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Full text of "Atti della R. Accademia delle scienze di Torino"

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ATTI 


REALE  ACCADEMIA  DELLE  SCIENZE 

DI     TORINO 


PUBBLICATI 


mU  ACCADEHICI  SEGHETARI  DELLE  DUE  CLASSI 


VOLUME  OINQUANTACINQUEISIMO 
1910-1030 


TOKINO 
Libreria    FRATELLI    BOCCA 

via   Carlo   jUberto.   3. 


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Torino  —  Stubilimonto  Tipografico  Viaomo  Boia 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


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PRESIDENTI 


REALE  ACCADEMIA  DELLE  SCIENZE  DI  TORINO 

dalla   sua  fondazione 


1783,  25  tiglio 


1788,  30  nofeBlm 
1801,  24  flunis 
(4pioroflem.  IX) 

1801, 15  tebbnio 


1804, 25  refabnie 
(5  ventoso  a.  XII) 

1815. 25  Mveabre 

1837. 26  . 
1838, 18  , 
185t,  16 
1864, 1" 


PRESIDENTI  PERPETUI  (•) 

Saloz»»  di  Moneaiglio  (conte  Giuseppe  Anf^elo). 
Ofiii   le  ditnÌ8BÌ0QÌ  dalla  carica  e  fareno  accet- 
tate (7  settembre  1788)  cooferendogli  il  titolo   di 
Praiidentf  emerito. 

Ls  Grange  Tonmier  (Giuseppe  Luigi),  Onorario. 
Morozzo  di  Bianzé  (cont«  Carlo  Lodovico). 
Salozzo  (cìttad.  Angelo  Giuseppe)  ex-conte  di 
Monesiglio. 

Col  Begolamento  del  26  piovoso  anno  IX  (15  febbr.  1801) 
essendoti  stabilito  cbe  l'AcciDsuTt  NtziosALii  rìnno- 
vatn  col  Deereto  della  CoinmùetoHe  esecutiva  del 
PtemomU  del  22  nevosa  anno  IX  (IT  i^eiinaio  I80I) 
non  areue  piii  cbe  due  presideuti  di  clasne,  cesea- 
roDO  queste  funEÌoni  del  Sali;iio. 

Bonaparte  (Napoleone)  primo  console  della  Re- 
pubblica Francese,  Onorario. 
Ballm  di  Tinadio  (conte  Prospero). 
LaMaris  di  Tentlmlglla  (marchese  Agostino). 
Salozzo  di  Monesiglio  (conte  Alessandro). 
Plana  (barone  Giovanni). 
Selopig  di  Salenuio  (conte  Federigo). 


(*)  Dal  rotarne  //  primo  secolo  dtUa  B.  Accademia  delle  Seienxe  di  Torin*.^ 
Notiate  itoriehe  e  bibliograficlte  {1783-1883).  Torino,  1888,  pag.  141.  v- 


DrB,t,zed.yGOOg[e 


ELEZIONE 

1879,   9  marzo 

1882,  12  rcbbnlt 

1883,  imm» 

1885, 12  apriki 

1888,   8     . 

1889,28     . 

1891,  2i  maggio 

189Ì,  2Ì  (lagno 

1895, 13  gonmiio 

1898,   9      . 

1901,  13      , 

1902,  U  «ctmbR 

190i,  21  ftbbnio 

1907, 17  mano 

1910,  2i  aprilo 

1913,  18  maggio 

1916, 28      . 

1918,  3  felAraio 

1919,  7  aprile 

PRESIDENTI  TRIENNALI  *•' 

Ricotti  (Ercole). 
Ricotti  (Ercole)  rieletto. 

Fal)retti  (Àriodante). 

Genocclii  (Angelo). 
Genocclii  (Angelo)  rieletto. 

Lessona  (Michele)  termina  il  2"  triennio  iniziato 

dal  Genocchi. 
Lesiona  (Michele). 
Lessona  (Michele)  rieletto,  f  20  luglio  1891. 

Carle  (Giuseppe). 

Carle  (Giuseppe)  rieletto. 

Cossa  (Alfonso)  f  23  ottobre  1902. 

D'Oridio  (Enrico)  termina  il   triennio  iniziato 

dal  CossA. 
D'Ovidio  (Enrico). 
D'Ovidio  (Enrico)  rieletto. 

Boselli  (Paolo). 
Boselli  (Paolo)  rieletto. 

Canterano  (Lorenzo)  t  22  novembre  1917. 

Naccari  (Andrea)  continua  il  triennio   iniziato 

dal  Cambrano. 
Naccari  (Andrea). 


(*)  A.  norma  dell'art.  3  dello  Statuto  della  Beale  Accademia  delle  Sciente 
di  Torino,  approvato  con  R.  Decreto  2  febbraio  1882,  il  Presidente  dora 
in  carica  un  triennio  e  pub  essere  rieletto  per  un  altro  triennio. 


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ELENCO 

ACCADEMICI  RESIDENTI,  NAZIONALI  NON  RESIDENTI 
STRANIERI  E  CORRISPONDENTI 

AL    31    Dicembre    1919 


-  Negli  elenchi  degli  Aecademiei  la  prima  data  è  quella  dell'elezione, 
la  seconda  quella  del  B.  Deerrlo  che  approva  l'elezione. 


Presidente 

HftMsrl  (Andrea),  Dottore  in  Matematica.  Professore  emerito  ài  Finca  ape- 
rimentate  nella  B.  Univeriità  di  Torino,  uno  dei  XL  della  Società  Ita- 
liana delle  ScìanES,  Socio  Nazionale  della  R.  Accademia  dei  Lincei,  Socio 
corrispondente  del  R.  latitato  Veneto  di  Scienze,  Lettere  ed  Arti,  del- 
l'Accademia Qtoenia  di  Scienze  naturali  di  Catania  e  dell'Accademia 
Pontaniana,  Comm.  #  e  ^.  —   Torino,   Via  Sant'Aneelmo,  6.   ■ 

Eletto  alla  carica  il  27  aprile  1919  per  il  trìeonio  dal  20  aprile  1919 
al  19  aprile  1922. 


VlCB-pRESIDENTE 

RafflaI  (Fr&iicesco\  Senatore  del  R^no,  Dottore  in  Oi  uri  apro  denia.  Membro 
corrispondente  del  Reale  Istituto  Lombardo  di  Scienze  e  Lettere,  Fro- 
fsHOre  ordinario  di  diritto  ecctegiaetico  nella  R.  Univ.  di  Torino, 
Grand' Off-  •  e  ^.  —   Torino,  Via  Principe  Amedeo,  22, 

Eletto  alla  carica  il  27  aprile  1919  per  il  triennio  dal  20  aprile  1919 
al  19  aonlo  1922. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


Tesoriere 

Frftto  (QiuBeppe),  Dottore  in  Giuriipradenza,  Professore  ordinario  di  Eco- 
nomìa politica  e  Scienza  delle  finanze  nel  R.  Istituto  superiore  di  Studi 
commerciali  diTorino.Profasaore  incaricato  di  Diritto  industriale  e  Libero 
docente  dì  economia  politica  nella  R.  Università  di  Torino,  Membro 
effettivo  della  R.  Deputazione  sovra  ^'i  stadi  di  Storia  patria  per  le 
Antiche  Provincie  e  la  Lombardia.  Socio  ordinario  della  R.  Accademia 
di  Agricoltura  di  Torino,  Socio  corrispondente  della  R.  Accademia 
Economico- Agrari  a  dei  GeorgoRli  in  Firenze  e  della  Socidté  d'economie 
politique  di   Parigi,  *"■ .  —   Via  Bertola,  37. 

Eletto  alla  carica  il  7  dicembre  1919  par  il  triennio  dal  1*  luglio  1919 
al  80  giugno  1922. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


CLASSI!  Ili  mm  FISICHfi.  lllTeilATIW  E  NATIJRALI 


Direttore 


D'OtUÌ»  (Enrico),  Senatore  del  ReRno,  Dottore  in  HAtematica,  Professore 
emerito  di  Algebra  e  Geometria  analitica  nella  R,  Università  di  Torino, 
Direttore  del  R.  Politecnico  dì  Torino,  Uno  dei  XL  della  Società  Italiana 
delle  Science,  Socio  naiionale  della  R.  Accademia  dei  Lincei,  Socio  ordi- 
nario non  residente  della  R.  Aècademia  delle  Scienze  di  Napoli,  Cor- 
rispondente del  Reale  Istituto  Lombardo  di  Sciense  e  Lettere  e  del- 
l'Ateneo di  Brescia,  onorario  della  R.  Accademia  di  Scienze,  Lettere  ed 
Arti  di  Modena  e  della  Società  matematica  di  Praga,  Socio  dell'Acca- 
demia Pontaniana  di  Napoli  e  della  Società  matematica  di  Parigi, 
Comm.  #,  e  Or.  Uff.  0m.  —  Torino,    Via  Sebastiano  Valfri,  li. 

Rieletto  alla  carica  l'il  manto  1917  per  il  triennio  dal  9  febbraio  1917 
Hll'8  febbraio  1920. 

Segretario 

Far««a  (Nob.  Carlo  Fabrizio),  Dottore  in  Scienze  nnturoli,  Professore  di 
Geoloftia  e  Direttore  del  Museo  di  Qeologia  e  di  Paleontologìa  della 
R.  Università  di  Torino  e  Preside  della  Facoltà  di  Scienze,  Socio  na- 
nODOle  della  R.  Accademia  dei  Lincei,  Socio  reeidente  della  R.  Acca- 
demia di  Agricoltura  dì  Torino,  Socio  corrispondente  del  Reale  latituto 
Lombardo  di  Scienze  e  Lettere,  del  R.  Istituto  Veneto  dì  Scienze, 
Lettere  ed  Arti,  della  R.  Accademia  delle  Scienze  dì  Napoli,  della 
B.  Accademia  di  Scienze,  Lettere  ed  Arti  di  Modena,  dell'Ateneo  di 
Brescia,  dell'Accademia  degli  Agiati  in  Rovereto  e  dell'Accademia  di 
Verona,  Membro  del  R.  Comitato  Geologico,  ecc..  Comm.  t,  ^B,  — 
Totìmo,  PalaMto  Carignano. 

Rieletto  alla  corica  il  14  dicembre  1919  per  il  triennio  dal  16  no- 
vembre 1919  al  15  novembre  1922. 


zed.yG00g[e 


ACCADEMICI  RESIDENTI 


SalradArl  (Conte  Tommaso),  Dottore  in  Medicina  e  Chirurgia,  Vi  cb- Di  rettore- 
dei  Museo  Zoologico  della  R.  UniverBÌtà  di  Torino,  Socio  della  E.  Acca- 
demia di  Agrìcoltara  di  Torino,  della  Società  Italiana  di  Scienie  naturali, 
•  dell'Accademia  Oioenia  di  Catania,  Membro  della  Società  Zoologica  di 
Londra,  dell'Accademia  delle  Scienze  di  Nuova  York,  della  Società  dei 
Naturalisti  in  Modena,  della  Società  Reale  delle  Scienze  di  Liegi,  delta 
Reale  Società  delle  Scienze  naturali  delle  Indie  Neerlandesi  e  del 
R.  Istituto  Veneto  di  Scienze,  Lettere  ed  Arti,  Membro  effettivo  della 
Società  Imperiale  dei  Naturalisti  di  Mosca,  Socio  straniero  della 
Britùh  Orniihologieal  Union,  Socio  «traniero  onorario  del  Nvttall  Omi- 
thotogieai  Club,  Socio  straniero  d%\V American  Omithologi»W  Union,  e 
Membro  onorario  della  Società  Ornitologica  di  Vienna,  Membro  ordi- 
nario della  Società  Ornitologica  tedesca,  Comm.  Wt,  Cav.  dell'O.  di  S.  Gia- 
como del  merito  scientiBco,  letterario  ed  artistico  (Portogftllo).  —  Torino^ 
Via  iV>«cipe  Tommaso,  17, 

29  gennaio  1871  -  9  febbraio  1871.  —  Pensionato  21  mano  1878. 
D'OtMIo  (Enrico),  predetto. 

29  dicembre  1878  - 16  gennaio  1879.  —  Pensionato  28  novembre  1889. 
HAceari  (Andrea),  predetto. 

5  dicembre  1880  -  23  dicembre  1880.  —  Pensionato  8  giugno  1893. 
Segre  (Corrado),  Dottore  in  Matematica,  Professore  di  Geometria  superiore 
nella  R.  Università  di  Torino,  Socio  nazionale  della  R.  Accademia  dei 
Lincei  e  della  Società  Italiana  delle  Scienze  (detta  dei  XL),  Membro 
onorario  della  Società  FilosoSca  di  Cambridge  e  delle  Società  Mate- 
matiche di  Londra  e  di  Calcutta,  Socio  straniero  dell'Accademia  delle 
Scienze  del  Belgio  e  di  quella  di  Danimarca ,  Socio  corrispondente 
della  Società  Fisico-Medica  di  Grlangen,  dell'Accademia  delle  Science 
dì  Bologna,  del  Reale  Istituto  Lombardo  dì  Science  e  Lettere  e  del  R.  Isti- 
tuto Veneto  di  Scienze,  Lettere  ed  Arti,  Socio  onorario  dell'Accademia 
di  Scienze,  Lettere  ed  Arti  di  Modena,  *  e  Comm.  «i.  —  TorinOy 
,   Corso  Vittorio  EmaHuele,  85. 

10  febbraio  1889  -  21  febbraio  1889,  —  Pensionato  8  ottobre  1898. 
Peano  (Giuseppe),  Dottore  in  Matematica.  Professore  di  Calcolo  infinitesi- 
male nella  R.  Università  di  Torino,  Socio  della  Sodedad  Cientifiea  del 
Messico,  della  Società  matematica  di  Easan,  della  Società  filosofica  di 
Ginevra,  corrispondente  della  R.  Accademia  dei  Lincei,  •  e  a».  — 
Torino,  Via  Barharoux,  i. 

25  gennaio  1891  -  5  febbraio  1891.  —  Pensionato  22  giugno  1899. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


IX 

JftdsBia  (Nicodemo),  Dottore  in  Matematica,  PiofeEsore  ordinario  di  Geodesia 
teoretica  nella  R.  Università  di  Torino  e  di  Geometria  pratica  nel  R.  Po- 
litaoDÌco,  Socio  dell'Accademia  Pontaniana  di  Napoli,  deirAcoademia 
DafnicA  di  Acireale  e  della  Società  degl'Ingegneri  Civili  di  Lìibona, 
Membro  effettivo  della  R.  Commisaione  Geodetica  italiana,  Comm.  ^. 
^  Torino.  Via  Madama  Cristina,  11. 
3  febbraio  1895  -  17  febbraio  1895.  —  Pensionato  17  ottobre  1902. 

F»i|Pio\  Senatore  del  Regno,  Dottore  in  Medicina  e  Cbirargia,  ProJessore 
ordinario  di  Anatomia  Patologica  nella  R.  Cni^rsità  di  Torino,  Socio  na- 
zionale della  R.  Accademia  dei  Lincei,  uno  dei  XL  della  Società  Italiana 
delle  Scienze,  Socio  corrispondente  del  Reale  Istituto  Lombardo  di  Scienze 
e  Lettere  e  del  R.  Istituto  Veneto  di  Scienze,  Lettere  ed  Arti,  Presidente 
della  Giunta  di  Vigilanza  dell'Istitotu  di  Magistero  per  l'educaiione 
fisica,  Membro  dell'Opera  Nazionale  per  gl'invalidi  della  guerra  in 
Roma,  ecc.,  ecc.,  Comm.  #  ^.  —  Torino,  Corso  Valentino,  40. 
3  febbraio  1895  -  17  febbraio  1895.  —  Pensionato  9  novembre  1902 

tinldl  (Camillo),  Ingegnere,  Professore  ordinario  di  Statica  grafica  e  Scienza 
delle  coatruzioni  e  Direttore  dell'annesso  Laboratorio  sperimentale  dei 
materiali  da  costruzione  nel  R.  Politecnico  in  Torino,  Corrispondente 
della  Reale  Accademia  dei  Lincei,  Off.  #,  Comm.  ^.  —  Torino,  Corso 
ValenliHO.  7. 
31  maggio  1B96  -  11  giugno  1896.  —  Pensionato  11  giugno  1903. 

ParoDa  (Nob.  Carlo  Fabriiio),  predetto. 

15  gennaio  1899  -  22  gennaio  1899.  —  Pensionato  21  gennaio  1909. 

Mattlr»lo  (Oreste),  Dottore  in  Medicina,  Chirurgia  e  Scienze  naturali, 
Professore  ordinario  di  Botanica  e  Direttore  dell'Istituto  botanico  della 
R.  Università  di  Torino,  Socio  nazionale  della  R.  Accademia  dei  Lincei, 
Uno  dei  XL  della  Società  italiana  delle  Scienze,  Socio  della  B.  Acca- 
demia di 'Medicina,  Presidente  della  R.  Accademia  di  Agricoltura  di 
Torino  e  della  Società  botanica  italiana.  Socio  corrispondente  del 
Reale  Istituto  Lombardo  di  Scienze  e  Lettere,  dell'Accademia  delle  Scienze 
del  R.  Istituto  di  Bologna,  della  R.  Accademia  di  Scienze,  Lettere  ed 
Arti  di  Modena,  della  Società  di  Scienze  naturali  di  Mosca,  della  fioynl 
Bolanical  Society  di  Edinburgh,  della  Società  Veneto-Trentina,  della 
Società  Antonio  Alzate  di  Mexico,  ecc.,  Comm.  et,  Offioier  du  inMt 
agricole.  —  Torino,  Orto  Botanico  della  B,  Uniaersilà  (al  Valentino). 
10  marzo  1901  -  16  marzo  1901.  —  Pensionato  15  dicembre  1910. 

OrMSf  (Guido),  Professore  ordinario  di  Elettrotecnica  e  Direttore  della 
tcaola  Galileo  Ferraris  nel  R.  Politecnico  di  Torino,  Socio  ordinario 
della  R.  Accademia  di  Scienze  fisiche  e  matematiche  dì  Napoli,  del- 
l'Accademia Pootaniana  e  del  R.  Istituto  d'incoraggiamento  di  Napoli, 
Corrispondente  della  R.  Accademia  dei  Lincei,  Membro  della  Commis- 
sione superiore  metrica  al  Ministero  di  Agricoltura.  Industr.  e  Comm., 
Membro  del  Consiglio  Superiore  dei  servizi  elettrici  al  Ministero  delle 
Poste  e  Telegrafi,  Uff.  ♦,  Comm,  ^ .  —  TorÌHO,  Viit  Cemaia,  40. 
9  febbraio  1902  •  23  febbraio  1902.  —  Pensionato  30  novembre  191). 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


Stm^lUoa  (nob.  Carlo),  Dottore  in  Matematiche,  Profeatore  ordinario  di 
Fisica  matematica  e  incaricato  di  Meccanica  rorionale  nella  R.  Uni- 
veraità  di  Torino,  rappreseiitaiite  dell'Accademia  nel  Coiuifrlio  ammi- 
nistratiro  del  R.  Politecnico  di  Torino,  Socio  nazionale  della  B.  Acca- 
demia dei  Lincei,  Socio  nazionale  della  Società  italiana  delle  Sciense 
(detta  dei  XL)  e  corrispondente  del  Reale  Istituto  Lombardo  di  Scienze 
e  Lettere,  *,  Comm.  ^.  —  Corto  Vinzagtio,  75. 
5  marzo  1905  ■  27  aprile  1905.  —  Pensionato  20  laglio  1913. 

Panetti  (Modesto),  Dottore  in  Matematica.  Inifegnere,  Professore  di  mec- 

oanica   applicata   alle   macchine   e   di   Costruzioni    Aeronautiche  nel 

R.  PoIiteoDÌco  di  Torino,  Comm.  flk,  cav.  %.  —  Via  S  Frnneeteo  da 

Paola,  S6. 

24  (gennaio  4915  ~  14  febbraio  1915.  —  Pensionato  27  aprile  1919. 

Ponzio  (Oiacomo),  Dottore  in  Chimica.  Professore  ordinario  di  chimica  f;e- 
nerale,  Direttore  dell'Istitiito  di  chimica  generale  della  B.  Università 
di  Torino.  —  Torino.  Corso  Massimo  d'Aeeglio,  48. 
10  marzo  1918  -  21  marzo  1918. 

Smco  (Federico)  Dottore  in  Scienze,  Professore  ordinario  di  Oeologia  ap- 
plicata e  Direttore  del  Museo  geo-mineralogico  nel  R.  Politecnico  di 
Torino.  Professore  incaricato  di  Pul eontologia  nella  K-  Dniversità;  Scoio 
della  R.  Accademia  d'Agricoltura  di  Torino;  Socio  corrispondente  della 
R.  Accademia  dei  Lincei.  dell'Ateneo  di  Brescia  e  della  Oeological 
Society  di  Londra:  Membro  onorario  della  Société  belge  de  Geologie,  de 
Paleontologie  et  d' Unifrologie  ;  Membro  del  R.  Comitato  geologico  ita- 
liano. Comm.  ^.  —  Torino,  Corso  Vittorio  Emanuele  II.  n*  IS. 
10  marzo  1918  -  21  marzo  1918. 

Majorana  (Quirino).  Dottore  in  fisica,  Ingegnere,  Socio  corrispondente  della 
R.  Accademia  dei  Lincei,  Professore  ordinario  di  Fisica  sperimentate 
nel  R.  Politecnico  di  Torino,  Comm.  •  e  ^.  —  Torino.  Corso  Duca 
di  Omora,   1. 

10  marzo  191S  -  21  mnno  191S. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


ACCADEMICI  NAZIONALI  NON  RESIDENTI 

Tolterra  (Tito),  Senatore  del  Regno.  Dottore  in   Fìaica,  Dottore  e 

in  Matematiche  della  Università  Fridericiana  di  Chriatiania,  Dottore 
onorario  in  Scienze  della  Università  dì  Cambridge,  Dottore  onorario  in 
Filoso6a  delta  Università  di  Stookbolm,  Dottore  onorario  in  Fisica  della 
Clark  Utiivtrgily  di  Worcester  (Hess.).  Dottore  honoris  eauga  della  Sor- 
bona (Università  di  Parigi),  Professore  di  Fisica  matematica,  incaricato 
di  Meccanica  superiore,  Diretlore  del  Seminario  Hateoiatico  della 
Facoltà  di  Scienze  fisiche,  matematiche  e  naturali  nella  R.  Università 
di  Roma,  Professore  d'analisi  all'Unìvernìtà  di  Stockholni  (1906),  Pro- 
ffSìfur  agrii  à  la  Sorbonne  (1912),  Louir  dark  Vanuxem  lerturer  11912) 
airUniversità  di  Princeton  N.  J.,  Hilchkok  tfcturr  (1919)  all'Università 
di  California,  Berkeley,  Cai.,  Presidente  della  Società  Italiana  delle 
Scienze  (detta  dei  XL),  Socio  nazionale  della  R.  Accademia  dei  Lince), 
Accatlemico  corrispondente  della  R.  Accademia  delle  Scienze  dell'Isti- 
tuto di  Bolo)iQa,  Socio  corrispondente  del  Reale  Istituto  Lombardo  di 
Scienze  e  Lett«re,  Socio  corriapondente  della  K.  Accademia  di  Scienze, 
Lettere  ed  Arti  di  Modena,  Socio  onorario  del  l'Accademia  tlioeniadi 
Scienze  natarali  di  Catania,  Membro  nazionale  della  Società  degli  Spet- 
tro'<eDpÌsti  italiani,  Memliro  straniero  della  Società  Reale  di  Londra, 
Membro  della  Rojal  Institntion  of  ftreat  Britain  (Londra!,  Associato 
straniero  dell'latituto  di  Francia  (già  Socio  corrispondente  nella  Sezione 
di  Geometria  dell'Accademia  delle  Scienze  di  PariKi),  Membro  straniero 
nella  Classe  di  Matematica  pura  della  Reale  Accademia  Svedese  delle 
scienze.  Membro  onorario  straniero  della  Società  Reale  di  Edimburgo, 
Membro  straniero  dell'Accademia  nazionale  delle  Scienze  (Mati  Uniti 
d'America,  Washington).  Membro  straniero  della  Ainenean  Phileeophìeal 
Society  far  Promoting  i'ffful  Knoicltdge  di  PhilaJelphia  IPft).  Membro 
ordinario  della  Società  Reale  delle  Scienze  di  Upsala,  Associato  della 
Selione  di  Scienze  matematiche  e  fisiche  dell'Accademia  Reale  delle 
Scienze,  I.ettere  e  Belle  Arti  del  Belgio.  Membro  corrispondente  della 
Accademia  delle  Scienze  di  Pietrofcrado.  Membro  onorario  dell'Acca- 
demia Rumena  di  Bucarest,  Membro  du  Bureau  della  Società  matema- 
tica di  Francia.  Membro  onorario  della  Società  Matematica  di  Londra, 
Membro  onorario  della  Società  matematica  di  KhHrkow.  Membro  onO' 
rario  della  Società  matematica  di  Calcutta.  Mrmbrr  du  Bureau  della 
Società  fisica  di  Francia,  Membro  onorario  della  Società  di  Scienze  fisiche 
e  naturali  di  Bordeaux,  Membra  corrispondente  della  Società  Scientifica 
di  Buenos  Aires,  Membro  onorario  AeW Hairard  Mathrmatleid  Club  in 
Cambridge  (Mass.).  Vi  ce -Presidente  del  R.  Comitato  Talassografico  ita- 
liano. Presidente  della  R.  Commissione  tecnica  per  gl'Istituti  di  Previ- 
denza. Presidente  dell' Asso  ciati  one  Italiana  per  l'Intesa  intellettaale 
fra  i  paeii  alleati  ed  amici,  ecc.,  ^,  #,  ^.  —  Roma,  Via  in  Lucina,  17. 
3  febbraio  1895  -  Il  febbraio  18dò. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


XII 

BiKBelil  (Luìkì).  ProfeBsora  di  Geometria  anultticn  nella  R.  Cniversità  di 
Pisa,  Socio  ordinario  della  R.  Accademia  dei  Lincei  e  della  Società  Ita- 
liana delle  Scienze,  detta  dei  XL;  Socio  corri  a  pendente  dell'Accademia 
delle  Scienze  Gslclie  e  matematiche  di  Napoli,  dell'Accademia  delle 
Scienze  dell'Istituto  di  Bologna  e  del  Reale  Istituto  Lombardo  di  Scienze 
e  Lettere  in  Milano,  ♦,  AB,  A.  ~  Pisa,  Via  Manzoni,  3. 
13  febbraio  1898  -  24  febbraio  1898. 

Qolgi  (Oamillol,  Senatore  del  Regno,  Presidente  del  Consiglio  Superiore  di 
Sanità,  Socio  nazionale  della  R.  Accademia  dei  Lìncei  di  Roma,  Dottore 
in  Scienze  ad  konortm  dell'Università  di  Cambridge,  Membro  onorario 
dell'Università  Imperiale  di  Charkoif,  nno  dei  XL  della  Società  Italiana 
delle  Scienze,  Membro  della  Società  per  la  Medicina  interna  di  Berlino, 
Membro  onorario  della  Imp.  Accademia  Medica  di  Pietrogrado,  della 
Società  di  Psichiatria  e  Neurologia  di  Vienna,  Socio  corrispondente 
onorario  della  Nenrotogieal  Soeieti/  di  Londra,  Membro  corrispondente 
della  Sociéti  de  Biologìe  di  Parigi,  Membro  AM' Aeademia  Caesarea  Leo- 
poldino- Carolina,  Socio  della  R.  Società  dalle  Scienze  di  Gottinga  e 
delle  Società  Fisico- me  diche  di  Wùrzburg,  di  Erlangen,  di  Gand,  Membro 
della  Società  Anatomica,  Socio  nazionale  della  R.  Accademia  delle 
Scienze  di  Bologna,  Socio  corrispondente  dell'Accademia  di  Medicina  di 
Torino,  Socio  onorario  della  K.  Accademia  di  Scienze,  Lettere  ed  Arti  di 
Padova,  Socio  corrispondente  dell'Accademia  Medico-fisica  Fiorentina, 
della  R.  Accademia  delle  Scienze  mediche  di  Palermo,  della  Società 
Medico-chirurgica  di  Bologna,  Socio  onorario  della  R.  Accademia  Me- 
dica di  Roma,  Socio  onorario  della  R,  Accademia  Medico -chirurgica  di 
Genova,  Socio  corrispondente  dell'Accademia  Fisiocrìtica  di  Siena,  del- 
l'Accademia Medi  co -chirurgica  di  Perugia,  della  SoHHaa  medicorum 
Sceeana  di  Stoccolma,  Membro  onorario  delV American  Neurological  AasO' 
eiatioH  di  New- York,  Socio  onorario  delia  Royal  Mieraacopicat  Societi/  di 
Londra,  Membro  corrispondente  della  R.  Accademia  di  Medicina  del 
Belgio,  Membro  onorario  della  Società  Freniatrica  italiana  e  dell'Aaso- 
ciaiione  Medico- Lombarda,  Socio  onorario  del  Comizio  Agrario  di  Pavia, 
Professore  ordinario  di  Patologia  generale  e  di  Istologia  nella  R.  Oni- 
versità  di  Pavia,  Membro  effettivo  del  Reale  Istituto  Lombardo  di  Scienze 
e  Lettere,  Membro  onorario  dell'Università  di  Dublino,  Socio  corrispon- 
dente della  Società  Medica  di  Batavia,  Membro  straniero  dell'Accademia 
di  Medicina  di  Parigi,  Membro  onorario  dell'Imperiale  Società  degK 
alienisti  e  neurologi  di  Kazan,  Socio  emerito  della  R.  Accademia  Me- 
dico-Chirurgica di  Napoli,  Socio  corrispondente  dell'Imp.  Accademift 
delle  Scienze  di  Vienna,  Socio  onorario  della  R.  Società  dei  Medici  in 
Vienna,  Gomm.  ♦,  Gr.  Cr.,  Gr.  Cord.,  •»,  Cav.  *.  —  Paria,  Cono 
Vitt.  Eman.  77. 
13  febbraio  1898  -  24  febbraio  1698. 

Klgkl  (AugD8to\  Senatore  del  Regno,  Dottore,  Professore  ordinario  di  Fisica, 
Incaricato  dell'insegnamento  della  Fisica  per  i  Medici,  Farmacisti  e 
Veterinari  nella  B.  Università  di  Bologna,  Membro  (Benedettino)  della 


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XIll 

Aocademia  delle  Scienze  del  R.  Istituto  di  Bologna,  Socio  nnsioiikle 
della  R.  Accademiu  dei  Lincei,  Socio  coni  sponde  n  te  del  R,  Istituto 
Teoetodi  Scienze,  Lettere  ed  Arti,  del  Reale  Istituto  Lombardo  di  Scienze 
e  Lettere,  dell'Accademia  di  Padova,  della  R.  Accademia  di  Scienze, 
Lettere  ed  Arti  dì  Modena,  dell'Accademia  di  Scienze  natuialì  ed  eco- 
nomiche di  Palermo,  dell'Accademia  Gioenja  di  Scienze  naturali  di 
Catania,  Membro  della  Società  det;li  Spettroscopi  a  ti  Italiani,  Uno  dei  "Sii 
della  Souetà  Italiana  delle  Scienze,  Dottore  in  Filosofia  hmons  causa 
detrUniveraità  dì  Gottingu,  di  Erlangen,  Uembi'o  corrispondente  del- 
l'Accademia di  Parigi,  dell'Accademia  delle  Scieoze  di  Pietrof^rado,  di 
Lund,  dell'Accademia  Olandese  di  Haarlem  e  della  tìocietìi  Reale 
delle  Scienze  di  Upsala,  Membro  onorario  deWa,  Philoaophical  Socieli/ ài 
Cambridge,  della  Società  Reale  di  Edìnburgo,  della  Roynl  Inslilulion 
della  Gran  Bretagna,  delia  Società  Antonio  Alzate  del  Messico,  delia 
Società  di  Scienze  naturali  di  Mosca,  della  Società  di  Fisica  di  Ginevra, 
Uno  dei  12  Soci  onorari  della  Società  Fìsica  di  Londra,  Membro  stra- 
niero della  R.  Società  delle  Scienze  di  Gottinga,  Membro  onorario 
deW IstituUon  Electrical  Engiaer*  di  Londra,  Comm,  *,  Gr. Uff.  gt,fr 

—  Bologna,   Via  Irnerio,  46. 

24  gennaio  1915  -  14  febbraio  1915. 
TErimelII  (Torquato),  Dottore,  Professore  ordinario  di  Geologia  e  Incari- 
cato di  Paleontologia  nella  R.  Univeraità  di  Pavia,  Membro  del  R.  Co- 
mitato Geologico  e  del  R.  Consiglio  di  Meteorologìa  e  Geodinamica, 
Socio  ordinario  del  Comizio  Agrario  di  Pavia,  Membro  effettivo  del 
Reale  Istituto  Lombardo  di  Scienze  e  Lettere.  Socio  degli  Atenei  di  Brescia 
e  Bergamo,  delle  Accademie  di  Udine,  di  Verona  e  di  Spoleto,  della 
Società  Agraria  Istriana,  della  Società  dei  Naturalisti  di  Modena,  della 
R.  Accademia  dei  GeorgoRli  di  Firenze.  Uno  dei  XL  della  Società  Italiana 
delle  Scienze,  Socio  Nazionale  della  R.  Accademia  dei  Lincei,  dell'Ac- 
cademia delle  Scienze  della  Società  Reale  di  Napoli,  dell'Accademia 
delle  Scienze  del  R.  Istituto  di  Bologna,  dell'I.  R.  Accademia  delle 
Scienze  di  Rovereto,  Socie  onorario  delle  Società  Alpine  di  Udine  e 
di  Trento,  dell'I.  R.  Istituto  geolos^ìco  di  Vienna,  della  Società  Reale 
delle  Scienze  del  Belgio,  della  Società  Elvetica  di  Scienze  naturali, 
della  Società  di  Scienze  naturali  di  Filadelfia,  Gr.  Uff.  ^,  4>,  Cav.  4"' 

—  Pavia,   Via   Volta,  24. 

24  gennaio  1915  -  14  febbraio  1915. 

Bertlnt  (Eugenio),  Dottore.  Professore  ordinario  di  Geometria  superiore 
nella  R.  Università  di  Pisa,  Professore  onorario  dell' Univeraità  di 
Pavia,  Socio  nazionale  della  R,  Accndemin,  dei  Lincei,  Membro  effet- 
tivo del  Reale  Istituto  Lombardo  di  Scienze  e  Lettere,  uno  dei  XL  della 
Società  Italiana  delle  Scienze,  Socio  corrispondente  della  R.  Accademia 
delle  Scienze  di  Lucca,  #,  OB.  —  Pisa,  Lungarno  Meiiicro.  Palazzo  Sckiff. 
24  gennaio  1915  -  14  febbraio  1915. 

Plrotta  (Romnaldo),  Dottore,  Socio  nazionale  della  R.  Accademia  dei  Lincei, 
UDO  dei  XL  della  Società  italiana  delle  Scienze,  Socio  corrispondente 


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XIV 

del  Reale  Istituto  Lombardo  di  scienze  e  lettere  e  dell'Iatitnto  Veneto 
di  scienze,  lettere  ed  urti,  ProfesHore  ordinario  di  Botanica  e  Direttore 
del  fi.  Istituto  e  Orto  Botanico  dell'Università  di  Roma,  Comm.  ^.  — 
Roma.   Vili  Milano,  41.  IsUliUo  Botanico. 

24  gennaio  1915  -  14  febbraio  1915. 
Rftltl  (Antonio),  Dottore,  Professore  emerito  del  R.  Istituto  di  Studi  supe- 
riori in  Firenze,    Vice  Presidente  della  R.  Accademia  dei  Lincei.  — 
Roma,  Lungotevere  FarHlginii,  2. 

24  gennaio  1915  -  14  febbraio  1915. 


ACCADEMICI   STRANIERI 

KleÌB  (Felice),  Professore  nell'Università  di  QOttingen.  —  10  gennaio  189T  • 

24  gennaio  1897. 
KMther  (Haasimiliano),  Prof.  nell'Università  di  Erlangen.  —  15  maggio  1910 

-  12  RiuRno  1910. 
ThOBHVn  (John  Joseph),  Professore  nell'Università  di  Cambridge.  —  Id.ìd. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


CORRISPONDENTI 


Sezione   di  Uatematiolie  pure. 

CanUr  (Hauriiiol,  Professore  Dell 'Uni  Tersità  di  Heidelberg.  ~  25  giuf^io  18^6. 

Schwars  (Ermanno  A.).  Professore  nellft  Università  di  Berlino.  —  19  di- 
cembre 1880. 

Jtrdftì  (Camillo),  Professore  ne)  Collegio  dì  Francia,  Membro  dell'htitato 
di  Francia  (Parigi).  —  12  gennaio  1896. 

■Ittag-Leffler  (Gostavol.  Professore  all'Università  di  Stoccolma.  —  Id.  id. 

Picard  (Emilio),  Professore  alla  Sorbonne,  Membro  dell'Istituto  di  Francia 
(Parigi).  —  10  gennaio  1897. 

VastcliiB«To  (Guido).  Prof,  nella  R.  Università  di  Roma.  —  17  aprile  1898. 

Zeitbeii  (Gerolamo  Giorgio),  Professore  nella  Università  di  Copenhagen.  — 
U  giugno  1903. 

Hilbert  (Davide),  Prof,  ne  11' Uni  Tersità  di  GOttingen.  —  Id.  id. 

Eaiiqnes  (Federico).  Prof.  nell'Università  di  Bologna.  —  15  maggio  I9I0. 

Beraolarl  (Laigi),  Professore  Aella  R.  Università  di  Pavia.  ~  24  febbr.  1918. 

Kareolougo  (Roberto),  Professore  nella  R.  Università  di  Napoli  —  Id.  id. 

Pincherle  (Salvatore),  Professore  nella  R.  Università  di  Bologna. —  Id.  id. 

Blect-Carbaitra  (Gregorio),  Professore  nella  R.  Università  di  Padovn.  — 
Id.  id. 

Severi  (Francesco),  Professore  nella  R.  Università  di  Padova.  —  Id.  id. 

Segone  di  Hatematiohe  applicate, 
Astrooomla  e  Soieoza  dell'ingegnere  olrile  e  militare. 

Bwlag  (Giovanni  Alfredo),  Professore  nell'Università  di  Edinburg.  — 
27  mst«io  18»4. 

Celorla  (Giovanni),  Senatore  del  Regno.  Direttore  deirOMervatorio  dì  Mi- 
lano. —  12  gennaio  1896. 

Ceralli  (Vincentol,  Direttore  dell' Osse rvnto rio  Collarania,  Teramo.  — 
15  maggio  1910. 

Boaasiaesq  (Valentino),  Membro  dell' I '«ti  tu  te  di  Francia,  Professore  nella 
Università  di  Parigi.  —  Id.  id. 

LevNClvIta  (Tallio),  Professore  nella  R.  Università  di  Padova.  -  Id.  id. 

Albeaga  (Giuseppe',  Professore  nella  R.  Università  di  Bologna.  —  24  feb- 
braio 1918. 

CvlanaetU  (Gustavo),  Professore  nella  R.  Università  di  Pisa.  —  Id.  id. 

■aggi  (Gian  Antonio),  Professore  nella  B.  Università  di  Pisa.  —  Id.  id. 

■esoager  (Agostino).  Professore  e  Direttore  dei  Laboratori  della  Scuola 
Naiìonale  dei  Ponti  e  Strade.  Parigi.  —  29  dicembre  1918. 


D,B,t,zed.yGOOg[e 


Sezione  di  FIbIck  generale  e  sperimentale. 

LippBMB  (Galiriele),  dell'Istituto  di  Francia  (Parigi).  —  15  maggio  1892. 

RSntg»  (Guglielmo  Corrado),  Professore  nelì'Univeriità  di  Manchen.  — 
14  gingno  1903. 

Lorentl  {Knricol,  Professore  dell'Università  e  Curatore  del  Laboratorio 
Tejler  di  Haarlem.  —  14  giugno  1903. 

6*rb&HS0  (Antonio),  Professore  nel  R.  Istituto  dì  Studi  superiori  di  Firenze- 
—  15  mafrffio  1910. 

Neamann  (Carlo),  Professore  nell'Uni  versiti  di  Lipnia.  —  Id.  id. 

Zeemkn  (P.),  Professare  nell'Università  di  Amsterdam.   —  Id.  id. 

ClBtoae  (Michele).  Professore  nell'Università  dì  Napoli.  —  Id.  id. 

«orbino  (Orso  Mario).  Professore  nella  R.  Università  di  Roma'  —  24  feb- 
braio 1918. 

Lombardi  (Luigi),  Professore  nel  Politecnico  di  Napoli.  —  Id.  id. 

■Brconl  (Guglielmo',  Dottore  la  scienze.  Londra.  —  Id.  id. 

PaUizo  (Luigi).  Direttore  del  B,  Ufficio  Ceutrale  di  Meteorologia  e  Geo- 
dinamica. —  Id,  id. 


Sezione  di  Chimica  generale  ed  applicata. 

Paterno  (Emanuele),  Senatore  del  Regno,  Professore  nella  R.  Università 
di  Roma.  —  2  gennaio  1881. 

KSmer  (Guglielmo),  Professore  nella  R.  Scuola  superiore  d'Agricoltura  in 
Milano.  —  Id.  id. 

Devrar  (Giacomo),  Professore  DetrUoiveraitàdi  Cambridge.  —14  giugno  190S. 

€ÌanilcÌan(Giacoiao),  Senatore  del  Regno,  Professore  nell'Università  di  Bo- 
logna. —  Id.  id. 

Ostwald  (Dr.  Guglielmo).  Gross  Bothen  (SacLsen).  —  5   marzo  1905. 

Arrhenins  (Svante  Au(fusto).  Professore  e  Direttore  dell'  latiiutu  Fisico  del- 
l'Università di  Stoccolma.  —  Id.  id. 

Narnat  (Walter),   Professore    nell"  Università  di  Berlino.  —  Id.  id. 

Haller  (Albin),  Membro  dell'Istituto  dì  Francia,  Professore  nell'Università 
di  Parigi. —  15  maggio  1910. 

Wlllstltter  (Richard),  Professore,  Inititut,  Berlin.  —  Id.  id. 

Engler  (Carlo),  Professore    nella   Scuola   superiore    tecnica   di  Karlsruhe, 

-  Id.  id. 

Angeli  (Aftgelo),   Professore  nel  E.  Istituto  di  Studi  superiori  e  di  Perfe- 
zionamento di  Firenze.  . —  24  febbraio  1918. 
Le  Chateller  (Enrico  Luigi),  dell'Istituto  di  Francia.  Parigi.  ~~  Id.  id. 
Nasini  (Raff,Lele).  Profes'iore  nella  R.  Università  di  Pisa,  —  Id.  id. 
Flutti  (Arnaldo).  Professore  nella  R.  Università  di  Napoli.  —  Id.  id. 
Brini  (Giuseppe),  R.  Politecnico  di  Milano.  —  15  giugno  1919. 


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Sezione  di  Hlneralogia,  Geologia  e  Paleontologia. 

Capelllnl(Qiai-)iDiii|,  Senatore  del  Kegoo.  Professore  cella  R.  Uoìveraità  di 

BobgD&.  —  12  mano  1882. 
Taeberniak  (Guatavo),  Professore  nell'Unìveraitàdi  Vìeuna.  —  8  febbraio  1885. 
6etkie  (Sìr  Arcibaldo),  Direttore  del  Mu-ieo  di  Geologia  priiticB,  —  Londra, 

3  dicembre  1895. 
Liebisch  (Teodoro).  Professore  nell'UDÌTerailà  di  Gottin;^.  —  28  ^ennuio  lCì9S. 
6rotli(PaoloEnrico),ProFe99orenen'UniveraitàdiMonaeo.- 13  febbraio  1898. 
Issel  (Arturo).  ProfesBore  nella  R.  [jDiveisità  di  (ìenovn.  —  14  ^iugoo  1903. 
tioldschmidt  (Viktor),  Profeuore  ncH'Univ.  di  Heidelberg.  —  5  marzo  1905. 
Sness  (Frane.  Edoardo).  Professore  nella  *  Deiitsolie  Techniache  Hocbachule, 

di  Prftga.  —  Id.  id, 
Haag  (Emilio),  Professore  nell'Università  di  Parigi.  —  Id.  id. 
Laerolx  (Alfredo),  Membro  dell'Istituto  di  Francia,  Professore  al  Museo  di 

Storia  naturale  di  Parigi.  —  15  maggio  1910. 
Killan  i  Carlo),  Professore  nell' Univeraità  di  Grenoble.  —  Id.  id. 
Artlni  (Ettore),  Profeesore  e  Direttore  del  Museo  Civico  di  Storia  Naturale 

di  Hila.Do.  —  24  febbraio   1918. 
Brngnatelll  (Luigi),  Professore  nella  R.  Università  di  Pavin.  —  Id.  id. 
Ital  Piai  (Giorgio),  Professore  nella  R.  Università  di  Padova.  —  Id.  id. 
De  SlAfanl  (Carlo),  Professore  nel  R.  Istituto  di  Studi  superiori  e  di  Per- 

feEionamento  in  Firenze.  —  Id.  id. 


Sezione  di  Botanica  e  Fisiologia  vegetale. 

Sae^ardo  (Andrea),  Professore  nella  R.  Università  di  Padova.  —  8  feb- 
braio 1885. 

Goebel  (Corto),  Professore  nell'Università  di  Monaca.  —  13  febbraio  1898. 

Pensig  (Ottone).  Professore  nell' Uni  Tersità  di  Genova.  —  Id.  id. 

WleBoer  (Giulio),  Professore  nell'Univ.  di  Vienna.  —  14  ffiugno  1903. 

Klebs  (Giorgio),  Professore  nell'Università  di  Halle.  —  Id.  id. 

Maagln  (Luigi).  Membro  dell'  Istituto  di  Francia,  Professore  al  Museo  di 
Storia  naturale  di  Parigi.  —  15  maggio  1910. 

De  Trles  (Ugo).  Professore  nella  Università  di  Amsterdam.  —  13  genn.  1918. 
Bower  (Federico  Orpen),  Professore  nella  Univeraità  dì  Glasgow.  —  24  feb- 
braio 1918. 

De  Toni  (Giovanni  Battista),  Professore  nella  B.  Università  di  Modena.  — 
Id.  id. 

Sezione  di  Zoologia,  Anatomia  e  Fisiologia  comparata. 

ffalderer  (Guglielmo).  Professore   nell'Univerailà  di  Berlino-    —    1'  di- 
cembre 1889. 
Beax  (Guglielmo),  Professore  nell'Università  di  Halle.  —  13  febbraio  1898. 

Atti  tifila  B.  Aeeodtmia  —  Voi.  LV.  n 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


XVfll 

Bonlenger  {Giorgio  Alberto),  AeaÌBtente    al  Museo  di  Storia  naturale    di 

Londra.  —  28  gennaio  1900, 
Marchand  (Felice),  Professoro  nell'Università  di  Leipzig.  —  14  giugno  1908. 
WeUmuin  (Auguato),  Professore  nell'Università  di  Freiburg  i.  Br.  <  Bades).  — 

5  marzo  1905. 
Laokeater  (Edwin  Bay).  Direttore  del  British  Museum  of  Xalural  HiaÌory_ 

—  Id.  id. 

Bandn    J    Cajal  (:JaDtÌago),   Professore    n  eli' Unir  eri  ita    dì    Madrid.    — 

15  maggio  1!)10. 
KOBsel  (Albrecht),  Professore    nell'Università  di  Heidelberg.   —  Id.  id. 
Albertoni  (Pietro),  Professore  nella  Università  di  Bologna. —  24  febbr.  1S18. 
Bovero  (Alfonso),  Professore  alla  Facoltà  di  Medicina,  S.  Paolo  del  Brasile. 

—  Id.  id. 

Chiarofl  (Oiuliol,  Profesaore  nel  R.  Istituto  di  Studi  superiori  e  di  Perfe 

zionamento.  —  Id.  id. 
OrAXRl  (Qiovanm  Battista),  Professore  nella  R  Università  di  Roma.  —  Id.  id. 
Tialletoi  (L.),  Professore  di  Anatomia  Microscopica,  Montpellier.  —  Id.  id. 
Basa  (Daniele),  Professore  nella  R.  Università  di  Modena.  —  Id.  id. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


CLASS»  DI  sciem  iorau.  mnm  %  tmmm 


Boselli  {S.  E.  PaoIo\  Primo  Segretario  di  S,  M.  per  l'Ordine  Maumiano  e 
Cancelliere  dell'Ordine  della  Corona  d'Italia,  Dottore  aggregato  alla  Fa- 
coltà di  Oinrieprudenza  della  R.  Università  di  Genova,  già  Professore 
nella  R.  Università  di  Roma,  Profeeeore  onorario  della  R.  Università  di 
Bologna,  Presidente  dell'Istituto  Storico  Italiano,  Presidente  del  Consiglio 
degli  ÀTchÌTÌ,  Socio  corrispondente  del  R.  Istituto  Veneto  di  Scienze, 
Lettere  ed  Arti,  della  Classe  di  scienze  morali  della  R.  Accademia  delle 
Scienze  dell'Istituto  di  Bologna,  della  R.  Accademia  delle  Scienze  di  Mo- 
dena, Socio  onorario  della  Società  Minerva  di  Trieste,  Membro  ono- 
rario nazionale  dell'Istituto  di  Storia  del  Diritto  Romano  della 
R.  Uaiversità  dì  Catania,  Socio  corrispondente  dell'Ateneo  di  Brescia, 
Socio  corrispondente  dell' Accademia  dei  Oeorgofili,  Presidente  della 
R.  Depataiione  di  Storia  Patria  per  le  Antiche  Provincie  e  la  Lom- 
bardi», Presidente  della  Società  di  Storia  Patria  dì  Savona,  Socio 
onorario  delta  Società  Lignre  dì  Storia  Patria,  Socio  onorario  dell'Ac- 
cademia di  Massa,  Socio  della  R.  Accademia  di  Agricoltura,  Corrispon- 
dente dell'Accademia  Datnìca  dì  Acireale,  Presidente  onorario  della 
Societi  di  Storia  Patria  degli  AbnuEÌ  in  Aquila,  Presidente  del  Con- 
siglio Centrale  della  Società  Dante  Alighieri,  Presidente  del  Consiglio 
di  Amministrazione  del  R.  Politecnico  di  Torino,  Presidente  del  Co- 
nsiglio Superiore  della  Marina  Mercantile,  Deputato  al  Parlamento  na- 
zionale. Presidente  del  Consiglio  Provinciale  di  Torino,  Presidente  del 
Comitato  Nazionale  per  la  Storia  del  Risorgimento,  Cav.  0.  8.  SS.  A., 
Qr.  Cord.  *  e  «W,  Gr.  Cr.  della  L.  d'O.  dì  Francia,  Gr.  Cord.  dell'Or- 
dine di  Danilo  del  Montenegro,  dell'Ordine  del  Sole  Levante  del  Giap- 
pone, Qr.  UfSz.  0.  di  Leopoldo  del  Belgio,  Uffiz.  della  Cor.  di  Pr., 
e  C.  0.  della  Concezione  del  Portogallo.  —  Torino,  Piatta  Maria 
Tertaa,  3. 

Rieletto  alla  carica  il  4  maggio  1919  per  il  triennio  dal  20  aprile  1919 
ftl  19  aprile  1922. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


Segretario. 

Stampini  (Ettore).  Dottore  in  Lettere  ed  in  Filosofia,  Professore  ordinario 
di  Letteratura  latina,  Direttore  della  Biblioteca  e  già  Preside  della 
Facoltà  di  Filosofia  e  Lettere  nella  R.  Università  di  Torino,  Socio  cor- 
rispondente del  Reale  Istituto  Lombardo  di  Scienze  e  Lettere,  della 
R.  Accademia  Pelorìtana  di  Messina,  dell'Ateneo  di  Brescia,  della 
R.  Accademia  Virgiliana  di  Scienze,  Lettere  ed  'Arti  di  Mantova,  della 
R.  Accademia  di  Scienze,  Lettere  ed  Arti  di  Padova,  Socio  onorario 
dell'Accademia  di  Agricoltura,  Scienze,  Lettere  di  Verona,  Direttore 
della  Rivista  di  Filologia  e  d'Istruzione  classica,  già  Membro  del  Con- 
siglio e  della  Giunta  Superiore  dell'lstruz.  Pubblica,  Decorato  della 
Medaglia  del  Merito  Civile  di  1*  Classe  della  Repubblica  di  S.  Marino, 
Uff.  ♦,  Comm.  ^.  —  Piazza  Vittorio   Veneto,  W. 

Rieletto  alla  carica  Ìl  4  maggio  1919  per  il  triennio  dal  20  aprite  1919 
al  19  aprile  1922. 


ACCADEMICI  RESIDENTI 


B«iielll  (Paolo),  predetto. 

15  gennaio  1888  -  2   febbraio  1888.  —  Pensionato  18  ottobre  1897. 
PIeiI  (Nobile  Italo),  Dottore  in  Lettere,  Professore  ordinario  di  Persiano  e 
Sanscrito  nella  R.  Università  di  Torino,  Socio  corrispondente  della  Società 
Colombaria  di  Firenze,  Dottore  onorario  dell'Università  di  Lovanio,  Socio 
corrispondente  dell'Ateneo  Veneto,  dell'Accademia  Petrarchesca  d'Arezzo, 
dell'Accademia    Dafnica    di   Acireale,    dell' Accademia  dell'Arcadia   di 
Roma,  dell'Accademia  Reale  di  Napoli,  dell'Accademia  delle   Scienze 
dell'Istituto  di  Bologna,  della  B.  Accademia  Peloritana  di  Messina.  %.^n. 
—  Torino,  Corso  Vittorio  Emanuel*,  16. 
8  gennaio  1899  -  22  gennaio  1899.  —  Pensionato  16  giugno  1907. 
De  SftDclls  (Gaetano),  Dottore  in   Lettere,  Professore  ordinario  di  Storia 
antica  nella  R.  Università  di  Torino,  Socio  ordinario  della  Pontificia 
Accademia  romana  di  Archeologia,  *  e  ^.  —  Torino,  Corto  Vittorio 
Einanutle,  i4. 
21  giugno  1903  -  8  luglio  1908.  ■  Pensionato  15  febbraio  1912. 
BufBni  (Francesco),  predetto. 

21  giugno  1903  -  8  luglio  1903.  —  Pensionato  19  giugno  1913. 
StRUplnl  (Ettore),  predttto. 

20  maggio  1906  -  9  giugno  1903.  —  Pensionato  24  gennaio  1915. 


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XXI 

Brondi  (Vittorio),  Dottol't^  in  QiuriipnideDMt,  Professore  ordinario  dì  Diritto 
amminiatrativo  e  Scienza  dell'Amministrazione  nella  R.  Università  di 
Torino.  Membro  del  Couaiglio  superiore  della  Pubblica  Istrnzione  e 
della  Sezione  della  Giunta  per  l'Istruzione  primaria  e  popolare,  Socio 
corrispondente  onoraria  del  Circolo  di  Studi  euciali  di  Firenze,  Membro 
della  Società  intemazionale  per  lo  studio  delle  questioni  di  assistenza 
(Parigi),  Membro  della  Commistione  per  il  dopo  guerra,  Comro.  4t  e  ^. 
—  Torino,  Via  Montehello,  26. 

17  febbraio  1907  -  1»  aprile  1907.  —  Pennionato  4  febbraio  1917. 

Sforss  (Conte  QiOTanni),  Accademico  della  Crusca,  Vie  e- Presidente  della 
R.  Deputazione  di  Storia  patria  di  Modena  per  la  Sotto-Sezione  di 
Massa  e  Carrara,  Socio  effettivo  di  quelle  delle  antiche  Provincie  e 
della  Lombardia,  di  Parma  e  Piacenza,  e  della  Toscana.  Socio  ono- 
rario della  R,  Deputazione  Veneta  di  Storia  patria.  Corrispondente 
della  R.  Accademia  di  Scienze,  Lettere  ed  Arti  di  Modena,  del- 
l'Ateneo di  Brescia,  della  Società  Ligure  di  Storia  patria,  dalla  R.  Ac- 
cademia Lucchese,  Socio  onorario  della  R.  Accademia  di  Belle  Arti 
di  Carrara  e  della  Società  I.unigianese  Giovanni  Capellini  per  la  storia 
naturale  della  regione.  Membro  d'onore  AeW Acadimif  Chablaitienne  di 
Thonon-les-Bains,  Membro  aggregato  AeìV  Acadétnit  lìts  Sciences,  Bellea 
LetlreB  et  Art»  de  Savoie,  Socio  della  E,  Commissione  per  i  testi  di  lingua. 
Membro  della  Commissione  Araldica  Piemontete.  della  Società  di  Storia 
patria  di  Vignola.  della  Commissione  municipale  di  Storia  patria  e 
belle  arti  della  Mirandola,  detta  Commissione  Senese  di  Storia  patria 
e  della  Società  storica  di  Carpi,  Corrispondente  della  R.  Accademia 
Valdarnese  del  Pogfpo  in  Montevarchi,  della  Società  Georgica  di  Treia, 
della  Colombaria  di  Firenze,  e  del  Comitato  nazionale  per  la  Storia 
del  Risorgimento  italiano,  Socio  elTettivo  della  Società  Piemontese  di 
Archeologia  e  Belle  Arti,  Presidente  onorario  della  R.  Accademia  dei 
Rinnovati  di  Massa,  Membro  del  Consiglio  degli  Archivi  di  Stato  del 
Regno.  Gr.  Uff.  «B,  Comm.  ♦.  Gr,  Uff,  del  Me^jidiè.  -  Via  S.  Dal- 
mazzo,  24. 
17  febbraio  1907  •  19  aprile  1907.  —  Pensionato  13  dicembre  I9I7. 

BlB»mdl  (Luigi),  Senatore  del  Regno,  Dottore  in  Giurisprudenza.  Profes- 
sore di  Scienza  delle  finanze  e  Diritto  finanziario  nella  R,  Università 
di  Torino  ed  Incaricato  di  Economia  e  Legislazione  industriale  nel 
R.  Politecnico  di  Torino,  Membro  delta  Regìa  Deputazione  sovra  gli 
Studi  di  Storia  patria  per  la  Antiche  Provincie  e  la  Lombardia,  Socio 
corrispondente  della  R.  Accademia  dei  Lincei  e  di  quella  dei  Oeorgofilì, 
Socio  onorario  del  CiAden  Club  di  Londra,  Membro  del  Comitato  centrale 
e  della  Commissione  esecutiva  del  Consorzio  nazionale.  —  Torino, 
Piatta  Statuto,  IS. 
10  aprile  1910  -  1*  maggio  1910.  —  Pensionalo  18  dicembre  1917. 

Baldi  di  Vosme  (Alessandro  dei  conti).  Dottore  in  Giurisprudenza,  Soprin- 
tendente alte  Gallerie  ed  ai  Musei  medioevali.  ecc.  del  Piemonte  e  della 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


XXII 

Li^ria,  Direttore  della  R.  Pinacoteca  di  Torino,  Segretario  della  R.  De- 
patazione  sovra  gli  Studi  di  Storia  patria  per  1e  Antiche  Provincie  e  la 
Lombardia.  —  Via  dei  Mille.  5i. 

10  aprile  1910  -  1°  maggio  1910.  —  PeuBionato  4  luglio  191K 
ScIilapar^III  (Emeato),  Dottore  in  Lettere,  Professore  incarìcRto  di  Egitto- 
logia nella  R.  Daiversità  di  Torino,  Socio  nazionale  della  R.  Àcca- 
demia  dei  Lincei,  Corrispondente  del  R.  Istituto  Veneto  di  Scienze.  Let- 
tere ed  Arti,  dell'Accademia  delle  Scienze  dell'Istituto  dì  Bologna, 
Menibro  onorario  dell'Istituto  Khediviale  egiziano  e  della  Società  Asia- 
tica di  Franci»,  delia  Società  di  Archeologia  biblica  di  Londra,  Direttore 
del  R,  Museo  di  Antiobità  di  Torino,  Soprintendente  dei  Musei  e  Scavi 
di  antichità  per  il  Piemonte  e  la  Lifpirìa,  Uff.  *.  Comm.  1B. 

10  aprile  1910  -  1°  maK^o  1910.  -  Pensionato  11  luglio  1918. 
Patella  (Federico),  Dottore  in  Giurisprudenza,  Profesaore  di  Storia  del 
Diritto  italiano  nella  R.  Università  di  Torino,  Socio  effettivo  della 
R.  Accadeniia  di  Scienze,  Lettere  ed  Arti  di  Modena,  Membro  delia 
R.  Deputaiione  sovra  gli  Studi  dì  Storia  patria  per  le  Antiche  Provincie 
e  la  Lombardia,  Socio  corrispondente  della  R.  Deputazione  di  Storia 
patria  ppr  l'Umbria  e  della  R.  Dcputasione  dì  Storia  patria  per  le 
Provincie  Modenesi,  Socio  fondatore  della  Commissione  Senese  di  Storia 
patria,  Socio  effettivo  della  Società  Piemontese  di  Archeologia  e  Belle 
Arti,  Comm.  *^.  —   Via  S.  Massimo,  44. 

3  ma^ìo  1914  -  11  giugno  1914.  —  Pensionato  27  ottobre  1918. 
Tidui  (Giovanni),  Dottore  in  Letfere  e  in  Filosofia,  Professore  ordinario  di 
Pedagogia  e  già  Preside  della  Facoltà  di  Filosofia  e  Lettere,  Rettore  della 
B.  nniversità  di  Torino,  Membro  del  Reale  Istituto  Lombardo  di  Scienze 
e  Lettere,  Socio  corrispondente  della  R.  Accademia  dei  Lincei  e  del- 
l'Ateneo di  Brescia.  Uff.  4».  Gr.  Uff.  ti»,  Comm.  dell'Ordine  di  Danilo 
dei  Montenegro.  —  Via  Vnlei/'jiv,   15. 

31  gennaio  191-5  -  14  febbraio  191.5. 
Prato  (Giuseppe),  predetto. 

31  gennaio  1915  -  14  febbraio  1915. 
CUb  (Vittorio),  Dottore  in  Lettere.  Professore  ordinario  di  Letteratura 
italiana  nella  R.  Università  di  Torino,  Socio  corrispondente  del  R.  Isti- 
tuto Veneto  e  del  Reale  Istituto  Lombardo  di  Scienze  e  Lettere,  Membro 
effettivo  della  R.  Deputazione  sovrn  gli  studi  di  Storia  patria  per  le 
Antiche  Provincie  e  la  Lombardia  e  di  quella  di  Venezia,  Cav.  Utf.  ^. 
—   Fio  G.   Berehet,  2. 

20  maggio  1917  -  10  giugno  1917. 
Paeohloul  (Giovanni),  Dottore  in  Giurisprudenza,  Professore  ordinario  di 
diritto  romano  nella  R.  Università  dì  Torino,  già  Pro fesio re  ordinario 
dì  diritto  romano  nella  Università  dì  Innebruck,  Socio  corrispondente 
della  B.  Accademia  di  Scienze.  Lettere  ed  Arti  di  Modena  e  dell'Acca- 
demia defrli  Agiati  di  Rovereto,  «•.  —  Via  Cihyario,  ■'•4. 

20  maggio  1917  -  10  giugno  1917. 


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XXIII 
TAlnani  (Luigi),  Dottore  in  Lettere,  Profesaoce  ordinario  di  6rammB.tÌoa 
greca  e  latina  e  Preside  della  Facoltà  di  FtloeofiEi  e  Lettere  nella 
R.  Dniveriiità  di  Torino,  Socio  corrispondente  dell'Accademia  Proper- 
ziana  del  Subasio  in  AbbÌsì,  della  R.  Accademia  Virgiliana  di  Mantova, 
della  R.  Accademia  di  Scienze,  Lettere  ed  Arti  di  Padova,  Comm.  ^. 
—  Via  S.  Secondo.  31. 
20  m^Tfpo  ^917  '  10  giugno  1917. 


ACCADEMICI  NAZIONALI  NON  RESIDENTI 


Coaparetti  (Domenico),  Senatore  del  Regno,  Professore  emerito  dell'  Uni- 
versità di  Pisa  e  del  R.  Istituto  di  Studi  superiori,  pratici  e  di  perle- 
Kionamento  in  Firenze,  Socio  nazionale  della  R.  Accademia  dei  Lincei, 
della  R.  Accademia  delle  Scienze  di  Napoli.  Socio  corrispondente  del- 
l'Accademia della  Cmsca,  del  Reale  Istituto  Lombardo  e  del  B.  latitato 
Veneto,  Membro  della  Società  Reale  pei  testi  dì  lingua,  Socio  straniero 
deiriatdtuto  di  Francia  (Accademia  delle  Iscrìtioni  e  Belle  Lettere)  e 
corrispondente  della  R.  Accademia  delle  Scienze  di  Monaco,  di  Vienna,  di 
Copenhagen  e  di  Pietrogrado,  Dottore  ad  honoretn  delle  iTniversità  di 
Oxford,  di  Uracovia  e  di  Atene,  ^,  Uff.'  *,  Comm,  *».  —  Fireme, 
Via  Lautarmora,  30. 
20  marzo  1892  -  26  marzo  1892. 

SciaUJa  (Vittorio),  Senatore  del  Regno.  Dottore  in  Oiurìsprudenza,  Profes- 
sore ordinario  di  Diritto  romano  nella  R.  Univenità  di  Roma,  Professore 
onorario  della  Università  di  Camerino,  Socio  nazionale  della  R.  Acca- 
demia dei  Lincei  e  corrispondente  delle  RB.  Accademie  di  Napoli,  di 
Bologna,  di  Modena  e  di  Messina,  Socio  onorario  della  R.  Accademia  di 
Palermo,  ecc.,  Gr.  Cr.  •  e  *•.  —  Boma,  Fiazm  Oraaioli,  5. 
29  marzo  4903  -  9  aprile  1903.' 

RaJnB  (Fio),  Dottore  in  Lettere,  Dottore  honorit  eaum  dell'Università  di 
Qiessen,  Professore  ordinario  di  Lìngne  e  Letterature  neo-latine  nel 
B.  Istituto  di  Studi  superiori  di  Firenze,  Socio  nazionale  della  R.  Acca- 
demia dei  Lincei,  Accademico  residente  della  Crusca,  Socio  ordinario  non 
residente  della  Società  Reale  di  Napoli,  Socio  ordinaria  e  Vicepresidente 
della  B.  Deputazione  sovra  gli  studi  di  Storia  patria  per  la  Toscana, 
Socio  Urbano  della  Società  Colombaria,  Socio  onorario  della  R.  Acca- 
demia di  Padova,  della  Società  Dantesca  americana,  della  New  I^anguagt 
ABtociation  of  Atneriea,  della  Soeiétt  néopkilohgiqut  dell'Università  di 
Pietrogrado,  Socio  corrispondente  del  Reale  Istituto  Lombardo  di  Scienze 
e  Iiottere,  del  R.  Istituto  Veneto,  dell'Ateneo  Veneto,  della  R.  Acca- 
demia di  Palermo,  della  R.  Accademia  delle  Scienze  di  Berlino,  della 


zed.yG00g[e 


R.  Società  delle  Scienze  di  Qfittingen,  dell'Istituto  di  Francia  (Académìe 
dee  Inscrìptiona  et  BelUs-Lettree),  della  Società  Reale  di  Scienze  e  Let- 
tere di  Goteborg,  deirAccademia  R.  Lucchese,  ^.  Uff.  ♦,  Gr.  Uff.  «0. 
—   Firenze,  Piazza  d'Azeglio,   13. 
29  marzo  1903  -  8  aprile  1903. 

€)lldl  (lKDazto\  Senatore  del  Regno,  Professore  emerito  di  Ebraico  e  di 
Lingue  semitiche  comparate  nella  R.  Università  Hi  Roma,  Socio  e 
Segretario  della  Classe  di  scienze  morali,  storìcbe  e  filologiche  della 
R.  Accademia  dei  Lincei,  ^,  Uff.  *,  ^,  C.  0.  St.  P.  di  Svezia.  — 
Roma,  BoUtgke  Oecare.  'Ji. 
12  aprile  1908  -  U  maggio  1908. 

Pigorlnl  (Luigi),  Senatore  del  Regno,  Direttore   dei   Musei   Preistorico    e 
Etnografico,  Professore  emerito  di  Paleoetnologia  nella  R.  Università 
di  Roma,  Socio  nazionale  della  R,  Accademia  dei  Lincei  4,  Coiiim.   4», 
Gr.  Uff.  «•.  —  Roma,   Via  del  Collegio  Romano,  26. 
12  aprile  1908  ■  14  maggio  1908. 

D'Ovidio  (Francesco),  Senatore  del  Regno,  Professore  ordinario  di  Storia 
comparata  delle  letterature  neo-latine  nella  R.  Università  di  Napoli. 
Socio  ordinario  della  Società  Reale  di  Napoli,  Socio  nazionale  e  Pre- 
sidente delia  R.  Accademia  dei  Lincei,  Accademico  della  Crusca,  Socio 
corrispondente  del  Reale  Istituto  Lombardo  di  Scienze  e  Lettere,  del 
R.  Istituto  Veneto  di  Scienze,  Lettere  ed  Arti,  dell'Ateneo  di  Brescia, 
Socio  straniero  della  Dante  Society  d'America,  ^,  Comm.  *  e  mt.  — 
Napoli,  Largo  Lalilla,  fi. 
31  gennaio  1915  -  14  febbraio  1915. 

Sabbadlal  (Remigio),  Professore  ordinario  di  Iietteratura  latinanella  R.  Acca- 
demia scientifico-letteraria  di  Milano,  Professore  onorario  della  R.  Uni- 
versità di  Catania,  Membro  della  Commissione  per  l'edizione  nazionale 
delle  opere  dei  Petrarca,  Membro  effettivo  del  Reale  Istituto  Lombardo 
di  scienze  e  lettere.  Socio  corrispondente  della  R.  Accademia  dei 
Lincei,  ^.  —  Milano,  Foro  Bonaparté,  53. 
23  giugno  ISIS  -  11  luglio  1918. 

SftlTlonl  (Carlo),  Professore  ordinario  di  Storia  coinparata  delle  lingue  clas- 
siche e  neo-latine  nella  R.  Accademia  scientifico-letteraria  di  Milano, 
Socio  nazionale  della  R.  Accademia  dei  Lincei,  Socio  effettivo  e  Vice- 
presidente del  Reale  Istituto  Lombardo  di  scienze  e  lettere,  Socio'  corri- 
spondente della  R.  Accademia  della  Crusca,  della  R.  Accademia  di 
scienze,  lettere  ed  arti  dì  Padova,  della  Società  storica  Friulana.  — 
Milano  Via  Arioalo,  4. 
23  giugno  1918  -  11  luglio  1918. 

Pareto   (Marchese  Vilfredo),   Professore  di    Sociologia   neirUnivereìtà  di 
Lausanne  (Svizzera). 
23  giugno  I9I8  -  li  luglio  1916. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


ZZT 

Salandra  (Antonio),  Deputato  al  Parlamento,  Dottore  in  Giurieprudensa, 
Profeaaore  ordinario  di  Diritto  amministrativo  nella  R.  Università  di 
Roma,  Socio  naxionale  della  R.  Accademia  dei  Lincei,  Cavaliere  del- 
l'Ordine supremo  della  SS.  Annoosiata,  i>,  Gr.  Cord.  4t  e  ^,  ecc.  — 
Soma,  Tia  Girolamo  Fracatloro,  7. 
22  dicembre  1918  -  12  gennaio  1919. 


ACCADEMICI  STRANIERI 


Biurvani  (Carlo),  Professore  nell'Università,  di  Lipsia.  —  31  gennaio  1897 

-  14  febbraio  1897. 

Wandt  (Qoglielmo),  Professore  nell'Università  di  Lipsia.  —  29  mano  190S 

-  9  aprile  1903, 

DRekegne  (Lnigi),  Membro  dell' Istituto  di  Francia,  Direttore  della  Scnola 

Francese  in  Roma.—  12  aprile  1S08  -  14  maggio   1908. 
Mcrcler  (Sna  Eminenxa  Desiderato),  Arcivescovo  di  Matinee. 

23  giugno  1918  -  li  luglio  1918. 
Wilson  (Woodrow  Tommaso),  già  Professore  e  Rettore  dell'Università  di 
Princeton,  Presidente  della  Repubblica  degli  Stati  Uniti  d'America. 
23  giugno  1918  -  II  luglio  1918. 
NoUwe  (Pietro  de).  Professore  nell'École  pratique  des  haotes  étuden   di 

23  giagQO  1918  -  11  loglio  1918. 
■ank «Il  (Alfredo),  già  Professore  neirUniveraitàdi  Cambridge  (Inghilterra). 
23  giugno  1918  -  11  loglio  1918. 


zed.yGOOg[e 


CORRISPONDENTI 


Sezione  di  Solenze  FitOBOflche. 

P[Dloehe(AuFnuto),  Prof,  nella  Scuola  Politecnica  di  Parigi.  -  \h  mano  1896. 

Cbiappelll  < Alessandro),  Senatore  del  Regno,  PtofeMore  emerito  della 
R.  Università  di  Napoli.  —  Id.  id. 

Maeci  (Filippo),  Senatore  del  Regno,  Professore  emerito  della  R.  UniTersìtì 
di  Napoli.  —  U  giugno  1903. 

Zacc&nte  (Giuseppe),  Professore  nella  R.  Accademia  scientifico-letteraria 
dì  Milano.  —  31  maggio  1908. 

Uentile  (Giovanni).  Prof,  nella  R.  Università  di  Roma.  —  IT  maggio  1914. 

Hartlneitt  (Pietro).  Prof,  nella  R.  Accademia  scienti  Geo-letterari  a  di  Mi- 
lano. —  Id.  id. 

Bergson  (Enrico  Luigi),  Membro  dell'lstitato  dì  Francia.  —  Id.  id. 

Tarlseo  (Bernardino),  Prof,  nella  R.  Università  di  Roma.  —  33  gingno  1918. 


Sezione  di  Scienze  Giuridiche  e  Sociali. 

Nchnpfer  (Francesco),  Senatore  del  Regno,  Professore  nella  R.  Università  di 
Roma.  —  U  mano  1886. 

t^Hbba  (Carlo  Francesco),  Senatore  del  Regno,  Prof,  emerito  della  R.  Uni- 
versità di  Pisa.  —  3  marzo  1889. 

Baonamicl  (Francesco),  Senatore  del  Regno,  Prof,  emerito  della  R.  Uni- 
versità di  Pisa.  —  16  marzo  1890. 

Bonfante  (Pietro),  Prof,  nella  R.  Università  di  Roma.  —  21  giugno  1908. 

Brandlleone  (Francesco).  Professore  nella  R.  Università  di  Bologna.  — 
10  giugno  1906. 

Brfnt  (Giuseppe),  Prof,  nella  R.  Università  di  Bologna.  —  Id.  id. 

Padda  (Carlo),  Senatore  del  Regno,  Prof,  nella  R.  Università  di  Napoli.  — 
Id.  id. 

FlIoraul-GnelB  (Francesco),  Senatore  del  Regno,  Prof,  emerito  della  R.  Uni- 
versità dì  Roma.  —  Id.  id. 

Polacco  (Vittorio),  Senatore  del  Regno,  Prof,  nella  R.  Università  di  Roma. 
-  Id.  id. 

Stoppato  (Alessandro),  Prof,  nella  R.  Università  di  Boli^tna.  —  Id.  id. 

iannaceone  (Pasquale),  Prof,  nella  R.  Univ.  di  Torino.  —  Il  maggio  1914. 

Hontalclni  (Camillo),  Prof,  Segretario  generale  degli  uffizi  amministrativi 
della  Camera  dei  Deputati.  —  Id.  id. 

RanellettI  (Oreste),  Professore  nella  R.  Unive.  di  Napoli.  -  23  giugno  1918. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


Sezione  di  Scienze  Storiche. 

BIreh  (Walter  de  Orar),  del  Museo  Britannico  di  Londra.  —  14  marao  1886. 

Ch«ra1ler  (Canonico  UlÌBse),  Bomiuis.  -  26  febbraio  1893. 

Brree  (Giacomo),  Londra.  —  15  mano  1896. 

TentDrl  {AdolTo),  Professore  nella  K.  Università  di  Roma.  —  31  maggio  1908. 

LdiIo  (Alessandro),    Direttore    del    R.  Archivio    di    SUto  in  Torino.  — 

31  maggio  1908. 
Xejer  (Edoardo),  Prof.  Dell'Università  di  Berlino.  —  17  maggio  1914. 
Lfppl  (Silvio).  Direttore  dell'Archivio  di  Stato  di  Cagliari.  ~  Id.  id. 


Sezione  di  Archeologia  ed  Etnografia. 

Lattes  (Elia),  Membro  del  Reale  Istituto  Lombardo  di  Scienze  e  Lettere, 

Milano.  —  14  marco  1886. 
BirBabel  (Felice),  Roma.  —  28  aprile  1895. 

Orai  (Paolo),  Dirett.  del  Museo  Archeologico  di  Siracusa.  —  31  maggio  1908. 
PatroDl  (Giovanni),  Professore  nella  R.  Università  di  Pavia.  —  Id.  id. 
Halbherr  (Federico).  Prof,  nella  R.  UniversiU  dì  Roma.  —  23  giugno  1918. 
Maraccfat  (Orazio),  Professore  nella  R.  Università  di  Roma.  —  Id.  id. 
Paribenl  (Roberto),  Direttore  del  Museo  Nazionale  Romano  (delle  Terme). 

-  Id,  id. 

Sezione  di  Geografia. 
Bertacchi  (Cosimo),  Professore  nella  R.  Univ.  di  Torino.  —  31  maggio  1908. 

Sezione  di  Ltngulatloa  e  Filologia  orientale. 

Paredi  (Ernesto  Giacomo),  Professore  nel  R.  Istituto  di  Studi  superiori, 
pratici  e  di  perfeEionamento  in  Firenze.  —  81  maggio  1908. 

balline  (Carlo  Alfonso),  Professore  nella  R.  Università  di  Roma.  —  23  gin* 
guo  1918. 

Sezione  di  Filologia,  Storia  letteraria  e  Bibliografia 

Del  Lnngo  (Isidoro),  Senatore  del  Regno,  Socio  residente  della  R.  Acca- 
demia delta  Cmsca  (Firenne).  —  16  marzo  1890. 
Beui  (Vittorio),  Professore  nella  R.  Università  di  Roma.  —  21  giugno  1908. 
Benito  (Giuseppe),  Professore  nel  Colico  delle  Querce  in  Fìrense.  —  Id.  id. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


XXVIII 

Biadefo  (Giuseppe),  Biblioteoario  della  Biblioteca  Cìriea  di  Verona.   — 

21  giugno  1908. 
Vitelli  (Qerolamo),  Profeaaore  emerito  nel  R.  Istituto  di  Studi  superiori, 

pratici  e  di  perfesionamento  in  Firetue.  —  31  maggio  1908, 
FUminl  (Francesco),  Professore  nella  R.  Università  di  Pisa.  —  Id.  id. 
ZBrettl  (Carlo  Oreste),  Professore  nella  R.  Accademia  scientifico-letteraria 

di  Milano  —  26  febbraio  1911. 
Bostagno  (Enrico),  Professore  nel  R.  Istituto  di  Stadi  «uperiori,  pratici    e 

di  perfezionamento  in  Firenie.  —  23  giugno  1918. 
Barbi  (Michele),  Professore  nella  R.  Università  di  MeMina.  —  IJ.  id. 
flallelll  (Alfredo),  Prof,  nella  R.  Università  di  Bologna.  -  Id.  id. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


MUTAZIONI 

avventate  nel  Corpo  Accadennico 

dal  T  Gennaio  al  31  Dicembre  1919 


ELEZIOISTI 


SOCI 

Mattlrolo  (Oreste),  uel l'adunanza,  del  9  febbraio  1919  della  ClaBse  di  scieiiEe 
fisiche,  matematiche  e  naturali,   riconfermato  per  un  nuovo  triennio 
quale  rappreaentaate  della  Claste  nella  Commiasione  di  vìgólansa  per 
la  Biblioteca. 
Da  Sftoctts  (Gaetano)  \  eletti  nell'adanauza  del  2  marzo  191S  della  Claaae 
Patetta  (Federico)  .  .  f      di  scienze  morali,  storiche  e  filologiche  per  com- 
CUn  (Vittorio)  .  .  .  .  i       porre,  col  Presidente,  la  CommisBione  per  le  ono- 
Stamplni  (Ettore)    .  .  '      rame  che  ai  preparano  in  occaiione  del  Yl  cen- 
tenario della  morte  di  Dante  Alighieri. 
Gaidi  (CamiUo)  .  .  .  .  l  eletti  nell'adunanza  del  9  mano  1919  della  Classe 

GraiBl  (Quido) I      di  scienze   Gaiche,  matematiche  e  naturali  per 

,   P«Bilo  (Giacomo).  .  .  1      comporre  la  Commiggione  per  la  Conferenza  in- 
■^jorana  (Quirino).  .  '      teralleata  della  orfranizzasione  scientifica. 
Jatfania  (Nicodemo)  .  j  rieletti  nell'adunanza  della  Classe  di  scienze  fisiche, 
SalTadarl  (Tommaso)  S      matematiche  e  naturali  del  27  aprile  1919  qnali 
rappresentanti  della  Classe  nel  Consiglio  di  Amministrazione  dell'Ào* 
cademia. 
Naeeari  (Andrea),  eletto    Presidente    dell'Accademia  nell'adunanza  delle 
Classi  unite  del  27  aprile  1919.  Ne  fn  approvata  l'elezione  con  D.  L. 
del  12  giugno  1919. 
Ballai  (Francesco),  eletto  Vice  Presidente  dell'Accademia  nell'adunanza  a 
Claaai  unite  del  27  aprile  1919.  Ne  fa  approvata  l'elezione  con  D.  L. 
del  12  giugno  1919. 

Baselll  (S  E  Paolo)     /  *'*'*^  nell'adunanza  del  13  aprile  1919  della  Classe 

De  Sanetis  (Gaetano)  >      ^^  '*''*""*  ""*^*"'  '*''"'^''«  «  filologiche  per  com- 

Bandi  di  TeimefAlea   \      P*""*-   '^'    Presidente,  la   Commissione  per   il 

Sandro)  )      P"*"*'"  Gaotieri  di  Storia  (triennio  1916-1918). 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


xxz 

stampini  (Ettore)   .  .  j  nominati   nell'adunanza    del  18   aprile   1S19  per 

De  Sanctia  (Gaetano)  \  rapprexentare  l'Accudemia  alla  rianione  acca- 
demica preparatoria  interalleata  per  le  ticercbe  d' arcbeolofiìa,  di 
Sloloffia  e  dì  storia  che  »i  terrà  a  Parigi  nel  prossima  mese  di  maggio. 
In  sostituzione  del  Socio  Stampini,  che  rinunciò  all'ufficio,  fu  nominato 
il  Socio  Bbondi  (Vittorio),  il  quale  a  sua  Tolta  fa  sostituito  dal  Socio 
PiTKTTi  (Federico). 

BOMllt  13,  E.  Paolo),  rieletto  Direttore  della  Classe  di  scienze  morali,  eto- 
riche  e  filologiche  nell'adunanza  della  stessa  del  4  maggio  1919.  Ne 
fu  approvata  l'elezione  con  D.  L.  de!  12  giugno  1919. 

StuDpini  (Ettore),  rieletto  Segretario  della  Classe  di  scienze  morali,  sto- 
riche e  filologiche  nell'adunanza  della  stessa  Classe  del  4  maggio  1919. 
Ne  fu  approvata  l'elezione  con  D.  L.  del  12  giugno  1919. 

BOBelll  (S.  E.  Paolo)   .  t  nell'adunanza  del  18  maggio  1919  della  Classe  di 

Kafflnl  (Francesco).  .  <  scienze  morali,  storiche  e  filologiche  nominati  a 
far  parte  della  Commiasione  per  la  celebrazione  del  sesto  centenario 
della  morte  di  Dante  Alighieri. 

Bruni  (Giuseppe),  eletto  nell'adunanza  del  15  giugno  1919  Socio  corrispon- 
dente della  Classe  di  scienze  fisiche,  matematiche  e  naturali  vSeùone 
di  Chimica  generale  ed  applicata). 

BoBtIgliana  (Carlo).  .  )  della   Classe   di   scienze   fisiche,  matematiche    e 

MKJarftna  (Quirino)   .  i      naturali 

L\Tap«dliTSÌto)  I  '^^"*  ^^'^''  ^  '''"'"^  morali,  storiche  e  filologiche 
eletti  nell'adunanza  delle  Classi  unite  del  22  giugno  1919  per  inte- 
grare la  Commissione  del  Premio  Bressa  pel  quadriennio  1915-1918. 
Jadanza  (Nicodemo)  .  t  eletti  della  Classe  di  scienze  fisiche,  matematiche 
Sacco  (Federico)  .  .  .  (  e  naturali  nella  adunanza  a  Classi  unite  del 
22  giugno  1919  per  integrare  la  Commissione  del  Premio  Vallauri  del 
qnadriennio  1915-1918  per  le  scienze  fisiche. 


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MORTI 


FiMrl  (Romeo),  socio  nazionale  residente  della  Glaase  di  acienie  fiùche, 
matematiche  e  natarali. 


Rui  (Pietro),  socio  corrispondente  della  Classe  di  scienze  morali,  etorìche 
e  filologiche  (Sezione  di  Filologia,  Storia  letteraria  e  Bibliografia). 


Belli  (Saverio),  socio  corrispoadente  della  Claise  di  soienie  fisiche,  mate- 
matiche e  naturali  (SeEJone  di  Botanica  e  Fisiologia  vegetale). 


Bsjlelgk  (Lord  Giovanni  Qnglielmo),  socio  corrispondente  della  Classe  di 
•cienie  fisiche,  matematiche  e  natarali  (Secione  di  Fisica  generale  e 
sperimentale). 


FIseher  (Emilio)  socio  corrispondente  della  Classe  dì  scienze  fisiche,  ma- 
tematiche e  naturali  (Sezione  di  Chimica  generale  applicata). 


SehweBiener  (Simone),  socio  corrispondente  della  Classe  di  acienie  fisiche, 
matematiche  e  naturali  (Sezione  di  Botanica  e  Fisiologii  vegetale). 


10  agosto. 

Hfteekel  (Ernesto),  socio  straniero  della  Classe  di  scienze  fisiche,  matema- 
tiche e  natarali. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


22  settembre  1919. 

Dalla  TedoTa  (Qiuaeppe),  aocìo   corrispondente   della   Classe   i 
morali,  itoriclie  e  filologiche  (Seiione  di  Geografia). 


Bacearlil  (Posqaalo),  bocìo  corria  pò  udente  della  Classe  di  scienze  fisich€, 
matematiche  e  naturali  (Sezione  di  Botanica  e  Fisiologia  vegetale). 


Solilaparelll  (Celestino),  socio  oorrispon dente  della  Classe  di  Scienze  mo- 
rali, storiche  e  filologiche  (Sezione  di  Linguistica  e  Filologia  orientale). 


Reina  (Vincenzo),  socio  corrispondente  della  Classe  di  scienze  fisiche,  ma- 
tematiche e  natnrali  (Sezione  di  Matematiche  applicate.  Astronomia  e 
scienze  dell'ingegnere  civile  e  militare). 


Onarnlero  (Pier  Enea),  socio  corrispondente  della  Ciane  di  scienze  morali, 
storiche  e  filologiche  (Sezione  di  Linguistica  e  Filologia  orientale). 


zed.yGOOg[e 


PDBBLIGAZIONI  PEllIODIGHE  BIGBTDTB  DALL'ÀCCiDEHIA 

Dal  1*  eranaio  al  SI  Dioemb»  IMS 


I»  ulirim  il  rUama  I*  <•». 


*  Acireale.  R.  AcoMlemia  di  scienie,  lettere  ed  arti  degli  Zelanti.  Jtemoria 

della  Clasae  di  lettere,  aei.  3*,  voi.  X,  1917-1916. 

*  Alz*MarMÌIl«.  UniTeraité.  AnnaleB  de  la  Faculté  de  dtoit  d'Aix,  t  TI,  8-4 

(1912)  :  VII,  1,  2  (1913).  Nonvelle  sér.,  N.  1-2.  —  Annalea  de  la  FamlU 
'dea  lettrea  d'Aiz,  t.  VI,  3,  4  (1912);  VII,  1-4  (191S);  Vili,  1-4  (1914)) 
IX,  1-4  (1915);  X,  1-2  (1916). 

*  Aarers.  Socidté  d'étades  acieQtìfiqaeB.  Bulletin,  Noavelle  aéi,,  1914-917. 
AaanoIoB.  Sociedad  Nacional  de  Farmacia.  Satatutos,  1916. 

*  Bairmloaa.  Real  Academia  de  Cienoiaa  j  Artea.  Nòmina  del  Personal  Aca- 

dómico.  1918-1919.  —  Memoriaa,  8»  època,  voi.  XIV,  8-12;  XV,1-10.— 
Boletin,  8*  epoca,  voi.  IV,  3.  —  ObaerTatorio  Fabra.  BoleUn,  I  aeccion 
aatronomioa,  1-2. 

—  Jtmta  de  Ciencias  Natnmles.  Hneei   fiarcinoDenais  Scientiarnm  Hata- 

raliam  Opera.  Acnari,  li,  1917,  pari  1, 11.  ~  Ser.  teologica,  1918,  IV.  — 
Traballa  del  Hnaeu  de  Cienciea  Naturai,  voi.  II,  Sei.  zool.,  N.  8. 

*  Baael.  NatnrforacheDdeii  Oeselhchaft  Verhandlungen,  Bd.  XXVIII. 

—  Bibliothéque  de  rUniversité.  Catalogne  dea  écrita  acadéffliqnei  «uiaae, 

1916-1917. 

*  Baalleae  et  deaSTae.  Helvetica  Chimioa.  Acta,  voi.  II,  l-C. 

*  Bataria.  Rojal  Hagnetioal  and  Ueteorological  ObaerTator;  :    Obaerra- 

tiona,  Tol.  XXXVII,  1914.  —  Obaerrationa  made  at  aecondarj  StatioM 
in  Netherland  Eaat-India,  vo).  V  (1915);  VI  (1916). 

*  —  Bataviaaach  genootschap  van   kuntten  en   wetensohappeu.  Notulea, 

Deel.  LUI,  Afl.4;  LIV,  LV,  LVI,LVU,  1.  —  Tydachrift,  D1.LVII,5,«; 
LVUI  ;  LIX,  1.  —  VerbandelingMi,  DI.  LXI,  5,  6.  —  Statnten  en  Begla- 
ment  van  orde  opgericht  den  24*'"'  Aprii  1778.  —  Hiitoriicha  testoOn- 
■tellnng  191S.  Catalognea.  —  Qids  voor  den  bezoeker  van  de  aohatkapier, 
1917.  —  Popalair-Wetenaohappelìjke  Serie,  N,  I.  —  Oudheìdkandig 
Veialag,  1912-1919.  —  B^porten  van  den  ODdheidkDD{tig^n  dienativ 
Nedeflandacb-IndiE  (1915). 

—  Obaerratory  Java.  Siamolivioal  Bulletin,  1918,  1919,  jannarj-June. 

Atìi  Mia  R.  Aeeadtmia.  —  Voi.  LV.  e 


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XXXIT  PUBBLICAZIONI   RICBTOTB  DALL  ICGADBWU 

*  B«rgei.  Bergens  Haaenms  Aarbok.  Eiatorìsk-AutikT&riak  raekke,  8  Heft., 

1917-1918.  —  Hatarridenskabeliir  raekke,  1916.1917,  2  H«ft;  1917-lS, 
1  Heft.  —  Account  of  the  Cnietocea  of  Nocwa;,  voi.  VH,  Copepod» 
Sappi.,  Parts  I  &  li. 

*  BolOKBa.  B.  Accademia  delle  Soìense  dell'Istitnto  di  Bologna.  Claaie  di 

Sciente  morali.  Rendiconto,  ser.  II,  toI.  II,  1917-18.  —  Memorie.  Se- 
aione  di  «cìbd»  giaridiche,  sei.  II,  t.  II,  faac.  nnico.  —  Memorie.  Setione 
di  scienze  etorìco- filologiche,  aer.  Il,  t.  II,  faao.  unico.  —  Claaee  di  aciense 
fisiche.  Memorie,  aer.  T,  t.  lY  {191619171.  Rendiconto,  nuova  aerie, 
voi.  XXI  (1916-17). 

*  —  Società  Hedico-Chirnrgica.  Bollettino,  1918,  faac.  11-12;  1919,  aer.  9>, 

voi.  VII.  faac.  MI. 

*  —  Matlieaia.  Società  italiana  di  Matematica.  Bollettino,  IX,  t,  2;  X,  I  ; 

XI,  1-8. 

*  —  Biblioteca  Comunale.  L'Archiginnasio.  Ballettino,   anno  XIII,  n.  S-6; 

XTV,  1-3. 

*  Bordeaux.  Facnlté  dea  Lettrea  de  Bordeaux  et  dea  Univeraitéa  da  HidL 

Annalea,  XL  année.  —  Bnlletin  hiapaniqae,  t.  XXI,  1-3.  BuUetin  ita- 
lien,  t.  XVIII,  8-4.  —  Ravue  dea  étndea  anciennea,  t.  XXI,  1,  2,  3. 
■  BriXdllea.  Società  Bojale  de  Botanìqne  de  Belgiqne.  Balletin,  t.  LUI. 

*  BxMreit.    Académic    Ronoiaine.    BuUetin    de    la    Seotion    acientifiqaa. 

5°"  année,  N.  2-5. 
BBen«i-Alres.  Hiniaterio  de  Agricultura  de  la  Nacidn.  Oficina  Meteoroltfgioa 
Nacìonal.  Boletfn  mensual.  ano  11,  7-12;  III,  1. 

*  —  Sooiedad  Qnimica  Argentina.  Anales,  t.  VI,  26-28  ;  VH,  29-32. 

—  Obraa  Sanitaria!  de  la  Nación.  Metodoa  de  analiaia  de  agnaa  adoptadoa 

en  e1  Laboratorio,  I  faac.  8°.  —  Fabrioa  de  Alnmino  ferrico,  I  fase.  8*.  ' 

*  CalcattB.  Qeological  Snrvej   of  India.    Recotda,   voi.  XLIX,  P.  2-4;  L, 

P.  1-3.  —  A  Bibliograpby  of  Indian  Geology  and  Phjaical  Geographj 
with  an  annotated  index  of  Hinerala  of  economie  vaine  ;  2  voi.  S*. 

—  Agricultural  Advìaer  to  the  Oovernment  of  India.  Report  on  the  progreaa 

of  Agriculture  in  India  for  1917-18. 

—  Board   of  acientific   Advice    for  India.   Annua)    Report,  1917-16. 

*  Cambridge.  Cambridge  Phìloaophical  Societj.  Proceedinga,  voi.  XIX,  4-5. 

*  CBKbridge,  Mass.  Muaeam  of  comparative  Zoologj  at  Harvard  College. 

Bnlletin,  voi.  LXII,  14;  LXIII,  2,  8,  5,  6. 
"  Ca^-Town.    Royal  Society  of  South- Africa,  Tranaaotìona,  voi.  VI,  2-4  ; 
VII,  1-3;  VUI,  I. 

*  Cntuila.  Accademia  Gioenia  di  aoienie  naturali.  Bollettino  delle  Mdnt«, 

faao.  45.  —  Atti,  aer.  5*,  voi.  XI. 

*  —  Società  degli  SpettrOBoopiati  italiani.  Memorie,  ser.  3*,  voi.  VII,  10-12; 

VUI,  1-e,  9. 

*  Cbanbérj.  Acaddmie  dea  Soiencea,  Bellea-Lettret  et  Arte  de  Savoie.  Mé- 

moire,  5«  aér.,  t.  IV,  1917. 
Chicago.  Faychopathic  Laboratorj  of  the  Hnnicipal  Court.  Report  far  the 
yeara  May  I,  1914,  to  Aprii  80,  1917;  1  voi.  8*. 

—  John  Crerat  Library.  24"  Annaal  Report  for  the  yoar  1918. 


>y  Google 


PUBBLICAZIONI  RICBVTTB   DAL).  ACCADEMIA  IXXF 

*  ColumbBg.  Ohio  State  Dnìversitj  Scientific   Society.   The   Ohio   Journal 

of  Science.  1918,  voi.  XIX,  N.  1-8.      ' 

*  —  The  Ohio  State  University.  Bulletin.  voi,  XXIII,  28. 

*  Copenha^ne.  Ac»démie  Royale  dea  Sciencea  et  dea  Lettrei  de  Danemark. 

Hémoìres.  Section  dee  Sciencee,  8°"  Sér.,  t.  Ili,  2,  3  ;  V,  1.  .-  Mathe- 
mutiak-firsiakfl  MeddeleUer,  I,  8-12.  —  Historisk-fllologiske  Meddelelser, 
II,  3-6.  —  Biolopske  Meddelelser,  1,  5-7.  9-12,  14.  -  Ofvecaigt  (Bul- 
letin), join  19ie-mai   1919. 

*  Dablln.  Royal  Dublin  Society.  ScientiGc  Procaedinga.  N.  Ser.,  voi.  XIV, 

24-41;  voi.  XV,  1-34.  —  Economie  Proceedinge,  voi.  II.  10-13, 

*  —  Royal    Iriih    Academy  :    Proceedinga.   Section    B,    voi.    XXXV,    1-2. 

Section  C,  voi.  XXXV,  1-8. 

*  EdlnbarKh.  Royal  Society.  Proceedingg.  voi.  XXXVIll.  P.  Ili  (1917-18)  ; 

SXXIX,  P.  MI  (1918-19).  —  TransactionB.  voi.  Lll,  P.  2'  (1918-19). 

*  —  Royal  Physicftl  Society.  Proceedinge,  voi.  XX,  P.  l'4. 

*  Firenze.  R.  Accademia   eco  nomi  co-agrari  a   dei    Qeorgofili.  Atti,  aer.  5*, 

voi.  XV,  1-4;  XVI,  1-4. 

*  Flome.  Deputazione  Fiumana  di  Storia  patria.  Bullettino,  voi.  IV. 
Fornasft.     Qovecnment    of    Formosa.    Icodch    Plant«rum    Formoaanarnm, 

voi.  VII. 

*  Frelbni^  I.  BR.  NaturforBchenden  Gesellachaft.  Berìcht  iiber  die  Sitzung 

am  15  Juli  1914;  1  Man-ApriI  1915.  —  Berichte,  XXI.  1,  2;  XXII,  1. 

*  titf.    Société    d'ÉtuJes    dea   Hautea-Alpe«.   Bulletin,    4'°*    .Sène,    19-23 

(1917-1918). 

*  OenèTe.  Société   de  Physii^ue  et  d'Uiatoire  naturelle.  Comple-rendu  dea 

Séances.  voi.  35,  3;  36,  1-2.  -  Mémoiree.  voi.  39.  fase.  2. 
Grai.  Sénat  académique  de  l'Université.    La  frontiere   meridionale  de   la 

Styrie  allemande  ;  8°. 
'  Habaaa.  Secretarla  de   Sanìdad   y    Beneficenza.    TrahajoB  aelectoa  del 

Dr.  Carica  J.  Finlay. 
Halifax.  Nova  Scotìan  Inttitute  of  Science.  Proceedings  and  Tranaactiona, 

voi.  XIV,  P.  3'  (1916-1917J. 

*  Helsinsfars.  Société  dea  Sciences  de  Finlande.   Acta,  voi.  XLIII,  XLIV, 

1,  3,  5,  7  ;  XLV,  1-3  ;  XLVl.  1-8  ;  XLVIl.  -  Ofversigt  :  A.  Matematik, 
LVi-LX;  B.  Humanistik.  LXV-LIX  ;  C.  BedegOrelaer  och  fltrhandiingar, 
LVIl,  LIX.  —  Bidray,  voi.  74,  1;  75,  2;   77,  1-7;  78.  1-3. 

*  n«bart.   Royal    Society   of  Tasmania.    Papera   &    Proceedings  for   the 

year  1918. 

*  Jona  Citf.  Univeraity  of  Jowa.  Honographa.  Univeiaity  bibliography  fot 

the  year  1917. 

*  Kyoto.  Scholae  Medìciualia  Uni  versi  tatia  Imperialia.  Acta,  voi.  Il,  faac.4; 

voi.  Ili,  1.   -   Mémoirea,  voi.  Ili,  5-10. 

*  La  Piata.  Univer^ìdad  Nacional.  Facullad  de  Oienciaa  ffiicae,  matem&ticaa 

y  aitrontìmicas.  Anuario,  1918,  N.  9  ;  1919,  10.  —  Contribución  de  laa 
cienciaa  ffaicaa  y  matemàtica.  Ser.  tècnica,  voi.  I,  enlrg.  6;  II,  1-2.  — 
Contrìbncitìu  al  eatudio  de  laa  cienciaa  ffaìcaa  y  matemàticaa,  Ser.  ma- 
te màti  co- fiaica,  voi.  11,  3-4.  —  Hemoria  correa  pò  udiente  a  1917,  N,  7. 
AUi  della   R.  Accademia  —  Voi.  LV.  e' 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


XXXTI  PUBBLICAZIONI   RICEVDTE   DALL  ACCADEMIA 

Lejde.  Bureau  centrai  de  l'Associntion  géodésìque  intarnatioDale.  Rapport 
auT  lea  travaui...  en  1918  et  Profn^mme  dea  travaui  pour  l'eiercìoa 
de  1919. 

'  LIège.  Société  Rodale  dee  Sciences.  Uémoirea.  3™*  aér.,  t.  X. 

■  Llm».  Cnerpo  de  Ingenieros  de  HinaB  del  Perii.  Boletin,  N.  93,  94,  95. 

*  Lisboa.  ComÌBa&o  do  Servilo  geoMfcico  de  Portufiat.  Comnnicacdea,  t.  XII, 

1917. 

*  —  Inatituto  de  Anatomia  da  Univeriiità.  Archivo  de  Anatomia  e  Anthro- 

pologia,  voi.  IV. 
Llrorno.  E.  Accademia  Navale.  Pabblicazioni  dell'Utituto  E1ettrot«cnico  e 
Radiotelegrafico  delta  R.  Marina.  N.  5.  6.   —    Bollettino  radioteleffrA- 
fico,  1919.  VI,  1-6. 

*  London.  Rojal  Society,  Year  Book  1919.  Proceedings  :  MatUematical  and 

Physical  sciencei.  Ser.  A,  voi.  95,  N.-670-678  ;  9€,  674-678.  -  Biolopcal 
ficience».  Ser.  B.  voi.  90,  N.  631  ;  voi.  91.  N.  635.  —  Tranaactions.  Ser.  A, 
voi.  217.  Title.  Contenta,  Indei  ;  voi.  218,  N.  561-569  ;  voi.  219.  270  ; 
voi.  220,  271-272.  -  Ser.  B,  voi.  209,  N.  360-365.  —  Catalogne  of  Scien- 
tific  Papera.  Fourth  Ser.,  1884-1900;  voi.  XVI,  I-Marbnt. 

*  —  Royal  Inatìtution  of  Great  Brìtain.  Proceedinga,  voi.  XXU,  P.  Iv 

*  —  BrìtiBh  AsBooiation  for  the  advaocement  of  Science.  Report,  1918. 

*  —  British  Mnaenm   (Naturai  Hist-oryl.  '  Terra  Nova  ,    Report.   Zoologj, 

voi.  Il,  N.  8,  Brachiopoda;  voi.  Ili,  N.  6,  Arachnida,  Pt.  I,  Aranceae  ; 
voi.  IV,  K.  2,  Cephftlodiaousi  ;  voi.  V,  N.  I,  Coelenterata.  Pt.  1,  Actìniaria. 

—  Honograph  of  British  Lichens,  P.  1,  Second  editìon.  —  Economìe 
Serica,  N.  8.  -  Rata  &  Hicc. 

*  —  RojaI  Aatronomical  Societjr.  Monthlj  Notices,  voi.  LXXIX,  2-6,  7-8,  9. 

*  —  Geolo^cal  Society.  Qnarterl;  Joamal.  voi.  LXXIII,  P.  4;  voi.  LXXIV, 

P.  1-4. 

*  —  Linnean  Society.  Lìat,  1919-1920.  —  Proceedings,  131  at  Seaaion,   No- 

vember  1918  to  Juue  1919.  —  Tranaactiona.  BoUny,  2"^  Ser.,  voi.  XVII, 
P.  8  ;  Zoology,  2""  Ser.,  voi.  IX,  P.  1.  —  Journal.  BoUny,  N.  295  ;  Zoo- 
Io;^,  voi.  XXXIII,  224:  XXXIV,  225-226. 

*  —  London  Mathematica!  Society.  —  Liat  of  Memliers,  I9I9.  Proceedings, 

Ser.  2-,  voi.  XVII,  P.  4,  5;  XVIII,  1-4. 

*  —  Royal  Microacopioal  Society.  Journal,  1918,  P.  4;   1919,  1-3. 

'  Lnxouiboarg.  Inatitut  Grand-Docal.  Section  des  sciencea  naturellea, 
pbyaiquea  et  mathéroatiqoes  :  Archives  trimeatriellea,  N.  sér.,  an.  1909, 
t.  IV;  t.  V,   1910. 

■  Lyon.  Bibtiothèque  de  l'UniverBité.  Annalea,  Nodv.  Sér.  1.  Sciencea,  Hé- 

decine,  faac.  41. 

■  Madrid.  Real  Academia  de  la  Hiatoria.  Boletio,  t.  LXXIV  (1919),  cuad.  1-6  ; 

LXXV,  1-6.  —  Memoria  hiatiJrica  de  la  Real  Academia  de  la  Hiatoria 
por  D.  Juan  Pérex  de  Gnzman  y  Gallo. 

*  —  Junta  para  ampliacion  de  estudioa  y  inveatigaciones  cientificaB.  Labo- 

ratorio j  Seminario  matemàtico,  1. 11.  Memoria  1-3. 

*  —  Real  Academia  de  Ciencias  exactAa,  fiaicaa  j  naturalea.  Anuario.  1919. 

—  RevisU,  L  XV,6-12:  XVI,  XVII,  1-12.  —  Mcmoriaa,  t,  XXVII-XXIX. 


zed.yGOOgle 


POBBLiCAZIOM  BICBTDTE   DA I.L  ACCADEMIA  XX3tVU 

*  Madrid.  Sociedad   Hai  einiitica  Espanda.   Reviala   matemàtica  hispano- 

americanB,  t.  I,  1-3,  6,  7. 

*  MaatOTS.  R.  Accademia  Virgiliann.  N.  Ser.,  voi.  ITIIT,  P.  2>  (1915). 

*  HeMina.  R.  Accademia  Pelorìtanfl.  Atti,  toI.  XXVIII. 

Mexico.  Biblioteca  Nuciona)  Estadoa-Unidoa  Meiicanos.  Boleti'n,  t.  SII,  5-6. 

—  El  Cantar  de  Ics  Cantares  del  glorioso  Salomon.  Version  espaàola, 
"  —  Sociedad  CientiBca  '  Antonio  Alzate  ,.  MemoriiB  y  Revista,  t.  XXXVll, 

N.  2;  XXSVlir,  8-8. 

—  Duiveraidad  Nacional.  Boletin   organo  del  Departamento    Univenìtario 

;  de  BelluB  Artes,  t.  1,  1.  1918,  N.  2. 

—  Atcbivo  general  de  la  Nación.  Autografai  de  Morelos  :  Los  publica  corno 

komeniùe  al  Heroe  en  el  CHI  aniveraario  de  ta  Muerte.  Melico,  1918. 

*  —  Osservatorio  astronòmico  Nacional  de  Tacubaja.  Anuario  1920. 

*  Milano.  Reale  Istituto  Lombardo  di  scienze  e  lettere.  Rendiconti,  Ser.  2* 

Tol.  LI.  face.  U-20;  LIl,  1-12. 

*  —  Società  Italiiuia  di  Scienze  naturali  e  Museo  Uivico  di   Storia  natn- 

rale.  Atti,  voi.  LVII,  fase.  3,  4;  LVUl,  1-2. 

—  R.  OsBervatorio  Astronomico  di  Brera.  Anno  bisestile  1920.  Articoli  ge- 

nerali del  Calendario  ed  Effemeridi  del  sole  e  della  luna  per  l'oriz. 
zonte  di  Milano.  Con  Appendice. 

*  —  (Citià  di).  Bollettino   manicipale  di  cronaca  amministrativa  e  di  stati- 

stica, an.  XXXIV,  N.  12;  XXXV,  MI. 

*  —  Touring-Club  italiano.    Rivisto  mensile,  voi.  XXV  (1919).  1-4.  -  Le 

vie  d'Italia,  an,  IH  (1919),  1-12.  -  La  Sorgente.  Rivista  mensile  per 
l'edncaiione  della  gioventù,  an.  IH  (1919),  1-12. 

—  R.  Commissione  Geodetica  italiana.  Differ^ni^  di  longitudine  fra  Roma 

(M.  Mario)  e  Napoli  (Osserv.  di  Capodimonte)  determinata  nei  mesi  di 
gingno  e  loglio  del  1909,  Parte  2*. 

■  Madeua.  Società  dei  Naturalisti  e  Matematici.  Atti,  ser.  5',  voi.  IV  (1917- 

1918). 

*  Manaco.  Institat  Océanographiqne.  Bntletin,  N.  848-360. 

*  Mantpellier.  Académie  dea  Sciences  et   I/ettres.    Bnlletin,  juillet  1918- 

avril  1919. 

■  KancT.  Académie  de  Stanislaa.  Mémoires,  sér.  6-°*,  t.  XIV,  XV  (1916-18). 

*  Napoli.  Società   Reale.   Annuario  1919.  —  Accademia  delle  acienie  fisiche 

e  matematiche.  Eandioonlo,  ser.  8»,  voi.  XXIV.  fase.  812;  XXV,  1-6. 

—  Accademia  di  Archeologia,  Lettere  e  Belle  Arti.  Relazione...  Pro 
Ara  .  Pacis  .  Augnstae.  Presentata  dal  socio  G.  E.  Riszo.  ~-  Accademia 
di  aciense  morali  e  politiche.  Rendiconto,  an.  LVl  (1917),  LVII(1918). 
Atti.  voi.  XLV. 

*  —  R.  latitato   d'Incoraggiamento.  Atti,  ser.  6*,  voi.  LXX,  fase.  1-4. 

*  —  Accademia  Pontaniana.  Atti,  ser.  II,  voi.  47,  48. 

*  Nenchitel.  Société  Nench&teloìie  des  gciences  naturelles.  Bulletin,  41,42. 

*  Hew-Tork.  New  Tork  Public  Library.  Bulletin,  voi.  XXII,  1918,  N.  11-12; 

XXin,  I-IO. 

*  —  American  Mathematica!  Society.  Bnlletin,  voi.  XXV,  n.  8-10;  XXVI, 

n.1-2.  -  Transactious,  voi.  XIX,  4;  XX,  1-3. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


ZXXTIU  PUB HLIG AZIONI   RICEVUTE   DAI.l/ ACCADEMIA 

New-Tork.   loter-AmericB  a  Monthlj  Magaiiue.    Plngliih,   1918,  2;    1919, 

voi.  II,  3,  5.  6;   III.  I.    -   Eapaiiol,  toI.  Il,  N.  5.  6  ;  III.  1-4. 

*  NHmberr.  Naturbiatoiische  Oeaellsuhait  Abbandlongen.  XIX,  Bd.  4,   5; 

XXI,  Bd.  1,  2.  —  Mitteilnngen,  19U.  1,  2;  1912-13,  1.  2.  —  Jahresbe- 

richte  aber  die  Zeik.,  vom  Apri)  1912  big  1918. 
ObeHlm  (Ohio).  Wilson  Ornithological  Clob.  Wilsan  Bulletin,  voi.  XXX,  4; 

XXXI,  1-3. 
Ottawa.  Miniatère  dee  Mines.  CominiBsioD  Géologiqae,  MéinoireB  92,  98,  103. 

—  Minéraui  indastriele  dn  Canada.  Rapport  BOmmaire,  1917,  Parte  A. 
"  —  Royal  Society  of  Canada,  Tran  a  action»,  voi.  XII. 

—  Hinistère  dea  Hines,  Diviaion  dea  Hinea.  Rapport  aommaire  ponTTannée 

civile  terminée  le  31  décenibre  1917.  ~  Hiaéraui  induatrìels  du  Ca- 
nada. —  Annna)  Report  on  the  minerai  production  of  Canada  durìng' 
the  Calendar  jear  1917.   —   Id,  in  lingua  francese. 

—  Department  of  Mines.  Minea  Branch.  Preliminare  Report  of  the  minerai 

production  of  Canada,  februar?  27,   1919.  —  Bulletin,  N.  28,  29. 
lermo.  Circolo  Matematico.  Rendiconti,  t.  XUI,  1917,  fase.  2-8. 
'  Parli.  Miniatère   dea  Travaui  pubtica.   Annales  dea  Miuei.  Partie  admi- 
niatrativp.  11"*  aér.,  t.  VI!,  Documentg  du  2'-4""  trimestre  1918;  Vili, 
2*  triraeatre   1919, 

—  Inatitut  de  Franco,  Aoadémie  dea  Sciences,  Annuaire  pour  1919. 

—  Bureau  ilea  Longitiidea.  Annuaire  pour  l'au  1919, 

—  Bureau  internai,  dea  Poida  et  Mesures,  Travaui  et  Mémoirea,  t.  XVI. 

—  Società  Nationale  dea  Antiquairea  de  Prance.  Bulletin,  1917.  2*-4*'  tri- 
mestre; 1918,  1".  2"  trim,  —  Mettenaia,  VII,  —  Mémoires.  8—  sèrie, 
t.  L,  1916-1918, 

—  Muséum  National  dHistoire  naturelle.  Bulletin.  1917,  N.  2-7;  1918,  X-6. 

—  Sociélé  de  Gwgraphie.  U  «éographìe.  Bulletin,  1916-17.  N.  US;  I9I8. 
N.  1-8. 

—  Société  Géologique  de  France.  Compte-rendu  sommaire  des  Séancea, 
an.   I9I5.   -   Bulletin,  4'  sér  ,  t.  XII,  9;  XllI,  6-9;  XIV,  1-9;  XV,  1-9. 

—  Société  Mathéinatiqae  de  France.  Bulletin,  t.  XLVl,  3,  4.  —  Compten- 
rendua  dea  Séances  de  l'année  1918, 

—  Société  Zoologique  de  France,  Bulletin,  t.  XLI,  N,  I-IO;  XLIl.  —  Mé- 
moires, t.  XXVII. 

—  Inatìtut  interaatìonal  d'Anthropologie.  École  d'Antbropologie.  Rapporta 
préalables. 

—  Union  intetlectuelle  francn-italienne.  Étudea  italiennes,  l^'année.  N.  1, 
1919  ;  8". 

*  PftTla.  *  Matheaia  ,.    Società  italiana   di    Matematica.   Bollettino,  an.  X 

(1918),  N.  2. 
'  Perngta.  Regia  Deputazione   di  Storia  Patria  per  l'Ombrìa,  Bollettino, 

voi.  XXIII,  fase.  1-3. 
■  Pblladelphla.  Academy  of  Naturai  Sciences,  Proceedings.   voi.  LXX,  P,  2. 

-  American  Philoaophical  Society.  Proceedinga,  voi.   LVII,  N.  6. 

*  Pisa.  Società  Toaeana  di  Scienze  naturali.  Atti.  Procesai  verbali,  XXVI, 

4-5;  XXVIl,  1-2. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


PDBBUCAZIONI  RICEVUTE   D  A  LL  ACCI  DEMI  A  XXXIX 

*  Portlel.  R.  Scuola  Snperiore  di  Agricoltura  (Laboratorio  ài  Zoologia  g«- 

cerale  e  agraria).  Ballettino,  vo).  XII. 

Porta.  Academia  Polyte^hnica.  Annaes  Bcientilicoa,  voi.  S-XII.  1915-918. 

'Pam.  AgrìcultUTal  Research  Inatitute.  Scientìfic  Reporta  {Inclnding  tbe 
Report  of  the  Imperiai  Cotton  Specialisti  1917-18.  Calcutta.  1918.  — 
Memoirit:  Botanical  Ber.,  voi.  iX,  5;  X,  1-3,  —  Chemical  ser.,  voi.  V,  5. 

*  ReiniB.  Aoadéiuie  de  Reima.  Travaui,  annéea  1917-1919. 

Rio  d«  Janeiro.  Observatorìo  Nacional.  Anuarìo  para  el  ano  1919. 

*  —  Bibliotheca  Nacional.  Annaee  1915,  voi.  XX5V1I.  —  Relatorio  qne  ao 

Sr.  Dr.  C.  M.  Pereira  don  SontOB  ministro  da  Justifa  e  Negocios  inte- 
lioree  npresentou  em  7  abrii  1916;  31  inar9o  1917. 

*  —  Museo  Nacional.  Archivo,  voi.  XX,  XXI. 

—  Eccola  SaperioT  de  Agricultura  e  Uedioina  Veterinaria.  Àrchivos,  voi.  II, 

DB.  1-2. 

*  Roma.  Ministero  delle  Finanze.  Direzione  Generale  delle  dogane  e  im- 

poste indirette.  Statistica  del  commercio  speciale  di  importazione  e  di 
eaportazione  dal  1'  Rennaio' dicembre  1918j  1°  gennaio-luglio  1919.  — 
Bollettino  di  legislazione  e  atatistica  doganale  e  commerciale,  a.  XXXV, 
1918,  maggio-dicembre. 

—  Miniatero  dell'Interno.   Statistica   delle   Carceri,  an-  1916.  —  Statistica 

dei  Riformatori,  an.  1916. 

*  —   Ministero  di  Grazia,  Giuatizia  e  dei  Colti.  Statistica   notarile  per  gli 

anni  1911-1913.  —  Statistica  giudiziaria  penale  per  l'anno  1914.  — 
Statistica  giudiziaria  civile  e  commerciale  per  l'anno  1913.  —  Stati- 
stica della  Criminalità  per  l'anno  1912. 

*  —  Ministero  dei  Lavori  Pubblici.  Consiglio  Superiore  delle  Acque  pub* 

bliche.  Annali,  an.  1919,  fase.  1. 

*  —   —  Ispettorato   del    servizio    idrografico.    Osservazioni    pluviometriche 

raccolte  a  tuUo  il  1915  dal  R.  Ufficia  centrale  di  Meteorologia  e  Geo- 
diilamica.  Calabria  e  Basilicata;  Campania;  Puglie,  Abruzzo  e  Molise  ; 
Sardegna  e  Sicilia;  5  fascicoli  in  fol. 

*  —  Ministero   per  l'Industria,  il  Commercio  e  il  Lavoro.  Statistica  della 

emigrazione  italiana  per  l'estero  negli  anni  1914  e  1915.  —  Statistica 
delle  cause  di  morte  nell'anno  1915.  —  Movimento  della  popolazione 
secondo  gli  Atti  dello  Stato  civile  nell'anno  1915  e  notizie  sommarie 
per  l'anno  1916. 

—  R.  Ufficio  Centrate  di  Statistica.  Annali  di  Statistica,  ser.  V,  voi.  9. 

*  —  R.  Accademia  dei  Lincei.  Annuario  1919.    Rendiconto   dell'adunanza 

solenne  del  15  giugno  1919  onorata  dalla  presenza  di  S.  H.  il  Re. 
Rendiconto  dell'adunansa  delle  due  Classi  del  18  gennaio  1919,  voi.  IIL 

—  Classe  di  scienze  fisiche,  matematiche  e  naturali  :  Rendiconti, 
voi.  XXVII,  XXVKI.  Memorie,  aer.  5»,  voi.  XII,  fase.  14-16;  XIII,  1-2. 

—  Classe  di  scienze  morali,  storiche  e  filologiche.  Rendiconti,  voi.  XXVII. 
Memorie,  ser.  S',  voi.  XV,  9-10.  —  Notizie  degli  scavi,  aer,  5»,  voL  XV, 
fsBC.  4-12.  « 

—  Società  italiana  per  il  progresso  delle  scienze.  Bollettino  del  Comitato 

glaciologico  italiano.  N.  2,  S. 


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XL  PUBBLICAZIONI   RICEVUTE   DA  LL  ACCADEMIA 

*  BoHia.  K.  Comitato   Geologico  d'Italia.    Bollettino,    voi.  XLVI   (ter.  5'), 

*  —  Istituto  di  Diritto  Romano.  Bollettino,  an.  }:XXIX,  fase.  6. 

*  —  R.  Ufficio  Centrale  di  Meteorologia  e  (ìeodinamioa.  Bullettino  meteo- 

rico, I916-19I9.  -  OaservaE.  ploTiometricke  raccolte  a  tutto  l'anno  1915: 
Calabria  e  Baailicata  ;  Campania;  Puglie,  Abruszo  e  Holiae  ;  Sardegna, 
Sicilia;  Lazio  e  Umbria.  ~  Memorie  ed  osiervazioni,  ser.  Ili,  voi.  VII, 
P.  1. 

—  Società  degli  Agricoltori  italiani.  Bollettino  mensile,  voi.  XXIlt,  12. 

*  —  Biblioteca  Nazionale  Centrale  *  Vittorio  Kmanuele,.    Bollettino  delle 

opnre  moderne  e  straniere  acquietate  dalle  Biblioteche  pubbliche  g'o- 
vernative  del  Regno  d'Ilalia,  an.  1918,  ser.  4*,  N.  165T6-1T78T. 

*  —  Pontificia  Accademia  Romana  dei  Nuovi  Lincei.  Atti,  an.  1918,  Ses- 

sione IV-VII,  17  marzo-16  giugno  1918;  Sessione  I,  dicembre  1917  - 
V  del  13  aprile  1919,  —  Memorie,  ser.  2»,  voi.  4'.  —  Catalogo  delle 
collezioni  di  Diatomee  e  dì  Fnn);hi  appartenute  ai  soci  Ab.  Conte  Fran- 
□Cflco  Caotracane  degli  Antelminelli  e  Dott.  Matteo  Lanzi.  Roma,  1918  ; 
1  voi.  4". 

*  —  Biblioteca  Vaticana.  Studi  e  Testi.  N.  82. 

'  Saiht>LoDÌ8.  Missonri  Botanica!  Garden.  Annals,  voi.  V,  8. 

Saint-Paul.  University  of  Minnesota  (University  Farm.  AgricuHaral  eipe- 

riment  Station).   Bulletin,   169,  170.  171. 
■  Sarona.  —  Società  Savonese  di  Storia  patria.  Atti.  voi.  I.  11. 

*  Sendal  (Japan).  Tohoku  Imperiai  University.  Mathematica,  Physics,  Che- 

mistrj.  Science  ReporU.  1"  ser..  voi.  VII,  8;  Vili,  1-2;  2"^  ser.  (Geo- 
logy).  voi.  V,  2. 

—  Anatomiscben  Institat  der  Kaiaerlich-Japaoischen  Dniversitftt.  Arbeiten, 

Heft  I-I  II  (1918-19). 

*  i^ieua.  Circolo  Giuridico   della   R.  Università.  Studi   Senesi,  voi.  XXXIV, 

*  —  R.  Accademia   dei    Fisiocritici.    Atti,  ser.  8*,  voi.  X,  1-10. 

*  Stnekholm.  Sveriges  offentliga  Bibliotek  Stockholm,  Uppsala,  Lund,  Go- 

teborg. Accesaions  Katalog,  92,  1917. 
"  —  Académìe  Royale  Suédoise  des  Sciences.  Handlingar  (Mémoires),  Bd.  W, 
1-17;  56,  1-6;  57,  1-9.  —  Arkiv  Wr  matematik,  astronomi  oob  fysic, 
Bd.  11,  4;  12.  1-4;  13,  1-4;  14,  1-2.  -  Arkiv  fi5r  kemi,  mineralogi 
oob  geologi.  Bd.  6,  4-6;  7,  1-3.  -  Arkiv  fìir  botanik,  Bd.  U.  4;  15, 
1,  2.  —  Arkiv  fOi  zoologi,  Bd.  10,  4;  11,  1-4.  —  Meddelanden  fr&n 
k.  Vetenskapsakad.  Nobelinstitut,  S,  i;  5.  —  Bereelius,  Bref  5,  1-  — 
Samuel  Klingenatiernas,  I.  —  Register  Ofver  Kgl.  Svenska  Vetenskaps- 
akademiens  SkriOer,  1826-1917. 

—  Institnt  Central  de  Mét«orologie.  Observations  mèteo rologiquea  suédoises. 

voi.  57,  1915;    Appcndìi    I.    Fréquence   des  jours   d'orage   en    Suède 
17.%-1915:    II.   Lancées   de   ballons-pilotes   à   Abisko   en   1918-1915; 
■  voi.  58,  1916. 
St«Dfhnr>t  College   Observatory.    Resulta    of   Meteorologica)    Magnetical 
and  Sciamological  Observations,  1918. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


POBULICAZIONI   RICEVUTE  DALL  ACCADEMIA  Xl.I 

fiandcrlftil.  West  Hendon   House   Obaervfttory.  Publioatious,  N.  IT.  Me- 
teorologicftl  obBervationa.  Ckiefly  ai  Sanderlaud  by  T.  W.  Backouse,  1915. 

■  8Tl«erft.  CominiBaioii  géologique  suisse.  Hatérì&ux  poar  Ir  Carte  géolo- 

gique  de  la  Suisae,  II  Ber.,  livr.  XX,  4  ;  XLVI,  3. 

*  Sjdne;.  Royal  Society  New  South  Wales.  Journal  and  Proceedingt,  1914, 

Part  Ul.  IV  ;  1915,  P.  HV. 
TeddiugtoD.  National  Phjaical  Laboratocy.  Report,  1916-17,  1917-18. 

*  ThoBon.  Académie  Cbablaisienae.  Hémoirea  et  Documeots,  t.  XXX,  1917. 

*  TtkjS.    College  of  Science,  Imperiai    University.  Journal,  voi.  XXXIX, 

art.  9;  XL.  7;  XLII,  1. 

*  —  Imperiai  University.  Calendar,  2577-2578  (191T-1918).  —  Proceedìngs, 

voi.  I.  H.  5. 

*  —  Kuaecliohen  Universitàt.  UediEÌniechen  Faknlt&t.  Mitteìlungen,  XVIII, 

Bd.  8  e  4;  XIX.  1-4;  XX,  1-2, 

—  Imperiai  Karthquake  lavestigation  Committee.  Bnlletia,  voi.  VII,  3. 

*  Torino.  R.  Deputazione  sovra  gli  Studi  dì   Storia  patria.  Biblioteca  di 

Storia  italiana  recente  (1800-1B70),  voi.  VII. 

*  —  Consiglio  Provinciale.   Atti,  1918. 

*  —  B.  Accademia  di  Agricoltura.  Annali,  voi.  LXI,  1918. 

*  —  R.  Accademia  di  Hedicìna.  Giornale,  an.  LXXXIJ,  N.  1-4. 

*  —  Società  degli  Ingegneri  e  degli  Architetti.  Atti,  1917.  Suppl.  fase.  1. 

—  R.  Istituto  Superiore  dì  Studi  commerciali.  Annuario,  1918-1919. 

—  Club   Alpino  italiano.  Rivista  mensile,  voi.  XXXVII.  N.  10-12,  1918 

voi.  XXXVIII,  1  11. 

*  —  Società    Meteorologica  italiana.   Bollettino    bimensuale,  serie  3*,  vo> 

lume  XXXVI,  N.  6-X2;  XXXVII,  1-6. 

—  Musei  di  Zoologìa  ed  Anatomia  comparata  della  R.  Università.  Bollet- 

tino, voi.  XXXU,  1917;  XXXIII,  J918. 

*  —  Municipio.  Annuario,  1917-18. 

—  Casaa  di  Risparmio.  Resoconto  dell'anno  19I7,,1918. 

■  Toroato.  Royal  Canadian  Instìtnte.  Transactioua'  voi.  XII,  P.  I. 

*  —  Univeriity  Studies.  Historj  and  Economie»,  voi.  III,  N,  2.  —  Review 

of  hiskorical  publications  relating  to  Canada,  voi.  XXII,  1917-1918. 

*  Tortosa.  Obaervatorìo  del   Ebro.   Boletin    mensual.  1918,   voi.  IX,   M2. 

—  Besumen  del  ano  1917,  voi.  Vili.  —  Obiervaciones  del  eclisse  anular 
del  3  diciembre  de  1918. 

*  Tonlon.  Académie  da  Var.  Bulletin,  ao.  1915-1917. 

*  Toalonse.  Faculté  dea  Sciences   de  l'Université.    Annales,  .t"*  sér.,  t.VI 

1I9W). 

*  —  naiversité.  Annales  dn  Midi.  Revue  de  la  France  meridionale,  an.  28 

e  29  U917-1918),  N.  111-114. 
Trlette.  R.  Osservatorio  marittimo.  Effemeridi  astronomiche  nautiche  per 
l'anno  1919,  anno  XXXIII. 

*  Opsala.   Upsala  Universitet.  Àrssktift,   1914-1917.  Bref  ocb  «krifrelser 

af  och  till  Cari  von  Linné,  med  underattìd  af  Svenska  Stataten  ntgifna. 
FJtrsta  Afdelningen,  Del  VII. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


XLJI  POBBLICAZIONI   RICBVDTB   DAL L  ACCADEMIA 

*  DpMla.   Bibliothèqne  de  l'Univeraité  Rojnle  GraDOB,  Acta  philotogica 

Suecftna,  voi.  XV,  1-4;  XVI,  1-4.  —  Arbeten  utjjifnii  m^d  understod 
af  Vilhelm    Ekmnns    Univenitetafoud.   N.  15,  18,  19,  21,  22  i,  «,  23. 

*  —  Obeervatoìre  météorologique  de  rUniversité.  Bnlletìn  mensuet.  voi.  L 

(1918). 

*  Urbana.  State  of  Illinois.  Department   of  Regiatratio»  and  Education. 

DÌTÌBÌon  of  tbe  Naturai  Hiatory  Survey.  Balletin,  vo!.  XIII,  art.  7,8. 
Valle  di  Pomiiei.  Caleiiclario  del  Santuario  di  Pompei,  I9I9. 

*  Teneiia.  R.  Magistrato   delle  Acque.  Ufficio  idrografico.  Bollettiun  men- 

sile, 1918;  1^9,  1-4.  —  Stazioni  idrografiche.  Opere  idrauliche  e  ma- 
gazzini idraulici.  Pnbblicazione,  N.  2.  Ber.  2*. 

*  —  Reale    Istituto  Veneto  di  fjcienze,    Lettere   ed    Arti.   Atti,  t.  76,  IO; 

77;  78.  1-3.  —  Concorsi  a  premi  pubblicati  il  18  maggio  1918, 

*  Vercelli.  Societii  Vercellese  di  storia  e  d'arte  (Archivio).  Memorie  e  stadi, 

an.X,  1918,  2,  3,4;  XI,  1. 

*  Verona.  Madonna  Verona.  Bollettino  del  Museo  Civico,  1918.  (Ano.  42-46. 
"  VlceniA.  Accademia  Olimpica.  Atti,  N.  ser.,  foI.  6*. 

*  Washlng'lau.  Sraìtbaonian  Institntiou.  U.  3.  NatìoDat  Huseum.  Bulletiu, 

102,  voi.  I,  II,  P.  4»,  7»;  103.  pp.  M16,  123-188,  525  612;  100,  voi.  I. 
P.  4»,  5»;  99,  100,  voi.  Il,  P.  1',  2*;  105;  107.  —  Report  on  the  Pro- 
greas  and  Condition...  for  the  ;ear  ending  jnne  30,  I9I6.  —  Contrìbu- 
tions  from  the  U.  S.  National  Herbarinm,  voi.  20,  Part  6.  7. 

—  U.  S.  Department  of  Labor.  Bureau  of  Labor  statistici.  Monthly  Labor 

Review,  voi.  VII,  N.  4. 

*  —  Department  of  Commerce.  Bureau  of  Sfcpndarde.  Bulletio,  vo).  XIII,  4; 

XIV,  1-3. 

*  —  Smithfonian  Institntion.  Smithsoniao  Miscellnncous  Collection,  vo).  68, 

N.  9,   11.  12;   voi.  69,  N.  2-8. 

*  —  U.  S.  Naval  Observatory.  Publications.  Ber.  2"\  voi.  IX,  P.  lU-lV  and 

Appeudii.  —  Annual  Report  for  the  fiscal  jear  1918. 
•—  National  Academ^WSciences-Proceedingii,  voi.  IV,  N.  11-12;  V.  1-9. 

—  U.  S.  Coast  and  Geodenc  Survey.  Annnal  Eeport  of  the  Superintendeat... 

to  the  Secretar;  of  Commerce  for  the  fiscal  year  ended  june  30.  1918. 

—  Carnegie  Endowment  for  International  Peace.  Division  of  internatioDal 

Laws.  Tractatna  De  Bello,  De  Represaliis  et  De  Duello  by  Giovanni 
da  Legnano  1.  U.  D.  etc.  ;  1  voi.  in-4°.  —  Lei  conventions  et  dèclara- 
tions  de  la  Haye  do  1899  et  1907;  I  voi.  4'. 

—  Camegìe  Endowment    for  Interoationat    Peace.   Division  of  Intercourse 

and  Kducabion.  Publication  N.  16. 

—  Carnegie  Endowment  for  Internationa)  Peace.  Division  of  Economie*  and 

flistory.  Publication  N.  5,  —  The  colonial  tariff  policy  of  France  by 
Arthur  Girault.  Edited  by  C,  Gide.  —  Economie  protectionism  by 
Josef  Gruniel.  Edited  by  E.  von  Philoppovich.  —  The  industriai  de- 
velopment  and  commercial  policies  of  the  three  Scandinavian  countries 
by  Paul  Drachmann.  Edited  by  H.  Weatergaard.  —  Epidemics  reaulting 
from  Wars,  by  Dr.  Friedrich  Prinzing.  Edited  by  H.  Westergoard. 


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(■OBBLICAZIOIft   RICSTUT8   DAJ.L  ACCADEMIA.  XUI| 

Welllnrtcn-  Heotor  Obaervfttory.  BuUetìa  N,  16-34. 
—  R«port  of  tli«  OoTerameat  Aatronomer;  Jnlj  1919. 
*  ZBrldL  NktarTorachendea  GeielUchAft.  Vierteljnhnechrift,  €2,  Jaìiig.  1S17, 
1-4  ;  63,  1918,  1-2. 


PBBIOlilCI   1913 

>  Àln&Mieeo  italiano.   Picoola  enaiclopediii  popolare  della  vita   pratica. 
Fireaie;  16°. 

*  Ann&Iei  de  Chimie  et  de  Phjsique.  Par»;  8°. 

*  Ainales  seientìftqDeB  de  l'École    Normale    mipérienre.   Parìa;  4*. 
4bb«1I  dì  matematioa  para  ed  applicata.   Milano;  4°  (dono  del  Socio 

Prof.  D'Ovidio). 
AsnaU  and  Hogazine  ot  Naturai  History.  London;  8°, 

*  Annals  of  H^thematics.  Charlotteiville  ;  i". 

*  Antologia  (Nuova).  Rivista  di  acieoze,  lettere  ed  arti.  Roma;  8°. 

*  ArefaiTes  den  Scìencea  phyuques  et  naturellea,  etc.  Genève  ;  8*. 

*  Areklvlo  storìoo  italiano.  Firenze;  8°. 
Arnhlrlo  atorìoo  lombardo.  Milano  ;  8°. 
AreklTum  Franciscannm  historicum.  Clatas  Aquas. 

*  Atkeaaeom  (The).  Journal  of  Bngliah  and  Foreign  Litorature,  Science, 

the  Fine  Arta,  Haaic  and  the  Drama.  Iiondon  ;  4°. 

*  A,theB&eiBi;  Studi    periodici    di   letteratura  e  atoria.   Direttore   Carlo 

Pascal.  Pavia;  8°. 
'  Biblioteca  nazionale  centrale  di  Firenze.  Bollettino  dello  pobblicOBioui 

italiane  ricevute  per  diritto  di  atampa.  Firenze;  8°. 
'*  Blbllotkfcqne  univeraelle  et  Bevuo  auiaee.  Lauaanne;  8'. 
'*  Bollettino  Ufficiale  del  Ministero  dell'htruzione  Pubblica.  Roma;  8°. 

*  Brixii  Saera.  Bollettino  bimestrale  di  Studi  e  documenti  per  la  Storia 

Eocleeiaatioa  bresciana.  Breacia;  8°. 

*  Cimento  (Il  nuovo).  Pisa  ;  8*. 

Comptet-rendus  hobdomadairea  dea  Séancea  de  l'Académio  dee  aciences. 
Pari»;  4°. 

*  Contereue  e  Proluaionì.  Periodico  qnindiciuale.  Roma;  4*. 

*  Elettricista  IL').  Biviata  mensile  di  elettrotecnica.  Roma;  4°. 

Felix  Ravenna.  Bollettino  Storico  Romagnolo  edito  da   un   gruppo    dì 
studiosi.  Ravenna;  8°. 

*  Galletta  chimica  italiana.  Roma;  8°. 

*  Gauetta  DMciale  dei  Regno.  Roma;  4°. 

*  Giornale  del  Genio  civile.  Roma;  8*. 

"  Giornale  della  libreria ,  della  tipografla  e  delle  arti  e  industrie  affini 
Milano;  8'. 
Gloraalo  di  matematiche.  Napoli;  4°  (dono  del  Socio  Prof.  D'Ovidio). 
**  Glvrnals  itorìco  della  Letteratura  italiana.  Torino;  8°. 


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XttT  POBBLICAZIONI  RIOBTDTB  DALL'ACCADEMIA 

Oiornale  storico  della  LunigmnB.  8pena;  8*. 
**  fluida  commerciale  ed  amminiitniiTa  di  Toruo.  8*. 

*  Jtnraal  (The  American)  of  Science.  Edit.  Edward  S.  Dau.  Naw-Bavea;  8*. 
••  Jonmal  a«iatiqae.  Paris;  8°. 

••  Joarnal  des  Sarant*.  Pari»;  $•. 

*  Joarnal  of  Physical  Chemietry.  Ithaoa;  8*. 

*  Xa^l(rhla.  Sageegna  menaile  di  botanica'  Catania,  8°. 

**  Vatire,  a  weekly  illuatrated  Journal  of  Science.  London;  8*. 

*  niaaw  ArehleffvoorWirsknnde.UitgegeTendoorhel WisknndigGeaoot- 

Bcbap  te  Amsterdam;  8'. 

*  Phflleal  ReTlew  (The);  a  journal  of  eiperimental  and  theoretioal  phjsics. 

Published  for  Cornell  University  Ithaca,  New-Tork;  8*. 
**  Baceolt»  Ufficiale  delle  tegf^i  e  dei  déeteti  del  Regno  d'Italia.  Bomai  8*. 
**  Berne  des  Denx  Hondea.  Paris;  9'. 
**  Berne  du  mois.  Paris. 

**  Berne  generale  des  sciencei  paree  et  appliqnées.  Parii;  8*. 
**  Bene  politìque  et  littéraire,  revae  bìene.  Paris;  4*. 
**  Berne  ecientifiqne.  Paris;  i*. 

*  Berne  semestrielle  des  pnblicatìons  mathématiqnes.  Amsterdam  ;  8*. 
Blfarna  (La)  Sociale.  Rauegna  dì  questioni  economiche,  finansiarìe  e 

sociali  (Dodo  del  Socio  Prof.  Einaudi). 
■*  Blaorffiniento  (11)  italiano.  Torino. 

*  Blrista  di  Artiglierìa  e  Qenio.  Roma;  8*. 

**  BlrlBta  di  Filologia  e  d'Istruzione  classica.  Torino;  8*. 

•*  RlrlBta  d'Italia.  Roma;  8°. 

**  Blvlsta  di  filosofia.  Continoazione  dalla  Siviala  Filosofica,  Pavia;  8*. 

**  BtrUta  di  filosofia  neo- scolastica.  Milano. 

**  BlrUta  italiana  di  Sociologia.  Roma. 

*  Blrista  storica  italiana.  Torino;  8*. 

Bosarlo  (U)  e  la  Nuova  Pompei.  Valle  di  Pompei  ;  8*. 
••  Sclenee.  New-Tork;  8'. 

*  Science  Abetraets.  Pbysica  and  Etectrical  Engineering.  London;  8*. 

**  Selentla.  Rivista  di  scienza.  Organo  intemasionale  di  sìntesi  icientiBoa. 

Bologna,  8°. 
■  Sperimentale  (Lo).  Archivio  di  Biologìa.  Firenze;  8*. 
"  Stampa  (La).  Grazzetta  Piemontese.  Torino;  P. 

TfthokD  (The)  Mathematica!  Journal.  Edited  by  T.  Hayashì.  Sendai;  8*. 
Tale  Review,  New  Serìes.  Edited  by  Wilbur  L.  Crose.  New  Haven;  8* 
(dono  del  Socio  Prof.  Einaudi). 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


GLASSE 

SOIENZR  MOaAU,  STORICHE    E  FILOLOGICHE 


Adunanza  del  33  Novembre  1919 


PRESIDENZA    DEL    SOCIO    S.  E.   OH.    PAOLO    BOSELLI 
DIRETTORE    DELLA    CLASSE 


Sono  presenti  i  Soci  Db  Samotìs,  Brondi,  Einaudi,  Baudi 
DI  Yeshk,  Schiaparelli,  Patetta,  Prato,  Ciak,  Pacchioni,  e 
Stampini,  Segretario  della  Classe. 

È  scusata  l'aàsenza  del  Socio  Vicepresidente  Bufpini. 

Si  legge  e  si  approva  l'atto  verbale  dell'adunanza  del 
22  giugno  u.  e. 

S.  E.  Paolo  BosELLi,  prendendo  a  parlare,  dice  che  l'onore 
di  presiedere  oggi  alla  prima  adunanza  dell'anno  accademico 
gli  è  contristato  dal  pensiero  del  dolore,  del  lutto  che  ha  recen- 
temente colpito  il  nostro  stimato  fi  venerato  Presidente  Andrea 
Naccari,  orbato  della  diletta  compagna  di  sua  vita.  Ricorda  di 
aver  conosciuto  l'egregia  donna,  eletta  d'animo,  di  pensiero,  di 
modi,  sì  che  pienamente  comprende  l'ineffabile  tristezza  dell'il- 
lustre Collega,  al  quale  invia  le  più  sentite  condoglianze,  pro- 
ponendo che  a  lui  sia  mandata  speciale  comunicazione  dei  sen- 
timenti della  Classe.  E  questa  unanime  approva  che  dal 
Segretario  della  Classe  sìa  significata  con  lettera  la  sentita 
sua  partecipazione  al  lutto  del  Presidente. 

Dopo  aver  inviato    un   saluto    al   Vicepresidente    assente, 
S.  E.  BosELLi  prosegue  il  suo  dire  notando  come,  aprendosi  un,. 
Alti  liflli  II.  ÀMaiifHiifi  —  Voi.  LV.  1 


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2 

nuovo  anno  accademico  dopo  il  lungo  periodo  di  guerra  immane, 
che  ogni  altra  superò  per  la  sua  vastità,  un  nuovo  periodo  di 
civiltà  si  apre,  di  quella  civiltà  progrediente  che  ben  si  può 
chiamare  cristiana.  Ricordando  e  sviluppando  il  concetto  Gio' 
bertiano  di  civiltà,  egli  ha  fiducia  che  le  scienze  fisiche,  conti- 
nuando nel  loro  meraviglioso  incremento,  come  durante  la 
guerra  diedero  opera,  coi  loro  trovati,  a  suppeditare  mezzi  ter- 
ribili di  demolizione  e  di  sterminio,  cos'i  d'ora  in  poi  si  volge- 
ranno con  novelli  e  sempre  più  efficaci  mezzi  al  lavoro  di  rico- 
struzione e  alla  prosperità  delle  umane  genti.  Ha  pur  fede  che 
nel  campo  delle  scienze  morali  il  nuovo  periodo,  che  ora  ai 
inizia,  instaurerà  il  principio  del  diritto  e  della  equità  al  d 
sopra  di  quello  della  forza  che  ha  finora  informato  il  pensiero 
storico,  filosofico  ed  economico  dell'età  moderna,  e  che  vincitori 
e  vinti  si  riuniranno  finalmente  in  un  pensiero  e  ìn  un  senti- 
mento, il  pensiero  e  il  sentimento  della  fede  e  della  idealità. 
Ma  ciò  non  ostante,  noi  dobbiamo  essere  vigilanti  per  impedire 
che  nelle  scuole  d'ogni  ordine  abbia  a  soffrire  detrimento  il 
pensiero  italiano,  il  quale  nella  sua  vera  storica  espressione 
significa  tutto  quel  complesso  dì  coltura  da  cui  esso  è  stato 
generato,  coltura  che  mette  capo  alla  civiltà  latina,  feconda- 
trice, informatrice,  animatrice  di  quella  civiltà  che  fece  grande 
l'Italia  anche  nei  secoli  del  suo  politico  servaggio.  Vigiliamo 
nel  presente  contro  tutti  i  pericoli  che  minacciano  questa  col- 
tura, la  quale  non  solo  deve  essere  salva,  ma  deve  avere  an- 
cora pili  alto  incremento.  La  Classe  applaude  vivamente. 

L'Accademico  Segretario  Staupini  dà  comunicazione  d'una 
lettera  del  Segretario  della  Reale  Società  Geografica  Italiana, 
il  quale  in  nome  di  essa  annunzia  la  morte  del  Prof.  Senatore 
Giuseppe  Dalla  Vedova,  che  fu  nostro  Socio  corrispondente. 
La  Classe  esprime  le  sue  condoglianze.  Sono  lette,  inoltre,  una 
lettera  del  Presidente  della  R.  Accademia  di  Scienze,  Lettere 
ed  Arti  di  Modena,  la  quale,  pur  plaudendo  allo  scopo  che 
l'Unione  delle  Accademie  si  prefigge,  deve  rinunziare   a   farne 


zed.yGOOg[e 


parte  per  deficienza  dì  mezzi  finanziari;  e  un'altra  del  Vice- 
presidente della  R.  Accademia  di  Scienze,  Lettere  e  Belle  Arti 
di  Palermo,  che  notifica  come  quell'Accademia,  adwendo  in 
maasima  alla  nuova  organizzazione  dell'Unione  Accademica, 
siasi  unita  al  voto  della  nostra  Accademia  a  proposito  della 
modificazione  da  apportarsi  all'articolo  IV  del  disegno  di  Statuto 
approvato  dalla  Union  Académique  de  recherches  et  de  publicatìoné 
nella  sua  conferenza  preliminare  che  ebbe  luogo  a  Parigi  il  15 
e  il  17  ma^^io  u.  s. 

A  proposito  di  questo  Statuto,  i  Soci  De  Samctis  e  Patbtta, 
i  quali,  conforme  alla  deliberazione  presa  dalla  nostra  Acca- 
demia nella  sua  adunanza  straordinaria  del  6  luglio  u.  s.,  rap- 
presentarono di  nuovo  l'Accademia  nel  secondo  convegno  di 
Parigi  che  ebbe  luogo  nella  seconda  metà  dell'ottobre  u.  s,, 
fanno  alcune  comunicazioni  sul  convegno  stesso,  sulle  accoglienze 
cordialissime  fatte  ai  delegati  delle  due  Accademie  italiane, 
quella  dei  Lincei  e  la  nostra,  e  sulla  modificazione  apportata 
all'art.  IV  dello  Statuto,  appunto  nel  senso  da  noi  desiderato. 
Si  riservano  di  riferire  più  ampiamente  sull'opera  loro,  quando 
perverrà  lo  Statuto  definitivo  della  Union  Académique.  Ma  in- 
tanto, per  proposta  del  Presidente,  la  Glasse  vota  un  caloroso 
plauso  all'opera  dei  suoi  due  delegati  De  Sanctis  e  Patetta. 

Dal  Segretario  Accademico  è  data  comunicazione  altresì 
del  Decreto  Luogotenenziale  concernente  la  elezione  del  Presi- 
dente dell'Accademia  Andrea  Naccabi  e  quella  del  Vicepresi- 
dente Francesco  Ruffini,  e  la  rielezione  di  S.  E.  Paolo  Boselli 
e  del  Socio  Ettore  Stampini,  rispettivamente  a  Direttore  e  a 
Segretario  della  nostra  Classe. 

Il  Socio  Brondi  presenta,  con  parole  di  calorosa  lode  per  l'au- 
tore, dne  pubblicazioni  del  Prof.  Michele  Roar,  edite  dalla  Untone 
tipografica  editrice  di  Torino,  cioè  la  ristampa  della  Storia 
contemporanea  d'Italia  dalle  origini  del  risorgimento  alla  confla- 
grazione Europea,  e  il  primo  volume  dell'opera  L'Italia  odierna. 
Due  secoli  di  lotta  di  studi  e  di  lavoro  ecc.  La  Glasse  ringrazia. 


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In  fine  l'Accademico  Segretario  presenta  le  seguenti  pab- 
blicazioni  pervenute  all'Accademia  da  parte  degli  editori  : 
P.  Vergili  Maronit  Aenetdos  libri  VII,  Vili,  IX  per  cura  di 
itemigio  Sabbadini,  e  L.  Annoti  Seneeae  De  ira  ad  Novatum 
libri  tre»  per  cura  di  A.  Barriera,  entrambi  i  volami  apparte- 
nenti al  Corpus  Scriplorum  Latinorum  Fiiravianum  ;  e  La  critica 
dei  poeti  Romani  in  Orazio  dì  Carlo  Pascal,  volume  che  fa 
parte  della  Biblioteca  di  Filologia  classica  diretta  dal  Pascal 
e  pubblicata  dall'edito^  Catanese  Francesco  Battiate.  La  Classe 
ringrazia  i  donatori. 

L'Accademico  Segretario 
Ettore  Staiifini 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


CLASSE 

SCIENZE  FISICHE,  MATEMATICHE  E  NATURALI 


Adunanza  del  80  Novembre  1919 


PREBIDENEA   DEh  SOCIO  PROF.   COIH.   ANDBEA  MACCARI 
PRESIDEITTE   DELL'aCCADEUA 


Sono  presenti  i  Soci  Salvadobi,  Segbe,  Peano,  Ooidi, 
Mattiholo,  Grassi,  Sohiouana,  Panetti,  Sacco,  Majorana 
e  Parova  -Segretario. 

È  scusata  l'assenza  del  Direttore  della  Glasse  Senatore 
D'Ovidio  e  dei  Soci  Senatore  PoÀ  e  Ponzio. 

Ad  invito  del  Presidente,  il  Socio  Mattirolo  legge  la 
commemorazione  del  Socio  corrispondente  prof.  Saverio  Belli, 
che  sarà  pubblicata  negli  Atti.  Il  Presidente  ringrazia  il  Socio 
Mattirolo  dell'applaudito  discorso,  col  quale  ba,  cMin  efficacia 
e  dottrina,  ricordato  le  virtù  ed  i  meriti  del  compianto  collega 
e  valente  scienziato. 

Il  Socio  Segretario,  interpretando  i  sentimenti  dei  colleghi, 
rinnova  all'amato  Preaidente  le  condoglianze  per  l'irreparabile 
perdita  da  lui  fotta  colla  morte  della  sua  degna  Consorte,  ed 
esprìme  la  speranza  che  la  viva  parte  presa  dagli  accademici 
al  suo  lutto  possa  essergli  di  qualche  conforto.  Il  Presidente 
rìsponde  commosso  e  grato,  e  dice  che  le  dimostrazioni  dei 
colleghi  sempre  piii  lo  persuadono  cbe  la  nostra  è  una  Società 
di  studiosi  e  insieme  di  amici  affezionati. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


Sì  legge  e  si  approva  l'atto  verbale  della  precedente 
adunanza. 

Il  Presidente  annnncia  che  durante  le  ferie  l'Accademia 
ha  fatto  perdite  gravi  e  dolorose  nelle  persone  *  del  Socio 
straniero  Ernesto  Haeckel  e  dei  Soci  corrispondenti  Guglielmo 
Batlsioh,  Pasquale  Bacoabini,  Simone  Schwendenbb,  Bmilio 
Fischer,  Vincenzo  Reina  ,,  ed  alla  memoria  loro  ed  alle  loro 
opere  rende  omaggio.  Comunica  poi  i  ringraziamenti  del  pro- 
fessore Q.  BatJNi  per  la  nomina  a  Socio  corrispondente  dell'Ac- 
cademia. 

n  Segretario  dà  notizia  di  alcune  comunicazioni  scientifiche 
manoscritte  mandate  da  non  Soci  alla  Segreteria  accademica 
durante  le  ferie:  esse  sono  affidate  per  esame  a  Soci  compe- 
tenti. Presenta  la  Nota  Oaset-vazioni  sul  fiore  dell'Olivo  inviata 
in  omaggio  dalI'A.  prof.  B.  Pirotta  Socio  nazionale.  Ricorda 
poi  che  il  6  luglio  n.  a.,  per  gradito  incarico  del  Presidente, 
ebbe  l'onore  di  rappresentare  l'Accademia  alle  solenni  onoranze, 
rese  nell'Università  di  Pavia,  all'illustre  Geologo  e  nostro  Socio 
nazionale  Torquato  Tabahelli,  in  occasione  del  suo  44"  anno 
d'insegnamento  universitario  ;  e  presenta  in  omaggio,  a  nome 
del  Comitato  per  le  onoranze,  una  copia  de]  volumetto  pubbli- 
cato a  ricordo  della  festa,  e  come  omaggio  proprio  offre  per  il 
medagliere  dell'Accademia  una  copia  in  bronzo  della  medaglia 
d'oro  offerta  al  Tabahelli  nell'occasione  stessa.  Il  Presidente 
ringrazia,  compiacendosi  delle  degne  onoranze  al  nostro  Collega. 

Si  presentano  e  sono  accolte  per  la  stampa  negli  Atti  le 
Note  seguenti: 

Dott.  Mauro  Picche,   Sul   cambiamento   della   variabile  di 
integrazione  nelFintegrale  di  Lebeague,  presentata  dal  Socio  Segre. 
Dott.  Luigi  Zofpetti,  L'abito  fogliare  nelle  siepi  di  Li- 
gustro,  presentata  dal  Socio  Mattirolo  (1). 

(*)  QaesU  Nota  sarà  pabblicnta  nel  pioMÌmo  fMoioolo. 

D,!„t,zed.yGOOg[e 


Dott.  Q.  CoLoai,  Ricerche  anatomo-istologicke  sugli  Eufau- 
tiacei-  Il  cuore  di  "  Nematoscelis  megalops  „  G.  0.  Sart,  presen- 
tata dal  Socio  Saltadobi. 

Prof.  Laigi  Brusottti,  Sulla  scomposizione  di  una  forma 
binaria  biquadratica  ndla  somma  di  due  quadrati,  presentata  dal 
Socio  Peano  a  nome  del  Socio  corriapondente  Bebzolabi, 

Dott.  Filippo  SiBtKANi,  Espressioni  analitiche  che  defini- 
scono più  funzioni  analitiche  ad  area  lacunare,  pree^itata  da) 
Socio  Peano. 

Il  Socio  Majobaka  presenta  una  sua  Nota  Sulla  gravi- 
tazione e  Dfl  dà  notizia  riassumendola. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


ORESTE  HATTIROLO 

LETTURE 

COMMEMORAZIONE 
SAVERIO    BELLI 

del  Socio  naz.  reeid.  ORESTE  MATTIROLO 


Nel  Luglio  dell'anno  1881,  discendendo  dalla  svelta  pira- 
mide della  Rognosa  di  Sestrières,  conobbi  Saverio  Belu. 

Il  luogo  del  nostro  incontro,  le  discussioni  che  intavolammo, 
sono  presenti  oggi  come  allora  alla  mia  mente,  sorpresa  dalla 
coltura,  dalla  rettitudine  dei  giudizii,  dàlia  gentilezza  e  signo- 
rilità dei  modi  del  novello  amico.  Avevo  trovato  un'anima  che 
vibrava  sintonicamente,  che  rispondeva  colla  mia,  agli  stessi 
ideali. 

La  passione  comune,  l'entusiasmo  giovanile,  la  suggestività 
del  luogo,  valsero  di  colpo  a  suscitare  fra  noi  quei  vincoli  di 
simpatia  che  dovevano  legarci  poi  per  tutta  la  vita. 

Erborizzammo  insieme,  lasciandoci  come  vecchi  amici  e  tali 
siamo  rimasti  quando,  sbolliti  gli  entusiasmi  giovanili,  altre 
cure  ci  presero  e  dovemmo  volgerci  a  ricerche  e  a  studi  ben 
più  gravi  di  quelli  che  formavano  allora  la  delizia  di  noi  bota- 
nici peripatetici  principianti. 

L'amicizia  nostra  non  mutò  mai  natura;  ebbe  origini,  dirò 
cosi,  botaniche,  e  tale  carattere  mantenne  sempre,  legando  fra 
loro  le  nostre  anime  coi  vìncoli  di  una  comunanza  perfetta  di 
aspirazioni  e  di  ideali  scientifici. 

Egli  è  perciò  che  il  ricordo  suo  mi  è  rimasto  associato  ad 
un  profumo  di  idealità,  quale  forse  non  avrebbe  avuto,  ove 
altri  vincoli  ci  avessero  uniti.  Di  lui  non  ho  conosciuto  che  la 
parte  più  bella,  il  suo  amore  ardente  per  quanto  è  vero,  giusto, 
bello;  per  quanto  eleva  Io  spirito  al  disopra  della  materialità 
della  vita. 


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COMMEMORAZIONE   DI  SAVERIO  BELLI  9 

Dire  quindi  di  Saverio  Belli,  delle  sue  doti  morali,  dfille 
Bue  opere,  oon  è  per  me  un  dovere,  ma  un  bisogno,  al  quale 
soddisfo  con  animo  grato  verso  la  nostra  Accademia,  che  me 
ne  ha  affidato  l'incarico,  perocché  questo  e  purtroppo  l'unico 
omaggio  che  io  mi  onoro  di  poter  ofi^ire  alta  memoria  del- 
l'amico,  troppo  precocemente  rapito,  quando  ancora  molto  egli 
avrebbe  potuto  e  saputo  operai'e  in  prò  della  scienza. 

Neil' anno  1883  il  Professore  Giuseppe  Gibelli,  l'indimenti- 
cabile Maestro,  allora  chiamato  alla  Direzione  dell'Orto  botanico 
di  Torino,  faceva  ricerca  di  un  assistente  alla  Cattedra  sua,  ed 
io  ebbi  la  ventura  di  proporgli  l' amico,  allora  studente  del 
V"  anno  di  Medicina  nella  R.  Università  di  Kapoli. 

Fu  così  che  Saverio  Belli  venne  chiamato  a  far  parte 
dell'Istituto  nostro,  dal  quale  più  non  ai  staccò.  Egli  ben  presto 
divenne  uno  degli  organi  vitali  del  vecchio  convento  botanico 
del  Valentino,  che  rallegrava  colla  sua  inesauribile  arguzia  e 
colla  facilità  della  vena  poetica,  e  dove  tutti  ricorrevano  a  lui, 
carne  ad  un  consigliere  prudente  e  sagace,  famigliare  ai  piìi 
ardui  problemi  della  scienza. 

Tale  divenne  e  tale  si  mantenne  sempre,  riverito  ed  amato 
da  quanti  ebbero  la  ventura  di  avvicinarlo  e  di  conoscerlo  in- 
timamente. 

La  vita  di  Saverio  Belli  non  fu  segnata  da  momenti  av- 
venturosi, degni  di  particolare  menzione;  ai  svolse  quieta,  serena 
e  laboriosa  nell'ambiente  del  laboratorio  e  della  famiglia. 

Assistente  prima,  quindi  aiuto,  docente,  incaricato  della 
Direzione  e  dell'insegnamento  alla  morte  del  Professor  Gibelli,' 
passò  poi  come  Professore  di  Botanica  all'Ateneo  di  Cagliari  (1), 
dove  rimase  pochi  anni  straordinario  e  ordinario  poi.  Per  mo- 


(I)  Ecco  il  currieulutH  vitae  di  S.  Billi: 

Laureato  in  ScienEe  naturali,  Il  ^ngoo  1887,  con  pieni  voti  e  lode. 
AsBÌBtente  presso  il  R.  Orto  botanico  di  Torino,  1'  nov.  1884-1888. 
Ainto  i(t..  id.,  1889-1900. 
Libero  docente,  30  maggia  1894. 

Incaricato  inugnamento  della  Botanica  e  della  Direzione  dot  R.  Orto 
botanico  di  Torino,  1*  Rennaio  1900. 

Straordinario  di  Botanica  alla  R.  Università  di  Cagliari,  1*  die.  1901. 
Ordinario,  1905. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


IO  0RS3TB  UATTIBOLO 

tÌTÌ  di  salute,  giovane  ancora,  volle  ritrarsi  dallo  insegnamento 
ufficiale  per  ritornare  alle  abitudini  antiche  nella  sua  Torino, 
dove  riprese  a  vivere  come  prima  nel  Laboratorio  nostro,  intento 
a  quegli  studi  che  formavano  la  sua  passione. 

Eccessivamente  modesto,  non  volte  coprire  cariche  di  nessun 
genere,  alle  quali  pure  la  sua  cultura,  la  sua  scienza,  il  suo 
retto  giudizio,  il  naturale  buon  senso  avrebbero  potuto  giovare 
e  dare  ottimi  frutti. 

Tanta  fu  in  lui  la  ritrosia,  il  disdegno  di  ogni  distinzione  che 
morì  senza  nemmeno  essere  cara/i«re  !  quantunque  facesse  parte, 
come  membro  corrispondente,  della  nostra  Accademia,  fosse 
socio  anziano  della  Reale  Accademia  di  Agricoltura,  della  So- 
cietà Alzate  del  Messico  e  di  altre  Società  scientifiche. 

Se  il  nome  dì  Savebio  Belli  non  sarà  legato  a  vani  titoli 
onorifici,  la  sua  memoria  invece  rimarrà  affidata  a  ben  più  ràldì 
titoli  di  benemerenza  scientifica  e  figurerà  onorevolmente  nella 
Storia  della  Botanica,  perchè  ad  essa  appartengono  opere  sue, 
le  quali  hanno  indubbiamente  segnato  un  reale  progresso  del 
pensiero  filosofico. 

Saverio  Belli,  figlio  di  Carlo  e  di  Giuditta  Silvetti,  ebbe 
cinque  fratelli  ed  una  sorella,  sposa  in  prime  nozze  al  Chiaris- 
simo, compianto  Professore  Qiovanhi  Delorenzi(I),  ordinario  di 
Anatomia  normale  nella  nostra  Università,  e  quindi  in  seconde 
nozze  al  Comandante  Paolo  Evilio  Spezia,  della  nostra  marina 
da  ^erra. 

Dal  padre,  uomo  di  alto  sentire,  di  vasta  e  profonda  cul- 
tura filosofica  (Capo  divisione  al  Ministero  delle  Finanze  in 
Torino),  e  dalla  Madre,  donna  di  preclare  virtù,  ebbe  educazione 
fine  e  completa. 

Kato  (2)  da  famiglia  che  per  universale  considerazione  e 
per  censo  avito  contava  fra  le  più  oospicae  della  regione  osso- 
lana,  studiò  nel  Collegio  Rosmini  di  Domodossola,  sotto  la  guida 
del  filosofo  Giuseppe  Calza  e  del  valente  naturalista  Giuseppe 


(1)  Per  quattro  umi  Sivuio  Baixi  fu  aaiuiente  volontuio  di  ano  co- 
gnato aeiriatituto  lUHtomico  di  Torino. 

(2)  Nacque  ti  25  mft^^o  1852  a  DomodoagoU  e  morì  dopo  lunghe  loSie- 
reiuse,  cristianamente  e  virilmeate  sopportate,  il  7  aprile  di  quest'anno. 


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COKHBMOKAZIUNB   DI  SATB&IO  BELLI  11 

Oaoliabdi  (1).  Dal  Collegio  Rosmini  paasb  all'Univeraità  di  Torino 
dapprima  e  quindi  a  quella  di  Napoli,  per  ritornare  a  compiere 
gli  studi  a  Torino,  dove  consegui  brillantemente  la  Laurea  in 
Scienze  naturali  nell'anno  1887  (11  Giugno). 

Forte,  agile,  cacciatore  e  tiratore  valentissimo,  godette  di 
una  gioventii  quale  non  è  concessa  a  molti  di  fruire. 

Ho  detto  di  lui  e  della  sua  vita  solo  quel  tanto  cbe  egli 
mi  avrebbe  concesso  di  dire,  perocché  io  nspetto  la  modestia 
dell'amico. 

So  che  egli  era  buono,  leale  e  generoso  ;  dì  una  bontà  non 
solo  di  parole  ma  di  fatti. 

Lo  seppi  sempre  onesto  e  retto  nelle  sue  azioni. 


(1)  Giuseppe  Gagliardi  (n.  a  Olef^o  20  luglio  IS12,  morto  a  Rovereto 
1°  novembre  1881),  ordinato  Sacerdote  (13  giugno  ISSI),  fii  discepolo  e 
amico  ili  Antodio  Rosmini  e  Vice  Rettore  del  Collegio  di  Domodossola. 
Filosofo,  educatore,  fu  sopratutto  naturalista  di  tleiione  e  appasBionatìs- 
simo  ntccoRlitore.  Egli  possedeva,  come  ricorda  un  suo  biografo,  in  grado 
eminente,  l'arte  di  losinaare  nella  gioventù  lo  spirito  di  osservazione,  co- 
municando e  trasfondendo  in  ea«a  l'amore  cbe  egli  aveva  per  le  scienie 
naturali.  Le  qualità  di  osservatore  diligente,  minazioiio  e  cotciencioso  che 
abbiamo  ricordato  in  Sìvrrio  Bbuj  furono  in  lui  svegliate  da  questo  dotto 
insegnante,  benemerito  della  Flora  ossolana.  Di  Notiris  e  Cesiti,  tn,  i 
sommi  botanici  contemporanei  suoi,  erano  legati  da  affettuosa  amicisia  con 
Padre  Oislubdi,  0  quale  ebbe  a  comanicare  loro  enorme  quantità  di  ma- 
teriali ossolani.  Chi  consulta  le  Opere  di  questi  Autori  trova  ad  ogni  mo- 
mento ricordato  il  nome  del  GAOLiuni,  ohe  sì  occupb  di  Fanerogame,  ma 
sopratutto  di  Epatiche,  di  Muschi,  di  Alghe  Detmidiarre  e  Diatomacee,  delle 
quali  ultime  si  intereasb  sotto  la  guida  dell'Abate  Fs&kcesco  CjLSTaicAiik, 
quando  per  importanti  affari  dell'Ordine  Rosmìniano  risiedette  per  alcuni 
anni  a  Boma  (1857).  Padre  Giauiaoi  pobblioò  le  Epatiche  raeeeUe  nei  din- 
torni dtl  dUrario  di  Domodottola  durante  l'inverno  187&-76  negli  '  Atti 
dell'Accad.  dei  Nuovi  Lincei  ,,  tomo  XXXVI,  gennaio  1883.  Una  nuova 
Pediaatrea  da  lui  scoperta,  il  Coela»trum  Attroideum,  ebbe  l'onore  di  essere 
inserita  negli  Eltment*  per  io  irUidio  delle  Detmidiaett  italiane  di  Oiria?PB 
Da  NoTABis,  Genova,  1867.  Estesi  cenni  biograScì  di  questo  naturalista 
sono  riferiti  da  E.  Chiotbmdì  nella  sua  Flwa  delle  Alpi  Lepontine  (Parte  11, 
Bibliografia,  Boma,  10OS,  pag.  74  e  seg.  Cibati  nei  suoi  Appunti  per  una 
fbtnra  Crìttogamglogia  Insubrìca  (*  Commentari  della  Società  Crittogame- 
logica  italiana  ,,  fascicolo  li,  Genova,  1861}  ricorda  un  Orthotrieum  nuovo 
e  il  rarissimo  Hyloeomium  Oackttii,  il  l^emalodon  ambigutta,  la  DierantUa 
etrvittàaia  ed  altre  rare  Crittogame  scoperte  dal  Padre  Oiauiani. 


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ORESTE  MATTIROLO 


Ho  perduto  in  lui  un  amico  vero,  un  consigliere  prezioso, 
che  piango  e  piangerò  sempre  amarissimamente. 


I  lavori  di  Saverio  Belli  rappresentano  un  complesso  di 
contribuzioni  scientifiche  in  special  modo  dirette  allo  studio 
della  sistematica,  dell'anatomia  e  della  fisiologia  dei   vegetali. 

Ad  alcuni  di  essi  accennerò  solamente,  mentre  tenterò  di 
riassumere  in  concettosa  sintesi  i  principali  gruppi  di  ricerche 
omogeneamente  plasmati,  perchè  sono  quelli  che  meglio  conce- 
dono di  poter  lumeggiare  il  pensiero  dal  quale  trassero  origine 
e  furono  guidati  ;  e  dimostrano  l'indole  dell'ingegno  del  valoroso 
e  modesto  loro  Autore,  scomparso  nel  momento  del  più  intenso 
e  fattivo  rinnovamento  di  quelle  discipline  alle  quali  aveva  de- 
dicato la  sua  attività  di  lavoro. 

Mentre  è  in  tutti  il  sentimento  di  un'epoca  in  cui  Inscienza 
va  affermandosi  sopra  basì  e  criterii  nuovi;  mentre  si  vanno 
negando  oggi  quelle  idee  che,  ancora  pochi  anni  or  sono,  rap- 
presentavano i  dogmi  della  sistematica;  e  una  scienza  nuova, 
quella  dei  fattori  genetici,  tuttora  imprecisa  e  confusa,  si  impone 
alla  considerazione  dei  tassonomisti,  e  ne  confonde  le  antiche 
valutazioni,  la  scomparsa  di  una  mente  critica,  qual  era  quella 
di  Saverio  Belli,  rotta  per  lungo  lavoro  a  questo  genere  di 
studi,  equilibrata,  giusta,  serena  nei  giudizi,  ponderata  nelle 
astrazioni,  rappresenta  una  perdita  dolorosa  per  la  scienza. 

I  lavori  sistematici  del  Belli  vanno  divisi  in  due  serie: 
la  prima  dedicata  allo  studio  del  genere  TrÌfolium;l&  seconda 
a  quello  del  genere  Hieracium. 

Al  genere  TrifoUum  (V.  Bibliogr.,  N.  1  a  11)  attese  col 
compianto  suo  Maestro  Giuseppe  Gibelli  per  un  certo  periodo 
di  anni,  proseguendo  poi  da  solo  nelle  ricerche.  Del  genere 
Hieraeium  (V.  Bibliogr.,  N.  12  a  20)  invece  si  occupò  da  solo, 
dedicandogli  le  cure  piìi  assidue  e  le  simpatie  piìi  ardenti  e 
costanti. 

In  queste  due  serie  di  lavori,  piti  che  la  competenza  del 
monografo,  ammiriamo  la  genialità  colla  quale  ha  saputo,  par- 
tendo da  osservazioni  singole,  assurgere  a  concetti  filosofici  di 
ordine  generale. 


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COUMEUORAZIONE  DI  SAVERIO  BSLI.I  13 

La  sistematica  del  Belli  procede,  nei  suoi  lavori,  sicura, 
sciolta  da  quelle  ricette  scolastiche  che  avevano  a  poco  a  poco 
ridotto  questo  ramo,  pur  gobi  importante  della  botanica,  a  niente 
altro  che  ad  una  specie  di  colossale  collezione  di  lapidi  di  un 
immenso  cimitero  di  mummie  vegetali. 

£ssa  ci  appare  quale  dovrà  essere,  cioè  la  risultante  delle 
coDoscenze  delle  singole  forme,  desunta  non  solo  da  un  unico 
stadio,  per  quanto  elevato,  come  è  quello  della  riproduzione;  ma 
da  tutto  il  ciclo  di  sviluppo  di  ogni  specie,  dall'esame  compa- 
rativo dei  vari  organi  loro,  dal  modo  di  funzionare,  dalla  loro 
vita  dì  relazione  coll'ambiente  esterno. 

Lo  scopo  della  sistematica,  quale  risulta  dai  lavori  del 
Belli,  è  quello  di  riuscire  a  stabilire  un  organismo  di  insieme, 
nel  qusle  le  specie  di  un  genere  o  di  una  famiglia  appariscono 
quali  discendenti  di  un  comune  albero  genealogico,  come  rami- 
ficazioni filogenetiche  nel  tempo  e  nello  spazio. 

I  Fìtogralì  del  vecchio  stampo,  assillati  dalla  impellente 
necessità  di  sistemare  le  varie  specie  di  un  Qenere,  si  sforza- 
vano di  creare  gruppi  o  Sezioni  subordinandoli  ad  un  solo  ca- 
rattere, ingenerando  così  raggruppamenti  artificiali:  serie  empi- 
riche che  le  distanze  morfologiche  tra  l'una  specie  e  l'altra 
rendono  disuguali  nella  loro  dignità. 

Fondare  unità  tassonomiche  naturali,  omogenee,  di  uguale 
valore,  di  uguale  dignità  gerarchica,  aventi  per  conseguenza  una 
facies  comune,  le  quali,  in  ultima  analisi,  inducano  a  ritenere  le 
specie  singole,  che  le  compongono,  quali  discendenti  da  un  solo 
capostipite,  è  lo  scopo  che  il  monografo  deve  proporsi  per  riu- 
scire  alla  vagheggiata  seriazione  naturale  delle  forme. 

Per  questi  gruppi,  che  il  Gibelli  e  il  Belli  nella  magistrale 
Prefazione  all'Opera  dei  Trifogli  hanno  profondamente  discussi 
e  con  finissimo  intuito  esattamente  limitati  nei  loro  confini,  essi 
hanno  adottato  il  nome  di  Stirpes  (o  Schiatte),  usando  con  inten- 
dimenti ben  definiti  questo  termine  profondamente  significativo. 

Le  Stirpe»  esprimerebbero  un  fatto  atavico;  mentre  le  Species, 
delle  quali  risultano  le  Stirpes,  rappresenterebbero  invece  lo 
attuali  discendenze  di  esse. 

Le  Stirpes  sono,  secondo  i  nostri  Autori,  un  complesso  di 
entità  reali,  che  hanno  uno  slampo  comune;  che  probabilmente 
hanno  avuto  una  origine  comune,  dimostrabile  nella  attualità: 


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14  OKESTE  HATTIIIOLO 

che  SÌ  rassomigliano  fra  loro,  cosi  da  costituite  un  nucleo  beo 
distinto  e  separato  dalle  altre  Stirpes  della  Sezione,  alle  quali 
esse  appartengono,  ed  i  cui  caratteri  sono  inegualmente  distri- 
buiti nei  vari  membri  che  le  compongono,  originando  cosi  idi- 
versi  gradi  di  dignità,  intesi  coi  nomi  di  specie»,  mtbspecies,  va- 
rietates,  ecc. 

Seguendo  questi  concetti  fondamentali  anche  nel  riguardo 
dei  gruppi  di  ordine  secondario,  nella  definizione  cioè  delle  specie, 
delle  sottospecie  e  delle  varietà;  operando  con  cura  paziente  e 
meticolosa,  durante  sei  anni  di  assiduo  lavoro;  studiando  una 
enorme  quantità  di  materiali  provenienti  dai  principali  ninsei 
di  Europa,  i  due  scienziati  crearono  quel  complesso  di  claasiche 
memorie  sul  genere  Trifolium  che  rimarrà  come  un  modello  di 
questo  genere  di  studi. 

Senza  tema  di  esagerare,  affermiamo  che  la  Monogrnfia  dei 
Trifogli  italiani  distribuita  in  dieci  grandi  lavori  raccolti  nelle 
Memorie  e  negli  Atti  della  nostra  Accademia,  dei  quali  sette 
condotti  dal  1887  al  1901  in  collaborazione  fra  il  Gibblli  e  il 
Belli  e  quattro  spettanti  al  solo  Belli  e  da  lui  dedicati  al 
Maestro),  costituisce  il  più  importante  lavoro  di  insieme  che  la 
Scienza  oggi  possieda  sopra  questo  intricato  e  difficile  gruppo 
di  vegetali. 

Lo  studio  critico  dei  Trifogli  non  rivela  soltanto  la  perizia  e 
la  competenza  degli  Autori,  ma  è  prova  della  loro  onestà  scien- 
tifica, perocché  non  contiene  una  sola  osservazione,  la  quale  non 
sia  stata  condotta  sul  vero,  e  vagliata  anche  net  minimi  particolari. 

Il  plauso  col  quale  fu  accolta  questa  serie  poderosa  di  ri- 
cerche ne  dimostra  l'eccezionale  valore  scientifico.  Potranno 
variare  col  tempo  i  criterii  di  ordinamento  dell'insieme,  quando- 
con  esattezza,  direi  matematica,  si  potrà  giungere  alla  seria- 
zione dei  vegetali,  ma  non  muterà  certo  la  importanza  delle 
osservazioni  che  gli  Autori  hanno  accumulate,  così  che  nessuno 
ardirà  toccare  questo  difficile  argomento  senza  la  guida  della 
monografìa  fondamentale  che  onora  la  sistematica  italiana. 

Per  completare  gli  studi  sui  Trifogli  volle  il  Belli  rivol- 
gere la  sua  attenzione  ad  una  quantità  di  questioni  interessanti 
il  significato  anatomico  de!  loro  tessuti,  studiandole  dal  punto 
di  vista  delle  interpretazioni  sulle  quali  si  vorrebbe  imperniare 
la  classificazione  anatomica  dei  vegetali  superiori. 


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COHUEHORAZIONB   DI  SATBKIO   BRI.I.I  15 

Egli  si  ingolfò  COSÌ,  per  on  periodo  di  alcuni  anni,  nelle 
questioni  più  intricate  e  discusse  della  moderna  anatomia,  e 
quindi  in  un  labirinto  di  lavori,  di  teorie,  di  nomi  variamente 
interpretati,  che  la  luce  della  verità  scientifica  è  ben  lungi 
ancora  dall'illuminare. 

Nella  dÌBcu8aione  critica  Saverio  Belu  trovava  un  gradito 
elemento  di  lavoro. 

Pili  te  cose  appativano  dubbie,  oscure,  complicate,  e  più 
egli  si  beava  a  dipanare  tranquillamente  le  arruffate  matasse 
altrui. 

Cosi  egli  si  era  lasciato  indurre  a  interrogare  la  sfinge  del 
genere  Trifolium;  così  si  era  impelagato  nel  genere  IReraewm, 
e  così,  studiatamente,  si  immerse  nello  studio  critico  dell'ana- 
tomia caulinare  e  nella  interpretazione  teorica  di  tali  tessuti 
(V.  Bibl.,  N.  11). 

Riassumere  anche  per  sommi  capi  l'imponente  lavoro  dì 
critica  bibliografica  da  lui  esposta  con  la  cura  più  meticolosa  e 
cosa  impossibile;  opperò  al  lavoro  originale  rinvierò  il  lettore, 
tenendomi  pago  di  esporre  le  conclusioni  alle  quali  giunse  il 
Belli  dopo  un  faticoso  e  complesso  lavoro  di  ricerche  biblio- 
grafiche  ed  anatomiche. 

L'attenzione  dell'Autore  fu  sopratutto  rivolta  al  cosidetto 
Penciclo,  nume  col  quale  gli  Autori  francesi,  specialmente  della 
Scuola  di  Van  Tieghbu,  intendono  di  designare  un  tessuto  che, 
come  posizione,  limiti  e  funzione,  dovrebbe  essere,  secondo  le 
loro  idee,  non  solo  omologo,  ma  continuo  con  quello  indicato  nella 
radice  col  nome  di  Pericambio. 

Il  carattere  precìpuo  del  Pericambio  radicale  (come  è  uni- 
versalmente noto),  è  quello  di  essere  verso  l'esterno  avvolto  da 
una  zona  che  internamente  limita  la  corteccia,  indicata  col  nome 
di  Endoderma,  caratterizzata  da  anelli  di  inspessimento,  pie- 
ghettati 0  no,  da  suberificazioni,  ecc. 

Orbene,  si  volle  da  questi  Autori,  che  anche  il  periciclo 
caulinare,  analogamente  a  quello  della  radice,  fosse  pur  esso 
accompagnato  da  un  Endoderma  caulinare,  al  quale  poi  lo  Stras- 
BUROER  diede  il  nome  di  Fleoterma. 

Questo  concetto,  che  può  in  molti  casi  avere  un  fondamento 
reale,  dimostrabile  in  natura,  fu  a  torto  generalizzato,  e  dal 
campo    puramente  anatomico,    lasciandosi    essi    trasportare    in 


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16  0KB3TB   MA1TIR0L0 

quello  teorico,  proclamarono  la  normalità  del  fatto,  ammettendo 
la  costante  presenza  nel  fusto  di  un  Endoderma  come  topografi- 
camente esistente. 

Fu  merito  del  Belli  di  avere,  con  difficili  ricerche  iatoge- 
neticbe,  sullo  sviluppo  iniziale  del  Cambio,  dimostrato  che  tale 
concezione  era  erronea  e  che  l'esistenza  deW Endodertna  {FUo- 
terma)  e  del  Pericieio  non  è  dimostrabile  sia  nei  Trifola,  sia  in 
molte  altre  piante,  e  che  per  conseguenza  i  fatti  singoli  non 
si  potevano  generalizzare  come  aveva  inteso  di  fare  la  Scuola 
di  Van  Tieghbu,  la  quale  sulla  esistenza  supposta  eostante  delle 
due  sovraccennate  regioni  anatomiche  aveva  imperniato  la 
Teoria  atelica,  teoria  che,  come  è  noto,  sta  nella  piìi  sfretta  di- 
pendenza dalla  supposta  esistenza  costante  deìV Endoderma  cau- 
linare in  prima  linea  e  in  seconda  del  Pericieio. 

