato vorrà fornirgli. Lingua
dell'opera sarà la francese. Ma su proposta del Sig. Kenyon e
mia si stabilì che ogni Stato ha diritto di pubblicare in lingua
nazionale una edizione di quella parte del Corpus che lo riguarda.
S'intende che riservando, come feci, i diritti dell'Italia, non
potei prendere nessun impegno preciso circa la sua collabora-
zione. Io voglio sperare che, quando la delegazione italiana
esporrà il piano particolareggiato del lavoro che è riservato
all'Italia, troverà nel Governo, nelle Accademie, nelle direzioni
dei Musei e negli archeologi nostri largo concorso materiale ed
intellettuale. Ciò potrà permetterle di portare nella sessione del
D,!„t,zed.yGOOg[e
maggio prosaimo affidamento preciso intorno a una collabora-
zione che sia degna del posto che l'Italia occupa tra le nazioni
presso cui fioriscono gli studi archeologici.
Se il Corpus dei vasi dipinti potrà, come speriamo, essere
eseguito, Ja Unione Accademica avrìi messo accanto al Corpus
InscripUonum Lat. e Graec- di Berlino un'opera non meno monu-
mentale e non meno preziosa per gli studi dell'antichità. Un'altra
opera che la Unione vorrebbe assumere sotto il suo patronato,
auch'esea di somma importanza, è la compilazione di an nuovo
Ducange. Ma per questa si sono iniziati solo i primi scambi
d'idee: e la segreteria ai riserva di diramare uno schema di
progetto che possa essere discusso dalle varie accademie prima
di venir sottoposto alla proaaima sessione dei delegati.
Egreci Colleohi,
Questo breve cenno vi dà una idea della alacrità gio-
vanile e della serietà di propositi con cui la U. A. I. si è
accinta al lavoro. Perchè tali propositi, quanto è in noi, abbiano
effetto, io mi auguro che il Governo continui e intensifichi il
suo appoggio, al quale intento ho già presentato alcune mode-
stissime proposte concrete al Ministero della P. I.; e inoltre
che le Accademie Beali le quali non hanno ancora aderito ci
diano la loro adesione e piìi ancora la loro volenterosa colla-
borazione. Io credo che esse non avrebbero esitato ad aderire
se avessero visto con quali sentimenti amichevoli e deferenti è
accolta l'Italia in questi consessi scientifici internazionali, e in
particolare se avessero assistito alla sincera manifestazione di
plauso con cui fu ricevuta la adesione, da me recata, della
R. Accademia della Crusca, il cui nome antico e glorioso è noto
ovunque si pregia la coltura.
Io spero che voi vorrete onorare della vostra approvazione
l'opera da me spesa nell'eseguire il mandato che mi affidaste.
Ma prima di chiudere io debbo esprimere la mia gratitudine a
tutti quelli che diedero il loro appoggio a questo primo con-
vegno della U. A. I. e cooperarono alla sua riuscita, prima di
tutto a S. M. il Re dei Belgi, poi a S. E. il Ministro delle
Scienze ed Arti Deatrée, che colse l'occasione per testimoniarmi
D,!„t,zed.yGOOg[e
i suoi BentìmeDti cordiali, del resto notiesimi, verso il nostro
paese; inoltre a tutti in generale i colleghi belgi, così cortesi
ed afifettuosi verso i delegati, e tra essi in particolare all'in-
signe storico che fu eletto a presiederci, il Sig. H. Pirenne il
quale diresse con tatto pari allo zelo i nostri prìmì lavori.
Gaetano De Sanctis, Belalore.
D,!„t,zed.yGOOg[e
Setaxione della Commissione per il conferimento dei premi
Gautieri (Opere storiche, triennio 1916-1918).
Chiarissimi Colleohi,
Nel concorso al premio dì fondazione Gautieri per pubbli-
cazioni storiche fatte in lingua italiana e da autori italiani
durante il triennio 1916-1918, furono presentate alla nostra
Accademia opere di tre soli scrittori, cioè una memoria del
prof. Raffaele Cognetti De Martiia, Il Governatore Vincenzo
Mistrali e la legislazione cieile parmense (1814-1821), Parma 1917
(Estratto dall' ' Arch. ator. per le proT. parm. ,); tre volumi del
prof. Niccolò Rodolico, inviati dalla Casa Editrice Nicola Zani-
chelli e formanti un manuale storico completo ad uso delle
Scuole Nf>rmali {Le Sorietà antiche. Oriente, Egitto, Grecia, Roma;
Il Medioevo barbarico e il Rinascimento italiano; I tempi moderni,
Bologna, a. a. e 1917); e finalmente due monografie de) prof. Pietro
Silva, Il Sessantasei. Sludi storici, Milano, Treves, 1917, e La
Monarchia di Luglio e l'Italia. Studio di storia diplomatica, To-
rino, Bocca. 1917.
D'altra parte, nessuna indicazione d'opere reputate degne
di premio fu fatta alla vostra Commissione, nonostante l'invito
rivolto a ciascun Socio nazionale, a norma dell'art. 3 del Rego-
lamento, fin dall'agosto del 1919. Essa procedette quindi in
primo luogo all'esame delle opere inviate all'Accademia e rivolse
poscia la sua attenzione, come era suo dovere, anche alle altre
pubblicazioni storiche del triennio indicato; nel qnale, a dir vero,
l'anima e la scienza italiana, più che a vagliare crìticamente
gli avvenimenti del passato, miravano a cercarvi ispirazioni e
conforto per l'immane lotta, che i futuri storici dovranno forse
considerare come il punto culminante di un'epoca e come l'inizio
d'un'età nuova nella storia dell'umanità. I Commissarìi furono
sempre pienamente concordi nell'apprezzamento delle singole
opere esaminate, e unanimi sottopongono ora al vostro giudizio
D,!„t,zed.yGOOg[e
così ì loro apprezzamenti come le conctusioni, che naturalmente
ne scaturì SCODO.
La memoria del prof. Cognetti De Martìis su Vincenzo
Mistrali reca certo utili contributi alla conoscenza del governo
e della legislazione parmense nei primi anni del dominio di
Maria Luigia; ma condotta bu materiali in parte già usati da
altri studiosi, forse un po' troppo diffusa, non sempre del tutto
felice tanto nei rafl^onti storici e storico-giuridici quanto nell'in-
terpretazione dei documenti, improntata, per ciò che riguarda la
personalità del Mistrali, ad un ottimismo senza dubbio ecces-
8ÌT0, non merita, a parer nostro, d'esser messa in prima linea.