Sulla  presenza  dell'Endoderma  fu  infatti  basata  la  divisione 
regionale  del  fusto  primario  in  :  cilindro  centrate  e  corteccia,  per 
cui,  ovt!  questa  regione,  cosidetta  endodermica,  non  esistesse,  non 
vi  sarebbe  ragione  di  mantenere  la  divisione  di  cilindro  centrale 
e  corteccia  nel  senso  voluto  dagli  Autori. 

Il  paziente  lavoro  del  Belli  è  in  conclusione  una  critica 
sottile,  stringente,  acuta  della  Teoria  stelica  e  dei  lavori  che 
cercano  di  illustrare  una  concezione  che  ha  oggimai  perduto 
gran  parte  della  importanza  che  avrebbe  avuto,  ove  i  fatti 
avessero  corrisposto  alla  immaginosa  interpretazione  teorica  del 
Van  Tieoreh  e  della  sua  Scuola. 


Il  secondo  gruppo  di  lavori  è  dedicato  al  genere  Hieraeium, 
per  unanime  consenso  dei  sistematici  il  piìi  indiatolato  (1),  il  piti 
terribile  dei  generi  dei  vegetali  vascolari,  tanto  esso  è  variabile, 
ricco  a  dismisura  di  forme,  dì  varietà,  dì  ibridi  derivanti  da 
un  numero  relativamente  ristretto  dì  specie. 

(1]  Sui  cartellini  degli  esemplari  che  si  aoambiavana  Bblu  e  Astet- 
TouTiT,  ad  ogni  momento  «i  incontrano  espressioni  che  rivelano  le  difficoltà 
che  incontravano  i  due  bieraciologi  per  gietemare  le  specie  critiche.  Così  a 
proposito  di  una  forma  di  H.  coltianum  Arv,  (var.  ttrigulosum  Arv.}:  Ce 
diabU  de  Oenre  voue  ditartonne  à  tout  eoupl  ti  c'iti  quand  on  se  eroii  le 
più»  ferri,  qu'il  voui  dé»ar{onne  U  mieiix.'.' 


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COMUEMOKAZIONE   Ul  SAVBRtO  BELLI  17 

Tanto  è  che  Elia  Fries,  il  padre  della  moderna  hieraciologia 
(autorità  in  di  scussa),  dopo  averlo  per  tanti  anni  assiduamente 
studiato,  lo  definiva  scultoriamente  così: 

Hieracioruin  Genus  in  opprobrium  ScienUae,  Bùtanicis  adhuc 
praebet  nodtim  quemdam  Gordianum! 

Il  nostro  Belli  sino  dalla  giovinezza,  quando  a  Napoli, 
sotto  la  guida  di  Pasquale,  andava  eibori zzando,  si  innamorava 
di  questa  sfinge  botanica,  così,  die  di  poi  non  lasciò  passare,  si 
pub  dire,  giorno  senza  occuparsene. 

Le  difficoltà  di  questo  studio  lo  elettrizzavano,  perchè  la 
complessità  dei  pioblemi  che  si  riferiscono  alla  sua  sistema- 
zione, lo  portava  in  un  campo  di  ragionamenti  particolarmente 
adatti  all'indole  della  sua  mente,  dalla  natura  portata  alle 
concezioni  astratte  e  alla  meditazione. 

A  poco  a  poco  perdurando  egli  in  questa  sua  passione  dì 
studio,  diventando  tetragono  alle  difficoltà  e  ai  dubbi  che  lo 
assalivano,  e  die  a  volte  gli  facevano  rimpiangere  il  tempo  e  le 
fatiche  durate,  riuscì  a  mettere  insieme  una  delle  piii  ricche  colle- 
zioni di  Hieracium,  la  quale  volle  poi  donare  al  Museo  di  Torino, 
accompagnata  da  nna  biblioteca  hieraciologica  importantissima. 

Studiò  quindi  la  maggior  parte  delle  collezioni  italiane; 
compulsò  le  raccolte  europee  più  interessanti;  intavolò  corri- 
spondenza attivissima  coi  migliori  specialisti,  giungendo  infine 
a  redigere  quella  Chiave  dicotomica  delle  specie  del  genere  Hie- 
racium  crescenti  in  Italia  (V.  N.  18)  che  fa  parte  del  compendio 
deiÌA  Flora  italiana  di  Adriano  Fiori;  opera  classica,  testimonio 
della  sua  rara  competenza  in  questi  studi. 

Fra  ì  Hieraciologi  più  distinti  :  Artet-Touvet  ,  Burkat. 
BiccNELL,  Armando  Gaotier,  Nagei.!,  Sudbe,  Coste...  furono  in 
intima  relazione  con  lui,  ed  una  fratellanza,  mutatasi  presto  in 
tenera,  fraterna  amicizia  legò  per  tutta  la  vita  Arvet-Touvet, 
il  competente  fra  i  competenti  hieraciologi  francesi,  al  Belli. 

Chi  legge  la  biografia  di  questo  botanico  dettata  dalla 
penna  brillante  di  Marcello  Mirahoe  (1),  può  farsi  un  concetto 


(1)  MiBCBL  HiBiNDE,  Arvtl'Touvrl  botanittt  dauphinoi»  ri  »on  eeuvre. 
Grenoble,  1915,  '  Annalea  de  l' UntverBÌté  de  Grenoble,,  voi.  XXTK, 
N.  1.  1915.  —  Id.,  Oitimir  Arcel-Toutìet  botanisti  hieradolùgut  (18Ì1-19W, 
'  BulletiD  de  U  Socìété  de  StotUtique  „  tom.  XXXIX.  1918. 

Atti  della  R.  Accademia  —  Tol.  LV.  2 


zed.yG00g[e 


18  OBESFB  UATTIROLO 

delle  relazioni  riboccanti  di  passione  scientifica  che  legavano  i 
due  amici,  i  quali,  pure  non  essendosi  mai  conosciuti  di  persona, 
vibravano  per  lo  stesso  ideale. 

Dalia  loro  corrispondenza  emana  il  profumo  del  piii  schietto 
idealismo  scientifico,  talché  non  si  direbbero  lettere  di  due  scien- 
ziati che  trattano  di  un  Genere  di  piante,  ma  di  due  amanti 
che  vagheggiano,  palpitano  per  un  ideale  comune;  sono  sospiri 
di  anime  nate  per  intendersi! 

Il  MiEANDE,  a!  quale  Belli  affidava  le  lettere  dell'amico, 
che  potè  quindi  seguire  passo  passo  le  fasi  di  questa  nobile  co- 
munione di  anime  e  analizzarla  nella  commovente  biografia  di 
ÀRVET-TotivGT,  ne  fu  cosi  scosso  che,  scrivendomi  teste  parole 
di  acerbo  rimpianto  per  la   morte   del  Belli,  cos'i  si  espresse: 

"  Si  la  famille  n'avait  pas  trop  de  chagrin   de  se  séparer 

*  de  ces  lettres,  je  serais  bien  heureux  qu'elle  veuille  bien  en 
'  faire  hommage  k  l'Universìté  de  Grenoble. 

°  Je  les  plsrcerais  dans  la  Salle  Arvet-Touvet.  Là  la  me- 
"  moire  des  deux  savants,  des  deux  amis  intimes,  qui  de  leur 
'  vivant  ne  se  sont  jamais  vus,  serait  pìeusement  conservée. 

"  Dans  cette   salle   qui    contient  les  Hieraeiums  d'AKVEX- 

*  TouvET,  et  les  lettres  à  lui  écrites  par  Belli,  leur  ombres  er- 
'  reront  et  seront  heureuses  de  se  rencoutrer! 

■  Voudriez-vous    préaenter   ce  v(eu  à  la  famille  du    cher 

*  défant?  ,. 

Il  desiderio  del  botanico  francese,  che  la  vedova  di  Saverio 
Belli  pietosamente  e  generosamente  accolse,  rivela  con  quale 
ardore,  con  quale  nobile  slancio  i  due  amici  amarono  la  scienza  ; 
come  essi  intesero  e  servirono  l'ideale  che  legava  le  loro  anime 
assetate  del  vero! 

Ma  volle  fatalità,  che  la  corrispondenza  dei  due  amici  ini- 
ziatasi fra  i  pili  ardenti  entusiasmi  dovesse  chiudersi  fra  i  dubbi 
e  gli  scoraggiamenti,  per  effetto  del  movimento  di  idee  nuove 
che  grava  oggi  sui  criteri  che  dovranno  regolare  la  intricatis- 
sima questione  della  valutazione  del  concetto  delle  specie. 

Nella  sistemazione  dei  Generi  critici  (Rosa,  Bubus,  Mentha, 
Enpkrasia,  ecc.),  e  pili  specialmente  in  quella  del  genere  Hie- 
raciam,  siamo  oggi  piombati  in  un  periodo  di  dubbi. 

Nessuno  infatti  ha  potuto  definire  quali  sieno  i  limiti  nei 
quali  si  debbano   circoscrivere   le   speric  e  in  quali   gradi  sieno 


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COMMEMORAZIONE   DI  SAVERIO  BELLI  19 

esse  mutevoli,  e  quali  caratteri  valgano  a  segnare  la  dignità 
delle  mutazioni. 

Se  le  specie  sieno  o  oo  espaci  di  dare  ibridi  fecondi  o  ete- 
rili  ;  a  quali  serie  di  generazioni  convengano  queste  attitudini, 
SODO  ancora  questioni  insolute. 

Aggiungasi  ancora  che  i  problemi  risultanti  dalla  consta- 
tazione dei  fenomeni  cos'i  detti  di  apognmia,  si  affacciano  ad  in- 
tralciare queste  già  intricatissime  questioni,  a  complicarle  ancora  ! 

Pochissimo  è  noto  intorno  al  valore,  al  modo  di  compor- 
tarsi del  polline  e  degli  ovuli  delle  varie  forme,  esse  stesse 
refrattarie  per  la  omogeneità  dei  loro  caratteri  agli  sforzi  di 
sistemazione. 

Nel  campo  della  Hieraciologia,  dove  le  forme  si  presentano 
variabilissime;  dove  {come  nel  Hieracium  b&reale,  nel  H.  mu- 
rorum,  ad  es.)  si  può  dire  che  ad  ogni  stazione  corrispondano 
forme  particolari,  il  botanico  rimane  perplesso,  confuso,  non  sa- 
pendo come  trarsi  d'impaccio  per  valutare  forme  davvero  tn<;o«r- 
cibili. 

Sopra  tali  argomenti  si  scrissero  iiiDumerevoli  volumi.  Le 
teorie  si  sovrapposero  alle  teorie,  e  le  parole  reboanti,  piìi  che 
i  fatti,  servirono  ad  arruffare  siffattamente  la  questione,  tanto 
che  i  due  amici,  dopo  tanta  somma  di  lavoro,  condotto  con  im- 
peccabile maestria  di  osservazioni  diligenti  e  sagaci,  di  fronte 
alle  nuove  gratuite  valutazioni  delle  unità  sistematiche  e  delle 
loro  relative  dignità,  sentirono  l'offesa  che  veniva  fatta  alle  idee 
per  le  quali  avevano  strenuamente  combattuto,  e  si  ritrassero 
sfiduciati  dall'agone,  lasciando  al  tempo  il  compito  di  sceverare 
il  vero  dal  falso  e  ricondurre  la  scienza  sulla  retta  via. 

"  Nous  laisserons  certainement  ,,  scriveva  Arvet-Touvet  al 
nostro  Belli,  *  plus  à  faire  après  nous  que  nous  n'aurons  faiti 
*  Mais  si  les  Z....  et  0*  s'en  mèlent  et  parviennent  à  s'y  ac- 
'  créditer  auprès  dea  botanistes,  dont  la  très  grande  majorité 
'  n'y  entendent  absolument  rien,  tout  est  perdu  peut-étre  a 
'  jamais,  et  e' est  le  retour  certain  au  chaoa!  ,. 

Queste  parole  rispecchiano  le  condizioni  d'animo  del  vecchio, 
appassionato  naturalista,  che  poco  tempo  prima  di  morire  vede 
scossi,  minati  gli  ideali  che  rappresentavano  la  sua  fede,  la  sin- 
tesi dell'attività  scientifica  di  tutta  la  sua  vita!  Di  fronte  al 
nefasto,  travolgente  sconvolgimento,  egli  altro  non  vede,  di  altro 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


20  UKESTE   MATTIR0I.O 

non  si  preoccupa  che  del  perìcolo  che  esso  abbia  a  nuocere  al 
progresso  reale  della  scienza. 

li  Belli  invece  non  ai  ritran^^e  subito  dalla  lotta;  aì  nuovi 
indirizzi  di  idee  sul  concetto  dì  valutazione  delle  specie  si  op- 
pose energicamente;  esponendo  con  ragionamento  serrato,  con 
sagacia  di  critica,  in  un'opera  serenamente  pensata  e  limpida- 
ineute  scritta,  i  concetti  ai  quali  egli  aveva  informata  tutta 
l'opera  sua  di  sistematico. 

Egli  intese  che  tale  lavoro  rimanesse  come  testimonio  tan- 
gibile delle  concezioni  alle  quali  era  stato  condotto,  sia  dal  ra- 
gionamento, sia  sopratutto  dalla  osservazione  delle  forme  spe- 
cialmente di  Sieracium  e  di  Trifolium,  quali  egli  studiò  in  natura. 

Le  vedute  sul  concetto  filosofico  della  specie  furono  affidate 
alla  nota  opei-a  Sur  la  réalité  des  Espèees  en  nature  (V,  N.  41), 
che  egli,  perchè  avesse  maggiore  difi'nsione,  scrisse  in  lingua 
francese,  essendo  destinata  al  Congresso  internazionale  dì  Vienna, 
nel  quale  si  dovevano  discutere  le  leggi  della  Nomenclatura 
botanica. 

Il  lavoro  del  Belli,  che  io  cercherò  di  prospettare  nei  suoi 
concetti  fondamentali,  esamina  e  discute  essenzialmente  le  ten- 
denze delle  opposte  Scuole  che  oggi  si  agitano  e  si  combattono, 
e  ohe  si  combatteranno  ancora  a  lungo,  sino  a  quando  cioè  agli 
argomenti  di  indole  prettamente  filosofica  si  giungerà  a  sosti- 
tuire basi  veramente  scientifiche  e  quindi  indiscutibili,  su  cui 
poggiare  l'edificio. 

Ma  tali  basi,  tanto  desiderate,  sono  ancora  al  dì  là  da  ve- 
nire e  ci  vorrà  tempo,  studi  e  ricerche  di  indole  varia,  prima 
che  la  verità  illumini  finalmente  la  questione  intricatissima  e 
conceda  ai  sistematici  la  luce  tanto  sospirata. 

il  valore  della  specie  ò  inteso  oggi  secondo  due  concetti 
diametralmente  opposti. 

Una  Scuola  considera  la  specie  come  una  realtà  realmente 
esistente  in  natura;  l'altra  nega  questa  concezione  in  modo 
assoluto. 

La  prima  Scuola,  alla  quale  appartiene  il  Belli  (I)  (quella 
che  BaiquET  definisce  col  nome  dì  neojordaniata),  ammette  che 


(1)  Iq  fondo  risalta  che  al  nostro  Bklli,  come  all'amico  suo  Astbp-Touvkt, 
sorridevano  gli  ideati  della  tradizione  monogenista  linneana,  quelli  che 


zed.yGOOg[e 


COHMEUORAZIONB   DI   SAVERIO  BELLI     •  21 

esìstano  in  natura,  nel  momento  attuale,  dei  gruppi  di  vegetali 
aventi  limiti  differenti  (grandi  o  piccoli),  rappreaen tanti  di  unità 
attuali  e  reali;  gruppi  cioè  di  vegetali  che  presentano  ai  nostri 
occhi  un  certo  numero  di  caratteri  in  equilibrio  etabile,  la  cui 
variabilità  oscilla  entro  limiti  definiti  e  ai  quali  si  dà  il  nome 
di  specie. 

La  seconda  Scuola  invece  (alla  quale  conviene  il  nome  di 
neo-darwinista),  nega  l'esistenza  in  natura  di  questi  gruppi  ;  non 
ammette  di  realmente  esìstente  in  natura  altro  che  l'individuo, 
tutte  le  altre  c-ategorie  o  gruppi  considera  come  astrazioni. 

Le  specie  non  sarebbero  che  una  imagine,  una  concezione 
spirituale  dì  molte  esistenze  reali,  cioè  di  individui;  esse  quindi 
non  potrebbero  considerarsi  come  aventi  una  esistenza  reale. 

La  prima  Scuola,  tende  in  conclusione  a  dare  una  base 
pratica  alla  sistematica;  a  salvare  la  specie  linneana  per  non 
distruggere  il  vasto  complesso  sul  quale  si  inquadra  tutto  l'odierno 
ordinamento  tassonomico;  la  seconda  invece  induce  ad  un  lavoro 
di  astrazione,  sostituendo  alla  nozione  di  specie  assoluta,  real- 
mente esistente,  il  concetto  di  specie  relativa. 

Con  profondità  di  critica,  con  dovizia  di  argomentazioni, 
con  vastità  di  cultura,  entra  il  Belli  nel  contrastato  arringo 
per  dimostrare  che  la  specie  non  è  ne  una  illusione,  ne  una 
astrazione,  ma  una  realtà  collettiva  di  individui  nati  l'uno  dal- 
l'altro nel  tempo  e  nello  spazio,  la  sintesi  di  una  aerìe  reale  di 
individui  aventi  caratteri  comuni. 

Se  la  specie  fosse  una  illusione  la  sistematica  non  avrebbe 
piii  ragione  di  esistere! 

La  Storia  ammonisce  che  più  profondamente  si  studia  un 
genere  di  piante  più  aumentano  le  difficoltà  di  sistemarlo.  Se 
finora  vaghiamo  nel  dubbio,  ciò  dipende  dal  fatto  che  è  impos- 


Jdssibv,  Da  Cavdollb,  Cutibb  avevano  appo^giftto  coli»  loro  autorità  e  che 
il  BoiBiin  ha  concettosamente  esposti  nella  Prefazione  della  Flora  orien- 
taUà  (p.  mi).  BoiMiBB  infatti  riteneva  le  specie,  '  non  conime  des  con- 
'  ceptioiu  arbitraires  de  l'esprìt  humain,  mais  corame  dee  créationi  soHies 

*  a  des  époqaea  diverses  de  la  pnisBante  main  de  Dieu,  ne  ponvant  se 
'  traoBmner  l'one  en  l'antre,  mais  sonvent  Tariableii  dant  des  limites  phis 
'  on  iboìdi  étendnes,  quetquefoie  difBciles  àtracer,  mais  qui  toujoars  eiistent 

*  «t  qn'ellei  ne  dépassent  jamais  ,-  Questa  frase,  come  riferisce  il  Hiiìmi>b 
(loc.  cit-,  pag.  15),  era  sovente  ripetuta  da  Abtri'Todvbt. 


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22  ORESI'B   HJlTTIR0t.O 

Bibile  avere  aotto  gli  occhi,  in  una  data  unità  di  tempo,  tutti 
gli  individui  esistenti  nel  globo,  provenienti  da  altri  ÌBdividui 
della  stessa  specie. 

Che  se  ciò  fosse  possibile  noi  avremmo  sotto  gli  occhi,  non 
già  una  astrazione,  ma  l'insieme  reale  degli  individui,  costituenti 
la  materialità  reale,  dovuta  alla  successione  ininterrotta  di  tutte 
le  forme  derivanti  dai  loro  parenti  in  un  dato  momento  della 
attualità. 

La  impotenza  nella  quale  ci  troviamo  di  comprendere  la 
specie  assoluta  nel  suo  insieme,  non  è  però,  secondo  Belli,  una 
ragione  per  negare  l'esistenza  reùle  della  specie. 

Quanto  piil  sarà  possibile  disporre  di  materiati  abbondanti  e 
di  mezzi  piil  perfezionati  di  investigazione,  tanto  pib  ai  potranno 
riconoscere  i  limiti  reali  delle  specie  ed  i  valori  intermediari 
potranno  essere  piii  esattamente  compresi. 

Il  reale  potrà  cosi  essere  separato  dal  transitorio,  e  la  luce 
e  la  semplicità  ritorneranno  a  rifulgere  là  dove  erano  confn- 
sione  e  dubbi. 

L'incertezza  inevitabile  oggi  nei  lavori  di  sistematica,  dice 
il  Belli,  non  deve  essere  attrìtmita  alla  non  esistenza  della 
specie,  ma  alla  impossibilità  di  abbracciarne  tutta  la  corporea 
materialità. 

Chi  avrebbe  detto  trenta  aolti  or  sono,  quando  imperavano 
le  dottrine  evoluzioniste  darwiniane,  che  esse  sarebbero  state 
co8\  presto  discusse  P 

Il  Belli  si  preoccupava  dei  danni  che  le  teorie  a  base  di 
eccessiva  astrazione  filosofica  avrebbero  prodotto  alla  sistematica, 
demolendo  il  vasto,  complesso  edificio  nel  quale  si  inquadra 
tutto  il  materiale  floristico,  senza  ricostruirne  un  altro  ;  negando 
senza  produrre  fotti,  portando  il  caos  ove  già  regnava  un  ordine 
relativo  basato  sulle  osservazioni  oggettive,  rendendo  quasi  im- 
possibile l'opera  dei  monografì. 

Però,  secondo  noi,  sino  a  quando  non  saranno  esattamente 
noti  i  caratteri  e  le  potenzialità  degli  ibridi,  la  cni  importanza 
genetica  è  venuta  sempre  più  affermandosi  colle  teorie  mende- 
liane  e  con  le  moderne  ricerche  sul  comportamento  delle  linee 
pure;  sino  a  quando  non  saranno  note  le  importanze  dei  fattori 
genetici,  delle  attività  polliniche  ed  ovulari,  ecc.,  non  sarà  con- 
cesso ragionare  con  esattezza  e  stabilire  i  limiti  di  possibili 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


COmiBUOKAZIONB   DI  SATBRIO  BBLLI  28 

Tariazìoni  ;  né  avere  un  concetto  sicuro  di  ciò  che  dovrà  inten- 
dersi coi  Domi  di  specie,  sottospecie,  varietà,  ecc. 

La  sistematica  non  giungerà  a  dignità  di  scienza  se  non 
quando  saranno  noti  questi  elementi  di  giudizio;  ma  siamo  pur 
troppo  da  ciò  ancora  ben  distanti  e  finora  la  verità  assoluta 
continua  a  rimanere  oltre  i  limiti  delle  nostre  conoscenze. 

L'unità  sistematica  linneana,  la  specie  cosìdetta  elementare, 
deve  essere  l'insieme  di  tutti  gli  individui  i  quali  mantengono 
i  loro  caratteri  anche  nelle  generazioni  successive,  a  meno  che 
non  intervengano  fatti  di  vera  e  propria  mutazione. 

La  sistamatica  linneana  giudica  in  base  al  principio  di 
creazione.  La  genetica  in  base  a  quella  di  isogenesi. 

Il  concetto  di  specie  linneana  potrà  rimanere  fisso  per  il 
sistematico  che  giudica  gli  individui  quali  sì  presentano^  ma  non 
potrà  essere  tale  per  chi  si  occupa  di  genetica  e  giudica  l'individuo' 
analizzandone  le  discendenze,  e  sulle  basi  di  tali  considerazioni 
cerca  di  fissarne  il  valore,  il  significato,  la  posizione,  la  natura. 
I  lavori  hieraciologici  ai  quali  già  abbiamo  accennato,  non 
costituiscono  tutto  il  corredo  che  il  Belli  ci  lasciò  come  testi- 
monio della  sua  singolare  perizia  nella  conoscenza  di  questo  Ge- 
nere; perocché,  oltre  alla  Chiave,  ci  rimangono  di  lui  otto  Memorie 
nelle  quali  egli  studiò  alcune  specie  di  Hieracivm  considerandole 
dai  ponti  di  vista  storici,  critici  e  sinonimici,  e  fra  le  quali 
sono  notevolissime  quelle  che  si  riferiscono  ad  alcune  specie  di 
Alliobi,  di  MoRis,  di  Boissier,  Pìncic,  ecc.  (V.  N.  12. 15,  17. 19). 
Ài  Hieracium  rimase  Belli  fedelissimo  sino  alla  morte  di 
Abvkt-Topvbt,  avvenuta  il  4  marzo  1913;  la  scomparsa  di  lui 
fu  dal  Belli  così  dolorosamente  sentita,  influì  così  profonda- 
mente sullo  spirito  suo,  che  segnò  una  orientazione  nuova  nelle 
sue  speculazioni  scientifiche.  I  Hieracium,  ai  quali  per  tanti  anni 
e  con  tanto  ardore  di  passione  aveva  dedicato  le  sue  cure, 
a  poco  a  poco  furono  da  luì  abbandonati;  essi  gli  ricordavano 
troppo  la  scomparsa  dell'amico  del  cuore  e  le  acerbe  lotte  so- 
stenute contro  i  nemici  dei  suoi  ideali  scientifici! 

Così  egli,  a  partire  .dal  1913,  volse  con  piìi  ardore  la  mente 
a  ricerche  di  indole  filosofica  sulla  origine  delle  specie,  ammas- 
sando note  e  considerazioni,  nell'intento  di  riordinarle  in  una 
opera  di  polso,  di  cui  lasciò  scritti  solo  frammenti,  avvegnaché 
la  morte  lo  cogliesse  rapidamente. 


zed.yGOOgle 


24  OKBSTB  MATTIKOLO 

Del  reeto  non  soltanto  ai  Trifogli  e  ai  Hieradum  aveva 
rivolto  il  Belli  la  sua  attenzione  durante  la  sua  carriera  scien- 
tifica. 

Egli  che  nella  conoscenza  dei  vegetali  superiori  era  Maestro, 
sistemò  secondo  i  concetti  ài  Hackel  {N.  24.  27)  l'ingente  ma- 
teriale delle  Festuche  conservate  nelle  collezioni  del  Museo  di 
Torino,  scrivendo  due  magistrali  lavori  comparsi  nel  giornale 
botanico  "  Malpighia  ,,  dove  pure  pubblicava  alcune  sue  interes- 
santi Note  Bopra  specie  rare  della  Flora  italiana  (V.  N.  22-23). 
Alla  conoscenza  della  vegetazione  sarda  contribuì  egli  pure, 
quando  facemmo  assieme  conoscere  ai  botanici  italiani  i  mano- 
scritti ignorati  di  Michele  Plazza  da  Villafranca  Piemoute,  di 
quasi  cento  anni  anteriori  alla  Fhra  Sardoa  del  MoHis  (V.  N.  30). 

Di  parecchie  rare  specie  italiane,  di  elenchi  di  piante  si 
occupò  egli  in  epoche  differenti  (N,  21.  25.  26.  28),  mentre  nel* 
l'anno  1904  descriveva  e  dedicava  al  compianto  e  rimpianto 
comune  amico,  il  Dottor  Filippo  Vallino,  la  curiosa  e  interes- 
sante Euphorbia  VaUiniana,  apprezzato  endemismo  della  Flora 
pedemontana  (N.  29). 

L'ultimo  suu  lavoro,  venuto  alla  luce  dopo  la  sua  morte, 
è  ancora  uno  studio  sistematico  e  critico  sulla  controversa  AUhaea 
Taurinensis  di  De  Candolle  (K.  31). 

Xè  il  Belli  si  interessò  soltanto  alle  piante  vascolari,  che 
in  alcune  notevoli  contribuzioni  trattò  pure  delle  piante  Tallofite 
e  particolarmente  si  interessò  alle  forme  fungine  superiori,  che 
gli  arano  profondamente  note. 

Due  suoi  contributi  alla  Flora  micologica  della  Sardegna 
illustrano  forme  nuove  interessantissime,  quali  sono  il  Boletus 
Sardoua  Belli  et  Saccardo  e  il  Montagnites  radioaus  Ilolloa 
var.  isosporui  Belli  (N.  33.  34.  35). 

Gli  studi  sui  frumenti  carbonati  rappresentano  un  prezioso 
documento  sulla  Tilletia  laevis  Eilhn,  anche  per  ciò  che  essi  si 
riferiscono  alla  sua  importanza  sanitaria  (N.  32). 

Delle  benemerenze  di  Saverio  Belli  e  della  fervente  opera 
sua  come  Socio  della  Reale  Accademia  di  Agricoltura,  già  disse 
con  affettuoso  fervore  e  con  elevatezza  rara  di  sentimento  il  suo 
allievo  diletto  Giovanni  NBoai.  Egli  parlò  di  lui  così  bene  e 
cosi  giustamente  nella  solenne  Commemorazione  testé  svoltasi 
in  seno  a  quella  Società,  che  io  non  trovo  parole  da  aggiungere 


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COMMBUORiZIOKB    DI  SAVERIO   UELLI  25 

alle  aue,  die  non  siano  di  schietto  e  doloroso  rimpianto  per  chi 
ha  saputo,  come  il  Belli,  portare,  anche  nella  pratica  applica- 
zione dei  concetti  scientifici,  la  più  larga,  apprezzata,  illuminata 
contribuzione  di  niente  e  di  azione  in  elevate  discussioni,  in 
geniali  e  provvide  inìitiative. 


In  questi  aitimi  anni,  specialmente  dopo  la  morte  di  Arvbt- 
TouvET  e  l'inizio  della  guerra  europea,  Saverio  Belli  cominciò 
a  mostrarsi  fisicamente  e  moralmente  assai  mutato. 

Le  ali  balde  della  Musa  del  nostro  buon  poeta  maccheronico 
si  andavano  ripiegando  sotto  il  peso  di  una  continuata  malinconia  -, 
le  odi  latine  e  le  satire  del  nostro  caro  "  Orazio  ftucddo  ,  non 
comparvero  più  spigliate,  audaci  e  svelte  a  rallegrare  le  solen- 
nità maggiori  del  convento  de]  Valentino,  intese  a  ricordare 
.l'amato  maestro  nostro  Giuseppe  Gibelli. 

L'ultimo  carme  scherzoso,  pieno  di  humour,  egli  lo  compose 
(e  fu  pubblicato  da  un  giornale  cittadino)  due  anni  or  sono, 
quando  aveva  potuto  lasciare  il  ietto,  ove  per  due  mesi  lo  aveva 
piombato  un  disgraziato  investimento  automobilistico,  che  forse 
fu  la  causa  remota  della  sua  morte  immatura. 

Poi  il  disgusto  profondo  provato  per  l'increscioso  procedere 
di  certi  elementi  locali,  nemici  anche  del  nome  della  patria;  le 
TÌcÌB8Ìtudini  delta  guerra  immane,  le  dubbiosità  del  momento 
politico  attuale  piombarono  a  poco  a  poco  l'animo  onesto  e  pro- 
fondamente patriottico  del  BetLi  in  uno  stato  di  inquietudine. 
Tristi  presentimenti  lo  assalivano,  così  che  perdette  la  fede  nel- 
l'avvenire e  l'entusiasmo  al  lavoro,  che  era  stato  ragione  della 
sua  vita. 

Egli  tristamente  .si  accasciò  e  persino  giunse  a  staccarsi 
definitivamente  dai  suoi  Hieracittm,  che  volle  con  gentile  pensiero 
lasciare  come  ricordo  al  Museo  di  Torino  unitamente  alla  pre- 
ziosa biblioteca  hieraciologìca,  dalla  quale  non  si  era  staccato 
quando  generosamente  donava  all'Istituto  di  Cagliari  tutti  i  suoi 
libri  e  il  suo  microscopio. 

La  salda  sua  fibra  per  alcun  tempo  lottò  con  tenacia  incre- 
dibile contro  al  male  inesorabile;  e  senza  che  egli  negli  ultimi 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


26  ORESTE   UATTIROLO 

giorni  potesse  avere  coscienza  del  suo  stato,  abbandonò  incoB- 
sotabile  ]a  consorte  diletta  e  gli  amici. 

Saverio  Belli,  tempra  salda  di  uomo,  meravigliosameDte 
adatta  alla  complessa  vita  del  pensatore,  del  crìtico,  del  filosofo, 
dello  scienziato,  del  poeta,  del  musico  e  dell'uomo  di  lettere, 
non  fu  ugualmente  uomo  di  azione  nel  senso  m6demo  della 
parola. 

Egli  fu  piuttosto  un  sognatore;  coraggioso  di  fronte  al 
pericolo,  ma  dubbioso  e  timido  nelle  avversità  della  vita,  che 
visse  solitaria  coi  pochi  e  fidati  amici  botanici,  ai  quali  consacrò 
l'ultimo  suo  lavoro  (1). 

Io  intimo  quotidiano  commercio  con  Saveeio  Belli  ho  tra- 
scorso la  pili  gran  parte  della  mia  vita  di  Laboratorio.  Con  lui 
ho  sognato  nella  giovinezza,  con  lui  più  tardi  ho  conosciuto  le 
battaglie  e  la  realtà  delle  cose.  Ora  che  l'età  grava  e  che  gli 
entusiasmi  sono  svaniti,  sento  tutto  il  valore  e  il  dolore  della 
perdita  di  quegli  che  Fu  per  me  amico  sincero  e  leale.  La  sua 
memoria  rimane  impressa  nel  mìo  cuore  e  legata  a  ricordanze 
che  né  il  tempo,  ne  gli  eventi  cancelleranno. 


(1)  11  lavoro  (N.  SI)  della  Bibliografia  fa  infatti  dal  Bblu  dedicato  ai 
'  Gola,  Negri,  Santi  e  VigDOlo-Lutati  e  all'instancabile  e  diletto  suo 
aioo  il  Conservatore  del  R.  Orto  botanico  di  Torino  Cht.  Enrico  Ferrari. 


Devo  all'abilità  e  alla  cortesia  dell'amico  D'*  Felice  Masino 
il  ritratto  dt  Saverio  Belli,  tratto  da  una  istantanea  eseguita 
circa  il  1900  dal  compianto  Avv.  V.  Ferrerò. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


COHUBVOR AZIONE    DI   SAVERIO   BELLI 


BIBLIOGRAFIA 


Studi  e  ricerche  sul  gen.  "  TrlfoUum ,  Llnn.  (l). 

1.  Bmlli  8.  e  OiBiLLi  0.,  IfUomo  àUa  morfologia  differenziale  esUma 
ed  aUa  nomenclatura  delle  specie  di  '  Trifolium  ,  della  sezione 

*  Amaria  ,  Presi,  crescenti  spontanee  in  Italia.  Nota  crìtÌGS.  "Atti 
della  R.  Acc.  delle  Scienze  di  Tonno  .,  voi.  XXII,  Torino.  1887. 

2. *  Trifolium  Barbeyi  ,  novam  speeiem,  ecc.,  '  Atti  della  E.  Acc. 

delle  Scienze  di  Torino  ,,  voU  XXII,  Torino,  1887  (con  1  tavola). 

8. Binala  critica  e  descrittiva  delle  specie  di  '  Trifolium  ,  ita- 
liane e  affini,  comprese  neUa  sez.  *  Lagoptis  ,  Koch.  Saggio  di 
una  Monografia  dei  Trifolìi  italiani.  '  Memorie  della  R.  Acosd. 
delle  Scienze  di  Torino .,  serie  II,  tom.  XXXIX,  Torino,  1888 
(con  nove  tavole). 

4. Rivista  critica  <2eUe   specie    di    '  Trifolium  ,  italiane,  sezione 

'  Chronosemium  ,  Ser.  in  DC.  Prod.  TI,  p.  204.  —  CanOUri 
gener<di  dei  '  Chronosemium  ,  e  della  Stirps  *  Agraria  ,  N<^., 
'  Malpighìa  „  voi.  Ili,  Genova,  1889. 

5.  —  —  Rivista  critica  dette  specie  di  '  Trifolium  ,  italiane  comparate 

con  quelte  del  resto  d'Europa  e  delle  regioni  circummediierranee 
dàle  sezioni:  '  Galearia  „  Presi.,  "  Paramesus  ,  Presi.,  °  Mi- 
eraniheum  „  Presi.,  '  Memorie  della  K  Acc.  deUe  Scienze  di  To- 
rino a,  serie  II,  tom.  XLI,  Torino,  1690  (con  tre  tavole). 

6.  —  —  Rivista  critica  delle  specie  di  *  Trifolium  „  italiane  comparate 

con  quelle  dd  resto  d^ Europa  e  delle  regioni  circummediierranee 
dMa   sezione   '  Trigantkeum  ,  Nobis  ("  iiirtyUus ,   Fred,  pp.), 

*  Mem.  R.  Acc.  Scienze  di  Torino  ,,  serie  II,  tom.  XLII,  Torino, 
1691  (con  tre  tavole). 

7.  Bklli   S.,  Sui  rapporti  aistematieo-biologiei  del    '  Trifolium  subter- 

raneum  ,  L.  cogli  affini  del   gruppo  '  Calycomorphum ,  Presi., 

*  Malpighia  „  enno  VI,  voi.  VI,  Genova,  1892. 

8.  BiLLi  S.  e  QiBiLLi  G.,  Rivista  critica  delle  specie   di   '  Trifolium  , 

italiane  comparate  con  quelle  dd  resto  d'Europa  e  ddte  regioni 


(1)  I  lavori  sono  elencati  in  ordine  e 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


28  ORESTE  MATTIBOLO 

circummediletratiee  delie  sezioni:  '  Calycomorphum  ,  Preri., 
'  CryptoBciadiìtm  ,  Celak,  '  Mem.  E.  Ace,  Scienze  di  Torino  ,, 
serifl  II,  tom.  XLUI,  Torino,  1892  (con  tre  tavole). 
9.  Bblli  S.,  Rivista  critica  delle  specie  di  '  Trifolium  ,  italiane  com- 
parate con  qtteUe  straniere  della  sezione  '  Lupinaster  ,  fBttxbaum), 
'  Mem.  R.  Acc.  Sciente  di  Torino  „  serie  II,  tom.  XLIV  To- 
rino, 1893  (con  due  tavole). 

10.  —  Endoderma  e  Peridclo  nel  gai.  '  Trifolium  ,  t«  rapporto  colia 

teoria  della  Stella  di  V.  Tieghem  e  Douiiot.  Osservasioni  anato- 
mico criticli  e.  '  Memorie  R.  Acc.  Scienze  di  Torino,,,  serie  II, 
tom.  XLVI.  Torino,  1896. 

11.  —  Neue  Beitràge  zur  Flora  der  Balkaninael  insbesondere  Serbietu, 

Bosniens  und  Herzegooina  von  K.  Fritsch.  Gen.  '  Trifolium  , 
bearbeitel  von  Dr.  S.  Belli,  '  Naturwiss.  Verein  fiir  Steiermark  ,, 
1910,  voi.  47. 

Studi  e  ricerche  sul  genere  '  Hieraclum ,  Llnn. 

12.  Belli  S.   Che  cosa  sieiio  "  Hieracium  sabaudum  ,  L.  e  '  Hieracium 

sabaiidum  ,    Ali.    Studi    critici.   '  Malpighia ,,    anno  III,    18S9, 
p.  433  (con  tre  tavole). 
18.  —  Notizie  sopra  alcuni  'Hieracium  „  'Malpighia  ,,  anno  II,  voi,  II, 
1888-89,  p.  342. 

14.  —  Osservazioni  su  alcune  specie  del  genere  '  Hieracium  ,  nuove  per 

la  Flora  Pedemontana,  '  Malpighia  „  III,  1889,  p.  134. 

15.  —  1  '  Hieracium  „  di  Sardegna.  Itivista   critica   delie  specie  note 

dalla  fiora  Sardoa  di  Sforis  e  del  Catalogo  di  W.  Barbey.  — 
Specie  nuove  perla  Sardegna  e  notizie  sul  'H.crinitum„  Sibtk.  Sm., 
•  Mem.  R.  Acc.  Scienie  di  Torino  ,,  serie  II,  tom.  XLVII,  To- 


16. 


—  Un  cospicuo  dotto  scientifico  al  B.  Istilnto  botanico  deltVniper- 
sita  di  Torino,  Firenze,  "Giornale  botanico  ital. ,,  1898. 

—  Il  genere  *  Hieracium  „  neUe  Opere  e  nell'Erbario  di  AUioni, 
"  Malpigbia,,  voi.  XVIII  (Volarne  pubblicato  per  le  Onoranze 
centenarie  di  C.  AUioni),  Genova,  1904. 

—  Chiaee  dicotomica  per  la  determinazione  d^le  principali  specie 
crescenti  in  Italia  del  gen.  '  Hieracium  „  Padova,  1904  (Dalla 
*  Flora  analitica  d'Italia ,  di  A.  Fiori  e  0.  Paolettì,  ecc.). 

—  Sul  '  Hieracium  undulatum  ,  Boiss.  ('H.  Naegeliùnum  ,  I^ncic), 
'  Ball,  della  Soc.  bot.  ital, ,,  p.  71,  Firenze,  1907. 

—  Intorno  ad  alcuni  '  Hieracium ,  d^  Abruzzo,  raccolti  dal  pro- 
fessore Lino  Vaccari,  '  Ball.  Soc.  bot.  ital.  „  1907,  p.  98. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


COHUGUOBAZIONB  VI  3ATEK10  BELLI 


Sistematica  delle  Fanerogame. 

21.  Bklli  S.,  Elenco  di  (àcune  piante   che   si   incontrano  nei  dintorni 

di  Cesano  Torinese  (in  Piolti,  Nei  dintorni  di  Cesano),  *  Bol- 
lettino C.  A.  I.  „  voi.  XX,  n.  51.  p.  259,  1887. 

22.  —  '  Viola  Lancifolia ,   Thor.  Località  nuoi>e  delia  '  Saxifraga  fio- 

ruJenta  ,  Moretti,  '  Malpìgbia  ,,  anno  11,  voi.  Il,  p.  342  (1838-89). 

23.  —   '  Carduus  nutans  ,,  var.    "  latisqiiamus  ,  Belli,    '  Molpighia  ,, 

anno  II,  voi.  II,  pag.  265  (1888-89). 

24.  —  Le  Festuche  italiane  del  R.  Museo  botanico  torinese,    enumerate 

secondo  la  Monografia  di  Hackel,  *  Malpi)^bia  ,,  111,  1889,  p.  139. 

25.  —  SuW  '  Helianthemum  VìDÌani  ,  Poli.,  '  Atti  del  Congresso  Bota- 

nico Intemazionalp  ,,  1892.  Genova,  1893. 

26.  —   "  Rosa  Jundiilli  ,  Besser  (nuoea  jier  la  Flora  italiana),  '  Ball. 

Soc.  bot.  italiana ,,  Firenze,  1896. 

27.  —  Le  Festuche  italiane  negli   Erbarìi  del  B.  Istituto   botanico  di 

Torino,  "  Malpighia  „  voi.  XIV,  p.  275,  1900. 

28.  BiLLi  S.  e  Mattirold  0.,  Note  botaniche  sul  materiale  raccolto  dalla 

spedizione  polare  di  S.  A.  B.  Luigi  Amedeo  di  Savoia  (1899-900J. 
Milano,  1903  (Dall'opera  :  '  Osservazioni  scientìfiche  eseguite  do- 
rante la  Spedizione  polare  di  8.  A.  K.  Luigi  Amedeo  di  Savoia 
Duca  degli  Abruzzi,  1899-1900  ,). 

29.  BiLLi  S.,  ^  Euphorbia  Valliniana  ,  nov.  sp.,  'Annali  di  Botanica  ,, 

voi.  I,  p^.  9,  Roma,  1904. 

30.  Belli  3.,  Mattirolo  0.,  Taramblli  A.,  Michele  Antonio  Piazza  da 

ViUafranca  (Piemonte)  e  la  sua  opera  in  Sardegna,  1748-1791, 
"  Memorie  della  R.  Accad.  delle  Scienze  di  Torino  ,,  serie  II, 
tom.  LVI,  Torino,  1906. 

51.  Belli  S.,  H'Althuea  Taurinensi s  ,  DC.  ed   i  .suoi  rapporti  colU 

specie  affini  crescenti  in  Italia,  "Atti  della  R.  Accademia  delle 
Scienze  dì  Torino,,  voi.  54,  1918-19. 

Sistematica  delle  Crittogame. 

52.  Belli  S.,  La  questione  dei  grani  carbonati.  Studi  e  relazioni.  To- 

rino, Pratelli  Pozzo,  1896. 
—  —       Trad.  :  La  question  des  bUs  mouchetés.  Eiamen  mkroscopiqae 

et  rapport.  Tarin,  1906. 
33.  —  Addenda  ad  Floram    Sardoam.    Cryptogamae    (Fititgi).  '  Boll. 

Soc.  bot.  ital.  ,,  p.  225,  Firenze,  1903. 


>y  Google 


30  ORESTE  HiTTIKOLO  —  COHHBHO RAZIONE  Dt  SAVERIO  BELLI 

34.  Bblli  S.,  '  BoleiUB  sardous ,  Belli  et  Saceardo  (n.  sp.),  *  Atti  della 
a.  Acc.  delle  Scienze  di  Torino  „  voi.  XLII,  Torino,  1907. 

86.  —  Addenda  ad  Floram  Sardoam  (CryjAogamae),  '  Annali  di  Bo- 
tanica „  Tol.  VI,  Roma,  1908. 

36.  —  Ancora  una  parola  suU'  *AgarÌcus  (PsaUiota)  eampestris ,  L. 

e  guUa  gua  eoUioazùme  in  Italia,  '  Annali  della  B.  Accademia  di 
Agricoltura  di  Torino  „  voi.  LXI,  1918. 

Opere  varie. 

37.  BxLLi  S.,  Giuseppe  QibeUi.    Commemorazione.   "Ànnnario  R.  Uni- 

Tersità  di  Torino  „  Torino,  1898. 

38.  —  Botanica    sistematica,    '  Nuova  Enciclopedia  Agraria  ,,    Torino, 

Unione  Tipografico-Editrlce,  1898. 

39.  —  Oiuaeppe  GihrMi.  Commemorazione.  "  Annali  della  R.  Accademia 

d'Agricoltura  di  Torino  „  voi.  XLII,  Torino.  1899. 

40.  Bklli  S.,  Lezioni  di  Botanica  (Gdìz.  litogra&ta  ad  uso  degli  stu- 

denti), 1899-900. 

41.  —  Observations  critiquea  sur  la  rialiti  dea  espèces   en  nature   att 

paini    de    vue    de    la    agstématique    dea    vigitaux,    Turin,    1901, 
G.  Clauaen. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


MAURO  PICOHB  —  SOL  CAMBIAMENTO  DELLA  TARIABILK,  ECC. 


Sol  eanblamflDto  della  variabile  di  lotegraziODO 
neirintegrile  di  Lebespe 

Nota  di   UAURO  PICONE  (a  Catania) 


Nella  bella  memoria  Sur  l'intégrale  de  Lebesgue  ('}  il  de 
la  Vallee  Poussin  tratta  ancbe  del  cambiamento  della  variabile 
di  integrazione  nell'integrale  di  Lebesgae,  enuDciando  in  pro- 
posito teoremi  di  grande  utilità  nelle  applicazioni  e  pia  gene- 
rali dì  quelli  a  cui  era  già  pervenuto  l'Hobson  (*). 

L'argomento  è  importante,  ed  io  mi  permetto,  in  conside- 
razione di  ciò,  di  far  conoscere  con  questa  Nota,  insieme  a 
qualche  risultato  nuovo,  semplici  e  nuove  dimostrazioni  dei 
Teoremi  enunciati  dal  de  la  Vall^  Poussin,,  le  quali  mi  sem- 
brano immuni  da  ogni  obiezione.  Alla  dimostrazione  fondamen- 
tale del  de  la  Vallèe  Poussin,  condotta  col  metodo,  talvolta 
assai  proficuo,  delle  funzioni  maggioranti  e  minoranti  (>),  parmi 
si  deva  obiettare  che,  non  essendo  stabilito  che  le  funzioni  Fi  (x) 
e  F,(x),  rispettivamente  maggioranti  e  minoranti,  che  Egli  in- 
troduce, abbiano  numeri  derivati  limitati,  non  è  lecito  conclu- 
dere, dalla  sola  ipotest  dell'assoluta  continuità  di  ^i  (x),  ■Fi(x), 
<p(f)  l'assoluta  continuità  delle  funzioni  /^i[cp(0],  i^t[9(0]- 


{')  Db  l*  VitxAi  Poussin,  Sur  l'inUgraU  de  Lrbetgut  ('  Transaction  ot 
the  american  mathenatioat  Society  ,.  1915). 

O  HoBsos,  Oh  ehange  of  fht  eariaUe  in  a  Ltòague  ìnttgral  ('  Proceediugs 
of  the  London  mathematica!  Society  ,,  1909). 

0  Cfr.  anche  il  n"  70  del  recente  libro  del  dk  li  VàllA*  Podssik,  Inti- 
graie»  de  Lrbe»gite,  fonction*  d'ennemblt,  elas»eg  de  Baire,  Collerione  Borei 
iParii,  Gaathier-Villara,  1916). 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


32  MAURO   PICONK 

1.  Posizione  della  questione.  —  Xell'intervallo  finito  {to,  7^ 
dell'asse  t,  sia  definita  la  funzione  x  =  'p{t)  che  supporremo 
sempre  limitata  da  due  numeri  dell'intervallo  finito  (Xf,,  X) 
dell'asse  x. 

Si  sa  clie:  Se  f(x)  è  una  funzione  defittila  nell'intervallo 
(Zoi^)  e  <t^  continua,  e  <p(t)  possiede  in  (t^,  T)  una  derivata 
unica  q)'(t),  continua,  sussiste  l'eguaglianza: 

ove  t  i  un  qualunque  valore  in  (to.  T). 

La  formola  (1)  traduce  la  regola  del  cambiamento  della 
variabile  di  integrazione.  Ponendoci  nel  campo  delle  funzioni 
finite  e  misurabili,  ci  domandiamo,  sotto  quali  condizioni  per  le 
funzioni  f{x)  e  <p(i)  risulta  ancora  valida  la  formola? 

Ponendo,  nella  (1),  f{x)^  1,  essa  dà: 

(2)  <p{()-q>((o)  =  |^9(T)dT. 

Si  ha  dunque,  in  virtù  del  teorema  Lebesgue-Vitali  (>): 
Condizione  necessaria  affinchè,  qualunque  sia  la  funzione  finita 
e  misurabile  t(x),  valga  la  formola  (1).  del  cambiamento  della  va- 
riabile di  integrazione,  è  che  la  funzione  9(t}  sia  in  (to,  T)  aiso- 
lutamente  continua. 

Supposta  pertanto  q>(f)  assolutamente  continua  in  (^,  T), 
essa  possiede  quasi  ovunque  in  {1^,  T)  una  derivata  unica  a 
finita  q>'(0-  Sia  H  quell'insieme  di  misura  nulla  contenuto  in 
(^oi  "Hi  nei  punti  dei  quale  la  <p(t)  non  possiede  una  derivata 
unica  e  finita.  Le  funzioni 

nvmv'it),    v'it) 

che  compaiono  nelle  formolo  (1)  e  (2)  sono  definite  per  essere 
/'[<p(f)]  finita  nell'insieme  CH,  complementare  di  H  rispetto  al- 
l'intervallo {to,  T).  Sottintenderemo  sempre  di  escludere,  dall'in- 
tervallo (to,  T),  i  jtunti   che   appartengono  ad  H.  Indicando   con 


(')  Cfr.,  per  eaempio.  ui  1.1  Vallék  Pol'ssik,  libro  citato  a  pag.  1,  n*  74. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


SUL  CAMBIAMENTO   DELLA   VAItlABlLK   DI   ISTEGBAZIOSB,   ECC.        OS 

A(f)  uno  determinato  dei   quattro    numeri    derivati  della  fun- 
zione q>{t).  le  forinole  (I)  e  (2)  si  scrìvono  anche: 

(3)  j^™/(»)<(j  =  ||_f[q>(T)]A(T)ÌT, 

(4)  9((ì-?.«.)=f|^A(,)rfT, 

e  la  nostra  questione  può  cosi  essere  formulata: 

Supponta  la  funzione  cp  (f)  assolutamente  continua  in  (to ,  T), 
siaòUire  delle  condizioni  per  la  funzione  misurabile  e  finita  f{x), 
sotto  le  quali  sia  assicurata  la  validità  della  formala  (3),  ove  A  (t) 
designa  uno  determinato  dei  quattro  numeri  derivati  di  "p(t). 

2.  Fonzioai  dì  fìmzìoDÌ.  —  Premettiamo  un  breve  studio 
della  questione  seguente: 

Se  f(x)  i  misurabile  in  (Xq,  X)  e  cp(t)  in  (t^.T),  che  cosa  si 
può  dire  sulla  misurabilità  della  funzione  f[<p(t)]  in  (to,T)? 

Per  questo  studio  rìcotreremo  dappnina  alla  identità,  sta- 
bilita dal  Lebesgue  (*),  delle  funzioni  misurabili  (B)  (misurabili 
al  modo  di  Borei)  con  le  funzioni  di  Baire. 

Si  sa  intanto  che  se  f{x)  in  {x^.X)  e  ip(i)  in  ((o,  T)  sono 
continue,  la  funzione  f[<(>{t)]  è  continua  in  (1^,  T).  Se,  cioè,  f{x) 
in  {xo,  Xi  e  tp{i)  in  (fo.'H  ^do  misurabili  (B)  e  di  classe  zero, 
f[v{t)]   è  misurabile  (B)  e  di  classe  zero  in  (Iq,  T). 

Dico  che  se  f{x)  è  continua  e  <p(()  misurabile  (B)  e  di 
classe  uno,  f[<p(t)]  è  misurabile  {B)  e  al  piìi  di  classe  uno.  Es- 
sendo infatti  <p{t)  di  classe  uno,  essa  è  la  funzione  limite  di 
una  certa  successione  <Pi{()'  <Pi(Ot- -  -  <^i  funzioni  continue  (di 
classe  zero),  limitate  ai  limiti  inferiore  e  superìore  di  ip(f)  (*), 
/'[<p(f)]  è  dunque  la  funzione  limite  della  successione  di  funzioni 
contìnue  flViit)].  f[<Vì{t)  ).■■.,  e  pertanto  essa  è  al  pib  di  classe 


(')  LsBisoL-K,  Sur  Ita  fonetions  i-rpr^rnlaUen  analytiqueintnt  ('  Journal 
de  Hatfaématiqne  ,,  I90S). 

t*)  Seguendo  una  locuzione  introdotta  dal  de  la  Vallèe  Pouaiin,  diremo 
che  una  funzione  t(i)  è  ottenuta  dalla  funzione  u{i)  limitandola  ai  nu- 
meri a  e  fr  {a  <  b).  «e  si  pone  e  (1)  =  ■•  ('),  qnando  u  ha  un  valore  com- 
preso nell'intervallo  (a,  6),  e  ((1  ^  a,  quando  è  h  <  a,  e  (ti  =>  6,  quando 
fe  M  >  6. 

Alti  della   R.  Accademia  —   Voi.  LV.  3 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


34  MAUKO   PICONE 

Col  metodo  di  dimostrazione  por  induzione  completa  (')  si 
stabilirà  dunque  che: 

Se  f{x)  è  continua  e  q)(0  misurabile  {B)  di  classe  {finita  o 
trantfinita)  a,  f[v(t)]  è  misurabile  (fi)  e  al  pili  dì  classe  a. 

Con  ragionamento  del  tutto  analogo  a  quello  precedente, 
si  vede  cbe  se  f{x)  è  misurabile  {B)  e  di  classe  uno  e  (p(f)  mi- 
surabile (B)  di  classe  a,  /'['p('l]  è  misurabile  (B)  e  al  più  di 
classe  a -{- 1,  e  si  riesce  infine,  per  induzione,  al  teorema: 

Se  f(x)  m  (xo,  X)  e  q>{t)  in  (to,  T)  sono  mÌBurabili  (B), 
f[<P(t)]  i  misurabile  (B)  in  (to.  T),  Se  f(x)  è  di  classe  p  e  (p(t) 
di  classe  a,  la  funzione  f[(p(t)]  è  al  più  di  classe  a  +  P  (*). 

Sia,  di  nuovo,  f{x]  continua  in  {xg,  X).  Dividiamo  l'inter- 
vallo (Xf,,  X)  in  M  parti  eguali  mediante  ì  punti  di  divisione 
Xo,  Si,  Xt.  . . . ,  a;„_i,  x^  =  X.  Definiamo  la  funzione  f^{x)  po- 
nendo: f„{x)=f{xo)  per  Xo^x<Cxi,  f^{x)  =  f(xx)  per  x^^ 
^x-C^t'    ■  ■!  A(2^)  — A^»-i)  PS'"  a',_i^  a:^3-„.  Si  ha: 

limr.W  =  /'(«). 

Sia  ora  (p{i)  una  funzione  misurabile  in  (tg,  T).  Dico  che 
/"»  [v  W]  è  pur  essa  misurabile  in  {to,  T).  Ed  invero  l'insieme 
dei  punti  di  ito,T)  per  cui  /",  [tp (/}]>■  A ,  supposto  che 
f(xj),  f{x,), . .  .  siano  quelli  fra  gli  »  numeri  fix^),  f{xi). .  . ., 
f{x„.i)  che  superano  A,  è  formato  dalla  somma  dei  seguenti 
insiemi  misurabili,  in  numero  finito:  l'insieme  dei  punti  di 
((o,  T)  per  cui  a^,  ^<p(0<T.-+it  l'insieme  dei    punti  di  (t^,  T) 

per  cui  a;, ^9(<)'<^i+i. La   funzione  /"[(p(i)]  è  il   limite 

per    ft  ^  00  della   successione   dì    funzioni    misurabili  /'i[cp(/)], 
/sLvC)] °^  segue  che  /'[vO]  ^  misurabile. 

Se  dunque  f(x)  è  continua  e  q>(f)  è  misurabile,  /'[cp(t)]  è 
misurabile.  Se  ne  deduce,  per  induzione,  il  teorema: 

Se  f(x)  è  in  (X(,,X)  miaurabile  (B)  e  qi(t)  è  ih  (t^,  T)  mi- 
surabile, fl(p(t)]  è  misurabile  in  ((o,T). 

Alle  conclusioni  a  cui  siamo  ora  pervenuti,  conferisce  un  certo 
interesse  anche  il  seguente   esempio,  che    esse    permettono  di 

(')  CIt.  il  n"  33,  datits  dt  Bairt,  del  libro  del  de  la  Vallèe  Pousiin, 
citato  a  pafif.  1.  • 

(*)  È  facile  vedere  come  va  qui  inti'su  la  somma  a  -!-  ^  dei  due  numeri 


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SDL  CAMBIAMENTO   DELLA   TARlAfiILB   DI   INTEOKAZIONE,   ECC.        35 

costruire,  dì  un'infinità  non  nunteraìnle  di  insiemi  misuratiti,  a 
due  a  due  sema  punti  comuni,  costituenti  un  insieme  misurabile. 
La  variabile  x  percorra  un  insieme  E^  contenuto  in  {xo,  X). 
Sia  x  =  tf>{t)  la  solita  funzione,  supposta  mieurabile  in  (t^,  T). 
Si  designi  con  £,'''  quell'insieme  misurabile  formato  dai  punti 
del  tratto  (to,  T)  per  cui: 

9(0  =  ^. 

X  essendo  un  punto  determinato  di  E^,  AI  variare  di  x  nell'in- 
sieme Ei,,  l'insieme  AV'  descrive  un  insieme  E,  che  è  costituito 
da  un'infinità  (numerabile  o  no  aecondocbè  lo  è  o  non  lo  è  l'In- 
sieme Ef)  di  insiemi  misurabili  AV',  a  due  a  due  senza  punti 
comuni. 

Sia  e{x)  la  funzione  caratteristica  dell'insieme  E^  ('),  defi- 
nita nel  tratto  {xo.  X)  in  cui  è  contenuto  E^.  La  teoria  prece- 
dente, applicata  alla  funzione  e[p(01t  definita  in  {to,  T).  che  ri- 
sulta la  funzione  caratteristica  per  l'insieme  E,,  ci  permette  di 
asserire  che: 

Se  l'insieme  E^  e  la  funzione  (f>{t)  sono  misurabili  (B),  tale 
è  anche  l'insieme  E,.  Se  a  è  la  classe  di  q)(f)  e  ^  la  classe 
di  Eg,  l'insieme  E,  risulta  al  più  della  classe  a  -|-  p.  Se  l'in- 
sieme E:,  è  misurabile  {B)  e  la  funzione  q)(0  è  misurabile,  l'in- 
sieme E,  risulta  misurabile.  Sussiste  dunque  il  teorema: 

Si  abbia  una  famiglia  F  di  insiemi  misurabili,  a  due  a  due 
senza  punti  comuni,  tutti  contenuti  nell'intervallo  (fg,  T)  dell'asse ^ 
Esista  un  insieme  E^  di  punti  dell'asse  x,  nell'intervallo  (x^,  X), 
i  cui  punti  siano  in  corrispondenza  biunivoca  con  i  sìngoli  in- 
siemi E,'-''>  componenti  la  famiglia  F,  allora,  se  si  può  definire 
in  (^0,  T)  una  funzione  misurabile  <p(0,  soddisfacente  alla  limi- 
tazione Xo^t>{t)^X,  che  per  ogni  punto  dell'insieme  E,''"'* 
abbia  il  valore  costante  x,  ascissa  del  punto  (xq,  X]  corrispon- 
dente a  questo  insieme,  e  se  E^  è  misurabile  (B),  si  può  con- 
cludere che  i  punti  della  famiglia  F  formano  un  insieme  misu- 
rabile, che  riesce  inoltre  misurabile  (B)  se  la  funzione  qi{l)  è 
in  (((,,  T)  por  essa  misurabile  (B). 


(')  Db  li  VillAb  Poussin,  libro  citato  a  pag.  1,  ii°  i 


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'ìfi  MADKO   PICONB 

Si  offre  spontaneamente  l'esame  della  questione  inversa  di 
quella  teste  trattata,  e  cioè  l'esame  della  misurabilità  dell'in- 
sieme Ex  di  (xq,  X)  descritta  dalla  x,  legata  alla  t  dalla  rela- 
zione x^(p(f),  quando  t  descrive  un  insieme  misurabile  E,  di 
(^0,  T).  Tale  esame  e  stato  già  fatto  dall'Hobson,  nella  nota 
citata.  Noi  lo  riprendiamo  qui,  ottenendo  qualche  risultato 
nuovo. 

La  funzione  limitata  x^9(f)  sia  monotona,  e,  per  Rasare 
le  idee,  supponiamola  non  deorencente.  I  punti  di  discontinuità 
della  (p  (0  formano  un  inaieme  numerabile  di  punti.  Siano  /  e  Z. 
i  limiti  inferiore  e  auperiore  di  q>(<}  in  {lo,  T),  si  ba  fo^f^ 

^  L  ^  X.  Siano  ti,  t^, ,  t..,  . . .  i  punti    dì    discontinuità   di 

tp{t),  e  ai  ponga: 

Xj  =  <P  ((,  -  0)  .  Xn"  =  tP  {(.   +  0)  . 

Al  variare  di  t  nell'intervallo  {t,,,  T)  il  punto  x  descrive 
l'insieme  di  punti  che  sì  ottiene  dall'intervallo  (a^o,  X)  togliendo 
da  esso  la  seguente  infinità  numerabile  dì  intervalli  (gli  estremi 
inclusi) 

{xa,  l),     {L,  X).     {»,',  Xi"),     (x,\  Xi"),  ..., 

ed  aggiungendo,  eventualmente,  un  numero  finito  o  un'infinità 
(numerabile)  di  stremi  degli  intervalli  indicati.  L'insieme  de- 
scrìtto da  :r  è  perciò  misurabile  (B). 

Pertanto:  Se  la  funzione  x  =  q>{t)  è  monotona,  mentre  t 
descrìve  un  intervallo  di  (((,,  T),  x  descrive  un  insieme  misura- 
bile (B)  di  (xo,  X).   Ne  segue  il  teorema: 

Se  la  funzione  x  ^  (p  (t)  è  monotona,  mentre  t  descrive  in 
(to,  T)  II»  insietne  E,  misurabile  (B),  x  descrive  in  (xo,  X)  mi  in- 
sieme Egi  esso  pure  misurabile  (B). 

Supponiamo  ora  che  la  funzione  a  ^=v  ((),  oltre  ad  essere 
monotona,  sia  assolutamente  continua.  Sìa  E,  dì  misura  nulla, 
esso  aai'à  allora  contenuto  in  un  insieme  costituito  da  un'infi- 
nità numerabile  di  intervalli  (Of,  p,),  la  cui  misura  £(6,  —  a,) 
può  rendersi  piccola  a  piacere.  L'insieme  corrispondente  E^  ri- 
sulta contenuto  nell'insieme  costituito  dall'infinità  numerabile 
di  intervalli  [vi^dy  f> {?•)].  la  cui  misura  £[q)(p,)  —  (p(ai)],   in 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


SDL  CAMBIAMENTO   DELLA   VARIABILE   DI  JNTEQKAZIONE,  ECC.        37 

virtii  dell'assoluta  continuità  dì  (ft{l),  e  infinitesimo  con  Z(p,- — a^). 
L'iusieme  Ex  è  pertanto  esso  pure  di  misura  nulla. 

Sempre  nell'ipotesi  che  la  funzione  x^=<ft{t)  sia  monotona 
e  assolutamente  continua,  supponiamo,  semplicemente,  £',  misu- 
rabile. Esistono  ('}  due  insiemi  E,'  e  E,"  misurabili  (B)  tali  che 

E,'  <  £,  <  E," , 

mentre  £,'  e  E,"  differiscono  per  un  insieme  di  misura  nulla. 
Detti  Ex',  EJ'  gli  insiemi  corrispondenti,  rispettivamente,  a 
Ei,  E",  si  avrà: 

EJ  <^E^<,EJ' , 

mentre  EJ.  E,"  risultano  misurabili  [B]  e  differenti,  in  forza 
di  quanto  precede,  per  un  insieme  di  misura  nulla.  E^  risulterà 
pertanto  misurabile.  Onde  il  teorema: 

Se  la  funzione  x  ^  (p(()  ^  assolutamente  continua  o  monotona, 
mentre  t  descrive,  in  (to,  T),  mm  insieme  E,  misurabile,  x  descrive 
in  (xo,  X)  un  insieme  E^  esso  pure  misurabile.  Se  E,  è  di  misura 
nulla.  Ex  è  di  misura  nulla. 

Nello  studio,  fatto  precedentemente,  della  funzione  di  fun- 
zione f[ip  (()]  abbiamo  dovuto  sempre  supporre  f{x]  misurabile  (B) 
in  (xo,  -X).  Se  si  suppone  f(xj  semplicemente  misurabile,  il  teo- 
rema ultimamente  ottenuto  ci  permette  -ài  enunciare  il  seguente: 

Se  f  (x)  è  in  (xo,  X)  misurabile  e  la  funzione  inversa  della 
funzione  monotona  e  continua  x  =  (p(t),  è,  in  (Xq,  X),  assoluta- 
mente continua;  la  funzione  f[<p(t)]  è  misurabile  in  (to,  T). 

3.  Dimostrazioae  della  formola  (3)  nell'ipotesi  che  f{x) 
sia  misurabile  (B)  e  limitata.  —  Venendo  ora  allo  scopo 
principale  della  presente  nota,  alla  dimostrazione  cioè  della  for- 
inola (3)  sotto  determinate  condizioni,  cominciamo  dal  supporre 
f{x)  misurabile  (B)  e  limitata.  In  tale  ipotesi,  essendo  p(()  as- 
solutamente continua  in  {tf,,  T),  risulterà  (cfr.  n"  precedente) 
/^[9(0]  misurabile  (B)  e  limitata  e  A(f),  uno  dei  numeri    deri- 


(')  Db  la  Tàllés  Poussin,  libro  citnto  a  pag.  1,  : 


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38  MADRO    PICONB 

vati  ài  if{t),  sommabile  (>}  in  (^ot  T).  Si  ha  dunque  intanto  che 
f[f(>it}]f^(t)  riuscirà  pur  essa  sommabile  in  (to,  T).  In  ciò  che 
segue  sarà  di  nuovo  dimostrata  la  sommabilità  di  f[<p(t)]fi{t) 
e  si  stabilirà,  di  più,  il 

Teorema  I.  —  La  formala  (3)  del  cambiatnetito  della  varia- 
bile di  integrazione  sussiste  se  f(z)  è  in  (xq,  X)  limitata  e  misu- 
rabile (B). 

Cominciamo  dal  dimostrare  il  teorema  nelle  ipotesi  che 
f{x)  sia  continua  in  (Xf,,  X)  e  la  funzione  assolutamente  con- 
tinua tp{t)  abbia  il  suo  numero  derivato  A(f)  limitato  in  (^oi  ^• 

Se  A{t}  è,  in  tutto  ((o.  T),  funzione  continua  dì  t,  la  q>(t) 
ha  ovunque  in  (fo,  T)  una  derivata  unica  tp'  (t)  continua,  e  per- 
tanto il  teorema  sussiste.  In  generale,  il  numero  derivato  A(() 
è  (*)  una  funzione  misurabile  (B)  (di  Baire),  sarà  dunque  dimo- 
strato quanto  vogliamo  se  faremo  vedere  che  (*)  detta  a  Ift 
classe  (finita  o  transfinita)  di  A{i),  il  teorema  sussiste  ove  si 
supponga  che  esso  sta  stato  dimostrato  per  le  funzioni  q>(^)  di 
un  nuovo  derivato  A(()  di  classe  <Ca. 

Sia  A,  {t).  Al  (0.  .  ■ . ,  A,  ((),  . .  .  una  successione,  avente  per 
limite  A(t),  di  funzioni  di  classe  <«  e  limitate  ai  limiti  infe- 
riore e  superiore  di  A(<),  i  quali  sono  supposti  finiti.  Si  ponga: 


<pJ/)  =  <P((o)i-J|^A.(T)rfT 


In  virtù  del  teorema  di  Lebesgue  per  il   passaggio  al   li- 
mite sotto  il  segno  integrale,  qui  applicabile,  si  ha: 

lim  <p„  (t)  =  <p  (to)  +  I^A  (t)  rfT  =  <p  (0  , 

ne  segue,  ovunque  in  ((,>,  7") , 

lim/'[q>.(l)lA.(l)  =  f['PWlAW(')- 


(<)  Di  la  VAi-Lta  Poituiii,  libro  citato  a  pag.  1,  n°  68. 
0  Ibidem,  n'  73. 
{')  Ibidem,  n*  33. 

(')  Per  essere  sicuri  che  ^L<P->(<)Ì  si"  aempre  deSnit»  ì 
porre  fM^fixo)  per  i  <*,.  f(t:)  =  f(X)  per  x  >  X.^ 


zed.yGOOg[e 


SUL  CAHBIAMEVTO  DELLA   VARIABILE    ni   INTEOBAZIONB,  ECC.        39 

Ma,  per  ipotesi,  è 

mentre 

e,  di  naovo  p«r  il  teorema  di  Lebesgue  ora  citato, 
Im //[».  W]  A.  (T)  d,=j'j[v  (T)l  A  (,)  d, . 

Sussiste  dunque  l'eguaglianza  (3)  nelle  ipotesi  f{x)  continua 
e     (t)  limitata. 

Sìa  sempre  f(x)  continua  e  A(f)  (sommabile)  sìa  comunque. 
Denotiamo  con  Ajy(j)  la  funzione  A{t)  limitata  ai  numeri  —  N 
e  N  (N  positivo).  Poniamo; 

Si  ha 

lim  fy  (t)  =  tp  (io)  +  J"^  A  (t)  rfT  =  (p  (t) , 

e  quindi,  nei  punti  in  cui  A  (f)  è  finita,  e  cioè  quasi   ovunque, 
nmf[T,(l)]A,W=r[q,»lA((). 
Se  indichiamo  con  L  il  limite  superiore  di  |^(3<)|,  si  ha 

ir[i>,(')lA,(()ls:L|A(i)|. 

e  pertanto,  in  vìrtìi  del  teorema  di  Lebesgue  generalizzato  per 
il  passaggio  al  limite  sotto  il  segno  integrale,  segue  ch&  f[<f(t)]  A(0 
è  sommabile  e  che: 

l™  \'J [9,(1)1  A,(t)  dr^li'jiv  (t)]  a  (t)  dt , 


,Google 


V)  MACKO  PICOSE 

d'altra  parte  bì  ha 

ne  segue  l'eguaglianza  (3)   nella   sola    ipotesi    della  coatinuitk 

di  /■(»). 

Per  dimostrare  il  Teorema  I,  ora  dimostrato  per  le  fun- 
zioni f{x)  misurabili  {B)  di  classe  zero,  detta  et  la  classe  di  f{x), 
basterà  far  vedere  che  esso  sussiste  ove  si  supponga  che  sia 
stato  già  dimostrato  per  le  funzioni  f{x)  di  classe  <a. 

Sia  fi(x),  ....  f.{x),  . . .  una  successione,  avente  per  lìmite 
/■(x);  di  funzioni  di  classe  <Ca  e  limitate  ai  limiti  inferiore  e 
superiore  di  f(x),  che  sono  supposti  finiti.  Si  ha: 

ir.[ipwiAwi£iiA(oi, 

ove  L  è  il  limite  superiore  di  [A-'^)]'  ^  passando  al  limite  per  n 
divergente  sì  ottiene,  in  forza  del  teorema  di  Lebesgue  per  il 
passaggio  al  limite  sotto  il  segno  integrale  (del  primitivo  e  del 
generalizzato),  l'eguaglianza  (3). 

4.  Una  dimostrazione  della  formola  (3)  nelle  ipotesi 
che  f{x)  sia  mìsiirabile  e  limitata,  (p(0  monotona.  —  Dal 
teorema  testé  dimostrato  si  deduce  subito  una  prima  dimostra- 
zione del  seguente: 

Teorema.  II.  —  La  forinola  (3)  del  cangiamento  della  varia- 
bile di  integrazione  sussiste  se  f(x)  è  in  (x©,  X)  limitata  e  misu- 
rabile, e  (p(t)  è  in  {to,  T)  monotona. 

Si  sa  che  (')  ogni  funzione  f(x)  misurabile  e  limitata  è  in- 
termediaria fra  due  funzioni  misurabili  (B)  e  limitate  fi  (x), 
ft(x)  che  non  differiscono  da  f{x)  che  sopra  un  insieme  dt  mi- 
sura nulla.  Poiché  q>(f)  è  monotona,  supponendola,  per  esempio, 
non  decrescente,  sarà  A(f)^0.  Si  ha: 

(')  Ds  LA  Vallèe  Poussin,  libro  citato  n  pag.  1,  n°  32. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


SUL  CAMBIAMBNTU   DBLLA   VARIABILE   DI  INTeQRAZIONE,  ECC. 
e,  Dei  punti  in  cui  A  (t)  è  finita, 

(5)  f,  [qi  (01  A  (0  S  f  [q>  (01  A  (0  S  f,  [f  (01  A  (0 . 

Si  ha  anche 

e  siccome,  per  il  teorema  I  del  n°  precedente,  è 

|^;^/,(i)i»=j|^/-,[T(')]A(T)rf,,    (i=i,2), 

segue 

j'^  A  [9  (T)]  A  (T)  dT  ^  j^  A  [<P  (t)  I  A  (T)  dt . 


je,  in  virtù  della  (5),  che  ^  [(p(()]  A(0  e  /^[cpO)]  A(() 
differiscono  al  più  aopra  un  insieme,  in  (tg,  T),  di  misura  nulla. 
Ne  seguono  infine  la  misurabilità  (')  e  la  sommabilità  di 
/■[*P(0|A(0  e  l'eguaglianza  (3). 

5.  Dimostrazione  della  formola  (3)  nelle  ipotesi  di 
De  la  Vallèe  Poussin.  —  Passiamo  ora  a  dimostrare  la  for- 
mola (3)  nelle  ipotesi  più  generali  considerate  dal  de  la  Vallee 
Poussin  nella  memoria  citata.  Premettiamo  il 

Lehha.  —  Se  X  dtscritt  un  insieme  E^  di  misura  nulla 
quando  t  descrive  un  insieme  Ei  di  misura  estema  non  nulla,  la 
funzione  q>(t)  ha,  quasi  ovunque  in  E,,  una  derivata  unica  di  va- 
lore zero. 

Supponiamo,  anzitutto,  che  l'insieme  E,  di  misura  nulla  sia 
misurabile  (B).  La  funzione  caratteristica  e{x)  di  £j,  sarà  (limi- 
tata) e  misurabile  {B)  in  (xq,  X).  Siamo  in  grado  di  applicare 
il  Teorema  I  e  di  scrivere,  per  ogni  numero  derivato  A(0  di 
<P(0, 

j'^J\{x)dx  =  ^^e[v{T)]A{T)d-c. 


(')  Se  la  fbnEione  aa8olatameiit«  continua  e  monotooft  <p(l)  foue  di 
funuone  inversa  aaa datamente  contÌQua,  la  misurabilità  e  la  BOmmabilità 
di  ^[■P(')]A(0  eegaìrebbero  già  dall'ultimo  teorema  del  n*  2. 


zed.yGOOg[e 


42  MADKO   FICONB 

Ma  il  primo  membro,  esprimente  la  misura  dell'insieme 
comune  all'intervallo  [tp(to),  <p('))  ^  all'insieme  Ej^,  è  per  ipotesi 
sempre  nullo  qualunque  aia  ^  ne  segue,  in  {t^,  T),  identica- 
mente, 

j%[<p(T)]A(T)rfT  =  0. 

L'integrale  ora  scritto  ha  dunque  sempre  la  derivata  nulla 
in  (ta,  T).  D'altra  parte  questa  derivata  coincide  quasi  ovunque 
con  e[<pW]A(0.  e  quindi  ai  ha,  quasi  ovunque  in  £,,  A{()  =  **• 

Supponiamo  che  l'insieme  E^,  di  misura  nulla,  sia  qua- 
lunque. Esiste  un  insieme  EJ  dì  misura  nulla  e  misurabile  (B) 
contenente  E^.  Sia  K',  l'insieme  corrispondente  a  Ex  ,  sarà 
E,  <C  E,' ,  (Me  (E,)  ^  nie  (E,')  (•),  e  quindi,  avendo  supposto 
»'«(£i)>0,  sarà  anche  mt(Ei')^0.  La  funzione  q>(/}  ha,  per 
quanto  precede,  quasi  ovunque  in  E,',  e  quindi  quasi  ovunque 
in  Ei,  una  derivata  unica  di  valore  zero.  11  lemma  è  perciò  di- 
mostrato. 

Dopo  questo  lemma  si  ha  subito  una  semplice,  rigorosa  ed 
elementare  dimostrazione  del  seguente  teorema  enunciato  (nella 
Memoria  citata)  dal  de  la  Vallèe  Poussin: 

Teorema  III.  —  La  formala  (3)  del  cambiamento  della  va- 
riabile di  integrazione  sussiste  se  f{x)  è  misurabile  e  limitata. 

Poniamo 


^■w=i; 


la  funzione  F{x)  è  assolutamente  continua  e  a  numeri  derivati 
limitati.  Posto 


t>W  =  -f[q>W]  =  |^ 


secondo  un  risultato  contenuto  nella  Memoria  citata  del  de  la 
Vallee  Fouasin,  la  funzione  <t>(f).  funzione  assolutamente  con- 
tinua a  numeri  derivati  limitati  di  funzione  assolutamente  con- 
tinua, è  pur  essa,  in  (t^,  T),  assolutamente  contìnua.  Sarà  per- 
tanto dimostrata  l'eguaglianza  (3)  ae  faremo  vedere  che,  quasi 


(')  Con  m.{£)  ÌDdicberemo  la,  misura  estenift  dell'insieme  E. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


SQL  CAHBtAHBNTO   DBLLA   TAKIABILB   DI   INTB0KA210KB,   BCC.       43 

ovunque  in  ((q,  T),  la  funzione  0(t}  possiede  una  derivata  unica 
data  da  f[v(f)]vit). 

Sia  (  un  punto  di  (ta,  T)  appartenente  all'ineiente  CH,  sul 
quale  <p{t)  possiede  una  derivata  unica  e  finita  (p'(0  ^  snppo* 
niarao  che  nel  punto  x  =  (p{(),  corrispondente  in  (aro,  X),  a 
questo  punto  t,  la  F{x)  possieda  la  derivata  unica  f{x).  Dato 
un  incremento  ^t  a  t,  si  ha: 

è^<t>  =  F {<9 -\- Ò.V)  —  f  ((p}=/((p)ùip-|-<r((,Ai)  A«p, 

ove  <5{t,  A()    è   una    funzione   di  f  e  di  ^t  che  tende    a   zero 
con  ht.  Per  cui: 

Al  tendere  di  Af  a  zero,  il  rapporto  Aq>:At  tende  al  li- 
mito finito  (p'O  e  pertanto: 

(6)  lim  ^?=/-Wt'(1)('). 

Sia  ora  K^  l'insieme  dei  punti  di  {x^,.  X),  di  misura  nulla, 
sopra  il  quale  F{x)  non  ha  una  derivata  unica.  Se  l'insieme  Ki 
di  ((o,  T),  corrispondente  a  K^,  è  pur  esso  dì  misura  nulla,  ri- 
sulta già  stabilita  la  (6)  quasi  ovunque  in  (/o,  T).  Se  l'insieme 
K,  è  di  misura  esterna  non  nulla,  risulterà,  in  virtù  del  lemma 
premesso,  quasi  ovunque  in  K,,  cp'  (f)  ^  0  e  la  validità  della  (6) 
sarà  di  nuovo  assicurata  quasi  ovunque  in  (^,  7^  se  foremo  ve- 
dere che  ove  è  <p'(0  =  0,  la  <I>0)  possiede  una  derivata  unica 
di  valore  zero.  Si  ha  invero: 


(')  Cfr.  Piacacau,  Lesioni  di  caleolo  infinilegimaie  (Bologna,  Zanichelli), 
Cap.  111.  n*  151. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


44  MAURO   PICONB 

L  designando  il  limite  superiore  di  \f{x)  \  in  {xa,  X).  II  Teorema 
risulta  pertanto  dimostrato. 

6.  Estensioni  del  teorema  III.  —  Nella  Memoria  citata 
il  de  la  Vallee  Poussin  afferma  che,  supposta  la  f(x)  non 
più  limitata,  ma  solamente  finita  e  sommabile  in  {x^,  X).  con- 
dizione sufficiente  per  la  validità  della  formola  (3)  del  cambia- 
mento della  variabile  di  integrazione  è  die  la  funzione 


['''^'^  f(x)dx. 


risulti  assolutamente  continua.  Ora  talo  asserto  non  trova  una 
facile  giustificazione.  Mentre  è  evidente  la  necessità  di  detta 
condizione  non  così  parmi  si  possa  dire  della  aua  sufficienza. 
La  dimostrazione  data  qui  del  Teorema  III  permette  solo  d'af- 
fermare che; 

La  formola  (3)  del  cambiamento  della  variabile  di  integra- 
zione sussiste  se,  essendo  f(x)  finita  e  sommabile,  la  funzione  0(/) 
risulta  assolutamente  continua,  ed  inoltre  si  verifica  una  delle 
due  seguenti  circostanze:  a)  all'insieme  K^  di  (xa,  X)  in  cui  F(t) 
non  ha  la  derivata  unica  f{x),  corrisponde  in  (f(,,  T)  un  insieme 
di  misura  nulla;  b)  ^(t)  ha  quasi  ovunque,  nell'insieme  di  {t^,  T) 
su  cui  <p'(0  =:  0,  nulla  la  derivata.  Il  che  avviene,  per  esempio, 
se  <p'(f)  si  annulla  soltanto  sopra  un  insieme  di  misura  nulla. 

Poiché  (cfr.  de  la  Vallee  Poussin,  Memoria  citata)  una 
funzione  assolutamente  continua  di  una  funzione  assolutamente 
continua  e  monotona  è  assolutamente  continua,  si  ha,  in  parti- 
colare, che: 

La  formola  (3)  sussiste  se,  essendo /'(a;)  finita  e  sommaMle, 
<p(0  monotona,  sì  verifica  una  delle  due  seguenti  circostanze: 
a)  la  funzione  (p(0  è  di  funzione  inversa  assolutamente  con- 
tinua (cfr.  n°  2);  b}  ^(t)  ha,  quasi  ovunque,  nell'insieme  di 
(io.  T)  su  cui  <p'(()^0,  nulla  la  derivata.  II  che  avviene,  per 
esempio,  se  q>'(0  si  annulla  soltanto  sopra  un  insieme  di  mi- 
sura nulla. 

Condizione  necessaria  per  la  validità  delta  formola  (3)  è 
che  la  funzione  f{v{f)]t^(t)  risulti  sommabile  in  {ìq,  T);  ora  è 
facile    dimostrare,    cfr.    la    Memoria    citata   del    de  la    Vallee 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


SOL  CAMBIAHBNTO   DBI.LA   TARIABIl.B    DI   IN1EQRAZI0ICE,   ECC.       45 

P  oussin,  basandosi  sul  Teorema  III,  che,  supposta  sempre  f{x) 
finita  e  misurabile,    la  condizione  indicata  è  anche  sufficiente. 

Si  ha  dunque  infine  il  bel  teorema: 

Supposta  f  (x)  definita  in  {x^,  X),  ivi  finita  e  misuralnle,  con- 
dizione necessaria  e  aufficiente  affinchè  valga  in  (to ,  T)  la  formala 

del  cambiamento  della  variabile  di  integrazione,  è  che  q>(t)  aia 
assolutamente  continua  in  (to ,  T),  soddisfi  alla  limitazione  Xo  ^ 
^<p(t)^X,  ed  inoltre  la  funzione  ft^Plt)]  <p'(t)  risulti  somma- 
bile in  (to,  T). 

In  particolare  dunque  (cfr.  n°  2)  se  f{x)  è  misurabile  (B) 
e  il  prodotto  /'[<p(0]9'(0  risulta  limitato,  la  formola  sussiste. 

CrUdìb.  laglio    1919. 


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FU.WPO  3IBIRAHI 


EspressfoBi  analitiche  che  defiDiscoDO  più  fanzioni  aBslitìche 
ad  area  lacnaare 

Nota  di  FILIPPO  SIBIRANl  (a  Pavia) 


1.  —  Poincaré  (')  e  Goursat  (*)  hanno  dimostrato  cha:  ae 
(1)  Co,  Ci,  e,,  ...  c„,  ... 

è  una  successione  di  punti  nel  piano  complesso,  ed 

&Q,  &,,  a,,  ...  a»,  ... 
una  successione  di  numeri  per  cui  è  concergente  £l|a,|,   la  serie 


<2)  1^-.-. 


è  atiluppabile  in  serie  di  potenze  di  x  —  So,  supposto  Xo  non  ap- 
partenere né  ad  (1)  né  al  suo  insieme  derivato,  il  cui  cerchio  di 
convergenza  ha  centro  in  s^  e  raggio  uguale  al  limite  inferiore  ' 
delle  distame  di  x^  dai  punti  (1). 

Date  nel  piano  una  o  più  curve  C,  se  presi  comunque  due 
punti  non  appartenenti  a  C  è  possibile  congìungerli  con  una 
curva    continua   di    lunghezza   finita  la  quale  non  abbia  alcun 


{')  PouicAKÈ,  Sur  It»  foactions  à  tapacea  lacunaim.  '  Acta  Societatia 
Scieutiamm  Fennìcae  „  1881. 

I*)  OouBSÀT,  Sur  U*  fonctioni  uniformes  prittntant  dt  lacune».  *  C.  R. 
de   l'Acad.   dea   Sciences  „  1882;    Sur   le»    fonction»   à    tspacea   tactmairta. 

*  Bultetìn  des  Sciences  Hathématiqnea  „  1887. 


D,!„t,zed.yGOOgle 


ESPKB!ÌS10\I    ANAI.ITICHB   CHI!    UBPINISCOKO,    KCC.  47 

panto  in  comune  con  C,  diremo  che  il  piano  non  è  divìso  dalle  C 
io  regioni  distinte. 

Se  due  punti,  non  appartenenti  a  C,  non  ai  possono  còn- 
giungere  con  una  linea  continua  priva  di  punti  comiyii  a  C, 
diremo  che  i  due  punti  appartengono  b  duo  regioni  distinte 
limitate  dalle  C:  mentre  diremo  che  due  punti  appartengono 
alla  atessa  regione  se  è  possibile  congiungerli  con  una  linea 
continua  priva  di  punti  comuni  a  <7.  Se  è  possìbile  segnare  nel 
piano  m  punti  non  appartenenti  a  0,  tati  che  nessuna  coppia 
appartenga  alla  stessa  regione,  ma  non  è  possibile  prendere 
m  -\-  \  punti  che  abbiano  la  stessa  proprietà,  diremo  che  le  C 
dividono  il  piano  in  m  regioni  distinte. 

Diremo  che  la  successione  (1)  è  condensata  su  C  se  l'in- 
sieme derivato  della  (1)  è  costituito  da  tutti  i  punti  di  C. 

Supponiamo  dunque  l'insieme  (1)  condensato  su  una  o  più 
lìnee  Ole  quali  divìdano  il  piano  in  m  regioni  distìnte  &',,  S,, ...  S„. 
Se  Xi  è  un  punto  non  appartenente  a  C,  ma  appartenente  ad  Si, 
la  (2)  è  sviluppabile  in  una  serie  di  potenze  di  x  —  Xi  continua- 
bile analiticamente  entro  tutta  la  Si  e  uno  oltre;  dì  guisa  che 
la  (2)  è  un'espressione  poligena  atta  a  definire  m  funzioni  ana- 
litiche valide  ciascuna  in  una  sola  delle  m  regioni  S. 

Assegnate  le  linee  0  nel  piano,  si  tratta  di  costruire  la 
Bucceasione  di  punti  condensata  sulle  C.  La  costruzione  d'un 
insieme  numerabile  dì  siffatti  punti  ho  ottenuta  parecchi  anni 
fa  (')  facendola  dipendere  dalla  possibilità  dì  dare  una  legge  di 
ripartizione  dell'insieme  dei  numeri  razionali  di  un  dato  inter- 
vallo (i"Ò  in  m  insiemi  ciascuno  dei  quali  condensato  in  a''b. 
Enunciai  una  legge  dì  ordinamento  dell'insieme  dei  numeri  ra- 
zionali di  a"6  in  guisa  che  tutti  quelli  il  cui  posto  è  dato  da 
un  numero  congruo  ad  un  dato  numero  rispetto  al  modulo  m 
appartengono  ad  un  insieme  condensato  in  a''b.  Ma  non  è  dato 
di  sapere  quale  numero  razionale  si  trovi  ad  un  dato  posto  q 
se  non  quando,  con  l'indicato  processo,  non  si  siano  costruiti  tutti 
gli  elementi  dell'insieme  che  precedono  quello  di  posto  q. 


(']  F.  SiBiBini,  Iniiemi  numerabili  di  punti  unìformtmtnle  denti  sopfa 
litue  od  in  urei  atugnate.  *  Giornale  di  Battaglini  „  vo).  XLIII  (1905).  In 
qoeito  lavoro  dbui  della  locuzione  '  uniformemente  denso  ,  nel  eenao  qui 
dato  a  *  coudensato  ,  (ted.  Ubrralldicht). 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


4^  FILIPPO   SIBIK&NI 

Scopo  della  presente  comunicazione  è  di  determinare  effet- 
tivamente una  successione  di  punti  (1)  condensata  su  assegnate 
linee,  nel  senso  che,  dato  un  numero  q,  si  può  cun  determinate 
operazioni  aritmetiche  calcolare  l' elemento  di  posto  q,  senza 
aver  bisogno  di  aver  determinati  i  precedenti. 

2.  —  Indichiamo  con 

Po  =  l,  Pi=^,  Pi  =  3.  P»  =  ^,  -Pk,  - 

la  Bucceesione  dei  numeri  primi,  e   consideriamo   l'insieme   dei 
numeri 

2m  — 1 
m  =  1,  2,  3,  ...  2"»'"!  ;         t  =  1,  2  ...  oc 

il  quale  è  manifestamente  condensato  in  0"1. 

Ognuna  delle  frazioni  è  irriducibile,  epperò  nessuna  di  esse 
può  essere  potenza  di  un  razionale  di  esponente  inferiore  a  p^+, , 
Di  ogni  numero  a„,  consideriamo  le  radici  aritmetiche  degli 
indici  primi  2,  3,  6,  7, ...  p^;  l'insieme  di  irrazionali  che  così  si 
forma  è  numerabile  e  condensato  in  0"1,  come  lo  sono  gli  m 
insiemi  parziali  contenenti  le  radici  di  uno  stesso  indice. 

Ordiniamo  quest'insieme  in  una  successione  net  senso  dianzi 
indicato.  Fatto  t=t,  »>  =  ],  ordiniamo  i  k  radicali  per  indice 
crescente,  avremo  cosi  i  primi  k  numeri  della  successione 

dato  poi  ad  m  il  valor  2  ordiniamo  nello  stesso  modo  i  k  ra- 
dicali, i  quali  forniranno  i  successivi  k  termini  della  successione, 
e  lo  stesso  facciamo  poi  per  m  =  3, ...  2^*+!"'.  Seguitando  con 
questo  procedimento  per  t  =  2,  3, ...,  si  crea  la  successione  desi- 
derata, della  quale  vogliamo  esprimere  l'elemento  b,. 
Posto 

Po  =  0,         P.=  l'2P'-'  {r  =  l,2,...) 


zed.yGOOgle 


ESPRESSIONI   ANALITICBB  CHE   DEFINISCONO,   ECC.  49 

si  determini  il  numero  r  per  cui 

rappresentando  E{qlk)  Ìl  maasimo  intero  contenuto  in  q'k. 
ÀUora  è 

i  =  falg(g/*-)-y-l  +  iì'/i.,.,->,.-., 

"        [  21-*-..,  J 

Ciò  si  giustifica  se  si  tien  conto  che  degli  elementi  dell'in- 
sieme die  hanno  al  denominatore  2"*  ce  ne  sono  k2fM~ì  e  che 
fra  questi  quello  che  ha  per  numeratore  2n-|-l  e  per  indice 
del  radicale  pi  ha  il  posto  (kn  -{-  t)-esimo  (secondo  l'ordina- 
mento che  abbiamo  sopra  definito). 

3.  —  Sia  <p  (0  la  funzione  che  ptende  il  valore  0  per 
t  irrazionale  ed  il  valore  1  per  t  razionale  (*),  allora  è  chiaro  che 
se  facciamo  percorrere  a  f  la  successione  bo,  6tt  b^,  ...  testò 
determinata,  la  funzione 

F{l)  =  ÌA.v(l'-) 

prende  ì  valori  Ai  per  (  =  6,,  q^i  —  l(modi),  t^l,2,  ...i. 
Sul  piano  complesso,  posto  x  z=:  E  -|-  it\,  siano  date  le  k  curve 
Ci,  Ci,  ...  Cx  di  equazioni 

E  =  V.(().       .n=X.(')  (s  =  l,2,...fc) 

con  t  variabile  nell'intervallo  O""!.  La  successione  dei  punti 

C,  =  E,  +  in. 


(')  La  funzione  1  —  qi((l  è  nota  sotto  il  nome  di  funuone  di  Duicbist. 
Il  pBuio  ne  diede  p«r  primo  la  eapteaiione  analìtica  nelle  lae  Annota- 
eìodÌ  al  Ctdeolo  ditftrtnxiaie  ecc.  di  A.  Gkhoccbi  (Torino,  1884).  Si  regga 
l'intereiiante  Nota  di  A.  Tàhtdku,  Stdta  funzione  di  DirUhtet  t  »uUa  fun- 
xiont  lignum  s  di  Ebonickib  ('  Atti  della  R.  Acoad,  delle  Scienze  di  To- 
rino ..  »ol.  LIV,  1918-19). 

AUi  àMa  B.  Aecadtmiv  —  Voi.  LV.  4 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


50  FILIl-PO  SIBIBANI  —   ESPRESSIONI  ANAl.lMCHE,    ECC. 

r«  è 

£,  =  Ìv.{*,)<p(V') 

■;'  (?  =  1,2,  ...  QO) 

>i,=i;x.(*,)<p(V) 

condensata  sulle  k  curve  Ci,  €%, ...  C„. 

4.  —  Mediante  la  succesaione  dei  numeri  &o,  ii ,  b^, ...  del  §  2, 
issiamo  anche  costruire  una  espressione  analitica  monogena 
ifiniente  una  funzione  analitica  ad  area  lacunare. 

Sia  A  un'area  del  piano  complesso,  semplicemente  connessa 
contenente  il  punto  x  =  0;  il  suo  contorno  abbia  l'equazione 
=  p(5)e'*,  con  5  variabile  in  0'"2n.  L'insieme  dei  punti 

e,..,  =  bsp  (2iti,)  e"*N         (A,  g  =  1,  2,  ...  oc) 

condensato  nell'area  A;  l'insieme  dei  punti 

T..,  =  1/i»  .  P  (2ni,)  e'»"». 

condensato  in  tatto  il  piano  complesso  da  cui  sia  tolta  A.  Ne 
igue  che  se  ££  '^.J  ^  convergente,  le  espressioni 


%%-' 


?S-s 


no  espressioni  monogene  definiente  ciascuna  una  funzione  ana- 
lica  ad  area  lacunare. 


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GinSKPPK  GOLOSI  —   RICBRCBK  ANATOMO-ISTO LOGICHE,  ECC. 


RicerGhe  anatomo-ìstologìGhe  sugli  Eofsusiacei. 

Il  caore  di  "  Nflnatoscelis  megalops  „  Q.  0.  Sars. 

Nota  di  GIUSEPPE  GOLOSI 


Il  cuore  di  Nematoscelis  rnegalops  è  stato  studiato  sopra 
abbondante  materia  te  prò  veniente  dalle  aeque  di  Val  parai  so 
(Staz.  XllI  stabilita  dalla  R.  Nave  Liguria  nel  viaggio  di  cir- 
cumnavigazione del  1903-05). 

Il  materiale  era  stato  fissato  in  formalina  e  conservato  in 
alcool  a  75°;  non  ostante  la  lunga  dimora  in  liquido  conservativo 
si  è  prestato  ancora  bene  non  solo  all'esame  in  toto  del  cuore 
mediante  dissezione  degli  animali,  ma  anche  alle  osservazioni 
istologiche.  Per  colorare  Is  sezioni  mi  sono  servito  del  gliche- 
mallume  di  Mayer,  del  bleu  di  toluidina,  della  zafiFranina  dì  Babès. 

Cuore.  —  Il  cuore  di  Nematoscelis  rnegalops  è  di  aspetto 
sacciforme,  poco  piìi  lungo  che  largo,  alquanto  appiattito,  spe- 


Fig.  1.  —  Cuore  visto  di  fianco:  o',  oatii  superiori;  o*,  oatii  inferiori; 
a.  e.,  aorta  cefalica;  a.  l.  a.,  arterie  laterali  anteriori;  a.  e.,  arterie 
epatiche;  a.d.,  arteria  dÌBoendente;  a,  l.p.,  arterie  laterali  poste- 
riori; a.  P;  aorte  poiteriori. 

cialmente  in  prossimità  dell'apice  anteriore.  À  un   terzo  circa 
dall'apice  anteriore  l'altezza  diventa  massima,  e  si  mantiene  quasi 


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52  ainsEPPB  golosi 

invariata  fino  all'estremità  posteriore.  Le  tre  maggiori  dimeD' 
Bioni  sono  all'ìncirca:  mm.  1-1,5  per  la  lunghezza,  mm.  0,90-0,95 
per  la  larghezza,  mm.  0,30-0,38  per  l'altezza. 

Il  cuore  è  provvisto  di  quattro  aperture,  o  ostii,  disposte 
in  due  paia  laterali,  che  servono  a  far  comunicara  la  cavità  car- 
diaca col  seno  pericardico.  Ciascun  ostìo  è  provvisto  di  due  labbra 
che  possono  chiudere  tale  comunicazione. 

Dal  cuore  partono  dieci  tronchi  arteriosi,  cioè:  un'aorta  ce- 
falica, due  arterie  laierali  anteriori,  due  arterie,  epatiche,  un'arteria 
sternale,  due  arterie  laterali  posteriori,  due  aorte  posteriori.  Cia- 
scuna arteria  è  munita  di  un  paio  di  valvole,  che  possono  chiu- 
dere la  comunicazione  fra  il  loro  lume  e  la  cavità  cardiaca. 

Le  mie  osservazioni  sull'istologia  del  cuore  concordano  in  ge- 
nerale con  quelle  di  Haeckel,  Ebebth,  Beboh,  iu  altri  crostacei, 
ed  in  parte  con  quelle  di  Gadzikibwicz. 

Le  pareti  cardiache  risultano  costituite  da  due  strati,  uno 
estemo,  connettivale  (adventitia),  ed  uno  intemo,  muscolare.  Lo 
strato  esterno  connettivale  è  formato  da  grosse  cellule  di  Leydig, 
vacuolose,  con  membrana  sottilissima  e  nucleo  sferico;  da  questo 
strato  si  distaccano  delle  briglie  e  delle  membrane  che.  legan- 
dosi agli  organi  vicini,  servono  a  tenere  il  cuore  nella  sua  po- 
sizione normale,  sospeso  nella  cavità  pericardica. 

Ostil.  —  Cbcn  attribuisce  a  Nematosceli»  mantis  Chun 
(=  N.  micropa  G.  0.  Sars)  e  a  Stiflockeiron  ckelifer  Chun  {=  Si. 
abbreviatum  Q.  0.  Sars),  tre  paia  di  ostia;  tre  paia  pure  ne  as- 
segna Claus  &  Euphausia  pellucida  Dana;  però  sotto  questa  de- 
nominazione, ormai  cancellata  da  Hansen,  come  irriconoscibile, 
venivano  comprese  varie  specie. 

ZiKHEE  (14)  in  Euphausia  superba  e  Raab  (13)  in  Euphausia 
Kronhii  e  in  Meganyctiphanes  norregica,  trovano  due  sole  paia 
di  ostii  cardiaci. 

Anch'io  trovo  in  Nematoscelis  megalops  due  paia  di  ostia,  un 
paio  superiore  e  anteriore,  l'altro  inferiore  e  posteriore.  Tale 
numero  del  resto,  secondo  Lanq,  è  comune  alla  maggior  parte 
degli  Euphausiacea  e  allo  stadio  zoea  dei  Decapodi.  La  forma 
degli  oatti  è  in  Nematoscelis  megalops,  come  in  tutte  le  altre 
specie,  quella  dì  un'ellisse  con  l'asse  maggiore  lungo  piti  del 
doppio  che  l'asse  minore.  Oli  ostii  superiori  sono  posti  un  poco 
piìi  innanzi  rispetto  agli    inferiori.  Essi  però  hanno  dimensioni 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


KICBKCHE   A  K ATOMO-ISTOLOGICHE  SUOLI  EOFADglACEI 


53 


pressoché  uguali  e  misurano  circa  mm.  0,120-0,160  di  lunghezza 
per  mm.  0,050-0,060  di  larghezza.  È  notevole  il  fatto  che  essi 
non  aono  disposti  trasversalmente  rispetto  al  cuore  come  vari 
autori  hanno  precedentemente  osservato  per  gli  altri  Euphau- 
siacea,  ma  longitudinalmente:  il  loro  asse  maggiore  fa  soltanto 
una  piccola  inclinazione  rispetto  all'asse  cardiaco,  ciò  che  con- 
duce l'angolo  anteriore  dell'ostie  a  portarsi  a  un  livello  inferiore 
a  quello  in  cui  si  trova  l'angolo  posteriore. 
Ciò  risulta  benissimo  dalla  6g.  1. 

Gli  ostii,  come  tutti  sanno,  mettono  in 
comunicazione  il  seno  venoso  peiicardico 
con  la  cavita  cardiaca.  Onde  facilitare  l'in- 
grosso  del  sangue,  i  due  margini  che  vanno 
da  un  angolo  all'altro  dell'ostio,  o  labbra 
ostiali,  sono  rivolti  verso  l'interno  del  cuore, 
e  funzionano  come  due  valvole  che,  sia  per 
la  pressione  sanguigna  aumentata  al  mo- 
mento delia  sistole,  sia  per  azioni  di  quegli 
speciali  muscoli  che  son  legati  agli  angoli 
ostiali,  impediscono  il  rifluire  del  sangue 
dal  cuore  al  seno  pericardiaco. 

La  struttura  delle  labbra  ostiali  non 
difl'erisce  da  quella  delle  pareti  cardiache 
per  quanto  riguarda  la  parte  muscolare; 
esse  sono  sprovviste  dello  strato  esterno 
connettivale.  I^e  fibre  sono  disposte  secondo 
la  lunghezza  dell'ostio. 

Dagli  angoli  ostiali  si  staccano  i  mu- 
scoli ostiali,  che  si  dirigono  verso  il  lato 
opposto  del  cuore  per  andarsi  a  legare  ad  altri  muscoli  ostiali 
o  alle  pareti  cardiache;  molte  fibre  si  saldano  ad  altri  fasci 
che  incontrano  lungo  il  loro  decorso. 

Dall'angolo  anteriore  degli  ostii  superiori  partono  dei  fasci 
muscolari,  parte  dei  quali  vanno  al  corrispondente  angolo  ante- 
riore dell'ostio  de)  lato  opposto,  costituendo  il  muscolo  oatio- 
ostiate,  parte  alla  parete  dorsale  cardiaca  del  lato  opposto. 

Dall'angolo  anteriore  degli  ostii  inferiori  partono  vari  fasci 
muscolari,  la  massima  parte  dei  quali  s'inserisce  nella  parete 
dorsale  cardiaca  del  lato  opposto,  insieme  con  quelli  degli  OBtì> 


Fig.  2.  —  Cuore  visto 

dall'alto  (spiegai,  delle 

lettere  t.  fig.  1). 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


54  aiDSEPPK  coii)si 

superiori;  una  minima  parte  si  uniace  al  muscolo  ostio-ostiale 
o  va  verso  la  parete  dorsale  dello  steBso  lato. 

I  fasci  muscolari  che  partono  dall'angolo  posteriore  degli 
oatìi  superiori,  si  sparpagliano  a  ventaglio,  alcuni  dirigendosi 
alla  parete  superiore,  altri  alla  parete  inferiore  del  cuore,  ed 
altri  saldandosi  ad  altri  muscoli. 

I  fasci  muscolari  che  partono  dall'angolo  poBteriore  degli 
OBtii  inferiori  invece  seguono  una  via  ben  determinata,  dirìgen- 
dosi più  0  meno  divisi  verso  la  parete  cardiaca  dorsale  e  sal- 
dandosi alla    porzione    centrale  di  essa,  senza  però  incrociarsi. 


Fig.  3.  —  Sazione  del  onore  al  livello  dell'in  se  nione  dei  masooli  dell'an- 
golo posteriore  degli  ointii  inreriori  (figura  ee  mie  edematica}. 

Le  fibre  della  tonaca  muscolare  sono  prevalentemente  lon- 
gitudinali, ma  ve  ne  sono  dei  fasci  diretti  in  tutti  ì  sensi.  Il 
decorso  dei  fasci  è  simmetrico  rispetto  al  piano  di  simmetria 
dell'animale.  Benché  vi  siano  anche  molte  fibre  anulari,  pure 
non  si  trovano  delle  vere  fibre  semianulari  che  si  incrociano 
lungo  le  linee  dorsale  e  ventrale. 

À  questo  proposito  aggiungerò  che,  mentre  la  disposizione 
a  fibre  semianutari,  per  quanto  finora  è  noto,  può  ritenersi  ca- 
ratteristica dei  Peracaridi,  negli  Eucaridi  (Eufausiacei  e  Deca- 
podi)  si  ha  una  più  complicata  impalcatura  muscolare  del  cuore, 
la  quale  è  certamente  in  rapporto  con  l'accorciamento  e  l'ac- 
centramento dell'apparato  propulsore  del  sangue,  ed  è  costituita 
non  solo  da  una  tonaca  muscolare  ma  ancora  da  numerosi  fa- 
Bcetti  muscolari  che  attraversano  la  cavità  cardiaca.  Tale  strut- 
tura è  stata  già  segnalata  da  Zihheb  (1)  per  Eupkausia  superba. 

Oltre  alla  tonaca  muscolare,  infatti,  net  crostaceo  di  cui  mi 
occupo,  le  fibre    muscolari    costituiscono  nell'interno  del   cuore 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


KICBBCHE   ANATOMO-ISTOLOOICHE  SUOLI   EDPADSIACBI  55 

dei  fasci,  dei  nastri,  che  ataccaodosì  da  determinati  punti  della 
parete  vanao  ad  attaccarsi  ad  altri  punti  della  parete  stessa  a 
maggiore  o  minore  distanza,  oppnre  ad  anastomizzarsi  con  altri 
fasci  muscolari. 

La  disposizione  di  queste  fibre  muscolari  interne  al  cuore 
è  simmetrica,  ma  complicatissima,  specialmente  a  cagiono  delte 
numerose  anastomosi  parziali  o  totali.  {Numerosi  sono  i  fasci  di 
fibre  che,  tenendosi  sempre  dalla  stessa  banda  o  incrociandosi, 
vanno  dalla  parete  cardiaca  dorsale  alla  ventrale.  Essi  sono 
particolarmente  robusti,  mentre  piuttosto  esìgua  è  la  tonaca 
muscolare,  ed  a  loro  sono  in  special  modo  dovuti  i  movimenti 
propulsori  del  cuore.  Dalla  imboccatura  delle  arterie  partono 
sempre  due  fasci  muscolari  che  si  dirigono  alla  parete  dorsale: 
all'imboccatura  dell'arteria  cefalica  vi  è  un  fascio  destro  ed  uno 
sinistro,  all'imboccatura  delle  altre  arterie  uno  anteriore  e  uno 
posteriore. 

Notevolissimi  sono  i  fasci  ostiali:  gli  ostio-parielali  si  stac- 
cano da  un  angolo  dell'ostio  per  attaccarsi  alla  parete  cardiaca  ; 
gli  ostio-ostiali  connettono  fra  di  loro  gli  angoli  dì  due  ostii. 
I  muscoli  ostiali  che  si  staccano  dagli  angoli  anteriori  degli 
ostii  sono  incrociati,  quelli  che  sì  staccano  dagli  angoli  poste: 
rieri  sono  diritti. 

Per  quanto  riguarda  la  fine  struttura  della  parte  muscolare 
del  cuore,  esatte  sono  le  osservazioni  di  Gadzieiewicz.  Si  tratta 
di  una  parte  protoplasmatica  che  racchiude  numerose  fibrilla 
contrattili  striate  trasversalmente.  Nel  caso  di  Nematoaeelis,  come 
in  Nebatia,  Squilla,  Idothea,  Gammarus,  il  protoplasma  è  diviso 
in  bende,  ciascuna  delle  quali  racchiude  un  gruppo  di  fibrille. 
Tali  bende  sono  in  parte  separate  l'una  dall'altra,  costituendo 
delle  fibre,  in  parte  saldate,  similmente  a  quanto  avviene  in 
Idothea  e  Gammarus.  I  nuclei  sono  immersi  nella  porzione  proto^ 
plasmatica  e  sono  relativamente  grossi,  schiacciati.  Esiste  un 
sottilissimo  sarcolemna.  Quando  una  fibra  si  anastomizza  con 
un'altra,  le  fibrille,  già  strettamente  unite  durante  il  decorso 
della  fibra,  si  staccano  contemporaneamente  l'una  dall'altra  di- 
vergendo  bruscamente  a  largo  ventaglio  e  proseguono  rettilinea- 
mente per  breve  tratto  entro  il  dominio  di  un'altra  fibra,  com- 
miste al  fascio  dì  fibrille  proprie  di  quest'ultima. 

Come   già    era  stato    rilevato    dai    precedenti    osservatori 


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5d  QIDSEPPE   GOLOSI 

(Haeckel,  Ebebth,  BEBas,  Qadzikiewicz,  ecc.)  per  altri  crostacei, 
manca  un  endotelio  cardiaco  atto  a  separare  il  tessuto  musco- 
lare dal  liquido  sanguigno:  tale  funzione  è  adempiuta  dal  sar- 
colemma. 

Entro  la  cavità  cardiaca  si  notano  abbondanti  corpuscoli 
sanguigni.  Essi  però  in  Nematoacelis  non  costituiscono  nessuna 
di  quelle  importanti  formazioni  che  furono  constatate  in  altri 
crostacei;  e  si  trovano  liberi  ed  isolati. 

Qual  sia  l'ufficio  dei  muscoli  ostiali  appare  evidente.  Ogni 
volta  che  il  cuore  entra  in  sistole,  i  muscoli  ostiali  si  contrag- 
gono anch'essi,  portando  verso  l'interno  del  cuore  gli  angoli 
degli  ostìi,  onde  ne  consegue  un  avvicinamento  delle  labbra,  che 
vengono  a  contatto.  Contemporaneamente  l'accrescitita  pressione 
sanguigna  serve  a  tenerli  meglio  l'uno  contro  l'altro,  e  così  la 
chiusura  dell'ostìo  è  assicurata  finché  dura  il  periodti  della  si- 
stole. Quando  il  cuore  entra  in  diastole  i  muscoli  ostiali  si  rilas- 
seranno, la  pressione  sanguigna  cesserà  di  agire  dall'interno 
verso  l'esterno  e  gli  ostii  sì  apriranno. 

Oltre  ai  muscoli  che  attraversano  la  cavità  cardiaca,  dagli 
angoli  degli  ostii  si  vedono  irradiare  tutto  intorno  numerose 
fibrille  muscolari,  che  fanno  parte  della  parete  dei  cuore.  Esse 
hanno  una  funzione  molto  importante,  giacché  contraendosi  fanno 
aumentare  la  lunghezza  e  diminuire  la  larghezza  dell'ostie,  favo- 
rendo l'avvicinamento  delle  labbra.  Claus  ha  ben  rappresentata 
tale  struttura. 

Valvole.  —  Le  valv<Ae  cardio-arteriali  degli  Schizopodi 
furono  per  la  prima  volta  e  con  esattezza  segnalate  da  Delaoe, 
che  le  descrive  come  *  deus  lames  qui  se  détachent  de  la  paroi 
laterale  interne  du  coeur  et  qui  s'avan^ant  à  la  rencontre  l'une 
de  l'autre,  s'adossent  sur  la  ligne  mediane  et  remontenji  ensemble 
dans  la  cavité  du  vaisseau  oh  leur  bord  libre  est  flottant.  EUes 
s'écartent  sans  l'effort  de  la  poussée  sanguine,  et  se  rapprochent 
automatiquement  dès  que  la  pression  dans  te  coeur  est  devenue 
moindre  que  dans  le  vaisseau  , .  Le  osservazioni  di  Delaoe  si 
estendono  solo  ai  Misidacei.  Però,  nonostante  la  notevole  di- 
stanza fra  i  due  gruppi,  esse  valgono  pure  per  gli  Eufausiacei. 

Nella  specie  da  me  studiata  si  trovano  due  valvole  per 
ciascun  orifizio  arteriale.  Ciascuna  valvola  ha  una  forma  a  semi- 
disco 0  a  semiovale,  che  con  la  porzione  curva  aderisce  a  metà 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


RICERCHE  ANATOMO-ISTOLOQICBB  SDOLt   EUFADSIACEI 


57 


del  margine  dell'orifizio  arteriale,  mentre  col  margine  rettilineo 
diametrale  rispetto  e  tale  apertura  nuota  liberamente  nel  lume 
dell'arteria.  Riguardo  all'inserzione  è  però  da  notare  che  essa 
non  avviene  normalmente,  ma  obliquamente,  in  modo  che  il  mar- 
gine libero  vien  portato  entro  l'arteria. 

Riguardo  all'orientazione,  soltanto  le  valvole  dell'arteria 
cefalica  sono  disposte  simmetricamente  l'una  a  destra  e  l'altra 
a  sinistra  rispetto  al  piano  di  simmetria;  quelle  delle  altre  ar- 
terie sono  disposte  una  superiormente  e  l'altra  ventralmente, 
oppure  nna  anteriormente  e  l'altra  posteriormente. 


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V\g.  A.  —  Selione  dorso- centrai  e  dell'apice  posteriote  del  e» 
posteriore;;  a.  d.,  arteria  discendente;  e.,  valvole;  « 
cardi co. 


■e;  a.p.,  aorta 
le.,  seno  peri- 


Le  mie  osservazioni  intomo  alla  struttura  istologica  con- 
trastano con  quelle  di  Oadzikiewicz.  Questo  dice:  *  Die  Arte- 
rìenktappen  bestehen  aus  2  Schichton,  eine  zur  Herzward,  die 
andere  zu  Arterienwand  gehdrìg,  sie  bilden  also  eine  Falte  .. 
Io  trovo  che  le  valvole  sono  costituite  da  un  solo  strato  e  pre- 
cisamente dalla  continuazione  dello  strato  muscolare  della  parete 
cardiaca.  Le  fibrille  muscolari  delle  valvole  sono  disposte  in 
UD  solo  senso,  e  vanno  da  una  estremità  all'altra  del  semicerchio 
di  inserzione,  incurvandosi  più  o  meno  a  seconda  della  maggiore 
0  minore  distanza  dal  margine  libero  rettilìneo.  In  corrispon- 
denza di  tale  margine  lo  spessore  delle  valvole  è  maggiore. 
È  iuutile  dire  che  sia  nella  faccia  volta  verso  il  cuore,  sia  nella 


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58 


GIUSEPPE  GOLOSI 


Opposta,  non  vi  è  alcun  endotelio:  le  valvole  sono  quindi  limi- 
tate dal  aarcoiemma. 

La  struttura  istologica  da  me  riscontrata  in  Neinatoacelis 
serve  a  convalidare  l'opinione  di  Pope  vici- Baznosanu,  il  quale 
considera  le  valvole  come  ostii  che  sboccano  entro  i  vasi  aortici, 
riguardando  da  un  unico  punto  di  vista  generale  tutte  le  aper- 
ture cardiache. 

Sìa  le  valvole  che  le  labbia  ostiali,  infatti,  sono  organi 
che  separano  la  porzione  contrattile  dell'apparato  circolatorio 
da  quella  non  contrattile;  entrambe 
sono  costituite  da  un  boIo  strato 
muscolare,  che  è  la  continuazione 
della  tunica  interna  muscolare  de! 
cuore,  ed  entrambe  fanno  comuni- 
care la  cavità  cardiaca  con  altre 
cavità  (tronchi  aortici  e  seni  ve- 
nosi), la  cui  parete  è  costituita 
dalla  continuazione  della  tunica  esterna  connettivale  del  cuore. 
Questo  concetto  dei  rapporti  reciproci  fra  cuore,  valvole, 
labbra  ostiali,  arterie  e  seni  venosi,  il  quale  comprende  in  sé 
il  concetto  sopra  esposto  di  Popovici-Baznosanu,  ho  rappresen- 
tato nei  due  schemi  della  figura  6. 


Fig.  5.  —  Ponione  vicinale 
deH'Borta  posteriore  destra. 


Fig.  6.  —  Schema  delU  struttura  istologica  delle   valvole   e   degli    ostii: 
a.,  orificio  di  un'arteria  e  sue  valvole;  b.,  ostìo  e  sue  labbra. 

II  modo  con  cui  le  valvole  lasciano  passare  il  sangue  dal 
cuore  alle  arterie  e  ne  impediscono  successivamente  il  riflusso 
è  evidente;  i  vari  autori  lo  hanno  del  resto  indicato  per  i  vari 
crostacei. 

Dalla  linea  d'inserzione  delle  valvole  nella  imboccatura  delie 
arterie  si  partono  dei  muscoli,  che  vanno  ad  attaccarsi  alle  pa- 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


RICERCHE  ANATOHO-ISTOLOQICHE   flUaLl  EUPADSIACEI  59 

reti  cardiache  e  specialmente  alla  parete  dorsale,  aia  diretta- 
mente, sia  mediatamente  legandosi  ad  altri  fasci  muscolari. 
Credo  però  che  ad  essi  non  sia  connessa  alcuna  speciale  fun- 
zione oltre  a  quella  di  provocare  le  sistoli.  Non  corrispondereb- 
bero però  ai  muscoli  ostiali;  del  resto  anche  la  loro  posizione 
è  diversa. 

Arterie.  —  Dal  cuore  di  Nemaloscelis  megalops  partono, 
come  ho  già  detto,  dieci  tronchi  arteriosi,  cioè,  un'aorta  cefa- 
lica, due  arterie  laterali  anteriori,  due  arterie  epatiche,  un'arteria 
0  aorta  discendente,  due  arterie  laterali  posteriori,  due  aorte 
posteriori. 

h'aorta  cefalica  parte  dall'apice  anteriore  del  cuore,  in  con- 
tinuazione della  linea  mediana  della  sua  parete  dorsale  ;  subito 
al  disotto  di  essa,  con  cui  anzi  hanno  comune  l'origine,  sì  tro- 
vano ie  due  arterie  laterali  anteriori.  Le  arterie  epatiche  si  stac- 
cano al  disotto  e  all'indìetro  delle  tre  prime,  a  poca  distanza 
da  esse.  L'aorta  dÌBcendente  è  impari  e  ai  trova  in  prossimità 
dell'apice  posteriore  del  cuore,  ventralmente  ;  è  notevole  la  sua 
asimmetria,  giacche  si  stacca  un  po' a  sinistra  della  linea  me- 
diana del  cuore,  mantenendosi  dalla  stessa  banda  lungo  il  suo 
decorso.  Le  due  arterie  laterali  posteriori  sono  di  piccolo  calibro 
e  sorgono  poco  in  avanti  delle  due  aorte  posteriori.  Queste  sono 
molto  ingrossate  nella  loro  porzione  iniziale  e  presentano  poi, 
per  gran  parte  del  loro  decorso,  delle  ripiegature  longitudinali 
piii  0  meno  irregolari, 

ZiHHEB  (14)  in  Euphausia  superba  descrive  due  arterie  dì- 
scendenti,  di  cui  solo  una,  Vaorla  discendente,  è  di  grosso  calibro  e 
raggiungerà  l'arteria  sternale,  mentre  l'altra  è  poco  sviluppata,  di 
varia  larghezza  e  di  decorso  incostante.  Raab  (13)  in  Meganycli- 
phanes  noroegica  trova  una  sola  arteria  discendente.  laNematoscelis 
megalops  vi  è,  è  vero,  una  sola  aorta  discendente,  ma  questa 
alla  sua  origine  è  grandemente  svasata  e  sembra  in  qualche 
caso,  nella  regione  della  svasatura,  che  presenti  una  sorta  di 
moncone  tendente  verso  destra. 

E  da  pensare  che  lo  schema  morfologico  tipico  porti  due 
arterie  pari,  simmetriche,  e  che,  nel  gruppo  degli  Eufausiacei, 
mentre  solo  une  di  esse  si  è  affermata  come  aorta  discendente, 
l'altra  eia  priva  d'importanza  e  manifesti  grande  variabilità  e 
giunga  persino  a  mancare. 


zed.yGOOg[e 


60  OIDSEFPB  GOLOSI 

Le  arterie  sono  costituite  da  una  tunica  di  cellule  connet- 
tivali,  che  sono  la  continuazione  della  tunica  connettivale  eeterna 
del  cuore.  Esse  sono  molto  larghe  ed  estremamente  schiRcciate; 
i  margini  di  commissura  fra  cellule  e  cellule  sono  alquanto  si- 
nuosi. I  nuclei  sono  mediocri,  lenticolari,  e  producono  nelle  cel- 
lule una  sporgenza  abbastanza  notevole  verso  l'esterno.  Questo 
strato  connettivale  è  generatore  di  una  cuticola  chitinosa  anista, 
che  riveste  internamente  te  arterie.  Tale  cuticola  è  pili  o  meno 
spessa  a  seconda  delle  varie  arterie,  raggiungendo  il  massimo 
dì  spessore  nella  porzione  vicinale  delle  grosse  arterie  posteriori. 

Le  pareti  delle  arterie  dunque  sodo  oostituìte  da  due  strati, 
uno  interno  anisto  (cutìcola  o  intima),  ed  uno  esterno  connet- 
tivale {adventitia).  E  però  da  notare  che  l'intima  sì  assottiglia 
col  diminuire  del  calibro  delle  arterie;  tanto  che  le  piccole  ar- 
terie se  ne  trovano  sprovvedute. 

Dalla  struttura  istologica  risulta  che  le  arterie  sono  prive 
di  contrattilità. 

Seni  venosi.  —  Non  è  mio  divisamente  descrivere  i  vari 
seni  venosi  di  Nematoscelis,  essendo  il  mio  lavoro  limitato  al 
cuore  e  agli  organi  vicini.  Accenno  perciò  soltanto  al  setto  pe- 
ricardico,  in  cui  affluisce  il  sangue  venoso  degli  altri  seni,  che 
per  mezzo  degli  ostii  passerà  nel  cuore.  II  cuore,  come  già  avevo 
detto,  è  sospeso  nel  seno  pericardico  per  mezzo  dì  numerose 
bende  e  membrane  simmetriche  dì  tessuto  connettivo,  le  quali 
si  distaccano  dalla  tunica  esterna  connettivale  del  cuore. 

Ora  nel  suo  lavoro  sull'organizzazione  dei  Phronimidae,  Claus 
fin  dal  1879  scrìveva:  "  Die  bindegewebigen  Faserzftge  und 
Membranen,  welche  ala  mesenterien  die  Befestigung  von  Herz, 
Darmcanal  und  Nerveusysteni  an  der  Leibeswand  vermittein, 
haben  neben  dem  Werthe  von  Suspensorien  noch  eine  zweite, 
nìcht  minder  wichtige  Function,  der  man  bislang  unsoweniger 
eine  nUhere  WUrdingung  zu  Theil  werden  lassen  kounte,  als  die 
ausserordentlìeh  reicbe  Entfaltung  und  regelm&ssige  Àusbreìtung 
dieserim  Leibearaumeaussespannten  Bindegewebigen  Haute  wird 
aber  der  Leìbesraum  in  weite  miteinander  communicìrende  Pe- 
rivisceralcaiiiile  zerlegt,  in  denen  das  an  zelligen  Elementen 
reiche  Blut  nach  seìnem  Àustrìttaus  den  Gefòssofhungen  welter 
strSmt.  Niclit  in  waadungsiosen  Lacunen  der  Loibeshòble,  son- 
dern  in  woblbegrenzteu  Canalen,  in  welche  die  Leibeshòhle  durch 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


RICBRCHB  ANATOUO-ISTOLOaiCHE  EUGU  BDFAUSUCBl  61 

BÌDdegewebshllnte  geschìeden  wird,  volizìeht  sich  der  regel- 
màssige  Kreialauf  dea  Blutes,  welches  durch  LOcher  der  binde- 
gewebigen  Scheìdewftnde  «us  dem  einen  Canalbezirk  in  den 
anderen  an   bestimniten  Stelldn  Ubergefuhrt  wird  ,. 

Le  pareti  dei  seni  venosi  sono  in  generale  costituite  da 
uno  strato  di  cellule  connettivalì  assai  schiacciate,  le  quali  pro- 
ducono verso  l'interno  del  seno  ana  cuticola  chitinoaa  {intima) 
piìi  o  meno  spessa  Non  ho  potuto  però  ben  accertare  un'intima 
ne  nel  connettivo  che  costituisce  lo  strato  eeterno  della  parete 
cardiaca  e  contemporaneamente  la  parete  superiore  del  seno 
pericardico,  oè  sui  grossi  muscoli  del  corpo  che  limitano  i  seni. 
In  quest'ultimo  caso  il  perimisio  sostituirebbe  l'intima.  Assai 
spesso  è  l'intima  che  separa  il  seno  pericardico  dagli  organi 
sottostanti;  cosi  anche  l'intima  dei  seni  branchto- cardiaci. 


CONCLUSIONI 

1.  Le  pareti  cardiache  sono  costituite  da  due  strati,  uno 
estemo,  connettivale,  continuo,  ed  uno  intemo,  muscolare,  dis- 
continuo. Manca  un  endotelio. 

2.  Organi  attivi  dei  movimenti  cardiaci  sono  i  muscoli  pa- 
rietali, e  specialmente  le  trabecole  muscolari  che  attraversano 
nei  vari  sensi  la  cavità  cardiaca.  Le  contrazioni  hanno  preva- 
lentemente direzione  dorao-ventrale. 

3.  Le  labbra  oetiali  hanno  struttura  esclusivamente  muscolare. 

4.  Gli  ostii  si  aprono  e  sì  chiudono  per  azione  di  muecoli 
speciali  che  attraversano  la  cavità  cardiaca. 

5.  Le  valvole  cardio-arteriali  hanno  struttura  esclusiva- 
mente muscolare. 

6.  Le  valvole  cardio-arteriali  si  aprono  e  si  chiudono  per 
azione  esclusiva,  o  quasi  esclusiva,  della  pressione  sanguigna. 

7.  Le  pareti  delle  arterie  sono  costituite  da  un'intima  omo- 
genea interna  e  da  un'avventizia  connettivale  esterna.  Mancano 
di  fibre  muscolari.  Col  diminuire  del  calibro  delle  arterie  l'in- 
tima si  assottiglia  fino  a  renderai  invisibile. 

8.  Le  arterie  sono  prive  dì  contrattilità. 

9.  Le  pareti  dei  seni  venosi  sono  costituite  da  un'intima 
omogenea  interna  e  de  un'avventìzia  connettivale  eatema,  Man- 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


G2         flinSSPPE  COLOSI  —  RICERCHE  ANATOMO-ISTOLOaiCBB,  ECC. 

cano  di  fibre  muscolari.  L'intima  può  aseottigliarsi  fino  a  spa- 
rire. Può  essera  sostituita  dal  perìmisio. 

10.  I  seni  venosi  sono  privi  di  contrattilità. 

11.  Le  valvole  arteriali  e  le  labbra  ostiali  rappresentano 
la  continuazione  della  tunica  muscolare  interna  del  cuore.  En- 
trambe hanno  lo  stesso  significato  morfologico. 

12.  Le  pareti  delle  arterie  e  delle  vene  sono  la  continaa- 
zione  della  tunica  connettivale  estema  del  cuore.  Le  arterie  e 
le  vene  hanno  il  medesimo  valore  morFologico. 


OPERE  CITATE 

1.  BiBoa  R.  S.,  BeilHIgt  tur  vtrgUìehendtn  Hitlohjfie.  III.  Ueber  die  Gefd*s- 

Kandung   bei   Artkropodea,    Jn    *  AnatomUchen    Heften  ,,    Bd.    XIX, 
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3.  Clacs  C.  Der   Organismus   dtr   PkroMimidnt,   in  'Arbeìt.   Zool.  Inatit. 

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5.  Id.,  Zur  Kennlnim  der  Kreiilauforgane  dtr  Sekizopodm  u*d  Decapoden, 

in  "Arbeit.  Zool.  Instit.  UniTers.  Wien  „  Tom.  V,  Heft  3,  1884, 

6.  DsLAOE  y,,  ContnbutiOH  à  l'elude  de  t'appareil  cireidntoirt  de»  Cruttaef$ 

édriophfhalmeK  marÌHg.   in    *  Archivee   de    Zoologie   eipér.  et   gén.  ,, 
Toro.   IX.  18ftl. 

7.  Ib.,   Circulalion  et  retpiration  chez  les  Cru»lacis  Sehixopodes  (Mj/àit  Latr.). 

in  'Arch.  de  Zool,  eipériro,  et  gin.  ,.  Il™  Sèrie.  Tom.  1,  1883. 

8.  Oadzieiewicz  W.,   Ueber  den  feìtereit  Bau  dea  HerzeH»  bei  Malakostraken, 

'in  *  Jenaische  Zeit«chr.  f.  NaturwJM. .,  Bd.  XXXIX.  N.  F.  Bd.  XXXIII. 
Heft  2,  1904. 

9.  Gerstasckeb  a.  e  Orthann  A.  E.,  Die  Klasten  und  OrdnuMgeti  dtr  Ar- 

thropoden.   Bd.  V,  Abth.   II,    Cruniatea,    U&lfte   II,    Malaeoelraea,    in 

*  Bronn's  Klassen  dea  Thier-ReichB  „   1901. 

10.  Lino  A.,  Lehrbaeh  der  vergleiehenden  Anatomìe,  Jena,  1888. 

11.  PoFomTcrBiinoaAKD  A.,  Sur  la  morphtAogie  du  eaur  de*  arihropodet,   in 

*  Bui,  3oc  Se.  Bncuresci  „  XIV,  1906. 

12.  ScHHBiDiB  C.  C,  HietologUehee  Praktieunt  der  'fiere,  Jena,  1908. 

13.  Ràib  F.,   Zur  Anatomie    und    Hìstoloyie    der    Euphauaiiden,    in    *  Zool. 

km.  ,.  XLI,  1913. 

14.  ZiHHBi  C,   Unltriuehungen  ùber  den  ianeren    Bau    voh    '  Eupbauma   su- 

perba Dana  „  in  *  Zooloipca  „  XXVI,  63,  1918. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


LUIGI  BKDSOTTI   —  SULLA  SCOM POSIZIONE,   EOC. 


SiUs  scomposizione  dì  odi  formi  bisarii  biquadratici 
nella  somaa  dì  dae  qiidratì 

Nota  del    Prof.  LUIGI    BRUSOTTI 


In  uno  de'  suoi  interessanti  lavori  sulle  frazioni  continue 
di  Halfbeit,  i)  Prof.  F.  Gerbaldi  tratta  incidentalmente  della 
scomposizione  di  una  biquadratica  binaria  nella  somma  di  due 
quadrati  (*)  e  trova  quanto  segue: 

'  Una  biquadratica  X  (x)  ai  può  in  infiniti  modi  decomporre 
nella  somma  dei  quadrati  di  due  polinomi  di  2"  grado  in  z,  dei 
quali  uno  ha  per  radici  due  punti  (£,  y),  che  appartengono  l'uno 
alla  terza  polare  dell'altro  rispetto  al  covariante  aeatico  di  X. 

*  Fissato. ad  arbitrio  E,  restano  possibili  per  y  tre  valori; 
questi  si  calcolano  razionalmente,  qualunque  sia  £,  appena  sia  ri- 
soluta l'equazione  invariante 

che  è  indipendente  da  i  ^.  Con  t  e  j  sono  indicati  i   noti   inva- 
rianti della  biquadratica. 

Ora,  partendo  da  un'osservazione  del  tutto  elementare,  il 

rJBultato  si  può  ritrovare,  ed  anche,  in  un  certo  senso  completare: 

a)  notando  come  ia  proprietà  affermata  per  uno  dei  due 

quadrati  in  relazione  al   covariante  sestico  della  biquadratica 

valga  anche  per  l'altro  quadrato  e  in  relazione  ad  uno  stesso 


(')  F.  Gibbàldi,  Simmtlria  e  periodieità  ntllt  frazioni  eotUinut  di  HalphtM 
['Atti  della  R.  Accademia  delle  Scienze  di  Torino.,  io).  LUI  (1918): 
Nota  I,  pp.  767-784;  Nota  ti,  pp.  869-837].  Vedasi  Nota  I,  n.  4  (pag.  77«). 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


64  r.nioi  brdsotti 

f&ttore  quadratico  del  covariante  sestico,  ossia  ad  una  stessa 
radice  della  citata  risolvente  cubica; 

b)  dimostrando  che  ogni  decomposizione  della  biquadra- 
tica nella  somma  di  due  quadrati  è  del  tipo  indicato. 

Per  comodità  di  linguaggio  parlerò  di  cambinazione  lineare 
anziché  di  somma  di  quadrati;  ma  il  divario  è  puramente  for- 
male,  essendo  sempre  possibile  includere  nei  quadrati  Ì  coeffi- 
cienti (costanti)  della  combinazione  lineare. 

1.  —  Si  ha  facilmente  che: 

Condizione  necessaria  e  sufficiente  perchè  una  forma  binaria 
biqttadratica  f  sia  esprimibile  come  combinazione  lineare  dei  qua- 
drati di  due  forme  binarie  quadratiche  p  e  q  (^)  è  che  {  possa 
spezzarsi  nel  prodotto  di  due  fattori  quadratici  r,  s,  in  tal  maniera 
che  i  gruppi  r  =  0,  s^O,  p  =  0,  q^=  Osiano  in  una  stessa  in- 
voluzione ed  in  questa  formino  nell'ordine  scritto  quaterna  armonica. 

Ed  invero  dall'identità 

segue  l'altra 

f=(kp-\-kq)(kp-kq) 
e  reciprocamente, 

2.  —  Poiché  lo  spezzamento  di  una  f  generica  {*)  nel 
prodotto  di  due  fottorì  quadratici  si  può  effettuare  in  tre  modi 
essenzialmente  distinti,  così  per  la  decomposizione  di  f  nella 
combinazione  lineare  di  due  quadrati  si  hanno  tre  distinte  serie  <x  ' 
di  soluzioni  essenziali. 

Basti  osservare  che,  fissato  uno  spezzamento  di  f  ìa  fattori 
quadratici  r,  s,  e  preso  genericamente  uno  dei  fattori  lineari 
ad  esempio  di  p,  è  determinata;)  (a  meno  di  un  fattor costante) 
dall'appartenenza  dì  p  =  0  all'involuzione  individuata  dai  gruppi 
r=:0,  8  =  0,  ed  è  determinata  q  (sempre  a  meno  di  uo  fattore 


(')  Si  intende  esduBo  il  cmo  in  cui  p  coincida  con  g,  a  meno  di  no 
fattor  costante;  e  ciò  anche  nel  Bcgnito,  salvo  contraria  menuoue. 

(')  Cioè  a  discriminante  non  nullo.  La  restrizione  va  tenuta  presente 
se  si  vof^liono  accogliere  senza  riserve  tatti  gli  enunciati. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


SDI.LA  SC01IPU3IZIONB   DI  DNA   FORMA   BINARIA,   ECC.  65 

costante)  dalla  condizione  che  r  =  0,  s  =  0,  p  =  0,  9  =  0,  far. 
mino  quaterna  armonica.  Per  confronto  di  coefficienti,  scelti 
comunque  i  fattori  coatanti  si  determinano  i  parametri  della 
combinazione  lineare  (oppure  scelti  comunque  i  parametri  si 
determinano  i  fattori  stessi)  (')- 


f- 


-  Introducasi  ora  il  covariante  sestico  T  dì  f  e  siano 
<p,  Hi,X  ì  noti  fattori  quadratici  di  questo. 

Gli  elementi  doppi  dell'involuzione  individuata  dar^O,  8=0 
aoQO  forniti,  com'è  ben  noto,  dall'annutlarsi  di  uno  dei  fattori 
quadratici  dì  T;  sìa  questo  «p.  Posto; 

q  =  qj={«x)(vx), 
si  avrà  allora 

(<Pp)*  =  'Pv<P.  =  0,         ,  ,  ,  ,, 

(<P?)  =<P«<Pi.  =  0, 

Ossia:  Condizione  necesaaria  perchè  una  forma  binaria  bi- 
quadratica sia  esprimibile  come  combinazione  lineare  dei  quadrati 
di  due  date  forme  quadratichef  è  che  queste  siano  coniugate  ad 
uno  stesso  dei  tre  noti  fattori  quadratici  in  cui  si  spezza  il  cova- 
riante  sestico  della  biquadratica. 

4.  —  Dalla  (») 

r=2<PVX 
si  deduce 

V  T,'  =  -g-  VvV.  VbV.  XvXi  +  j  <P»<P. }  V/X**  +  V'*Xv*  i  4- 

+  Y  '*'>'''''  '  ""*  "P*'  +  ""*  "P"*  '  "*" 


(')  È  eccesionale  il  caso  in  cui  il  fattore  lineare  aasonto  per  p,  lia 
fottore  linekre  di  f.  Se  Io  ò,  ad  ea..  di  r,  coincidono,  a  meno  di  fattori 
coitanti,  p,  q,  r.  La  richiesta  dee  odi  posizione  di  f  noa  b  poBsibile,  w  ancfae  a 
non  coincide,  a  meno  di  un  fattor  costante  con  r. 

(*)  Ci.aascB,  TTtwrie  dtr  binàren  algebraitehtrt  Formen  (Leipzif;,  1672), 
§  M,  form.  (5). 

Atti  della  S.  Areadtmia  —  Voi.  LV.  5 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


66  LUIQI   BRDSOTTI 

Ma  dalla 

VuX*  — vbXv  —  fy«)  (vx) 

e  dalle  analoghe,  quadrando,  ai  ricavano  la 

Vy*X.'  +  V=*Xlf*  —  ^VyVt  XirXf 
e  le  analoghe,  quando  sì  tengan  presenti  le 

(vx)*  =  (X<P)*  =  (<PV)*  =  0; 
onde  infine  è 

V7;«  =  2<p„v='C»V.X,Xs; 
e  similmente 

J'„'T,»  =  2(p_cp>v„VrXHX>- 

Dall'enunciato  de)  num.  3  si  ricava  dunque: 
Condizione  necessaria  perchè  una  forma  binaria  biquadrati^'a  f 
sia  esprimibile  conte  combinazione  lineare  dei  quadrati  di  due  date 
forme  quadratiche,  è  che  per  ciascuna  di  queste  i  due  punti-ra- 
dice  appartengano  uno  al  terzo  gruppo  polare  dell'altro  rispetto  al 
gruppo  T  =  0,  essendo  T  il  covariante  sestico  di  f. 

6.  Se  si  fa  riferimento  ad  una  sola  delle  due  forme  qua- 
dratiche, dai  num.'  1.  e  2.  risulta  che  le  condizioni  esposte  nei 
num.'  3.  e  4.  si  presentano  anche  come  sufficienti.  Ossia:  Con- 
dizione necessaria  e  sufficiente  perchè  f  ^  a*„  sia  decomponibile  nella 
combinazione  lineare  dei  quadrati  di  due  forme  quadratiche  di  cut 
una  sia    p  =  (yx){zx)  è:  2  VT,'  =  (p„(p, .  Vv  V. .  X^X,  =  0  ('). 

Così  dato  il  punto  (y),  ad  (y)  a»  può  associare  come  punto  (z) 
uno  qualunque  dei  tre  punti  (z)  forniti  dalla  T^'  Tj*  ="0  (risp. 
dalle  ipjipB  =  0,  VyVi  =  0,  XjXj^o). 

Dico  che  essi  sono  razionalmente  determinati  quando  si  co- 
noscano le  radici  m,  m',  m",  della  risolvente  cubica 


1 


:/_  'y=0. 


(')  Qui,  e  più  lotto,  sì  tenga  preaente  come  ecceEÌouale  il  e 
«econUo  la  nota  posta  già  al  n.  2. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


SOLL;^  SCOUPOSIZIONB   DI  UNA   FORMA   BINABli,   ECC.  67 

Ed  invero  dalle  0) 

—  29' =  B -\- mf , 

-2x'^H+m"f, 
nelle  quali  H^Hj,*  e  l'HeBsìano  di  f^a^*,  si  ricavano  le 

2<Py^.<Py'  CPt     =   By'Hi   +   Ma/ A,, 

—  2iVy^ .  Vv  Vt  =  Hy^ Ht  -{-  m' Oy'a,  , 

—  2Xy*.  Xp  X.'  =  -ffii'-ff.  +  m"ay*at , 

ove  ip',  hi',  x'  sono  simboli  equivalenti  a  <f>,  u»,  X- 

Segue  che,  noto  (y),  ì  tre  punti  {z)  sono  razionatmente 
forniti  rispettivamente  dalle 

Hy^  Ht -\- may*  Oi    ^0, 

Hy»H^-\-m"ay»a,  =  0. 

6.  —  Chiudo  con  un  cenno  relativo  ad  una  rappresen- 
tazione iperspaziale  già  da  me  usata  altrove  (^). 

Si  interpretino  i  coefBcienti  di  f  come  coordinate  omogenee 
projettive  di  un  punto  [^1  corrente  in  un  Si  (punto  imtnagine). 
Fra  ìq  biquadratiche  sì  considerino  quelle  che  son  quadrati  di 
forme  quadratiche;  il  luogo  dei  loro  punti-immagine  è  una  su- 
perfìcie Z  (del  4**  ordine)  proiezione  della  nota  superficie  di 
Vebonese. 


(*)  CiMtBoa,  op.  cit„  %  44,  form.  (4). 

(^1  E  ciob  in  dne  mie  pubblicaziooi  :  Sulla  curva  razionale  normale 
dttlo  spazio  a  quattro  dimeitaioai  [*  Annali  di  HateroOitica  ,,  serie  8',  tomo  IX, 
(1904),  pp.  311-352];  Interpretazione  ipergpaziale  di  un  teorema  di  Oorpak 
[■  Rend.  del  R.  Ut.  Lomb.  .,  serie  2»,  voi.  XLIl  (1909Ì,  pp.  144-148);  e  in 
an'aggianta  alU  Nota  del  Prof.  Bbeeoubi,  Sul  «ignifieato  geometrico  di 
alcune  identità  liiteari  tra  guadrafi  di  forme  algebriche  [' Ibid.  ,,  »ol.  Lt 
(1918),  pp.  481-454]  gentilmente  dft  lui  pubblicata  io  fine  del  euo  latoro 
(pp.  452-454). 


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68  LUiei  BRDSOITI   —   HDLLA  SCOMPOSIZIONE,   ECC. 

Il  problema  algebrico  della  rappreeentazione  di  una  biqua- 
dratica f  generica  come  combinazione  lineare  dei  quadrati  di 
due  forme  quadratiche  ai  traduce  cob\  in  quello  dì  trovare  le 
corde  di  Z  passanti  per  un  punto  {f\  genericamente  assegnato  in  S^. 

Ora  tali  corde  si  diatribuiacoD»  in  tre  S,  passanti  per  l'unica 
trisecante  di  Z  che  esca  da  [/"],  come  subito  si  trova  ponendo 
mente  alle  tre  rette  doppie  ed  al  punto  triplo  della  euperficie 
di  Stbiker  che  si  può  ottenere  proiettando  Z  da  [f]  eopra  un 
generico  St  di  S^. 

Cosi  V  esistema  di  tre  serie  a>^  di  soluzioni  del  posto  problema 
alffeòrico  si  collega  a  quella  delle  tre  rette  doppie  della  superficie 
di  Steiner. 

Castel  felice  di  Uontebello.  Agosto  1919. 


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QinRlNO  MAJORANA.  —  SULLA   GRAVITAZIONE 


SrIU  grsvitszione 

NoU  del  Socio  nazionale  reaidente  QUIBINO  MAJORANA 


Origim  della  ricerca.  —  In  uà  precedente  lavoro  (^)  sulla 
teoria  delle  relatività,  e  auU'inflaenza  del  moTÌmento  della  sor- 
gente 0  di  uno  specchio  Bulla  propagazione  della  luce,  esprìmevo 
il  dabbio  che,  fi-a  le  cause  incognite  che  possono  influire  sul 
fenomeno,  petesse  esservi  il  campo  gravitazionale  terrestre.  Senza 
aver  la  pretesa  di  connettere  ora  due  ordini  di  fenomeni  tanto 
diversi,  riferirò  in  questo  lavoro  di  alcune  ricerche  sulla  gravi- 
tazione, che  fiironc  cosi  originate  dalle  altre  già  deBcritte. 

In  nna  Nota  preliminare  pubblicata  in  questi  Atti  {'),  diedi 
già  notizia  delle  nuove  ipotesi  da  me  formulate,  in  connessione 
con  la  presente  ricerca,  e  che  ora  svolgerò  più  completamente. 
Faccio  notare  peraltro,  che  il  controllo  sperimentale  al  quale  in 
detta  Nota  accennavo,  mi  aveva  fornito  in  principio  un  risul- 
tato contrario  alle  mie  previsioni;  ed  in  tal  senso  ne  davo, 
allora,  notizia.  In  eeguito,  avendo  eliminata  una  causa  di  errore 
non  prevista,  le  mìe  esperienze  mi  hanno  condotto  ad  osser- 
vare un  fenomeno,  in  perfetto  accordo  con  le  mie  previsioni, 
come  ora  farò  vedere. 

Caratteri  della  legge  dì  Newton.  —  Questa  legge  appa- 
riioe  la  pib  perfetta  fra  le  leggi  fisiche,  nella  sua  semplicità. 
Xessnna  influenza  della  natura  del  mezzo  si  è  sinora  constatata 
nella  propagazione  della  forza  attrattiva,  tra  due  masse  mate- 


(')  'Atti  B.  Acoad.  delle  Sciente  di  Torino  , 
(*)  idem.,  6  aprile  1919. 


zed.yGOOg[e 


70  (tUEKINO   MAJORANA 

riali.  Le  ricerche  dì  Auatin  e  Tbwing  ('),  Kleiner  {'),  Laager  (■), 
Cremieu  (*),  Grisman  (^)  ei)  altri,  tendenti  a  scoprire  un'azione 
del  genere,  nulla  hanno  svelato.  Per  opera  di  Laager  che  stu- 
diava il  peso  dì  una  sfera  di  argento  circondata  da  piombo,  ai 
pub  ritenere  che  la  mancanza  di  effetto  sia  stata  sinora  con- 
Btatata  sino  ad  una  precisione  di  circa  5.10~'.  Queste  esperienze 
hanno  confermato  al  fisico  e  all'astronomo  la  esattezza  delta 
legge  di  Newton. 

Dubbi  sulla  esattezza  della  legge  di  Newton.  —  Non 
mi  sembra  però  lecito  inferire,  da  una  esperienza  simile,  p.  e., 
a  quella  di  Laager,  che  ciò  che  si  constata  in  laboratorio,  possa 
ripetersi,  con  le  stesse  apparenze,  anche  nei  casi  astronomici. 
Cosi,  non  è  lecito  concludere  che  la  massa  della  sfera  di  argento 
apparirebbe  ancora  la  stessa,  se  collocata  al  centro  della  terra, 
o  al  centro  del  sole  (333000  volte  la  massa  terrestre).  Ammet- 
tiamo dunque,  per  ipotesi,  che  la  massa  possa  apparire  piìi 
piccola,  se  circondata  da  altre  masse,  che  cioè  vi  sia  diminuzione 
della  forza  gravitazionale,  per  il  propagarsi  di  questa  a  traverso 
un  mezzo  materiale.  Quella  diminuzione  potrebbe  esser  dovuta 
ad  un  carattere  dì  tale  mezzo,  paragonabile  alla  permeabilità 
elettrica  o  magnetica ,  oppure  ad  assorbimento  progressivo 
della  forza.  Nel  primo  caso,  se  l'analogia  con  i  fenomeni  elet- 
trici e  magnetici  potesse  stabilirsi,  basterebbero  piccoli  spessori 
del  mezzo,  per  lasciare  constatare  la  presunta  permeabilità  gra- 
vitazionale; e  questo  non  avviene  nelle  esperienze  note.  Nel 
secondo  caso,  l'assorbimento  potrebbe  verificarsi  solo  per  spes- 
sori di  mezzo  molto  forti,  e  quindi  sfuggire  alle  indagini  di 
laboratorio,  pur  manifestandosi  nei  corpi  celesti.  Questo  secondo 
modello  dell'assorbimento  si  presenta  dunque  come  piii  proba- 
bile, e  sarebbe  più  facilmente  concepibile,  se  la  forza  gravita- 


(')  *  PhyB.  Rev.  „  V.  5,  1897, 
(*)  "Arch.  Se.  phre.  „  1905,  p.  420. 
(»)  Dissert.,  Zaricb,  1904. 

(*)  ■  C.  B,  .,  V,  140,  p.  80.  1905;  V.  141,  pp.  65S.  718,  1905;  V.  148, 
p.  887,  1906, 

(•)  •  Vierteljahrschr.  „  V.  f<d.  p.  167,  1908. 


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SULLA  OR^VITAZIONS  71 

zionale  potesse  venir  causata  da  udh  specie  di  flusso  di  energia, 
sprìgionantesi  continuamente  dalla  materia.  Questo  flusso,  come 
avviene,  p.  e.,  per  la  luce  che  traversa  un  mezzo  torbido, 
rimarrebbe  progressivamente  assorbito:  la  legge  di  Newton  non 
varrebbe  che  in  prima  approssimazione. 

Consegaenze  della  ipotesi  dell'assorbimento.  —  Come 
conseguenza,  si  avrebbe  anzitutto  la  cognizione  di  massa  vera  e 
di  massa  apparente.  La  prima  sarebbe  il  carattere  della  materia 
da  cui  dipende  la  forza  attrattiva,  quando  essa  è  estremamente 
suddivisa.  La  seconda  è,  per  contro,  il  valore  apparente  che  as- 
sume la  massa,  vera  in  conseguenza  del  progressivo  assorbimento. 

Per  rispettare  il  principio  della  conservazione  dell'energia, 
occorrerebbe,  inoltre,  ammettere  che  la  materia  dì  qualunque 
natura,  si  vada  progressivamente  trasformando.  Ciò  sarebbe,  in 
certo  modo,  analogo  a  quanto  avviene  per  il  radio,  colla  diffe- 
renza che  per  questo  corpo  la  trasformazione  dura  qualche 
migliaio  di  anni,  mentre,  per  tutte  le  altre  sostanze  conosciute, 
si  avrebbe  da  fare  con  un  tempo  enormemente  pili  lungo. 

Un'altra  conseguenza  potrebbe  trarsi  :  poiché  la  forza  gra* 
vitazionale  risulta  da  un  flusso  di  energia  assorbito,  non  potendo 
l'energia  distruggersi,  questa  si  dovrebbe  trasformare,  p.  e., 
in  calore.  Per  cui  materia  soggetta  a  gravitazione  si  riscalda;  in 
ciò  si  avrebbe  una  nuova  spiegazione  di  almeno  una  parte  del 
calore  solare-  L'ipotesi  potrebbe  inoltre  essere  messa  a  raffronto 
col  fatto,  quasi  sicuro,  che  il  cielo  è  mancante  di  stelle  oscure 
di  grandi  dimensioni:  infatti  la  materia  agglomerata  in  piccolo 
spazio  dovrebbe  riscaldarsi  notevolmente. 

L'ipotesi  del  carattere  energetico  della  forza  gravitazionale 
è  però  da  me  avanzata  con  ogni  riserva,  e  la  ritirerei  ove 
considerazioni  che  ora  mi  sfuggono,  dovessero  farla  ritenere 
inammissibile. 

Piuttosto,  ritengo  come  probabile,  ed  anzi,  in  seguito  a 
talune  esperienze  che  descriverò,  come  esatta,  la  ipotesi  del- 
ì^assorbimento  gravitazionale. 

Ricerche  analitiche-  —  Per  poter  stabilire  un  piano  di 
esperienze  tendenti  a  verificare  l'ipotesi  dell'assorbimento,  oc- 
corre concretare  questa  ipotesi,  analiticamente.  Una  grandezza 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


72 


QUIRINO  UIJOHANA 


fisica  sui  generié  può  ora  eseere  definita,  e  chiamata  fiutso  di 
atùme  gravitazionale;  non  è  però  neceesario  legare  la  nozione  di 
questa  grandezza  al  coDcetto  di  energia. 

Sia  una  particella  materiale  d  m,  tanto  piccola  da  poter 
ritenere  il  suo  assorbimento  gravitazionale  interno  nullo.  Pos- 
siamo supporre,  secondo  le  fatte  ipotesi,  che  essa  emetta  contì- 
nuamente un  certo  flusso  proporzionale  a  dm,  cioè  kdm,  unifor- 
memente irradiato  in  tutte  le  direzioni.  Se  la  particella  materiale 
trovasi  nel  vuoto,  a  traverso  un  angolo  solido  che  sottenda  la 
superficie  da)  alla  distanza  1,  ai  avrebbe  solo  il  flusso: 

Se  la  particella,  invece  di  trovarsi  nel  vuoto,  si  trova  in 
un  mezzo  di  densità  vera  #«,  il  flusso  che  sarà  arrivato  alla 
distanza  x  dalla  particella  sarà  espresso  da  : 

(I)  q>  =  k  e'"'. 


Ciò  equivale  ad  ammettere  un  assorbimento  progressivo 
del  flusso,  proporzionale  al  valore  di  esso  in  ciascun  punto,  allo 
spessore  del  mezzo  tra- 
versato e  alla  densità 
del  mezzo  S',.  Sì  suppone 
infatti  che: 

essendo  H  il  fattore  dì 
smorzamento  per  la  den- 
sità &v,  ed  k  il  fattore 
dì  smorzamento  per  la 
densità  1. 

Vogliamo  ora  consi- 
derare una  sfera  piena, 
di  densità  uniforme,  e 
determinare  il  flusso  e- 
mergente  da  essa.  Sìa  B 
il  suo  raggio,  0  il  suo  centro  (fig.  1).  Considero  il  punto  interno 
dì  essa  P,  nel  quale  sìa  concentrata  la  massa  dm.  Conduco  il 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


SULU  GKATITAZIONB  73 

nggio  PO  della  sfera,  passante  per  P,  e  descrivo  un  angolo  infini- 
tfomo  QPBy  col  vertice  in  P;  conduco  QA  perpendicolare  a  PQ. 
Dieo  OP^=^r-,  PQ^x;  QD=^y.  Faccio  ruotare  il  triangolo 
QPB,  intorno  all'asse  PO;  il  segmento  AQ  descriverà  l'area 
2« .  TQ .  QA .  Si  può  sostituire  nella  (1),  al  poeto  di  dw,  questa 
area,  riportata  ali 'unità  di  distanza  da  P,  cioè  divisa  per  x*. 
S  ha: 

Conducasi  QD  parallela  ad  OP;  proietto  B  normalmente  au  QD, 
'     il  C.  Sarà  QC=^dy.    Dicasi:  PQO  =  a;  POQ=%;  si    vede 
iQa  figura  che  dy  =:  QBaen%;  QA  =  QBco8a;  per  cui 


QA 


—  Al. 


TQ  =  Raeu6;  x^l/B*-\-r*  —  2rv. 
DiffeT«iziando  : 

Dal  triangolo  OPQ  si  ha: 

r»  =  i»  +  fi»  —  2a;  fi  cos  a  ; 

im  cai: 

x'  +  lP-r' 

8i  ha  quindi: 

Chiamiamo  d^il  flusso  di  azione  che  emette  la  particella  tfm, 
in  totale  e  che  può  uscir  fuori  dalla  sfera  ;  esso  sarà  dato 
dall'int^rale  di  <p  esteso  fra  i  limiti  ll-\-r  ed  E  —  r: 

«4  eseguendo  l'integrazione: 


,Google 


74  QUIRINO  UÀJORiKA 

Estendo  ai  lìmiti  dove  è  possìbile: 

L'integrale  rimasto  in  questa  espressione  è  trascendente  e 
non  se  ne  può  avere  il  valore,  che  sviluppando  questa,  in  serie. 
Con  opportuno  artificio  dì  calcolo,  suggeritomi  gentilmente  dal 
collega  Fubinì,  ai  può  evitare  ciò.  Si  pub  intanto  chiamare  dm 
non  la  sola  massa  contenuta  nel  punto  P,  ma  tutta  quella  di 
uno  strato  sferico  di  raggio  r  e  spessore  dr: 

dm^-inr*  *„rfr, 
per  cui: 

dF^  ÌTt*„rdr  [e  ""-"(-^ +  ;? -I- r) —  «-""'+"(-  +fi-r) 

Per  ottenere  il  valore  del  flusso  totale  emergente  da  tutti 
ì  punti  della  sfera,  occorre  integrare  questa  espressione  da  Oad  A; 
e  si  ha: 

F=k,»,l\dr[e-'-"{^+R  +  r)-,-"-*'>(l+S-r) 

- 1/(5 +  «-)'-"•"■  "■■ 
_l„,  [ZB"        2S    ,      1  1 


Si  può  ora  eseguire  l'integrazione  doppia  dell'  ultimo  ter- 
mine, iarertendo  l'ordine  di  integrazione;  occorre  avvertire  di 


>y  Google 


3QLLA  eR&TITAZIONG  75 

cambiare  anche  opportunamente  i  limiti  di  integrazione.   Cos'i 
operando,  e  ponendo  p  =  RH,  ai  ha  finalmente  : 

(2)  F=M.R>[l--^-.  +  r-'(^  +  ^)]. 

A  questo  flusso  sarebbe  dunque  dovuta  l'azione  gravita- 
zionale, all'esterno  della  sfera.  Poiché  A:  è  il  coefficiente  di  pro- 
porzionalità che  dà,  in  funzione  della  massa  apparente,  la  forza 
newtoniana,  dicendo  tale  massa  apparente  Afa,  si  ha: 


(3)       F=kSJ„;  .¥„  = 
Se  diciamo: 

si  ha: 

(5)  JI/„=  I  n9„fì'H'  =  M.V, 

dove  M„  rappresenta  la  massa  vera  della  sfera.  8i  ha  inoltre: 

(6)  Jtfa  =  f  «»««»:  »<,  =  -^:  ffa  =  *.H';  v  =  ^. 
È  facile  vedere  che: 


(7) 

e  quindi: 


Cioè,  le  masse  apparente  e  vera  coincidono,  ae  p  =  o;  vale 
a  dire  se  si  tratta  di  una  sfera  di  raggio  piccolissimo  o  se  H=0. 

Nella  figura  2  si  sono  riportati  sulle  ascisse  i  valori  di  p 
e  sulle  ordinate  quelli  di  f:  sì  ha  così  la  curva  corrispondente 
all'equazione  (4).  Essa  tocca  l'asse  delle  ordinate  con  un  valore  1 
(vedi  [7j);  ed  à  asaintotìca  all'asse  delle  p. 

La  curva  <t>,  segnata  sulla  stessa  figura,  non  è  oggetto  di 
questa  Nota. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


76 


QUIRINO  MAJORANA 


Applicazione  della  funzione  M'  al  sole.  —  Q  sole  non  ha 
certamente  densità  uniforme.  Ma  per  un'indagine  groBsolana- 
mente  approssimata  suppongo  costante  la  sua  densità  ed 
uguale  a  &v 

La  sua  densità  apparente  è  quella  astronomica  e  sì  ha: 
»,=  1,4L 

Si  possono  fare  varie  ipotesi,  sul  vero  valore  di  J^e,  per  il 
sole;  per  ciascuna  di  esse  si  può  calcolare  il  valore  di  Vf;  me- 
diante le  (6),  poi,  dalla  curva  V,  della  fig.  2,  si  ricava  il  coni- 


Kg.  2. 

spondente  valore  di  p;  e  finalmente,  essendop^  BH^  B  9vh, 
si  può  ricavare  il  vsJore  di  h,  giacché  si  conosce  il  raggio 
solare  R,  =^  6,  95  .  10»«  cm. 

Si  può  così  costruire  la  seguente  tabella: 


#.    =  1,41        2 

5 

IO 

15 

20 

■^  =     1     0.705 

0,281 

0,141 

0,994 

0,070 

^     =     0     0,58 

2,48 

5,20 

7.95 

10,40 

^-     0     8,81.10-'» 

7,08.10-' 

7,49.10-1 

7,68.10- 

7,64.10- 

,Google 


SULLA   aSAVITAZlONB  77 

Da  coi  8Ì  vede  come,  al  crescere  della  densità  vera,  il  va- 
lore di  k  cresce  rapidameote,  sino  alla  densità  di  circa  2,  e  poi 
assai  più  lentamente,  tendendo  verso  un  valore  limite  che,  come 
si  paò  vedere,  rimane  fissato  a  7,65 .  10"". 

Si  vede  ancora  che,  anche  solo  ammettendo  una  densità 
vera  solare  di  poco  superiore  alla  apparente  (p.  e.,  2),  l'ordine 
di  grandezza  del  fattore  di  smorzamento  A  rimane  fissato  fra 
10-"  e  10-". 

Ricerca  del  fattore  h.  —  Secondo  le  ipotesi  fatte,  il  fat- 
tore A  rappresenta  una  costante  universale,  da  cui  dipenderebbe 
la  misura  dell'assorbimento  gravitazionale. 

La  sua  misura  probabile  pu6  rimanere  fissata  nel  valore 
anzidetto,  ma  la  sua  vera  determinazione  non  può  farsi  colla 
sola  considerazione  del  fenomeno  solare. 

'  Non  si  hanno  elementi  infatti  per  dire  quale  possa  essere 
la  densità  vera  del  sole;  forse  ai  può  sospettare  che  essa  sìa 
certamente  superiore  a  1,41  (densità  apparente  od  astronomica), 
quando  si  pensi  alla  grande  densità  di  talnni  corpi  più  pesanti. 

La  elevata  temperatura  del  sole,  che  avrebbe  per  effetto  di 
tenere  in  uno  stato  di  estrema  espansione  tali  corpi,  potrebbe, 
nell'interno  della  massa  solare,  venir  compensata  dalla  enorme 
pressione.  In  ogni  modo  non  è  possibile  stabilire  a  priori  il 
valore  della  detta  densità  vera  solare. 

Si  pub  dunque  pensare  ad  un  metodo  sperimentale  per  la 
ricerca  della  costante  k.  Esso  pub  realizzarsi  cercando  la  even- 
tuale variazione  di  peso  di  una  massa  m,  relativamente  piccola, 
circondata  da  altra  massa  M,  assai  più  grande.  Infatti,  come 
è  a  ritenersi  secondo  le  ipotesi  fatte,  che  il  flusso  di  m  debba 
essere  in  parte  assorbito  da  M,  cosi  anche  il  flusso  gravitazio- 
nale, proveniente  dalla  nostra  terra,  deve  affievolirsi  prima  di 
raggiungere  m  a  traverso  M. 

Suppongo  questa  massa  M  conformata  a  sfera  di  raggio  r 
e  la  massa  m,  piccola  e  situata  al  centro  di  Af.  Se  ^  è  la 
densità  della  sostanza  che  costituisce  M,  si  avrà  per  la(l): 

che  rappresenta  il  flusso  di  m  che  riesce  ad  uscir  fuori  da  M. 


>y  Google 


'O  QDIRrNO  MAJORANA 

Corriapondentemeote,  diceodo  f?ia  ed  m.  le  masse  vera  ed 
apparente  di  m,  si  ha: 

'"*-  ;=  e-*""" .         ossia         m-  :=  tn.  é"**' . 


Essendo  r  assai  piccolo  (al  più  qualche  decimetro),  si   ha: 

tMa  ^  IMp  (1  —  k&r). 
Cioè  la  massa  m  subirebbe  una  variazione  in  meno  dJ: 
(8)  (-mA»r. 

Da  questa  si  dedurrebbe  il  valore  di 

Si  può  stabilire  quale  sia  l'ordine  di  grandezza  di  e,  in  una 
possibile  esperienza  di  questo  genere.  Supponiamo  m  =:  m*  =  1  kg.; 
9:=  13,60;  r  =  10  cm.  Ciò  corrisponde,  all'incirca,  alle  condi- 
zioni da  me  realizzate  in  una  esperienza  che  presto  descriverò: 
in  essa  m  è  una  palla  di  piombo;  la  massa  M  è  costituita  da 
mercurio  distribuito  simmetricamente  intorno  ad  m.  Poiché  h 
deve  probabilmente  risultare  dell'ordine  di  10~",  sarà: 

e  --=  1000 .  10-'M3,60 .  10  =  1,4 .  10"'  gr. 

Cioè,  occorrerebbe  poter  valutare  circa  1,10000  di  mg.  su 
1  kg.  L'apparecchio  necessario  per  l'esecuzione  della  progettata 
esperienza  dovrebbe  soddisfare  a  tale  condizione. 

DeBcrizioiie  della  disposizione  sperimentale.  —  Una  bi- 
lancia Rueprecht  della  portata  di  circa  1  kg.  è  stata  rimossa 
dalla  sua  custodia  originale,  e  rinchiusa  in  una  scatola  metal- 
lica a  forma  di  T  (6g.  3),  capace  di  resistere  alla  pressione 
atmosferica,  quando  si  pratichi  in  essa  il  vuoto.  Speciali  artifici 
sono  stati  escogitati  per  comandare  dall'esterno  il  giogo,  ed  il 
movimento  del  cavalierino  di  1  cg.,  su  questo.  I  piattelli  origi- 
nali della  bilancia  sono  pure  soppressi.  Sotto  il  coltello  di  destra, 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


,Google 


80  QDIKi:«0   MAJORANA 

è  fissato  alla  scatola  un  tubo  D  di  vetro,  che  coitgiunge  questa 
con  l'ambiente  nel  quale  si  trova  la  massa  m,  come  sarà  detto. 
Sotto  il  coltello  di  sinistra,  si  trova  una  protezione  di  metallo, 
che  racchiude  una  palla  di  piombo  m',  che  serve  di  contrappeso 
alla  massa  m.  Sul  giogo,  nel  suo  punto  mediano,  si  trova  uno 
specchio  concavo  S,  per  l'osservazione  delle  oscillazioni,  con 
raggio  luminoso  e  scala  verticale.  La  bilancia  trovasi  con  la 
sua  scatola,  sa  di  una  mensola  L,  fissata  al  muro. 

Al  disotto  di  L  e  sul  pavimento  della  stanza,  si  trova  il 
recipiente  V,  destinato  a  ricevere  il  mercurio,  che  circonderà  la 
massa  t».  Esso  è  costituito  con  assai  robusti  pezzi  di  legno 
fissati  insieme;  è  cilindrico,  di  circa  22  cm.  di  diametro  e  di 
altezza  interna.  Nell'asse  del  cilindro  U  sono  collocati  due  tubi 
di  ottone  R,  T,  in  prolungamento  l'uno  dell'altro  e  raccordati 
mediante  una  sfera  cava  V,  di  ottone  di  79  mm.  di  diametro. 
Questa  sfera  è  smontabile,  mediante  una  giuntura  a  viti,  nel 
Buo  piano  diametrale,  orizzontale. 

Nell'interno  di  F  e  concentricamente,  trovasi  una  seconda 
sfera  V  cava,  di  ottone,  di  70  mm.  di  diametro.  Essa  è  connessa 
mediante  una  canna  di  ottone  N,  al  tubo  D  di  vetro,  che  scende 
dalla  bilancia.  La  sfera  V  e  la  canna  N  non  toccano  in  t^cun 
punto  la  sfera  V  ed  il  tubo  T. 

La  sfera  F*  è  scomponibile  come  Y,  in  due  calotte  semi- 
sferiche, in  modo  che  è  possibile  racchiudere  nel  suo  interno  la 
sfera  m  di  piombo.  Questa,  mediante  un  filo  sottile  di  ottone,  è 
sospesa  al  coltello  di  destra  della  bilancia,  a  traverso  i  tubi  D  ed  N. 

L'ingrossamento  Z  di  quel  filo  permette,  col  catetometro, 
di  controllare  la  posizione  della  sfera  m,  rispetto  al  recipiente  U. 

In  questo  può  affluire  il  mercurio  dal  basso;  a  volontà 
questo  liquido  può  essere  rimosso,  mediante  aspirazione  pneu- 
matica. I  livelli  che  il  mercurio  raggiunge,  quando  U  ò  stato 
riempito,  o  quasi  del  tutto  vuotato,  sono  controllati  rigorosa- 
mente da  contatti  elettrici  P  e  F,  opportunamente  regolabili. 
Oltre  a  ciò,  un  delicato  sistema  costituito  da  un  galleggiante  K 
e  dal  suo  contrappeso  K'  indica,  mediante  uno  specchio  S*,  la 
posizione  che  in  ogni  istante  ha  il  mercurio  nel  vaso  U. 

Tutti  gli  aggiustaggi  sono  fatti  con  precisione  superiore  a 
2/10  di  mm.;  dentro  questo  lìmite,  si  può  ritenere  che  il  mercurio 
abbia  il  suo  centro  di  gravità  coincidente  con  quello  della  sfera 


>y  Google 


SULLA  ORATITAZIONE  81 

di  piombo  m.  Questa  ha  una  massa  dì  1274  gr.  ;  il  mercurio 
di  104  kg.  [.a  bilancia  con  i  suoi  accessori  mantiene  il  vuoto 
in  maniera  praticamente  perfetta.  Anche  dopo  24  ore,  la  pres- 
sione interna  non  risale  al  di  eopra  di  7/10  dì  mm.  di  mercurio, 
il  quale  valore  rappresenta  forse  la  tensione  di  vapore  dei  ma- 
stici impiegati  per  chiudere  la  bilancia. 

Durante  le  esperienze,  occorre  sempre  tenere  in  funzione 
la  pompa  rotativa  a  mercurio,  per  ridurre  a  meno  di  1/10  di  mm. 
di  mercurio  la  pressione. 

In  tali  condizioni,  sono  completamente  evitate  perturba- 
zioni dì  temperatura  dovute  al  mercurio  che  circonda  i  due  invo- 
lucri  V  e  V. 

he  osservazioni  vengono  fatte  da  una  stanza  diversa  da 
quella  della  bilancia,  mediante  raggio  luminoso  riflesso  da  S  mi 
scala  a  12  tn.  di  distanza;  è  cos)  possibile  apprezzare  1/10  di  mm. 
su  questa  scala.  La  sensibilità  della  bilancia  pai),  in  conseguenza, 
essere  portata  a  circa  170  mm.  di  deviazione  del  raggio  lumi- 
noso per  mg.  Si  pub  quindi  apprezzare  circa  1/1700  di  mg.  a 
lettura  diretta  e  raggiungere  precisione  Hiaggiore,  con  molte 
osservazioni. 

Vi  ha  però  il  dubbio  che  una  precisione  simile  eia  illusoria, 
e  che  minime  cause  perturbatrici  possano  mascherare  comple- 
taraente  la  deviazione  di  qaalehe  millimetro.  Sono  però  n'uscito 
a  rimuovere  tutte  le  piii  notevoli  cause  di  errore.  La  piìi  grave 
fra  queste  era  costituita  dalle  scosse  meccaniche  esteriori  pro- 
venienti dalla  vita  cittadina.  Le  ho  evitate,  sia  facendo  osser- 
vazioni nelle  ore  notturne,  eia  profittando  dei  giorni  di  sciopero 
generale,  sotto  tal  riguardo  utili. 

Osaerrazione  della  variazione  di  peso.  —  L'effetto  della 
presenza  del  mercurio  intorno  alla  sfera  m,  è  stato  cosi  con- 
statabile. 

Lasciando  permanentemente  abbassato  Ìl  giogo  della  bi- 
lancia, venivano  fatte  alternativamente  e  rapidamente  determi- 
nazioni della  porzione  di  riposo  della  bilancia,  con  oppure  sema 
il  mercurio,  nel  recipiente  V.  La  figura  4  indica  i  diagrammi 
di  quattro  serie  di  osservazioni  eseguite  ìl  20  ed  il  21  luglio  1919 
(giornate  di  sciopero  generale).  Come  ascisse  sono  riportati  i 
Buccessivi    intervalli    di    tempo,  (7,8,, SjCs,CsS4,S4Cs, ...  tutti 

Atti  della  R.  AceadtMia.  —  Voi.  LV.  6 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


82  QUISl.VO   UAJOItANA 

eguali,  intercedenti  fra  le  singole  osservazioni  senza  mercurio 
e  con  mercurio.  Come  ordinate  sono  riportate  le  posizioni  di 
riposo  della  bilancia,  determinate  ciascuna  con  tre  letture  di 
oscillazioni.  Sono  poi  stati  congiunti  con  due  linee  i  punti  così 
risultanti.  Le  due  spezzate,  per  ciascuna  serie,  hanno  andamento 
ascendente,  discendente  o  comunque  variabile  a  cagione  di  pro- 
gressivo spostamento  dello  zero  della  bilancia,  causato  da  lievi, 


*".     *.     *",     s,     e,     s,     e,     Sg     e,     S.O    c^    s„    ^    s^    q,    ^ 

Fig.  4. 

accidentali  e  non  brusche  variazioni  di  temperatura.  Ma  sempre, 
quella  sema  mercurio,  trovasi,  con  i  suoi  punti,  al  disotto  di 
quella  con  mercurio. 

Ciò  vuol  dire  che  sempre  la  presenza  del  mercurio  fa  sem- 
brare piti  leggera  la  sfera  di  piombo  m. 

Nella  stessa  lìg.  4  i  tratti  verticali  rappresentano  le  varie 
medie  successive  ricavabili  da  ciascuna  serie  di  osservazioni 
rappresentata;  essi  sono  51.  Per  semplicità  di  figura,  non  riporto 
qualche  altro  breve  diagramma,  corrispondente  ad  altre  serie  di 
osservazioni  fatte,  insieme  con  quelle  della  fig.  4,  nei  giorni  20 
e  21  Luglio. 

Dirò  solo,  che  prendendo  la  media   generale   di    57    medie 


>y  Google 


3DLLA    OBATITAZIONE  88 

parziali,  trovo,  come  valore  dello  spostamento  della  posizione  dì 
riposo  della  bilancia,  per  la  presenza  del  mercurio: 

mm.  0,358  +  0,012; 

l'errore  probabile  0,012  è  stato  calcolato  con  i  minimi  quadrati. 

Il  senso  dello  spostamento  indica  diminuzione  di  peso,  cioè 
assorbimstito  della  forza  gravitazionale  terrestre  sulla  sfera  di 
piombo  a  traverso  il  mercurio. 

La  sensibilità  della  bilancia,  nel  corso  delle  citate  esperienze, 
ai  è  mantenuta  di  171  nim.  per  mg.  Per  cui  quello  spostamento 
corrisponde  ad  una  variazione  di: 


mg.  ■ 


171 


Correzione  dell'effetto  oaserrato.  —  Nella  esperienza 
così  eseguita  intervengono  però  parecchie  cause,  che,  sovrap- 
ponendosi con  i  loro  effetti  a  quelli  del  fenomeno  ricercato,  ne 
modificano  notevolmente  il  risultato.  Kon  posso  in  questa  rapida 
esposizione  discutere  minutamente  tali  cause  ;  ma  di  esse,  quelle 
che  danno  effetto  sensibile,  sono  riportate  nella  seguente  tabella, 
ciascuna  col  proprio  segno  : 

Effetto  constatato +  mg.  0,00209  +  0,00007 

,       newtoniano  dell'Hg.  sulla  tara  —    ,  0,00085 

dei  serbatoi  di  Hg -j-    ,  0,00007 

del  galleggiante  K  e  E'    .     .  —    .  0,00034 

dell'Hg.  sul  giogo     ....  ,  0,00000 

Correzione  per  Io  spostamento  dello 

zero +    .  0,00001 

Errore  massimo  ammissibile  per  dis- 
simmetrie    ,  4;  0,00009 

Effetto  netto  £  =  mg.  0,00098+0,00016 

Le  tre  correzioni  qui  sopra  riportate  per  gli  effetti  newto- 
niani del  mercurio  e  del  galleggiante  con  il  suo  contrappeso, 
sono  state  calcolate  rigorosamente.  Il  loro  errore  probabile  è  di . 
molto  inferiore  all'errore  probabile  delle  mie  osservazioni. 


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84  QUIRINO  MAJORANA 

L'errore  massimo  ammissibile  per  dissimmetrie  nella  posi- 
zione del  mercurio,  rispetto  alla  sfera  di  piombo,  computato  a 
mg.  0,00009,  b  certamente  superiore  al  vero;  ho  volato  esage- 
rare nell'ammetterlo,  per  far  vedere  che  esso  non  può  coprire 
il  fenomeno  trovato. 

Si  ha  dunque  una  netta  diminuzione  di  peso  della  sfera  di 
piombo  la  cui  massa  è  gr.  1274,  di  mg.  0,00098,  cioè  del  T.T-IO"*" 
del  suo  valore,  per  il  fatto  di  essere  stata  la  sfera  circondata 
da  mercurio. 

PoBsibilìtà  di  altre  canee  di  errore.  —  Nella  descrizione 
dettagliata  di  queste  esperienze,  che  sarà  pubblicata  da  me  in 
altra  sede,  discuto  minutamente  la  possibilità  di  altre  cause  di 
errore;  qui  mi  limito  ad  accennarle: 

I.  Perturbazioni  di  carattere  meccanico,  come:  effetto 
del  peso  del  mercurio  sulla  posizione  della  bilancia,  delle  lam- 
pade di  proiezione,  delle  scale,  ecc.  ;  oppure,  deformazione  del 
vaso  contenente  il  mercurio,  aumento  per  compressione  della 
densità  di  questo  verso  il  basso,  ecc. 

II.  Perturbazioni  di  carattere  calorifico. 

III.  Azioni  radiometriche. 

IV.  Azioni  elettrostatiche. 

V.  Azioni  magnetiche. 

VI.  Azioni  elettromagnetiche. 

£  dirò  solo,  che  tali  cause  di  errore,  se  intervengono,  non 
possono  modificare  il  risultato  avuto,  sensibilmente. 

Determinazioae  della  costante  k.  —  La  constatata  va- 
riazione di  peso  permette  di  calcolare  il  valore  della  costante 
universale  di  smorzamento  h,  almeno  dentro  certi  lìmiti  di 
approssimazione. 

Mi  servo  delle  relazioni  (8),  (9).  Occorre  però  introdurre  una 
ipotetica  semplificazione,  nella  eseguita  esperienza,  se  non  si 
vuole  incorrere  in  grandissime  difficoltà  di  calcolo.  D'altronde, 
per  una  prima  indagine  del  genere,  ciò  può  essere  permesso. 
Suppongo  la  massa  m  di  piombo  pesante  gr.  1274.  concentrata 
in  un  punto;  suppongo  inoltre  la  massa  di  kg.  104  di  mercurio, 
trasformata  da  cilindrica  a  sferica,  pur  contenendo  sempre  nel 
suo  interno  l'involucro  sferico  V  (fig.  3).  Il  raggio  della  sfera  di 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


SULLA  OttATlTAZIONE  85 

mercurio  così  risaltante,  sarà  di  cm.  12,35.  Infine  lo  spessore  di 
mercurio  traversato  dalle  singole  azioni  gravitazionali  emananti 
dal  piombo  (od  arrivanti  ad  esso)  si  può  supporre,  sempre  con 
grossolana  approssimazione,  uguale  alla  differenza  dei  raggi  delta 
sfera  di  mercurio  e  dell'involucro  V.  Ciò  corrisponde  a: 

cm.  12,35  — 3,95  =  cm.  8,40. 
Nella  formala  (9)  è  dunque: 
e  =  gr.9,8.10-^    m^-^gr.  1274;    *=  13,60;    r  =  8,40. 
Si  ha  quindi: 

^=m4.wo.».4='^.""'-. 

e  l'ordine  dì  grandezza  di  questa  determinazione  coincide  con 
quello  previsto  precedentemente. 