Nei tre volumi del Rodolico la Commissione, pur avvertendo
qualche inesattezza, riconobbe pregi non comuni d'ampia cono-
scenza della materia, d'ordine, di proporzione; ma si tratta
d'opera di divulgazione e piuttosto elementare, ed è nostro
convincimento, espresso già nella Kelazione per il concorso del
triennio 1913-1915 ed avvalorato in tale occaeione dal vostro
consenso, che nel conferimento dei premi Oautieri si debba
possibilmente dar la preferenza a contributi originali, escludendo
così i manuali scolastici, che abbiano, in sostanza, carattere dì
divulgazione.
Opera di divulgazione può dirsi in massima anche la mo-
nografia del Silva sul Sessantasei, che è certo notevole per )a
larga conoscenza della letteratura italiana e straniera sull'ar-
gomento, per la chiarezza, per l'imparzialità e per quei pregi
di forma e di misura, che appaiono già in altri scritti dell'au-
tore (uno dei quali fu ritenuto meritevole del premio Gautìeri
per il triennio 1910-1912), ma che non ha vera originalità
d'indagini o novità di conclusioni, e poco aggiunge a ciò che è
detto nelle opere notissime del Ghiaia, del Follie, del Frìedjung,
del Govone, del Luzio, del Uuerrini.
Nello scritto sulla Monarchia di Luglio e l'Italia, il Silva
non si restrinse invece al semplice, diligentissimo uso delle fouti
edite e della letteratura, ma portò un notevole contributo di
ricerche personali fatte a Parigi nell'archivio del Ministero degli
Affari Esteri. Disgraziatamente il confronto coll'opera veramente
capitale, La réeolution de juiUet 1830 et l'Europe, pubblicata
quasi contemporaneamente dal visconte De Ouichen (Parigi,
Emile-Paul, 191ti) e frutto d'accurate ricerche negli archivi, non
zed.yGOOg[e
della Francia soltanto, ma della Russia, dell'Inghilterra, del-
l'Austria, della Qennania, de) Belgio, dìmoatra chiaramente
l'insufficienza dei materiali, di cui il Silva disponeva, e può
forse talvolta far nascere qualche dubbio anche Bull'ampìezza e
sulla diligenza delle ricerche fatte da lui nell'archivio parigino.
Certo, considerando che gli atti diplomatici rispecchiano spesso
situazioni politiche facilmente soggette ad imprevisti e rapidi
mutamenti, può, per esempio, sembrar grave che a pag. 22 n. 2,
sia attribuita al 23 giugno 1832 una memoria dell'ambasciatore
francese a Torino De Barante, detta giustamente importantia-
awta, la quale è in realtà anteriore di cinque mesi, cioè del
23 gennaio, come risulta anche dal testo pubblicato in seguito
integralmente dal Weil, nella Beime de Paria del 15 dicembre 1919.
A queste deficienze o inesattezze s'aggiunge la mancanza
di ricerche negli archìvi italiani, mancanza che, se non erriamo,
può essere considerata come il principale difetto dell'opera in
questione. Dichiara bensì il Silva, a pag. ix, che non gli fa
possibile * ricorrere ai fondi degli Archivi di Stato Italiani, per
il fatto che, fino al dicembre 1916, in tali Archivi i documenti
del periodo posteriore al 1830 rimasero inaccessibili agli stu-
diosi ,; ma l'impossibilità non era forse assoluta, poiché la
visione dei documenti, di cui il Silva avrebbe potuto grande-
mente giovarsi, era già stata concessa a parecchi studiosi, ita-
liani e stranieri; e, ad ogni modo, se anche il difetto deplorato
non fosse menomamente imputabile al Silva, non cesserebbe per
questo di gravare sull'opera oggettivamente considerata.
In conclnsione la monografia dei Silva, alla quale si dovrebbe
senza dubbio assegnare il premio se c'incombesse l'obbligo di
scegliere fra le opere presentate, non parve tale da reggere al
confronto d'un'altra opera di cui ora diremo.
Fra le pubblicazioni del triennio 1916-1918 non inviate per
il concorso, la vostra Commissione reputò degna di speciale
attenzione la Storia amplissima del periodo napoleonico, dal 1799
al 1814, scritta da Vittorio Fiorini e Francesco Lemmi e facente
parte della Storia Politica d'itatta edita a Milano dal Vallardì.
L'opera dei due egregi autori è nettamente distinta e può quindi
esser considerata separatamente. Al Fiorini si deve tutto il
primo libro, dedicato alla campagna del 1799 (pag. 1-288), ma
la pubblicazione di qnesto primo libro ò anteriore al triennio,
Atti delia R. AceadtMia — Voi. LT. 46
D,!„t,zed.yGOOg[e
664
dì cai ci occupiamo. Cadono invece, almeno in parte, nel triennio
e possono quindi esser presi in considerazione i libri successivi,
dal secondo al quinto (quest'ultimo appena cominciato), che sono
opera esclusiva del Lemmi e rappresentano il frutto, veramente
degno di lode, di studi e ricerche, che egli da molti anni si
propone, a quanto pare, come precipuo compito della sua vita
scientifica.
Esaminando l'opera del Lemmi (pag. 289-880), non si pub
non ammirare la padronanza, con cui egli domina un cosi vasto
materiale; Io dispone armonicamente con giusto equilibrio delle
parti e con netta visione storica dell'insieme; lo elabora per-
sonalmente, orientandosi nelle più complesse ed intricate que-
stioni; enuncia franco e reciso giudizi proprii; ci dà infine una
narrazione organica notevole per limpidezza ed efficace sem-
plicità di dettato.
Se anche si trattasse dì pura divulgazione, non sarebbe
piccolo merito aver composto un libro, che riassume chiaramente
e con sufficiente ampiezza e precisione un'epoca cos'i fortunosa
e ricca di eventi giganteschi, e dà il miglior succo della stei>
minata letteratura napoleonica. Ma il Lemmi non è un semplice
divulgatore; e bastano a provarlo, anche indipendentemente
dalla originalità nella trattazione e nei giudizi, le copiose note
poste in fine d'ogni libro, nelle quali sono citati documenti degli
archivi italiani, francesi, austriaci.
La commissione unanime crede quindi d'assolvere degna-
mente l'incarico affidatole proponendo che il premio di fon-
dazione Gautieri per il trieniv'o 1916-1918 sia conferito al
prof. Francesco Lemmi.
La Commistione:
Francesco Ruffini, Vice- Presidente
Paolo Boselli
Gaetano De Sanctis
Alessandro Bacdi di Vbshe
Federico Patetta, Relatore.
D,!„t,zed.yGOOg[e
CLASSI UNITE
Adunanza del 4 Lnglìo 1920
PRESIDENZA DEL SOCIO PBOF. COHU. ANDREA NACCABI
PRESIDENTE DELL' ACCADEMIA
Sono presenti,
della Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali,
i Soci Seghe , Direttore della Classe, Salv adori, D'Ovidio,
Guidi, Mattirolo, Qbassi, Panetti, Sacco, Majorana, Rosa,
Parona, Segretario della Glasse, che funge da Segretario delle
Classi unite;
della Classe di Scienze morali, storiche e filologiche, i
Soci De Sanctis, Brondi, Einaudi, Baudi di Yesue, Schiafa-
belli, Patbtta, Prato, Faoqi, Luzio.
È scusata l'assenza dei Soci Ruffini, Vicepresidente dell'Ac-
cademia, ViDARi, Peano, Stampini.
Come richiede l'ordine del giorno, si procede, colle norme
regolamentari, alla votazìope per il conferimento del premio
Gautieri (Opere Storiche, triennio 1916-1918).
L'Accademia a voti unanimi, e come propone la Commis-
sione giudicatrice, lo conferisce al sig. prof. Francesco Lehiu,
autore della Storia d'Italia nel Periodo napoleonico dal 1799
al 1814.
Gli Accademici Segretari
Cablo Fabrizio Pabona
Ettore Stampini
D,!„t,zed.yGOOg[e
DiBumd, Google
INDICK
DEL VOLUME LV.
PaMiDran delU Reale Accademia delle Science di Torino dalla sua
fondazione Fàg. m
Elbhco deftli Accademioi nasionali residenti, Nazionali non residenti,
Stranieri e Corrispondenti al 81 Dicembre 1919 . . , v
Anuaiv»:
Santi degli Atti verbali delle Classi Unite. .... 89,
383, 437, 570, 631, 665.
Santi degli Atti verbali della Classe di scienze fisiche, matema-
tiche e aatarali , 5,
129, 258, 309, 325, 888, 489, 465, 477, 512, 549, 554, 568.
Santi degli Atti verbali della Classe di sùenze morali, storiche
e filologiche 1,93,
177, 277, 323, 362, 425, 455, 474, 506, 537, 552, 560, 595.
Ei.inon:
ElMÌone del Socio Tesoriere 92,487
Classe dì Scienze fisiche, mat«matiche e naturali:
Eleàone del Direttore della Classe ,479
, del Segretario delta Classe 180
Eleaioni di Soci naiionalì residenti , 826
Nomina di an Socio rappresentante la Classe nel Consiglio di
Amministrazione dell'Accademia , 466
Classe di Scienze morali, storiche e filologiche:
Elesioni di Soci nazionali residenti ^^4
Ordine del giorno dell'adunanza de
bre 1919 rigaardante la dotazion
Invito del Toaring Club a partecip
l'interao della Cirenaica .
>y Google
668 INDICE DSL TOLDHE LT.
FiRKib Bkuii :
Beluione sul XXI Premio (intenuu., qmóx. I9I5-1918) Pag. 88S, 8S5
L'Accademia, eecoDdo la proposta della Commiisione, delibera
di affidare il compito di naove ricerche e di una nnova rela-
eìodb alla CommiMÌone che dovrà giudicare anirassegnauone
del premio intemazionale del quadrienttio 1919-1922 , 487
Nomina della CommissioDe per il premia (nazionale, qna-
(Triennio 1917-1920} 488
PrIMIO GlOTIIKi:
Nomina della CommiMÌone per Ìl premio riservato alla Lette-
ratura {triennio 1917-1919} ,611
Retasione della CommÌBaioue per il conferimento dei premi
per le Opere storiche (triennio 1916-1918) ... .661
Conferimento del premio per la Storia (triennio 1916-1918} , 665
PasHio Valllàusi :
Relazione della Gommiasione per il premio delie Scienze fiaiche
(quadrienno 1915-1918) ,404
L'Accademia, rìferendoai alla conclusione della CcmmiBsione,
delibera che il premio del quadriennio 191S-1918 vada ad
aumento del capitale e dei premi Hnccesaivi . . . , 438
Nomina della Commissione per il premio intemazionale riser-
vato alla Letteratura latina (quadriennio 1919-1922) > . 511
Biuic (Fausta). — Osservazioni cristallografiche sall'auorrite di
Qonnesa (Cagliari) 172
BicDi DI VzsMB (Alessandro). — Espone Ìl contenuto di un opuscolo
del prof. A. Ceuleneer, destinato in omaggio alla Classe: Im
chariti romaint dana la littérature ri dona l'art. , f>06
BaLTGAMi (Arnaldo). — Minucìo [Otlavius] - CHcerone [De naturo
dtorum) - Clemente Alessandrino {Opere) ..... 179
Barn (Emilio). — La eo»dietìo dei fructua contro il posseaaore di
mala fede .95
Borrrro (G.). — Due passi del Cardano concernenti Leonardo da Tinoi
e l'aviadone , 181
BosiLU (Paolo). — Dichiara che l'onore di presiedere la prima adu-
nanza dell'Accademia gli h contristato dal dolore per il lutto
che ha colpito il Presidente Naocari, orbato dell'egregia donna
che fìi sua compagna I
— Dopo UD saluto al Vicepresidente assente, svolge il concetto che,
dopo un lungo periodo di guerra immane, si aprirà un nuovo
periodo di civiltà 1
Bbobdi (Vittorio). — Presenta con parole di calorosa lode due pub-
blicazioni del prof. Michele Bosi ■ 8
— A nome del prof. Emilio Bonaudi presenta in omaggio diverse
pubblicaziotii dello stesso, delle quali espone brevemente i pr^ , 177
D,!„t,zed.yGOOg[e
INDICE DEL VOLUME LT. 669
Bmomdi (Tittorìo). — Prewnta due pnbblìcuioni del prof. avr. Mi-
chele Delle DoDne esponendo i motivi che le rendono degne di
attenzione Fag. S06
— Presenta alla Classe, in nome dell'antore, Socio corrispondente
dell'Accademia, prof. 0. Ranelletti, il 8° volnme dei FtìnHpU di
diritto amminiatrativo, ponendone in rilievo i pregi . , 561
Bbdmc (G.I. — EÌDgrazia per la Bua nomina a Socio corrispondente , 6
Bbesotti (Luigi). — Sulla scompoaiiione di nna forma binaria biqua-
dratica nella somma di due quadrati 68
Ci*a (Vittorio). — Settecento ojtnoro (Nota II) . , 195
— Coma em orazione dei Soci Benier e Novati ..... 578
— Presenta la sua pubblicaxione II primo eenitnorio del romamo
slorieo ilttliano (I815'182i) 177
— Presenta con parole dì vivo elogio per l'antere la monografia di
Eugenio Pasaamonti ti mimstro Capponi td il tramonlo del libe-
ratitmo Toscano nei 1848 823
— Nominato a far parte della Commissione per il premio Cantieri
per la Letteratura (triennio 1917-1919) ..... SU
— Si dimette da membro della Commisrione per il premio Gautieri
per la Letteratura (triennio 1917-1919) ..... 538
— Fa omaggio olla Classe della sua pubblìcasione Un problema urgente . 561
CooKETTi Ds Hahtiis (Luìgi). — Osservazionì sul nucleo delle cellule
basali della * Helii pomatia , , S5S
CoLOKarm (Guatavo}. — Risoluzione grafica dì alcuni problemi rela-
tivi all'equilibrio delle funi pesanti , S45
— Rapporti fra azioni statiche e dinamiche nei pali di una condut-
tura elettrica , 501
Colobi (Giuseppe). — Ricerche anato mo-i sto! ogì che sugli Enfau«iaoei.