Applicazione  del  risaltato  sperimentale  al  caso  del  sole. 
—  Il  risultato  ottenuto  proviene  principalmente  dalla  ipotesi 
che  la  densità  astronomica  del  sole,  qui  chiamata  apparente, 
possa  essere  inferiore  ad  una  certa  altra  densità,  che  abbiamo 
chiamata  vera.  Sempre  facendo  la  semplificazione  derivante 
dall'ipotesi  della  costanza  della  densità  vera  solare,  si  pub  pen- 
sare che  questa  resti  determinata  per  l'esperienza  eseguita.  Di- 
ciamo infatti  Bt  il  raggio  solare,  &„$,  ^at  -le  due  densità  (ap- 
parente e  vera).  Poiché  si  è  detto  p  =  RB^  Bk9,  si  ha  per 
il  sole  : 

Al  valore  pi  corrisponde  un  determinato  valore  V,,  della 
funzione  M',,  desumibile   dalla  fig.    2,   se  fosse  conosciuta  &«i. 
Ora  dalle  (6)  si  ha: 


e  qnindi  : 

p.'V.  =  h}t,»^. 

Essendo  fl,  — 6,95.I0"'cm.,  *«=1,41,  ed  A  =  6,73.10-",  si 
ha  ancora: 

|.,V.  =  6,73.I0-".6,95.10«.1,41  =  0,660. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


86  QUIRINO  MAJORANA 

Questa  condizione  deve  risultare  soddisfatta.  Esaminando 
la  curva  y  della  fig.  2,  si  rileva  che  per  il  punto  p  =  2,0,  sì  ha 
V  =  0,33,  ed  avviene  quindi  tale  verifica.  Dirò  dunque  p,  =  2,0, 
Vi  =  0,33  ;  e  se  ne  deduce  : 


cioè;  la  densità  vera  del  sole  risulta  il  triplo  di   quella  cono- 
sciuta dagli  astronomi  (1,41). 

Ma  quantunque  ritenga  attendibile  il  risultato  generico  dì 
una  densità  vera  superiore  all'apparente,  non  db  soverchio  peso 
al  preciso  valore  della  fatta  deterin  inazione,  il  problema  della 
ricerca  della  densità  vera ,  così  posto,  si  presenta  alquanto  in- 
certo.  Infatti,  basta  ammettere  anche  un  errore  relativamente 
lieve,  nella  determinazione  di  e,  perchè  il  valore  di  #„  venga 
notevolmente  mutato.  Ciò  risulta  dalla  seguente  tabella  : 


0,0007 

4,80 .  IO-" 

2,42 

0,0009 

6,18.10-" 

3,27 

0,00098 

6,73 .  IO-" 

4,27  (d«tertninaz. 

0,0011 

7,55  .  10-" 

10,04 

0,0012 

8,23  .  10-" 

— 

'  aperim,'*) 


Se,  p.  es.,  si  ammette  e  =  0,0011,  la  densità  vera  sale 
da  4,27  a  10,04;  per  e  =  0,0012,  essa  sarebbe  immaginaria. 

Ma  l'esame  della  funzione  V,  porta  ad  una  interessante 
conseguenza:  non  è  possibile  che  la  costante  k  sia  superiore 
a  7,65.10~i*;  infatti,  se  ciò  fosse,  dovrebbe  essere  nel  caso  del  sole: 

-|^>7.65.I0-"»,        cioè        p,V.>0,75, 

e  tale  condizione  non  può  mai  essere  verificata  dalla  (4),  che  al 
pili,  per  grandi  valori  di  A,  dà  p^^^-v  ■ 

Io  altre  parole,  si  può  anche  dire:  poiché  il  sole  ha  una 
densità  apparente  dì  1,41,  il  coefficiente  di  smorzamento  A  non 
può  essere  superiore  a  7,65.10-". 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


SDLLA  OKATITAZIONE  87 

L'esperienza  dà  6,73.10"",  per  cui  vi  è,  ainora,  accordo  tra 
i  fatti  e  la  teoria  da  me  proposta. 

Termino  queste  coDsiderazioni  facendo  rilevare  che,  am- 
messe le  ipotesi  dell' asBorbimento  gravitazionale,  la  trattazione 
fatta  per  il  sole  con  la  semplificazione  della  costanza  di  densità 
non  può  condarre  a  risultati  troppo  erronei.  Infatti,  se  si  sosti- 
tuisce all'ipotesi  della  densità  costante  un'altra  legge  di  varia- 
zione della  densità,  questa  ultima  sarà  necessariamente  più 
grande  al  centro  che  sulla  superfìcie. 

Per  cui,  da  un  canto,  l'accumularsi  della  materia  verso  il 
centro  farebbe  si  che  lo  smorzamento  di  più  gran  parte  di 
questa  si  verifichi  a  traverso  spessori  maggiori,  dovendo  l'azione 
gravitazionale  passare  principalmente  dagli  strati  profondi  alla 
superficie  e  dopo  all'esterno;  ma  dall'altro  canto,  la  massa  este- 
riore è  di  densità  ridotta  e  quindi  lo  smorzamento  stesso  dimi- 
nuisce. Sono  dunqne  due  cause  opposte,  che  certamente  non 
potranno  in  generale  compensarsi  esattamente,  ma  che  si  sot- 
traggono nei  loro  effetti,  lasciando  la  densità  media  vera,  non 
troppo  differente  da  quella  da  me  trovata. . 

Sommano  e  conclusione.  —  Partendo  dall'esame  della 
legge  di  Newton,  sono  venuto  nell'idea  che  la  forza  gravitazio* 
naie  possa  affievolirai,  per  assorbimento  da  parte  della  materia. 

Questa  potrebbe  quindi  appalesarsi  con  una  massa  vera  e 
con  una  massa  apparente.  Con  altri  ragionamenti,  sono  arrivato 
a  sospettare  che  la  materia  che  scherma  la  forza  gravitazionale 
possa  riscaldarsi.  Benché  tale  concezione  risolverebbe  in  modo 
nuovo  la  vecchia  controversia  dell'origine  del  calore  solare,  io 
la  formulo  con  tutte  le  riserve. 

fio  poi  intrapreso  la  trattazione  teorica  del  caso  di  una 
massa  aferìca  a  densità  costante,  soggetta  all'assorbimento  della 
propria  forza  gravitazionale,  e  da  essa  ho  tratto  elementi  per 
l'esecuzione  di  un  controllo  sperimentale  della  mia  ipotesi. 

Qnesta  esperienza  è  stata  da  me  realizzata,  pesando  nel 
vuoto  una  sfera  di  piombo  di  1274  gr.,  simmetricamente  cir- 
condata da  104  kg.  di  mercurio.  Avendo  evitato  tutte  le  possi- 
bili cause  di  errore,  sono  venuto  nella  conclusione  che  la  sfera 
di  piombo  perde  il  7,7.10i''  del  suo  peso,  per  Ut  presenza  del  mer' 
curio-  Tale  risultato  porta  alla  determinazione  della  costante  di 


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So  QUIRINO    HAJOKANl   —  SDLU  OfUTITAZIONE 

smorzamento  della  forza  gravitazionale  per  unità  di  densità  ed 
unità  di  lunghezza,  nella  misura  di  6,73. 10~>*. 

Applicando  infine  questo  risultato  al  caso  del  Bole,  calcolo 
la  densità  vera  di  questo  astro  nella  misura  di  4,27. 

L'importanza  di  questa  ricerca  è  evidente,  e  non  credo  si 
possano  trovare  facili  ragioni  di  critica.  Ad  ogni  modo,  siccome 
io  per  il  primo  desidero  controllare  con  ogni  mezzo  possibOe 
gli  annanziati  risultati,  dichiaro  che  è  mia  intenzione  rinnovare 
le  mie  esperienze  con  congegni  più  grandiosi.  All'uopo,  nel 
laboratorio  di  Fisica  del  Politecnico  di  Torino  da  me  diretto,  è 
in  corso  di  allestimento  una  disposizione  che  permetterà  di  spe- 
rimentare con  10000  kg.  di  piombo,  al  posto  dei  104  kg.  di 
mercurio,  già  adoperati.  Sui  risultati  che  con  essa  otterrò, 
riferirò  a  suo  tempo. 


L'Accademico  Segretario 
Carlo  Fabrizio  Parona 


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CLASSI  UNITE 


Adonanzft  del  7  Dicembre  1919 


PRESIDENZA    DEL   SOCIO    PROF.    COUH.    AHDREA    NACCAHI 
PRESIDENTE    DELL'ACCADEMIA 


Sono  prflBenti, 
della  Classe  di  Scienze  fisiche,  matematiche  e  naturali, 
i  Soci  Salvadori,  SEfiRE,  Jadanza,  Parona.  Mattibolo,  Orassi, 
Sacco  e  Majorana; 

della  Classe  di  Scienze  morali,  storiche  e  filologiche, 
i  Soci  De  Sanctis,  Einaudi,  Baudi  di  Vbshe,  Schiaparelli, 
Patbtta,  ViDARi,  Prato,  Cian,  Pacchioni  e  Stampini,  Segre- 
tario della  Classe,  che  funge  da  Segretario  delle  Classi  unite. 

È  scusata  l'assenza  dei  Soci  Buondì  e  VALMAaei. 

Si  legge  e  si  approva  l'atto  verbale  dell'adunanza  stra- 
ordinaria del  6  luglio  u.  s. 

11  Presidente  dà  facoltà  di  parlare  al  Socio  Patetta,  il 
quale,  anche  a  nome  del  Socio  De  Sanctis,  informa  l'Accademia 
dell'esito  dell'adunanza,  tenutasi  nella  seconda  metà  dell'ot- 
tobre u.  s.,  della  Union  Aeadémique  in  Parigi,  confermando 
quanto  già  era  stato  esposto  dal  Socio  Db  SANCita  nell'adunanza 
precedente  della  Classe  di  Scienze  morali,  cioè  che  l'art.  IV 
dello  Statuto  ta  modificato  nel  senso  desiderato  dalla  nostra 
Accademia.  Si  riserva  di  dare  altri  ragguagli,  quando  sarà  giunto 
il  testo  definitivo  dello  Statuto  predetto.  Intanto  l'Accademia 
vota  un  plauso  unanime  all'opera  dei  Soci  Db  Sanctis  e  Patstta 


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che  tanto  degnamente  la  rappresentarono,  come  suoi  delegati, 
al  convegno  della  Union  AcadSmique. 

L'Accademico  Tesoriere  Einaudi  dà  alcune  informazioni 
circa  le  nuove  restrizioni  deliberate  dal  Conaiglio  d'Amministra- 
zione relativamente  alla  stampa  degli  Alti,  così  per  riguardo 
alle  Note  dei  Soci  come  per  quelle  delle  persone  estranee  alla 
Accademia,  a  causa  dell'  enorme  nuovo  rincaro  delta  carta  e 
della  mano  d'opera  tipografica.  E  poiché  non  si  vede  ancora  la 
fine  di  tale  disastroso  rincaro,  e  i  mezzi  finanziari  dell'Accademia 
si  vanno  sempre  più  assottigliando,  restringendosi  così  sempre 
più  la  sua  funzione  di  promuovere  gli  studi  scientifici  per  mezzo 
delle  sue  pubblicazioni,  il  Socio  Stahpini  propone  che  sìa  rin- 
nevato  al  Governo  —  il  quale  pur  troppo  non  ha  finora  dato 
alcun  segno  di  averlo  ascoltato  —  il  voto  espresso  dalle  Classi 
Unite  nella  loro  adunanza  del  4  maggio  u,  s.,  inviando  di  nuovo 
al  Ministero  il  testo  dell'ordine  del  giorno  del  Tesoriere  Einaudi, 
allora  votato  all'unanimità,  insieme  con  quelle  aggiunte  che  sono 
rese  necessarie  dal  nuovo  gravissimo  rincaro  della  stampa  degli 
Atti  accademici.  La  proposta  del  Socio  Stampini  è  approvata 
all'unanimità;  e  il  testo  del  nuovo  ordine  del  giorno  con  le 
aggiunte  accennate  risulta  il  seguente: 

'  La  Reale  Accademia  delle  Scienze  di  Torino,  nella  sua 
adunanza  a  Classi  unite  del  7  dicembre  1919,  udita  la  esposizione 
dell'Accademico  Tesoriere  in  aggiunta  a  quelle  già  fatte  nella 
adunanza  del  4  maggio  u.  s.  ; 

*  —  considerata  la  somma  e  crescent«  importanza  della  pub- 
blicazione dei  volumi  delle  Memorie  e  degli  Atti,  divenuti,  in 
tanto  moltiplicarsi  di  pubblicazioni  d'occasione  od  aventi  relazione 
con  problemi  applicati,  mezzo  per  talune  discipline  quasi  esclusivo 
e  desideratissi tuo  di  portare  a  conoscenza  del  mondo  scientifico 
i  risultati  degli  studi  di  carattere  più  severamente  teorico  com- 
piuti non  soltanto  nella  regione  piemontese; 

'  —  considerato  che,  nonostante  siasi  tenuta  ferma,  con  sa- 
crifici su  tutti  gli  altri  capitoli   di  apese,   la  somma  destinata 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


01 

alla  stampa,  l'incremento  Btraordtnario  del  costo  della  carta  e 
delle  tariffe  di  lavorazione,  che  non  è  destinato  a  cessare,  ha 
già  da  non  pochi  mesi  costretto  il  Consiglio  di  Amministrazione 
a  decretare  la  sospensione  della  stampa  delle  Memorie  e  ad 
imporre  vincoli  sempre  più  rigidi  all'accettazione  di  Note  per 
gli  Aiti; 

'  —  considerata  l'urgenza  di  riprendere,  sia  pure  in  misura 
ridotta,  l'attività  scientifica  sua,  rìaffermantesi  essenzialmente 
nella  possibilità  fornita  agli  studiosi,  soci  ed  estranei,  di  por- 
tare a  notizia  degli  scienziati  singoli  e  delle  altre  Accademie 
ed  Istituti,  con  cui  essa  tiene  commercio  intellettuale,  i  risultati 
delle  proprie  indagini  e  scoperte; 

"  —  considerata  la  necessità  di  non  rimanere,  il  che  sarebbe 
persino  contrario  al  decoro  della  Patria,  estranea  ai  convegni 
intemazionali  destinati  a  riorganizzare  il  lavoro  scientifico  nel 
dopo  guerra; 

'  —  constatato,  in  fine,  che  recentemente  si  verificò  un 
nuovo  e  grave  aumento  delle  spese  di  stampa  degli  Alti,  cosi 
che  da  lire  67,70  per  ogni  foglio  di  pagine  16  in  8**  sono  giunte 
oggi  a  lire  276,  senza  calcolare  la  non  lieve  spesa  ulteriore  oc- 
corrente per  gli  estratti  da  darsi,  pur  in  misura  limitata,  agli 
autori  delle  Ni^e,  e  sen2a  tener  conto  di  altro  probabile  inaspri- 
mento di  tariffe  da  parte  della  tipografia  a  partire  dall'immi- 
nente anno;  si  che,  se  non  si  viene  in  soccorso  all'Accademia 
da  parte  del  Governo,  essa  dovrà,  in  breve  volger  di  tempo, 
ridurre  a  pochissimi  fogli  il  volume  degli  Atti,  con  incalcolabile 
detrimento  della  scienza; 

'  —  presa  nota  che  l'attuale  assegno  netto  residuoei  a  afra 
monetaria  inferiore  a  quella  stessa  che  la  munificenza  del  Sovrano 
fondatore  aveale  assegnato  nel  1783  ed  e  in  sostanza  incapace  di 
fronteggiare  anche  solo  un  qwirto  di  quelle  spese  di  stampa  a  cui 
largamente  si  provvedeva  con  la  dotazione  originaria; 

'  fa  caldissimi  voti  affinchè  il  Governo  voglia  non  sol- 
tanto ripristinare  la  cifra  della  dotazione  in  quella  normale  di 


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92 

bilancio  di  lire  18.700,  ma  aumentarla  in  guisa  da  renderla 
meno  disuguale,  in  valore  intrinseco,  da  quella  originaria  e  più 
consona  agli  scopi  scientifici,  sempre  vivi  ed  importantissimi, 
a  cui  è  ufficio  dell'Accademia  di  attendere  costantemente  „. 

Si  procede  alla  votazione  per  la  elezione  dell'Accademico 
Tesoriere  per  il  triennio  dal  1°  luglio  1919  al  30  giugno  1922. 
I  votanti  sono  19.  Risulta  ad  unanimità  proposto  per  la  elezione 
il  Socio  Prato.  Il  Presidente  pertanto  proclama  eletto,  salva 
l'approvazione  sovrana,  a  Tesoriere  dell'Accademia  il  Socio 
Prato,  il  quale  ringrazia.  L'Accademia  unanime  vota  in  fine 
un  caloroso  ringraziamento  al  Socio  Einaudi,  che  per  due 
trienni,  quanti  lo  Statuto  accademico  comportava,  tenne  quel 
difficile  e  delicato  ufficio. 


Oli  Accademici  Segretari 
Cablo  Fabrizio  Parona 
Ettore  Staupini 


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CLASSE 

SCIENZE  MORALI,  STORICHE  E  FILOLOfllCHE 


Adunanza  del  7  Dicembre  1919 


PBB8IDBHZA  DEL  SOCIO  PROF.  COHII.  ANDREA  MACCARI 
PBBSIDEKTE   DELL'ACCADEMIA 


Sono  presenti  i  Soci  De  Sanctis,  Einaudi,  Baudi  di  Yeshe, 

SCHIAPABELLI ,     PATETTA  ,     VlDARI ,     PrATO  ,     ClAN ,     PACCHIONI ,    6 

Stampini  Segretario  della  Glasse. 

Si  Bcusa  l'assenzs  dei  Soci  Bbondi  e  Valhagoi. 

Sì  legge  e  si  approva  l'atto  verbale  dell'adunanza  del 
23  novembre  u.  a. 

L'Accademico  Segretario  dà  notizia  dell'improvvisa  morte, 
avvenuta  la  sera  del  1"  corr.,  del  Socio  corrispondente  Pier  Enea 
Guabnerio,  professore  ordinario  di  Storia  comparata  delle  lingue 
classiche  e  neo-latine  nella  R.  Università  di  Pavia.  La  Classe 
invia  le  sue  condoglianze  alla  famiglia  dell'illustre  defunto. 

L'Accademico  Segretario  presenta,  a  nome  dell'autore  Socio 
corrispondente  Giuseppe  Zuccante,  le  seguenti  pubblicazioni: 
Vigilio  Inama.  Chmmemorazione  (dai  '  Rendiconti  del  Reale  Istit. 
Lomb. ,,  ano.  1919);  Coirenti  di  letteratura  pessimi^ica  di  Arturo 
Schopenhauer  (Estr.  dalia  "Rivista  di  Filosofia,,  1919);  L'ultimo 
canto  del  Paradiso  (dalla  'Rivista  d'Italia,,  1919).  La  Classe 
ringrazia. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


94 

Saranno  pubblicate  negli  Atti  accademici  la  Nota  esegetica 
del  Prof.  Emilio  Betti  La  '  condictio  „  dei  "  fructvs  „  contro  il 
po83e$9ore  di  mala  fede,  presentata  dal  Socio  Pacchioni,  e  la 
Nota  del  Socio  corrispondente  Giuseppe  Boffito  Due  passi  del 
Cardano  concernenti  Leonardo  da  Vinci  e  l'aviazione,  presentata 
dall'Accademico  Segretario. 


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BUILtO  BETTI  —   LA   «CONDICTIO»   DEI    <  FltnCTDS  »,   ECC. 


LETTURE 


La  "eondietio,,  dei  "fractns,,  Gontpo  il  possessore  di  mala  fede 

Nota  esegetica  del  Prof.  EMILIO  BETTI 
deU'UniTenltb  di  Camerino. 


Si  suol  ripetere  che  in  diritto  romano,  mentre  il  possessore 
di  buona  fede  fa  suoi  t  frutti  della  cosa  posseduta  scaduti  o 
separati  prima  che  sia  esperita  in  suo  confronto  l'azione  di  re- 
vindica,  il  possessore  di  mala  fede  non  li  fa  suoi  mai.  Posta  in 
questi  termini,  l'antitesi  è,  a  mio  avviso,  inesatta.  Se  fosse  esatta, 
essa  porterebbe,  invero,  ad  escludere  a  priori  che  contro  il  pos- 
sessore di  mala  fede  potesse  mai  spettare  al  proprietario,  per 
la  restituzione  dei  frutti,  un'azione  personale  di  ripetizione  (con- 
dictio)  de'  frutti  stessi,  eccetto  che  nel  caso  particolare  in  cui 
la  proprietà  di  lui  si  fosse  estinta  per  un  fatto  dello  stesso  pos- 
sessore, susseguente  alla  percezione,  e  quindi  indipendentemente 
da  questa:  p.  es.  per  specificazione  o  per  consunzione.  Infatti 
la  '  condictio  ,,  essendo  diretta  al  '  dare  oportere  ,,  presuppone 
(cfr.  p.  es.  D.  12,  1,  14;  D.  12,  6,^53;  D.  U,  6,  9.  1;  D.  23, 
3,  67  ;  D.  46, 1,  19)  che  chi  vi  è  passivamente  legittimato  abbia 
acquisito  la  proprietà  di  ciò  che  ne  forma  oggetto:  Gai.  I.  4,  4 
(dalla  figura  affatto  anormale  della  '  condictio  ex  causa  furtiva  , 
qui  si  deve  prescindere,  poiché  il  fatto  costitutivo  della  "  malae 
f.  possessio  ,  non  è  mai  riassumibile  nel  concetto  del  furto).  Ora 
invece  si  trova  ammesso  per  esplicito  o  per  implicito  (p.  es. 
D.  6,  1,  78;  D.  12,  6,  56;  D.  13,  7,  22,  2)  che  in  determinate 
circostanze  il  posaessore  di  mala  fede  acquisti  la  proprietà  dei 
frutti  e  precisamente  una  proprietà  risolubile  mediante  *  con- 
dictio .,  e  in  particolare  poi  in  due  passi  (D.  6,  1,  78  ;  D.  22, 1, 15) 
si  trova  ammessa  la  '  condictio  .  contro  di  lui  proprio  sulla 
base  della  percezione.  E  pertanto  opportuno  esaminare  in  quali 
casi  —  all'infuorì  di  quello  di  una  specificazione  o  consunzione 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


96  EMILIO   BBITt 

da  parte  dello  stesao  possesBore  di  mala  fede  (Gai.  I.  2,  79 
'  estioctae  res  coodici  furibus  et  quibusdam  aliia  posscBsoribas 
possunt  ,)  —  sia  ammessa  la  '  condictio  p  dei  frutti  contro 
costui. 

§  1.  —  FoDdamentale  in  questa  materia  è  il  fr.  seguente  : 
L<ibeo  (211]  1.  4  pithanon  a  Paulo  epitomai.  D.  6,  1,  78:  '  Si 
iu3  fundi,  quem  alienum  possideres,  fructum  non  coegisti,mhìl 
US  fundi  fructuum  nomine  te  dare  oportet.  Pautus.  Immo  quae- 
tur:  liuiuB  fructUB  idcirco  factus  est,  quod  is  eum  suo  nomine 
perceperitP  '  perceptionem  fructus  '  accipere  debemue  non  si  per- 
fecti  collecti,  sed  etiam  coepti  ita  percipi,  ut  tetra  continere  se 
fmctuB  desierint:  voluti  sì  olivae  uvae  lectae,  nondum  autem 
vinum  oleum  ab  allquo  factum  sit  :  statim  enim  tpse  accepisse 
fructum  existimandus  est  ,. 

Si  tratta  di  un  posseasore  di  mala  fede,  poiché  l'obbligo 
alla  restituzione  dei  frutti,  senza  che  preceda  una  '  litis  con- 
testatio  ,  di  cui  nel  passo  non  si  fa  cenno,  non  può  ìn  ogni 
caso  venire  in  considerazione  che  nei  riguardi  di  un  possessore 
siffatto.  E  d'altra  parte,  se  si  sottintende  una  precedente  *  Ittis 
contestatio  ,,  la  posizione  giuridica  del  possessore  di  buonafede 
non  differisce  più,  agli  effetti  della  responsabilità  pei  frutti,  da 
quella  del  possessore  di  mala  fede  neppure  quanto  alla  misura 
(cfr.  D.  6,  1.  33  con  D.  6,  1,  62,  1,  concernenti,  quello,  il  pos- 
sessore di  buona,  questo,  di  mala  fede).  La  credenza  de'  Bizan- 
tini (Basii.  XI,  1,  77),  del  Cuiacio  (Ubserv.  XI,  39)  e  del  Fabro 
(Conj.  lY,  17),  che  nel  n.  fr.  si  tratti  di  un  possessore  di  bnona 
fede  obbligato  a  restituire  i  frutti  percetti  e  non  consumati,  si 
fonda  sul  falso  presupposto  che  il  possessore  di  buona  f.  fosse 
in  dir.  romano  (classico)  tenuto  a  restituire  quelli,  dei  frutti 
percetti,  che  fossero  tuttora  esistenti  presso  dì  sé  al  momento 
della  domanda  giudiziale.  Oggi  però  è  da  tutti  riconosciuto  che 
la  statuizione  dì  codesto  obbligo  è  stata  introdotta  ne'  testi  clas- 
sici mediante  interpolazioni  (1.  2,  1,  35;  I.  4,  17,  2;  D.  41,  1, 
40:  D.  41,  3,  4,  19;  D.  25,  5,  1.  3;  C.  3,  32,  22:  D.  10,  1, 
4,  2;  D.  20,  1,  1,  2;  D.  20,  1,  16,  4;  cfr.  D.  41,  1,  48  pr.; 
quanto  a  D.  42,  1,  41,  1,  concernente  un  caso  particolare  di 
revindica  contro  un  donante,  ritengo  si  riferisca  ai  frutti  scaduti 
dopo  la  domanda  giudiziale).  Cfr.  Paul.  sent.  5,  9,  2;  vat.  fr.  17. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


LA   «  CONDICTIO  »   DII   «  rKCCTDS  »,   BCC.  {l7 

Si  tratta  poi  della  responsabilità  pei  frutti  di  fronte  a  una 

*  condictio  ,  per  sé  stante  di  essi  frutti,  non  —  come  si  è  cre- 
duto einora  da  quasi  tutti  gl'interpreti  —  della  responsabilità 
pei  frutti  nella  revindìca  della  cosa  principale  (fondo).  Di  questa 
secouda  responsabilità  qui  non  sì  fa  né  poteva  farsi  neppure 
questione,  poiché  nella  fattispecie  considerata  si  suppone  che  il 
possessore  non  abbia  piti  il  possesso  del  fondo:  si   dice  infatti 

•  possideres  ,,  che,  messo  nella  costruzione  diretta,  vale  '  poa- 
sidebas  .  —  fatto  passato  rispetto  al  momento  di  cui  si  discute. 
Ora,  com'è  noto,  in  diritto  classico,  venuto  meno  il  possesso 
della  cosa  da  rivendicare,  veniva  meno  per  ciò  stesso  anche  la 
legittimazione  passiva  alla  '  rei  vindicatio  .  —  salva  sempre 
r  *  actio  ad  exhibendum  .  quando  vi  fosse  stato  dolo  (o  colpa  lata) 
nell'aver  cessato  di  possedere.  La  circostanza  che  nel  n.  fr.  sì 
suppone  cessato  il  possesso  del  fondo  è  stata  finora  lasciata  fuori 
di  considerazione  anche  da  coloro  che  (come  lo  Heìmbach,  Lehre 
von  der  Fruckt  94.  95  e  il  Savigny,  Sifstem  VI  p.  119  A)  retta- 
mente intesero  che  tra  it  n.  fr.  e  quelli  che  affermano  la  re- 
sponsabilità pei  '  frnctns  percipiendi  ,  nella  '  rei  vindicatio  , 
non  vi  fosse  contradìzione  alcuna.  A  prescindere  da  db,  poi,  le 
stesse  parole  '  dare  oportere  ,,  che  Labeone  adopera  nel  risol- 
vere la  questione  propostasi,  sono  per  l'appunto  tecniche  per 
esprimere  il  contenuto  di  quella  obbligazione  astratta  con  og- 
getto determinato  che  si  t&  valere  con  la  '  condictio  .,  cosi 
come  viene  enunciato  nella  *  intentio  ,  della  formola  di  questa 
(Gai.  I.  4,4).  Particolare,  questo,  di  cui  già  si  avvide  il  Savigny 
{System  VI,  119),  senza  però  trarne  per  la  interpretazione  del 
n.  fr.  quelle  conseguenze  ch^  avrebbe  dovuto  trame. 

È  d'uopo  avvertire,  poi,  che  nel  n.  fr.,  nel  processo  di  ap- 
propriazione e  di  trasformazione  economica  dei  frutti,  si  distin- 
guono nettamente  due  fasi:  a)  quella  della  raccolta  iniziata 
(perceptio  coepta)  e  b)  quella  della  elaborazione  o  trasforma- 
zione dei  frutti  (coactio),  con  cui  la  raccolta  viene  condotta  a 
termine  (collectio  perfecta).  Nella  raccolta  ai  ri  comprendono,  in- 
somma, due  diversi  momenti:  non  solo  quello  finale,  della  ela- 
borazione, ma  anche  quello  iniziale,  della  volontaria  separazione 
dal  suolo.  E  nel  determinare  cosi  il  concetto  di  '  perceptio 
fructus  ,  Paolo  si  trovava  perfettamente  d'accordo  —  si  noti  — 
con  Labeone,  come  risulta  dal    seguente  raffronto  tra  un  altro 

AtU  dtUa  R.  Accademia  —  Voi.  LV,  7 


>y  Google 


■picam  quae  terra  itneatur  domini 
fondi  eaae  ^nMCuniqae  pereipi  gpica 
aut  faeoo  caeso  aut  uva  adempia 
ant  eicuBsa  olea,  ^uamvia  nondutn 
tritum  frumeotura  aut  oUum  faetum 
rei  vindeniia  coacta  »it. 


98  .  EDILIO   BETTI 

passo  di  Labeone  [251:  D.  7,  4,  13],  ove  ai  tratta  dell'acquisto 
dei  frutti  da  parte  dell'usufruttuario  e  che  è  riferito  da  Paolo 
stesso  [I.  3  ad  Sabinum:  1650],  e  la  parte  corrispondente  del 
n.  fr.  : 

*  pererptiotum  friictut  ,  accip«re 
debemna  noo  si  (golum?)  perfecti 
collecti,  Bed  etiam  coepti  ita  per* 
cipi,  ut  terra  contÌHtre  se  fnictus  de- 
sierint,  velutì  ei  olivae  uvae  lectae, 
nondum  autrm  vinum  oltwna,h  aliquo 
factum  ait. 

Premesso  tutto  ciò,  procediamo  ora  alla  ricostruzione  della 
fattispecie  contemplata  nel  n.  fr.  e  delle  opposte  soluzioni  di 
Labeone  e  di  Paolo,  tenendo  presente  quanto  si  è  avvertito.  Il 
possessore  di  mala  fede  di  un  fondo  ha  percetto  ì  frutti  di  esso 
(come  si  desume  dalla  successiva  osservazione  di  Paolo),  ma, 
prima  dt  averli  elaborati  (non  coegistì),  ha  cessato  senza  suo 
dolo  0  colpa  di  possedere  il  fondo  stesso  (possideres).  Si  deve 
supporre  che  di  essi  frutti  il  proprietario  del  fondo  abbia  poi 
perduto  la  proprietà,  probabilmente  perchè  essi  sono  stati  in 
prosieguo  elaborati  da  un  terzo  acquirente  di  buona  fede  (arg. 
da:  "ab  aliquo,),  il  quale  così  1Ì  ha  fatti  suoi  in  modo  ìrrevo- 
cabile  (cfr.  D.  Al,  2,  62  [61],  8  "  cum  emptor  eos  suo  nomine 
cogat  ,  ;  Gai.  1.  2,  -43.  50  in  f.),  in  combinazione  col  principio 
che  regola  l'acquisto  della  proprietà  per  specificazione  (Gai.  1. 
2,  79;  D.  41,  1,  7,  7)  nell'opinione  della  scuola  proculiana,  a 
cui  Labeone  appartiene.  Poiché  non  ha  più  il  possesso  del  foudQ, 
il  già  possessore  non  è  più  tenuto  con  la  '  rei  vìndicatio  ,  per 
la  restituzione  della  cosa  principale  e  quindi  neppure  per  il  rì- 
aarcimento  del  valore  dei  frutti  che  avrebbero  dovuto  essere,  e 
Doo  furono,  elaborati  :  risarcimento  che  può  essere  soltanto  og- 
getto di  pretesa  accessoria  nell'ambito  della  revindica  della  cosa 
principale  (Savìgny,  System  VI,  120.  119).  Poiché  non  si  dice 
che  vi  sia  stato  dolo  (o  colpa  lata)  nel  venir  meno  del  possesso,  è 
ovvio  che  il  già  possessore  non  è  neppure  tenuto,  per  lo  scopo 
detto  or  ora,  con  un'  *  actio  ad  exhibendum  ,.  Poiché  d'altra 
parte  non  si  dice  che  il  già  possessore  del  fondo  abbia  attual- 
mente il  possesso  dei  frutti  stessi,  pur  avendone  preso  possesso 
una  volta,  resta  escluso    che  egli  possa  essere  tenuto  con  una 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


U    «CONDICTIO»    DBl    «  FRUCTDS  »,   ECC.  99 

*  TÌndicatio  ,  per  si  atante  di  essi  frutti,  che  più  non  esistono 
presso  di  lui.  Che  egli  possa  esser  tenuto  eoo  un'  *  actio  ad  exhl- 
bendum  ,  autonoma  dei  frutti  è  parimenti  escluso  dalla  mancanza 
di  dolo  (o  colpa  lata)  Dell'avur  cessato  di  possederli.  Escluse  ta 

*  viadicatio  ,  e  1'  *  actio  ad  exbibendum  ,  tanto  pel  fondo  quante 
pei  frutti,  sorge  questione  ae  sìa  almeno  ammissibile  contro  i! 
già  possessore  una  "  eondictio  ,  per  sé  stante  dei  frutti  da  lui 
non  elaborati  (fructuum  nomine  dare  oportere). 

Da  Labeone  la  questione  cosi  posta  viene  risolta  in  senso 
negativo:  e  ciò  forse  perla  ragione  implicita  che,  alla  stregua 
del  principio  che  regola  l'acquisto  della  proprietà  per  apecifìca- 
zione  secondo  la  scuola  proculiana,  i  frutti  elaborati  da  un  terzo 
□on  possono  considerarsi  passati  in  proprietà  del  già  possessore 
dì  mala  fede,  pur  avendoli  questi,  quand'era  al  possesso  del 
fondo,  separati  dal  suolo  con  l'intenzione  di  appropriarseli.  Che 
tale  fosse  la  ragione  decisiva  per  Labeone  può  argomentarsi  a 
contrario  dalle  successive  osservazioni  di  Paolo  e  dal  suo  ricon- 
nettersi col  rigoroso  criterio  che  i  Proculiani  seguono  (D.  12, 
6,  53;  D.  23,  3,  67)  nel  delimitare  il  campo  di  applicazione  della 
'  eondictio  ,  da  quello  della  '  rei  vindicatio  ,,  richiedendo  sempre, 
per  la  legittimazione  passiva  all'azione  di  ripetizione,  l'acquisto 
della  proprietà  di  ciò  che  ne  forma  l'oggetto. 

Da  Paolo,  per  contro,  la  questione  se  sia  ammissibile  contro 
il  già  possessore  una  *  eondictio  ,  autonoma  dei  frutti  non  ela- 
borati da  lui,  viene  risolta  in  senso  affermativo.  Il  n.  fr.  è  a 
questo  punto  oscurìssimo:  determinare  esattamente  quale  va- 
loro  abbia  la  domanda  che  P.  si  rivolge,  è  quanto  mai  difficile. 
Si  potrebbe  pensare  a  primo  aspetto  che  P.,  prima  dì  risolvere 
la  questione  posta  da  Labeone,  cominciasse  col  porsi  una  que- 
stione diversa,  nella  cui  risoluzione  —  dì  carattere  pregiudi- 
ziale e  di  portata  più  generale  —  restasse  in  certo  modo  as- 
sorbitala risoluzione  della  questione  labeoniana.  Paolo  ai  sarebbe 
anzitutto  prospettato  l'ipotesi  di  fatto  (opposta  a  quella  consi- 
derata da  Labeone)  che  i  frutti  fossero  stati  elaborati  dallo 
stesso  poBSessore:  ipotosi,  nella  quale  anche  Labeone  doveva 
ammettere  contro  il  possessore  la  '  eondictio  ,  doi  frutti,  che 
si  consideravano  passati  formalmente  in  proprietà  di  lui.  E  avrebbe 
assegnato  come  fondamento  giurìdico  della  '  eondictio  ,  in  tale 
ipotesi,  non  il  fatto  della  elaborazione,  bensì  il  fatto  della  '  per- 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


100  EMILIO   BETTI 

ceptio  SUO  nomine  ,  :  fondamento  giuridico  che,  però,  per  se 
stesso,  trascenderebbe  l'ipotesi  specifica  in  vista  della  quale 
viene  enunciato  e  troverebbe  riscontro  anche  nell'altra  ipotesi 
prevista  da  Labeone.  Se  non  che,  ponderata  a  Fondo,  tate  spie- 
gazione si  rivela  troppo  sforzata  (bisognerebbe  soggiungere  *  ai 
coegerit  ,  dopo  "  huius  ,,  e  un  "  autem  ,  dopo  "  perceptionem  ,) 
e  anche  poco  verosimile,  poiché  in  genere  i  giuristi  romani, 
nelle  loro  critiche  di  opinioni  altrui,  non  sogliono  mutare  dì 
punto  in  bianco  il  "  propositum  ,.  Conviene  pertanto  cercare 
una  spiegazione  migliore.  E  questa  mi  sembra  possa  essere  la 
seguente. 

Mantenendo  sempre  la  stessa  ipotesi  di  fatto  contemplata 
da  Labeone,  Paolo  comincia  senz'altro  col  proporre,  ex  abru^, 
la  soluzione  affermativa  opposta  a  quella  di  Labeone,  nella 
forma  dì  domanda,  assegnando  quale  fondamento  giuridico  della 
*  condictro  ,  da  lui  ammessa  la  "  pereeptio  suo  nomine  ,  dei  frutti 
non  elaborati,  in  quanto  in  forza  di  questa  essi  frutti  diventano  del 
possessore.  *  Fructum  suo  nomine  percipere  .  significa  raccogliere 
i  frutti  per  ragione  propria,  sulla  base  di  una  posizione  autonoma 
e  di  un  rapporto  diretto,  ossia  reale,  con  la  cosa  stessa,  non 
per  il  tramite  di  un  rapporto  contrattuale  col  proprietario  della 
cosa,  e  indipendentemente  dalla  volontà  di  questo  {ctt.  D.  12,  1, 
4,  1  '  non  ex  voluntate  domini  ,  ;  si  ricordi  il  contrapposto  in 
D.  47,  2,  62  [61],  8:  'ideo  colonum,  ({aia  voluntate  domini  eoa 
percipere  videatnr,  suob  fructus  facere  —  cum  emptor  eos  suo 
nomine  cogat  ,;  cfr.  D.  39,  5,  6;  D.  5,  4,  10).  Ora  la  percezione 
dei  frutti  è,  secondo  Paolo,  idonea  (idcirco  quod)  a  far  acquistare 
i  frutti  stessi  (huius  fructus  factue  est).  L'affermazione  di  Paolo 
sarebbe,  in  ogni  caso,  da  intendere  naturalmente  nel  senso  che 
il  possessore,  essendo  di  mala  fede,  acquistava  non  una  proprietà 
irrevocabile,  cum  effectu,  bensì  soltanto  una  propria  risolubile 
mediante  '  condicHo , .  Tuttavia,  anche  intesa  con  questa  restrizione 
l'affermazione,  in  termini  cosi  generici,  non  sarebbe  esatta. 
Perchè,  agli  effetti  della  "  condictio  „,  possa  dirsi  che  il  già  posses- 
sore del  fondo  abbia  acquistato  la  proprietà  dei  frutti  percetti, 
è  indispensabile  che,  par  un  fatto  successivo  alla  percezione 
dei  frutti,  sia  stata  estinta  la  proprietà  che,  ad  onta  dell'avve- 
nuta percezione,  aveva  pur  sempre  au  di  essi  il  proprietario 
del  fondo.  Escluso,  secondo  il  *  propositum  ,,  che  tale  fatto  suc- 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


LA   «CONblCTJO»   DSl    «  PROCTHS  »,   ECC.  101 

ceasivo  alla  percezione  sia  la  specificazione  o  la  coosunzione 
dei  frutti  da  parte  detto  stesso  possessore  che  li  ha  percetti, 
l'ipotesi  che  appare  piìi  plausibile  è  la  seguente.    . 

I  frutti  percetti  sono  stati  dal  possessore  alienati  a  un  terzo 
di  buona  fede,  il  quale,  sempre  in  buona  fede,  li  ha  in  prosieguo 
elaborati  o  consumati  ;  per  tal  modo,  egli  ha  estinto  definitiva- 
mente, per  quanto  si  riferisce  ad  essi  frutti,  la  *  vindicatìo  ,  del 
proprietario  (di  fronte  alla  quale  la  sua  *  exceptio  rei  venditae  et 
traditae  ,  sarebbe  stata  per  l'innanzì  paralizzata  dalla  *  repHcatio 
iusti  domiaii  ,}  e  ne  ha  acquisito  la  proprietà  irrevocabile.  Gfr. 
per  una  situazione  analoga  Afr.  110  D,  47,  2,  62  [61],  8:  "  si  tu 
(colonus)  alii  fructus  pendentes  vendideris  et  emptor  eos  de- 
portaverit  —  qua  rstione  coloni  fieri  possint,  cura  emptor  eos 
suo  nomine  cogat  ?  .  Dove  Africano  nega  che  i  frutti  siano 
mai  diventati  propri  del  conduttore  e,  accentuando  in  modo 
esclusivo  il  momento  della  elaborazione  (eoa  suo  nomine  cogat), 
afferma  ch'essi  sono  trapassati  in  proprietà  del  compratore  im- 
mediatamente, senza  passare  prima  in  proprietà  del  conduttore. 
Per  converso,  nel  n.  fr.  Paolo,  contradicendo  a  Labeone,  sposta 
tutto  il  peso  delta  "  ratio  decidendi  ,  dal  momento  della  elabora- 
zione —  nel  quale  Labeone  aveva  concentrato  tutta  la  saa 
attenzione  —  al  precedente  momento  della  iniziata  "  perceptio  .. 
E  afferma  che,  quantunque  la  elaborazione  dei  fratti  sia  stata 
fatta  io  prosieguo  da  un  terzo  (vinum  oleum  ab  aliquo  foctum  sit), 
resta  per6  sempre  il  fatto  che  la  percezione  di  essi  è  avvenuta 
non  da  parte  del  terzo  che  li  ha  poi  elaborati,  bensì  da  parte 
d«Uo  stesso  possessore  del  fondo  [is  suo  nomine  perceperit:  dove 
è  da  accentuare  non  tanto  il  '  suo  nomine  ,  quanto  lo  '  is  ,  ; 
e  piii  oltre;  statim  ipse).  È  vero  che  Paolo  non  dice  per  esplicito 
che  i  frutti  già  percetti  dal  possessore  siano  stati  poi  effet- 
tivamente elaborati  da  un  terzo,  ne  dice  che  il  possessore  li 
abbia  alienati  a  un  terzo  di  buona  fede.  Uà  tale  supposizione 
è,  a  mio  avviso,  indispensabile  per  spiegare  come  il  proprietario 
del  fondo  non  abbia  più  la  *  vindicatìo  ,  dei  frutti  né  verso  il 
già  possessore  nò  verso  altri,  e  come  in  conseguenza  sorga  que- 
stione se  egli  abbia  almeno  una  *  condictio  .  verso  il  primo. 

L'opinione  di  Paolo,  in  antitesi  con  quella  di  Labeone,  può 
formularsi  in  breve,  così:  agli  effetti  della  legittimazione  passiva 
alla  *  condictio  ,  dei  frutti,  il  momento  giuridicamente  rilevante 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


102  EUI1.10  BBTTl 

non  è  quello  della  elitborazione  —  che  secondo  il  *  propositum  , 
□OD  è  etata  fatta  dallo  stesBO  poseeeaore,  —  bensì  quello  della 
percezione.  L'espressione  che  Paolo  dà  a  questa  sua  opinione 
.  può  essere  resa  ne'  termini  seguenti  :  '  Ma  non  è  il  caso  dì 
domandarsi  piuttosto  se  codesto  possessore  di  mala  fedo  che 
Labeone  considera  (ossia  il  *  possessor  qui  fructum  nott  coegit ,) 
non  abbia  Fatto  suoi  i  frutti  del  fondo  (poi  elaborati  da  altri), 
per  ciò  atesso  che  h  stato  proprio  lui  cbe  li  ha  percelti  in  base 
alla  posizione  autonoma  in  cui  si  trovava  rispetto  al  fondo?  ,. 
Veramente,  per  esprimere  in  modo  meglio  adeguato  tale  pen- 
siero, Paolo  avrebbe  dovuto  scrivere  non  precisamente  com'è 
scritto  ora  nel  testo  delle  Pandette,  bens)  nel  modo  seguente: 
*  Immo  quaeritur:  huius  (sciiicet  possessoris)  (nonne)  ìdcirco 
fructus  factus  est,  quod  is  eum  suo  nomine  perceperit?  ,.  L'in- 
tegràzione  della  domanda  con  un  *  nonne  ,  mi  sembra  indispen- 
sabile in  ogni  caso,  poiché  è  evidente  che  essa  attende  una 
nsposta  affermativa. 

Non  si  deve  poi  dimenticare  che  Paolo,  quando  parla  di 
acquisto  dei  frutti  da  parte  del  possessore  di  mala  fede  {huius 
fructus  factus  est  ;  ipse  aecepisse  fructum),  ha  costantemente  da- 
vanti agli  occhi  la  questione  se  esso  possessore  sta  passivamente  le- 
gittimato alla  *  eondictio  ,  dei  &uttì  stessi:  poiché  la  '  condictio  . 
presuppone  avvenuto,  in  capo  a  colui  che  vi  è  passivamente 
legittimato,  l'acquisto  della  proprietà  di  ciò  che  ne  forma  oggetto. 
E  chiaro  però  che  la  percezione  di  per  aè  sola,  sema  riguardo 
a  un  fatto  ulteriore  —  quale  per  l'appunto  l'elaborazione  dei 
frutti  da  parte  di  un  terzo  dì  buona  fede  — ,  non  può  consi- 
derarsi sufficiente  a  produrre  il  trapasso  della  proprietà  dei 
frutti  in  capo  al  possessore  di  mala  fede,  poiché  non  può 
estinguere  ti  diritto  di  proprietà  che  ha  su  di  essi  il  proprietario 
del  fondo.  Se  pertanto  Paolo  costruisce  un  acquisto  fondato  sulta 
percezione,  ciò  è  soltanto  per  un  anticipato  riguardo  alla  soprav- 
veniente circostanza  che  i  frutti  percetti  siano  elaborati  da  uo 
terzo  di  buona  fede.  Con  riguardo  per  l'appunto  alla  susse- 
guente elaborazione,  la  proprietà  dei  frutti,  venendo  a  estin- 
gaersi  in  capo  al  proprietario  del  fondo,  può  considerarsi,  ex 
postfacto,  come  trapassata  immediatammte  in  capo  al  possessore 
già  con  la  percezione,  prima  ancora  di  trapassare  in  capo  al 
terzo.  La  elaborazione  dei  frutti  da  parte  di  questo  non  fa  che 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


LA    «CONDICTIO»   DEI    «FROCTUS»,  ECC.  103 

integrare  il  t&tU>  della  percezione  da  parte  del  possessore,  quanto 
agli  effetti  di  sottrarre  al  proprietario  del  fondo  la  proprietà 
dei  frutti  (quod  ad  subtrahendum  domino  fructum).  In  tento  la 
percezione  può,  ex  postfaeto,  essere  considerata  dal  giurista 
come  eausa  d'acquisto  dei  fratti  (sia  pure  di  acquisto  revoca- 
bile), in  quanto  questi  vengano  poi  elaborati  da  un  terzo: 
questo  fatto  è  condizione  di  efficacia  di  quella  causa. 

Che  tale  fosse  la  costruzione  sostenuta  da  Paolo  pub  desu- 
mersi dal  modo  com'egli  sì  esprime  alla  fine  del  n.  fr.  Se  prima 
egli  aveva  detto  addirittura  *  huius  fructus   factus  est.  (per: 

*  factus   esse    intellegitur ,),   alla    fine    dice,  pìii  correttamente, 

*  statim  ipBB  aeeepisee  fructum  exiatimandus  est ,.  Ora  lo  '  exi- 
atimandus  est ,  e  il  passato  *  accepisse  ,  stanno  a  indicare  chia- 
ramente che  si  tratta  di  una  costruzione  operata  dal  giurista,  ex 
postfaeto.  In  particolare,  poi,  l'espresaione  "  fructum  accipere  , 
designa  un  concetto  d'intonazione  alquanto  diversa  dalla  espres- 
sione '  h'uctus  euoa  facere  ,  (cum  efiTectu).  È  da  notare  infatti 
che  il  termine  '  accipere  ,  ha,  nel  linguaggio  de'  giuristi  romani, 
il  significato  tecnico  dì  acquisto  revocabile  —  quale  è  per  l'ap- 
punto quello  di  cui  si  tratta  qui,  in  tema  di  "  condìctio  ,.  Basterà 
richiamare  la  nota  spiegazione  di  Ulp.  1713  D.  50,  16,  71  pr.: 
aliad  est  *  capere  ,,  aliud  *  accipere,;  '  capere  ,  cum  effeetu  ac- 
cipitnr:  *  accipere ,,  et  si  quia  non  sic  aecepit  ut  habeat,  ìdeoque  non 
videtur  qnis  capere  qt40d  erit  reatìtutifrua.  Il  che  confermaquanto 
ho  avvertito  in  precedenza  (Cfr.  Pebnice,  Laheo,  II*,  1,  365  sg.). 

§  2.  —  Altro  passo  dì  fondamentale  importanza  pel  nostro 
tema  è  il  seguente: 

Papinianus  I.  6  quaestìonum  [124:  de  rei  vindìcatione] 
D.  12,  6,  55  :  '  Si  urbana  praedia  locaverit  praedo,  quod  meroedis 
nomine  ceperìt,  ab  eo  qui  solvit  non  repetetur,  sed  domino  erit 
oblìgatns.  idemque  iuris  erit  in  vecturis  navium,  quss  ipae  lo- 
caverit ant  exercuerit,  itera  mercedibus  eervorum  quorum  operae 
per  ipsum  ftierint  locatae.  —  nam  si  servus  non  locatus  mer- 
cedem,  ut  domino,  praedoni  rettulit,  non  fiet  accipientis  pecunia. 
—  quod  si  vecturas  navinm,  quas  dominus  locaverat,  ìtem  pen- 
siones  inanlamm  acceperit,  ob  ìndebitum  ei  tenebitur,  qui  non 
est  liberatuB  solvendo,  quod  ergo  dici  eolet,  '  praedoni  fructne 
posse  condici  ',  tane  locum  habet,  cum  domini  fructus  fueront ,. 


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104  BMILIO   BETTI 

Il  giurista  tratta  della  questione  se,  ed  in  quali  ipotesi, 
spetti  ai  terzi  debitori  contro  il  possessore  di  mala  fede  la 
*  condictio  indebiti  ,  per  la  ripetizione  di  frutti  civili  della  cosa 
altrui,  che  essi  gli  abbiano  pagati.  La  decisione  è  inspirata  al 
criterio  generale  di  ammissibilità  della  "  condictio  indebiti  so- 
luti .  nella  ipotesi  di  una  effettiva  obbligazione  preesistente  e 
che  pub  formularsi  cosi  (cfr.  D.  12,  6,  23,  3).  La  possibilità  di 
ripetere,  come  indebito,  ciò  che  si  è  pagato  in  adempimento 
d'una  effettiva  obbligazione  in  tanto  è  ammessa,  in  quanto  l'eae- 
guito  pagamento  non  abbia  sortito  l'effetto  di  liberare  chi  l'ha 
eseguito  dalla  sua  obbligazione:  onde,  allorché  invece  il  paga- 
mento ha  effetto  liberatorio,  poiché  così  il  suo  scopo  è  rag- 
giunto, la  "  condictio  indebiti  ,  resta  esclusa.  Nel  n.  fr.  sono 
contemplate  tre  situazioni  diverse  nelle  quali  pub  trovarsi  il 
possessore  di  mala  fede  che  riceve  in  pagamento  frutti  civili 
della  cosa  altrui  (il  fr.  si  ricollega  a  Pap.  123  D.  6,  1,  62)  : 
situazioni  distinte  sopra  con  linee  di  separazione.  Esaminiamole 
ciascuna  alla  stregua  del  criterio  ora  enunciato. 

Nella  prima  situazione,  il  possessore  di  mala  fede  riscuote 
come  creditore  dai  terzi  conduttori  i  frutti  civili  di  cose  che 
sono  state  loro  locate  da  lui  atesso  {'  ipso  ,,  *  per  ipsum  „). 
Si  prospettano  vari  casi  pei  quali  vale  l'identica  soluzione:  loca- 
zione di  fondi  urbani,  di  navi,  di  servi,  esercizio  di  aziende  ma- 
rittime (nel  qual  caso  il  terzo  che  paga  è  il  °  magister  navis  ,, 
tenuto  con  1'  "  actio  mandati  ,  verso  il  *  praedo  exercitor  ,). 
La  soluzione  è  che  i  fitti  delle  case  o  delle  navi  o  ì  salari  dei 
servi  pagati  dai  conduttori  al  possessore  locatore,  sono  ben  pa- 
gati —  pagati,  cioè,  con  effetto  liberatorio  — ,  e  non  possono 
quindi  essere  dal  conduttori  medesimi  ripetuti  con  la  *  condictio 
indebiti  ,  (ab  eo  qui  solvtt  non  repetetur).  I  fitti  o  i  salari  ri- 
scossi passano  in  proprietà  de)  possessore  di  mala  fede  legitti- 
mato a  riscuoterli,  né  possono  essere  rivendicati  dal  proprietario 
delle  cose  locate  :  qui,  in  antìtesi  con  la  soluzione  che  si  dà  per 
la  situazione  esaminata  in  secondo  luogo,  è  proprio  il  caso  di 
dire  "  fit  accipientis  pecunia  ,.  Naturalmente,  si  tratta  non  di  un 
acquisto  irrevocabile,  quantunque  si  usi  qui  l'espressione  'capere,, 
bensì  di  un  acquisto  revocabile  (propriamente  '  accipere  ,  :  X).  50, 
16,  71  pr.  ;  'capere.,  qui,  significa  semplicemente  riscuotere 
quanto  ci  e  dovuto)  :  revocabile  mediante  '  condictio  ,  da  parte 


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LA   «CONDICTIO»   DEI   «  FBDCTDS  »,  ECC.  1C5 

del  proprietario  delle  cose  locate.  Il  che  vuol  dire  Papiniano 
quando  afferma  '  sed  domino  erit  obligatua  „,  rìferendoBi  non  al 
conduttore  che  ha  pagato,  bensì  allo  stesso  possessore  di  mala 
fede  ohe  ha  riscosso  il  fitto,  e  intendendo  per  '  obligatio  ,  non 
quella  derivante  per  il  primo  dal  rapporto  di  locazione,  bens'i 
il  '  dare  oportere  .  creato  per  il  secondo  dalla  percezione  dei 
frutti  delle  cose  altrui  —  precisamente  quel  "  dare  oportere  , 
di  cui  tratta  Labeone  211  D.  6,  1,  78. 

Per  renderci  esatto  conto  della  soluzione  sostenuta  da  Pa- 
piniano, occorre  distinguere  nettamente  i  due  diversi  rapporti, 
ne*  quali  il  possessore  di  mala  i.  viene  a  trovarsi:  a)  il  rap- 
porto contrattuale  di  locazione  o  di  mandato  (praepositio)  col 
terzo  di  buona  fede  (conduttore,  capitano  della  nave);  e  b)  it 
rapporto  di  carattere  illecito,  dato  dal  possesso  di  mala  fede, 
col  proprietario  delle  cose  di  cui  sì  è  concesso  al  terzo  l'uso. 

Nell'ambito  del  rapporto  contrattuale  di  locazione  o  di 
mandato  {a)  è  chiaro  che  il  terzo  di  buona  fede  non  può  essere 
obbligato  a  pagare  il  fitto  convenuto  se  non  allo  stesso  posses- 
sore di  mala  fede,  che  concluse  con  lui  il  contratto  in  nome 
proprio  e  non  in  nome  del  proprietario  della  cosa.  Niun  dubbio, 
quindi,  che  il  terzo,  pagando  al  possessore  che  gli  ha  locato  la 
cosa,  si  liberi  dall'obbligazione  contratta  verso  di  lui.  Niun 
dubbio,  parimenti,  che  il  possessore,  riscuotendo  dal  terzo  il 
fitto  convenuto,  consegua  ciò  che  gli  spetta  a  tenore  del  rap- 
porto contrattuale.  È  egli  infatti,  e  non  il  proprietario  della  cosa, 
colui  che  in  questo  rapporto  ha  la  posizione  giuridica  di  credi- 
tore (loeator,  exercitor).  Non  di  rado  nelle  fonti  si  trova  pro- 
spettata l'ipotesi  che  un  possessore  di  mala  fede,  o  addirittura 
un  ladro,  abbia  stretto  con  un  terzo  di  buona  fede  un  negozio 
giurìdico  avente  per  oggetto  la  cosa'  (o  rispettivamente  il  da- 
naro) altrui.  Così  p,  68.  un  deposito  (D.  16,  3,  1,  89;  D.  5,  1, 
64  pr.),  un  comodato  (D.  13,  6,  15.  16),  un  pegno  o  una  fiducia 
(D.  13,  7,  22,  2),  una  'donatio  mortis  causa,  (D.  39,  6,  13  pr.), 
un  mutuo  (D.  12,  I,  12  in  f.  13  pr.),  o  un  pagamento  di  debito 
(D.  12,  1,  19,  1;  D.  46,  3,  17)  con  successiva  "consnmptio,  del 
danaro  da  parte  del  ricevente.  In  tutti  questi  casi  l'effetto  giu- 
ridico del  negozio  (acquisto  di  un  credito,  estinzione  del  debito) 
si  produce  non  già  in  capo  al  proprietario  della  cosa  che  formò 
oggetto  del  negozio,  bensì  in  capo  al  possessore  di  mala  fede, 


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106  EDILIO  BETTI 

o  al  ladro,  che  coacluse  il  negozio  medesimo.  Al  possessore  di 
mala  fede,  e  non  al  proprietario,  spetta  l'azione  a  cui  nei  sin- 
goli casi  il  negozio  dà  vita. 

Particolare  attenzione  merita,  tra  i  citati  fr. ,  Ulp.  902  D. 
13,  7,  22,  2  :  *  sì  praedo  rem  pignori  (fidnciaeP)  dederit,  competit 
ei  (scilicet:  non  domino)  et  de  Fructibua  pigneraticia  (fiduciaeP) 
actio,  qusmvis  ipse  fractas  saoa  non  faciet  (...):  proderit 
igitur  ei,  quod  creditor  bona  fide  possessor  fuit  ,.  L'avvertenza 
cbe  3Ì  trova  inserita  tra  parentesi  nel  testo  delle  Pandette  è  da 
ritenere  o  tutta  quanta  insitizia  già  per  ciò  stesso  eh' è  priva 
di  ogni  nesso  logico  col  pensiero  seguito  dal  giurista,  o  almeno 
interpolata  in  parte;  più  oltre  ai  indicherà  la  tendenza  della 
itpz.  0  della  inserzione.  Dal  contrapposto  espresso  con  'quamvis, 
si  desume  che  nel  caso  specifico  qui  considerato  il  possessore 
di  mala  f.  *  fructus  suos  facit,.  Il  valore  dell'osservazione 
'quamvis  etc. ,  è,  a  mio  avviso,  questo:  che,  se  a  raccogliere 
i  frutti  delta  cosa  altrui  fosse  egli  .iteaao  (ipse),  il  possessore  di 
mala  f.  non  ne  acquisterebbe  la  proprietà  neppure  in  modo  re- 
vocabile. È  vero  che,  per  esprìmere  tale  pensiero,  si  sarebbe 
piii  esattamente  dovuto  dire  'qnamvis  (alìoquìn)  ipse  fructus 
suos  non  faeeret ,  ;  laddove,  espressa  nella  forma  in  cui  si  legge 
nelle  Pandette,  l'osservazione  pare  voglia  dire:  'quantunque 
egli  stesso  non  acquisterà  la  proprietà  irrevocabile  (cum  effectu) 
de'  frutti  che  gli  saranno  per  avventura  restituiti  in  seguito 
all'esperimento  dell'azione  di  pegno,.  Ma  (anche  a  prescindere 
dalla  questione  se  in  questo  punto  il  passo  non  sia  stato  alte- 
rato) che  il  significato  dell'osservazione  di  Ulpiano  sia  quello 
detto  prima  si  desume,  a  mio  avviso,  dalla  soggiunta  esplica* 
zione,  che  nel  passo  genuino  le  teneva  forse  dietro  immediata- 
mente: 'proderit  igitur  ei  quod  creditor  bona  fide  possessor 
fuit..  È  evidente  che  'creditor,  si  contrappone  ad  'ipse, 
(praedo):  la  buona  fede  dell'uno  giova  indirettamente  all'altro, 
sebbene  questi  sia  di  mala  fede.  Poiché  il  terzo  creditore  pigno> 
ratizio  era  possessore  di  buona  fede  delia  cosa  pignorata,  in 
quanto  ignorava  ch'essa  era  di  proprietà  altrui,  egli  aveva  dì- 
ritto  di  acquistare  in  proprietà  i  frutti  della  cosa  maturati  e 
percetti  per  tutta  la  durata  del  suo  possesso.  Pertanto,  ora  cbe, 
in  seguito  al  pagamento  del  debito,  egli  è  tenuto  con  l'azione 
di  pegno  a  restituire  al  debitore,  insieme  con  la  cosa  ricevutane 


D,B,t,zed.yGOOg[e 


Li   «CONttlCnO»   DRI   «FKnCTCS»,  MC.  107 

ÌD  pegno,  anche  i  frutti  percèttine,  è  logico  che  con  la  restitu- 
zione la  .  propriHà  dei  frutti  ch'egli  aveva  ormai  già  acquisita 
trapassi  a  colui  al  quale  la  restituzione  deve  farsi.  Costui,  ossia 
il  possessore  di  mala  fede,  —  non  già  il  proprietario  della 
cosa  —  può  ora,  ex  postfacto,  considerarsi  come  divenutone 
proprietario  per  suo  mezzo,  quantunque  egli  stesso,  ove  percepisse 
direttamente  ì  frutti,  non  potrebbe  rendersene  proprietatio.  T 
terzo  di  buona  fede  funge  in  certo  modo,  in  quanto  sorga  per 
lai  il  dovere  di  restituire  la  cosa,  da  intermediario  del  posses- 
sore di  mala  fede  nell'acquisto  dei  frutti.  La  situazione  è  ana- 
loga a  quella  considerata  da  Papiniano  nel  n.  fr.  :  anche  qui  il 
possessore  di  mala  fede,  che,  in  massima,  non  acquista  la  pro- 
prietà dei  frutti  con  la  percezione  ch'egli  per  sé  stesso  ne  &ccia, 
acquista  invece  la  proprietà  dei  frutti  civili  per  mezzo  del  con- 
duttore al  quale  egli  ha  locato  la  cosa  altrui.  Anche  qui  —  come 
parimenti,  in  D.  6,  1,  78  ove  si  accetti  la  supposizione  da  me 
affacciata  —  il^  possessore  di  mala  fede  si  avvantaggia,  occasio- 
nalmente, della  òuona  fede  del  terzo  avente  causa  da  lui.  Che  le 
cose  stessero  in  questi  termini  fu  già  intraveduto  da)  Cuiacio 
nel  suo  cemento  al  fr.  papinianeo  (Opera,  ed.  Neap. ,  IV,  128  B) 
con  la  seguente  osservazione  :  '  praedo  . .  per  aeipsum  non  facit 
fnictus  suos  etiamsi  ipse  eos  percipiat,  sed  per  alium  potest  fa- 
cere  fructUB  suos,  ut  per  conductorem  qui  bonae  fidei  possesaor 
(sic)  fuit,  vel  etiam  per  creditorem  suum  qui  bona  fide  pignus  ' 
accepit,.  Al  quale  proposito  il  G.  licbiama  T).  20,3,  3  in  f. 
(saepe  enim  quod  quis  ex  sua  persona  non  habet,  hoc  per  extra- 
neum  babere  potest). 

Se  poi  dal  rapporto  contrattuale  col  terzo  di  buona  fede 
(designato  sopra  come  rapporto  a)  si  passa  a  considerale  il 
rapporto,  fondato  sul  possesso  illecito,  col  proprietario  della  cosa 
posseduta  (designato  sopra  come  rapporto  b),  si  avverte  subito 
che  la  posizione  giuridica  del  possessore  di  mala  fede  muta  ra- 
dicalmente. Nell'ambito  di  questo  rapporto,  èchiaro  che  la  pro- 
prietà dei  frutti  civili,  acquisita  dal  possessore  di  mala  f.  col  valido 
pagamento  fittogliene  dal  terzo  di  buona  fede,  se  è  irrevoca- 
bile di  fronte  a  quest'ultimo,  non  può  essere  irrevocabile  di 
^ate  al  proprietario  della  cosa.  La  buona  fede  del  terzo,  legato 
al  possessore  di  m.  f.  da  nn  rapporto  contrattuale,  in  tanto  giova, 
occasionalmente,  al  possessore  di  mala  f.  in  quanto,  conferendo 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


108  EìilLIO   BETTI 

efficacia  liberatoria  al  pagamento  da  lui  eseguito,  esime  il  t«rzo 
dal  ripetere  quanto  ha  pagato.  Ma,  oltre  questo  limite,  la  buona 
fede  de!  terzo  non  gli  giova  più:  egli  non  pub  derivarne,  in 
confronto  col  proprietario  della  cosa,  il  diritto  di  conservare 
durevolmente  quanto  ha  ricevuto.  Quando  ci  si  metta  dal  punto 
di  vista  del  proprietaiio  delta  cosa,  l'acquisto  della  proprietà 
dei  frutti  da  parte  del  possessore  di  mala  fede,  appare  semplice 
conseguenza  occasionale  —  o,  per  usare  la  nota  espressione  dello 
Ihering,  effetto  riflesso  —  del  rapporto  contrattuale  col  terzo  di 
buona  fede.  All' infuori  di  questo  rapporto,  ha  pieno  vigore  il 
diritto,  inerente  alla  posizione  di  proprietario  della  cosa,  di  ac- 
quistare i  frutti  della  cosa  medesima.  E  polche  nell'ipotesi  consi- 
derata essi  frutti  sono  già  passati  in  proprietà  del  possessore  di 
mala  fede,  quel  diritto  non  può  ormai  più  manifestarsi  sotto 
altra  forma  che  quella  di  un'azione  diretta  a  revocare  l'acqui- 
stata proprietà.  Tale  è  per  l'appunto  la  '  condictio  ,,  a  cui  Papi- 
niano  allude  qualificando  il  possessore  di  mala  f.  come  "domino 
obligatus , . 

Passiamo  ora  ad  esaminare  la  seconda  situazione  conside- 
rata da  Papinìano  nel  n.  fr.  In  essa,  il  possessore  di  mala  f. 
riceve  da  uno  schiavo  altrui,  nella  pretesa  qualità  di  padrone 
(ut  domino),  il  salario  che  io  schiavo  medesimo  ha  guadagnato 
per  le  "  operae  ,  prestate  ad  un  terzo,  senza  che  a  questo  terzo 
le  dette  '  operae  .  fossero  state  locate  né  dal  possessore  di  mala  f. 
né  dal  vero  padrone,  il  caso  è  da  raffigurare  nel  modo  seguente: 
uno  schiavo  stringe  di  sua  iniziativa  con  iin  terzo  un  contratto 
di  *  locati»  operarum  „  e  acquista  così  al  proprio  padrone  il  diritto 
di  credito  al  corrispondente  salario  (Gai.  I.  2,  87);  prestate  le 
"operae,,  egli  riceve  dal  terzo  la  somma  di  danaro  convenuta  a 
titolo  di  salario  e  la  rimette  al  possessore  di  mala  f.  scambian- 
dolo pel  proprio  padrone.  La  soluzione,  sicura  e  concisa,  è  che 
il  danaro  non  diventa  di  proprietà  del  ricevente.  Non  si  può 
dire,  infotti,  che  noi  qui  siamo  dinanzi  a  un  pagamento  valido 
né  sotto  l'aspetto  sostanziale,  ne  sotto  l'aspetto  formale.  Non 
sotto  l'aspetto  sostanziale,  perchè,  non  essendo  stato  fatto  a 
colui  che  ha  veste  di  creditore  nel  rapporto  contrattuale  di  "  lo- 
catio  operarum.  — ossia  al  padrone  dello  schiavo  — ,  non  può 
avere  l'effetto  di  liberare  il  debitore  dalla  sua  obbligazione 
verso  di  quello.  Presuppone,  invero,  il  giurista  che  il'  padrone 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


LA   «CONDICTIO»   DEI   «  FRCCTCS  »,   ECO.  109 

non  abbia  dato  alcun  asBenso  al  ricevimento  del  danaro  per 
mezzo  del  proprio  schiavo;  polche,  se  tale  assenso  fosse  stato 
dato,  lo  schiavo  avrebbe  operato  quale  voluto  strumento  del 
proprio  padrone,  nò  si  potrebbe  negare  che  tra  il  padrone  con- 
sapevole e  il  terzo  aia  stato  concluso  un  vero  negozio  di  paga- 
mento (cfr.  D.  46,  3,  35).  Nel  qual  caso  la  proprietà  del  danaro 
spetterebbe  al  padrone  dello  schiavo:  il  padrone,  non  già  il 
terzo,  sarebbe  quindi  legittimato  alla  revindica  dei  '  nummi ,.  Nel 
caso  che  Papiniano  prospetta,  invece,  il  padrone  dello  schiavo 
è  rimasto  interamente  estraneo  all'operazione  del  pagamento. 
D' altra  parte  non  v'è  stato  da  parte  sua,  prima  della  "  locatio 
operarum  ,  conclusa  dallo  schiavo,  un  atto  di  derelizìone  in  con- 
aegnenza  del  quale  diverrebbe  soggetto  del  credito  il  possessore 
che  dello  schiavo  s'è  impadronito  (D.  45,  3,  36).  Niun  dubbio 
dunque  che  il  pagamento  eseguito  non  abbia  effetto  liberatorio. 

Ma  v'è  di  pih:  manca  un  pagamento  valido  anche  sotto 
l'aspetto  formale,  come  negozio  giuridico  concluso  tra  chi  dette 
il  danaro  e  il  possessore  dì  mala  f.  che  Io  ricevè  dallo  schiavo. 
Manca,  in  breve,  non  solo  l'effetto  liberatorio,  ma  ]&  fattispecie 
stessa  del  pagamento.  E  facile  dimostrarlo.  Il  pagamento  è  un 
negozio  giuridico  consistente  in  una  dazione  di  danaro,  che,  es- 
sendo fatta  nello  scopo  dì  adempiere  un  debito,  è  diretta  precisa- 
mente a  colui  che  il  dante  ritiene  (non  importa  se  a  torto  o  a 
ragione)  suo  creditore.  Esso  ha  una  duplice  funzione  —  trasla- 
tiva e  liberatoria  — :  di  cui  quella  è  mezzo  a  questa.  Perchè  il 
pagamento  sia  valido  almeno  come  negozio  traslativo  idoneo  a 
produrre  il  trasferimento  della  proprietà  del  danaro,  è  indispen- 
sabile che  vi  sia  corrispondenza,  cioè  identità,  tra  la  persona 
alla  quale  la  dazione  fu  diretta  e  la  persona  che  effettivamente 
ricevè  ciò  che  era  stato  dato  (cfr.  D.  12,  1,  32  nullum  negotium 
mecum  contraxisti  —  hoc  enim  nisi  inter  consentientes  fieri  non 
potest).  Ora  è  evidente  che  nel  caso  contemplato  nel  n.  tr.  tale 
corrispondenza  mancò  interamente.  Il  conduttore  delle  "  operae  , 
consegnò  allo  schiavo  la  somma  di  danaro  pattuita  come  sa- 
lario nello  scopo  (non  importa  se  espresso  o  tacito)  di  trasferire 
la  proprietà  di  tale  somma  al  vero  padrone  —  suo  creditore. 
Lo  schiavo  poi  rimise  la  somma  che  gli  era  stata  consegnata 
nelle  mani  di  persona  diversa  dal  suo  vero  padrone,  da  lui  scam- 
biata per  tale:    nelle  mani  cioè  del  possessore  di  mala  fede. 


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Ilo  BMIUO   BBTTI 

Costui  Don  aveva  nessuna  veste  che  lo  legittimasse  a  ricevere 
il  danaro,  non  aveva  nessun  titolo  per  far  suo  il  danaro  rice- 
vuto: non  il  titolo  di  proprietario;  non  il  titolo  di  creditore. 
Egli  non  pub  accampare  neppure  la  qualità  di  creditore  appa- 
rente, scambiato  cioè  per  padrone  e  creditore  dal  conduttore 
delle  "  operae  ,,  poiché  non  si  dice  punto,  anzi  si  esclude,  che  questo 
ultimo  destinasse  la  dazione  precisamente  all'indirizzo  di  lui, 
come  Tizio  individualmente  considerato  (cfr.  per  siffatta  ipotesi 
D.  16,3,1,  32:  Titio  quem  dominum  eius  putasti).  Si  desume 
anzi  dal  passo  che  il  conduttore  delle  *  operae  ,  aveva  destinato 
(aia  pare  per  implicito)  la  dazione  all'indirizzo  del  padrone  in 
generale  (arg.  da:  "ut  domino,).  Lo  scambio  è  avvenuto  da 
parte  dello  schiavo,  non  da  parte  del  conduttore.  Non  si  deve 
dunque  credere  che,  per  riavere  il  danaro  dato  via,  il  condut- 
tore delle  '  operae  .  abbia  a  sua  disposizione  una  semplice  azione 
personale  di  ripetizione,  e  cioè  una  "  condictio  indebiti  soluti  , 
(così,  erroneamente,  Ouiacio,  Opera  [Neap.]  IV,  129  B:  '  condicet 
et  repetet  tamquam  solutum  per  errorem,).  Perchè  potesse 
parlarsi  di  *  condictio  indebiti  soluti ,,  bisognerebbe  che  vi  fosse 
stata  una  aolutio  valida,  idonea  cioè  a  far  conseguire  al  rice- 
vente la  proprietà  del  danaro  dato.  Xel  nostro  caso  invece  — 
a  prescindere  naturalmente  dalla  ipotesi  che  la  proprietà  in  capo 
al  dante  si  estingua  per  un  fatto  ;wsfenW«  alla  dazione  p.  es.  per 
'  consumptio ,  (nel  qual  caso  però  la  "  condictio,  spettante  [D.  12, 
1, 11,  2]  avrebbe  il  carattere  non  tanto  di  '  cond.  indebiti  ,  quanto 
piuttosto  di  'cond.  ex  causa  furtiva,,  data  la  mala  fede  dall'acci- 
piente)  —  per  effetto  della  sola  dazione  la  proprietà  del  danaro 
non  trapassa  all'accipiente.  Ciò  per  l'appunto  afferma  Papiniano, 
nel  modo  più  reciso:  "non  fiet  accipientis  pecunia,  (cfr.  D.  12, 
1,  11,  2:  servus  centra  voluntatem  domini  credendo  non  facit 
accipientis).  E  nulla  autorizza  l'interprete  ad  attenuare  la  por- 
tata dell'affermazione  intendendola  nel  senso  di  un  '  fieri  cum  ef- 
fectu,,di  un  "capere,.  Niun  dubbio,  dunque,  che  la  dazione  non 
abbia  avuto  effetto  traslativo,  cioè  nessun  effetto,  e  che  il  dante 
abbia  a  sua  disposizione,  per  riavere  il  danaro,  la  "  rei  vindicatio  , 
(cfr.  D.  12, 1, 1 1, 2).  (Cfr.  in  generale  Ferrini,  Pandette*,  n'  306-309). 
Passiamo  ora  ad  esaminare  la  terza  aituazione  considerata 
da  Papiniano  nel  □.  fr.  In  essa,  il  possessore  di  mala  fede  riceve 
in  pagamento  dai  terzi  conduttori  i  frutti  civili  (fitti)  di  cose 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


LA    «CONDICTIO»   DEI   «  FRDCTDS  »,   BCC.  Ut 

(navi  0  case)  che  sono  state  loro  locate  dal  proprietario.  L'ipotesi 
è  esattameDte  l'oppoata  di  quella  considerata  in  primo  luogo. 
In  coerenza  con  ciò,  la  soluzione  è  parimenti  antitetica  a  quella 
colà  adottata.  Colà  la  *  condictio  indebiti  ,  era  esclusa  per  avere 
il  pagamento  avuto  effetto  liberatorio  :  qui  la  *  condictio  inde- 
biti ,  è  detta  spettare  al  conduttore  per  la  ragione  contraria, 
che  cioè  il  pagamento  da  lui  fatto  al  posseesore  di  mala  fede 
Hon  ha  avuto  l'effetto  di  liberarlo  dalla  obbligazione  contratta 
verso  il  proprietario  (ob  iodebitnm  ei  tenebitur  [scil.  praedo], 
qui  non  eat  liberatus  solvendo).  Comentando  la  soluzione  qui 
adottata,  il  giurista  soggiunge  che  la  regola  comunemente  ri- 
detta *  potersi  ripetere  (con  la  "  condictio  indebiti  ,)  i  frutti 
dal  possessore  di  mata  fede  {come  indebitamente  pagati)  trova 
applicazione  soltanto  nel  caso  in  cui  i  frutti  in  questione  spet- 
tasserò  al  proprietario,  (domini  fuerunt:  cfr.  D.  50,  16,  213,  1 
aes  sunoi  est  quod  alii  nobis  debent;  Gai.  I.  2,  55  suum):  non 
invece  nel  caso  in  cui  detti  frutti  fosaero  dovuti  proprio  allo 
stesso  posaessore  di  mala  fede.  Il  giurista  presuppone  anche, 
naturalmente,  che  i  frutti  di  cui  si  tratta  siano  stati  valida- 
mente pagati,  cioè,  trasferiti  in  proprietà  al  possessore  di  m.  f.  ; 
ma  non  bada  a  rilevare  questa  ulteriore  circostanza  (che  è  sot- 
tintesa), perchè  la  sua  attenzione,  a  questo  punto,  è  richiamata 
dal  contrapposto  con  la  situazione  esaminata  in  primo  luogo, 
non  dal  contrapposto  con  quella  esaminata  in  secondo  luogo. 

Per  apprezzare  con  esattezza  la  soluzione  qui  accolta  da 
Papiniano,  occorre  distinguere  nettamente  ì  due  diversi  rapporti 
che  fanno  capo  alla  persona  del  conduttore:  aj  il  rapporto  con- 
trattuale di  locazione,  in  cui  questi  si  trovava  già  col  proprie- 
tario della  cosa,  e  b)  il  nuovo  rapporto  d'obbligazione  creato 
dal  negozio  di  pagamento  (d'indebito)  tra  luì  e  il  possessore  di 
mala  fede  della  cosa  medesima.  Qui  ei  può  prescindere  intera- 
mente dal  rapporto  diretto  tra  il  possessore  di  mala  f.  e  il  pro- 
prietario della  cosa,  poiché  costoro  non  vengono  in  considera- 
zione in  tale  loro  qualità,  bensì,  rispettivamente,  nella  qualità  di 
ricevente  e  in  quella  di  locatore.  Nella  ipotesi  qui  contemplata 
il  rapporto  diretto  tra  di  loro  non  ha  modo  di  spiegare  e^cienza 
e  neppure  indiretta  influenza. 

A  tenore  del  rapporto  contrattuale  di  locazione,  colui  che 
ha  veste  giuridica  di  creditore  è  il  proprietario  della  cosa,  non 


D,!„t,zed.yGOOgÌe 


112  EM1J.I0    BETTI 

già  il  possessorfl  di  mala  fede:  questi  è  del  tutto  estraneo  al 
rapporto  medesimo,  non  altrimenti  che  un  qualsiasi  terzo.  Verso 
il  proprietArio,  non  verso  il  possessore,  il  conduttore  è  obbligato; 
al  proprietario,  non  al  possessore,  deve  egli  quindi  fare  il  pa- 
gamento per  liberarsi  dalla  contratta  obbligazione.  Fatto  per 
errore  al  possessore  di  mala  f.,  il  pagamento  ha  bensì  effetto 
traslativo  rispetto  alla  proprietà  del  danaro  che  ne  forma  og- 
getto, ma  non  ha  effetto  liberatorio  rispetto  alla  obbligazione 
ch'esso  è  diretto  ad  adempiere  (lo  ha  in  D.  16,  3,  1,  32  perchè 
nel  rapporto  di  deposito  it  debitore  risponde  soltanto  per  dolo). 
L'un  effetto  non  è  da  confondere  con  l'altro;  e  non  ai  deve,  nel 
nostro  caso,  negare  anche  l'effetto  traslativo  per  ciò  stesso  che 
manca  l'effetto  liberatorio  (così,  erroneamente,  Cuiacio,  Opera 
[Neap.j  IV,  129  D).  L'effetto  traslativo  mancherebbe  soltanto 
quando  fosse  nullo  il  negozio  stesso  di  pagamento,  come  nella 
ipotesi  contemplata  in  secondo  luogo,  o  quando  il  dante  non 
avesse  la  proprietà  di  ciò  che  ne  forma  oggetto  (cfr.  p.  es.  D. 
46,  3,  38,  3).  Ma  qui  non  si  parla  di  ciò:  il  giurista  non  dice, 
come  nell'altro  caso,  '  non  fiet  accìpientis  pecunia  ,,  non  dice 
che  l'accipiente  è  soggetto  alla  '  vindicatio  ,  dei  '  nummi  , ,  bensì 
dice  ch'egli  "oh  indebitum  tenebitur  ,.  Segno  evidente  che  la 
proprietà  del  danaro  è  passata  all'accipiente,  perchè  altrimenti 
non  potrebbe  spettare  contro  di  lui  la  "  condictio  indebiti  ,  — 
azione  di  revoca  della  proprietà  acquistata  mediante  pagamento 
d'indebito.  Il  negozio  di  pagamento  con  effetto  traslativo  ma 
senza  effetto  liberatorio  crea  tra  le  due  parti  un  rapporto  d'ob- 
bligazione. £  poiché  nell'ambito  di  questo  nuovo  rapporto  la 
posizione  giuridica  di  creditore  spetta  non  già  al  proprietario 
della  cosa  locata,  bensì  al  conduttore,  è  a  questo  e  non  a  quello 
che  il  possessore  di  mala  fede  —  debitore  in  questo  rapporto  — 
e  obbligato  a  restituire  il  danaro  ricevuto  a  titolo  di  fitto  della 
cosa  locata.  II  proprietario  non  può  pretendere  tale  danaro  dal 
possessore  di  mala  f.,  ma  deve  rivolgersi  al  conduttore  perchè 
adempia  l'obbligazione,  tuttora  inadempiuta,  contratta  verso 
di  lui. 

Non  bisogna,  tuttavia,  cadere  in  un  eccesso  dì  formalismo. 
Se  il  possessore  di  m.  f.,  pur  non  essendovi  obbligato,  restituisse 
il  danaro  ricevuto  al  proprietario  delta  cosa  locata,  deve  dirsi 
che  il  conduttore  resterebbe  liberato  dalla  sua  obbligazione  verso 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


I,A.   «CONDICTIO»    DEI   «  FRDCTUS  »,   ECC.  113 

qudst'aUimo.  Qui  entra  in  vigore  il  principio  che  regola  l'adem- 
pimento deli'obbligazìoQfl  da  parte  dì  un  terzo:  quando  il  terzo 
Agisce  in  luogo  e  vece  del  debitore,  gerendo  un  negozio  di  lui 
(cff.  D.  5,  3,  31  pr.),  il  debitore  resta  liberato.  Trattandosi  del 
possessore  di  mala  f.  di  un'eredità,  il  quale  restituisca  all'erede 
agente  in  giudizio  quanto  ha  riscosso  dai  debitori  dell'eredità, 
ì  giuristi  romani  —  in  particolare  Giuliano  sulle  traccie  di 
Cassio  (Ini.  717  D.  46,  3,  34,  9;  lui.  84  D.  5,  3,  31,  5:  cfr.  D. 
5,  3,  25,  17)  —  ammettono  che  ì  debitori  vengano  non  solo 
liberati,  ma  anche  '  ipso  iure  ,.  Anzi,  essi  ranno  piii  oltre  e  am- 
mettono addirittura  che  il  possessore  sia  in  dovere  di  restituire 
all'erede,  che  domanda  in  giudizio  l'eredità,  ciò  che  gli  è  stato 
pagato  dai  creditori  (Ulp.  533  D.  5,  3,  31,  5:  placet).  Bisogna 
però  avvertire  subito  che  quest'ultima  soluzione  non  può  essere 
estesa  al  nostro  caso,  in  cui  l'azione  spettante  al  proprietario 
contro  il  possessore  di  mala  f.  non  è  la  *  hereditatis  petitìo  , 
bensì  la  *  rei  vindicatio  .,  come  risulta  dalla  connessione  del 
□.  fr.  con  Pap.  123  D,  6,  1,  62,  La  soluzione  anzidetta  è  pos- 
sibile soltanto  nella  '  hereditatis  petitio  ,,  perchè  questa  *  etsi 
in  rem  actio  sit,  habet  tamen  praestationes  quasdam  personales, 
ut  puta  eonim  quae  a  debìtorìbns  sunt  exacta ,.  Il  che  contri- 
buisce a  spiegare  anche  la  costruzione  '  fructus  augent  heredi- 
tatem,  (D.  5,  3,  40,  1;  51,  1;  20,  3;  D.  50,  16,  178,  1). 
Appena  occorre  soggiungere,  infine,  che  se  la  restituzione  dei 
frutti  fatta  dal  possessore  di  mala  f.  al  proprietario  della  cosa 
locata  si  riconosce  idonea  ad  adempiere  l'obbligazione  del  con- 
duttore verso  quest'ultimo,  deve  riconoscersi  che,  per  effetto 
riflesso  di  essa,  venga  meno  anche  la  *  condictio  indebiti  ,  del 
conduttore  verso  il  possessore  di  mala  fede.  In  tutto  ciò  ne  il 
proprietario  ne  il  possessore  sono  da  considerare  in  questa  loro 
veste,  bensì  nella  veste  di  creditore  e  rispettivamente  di  terzo 
adempiente  in  luogo  e  vece  del  debitore. 

§  3.  —  Terminata  cosi  l'esegesi  de' due  passi  fondamentali  in 
materia  e  dimostrato  in  quali  situazioni  l'azione  possa  aver  luogo, 
resta  a  indagare  da  quali  presupposti  dipenda  in  generale  e  che 
natura  abbia  la  '  condictio  „  dei  frutti  spettante  contro  il  pos- 
sessore di  mala  fede  al  proprietario  della  cosa  da  lui  posseduta. 
Quanto  alla  *  condictio  ,  dei  frutti  pagati,  spettante  al  terzo 

JM  déUa  R.  Accademia  —  Tol.  LV.  8 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


114  BMtUO   BETTI 

debitore  del  proprietario,  essa  non  presenta  nessuna  particola- 
rità che  la  distingua  da  uaa  "  condtctio  indebiti  ,  qualsiasi. 
Dalla  precedente  esegesi  risolta  intanto  questo:  che  —  rispetto 
ai  frutti  percetti  dal  possessore  di  mala  fede  —  il  proprietario 
della  cosa  posseduta  pu6  non  avere  a  propria  disposizione,  contro 
il  possessore  medesimo,  che  un'azione  personale  di  ripetizione 
(condìctio);  e  ciò  indipendentemente  dalla  sopraveenuta  circostanza 
che  esso  possessore  abbia  consumato  i  frutti  percetti.  Ora  però  noi 
ci  troviamo  davanti  a  due  gruppi  dì  passi  discrepanti  tra  loro: 
laddove  negli  uni  si  parla  sempl  inenrente  e  in  generale  di  con- 
dìctio dei  frutti  percepiti  in  mala  fede,  negli  altri  si  pone  una 
alternativa  tra  '  vindicatio  ,  e  '  condìctio  ,  distinguendo,  per 
l'applicabilità  dell'una  o  dell'altra,  soltanto  tra  il  caso  in  cui  ì 
frutti  in  questione  stano  tuttora  esistenti  in  natura  (cfr.  Gai.  I. 
2,  82,  79  in  f.)  e  il  caso  in  cui  siano  stati,  invece,  consumati. 
Appartengono  al  primo  gruppo  i  passi  seguenti.  Anzitutto  i  due 
fondamentali  dianzi  esaminati,  ne'  quali,  parlandosi  di  *  con- 
dìctio .  dei  frutti  (D.  6,  1,  78:  dare  oportet;  D.  12,  6,  55: 
domino  obligatus),  non  si  pensa  affatto  all'ipotesi  dì  una  '  con- 
sumptio  ,.  Inoltre  :  Paul.  377  D.  IO,  1,  4,  2;  "  aut  bona  fide  per- 
cepit,  et  lucrari  eum  oportet,  [. .  -l,  aut  mala  fide  {sdì.  percepH), 
et  condici  oportet  ,\  Paul.  1582  D.  22, 1,15:  '  nequeeorum  fì'uctuum, 
qui  post  litem  contestatam  officio  iudicis  restituendi  sunt  (nella 
'  hereditatis  petìtio  ,  :  cfr.  D.  34,  9,  18  pr.),  neque  eorum  qui 
priuB  (scil.  ante  Htem  contestatam)  percepii  quasi  malae  fidei 
possessori  condicuntur ,;  Ulp.  2794  D.  12,  1,  4,  1:  'rea  pignori 
data  pecunia  soluta  condici  potest.et  fructus  ex  tniusta  causa 
percepti  condicendi  sunt  „;  cfr.  Afr.  118  D.  44, 1, 18:  "  si  eiua  fundi, 
quem  tu  possìdeaa  et  ego  proprium  meum  esse  dicam,  fructus 
condicere  tibi  velìm,  etc. ,. 

I  passi  appartenenti  al  secondo  gruppo  sono,  a  mio  avviso, 
interpolati  per  lo  meno  in  quanto  limitano  il  campo  d'applica- 
zione della  "  condìctio  ,  alla  sola  ipotesi  che  abbia  avuto  luogo 
"  consumplio  ,:  limitazione,  codesta,  del  tutto  arbitraria  e  falsa, 
inspirata  dalla  preoccupazione  delta  '  condemnatio  in  tpsam  rem  . 
vigente  per  le  azioni  reali  nel  diritto  giustinianeo  (D.  6,  1,  68). 
I  passi  accennati  sono  i  tre  seguenti:  D.  13,  7,  22,  2:  ipse 
fructus  suos  non  faciet  (a  praedone  enim  fructus  [et  vindìcari 
exstantes)  possunt  [et  coneumpti]  condici)   —  posto  che  non 


zed.yGOOg[e 


LA    •CONDICTIO»    DBI    «  FKDCXDS  >,   ECC.  Ilo 

8Ì  preferisca  ritenere  insitìzia  l'intera  osBerrazione  inclusa  tra 
parentesi;  C.  9,  32,  4,  2  (Gord.  a.  242):  fruotus  autem  rerum 
quas  mala  fide  tenuit,  ticet  expilatae  hereditatis  non  teneatur 
crimine,  suos  non  facit,  sed  [exstantes  quidem  vindicari,  ab- 
sumptoB  vero]  condici  posse  procul  dubio  est;  C.  4,  9,  3  (Diocl. 
et  Hax.  294):  mala  fide  possidens  de  proprieteUe  victus  (cfr.  D. 
44,  1,  18  intervenire  praetorem  debere  nec  permittere  petitori, 
priusquam  de  proprietate  consiet,  huiusmodi  iudiciis  experìri) 
lezstanttbus}  (de)  fructibus  [vindicatione ,  consumptis  vero] 
condictione  conventus  horum  restitutioni  parere  compellitur. 
Interpolazione,  quest'alti  ma,  che  ricorda  assai  da  vicino  l'altra, 
da  tutti  oggi  riconosciuta,  di  I.  2, 1,  35  (itaque  cum  fundo  etiam 
fructus  [,  licet  conaumpti  sint,]  cogitur  restituere),  con  la  quale 
essa  ha  comune  la  preoccupazione  della  condanna  in  natura  e  il 
tacito  presupposto  che  al  giudizio  di  revindica  sia,  in  sé,  inerente 
una  condanna  siffatta  :  così  che  in  tanto  possa  farsi  luogo  al- 
l'azione di  revindica  in  quanto  (e  tutte  le  volte  che)  esista  in 
natura  ci6  che  ne  forma  oggetto. 

Una  conferma  della  tesi  che  i  passi  citati  siano  st-ati  itp. 
nella  tendenza  anzidetta,  si  trova  nel  fatto  che  le  medesime 
interpolazioni  tornano  anche  in  altra  materia.  CotH  in  materia 
di  "  condictio  ,  fondata  su  un  pagamento  ab  initio  invalido, 
perchè  fatto  da  persona  incapace:  D.  12,  6,  29  (Hip.  44):  in 
his  personis  generaliter  repetitioni  locnm  esse  non  ambigitur. 
(et  si  quidem  exstant  nummi,  vindicabuntur,  consumptis  vero 
condictio  locum  habebit]  (Pernice).  Così  parimenti  in  materia  di 
azione  d'arricchimento  contro  il  coniuge,  diretta  a  revocare  una 
donazione  fattagli:  D.  24,  1,  5,  18  (Hip.  2766)  :  in  donationibus 
inre  civili  impeditis  hactenus  revocatur  donum  ab  eo  ab  eave 
cui  donatum  est,  [ut,  si  quidem  exatet  rea  vindicetur,  si  con- 
aumpta  sit  condicatur  hactenus,]  quatenus  locupletior  quis  eomm 
factus  est.  È  vero  che  nell'un  caso  e  nell'altro  l'alternativa  tra 
'  vindicatio  »  e  "  condictio  .  ha  un  addentellato  classico.  Ha 
presupposto  giuridico  della  '  condictio  ,  in  diritto  classico  non 
era  la  *  consumptio  ,  pura  e  semplice,  come  fatto  naturale  che 
fa  scomparire  la  cosa  nella  sua  specifica  individualità  (tale  è  Ìl 
800  significato  per  gli  autori  delle  interpolazioni  segnalate).  Nel 
primo  caso,  presupposto  delta  '  condictio  ,  come  '  condictio  inde- 
biti soluti ,,  in  tanto  era  la  *  consumptio  ,  in  quanto  —  secondo 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


116  BMIMO  BETTI 

la  costruzione  di  Oialiano  —  essa  integrava  la  fattispecie  del 
pagamento  ab  ìnitio  invalido,  all'effetto  di  produrre,  ex  poet- 
facto,  il  trapasso  della  proprietà  del  danaro  pagato  (D.  12, 1, 
II,  2:  da  confrontare  con  D.  12,  1,  12  in  f.;  13  pr.;  19,  1  : 
su  cii>  '  Bull.  dir.  rom.  ,  28,  6i  Bgg.).  Xel  secondo  caso,  poi,  la 
'  condìctio  ,  (D.  24,  1,  33,  1.  39),  come  forma  di  azione  d'ar- 
ricchimento revocatoria  della  donazione  fatta  al  coniugo,  ai  fon> 
dava  non  sulla  consumptio  sic  et  aìmpliciter ,  bensì  su  una 
consumptio  tale  che  costituisse  pd  consumatore  un  arricchimento. 
Avverte  infatti  UIp.  2776  O.  24,  1 ,  32,  9  :  *  consvmpsisse  ,  sic 
accipere  debemus  (all'effetto  di  escludere  l'azione  d'arricchi- 
mento) ne  is  qui  donationem  accepit  loeupletior  faetus  sU:  ce- 
terum  si  factns  est,  orationis  .beneficium  locum  habebit;  e 
lui.  871  D.  24,  1,  39:  aed  si  pecunia  non  exstat  et  mulier  loeu- 
pletior facto  est,  marituB  eam  <re)petet  (cfì*.  D.  24,  1,  25:  ex 
quibus  et  loeupletior  mulier  et  pauperior  niarìtus  in  suis  rebus  fit). 
Tutte  le  interpolazioni  ora  segnalate  mi  oS^no  l'ocoasione 
per  additare  quale  sia,  a  mio  avviso,  la  vera  portata  di  un'altra 
serie  d'interpolazioni  che  a  queste  ai  riconnettono.  Voglio  dire 
quelle  dei  paaai,  già  citati  al  g  I,  ne'  quali  i  compilatori  distin- 
guono parimenti  tra  "  fructus  exatantes  e  fnictua  consumpti  ,  e 
affermano  che  il  possessore  di  buona  fede,  convenuto  con  l'azione 
dì  revindioa,  è  tenuto  a  restituire  al  proprietario  quei  frutta 
peroetti  che  si  trovino  tuttora  esistenti  presso  di  lui  al  momento 
della  domanda  giudiziale.  Si  è  creduto  in  paasato  dagli  inter- 
preti (p.  es,,  tra  i  Bizantini,  dallo  Stefano,  Supplementmn  ad  Bas. 
IZachariae],  p.  105  ;  tra  i  moderni  dal  Faber,  Conjecturae,  IV,  17 
verso  la  Sne),  e  si  è  affermato  di  recente  a  titolo  di  valuta- 
zione delle  interpolazioni  accennate  (Àlbertario,  La  responsabi- 
lità del  *  b.  f.  possessor  ,  fino  al  limite  del  suo  arricchimento, 
18-21,  34-37),  che  con  la  disposizione  anzidetta  ai  volesse  statuire 
una  responaabilità  ne'  limiti  dell'arricchimento  che  il  possessore 
di  b.  f.  avesse  ritratto  dai  frutti  percetti.  Sembra  strano  però 
(e  ciò  oaaervo  in  particolare  contro  il  Faber  e  lo  Stefano)  che 
ì  compilatori  giustinianei,  i  quali  sapevano  perfettamente  espri- 
mere il  loro  pensiero  in  latino,  dicessero  '  fructus  consumpti  , 
per  designare  i  *  fructus  quorum  perceptione  possessor  loeupletior 
factuB  non  est  ,.  E  d'altra  parte  non  è  lecito  all'interprete  delle 
fonti  romane   (ciò  osservo    in    particolare   contro  l'Albertarìo) 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


LA    «CONDICTIO»    DBl    «  PRCCTDS  »,   ECC.  117 

attrìbaire  senz'altro  un  vero  e  proprio  errore  giuridico  di  for-, 
malazione  al  legislatore  giustÌDÌaneo,  sulla  base  di  una  interpre- 
tazione ^  che  non  ha  corto  il  valore  di  autentica  —  fatta  delle 
sue  parole  da  uno  scoliasta  bizantino.-  11  '  consumere  ,  non 
coincide  affatto  —  e  i  compilatori  giustinianei  lo  sapevano  be- 
nìssimo —  con  la  mancanza  di  un  arricchimento  (v.  p.  es.,  oltre 
D.  24,  1,  32,  9.  39  in  f.:  D.  4,  4,  34  pr.  ;  D.  4,  2,  18):  tanto  piìi 
che  l'arricchimento  pub  consistere  anche  nell'aver  risparmiato 
una  spesa  necessaria  (e.  d.  arricchimento  negativo)  e  che  d'al- 
tronde anche  una  trasformazione  economica  è  °  consumptio  , 
(D.  25,  2,  3,  3  vendidorit  donaverit  qualibet  ratione  consump- 
eerit;  pel  "  donare  ,  cfr.  D.  5,  3,  25,  11).  Nelle  istituzioni 
(4,  17,  2)  poi,  i  compilatori  giustinianei  dicono  bensì  che  pel 
"  bona  fide  possessor ,  '  non  habetur  ratio  consumptorum  neque 
non  perceptorum  ,,  ma  non  dicono  punto  che  a  lui  si  faccia 
l'identico  trattamento  tanto  nella  *  rei  vindicatio  ,  quanto  nella 
■  beredìtatis  petitio  ,  (cosi invece  Albortario,  op.cit.,36):  sembra 
invece  ch'essi  pensino  alla  *  rei  vindicatio  ,  e  abbian  dimenti- 
cato r  "  hereditatis  petitio  ,.  '  In  utraque  actione  ,  è  detto  sol- 
tanto n^  periodo  precedente,  dove  del  resto  (secondo  la  giusta 
interpretazione  dello  Schrader,  accettata  dal  Vangerow,  Pand.  I, 
§  333,  p.  656)  l'identità  di  trattamento  in  discorso  (eadem  ratio) 
si  riferisce  —  come  si  desume  dalla  contrapposizione  che  segue, 
del  possessore  di  buona  a  quello  di  mala  fede  —  a  un  confronto 
tra  '  frnctos  non  percepti  ante  litis  contestationem  ,  e  "  post  litis 
contestationem  ,,  non  già  a  un  confronto  tra  '  rei  vindicatio  , 
ed  '  hereditatis  petitio  ,  (così  invece  Àlbertario,  op.  cit.,  26-27). 
D'altra  parte,  di  fronte  a  D.  5,  3.  40,  1,  e  C.  3,  31,  1,  1  (genuini) 
e  a  D.  5,  3,  51  pr.  (che  l'Albertarìo  non  considera),  io  non  posso 
credere  che  nella  *  hereditatis  petitio  ,  la  responsabilità  del 
poaseasore  di  buona  fedo  ne'  limiti  dell'arricchimento  venisse 
soltanto  da  Oiuatiniano  '  estesa  ai  frutti  dell'eredità  ,  (cOsi 
Àlbertario,  op.  cit.,  23-35).  Una  volta  statuita  dal  e.  d.  Sen. 
Gons.  Oiuvenziano  (D.  5,  3,  20,  §§  6  a,  6  i,  6  e)  qnella  respon- 
sabilità, panni  naturale  ch'essa  comprendesse  tanto  l'arriechi- 
meato  ritratto  dalle  stesse  cose  ereditarie,  quanto  l'arricchimento 
ritratto  dai  frutti  delle  medesime.  Ciò  non  è  punto  smentito  ma 
anzi  confermato  dal  fatto  che  con  ana  esplicita  disposizione 
del  Sen.  Gons.  (D.  5,  3,  20,  6  a)  si  esimesse  il  possessore  di  b.  f. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


118  BMILIO    BETTI 

dall'obbligo  di  pagare  gl'interesei  del  prezzo  ricavato  dalla  ven- 
dita delle  cose  ereditarie,  scaduti  prima  della  *  litia  conteetatìo  ,. 
Ma  su  questo  punto  debbo  limitaroii  a  ttae  nn  semplice  ceni» 
incidentale  della  mia  opinione,  riserrandomi  di  dame  altrove 
un'esposizione  adeguata.  Qui  importa  notare  soltanto  questo: 
che  la  mira  dei  compilatori  giustinianei  —  nello  statuire  pel  pos- 
sessore di  buona  fede  di  cosa  singola  l'obbligo  di  restitatre  al  pro- 
prietario rivendicante  i  frutti  percetti  esistenti  presso  di  lui  al 
momento  della  domanda  giudiziale  —  non  pub  essere  stata  quella 
di  colpire  nel  poaseasore  l'arriccbimento  da  lui  ricavato  dalla 
percezione  dei  frutti  della  cosa  altrui,  bensì  quella  dì  far 
subentrare  il  proprietario  della  cosa  nel  medenmo  rapporto  di  fatto 
(vacua  possassio,  nel  senso  dilucidato  dal  Goiacio,  Opera  [M'eap.], 
IV,  669  G)  in  cui,  al  momento  della  domanda  giudiziale,  il  pos- 
sessore di  b.  f.  si  trova  con  la  cosa  stessa  e  coi  frutti  considé- 
r<UÌ  come  accessioni  (omnìs  causa  rei)  della  cosa  fruttifera  (c&., 
p.  es.,  C.  civ.  it.,  444, 1).  Ora  è  chiaro  che  tale  tendenza  ha  po- 
tuto sorgere  soltanto  in  regime  di  esecuzione  forzata  in  forma 
specifica  e  che  è  stata  resa  ovvia  dal  procedimento  per  consegna 
o  rilascio  vigente  in  diritto  giustinianeo  per  l'esecuziope  di  di- 
ritti reali. 

E  a  circostanze  siffatte  sono  parimenti  da  ricollegare  le 
interpolazioni  relative  alla  *  condictio  ,  dei  frutti  spettante  al 
proprietario  della  cosa  contro  il  possessore  di  mala  fede.  In 
diritto  classico,  data  l'applicazione  generale  delia  condanna  pé- 
cunìai'ia,  tra  l'azione  reale  di  revindica  e  l'azione  personale 
di  ripetizione  dei  frutti  non  sussisteva  una  differenza  pratica 
rilevante  come  in  diritto  giustinianeo.  La  differenza  tra  loro 
era  soprattutto  nei  rispettivi  presupposti  giuridici,  in  quanto 
razione  di  ripetizione,  in  antitesi  con  quella  di  revindica,  pre- 
suppone —  a  rigore  —  perduta  da  parte  del  proprietario  e  acqui- 
sita da  parte  del  possessore  di  m,  f.  la  proprietà  dei  frutti.  Se 
non  che  non  sì  deve  credere  che  questo  rigoroso  criterio  di 
legittimazione  alla  *  condictio  ,,  sostenuto  dai  corifei  della  scuola 
proculiana,  fosse  riconosciuto  e  applicato  con  eguale  rigore  da 
tutti  gli  altri  giuristi  romani.  Il  modo  generale  con  cui  parlano 
di  '  condioere.  Africano  (D.  44, 1,  18);  Paolo  (0. 10, 1,  4,  2;  D.22, 
1,  15);  Ulpiano  (D.  12,  1,  4,  1)  induce  a  supporre  che  essi  ri- 
tenessero sufficiente  la  '  perceptìo  ,  per  ammettere  la  *  cob- 


aB,t,zed.yGOOg[e 


LA    «CONDICTIO»    DU   «  PKUCTOd  »,  BCC.  119 

liictio  ,  d«i  fratti  contro  il  posgeasore  di  mala  fede.  La  quale 
opinione  potrebbe  eesere  anche  stata  provocata  da  un  motivo 
pratioo:  dal  deaiderio  cioè  di  risparmiare  al  proprietario  — 
astrazioae  Catta  dall'ipotesi  di  revindica  della  cosa  fruttifera 
(con  la  quale  egli  poteva  ricevere  anche  i  frutti)  —  le  lungag- 
gini di  ima  previa  *  aotio  ad  exhibendum  .  indispensabile  per 
stabilire  l'individualità  specifica  dei  frutti  perenti  che  avrebbero 
dovuto  formare  ometto  di  un'azione  di  revindica  autonoma. 

È  chiaro  che  per  tal  modo  la  "  condietio  ,  dei  frutti  veniva 
ad  assumere  praticamente  la  funzione  di  azione  Bostiiutiva  ddla 
revindica  (azione  in  funzione  di  revindica)  e  a  rassomigliare,  sotto 
questo  rispetto,  alla  '  condietio  ex  causa  furtiva  ,.  A.  questa, 
dol  resto  —  se  sì  ha  riguardo  al  suo  fondamento  giuridico  —  essa 
era  assai  piii  vicina  che  alle  altre  forme  di  "  condietio  ,  (azione 
astratta  diretta  al  *  dare  oportere  .di  *  res  certa  .)  fondate  su  un 
negozio  giuridico  (datio,  solutio,  stipulatio,  legatura).  Come  la 
"  condietio  ex  e.  furtiva  ,  è  fondata  sul  *  furtnm  .,  cosi  essa 
è  fondata  sulla  '  perceptio  mala  fide  ,  :  atti  entrambi  inidonei, 
come  tali,  a  produrre  un  trapasso  della  proprtetì^  in  chi  è  pas- 
sivamente legittimato  alla  *  condietio  ,. 

Una  particolarità,  infine,  della  '  condietio  ,  dei  frutti,  dipen- 
dMite  dalla  saa  struttura  processuale  di  azione  di  stretto  gia- 
dizìo  con  oggetto  determinato  (res  certa),  è  che  —  come  attesta 
Paul.  1582  D.  22, 1,  15,  dianzi  riferito  —  con  essa  i!  posses- 
sore di  mala  fede  non  può  essere  tenuto  a  pagare  gl'interessi 
dei  frutti  che  egli  abbia  venduto  e  trasformato  in  capitale  frut- 
tifero (cfr.  D.  23,  4,  4  usurae  qnae  ex  fructibus  coUectis  et  in 
sortem  redactìs  percìpi  possunt).  Che  nella  '  heredìtatis  petìtìo . 
il  possessore  dì  mala  f.  risponda  per  gl'interessi  dei  frutti  del- 
l'eredità da  lui  venduti,  con  decorrenza  dal  giorno  della  vendita 
(D.  5,  3,51,l;acontr.  C.  3,31,  1,  1;  cfr.D.  34,  9,  17.  18pr.;  C.  6, 
35,  1,  1),  discende  come  corollario  dalla  costruzione,  che  i  giuristi 
romani  &nno  dei  frutti  percetti,  quale  accrescimento  dell'eredità 
domandata  in  giudizio  (D.  5,  3,  20, 3. 40, 1. 51 , 1  ;  D.  36, 1, 46  [44], 
1  inf.;  G.  3,  31,  2,  1).  Costruzione,  codesta,  che  è  resa  possibile 
principalmente  dall'essere  la  '  hereditatis  petitio  ,  un'azione  con 
oggetto  indeterminato,  poiché  1'  '  bereditas  ,  oggetto  della  *  petitio , 
è  un  '  nomea  ìuris  .,  un  tutto  suscettibile  dì  aumento  (cfr. 
Cuiacio,  Opera  [Neap.],  IT,  889  A-B  ;  Savigny,  St/stem,  Yl,  149  sg.). 


zed.yGOOg[e 


120       BMIUO  BETTI  —  LA.   «  CONDICTIO  >    DEI    «FROCTOS»,   ECC. 

La  *  coodictio  ,  dei  frutti,  per  contro,  ha  un  oggetto  ch'è  ab 
ìnitio  determinato:  cioè  precisameiite  quei  frutti  che  sono  stati 
prodotti  da  una  determinata  cosa  e  percetti  dal  posseseore  dì 
mala  fede  durante  quel  periodo  di  tempo  per  cai  egli  ne  ha 
avuto  il  possesso.  Questi  stessi  frutti  in  ncUura  ed  easi  soltanto 
—  non  i  pretta  in  cui  essi  possono  essere  stati  trasformati  dal 
possessore  mediante  vendita  e  non,  quindi  (dato  anche  che  nella 

*  condictio  certae  pecuniae  ,  fosse  possibile  tenerne  conto),  gl'inte- 
ressi che  potrebbero  ritrarsi  dai  '  pretia  ,  capitalizzati  —  sono 
in  obligatione  e  sì  indicano  quale  '  petitum  ,  nella  *  intentio  , 
della  formola.  Che  è  proprio  il  contrario  di  quanto  avviene  nella 

*  hereditatis  petitio  ,,  in  cui  ì  frutti  sono  compresi  nella  '  pe- 
titio  ,  non  come  tali  e  a  se  stanti,  bensì  quali  aumenti  della 
coea  giudizialmente  demandata  —  aumenti  che  possono  venire 
in  considerazione  anche  sotto  forma  di  °  pretia  ,  produttivi  d'in- 
teressi. Anche  sotto  questo  aspetto  la  '  condictio  ,  dei  frutti 
spettante  al  proprietario  della  cosa  contro  il  poBsessore  di  m.  f. 
appare,  in  generale,  come  un'azione  sostitutiva  della  revìndica 
de'  frutti  stessi. 

Peraltro,  nelle  fattispecie  esaminate  dianzi  (§g  1  e  2)  la 
"  condictio  ,  assume  una  fìsonomia  particolare,  che  non  ha  nelle 
altre.  In  quelle  fattispecie,  invero,  essa  nasce  da  un  vero  e 
proprio  acquisto  della  proprietà  dei  frutti  da  parte  del  posses- 
sore-di  mala  fede  sulla  base  della  percezione  da  lui  fatta  dei 
frutti  medesimi. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


'   DDl  PASSI  DEL  CABDÀNO,  ECC. 


Ooe  passi  del  CirdaBO 
eoneerneBtt  Leonardo  da  Tlnei  e  l'aviazione 

Nota  del  Socio  eotriipoDdente  G.  BOFFITO 


Nel  moderno  fiorire  di  studi  vinciani  e  aviatorii  non  riu- 
scirà inutile,  crediamo,  richiamare  l'attenzione  degli  studiosi  su 
dae  passi  del  celebre  modico  e  matematico  milanese  Girolamo 
Cardano,  rìferentiBi  a  Leonardo  da  Vinci  e  all'aviazione.  L'uno 
e  l'altro  mi  sembrano  per  diverso  rispetto  agualmenta  rìle- 
vaotì,  quello  sovratutto  intorno  a  Leonardo  da  Vinci,  quale  al- 
meno si  legge,  genuino,  nel  testo  cardaniano,  non  quale  passò, 
alterato,  da  una  penna  all'altra,  dall'uno  all'altro  scrittore. 

Dell'arte  del  volare  il  Cardano  tratta  in  due  luoghi  diversi  ; 
né  poteva,  aggiungiamo,  tralasciale  interamente  di  parlarne,  tanti 
sono  e  pressoché  innumerevoli  gli  argomenti  di  cui  più  o  meno 
ampiamente  si  occupa  in  alcune  delle  sue  opere  che  sono  vere 
e  proprie  enciclopedie.  \el  De  rerum  varietale,  opera  prina- 
mente  uscita  a  Basilea  nel  1557  (per  Henricum  Petrì,  in  foglio), 
discute  egli  un  problema  aviatorio,  che,  per  quanto  sinora  tras- 
curato, occupa,  come  mi  lusingo  di  poter  prossimamente  dimo- 
strare (1),  un  posto  eminente  nella  storia  dell'aeronautica 
italiana:  il  problema  della  colomba  volante  dì  Archita. 

Si  pu6  costruire,  si  domanda  il  Cardano,  una  lignea  colomba 
sul  genere  di  quella  che,  come  narra  Aulo  Gellio,  fobbrìcò  Ar- 
chita, la  quale  voli  di  per  se?  Degli  automi  che,  mossi  da  interno 
meccanismo,  ai  muovevano  e  passeggiavano  sopra  la  tavola,  ne 


(1)  Nella  ristampa  della  mia  AeroHauliea  in  Italia,  gludio  ttorico-Ublio- 
grafico,  che  fe  presentemente  in  prepanuione. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


122  a.   BOFFITO 

aveva  egli  veduti  bensì,  e  anche  degli  uccelli  meccanici  che 
volavano,  legati  peri)  ad  una  fune  (specie  forse  di  aquiloni)  ;  ma 
uccelli  che  volassero  da  sé,  per  virth  propria,  non  era  mai  riu- 
scito a  vederne.  Giudica  egli  tuttavia  che,  sebbene  con  difficoltà, 
causata  sovratatto  dal  peso  dell'apparato  motore,  si  possa  riu- 
scire allo  scopo  mediante  una  spinta  iniziale  e  col  favore  del 
vento  (che  giunge  a  far  volare  perfino  le  oche),  quuido  si  co- 
struisca la  colomba  di  materia  leggiera,  la  si  fornisca  di  grandi 
ali  e  s'inserisca  nel  suo  interno  un  meccanismo  d'orologerìa  che 
ne  faccia  sbattere  le  ali.  *  Quaeri  solet  (trascrìvo  dalla  edizione 
Henrìcpetrana  di  Basilea,  1581,  in-8  picc,  caratt.  cors.,  con  ta- 
vole, lib.  Xll,  p.  752)  an  columbam  ligneam  qualem  Àrchitam  Ta- 
rentinum  ex  Oellio  alibi  narravimus  fabricaese,  tacere  liceatP  Sci- 
licet  quae  sponte  volet,  ubi  tamen  quieverit,  immota  maneat? 
Nani  imagines  statuasque  ambulantes  super  mensam  rotarum 
abditanim  vi  alìquoties  vìdìmus;  volantem  etiam  avem,  sed 
funi  inBÌtam,  per  se  nondum.  Ergo  quae  se  sponte  elevet,  vìx 
fieri  potest,  quoniam  firma  oportet  esse  vincula  quae  moveant 
atque  ideo  graviora  quam  ut  agi  propriis  possint  virìbua.  Mota 
vero  ab  inìtio  et  impulsa  et  maxime  vento  flante  secundo,  oh 
alarum  magnitudinem  et  vim  rotarum  quae  illas  agat  nihil  pro- 
hibet.  Conveniat  igitur  levìtas  corporìs,  alarum  magnitudo  et 
robur  rotarum  atque  venti  auxilium,  quod  et  anserea  et  gra- 
viores  aves  non  negligunt,  ut  columba  evolet  certo  ordine  ,.  Il 
Cardano  sembra  anche  aver  intuito  la  forza  elevante  del  fooco, 
ma  non  gli  pare  che  sarebbe  questa  la  miglior  via  da  tenersi 
in  pratica,  perchè  poco  duraturo  è  ii  fuoco,  ne  si  pub  aggiun- 
gere troppo  combustibile  per  via  del  peso  che  verrebbe  natural- 
mente a  crescere.  Segue  egli  infatti  a  dire:  *  Incerto  (ordine) 
autem  ignis  vi,  quemadmodum  et  Ismpades  (evolabit).  Sic 
enim  et  sponte  se  elevabit  et  alas  movebit,  aed  statim  desinet, 
quoniam  ignis  non  manet;  et  materiam  cìtra  pondus  snppeditare 
non  licet  ,. 

Ma  qui,  come  pure  altrove  nel  De  rerum  varietate,  non  è 
parola,  per  quanto  a  me  consta,  di  Leonardo  da  Vinci  ;  il  cui  nome 
ricorre  invece  almeno  due  volte,  e  una  in  argomento  aviatorìo, 
nell'altra  più  famosa  opera  cardaniana  che  s'intitola  De  subii- 
litote,  uscita  per  le  stampe  una  diecina  d'anni  prima,  nel  1550, 
a  Norimberga  (apud  Io.  Fetreium,  pur  essa  in  foglio). 


D,B,t,zed.yGOOg[e 


DUB  PASSI  DEL  CA.BDANO  CONCBKNBNTI  LEONARDO  DA  VINCI,  ECC.  123 

Gli  stadi  di  Leonardo  sugli  apparecchi  di  volo,  a  cui  iniaero 
capo  le  sue  diuturne  esatte  e  acute  oaservazioni  sul  volo  degli 
uccelli,  sono  generalmente  noti  oggi,  dopo  le  perspicue  e  dotte 
pubblicazioni  del  senatore  Luca  Beltratni.  Ma  già  prima  d'ora 
non  eraii  mancati  degli  scienziati  che  vi  accennassero  e  varia- 
mente li  illustrassero.  Tra  questi  a  me  piace  qui  rammentare 
Gilberto  Oovi,  onore  e  lume  della  nostra  Accademia,  il  quale  per 
primo  s'accorse,  net  1881,  che  nel  manoscritto  vinciano  B,  conser- 
vato nella  Biblioteca  dell'Istituto  parigino,  e  che  Carlo  Ravaisson 
8Ì  accingeva  proprio  allora  a  pubblicare,  si  conteneva  uno  schema 
di  elicottero  accompagnato  dalle  seguenti  presiose  note  dichia- 
rative di  mano  di  Leonardo:  (accanto)  "  L'estremità  di  fuori 
della  vite  sia  di  ferro  grosso  una  corda  e  dal  centro  al  cerchio 
sia  braccia  8  ,.  (sotto)  °  Trovo  se  questo  strumento  fatto  a  vite 
sarà  ben  fatto,  cioè  fatto  di  tela  lina,  stoppata  i  suoi  pori  con 
amido,  e  voltato  con  prestezza,  che  detta  vite  si  fa  la  femmina 
dell'aria  e  monterà  in  alto.  Piglia  lo  esempio  da  una  riga  larga 
e  sottile  e  menala  cqn  furia  in  fra  l'aria:  vedrai  esser  guidato 
il  tuo  braccio  per  la  linea  del  taglio  della  detta  asse.  Sia  l'ar- 
madura  della  sopradetta  tela  di  canne  lunghe  e  grosse.  Puossene 
fare  uno  piccolo  modello  di  carta  che  lo  stile  suo  sia  di  sottile 
piastra  di  ferro  e  torta  per  forza  e  nel  tornare  in  libertà  farà 
volgere  la  vite  (e.  83)  „ .  II  Govi  diede  subito  notizia  della  sua 
scoperta  nei  *  Comptes  rendus  ,  dell'Accademia  delle  Scienze 
di  Parìgi  (t.  LXXXIII,  juillet-décembre  1881,  p.  400-402,  con 
2  Sg,,  Sur  une  tri»  ancienne  appUeation  de  l'hélice  camme  organe 
de  propulaion:  note  de  M.  Govi),  riproducendo  il  disegno  leonar- 
diano  e  aggiungendovi  quello  del  paracadute  (che  il  professore, 
ed  oggi  senatore,  Giuseppe  Colombo  aveva  illustrato  nella  di- 
chiarazione della  tavola  XVT,  fo.  372,  del  Saggio  delle  opere  di 
L.  da  V.  Milano,  Tip.  di  Giovanni  Ricordi,  1872,  in  foglio) 
desunto  dal  Codice  Atlantico  dell'Ambrosiana,  dove  si  trova 
accompagoato  dalla  dichiarazione:  '  Se  un  uomo  ha  un  padi- 
glione di  panno  lino  intasato  che  sia  12  braccia  per  faccia  e 
alto  12  pota-à  gettarsi  da  ogni  grande  altezza  senza  danno 
di  sé  ,.  Spettava  peraltro  al  Beltrami,  dopo  il  Colombo,  il 
trarre  alla  luce  definitivamente  e  l'illustrare  i  veri  e  propri  ap- 
parecchi di  v<^o  escogitati  da  Leonardo,  quali  risultano  dai 
disegni  e  dalle  note  del  codice  Atlantico,  cioè:  due  tipi  dì  appa- 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


124  Q.   BOFFITO 

recchio,  cbe  potremmo  denominare  icariano,  consistente  nell'ag- 
giunta all'organiBino  umano  del  sussidio  di  due  grandi  ali  diret- 
tamente manovrate  dalla  forza  muscolare  dell'uomo,  e  un  terzo 
apparecchio  che  più  si  avvicina  agli  aeroplani  o  velivoli  moderni 
ma  a  differenza  di  questi  aveva  le  ali  mobili,  ed  è  chiamato 
dai  francesi  avion. 

Ma  volò  davvero  Leonardo?  Lasciamo  stare  le  tradizioni, 
che  nel  caso  presente,  trattandosi  di  appurare  un  fatto  concreto, 
poco  giovano  e  possono  esser  nate  dalla  notizia  propalatasi  dei 
diuturni  molteplici  studi  vinciani  sul  volo.  E  diciamo  cob^,  perchè 
una  tradizione  accennata  dal  Solmi  {Leonardo,  p.  157,  Firenze, 
Barbèra,  1907)  lo  farebbe  Incominciare  i  suoi  esperimenti  a 
Milano  nel  giardino  del  duca  Galeazzo,  e  un'altra  tradizione 
glieli  farebbe  riprendere  a  Firenze,  sulla  collina  di  Fiesole  e 
precisamente  sul  brullo  monte  Ceceri,  donde  '  doveva  partire 
narrerebbe  anche  oggi  la  tradizione  popolare,  un  grande  cigno 
che  poi  scomparve  e  niuno  potè  mai  rivedere  ,  {ib.,  p,  158). 
Vediamo  piuttosto  i  dati  che  ci  forniscono  i  manoscritti  di  Leo- 
nardo, che  non  mancano,  com'è  noto,  di  preziose  indicazioni  bio- 
grafiche, e  le  attestazioni,  se  ve  n'ha,  dei  suoi  contemporanei. 

Certo  il  grande  pittore  fu  nel  1506  a  Fiesole:  eì  fosse  an- 
dato, come  il  Solmi  suppone,  a  rinfrancarsi  lo  spirito  turbato 
dall'immane  disastro  toccato  alla  sua  Battaglia  di  AngkiaH  che 
appena  finita  di  dipingere  nella  gran  sala  del  Consiglio  in  Pa- 
lazzo Vecchio  con  un  nuovo  processo  di  mestica  imparato  da 
Plinio,  s'era  cominciata  a  staccare  e  a  cadere  dalla  parete,  o 
vi  si  fosse  recato  per  altra  ragione,  a  noi  ignota  (per  trovare, 
ad  esempio,  Alessandro  Amadori  canonico  di  Fiesole,  fratello 
della  sua  buona  prima  matrigna),  è  ben  certo  che  nel  1506  fu  a 
Fiesole,  leggendosi  in  un  luogo  dei  suoi  manoscritti  riferito  dal- 
l'Amoretti {Memorie  storiche  su  la  vita,  gli  studi  e  le  opere  di 
L.  daV.,  p.  91;  Milano,  Gaetano  Motta,  1804,  in-8,  con  tavole) 
sotto  la  data  de)  '5  (1505,  cioè  1506  in  istile  comune)  ad£  14  di 
marzo,  questa  osservazione:  "  Quando  l'uccello  ha  gran  lun- 
ghezza d'alie  e  poca  coda  e  che  esso  si  voglia  inalzare,  allora 
esso  alzerà  forte  le  alie,  il  qual  vento  facendosegli  intorno  lo 
spingerà  molto  con  prestezza,  come  il  cortone  uccello  di  rapina 
ch'io  vidi  andando  a  Fiesole  dopo  il  locho  di  Barbiga  ,.E  pure 
probabile  che  dì  quel  medesimo  tempo  siano  le  note  che  si  leg- 


zed.yGOOgle 


DUI  PASSI  DBL  CARDANO  CONCERNENTI  LEONARDO  DA  VINCI,  ECC.  125 

gono  nella  seconda  cartA  del  codice  vÌDciano  del  volo,  già  ap- 
part«Deat«  a  Giacomo  Manzoni  di  Lugo,  ampiainente  descritto 
da  Gustavo  TTzielli  nella  seconda  serie  delle  ane  Bieerche  intomo 
a  L.da  F.  a  pag.  401  sgg.  (Roma,  Salviucci,  1884):  "  Dal  monte 
[Cecero]  che  tiene  il  nome  del  grande  uccello  [cecero  =  cigno] 
piglierà  il  volo  il  famoso  uccello  che  empirà  il  mondo  di  sua 
gran  fama  ,.  *  Piglierà  il  primo  volo  il  grande  uccello  sopra 
del  dosso  del  suo  magno  Cecero,  empiendo  l'universo  dì  stupore, 
empiendo  di  sua  fama  tutte  le  scritture  e  gloria  eterna  al  nido 
dove  nacque  ,.  Sono  note  che  danno  a  divedere  una  ferma  in- 
crollabile fiducia  in  Leonardo,  che  la  sua  macchina  aviatoria, 
così  amorosamente  studiata  in  tutti  i  piii  minuti  particolari, 
come  ne  fanno  fede  i  disegni  del  codice  Atlantico  di  ce.  302  v, 
308  p,  314  r  più  volte  riprodotti  dal  Beltrami  (1),  avrebbe  ri- 
sposto a  tutte  le  esigenze  pratiche  e  ai  sarebbe  davvero  librata 
in  aria,  come  un  grande  mirabile  uccello  umano,  dall'alto  della 
collina  di  Fiesole. 

Ma  ogni  tentativo  riuscì  vano  e  Leonardo  dovette  a  malin- 
cuore rinunciare  al  sogno  lungamente  accarezzato.  Giacché  ten- 
tativi certo  ce  ne  furono,  e  più  probabilmente  a  Firenze  ohe 
altrove  :  si  può  asaerìrlo  con  piena  sicurezza.  Uno  sperimentatore 
come  il  Vinci,  tanto  innamorato  della  scienza  da  trascurare  per 
esaa  alno  l'arte  sua,  non  era  uomo  da  lasciar  le  cose  a  mezzo 
o  da  indietreggiare  davanti  a  qualsiasi  ostacolo;  e  d'altronde 
abbiamo  l'attestazione  di  Girolamo  Cardano,  che,  scrivendo  alla 
distanza  di  meno  di  mezzo  secolo,  merita  piena  fede.  Il  passo 
del  Cardano,  sperso  com'è  nel  mare  magnum  del  suo  De  svbtv- 
litote,  è  stato  sinora  malamente  citato,  più  che  altro  a  orecchio, 
e  quindi  alterato,  mentre  sia  per  Leonardo,  sia  in  genere  per 
la  storia  dell'aviazione  ha  aingoiar  valore.  Ecco  pertanto  quanto 
si  legge  nel  libro  XVII  del  De  aubtilitate,  che  tratta  de  artibus 
artificioaisque  rebus  (della  bussola,  della  polvere  da  aparo,  del- 
l'arte tipografica,  delle  tre  arti  figurative,  ecc.)  :  '  Et  quamquam 
haec  per  se  magnae  subtilitatìa  esempla  sint,  pleraeque  tamen 
nobiliorum  artium  ferme  latent,  tum  oh  rerum  proprietatea  ignotaa 


(1)  Si  veda  di  lui,  ad  eiempio,  L'a«roplano  di  Leonardo  in  Leonardo 
pa  Vinci:  eoi^erenxe  fiorentine,  HiUao,  Treves,  1910,  pp.  318-328. 


zed.yG00g[e 


126  0.   BOFFITO 

adhuc,  tum  quia  aubtiliori  inveotione  indigent.  Suot  autem  quae 
latent,  ut:  vitri  tenacia  facieadi  ratio;  thesanrorum  inventio: 
stridorem  dandi  agri;  ab  albo  p)uinbuin  aufer«idi ;  effodiendi  un- 
deqnaque  utilea  res;  tranemutandi  colores;  perfecta  ratio  per- 
inutandi  cormptnm  viaum  in  acetum,  quae  inventa  mea  aetate 
mea  etiam  aetate  periit,  tametai  multa  non  inutilìa  supra  tra- 
diderimus;  diguoscendi  rerum  proprìas  vires;  ars  proferendae 
in  longum  vitae,  de  qua  supra  dìximua;  materiam  focere  quae 
machinarum  ignearum  vi  resistàt;  volandi  ineentum,  quad  nuptr 
tentatum  a  duobus,  illis  pessime  eessU  :  Vincius,  de  guo  supra  di- 
ximus,  tentavU^  et  frustra,  hic  pictor  fuU  egregius;  super  omnia 
Tirydatis  magia  ob  quam  a  Nerone  ingenti  pecunia  et  Armeniae 
regno  donatus  est,  dum  ea  docet  facere  quae  fieri  nequeunt  , 
(De  subtilitate,  Lugduni,  apud  Bartholomaeum  Honoratnm,  1580, 
pag.  579).  Com'è  cbiaro  anche  alla  prima  lettura,  il  Cardano 
parla  anzitutto  dì  due  sfortunati  aviatori  del  suo  tempo  (*  nuper  ,) 
dei  quali  soli  dice  che  male  loro  intervenne  (*  illis  pessime 
cessit  .),  poi  di  Leonardo,  del  quale  dice  soltanto  che  invano 
("  frustra  ,)  tentò  di  volare.  D'altronde  l'inciso  '  illis  pessime 
.  cesait  ,  che  è  stato  dal  Solmi  (1)  e  da  altri  applicato  a  Leo- 
nardo, non  ai  può,  oltreché  per  il  contesto,  applicare  al  Vinci 
anche  per  la  ragione  del  tempo  diverso  a  cui  si  riferisce;  poiché 
mentre  il  Cardano  accenna  qui  a  uno  sfortunato  recente  ("  nuper,) 
tentativo  aviatorio,  parlando  poco  prima,  nel  medesimo  libro,  del 
Vinci,  scrive:  '  praeclara  illa  totius  humani  oorporis  imìtatio 
iam  pluribm  ante  annis  inchoata  a  Leonardo  Vincio  fiorentino 
et  pene  absoluta  .  (pp.  57S-74).  Il  pasao  è  anche  importante 
perchè  da  esso  si  raccoglie  qual  era  l'opinione  del  Cardano  in- 
torno all'aviazione:  arte  non  tmpoaaibile,  non  inutile  (che  allora 
l'avrebbe  collocata  nel  libro  15°  che  tratta  *  de  incerti  generis 
aut  inutilibus  subtilitatibus  ,),  ma  immatura  per  quel  tempo: 
ed  era  il  miglior  giudizio  che  se  ne  potesse  dare,  chi  tenga 
presente  come  allora  fosse  nella  sua  prima  in&nzia  la  mec- 
canica. 


(1)  *  Solo  Girolamo  Cardano  nel  suo  Dt  gubtiìUtUt  scrìve  con  oscura 
fhue;  '  anche  L.  da  V.  tentò  di  volare,  ma  mal  gU  intervenne:  era  gronde 
pittare  ',.  Op.  cit.,  p.  157. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


DDE  PASSI  DSL  CAEDANO  CONCBftHBNTl  LEONARDO  DA  VINCI,  ECC.  127 

Resterebbe  a  vedere  chi  fossero  ì  due  sfortanati  aviatori 
che  all'epoca  della  composizione  dell'opera  cardaniana  (1)  fecero 
coA  cattiva  prova;  ma  su  di  questi,  invece  di  poter  fornire  io 
notizie  e  schiarimenti  agli  altri,  lo  aspetto  dagli  altri  di  rice- 
verne (2). 


(1)  A  scrivere  il  Dt  siAtUitaU  il  Cardano  avrebbe  impiegato  eoli  otto 
meei,  ma  impiegò  poi  vari  anni  a  corre^ere  e  migliorare  la  gtta  opera. 
NiciBOH,  Mimoirta,  XIV,  267. 

(2)  Nessun  lume  si  può  ricavare  dall'edizione  delle  Optra  omnia  del 
Cardano,  Lione,  1668,  la   quale   non    è   accompagnata   da   note  di  sorta 


L'Accademico  Segretario 
Ettobb  Stampihi 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


DiBumd, Google 


SAVERIO   BELLI 

to  II  15  amia  lUt,  aorta  U  1  tptUa  1(11. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


DiBumd, Google 


ATTI 


REALE  ACCADEMIA  DELLE   SCIENZE 

DI     TOKINO 


mBBUOATI 


DAGLI  ACCADEMICI  SEGRETARI  DELLE  DDE  CLASSI 


Toi,.  LV,  Disp.  8-,  I9I9-IM0 


TOaiNO 
Librerìa   FRATELLI    BOOOA 

VU  Culo  AUNTto,  B. 

1920 


DiBumd, Google 


„d, Google 


CLASSE 

SCIENZE  PISECHE,  MATEMATICHE  E  NATURALI 


Adunanza  del  14  Dicembre  1919 


PRESIDENZA    DEL    SOCIO    PROF.    COHH.    ANDREA    NACCARI 
PRESIDENTE   DELL'ACCADEMIA 


Sono  presenti  i  Soci  D'Ovidio,  Direttore  della  Classe, 
Salv ADORI,  Seore,  Peaho ,  Jadanza,  Foà,  Guidi,  Mattirolo, 
Grassi  j    Sohioltana  ,  Ponzio  ,    Sacco  ,    Majorana    e    Paboha 


Si  legge  e  si  approva  l'atto  verbale  della  precedente 
adunanza. 

Il  Presidente  comunica  una  lettera  del  Commissario  pre- 
fettizio aig.  Conte  Olgiati  che  annunzia  di  avere  assunte  le 
funzioni  di  AmmÌDÌstratore  del  Comune  di  Torino. 

Il  Socio  Grassi  presenta  in  omaggio  la  quarta  edizione 
(voi.  I)  del  suo  Corso  di  Elettrotecnica;  ed  il  Socio  Peano  pre- 
senta pure  come  omaggio,  per  incarico  dell' A.  prof.  L.  Berzolari, 
nostro  Socio  corrispondente,  il  Manuale  di  Geometria  analitica 
(I.  Il  Metodo  delle  Coordinate)  e  ne  fa  gli  elogi.  Il  Presidente 
ringrazia. 

Presentazione  di  Note,  che  sono  accolte  per  la  stampa 
negli  Atti: 

dal  Socio  Sacco,  Le  OBciUazioni  glaciali; 
Atti  dtaa  R.  Aeeademia  —  Tol.  LT.  9 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


130 

dal  Soci')  Jadanza,  /  concetti  ntoderni  3uUa  figura  mate- 
matica della  Terra.  Appunti  }>er  la  storia  della  geodesia.  Nota  nona, 
n  divario  fra  l'ellissoide  e  la  terra  fluida,  dell' Ing,  Ottavio 
Zanotti-Bianco  : 

dal  Socio  Pabona,  Osservazioni  eristallografìehe  suWaz- 
zurrite  di  Gonnesa  (Cagliari),  della  dott.  Fausta  Balzac. 

Raccoltasi  poscia  la  Classe  in  seduta  privata  procede  alia 
votazione  per  l'elezione  del  Segretario  della  Glasse  ed  è  rìcoD' 
fermato  per  un  nuovo  triennio  il  Socio  Carlo  Fabrizio  Pabona, 
salvo  l'appruvazione  ^5ovrana. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


LUIGI  ZOPPKTTI  —  L  ABITO  FOGLIARE,   ECC. 

LETTURE 

L'abito  fogliare  neile  siepi  df  Ligostni 

Nota  del  Dott.  LDIQl  ZOPPETTI 


Argomento  di  questo  studio,  suggeritomi  dall'ilLmo  prof«B- 
sore  0.  Mattirolo,  che  amorosamente  mi  guidò  nel  lavoro,  è  la 
profonda  variazione  di  abito  fogliare  che  presentano  i  LiguUri 
delle  numerose  siepi  ornamentali  dei  giardini  torinesi  in  con- 
fronto di  quelli  che  crescono  all'Orto  Botani«o  o  dovunque  il 
loro  libero  sviluppo  non  è  soverchiamente  contenuto  da  name- 
rose  potature  (1).  Le  numerose  osservazioni  che  riferisco  bre- 
vemente, rivelarono  diversi  ordini  di  fenomeni  indipendenti,  che 
però  convergono  nel  loro  complesso  a  dar  la  ragione  del  fatto 
che  mi  son  proposto  di  spiegare. 

1.  —  La  caduta  delle  foglie. 

La  differenza  fra  le  siepi  potate  e  i  Ligustri  cresciuti  libe- 
ramente prende  speciale  rilievo  all'inoltrarsi  dell'inverno,  perchè 
mentre  il  processo  della  caduta  fogliare  sembra  iniziarsi  ugual- 
mente, piti  tardi  si  fa  evidente  il  contrasto  fra  gli  arboscelli 
dai  lunghi  rami  scheletriti  e  le  siepi  densamente  fogliose.  Se- 
guiamo le  modalità  della  caduta  fogliare:  cadono  prima,  sempre, 
quelle  alla  base  del  ramo,  poi  man  mano  le  altre.  È  la  regola 
generale:  le  foglie  piìi  vecchie,  le  prime  sbocciate  dalla  gemma. 


(1)  La  sistematica  dei  Li^atri  non  è  ancora  ben  stabilita  daf^U  Au- 
tori :  ciò  spiega  come  le  deoominazioni  dei  Giardinieri  siano  tra  loro  in 
allegra  discordanza.  La  npecie  ornamentale  più  diffusa  da  noi  e  a  cui  spe- 
cialmente  si  riferisce  questa  Nota  è  il  L.  otalifolium  Basikarl  (*  Catal.  hort. 
Bogor,  „  1844). 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


!32  LOTai  zoppam 

precedono  nella  caduta  le  superiori,  piii  giovani;  e  anche  nei 
Ligustri  più  spogli  è  rara  la  scomparsa  totale  di  questi  ultimi 
rappresentanti  degli  organi  assimi  latori.  Qrande  influenza  su 
questo  fenomeno  esercitano  l'esposizione  e  la  località  in  cui  sì 
trova  la  pianta.  Ligustri  cresciuti  liberamente,  ma  ben  protetti 
da  alti  muri  di  cinta,  si  conservano  densamente  fogliosi  tutto 
l'inverno.  Anche  gli  Autori  sono  abbastanza  concordi  nel  rico- 
noscere alle  foglie  del  Ligustro  la  capacita  di  svernare  (1). 

Facciamo  ora  un  primo  rilievo:  i  soggetti  non  potati  hanno 
rami  lunghetti  e  foglie  piuttosto  discoste:  poche  che  ne  cadano, 
la  pianta  appare  sfrondata.  Invece  nelle  siepi  potate,  ricche  di 
rami  brevi  dalle  foglie  accostate,  la  caduta  delle  inferiori,  quasi 
nascoste  dalle  superiori,  non  è  resa  manifesta  da  un  cambiamento 
nell'aspetto  delia  chioma.  Kon  saremmo  però  nel  vero  se  con- 
eludessimo  affermando  che  il  simpatico  carattere  ornamentale 
delle  siepi  potate  non  dipenda  mioimamente  dalla  minor  cadu- 
cita  delle  foglie,  perchè  le  osservazioni  continuate  attraverso 
l'irrigidirsi  dell'inverno  dimostrano  che  nei  soggetti  molto  potati 
la  caduta  fogliare  si  svolge  con  intensità  molto  minore.  Prima 
però  di  dare  a  questa  maggior  persistenza  il  valore  d'un  pro- 
blema anatomico  o  fisiologico,  cerchiamo  di  trovar  una  spiega- 
zione in  fatti  d'ordine  generale  e  ben  noti.  Essendo  la  caduta 
delle  foglie  in  relazione  con  l'età  loro,  bisogna  anzitutto  stabi- 
lire se  le  foglioline  delle  siepi  in  esame  non  siano  da  ascrivere 
a  periodi  diversi  di  fasi  vegetative  in  confronto  delie  foglie  dei 
Ligustri  liberi.  I  giardinieri  m'assicurarono  che  le  siepi  più  belle 
vengono  potate  ripetutamente,  anche  in  agosto  e  settembre;  e 
la  pianta  reagisce  sempre,  sviluppando  anche  tardi  le  sue  gemme 
nelle  foglioline  tipiche,  il  cui  ulteriore  sviluppo  viene  poi  l'in- 
verno ad  arrestare. 

Il  Ligustro  non  è,  rigorosamente,  una  pianta  sempreverde 
{itnmer-ffrune);  solo,  le  sue  foglie  sono  più  o  meno  svernanti 
{tointer-ffrUne}.  Quando,  infatti,  col  risveglio  delta  vegetazione  si 
aprono  le  prime  gemme,  le  foglie  che  mantennero  verde  la  siepe 


(1)  Per  i  Frauoesi  e  gli  Ingleai  questa  proprietà  sarebbe  caratteri  etica 
di  lina  varietà  del  L.  vulgare  (L.  tempervirens),  ia&aeuiati  forse  da  Miller 
('  The  Gardner's  Diotion.  ,  Loodon,  1768)  ohe  vide  una  specie  distinta 
(£>.  Ilulieum)  nel  comportamento  che  ha  da  noi  questa  pianta. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


l'abito  FOOUARS  NBLLE  siepi   di   l-iaOSTBO  133 

durante  l'inverno  ecoropaìono  rapidamente,  e  non  per  il  svilito 
meccaDÌstno,  ma  per  un  processo  di  marceBcenza  che  le  investe 
dai  margini,  tanto  più  là  dove  il  gelo  le  aveva  maggiormente 
colpite  conferendo  loro  una  tinta  bruno-cupa. 


2.  —  Grandezza  e  forma  delle  foglie. 

Le  dimensioni  fogliari  del  Ligustro  variano  grandemente; 
anche  Schneider  C.  ("  111.  H.  d.  Laubholzkunde  .,  Il,  pag.  794) 
osserva  che  con  foglie  di  mm,  90  X  25  se  ne  trovano  di 
mm.  15  X  10;  io  ne  misurai  anche  dì  piìi  granii  e  di  più  piccole. 

Quello  però  che  desta  pHiticotare  interesse  non  è  la  varia- 
bilità di  dimensioni,  ma  piuttosto  un  fatto  di  vera  eterofillia,  ài 
cui  nessun  accenno  ho  trovato  nella  letteratura  (eccetto  forse 
ScHLEGHBNTAL.  Floro  Berolifi.,  1823,  (,  pag.  3),  e  che  consiste  in 
un  passaggio  dalla  forma  tipica  ovato-acuta  ad  una  forma  ovato- 
ottusa  fino  a  quella  obcordata  (I).  Il  rapporto  numerico  della 
lunghezza  alla  larghezza  del  lembo  fogliare  esprime  nel  modo 
più  semplice  questa  discordanza  di  forme.  Le  numerose  misu- 
razioni fatte  mi  diedero  tutti  ì  valori  intermedi  tra  quelli  mas- 
simi e  quelli  minimi,  e  di  nessuno  di  questi  valori  notai  una 
frequenza  rimarchevole.  Conclusi  pertanto  che  il  passaggio  alle 
due  forme  estreme  è  graduale,  ed  esclude  l'esistenza  di  due 
tipi  distinti  pur  legati  da  forme  di  passaggio,  perchè  l'esistenza 
di  più  forme  fondamentali  sarebbe  certo  rilevata  dalla  maggior 
fiequenza  di  determinati  rapporti.  Il  valore  massimo  è  raggiunto 
dalle  foglie  più  acute  e  più  grandi  (2,6),  e  si  scende,  con  le  foglie 
smussate,  fino  ad  l,i. 

Il  vero  fatto  notevole  che  fu  messo  in  evidenza  dalle  os- 
servazioni predette  è  che  la  variazione  di  grandezza  e  di  forma 
è  legata  alla  posizione  della  foglia  sul  ramo,  indipendentemente 
dal  maggiore  o  minor  sviluppo  del  ramo  stesso.  Alla  base  stanno 
sempre  le  foglie  più  smussate  e  anche,  rispetto  alle  superiori, 


(1)  fatti  spiccati  dì  dimorSsmo  fot^liare  ai  riscontrano  in  parecchie 
altre  Olettcee,  con  profonda  alUraiiont  nel  contorno  del  lembo;  di  esii  non 
mi  lODO  occupato,  perchè  penso  appartengano   a  tutt'altro  ordine  di  fé- 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


134  LUIGI  ZOPPBTTI 

più  piccole;  salendo  lungo  il  ramo  le  foglie  diventano  gradual- 
mente più  acute  e  anche  piìi  grandi.  Questa  constatazione  ìndi- 
Bcutìbile  che  si  può  fare  in  qualsiasi  nostro  Ligustro,  potato  o 
no,  ci  porta  a  istituire  un  problema  a  parte  indipendente  dai 
fenomeni  peculiari  alle  siepi  assai  potate.  Molte  circostanze  in- 
ducono a  porre  in  relazione  le  foglie  piccoline  smussate  con  le 
perule  della  gemma,  e  fanno  nascere  il  dubbio  che,  esaurito  il 
loro  ufiìcio  protettivo,  alcune  perule  nel  caso  nostro,  invece  di 
cadere,  persistano  più  o  meno  assumendo  le  funzioni  d'una  foglia 
{perule- foglie).  Le  perule  piii  interne  {3°  i'  paio)  hanno  lo  stesso 
contorno  lanceolato  delle  foglie  superiori;  ma  nella  parte  ante- 
riore, in  punta,  gli  elementi  verdi  sono  alterati  per  un  certo 
tratto,  che  delimita,  internamente,  il  contorno  caratteristico  delle 
foglie  ob cordate. 

Una  netta  distinzione  fra  perule  e  foglie  manca  nel  Ligustro  ; 
dopo  le  prime  due  o  tre  paia,  che  sono  scaglie  brunastre  ca- 
duche, appare  una  coppia  che  nella  porzione  basale,  rimasta 
protetta  dalle  squame  esterne,  rinverdisce  e  cresce  alquanto, 
mentre  la  porzione  esterna  apicale,  esplicante  la  funzione  pro- 
tettiva e  pigmentata,  muore  e  ai  distrugge;  ecco  così  comparse, 
alta  base  del  ramo,  due  foglioline  obcordate.  Le  perule  (o  foglie) 
più  interne  acquistano  sempre  meglio  l'attitudine  a  svilupparsi 
in  nomofillì;  la  parte  anteriore  di  esse,  che  nella  gemma  restava 
scoperta  e  pigmentata,  va  sempre  più  riducendosi,  e  di  conse- 
guenza il  processo  di  mortificazione  che  prima  intaccava  la  foglia 
fino  a  renderla  obcordata,  s'approfondisce  poi  sempre  meno,  fino 
a  lasciare  intatto  il  contorno  primitivo  della  foglia  ovale-lan- 
ceolato. 

In  appoggio  a  questo  modo  di  vedere  sta.  pure  la  consta- 
tazione che,  come  tetrastiche  sono  le  perule,  tali  sono  pure  le 
foglie  d'un  ramo  appena  sbocciato,  e,  quasi  sempre,  quelle  dei 
brevissimi  rami  dei  soggetti  molto  potati;  piìi  tardi  Ìl  ramo, 
sviluppandosi  notevolmente  in  lunghezza,  porta  le  foglie  in  po- 
sizione distica,  ma  un  paio  alla  base  ricorda  quasi  sempre  la 
disposizione  primitiva. 


zed.yGOOg[e 


r.  ABITO  FOOLURB  NBLLB  SIEPI   DI   LlaOSTKO 


3.  —  Anatomia  delle  foglie. 

Se  le  ripetute  potature  hanno  per  effetto  non  soltanto  di 
metter  in  maggior  evidenza  o  di  modificare  dei  fenomeni  che 
avvengono  normalmente  nel  Ligustro,  ma  producono  un  fatìo 
nuovo,  questo  non  deve  certo  sfuggire  alla  ricerca  anatomica. 
Lo  studio  dei  tessuti  fogliari  non  mi  presentò  alcunché  di  par- 
ticolarmente interessante;  si  tratta  sempre  del  comune  tessuto 
a  palizzata,  generalmente  a  due  strati  e  che  occupa  circa  due 
terzi  della  sezione.  Un  po'  più  interessanti  sono  i  dati  riguar- 
danti lo  spessore  dells  foglia:  &  un  fatto  costante  ohe,  sullo 
stesso  ramo,  lo  spessore  fogliare  cresce  iindando  dal  basso  al- 
l'alto a  quel  modo  che  crescono  pure  le  dimensioni  del  lembo. 
Le  osservazioni  fatte  su  individui  o  rami  diversi  e  foglie  di  vario 
tipo  danno  risultati  cosi  vari  che  non  permettono  di  risalire  a 
nessuna  legge  costante. 


4.  —  La  formazione  della  siepe. 

Solo  dopo  molti  anni  le  siepi  di  Ligustro  acquistano  quel 
carattere  ornamentale  che  diede  fondamento  a  questo  studio;  le 
forbici  del  giardiniere  s'esercitano  su  di  esse  parecchit:  diecine 
di  volte  prima  che  i  virgulti  diritti  e  largamente  fogliosi  si  la- 
scino sostituire  dal  cespuglio  che  ricorda  il  mirto.  E  qui  è  il 
caso  di  mettere  in  rilievo  la  vigoria  di  questo  arbusto  che  a 
quattro  o  cinque  potature  annuali  risponde  con  produzione  esu- 
berante di  rami  e  foglie,  e  trova  facilmente  condizioni  favore- 
voli a  germogliare:  pochi  giorni  dì  serra  bastano  a  rinverdirne 
un  ramo  anche  in  gennaio.  Questa  facile  succtssione  di  quie- 
scenze e  di  risvegli  delle  gemme,  sì  normali  che  avventizie,  è 
resa  manifesta  dal  ripetersi,  su  di  uno  stesso  ramo,  della  seria- 
zione fogliare  tipica  che  abbiamo  studiato  più  sopra;  cosicché 
alcuni  rami  dell'annata,  lunghi  anche  40  cin,,  possono  presen- 
tare ogni  tre  o  quattro  coppie  di  foglie  normali  acuminate  un 
ritorno  brusco  alla  perù  la- foglia,  piìi  piccola  e  smussata.  La 
figura  annessa  mostra  assai  bene  quanto  siam  venuti  ora  espo- 
nendo e  illustra  nello  stesso  tempo  il  esso  di  eterofillia  di  cui 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


136  LDIOI  ZOPPBTTI 

e'è  parlato  a  lungo.  Il  piccolo  ramo  in  basso  mostra  assai  bene 
la  seriazione  dalle  perule-foglie  a  quelle  normali.  Nell'altro  ramo 
piti  lungo  è  facile  osservare  la  successione  di    tre   fasi  vegeta- 
tive della  gemma  terminale:  nella  prima,  corrispondente  al  ri- 
sveglio dopo  il  riposo  invernale,  è  anclie  molto  evidente  la  dispo- 
sizione tetrastica;  questa  appare 
meno  nelle  altre  due  fasi,  dove 
però  la  presenza    di   nodi    sotto 
le    foglioline    del    tipo    cordato 
significa    che    te    prime   perule- 
foglie  sono  presto  cadute. 

La  storia  d'una  siepe  sugge- 
risce alcuni    naturali  rilievi.  Gli 
apici  vegetativi  dei  virgulti  pri- 
mitivi furono  asportati  dalla  po- 
tatura; le  gemme  sottostanti  al 
taglio  avrebbero  dovuto  teorica- 
mente  sviluppare  rami  vigorosi 
a   foglie  grandi,  ed  è  questo  in 
realtà  l'effetto  cbe  la  potatura 
produce  nelle  siepi  giovani,  "  in 
formazione .,  che  appaiono  perciò 
sempre  coronate  da  lunghi  getti 
dalle  foglie  grandi,  e  anche  Del- 
l' interno    della    siepe    parecchi 
rami    indisturbati    ai    slanciano 
discretamente  e  portan  foglie  di 
notevoli   dimensioni.  Ma   le   po- 
tature ripetute  nell'annata  stessa 
e   nelle   successive  obbligano  a   svilupparsi   le  gemme   sotto- 
stanti; queste,  essendo  in    istato  di    sviluppo   meno  avanzato, 
non   possono    formare    che    rami    meno   vigorosi    e    foglie    più 
ridotte.  Si  direbbe  anzi  che  la  potatura  insistente,  invece  di  far 
convergere  i  msterinli  nutritizi  nelle  prime  gemme  sotto  il  taglio, 
provochi,  dirò  così,  un'esplosione  di   tutte  le   gemme  del  caule 
per  modo  che  la  capacità  vegetativa  della  pianta  si  fraziona  in 
numerosi  rami  :  il  loro    sviluppo  non   può  essere  quale  lo  rag- 
giungerebbero se  fossero  molto  più  pochi.  Ne  credo  sia  da  tras- 
curare la  tendenza  di  questa  pianta  a  produrre  abbondanti  in- 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


l'abito  FOOLIARB  KELLE  siepi   di   LIOUSTRO  137 

fìorescenze:  qualcuna  ne  presenta  anche  a  dispetto  delle  forbici. 
Ne  conseguirebbe  quanto  lo  stesso  prof.  Mattirolo  (1)  (studiando 
un  argomento  di  ben  più  alto  interesse  per  l'agricoltura)  ebbe 
occasione  di  constatare,  clie  cioè  '  l'asportazione  continuata  dei 
fiori  provoca  uno  sviluppo  straordinario  del  sistema  vegetativo  ,. 

Tutto  ci  porta  a  pensare  ad  un  fenomeno  di  correlazione, 
analogo  a  quello  per  cui  un  giovane  faggio  devastato  dalle  capre 
assume  la  nota  forma  cespugliosa  caratteristica.  È  principio 
ammesso  in  fisiologia  che  una  riduzione  numerica  di  rami  e  di 
foglie  porta  per  riflesso  allo  sviluppo  di  rami  e  foglie  piti  grandi  ; 
a  me  pare  che  ne  consegua  anche  il  principio  inverso,  che  cioè 
un  aumento  nutnerico  debba  apportare  una  riduzione  nelle  di- 
mensioni, 

Hiasaumendo,  la  siepe  acquista  lentamente  il  suo  valore 
ornamentale  in  quanto  che  i  rami,  contenuti  sempre  nei  loro 
tentativi  d'espansione,  si  lasciano  raggiungere  dai  germogli  delle 
gemme  più  arretrate;  la  moltitudine  di  questi  nuovi  ramoscelli, 
arrestata  a  sua  volta,  s'infoltisce  con  lo  sviluppo  di-altri  ancor 
più  brevi,  e  ne  risulta  un  groviglio  di  getti  cortissimi,  vera 
rete  vivente  su  cui  si  stende  la  zolla  sempreverde  delle  foglie 
piccoline. 

CONCLUSIONE 

1°  Comune  a  tutti  i  Ligustri  e  non  peculinrità  di  quelli 
coltivati  a  siepe  è  un  caso  di  etero/illin,  che,  dopo  quanto  s'è 
osservato,  trova  una  spiegazione  molto  semplice  nel  passaggio 
graduale  dalla  perula  alla  perula-foglia  e  alla  foglia  normale. 

2"  L'abito  fogliare  dei  Ligustri  nelle  siepi  ben  formate  non 
importa  ne  profonde  alterazioni  fisiologiche,  né  comparsa  di 
ii,uove  forme  anatomiche.  Neppure  si  deve  diro  che  le  foglie 
della  siepe  siano  pììi  atte  a  svernare.  Là  dove  la  siepe  sente 
piii  forte  il  rigore  dell'inverno  spesso  si  sfronda  completamente, 
mentre  non  di  rado  una  buona  esposizione  mantiene  fogliosi  i 


(1)  0,  Mattirolo,  Sulla  influenza  ckt  Vtstirpaz.  dei  fiori  taereUa  itti  U 
bereoli  tUtle  leguminote.  Genova,  1900. 


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138  LDIGI  MPPETTI  —   L'ABITO  FOOUABE,   ECC. 

Ligustri  espansi  liberamente.  Pure  circostanze  ««terne  favori- 
Bcono  nella  siepe  la  persistenza  delle  foglie,  e  ia  protezione  che 
altrove  danno  i  muri  o  le  piante  vicine,  qui  sta  nel  groviglio 
stesso  dei  rami  :  specie  di  auto-protezione,  che  la  densità  della 
siepe,  maggiore  perifericamente,  esercita  su  tutta  la  pianta,  re- 
sistendo efficacemente  ad  una  rapida  penetrazione  del  gelo.  Altro 
motivo,  anche  più  importante,  è  che  gran  parte  delle  foglie 
della  siepe  son  sbocciate  piìi  tardi,  sono  piti  giovani  e  in  con- 
seguenza più  persistenti. 

3°  La  riduzione  delle  dimensioni  dei  rami  e  sopratuUo  delle 
foglie  è  l'unico  fatto  che  caratterizza  ì  Ligustri  coltivati  a  siepe. 
L'associazione  costante  di  questi  due  dati  dimostra  che  le  stesse 
cause  che  frenano  lo  eviluppo  del  ramo  arrestano  pure  l'espan- 
sione delle  foglie.  Questi  brevi  rami  (1-2  cm.),  con  poche  paia 
di  foglie,  han  tutta  l'aria  di  gemme  appena  sbocciate  ;  e  infatti 
le  foglioline  che  tengon  verde  la  siepe  nell'inverno  provengono 
da  gemme  risvegliatesi  tardi,  in  agosto  o  settembre,  ne  e  raro 
trovare  rami  minuscoli  all'ascella  di  foglie  più  grandi  e  certa- 
mente più  vecchie,  che  a  loro  volta  son  nelle  stesse  condizioni 
rispetto  ad  altre  sottostanti.  Ecco  cosi  una 

prima  spiegazione:  Sami  e  foglie  dalle  proporzioni  ridotte 
perchè  sviluppatisi  tardi,  e  arrestati  dal  freddo  nel  loro  svi- 
luppo.  Una 

seconda  spiegazione  (che  trova  essa  pure  fondamento  nelle 
osservazioni  fatte)  l'abbiamo  richiamandoci  a  quelle  formazioni 
non  infrequenti  che  sono  il  prodotto  dì  gemme  dette  dagli  Autori 
'  avventizie  ,,  non  originate  da  merìstemi  primari  e  quindi 
assai  meno  vigorose.  Le  ripetute  potature,  sopportate  dai  ZA- 
gustrum  fino  al  limite  estremo,  provocano  tutta  una  ramificazioni 
che  direi  pure  avventizia,  è  che  deve  necessariamente  presen- 
tarsi in  proporzioni  ridotte. 

Questo  è  ii  segreto  delie  siepi  deliziose,  che  se  non  arreca 
un  contributo  dì  novità  alla  scienza,  è  però  una  riprova  della 
Arrendevolezza  con  cui  le  piante  si  trasformano  per  l'uomo  in 
pure  sorgenti  di  gioia. 

Torino,  lugUu  1919.  Laboratorio  del  R.  Orto  butRuic-o. 


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FBDB8IC0  SACCO   —   LE  OSCILLAZIONI  GLACIALI 


Le  Oseillazìoni  glaeiali 

Nota,  del  Socio  nazionale  reiidente  Prof.  FEDERICO  SACCO 
(con  Dna  tavola) 


Non  è  lontano  il  tempo  in  cui  ai  credeva  che  i  ghiacciai 
delle  nostre  montagne  fossero  masse  fisse,  costituenti  ammanti 
immobili,  più  o  meno  ampi;  come  pure  si  credeva  c)ie  nella 
Storia  della  Terra  si  fosse  verificata  ima  sola  Epoca  glaciale, 
quella  famosa  che  precedette  il  grande  sviluppo  dell' Umanità 
sulla  Terra. 

In  questi  ultimi  anni  le  minute  osservazioni  degli  studiosi 
dei  fenomeni  alpini,  nonché  le  pazienti  ricerche  dei  geologi  in 
tatto  le  regioni  del  mondo,  hanno  poco  a  poco  svelato  una  tale 
quantità  di  importanti  fatti  glaciologici,  recenti  ed  antichi,  che 
il  concetto  sul  glacialismo  terrestre  si  è  profondamente  modi- 
ficato, anzi  quasi  totalmente  mutato. 

Qiacchè  oggi  possiamo  con  sicurezza  considerare  il  glacia- 
lismo come  partecipante  anch'esso,  e  nel  modo  pib  chiaro,  a 
quella  legge  generale  delle  oscillazioni  ritmiche,  più  o  meno 
regolari,  la  quale  dirige  ì  fenomeni  dell'Universo. 

Inoltre  devesi  ricordare  che,  mentre  gii  studiosi  di  fenomeni 
geologici  constatavano  i  movimenti  dei  ghiacciai  terrestri,  gli 
Astrofisici  scoprivano  pnre  oscillazioni  di  sviluppo  nelle  calotte 
glaciali  polari  di  alcuni  globi  celesti,  specialmente  di  Marte, 
meglio  COSI  confermando  l'universalità  del  fenomeno. 

Sembra  quindi  ora  opportuno  di  considerare  con  occhio  sin- 
tetico questo  complesso  di  fenomeni  glaciologie],  da  quelli  spe- 
ciali, minuti,  di  ordine  inferiore  e  di  breve  durata,  au  su  attra- 
verso a  quelli  sempre  più  importanti,  piii  estesi  e  di  più  lungo 
sviluppo,  sino  a  quello  veramente  generale  che,  riferendosi  a 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


140  FEDERICO  SACCO 

tutta  la  superficie  terrestre  ed  a  milioni  d'snui,  abbraccia  tutta 
la  serie  cronologica  della  fase  eedioientaria  della  Terra. 

Ssaminiamo  in  breve,  successivamente,  ciascuno  dei  vari 
casi,  cominciando  da  quelli  minori  recenti,  più  facilcieute  stu- 
diabili ed  interpretabili,  risalendo  poi  nel  tempo  a  quelli  sempre 
pili  antichi  ed  importanti,  sino  a  giungere  a  quello  più  esteso, 
grandioso  e  generale. 

Anzitutto  possiamo  ricordare  i  movimenti  di  oscillazioni 
annue  corrispondenti  semplicemente  alle  diCFerenze  stagionali  e 
quindi  in  stretto  rapporto  con  un  noto  fenomeno  astronomico. 

Naturalmente  tali  oscillazioni  presentano  una  certa  regola- 
rità generale,  salvo  il  caso  di  fatti  straordinari,  come  stacco 
di  masse  del  gliìacciaio,  vatanglie,  nevicate  invernali  o  abla* 
zioni  estive  straordinarie,  ecc. 

Come  esempio  presento  (fig.  I)  il  diagramma  riferentesi  alle 
oscillazioni  della  fronte  del  ghiacciaio  del  Rodano,  come  fu 
ricavato  da  misure  precise  fatte  dal  1887  al  1910  mediante 
rilevamenti  mensili  11)  mentre  detto  ghiacciaio  era  in  fase  di 
complessivo  regresso.  In  tale  grafico  osservasi  nettamente  che  la 
fronte  glaciale  presenta  nella  stagione  estiva  un  regresso  forte 
e  rapido  a  cui  succede  un  progresso  lento  e  limitato  nella 
stagione  invernale,  con  una  transizione  brusca  tra  i  due  re- 
gimi, donde  il  curioso  aspetto  di  denti  di  sega  che  viene  ad 
assumere  ÌI  grafico  in  questione. 

Mentre  riesce  difficile  ed  incerto  il  riconoscere  i  mutamenti 
glaciologici  nei  lontani  secoli  trascorsi,  giacché  allora  l'uomo 
generalmente  non  solo  non  sì  occupava  dei  ghiacciai  ma  persino 
se  ne  teneva  possibilmente  discosto  pel  timore  ch'essi  gli  incu- 
tevano, invece  da  circa  un  secolo  la  penetrazione  degli  studiosi 
nella  regione  alpina  permise  di  conoscere  alcune  delle  principali 
oscillazioni  glaciali,  specialmente  là  dove  le  lunghe  lingue  di 
ghiaccio  scendono  in  fondo  valle  sin  presso  a  centri  d'abitazione, 
come  sarebbero  per  es.  Chamonix  e  Courmayeur  pel  gruppo  del 
Monte  Bianco,  Gressoney  e  Macugnaga  pel  gruppo  del  Monte 
Rosa,  ecc. 


(1)    Verme»9ungeii    am   RhongUlaeher,  18T4-I91S   (*  Neu( 
d.  Scbw.  Natarforsch.  GeeelUch.  „  Band  l.ri,  1916). 


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LE   OSCILLAZIONI  QLACIAU  141 

Naturalmente,  aiccome  gli  studii  glaciologie)  precisi  si  ini- 
ziarono Bolo  in  qcesti  ultiini  anni,  cos'i,  volendo  coetruire  grafici 
relativi  a  tali  oscillazioni  anche  solo  attraverso  agli  ultimi  cento 
anni,  essi  non  possono  riescire  dettagliati  ma  solo  un  po'  com- 
prensivi, non  comparendovi  te  oscillazioni  minute  che  certamente 
fii  verificarono.  Ne  presento  due  esempi,  riguardanti,  uno  il 
gruppo  del  M.  Bianco  (secondo  le  ricerche  del  Mougin),  l'altro 
quello  del  M.  Rosa,  secondo  le  osservazioni  di  Forbes,  Stoppani, 
Dainelli,  ecc.  (fig.  11). 

Senza  discendere  qui  a  dettagli,  che  sarebbero  fuori  luogo, 
ricordo  soltanto  cbe,  comparando  fra  loro  le  oscillazioni  dei 
ghiacciai  alpini  anche  di  uno  stesso  gruppo  montuoso,  si  osserva 
che  esse,  mentre  mostrano  generalmente  una  specie  di  isocro- 
nismo complessivo  (come  indicano  appunto  ì  due  diagrammi 
presentati),  differenziano  perb  spesso  nei  dettagli;  ciò  che  è  na- 
turalmente in  rapporto  colle  svariate  differenze  di  esposizione, 
altimetria,  ampiezzadi  bacino,  forma  della  valle,  importanza  della 
massa  glaciale,  coi  venti  e  quindi  colla  quantità  e  qualità  delle 
precipitazioni  atmosferiche,  ecc.,  ecc. 

Ad  ogni  modo  riesce  evidente  il  fatto  cbe  da  un  secolo  i 
ghiacciai  alpini,  pur  oscillando  nel  loro  sviluppo  (con  un  massimo 
verso  il  1818-20,  forti  oscillazioni  positive  verso  i)  1850-65, 
una  minore  verso  il  1890-94,  e  viceversa  con  forti  oscillazioni 
negative  verso  il  1840-45,  il  1880-85  e  verso  il  1905-12),  mostra- 
rono di  essere  in  una  fase  di  complessivo  regresso;  tale  feno- 
meno glaciologico  sembra  ìq  rapporto  abbastanza  notevole  con 
un  lieve  miglioramento  climatologico  e  con  diminuzione  nelle 
precipitazioni  atmosferiche  (essenzialmente  in  quelle  nevose) 
verificatisi  in  complesso  durante  il  secolo  XIX,  almeno  nelle 
Alpi  Occidentali. 

Volendo  compilare  grafici  abbraccianti  periodi  di  parecchi 
secoli  addietro,  naturalmente  le  incertezze  riescono  sempre  mag- 
giori, diventando  sempre  piìl  scarsi  e  spesso  dubbiosi  i  dati 
storici  di  appoggio.  Tuttavia  per  diversi  ghiacciai  alpini,  come 
per  es.  quelli  di  Grindeiwald  (Aar),  del  Rodano,  dì  parecchi 
del  Monte  Bianco,  ecc.,  si  possono  ricavare  grafici  approssi- 
mativi risalenti  sino  alla  metà  del  secolo  XVI,  come  risulta  dagli 
studi  di  Forel,  Rabot,  Mougin,  ecc. 


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142  FBDBKIGO  SACCO 

Per  esempio  riasBumendo  i  dati  riferestisi  alle  oscillazioni 
dei  principali  ghiacciai  del  gruppo  del  Monte  Bianco,  spectal- 
mento  di  quelli  del  lato  francese  studiati  dal  Mougto,  potei  rica- 
vare il  grafico  sintetico  (fig.  ITI]  che  già  pubblicai  nella  mono- 
grafia sopra  /  Ghiacciai  italiani  del  gruppo  del  Monte  Bianco,  1918. 

Tale  grafico  ci  mostra  abbastanza  chiaramente  una  specie 
di  periodicità  nella  curva  delle  ondulazioni  o  pulsazioni  positiva, 
sìanaaggiori,  quasi  secolari  (come  quelle  del  1605-10,  del  1716-20 
e  del  1818-20),  sia  in  quelle  minori,  verifìcanttsi  ogni  30-40 
anni  all'incirca.  Tali  fatti  glaciologie!,  che,  essendo  conoessi  con 
quelli  meteorologici,  potrebbero  collegarsi  coi  così  detti  cicli 
oscillatori  (di  circa  35  anni)  di  piovosità  e  nevosità  secondo 
Bruckner,  sono  tuttora  di  interpretazione  alquanto  incerta.  Ad 
ogni  modo  constatiamo  intanto  il  fatto  di  queste  lunghe  ed  alte 
onde  glaciali,  suddivisibili  ciascuna  in  onde  minori  e  che  aembran 
seguire  "una  specie  di  legge  di  periodicità  relativa. 

Se  vogliamo  spingere  le  ricerche  glaciologiche  oltre  4  o  5 
secoli  addietro,  i  dati  storici  un  po'  eicari  vengono  sempre  piìi 
a  mancare.  Sappiamo  bena)  che  durante  gran  parte  del  Medioevo 
il  glacialismo  alpino  non  fu  molto  espanso  (generalmente  meno 
che  negli  ultimi  tre  secoli),  tanto  che  parecchi  valichi  transal- 
pini (divenuti  poi  assai  diftìcili)  riescivano  allora  relativamente 
comodi,  permettendo  cos'i  frequenti  passaggi  ancBe  di  varii 
gruppi  etnici,  colonizzatori,  come  quelli  tedeschi  che  dal  Vallese 
discesero  in  parecchie  valli  italiane  del  M.  Ross;  quelli,  che  da 
Val  Soana  passarono  in  Val  di  Cogne,  ecc.;  ciò  che  spiegaci 
quindi  i  frequenti  commerci  transalpiat,  le  relative  relazioni 
politiche,  religiose,  tradizionali,  ecc.,  nonché  la  coltura  agricola 
e  l'abitabilità  allora  assai  più  estese  nelle  valli  alpine  di  quanto 
siasi  verificato  generajmente  in  seguito. 

Sappiamo  inoltre  che  anche  nel  periodo  storico  precedente, 
romano,  largamente  inteso,  le  condizioni  citmatologiche  delle 
regioni  alpine  erano  in  complesso  migliori  (e  quindi  il  glacia- 
lismo probabilmente  meno  espanso)  che  non  in  questi  ultimi  se- 
coli; come  sarebbe  dimostrato  dalla  penetrazione  (e  dal  notevole 
sviluppo)  di  varie  popolazioni  nell'interno  delle  Alpi,  dove  ven- 
nero fondate  persino  notevoli  città  (come  per  es.  Aosta  sino 
dal  1°  millennio  av.  Cr.),  nonché  dall'incremento  dei  lavori  mine- 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


I.B   OSCILLAZIONI  GLACIALI  143 

rari  perBÌno  Ìd  alte  regioni  delle  Alpi,  del  reato  Anche  dalle 
antiche,  estese,  ripetute  e  quindi  relativa  mente  facili  invasioni 
celtiche  e  simili  attraverso  la  catena  alpina. 

È  inoltre  interessante  osservare  a  questo  riguardo  che  già 
dal  periodo  del  Bronzo,  risalente  a  circa  quattromila  anni  fa, 
nelle  Alpi  marittime  i  ghiacciai  si  erano  già  tanto  ritirati  (od 
anche  scomparsi)  che  sulle  euperfici  rocciose  di  alta  montagna 
da  essi  mirabilmente  levigate  e  poi  lasciate  Ubere,  l'uomo  pre- 
istorico o  protostorico  potè  incidere  quelle  migliaia  di  svariati  di- 
segni che  troviamo  attorno  al  M.  Bego,  tra  i  2000  ed  i  2500 
metri  circa  di  altitudine;  fatto  assai  notevole  e  che  ci  indica 
fin  d'allora  condizioni  clìmatologicbe  assai  buone,  analoghe 
probabilmente  a  quelle  odierne  e  già  ben  diverse  da  quelle 
precedenti  del  Plistocene. 

Né  tale  diminuzione  pluvìo-glaciale  negli  ultimi  Milleniiii 
deve  essersi  verificata  solo  in  Europa,  giacché  residui  di  antiche 
grandiose  Givilt-à  (come  per  es.  alcune  asiatiche)  in  regioni 
ora  piuttosto  aride,  assai  poco  favorevoli  alto  sviluppo  umano, 
nonché  segni  oroidrografìci  e  biologici  varii  indicanti  condizioni 
ci imato logiche  antiche  già  ben  diverse  dalle  attuali,  ci  dime- 
strano  che  le  precipitazioni  atmosferiche  andarono  in  complesso 
più  o  meno  diminuendo,  da  alcuni  Millennii  fa  ad  oggi,  su  vaste 
regioni  della  superfìcie  terrestre. 

Ma  se  tuttocib  ci  permette  di  ammettere  pei  glacialismo 
generale  negli  ultimi  4  o  5  Millennii  una  grande  fase. di  depres- 
sione 0  di  regresso,  certamente  straordinario  rispetto  ai  periodi 
glaciali  precedenti  (che  ricorderemo  fra  breve),  tuttavia  non  ab- 
biamo piti  elementi  per  delinearne  le  ondulasioni  che  debbono 
esservisi  verificate  un  po'  analogamente  a  quelle  positivamente 
constatate  nel  glacialismo  degli  ultimi  3  o  4  secoli. 

Fero,  se  ci  mancano  dati  precisi  e  diretti  sul  glacialismo 
antico,  storico,  possiamo  per  ben  altra  via  giungere  a  conoscere 
le  oscillazioni  clìmatologicbe,  e  quindi  indirettamente  anche  già- 
ciologiche  (quantunque  di  sviluppo  più  o  meno  attenuato  e  ri- 
stretto), attraverso  gli  ultimi  tre  Millennii. 

Ciò  si  può  ottenere,  ad  es.,  per  l'Asia  centro-occidentale 
basandosi  sulle  variazioni  dei  livelli  critici  del  Mar  Caspio,  ri- 
cavandosene, con  tale  correttivo  caspiano.  la  curva,  per  quanto 
sintetica    e    solo    approssimativa    ed  alquanto  incerta,  segnata 


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H4  FEDEKICO  SACCO 

punteggiata  nella  fìg.  IV.  Del  reato  è  anche  da  considerarsi  die  le 
grandi  ondate  di  emigrazioni,  di  invasioni,  ecc.,  verificatesi  spe- 
cialmente durante  il  Neolitico  e  nel  periodo  dei  metalli,  dal- 
l'Asia subcentrale  verso  le  regioni  circostanti  d'Europa,  debbono 
in  parta  attribuirsi  a  cause  climatologi  che.  prevalentemente  allo 
accentuarsi  dell'aridità  con  tutte  le  sue  naturali  conseguenze 
fisiche  e  biologiche. 

Ma  ben  più  sicuramente  e  minutamente  possiamo  conoscere 
tali  antiche  ondulazioni  clìmatologiche  seguendo  il  metodo  ini- 
ziato nel  1901  dal  Dott.  A.  E.  Douglaes  {A  method  of  estimating 
Bainfall  by  the  growth  of  Treea)  per  certi  Pini  e  sviluppato  spe- 
cialmente nel  1914  dal  Prof.  E.  Hungtington  {The  climatic  Factor 
<ts  illustrated  in  Arid  America,  1914)  per  le  Sequoie  della  Cali- 
fornia, ove  esse  raggiungono  anche  età  plurimillenaria  (s'è  con- 
statato un  esemplare  dì  3210  anni):  cioè  tenendo  conto  del 
modo  e  dell'entità  di  sviluppo  degli  anelli  del  fusto  di  tali  piante, 
sviluppo  che  fu  naturalmente  vario  ogni  anno  secondo  le  con- 
temporanee condizioni  climatiche  (temperatura,  precipitazioni 
atmosferiche,  ecc). 

Con  tale  ingegnosa  guida  fitologica,  le  ricerche  paleometeo- 
rologiche si  possono  spingere  sino  ad  un  po'  più  dì  tre  Millennii 
addietro,  e  ricavarne  la  curva  clìmstologica  abbastanza  detta- 
gliata indicata  nella  fig.  IV. 

Orbene  esaminando  e  confrontando  tali  due  curve  anzitutto 
possiamo  constatare  alcuni  fatti  interessanti,  cioè  : 

1°  una  certa  corrispondenza  fra  di  esse,  ciò  che  ci  indica 
una  analogia  e  quindi  una  contemporaneità  nelle  variazioni  clì- 
matologiche fra  l'Asia  centro-occidentale  e  l'America  nord-oc- 
cidentale, almeno  per  regioni  di  analoghe  condizioni  geografiche, 
di  altitudine,  latitudine,  ecc.  Analoghi  sincronismi  climatotogici 
ai  osservano  pure  talora  fra  l'Europa  ed  il  Nord  America,  dei 
resto  anche  recentemente,  come  per  es.  nell'arida  estate  del  191 1. 
2°  un  progressivo  decrescimento  climatotogìco  (essenzial- 
mente dì  pluviosìtà)  dal  1°  Milk'nnio  av.  Cr.  ai  due  Uillennìi 
seguenti. 

3"  una  serie  dì  ondulazioni  climatiche  minori,  direi  de- 
cennali 0  pluridecennali,  e  di  ondulazioni  maggiori  (pluriseco- 
lari) cioè  verificantìsi  con  intervalli  di  uno  o  più  secoli,  come 
p.  es.  quelle  positive  del  1300-1200,  del  950,  del  700  circa  e 


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LE  OSCILLAZIONI  OLACIAU  145 

del  400  ftv.Cr.,  del  principio  dell'Era  volgare,  del  200,  del  600, 
del  900,  del  1000,  del  1350,  ecc.,  oltre  ad  ondulaziooi  di  tipo 
intermedio. 

Le  ondulazioni  climatiche  non  presentano  cicli  regolari  fissi, 
ma  assai  vari,  cioè  (come  indicano  i  suaccennati  autori)  di  anni 
2,  5,  11,  19,  21.  sino  a  150  :  sappiamo  cbe  il  cìclc  di  BrQckner 
è  di  35  anni,  altri  però  lo  riduce  a  33;  il  Dott.  W.  I.  S.  Lokyer 
nella  sua  DUcusaion  of  Australian  Meteorologa  -  1909,  trovò 
nelle  variazioni  delle  pressioni  barometriche  un  ciclo  di  circa 
19  anni.  È  poi  importante  notare  che  il  ciclo  di  anni  11  o  11,4 
delle  macchie  solari  (però  con  oscillazioni  anche  da  7  a  16 
anni)  corrisponde  abbastanza  bene  con  quello  di  una  serie  di 
fenomeni  terrestri,  eia  magnetici,  sia  termici,  sia  ciclonici,  sia 
in  generale  meteorologici  (come  p.  es.  le  precipitazioni  atmosfe- 
riche), che  alla  loro  volta  naturalmente  influiscono  piìi  o  meno 
nettamente  su  quelli  biologici,  p.  es.  sull'accrescimento  degli 
alberi,  come  indicano  gli  interessanti  grafici  presentati  da) 
Douglass  e  dall'Hungtington. 

Anche  le  recenti  ricerche  delI'Àrctowsky,  dell'Humphrey, 
dell' Hungtington,  ecc.  (I),  mostrano  le  analogie  esistenti  fra 
le  variazioni  della  costante  solare  e  la  temperatura  terrestre, 
nonché  le  corrispondenze  meteorologiche  esistenti  fra  regioni 
(specialmente  a  clima  equatoriale)  anche  molto  lontane  fra 
loro,  ciò  che  pure  indicherebbe  una  vera  influenza  solare. 
Anche  il  Newcomb  nel  suo  accuratissimo  lavoro  A  Search  for 
fiuct.  in  the  Sun's  termal  Radiation  thr.  their  inftuence  on  ter' 
restr.  Temper.  -  1908,  pur  considerando  come  piccola  l'influenza 
delle  macchie  solari,  indica  che  esiste  una  corrispondenza  fra 
le  fluttuazioni  della  temperatura  media  e  quelle  di  dette  macchie. 

Ora  è  a  considerarsi  come  l'atmosfera  sia  un  elemento  cosi 
mobile  e  sensibile  ed  in  tale  instabilità  di  equilibrio,  che  ba- 
stano variazioni,  anche  piccole,  di  temperatura,  di  prtissione  o 
simili,  per  produrre  fenomeni  anche  relativamente  estesi  ed 
importanti. 