Il cuore di Nemaleteetit mtgalope G. 0. Sarà. .... 51
Di SiiicTis (Gaetano) e Patsttji (Federico). — Relazione intorno alta
seconda conferenia accademica interaasionale ..... 414
Conforme alla deliberazione presa dall'Accademia nella sua
adunanza straordinaria del 6 luglio 1919, rappresentarono l'Ac-
cademia al 2° Convegno di Parigi e fanno diverse comunica-
zioni in merito al medesimo ....... S
— Delegato dalla Classe con pieni poteri per trattare in Roma coi
rappresentanti delle altre Accademie Reali intomo all'aggrup-
pamento delle Accademie Nazionali prescritto dall'art. 4 dello
Statuto dell'Unione accademica internazionale .... 475
_ Comunica la Circolare stampata del Segretariato amministrativo
dell'Unione accademica di Bruielles in coi annunzia che la se-
conda conferenza dell'Unione b aperta in Bruielles il 26 maggio
1920 e riferisce intomo alle pratiche da lui fatte in Roma d'in-
carico dell'Accademia col Ministero degli Esteri, con l'Accademia
dei Lincei e col rappresentante della R. Accademia della Crusca . 510
— Nominato dalla Classe Delegato della Reale Accademia delle
Scienze di Torino al prossimo Convegno accademico internazio-
nale a Bruxelles 583
D,!„t,zed.yGOOg[e
670 INDICE DBL VOLOia IV.
Da SuicTis lOfteUno). — È dallato àaM^ Clute per trattare ìd Roma
coi rappresentanti dell'Accademia dei Lincei e della Cmeca e
eventnalmente con qnellì di altre Accademie Reali intorno alla
modalità di aegoìre per la nomina dei dne Delegati italiani alla
. prima riunione interaccademica di Bmiellei . ■ • Pag.
— Nominato rappresentante, con il Senatore Lanciani delta R, Ac-
cademia dei Lìncei. dell'Italia al Conve^o dell'Unione accade-
mica internatione in Bruiellea
— A nome anche del Socio Patetta comanica una lettera dei dele-
gati dell'Accademia del Belgio in nome del Segretariato ammi-
aistrativo dell' * Union aoadémiqne International ,. Ne segae nna
dÌBCuflBione in merito
— A nome anche del Socio F&tetta comunica alla Clawe essere
giunti gli Siatuts de l'Union aeadémiqut ÌnUrnati<mah e avere
col collega preparato una relazione sull'opera da loro svolta,
la quale leggera in una prossima adunanza delle Classi unite .
— Anche a nome del Socio Patetta presenta alla Classe due pro-
poste provenienti dalla ' R. Académie des Sciences de Amsterdam ,
salta quale crede bene che la Classe esprima il suo parere:
1° per nna edizione completa delle opere di Ugo Qrotios; '2* la
pubblicazione dei materiali aventi relaiione col diritto consne-
todinario dell'Indonesia
— Anche a nome del Socio Patetta legge la Relaiione intorno alia
seconda conferenza accademie* internaiionale . . . ,
— A nome anche del Socio Patetta presenta la proposta del pro-
fessore C. De Morawski dell'Università di Cracovia trasmessa
all' U. A. 1. per la pubblioatione: 1* di una edizione di Gregorio
Nananzeno; 8* di una edisione delle Celtarum imaginet . ,
— Nominato a far parte della Commissione per il premio Vallanri
intemazionale riservato alla Letteratura latina (quadr. 1919-22) .
— Relasione preliminare relativa alla Conferenn accademica di
Bruieltes ,
— Nominato a far parte della Commissione per il premio naiionale
Bressa (quadriennio 1917-1920)
D'Ovidio (Enrico). — Manda un afiFettnoso sainto al compianto Socio
N. Jadanza test^ deceduto ,
Em^UM (Luigi). — Informa l'Accademia circa le nuove restriEÌoni
deliberata dal Consiglio di Amministrazione relative alla slampa
degli Atti
— Presenta un suo volume, primo di una * Biblioteca di scienze
economiche , ohe ha per titolo: Il problema della finanza poH-
Mlita. Lezioni tenute all' Univertità eommerciale Bocconi ,
— Eletto a Delegato della Classe nel Consiglio di Amministrazione
dell'Accademia ,
Fàooi (Adolfo). — Eletto Socio nazionale residente ....
— Ringrazia per la sua nomina ,
~- Nominato a far parte della Commissione per il premio Cantieri
riservato alla Letteratura (triennio 1917-1919) ....
D,!„t,zed.yGOOg[e
INDICE DEL TOLOHE L7.
Foi. (Pio). — Commemoroiioue del Socio Fagarì . F^.