Quindi  volendo  investigare  la  causa  delle  oscillazioni  me- 


(I)  Per  tali  questioni  è  bene  ricordare  k'ì  antichi  studi  di  Riccioli  e 
Eircher  e  quelli  posteriori  di  Herachel,  Uuhn.  St9ne,  Kòppen,  Nordmann, 
Clough,  ecc. 

AIU  della  S.  Aceadtmia.  —  Voi.  LV.  IO 


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140  FEDEHICU  SACCO 

teorologiche  e  conseguentemente  anche  glacìologiche  sovraccen- 
iiftte,  sembra  abbastanza  logico  attribuirle,  parzialmente  almeno, 
alle  variazioni  delle  macchie  solari  (I),  che  presentano  appunta) 
cicli  di  periodicità,  bensì  alquanto  irregolari,  ma  un  po'  ana- 
loghi ai  cicli  climatici. 

Quanto  alla  diminuzione  nella  piovosità  (e  quindi  certa- 
meute  anche  nella  glaciazione),  che  si  verilicò  largamente  da) 
primo  Millennio  av.  Or.  in  poi.  essa  è  piuttosto  interpretabile 
come  in  rapporto  colla  Tase  decrescente  di  quelle  grandiose  pul- 
sazioni di  origine  te)lurica  che  esamineremo  nelle  pagine  se- 
guenti. De)  resto  è  anche  ammisaibìle  che  alcune  delle  oscillazioni 
meteoro]ogiche  soviaccennate,  speciaìmente  )e  maggiori  e  meno 
regolari,  pos!<ano  attribuirsi  a  pulsazioni  telluriche,  orogenetiche. 

Se  ora,  lasciando  i  periodi  storici  e  protostorici,  gettiamo 
uno  sguardo  più  addietro  nella  storia  geologica  riguardo  ai  gla- 
cialismo, subito  ci  appare  grandiosa,  imponente,  la  famosa  Epoca 
o  fase  glaciale  o  diluviu-glaciale  che  giganteggia  nell'Era  qua- 
ternaria carntterizzaiidula,  plasmandola  quasi,  colla  imponenza 
dei  suoi  svariati  fenomeni,  e  costituendo  sulla  superficie  ter- 
restre quasi  una  grandiosa  espansione  delle  zone  climatiche  po- 
lari verso  le  reginni  equatoriali. 

Ma  se  questa  Epoca  glaciale  quaternaria  (essenzialmente 
del  Plistocene)  ci  appare  a  primo  tratto,  come  è  realmente  nei 
suo  complesso,  quale  fase  grandiosamente  unica,  studiata  in 
dettaglio  risulta  invece  come  scindibile  in  numerose  fasi  più  o 
meno  importanti,  le  quali  evidentemente  corrispondono  ad  oscil- 
lazioni piìi  o  mono  acct^ntuate  del  glacialismo  quaternario. 

Cosi,  per  es.,  se  noi  dibcendiamo  le  nostre  più  grandi  Valli 


(I)  Se  le  maecbie  aoiari  mppreiantHno  violente  perturbaiìoni  di  carat- 
tere ciclonieo.  per  cui  il  matfrìnle  solare  jiiìi  o  meno  profondo  pub  giun- 
gere nella  fotosfera,  Hcereucendune  la  densità  e  diminuendo  localmente 
la  ridia^ioiie  lumino-'iv,  termica,  ere,  del  Rlobo  solare,  si  comprende  che 
tali  macchie  possuno  influire,  peggiorandole,  sulle  condizioni  climatiche 
della  siiperliiie  terrestre.  Data  l'enorme,  capitale  influenza  del  Soie  sulla 
Terra,  si  comprende  perfettamente  come  variazioni,  anche  piccole,  nella 
superficie  solare  possano  influire  molto  su  quella  terrestre,  la  quale  risente 
quindi  l'effetto  ddle  crisi  o  puhnzioni  verificantiei  piiì  o  meno  periodica- 
nient"  nell'iitlivitn  solare. 


zed.yGOOg[e 


LE  OSCILLAZIONI   GLACIALI  147 

alpine,  dall'alto  delle  loro  vallette  secondarie  a  quella  assiale 
seguendo  poi  questa  sino  al  suo  termine,  vediamo  che  alle  mo- 
rene storiche  (del  secolo  XIX  o  degli  ultimi  secoli),  ora  pib  o 
meno  vicine  alle  attuali  fronti  glaciali,  succedono  verso  il  basso 
in  diversi  punti  successivi  piti  o  meno  distanti  fra  di  loro,  e  quinilì 
sempre  pììi  a  valle,  speciali  formazioni  moreniche  foggiate  ad 
irregoiarì  archi  semplici  o  complessi,  Anche  allo  sbocco  della 
Valle  alpina  sulla  prospiciente  pianura  vediamo  spesso  impor- 
tanti, grandiosi  Anfiteatri  morenici  costituiti  da  numerosi  (anche 
oltre  una  veutina)  cordoni  morenici  piìi  o  meno  alti  e  potenti, 
gli  interni  (di  aspetto  ancora  piuttosto  fresco)  più  bassi,  gli 
intermedi  (ancora  ben  conservati)  assai  potenti  ed  elevati,  gli 
esterni  (che  sono  i  più  vecchi,  come  dimostra  la  loro  profonda 
alterazione  e  la  loro  posizione)  notevolmente  espansi,  ma  rela- 
tivamente depressi. 

Tutto  cib  ci  prova  nel  modo  piìi  evidente  che  l'epoca  gla- 
ciale presentò  una  serie  di  periodi  glaciali  più  o  meno  impor- 
tanti, divisi  da  periodi  più  o  meno  lunghi  di  relativo  regresso 
glaciale,  detti  perciò  interglaciali  (1).  Ma  se  nelle  regioni  alpine 
tali  successive  formazioni  moreniche  restarono  più  o  meno  dis- 
turbate dallo  stretto  ambiente  vallivo  e  da  varie  altre  cause 
locali,  invece  nelle  libere,  amplissime  aree  dell'Europa  e  del- 
l'America Settentrionale  dove  il  glacialismo  si  è  sviluppato  nel 
modo  più  vasto  e  grandioso,  i  geologi  riescirono  a  meglio  di- 
stinguere i  diversi  periodi  glaciali  ed  interglaciali. 

Senza  voler  scendere  a  particolari  qui  inopportuni  e  tenen- 
doci ad  una  linea  sintetica  ed  approssimativamente  riassuntiva 
di  svariate  ricerche  ed  opinioni  tuttora  dibattute,  ricordiamo 
che,  arretrando  dal  periodo  protostorico  a  quelli  sempre  più 
lontani  da  noi,  incontriamo,  riguardo  ai  glacialisjiio  che  ci 
interessa  : 

1°)  il  periodo  Dauniano,  cbe  risale  a  circa  5-7  Millenni 
fa,  quando,  in  un  ambiente  biologico  e  fisico  già  un  po' analogo 

li  In  realtà  i  periodi  interglaciali  credo  rappresentino  le  condizioni 
normali  (qnindi  di  relativamente  tango  periodo  cronologico)  della  clima- 
tologia terrestre,  mentre  i  perìodi  glaciali  coatitaÌBCOUO  quaai  solo  momenti 
apeciali,  critici,  anormali  (relativamente  piìl  o  meno  brevi)  in  corrispon- 
lienza  a  rapidi,  spesso  subitanei,  più  o  meno  intensi,  movimenti  pulsatori! 
orogenetici. 


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148  FEDBRICO  SA.CCO 

all'attuale,  sviluppavaei  in  Europa  l'uomo  neolitieo,  in«ntre  svol- 
gevanei  altrove  le  prime  Civiltà,  come  per  es.  quelle  egiziaae 
e  mesopotamicbe,  che  precedettero  di  2-3  Millenni  quella  europea 


2°)  i  Buccflsaivi  perìodi  glaciali,  detti  rispettivamente 
Gschnitziano  e  Buhliano,  risalenti  ad  oltre  una  diecina  e  forse 
anche  una  quindicina  di  Millenni  fa,  quando  l'uomo  ancora  pa- 
leolitico (specialmente  maddaleatto)  si  estendeva  su  gran  parte 
dell'Europa,  frammezzo  ad  una  Flora  piuttosto  forestale  e  ad 
una  Fauna  di  tipo  eurasiatico,  ancora  con  Renne,  Mammoutb, 
Rinoceronti  villosi,  ecc.,  ma  già  con  tendenza  verso  i  tipi 
moderni  di  Cervidi,  Equidi,  piccoli  Roditori,  ecc.,  mentre  intanto 
il  clima  andava  gradatamente  migliorando. 

Detti  tre  perìodi  glaciolagici  corrispondono  a  fasi  di  qualche 
avanzamento  e  di  arresto  durante  la  lunga  fase  di  complessiva  re- 
gressione glaciale  detta  postwurmiana  o  postglaciale,  in  riguardo 
alla  grande  fase  glaciale  precedente,  che  accenneremo  fra  breve. 

Naturalmente  tali  periodi  glaciali  (Dauniano,  Oschnitziano, 
Buhliano)  furono  tra  loro  separati  da  periodi  di  regresso  od 
interglaciali  di  varia  importanza.  Ma  tra  il  perìodo  Buhliano  e 
la  precedente  grande  Epoca  glaciale  ei  verificò  una  lunga  &se 
interglaciale  (detta  aacheniana),  che,  per  la  relativa  dolcezza  del 
clima  e  pei  connessi  fenomeni  fisici  e  biologici,  permise  ad  una 
razza  umana  superiore  (aurifftiaciana,  ecc.),  cioè  a  quella  del- 
l'Homo  sapiens  (I.  s.,  fossile  o  prìsco),  dì  giungere  e  gradatamente 
estendersi  in  Europa,  assieme  a  nuove  forme  biologiche,  special- 
mente di  Mammiferi  a  tipo  prevalentemente  asiatico. 

Giungiamo  coù,  arretrando  di  oltre  una  ventina  di  Mil- 
lenne, alla  grande  fase  che  caratterizzò  veramente  la  cosidetta 
Epoca  glaciale  plistocenica,  la  quale  nelle  regioni  subalpine  è 
rappresentata  in  gran  parte  dai  giganteschi  Anfiteatri  morenici  (1). 
ma  che  in  realtà  è  assai   complessa,  risultando  da  varie  ed 


(I)  Gli  atudi  che  ho  fatto  in  questi  ultimi  anni  sui  grandi  Anfiteatri 
morenici  italiani  mi  portano  ad  ammettere  che  emi  risultano  generalmente 
dalU  somma  dei  depositi  wurmiani,  riasiani  e  mindeliani;  qneiiti  ultimi 
(e  non  giù  i  rissianì,  come  per  lo  più  ora  si  crede)  aarebbera  rappresentati 
dalle  morene  esteme  più  o  meno  ferrettizcate  passatili  al  Z>t7iii>tu»i.  Le 
morene  rissiane  costita irebbero  la  parte  generalmente  più  elevata,  mentre 
le  morene  wurmiftne  formerebbero  solo  la  parte  più  interna  e  depreain 
degli  Anfiteatri. 


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LE  OSCILLAZIONI  OLAGIALl  ,140 

importanti  fani  glucialì  ed  interglaciali,  cioè:  dapprima  l'impor- 
tantissimo periodo  W^urmiano  {Mecklemburgiano  o  Visconsiano 
secondo  gli  autori  e  le  regioni)  a  grande  sviluppo  glaciale,  per 
cui  nell'Europa,  ridotta  in  gran  parte  allo  stato  di  tundre,  steppe 
e  foreste,  io  un  clima  umido  e  freddo,  viveva  miseramente  una 
razza  umana  inferiore,  l'Homo  primigenius  (neanderthalensis  o 
mousteriensia)  paleolitico,  assieme  ad  una  Fauna  di  tipo  artico- 
alpino  (Renne,  Camosci,  Marmotte,  ecc.)  e  con  mimeroai  animati 
cavernicoli  (Orsi,  Jene,  Leoni,  ecc.).  nonché  Uri,  Bisonti,  grandi 
Cervidi,  Mammouth,  Rinoceronti  villosi,  ecc.,  comprovanti  la 
grandissima  umidità  e  la  temperatura  un  po'  bassa  del  clima 
d'allora. 

L'intenso  glacialismo  wurmiano  fu  preceduto  da  una  lunga 
fase  interglaciale,  Riss-wumtiana  {Chelleana,  Neudeckiann',  San- 
gamoniana,  ecc.),  a  clima  relativamente  dolce,  che  favori  lo  svi- 
luppo, in  Europa,  dell'uomo  primigenio  (Acheuleano  ■  ChelUavo), 
in  un  ambiente  biologico  di  tipo  un  po'  milito.,  temperato-dolce. 

Il  precedente  periodo  Btsuiano  {Folandiano,  Jowiano,  IIU- 
noiano,  ecc.)  costituì  un  altro  importante  periodo  di  grandissima 
estensione  glaciale,  che  corrispose  naturalmente,  in  Europa,  ad 
una  notevole  depressione  nella  fiora  e  nella  fauna  ìn  parte  a 
tipo  di  tundra  e  di  steppa,  coll'apparsa  del  Mammouth,  di  nu- 
merosi e  grandi  Cervidi.  del  Bisonte,  dell'Uro,  ecc. 

Invece,  prima  del  Rissiano,  sì  verificò  generalmente  una 
lunghissima  fase  interglaciale  hfindei-  Rissiana  {Eheziana,  Jar- 
mouthiana,  ecc.),  il  cui  clima  abbastanza  dolce  o  temperato  con- 
tribuì probabilmente  alla  comparsa,  in  Europa,  di  una  primitiva 
r&zz»  amplia  prechelleana,  quella  ieH\' Homo  keidelbergensis,  mentre 
si  sviluppava  intanto  una  Flora  di  tipo  temperato- cai  do  assieme 
ad  una  Fauna  asiatico-africana  ad  Elefanti  {H.  anttquus),  Rino- 
ceronti (Rh.  Merckii).  Ippopotami  {H.  major).  Felini  diversi,  ecc. 

Un  precedente  periodo  glaciale,  il  Mindeliano  {Saxoniano, 
Kansaniano,  ecc.),  durante  il  quale  forse  l'uomo,  causa  il  clima 
poco  favorevole,  ancora  non  erasi  avanzato  in  Europa  (oppure 
vi  era  apparso  solo  col  basso  tipo  eolitico),  inizierebbe,  secondo 
me,  l'Era  quaternaria,  pur  non  essendo  il  primo  periodo  glaciale 
della  serie  in  esame. 

Infatti  nella  fase  interglaciale  che  precedette  il  Mindeliano 
e  che  fu  denominata  Ounz-Mìndeliana  {Norfolkiana,  Cromeriana, 


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150  FGDEHICO  SACCO 

Aftoniana,  ecc.)  viveva  in  Europa  una  fauna  ad  Elephas  meri- 
dionalis,  Rhinoceros  etrusciiSy  Equus  Simonis,  ecc.,  di  tipo  caldo, 
afro- asiatico,  schiettamente  pliocenico,  quantunque  vi  sia  ora 
tendenza  s  considerarla  come  quaternaria. 

Quindi,  secondo  il  mio  modo  di  vedere,  il  perìodo  glaciale 
veriScatoai  prima  della  fase  interglaciale  Gunz- Min  del  lana  e  clie 
fa  detto  Ounziano  (Scarnano,  Nebraskano,  Subaftoniano,  ecc.),  pur 
rappresentando- una  prima  fase  di  glacialismo,  sarebbe  da  col- 
locarsi nel  Pliocene  superiore  alla  tino  dell'Era  terziaria,  costi- 
tuendo esso  quasi  il  preludio  o  primo  forte  impulso  di  quel 
fenomeno  glaciologìco  che  si  ripetè  poi  tanto  intenso  e  fre- 
quente nell'Era  quaternaria  da  caratterizzarla  e  da  farla  quindi 
denominare  Epoca  glaciali!  per  antonomasia. 

Considerato  in  complesso,  il  glacialismo  quaternario,  per  la 
sua  intensità  e  la  sua  estensione,  determinò  nella  Flora  e  nella 
Fauna  una  specie  dì  depressione  o  Crisi  plistocenica  o  dilurio- 
glaciaU,  che  produsse  la  distruzione  di  niolt«  forme  organiche 
continentali,  però  promovendo  l'evoluzione  superiore,  umanoide. 

Secondo  i  sovraccennatì  cenni  sintetici,  si  potrebbero  deli- 
neare graficamente  le  ondulazioni  della  complessa  fase  glaciale  in 
questione  come  segnai  schematicamente  nella  fig.  V,  dove,  oltre 
alle  quattro  oscillazioni  principali,  segnai  anche,  teoricamente, 
in  generale  le  oscillazioni  minori  che  dovettero  certamente 
pure  verificarsi,  come  indicano  i  tanti  cordoni  morenici  degli 
Anfiteatri,  nonché  gli  archi  morenici  postglaciali. 


Come  si  è  sopraccennato,  la  grande  fase  glaciale  o  diluvio- 
glaciale  o  plistocenica  dell'Era  quaternaria  ebbe  già  il  suo  inizio 
alla  fine  del  Terziario,  nel  Pliocene;  ma  se  esaminiamo  la  serie 
terziaria  o  cenozoica  vediamo  che  essa  presenta  sovente  pure 
cenni  pili  0  meno  notevoli  di  fenomeni  diluviali  e  quindi  pro- 
babilmente glaciali  nelle  regioni  elevate,  come  indicano  i  depo- 
siti grossolani  più  o  meno  ciottolosi  dell'Oligocene  e  del  Miocene 
in  molte  regioni  specialmente  circum-alpine,  le  formazioni  an- 
titUane  o  mescmi oceniche  d'America,  ecc.,  e  come  meglio  preci- 
sarono per  ea.  le  ricerche  dell'Atwood  nell'Eocene  del  Colorado 
con  tipici  ciottoli  striati,  ecc.  Tale  diluvio-glacialismo  ceno- 
zoico,  che  dovette  avere  una  notevole  influenza  sull'evoluzione 
organica,  specialmente  superiore,  sia  vegetale  sia  animale,  ebbe 


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LE  OSCILLAZIONI  OUCULI  151 

maggiore  iutensiUi  in  certi  speciali  momenti,  derivandone  parte 
di  quei  caratteri  (litologici  e  biologici)  che  servirono  alla  clas- 
sica distinzione  della  serie  cenozoìca  nei  grandi  periodi  detti  : 
Eocene,  Oligocene,  Miocene  e  Pliocene  (1). 

Se  l'Era  mesozoica,  per  la  sua  fisionomia  essenzialmente 
marina  e  quindi  a  continenti  prevalentemente  ristretti  e  poco 
«levati,  a  clima  piuttosto  oceanico,  ecc.,  non  sì  prestò,  in  gene- 
rale, allo  sviluppo  glaciale,  ne  presentò  tuttavia  qualche  cenno 
al  Huo  principio  (nel  Trias),  ma  specialmente  al  suo  termine 
{nel  Cretaceo  passante  all'Eocene),  iniziando  qua  e  là  l'im- 
portante Crisi  oroidrografica  detta  alpina  (o  laramiea  od  orego- 
niana  od  anclie  postcomancheana  pel  Nord  America)  che,  mentre 
accelerò  la  decadenza  dei  Rettili,  favorì  invece  intensamente 
la  rapida,  mirabile  evoluzione,  quasi  si  potcebbe  dire  esplosione, 
della  Flora  superiore  a  fiorì  o  angiospermica,  e  della  Fauna 
continentale,  specialmente  avioìdea  e  mammaloidea. 

Invece  la  lunga  Era  primaria  o  paleozoica  presentò  tre 
grandi  fasi  di  glacialismo,  cioè: 

1°)  Una  terminale,  grandiosa,  che,  iniziandosi  nel  Carbo- 
nifero, culminò  nel  Permiano  fino  a  chiudersi  nel  Trias  inferiore 
«  che  si  sviluppò  in  quasi  tutte  le  regioni  della  Terra,  segna- 
landosi coi  tipici  caratteri  dì  massi  erratici,  ciottoli  striati,  ter- 
reno morenico  ((Jn/'(),  ecc.,  accompagnati  da  una  speciale  Flora  a 
Glossopteiis;  fase  glaciale  che  partecipò  alla  grande,  lunghissima 
Crisi  perino-carbonifera,  nntracolUica  0  erciniana  o  armoricaHO-vari- 
sciuna  od  anche  arkansiano-armoricana,  la  quale  (pei  suoi  feno- 
meni climatologici,  oro-idrografici,  eoe.)  tanta  importanza  ebbe, 
sia  negativa,  depressiva,  distruggìtrice  nei  riguardi  della  Fauna 
marina  littoranea,  sia  positiva,  direi  quasi  creatrice,  nella  im- 
mensa meravigliosa  Flora  tenestre  (che  originò  gran  parte  del- 
l'odierno Carbon  fossile),  nonché  nella  Fauna  continentale  che 
vidu  sorgere  i  Rettili  ed  iniziarsi  l'evoluzione  prò  mammaloidea. 
2°)  Una  fase  glaciale  di  mezzo,  meno  importante,  che 
lasciò  traccie  nei  depositi,  sia  dall'  Ordoviciano  al  Silurìano 
(donde  il  nome  di  fase  ordaviciana  o  laconica),  sia  specialmente 
dal  Siluriano  al  Devoniano  nel  Canada,  nell'Europa  aettentrio- 

(I)  Special  mento  ni  principio  di  tali  periodi,  nonché  due  o  tre  volte 


D,B,t,zed.yGOOg[e 


152  F&DBRICO  SACCO 

naie  e  nell'Africa  meridionale;  fase  corrispondente  alla  Crisi  che 
si  può  denominare  eoderoniea  o  predevoniea  o  caledoniana  o  ir«»s- 
mehiana,  la  quale  favorì  l'evoluzione  anfihioidea  dei  Vertebrati. 
^°)  Una  prima  fase  glaciale  sviluppatasi  (bensì  degra- 
dando) nel  Cambriano,  ma  iniziatasi  e  svoltasi  in  modo  ampio 
ed  intenso  specialmente  verso  la  fine  dell'Era  proterozoica;  fase 
che  lasciò  notevoli  residui  In  varie  regioni,  piìi  o  meno  circum- 
arctiche  d'Europa,  d'Asia  e  d'America,  nonché  nell'India  e  nella 
parte  meridionale  dell'Africa  e  dell'Australia.  Questo  antichis- 
simo glacialismo  fece  parte  della  Crisi  detta  eocambrica  o  j>te- 
cambrica  (o  huroniana  od  anclie  penokeana  o  postkeeweniana  o 
algonkiana  pel  Nord  America),  che  dovette  influenzare  notevol- 
mente l'evoluzione  organica,  sia  delle  Crittogame,  sia  degli  In- 
vertebrati, allora  essenzialmente  marini. 

Passando  infine  alla  potentissima  serie  arcaica  della  Stra- 
tosfera terrestre,  dobbiamo  purtroppo  constatare  che.  per  l'im- 
mensa antichità  della  sua  deposizione,  che  rimonta  a  tante  de- 
cine di  milioni  d'anni  fa,  e  quindi  pel  profondo  metamorfismo 
che  vi  ha  quasi  completamente  obliterato  od  alterato  i  depositi 
originari,  riesce  molto  difficile  ed  incerto  riconoscervi  ancora 
le  eventuali  traccie  del  glacialismo;  tanto  piìi  che  le  condizioni - 
d'allora  (clima  ocennico,  mari  ampi,  ecc.)  non  dovevano  essere 
molto  propizie  al  suo  sviluppo  più  caratteristico;  alle  quali  dif- 
ficoltà si  aggiunge  spesso  quella  della  incerta  interpretazione 
cronologica  di  questa  grandiosa  serie  cristallina,  dove  mancano  i 
fossili  per  orientarsi  nella  complicata  e  sconvolta  sua  stratigrafia. 

Tuttavia  cenni  di  glacialismo  furono  già  riscontrati  nello 
Huruniano  medio  (Fase  mesokuronica  o  tnesabianica)  e  apecial- 
mente  nell'Huroniano  inferiore  e  nella  zona  di  passaggio  dal- 
l'Archeozoico  al  Proterozoico,  in  alcune  regioni  dell'Europa, 
nell'America  settentrionale  e  nell'Africa  meridionale  ;  ciò  in 
corrispondenza  con  una  specie  di  Orisi  eohuronica  o  prehuroniea 
o  lauremiana  o  archeana  che  sembra  siasi  allora  verificata  con 
varia  e  ripetuta  intensità,  forse  provocando  l'evoluzione  delle 
Tallofiti  e  degli  Invertebrati  marini  inferiori  dallo  stato  proti- 
stìco  in  cui  doveva  ancora  trovarsi  prima  la  materia  organica 
primordiale. 

La  fìg.  VI  schematizza  le  grandiose  oscillazioni  glaciali 
concomitanti  alle  sovraccennate  maggiori  crisi  fisico-biologiche 
della  Terra. 


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LE  OSCILLAZIONI  GLACIALI  159 

Bai  dati  riassuntivi  somniarìaineDte  esposti  nelle  pagine 
precedenti  e  che  cercai  di  sintetizzare  coi  grafici  annessi,  pos- 
siamo ben  comprendere  l'importanza  del  glacialismo  geologico 
e  la  parte  che  esso  ebbe  nelle  numerose,  successive  crisi,  grandi 
0  piccole,  lunghe  o  corte,  che  tanto  fortemente  interessarono- 
l'evoluzione  terrestre;  ma  rimane  ancora  da  indicarne  la  causa. 
Riguardo  alle  ondulazioni  minori,  decennali  o  pluri decennali ,^ 
secolari  o  plurisecolari,  già  si  accennò  alla  probabile  influenza 
delle  macchie  solari,  ma  per  spiegare  il  fenomeno  dei  grandi 
sviluppi  glaciali  sulla  superficie  terrestre  detta  causa  appare- 
insuffìciente;  perciò  si  volle  da  molti  ricorrere  a  grandiosi  fe- 
nomeni astronomici  vanì,  mentre  credo  che  la  causa  sia  insita 
nella  Terra  stessa,  come  già  esposi  in  una  speciale  Memoria 
sopra  'Le  condizioni  meteoro-idrologìche  dell'Era  quaternaria  e- 
la  causa  dei  periodi  glaciali.  (R.  Accad.  dei  Lincei  •  1919), 
alla  quale  quindi  rimando  per  ogni  dettaglio. 

La  spiegazione  da  me  sostenuta  come  la  più  semplice  e 
naturale  e  che  può  denominarsi  teoria  ipsometrica  o  dell'elevazione 
od  orografica  o  della  deformazione  crostale  o  semplicemente  cro- 
stale o,  meglio  ancora,  orogenica,  è  in  brevi  parole  la  seguente. 
Le  energie  termo-dins miche  insite  ne)  globo  terrestre  pos- 
sono rimanere  più  o  meno  a  lungo  sopite  od  apparentemente^ 
inattive,  per  cui,  corrispondentemente,  sulla  superficie  della 
Terra  si  verificano  fasi  di  calma,  di  tranquillità  orogenetica  e 
quindi  anche  sismico -vulcanica.  Anzi  generalmente  verificasi 
allora  (per  naturale  tendenza  gravitazionale)  una  più  o  meno- 
ampia  e  profonda  depressione  (quasi  un  accasciamento  o  abbas- 
samento) crostale,  che  fa  estendere  lo  aree  oceaniche  colle  re- 
lative conseguenze:  nella  sedimentazione,  prevalentemente  ma- 
rina, fine,  piuttosto  argilloso- calcarea,  spesso  trasgressiva  suite 
formazioni  piìi  antiche;  nel  clima  piuttosto  dolce  e  subuniforme; 
nelle  precipitazioni  atmosferiche  a  tipo  prevalentemente  ocea- 
nico. Perciò  anche  l'Evoluzione  biologica  in  tali /'a«aMoro5'«m'cAe^ 
[^litOtrmiche  del  Ramsay),  relativamente  lunghe,  con  notevole 
assorbimento  dell'anidride  carbonica,  può  svolgersi  in  modo  più 
0  meno  lento,  graduale,  regolare  ed  uniforme,  a  tipo,  direi, 
darioiniano;  l'attività  organica  presentasi  allora  specialmente 
notevole  nelle  aree  marine  tanto  ampie,  donde  il  grande  svi- 
luppo delle  formazioni  calcaree,  ecc. 


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154  FEDERICO  SACCO 

Ma  intanto,  durante  detta  fase  di  relativa  tranquillità,  a 
tipo  che  si  potrebbe  denominare  attuaiistico,  si  vanno  natural- 
fliente  accumulando  in  profondità  le  energie  potenziali  endogene, 
finché  la  somma  delle  loro  varie  tensioni  riesce  a  vincere  la 
resistenza  crostale  della  Litosfera. 

Allora  sì  verifica  una  nuova  e  ben  diversa  fase,  deforma- 
tiva, diastrofica,  orogenica  ì.  a.  [miotermici  sec.  Ramsay),  con 
prevalente  sollevamento  crostale;  ciò  per  fenomeni,  sia  oroge- 
nici (corrugamenti  e  quindi  sollevamenti  di  catene  montuose,  ecc.), 
sia  epeirogenici  (elevazioni  e  quindi  emersioni  continentali); 
fenomeni  naturalmente  accompagnati  da  fnttturazioni  e  nuovi 
assettamenti  crostali,  quindi  dall'intensificazione  del  seismo,  del 
plutoniamo  e  del  vulcanismo,  colle  conneiiHe  grandi  emissioni 
di  vapori  acquei,  di  anidride  carbonica  e  di  polveri  vulcaniche 
che  si  spargono  nell'atmosfera  diminuendo  notevolmente  (1) 
l'effetto  della  radiazione  solare  sulla  Terra,  cioè  la  media  in- 
tensità  di  insolazione,  ed  aumentando  la  quantità  e  la  conden- 
sazione dei  vapori  acquei  e  quindi  U  precipitazioni  atmosferiche. 
Cosicché  detta  fase  può  anche  talora  apparire  nel  suo  assieme 
come  cataclistica. 

Inoltre  detto  complesso  fenomeno  di  sollevamento  (dal  quale 
naturalmente  derivano  pure  importanti  cangiamenti  nelle  cor- 
renti marine  ed  atmosferiche,  grandiosi  mutamenti  oro-idrogra- 
fici, climatici,  ecc.)  deve  produrre  anche,  per  diretta  conse- 
guenza, il  fatto  che  su  certe  regioni  continentali,  ben  piii  vaste 
e  più  elevate  di  prima,  si  accentuano  notevolissimamente  te  con- 
densazioni e  quindi  le  precipitazioni  atmosferiche  a  regime  piut- 
tosto continentale  che  non  oceanico,  sia  pluviose  (donde  gran- 
diosità delie  correnti  acquee  continentali,  spesso  diluviali, 
potenza  delle  erosioni,  spessore  e  grossolanità  nelle  sedimenta- 
zioni, accumuli  carboniosì,  ecc.),  sia.  a  qualche  altitudine,  nevose 
(con  grande  abbassamento  della  lìnea  delle  nevi  persistenti  e 

(1)  Vedi  le  recenti  ricerche  di  Abbot  e  Fowlo  {VoleaHOts  a.  Climate, 
1918)  e  di  Humphrejs  {fuicnni'c  Duel  a.  alher  Factor»  in  the  production  of 
Cimatìe  Changes  a.  their  po$aìbh  relation  lo  ice  Agei,  1913)  sopra  g\i  effetti 
«limatici  di  alcune  exploeioni  vulcaniche  dal  1750  ad  oj^i,  )>er  le  qnali 
-(pur  esBcndo  tnioori  di  quelle  ben  piii  niiineroee  e  graudioge,  del  posahto) 
In  diminuito  persino  del  10  ni  20  perci^nto  l'elfetto  della  radiazione  solare 
-sulla  superficie  terrestre. 


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T£  OSCtLLAZIOKl  SLACIiLI  155 

quindi  con  un  enorme  ampliamento  dell'area  di  sviluppo  di 
questi  manti  od  accumuli  nevosi  permanenti),  derivandone  natu- 
ralmente la  costituzione  e  lo  sviluppo  dei  ghiacciai. 

Da  tutto  questo  complesso  di  grandiosi  fenomeni  oro  -  idrogra- 
fici, endogeni,  sedimentari,  meteorologici,  cHmatologici,  ecc.  (di  cui 
si  hanno  le  prove  sicure  litologiche,  tettoniche,  ipsometriche  [spe- 
cialmente pel  Naogene],  ecc.)  naturalmente  anche  l'Evoluzione 
.  biologica  rimane  fortemente  influenzata  (oltre  che  notevolmente 
accelerata),  sia  in  senso  negativo,  per  es.  colla  distrazione  di 
forme  non  adattantisi  ai  nuovi  ambienti,  sia  in  senso  positivo, 
provocando  per  es.  la  trasformazione  piìi  o  meno  rapida  (direi 
deprieBÌana)  delle  forme  più  plastiche  e  quindi  l'apparsa  di 
nuove  specie  ed  anche  di  nuovi  gruppi  organici;  dal  che  deri- 
vano in  massima  parte  quei  maggiori  cangiamenti  paleontologici 
(talora  persino  coll'aspetto  di  crisi  o  rivoluzioni  biologiche,  già 
credute  nuove  creazioni)  su  cui  si  basano  essenzialmente  e  giusta- 
mente i  geologi  nella  suddivisione  della  serie  sedimentaria  della 
Crosta  terrestre. 

Dopo  una  tale  fase  piìi  o  meno  intensa  ed  estesa,  ologe- 
nica, di  diastrofismo  (generalmente  suddivìsa  in  varii  perìodi)  con 
tutte  le  sue  sovraccennate  conseguenze  fisico-biologiche,  dato 
sfogo,  direi,  temporaneamente  alle  energie  termo-dinamiche 
subcrostali,  si  ritorna  ad  una  nuova,  più  o  meno  lunga  fase 
anorogenica,  dì  relativa  calma  e  quindi  di  graduale  e  regolare 
evoluzione  fisico -biologica;  finché  l'accumulo  lento  ma  continuo 
di  dette  energie  (tensioni,  ecc.)  endogeiche  permette  un  nuovo 
sforzo  orogenico,  occasionando  una  nuova  fase  diastrofica  e  così 
di  seguito. 

Tali  fasi  verificansi  (riguardo  all'intensità,  alia  durata,  ecc.) 
tanto  in  grandu  quanto  in  piccola  scala,  derivandone  quindi  le 
distinzioni  maggiori  (Ere)  e  minori  (Epoche  o  Periodi)  della 
cronologia  terrestre. 

Da  quanto  si  è  sommariamente  esposto  nelle  pagine  prece- 
denti sul  Qlacialismo  terrestre  parmi  si  possa  concludere  che 
1«  minori  oscillazioni  climatiche,  e  quindi  glaciali,  uni  o  pluri- 
decennali,  e  forse  parecchie  di  quelle  unì  o  plurisecolari,  sono 
probabilmente  dipendenti,  almeno  in  parte,  dalle  variazioni  delle 
macchie  solari  che  sappiamo  influire  più  o  meno  nettamente 


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156  FEDERICO  SACCO   —   LB   OSCILLAZIONI   GLACIALI 

sopra  diversi  fenomoDi  terrestri,  come  il  magnetismo,  la  tem- 
peratura, i  cicloni,  nonché  in  generale  sulla  meteorologia  terrestre. 
Invece  le  ben  più  grandiose,  intense  ed  estese  oscillaziom 
climati co-glaciali  positive  verificatesi  sulla  superficie  della  Terra 
in  periodi  diversi,  tra  loro  più  o  meno  lontani  (mìUenaii  ed  anche 
centomillennii),  oscillazioni  generalmente  concomitanti  coi  feno- 
meni orogenetici,  costituendo  un  episodio  od  una  fisionomia  parziale, 
ma  importante,  delle  grandi  e  complesse  crisi  geiche,  sono  piuttosto 
da  ritenersi  di  orìgine  tellurica,  cioè  attribuibili  essenzialmente 
all'intensificarsi  del  diastrofìsmo  crostale.  Quindi  i  periodi  gla- 
ciali, cioè  le  maggiori  intensifìcazioni  dol  Glacialismo  geologico, 
corrisponderebbero  alle  fasi,  direi,  positive  o  di  sollevamento, 
delle  ondulazioni  o  pulsazioni  piìi  o  meno  ritmiche  che  tante 
volte  si  verificarono  successivamente  nell'esplicazione  delle  forze 
termodinamiche  della  Terra  e  che  ancora  si  verificheranno  in 
avvenire,  finche  non  si  affievoliranno  sino  al  loro  spegnimento 
tali  gigantesche  Energie  inteme  del  Olobo  terrestre. 


SPIEGAZIONE  DELLA  TAVOLA  GRAFICA 

-  OacillOiEione  stagionale  della  fronte  del  ghiacciaio    del  RodAiiQ 

nel  Buo  complessivo  regresso  dal  1887  al   1899. 

-  Oscillazione  dei  ghiacciai  dell'Argentière  (M.  Bianco]  ( — )  e  di 

Macugnaga  (M.  Rosa)  ( )  specialmente  durante  il  sec.  SIX< 

-  OEcillaiione  media  dei  (rhìacciai  del  H.  Bianco  durante  gli  ul- 

timi secoli. 

-  0  il  ci  I  Iasioni  climatiche,  durante   gli   ultimi   tre   Hillennii,  nel 

Nord-America  occidentale  (— )  e  nell'Asia  centrocoìdentole  (— -)■ 

-  Oacillaiioni  glaciologiche  in   generale    sulla   Terra   dalla  Sne 

dell'Era  Terziaria  ad  opgi. 

-  Oscillaiioni  giaci ol ottiche  in  generale    sulla  Terra   »ttraTer» 

tutta  la  serie  delle  Ere  geologiche. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


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D,!„t,zed.yGOOg[e 


OTTAVIO  ZANOITl  BIANCO 


I  concetti  nioilerai  snlla  figura  matenatica  della  Terra. 
Appasti  per  la  storia  della  geodesia. 

NOTA    IX 
11  divario  fra  l'ellissoide  e  la  terra  fluida 

delHng.  OTTAVIO  ZANOTTI  BIANCO  (') 


Ipotesi  fondamentale  del  problema  del  quale  atianio  per 
occuparci  è  che  la  Terra  fos9e  originarìamente  fluida;  è  noto 
d'altronde,  specialmente  per  la  teoria  della  precessione  e  no- 
tazione dell'asce  terrestre,  che  la  densità  della  materia  coati- 
tuente  il  globo  terrestre,  va  crescendo  dalla  saperGcie  al  centro: 
è  intieramente  ignota  per  contro  la  legge  secondo  la  quale  quella 
densità  cresce  colla  profondità.  Di  queste  leggi  ne  furono  pro- 
poste non  poche,  naturalmente  non  basate  sull'osservazione; ma 
bensì  sopra  considerazioni  teoriche  essenzialmente  matematiche. 
In  tale  stato  di  cose  si  sa  che  la  Terra  fluida  non  può  avere 
rigorosamente  la  forma  di  una  ellissoide  schiacciata  alle  estre- 
mità dell'asse  di  rotazione,  ma  si  ammette  che  essa  prenda  la 
forma  di  uno  sferoide  di  poco  difl'erente  dall'ellissoide,  e  simme- 
trico, ove  non  si  avverta  il  contrario  rispetto  all'equatore. 

Il  problema  enunciato  ha  per  iscopo  di  determinare  di  quanto, 
lungo  il  raggio  vettore  di  un  dato  punto,  lo  sferoide  sovrasti 
o  sia  depresso  rispetto  all'ellissoide  concentrico  e  di  eguali  assi. 

Per  quanto  io  mi  so,  il  primo  che  abbia  trattato  il  nostfo 
problema  è  Giorgio  Biddel    Airy,  nel  suo    lavoro   intitolato  On 


. ,     ,  .  a  Nota  di  poter  completHre  U  storia  deir« 

gomento  che  forma  oggetto  della  presente. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


Il,  DIVARIO  FBA   L  ELLISSOIDE  E   I.A   TERliA   FLDIDA  159 

the  Figure  of  the  Earlh,  stampato  nella  parte  III  del  volume 
pel  1826  delle  PkUosophical  Tranmctiona  di  Londra  (voi.  CXVI, 
p.  548).  E  fu  il  primo,  perchè  fu  anche  il  primo,  se  non  errOr 
a  considerare  nei  calcoli  la  figura  della  terra  spingendo  t'ap- 
proasi inazione  tino  alla  seconda  potenza  dello  schiacciamento, 
necessaria  alla  natura  del  problema. 

Darwin  (G.  H.),  figlio  al  celebre  naturalista,  scrive  le  linee 
seguenti  circa  i  risultati  ottenuti  da  Airy  pel  problema  che  ci 
occupa. 

*  Àiry  poi  conchiuse  che  la  superficie  della  terra  (^i;  Earth's 
"  surface)  deve  essere   depressa  sotto  il   livello    del  vero   ellis- 

*  soide  nelle  latitudini  medie.  Egli  non  diede  alcun  apprezza- 
"  mento  numerico  di  questa  depressione,  ma  espresse  l'opinione 
'  che  deve  essere  molto  piccola  ,  ('). 

Thomson  nel  voi.  II  della  Naturai  Pktlosophy  sua  e  di  Tait, 
p.  371,  scrive  quanto  segue':  *  Nel  caso  poi  di  piccola  devia- 
'  zìone  dalla  figura  sferica,  che  solo  interessa  in  riguardo  alla 
"  teoria  della  tigura  della  terra  e  della  sua  costituzione  interna, 
"  la  superficie  limite,  e  la  superficie  di  egual  densità  e  pres- 
'  siooe,  Bono  molto  prossimamente  ellissoidi  di  rivoluzione  schiac- 

*  ciato.  Airy  ha  stimato  24  piedi  la  massima  deviazione  della 
'  superficie  esterna  da  un  vero  ellissoide  ..Questa  afTerniazione 
di  Thomson  e  Tait  è  ricordata  da  Helineit  a  pag.  141  del  vo- 
lume secondo  della  sua  grande  opera  Theorieen  der  Hóheven 
Geodàsie.  E  difficile  conciliare  le  due  asserzioni  di  Darwin  e  di 
Thomson  e  Tait  ('). 

Darwin  scrive  genericamente  l'equazione  di  un'ellissoide  di 
semiassi  n,  a  (l  — e)  e  di  schiacciamento  e  cosi 

•■•In-, +  -<"■' •>)  =  -'■ 


(')  UoiUMy  nolieea  of  the  Uoyal  AgtroHomicai  Society,  L'i.,  1900,  pp.  82-124 
e  Scimmie  Paper»,  voi.  UT,  p.  78. 

(*)  Tedi  al  riguardo  una  lettera  dell'autore  del  presente  scritto  al 
giornale  inglese  Nature,  e  la  risposta  do!  U'  C.  G,  Knott  in  Nature. 
voi.  103,  pag.  334.  16,  I,  1919.  Avverto  ancora  obe  fe  strano  che  Todhunter 
nella  sna  magistmle  opera  Hìntory  of  the  theori/  of  altraclion  and  the  figure 
of  the  Earth,  non  menziona  l'i tn portantissima  memoria  di  Airy  della  quali^ 
ai  dÌBCorre  nel  testo. 


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IbO  OTTAVIO  ZAMOTTI   BIANCO 

■ove  r  è  il  laggio  vettore  e  6  la  colatitudine  contata  dall'asse 
di  rotazione;  svolgendo  in  serie  e  trascurando  le  potenze  di  e1>2, 
si  ha 

f  =  a[l  —  e  eoa* e  —  -5-  e*oos*e  sen*9J , 
Poi  considera  uno  sferoide  rappresentato  dall'equazione  generica 

r  =  «  (1  —  «  cos«  e  4- (f  —  Y  e»)  aen»  9  eoa»  e) . 

-Questa  superficie  avrà  pure  uno  scliiacciamento  e,  e  l'eccesso 
■dei  suo  raggio  vettore  su  quello  dell'ellissoide  è  a/'aen'S  cos*6. 
Il  massimo  eccesso  si  verifica  alla  latitudine  geocentrica  di  45*' 
«d  è  -raf.  Darwin  osserva  che  quella  grandezza  che  egli  ha 
designato  con  — fé  designato  da  Airy  con  A.  Darwin  designa 
■con  a,  e,  F  stampatella  i  valori  di  a,  e,  f,  corrispondenti  alla 
superficie  limite  esterna  della  terra. 

Airy  pure  trova  per  deviazione  massima  tra  ellissoide  sfe- 
roide alla  latitudine  geometrica  di  45°  -^aA;  e  siccome  .<1  ed  .F 
sono  dello  stesso  ordine  di  grandezza,  così  tradotti  in  numeri 
dovrebbero  mantenersi  tnli;  invece  Airy  dà  ^  =  0,000064  che 
darebbe,  come  osserva  Knott  (Nature,  p.  384),  per  deviazione 
massima  334  piedi.  Darwin  ha  i^^  0,00000205  che  lo  conduce 
ad  una  deviazione  massima  di  —  3,26  metri,  cioè  circa  11  piedi. 
Evidentemente  VA  di  Airy  e  l'i''  di  Darwin  non  sona  dello 
stesso  ordine  di  grandezza.  Non  ho  rifatto  i  calcoli  di  Airy, 
ma  quelli  di  Darwin  sono  esatti. 

Dopo  Airy  si  occuparono  del  nostro  problema  Hargraeve, 
in  uno  scritto  intitolato  On  the  calculation  of  aHractiona  and  the 
figure  of  the  earth,  e  pubblicato  nel  volume  CXXXI,  1841,  delle 
Philosophical  Transactions,  pp.  75-98,  senza  però  giungere  a 
risultati  numerici.  Questo  lavoro  è  menzionato  da  Helmert 
■{Theorieen,  II,  p.  141),  ma  non  da  Darwin.  Helmert  menziona 
anche  alcuni  sviluppi  di  Schmidt  nei  quali  di  tien  pur  conto 
della  seconda  potenza  dello  schiacciamento:  ma  neppure  in  essi 
si  giunge  a  numeri  (Lehrhuch  der  niathematiarhen  und  physischen 
Geographie,  GiJttìngen,   1829,  voi.  I,  p.  339). 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


IL   DIVARIO  FKA   l'eLLISSOIDE  B   IJt  TERRA   FLUIDA  161 

Bruna  nella  aua  classica  Figur  der  Erde  (pp.  16-18)  ha  ri- 
solto il  problema  di  trovare  quale  è  il  massimo  distacco  fra  il 
geoide  ed  un'ellissoide  di  eguale  schiacciamento.  Il  geoide,  come 
si  sa,  non  è  che  uno  sferoide  di  livello  passante  per  un  punto 
della  superficie  fisica  terrestre,  e  costituisce  la  superficie  mate- 
matica della  terra.  Bruns  pone  s  rappresentare  il  geoide  l'equa- 
zione 

(1) 


dove  r  e  9  sono  la  distanza  dal  centro  e  la  latitudine  geocen- 
trica del  punto  generico,  J\f  è  la  maaaa  terrestre  e  K  e  tale 
che  se  MA,  MB,  MC  sono  i  tre  momenti  principali  d'inerzia 
della  terra  si  ha  K=  C  —  -^(A~\-  B).  Si  può  dimostrare,  come 
segue,  l'asserzione  di  Bruns,  che  la  superficie  rappresentata 
dalla  (1)  è  del  11°  ordine.    Uo  è  una  costante    e  si  ha 

r  =  »/*'-|-y»4-2», 

JT  =  r  cos  «p  cos  \  ,     y  =  r  os  ip  sen  \  ,     z  =  r  sen  q» . 

L'equazione  (1)  sì  può  scrìvere  cosi 


(fT.  -  f  W +»■))  r»  =  Mr*  +  ii  («■  +  »•- 2j")  , 

che  elevata  al  quadrato  diviene  razionale  ed  e  del  14°  ordine; 
ui  è  la  velocità  angolare  della  terra.  La  superficie  del  14"  or- 
dine qui  considerata  diversifica  di  pochissimo  da  un'ellissoide; 
e  la  si  può  riguardare,  lo  dicemmo,  per  quanto  concerne  la 
figura  della  terra,  come  il  rappresentante  tipico  del  geoide. 
Siano  ri,  $r|  il  raggio  e  la  gravità  equatoriali;  r,,  g,  quelli 
polari,  sia  ri  —  rg  =  ria,  a  rappresentando  lo  schiacciamento. 
Brune  ntiene  senza  esitazione  sufficiente  al  suo  scopo  il  porre 

„_  u^n  _    1    _    1  . 


Alti  dtUa  fi.   ActndtMÌa  —  Voi.  LV. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


OTTAVIO  ZAKOTTI   BUNCO 


Colle 
ad  il 

notazioni 

polo 

pi( 

Ecedenti  a 

i  ha  rispettivamente 

peri 

'eqiialore 

£•0  = 

M 

+ 

MK    ,     1 

lu'r,»;          t7o  = 

•■i 

Jlf^ 

yi  = 

— 

si; 

ftr. 

-'!■  + 

i-  -?^^  —  tu»  r 

este,  con  semplici  operazioni  e  trascurando  termini  di  or- 
iti elevato,   egli   ottiene   il    teorema   di    Clairaut  sotto  la 

"?('-f)=°»  +  '"'  +  '^- 

li  Bruns  scrive  queata  osservazione  importante,  pei'chè' 
Imente  seguita  tranne  in  alcuni  lavori  speciali. 
Quando  si  utilizza  il  teorema  di  Clairaut  per  la  deter- 
zione  dello  achiaccia mento  a  mezzo  delle  osservazioni 
olari,  si  possono  sopprimere  i  termini  di  secondo  ordine, 
lè  la  loro  influenza  è  motto  piìi  debole  di  quella  delle 
irbazioni  della  gravità  ,. 

à  dicemmo  che  Aiiy  e  Darwin  tennero  conto  anche  dei 
i  di  secondo  ordine:  vedremo  che  ciò  fu  fatto  anche  dal 
atico  tedesco  Wiechert.  Colle  precedenti  condizioni  si 
ano  le  relazioni. 

»iir=r/i,,|(l+o),         Jir  =  r,'|-(l+|), 

tr  avere  la  distanza  massima  tra  lo  sferoide  17=:  l/^^ 
Bsoide  concentrico  di  semiassi  ri  ed  r^,  riprendo  l'equa- 
1)  sotto  la  forma 

"•=  " (i  +  2' "- 3'™* f) +"'«""»■»). 


„d, Google 


IL   DIVARIO  FRA   l'eLLISSOIDK   E   LA  TERRA   FLUIDA  163 

che  è  come  prima  approssimazione,  l'equazione  polare  della  curva 
che  colla  sua  rotazione  attorno  all'asse  polare  genera  il  geoide. 

Supponiamo  ora  che  r  aia  svolto  in  una  serie  ordinata 
secondo  le  potenze  di  sen*  ip ,  coaì  r  =  ri  (1  —  a,  aen»  tp  -|- 
-|-  a4  8en*(p-.-)  (3).  All'equatore  q)  =  0  ed  r=:»-,,  al  polo  ^  =  90" 
ed  r  =  ri{l — o»  +  o* —)  =  ''»  t  oai  che  lo  achiacciamento 
o  =  Ì^  =  a,-«.  +  ... 

Soatituiaco  ad  r  la  sua  espressione  data  dal  secondo  membro 
della  (3),  avrd,  svolgendo  nel  secondo  membro  trascurando  le 
pvtenze  di  r  auperiori  alla  seconda,  nonché  quelle  di  sen'<p  su- 
periori alla  seconda 

fi  (1  —  Otsen'q)  +  a4  8en*<p.,.)  = 

=  ^  j  1  +  2^v  (1  -  3  sen« (p)  (1  +  aa.  Ben»  <p)  + 

ed  eguagliando  i  coefficienti  che  nei  due  membri  afiFettano  ri- 
spettivamente Ben*<p  e  aen*<p,  e  sostituendo  nell'espressione 
*■  :=  t-i  (1 -Ì-<»een*<p +  UiSen*<p...),  avendo  sostituito  a  ad  a,, 
il  che  è  consentito  dall'approssimazione  adottata,  avr6 

r  =^,  1 1  —  a  (l  +  -2-)  sen»9  +  y  san* 9  + ...  j . 

Per  un'ellisse  di  semiassi  rj  ed  ri  si  ha 

r*  =  r,  [  1  —  0  (l  -}-  ^J  sen»  (p  +  -|-  aen*  (p  +  ...  j , 
per  cui 

r  —  r'  =  ria»8en*(p  —  ria*sen*(p  +  ... 
=  r,a»sen'9co8*(p  ~\-  ... 

che  è  massima  per  p  =  45",  e  si  ha  -'— =  19"',1;  quindi 
luogo  il  parallelo  di  45°  il  geoide  abbraccia  l'ellissoide  di  egual 
schiacciamento  e  ne  dista  di  Id",!. 

Helmert  nelle  pp.  79-80  del  volume  2°  ha  riprodotto  quello 
svolgimento  di  Bruna  alquanto  modificato  e  a  p.  90  ne  riferisce 
il  risultato  numerico. 


zed.yGOOg[e 


OriAVIO  ZANOTTI  BIANCO 


L'espressione  cui  giunge  Helmert  per  U  soprselevazioDe 
dello  sferoide  aorntale  o  geoide  Bull'ellissoide  di  eguale  schiac- 
ciamento è -^  o|a(o4-2p)  i,  pp.  80  e  83,  ove  è 

a  =  "~  -  schiacciamento, 

p  ^  f'""'  differenza  fra  la  gravità  g^  al  polo  e  quella  g, 
all'equatore  divisa  per  quest'ultima,  e  si  pne 

3  :=  — —  rapporto  fra  la  forza  centrifuga  all'equatore  e  la 
gravita  equatoriale.  * 

Egli  adotta  come  espressione  della  gravità  alia  latitudine 
geografica  B  l'espressione  j  =  9,7806  (1  +  0.0052  sen«B),  per 
cui  al  livello  del  mare  si  ha:  9,  =  9,7806  e  0  =  0,0052,  e  pren- 
dendo con  Bessel  a  =  6377397  m.  ha  y  =  .  Indi  applicando, 
reiteratamente  il  teorema  di  Clairaut  trova  0  =  0,0034512. 

Si  rammenti  che  il  teorema  di  Clairaut  fornisce  la  forma 
non  la  grandezza  dell'ellissoide  normale  0  del  geoide,  e  che  questo 
è  appunto  tale  da  soddisfare  alla  legge  di  gravità  trovata  dalla 
quale  è  dedotto.  Coi  soprascrìtti  dati  numerici  Helmert  trova 
per  la  massima  elevazione  del  geoide  sali 'ellissoide  12,7  m. 

A  risultati  numerìci  ancora  giunse  Helmert  nelle  pa- 
gine 136-140  del  detto  volume.  Egli  propone  il  problema  nel 
titolo  del  paragrafo:  Estimo  del  dicario  della  tuperfieie  di  tma 
terra  fluida  dalla  forma  di  utt'elliasoidt  di  rir-cìugione.  Nella  so- 
luzione egli  si  giova  del  teorema  noto  seguente:  una  massa 
fluida,  pressoché  sferica,  rotante,  dece  avere  la  forma  di  una  su- 
perficie di  rivoluzione...  che  gli  permette  di  limitare  la  sua  solu- 
zione alla  ricerca  del  divario  fra  le  due  curve  meridiane  gene- 
ratrici della  superficie  di  una  terra  fluida  e  dell'elliseoide  di 
rivoluzione,  s'intende,  di  eguale  schiacciamento.  Dopo  l'enun- 
ciato del  problema  Helmert  scrive  quanto  segue: 

'  Poiché  la  densità  della  terra  è  variabile,  e  precisamente 
'  cresce  verso  l'interno,  coù  una  terra  fluida,  non  può,  come  si 
'  pub  mostrare,  assumere,  avere  una  superficie  foggiata  ad  el- 
"  lisBoide  di  rivoluzione  ,. 

*  Noi  non  vogliamo  qui  procedere  ad  un  computo  accurato 
"  del  divario  fra  le  due  superficie  ;  ma  staremo  contenti  ad  esporre 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


IL  nrVABlO  TltK   l'sLLISSOIDE  e  LA  TERRA   FLDIDA  165 

*  alcune  conBÌderazioni,  che  ci  permettono  di  ricavare  una  groato- 

*  lana  misura  di  quel  divario,  con  tenue  applicazione  di  sviluppi. 

Egli  espiline  il  raggio  r  vettore  di  un  punto  generico  del 
corpo  di  latitudine  geocentrica  q>  colla  formota 

ove  B  è  una  costante,  e  cioè  il  raggio  equatoriale  dello  sferoide 
e  AT,,  £^  funzioni  sferiche  di  v,  tralaaciando  Ky  e  K^,  perchè 
si  limita  a  considerare  superficie  di  rotazione  simmetriche  ri- 
spetto all'equatore,  e  tali  che  è 

Kt  =  Ben»  V  —  -5  ;      ^*  =  sen*  tp  —  y  een»  V  +  g^  . 
e 

Applicando  poi  noti  teoremi  delle  funzioni  sferiche  all'espressione 

(ove  /*],  P,...  sono  funzioni  sferiche  di  9)  del  potenziale  del- 
l'attrazione di  uno  sferoide  di  densità  6,  egli  procede  a  trovare 
l'equazione  della  saperficie  della  terra  fluida.  Egli  la  suppone 
costituita,  come  appare  dal  seguente  suo  periodo:  "  Ammettiamo 

*  ora  che  la  terra  sia  formata  da  uno  sferoide  omogeneo  inte- 
'  riormente  compenetrato  da  strati  omogenei  sferici  concentrici 
'  allo  sferoide,  col  centro  comune  nel  centro  di  gravità  ,.  Questi 
fitrati  siano  di  densità  maggiore  di  quella  generale  dello  sfe- 
roide. Chiama  M  la  massa  totale  della  terra,  M^  quella  dello 
sferoide  omogeneo,  applica  allo  sferoide  l'espreaeione  del  poten- 
ziale che  egli  ha  trovato,  e  pel  complesso  degli  strati  sferici 
quella  semplice  dì  Massa:  distanza  dal  punto  attratto,  e  trova 
per  equazione  di  quella  superficie  di  livello 

-=i^(>+é-.')-é°.'^+^"«'(i-é..)i- 

-  f  j  fjf  (a,  -  a,-)  -  t<Af,  (  j  a,  -  I  a.^)  +  u."B»oi,  \ , 
k*  essendo  la  contante  dell'attrazione. 


zed.yGOOg[e 


lOtì  OTTATIO  ZANOTTI   BIANCO 

Scrive  la  condizione  che  anoulla  i  coefficienti  di  K^eKt, 
e  da  esae  eliminando  ui,  trascurando  i  termini  in  o,^  trova  la 
espressione  approssimata 

3  —  2  -^' 


e  poiché  a  ed  a,  coincidono  fino  a  quantità  dell'ordine  di  o*,  cosi 
Helmert  scrive  a*  al  posto  di  a,'  nella  (a),  col  che,  tralasciando 
i  termini  in  a',  trova  l'espressione 


E  quindi  per  uno  sferoide  di  schiacciamento  o  e  di  raggio  equa- 
toriale a:  r  =  a{l  —  [o  +  Oj]  sen^ip  +  Oj  sen*<p  -|-  ...)■ 

Per  un'ellisse  di  eguale  schiacctamento  a  si  ha  per  la  di- 
stanza dal  centro  r  di  un  punto  di  latitudine  geocentrica  q>t 
come  già  si  vide  piìl  indietro, 

r  =  a\l  —  a  +  -y-l  s^n* (p  +  -^   aen* <p  -|-  ...1 . 

Per  cut  la  distanza  fra  Io  sferoide  e  l'ellissoide  lungo  il  paral- 
lelo di  latitudine  geocentrica  q>,  misurata  lungo  il  raggio,  e 

r,  —  r«  =  4  <*!  o"  •*        Ot)8en'' J<p  , 

e  tenendo  conto  della  {ò)  si  avrà  ebe  il  massimo  di  questa  dif- 
ferenza, che  si  verifica  per  3en»(p=      ,  è 


La  densità  media  della  terra  è  5.6,  quella  alla  superficie 
è  2,8.  Quindi  il  minimo  valore  che  pub  avere  la  massa  dello 
sferoide  omogeneo  è  ^i  ^  ò'  ^  ^  prendendo  per  a  ed  a  i  valori  di 
Bessel  «  =  6377397  ed  a*  =  0,00001117  si  ha  (r.— »-,)„^= -16. 


zed.yGOOg[e 


IL   DIVARIO   FRA   l'BLUSSOIDB  E  LA  TERRA   FLUIDA  167 

Dopo  ciò  Helmert  scrive:  "  Ma  questo  valore  potrebbe  essere 

*  troppo  grande.  Noi  vedremo  che  la  densìtÀ  da  principio  creBce 
'  rapidamente  e  che  già  alla  profondità  di  circa  a  :  4  è  uguale 

*  a  5,6.  Poniamo  quindi  per  base  uno  aferoide  omogeneo  di  den- 
'  aita  -i-  (2,8  +  5.6).  allora  sarà  Jf,  =  -|  Jtf  ed  (r,— r,)™..  =  -  9. 

*  Noi  vedremo  che  lo  schiacciamento  degli  strati  di  egual  densità 
'  diminuisce  probabilmente  andando  verso  l'interno.  Quindi  la 
'  massima  distanza  primamente  trovata  potrebbe  essere  troppo 
"  grande,  giacché  essa  in  certo  qual  modo  implica  la  supposizione 
'  di  una  rapidissima  variazione  dello  schiacciamento  fino  a  zero. 
'  Il  secondo  valore  mostra  che  un  moderato  ingrandimento 
'  della  densità  superficiale  diminuisce  notevolmente  la  differenza 
'  (r,  —  n)««..  fu  ogni  caso  le  distanze  fra  l'ellissoide  e  Io  sfe- 
'  roide  sono  minime  ,, 

Helmert  poi  osserva  che  se  si  confrontano  gli  ultimi  risul- 
tati con  quello  di  Bruna,  ai  avverte  che,  per  uguali  grandezze 
degli  assi,  lo  sferoide  normale  e  lo  sferoide  dianzi  considerato 
si  distaccano  dall'ellissoide  di  quantità  del  medesimo  ordine,  ma 
in  senso  opposto.  E  cioè,  lo  sferoide  normale  o  geoide  abbraccia 
o  avvolge  alte  latitudini  medie  l'ellissoide:  lo  sferoide  consi- 
derato da  Helmert,  cioè  la  Terra  fiuida,  è  a  quelle  medesime 
latitudini  depresso    sotto   l'ellissoide.   "  Ciò  non    deve    meravi- 

*  gliare  ,,  scrive  Helmert,  '  poiché  deviazioni  anche  molto  tenui 
'  della  distribuzione  della  massa  nell'interno  della  terra  da 
'  quella  dello  strato  fluido  sono  sufficienti  a  produrre  una  tale 
'  differenza.  Ma  indubbiamente  la  terra  è  solida  fino  ad  una 
"  certa  profondità,  e  se  poi  anche  qui.  a  cagione  di  deviazioni 

*  della  distribuzione  della  massa,  dalla  condizione  fluida  si  ge- 

*  aerano  tensioni,  le  quali  da  ultimo  producano  una  distribuzione 

*  prossima  a  quella,  ciò  non  si  può  tuttavia  estendere  a  frazioni 
'  del   raggio,  della  grandezza  dell'ordine  di  a*  ,. 

In  appoggio  di  questa  sua  affermazione  Helmert  adduce  due 
esempi  irrefutabili.  Egli  si  valse  delle  Formole  per  la  variazione 
della  gravità  al  livello  del  mare  date  da  Borenius  e  da  Paucker  ('), 


l'I  *  BuDetin  de  la  Glaaae  physico-matbéniatiqne  de  l'Académie  dei 
Sciences  de  St-Péterabarg  „  tome  I,  1843:  ibidem,  tome  12,  pp.  120-128; 
tome  13,  pp.  49-S9  e  225  237,  particolarmente  la  p.  227. 


zed.yG00g[e 


168  OTTATIO   ZANOTTl    BIANCO 

e  applicando  il  teorema  di  Clairaut  per  avere  lu  schiacciameut» 
e  gli  altri  coefficienti  della  sua  forinola,  ottenne  per  la  massima 
distanza  fra  lo  sfei-oide  normale  del  geoide  e  l'ellisaoide  di  egual» 
schiacciamento,  e  facendo  a  =  63775597,  le  espressioni  seguenti^ 
dedotte  da  due  differenti  espressioni  trovate  da  Bofenius,  con 
osservazioni  della  gravità  al  suo  tempo,  rispettivamente 
Sferoide  sopra  l'ellissoide  al  massimo     +    9",3 
—  76; 
dalla  formula  dì  Faucker  ebbe 

Sferoide  sopra  l'ellissoide  al  massimo  —  114'". 
Nel  1900  Giorgio  Darwin  pubblicò  nelle  *  Monthly  Notices 
of  the  Royal  Astronomica!  Society  ,,  In  Memoria  già  menzionata 
intitolata:  T%e  Theory  of  the  figure  of  the  Earth  cnrried  lo  the  tecond 
arder  of  small  quantities:  questa  fu  stampata  poi  anche  nel  volume 
dei  Seientific  Papera  del  medesimo  autore  (Cambridge,  University 
Press,  1910),  pp.  78-118.  Nell'introduzione  a  questa  Memoria  il 
sig.  Darwin  scrìve  quanto  segue:  *  Nel  secondo  volume  della  sua 

*  Hahere  Oeodasie,  il  dott.  Uelmert  ha  anche  investigato  la  formola 

*  per  la  gravità  fino  al  secondo  ordine  di  piccole  quantità.  L'espres- 

*  sìone  della  gravità  che  egli  paragonò  coi  risultati  degli  espe- 
'  rìmenti  del  pendolo,  fu  presa  come  non  avente  alcun  termine 
'  dipendente  dalla  quarta  potenza  del  sono  della  latitudine.  I  rì- 

*  sultati  degli  esperimenti  sono  alquanto  irregolari,  e  non  vi 
"  era  alcun  vantaggio  nell'inclusione  di  un  tal  termine;  conse- 
"  guentemente  il  dott.  Hetmert  ammise,  che  un  tal  termine  è 
"  di  fatto  evanescente,  e  accennò  che  ciò  implica  che  la  super- 

*  fiele  della  Terra  è  elevata  sul  vero  ellissoide,  invece  di  essere 
'  depressa  sotto  di  esso,  nelle  latitudini  medie.  Non  vi  può,  io 
'  penso,  esservi  alcun  dubbio  che  debba  esservi  una  depressione, 
"  e  perciò  sembra  che  sarebbe  piii  sicuro  di  adottare  una  for- 
'  mola  tale  quale  io  l'ho  data  al  §  6  (41)  per  le  future  rida- 
"  zioni  delle  osservazioni  pendolari  ,. 

La  formola  per  la  gravità  alla  quale  allude  Darwin,  che  si 
riferisce  al  livello  del  mare,  è  la  seguente: 

y  =  j,  (1  -|-  i  cos»  A  —  0,0000295  sen*  \  cos>  X) 
ove  g  e  fft   sono  la  gravità  alla  colatìtudlne  X   e   all'equatore 
1,=:  l'nlL^  g^  essendo  la  gravità  al  polo. 


zed.yGOOg[e 


IL  DIVARIO   FRA   l'KLLISSOIDB   E  LA   TEBKA   FLUIDA  16ft 

Per  le  forinole  della  gravità  proposte  dopo  quella  di  Darwin 
(1900),  vedasi  il  noatro  lavoro:  /  concetti  moderni  tulio  figura 
matematica  della  Terra,  note  otto,  negli  '  Atti  dell'Accademia 
delle  Scienze  di  Tonno  ,,  pei-  gli  anni  1904-6-7-8. 

L'affermazione  che  Darwin  attribuisce  ad  Hetmert,  nel  passo 
che  qui  trascrivo  a  scanso  di  equivoci:  *  and  pointed  out  that 
'  tfais  implies  that  the  Earth's  surface   ìb   elevated  about  the 

*  triie  ellipsoid,  instead  of  being  depressed  betow  it  in  middle 

*  latitudes  ,,  e  che  chiude  il  cenno  sull'opera  di  Helmert  su 
questo  argomento,  è  senza  dubbio  contenuta  nelle  paroje  che 
qui  traduciamo  (Theorieen,  II,  p.  90),  e  che  seguono  l'esposizione 
del  risultato  di  Bruna,  da  noi  pur  riferito  più  sopra:  '  Eviden- 

*  temente  a  tutto  rigore  g  al  livello  del  mare  non  è  più  fornito 
"solo   dall'espressione  j  =  jf,(l  +  psen*  fi),  ma   si    presentano 

*  ancora  termini  in  sen*  B  e  seguenti,  i  quali  però  possono  pren- 
'  dere  solo  valori  molto  piccoti,  come  d'altronde  già  segue  dalla 
"  tenue  differenza  tra  le  massime  elevazioni  13  e  19  metri  ,. 
In  nessun  altro  passo  dì  Helmert  trovo  espressioni  che  giustifi- 
chino l'affermazione  che  Darwin  gli  attribuisce. 

A  risultati  perfettamente  concordanti  con  quello  di  Helmert 
da  noi  riferito  a  p.  167,  giunse  Callandreau  in  un  suo  notevole 
studio.  Intorno  ad  esso,  ecco  quanto  scrive  Darwin  a  p.  79  del 
suo  volume: 

"  Nei  volume    XIX  (1889,  pp.  E,  1-84)  degli  '  Annales  de 

*  l'Observatoire  de  Paris  ',  il  sig.  Callandrt-au  ha  svolto  un'ela- 

*  bo rata  investigazione  dei  problemi  considerati  in  questo  scritto. 
'  La  pubblicazione  del  mio  lavoro  avrebbe  potuto,  per  fermo. 
'  non  essere  necessaria,  se  non  fosse  che  il  mio  procedimento 
'  è  a  mìo  avviso    piii    semplice   del  suo,  e  che   le  mie  formolo 

*  sono  presentate    in  una  forma  più  trattabile.  Tuttavia,  per 

*  qualche  rispetto,  ad  esempio  nella  soluzione  numerica  delle 
'  equazioni  differenziali,  ho  portato  il  lavoro  alquanto  piìi  lontano 
"  di  quanto  egli  abbia  fatto;  ma  d'altra  parte  egli  consideri» 
'  alcuni  punti  interessanti,  che  io  non  tocco.  I  nostri  due  me- 
'  tedi  differiscono  nei  particolari  dal  principio  al  fine,  e  sarebbe 

*  piuttosto  fastidioso  il  confrontarli  punto  per  punto.  Io  fui  con- 
'  t^to  nel  riconoscere  che  noi  navighiamo   lungo   rotte  paral- 

*  lele. Il  sig.  Callandreau  scrisse  anche  una  breve  ma  impoi- 
"  tante  Nota  sullo  stesso  argomento  nel  '  Bulletin  Astronomique  ' 
■  pel  1897  ,. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


170  OTTAHO  ZANOTTI   BIAKCO 

A  p.  102  Darwin  scrive: 

'  Il  sìg.  Callandreau  non  risolae  la  sua  equazione  differen- 

*  eiale  che  corrisponde  colla  mia,  ma  egli  conchiude  che  la  de- 
"  pressione  alla  latitudine  45"  deve  essere  minore  di  5  metri  ,. 

A  p.   117  poi  scrive  ancora: 

'  Si  è  asserito  nell'introduzione  che  Ìl  sig.  Callandreau  ha 

*  trattato  questi  problemi  con  metodi  alquanto  diversi  dal  mio. 

*  Egli  concluse,  ma  senza  risolvere  definitivamente  l'equazione 

*  differenziale,  che  la  depressione    alla   latitudine   di   45°  deve 

*  essere  minore  di  5  metri  .. 

Quest'asserzione  di  Darwin  si  riferisce  ad  una  nota  a  p.  E.  51 
dello  scritto  di  Callandreau,  che  cosi  è:  *  La  dépression  ne  dé- 
"  passerait  guère  5°  vers  la  latitude  de  45"  ,.  Ma  nel  testo  alla 
pagina  medesima  si  legge:  "  Une  conséquence  dans  te  cas  de 

*  la  Terre  est  que  la  dépressìon  de  l'ellipsolde,  maximum  à 
'  45  degrés  de  latitude  ne  saurait  atteindre  7"  ,,  Ma  di  ciò 
Darwin  non  ha  tenuto  conto. 

n  sig.  Hamy,  una  delle  più  sicure  e  riconosciute  autorità 
su  questo  argomento,  da  me  interpellato  al  riguardo,  ebbe  la 
cortesia  di  scrivermi  quanto  segue,  e  motto  ne  lo  ringrazio,  a 
proposito  del  rafferma  zio  ne  contenuta  nella  nota  di  Callandreau: 
'  Maia  ce  résultat  fonde  sur  un  calcul  très  critiquabie  ne  saurait 
'  infirmer  en  rien  la  premiere  conclusion.  La  limite  de  7"  obtenue 

*  suppose  admise  une  formule  proposée  par  Radeau  ,. 

Darwin  ha  ignorato  l'esistenza  di  una  nota  di  Callandreau 
pubblicata  nei  *  Comptes-Rendus  de  l'Académie  dea  Sciences  ,, 
tomo  ex,  1890,  intitolata:  Écart  enlre  la  surface  de  la  Terre 
supposée  fluide  et  celle  d'un  ellipsoìde  de  revolution  ayant  mémes 
nxes.  Il  "  Bulletin  astronomique  ,,  tomo  VII,  1890,  p,  239,  così 
scrive  di  quella  Nota  di  Callandreau:   '  L'écart  en  question  est 

*  de  l'ordre  du  carré  de  l'aplatissement;  la  théorie  de  Clairaut, 

*  étendue  aux  termos  de  l'ordre  du  carré  de  l'aplatissement, 
"  mentre  que  la  surface  fluide  est  déprimée  reiativement  à  l'el- 
'  lìpsoTde;  et  M.  Callandreau  trouve  que  le  maximum  de  cette 
"  dépression  pour  la  latitude  de  45°,  atteint  au  plus  9",1  :  ce 
"  chiffre  est  précisément  conforme  aux  évaluations  de  M.  Helmert, 
■  dans  sa  Geodesie  Supérteure,  tom,  II,  chap.  II,  §  36,  p,  13£  ,. 
Il  numero  — 9",  già  da  noi  riferito,  sta  a  p.  140, 

Il  sig.  Hamy,  al   riguardo    mi  scrisse:  "  C'est  en   laissant 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


IL  DIVARIO  FKA   l'bLUSSOIDE   E  LA  TERSA  FLUIDA  171 

*  toute  supposition  de  eUté  que  Callandreau  a  obtenu  la  limite 
'  inférieare  de  9'",  pour  la  dépression  de  l'ellipBotde  .. 

Nel  volume  XXU  pel  1890  (1893)  del  '  Jahrbuch  Uber  die 
Fortschritte  der  Mathematik  ,,  p.  1196,  leggasi  quanto  segue:  '  Ib 
"  seguito  a  lavori  pubblicati  da  Tìsserand  e  Eadau  nei  '  Comptes- 

*  Rendus  '  pel  1884-  e  18S5,  l'autore  (Callandreau)  vieneacom- 
"  pletare  la  saa  Memoria  contenuta  nel  volume  XIX  degli  '  An- 

*  nali  deirOaservatorio  di  Parigi '.  La  roasaìma  depressione  della 

*  terra  fluida  rispetto  all'ellisaoide  di  rivoluzione  sotto  la  lati- 
'  tudine  di  45  gradi  raggiunge  al  massimo  9'°,i,  coincidente  col 

*  risultato    che  Helmert  ottenne    nel  volume  II  della   sua  Geo- 
"  desia  Superiore  ,. 

Helmert  si  valse  varie  volte  sempre  con  citazioni  dei  ri- 
sultati di  Darwin,  ma,  per  quanto  mi  consta,  non  ebbe  mai  nep- 
pure una  parola  circa  l'asserzione  di  luì  a  suo  riguardo,  che 
dimostrammo  infondata.  Darwin,  a  sua  volta,  scrive  di  Helmert 
con  molta  deferenza  o  riguardo,  e  si  dichiara  a  lui  debitore  dì 
informazioni  notevoli  mentre  egli  stava  scrivendo  il  suo  lavoro. 

Rimane  quindi  provato  che  Helmert  ha  ampiamente  rico- 
nosciuto ed  esattamente  calcolato  la  depressione  della  Terra  fluida 
rispetto  all'ellìasoide  di  eguali  assi  alle  latitudini  medie. 

Helmert,  il  più  grande  geodeta,  dopo  Bessel,  fu  rapito  alla 
scienza  durante  la  guerra:  ma  sia  detto  a  sua  maggior  gloria, 
egli  non  firmò  il  manifesto  dei  dotti  tedeschi  a  giustificazione 
della  guerra  scatenata,  flagello  immane,  sull'umanità  dalla  Ger- 
mania. Nessuna  nube  offusca  la  gloria  di  quel  grande,  ed  il  nome 
dì  F.  Roberto  Helmert  (')  suonerà  alto  e  puro  finche  la  vera 
ed  onesta  scienza  avrà  culto  fra  gli  uomini. 


(')  F.  Roberto   Helmert  nucque  a  Freiberg  in  Saisonia  il  81  luglio  1848, 
mori  a  Potadam  il  15  giugno  1917. 


>y  Google- 


FAUSTA   BAI2AC 


Osservazioni  erisUilografiBiie 
snii'azEurrite  di  fionnesa  (Cagliari)  ('> 

Nota  di  FAUSTA    BALZAC 


Pochissimi  giacimenti  italiani  di  azzurrite  sono  stati  finora 
descrìtti  crìstallograGcamente. 

Infatti,  dopo  il  prof.  Riva  che  nei  J899  trattò  dell'azzurrite 
di  Rosas  nel  Sulcis  (2),  descrìvendo  crìstalli  piccolissimi,  costan- 
temente allungati  secondo  l'asse  y,  ed  il  prof.  Zambonini  che 
nel  1907  De  descrìsse  alcuni  provenienti  dal  Timpone  Rosso, 
presso  Lagonegro  (3),  non  si  ebbero  che  le  notizie  del  Millo- 
sevich  relative  al  giacimento  del  Castello  di  Bonvei,  presso 
Mara  (4),  in  cui  l'azzurrite  si  presenta  in  struttura  concentrico- 
lamellare,  e  net  1913,  infine,  lo  studio  del  prof.  Manasse  sul- 
l'azzurrite di  Calabona.  presso  Alghero  (5),  i  cui  cristalli  però, 
par  essendo,  almeno  in  parte,  abbastanza  rìcchì  di  faccio,  pre- 
sentano sempre  l'abito  più  comune  per  la  specie  e  tutte  forme 
già  note. 

Ora,  avendo  il  prof.  Zambonini  avuto  dal  dott.  Grida  un 
campioncino  proveniente  dal  giacimento  di  Gonoesa,  in  provincia 
di  Cagliari,  con  cristalli  di  habitus  non  comune,  credette  non 
privo  d'interesse  il  farne  fare  la  determinazione  cristallografica. 


(1)  Lavoro  esegaito  uell'Ietituto  di  mineralogia  della  R.  Univeraità  di 
Torino,  diretto  dal  prof.  Ferruccio  Zambonini. 

(2)  C.  Rita,  Sopra  la  formazione  diabasiea  «  topra   alcuni   minerali  di 
Rota*  ntl  Sulei».  '  Rendiconti  R.  Istituto  Lombardo  ,,  1899,  XXXTI,  344. 

(8)  F.  ZiMBORini,  Notizia  eritlàUografica  null'aixurrite  del  Timpone  Ro»so 
pretto  Lagontgro.  '  Rend.  Acc.  Lincei  „  1907,  XVI,  2"  aem.,  737. 

(4)  F.  HiLLoasTiCH,  Appunti  di  mineralogia  Sarda.  Il  giaeirnento  di  azzur- 
rite del  Gattello  di  Bonvei.  '  Eend.  Aoo.  Lincei  .,  XV  (1B06).  II,  732. 

(5)  E.  HiMAsas,  Azzurriti  di  Calabona  presto  Alghero.  '  Memorie  Società 
Toscana  di  Scienze  Naturali ,. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


OSSKRT AZIONI  CKISTALLOORAFIGHE,  BCC.  173 

e,  cortesemente,  me  ne  affidò  l'incarJco,  del  che  mi  è  grato 
ringraziarlo. 

I  cristalli  ch'ebbi  io  esame  si  prestano  assai  bene  a  misure 
gonìometriche,  avendo  faccio  lucentissime.  Essi  tappezzano  le 
pareti  delle  fenditure  di  una  roccia  argilloso-quarzifera,  molto 
ricca  in  venale  e  cristallini  di  quarzo. 

Alcnni,  tabulari  secondo  j  001  { ,  sono  abbastanza  ricchi  di 
forme,  in  altri,  tabulari  secondo  )100|,  è  notevole  l'allunga- 
mento secondo  l'asse  z.  I  primi,  secóndo  l'asse  y,  raggiungono 
al  massimo  la  lunghezza  di  mm.  3,  i  secondi  dì  mm.  5,  lungo  z. 

Le  forme  complessivamente  osservate  sono  le  seguenti: 


o  5100(      e  i001(      A  lOlOf     o  )101( 
M  }302t     m  IllOj     p  )021j     X)032j 


6  ilOlj 
A  } 221  { 


0  I 201  { 
/  1225Ì 


fra  le  quali,  la  )  010  [  ò  rara,  e  la  |032(  è  nuova  per  l'azzur- 
rite, almeno  secondo  la  bibliografia  che  ho  potato  consultare. 
Quanto  a  ]  225  ( ,  essa  è  nuova  per  ì  giacimenti   di  Sardegna. 


Fig.  1. 


Nella  fig.  1  ho  rappresentato,  ridotto  a  modello,  il  piii  ca- 
ratteristico fra  i  cristalli  allungati  nella  direzione  dell'asse  y, 
il  quale  raggiunge  le  dimensioni  di  mm.  3x2x2. 

In  esso  tutte  le  faccio,  abbastanza  lucenti,  hanno  permesso 
misure  discretamente  buone.  Estese  quelle  dei  pinacoidi  }001j 
e  )100j  e  dei  prismi  )110(  e  )221t,  sono  meno  sviluppate 
quelle  delle  forme  )021{  )101{  ]  20r(  |302|  }225[,  e  picco- 
lissimo, poi,  è  il  pinacoìde  )010{. 

La  forma  )  225  {  presenta  un  interesse  tutt'affatto  partico- 
lare, perchè  è  una  delle  più  rare  nella  azzurrite.  Fu  osservata 
da  Zippe  e  descritta  nel  1831  nella  sua  memoria  fondamentale 


zed.yGOOg[e 


174 


FAUSTA   BALZAC 


por  la  morfologia  dell'azzurrite  (I).  Miller  le  assegnò  erronea- 
mente il  sìmbolo  1 125  |,  ma  Schrauf,  nella  sua  ben  nota  mono- 
grafia (2),  notò  che,  in  base  al  disegno  ed  ai  legami  di  zona 
indicati  nettamente  dallo  Zippe,  alla  forma  osservata  dal  mi- 
neralista boemo  spetta  effettivamente  il  aimbolo  )  225  (  (JHSJ 
nella  orientazione  di  Schrauf). 

Il  prisma  ]  2^5  {  deve  essere,  certamente,  assai  raro,  e  non 
sembra  sia  stato  più  trovato.  E  una,  infatti,  delle  pochissime 
forme  non  osservate  personalmente  dallo  Schrauf;  non  è  ricor- 
data da  Lacroix  per  i  cristalli  di 
Chessy  (3),  e  non  si  trova  riportata 
nemmeno  nei  lavori  piìi  importasti 
dell'ultimo  trentennio,  quali  quelli 
di  FarringtoQ,  di  Zimanyi,  di  Hobba, 
di  Anderson,  dì  Steiner,  di  To- 
borffy,  ecc..  sui  cristalli  dell'Ari- 
zona, del  Laurion,  del  Wisconsin, 
dell'Australia  e  dell'Africa  meri- 
dionale. 

Nel  mìo  cristallo  io  l'ho  os- 
servata con  una  nitida  faccetta, 
che  ha  permesso  una  misura  abba- 
stanza buona. 

Neira  tìg.  2  ho  cercato,  invece, 
di  riprodurre  al  naturale  uno  dei 
cristalli  allungati  secondo  l'asse 
verticale.  Tale  habitus  raramente  si 
osserva  in  cristalli  di  azzurrite  prò- 
Fig.  2.  venienti  da  altri  giacimenti.  Infatti 

il  Lévy  (4)  figura  dei  cristalli  pro- 
venienti da  Chessy,  presso  Lione,  che  hanno  questo  aspetto,  ma 
presentano  però  combinate  le  sole  forme  }0U1{,  JllOt  e  |111(. 


(1)  'PogR.  Ann.,,  1831,  SXIl,  393. 

(2)  'SitznDgabericfateWieDerAkad.derWÌiMiuch..,  ISTI. LXIT(l),  128. 

(3)  Mineralogie  de  la  Frante  et  de  tee  Coiom'e»,  II),  751. 

(4)  Deseription  d'une  collection  de  minéraux,  «te.,  Fig.  2,  PI.  LXIIl  -iel- 
l'atlonte. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


OSSBKViZIONl  CRISTALLOGRAFICHE,   ECC.  175 

I  cristalli  '  prisniatici  ,  di  Ghessy,  figurati  da  Schrauf  e  da  La- 
croix,  sono  generalmente  più  o  meno  schiacciati  secondo  la  base; 
quelli,  pure  detti  '  prismatici  ,,  dell'Arizona,  descritti  dal  Far- 
rìngton(l),  presentano  molto  estese  le  forme  |1I0{,  )221{,  ]l01t. 

Il  cristallo  da  me  osservato,  invece,  è  molto  allungato  se- 
condo z  e,  pur  essendo  tabulare  secondo  la  }100(,  ha  ab- 
bastanza sviluppate  le  faccie  del  prisma  )110(,  un  po'  pib 
ridotte  ancora  quelle  di  )101{,  )001{,  }T01(  e  )302;,  edesili, 
ma  nitide,  quelle  del  prisma  )032(,  nuovo  per  il  minerale. 

Sebbene  queste  ultime  io  le  abbia  misurate  ad  una  sola 
estremità,  essendo  il  cristallo  impiantato  per  l'opposta  di  z,  le 
misure  sono  assai  buone,  ed  il  nuovo  simbolo  rimane  stabilito 
con  certezza,  come  lo  prova  l'accordo  discreto  tra  i  valori  ot- 
tenuti e  quelli  calcolati  in  base  alle  costanti  proposte  dal 
Manasse  per  l'azzurrite  di  Oalabona,  e  che  sono  certamente 
migliori  di  quelle  calcolate  dallo  Schrauf  e  generalmente  adot- 
tate, l'inesattezza  delle  quali  risultava  già  chiara  dagli  studi 
dì  Farrington  e  specialmente  di  Toborffy  (2). 

Angoli  Vttlori  mianrati        Valori  calcolali 

(032)  :  (110)  57"  28'  57°  24''/» 

(032)  :  (100)  88"  36'  88"  36''/,. 

Nella  tabella  che  segue  ho  raccolte  le  misure  che  hanno 
servito  all'identificazione  delle  forme  precedentemente  menzionate. 


'  (1)  CtyttaiUttd   AiuriU   from   Arizona.    'Amer.  Joaro.  Se.  .,  1891   (3), 
XU,  800. 

(2)  Ueber  K'tpftrhttur  und  fi^tùbleUre  «on  Ttumtb,  '  Zeit.  fOr  Krfet.  „ 
1913,  LII,  225. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


17Q      PAU3TA   8ALZAC   —  0S8BRTAZI0NI  CRISTALIXiaitAFICBB,  BCC. 


Angoli 


Vulori  calcolati 


(001)  :  (101) 

(001)  :  (lOl) 

(ODI)  ;  (201) 

(001)  ;  (302) 

(001)  :  (HO) 

(001)  ;  (021) 

(001)  :  (221) 

(001)  :  (225) 


47'     8' 


60»  27' 
68»  10' 
29'    0' 


44»  48' 
47"  12' 

66«  r 

58"  62' 
88"  14' 
60"  36' 
68"  19' 

29"  ■;.' 


(001) 

(100) 

87"  40' 

87"  41' 

(100) 

(101) 

42"  58' 

42"  53' 

(100) 

(101) 

45"  ir 

45"    7' 

(100) 

(201) 

26"  12' 

26"  12' 

(100) 

(302) 

33"  15' 

33"  26'  '1, 

(100) 

(110) 

40"  26' 

40"  35'  >;, 

(100) 

(032) 

88"  36' 

88"  36'  ■/■ 

(110) 

(032) 

67"  28' 

67"  24'  Vi 

L'Accademico  Segretario 
Carlo  Fabrizio  Paroma 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


CLASSE 

SCIENZE    MORALI,  STORICHE    E   FILOLOGICHE 


Adunanza  del  Zi  Dicembre  1919 

PBESIDRNZA    DEL   SOCIO    SEtTATORE   PBAHCE6C0    RUFFINI 
VICEPRESIDENTE    DELL'ACCADEMIA 


Sono  preaenti  i  Soci  Pizzi,  De  Sancti8,  Brondi,  Baudi 
DI  Vesme,  Schiaparelli,  Patetta,  Vidabi,  Prato,  Ciao, 
Pacchioni,  e  Stampini  Segretario  della  Ctasse. 

Scasa  l'assenza  il  Socio  Valmaooi. 

Si  legge  e  si  approva  l'atto  verbale  dell'adunanza  del 
giorno  7  coir. 

Dal  Socio  Bbondi  sono  presentati  in  omaggio  all'Accademia, 
da  parte  dell'autore  Avv,  Prof.  Emilio  Bonaudi,  le  seguenti 
pubblicazioni,  delle  quali  espone  brevemente  i  pregi  :  Della  so- 
spensione degli  atti  amministrativi  (1908);  La  tutela  degli  inte- 
ressi eoUettivi  (1911);  Del  provvedimenti  d'urgenza  del  sindaco 
(2*  ed.  rìvfliìuta  ed  ampliata,  1920).  La  Classe  ringrazia. 

Il  Socio  Cian  presenta  la  sua  pubblicazione  H  primo  cen- 
tenario del  romanzo  storico  italiano  (1815-1824)  (Extr.  dalla 
'  Naova  Antologia  ,,  1°  ott.  1919).  La  Claase  ringrazia. 

Saranno  pubblicate  negli  Atti: 

Minucio  (Octaoius)  -  Cicerone  (De  natura  deorum)  •  Cle- 
mente Alessandrino  (Opere),  Nota  del  Prof.  Arnaldo  Belteami, 
presentata  dal  Socio  Pizzi; 

L' anatema  di  Giovanni  d'Alessandria  contro  Giovanni 
Filopono.  Nota  del  Prof.  Giuseppe  Pcrlani,  presentata  pure 
dal  Socio  Pizzi; 

Alli  dtlln   H.  Aeeadtmia  —  Voi.  LV.  12 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


178 

Settecento  canoro.  Nota  li  del  Socio  Ciak; 
Jvles  Ctimua  filologo.  Nota  del    Prof.  Ferdinando  Neri, 
presentata  dal  Socio  Giah. 

Il  Socio  Db  Sanctis,  anche  a  nome  del  Socio  Patbtta, 
comunica  una  lettera  inviata  dai  Professori  H.  Pibehhe  e 
J.  BiDEZ,  delegati  dell'Accademia  Reale  del  Belgio,  in  nome 
del  Segretariato  amministrativo  dell' f/rtioK  Aeadémique  interna- 
tionale.  I  mittenti,  richiamandosi  all'art.  13  degli  statuti  del- 
l'Union,  fanno  invito  perchè  siano  trasmessi  al  detto  Segreta- 
riato amministrativo  a  Bruxelles  gU  eventuali  progetti  di 
ricerche  e  pubblicazioni  da  presentarsi  al  Comitato  dell' t7mo« 
nella  sua  prossima  adunanza  che  avrà  luogo  ne]  mese  di 
maggio  del  1920. 

Dopo  matura  discussione,  la  Classe  delibera  di  prendere 
atto  dell'invito  e  dì  ringraziare  il  Segretariato  amministrativo 
deiri7nton,  assicurandolo  che  la  nostra  Accademia  prenderà  in 
attenta  considerazione  tutti  i  progetti  che  le  saranno  trasmessi 
per  il  tramite  del  Segretariato  stesso.  Frattanto  la  Classe  invita 
tutti  quei  nostri  Soci,  ì  quali  abbiano  proposte  di  lavori  da  ese- 
guirsi sotto  gli  auspici  dellfi  Union  Aeadémique,  a  volerle  pre- 
sentare alla  Classe  stessa,  affinchè  possano  essere  conveniente- 
mente esaminate  e  discusse.  Che  se,  dovendo  le  proposte  essere 
trasmesse  al  Segretariato  amministrativo  almeno  quattro  mesi 
prima  della  riunione  del  Comitato,  non  sarà  possibile,  nel  breve 
lasso  di  tempo  che  questa  volta  ci  resta,  assicurarci  le  colla- 
borazioni acientitìclie  ed  economiche  che  sono  richieste  dagli 
statuti  deW  Union  perchè  una  proposta  possa  essere  presa  in 
considerazione,  si  potranno  tuttavia  le  eventuali  proposte  dei 
nostri  Soci  sottoporre  ad  esame  e  discussione  certamente  in 
tempo  per  la  seconda  riunione  ordinaria  del  Comitato,  che  sarà 
nel  1921. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


ARNALDO  BELTRAHl    —   3IINDCI0  (OCTAVIUS),  ECC. 


LETTURE 

MINUGIO  (Oetavins)  -  CICEHONE  (De  natnni  deopnm) 
CLEMENTE  ALESSANDailSO  (Opere)  «'> 

Nota  di  ARNALDO  BELTRAMI 


Minucìo  XIX,  1  Audio  poetas  quoque  —  Cicerone,  I  18  sgg. 
non  fa  nessuna  menzione  dei  poeti.  —  Clemente  Alessandrino, 
Protreptico,  73,  1  "iiw  óè  fifùv  ...  xal  aitrij  (^)  noiijvtx^.  Minucio 
premette  i)  cenno  dei  poeti.  Clemente  lo  pospone. 

Id.,  2.  Si  ricorda  il  solo  Virgilio.  —  Clem.,  Prolr..  73,2- 
76,6,  nomina  Arato,  Esiodo,  Euripide,  Sofocle,  Orfeo,  Menandro, 
Orriero  e,  una  seconda  volta,  Euripide. 

Id.,  3.  Recenseamus,  si  placet,  disciplinam  phìlosophorum: 
deprehendes  eoa,  etsi  sermonibus  varila,  ipsis  tamen  rebus  in 
hanc  unain  coire  et  conspirare  sententiam  (cioè  che  Dio  è 
mente,  ragione,  spirito).  —  Oic,  ifi.,  I  13  Sed  iam...  ponam  in 
medio  sententias  phìlosophorum  de  natura  Deorum.  —  Clem., 
ib.,  64,  1  ' Entd^àfiù}ft£v  de,  el  ^oi)ÌEi,  xal  x&v  tpiXoaóipiav  tàg 
dó^ag,  6aa^  aixovoi  negl  t&v  9eùv,  et  niog  xal  ^iXoao^lav 
ait^v ...  xaià  TtaQaÓQOftijv  nagam^ai  óvv^^ù/tev  òvEiQtbz- 
xovaav  tijv  àÀi^&eiap. 

Id.,  4-6...  Sit  Thales  Milesius  omnium  primus,  qui  primua 
omnium  do  caelestibua  diaputavit.  Is  autem  Milesius  Thales 
rerum  initium  aquam  dizit,  deutn  autem  eam  mentem  quae  ex 
aqua  cuncta  formaverit...  Anaximenea   deinceps   et   post   Apol- 


(1)  Le  edizioni  da  me  adoperate  sono  quella  del  Va]maf;KÌ  '■»  *  Corpus 
Scrjptonim  Latinorum  Paravianam  „  moderante  Carolo  Pascal)  per  Minucio, 
quella  del  Mueller  per  Cicerone,  quella  dello  Stàhlin  per  Clemente  Ales- 
sandrino. 


DiBiimd, Google 


180  ARNALDO  BBLTRAHI 

lionates  Diogenes  aera  deum  statuunt  ìnfÌDitum  et  immenaum:... 
Anaxagorae  vero  discriptio  et  motuB  infinitae  mentm  deus  di- 
cìtur,  et  Pytbagorae  deus  est  animus  per  universam  rerum  na- 
turam  commeans  et  intentus  ex  quo  etiam  sniraalìum  omnium 
vita  carpatur.  —  Cic,  ib.,  25-27...  Thales  enìm  Mileaius,  qui 
primns  de  talibus  rebus  quaesivit,  aquam  dixìt  esse  initium 
rerum,  deum  autom  eam  meotera,  quae  ex  aqua  cuncta  fingerei... 
Post  Ànaximenes  agra  deum  statuit,  eumque  gigni  esseque  ira- 
mensum  et  infinitum...  Inde  Anaxagoras...  primus  omnium  rerum 
discriptionem  et  modum  mentis  infinitae  vi  ac  ratione  dissì- 
gnarì  et  confici  voluit...  Nam  Pythagoras,  qui  censuit  animoio 
esse  per  naturam  rerum  omnem  inteotum  et  commeantem,  ex 
quo  nostri  animi  carperentur...  Ib.,  29  QuidP  aèr,  quo  Diogenee 
Apolloniates  utitur  deo...  —  Clem.,  Protr.,  64,  2  atoixeta  (tkv 
oiv  dQX^9  ànéXtnov  i^v/tv^aineg  Saiijg  ò  MtX^mog  tò  dótaQ 
xaì  'Ava^i/iév^s  6  aizàg  MiX^atog  zòv  diga,  Hoteqov  ò  'AnoX- 
Xcùviàt^i  xaTijxoÀoii9i]aEv  ;  Ib.,  66,  1  làv  óè  dXXiav  iptioaóqiiav 
8aoi  tà  arotxsta  éneg^dvtes  ijsoivTiQay/tóvijadv  n  t>y)r]Xótegov 
xaì  ne^ntótE^op,  ot  fiiv  aiitùiv  %ó  àjteiQov  xa&iifiv^aap,  dtg 
'Ava^lfiavdgog  (1)  (Mii'^mog  ìjv)  xal  'Ava^ayógas  6  Kia^o/ii- 
vios,  xal  ò  'AQ^vatog  'AQX^^og,  toóta  /liv  ye  d/i(p<a  tòv  vovv 
Ì7i£OZ7iadTriv  tjJ  ànstgl^  (Cf.  Stromate,  I  52,  4)  ;  72,  4  oùx  àno- 
xQvméov  oidè  Tobg  dfitpl  zòv  IIv&ayÓQav,  ot  ^aatv  '  b  ftèv 
9eòs  etg,  otzog  óè  oi>x,  &g  ztpc^  i>novoovaiv,  éxzòg  zàg  óia- 
Koafi^iog,  dii'  iv  ain^,  SXog  iv  5X^  ztp  xixJL^  èittaxonog 
Tiàoag  yevifjtog. 

Id.,  7-8.  Xenophanem  notum  est  omne  infinitum  cum  mente 
deum  tradere  et  Antisthitnem  poputares  deos  multos,  sed  natu- 
ralem  unum  praecjpuum,  Speusippum  vim  [naturatemi  animalem, 
qua  omnia  regantur,  deum  nosae.  QuidP  Democritus,  quamvìs 
atomorum  primus  inventor,  nonne  plerumque  naturam,  quae 
imagines  fundat  et  intellegentiam  deum  loquitur?  —  Cic,  io.,  28 
Tum  Xenopbanes,  qui,  mente  adiuncta,  omne  praeterea  quod 
esset  infinitum,  deum  voluit  esse...  Ib.  29  Quid?  Democritus, 
qui  tum  imagines  earumque  circumitus  in  deorum  numero 
refert,  tum  illam  naturam  quae  imagines  fundat  ac  mittat,  tum 


(1)  Anche  Cic.  (ib.  25)  cita  Anassimandro,  ma  per  altra  regione. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


31INUCI0  (OCTATIDS)  -  CICERONE  (DE  NATURA  DEORUH),  ECC.       1  SI 

.scientiam  intellegentìamque  nostrani... P...  Ib.,  32  Àtque  etiam 
Antisthd&es,  in  eo  libro  qui  physicua  ìnBcribitur,  popularis  deoa 
mu1to6,  naturalem  unum  esse  dicens  tollit  rim  et  naturam 
deorum.  Nec  multo  secus  Speuaippua  Platonem  avunculum  sub- 
sequeiis  et  vim  quamdam  dicens,  qua  omnia  regantur  eamque 
animalem  —  Strom.,  VII  5,  5  (6  9£Ós,  a'intende)  Tidvtj)  dà  &v 
nàvtote  xal  fii]óa/ifj  Jiegiexi/isvo^  dXog  rovg  (Xenophanes,  fr.  21 
Diela).  I^otr.,  71,  2  'Aviia^évi]^  itkv  yàq  oi  Kvvixòv  ó^  toOto 
(cioè  l'unicità  di  Dio)  évevót^aev  (Antiathenes,  fr.  24  Mullach). 
Ib.,  II  19,  3  SneiaiitJios ...  jà  Sftoia  t0  IHdjtavi  ioixs ...  yffd- 
^etv...  Ib.,  133,  4  2jieóai7i:3tóg  te,  6  HZàvoivog  ddeX^ióov£. 
Ib.,  I  52.  4  xaì  oÌ  làg  dTÓfiovg  dgxàg  iinni&éftsvoi,  pUoaqiptas 
duo/ta  éjiodvó/tEvot,  d&eoi  Tivcg  dv&gionlaxoi  xaì  ipii^óovot 
(significativa  illustrazione  dell'inciso  di  Minucio  "  qiiamvisato- 
morum  primus  inventor  ,.  Gf.  Cic,  De  nat.  d.,  I  66  lata  enim 
flagitia  Democriti  sive  etiam  ante  Leucippi  esse  corpuscula 
quaedam).  Protr.,  6tì,  1  d  de  MiX^aiog  Ae^xinTios  xaì  à  Xìo^ 
Mr]T(fóóa>(}0$  diTidg,  dtg  Soixev,  xaì  aizù  dqxàg  dnEXtnétrjV 
TcQoai^xe  di  Xa^òv  loùtoiv  toXv  óveìv  tà  elótaXa  ò  'A^ótj^ttjs 
Aijftóxifizog. 

H.,  8.  Strato  quoque  et  ipse  naturam  (sottint.:  deum  lo- 
quitur).  Etiam  Epicurus  itle  qui  deoa  ant  otiosos  fingìt  aut 
nullos.  —  Cic,  ib.,  35  Strato...  qui  oinnem  vim  divinam  in  na- 
tura esse  cenaet.  Ib.  45...  exposita  illa  sententia  est  ab  Epicuro, 
quod  beatum  aeternumque  alt,  id  nec  habere  ipsum  negotii  nec 
exhibere  alteri  (Cfr.  ib.,  102  Haec  oratìo  non  modo  deoa  epoliat 
motu  et  actione  divina,  aed  etiam  homines  inertes  efficit,  si 
quidem  agena  atiquid  ne  deus  esse  beatus  poteat).  Ib.  II  76  aut 
nugandum  est  es^ie  deos,  quod  et  Democritus  simulacra  et  Epi- 
curus imagines  inducena  quodam  pacto  negat,  aut  qui  deoa  eaae 
concedant,  iis  fatendum  est  eos  alìquid  agere,  idque  praeclarum. 
—  Clemente  non  riporta  nulla  di  Stratone  sull'argomento  e, 
quanto  ad  Epicuro,  dice  in  Protr.,  W,  5  :  'Enixoiqov  fikv  ydp 
fióvov  xal  éxùv  éxÀ^aofuti,  9g  oióèv  /iéÀ.eiv  oìerat  %0  &e^... 

Id.,  9.  Aristoteles  variai  et  adsignat  tamen  unam  potè- 
tttatem;  oam  interim  mentem,  mundum  interim  deum  dicit, 
interim  mando  deum  praeficìt.  Theoplirastus  etiam  variat,  alias 
mundo  alias  menti  divinae  tribuens  principatum.  Hernelides  Pon- 
tìcu9  quoque  mundo  divinam  mentem  quamvia  varie  adacribit. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


182  AKNAI.DO  B8ITKAU1 

—  Cic,  ib.,  33  Aristotelesque  in  tertio  de  philosophia  libro  multa 
turbai  a  magÌBtro  buo  Platone  non  disaentiena;  modo  enim 
menti  tribuit  omnem  divinitatem,  modo  mundum  ipaiim  deum 
dicit  esBA,  modo  alium  quendam  praeHcit  mando.  Ib.  34  eeg. 
Ex  eadem  Platonis  Bchola  Ponticus  Heraclides...  modo  mundum, 
tum  mentem  divìnam  esse  putat,  errantibus  etiam  atellts  divi- 
nitatem tribnit...  eodemque  in  libro  rursns  terram  et  caelum 
refert  in  deos.  Nec  vero  Theophrasti  inconstantia  ferenda  est: 
modo  enim  menti  divinum  tribuit  princìpatum,  modo  caelo,  tum 
autem  sigili^  Bideribusque  caelestibus.  —  Clem.,  Prolr.,  66,  4 
Kal  8  ye  i^s  algiasoìg  (cioè  di  quella  %<òv  ix  tov  JlegiTidrov) 
nati]^  ...  tòv  xaZo^ifiepov  '  €naTor  ,  tftvx^v  elvai  ioti  navxò$ 
olExat  ■...  Inetta  xbv  xóofiov  d'SÒv  iifoifievog  (Cf.  [Aristotele! . 
de  mundo,  p.  397'.  25).  Ib.  66,  5  ò  di  'Egéatog  ixstvos  ò  'Afi- 
arméiovs  yvtbQi/tog  nfi  fiìv  oiQavóv,  nij  óè  nvtvfia  lòv  9eòv 
inovoet...   TI  yàq  'HgaxZeló^g  ò  Ilovuxóg; 

là.,  10-12.  Zeno  et  Chryaìppus  et  Cleanthes  sunt  et  ipsi 
multiformes,  sed  ad  unitatem  Ptovidentiae  omnes  revolvuntur. 
Cleanthes  enim  mentem  (modo),  modo  anìmum,  modo  aetbera. 
plerumque  rationem  deum  disserit.  Zeno  eiuadem  niagistei-,  na- 
turalem  legem  atque  divinam  et  aetbera  interim  ìnterdumque 
rationem  vult  omnium  esse  principium:  idem  interpretando 
Junonem  aera,  Jovem  caelum,  Neptunum  mare,  ìgnem  esso 
Vulcanum  et  ceteros  aìmiliter  vulgi  deos  elementa  esat^  mon- 
strando,  publicum  arguit  graviter  et  revincit  errorem.  Eadem 
fere  ChryaippuB:  vim  divinam  rationalem,  naturam  et  mundui 
interim  fatalem  necessìtatcm  deum  credit  Zeaonemque  inter- 
pretatione  pbysiologiiie  in  Hesiodi,  Homert  Orpheique  carmi 
nibus  iniitatur.  Babylonio  etiam  Diogeni  disciplina  est  expo' 
nendi  et  disserendi  Jovis  partum  et  ortum  Mìnervae  et  lioc 
genus  cetera  rerum  vocabula  esse  non  deomm.  —  Cic.  io.,  l  36 
Zeno...  naturatem  legem  divinam  esse  censet...  atque  hic  idem 
alio  loco  aethera  deum  dicit,  ...aliis  autem  libris  rationem 
quandam  per  omnem  naturam  rerum  pertìncntem  vi  divina  esse 
adfectam  putet.  Gum  vero  Heaiodi  theogoniam  [id  est  originem 
deoruml  interpretatur,  tollit  omnino  usitataa  perceptionea  deorum; 
neque  enim  Jovem  neque  Junonem  neque  Vesta m  neque  queni- 
quam,  qui  ita  appelletur,  tu  deorum  habet  numero,  sed  rebus 
inanimis  atque  mutis  per  quandam  sìgnificatiuiiem  haec  docet 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


UiyOCIO  (OCTAVJUS)  -  CICEKOXB  (dB  NATDKi  DKORDM),  BCC. 


tributa  nomina.  Ib.  37  Gleanthes  autem,  qui  Zenonem  audivit 
una  cum  eo,  quem  proxime  nominavi  (Aristone  lo  Btoico),  tum 
ipsum  mundum  deuin  dicìt  esse,  tum  tottus  naturae  menti  atque 
animo  tribuìt  hoc  nomen,  tum  ultimum  et  altissimum  atque 
nndique  circumfiisum  et  extremum  omnia  cingèntem  atque  com- 
plexum  ardorem,  qui  aether  nominetur,  certissìmum  deum 
iudicat...  tum  nihii  ratione  uenset  esse  divinius.  ib.  39>41  Chry- 
sippua...  ait...  vim  divinani  in  ratione  esse  posìtam  et  in  ani- 
versae  naturae  animo  atque  mente,  ipsumque  mundum  deum  • 
dicit  esse  et  eiua  animi  fusionem  univeraam,  tum  eìus  ìpsius 
principatum  qui  in  mente  et  ratione  versetur  communemque 
rerum  naturam  universi tatemque  omnia  continentem,  tum  fa- 
talem  vim  et  necessìtatem  rerum  fnturarum...  Idemque  disputai 
aetheraesae  eum  quem  homines  Jovem  appellarent...  volt  Orphci. 
Musaei,  Hesiodi,  Homerique  fabellas  accommodare  ad  ea  quae 
ipse...  de  deia  immortatibus  dixerat...  Quem  Diogenes  Baby- 
lonius  consequens  in  libro,  qui  inscribitur  de  Minerva,  partum 
Jovis  ortumque  virginis  ad  phyaiologiam  traducens  diiungit  a 
fabula.  Id.  II  58  (Zenone):  Talis  igitur  mena  mundi  eum  sit  ob  - 
«amque  causam  ve!  prudenti»  recti  appellari  possit  (Graece 
enim  n<fóvoia  dicitur)  baec  potissimum  providet.  Cf.  ìd.  II  13; 
1 6  :  40  ;  63  ;  65  ;  66.  —  Clem..  Protr.,  66,  3  oiàè  ftijv  Towg  duo 
ir}£  Sziaàq  naQEÌEiùaoftat,  dia  ndu^g  ^<Ìi;s,  xal  óià  Tijg  dzifio- 
■làTtjz,  TÒ  &€Ìov  ói^xeiv  Àéyovvag,  oì  xataiox'^vovoiv  dtsxvùts 
rijv  iptXoaotplav  (parole  che  spiegano,  come  Clemente,  il  quale 
tanto  attinge  agli  Stoici  nella  parte  morale.,  a  Crisippo  special- 
mente, tocchi  solo  di  sfuggita  la  loro  dottrina  teologica  ;  cf.  Slrom., 
I  51,  1  ;  V  89,  5).  Strami,  V  92,  4  yevijTÒv  de  xal  ol  SjmixoI 
li^EPtai  zòv  xóa/iov.  Ib.,  134,  1  noli>  ói  nléav  ol  naq'  "EX- 
ÀTjot  7ioXvn^y(iOv£^  [ol  ^iXóaofpot]  (e  fra  questi  sono,  senza 
dubbio,  nel  pensiero  di  Clemente,  gli  Stoici) ...  (t^)  doQàzt^  xaì 
fióvù}  xal  6vvaT<j>TdT<^  xal  TEx^'XùyrdTCfi  xai  t(Òv  HaÀÀtaroiv 
aintatdz^  tijv  n^iivoiav  lòoaav. 

Id.,  13.  Nam  Socraticus  Xenophon  formam  dei  veri  negat 
videri  posse  et  ideo  quaeri  non  uportere.  Ariste  Stoicus  com- 
prehendi  omnino  non  posse:  uterque  maiestatem  dei  intellegendi 
desperatione  senserunt.  —  Cic,  ib..  I,  31  Xenophon...  facit...  So* 
crntem  dìsputantem  formam  dei  quaeri  non  oportere.  Ib.  36 
Arìstonis  non  minus  magno  in  errore  sententia    est,  qui   neque 


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194  ARNALDO  BBLTKAMI 

formain  dei  intellegi  posse  censeat,  neque  in  deis  i^ensum  esse 
dicat  dubitetque  omnino  deus  animans  necne  sit.  —  Clem,, 
Protr.,  71,  3  SEvo(pù>v  dì  6  'A9t}vaìos ...  '  ó  „  ..."  za  ndvxa  ,. 
fprjal,  '  oeiov  xal  àrgifii^tav  &g  /ùv  /liyas  Tfg  xai  óvvaTÓg, 
9>ai'£^<Ig  '  Ò7ioÌog*ÓÌ  xijv  fiOQfi^v,  d(pavi^g  ,  {Memor.,  IV  3,  13). 
Di  Aristone,  su  questo  argomento,  nesBun  cenno, 

Id.,  14.  Fiatoni  apeiHor  de  deo  et  rebus  ipsis  et  nomi- 
nibua  oratio  est  et  quae  tota  esset  caelestis,  nìsi  persuasionis 
civilis  nonnumquam  admixtione  sordesceret.  Fiatoni  itaqui.  in 
Timaeo  deus  est  ipso  suo  nomine  mundi  parena,  artifex  animae, 
caelestium  terrenorumque  fabricator,  quem  et  invenire  diffìcile 
prae  nimia  et  incredibili  potestate,  ot  cum  inveneris,  in  pubticum 
dicere  inpossibile  praefatur.  —  Cic,  ti.,  30  Jam  de  Platonis 
inconstantia  longum  est  dicere,  qui  in  Ttmaeo  patrem  huius 
mundi  nominari  neget  posse,  in  legum  autem  libris,  quid 
sit  omnino  deus,  anquiri  oportere  non  censeat.  Ib.  II.  32  Au- 
diamiis  enim  Platonem  quasi  quendam  deum  phiiosophorum.  ■— 
Clem.,  Protr.,  68,  l  t/vc  di}  Àà^oi  na^à  aov  {cioè  dallo  Sx^og  dei 
filosofi)  avvsqyòv  t^g  ^iji^aetiìg;  oii  yàQ  Tiavjdnaaiv  àjicyvibxa- 
/t4v  ae.  eI  ^oóZtt,  tòv  Uldifava.  n^  di]  oÒv  i^txvevréov  tòv  9eóv, 
&  nXà-nav  ;  "  xòv  yà^  naviga  xaì  noifjxi^v  %ovòe  toù  navtòg 
eiigeìv  te  iffyov  xal  BÒQÓvza  flg  dnavtag  i^eiiteìv  dóiivazov  , ... 
"  ^lòc  yÙQ  oiìSafiiàg  ètniv  ,  (Fiatone,  Timeo,  p.  28  C)  ;  in  Strom, 
V  78,  1  si  riporta  il  medesimo  testo  Platonico,  più  le  parole 
"  (ì)s  tàÀÀa  fia&^fiata  ,.  Ó  g)i/iaÀ^9^g  Àéyet  IJXdjoiv  (l'elogio 
di  Platone  è  insistente  nelle  opere  dell'Alessandrino  e  concorda 
con  l'espressione  enfatica  di  Minucio).  Ib.,  V  65.  2  ò  yàq  tC>v 
5Xùiv  &£Òg  ò  tnhQ  ndaav  (pfovijv  xal  nàv  vòrifta  xaì  nàaav 
Ivvotav  otx  dv  noTE  y(ag)ìj  nagaSo^Eli]  d^^ijTog  &r  óvvd/tet 
ifj  aitov  (Cf.  Minucio,  e.  18,  8-9  Nobis  vero  ad  intellectuni 
pectus  angustum  est,  et  ideo  sic  eum  digne  aestimamns,  dum 
inaestimabilem  dicinius.  Eloquar  quemadmodum  sentio  :  magni- 
tudinem  dei  qui  se  putat  nosse,  minuit  ;  qui  non  vult  minuere 
non  novit).  Ib.,  V  81,  4  vai  ftijv  ò  òvaittzaxei(ito%ó%cnog  tieqì 
&EOV  Ààyog  oiióg  ioriv. 

Id.,  15.  Eadem  fere  et  ìsta,  quae  nostra  sunt:  nam  et 
Deum  novimus  et  parentem  omnium  dicimus  (Cf.  le 
prime  parole  del  Simbolo  Romano,  già  formulato  al  tempo  di 
Clemente,  mentre  non  esisteva    ancora   un  formulario    alessan- 


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MINOCIO  (OCTATIDS)  -  CICERONE  (l)E  NATOKl  DBORDu),  ECC.        ISS' 

drino  della  Chiflaa  apostolica;  v.  Tertulliano,  De  praescr.  hae- 
retic.,  13),  et  nunquam  publice  nisi  interrogati  praedìcamus.  — 
Clem.,  Strom.,  1  55,  2-4  xal  o6óè  tìjv  yZf^vtav  ftóvov,  cUià 
xaì  tàg  (fxoàg  àyvl^ea&at  ngoa^xei  ij/ùv,  el  ye  tijg  (Ui/^e^ag 
fte9éxtai  elvat  TieiQÒfiE&a,  taSta  ^v  èfiitodùv  tov  yQdipeiv 
i/iot,  xai  vvv  Iti  eiZa^aig  ?j;w,  J  giTjatv,  "  ì/itiqoo&ev  zàv 
Xol(fù}v  Toig  /lagyaQhag  ^cUXeip,  fif}  naie  xatanati^aaai  loìg 
Jioal  xal  OTQaipévteg  ^^^toaiv  i/iàg  (Matteo,  7,  6,  Souter:  ntjSk 
^àX^Te  Toòg  (laQyaQtTag  é/itàv  Ìfi7i^oa&£v  zdv  xolqtùv,  /ignote 
xataTtax'^abXftv  aitovg  iv  TOÌg  noaiv  aèiàtv ,  xal  az^utpév- 
teg  xjX.)  „.  x^X^^iv  Y^Q  Tods  negl  dÀi}9tvov  iptoiòg  xa&agoiig 
drziog  xal  óiavyeìg  iTtiÓEi^ai  lóyovg  ^xqoaxtìiv  xolg  iùSeat  te 
xai  djiatdEixotg  ■  ax^Sòv  yàg  oix  iati  Tovttov  Jtffòg  toiig  noX- 
Xovg  xatayeiaoTÓJEQa  dxoiiafuna,  oió'  aC  ngòg  joi/g  eiipveìg 
9avftaaid>reQà  le  xal  èv&ovaiaatixùteQa.  Cf.  ib.,  V  19,  2  ; 
VI   129,  4. 

Il  ragguaglio,  specie  dei  g§  3  (uguaglianza  di  transizione), 

5  (dopo  Anasdimene  si  ricorda,  e  con  espresaione  analoga,  Diogene 
d'Apollonia:  fhTE^ov  ò  'Ati.  xattjxoXoid'fiaev  =  et  post  Apol- 
toniates  D.),  9  (menzione  di  Eraclidtì  Pontico  subito  dopo  l'ac- 
cenno a  Teofrasto),  13  e  14  (corrispondenza  testuale  più  stretta 
che  fra  Minucio  e  Cicerone),  fa  apparire  temerario  il  diniego  di 
qualsiasi  rapporto  fra  Miimcio  e  Clemente  Alessandrino.  Che 
Cicerone  avesse,  forse  direttamente,  fornito  materiale  teologico' 
a  Minucio,  è  ormai  comunemente  ammesso,  mentre  pochi  sono 
propensi  a  riconoscere  che  da  Clemente  e  dagli  apologisti  greci, 
QiustJDO,  Taziano,  Àteoagtra,  Teofilo,  provenga  qualche  contri- 
buto alla  composizione  àeWOctapiaa.  Avendo  poi  fatto  oggetto 
del  mio  esame  non  solo  il  testo  di  Minucio,  ma  anche  le  opere 
di  Clemente,  e  ben  sapendo  come  talvolta  la  relazione  fra  due 
scrittori  si  scopra  meglio  da  lievissime  analogie  di  composizione^ 
che  da  solenni  e  palesi  affinità  di  materia,  le  quali  possono  de- 
rivare da  un  fondo  d'idee  comune,  ho  creduto  opportuno,  pur 
dopo  gli  studi  pregevoli  del  Behr,  del  Kotek  e  del  fiotterò,  ri- 
controllare  il  cap.  XIX   àeWOctavius  col   testo  del    De  nal.   d. 

6  ne  è  risultato  che  nel  catalogo  dei  filosofi  la  congruenza, 
quanto  alla  serie  dei  nomi,  è  talvolta  più  perfetta  fra  Minucio 
e  Clemente  che  fra  Minucio  e  Cicerone;  il  che  non  appare 
privo  d'importanza,  essendo,  in  siffatta  materia,  difficile  pensare 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


186  ARNALDO   BBLTKAHt 

al  puro  caso.  La  supposizione,  fondata  senza  dubbio,  cbe  fonte 
comune  ai  due  scrittori  sia  il  De  nat.  d.,  non  infirma  il  sospetto 
-che  Minucio  abbia  avuto  sotto  gli  occhi,  oltre  Cicerone,  le 
•opeie  del  dotto  alessandrino  volte,  come  \'0ctaviu3,  alla  conver- 
sione dei  pagani  colti;  e  il  sospetto  a  me  sembra  sia  per  acqui- 
stare qualche  grado  di  probabilitii,  se,  fuori  del  e.  XIX,  il  cui 
studio  offro  alla  Miscellanea  giubilare  in  onore  del  mio  insigne 
Maestro,  Ettore  Stampini,  l'equivalenza  dei  concetti,  portata  in 
qualche  luogo  sino  all'uguaglianza  verbale,  si  riscontri  evidente. 
Ma  di  questo  in  un  prossimo  mio  scritto.  Valgano  ora,  come 
saggio,  i  passi  seguenti  : 

Minucio  12, 5...  praecerptos  cib.)s  et  delibatos  altarihus 
potus  abhorretia.  Sic  reformidatis  deos  quos  negatis.  Ih.  38,  1 
Quod  vero  sacrìficiorum  reliquias  et  pocula  delibata  conte- 
mnimus,  non  confessio  timoris  est,  sed  verae  libertatis  adsertio. 
Nam,  etsi  omne  quod  nascttur,  ut  inviolabile  Dei  munus,  nullo 
opere  conrumpìtnr,  abstinemiis  tamen,  ne  quis  (nos)  existimet 
aut  daemoniis,  quibus  libatum  est  cedere  aut  nostrae  religionìs 
pudore  —  Clemente,  Pedagogo,  Il  8,  ;ì  àtpexiéov  tolvvv  roiitiav 
{cioè  dagli  eidù)Zó9vTa),  oi  dedtóxec,  {où  ydQ  imi  xig  èv  oùtoì^ 
óiva/iig  cf.  Min.,  27,  5-7),  Óià  ók  ti}v  avveióijaip  rf/v  ^[uxéQav 
àylav  odaav  xal  xùv  óat/toplwv  Sta  tì]v  fiòikvQlav  ofg  ènixa- 
tùìPÓ/tct(TTat,  /ivaaTTù}/tévov$.  Slrom.,  VI  40,  2  xaì  xà  iòta  ^Qdi- 
jMTa  jSpOTOÌg  ^ftaxa  &^ovai  xai  vex^  vEx^oìg  jtQoatpiQOvxeg 
&$  i^EOt£  àxctQtaxovai  x0  &£0,  óià  toìxìop  ddvoófitpot  attòv 
slvat  (parole  che  Clemente  e  poi  Origene  riferiscono  a  Pietro). 

Minucio  32,1-2.  Et  cum  homo  latius  maneam,  intra  unam 
aediculam  vim  tantae  maiestatis  ìncliidam?  Nonne  melius,  in 
nostra  dedicandus  est  mente?  In  nostro  immo  consecrandus  ei^t 
pectore?  —  Clem.,  Proti:.  117,  4  (Xóyog  dXtj&elag)  ò  èv  dv9gtit- 
jiotg  olxoóofiijaag  veùv,  iva  èv  àv^QÙnoig  lÒQvofi  tòv  &eóv. 
dyvtaov  TÒV  veùv,  xaì  xàg  ^Sopàg  xai  xàg  ^p&vfilag  &a7teQ 
dv&og  ifpiinEQov  xaxailfiJiavE  dvéfto^  xai  nvql,  aù}ipQoaivr]g  3è 
loi/g  xagnovs  yeÙQytjaov  èfi^QÓviog,  x«i  oeavzòv  àxQO&lvtov 
àvdaxtiaov  x^  &e0,  Smog  oix  i^yov  ftóvov,  d^Zà  xai  x^Q'S  Ì5s 
■tov  &£ov.  Stroin.,  VII  28.  1  'H  yàQ  oò  xaXùtg  xaì  àXrj9ù}g  oùx 
xóntp  Tivì  jiBQiyQdiponev  ròv  dneQUtjnxop,  oùd'  èv  legoìg 
Mgyvv/iEV  "  x^'Qo^ot^Totg  „  xò  ndvxiav  ntQtextixóv  ; 

Minucio    37.    II    ...merito    malis    voluptatibus    et    pompis 


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MlBnClO  (OCTAVIUS)  -  CICRRONB  (DE  NATURA  DEORDM),  ECC.        187 

vestria  et  spectAculis  abstinemus  quorum...  noxia  blandimenta 
damnamus,  Nam  in  ludis  currulibus  quìa  non  horreat  populì  in 
se  rixantis  ioBaniam ?  in  gladìatoriis  homieidii  disciplinam?  In 
scenicis  etiam  non  minor  faror  et  turpitudo  proHxior:  nunc 
eaim  mimua  vel  exponit  adulterìa  ve)  monstrat,  nano  enervis 
faistrio  amorem  dum  fingit,  inflìgit:  idem  deca  vctstros  induendo 
stupra,  suspiria,  odia  dedecorat,  idem  simulatis  doloribua  lacrt- 
mas  vestras  vanis  gestibna  et  nutibua  provocat  :  sic  homicidiam 
in  vero  llagitatis,  in  mendacio  fletis.  —  Clemente,  Pedag.,  Ili  76,  4 
Tiejii^&aat  yovv  noiiijg  dja^tag  xal  naQavo/tia£  al  avvayiayal 
aitai,  xal  al  nQo^àaEt^  T^g  avv^Xiaeoyg  dxoofUas  iarlv  ahla 
dvafU^  dfd^ùtv  xal  •/vvaix&v  avvtóvx<ùv  èul  r^p  dXkijXtàv  &éav. 
Ib.,  77,  2  x/  (lèv  yàd  oix  èntdetxwTat  aiaxQÒv  igyov  iv  &Ed- 
VQOig  ;  ti  ó'  oi  JtQog>éfovi:at  ^^/la  dvala^vzov  ol  yeltazonoiol ; 
Ib.,  77,  4  otxéii  yàg  naiòial  al  tptXoóo^tai  dv^Àeslg  elg  tooov- 
Tov  9ava%<òaat,  dXX'  (xùdh  al  xEvooTiooòlai  xal  al  dXóyiazoi  g>i- 
Àorifiiai ...  oùdt  fiijv  al  ini  rovrotg  axdaeig  Itt  naiSial. 

Minucio  21,11.  Nisi  fortìteriam  Juppiter  senuit.  C\em.,  Protr., 
37,  3  jr«J  de  ai%ò$  \  ò  Zevg;  ytyijQaxe  fiexà  tov  meQov- 
Questo  rafiFronto  è  dato,  in  nota,  dallo  Stftlilin,  insieme  con 
Oct.,  31,  4  =  Pedag.,  IH  21,  5  ;  Ort.,  35,  3  =  Pedag.,  IH  44,  2  ; 
Ocl.,   12.  2  =  Slrom.,  IV  78,  1. 

In  fine,  anche  a  giustificazione  della  mia  modestissima 
fatica,  mi  piace  riportare  le  parole  molto  sensate  del  Wel- 
trìnger  (Ifusée  Belge,  X  p,  279):  "  D'autres  ont  essayé  de  proover 
que  Miaucius  Felix  a  réellement  puisé  dans  les  ceuvres  dea 
apologiates  greca,  mais  ce  travail  de  comparaison  n'est 
encore  qu'^baueké  et  il  est  à  soukaiter  qu'il  aoit  con- 
tinue ^. 


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QiaSEPPR  POKLANI 


L'initema  di  Riovanoì  d'Alessandria  eontpo  Giovanni  FilopODO 

Noto  del  Prof.  GIUSEPPE  PURLANI 


Ai  codici  più  preEÌ09Ì  per  la  storia  dell'eresia  trìteìstica 
nel  sesto  secolo  appartile  certamente  anche  il  codice  siriaco 
Àdd.  14,602  del  British  Maseum  ('),  avendoci  esso  conservato 
alcune  opere  importanti  di  Teodosio  d'Alessandria  (*)  sulla  eon- 


0)  W.  Wbioht,  Calalogue  of  »i/riae  mantucripls  in  the  British  Museutn 
acquirtd  tinrt  the  ytar  1838,  p,  II,  [London],  1871,  pp.  701-715:  *  vellum, 
about  9  '/i  in.  b;  6,  consiating  of  1 27  leavet,  a  few  of  vhich  are  touch  itained 
and  tom,  eapedaJ);  the  first  ani)  laet.  The  qaiieB.  aigned  with  lettera, 
are, 18  in  numlier.  Each  page  i>  dìvided  inlo  two  colnmng,  of  from  32  to 
49  linea.  Thia  volume  ìb  written  in  a  amali,  elegant  band  of  the  VJth  or  Vn"> 
centnrj  (I.  e,  p.  701).  Queato  codice  è  uno  dei  250  manoacrittì  i  quali 
Dell'enno  932  (1243  A..  Gr.)  furono  portati  dall'abbate  Mosè  di  Nialbln  nel 
convento  di  Santa  Maria  Deipara  in  Rgitto.  Nel  colofone  aul  f.  127  b  È  atato 
cancellato  il  nome  del  convento,  in  cui  fu  scritto  il  codice  ;  è  rimoito  tol- 
tanto  il  nome  dell'abbate,  'Ell;0  GUIojO,  Elia  il  Galileo  (I.  e,  p.  715).  Il 
Wrìght  enutnera  44  scritti,  di  cui  la  maggior  parte  sono  lettere,  contenuti 
nel  codice. 

I*)  Su  Teodosio  I  d'AleaBandria  (patriarca  dall'8  febbraio  585  [cosi  se- 
condo il  Kriiger  nell'articolo  che  cito  più  giù]  ai  10  od  11  del  medeeiino 
mese,  e  poi  per  la  seconda  volta,  dopo  Galano,  dal  loglio  535  fino  al  S87/38 
[secondo  il  Gutschmid  invece  fino  al  540])  vedi  Sbtsbo  di  «L'AtMJiiiATN, 
History  of  the  Ritriai-chii  of  the  Coptie  ehureh  of  Alexatidria  (ed.  B,  Evetts), 
Patrologia  Orientali»,  t.  I,  Paris.  1907,  pp.  455-469;  E.  Gibbom.  Hùtoiy  of 
the  dedine  and  fall  of  the  Roman  Empire  led.  J,  B.  Bar;),  t.  V.  London,  1898, 
pp.  159-160;  A.  von  Gutschuid,  Kleine  Schriflen  (ed.  F.  RQhl),  2.  Buid, 
I.eipzig.  1830,  pp.  459-467;  G.  Kafiora,  nell'art.  MonophgaiUn,  nel  voi.  XIII 
della  Htnog-Hauck  Rtatencyklopàdie  filr  proteftanliiche  Theologie  unti 
Kirchi^  (Leipzig,  1903),  pp.  394-395;  A.  FonTESCUt,  The  U»ur  eattern  cAut— 
ches,  London,  I9I3,  pp.  219-220.  Le  lettere  dì  Teodosio  ed  a  Teodosio  coa- 
tenate  nel  codice  suddetto  potranno  gettare  nuova  Ince  su  questo  periodo 
oscuro  e  compliciitiasimo  della  storia  ecclesiastica  dell'Oriente. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


l'aNATBUA  Dt  giOVANNI  d'albssandkia,  bcc.  189 

troversìa  del  triteismo,  e  specialmente  una  versione  letterale  in 
sirìaco  di  un  suo  lungo  discorso  antitrìteistico,  tenuto  a  Costan- 
tinopoli ('),  ed  alcune  lettere  del  medesimo  autore  sullo  stesso 
argomento. 

II  medesimo  manoscritto  contiene  pure  una  copia  dell'ana- 
tema lanciato  da  Qiovanni,  patriarca  d'Alessandria,  contro  Gio- 
vanni il  Grammatico  0  Filopono,  il  piti  celebre  dei  triteisti  del 
sesto  secolo  (*).  Siccome  mi  sono  proposto  di  pubblicare  tutti 
gli  scritti  triteistici  ed  antitriteiatici  che  possano  gettare  maggior 
luce  sulla  storia  e  sulle  dottrine  del  triteismo  del  sesto  secolo  {'), 
voglio  render  qui  di  pubblica  ragione  questo  anatema,  il  quale 
quantunque  sia  stato  stampato  per  poco  più  della  lìietà  circa 
dal  Wrìght  nel  suo  Cataloffue  alla  p.  703,  nella  versione  siriaca, 
non  è  riuscito  ad  attrarre  finora  l'attenzione  di  nessuno  studioso. 
Eppure  esso  ci  fornisce  nuovo  materiale  per  meglio  ricostruire 
di  quanto  ai  sia  fatto  finora  la  storia  dei  patriarchi  d'Alessandria 
e  la  biografia  di  Giovanni  Filopono. 


(*)  F.  19a-f.  35  a.  Eaao  porta  il  tìtolo  seguente:  'Trattato  teologico 
detto  in  Costantinopoli  dal  santo  e  beato  arcivescovo  d'AleBiandria  Teo- 
dosio, sa  oib  che  non  dobbiamo  confessare  nella  Santa  Trinità  nn  nnmero 
di  sostance  o  nature  e  che  mentre  ai  è  incarnata  una  (persona)  della  Tri- 
nità, il  Verbo  Dio,  né  il  Padre  nk  Io  Spirito  Santo  si  sono  incarnati  ,  (vedi 
il  testo  sirìaco  presso  il  Whiobt,  1.  e.,  p.  702).  È  itato  forse  tenuto  queato 
discorso  da  Teodosio  dorante  il  suo  esilio  a  Coatantioopoli?  Per  le  altre 
opere  di  Teodosio  I,  contenate  in  versione  siriaca  in  manoscritti  del  BritJsh 
Musenm,  confronta  il  Wrìght,  {.f.,pp.  1329-1S30  a.  V.  ThtùdoÈiug  of  Alacandria. 
Tatto  questo  materiale  siriaco  b  ancora  inedito.  Quanto  ([rande  aia  stata 
l'anione  esercitata  da  Teodosio  ed  il  preatif{io  che  godette  tra  i  monoGsiti, 
specialmente  nella  lotta  contro  il  triteismo,  tti  vede  dalla  frequenza  con 
cui  h  citato  e  dal  rispetto  che  gli  si  porta  nei  SH  strilli  aniitriteìsiià  da 
me  editi  nella  Patrologia  Ori»ntaU»,  t.  XIV,  f.  4  (Paria,  1919)  ;  vedi  Vindice 
itgli  terittori  monofi$Ui  a  p.  93,  s.  v,  Teodosio  1  d'Alessandria. 

O  Sa  Giovanni  Filopono  vedi  llatrodugioiu  ai  miei  Sei  acrilti  anlitri- 
ttistici  in  lingua  siriaca,  PO  XIV  4,  (Paris,  1919)  pp.  S-4  e  specialmente  la 
nota  4  alle  pp.  S  e  4.  La  bibliograSa  ivi  citata  non  b  naturalmente  com- 
pleta, ma  pn6  dare  ana  prima  orientaiione.  Si  vedano  pure  la  prarfatio 
del  Reichardt  alla  sna  ediidone  del  de  opificio  mundi,  Lipsiae,  ltJ97,  pp.  vii-xi  ; 
1.  P.  N.  Land,  Ioantti  Bitehof  von  Epkesoe,  der  trsle  at/rische  KìrdtenhiMo- 
riker,  Leyden,  1856,  specialmente  pp.  107  e  108,  e  1.  H.  SchOrpeldeb,  Die 
Kirchengetckiehie  dee  lohannt»  ron  Epheeue,  Uanchen,  1862,  pp.  267-811. 

Ci  G.  FD«Lfcwi,  Sti  terilti  anlilriteietici,   PO  XIV  4,  p.  4. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


190  aiUSKPPB   njRLANI 

Riproduco  anzitutto  i)  titolo  dell'anatema  in  sirìaco  tra- 
scritto con  lettere  latine  e  lo  faccio  poi  seguire  da  una  tradu- 
zione latina  letterale  di  tutto  lo  scritto. 

L'anatema  ai  trova  sui  ff.  64a  e  64ò  del  manoscritto  suddetto. 

[64  a]  PehmS  da.kthobh0  d.herind  d.'eth'ebbedh  b.bartbo 
b.hoy  d.'aleksandroyé  'al  'ambSn  :  men  bothar  'aapha- 
liyas  (')  qadhmoyotho  d.'eth'ebliedh  menhon:  men  Yó- 
liannan  l;iasyÓ  'episqopo:  d  leh  'oph  slem  kuleh  qllrós 
roliein  l.'allohò  dìloh  kadh  dilob  da.mdi(n)td  rabth& 
'Aleksandriyó.;. 

Esemplar  libri  interdictionis,  in  fine  in  (ecclesia  maxima) 
Àlexandrinorum  super  ambone  factae,  post  datpaZelag  anteriores 
ab  eis  factas,  a  Yóhannan  sancto  episcopo,  cui  etiam  accessit 
totus  clerus,  Deum  amans,  eiusdem  urbis  magnae  Àlexandriae. 

Cum  pater  noster  ille  cuin  Sanctis  et  caput  episcoporum  (*), 
TheodosHis  (*),  recto  et  secundum  doctrinam  Patrum  Sanctorum 
docuisset  et  nuntìavisset.  qualiter  de  Sancta  et  Consubatantìali 
Trìnitate  cogitare  et  credere  debeamus,  repperimus  illa  quae  a 
Yóhannan  Grammatico  {*)  qui  dicitiir  Philoponus  (*),  sed  (est) 
baereticua  (")  verus,  script»  sunt,  omni  atbeismo  piena  esae  et 
contraria  esse  tractatui,  qui  de  Sancta  Trinitate  a  Sancto  Patre 
nostro  (supra)  dicto  compositua  est,  et  doctrìnae  Patrum,  qui 
verbum  veritatis  rectum  fecerunt.  Interdicimus  autem  illa  quae 
de  hoc  (argumento)  ipso  a  grammatico  (*)  Yóhannan  (64£J,  qui 
ut  dictuin  est,  Pbiloponus  (^)  vocatur,  vero  autem  atheus,  scripta 
sunt  et  iltoa  qui  ea  accipiunt  Etiam  illum  autem,  Ysljannan  Qram- 
maticum  (*)  interdicimus  et  omnem  clerioum  (')  quemcumque, 
qui  ei  eucharisttam  praebeat  ante  poenitentiam  propter  hoc,  et 
Sabellium  et  illos  qui  accipiunt  bas  (doctrinas)  eius,  et   decer- 


('l  àaipaXtias. 

(•)  T'eOdòsyOB, 

C)  phllopODOa. 

C)  hereiiqo. 
C)  qlfriqo. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


i/anatkha  di  oiovanki  d'albssandria,  ecc.  191 

nimus,  Yóhannan  illum  aUenum  esse  a  Sancta  et  Coosubstan- 
tiali  Trinitate  et  a  communione  nobiscum. 
Absolutnm  est. 

Nel  titolo  leggiamo  che  l'anatema  è  stato  fatto  b.harthS, 
finalmente,  perchè  sembra  che  la  chiesa  d'Alessandria  abbia  di- 
retto a  GiovaRni  Filopono  parecdiie  do(paXelaq,  prima  di  aco- 
municarlo. Quale  è  qui  il  significato  di  àuipàXeta^  Cosa  sono 
queste  d<jg>dÀeiai  fatta  dagli  Alessandrini?  Nel  Thesaurus  dì 
Payne-Smttli  leggiamo  a.  v. 'asphaliya  (e.  515),  sigillum  firmum, 
seeuritas,  ed  una  glossa  di  Bar  Bahlùl  ivi  citata  dice  appunto 
bothmo  sanrS.  Ma  è  chiaro  che  qui  non  si  tratta  di  sigilli. 
E  pure  poco  probabile  che  dafpàXeia  rivesta  qui  il  significato  di 
seeuritas  nel  senso  di  sai  va- condotto,  quantunque  questa  acce- 
zione sia  anche  di  uso  cla^isico  (').  Mi  pare  che  nessuno  dei  si- 
gnificati menzionati  dallo  Stephanus  nel  Thesaurus  sia  adatto 
al  nostro  passo.  Vorrei  quindi  proporre  una  nuova  accezione  della 
parola  da(pdXsia. 

Tra  i  significati  del  verbo  datpaXl^eiv  {^)  vi  è  anche  quello 
di  cavere  {ne  faeiat).  Lo  Stephanus  cita  il  seguente  passo  di  Gre- 
gorio Nazianzeno  :  daipàXiaai  /lij  nàXiv  xccxàtg  i^av^at^g  cave 
ne  yursus  male  pullules  (').  E  E.  A.  Sophocles  precisa  ancor  meglio 
questo  senso,  vertendo  i!  verbo  in  questione  con  to  beware  e  to 
wam,  p.  es.,  Duroteo  1676  A  daepaXl^ETai  fj/tSi  tva  fifi  gtoixòì- 
fiev  warns  us  (*)  ecc.  Non  credo  quindi  di  andar  molto  errato 
se  assumo  che  anche  àa(pàXeia  possa  rivestire  l'accezione  di 
warning,  ammonimento.  Questo  senso  quadra  perfettamente  col 
nostro  passo;  gli  Alessandrini  hanno  diretto  parecchi  ammoni- 
menti, datpaXelag,  a  Otovanni,  poi  infine,  quando  videro  che  non 
intendeva  di  recedere  dalle  sue  eresie,  Io  scomunicarono. 

Hoy  d.'Aleksandroye  è  la  {chiesa  maggiore)  degli  Alessan- 
drini, la  chiesa  patriarcale.  Il   patriarca  Giovanni  che  ha  sco- 


{')  Stkpbìsus,  Tfwaurut.  t.  1,  p.  2,  e.  2308. 

O  BBKKia,  Amcdota  Graica,  p.  456  ir  :  'AoipdXtta  (tìv  xdl  dufuXès  'BÀ- 
Àtjviità,  id  óè  àoipaAl^ia9at  ^dg^agov. 

{■)  Stifhinui,  t.  e.,  a.  2313. 

(')  B.  A.  SopHOCLi»,  Oreek  Lexicon  of  the  Ronuin  and  Byxantine  periodi, 
New  York-Leipzig,  1898,  p,  270,  a.  v.  àagiaXl^ia. 


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102  QIDSBPPB   FORLANI 

municato  Giovanni  il  Fiiopono  era  certamente,  còme  vedremo, 
un  monnfisita;  non  può  quindi  trattarsi  della  Cattedrale,  o  fie- 
ydXf]  ixxX^ala  o  xvQtaxóv  —  che  era  l'antico  Kaioà^iov  o 
Se^àaxetov  —  di  Alesaandria,  essendo  che  questa  chiesa  rimase 
in  mano  degli  ortodossi  (melchìti)  fino  all'anno  1641,  in  cui  passò 
ai  giacchiti  (monofisiti,  copti).  Si  tratterà  prohahilmente  della 
Chiesa  di  S.  Michele,  èxxÀijala  'AÀe^àvd^ov  ('). 

'Ambdn  è  l'àfi^tDv,  il  pulpito,  dal  quale  ni  leggevano  ai  fe- 
deli nelle  chiese  cristiane  dei  primi  secoli  i  Vangeli  e  le  Epi- 
stole e  si  facevano  loro  comunicazioni  di  vario  genere  (*).  Questo 
«ra  quindi  il  luogo  piti  adatto  per  pubblicare  l'anatema. 

Ma  il  problema  più  importante,  che  il  testo  siriaco  da  noi 
tradotto  ci  dà  a  risolvere,  è  quello  dell'identità  del  "  santo  ve- 
scovo Giovanni  ,,  Chi  è  costui?  Nel  titolo  è  detto  vescovo,  cioè 
vescovo  d'Alessandria:  egli  era  quindi  un  patriarca.  Siccome  egli 
«hiama  Teodosio  I  "  il  nostro  Padre  ed  il  capo  dei  vescovi  ,, 
Giovanni  deve  essere  stato  un  monofinita  teodosiano,  dunque  né 
melchita  ne  monofisita  gaianila,  ina  uno  dei  successori  di  Teo- 
dosio I  sul  trono  patriarcale  d'Alessandria.  Siccome  Teodosio  I 
è  morto  ai  22  di  giugno  567  secondo  il  Gutschmid  {'),  l'anno  567 
«  il  terminus  a  quo  della  data  dell'anatema  lanciato  contro  il 
Fiiopono.  Ora  il  primo  patriarca  monofisita  dopo  Teodosio  dal 
nome  di  Giovanni  è  Giovanni  III  di  Semenut,  680-689  {*).  È  af- 
fatto impossibile  però  che  Giovanni  Fiiopono  aia  stato  scomuni- 
cato soltanto  verso  la  fine  del  VII  secolo.  Siccome  l'anatema 
vieta  ai  chierici  d'impartire  al  Fiiopono  il  sacramento  della  co- 
munione ed  accenna  ad  un  possibile  atto  di  penitenza  da  parte 
dell'eresiarca,  egli  deve  esser  stato  ancora  vivo,  quando  fu  col- 
pito dalla  scomunica.  La  conclusione  è  ovvia:  il  vescovo  Gio- 
vanni dell'anatema  non  pub  essere  ÌI  patriarca  monofisita  Gio- 
vanni 111. 

I.  P.  N.  Land  credette  dì  poter  dedurre  dal  passo  a  p.  227  m 
'{voi,  I)  del  Chronicon  Ecclesiasticum    di    Bar  'Ebroyd  (edd.  Ab- 


(')  Vedi  H.  Lkclibcq.  io  Dtctionnaire  d' Arehiologit  ehr/tìtHH*  t 
4,irgU  (Paris.  1904).  I.   1107-1109. 

Ci  H.  LkCLiiBca,  (.  ^.,  1.  1880-13*7. 

(•)  L.  e.,  p.  460. 

{')  Gutschmid,  /.  e,  pp,  500-601. 


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LAKlTBlli.  DI   GIOVANNI   d'aI.ESSANDKIA,  ECC.  103 

bcIoos-Lamy),  che  dice  re  cognita,  Alexandrini  nuctorem  [cioè 
Gioviinni  FìlopoMo|  eiusque  librum  anathematizaiunt  ('),  che 
la  scomunica  sia  avvenuta  durante  la  sedisvacanza  dopo  la  morte 
di  Teodosio  I  (*).  Così  ai  apiegherebbe  il  fatto  che  Bar  'Ebroyd 
dice  AUssandrini  e  nun  fa  il  nome  del  patriarca.  Ma  il  nostro 
anatema,  ohe  è  una  versione  siriaca,  apparentemente  esatta,  della 
scomunica  in  lingua  greca,  conservata  in  un  manoscritto  del  VI 
o  YIl  secolo  (')  —  la  acomunica  è  stata  lanciata  nel  VI  se- 
colo —  è  una  fonte  storica  di  primo  ordine,  mentre  il  Ckfonieon 
Ecclesiaatìcum  è  una  compitazione,  fatta  da  altre  storie  e  cronache, 
dei  XIII  secolo.  Io  preferisco  quindi  a  quest'ultima  il  documento 
originale,  l'anatema. 

Per  ora  non  vedo  una  soluzione  soddisfacente  di  questo 
problema.  Sarà  bene  attendere,  flncliè  avrò  pubblicato  altri  testi 
e  documenti,  che  possano  gettar  luce  sulla  storia  del  triteismo. 

Vorrei  accennare  ancora  ad  una  possibile  soluzione  del  pro- 
blema. Giovanni  potrebbe  forse  essere  uno  dei  due  Giovanni,  che 
al-Maqrlzl  (ed,  WUstenfeld,  p.  18  del  testo  arabo  e  pp.  45  e  46 
della  traduzione  tedesca)  chiama  Manichei  (wa.kàna  manàniyyan, 
p,  18)  e  dei  quali  il  secondo  portava  il  sopianome  al-qà'im 
bi.'l.haqq,  òtf&óóo^og  secondo  il  Gutschmid  (*).  Secondo  quest'ul- 
timo autore  il  primo  fu  patriarca  dal  573-576,  il  secondo  dal 
583-584.  £  possibile  che  uno  di  questi  due  o  tatti  e  due  siano 
stati  paoliti  o  patriarchi  di  conciliazione  tra  i  gaianiti  ed  i  pao- 
liti,  e  quindi  teodosiani.  Di  un  Giovanni,  patriarca  di  concilia- 
zione tra  gaianiti  e  teodosiani,  parla  Teofane  (^). 


(')  Il  testo  amaco  dice  'Alehaatid^oyè  'ahrri)B.w(h)i  w.la.kthobheh :  gli 
Ales9tuidrìni  anatemalizzarono  lui  ed  il  suo  libro.  11  nottro  anatema  ana- 
tematizza  invece  prima  ì  libri  scritti  dal  Filopono  circa  la  Trinità  e  poi 
il  PiiopoDO  steaao.  È  strano  che  OioTanni  d'Efeso  non  parli  nella  «uà  Storta 
eccUtiattiea  della  scomunica  del  Kilopono.  quantunque  quasi  tutta  la  seconda 
metà  del  V  libro  tratti  del  triteismo  (v.  J.  M.  3cHfiNFBi.DiiB,  Die  Kirehen- 
gtsekichte  dt»  lohanttes  vott  Epht»ua,  MQucben,  1862,  p.  269). 

(']  Vedi  anche  il  OtrttcBHiD,  l.  e.,  p.  495:  *...er  von  den  Aleiandrinern 
w&hrend  der  Tacanz  nach  Tlieodosioa'  Tode  aua  der  Kirclie  gestossen  ward 
(Und  S.  108).. 

C)  Wbioht.  i,  «.,  p.701. 

(')  L.  e.,  p.  494.  Tra  il  Manicheo  e  1' d^i^do^o;  non  c'è  cootraddizione 
alcuna.  Sai  significato  di  Manicheo  vedi  il  Gdtscbhiq,  l.  e,  p.  495. 

l")  Ed.  Classen,  C3HB,  p.  372  l8-!e. 

Atti  Mia  R.  Aeeademia  —  Voi.  LV.  13 


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1&4  0ID3KPPB  FDBLINI   —    L'IHATBMA,   BCC. 

Per  quaoto  riguardai)  secondo  Giovanni  presso  al-Haqrìzì, 
che  secondo  me  potrebbe  foi-se  essere  identico  col  nostro  Gio- 
vanni che  ha  lanciato  l'anatema  contro  il  Filopono,  è  interes- 
sante constatare,  che  il  Gntschmid  lo  ritiene  identico  con  Gio- 
vanni Filopono  ('). 

La  morale  della  favola  è  questa:  la  storia  dei  patriarchi 
d'Àlessandna  è  ancora   da  scrivere. 


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VITTORIO  CIAK    —   3BTTKCBHT0  CANOKU 


Setteeento  canoro 

Nota  li  del  Socio  dee.  reud.  VITTORIO  C[AN 


Un  esame  analitico  dellti  raccolta  di  melica  settecentesca, 
di  cui  ho  dato  la  tavola,  con  brevi  premesse,  in  una  Nota  pre- 
cedente (1),  e  insieme  una  larga  illuatrasione  storico-letteraria 
di  essa,  confermerebbero  agevolmente  quanto  già  ebbi  ad  osser- 
vare in  generale  circa  l'importanza  ed  il  carattere  di  quella  sil- 
loge, venutami,  come  dissi,  quasi  come  un  invito  augurale,  da 
Vittorio  Veneto,  tre  Anni  sono. 

Dico  "  confermerebbero  ,,  perchè  ragioni  di  spazio  ed  altre 
mi  tolgono  di  fare  ora  questa  disamina  e  questo  lavoro  illu- 
strativo con  la  larghezza  e  con  la  minuzia  che  sarebbero  neces- 
sarie. Dall'una  e  dell'altro  debbo  limitarmi  quindi  ad  offrire  ora 
un  breve  saggio,  un  contributo  modesto,  anche  perchè  l'opera 
mìa  d'illustratore  fu  condotta  nelle  condizioni  meno  favorevoli, 
e  cioè  con  una  scarsezza  pericolosa  del  materiale  bibliografico 
più  indispensabile,  non  solo,  lontano  da  Venezia,  ma  nell'impos- 
sibilità di  fare  o  di  far  eseguire  da  altri  le  opportune  ricerche 
nella  Biblioteca  del  Museo  Correr  e  nella  Marciana,  i  cui  opu- 
scoli e  le  cui  miscellanee  a  stampa  sono  ancora  imprigionati 
nelle  casse  nelle  quali  erano  stati  racchiusi  per  metterli  al  si- 


li) Negli  AUi.  Tol.  LUI,  pp.  1320  agg.  Alla  P.  1  dell'/niltce  dei  eapoiern 
ai  afCKÌungano:  sotto  il  «"221'"':  *  Prendi;  Augnato  compiaogi  e  non  l'umico,, 
che  è  a  e.  5  a.  fra  il  n°  5  e  il  183,  aria  di  nielodrnmmH,  fra  doe  consorelle 
(Cfr.  sotto  il  11°  61,  P.  Il  del  nostro  Indie*:  '  Recami  quell'acciaro  .  e  la 
nota  relativa);  sotto  il  u°  280'"':  'Vieni,  o  real  donzella,,  chebac.l6&, 
e  aotto  il  a°  280'":  Vitlotlf,  che  sono  insetite  sparsamente  e  i  coi  capo- 
versi sono  dati  qui,  sotto  qneeto  nome,  nelle  Note  illustrative  alla  parola 
Viltotie.  Alla  P.  II,  il  capoTerso  del  n"  50  si  completi  r  '  0  patria,  o  Roma, 
o  aorte!  .  e  si  aggiunga,  sotto  il  n"  69*^':  '  Superbo  di  me  stesso  ,. 


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196  VITTORIO    CIAS 

curo  dalle  minacce  del  Demico,  prodigo  allora  di  bombe  incen- 
diane. 

Per  fortuna,  nulla  m'impedirà  di  riprendere  in  acuito  e  di 
compiere  questo  lavoro  d'illustrazione,  appena  il  materiale  rac> 
colto  sia  tale  da  giustificare  una  nuova  Nota  aggiuntiva. 

Il  saggio  ristretto  di  ìllustrazioaì  e  di  riscontri  che  mi  ac- 
cingo ad  o&ire,  m'è  stato  possibile  soltanto  in  grazia  dei  sua- 
sidi  fornitimi  dal  ricco  Catalogne  of  Manuscript  Mu»ic  in  the 
Britiak  Museum  by  Aug.  Hughes-Eughes,  in  tre  volumi,  pubbli- 
cati a  Londra,  ne)  1906-9,  che  si  citeranno  con  Huohes.  A  pro- 
posito del  quale  giova  avvertire  che  fra  ì  molti  mss.  spogliati 
dal  benemerito  studioso  inglese  non  ve  n'ha  alcuno  che  s'avvi- 
cini al  tipo  del  nostro,  ti  quale  ha  tutti  i  caratteri  d'una  compi- 
lazione ex  novo,  originale,  dovuta  ad  uno,  anzi,  a  due  Veneti  (1). 

Fra  quei  manoscritti  predominano  le  raccolte  sul  tipo  del- 
l'Additioiial  317I>9,  compilato  nei  primissimi  anni  del  sec.  XIX, 
col  titolo  Collezione  di  126  canzonette  veneziane  ed  italiane  dette 
Barcarole,  presso  Giuseppe  Beozon,  Venezia,  col  basso  per  accom- 
pagnamento con  chitarra,  e  la  musica,  quasi  tutta  del  Widmann. 

Per  la  parte  operettistica,  uhe  è  prevalente  nella  seconda 
Sezione  del  nostro  ms.,  m'è  stato  d'indiscutibile  utilità  il  Cata- 
logue  of  Opera  Librettos  printed  before  1800  prepared  by  Oscar 
George  Theodor  Sonneck,  due  bei  volumi  questi,  stampati  a 
Washington  nel  1914.  Essi  fanno  parte  della  Library  of  Congress 
e  saranno  citati  con  Sonneck. 


(1)  Che  non  ci  tTOTiamo  dinanii  ftd  una  copia  di  altra,  raccolta  appare 
evidente  dall'aaaetto  della  medesima,  da  un  certo  disordine  che  vi  regna, 
dalle  carte  lasciate  in  bianco  per  eventaali  agpnnte,  da  certe  ripetizioni, 
dai  richiami,  a  dtstansa,  dì  poesie  già  trascrìtte  che  andavano  raggnippate 
insieme,  ecc.  Che  i  compilatori  aleno  veneti,  se  non  propriamente  vene- 
ziani, ai  comprende  sabito,  a  una  prima  occhiata,  dalla  grafia,  dove  si 
tratti  di  testi  non  dialettali,  grafia  caratteristica  che  tende  a  raddoppiare 
le  consonanti  dove  l'italiano  ha  la  scempia  e  viceversa  Ispetse  fiatlr,  gcel- 
larte,  invitto,  aciarro,  ecc.].  Inoltre  erano  persone  esperte  probabilmente 
più  di  manica  che  non  di  poesia,  tanti  sono  i  versi  storpiati,  spesso,  netla 
Parte  IÌ  spezialmente,  scritti  di  seguito  come  prosa,  talvolta  anche  per 
economia  di  spailo. 

Nel  riprodurre  i  testi  in  Appendice  mi  attengo  il  piìi  che  sia  possibile 
al  ms.,  senza  tentare  quell'opera,  facile  ma  pericolosa,  di  racconciatura, 
che,  data  l'indole  di  questa  raccolta,  non  mi  sembra  consigliabile. 


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SETTECENTO  CINORU  197 

Sussidi  preziosi,  cotesti,  ma  ben  lontani  dal  costituire  per 
la  melica,  e  letteraria  e  popolare,  del  Settecento  cadente,  quello 
ohe  per  la  poesia  musicale  del  Rinascimento  è  l'opera  fonda- 
mentale di  K.  Vogel,  la  nota  Bibliothek  der  gedruckten  tceltlichen 
Vokatmusik  ItalienB  aus  dm  Jahrm  1500-1700  (Berlino,  1892, 
voli.  2),  che  pure  in  questa  occasione  e!  è  stata  di  non  poco 
aiuto,  e  che  citeremo  con  Voqkl. 

Infatti  non  bisogna  dimenticare  che  coteste  ricerche  fra 
noi  sono,  pel  Settecento  sovrattutto,  appena  ai  loro  inizi;  ed  è 
gran  danno,  anche  per  questo,  che  sia  scomparso  tanto  precoce- 
mente uno  studioso  come  Francesco  Novali,  che  era  in  grado  di 
dar  loro  un  impulso  addirittura  decisivo  (1). 

L'importante  per  me  è  ora  di  dare  un  saggio  quanto  più 
accurato  mi  sia  possibile  di  questa  silloge  nella  parte  sua  piti 
notevole  e  curiosa,  e  di  identificare  e  illustrare  alcuni  almeno 
dei  componimenti  che  la  formano. 

Nel  coro  di  voci  varie  e,  a  primo  tratto,  confuse,  che  sembra 
levarsi  da  questa  doppia  raccolta  di  rime  venete,  d'indole  essen- 
zialmente musicale,  non  è  difficile  distinguerne  vari  gruppi,  che 
rappresentano  le  correnti  poetiche  più  caratteristiche  di  quel- 
l'età, le  più  squisitamente  settecentesche. 

Fra  queste,  anzitutto,  più  numerose  e  più  garrule,  le  can- 
zonette raffinate,  graziose,  mollemente  e,  quasi  direi,  venezia- 
namente sensuali,  idilliche  e  galanti,  peculiari  prodotti  di  quella 
Arcadia  veneranda  che,  lasciati  il  Frugoni  e  i  frugoniani,  pa- 
reva ringiovanire  preferendo  effondersi  con  le  strofette  del  Meta- 
stasio  e  dei  metastasiani,  del  Bertela,  di  Antonio  Lamberti  e 
del  Vittorelli,  attingendo  non  di  rado  spiriti  e  forme  alla  Uosa 
popolaresca. 


(1)  A  provare  la  verità  dì  quanto  qui  agaerisco,  ben  nota,  del  resto, 
agli  studiosi,  basti  citare  due  pubblicazioni,  veramente  fondamentali,  ohe 
il  compianto  amico  ci  ha.  lasciato  e  proprio  neffli  ultimi  anni;  il  predoso 
CoHlritmto  alla  ttoria  dtlla  lirica  aiìaicah  HaliaHa  popolare  e  popolareggiante 
dei  ateali  XV,  SVI  t  XVII,  inserito  ne^li  Scritti  mrii  di  erudizione  e  di 
critica  m  onore  di  E.  Renier,  Torino,  Bocca,  1912,  pp.  899-StìO,  e  l'iuteres- 
Haattssìmo  volumetto  La  raccolta  di  «lampe  popolari  italiane  della  bìhlioteea 
di  Fr.  Reina.  Roma,  Loeacher  (ReKcnberfc),  [1913],  estr.  da  Lare»,  pub- 
blicai, della  Società  di  etnografia  italiana. 


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198  VITTORIO   CIAD 

Ke  erano  piene,  come  le  carte  di  questo  fiorilegio,  cosi  le 
eale  dei  palazzi  e  delle  ville  patrizie  sut  Canal  Grande  e-  luogo 
la  Brenta  e  sui  colli  ameni  dell'alto  Trevigiano,  dai  quali  ap- 
punto ci  viene,  come  ho  detto,  il  nostro  manoscritto.  Il  quale  è 
assai  probabile  servisse  come  repertorio,  messo  insieme  da  uno 
u  due  dilettanti  di  musica  più  che  di  poesia,  ad  uso  dei  tratte- 
nimenti musicali  di  alcuna  delle  ville  sparse  in  quella  rìdente 
plaga  collinosa  che  da  Gonegliano  irraggia  le  sue  vallette  e  i 
suoi  poggi  SII  verso  Serravalle  e  Ceneda,  t  due  antichi  borghi 
che  dal  1866  formano  appunto  l'odierno  Vittorio  Veneto  di  glo- 
riosa memoria. 

Che  in  molte  di  queste  canzonette  —  oltre  quelle  diretta- 
mente provenienti  dai  melodrammi  del  Metastaaio  —  trionfi 
ancora,  fra  il  sec.  XVIII  e  il  XIX,  lo  spirito  dell'arte  metasta- 
siana, non  deve  stupire,  chi  sappia  come  sia  durato  tenace  il 
fascino  di  quella  che  fu  la  voce  piii  canora  del  Settecento  arca- 
dico, ina  che  fu  anche  del  poeta  prediletto,  per  esempio,  al 
Rousseau,  nel  quale  tutti  riconoscono  pure  il  padre  spirituale 
della  Rivoluzione  francese  (1). 

Da  queste  canzonette  —  che  sono  prodotti  d'arte  e  non  di 
raro  artificiose  nei  loro  frequenti  tenocinl,  e  sono  talvolta  di 
paternità  facilmente  riconoscibile  (Metastaaio,  Rolli,  Lamberti. 
Bertela,  Vittorelli),  anche  se  il  manoscrìtto  sopprima  sempre  il 
nome  dell'autore  e  dell'opera  e  questa  mutili  arbitrariamente  — 
passiamo,  via  via,  per  una  serie  di  gradazioni  interessanti,  at- 
traverso a  forme  di  poesia  sempre  più  popolaresca  e  dialettale, 
sino  a  certe  canzonette  e  a  certe  mllotie,  che  sono  quanto  di  più 
schiettamente  e  audacemente  realistico,  e  petulante,  anzi  tal- 
volta grossolanamente  shoccato  abbia  nel  suo  repertorio  la  Musa 
popolana  sulle  Lagune  e  sulla  terraferma  di  Venezia. 

Un  esemplare  caratteristico  di  canzonetta  dal  tono  inter- 
medio fra  le  più  raffinate  e  quelle  più  popolari,  è  la  canzonetta 
Nella  slagion  dei  bòcoli,  che  qui,  a!  aolito,  appare  adespota,  ma 
che  è  di  Antonio  Lamberti,  sia  pure  assoggettata  ad  una  teme- 


(1)  Rimando  all'acuta  oegervazione  del  GiLLSTn.  La  pottia  e  l'mit  di 
O.Pa%eoii,  Bologna,  1918.  pp.  147-8. 


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SBTTRCEKTO  CANORO  199 

raria  riduzione  del  teato  originale,  come  sarà  detto  oeila  nota 
illustrativa  a  quel  capoverso  (1). 

Più  intenBamente  veneziane  eono  le  altre  due  canzonette 
gemelle  Da  brava,  Gatina,  e  Basta  così,  ma  basta  {Append.,  n'  2 
«  3),  nelle  quali  Zanetto  fa  di  tutto  per  indurre  la  sua  Catina 
a  "  mostrarsi  bonìna  ,,  e  la  ragazza,  innamorata,  dopo  aver  cre- 
duto di  accontentarlo  con  un  '  basetto  ,,  nei  suoi  sforzi  per  li- 
berarsene, vedendoselo  in  ginocchio,  ricorre,  fra  altro,  suppli- 
chevole e  ammonitrice,  ad  un'espressione  ancor  viva  nella  par- 
lata veneziana  e  che  è  un  saporito  tratto  dì  psicologia  e  di 
lingua  popolare:  "  Credimi,  do  par  bon  ,,  cioè  non  fa  bel  vedere. 

Altri  componimenti  hanno  un'andatura  popolaresca,  vivace- 
mente maliziosa,  come  la  canzonetta  Pipo,  Pipo,  vien  di  qua 
(Append.,  n.  IS). 

Altrove  la  vivacità  popolareggiante  giunge  sino  alla  sgua- 
iataggine, come  nel  ca»o  delle  strofe  in  '  Allegretto  ,  :  Tu  già 
sai  che  ta  mattina,  dove  la  crudezza  della  sostanza  è  troppo 
scarsamente  velata  dalla  morbidezza,  della  forma.  Vere  monel- 
lerie verseggiate,  di  sapor  popolano,  sono  quel  Frich  Frach,  tieni 
in  qua,  che  si  pubblica  in  Appendice,  a.  14,  l'altra  Padre  santo 
Cappuccino  (Append.,  n.  24)  e  quella  che  potrebbe  intitolarsi 
'  Il  frate  confessore  e  tentatore  ,  ;  Fra  Formica,  fra  Formica 
{Append.,  n.  9),  piena  di  vita  e  di  originalità  nelle  movenze  e 
negli  spunti  e  che  può  fare  il  paio  con  un'altra  canzonetta,  il 
cui  titolo  darebbe  '  La  confessione  amorosa  ,  :  Una  pwera  cìtella 
{Appena.,  Ti.  27). 

11  contrasto  fra  la  madre  e  la  lìglia.  al  n.  30  AeW Appendice, 
è  particolarmente  notevole  per  ciò,  che  ci  offre  un  documento 
vivo  di  quel  costume,  eminentemente  settecentesco  e  italiano, 
del  cavalier  servente,  immortalato  dal  Parini  e  che  qui 
appare  penetrato  anche  nella  borghesia  veneziana  e  in  un  tono  fra 
di  cinismo  allegro  e  d'incoscienza  che  colpisce,  con  quel  patto 
stretto  fra  la  madre  di  manits  piìi  che  larga  e  la  figlia,  fremente 


(1)  Per  In  cinoncenia  della  riccn  produzione  poetica  dialettale,  fiorita 
in  Venezia  nel  perìodo  cai  appartiene  la,  presente  raccolta,  RÌora,  oltre 
l'opera  del  Malamani  che  narà  citata  più  oltre,  il  recente  volumetto  della 
si^n.  LccM  Paoìno,  i\)rt«  dialtttati  veneti  del  Settrrmlo,  Venezia,  VagA,  1915. 
11  cap.  Vili  è  coniiacritto  ad  Antonio  Lamberti  (1757-1832). 


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200  VITTORIO  GIAN 

di  desideri  nuziali,  in  questo  piccolo  drammii  sociale  che  si 
abbozza  agli  occhi  nostri,  fra  le  due  donne  e  i  due  uomini,  l'Ec- 
cellenza, ..predestinata  e  Tonta,  futuro  cavalìer  servente. 

In  questa  serie  di  carattere  popolaresco  non  è  a  stupire, 
se  ci  si  affacciano,  linguacciute,  anzi  sboccate  e  impertinenti  o 
sornione  e  furbescamente  maliziose,  le  ragazze,  *  impazienti  di 
marito  ,,  secondo  la  felice  espressione  d'Alessandro -d'Ancona, 
o  audacemente  indisciplinate.  ìleritano  perciò  d'essere  segna- 
late le  canzonette:  "  Non  dansar  ,,  la  marna  dixe  (Appmd.,  n.  20), 
tutta  malizia  e  doppi  sensi,  0  cara  siora  mare  {Appena.,  d.  30), 
Marna  mia,  non  mi  gridate,  alla  quale  s'accompagna  quella,  più 
vivacemente  originale,  che  com.  Marna  mia,  qual'è  quell'aiia 
{Append.,  n.  32,  cfr.  nota  illustrativa  al  n.  60),  Mi  ha  promesso 
la  marna  e  il  papà,  promessa  che  è  fatta,  veramente,  al  figlio 
innamorato,  come  al  figlio  sono  rivolti  i  consigli  in  tèma  di  donne 
e  di  matrimonio  tn  La  mia  tnadre,  poverella;  e,  in  forma  narra- 
tiva spigliata:  La  Nanetla  villanella  (Append.,  a.  23)  e  Senti, 
mie  care  donne  {Append.,  n.  19). 

Com'è  evidente,  in  questo  gruppo  si  riprendono,  con  certa 
nuova  freschezza  di  atteggiamenti,  vecchi  motivi  tradizionali, 
come  è  tradizionale  il  tèma  delle  bellezze  che  si  richiedono  ad 
una  donna  per  essere  veramente  bella  (1),  quale  occorre  in  una 
villolta  {Append.,  n.  31,  III):  "  Sette  bellezze  ha  d'aver  una  donna  , 
e  nella  cairzone  "  Trenta  cose  a  dirai  bella  .  (Append.,  n.  34), 
che  forse  era  cantata  da  un  servo  in  un  melodramma   giocoso. 


-(1)  Su  questo  mitico  motivo  tradizionale  rimando  a  quanto  un  scrisse 
R.  RuHiKH,  Il  tipo  «sietica  della  donna  nel  Mrdw  Ero,  Ancona,  Morelli,  1885, 
pp.  119  ajf.  e  n.  8,  il  quale  a  pp.  17*2-4  riprodusse  dal  Dottrinale  di  Jaeopn 
Alighieri  il  passo  dove  sono  enumerate  le  Nove  (dieci)  bellezze  umane. 
ToMH.  Cibimi,  parlando  Di  un  repertorio  giullareaeo  in  un  xa^io  riprodotto 
poi  nel  voi.  Sludi  di  poesia  antica.  Città  di  Castella,  Lapì,  1914,  pp.  ^40  »g., 
pubblicò  una  ballata  (la  LXXVI)  Pei-  amor  de  belle  brune,  nella  quale  eon 
passate  in  raiae^a  le  qualità  fiaicbe  e  tuor&li  delle  donne,  clauiGcate  se- 
condo il  colore  delle  chiome  e  della  pelle  e  secondo  la  statura  e  la  com- 
plessi one.'Qnesti  motivi  tradizionali  passarono  numerosi  dall'nn  capo  all'altro 
della  Penisola,  al  ohe  s'ebbe  (cfr.  il  n*  XXIT)  anche  una  simile  rassegna 
per  città.  Nei  Canti  popol.  vrnez.  raccolti  dal  Bn>OMi,  Veneria,  1872,  pun- 
tata 1*,  n*  1,  ne  abbiamo  uno  ohe  s'inizia  così:  *  Sete  beletze  Rhe  rorla  a 
una  dona  ..  C.  Sohbouk,  Da»  venezian.  Volketi/d  _  Die  Villolta,  Heidelberga, 
1901,  p.  126,  lo  cita  e  traduce  senza  citar  la  Fonte. 


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SETTECENTO  CAKOUO  201 

Parimenti,  un'eco  di  antiche  voci,  peraistente  attrarerao  i  se- 
coli, sorprendiamo  nella  curiosa  e  graziosa  canzonetta  Bella  e 
gentil  fornara  [Append.,  n.  26)  e  nel  gruppo  di  villotte  contro 
le  veccliie  (Append,,  n.  29,  I,  XXI). 

Canzonette  tratte  direttamente  da  melodrammi  seri  e  gio- 
cosi incontriamo,  aovrattutto  da  giocosi,  nella  seconda  sezione 
del  Dostro  ma.  (1),  mtintre  un  saggio  interessante  di  galanteria 
baldanzosamente  romoroaa  ci  offre  la  canzonetta  Donne  care,  nel 
itostro  giardino  {Append.,  n,  10).  Non  mancano  note  che  potreb- 
boi'O  dirsi,  in  una  raccolta  come  questa,  di  eccezione,  quale  il 
canto  di  guerra  Ecco  che  lutti  all'armi  (2),  e  certe  venature  di 
preromanticismu  younghiano  e  werthei'iano,  come  i  n'  227  e  242 
della  P.  I,  noncliè  il  n.  286,  e.  aovrattutto,  il  n.  194  della  stessa 
Parte  I,  che  s'intitola  Carhta  alla  lombo  di  Verter  (3).  Fra  questi 
canti,  che  lio  detto  di  eccezione,  nella  silloge  nostra,  ve  n'ha  uno 
conviviale,  brindisi  addirittura:  Amici, amici,  in  lavala,  ìmqW esso 
anonimo,  ma  che  sappiamo  essere  nientemeno  che  di  Scipione 
MalTei  (4). 

Infine,  non  dobbiamo  meravigliarci  di  trovare  in  una  sil- 
loge veneta,  che  spesso,  specie  nelle  villotte,  ci  richiama  per  le 
forme  idiomatiche  a  zone  estreme  della  Regione  veneta,  i'occt- 
deotale- veronese  e  l'orientale,  anche  un  saggio  di  quelle  canzo- 
nette napoletane  che  anche  nella  Venezia  settecentesca  erano 
accolte  con  tanta  festa,  come  ci  documenta,  fra  gli  altri,  l'in- 
comparabile Goldoni  (5).  Alludo  alla  briosa  canzonetta  Stanno 
abòascio  alla  marina  [Ajìpend..  n.  35),  che  anche  ad  un  esperto 


(1)  N«  additertt  due  eoltaoto  pcir  agevolare  le  ricerche  delle  fonti  re* 
lative.  Da  uo  melodramma  giocoso  Jev'eaBore  tratto  il  Tmeto  cbe  n  trova 
nella  P.  I,  e  10  a,  qoello  che  com.  *  La  Kelosia  è  bestiola  |  che  salta  qna 
e  là  |*Pìmca,  punge  e  becca...  [  Va  vìa,  va  via  di  qua  ..  Similmente  il 
Rteitativo  del  Sordo,  che  fe  nella  P.  Il,  e.  ITu,  e  com.  '  Vo  star  in  atten- 
zione [  te  cantano  gli  nocelli  ,. 

(2)  Rimando  alla  nota  illustrativa  sotto  il  n.  30;    vedi  Append.,  n,  6. 

(3)  Cfr.  BuTAHA.  Ih  Arcadia.  Napoli.  1909,  pp.  420  sgg. 

(4)  Cfr.  la  nota  qni  inDansi,  al  n'  2. 

(5)  Nel  dramma  giocoso  La  Mateherata  (nel  t.  Vili  dei  Drammi  gioco» 
del  G.,  ed.  Venezia,  Zatta,  1795,  voi.  XLII  delle  Open  tealrali),  a.  Il,  se.  VI, 
Beltrame  cauta  sulla  chitarra  '  la  canionetta  in  lingua  napolitana  ,  die 
com.  *  Voria  che  fosse  uciello  e  che  volasse  ,. 


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2U2  VITTORIO    CIAN' 

«onoacitore  di  quella  produzioDe,  qual'è  il  Croce,  è  riuscita 
nuova  (1).  Dobbiamo  invece  trovare  assai  naturale  l'imbatterci, 
come  s'è  detto,  in  un  buon  numero  di  villolte,  che  si  pubblicano 
quasi  tutte  —  intendo  quelle  pubblicabili  —  pei  loro  carattere  pììi 
o  meno  popolaresco,  alcune,  cioè,  schiettamente  di  popolo,  onde 
hanno  riscontro  in  canti  tuttora  viventi  nelle  Venezie,  altre  dì 
evidente  imitazione  letteraria  [Appena.,  n.  12,  I-XIX,  16,  29, 
I-XXV).  Di  buona  parte  di  questi  freschi  prodotti  dovuti  alla 
Musa  popolaresca  non  solo  offro  il  testo  compiuto,  ma  aggiungo 
anche  l'indice  alfabetico  compiuto  dei  capoversi,  che  avevo  omesso 
nella  Nota  precedente  per  ragioni  di  spazio. 

Per  chiudere  —  dulcia  in  fundo  —  con  un  rilievo  che  ci 
trasporta  più  vivamente  in  pieno  Settecento  canoro,  noto  la  can- 
zonetta 

11  moodo  non  è  bello 
che  ìd  forza  dell'amore, 

dove  è  esaltata  con  irruente  sincerità  la  virtù  dell'amore,  come 
la  forza  giocondatrice  per  eccellenza  della  vita.  A  confermare 
poi  il  fascino  irresistibile  che  questa  poesia  esercitava  ancora 
nel  terzo  decennio  del  secolo  scorso,  ricordo  qui  le  due  canzo- 
nette che  Santorre  di  Santarosa  trascrisse  in  un  suo  Quaderno 
*  incominciato  in  Londra  ai  10  di  gennaio  182::(  ,.  recitategli  o 
udite  cantare  da  qualche  esule  veneziano  o  in  qualche  convegno 
poco  prima  ch'egli  partisse  alla  volta  di  Grecia.  L'una  è  for- 
mata di  due  strofette  voluttuose,  la  prima  delle  quali  ha  tutto 
l'incanto  d'una  serenata  sul  Canal  Grande  inondato  di  luce 
lunare: 

Sta  notte,  de  Nìna 

Tra  i  brazzi  de  neve 

Do  volte  la  freve 

Scordado  ho  d'amor  : 


(I)  Queata  canzonetta,  maltrtittata  sjieMO  dal  trascrittore  veneto,  ripro- 
duco dapprima  in  forma  diplomatica,  poscia  secondo  una  rìcostrnzinne  nella 
qu.tle  ebbi  cortese  ed  esperto  col  labe  nitore  l'amico  dott.  Fausto  Nicolìnì. 
E^gft  ha  un  carattere  narrntivo,  che  ci  racconta  un'avreaturn  che  In  pen- 
«are  a  quella  boccaccesca  di  Andreoccio  da  Perugia,  co»t  bene  illustrata 
da  B.  Croci,  La  Mortila  di  A.  da  P.,  Bari,  Laterza,  IkII;  cfr.  L.  Di  FniKcti 
nel  Giornali  star.  d.  Itti,  ital.,  59,  393-7. 


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SETTECENTO  CANORO  208 

l'altra,  intitolata    dall'Esule  aavigDanese  Canzonetta  veneziana, 
consta  di  cinque  strofette,  l'ultima  frammentaria.  EBsa  com.: 

Tbin  Ivieino)  de  Nina 

Xè  tuto  incanto 

E  par  che  l'arte 

Sia  nata  lit. 
Hr  quel  che  biiega.  (1), 

Che  m'urta  tanto 

Xè  qael  tempieto, 

Xè  qael  «ofà. 


Ed  è,  con  varianti  notevoli,  la  canzone  n.  280  della  P.  I  nella 
nostra  raccolta  (Vicino  a  Nina),  opera  del  Lamberti. 

C'è  tanta  parte,  qui,  di  quel  Settecento  musicale  e  lirico 
che  faceva  udire  i  suoi  echi  sempre  vivaci  anche  nell'Ottocento 
inoltrato,  anche  sulle  rive  del  Tamigi,  anche  nel  cuore  d'uno  dei 
più  eroici  precursori  del  nostro  Risorgimento! 

Da  questa  rapida  scorsa  attraverso  la  raccolta  nostra,  anche 
un  lettore  non  propriamente  *  specialista  ,  di  questa  materia, 
potrà  apprezzarne  meglio,  io  spero,  e  il  carattere  e  ii  valore: 
e  questo  apprezzamento  uscirà  pure  corroborato  dalle  poche 
illustrazioni  che  qui  aggiungo  seguendo  l'ordine  ieWIndice  dei 
capoterei. 

1.  Ah  non  san  io  che  parto  {Ind.,  I,  5).  E  del  Metastasio  (Opere, 

ed.  Londra  [Livorno,  P.Maai],  1785,  t.  II.  307),  nell'usto, 
a.  m,  se.  12. 

2.  Amici,  amici,  è  in  tavola  (fnd.,  i,  17),  è  un  brindisi  di  Scip. 

Maffei,  compreso  nelle  sue  Poesie  colg.  e  lat.,  Verona,  1752, 
I,  138.  citalo  dal  Carducci,  //  Furiti»  minore,  in  Opere, 
Xm,  190-2. 

3.  Amorosi  miei  sospiri  (Ind.,  I,  20).  Forse  da  identificare  con 

la  "  villanella  ,  che  è  fra  le  Villanelle  alla  napolitana  a 
tre  foct  di  Sioisuoxoo  d'Ikdia  nobile  Palermitano,  Libro 
primo  nuovamente  stampato  in  Venetia,  appresso  Gardano 
e  fratelli,  MDCX  (Vogel,  I,  23). 


(I)  Bùcega,  eccita.  Nella  Cottei.  d.  migliori  opere  in  dialtUo   i 

Venezia,  1817,  voi.   Ili,  un  altro  bisegar  lambertiano  è  spiegato   *  andar  a 
caore  o  al  iangne  ,. 


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204  VITTOKIO  CUN 

4.  Ascolta,  infida,  un   sogno  {Itid.,  I,  24).  È  nel  ms.  AdditioQ. 

31769  del  Museo  Brìtann.,  registrato  datl'HDOHEB,  li,  613, 
adesp.  ;  ma  è  fra  le  Anacreontiche  del  Vittorelli,  4*  edtz., 
Venezia,  1797,  la  5»  nell'ediz.  Sijiiomi.  ScrUt.  d'It.,  p.  87. 

5.  Auffelletti,  ch'ai  mio  pianto  (Ind.,  I,  25).  Nel  niB.   Addttion. 

14228  del  Museo  Brìtann.,  in  Hdoues,  II,  490,  del  1698, 
un  ms.  bislungo  in  (ol.,  col  titolo:  Cantate  italiane,  v'è 
al  fol.  60:  Augeletti  al  vostro  canto,  di  Laigt  Manza;  nel- 
l'Addition.  14229,  scritto  e.  1723-32,  l'altra:  Augeletti, 
che  cantate  (Htjghes,  II,  514). 

6.  Aurette,  che  placide  {Ind.,  I,  26).  Nell'Addition.  31769,  regi- 

strato dalt'HuoHES,  II,  613:  *  Aurette  che  placide  |  d'in- 
torno movete  ,  come  nel  nostro  ms. 

7.  Basta,  cosi,  ma  basta  (Ind.,  I,  28).  In  Hughes,  II,  610,  è  ad- 

ditato nell'Addition.  31756,  e.  45:  Basta,  cussi,  come  se- 
conda parte  di  Da  brava,  carina,  a  e.  40.  Il  Sonkeck, 
lì,  p.  1644,  registra  Basta  cosi,  f  intendo,  come  tratta  da 
Li  tre  Cicisbei  ridicoli  del  Resta.  Si  direbbe  una  mossa 
iniziale  metastasiana  (cfr.  Opere  del  Metastasio,  ed.  cit., 
VI,  218;  V,  117:  IX,  137,  ecc.).  Cfr.  qui  sotto  al  n.  24. 

8.  Bel  piaser  andar  a  letto  (Ind.,  I,  80).  Anche  questa  è  una  mossa 

iniziale  metastasiana.  Infatti  in  una  acena  del  Partenope, 
P.  I,  se.  3',  si  legge:  Bel  piacer  d'un  core  amante.  Forse 
da  questi  prese  lo  spunto  il  Goldoni  nel  La  ritornata  da 
Ijondra,  rappresentata  nel  1756,  a.  I,  se.  1*:  Bel  piacer 
quando  t'arriva  (Drammi  giocosi  per  musica,  t.  X,  ediz. 
Zatta).  Anche  nel  dramma  dello  stesso  Goldoni /^  rfoHna 
di  governo,  a.  I,  8C.  7*:  '  Bel  piacer,  che  l'allegria!  |  Bel 
piacer  in  compagnia  |  Star  a  bere  ed  a  mangiar!  „. 

9.  Bella  e  gentil  fornara  (Ltd.,  I,  32).  È  fra  le  Canzonette  ve- 

neziane ecc.  con  accompagnamento  dì  chitarra  delI'Ad- 
dition.  31759,  registrate  dalI'HuoHES,  II,  612. 
10.  Bella  rosa  purpurina  (Ind.,  I,  34).  Sono  due  strofette  sol- 
tanto che  hanno  solo  il  primo  verso  quasi  in  comune  con 
la  canzonetta  del  Chiabrera  {Le  opere,  divise  in  5  tomi,  Ve- 
nezia, 1782,  II,  65).  Severino  Ferrari  riprodusse  quest'ul- 
tima nella  sua  Biblioteca  di  Letteratura  popol.  iiat.,  a.  I, 
voi.  I,  Fir..  1882,  p.  157  seg.,  dal  cod.  Riccard.  2868  del 
sec.  XVII,  avvertendo  essere  del  Chiabrera  e  trovarsi 
musicata  dal  Caccini  fra  le  Camoneite  musicali. 


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SETTECENTO   CAKOItO  305 

li.  Belle  donne,  che  vantate  (Ind.,  I,  35).  InVooEL,  I,  120,  truvo 
il  principio  d'uoa  '  corrente  ,  Belle  donne,  come  esistente 
in  Scherzi,  arie,  canzonette  e  madrigali  di  Antonio  Brv~ 
NELLI  Maestro  di  Cappella  del  Serenisa.  Granduca  di  To- 
scana ecc.,  in  Venetia,  Vincenti,  1616. 

12.  Buona  notte,  mia  carina.  In  Hdohes,  II,  613,  dail'Addition. 

31759,  fot.  135,  è  registrata  Buona  notte,  nella  cit.  Collez. 
di  126  canzonette  venez.  dette  Barcarole, 

13.  Cara  Elisa,  amato  bene  (Tnd.,  I,  38,  39,  dov'è  in  due  stro- 

fette  e  diverse).  Dall'Àddition.  31759,  fot.  95,  il  Hughes, 
II,  612,  registra  Cara  Elisa. 

14.  Cara  Nino,  ti  xe  in  lato  (Ind.,  I,  41).  Dall'Àddition.  34052, 

del  sec.  XIX  in.,  fol.  326,  il  HixiHEa,  II,  12,  registra 
Cara  Nina,  sto  affannata  ('['). 

15.  Caro  il  mio  ben  (Ind.,l,  46).  Delle  molte  arie  registrate  con 

questo  capoverso  in  Hughes,  una  sola,  quella  in  II,  613, 
esistente  nell'Addition,  31759,  piìi  volte  citato,  corrisponde 
alla  nostra. 

16.  Cento  basati  {Ind.,  I,  47).  In  Hughes,  II,  569,  dall'Addition, 

31758,  circa  del  1763,  contenente  Ariate  veneziane  col 
basso  per  arpicordo,  probabilmente  di  Mattia  Vento;  seb* 
bene  non  comprese  fra  le  canzonette  pubblicate  da  lui 
in  Londra  in  quell'anno  1763. 

17.  Cke  grazioso  puteletto  (Ind.,  I,  51).  Dal  solito  Addition.  31769, 

Io  registra  il  Huqhes,  II,  613,  con  grafia  piìi  schietta- 
mente veneziana;  C%«  grazioso  puteleto. 

18.  Che  mai  risponderti  (Ind.,  I,  52).  In    Hughes,  II,  301,  dal- 

l'Addition.  31667,  posteriore  al  1766,  fra  le  Arie  da  opere 
italiane,  al  fol.  78,  come  tratto  dal  Demofoonte  di  Pietro 
Guglielmi,  Treviso,  1766.  È  anche  nel  Ihmcfoonte  del 
Uetastasio,  musicato  dal  Jannelli,  a.  Ili,  se.  7'  (Opere, 
ed.  cit-,  IV,  239). 

19.  Che  non  mi  disse  un  di  (Ind.,  \,  53).  In  Huohbs,  II,  296, 

dalI'Addition.  31633.  posteriore  al  1761  (?),  raccolta  di 
componimenti  operettistici  con  accompagnamento  stru- 
mentale. È  data  come  tratta  àsXY  Olimpiade  del  Metastasio 
(a.  II,  se.  4*,  in  Opere,  bA.  cit.,  H,  48),  musicata  dal  Jan- 
nelli. Nell'&ddìtion.  31619  del  1744  e,  è  data  dalt'HuGHEs, 
II,  270,  fra  le  arie  Ae\\' Olimpiade  musicata  da  Lorando 
Leo;  e  nell'Addition.  31654  fra  le  arie  AeW Olimpiade  ma- 


zed.yGOOg[e 


206  vmOBIO  CIAK 

eicata  da  David  Perez  (Huobes,  II,  290)  ;  infine  nell'Ad- 
dition.  5057,  anter.  al  1760,  fra  le  arie  àeW Olimpiade 
musicata  dal  Pergolese  (1735),  come  nota  lo  stesso  Hl'ghes, 
II.  294  e  344. 

20.  Chi  nasce  pazzo  {Ind.,  I,  58).  Questa  strofetta  *  Chi  nasce 

pazzo  I  non  guarisce  mai  ]  Tu  che  sei  pazzo  |  noD  gua* 
rirai  |  Mai,  mai,  mai,  mai  ,  è  registrata  in  Huohes,  II,  12, 
dall'Àddition.  34052,  raccolta  di  Cantici  e  canoni  di  varii 
autori  del  principio  del  sec.  XIX,  con  la  variante  Chi  nasci 
matto. 

21.  Conservati  fedeU  {Ind.,  I.  61).  NoU'Hughes,  II,  614,  dall'Àd- 

dition. 33310  (del  principio  del  sec.  XIX,  canti  con  accom- 
pagnamento di  piano),  son  registrate  due  trascrizioni  di 
questo  recitativo  ed  aria,  tratto  A&W Artaserse  del  Meta- 
stasio,  a.  I,  se.  1*,  in  Opere,  ed.  cit.,  I,  9. 

22.  Corpo  di  Bacco  (Ind.,  II,  14).  Nella  Favola  de'  tre  gobbi.  In- 

termezzo del  Goldoni  (Venezia,  Zatta,  voi.  35,  1789-95), 
registrato  dal  Sonheck,  II,  483,  ma  è  diverso  il  principio  : 
*  Corpo  di  Bacco  |  San  Parpagnacco  ..  Cfr.  in  Sonneck, 
li,  1090,  /  tre  gobbi  rivali,  Intermezzo  a  4  voci  da  can- 
tarsi dalla  Compagnia  dei  Comici  Lombardi  nel  teatro  dei 
Fiorentini  nel  Carnevale  del  1783,  Napoli,  1783.  £  una 
riduzione  in  due  atti  dei  Tre  gobbi  goldoniani,  musica 
del  Fabrizi  romano.  Nel  2°  Intermezzo  c'è  l'aria  Corpo 
di  Bacco. 

23.  Crude  stelle  (Ind.,  I,  65).  Strofetta  di  quattro  quadrisillabi, 

registrata  daU'HuoHES,  II,  611,  dì  sull'Additioo.  31759  e 
più  addietro  (II,  235)  di  sull'Àddition.  1269,  quello  del 
prine.  del  sec.  XIX,  questo  della  fine  del  XVIU. 

24.  Da  brano,  Cattina  (Ind.,  1,  66).  In  Hughes,  II,  610,  dall'Àd- 

dition. 31756,  del  princ.  del  XIX  aec,  con  la  var.  Da 
braca  Carina,  insieme  con  la  seconda  parte  Basta  cussi. 
Con  questa  medesima  variante  riappare  nell'  Addition. 
31757  (HuoHES,  II,  611). 

25.  Dal  di  ch'io  ti  mirai  (Ind.,  I,  67).  In  Hughks,  II,  586,  dal- 

l'Addition.  31226  del  sec.  XVllI,  cantata  italiana  dì 
Bened.  Marcello  con  la  var.  Dal  dì  ch'io  rimirai,  mio  caro. 
Lo  stesso  Hughes,  II,  527,  registra  dall'Àddition.  31504, 
poster,  al  1740,  fra  le  Cantate  ed  arie  di  Niccola  Porpora: 
Dal  di  che  ti  mirai.  Ma  la  nostra,  formata  di   due  stro- 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


SRTTECKNTO   CANORO  207 

fette,  suona  così:  *  Dal  di  ch'io  vi  mirai,  j  Pupille  lusin- 
ghiere, I  Non  sa  che  sìa  piacere  |  Il  povero  mio  cor  .. 

26.  Ddce  mio   bm,  perdona  (Ind.,  I,  86).  Il    Sohneck,  I,  958, 

registra  un  Dolce  mìo  ben  ne  La  Rosilla,  Tragicommedia 
di  Filostrato  Lucano  Cinneo,  Napoli,  1733,  musica  del 
sig.  Antonio  Orefici.  Dolce  mio  ben  è  anche  l'inizio  d'un 
madrigale  Canto  di  Baldetsar  Donato  in  //  secondo  libro 
de  Madrigali  a  quattro  voci,  in  Venetia,  appresso  Antonio 
Gardano,  1568,  in  Vooel,  I,  207.  Dolce  ben  mio  è  il  prin- 
cipio d'una  delle  Villanelle  a  tre  et  a  quattro  vari  et  arie 
di  Franco  Lombardi,  Libro  primo,  in  Napoli,  Bonino,  1607 
(VoflEL,  I,  340).  Infine,  con  Dolce  mìo  bene  comincia  un'aria 
degli  Affetti  canori,  cantate  ed  ariette  di  6.  Batt.  Bassani, 
maestro  di  cappella  dell 'illustrissima  Accademia  della 
Morte  di  Ferrara,  ecc.,  Venetia,  Sala,  1692,  p.  73  (VoeEi,, 
I,  71). 

27.  Dolci   aurate,  ombre  notturne  (Ind.,  I,  87).    Affatto   diversa 

dev'essere  la  Dolce  auretla,  compresa  nei  Musicali  concenti 
a  una  e  due  voci  di  Nicolò  Borboni,  Libro  primo,  in  Roma, 
l'anno  1618,  registrata  dal  Vooel,  I,  109. 

28.  Dovea  svenarti  allora  {Ind.,  I.  90).  In  Huohes,  II,  357,  dal- 

l'Addition.  14207,  che  contiene  arie  d'opera  con  accompa- 
gnamento, questa,  tratta  dal  Catone  in  Utica  del  Motastasio, 
a.  II,  ac.  13'  (Opere,  IV,  82),  musica  del  Duni,  e.  1738. 
Lo  stesso  HuaHBS,  II,  340,  dall'Addition.  31593,  conte- 
nente arie  di  opere  con  accompagnamento,  registra  que- 
st'aria dal  Catone,  1727,  di  Leonardo  Vinci. 

29.  Ecco  alle  mie  catene  (Ind.,  I,  92).  È  del  Metastasio  (Opere, 

ed.  cit.,  II.  275),  nell'.Ezto,  a.  II,  se.  13». 

30.  Ecco,  che  tuUi  all'armi  (Ind.,  I,  94).  È,  come  s'è  detto,  uno 

dei  pochi  canti  di  guerra  del  Settecento  italiano.  Non  è 
la  canzone  violenta  d'una  Amazzone  del  Weisse,  quella 
che  il  nostro  Bertola,  in  Appendice  aW'Idea  della  bella 
Letteratura  alemanna,  t.  I,  1784,  pp.  207  sgg.,  fece  co- 
noscere agl'Italiani,  tradotta  in  una  prosa  abbastanza 
vigorosa,  ma  attenuandone  le  asprezze  che  parevano  so- 
verchie a'  suoi  orecchi  delicati  di  arcade.  Si  veda  anche 
ciò  che  il  riminese  dice,  a  pp.  214-15  n,  delle  '  Canzoni 
di  guerra  di  un  granatiere  prussiano  ,  del  Gleim,  poste 
in    musica  e  pubblicate   a  Berlino    nel   1758.  Su    questo 


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208  VITTORIO  CIAK 

argomento  può  giovare  il  saggio  di  G.  Natali  in  Idee, 
costumi,  uomini  del  Settecento,  Torino  (1916),  pp.  99  egg., 
intitolato  La  guerra  e  la  pace  nel  pensiero  italiano  del 
sec.  XVIII. 

31.  Ecco  di  Gnido  al  tempio  (Intl.,  I,  95).  È  la  16»  delle  Ana- 

creontiche del  Vittorelli,  nella  ediz.  Venezia,  1797;  nel- 
l'ediz,  Simioni,  p.  88.  Neli'Addition.  31759,fol.  15,  e  daU 
anonima  (Husbes,  II,  611),  e  parimente  nell' Addition. 
31769,  fol.  37*,  con  la  var.  Questo  è  di  Onido  il  tempio. 

32.  Erma  valle,  amico  mo  (Ind.,l,  96).  In  Hughes,  II,  613,  dal- 

l'Àddition.  31769,  fol.  846,  musicaU  dal  Widmann. 

33.  Fìlle,  se  mai  pretendi  {Ind.,  I,  97-98).  Conquesto  some  pa- 

storale di  Fille  e  di  Fillide  incominciano  molti  madri- 
gali e  canzonette  dei  secoli  XVI  e  XVII  (cfr.  Yooel,  I, 
22,  27,  62,  63,  ecc.).  Di  Filli  invocate  in  rima  sono  pieni 
particolarmente  i  Madrigali  di  Bartolomeo  Barbeiino (Ve- 
netia,  1617),  e  le  Canzonette  dello  stesso  (Venetia,  1613), 
come  si  può  vedere  dai  capoversi  clie  ne  riferisce  il  Vogel, 
I,  63.  Numerosi  i  capoversi  che  cominciano  con  Fille  e 
Filli  anche  nell'Indice  dell'HuoHES. 

34.  Fra   cento  affanni  e  cento  {Ind..  I,   101).  È    del    Metaetasio 

(Opere,  ed.  cit.,  I,   12),  nell '.^r/o serse,  a.  II,  se.  2*. 

35.  Fra  Formica,  fra   Formica  {Ind.,  !.  102).  Deformato  in  Fan- 

formica,  Fanformica.  si  trova  trascritto  dal  Besnoni  nei 
cit.  Canti  popol,  veneziani,  punt.  XI,  n.  8.  Le  trasforma- 
zioni e  varianti  sono  qui  non  poche,  nà  lievi;  questa,  so- 
vrattutto,  che  invece  d'una  "  citella  .  come  nel  nostro  me., 
la  compiacente  devota  è  una  "  vedovella  ,. 

36.  Forza  h  ch'io  ceda   {Ind.,  I,  22).  In    Hoohes,  IJ,  365,  dal- 

l'Addition.  31817,  della  fine  del  sec.  18°,  come  aria  dì 
Angelo  Tarchi. 

37.  Già  la  notte  s'acncina  (Ind.,  I,  112).  Hughes,  II,  592  e  84, 

dall' Addition.  31742,  del  sec,  18°,  registra  fra  le  '  Can- 
zoncine ,  con  accompagnamento  di  piano,  di  Domenico 
Cimarosa,  Già  la  notte  s'avvicina,  e  dall'Addition.  31732, 
della  seconda  metà  del  sec,  18°,  fra  i  DiteUini  notturni 
di  Gottlieb  Naumann,  autogr.,  al  fot.  6,  Già  la  notte  s'av- 
vicina, le  cui  due  prime  strofe  sono  prese  dalla  Cantata 
La  Pesca  del   Metastasi»,  musicata   dal    Porpora   (confr. 


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3BTTKKKT0  CANOKO  209 

S.  Mattei,  Prefaz.  al  t.  XIII  delle  O^wrt  del  Metastasio, 
Napoli.  1784).  Opere,  ed.  cit.,  Vili,  375. 

38.  Giunse  il  fatai  momento  {Ind.,  I,  114).  In  Huohbs,  II,  309, 

dali'Addition.  14396,  o.  del  1786,  registra  Giunse  al  fin 
il  momento,  che  è  il  rondeau  de  Le  Nozze  di  Figaro,  eoo 
aocorapagnamento  di  pianoforte  del  Mozart. 

39.  Grazie  agl'inganni  tuoi  (Jnd.,  7,  115).  Io  Hughbb,  li,  585, 

dali'Addition.  24307,  canto  con  accompagnamento;  e  a 
p.  7  dali'Addition.  31462;  in  entrambi  i  casi  anonima. 
Ma  è  la  famosa  canzonetta  metastasiana  La  libertà,  dalla 
quale  qui  sono  riprodotte  con  una  storpiatura  {lagni  in- 
vece di  lacci)  due  strofette  soltanto. 

40.  Guarda  che   bianca  luna  {Ind.,  1,  117).  È   la  7*  nella  Rac- 

colta delle  Anacreontiche  del  VittorelH,  ed.  cit.  di  Venezia  ; 
nell'ediz.  cit.  del  Simioni,  a  p.  84. 

41.  Il    cagnolin    vezzoso  {Ind.,  I,  121).  È    del  Vittorelli,  fra    le 

Anacreontiche,  ed.  Simioni,  p.  82. 

42.  H  mio  ben  quando  verrà  {Ind,,  li,  28).  H  mio  ben  è  i)  prin- 

cipio d'uno  dei  Madrigaletti  a  due  ei  a  tre  voci,  compresi 
nel  Canto  primo  di  Stefano  Bernardi,  Venetia,  Vincenti, 
1627  (VooBi,,  I,  90).  Ma  questa  e  l'aria  famosa  della 
Nina  pazza  per  amore,  del  Lorenzi,  come,  del  resto,  av- 
verte la  didascalia  del  nostro  ms.  Sì  trova  registrata 
anche  in  Huqhes,  II,  315,  dal  ma.  Addition.  31724,  fol.  16  b, 
come  musicata  dal  Paìsiello,  nel  1787. 

43.  La  gelosia  i  bestiola  {lnd.,1,  133).  Hughes,  II,  642,  nell'Ad- 

dition.  32314,  segnala  3  Cantate  italiane  del  Oraun,  una 
delle  quali  La  Gelosia  com.  '  Ahi,  qual  cruccio  ,, 

44.  La  Nanata   villanella  {Ind.,  l,  136).  Huohes,  II,  610,  dal- 

i'Addition. 31755,  del  princìpio  del  sec.  XIX,  contenente 
Canti  specialmente  twieziani,  canzonette,  ecc.,  con  accompa- 
gnamento: *  La  Nanetta  ,,  probabilmente  la  stessa  della 
nostra  raccolta. 

45.  La  neve  alla  montagna  {Ind.,  I,  157).  Huohes,  II,  370,  nel- 

l'Additìon.  17830,  del  aec.  XVIIl-XIX,  contenente  fram- 
menti di  Opere  di  mano  di  Domenico  Dragonetti,  fol.  47, 
addita  La  neee  in  la  montagna.  Ma  è  del  Rolli,  L'Inverno  ; 
solo  le  prime  due  strofette. 

46.  La  sorte  mia  tiranna  {Ind.,  I,  142).  %  del    Metaatasio,  nel 

Siroe,  a.  I,  se.  13»  {Opere,  ed.  cit..  Ili,  245).  Neil' Addition. 

JUi  ittUa   k.  Acendim-t  —  Voi.  LV.  14 


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210  VITTOHIO  CUN 

'H1654  (e.  1751-7),  contenente  ^ne  con  sinfonie  e  accom- 
pagnamento di  musica,  in  questa  parte  di  Baldass.  6a- 
luppi;  al  fol.  177  il  HuoHES,  IT,  290,  segnala  <|aflst'arìa. 

47.  Lilla,  se  non  m'intendi  {Ind.,  I,  144).  Nel  Voqel,  1.  70.  156. 

229,  246,  troviamo  non  poche  canzonette  mosicali  che 
nel  capoverso  recano  il  nome  di  Lilla,  ma  nesmna  che 
possa  identificarsi  con  la  nostra. 

48.  Luci  adorate  del  mio  trsoro  (Ind.,  I,  146-7),  Hughes.  Il,  275, 

segnala  nell'Addition.  31655  (e.  1747-48),  al  fol.  22:  Luci 
amate,  di  Matteo  Capranica. 

49.  Mamma  mia,  non  mi  gridate  (Ind..  1,149).  È  anche  nell'Ad- 

dition. 31724,  poster,  al  1794  (Hdoheb,  TI,  576),  e  nel- 
l'Addition. 25075.  della  fine  del  sec.  18°  (Huobes,  li.  596). 
Racconto  d'una  licenziosa  avventura  con  un  frate;  non 
ne  ho  trovato  riseontri  nella  letteratura  antifratesca. 

50.  Mama  mia,  qttal'è  quell'aria  {Ind.,1,  150).  Interessante  e  gu- 

stosa varietà  del  vecchio  motivo  tradizionale  della  ra- 
gazza desiderosa  di  nozze;  sovrattutto  perchè  ci  troviamo 
dinanzi  ad  una  di  quelle  "  incatenature  .,  che  furono  co^ 
btiiie  illustrate  dal  D'Ancona,  da  Severino  Ferrari  e,  recen- 
temente, dal  Nevati.  Il  quale  ultimo  nel  bel  Contributo  cit., 
pp.  904  3gg.,  illustrò  come  nessun  altro  avrebbe  potuto, 
r  "  incatenatura  .  u  '  fricassea  ,  di  Lodovico  Fogliani, 
compresa  nel  IX  libro  delle  Frottole,  edite  dal  Petrucci 
fra  il  1504  e  il  1508.  Riservandomi  dì  illustrare  altrove 
la  nostra  canzonetta-incatenatura,  mi  limito  qui  ad  ad- 
ditare due  altri  esemplari  settecenteschi  veneziani  di 
contrasto  fra  madre  e  figlia;  quello  Le  concuhion  '  Siora 
mare,  consolème  „,  e  l'altro.  Contrasto  fra  la  mare  e  la 
fia  che  voi  maridarse  (che  com.  *  L'è  curiosa  che  no  possa  ■), 
■  entrambe  fatte  conoscere  dal  Malamani,  Il  Settecento  a 
Venezia.  II.  La  Mu.ta  popolare,  Torino,  1892,  pp,  93-5, 
259  sg.  Il  Malamani  pubblicò  anche  (pp.  241  eg.)  un  Con- 
trasto tra  mare  e  fia  per  un  gobo,  del  1740  (che  com, 
"  Cessa  fustu,  di,  Zaneta  ,),  interessante,  perchè  la  madre 
confessa  che  Tonino,  alla  cui  mano  aspira  la  figlia,  è  og- 
getto del  suo  amore,  onde  essa  vorrebbe  darle  invece  un 
caro  '  gobeto  ,. 

51.  Maritati,  o  poverelli  [Ind.,  l,  153).  In  Hughes,  TI,  306  e  381, 

è  registrato  dallAddition.  31747  (sec.  XVKI-XIX),  il  re- 


zed.yGOOgle 


SBTTECBKTO  CANORO  211 

citativo  '  Misero  Bernardone  ,  con  aria  "  Maritati  pove- 
relli ,,  eoQ  aìnfonie  e  accompagnamento  di  vari  strumenti, 
di  Domenico  Cimarosa  (P). 

52.  iTha  ditto  la  mia  marna  {Ind.,  I,  157).  In  Hdobes,  II,  593, 

è  registrato  dall'Addition.  31742  (sec.  XVIII):  ■  Mi  ha 
detto  la  mìa  mamma  ,. 

53.  Mio  ben,  ricordati  (Ind.,  I,  162).  È  del    Metaatasio  (Opert, 

ed.  cit.,  IV,  331),  aelV Alessandro,  a.  IH,  se.  7*,  e  occorre 
anche  nell'Addition.  31759,  fol.  106  b). 

54.  Mio  por,  tu  prendi  a  scherno  {Ind.,  I,  163).  S  anche  questa 

del  Metastaaio  {Opere,  ed.  cit.,  II,  403),  nel  Ciclope. 

55.  Nella  stagion  dei  bòcoli  {Ind.,  I, '169).  Come  s'è  avvertito,  è 

una  riduzione  dal  Lamberti.  Gfr.  MALAHAta,  op.  citata, 
pp.  58-60,  che  la  dice  ridotta  dal  francese.  II  Mal.  avverte 
in  nota  2,  p.  60.  che  la  musica  di  questa  canzonetta  si 
può  trovare  al  Museo  Civico,  Raccolta  Cicogna,  a.  157, 
biwtalS.  È  anche  nell'Addition.  31759,  registrata  dall'Ho- 
OBE6,  II,  611.  Si  trova  nella  iV^uomi  Collezione  di  poesie  scritte 
in  dialetto  veneziano  da  Antonio  Lahbebti,  voi.  1,  Treviso,  tip. 
Andreola,  1835,  pp.  180-3,  col  titolo  Et  tropo  e'I  tropo  paco. 

56.  Niee  dorme,  io  bagno  iiUanto  {Ind.,  I,  170).  È  nel  solito  Ad- 

dition.  31759,  fol.  121  b,  registrata  dall'HuoHES,  II,  612. 

57.  iVina,  non  dir  di  no  (Ind..  I.  172-173).  È  trascritta  in  tre  Ad- 

dition.  31760,  31755,  31757,  in  Hdoheb,  II,  607,  610  e  611. 

58.  Non  è  vero,  ingrata  Nice  {Ind..  I,  176).  Hughes,  II,  609,  la 

segnala  nell'Addition.  34202,  fol.  73  (sec.  18''-I9'>). 

59.  Non  far  la  smorfiosa  {Ind.,  I,  177).  Dall'Addition.  31759, 

fol.  4,  la  registra  Hdohes,  li,  611, 

60.  Non   so  frenare  il  pianto  {Ind.,  I,  180).  È  del  Metaatasio, 

Demetrio,  a.  II,  se.  12',  ed  è  trascrìtta  nei  quattro  Ad- 
dition.  31632,  31634,  14230  e  31593  (Hughes,  II,  287, 
298,  329,  340).  Nel  primo  di  questi  mss.  l'aria  figura 
come  del  Farnace  di  Gius.  Adami  su  parole  del  Meta- 
stasio,  nel  quarto,  come  musicata  da  Leonardo  Vinci. 

61.  Non  ti  appressare  all'urna  {Ind.,  I,  181).  È  la  21*  delle  cit. 

Anacreontiche  del  Vittorelli,  ma  col  capoverso  Non  t'ac- 
costare all'urna  appare  anche  negli  Addition.  31759  e 
31769  (HuoHBB,  II,  611,  613),  nonché  nella  stampa  in 
foglio  volante,  creduta  del  Malahahi,  op.  cit.,  p.  236, 
nota,  dove  è  adespota. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


212  VITTORIO  CIAN 

62.  Non  v'i  più  barbaro  (Ind.,  I,  182).  È  del  Metastasio  (De- 

metrio, a.  II,  scena  11*)  ed  è  traacritta  anche  negli  Àd- 
dition.  14230  (sec.  18»),  31598  e  31651,  nel  secondo  dei 
quali  figura  come  muaicata  da  Ad.  Haase,  nel  terzo  da 
Q.  Pr.  de  Maio  (HtroHES,  II,  329,  289.  298). 

63.  Numi,  se  giuati  siete  (Ind.,  1,  183).  È  dol  Metastaaio,  nel- 

V Adriano,  a.  1,  se.  11*  (Opere,  ed.  cit.,  I,  137);  appare 
anche  trascrìtta  nell'Additios.  31724  (Hughes,  II,  315). 

64.  0  cara  immagine  del  mio  tesoro  (Ind.,  I,  185).  È  anche  nel- 

l'Addition.  14208  (sec.  18",  seconda  metà),  quale  cavatina 
con  accompagnamento  dì  piano,  di  Camillo  Aureli  (Hughes, 
II,  328). 

65.  Oh  che  caso,  che  strano  ai»ù2en^e  (7tu2.,  Il,  46).  Nell'Additton. 

31756  il  Hughes,  II,  611,  registra  on  Oh  che  caso. 

66.  Oh  che  felici  pianti  (Ind.,  I,  189).  È  del  Metastaaio  (Opere, 

ed.  cit.,  VI,  47),  nella  Zenobìa,  a.  II,  se.  5*. 

67.  Oh  Dio!  mancar  mi  sento  (Ind.,  I,  190).  È  anche  questa  del 

Metastaaio,  nsìV Adriano,  a.  IH,  se.  2*  (Opere,  ed.  cit.,  I, 
192).  Cfr.  l'Addition.  31649,  in  Hdohbs,  II,  260. 

68.  Ornai    tutto    oscura   notte    (Ind.,  1,  194).   La    didascalia   del 

nostro  ma.  '  Carlotta  alla  tomba  di  Verter  ,,  dovrebbe 
agevolare  l'identificazione. 

69.  Ombra  cara  ed  amorosa  (Ind.,  I,  195),  Hughks,  II,  348,  la 

segnala  esistente  nell'Addition.  14175,  della  2' metà  del 
sec.  18",  come  musicata  da  Tommaso  Traetta. 

70.  Ombre  amene,  amiche  piante  (Ind.,  I,  196).  È  del  Metastasio 

neiV Angelica,  P.  I  (Opere,  ed.  cit.,  X,  196).  Trovasi  pure 
neir  Addition.  31742  (sec.  18°},  registrata  dall'HcoHEs, 
H,  593. 

71.  Ombre   dilette,  insane  (Ind.,  I,  198).  Nonostante   la   grande 

somiglianza  del  capoverso,  non  è  identificabile  con  ì'Ombra 
dilata  del  Metastasio  (Opere,  ed.  cit.,  H,  146).  (Hr.  l'Ad- 
dition.  30973,  in  Hughbs,  li,  293. 

72.  Or  che  la  notte  placida  (Ind.,  I,  199).  Il  Vogel,  I,  144,  se- 

gnala nel  iVtmo  mazzetto  di  fiori  musicalmente  eoJtt  dal 
Giardino  Bellerefonteo,  ecc.,  di  B.  Castaldi  (Venetia,  Vin- 
centi, 1623),  una  canzonetta  Or  che  la  niOte.  Mell'Ad- 
dition.  31759,  abbiamo  Or  chela  notte  ombrosa  (Huohes. 
II,  611;  cfr.  anche  II,  613,  dall'Addition.  31769). 

73.  Orgoglioso  fiumicello  [Ind.,  I,  200).  È  recata  anche  nelI'Ad- 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


SETTBCBKTO  CANORO  213 

ditìon.  31591,  in  un  gruppo  di  Canzoncine  probabilmente 
di  Domen.  Cimarosa  (Htiohes,  II,  606);  nell' Additìoo. 
14229  (e.  1723-32),  come  muaicatA  da  Giov.  Ad.  Hfisse 
(HtTQHBS,  U,  514),.  e  oelI'Addition.  81604,  musicata  dallo 
Hasse  (Hu&hes,  U,  527). 

74.  Parma,  compatirne  (Jnd.,  I,  206).  È  anche  nell'Addition.  31724 

e  nel  31755  (Hc&hes,  U,  315,  610),  ma  forse  tanto  vb- 
rìata  dal  nostro  quanto  è  il  testo  offerto  dal  MALAiuin, 
op,  cit.,  pp.  120-2,  col  titolo  Cassa  che  panaria  e  anonima. 

75.  Parapatun  ck'è  morta  la  vecia  (Ind.,  I,  205).  Fa  pensare  alla 

canz.  Pata pota  patapon  dell'Egerton  1519-1521,  in  Hughes, 
n.  518. 

76.  Partirò  dal  caro  bene  (Ind.,  I,  207).  È  anche  nell'Addition. 

31812  (Hu&HES,  n,  320). 

77.  Passò  quel  tempo,  Enea  {Ind.,  II,  54).  È  del  Metastasìo,  nella 

nota  se.  4*  dell'a.  Il  della  Bidone  abbandonata  {Opere, 
ed.  cit.,  m,  49). 

78.  Per  carUà,  Belina  {Ind.,  I,  213).  L'Hdghes,  II,  610,  la  re- 

gistra nell'Addition.  31755. 

79.  Per  te,Nina,pien  (^affetto  (/mf.,  I,  219).  Anche  nell'Addition. 

31755  e  nel  31756  troviamo  una  Per  ti,  Nina  (Hughes, 
n,  610-11). 

80.  Per  vivere  contenti  {Ind.,  I,  221).  Pare   la    contenga    anche 

l'Addition.  31724,  posteriore  al  1794;  dico  '  pare  ,,  perchè 
in  HuoHES,  II,  576,  il  capoverso  è  dato  con  nna  variante 
nella  parola  finale  in  rima:  "  Per  vivere  contento  ,. 

81.  Prendi,  Augusto  compiangi  e  non  l'amico.   Cfr.  piìi  nanzi,  il 

n.  86. 

82.  PupilletU,  die  destate  {Ind.,  \,  228).  In  HijOHEa,II,  169  e  524, 

sono  registrate  da  due  mss.,  l'Addition.  24312  (sec.  18°), 
un  madrigale  dì  Alessandro  Strudella  che  com.  PupilOte 
amorose,  e  l'Addition.  14211,  del  1736  e,  una  canzonetta 
Pupillette  idolatrate,  di  Frane.  Mancini. 

83.  Pitti,  mi  gho  qua  un  fior  {Ind.,  1,  229).  È  anche   nell'Ad- 

dition. 31757,  come  rilevo  dall'HuGHES,  II,  611. 

84.  Quanto  mai  felici  siete  (/n(2.,  1,235).  È  del  Uetastasio  (Opere, 

ed.  cit.,  Il,  226).  È  pure  nell'Addition.  31655  e  nell'Ad- 
dition. 31676  (Hdohes,  II,  276,  344). 

85.  Quella  fiamma   che  m'accende  {Ind.,  I,  238).  Nel    Sokneck, 

II,  337,  è  segnalata  un'aria  Quella  fiamma  che  v'accende. 


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214  VITTORtO  CIAN 

come  tratta  dal  Curioso  accidente,  dramma  giocoso  per  mu- 
sica di  Giov.  Bertati,  da  rappresentarsi  nel  nobile  Teatro 
Giustiniani  in  8.  Moisè  per  la  prima  opera  dell'autnoco 
1789,  Venezia,  Zenzo,  1789. 

86.  Recami  quell'acciaro  {Jnd.,  II,  61).  È,  ridotta,  del  Metaatasio. 

nell'ozio,  a.  II,  so.  7*  {Opere,  ed.  cit.,  Il,  254).  È  anche 
nell'Àddìtion.  14208,  dei  sec.  18°,  come  musicata  da  Ant. 
Sacchini,  e.  1770.  Col  verso  che  precede  *  Prendi,  Au- 
gusto compiangi  e  non  T  amico  .,  essa  compare  nella 
P.  I,  e.  5  a,  a.  227  bis  del  nostro  Ind. 

87.  Ricordati,  mio  bene  (Ind.,  I,  241).  Nell'Addition.  14223,  della 

metà  del  sec.  18°,  v'è  un  Ricordati,  ben  mio,  musicato  da 
Niccolò  Piccinni  {Hughes,  II,  285). 

88.  Sacre  piante,  amicorio{Ind.,l,2i2).È  del  Metastaaio (Op«r<!, 

ed.  cit.,  Vili,  346),  nella  Festa  teatrale  -  Cantata  il  Par- 
naso confuso. 

89.  Sacri  orrori,  amiche  selce  [Ind.,  I,  243).  È  anche  del  Meta- 

atasio (Opere,  ed.  cit.,  XIII,  109).  Cfr.  t.  VII,  102,  Primo 
■  stato  (redazione)  Ae\V Azione  sacra  intitolata  S.  Elena  al 
Calvario,  dove  le  due  strofe  cominciano,  alquanto  variate: 
"  Sacri  orrori,  ombre  felici  ,.  È  anche,  con  evidente  va- 
rietà, un  '  Coro  ,  nell'Addition.  31717  (Hcohbs,  II,  346), 
che  com.  :  Sacro  orrore. 

90.  Saper  bramate  (Ind.,  I,  244).  È    del   Metestasio  (Opere,  ed. 

cit.,  VII,  56),  nella  Semiramide,  a.  II,  se.  4*. 

91.  Se  cerca,  se  dice,  ecc.  (Ind.,  I,  245).  Anche  questa  è  del  Meta- 

staaìo  (Opere,  ed.  cit.,  II,  6b),neìl' Olimpiade,  a.  II,  se.  10*). 
Lo  reca  anche  l'Addition.  32674,  con  musica  del  Jom- 
melli  (1769),  come  nota  rUuoHea,  II,  385. 

92.  Se  mi  ce  fosse  arente  (Ind.,  1,  249).  E  tratta,  adespota,  come 

sempre,  dalla  commedia  di  0.  Goldoni,  /  due  gemelli  ve- 
neziani, a.  Ili,  se.  2*.  La  riprodusse  il  Malamani,  op. 
cit.,  pp.  67-8. 

98.  Si,  chi  son  io  lo  sai  (Ind.,  Il,  65).  L'Addition.  31440  (anter. 
al  1685  P),  contenente  Madrigali  a  5  voci  di  F.  Reggio, 
al  fol.  1856,  reca  Si  ch'io...  (Huohes,  11,  155).  Sarà  lo 
stesso  canto? 

94.  Si,  tacerò,  se  così  vuoi  (Ind.,l,  254).  È  del  ì/letABtaaio (Opere, 
ed.  cit.,  IX,  10),  nel  dramma  //  trionfo  di  Clelia,  dove  il 
capoverso  è  nella  forma  corretta:   '  Si,  tacerò  se  vuoi  ,. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


SETFBCBNTO  CASOSO  215 

95.  Si,  veramente  io  deggio  {Ind.,  II,  €7).  È  nella  Didone  abban- 
donata del  Metaetasio,  a.  II,  se.  4*  (Opere,  ed.  cit.,  a.  Ili, 
8C.  4'). 

36.  Solitario  bosco  ombroso  {Ind.,  1,  255).  Si  trova  anche  nel- 
l'Addition.  31724  (poster,  al  1794),  nell'Addition.  31817, 
della  fìne  del  sec.  18°,  e  nell'Addition.  17830  (xec  ISo-lO"), 
come  appare  dall'HuanES,  n,  576,  365,  .S70.  Ma  è  del  Rolli 
De'  Poetici  componimenti  del  sig.  P.  Bolli,  lib,  li,  Nizza, 
1782,  pp.  165  Bg.). 

97.  Son  ferito  in  mezzo  al  core  {Ind.,  1, 258).  Nell'Addition.  14218 

(del  1688?),  l'HuQHES,  II,  485,  registra  una  cantata,  al 
fol.  71,  che  com.  Son  ferita. 

98.  Sorge  la  bella  Aurora  {Ind.,  I,  259).  Nella  raccolta  di  Con- 

zoneUe  a  una  e  due  voci,  ecc.,  di  Bartolou.  Barbarino 
da  Fabriano  detto  il  Pesarino,  Venetia,  1616  (Vogbl,  I,  63), 
è  una  canzonetta  Sorge  l'Aurora  dì  Frane,  Corniani. 

99.  Spine,  voi  che  germogliate  {Ind.,  I,  262).  È  anche   nell'Ad- 

dition. 31759,  del  principio  del  sec.  18°  (Hughes,  II,  611). 

100.  Sul  mattin   quando   l'Aurora  {Ind,,  I,  266).  Nella   raccolta 

di  Canzonette,  ecc.,  cit.,  aotto  il  n.  98,  è  indicata  dal  Yooel, 
I,  63,  la  canzonetta  del  Rinuccini  Sul  mattin  quando. 

101.  Superbo  dime  stesso  {lnd.,U,  69  ftis)- Negli  Addition.  31648 

(1730-1813),  31602  (Hughes,  II.  259,  266),  contenente 
Arie,  ecc.,  da  Opere,  e  29274,  nel  primo  con  musica  del 
Gimarosa,  negli  altri  due,  del  Pergolese,  è  registrata 
quest'aria  àeìV Olimpiade,  a,  I,  se.  2"  (Opere,  ed.  cit.,  Il,  13). 

102.  7^  fflt   sprezzi  e   tu   non    m'ami  (Ind.,   t,  270).  Ricorda  il 

Tu  mi  disprezzi,  ingrato  del  Metastasio  (Opere,  ed.  cit., 
Vn,  50). 

103.  Tutto,  mie  care  donne  {Ind.,  I,  272).  Nell'Addition.  31712, 

della  fine  del  sec.  18°,  è  registrata  quest'Aria,  probabil- 
mente dall'opera  La  forza  delle  donne  (1780)  di  Pasquale 
Anfossi  (HuoHES,  II,  362). 

104.  Vago  pensando,  o  nonola  {Ind.,  1,  276),  Premesso  che  '  vago  „ 

anche  oggi,  nella  parlata  veneziana,  equivale  a  '  vado  ,, 
e  che  *  nonola  ,  è  un  vezzeggiativo  amoroso  corrispon- 
dente, press'a  poco,  a  *  cuor  mio  „,  noto  che  questa  canzon. 
è  del  Lamberti  (Nuova  collezione  cit.,  voi.  I,  pp,  137-9, 
dove  s'intitola  El  pensier),  e  fu  riprodotta  dal  Malahani, 
op.  cit.,  pp.  137-9.  Ma  nel    nostro  ms.  questa   deliziosa 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


TITTOKIO  CIAK 


Btrofette.  È  anche  negli 
musica    di    G.  S.  Mayer 


canzonetta  è  ridotta  da  14  a 
Addition.  31756  e  31757,  oo 
(Hughes,  II,  610). 

105.  Vedrete   che   allegria   {Ind.,  I,  278).   Nell'Addition.  31705, 

contenente  numeri  d'opera,  con  sinfonie  e  accompagaà- 
menti,  ecc.,  questa  canzoo.  è  data  come  tratta  da  un'opera 
di  Vino.  Martini,  nella  quale  appaiono  Ciprigna,  Finta  e 
Bonarco  (Hughes,  II,  362). 

106.  Vicino  a  Nina  {Ind.,  I,  280).  Nell'Addition.  31756,  questa 

canzon.,  al  fol.  21,  è  data  con  musica  di  6,  B.  Peruchini 
(Hdohes,  ir,  610).  È  del  Lamberti  e  ai  legge,  col  tìtolo 
El  sofà,  nella  cit.  Nuova  Confezione  delle  sue  Poesie,  voi.  I, 
pp.  177-9. 
1G7.  Vieni,  o  real  donzella  {Ind.,  I,  280  bis).  È  anche  nell'Ad- 
dition.  31650,  contenente  Arie  di  Opere,  del  1730,  al 
fol.  16,  come  tratta  dall'opera  I  giochi  d'Agrigenti  (1792) 
di  Giovanni  Paisiello  (Hughes,  lì,  260). 

108.    VlLLOTTB. 

Se  ne  danno  qui  i  capoversi  in  ordine  alfabetico,  indicandone 
la  collocazione  net  ma.,  e  avvertendo  che  si  trovano 
tutte  nella  1*  Parte  e  sono  pubbl.  in  parte  neWAppend. 

1.  Alta  da  terra  senza  la  pianella e.  17  fr 

Segue,  concatenata,  alla  n.  37  Sette  bellezze. 

2.  Andando  a  Medro  colla  me  messora 

3.  A  notte,  a  mezza  notte  sona  i  vespri 

4.  Arsera,  l'altra  sera  ho  visto  l'Orco  . 

5.  Gara,  per  ben  mostrar  le  tue  fattezze  ...     e.     5  6 

6.  Diavolo  lo  porta  via  lo  paroloto e.   17  fr 

7.  Dicono  i  vati  che  sia  il  Dio  Cupido 

8.  È  andado  a  messa  prima  el  me  Curato 

9.  Era  nell'orto  che  basava  el  gatto     .     .     .     ,     e.  17  fr 

10.  E  venze  fora  el  paron  de  quelle  zucche 

11.  Ohe  vogio  tanto  ben  all'anzoleta e.     5  fr 

Si  trova  anche  nel  Bernoni,  op.  cit.,  Punt.  11,  n.  54. 

12.  Idolo  mio,  deh  vieni  il  suono  umile ....     e.     5  ^ 

13.  Il  rossignuolo  dal  natio  boschetto 

14.  Il  mio  garzone  il  pifero  suonava  . 

È  la  1"  di  un  ciclo  di  6  villotte,  che  si  pub- 
blicano in  Appendice,  n.  16. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


19). 


SETTKCBNTO  CANORO 

15.  La  chitarrìna  no  la  voi  più  sonare 

16.  La  me  morosa  è  cara  cara  .     .     . 

17.  La  me  morosa  l'è  dura  de  corpo. 

18.  La  me  morosa  la  s'è  ca...  adosso 

19.  La  me  morosa  l'è  una  bella  putta 

20.  La  me  morosa  la  se  da  Pelanda. 

21.  La  me  morosa  l'è  una  bella  putta 
(Continua  diversamente  dall'antecedente 

22.  La  me  morosa  quando  che  glie  scappa 

23.  La  me  morosa  stava  alla  finestra     .     . 
(Continna  con  un'altra  cosf  sconcia,  che  il  ca- 
poverso non  ne  è  riferibile). 

24.  La  prima  volta  ch'ho  dormìo  con  donne    .     . 
25-8.  Me  son  inamorado  in  quattro  vede    .     .     . 

(Seguono   altre    tre   villotte    incatenate    con 
questa,  tutte  contro  le  vecchie). 

29.  Me  son  inamorà  in  una  marzetta 

30.  Me  Bonti  innamora  o  m'innamoro 

31.  Morosa  bella,  vota  che  te  diga    .     . 

32.  Non  mi  far  languire,  o  vita  mia .     . 
83.  Omini  della  vai  fé  tuti  festa  .     . 

34.  Oh  tote  via  de  qua,  mostasso  intento 

35.  Parapatun,  ch'è  morta  la  vecchia 

36.  Put...  busBFona,  ho  visto  l'orco     .     . 

37.  Quando  frisin  frison  frìsea  lo  pesse  . 

(La  stessa,  con  lievi  varianti,  a  e.  5 

38.  Quando  sarà  quel  di  e  quella  notte  . 

39.  Quant'esser  pagheria  in  un  zinbattino 

Era  stata  già  registrata  nelì'Tndice,  sotto 
n.  234,  P.  l. 

40.  Quanti  ghe  n'è  che  brama  la  fortuna    . 

41.  Questo  piii  bel  seren  fu  nuvolao  .     .     . 
È  anche  nel  Bebnoni,  op.  cit.,  Punt.  II,  n 

42.  Se  mai  ti  apiran  l'aure  al  viso  intorno 

43.  Sette  bellezze  ha  d'aver  la  donna     .     . 
(Sì  continua  con  Alta  da  terra,  ecc.,  al  i 

44.  Su  tn  vedessi  il  e...  de  la  me  Togna 

45.  So  andà  su  chìgb  dalla  Cattarina     .     . 

46.  Son  nato  appena  al  mondo  ch'ho  sentito 

47.  Son  stato  per  il  mondo  a  me  palese 


54 

,  17  4 

5ft 

17  4 


18  4 
54 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


218  rrrroRio  ciav 

18.  Sospira  pur  sovente,  idolo  mio e.    6  a 

49.  Sta  notte  ho  visto  la  Togna  sn  l'ara     .    .     .    e.  Il  b 

50.  Sta  notto  m'ho  insogna  la  Ltsabetta 

51.  Sta  notte  son  sogna  c'fao  ca..  in  letto 

52.  Talor  m'augbro  diventar  un  cane 

53.  Tanti  ghe  n'è  che  sona  al  conaggioiie 

54.  Tiritofoto  vegnl  fora  col  brenton  e  cola  lora     e.    bb 

Di  villotte  abbiamo  raccolte  antiche  e  moderne,  spesso 
interessanti.  Fra  le  più  antiche  a  stampa,  con  questo 
nome,  sono  quelle  comprese  nel  Libro  primo  della  For- 
tuna, silloge  musicale,  stampata  a  Venezia,  forse  da  Ottav. 
Scoto,  nel  1535  (Vooel,  II,  379),  seguito  dalle  rare  rac- 
colto, segnalate  e  descritte  dal  Vooel,  t,  46-7,  di  Filippo 
Azzaiolo,  Il  primo  libro  di  ViUote  alla  padoana  con  alcune 
napoliiane  a  quattro  voci  intitolate  ViUote  del  fiore,  Ve- 
netia,  per  Antonio  Qardano,  1557,  e  11  secondo  libro  di 
ViUote  del  fiore  alla  padoana  con  alcune  napolìtane,  ecc., 
Venetia,  Gardano,  1559.  Fra  le  più  caratteristiche  sono 
le  friulane,  delle  quali  abbiamo  le  note  raccolte  del  I^eicht 
(1867),  dell'Arboit  (1876),  ecc.  Del  Caliari  abbiamo  ^a- 
tiche  villotte  e  aUri  canti  del  folk-lore  veronese,  Verona- 
Padova,  Drucker,  1900.  Mediocre  lavoro  e,  nella  parte 
consacrata  al  dialetto,  pretensionoso  e  superficiale,  è  il  vo- 
lumetto cit.  di  C.  SouBOBN,  Das  retiezianische  Volktlied: 
Die  Villotta.  Delle  villotte  parla  piìi  volte  il  Rdbibbi, 
Storia  d.  poesia  popol.  ital.,  Firenze,  Barbèra,  1877,  e  sul 
significato  di  questa  parola,  equivalente  all'altro  di  *  vil- 
lanella ,,  vedasi  F.  Novati,  Contributo,  cit-,  p.  960. 

109.  Za  s'abbazava  el  zorno  [Ind.,  I,  284).  È  anonima,  come  tutte 
le  poesie  della  nostra  raccolta,  ma  è  certamente  del  Lam- 
berti, ed  è  la  seconda  parte  della  famosa  canz.  La  bion- 
dina in  gondoleta  (La  Gondoleta).  SÌ  trova  staccata  anche 
nell'Addition.  34295  (Hughes,  II,  609-1 1)  ;  mentre  nell'Ad- 
dition.  31756  sono  comprese  tutt'e  due  le  parti  (Hughes, 
II,  610).  È  riferita  anche  dal  Malaham,  op.  cit.,  pp.  188-9. 
Questa  seconda  canzonetta  s'intitola  nelle  stampe  La  Ma- 
rina {Nuova  Collezione  cit.,  voi.  I,  pp.  91-3), 


zed.yGOOg[e 


3ETTECBNTD  CANORO 


APPENDICE 


Pei  ti,  mia  cara  Nina, 
Non  BO  trovar  mai  paae, 
Qnel  tanto  ohe  me  pìaaa 
If'a&nnB  notte  e  d{. 


E  par  ch'ella  mi  dina: 

'  Caro,  ze  qua  el  momento 
Cbe  ti  tatb  contento, 
Cbe  te  dirb  de  «i  ,. 


[Zonetto  a  Gattina]. 


Da  brava,  Cattina, 
Hottreve  booina, 
Mostre  y e  pietosa, 
Cortese  con  mi. 

Uu  baso  domando. 

No  ze  un  con  trabando, 
No  xe  una  gran  coea, 
Diaeme  de  si. 

Fin  l'uso  el  consente, 
L'È  n>  baso  innocente. 
Né  soHre  alcun  danno 
La  vostra  virtii. 

Cbe  ecropolo  è  qqetto? 
Che  genio  molesto? 
Che  sorte  d'inganno? 
Ho  vìa,  disé  sii. 


Base  pur  lior  pare. 

Base  pur  sìora  mare, 

E  al  vostro  Zanetto 

Va  baso  neghé? 
Sa  ve  che  v'adoro, 

Che  ih  el  mio  tesoro, 

E  in  premio  al  mio  affetto 

Cnsi  me  tratte? 
8b  amabile  e  cara, 

No  sìé  tanto  avara. 

No  sié,  cara  xoia, 

Scortese  con  mi. 
Da  brava.  Gattina, 

Uostreve  bonina. 

Cave  me  sta  voia. 

Diaeme  de  ai. 


[Cattloa  a  Zanetto]. 


Baata  cosi,  ma  basta. 
D'amarti  te  prometto. 
Nessun  te  Io  contrasta. 
Tutto  el  mio  cor  ti  gha. 

8on  certa,  caro  fio, 
Son  certa,  ti  xé  mio. 
Ha  va  via,  va  via  Zanetto, 
Ho  va  via,  per  carità. 

V.  IO.  rabbi,  hai  avnto  (t'a'bu). 


T'ho  contenta  de  oor. 
T'abbil  da  mi  un  baaetto. 
Ti  m'ha  domanda  amor, 
E  l'amor  mio  t'bo  dà. 

Credimi,  no  par  bon 
Quel  star  in  teuochion. 
Ta  via,  va  via,  Zanetto, 
Ho  va  via,  per  carità. 


zed.yGOOg[e 


VITTORIO  CIAN 


Qnel  c'ite  ti  voi  da  mi, 
Disponi  e  del  mio  affetto: 
Ila,  oh  Dio,  basta  onsH 
Domao  te  tornerà. 

Quei  occhi  e  qoel  parlar 
Quel  forte  sospirar. 
Va  ?ia,  va  via,  eco. 


3ì  si,  li  t'ho  caplo, 
No  dnbitar,  sta  qoieto, 
Anima  mia,  ma,  oh  Dio! 
Abbi  de  mi  pietà. 

Dhe  smania,  che  calor, 
Come  mi  trema  il  cor. 


Va 


Hama  mia,  non  mi  ((ridate. 
Vi  dirò  Ib  verità. 
Sotto  al  letto  v'era  un  frate 
Che  chiedea  la  carità. 

Col  la  la  la  la  la  col  lalarà 
La  laralà. 

Questo  frate  zitto  zitto 
È  vennto  poco  fa 
E  si  pose  a.  capo  ritto 
Che  mi  ha  tutta  spaventa. 
Col  la  la,  ecc. 

Lui  mi  prese  per  la  mano 
E  la  volle  auoo  baciar 
E  mi  disse  piano  piano  ; 
*  Io  ti  voglio  consolar  ,. 


Io  ti 


,  rossa 

E  mi  posi  anche  a  tremar, 
E  mi  prese  a  tutta  possa 
Che  mi  fece  spiritar. 
Coaa  disse  e  cosa  fece 
Non  lo  so  ben  ricordar. 
Ha  di  sdegno  amor  invece 
Ei  nel  sen  mi  fé'  provar. 
Col  la  la.  ecc. 
Se  provaste,  madre  amata. 
Del  mio  frat«  la  bontà, 
Questo  misero  mio  fallo 
Vi  iarebbe.  oh  Dio,  pietà. 
Gol  la  la,  eco. 


In  gabbia  nn  nsoignuolo 
Avea  per  mio  diletto 
E  un  giorno  per  dispetto 
Da  quella  mi  scampò. 

Adesso  il  fnrbettino 
Vorrebbe  ritornare. 
Hi  prega  col  cantare, 
Ha  io  gli  dico  :  no. 
Frìn  frin  frìn  frin 
Chio  chioro  chio  chiò. 


Se  canta  quell'augello, 
Non  canta  per  amore, 
Ha  spiega  l'aspro  cuore 
Dì  chi  lo  ingabbib. 

Rimira  la  gabbietta, 
S  voi  ozia  intorno  a  quella, 
Poi  dice  in  sua  hvella: 
*  Za  pid  non  tornerò  ,. 

frin  frin,  ecc. 
Chio  chioro,  ecc. 


Ecco  che  tutti  all'armi 
Già  sono  i  reggimenti, 
Al  Buono  di  strumenti 
Cominciano  a  marciar. 


Sen  van  tutti  alla  guerra 
Le  truppe  valorose, 
Benché  le  sue  morose 
Conviene  allor  la«ciar. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


SBTTBCBNTO  CANORO 


Non  pid  piangete,  o  care, 
Se  alfin  dobbi&m  partire. 
0  vincete  o  morire, 
Cotesto  h  it  ga6TTegf(ia.T. 

Ahi  che  ^à  ben  io  sento 
Della  gran  banda  il  «uonc 
Con  armonioao  tuono 
In  ritaci  a  i 


ISHOmma  %  tntto  pronto. 
Spiegate  le  bandiere, 
Schierate  le  trinciere. 
Sì  sente  a  bombeggiar. 

Parenti  miei,  addio, 
Amici,  già  *ì  lascio. 
Vi  prego  d'un  abbraccio 
Volermi  alfin  donar. 


Cara  udienza  benedetta, 
Ve  dimando  perdonanza, 
Se  per  mi  ve  dol  la  pania, 
Perché  adesso  abbia  canta. 

Se  ho  canta,  bo  canta  mi  solo, 
E  mi  solo  ho  sfadigà. 
Se  qualcun  voi  dar  de  naso. 
No  rt  el  sito  questo  qua. 


V.  9.  Dove  sia  qualche  difatto,  supplite  (rattoppate)  voi.  —  v.  12.  Che 
non  sono  un  cantante  di  professione.  Non  occorre  spiegare  l'espressione 
in  attinensa  a  un  mostruoso  costume  caratteristico  del  Settecento,  né  ri- 
chiamare nna  famosa  ode  pariniana,  né  dimostrare  che  Venezia  e  la 
Regione  veneta  erano  allora,  non  meno  di  Milano  e  delta  Lombardia, 
*  d'erirati  cantori  allettatrioi  ,.  —  v.  13.  Shraiado,  sbraitato. 


Dove  manca,  tacoonèghe; 
Se  mai  fiasco  avesse  fatto. 

No  m'importa  gnente  affatto, 
Che  mi  mai  son  sta  castra. 
La  rason  perché  ho  nbraiado 
L'È  nna  sola,  eccola  qua  ; 
L'allegrìa  sta  sempre  bene 
in  città. 


Desolata  e  tenia  speme 


Vo  p 


indo  i  gioì 


Già  perdei  it  mio  caro  bene, 
Né  v'è  pili  per  me  pietà. 

Giorno  e  notte  i'  vo  passando  (ni 
11  mio  barbaro  destino 
E  fìra  me  già  non  comprendo 
Come  possi  respirar. 

Olà  ritrovo  in  me  sbandita 
Quella  pace  cosi  cara, 
Né  alcnn'alma  mi  dà  aita 
Nel  mio  barbaro  dolor. 

Morte  sol  io  vo  invocaudo. 
Ma  fin  questa  non  mi  ascolta, 
U  Ciel  solo  ne  sa  quando 
Finirò  di  tormentar. 


Se  potessi  le  mìe  pene 

Terminar  aenz'altri  affanni, 

Direi  solo  che  un  sol  bene 

Già  mi  resta,  un  Al  a  provar. 

0      Piagnerb  (n,  monti  e  selve 

Del  mio  bene  il  caro  nome 

E  negl'antri  fin  le  belve 

Chiamerb  per  me  a  pietà. 

Dirò  ancor  fin  cb'avrb  vita 
Che  fu  qnesta  un'alma  cara 
E  che  un'opra  ri  compita 
Non  mandò  mai  il  Ciel  quaggiii. 

Parò  ch'Eco  mi  risponda 
Di  Lindoro  il  caro  nome 
Fin  dall'una  all'altra  sponda 
Col  mio  lungo  lagrìmar. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


TITZOIUO  CUN 


A  RlUcciarmi  questo  caore 
Morte  sol  farà  che  torni, 
Ha  che  acorda  un  tant'amt 
Cadrà  il  mondo,  e  dico  il  v 


ìì,  la  tomba  solo  aspetto 
Che  mi  dia  riposo  e  pace 
E  alli  amanti  nel  oiio  affetto 
Sia  d'eaempio  il  mio  morir. 


1        Fra  Formica,  fra  Formica! 

—  Chi  domanda  fra  Formica? 
Che  Tuoi  tu  da  fra  FormicaV 

—  Padre,  io  Bono  ana  citella 
5         Che  mi  voglio  confessar, 

Ma  pili  presto  che  ai  possa 
Io  mi  vorrei  anche  abrigar. 

—  Se  vuoi,  fÌK''i^T  confessarti. 
In  ginocchio  ti  pon  qui. 

10    —  Padre  si.  Padre  si. 

—  Quanto  tempo  tu  sei  atata 
Che  non  sei  tu  confessata? 

—  Otto  soli,  0  dieci  àil 

—  Otto  soli,  o  dieci  di? 
15   —  Padre  ai.  Padre  s(. 

—  Da  quel  tempo  fino  adesso 
Dimmi  i  falli  ch'hai  commesso. 

—  Padre,  pria  ho  battuto  il  gatto 
Per  la  ciccia  che  mi  ha  presa, 

20        ludi  pili  di  rabhla  accesa 
Io  poi  rap;n  l'orinale. 

—  Figlia,  questo  h  poco  male. 
Che  con  l'acqua  benedetta 
Tu  diventi  un'angio letta. 

25        Se  hai  altro  a  me  da  dire, 
Di  par  su  che  sto  a  sentire. 

—  Padre,  poi  nel  giorno  appresso 
Io  sgridai  con  la  gallina. 
Perché  entrandomi  in  cucina 

30        Tutto  il  riso  mi  becca. 

—  Se  hai  altro  a  me  da  dire. 
Di  pur  su,  che  sto  a  sentire. 


—  Padre,  poi  ae  ho  a  dire  il  vero. 
M'invaghii  d'un  cavalliero. 

—  Figlia,  poi  segui  l'effetto?        35 

—  Padre,  no,  sol  col  pensiero. 

—  Del  pensier  l'effetto  e  l'opra 
Fa  che  a  me  tutto  si  scopra. 

—  Ei  mi  die  solo  de'  baci  ; 

Io  gli  resi  la  parìglia.  40 

Vi  fu  guerra,  vi  fu  paci, 

Ma  or  non  son  più  qnella  Sglìa, 

Da  poiché  son  risoluta 

Dì  voler  cambiar  mia  vita. 

—  Mai  poiché  sei  risoluta  45 
Di  voler  cangiar  tua  vita. 
Bacia  intanto  il  mio  cordone. 

—  Il  cordone  ho  già  baciato. 

—  In  isconto  del  pecoafo. 

Figlia,  le  vorrai  oonfessarti,    60 
Verrò  io  stesso  a  ritrovarti: 
Piaccia  a  te  di  far  cosi? 

—  Padre  si.  Padre  af. 

—  Per  venir  da  te  pili  spesso 
Fingerò  le  vesti  e  'I  aesso.      55 
Piaccia  a  te  di  far  oosf? 

—  Padre  il,  padre  sf. 

—  Dimmi  il  nome  e  il  tuo  paese. 

—  Teresina  modenese, 

—  Dimmi  il  nome  e  la  contrada.    60 

—  Sulla  via  sto  della  Spada. 

—  Va,  che  il  Ciel  ti  benedica. 
Abbi  in  mente  fra  Formica. 


V.  61.  Basterebbe  questo  accenno  topografico  ad  una  nota  cale  ven» 
liaiia,  per  indicarci  l'origine  di  questa  colorita  e  mnlisiosa  '  Confessione  ,. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


SBTTBCENTO  CANORO 


Donne  care,  nel  vostro  guidino 
Una  rosa  bel(ÌBBÌnia  v'era, 
Ma  l'odore  lan  tan  la  ran  lera 
Hi  faceva  lan  tan  la  ran  la 

Se  v'anùte  un  bel  ft^Uomino, 
Quanto  vaga  sarfa  primavera, 


E  in  allora  tan  tan  la  tan  lera. 
Si  potrebbe  tan  tan  la  ran  1^ 
So  che  «lete  cortesi  e  galanti 
E  ch'avete  nna  buona  maniere. 
Ma  perché  danqae  tan  eoe. 
Noi  non  pouiiimo  tan  ecc.? 


Te',  come  ballo  é  il  mar. 
Bellissima  Nerina: 
L'anreUa  mattutina 
Apjiena  in  aoll'arena 
Fa  t'onda  gorgogliar. 


II. 

Sgombro  di  nubi  è  il  cielo. 
L'onda  tranquilla  e  chiara; 
Sciogliam  dal  lido,  o  cara, 
Scìogliam  a  trastullar. 


12. 
VlUotte. 

1. 
Gfae  voggjo  tanto  ben  alt'anzoletfa 
E  so  sior  pare  no  me  la  voi  dar; 
Mi  prego  el  Ciel  che  venga  una  saetta, 
Brusi  la  casa  fuor  che  l'anzoletta. 

II. 
La  vedovella  quan  la  fa  an  el  letto, 
La  tra'  iDspiri  ch'el  par  che  la  mora 
E  con  nna  mun  la  se  toccava  el  petto 
Dieendo;   '  anima  mia,  voatu  che  mora?  , 

IH. 

Questo  pili  bel  aeren  fn  nuvoloso 

El  par  che  voja  piover  e  pò  el  pasta: 
Cosef  fa  l'omo  quan  l'è  innamorao. 
L'ama  la  bella  donna  e  poi  la  lima, 

IV. 

Quanti  ghe  a'h  che  brama  la  fortuna! 
O  mi  meschino,  no  la  bramo  mai;  bramo 
Una  giovenina  de  ventun  anno: 
Questa  l'è  la  fortuna  che  mi  bramo. 


Digitized^yGOOgle 


TlTTORrO  CIAN 


He  Ronti  ÌDi 
Piuttoito  nel  boàr  che  nel  T«rBoro, 
Perché  el  vergerò  l'è  fuUo  de  «teli e. 
El  boarol  de  carne  bianche  a  belle. 

TV,  2-4,  Vtnoro  è  l'aratro;  hoàr  e  boaròl,  il  bovaro  o  bifolco,  il  giovine 
villano  (il  diminutivo  boarol  fa  pensare  appunto  ad  ona  giovinena  fiorente, 
a  *  oame  bianabe  e  belle  ,).  Il  canto  d'amore  b  posto  in  bocca  a  una  donna. 

VI. 

Quando  FrìBÌn  Friion  frizeva  el  pesce  (s>e). 
Colle  chiappe  del  e.  lìi  lo  voltava 
E  l'oglio  ghe  saltava  in  le  braghesee: 
Qnando  Friain  Frison  friieva  el  pesce. 

La  redazione  cbe  dì  questa  pillotta  si  legge  a  e.  17  b,  reca  queste  va- 
rianti: frveea  lo  pt»se;  lo  riroliavo,  E  rogito  It  colta  io  per  U. 


Tiritofòlo,  vegni  fora  col  brenton  e  colta  lora 
E  luì  li  li  li  liu  li  li  riu  lin  li  rìn  liu  li  ria  Ini 
Tutto  me  tiro,  e  la  cotola  mai. 


3.  eblola,  sottana. 


Vili. 


Non  mi  far  pili  languire,  o  vita  mia, 
Lasciami  vagheggiar  quel  viso  bello; 
E  se  tu  brami  di  saper  ch'io  sia. 
Guardati  in  mezso  al  cor,  ch'io  vivo  in  quello. 

IX. 

8on  stato  per  il  mondo  a  me  palese 
Una  fedele  amante  rintracciando; 
Adesso  che  son  giunto  in  sto  paese. 
Quella  trovai  che  andava  ricercando. 


Dicono  i  Vati  che  sia  il  Dio  Cupido 
La  causa  all'uom  d'ogni  fatai  tormento, 
Ha  poiché  nel  tuo  volto  ha  egli  suo  nido. 
Non  già  m'arreca  duolo,  anzi  contento. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


SETTECENTO  CANORO 


XI. 


Idolo  mio,  deb  vieni  i)  «nono  nmile 
Ad  ascoltar  del  tno  diletto  amante: 
Vieni  a  mostranni  il  volto  ai  untile. 
Le  poma  alabastrine  e  d'adamante. 

XIl. 
Il  roeiignoolo  del  natio  boacbetto 
Pianffe  la  prole  che  il  villui  rapfo: 
Coi'io  oe  piando  te,  vezcoio  oggetto. 
Come  colei  ohe  mi  rapi  il  cor  mio. 

XIII. 

Son  nato  appena  al  mondo,  ch'ho  sentito 

Hancanni,  oh  Dio,  la  costa  delicata, 

Perb  di  la  oeroar  presi  partito, 

Finché  in  te,  vita  mia,  l'ho  ritrovata. 

XIV. 

Cara,  per  ben  mostrar  le  tne  fattele 

BisognarÉa  che  al  sol  tu  fossi  appresso; 

Cosi  sobiaiaodo  il  sol  le  tue  belleue, 

Veder  potrei  se  schiari  anco  me  stesso. 

XV. 
Se  mai  ti  spiran  l'anre  al  viso  intorno, 
Dalle  ricetto  in  seno,  o  anima  mia, 
Perché  son  baci  qnei  ch'entro  qnel  giorno 
11  tno  diletto  amante  a  te  ne  invia. 

XVI. 
Sospira  par  sovente,  idolo  mio; 

Perché  qnei  tuoi  soapir  mi  vanno  al  core 
E  aocresoon  nuove  fiamme  all'amor  mio 
E  al  tno  bel  ciglio  ancor  nuovo  splendore. 

xvn. 

Qaant'esser  psgheria  in  un  ziabattino 
Per  poder  brte,  o  bella,  le  scarpette, 
E  per  toccarte  quel  tuo  bel  penino 
Onde  veder  ae  le  t'b  larghe  o  Etrette! 

ino,  vivo  ancora  nel  Veneto,  per  piedino. 

Voi.  LV. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


VITTORIO  CliN 


XVIII. 
Talor  m'ftngiiro  diTantar  un  oana 
Sol  per  poder  nnaarte  il  peTerone; 
0  per  poder  iapere  alU  lontana 
Se  te  ine  le  pub  dar  òatlive  o  buone. 

XIX. 

Tanti  ghe  xi%  cbe  sona  el  caaaggione 

E  tanti  'I  toandolia  tonar  impara; 

Solo  mi  gramo  lono  el  chitarrone 

Per  accordarmi  con  U  tua  chitarra. 


—  Pipo,  Pipo,  vieni  io  qua, 

—  Ferma,  'acoUa  una  parola, 
Io  ti  vo'  eolla  mandola 
Or  cantarti  una  cedeod. 

—  Pipo  mio,  se  la  ti  piace, 

Dimmi  pur,  non  ti  fermare, 
Ha  finisci  di  cantare, 
Che  mi  dai  canioloiion. 

—  V'era  un  tempo  un  gìovinoUo 

Che  in  amar  pageava  l'ore, 
Ma  infelice  era  in  amore 
Per  fatale  ano  destin. 

Per  sfortuna  dunque  avea 

Bello  il  core  e  brutto  il  viso. 
Ch'eccitava  i  labri  al  riso 
A  chiunque  eragli  vicin. 

Or  con  tal  prerogativa 

Di  bellezza  in  cor  nascosta. 
Di  brottema  in  volto  esposta 
Pretendeva  esser  amato. 


A  cib  fai-  egli  adoprava 
Tutti  i  termiu  di  galante 
E  faceva  il  spaflimant» 
Al  8U0  ben  idolatrato. 
Per  esprimer  il  suo  affetto 
Spesso  '  t'amo  .,  egli  dicea, 
'T'amo  anch'io,,  rUpondea; 
signor  ef. 
a  l'affetto 
il  suo  sembiante, 
va  il  suo  contante, 
signor  ai. 
o  Pipo  caro, 

_.  _a  arsenale, 

Non  averti  ora  a  male. 
Se  ti  voglio  oonaigliar. 
Fuggi,  fuggi  dalle  donne. 
Da'  suoi  vezEÌ,  dal  lor  brio. 
Che  son  tatti,  amico  mio. 
Tesi  lacci  ad  ingaonar. 


Ecco,  quale 
Uno  ama 

L'altro  ai 


Tu  ohe  tieni 
Di  difetti 


Fri  eh  Frach,  vieni  in  qua, 
'Scolta  'scolta  una  parola, 
lo  ti  vo'  colla  mandola 
Raccontarti  nn  lattare  I. 

La  gallina  fece  l'uovo, 
La  gattina  fece  il  gnao, 
Ah  ch'io  temo  il  barabao 
Non  mi  lasci  terminar  '. 


E  cosi,  com'io  dicea, 

Andb  il  gol  dalla  gallina 
E  irovb  la  poverina 
Ch'era  d'esso  in  atteniion. 

Pria  di  gingnerli  dappresso 
La  furbetta  lo  vede 
E  gli  disse  '  codcodé  „ 
Saltellandogli  vicìn. 


D,!„t,zed.yGOOgle 


SBTTECKNTO  CANORO 


Fatti  ì  loro  complimenti 
S'acoingeKQO  a  qaalche  affare 
Hentr'io  fili  a  diitorbare 
Orìdeati  idoì  piacer. 

Oiansi  là  per  puro  caso 
Molto  allegro  in  volto  e  lieto, 
Cbe  Tsnfa  a  tor  l'ovetto 
Che  credea  di  ritrovar. 

Ha  trovai  dell'evo  invece 
La  gallina  e  poi  il  gallo 
Tnttì  e  dne,  per  non  far  Mio, 
Che  voleannii  aMaaainar. 

Con  eroico  coraggio 

Foggo  allora  d'ogni  lato, 
Per  disgrazia  trovo  il  gato 
K  gli  pesto  a'un  sampin. 


Egli  sgrida,  io  non  riipondo. 
Fiero  gbufo,  io  qnieto  taccio, 
Sopraginnge  il  gallinaccio 
E  Io  attizza  sempre  più. 

Que«to  fece  il  compimento 
Dell'aSare  in  trinati  vo  : 
L'uno  fnggo,  l'altro  schivo. 
Ha  li  fìiggo  sempre  invan. 

Il  timor  b{  mi  sorprese, 
Che  credea  divenir  mato, 
Pnr,  per  caio  disperato, 
Hi  riaolii  far  cosf. 

Lesto  kprii  il  mio  verone. 
Hi  lanciai  gid  dal  balcone. 
Dove  alfine  ho  ritrovato 
Un  minchion  che  m'ascoltb. 


IO. 

Su  la  sua  spina 

Simile  a  quella 

La  verginella 

La  vaga  rosa 

Che  tutta  spira 

D'aprii  onor. 

Soave  ardor, 

Ha  tal  mattino 

Se  mano  amica 

Se  non  si  coglie 

Non  rabbellisce. 

Chiude  le  foglie. 

Uanoa.  languisce. 

Perde  il  color. 

Non  desta  amor. 

Baohellns,  Notaro.  Vilhu. 

Il  mio  garzone  il  pifero  suonava 

E  acconto  il  mio  molino  fìltìcava. 
Notar  Pistacchio  mi  dettava  ed  io 

Per  me  facea  acrìtture  a  modo  mio. 
Cantava  un  Calaudrin  la  Romanella 

Ed  io  stavo  a  sentir  ridente  e  bella. 
Centrati  eum  leetione  capitava  (sic), 

Negotia  non  plus  ultra  ed  io  imbrogliava. 
Intorno  al  mio  molìn  sempre  girava 

Un  ganimede  che  m'amoreggiava. 
Alla  mia  oncia  mai  non  ci  mancava 

Qualche  donnetta  cbe  m'aocareizava. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


TITTOKIO  CIAN 


H'ha  dito  la  mìa  mamifw 
Che  uaore  è  un  bel  bambino. 
Se  viene,  poverino, 
Lo  voglio  &c carenar. 

Ma  Re  mi  farà  male. 
Se  mi  vorrà  toccar, 
Dirb,  dirò,  dirb: 
*  Va  via,  briccone, 
Che  non  ti  voglio  amar  ,. 


Ha  già  mi  >e  l'ho  detto, 
Fnggiam  da  questo  loco. 
In  Beno  a  me  quel  foco 
Cominaa  a.  serpeggiar. 

Già  cresce  quella  fiamma 
E  tentomi  abbmeiar. 

Non  IO,  cara  i 

Chi  mi  potrà  sanar. 


Ogn'nomo,  ogni  donzella, 
Hi  a  dolce  Mirami, 
Mi  dice  che  sei  bella 
E  penso  anch'io  cosi. 
Hi  dice  che  sei  bella, 
E  penso  anch'io  cosf. 
Non  dico  bella  bella 
Ha  l(...  ma  H...  ma  li 
La  batte  li. 

La  &ccia  rubiconda. 
Mia  dolce  Miromf, 
La  treccia  bionda  bionda, 
Che  l'alma  mi  rapi. 
La  treccia  ecc. 
Non  dico  bionda  bionda 
Ha  li-,  ma  li...  la  batte  li. 

Al  labAro  tao  dorato, 
Mia  dolce  Mirami, 
Al  naso  profilato 
Penso  la  notte  e  il  di 
Al  naso  ecc. 
Non  dico  profilato 
Ma  U...  ma  li...  eoe. 


Se  sposa  mi  sarai. 
Mia  dolce  Uirami, 
Le  ftemme  e  l'oro  avrai 
Del  Gange  e  del  Chili. 
Le  gemme,  ecc. 
Non  dico  che  le  avrai 
Ma  li...  ma  li...  eoo. 

Vestirti  io  non  presumo. 
Mia  dolce  Mirami, 
Con  gran  bottoni  attorno 
Lncenti  come  il  di. 
Con  gran  eoo. 
Non  dico  come  il  giorno 
Ha  li...  ecc. 

Contempla  le  mie  pene. 
Mia  dolce  Mirami, 
Ti  voglio  tanto  bene, 
Ma  tu  non  sei  cosi. 
Ti  voglio  tanto  eoo. 
Non  dico  bene  bene. 
Ma  11...  ma  li...  la  batte  1 


Senti,  mie  care  donne, 
Sta  bella  novelletta: 
Un  vecchio  che  Ninetta 
Ha  fatto  i 


Per  ella  inutilmente 
El  spàaema,  el  delira. 
Co  el  vento  no  tira 
No  se  le  bnta  in  mar. 


'.  S.  Co,  nel  ritornello,  ripetuto  ad  ogni  due  strote,  quando. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


SETTECENTO  CANORO 


Minet&  per  moroso 
10         Ha  tu  bravo  (^ovinotto 

Fn  ì  aedeei  e  i  diadotto 

Che  ella  poi  bea  trattar. 
B  quel  cojon  de  vecebio 

Per  geloaia  el  aoapira: 
15        Co  el  Tento  eec 

El  pitnae,  el  ee  dea  pera, 

El  bata  fin  le  bave, 

L'è'  al  buHO  de  U  chiave 

El  corre  a  tpionar. 
20    Ninetta  ride  e  cbiaaaa 

Pili  che  amanioBO  el  s'irà: 

Co  el  vento  ecc. 
E  co  la  gba  biaogno 

D'on  qualche  regaietto 
25        Un  rtndtz  segceto 

La  ghe  promette  dar. 
Allora  il  vecchio  spende 

E  subito  el  respira; 

Co  et  vento  ecc. 
30     Del  renda  sull'ora 

Corre  impaiiente  él  vecchio. 

Se  el  se  vardosse  in  speoofaio 

Noi  se  faria  burlar. 


V.  19.  Spumar,  spiare  insistentemente.  —  v.  21.  El  g'ira,  si  adira.  — 
T.  25.  Nel  ms.  reitdtr,  e  coti  pure  al  v.  80.  Evidentemente  si  tratta  di  on 
remhg-voiu.  —  v.  87.  Supia,  soffia,  sbuffa.  —  v.  42.  Un  corno  che  v'infllci.' 
—  V.  52.  Chiude  il  po^oolo,  cioè  la  finestra  del  pogginolo  o  Verone. 


Nineta  col  moroso 

Intanto  se  ritira: 

Co  e1  vento  ecc. 
El  matto  supia  e  bulle, 

La  porta  sta  serada, 

Ninetta  el  lassa  in  strada 

Un'ora  a  bestemmiar. 
E  po'  la  ghe  risponde: 

Un  conto  che  v'impira: 

Co  el  vento  eeo. 
No  me  voH  far  lame, 

Son  qua  col  mio  moroso. 

Un  duetin  grazioso 

Mi  ve  &rb  guardar. 
De  rabbia  la  perucea 

El  vecchio  se  destira: 

Co  el  vento  ecc. 
Nineta  no  ghe  bada, 

El  pargolo  la  sera, 

El  veoehto  se  deapera, 

Ha  gnente  noi  poi  far. 
Vecchi,  pensé  a  sta  massima 

Che  la  novella  ispira: 

Co  el  vento  ecc. 


*  Non  dansar  ,,  la  marna  dis[s]e 
Figlia  mia  ;  né  tu  non  sai 
Che  dansando  perderai 
D'innocenza  il  bel  candor. 

ITenne  un  biondo  cacciatore 
Che  alla  danza  l'invitò; 
Per  non  perdere  il  candore 
Qnella  bella  rìciuti. 

Disse  il  biondo:  *  Se  paventi 
L'innocenza  che  ti  scappi, 
Per  cucirtela  tra'  drappi 
Do  bel  ago  adoprerb  ,. 


Indi,  trattala  in  disparte. 
La  cucf  tra  gonna  e  busto 
E  la  bella  aentf  gusto 
Del  ricamo  ohe  formò. 

Ritornarono  alla  dansa, 
Qnando  Nina  disse  in  fretta: 
'  Per  cucirla  nn  po'  pid  stretta 
Altro  punto  dar  si  pub  ,. 

*  Nina  mia,  non  ho  più  refe  , 
Disse  il  biondo  a  denti  stretti. 
*  Ma  due  bei  gomitoletti  — 
Disse  Nina  —  ho  visto  qua,. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


TITTOBIO  CUN 


Anietta,  ohe  placide 
D'intorno  movete, 
Tftcete,  Ucete, 
Vuol  dori  dormir. 

Sali 'erbe  pid  tenere 
Del  pmto  ripota. 
Fili  belln  di  rou 
Sai  fresco  niattin. 

Un  velo  purpureo 
Le  copre  le  membra. 
Che  tutta  nusembra 
La  madre  d'Amor. 


Le  acende  aagl'omeri 
Aurata  la  chioma. 
Le  ondegr^T'en  le  poma 
Ai  moti  del  cor. 

A  grette,  toglietevi 
D'intorno  a  qnel  cifjlio, 
Bel  labaro  vermiglio. 
Bel  nome  d'amor. 

8e  Glori  rìsveglÌMÌ. 
Voi  Glori  itendete. 
Tacete,  tacete, 
Vuol  Glori  dormir. 


-  Padre  santo  Cappuccino, 

Tu  che  dici  il  mattutino, 
Alca  gli  occhi  e  guarda  qna. 
Qoarda  me  ohe,  eventurata, 
No'  tnoi  lacci  abbandonata 
Ti  dimando  carità. 

-  Io,  ragaEza,  non  ho  niente. 

Sono  un  povero  pezzente 
Che  dimanda  carità. 
Se  tu  vuoi  insatntella, 
Dae  olivAcoie  e  ravanella, 
Te  ne  dono  in  quantità. 

-  Io  sol  bramo  i)  tao  bel  core, 

Per  cui  l'alma  langue  e  more 
Ed  il  core  in  pene  sta. 
Questo  ai,  questo  sol  voglio, 
Non  olive,  aceto  ed  oglìo, 
Ma  qoaloh'altra  carità. 


-Va  via  pure,  sfacciatella. 

Che  per  me  sei  troppo  bella.    20 
E  per  me  questo  non  fa. 
Son  ristretto  in  penitenia 
E)d  a  Dio,  somma  dementa. 
Dedicato  ho  castità. 

-  Deh  non  esser  bÌ  crudele  25 

Con  un  cor  che  ti  b  fedele. 
Con  un  cor  che  in  pene  sta! 
Fa  che  almen  sia  consolata, 
Ì/Ln  non  già  da  disperata 
Io  men  vada  via  di  qoa!  SO 

-  Marcia,  marcia,  sfocciatella. 

Che  al  mio  cor  tu  sei  mbella, 
Marcia,  marcia  via  di  qua! 
Se  pid  resti,  o  figlia  mia. 

Tu  mi  porti  a  mala  via,  95 

E  allor  Dio  ci  perderà: 
Marcia,  marcia  via  di  qua! 


.  81.  Marcia,  vattene,  ancor  vive  in  parlate  venete. 


La  Nanetta  villanella. 
Decantata  in  un  villaggio. 
La  più  scaltra,  la  piìi  bella, 
Va  da  un  padre  Capuccino 


Che  non  lungi  da  quel  loco, 
Ritirato  in  una  cella, 
Tutto  pien  di  santo  foco. 
Recitava  il  mattutin. 


zed.yGOOgle 


SBTTRCBNTO  CAKOEO 


231 


Ave»  seco  I»  NanetU 

Del  batìro  e  no  po'  di  pane, 
Delle  fratta  colte  in  fretta. 
Tatto  deatro  un  caneatria. 
Picchia  all'ascio  e  fra  Fantino 
Pone  il  libro  ael  capuccio, 
Lei  s'accosta  al  SaestriDo; 

—  Son  Nauetta,  fra  Fantin. 

—  Che  mi  porti  tn,  di  belo? 

—  Del  bntiro  e  nn  po' di  pane. 

—  Benedetta  sii  del  Cielo, 
Entra  figlia,  e  ^oggÌA  qni. 

—  Del  fornaio  son  lorella, 
Della  Henica  «on  figlia. 

—  Dio  ti  «al'ì.  Villanella, 

El  baon  Dio  ti  mandn  qui. 


Dimmi  il  ?era 
Cangeresti  volentieri 
La  tua  casa  in  questa  cellk 
Per  goder  l'eternità? 

—  Ha  la  starna  è  troppo  stretta. 
Che  per  me  non  resta  loco. 

—  0  figliuola  benedetta. 
Siamo  stati  fino  a  tre. 

—  Permettete,  o  caro  padre, 
Ch'io  ritorni  alla  famiglia, 

Che  dift  un  bacio  alla  mia  madre, 
E  un  saluto  al  mio  fratal. 
Addio,  padre  fra  FantinD. 

—  Figlia  mia,  ti  lascio,  addio, 
Prendi  il  *noto  canestrino 
E  riportilo  con  te. 


Bel  piaser  che  xe  la  sera 
Andar  «otto  alla  sua  cara 
E  sonando  la  chitara 
Dirli:  'gioia,  te  voi  ben,. 

yassìoDro  che  in  mia  vita 
Non  ho  proTà  maggior  diletto 
G  che  questo  pid  perfetto 
No  di  qnesto  non  si  dà. 

Se  volé  che  una  raf^aiza 

Vi  sìa  un  poco  compiacente, 
Ho  ghe  le  meglio  espedierte 
Che  cantarghe  una  causon. 

Ha  cantar  sema  iatromento 
L'b  una  .cosa  poco  cara, 
Tiolé  dnnque  nna  chitara 
E  cantegfae  ona  canzon. 


Procurar  però  bisogna 

La  canzon  che  sia  amorosa 
E  la  musica  graziosa 
Per  poterla  intenerir. 

Vedaré  che  con  tal  arte 
Riuscirà  il  vostro  disegno 
E  per  primo  contrassegno 
Verrà  subita  al  balcon. 

Co  vede  che  la  ragazza 
Sorte  fnor  dalla  fenestra 
Con  maniera  pronta  e  destra 
Dovè  dirghe  po'  cosi  : 

*  Caro  ben,  anima  mia, 
Sol  per  vn  son  qna,  mia  cara. 
Per  va  sono  la  chitara 
Per  vn  canto,  amato  ben  ,. 


Cento  baaeti 
Sq  quei  ochieti 
Nineta  cara, 
Mi  te  voi  dar- 
Ma  perché  mai 
Tante  smorflete 

.  12.  Taeà,  accanto  (attaccato). 


Con  (chi)  ti  ama 
De  vero  cor? 
Non  ghe'  pid  bella 
Vita  di  quella 
Che  fa  un  moroso 
Taci  al  so  ben. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


TITTOHIO  CUN 


Ogni  veneto 

El  xé  un  teioreto, 

Non  ghé  pili  bella 

Felicità. 

Ma  pur  vualtre, 

Ragazze  scaltre, 


Ande  negando 
Sto  bel  piaser, 
E  prolungando 
E  indrio  tirando 
Come  se  un  danno 
Fosse  il  7oler. 


Bella  e  gentil  foniara, 
La  di  cui  bianca  man 
Ci  cuoce  e  ci  prepara 
Tenero  e  fteico  il  pan, 

Perclib  ci  TÌen  rapita 
Con  tanta  crudeltà 
Con  gli  occhi  suoi  la  vita 
Che  la  sna  man  ci  dà? 
Bella  e  gentil  ecc. 

Della  tua  pelle  fina 
È  chiaro  si  il  color. 
Che  il  fior  dalla  farina 
Non  ha  ai  bel  candor. 

Tu  fai  Bf  bello  e  buono 
E  saporito  il  pan. 
Che  sol  natura  un  dono 
Ci  fece  alla  tua  man. 
Bella  e  gentil  ecc. 


De'  tuoi  bei  pan  d'amore 
Sempre  vorrei  guatar. 
Dammeli  di  buon  cuore 
0  lasciali  rubar. 

Ma  già  tu  non  m'intendi 

Quanto  ti  parlo  più, 

Tenero  b  il  pan  che  vendi 

Fili  che  non -lo  sei  ta; 

Bella  e  gentil  ecc. 

Se  di  al  buona  pasta 

Compagno  h  il  tuo  bel  cor. 
Perché  ae  ne  contrasta 
L'acquisto  a  un  fido  amor? 

Deh,  per  pietade,  un  giorno 
Lasciati  intenerir. 
A  cuocer  nel  tuo  forno. 
Deb  lasciami  venir! 
Bella  e  gentil  ecc. 


27. 


-  Una  povera  citella 

Torri  a,  Padre,  confessarli 

Onde  l'anima  salvarsi 

E  peccar  mai  piti,  mai  più. 

—  Cominciamo,  dite  su. 

—  M'invaghii  d'un  giovinotto 

Oiardinero  assai  granato. 
Che  or  facea  lo  spasimato 
E  mi  stava  tu  per  tu. 

—  Tia,  capisco,  dite  su. 

-  Mi  veniva  sempre  dietro, 

Quando  andava  a  lavorare 
E  voleva  ognor  toccare 
La  mia  mano  e  niente  piìi. 

—  Non  v'è  male,  dite  su. 

—  E  nll'ora  del  meriggio 

Rinfiniti,  stanchi  e  lassi 
E'  voleft  che  m'adattassi 


A  giocare  al  polachìd. 

—  Cara  6glia,  dite  su. 

—  Ui  faceva  allor  ballare 

Ad  un  ballo  sf  giocondo, 
Ora  in  quadro  ed  ora  in  ton< 
Ora  in  so  ed  ora  in  giù. 

—  Si,  capisco,  dite  au. 

—  Dopo  aver  ben  faticato 

Quattro,  cinque  e  ancor  sei  o: 
H'assiugava  dal  sudore 
Viso,  collo  ed  il  Bacid. 

—  Si,  capisco,  dite  sa. 

—  Hi  ricordo  ogni  momento 

Di  quel  baio  del  sudore, 
Caro  Padre  confessore, 
Pace,  ahimé,  non  trovo  piiL 

—  Tia,  citella,  andate  in  paee^ 
Cosa  tal  non  &te  pili. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


SBTTECKNTO  CANORO 


1     Che  gnaioao  pnteletto 

Xe  qael  biizaro  d'Amor, 
Qnondo  el  voi  portar  diletto 
El  delida  i  nostri  cor. 

5    Hi  medeaìmo  el  cognOReo 

Se  el  xe  un  bravo  biaeghia 
E  Io  lodo  quando  posso, 
Lo  rìngrasio  senza  fin. 
Cento  ooae,  cento  inxegni 
Quel  piiaotto  el  m'à  ÌDaegnà, 
Lagrìmete,  amorfie,  adegni. 
Tatto  qnanto  m'ba  giova. 
Seguitando  la  so  scola 

M'ho  prova  l'altra  mattina 
A  beccar  da  aolo  a  sola 
La  ritToaa  Uenegfaina. 


10 


Con  quell'aria  iunocentina, 
Le  gaoasse  pallidette, 
Qael  pariar  da  fantoiina, 
Qaelle  luci  amoroaette 

Che  a  Cupido  aon  prodotte 
E  prodotte  in  sagrifiiio 

—  E  mi  gera  el  sacerdote 
Deatinà  per  tale  nffliio  — 

La  ho  chìappada  stretta  stretta. 
L'ho  botada  sul  so^ 
La  m'à  fatto  nna  amorfietta. 
La  m'à  ditto;  *  disgraiià!  , 

E  d'amor  tatta  ìnfiammada 
Tutti  do  l'avemo  orba,. 
Come  dopo  la  aia  etoda, 
Mi  noi  diffo;  Amor  lo  sa. 


V,  2.  bùzaro,   forma    poco    pulita,    equivalente  qui  B  '  diavolo  , 
pili  comune  butaron.  —  v.  6.  bitighi»  (altrove  bìxtghiHÌ,  frugolino. 


29. 
Villotte. 
1. 
Perapatan  ch'b  morta  la  vecchia. 
No  la  farà  più  fogo  alla  pignata, 
E  rotto  la  pignata  e  spanto  il  brodo, 
Onanca  la  vecchia  no  farà  più  fogo. 

n. 

0  tote  via  de  qua,  mostaiEo  intento. 
Muso  da  pi  guada  brustolada. 
Che  te  me  pari  el  diavolo  depento: 
0  tote  via  de  qua,  mostoszo  intento. 


.  1.  tolt,  tbgliti;  mottaxio,  : 


:  inlenlo,  audicio,  tinto 


III. 


Sotte  bellezze  ha  d'aver  una  donna 
Avanti  [che]  la  se  haaa  chiamar  bella. 
Primieramente  nna  bella  andatura. 
Larga  de  spalle,  stretta  de  centura. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


4  VITTORIO  CIAH 

Atta  da  terra  «enia  la  piatiella, 
BÌMca  e  roiiina  Benza  farai  bella, 
El  viso  biondo  e  quelle  belle  trezze, 
E  qneate  u  diiaman  le  sette  bellenc. 
V.  e.  Nel  ma.  qtitUe. 

IV. 

Era  nell'orto  cbe  basava  el  gatto, 
L'ortolanclla  me  tegiieva  a  mente, 
La  Balte  fora,  la  diie:  '  che  fasta,  matto? 
Bàaeme  mi,  ma  non  basar  el  gatto  ,. 

T.  2.  L'ort.  mi  teneva  d'occhio,  pensando  a  me. 


La  chitarrina  no  vuol  pili  suonare, 
Perché  ghe  manca  solo  una  cordiella; 
Gnanca  il  molin  no  vuol  più  maaenare. 
Perché  ghe  manca  la  molinarella. 

VI. 

Arsera  l'altra  sera  ho  visto  l'Orco, 
Ho  visto  Andola  bella  andar  per  broco. 
Ho  visto  Pero  bello  andatghe  drìo 
Con  dir;  *  Mincota  bella,  me  volfo?  ,. 

T.  2.  ptr  broeo,  per  acqua  con  la  brocca?  —   v.  3.  andarghe  drio,  se- 
guitarla. 

-  VII. 

1a  me  morosa  l'è  nna  bella  puta. 
Con  sette  pani  la  se  fa  la  zuppa. 
Con  un  bocal  de  vin  la  se  moja. 
La  me  morosa  l'b  nna  porca  boja. 

V.  8.  la  u  ittoja,  se  li  bagna,  cioè  li  inzuppa. 

Vili. 

A  notte,  a  mezzanotte,  sona  i  vespri, 
Ho  visto  no  peraegar  pieno  de  nespole, 
Ho  magna  tanti  di  qni  dolci  fighi 
Che  m'ho  imperni  la  ponza  de  marasche. 

Questa  e  la  «egueate  appartengono  alta  categoria  dei  canti  voluta- 
mente spropositati,  o  '  spropositi  ,. 


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SBTTECIMTO  CIHOBO 


IX. 


S  veme  fora  el  patron  de  quelle  ciicche, 
Bl  m'à  dito:  *  lassème  star  le  me  spinale!  , 
El  m'h  tira  un  bosso  in  t-on  calcagno 
Ch'ho  porta  mal  a  on  reohio  piti  d'nn  anno. 

Tenne.  —  t.  2.  Ne!  ms.  ìatceme. 


Sta  notte  m'ho  insogna  la  Lisabetta 
Che  U  bsea  ballar  i  burattini 
E  la  fasea  ballar  Pnlioinella 
Testio  da  festa  coi  so  cantarini. 
T.  3.  Nel  ma.  pulieintUa. 

XI. 
Andando  a  medro  colla  messora 
Mi  lou  incontra  in  la  Hincola  sterlera, 
Gho  rasonà  da  tendro  più  d'un'ora, 
E  con  un  baso  gho  dà  la  bona  sera. 
V.  1.  medro,  nel  mi.  Medro;  ma  sionramente  tnedro  per  nmfn  ^  mie- 
tere, come  perdro  per  perdere,  forme  vive  ancora,  p.  es.,  nella  Valpolicella. 
lAreh,  glatt.,  Tol.  I,  424).  —  t.  1.  meMora,  falcetto  per  mietere. 

XII. 
Omini  della  Tal,  fé'  tutti  festa. 
Che  a'à  ■narid&  il  figiol  de  Rngoloio, 
Esattor  della  Tal,  qoella  gran  testa 
Che  lasab  anch'Endreo  sulla  «anta  eroso. 
T.  4.  tmdt'tHdrto,  cost  nel  ras.;  ma  sarà  forse  da  leggere  Andrea,  Andreu. 

xm. 

Ve'  là  la  Cattarina  «e  l'b  lesU! 
P[  dei  altri  ghe  par  sto  di  glorioso 
E  la  no  ved  l'ora  quella  peata 
De  narse  a  collegar  rento  a  lo  sposo. 
T.  1.  Nel  ms.   V'è  la  la  eaitarina,  —  v.  S.  pttta  per  peste,  nel  ms.  patta. 
—  t.  i.  nane  a  eolUgar  rento,  andarsene  a  coricare  acoaoto. 

XIV. 
Sta  notte  ho  visto  la  Togna  sull'ara 
Che  la  se  sfazendava  a  scartoBare, 
Qbe  so  anà  rento  colla  me  chitarra 
E  una  ffran  mattina  gho  toIbiS  fare. 
»,  1.  un»,  qa.  —  ».  eeartotare,  scartocciare  i  torsi  del  granturco. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


VITTORIO  CIAN 


XV. 


Diavolo,  porta  *m  lo  Paroloto, 
Perché  el  m'à  ftatto  un  buso  in  la  pignatto, 
El  me  ghk  fatto  un  buio  eoo  an  occo: 
Diavolo,  porta  via  lo  Paroloto. 

.  S.  acca,  il  maschio  dell'oca?  Vive  ancora  net  contado  venei. 


XVI. 

Se  te  vedeiH  el  e.  della  sua  To^a, 
Ti  te  direaai  che  l'È  un  contrabaado, 
El  ghà  600  btafoli  de  rogna.- 
I  par  ipoloni  fatti  a  buio  grando. 
.  8.  hr&foU,  titoraoli. 

XVII. 

La  me  morosa  l'è  ana  bella  putta, 
L'b  bianca  e  rosia  come  el  mfil  de  zQCCi 
I  denti  carola,  la  bocca  atorta. 
I  occi  da  Bimia  e  la  liera  da  morta. 


xvni. 

La  me  morosa  la  zi  da  Pelanda, 
La  >'à  pelada  tutta  da  una  bando, 
Dell'altra  parte  no  la  f[a  oavei. 
La  va  cantando  *  miserere  meil ,. 

XIX. 

Vate  a  far  busarar,  vate  a  &r  i  riui, 
Che  te  ae'  una  gran  rosia  buiarona, 
E  «e  te  to'  cavarte  i  to  caprizzi. 
To'  la  chitarra  in  man  e  vaia  lona. 

V.  4.  vaia  tona,  va  a  suonarla,  del  tipo  '  vattelapeaca  ,.  Cfr.  Arck.  g 
XIV,  453  Bgg.;  MRrBE-LBBC»,  EEW,  54. 

XX. 

Qoando  aarà  quel  Ai  o  quella  notte 
Cbe  la  lettiera  farà  trich  ta^ch, 
Ti  te  aaré  dai  pie'  e  mi  >^al  cao, 
Ti  te  farà  brugneo  e  mi  bragnao. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


8BTTBCBNT0  CANORO 


1  Me  aon  iDnamorado  in  quattro  vecie 

B  tutte  quattro  le  voi  contentare  ; 
Della  prima  'de  voi  far  un  patto,. 
DormirKbe  insieme  e  mai  hdd  la  tocoare- 
i  Della  seconda  de  voi  far  baratto, 

Tor  tanto  porco  per  sto  carnevale  ; 
Della  tena  'de  voi  far  un  gioco, 
Impegolargbe  el  e.  e  darghe  foco. 
Della  quarta  darghe  tante  bostonae 
10  E  ohe  le  mora  tutte  ete  vecie  rapae, 

Tutte  le  vecie  le  voi  scortegare. 
Diavolo,  che  &r6  de  tante  pelle? 
Faremo  delle  corde  da  ohitara, 
Per  far  ballar  ate  giovinette  belle. 

T.  5,  7.  'de  Boi,  ne  voglio-  —  v.  6.  Comprare  tanta  oame  «oina,  ecc. 
—  T.  IO.  rapae,  pelate.  È  del  ciclo,  ricco  anche  nella  poeaia  venenana,  di 
canti  contro  le  vecchie. 

XXU. 
Vate  far  buiarar  che  te  gbe  mando, 
A  Castel  Vecchio  gh'b  la  beccarla, 
Dove  che  i  vende  dei  comi  de  manco: 
Vate  far  buiarar  che  te  ghe  mando, 

Y.  1,  CaftelvÉtehio,  di  Verona?  —  v.  8.  È  ancor  viva  nel  Veneto  l'eicla- 
matione,  fra  negativa  e  augurale,  '  un  corno! .. 

sxm. 

Me  ton  innamora  in  una  marzetta 
E  ia  so  mama  no  me  la  vot  dare. 
Che  prego  el  Ciel  che  vegna  una  saetta 
Che  porta  via  la  marna  e  la  marzetta. 
V.  I.  marzHta,  fa  pensar  a  »p%xettta,  una  pretensiosetta. 

XXIV. 
La  prima  volta  ch'ho  dorm/o  con  donna 
Credeva  de  morir  dalla  paura 
E  dormendo  mentre  me  voltava. 
Credeva  de  morir,  me  consolava. 


sxv. 

Vate  a  far  buEarar.  malinconia. 
Che  la  to  gatta  ha  rovina  la  mia, 
E  l'ha  rovina  in  t'uua  maniera 
Che  DO  \'k  più  la  gatta  che  la  giera. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


VITTORIO  CliH 


1—0  cara  siora  inare. 

Hi  gbb  nna  certa  apùmt, 
Torìn  tante  novizia 
Col  caro  mio  Tonin. 

5  —  Disf,  Bora  frucona, 

Coti  ata  impertinenut? 
PrometBa  a  Sua  Eccellenza 
Mancar  non  ghe  dovè. 

—  L'è  vecchio,  noi  me  piaae. 
10  La  se  lo  sposa  ElU, 

Che  mi  non  aon  già  quella 
Che  l'abbia  da  sposar. 

—  VoU,  siora  frurona, 

Stancar  la  me  pazienza? 
IS  Fromessa  a  Sua  Eccoti enia, 

Mancar  non  ghe  dovè. 
~-No  se  me  poi  aTonar, 

La  se  una  tirannia, 

Mi  ghe  Bcaparb  via 
SO  Col  caro  mio  Tonin. 

—  Ancora  de  bIo  tanto, 

De  andar  ti  gha  coragffìo! 
Ancora  sto  Itngnaggio 
T'adoperi  con  mi! 
25  —  La  scusi,  la  perdoni, 
Ma  parla  la  natura; 
No  la  aia  tanto  dura 
Col  fruto  del  tao  cor! 

—  Gnancora  no  ti  i  stuffa, 
30  No  ti  la  metti  via, 

Deboto  si,  de  dia, 
Te  pesto  come  va! 

—  E  ben,  la  se  sodisfa, 

La  copa  pur  so  Sa,  - 

S5  Ma  fin  che  viva  sia 

Mai  laaciarò  Tonin. 


—  A  vu,  aiora  fraacona, 

Tiolé  sta  bona  al  epa. 
Che  vostra  mare  crepa 
Da  poi  che  va  veld! 

—  Per  coaa  mo  me  dalla? 

Mi  no  gho  fotto  gnente. 
Mi  ghe  aarb  ubbidiente. 
Ma  voi  spoxar  Tonin. 

—  Vi,  tocco  de  fraacona, 

So'  stoffa  e  l'è  vergogna, 
Tib,  tocco  de  carogna. 
Sto  pie  nel  to  martìn. 

—  0  Dio!  la  me  aconqnaaaa, 

0  Dio!  el  me  tafanario; 
Fenimo  sto  divario, 
EI  vecchio  aposarò. 

—  0  biava,  brava,  adesso 

Te  tegno  per  mia  fia, 
Tiea  qoa,  coccola  mia. 
Che  un  baso  te  voi  dar. 

—  Son  qaa.  via,  la  me  barn, 

Son  qua,  la  me  perdona, 
Son  qua,  via,  sarò  bona, 
Ha  con  ana  condiiion. 

—  Df,  la  mia  baronzella, 

Che  condì zion  se  questa 
Che  ti  gha  nella  testa? 
Qual  condì  zio  n  sarà? 

—  Per  contentarla  ella 

Hi  aposo  Soa  Eccellenca, 
Quando  el  me  dà  licenia 
De  praticar  Tonin. 

Stornirghe  a  In  la  testa. 
Uh  una  licenza  questa 

Che  tìbrtìla  ti  poi. 


V.  2.  gpizM,  prurito.  —  v.  8.  novigto,  sposa.  —  v.  6.  Cori  nel  ms.;  da 
correfrttere  cos'i  =  eosV.  —  v.  10.  Il  ms.  La  xi.  —  v.  21.  Anche  questa!  — 
V.  80.  Non  la  ametti.  —  v.  81.  Quaai  quasi,  s£,  per  dio;  dt  dia,  forma  eufe- 
mistica, che  vive  anche  nella  forma  corpo  dt  dia,  e  dt  diana.  —  v.  38.  Pren- 
detevi questa  buona  guanciata,  schiaffo.  —  v.  40.  Il  ms.  da  poi  le;  volt, 
volete.  —  V.  41.  Perché  dunque  la  mi  batte?  —  vv.  48,  50.  Marti»  e  Utfa- 
Hario,  due  ainonìiDÌ  facilmente  spiegabili,  ambedue  viviasimi  tuttora  in 
parlate  venete.  —  v.  51.  Defluiamo  queata  contesa.  —  v.  61.  baronxttla,  bric- 
concella.  —  vv.69-70.  Sciocca!  che  occorre  confondergli  (veramente  '  fargli 
girare  ,)  la  testa.  —  v.  72.  Te  la  puoi  prendere. 


zed.yG00gle 


SBTTKCBNTO  CINORO 


—  He  bdrlela  davero? 

Tonili  me  starà  tubate? 
75  11  cavalier  leivente 

Il  mio  Tonin  sarà? 

—  Ha  si,  care  raiie, 

Ha  00  'n  po'  di  giudiiieto, 
Il  marfo  sarà  il  vecchieto, 
80  11  morosa  il  tuo  Toni». 

—  Co  l'È  coti,  stasera 

Spoaarb  bo  BcoellenBa, 

T.  77.  eart  raixr,  radici  del  %a.o  cuo 
lieto.  Vedi  Cuaeb  Mtia\TTi,  Amor  maler 
2>  edic,  1887.  —  v.  87.  caro,  coni  il  ma., 


Co  quella  intelliffenta 
D'avetgbe  el  m«  Tonio. 

Duttto. 

Cosi  siamo  contente,  85 

Contente  si  de  cuor, 
Tonin  sarà  il  ^9  caro, 
El  vecchio  in  fan  canton. 

ire,  espreasione  ancor  viva  nel  V«- 
I  nei  dit^Uo  venRzi'ano,  VenMia, 
rvia,  tattBvia,la  correzioDe  amor. 


Lo  fan  perché  non  sentono 

Pili  il  dolce  tippettà 

Pili  il  dolce  tippettà. 
Amate  pur  di  core, 

Anch'io  Te  lo  oonaifflìo. 

Sperate  caro  figlio, 

Che  bene  vi  farà. 
Un  giorno  mi  direte 

Che  dolce  tippettà 

Tippett«  tippette  tippett«tà 

Un  (giorno  ecc. 


31. 

n  mondo  non  b  bello 

Che  in  fona  dell'amore, 

Viviamo  sol  per  qaello, 

Per  qnello  abbiamo  il  core. 
OgnnDO  ha  da  provare 

D'amore  il  tippettà. 

Ognuno  ecc. 
Tipette  tippette  tipette 

Tipetto  tipette  tipette  tipettetà 

Ogntino  eco. 
Non  son  di  qne'  filosofi 

Che  amor  voglion  bandire, 

Che  dicon  che  patire 

Fa  amor  l'umanità. 

È  riprodotta  nella  Parte  II,  a  e.  24  A,  senza  varianti  notevoli. 

32. 

F,    Hama  mia,  qaal'b  quell'aria 

Ch'insegnarmi  vuoi  la  prima. 

Onde  meglio  mi  s'imprima 

Entro  il  tenero  cenreli' 
M.    Sarà  l'aria  di  Licoridt 

Che  si  eanta  in  primavera 

Qaando  l'alba  lusinghiera 

Fa  fiorir  il  praticel. 
F.    Cara  marna,  b  troppo  insipida 

Troppo  fredda  cansonetta: 

Solo  fiori,  solo  erbetta, 

Sol  ghirlande  al  biondo  crin. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


240  TITTORIO  CliN 

M.    Canterem  quella  di  Ctonico, 

Quando  il  gregge  ai  puacU 

Qanndo  ifida  il  buoh  d'aTeni 

Or  Damone  ed  or  Elpin, 
F.     Che  aia  por  bella  ed  b 

Tutta  quanta  la  e 

Ma  quel  brotto  di  DamoDe 

Hi  fa  troppo  ìmolentir. 
Jf.    Vuoi  veder  eoi  brando  t  l'egida 

Setitder  bella  in  fleto  lampa, 

Yaoi  voder  di  Marte  il  campo 

Che  ti  facia  impalidir? 
F.    No,  che  sento  in  petto  i  palpiti 

A  DomaT  Bol  ballo  e  Marte, 

Maledetta  sia  quell'arte 

Che  fa  gl'aomini  ammaczar. 
M.    0  foacinllft  incontentabile. 

Trova  tu  quell'aria  vuoi. 

Io  mi  pretto  a'  voler  tuoi 

Che  le  so  tutte  cantar. 
F.    E'  mi  par  ch'una  ve  n'abbia 

Che  incomincia  Dolet  tpota: 

Oh  che  questa  b  graziosa 

E  Gniace  inim«  e  Amor! 
M.    Furfantella,  questa  musica 

È  per  te  difficil  troppo: 

Troverai  più  d'un  intoppo 

Fra  i  bembli  od  ora  ad  or. 
F.    Su  proviam  che  tatto  io  modulo 

I  bembli  in  ogni  tuono 

E  vedrai  ohe  brava  io  Bono 

E  che  supero  l'età. 
Jf.    Ma  i  begued  [eie)  ancor  ti  mancano 

A  formar  il  pili  bel  canto 

E  gl'altri  uniamo  intanto 

E  oantiam  do  re  mi  fa. 

Do  re  mi  fa,  e  cantiam 

E  cantiam  do  re  mi  fa 

Do  re  mi  fa  do  re  mi  fk. 

33. 

1  Cari  i  me  Sgnuoii,  L'è  tante  blena,  l'È  tante  cara 

Ch'im  Rt&gan  aacultar  Cantaren  sovra  la  mulinara. 

tTn  caa  cnrioDi  Oh  cara,  oh  bella  la  tra 

Chi  far&  maraviat.  La  bella  murara  chi  la  godni.  10 

5  L'ineegna  all'uoman  ch's  fami  spua  Tira  la  barca  in  aentinella. 

Con  la  mtger  di  o'eiser  gelus.  L'era  pur  bella  l'era  in  quel  di'. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


SBTTBCKNTO  CANORO 


241 


in  tei  mulen, 
L'ha  per  mari  un  gatantamen. 
Degli  amizezi  «emper  l'in  tIstd 
E  del  giudei!  poc  l'an  avevo. 
Tira  la  barca  in  sentinella, 
L'à  poc  gindezi  la  mulinar» 
Oh  cara,  oh  bella  ecc. 
La  mnlinam  l'à  tri  mnis, 
Lo  mari  l'è  qd  d'sti  gelns. 
Che  aempar  li  ten  dri, 
El  dì  po'  mai  cavar  i  pi, 
L'è  tanta  blena  e  tanta  cara 
Tich  e  titooh  la  molinara. 

La  mnnarena  t' trovò  in  t'I  occasion 
J  era  Lnvig  e  Piren  e  UioROn, 
J  andon  tntt'  qnatter  une 
All'nBteri  di  tre  Re. 
Tira  la  barca  in  aintinella 
Com  la  a'ha  ^nam&  la  moUnara. 
Oh  cara  eoe. 

Al  mnnaren  j  tgniva  drf, 
L'arrìvb  denter  in  ti  uatorf. 
Là  ri  ioga  una  matozia, 
Ailonra  ai  dea:  'bratta  Invasza  ,. 
L'b  tante  blena  e  tante  cara, 
Com  la  s'insngava  la  mnlinara. 
Oh  cara  ecc. 


Li  tutta  peina  d'impertinenzi 
La  ja  rapond  cnn  degl'inanlenzi. 
Al  munaren  ciapò  un  baston 
Come  un  matarel  gli  era  grosson. 
Tira  la  barca  in  santinella, 
Ticb  e  titoch  la  mnlinara. 

Oh  cara  ecc. 
La  munarena  la  s'Ia  ciappb, 
Tutta  )a  no  l'ai  pinab 
&  a  bnpn'ora  la  n'andb  vi 
Con  i  su  mrn«  ch'i  tgnìven  dri. 
Le  tante  blena,  e  tante  cara, 
Amboln  e  tombola  la  mnlinara. 

Oh  cara  ecc. 
Al  munaren  i'iivà  la  matteina 
An  trovò  pìii  la  mnnarona 
Av'  par,  av'  degfa  d'bon. 
Al  dÌTÌntò  matt  de  la  pa«BÌoa. 
Tira  la  barca  in  santinella, 
Com  la  H*la  hnSa,  la  mulinara. 

Oh  cara  ecc. 
I  mi  Omen  an  voi  far  imparar 
Ch'on  feiBi  com  ha  fat  il  monar, 
Brisa  geins,  e  semper  ainzer, 
Se  no  argtarf  senta  mi^er. 
Vh  tante  blena,  l'è  tante  cara, 
Talf  eeempi  dalla  mulinara. 

Oh  cara  ecc. 


11  testo  di  qnesta  canione  bolot^neae,  scorrettiBsima,  è  qui  dato  diplo- 
V,  7.  bietta,  bellina. 


Trenta  coae  a  dirai  bella 

Una  donna  deve  avere. 

Trenta  cose  deve  avere, 

Tre  bianche,  tre  rosse  e  tre  nere. 

Tre  grosse,  tre  lunghe  e  tre  corte. 

Tre  magre  e  tre  grasse. 

Tre  sono  le  lunghe 

Tre  sono  le  corte 

Deve  insomma  d'ogni  sorte 

Una  bella  averne  tre. 
Bono  tre  le  cose  nere  : 

Occhio,  ciglio  9  nera  chioma. 

State  attenti  ad  ascoltar. 

Atti  dtUa  R.  Accademia  —  Tol 


Sono  tre  le  cose  corte: 

Mano,  piedi  e  corta  lingua; 
Ha  la  lingua  è  difficile  a  trovar. 

Sono  tre  le  cose  strette  ; 
Vita,  bocca,  bada  bene. 
L'altra.,  poi  non  mi  sovviene. 
Ma  tra  poco  la  dire. 

Ha  che  serve  dirne  tante? 
Tu  le  vedi  quante  quante 
Te  ne  mancano  di  già. 

Te  ne  manoan  dell«  gialle. 
Te  ne  moncan  delle  verde, 
Delle  bianche,  delle  score, 

LV.  IS 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


242  TtTTORIO  CIAH 

Delle  lecche,  delle  scarne,  E  tre  e  tre  tre  e  trenta. 

Delle  mafire,  delle  {traaae,  Te  ne  mancan  delle  nere. 

Delle  groBie,  delle  tonde,  Te  ne  mancan  delle  rotae. 

Delle  larghe,  delle  strette,  Delle  Inoghe,  delle  corte. 

Delle  alte,  delle  basae.  Hacorrìam,cheilpatTonii'aipetterà. 

La  chiusa  fa  lospettare  che  questo  sia  il  monologo  barleseo  d'un  per- 
sonaggio-maichera  di  commedia  dell'arte,  o  servo  in  nn  melodramma 
giocoso. 

35. 
Trascrizione  diplomatica  del  testo  scorretto  del  ma.: 

Staono  a  bascio  alla  marina  me  trovai  n'anamorata,  che  de  jomo  e  de 
matina  ronnejava  pe  de  cha;  Una  contr'ora  esse  me  diede,  e  né  mi,  né  rizi, 
salimmo  m.  Mo'  che  dorme  tata  e  mamma,  oi  bolimmo  nn  po'  spaaik.  Nel 
bedermi  a  muso,  a  moto  -ti  con  qnel  morso  oannamto,  jo  ehe  a&tto 
non  ce  apoto,  ra'acoomenso  ad  accosta.  Nel  sentire  apri  la  porta  lo  Papà, 
ch'era  chid  dritto,  se  inssete  nto  rito,  e  la  spia  se  pose  a  tk.  Sta  iBgjeimo 
lo  processo  iasa  piaica,  e  io  Io  stesso;  e  ohid  m'aliamo,  e  chiri  m'anfooo, 
e  i  calori  a  poco  a  poco  m'acomenzauo  a  salf  ;  Mentre  stavamo  alla  meglio, 
ci  bidjmmo  Pap^  innanti,  co'  una  mazaa  fatiganti  per  pctiooe  adicrea;  La 
figiola  mesza  morta  disse  fiio  pe'  la  cncina.  Pe'  scappe  sta  voltcdina  me 
jettai  da  nn  nastricetto,  Dove  jeti  poveretto,  me  ve  boglio  fa'  seuU!  Cado 
n'  coppa  a  odo  montone  di  terreno  e  pnzzolana,  e  nna  cosa  molla  molta 
s'accomenaa  ad  eccoatfc.  G  li  panni,  come  oolla,  e'aasicaono  in  collo  a  me. 
Irbo  da  coppa  menava  torsi,  io  da  baacio  menava  scene;  E  io  stonnato 
infanfìiruto  non  sapeva  chili  ad  aj.  Che  bidissii  ano  Ruscello  di  Qn^oni, 
de  Gas  -,  e  GE^oncelli,  Chi  con  mazze,  chi  con  frate,  chi  dioeano  chisio  é 
paazo.  Ed  io  stoanato  infanfaruto  non  sapeva  chid  ad  oj. 

Eicoatruzione  in  forma  lievemente  rammodérnata. 

1  Stanno  a  bbascio  a  Ila  marina,         Nel  vedermi  a  musso  a  mosso      8 

me  tmvaie  'na  'nnnmmurata,  con  quel  maorzo  cannaruto, 

che  de  iuomo  e  de  matina  io,  che  a^lto  no'  'nce  spato, 

runziava  (?)  pe  de  ccà.     Illa?]  m'accumenzo  ad  accustà'. 

2  'Na  cuntrora  essa  me  dice  ;  Nel  sentire  apri'  In  porta,              4 
—  Né',  ziif,  sagli  mò'  su!  In  papà,  ch'era  cchiii  dritto, 

Kb'  che  ddorme  tata  e  mamma,  se  susette  zitto  litto, 

'noe  Tulimmo  un  po'  spaaaà'.  —  e  la  spia  se  pose  a  ffa'. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


fjETTBCKNTO  CANORO 


Sta'  leggenoo  la  pruceMo: 
•aa»»  pftieca,  e  i'  la  steMo; 
cctud  m'allummo  e  cchid  me 
['nfoco, 
e  i  calori  a  ppoco  a  ppoco 
m'accummenzano  a  saRlf*. 

Mentre  etévemo  a  la  mmeglio, 
'□ce  vedimmo  papà  'nnante 
cu  'na  maiza  fatigante 
pe'  puterce  (?)  addicreà'. 

La  figliola,  meta  morta, 
disse:  —  Foie  pe'  ila  cacina!  — 
Pe'  scappa'  ita  voltolina  (?), 
me  iettale  da  n' aatrìchetto. 
Dove  ietti,  poveretto, 
ramb'  v'  'u  voglio  fa'  aeuti'. 


Cado  'Dcopp'  a  nn  mantone  8 

de  terreno  'e  pozzolana, 
e  'na  cosa  molla  molla 
a'accummenca  ad  accuBtà'; 
e  li  panne  comm'  a  colla 
s'auiooaieae  'ncaollo  a  mme. 

Ibbo  a  coppa  mena  torse,  9 

i'  a  vatoio  meogo  Bcoize: 
e  i',  stanato,  'infanfaruto, 
non  sapeva  cchiiì  addb'  i'. 

Che  bbedivi  I  'nn  rascello  10 

de  gaaglinne  e  gnagliuncelle, 
chi  co'  mazze,  chi  cu'  prète, 
che  dioeano:  -~  Chiet'è  pazzo!  — 
E  i',  stanato,  'nfaa&ruto 
non  sapeva  ccbìd  addb'  i'. 


6  T,  4.  Forse  arrieriàì  —  10  »,  1.  rugeelh.  per  un'ondata,  i 


Traduzione,  e  interpretazione. 

1.  Stando  giii  alla  marina,  trovai  un'innamorata,  che  giorno  e  notte  ron> 

lava  (?)  per  qui  (o  per  lf?J. 

2.  [On  giorno]  nelle  ore  canicolari  ella  mi  dice:   —  Ohe,  zio.  sali  ora  su! 

Ora  che  dorme  hahho  e  mamma,  ci  vogliamo  un  po' divertire.   — 

3.  Nel  vedermi  a  faccia  a  foccia  con  qael  boccone  prelibato,  io  che  |a  co- 

deste cose]  non  ci  sputo  punto  [sopra]  (non  le  disprezzo),  incomincio 
ad  accostarmi. 

4.  Nel  sentire  aprir  la  porta,  il  babbo  che  era  piti  furbo  [di  lei?  0  di  quel 

che  pensassimci],  si  levò  pian  pianino  e  si  pose  a  origliare. 

5.  Leggi  ora  qnel  che  avvenne:  ella  dà  pizzicotti,  io  egualmente;  più  mi 

accendo  e  pid  prendo  fuoco,  e  Ì  calori  a  poco  a  poco 
salirmi  [alla  testa]. 

6.  Mentre  eravamo  nel  meglio,  ci  vediamo  davanti  Ìl  padr 

sante  (?)  bastone  per  poterci  [o  volerci?]  coDsotare, 

7.  Lb  ragazza,  mezzo  morta,  disse:  —  Fuggi  per  la  cucina. 

gire  a  <]iiesta  gragnuoia  di  coipi  (?)  mi  gettai  giiì    da 
Dove,  povero  me,  cascai,  ora  ve  lo  voglio  far  sentire. 

8.  Cado  sopra  un  mucchio  dì  terreno  di  pozzolana  [ma  la  fr 

senso  :  un  terreno  di  roba  puzzotenle],  e   una   cosa  molle  molle  inco' 
minoia  ad  accostarci,  ei  vestiti  mi  si  attaccarono  addosso  come  colla. 

9.  Lui  da  su  getta  torsoli,  io  da  gid  icaglio  bucce;  e  io,  fuor  di  me,  in- 

tontito, non  sapevo  piii  dove  andare. 
10.  AvesHi  visto!  Un  branco  di  ragazzi  e  ragazzine,   chi  con  bastoni,  chi 
con  pietre,  che  dicevano:  —  Quest'uomo  h  matto!  —  E  io  fuor  di  me, 
intontito,  non  sapevo  più  dove  andare. 


Per  isfiig- 
terrazzino. 


a  doppio 


Atti  della  R.  Accademia   —  Voi.  LV. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


FBBDINANDO  NKRI 


JULSS  GAinS,  flUlogO'*' 

NoU  di  FERDINANDO  NERI 


Era  Tenuto  in  Italia  a  ventiaei  anni,  e  visse  a  Padova  fra 
il  187S  e  rsi;  indi  a  Modena,  fino  a]  1889,  insegnante  dì  fran- 
cese nella  B.  Scuola  Militare;  da  altimo,  passato  alla  Scnola 
di  guerra,  a  Torino.  Nel  1893  consegui  preaao  questa  Univer- 
sità la  libera  docenza  di  Lingua  e  letteratura  francese,  e  coprì 
per  incarico  la  cattedra  di  Letteratura  francese  dal  1913  al  1915. 
Nato  a  Magny-en-Yexin  il  1°  giugno  1847,  è  morto  a  Torino 
.prima  dell'alba  del  26  gennaio  1917.  Era  uno  spirito  chinso, 
rassegnato  alla  sorte;  ed  il  suo  volto  buono  ed  arguto,  fatto 
piti  rigido  negli  ultimi  tempi  dalla  paralisi  che  l'avvingìiìava, 
pareva  emergere  sereno  da  una  lunga  solitudine,  nella  quale 
aveva  serbato,  insieme  col  suo  puro  francese  di  Milly  e  di  Pa- 
rigi, i  primi  caratteri  della  patria. 

La  sua  attività  di  filologo  ai  delineò  per  gradi  attraverso 
gli  studi  botanici,  che  gli  furono  sempre  cari,  e  possiamo  regi- 
strare così  un  primo  gruppo  delle  sue  pubblicazioni: 

Studio  di  lessicografia  botanica  sopra  alcune  note  manoscritte 
del  secolo  XVI  in  vernacolo  veneto  (estr.  dagli  *  Atti  del  R.  Isti- 
tuto Veneto  di  Scienze,  Lettere  ed  Arti,  t.  II,  S.  VI,  1884):  po- 
stille marginali  ad  un  anonimo  libro  d'erbe  tedesco  del  1543, 
dovute  a  qualche  speziale  o  *  herborista  ,  della  Venezia  occi- 
dentale;. 


(*)  DeìVOpera  botanica  del  Camna  trattò  il  prof.  Hattirolo  nel  voi.  LII 
defili  'Atti  .;  queste  pagine  avrebbero  dovuto  uscir  poco  dopo  nell'An- 
naario  dell' Cini  ve  raità,  di  cui  fu  a  lungo  aospesa  la  pubblio 


zed.yGOOg[e 


JITLES  CKUVS,  rilJ)LO00  246 

Elude  de  Uxkologie  botanique  {additions  au  Di^ionnaire  de 
Littréj,  eetr.  dalla  '  Revue  de  Botanique  ,,  t.  m,  1884:  è  uno 
spoglio,  per  la  Domenclatura  francese,  dei  Commentarii  a  Dio- 
Bcoride  del  Mattioli  {aull'edizione  dì  Basilea,  1598,  raffrontata 
con  l'ediz.  prìncipe,  1558),  dell'^eriam  nuovo  di  Castore  Durante, 
Roma,  1585,  della  Fìorutn  et  ...kerbarum  historia  di  Budoens, 
Anversa,  1568,  e  della  Pkarmawpoea  Helvetica  diretta  da  Haller, 
Basilea,  1771; 

Botanique  et  phUologie  (estr.  dalla  *  Feuille  dea  Jeunes  Ma- 
turalietes  ,,  XV.  18S4-85):  addita  il  valore,  e  la  necessità,  di 
tali  glossari  per  il  perìodo  del  Rinascimento  —  che  vuol  dire 
qui  il  secolo  XVI,  che  rimane  come  trascurato  (e  non  per  la 
botanica  soltanto)  fra  i  due  lessici  del  Oodefroy,  che  vi  giunge 
appena,  e  del  Littré  che  muove  dalla  fine  di  esso;  rammenta 
le  opere  di  Du  Pinet,  Beton,  Thevet,  ecc.,  e  aggiunge  alcuni 
esempi  del  Du  Pinet  (Historia  planfarum,  Lione,  1561). 

Un  *  Indice  .dei  nomi  volgari  ,  di  piante,  della  fine  del 
sec.  XVI.  chiude  V Illustrazione  del  ducale  erbario  estense  conser- 
rato nel  R.  Archivio  di  Stato  in  Modena,  in  collaborazione  col 
Penzig  (estr.  dagli  *  Atti  della  Società  dei  Naturalisti  ,  di  Mo- 
dena, S.  Ili,  voi.  IV,  1885). 

In  seguito,  il  Camus  si  accinse  all'esplorazione  dei  mano- 
scritti francesi  delta  Biblioteca  Estense: 

L'opera  salernitana  '  Circa  Instans  ,  ed  il  testo  primUivo  del 
'  Qrant  Herbier  tn  frangoys  „  secondo  due  codici  del  secolo  XV 
conservati  nella  Regia  Biblioteca  Estense  (estr.  dalle  '  Memorie 
della  R.  Accademia  dt  Scienze,  Lettere  ed  Arti  dì  Modena  ., 
voi.  VI,  S.  II,  1886); 

Precetti  di  rettorica  scritti  per  Enrico  III  re  di  Francia,  pub- 
blicati secondo  un  manoscritto  inedito  conservato  nella  R.  Bildio' 
teca  Estense  (nelle  stesse  '  Memorie  ,,  voi.  V,  S.  II,  1887); 

Alcuni  frammenti  in  attico  dialetto  ptccardo  dell'Etica  di 
Aristotele  compendiata  da  Brunetto  Latini  (nelle  stesse  *  Memorie  ,, 
voi.  VII,  S.  II,  1889); 

e  coronò  le  sue   indagini    con    le  due  successive  redazioni  del 
catalogo  : 

/  codici  francesi  della  fi.  Biblioteca  Estense,  Modena,  1S90; 

Noticea  et  extraits  des  Manuscrits  fran^is  de  Modène  ante- 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


246  FERDINANDO  NERI 

rìeurs   au  XVI'  siècle  (nella  *  Revue    des  languea  romaDes  ., 
t.  XXXV,  1891)  (1). 

Lo  studio  *  Circa  Instans  ,  comprende  un  ricco  glossano 
botanico  del  secolo  XV  e  si  collega  alle  ricerche  disposte  nel 
gruppo  precedente  ;  i  Precetti  di  rettorica  per  Enrico  ITI,  che  il 
Camus  riaccosta  con  ragione  si  Projet  de  l'éloquence  rodale  di 
Amyot,  sebbene  ciò  non  basti  ad  attribuirglieli  (come  avvertiva 
lo  Sturel,  Jacques  Amyot  traducteur  de  lìutarque,  p.  425),  co- 
stituiscono un  utile  documento,  dì  cui  avrebbero  dovuto  tener 
conto  i  molti  studiosi  di  Robert  Garnier:  i  testi,  infatti,  che  vi 
ai  adducono  —  tralasciando  una  citazione  piuttosto  vaga  dal 
Desportes  — ,  derivano  tutti  dalle  prime  sei  tragedie  del  Oarnier, 
ed  io  non  lo  crederei  estraneo  alta  compilazione  (2);  i  Fram- 
menti dell'Etica,  oltre  alla  determinazione  linguistica  del  testo 
pabblicato,  concorrono  alla  storia  della  composizione  del  Trésor. 
Quanto  al  catelogo  dei  mss.  francesi,  il  secondo  è  piii  compiuto 
aggiunge  il  ms.  IV,  D,  5,  fondo  lat.  568,  pel  canzoniere  dì  cnì 
die  notizia  il  Cappelli,  e  di  altri  reca  estratti  più  larghi,  p.es. 
Pronostics  fondis  sur  la  coìncidence  de  Noel,  di  cui  ìl  Meyer  aveva 
indicato  un  testo  diverso,  e  la  Correspondance  poitique  entre 
i%cjrnfnoncf  et  3fe'tadu8,  integrando  la  pubblicazione  detHey8e(S). 

Prima  di  lasciare  questo  periodo  "  estense  ,,  dobbiamo 
ancora  ricordare  i  Morceaux  ehoisis  des  prosateurs  frangais  du 
XIJC"  siècle  (In  Modena,  1890),  pubblicati  in  servìgio  del  suo 
insegnamento  (4):  la  serie  dei  passi,  a  cominciare  da  alcune 
pagine  dì  Désìré  Nisard   su    Fm   langue  fran^aise.  che    ne  rap- 


ii) Agli  estratti  ìl  C.  appose  un  altro  frontiapizio.  cou  la  data  di  Mo- 
dena, 1891,  e  al   verao  Ih  dedica  'A  mon  maitre  Frédéric  Uodefroj 

(2)  La  nota  a  pp.  39-40  di  qaeati  Precetti  fu  poi  grolta  dal  G.  in  una 
comnnìoazioDe  al  '  Oiomale  storico  d.  Leti,  italìuna,,  XLUI,  pp.  166-68, 
L'rxpreimoH  de  Dante  "ri  ni  batte  l'anca  „:  e  direi  che  nello  studio  di  un 
gesto  umano  egli  è  ancora  il  'naturalista,. 

(3)  Cfr,  BiBTOHi,  Le  lettere  franeo-Ualiane  dì  Faramon  *  ìttUadus,  in 
'  Giornale  storico  d.  Lett.  ital. ,,  LSIIJ,  p.  79  segg.  —  Un'edizione  del  m*. 
eatense  del  Perceval,  continuaziotie  di  Gauofaer  de  Dourdau.  era  statn  an- 
nunziata dal  Camus,  con  la  promessa  coli  ab  o  rasi  one  di  Gaston  Paris 
<v.  R*jNi,  Le  fonti  dell'Orlando  fuHoso,  2>  ed.,  p.  822,  n.  '2). 

(4)  E  due  brevi  poesie:  La  Pàqtterctle,  favola,  per  il  numero  unico 
Chàritas,  15  febbr.  18S7,  e  la  verdione  Chant  dt  Mai,  dal  Mailied  di  Goethe. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


JULES  CAMUS,  FILOLOOO  247 

presentano  come  il  proposito  letterario,  si  svolge  su  di  una  scelta 
di  prevalenza  militare,  che  direi  intonata  allo  spirito  di  Alfred 
de  VigDy,  scrittore  a  lui  carissimo,  onde  tolse  *  Le  prisonnier 
de  la  mer  .,  cioè  il  severo  episodio  dell'ammiraglio  Collingwood. 

Nel  1894  pubblicò  nel  voi.  Vili  del  "  Journal  de  Bota- 
nique  ,  la  monografia  su  Les  noms  dea  plantes  du  *  Livre  d'heures  , 
d'Anne  de  Bretagne,  conservato  nella  Bibliothèque  Nationale  di 
Parigi  (ms.  lat.  9474);  il  botanico  e  il  filologo  si  piegano  in- 
sieme sui  margini  miniati  della  pergamena,  a  cogliere  fra  quella 
decorazione  sontuosa  la  prova  di  uno  studio  sincero  delle  fragili 
forme  arboree;  e  fin  d'allora  s'era  proposto  di  seguire  questo 
metodo  per  altri  due  manoscritti,  già  posseduti  da  Claude  Seyssel 
e  aerbati  nella  Biblioteca  Nazionale  dì  Torino,  in  cut  aveva  ri- 
conosciuto la  stessa  mano  d'artista;  peccato  che  ad  attuare  il 
suo  disegno  abbia  aspettato  quasi  dieci  anni:  gli  accadde  cosi 
di  riprendere  quei  due  codici  preziosi  poco  prima  dell'incendio, 
e  non  potè  darne  che  un  cenno  *  postumo  ,  nel  voi.  Vili  (1905) 
dell'  '  Arte  ,:  Mini^we  di  Jean  BaurdicHon  distrutte  nell'incendio 
dfUa  Biblioteca  Nazionale  di  Torino:  e  un  cenno  ch'egli  dovette 
consegnare  in  francese  alla  redazione,  e  che  fu  mal  tradotto. 
Dal  modo  come  sono  disposti  gli  steli  dello  zafferano  deduce 
che  vi  fossero  già  erbari  alla  fine  del  secolo  XV,  una  quarantina 
d'anni  prima  del  più  antico  pervenuto  fino  a  noi,  ch'è  quello  di 
Gherardo  Cibo,  incominciato  nel  1532  (1). 

Dei  mss.  della  Nazionale  di  Torino  illustrò  la  miscellanea 
medica  M.  IV.  11,  riconoscendovi,  sulla  scorta  degli  studi  lin- 
guistici del  Wilmotte,  l'impronta  dell'antico  vallone,  sotto  le 
due  azioni  laterali  del  piccardo  e  del  borgognone:  Un  manuaerit 
namurois  du  XV'  siede,  estr.  dalla  '  Revue  des  langnes  romanes  ,, 
t.  XXXVIII,  1895  (con  un  esteso  ed  importante  glossario),  b  Les 
songes  au  moyen  àge  d'après  un  manuaerit  namuroia  du  XV  aiècle 
(eatr.  dal  voi.  Il  del  "  Bulletin  de  Folklore  .,  di  Liège,  1895),  su 
di  una  sezióne  dello  stesso  ms.,  ce  182-96,  "  Le  livre  de  l'ex- 
pocicion   des   soinges  ,,  pubblicato   integralmente;    dal   ms.  L. 


(1)  Quest'argomento,  che  toma  dì  frequente  ne*  suoi  lavori,  trattò  di 
propotito  oelV  Hitlorique  de»  premier»  herbìer»,  estr.  da  *  Ualpigbìa  ,,  IX, 
1895;  cfr.  a  pp.  4-5  gli  accenni  a)  RabeUia. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


248  PERDIKANDO  NERI 

V.  17,  ce.  43-48,  trasBe  il  Riceptaire  franfais  àu  XIV'  sikU 
d'après  un  manuserit  de  Twrin,  Dijon,  1892  (eatr.  d&l  VII  "  Bul- 
letin  de  la  Société  Syndicale  des  Pharmaciens  de  la  Còte  d'or  ,). 
Inoltre,  Notice  d'une  traduction  frangaiae  de  "  Végèce  ,  fatte  en  1380 
(sul  ma.  188  della  Biblioteca  del  Duca  di  Genova),  nella  Ha- 
tnania.  XXV,  1896,  pp.  393-400  (cui  Paul  Meyer  fece  seguire 
il  fluo  studio  su  Les  anciennes  traductions  de  Végèce  et  en  parti- 
ctilier  Jean  de  Vignai:  v.  pp.  402-05,  sulla  traduzióne  anonima 
del  1380),  e  La  seconde  traduction  de  la  Chirurgie  de  MotidevUle 
(Turin,  Bibl.  Nat.,  L.  IV.  17),  in  '  BuUetJn  de  la  Société  dea 
Anciens  Textea  Frant^is  „,  XXVIII,  1902,  pp.  100-119,  a  comple- 
mento dell'edis.  Bo3  :  egli  assegna  questo  nuovo  ms.  al  sec.  XIV, 
poiché  sul  testo  di  esso  è  condotta  la  traduzioue  provenzale 
dolla  Laurenziana. 

Ma  lo  studio  del  ms.  L.  III.  17  h  senza  dubbio  il  lavoro 
più  importante  del  Camus  nel  campo  letterario:  La  première 
version  fran^aise  de  l'Enfer  de  Dante.  Notes  et  observations,  nel 
"  Giornale  storico  della  Letteratura  italiana,,  XXXVII,  1901, 
pp.  70-93;  con  l'esame  dei  più  riposti  elementi,  egli  collocò 
questo  notevole  documento  della  cultura  italiana  in  Francia  entro 
termini  più  sicuri  di  quelli  fra  cui  vagavano  gli  studiosi  prece- 
denti: non  si  può  risalire  oltre  il  nov.  1491,  data  dell'edizione 
di  Venezia  del  commento  di  Cristoforo  Landino,  ond'è  copiato 
il  testo  italiano:  su  questo  punto  non  vi  pnò  essere  dubbio; 
quanto  ai  ritocchi  e  varianti  della  traduzione,  essi  possono  di- 
scendere fin  dopo  il  1528.  Il  traduttore  primitivo,  a  giudicare 
dagl'indizi  linguistici,  appartiene  al  Berry,  e  la  metrica  —  per 
l'uso  della  terzina  di  alessandrini  e  per  l'osservanza  quasi  co- 
stante della  norma  sulla  coupé  fiminine,  ch'elide  l'è  muta  alla 
cesura,  escludendo  la  finale  femminile  quando  non  possa  eli- 
dersi, —  ce  lo  rappresenta  come  un  discepolo  di  Jean  Lemaire, 
il  quale  pubblicò  le  prime  terzine  francesi  nel  1503  e  applicò 
detinitivamente  la  legge  della  cesura  nel  1510,  mentre  con  Jean 
Marot  riappariva  intorno  a  quegli  anni,  prima  di  trionfare  col 
Ronsard,  l'alessandrino,  di  cui  diede  saggio  anche  il  Lemaire. 
Queste  conclusioni,  in  sé  coerenti  e  persuasive,  sono  ancora  te- 
nute in  iscacco  per  una  nota  indicata  dal  Vossler  nell'inventario 
20  nov.  1496  dei  beni  mobili  del  Conte  d'Angouléme:  "  le  libvre 
de  Dante,  escript  en  parchemin  et  à  la  main,  et  en  italien  et 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


JULBS  CAMUS,  FILOLOGO  249 

en  franijoys  ,  (v.  Farinelli,  Dante  e  la  Francia,  I,  pp.  237-38)  ; 
ci  si  chiede  per  quale  vincolo  debba  collegarsi  a  quel  perduto 
libro  la  versione  rimasta  nel  manoscritto  ài  Torino;  tanto  pììi 
che  il  Camus,  osservata  l'impronta  *  berrichonne  ,  della  tradu- 
zione primitiva,  aveva  già  pensato  ad  attribuirla  alia  corte  stu- 
diosa di  Margherita  d'Angoulétne,  la  futura  regina  dì  Navarra, 
ch'ebbe  dal  fratello  nel  1517  il  titolo  di  Duchessa  di  Berry. 
Perciò  egli  assegnava  la  traduzione  ai  primi  anni  del  regno  di 
Francesco  I,  mentre,  a  rigore,  la  sua  argomentazione  pub  con- 
tenersi nei  limiti  del  regno  di  Luigi  XIl  ( —  1515);  ma  ad  avan- 
zarli fino  al  1496  non 'si  riesce:  le  indagini  più  recenti  sulla 
metrica  francese  confermano  pienamente  la  posizione  di  Jean 
Lemaire  (v.  Martinon,  Études  sur  le  vera  frangais,  in  '  Revue 
d'Histoire  littéraire  de  la  Franco  ,,  XYI,  pp.  62  sgg.).  Piii  ch'es- 
sere la  ■  première  version  frant^se  ,,  il  manoscritto  di  Torino 
appartiene  alla  storia  della  *  première  version  .  ;  un  buon  tratto 
ne  rappresenta  pur  esso,  poiché  nelle  numerose  correzioni  ai 
scorge  l'intervento  di  scribi  del  Mezzogiorno. 

TI  Camus,  ormai,  aveva  ampliato  e  nello  stesso  tempo  acuito 
la  sua  visione  degli  studi;  in  questo  periodo  figura  una  serie 
di  ricerche  storiche,  iniziata  con  la  Memoria  su  La  venue  en 
Franee  de  Valentine  Visconti  Duchesse  d'Orléans  et  l'inventaire  de 
sea  joyaux  apportés  de  Lombardie  (estr.  dalla  *  Miscellanea  di 
Storia  Italiana,,S.  m,  t.  V,  1898):  questo  'Inventoire  dejoyaulx 
et  vaisselle  de  Madame  de  Touraine  ,,  serbato  nelle  Àrchives 
nationales  di  Parigi,  è  il  germe  del  lavoro  (l),  per  il  quale  rac- 
colse nuovi  documenti  dagli  archivi  di  Milano,  di  Dijon,  dai 
Conti  dei  tesorieri  di  Savoia  e  dsgli  Ordinati  dei  comuni  piemon- 
tesi, SI  da  ricostituire  fedelmente  il  viaggio  nuziale  (1389)  di 
Valentina,  la  figlia  del  conte  di  Virtii  e  d'Isabelle  de  Franco,  e 
che  sarà  poi  la  madre  di  Charles  d'Orléans.  —  Alcune  sue  as- 
serzioni difese  l'armo  seguente,  in  polemica  col  Romano,  nello 


(1)  Il  C.  \i  alludeva  già  Del  '94,  nella  Nota  Le»  "  Vofagt»  ,  de  Man- 
dtvitle  copify  pour  yalentìne  dt  Milan  (*  Berne  dei  bibiiothèqoes  ,.  IV, 
pp.  12-19),  dove  riprende  le  conclusioni  del  Carta  per  dimoetrare  efae  il 
019.  estense  è  quello  eteeio  *  li  ber  unoa  Domini  Johannis  de  Mandavilla,, 
registrato  nell'in Tentario.  V.  ancora  Burroni,  in  *  Giornale,  storico  ,,  XLIX, 
p.  358  eegg- 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


251)  FERDINANDO  NERI 

scritto  SU  La  maison  de  Savoie  et  le  mariage  de  Vatentine  Vi- 
scotUi  (estr.  dal  *  Bollettino  storico- bibliografico  sabalpino  ., 
IV.  1899). 

Con  lo  stesso  proposito,  anche  più  evidente,  di  storico  della 
vita  privata,  descrisse  La  cour  du  Due  Amédée  Vili  à  RutnUli/ 
en  Albanais  {1418-1419),  estr.  dalla  *  Revue  Savoisienne  ,,  1901  : 
le  fogge,  gli  appartamenti,  i  giochi,  il  costume  nel  senso  piti 
esteso  ed  ìntimo.  E  come  per  un  esercizio  elegante  d'erudizione, 
che  riesce  al  commento  preciso  di  un  passo  del  Journal  de 
voyage  del  Montaigne,  aveva  trattato,  nella  *  Revue  Savoisienne  . 
del  1898,  de  f^ea  épées  de  Bordeaux  en  Guyenne  ti  en  Savoie: 
spade  che  non  si  conoscono  nelle  armeiie  {*  Tout  porte  à  peoser 
que  c'étaient  de  courtes  épées  ou  dagues  de  luxe  ,),  ed  i  cui 
forgeura,  di  Bordeaux,  passando  a  Bourdeaux  presso  il  lago  di 
Bourget,  furono  causa  di  uno  scompiglio  fra  i  cavalieri  e  cu- 
riosi. —  Nella  "  Miscellanea  di  Storia  Italiana  ,,  S.  III.  t.  XI, 
1906,  studiò  Le»  Premiers  autographes  de  la  Maison  de  Savoie, 
che  risalgono  al  secolo  XIV:  sono,  infatti,  di  Amedeo  VII,  il 
Conte  Rosso,  di  sua  moglie  Bonne  de  Berry,  di  sua  madre,  Bonne 
de  Bourbon,  vedova  del  Conte  Verde. 

L' ultimo  suo  lavoro,  pubblicato  nel  voi.  LUI.  1909,  del 
"  Giornale  storico  della  Letteratura  italiana  ,,  è  la  bella  Me- 
moria su  La  *  lonza  ,  de  Dante  et  tea  '  léoparda  ,  de  Pélrarque, 
de  l'Arioate,  eie.  ;  si  può  dividei-e,  a  p.  28.  in  due  parti  distinte  : 
la  prima  sulla  lonza,  la  seconda  sui  leopardi,  di  cui  egli  s'era 
già  occupato,  movendo  da  due  lettere  di  Louis  XI  ad  Ercole  I 
d'Este.  in  una  breve  indagine  su  Lea  guéparda  chaaseura  en  Franca 
au  XV  et  au  XVP  aièrie  (voi.  XVIII,  1888,  delia  ■  Peuille  dea 
Jeunes  Naturalistes  ,).  Ve  tutta  una  fauna  letteraria  che  di- 
pende dalla  fantasia  dei  poeti;  ma  qui  gli  *  attori  .sono  vera- 
mente la  pantera  ed  il  leopardo:  essi,  e  non  le  fiere  poetiche, 
veduti  nella  loro  agile  progenie  e  poi  cercati  con  un  diletto 
pieno  di  benevolenza  nei  piil  rari  documenti;  e  taluno,  già  noto, 
acquista  un  valor»,  od  un  riliev»,  diverso:  cos'i  la  scena  gaia 
e  colorita  che  apparve  a  fra  Salimbene  mentre  questuava  da 
giovine  a  Pisa,  scena  evocata  già  dal  Oebhart  e  dal  Cian  (*  Ibi 
erant  leopardi  et  alie  bestie  ultramarine  quam  pinres,  quas  li- 
henter  aspeximus  tengo  intuitu,  quia  libenter  inusitata  et  pulcra 
videntur...  ,  ;  e  le  donne  sotto  il  pergolato  cantavano  una  strana 


zed.yGOOg[e 


JDLBS  CAMUS,  FILOLOGO  251 

e  bella  canzone  *  et  quantum  ad  verba  et  quantum  ad  vocum 
varietatem  .),  il  Camaa  la  riporta  con  la  maggiore  Terisiiniglianza 
alla  corte  di  Federico  II,  che  fu  in  Pìaa  mentre  vi  abitava  il 
frate  minore  (luglio-agosto  1244  e  maggio  1245:  v.  la  Cronica, 
ed.  Holder-Egger,  p.  44  e  349  n.  2).  Tale  sopravvive  ne'  suoi 
studi  quel  pregio  di  esattezza,  e  di  grazia,  ch'egli  ricereb  sopra 
ogni  altro. 


L'Accademico  Segretario 
EVrroBE  Stahpiki 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


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ATTI 


REALE  ACCADEMIA  DELLE  SCIENZE 

i 

DI     TOKINO  ; 

■  ! 

FOBBLtOATI 

DAGLI  AffiABEMICI  SEGRETARI  DELIE  DUE  CLASSI 


Tou  LV,  Di».  4-,  I9I9.I920 


TOSINO 
Libreria  FKATELLl    BOOOA 

VI»  Ohio  Albnte,  S. 
1920 


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CLASSE 

SCIENZE  FISICHE,  MATEMATICHE  E  NATURALI 


Adunanza  del  28  Dicembre  1919 

PRESIDENZA    DEL    SOOIO    PBOF.  OOHH.  ANDREA    NAOOABI 
PBE8IDENTS    DELL'aOCADEHIA 


Sono  presenti  i  Soci  Salvadori,  Segbb,  Peano,  Jadahza, 
Guidi,  Mattibolo.  Gsassi,  Panetti,  Ponzio,  Sacco  e  Pabona 
Segretario. 

Scusa  l'assenza  il  Senatore  D'Ovidio,  Direttore  della  Gasse. 

Si  legge  e  si  approva  l'atto  verbale  della  precedente 
adananza. 

Il  Socio  Jadahza  commemora  il  Socio  corrispondente  Vin- 
cenzo Reina,  ed  il  Presidente  lo  ringrazia,  rinnovando  l'espres- 
sione dì  cordoglio  per  la  morte  immatura  del  compianto  collega, 
e  dice  che  la  commemorazione  sarà  stampata  negli  Atti. 

Il  Socio  Sacco  presenta  io  omaggio  tre  sue  pubblicazioni: 
Bitomiamo  alla  Sorgente ...  alla  Natura;  La  formazione  geologica 
dell'Italia;  I  serbatoi  montani.  E  tre  pubblicazioni  pure  in  omaggio 
offre  il  Socio  Peano:  Sulla  forma  dei  segni  di  algebra;  Le  defini- 
zioni per  astrazione;  Tavole  numeriche.  Il  Presidente  ringrazia. 

Il  Segretario,  a  nome  del  Senatore  D'Ovidio,  presenta  nna 
Nota  del  Prof.  F.  Gesbaldi,  Sulla  scomposizione  di  una  forma 
binaria  biquadratica  nella  somma  di  due  quadrati. 

II  Socio  Panetti  presenta  nna  Nota,  Ricerche  sperimentali 
sai  valori  del  titolo  in  benzina  della  miscela  di  alimentazione  dei 
mt^ori  a  scoppio,  dell'Ing,  Gnido  Guidi. 

Le  due  Note  sono  accolte  per  la  stampa  negli  AM. 


Ani  della  R.  Accademia  —  Voi.  LV. 


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NICODBHO  JADANZA 


LETTURE 


GOMHEHOBAZIONE 

dd  Stelt  eorrlBfoidente 

Prof.  VINCENZO  REINA 

fatta  dal  Socio  nai.  reaid.  N.  JADANZA 


Il  giorno  9  novembre  1919  moriva  nella  città  di  Como  il 
nostro  socio  corriapondente  Conte  Vincenzo  Reina,  profesaore 
di  Geodesia  e  Geometria  pratica  nella  R.  Scuola  degli  Inge- 
gneri di  Roma,  a  soli  57  anni! 

La  sua  morte  ha  addolorato  quanti  sono  i  cultori  della 
Geodesia  in  Italia  ed  è  stata  appresa  con  rammarico  da  quanti 
ebbero  la  ventura  di  conoscerlo. 

11  prof.  Reina  era  nato  a  Como  il  22  novembre  1862  da 
Francesco  ed  Antonietta  de  Orchi.  Allievo  del  Collegio  Qbislieri  di 
Pavia,  ebbe  in  quella  Università  la  Laurea  di  Dottore  in  Mate- 
matiche il  14  novembre  1885  con  pieni  votì  e  lode.  Nel  1°  ot- 
tobre 1887  fu  nominato  Assistente  di  Geodesia  del  prof.  1*000! 
nella  Scuola  degl'Ingegneri  di  Roma,  e  negli  anni  scolastici 
1890  e  1891  fu  incaricato  dell'  insegnamento  di  esercitazioni 
matematiche  in  quella  Scuola.  In  seguito  alla  morte  del  pro- 
fessore Pucci,  avvenuta  nel  marzo  1891,  ebbe  l'incarico  della 
Geodesia  e  della  Geometrìa  differenziale.  Libero  docente  di  Geo> 
desia  nel  maggio  1892.  Nell'aprile  1894,  dopo  la  morte  del  pro- 
fessore Pitocchi,  ebbe  anche  l'inearico  della  Geometrìa  pratica. 
Nominato  straordinario  di  Geodesia  e  Geometria  pratica  nel  1895, 
fu  promosso  ordinario  il  6  novembre  1900  (*).  Eletto  socio  corrì- 


(')  E:  degno  di  nota  il  aeguente  fatto.  Il  Rbihi  fu  nominato  Straordi- 
rio  tenga  eoncorao  dui  Hinistro  Guido  Baocku-i.  Un  anno  dopo  fece  aprire 
),  che  Egli  Tinse. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


COHHBMOKAZIONB   DI   VINCENZO  REINA  255 

Spendente  dell'Accademia  dei  Lincei  il  12  luglio  1905,  divenne 
socio  nazionale  il  17  febbraio  1916,  e  Segretario  aggiunto  il 
2  febbraio  1919.  Fu  Segretario  della  Società  Italiana  per  il 
Progresso  delle  Scienze  dal  23  ottobre  1918  in  poi,  e  membro 
della  R.  Commissione  Geodetica  Italiana,  di  cui  attualmente  era 
UDO  dei  Segretari. 

L'attività  scientifica  del  Reina  si  manifestò  ben  presto  dap* 
prima  con  note  di  matematica  pura,  quali  sono  quelle  indicate 
coi  numeri  1,  2,  3,  i  dell'annesso  elenco,  e  poi  con  lavori  atti- 
nenti specialmente  alla  Geodesia  ed  all'Astronomia  geodetica. 
Sono  relative  alla  Geodesia  elementare  o  Geometria  pratica  le 
pubblicazioni  notate  coi  numeri  5,  7,  8.  È  di  somma  importanza  la 
Memoria  sulla  Lunghezza  del  pendolo  semplice  a  secondi  in  Roma. 
In  essa  rende  conto  delle  esperienze  fatte  io  Roma  dai  pro- 
fessori Pisati  e  Pucci,  che,  per  la  loro  morte  immatura,  non  po- 
terono pubblicarle.  Tali  esperienze,  fatte  con  molta  cura  ed 
abnegazione  dai  due  benemeriti  Professori,  ebbero  una  piena 
conferma  da  quelle  fatte  a  t^itsdam  parecchi  anni  dopo,  come 
rilevasi  dalla  nota  che  ha  per  titolo  :  Confronto  fra  il  valore  aaso- 
luto  dell»  (/ravità  deUrminato  a  Roma  e  quello  determinato  a  Potsdam. 
Nel  1902  ebbe  il  premio  Reale  dell'Àccudemia  dei  Lincei  per 
le  determinazioni  Aatronomico-Geodetìche  eseguite  lungo  Ì1  me- 
ridiano di  Roma  e  conseguente  determinazione  del  profilo  del 
Geoide.  Con  l'apparato  pendolare  Steruek  a  mensola,  da  Lai 
modificato  per  rendere  minima  e  misurabile  la  oscillazione  del 
supporto,  Egli  ha  fatto  due  campagne  gravimetriche  negli  anni 
1912  e  1913,  i  cui  risultati  si  trovano  esposti  nelle  due  impor- 
tanti Memorie  pubblicate  a  cura  della  Commissione  Geodetica 
Italiana,  aventi  per  titoto  : 

Determinazioni  di  gravità  relativa,  compiute  nel  1912  a  Roma, 
Arcetri,  lAvomo,  Genova,  Vienna  e  Potsdam  in  collaborazione 
dell'ing.  G.  Cassinis. 

Determinazioni  di  Latitudine  astronomica  e  di  gravità  rela- 
tiva eseguite  in  Umbria  ed  in  Toscana  nel  1913  da  V.  Reina  e 
G.  Cassinis. 

Prese  ancke  parte  ai  lavori  geodetici  per  la  Società  Già- 
ciologica  Italiana. 

Cultore  di  Matematica  applicata,  ebbe  sempre  in  mente  dì 
rimuovere  l'abuso  che  molti  matematici  puri  facevano  e  fanno 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


256  NICODBUO  JADANZA 

a  danoo  delle  scienze  applicate,  e  qnesta  idea,  che  ora  è  invalsa 
nella  maggior  parte  delle  Scuole  d'Ingegneri,  secondo  la  qoale 
le  discipline  matematìclie  che  ivi  s'insegnano,  debbono  limitarsi 
a  quanto  può  essere  ntile  nelle  applicaziooi,  non  tarderà  ad 
estendere  la  sua  influenza  anche  nelle  scuole  secondarie.  Potrà 
così  avverarsi  ciò  che  il  prof.  Reina  dice  in  un  suo  scrìtto  (Ma- 
tematica di  precisione  e  Matematica  di  approasimazione): 

'  Ora  io  vorrei    formulare  il  voto  che  anche  nelle    scuole 

*  medie  la  Matematica  non  si  irrigidisca  in  forme  puramente 

*  scolastiche,  non  dimentichi  le  sue  prime  origini  che  sono  spe- 

*  rimentali,  e,  dal  contatto  colla  natura  e  col  regno  dei  fatti, 

*  tragga  vita  e  vigore  ed  alimento  ad  ulteriori  progressi  ,. 

Alla  sua  memoria  mando  un  reverente  saluto  a  nome  di 
quanti  hanno  deplorato  la  sna  immatura  perdita  e  specialmente 
a  nome  della  Commissione  Geodetica  Italiana,  di  cui  era  il  mag- 
giore decoro. 

Dicembre  1919. 


ELENCO  DELLE  PUBBLICAZIONI 

de)  Prof.  VinoiMEO  EnNl. 

1.  Sugli  oricicli  dMe  superficie  pseudo-sfericke  {'Heaà.  Acc.  lincei  ,, 

voi.  V,  1889). 
3.  Di  alcune  proprietà  ddle  linee  earatteriatiche  (*B«Qd.  Acc.  lÀncei  ,, 

voi.  T,  1889). 

3.  Sulle  linee  coniugate  di  una  superficie.  Note  I  e  II  (*  Send.  Accad. 

Lincei ,,  voi.  VI,  1"  Bamestra  1890). 

4.  Di  alcune  formule  relative  alla  teoria  (2eU«  superficie  (*  Band.  Ace. 

Lincei  ,,  voi.  VI,  2°  semestre  1890). 

5.  Della  Compensazione  nd  ProUema  di  Hansen  (*  Atti  della  R.  Acc 

Scienze  di  Torino  ,,  1891). 

6.  Bulla  determinazione  dei  raggi  dì  curvatura  di  una  superficie  per 

mezzo  di  misure  locali  sopra  di  essa  (*  Band.  Acc.  Lincei ,,  voi.  II, 
2'  gemestre  1893). 

7.  CoUegamento  ddla  Specola  geodetica  ài  S.  Pietro  in    Vincoli  cogli 

Osservatori  astronomici  del   Collegio  Romano  e  dd  Campidoglio 
(*  Rend.  Acc.  Lineai .,  voi.  II,  1°  semeatre  1893). 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


COMKBMORAZIONB    DI  TIKCBNZO   KBIHA  2ò7 

8.  R  ealeolo  di  compensazione  nel  Problema  genere^  di  Hanaen  (•  Ri- 

vista di  Topografia  e  Catasto  ,,  1894). 

9.  Azimut  assoluto  di  M.te  Cavo  sull'orizzonte  della  Specola  geodetica 

di  S.  Pietro  in  Vincali  in  Soma  (a  cura  della  Gommisaioiia  Geo- 
detica Italiana,  Padova,  Tipografia  del  Seminario,  1894). 

10.  SuUa  lunghezza  dd  pendolo  semplice  a  secondi  in  Roma  (Esperienze 

eseguite  dai  professori  0.  Pisati  ed  E.  Pnooi  pubblicate  per  cara 
di  y.  Riina)  (*  Memorie  Acc.  Lincei ,,  seria  5',  voi.  I,  1894). 

11.  Sulla  determinazione  dtiìa  diurna  tra  due  punti  per  mezzo  di  mi- 

sure angolari  nei  punti  stessi  (*Biv.  di  Topogr.  e  Catasto,,  1894). 

12.  L'attrazione  locale  nétta   Specola  geodetica  di  S.  Pietro  in   Vincoli 

{'  Rend.  Acc.  Lincei  ,,  voi.  TV",  1"  semestre  1895). 
18.  Ricerche  sul    coefficiente    di   rifrazione   terrestre  eseguite   in  Soma 
nel  1895  in  collaborazione  col  prof.  0.  Cioconitti    ('  Memorie 
della  S<;>c.  delle  Scienze,  detta  dei  XL  .,  Serie  S\  Tomo  X,  1896). 

14.  Una  nuoi>a  forma  di  Tacheometro  riduttore  (*  Biv.  di  Topografia 

e  Catasto  ,,  1896). 

15.  Determinazione  astronomica  della  tati^tdine  di  M.te  Soratte  nel  1900 

(*  Rend.  Acc.  Lincei  ,,  voi.  X,  1'  semestre  1901). 

16.  Determinazioni  astronomiche  di  latitudine  e  di  azimut  eseguite  Umgo 

U  meridiano  di  Soma  (Pabblic.  della  R.  Commissione  Geod.  Ital-, 
Firenze,  1903). 

17.  Determinazioni  astronomiche  di  latitudine   eseguile  a   Venezia,  Do- 

nada  e  Comacchio  nel  1903  {'  Rend.  Accad.  Lincei  ,,  voi.  XIII, 
l"  semestre  1904). 

18.  Determinazioni  astronomiche  di  l(Uitudine  e  di  azimut   eseguile  a 

Oderzo,  Col  Brombolo  e  Calolzo  nel  1904  (*  Rend.  Acc.  Lincei  ., 
voi.  XVI,  1*  semestre  190^. 

19.  D^erminazioni  astronomiche  di  latitudine  e  di  azimut  eseguite  al- 

Pisola  di  Ponza  ed  a  Monte   Circeo   nd  1905   (*  Rend.  Accad. 
Lincei  ,,  1907). 

20.  RUievo  planimMrico  e  altimetrieo  di  Villa  Adriana,  eseguito  dagli 

Allievi  déRa  Scuola  degl'Ingegneri  di  Roma  nel  1905  {'  Notizie 
degli  Scavi  ,,  anno  1906,  &bcÌco1o  8*). 

21.  Confronto  fra  il  valore  assoluto  della  gravità  determinato  a  Roma 

e  quello  determinato  a  Potsdam  (' Rend.  Acc.  Lincei  .,  voi.  XV, 
2'  semestre). 

22.  SuUa  teoria  delle  proiezioni  quantitative    ('  Rend.  Accad.  Lìncei  ,, 

voi.  VI,  2*  semestre  1897). 
28.  Differenza  di  longitudine  fra  Milano  (Osservatorio  di  Brera)  e  Soma 
(Monte  Mario),  in  eoUaborazione  con  E.  Bianchi,  L.   Gabba  e 
Q.  A.  Favabo  (Pubblicazioni  della  R.  Commissione  Qeod.  ItaL, 
Bologna,  1912). 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


258  NICODBHO  JAD&NZA    —   COHMSHORAZIONB,  BCC 

24.  MatemeUieo  di  precisione  g  Matematica  di  approssimazione  (*  Atti 

del  III  Congresso  della  Mathesis  „  1913). 

25.  Determinazioni  di  gravita  relativa  compiute  nel  1913  a  Roma,  Ar' 

eetri,  Livorno,  Genova,  Vienna  e  Potsdam,  in  collaborazione  dd- 
l'ingegnere  Q.  Gassihis  (Pabblicazioni  della  R.  Comm,  Oeodetin 
Italiana,  Roma,  1913). 

26.  Commemorazione  dei  Corrispondente  prof.  Adolfo  Tintubi  (*  ELend. 

Acc.  Lincei  ,,  voi.  XXtV,  1*  semeatro  1915). 

27.  Determinazioni  di  latitudine  astronomica  e   di  gravità  rdativa  ese- 

guite in  Umbria  ed  in  Toscana  da  Y.  EmA  e  Q.  Cabbinis  (Fob- 
blicazioDÌ  della  B.  Commissione  Geodetica  Ital.,  Roma,  1915). 

28.  Strumenti  Diottrici  (Manuale  Hoepli,  volume  di  pagine  KIT -202  e 

103  figure  nel  testo,  1908). 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


r.  QBRBALDI  —  SDLLA  3C0HPUSIZ10NE,  ECC. 


ShUi  seomposlzioDO  di  ona  fìima  binaria  iiiqnadratica 
neila  somma  di  doe  qnadrati 

Nota  del  Prof.  F.  GERBALDI 


La  Nota  del  Prof.  L.  Bbcsotti,  dallo  stesso  titolo  di  questa 
['  Atti  della  R.  Àcc.  delle  Scienze  di  Torino  ,,  voi.  LV  (1919-20), 
p.  63],  partili  interessante  non  solo  per  il  modo  semplice,  eoi 
quale  egli  dimostra  un  teorema  sulla  scomposizione  di  una 
forma  binaria  biquadratica  nella  somma  di  due  quadratii  obe  io 
ho  trovato  incidentalmente  oelle  mie  ricerche  sulle  frazioni  con- 
tinue dì  Halfhsn  (*},  ma  piii  ancora  per  il  complemento,  cbe 
egli  vi  apporta,  mercè  il  quale  il  teorema  ora  8l  pu6  enunciare 
nella  forma  seguente: 

*  Una  forma  binaria  biquadratica  si  pub  in  infiniti  modi 
'  decomporre  nella  somma  dei  quadrati  di  due  forme  quadro- 

*  tiche;  in  una  qualunque   di   queste    decomposizioni    ciascuna 
'  delle  quadratiche  ha  per  radici  due  punti,  che  appartengono 

*  l'uno  alla  terza  polare  dell'altro  rispetto  al  covariante  sestico 
'  della  biquadratica  .. 

Quella  Nota  mi  offre  l'occasione  di  ritornare  suH'argomento, 
per  studiare  altre  proprietà  delle  forme  quadratiche  considerate 
nel  teorema. 

1.  —  Queste  forme  quadratiche  sì  trovano  già  costniiié 
nella  citata  mia  Nota,  ed  in  virtb  dell'estensione  data  dal 
Bbusotti  al  teorema,  si  possono  tutte  comprendere  nell'espres- 
sione da  me  designata  con  A  (1.  c.>  pag.  777).  Si  ha: 


(*)  Stnunelria  e  péricdieità   ntUe  frazioni  eontinut   di   Hupsh    ['Atti 
della  R.  Acc  delle  Soienie  di  Torino  ;,  voi.  UII  (1918)]. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


e,  aiccoma: 

SÌ  pub  scrìvere: 

ìpt 

Qui  l  denota  ana  qualunque  delle  radici  li,  l,,  l,  della  risol- 
vente cubica: 

(2)  „^^i,-\j=0; 
inoltre  : 

s  =  x-t,      ^,  =  X(E),      Pt  =  ^X-{l),      p,=  ^X"(£). 

Sostitnendo,  si  trova  per  A  reepreesione  esplicita: 

(3)  ^  =  J=^IM' 4: 2».s +  »■)»■  + 2  («i£'  +  2«.E +  «,)>: 

+  (a,P  +  2a,l  +  »J  _  (  (i,  _  E)i]  , 

ossìa  in  notazione  simbolica: 

(3»*)  A  =  ..-    ^        [afaj  —  l  (E»)*! , 

essendo: 

X{xi,  x,)^  aa*  =  rtoXi*  +  iaiXi'xt  +  ...  -{-a^x^*. 

Z.  —  I  polinomi  A  formano  tre  serie,  caratterizzate  dai 
tre  valori  sopradetti  di  I,  quando  si  attribuiscono  al  parametro 
£  1=  -=-)  tutti  gli  infiniti  valori,  esclusi  quelli  che  sono  radici 
della  biquadratica  data.  Denoterò  con  Ai^"  il  polinomio  che  ap- 
partiene alla  serie  caratterizzata  da  Ij  (t  =  1, 2, 3)  ed  ha  il  pa- 
rametro E. 

Intanto,  per  una  qualunque  decomposizione  di  X  nella 
somma  di  due  quadrati,  si  ha: 

(4)  X=A'-\-A\ 


D,B,t,zed.yGOOg[e 


3DLLA  SCOMPOSIZIONE  DI  ONA    FORMI  BINARIA,  SCC.  261 

I  due  polinomi  A,  A',  che  eotrano  io  una  stessa  decompo- 
aizioae  e  che  dirò  complementari,  appartengono  ad  una  atessa 
sene.  Infatti,  se  sussiste  la  (4)  e  se  £,  £'  sono  ì  parametri 
di  A,  A',  per  quanto  ho  stabilito  al  N.  4  della  mia  Nota  sopra 
citata  (pag.  776),  A'  ha  per  radice  £  e  similmente  A  ha  per 
radice  E';  quindi,  se  si  pone: 

A  =  Ai^%        A'  =  ^e"', 
segue : 

V«c*  —  li  (£  E')'  =  0 .        «t'fll'*  —  ^  (E  E')»  =  0  ; 

tengasi  presente  che  (££')#>0;  perchè,  se  fosse  (E£')  =  0,  ne 
verrebbe  X(£|,  E,)  =:0,  ciò  che  è  escluso;  e  si  conclude  U^lx- 
Da  quanto  precede  sì  deduce  inoltre:  Se  due  polinomi  A{^, 
J|J'>  sono  complementari,  i  loro  parametri  E,  E'  ^  M=  E')  soddi- 
sfano Inequazione: 

(5)  ax*av*  — li  [liy  =  a, 

ossia: 

(S"»)  OoE'E'»  +  2<i.EE'  {E  +  E')  +  (a,  —  l,)  (E«  +  E'») 

+  (4o,  ->r  2h)  £E'  +  2«,  (E  +  E')  +  a,  ^  0. 

Quest'equazione  rappresenta,  per  t^l,2,  3,  tre  notevoli  corri- 
spondenze [2,2]  involutorie,  che  denoterò  con  corrisponderne  )i[. 
Il  polinomio  A^*'  ha  per  radici  i  due  valori  di  £',  che  corrispon- 
dono al  parametro  E  nella  corrispondenza  jt|. 

3.  —  Considero  il  fascio  di  corrispondenze  [2,  2]  tutte  in- 
volutorie: 

at'dj^  — /(££')»  =  0, 

determinata  dal  secondo  sistema  polare  rispetto  alla  biquadratica 
data  e  dal  quadrato  della  corrispondenza  identica.  In  questo 
foacio  vi  sono  tre  corrispondenze  cicliche,  con  cicli  di  4°  ordine; 
esse  sono  precisamente  le  corrispondenze  )«'[.  Infatti,  si  formi 
l'invariante  t,  d'una  corrispondenza  generica  del  fascio  ;  esso  è  (*)  : 


(*)  y.  la  mia  Nota:   Lt  frtmoni  eontititu  di  Rilphu  ìh  relaxiont   eoUt 
earrUpoitdtnMt  [2,2]  intoiiitorie,  ecc.  (*  Bendio.  Circ.  Hatem.  dì  Palermo  ,, 

t  xml). 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


(6)  i)(/)  = 


F.  OUtBALDI 

Oo  2oi        Oj  —  l 

2ai      ia,-\-2l     2a, 
o,  — i        2«8  a* 


eguagliandolo  a  zero,  si  ha  un'equazione  di  3°  grado  in  /,  che, 
come  BÌ  vede  sviluppando  il  determinante,  coincide  colla  risol- 
vente cubica  (2);  d'altra  parte  si  sa  che  quando  si  annulla  l'in- 
variante t)  la  corrispondenza  è  ciclica,  con  cicli  dì  i"  ordine. 

È  notevole  che  ogni  polinomio  A  si  ottiene,  a  meno  di  un 
fattor  costante,  dal  primo  membro  dell'equazione  (5)  delle  dette 
corrispondenze  cìcliche,  fissando  in  esso  il  valore  d'una  delle  due 

variabili,  ad  es.  Ei  :  £.,  e  allora  il  fattore  è    , ,  ed  assu- 

mendo  l'altra  E^'  :  Ef'  come  variabile  x. 

4.  —  In  una  corrispondenza  ]H  siano  E,  n  i  punti  corri- 
spondenti ad  un  dato  pnnto  £';  al  punto  r\  corrispondono  il 
punto  E'  ed  un  altro  punto  n';  al  punto  n'  corrispondono  il 
punto  T|  ed  un  altro  punto,  che  coincide  con  E;  perchè,  essendo 
la  corrispondenza  cìclica,  con  cicli  di  4°  ordine,  si  ha  la  suc- 
cessione periodica: 

...E,  E',  n.  ti',  e.  E',  ... 

dove  i  due  termini  contigui  ad  an  termine  qualunque  sono  i 
corrispondenti  di  questo.  Segue  che  ì  due  polinomi  A^^,  Atf^ 
di  2"  grado  in  x,  hanno  entrambi  le  radici  E',  t|';  quindi  essi 
sono  tra  loro  eguali  a  meno  d'un  fattore  k: 

Ponendo  qui  una  volta  z=:E  e  l'altra  volta  x^=r\,  si  deduce: 

VS'  —  ^  (Si)»  =  *(/X(E,,E,).Z(ì|i,ni) 
=  4-^'X(E„E,).3r(iii.n,), 

donde  i  ^  +  Ij  e  però  si  ha  l'identità: 

<"     yfè«[°'"-'-''<''"=«è^f<"'°-'-''(-'"- 


DiBumd, Google 


SULLA  SCOMPOSIZIONI   DI  UNA  FORHA  BINABIA,  ECC.  263 

Sì  conchìnde  che  per  ciascun  polinomio  A  fli  hanno  due 
valori  del  parametro;  a  ciascuna  delle  radici  E',  ri'  d'un  poli- 
nomio ^^  corrispondono  nella  corrispondenza  )  t  {  gli  stessi  due 
valori  E,  r|,  che  sono  i  valori  del  parametro  di  quel  polinomio. 
Se  due  polinomi  A,  A'  sono  complementari,  le  due  radici  del- 
l'ano sono  eguali  ai  due  valori  del  parametro  dell'altro. 

5.  —  Siano  ancora  f,  n  i  due  punti  che  corrispondono  ad 
un  dato  £'  in  una  corrispondenza  ]i(;  le  coppie  E,  i)  al  variare 
di  E'  costituiscono  un'involuzione;  si  ottengono  così  tre  involu- 
zioni (t  ^=- 1,  2,  3)  ed  ì  primi  membri  delle  loro  equazioni  si  espri- 
mono razionalmente  nei  coefficienti  della  biquadratica  e  nelle 
radici  li  della  risolvente  cubica.  Infatti,  si  denotino  con  Da$  i 
minori  di  2°  ordine  del  determinante  D{1)  e  con  D^^  Ìl  valore 
di  Dog  quando  si  sostituisce  per  l  il  valore  li.  Allora  si  ha: 

(8)  P,,*' :  P,,'" :  D,,")  =  i),."> i)„^ :  i)„'«  =ìì  i?,/" :  D,  «:  /)„«; 

e  posto: 

P=  OoE'»  -f  2oiE'  -f  o,  —  ^, 

Q  =  2a,r»  +  (4a,  +  21,)  E'  +  2a„ 

fi  =  (ai-WE'»  +  2a,E'  +  a4, 

qualunque  sia  E',  si  hanno  le  tre  identità: 

(9)  Da^'>P-\-  DJ"Q  -i  DJ^B  =  0,        (i  =  1, 2,  3) 

dove  è  indifferente  che  per  indice  a  si  prenda  uno  qualunque 
dei  numeri  1,  2,  3. 

D'altra  parte  E,  n  sono  le  radici  dell'equazione: 

P^  +  Qx-\-B  =  <Ì, 

che  si  deduce  dalla  (5^),  donde: 

P(E+ii)  =  -0,        F%r\  =  B; 

e  ora  da  queste  e  dalle  (9)  si  ricavano  le  equazioni: 

(10)  ■  i>ai"'-i)a»«'(£  +  T|)  +  i)«»"'Et)  =  0; 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


264  r.  GKRBALDI 

queste  sono  precisamente  le  equazioni  delle  tre  involnzioiu  so- 
pradette. 

6.  —  Tenendo  presente  che,  per  quanto  si  è  visto  sopra 
(n"  4),  i  due  punti  S,  t),  che  in  una  corrispondenza  ]ti  corri- 
apondono  ad  un  dato  punto  E',  sono  le  radici  del  polinomio  A^/'", 
e  che  per  il  teorema  fondamentale  le  radici  di  un  polinomio  A 
appartengono  l'una  alla  terza  polare  dell'altra  rispetto  al  cova- 
riante sestico  T  della  biquadratica  data,  si  coachiude  che  i  tre 
punti,  che  formano  il  terzo  sistema  polare  d'un  dato  punto  E 
rispetto  a  T,  sono  i  coniugati  di  E  nelle  tre  involuzioni  (10)  e 
perciò  essi  si  calcolano  razionalmente  per  mezzo  delle  (10), 
quando  si  conoscono  le  radici  U  della  risolvente  cubica  {*). 

Osservando  ancora  che  i  punti  doppi  delle  tre  involuzioni 
in  discorso  sono  radici  di  T,  sì  conchiude  che 

(11)  Dal'"  — 2i)«9*''«  +  />a8"'V  (»  =  1,2,3) 

sono,  a  meno  di  fattori  costanti,  ì  tre  noti  fattori  quadratici  9, 
V,  X  di  T. 

Ciò  si  conferma  anche  col  seguente  calcolo.  Sìa 

fl  =  2(ooag  —  (ii*)a:*  +  4(00*8  —  aiO»)a)* 
+  2  (aoflt  +  2a,a,  —  3o,»)  x»  +  ... 

l'Hessiana  della  data  biquadratica,  si  ha: 

2(ff+(X)=i>„a^-4i>„a^  +  2(/)„-f2Z>„)*»— 4A.*+Ai; 

donde,  tenendo  presenti  le  (8),  si  dedut»: 

2  D«„  (fl+  i,-X)  =  (Dal™  —  2Z>tì'*'a!  +  D^")^)*; 


(*)  Le  equasioni  (10)  «ono  da  ritenersi  pii)  semplici  delle  altre 

propoite  dal  Prof.  Bbdsotti,  perche  qaeste  ultime   contengono   un   fattore 
eatraDBo,  ohe  è  q>{*,  o  vf^,  o  Xg*. 