— Ftesenta in oma^io U prim» diipeiiBa, del Trattato di Anatomia
patologica da Ini pubblicato in collaborasi on e con parecchi col-
legbi
— Fa omaggio del 2° fascicolo del Trattato di Anatomia patologica ,
Vvai-iMi (Oiaaeppe). — L'anatema di Oiovanni d'AteMandria contro
Qiovauni Filopono
Okbbaldi IF.|. — Salta BCompo8ÌEÌone di nna forma binaria biqua-
dratica nella somma di dae quadrati ,
Gkawi (Guido). — Relazione sul XXI Premio Breaga (quadriennio
1915-1918)
— Presenta in omaggio i suoi Frincipìi teientifici della ElttlroUeniea.
Introduzione al Corto di Elettroteeniea .....
— Legge la Relazione della Commissione per il XXI Premio Bressa
e comunica cbe la stessa Commissione deliberb di chiedere alla
Accademia se non sarebbe conveniente sospendere pel momento
il giudizio definitivo sul conferimento del premio
— Offre in omaggio il 2° volume della 4* edizione del sno Cono di
Elettrotecnica .
— Nominato a far part« della Commission« per il premio Bressa
(italiano, quadriennio 1917-1920)
Gbibodo (Giovanni). — i '■ Rincoti , ed i * Lepidotteri , delle Oasi
xerotropiche di Val di Suaa
GntDi (C). — Fa omaggio della sua Nota: Sul calcolo ilatico delle
dighe a gravità
— Fa omaggio della 2* edizione del sno volume: Etercizi. LtzioHi
»uUa ecitnza deUe eoHruzioni
Guini (Guido). — Ricerche sperimentali sui valori del titolo di ben.
lina della miscela dì alimentazione dei motori a scoppio
Hkiliteea (Amedeo). — Eletto Socio nazionale residente
— Ringrazia per la sua nomina
JtniBi* INicodemo). — Commemorazione del Socie corrispondente
Prof. Vincenzo Reina ....
LiTTU (Elia). — Obiezioni generali del HeìUet ed altri contro le
parentele italiche dell'Etrusco
Lum (Francesco). — Gli è conferito il premio Gautieri per la Storia
LoMBABDi (Luigi). ^ 8opr« un metodo semplice per rilevare le curve
di variazione delle grandezze alternative e le loro armoniche
sacceseive
Iaeio (AleBsaadro). — Eletto Socio Nazionale residente
— Ringrazia per la sua nomina ....
— Ditcorso pronunciato presentando
del dott. Pietro Torelli, Direttoi
tOTB: L'Archivio i
Banca Italiana di I
— Nominato a far par
per la Letteratura
Cian dimisiionarìo
omaggio alla Classe il volume
dell'Archivio di Stato in Man-
D,!„t,zed.yGOOg[e
672 INDtCB DEL VOL0MB LV.
Hajoubi (Quirino). — SqIIb gravituione Faa.
— Nominalo a far parte della Commi suo ne per il premio nuionale
BresBft (qniidrìeanìa 1917-1920)
MiABo ((ìioTaoni). — Sulla psicoloftia dell'antico Egitto . . ,
Mattiholo (Oraste), — Cam memo razione di Saverio Belli . ,
— Commemorazione di Pietro Andrea Saccardo (Treviio, 23 aprile
1845 ' Padova, 12 febbraio 1920}
— Fa omagflio di una aua Nota: La Daidinia coneentrita DKtr»
et Cali, trottata nelle torbiere di Montorfano (Como) ,
— Informa l'Accademia della costitasione di nn Comitato d'onore e
di ano esecutivo per raccogliere ibndi per un ricordo del com-
pianto Socio I. Guareacbi
— Presenta dae Note stampate del Socio corrisp. G. B. De Toni :
Comoìemoraxioni dei Soci Q. Brios e P. Baeearini; Spigolature
Aleesandrine XVI ...,..,..,
— Fa omaggio delle sue Note: POaguale Baeearini; Due ' AepenUxie „
nuove per la Flora italiana; Tartuficoltura e rmibotehimento ,
UoaCÀ (Gae.tano). — Eletto Socio nazionale recidente ,
— Ringrazia per la sua nomina
NicciRi (Andrea). — Annunzia che durante le ferie l'Accademia ba
fatto gravi perdite nelle peraone del Socio etraniero Ernesto
Haeckel e dei Soci corriapondenti 0. Rajleìgh, P. Baeearini,
S. Schwendener, E. Fischer, V. Reina .....
— Comunica un invito del Touring Club Italiano a partecipare ad
nna escursione nell'interno della Cirenaica . . . ,
— Presenta nn ritratto fotografico del fu Socio e Tesoriere della
Accademia Prof. Senatore Angelo Siamonda, grazioso dono della
N.. D. Emilia FomariB-Rebandengo
— Distribnendo le copie della Commemorazione di Icilio Gnareschi
inviate dall'autore prof. F. Garelli ne rileva l'importania e rin-
grazia il donatore ,
— Comunica cbe il Miniatro dell' I. P., rispondendo all'ordine del
giorno votato dall'Accademia nell'adunanui del 7 dicembre 1S19,
ripete di riconoscere l'inBuflcienza delta dotazione accademica,
ma di non poterla elevare per opposizione del Uinistro del
Tesoro ,
— Con parole di vivo compianto partecipa la morte del Socio corri-
spondente Pierandrea Sa(»!ardo
— Annanzia la morte del Socio nazionale residente Nicodemo Jadania
e con commossa parola lo commemora brevemente . . ,
— Comonicherà alla famiglia del compianto collega N. Jadanta la
espressione del cordoglio della Classe, e incarica il Socio U. Pa-
netti di tesserne l'elogio ,
— Comunica la circolari relative al ' Congrès International dea Ma-
tbémoticiens , cbe si terrà a Strasbu^o ed al Congresso intec'
nasionale di Meteorologia che si terrà a Veneua . . ,
— Presenta con un caloroso saluto i nuovi Soci nszionalì residenti
Adolfo Faggi e Ateuandro Luiio i qaali ringraciano . ,
zed.yGOOgle
INDICE BSr. VOLUME LT.
Hacgau (A.iidrea). — Preaecta alla Claiee i uaavì Soci Rosa ed
Herlitzka e dà loro il beorenuto Pag.