>y  Google 


SULLA  SCOMPOSIZIONE  DI   UNA   FORMA   BINARU,   ECC.  265 

ed  ancora,  avendo  presenti  le  forinole: 

fl+Ì,X=  — 2<p*,  ecc. 
ai  ricava: 

(12)  Dmi  —  2 D„ax  +D^x*=:2t/—  Z)^^" tp,  ecc.; 

7.  —  Chiamo  associati  due  parametri  l,  £',  che  si  corri- 
spondono in  una  qualunque  delle  tre  corrispondenze  ]J(;  per 
guisa  che  ogni  parametro  E  ne  ha  6  associati.  L'equazione,  che 
dà  tutti  e  6  gli  associati  di  E,  ei  ottiene  eliminando  l  dalle  due 
equazioni  : 

ai'av'  -  l  (EE')«  =  0  ,         P  -  -l  ,7  -  i-^-=  0  . 
ed  è: 

(13)  (W)'  -  \  i  (££')*  W  -  ii (EE')'  =  0. 

Giova  mettere  questo  risultato  sotto  altra  forma.  Si  faccia  la 
soatituzione: 

[a)  xi  =  Eiy,  +  E,'y, ,         a,  =  E,y,  +  E,'y,  ; 

e  si  ponga  per  brevità: 

"i*  =  «0 1     <H*  "v  ^  Oi ,     «(*  Of*  =  «i  )     «1  o^  ='  Oj ,     oj"*  =  04 . 
Si  ha: 

X=  a,*  =  Ooyi*  +  4aiyi»y,  +  ...  +  o^y/. 

Siccome  poi  (SE')  è  il  modulo  della  sostituzione  (a)  e  t,  j  sono 
invarianti  di  pesi  4,  6,  si  ha  inoltre: 

y  i  (££')•  =  do  04  —  4a,0(  +  30|', 
y;(EE')»=aoa,o«  +  2a,a,a,  —  a,»  — ooV  — VoiJ 
sostituendo  nella  (13)  si  deduce: 

(14)  SooOiOj  —  2aoa,*  —  2a,*(u  =  0. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


266  r.  OEKBALDi 

Questa  è  ona  notevole  relazione  tra  i  valori  Oq,  ai,...  del^ 
BucceBBive  forme  polari  della  biquadratica  data,  calcolate  per 
due  parametri  associati  E,  £'. 

8.  —  Col  mezzo  di  questa  relazione  possiamo  ftuslmente 
dimostrare  con  calcolo  diretto  la  formola  (4),  che  dà  la  scom- 
posizione  della  biquadratica  nella  somma  di  due  quadrati. 

Supposto  che  £  e  £'  stano  associati  ^>^E'),  supposto  cioè: 

(15)  Vo?*  — A{EE')»  =  0;      ossia:     a,  =  i.(jr)", 

si  tratta  di  verificare  che  si  ha: 

Facciasi  ancora  la  sostituzione  (a)  ;  tenendo  presente  la  (5), 
si  ha: 

^l"*  =  ^  Kyi*  +  2a,y,y,) , 

^''  =  -^(2«.y.yi  +  o.y.')- 

Quadrando  e  sommando  e  tenendo  conto  che  in  virtù  della  (14) 
si  ha: 

si  deduce: 

[^«P  +  LVil«=  1  (Ooy,'  +  2a,y,y,)'  +  ^{2o,y,y,  +  o,y,»)' 

=  «oyi*+*aiyi'y»+6aiyi'y»'+*0iyiyi'+»*s'i* 
=  X{xi,  *j. 

9.  —  In  ciascuna  corrispondenza  )»(  i  punti  doppi  sono  le 
radici  della  data  biquadratica,  e  queste  (come  sopra  sì  è  detto) 
non  si  possono  assumere  come  valori  di  parametri  per  i  poli- 
nomi A. 

Ad  un  punto  di  diramazione  della  corrispondenza  )  1  (  cor- 
rispondono due  punti  coincidenti  in  uno,  che  à  radice  di  qi.  Se 
x',  x"  sono  le  radici  di  <p,  nella  corrispondenza  1 1  {  al  punto  x' 
corrispondono  due  punti   di   diramazione  i',  r\   ed  al  punto  x" 


Disitized^y  Google 


SXSIH  SCOHPOSIBONB  DI  UNA  FORMA  BINARIA,  BCC.  267 

gli  altri  due  puati  di  diramazione.  Il  polinoipio  A^f^'  ha  te 
radici  E',  ti'  ;  ed  il  polinomio  complementare  è  un  quadrato  colla 
radice  doppia  x',  ecc.  Segue  che  una  biquadratica  bì  può  in 
6  pfodi  scomporre  nella  somma  di  un  quadrato  e  di  una  quarta 
potenza;  quest'ultima  sì  annulla  per  una  radice  del  covariante 
sestico  (*). 

Siano  ora  y'  e  y"  le  radici  di  v;  «'e  z"  le  radici  dì  Xi 
le  coppie  y',  y"  e  z,  z"  sono  (come  è  noto)  coppie  di  punti  coniu- 
gati nell'involuzione,  che  ha  per  punti  doppi  le  radici  *',  x"  di  <p. 
Da  quest'oaservazione,  per  quanto  si  è  stabilito  sopra  (n<  5,  6), 
segue  che  w  e  x  sono  (a  menq  di  fattori  costanti)  due  polinomi  A 
nella  serie  caratterizzata  da  h;  dico  di  più  che  in  questa  ^rie 
tali  due  polinomi  A  sono  complementari.  Infatti,  osservo  anzi- 
tutto le  relazioni: 

(a  cp)*  V  =  /,  ipt*.         {a  vY  a\*  =  h  Vt»,         («x)'  H*  =  hTA*\ 

la  prima  delle  quali  discende  dal  fatto  che,  dato  comunque  E, 
le  radici  delle  due  equazioni  di  2**  grado  in  x: 

«('«-*  —  h  (E*)'  =  0  ,        «P;.*  =  0  , 

si  separano  armonicamente,  ecc.  Ciò  posto,  considero  la  forma 
quadratica  : 

«  =  ii,t  =  a,*a,*  —  It  {zx}*, 

per  la  quale  si  ha: 

{«(p)'  =  (o(p)*a«*  —  hVt'  =  0,      qualunque  sia  z; 

si  ha  inoltre: 

(ttx)*  =  («x)'a.'-'iX.'  =  (/.-A)X.'; 
donde : 

{«X)'  =  0,      se  «  è  radice  di  x- 

Dunque,  se  2  è  una  radice  di  Xt  u  è  la  jacobiana  di  ijp  e  Xi  ^ 
però  coincide  con  v  (a  meno  di  un  fattore);   cioè    nella   serie 


(*)  Cfr.  la  mia  Nota  citata,  a  pag.  777,  del  toI.  LUI  degìì  'Atti  della 
R.  Acoad.  delle  Scienie  di  Torino  .. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


268  F.  QBRBALDI   —   SULLA  SCOMPOSIZIONE,  BCC. 

caratterizzata  da  ^i  e  per  i  parametri^',  2"  si  ha  un  polinoinio  A, 
che  (a  meno  di  un  fattore)  coincide  con  if>;  aimilmente  ai  vede 
che  nella  stessa  serie  e  per  i  parametri  y,  y"  si  ha  un  poli- 
nomio A,  che  (a  meno  di  nn  fattore)  coincide  con  Xì  ini^tre 
tali  due  potinomi  sono  complementari,  perchè  (n°  4)  le  radici 
dell'ano  sono  parametri  dell'altro.  Ciò  è  d'accordo  colle  note 
formolo  : 

^=^*'+ 7;^  «■=■■■ 

sulle  quali  è  basato  un  classico  metodo  per  ]a  risoluzione  del- 
l'eqaazione  biquadratica;  queste,  come  si  vede,  rientrano  come 
caso  particolare  nelle  formole  di  scomposizione  della  biqua- 
dratica nella  somma  di  due  quadrati  ;  è  chiaro  che  le  formole 
piti  generali,  di  cui  ci  siamo  qui  occupati,  sì  possono  ter  aei^ 
Tire  allo  stesso  scopo. 

Alagli»- Seda,  settembre  1919. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


'   RICBRCBB  SPKBIHBNTALI,  ECC. 


Rieerehe  spepìmentali  sai  valori  del  titolo  in  benzina 
della  miscela  di  alimeotazione  del  motori  a  scoppio 


Nota  delllDg.  GUIDO  GUIDI 
(Con  5  Tavole). 


Oggetto  della  presente  relazione  è  uno  studio  sperimentale 
avente  per  scopo  la  determinazione  del  titolo  della  miscela  espio- 
aiva  fornita  da  un  carburatore  ai  diversi  regimi  di  marcia  del 
motore. 

È  noto  che  per  ottenere  il  massimo  rendimento  da  un  mo- 
tore ad  esplosione,  a  parità  di  altre  condizioni,  occorre  alimen- 
tarlo con  una  miscela  di  combustibile  e  di  comburente  nella 
quale  il  rapporto  fra  i  due  elementi  sia  quanto  più  possibile  co- 
stante, e  prossimo  a  quello  teoricamente  richiesto  per  la  com- 
binazione chimica  che  si  forma  nella  combustione:  l'eccesso  di 
uno  qualunque  di  questi  due  elementi  costituisce  una  massa 
inerte,  che,  oltre  a  non  partecipare  al  fenomeno  chimico,  dimi- 
nnisce  la  rapidità  della  combustione,  perchè  allontana  fra  dr  loro 
le  molecole  che  debbono  combinarsi.  Conseguenza  immediata,  il 
rendimento  del  motore  diminuisce,  il  suo  consumo  per  cavallo 
ora  aumenta. 

Per  altro  lato  si  comprende  che,  pur  avendo  ottenuto  il 
titolo  esatto  per  certi  regimi  di  marcia,  sia  assai  difficile  il  man- 
tenerlo invariato  per  tutta  la  gamma  estesissima  di  velocità  e 
di  volumi  di  aria,  che  il  motore,  durante  il  suo  funzionamento, 
richiama  attraverso  te  tubazioni  di  introduzione. 

La  soluzione  di  questo  problema,  essenziale  per  l'economia 
di  marcia  del  motore,  ha  dato  luogo  ad  una  grande  varietà  di 
tipi  di    carburatori,  nei    quali,  con   mezzi   adatti,  si  tende   a 

AUi  (Mia  R.  Accademia  —  Voi.  LV.  18 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


270  flDIDO  QDIDI 

compensare  l'iDcostanza  del    tìtolo  della    miscela,  variando  la 
portata  di  ano  dei  due  elementi  componenti. 

PresciDdiamo  dai  carburatori  nei  quali  questa  compensa- 
zione è  affidata  alla  perizia  del  motorista,  che  può  manovrare 
delle  prese  d'aria  addizionali  o  dei  riduttori  di  benzina:  una 
soluzione  non  può  ritenersi  scientifica  quando  è  affidata  all'abi- 
lità individuale.  Ci  occupiamo  invece  dei  carburatori  a  compen- 
sazione  automatica;  in  essi  la  correzione  del  titolo  avviene, 
come  è  noto,  o  per  l'azione  di  dispositivi  meccanici  comandati 
dalla  stessa  depressione,  o  per  la  diversa  portata  di  differenti 
getti  ad  azione  simultanea  od  indipendente,  oppure  ancora  per 
l'aspirazione  assai  variabile  che  l'aria  esercita  sai  getto,  pas- 
sando ÌD  circuiti  speciali,  che  entrano  particolarmente  in  azione 
ai  regimi  minimi. 

Nella  presente  relazione  intendiamo  particolarmente  illo- 
strare  come  furono  condotte  le  esperienze  per  determinare  il 
titolo  della  miscela,  fornita  da  questi  carburatori  a  compensa- 
zione automatica,  nelle  varie  condizioni  di  marcia.  Tale  deter- 
minazione sarebbe  difficilissima  ad  eseguirsi  su  dì  un  motore  in 
marcia,  per  le  forti  variazioni  di  temperatura,  ma  specialmente 
per  il  fatto  che,  variando  anche  di  poco  il  titolo  della  miscela, 
il  motore  funziona  irregolarmente,  od  anche  si  arresta.  Per  ciò 
si  ritenne  che  non  si  sarebbe  mai  potuto,  su  di  un  motore  in 
marcia,  determinare,  con  sufficiente  esattezza,  il  titolo  delia 
miscela,  dotata  di  una  velocità  assai  prossima  ai  100  metri 
a  secondo.  Si  pensò  quindi  di  porre  il  carburatore  nelle  stesse 
condizioni  di  funzionamento,  indipendentemente  dal  motore.  A 
questo  scopo  si  cominciò  col  determinare  con  la  massima  esat- 
tezza, in  funzione  delle  velocità  angolari  del  motore,  la  legge 
di  variazione  delie  depressioni  {Tavola  I)  create  dal  motore 
stesiso,'  a  monte,  a  valle,  ed  in  prossimità  dell'organo  di  chiu- 
sura del  carburatore,  costituito  per  lo  più  da  una  valvola  a 
farfalla,  o  da  un  rubinetto  cilindrico:  ì  valori  trovati  sono,  per 
i  motori  di  automobile,  sensibilmente  uguali  per  i  vari  tipi;  si 
intendono  rilevati  per   motore  marciante   sotto  carico  normale, 


con  regime  variabile  tra  un 
il  tìiòtore  si  arresta,  ed  un  massi 
Queste  stesse    depressioni 


imo  di  200  giri,  oltre  il   quale 

imo  di  1500  giri. 

iscontrate  durante  il  funziona- 


mento del  motore,  si  sono  riprodotte  con  una  pompa  centrifuga 


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L  GUIDI  -  Ricerche  sperimentaìi  sui  valori  d.u\  iAL  ^taU  Siceai.  UU  Scit.. 

dei  titoli  in  benzina  ecc.  é,^^  "X^ino.  ■  Voi.  LV. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


G.  GUIDI  -  Ricerche  sperimenlali  sui  valori  £liu  UL  §ltJ,  ficcati-  iAU  Scìr» 

dei  liloli  in  benzina  ecc.  à\  ^=»nc.  -  SÌA.  Vi. 


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I 

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i  1 


DiBumd, Google 


RICERCUB  SPBBIHEHrALI  SUI  VALORI   DEI.  TITOLO,   ECC.  271 

multipla,  nei  carburatori  sottopoati  alle  prove,  operando  nelle 
condizioni  più  favorevoli  per  eseguire  misure  esattissime,  sia 
eliminandole  cause  di  errore  derivanti  dalla  marcia  del  motore, 
aia  mantenendo  assolatamente  costante  la  velocità  della  colonna 
d'aria,  anche  ad  efflusso  di  benzina  interrotto,  o  parzializzato, 
come  nel  caao  di  un  carburatore  a  doppio  gicleur,  uno  dei  quali 
fosse  stato  otturato,  per  misurare  la  portata  dell'altro.  In  cor- 
rispondenza della  sezione  a  valle  della  valvola  a  farfalla,  se- 
zione indicata  nella  Tavola  I  col  simbolo  EF,  si  sono  misurate 
le  velocità  dell'aria  (e  di  conseguenza  le  portata,  conoscendo  le 
pressioni):  partendo  da  questi  valori,  e  rìducendoli  alla  pres- 
sione atmosferica,  si  sono  costruite  le  prime  due  colonne  delle 
tabelle  che  seguono. 

Si  sono  pure  misurate  le  portate  dì  benzina  colla  lettura 
del  tempo  occorrente  per  fame  effluire  delle  quantità  determi- 
nate: si  determinarono  assai  comodamente  le  portate  dei  sin- 
goli passaggi  di  benzina  nei  carburatori  muniti  di  dispositivi 
per  la  marcia  al  minimo,  o  di  compensatori  o  di  gieleurs  mul- 
tipli; i  valori  trovati  sono  riprodotti  nelle  tabelle,  l'ultima  co- 
lonna delle  quali  ci  dà  senz'altro  il  rapporto  fra  i  volumi  di 
benzina  e  di  aria,  rapporto  che  deve  rimanere,  per  quanto  è 
possìbile,  costante. 

Nella  Tavola  II  riportiamo,  in  forma  assolutamente  dimo- 
strativa, l'andamento  degli  efflussi  dell'aria  e  della  benzina  in 
un  carburatore  semplice  non  compensato.  La  curva  OA  rappre- 
senta la  portata  dell'aria  in  funzione  della  depressione,  la  O'B 
la  portata  della  benzina,  scegliendo  le  scale  delle  ordinate  in 
modo  che  il  loro  rapporto  a  quelle  dell'aria  sia  uguale  al  rap- 
porto che  i  due  elementi  debbono  avere  nella  miscela.  Con  questo 
sistema  di  rappresentazione  da  noi  usato,  le  linee  di  efflusso 
della  benzina,  che  in  esatte  proporzioni  risulterebbero  quasi  coin- 
cidenti con  l'asse  delle  ascisse,  vengono  ad  essere  assai  facil- 
mente paragonabili  alle  linee  di  cMusso  dell'aria:  a  colpo 
d'occhio  si  può  apprezzare  se  la  carburazione  è  buona  in  ogni 
ponto  del  diagramma,  poiché  è  assai  più  facile  stimare  la  so- 
vrapponìbitiUi  di  due  curve,  che  non  la  proporzionalità  delle 
loro  ordinate,  specialmente  quando  i  loro  valori  sono  molto  dif- 
ferenti. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


272 


ODIDO  auiDi 


Co8\,  ad  esempio,  la  tavola  II,  benché  sobemafcica,  ìndica  in 
maniera  evidente  che  la  miscela  è  troppo  ricca  di  carburante 
in  corrispondenza  dei  valori  massimi  delle  depressioni,  e  delle 
portate,  ed  è  troppo  povera  in  corrispondenza  dei  minimi.  Qaeeto 
fatto,  ben  noto  in  pratica,  ci  dice  che  qualsiasi  sistema  di  com- 


penaazioDe  deve  permettere  di  impoverire  il  titolo  al  massimo, 
e  di  arricchirlo  al  minimo. 

Applicando  i  metodi  sopra  esposti,  si  sono  rilevati  i  dia- 
grammi di  funzionamento  di  parecchi  tipi  di  carburatori:  ci 
limitiamo,  per  ragioni  di  spazio  e  di  opportunità,  a  riportarne  tre, 
scelti  fra  i  più  interessanti,  ed  uniamo  le  tabelle  mediante  le 
quali  essi  furono  costruiti. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


BICBBCBB  SFKRDIBNTALI  SUI  TALORl   DEL  TITOLO,  ECC. 


Spa  tipo  6000  verticale,  Anno  1912,  Tavola  III. 


TelociU 

Portata 
di  aria 

Portata  di  benaina 

Bappcrti 

dell'Aria 

del  getto 
piccolo 

del  getto 
grande 

totale 

di  benaioa 
e  di  aria 

mtt 

V« 

wn"/» 

omVi 

«a-* 

5 

9,0 

1,11 

- 

1,11 

8110 

10 

18,4 

1,42 

— 

1,42 

9430 

15 

16,1 

1,45 

- 

1,46 

11100 

20 

18,8 

1,30 

0,30 

1,60 

11700 

30 

23,0 

0,75 

1,60 

2,25 

10200 

40 

25,3 

0,25 

2,30 

2,65 

9920 

50 

28,0 

— 

2,80 

2,80 

lOOOO 

60 

30,5 

— 

3,15 

3,16 

9680 

70 

33,0 

— 

3,50 

3,50 

9430 

80 

36,0 

— 

3,75 

3,75 

9380 

90 

36,5 

— 

4,00 

4,00 

9130 

La  precedente  tabella  raccoglie  alcuni  dei  dati  sperimentali 
mediante  i  quali  si  è  costruito  il  diagramma  della  Tavola  m. 
Esso  è  il  diagramma-tipo  dei  carburatori  a  doppio  fficleur  e  per 
tutti  si  ripete  quasi  invariato,  specialmente  nella  zona  corrispon- 
dente ai  medi  regimi,  ove  appunto  si  verifica  la  maggior  inco- 
stanza del  titolo  :  la  curva  OA  rappresenta  la  portata  dell'aria, 
*  la  OB  la  portata  del  getto  piccolo,  la  (/B'  quella  del  getto 
grande;  la  linea  OPOB'  la  portata  totale  della  benzina.  II  dia- 
gramma dimostra  obiaramente  che  in  tutta  la  zona  dei  regimi 
medi,  quando  all'azione  di  un  getto  si  va  sostituendo  quella 
dell'altro,  il  titolo  varia  fortemente  da  punto  a  punto,  ciò  che 
nella  marcia  del  motore  provoca  degli  sbalzi  dì  potenza  e  delle 
vibrazioni.  Risulta  anche  in  modo  evidente  che  la  miscela  è 
inevitabilmente  ricca,  tanto  al  maaaimo  che  al  minimo  ;  e  pare 


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274 


QUI  DO  oniDi 


questo  fatto  è  largamente  confermato  dalla  pratica.  Le  condizioni 
sono  leggermeote  migliorate  applicando  una  presa  d'aria  supple- 
mentare automatica  :  allora  la  portata  dell'aria  è  rappresentata 
da  OA',  mentre  O'B"  dà  la  portata  del  getto  grande,  tenuta 
leggermente  eccedente  coll'aumentare  le  dimensioni  del  foro  del 
gicleur.  Anche  in  questo  caso  però  siamo  lontani  da  una  buona 
compensazione  e  dalla  costanza  del  titolo. 

Zenith  tipo  verticale  1916,  Tavola  IV. 


Velocità 

Portai» 

Portata  di  beozina 

Bapporti 
fra  i  volami 

dell'ari» 

diaria 

dal 
nienti 

dal 
compen- 
satore 

dal 

getto 

totale 

di  beoaina 
e  di  aria 

m/s 

l/« 

om'/B 

om'rt 

«•■;• 



5 

6,5 

0,85 

— 

— 

0,85 

7650 

10 

9.5 

1,05 

— 

— 

1,05 

9040 

15 

12,0 

1,10 

— 

— 

1,10 

10900 

20 

14,0 

0,90 

0,30 

0,15 

1,35 

10400 

25 

16,0 

0,70 

0,40 

0,60 

1,70 

9410 

35 

18,8 

0,40 

0,50 

1,05 

1,95 

9630 

50 

22,6 

0,20 

0,60 

1,60 

2,40 

9370 

90 

30,0 

0,06 

0,65 

2,65 

3,36 

8930 

La  tabella  riassume  i  risultati  sperimentali  sui  quali  è  co- 
struita la  Tavola  IV:  in  essa  la  portata  dell'aria  è  rappreeen* 
^ta  in  OA;  la  curva  OT  ci  dà  la  portata  totale  della  bensin^, 
somma  delle  tre  curve  OR,  O'B  ed  O'ff,  che  rappresentano  le 
portate  di  benzina  rispettivamente  dal  dispositivo  del  raienti, 
dal  getto  principale  e  dal  compeqsatore.  Quest'ultjoia,  secondo 
i)  sistema  ^averey,  sol  quale  si  fonda  ì}  carburatore  Zenith. 
«dovrebbe  essere  cqstante,  e  quindi  fappreaent-a^  dalla  0"B" 
parallela  all'asse  delle  ascisse.  Per  un  complesso  dì  cause  che 
non  ci  dilunghiamo  ad  esporle,  1^  portata  del  coipp^naatore  è 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


G.  GUIDI  -  Ricerche  sperimentali 
dei  lìloli  in  benzina  ecc. 

ui  valori 

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G.  GUIDI  -  Ricerche  sperìmeniali  sui  valori  ^ii;  itUa  Si^aU  accedi.  AttU  Se., 

dei  titoli  in  benzina  eco.  di  ^oiino.  -  Voi.  LV. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


RICBKCHB  SPBRIHKNTAlil   SUI  TALOKI   DKL  TITOLO,  ECC. 


275 


invece  assai  simile  a  quella  di  un  getto  ordinario,  aensibilmeote 
strozzato,  e  con  una  riserva  per  la  rjpresa:  per  conseguenza 
esso  perde  la  funzione  di  compensare  le  variazioni  di  portata  del 
getto  principale,  e  non  serve  che  a  facilitare  la  ripresa,  mentre 
la  compensazione  è  affidata  al  solo  dispositivo  del  ralenti. 


Féroldi  tipo  3,  Anno  1919,  Tavola  V. 

È  il  carburatore  che,  fra  quelli  sperimentati,  ha  dimostratp 
di  meglio  rispondere  ai  requisiti  di  costanza  del  titolo. 

Nella  seguente  tabella  sodo  raccolti  i  risultati  delle  espe- 
rienze. 


VelooiU 

Port&U 
di  aria 

Portata  di  bea 

ia. 

Eapporti 

drfr.™ 

circuito 
miDÌmo 

cironito 

effettiva 

di  bcDCÌDa 
e  di  aria 

m/i 

iv« 

om</. 

BMi^ 

<,m>/. 

i 

13,5 

1,5 

0,3 

1,60 

1 :  9000 

10 

18,0 

2,0 

1,5 

2,00 

1 :  9000 

20 

27,0 

2,95 

2,9 

2,95 

1 :  9150 

30 

32,8 

3,5 

3,7 

3,60 

1 :  9150 

*0 

39,0 

3,9 

4,4 

4,30 

1 :  9070 

60 

46,9 

4,2 

5,4 

5,15 

1  :  9100 

80 

54,0 

4,3 

6,3 

5,95 

1  :  9080 

100 

59,5 

4,8 

7,1 

6,55 

1 :  9090 

In  questo  carburatore  il  getto  di  benzina  è  unico,  però 
la  sua  portata  è  aaeai  differente  secondo  che  l'aria  circola  per 
le  condutture  del  minimo,  o  per  la  conduttura  principale.  Imma- 
ginando di  scindere  queste  due  portate  teoriche  si  avrebbero  le 
due  linee  di  efflusso  indicate  nel  diagramma.  Effettivamente  in- 
vece la  portata  è  unica,  e  si  avvicinerà  all'una  od  all'altra 
delle  due  curve  a  aeconda  di  come  si  £anno  variare  le  Beziooi 
dei  due  circuiti  seguiti  dall'aria.  È  evidente  che  si  possono  sce- 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


'276  aiTiDO  eniDi  —  ricerche  spekimentau,  ecc. 

gliere  le  sezioni  di  passaggio  in  modo  da  ottenere  che  la  legge 
deU'effluBSo  della  benzina;  rìsultante  dal  concorso  dei  due  circniti, 
sia  praticamente  identica  a  quella  dell'aria,  per  modo  che  risulti 
costante  il  titolo,  e  quindi  la  stessa  linea  rappresenti  l'efflusso 
dell'aria  e  della  benzina.  Questa  esatta  coincidenza  di  linee  non 
sì  potrìt  ottenere  che  per  una  determinata  condizione  aia  della 
densità  della  benzina,  sia  di  quella  dell'aria;  però  le  perturba- 
zioni sono  di  un  ordine  di  grandezza  tale  da  non  compromettere 
la  bontà  dei  risultati. 

Torino,  27  dicembre  1919. 


L'Accademico  Segretario 
Carlo  Fabrizio  Pabona 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


CLASSE 

SCIENZE  MORALI,  STORICHE  E  FILOLOGICHE, 


Adtmsnza  del  4  Oennaio  19S0 


PBBSIDENZA   DEL    SOCIO    PROF.    COHH.    ANDREA    NACCABI 
PRESIDENTE   DELL' ACCADBHIA 


Sono  presenti  ì  Soci  Pizzi,  De  Sanctis,  Brondi,  Einaudi, 
Baudi  di  Veski,  Schiaparelli,  Patetta,  Vidabi,  Prato,  Clan, 
Pacchioni,  Valmaogi,  e  Stampini  Segretario  della  Classe. 

Si  legge  e  si  approva  l'atto  verbale  dell'adunanza  prece- 
dente del  giorno  21  dicembre  u.  b. 

L'Accademico  Segretario  presenta,  a  nome  del  Socio  cor- 
rispondente C.  MoHTALCiHi,  il  recente  volume  Legge  elettorale 
polUiea.  Testo  unico  2  Settembre  1919.  Commento  teorico  e  pratico 
(Bologna,  Zanichelli),  composto  da  esso  C.  Montalcini  in  colla- 
borazione con  A.  Alberti,  Capo  della  Segreterìa  della  Camera 
dei  Deputati.  La  Glasse  vivamente  ringrazia  il  Socio  Montalcini 
per  il  pregevole  dono. 

Lo  stesso  Socio  Stampimi  presenta  per  la  pubblicazione 
negli  Atti  una  breve  silloge  dì  sue  iscrizioni  latine  inedite  e  di 
suoi  distici  elegiaci  latini  col  titolo  Nonnallae  inscriptiones  et 
distieha. 

Si  ammette  alla  stampa  negli  Atti  stessi  la  Nota  del 
Prof.  Dott.  Oiovanoi  Marro  intitolata  Sulla  psicologia  dell'an- 
tico Egitto,  che  il  Socio  Vidari  presenta  alla  Classe  e  giudica 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


degna  di  considerazione  in  virtù  dei  rapporti  che  corrono  fra 
gli  atudl  filosofici  e  le  indagini  antropologiche  da  cui  il  Mabbo 
ha  preso  le  mosse  nel  suo  interessante  studio. 

U  Socio  ScHtAPABELLi,  as80ciandosi  al  collega  Vidabi  nella 
presentazione  della  Nota  del  Prof.  Giovanni  Uabbo,  aggiunge 

*  che  la  Nota  stessa  è  il  risultato  di  un  lungo  e  diligente  studio 

*  fatto  dal  IìIabbo  sulla  raccolta  antropologica  del  Museo  di 
'  Torino,  comprendeute  varie  centinaia  di  antichi  cranii  e  di 

*  scheletri    egiziani    completi ,    raccolti    dalla    nostra   Missione 

*  archeologica  in  Egitto  nelle  necropoli  di  Assiut  e  di  Ghebelein 
'  fra  gli  anni  1910  e  1914. 

*  La  scelta  del  detto  materiale  è  stata  fatta  informandosi 

*  ai  criterii  scientifici  più  rigorosi,  preoccupandosi  unicamente 
'  della  qualità  del  medesimo  e  non  della  quantità;  e  attenen- 
'  dosi  ai  criterii  medesimi  la  nostra -Missione  costituì,  sia  per 
'  la  necropoli  di  Assiut,  come  per  quella  di  Obebelein,  una 
'  doppia  serie  di  scheletrì  completi  e  di  cranii.  Per  Assiut, 
'  oltre  250  scheletrì  completi,  di  adulti  dei  due  sessi  e  di  fan- 
'  oiulli,  e  numerosi  cranii   sono  sicuramente  da  attrìbuirsi  al 

*  periodo  fra  la  sesta  e  la  dodicesima  Dinastia,  ed  un  centinaio 
'  circa  fra  scheletri  completi  e  cranii  si  rìferìscono  non  meno 
'  sicuramente  al  periodo  greco-romano;  per  Ghebeleìn,  circa 
"  100  scheletri  completi  e  numerosi  cranii  debbono  rìferìrsi  al 

*  perìodo  fra  le  prime  e  la  decima  Dinastia,  ed  un  numero 

*  quasi  corrispondente  appartiene  al  perìodo  greco-romano. 
'  Altra  serie,  che  già  comprende  alcune  decine  di  scheletrì 
'  completi  della  sesta  Dinastia,  fu  inoltre  iniziata  nell'anno  1914 
'  nella  necropoli  di  Elefantina. 

*  Il  detto  matonaie,  che  ò  in  stato  di  conservazione  vera- 

*  mente  perfetta,  parrebbe  dover  costituire  il  principale  e  più 

*  sicuro  contrìbuto  che  finora  sia  stato  portato  agli  studi  della 
'  antropologia  dell'antico  Egitto,  sia  per  le  indagini  che  to' 
'  gliano  intraprendersi  sulla  affinità  etnografica  degli  antichi 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


279 

'  Egiziani  con  altri  popoli,  sia  sullo  modificazioni  etnografiche 
'  ofae,  nel  corso  della  stessa  storia  egiziana,  si  sieno  per  av- 
'  ventura  prodotte  nelle  regioni  alle  quali  le  serie  accennate 
'  ai  riferiscono,  sìa  per  determinare  ì  peculiari  caratteri  della 
'  razza  egiziana,  in    relazione   anche   collo   svolgimento    della 

*  sua  civiltà. 

*  Le  indagini  del  Prof.  Marbo,  che  prese  parte  personal- 

*  mente  a  due  campagne  di  scavi  della  nostra  Missione,  sì  sono 
'  per  ora  rivolte  principalmente  a  quest'ultima  parte,  e  nella 
'  Nota  presentata  egli  ne  riassume  alcuni  risultati,  che  sem- 

*  brano  meritevoli  della  maggiore  attenzione  .. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


KTTOSK  STAMPISI 


LETTURE 
NONNVLLAE    INSORIPTIONES 

ET 

DISTIOHA 

HECTORIS    STAMPINI 

Soda//s  ordinarti  ab  actis 


Loculua  tminM,    in    regia   Supergae    basilica   nomini  BumberU 

Sabaudi,    Comiiia  urbis   Salemi,    congecratua,   eiua  beUietam 

erueem    duoque    argentea    nomisnuàa    militari    virtuii    deco- 

randae  in  fronte  marmoreo  exhibet  huie  auperposita  inaerip- 

turni  meae, 

(Seripsi  menai  dicembri  an.  HCHXIX) 

HVMBERTVS  •  SABAVDVS  ■  DOMO  ■  AVGVSTA  ■  PRAET- 
COMES  •  VRBIS  •  SALEMI  |  natvs*avcvstab*tavrin-d*xxii-iiss> 

IVN'AM*BIDCCCLXXXIX'OBnT'D-XIX'MBS-OCT'AN-MC«XVm  |  CRBSPAMl* 
IN -GRAPPA -MONTE  •  VBI  ■  MATRIS  ■  VOLVNTATE  •  ET  •  RBGIS  '  ADSBN3V  •  BIVS* 
OSSA-QVIBSCVNT 

PRO -PATRIA-PVGNANS- IVVBNILI&-LVMINA -CLAVSIT 
BT  *  CORPVS  •  GRAFPAE  •  S  AXA  ■  CRVENT  A-  TEC  VNT 

HONSTRAT*  AT*  HIC-LOCVLVS-MAGHI- IVXTA- OSSA- PASENT1S 
BBLUCA- QVAE- MERITI- PRABMIA-TBRNA'TVLIT 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


INSCEUPTIONES  ET   DUTICHA 


n. 


Jnacriplio  tabutae  marmoreae  insculpenda  atque  ad  partetem  figenda 
in  aedOnta  iudicum  Taurinensium  iudiciis   tribunaliUm  reco- 
gnoaeendis,  in  honorem  iudicum  atque   advocatorum   qui  prò 
patria  ceciderunt. 

IVDICIBVS-ATQVE-ADVOCATIS 

FOKI-TAVRINENSIS 

QVI-AB*AN'MCMXV-  VSQ  V  E-AD-BXITVU-BBLLI 

IN'ACIE'PROCVBVERVNT 

COLLGGAB 

COLLEGIS  •IN'GLORIAE'PERPETVITATE-  VI  VENTIB  VS 

p.p 

AVSOS-PRO*PATRIA-PRO-IVRE'OCCVMBERE*MORTEM 
EXIMIT'E'LETO-NON-PERITVRVS*HONOR 


m. 

jid  ÀLOtsiCH  Martini,  Sacerdotem  ac   Praesidem   Lycei    Oymna- 
eiique  Desentianensia,   atque  Aloisiuh  Valhaooi,   Praesidem 
ordinis   profesaorum    philosophiae    et    liUeris    tradendis    in 
Begia  studiorum  Umveraitatt  Taurinensi. 

ANNVS 

QVI-CVRRVREDEVNTE*DIEM*FESTVM-ADVEX1T 

NOMINI-  SANCTI  •  ALOISll  -SVMMA  •  CA  ERI  MONIA- COLENDO 

ME'MONET 

VT'ALOISlO-MARTINfET-ALOlSIO-VALMAGGI 

AMICIS*  MEIS-  LONGE  -S  VA  VISSIMIS 

ETSI-IAH-PRIDEM-MEAM-ERGA-SE-V  OLVNT  ATBM 

PENITVS'PERSPECT  AM  ■  HABEAKT 

NVNC-SOLLEMNTOVASI-RITVPERFVNCTVS 

QVAB'IIS-  SEMPER  •  EX-  ANIMO  -OPTA  VE RIM 

BONA'FAVSTA-FELICIA'FORTVNATA 

VERBIS-  CONPIRMATA- AC-  TRADITA'LITTERIS-  MITTAM 


>y  Google 


ETTOBB   STAMPINI 

ATQVB'HAGC-IISDEU-  PRAETER  -OHinA  •  ADPRSCBR 

SINT  ■LAETI'SOJT'SANI 

ET*  TBNVIA  •  C  APUNT  •  PRAZSEHTIS  ■  HORAB  •  DONA 

HOX-  VERO'ET- VIDBRB  -BT'HVLTA'IM-LVSTRA-PSOSOGASB 

P0S3INT  •  MEL10RE3  •  P  A  TRI  AE  •  DIES 

A  ■  D-XI-KAL  ■  IVL-  AH-HCMXIX 


IV. 

Ad  GuEBmoH  Benedictuh  Fbaocaxtiebi 
GVERINO  •  BENEDICTO  ■  FRACCAL  VIERI 

PHILOSOPHI  AE  •  ET  -  LITTERAR  VH  •  DOCTORI 

AC'PRABPOSITO -SODALI  VM -BABNABITARVM-PROVIMCIAIJ 

EPHEBEI-  DENIQVE-  MONTISCALERII 

CAROLI-ALBERTI-REGIS-NOMINE-EXORNATI 


NVNC'QVINTVM- ET- VICESIMVM  ■  ANN  VM -EXPLBNTI 

BX'QVO-CATBOLICAE-  RELIG1 ONIS  •  S  A  CERDOTl  VM  •  INI  VIT 

SIMVLQVE'DOCENDl- ARTEM-IN- SCHOLIS*  PROnTERI- COBPIT 

Q  VOD  •  IN  •  EIV  S  •  HONOREM 

SODALI  VH-BARNABITARVM'COETVS-COLLECAE-PAUILIARES-AHia 

VETERES'NOVIQVE'ALVMNI 

Vn-DIEM'ANTE'IDVS'DEC'AN'MCMXIX 

FESTO  •  ADPAR  AT  V  •  ET  •  SOLLEMNI  -RITV-CELEBRARE'  DECRE  VERV74T 

QVQ.  TEMPORE 

VICTORl  VS  ■  EMMAN  VEL  ■  III  ■  REX 

SACÉRDOTEM-  BXnnVM  -ET  -MAGISTRVM-DOCTISSIMVM 

DE'ADVLBSCENTVLORVM'INSTITVTIONB'OPTIMB*  MERITVM 

COLLARI- FASCIA 

BQVBSTRIS'ORDINISTTALICA'COBONA'DISTINCTl 

S  VA  ■  SPONTE  ■  ET  •  VOLVNTATE  •  DECORAVIT 

HECTOR 'STAMPINI 

CVM'VEHEMEMTER- GRATVLATVR'TVM- FA  VSTA -OMNIA' ADPRECATVR 

EXIGVOSQVE-  ELEGOS-  SVOS 

VIRO  'AMPLISSIMO  'SIBIQVE*  BENE  VOLBNTISSIMO 

INSCRIBIT  ■  ATQVE-  COMHENDAT 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


1N80RIPTIONE3   BT  DISTICH* 


Elegl 


Lux  hodierna  pari  memorat  tibi  tempora  rito 

quae  voluisti  homini  quaeqae  sacrare  Deo. 
Nam  schola  doctorem,  te  tempia  habuere  mìnistnim 

qnot  nnmerant  annos  saecula  secta  quater. 
Tot  iam  annoB  paeri  docileB  iuveneaque  magistnun 

te  audire  et  laeta  discere  fronte  aolent; 
totque  Bacerdotem  Christì  te  turba  veretur 

in  templieque  tao  peodet  ab  ore  pia. 
Te  extollunt  omnes,  quaerunt  matresque  patresque 

quae  tibi  lana  hodie,  quia  tribuatur  honor. 
Gaudia  quanta  moves,  quod  nunc  tibi  fascia  collum 

ornet  et  in  media  soulpta  corona  cruce, 
ultro  quam  misit,  cui  dat  Victoria  nomen 

Princeps,  qui  sapiens  Itala  fata  regit! 
Credere  qui  natos  tibi  consuevere  parentes, 

te  praeceptorem  te  celebraotque  ducem. 
Spargis  enìm  tenera»  in  mentes  lumina  docte, 

et  monatras  vjtae  qua  via  recta  patet. 
Ergo  nil  mirum,  si  te  reverentur  alumni, 

teque  colunt  toto  corde  vocantque  patrem; 
si,  qui  te  novit,  te  exoptat  dicere  amicum, 

expetit  et  semper  tempora  fausta  tibi. 
Illa  igitur  cuncti  ferlmuB  felicia  vota, 

ut  tibi  praeclarum  pergere  detur  iter, 
altera  et  ut  posaÌB  vicesima  quinta  videre 

tempora  sollemni  concelebraoda  die! 
Quod  si  non  poterit  lux  haec  fulgore  poetae, 

colìegas  luBtret  diBcipulosque  tuos. 

•  A-D-vn-lD-DEC-AN'MCHXIX 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


ETTORI  STAMPINI 


«xemplari  rriticae  meae  Horati  Operum  editionis,  quod  losepho 
Deabate  dono  misi,  haec  manu  mea  acripta  mnt: 

lOSEPHO- DEABATE 

I VRIS  ■  DOCTORI  •  POETAE  ■  DOCTR  INA  •  BXCVLTISSIHO 

DIVRNORVM-  COMMEtlTARIORVlI 

QVI' ITAUS'VOCABVLIS- GAZZETTA  «DEL*  POPOLO-NOIONAMTVR 

SCRIPTORI-OKNATISSIMO 

HBCTOR-STABfPlNI 

MAXIMAS-CRATIAS- ACIT'SALVTBM- PLVRIMAM'DICIT 

OMNIA'DBNIQVB-BONA*  ADPRECATVR 

AMICVM'SVAVISSIMVM-ROGAMS'ATQVB-ORANS 

VT'HOC-SVAB- HORATr  OPERVM-EDmONIS'EXBMPLAR 

ORE  •  BEKIGNO  •  BXClPI  AT  ■  RSTINEA  T  ■  SERVET 

IN-MEMORIAM- AMICITIAE- NOSTBAB-SBMPITERMAU 

KAL-  FEB-  AN  -  KCHX  Viti 
VI. 

Inscriptio  in  aenea  parmula  honoris  causa  inwulpta. 
IOANNI- GARZINO 

MEDICINA  E'ET'CHIRVRGIAE-  DOCTORI 

QVI'CVM'MEDICORVM'CLAVASn-ET-FINITIMORVM'HVNiaPlORVM 

COLI.ECIVM'AVSPICIIS'SVIS'INSTITVTVM 

SAPIEMTISSTMIS-CONSILIIS'MODERETVR-ET-RECAT 

DE'SANITATE-PVBLICA 

FACTIS'SCRIPTISQVE'OPTIME'MBRITVS-HABETVR 

QVOD 

PRO'SVIS-  M  AXIMIS-  CL  A  RISQVE-  VIRTVTIBVS 

ER-EQVITES-ITALICAE-CORONAE-INSIGNIBVS-EXORNATOS-A 

COLLEGAE-ET'AMICI 

CONSPIRANTIS-OMNIVM'CONSENSVS-I  NTERPRETES 

DOCTISSIMO'ET'SPECTATISSIMO'VIRO 

OMNIA'LAETA-AC'PROSPERA-  OMIN  A  NT  VR 

A-D-Vl-ID-IAN-AN-HCMXt 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


1N3CIUP7I0NB3  BT  DISTICHA 


vn. 


£Hstichon  in  basi  inscriptum  operis  a  Petto  Canonico  scuìpti, 
quo  Njftnpka  campis  oryza  consitis  tuendis  effiiAa  est. 

(an.  MCMVIl) 

Urna  capaz  Myniphae,  virea  ut  germina  sumant, 
undas  ìq  campoa  fundit,  oryza,  tuos. 


Vili. 
Ad  Rehioiuk  Sabbadini 
(prid.   kai.  Hart.  ao.  HCMXl) 

Parva,  sed  ex  animo  sunt  haec  tibi  reddìta  digno; 
et  niaiora  quidem  noB  tribuisse  velitn. 

IX. 

Ad  eundkh 

(id.  Mart.  an.  MCMXI) 

Quod  mibi  inserenti  miserando  funere  matris 

raisiati  nuper  maestus  eptatolium, 
'QUO  curas  acres  lenires  trìstia  amici 

et  mulcenB  dìctis  erigereB  animum, 
accipe  qnas  grates  commoto  corde  rependo, 

eitqne  tibi  semper  vita  referta  bonis. 


IHstickon  tnea  manu  scriptum  in  nonnullis  fastorum 
anni  MCMXIV  libellis  aorte  vendendis. 


Sit,  quamcumqne  leges,  gracili  hoc  descrìpta  libello 
.       omnis  fausta  tibi  sitque  serena  dies. 

Afa  iella  R.  Aeettdemia  —  Voi.  LT.  19 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


ETTORE  STlHPIKt 
XI. 

Ad  IoaBFHUu  MAGsnn 
(an.  HCHXllI) 

Sic  te  poat  longum  tempos  iam  vìseie  possem, 
eumque  iocis  tecum  fundere  viaa  aimiil, 

atque  epulas  tecum  lectas  consumere,  tecntn 
lentos  ÌD  riau  dissìmutare  diesi 

Invidet  at  semper  dirum  tnihi  gaudta  fatam  : 
tn  modo  sis  felix  et  memor  usque  mei  ! 


XII. 

Ad  Petruh  Ra»! 

(an.  UClfXIII) 

Si  rapidutn  tempus  vertentis  defluii  anni, 

at,  fugiens  tacite,  sit  levis  hora  tibi. 
Me  vero  trietis  coepit  turbare  senecta, 

et  iam  membra  labant,  qaae  modo  firma  tuli. 
Hoc  tamen  est  animus  numquam  perferre  moleste, 

munera  si  reatent  suavis  amicitiae, 
si  valesnt  comites  dulces  dulcesque  propinqui, 

et  mentis  robur  polleat  usque  meae. 
Volvitur  interea  celeraos,  quem  riximus,  annua, 

quem  bene  si  vixi,  gratia  babenda  Deo  est, 
ac  novus  ecce  venit,  qui  tote  corde  precamur 

ut  bonua  et  faustus  sit  tibi  eitque  tuis. 


XUI. 

Ad  eundev 

(an.  HCH£I11] 

Accipe,  quae  reddo,  prò  te,  mi  dulcia  amice, 
natisqne  et  cara  coniuge  vota  bona. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


INSCBIPTIONBS  ST   DISTICHA 

XIV. 

Ad  eundem 
(an.   MCMirV} 

Nuper  quae  nobis  misisti  vota  benigne 
reddimaB  haec  eadoin  multiplicata  tibì. 

XV. 

"Hiticha  mea  manu  scripa  in  fiabellis  sorte  venalUnta. 

(ao.  MCHXIV] 


Àccipe  flabeltum,  quo  det  tibi  frigus  in  aeatu 
iacandum  flabria  aura  agitata  citis. 


Hoc  move  flabellum,  ai  quando  perfurìt  aeatRs: 
mitior  aura  tibi  frìgora  grata  dabit. 


Hoc  cape  flabellum,  dulce  ut,  cum  Sihaa  ardet, 
mota  levamentum  ventilet  aura  tibi. 


Parvum  flabellum  bì  quando  agitare  iuvabit, 
ver  tibi  praebebit,  ferveat  aura  licet. 


Flabellum  parvum  parìam  tibì  commoda  magna, 
aera  si  mecum  putset  amica  manuB. 

f- 

Salve,  flabellum!  quamvis  sit  torrida,  frigus    . 
aura  dabit  motu  sollicitata  tuo. 


>y  Google 


ETTORB  STAMPINI 


Motìbna  ìndalgens  flabelli  frigus  habebis, 
etfli  bacchetur  stellft  molesta  caoìs. 


Utere  flabello,  medìoqne  frueris  in  aestu 
aurìs  quaa  tepidas  tempotra  verna  ferunt. 


XVI. 

In  ruBUiAV  iuventute  flobeitteh 
(ui.  MCHXT) 

Pulchra  iuventa  tibi  ridet,  dnm  labitur  annua; 

at  mihì  iam  senium  quae  volat  bora  tnlit. 
Te  manet  annonim  seriea  longinqaa  puellam; 

at  mihi  nunc  restant  tempora  carta  aenì. 

XVII. 

Distichon  in  honorem  diaoipulorum  Regiae  studiorum  Univerrilatit 

Taurinetisis,  qui  prò  patria  morlui  aunt  (1). 

(an.  HCUXIX) 

Morte  sua  ìuvenea  patrìae  peperere  trìumphum: 
agmina  quae  duxit  docta  Minerva  fuit. 


(1)  In  eonim  honorem  iam   ab    anno   HCMXVII   in   pariete   anditoiii 
maximi  Regii  AUienftei  haeo  disticha  mea  inscripta  aunt: 
Morte  obita  raortem  vitarunl  te m pus  in  omne, 

dnm  itabuut  Alpea  et  mare  Tbjbrìs  alet. 

MentìbuB  in  nostrii  vivent  aariqae  nepotes 

marmore  in  aetemo  nomina  sancta  legeut. 

Haec  antem  ex  tabella  honorifica  a  me   composita   aant   exscrìpta,  oqÌd' 

eiemplarìa  familìis  alnmnoram  Atbenaei,  qai  in  aoie  prò  patria  cecideraali 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


INSCSIPTI0KE8  BT  DISTICHE 

xvm. 

In   HtHUTAS  BOBDHDBII    DIBOIPULOBUK   IMAeiNES   PIOTAB 

(an.  MCUXIX) 

Ora  videa  iuvenum,  atudiJs  qui  sponte  relìctis 
pectora  prò  patria  firma  dedere  neci. 

XIX. 

Db  vita  xea 

(an.  HCHXIX  prid.  kftl.  Un.) 

Forte  meos  prìmos  vagitus  reddidit  echo 

pagi  cui  nomen  parva  fenestra  dedit  (1); 
eed  docnit  dulcìs  me  prima  elemeota  roagistra, 

Brìzia,  Benaci  ridet  ut  unda  tui  (2). 
lam  pridem  mieerum  me  deseruere  parentes 

cumque  meo  Aemilio  nata  gemella  sìmul, 
defleviqne  duaa,  quae  heu!  mihi  fota  sorores 

iuDxere  et  dira  mox  rapuere  manu  ; 
et  timor  usque  meam  mentem  pectusque  coercet, 

ne  mibi  contingat  funera  ferre  nova. 
Si  vero  quaeris  quot  aol  mihi  volverit  annos, 

quattuor  impievi  biaque  quaterque  decem. 


ammna  TÌcorum  ac  mnlierum  celebrìtate  a.  d.  TI11  kal.  Apr.  eiuBdem  u 
dÌRtribnta  Bunt;  qno  quidam  die  mota  eorum  ìmmortalis  mea  quoque  o 
tiene  in  mtaimo  Athenaei  auditorio  primnm  com  me  morata  est. 

(1)  Intellege  Finestrelle  in  provincia  Taurinensi. 

(8)  In  pago  qnem  vocant  RivolMIa  prope  Desentianum  lito. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


ETTORE  STAMPINI  —    INSCBIPTIONKS  ET   DISTICHA 


Dittìeha  ad  doetiasimam  puettam  missa  kalendia  lanuariis 

diem  natalem  suum  agentem. 

(kal.  Iftn.  an.  HCMXX) 

Àccipe  quae  tenui  complector  cannine  vota 

hoc  tibi  quo  coepit  sol  radiare  die: 
8Ìt  tibi  natalis  felix  faustusque  bonusqu^, 

prospere  et  eveniant  quae  tibi  cumque  cupia; 
quique  novus  nobis  hodie  simul  ìncipit  annus 

fata  ferat  patrtae  prosperìora  datis. 


XXI. 

AD    LBCTOBEH 

(III  Qon.  Ud.  an.  HCMXX) 

Confregi  calamum,  cum  spes  iam  nulla  maneret 
posse  quidem  vita  me  meliore  frui. 

Multa  tamen  scripai;  nunc  vero,  candide  lector, 
pagina  in  estrema  dextra  recumbit  iners. 


Digitized^yGOOgle 


QIOYANNl  HARBO   —  aOhhk   PSICOLOGIA,  ECC. 


SolU  psìeologia  doirantieo  Egitto 

Nota  preliiuiiuue  del  Prof.  Dott.  GIOVANNI  HARRO 


Unica  fra  tutte  le  Missioni  che  esplorano  le  necropoli  egi- 
ziane quella  Italiana  —  diretta  dal  Prof.  Ernesto  Schiaparelli, 
e  della  quale  da  alcuni  anni  io  ho  l'onore  di  fare  parte  —  oltre 
lo  scopo  archeologico  e  storico  ha  anche  quello  antropologico  ; 
essendosi  essa  proposto  un  programma  di  ampie  ricerche  sulle 
costituzione  fisica  e  sulla  psicologia  dell'antica  razza   egiziana. 

Tali  ricerche  sono  state  particolarmente  a  me  affidate  da] 
Prof.  Schiaparelli;  ed  il  mio  lavoro  complessivo,  raccolto  in 
monografia  ampiamente  corredata  di  tavole,  costituisce  uno  dei 
volumi  della  Relazione  Ufficiale  della  Missione  Archeologica 
Italiana  in  Egitto,  di  imminente  stampa  sotto  gli  auspici  e  col 
concorso  del  Ministero  della  Pubblica  Istruzione. 

Alcuni  saggi  dello  studio  analitico  finora  compiuto  sul  ma- 
teriale osteologico,  ricavato  dallo  scava  della  Missione  e  depo- 
sitato, in  ricca  e  preziosa  collezione,  presso  il  R.  Museo  di  An- 
tichità di  Torino,  sono  stati  già  da  me  comunicati  in  memorie 
antecedenti  (1). 

Nella  nota  che  segue  io  esporrò  —  per  l'appunto  sulla 
scorta  dei  dati  di  antropologia  fisica  già  da  me  ottenuti  —  un 
contributo  preliminare  allo  studio  della  psicologia  dell'antico 
Egitto. 


(1)  QioTuHi  Uauo:  1)  Osservaiioni  Morfotogieht  e  OtUontetrieht  guUo 
aeheletro  degli  Egiziani  antichi.  'Rivista  di  Àatropologia  di  Roma  ,,  voi.  £VilI. 
2)  Siàta  eoA  detta  Perfùrazione  Oleeraniea  e  lul  ngnificatù  anatomico  e  antro- 
pologico cUlla  medetima.  '  Idem  „  toI.  XyiII.  3)  Sid  tignifieato  delle  varie 
forme  dell' apertura  "  piriformi»  „.  'Idem,,  voi.  XIX.  4)  U  profilo  della 
faccia  negli  Egiziani  antichi,  '  AtiDali  di  Freniatria  e  Scienze  affini  .,  To- 
rino, Tol.  XXIII.  5)  Nuovo  metodo  per  lo  studio  del  profilo  della  faccia  t  »»a 
applicazione  ad  una  centuria  di  crani  egiziani  antichi.  '  Arohivio  di  Antro- 
pologia Criminale,  ecc.,,  Torino,  voi.  XXXVII. 


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QIOVINKI   HAKRO 


Fra  le  questioni  da  me  indagate  aulla  collezione  acheletricB 
egiziana  del  Museo  di  Torino  vi  è  quella  della  detenninazioDe 
del  sesso.  E  a  questo  riguardo  io  ho  preso  in  esame  :  il  cranio, 
il  femore,  il  bacino,  lo  sterno. 

Fermo  dapprima  l'attenzione  sul  fatto  che  nel  cranio  e  nel 
femore  le  caratteristiche  sessuali  maschili  mi  sono  risultate  poco 
evidenti. 

Se  ora  si  riflette  che  i  caratteri  cosi  detti  maschili,  e  de) 
cranio  b  del  femore,  sono,  per  la  maggior  parte  almeno,  con- 
seguenza della  maggiore  robustezza  e  rozzezza  dello  scheletro 
maschile,  si  viene,  col  sopra  esposto,  a  portare  elemento  favo- 
revole alla  conclusione  —  eh©  nettamente  scaturirà  in  seguito, 
sulla  base  di  numerosi  altri  dati  —  secondo  la  quale  la  costi- 
tuzione scheletrica  degli  Egiziani  antichi,  fatte  poche  eccezioni, 
non  è  robusta  e  rozza,  bensì  fine,  armonica,  anzi  piuttosto  delicata. 

Ha,  l'abbinamento  del  cranio  e  del  femore,  nei  confronU 
della  minore  accentuazione  dell'impronta  sessuale  maschile, 
acquista  maggiore  importanza  e  significato  specialissimo  per  un 
altro  portato  delle  mie  ricerche,  il  quale,  come  contrapposto, 
stabilisce  che  nel  bacino  e  nello  sterno  sono  meno  spiccate  le 
caratteristiche  femminili. 

Ora,  le  due  risultanze  suddette  autorizzano  veramente  la 
conclusione  dì  sintesi  :  Nello  scheletro  degli  Egiziani  antichi  si 
ha  l'attenuazione  di  tutti  i  caratteri  sessuali  *  positivi  ,  (1)  ;  e, 
in  ultima  analisi,  la  convergenza  della  struttura  scheletrica  ma- 
schile con  quella  femminile. 

A  conferma  di  tiile  enunciato  ricordo  ancora  che  nel  par- 
ticolare studio  compiuto  sul  profilo  della  faccia  —  studio  fondato 
sul  prelievo  di  otto  angoli  nel  profilo  sagittale  mediano  della 

(1)  Dopo  aver  considerato  che  i  oantterì  •«•inalt  del  eranio  e  de)  fè- 
more lono,  per  la  maffnior  parto,  io  rapporto  colla  fOntìon»  aobeletriM  dì 
«oete^no  e  dì  ìnmrEione  mnecolars,  quelli  dello  stenio  e  •opratatto  quelli 
d«I  bacino  lotto  la  dipendenaa  invece  defili  organi  TÌaeemli  e  più  preci»- 
mente  —  nella  donna  —  della  fannione  leianale,  io  ha  proposto  di  ritenere 
*  po*itÌTÌ  ,:  per  il  cranio  e  per  il  femore  i  caratteri  offerti  dall'uomo,  per 
lo  sterno  e  per  il  bacino  qaelli  offerti  dalla  donna. 


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SULLA   PSICOLOGIA  DBLL' ANTICO   EGITTO  2PS 

faccia,  a  mezzo  di  uno  speciftle  atrumento  fatto  appositamente 
costrtirre  -  io  ho  riscontrato  che  il  dimorfismo  sessuale  è  poco 
apiccato  e  che,  per  di  piii,  la  oondizioDe  di  tale  dimorfismo  à 
talora   invertita  nei  confronti  colle  altre  razze. 

L'effettiva  deficienza  dell'impronta  sessuale  sullo  scheletro 
femminile  egiziano,  la  quale  resterebbe  così  stabilita,  merita  di 
essere  segnalata  anche  perchè  può  fornire  un  buon  elemento  per 
spiegare  la  particolare  stilizzazione  della  figura  muliebre,  tanto 
caratteristica  nella  scultura  e  anche  nella  pittura  egizia.  In- 
fatti deriverebbe  da  tali  mie  osBervaziuni  che  le  sottili  silhoueitea 
fomminilì  dell'arte  egiziana  —  colla  deficiente  curva  dei  fianchi, 
coll'appena  accennato  rilievo  dell'addome,  colla  leggera  con- 
vessità del  petto;  fatti  che  tonto  donano  di  castità  e  dì  pudi- 
cizia —  aorebbero  improntate  anche  a  reali  fatti  anatomici. 

G  mi  piace  subito  notare  in  merito  come  il  primitivo  abito 
femminile  —  che  sostenuto  sulle  spalle  da  brettelle  si  stendeva 
dall'origine  dei  seni  fin  quasi  alla  caviglia,  strettamente  ac- 
collato al  corpo  come  guaina;  e  di  cui  l'uso,  quasi  esclusivo 
nell'antico  e  nel  medio  Impero,  non  andò  totalmente  perduto 
neppure  dopo  la  XVII  dinastia  —  dovesse  contribuìie  ad  im- 
porre all'artista  il  rispetto  della  linea  anatomica,  siccome  quello 
che  tale  linea  poneva  mirabilmente  in  rilievo. 

Appare  poi  tanto  più  verosimile  che  gli  artisti  si  siano 
ispirati  alla  speciale  anatomìa  muliebre,  accentuandone  le  pe- 
culiarità colla  ingenua,  leggiadra  stilizzazione,  qualora  si  rifletta 
quanto  l'egiziano  andasse  fiero  degli  elementi  somatici  che  lo 
differenziavano  dalle  altre  razze,  e  quanta  gelosa  cura  egli  po- 
nesse per  metterli  bene  in  risalto  nelle  sue  figurazioni. 

Per  esempio:  Nelle  pitture  e  nelle  statue  o  baseoiilievi  dì- 
pinti  il  colore  della  pelle  dell'Egiziano,  tendente  al  rameico,  si 
trova  qnasi  costantemente  esagerato  in  una  tinta  rosso  intensa, 
uniformemente  estesa  a  tutto  il  corpo;  e  sovente  un  colore 
giallino  è  riservato  alla  donna,  forse  perchè  essa  aveva  la  pelle 
meno  abbrunata  per  la  minore  esposizione  ai  raggi  solari.  In 
quella  specie  di  atlante  etnografico-geografico,  come  lo  chiama 
il  Tonnini  (1),  costituito  da  uno  &a  i  meravigliosi  bassorilievi 


(1)  S.  ToHMixt,  Ideologia  della  deUtà  Egizia.  Torino,  1906. 


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294  SIOVANMI   HARKO 

dipinti  dell'ipogeo  di  Seti  I  della  XVIII  dinastia,  sono  figurati 
i  rappresentanti  dei  quattro  popoli  allora  conosciuti:  l'egizÌBno, 
l 'asiatico,  l'europeo,  il  negro;  rispettivamente  colorati  in  roBso, 
in  giallo,  in  bianco,  in  nero. 

Ma,  anuhe  nei  prodotti  della  plastica  pib  arcaica  noi  po8> 
siamo  dimostrare  la  preoccupazione  dell'Egiziano  nel  mettere 
in  particolare  rilievo  i  tratti  della  persona  che  egli  riteneva 
come  peculiari  della  bus  razza. 

Caratteristico  di  questa  razza  era,  come  ò  noto,  il  naso  di- 
ritto, lungo,  piuttosto  affilato.  Ora,  nella  faccia  delle  primitive 
figurine  umane  di  Egitto  (figurine  per  Io  pib  in  terra  cotta, 
come  i  begli  esemplari  conservati  ne!  R.  Museo  di  Antichità  di 
Torino)  domina  generalmente  un  naso  sraìsuratamente  lungo, 
proluttgantesi  anzi  talora  come  in  un  becco  di  uccello;  ed  a  me 
sembra  che  tale  spropositato  sviluppo  dell'appendice  nasale 
possa  giustamente  interpretarsi  come  intenzionale  esagerazione 
del  carattere  etnico  fisionomico  che  maggiormente  differenziava 
l'Egiziano,  soprattutto  dal  negro.  Ed  il  fatto  potrebbe  citarsi 
anche  a  conferma  del  domìnio,  nell'arte  primitiva,  del  concetto 
del  motivo  essenziale  nel  senso  del  Taine  (l),  come  io  stesso  ho 
già  accennato  io  altro  lavoro.  Ancora  ricordo  che  nell'involucro 
de)  capo  delle  mummie  più  antiche  avviene,  sebbene  raramente, 
di  trovare  impiantata,  in  corrispondenza  del  naso,  nna  lunga  e 
sottile  appendice,  che  ha  pure  somiglianza  col  becco  di  un  uccello. 

Cresciuto  in  un  paese  così  nettamente  isolato  da  ogni  altra 
contrada  abitata,  e  reso  poco  avventuroso  perchè  la  grande 
ubertosità  del  suolo  e  la  dolce  mollezza  del  clima  non  lo  spin- 
gevano a  fare  precoce  ricerca  di  altri  paesi,  l'Egiziano  rimase 
per  secoli  e  secoli  nella  convinzione  che  tutto  il  mondo  fosse 
limitato  all'Egitto,  all'infuori  del  quale  nuU'attro  v'era  che 
sabbia  e  mare.  L'idea  poi  nella  quale  sempre  convennero  le 
varie  concezioni  cosmografiche  del  mondo  poneva  l'Egitto  come 
centro  del  mondo  stesso  (2). 

E  permase  l'Egiziano  cosi  infatuato  del  proprio  suolo  da 
considerare  con  pietà  e  disprezzo  le  genti  di  altrove,  ritenendole 


(1)  Ti:nE,  PhitotophU  de  l'Art.  Parie,  1918. 

(2)  E.  8caiAPtBCLt.r,  La  geografia  dell'Africa  Orientate  ueondo  le  indica- 
li dei  monumenti  tgiziani.  Eloma,  1S16. 


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SULLA   PSICOLOGIA  DELL'ANTICO  EaiTTO  29f> 

disceadenti,  forse,  da  esaeri  sporadici  b  infelici.  E  ciò  proba- 
bilmeate  anche  in  base  alta  credcaza  dell'antico  sterminio  del- 
l'umanità;  sterminio  compiuto  dalia  sanguinaria  dea  Sekhet, 
dal  capo  leonino,  la  quale  avrebbe  risparmiato  gran  parte  del 
popolo  di  Egitto  per  intervento  di  Ra.  Certo  le  altre  razze  erano 
inferiori;  e  naturalmente  il  primo  uomo  era  stato  creato  nel- 
l'Egitto. 

Feticista  del  proprio  paese,  del  proprio  clima,  della  propria 
fauna,  l'Egiziano  era  così  anche  feticista  di  sé  stesso.  E  come 
nella  beata  valle  del  Nilo  egli  vedeva  '  l'immagine  del  cielo... 
il  tempio  di  tutto  l'universo  ,,  e  come  a  molti  animali  che  seco  lui 
là  vivevano  egli  dava  attributi  divini,  cosi  egli  si  riteneva  can- 
didamente l'essere  prediletto  dell'umanità;  e  nei  suoi  tratti 
etnici  difiFerenzìali  doveva  scorgere  altrettante  impronte,  bene- 
volmente in  luì  segnate  dal  suo  creatore,  che  l'aveva  formato 
col  lìmo  della  terra  (1). 

E  cade  qui  in  acconcio  fermare  l'attenzione  che  sulla  civiltà 
egiziana  pìh  che  in  ogni  altra  emerge  la  potente  influenza  del- 
l'ambiente: l'antro  pò  geo  grafi  a  trova  qui,  senza  dubbio,  la  sua 
più  solenne  applicazione. 

Già  nel  determinare  il  precocissimo  sorgere  della  civiltà 
nell'Egitto  principali  fattori  sono  stati:  la  grande  e  spontanea 
ubertosità  del  suolo  e  la  costante  dolcezza  del  clima. 

E  questa  civiltà  ha  poi  potuto  svilupparsi,  mantenersi  indi- 
pendente e  perdurare  cosi  a  lungo  perchè  gli  effetti  debilitanti 
e  fiaccanti,  sia  sul  fisico  sìa  sullo  spirito  dell'uomo  ^inelutta- 
bilmente apportati  dalla  grande  facilità  dì  vita  e  che  non  avreb- 
bero tardato  a  far  degenerare  l'Egiziano  —  hanno  là  trovato  un 
possente  correttivo  in  un'avversa  forza  naturale.  Questa  avversa 
forza  naturale  è  costituita  dai  venti  del  deserto,  i  quali  nel- 
l'Egitto riversano  perennemente  sabbia  e  tendono  ad  apportare 
il  deserto;  e  che  perciò  hanno  ognora  stimolato  l'operosità  del- 
l'Egiziano, fortificandone  il  carattere  ed  elevandone  il  morale. 
Tale  è  la  tesi  acutamente  svolta  dallo  Schiaparelli  (2),  il  quale 
sostiene  anzi  che  l'indirizzo  generale  della  mitologia  e  dì  tutta 


(1)  Q.  JtaniEK,  Hisloirt  di  la  civilisation  Éguptienne.  Faris. 

(2)  E.  ScHiAPiRKLLi,  La  configurazione  geografica  dell'Alto  Egitto  <f>  rela~ 
•ne  eolio  svolgimento  della  sua  antica  civiltà.   *  Cuemos  ,,   Roma,   1894-96. 


zed.yGOOg^[e 


296  eiOVANNI   HAKRO 

la  civiltà  egiziana  sia  informato  al  contrasto  fra  l'azione  fecoD- 
datrice  del  Nilo  e  quella  steri  liitzatrioe  dei   venti  del  deserbi. 

Ma,  anche  nella  diretta  intimità  psicologica  dell'Egiziano, 
nelle  varie  epoche  faraoniche,  doì  possiamo  scorgere  l'orma  pro- 
fonda del  mirabile  e  tenace  potere  assorbente  ed  escluaivieta 
del  Paese. 

Appunto  perchè  addestrato  a  ricavare  dalla  sua  meravi- 
gliosa contrada  quanto  a  lai  occorreva  mercè  una  quieta,  eguale 
ma  sempre  solerte  opera  di  preparazione  e  di  previdenza,  l'Egi- 
ziano ebbe  affinato  in  modo  singolare  il  talento  di  osservazione 
e  di  registrazione  dei  fatti  naturali.  Acuto  osservatore  e  fedele 
registratore  dei  &tti  naturali  egli  fu  per  eccellenza. 

Ben  si  paò  poi  affermare  che  il  popolo  Egiziano  si  sviluppò 
e  sempre  evolse  in  intimo  contatto  col  proprio  ristretto  paese. 

Ed  in  ciò  è  forse  riposto  l'elemento  che  fondamentalmente 
lo  difiFerenzia  da  ogni  altro. 

La  fusione  coU'ambiente  naturale,  dalla  quale  riescono  a 
liberarsi,  ad  emanciparsi  gli  altri  popoli  quando  giungono  ad 
un  certo  punto  di  maturità,  fu  invece  veramente  perenne  per 
il  popolo  egiziano. 

Conseguentemente  tale  popolo  ebbe,  in  tutti  i  suoi  vari  pe- 
riodi storici,  unilaterale  e  ingenuo  orientamento  psichico  e  aa 
di  lui  esercitò  ognora  grande  impero  la  tradizione;  sì  che  il 
millenario  ciclo  della  sua  esistenza  trova  semplice  rìscontro 
nella  vita  dell'individuo  che  ai  sviluppa  ed  evolve  mantenendosi 
sempre  in  intimo  contatto  colla  natura,  e  con  natura  uniforme 
e  non  aspra. 

Ogni  epoca  della  sua  lunga  vita  apportò  all'antica  schiatta 
egiziana  nuove  idee,  la  arricchì  di  nuove  esperienze,  allargò  la 
cerchia  del  suo  sapere.  Però,  come  è  ben  noto,  le  primitive 
i^dee,  tendenze  e  credenze  sempre  si  tramandarono  come  patri- 
monio sacro,  sempre  permasero  quale  substrato  fondamentale 
della  personalità  morale  e  intellettuale  ;  alcune  sembrarono 
bensì,  volte  a  volte,  attenuarsi  si  da  preludiare  al  definitiva 
tramonto,  ma  in  seguito  nuovamente  sbocciavano  con  vivace 
rigoglio.  E  la  conservata  ingenuità  del  psichismo  portò  l'Egi- 
ziano a  non  preoccuparsi,  a  mai  sentirsi  a  disagio  per  il  con- 
trasto e  per  l'assurdo  che  molte  volte  derivava  —  e  che  ne- 


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SOLLA  PSICOLOAIi   DBLL  ANTICO   BGITTO  297 

eessariamente  pur  doveva  balzare  al  suo  spirito  —  fra  lo  etato 
delle  sue  conoscenze  fondate  su  elementi  bene  stabiliti  e  con- 
trollati, e  ì  prodotti  delta  sna  originale  invenzione,  cosi  tena- 
cemente in  lui  radicati  e  sempre  strettamente  legati  colle  pe- 
caliarità  dall'ambiente. 

Il  meravigiioBo  paese  "  dono  del  '^ilo  ,  che  aveva  provocato 
il  magnifico  sboccio  di  una  elevata  civiltà  autoctona,  quando 
tutto  intorno  e  nella  vicina  Europa  non  erano  par  anco  spuntati 
i  prìmi  albori  del  vivere  civile,  anche  in  seguito  sempre  con- 
tinuò ad  invigilare  i  passi  del  suo  popolo,  troppo  esclusivamente 
dominandone  il  sentimento  ed  il  pensiero. 

L'Egitto  rimase  anche  per  il  popolo  egiziano  adulto  vera 
culla  e  mantenne  tale  popolo  in  stato,  per  cotà  dire,  di  perenne 
puerilità. 

In  una  recente  pubblicazione  io  coaì  scrivevo,  tenendo  pure 
presente  la  decadenza  delia  civiltà  egiziana: 

Devesi  osservare  che  ogni  periodo  della  civiltà  porta  ten- 
denze, ha  rosnifestazioni  adeguate  ed  armoniche  col  grado  del 
progresso  raggiunto.  Ora,  le  tendenze,  le  manifestazioni  proprie 
di  un  periodo,  se  perdurano  in  altri  consecutivi,  o  se  troppo 
precocemente  compaiono,  ai  presentano  come  anomalie  e  ì  loro 
prodotti  sono  sempre  difettosi,  poco  utili  e  molto  volte  anzi 
nocivi  per  la  successiva  evoluzione  civile.  E  quel  che  si  verifica 
nella  storia  dei  popoli  si  ha  pure  nella  vita  dell'individuo;  donde, 
come  legge  generale:  sia  la  precoce  comparsa,  sia  la  tenace 
persistenza  o  la  reintegrazione  di  idee,  di  sentimenti,  di  ten- 
denze possono  condurre  all'infralimento  della  razza  o  dell'indi- 
viduo; aggravando  la  tara  degenerativa  preesistente,  se  pur  già 
non  sono  semplici  conseguenze  della  medesima  (1). 

Nello  studio  della  decadenza  della  civiltà  egiziana  questo, 
a  mio  avviso,  non  deve  essere  perduto  di  vista. 

L'Erman  cos'i  sintetizza  la  psicologia  de]  popolo  egiziano: 
*  Sul  popolo  egiziano  gravava  una  particolare  maledizione:  non 
poteva  scordare  ,  (2).  Ed  in  questa  impossibilità  di  scordare,  la 
quale,  in  ultima  analisi,  finisce  di  risolversi  in  deficiente  o  meglio 

di  0.  Mabro,  Art*  /VimtttM)  «  Àrie  Ftiranoiea.   'Annali  di  Froniatria 

e  Sciame  affini ,,  Torino,  1918. 

(2)  A.  Ebmu,  La  Riligione  Egizia.  Tradaiione  di  A.  Pellegrini,  Ber- 
|t»mo,  1908. 


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2dS  aiOTANHl  MAURO 

deviata  evoluzione,  io  credo  doversi  ripetere  la  causa  che  nella 
razza  egiziana  non  siasi  sviluppata  quella  duttilità  di  spirito 
che  porta  nn  popolo  ad  orientarsi  differentemente  a  seconda  del 
grado  del  progresso  ra^unto,  e  che  solamente  gli  può  fornire 
i  mezzi  per  sostenere  vittoriosamente  l'urto,  il  cimento  con  altre 
civiltà.  La  tenacia  conservatrice  di  questo  paese,  che,  come 
nota  il  Meyer,  *  ne  ha  protetto  la  ooltora  come  un'armatura 
magica  impedendo  più  volte  il  ritorno  della  barbarie  ,  (1),  ha 
costituito  infine  principale  elemento  di  sfacelo  e  di  crollo  (2). 

Scrìve  il  Renan:  *  Nella  sua  lunga  vita  di  nàsione  l'Egitto 
ricevè  poco,  ma  dette  molto.  Questa  è  la  sorte  di  tutti  gli  Stati 
profondamente  convinti  della  propria  superiorità.  Queste  sorta 
di  civiltà  non  sopportano  di  esaere  menomate;  resistono  lungo 
tempo  e  crollano  quando  si  vuole  riformarle  ,  (3). 

Il  filosofo  francese  coglie  un  lato  giusto  della  questione. 
Non  vi  ha  dubbio  che  l'isolamento  sentimentale  in  cui  continuò 
a  vivere  l'Egiziano  in  mezzo  al  mondo  civile  —  e  per  l'appunto 
in  gran  parte  quale  conseguenza  del  persistente  troppo  elevato 
concetto  di  se  stesso  e  del  proprio  paese  —  contribuì  potente- 
mente al  tramonto,  sia  pur  tardi,  della  sua  civiltà. 

E  invero  lo  speciale  isolamento,  anziché  condarre  questo 
popolo  all'asdimiiazione  dei  prodotti  delle  altre  civiltà,  giovani, 
robuste,  fiorenti  —  e  all'abbandono  delle  scorie,  accumulate  nel 
suo  vecchio  organismo  —  lo  portò  invece  alla  inadattabilità  colle 
medesime;  mantenendolo  tenacemente  fisso  nel  voler  dare  soffio 
di  vitalità  a  quel  che  era  passato.  Inoltre,  con  giro  vizioso,  tale 
isolamento  favorì  la  persistenza  nell'Egiziano  delle  manifesta- 
zioni egocentriche  proprie  del  fanciullo  e  del  bambino,  il  quale 
giunge  a  fare  convergere  alla  propria  personalità  tutto  il  mondo 
che  conosce.  —  Un  bambino  di  sette  anni  mi  palesava  un  giorno 

(1)  E.  ìixTwa,  Hitloire  ds  l'AntiguiU.  TradnctioD  de  A.  Horat,  tome  II, 
Farif>,  19U. 

(2)  La  tendenza  alla  immutabilità,  per  così  dire,  è  stata  là  anche  pe- 
culiarità fondamentale  dell'ordinamento  Bociale  e  famigliare.  L'impianta 
di  tale  tendenza  ai  aeoriife,  per  es.,  a  parer  mio,  nella  ereditarietà  non  solo 
delle  oariche  ma  ancho  delle  profeiiioni,  nonché  nella  grande  freqaeiiia 
del  matrimonio  fra  congiunti,  anche  tra  fratelli  e  sorelle;  per  conserrare 
la  pnrezia  del  sangue  il  faraone  giungeva  talora  a  sposare  la  figlia. 

(3)  E.  Rmu,  Le»  aniiquilés  ti  ita  fouille»  d'ÉgupIt.  *  Revue  des  Denx 
Hondes  „  Paria,  1866. 


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SDLLA   PSICOI^SII  DELL  ANTICO  EOITTO  299 

la  convinzione  che  durante  il  ano  sonno  della  notte  tutto  il 
mondo  cessasse  di  esistere.  E  l'Egiziano,  che  per  secoli  e  secoli 
era  rimasto  nella  credenza  che  tutto  il  mcndo  fossfi  limitato 
all'Egitto,  sempre  poi  pose  l'Egitto  quale  centro  del  mondo 
stesso  e  sempre  si  ritenne  l'essere  prediletto  dalle  divinità, 
come  sopra  si  è  osservato. 

E  non  siamo  qui  lontani  dai  confini  del  campo  della  pato- 
logia mentale.  Gito  in  proposito  quanto  io  stesso  scrivevo  in 
una  recentissima  pubblicazione:  Una  delle  conseguenze  piil  di- 
rette e  più  gravi  della  degenerazione  paranoica  io  credo  essere 
quella  di  portare  la  personalità  mentale  alla  inadattabilità  e 
all'antagonismo  col  mondo  ambiente  nonché  all'iaolamento  dal 
medesimo;  condizioni  psicologiche  speciali  cui  spetta  poi  una 
parte  importantissima  nella  organizzazione  e  nella  evoluzione 
delle  idee  deliranti,  come  già  nell'affermazione  dell'  egocen- 
triamo  (1). 

Ma,  non  solo  l'Egitto  non  assimilava  ma  repelleva,  e  con 
grande  facilità  eliminava  quanto  dall'esterno  vi  veniva  importato, 
sìa  pure  a  tutta  prima  bene  accolto  ed  accetto. 

Porto  alcuni  esempi  :'^ 

—  Fra  la  XVII  e  la  XX  dinastia  erano  giunte  dall'Asia  alcune 
bellissime  varietà  di  vasi  che  incontrarono  molto  presso  gli 
Egiziani,  anche  perchè  il  prodotto  locale  era,  e  ad  essi  appariva, 
di  gran  lunga  inferiore;  e  tati  vasi  furono  riprodotti  in  grande 
abbondanza  e  molto  diffusi.  Dopo  poco  tempo  però  le  antiche 
forme  abbandonate  e  meno  belle  tornarono  in  onore  e  quelle 
asiatiche  non  tardarono  a  scomparire. 

—  Solo  alcuni  animali  domestici  riuscirono  là  ad  essere  sta- 
bilmente piìi  apprezzati  delle  specie  originarie  del  paese:  al 
giungere  del  cavallo  dall'Asia,  al  principio  della  XVIII  dinastia, 
l'asino  decadde  molto  nella  considerazione  dell'Egiziano,  il  quale 
però  pur  continuò  a  valersi  ampiamente  della  sua  opera. 

—  La  civiltà  romana  in  tutti  i  paesi  di  conquista  riuscì  ad 
imporsi  ed  a  sovrapporsi,  ad  eccezione  che  nella  Grecia  e  nel- 
l'Egitto. Ma,  più  ancora  che  nella  Grecia,  dove  alcuni  prodotti 
dell'architettura  romana  poterono  affermarsi,  l'arte  dì  Roma  si 


(1)  G.  Hasbo,  Stato  éognante  vero   da   tèaurimenlo   acuto,   con   ÌHdagine 
pgìco-analitiea.  'Archivio  di  Antropologia  Criroinale,  ecc.  „  Torino,  ldl9. 


D,B,t,zed.yGOOg[e 


300  aiOTANNI  MAKKO 

piegò  e  si  adattò  alle  tradizioni  locali  nell'Egitto.  Ed  invero, 
esclusione  fatta  di  Alesauidria,  città  pib  greca  che  egiziana, 
veri  monumenti  romani  non  si  incontrano  in  Egitto,  sebbene 
grande  abbondanza  di  templi  e  anche  di  etatue  i  Romani  vi 
abbiano  coatrotto  ed  eretto.  Por  esempio:  il  tempio  di  Edfu, 
gran  parte  di  quello  di  Dendera  e  di  qaetli  di  File  sono  romani, 
ma  di  stile  prettamente  egizio. 

—  Anche  Cambise,  dopo  avere  conqDÌstato  l'Egitto,  ne  vmerb 
le  divinità  ed  eresse  in  loro  onore  templi  sullo  etile  locale;  e 
racchiuse  il  suo  nome  nel   caratteristico   *  cartello  faraonico ,. 

—  Quante  ei-esie  della  religione  cristiana  non  provennero 
poi  dall'Egitto,  direttamente  sorte  con  salde  radici  dalle  favole, 
locali?  — 

Stran»  potere  di  questo  maraviglioso  paese:  tutto  ciò  che 
vi  giungeva  dall'esterno,  o  rapidamente  sì  mimetizzava,  per  cofà 
dire,  coll'ambiente,  o  vi  aveva  breve  ciclo  di  vita! 


Recentemente  il  RatzeI  toma  ai-ibadire  l'antico  concetto 
che  sulla  conservazione  e  sulla  stabilità  della  civiltà  egiziana 
ha  potentemente  influito  la  durevolezza  delle  costruzioni  di 
pietra  :  "  Il  granito  di  Siene,  ì  marmi  di  Persepoli  sono  fra  le 
roccie  più  durature  ohe  si  conoscano,  e  conservano  ancora 
oggidì  le  loro  scolture  più  (ini  e  la  loro  lucidissima  politura... 
Queste  roccie  costituirono  per  la  tradizione  come  un'ossatnra 
che  le  impedì  di  invecchiare...  Certo  Ìl  cristallizzarsi  dello 
spirito  egizio  è  in  parte  spiegato  dalla  presenza  di  qoesta  ossa- 
tura rigida,  da  questo  che  potrebbe  dirai  un  continuo  radìcarai 
dello  spirito  dentro  la  pietra  ,  (1). 

In  questa  sfida  all'opera  edace  del  tempo  la  durevolezza 
della  pietra  è  stata  coadiuvata  dalla  mole  sovente  ciclopica  dei 
monumenti  e  insieme  dalla  loro  semplicità  architettonica,  come 
giustamente  dice  il  Maspero  (2). 

Ma,  ancora  nei  confronti  della  forte  imposizione  del  passato 
allo  spirito  dell'antico  Egiziano  da  parte  delle  costruzioni  mono- 


(1)  F.  Ratikl,  Otografin  drlVUoma.  Tradnii.  di  IT.  CnTallero,  Torino,  1914. 

(2)  O.  M&BPtno.  L'Arie  in  Egitto.  Ti&Am.  di  G.  Farina,  Beiamo.  1913. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


SULLA   PSICOLOQIA   DB  LL  ANTICO  SaiTTU  301 

mentarie,  un  altro  elemento  deve,  a  parer  mio,  essere  parti- 
colarmente lumeggiato  :  ed  è  la  mirabile  intonazione,  anzi  fasìone 
dei  monumenti  etessi  collo  speciale  ambiente.  Intonazione,  fusione 
tale  da  darci  qualche  volta  quasi  l'illusione  che  i  monumenti 
par  essi  siano  semplice,  spontaneo  prodotto  dell'ambiente  stesso. 
£  vari  sono  gli  elementi  che  cooperano  a  stabilire  la  fusione 
dei  monumenti  egiziani  collo  speciale  ambiente. 

Noi  li  troviamo  essenzialmente  riposti  nella  intima  conso- 
nanza cbe  intercede  :  da  una  parte  fra  la  semplicità,  la  purezza, 
la  rigidità  anche  della  linea  architettonica  e  la  monotona  uni- 
formità del  paese  e  la  semplicità  dei  suoi  elementi  costitutivi; 
dall'altra  fra  la  mole  colossale  di  questi  monumenti,  meraviglio- 
samente armonici  nelle  proporzioni,  e  la  immensità  del  deserto, 
Bul  quale  o  in  tutta  prossimità  del  quale  essi  sorgono. 

In  questa  perfetta  armonia  deve  forse  essere  ricercata  la 
precipua  ragione  del  grande  potere  suggestivo  che  tali  monu- 
menti dovevano  esercitare  su  ogni  antico  Egiziano  :  classe  dirì- 
gente e  popolo. 

Sulle  dinastie  faraoniche  il  fascino  degli  antichi  monumenti 
doveva  specialmente  risolversi  col  tenerle  stabilmente  avvinte 
nel  pensiero  degli  epici  fasti  leggendari  dei  primi  dominatori,  e 
co  ir  alimentare  potentemente  in  esse  l'alto  e  geloso  egocentrismo 
—  in  grazia  del  quale  il  faraone  era  portato  a  far  convergere 
tutto  alla  grandezza  d^lla  propria  personalità,  approfittando 
della  virtù  di  simbolo  che  in  lui  unanimemente  sl  riconosceva. 
£  sul  popolo  tale  fascino  doveva  agire;  imponendogli  con- 
tinuamente il  culto,  anzi  il  pavido  rispetta  per  il  passato;  para- 
lizzandone, per  COSI  dire,  il  genio  inventivo  ;  polarizzandone 
stabilmente  il  sentimento  ed  il  pensiero,  anche  nella  convinzione 
della  propria  pochezza  (1);  contribuendo  a  renderlo  passivamente 
prono  a  chi  dei  costruttori  di  questi  antichi  monumenti  poteva 
considerarsi  diretto  discendente. 

In  conclusione  :  lo  spettacolo  degli  antichi  monumenti  esal- 
tava nei  faraoni  la  convinzione  della  propria  grandezza,  depri- 
meva invece  nel  popolo  il  concetto  di  se  stesso;  singolarmente 


(1)  Nulla  Tale  a  dettare  più  in  noi  il  sentimento  di  essere  una  quantità 
trMDurabile  quanto  il  trovarsi  al  cospetto  di  un  fatto  grandioso,  del  qnale 
bene  non  possiamo  spiegarci  la  formasione  e  le  ragioni  della  saa  formazione. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


302  fllOVANNl  UARBO 

doveva  cooperare  a  maotenere  lo  spirito  di  tutti  in  condizioni 
di  credula  ingenuità. 

£  qai  calza  bene  il  rilevare  che  l'inveterata  ingenuità  del- 
l'Egiziano ha  poi  sempre  mantenuto  rigogliosamente  sveglio 
l'amore  per  il  colossale.  Invero,  dalla  visione  compleaeiva  dei 
monumenti  delle  vane  epoche  faraoniche  scaturisce  ovvia  l'osser- 
vazione che  la  razza  nilotica  —  calcando  le  orme  degli  antidii 
padri  —  ha,  in  ogni  periodo  della  sua  civiltà,  tradotto  estesa- 
mente in  atto,  nelle  opere  edilizie  e  nelle  statue  dei  faraoni, 
la  profonda  sua  tendenza  per  il  gigantesco,  per  il  formidabile; 
valendosi  di  blocchi  di  granito  o  di  calcare  sovente  già  immani, 
evitando  però  di  cadere  nel  grottesco  e  nel  mosti'uoso. 

Anche  nei  prodotti  della  estesa  manifestazione  artistica 
egiziana  noi  troviamo  particolare  documentazione;  e  del  man- 
tenuto intimo  contatto  coli'ambiente  naturale,  e  della  conservata 
primitività  del  psichismo;  attraverso  i  vari  periodi  storici. 

Come  è  noto,  l'arte  animalista  è  sempre  stata  ampia- 
mente coltivata  presso  l'antico  Egiziano;  e  grande  dovizia  noi 
troviamo  profusa  in  tutto  l'Egitto  di  sculture  e  di  pitture  ripro- 
ducenti  scene  di  caccia,  di  vita  agricola,  di  vita  pastorale. 

E  mentre  nella  figurazione  umana  generalmente  spicca, 
insieme  alla  schietta  ingenuità  della  trattazione,  una  certa  rigi- 
dità (ti  linea  e  l'impronta  del  convenzionalismo  ;  nella  rappre- 
sentazione degli  animali  ci  colpisce  e  ci  seduce,  sempre  si  può 
dire,  lo  schietto  verismo,  la  grande  naturalezza  e  soprattutto 
l'impeccabile  fedeltà  delle  pose  e  dei  movimenti  —  analoga- 
mente cioè  a  quanto  sì  suole  riscontrare  nei  prodotti  d'arte  di 
tutti  i  popoli  primitivi.  Il  Grosse  riferendo  sulle  sculture  degli 
Iperborei  nota:  '  La  figura  umana  è  eseguita  assai  meno  bene 
che  la  figura  degli  animali,  i  quali  sono  visti  con  tanta  esat- 
tezza da  poter  servire  di  soggetto  di  studio  agli  zoologi  ,  (I); 
e  nel  mio  studio  sull'arte  primitiva  io  cosi  concludeva  :  '  Schietta 
emanazione  dell'incosciente  sentimento  della  natura,  l'arte  pri- 
mitiva si  risolve  in  un  potente  inno  alla  vita  animale,  colla 
quale  l'uomo  primitivo  fa  veramente  corpo  ,  (2). 


(1)  OioBBR,  ht»  Dibttis  de  l'Art.  Traductiou  fruifaÌBQ,  Parìa,  1 

(2)  0.  Habro,  vedi  citai,  a  pag.  9. 


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SULLA   PSICOLOOU   DELL' ANTICO  BOITTO  303 

—  Io  sono  debitore  di  una  delle  più  profonde  impressioDÌ 
estetiche  ai  prìmo  entrare  in  una  tomba  dell'Alto  Egitto,  risa- 
lente alle  prime  dinastie  (scoperta  nello  scavo  della  necropoli 
di  Qebelein  dalla  H.  A.  I.)- 

—  Una  grande  auccedsione  di  scene  agresti,  di  caccia,  di 
pesca  mi  apparve  colà  figurata,  a  colorì  per  lo  piti  molto  vivaci, 
ricoprente  la  volta  e  le  pareti  di  un  lungo  corridoio  rettilineo  : 
buoi  mansueti  dal  lento  incedere,  condotti  al  sacrifizio  u  al 
lavoro  dei  campì;  torì  dall'occhio  feroce  e  sanguigno  ira  loro 
cozzanti,  colla  possente  muscolatura  del  collo  tesa  nel  grande 
aforzo;  asinelli,  che,  iiberì  da  ogni  freno  e  da  ogni  peso,  trottano 
palivi  o  che,  troppo  carichi,  si  impuntano  recalcitranti,  sebbene 
chi  li  conduce  li  batta  a  sangue  che  sprizza  tutto  intorno  ;  branchi 
di  agili  antilopi  colte  su  balze  di  rupi;  ippopotami  fuggenti  fra 
canneti  e  palmeti;  gruppi  di  ibis  aparsi  in  terreno  paludoso; 
vane  specie  di  pesci  ancora  guizzanti  fra  le  maglie  della  rete... 
Sulle  pecche  grossolane  del  disegno,  sulla  chiazzatura  del  corpo 
degli  animali,  per  Io  pit  inverosimile,  anzi  fantastica,  l'occhio 
sorvolava;  estasiato  dalla  visione  della  vita  che  era  là  palpi- 
tante, impressa  nelle  varie  forme  con  vigore  e  maestria  — . 

E  mi  si  porge  qui  l'occasione  di  notare  che  nell'Egitto,  dove 
probabilmente  non  si  è  avuto  un  brusco  passaggio  fra  il  periodo 
della  caccia  e  quello  dell'agricoltura  —  poiché,  per  le  già  notate 
Bpecialissime  condizioni  di  ambiente,  la  coltivazione  della  terra 
è  sorta  molto  precocemente  e  dirò  anche  spontaneamente  —  non 
deve  essersi  verificata  l'attenuazione  del  naturale  talento  arti- 
stico nel  passaggio  dall'uno  all'altro  periodo. 

Nella  vallata  del  Nilo,  l'arte,  sorta  per  impulso,  procedente 
dall'istinto  —  come  in  ogni  altro  paese  —  e  gradualmente 
mtrata  nel  dominio  del  ragionamento  e  dell'osservazione  cosciente, 
non  ai  è  mai  distaccata,  aopratutto  nella  figurazione  degli  ani- 
mali, dal  contatto  colla  natura:  &  sempre  stata  schiettamente 
realistica. 


Bìtomo  ora  all'indagine  scheletrica. 

E  vi  ritorno  per  presentare  alcuni  dati  del  mio  studio,  i 
quali  —  anche  io  unione  con  quelli  dapprìma  esposti  —  mi 
eoQsentiraano  di  formulare  infine  una  conclusione  sulla  costitn- 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


304  OIOVANM   UARRO 

zìone  fisica  dell'&ntico  Egiziano  nel  suo  complesao:  concloBÌone 
alta  qaale,  come  vedremo,  a  me  è  parso  di  trovare  un  certo 
rÌBContro  nel  particolare  abito  psicologico  di  questo  popolo. 

Anzitutto  alcune  osservazioni  sulle  ossa  delle  eetremitb. 

Nello  studio  dei  rapporti  intercedenti  fra  la  lunghezza  degli 
arti,  io  ho  notato  che  le  medie  dei  valori  degli  indici:  omero- 
radiale,  femore-tibiale,  intermembrale,  sono  molto  elevate,  distan- 
ziandosi notevolmente  in  più  dalle  medie  ritenute  normali  nelle 
popolazioni  europee  attuali.  In  altre  parole:  negli  Egiziani  antichi, 
secondo  le  mie  ricerche,  sono  molto  lunghi  l'avambraccio  ri- 
spetto al  braccio,  la  gamba  rispetto  alla  coscia,  l'arto  supe- 
riore rispetto  a  quello  inferiore. 

Ora,  sulla  base  di  parecchi  elementi  dì  fatto  io  ho  avan- 
zata l'ipotesi  che  la  coesistenza  di  queste  tre  peculiarità  ana- 
tomiche, nonché  la  frequente  concomitanza,  pure  da  me  notata, 
della  tibia  *  a  lama  di  sciabola  ,  —  fatti  tutti  che  armonizzano 
perfettamente  l'uno  coU'altro  e  che  appaiono  quaie  caratteri- 
stico  complesso  di  inferiorità  —  sia  in  rapporto  di  dipendenza 
'  colle  particolari  condizioni  di  vita  e  soprattutto  collo  speciale 
lavoro  degli  arti  imposto  là  continuatamente  al  popolo. 

Nel  passaggio  di  un  *  Inno  al  sole  ,  si  sorprende  il  grido 
desolato  di  quella  moltitudine,  che  soffriva  nella  schiaviti]  e 
penava  nella  costruzione  delle  piramidi  (1).  Ed  Erodoto  ci  narra 
che,  per  la  gravezza  delle  fatiche  imposte  e  per  il  deficiente 
cibo  somministrato,  piìi  volte  ebbero  luogo  sommosse  e  rivolte 
fra  i  lavoratori  della  piramide  di  Cheope,  le  quali  portarono  a 
repressioni  sanguinose  (2).  Per6,  noi  sappiamo  anche  che  il 
popolo  egiziano  fu  sempre  profondamente  avvinto  ed  asservito 
al  concetto:  e  di  apprestare  al  faraone  una  indistruttibile  di- 
mora funeraria  e  di  eternarne  la  memoria  con  templi  dedicati 
al  suo  culto,  dalle  proporzioni  sovente  gigantesche;  nell'erezione 
di  questi  templi  —  difettando  gli  ordigni  e  i  mezzi  meccanici 
per  il  trasporto  e  l'elevazione  del  materiale  da  costruzione  — 
doveva  per  l'appunto  essere  largamente  richiesta  ed  impiegata 
la  prestazione  del  lavoro  manuale. 

E  come  conseguenza  della  continuata  imposizione  dello  spe- 

(1)  E.  M.  Dk  Vuotlft,  '  Revue  dea  Denx  Hondes  „  PmÌb,  1877. 
(■2i  ErciwTo,  Storia,  Libro  li. 


zed.yGOOg[e 


SDLL&  PSICOLOQU  dbll'antico  boitto  305 

ciale  lavoro  manuale  a  questo  popolo  io  ho  creduto  di  poter 
pi-ospettare  anche  un'altra  particolarità  morfologica:  il  foro 
olecrano-coronoideo  (1),  assai  frequente,  come  è  noto,  negli  Egi- 
ziani dell'antichità. 

Questa  particolarità  morfologica  fu  da  me  esaminata  negli 
Bcheletri  di  bambini,  di  ragazzi,  di  giovani,  di  adulti,  di  vecchi  ; 
ho  così  potuto  indagarne  la  modalità  di  comparsa,  seguirne  la 
formazione  e  l'evoluzione.  E  merita  di  essere  qui  incordata 
un'altra  conclasione  del  lavoro  compiuto  in  merito:  *  Il  foro 
olecrano-coronoideo  —  carattere  di  razza  nell'evoluzione  fisio- 
logica dell'omero  degli  Egiziani  antichi  —  sì  risolve  ad  essere 
una  semplice  usura,  in  probabile  connessione  con  una  locale 
deficienza  di  resistenza  delle  trabecolatnre  ossee  ,. 

Ora,  qnesta  risultanza  armonizza  perfettamente  con  molti 
altri  dati  i  quali  depongono  in  realtà  per  un  processo  oasifica- 
tìvo  deficiente,  ritardato,  non  regolarmente  completo,  nello  sche- 
letro egiziano. 

Accenno  per  esempio  dì  avere  notato:  molto  tardivamente 
la  compieta  indipendenza  della  porzione  basilare  dell'occìpite  da 
quella  condìloidea  ;  molto  frequente  il  hiatus  sterni,  talora  amplis- 
simo ;  qualche  volta  l'incompletezza  degli  archi  vertebrali  o  la 
mancata  unione  ossea  dell'arco  col  corpo  della  vertebra. 

E  non  mi  appare  di  poco  momento  ai  fini  della  nostra  di- 
mostrazione il  fatto  che  nello  studio  e  nella  classificazione  delle 
forme  craniche  è  stata  da  me  ottenuta  una  percentuale  assai 
elevata  (30,8)  delle  forme  pentagonoides  e  rhomboides:  cioè  delle 
forme  meno  evolute,  meno  differenziate,  meglio  conservanti  le 
caratteristiche  fetali  e  infantili. 

Ricordo  ancora  che  nella  indagine  sull'apertura  pyriformis 
a  me  è  risultata  una  percentuale  relativamente  molto  esigua 
della  forma  antropina  (34,04):  dato  che  acquista  qui  particolare 
importanza  tenendo  presente  che  tutte  le  disposizioni  le  quali 
differiscono  da  quella  vera  antropina  sono  da  interpretarsi  come 
semplici  atipie  collegate  all'arresto,  alla  deficienza  e  alta  irre- 
golarità Del  locale  compimento  del  processo  ossificativo. 


(1)  Queita  deDomÌDaiione  è  stata  da  me  proposta  in  aostitozioDe  di 
quella  comonemeiite  osata  di  perforazions  olecranica.  perché,  in  base  allo 
itndìo  da  nm  compinto,  està  risulta  atiatomioameiite  piii  appropriata. 


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306  QIOVANNl  HARBO 

È  vero  che  pur  dì  frequente  io  ho  rilevato  esostosi  mul- 
tiple sopra  la  colonna  vertebrale;  come  anche  sulle  ossa  lunghe, 
specialmente  sul  femore.  Ma,  a  tale  proposito,  osservo  che  l'ah- 
Dormita,  sia  pure  in  eccesso,  e  la  deficienza  dell'attività  for- 
mativa non  sono  fra  loro  in  contrasto;  soventi  volte  sì  accom- 
pagnano, completando  insieme  il  quadro  della  deviazione  dì 
sviluppo:  deviazione  di  sviluppo  che  si  risolve  sempre  ad  essere 
espressione  dì  manchevolezza. 

In  conclusione,  tutto  questo  vario  complesso  dì  dati  auto- 
rizza e  giustifica  pienamente,  secondo  il  parer  mio,  la  dedazione 
di  sintesi:  Una  delle  caratteristiche  fondamentali  dello  sviluppo 
fisico  dell'antica  raiiza  egi/Jana  è  la  poca  accentuazione  delle 
note  differenziali  fra  to  scheletro  infantile  e  giovanile  e  quello 
dell'adulto.  E  con  questa  deduzione  non  contrasta,  anzi  collima, 
la  convergenza  della  struttura  scheletrica  maschile  con  quella 
femminile,  ossia  l'attenuazione  di  tutti  i  caratteri  sessuali  posi- 
tivi dello  scheletro;  come  hanno  portato  a  stabilire  i  dati  prima 
esposti. 

Mi  piace  ora  osservare  che  tale  nota,  dirò  cosi,  di  infan- 
tilità somatica,  trova  singolare  riscontro  in  quel  carattere  di 
ingenuità  e  dì  puerilità  psìchica,  sul  quale  ho  particolarmente 
insistito:  l'ulteriore  studio  potrà  forse  stabilire  se  e  quali  rap- 
posti  intercedono  fra  i  due  fatti. 

Ma,  le  mìe  indagini  sulla  costituzione  fisica  degli  antichi 
Egiziani  non  sono  semplicemente  limitate  al  diretto  elemento 
antropologico:  le  ossa:  esse  si  estendono  anche  ai  prodotti  della 
statuaria,  prodotti  che  ogni  epoca  faraonica  ci  ha  tramandato 
in  grande  dovizia.  E  speciale  osservazione  è  da  me  volta  ai 
costdetti  'doppi,  —  generalmente  di  pietra  o  di  marmo,  tal- 
volta di  legno  o  dì  terra  cotta. 

Ora,  mentre  i  '  doppi  ,  sono  utili  elementi  per  lo  studio 
dell'antropologia  tìsica,  il  concetto  del  ■  doppio  .  —  la  credenza 
che  lo  spirito  del  defunto  dovesse  allogarsi  in  un  sembiante,  in 
un'immagine  materiale  per  avere  assicurata  l'eterna  vita  futura 
—  è  vera  faccetta  del  poliedro  della  psicologia  egiziana. 

Tale  concetto,  che  noi  vediamo  fedelmente  tramandarsi 
attraverso  a  tutte  le  varie  epoche  faraoniche,  rappresenta  uno 
dei  caratteristici  fondamenti  della  religione  egiziana,  ed  ha  avuto 


zed.yGOOg[e 


SDLLA    PSICOLOGIA    DELL'aNTICO   BQITTO  807 

una  grande  influenza  su  tutto  lo  aTolgimeato  di  quella  antica 
civiltà. 

Soprattutto  esso  ha  potentemente  là  contribuito  a  dare  lo 
speciale  indirizzo  all'arte  e  a  ferie  toccare  un  sì  alto  fastigio. 

Invero,  tate  concetto  ha  costituito  il  più  poderoso  elemento 
ispiratore  della  statuaria  egiziana,  e  attraverso  le  parecchie 
migliaia  di  anni  di  sua  durata:  '  quasi  tutte  le  più  belle  statue 
dell'antico  e  del  medio  Impero  e  alcune  dei  bassi  tempi,  che 
noi  possediamo,  provengono  dalle  tombe  e  generalmente  rap- 
presentano il  doppio  del  defunto  .  (1). 

N^ello  scavo  delle  necropoli  succede  ben  sovente  di  rinve- 
nire nella  camera  del  sarcofego  una,  due,  tre,  quattro,  talvolta 
fino  a.  otto  e  anche  a  dodici  statue  del  defunto;  in  ciascuna 
delle  quali  cioè,  ed  eventualmente  anche  in  un  semplice  loro 
frammento,  si  sarebbe  potuto  allogare,  come  nella  mummia, 
l'essenza  della  persona,  alla  quale  sarebbe  stata  cosi  assicurata 
la  reviviscenza  perpetua:  fatto  di  straordinaria  previdenza,  che 
può  esaere  paragonato  a  quello  che  compie  la  natura,  la  quale, 
a  fine  di  ovviare  al  pericolo  della  estinzione  della  specie,  per 
la  grande  distruzione  cui  vanno  soggetti  (per  esempio)  molti 
pesci,  fa  deporre  ad  una  sola  femmina  migliaia  e  migliaia 
di  uova. 

E  noi  possiamo  spiegarci  come  la  convinzione  di  poter  dare 
la  vita  alla  materia  plasmandola,  o  di  poter  in  qualche  modo 
far  risiedere  lo  spirito,  l'anima  nella  materia  plasmata  —  la 
quale  convinzione  sta,  come  è  noto,  alla  base  dell'origine  della 
plastica  (2)  —  continuò  a  presiedere  all'evoluzione  artistica 
dell'Egiziano  appunto  perchè  egli,  pur  nel  maturo  raggiungi- 
mento di  elevata  civiltà,  conservava  freschezza  e  ingenuità  di 
impressioni,  di  sentimento,  di  pensiero. 

Noto  però  che  deve  aver  valso  a  disciplinare  sempre,  a 
tarpare  talora,  l'ala  del  genio  creatore  il  fatto  che  lo  scopo 
della  fine  statuaria  egiziana  è  sempre  stato  precipuamente  quello 
dì  foggiare  il  ritratto  del  defunto:  sovente  con  ispirazione  rea- 
listica, ognora  con  ossequio  alla  speciale  tradizione. 

(1)  E.  SoBiipiBBLLi,  Il  Libro  dei  Funerali  degU  antichi  Egiziani.  *  Acca» 
demia  dei  Lincei  .-  Roma,  1882-90. 

(2)  HoiBKKS,  L'Uomo.  Storia  Naturale  e  Prtiitoria.  Tradns.  del  ZanolH, 
Milano,  1912. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


308  OIOVINNI   MiBRO   —   SULLA   PSICOLOGIA,   SCC. 

Una  poi  fra  le  principali  ragioni  per  le  quali  l'artiBU  si 
adattava  ad  essere  servilmente  prono  al  dogma,  alla  tradizione, 
potrebbe,  io  credo,  essere  pare  ricercata  nei  fatto  che  l'opera 
del  pittore  e  dello  scultore  era  generalmente  destinata  ad  occul- 
tarsi per  sempre  sotterra,  senza  lasciare  alcuna  traccia  o  ri- 
cordo fra  i  vivi. 

Nell'antico  Egitto  veniva  a  mancare  all'artista:  sia  la  epinta 
di  quella  potente  molla  che  assai  sovente  presso  di  noi  presiede 
all'opera  del  genio,  costituita  dalla  speranza  di  fare  ammirata 
la  propria  opera  nella  posterità,  di  rendere  duratura,  dì  eter- 
nare la  propria  gloria  ;  sia  l'ammaestramento  e  lo  stimolo  pro- 
cedenti dalla  visione  e  dallo  studio  dei  capolavori  del  pasaato, 
destinati  come  suppellettile  del  sacrario  delle  grandi  tombe,  e 
dei  quali  perciò  doveva  essersi  perduto  financo  il  ricordo.  Talora 
l'artista  effigiava  anche  se  stesso  nel  decoro  dei  sontuosi  am- 
bienti funerari,  ponendosi  fra  i  servi  o  ì  dipendenti  del  grande 
possessore  di  tomba  (come  per  esempio  si  rileva  in  alcune  ma- 
staba  della  necropoli  di  Menfi)  ;  e  così  di  alcuni  fra  essi  a  noi 
è  pervenuta  notizia. 

L'arte  in  Egitto  non  è  mai  stata  Sne  a  se  stessa;  come 
sempre  è  stata  un  portato  dell'ambiente,  un'emanazione  della 
collettività. 

Con  ritorno  ora  al  concetto  del  *  doppio  .  devesì  notare  che, 
siccome  gli  Egiziani  credevano  che  nella  vita  dell'ai  di  là  l'uomo 
permani!s8«  eternamente  giovane,  il  *  doppio  „  sempre  lo  rap- 
presenta nel  fiore  dell'età.  La  vecchiaia  ben  poco  impressionò 
l'arte  t^^iziiina  e  raramente  fu  là  presa  a  modello. 

A  parte  |)erb  queste  deviazioni  dalla  scrupolosa  rappre- 
sentazione dall'indivìduo  all'epoca  della  morte,  i  *  doppi  ,  do- 
vevano essere  fedeli,  realistici  ritratti  del  defunto  che  rappre- 
sentavano. E  come  tali  essi  costituiscono  documenti  particolar- 
mente preziosi  nel  confronto  degli  studi  antropologici. 


L'Accademico  Segretaria 
Ettore  Staupini 


zed.yGOOgle 


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CLASSE 

SCIENZE  FISICHE,  MATEMATICHE  E  NATURALI 
Adnanza  deU'U  Geimaio  1920 

PBBSIDENZA  DSL  SOCIO   PBOF.    COHH.   ANDBEA  NACCABt 
PRESIDENTE  DELL'AOCADEHIA 


Sono  preaenti  i  Soci  Sai.vadori,  Seghe,  Peaho,  Jadakza, 
FoX,  Hattibolo,  Osassi,  Sokiguaka,  Panetti,  Ponzio,  Sacco, 
Majorana  e  Paboka  Segretario. 

È  scasata  l'aasenza  del  Senatore  D'Ovidio,  Direttore  della 
Claaee,  e  del  Socio  Guidi. 

Si  legge  e  si  approva  l'atto  verbale  della  precedente 
adananza. 

Il  Segretario,  a  nome  del  Socio  Senatore  D'Ovidio,  presenta 
la  Kota  (n*)  del  Prof.  Gustavo  Sannia,  Serie  di  funzioni  som- 
mabili uniformemente  col  metodo  di  Borei  generalizzato,  che  à 
accolta  per  la  stampa  negli  Atti. 


Aiti  della  B.  Accademia  - 


zed.yGOOg[e 


QDSTAVO  SANNU 


LETTURE 


Serie  di  fanzioni  somoialiiii  nnifonoeinente 
coi  metodo  di  Borei  generalizzato 

Nota  II  di   GUSTAVO   8ANNIA  (a  CBgliiiri) 


In  una  precedente  Nota,  recante  lo  atesso  titolo  (>},  ho 
studiato  le  serie  di  funzioni  dal  punto  di  vista  della  uniforme 
sommabilità  allorché  vengono  interpretate  col  metodo  di  Bomma- 
zione  {B,  r),  ossìa  con  uno  di  quegli  infiniti  metodi  da  me  in- 
trodotti (»} 

(1)  ...,  (B,  -  2),  (B,  -  1).  (B,  0),  {B,  1),  B,  2), ... 

che  sono  analoghi  al  metodo  esponenziale  del  Borel,  cbe  corri- 
sponde a  (B,  0).  Ed  alle  serid  uniformemente  aommabili  col 
metodo  (B,  r)  ho  esteao  i  più  notevoli  fra  i  teoremi  sulle  serie 
uniformemente  convergenti.  Ma  un  tale  studio,  faUo  con  un  va- 
lore fisso  dell'intero  r  (per  quanto  arbitrario),  non  basta.  Infatti 
con  l'introduzione  dei  metodi  (1)  non  ho  inteso  di  sostituire 
quello  (B,  0)  del  Borel  con  uno  dei  rimanenti,  ben^  di  consi- 
derarli tutti  nel  contempo  e,  con  la  loro  somma  logica,  costi* 
tuire  ciò  che  ho  chiamato  metodo  di  Borei  generalizzata  (o  Bg), 
intendendo  cioè  che  una  serie  sia  sommabile  con  tal  metodo 
quando  Io  è  con  qualcuno  dei  metodi  (1). 

È  dunque  alle  serie  uniformemente  sommabili  col  metodo  Bg 
(opportunamente  definite)  che  bìaogna  pervenire.  Ciò  richiedo 


(')  Questi  AUi,  voi.  LIV,  1918-19,  p.  171. 

(')  Kella  Memoria:  Nuovo  metodo  di  tommaziont  delle  strie:  eatnuiom 
del  metodo  di  Borei  ('  Reod.  del  Ciro.  Mat.  di  Falerno  „  t.  XLIl,  191T, 
p.  30S).  La  indicherb  nel  seguito  con  la  lettera  M. 


zed.yGOOg[e 


SEBIB   DI   FUNZIONI  SOMMABILI  UNIFORUEHENTE,  ECC.  311 

un  previo  esame  comparatiTO  fra  i  metodi  (1)  rispetto  alla  uni- 
forme sommabilità.  À  tale  scopo  è  dedicato  il  §  3.  Per  rendere 
più  spedita  la  lettura  di  questa  parte  eBsenziale  della  Nota,  ho 
raccolto  nel  §  1  un  certo  numero  di  lemmi,  alcuni  dei  quali  pos- 
sono  avere  qualche  interesse  anche  autonomamente  considerati. 


§  1.  —  Lemmi. 

1.  —  Lehha  I,  Sia  { (a,  z)  una  funzione  definita  per  i  valori 
di  a  ^>  0  (^)  e  diz  in  un  intervallo  Z,  che  ammetta  derivata  fa'  (a,  z) 
rispetto  ad  a  e  che  per  ogni  o  ^  0  fissato  sia  funzione  limitata 
di  z  in  Z;  tia  inoltre  g  (a)  una  funzione  positiva  crescente  di  a  ^  0, 
tendente  o  -|-  oo  con  a  e  che  ammetta  derivata  g'  (a).  Allora,  se 
per  a  ^  +  00  il  secondo  dei  rapporti 

(2) 

tende  uniformemente  in  7,  ad  una  funzione   limite   1  (z)   limitata, 

anche  il  primo  tende  uniformemente  in  Z  alla  stessa  funzione  (*). 

Infatti,  giusta  l'ipotesi,  dato  e;>0,  esiste  un  numero  aa;>0 

(indipendente  da  z)  tale  che  per  a^Uo  ^  P^**  ogni  z  di .?  risulti 

(3)  ,(„_^<i^,t£l<,(,,  +  i.. 

Ora,  fissato  un  a]>-ao  e  un  ^  in  Z,  ai  ha,  per  il  teorema 
del  valor  medio, 

f{c.z)-f('k.')  _   f''{?,') 

ove  ao<p<;a,  quindi  la  (3)  (ove  si   ponga  P  in  luogo  di  a) 
puè  scriversi 


{')  0  di  un  qualunque  altro  numero  fisiO. 

(*)  Il  lemma  rale  anche  ae  f  dipende  da  più  variabili,  oltre  che  da  □. 
Supponendo  invece  f  funzione  della  sola  a,  ai  cade  su  di  un  teorema  di 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


312  OnSTATO  SINNU 

moltiplicandola  per  la  quantità  positiva  (giusta  l'ipotesi) 
0(0)  — ?(ao)]:?(o} 


si  ha  l'altra 

(4)  [,w_|l|l-^|+l^< 


per  ogni  a  ]>  Oq  e  ogni  z  di  Z, 

Ora,  per  ipotesi,  lim  jr(a)  =:  ^  co,  quindi  i  membri  estremi 

di  (1)  tendono  rispettivamente  a  /  (z)  — ?-  e  a  Z  (2)  -f-  -^  per 
a  =  -|-  00  ;  ad  uniformemente  rispetto  a  «  in  Z,  poiché,  per  ipo- 
tesi, /'(oo.z)  e  I(z)  sono  funzioni  limitat«  in  Z  (*). 

Segue  da  ciò  che  esiste  un  numero  ai  '~>  a^  (0  indipendente 
da  2)  tale  che  per  ogni  a  >•  a]  e  ogni  2  di  Z  il  primo  membro 
di  (4)  risulti  maggiore  di  ^(2)  —  ^  — -|-  =  1(2) — t;  ed  osiate 
del  pari  un  numero  a,  ^  Oo  (e  indipendente  da  2)  tale  che  per 
ogni  a  ;>  Ot  e  ogni  2  di  2  il  terzo  membro  di  (4)  risulti  mi- 
nore di  K  (■»)  +  y  +  y  =  ^  (*)  4-  '■  Dunque,  per  ogni  a  >■  a» 
e  di  Of  e  per  ogni  2  di  Z,  risulterà 

iM-t<-^<lW  +  t  c.d.d. 

OssEBT.  U  lemma  susaiaié  anche  se  si  suppone  che  f  (a,  z) 
sia  funzione  (reale  0  complessa)  della  variabile  reale  a^O  e 
della  variabile  complessa  z  in  un'area  Z,  e  che  sia  di  modulo 
limitato  in  Z  per  ogni  fissato  a^O, 

Poiché,  posto  z=:x  +  itf,  si  può  scrivere 

f{a,  2)  —  u  (a,  X,  y)-tiv{  a,  x,  y) 

(°)  Infatti  oioicun  termine  del  1*  membro  per  ea.  b  del  tipo  fl*)g(K) 
con  f(z)  limitata  in  Z,  sia  \fizì\Kh,  e  Um  ;(a)  =  ^  (indipendente  da  •). 
{le  segne  che,  dato  e  >  0,  eiiite  unA  ooitante  a«  tale  ohe  per  a  >>  O)  rianlti 
1^(0)- J|<y,  quindi  |/Wir(a)-^WJ|<e,  eperoib^lÌm__[r(«)y(<i)]- 
/M^  uniformemente  in  Z. 


>y  Google 


SSBIK  DI  yOHZIONI  SOUHiBILI  DNIFOBHB MENTE,  ECC.  313 

con  u  e  f  funzioni  reali  delle  variabili  reali  a,  x,y  e  eoddisfìt- 
ceoti  alle  condizioni  a  cui  soddÌBfa  f{a,t)  nel  lemma;  ammet- 
tono cioè  derivata  rispetto  ad  a  e,  per  ogni  fissato  a  ^  0,  sono 
funzioni  limitate  di  (x,  y)  nell'area  Z.  Ora  poiché,  per  la  nota  {*), 
il  lemma  pub  applicarsi  a  ciascuna  di  esse,  potrà  applicarsi 
anche  a  f(a,z). 

2.  —  Dirò  che  una  serie  di  funzioni  (di  una  o  ^ìi  varia- 
bili reali  o  complesse) 

(5)  „„  +  „,  +  „,_!_.„ 

è  convergente  assoluto-uniformemtnte  in  un  campo  C  qoando  è 
ivi  convergente  uniformemente  la  serie  formata  dai  modnli  dei 
suoi  termini. 

Evidentemente  la  convergenza  assolato- uniforme  non  h  la 
sovrapposizione  della  convergenza  assoluta  e  di  quella  uniforme, 
ma  implica  condizioni  più  restrittive  :  da  essa  seguono  le  altre 
due,  ma  non  viceversa.  £  però  meno  restrittiva  della  conver- 
genza normale  ('),  dalla  quale  infatti  segue  quella  assoluto- 
uniforme  {''). 

3.  —  LsiDiA  II.  /  eoefficimUi  di  una  serie  di  potenze  di  una 
variabile  a 

(6)  a,  (»)  +  <!.(»)»  + ".(»)»■  +  ■•■ 

siano  funzioni  di  una  (per  es.J  variabile  z  in  un  campo  Z.  Se  per 
ogni  fissato  a  ^  0  ia  serie  è  convergente  uniformemente  in  Z,  sarà 
convergente  normalmente  (quindi  anche  ass<duto-uniformemente) 
quando  la  si  consideri  come  serie  di  funzioni  delle  due  varia- 
bili  Zea,  per  z  in  Z  ed  a  nell'intervallo  (0,  m),  qualunque  aia 
m'^0.  E  viceversa  (evidentemepte). 


(*l  La  (5)  è  convergente  HormatmtnU  io  un  campo  quando  i  modali 
dei  «noi  tennini  lono  minori  dei  termini  oorHipondenti  di  nna  «erie  eon- 
TerKente  a  tennini  povitiri  costanti. 

C)  Iniomma  dueuna  delle  convergenze,  nonnaie,  asBolnto-anifonne, 
iiiolnta  e  naifbrme,  uniforme,  trae  leco  la  sedente. 


zed.yG00g[e 


314  GUSTATO  SANNIA 

Inoltre  di  ambedue  le  proprietà  godranno  pure  le  serie  che 
si  deducono  dalla  data  (6)  derivandola  o  integrandola  in  (0,a) 
rispetto  ad  a,  termine  a  termine, 

Inhtti,  dato  m ]> 0  e  scelto  ud  h>m,  la  (6)  è  per  ip. 
convergente  uoifornieniente  in  Z  quando  vi  si  pone  a  =:  A, 
quindi  è  lim  a»  (z)  A' :=  0  uniformemente  io  Z,  ossia,  dato  e>0, 

esiste  un  intero  Hq  (indipeadente  da  z)  tale  ohe  risulti 

la.W*-|<(  (•), 
quindi 

io.w«-i=i«.w»-i|-s-i'<i».w**i|xr<«!". 

ove  q^~<^l,  per  n  >  «o  e  a  in  (O.m).  Ora,  poiché  Sj'  è 
convergente,  cib  prova  la  prima  parte  dell'enunciato. 
Inoltre  si  vede  del  pari  facilmente  che 

I  «  a«  (2)  o"-'  I  <  7  "  S'"'  -        I  «-  (2)  -^^ j  <  *  e  -f^  , 

6  poiché  le  serie  /,"?"~'t  7.  ^j-  sono  convergenti,  ciò  prova 
che  le  serie  che  si  ottengono  da  (6)  derivandola  o  integrandola 
in  (0,  a)  rispetto  ad  a  sono  convergenti  normalmente  per  tin  Z 
e  a  in  (0,  m). 

4.  —  Lehhà  III.  Se  una  serie  di  funzioni  (di  una  0  più 
variabili  reali  o  complesse)  di  modulo  limitato  in  un  campo  C 

(7)  Uo  +«!  +  «!  + - 

è  ìpì  convergente  uniformemente,  anche  la  somma  u  della  strie  ha 
modulo  limitato  in  G  ed  i  moduli  delle  somme  parziali 

(8)  «0,         «o  +  M|,  Wo  +  Ui  +  «»'    — 

sotto  limitati  nel  loro  insieme  in  G. 


(')  Di  qui  segue  che  \<'^M\<-rz  per  i«>»io.  e  perciò  ohe  i  mtf/i- 
eienti  a„  (e1  della  (6)  tono  funeiom  di  modulo  limitato  in  Z  a  partirt  da  n" 


zed.yGOOg[e 


SERIB   DI  FUNZIONI  SOMMABILI  DNIFOBHBUBNTE,  BCC.  315 

Infatti,  per  ipotesi  si  pa6  scrìvere 

(9)  u  =  Mo  -f  K,  +  ...  i-  «„  +  r„ 

«,  dato  £!>0,  ai  può  rendere  [r.|<|c  in  C  per  ogni  n  mag- 
giore di  un  intero  costante  m;  (|uindi 

:»l<l"«l  +  l«,l  +  ...+|».!+e, 

il  che  prova  che  |u|  è  limitato  in  C7,  tali  essendo  |uo|.  ■•>  l"»!- 
Sia  |iil<Ci.  Allora  da  (9)  segue  che  per  n^m 

|tio  +  «.  +  -+«'"l<l«l+k,l</  +  e, 

e  perciò  che  sono  limitati  nel  loro  insieme  in  C  i  moduli  delle 
somme  (8)  astrazione  fatta  dalle  prime  tn-\-l,  e  quindi  anche 
queste  incluse. 

6.  —  Lemma  IV.  Se  due  serie  di  fumioni  di  modulo  limi' 
tato  in  un  campo  C 

(10)  «0  +  «1  +  «1  +  ....         fo  +  Pi  +  Pj  +  - 

sono  convergenti  uniformemente  in  C,  tale  è  pure  la  serie-prodotto 

(11)  Wo  +  «-1  +  Wl  +  -        (W-  =  «O^n  +  WlO»-l  +  -  +  W-Po) 

se  una  delle  due  date  è  convergente  assoluto-uniformemenie  in  C; 
che  se  poi  tali  sono  ambedue  le  date,  tale  sarà  pure  la  serie-prodotto. 
Supponiamo  che  Ja  prìma  delle  (10)  sia  convergente  asso- 
luto>uniformemente  in  C  e  perciò  che,  oltre  alle  (10),  anche 
la  serie 

l«ol  +  !«,l  +  l«,l+... 

sia  conyergente  uniformemente  in  C;  sicché  le  somme 

"o  +  «1  +  -  +  W».  «0  +  Ci  -f  ...  +  »«, 

i«oi+i«.;+.-.+i"-! 

per  n  =  00  tendano  a  lìmiti  finiti  uniformemente  in  C.  Dobhiamo 
dimostrare  che  lo  stesso  accade  di  t^o  +  Wi  -f  ...  4*  tP»  • 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


S16  aOSTATO  SANKIA 

Poiché  («0  +  M,  +  ...  +  ««)  ("o  +  l'i  4-  —  +  P»)  tende  ad 
un  limite  6nito  uniformemente  in  C,  basterà  dimostrare  che  le 
differenze 

d,  =  K  +  ...  +  «>J     _(^, +  ...  +  «,)      („,  +  ... +  r.), 

dn'~  (U>0  +  -  +  Wh+l)  ~  («0  +  ...  +  «.H-l)   (»0  +  -  H-  «'-+l) 

tendono  a  limiti  finiti  (precisamente  a  zero)  oniformemente  in  C 

Dimostriamolo  per  es.  per  la  prima. 

Sostituendo  alle  w^  le  loro  espressioni  (11),  ordinando  ri- 
spetto alle  Uq,  u,,  ...  e  poi  prendendo  i  modali,  si  ha 

|dJ<l«0ll«',4.+  ...  +  «'..|  +  l«.l|f.*.  +  ...  +  f^.!+... 

+  |«^.  Il  f^.|  +  |«.^,  Il  «0  +  ... +l»,-,H-|ll^  Il  fo  +  ... 
+  «'^.|+...+|«,-||t.o|. 

Per  la  convergenza  uniforme  delle  serie  (10)  e  (12)  e  per 
il  lemma  HI ,  le  somme  |  fo  +  -.-  +  e»  I  <  I  **o  I  +  ■-.  H~  I  **<>  I 
{n  =  0, 1,  2, ...)  sono  limitate  nel  loro  insieme  in  C,  ossia  esisto 
ana  costante  1^0,  tale  che  per  ogni  n  e  in  tutto  C  risulti 

|co  +  ...  +  r,|<i,  |«,|+...+|«,|</. 

Inoltre,  dato  e>0,  esiste  un  intero  m^O,  tale  che  per 
ogni  intero  »  ^  m  e  per  ogni  intero  p  !>  0  risulti  in  C 

l».*!  +  ■■•  +  f.+,l<  ^  ,         K+,  +  ...  +  tui.,\<-^  . 

Ne  segue  che,  per  ogni  n  ^  m  e  in  tutto  C 

l*.l<l«.l-2r+-+!"-'lTr+l""'l'+-+l"~l' 
=  [|.„|+...  +  »._,|]-i.+[|..t,|  +  ...+KI]i 

e  quindi  che  lim  d^  =  0  uniformemente  in  C.        e.  d.  d. 


:>:,CoOglc 


SERIE  DI  FUNZIONI  30HHAB1U  UNIFORMEHBNTE,  ECC.  317 

Se  poi  tinche 

(13)  Kl  +  I»il  +  I».l+... 

è  convergente  uniformemente  in  C,  applicando  la  prima  parte 
del  lemma  (ora  dimostrata)  alle  (12)  e  (13),  bì  ha  che 

K!!<'oH-(K||r.i+|«j[fol) 

+  (KII«'.l  +  i«.l|Pil  +  l«,|lro!)  +  ... 
è  convergente  uniformemente  in  C;  quindi  lo  è  a  foriiori 

ossia 

l«'ol  +  l«'il  +  l«'»l+-; 

e  ciò  che  prova  la  seconda  parte  del  lemma. 

§  2.  —  SommabiUtÀ  Bg  uniforme. 

7.  —  Consideriamo  una  serie  di  funzioni  di  una  (per  es.) 
variabile  z  in  un  campo  Z 

(U)  «.w  +  «,w +  »,(»)  +  ... 

Poniamo 

(15)  t7.W  =  „,M  +  .,(j)  +  ;..  +  «.(«)        (,  =  0,1,2,...) 
e,  per  convenzione, 

«,  («)  =  tr»  (2)  =  0  («  =  —  1,  —  2, ...). 

Per  un  2  fissato  di  Z  la  (14)  h  una  serie  numerica,  quindi 
(M,  n'  8  e  9)  è  eommaòìle  (B,r): 
l")  quando  la  serie 

(16)  t^'"»(a,^)  =  2P.+^.(2)|; 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


318  ODSTAVO  SANKIA 

è  convergente  per  ogni  a  (*)  ed  esiste 

(17)  lim  e-' t7"-"(o,  «)  =  «(*), 

che  allora  è  la  somma  della  serie; 
2°)  oppure  quando  la  serie 

(18)  "'■'(a,«)=|]«-^(^)f 
è  convergente  per  ogni  o,  ed  è  convergente 

(19)  ^^e-u">{a,z)da, 

che  allora,  aumentato  di  U,-,  (z),  è  la  somma  tt  {z)  della  serie. 
Le  due  definizioni  sono  del  tutto  equivalenti.  Qui  però  con- 
viene di  considerarle  (almeno  per  poco)  come  se  fossero  distinte; 
perciò  quando  vorrò  riferirmi  alla  prima  dirò  che  la  (14)  è  som- 
mabile (B',  r—  1),  pur  ricordando  che 

(20)  sommabilità  {B',  r  —  1)  =  sommabilità  (B,  r). 

8.  —  La  (14)  può  essere  sommabile  {B',  r  —  1)  ^  (B,  r) 
in  tutti  ì  punti  di  Z:  dirò  che  è  un^ormemente  aommabiU  (B',  r  —  1) 
quando  per  ogni  fissato  a^O  la  (16)  è  convergente  uniforme- 
mente in  Z  ed  il  limite  (17)  è  uniforme  in  Z  ('<>);  e  dirò  che 
i  uniformemente  sommabile  (B,r)  in  Z  quando  la  serie  (18)  per 
ogni  fissato  a^O  e  l'integrale  (19)  sono  convergenti  uniforme- 
mente in  Z  (>i). 


(*)  Perb  ad  a  saranno  attribuiti  sempre  wltsnlo  valori  reali  non  oe- 
(fativi. 

('")  Questa  defiaisioDe  concorda  con  quella  data  dal  Boan.  per  il  caso 
r  =  0  da  lui  considerato  (' Comptes  Rendas,,  t.  CXXT,  1895,  p.  1125). 

[")  Detti  questa  deBnisìone  per  la  prima  volta  in  una  Nota  dei  '  Bend. 
della  R.  Accad.  dei  Lincei  ,  (voi.  XXVI,  Eerie  5*,  1°  seni.,  fase.  8*,  p.  162). 
Kella  Nota  citata  in  (')  mostrai  la  opportonità  di  modificarla  imponendo 
alla  (18)  nna  condisìone  piìi  restrittiva  (a  prima  vista):  che,  considerata 
come  serie  di  funiioni  dello  due  variabili  z  e  a,  dovesse  essere  conver- 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


SBKIB  DJ   FDKZIOXl  SOMMABILI  DNIFOBHEUI-NTB,   ECC.  319" 

Passando  allo  studio  delle  proprietà  delle  serie  di  funzioni 
dal  punto  di  vista  della  aniforme  sommabilità  in  un  campo  Z, 
supporrò  che  queste  funzioni  siano  di  modulo  limitato  nel  campo  Z. 
E  COSI  resta  inteso  d'ora  innanzi  {"). 

9.  —  I  concetti  di  serie  uniformemente  sommabili  (B*,  r  —  1} 
o  (B,  r)  sono  estensioni  dell'ordinario  concetto  di  serie  unifor- 
memente convergente,  perchè: 

Se  la  serie  (14)  è  uniformemente  convergente  in  Z  con  somma 
u  (z),  è  pure  uniformemente  sommabile  (B',  r  —  1)  e  (B,  r)  in  Z 
e  con  ugual  somma  C^). 

10.  —  Se  la  serie  (li)  è  uniformemente  sommabile  (B' ,  r  —  1) 
in  Z  con  somma  u  (z),  è  pure  tintfOrmemente  sommabile  (B',  r  —  2) 
in  Z  e  con  ugual  somma. 

Poiché,  giusta  l'ipotesi,  la  serie  (16)  è  convergente  unifor- 
memente in  Z  per  ogni  fissato  o^O,  lo  stesso  avverrà  (perii 
lemma  li)  della  serie 

(21)  C"-'(<.,2)  =  2f'-t'-W-S 

che  se  ne  deduce  integrandola  rispetto  ad  a,  e  sarà 

-^(/<"''(a,2)  =  C^~"(o>«)- 


gente  ani  forme  mente  per  «  in  2  e  a  in  (0,  >n)  qualunque  eia  ni>0.  Ma 
ora  il  lemma  II  del  n"  2  assicura  che  questa  maggior  reatriiione  b  solo 
apparente;  aicchb  le  due  definizioni  sono  del  tutto  equivalenti. 

(")  Qnesta  limitazione,  che  per  le  applicaiioni  non  h  di  gran  peso,  "b 
d'altronde  già  in  parte  implicitamente  contenuta  nella  deEnizione  stessa 
di  serie  uniformemente  sommabile  (B,  r).  Segue  infatti  dalla  condiiione 
i?i  imposta  alla  (18)  e  dalla  nota  I?)  che  i  coe^cienti  della  (18),  e  quindi 
le  Wa-t-r(z),'  sono  di  modnlo  limitato  a  partire  da  uno  di  essi. 

(")  Per  la  sommabilità  {B,r)  cìb  \  stato  dimostrato  nella  Nota  citata 
in  (").  Pei  la  sommabilità  (£',  r  —  1)  vale  la  stessa  dimostraiione,  ma  ar- 
restata alta  formola  (12)  di  p.  79.  (E  tale  dimostrazione,  data  nel  campo 
reale,  vale  anche  ne]  campo  complesso,  come  subito  si  riconosce). 


zed.yGOOg[e 


320  QDSTATO  SANHIA 

Inoltre,  essendo  le  u^  (z)  funzioni  di  modolo  limitato  in  Z, 
tali  aaranno  le  17,,  (z)  (15) ,  e  quindi  anche  i  termini  della 
serie  (16),  e  quindi  anche  (per  il  lemma  III)  la  somma  ^"'"{a,  a) 
per  ogni  fissato  a  ^  0. 

Infine,  esiste  per  ip.  il  limite  (17)  ed  è  uniforme  in  Z, 
Si  può  dunque  applicare  il  lemma  I,  assumendovi 

/^(a,2)=l7<'-'(a,,),  »(.)  =  .-, 

e  che  dà 

lira  e-'  t7"-"  (a,  z)  =  lim  e—  (7"-"  (a,  z)=u  (2) 

uniformemente  in  Z. 

11.  —  Se  la  serie  (14)  Ì  uniformemenU  sommabile  (B',  r — I) 
in  Z  con  somma  u  (z),  è  pure  uniformemetUe  sommabile  (B,  r)  tn  Z 
con  ugual  somma;  e  viceversa. 

Giusta  le  definizioni  del  n"  8,  ai  tratta  di  dimostrare  in 
primo  luogo  che,  fissato  a^O,  se  la  (16)  è  uniformemente 
convergente  in  Z,  tale  è  anche  la  (18),  e  viceversa. 

Perciò  immaginiamo  fissato  un  z  in  Z,  sicché  la  (14)  di- 
venti una  serie  numerica  e  le  (16)  e  (18)  serie  di  potenze  di  a 
a  coefficienti  numerici.  Allora  sappiamo  (M,  n"  6)  che  le  (16) 
e  (18)  son  tali  che  quando  l'una  è  convergente  per  ogni  a 
(e  necessariamente  per  ogni  r)  tale  è  anche  l'altra,  e  che  tn 
le  loro  somme  passano  le  relazioni 

(22)  U">  (.,  »)  -  U<~»  (0,1)  =  «<■<  (a,  ») , 
^  [.-[;'--"  (ci,»)l  =,-»'->  (a,  z), 

da  cui 

(23)  «-  f/"-"  (a,  «)  =  t7,_,  (z)  + 1%-  «">  (a,  *)  da , 
ossia 

(24)  U"-'*  (a,  z)  =  e'  t7_,  (z)  +  e'  f%- 1/"  (a,  z)  da. 

Ciò  vale  per  ogni  2  fissato  di  Z,  quindi  le  (22),  (23)  e  (24) 
valgono  per  ogni  a  ^  0  e  ogni  z  di  Z. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


SBKIB  DI   FUNZIONI  SOUHiBIU  DKIFORHEHEKTE,   ECC.  321 

Ora  si  supponga  che,  per  ogni  fissato  a^O,  la  (16)  sìa 
convergente  uniformemente  in  Z',  allora  lo  stesso  avverrà  (n"  3) 
delta 

(25)  t^'»(a.«)=2f^-+'Tf 


e  quindi  della  (18),  loro  differenza,  per  la  (22). 

Viceversa,  si  supponga  che,  per  ogni  a^O,  la  (18)  eia 
convergente  uniformemente  in  Z.  Allora  essa,  anche  considerata 
come  serie  di  funzioni  delle  due  variabili  zen,  sarà  (n"  3)  con- 
vergente asaoluto-uniformemente  per  z  in  ^  e  a  in  (0,  m)  qua- 
lunque sia  m^O;  e  tale  essendo  anche  )o  sviluppo  di  Mac- 
Ladbim  di  e~'  (che  non  dipende  da  z),  tale  sarà  anche  (n"  5) 
la  serie  che  si  ottiene  moltiplicandole  con  la  regola  dì  Caucht 
e  che  avrà  per  somma  e"  u'"*  (a,  «)  ;  e  tale  sarà  pure  quella 
che  se  ne  deduce  integrandola  rispetto  ad  a  (n°  3);  e  tale  in- 
fine, per  la  (24),  sarà  la  serie  (16).  Perciò  quest'ultima  serie 
sarà  convergente  uniformemente  in  Z  per  ogni  fissato  a  ^  0. 

Bisogna  dimostrare  in  secondo  luogo  che,  se  esiste  il  li- 
mite (17)  ed  è  uniforme  in  Z,  l'integrale  (19)  è  convergente 
uniformemente  in  Z;  e  viceversa.  E  cib  segue  subito  dalla  (23), 
perchè  (19)  non  è  che  il  limite  dell'integrale  che  vi  figura 
per  o  i=  -f  00. 

Infine  la  stessa  (23),  al  limite  per  o  =  -f  oo,  esprime  (n"  7) 
che  la  somma  della  (14)  è  la  medesima  u{z)  quando  si  adope- 
rano i  metodi  {B',  r  —  1)  e  [B,  r). 

12.  —  Il  teorema  precedente  assicura  che  la  (20)  Bussile 
anche  per  rispetto  alla  uniforme  aommabUità;  quindi  d'ora  in- 
nanzi possiamo  ritornare  a  parlare  del  solo  metodo  di  somma- 
zione  (B,  r). 

In  particolare,  il  teorema  del  n°  10  diventa:  se  la  serie  (14) 
è  uniformemente  sommabile  (B,  r)  in  Z  con  somma  u  (z),  è  pure 
uniformemente  sommabile  (B,  r  —  1)  in  Z  e  con  ugual  somma. 

Dunque  anche  per  rispetto  alla  sommabilità  uniforme  ('*) 


('*}  Come  accoderà  riipetto  alU  semplice  (H,  n*  18). 


zed.yGOOg[e 


322  0D3TAYO  SANNIA  —  SBRIB   DI  FDNZIONI,  ECC. 

i  metodi  (1)  non  sono  discordi  tra  loro  e  la  loro  potenza  va 
crescendo  da  destra  a  sinistra.  Ciò  legittima  la  seguente  defi- 
nizione : 

La  serie  (14)  è  uniformemetUe  sommabile  Bg  (ossia  col  me- 
todo di  Borei  generalizzato)  quando  è  uniformemente  sommabile 
con  qualche  metodo  (1). 

Che  se  poi  la  (14)  è  uniformemente  sommabile  con  tutti  i 
metodi  (1)  ('^),  dirò  che  è  uniformemente  sommabile  (senz'altro  o) 
Bt  (cioè  totalmente.  Cfr.  M,  §  4). 

13.  —  Sussistono  quei  teoremi  !„, ...,  IV^  e  quei  coroUarii 
I„,  ...,  IVk  t  cui  enunciati  si  ottengono  da  quelli  dei  teoremi  1, ...,  IV 
e  dei  corollari  I, ...,  IV  dei  n'  19,  20  e  21  di  M,  premettendovi 
la  parola  "  uniformemente  „  alla  parola  "  sommabile  ,,  Ometto 
per  brevità  di  trascrìverli. 

Ometto  anche  .le  dimostrazioni.  Poiché  i  corollarii  si  dedu- 
cono dai  teoremi  come  in  M,  e  i  teoremi  si  dimostrano  come  i 
corrispondenti  di  M,  tenendo  conto  in  più  che  la  convergenza 
delle  serie  e  degli  integrali  associati  delle  serie  che  vi  si  con- 
siderano è  uniforme  (come  è  detto  nella  seconda  definizione 
del  n°  7). 

I  teoremi  1„,  ...,  IV„  e  i  corollarii  /„,  ...,  /F„  provano  che, 
operando  su  serie  uniformemente  sommabili  Bg  con  tutte  quelle 
operazioni  che  sono  lecite  sulle  serie  convergenti  ("),  si  hanno 
sempre  nuove  serie  pure  uniformemente  sommabili  Bg. 
Cagliari,  1"  dicembre  1919. 


(")  Come  accade  delle  eerie  uniformemente  conTeifrenti  (n°  9). 

('*)  Combinazione  lineare  di  due  aerìe,  aoppreRsione  o  inseraiODe  di  au 
finito  di  termini,  scambii  tr«  un  nomerò  finito  di  termini,  omo- 
di  un  nomerò  finito  di  termini  ed  operazione  contraria. 


L'Accademico  Segretario 
Cablo  Fabrizio  Parona 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


CLASSE 

SCIENZE  MORALI,  STORICHE  E  FILOLOGICHE 


Adunanza  del  18  Gennaio  19S0 


PBBSIDENZA   OBL   SOCIO  PROF.    COMH.   ANDREA   KACCABl 
PRESIDENTE   DELL'ACCADEMIA 


Sono  presenti  i  Soci  Pizzi,  Db  Sanctis,  Brondi,  Einaudi, 
Baddi  di  Vesme,  Schiaparelli,  Patetta,  ViOARi,  CiAN,  Pacchioni, 
Valhaogi,  e  Stampini  Segretario  della  Classe. 

Scusa  l'assenza  il  Socio  Prato. 

È  letto  od  approvato  l'atto  verbale  dell'adunanza  del 
4  corrente. 

Il  Socio  Gian  presenta,  con  parole  di  vivo  elogio  per  l'au- 
tore, la  monografia  di  Eugenio  Passauonti  H  mini^ero  Capponi 
ed  il  tramonto  dtl  liberalismo  Toscano  nel  1848  (Estr.  dalla 
"  Rassegna  Storica  del  Risorgimento  .,  1919).  La  Classe  rin- 
grazia. 

Il  Socio  De  Sanctis,  anche  a  nome  del  Socio  Patetta, 
comunica  alla  Glasse  essere  giunti  gli  Statuts  de  V Union  acadi- 
mique  internationale,  ed  avere  col  collega  preparato  una  rela- 
zione sull'opera  svolta  da  lui  e  dal  collega.  Si  riserva  di  darne 
lettura  in  una  prossima  adunanza  delle  Glassi  unite.  Intanto 
egli  presenta  alla  Classe  due  proposte  a  stampa,  provenienti 
dalla  '  Académie    Royale    des    Sciences    d'Amsterdam  ,,  sulle 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


quali  crede  essere  bene  che  si  esprìma  il  parere  della  Classe. 
I  Soci  Patbtta  e  Pacchioni  sono  designati  dalla  Classe  ad 
esaminare  le  dae  proposte,  che  sono:  1*  una  edizione  completa 
delle  Opere  di  Ugo  Grotius;  2*  la  pubblicazione  dei  materiali 
aventi  relazione  col  diritto  consuetudinario  deirindonesìa.  I  Soci 
Patetta  e  Pacchioni  riferiranno  su  quBste  proposte  in  una 
prossima  adunanza. 

Raccoltasi  poscia  la  Classe  in  adunanza  privata,  procedette 
alla  votazione  per  l'elezione  di  tre  Soci  nazionali  residenti. 
Biaultiu-ono  eletti,  salvo  l'approvazione  sovrana,  il  Comm.  Adolfo 
Faqsi,  il  Comm.  Alessandro  Luzio,  e  il  Comm.  Senatore  Oaetaao 
Mosca. 


L'Aceademieo  Segretario 
Ettobx  SrAMPon 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


CLASSE 

SCIENZE  FISICHE,  MATEMATICHE  E  NATURALI 


Adunanza  del  35  Gennaio  1920. 


PRESIDENZA    DEL    SOCIO    PROF.    COUM.    ANDBEA   MACCARI 
FBEBIDEKTE    DELL'ACCADEMIA 


Sono  presenti  il  Direttore  della  Classe  D'OtIdio  ed  i  Soci 
SeoBE,  Peano,  Fol,  Mattikolo,  Grassi,  Somioliana,  Panetti, 
Ponzio,  Sacco  e  Paroha  Segretario. 

E  scusata  l'assenza  dei  Soci  Jadanza,  Salvadobi,  Guidi, 
Uajobama. 

Sì  legge  e  si  approva  l' atto  verbale  della  precedents 
adunanza. 

Il  Socio  SiOBB  annuncia  con  rararaarico  la  perdita  &tta 
dalla  Classe  nella  persona  del  Socio  corrispondente  H.  G.  Zedtheh 
e  ne  ricorda  i  lavori  ed  i  meriti  scientifici. 

n  Presidente  ringrazia  il  Socio  Seobe  per  l'elogio  fatto  del 
compianto  co^ega,  e  ringrazia  anche  il  Socio  Gbassi  del  dono 
dei  suoi  Principii  scientifici  della  Elettrotecnica.  Introduzione  al 
Corso  di  Elettrotecnica. 

Il  Presidente  dii  poi  lettura  dì  un  invito  del  Direttore  ge- 
nerale del  Touring  Club  Italiano  a  partecipare  ad  una  escursione 
nell'interno  della  Cirenaica,  promossa  dal  Governatore  Senatore 
De  Martino,  ed  avverte  che  le  eventuali  proposte  per  parte  dei 
Soci  dovranno  essere  trasmesso  dalla  Presidenza  non  più  tardi 
del  15  febbraio  p.  v. 

AUi  data  B,  Aeeadtmia  —  Tol.  LV.  22 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


326 

Sono  accolte  per  la  stampa  negli  Aiti  le  seguenti  Note: 

Ing.  Giovanni  Gribodo,  /  "  Rittcoti  „  ed  i  "  LepidoUrri  „ 
delle  Oasi  xerotropiohe  di  Val  di  Suso,  presentata  dal  Socio 
Mattirolo, 

Dott.  Luigi  CooMETTi  DE  Martiis,  Osservazìotti  tul  nudeo 
delle  cellule  basali  dell'  "  Helix  pomatia  „,  presentata  dal  Socio 
Paeona. 

Prof.  Gustavo  Colonnetti,  Socio  corrispondente,  Rifolu- 
xione  grafica  di  alcuni  problemi  relativi  all'equilibrio  delle  funi 
pesanti. 

Il  Presidente  presenta  infine  un  bellissimo  ritratto  foto- 
grafico dell'illustre  geologo  piemontese.  Socio  e  Tesoriere  del- 
l'Accademia, Prof.  Angelo  Sishomda,  Senatore  del  Regno  (n.  1807, 
m.  1878),  grazioso  dono  della  N.  D.  Emilia  Forneris-Kebaudengo, 
nipote  del  compianto  collega.  Egli  esprime  alla  donatrice  i  piìi 
vivi  ringraziamenti  a  nome  dell'Accademia. 

Raccoltasi  poscia  la  Glasse  in  adunanza  privata,  procedette 
alla  votazione  per  l'elezione  di  Soci  nazionali  residenti.  Risul- 
tarono eletti,  salva  l'approvazione  Sovrana,  i  professori  della 
R.  Università  di  Torino  Daniele  Rosa,  Amedeo  Herlitzka  e 
Alfredo  Pochettino. 


zed.yGOOgle 

J 


LETTURE 


H.   G.  ZEUXHEIN 

Cenno  oommemdrativo  del  Socio  naz.  resid.  CORRADO  SEGRE 


Nel  6°  giorno  dì  questo  mese  a  Copenhagen  s'è  spento  dol- 
cemente, senza  malattia,  piìi  che  ottantenne,  uno  dei  nostri  più 
illustii  Soci  :  il  matematico  danese  Zedthen.  Per  l'affetto  che 
da  molti  anni  mi  legava  a  lui,  per  la  gratitudine  che  gli  por- 
tavo in  causa  di  tutto  ciò  che  da  lui  -ho  imparato,  sento  il 
dovere  di  richiamare  la  vostra  attenzione,  sia  pur  brevemente, 
sulla  grande  perdita  che  abbiamo  fatto. 

È  stato  lo  Zeuthen  uno  dei  piii  valorosi  geometri  della 
2*  metà  del  secolo  scorso.  Intorno  al  1865,  attratto  dalle  ce- 
lebri ricerche  di  M.  Cuasles  (di  cui  fu  discepolo)  sulle  questioni 
□umerative  relative  alle  coniche,  era  penetrato  in  questo  argo- 
mento, e  poi  anche  in  quello  delle  caratteristiche  delle  qua- 
driche,  e  delle  curve  piane  di  3°  e  4°  ordine,  ottenendo  una 
lunga  serie  di  nuovi  risultati. 

Forse  accadde  a  lui  come  ad  Halphen,  di  sentire  la  neces- 
sità, per  una  trattazione  rigorosa  e  profonda  dei  problemi  nu- 
merativi, di  studiare  con  cura  i  punti  singolari  delle  varietà 
algebriche  ed  i  loro  iotomi  analitici.  Il  fatto  è  che  egli  passò 
presto  ad  occuparsi  anche  di  questo  campo;  compiendo  varie 
ricerche,  generali  e  speciali,  sulle  singolarità  delie  curve  e  su- 
perficie algebriche;  in  particolare  sulla  natura  dei  punti  e  delle 
linee  singolari  delle  superficie.  Sono  lavori  fondamentali  per 
chiunque  si  occupi  di  geometria  algebrica.  In  essi  si  dà,  fra 
altro,  un  assetto  definitivo  al  sistema  delle  formole  che  legano 
ì  diversi  caratteri  di  una  superficie. 

Anche  fra  i  caratteri  di  due  curve,  o  di  due  superficie,  in 
corrispondenza  algebrica  tra  loro,  lo  Zeuthen  ottenne  delle  re- 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


lazioni,  che  accade  sempre  di  adoperare.  £  qui,  per  quanto  ri- 
guarda le  corrispondenze  biunivoche  fra  superficie,  e  i  caratteri 
invarìantivi  di  queste,  il  buo  nome  viene  a  legarai  strettamente 
a  quello  di  un  altro  grande  scienziato,  che  mi  piace  ricordare, 
e  che  è  pure  un  nostro  venerato  Socio:  M.  Noetheb. 

Concetti  e  metodi  nuovi  e  fecondi  egli  diede  altresì  nello 
studio  della  forma  reale  delle  curve  e  superficie;  od  esempio  nei 
bei  lavori  sulle  quarticbe  piane,  non  che  sulle  superficie  cubiche 
e  sulle  superficie  del  4"  ordine  a  conica  doppia.  La  fecondità  di 
quei  metodi  apparve  dai  lavori  che  seguirono  presto  di  altri,  e 
in  tempi  recenti  di  qualche  suo  valoroso  discepolo. 

Net  lf)14  pubblicb  un  trattato  di  Geometria  numerativa, 
di  grande  interesse  per  l'accuratezza  e  l'eleganza  con  cui  la 
materia  è  trattata,  e  per  la  ricchezza  dì  metodi  e  di  risnttati, 
relativi  ai  campi  pib  svariati:  ottenuti  coi  procedimenti  nume- 
rativi, ma  costituenti  nel  loro  insieme,  quasi  si  direbbe,  on'opera 
enciclopedica  di  Geometria  algebrica. 

Come  Chaslbs,  cosi  Zedthen  s'interessò  molto  alla  storia 
della  Matematica;  e  intorno  ad  essa  pubbtiob,  fino,  si  pub  dire, 
alla  sua  morte,  una  serie  di  memorie  e  di  libri  originali.  Cono- 
scitore diretto  dei  vari  autori,  anche  dei  piii  antichi,  potè  pre- 
sentare in  quelle  sue  pubblicazioni  delie  vedute  proprie,  che  fu- 
rono molto  apprezzate.  Citerò,  fra  gli  altri,  il  libro,  che  fece  epoca, 
flvlle  coniche  presso  i  geometri  greci;  nel  quale  fu  per  la  prima 
volta  messa  in  luce,  in  tutti  ì  suoi  particolari,  l'opera,  fino  allora 
presso  che  incompresa,  compiuta  da  Apollonio  (e  prima  da  altri, 
fra  cui  Euclide  e  àbchikede)  nella  teorìa  delle  coniche. 

Era  lo  Zeothen  un  uomo  di  squisita  gentilezza,  benevolo, 
equanime  nei  giudìzi.  Molto  legato  ai  geometri  italiani,  soleva 
esprimere  verdo  la  nostra  geometrìa,  anche  pubblicamente,  dei 
giudìzi  molto  lusingbìerì.  Ed  amava  l'Italia:  in  cui  (in  partico- 
lare a  Torino)  era  venuto  rìpetotamente.  Non  è  un  mese  che 
egli  mi  scrìveva  con  tali  sensi;  e  sì  univa  a  me  net  deplorare 
la  recente  perdita  di  altrì  due  illustri  geometri  suoi  coetanei: 
Th.  Rers  e  R.  Stobm.  Ahimè,  quanto  presto  egli  è  andato  a 
raggiungerli  ! 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


aiOTANNI  QRIBOBO  ~-   I   «  KIHCOTI  > 


I  "  RiocDti  „  ed  i  "  Lepidotteri  „  delie  Oasi  xerotroplelie 
di  Tal  di  Sasa 

Nata  delllng.  OIOVANNI  GRIBODO  (1) 


Nel  presentarle  questa  seconda  parte  dei  miei  Btudi  eugli 
insetti  zerofìli  dei  dintorni  di  Suaa  devo  premettere  alcune  os- 
servazioni. Ed  anzitutto  siccome  soltanto  per  gli  Imenotteri  io 
mi  SODO  preoccupato  di  formare  una  colleziono  quanto  piìi  pos- 
sibile completa  di  ogni  parte  del  globo  terrestre  col  sistema 
COSI  detto  a  serie,  riunendo  cioè  il  maggior  numero  possibile  di 
esemplari  d'ogni  possibile  paese  o  località,  mentre  per  gli  altri 
Ordini  d'insetti  mi  limitavo  a  raccogliere  e  conservare  solo 
quanto  mi  capitava  direttamente  tra  le  mani  nelle  mie  caccie 
senza  cercare  di  aggiungere  altri  materiali  o  con  compere  o 
con  scambi;  così  per  questi  Ordini  non  posso  piì)  dare  quelle 
speciali  e  sicure  indicazioni  di  patria  dedotte  da  materiali  miei 
proprìi  (2)  di  provenienza  ben  accertata  che  avevo  segnato  per 
gli  Imenotteri;  devo  per  questi  Ordini  limitarmi  a  segnare  le 
provenienze  cbe  trovo  indicate  nei  diversi  autori.  I  principali 
di  qaeati  autori,  quelli  cioè  dei  quali  mi  sono   più  largamente 


(1)  Lettera  al  Chiar"*  ProreHore  0.  Hattìrolo.  —  V.  la  latterà  prece- 
dante  negli  'Atti  d.  R.  Aocad.  delle  Scieiue  .,  toI.  LIV,  pag.  846. 

(2)  Devo  aggìongere  che,  per  rìdarre  il  lavoro  di  conservasi  One,  da 
varii  anni  tio  cedato  le  mio  collezioni  eatomologiohe  al  R.  HoBeo  delta 
UniTernità  dì  Torino  (ove  sono  pur  sempre  a  mìa  dispoaiiìone),  eccettuate 
poche  cose  taioìate  a  qualche  collega;  ritenendo  prexBO  dì  me  i  soli  Ime- 
notteri e  Coleotteri. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


830    -  OIOVANNI  ORIBODU 

servito,  sono  pet  i  Rincoti  il  Garbiglietti  (I)  e  l'OsbaDln  (2).  e 
per  i  Lepidotteri  Ohiliatii  (3),  Curò  (4),  Staudinger  u.  Wocke  (5) 
e  Gianelli  (6). 

A  questo  punto  devo  dichiarare  che  per  la  classificazione 
e  la  nomenclatura  generica  dei  Lepidotteri  ho  creduto  bene  at- 
tenermi al  pregevolissimo  lavoro  del  Curò  anziché  a  quelli  più 
recenti,  perchè  a  mio  parere  studi  quali  il  presente  interessano 
più  i  naturalisti  in  genere  che  gli  specialisti  sistematici;  ora, 
qualunque  zoologo  conosce,  ad  esempio,  il  genere  Bot^s,  mentre 
molti  ignorano  cosa  sia  il  suo  surrogato  Pyrausta;  gli  specialisti 
d'altronde  conoscono  perfettamente  tanto  i  nomi  antichi  quanto 
quelli  più  recenti.  Vorrei  anche  aggiungere  che  qualche  volta 
alcune  variazioni  dì  nomenclatura  sono  del  tutto  arbitrarie  ed 
ingiustificate;  come  ad  esempio  negli  Imenotteri  la  sostituzione 
del  nome  generico  Podalirius  a  quello  di  Anthophora,  oppure 
Antkrena  ad  Andrena,  e  simili. 

Riguardo  ai  Rincoti  credo  opportuno  richiamare  l'attenzione 
sulla  singolare  dispersione  che  presentano  tante  specie  di  questo 
ordine  d'Insetti;  sono  numerosissimi  ì  casi  nei  quali  Vh^bitai  dì 
una  specie  si  estende  a  due,  tre  ed  anche  quattro  regioni  zoo- 
logiche, e  per  alcune  si  arriva  a  tutte  le  sei  regioni;  già  nelle 
poche  specie  xerofile  di  Susa  noi  troviamo  diversi  esempi  dì 
tale  fenomeno  (Brachypelta  aterrima  Forst.,  Lyorissus  hyalinus  F., 
Lygus  apicalis  Fieb.,  e  sopra  tutte  Nezara  viridula  L.),  ed  infì- 


(1)  OARBioLiRTri,  Catal.  method.  et  ggnon.  Btmipt.  Heteropt.  Italiae  indig, 
•  Bull.  Soc.  Ent.  Ita).  „  voi.  I,  1869. 

(2)  OsBiKiM,  Verzeieh.  d.  PaUarkt.  Hemipl.  '  Eaiserl.  Akad.  d.  Wìssennch... 
S.-Petersb.,  1906-10. 

(3)  Qhiu&hi,  Elenco  delle  specie  di  Ltpid.  rieonoseìute  esittmii  negli  Stali 
Sardi.  '  Hem.  d.  R.  Aocad.  delle  Scienie  di  Torino  .,  Sor.  JI,  voi.  XIV.  1852. 

(4)  Curò,  Saggio  di  uk  Catal.  dei  Lepid.  d'Italia.  '  Bull.  Soc.  Entom. 
Ital. ,,  Tol.  VI,  1874  e  aegg.  (con  la  collaborKiione  di  G.  Tubiti  per  le 
Tingine,  Micropterigint,  PUroforine,  Àlueitine,  al  voi.  XV,  1888). 

(9)  STiDDinasH  u.  Woci*.  Kalal.  d.  Lepid.  d.  ettrop.  Faunengeb.  Dread., 
1871  (Contr.  occorrendo  con  l'edii.  1901). 

(6)  QiiHBLLt,  0»»erp.  ed  aggiunte  al  Catal.  d.  Ltpid.  d.  Piein.  di  Okiliatti, 
"Ann.  d.  R.  AccaU.  d'.tgr.  di  Torino  ,,  voi.  XXXIII,  1890.  —  /  Mierolepid. 
d.  ftVut.,  '  Ibidem  „  lol.  LTII,  1910  —  Agg.  al  Catal.  d.  Microlepid.  d.  Pien*.. 
'  Ibidem  „  voi.  LIX,  1917. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


I   «  KINCOTI  »    SD   1   «  LBPIDOTTEBI  »,   ECC.  331 

niti  altri  si  potrebbero  trovare  nelle  altre  specie  di  quest'Ordine. 
Questo  fatto  non  sì  verifica  piìi  in  nessuno  degli  altri  Ordini. 
In  questi  se  alcune  poche  specie  risultano  più  o  meno  cosmo- 
polite cib  deve  attribuirsi  sempre  all'azione  diretta  dell'uomo 
ohe  o  volontariamente  {Apis  melica)  od  inconsapevolmente  (iV 
riptaneta  orietUalis,  Pulex,  Pèdiculus,  ecc.)  {1}  ne  favorì  la  diffu- 
aione;  ma  questa  ragione  non  pub  certamente  valere  per  le 
troppo  numerose  specie  di  Kincoti  a  targa  diffusione.  Siamo 
dunque  in  presenza  di  un  fenomeno  ben  singolare,  e  che  sarebbe 
degno  di  uno  speciale  esame. 
Tori  DO,  gennaio  1920. 


RHYNCHOTA 

1.  Macroscytus  brunneus  F.  Susa,  Gribodo. 

L'Italia  risulta  la  regione  più  settentrionale  in  cui 
questa  specie  venne  trovata,  e  vi  è  sparsa  quasi  ovunque, 
ma  assai  più  al  sud  che  al  nord;  altrove  fu  segnalata 
nella  Francia  mer..  Spagna,  Grecia,  Tvniaia,  Algeria, 
Marocco,  Canarie,  Siria,  Russia  mer.,  Caucaso,  Turkestan, 
Cina,  Ceglon,  India,  Burma,  Caffreria. 

2.  Oeotomus  punctulatua  Costa.  Susa,  Gribodo. 

Autori  varii,  Italia  mer.,  Francia,  Germania,  Ungheria, 
Grecia,  Spagna,  Marocco,  Algeria,  Tunisia,  Asia  min,, 
Caucaso,  Turkestan,   Giappone. 

3.  Srachypelta  aterrima  Foret.  Susa,  Gribodo. 

Specie  diffusissima,  ma  più  specialmente  nelle  regioni 
meridionali.  Essa  trovasi  bensì  (però  nelle  parti  più  me- 
ridionali) in  Germania,  Ungheria,  Serbia,  Bulgaria,  Russia, 
Caucaso,  Turkestan,  e  perfino  in  qualche  parte  della  Si- 
beria, ma  trovasi  pure  ed  assai  più  abbondante  in  Francia, 
Spagna,  Grecia,  Asia  min.,  Tunisia,  Algeria,  Marocco, 
Canarie,  Madera,  spìngendosi  fino  al  Capo  di  B.  Sper,, 
Indie,  e  perfino  in  Australia  (Queemland). 


(1)  Anche  fra  i  Rinooti  abbiamo  apeoie  rete  cosmopolite,  involontaria- 
meate,  dall'uomo  {Cimex  UetiUariu»,  Ph-lloxera,  Diatpia). 


zed.yGOOg[e 


3S2  aiovANMi  ofirBODO 

4.  SeMrus  nifteulipes  HuIb.  Sum,  Oribodo. 

Autori  vani,  Sicilia,  Francia  mcr-,  Spagna,  Grecia. 

5.  Ochetogtethua  nanna  H.  S.  Svsa,  Gribodo. 

Anche  questa  specie  si  estende  ad  alcune  zone  tempe- 
rate (come  la  Germania,  Bulgaria,  Serbia,  Ungheria),  ma 
h  assai  più  diffusa  al  sod,  cioè  in  Italia,  Grecia,  Spagna, 
Marocco,  Algeria,  Ttmisia,  Canarie;  trovasi  pure  nella 
Buttia,  Caucaso,  Turkestan. 

6.  Odontotargus  grammieus  L.  8u»a  (molto  abbondante). 

Oribodo. 
Autori  varii,  come  per  la  specie  precedente. 

7.  Paaeasta  cotispei'sa  Germ.  Susa,  Gribodo. 

Autori  varii,  Italia,  Francia,  Spagna,  Tunisia,  Russia 
mer.,  Caucaso. 

8.  Eurygaster  hottentotus  F.  Suea,  Ghiliani,  Gribodo. 

Questa  è  specie  schiettamente  meridionale;  in  Piemonte 
non  la  trovai  altrove  che  a  Susa  (1),  ove  non  h  rara. 
Fuori  d'Italia  essa  trovoss;  nella  Francia  mer..  Spagna, 
Grecia,  Asia  min.;  Russia  mer.,  Tunisia,  Algeria,  Marocco, 

A  questa  specie  si  dovrebbe  riunire  l'affine  E.  maurus  L., 
che  è  pur  comunissimo  a  Susa,  e  quasi  introvabile  in  altre 
parti  del  Piemonte;  esso  ai  estende  bensì  da  una  parte 
all'Europa  ed  Asia  temperate,  ma  dall'altra  va  fino  alle 
Indie  or.  (Songkong). 

9.  Trigonoaonut  Vìiaticum  F.  Susa,  Gribodo. 

Autori  varii,  Italia,  Francia  mer.,  Spagna,  Grecia, 
Algeria,  Tunisia. 

10.  Selenodera  falcatum  Cyr.  Suaa,  Gribodo. 

Autori  varii,  Italia  mer.,  Francia  mer..  Spagna,  Grecia, 
Egitto,   Tunisia,  Algeria,  Marocco,  Caucaso,   Turkestan. 

11.  Stei-nodoutua  obtuau»  Mula,  et  Rey.  Susa,  Ghiliani. 

Specie  rara  trovata  finora  nella  Francia  mer.,  Illiria, 
Ungheria,  Egitto. 

12.  Ancyrofoma  alboUneatunt  F.  Susa,  Ghiliani,  Gribodo. 

Autori  varii,  Ungheria  mer.,  Dalmazia,  Bulgaria,  Ro- 
mania, Serbia,  Grecia,  Francia  mer.,  Italia  mer.  ed  isole, 

(1)  Conin  del  rerto  per  tutte  le  precedenti  (eocettaata  la  Braekypelta 
rrima)  e  molte  delle  snMitgaenti. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


I   «  RINGOTI  >   BD  I    <  LEPIDOTTKRI  >,   ECC.  333 

Asia  min.,  Russia  mer.,  Caucaso,  Turkestan,  Siberia  occ.mer., 
Egitto,   Tunisia,  Algeria,  Marocco,  Qmarie. 

13.  Oraphosoma  semiputictatuin  F.  Suso,  Gribodo. 

Stosso  habitat  della  specie  precedente;  in  Piemonte  non 
la  trovai  che  a  Susa,  ove  è  abbastanza  comune,  come 
anche  la  susseguente. 

14.  Oraphosoma  lineatum  L,  Susa,  Gribodo. 

Autori  vani,  Corsica,  Algeria,  Tunisia,  Egitto.  La  var. 
italieum  MQU.  (che  oon  trovai  a  Susa)  è  asaai  più  diffusa; 
abita  anche  cioè  diverse  regioni  dell'Europa  ed  Asia  tem- 
perate. 

15.  Sciocoris  homalonottia  Fieb.  Susa,  Gribodo. 

Autori  varii,  Italia,  Francia  mer..  Spagna,  Ungheria 
(Dalmazia?),   Tunisia. 

16.  Dyroderea  uinhraoulatu»  F,  Susa,  Gribodo. 

Autori  varii,  Italia,  Francia  mer.,  Spagna,  Grecia, 
Serìna,  Asia  min.,  Siria,  Russia  mer.,  Caucaso,  Marocco, 
Algeria. 

17.  Aelia  cognata,  Fieb.  Susa,  Gribodo. 

Oltre  che  in  Italia  venne  pur  trovata  nella  Spagna  e 
nella  Francia  mer, 

18.  Ifeottigloaaa  bifida  Costa.  Susa,  Gribodo. 

Autori  varii,  Italia  (Fiume,  Napoletano),  Francia  mer., 
Spagna,  Marocco,  Algeria,  Siria,  Asia  min. 

19.  Eusarcorl»  inconsptCHua  H.  S.  Susa,  Gribodo. 

Specie  diffusissima  nelle  regioni  paleartiche  meridionali, 
etiopiche  «d  orientali.  Trovoasi,  procedendo  dal  nord,  in 
Ungheria,  Serbia,  Romania,  Bulgaria,  Italia,  Francia  mer., 
Spagna,  Grecia,  Siria,  Persia,  Russia  mer.,  Caucaso,  Tur- 
kestan, Egitto,  Tunisia,  Algeria,  Marocco,  Caruirie,  Senegal^ 
Nubia,  Caffreria,  Capo  di  B.  Sp.,  Indie,  Filippine, 

20.  Moleoatethua  analis  Costa.  Susa,  Gribodo. 

Anton  varii,  IttUia  (Sicilia^  Corsica),  Francia  mer., 
Spagna,  Marocco,  Algeria. 

21.  Carpocoria  fuaclapinua  Bob.  Susa,  Gribodo. 

Diffusa  in  gran  parte  dell'europa  media  «  mer.,  si 
estonde  a  tutta  V Africa  bar.  (comprese  le  Canarie  e  Ma- 
dera), alVAsia  m*r.  paleartica,  e  si  spinge  fino  alle  Isole 
Sandwich.   Lo  stesso  pu&  dirsi  dell'affine  C.  purpurei' 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


334  OinVANNl  OBIBODO 

pennis  De  Geer,  il  quale  però  non  trovasi  alle  I.  Sandtoieh, 
ma  invece  abita  il  Catckemir;  questa  specie  è  a  Saaa 
assai  comune. 

22.  Codophila  varia  F.  Suso,  Qribodo,  Ghiliani  {Carpoeorii 

lunula  F.). 

Autori  vnrii,  Italia,  Francia  mer..  Spagna,  Ungheria, 
Romania,  Grecia,  Asia  min.,  Siria,  Persia,  Russia  mer., 
Caucaxo,   Turkestan,   Tunisia,  Algeria,   Maroc",    Canarie. 

23.  Holcogaster  flbulatus  Germ.  Suso,  Gribotlo. 

Autori  vani,  Italia  (rara),  Svizzera  mer.,  Francia  mer., 
Spagna,  Teneriffa,  Algeria,  Tunisia,  Siria,  Grecia,  Rus9Ìa 
merid. 

24.  Earydema  festiva  L.  e  sua  var.  decorata  H.  S.  Susa 

(molto  comune),  Ghiliani,  Gribodo. 

Questa  specie  trovasi,  ma  poco  abbondante,  nelle  re- 
gioni più  basse  dell'Europa  ed  Asia  temperate  [Germania, 
Svizzera,  Francia,  Ungheria,  Russia  mer.,  Caucaso,  Tur- 
kestan); ed  invece  è  molto  comune  in  quelle  meridionali 
di  Europa  {Italia,  Spagna,  Grecia),  settentrionali  d'Afrièa 
{Egitto,  Tunisia,  Algeria,  Marocco,  Canarie),  e  meridionali 
d'Asia  {Asia  min.,  Siria,  Persia,  Cina  mer.,  India).  Lo 
stesso  può  dirsi  della  sua  congenere  K.  ornata  L.,  non 
rara  a  Susa. 

25.  Ne»ara  virUltUa  L.,  var.  torquatu  F.  Susa  (comunis- 

sima),  Gribodo. 

Specie  comunissima  a  Susa,  nella  forma  torquata  spe- 
cialmente; non  la  trovai  che  rarissimamente  altrove  in 
Piemonte  {Oimhiano);  essa  à  d'altronde  diffusissima  in 
quasi  tutti  i  paosi  caldi  del  globo.  Le  regioni  più  elevate 
in  cui  venne  trovata  sono  la  Francia  mer.,  Italia,  Un- 
gheria mer.  (o  meglio  Dalmazia),  Russia  mer.,  Caucaso, 
Persia,  Cina,  Giappone.  Al  disotto  abita  la  Spagna,  Mo' 
dera,  Canarie,  Marocco,  Algeria,  Tunisia,  Egitto,  Siria; 
tutta  la  Regione  Etiopica  (in  sostanza  tutta  VAfriea), 
tutta  la  Regione  Orientale  e  sue  Isole,  spingendosi  fino 
a  Lombok  ed  alla  Nuora  Zelanda;  ad  occidente  poi  tro- 
vossi  alle  Antille  ed  al   Texas. 

Questa  bellissima  specie  è  fra  quelle  che  più  spicca- 
tamente presentano  facies  ed  habitat  tropicali. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


I   «RINCOTI>   B»  I   «LBPIDOTTEEI>,   ECC.  335 

26.  Verlunta  quadrata  F.,  vsr.  rhomhea  L.  Susa,  Gribodo. 

La  forma  tipica  di  questa  specie  si  spande  per  quasi 
tutta  la  regione  paleartica  (eccettuate  le  regioni  boreali): 
ma  invece  la  var,  rhombea  che  trovasi  a  Saaa  è  pretta- 
mente meridionale;  finora  venne  trovata  in  varit  paesi 
dell'Europa  meridionale  [Italia,  Spagna,  Grecia);  in  tutta 
l'Africa  settentrionale  dalle  Cartaria  aìVE^Uto;  in  Siria, 
Caucaso  e  Turcomannia. 

27.  Haploprocta  sulctcomin  P.  Susa,  Gribodo. 

Autori  varii,  Italia,  Francia  mer..  Spagna,  Grecia,  tiitt« 
y Africa  seti,  dalle  Canarie  fino  a.\\'EgÌllo,  Siria,  Asia  min., 
Russia  mer. 

28.  C«ntrocorÌH  apiniifer  P.  Suaa,  Gribodo. 

Autori  varii,  Italia,  Serbia,  Romania,  Orecia,  Asia  min., 
Siria,  Russia  mer.,  Caucaso,  Turcomannia,  Francia  mer., 
Spagna,  Marocco,  Algeria. 

29.  Spatfìocera  lobata  H.  S.  Susa,  Gribodo. 

Autoii  varii,  Italia  (Napolitano,  Corsica,  Dalmazia), 
Francia  mer.,  Spagna,  Grecia,  Serbia,  Romania,  Asia  mi»,, 
Russia  mer.,  Caucaso,   Turkestan,   Algeria. 

30.  Ceraleptes  obtuatm  Brulle.  Susa,  Gribodo. 

Autori  varii,  Italia,  Francia  mer.,  Spagna,  Turchia, 
Siria,  Caucaso,   Turcomannia,  Teneriffa,  Egitto. 

31.  Cainptopus  lateralia  Germ.  Susa,  Gribodo. 

Specie  non  rara  a  Susa;  si  estende  bensì  a  qualche 
parte  più  meridionale  delle  regioni  centrali  d'Europa  e 
d'Asia  (Germania  mer.,  Ungheria  (Dalmazia),  Serbia, 
Romania,  Turchia,  Russia  mer.,  Caucaso,  Turkestan),  ma 
è  assai  piii  abbondante  in  Spagna,  Grecia,  Madera,  Ca- 
narie, Marocco,  Algeria,  Tunisia,  India  (Sindh). 

32.  Lyoì'iBSUH  hyalinas  F.  Susa,  Gribodo. 

Specie  stranamente  diffusa  in  svariatisaime  regioni 
temperate  o  tropicali.  In  Europa  trovaci,  poco  comune, 
anzi  rara,  in  Inghilterra,  Francia,  Svizzera,  Moldavia, 
Serbia,  Ungheria;  pili  comune  in  Italia,  Spagna,  Grecia. 
In  Africa  al  nord  nel  Marocco,  Algeria,  Tunisia,  Egitto, 
Nubia,  Canarie;  al  sud  al  Capo  di  B.  Sp.  In  Asta  tro- 
V098Ì  in  Striti,  Russia  mer.,  Caucaso,  Turkestan,  Giappone. 
In  Australia.  E  finalmente  nel  Sud-America  al   Cile  ed 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


3Se  GIOTANNI  QSIBODO 

AntUle;  e  nel  Nord-America  al  Messico,  Texas,  Oalifomiaf 
Nebraska,  Dacota. 

33.  Maccevethus  lineala  F.  Susa,  Grìbodo. 

In  Italia  trovasi  anche  in  Liguria,  Toscana,  Napoletano, 
Sicilia,  Sardegna,  (hrsica;  io  la  raccolsi  a  ToHdo,  e  fu 
trovata  anche  una  volta  al  Moncenisio.  Altrove  in  Un- 
gheria (Dalmazia),  Bulgaria,  Serbia,  Russia  mer.,  Caucaso, 
Turkestan,  Spagna,  Marocco,  Algeria,  Tunisia. 

34.  Oxycarenus  lavaterae  F.  Susa,  Grìbodo. 

Segno  questa  specio  essenzialmente  meridionale  (Italia, 
Francia  mer..  Spagna,  Ungheria  mer.,  l\tnisia,  Algeria, 
Marocco,  Teneriffa)  per  rilevare  un  fatto  atraniseimo;  di 
essa  oltre  che  a  Susa  (dove  trovai  un  solo  esemplare) 
non  mi  fu  possibile  incontrarla  che  un'altra  volta  a  To- 
rino in  inverno  sui  tigli  del  viale  Massimo  d'Azeglio;  erano 
decine  forse  dì  migliaia  di  esemplari  alquanto  ìntirìzziti 
ma  perfettamente  vivi;  il  fenomeno,  a  mia  conoscenza, 
non  si  è  pia  ripetuto. 

35.  Aphanua  pineti  H.  S.  Susa,  Grìbodo. 

Secondo  il  Garbiglìetti  questa  specie  sarebbe  sparsa  in 
quasi  tutta  l'Italia;  io  dubito  invece  che  essa  ora  soltanto 
yi  sia  stata  trovata,  a  Susa;  finora  non  mi  rìsulterebbe 
raccolta  altrove  che  in  Spagna  e  neW Algeria. 

36.  Beoaua  guad/ripunctatus  MQll.  Susa,  Oribodo. 

Autori  varii,  Italia,  Francia  mer..  Spagna,  Corfit,  Grecia, 
Ungheria,  Serbia,  Romania,  Siria,  Asia  min,,  Russia  mer., 
Caucaso,  Turkestan,  Siberia  or.! 

37.  Oncocepfialua  squaliduB  Rossi.  Susa,  Grìbodo. 

In  Italia  venne  trovato  in  Liguria,  Sardegna,  Sicilia; 
altrove  nella  Francia  mer.,  Spagna,  Marocco,  Tunisia, 
Algeria,  Nubia,  Asia  min.,  Russia  mer.,  Caucaso;  sarebbeei 
pur  raccolto  in  Bulgaria  e  nel   Giappone. 

38.  Piratea  hybridua  Scop.  Susa,  Gribodo. 

Autori  varii,  Italia  (Liguria,  Toscana,  Sardegna,  Sicilia), 
Germania  mer..  Svizzera,  Francia,  Ungheria,  Serbia,  Bo- 
mania,  Russia  mer.,  Taurtde,  Caucaso,  Turkestan,  Ama  min., 
Siria,  Turchia,  Grecia,  Tunisia,  Algeria,  Marocco. 

39.  Aeanthta  aìnplicoUia  Reut.  Susa,  Qribodo. 

Specie  abbastanza  rara,  non  ancora  finora  trovata  in 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


I   <IUNCOTI>   SD  t   «LEPIDOITERI»,   BCC.  337 

Italia;  mi  risulterebbe  soltanto  dolla   Spagna,    Croazia, 
Grecia,  Asia  min.,  Siria,  Turkestan. 

40.  Lygué  aptealia  Fieb.  Susa,  Qrìbodo. 

Autori  varii,  Italia,  Francia  mer.,  Spagna,  Marocco, 
Algeria,  Tunisia,  Egitto,  Creta,  Grecia,  Erzegovina,  Un- 
gheria  mer.,  Persia,  China  mer.,  Abissinia,  Kilimandjaro, 
Sierra  Leona,  S,  Elena,  Messico,  Maine,  Cuba,  Giamaica. 

41.  Oteadetta  argentata  Oliv.  Susa,  Orìbodo. 

Aatori  varii,  Italia,  Francia  mer.,   Spagna,  Portogallo. 

Nella  famiglia  delle  Cieadidae  sì  potrebbero  anche 
citare  come  trovate  a  Susa  la  Tettigia  orni  L.,  la  Cicada 
plebeja  Scop.,  e  financo  lo  stesso  Tibicen  kaematodes  Scop., 
specie  essenzialmente  meridionali.  La  maggior  parte  delle 
specie  di  questa  famiglia  abitano  le  regioni  tropicali  o 
subtropicali. 
42.  Trieephora  nanguinolenta  L.  Susa,  Gribodo. 

Autori  varii,  ItaUa  (Liguria,  Napoletano),  Francia  mer.. 
Spagna,  Turchia,  Siria,  Caucaso. 
48.  Aglena  ornata  H.  Scbeff.  Susa,  Gribodo. 

Autori  varii,  Italia  (Sicilia),  Turchia,  Asia  min.,  Marocco. 

44.  Meberiella  Mori  St&I.  Susa,  Gribodo. 

Autori  varii,  Italia,  Austria,  Ungheria,  Romania,  Grecia, 
Persia,  Caucaso,  Francia  mer. 

45.  Selenocephalus  griseua  F.  Susa,  Gribodo. 

Come  la  precedente,  però  si  è  inoltre  trovata  in  Spagna 
ed  in  Tunisia. 

46.  Sélenocephalua  pallidus  Krbm.  Susa,  Gribodo. 

Autori  varii,  Carimia,  Dalmazia,  Grecia,  Anatolia, 
Tunisia? 

47.  JPhlepsius  intrtcatus  H.  Seheff.  Susa,  Gribodo. 

Autori  vani,  Italia,  Francia  mer..  Spagna,  Ungheria, 
Romania,  Algeria,  Tunisia,  Siria,  Caucaso,  Turkestan. 

48.  Thantnotettix  FiebeiH  Peir.  Susa,  Gribodo. 

Autori  varii,  Liguria,  Sieitia,  Francia  mer.,  Romania. 

49.  Chiarita  teaaéUata  Leth.  Susa,  Gribodo. 

Autori  varii,  Ungheria,  Romania,  Russia  mer.;  ed  in 
America  California,  Utah.  Finora  non  venne  trovata  in 
Italia  che  a  Susa.' 

50.  COHéeeltg  BoneUM  Latr,  Susa,  Gribodo. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


338  QIOVANNI  QBIBODO 

Autori  varii,  Italia  (Napoletano,  Sicilia,  Dalmazia), 
Austria  mer.,  Francia  mer.,  Erzegovina. 

51.  Hysteroptemm  grylloide»  Fab.  Su»a,  Ghilianì,  Gribodo. 

Autori  varii,  Italia  (Liguria,  Dalmazia),  Svizzera, 
Austria  mer.,  Romania,  Turchia,  Grecia,  Asia  min.,  Siria, 
Russia  mer.,  Tunisia,  Algeria,  Canarie. 

52.  Hyeteropterum  reticulatum  H.  Scbeff.  Susa,  Gribodo. 

Autori  varii,  Sicilia,  Dalmazia,  Svizzera  mer.,  Francia 
merid. 

53.  Sotnotoma  ficua  L.  Susa,  Gribodo. 

Aatorì  varii,  Dalmazia,  Francia  mer..  Spagna,  Caucaso. 


LEPIDOPTERy\ 

1.  Papilio  PodaUrius  L.,  ab.  Zancleus  Z.  Susa,  Gianelli. 

Autori  varii,  Europa  mer.,  Toscana,  Sicilia.  Secondo  il 
Curò  sarebbe  in  Sicilia  assai  abbondante,  ed  anzi  ivi  so- 
stituirebbe il  tipo. 

2.  Anthoearis  Euphenoides  Stgr.  Susa,  Gribodo. 

Autori  varii,  Francia  mer.,  Italia,  Spagna,  Portogallo, 
lì  Curò  la  dice  rara  in  Toscana  e  frequente  in  Liguria; 
secondo  il  Gianelli  sarebbe  stata  catturata  a  Plan-Pin^ 
{Mongineoro),  forse  immigrata  perchè  è  questa  una  specie 
decisamente  meridionale. 

3.  Polyotnmatus  Alctphron  Rott.,  var.  intermedia  Stef. 

Susa,  Gianelli,  Gribodo. 

Autori  varii,  Toscana,  Abruzzi,  Sicilia,  Grecia.  La  forma 
tipica  è  pur  essa  essenzialmente  meridionale. 

4.  Lì/eaetia   Admetua   Esp.,    var.    Itippertii  Frr.   Susa, 

Ghiliani,  Gianelli,  Gribodo. 

Autori  vani,  Tirolo,  Liguria,  Bulgaria,  Grecia,  Asia 
min.;  anche  per  questa  specie  la  forma  tipica  appartiene 
all'Europa  mer.  ed  Asia  min.  Secondo  il  Ghiliani  (Note 
inedite)  la  Eippertii  sarebbe  comune  a  Susa;  io  invece, 
ed  il  Gianelli,  la  trovammo  raramente. 

5.  Lycfiena  lolas  0.  Susa,  Gianelli,  Gribodo. 

Autori  varii,  Liguria,  Nizza,    Toscana,  Bolzano,   Un- 


zed.yGOOg[e 


I   «  BISCOTi  »   ED   I   «  LEPIDOTTEKI  »,   ECC.  339 

gheria  (forse  Dalmazia,  che  falsamentie  si  riteneva  come 
parte  dell'Ungheria),  Balcani,  Francia  mer.,  Catalogna, 
Asia  min. 

6.  Vanessa  L-album  Esp.  Suaa,  Ghiliani,  Gribodo. 

Autori  varii,  Bolzano,  Padova,  Liguria,  Italia  mer., 
Germania  mer.,  Ungheria?  Russia?.  Ghitiani  ne  avrebbe 
trovato  un  esemplare  ad  Exilles. 

7.  Vatiessa  Egea  Qr.  Susa,  GianeJli,  Oribodo. 

Autori  varii,  Italia  e  sue  Isole,  Europa  mer.  (eccettuato 
Spagna,   Ungheria,  Russia  mer.),  Asia  occ,  ■  Persia. 

8.  Melitea  Aurelta  Nick.  Susa,  Gribodo. 

Autori  varii,  Germania  mer..  Svizzera,  Armenia,  Russia 
mer.  Segno  questa  specie,  che  forse  non  può  definirsi 
precisamente  meridionale,  solo  perchè  sarebbe  la  prima 
volta  che  fu  trovata  in  Italia;  il  Curò  però  dice  essergli 
atato  riferito  che  venne  trovata  alto  Stelvio. 

9.  Melaìiargta  Galathea  L.,  ab.  Leuoomelas  Esp.  Susa, 

.Ghiliani,  Gianetli,  Gribodo. 

Autori  varii,  Liguria,  Italia  mer.  (dove  è  assai  comune), 
Asia  min. 

10.  JErebia  Manto  Esp.,  var.  Alberganus  D.  Pr,  Susa,  Ghi- 

liani, Gianelli. 

La  specie  Manto  trovasi  nei  Pirenei,  Carpazi,  Alpi?, 
ma  la  var.  Alberganus  pare  propria  del  Piemonte,  ove 
con  le  due  seguenti  fu  dapprima  trovata  dal  De  Prunner. 
Essa  è  assai  vicina  alla  var.  Cecilia  Hb.  dei  Pirenei  e 
del  Piemonte. 

11.  ErebUt  Stigne  0.,  var.  2Waru«  D.  Pr.  Susa,  Ghiliani, 

Gribodo. 

Per  la  forma  tipica  Germania,  Francia  mer.,  Pirenei, 
Siberia?;  per  la  var.  Triarus  FHemonte?;  Gianelli  l'avrebbe 
trovata  anche  ad  Exilles. 

12.  JSrebia  Pronae  Esp.  var.  Medon  D.  Pr.  Susa,  Ghiliani. 

Autori  varii;  la  forma  tipica  Europa  centr.  e  mer., 
Pirenei,  Asta  min.,  Armenia;  la  var.  Medon  Alpi  marit- 
ti'ue  e  Cozie. 

13.  Satyrua  Aretuaa  Esp.  Susa,  Ghiliani,  Gribodo. 

Autori  varii,  Carso,  Germania  mer.,  Europa  mer.,  Ar- 
menia. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


840  QIOVANNI   QRIBODO 

14.  Syrictua  Orbifei-  Hb.  Sma,  Grìbodo. 

Autori  varii,  Sicilia,  Europa  mer.  or.,  Asia  occ,  Amur. 

15.  Dèil^hiln  Celfrio  L.  Siisa,  Grìbodo. 

Ho  trovato  a  Susa  questa  bellissima  specie,  che  6hi- 
iiani  e  Gurb  dicono  rarissima  in  Piemonte,  ed  io  genere 
nell'Europa  temperata,  mentre  sarebbe  comune  in  alconi 
paesi  meridionali  (specialmente  del  bacino  mediterraneo), 
e  che  si  eutende  alle  Indie  or.,  e  perfino  in  Auttralia. 
Il  Ghiliani  dice  averne  raccolto  cinque  esemplari  in  Ta- 
rantaaia  —  provincia  della  Savoia  particolare  per  le  «w 
produzioni  in  insetti  dell'Europa  meridionale  (1)  — .  Secondo 
lo  Stefanelli  questa  specie  sarebbe  frequente  in  certe 
annate  nei  dintorni  di  Lutea;  il  Ghiliani  la  trovò  abbon- 
dante a  Malaga. 

16.  Oellephila  Livomica  Esp.  Suaa,  Ghiliani  {lineata  F.). 

Autori  varii,  Europa  nter,  e  parte  della  cenlr.  (advena?), 
Africa  sett.  e  mer.,  Asia  occ.,  Siberia  mer.?.  Ghiliani,  che 
la  trovò  in  Sardegna  ed  in  Liguria  abbondante,  dice  di 
averla  pur  trovata  in  Tarantasia  (rara). 

17.  Heterogynia  Pennella  Hb.  Susa,  Gribodo,  Curò  (comune 

a  Suaa). 

Autori  varii,  Liguria,  Toscana,  Alpi  orient.  ed  oecid.?, 
Francia  mer.,  Spagna,  Qjmida  (2). 

18.  Zygaena  Sarpedon  Hb.  Suaa,  Ghiliani  (abbondante  (3)), 

Grìbodo. 

Autori  varii,  Francia  mer.,  Spagna  seti,  or.,  Ligwia, 
Savoia  (Taranto sia?). 

19.  Zygaena  Erythrua  Hb.  Suaa,  Gribodo. 

Autori  varii,  Piemonte,  Liguria,  Toscana  (copionssinis), 
Francia  mer. 

(1)  OaiLiia:,  Bltneo  d.  tpeeit  di  Lepid.  riconoteiult  uiÉtmti  ntgli  Stali 
Sardi.  '  Mem.  d.  R.  Àcoad.  d.  Scienze  di  Torino  .,  toI.  XIV,  po^.  97. 

(2)  I  dintorni  di  Suaa  sono  eccezionalmente  ricchi  bìb  di  specie  che  di 
esemplari  di  Sesie;  mentre  attrOTe  è  raro  il  caao  di  trovare  più  di  qdo  o 
due  enmplari  H  Seaie  in  un*  gteno  ^orao,  «olla  Brunetta  invece  mi  ^ 
non  raramente  Bucceaao  (in  «Uri  tempi)  di  catturarne  anche  8  o  10.  Nes- 
■ana  tpecie  vi  bo  trovato  ohe  potean  oonaidenmi  come  zeioGla;  dinote- 
TOlì  ri  bo  incontrato  (nna  sol  volta)  la  rariasima  S.  Tiphiatformi»  Bork, 

(S)  Ghilimi,  Nolitie  di  eseura.  e  eaceie  entom.  '  Bull.  Soc.  Ent.  Ital.  „ 
1674,  pag.  98. 


D,B,t,zed.yGOOg[e 


1   «KINCOTI»   ED  I   «LEPIDOTTERI»,   ECC.  341 

20.  Zyg<iena  HUaris  0.  Suso,  Ghiliani,  Grìbodo. 

Autori  vani,  Piemonte,  Liguria  (contane),  Francia  mer., 
Andalusia. 

21.  Zygaena  Stoeehadta  Bork.  Suaa,  Ohiliani  {MedieaginiB), 

Qribodo. 

Autori  varii,  Piemonte,  Liguria  (comune),  Toaeana,  Na- 
poletano, Francia  mer,,  Catalogna,  Armenia?  (I). 

22.  NacHa  Punetata  ¥.  Susa,'  Gribodo. 

Autori  varii,  Piemonte,  Italia  e  sue  isole.  Europa  mer. 
in  genere,  Asia  min, 

23.  Ddopeia  -PulchéUa  L.  Susa,  Gribodo. 

Autori  varii,  Italia  sett.  (rara),  mer,  ed  isole  (comune), 
Europa  centr.  (advenaP)  e  mer.,  Africa  seti.,  Asia  min., 
Imalaia ,  America  srit. ,  Australia.  Specie  largamente 
Bparaa,  però  nelle  regioni  calde;  Qhilianì  afferma  che 
trovasi  anche  nei  dintorni  di  Torino  in  praterie  arìde; 
comune  in  Liguria  (ove  io  pure  la  incontrai  non  rara- 
mente) ;  la  trovò  anche  in  Tarantasia,  regione  analoga  a 
Suaa.  Io  non  la  incontrai  tn  Piemonte  altrimenti  che  a 
Susa,  ove  però  non  sembra  troppo  abbondante,  benché 
in  ogni  anno  se  ne  possa  sempre  raccogliere  qualche 
esemplare.  È  questa  una  heUissima  specie  avente  un 
facies  veramente  esotico. 

24.  Dianthoeoia  Irregularis  Hn&i.  Susa,  Ghiliani  {Eehii 

Bork.). 

Autori  vani,  Italia,  Dalmazia,  Francia  mer..  Europa 
centr.,  Russia  mer.,  Asia  min. 

25.  S^sema  Scariaeea  Eap.  Susa,   Ghiliani  ((Seocerin  Sco^ 

riacea),  Gribodo. 

Autori  varii,  Gamia,  Germania  mer.  or.,  Francia  mer., 
Ungheria  (Dalmazia?),  Asia  min. 

26.  Polla  Rufocineta  H.  G.  Susa,  Ghiliani,  Gribodo. 

Autori  vani,  Italia  (Tirolo  mer.,  Piemonte,  Lombardia, 


(I)  Si  potrebbero  ancora  citare  come  abitanti  i  dintorni  di  Sasa  (ove 
in  generale  le  ZigatHtu  sono  asoai  abbondanti)  dÌTene  altre  specie  (Fautìa, 
Tripholii,  Angtlieae,  ecc.)  ohe  sono  par  meridionali,  se  dette  specie  non  si 

estendessero  piil  o  meno  anche  nell'Europa  centrale. 

Atti  ddla  li.  Aeeadtmia  —  Voi.  LV.  28 


Disitized^y  Google 


342  oiOTANNi  ausODO 

Nizzardo,  Sicilia),  Francia,  Ungheria  or.,    Grecia,    Aita 
minore. 

27.  Hadena  Solieri  B.  Sxisa,  Gribodo. 

Specie,  a  quanto  pare,  aasai  rara,  ma  schiettamente  me- 
ridionale. Qhìiìani  afferma  di  averla  trovata  solo  sui 
monti  tardi  e  liguri.  I  cataloghi  la  segnano  della  Francia 
mer.,  Spagna,  Dalmazia,  Grecia,  Alia  min. 

28.  Ihriopus  Latreillei  Dup.  Suso,  Ghiliani,  Curò. 

Trovata  pure  sui  monti  nizzardi  dal  Giuliani.  Secondo 
gli  autori  essa  abita  Vltalia  centr.  mer.  e  te  me  isole; 
in  genere  l'Europa  mer.,  come  pure  la  Mattritania,  ì'Aaia 
min.  e  la  Siria? 

29.  Caradrina  Bxigua  Hb.  Suaa,  Gribodo. 

Autori  vani,  Italia  (rara  al  nord,  assai  pib  comune  al 
centro  e  nelle  isole),  Europa  mer.,  Asia  min.,  Armenia, 
Siria. 

30.  Colpe  Capueina  Esp.  Suso,  Gribodo. 

Un  solo  esemplare  dì  Suga;  rarissima  in  Italia;  fuori 
trovosei  nel  Vallese,  Dalmazia,  Pirenei,  Turchia,  Russia 
mer,,  Armenia,  Amur,  Giappone. 

31.  Plusia  Chalcytee  Esp.  Susa,  Gribodo. 

Autori  varii,  IttUia,  Europa  mer.,  Asia  min.,  Imalaia, 
Africa  seti..  Canarie. 

32.  Ctram/mode»  Bifasdata  Pet.  Susa,  Gribodo. 

Autori  varii,  Italia  (rarissima  al  nord,  piii  comune  al 
sud).  Ghiiiani,  che  non  la  trovò  in  Piemonte,  la  raccolse 
abbondante  tn  Liguria,  e  sopratutto  in  Sardegna  (Ophiusa 
Geometrica  F,);  Francia  mer.,  Spagna,  Asia  min.,  Siria, 
Africa  aett. 

33.  Addalia  Camparla  H.  8.  Suaa,  Gribodo 

Autori  varii,  Sicilia,  Corsica,  Dalmaxia,  Grecia,  Francia 
mer.,  Asia  min.,  Siria. 

34.  Addalia  Incarnaria  H.  S.  Susa,  Gribodo. 

Autori  varii,  tutta  l'Italia  e  le  sue  isole  (rara),  Francia 
mer.,  Grecia,  Asia  min. 

35.  Cfnophos  Reaperaaria  Hb.  Suaa,  Gbiliani. 

Il  Ghilinui  avrebbe  trovata  questa  specie  ancbe  nelle 
Alpi  marittime,  il  Costa  a  S.  Severino.  Il  Curò  ritiene  che 
la  specie  del  Ghiiiani  aia  la  Sariata  Fr.  Se  essa  è  vera- 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


I   «aiNCOTI»   ED   I   «LRPIDOTTBBI»,  ECC.  343 

mente  la  Besperaaria,  sarebbeai  allora  già  trovata  nella 
DalTiiazia,  Spagna,  Russia  mer.  oec.  ;  se  invece  è  la  Sar- 
tata,  questa  fu  raccolta  in  Sicilia,  Corsica,  Carnia,  Dal- 
mazia, Grecia,  Russia  mer.  occ,  Asia  min.,  Siria;  tanto 
l'una  quanto  l'altra  delle  due  specie  Bono  specie  meri- 
dionali. 

36.  Stherra  Sacraria  L.,  ab.   Sanguinaria   Esp.    Susa, 

Gribodo. 

Autori  varìì,  tutta  Vltalia  (rara  al  nord,  è  assai  comune 
invece  al  sud,  sopratutto  nelle  isole),  Europa  ctntr.  e  mer., 
Asia  min.,  Mauritania,  Canarie. 

37.  Sotys  Purpuralis  L.,  var.  Moeatalis  Dup.  Susa,  Ohi- 

liani. 

La  forma  tipica  trovasi  in  tutta  l'Italia,  Europa,  Ar- 
menia;  la  var.  Moestalis  invece  è  meridionale,  e  forse 
in  Italia  non  venne  trovata  che  a  Susa. 

38.  Botys  Sepandalis  S.  Y.  Susa,  Gianelli. 

Autori  vani,  Alpi  marittime,  Istria,  Romagna,  Europa 
centr.  e  mer. 

39.  Eurjforeon  Clathralia  Hb.  (P).  Susa,  Gianelli. 

Il  Curò  nel  suo  pregiato  Saggio  di  un  Catal.  di  I/^id. 
d'ital.  parla  (in  una  Aggiunta)  di  un  Botys  dathralis  Hb. 
come  b-ovato  (ed  anzi  assai  comune)  a  Susa  dal  Qianelli. 
Ora  io  non  conoscerei  alcun  Botys  dathraUs,  ma  solo  un 
Eur^eon  dathralis  (segnalato  come  abitante  la  Russia 
mer.,  Armenia,  Asia  min.,  e  per  una  sua  varietà  (Tesse- 
lalis)  anche  la  Corsica,  Francia  mer.,  Andalusia,  e  quindi 
meridionale;  senonchò  il  Curò  stesso  segna  questo  Eu- 
ryereon  come  alpino,  anzi  —  delie  praterie  elevatissime  —  ?  ! 
È  questa  una  specie  a  me  del  tutto  ignota. 

40.  Myeloia  TranaveraeUa  Dup.  Susa,  Grìbodo. 

Autori  varii,  Sicilia,  Corsica,  Francia  mer.,  Spagna, 
Dalmazia,  Grecia,  Asta  min.,  Armenia.  Ghiliani  {FKyets) 
la  trovò  in  Sardegna  e  Liguria;  Gianelli  a  Torino;  Curò 
l'annunzia  come  dì  tutta  l'Italia,  esclusa  la  settentrionale. 

41.  Ephestia  Onidiella  Mill.  Susa,  Gribodo. 

Autori  varii,  Sicilia,  Francia  mer,.  Spagna. 

42.  Teriis  Variegana  Schiff.,  ab.  ^speranaF.  Susa,  Gribodo. 

La  specie  tipica  trovasi  beneà  in  tutta  l'Europa,  ma 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


344  QIOTANNI  GBIBODO   —   1   «BINCOn»,  ECC. 

t'ab.  Aaperana  è  invece  dssenzialmente  meridionale;  oltre 
che  a  Susa  trovoesi  nelle  Alpi  mariit.,  Nizzardo,  Toscana, 
Corsica,  Sardegna. 

43.  Atyehia  Putnila  0.  Susa,  Gbiliani.  Sianelli. 

Specie  assai  rara,  trovata  in  Toscana,  Ungheria,  Buasia 
merid. 

44.  Acrolepia  VeapereUa  Z.  Susa,  Gribodo. 

Autori  varii,  Livorno,  Liguria?,  Sicilia,  Francia  tner., 
Dalmazia. 

45.  Depretsaria  Imparata  Stgr.  Susa,  Gribodo, 

Ho  trovato  a  Susa  an  esemplare  di  questa  rara  specie, 
che  finora,  a  quanto  mi  risulta,  non  sarebbe  stata  trovata 
che  in  Grecia. 


Dall'amico  Gianelli,  appassionato  lepidotterologo  e  zelan- 
tissimo ricercatore  della  regione  piemontese,  mi  viene  comani- 
eato  il  seguente  elenco  di  specie  da  Ini  raccolte  a  Susa,  e  che 
egli  ritiene  come  essenzialmente  meridionali. 

I^ntotnig  Mariana  Querct  Verity.  —  Polia  Ve- 
nusta B.  —  Brotolomia  Meticulosa  L.  —  Carttdrina 
AmMgua  P.  —  Pluaia  Outta  Gn.  —  AcotUia  JAicida  Hnfii. 
. —  Catocala  Puerpera  Qioma.  —  Aeidalia  [mitaria  Hb. 

—  PeUonia  CalabrarUi  Z.  —  StmaetMa  Ifetnorana  Eh 

—  Depreaaaria  Alstroemeriana  CI.  —  Pleurotn  Pun- 
gitieUa  H.  S.  —  CHyphipterix  ArgyrogutteUa  Rag.  ~ 
Lithocoltetia  MiUierella  Stgr. 


D,B,t,ied.yGOOgle 


GUSTATO  COLONNBTTl   —   RISOLUZIONE   GRAFICA,  ECC. 


RisolflKione  gpaSea 
di  ileDDi  problemi  relativi  all'equilibrio  delle  fbni  pesanti 

Nota  del  Socio  comapondente  GUSTAVO  COLONNETTl 


In  occaaione  dì  uno  studio  —  recentemente  affidatomi  dal 
R.  Ministero  delta  -  Marina  —  sulle  condizioni  di  posa  degli 
stralli  di  ancoraggio  di  un  altisainio  palo  destinato  a  sostenere 
l'aereo  di  una  stazione  radiotelegrafica  ultrapotente,  ho  dovuto 
ripetutamente  risolvere  i  più  svariati  problemi  di  equilibrio  di 
funi  pesanti  ;  ed  ho  constatato  con  quanto  vantaggio  i  proce- 
dimenti analitici,  anche  più  semplici,  possono  in  pratica  venir 
sostituiti  da  procedimenti  grafici,  i  quali  presentano  sui  primi 
una  incontestabile  superiorità  in  quanto  rispecchiano  con  im- 
mediata evidenza  il  modo  con  cui  i  singoli  elementi  variabili 
influiscono  sull'andamento  generale  del  fenomeno  che  si  studia. 

Uno  di  questi  procedimenti  mi  sembra  particolarmente  me- 
ritevole di  essere  conosciuto  per  la  sua  singolare  semplicità  e 
per  la  grande  varietà  e  generalità  delle  applicazioni  a  cui  si 
presta. 

Ecco,  in  breve,  dì  che  si  tratta. 


Sia  MOy  (fig.  1)  l'arco  di  catenaria  secondo  cui  si  dispone, 
in  equilibrio,  una  fune  pesante  —  omogenea  e  perfettamente 
flesBÌbile  —  sospesa  pei  suoi  estremi  a  due  punti   dati  M,  N. 

Sia  i  la  distanza  MN  ed  »  la  lunghezza  dell'arco  MON; 
riterrò  sempre,  in  ciò  che  segue,  che  la  catenaria  sia  sufficien- 
temente tesa  perchè  si  possa  trascurare  la  differenza  s  —  la. 
fronte  di  l. 


D,!„t,zed.yGOOgle 


GUSTATO  COLONNETTI 


Con  queste  conTenziooì,  e  colle  notazioni  della  figura,  si 
ha  notoriamente: 


D'altra  parte,  detto  Q  il  peso  compleseivo  della  fané,  da 
conaiderarai  come  uniformemente  ripartito  sulla  aaa  lunghezza 


—  0,  piti  Bemplicemente,  sulla  corda  MN  —  si  deve  avere,  per 
l'equilibrio  : 

(2)  J'/'=T*'- 

Sostituendo  si  trova  la  relazione: 


(3) 


ITI    ■  — •    


(?, 


la  quale  mette  bene  in  evidenza  il  modo  con  cui,  pel  tramite 
del  parametro  — —  che  si  potrebbe  chiamare  la  earaUeristiM 
dell'arco  di  catenaria  considerato,  vengono  ad  influire  bdIIo 
stato  di  tensione  che  à  generalmente  l'incognita  fondamentale 
del  problema,  le  condizioni  di  montaggio  (in  quanto  implicano, 
a  parità  di  distanza  dei  punti  di  attacco,  una  piti  o  meno 
grande  lunghezza  di  fune),  le  variazioni  di  temperatura  (che 
fanno  ulteriormente  aumentare  o  diminuire  questa  lunghezza) 
e  finalmente  gli  eventuali  cedimenti  dei  ponti  di  attacco  (in 
quanto  inducono  una  variazione  nella  loro  distanza). 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


RISOLUZIONE  QBiFICl   DI  ALCUNI   PROBLEUI,  ECC.  S47 

Tuttavia  l'utilizzazione  della  (3)  pel  calcolo  della  tensione 
non  riesce  cosi  immediato  come  a  tutta  prima  potrebbe  ore- 
derei,  perchè  la  lunghezza  della  fune  non  è  costante,  ma  varia, 
sia  pur  di  poco,  col  variare  del  suo  stato  di  tensione;  in  una 
parola,  perchè  s  è  funzione  di  H. 

Nelle  ipotesi  fatte  si  usa  ritenere,  con  approssimazione  più 
che  sufficiente  per  tutte  le  esigenze  della  pratica, 

_       1     Ri 

S  —  So  -t-   j-f   . 

So  essendo  la  lunghezza  iniziale  della  fune  scarica, 
E  il  suo  modulo  apparente  di  elasticità  a  trazione  (*), 
F  la  sua  sezione  resistente  (somma  delle  sezioni  dei  fili 
che  la  compongono). 

Sottraendo  l  da  entrambi  i  membri  e  dividendo  poi  tutto 
per  l,  si  può  scrivere; 


w 


dove  ^^ —  è  il  valore  che  la  caratteristica  '■  -  avrebbe  se 
la  fune  fosse  inestensibile  (£c=ao),  valore  a  cui  darò  il  nome 
di  caraUeriaiea  di  montaggio. 


Ciò  posto,  si  può  evitare  la  risoluzione  diretta  dell'equa- 
zione (3)  la  quale,  a  sostituzioni  fatte,  riesce  evidentemente  del 
terzo  grado  in  H,  procedendo  nel  modo  seguente. 

Assunte  le  — r—  e  le  fl  rìepettivamente  come  ascisse  e 
come  ordinate  in  un  ordinario  sistema  di  coordinate  cartesiane 
ortogonali,  si  tracci  la  curva  rappresentata  dalla  (3)  pel  do- 


(*)  C&.  H.  PAMtmt,  Sui  modulo  di  elattieìtà  a  Irationt  dtUe  fumi  nuial' 
licite,  '  Atti  della  R.  Accwl.  delle  Scienie  di  Torino  „  rol.  ZLI7  (1908-09). 


zed.yG00g[e 


348 


SOSTàTO  COLOSSETTI 


Tato  valore  di  Q;  in  flg.  2  cib  À  stato  fatto  nell'ipoteet  che 
sia  Q  =  l. 

Sì  supponga  —  tanto  per  ftire  il  caso  più  ovvio  —  che  n 
conoscano  le  coudìzioni  di  montaggio  di  una  fune  di  tale  peso: 
che  cioè  sia  dato  il  valore  della  caratteristica  di  montaggio: 


«.-f  _ 


OA. 


, 

Z 

3 

\ 

s 

/.»/ 

\ 

/ 

^~~~~~~~~ 

-— — ^tl. 

1 

i 

0 

At« 

B 

Per  A  ei  conduca  una  retta  inclinata  sull'asse  delle  ascisse 
dell'angolo  a  tale  che 

tga  =  £Ji'n 
fino  ad  incontrare  la  curva  in  discorso  in  un  ponto  C. 


(*)  Cft.  la  costrniioiie  grafica  eteguita  in  figura  a  eÌDÌstra  oon  riferi- 
mento ad  DD  valore  a&tto  arbitrario  di  H. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


aisoLCZiONs  oRÀrici.  di  alcuni  problemi,  ecc.  349 

£  focile  constatare  che  questo  punto  caratterizza  la  confi- 
gurazione di  equilibrio  della  fune:  invero  ponendo: 

BC=H 
si  trova: 

e  quindi: 

OB=OA  +  AB=!>=l  +  -^  =  t=l, 

Si  ha  co^  da  una  parte  il  valore  della  tensione  H  e  dal- 
l'altra quello  della  caratteristica  T"  ,  ovvero,  se  lo  si  prefe- 
risce, quello  della  freccia:  dalla  (1)  si  ricava  infatti  con  tutta 
facilità  la  relazione: 


coll'aiuto  della  quale  si  pub  graduare  l'asse  delle  ascisse  io 
valori  del  rapporto  y;  tale  graduazione  è  stata  nella  figura 
riportata  in  alto  :  su  di  essa  si  proietterà  direttamente  il  punto  C 
ogniqualvolta  si  voglia  calcolare  f. 

Reciprocamente  nota  la  freccia  f,  oppure  la  tensione  H, 
si  potrà,  conoscendo  la  posizione  del  punto  O,  o  rispettivamente 
del  punto  D,  dedurre  quella  di  C,  tracciare  l'obliqua  CA  e  leg- 
gere il  valore  OA  della  caratteristica  di  montaggio. 


Ma  anche  più  evidenti  divengono  i  vantaggi  di  questo  pro- 
cedimento quando  si  tratta  di  risolvere  problemi  più  complessi. 

Si  supponga,  per  esempio,  di  dover  montare  una  fune  colla 
condizione  che  essa  presenti  una  variazione  &H  data  di  ten- 
sione per  una  data  variazione  del  peso  (quale  si  verifica  ogni- 
qualvolta la  fune  viene  sovraccaricata,  naturalmente  in  modo 
uniforme,  per  presenza  di  vento  o  di  neve)  ;  e  si  snpponga  pure 
-^  per  fare  senz'altro  il  caso  più  generale  —  che  l'applicazione 


>y  Google 


358 


0U3T1.TQ  COLONHBTTI 


del  sovraccarico  eia  accompagnata  da  una  data  variazione  di 
temperatura  e,  se  si  vuole,  aache  da  on  dato  cedimento  da 
punti  di  attacco:  in  una  parola,  da  una  data  variazione  della 
caratteristica  di  montaggio. 

Basterà  allora  tener  presente  che  i  due  punti  C  e  C,  che 
sul  disegno  debbono  rispettivamente  caratterizzare  le  condizioni 
iniziale  e  finale  del  sistema,  dovranno  presentare  ana  diSereoza 
di  ordinata  eguale  a  AH*,  e  che  d'altra  parte  la  proiezione  del 


\ 

\    '  '*' 

e 

1 

\ 

\f 

\ 

/  \ 

v^ 

1 

/ 

/ 
1 

1  ' 

/ 

/ 

e 

^^ 

/ 
/ 

/ 

/ 

■/ 

0 

A,' 

B 

segmento  GC  BuH'asae  delle  ascisse,  eseguita  sotto  l'angolo  a, 
dovrà  misurare  la  data  variazione  della  caratteristica  di  mon- 
taggio. 

Tracciato  pertanto  (flg.  3)  nn  segmento  RS  il  quale  misiin 
(in  grandezza  e  segno)  quest'ultima  variazione,  pel  termine  S 
di  esso  si  conduca  una  retta  ST  inclinata  del  solito  angolo  a;' 
quindi  su  RS  come  base,  e  con  ST  come  secondo  lato,  si  co- 
struisca il  triangolo  che  ha  per  altezza  &£;  il  lato  di  chiusa  i^iT 
rappresenterà  (in  grandezza  ed  orientazione)  la  distanza  cer- 
cata CC". 


D,B,t,zed.yGOOg[e 


RISOLUZIOKB  QRAPIGA  DI  AI^UKI  FfiOBLEKl,  ECC.  351 

Se  si  tiene  conto  che  C  e  C  debbono  appartenere  a  due 
carré  ben  determinate,  rispettivamente  corrispondenti  al  valore 
iniziate  Q  ed  al  valore  finale  Q'  del  peso,  non  sarà  difficile 
identificarne  sul  disegno  le  posizioni  e  dedurne  le  relative  carat- 
teristiche e  freccie,  nonché  il  valore  della  tensione  iniziale  colla 
quale  si  soddisfo  alle  condizioni  imposte. 

Il  traociamento  delle  varie  curve  che  a  questo  fine  possono 
occorrere,  relative  a  diversi  valori  di  Q,  non  presenta  difficoltà 
aostanziali.  Tuttavia,  per  renderlo  immediatamente  agevole  a 
chiunque  intendesse  applicare  a  qualche  caso  pratico  il  proce- 
dimento che  ho  descritto,  ho  creduto  non  inutile  riportare,  nella 
breve  tabella  numerica  allegata,  i  valori  di  H  quali  risultano 
dalla  (3)  per  Q  =  l  e  per  — —  variabile  di  decimillesimo  in 
decimillesimo  da  zero  fino  ad  un  centesimo;  le  corrispondenti 
ordinate  delle  singole  curve  si  otterranno  cosi  nel  modo  pib 
semplice  moltiplicando  tali  valori  pel  rispettivo  valore  di  Q. 


Quando  si  prevede  di  dover  ripetere  i  calcoli  per  molte 
funi  di  pesi  differenti  o  differentemente  sovraccaricate,  conviene 
costruire  una  volta  per  tutte  un  fascio  di  curve  corrispondenti 
a  valori  gradatamente  variabili  di  Q,  sulle  quali  si  opererà  poi 
direttamente  o  per  interpolazione. 

Si  ottiene  cosi  un  abaco  che  io  segnalo  particolarmente 
all'attenzione  degli  elettrotecnici  perchè  mi  sembra  che  —  tanto 
dal  punto  di  vista  della  semplicità,  come  da  quello  della  gene- 
ralità —  esso  potrebbe  sostituire  con  qualche  vantaggio  i  vari 
abacbi  che  sono  stati  da  diversi  autori  proposti  per  la  posa 
razionale  delle  condutture  elettriche  {*). 


(*)  Cfr.  G.  SmiNzi,  Tavole  grafiehi  per  la  pi/sa  ragionale  delle  eOHdutlHre 
amriehe.  'Atti  dell'ABiocituione  Blettroteonica  Italiana  .,  voi.  XVII  (1913). 

I.  BanHBLLi,  Abaehi  per  deUrmmart  la  teniione  di  posa  dei  fili  aerei  in 
rtlaxiottt  alla  temperatura  e  im  previtione  di  nere  o  tento,  *  L'Elettrotecnica  „ 
voi.  IV  (1917). 

A.  OkOMDi,  SmUo  Ktudio  tneecanico  delle  linee  elettriche  di  grande  Ira»- 
porto,  '  L'Elettroteonica  „  toI.  IV  (1917). 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


QOSTITO  COLONNBTTI   —   HISOLDKIONB  ORAPICA,  BCC. 


a; 

2.3415 
2.3262 
2.3112 
2.2965 
2.2822 
2.2681 
2.2542 
2.2406 
2.2272 
2.2140 
2.2011 
2.1884 
2.1760 
2.1637 
2.1516 
2.1398 
2.1281 
2.1166 
2.1053 
2.0942 
2.0833 
2.0725 
2.0620 
2.0515 
2.0412 

7  ~ 

0.0076 
0.0077 
0.0078 
0.0079 
0.0080 
0.0081 
0.0082 
0.0083 
0.0084 
0.0085 
0.0086 
0.0087 
0.0088 
0.0089 
0.0090 
0.0091 
0.0092 
0.0093 
0.0094 
0.0095 
0.0096 
0.0097 
0.0098 
0.0099 
0.0100 

l! 

2.8583 
2.8307 
2.8038 
2.7778 
2.7524 
2.7277 
2.7037 
2.6803 
2.6575 
2.6352 
2.6135 
2.5924 
2.5717 
2.5515 
2.5319 
2.5126 
2.4937 
2.4754 
2.4574 
2.4397 
2.4225 
2.4056 
2.8891 
2.3729 
2.3570 

7  ~ 

0.0051 
0.0052 
0.0053 
0.0054 
0.0055 
0.0056 
0.0057 
0.0058 
0.0059 
0.0060 
0.0061 
0.0062 
0.0063 
0.0064 
0.0065 
0.0066 
0.0067 
0.0068 
0.0069 
0.0070 
0.0071 
0.0072 
0.007S 
0.0074 
0.0075 

:5 

4.0032 
3.9283 
3.8576 
3.7904 
3.7268 
3.6661 
3.6084 
3.5533 
3.5006 
3.4504 
3.4021 
3.3557 
3.3120 
3.2686 
3.2275 
3.1879 
3.1497 
8.1128 
3.0773 
3.0429 
3.0096 
2.9774 
2.9463 
2.9161 
2.8867 

7  - 

0.0026 
0.0027 
0.0028 
0.0029 
0.0030 
0.0031 
0.0032 
0.0033 
0.0034 
0.0035 
0.0036 
0.0037 
0.0038 
0.0039 
0.0040 
0.0041 
0.0042 
0.0043 
0.0044 
0.0046 
0.0046 
0.0047 
0.0048 
0.0049 
0.0050 

4: 

20.4123 
14.4338 
11.7847 
10.2062 
9.1286 
8.3507 
7.7150 
7.2169 
6.8041 
6.4697 
6.1546 
5.8926 
5.6613 
5.4680 
5.2704 
5.1031 
4.9507 
4.8113 
4.6829 
4.5644 
4.4543 
4.3519 
4.2563 
4.1666 
4.0825 

7  - 

5gS32se22=>  =  ""-"="°'-«"»ssss!as 

0.00 
0.00 
0.00 
0.00 
0.00 

0.00 

0.00 
0.00 
0.00 
0.00 
0.00 
0.00 
0.00 
0.00 
0.00 
0.00 
0.00 
0.00 
0.00 
0.00 
0.00 
0.00 
0.00 
0.00 
0.00 

„d, Google 


LDIQI  COgHKTTl  DB  HÀKTIIS  —  083EBTAZION1,  ECC. 


Ossenizioni  sai  Doeleo  delle  eellalB  basali 
della  "  Helix  pomitU  „ 

Nota  del  Dott.  LUIOI  COQNETTI  di  HABTIIS 


Le  cellule  basali  (Basalzelien,  granular  cells,  Ammen,  cel- 
lalea  de  Platner,  cellules  nourricièrea)  della  ghiandola  ermafì'o- 
ditica  di  H.  poma^  vennero  da  vari  autori  prese  in  esame  per 
conoacerne  la  struttura  e  la  funzione.  I  lavori  dì  Lee  (1897)  e 
di  Anoel  (1902)  ne  trattano  diffusamente.  Il  secondo  autore  cur^ 
pure  lo  studio  delta  loro  istogenesi  (loc.  cit.,  pag.  545-548,  €12), 
derivandone  fra  altro  la  distinzione  fra  cellule  nutritizie  (=  e.  ba- 
sali sulle  quali  s'impiantano  elementi  sessuali  maschili)  e  '  cel- 
lulea'  folticuleuses  ,  incaricate  di  dare  direttamente  materiale  di 
nutrizione  agli  ovociti  con  i  quali  sono  in  immediato  coutatto 
(pag.  547  e  570)  presso  lo  strato  delle  cellule  indifferenti  della 
parete  gonadtale.  Piil  tardi  Buresch  (1911),  pure  basandosi  su 
ricerche  istogenetiohe,  affermò  l'esistenza  di  un  follicolo  attorno 
agli  ovociti  di  H.  arbustortim,  ma  dalla  sua  desorizione,  come 
dalle  figure  che  l'accompagnano,  non  risulta  la  netta  distinzione 
stabilita  da  Anoel. 

Secondo  quest'ultimo  autore,  l'ovocito  può  essere  separato 
dal  lume  dell'acino  della  ghiandola  erma&odìtica  da  un  doppio 
strato:  a)  follicolo  formato  da  *  une  assise  cellolaire  unique 
provenant  de  l'assise  externe  qui  tapisse  la  paroi  du  tube  herma* 
phrodìte,  (pag.  547);  b)  strato  formato  da  cellule  basali  (tav.  16, 
fig.  59  e  60).  Quest'ultimo  strato  pub  venire  a  mancare,  ma  ad 
ÀNCEL  non  è  sfuggita  la  condizione  che  precede  la  formazione 
del  follicolo,  quando  *  le  jeune  ovocyte  quelque  temps  après  sa 
naissance  ,  (pag.  545)  non  è  separato  dal  lume  della  ghiandola 
che  per  mezzo  delle  cellule  basali  (v.  anche  pag.  570). 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


354  LOiai  COONETTI  DB  MARTIIS 

Dal  canto  mio,  essendomi  dedicato  a  studiare  le  cellule  ba- 
Bali  della  3.  pomatia  (1910'  1910'),  ho  avuto  cura  di  non  confon- 
derle con  le  cellule  folliculose,  e  per  le  prime  potei  dimostrare 
una  importante  funzione  fagocitarla  verso  gli  elementi  sessuali 
mascliili  che  succede  o  ai  accompagna  alla   funzione  nutritiva. 

Le  cellule  basali  sono  facilmente  riconoscibili,  oltre  che  per 
altri  caratteri,  anche  per  le  dimensioni,  la  forma  e  la  struttura 
del  nucleo  :  si  consulti  al  riguardo  la  minuziosa  descrizione  di 
Les  (1897,  pag.  202-204),  nella  quale  sono  precisati  pel  nucleo 
la  forma  sferica  o  piìi  spesso  ovale,  e  il  diametro  di  25  fi  '  et 
méme  plus  dans  lee  cellules  développées  .. 

Poco  o  punto  conosciuta  è  la  funzione  di  moltiplicazione 
nelle  cellule  basali:  ancora  recentemente  Bubesch  (1911,  pag.  327) 
ha  affermato  che  esse  sono  incapaci  a  dividersi.  Leb  (1897,  p.  204) 
dichiara  che  esse  non  presentftBO  mai  alcun  indizio  di  divisione 
per  cariocinesi,  ed  è  propenso  a  negare  anche  l'esistenza  di  una 
divisione  diretta  (1),  pur  avendo  famigliarità  con  le  depressioni 
ed  i  solchi,  simili  a  fessure,  che  possono  interessare  quasi  tutto 
lo  spessore  del  nucleo,  il  quale  appare  in  conseguenza  profon- 
damente bilobo. 

Lee  richiama  l'attenzione  sull'aspetto  che  assume  la  cro- 
matina dei  nuclei  delle  cellule  basali,  presentandosi  essa  *  sous 
la  forme  d'une  quantité  innombrable  de  petits  chromoaomes  de 

forme  définie de  petits  b&tonneta  piata  ou  ronde,  droits  ou 

incurvés,  mesurant  environ  de  1  ft  sur  0,5  ^,  jnsqu'à  2  fi  sor 
1  ]X.  Souvent,  ìls  ont  un  certain  aspect  dimidié  ou  gémine,  qui 
fait  peuser  à  une  division  longitudinale;  méme  ila  donnent 
souvent  &  l'observateur  l'impression  de  figures  en  V  dont  les 
deux  branches  seraient  extrémement  rapprochées,  ecc.  eco.  ,. 
*  Outre  lea  chromoaomes,  ces  noyaux  contiennent  un  ou  plusienrs 
nucléoles  plasmatiquea  .' 

La  lunga  famigliarità  coU'oaservazione  di  detti  nuclei  mi 
permette  di   associarmi  alla  descrizione  dell'eminente  citologo 


(1)  Precedente  mente  umneasa  da  Fi^thib  (18SS)  «  da  vom  Batb  (1891): 
quest'ultimo  autore  eaclnse  la  dÌTisione  per  oariocineai.  TTn  breve  riainmto 
dei  dati  relativi  alle  cellule  bagali  b  dato  da  EcacaiuwiTicB  (ISIS, 
pp.  278,  279),  che  coniidera  pure  la  capacità  di  dette  cellule  a  difideni 
(t.  aTanti). 


>y  Google 


OSSBBTIZIOKI  SOL  NOCLBO  DBLLB  CBLLULR   BASALI,  ECC.        355 

belga  6  anche  all'ipotesi  di  questo  stesso  autore  (1897,  pag.  205, 
206,  271),  ohe  la  loro  struttura  sia  in  rapporto  con  la  funzione 
nutritiva  (I),  e  —  posso  aggiungere  —  con  quella  fagocitaria  delle 
cellule  basali.  Non  posso  perà  accordarmi  con  Lsb,  per  ragioni 
esposte  piti  avanti,  nel  dare  il  valore  di  cromosomi  ai  *  petite 
b&tonnets  ,  sopra  indicati. 

Anche  a  me  è  occorso  molte  volte  di  vedere  un  aspetto 
*  dimidié  ou  gémine  ,  nei  grani  dì  cromatina  lunghi  1-2  fi,  ma 
la  mia  attenzione  è  stata  particolarmente  colpita  dalla  presenza 
di  filamenti  cromatinici,  veri  cromosomi,  molto  piti  lunghi  di 
2  e  disposti  in  coppie.  Tale  circostanza  mi  si  è  presentata 
eetremamente  rara,  anzi,  a  dir  vero,  due  soli  nuclei,  tra  ì  mol- 
tiseimì  esaminati  in  vari  esemplari,  mostrano  in  modo  convin- 
cente i  filamenti  cromatinici  riuniti  in  coppie:  i  due  nuclei 
appartengono  ad  un  medesimo  individuo.  Le  cellule  basali  cfae 
li  contengono  mostrano  il  citoplasma  dotato  della  consueta 
struttura  a  maglie  irregolari  piil  o  meno  ampie;  esso  è  privo  di 
materiali  fagocitati  (2).  Esse  stanno  attaccate  alla  parete  di  un 
piccolo  acino  della  ghiandola  ermafroditica  privo  nel  suo  lume 
di  elementi  liberi,  sia  maschili  che  femminili.  Il  lume  è  reso 
angusto  dai  grossi  lobi  delle  varie  cellule  basali,  nettamente 
delimitate  l'una  dall'altra,  tranne  nella  porzione  che  si  continua 
col  sincizio  della  parete  gonadiale. 

Al  medesimo  follicolo  appartengono  due  giovani  ovociti 
con  nucleo  tondeggiante,  spesso  20-80  ^  (8):  nno  di  essi  è  ri- 


(1)  Bicordo  la  legge  formulata  da  Ptraa  (1899):  *  Je  intenaiver  die 
ìndÌTidnelIe  Th&tigkeit  der  Zelle  iat,  desto  feiner  vertheilt  sioh  die  cbrs 
matiscbe  Snbstanz  ìm  Eern  ,. 

(2)  11  grosto  esemplare  dal  quale  ricavai  le  aeuoni  era  sveglio,  e  fa 
raccolto  il  6  giugno  1910  nel  R.  Orto  botanico  di  Totìdo.  La  ghiandola 
ermafrodita  venne  Astata  in  alcool  nitrico  cromico  di  Perény  per  15  ore. 
Le  sezioni  che  comprendono  i  due  nuclei  in  parola  sono  spesse  5  ^,  tinte 
con  ematossilina  ferrica  Heidenhain  e  scarlatto  Biebrich.  La  fissaiione 
Tinta  non  permette  di  riconoscere  nel  plasma  delle  cellule  basali  le  carat- 
teristiche sferette  annerite  dalla  flsiacione  osmica. 

(S)  Il  nucleo  di  entrambi  gli  ovociti  corrisponde  a  quello  riprodotto, 
nella  Bgura  29  di  àrcil  (1902,  tav.  14).  Il  nncleolo  non  ha  trattenuto  la 
lacca  ferrica  se  non  in  una  parte  centrale  organizzata  in  tenui  maglie  o 
granuli  e  allogata  in  qu  ampio  vacuolo  centrale. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


356  LDiai  GOQNSTTI   DB  UiRTtIS 

portato  nella  figura  1  (ov.).  1  duB  ovociti,  poco  discosti  fra  loro, 
sono  separati  dal  lume  dell'acino  per  opera  d'uno  spesso  invoglio 
citoplasmatico  formato  da  alcune  celiala  basali  :  mancano  ancora 
le  cellule  follicolari,  circostanza  già  notata  da  àhcel  (vedi  sopra). 

Sono  appunto  due  cellule  basali  avvolgenti  in  parte  i  due 
ovociti  suddetti  quelle  che  presentano  il  nucleo  con  cromosomi 
uniti  a  due  a  due  :  le  altre  cellule  basali  hanno  nucleo  normale 
corrispondente  alla  descrizione  di  Lee. 

Il  nucleo  distinto  nella  figura  1  (1)  con  la  lettera  A  è  distri- 
buito in  cinque  sezioni  spesse  5  ^,  dalle  quali  sono  tratti  rispet- 


Fiff.1 


tivamente  i  cinque  disegni  :  quello  a  contomo  piii  ampio,  ripro- 
dotto in  A^,  misura  23  fi  X  14  ^-  I  cromosomi,  esaminati  ìh 
una  sola  sezione  (v.  avanti),  appaiono  assai  vari  in  lunghezza  e 
più  o  meno  incurvati,  mentre  lo  spessore  si  mantiene  fra  1  e 
2  fi  ;  non  tutti  sono  figurati,  onde  lasciare  maggior  chiarezza  ai 
disegni,  ognuno  dei  quali  contiene  cromosomi  distribuiti  in  piii 
piani  ottici.  La  coppia  di  cromosomi  disegnata  a  piit  forte  in- 
grandimento in  fig.  C  è  scelta  frs  quelle  che  si  presentano  più 
lunghe,  e  misura  circa  14  m>  Le  coppie  addossate  alla  mem- 
brana   nucleare   (2)    ai   presentano   di    regola    corte ,    ma    ciò 


(1)  iQfpand.  800  diam.  obb.  koristka  '/it  semi&pocr. 

(2)  Questa  è  alquanto  più  cottile  di  quanto  appaia  dalle  figure. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


OSSBBVIZIONI  SOL  KOGLBO  DELLE  CELLOLK   BASALI,  BCC.         357 

va  Bpe&BO  ascritto  alia  loro  posizione  rispetto  al  piano  della 
sezione. 

Il  nucleo  figurato  in  B  (I)  è  distribuito  in  quattro  sezioni 
delio  epessore  suddetto:  la  sua  cromatina  e  organizzata  come 
Dell'altro  nucleo. 

In  entrambi  i  nuclei  la  riunione  in  coppie  non  è  riconosci- 
bile per  tutti  i  cromosomi.  La  distanza  fra  due  cromosomi 
appaiati  varia  da  fi  0,2  a  poco  pia  di  1  ^t  a  parte  il  caao  di 
lunghi  cromosomi  fra  loro  molto  divergenti  (fig.  A').  Non  sono 
riconoscibili  nucleoli  plasmatici  (2). 

Malgrado  l'attento  esame  delle  sezioni  non  ho  potuto  con- 
vincermi che  l'organizzazione  dei  due  nuclei  in  parola  cor- 
risponda ad  uno  stadio  di  doppio  apìreroa  in  buona  parte 
accollato  alla  membrana  nucleare  :  non  escludo  che  qualche 
pezzo  di  cromatina  sia  stato  asportato  o  spostato  dal  rasoio  o 
dai  vari  liquidi  adoperati. 

Se  i  due  nuclei  mostrano  realmente  dei  cromosomi  uniti 
in  coppie,  si  dovrebbero  contare  in  ciascun  nucleo  almeno 
24  coppie  (3).  Le  coppie,  se  sono  soltanto  24,  avrebbero  vero- 
similmente una  lunghezza  alquanto  superiore  a  quella  di  14  ^ 
aopra  ricordata,  per  cui  ogni  coppia  sarebbe  stata  tagliata  dal 
rasoio  in  tratti  distribuiti  in  due  o  più  sezioni  successive:  ciò 
a  cagione  anche  della  varia  curvatura  delle  coppie  stesse  e  della 
loro  disposizione  disordinata  nei  nuclei.  Il  controllo  del  numero 
delle  coppie  mi  è  tuttavia  riuscito  impossibile:  a  tal  fine  con- 
verrebbe disporre  di  nuclei  non  sezionati. 

Credo  inopportuno  addentrarmi  in  discussioni  circa  il  signi- 
ficato delie  coppie  di  cromosomi  sopra  considerate  e  sul  loro 
accordo  con  le  teorie  suggerite  da  Strasburger  e  dalla  sua 
scuola  :  ciò  a  cagione  dell'  estrema  scarsità  dei  casi  da  me  os- 
servati. Basti  rammentare  che  ogni  coppia  potrebbe  equivalere 


(1)  Anche  qui  parte  dei  oromosomi  ò  trolaiciata. 

(2)  Cfr.  L»,  1897,  p.  208  e  tav.  1,  Sg.  2. 

(3)  Il  numero  diploide  per  H.  pomtUia  b  48  nelle  oellule  prog^rmina- 
tìve  masohili  eeoondo  Avcn.  (1902,  p.  618)  e,  Becondo  Lib  (1910,  p.  57), 
anche  negli  apermatofioni,  eccettaati  quelli  deU'nltiina  generatone.  Beata 
ancora  a  dimoitnvre  che  nelle  cellule  aomatiche  il  numero  diploide  ei  eon- 
■erva  immutato. 

AUi  deUa  R.  Acoadtmia  —  Voi.  LV.  24 


Digitized^yGOOgle 


358  Lurai  coqnbiti  db  hartiis 

ad  un  zigomito  (Strasburger  e  Miyake)  fonnato  dall'uDÌone  dt 
due  procromosoinì  (Overton).  L'unione  di  procromoBomì  a  paia 
è  aiata  dimostrata  anche  in  nuclei  somatici  quiescenti  (1);  i 
dae  casi  da  me  osservati  non  garantÌBCono  quindi  la  capacità 
da  parte  delie  cellule  basali  di  dividerei  per  carìocineBÌ,  a  meno 
che  .i  casi  atesBÌ,  come  ho  aopra  dubitativamente  espresso,  cor- 
rispondano ad  nno  stadio  di  spirema  sdoppiato. 

Sulla  capacità  a  dividersi  delle  cellule  basali  Kdscha- 
KEWiTscH  (1913,  pag.  279)  è  giunto  alla  conclusione  che  detti 
elementi,  se  giovani  e  ancora  relativamente  piccoli,  possiedano 
la  facoltà  di  dividersi  per  mitosi,  mentre  se  giunti  a  completo 
sviluppo  *  machen  zwar  den  Versuch  zu  einer  solchen  Teilung, 
ftthren  den  mitotisclien  Prozess  aber  niemals  bis  zu  seinem  Ende  ,. 

I  casi  da  me  osservati  potrebbero  venire  in  appoggio  a 
questa  conclusione. 


Un  altro  fatto  degno  di  nota  mi  fu  dato  d'osservare,  e 
questo  con  maggiore  fì-equenza,  ma  io  due  eoli  esemplari  dì 
H.  pam.  Nel  nucleo  di  molte  .cellule  basali,  oltre  ai  numerosi 
grani  di  cromatina  con  aspetto  del  tutto  normale,  trovai  uno  o 
raramente  due  bastoncelli  fusiformi  con  estremità  acuminate. 
Le  due  ghiandole  ermafroditicbe  vennero  fissate  t'una  in  eublì- 
mato  picro-acetico  di  vom  Rath  (2)  e  l'altra  in  alcool  cromo- 
nitrico  di  Perény.  La  prima  venne  tolta  il  6  novembre  1909  da 
un  esemplare  già  chiuso  con  epifragma,  la  seconda  il  6  giugno  1910 
da  un  grosso  esemplare  sbocciato  (3).  Le  sezioni,  di  5  fi,  sono 
state  tinte:  con  ematossilina  ferrica  Heidenhain  seguita  da  nn 
colorante  di  contrasto  (eosina,  orange  g,  scarlatto  Biebrich,  Con- 
gocorinto,  rosso  Bordeaux),  oppure  con  emallume  acido,  o  con 
bleu  di  metilene  policromo  di  TJnna. 


(1)  Ck.  per  i  Tegetali  BoBim,  1912,  p.  281  tAi  liUr. 

t2)  Trattata  in  *eguito  con  tintura  di  jodo  jodurata. 

(3)  Nella  ghiandola  ennafrodìtic»  Swata  il  6  ginRno  1910  trovai  i  dm 
BDclei  ricordati  nel  paragnifo  preoedente.  Nb  l'ano  nb  l'altro  contengono 
i  bastoncelli  in  parala. 


3,t,zed.yGOOg[e 


OSSERVAZIONI  SQL  NDCLEO   DELLE  CELLULE   BASALI,  ECC.         359 

I  bastoncelli  fusiformi  trattengono  rematossilìna  ferrica  e 
l'emallume :  la  figura  2  qui  a  fianco  (I)  è  ricavata  da  un  preparato 
tinto  col  primo  colorante.  Nei  bastoncelli  non  sono  distinguibili 
particolari  strutture:  di  rado  la 
parte  assile  sì  mostra  meno  co- 
lorata. La  disposizione  loro  nei 
nuclei   è   varia,   ora   vicini   alla 
membrana  ora  lontani  da  questa, 
ora    curvi   ora   dritti.   Misurano 
da  6  a  10  M  in  lunghezza  e  da 
fi  0,5  a  1  H  in  spessore.  In  un 
caso  mi  è  occorso  di  notare  una        1 
strozzatura  accompagnata  ad  una 
Sessione  in  un  lungo  bastoncello. 

Ogni  bastoncello  è  circoscritto  da  un'area  priva  di  grani  cro- 
matinici,  che  verosimilmente  rappresenta  un  vacuolo. 

Quanto  all'interpretazione  dei  bastoncelli  in  parola,  ho  po- 
tuto anzitutto  escludete  ch'essi  fossero  dei  pezzi  di  spermi  por- 
tati dal  coltello  del  microtomo  nell'area  dei  nuclei  delle  cellule 
basali,  e  ciò,  fra  altro,  in  base  alla  forma  dei  bastoncelli  e  alla 
loro  disposizione  nello  spessore  delle  sezioni  dei  nuclei  in  cui 
sono  contenuti  (2). 

Ipotesi  logica  sarebbe  quella  della  natura  parassitaria  dei 
detti  bastoncelli,  ma  mi  mancano  dati  per  confermarla,  mentre 
sono  noti  d'altra  parte  organuli  o  inclusi  nucleari  che  si  prestano 
per  un  confronto  con  i  bastoncelli  stessi.  Sono  questi  ì  filametUi 
centrosomigetìi  e  i  cristalloidi. 

I  primi  sono  stati  scoperti  da  Sohookaert  (1900)  nel  nucleo 
dei  giovani  ovociti  di  Thysanozoon  (3),  e  appaiono  in  forma  dì 
*  un  filament  lisse,  acuminé  à  ses  deux  bouts  ,,  colorabili  col- 
l'ematossilina  ferrica  Heidenbain,  ma  mostrano,  durante  la  loro 
evoluzione  nel  produrre  i  centrosomi,  speciali  rapporti  di  posi- 


ci) Ingrand.  1600  diam.  obb.  korìstkft  '/n  semiapocr. 

(2)  PoBso  escludere  ch'essi  siano  de^li  artefatti,  considerando  fra  altro 
la  differente  natura  dei  due  Gasativi  adoperati,  e  posso  pure  escludere  che 
essi  corrispondaDO  e,  pieghe  della  membrana  nucleare  (cfr.  Rohcoboki,  18^ 
e  LuaAHo,  1898). 

(3)  E  da  GteiaD  in  altra  planaria:  cfr.  Schoceiebt,  Ioc.  cit-,  p.  88> 


DiQitizedoyGOOgle 


360  LOiai  COQNSTTt  DK  HABTII3 

zione  col  nucleolo,  quali  non  si  OBservano  pei  bastoncelli  del 
nucleo  delle  cellule  basali  dell'  H.  pom.  11  nucleo  di  queste  al- 
titne  è,  come  sopra  ho  ricordato,  privo  (o  quasi)  della  facoltà  di 
dividerei  per  mitosi,  e  la  divisione  amitotica  è  lungi  dall'essere 
dimostrata;  né  d'altra  parte  mi  pare  verosimile  che  un  organile 
in  diretto  rapporto  genetico  col  centrosoma  rivesta  il  carattere 
di  trovarsi  saltuariamente,  com'è  il  caso  dei  bastoncelli  in  parola. 

Più  sostenibile  mi  pare  il  confronto  fra  questi  ultimi  e  i 
cristalloidi,  meglio  detti  da  Leqshdre  (1912)  *  b&tonnets  intra- 
nucléaires  ,,  Begnalati  nel  nucleo  di  cellule  nervose  e  varia 
altre  (1).  Rimando  alla  nota  di  LeeEtmitE  e  ad  un  precedente 
lavoro  di  Gesa-Buhchi  (1907)  per  la  bibliografia  relativa  a 
questi  curiosi  corpiccioli.  Degno  di  particolare  menzione  è  il 
fatto,  notato  da  Cesa.-Bianchi,  che  cristalloidi  *  si  trovano  con 
notevole  frequenza  negli  animali  ibernanti,  particolarmente  du- 
rante i  primi  periodi  dello  stato  letargico  ,  (loc.  cit.,  pag.  93). 
Gobi,  dei  due  esemplari  di  H.  pom.,  nei  quali  trovai  i  bastoncelli 
intranuclearì  delle  cellule  basali,  uno  era  appunto  in  stato  letar- 
gico (novembre),  mentre  l'altro  (6  giugno)  era  sbocciato,  ma 
probabilmente  soltanto  da  poche  settimane:  nel  primo  i  baston- 
celli sono  molto  piti  frequenti  che  nel  secondo. 

Secondo  Gesa-Bianchi  pare  che  i  cristalloidi  rappresentino 
*  un  materiale  di  riserva,  che  verrà  in  seguito  utilizzato  dalla 
cellula  stesBa  in  cui  si  sono  originati  .:  riguardo  ai  bastoncelli 
nucleari  qui  descritti  non  ho  elementi  per  appoggiare  o  escla- 
dere  detta  ipoteBi.  Nelle  cellule  basali  si  compie  senza  dubbio 
un  intenso  lavorio  chimico,  fra  altro  preparazione  di  na  pabulum 
per  gli  elementi  della  Berie  maschile  e  modificazione  di  mate- 
riale citologico  fagocitato  :  forse  i  bastoncelli  ìntranncleari  hanno 
qualche  rapporto  con  quel  lavorìo,  ma  la  loro  saltuiurietà  toglie 
verosimiglianza  a  una  simile  ipotesi,  sicché  il  loro  significato 
rimane  dubbio. 

Dall'Iet.  di  Anat.  e  Fiaiol.  cotnpar.  della  R.  TJniT.  di  Torino, 
Palazzo  Carignano,  nOTembre  1919. 


(1)  Makk  (1694),  che  li  Itotò  nel  nucleo  delle  traodi  cellule  pinunidali 
della  corteccia  cerebrale  del  coniglio,  li  paragonb  a  dei  centroBomi. 


zed.yGOOg[e 


OSSERTAZIONI  SUL  NDCLSO  DELLE  CELLULE  BA3AU,  ECC.         361 


LAVORI   CITATt 


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Boanr  J.,  1912,  Sur  le  groupenient  par  paire»  dei  ehromMOmes  dona  Ita  noj/aux 

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'Boll.  Musei  Zool.  Anat.  Comp. .,  Torino,  25,  n°  617. 
Id.,  1910'',  Bieeréke  euUa  dielrumone  fitiolagiea  dei  prodotti  teieuali  maeehiU, 

in  '  Meni.  R.  Accsd.  delle  Scienze  dì  Torino  .,  (2)  61. 
KVBCHAKBwiTscH  L.,  1913,  SluditH  BbeT   den   Divtorpkiamue   der   mUnnUehen 

Oeeeìdeehiaelemente  bei  den  Proeobranehia,  1,  in  '  Arcb.  f.  Zellfonoh.  „  10. 
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Ii>.,  1910,  La  réduction  numiriq»e   et   la   eonjugaiaon   dea   ehromoaome»   eheg 

Veaeargot,  in  '  La  Cellule  ,,  27,  I. 
LiasmiBs  R.,   1912,    Bótonnete    intranueléairei    dea    eellutee  nerneueee,    in 

*  BibliogT.  Anatomique  ,,  22. 
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nervose,  in  '  Riv.  di  Fato!,  nerv.  e  ment. ,.  3. 
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im  Boden,  in  *  Zool.  Anz.  „  14,  pp.  855-363. 


L'Accademico  Segretario 
Carlo  Fabrizio  Paroka 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


CLASSE 

SCIENZE   MORALI,   STORICHE   E   FILOLOGICHE 


Adunanza  del  1°  Febbraio  1920 

PRESIDENZA  DEL  SOCIO  PBOP.  COHU.  ANDREA  NACCABI 
PBESIDENTE  DBLL'aCCADEHIA 


Sono  preBeoti  i  Soci  Pizzi,  De  Sakotis,  Bbondi,  Baddi  di 
Veshe,  Patbtta,  Vidari,  Prato,  Ciak,  Pacchiokt,  e  Stampini 
Segretario  della  Glasse. 

È  scusata  l'assenza  dei  Socio  Yalhao^i. 

Si  legge  e  si  approva  l'atto  verbale  dell'aduDanza  pre- 
cedente del  18  gennaio. 

L'Accademico  Segretario  presenta,  per  incarico  del  Socio 
assente  Sforza,  l'opuscolo  da  Ini  inviato  in  omaggio  all'Acca- 
demia Conaiderazioni  Geologiche  e  Topografiche  di  Gerolamo 
Guidoni  sul  Territorio  Moatignosino  (Estr.  dalle  "  Memorie  della 
Soc  LunigianesQ  G.  Capellini  .,  1919).  La  Classe  ringrazia. 

Il  Socio  De  Sancttis,  anche  a  nome  del  Socio  Patetta, 
presenta  alla  Classe  la  proposta  del  Prof.  Casimiro  De  MbsAwsKi 
dell'Università  dì  Cracovia,  trasmessa  dal  Segretariato  ammi- 
nistrativo della  Union  académique  intemationale  per  la  pubbli- 
cazione 1°  di  una  edizione  di  Gregorio  Xazianzeno;  2°  di  una 
edizione  delle  Celtarum  imagines.  La  Glasse  incarica  i  predetti 
Soci  De  Sanctis  e  Patetta  di  riferire  su  tali  proposte  in  una 
prossima  riunione. 

L'Accademico  Segretario 
Ettore  Stampini 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


DiBumd, Google 


„d, Google 


PDBBLICIZIONI  nnS  Sfltro  oli  IDSPICI  DELIi'iCCADEUIA 


n  XMmle  miniato  del  card,  Slwìò  Rsselll  detto  il  cardinale  d'Aragona. 
Codice  della  Biblioteca  nazionale  di  Torino  riprodotto  in  fao-aimìle 
per  cura  di  C.  Frati,  A.  Baudl  di  Vesme  e  C.  Cipolla. 

Torino.  Fratelli  Bocca  editori,  1906, 1  voi.  in-f  dì  82  pp.  e  134  ta- 
vole in  fotocoUograSa. 

U  Cadice  eTaiiKellco  k  della  Biblioteca  (JniTersitaria  nazionale  di  Torino, 
riprodotto  in  fiLC-simile  per  cnra  di  C.  Cipolla,  O.  De  Sanctli 
e  F.  Fedele. 

Torino,   Casa  editrice  0.  Holfeae,    1913.  1  voi.  in-4*    di  70  pagg. 
e  96  .tav. 


zed.yGOOg[e 


SOMMARIO 


Glaasfl  dì  ScienEe  Fisiche,  Matematiche  e  Natiirali. 

Santo  dell'Atto  Verbale  dell' Ad  unansa  dell'I!  Gennaio  1930  .  Ptig.  S09 
Sihiiiji  (QuBtavo).  —  Serie  di  funzioni  sommabili  uniformemente  col 

metodo  di  liorel  generalizzato  (Nota  li)      .        ■        -        -        .       310 

GlaBse  di  Scienze  Morali,  Storiche  e  TUfflof^die. 

Santo  dell'Atto  Verbale  dell'Adunanza  del  18 'Gennaio  192D    .  Pag.       328 
Glasse  di  Scienze  Fisiche,  UatemsLtiche  e  Katnrali. 

Sunto  dell'Atto  Verbale  dell'Adunanza  del  25  Gennaio  19-.Ì0  .  FUg-  S^S 
Sbori  (Corrado).  —  Commemorazione  di  H.  G.  Zeuthen  ,  ,  ,  827 
QaiBODo  (Giovanni),  —  I  '  Rincotì ,  ed  i  *  Lepidotteri ,  delle  Oasi 

lerotropiche  di  Val  dì  Susa 829 

CoLONNETTi  (Gustavo).  —  Rìsoluzlone  f^raSoa  di  alcnni  problemi  rela- 
tivi all'equilìbrio  delle  funi  pesanti     .        .  V~^.        .        .        ,      84S 
CooMETti  DE  Mabtiis  (Luìgì).  —  Osservazìonl  sul  nucleo  delle  celiale 

baeali  della  *  Helii  pomatia , ,       353 

Classe  di  Scienze  Morali,  Storiche  e  Filologiche. 

Sunto  dell'Atto  Verbale  dell'Adunanza  del  1°  Febbraio  J920  .  Pag,      S62 


zed.yGOOgle 


ATTI 


REALE  ACCADEMIA  DELLE  SCIENZE 

DI     TORINO 


PDBBUCATI 


DAGLI  ACCADEMICI  SEGRETARI  DELIE  DOE  CLASSI 


ToL.  LT,  Disp.  7-,  I9l9'l92a 


TORINO 
Libreria   FRATELLI    BOOOA 

VUi  Oulo  Uberto.  S. 
1920 


DiBumd, Google 


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CLASSE 

SCIENZE  FISICHE,  MATEMATICHE  E  NATURALI 


Adunanza  dell'S  Febbraio  1980 


PBBSIDKNZA   DEL   SOCIO   PROF.   OOVH.   ANDREA  NACCASI 
PBEBIDENTE   DELL'aOCADEXIA 


Sono  presenti  il  Direttore  della  Classe  D'Ovidio  ed  i  Soci 
Sbosb,  Peano,  Jadanza,  Guidi,  Mathrclo,  Grassi,  Sohiouaka, 
Panetti,  Saooo,  Majorana  e  Parona  Segretario. 

Si  legge  e  si  approva  l'atto  verbale  della  precedente 
adonanza. 

n  Socio  SoKiQLiAHA,  riferendosi  all'invito  del  Touring  Club 
Italiano  a  partedpare  all'eflcursione  progettata  nell'interno  della 
Cirenaica,  dice  di  aver  raccomandato  alla  Direzione  del  Club  di 
far  coincidere  l'escursione  colle  ferie  pasquali  al  fine  di  rendere 
più  probabile  la  partecipazione  dei  professori  universitari!  e  dei 
nostri  accademici. 

Il  Presidente  ringrazia  per  l'opportuna  raccomandazione  del 
Socio  SoiuoLiAKA  ;  SÌ  rallegra  poi  per  la  guarigione  dei  colleghi 
Guidi  e  Majorana,  che  ringraziano. 

Il  Socio  Mattirolo  oStb  in  omaggio  la  sua  Nota  La  Dal- 
dinia  cmcentrica  DNtrs.  et  Gas.,  trovata  ndle  torbiere  di  MùtUor- 
fano  (Como)  e  la  riassume  brevemente. 

H  Presidente  presentando  e  distribuendo  ai  colleghi  le  copie 
della  commemorazione  di  Icilio  Guareschi,  inviate  in  dono  dal- 

ÀUi  dMa  B.  Aeeademia  —  Voi.  LV.  25 


zed.yG00g[e 


S64 

l'autore  prof.  Felice  Oarklli,  ne  rileva  l'importanza  ed  esprime 
a  nome  di  tutti  i  ringraziamenti  al  donatore,  che  ha  reso  coal 
degno  omaggio  alla  memoria  del  rimpianto  nostro  collega. 

Ed  a  proposito  dì  onoranze  ad  Icilio  OnABESom,  il  Socio 
Hattibolo  informa  l'Accademia  della  costituzione,  allo  stesso 
nobile  scopo,  di  no  Comitato  d'onore  e  di  un  Gomitato  eseca- 
tivo  e  della  sottoscrizione  iniziata  per  raccogliere  i  fondi  desti- 
nati alla  collocazione  di  un  ricordo  nella  Scuola  creata  dal 
GluABBSGHi  ed  all'istituzione  di  un  premio  per  gli  studenti  delia 
Scuola  di  Farmacia  di  Torino.  Il  Presidente  ai  compiace  della 
ben  ideata  iniziativa,  alla  quale  augura  il  meritato  successo. 
Sono  accettate  per  la  stampa  negli  Jai: 

Ing.  Ottorino  Sesini,  Le  oscillazioni  torsionali  degli  alberi 
di  trasmiaeione  con  massa  propria  e  con  masse  conctntraU  in  punti 
intermedi;  Nota  presentata  dal  Socio  Panetti. 

Dott.  Gino  Poli,  Sulla  teoria  dei  fenomeni  ottici  nàl'ipo- 
tesi  che  il  moto  della  sorgente  modifichi  la  velocità  dMa  luce  emessa; 
Kota  presentata  dal  Socio  Sohigliaha. 


zed.yGOOg[e 


0TT08IN0  SBSINl  —  LE  08CILL&ZI0HI  T0B3I0HAL1,  BCC. 


LETTURE 

Le  oseilluloii  torstoBili  degli  alberi  di  trisBlssioie, 
eoe  ussa  proprie  e  eoo  masse  eoneeHtrate  li  penti  letemedi 

Nota  dell'Ing.  OTTOBINO  8E8INI 


Le  oscillazioni  toraionali  degli  ftlberi  di  traamissioiie  farono 
oggetto  dì  parecchi  Btudi,  dopo  che  se  ne  noti)  la  presenza  e 
l'importanza  nei  lunghi  alberi  d'elica  delle  navi. 

Sono  note  le  solazionì  date  al  problema,  sia  considerando 
l'albero  come  semplice  organo  elastico,  sìa,  in  lavori  più  recenti, 
come  quelli  del  Lorrain  e  dell'Ing.  Bninelli  (*),  risolvendo  pare 
la  questione  dell'influenza  della  massa  propria  dell'albero,  sup- 
posto omogeneo  e  di  sezione  costante. 

Scopo  del  presente  stadio  è  quello  di  esporre  un  metodo 
dì  calcolo  relativamente  semplice,  che  permette  di  tener  conto, 
aia  della  massa  propria  dell'albero,  sia  dì  masse  concentrate 
Inngo  dì  asso,  o  dì  variazioni  di  sezione. 

A  tale  esposizione  è  utile  far  precedere  le  seguenti  pre- 
messe,  che  sono  it  presupposto  comune  a  tutti  gli  studi  suU'ar- 
gomeoto: 

Tutte  le  masse  moventìsi  coll'albero  si  suppongono  rìdn- 
(àbili  a  eemplici  volanti,  calettati  in  determinate  sezioni. 

Il  sistema  viene  considerato  solo  a  regime  e  se  ne  stadia 
il  moto  relativo  al  moto  medio;  così  puro  dei  momenti  agenti 
si  studiano  solo  le  variazioni  rispetto  al  valore  medio. 


(*)  LoBBiiH,  Éltide  sur  Uà  varatiima  de  Utrtion.  '  Bulletin  de  l'Aii. 
Tech.  Mar. ,,  1909.  —  Ing.  L.  M.  BimBLLi,  Teoria  ieUe  oecUlavUrni  torti»- 
Mali  degli  alberi  di  tratmiatioMe.  *  Atti  del  R.  Istituto  dì  iDcoraggìamento  „ 
Napoli,  1S15. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


3^  OTTORINO  SESINI 

Basta  qaindi  coasiderare  un  eistema  composto  di  im  albero, 
cv>a  relocìtà  angolare  inedia  nulla,  solidale  a  masse  rotanti,  e 
sollecitato  dall'esterno,  all'estremo  ove  si  trova  il  motore  (che 
dìr«mo  estremo-motore)  da  un  momento  funzione  periodica  del 
tempo  (variazione  del  momento  motore  rispetto  al  valore  medio), 
e  all'altro  estremo  (estremo-elica)  da  un  momento  (variazione 
del  momento  resistente  rispetto  al  valore  medio)  che  si  ammette 
contrario  alla  velocità  di  tale  estremo,  relativa  al  suo  moto 
medio,  e  proporzionale  ad  essa  secondo  un  coefficiente  «^.  Per 
gli  alberi  d'elica  delle  navi,  seguendo  il  Frahm,  si  pub  porre: 

(1)  •  «^=(3,6 -=-4)-^, 

dove  Mn,  Ò  il  momento  motore  medio,  e.  la  veloci^  angolare 
media  dell'elica. 

Studiato  in  tal  modo  il  solo  moto  oscillatorio,  bisognerà 
aggiungervi  il  moto  medio  del  sistema  per  averne  il  moto  ef- 
fettivo. 

Noi  supporremo  inoltre  perfetta  l'elasticità  dell'albero. 


Caso  di  un  albero  oUlndrico  omogeneo 
con  sola  masae  rotanti  estreme. 

Se  d'  è  l'angolo  di  cui,  al  tempo  t,  è  ruotata  una  sezione 
normale  all'asse,  posta  a  distanza  x  da  un  punto  deirasse  stesso 
preso  come  origine;  se  con  et?  indichiamo  il  momento  polare  di 
inerzia  della  sezione,  che  si  suppone  costante;  con  K  la  costante 
elastica  torsionale  dell'albero  (momento  torcente  per  angolo  di 
torsione  =:  1,  fra  sezioni  a  distanza  1);  con  t  la  densità  del 
metallo,  l'equazione  del  moto  è  notoriamente: 

E    a'a  _  a»» 
la  quale  ammette  come  soluzione  generale; 

»=A(<-.yf)+A.(<  +  «(/f), 


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LB  OSCILLAZIONI  TORSIONALI  OBOLI  ALBERI  DI  TRASH.,  ECC.      367 

ossia  vtuB.  funziooe  rappresentabile  con  due  onde  torsionali,  de- 
finite delle  funzioni  f^  ed  f,  arbitrarie,   propagantisi  in  sensi 

opposti  lungo  l'albero  con  velocità  ^^^l/f^-  Tale  velocità  di 
propagazione,  nel  caso  di  sezioni  circolari  od  annlarì,  per  le 
quali  si  ha  sempre  K^=Gq7  dove  0  è  il  modulo  di  elasticità 

tangenziale,  è  uguale  a  V^ ,  e  perciò  costante  per  un  dato 
materiale;  per  l'acciaio  Martin-Siemens  è  F=3230'"/g. 

Le  funzioni  fi  ed  ft  si  determinano  conoscendo  le  coppie 
agenti  e  ponendo  le  equazioni  dell'equilibrio  dinamico  per  le 
sezioni  estreme.  Inoltre,  osservato  che,  a  regime,  l'oscillazione 
ò  periodica,  e  perciò  sempre  scomponibile  in  un  numero  prati- 
camente limitato  di  oscillazioni  armoniche,  si  può  svolgere  la 
trattazione,  attribuendo  alle  funzioni  f  la  forma  di  funzioni  si- 
nusoidali, per  mezzo  delle  quali,  essendo,  colte  ipotesi  ammesse, 
applicabile  il  principio  della  sovrapposizione  degli  effetti,  si  può 
studiare  una  oscillazione  comunque  complessa. 

Il  metodo  che  si  propone  per  la  determinazione  di  tali  so- 
luzioni sinusoidali,  si  basa  sulle  seguenti  considerazioni: 

Una  soluzione  sinusoidale  qualunque  di  pulsazione  tu  avrà 
la  forma: 


*  =  a  sen  ui  i  - 


-y)-hVi]  +  bsen[^[t-\-f)-^V,]; 


questa  espressione,  indicando  con  a  un  angolo  qualunque, 
purché  diverso  da  0  o  da  un  multiplo  di  n,  sì  può  sempre 
trasformare  nell'altra: 

(2)  J  =  ^,  sen  {ui(  +  (p.)  sen  (.^  +  a)  + 

(Si  sen  (vit  -^  <Pi)  sen  ~  , 

dove  (?i,  f^i,  (pi  e  cpg  sono  determinati  dai  valori  di  a,  b,  tpi,  iti| 
e  a.  I  due  termini  dalla  cui  somma  risulta  ^,  rappresentano  moti 
oscillatori  nei  quali  le  varie  sezioni  sì  muovono  colla  stessa 
fase  q>i  0  ip,  e  con  ampiezze  ^i  sen  (^-  -\-a\  o  <^f  sen  -— ,  le 
quali,  essendo  ^i  e  &,  due  costanti,  variano  sinusoidalnxonte 
con  l'ascisaa  x\  esse  costituiscono  perciò  due  onde  stazionarie 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


368  omauno  sbsini 

armoniche,  di  ampiezze  massime  (^i  ed  (S,,  aventi  un  nodo  l'iuia 
nel  punto  di  aaciaaa  x  =  —  ^—,  l'altra  nel  punto  a;=0.  Dato 
che  l'origine  x  =  Q  ò  arbitraria,  e  che  tate  è  pure  a,  porche 
diverso  da  0  o  da  un  multiplo  di  n,  se  ne  deduce  che  qualsiasi 
soluzione  armonica  di  pulsazione  ui,  si  può  considerare  come 
somma  di  due  oscillazioni  stazionarie,  aveuti  la  stessa  pnlsa- 
zione.  nodi  in  punti  arbitrari,  purché  non  coincidenti,  ampiezze 
e  fasi  da  determinarsi. 

Di  ciascuna  oscillazione  atazionarìa  si  può  dare  una  facile 
rappresentazione  grafica  (fig.  1)  portando  come  ordinata  aa 
ciascun  punto  dell'albero  BA,  ed  in  scala  arbitraria,  l'am- 
piezza 6  dell'oscillazione  delia  corrispondente  sezione,  e  trac- 
ciando la  curva  BA'  (arco  di  sinusoide)  che  ne  risulta.  H 
momento  torcente  da  essa  provocato  in  una  sezione  di  ascissa  v 
ò  dato  da  ^-t— ;  nell'onda  stazionaria  è  ^  =:  6  sen  (u>f -{- ip), 
dove  0  è  funzione  della  sola  x;  si  avrà  perciò: 

di»  dx  \  I      -rrr 

ciò  significa  che  il  momento  torcente  è  funzione  sinusoidale  de^ 
tempo,  in  &se  con  3-,  ed  ba  ampiezza  K  -j— . 

Osservato  poi  che  -j-  non  è  altro  che  la  tangente  trigo- 
nometrica dell'angolo  formato  dalla  tangente  CBo  alla  curva 
rappresentante  l'onda,  con  l'asse  della  x,  possiamo  scrivere: 


L'albero  cioè  si  comporta,  per  ciò  che  rignarda  la  sezione  con- 
BÌderata,  come  se  fosse  privo  di  massa  e  la  sezione  immobile 
fosse  in  Bq  anziché  in  B.  h&  lunghezza  CB^  (sottotangente)  è 
evidentemente  funzione  dell'ascissa  x,  e  non  dipende  da  0. 

Siamo  così  in  grado  di  conoscere  i  momenti  torcenti  che 
un'onda  stazionaria  dà  alle  estremità,  e  di  porre  quindi  le  con- 
dizioni di  equilibrio  dinamico  per  le  estremità  stesse,  ove  ai 
hanno  due  masse  rotanti  di  momenti  d'inerzia  rispettiva- 
mente Ji  (motore)  J,  (elìca)  e  le  coppie  esterne  applicate. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


LB  OSCnUZlOMI  TORSIOHJkU  DBOU  ILBBBI  DI  TBASM.,  8CC.     369 

Si  possono  con  ci6  determinare  ampiezze  e  fosi  delle  due 
onde  stazionarie  ia  coi  si  immagina  dì  scindere  l'oscillazione 
complessiva,  e  trovare  co^  la  soluzione  sinoidale  cercata. 

La  scelta  dei  nodi  delle  dna  onde  componenti  i  affatto  ar- 
bitraria; perciò  possiamo  porre  per  una  il  nodo  in  A  (esb-emo- 
motore),  per  l'altra  in  B  (estremo-elica).  Siano  BA'  ed  AB'  (flg.  1) 
gli  archi  di  sinusoide  (uguali)  che  rappreeentajio,  in  scale  diverse 
e  da  determinarsi,  le  due  onde.  Le  incognite  sono  appunto  queste 
acale  (cioè  le  ampiezze  delle  oacillazionì  estreme)  e  le  tasi  delle 
oscillazioni  stesse  (cioà  le  Pi  e  <Pi  della  (2)). 

Se  6i  è  l'ampiezza  della  oscillazione  ^i  di  A,  noi  avremo 
per  effetto  dell'onda  A'B  i  seguenti  mementi  armonici  (variabili 
ainasoidalmente  col  tempo)  in  fase  con  3-]: 

All'estremo  A:  il  momento  torcente,  di  ampiezza  —  y^-  Qi 
essendo  A'B^  tangente  in  A'  alla  BA';  la  coppia  d'inerzia  do- 
vuta alla  massa  rotante,  di  ampiezza  ut*  J^  e,  ;  in  totale,  ampiezza 
della  coppia  agente  in  A:     {jiw*  —  Jd")*'»* 

All'estremo    B:    il    momento    torcente    di    ampiezza 
^^'  TZ~:é^'  ^^'^*  parallela  alla  tangente  A"B). 

Analogamente,  se  e,  è  l'ampiezza  dell'oscillazione  &,  del- 
l'elica, l'onda  AB"  dà  ai  due  estremi  momenti  armonici,  in  &ee 
con  ^t,  dì  ampiezze: 

per  reelremo  B:  (/,»*  —  jg  18,; 

■      ■    ^■■^^- 

Per  brevità  indicheremo  con  m  la  quantità  (•Ai"'— ^^j; 

con  n  la  (j,\u* — T»)'  ^"^  P  '*  ab,'  ^  longhezze  ABi  ed 
AB^,  necessarie  per  calcolare  m,  n  ep,  si  possono  determinare 
colle  relazioni,  facili  a  dimostrarsi: 

■^Bi  =  -tg-y-,         ABt- ~B6n-^, 

dove  L  è  la  longhezza  dell'albero. 


>y  Google 


370  orroBiNO  sbsini 

Ciò  posto,  vediamo  come  si  pa&  stabilire  l'equilibrio  fra  le 
coppie  ora  trovate  e  quelle  esterne.  Ricorriamo  perciò  alla  rap- 
presentazione vettoriale  delle  grandezze  armoniche. 

Sia  (fig.  2)  OAf=ei  il  vettore  rappresentante  l'oscillazioDe 
.  dell'elica.  Avremo  all'elica  la  coppia  ON^^n ,  Q^,  ed  inoltre  la 
coppia  dovuta  alla  resistenza  dell'acqua.  Quest'ultima,  essendo 
proporzionale  ed  opposta  alla  velocita  angolare,  sarà  data 
da  0  W,  in  ritardo  di  90°  rispetto  a  d, ,  ed  uguale  in  grandezza 
a  e^mO,,  dove  a^è  il  coefficiente  di  resistenza.  La  coppia  totale 
agente  sull'elica,  per  effetto  dell'onda  che  ha  il  nodo  al  motore, 
sarà  0H.=:OW-\-  ON.  A  tale  coppia  dovrà  &r  equilibrio  la  p9t 
che  si  ha  all' estremo-elica  per  effetto  dell'oBciltazione  6]  del 

motore;  sarà  perciò  e,  =  0F= .  Otteniamo  ootì  la  8i 

corrispondente  alla  6|  presupposta.  SuU'estremo-motore  agi- 
scono le  coppie:  OS:=mQi  dovuta  all'oscillazione  di;  0V=p9, 
dovuta  all'oscillazione  6,;  sia  OT=:OS  -\-  OU.  La  coppia 
esterna,  applicata  all'estremo-motore,  deve  essere  —  OT.  Sic- 
come tale  coppia  è  generalmente  un  dato  del  problema,  noi 
dobbiamo  supporre  noto  OT,  e  da  esso  ricaveremo,  con  una 
semplice  proporzione,  le  grandezze  e  le  direzioni  effettive  di 
tutti  gli  altri  vettori.  In  particolare  conosceremo  e^  e  Oj  ed 
avremo  quindi  pienamente  determinate  le  due  onde  stazionarie. 
Si  può  cosi,  per  ciascuno  dei  momenti  armonici  in  cui  si  può 
scindere  il  momento  periodico  dovuto  al  motore,  dedurre  il 
moto  oscillatorio  che  ne  risulta. 

Per  fare  una  applicazione  di  questo  procedimento,  suppo- 
niamo di  avere  i  seguenti  dati,  espressi  in  mm.,  sec.  e  kg. 
(unità  di  forza): 

Jt  =  2,61  X  10»,      Jt  =  4,19  X  ltl^      S:  =  1,46  X  10'», 
£=5,21  X  10*,       F=3,23  X  10^ 

Dalla  (1),  dato  che  sia  Jf.=  19,1X10'  ed  6.  =  14,  si 
può  ricavare: 

5  =  4~  =  5,45X10'. 


zed.yGOOg[e 


LE  OSCILLAZIONI  TORSIOMALI  OBOLI  ALBERI   DI  TRASU.,  ECC.      371 

Eseguendo  con  questi  dati  i  calcoli  BOpra  datti,  per  valori 
dì  uj  crescenti  da  20  a  240,  si  sodo  ottenati,  per  ciascuno  dei 
valori  considerati  di  u),  tutti  i  vettori  della  fig.  2,  e  si  è  cosi 
potato  tracciare  il  diagramma  aj,  che  dà  S^  in  funzione  di  tu, 
sapposto  che  il  momento  armonico,  applicato  al  motore,  abbia 
an'ampiezza  di  10^  kg.  mm.  =  1  tonn.x  metro.  In  tale  diagramma 
si  vedono  nettamente  due  pulsazioni  dì  risonanza,  ui  =  40,2 
ed  uLi  ^  203,3,  per  le  quali  è  massima  l'ampiezza  dell'oscilla- 
zione  6,,  ed  altre  se  ne  troverebbero  proseguendo  nella  ricerca 
per  valori  di  u)  che  differiscono  da  quelli  sopra  detti  di  poco 
meno  di  un  multiplo  di  ~- . 

Questi  risultati,  come  pure  l'andamento  del  fenomeno,  si 
potrebbero  senza  difficoltà  discutere  in  modo  esauriente,  ginn* 
gendo  a  tutte  le  conclusioni  a  cui  portano  gli  altri  procedimenti. 
Senza  addentrarci  in  tale  discussione,  ci  limiteremo  alle  osser- 
vazioni seguenti: 

Per  ui  ^  —=-  le  due  onde  stazionarie  hanno  entrambe 
due  nodi  sulle  due  estremità  A  e  B  (fig,  1),  e  perciò  il  metodo 
cade  in  difetto.  Considerando  invece  due  onde  stazionarie  coi 
nodi  rispettivamente  in  j4  e  nel  punto  di  mezzo  dell'albero,  si 
evita  l'eccezione,  e  si  vede  facilmente  che  in  questo  caso  nelle 
sezioni  estreme  si  hanno  rotazioni  e  momenti  uguali  e  di  segno 
contrario. 

Per  lu^—  le  reazioni  dell'albero  sugli  estremi,  che 
dipendono  dalle  lunghezze  AB^  ed  AB,  della  fig.  1,  non  cam- 
biano (eccezione  fatta  pei  segui)  se  si  sopprìme  il  tronco  d'al- 
bero compreso  fra  i  due  nodi  che  ciascuna  onda  ha  sull'albero 
stesso;  tutto  avviene  cioè,  per  quanto  riguarda  le  sezioni  estreme, 

come  se  l'albero  avesse  una  lunghezza  L lo  L  —  k —  ae 

sull'albero  cadono  k -{- 1  nodi]-  Questa  osservazione,  mentre 
spiega  il  ripeterei  della  risonanza  pei  valori  di  uj  sempre  piti 
aiti,  dà  pure  ragione  del  fatto  che  per  queste  pulsazioni  più 
elevate  di  risonanza,  ad  oscillazioni  estreme  assai  minori,  per 
effetto  dell'aumentato  smorzamento  dell'elica),  corrispondono 
invece  torsioni  massime  assai  maggiori  che  non  per  la  prima 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


872  OTTORINO  SBSINI 

risOD&nza,  come  se  l'albero  si  ridacease  ad  una  lunghezza  L —  — 
(„L_i^. 

Invero,  se  noi  determimamo  il  momento  torcente  masaimo 
corrispondente  a  ciascuna  delle  oscillazioni  calcolate,  cib  che  si 
pub  fare  con  costruzioni  vettoriali  deducibili  da  quelle  già  viste, 
troviamo  che  tale  momento  (che  si  verifica  in  una  determinata 
sezione,  la  cui  posizione  varia  con  ui)  assume  per  \u  =  40,2  un 
valore  uguale  a  circa  5,5  volte  l'ampiezza  del  momento  im- 
presso, per  Vi  =  203,8  un  valore  circa  27  volte  l'ampiezza  sud- 
detta. Il  risultato  relativo  alla  pulsazione  maggiore  sarebbe 
evidentemente  molto  modificato  quando  si  tenesse  conto  anche 
dell'isteresi  elastica  dell'albero. 

Oltre  che  a  sistemi  semplici  come  quello  ora  esaminato,  il 
metodo  suesposto  può  prestarsi  a  risolvere  problemi  pìii  com- 
plessi, come  sarebbe  il  : 

Caso  di  sezioni  variabili  con  dlsoontlntiltà, 
e  di  concentrazioni  intermedie  di  masse. 

Anche  in  queste  condizioni  infatti  è  facile  dimostrare  che 
si  possono  avere  onde  stazionarie  armoniche  di  periodo  arbi- 
b'ario,  vale  a  dire  moti  torsionalì  nei  quali  le  varie  sezioni 
dell'albero  compiono  oscillazioni  armoniche,  di  pulsazioni  e  fasi 
ugnali,  e  di  ampiezza  6  variabile  da  sezione  a  sezione.  Per  un 
movimento  di  tal  genere  noi  sappiamo  che  lungo  ciascun  tronco 
cilindrico  omogeneo  si  ha  equilibrio  dinamico  quando  le  am- 
piezze e  variano  colla  legge  9  =  ^sen  (~  -)-  a\  dove  (S*  ed  a 
sono  costanti  indeterminate. 

In  una  sezione  in  cui  K  passa  repentinamente  dal  valore  Ki 
al  valore  Kf,  ed  in  cui  è  calettata  una  massa  rotante  di  mo- 
mento d'inerzia  J^,  si  avrà  equilibrio  dinamico,  quando 

^.(f).-'^.(a=^.""». 

ove  si  distinguono  coU'indice  1  i  valori  che  si  riferiscono  al 
tronco  che  sta  dalla  parte  delle  x  crescenti,  coU'indice  2  quelli 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


LE  OSCILLjLZIOHI  TORSIOKALI  degù  alberi   di  TRISH.,  ECC.      373 

die  bì  riferiscono  all'altro  tronco.  Questa  equazione,  conoscendo 
la  curva  dell'onda  fino  ^la  sezione  di  discontinuità,  permette 
di  trovare  -j-  (o  la  tangente)  all'origine  del  tratto  di  curva 
seguente  e  perciò  dà  modo  di  determinare  la  (^  e  la  a  per 
questo  nuovo  tratto.  Cominciando  da  un  nodo  sì  possono  quindi 
determinare  i  successivi  archi  di  sinusoide  che  rappresentano 
un'onda  stazionaria.  Il  moto  cosi  definito  mantiene  l'equilibrio 
dinamico  su  tutta  la  lunghezza  dell'albero;  basterà,  nel  modo 
già  visto,  per  mezzo  di  due  di  queste  onde  stabilire  le  condi- 
ztoni  di  equilìbrio  anche  per  gli  estremi,  per  poter  ottenere  una 
soluzione  sinusoidale  del  problema. 

Prendiamo  in  esame  il  caso  in  cui  l'albero  dell'elica  sia 
formato  di  due  tronchi  omogenei  cilindrici  di  lunghezze  Li  ed  Lt 
e  di  costanti  elastiche  Ki  e  Kt  rispettivamente,  e  supponiamo 
che  nel  plinto  di  congiunzione  dei  due  tronchi  sia  calettata  una 
massa  rotante  di  momento  d'inerzia  J^. 

Partendo  dal  punto  B  (fig.  3)  preso  come  nodo  e  come 
origine  delle  coordinate,  il  primo  tratto  di  onda  JSC  sarà 
una  sinusoide  di  equazione  O^tS",  sen~  (<^i  è  arbitrario; 
influisce  solo  sull'ampiezza  dell'onda  che  sì  considera);  per 
a;  ^  Lt  sì  avrà  una  ordinata  CC  =:  e,,  =  {S^,  aen  ^^  ed  una 
tangente  CB,  alla  curva;  sappiamo  che  è  CBg  =-;j-tg^^. 
La  tangente  in  C  alla  curva  CA'  sarà  invece  la  C'Bi,  che  si 
determina  colla  relazione: 

die  ci  dà  la  sottotangente  CBi.  Il  tratto  seguente  di  curva  è 
pure  un  arco  di  BÌnnsoide  dì  equazione  S  =  (S'jBen  (-^ -|-a). 
(Fi  può  essere  diverso  da  V,).  iS^  ed  a  sono  definiti  dalle 

6o  =  ^.sen(^  +  a)        e        CB,  = -^tg  (^  +  a)  ; 

ricavato  a  dalla  seconda  equazione,  si  ottiene  (fi  dalla  prima. 
Determinato  cosi  anche  il  secondo  arco  d'onda,  si  ha  la  tan- 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


S74  OTTOBIHO  SESINI 

gente  A'Bi  in  A'  e  la  sottotangente  ABi;  la  parallela  A'Ba 
condotta  per  A'  alla  tangente  in  0  dà  il  segmento  AB^ .  Queste 
operazioni,  espresse  per  comodità  in  forma  geometrica,  ai  pos- 
sono, colle  formule  già  viste,  eseguire  analiticamente.  Le  lun- 
ghezze ABi  ed  ABt  trovate  corrispondono  alle  omonime  della 
fig.  1,  caratterizzano  nello  stesso  modo  le  azioni  dell'albero  sugli 
estremi,  e  servono  ugualmente  (dati  Ji^J,,  momenti  d'inerzia 
dello  masse  estreme)  a  calcolare  m  =  fJ,uj» — "70)^  P^^~ab.' 
In  questo  caso  però  bisogna  ripetere  il  calcolo  per  l'onda  con 
nodo  in  A,  diversa  in  generale  dalla  precedente,  per  ricavarne  n  ; 
per  la  p  è  facile  dimostrare  che  sì  ottiene  lo  stesso  valore 
coll'nna  o  coll'altra  delle  due  onde.  Dopo  ciò  vale  senza  modi- 
ficazione alcuna  quanto  già  si  è  detto  satla  composizione  dei 
vettori  rappresentanti  le  grandezze  armoniche  in  ginoco. 

Applichiamo  tale  calcolo  ai  seguenti  dati  ipotetici,  espressi 
in  mm.,  sec.  e  kg.  (unità  di  forza): 

Ji  =  1,2  X  10';        ^i  ==  1.0  X  10*;        Jo  =  2,0  X  10»; 

Ki  =  Kt  =  1,42  X  10"  ;         yi  =  Vt  =  3,23  X  10*; 

il  =  7,5  X  10";        Lt  =  2,5  X  10*. 

Dato  che  sia  e  =  26 ,  Jtf»  =  2,54  X  10',  si  pub  porre  : 

a,ff=4^  =  8,9X10>. 

Eseguiti  i  calcoli  per  pulsazioni  crescenti  da  tu  ^  20  ad 
up  =  60,  si  è  trovato  il  diagramma  b),  analogo  al  a),  che  dà  per 
un  momento  impresso  di  ampiezza  10'  kg.  mm.  ^  1  tonn.Xmetro, 
le  ampiezze  delle  oscillazioni  61  del  motore,  in  funzione  dì  m. 

Risulta  da  tale  diagramma  che  si  ha  un  massimo  nell'oscil* 
lazione,  sia  per  ut  ^26,4,  sia  per  ui:^51,6,  valori  assai  pros- 
simi a  quelli  che  si  ottengono  calcolando,  con  formule  note,  le 
pulsazioni  delle  oscillazioni  proprie  del  sistema,  supposto  t'albero 
privo  di  massa. 

Il  fatto  piti  significativo  che  emerge  da  questo  diagramma, 
è  che  l'ampiezza  dell'oscillazione,  che  per  la  prima  risonanza  è 
abbastanza  piccola,  acquista  nella  seconda  risonanza  un  valore 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


LI  OSCILLiZlOHI  TORSIOHAU  DROLl  ALBBBl  DI  TUASH.,  ECC.     375 

rilevantissimo  (circa  20  volte  maggiore  del  maasimo  che  ei  ot- 
terrebbe sopprìmendo  la  massa  intermedia),  malgrado  il  consi- 
derevole smorzamento  dell'elica.  Tutto  avviene  cioè  come  se 
per  ui  =  51,6  l'azione  smorzante  dell'elica  fosse  molto  attenuata, 
o,  per  lo  meno,  fosae  poco  sentita  all'estremo  motore. 

Si  potrebbe  dimostrare  che  tale  comportamento  non  è  ecce- 
zionale, ma  si  verìfica  generalmente  quando  il  valore  di  -jr-p 
6  molto  superiore  a  quello  di  ■*-  (supposto  che  J^  sia  dell'or- 
dine di  grandezza  di  Ji  e  /|). 

Se  poi  calcoliamo  ì  momenti  torcenti  dovuti  alle  oscillazioni 
suddette,  troviamo  che  la  prìma  risonanza  affatica  di  piti  il 
secondo  tronco  d'albero  che  non  il  primo,  mentre  la  seconda 
affatica  enormemente  il  primo  tronco  potendo  dare  un  momento 
torcente  uguale  a  circa  440  volte  il  momento  impresso. 

Naturalmente  in  pratica  non  si  raggiungerà  una  risonanza 
cosà  rilevante,  perchè,  di  &onte  al  diminuito  smorzamento  del- 
l'elica, acquisteranno  importanza  tutte  le  altre  cause,  trascurate 
nel  calcolo,  di  disperdimento  di  energìa;  tuttavia,  da  quanto  si 
è  detto,  ei  comprende  come  la  presenza  di  una  massa  rotante 
intermedia,  possa  in  determinate  condizioni  agevolare  la  proda- 
zione di  oscillazioni  torsionali,  e  dar  luogo,  in  una  parte  del- 
l'albero, a  torsioni  assai  rilevanti;  e  si  possono  cos)  epiegare 
le  forti  sollecitazioni  riscontrate  in  pratica  in  alberi  che  sì  tro- 
vano in  condizioni  paragonabili  a  quelle  ora  supposte  (alberi 
d'elica  di  sommergibili  nei  quali  si  ebbero  a  lamentare  riscal- 
damenti e  rotture  nei  giunti  vicini  alla  massa  intermedia)  (*). 


(')  T.  Hemoria  dell'log.  P.  FasKBrn,   Vn  eato  notevole  di 
torttoHoU.  '  Atti  della  B.  Aooademia  dei  Lincei  „  1919. 


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-  SOLLA   TSORIA   DEI  FEN'OMEHI  OTTICI,  ECC. 


Sella  teoria  dei  renomeni  ottici 

lell'ipotesi  eke  il  isoto  della  sorgente  modlllelil  la  velocità 

della  liee  emessa 


Nota    di    CINO    POLI 


Le  ipotesi  fatte  da  Freanel  {>)  sulla  velocità  della  luce  oei 
BÌstemi  in  moto,  spogliate  dalle  interpretazioni  meccaniche  sug- 
gerite dall'analogia  delle  onde  luminose  con  le  onde  trasversali 
nei  mezzi  elastici,  sono  essenzialmente  le  seguenti: 

1°  Esiste  un  sistema  di  riferimento  rispetto  al  quale  la 
velocità  della  luce  nel  vuoto  è  una  costante  assoluta  e,  indipen- 
dente dalle  condizioni  di  moto  della  sorgente  e  dei  mezzi  tra- 
Tersati  o  delle  superficie  su  cui  ha  subito  rifiessionì. 

2"  La  velocità  della  luce  monocromatica  di  data  frequenza 
in  un  mezzo  rifrangente  in  quiete  (rispetto  al  aistema  fondamene 
tale  ora  definito)  ha  un  rapporto  costante  l/n  con  la  velocità 
nel  vuoto;  se  poi  il  mezzo  è  in  moto  traslatorio  uniforme,  la 
velocità  assoluta  della  luce  diviene  c/n -|- (1 ->  1/ti')  vcosa; 
dove  f>  è  la  velocità  del  mezzo  e  a  l'angolo  che  la  direzione 
del  moto  fit  con  la  direzione  di  propagazione  della  luce. 

Da  queste  ipotesi  si  deduce,  come  è  noto,  che  in  un  aietema 
rigido  in  traslazione  uniforme  i  fenomeni  ottici  sono  diversi  da 
quelli  che  hanno  luogo  nel  medesimo  sistema  in  quiete;  però 
le  esperienze  dirette  a  riconoscere  l'influenza  del  moto  annuale 
della  terra  sui  sistemi  terrestri,  non  possono  dare  risultati  po- 


(*)  A.  FBXSHaL,  Sur  VinfitUHet  du  MOHt>M(«n(  ttrrtHre  dana  qutlgue»  pht- 
noa^M**  d'optigue  {Ltttn  à  Aragò).  'Ann.  de  ohim.  et  de  phji. ,,  9  (1818f, 
p.  57;    (Euvret,  t.  2,  p.  627. 


zed.yG00gle 


aitivi  finché  l'ordine  degli  errori  di  oeservazione  permette  dì 
trascurare  i  termini  contenenti  il  fattore  -j ,  poiché  i  metodi 
finora  usati  non  consentono  misure  dirate  di  velocità  della  luce 
0  di  lunghezze  d'onda,  ma  si  riducono  sempre  al  con&onto  dei 
tempi  impiegati  dalla  luce  a  percorrere  vari  cammini  congino- 
gentt  i  medesimi  estremi  (*).  L'esperienza  di  Michelson  è  l'unica 
che  raggiunga  la  precisione  richiesta,  ma  dà  anch'essa  risultato 
negativo  (*). 

Se  dunque  si  ritiene  che  questa  sia  rettamente  interpre- 
tata {*),  e  cioè  che  veramente  sia  in  contradizione  con  le  ipotesi 
di  FroBuel,  pare  ovvio  dedurne  che  queste  non  sono  accettabili 
e  vanno  pertanto  modificate  (').  In  sostanza  l'esistenza  di  quel 
sietema  privilegiato  di  riferimento  postnlato  da  Fresnel  è  negati 
dall'esperienza  di  Michelson,  e  pertanto  sembra  naturale  ammet- 
tere invece  che  la  costante  e  rappresenta  la  velocità  della  loce 
relativa  alla  sorgente  che  l'ha  emessa  (<).  Ma  alcuni  fisici  auto- 


(*)  G.  Stoeim,  Mathematieal  and  Piiyiieal  Paperi,  t.  1,  p.  141.  —  Hiscast, 
Traile  d'optique.  —  Lobbntc,   Theory  of  Electron^. 

(*)  A.  A.  MicHBLBOif,  The  relative  motion  ofthe  earlh  and  the  luMiniftnm 
«ther.  'Amerìoan  Jourual  of  Scienoe  ,  (8),  23  (18811,  p.  20.  —  A.  A.  HicamMi 
and  E.  W.  Hobut,  *  ibidem  ,  (3),  34  (1867),  p.  338.  —  E.  W.  Uobui  ud 
D.  C.  MiLUB,  '  PhjloBophical  Mngaune  .  (6),  9  (1905),  p.  680. 

(*)  Cfr.  A.  RiQBi,  L'esperienza  di  MicheUon  e  la  ma  interpreUuioiit. 
'Memorie  dell'Accademia  d.  Sciente  di  Bologna.,  12  genn.  1919. 

(*)  Non  h  taor  di  luogo  notare  a  qneato  punto  1a  illogicità  dello  >'>• 
lappo  storico  ohe  lia  condotto  alla  teoria  di  Einstein;  in  quanto  che  dalli 
prinw  teorìa  di  LorentE,  la  quale  inquadrando  l'ottica  nella  elettrodinamica 
generale  otteneva  ii  secondo  postulato  di  Fresnel  come  conseguenza  del 
primo,  sì  passa  alla  seconda  teoria  di  Lorentz  che  per  mantenere  il  primo 
postulato  di  Fresnel  nega  resistenia  fìsica  dei  corpi  rigidi,  ed  inSne  alle 
teorie  di  Einstein  che  pur  costretto  ad  abbandonare  l'ipotesi  di  {Vesoel 
tuo!  mantenere  le  eqnacioni  di  Lorentx  che  erano  esienEÌalmeute  bsMle 
■n  di  està,  e  per  far  ciò  non  esita  ad  abbandonare  anche  il  postulato  di 
Euclide.  La  via  scelta  b  pericolosa,  perchb,  se  oggi  per  interpretare  ^e■p^ 
riensa  di  Hichelson  si  ricorre  alla  critica  gnoseologica  del  concetto  di 
tempo  e  di  spailo,  domani  per  un'altra  esperienu  ai  giungerà  addirittoi* 
alla  critica  delle  forme  del  ragionamento  e  delle  regole  logiche! 

(*}  W.  Rira,  Btcherche*  criti^ut»  tur  l'éUetrodfnamique  généraU.  *  An- 
oales  de  chimie  et  do  physique  .  (8),  18  (1908),  p.  145;  (Euvret,  p,  SIT.  — 
J.  J.  Tbokboh,  '  FhiloBophical  Hagazine  „  19  (1910),  p.  301. 


D,B,t,zed.yGOOg[e 


SULLA  TEORIA   DEI   FENOMENI  OTTICI,   ECC.  379 

revoli  hanno  asserito  receatemeote  ohe  questa  ipotesi,  che  chia- 
meremo emissiva,  conduce  a  risultati  contrari  all'  esperienza, 
quando  intervengano  moti  relativi  delle  parti  costituenti  il 
sistema  (^). 

Queste  asserzioni  sodo  dovute  ad  errore  di  interpretazione 
delle  esperienze  {'). 

Infatti  Tolman  e  Majorana  osservano  che  nell'ipotesi  di 
un  moto  della  sorgente  rispetto  all'osservatore  supposto  in 
quiete,  la  teoria  di  Fresnel  prevede  un  cambifiinento  della 
lunghezza  d'onda,  mentre  nell'ipotesi  emissiva  questa  resta  in- 
variata; e  poiché  nella  ordinaria  teoria  della  diffrazione  le  am- 
piezze delle  frangie  prodotte  da  un  interferometro  o  la  posi- 
zione delle  righe  nello  spettro  normale  (cioè  prodotto  da  un 
reticolo)  è  espressa  in  funzione  della  sola  lunghezza  d'onda, 
gli  Autori  citati  ne  deducono  che  nell'ipotesi  di  Fresnel  si  pre- 
vederà  uno  spostamento  delle  frangie  o  delle  righe,  mentre 
nell'ipotesi  emissiva  non  si  avrà  nessuna  modificazione.  Tale 
spostamento  è  effettivamente  osservato  (esso  non  è  che  il  fe- 
nomeno Doppler-Fizeau),  e  quindi  si  crede  condannata  l'ipotesi 


L'orrore  di  questo  ragionamento  sta  nell'ammettere  a  priori 
che  le  ampiezze  delle  frangie  si  esprìmano  in  funzione  della 
sola  lunghezza  d'onda  non  solo  nei  sistemi  in  quiete  che  è  il 
caso  supposto  dell'ordinaria  teoria,  ma  anche  quando  vi  sia 
moto  relativo  delle  parti  del  sistema.  Di  ciò  ci  si  persuade 
facilmente  tentando  di  ripetere,  per  es.,  la  trattazione  elemen- 
tare dei  fenomeni  di  diffrazione  di  Fraunhofer;  e  del  resto  basta 
ricordare  che,  se  si  suppone  la  sorgente  in  quiete  e  l'osserva- 


0  TotMi»,  '  Physical  Review  „  81  (1910),  p.  26.  —  W.  di  Sittsb. 
'  FroceediugB  Akad.  Ameterdam  .,  15  (1918),  p.  1297;    16  (1913),  p.  395; 

*  PhjBikaliacfae   Zeitschrift  „  14  (1918),   pp.  429,  1267.  —   E.  Fbiidkdlich, 

*  Phjgikaliache  Zeitechrift  „  14  (1913),  p.  885.  —  P.  Gcthhice,  '  Astron. 
Haehrichten  „  195  (1913),  Nr.  4670.  —  Q.  Muoraka,  '  Bendìconti  Àcoad. 
dei  LiDCeì,,  26  (1918),  pp.  118,  155;  27  (1918),  p.  402;  'Atti  R.  Accad. 
di  Torino  .,  53  (1918),  p.  793. 

C)  'Si  confronti,  p.  ea.,  le  critiche  di  Stewart  alle  esperienze  di  Tolman, 
per  quanto  le  apiegaxioDi  date  da  Stewart  non  mi  sembrino  Bodditracenti 
ai  complete  ('  Phyaical  Review  .,  31  (1911),  p.  26). 

Atti  della  B.  Acradeutia  —  Tol.  LV.  26 


Digitized^yGOOgle 


tore  in  moto,  anche  nella  ipotesi  dì  Fresnel  la  langhecza 
d'onda  in  nn  sistema  d'assi  connessi  all'oeserratore  non  è  af- 
fetto alterata,  e  quindi  col  ragionamento  di  Tolman  e  di  Ma* 
jorana  dovremmo  attenderci  che  i  fenomeni  di  difFrazione  non 
siano  modificati,  mentre  è  noto  che  l'effetto  Doppler  sì  mani- 
festa nello  spettro  normale  anche  in  qaesto  caso. 

Le  obiezioni  fatte  alla  ipotesi  emissiva  crollano  dunque 
senz'altro,  poiché  evidentemente  errate,  tanto  che  sarebbero  in 
contrasto  colle  stesse  ipotesi  di  Fresnel. 

Occorre  notare  ancora  che  l'ipotesi  emissiva  come  Ò  stata 
enunciata  finora  non  è  sufficientemente  completa  per  costruire 
una  teoria  ottica.  Infatti  non  dice  cosa  avvenga  della  velocità 
della  luce  nella  riflessione  sa  uno  specchio  in  moto  (*)  e 
tanto  meno  indica  le  modificazioni  prodotte  dai  mezzi  ri- 
frangenti. 

In  altri  termini,  occorre  sostituire  prima  le  ipotesi  di  Fresnel 
con  delle  nnove  ipotesi  altrettanto  complete  e  farne  poi  il  con- 
trollo sperimentale.  Enunciare  queste  ipotesi  e  dimostrarle  con- 
formi alle  esperienze  fatte  è  lo  scopo  dì  questa  Nota. 

Il  sistema  delle  sorgenti  luminose,  delle  superficie  riflet- 
tenti e  dei  mezzi  rifrangenti  sia  costituito  da  parti  rigide,  cia- 
scuna delle  quali  abbia  un  qualunque  moto  di  traslazione  uni- 
forme ('");  gli  assi  di  riferimento  siano  quelli  della  meccanica 
classica.  Ciò  posto  supporremo  quanto  segue: 

1°  La  velocità  della  luce  emessa  da  una  sorgente,  la  cui 
velocità  è  a,  è,  nel  vuoto,  e  -|~  u  ^oa  a,  dove  a  è  l'angolo  della  di- 
rezione del  moto  della  sorgente  con  quella  di  propagazione  della 
luce,  qualunque  stano  le  riflessioni  o  rifrazioni  precedentemente 
subite. 


(*)  Di  questo  ai  h  ben  aocorto  il  Michaad  (che  si  riferisce  probabil- 
mente alle  belHasime  esperienze  di  Q.  Hi^orana),  il  quale  fa,  per  la  rifles- 
sione, precisamente  l'ipotesi  contenuta  nei  postulati  che  enuncio  più  avanti 
e  Comptes-Rendus  Acad.  des  Se.  „  158  (1919),  p.  507). 

('")  Per  le  esperienze  di  cui  si  tratta  queste  coudicioni  non  sono  restrit- 
tive, perchè  tutte  aoddiafatte  entro  i  limiti  degli  errori  di  oBseivazione. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


SULLA  TSOBU  DEI   FENONENI  OTTICI,   ECC.  381 

2"  La  velocità  della  luce  monocromatica  emeesa  da  detta 
sorgente,  in  un  mezzo  rifrangente  di  indice  a  che  si  muove  con 
la   telocità  v,  è 

—  +  «  eoe  a  +  (l 1  )  ("  C08  p  —  u  eoa  a) , 

dove  P  è  l'angolo  della  direzione  di  propagazione  della  luce  con  la 
direzione  del  moto  del  mezzo.  ^ 

È  chiaro  che  pei  sistemi  in  quiete  bÌ  ritrova  l'ottica  cIab- 
sica.  Inoltro  è  indifferente  sostituire  al  primitivo  sistema  di  ri- 
ferimento un  altro  che  sia  in  traslazione  uniforme  rispetto  al 
primo,  poiché,  con  le  formule  date,  seguita  a  valere  la  regola 
di  composizione  delle  velocità  della  cinematica.  Quindi  nell'as- 
aenza  di  moto  relativo  delle  parti  i  fenomeni  sono  indipendenti 
dalla  traslazione  d'insieme  dell'intero  sistema. 

Quando  vi  sta  una  sola  sorgente  luminosa,  ci  si  potrà  rife- 
rire ad  assi  connessi  con  la  sorgente:  in  tal  modo  le  espressioni 
date  dalle  nostre  ipotesi  vengono  a  coincidere  con  quelle  dì 
Fresnel  nel  caso  di  una  sorgente  fissa.  Si  osservi  allora  che 
tutte  le  esperienze  fatte  finora  suH'infiuenza  del  moto  relativo 
di  sorgente  ed  osservatore  vertono  solo  sui  termini  del  primo 
ordine,  e  sono  tutte  soggette  a  quelle  restrizioni  surricordate 
che  fanno  sì  che  una  traslazione  d'insieme  non  modificherebbe 
i  risultati  osservati  neanche  ammettendo  le  ipotesi  di  Fresnel. 
Se  dunque  si  tratta  di  esperienze  in  cui  (noli 'applicare  le  teorie 
di  Fresnel)  si  ritenga  fissa  la  sorgente,  avremo  gli  stessi  risul- 
tati anche  colle  nuove  ipotesi,  poiché  si  ha  perfetta  coincidenza 
delle  formolo  ;  se  invece  si  ritiene  che  la  sorgente  sia  in  moto, 
ì  risultati  della  teoria  di  Fresnel  non  restano  modificati  (nel 
1°  ordine)  dando  una  traslazione  a  tutto  il  sistema  che  riduca 
in  quiete  la  sorgente,  e  quindi  vengono  ancora  a  coincidere  con 
quelli  forniti  dalle  nuove  ipotesi. 

Tutte  le  esperienze  eseguite  finora  (tranne  quella  di  Mi- 
chelson,  che  è  contraria  alla  teorìa  di  Fresnel)  si  possono 
dunque  indifferentemente  interpretare  colle  ipotesi  di  Fresnel 
0  con  quelle  proposte  nella  presente  Nota:  per  decidere  in 
bvore  dell'una  o  delt'allra,  tenendo  conto  dei  soli  termini  del 
1*  ordine,  occorrono  misure  dirtlte  della  velocità  della  luce  o, 
ciò  che  è  sostanzialmente  lo  stesso,  delle  lunghezze  di  onda. 


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382  CIHO  POLI  ~  SULLA  TBOBlt.  DEI  FENOHBHI  OTTICI,  ECa 

Le  ipoteai  proposte  son  lungi  dal  costituire  Dna  teoria 
completa  dell'ottica  dei  Biatemi  m  moto:  sì  limitano  ai  moti 
imìformi  e  trattano  l'ottica  indipeadentemente  dai  suoi  legami 
con  l'elettrodinamica  ;  ma  ho  solo  voluto  mostrai-e  che  l'ipotesi 
di  Ritz  sulla  velocità  della  luce  non  è  contraddetta  da  alcuna 
esperienza,  A  che  merita  per  la  sua  semplicità  di  venir  adot- 
tata almeno  come  working  hypothesis  piiì  frequentemente  che 
non  si  sia  fatto  BBiora. 

Torino,  13  gennaio  1919. 


L'Aoeademico  Segretario 
Cablo  Fabbizio  Pabona 


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CLASSI   UNITE 


Adunanza  del  16  Febbraio  19S0 


PRESIDENZA   DEL    30CI0   PROF.   COUH.   ANDBEA.   NACCABI 
PRESIDENTE    DELL'ACCADEVI  A 


Sono  presentì,  della  Classe  di  Scienze  fisiche,  matematiche 
e  natarali,  i  Soci  Seqre,  Parona,  Mattirolo,  Grassi,  Sohigliana, 
Sacco, 

e  della  Glasse  di  Scienze  morali,  storiche  e  filologiche, 
i  Soci  RuFFiNi,  Vicepresidente  dell'Accademia,  Pizzi,  Db  Sanctis, 
Brondi,  Einaudi,  Baudi  di  Vbskb,  Vidabi,  Prato,  Ciak,  Valhaqqi, 
e  Stampini  Segretario  della  Classe,  che  funge  da  Segretario  delle 
Classi  unite. 

È  scusata  l'assenza  del  Socio  D'Ovidio,  Direttore  della 
Classe  di  Scienze  fisiche. 

Si  legge  e  si  approva  l'atto  verbale  dell'adunanza  delle 
Classi  unite  del  giorno  7  dicembre  u.  s. 

Il  Presidente  dà  comunicazione  della  lettera  del  Ministro 
della  Pubblica  Istruzione,  il  quale,  rispondendo  con  data  del 
10  gennaio  u.  s.  all'ordine  del  giorno  votato  dall'Accademia 
nella  sua  adunanza  testé  ricordata  del  7  dicembre  1919,  ripete 
di  non  potere  elevare  l'annua  dotazione,  pur  riconoscendola  in> 
sufficiente,  per  la  recisa  opposizione  del  Ministro  del  Tesoro. 

Il  Socio  Orassi  legge  la  relazione  della  Commissione  per 
il  21"  Premio  Bressa  relativo  al  quadriennio  1915-1918.  Ter- 
minata la  lettura,  attesoché  la  Commissione  deliberò  di  chiedere 
all'Accademia  '  se  non  sarebbe  conveniente  sospendere  pel  mo- 
mento il  giudizio  definitivo  sul  conferimento  del  premio  ,,  pre- 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


384 

Bentando  nell'ultimo  capoverso  della  relazione  due  proposte  alla 
scelta  dell'Accademia,  il  Socio  Sbobb  propone  che  '  la  conchio- 
sione  nltima  della  CommiseioDe  sia  modificata  nel  aenso  che  nn 
premio  sta  conferito  ad  opere  del  quadrienno  1915-1918  solo  se 
in  questo  quadriennio  si  troverà  un'opera  degna  del  premio  ;  in 
caso  contrario  i  due  premi  si  assegnino  ad  opere  pubblicate 
negli  anni  dal  1915  al  1922  ,.  La  proposta  del  Socio  Seoke  è 
combattuta  dal  Vicepresidente  Rcffini,  e  al  dibattito  prendono 
parte  t  Soci  De  Sanctis,  SowaLiAMA,  Bbondi  e  Stahfini.  Dopo 
aoimata  discusBione  l'Accademia  approva  unanime  la  relazione 
e  delibera  di  rimandare  alla  prossima  adunanza  delle  Clas» 
unite  la  votazioue  sull'ultima  proposta,  che  è  quella  di  affidare 
il  compito  di  nuove  ricerche  e  di  una  nuova  relazione  a  quella 
Commissione  che  dovrà  giudicare  dell'assegnazione  del  premio 
Bressa  intemazionale  per  il  quadriennio  che  scadrà  nel  1922. 
Il  Socio  SoUGUANA  legge  la  relazione  della  Commissione 
per  il  Premio  Vatlauri  riservato  alle  Scienze  fisiche  per  il  qua- 
driennio 1915-1918.  La  relazione  è  approvata  senza  dÌBCossione, 
e  si  rimanda  alla  prossima  adunanza  la  votazione  sulla  proposta 
della  Commissioue,  che,  non  essendovi  persona  a  cui  possa  essere 
conferito  il  premio,  "  il  premio  stesso  vada  ad  aumento  del 
capitale  e  serva  così  ad  accrescere  coi  propri  interessi  i  premi 


Infine  il  Socio  De  SANcrts  legge,  anche  a  nome  del  Socio 
Patetta,  la  Relazione  intorno  alla  seconda  conferenza  accade- 
mica internazionale.  La  relazione  è  approvata  con  plauso  dalla 
Accademia  che  di  buon  grado  conviene  di  esprimere  la  sua  gra- 
titudine ed  il  suo  plauso  ai  Colleghi  francesi  e  segnatamente  ai 
signori  Senart  presidente  e  Hohollk  segretario  della  confe- 
renza, e  riconosce  l'opportunità  d'un  convegno  in  Roma  di  rap- 
presentanti delle  Classi  morali  delle  singole  Accademie  Reali 
italiane  nelle  prossime  ferie  pasquali. 


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RELAZIONE 


XXI    PREM.IO    BRESS-A- 

(quadriennio  iei5-18) 


Nessuna  proposta  di  opere  meritevoli  di  concorrere  al 
premio  fu  fatta  da  soci  dell'Accademia.  Furono  invece  presen- 
tate dai  loro  autori  le  opere  seguenti: 

1.  BfinDENKK  VioTOB.  —  La  préveniion  de  la  luberculose. 

2.  Gbirnhill  0.  —  N°  5  Memorie  relative  Et  questioni  di  meccanica, 

tre  delle  quali  sono  anteriori  al  1915,  cioè: 

Report  <m  the  Theory  of  a  Stream  Line  post  a  piane  harrier, 
and  of  the  discontinuity  arising  at  the  edge,  mth  an  appli- 
eation  of  the  Theory  to  o»  Aerarne.  London,  1910. 

The  Attraction  of  a  Homogeneoua  Spherieal  Segment.  Baltimore,  1913. 

Beport  on  Gyroscopic  Theory.  London,  1914. 
Quelli  compresi  nel  quadriennio  1915-18  sono: 

Theory  of  a  Stream  Line  post  a  Curved   Wing.  London,  1916. 

The  PoUnlial  of  a  Lem,  and  Allied  Pkysical  ProUems.  Balti- 
more, 1917. 

3.  Hknby  Chablis.    —    Bayonnement,    gravitation,    vie.    '  Bulletin  de 

rinstitat  general  psfchologiqne  ,,  Paris,  1918. 

4.  HicKs  W.  M.  —  On  the  enhanced  serie»  of  linea  in  spertra  ofatka- 

line  earlhs.  London,  1915. 
A    criticai  study   of  spectral   series.  Parte  In.  IV,   Le  prime  tre 
parU  sono  anteriori  al  1916.  La  parte  IV  è  del  1916.   Londra. 

5.  Honda  (Kotabo)  e  collaboratori  Musakaki,  Ókcbo  e  Ishiwaba.  — 

N.  13  lavori  sulle  proprietà  magnetiche   dei  corpi.   Tutti   com- 
presi  nel  quadriennio  : 
HoDDA  (E.).  —  On  magnetic  awdysis  as  a  means  of  studying  the 

atructure  of  iron  ailoys,  s.  1.,  1918. 
—  0»  the  temperature  of  the  reversibìe  A,  transformation  in  carbon 
ateelt.  Sendaì,  Japan,  1916. 


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Honda  (K.).  —  A  criterion  for  aUotropie  Iraneformationt  ùf  iron 
ai  high  temperaturea.  Sendaì,  Japan,  1917. 

—  On  the  magnetic  investigatian  of  the  atatea  of  cementite  in  oh- 

nealed  and  quenched  earhon  aleels.  Sendai,  Japan,  1917. 

—  and  MuBAKAHi  (T.).  —  On  the  thermomagnetic  properiiea  of  the 

carbidea  found  in  ateela.  Sendai,  Japan,  1918. 
0»  the  atructure  of  the  magnet  ateela  and   ita   change   with 

the  heat  treatments.  S«Ddai,  Jupan,  1917. 
On  the  atrwAure  of  tungsten  ateela.  Sendai,  Jspan,  1918. 

—  and  Okubo  (J.).  —  Ferramagnelic  auhalaiKeB  and  crgatala  in  the 

Ughi  of  Ewing's  Theorg  of  Moleeular  Magnetism.  Sendaì,  Japan, 
1916. 

On  the  effect   of  temperature    on    magnetiaalion    conaidered 

front  the  etandpoint  of  Ewing'a  Theory  of  Magnetiam.  Sendai, 
Japan,  1916. 

—  —  On  a   theory   of  hyatereaia-loaa   bg   magnetiaalion.    Sendai, 

Japan,  1917. 

—  —  On  a  kinetie  theory  of  magnetiam  in  general.  Sendai,  Japan, 

1918. 
Ibhiwaba  (T.).  —  On  the  magnetic  inveatigation  of  A^  and  A,  tram- 

formationa  in  pure  iron  and  steel. 
MuBAEAUi  (T.).  —  On  the  atructure  of  tron-carbon-chromium  aUoys. 

Sendai,  Japan,  1918. 
6.  JiFrRBY3  H.  —  N.  15  lavori   di   fisica  e   meccanica   terrestre  ed 
astronomica;  tntti  compresi  nel  quadriennio;  cioè: 
Certain  Hypotheaes  aa  to  the  Internai  Structure  of  the  Earth  and 

Moon.  London,  1915. 
The  Effect  of  a  Reaìsting  Medium  on  Lagrang^a  Three  Partidea. 

London,  1915. 
Two  applications  of  Jacobfa  integrai.  London,  1917. 
The   Viscoaity  of  the  Earth.  London,  1915. 
The  Viscoaity  of  the  Earth  (Third  Paper).  London,  1917. 
The  Compreaaion  of  the  Earth'a  Cruat  in  Cooling.  London,  1916. 
0»  Certain  Poaaible  Distribuiiona  of  Meteoric  Bodiea  in  the  Solar 

System.  London,  1916. 
The  Secular  Perturbationa  of  the  Four  Inner  Pianeta.  London,  1916. 
The  Secular  Perturbationa  of  the  Inner  Pianeta.  London,  1918, 
On  the  Early  Hiatory  of  the  Solar  System.  London,  1918. 
lite  Reaonance  Theory  of  the  Origin  of  the  Moon.  London,  1917. 
Cauaes  contributory  to  the  Annual  Variation  of  Latitttde.  London, 

1916. 
On  Periodic  Connection  Currenta  in  the  Atmosphere.  I-IL  London, 

1917. 


>y  Google 


387 

&»ne  ProUems  of  Eoaporation.  London,  1918. 
Problema  of  Bimudation.  London,  1918. 

7.  MiBK  Albxandbk,  —    The  migration  of  fish.  London,  1916. 

8.  HiOHAtD  FìLix.  —   N.  5  lavori  di  fisico-cblmica  e  t«rmodÌnamicft  ; 

tutti  compreai  nel  quadriennio;  cioà  : 
Les  Solutions  des  gaz  dans  lea  liqaides.   Sxtrait  dea   "Annales  de 

Physique  „  9»  Serie. 
Cotiiribuiion  à  l'étude  des  mtìanges.  '  Idem  ,. 
Le  principe  de  Camot  et  le  principe  de  la   dégradatìon  et  de  Pé- 

nergie.    Nei   n'  16-17  della  *  Berne  scientiSque  ,  dell'll,  18, 

25  agosto  1917. 
Parois  aemi-perméàbles  et  Potentina  tkermodi/namiques.    Nel  n.  21 

della  "  Revne  generale  des  Sciences ,  del  15  settembre  1917. 
Aasoeiation  molieulaire  et  Comìnnaiaon  ehimigue.  Nel  n.  23  '  Id. , 

del  15  dicembre  1917. 

9.  BiDGBWAT  WiLLiAU.  —  The  Dramaa  and  dramatic  Dances  of  non- 

European    raeea    in    special   reference   to    the    origin    of   Oreek 
tragedy.  Cambridge,  1915. 
10.  Shaplkt  H.  and  Pbasb,    ^    N.  7  lavori  di  astronomia,  tutti  com- 
presi nel  quadriennio,  cioè  : 
Shaplkt  (H.).  —   Oultine  and  summarg  of  a  Study  of  magnitudea 
in  the  globvlar  dusler  Messier  13,  1916    (Publications  of  the 
Astronomica!  Society  of  the  Pacific,  1916-1918). 

—  lite  dimensiona  of  a  globvlar  ctuster,  1917. 

—  Qlobxdar  cluaterg  and  the  structure  of  the  Galactie  at/atem,  1918. 

—  Studies  of  magnitudea   in  alar  dustera   (Proceedings  National 

Academy  of  Sciences.  Washington,  1916-1917): 

I.  On  the  absorption  of  light  in  space.  -  II.  On  the  se- 
quence  of  spectral  types  in  Stellar  revolution.  -  IIL  The 
colors  of  the  brìghter  stare  in  four  globular  systems.  ■ 
lY.  On  the  color  of  stars  in  the  Galactie  clouds  surroundìng 
Messier  II.  ■  V.  Purther  evidence  of  the  absence  of  scat- 
tering of  light  in  space.  -  VI.  The  relation  of  bine  stars 
and  yariables  to  Galactie  planes.  -  VII,  A  method  for  the 
determination  of  the  relative  distances  of  globular  clusters. 
Washington,  1917;  6  fase. 

—  Studiea  baaed  on  the  eolors  and  magnitudea  in  ateUar  clusters 

(Oontrìbutìon   from   the   Monnt   Wilson   Solar    Obssrratory; 
Nos  115-117,  126,  133,  151-157): 

I,  The  general  problem  of  clusters.  -  II.  IJiirteen  hundred 
stars  in  the  Hercules ^  ci uater  (Messier  13).  -  III.  A  cata- 
logne of  311  stara  in  Messier  67.  -  IV.  The  Galactie  cluster 
-  V.  Color-indtces  of  stars  in  the  Galactie  clouds.  - 


zed.yGOOg[e 


VI.  Od  the  detorminstion  of  the  dìstances  of  globulu*  cliu- 
ters.  •  VII.  The  distances,  distribatioD  in  Epace,  and  di- 
mension  of  69  globular  clnsters.  -  Vili.  The  luminosìties 
and  distances  of  139  Cepheid  varìables.  -  IX.  Three  notes 
OD  Cepheid  varìation.  -  X.  A  criticai  magnitade  in  the  se- 
quence  of  stellar  luminositiea.  -  XI.  A  compariaon  of  the 
diatance  of  varìous  celestial  objects.  -  XII.  Remarka  oq  the 
arrangement  of  the  sideral  universe. 
Pkase  (Fb.  G.)  and  Shaplit  (H.).  —  Axea  ofsymmetry  in  (flobular 

dusters.  Washington,  1917  (Proceedìngs  National  Academy  of 

Washington,  1917). 

—  On  the  dielribiUion  of  stari  in  ttodve  globular  dusters.  Washing- 

ton, 1917  (Contributiona  from  tbe  Mount  Wilson  Solar  Obser- 
vatory,  129;  "  Aatrophysical  Journal  „  voi.  XLV,  1917). 

11.  SopfB  H.  E.  —  Improvements  in   the  metkod   of  and   means  far 

compiline   tabular    and   statistical  data.    Brevetto   N.   117834. 
London,  1918. 

12.  WooDWARD  Arthur  Smith.  —  Lavori  diversi  di  Paleontol<^(ÌB,  tatti 

compresi  nel  quadriennio,  cioè: 
WooDWARD  (A.  8.).  —  The  use  of  fossil  Fiskes  in  ^raligrajAieal 
Oeology.  London,  1915. 

—  The    use  of  the  Higher    Vertebrates  in  stratigraphieal  Oeotog^. 

London,  1917. 

—  T^  fossil  Fishes  of  the  English    Wealden  and  Purbeek  forma- 

lions.  Part  I-IL  London,  1916-1918. 

—  A  neto  specimen  of  Haurostomus  esocinus.  London,  1916. 

—  On   a  Mammalian    ntandiUe    ("  Cimolestes   Cutleri  ^  from  an 

Upper  Cretaceous  formation  in  Alberta,  Canada.  London,  1916. 

—  Early  Man.  London,  1917. 

—  On  a  new  species  of  Edestus  from  the  Upper  Carboniferous  of 

Workshire.  London,  1917. 
--  Notes  on  the  Pgenodont  Fishes.  London,  1917. 

—  On  the  Skult  of  an  exttnct  Mammal  related  to  Aeluropus  from 

a  Cave  in  the  Ruby  Mines  at  Mogok,  Burma.  London,  1917. 

—  The  to-calted  Coprolites  of  Ichtht/osaurians  and  LabyritdhodotUs. 

London,  1917. 
~  A  Ouide  to  theFosail  Bemaitis  ofMan.  2'"'edition.  London,  1918. 

—  and  Smith  (G.  Elliot).  —  Cht  a  Second  Skuil  from  the   Pili- 

down  Oravel.  London,  1917. 

—  and  Dawsos  (Ch.).   —    Oh  a  Bone    implement    from    Piltdoicn 

(SuSaex).  London,  1916. 

—  and  Pbtboniitics  (B.).  —  On  the  Peetoral  and  Peline  Arehes  of 

the  BritishMuseum  Specimen  of  *  Arehaeopteryx  ,.  London,1917. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


Oltre  a  questi  coacorrenti  si  era  presentato  ancbe  il  signor 
Thoral  J.  M.  (pseudonimo  Tony  Lathor),  eoo  due  opuscoli  dal 
titolo;  La  faiUite  du  monde  savatit.  Ma  lo  stesso  autore  dichiara 
nella  sua  lettera  del  30  aprile  1917  che  qu^li  opuscoli  furono 
pubblicati  prima  del  1914;  cosicché  non  è  il  caso  di  prenderli 
in  considerazione. 

Anche  il  concorreute  sig.  Brudeone  non  può  esaere  preso 
in  considerazione,  perchè,  dopo  aver  annunciato  di  voler  con- 
correre al  premio  colla  sua  opera  sulla  prevenzione  della  tu- 
bercolosi, si  limitò  a  iax  conoscere  un  indice  del  contenuto  del- 
l'opera, che,  pare,  non  sia  stata  ancora  pubblicata. 

Conviene  poi  avvertire  che  due  degli  altri  undici  concor- 
renti, cioè  il  sig.  Honda  e  il  sig.  Shapley,  presentarono  i  loro 
lavori  colla  dichiarazione  di  voler  coucorrere  ai  premi  che  ven- 
gono conferiti  dalla  nostra  Accademia,  senza  indicare  precisa- 
mente se  aspirassero  al  premio  Bressa  o  al  premio  Vallaurì; 
perciò  si  è  creduto  di  considerarli  come  concorrenti  ad  entrambi 
codesti  premi. 

Ed  ecco  ora  un  giudizio  riassuntivo  sui  lavori  dei  singoli 
concorrenti. 

QBEENHILL  G. 

Nei  lavoro  sulle  correnti  fluide  che  incontrano  un  ostacolo, 
l'autore,  ben  noto  già  per  altri  pregevoli  lavori,  nel  campo  della 
meccanica,  intende  preparare  elementi  per  la  teoria  dell'aero- 
plano e  la  tecnica  della  sua  direzione,  Sono  però  ricerche  sol- 
tanto teoriche,  dove  vengono  riassunte  in  gran  parte  teorie  note, 
dovute,  per  quanto  riguarda  le  correnti  fluide,  a  geometri  ita- 
liani, e  se  ne  fanno  applicazioni  che  non  implicano  novità  di 
concetti;  sebbene  siano  condotte  con  scrupoloso  metodo  scien- 
tifico. 

Mei  lavoro  relativo  alla  teoria  del  potenziale  il  Qreenhìll 
studia  con  molta  abilità  analitica  il  campo  di  attrazione  dì  una 
lente  piatta.  La  riducibilità  del  problema  agli  integrali  ellìttià 
era  stata  dimostrata  da  Hill;  perciò  e  per  quanto  interessanti 
siano  i  risultati  a  cui  l'autore  arriva,  convieo  riconoscere  che 
il  contenuto  concettuale,  essenziale  della  ricerca  non  gli  ap» 
partiene. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


La  Gommisgione  quindi  ritiene  che  questi  lavori  del  Greenbill, 
nonostante  i  loro  pregi  indiacutibili,  non  presentano  tale  ca- 
rattere di  originalità,  o  tale  importanza  di  risultati  da  essere 
giudicati  meritevoli  del  premio. 


HENRT  CHABLES. 

La  Monografia  Ra^onnement,  Oravitation,  Vie,  presentata 
da  questo  concorrente,  comincia  colla  esposizione  di  molte  no- 
zioni di  Fisica  moderna,  quali  il  flusso  luminoso,  la  legge  di 
Lambert,  quella  di  Eirchlioff,  quella  di  Stephan,  quella  di  Dulong 
e  Petit,  la  formota  di  Planck,  la  teorìa  dei  Quanta.  Cerca  poi 
di  connettere  tali  nozioni  o  teorie  con  delle  questioni  dì  fisica 
fisiologica,  ritornando  spesso  a  questioni  di  fisica  pura,  come 
quella  della  relatività,  dì  Einstein  e  Minkowski.  Ma  pur  troppo 
non  si  riesce  a  comprendere  il  nesso  logico,  se  veramente  esso 
esiste,  che  ha  guidato  l'autore  nel  riunire  nozioni  tanto  di- 
sparate. 

Pare  quindi  che  tale  lavoro  non  possa  in  alcuna  guisa 
esser  preso  in  considerazione  per  il  conferimento  del  premio. 


HICKS  W.  M. 

II  lavoro  presentato  costituisce  un  paziente  e  minuto  studio 
crìtico  sopra  gli  spettri  in  eerie. 

Le  prime  tre  parti  però  sono  di  pubblicazione  anterìore 
al  1915,  e  perciò  dovrebbe  essere  presa  in  considerazione  sol- 
tanto la  parte  Quarta,  dove  l'autore  esamina  la  struttura  degli 
spettri  emessi  sotto  l'azione  della  scintilla  elettrìca,  e  la  Nota 
ultima  sugli  spettri  delle  terre  alcaline. 

L'argomento  studiato  dall'autore  è  assai  complesso  e  su  di 
esso  si  hanno  già  tanti  lavori  sperimentati  e  dati  d'osservazione 
da  giustificare  forse  l'assenza  di  uno  studio  sperimentale  ori- 
ginale nel  lavoro  del  sig.  Hicks.  Uà  d'altra  parte,  se  le  con- 
fusioni a  cui  conducono  le  vane  formole  o  teorìe  precedente- 
mente' note,  a  cominciare  da  quella  di  Balmer,  sono  lungi 
dall'essere  d'accordo,  anche  il  sig.  Hicks,  quantunque  ai  sia  afor- 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


zato  a  perfezionare  con  molta  cura  e  pazienza  le  idee  degli 
autori  precedenti,  non  pare  aia  riuscito  a  formulare  teorie  che 
rappresentino  un  progresso  notevole  nello  studio  in  parola,  e 
tale  da  poter  essere  preso  in  considerazione  per  il  conferimento 
del  premio. 

HONDA  KOTARO. 

Le  13  Kote  presentate  dal  Prof.  Honda  e  suoi  collaboratori 
Murakami,  Ishiwara  e  Okubo,  vanno  distinta  in  dne  gruppi. 

Un  primo  gruppo  di  nove  Note  è  dedicato  allo  studio  delle 
trasformazioni  allotropiche  che  subiscono  il  ferro  e  le  sue  leghe 
ferromagnetiche  a  diverse  temperature,  studio  eseguito  col  me- 
todo dell'analisi  magnetica. 

Questo  metodo  si  basa  sulla  proprietà  seguente  delle  so- 
stanze ferromagnetiche,  che  cioè  tali  sostanze,  poste  in  un  campo 
magnetizzante  non  troppo  debole,  assumono  una  intensità  dì 
magnetizzazione  che  col  crescere  della  temperatura  va  dimi- 
nuendo, da  prima  lentamente  e  poi  più  rapidamente  per  annullarsi 
infine  ad  una  temperatura  critica,  che  è  una  costaote  caratteristica 
della  sostanza;  inoltre,  se  questa  subisce  una  trasformazione 
allotropica,  a  una  determinata  temperatura,  la  suscettività  ma- 
gnetica varia  bruscamente. 

L'autore  con  numerose  esperienze  ha  voluto  dimostrare  che 
questo  metodo  d'analisi  magnetica  permette  dì  determinare 
facilmente  e  con  molta  esattezza  le  temperature  a  cui  avven- 
gono le  trasformazioni  ed  anche  la  natura  di  esse. 

Le  ricerche  furono  estese  poi  a  molte  sostanze  ferroma- 
gnetiche, ferro,  acciaio  al  carbonio,  acciaio  al  tungsteno,  leghe 
di  ferro  e  cromo,  carburi  di  ferro.  Ne  risulta  veramente  ben 
dimostrata  l'utilità  del  metodo  per  riconoscere  la  struttura  delle 
diverse  leghe  nelle  varie  fasi  del  riscaldamento  e  del  raffred- 
damento. Il  gran  numero  di  misure  accurate  eseguite  su  mate- 
riali di  varia  composizione,  l'accordo  dei  risultati  cosi  ottenuti 
con  quelli  forniti  dall'analisi  termica  e  microscopica  non  lasciano 
alcun  dubbio  sulla  esattezza  delle  conclusioni  a  cuigiungel'autore; 
però,  salvo  in  qualche  particolare,  coteste  conclusioni  corrispon- 
dono in  generale  a  quanto  già  si  conosceva  intorno  alla  strut- 
tura degli  acciai  ed  alle  trasformazioni  che  vi  si  producono  per 


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302 

effetto  del  riscaldamento.  Non  si  può  dire  adunque  che  si  tratti 
della  scoperta  di  nuovi  fenomeni  importanti,  ma  certamente  i 
numerosi  risultati  ottenuti  potranno  rendere  preziosi  servìgi 
agli  studiosi. 

L'altro  gruppo  di  quattro  Note  Sulla  teoria  molecolare  ddìa 
magnetizzazione  tratta  del  modo  di  spiegare  ì  fenomeni  magne- 
tici nelle  sostanze  ferromagnetiche,  secondo  l'ipotesi  dei  magne- 
tismo molecolare  dì  Ewing. 

L'autore  ammette  perciò,  secondo  tale  ipotesi,  che  i  corpi 
ferromagnetici  siano  costituiti  da  complessi  elementari  formati 
di  magneti,  che  si  orientano  poi  sotto  l'azione  di  un  campo 
esterno,  e  che  la  forza  direttrice,  antagonista,  sì  riduca  a  quella 
che  nasce  dalla  stessa  polarità  magnetica  permanente  degli 
elementi. 

In  seguito,  per  spiegare  certe  particolarità  del  fenomeno, 
specialmente  della  isteresi,  fa  intervenire  anche  l'influenza  del 
moto  termico  e  della  viscosità.  Ma  di  tate  intervento  è  fatto 
cenno  soltanto  in  termini  generici. 

Il  calcolo  conduce  a  formolo  complicate,  che  l'autore  poi 
semplifica  con  qualche  ipotesi  accessoria.  Rtesoe  cosi  a  trovare 
una  rappresentazione  del  fenomeno  che  si  approssima  abbastanza 
ai  risultati  sperimentali. 

Anche  il  ciclo  d'isteresi  teorico  risulta  molto  simile  a  quello 
reale  nel  suo  andamento  generale,  ma  ha  il  difetta  che  dà  un  valore 
eccessivo  del  magnetismo  residuo,  cioè  0,89  del  massimo  corri- 
spondente alla  saturazione,  cioè  almeno  una  volta  e  mezza  del 
vero,  e  anche  piii  in  molti  casi;  come  del  resto  aveva  già  tro- 
vato lo  Ewing;  inoltre  questo  valore  sarebbe  costante,  mentre 
si  aa  che  varia  notevolmente  da  una  sostanza  all'altra. 

Qualche  altro  punto  della  dimostrazione  teorica  del  feno- 
meno d'isteresi  lascia  alquanto  a  desiderare. 

In  conclusione  è  questo  uno  stadio  paziente  e  laborioso, 
dove  l'autore  ha  mostrato  molta  ingegnosità  per  superare  le 
difficoltà  che  gli  si  presentavano  strada  facendo  ;  ma,  pur  su- 
perandone parecchie,  non  ha  fatto  che  perfezionare  alquanto  lo 
studio  del  modello  di  Ewing,  senza  raggiungere  lo  scopo,  che 
a  quanto  pare  egli  si  proponeva,  di  mostrare  che  la  semplice 
ipotesi  di  Ewing  può  spiegare  completamente  '  ì  fenomeni  ma- 
gnetici. 


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S93 

La  teoria  dell'autore  resta  sempre  un  modello,  di  cui  non 
ai  deve  esagerare  l'importanza,  sia  in  riguardo  al  suo  grado  di 
veroBimiglianza,  eia  in  considerazione  della  sua  utilità  come 
gnida  a  nuove  ricerche. 

Tanto  pili  se  si  pensa  che  il  far  astrazione  da  qualunque 
specie  di  forze  interne  molecolari,  all'infuorì  di  quelle  che  nasce- 
rebbero dalla  polarità  magnetica  degli  ultimi  elementi,  sembra 
una  ipotesi,  se  non  azzardata,  almeno  tale  che  avrebbe  bisogno 
di  essere  discussa  e  giustificata,  anche  per  metterla  d'accordo 
colle  odierne  vedute  dei  fisici  intorno  alla  struttura  molecolare 
dei  corpi  ;  e  che  effettivamente  occorra  tener  conto  dì  altre  forze, 
oltre  alla  polarità  magnetica,  Io  riconosce  lo  stesso  autore  laddove 
trova  necessario  di  far  intervenire  la  così  detta  viscosità  e  i 
moti  termici. 

I  lavori  dello  Honda  sono  adunque  assai  pregevoli,  senza 
dubbio,  ma  i  risultati  ottenuti  non  hanno  qael  carattere  dì 
novità  0  quel  grado  d'importanza  scientifica  o  tecnica  che  si 
deve  richiedere  affinchè  l'opera  possa  essere  segnalata  come 
meritevole  del  premio. 


JEFFBEYS  HABOLD. 

Il  gruppo  dei  lavori  presentati  dal  Sig.  Harold  Jeffreys 
si  impone  alla  nostra  attenzione  per  la  varietà  grande  delle 
questioni  trattate,  che  sono  tra  le  più  vitali  del  momento  pre- 
sente nel  campo  della  geoflsica  e  della  geomeccanica,  della 
cosmogonia  del  sistema  solare  e  della  meccanica  celeste.  S'impone 
anche  per  la  mole  veramente  notevole,  prodotto  di  un  lavoro 
straordinario  compiuto  nel  perìodo  esattamente  quadriennale 
prescritto  dal  concoreo.  È  finalmente  ammirabile  l'ardire  col 
qnale  l'autore  attacca  problemi  nuovi,  che  sembrano  ì  meno 
accessibili  ai  metodi  matematici  e  i  piìi  impenetrabili  al  potere 
dell'analisi . 

Dare  un'analisi  completa  della  produzione  scientifica  in 
esame  non  è  cosa  facile  senza  uscire  dai  limiti  di  una  Relazione 
accademica,  ed  entrare  in  troppi  particolari  di  indole  essen- 
zialmente matematica.  Tuttavia  un  esame  sintetico  degli  argo* 
gementi  che  sono  oggetto  delle  investigazioni  dell'autore  ed  un 


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riosstinto  dei  risultati  raggiunti  può  essere  sufficiente  per  dare 
un'idea  del  valore  dell'opera. 

Nel  gruppo  delle  Memorie  riguardanti  la  geofisiea  (N"  1, 
4,  5,  6,  12,  13,  14,  15)  troviamo  dapprima  nn  lavoro  di  crìtica 
intomo  alle  ipotesi  sulla  struttura  interna  delta  terra.  L'autore 
parte  dalle  equazioni  stabilite  da  Herglotz  per  l'eqiiilibrìo  ela- 
stico di  un  solido  costituito  in  modo  conforme  all'ipotesi  di 
Wiechert,  cioè  da  un  nucleo  centrale  e  da  una  crosta  super* 
Sciale  di  densità  diversa,  ed  arriva  ad  una  conferma  dei  numeri 
dati  dallo  stesso  Wiechert  per  le  densità  ed  il  rapporto  dei 
raggi. 

Discute  anche  alcune  ipotesi  sulla  struttura  della  luna  e 
tenta  una  spiegazione  del  fatto  che  essa  mota  mostrando  sempre 
alla  terra  la  stessa  faccia. 

Altri  lavori  sono  dedicati  alle  relazioni  tra  le  costanti  di 
elasticità  e  di  viscosità  della  terra  ed  i  fenomeni  della  marea 
e  della  nutazione  euleriana,  e  ad  una  valutazione  delle  pressioni 
superficiali,  che  devono  svilupparsi  per  effetto  della  contrazione 
dovuta  si  raffreddamento. 

Di  assai  notevole  importanza  è  la  ricerca  dedicata  alle 
cause  che  possono  produrre  i  movimenti  del  polo  terrestre,  ossìa 
le  variazioni  di  latitudine.  In  linea  generale  è  noto  che  esse,  in 
quanto  si  sovrappongono  alla  nutazione  euleriana,  dipendono  da 
variazioni  di  densità  o  di  distribuzione  dì  massa  nel  globo  ter- 
restre. L'autore  con  acuta  analisi  ricerca  gli  effetti  che  sugli 
spostamenti  del  polo  possono  produrre  i  movimenti  periodid 
dell'atmosfera  e  le  conseguenti  variazioni  di  pressione  e  di  li- 
vello oceanico,  le  correnti  prodotte  da  differenze  di  temperatura 
nei  mari  e  le  precipitazioni  atmosferiche.  Un'altra  causa,  pure 
di  carattere  periodico,  e  che  l'autore  con  ipotesi  speciali  sotto- 
pone al  calcolo,  è  la  variazione  di  massa  superficiale  dovuta 
allo  sviluppo  della  vegetazione  nella  stagione  estiva.  Natural- 
mente, estremamente  incerti  devono  essere  i  dati  di  partenza 
ipotetici  in  una  questione  di  tal  genere,  ma  è  notevole  il  fatto 
che  l'autore  abbia  potuto  attaccarla.  Si  occupa  infine  degli  ef- 
fetti dovuti  alte  glaciazioni  polari. 

A  problemi  speciali,  che  si  connettono  colla  ricerca  prece- 
dente, sono  dedicati  varii  altri  lavori  sulle  correnti  di  conve- 
zione nell'atmosfera,  ed  a  quelli  che  l'autore  chiama  Problemi 


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af  evaporation  e  I^oblems  of  denudaiion,  e  cioè  alla  diffusione 
del  vapor  acqueo  nell'aria  ed  agli  effetti  che  la  precipitazione 
esercita  sul  suolo  come  agente  di  abrasione  e  di  sedimentazione. 

Con  metodi  analoghi  l'autore  prende  a  trattare  quistioni 
fondamentali  di  meccanica  del  siatema  solare  (N'  2,  3,  7,  8,  9, 
10,  11).  Le  modificazioni  che  l'ipotesi  di  un  mezzo  resistente 
porta  al  movimento  nel  problema  dei  tre  corpi  sono  discusse 
in  due  Note.  Un'ampia  Memoria  è  dedicata  alla  legge  di  distri» 
buzione  dei  corpi  meteorici  nel  sistema  solare,  considerati  come 
sciami  di  meteore  moventisi  intorno  ad  un  grosso  nucleo.  Am- 
messo il  moto  stazionario  e  simmetrico  rispetto  ad  an  asse, 
l'autore  trova  che  gli  urti  reciproci  devono  portare  le  orbite 
meteoriche  ad  avvicinarsi  a  cerchi  giacenti  in  uno  stesso  piano. 
È  questo  un  risultato  applicabile  all'anello  di  Saturno. 

Un'altra  Memoria  è  dedicata  alla  discussione  della  possi- 
bilità di  formazione  del  sistema  solare  per  condensazione  da 
una  massa  gassosa,  e  l'autoie  esclude  la  possibilità  che  i  pia- 
neti esistenti  abbiano  avuto  una  origine  di  questa  specie,  tolta 
la  luna. 

Non  è  facile  seguire  l'autore  nella  molteplicità  delle  con- 
clusioni a  cui  arriva  in  questioni  così  complesse.  Tuttavia  la 
facilità  con  cui  egli  enumera  una  folla  di  risultati  e  la  recisione 
delle  affermazioni,  confrontata  ooll'abbon danza  dell'elemento 
ipotetico,  non  possono  a  meno  di  lasciare  il  lettore  perplesso 
intorno  al  valore  definitivo  di  queste  ricerche  scientifiche. 

In  conclusione,  volendo  riassumere  in  un  giudizio  sintetico 
l'impressione  nostra  sull'opera  dello  Jeffreys,  dobbiamo  dire  che, 
pur  accettando  senza  troppo  discutere  le  conclusioni  a  cui  egli 
arriva,  queste  non  assurgono  alla  importanza  di  risultati  nuovi, 
che  segnino  progressi  sostanziali  nella  scienza  della  terra  e  del 
cosmo.  Mancando  quindi,  sia  l'originalità  vera  del  metodo  ma- 
tematico, sia  l'importanza  decisiva  dei  risultati  raggiunti  dal 
punto  di  vista  fenomenologico,  la  Commissione,  pur  riconoscendo 
nell'autore  attitudini  brillanti  di  ricercatore,  che  potranno  in 
seguito  condurlo'  ad  una  elevata  posizione  nella  scienza,  non 
crede,  nelle  condizioni  attuali,  di  poterlo  proporre  per  il  premio 
Bressa. 


Atti  dilla  S.  Accademia  - 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


HEEK  ALEXANDER. 

L'autore  ha  raccolto  in  un  volarne  ì  dati  re1atÌTÌ  alle  mi- 
grazioni dei  pesci,  che  formano  oggetto  dell'iuduBtria  della  pesca, 
e  nel  volume  è  seguito  l'ordine  sistematico,  come  piti  raziousle, 
anche  per  agevolare  la  consultazione. 

Ogni  capitolo  tratta  di  una  sottoclasse,  o  di  on  ordine,  di 
un  BOtt'ordine  o  di  un  gruppo  sistematico  piii  ristretto,  a  se- 
conda della  sua  importanza  o  della  ricchezza  in  specie  pesche- 
recce. 

tTna  breve  introduzione  pone  il  pro&no  al  corrente  delle 
cause  biologiche  e  geologiche  di  migrazione,  e  della  letterato» 
generale  sa  questo  soggetto.  Nei  capitoli  relativi  ai  vani  gruppi 
sistematici  sono  pnre  indicati  ì  lavori  dai  quali  l'autore  ha  ri- 
cavato le  nozioni  diligentemente  coordinate  nei  capitoli  stessi  e 
corredate  da  buon  numero  dì  figure,  dì  diagrammi,  di  cartiDe 
in  parte  originali.  Ogni  capitolo  ha  quindi  valore  di  un'acco- 
rata compilazione  nella  quale  il  lettore  può  trovare  quanto  si 
riferisce  alla  biologìa  dei  varii  pesci,  sia  marini  che  d'acqua 
dolce.  Particolarmente  sviluppati  sono  i  capìtoli  che  riguardano 
le  aringhe,  i  salmoni,  i  merluzzi. 

È  fatto  un  largo  posto  alla  embriologia,  al  comportamento 
delle  larve  e  degli  avanotti,  tenendo  per6  presente  la  pratica 
utilità  di  questi  soggetti.  Chiude  il  volume  on  breve  riassunto 
con  considerazioni  generali  sulle  migrazioni  e  la  distribuzione 
geografica  in  senso  orizzontale  e  verticale. 

L'opera  del  Meek  può  essere  vantaggiosamente  consultata 
nei  riguardi  delle  norme  da  seguire  e  da  impartire  per  disci- 
plinare la  pesca,  e  aopratatto  le  grandi  pesche,  senza  turbare 
le  condizioni  biologiche  delle  varie  specie  che  sono  oggetto  di 
commercio  e  senza  ostacolare  la  loro  riproduzione. 

Non  è  tuttavia,  per  originalilÀ  dì  trattazione  e  per  iInpo^ 
tanza  scientifica  dei  risultati,  oos)  notevole  da  poter  essere  se- 
gnalato come  degno  del  premio  Bressa. 


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MICHAUD  FÉUX. 

Il  lavoro  principale  del  Michaud  è  uoa  estesa  Memoria  dal 
titolo  Contribution  à  l'étude  dea  mélanges,  pubblicata  negli  *  Àn* 
nales  de  Physique  ,  del  1916.  In  questo  lavoro  l'autore  intro- 
duce alcuni  nuovi  concetti  relativi  alle  pareti  semipermeabili, 
di  cui  si  fa  tanto  ubo  nello  studio  delle  trasformazioni  dei  mi- 
scugli, applicando  i  princìpi  della  termodinamica;  e  in  parti- 
colare l'autore  vuol  dimostrare  la  opportunità  di  considerare 
delle  pareti  permeabili  soltanto  all'entropia  e  impermeabili  alla 
materia.  Stabilisce  quindi  alcuni  teoremi  fondamentali  e  ne  fa 
l'applicazione  a  diversi  casi  di  miscugli. 

Le  questioni  trattate  nelle  altre  pubblicazioni,  cioè  una 
Memoria  dal  titolo  Les  solutions  dee  gaz  dona  les  liquides  negli 
*  Ànnsles  de  Physique  .,  un  articolo  nella  '  Revue  Scìenti- 
fique  ,  sul  principio  della  degradazione  dell'energia,  e  due  brevi 
Note  nella  *  Revue  Generale  dea  Sciences  purea  et  appliquées  , 
si  riferiscono  al  medesimo  argomento  e  si  svolgono  intorno  ai 
medesimi  concetti  stabiliti  in  quella  prima  Uemoria.  Degna  di 
nota  è  specialmente  la  trattazione  di  alcune  questioni  relative 
alla  soluzione  dei  gas  nei  liquidi,  dove  giunge  a  spiegare  in 
modo  plausibile  alcune  particolarità  interessanti  intomo  al  com- 
portamento di  tali  soluzioni. 

In  complesso  però  i  procedimenti  ideati  dall'autore  non 
conducono  alla  scoperta  di  fatti  o  leggi  nuove  dì  notevole  im- 
portanza; una  gran  parte  dei  risultati  si  limita  ad  una  con- 
ferma dì  leggi  e  proprietà  note.  Rimane  infine  l'impressione 
che  i  metodi  suggeriti  dall'autore  per  studiare  o  dimostrare  le 
proprietà  dei  miscugli  non  oGFrano  neppure  in  generale  il  van- 
taggio di  una  maggiore  semplicità  e  chiarezza  nel  procedimento 
dimostrativo. 

L'opera  del  Michaud  è  certamente  pregevole  e  meritevole 
di  molta  considerazione  dal  punto  di  vista  del  metodo  dì  ricerca 
scientifica;  ma  non  raggiunge  tal  grado  d'importanza  da  indurre 
la  Commissione  a  proporla  come  degna  del  premio. 


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RIDGEWAY  WILLIAM. 

Noto  pel  suo  libro  Tke  origin  of  metallic  currency  and 
weight  standards,  l'Autore  presenta  per  il  premio  Biessa  ti  vo- 
lume: The  Dratnas  and  dratnatie  Danees  of  non- European  racea 
in  special  referenee  to  the  origin  of  Greek  tragedy,  Cambridge  1915, 
che  sì  collega  con  un  auo  precedente  lavoro  dal  titolo  The 
origin  of  tragedy  with  special  referenee  to  the   Greek  'tragedians. 

In  quest'opera  egli  sosteneva  che  la  tragedia  greca  ha  ori- 
gine esclusiva  dalle  primitive  celebrazioni  degli  eroi,  cioè  dei 
defunti  eroizzati.  Che  in  tale  teoria  siano  parecchi  elementi  di 
verità  non  pare  discutibile.  Ma  essa  sembra  per  un  lato  con- 
nettersi troppo  strettamente  con  la  dottrina  della  origine  esclu- 
siva della  religione  dal  culto  dei  morti,  che  ora  è  generalmente 
sostituita  da  dottrine  più  larghe  e  comprensive,  e  per  l'altro 
non  tener  conto  sufficiente  della  parte  fondamentale,  ben  rile- 
vata ad  esempio  dal  Dietertch,  che  ebbero  nella  formazione  del 
dramma  i  sacri  dromena  dei  misteri. 

Alla  difesa  della  propria  teoria  contro  le  obiezioni  altrui, 
difesa  sempre  acuta,  se  non  sempre  convincente,  dedica  il 
Ridgeway  l'ampia  introduzione  del  nuovo  libro.  Nel  quale  poi,  a 
rincalzo  della  teoria  sulla  tragedia  Greca,  egli  studia  antiche  e 
moderne  notizie  sui  sacri  drammi  e  le  sacre  danze  dell'Asia 
Occidentale,  dell'Egitto,  dell'India,  di  Oiava,  dell'Indocina,  della 
Cina,  del  Giappone  e  d'altre  regioni  e  giunge  alla  conclusione 
che  Drammi  e  Danze  son  collegati  col  culto  dei  morti  e  che  in 
generale  totemismo  e  venerazione  di  spiriti  delle  piante  sono 
formazioni  secondarie,  germogliate  dalla  fede  nella  esistenza 
dell'anima  dopo  la  morte. 

Questa  trattazione,  per  quanto  ricca  di  materiali  preziosi, 
lascia  perplessi  non  meno  della  precedente  sulla  tragedia  Greca. 

Che  ci  siano  danze  e  rappresentazioni  sacre  connesse  col 
culto  dei  morti,  su  cib  non  cade  dubbio;  ma  che  tutte  le  danze 
e  rappresentazioni  sacre  siano,  almeno  in  origine,  connesse  con 
quel  culto,  questo  non  appare  appieno  dimostrato.  E,  convìen 
dire,  la  dimostrazione  riesce  tanto  meno  efficace  e  persuasiva, 
in  quanto  nel  campo  della  letteratura  Indiana,  della  Egittologìa, 


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deirislam,  della  lettern.tiira  dell'estremo  oriente,  6  in  quello 
stesso  della  storia  comparata  delle  religioni^  il  Ridgeway  si 
muove  con  assai  minore  sicurezza  d'informazioni  (se  non  di  giu- 
dizio) che  non  in  qaello  a  lui  più  famigliare  della  letteratura 
Greca. 

Ciò  non  toglie  che  il  libro  costituisca  nel  tatto  insieme  un 
importante  contributo  alla  storia  della  Drammatica;  ma  i  suoi 
pregi  non  sembrano  tali  da  renderlo  meritevole  dì  esser  preso 
in  considerazione  per  il  conferimento  del  premio. 


H.  E. 

n  Sig.  Soper  H.  E.  presenta  un  suo  brevetto  dal  titolo: 
*  Improvements  in  the  method  of  and  meana  for  compiling  ta- 
bular and  statistical  data  (1918)  ,. 

Sono  già  in  uso  presso  parecchi  uffici  statìstici  apparecchi 
o  meccanismi  intesi  a  rendere  più  rapida,  meno  faticosa  e  più 
sicura  tanto  l'operazione  di  classìGcare  i  singoli  casi  osservati, 
a  seconda  di  certi  caratteri  o  combinazioni  di  caratteri,  quanto 
quella  di  contare  il  numero  di  individui  aventi  un  dato  carattere 
o  combinazione  di  caratteri. 

Il  dispositivo  ideato  dal  Soper  vorrebbe  essere  una  modifica- 
zione  e  un  perfezionamento  di  quelli  in  uso:  ma  ei  tratta  di 
una  invenzione  che  manca  di  carattere  scientifico,  e  per  quanto 
possa  presentare  una  certa  utilità  pratica  nella  compilazione  di 
tavole  statistiche,  non  è  certamente  di  tale  importanza  da  poter 
essere  presa  in  considerazione  per  il  concorso  al  premio  Bresea. 


SHAFLEY  H. 

L'opera  che  lo  Shapley  espone  nelle  sue  12  Memorie  con- 
siste di  due  parti.  La  prima,  di  carattere  osservativo,  consiste 
nell'indagare  nei  diversi  ammassi  stellari  {cluster)  globulari  il 
comportamento  delle  grandezze  stellari  apparenti  in  rapporto 
coli' index  cohris;  vedere  cioè  per  ogni  index  coloris,  ossia  per 
ogni  tipo  spettrale,  il  numero  delle  stelle  rispondenti  a  ciascuna 
grandezza  apparente. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


400 

L'autore,  pur  limitando  le  oBservazioni  a  quattro  o  cinque 
grandezze,  in  alcuni  ammassi,  giunge  ad  un  risultato  degno  della 
masaima  attenzione;  cioè  che,  crescendo  l'ordine  di  grandezza, 
ossia  diminuendo  lo  splendore  apparente  da  nna  stella  a  un'altra, 
diminuisce,  nelle  stelle  dei  detti  ammassi,  anche  l'index  colorii; 
le  stelle  più  lucide  hanno  sempre  piìi  gradi  dì  rosso  che  le  piò 
deboli. 

Una  prima  conclusione  che  l'autore  trae  da  queste  oeser- 
vazioni  è  che  si  possa  ritenere  nuUa,  o  trasonrabile,  l'estinàone 
della  luce  negli  spazi  interstellari.  Ma  a  questo  risultato  n 
possono  muovere  serie  obiezioni,  cosicché  esso  va  considerato 
come  assai  dubbio,  essendo  forse  probabile  che  l'afisorbimento, 
tanto  generale,  quanto  selettivo,  non  sìa  trascurabile  fuori  del 
piano  Galattico,  allo  stesso  modo  come  non  lo  è  (ed  anche  Io 
Shapley  lo  sa)  nel  detto  piano. 

La  seconda  parte  del  lavoro  concerne  la  determinazione  delle 
parallassi  degli  ammassi  globulari. 

Tre  sono  i  metodi  impiegati  dall'autore  per  la  stima  delle 
distanze.  Il  primo,  che  fu  già  ideato  dallo  Hertzsprung,  si  basa 
sulla  ipotesi  che  la  grandezza  assoluta  delle  stelle  variabili  del 
tipo  di  d  Cephei,  dette  appunto  Cefèidi,  sia  funzione  del  solo 
periodo.  Il  secondo  è  un  metodo  che  si  fonda  in  massima  su  di 
un  principio,  pure  già  ammesso  da  altri,  che  cioè  un  ammasso 
il  quale  mostri  stelle  più  lucide  di  un  altro  è  probabilmente 
più  vicino. 

Pih  spedito  è  il  terzo  metodo,  che  consiste  nel  desumere  la 
distanza  degli  ammassi  dai  loro  diametri  angolari,  ammettendo 
che  su  per  gih  abbiano  tutti  la  stessa  estensione  assolata  nello 
spazio. 

Una  trentina  di  ammassi,  trattati  coi  due  primi  metodi,  gli 
danno  un  diagramma  che  mette  a  riscontro  la  distanza  col 
diametro  apparente,  e  da  questo  diagramma  egli  attìnge  per  gli 
altri  ammassi,  di  cui  è  solo  noto  il  diametro,  la  distanza. 

In  base  ai  precedenti  metodi  è  possibile  allo  Shapley  pro- 
cedere ad  una  grande  ricostruzione  dell'universo  siderale,  dove 
ad  ogni  oggetto  celeste  è  assegnato  il  suo  posto,  sia  rispetto 
all'osservatore  terrestre,  sia  rispetto  al  piano  centrale  della 
Galassia.  Ma  tutto  questo  edifizìo,  attese  le  enormi  incertezze 
onde  sono  affette  le  parallassi  determinate  dall'autore,  è  dubbio 


zed.yGOOgle 


401 

ohe  possa  reggere  alla  prova  dei  fatti  cbe  verranno  in  Ince  nel- 
l'avvenire. Basta  ad  avvalorare  questo  dubbio  osservare  le  enormi 
differenze  fra  le  parallassi  determinate  dallo  Shapley  e  quelle 
calcolate  dallo  Schouten  per  gli  stessi  ammassi,  in  base  alle  curve 
di  luminosità  di  Kapteyn. 

La  lettura  delle  12  Ifemorie  presentate  dallo  Shapley  rivela 
nell'autore  una  rara  abilità  net  trarre  partito  dalle  osservazioni 
in  modo  da  ricavarne  quanti  più  risultati  è  possibile;  ma  rivela 
anche  una  certa  fretta.  E  conseguenza  di  ciò  è  anche  qualche 
contradizione;  così,  ad  esempio,  mentre  nella  seconda  Memoria 
la  distribuzione  pecnliare  dei  cluster  globulari  e  la  loro  grande 
distanza  mostrano  che  essi  non  fanno  parte  del  sistema  galat- 
tico, e  cbe  questo  sia  distintamente  fuori  del  centro  di  gravità 
di  quell'ordine  di  sistemi,  nella  dodicesima  Memoria  l'universo 
galattico  comprende  anche  ì  cluster  globulari,  e  non  c'è  più 
luogo  a  pluralità  di  sistemi.  Questo  cambiamento  di  concezione 
fra  il  principio  e  il  termine  del  lavoro  fa  capire  quanto  ancora 
siano  scarsi  e  incerti  i  dati  d'osservazione,  perchè  se  ne  possa 
trarre  quella  solida  costruzione  dell'universo  che  lo  Shapley 
vagheggia. 

L'opera  delio  Shapley  è  indubbiamente  meritevole  di  grande 
encomio,  e  fornisce  allo  studioso  una  quantità  di  dati  e  di  con- 
siderazioni preziosissime,  ma  non  raggiunge  tale  grado  di  per- 
fezione da  indurre  la  Commissione  a  proporre  che  il  premio  gli 
sia  conferito. 

ARTHUR  SMITH  WOODWARD. 

Conservatore  di  Geologia  nel  Brìtish  Museam,  presenta 
numerose  pubblicazioni,  delle  quali  una  in  collaborazione  con 
Ch.  Dawson  e  un'altra  con  B.  Petronievìcs.  Di  vario  argomento 
paleontologico,  sono  in  generale  descrizioni  di  fossili  di  notevole 
importanza,  ed  una  sola  è  di  carattere  monografico.  Due  sono 
discorsi  presidenziali  tenuti  alla  Società  Geografica  di  Londra 
nel  1915  e  1916,  nei  quali  l'A.  delinea  e  illustra  l'importanza 
ohe  hanno  i  resti  fossili  dei  vertebrati  nella  Geologia  storica. 

Quattro  Note  sono  di  argomento  antropologico,  ed  in  par- 
ticolare degna  di  menzione  l'istruttiva  guida  alla  collezione  degli 
avanzi  fossili  dell'uomo  nel  Museo  Britannico,  e  l'interessante 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


402 

studio  sopra  una  distinta  fonna  di  ud  uomo  primitivo  (*  On  a 
eecond  skull,  etc. ,). 

Altre  due  riguardano  pure  doi  resti  di  mammiferi;  in  una 
considera  un  genere  che  ritiene  nuovo  (Àelureidopus),  e  nell'altra 
degli  avanzi  di  Gimolestes  del  Cretacico  del  Canada.  Sono  inoltre 
da  ricordare  la  breve  Nota  nella  quale  discute  sull'attribuzione 
di  certe  Coproliti  ai  Selacìdì  piuttosto  che  ai  Rettili,  e  l'inte- 
ressante breve  scritto:  *  On  the  pectoral  and  pelvic  arches  of 
Àrchaeopteryx  ,,  in  cui  l'autore  ravvisa  caratteri  essenzialmente 
SBuroidi  con  qualche  analogia  con  archi  dei  viventi  fiatiti. 

Ma  i  lavori  più  importanti  del  Woodward  sono  quelli  che 
prendono  in  esame  i  resti  fossili  dei  Pesci,  come  lo  scritto  sopra 
'  A  new  species  of  Saurostomus  esocinus  ,  (1916),  le  '  Notes 
on  the  Pycnodont  fishes  ,  (1917),  la  descrizione  dell'Edestus  Kew- 
toni  (1917),  e  sopratutto  la  Monografia  sopra  '  The  fossil  Fishes 
of  the  englìsh  Wealden  and  Forbeck  formatione  (part  1,  II)  ., 
della  quale  furono  pubblicati  finora  due  fascicoli  nelle  Me* 
morie  della  Paleontographical  Society  di  Londra  (1916-1918). 
Si  tratta  di  una  accurata  descrizione  sistematica,  corredata  d& 
numerose  figure  nel  testo  e  da  molte  tavole,  nella  quale  è  esa- 
minata la  ricca  fauna  fossile  dei  pesci  del  Wealdiano  e  del 
Porbeckiano  inglese,  a  cominciare  dagli  Elasmobranchi,  coi  generi 
HyboduB,  Àcrodus,  Asterocanthus,  ed  il  nuovo  genere  Mylaeo* 
bates.  In  seguito  si  passa  allo  studio  particolareggiato  dei  Te- 
leostomi,  numerosissimi,'  appartenenti  a  parecchi  generi,  dne 
nuovi  (Eomesodon,  Enchelyolepis).  Ma  la  estesa  monografia  è 
per  ora  incompleta  e  non  può  essere  considerata  nei  suoi  risultati 
e  nelle  conclusioni  geostoriche  e  biologiche;  sicché  la  Commis- 
sione, che  ha  fissato  particolarmente  la  sua  attenzione  sopra 
questo  lavoro  dell'insigne  paleoittiologo,  non  è  in  grado  di  ap- 
prezzarne tutta  l'importanza  e  non  crede  di  poterlo  proporre  per 
il  conferimento  del  premio, 

In  conclusione  nessuno  dei  concorrenti  vien  giudicato  me- 
ritevole del  premio. 

Considerato  l'esito  negativo  del  concorso,  la  Commissione 
crede  opportuno  avvertire  che  tale  risultato  può  attribuirsi  a 
diverse  cause,  dipendenti  dalle  condizioni  eccezionali  in  cui  si 
è  svolto  il  quadriennio  1915-18,  coincidente  si  può  dire  eeatta- 


zed.yGOOg[e 


403 

mente  col  periodo  della  guerre  mondiale,  condizioni  che,  se  da 
un  lato  hanno  potuto  distrarre  le  menti  e  l'attività  degli  stu- 
diosi e  impedir  loro  di  compiere  un  lavoro  regolare  e  proficuo 
nel  campo  acientifico,  d'altre  parte  hanno  reso  anche  difficile  il 
compito  della  Commissione  e  dei  soci  tutti  dell'Accademia  nella 
ricerca  e  nell'esame  di  lavori  scientifici  compiuti  e  di  opere 
pabblicate  nel  detto  quadriennio,  tali  da  meritare  di  essere  prese 
in  considerazione  nel  concorso  al  premio. 

La  GommÌB3Ìone  perciò  sente  il  dovere  di  t&t  presente  al- 
l'Accademia questo  stato  di  cose  e  di  chiedere  nello  stesso 
tempo  ee  non  sarebbe  conveniente  sospendere  pel  momento  il 
giudizio  definitivo  sul  conferimento  del  premio,  per  provvedere 
ad  integrare  il  lavoro  di  ricerca  e  di  eeame  di  quelle  opere  che, 
pur  essendo  state  pubblicate  nel  quadriennio  scaduto,  potessero 
per  avventura  essere  efuggite  all'attenzione  della  Commissione 
o  dei  Soci,  ed  essere  così  rimaste  sconosciute. 

La  proposta  della  Commissione  sarebbe  dunque  di  rinnovare 
la  procedura  regolare  per  il  concorso  intemazionale  al  premio 
Breeea,  relativo  sempre  ai  soli  lavori  pubblicati  nel  quadriennio 
scaduto  1915-18;  nominando  perciò  di  nuovo  una  prima  Commis- 
sione, che  dovrà  poi  essere  integrata  a  norma  del  Regolamento, 
e  assegnando  un  termine  alla  detta  Commissione  per  presentare 
la  sua  Relazione;  o  meglio  affidando  il  compito  medesimo  alla 
Commissione  che  dovrà  giudicare  dell'assegnazione  del  premio 
Breasa  internazionale  per  il  quadriennio  che  scadrà  nel  1922;  la 
quale  Commissione  avrebbe  quindi  da  conferire  due  premi,  uno 
per  le  opere  compiute  e  pubblicate  nel  quadriennio  1915-18  e 
l'altro  per  quelle  del  quadriennio  seguente  1919-22. 

La  Cotmnisaione 
Presidente 

ÀMDBBA     NaCCAHI 

CabIìO  Fabrizio  Paroha  Gaetaho  De  Sanctis 

CoBRADO  Seghe  Fbdebico  Patetta 

Guido  Orassi  Scgretirìo  Relatore  Ettore  Stampini 

Carlo  Sohioliana  Francesco  Rdftini 

Quirino  Majorana  Ernesto  Scuiaparelu 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


RELAZIONE  DELLA  COMMISSIONE 


J^REMIO    VALLAXJRI 

(quadrleruilo   1815-18) 


I  concorrenti  al  premio  Vollauri  dei  qaflli  la  Commissione 
ha  esamÌDate  le  opere  sono  i  sigg.  D'  Pisani  Michele,  Musciacco 
Augnato,  Leonardi- Cattolica  amm.  Pasquale  col  Maggiore  Luria 
Aristide,  Vecellio  Alessandro,  Vebson  prof.  Enrico,  Babkes 
Qeorge  Edward,  Shaplet  H.,  Eotaro>Honda,  e  Cibinu  Egieto. 