— Annunzia l'arvenata morte del Socio nazionale non reeideate
A. Righi e con commoaae parole eaprimo il dolore suo e dei
collegrhi e fa un breve elogio dell'inHigne nomo scomparso ,
Nasi (Ferdinando}. — Jole» Camus, filologo
Pacchioki (Giovanni). — Vedi PArm* (F.) e Pìcchiohi (G.).
— Nominato a far parte della Commissione per il premio Vallanri
internaziODale riservato alla Letteratura latina (quadriennio
1919-1922)
Pahbtti (Modesto). — Per una precisa definisione del metacentro di
— Fa omaggio del suo scritto: /' laboratorio di aerodinamica del
B. PoUtfcnico di Torino ,
— Commemorazione del Socio N, Jadanza .....
PuoHA (C. F.). — Interpretando i sentimenti dei collegbi rinnova
al Presidente le condoglianze per l'irraparabile perdita da lui
fatta colia morte della sua Consorte . .^ . . . .
— Ricorda che per gradito incarico atuto dal Presidente rappresentò
l'Accademia alle solenni onoranze rese nell'Università di Pavia
all'illustre geologo nostro Socio nazionale T, Taramelli in occa*
sione del suo 44° anno d'insegnamento, e come omaggio proprio
offre un esemplare della medaglia in bronzo battuta in tale oc-
casione in onore del collega ,
— Presenta la Nota Ossertazioni »ul ^re dell'Olivo inviata in omaggio
dal Socio R. Pirotta
— Rieletto Segretario della Classe di Soienie fisiche, matematiche
e naturali ,
— Ricorda le deliberazioni restrittive del Consiglio di Amministra-
zione dell'Accademia riguardanti i lavori da inserirsi nelle pub-
blicozionì dell' Accademia
— Avverte essere a disposizione dei Soci in Segreteria un certo nu-
mero di copie relative ai Cotivet/HÌ didattici di Elettrotecnica e di
Mtccaniea presso il R. Iitiluto Nazionale d'istruzione professionale
in Roma; Scuota di Magistero .......
— Presenta il 2" volume delle (Euvrea complìtes de Tk-. Jean Stieltjes
pubblicate dalla Società matematica di Amsterdam che lo manda
in dono
PiTSTTA (F.). - Vedi Db Sakctis (G.) e P*tbtt* (F.).
— A nome anche del Socio De Sanctis informa l'Accademia del-
l'esito dell'adunanza tenutasi nella seconda metà di ottobre
dell' ' Union Aoadémjque , in Parigi
— e pACcaioHi (Q.)' — Incaricati di riferire sulle proposte della
* Académie Royate des Sciences d'Amsterdam , presentate alla
Classe, cioè: 1* una edizione completa delle opere di Ugo Grotius;
2° la pubblicazione dei materiali aventi relazione col diritto con*
snetudinarìo dell'Indonesia ,
D,!„t,zed.yGOOg[e
674 INDICB DEL VOLDHS LT.
FiTCTTA (F.). — Nominato a far parte della Commi Baione per i]
premio nasionale Bresaa (quadriennio 1917-1920) . . Pag. 488
— Legge, &Dche a nome del Socio Pacchioni, la Relazione circa le
due proposte della R. Accademia di Amsterdam per la stampa
di uDa edizione delle opere di Ugo Qrotias e per la pnbblica-
lione dei materiali rifereotiei al diritto consuetudinario dell'Ia-
donesia , 510
— Relasione della Commiasione per il conferimento dei premi Gao-
tieri (Opere storiche, triennio 1916-1918) ..... 861
PiAKo (G.). — Fa omaggio dì tre sue pubblicazioni su argomenti di
matematica , 253
— A nome del prof. H. Chini o9re con parole dì lode ì due volumi:
Corso aptciah di MattmaHche ad uso dei chimici t dei naturalisti;
Esercixi di calcolo infitiileiimalt 478
Pnucci (Eligio). — Sulla elettrizzazione del mercurio per strofinio
(Sotft I) 440
PicoHK (Mauro). — Sul cambiamento della Tariabìle di integracione
nell'integrale di Lebeague ,31
Puh (Italo). — Nominnto a fiir parte della Commissione per il premio
Qantierì riservato alla Letteratura (triennio 1917-1919) . . SII
— Presenta dna pubblicaiioni del prof Michelangelo Biltia: 1* Se le
leggi etonomtehe paliseano eeettionì; 2* Sulla Cauta . . , 475
PooHSTTiMo (Alfredo). — Eletto Socio nazionale residente , 82S
— Ringrazia per la sua nomina.
Pou (Cine). — Sulla teoria dei fenomeni ottici nell'ipotesi che il
moto della sorgente modiSchi la velocità della Ince emessa , 871
PoiTEio (Giacomo). — Commemorazione del Socio OoareBchi . . 650
Piato (Giuseppe). — Un tentativo di banco pubblico a Mantova
nel 1626 426
— Eletto Tesoriere dell'Accademia 92,437
— Fa omaggio alla Classe di una sua recente pubblicazione : Fatti
e dottrine eeonotnichs alla vigilia del 1848. L' Associamone agraria
subalpina e Camillo Cavour e ne fa un breve riassunto . , 507
— Ancbe B nome del Socio Einaudi presenta in omaggio all'Acca-
demia il volume XXX della Rivista * La Riforma Sociale , in-
sieme col volume L'Italia economica nel 1918 di R. Bachi , 587
— Esposicione finaneiaria dell'esercizio 1919 e bilancio preventivo
dell'esercizio in corso. Gestione delle ereditii Bressa, Gantierì,
Pollini e Vallauri 681
— Ringrazia i Soci ing. Gnidi e Panetti dell'ispezione fatta alla
Specola in rapporto alle riparazioni alla stessa. ■ , 632
Rost (Daniele). — Eletto Socio nazionale residente . . . , 826
— Ringrazia per la sua nomina 477
RcrFTHT (f.). — Nominato a far parte della Commissione per il premio
nazionalo Bressa (quadriennio 1917-1920} 488
— Ringrazia il Socio Lueio per l'interessante discorso pronantìato
presentando il 1' volume AqW Archivio di Stato di Ifanleva, e
D,!„t,zed.yGOOg[e
INDICE IIBL VOL.DME LY.
mandR cordiali coDgratu Iasioni al dott. Pietro Torelli, all'Accft-
oftdeinia Virgiliana e alla Banca Italiana di Sconto di Mantova,
aagurando che il nobile atto di questa trovi molti imitatori Bag.
Rumai |F.). — Presenta alla Classe il nuovo Socio caiiouale resi-
dente Senatore Gaetano Moaca, il quale rinfn^iia . ,
— Fa omaggio all'Accademia della Boa Monografia Outrra e riforme
COttitiaìonali ...........
Sacco (Federico). — Le Oscillazioni glaciali . . . . ,
— Il Fioalese
— Fa omaggio di tre sne pabblicationi su argomenti di Geologia ,
— Fa omaggio alla Clasìe della sua Memoria Lr eondMoni mettorv
ideologiche deU'Era quaternaria e la «ausa dei periodi glaciali ,
— Fa omuggio alla Classe di un suo opuscolo intitolato: Una trotta
marina ............
— Fa omai^io alla Classe di uoa sua Nota stampata, intitolata:
La glaciatiOH dam le* eolio»» de Saint- Barthelmg el de Torgnon ,
— Fa omaggio della sua Nota Puliationi della croata terrestre ,
Samh» (Gustavo). — Serie di funzioni sommabili uniformemente col
metodo di Borei generaliisato (Nota II) .... ,
&CBUPABIU.1.I (Eroeatot. — Associandosi al collega Vidari nella pre-
sentaiione della Nota del prof, G. Marre, aggiunge che la Nota
stessa b il riluttato di un diligente studio fatto snUa raccolta
antropologica del Museo di Torino ,
Ssosa (Corrado). — Commemorazione di H. Q. Zeuibeo . ,
— Nominato a far parte della Commissione per il premio nazionale
Bressa (quadriennio 1917-1920)
— Eletto Direttore della Classe di Scienze fisiche, matematiche e
naturali ,
— Dà il doloroso annunzio della morte del Socio corrispondente
Maurizio Cantor ,
— Rileva fra i libri giunti in dono l'opera del «ig. Snrendramohan
Gangali Lteluret on the tkiorg of piane» curve» ....
Snuii (Ottorino). — L>e oecillazioni torsionaU degli alberi di trasmis-
sione con massa propria e con masse conoentrate in punti in-
termedi
SroBiA (Giovanni). — La patria di papa Eutichiano ,
SiBiKAin (Filippo). — Espressioni analitiche ohe definiscono pib fan-
sioni analitiche ad area lacunare
SoMiauAi» (Carlo). — Relazione della Commissione per it Premio
Tallanri (quadrienno 1915-1918) .
— Partecipa di avere raccomandato alla Direzione del Tonrìng Club
Italiano di &r coincidere l'escursione in Cirenaica colle ferie
pasquali ,
— Legge la Relazione della Commissione del premio TallauH riser-
vato alle Scienze fisiche per il quadriennio 1916-1918, nella quale
la Commissione propone che, non essendovi persona a ani possa
essere conferito premio. Io stesso vada ad aumento del capitale
e dei premi successivi ,
D,!„t,zed.yGOOg[e
676 INDICt: DEL VOI.DHB LT.
SomoLiANA (C.)- — Riferisce sul vìkk^o in Cirenaica, orgvnimato
dal Touriog Club IbitiAno Riy.
Smhpini (Ettoreì. — Nonnnllae ìnsoriptioQes et disticba . . ,
— Nuovi sagi^i umanietici ,
— Comunica una lettera della Reale Società Geografica Italiana che
partecipa la morte del prof. Senatore Ginaeppe Dalla Vedova,
che fa nostro Socio corrispondente ,
— Legfte due lettere, nna del Presidente della Reale Accademia
di Scienze, Lettere ed Arti di Modena, l'altra della Reale Acca-
demia di Scienze, Lettere e Belle Arti di Palermo che rigoar-
dano i deliberati dell' ' Union Académique de recbercbes et de
publicationa ,
— Comunica il Decreto Luogotenenziale col quale furono approvate
le elezioni a Presidente dell'Accademia del Socio Andrea Naccari
e quella del Vice Presidente Francesco Ruffini e la rielezione
di S. E. BoHellì e del Socio Ettore Stampini riipettivamente a
Direttore e a Segretario della Classe di Scienze morali, storiche
e 6lolo({icbe ,
— Presenta le seguenti pubblicazioni pervenute all'Accademia da
parte degli editori: P. Vergili Maronà Aeneidos libri VII, VITI. IX
per cnra di R. Sahbadini, e L. Annaei Senteae Dt ira ad Noratum
libri tre» per cnra di A. Barriera, appartenenti entrambi i vo-
lumi al Corput Scriplorum haliHorum Parafianum, e La critita
dei poeti Bomani in Oraxio di Carlo Pascal ....
— Propone sia rinnovato a! Governo il voto espresso dalle Classi
unite il 4 maggio 1919 inviando al Ministero il testo dell'or-
dine del giorno del Socio Tesoriere ,
— Pretenta a nome del Socio corrispondente G. Zuccante le seguenti
Pubblicazioni; Vigilio Inama, Commemorazione; Correnti di trftt-
rntura pesntìtiattea di A. Sohopenhauer ; L'ultimo eanlo del Pa-
— Partecipa la notizia della improvvisa morte del Socio corrispon-
dente Pier Enea Guarnerio ,
— Presenta a nome del Socio corrispondente C. Hontalcini il vo-
lume Legge elettorale politica. Tento unito 2 settembre 1913 com-
posto in collaborazione con A. Alberti .....
— Presenta in omaggio l'opuscolo del Socio Sforza intitolato: Conti-
deratiOHÌ Geologiche e Topografiche di 6. Qitidoni «k/ Territorio
Monligtio»ÌHO ...........
— Presenta gli ' Statats de l'Union Acndémìque Internationale , ,
— Presenta l'opuscolo del Socio corrispondente C. Bertacchi intito-
lato: Giuseppe Dalla Vedova e il moderno indiritxo degli studi
geografici in Italia .........
— Comunica la lettera ministeriale con la qnale si annunzia che
con R. Decreto del IS gennaio d. s. il Socio Prato fa eletto
Tesoriere dell'Accademia ,
— Presenta alla Classe, qnale omaggio del Socio Sfona, il libro
zed.yG00gle
INDICE OET. VOLUME 1,V,
La regione di Adalìa. Città, foreste, risorse agricole
eoinmerciù] pabblicasione adorna di belle illustraziuni che fu
diretta e io buona parte scritta dnl coote ing. M. Sforza Pag.
SiAMnia (Ettore). — Dà lettura della deliberazione del Consiglio di
Amministrazione dell'Accademia riguardante l' accettali one di
Note da inserirsi negli Atti . . ,
— Notifica che la Reale Accademia della Cmsca ha aderito all'in-
vito della nostra Accademia e bì farii rappresentare al Convegno
di Roma delle Accademie Reali italiane
— Comunica che l'Accademia di Aroheologìa, Lettere e Belle Arti
di Napoli, non avendo ancora aderito all'U. A. I., non pub dare
alcuna risposta
— Presenta a nome del Socio Sforza assente, la HonograBa di lui;
Nuori doemnenti gull'eccidio dei Fratelli Bandiera e dei loro com-
pagni
— Nominato a far parte della Commissione per il premio interna-
zionale Vallauri riservato alla Letteratura latina (quadriennio
1919-1922)
— Presenta il volume, pervenuto all'Accademia, di Paolo Monceauz
su Saint Optat et tre premiìre» divigiona Donatiste», V dell'opera
Histoire Uttii-ttire de l'Afrique Chritienne
— Dà lettura di una lettera del Sottosegretario di Stato per gli
affari esteri che notifica di aver sottoposto al Ministero della
Pubblica Istruzione, percht di sua speciale competenza, la pratica
relativa alla partecipazione dell'Accademia al Convegno di Bro-
— Fa omaggio alla Classe, anche a nome dell'editore E. Chiantore,
del sud recente volume in cui VOrator di M. Tullio Cicerone
commentato da E. De Marchi È pubblicato in una nuova edizione
notevolmente modificata ........
— Presentnndo il recente opuscolo del Socio corrispondente G. Bla-
dego, Per U centenario delta morte di Dante, nel quale questi
propone all'Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere di Verona
l'inisiativa di un volume che raccolga gli scritti su Dante del
nostro compianto Socio C. Cipolla, dei quali alcuni sono inseriti
nelle pubblicazioni della nostra Accademia, presenta alla Classe
— e questa l'accoglie all'unanimità — la proposta di un plauso
all'Accademia di Verona, che unanime accettò il voto ilei Biadego,
— Dà lettura di un telegramma di S, E. il Ministro Torre col quale
partecipa che, mentre il Ministero de^li Esteri provvederà allo
invio dell'adesione ufficiale dell'Italia al Convegno dell'Unione
Accademica intemazionale in Bruxelles, accetta la proposta che
l'Italia sia rappresentata dal Socio De Sanctis della nostra Acca-
demia e dal Senatore Lanciani dell'Accademia dei Lincei ,
— Presenta alla Classe il Manuale di diritto cottitugionaie in due vo-
lumi, pubblicato dairOn. Pietro Cbimienti e da questo inviato
in dono all'Accademia. Il Vicepresidente Ruffini esprime un breve
e favorevol egiudizio sull'opera ,
D,!„t,zed.yGOOg[e
678 INDICE DBL VOLDME LV.
Stampisi (Ettore). — PrMeota alU ClaMe le segaentt pubblici
mandate in dono dai relattrì editori: F. Vergiti MartmU Atiuido$
It6rJX,X/, XZT di Remigio Sabbftdiiii; A. t^rtU Flaeci Satirarum ■
liber dì Felice ftnmoriDO e M. Tulli (Vetroni» LaeUtu De Amieitia
liber di Iguano Basai, ohe fumo parte del Corpua Seriplorum
Latinorum Paravianum; e Le satire di A. Ftrtio Fiacco, illaitrate
con note italiane da F. Ramorioo (2' ediz,, Torino, G. Chian-
tore, 1920) Pag.
— L«KKe il telegramma del Socio 3. E. Boselli col quale ringrazia
la Claiae del telegramma angurale inviatogli e aonancia che la
Bua guarigione pincede favo re toI mente
Tbisacihi (Alessandro). — Alcune questioni sngli spazi tangenti e
osculatori ad una varietà (Nota III)
Tautani (Nicola). — Per la storia del ditirambo [Ptip. Oxyrh. 1604
col. II)
Txuuaoi (Luigi). — Nominato a &t parte della Commissione per il
premio Intemacionale Vallanri riservato alla Letteratura latina
(quadriennio 1919-1922) ,
— Nominato a far parte della Commissione per il premio Qaatierì
riservato alla Letteratura (triennio 1917-1919) ....
TiD^ai (Oiovanni). — Fa dono all'Accademia, come già fece dei pre-
oedeuti, del III volome de' aaoi Elementi di Ftdagefia, che ha
per titolo La Didattica ,
Zamotti Bianco (Ottavio). — I concetti moderni aulla figura mate-
matica della Terra. Appunti per la storia della geodesia. —
Nota IX : Il divario fra l'ellissoide e la terra fluida . ,
Zoppnrt (Luigi). — L'abito fogliare nelle siepi di Lignetto ,
Indice del volume LV ,
D,!„t,zed.yGOOg[e
PUBBLICAZIONI FÌTTE SOTTO fiU IDSPICI DELL'JlCCADEHli
Il MCBBKle mlBlatO del eard, Hioolò RsmUI detto il cardinale d'Aragona.
Codice della Biblioteea naiionale di Torino riprodotto in fao-simile
per Qura di C. Prati, A. Bsudl di Vesme e C. Cipolla.
Torino, Fratelli Bocca editori. 1906, 1 voi. in-^ di 32 pp. e 134 ta-
Tole in fotocollograSa.
n egdlee eTao^cltco k della Biblioteca QniTersitaria naiionale di Torino,
riprodotto in fac-BÌmile per onta di C. Cipolla, O. De Ssnctlfl
e P. Fedele.
Torino, Caaa editrice 0: ISoìtèio, 1913, 1 voi. in-4* di 70 pagg.
e 96 tav.
D,!„t,zed.yGOOg[e
SOMMARIO
Classi Unite.
Sunto dell'Atto Verbale dell'Aduncuiza del 27 Giugno 1920 . Pag.
PiKETTf (Modesto). — Note autobiografiche di Nicodemo Jadama
Fohe:o (Giacomo). ~ Commemorazione di loìlio Guareachi
De SiircTis (Gaetano). — Relazione preliminare alla Conferenza (
cademica intemazionale di Bruxelles
Pàtetta (Federico). — Belaiione della CommisBiotae per il conferi'
mento dei premi Gautieri (Opere storiche, triennio 1916-1SI8) ,
Sunto dell'Atto Verbale dell'Aduns
Indice del volnme LV .
1 del 4 Luglio
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.■0121904
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