Nessuna  proposta  pel  premio  fu  fatta  dai  Soci  dell'Acca- 
demia. Le  memorie  presentate  dai  concorrenti  sono  le  seguenti  : 

1.  Prof.  CiBiNsi.  —  Quattro  esemplari    del   N.  5  dell'anno  VII   del 

periodico  '  Fides  e  Labor  ,  del  Collegio  Santa  Maria,  Organo 
dell' Asaociszione  degli  antichi  allievi. 

2.  PlBANI   UlOHBLI   fu   AlTOMBO  : 

a)  Cura  del  Tracotrta  e  della    Cheratite  vascidosa   superficiale 

(panno  grasto  ddla  cornea)   con  fanto-aiero-terapia.  Go- 
eenza,  Tip.  Municipale  B.  De  Bose,  1914. 

b)  La  Cataforesi  nella  terapia  deUe  lesioni  sifilitiche  déU'occhio. 

Cosenza,  Tip.  Municipale  B.  De  Bose,  1915. 

3.  Musciacco  Augusto  da  Lecce.  —  Per  im  piccolo  misero  nd  vor- 

tice dei  liquidi.  Lecce,  Tip.  Editrice  Leccese,  1917. 

—  //  Restometro.  Lecce,  Tip.  Editrice  Leccese,  1917. 

—  Il  Restometro.  Riassunto. 

—  Postilla  sulla  differenza  di  tdtezza  tra  due  battenti,  ecc. 

—  Delle  illusioni  oUiche  spaziali  in  reazione  con  la  rHina  umana. 

Lecce,  1918. 

—  Un    tratto    d'unione  tra  spirito    e    materia    (CoDsideraxiom  di 

fisica  organica).  Lecce,  1918. 

4.  LioxABDi  Cattolioa  S.  e.  Pasquali  e  Luhia  Maggiore  Aristidb.  — 

Fari  e  segnali  marittimi.  Torino,  Stab.  Doyen  di  L.  Simondetii. 

—  Documenti  a  schiarimento  A  a  I  (N.  9). 


zed.yGOOg[e 


406 

6.  TioxLLio  Alubahvbo.   —    Equilibrio  cotmieo.   P.  X*,  S  esemplari. 
Peltro,  Stabil.  Tip.  P.  Castaldi  di  0.  BoBChiero.  1916. 

6.  VuBOH  Ekbioo.  —  Il  FilugMo  e  l'arie  di  governarlo.  Eoma-Napolì, 

Società  Editrice  Libraria,  1917. 

7.  Baku»  Obomb  Ewabo.  —  The  Etiologi/  of  dieturbancea  of  the  heart 

beat.  Boston,  1917. 

—  7^  rationaìe  of  Neurasthenia  and  of  ditturbanees   of  arUrial 

tension.  Boston,  1917. 

8.  Shaplkt  (H.).  —    Outline  and  summary  of  a  Stud^  of  magmludes 

in  the  globuìar  clutter  Meaeier  13,  1916  (PnbUcatiODs  of  the 
Astronomical  Society  of  the  Pacific,  1916-1918). 

—  The  dimensiona  of  a  globuìar  duater,  1917. 

—  Gtìobular  duaters  and  the  strueture  of  the  Oalatìie  system,  1918. 

—  Studies  of  magnitudes    in    star  duaters    (Proceftdiags    NatioBlJ 

Academj  of  Sciences.  Washington,  1916-1917): 

I.  On  tbe  BbsoTption  of  light  in  space.  -  II.  On  the  se- 
qiience  of  spectral  tTpes  in  Stellar  revolution.  -  III.  The 
colors  of  the  brighter  stArs  in  fonr  globuìar  systems.  - 
lY.  On  the  color  of  stara  in  the  Gnlactie  clonds  sorroonding 
Messier  11.  -  V.  Furtfaer  eridence  of  the  absence  of  scat- 
tering of  ligbt  in  space.  -  VI.  The  relation  of  blue  stars 
and  rariablea  to  Oalactìc  planes.  -  VII.  A  metbod  for  the 
determinatioa  of  the  relative  distoncee  of  globolar  clastetB. 
Washington,  1917  ;  6  fase. 

—  Studies  based  on  the  colors  and  magnihtdea  in  stellar  duaters 

(Gontribution   firom   the   Moiint   Wilson   Solar   Obserratory  ; 

Noa  115-117,  126,  133,  151-157)  ; 

I.  The  general  problem  of  clastera.  -  II.  Tbirteen  hundred 
stara  in  the  Hercates  closter  (Messier  13).  -  III.  A  cata- 
logne of  SII  stare  in  Messier  67.  -  IV.  The  Qalactic  cluster 
MesBÌer  11.-  V.  Color- indi  ce  a  of  atars  in  theGalactic  cloads.- 
VI.  On  the  determisation  of  the  diatances  of  globuìar  clns- 
ters.  -  VII.  The  diatances,  distributioa  in  space,  and  di- 
menaioa  of  69  globuìar  clnsters.  -  VIII.  The  luminosities 
and  distonces  of  139  Cepheid  variables.  -  IX,  Tbree  notes 
on  Cepbeid  variatian.  -  X.  A  criticai  magnitude  in  the  se- 
quence  of  stellar  luminosities.  -  XI,  A  comparison  of  the 
dietance  of  rariona  celestial  objects.  -  XII.  Bemarka  on  the 
arrangement  of  tfae  sideral  universe. 

9.  PsAra  (Fb.  6.)  and  SH&PLax  (H.).  —  Axes  of  aymmetry  in  globuìar 

duaters.  Washington,  1917  (Proceedings  National  Academy  of 
Washington,  1917). 

—  On  the  diatribution  of  atars  in  twdve  globuìar  dusters.  Washing- 


D,!„t,zed.yGOOgle 


406 

ton,  1917  (ContrìbutìoDB  from  the  Moniit  Wilson  Solar  ObsAi^ 
Tatory,  129;  ' Astrophjaical  Journal,,  yol.  XLV,  1917). 

10.  Honda  (K.).  —  On  magnetic  analysi»  aa  a  meana  of  aUidging  tke 

stntcture  of  iron  ailoys,  b.  I.,  1918. 

—  On  the  temperature  of  the  reveraiile  A,  Iransformaiion  in  carbtm 

ateels.  Sendai,  Japan,  1916. 

—  A  criterion  for  alìolropic  transformations  of  iron  ai  high  tem- 

peralurea.  Sendai,  Japao,  1917. 

—  On  the  magnetie  investigation  of  the  states  of  cementite  in  An- 

nealed  and  Quenched  carhon  steels.  Sendai,  Japan,  1917. 

—  and  MoBAKAHi  (T.).  —  On  the  thermomagnetic  pr<^erties  of  the 

carbidea  found  in  steels.  Sendai,  Japan,  1918. 

On  the  atrueture  of  the  magnet  steda   and  ita  ehange   wUh 

the  heat  treatmenta.  Sendai,  Japan,  1917. 

—  —  On  the  atrueture  of  tungaten  sleda.  Sendai,  Japan,  1918. 

—  and  Òkuso  (J.),  —  Ffrromagnetic  aubstances  and  ergstals  in  Ihe 

tight  of  Emng'a  Theory  of  MóUcular  Magnetiam.  Sendai,  Japan, 
1916. 

—  —  On  the  effect   of  temperature   on   magnetiaation   considerei 

from  the  atandpoint  of  Eunng's  Theory  of  Magnetiam.  Sendai, 
Japan,  1916. 

—  —  On  a   theory   of  hystereaia-hsa   by   magnetiaation.   Sendai, 

Japan,  1917, 

—  —  On  a  kinetic  theory  of  magnetiam  in  general.  Sendai,  Japan, 

1918. 

11.  MnBAKAMi  (T.).  —  On  the  atrueture  of  iron-carbon-chromium  ailoya. 

Sendai,  Japan,  1918. 

La  Commissione  dopo  un  primo  esame  ha  concluBO  che  non 
potessero  essere  prese  in  considerazione  agli  eSetti  del  concorso 
le  due  memorie  del  D''  Pisani  coi  titoli:  Cura  del  Tracoma  < 
delUt  Cheratite  vaaculosa;  La  Cataforesi  nella  Terapia,  in  quanto 
non  contengono  che  osservazioai  d'indole  clinica,  senza  alcuna 
ricerca  originale.  Le  osservazioni  sono  anche  in  numero  limi- 
tato e  troppo  compendiosamente  descritte  per  poter  portare  ad 
alcun  convincimento  sulla  bontà  dei  metodi  curativi  proposti 
dall'autore. 

Parimenti  fu  esclusa  l'opera  presentata  dal  sig.  Alessandro 
Vecellio  col  titolo:  Equilibrio  coamico.  Parte  I:  L'equilibrio  nd 
mondo  fisico,  perchè  mancante  di  serietà  scientifica.  Altrettanto 
dicasi  di  UD  breve  scritto  riguardante  una  pretesa  scoperta  del 


zed.yGOOg[e 


407 

9Ìg.  CiRiNEi,  inserito  nel  periodico  "  Fides  et  Labor  ,  col  titolo: 
Una  sorpresa  dell'indagine  sperimentale. 

Ispirate  ad  un  puro  dilettantismo  scientifico,  e  non  basate 
che  sulla  più  ingenua  intuizione  sono  le  memorie  presentate  dal 
sig,  cav.  Augusto  MosciACOo  coi  titoli  :  Per  un  piccolo  misero 
nel  vortice  dei  liquidi;  Delle  illusioni  ottiche  spaziali  in  relazione 
con  la  retina  umana;  Un  tratto  d'untone  tra  spirito  e  materia. 

A  questi  lavori  d'indole  quasi  filosofica  il  sig.  Musciacco 
aggiunge  la  descrizione  di  un  suo  apparecchio  costruito  allo 
scopo  di  ottenere  la  costanza  nell'afflusso  dei  liquidi,  e  che  non 
presenta  che  modificazioni  di  poco  significato  rispetto  ad  appa- 
recchi notissimi. 

Ragioni  intrinseche  consigliarono  perciò  di  non  prendere  in 
considerazione  i  lavori  del  sig.  Musciacco. 

Passando  ad  opere  di  ben  maggiore  importanza  e  serietà, 
la  Commissione  ha  preso  in  attento  esame  l'opera  in  due  vo- 
lumi :  Fari  e  segnali  marittimi  presentata  dai  sigg.  Ammiraglio 
Pasquale  Leonabdi-Cattolica  e  Gap.  del  genio  Aristide  Lubia. 
la  essa  è  esposto  tutto  quanto  riguarda  il  segnalamento  ma- 
rittimo, servizio  di  primaria  importanza  e 'di  grande  interesse 
internazionale.  Quest'opera  è  di  importanza  fondamentale  per  la 
Marina  italiana,  la  quale  prosegue  l'opera  patriottica  iniziata 
dall'ammiraglio  Magnaghi  per  emancipare  i  nostri  servizi  ma- 
rittimi dagli  stranieri. 

Non  si  può  che  compiacersi  coi  due  egregi  autori  che  hanno 
saputo  esporre  con  chiarezza  tutti  i  principali  progressi  della 
scienza  moderna  relativi  all'illuminazione  delle  coste  per  la  si- 
curezza della  navigazione.  Tuttavia  la  Commissione  deve  con- 
cludere per  la  non  presa  in  considerazione  dell'opera  stessa,  in 
quanto  non  si  possono  in  essa  riconoscersi  quei  caratteri  di  ri- 
cerca originale  scientifica,  che  costituiscono  la  condizione  fonda- 
mentale pel  conferimento  del  premio. 

Il  prof.  Kotaro  Honda,  insieme  ai  suoi  collaboratori  Mu- 
rakami  ed  Okubo  ha  inviato  due  gruppi  di  memorie  che  la  Com- 
missione ha  ritenuto  come  presentati,  oltre  che  por  il  premio 
Bressa,  anche  pel  premio  Yallauri. 

Le  13  N'ote  presentate  dal  Prof.  Honda  e  suoi  collaboratori 
vanno  distinte  in  due  gruppi. 

Un  primo  gruppo  di  nove  Note  è  dedicato  alto  studio  delle 


zed.yGOOg[e 


408 

trasformazioni  allotropicbe  che  sabiscono  il  ferro  e  le  soe  leghe 
ferromagnetiche  a  diverse  temperature,  stadio  eaegaiio  col  me- 
todo dell'analisi  magnetica. 

Questo  metodo  si  basa  sulla  proprietà  segaento  delle  so- 
stanze ferromagneticbe,  che  cioè  tali  sostanze,  poste  in  on  campo 
magnetizzante  non  troppo  debole,  assumono  una  intensità  di 
magnetizzazione  che  col  crescere  della  temperatura  va  dimi- 
nnendo,  da  prima  lentamente  e  poi  più  rapidamente  per  annallata 
infine  ad  una  temperatura  critica,  che  è  una  costante  caratteristica 
della  sostanza;  inoltre,  se  questa  subisce  una  trasformazione 
allotropica,  a  una  determinata  temperatura,  la  suacettÌTità  ma- 
gnetica varia  bruscamente. 

L'autore  con  numerose  esperienze  ha  voluto  dimostrare  che 
questo  metodo  d'analisi  magnetica  permette  di  determinare 
fiacilmeDte  e  con  molta  esattezza  le  temperature  a  cnt  avven- 
gono le  trasformazioni  ed  andie  la  natura  dì  esse. 

Le  ricerche  furono  estese  poi  a  molte  sostanze  ferroma- 
gnetiche, ferro,  acciaio  al  carbonio,  acciaio  al  tungsteno,  l^be 
di  ferro  e  cromo,  carburi  di  ferro.  Ne  risulta  veramente  ben 
dimostrata  l'utilità  del  metodo  per  riconoscere  la  struttura  delle 
diverse  leghe  nelle  varie  fasi  del  riscaldamento  e  del  raft«d- 
damento.  Il  gran  numero  di  misure  accurate  eseguite  su  mate- 
riali di  varia  composizione,  l'accordo  dei  risultati  così  ottenuti 
con  quelli  forniti  dall'analisi  termica  e  microscopica  non  lasdaoo 
alcun  dubbio  sulla  esattezza  delle  conclusioni  a  cui  giunge  l'antorei 
però,  salvo  in  qualche  particolare,  cotesto  conclusioni  corrispon- 
dono in  generale  a  quanto  già  si  conosceva  intomo  alla  stmt- 
tura  degli  acciai  ed  alle  trasformazioni  che  vi  si  producono  per 
eletto  del  riscaldamento.  Non  si  può  dire  adunque  che  si  tratti 
della  scoperta  di  nuovi  fenomeni  importanti,  ma  certamente  i 
numerosi  risultati  ottenuti  potranno  rendere  preàoù  servigi 
agli  studiosi. 

L'altro  gruppo  di  quattro  Note  Sulla  teoria  molecolare  della 
maffnetizzazioné  tratta  del  modo  di  spiegare  i  fenomeni  magne- 
tici nelle  sostanze  ferromagnetiche,  secondo  l'ipotesi  del  magne- 
tismo molecolare  di  £wìng. 

L'autore  ammette  perciò,  secondo  tale  ipotesi,  che  i  corpi 
ferromagnetici  siano  costituiti  da  complessi  elementari  formati 
di  magneti,  che  si  orientano  poi  sotto  l'azione  di  un  campo 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


409 

eeterno,  e  che  la  forza  direttrice,  antagonista,  si  riduca  a  quella 
che  naace  dalla  stessa  polarità  magnetica  permanente  degli 
elementi. 

In  seguito,  per  spiegare  certe  particolarità  del  fenomeno, 
specialmente  della  isteresi,  fa  intervenire  anche  l'influenza  del 
moto  termico  e  della  viscosità.  Ma  di  tale  intervento  è  fatto 
cenno  soltanto  in  termini  generici. 

II  calcolo  conduce  a  formolo  complicate,  che  l'autore  poi 
semplifica  con  qualche  ipotesi  accessoria.  Riesce  così  a  trovare 
Dna  rappresentazione  del  fenomeno  che  si  approssima  abbastanza 
ai  risultati  sperimentali. 

Anche  il  ciclo  d'isteresi  teorico  risulta  molto  simile  a  quello 
reale  nel  suo  andamento  generale,  ma  ha  il  difetto  che  dà  un  valore 
eccessivo  del  magnetismo  residuo,  cioè  0,89  del  massimo  corri- 
spondente alla  saturazione,  cioè  almeno  una  volta  e  mezza  del 
vero,  e  anche  più  in  molti  casi;  come  del  resto  aveva  già  tro- 
vato lo  Ewing;  inoltre  questo  valore  sarebbe  costante,  mentre 
si  sa  che  varia  notevolmente  da  una  sostanza  all'altra. 

Qualche  altro  punto  della  dimostrazione  teorica  del  feno- 
meno  d'isteresi  lascia  alquanto  a  desiderare. 

In  conclusione  è  questo  uno  studio  paziente  e  laborioso, 
dove  l'autore  ha  mostrato  molta  ingegnosità  per  superare  le 
difficoltà  che  gli  si  presentavano  strada  facendo;  ma,  pur  su- 
perandone parecchie,  non  ha  fatto  che  perfezionare  alquanto  lo 
studio  del  modello  di  Ewing,  senza  raggiungere  lo  scopo,  cbo 
a  quanto  pare  egli  si  proponeva,  di  mostrare  che  la  semplice 
ipotesi  di  Ewing  può  spiegare  completamente  i  fenomeni  ma- 
gnetici. 

La  teoria  dell'autore  resta  sempre  un  modello,  di  cui  non 
si  deve  esagerare  l'importanza,  sìa  in  riguardo  al  suo  grado  di 
verosimiglianza,  sia  in  considerazione  della  sua  utilità  come 
guida  a  nuove  ricerche. 

Tanto  più  se  si  pensa  che  il  far  astrazione  da  qualunque 
specie  di  forze  interne  molecolari,  all'infnori  di  quelle  che  nasce- 
rebbero dalla  polarità  magnetica  degli  ultimi  elementi,  sembra 
una  ipotesi,  se  non  azzardata,  almeno  tale  che  avrebbe  bisogno 
di  essere  discussa  e  giustificata,  anche  per  metterla  d'accordo 
colle  odierne  vedute  dei  fisici  intorno  alla  struttura  molecolare 
dei  corpi;  e  che  effettivamente  occorra  tener  conto  di  altre  forze, 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


410 

oltre  alla  polarità  magnetica,  lo  riconosce  lo  stesso  autore  laddove 
trova  necessario  di  far  intervenire  la  cosi  detta  viscosità  e  i 
moti  termici. 

I  lavori  dello  Honda  sono  adunque  assai  pregevoli,  senza 
dubbio,  ma  i  risultati  ottenuti  non  hanno  quel  carattere  di 
novità  0  quel  grado  d'importanza  scientifica  o  tecnica  che  si 
deve  richiedere  affinchè  l'opera  possa  essere  segnalata  come 
meritevole  del  premio. 

L'astronomo  H.  Shapley  del  Mount  Wilson  solar  Observatory 
ci  presenta  un  gruppo  grandioso  di  lavori,  in  cui  le  più  accurate 
indagini  di  osservazioni  sono  poste  a  base  di  alcune  nuove  ed 
originali  vedute  sulla  costituzione  di  sistemi  astrali  {globulars 
sjfatems,  come  l'autore  li  chiama),  nei  quali  sì  vorrebbero  ri- 
scontrare caratteri  generali  d'analogia  col  nostro  sistema  solare. 

Due  lavori  sono  fatti  in  collaborazione  col  sig.  F.  Q.  Pease. 

L'opera  che  lo  Shapley  espone  nelle  sue  12  Memorie  con- 
siste  di  due  parti.  La  prima,  di  carattere  osservativo,  consiste 
nell'indagare  nei  diversi  ammassi  stellari  (cluater)  globulari  il 
comportamento  delle  grandezze  stellari  apparenti  in  rapporto 
coìVindex  coloris;  vedere  cioè  per  ogni  index  coloris,  ossia  per 
ogni  tipo  spettrale,  il  numero  delle  stelle  rispondenti  a  ciascuna 
grandezza  apparente. 

L'autore,  pur  limitando  le  osservazioni  a  quattro  o  cinqae 
grandezze,  in  alcuni  ammassi,  giunge  ad  un  multato  degno  della 
massima  attenzione;  cioè  che,  crescendo  l'ordine  di  grandezza, 
ossia  diminuendo  lo  splendore  apparente  da  una  stella  a  un'altra, 
diminuisce,  nelle  stelle  dei  detti  ammassi,  anche  Vtndex  coloris; 
le  stelle  più  lucide  hanno  sempre  più  gradi  di  rosso  che  le  più 
deboli. 

Una  prima  conclusione  che  l'autore  trae  da  queste  osser- 
vazioni è  che  si  possa  ritenere  nulla,  o  trascurabile,  l'estinzione 
della  luce  negli  spazi  interstellari.  Ma  a  questo  risultato  si 
possono  muovere  serie  obiezioni,  cosicché  esso  va  considerato 
come  assai  dubbio,  essendo  forse  probabile  che  l'assorbimento, 
tanto  generale,  quanto  selettivo,  non  sìa  trascurabile  fuori  del 
piano  Galattico,  allo  stesso  modo  come  non  lo  è  (ed  anche  lo 
Shapley  lo  ss)  nel  detto  piano. 

La  seconda  parte  del  lavoro  concerne  la  determinazione  delle 
parallassi  degli  ammassi  globulari. 


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411 

Tre  sono  i  metodi  impiegati  dall'autore  per  la  stima  delle 
distanze.  Il  primo,  che  fu  già  ideato  dallo  Hertzeprung,  si  basa 
sulla  ipotesi  che  la  grandezza  assoluta  delle  stelle  variabili  del 
tipo  di  ó  Cepkei,  dette  appunto  Cefeidi,  sia  funzione  del  solo 
periodo.  Il  secondo  è  un  metodo  che  si  fonda  in  massima  su  di 
un  principio,  pure  già  ammesso  da  altri,  che  cioè  un  ammasso 
il  quale  mostri  stelle  pib  lucide  di  un  altro  è  probabilmente 
più  vicino. 

Più  spedito  è  il  terzo  metodo,  che  consiste  nel  desumere  la 
distanza  degli  ammassi  dai  loro  diametri  angolari,  ammettendo 
che  su  per  giù  abbiano  tutti  la  stessa  estensione  assoluta  nello 
spazio. 

Una  trentina  di  ammassi,  trattati  coi  due  primi  metodi,  gli 
danno  un  diagramma  che  mette  a  riscontro  la  distanza  col 
diametro  apparente,  e  da  questo  diagramma  egli  attinge  per  gli 
altri  ammassi,  di  cui  è  solo  noto  il  diametro,  la  distanza. 

In  base  ai  precedenti  metodi  è  possibile  allo  Shapley  pro- 
cedere ad  una  grande  ricostruzione  dell'universo  siderale,  dove 
ad  ogni  oggetto  celeste  è  assegnato  il  suo  posto,  sia  rispetto 
all'osservatore  terrestre,  sia  rispetto  al  piano  centrale  della 
Galassia.  Ma  tutto  questo  edifizio,  attese  le  enormi  incertezze 
onde  sono  affette  le  parallassi  determinate  dall'autore,  è  dubbio 
che  possa  reggere  alla  prova  dei  fatti  che' verranno  in  luce  nel- 
l'avvenire. Basta  ad  avvalorare  questo  dubbio  osservare  le  enormi 
differenze  fra  le  parallassi  determinate  dallo  Shapley  e  quelle 
calcolate  dallo  Scbouten  per  gli  stessi  ammassi,  in  base  alle  curve 
di  luminosità  di  Kapteyn. 

La  lettura  delle  12  Memorie  presentate  dallo  Shapley  rivela 
nell'autore  una  rara  abilità  nel  trarre  partito  dalle  osservazioni 
in  modo  da  ricavarne  quanti  più  risultati  è  possibile  ;  ma  rivela 
anche  una  certa  fretta.  £  conseguenza  di  ciò  è  anche  qualche 
contradizione;  così,  ad  esempio,  mentre  nella  seconda  Memoria 
la  distribuzione  peculiare  dei  cluster  globulari  e  la  loro  grande 
distanza  mostrano  che  essi  non  fanno  parte  del  sistema  galat- 
tico, e  che  questo  sia  distintamente  fuori  del  centro  di  gravità 
di  quell'ordine  di  sistemi,  nella  dodicesima  Memoria  l'universo 
galattico  comprende  anche  i  cluster  globulari,  e  non  c'è  più 
luogo  a  pluralità  di  sistemi.  Questo  cambiamento  di  concezione 
fra  il  principio  e  il  termine  del  lavoro  fa  capire  quanto  ancora 

Atti  dttla  fi,  Aeeadtntia  —  Voi.  LV.  28 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


412 

siano  scarsi  e  incerti  i  dati  d'oBservazione,  perchè  se  ne  possa 
trarre  quella  solida  costrazione  dell'unÌTerso  che  lo  Sfaapley 
vagheggia. 

L'opera  dello  Shapley  è  indubbiamente  meritevole  di  grande 
encomio,  e  fornisce  allo  studioso  una  quantità  di  dati  e  dì  con* 
siderazioni  preziosissime,  ma  non  raggiunge  tale  grado  di  per- 
fezione da  indurre  la  Commissione  a  proporre  che  il  premio  gli 
eia  conferito. 

Il  prof.  Enrico  Vbbson,  direttore  della  R.  Stazione  baco- 
logica sperimentale  di  Padova  presenta  un  volume  dal  titolo: 
Il  filugello  e  l'arte  di  governarlo.  La  Commissione  pur  rìoono- 
scendo  in  esso  meriti  eminenti,  tali  da  renderlo  praticamente 
utilissimo  ai  bachicnltorì,  non  crede  possa  rappresentare  l'opraa 
più  ragguardevole,  ne  quella  più  celebre  del  quadriennio,  come 
vuole  lo  Statuto.  Conclude  quindi  proponendo  che  non  sìa  presa 
in  considerazione  agli  effetti  del  premio  Yallauri. 

D  Big.  D'  Barnes  George  Edward  ha  presentato  al  concorso 
due  memorie:  l'una  concernente  l'Eziologia  dei  disturbi  del  cuore, 
l'altra  sulla  neurastenia  e  sulle  alterazioni  della  tensione  ar- 
teriosa. 

Circa  la  prima  quistione  l'autore  adotta  la  teorìa  neurogena, 
piuttosto  che  quella  miogenìca,  due  eterni  campì  dì  dìspute  tra 
gli  studiosi  con  argomentazioni  anatomo-fiaìopatologìche  impor- 
tanti da  ambo  le  partì.  Le  considerazioni  dell'autore  sono  di 
vario  ordine,  tratte  dalla  fisiologìa  e  dalla  clinica,  ma  senza  ne- 
gare l'importanza  della  tesi  e  delle  argomentazioni  sostenute 
dall'autore,  sì  pub  affermare  che  vi  manca  la  nota  originale  e 
decisiva  e  sopratutto  che  l'autore  non  presenta  risultati  spen- 
mentali  suoi  propriì,  onde  anche  accettando  le  oonclusìonì  spe- 
cntative  del  medesimo  il  suo  lavoro  non  sarebbe  dì  tale  natura 
da  poter  essere  preso  in  considerazione  per  il  premio  Tallaurì. 

E  altrettanto  è  necessarìo  concludere  per  il  lavoro  sulla 
Neurastenia  che  è  fatto  di  una  serie  di  considerazioni  interes- 
santi tratte  dalla  fisiologìa  e  dalla  clinica,  ma  senza  aggiunta 
di  ricerche  sperìmentali  proprie  dell'autore.  L'argomento  è  dei 
più  largamente  discusai  nella  medicina  moderna  e  si  possono 
trovare  già  vagliati  tutti  gli  argomenti  e  tutte  le  ipotesi. 

h&  Commissione  non  si  meraviglia  dei  risultati  negativi  dei 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


41S 

suoi  lavori  sai  materiale  presentato  pel  concorso  al  premio' 
Vallaarì.  Il  quadriennio  che  corre  dal  1915  al  1918  è  nn  perìodo 
cosi  eccezionale  nella  storia  del  mondo,  che  non  poteva  non 
avere  ripercussione  anche  sulla  produzione  scientifica.  Essa  è 
aiata  generalmente  scarsa,  frammentaria,  quali  le  preoccupazioni 
generali  imponevano.  Inoltre  i  piìi  giovani  e  validi  cultori  della 
ricerca  scientifica  furono  assorbiti  in  opere  attinenti  alla  guerra, 
sia  per  aumentarne  i  mezzi  di  offesa,  o  rinforzare  quelli  di  di- 
fesa, 0  per  attenuarne  gli  effetti  disastrosi. 

Anche  in  tale  opera  si  potrebbero  forse  riscontrare  caratteri 
dì  genialità  che  uniti  alla  sua  alta  importanza  sociale,  avreb* 
bere  potuto  offrire  all'Accademia  campo  pel  conferimento  del 
premio  Vallaurì.  Ma  essa  è  ancora  mal  nota  e  di  non  facile  ac- 
cesso. Un  tentativo  fatto  in  seno  alla  Commissione  per  presen- 
tare all'Accademia  proposte  estranee  al  gruppo  dei  concorrenti, 
non  ha  avuto  successo. 

Alla  Commissione  non  resta  qnìndi  altro  compito  che  pro- 
porre all'Accademia  che  per  quanto  concerne  il  III  premio 
Vallauri  per  le  Scienze  fisiche  sia  applicato  l'art.  6  dello  Statuto 
e  cioè  che  il  premio  stesso  vada  ad  aumento  del  capitale  e  serva 
cosi  ad  aecreacere  eoi  propri  interessi  i  premi  successivi. 

La  Commissione: 

Il  Presidente  dell'Accademia 
A.  Naocari, 
Commissari 
C.  SouoLiANA,  Segr^ario  relatore 
G.  Grassi 

E.  D'Ovinio 
C.  F.  Parona 
N.  Jahanza 

F.  Sacco. 


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^Bela»ione  intorno   alla   seconda   conferenza  accademica   ititer- 
nazionale. 


Egregi  Gou.E6HI, 

Con  i  poteri  da  voi  conferitici,  dopo  approvata  la  nostra 
.  relazione,  nella  adunanza  a  classi  uaite  del  6  luglio  scorso,  noi 
partecipammo  come  vostri  delegati  alla  seconda  conferenza  ac- 
cademica internazionale  per  le  scienze  filologiche,  archeologiche, 
storiche,  morali,  politiche  e  sociali,  che  si  tenne  in  Parigi  dal 
15  al  18  ottobre  1919. 

Mentre  al  precedente  convegno  di  maggio  non  erano  rap- 
presentate che  le  accademie  di  sette  Stati  (Stati  Uniti  d'America, 
Belgio,  Francia,  Grecia,  Italia,  Giappone,  Romania),  al  secondo 
erano  rappresentate  quelle  di  ben  undici  (Stati  Uniti,  Inghilterra, 
Belgio,  Danimarca,  Francia,  Grecia,  Olanda,  Italia,  Giappone, 
Polonia,  Russia);  tre  altri  Stati  avevano  aderito  (Spagna,  Ro- 
mania, Norvegia);  le  accademie  di  tre  altri,  pur  non  potendo 
prendere  pel  momento  deliberazioni  definitive  a  causa  delle  ferie, 
facevano  però  prevedere  la  loro  adesione  (Finlandia,  Portogallo, 
Ceco-Slovacchia).  Come  si  vede,  la  iniziativa  assunta  dalla  Ac- 
cademia delle  Iscrizioni  e  Belle  Lettere  di  Parigi  per  la  unione 
accademica  internazionale  è  stata  dunque  coronata  dal  meritato 
successo,  e  lo  schema  di  statuto  da  noi  elaborato  nel  maggio  1919 
faa  ottenuto,  in  massima,  larga  approvazione  dalle  altre  acca- 
demie scientifiche.  Delle  accademie  invitate  mancavano  soltanto, 
oltre  quelle  di  Serbia,  Brasile  e  Cina  di  cui  non  eran  giunte  in 
tempo  le  risposte,  che  possono  prevedersi  favorevoli,  quelle  di 
Svezia  e  Svizzera.  Per  la  Svezia  l'Accademia  di  Stoccolma  ha 
dichiarato  *  che  sarà  lieta  di  partecipare  alla  Unione  quando 
sarà  possibile  invitarvi  tutte  le  nazioni  ,.  Quanto  alla  Svizzera, 
pur  non  avendo  essa  aderito  ancora,  assisteva  però  alle  nostre 
adunanze  un  rappresentante  ufficioso  per  render  conto  dell'opera 
nostra  alle  società  scientifiche  svizzere  e  prepararne  la  eventuale 
adesione. 


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415 

Giusta  la  relazione  che  vi  facemmo  e  le  vostre  delibera- 
zioni, noi  ci  proponevamo:  1°  di  chiarire  l'art.  XI  intorno  al 
contributo  da  darsi  al  bilancio  ordinario  dell'Unione  da  ciascuno 
de'  suoi  membri;  2°  di  dare  maggiore  elasticità  all'art.  XII 
circa  le  proposte  di  ricerche  e  pubblicazioni  ;  3°  e  soprattutto, 
d'insistere  perchè  l'art.  IV,  conforme  ad  un  emendamento  già 
da  noi  presentato  ed  approvato  nella  sessione  di  maggio,  noa 
contenesse  nessuna  esclusione  ;  ma  lasciasse  aperte  le  porte,  con 
le  debite, cautele,  a  -tutti  quelli  da  cui  pub  attendersi  una  onesta 
e   cordiale  collaborazione. 

Il  testo  dell'art.  XI  nello  statuto  definitivo,  che  è  allegato 
alla  presente  relazione,  precisa  nel  modo  più  chiaro  che  la  con- 
tribuzione annua  deve  pesare  sulle  nazioni  e  non  sulle  singole 
accademie.  £sso  infatti  dice  che  il  bilancio  ordinario  è  alimen- 
tato da  contribuzioni  eguali  per  tutti  ì  membri- della  U.  A.  L; 
dove  il  senso  in  cui  è  adoperato  il  termine  membro  è  chiarito 
dall'art.  IV:  '  chacune  des  délégations  nationales  est  dite  en 
son  ensemble  membre  de  l'Union  ,.  Noteremo  qui  inoltre  che 
il  nostro  Ministro  degli  Esteri  ha  preso,  per  bocca  del  sen.  Lan- 
ciani  rappresentante  dell'Accademia  dei  Lincei,  impegno  formale 
di  mettere  a  disposizione  della  delegazione  italiana  una  somma 
ben  superiore  ai  2000  franchi,  che  sono  stabiliti  come  contributo 
provvisorio  per  ciascuno  Stato,  e  che  tale  dichiarazione  rendeva 
inutile  per  parte  nostra  ogni  riserva  di  carattere  finanziario. 

L'art.  Xn  poi  circa  le  proposte  di  ricerche  e  pubblicazioni, 
pur  rimanendo  inalterato  per  ciò  che  riguarda  le  condizioni 
finanziarie  e  tecniche  per  l'accoglimento  delle  proposte,  venne 
però,  a  richiesta  nostra  e  di  un  delegato  belga,  precisato  nel 
senso  che  la  iniziativa  di  tali  proposte  può  partire:  1°  dai  membri 
della  Unione,  cioè  dalle  delegazioni  nazionali  ;  2"  dalle  singole 
accademie  partecipanti,  le  quali  potranno  anche  delegare  com- 
missari speciali  per  discuterne  nelle  adunanze  dei  delegati  ; 
3°  dal  consiglio  direttivo  della  Unione.  Crediamo  d'avere  cosi 
nel  modo  migliore  assicurato  l'autonomia  e  la  libertà  d'iniziativa 
alle  accademie  singole,  mentre  al  tempo  stesso  è  resa  possibile 
la  federazione  di  due  o  pìii  accademie  d'uno  stesso  Stato  o  di 
piii  Stati  per  un  comune  lavoro  scientifico. 

Venendo  all'art.  tV,  che  per  una  trasposizione  d'articoli  è 
divenuto  il  V,  esso  ora  stabilendo  che  sull'ammissione  di  nuovi 


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416 

membri  si  vota  a  scrutìnio  segreto  e  si  richiede  la  maggioranza 
dei  tre  quarti  sulla  totalità  delle  voci,  risponde  in  tutto,  ci 
sembra,  ai  desiderati  da  voi  espressi.  Cioè  esso  afferma  virtual- 
mente la  aaiversalità  della  Unione  accademica,  mentre,  come  ap- 
punto suggerivamo  nella  relazione  da  voi  approvata,  circonda  il 
voto  delle  cautele  necessarie  '  a  piena  guarentigia  contro  am- 
missioni che  potessero  riuscire  inopportune  ovvero  odiose,  o  che 
fossero  tali  da  turbare  anziché  promuovere  la  serenità  della 
collaborazione  scientifica  ,.  ' 

Per  tutto  il  reato,  senza  che  noi  entriamo  in  una  minuta  e 
particolare  disamina,  il  confronto  tra  lo  schema  di  statuto  ap- 
provato nel  maggio  e  lo  statuto  definitivo  mostra  come  non  c'è 
articolo  che  non  sia  stato  sottoposto  a  rigorosa  revisione  e  ad 
attenta  elaborazione  per  precisarlo  e  migliorarlo:  alla  quale  eia- 
borazione  abbiamo  cooperato  noi  stessi  come  meglio  abbiamo 
saputo. 

Né  solo  abbiamo  rivolto  la  nostra  attenzione  allo  statuto. 
Ma  anche  rispetto  al  voto  presentato  da  un  delegato  americano 
al  nostro  convegno  per  porre  la  conservazione  dei  monumenti 
e  la  direzione  delle  ricerche  archeologiche  nei  territori  dell'im- 
pero ottomano,  quale  era  nel  1914,  sotto  la  sorveglianza  di  una 
commissione  internazionale,  che  sarebbe  nominata  alla  sua  volta 
da  una  delle  commissioni  la  cui  nomina  è  preveduta  dal  patto 
della  Società  delle  Nazioni,  noi  intervenimmo  sostenendo  due 
riserve.  Queste  riserve,  che  ci  parvero  assai  opportune  a  sal- 
vaguardare, tanto  gli  interessi  della  scienza  quanto  quelli  del- 
l'Italia e  che  vedemmo  con  piacere  approvate  da  tutti  i  colleghi, 
sono:  1**  che  i  commissari  archeologici  vengano  nominati  dai 
corpi  competenti  delle  nazioni  interessate;  2°  che  la  sorveglianza 
della  commissione  internazionale  non  si  estenda  ai  territori  del- 
l'impero ottomano  assegnati  ad  una  Potenza  in  piena  sovranità, 
ai  quali  si  applicheranno  anclie  per  le  antichità  e  gli  scavi  le 
leggi  e  i  regolamenti  nazionali. 

Voi  vedete  del  resto  anche  dalle  numerose  proposte  di  ri- 
cerche e  pubblicazioni  registrate  nell'atto  verbale  della  Confe- 
renza, come  sia  vivo  e  fattivo  in  tutti  i  partecipanti  all'Unione 
il  desiderio  dì  lavoro  intenso  e  fecondo.  Essendo  peraltro  tas- 
sativamente prescritto  dall'art.  XII  dellcr  statuto  che  proposte 
di  tal  fatta  per  essere  prese  in  considerazione  debbano  presen- 


zed.yGOOg[e 


417 

tarsi  con  modalità  determioate  al  comitato  dei  delegati  del- 
l'Unione eletto  con  le  norme  stabilite  all'art.  IV,  esse  non  po- 
tevano essere  presentate  alla  nostra  conferenza  se  non  a  titolo 
provvisorio  ed  ufficioso,  e  fa  perciò  stabilito  esplicitamente 
che  non  dovessero  creare  rispetto  ai  loro  argomenti  alcun  di- 
ritto di  priorità  in  favore  dì  chi  le  presentava.  Ciò  a  salva- 
guardia delle  accademie,  che  per  allora  non  potevano  fare  alcuna 
proposta.  Tra  le  quali  è  la  nostra.  Perchè,  non  avendo  alcun 
mandato  specifico  da  voi  in  tal  materia,  e  non  avendo  nessun 
affidamento  intomo  al  contributo  finanziario  che  l'Accademia  o 
chi  per  essa  avrebbe  potuto  dare  per  l'attuazione  dì  studi  o 
ricerche,  noi  ci  astenemmo  dal  fare  proposte  in  vostro  nome, 
non  volendo  oltrepassare  il  mandato  da  voi  conferitoci  e  non 
potendo  dì  nostro  capo  prendere  per  conto  vostro  quegli  impegni 
che  sono  richiesti  al  comma  3"  dell'art.  XII. 

È  sempre  del  resto  pienamente  libera  la  nostra  Classe  di 
preparare  e  presentare  quelle  proposte  che  creda,  quando  ritenga 
di  avere  i  mezzi  per  finanziarle.  Al  presente,  poiché  le  proposte 
provvisorie  pervenute  all'Unione,  nei  termini  generici  in  cui  sono 
registrate  nell'atto  verbale,  non  possono  fornire  argomento  di 
utile  discussione,  noi  dobbiamo  attendere  che  il  segretariato 
provvisorio,  già  impiantato  a  Bruxelles,  ce  le  trasmetta  man  mano 
nella  redazione  definitiva  e  nelle  condizioni  prescritte  dall'ar- 
ticolo XII,  come  già  ba  cominciato  a  fare.  E  toccherà  alla  Classe 
di  presentare  in  merito  le  sue  osservazioni,  che  dovranno  essere 
discusse  con  quelle  delle  altre  accademie  nella  prima  tornata 
ordinaria  dei  delegati  dell'Unione.  E  bene  poi  osservare  fin  da 
ora  che  non  mancano  proposte  le  quali  hanno  grande  interesse 
per  l'Italia  e  non  possono  effettuarsi  senza  valida  collaborazione 
italiana,  quelle  p.  e.  presentate  dall'Accademia  dei  Lincei  pel 
Corpus  inscriptionum  e  per  la  Forma  orbis  Romani;  e  che  dovrà 
essere  intento  della  nostra  Classe  assicurare  a  questa  fi.  Ac- 
cademia nella  attuazione  dì  imprese  di  tanta  importanza  quella 
parte  che  per  la  sua  autorità  e  le  sue  tradizioni  le  compete. 

Urge  frattanto  che  la  presidenza  della  nostra  Accademia 
si  ponga  in  relazione  con  l'Accademia  dei  Lincei  e  con  le  altre 
Accademie  Reali  italiane,  quelle  specialmente  che  hanno  risposto 
al  nostro  invito  facendoci  prevedere  condizionata  o  incondizio- 
nata la  loro  adesione,  per  costituire  in  Italia  quell'aggruppa- 


zed.yGOOg[e 


418 

mento  dei  corpi  scientifici  nazionali,  preveduto  dall'art.  lY,  che 
dovrà  provvedere  alle  modalità  della  nomina  dei  due  delegati 
italiani  ed  eventualmente  all'esame  di  proposte  collettive  di 
lavori  e  ricerche  da  presentarsi  all'Unione.  A  tal  uopo  sarà  da 
esaminare,  d'accordo  con  le  altre  Accademie  Reali,  la  opportunità 
d'nn  convegno  di  rappresentanti  delle  Classi  morali  delle  sìngole 
Accademie,  che  potrebbe  per  esempio  tenersi  in  Roma  nelle 
prossime  ferie  pasquali. 

Ed  ora  a  noi  non  resta  che  deporre  nelle  vostre  mani  il 
mandato  affidatoci,  che  crediamo  di  avere  debitamente  adem- 
piuto, e  chiedervi  la  ratìfica  della  firma  da  noi  apposta  in  vostro 
nome  e  in  virtti  dei  poteri  da  voi  conferitici,  allo  statuto  defi- 
nitivo della  U.  A.  I. 

Ma  prima  di  chiudere  è  nostro  gradito  dovere  ricordare  il 
tòno  amichevole  e  veramente  fraterno,  che  regnò  in  tutte  le 
discussioni  del  congresso,  la  cordialità  che  fu  sempre  e  da  tutti 
dimostrata  a  noi  delegati  italiani,  l'assenza  di  qualsiasi  velleità 
d'imperialismo  scientifico  per  parte  di  qualsiasi  nazione,  il  tatto 
e  la  volontà  sincera  di  accordo,  con  cui  le  discussioni  furono 
dirette  dai  colleghi  francesi  che  avevano  preso  l'iniziativa  della 
Unione.  Ai  quali,  e  segnatamente  ai  Sig''  Senart  presidente  e 
HomoUe  segretario  della  conferenza,  noi  crederemmo  perciò  do- 
veroso che  sì  esprìmesse  la  gratitudine  e  il  plauso  della  nostra 
Accademia. 

Signori:  è  certamente  prematuro  il  dire  quali  potranno 
essere  i  risultati  positivi  che  si  otterranno  nel  campo  delle 
scienze  morali  per  mezzo  della  nuova  Unione.  Noi  li  augunamo 
amplissimi,  e  auguriamo  che  la  nostra  Accademia  vi  contribuisca 
efficacemente  così  come  ha  efficacemente  contribuito  al  costi- 
tuirsi della  Unione  stessa.  Ma  questo  possiamo  dire,  che  già  lo 
stesso  raccogliersi  tra  tanti  popoli  un  fascio  così  ragguardevole 
di  forze  miranti  al  progresso  delle  scienze  da  noi  professate  è 
un  fatto  d'alto  valore  umano  e  civile.  Dall'attuazione  di  esso 
non  doveva  rimanere  assente,  e  non  è  rimasta  assente,  l'Italia. 
E  noi  ci  sentiamo  onorati  di  avervi  attivamente  partecipato 
come  rappresentanti  di  questa  insigne  Accademia  Reale. 

Fedebico  Patetta. 

Gaetano  Db  Sahctis  Relaicre. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


STATUTS 
l'Union  Académique  Internationale. 


I. 

Lescorps  savants  ou  gronpes  de  corps  sav&nts  appartenant 
aux  nations  dont  les  nonia  suìvent  et  représentés  par  des  <Ìé- 
léguéa  munis  de  pleìns  pouToìra  ou  dfiment  qualifiéa: 

Amérique  (Am.  philosophical  Society,  Atn.  Academy  of 
Arta  and  Sciences,  Àm.  philosophical  Association,  Am.  philolo- 
gical  Association,  Am.  orientai  Society,  Modera  Language  Aa- 
Bociation  of  America,  Archaeological  Inatitute  of  America,  Am. 
historical  Association,  Am.  Antiquarian  Society,  Am.  Economie 
Association), 

Belgique  (Académie  royale  des  Sciences,  des  Lettres  et 
des  Beaux-Arta  de  Belgique), 

Danemark  (Académie  royale  des  Sciences  et  Lettres  de 
Danemark), 

France  (Académie  des  Inscriptions  et  Belles-Lettres,  Aca- 
démie des  Sciences  morales  et  politiques), 

Grande  Bretagne  (Brìtish  Academy), 

Orèce  (Délégation  du  Gouvemement  hellénìque,  suppléant 
t'Académie  d'Athenes  dont  la  création  est  prochaine), 

Hollande  (Académie  royale  des  Sciences), 

Italie  (Académie  nationale  des  Lincei  de  Rome,  Académie 
royale  des  Sciences  de  Turin), 

Japon  (Académie  Imperiale), 

Pologne  (Académie  polonaise  des  Sciences  de  Gracovie), 

Russie  (Académie  des  Sciences  de  Russie), 

estiment  qu'il  y  a  lieu  de  régler  par  un  accord  nouveau  les 
relations  corporstives  dea  académies  et  corps  savants,  en  tuo 
de  la  collaboratioD  scientìfique  interastìonale. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


II. 

Le  but  de  cet  accord  est  la  coopération  aa  progrès  dea 
études  par  des  recherchaa  et  des  publicationa  collectìvea,  dans 
l'ordre  des  sciences  cultivées  par  les  académiea  et  inetitutions 
scieatifiques  particìpantes:  scieocea  philologiques,  arcbéotogìques 
et  hìatoriqaes,  soiences  morales,  politiques  et  sociales. 

m. 

A  cette  fin,  les  corps  savanta  et  groupea  de  corps  savants 
énumérés  &  l'article  I"'  décident  de  ae  grouper  en  une  fédé- 
ration  scientifique  qui  port  le  nom  à'Union  Académique  intema- 
tionale  (VAI). 

Par  le  mot  Union  ils  affirment  les  sentiments  de  confra- 
teiiiité  amicale,  confiante,  égale  et  libre  dont  ila  sont  animés 
et  dont  s'inspiro  la  fédération. 

Le  mot  Académique  a'entend  d'abord  et  avant  tout  des  corps 
savants  proprement  appelés  académies  et  ayant  un  caractère 
national;  il  embrasae  ausai,  soit  à  défaut  d'académiea,  soit  à 
coté  de  celles-ci  et  d'enteate  avec  elles,  les  institutions  8<»en- 
tifiquea,  assimilables  en  raìaon  de  leur  caractère  national,  de 
leur  consécration  scientifique,  de  la  nature  et  de  la  métbode  de 
leura  travaus,  qui,  dans  cbacun  des  pays  affiliés  à  l'Union,  ont 
décide  ou  décideront  de  se  grouper  et  de  se  donner  une  repr^ 
sentation  collective. 

IV. 

Cbacune  des  nations,  quel  que  aoit  le  nombre  dea  académiea 
ou  institutiona  scientifiquea  participant,  pour  leur  compte,  à 
rUÀI,  est  repréaentée  par  deus  délégués.  Cea  délégués  sont 
déaignés  dans  cbaque  pays  par  les  corps  savants  ou  le  groope 
dee  corps  savants  affiliés  à  l'Union.  La  composìtion  de  ces 
groupea  eat  réglée  librement  par  chacune  des  nations  appartenant 
à  rUAI,  soua  la  réserve  qu'elle  sera  notifiéeà  celle-ci.  Cbacune 
des  délégations  nationalea  est  dite,  en  aon  ensemble,  membre 
de  l'Union. 

V. 

Les  corps  savants  ou  groupes  de  corps  savants  dea  nations 
qui  ne  sont  pas  comprises  dans  la  liste  de  l'art.  I",  s'ila  dé- 


D,B,t,zed.yGOOgle 


421 

sirent  faire  partie  de  VUdìoq  Àcadémique  Internationale,  font 
connaltre  leur  intention,  soit  directement,  eoìt  par  l'entremise 
de  troia  dea  membres  de  l'UAI.  II  eat  statue  sur  l'admÌBsioD  au 
BcrutÌD  secret,  à  la  majorité  des  troia  quarte  de  la  totalité  des 
Toìx  de  rUAI,  exprimées  directement  ou  par  correapondance. 

VI. 

Les  déI4gaés  réunis  composent  le  Comité  de  l'Union;  ils 
élisent  le  Bureau  directeur  de  l'UAI,  ils  délibèrent  et  statuent 
sur  toutee  les  questiona  d'intérét  general,  en  particulier  sur  lea 
admissiona  de  membres  nouveaux,  sur  les  projets  de  recherches 
ou  de  publicatioDS  collectives,  sur  la  geation  dea  finances  de 
l'UAI. 

Les  décisioDs  du  Comité  sont  priaea  à  la  majorìté  absolue 
dea  voix,  sauf  en  ce  qui  concerne  les  admìssions  dea  membres 
nouveaux  et  lea  modiflcations  aux  atatuts,  pour  lesquelles  la 
majorìté  des  trois  quarts  est  requiso  (art.  Y  et  XIII). 

Gbaque  membro  dispoae  de  deus  voix:  en  cas  d'absence 
motivée  d'un  des  délégués,  le  déìégaé  présent  jouit  du  doublé  vote. 

Le  Comité  ne  peut  délibérer  valablement  que  ai  plus  de 
la  moitié  dea  membrea  participe  à  la  délibération. 

VII. 

Le  Bureau  da  Comité  se  compose  de  un  président,  deuz  vice- 
présidents,  un  secrétaire  et  deus  secrétaires-adjointa. 

11  est  élu  pour  une  durée  de  troia  ans,  il  se  reaouvelle  par 
roulement,  au  tlrage  au  aort,  à  raison  de  un  président  et  un 
secrétaire  par  année. 

Les  membres  du  Bureau  aont  rééligiblea,  mais  paa  immé- 
diatement  après  la  fin  de  leur  mandat. 

Une  mème  nation  ne  peut  étre  repréaentée  &  la  foia  dsna 
le  Bureau  par  plua  d'un  de  aes  déléguéa. 

Le  Bureau  préaide  aux  délibérations  du  Comité,  contrdle 
l'admìnistration  generale  de  l'UAI  et  l'avancement  de  ses  travauz. 
II  a  qualité  pour  prendre,  dans  l'intervallo  des  seasions,  les 
mesures  urgentes  et  convoquer  au  beaoin  le  Comité. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


vili. 

L'Union  Académique  internationale  élit  pour  son  siège  per- 
manent  la  ville  de  Bruxelles.  Il  y  est  établi  un  secrétarìat  ad- 
mÌDÌstratif,  par  lea  soins  de  la  délégation  belge,  chargée,  sous 
le  contrOle  du  Bureau,  de  l'expédition  des  affaires  courantes, 
de  la  correspondance,  de  la  garde  des  archives,  de  la  gestion 
du  budget  ordinaire  adminiatratif  (art.  XI),  et  éventuellement 
des  fonds  qui  pourraient  advenir  au  secrétarìat  de  Bruxelles 
par  dona,  legs  ou  fondations  destinéa  aux  oeuvres  de  l'UAI.  La 
laugue  fraD9aise  est  adoptée  comme  langue  officielle  de  l'UAI 
pour  la  correspondance  et  toutes  les  pi^ces  administratives. 

IX. 

Lea  délégués  se  réunissent  au  moina  une  foìs  l'an  à  Bruxelles 
en  seaaioD  ordinaire.  Ila  fixent  à  chaque  réunion  la  date  de  la 
auivante.  Us  peuvent  étre  convoqués  hors  session  par  le  Bureau 
si  celui-ci  le  juge  uécesaaire. 


Des  réunions  extraordinaìres,  ayant  le  caractère  de  solen- 
□ités  acientifiques  ou  de  fétes  confraternelles,  et  auxquellea  se- 
raient  conviées  en  corpalea  académiea  ou  inatìtutiona  assimilées 
faisaut  pat'tie  de  l'UAI,  peuvent  avoir  lìeu,  sans  périodicité  ré- 
gulière,  sur  l'initiatìve  spontanee  et  par  invìtation  speciale  d'un 
dea  membres  de  l'Union,  dans  l'un  ou  l'autre  des  pays  qui  y 
ont  adhéré. 

XI. 

L'Union  académique  internationale  est  pourvue  d'un  bndget 
qui  comporte  deux  ch&^ìtres:  Budget  ordinaire  ou  administratif, 
destine  aux  dépenses  du  secrétari&t  de  Bruxelles  ;£u(Ì<^«r<ni- 
ordinaire  ou  scientiSque,  destine  aux  recbercbes  et  publications. 

Le  premier  est  alimenté  par  une  contribution  égale  ponr 
tous  les  membres  de  l'UAI. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


423 

Le  secoud  est  conetitué,  au  fur  et  à  mesure  des  besoina, 
par  leB  soìns  des  membres  de  l'Uniot]  qui  auront  pris  l'inìtia- 
tive  et  assume  la  charge  de  recherches  ou  de  publicationa  ap- 
prouvées  par  ITnioo,  soit  auz  frais  des  gouvemements  ou  des 
bareaux  directeurs  dont  its  relevent,  soit  au  moyen  des  res- 
sources  dont  l'UAI  disposerà  ou  des  fondatìons  dont  elle  pourra 
bénéficier.  La  divereité  des  législations  en  matière  de  dooations 
pourant  s'opposer  &  ce  que  l'UAI  en  re^oive  directement,  il 
paraltrait  expédient  qu'en  chaque  pays  les  donations  fuseent 
faites  aux  corps  savants  intéressés,  avec  affectation  speciale  & 
rtTAI,  ou  qu'elles  fussent  attrìbuées  pour  la  méme  fin  au  secré- 
tariat  permaneut  de  Bruxelles. 

xn. 

Les  metnbres  de  l'UAI  devront  étre  saisis,  au  moins  quatre 
moie  avant  la  réunion  du  Cotnité,  des  projets  de  recherches  ou 
de  publicatioDs  que  l'on  se  proposerait  de  soumettre  à  celui-ci, 
afin  queles  déléguéa  puisseot  recevoir  du  corps  savant  ou  du 
groupe  de  corps  savants  qu'ila  représentent  des  ìnstructions  et 
un  mandat  définis. 

L'initiatìve  des  recherches  ou  publicatìons  peut  étre  prise 
Boit  par  chacun  des  membres  de  l'Union  ou  des  corps  savants 
représentés,  soit  par  le  Bureau  de  l'Union. 

Dans  tous  les  cas,  les  auteurs  de  la  proposition  doivent, 
nutre  la  mention  très  précise  du  sujet,  l'exposé  des  motifs,  le 
pian  du  travaii,  l'estimation  des  dépenses,  indiquer  la  mesure 
dans  laquelle  ils  comptent  eux-mémes  contribuer  scientifìquement 
et  financièrement  à  l'exécution,  les  collaborations  ou  concours 
qu'ils  demandent  ou  dont  ils  se  sont  assurés.  Its  peuvent  de- 
signer des  co  mm  issai  res  spéciaux  pour  la  discusaion  en  comité. 

Le  corps  savant  ou  les  corps  savants  qui  auront  assume 
la  charge  d'une  recherche  ou  publication  avec  l'assentiment  du 
Comité,  en  auront  la  direction  sousson  contrOle;  ils  organiseront 
le  travaìl,  en  désigneront  le  siège,  en  choisìront  les  collabo- 
rateurs,  et  les  réuniront  quand  ils  le  jugeront  nécessaire. 

Si  la  proposition  étnsne  du  Bureau,  le  Comité,  aprèsl'avoir 
examinée  et  approuvée,  delibero  sur  les  moyeos  d'exécution;  il 
coastitue  les  commissions  spéciaJes  qui  sont  cbargées,  sous  son 
contròie,  de  diriger  les  recherches  ou  publications. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


XIII. 


Lea  propoBÌtìons  de  modifications  anx  statuts  doivent  étre 
présentéea  par  troìs  membres  de  l'Union,  quatre  moia  au  moina 
avact  la  réunion  du  Comité. 

Le  vote  sur  ces  propositiona  a  lieii  dans  les  mémes  con- 
ditioDB  que  le  vote  sur  lea  admissiona  de  membrea  nouveauz 
(art.  V,  VI),  à  la  majority  dea  troia  quarta. 

Ont  aigné: 

W.  H.  BucEUB ÉtatfUnU  (TAmériqtie 

Louis  H.  Oa&y , 

H.  Punn™ Btìgique 

3.  L.  HiiBVBa Dattemark 

Otto  Jesfusbh , 

Éhils  SmuT Frante 

TatOFHILE   HOKOU-B   ...  , 

Ém.  Bodtboux , 

AsTHUB  Crcquxt , 

Frìdébio  G.  Kttrrom ,  .  .       Orande-Bretagne 
D.  ÉouriTu Orèee 

H.  Kebbdsv , 

e.  YAK  ToLLEHHOvur  .  .  .  HoUandt 

J.  3.  Saltbriu  di  Gkavi  .  , 

Linciami Itidit 

G.  DB  SlMOTta , 

F.  PiTBrlA 

K.  Ohoedu Japon 

3.  Takakdbd > 

Cahihib  Mokawbki  ....  Fologne 

JlAH   RoZWADOWBKI     ...  , 

H.  RoaTo«TEiFr Suatft 


Gli  Accademici  Segretari 
Cablo  Fabrizio  Pabona 
Ettobe  Stampisi 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


CLASSE 

SCIENZE  MORALI,  STORICHE  E  FILOLOGICHE 


Adunanza  del  15  Febbraio  19&0 


PRESIDENZA  DEL   SOCIO  SEHATOBE  FBAKCBSCO  RCTFHfl 
TICEPREaiDEKTE   DELL'aCCADEIDA 


Sono  presenti  ì  Soci  Pizzi,  De  Sanotis,  BBoin)i,  Eihacdi, 
Bahdi  di  Vesme,  Vidari,  Prato,  Gian,  Valhagqi,  e  STAiiPiiri 
Segretario  della  Classe. 

Si  legge  e  ai  approva  l'atto  verbale  dell'adunanza  del 
1°  febbraio  corr. 

Il  Vicepresidente  Ruffini  dichiara  che  non  potè  essere  pre- 
sente a  parecchie  delle  precedenti  adunanze  per  ragioni  di  pub- 
blico ufficio  in  Roma  e  fu  anche  impedito  di  darne  avviso  alla 
Classe  per  lo  sciopero  postale,  prima,  e  poi  per  Io  aciopero 
ferroviario. 

L'Accademico  Segretario  presenta  alta  Classe  l'opuscolo  del 
Socio  corrispondente  Cosimo  Bebtaoohi,  inviato  da  questo  in 
omaggio,  Giuseppe  Dalla  Vedova  e  il  moderno  indirizzo  degli 
studi  geografici  in  Italia  (estratto  dalla  *  Nuova  Antologia  .). 
La  Classe  ringrazia. 

II  Socio  Prato  presenta  per  la  pubblicazione  negli  Alti 
una  sua  Nota  dal  titolo  JJn  tentativo  di  banco  pubblico  a  Mantova 
nel  1626. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


aiDSEPPB   PRATO 


LETTURE 


Ub  tBBtatiTO  di  biBGO  pubblico  a  Mantova  oel  1626 

Nota  del  Socio  nazionale  residente  GIUSEPPE  PRATO 


Ebbi,  tempo  addietro,  occasione  di  segnalare  un  caratteri- 
stico tentativo  dì  istituto  bancario  avvenuto  in  Mantova,  nel  1756, 
con  intenti  e  funzioni  assai  complessi  di  assicurazione,  di  depo- 
sito, di  sussidio  al  commercio  (I),  ricordandone  l'insuccesBO,  a 
cui  segui  una  breve  risurrezione  nel  17^5  (2).  Ma  per  altri  e 
maggiori  titoli  le  vicende  fortunose  della  insigne  città  lombarda 
sì  connettono  a  quella  evoluzione  delle  forme  bancarie  che  è 
vera  gloria  della  storia  economica  italiana. 

I  documenti  contabili  dei  regolari  rapporti  fra  l'avveduta 
ed  ordinata  gestione  della  casa  Gonzaga  ed  i  banchieri  veneti 
(autentici  libretti  di  conto  corrente,  di  cui  parecchi  ai  conser- 
vano nell'Archivio  mantovano)  porgerebbero  un  interessante  ma> 
teriale  di  studio  a  chi  si  facesse  ad  indagare  i  peculiari  aspetti 


(1)  Cfr.  Problemi  titonelari  e  baiteari  nei  lecoli  XVII  t  XVIIl,  in  "  Do- 
cumenti 6nanEÌari  degli  atati  della  monarchia  piemontese  ,,  serie  1*,  toI.  Ili, 
Torino,  1916,  p.  120  e  ag.  n. 

(2)  Cfr.  C.  D'Aaoo,  Studi  intorno  al  municipio  di  Mantova,  dall'origine  ài 
questo  all'anno  1863.  voi.  V,  Mantova,  1872,  p.  18.  Questo  secondo  tentativo 
era  stato  preceduto  da  provvedimenti  diversi  intesi  ad  affidare  ad  altri 
istituti  qualcuno  dei  compiti  che  si  eran  voluti  concentrare  nella  Cava  di 
eommtrcio  del  1756.  Coal  il  25  maggio  1781  ai  ordinava  venisse  fondato  in 
Mantova  un  monte  aggregato  a  quello  di  S."  Teresa  di  Milano,  presso  il 
quale  ciascuno  potesse  depositare  in  pegno  qualunque  quantità  di  sete  na- 
zionali, ricavandone  2/3  del  valore,  con  facoltà  di  riscattarlo  entro  l'anno 
col  pagamento  del  4°/o'  Fin  dal  1770  poi  il  monte  nuovo  di  pietà  veniva 
incaricato  di  prestar  fondi  al  2  "In  ai  possessori  di  terre  incolte  che  si  ob- 
bligassero a  migliorarle.  Ibid.,  p.  21,  e  voi.  VI,  p.  142. 


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UN   TBNTATIYO   DI  BANCO  PCBBLICO   A   MAKTOVA  KEI.   1626      427 

della  vita  commerciale  nei  secoli  XIV  e  XY  (1).  Ma  fra  le  carte 
di  quella  prezioBB  raccolta  pure  esiate  la  prova  che  Is  ^miglia 
principesca,  la  cui  amministrazione  privata  e  pubblica  offri  tanti 
esempì  di  acuto  senso  economico  e  di  accorto  spìrito  mercantile, 
vagheggiò  altresì  il  disegno  di  dotare  lo  stato  d'un  organo  di 
credito  proprio,  e  tentò  di  tradurlo  in  atto,  alla  vigìlia  della 
estinzione  del  suo  ramo  principale,  in  forma  caratteristica. 

Il  Banco  di  S>  Barbara,  creato  con  l'ordinanza  che  trascrivo 
de  una  rara  (probabUmente  unica)  stampa  di  quell'archivio  (2), 
non  potè  certo  segnalarsi  per  attività  molto  proficua,  perchè, 
quattro  anni  soltanto  dopo  la  sua  fondazione,  nel  sacco  della 
città  andò  travolto  e  distrutto.  Xeglì  anni  stessi  d'altronde  delta 
breve  sua  vita  non  sembra  crescesse  a  importanza  considerevole, 
se  gli  storici  di  quel  memorando  periodo  non  ne  parlano  mini- 
mamente.  Non  vi  accenna  il  Maffei,  scrivendo  pochi  anni  dopo  (3). 
Ne  alcuna  traccia  se  ne  incontra  nelle  cronache  di  Scipione 
Capilupi  e  di  Giovanni  Mambrino  (1628-1631)  pubblicate  da 
C.  D'Arco,  neppure  là  dove  essi  ricordano  le  depredazioni  del 
monte  dì  pietà  e  del  ghetto  e  banchi  degli  ebrei  compiute  dai 
nemici  nel  1630  (4).  Anche  gli  annalisti  che  con  maggior  pro- 
lissità analitica  riferirono  gli  avvenimenti  della  citta  in  quel 
secolo  non  avvertirono  come  episodio  degno  di  memoria,  la 
fondazione  di  cui  ci  occupiamo.  Cosi  Francesco  Tonelli,  che,  per 
l'anno  1626,  racconta  perfino  quanti  furono  in  città  a  raggiun- 


(1]  Un  libretto  del  1370-76,  che  elenca  i  depositi  del  teno  capitano 
Ludovico  a  Venezia,  ò  cosi  intestato:  *ln  Chriati  Domine  Amen  H"'  D.  D.  Lu- 
doTicns  de  Gonzaga  habet  infra«criptoa  denarios  ad  oameram  impreatitorum 
in  civitate  Teneciamm  ut  inferiue  continetur  «criptoB  in  centrata  S.  Boldi 
de  Veneciis  ,.  Ogni  cifra  porta  diatiata  l'intestaiione  :  '  Hoe  est  capitale 
—  hec  eat  ntilitaa  ,.  I  conti  ai  liquidavano  ogni  aemeatre;  p.  e.,  nel  1376, 
cosi:  *  Facta  ratiotte  SX  marcii  MCCCLXXVl  videtnr  quod  omnia  impre- 
stila aunt  in  aumma  dnc.  LXXX  m  XVI  auri,  a.  VII  p.  Tangit  omni  medio 
auDO  due.  MH  auri,  a.  XXV  p.  ,.  Il  banco  corrispondeva  nn  ta^ao  del  5%, 
che  fb  ridotto  pochi  anni  dopo.  Cfr.  À.  Luzio,  La  galleria  dei  Gonzaga  ven- 
duta  aa'IngkiUerra  nel  1627-28,  Milano,  1913,  p.  3. 

(2)  Devo  l'indicazione  dell 'intc  resa  ante  documento  alla  corteaia  di  Alea- 
anndro  Luzio. 

(3)  C&.  Gli  annali  di  Mantova,  Tortona,  1675. 

(4)  C&.  Baeeolta  di  eromtti  t  doeitmenti  glorici  lombardi  inediti,  Milano, 
18S7,  V.  II,  p.  465  e  agg. 

Atti  deUa  B.  Aeeademia  —  Voi.  LV.  29 


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428  8IU3KPPK  PRATO 

gere  l'età  Doaagenaria,  e  ci  ragiona  attorno  con  rìmpianto  (1). 
Spiegasi  quindi  come  il  D'Arco  non  menzioni  ancb'egli  j]  banco, 
mentre  ricorda  le  vicende  fortunose  del  monte  di  pietà  eretto 
nel  1484  da  Francesco  Gonzaga  coi  consigli  e  l'opera  del  padre 
Bernardino  da  Feltre,  e  depauperato  dal  duca  pei  bisogni  delta 
guerra  prima  che  la  soldatesca  vittoriosa  Io  ponesse  a  sacco  (2). 
Onde  sembra,  in  complesso,  plausibile  l'ipotesi  che,  nei  quattro 
anni  di  sua  esistenza,  il  nuovo  istituto,  forse  per  l'oBcnrarsi 
dell'orizzonte  politico,  neppure  abbia  potuto  affermare  efficace- 
mente la  propria  personalità.  Non  dunque  nella  sua  entità  in- 
trinseca e  nella  utilità  pratica  della  funzione  svolta  deve  rav- 
visarsi l'importanza  del  banco;  la  quale  appare  invece  non 
spregevole  nella  sua  struttura  formale,  fatta  ragione  dei  tempi 
in  cui  avvenne  lo  sfortunato  esperimento. 

Cronologicamente  il  Banco  di  S.**  Barbara  non  può  preten- 
dere titoli  di  priorità.  È  anzi  piuttosto  una  delle  ultime  mani* 
festazioni  della  tendenza  di  reazione  contro  i  pericoli  della 
libertà  bancaria,  che  si  espresse  nella  fondazione  dei  banchi  di 
deposito,  sorti  o  riformati  nei  principali  centri  commerciali  di 
Europa  fra  la  fine  del  secolo  XV  e  gli  inizi  del  XVH  (Beo.  XV: 
Barcellona,  Valenza,  Saragozza;  XVI:  Palermo,  Messina,  Tra- 
pali, Oenova,  Napoli,  Venezia,  Milano;  XVII:  Amsterdam, 
Rotterdam,  Amburgo,  Norimberga).  E  giunge  quando  il  bisogno 
economico  dì  cui  tali  istituti  eran  stati  frutto  ed  espressione 
già  accenna  a  declinare  sotto  la  spinta  delle  esigenze  nuove  e 
degli  orientamenti  politico-sociali  diversi,  onde  scaturiranno  fra 
breve  le  prime  bancbe  di  emissione  in  senso  proprio;  non  senza 
che  il  prossimo  avvento  di  queste  creazioni  dell'economia  mo- 
derna fin  d'allora  si  preannunci  nel  graduale  alterarsi  della 
rigidità  di  ordinamenti  inizialmente  prescritti  a  quegli  organi 
di  difesa  dei  mercati  contro  le  intemperanze  della  specolazìone 
libera  (3).  A  Venezia,  fra  l'altro,  che  è  la  piazza  con  cui  Man- 


ti) Cfr.  Bieerehe  Hortehe  di  MmUova,  ManloTO,  1800,  t  IV.  p.  100. 

(2)  Cfr.  Studi  ialonto  al  muttieipto  di  Mantova,  dalVorigine  Ai  qtusto 
aU'anno  1865,  v.  VII,  p.  189  e  sgg- 

(3)  Ho  analiticamente  esposti  gli  aspetti  caratterietici  di  quellluteres- 
aante  momento  etorìco  in  Problemi  Monetari  €  bancari  nei  steM  XVII  é  XVIII. 
Torino,  1915,  p.  3  e  agg.  e  pa»»im. 


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VS  TENTATIVO  DI  BASCU  PUBBLICO  A  HANTOTA   NEL   1626       429 

tova  tiene  più  frequenti  negozi,  il  decadimento  del  baDCo-gÌro 
BÌ  accentua,  proprio  in  quegli  anni  (1630-1650),  attraverso  una 
serie  di  abusive  o  tollerate  deroghe  alle  norme  statutarie,  che 
ne  modificano  singolarmente  la  primitiva  fisionomia  (1),  ren- 
dendo fra  breve  necessaria  quella  riforma  di  regolamenti  (1663) 
in  cui  si  ravvisa  la  miglior  prova  delle  gravi  malversazioni 
aofferte  (2). 

Forse  alla  suggestione  di  tale  esempio  devono  specialmente 
riferirei  le  misure  dì  estremo  rigore  che  negli  ordini  qui  ripro- 
dotti troviamo  emanate  ad  assicurare  la  regolarità  di  gestione 
e  le  garanzie  di  sicurezza  del  banco.  11  concetto  d'una  giuris- 
dizione privilegiata,  commessa  ai  suoi  dirigenti,  per  ogni  causa, 
controversia,  trasgressione  dal  medesimo  dipendente,  non  è 
nuovo.  D'un  foro  speciale  beneficiarono  quasi  sempre  i  banchieri 
medioevali,  sebbene  talvolta  in  comune  con  altre  classi  di  mer- 
canti (3).  Oenova,  fin  dal  1417,  confort  a  S.  Giorgio  la  piena 
giurisdizione  civile  e  criminale,  col  diritto  di  far  pubbliche 
leggi,  civili  e  penali,  col  jua  gladii  fino  alla  pena  di  morte  per 
tutte  le  materie  ad  esso  relative  (4),  subordinando  in  seguito 
perfino  la  sovranità  dello  stato  a  quelle  decisioni  (5).  Ha  il 
legislatore  mantovano,  pure  riconoscendo  l'opportunità  di  sot- 
trarre questa  singolare  materia  alle  lungaggini  formalistiche 
della  procedura  ordinaria  e  di  assicurare  l'ordine  e  la  disciplina 
dell'istituto,  attribuendo  al  sopraintendente  facoltà  larghissime 
di  pronta  ed  esemplare  repressione  e  giustizia,  non  trascura  di 
considerare  i  non  minori  pericoli  che  dalla  negligenza,  tolleranza 
e  connivenza  degli  amministratori  possono  altresì  derivare  ai 
clienti  ed  al  credito  del  banco;  riservandosi  il  compito  di  pu- 
nirne con  la  massima  severità  i  funzionari  ove,  per  loro  omis- 


(1)  Ctr.  A.  Erani,  Storia  dta'teoHomia  poliUea  nei  ateoli  Xrile  XVIII 
negli  itati  delta  RtptMliea  ventta,  YeneiiB,  1877,  p.  SS  e  Bg^. 

(2)  Cfr.  C.  V.  DinraiB,  Beonomie  tnay»,  New  Tork,  1904,  p.  Ifi9  e  ig. 
IS)  Cfr.  A.  Làttks,  B  diritto   eommereialt   nella   legitlarione  elatutaria 

dtUe  eittà  italiane,  Hilaiio,  1884,  pp.  201  e  tgg.,  218. 

(4)  Cfr.  H.  Suthims,  Studio  lulle  fhtanxe  genovesi  del  medio  evo  e  in  par- 
ticolare sulla  Caia  di  S.  Giorgio  (tr.  ìt.),  in  *  Atti  della  Società  ligure  di 
■torìft  patria  ,,  y.  XXXV,  p.*  2*,  p.  99  e  igg. 

(5)  Cfr.  H.  Eabibbb,  Crietoforo  Colombo  e  il  Baneo  di  S.  Giorgio,  Oenova, 
1B90,  p.  104  e  Bgg. 

Atti  delia  B.  Aceademia  —  Voi.  LV.  29* 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


430  Q10SBPPB   PRATO 

sione  o  colpa,  errori  o  &odi  risultino  nelle  controllate  conta- 
tabilità. 

La  prudenza  che  si  riflette  in  simili  precauzioni,  come  la 
enumerazione  delie  forme  e  dei  modi  con  cui  la  buona  fede 
dell'istituto  può  essere  sorpresa,  costituiscono  un  interessante 
attestato  dell'apprezzamento  che  circa  la  condotta  ed  i  risultati 
dei  banchi-giro  italiani  incominci avK  a  prevalere  agli  inizi  del 
secolo  XVII, 

Gli  Ordini  e  regole  del  1663  del  Banco  del  giro  di  Venezia 
(emanati  dopo  la  ecoperta  di  un  grosso  *  intacco  ,  di  uo  com- 
messo registratore),  pieni  di  cautele  contro  la  negligenza  e  l'in- 
fedeltà e.  di  continue  allusioni  ad  abusi  criminosi  confermeranno 
definitivamente  il  giudizio,  lasciando  l'impressione  di  una  lotta 
costante  con  impiegati  disonesti  o  malfidi  (1). 

All'esempio  veneto,  consacrato  dai  regolamenti  del  1593 
e  1594  per  il  Banco  di  Rialto  (2),  si  ispirano  altresì  manifesta- 
mente le  disposizioni  che  riguardano  l'obbligo  di  saldare  escla- 
sivamente  io  banco  le  cambiali  negoziate  sulla  piazza.  Privilegio 
comune  alle  vecchie  banche  di  deposito,  per  le  quali,  nota  il 
Pareto,  ciò  equivaleva  all'attribuzione  di  corso  forzoso  alla  loro 
valuta  (3);  ma  di  rado  accolto  con  altrettanta  ampiezza,  dacché 
ad  Amsterdam  (4)  e  ad  Amburgo  (5)  soltanto  gli  effetti  di  va- 
lore considerevole  (600  e  poi  300  fiorini,  e  400  marchi  rispet- 
tivamente) eran  soggetti  a  tale  limitazione  (6),  e  3.  Giorgio 
non  lo  adotterà  integralmente  se  non  a  partire  dal  1675  (7). 
A  Venezia  stessa  il  rigore  del  precetto  era  temperato  dalla 
esistenza  della  '  cassa  del  contante  ,,  aperta  a  chi  volesse  con- 
vertire i  titoli  in  moneta  effettiva  per  minute  transazioni  o  pa- 


ti) Cfr.  DoRBiB,  EcoHontie  tsaayt,  p.  159  e  igg. 

(2)  Cfr.  E.  LiTTiia,  La  UUrià  iéUt  bancht  a  Vittena  dot  ucolo  SUI 
al  XVII,  Milano,  ÌH&i.  p.  170. 

(3j  Cfr.  Court  d'icotiomie  politique,  LcmuuM,  1896,  L  1,  p.  3S0. 

{4)  Cfr.  C.  F.  DuMBia,  Cliaplert  on  the  tìieory  and  Imtory  of  hanking, 
2'  ed.,  New  York,   1900,  p.  9». 

(5)  Cfr.  P.  Roti.,  Storia  delU  baneìit,  Miluio,  1874,  p.  1S8. 

(6)  Proponendo  di  imitare  a  Napoli  l'eaempio  Teneto,  limitava  ali» 
cambiali  superiori  ai  200  ducati  il  ealdo  obbligatorio  in  banca  V.  Lcairrt, 
iWiKea  ntercamtUe,  Napoli,  1680,  p.  Z&. 

(T)  Cfr.  V.  PABno,  Court  d'iconomit  potiUgiu,  t.  I,  p.  860  n. 


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ON  TBNTATIYO  DI   BANCO  PUBBLICO  A   XANIOTA   NEL   1626      431 

gamenti  all'estero  (1).  E  perfino  Oiovanni  Law  non  eaiterà,  quasi 
un  seoulo  piìi  tariìì,  a  segnalare  a  Vittorio  Amedeo  II  di  Savoia 
i  perìcoli  di  un  metodo,  che  egli  medeainio  però  dovrà,  spìngere 
poco  dopo,  in  Francia,  al  colmo  dei  piìi  catastrofici  ecceBsi  (2). 
Il  Dunbar  narra  da  quali  pratiche  abusive,  dannosamente  in- 
valse sul  mercato  veneziano,  fosse  sorto  un  provvedimento  inteso 
a  restaurare  la  correttezza  degli  effettivi  pagamenti  (3).  Uguali 
motivi  non  è  probabile  sussistessero  a  Mantova,  dove  troviamo 
rìprodotta  la  norma,  senza  limiti  o  temperamenti.  Il  che  forse 
trova  spiegazione  nel  desiderio  di  quel  governo  di  accreditare 
prontamente,  con  generosi  privilegi,  un  istituto  che  intendeva 
veder  sorgere  senza  indugio,  mentre  certo  non  era  in  grado  di 
affrettare  con  sovvenzioni  dirette  (siccome  altrove  quasi  dovunque 
ft'era  praticato  (4))  la  sua  costituzione. 

Che  agli  intenti  dei  fondatori  fosse  del  tutto  estraneo  il  se- 
greto pensiero  di  apprestare  nel  banco  un  comodo  serbatoio  di 
capitale,  a  coi  poter  tacitamente  attingere  in  urgenze  improvvise 
dello  stato  o  della  dinastia,  non  oserei  certo  affermare.  Il  torbido 
momento  politico,  il  bisogno  di  danaro  che  proprio  in  quegli 
anni  indnceva  i  Gonzaga  a  trattar  la  vendita  delle  loro  magni- 
fiche collezioni  artistiche  (5),  il  ricordo  del  trattamento  subito 
dal  monte  di  pietà  (6)  rendono  tutt'altro  che  fantastica  simile 
ipotesi.  Fu  probabilmente  soltanto  la  mancata  esecuzione  inte- 
grale del  decretato  suo  disegno  che  impedì  al  Banco  di  S.**  Bar- 
bara di  compiere,  durante  le  traversie  fortunose  degli  anni  cbe 
precedettero  il  tragico  assedio,  la  funzione  di  clandestino  sov- 


(1)  Cfr.  DieHonnaire  du  eitoyen,ou  abrégé  hiitortque,  théorique  et  pratigut 
dtt  commerce,  Pari^,  1761,  t.  I,  p.  109,  e  J.  Sav&bt,  LeparfaiC  eoinmerfaut, 
ou  inatructioit  giniral*  poitr  e*  ^t  rtgardt  It  commerce  de»  marehanditea  de 
Frmnee  tt  de»  Pa^  ilrangtr»,  uoav.  ed.,  Gineira.   1752,  t.  I,  p.  108. 

(3)  Cfc.  G.  PaiTO,  V*  tapitolo  drlla  mia  di  Giovanni  Lav,  in  *  Uemocia 
deltfi  R.  Accademia  delle  Scienze  di  Torino  „  1914,  p.  31  dell'eatr. 

(3)  Ofr.  Economie  etaay»,  p.  156. 

(4)  Cfr.  Pbìio,  ProbUmi  tnonelari  e  bancari  nei  eccoli  XVH  e  XriIJ, 
p.  146  e  B(?)f. 

(5)  Cfr.  Ldzio,  La  galleria  dei  Gontaga  venduta  all'Inghilterra  nel  16S7-28, 
p.  10  e  i^. 

(6)  Cfr.  D'Akco,  Sludi  intorno  al  municìpio  di  Mantova,  dall'origine  di 
queeto  all'anno  1863,  r.  TU,  p.  189  e  sgg. 


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432  aiDSKPFE  PRATO 

ventore  dell'erario  ducale,  anticipando  la  sorte  ben  presto  toc- 
cata al  suo  maggior  confratello  veneto,  manomesso  senza  sera- 
poli  dal  governo  della  Serenissima  negli  impellenti  bisogni  della 
guerra  di  Gandia. 


ORDINI 

per  la  nuova  erettione  del  Banco  di  Santa  Barbara  in  Mantova 


ÀppreBio  Aurelio  e  Ludovico  Oianiia  fratelli,  Stampatori  Ducali 
M  .  DC  .  XXVI. 


FEEDINANDO 

PBB  LÀ  aSÀtlA  DI  DIO  DUCA  DI  HÀNTOTA  BI  DI  K0irTKBU.T0. 

Haveudo  Noi  dopo  maturo  consiglio  determinato  d'aprire  un  Banco 
in  UantoTa,  ad  ìmitatione  d'altre  ben  regolate  Città,  per  m^gior  faci- 
lità dei  comercii,  commodiU  dei  negotianti,  e  sicurezza  dei  contratti; 
Con  il  presente  Editto  notifichiamo  a  qaalsi  voglia  persona,  come  il 
sodetto  Banco  s'aprirà  allì  12.  del  corrente  mese  di  Genoro  1626,  di- 
chiarando Sopraintendente,  e  Superiore  di  esso  il  Marchese  Alessandro 
Gonzaga,  con  la  sicurtà  del  Mag."  Giulio  Cesare  ZaToretli,  si  come  ogni 
altro  Ufficiale  la  darà  competente  secondo  il  carico,  ch'eserciterà,  per 
la  rekta  amministratione,  affine  che  ogn'nno,  che  s'interesserà  in  detto 
Banco,  possa  restar  sicuro  non  haveme  a  sentire  alcun  danno  o  pre- 
giuditio.  Et  le  regole,  con  cui  s'haverà  da  governare,  si  pubblicheraimo 
prima,  che  s'apra  il  Banco,  e  si  stamperanno  ad  nnlTersale  notitia,  a' 
quali  ci  riportiamo. 

Sarà  dnnqae  lecito  à  chi  si  sia  metter  in  Banco  quella  quantità 
di  danari,  ohe  vorrà,  con  facoltà  di  riscuoterli  da  esso  Banco  senza 
alcuna  dimìnutione,  e  spesa,  e  senza  veruna  perdita  di  tempo  a  veglia 
sua,  o  di  disponeme  in  altra  maniera,  secondo  che  più  gli  piacerà; 
ordinando,  che  mentre  i  danari  staranno  in  Banco,  non  possano  essere 
per  qua]  si  voglia  causa  sequestrati,  né  confiscati  per  delitti,  non  com- 
prendendo però  i  delitti  di  lesa  Maestà,  divina,  e  humana,  di  assassinii, 
d'incendij,  e  di  false  monete;  poiché  tal  privilegio  concediamo  di  moto 
proprio,  certa  scienza,  e  con  la  pienezza  della  nostra  autorità,  non 
ostando  qual  si  voglia   ordine,  legge,  o  statuto  in  contrario;  volendo 


D,B,t,zed.yGOOg[e 


OH  TBNTATITO  DI   BANCO  PDBBUCO   A  HANTOTA  NEL   1626      4S8 

ohe  di  tal  concessione  godano   tanto   qaellì   dello   Stato,  come  qneUi 
della  Oittft,  e  i  forastieri. 

Potrà  di  più  ciaacon  debitore,  etiandio  aenza  consenso,  o  partici- 
patione  del  creditore,  quando  vorrà  pagar  il  debito,  sia  dì  qual  aorte, 
0  dì  qoal  cagion  si  voglia,  acrìverglì  in  Banco  -il  denaro,  dal  qaale  poi 
il  creditore  bavera  facoltà  a  ano  piacere  di  recuperarlo  in  contanti,  o 
disponerlo  come  meglio  gli  parerà. 

Ordiniamo  però,  che  per  Banco  necessariamente  debbano  passare 
tutti  i  pagamenti,  cbe  si  faranno  per  l'avrenire  in  qneata  Oìttà,  cosi 
tra  sudditi,  come  tra  forastieri,  comandandolo  espressamente  a  tutti  i 
contrahenti  per  i  negotij  seguenti,  cioè  lett«re  di  cambio,  e  cambi  per 
ogni  luogo  ;  sotto  pena  a  contrafocienti  di  perdere  quanto  valerà  la  let- 
tera, ò  il  cambio  ìstesso,  da  applicarsi  la  tersa  parte  all'accusatore,  la 
terza  al  Banco,  e  il  rimanente  al  Fisco  nostro. 

Comandiamo  pertanto  a  tutti  i  Tribunali,  e  Giusdicenti,  cosi  CÌtìIì, 
come  Criminali,  che  osservino,  e  facciano  inviolabilmente  osservare 
questa  nostra  ben  determinata  volontà. 

Di  Mantova  il  dì  8  di  Oenaro  1626. 


FERDINANDO. 
V.'  Stbiaaius 


Luogo  del  suggello 
TiKcxNTiDs  FoBTus  Canccll.  man.  Seren 


Duo.  rei.  D.  HiaonLia  Makliari 
«OS  Cels.  a  Secretis  Status,  subscrìpsit 


Ordini  e  Regole  del  Banco 


Il  Banco  dunque  che  erìgiamo  in  questa  nostra  Città  sotto  il  titolo 
di  Santa  Barbara  havrà  per  Superiore,  e  Sopraìntendente  il  Uarchese 
Alessandro  Gonzaga,  come  di  sopra  habbiamo  detto. 

Vi  saranno  tre  Soprabancbi,  un  Dottore,  e  due  Mercanti.  Per  quello 
deputiamo  i)  Commissario  Bruschi,  e  per  gli  altri  nominiamo  il  Fran* 
cescfaìno,  e  11  Zanatti. 

Staranno  i  sopradetti  nelle  predette  cariche  a  nostro  beneplacito. 

Sarà  cura  de'  Soprabanchi  il  sopraintendere,  e  giudicare  tutti  gli 
errori,  che  possano  occorrere  nel  Banco  per  intacco,,  e  per  qualsivoglia 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


434  QinSEPPK  PRATO 

alt»  maaiera,  e  tatto  le  differenze,  che  uasceasaro  le  doveraano  d»- 
terminare  sommitriameiite  in  una  sola  udienza,  b  aasolTeodo,  ò  coo- 
dannando. 

n  Superiore  del  Baoco  vi  ù  dovrà  trovare  ogni  mattina  per  sot- 
toscriverà i  Oioruali,  né  si  potrà  aggiungere  di  più  alcuita  partita  qael 
^omo  ilopo  la  «na  gottoscrìttione. 

I  Soprabanchi  dovranno  trovarsi  &1  Banco  Ogni  volta,  che  dal  Su- 
petiore  paraimo  dimandati. 

U  Superiore  del  Banco  avrà  aattorità  di  poter  far  carcerare,  e  pu- 
«in  dì  corda  chi  portasse  poca  riverenza  al  luogo,  senza  che  n'abbia  & 
render  conto  neanche  a  Noi;  Volendo  Noi,  che  quel  luogo  sia  rispettato 
come  qnal  si  voglia  altro  nostro  Tribunale. 

Et  perchè  è  di  necessiti  che  nel  Banco  vi  sia  un  Cassiere,  depu- 
tiamo Diego  Crestini  à  tal  Ufficio.  Egli  dovrà  dare  idonea  sicurtà  par 
tutto  il  danaro,  che  gli  capitasse  nelle  mani,  e  venisse  in  sua  Gassa, 
né  potrà  sopra  quel  danaro  profittarsi  dell'agio,  sotto  pena  di  pagar 
venti  per  cento,  della  privatione  dell'Ufficio,  e  d'ogn'altra  pena  cosi 
reale,  come  personale  a  Noi  urbitraria. 

Né  potendosi  fare  questo  negotio,  senza  un  Giornalista,  deputiamo 
al  detto  Uftlcio  Gio:  Battista  Alari,  che  dovrà  dare  valida  sicurtà  di 
bene  amministrarlo,  e  per  gl'iotacchì  etiandio,  che  bì  lasciasae  fare  da 
persone,  che  non  havessero  credito  in  Banco,  né  il  modo  di  pagare. 

Gl'intacchi  s'intendono  in  due  mamere.  Primo,  intacca  chi  non  ha 
credito  nel  Banco,  e  se  ne  serve,  e  questo  incorrerà  nella  pena  di  dieci 
per  cento,  da  essere  ìrreraisibilmente  centra  di  luì  subito  eseguita;  e 
essendo  persona  cognita,  non  sarà  sottoposto  il  Oiomolista.  La  seconda 
maniera  d'iutacco  si  fa  ò  per  via  dì  procura  falsa,  ò  per  persona  inco- 
gnita, che  non  abbia  credito  in  Banco,  e  per  questo  é  tenuto  il  Gior- 
nalista, e  soggiacerà  alla  pena.  Egli  però  per  cantarsi  bene,  non  cono- 
scendo chi  dispone  in  Banco,  dovrà  dimandare  due  testìmonij,  che  fac- 
ciano fede  di  quella  persona. 

Le  pene  pecuniarie  che  si  esseguissero  saranno  divise  in  tre  parti, 
una  ai  Soprabanchi,  una  a  chi  trova  l'intacco,  e  la  terza  a  Scritturali. 

II  Giornalista  nello  scrivere  tutte  le  partite,  che  venissero  in  Banco, 
tanto  del  dare  quanto  dell'havere,  dovrà  notarle  di  dentro  con  numeri 
all'antica,  che  si  chiamano  all'Imperiale,  e  di  fnori  per  numero  di  abaco; 
e  nello  scrivere  dette  partite,  dovrà  pronuntiare  forte  la  partita,  che 
scriverà,  e  ne  dirà  la  causa. 

Et  affinché  più  regolatamente,  e  con  maggiore  sicurezza  camini  la 
serìttura  del  Banco,  deputiamo  per  Cogitore,  o  sia  Regolatore  [i7  nome 
resta  in  bianco]  il  qnale  dovrà  dar  sicurtà  di  buona  ammini strati one, 
e  questi  avrà  cura  di  notare  tutto  quello,  che  scrìverà  il  Giornalista 
puntualmente  come  lo  sentirà  a  dire,  e  pronuntiare. 


zed.yGOOg[e 


UN  TENTATIVO  DI   BANCO   POBBLICO  A  MANTOVA   NEL   1626       435 

Il  medesimo  Begolstore  dovrii  riponare  la  scrittura  in  libro  maestro 
e  questo  starà  sotto  chiave  dei  SoprabancHi. 

L'istesso  Regolatore  dovrà  rivelare  al  Superiore  del  Banco,  e  ai 
Soprabanchi  tutti  gl'intaccbi,  e  ogn'altro  mancamento,  che  trovasse 
nella  sciittuni,  sotto  pena  a  Noi  arbitraria,  etiandio  di  vita. 

Quando  a'  libri  del  Banco  venisse  scritto  per  resto,  o  per  imprestito 
dal  debitore,  come  anche  in  ciascuna  lettera  dì  cambio  sopra  pretesto, 
non  vogliamo  che  vaglia  senza  la  presenza  del  creditore,  e  però  do- 
vranno gli  scritturali  guardarsi  molto  bene  da  simili  errori,  sotto  pena 
a  Noi  arbitraria. 

Ciaschnno  che  bavesse  gusto,  per  sua  maggior  cantìone,  pagar  debiti 
di  qualsivoglia  piccola  o  grossa  somma,  e  assicurarsi  che  senza  altra 
publica,  o  privata  scrittura  non  gli  venissero  di  nuovo,  come  suole  alle 
volte,  dimandati;  potrà  etiandio  in  absenza  dbl  suo  creditore  scrìverglieli 
incontro,  passando  la  partita  per  Banco,  e  il  creditore  potrà  disporae 
à  chi  gli  piacerà,  ò  levarli  contanti  a  suo  piacere. 

Et  perchè  molte  volte  occorre,  che  chi  passa  per  Banco  non  com- 
pare personalmente,  ma  si  vale  di  procuratore,  perciò  deputiamo 
l'Agnelli  Notsro  del  detto  Banco,  e  egli  dovrà  aver  cura  di^  registrare 
tutte  le  procure,  tanto  de'  terrieri  quanto  de'  forastìeri.  Né  alle  procure 
d'altri  Notarì  si  darà  fede  in  Banco,  quando  le  medesime  procure  non 
saranno  fermate  dal  Notaro  del  suddetto  Banco,  e  queste  dovranno 
essere  registrate  dal  Giornalista  per  potersene  trovar  conto  à  tutte  l'hore. 

L'bora  che  si  negotierà  in  Banco  sarà  per  la  mattina,  dove  si  do- 
vranno i  negotjanti,  e  altri  ridurre  per  i  loro  interessi. 

Chi  vorrà  negolàare  per  Banco,  dovrà  tenere  il  suo  scontro,  e  ogni 
tre  mesi  ai  rìvederanno  i  conti  di  cassa. 

Dovendo  pertanto  essere  il  Banco  un  depositario,  e  tesoriere  del 
publico,  nel  quale  non  havrà  più  autorità  il  ricco  del  povero,  ma  Ìl 
benefitìo  sarà  dei  soli  interessati;  perciò  habbiamo  volnto  privilegiarlo 
delle  Bodette  gratie,  e  regolarlo  con  gli  ordini  sodetti  a  comune  utilità. 

FERDINANDO. 


U  Accademico  Segretario 
Ettore  Stampini 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


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ATTI 


REALE  ACCADEMIA  DELLE   SCIENZE 

DI     TORINO 


PUBBLICATI 


DACLI  ACCADEMICI  SECSm»!  DELIE  DUE  CLASSI 


ToL.  LT,  Dm.  8-,  9-  I  IO*,  IMS-I9S0 


TOKENO 
Lilbrerla   FRATELLI    HOOOA 

Vi>  Oailo  Alberto,  S, 
1920 


DiBumd, Google 


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CLASSI   UNITE 


Adunanza  del  S^  Febbraio  19S0 

PBESIDENZA    DBL   SOCIO    PROF.    COHK.    ANDREA    XAOCARI 
PRESIDENTE   DELL' ACCADEMIA 


Sono  presenti,  della  Classe  di  Scienze  fisiche,  matematiche 
e  naturali,  i  Soci  D'Ovidio,  Direttore  della  Classe,  Seobe,  Fok, 
Parona,  GRAsai,  Majorana, 

e  della  Classe  di  Scienze  morali,  storiche  e  filologiche, 
ì  Soci  RcFFiNi,  Vicepresidente  dell 'Accademia,  Einaudi,  Baodi 
DI  Veshe,  Patetta,  Prato,  e  Stampini  Segretario  della  Classe, 
che  funge  da  Segretario  delle  Classi  unite. 

È  scusata  l'assenza  del  Soci  Guidi,  Mattirolo,  Sacco  e  Ciak. 

Si  legge  e  si  approva  fatto  verbale  della  precedente  adu- 
nanza dello  Classi  unite  del  giorno   15  corr. 

L'Accademico  Segretario  dà  lettura  della  lettera  ministe- 
riale con  la  quale  si  annunzia  che  con  R.  Decreto  del  15  gen- 
naio u.  8.  il  Socio  Prato  fu  eletto  Tesoriere  dell'Accademia 
per  un  triennio  a  decorrere  dal  1°  luglio  1919,  e  il  Presidente, 
salutando  il  nuovo  Tesoriere,  porge,  a  nome  dell'Accademia, 
nuovi  e  vivi  ringraziamenti  al  Socio  Einaudi  per  l'opera  da  lui 
prestata  nel  suo  ufficio  sessennale  di  Tesoriere. 

Si  procede  alla  votazione  concernente  il  21"  Premio  Bressa 
(quadriennio  1915-1918)  secondo  la  proposta  della  Commissione, 
che  è  quella  di  affidare  il  compito  di  nuove  ricerche  e  di  una 
nuova  relazione  alla  Commissione  che  dovrà  giudicare  dell'as- 

Atti  della  R.  Areadtmin  —  Voi    LV.  30 


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segnazione  del  Premio  BresBa  intemazionale  per  il  quadriennio 
che  scadrà  nel  1922.  La  proposta  è  approvata  alla  unanimità. 

Si  passa  poi  alla  votazione  riguardante  il  Premio  Vallanri 
riservato  alle  Scienze  fìsiche  per  il  quadriennio  1915-1918,  se- 
condo la  proposta  della  Commissione,  che  è  di  non  conferire  il 
premio,  s^  che  il  premio  vada  ad  aumento  del  capitale  e  serva 
ad  accrescere  in  tal  guisa  coi  propri  interessi  i  premi  succee- 
sivi.  La  proposta  è  approvata  alla  unanimità. 

Finalmente  si  effettua  separatamente  da  parte  delle  due 
Classi  la  votazione  per  la  nomina  della  Commissione  per  il 
Premio  Bressa  (nazionale,  quadriennio  1917-1920).  La  Commis- 
sione risulta  composta  dei  Soci  Majobaha,  Seore  e  Orassi  per 
la  Classe  di  Scienze  fisiche,  e  dei  Soci  De  SANcris,  Ruffini  e 
Patetta  per  la  Classe  di  Scienze  morali. 


Gli  Accademici  Segretari 
Carlo  Fabrizio  Paroma 
Ettore  Stahpiki 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


CLASSE 

SCIENZE  FISICHE,  MATEMATICHE  E  NATURALI 


Adunanza  del  SS  Febbraio  1920 


PRESIDENZA   DEL   SOCIO   PROF.   OOm.   ANDREA  MAOCABI 
PBBSIDEirEE   dell'accademia 


Sono  presentì  i  Soci  Senatore  D'Ovidio,  Direttore  della 
Classe,  SsoBE,  Foì,  Grassi,  pAmrm,  Majorana,  e  Parona  Se- 
gretario. 

È  scusata  l'assenza  dei  Soci  Salvadori,  Jadanza,  Guidi, 
Mattieulo,  Sacco. 

Si  legge  e  si  approva  l'atto  verbale  della  precedente 
adunanza. 

Il  Presidente  con  parole  di  vivo  rimpianto  dà  notizia  della 
morte  dell'illustre  botanico  Pierandrea  Saccardo,  nostro  Socio 
corrispondente  dal  1885;  ne  ricorda  le  virtìi  e  le  benemerenze 
scientifiche,  in  attesa  che  Egli  sia  degnamente  commemorato, 
e  soggiunge  che,  a  suo  invito,  l'Accademia  fu  rappresentata  ai 
funerali  dal  Rettore  dell'Università  di  Padova, 

Il  Presidente  pi-esenta  per  la  stampa  n^li  Atti  una  Kota 
del  Prof,  E,  Peeocca  col  tìtolo  Elettrizzazione  del  Mercurio  p«r 
strofinio. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


ELIGIO  PEKUCVA 


LETTURE 


Sulla  eletlrizzazIoDB  del  mercurio  per  strofinio 

Nota  1  di  FXIOIO  PERDCGA 


§  1.  Introdnzione.  —  Scopo  di  questo  lavoro  è  di  ren- 
dere noto  un  fenomeno  presentato  dal  mercurio  nelle  condì- 
zioni  ordinarie  di  esperienze  del  genere,  cioè  nell'aria,  a  pres- 
sione normale  e  a  temperature  ordinarie  (lO^-W).  Questo 
fenomeno,  afuggito  alla  osservazione  dei  precedenti  sperimen- 
tatori, è  il  seguente  :  una  superficie  di  mercurio  appena  formata 
si  elettrizza  ettergicamente  di  segno  positivo  se  posta  a  contatto 
con  quarzo,  vetro,  paraffina,  ceralacca,  ebanite,  cera  tergine,  colo- 
fonia, lana,  ecc.  ('),  ma,  in  un  tempo  variabile  da  pochissimi  se- 
condi fino  a  qualche  ora,  la  superfìcie  di  mercurio  va  perdendo  la 
sua  eccitabilità  positiva,  passa  per  un  istante  di  eccitabilità  nulla, 
per  poi  acquistare  eccitabilità  negativa,  la  quale  cresce  asintoti- 
camente fino  a  un  valore  limite. 

Vien  subito  in  mente  di  connettere  questo  fenomeno  con 
le  variazioni  col  tempo  della  costante  capillare  del  mercurio, 
osservate  già  da  molti  anni  (*),  e  con  le  variazioni  col  tempo 
del  comportamento  ottico  nella  riflessione  su  superfici  di  mer- 
curio (*), 


(*)  Coordinando  i  miei  risultati  con  quelli  di  P.  E.  Shaw  |'  Proc.  Roj. 
Soo.  „  A.  94,  p.  16,  1917;  dal  titolo  ai  prevede  la  pubblicazione  di  ulteriori 
risulttkti  aul  l'argo  mento,  ma  non  mi  rÌBulta  che  ciù  aia  stato  fatto  fino  ad 
ora],  il  fenomeno  presumibilmente  avviene  al  contatto  de)  niercurio  con 
tutti  i  corpi  elencati  da  tale  autore,  eacluiii  celluloide  e  caucciù  da  un  lato 
e  amianto  dall'altro.  V.  però  la  nota  (')  a  p.  4. 

(*)  P.  ea.  A.  KahlXbs.  '  An.  d.   Phyi,  ,.  7,  p.  471.   1902. 

1")  J.  J.  Haah  e  K.  SiasiNOB,  '  K.  Ak.  Amat.  Pr.  .,  21,  p.  678.  191fl.  Sa- 
rebbe stato  per  me  inte  rea  santi  aaimo  porre  in  relazione  i  risultati  di  questo 


zed.yGOOg[e 


SDLLA   ELETTRIZZAZIONE   DEI.  MBRCCHIO   PER  STHOFINIO  441 

Il  fenomeno  in  questione  permette  di  interpretare  i  risul- 
tati numerosi  ottenuti  dai  vari  sperimentatori  sulla  elettrizza- 
zione del  mercurio  per  strofinio. 

Hi  limiterò  in  questa  nota  a: 

1°  descrivere  le  condizioni  nelle  quali  ho  eseguito  le  espe- 
rienze ed  esporne  i  risultati, 

2°  coordinare  i  risultati  ottenuti  dagli  altri  sperimentatori. 

Rinvio  ad  un'altra  comunicazione  la  discussione  sulla  causa 
del  fenomeno. 

La  superficie  di  mercurio  dì  fresco  pi'eparata  evidentemente 
si  va  modificando.  In  base  alle  esperienze  già  eseguite,  risulta 
necessario  il  contatto  della  superficie  di  mercurio  con  l'aria;  è 
quindi  probabile  che  l'ossigeno  e  l'umidità  dell'ambiente  parte- 
cipino al  fenomeno  in  modo  notevole. 

§  2.  Condizioni  Bperìmentali.  —  Veniva  preparata  in  un 
piattello  di  circa  8  cm.  di  lato  una  superficie  fresca  di  mercurio, 
filtrando  questo  metallo  attraverso  carta  bibula  forellata,  oppure 
facendolo  effluire  da  un  imbuto  a  colto  affilato.  Il  mercurio  era 
stato  preventivamente  purificato  con  acido  cloridrico  e  acido 
nitrico,  lavato  in  acqua  distillata,  poi  asciugato, 

Ho  usato  piattelli  di  ferro,  di  alluminio,  di  vetro.  11  piat- 
tello di  ferro  è  preferibile,  perchè  non  viene  attaccato  dal  mer- 
cario,  come  succede  per  l'alluminio,  e  non  dà  segno  di  elettriz- 
zazione  per  strofinio  col  mercurio,  come  succede  pel  vetro.  M& 
l'esperienza  riesce  ugualmente  in  tutti  e  tre  i  casi.  Ho  anche 
usato  due  recipienti  di  ferro  cilindrici,  l'uno  di  circa  S  cm.  di 
diametro,  l'altro,  invece,  molto  pili  ampio. 

In  molte  esperienze  {*)  il  mercurio  era  in  comunicazione  per- 


reunte  lavoro  con  le  mie  OH«ervaiioiii;  ma  ciò  non  mi  È  stato  possibile, 
perchb  finora  non  ho  potuto  procurarmi  il  lavoro  orìi^iaale,  del  qoate  tni 
sono  note  solo  le  receDaioni  dei  Se.  Abttrada  e  dei  Briblàtttr. 

Ad  esempio,  anche  L.  P.  Whe«ler  (' Phil.  Mag.  ..  32.  p.  229,  1911) 
osserva  che  ana  nuperBcie  tersa  di  mercurio  perde  rapidamente  la  sua 
freschezza. 

{*)  Le  esperienze  eseguite  sono  state   parecchie  centinaia,  distribuite 
in  circa  70  giorni.  Quasi  sempre  una  esperienza   consìsteva   i 
prove  successivamente  eseguite.  Ogni  risultato  fe  stato   verìScato   i 
merose  esperì  enee. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


443  BLIOIO   PBKOCCi. 

manente,  mediante  un  filo  di  rame,  con  un  elettrometro  a  foglia 
d'anuminio.  Trattandosi  per  ora  di  esperienze  puramente  qua- 
litative, dirò  solo  che  ogai  divisione  della  scala  corrispondeva, 
in  media,  a  circa  IO  volta.  Poggiavo  delicatamente  sul  mercurio 
il  disco  isolante  per  circa  due  secondi,  poi  lo  allontanavo. 

Ma  la  maggior  parte  d^Ile  esperienze  sono  state  fatte  tenendo 
il  mercurio  a  terra,  poggiandovi  su  delicatamente  il  disco  del- 
l'isolante per  circa  due  secondi,  e  introducendo  qoest'ulUmo  in  un 
pozzo  di  Faraday  connesso  all'elettrometro  a  foglia  d'allumìaìo. 
Determinavo  il  segno  del  potenziale  e  quindi  della  carica 
indicata  dall'elettrometro  avvicinando  al  mercorio  —  nella  prioia 
disposizione  —  o  al  pozzo  di  Faraday  —  nella  seconda  —  nna 
bacdietta  di  ebanite  strofinata  con  lana.  Numerose  prove  ese- 
guite con  una  pila  Zamboni  mi  hanno  assicurato  che  in  ogni 
caso  la  mia  ebanite  si  caricava  negativamente. 

Per  il  mio  scopo,  risultò  indifferente,  come  del  resto  è  natu- 
rale, l'usare  l'una  o  l'altra  disposizione. 

Oli  isolanti  con  i  quali  toccavo  il  mercurio  sono  stati  : 
Quarzo  (lamina  perpendicolare  all'asse  con  facce  piane  e 
levigate).  Mi  sono  più  volte  assicurato  che  non  si  producessero 
fenomeni  piezo-  o  piroelettrìci,  ma  che  l'elettrizzazione  ai  mani- 
festasse nel  quarzo  per  solo  effetto  del  contatto  con  il  mercurio. 
Vetro  (due  dischi  a  facce  piane  e  levigate  di  cristallo  di 
qualità  diversa;  e  parecchi  tubi  di  vetro  di  circa  2  cm.  di  dia- 
metro di  qualità  diverse,  tubi  destinati,  in  particolare,  a  essere 
introdotti  nel  mercurio  nei  recipienti  di  ferro  cilindrici  di  cui 
ho  parlato  precedentemente. 

Alcune  prove  mi  hanno  assicurato  che  il  fenomeno  si  svolge 
in  modo  analogo  anche  quando  l'isolante  sia: 

paraffina  \ 
ceralacca  J 
ebanite  [ 
cera  verone  i 
colofonia  ] 
lana  ' 

Preferisco  però  limitarmi  a  considerare  le  sole  esperienze 
col  vetro  e  con  il  quarzo,  e  specialmente  quelle  col  quarzo^  il 


1  dischi  fotti  con  materiale  preso  dal  commercio. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


SDLLA   BLKTTRIZZAZION'B   DEL  HEKCDRIO  PKR  STROFINIO  4J3 

solo,  tea  gli  isolanti  solidi  che  avevo  a  disposiziooo,  cbimioa- 
meote  definito  (*).  ' 

I  dischi  di  isolante  erano  incollati  a  un  disco  di  paraffina 
o  ebanite,  sul  quale  era  innestato  un  manico  metallico,  con 
cui  sostenevo  il  disco.  Così  ìl  disco  era  isolato,  ma  era  evitata 
la  produzione  di  elettricità  che  eì  manifesta  s&egando  con  le 
dita  un  isolante. 

Una  prova  ordinaria  consisteva  ne)  sovraporre  delicatamente 
al  mercurio  il  disco  di  materiale  isolante,  lascìarvelo  a  contatto 
circa  due  secondi,  poi  asportarlo  e  misurare  la  carica  del  mer- 
curio (1*  disposizione)  o  dell'isolante  (2*  disposizione). 

L'elettrizzazione  che  così  acquistano  mercurio  e  isotante  è 
fortissima  ;  l'elettrometro  indica  sia  nell'una  che  nell'altra  delle 
disposizioni  su  indicate,  aventi  infatti  capacità  elettrostatiche 
dello  stesso  ordine,  un  potenziale  che  raggiunge  anche  parecchie 
centinaia  di  volte. 

Dopo  ogni  prova,  scaricavo  il  mercurio  ponendo  al  suolo  il 
piattello  mediante  la  mano  ;  scaricavo  in  pochi  secondi  l'isolante, 
ponendolo  lateralmente  ad  alcuni  cm.  da  una  fiammella  a  gas 
tenuta  in  una  stanza  attigua  a  quella  delle  esperienze. 

Le  esperienze  sono  etate  eseguite  con  superfici  terse  di 
mercurio  e  di  isolante. 

Ho  già  detto  che  finora  ho  eseguito  le  esperienze  nell'aria 
ia  pressione  e  temperatura  ordinarie.  Noterò  soltanto  che  anche 
n  queste  esperienze  preliminari  potevo  far  variare  entro  limiti 
abbastanza  estesi  e  conosciuti  l'umidità  relativa,  ms  anche  la 
temperatura  dell'aria  sovrastante  al  mercurio:  facevo  quasi  con- 
temporaneamente le  esperienze  nelle  parti  piti  fredde  del  labo- 
ratorio (10°  circa)  e  sul  termosifone  (10"  circa). 

§  3.  Esperienze  ordinarie  e  loro  risultati.  —  Mercurio  in 
un  piattello,  toccato  con  la  superficie  del  disco  di  quarzo.  Clas- 


(*)  Lo  solfo,  ai*  poggiato  ohe  immerao  bnito*meate  nel  mercorio,  li  b 
umpre  elettrimto  poaitiTamente;  pih  fortemente,  perb,  quando  aia  poggiato. 
£  probabile  che,  con  una  sufficiente  velocità  di  immeraìone,  anche  lo  solfo 
si  elettrici  negativamente. 

Non  credo  sia  opportuno  l'uio  dello  solfo,  chb,  anche  a  temperatura 
ordinaria,  reagisce  col  mercurio. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


444 


ELIGIO   PBKDCCA 


aìfico  i  risultati  secondo  il  modo  col  quale  sodo  stati  ottenati, 
ma,  come  si  vedrà  dal  seguito  del  lavoro,  non  credo  si  debba 
attribuire  all'umidità  l'importanza  che  da  questa  classificazione 
scaturisce  : 

a)  in  ambiente  freddo  e  umido  (nelle  parti  fredde  del  labo- 
ratorio, con  tempo  nebbioso  o  pioggia).  Soltanto  dopo  parecchie 
filtrazioni  attraverso  carta  bibula  ben  secca  riescivo  ad  otte- 
nere il  fenomeno  da  me  indicato.  E,  quando  l'ottenevo,  la  varia- 
zione di  sogno  della  eccitabilità  del  mercurio  avveniva  in  pochis- 
simi secondi.  Viene  quindi  il  dubbio  che  le  numerose  esperienze 
con  risultato  negativo  che  si  hanno  in  queste  condizioni  siano 
dovute  alla  rapidità  con  la  quale  il  fenomeno  avviene,  o  addi- 
rittura al  non  formarsi,  durante  la  filtrazione,  della  superfìcie 
fresca  di  mercurio,  sulla  quale  il  fenomeno  si  presenta. 

b)  in  ambiente  piuttosto  aecco  (con  bel  tempo  anche  nelle 
parti  fredde  del  laboratorio,  ma  ordinariamente  ad  un  paio  di 
metri  dal  termosifone,  a  una  temperatura  dì  circa  18").  Il  feno- 
meno si  produce  quasi  sempre  dopo  una  sola  filtrazione,  pur  di 
usare  carta  da  filtro  ben  pulita  e  Asciutta;  esso  richiede  qualche 
minuto  per  svolgersi. 

Esempio  :  Eccitabilità  del  quarzo  posto  a  contatto  con  su- 
perficie di  mercurio  vecchia  di  due  giorni  e  misurata  dalla  devia- 
zione all'eletti-ometro  connesso  col  pozzo  di  Faraday  (seconda 
delle  disposizioni  su  accennate):  -|-18. 

Eccitabilità  del  quarzo  a  contatto  con  lo  stesso  mercurio, 
la  cui  superficie  è  stata  appena  formata  mediante  filtrazione: 


Tempi 

0 

20" 

40" 

1' 

1'»" 

l'40" 

2' 

Eccitabilità 

—  35 

—  30 

-  21 

—  14 

-9 

-4 

0 

! 
2' 20"     y^O" 

3' 

4' 

•' 

10' 

20" 

+  3 

+  5 

+  6 

+  7 

+  8 

+  1* 

+  17 

•1  mTti 

lira 
•1  W 

Avverto  che  a  questi  numeri  non  ai  deve  attribuire  alcun 
valore  quantitativo;  basti  notare,  infatti,  che  l'eccitabilità    del 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


SQLLA  BLBTTKIZZAZIONB  DBL   HERCORtO  PEK  STROFINIO  445 

quarzo  coa\  miaurata  mediante  il  potenziale  indicato  dall'elet- 
trometro cresce  col  tempo  durante  il  quale  quarzo  e  mercurio 
sono  a  contatto.  Ciò  è  probabilmente  dovuto  a  una  lieve  con- 
ducibilità del  quarzo. 

I  pochi  cosi  nei  quali  il  fenomeno  non  si  è  prodotto  bì 
possono  attribuire  con  grande  verosimiglianza  a  qualche  varia- 
zione accidentale  e  non  facilmente  verificabile  nelle  condizioni 
dell'ambiente  o  della  filtrazione  del  mercurio. 

e)  ambiente  caldo  e  secco.  I)  fenomeno  si  produce  senza 
bisogno  di  speciali  precauzioni  nel  filtrare  il  mercurio,  ma  questa 
volta  esso  richiede  molti  minuti  per  svolgersi.  Con  il  mercurio 
già  caldo,  filtrato  e  tenuto  sul  termosifone,  a  circa  40°,  l'ecci- 
tabìlità  iniziale  positiva  del  mercurio  cambiava  segno  sol  dopo 
una,  due,  tre  ore. 

g  4.  Interpretazione  del  fenomeno.  —  L'esistenza  di 
questi  fatti,  verificati  iu  varie  centinaia  di  superfici  di  mercurio 
al  loro  contatto  con  una  etessa  superficie  di  quarzo,  induce  a 
pensare  che  la  superficie  fresca  di  mercurio  abbia  proprietà 
fisiche  nettamente  distinte  da  quelle  di    una   superficie   vecchia. 

Ho  già  detto  che,  per  altre  vie,  vari  sperimentatori  erano 
già  stati  condotti  a  questo  risultato. 

II  mercurio  entra  dunque  nel  numeroso  gruppo  dei  metalli 
che  si  elettrizzano  di  segno  diverso  secondo  lo  stato  della  loro 
superficie  o  il  modo  con  cui  vengono  strofinati.  Si  tratta,  vera- 
mente, di  risultati  tra  loro  slegati  e  non  sempre  concordi:  così 
De  La  Rive  {')  attribuisce  all'umidità  una  grande  importanza; 
J.  A.  Me  Clelland  e  C.  J,  Power  (^)  non   confermano  il  fatto. 

Il  caso  del  mercurio  è  più  semplice,  perchè  si  pub  preparare 
in  pochi  secondi  una  superficie  nuova  di  mercurio  in  condizioni 
sensibilmente  eguali.  Inoltre  l'elettrizzazione  del  mercurio  si 
ottiene  col  semplice  contatto  col  dielettrico;  quindi  sono  evitate 
tutte  le  complicazioni  dello  strofinìo,  in  particolare  l'asporta- 
zione reciproca  di  particelle  e  il  riscaldamento. 


(*)  ■  Pogg.  Ann.  „  37,  p.  506,  1886. 

0  *  R07.  Irigli  Ac.  Proc.  .,  A..  3à,  p.  40,  1918;  mi  sono  note  solo  le 
recemioni  della  '  Rer.  Scieotìfiqae  .  e  dell'  '  Elettriciita  ..  Altro  lavoro 
recente  b  dorato  a.  W.  H.  Jones  (*  Phil.  Mag.  „  29,  p.  261.  1915). 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


446  BLlalO   PBROCCA 

È  certo  che  la  saperflcie  fresca  di  mercurio  va  alterandosi 
«ol  tempo,  quando  3Ìa  in  presenza  dell'aria  (v.  g  5).  Vien  subito 
il  dubbio  clie  ossigeno  e  umidità  possano  essere  i  priocipaH  ar- 
tefici. Pur  rinviando  ad  altra  Nota  la  discussione  sulla  causa  del 
fatto,  noterò  fin  d'ora  che  il  fenomeno  avviene  molto  lentamente 
nell'ambiente  a  temperatura  elevata  sovrastante  al  termosifone; 
quindi  è  probabile  che  non  si  tratti  di  una  reazione  chimica 
alla  superficie  del  mercurio  {^).  Per  questo  io  credo  che  la  causa 
della  variazione  superficiale  del  mercurio  connessa  col  aegno 
della  sua  eccitabilità  elettrica  al  contatto  col  quarzo  e  col  vetro 
vada  cercata  piuttosto  in  un  fenomeno  fisico  alla  superficie  di 
contatto  mercurio-aria.  Un  adsorbimento  di  ossigeno  da  parte 
del  mercurio  h  già  stato  segnalato  in  esperienze  di  capilla- 
rità {*).  Dai  risultati  esposti  nel  paragrafo  precedente  sembre- 
rebbe naturale  attribuire  il  fenomeno  ad  adsorbimento  di  vapor 
d'acqua  da  parte  della  superfìcie  di  mercurio;  ma  non  forma- 
zione di  un  semplice  strato  superficiale  aeriforme  ricco  dì  vapor 
d'acqua,  perchè,  nelle  condizioni  b)  e  e),  il  cambiamento  di 
segno  nella  eccitabilità  del  mercurio  non  viene  accelerato  dal- 
l'alitare  sul  mercurio  fino  a  formarvi  sii  una  pellicola  di  rugiada 
«he  rapidamente  sparisce.  Né  il  cambiamento  di  segno  viene 
ottenuto  rapidamente  preparando  la  superfìcie  fresca  di  mercurio 
in  ambiente  artificialmente  saturato  di  vapor  d'acqua  e  tenes- 
dovela  alcuni  minuti. 

Noterò,  inoltre,  che  nelle  esperienze  e)  non  era  esclusa  la 
possibilità  di  correnti  convettive  del  mercurio,  quindi  di  un  con- 
tinuo rimescolamento  ('"). 

Esperienze  ulteriori,  fatte  in  un  ambiente  ove  siaBO  note 
«  variabili  a  piacere  la  natura  e  le  condizioni  fisiche  del  gas 
sovrastante  al  mercurio,  mi  permetteranno,  io  spero,  di  trovare 
la  causa  del  fenomeno. 


(■)  V.  perì.  S  5,  d. 

O  W.  e.  Me  C.  Lbw»,  •  Z3.  fflr  Phya.  Chem.  „  73,  p.  188,  1910.  Chri- 
itianseo  (*  Wied.  Ann. ,,  53,  401.  1894)  ftttribaisce  nll'oui^no  un'impOT' 
tanzA  capitale. 

(")  Ma  col  «oio  ria  caldamente  del  mercurio  si  riesce  ORaalmento  ad 
ottenere   il   rinnovameli to    della   superficie   del   mercurio    i 
farne  tornare  politica  i' eccitabilità  (v.  %  5,  d). 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


SDLLA   KLBTTRIZZAZIONB   DSL  MBBCDRIO  FBR  STROFINIO  447 

g  6.  Esperienze  speciali  e  i  loro  risaltati.  —  Ho  ese- 
guito varie  esperienze  per  assicurarmi  che  il  fenomeDo  descrìtto 
sia  dovuto  all'esistenza  sa)  mercurìo  di  dae  specie  di  superfici, 
l'nna  fresca,  che  si  contatto  con  vetro,  quarzo,  ecc.,  si  carica 
poeitivamente  ;  l'altra  vecchia,  ottenuta  per  Qn'alterazione  non 
ancor  ben  definita  della  precedente,  la  quale  si  canea  negati- 
vamente al  contatto  con  questi  isolanti. 

Esporrò  solo  le  seguenti  esperienze,  per  l'applicazione  che 
ne  brb  nel  paragrafo  seguente: 

a)  Ho  fatto  numerose  volte  esperienze  contemporanee 
con  la  stessa  superficie  di  mercnrio  e  diverse  enperfici  di  iso- 
lante, nel  mio  caso  il  disco  dì  quarzo  e  un  disco  di  vetro  da 
specchi. 

Il  fenomeno  del  cambiamento  di  segno  avviene  sensibil- 
mente allo  stesso  istante  sia  pel  cfuarzo  che  pel  vetro,  forse  un 
po'  prima  pel  quarzo  ("). 

Ho  fatto  esperienze  contemporaneamente  con  una  superficie 
vecchia  di  mercurio  e  una  superficie  fresca  di  mercurio,  toccate 
eoo  la  stessa  lamina  di  quarzo.  Cosi  mi  sono  assicurato  che, 
mentre  il  fenomeno  avviene  nella  superficie  fresca  di  mercurio, 
la  lamina  di  quarzo  dimostra  ai  suoi  contatti  con  la  superficie 
vecchia  di  conservare  sempre  le  stesse  proprietà. 

In  tutte  le  prove  occorrenti  per  queste  esperienze  non  ho 
mai  toccato  la  superficie  del  dielettrico  altro  che  col  mercurio. 

Nelle  ultime  esperienze  ho  sempre  verificato,  mediante  una 
superficie  di  mercurio  vecchia  di  molti  giorni,  quale  fosse  la 
condizione  di  eccitabilità  dell'isolante. 

Pur  dovendosi  ammettere  l'influenza  dallo  stato  superficiale 
del  quarzo  o  del  vetro  (^*},  è  logico  concludere  che  il  fenomeno 
avviene  alla  superficie  del  mercurio  e  non  alla  superficie  del 
dielettrico. 

Ho  fatto  anche  prove  per  cercare  un'influenza  dello  stato 
o  della  storia  precedente  della  euperficìe  del  dielettrico,  ma  i 


(")  Pomo  Aooennare  che  esperience  analoghe  con  la  paraffina,  l'ebaaite 
e  la  ceralacca  hanno  mostrato  che  il  cambiamento  di  tegao  dell'ecoitabilità 
del  mercarìo  n  ha  prima  nel  quarto  e  vetro,  poi  nella  ceralacca  e  nella 
paraflna  qnaai  contemporaneamente;  infine  nell'ebanite. 

('*)  V.  in  particolare  i  lavori  di  ChriBtianBeo  e  di  Shaw  già  citati. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


448  ELiaiO  PBKOCCA 

fatti  oagervati  sono  irregolari  e  non  mi  è  riuscito  di  riprodurli 
a  mia  volontt..  Essi  si  notano  nei  vetro,  nel  quarzo  e  si  ridu- 
cono ordinariamente  a  una  variazione  del  valore  dell'eccitabi- 
lità, non  del  segno  di  questa. 

Vetro  e  quarzo,  lasciati  all'aria  libera  qualche  tempo,  di- 
ventano poco  eccitabili  al  contatto  col  mercurio,  ma  ritornano 
alle  condizioni  ordinarie  mediante  una  semplice  pulitura  con  un 
qualunque  corpo  asciutto. 

Rarissime  volte  mi  è  riuscito  come  di  ritardare  il  momento 
in  cui  una  superficie  fresca  di  mercurio  cambia  il  segno  della 
sua  eccitabilità,  pulendo  rapidamente  il  dielettrico  con  cotone 
ben  secco,  oppure  scaldando  la  superficie  del  dielettrico  a  tem- 
peratura molto  elevata  (200°- 300°),  ma  aspettandone  il  raffred- 
damento prima  dì  fare  la  prova. 

b)  Un  recipiente  dì  ferro  cilindrico,  profondo  circa  12  cm., 
diametro  3  cm.  circa,  viene  riempito  di  mercurio  per  circa  4  cm. 
In  questo  mercurio  posso  immergere  un  tubo  di  vetro  chioso  a 
un'estremità  (p.  es.  un  tubo  da  saggio).  Le  cose  sono  disposte  in 
modo  che,  introducendo  il  tubo,  il  mercurio  aale  fino  ai  bordo  del 
recipiente  di  ferro.  Si  ha  cosi  modo  di  porre  a  contatto  del  tubo 
di  vetro  una  superficie  di  mercurio  costretta  a  distendersi  gran- 
demente e,  quindi,  paragonabile,  con  ogni  probabilità,  a  una 
superficie  di  mercurio  preparata  di  fresco. 

Versato  nel  recipiente  di  ferro  un  po'  di  mercurio  a  super- 
ficie vecchia,  lo  tocco  con  l'estremità  del  tubo  di  vetro,  senza 
produrre  grande  estensione  della  superficie  di  mercurio.  Verifico 
che  l'estremità  del  tubo  è  carica  positivamente. 

Immergo,  sia  pur  dolcemente  (cioè  in  3-4  secondi),  il  tubo  di 
vetro  fino  in  fondo  al  cilindro,  in  modo  ohe  la  superficie  di 
mercurio  si  distenda  e  venga  a  lambire  per  quasi  Ì2  cm.  il 
tubo  di  vetro.  Ora  il  tubo  di  vetro  risulta  fortemente  carico  dì 
elettricità  negativa. 

Parecchie  volte,  con  un  tubo  di  vetro  bene  asciutto  e, 
quindi,  pochissimo  conduttore,  ho  potuto  addirittura  constatare 
che  l'estremità  del  tubo  era  carica  positivamente,  le  zone  suc- 
cessive erano  cariche  negativamente. 

e)  Ritento  le  esperienze  nelle  stesee  condizioni  di  b), 
solo  sostituendo  allo  stretto  cilindro  di  ferro  un  recipiente  di 
ferro  di  parecchi  cm.  di  diametro  —  nel  mio  caso  nna  vaschetta 
di  20  cm.  di  diametro  e  6-7  cm.  di  profondità. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


SULLA   ELBTTRIZZAZIONB  DEI.  HBRCnRIO  PBK  STROFINIO  449 

Le  esperienze  precedenti  riescono  soltanto  se  il  tubo  di 
vetro  viene  introdotto  nei  merccrìo  molto  vivacemente,  quaai 
vi  venga  battuto;  anche  cosi  alcune  volte  non  si  riesce  a  otte* 
nere  il  vetro  carico  negativamente,  ma  soltanto  una  elettriz- 
zazione positiva  del  vetro  piti  debole  di  quella  che  si  ottiene 
con  ona  immersione  delicata.  Non  è  escluso  che  con  velocità  di 
immersione  snfficentemente  alte  il  fenomeno  si  produca  anche 
in  questo  caso. 

Queste  esperienze  si  accordano  immediatamente  con  l'inter- 
pretazione esposta  al  g  4. 

d)  Una  8nper6cie  vecchia  di  mercurio  acquista  la  carat- 
teristica di  superficie  fresca,  cioè  si  elettrizza  positivamente,  se 
il  mercurio  a  cui  essa  appartiene  viene  sbattuto  o  rimescolato 
vivacemente.  Probabilmente  la  filtrazione  agisce  in  questo  senso. 

Si  può  attribuire  a  rimescolamento  l'effetto  del  riscalda- 
mento notato  a  pag.  446,  3°  periodo,  e  cioè  la  lentezza  con  cui 
avviene  il  fenomeno  nel  caso  del  §  3,  e). 

e)  Una  superficie  fresca  di  mercurio  veniva  coperta  er- 
meticamente con  una  lastra  di  vetro,  così  da  toglierla  dal  con- 
tatto dell'aria.  Una  tal  superficie  rimaneva  fresca  per  moltis- 
sime ore  (fino  a  24,  nelle  mie  prove),  mentre  una  superficie 
preparata  io  modo  eguale,  dello  stesso  mercurio,  ma  all'aria, 
dava  luogo  al  fenomeno  in  circa  mezz'ora. 

Questa  prova,  ripetuta  numerosissime  volte,  obbliga  a  con- 
siderare l'aria  come  causa  essenziale  del  fenomeno. 

/)  Infine,  facendo  gocciolare  il  mercurio  (")  sulle  super- 
fici  isolanti  di  quarzo,  vetro,  colofonia,  cera  vergine,  lana,  eba- 
nite, ceralacca,  paraffina,  queste  risultarono  sempre  cariche 
negativamente;  il  mercurio  risultò  carico  positivamente. 

Tutti  questi  isolanti,  posti  a  contatto  con  la  superficie  vecchia 
dello  stesso  mercurio,  si  elettrizzavano  positivamente.  Anche  questo 
fotto  si  accorda  facilmente  con  l'ipotesi  del  §  4,  ma  noterò  che 
questo  non  è  un  modo  semplice  dì  eseguire  le  esperienze,  perchè 


("t  Eaperienze  preliminari  mi  aaiicuravano  che  le  goccioline  dì  mer- 
cario  non  erano  elettrizzate  prima  di  battete  BuH'iBolante.  Non  mi  consta 
che  il  Christiansen  abbia  esteso  al  mercurio  le  sue  esperienze  di  ballo- 
eiettrìciU. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


450  ELISIO   P8HQCCA 

si  sostituisce  al  semplice  contatto  l'urto  mal  definito  e  accom- 
pagnato  dallo  sminuzzamonto  delle  goccie  di  mercurio. 

g  6.  I  rUnltati  dei  precedenti  Bperìmentatori.  —  Sodo 

numerosi,  ma  disparati.  Disgraziatamente,  gli  autori  raramente 
indicano  con  sufficiente  dettaglio  le  condizioni  delle  esperienze. 
Invero,  non  risulta,  p.  es.,  che  alcuno  abbia  pensato  finora  che 
occorresse  indicare  la  larghezza  del  recipiente  contenente  il  mer- 
curio rispetto  alla  grossezza  della  bacchetta  isolante  che  vi  si 
immerge.  Per  questo,  è  difficile  verificare  e  trovare  una  spie- 
gazione per  i  risaltati  ottenuti.  Ma,  limitandomi  all'elenco  dei 
fatti  più  importanti,  sarà  facile  accorgersi  che  tutti  —  tranne 
uno  —  si  possono  far  dipendere  dal  fenomeno  da  me  descritto. 

Canton  e  Le  Roy  trovano  risultati  discordanti  per  l'elet- 
trizzazione del  mercurio  a  contatto  col  vetro  e  con  qualche  altro 
isolante;  l'uno  trova  il  mercurio  negativo,  l'altro  positivo. 

Ingenhousz  (1764)  tenta  accordare  questi  risultati,  attri- 
buendoli a  diversa  velocità  di  tocco  dell'isolante  col  mercurio. 
Le  sue  ricerche  lo  conducono  al  risultato  che  il  mercurio  si 
elettrizza  positivamente  per  un  tocco  lento  con  vetro,  canfora, 
lacca,  caocciii,  negativamente  per  un  tocco  rapido. 

È  ipte^o  il  solo  dei  risultati  finora  <atenuti  suW elettrizzazione 
del  mercurio,  che  i  in  disaccordo  netto  con  le  esperienze  da  me 
eseguite. 

Ma  tutti  gli  sperimentatori  che  dopo  Ingenhouaz  hanno  ri- 
fatto le  esperienze  sull'argomento  (Dessaignes,  Riegg,  Shaw) 
hanno  trovato  risultati  opposti  a  quelli  dati  da  Ingenhousz. 

Dessaignes  ('*)  è  autore  del  lavoro  più  dettagliato  snll'elet- 
trizzazione  del  mercurio  per  contatto  con  isolanti.  Per  quanto 
si  tratti  di  un  lavoro  condotto  in  un  modo  strano,  i  suoi  risul- 
tati fondamentali  sono  benissimo  interpretabili  dal  mio  punto 
di  vista. 

Eccoli  :  col  barometro  alto  (quindi,  probabilmente,  con 
tempo  secco)  il  mercurio  tende  ad  elettrizzarsi  positivamente; 
col  barometro  basso  (quindi,  probabilmente,  con  tempo  umido) 
il  mercurio  tende  ad  elettrizzarsi  negativamente;  sembra  quindi 


('*)  '  An.  de  Cbim.  et  de  Phj*.  ,.  S,  p.  69,  1816. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


SULLA   BLETTRIZZIZIONK  DEL  HERCDRIO  PEK  STROFINIO  451 

che  il  Dassaignes  bì  sia  trovato  in  condizioni  analoghe  a  quelle 
del  g  3,  a>  e  e);  che  sia  proprio  l'umidità  relativa  a  produrre 
tale  diversità  di  risultati,  è  cosa  dobbia,  specialmente  dopo  le 
prove  di  pag.  446,  1°  capov.  ; 

il  mercurio  che  è  toccato  da  ceralacca,  vetro,  zolfo  ('^)  si 
elettrizza  negativamente,  si  elettrizza  positivamente  quando  eia  da 
essi  battuto;  con  una  certa  velocità  di  tocco,  il  mercurio  sembra 
ineccitabile. 

Ma  uno  dei  risultati  del  Dessaìgnes  è  inesatto  certamente: 
vetro  freddo  in  mercnrio  caldo  non  si  elettrizza;  vetro  caldo  io 
mercurio  freddo  si  elettrizza  fortemente.  Di  un  altro  risultato, 
quello  riguardante  l'influenza  di  una  stretta  fasciatura  nella 
parte  del  corpo  isolante  non  introdotta  nel  mercurio,  non  sono 
riuscito  ad  avere  conferma. 

Kiess  ('*)  asserisce  che  mercurio  pulito  a  contatto  con  vetro 
pulito  si  elettrizza  negativamente.  Questo  risultato  può  benis- 
simo coesistere  con  i  miei.  Dice  anche  che  la  velocità  del  tocco 
tra  isolante  e  mercurio  non  ha  influenza:  io  credo  dì  poterne 
desumere  che  egli  si  sia  trovato  nel  caso  del  §  5,  e)  (secondo 
capoverso). 

Infine,  in  un  recente  lavoro  sull'elettrizzazione  per  strofinio, 
P.  E.  Shaw  p')  ha  preso  in  considerazione  il  comportamento 
del  mercurio;  disgraziatamente  sorvola  su  varie  delle  condizioni 
sperimentali.  Forse  per  questo  non  mi  è  stato  possibile  ripro- 
durre tutti  i  fenomeni  descritti  da  questo  autore.  Pur  prescin- 
dendo dalla  connessione  tra  l'interpretazione  da  me  proposta  e 
i  fenomeni  di  capillarità  e  ottici  già  accennati,  io  noterò  che  il 
fenomeno  permette  di  apiegare  nel  modo  ptt)  semplice  i  risul- 
tati del  Shaw  da  me  verificati,  senza  introdurre  il  concetto  di 
una  '  anormalità  ,  alla  superficie  del  dielettrico,  prodotta  dal- 
'^  l'urto  di  questo  col  mercurio.  Non  sono,  naturalmente,  in  grado 
dì  discutere  i  risultati  indicati  dal  Shaw  e  da  me  non  saputi 
ritrovare. 

Nelle  esperienze  a  temperatura  ordinaria,  il   Shaw    trova: 


("1  V.  nota  (']  R,  p.  i. 

(")  lUibkHgttUklrizitat,  voi.  Il,  p 

(")  U».  cit-,  p.  -25. 


zed.yGOOg[e 


452  SUQIO  PEBUCC& 

1°  Bacchette  di  tutti  i  dielettrici  —  eccetto  celluloide 
«  caucciù  da  un  tato,  amianto  dall'altro  lato  —  introdotte  gen- 
tilmente net  mercurio,  lo  elettrizzano  negativamente;  introdotte 
vivacemente,  lo  elettrizzano  positivamente.  È  il  fenomeno  già 
scoperto  dal  Dessaignea,.  corrispondente  a  quello  del  %  b  ò)  e  e). 
Potrei  notare  nuovamente  che  con  lo  zolfo  ne  l'esperienza  ^  b  b) 
ne  l'esperienza  %hf)  mi  sono  mai  riuscite;  lo  zolfo  si  è  elet- 
trizzato Fiompre  positivamente,  sia  pur  più  debolmente  quando 
veniva  immerso  bruscamente  nel  mercurio. 

2"  Vetro,  mica  e  altri  dielettrici  '  anormali ,  (perchè 
riscaldati  alla  '  temperatura  critica  ,)  elettrizzano  positivamente 
il  mercurio  per  contatto  sia  gentile  che  violento. 

Se  il  mercurio  si  elettrizza  positivamente  al  contatto  delicato,  è 
evidente  dal  mio  punto  di  vista  che  al  tocco  brusco  il  mercurio  resta 
positivo.  Limitandomi  dunque  al  caso  del  contatto  delicato,  le 
«sperienze  ('*)  che  hanno  condotto  il  Shaw  all'enunciato  2°  sonostate 
forse  eseguite  con  una  superficie  fresca  di  mercurio.  Se  cosi  non 
fosse,  io  dovrei  pensare  che  questo  risultato  del  Shaw  è  dovuto  a 
circostanze  fortuite  ;  e  infatti  ne  la  lamina  di  quarzo  né  alcuno  dei 
vetri  da  me  utilizzati  hanno  dimostrato  di  diventare  '  anormali  ., 
cioè  di  elettrizzare  positivamente  il  mercurio  a  superficie  vecchia, 
a  temperature  anche  notevolmente  superiori  a  quelle  indicate 
dal  Shaw.  Per  i  vetri,  potrà  dipendere  dalla  qualità,  perchè  non 
è  ben  chiaro  su  quali  specie  di  vetri  il  Sfaaw  abbia  sperimentato; 
pel  quarzo,  la  cosa  si  spiega  meno  facilmente  ('*). 

Mi  è  riuscito  di  riprodurre  il  fenomeno  della  "anormalità, 
di  Shaw  le  alcune  volte  che  mi  è  riuscito  di  pormi  in  queste 
condizioni:  la  superficie  di  mercurio  ba  appena  oltrepassato 
l'istanti)  di  eccitabilità  nulla  al  tocco  col  vetro  o  col  quarzo, 
già  usati  da  molto  tempo  e  in  molte  prove  senza  alcuna  puli- 
tura; riscaldo  rapidissimamente  la  superficie  dell'isolante r'^cco 
•che  il  mercurio  torna  positivo  per  riprendere  la  sua  marcia  verso 
la  condizione  limite  di  eccitabilità  negativa.  Ma  lo  stesso  effetto 


l'*)  Non  è  detto  quante  prove  iihbia  f.ilto  l'Autore  e  in  quali  codc 
per  ipuDgere  a  questo  rÌBnlhito. 

('^)  Il  Shnw  non  dice  come  nin  tiif;'>^to  il  qunno  rÌB|iett«  all'ai 
tico;  non  È  questo  un  elemento  trnscu  rullile.  9  peci  ni  mente  se  si  tien 
,<ielln  pieio-  e  tenno-clfttricità  del  qnnizo. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


SULLA  ELETTBIZZAZION'E   DEL  USRCDRIO  PER  STROFIKIO  453 

ho  avuto  se,  invece  dì  scaldare  a  300"  circa,  pulisco  vetro  o 
quarzo  con  cotoue  ben  secco.  Questa  prova,  da  me  ripetuta  varie 
volte  io  gioiiii  e  condizioni  diverse,  dimostra  che  1'*  anormalità, 
dovuta  al  riscaldamento  potrebbe  consistere  anche  in  una  sem- 
plice modificazione  dell'atmosfera  superficiale  del  dielettrico,  mo- 
dificazione che  avviene  in  grado  sufficiente  solo  a  una  certa  tem- 
peratura (temperatura  critica).  L'azione  del  cotone  secco  sarebbe 
di  asportare  l'atmosfera  a  contatto  con  il  vetro  o  con  il  quarzo 
per  sostituirla  con  un'atmosfera  nuova. 

3°  Una  bacchetta  di  vetro,  immersa  nel  mercurio,  si 
carica  fortemente  con  carica  ~|-;  ripetendo  la  prova  molte  volte, 
la  carica -f- fioÌBCs  col  diventare  molto  piccola;  ma  la  eccita- 
bilità iniziale  è  ristabilita  se  si  frega  il  vetro  con  la  mano  o 
con  un  batuffolo  di  cotone. 

Non  mi  è  stato  facile  verificare  neanche  questo  risultato 
del  Shaw.  Parecchie  volte  ho  provato  ad  immergere  gentilmente 
fino  a  più  di  100  volte  di  seguito  il  quarzo  e  il  vetro  nel  mer- 
curio; non  ho  trovato  notevole  differenza  di  eccitabilità.  Se  le 
successive  immersioni  si  fanno  un  po'  rapidamente,  si  ha  l'effetto 
indicato  dal  Shaw,  ma  si  ricade  nel  fatto  1°  o  del  §  5  d^;  ciò 
si  accorda  col  fatto  che  il  quarzo  e  il  vetro,  i  quali  dopo  qualche 
decina  di  rapide  immersioni  si  mostravano  debolmente  carichi, 
riassumevano  immediatamente  o,  al  massimo,  dopo  pochi  secondi, 
l'eccitabilità  ordinaria  se  posti  a  dolce  contatto  col  mercurio 
per  il  solito  tempo  di  due  secondi. 

Àncora  in  vari  altri  casi  ho  trovato  l'effetto  indicato  dal 
Shaw,  e  precisamente  quando,  per  la  poca  pulizia  del  mercurio, 
dopo  alcune  immersioni,  sia  pur  delicate,  quarzo  e  vetro  si  mo- 
strano come  lievemente  appannati  e  qualche  gocciolina  di  mer- 
curio cominciava  ad  aderirvi.  E  allora  questa  *  anormalità  , 
del  quarzo  o  del  vetro  sparisce  per  strofinio  con  la  mano,  col 
-cotone,  con  la  lana,  insomma  pulendo  la  superficie  del  dielettrico. 

Ho  già  avuto  occasione  di  accennare  che  le  superfìci  di 
mercurio  e  di  quarzo  dalle  quali  ho  dedotto  le  mie  conclusioni, 
erano  sempre  terse. 

Christiansen,  nel  lavoro  citato,  ha  fatto  numerose  espe- 
rienze sulla  elettrizzazione  a  contatto  tra  mercurio  e  isolanti, 
in  particolare  tra  mercurio  e  vetro.  £gli  ha  attribuito  all'ossi- 
geno i  fenomeni  osservati;  ha  considerato  in  particolare  l'in- 

Alti  della   n.  Aceadfinia  ~  Voi.  LV.  81 


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451  ELISIO  FRBnCCA.  —  SCLLA  ELETTRIZZAZIONE,   ECC. 

fluenza  detl'oaaigeno  adsorbito  dagli  isolanti  ;  nel  caso  parUcolaro 
del  votxo  trova  delle  variazioni  di  eooitabilità  col  tempo,  che 
ricordano  il  fenomeno  da  me  descritto;  ma,  come  anche  il  Shaw, 
ha  dato  forse  troppa  importanza  alle  variazioni  che  avvengono 
nell'isolante,  mentre  che  le  esperienze  da  me  descrìtte  pongono 
fuori  dubbio  l'esistenza  di  una  modiflcazione  superficiale  del  mei^ 
cario,  di  importanza  eccezionale  per  l'elettrizzazione  a  contatto. 

§  7.  —  Il  fenomeno  che  ho  preso  in  esame  è  certamente 
particolare;  ma  io  credo  che  possa  contriboire  dal  suo  canto  & 
far  luce  nella  questione  ancor  cosi  complessa  della  elettrizzazione 
per  strofinio. 

Tutti  SODO  d'accordo  nel  ritenere  che  la  causa  di  questa 
elettrizzazione  sia  nelle  differenze  fisiche  tra  le  due  saperflci  & 
contatto  e  sia  della  stessa  natura  della  causa  [Hxtduoente  l'elet- 
trizzazione per  contatto;  ma  finora  si  conoscono  solo  alcune  re- 
lazioni particolari  e  non  prive  di  eccezioni  tra  le  proprietà  fisiche 
e  l'elettrizzazione  per  strofinio  (legge  di  Cohen,  leggi  di  Hésébous). 
Ciò  è  dovuto  alla  inesatta  conoscenza  delle  condisionì  superficiali 
dei  dielettrici  utilizzati,  molti  dei  quali  —  e  i  piti  comuni  — 
sono  corpi  chimicamente  non  definiti  e  difficilmente  riproducibili 
in  condizioni  fisiche  sensibilmente  uguali.  Per  questa  difficoltà, 
avevo  iniziato  le  mie  esperienze,  dirette  ad  uno  scopo  molto  gene- 
rale (verifica  della  identità  del  fenomeno  Volta  e  del  fenomeno 
di  elettrizzazione  per  strofinio  in  modo  pib  completo  di  quanto 
facciano  le  esperienze  di  Thompson,  di  Hoorweg,  di  Gbristiansen), 
sulla  coppia  mercurio-quarzo. 

Come  si  à  visto,  anche  in  questo  caso  le  esperienze  avevano 
condotto  a  risultati  disparati  ;  le  mie  ricerche  hanao  indicato 
un  tatto  nuovo,  mediante  il  quale  diventa  possibile  il  coordi- 
namento di  tati  risultati. 

Torino,  20  febbraio  1920. 
Gabinetto  di  Fiaica  del  R.  Liceo  Alfieri. 


L' Accademieo  Segrttario 
Carlo  Fabrizio  Parqha 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


CLASSE 

S(MEN7,E  MORALI,   STORICHE  E  FILOLOGICHE 


Adunanza  del  S9  Febbraio  1920 


PRESIDENZA   DEL    SOCIO    SENATORE   PRABCBSCO    BCITCNI 
VICEPRESIDENTE   DELL'ACCADEMIA 


Sono  presenti  i  Soci  Vidabi,  Ciah,  VALHAoai,  e  Stampimi, 
Segretario  della  Classe. 

È  Bcusata  l'assenza  del  Socio  Patetta, 

Si  legge  e  si  approva  l'atto  verbale  dell'adunanza  pre- 
cedente del  giorno  15  con*. 

Il  Socio  Vidabi  fa  dono  all'Accademia,  come  già  fece  dei 
dae  precedenti,  del  terzo  Tolume  de'  suoi  Elementi  di  Pedagoga 
che  ha  per  titolo  La  Didattica  (Milano,  Hoeplì,  1920).  II  Vice- 
presidente lo  ringrazia  a  nome  della  Glasse  rallegrandosi  per 
la  novella  manifestazione  della  grande  e  alta  attività  scientifica 
del  Socio  ViDARi. 

L'Accademico  Segretario  presenta  alla  Classe,  quale  omaggio 
del  Socio  Sforza  assente,  il  recentÌBsimo  libro  La  regione  di 
Adalia.  OiUà,  foreste,  risorse  agricole  e  minerarie,  commercio 
(Edito  a  cara  della  *  Società  commerciale  d'Oriente  „  Milano), 
Aggiunge  che  questa  pubblicazione,  la  quale  à  di  grandissimo 
interesse  per  gl'Italiani  nell'ora  presente  ed  è  adoma  di  belle 
illustrazioni,  è  stata  diretta  e  in  bnona  parte  scritta  dall'illustre 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


456 

Conte  Ing.  Michele  SroBZA,  figlio  dei  nostro  Socio,  il  quale  fa 
prigioniero  in  Àfrica  ed  è  profondo  conoacitore  del  mondo  tna- 
Bulmano.  La  Glasae  porge  vivi  ringraziamenti  per  il  graditÌB- 
Bimo  dono. 

Io  fine  il  Socio  Valhaoqi  presenta  per  la  pubblicazione 
negli  Atti,  che  è  accordata,  una  Nota  del  Prof.  Nicola  Tebzaobi 
Per  la  storia  del  Ditirambo  (Pap.  Oxyrh.  1604  col.  11). 


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NICOLI  TBRZASHl  —   PBR  LA  STORIA   DKL  DltlRAMBO 

LETTURE 

Per  la  storia  del  diiirambo 

(Pop.  Oxyrh.  1604  col.  II) 
Nota  del  Prof.  NICOLA  TEBZAGHI 


La  recentissima  scoperta  e  pubblicazione  del  Pap.  Oxyrh.  1604 
giunge  in  buon  punto  per  buttar  giù,  almeno  in  parte,  le  idee 
dominanti  a  proposito  della  evoluzione  letteraria  del  ditirambo. 
II  piti  importante  fra  i  frammenti  ditirambici  di  Pindaro  con- 
tenuti nel  papiro  è  il  secondo,  nella  seconda  colonna,  iniziato 
da  tre  versi  già  conosciuti  e  costituenti  il  fr.  79",  accomodato 
dall'Hermann  di  sulle  varie  lezioni  dei  cinque  luoghi  antichi  da 
cai  ci  è  tramandato  (1).  Ora  sappiamo  che  quel  fr.  costituiva 
l'inizio  di  un  ditirambo  dedicato  ai  Tebant  ed  ornato,  quasi 
certamente  dagli  Alessandrini  (2),  di  un  doppio  titolo,  a  guisa 
di  alcuni  degli  analoghi  componimenti  bacchilidei:  ^(fotrìis 
'Hi}axZils  ^  Kéii^eQos.  Il  principio  suona  così,  nella  ricostru- 
zione accolta  dai  benemeriti  editori  inglesi: 

II[^iv  fitv  SqnE  axoivotéveid  x  ào^à  \ 

di9[vQdfipoiv  [Fr.  79* 

ttaì  iò  <jà\v  xl^òaXov  dv&^tbitounv  ànò  enofidnav.  ) 
dta7tin[i]a[vTai  óè  vvv  I^oìg]  3liÀa[^  xi- 
5     xXouti  véat  *  [.':":'7e]W((Tcs  (3) 
tiiav  Bffo/ttov  [leicjtàv 
xaì  naifà  {Txà[7tt]ov  àtò^  OÒQavióat 
àv  fteydQoi^  t[a{t)d]vn .  xté. 


(1)  Strab.  X  469.  Atheu.  X  465^  U8',  XI  4iT,  Dion  js.  de  cotnp. 
vtrh.  U;  cfr.  l'apparato  in  Pap.  Ox.  XIII  41. 

(2)  Cfr.  rinel  che  ne  ho  detto  in  Fabula  1  121. 

(3)  L'ioterpniicione  dopo  yiat  non  è  nel  pap.,  nel  qaale  ansi   ai  vede 
appena  la  parte  inferiore  dell'*  finale.  Naturalmente  essa  potrà  enerci  o 


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458  NICOLA  TERZAQHI 

La  lezione  dei  vv.  1-2  è  controllata  dai  vv.  19-20;  disgra- 
ziatamente il  V.  3  non  si  può  controllare  che  fino  ad  dv&Qdta- 
percbè  il  v.  21  è  mntilo  delle  ultime  BÌllabe.  CoBÌcchè  gli  editori 
inglesi  ricostruiscono  metricamente  il  v.  21  in  base  alla  con- 
gettura hermanniana  pel  t.  3,  con  una  petìtio  principii,  la  quale 
non  pnò  non  lasciarci  perplessi.  Ma  il  male  è  meno  grave  di 
quel  che  sembra:  il  senso  è  sicuro,  e  sicure  sono  anche  press'a 
poco  le  parole,  giacché  tanto  dv9(/ònots  quanto  djtò  axofidxav 
si  trovano  la  prima  in  Àtb.  X  ^hV"  ed  in  Dionys.  de  comp. 
verb.  14,  le  seconde  in  Àtb.  XI  467".     • 

Il  papiro,  dunque,  sotto  il  punto  di  vista  della  esatta  let- 
tura de!  fr.  79°,  non  serve  che  poco;  serve  invece,  e  molto,  ad 
uno  scopo  importante,  per  quanto  negativo:  a  farcì  vedere  errata 
l'interpretazione  corrente  che  se  ne  dava.  Infatti,  eoprattntto 
pel  ricordo  dì  Hor,  carm.  IV  2.  10  sa., 

seu  per  audaces  nova  dithyramhoa 
verbo  detolifit,  numeritque  fertur 
tege  solutis, 

si  intendevano  le  parole  axoivoTiveid  z'doidd  come  un'allusione 
ai  predecessori  di  Pindaro  (e  non  c'è  dubbio  che  quelli  appunto 
egli  prendesse  dì  mira  scrivendo  n^lv  (lév),  i  quali  componevano 
i  ditirambi  in  gruppi  regolari  di  strofe,  antiatrofe  ed  epodo, 
mentre  egli  si  serviva  dei  versi  sciolti.  Tale  interpretazione  ai 
fondava  sul  luogo  oraziano  sopra  citato,  e  su  alcune  parole 
dello  Pseudo-Censorino  (1):  (Pindaro)  libero»  Hiam  nutntria  modos 
edidit.  Ossìa,  poiché  axotvotiveta  significa  '  lungo  e  teso  come 
fune  ',  la  lunghezza  e  la  tensione  avrebbero  avuto  come  tertium 
comparationia  la  disposizione  sistematica  or  ora  accennata. 

Ma  la  realtà  attuale,  come  ci  è  offerta  dal  papiro,  ci  co- 
stringe ad  intendere  in  tutt'altro  modo,  poiché  il  secondo  diti- 
rambo, quello  di  cui  parliamo,  aveva  certamente  divisione  stro- 
fica, corrispondendo  i  vv.  1-18  ai  vv.  19  ss.   Se  mai,  si  può 


non  euerci,  a  Becondn  della  ricoatmiione  che  ai  ìmmagin»  per  U  parole 
aegnenti.  Qli  editori  «odo  in  dubbio  per  la  ricoitniiìone  del  v.  4,  troppo 
langa,  aambra,  per  la  rottura  del  papiro. 
(1)  9  =  0L  VI  608  K. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


PBE  LA    STORIA   DEL   DITIRAMBO  Ah9 

«ssere  in  dubbio  ee  il  carme  constasse  di  aole  strofe  —  e  sì 
«vrebbe  qualcosa  di  analogo  a  Baccbyl.  XVII  (XVIII)  — ,  o 
<U  gruppi  di  strofe,  antistrofe  ed  epodo,  come  gli  epinici  pin- 
'daricì  e  gli  altri  ditirambi  bacchilidei.  Non  è  facile  deciderei; 
ma  la  risposta  sarebbe  invece  certa,  ove  si  potesse  provare  che 
«  questo  carme  apparteneva  il  &.  81,  il  quale  può,  metrica- 
mente, dividersi  in  due  parti,  di  cui  la  seconda  corrisponde  ai 
TV.  1-3  del  fr.  79°  fino  a  Mip-,  e  la  prima  potrebbe  &r  parte 
411  nn  epodo  (1). 

Disgraziatamente,  quantanque  il  fr.  81  derivi  dai  ditirambi 
«  celebrasse  Eracle,  come  appunto  il  II  carme  del  papiro,  è 
molto  possibile  che  facesse  parte  dì  un  componimento  diverso, 
poiché  tratta  dei  buoi  di  Gerione,  mentre  il  ditirambo  che  o'in- 
teressa  parlava  dell'impresa  di  Cerbero.  È  vero  che  la  parte  con- 
servata ai  svolge  tutta  in  una  specie  di  introduzione,  e  che  non 
sappiamo  oè  quanto  fosse  lungo  il  ditirambo,  né  se  in  esso  non 
ci  potesse  capitare  anche  la  menzione  di  altre  imprese  dell'eroe. 
Ala  argomenti  sicuri  non  uè  abbiamo,  e  quindi  non  dobbiamo 
toccare  un  tasto  che,  domani,  un'altra  scoperta  potrebbe  dimo- 
strare pericoloso.  Invece,  siccome  il  ditirambo  che  precede  nel 
papiro  era  certamente  diviso  in  strofe,  antistrofe  ed  epodo,  sì 
potrebbe  far  valere  il  principio  dell'analogia. 

Ad  ogni  modo,  non  ci  troviamo  davanti  a  versi  sciolti,  e 
uxofvotiveid  t'  doiÓd  non  può  quindi  alludere  ad  essi.  Se  mai, 
dovrebbe  essere  proprio  il  contrario,  giacché,  dato  e  non  con- 
cesso che  quelle  parole  si  riferisBero  alla  forma  dei  ditirambi 
più  antichi  contrapposta  a  quella  usata  da  Pindaro,  se  questi 
ai  servi  di  sistemi  strofici,  dovrebbe  prender  di  mira  gli  dno- 
JUiv/téva  dei  suoi  predecessori,  data  la  punta  ironica  dei  primi 
tre  versi  ed  il  contrasto  con  quelli  che  seguono.  Infatti,  è  sicuro 
che  nei  vv.  4  s.  si  parla  di  niÀat  vétu  ohe  òtanémamai  xéxXots 
—  giacche  mi  sembra  certa  la  integrazione  óianimavtat,  sug- 
gerita dal  Sandys  ed  accolta  dagli  editori  (2).  Kixiot  sono 


(1)  Cfr.  l'apparato  in  Pap.  Ox,  XIU  40. 

(2)  Cfr.  l'apparato  in  Fl^.  Ox.  XIII  42,  a  specialmente  il  ìnogo  paral- 
lelo di  Pind.  O  VI  27  {fftS.Ìitf  B/tftt»  àpaaltvaftn)  ivi  citato  inii« me  con 
altri  meno  BÌmili  a  qneato  del  ditirambo. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


460  NICOLA  TBRZ&QEl 

Benza  dubbio  i  cori  ciclici  dei  ditirambi  (1),  e  le  'porte  nuove 
che  bì  aprono  '  ad  eaai  noo  possono  non  intendersi  come  una 
innovazione  pindarica.  Tale  concluBÌone  sarebbe  inoppugnabile, 
se  non  ci  fosse  di  mezzo  Orazio,  il  quale  conosceva  i  ditirambi 
di  Pindaro  meglio  di  noi,  lo  Pseudo-Censorìno,  a  cui  non  c'& 
ragione  dì  negar  fede  (2),  ed  il  fatto  che  nella  tragedia,  che 
deve  molto  della  sua  forma  al  ditirambo  (3),  non  sono  rari  gli 
dnoieiv/téva,  e  non  solo  presso  i  suoi  poeti  più  recenti,  ma 
anche  presso  quelli  più  antichi,  come  prova,  ad  es.,  la  monodia 
di  Prometeo,  da  cui  è  dimostrato  che,  diciamo,  Euripide  non 
subisce  soltanto  l'influsso  delle  teorie  e  forme  musicali  alla 
moda.  Bisogna  quindi  cercare  per  altra  via  una  soluzione  del 
problema  e  della  difficoltà  ad  esso  inerente. 

La  ricostruzione  hermanniana  dei  primi  tre  versi  è,  corno 
abbiamo  già  detto,  esatta  almeno  per  la  sostanza,  e  certo  & 
esatta  anche  per  la  stretta  unione  dei  due  soggetti  che  reggono 
il  verbo  Iqtis,  giacché  il  re  ed  il  xal  sono  dati  da  Strabene  e 
da  Ateneo,  ed  il  testo  di  Dionigi  d'Àlicarnasso,  pure  essendo 
corrotto  (4),  è  tale  o  da  ammettere  quelle  due  particelle  o  da 
mostrare,  per  lo  meno,  che  axotvotiveia  doiód  e  rò  aàv  %i§ÒaXov 
sono  termini  coordinati  fra  loro.  Ateneo  riferisce  il  aàv  xipóaÀov 
alle  (ìióaì  àatyfioi  di  Laso  di  Ermione,  i  KivTav(fOi  e  l'inno  a 
Demetra,  di  cui  anzi  riporta  un  verso,  sulla  fede  di  Eraclide  Pon- 
tico.  Ora,  per  i  Kévtavgoi,  Ateneo  stesso  fa  pensare  che  le  parole 
di  Pindaro  sieno  dirette  contro  i  falsificatori  del  ditirambo  dmyftog 
di  Laso:  xorfìTa  aij/iei&acut' dv  tig  n^òg  Toèg  voSeioviag  Ad- 
am) lot!  'Efifitoviag  tijv  daiyfiov  ipd'^v,  fjzts  éjttytjdipetai  Kiv- 
xavQm  (X  455').  Quindi,  secondo  lui,  il  aàv  xl^Òalov  sarebbe 


(1)  È  forse  impoagibile  pensare  che  qualche  roce  della  parola  xo^C 
O  Hitvoi  a  qualcosa  di  aimile  bì  nasconda  nella  lacuna  del  v.  bì  Se  cosi 
fosse,  si  capisce  che  non  potrebbe  aversi  l'inteypnnzìone  dopo  *iiu. 

(2)  Cfr.  Cansina,  PW  V  t.  v,  Dithi/rarnho»  1214. 

(S)  Cfr.  quanto  ho  scrìtto  sull' argomento  in  *  Atti  della  R.  Acc.  delle 
Se.  di  Torino  „  LII  SOI. 

(4)  Cfr.  l'apparato  dell'edii.  del  Robbbtb,  da  cui  si  rileva  che  F  (=  cod. 
Lanr.  LIX  \h)  ha  axoMiottvt^aia^  olia,  in  ras.  È  una  male  intesa  oopii, 
forse  non  immediata,  di  un  ma.  senta  la  divisione  delle  parole,  da  cai 
sarebbe  stato  possibile  di  trarre  anche  la  lei.  f^iusta. 


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PEK  LA  STORIA  DSL  DITIRAMBO  461 

il  *  falao  aigma',  ossia  il  sigma  e  le  parole  con  sigma  UBatJ 
da  chi  falsificò  i  Kévtavgot  (1),  composti,  invece,  da  Laso, 
senza  quella  lettera  dell'alfabeto.  Tutto  ciò  pab  costituire  una 
nuova  difficoltà,  come  se  non  bastasse  già  quella  data  dal  oàv 
xtffdaiov,  che,  dì  per  se  stesso,  non  è  facile  ad  intendere.  Ma 
vediamo  un  po'-  Laso  compose  sicuramente  delle  (^dal  àaiy/ioi: 
era  uno  scherzo,  un  gioco  ài  abilità  in  cui  l'arte  non  entrava 
per  nulla,  ma  soltanto  l'artifizio.  Però  è  innegabile  ch'egli  aveva 
dei  meriti,  e  non  piccoli,  rispetto  al  perfezionamento  del  diti- 
rambo, e  che,  come  maestro  di  cori  ciclici,  ossia  ditirambici, 
fu  veramente  e  meritamente  apprezzato  (2). 

E  ovvio  supporre  che,  scrìvendo  *  il  falso  sigma  *  (perchè 
xl^dt]Àos,  in  sostanza,  non  significa  altro,  ma  può  anche  equi- 
valere a  vi&o^,  'spurio,  falsificato*),  Pindaro  non  potesse  allu- 
dere se  non  à  qualche  componimento  in  cui  il  a  non  doveva 
esserci,  ma  invece  c'era,  perchè  introdotto  da  un  falsario.  Sarà 
difficile,  forse,  di  pensare  che  già  al  tempo  di  Pindaro  girassero 
delle  falsificazioni  dei  ditirambi  di  Laso,  per  quanto  la  cosa  non 
apparisca  assurda  a  priori:  forse  egli  aveva  usato  parole  e  forme 
troppo  sviate  dalla  comune,  e  non  era  riuscito  a  piacere  al  pub- 
blico, invitando  00^  in  certo  modo  qaalche  rimaneggiatore  in 
buona  od  in  mala  fede  a  modificare  i  suoi  testi  per  renderli  piii 
accetti  agli  uditori  cui  dovevano  essere  destinati.  In  tutti  i  casi, 
il  valore  di  xifidijXov,  combinato  con  il  luogo  di  Ateneo,  non  dà 
luogo  ad  altra  interpretazione  che  non  aia  sforzata.  Sicché  i 
primi  versi  del  II  ditirambo  pindarico,  in  parafrasi,  vengono  a 
dire:  'prima  di  me  v'era  il  canto  dei  ditirambi  disteso  qual 
fune  e  la  falsificazione  del  a;  ora,  invece,  nuovi  orizzonti  sì 
aprono  ai  cori  ciclici'.  Del  resto,  anche  accettando  la  verosi- 
mile traduzione  ed  interpretazione  del  Sandya  (3),  il  senso  fon- 
damentale del  passo  non  si  allontana  gran  fatto  da  questo. 


(1)  Per  qaeeto  senso  non  h  neceigarìo  peuaare  che  Ateneo  avrebbe 
dOTDto  scrivere  toùs  vo&nSaavTas-  Ol  va&tóovtes  in  quel  luogo  hft  valore 
di  QD  vero  e  proprio  soatantivo,  anche  facendo  astrazione  dal  valore,  che 
par  pnb  avere,  di  nn  part.  impf.,  ed  equivale  al  più  tardo  voéetnal. 

(2)  Cfr.  CaoeKB.  1.  c,  1212  a. 

(8)  Cfr.  l'apparato  in  Pup.  Oxyrh.  XIII  41.  Ma  bisogna  ragionar  così; 
il  o  xlfiiaXov,  spurio,  falso  o  falsificato,  corrisponde  ad  on  vó/ttofta  titfiótjÀov 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


462  NICOLA   TERZAQHI 

Per  giudicar  bene  in  che  cob&  consiateasero  questi  nuovi 
orizzonti  bisognerebbe  aver  molto  piti  di  quel  che  non  possediamo 
dei  ditirambi  pindarici.  Però  qualche  coea  possiamo  dire  anche 
con  quel  poco  di  cui  disponiamo,  traendone  qualche  sicuro  ele- 
mento di  giudizio.  11  fr.  75,  riferito  da  Dionys.  de  camp, 
verb-  22,  e  che  iniziava  un  ditirambo  per  gli  Ateniesi,  parla  di 
Semele.  Non  sappiamo  come  continuasse  ne  qual  mito  trattasse, 
come  non  potremmo  dire  se  tutto  il  componimento  fosse  o  no 
in  dnoXsXv(Uva  (1).  Però  Semele  è  la  madre  di  Dioniso.  E  di 
Dioniso  si  parla  con  una  certa  ampiezza  io  tutti  e  tre  i  nuovi 
frammenti  di  Oxyrhynchos,  i  quali  tuttavia  si  occupano  fonda- 
mentalmente e  principalmente  di  altri  soggetti.  Ora,  noi  possiamo 
affermar  con  sicurezza  che  in  origine  i  ditirambi  erano  soltanto 
dionisiaci,  mentre  non  sono  tali  quelli  di  Bacchilide,  i  meglio 
cotiosciuti  da  noi.  Quelli  di  Pindaro,  come  ora  vediamo,  sono 
dionisiaci  solo  in  parte.  Qui  c'è  la  possibilità  di  vedere  una 
specie  di  passaggio  e  di  gradazione,  e  di  notare  uno  sforzo  per 
arrivare,  dal  primitivo  ditirambo  esclusivamente  dionisiaco,  a 
quello  semplicemente  eroico,  senza  alcun  nesso  col  dio,  in  cui 
il  poeta  entra  ex  abrupto  a  parlare  del  soggetto  da  lui  prescelto, 
con  molta  somiglianza  sostanziale  e  formale  con  la  tragedia  (2). 
Tuttavia  non  si  giunge  subito  a  questo  :  ci  si  arriva  per  mezzo 
di  un  passaggio,  in  cui  Dioniso  ha  ancora  qualche  parte,  pur 
non  costituendo  l'argomento  vero  e  proprio  del  carme.  Questo 
stadio  intermedio  è  qoello  rappresentato  da  Pindaro,  e  nessuno 
può  dire  che  egli  non  abbia  fatto  anche  -il  passo  definitivo  per 
liberarsi  totalmente  dagli  schemi  tradizionali,  passo  che  costi- 
tuisce un  terzo  stadio,   per  cui  dobbiamo  oggi  richiamarci  a 


ad  una  moneta  faUa,  e  quindi  measa  fuor  di  cono,  reapinta  dall'uao  e  per 
oonaeguenw  non  usata.  Pindaro  aveva  adoperato  il  verbo  #?»'  di  senBO 
poiitivo,  «  non  poteva  piò  dire:  'prima  UBoiva  daUa  bocca  degli  uomini 
il  ditirambo  ed  il  a  mancante',  giacché  questa  sarebbe  stata  una  con- 
traddizione in  termini».  Per  evitarla  e  per  mantener  Io  Eeogma  con  Ifit, 
acme  'il  a%i?iaÀov.  mesBO  fnor  d'uso',  che  col  suo  valore  aoitaniialmente 
negativo,  ma  formalmente  positivo,  ai  pub  adattare  a  quel  verbo,  qoaai 
aveste  detto:  '  uaciva  il  ditirambo  ed  il  non-ir  ',  cioè  non  usciva  il  a. 

Il)  Che  fosaero  versi  sciolti  era  l'opinione  corrente,  oggi  revocata  giu- 
•tamente  in  dubbio  dagli  editori  inglesi  dei  Pttp.  Ox.  XIII  28. 

(2)  Cfr.  CoHrianri,  Mèi.  Weil  27  s. 


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PKR  Lk  STOSEA   DSL  DITIRAMBO  463 

Bacchilide.  In  ciò,  dunque,  mi  par  certo  debba  coosiatere  la 
grande  novità  dì  cui  si  gloria  a  buon  diritto  con  le  parole 
dtajtimamat  niXtu  xÓKloiat  viat,  e  che  oon  eaee,  mettendo  a 
confronto  le  novità  da  lui  introdotte  con  ciò  che  facevano  i 
Buoi  predecessori,  penai  alla  sostanza  e  non  alla  forma  esterna 
dei  ditirambi,  a  cui,  perciò,  deve  alludere  anche  nei  primi  tre 
versi.  Ma  allora,  che  cosa  significherà  la  axotvoiiveia  dotód? 
Anche  senza  voler  vedere  in  queste  parole  (e  pur  sarebbe  per- 
messo, data  la  chiara  ironìa  che  contengono)  un'allusione  quasi 
dispregiativa  ed  un  richiamo  agli  oxoivo^diai,  '  canto  teso  a 
guisa  di  fune',  può  voler  dire,  mi  sembra,  due  cose:  o  canto 
lungo,  senza  capo  né  coda,  fosse  pure  in  ìstrofe  od  in  iscìolti, 
quasi  improvvisato,  in  cai  si  parlava  dì  Dioniso  e  delle  sue 
avventure,  senza  ordine  nh  unità  né  conclusione,  come  veniva 
veniva,  quasi  improvvisato,  secondo  il  tipo  pììi  antico  e  la  sua 
orìgine  autoschediaetica  (1);  oppure  pub  voler  dire  canto  che 
tende  o  fa  tender  l'attenzione  e  la  pazienza  degli  ascoltatori, 
ì  quali  non  hanno  da  sentire  e  da  gustare  nulla  di  artistico: 
ciò  a  cui  allude  in  ogni  modo  anche  il  aàv  xl^òalov  nominato 
subito  dì  poi.  L'opinione  altissima  che  Pindaro  aveva  dell'arte 
sua,  a  cui  indulge  spesso  e  pure,  con  parole  solenni  e  non  certo 
modeste,  in  questo  secondo  ditirambo  oxyrhynchìta  ('  me,  eletto 
araldo  di  poesia  (2),  la  Musa  fece  sorgere  a  pregar  fortuna  per 
la  Grecia  e  per  Tebe  dai  potenti  carri  ',  v.  23  ss.),  può  confor- 
tarci all'una  od  all'altra  di  queste  due  interpretazioni;  la  prima  mi 
sembra  preferibile,  corrispondendo  meglio  alla  storia  del  ditirambo 
ed  agli  axotvtnevfj  ^ftaia  di  cui  paria  Phìlostr.  Her.  1  14. 


(1)  ArÌBt.  Poet.  1449*  9.  È  chiaro  che,  dOTendOBÌ  mettere  in  istretta 
relazione  le  dae  parti  del  periodo  aristotelico  (ytvo/tévti  aèv  àa'  àfx^S 
aéioox^Siaaii»^S  »<ii  airi]  [cioè  4  ^^^'f^^o]  ool  ^  tuitft^Sia,  koI  {  ^iv 
itti  r^v  è^a^x^"^^  '^  ói&àfaftffov  il  Sé  àjiò  nSv  rà  ^XÀi%il,  ttrt.), 
l'atioaxMÓiaafta  non  poua  riferirai  loltaato  alla  tragedia,  ma  ancbe  al 
ditirambo,  pieoiiamente  come  aitoaxtóidofiaia  erano,  per  forza  di  cose, 
là  <paÀÀi»d,  e  tutti  i  oanti  destinati  al  popolo,  anche  se,  come  certo  il 
ditirambo,  avevano  cultori  appositi  i  qoali  davan  loro  forma  letteraria. 
Per  au'analogia,  si  pensi  ai  moderni  eoupletg. 

(2)  Tale  è  certo  il  senso  di  ooqitìv  irttav  del  teste,  cfr.  Bacchjl. 
IX  {X)  39,  Sol.  elg  tavi.  52.  'Araldo  di  savie  parole'  sarebbe  nn  inatile 
fronzolo. 


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464  NICOLA  TBRZAQHI   —   PER   LA  STORIA  DSL   DITIRAMBO 

Se  ricordiamo  ciò  che  si  è  detto  innanzi  per  intendere  il 
aàv  xl^ÓaXov,  e  lo  uniamo  con  ciò  che  abbiam  detto  or  ora, 
non  ci  sarà  difficile  di  capire  anche  tutto  il  luogo  pindarico  in 
discussione,  il  tono  quasi  dispregiativo  con  cui  Pindaro  parla, 
e  gli  orizzonti  nuovi  che  per  lui  si  aprono  ai  cori  ciclici.  Egli 
dice:  'prima  di  me  c'erano  dei  ditirambi  senza  capo  ne  coda; 
c'erano  anche  delle  scioccliezze,  prive  di  qualsiasi  valore  arti* 
stico,  ma  ora,  con  me,  comincia  il  nuovo  ed  il  buono'.  Non 
dobbiamo  troppo  preoccuparci,  se  ciò  non  sia  del  tutto  vero, 
e  se  Pindaro  stesso  si  giovò,  e  come,  anche  dell'opera  dei  suoi 
spregiati  predecessori.  I  poeti  ìn  genere,  e  Pindaro  in  ispecie, 
amavffno  ed  amano  metter  nell'ombra  chi  li  precedette,  ed  Orazio 
poteva  scriver  di  sé  prineepa  aeoUum  carmen  ad  italoa  deduxissé 
modos,  quasi  Catullo  non  fosse  mai  esistito.  Sarebbe  piuttosto 
interessante  conoscere  come  continuava,  esattamente,  il  suo 
pensiero,  e  come  si  legasse  questo  proemio  con  la  descrizione 
della  sacra  festa  di  Bromio  sull'Olimpo.  Il  papiro  è,  dopo  la 
parola  véai,  disgraziatamente  e  disperatamente  lacunoso,  dò  io 
voglia  provarmi  al  gioco  di  restituirlo,  gioco  che,  se  pure  può 
esser  dilettevole,  è  però  altrettanto,  e  forse  più,  pericoloso.  Mi 
par  certo  che  il  soggetto  di  eldóies  debba  essere  ancora  il 
x^Xoi  che  precede,  o  qualche  concetto  analogo  (1).  Ed  il  senso 
sarebbe  ottimo:  '  Prima  dalla  bocca  degli  uomini  usciva  il  lungo 
noioso  canto  dei  ditirambi  e  la  soSstiflcazione  del  sigma;  ora  ai 
cori  ciclici  si  aprono  nuove  porte  di  carmi:  [cantano  essi]  cono- 
scendo qual  sacra  festa  di  Bromìo,  proprio  presso  lo  scettro  di 
Zeus,  gli  Uranidi  celebrano  nelle  celesti  magioni  '. 


(1)  Cfr.  Boprft  p.  460'. 


L'Accademico  Segretario 
Ettore  SxAJiPiNr 


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CLASSE 

SCIENZE  FISICHE,  MATEMATICHE  E  NATURALI 


Adonanza  del  7  Marzo  1980 


PBEBIDENZA   DEL   30CI0    FBOF.    OOUH.    ANDREA    NACCABI 
PRESIDENTE   DBLL'aCCADEIGA 


Sono  presenti  i  Soci  D'Ovidio  Direttore  della  Classe,  Seobe, 
FoÀ,  Guidi,  Mattirolo,  Osassi,  Sovigltana,  Panetti,  Ponzio, 
Sacco,  Majorana  e  Pabona  Segretario. 

Si  legge  e  ei  approva  l' atto  verbale  della  precedente 
adunanza. 

Il  Presidente  annunzia  che  il  22  dello  scorso  febbraio, 
nell'ora  stessa  della  nostra  precedente  adunanza,  mentre  si 
esprimevano  fervidi  voti  per  la  aaa  guarigione,  si  spegneva  il 
Socio  Prof.  Nicodemo  Jadanza,  il  caro  collega  ed  amico,  che 
fu  Tesoriere  dell'Accademia.  Soggiunge  che  altri  dirà  degna- 
mente dei  suoi  meriti  scientifici:  si  limita  a  ricordare  che  il 
compianto  Jadanza,  nato  nel  1SÌ7  in  Campo  Lattare  (Molise) 
da  poveri  contadini,  animato  da  ferrea  volontà  e  da  innato 
amore  del  sapere,  potè  cogli  scarsi  aiuti  di  nn  congiunto  salire 
alla  dignità  di  professore  universitario,  dopo  di  aver  conseguita, 
attraverso  grandi  privazioni,  la  laurea  di  ingegnere  in  Napoli. 
A  Torino,  dove  venne  nel  1881  e  insegnò  Geodesia  all'Univer-  ' 
sita  e  al  Politecnico,  svolse  la  sua  attività  scientifica,  della 


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466 

quale  i  rieultati  sono  quasi  tutti  consegnati  nelle  nostre  pub- 
blicazioni accademiche.  Noi  lo  ricorderemo  come  scienziato  e 
docente,  ma  anche  per  la  sua  assiduità  esemplare  e  diligenza 
nel  compimento  del  dovere,  per  la  schietta  modestia,  per  la 
franchezza  del  carattere,  e  per  la  grande  bontà  dell'animo  suo. 

Il  Socio  D'Ovidio  manda  pare  nn  affettuoso  saluto  alla 
memoria  del  suo  conterraneo,  confermando  gli  eroici  sforzi  da 
Lui  compiuti  per  la  conquista  della  elevata  posizione  sociale  e 
additandolo  come  esempio  mirabile  ài  giovani,  segnatamente  ai 
giovani  meridionali. 

Il  Presidente  dice  che  comunicherà  alla  famiglia  del  rim- 
pianto  Socio  l'espressione  del  nostro  cordoglio,  e  prega  il  Socio 
Pametti  di  accettare  l'iocarìco  della  commemorazione,  per  la 
quale  potrà  profittare  dei  cenni  autobiografici  dallo  stesso 
Jadanza  destinati  all'Accademia.  Il  Socio  Panetti  accoglie  di 
buon  grado  l'invito  di  scrivere  l'elogio  dell'amato  suo  professore. 

Il  Socio  Sacco  fa  omaggio  della  sua  Memoria  La  condizioni 
meteoro-idrologicke  dell'Era  quaternaria  e  la  causa  dei  periodi 
glaciali.  Il  Presidente  ringrazia  e  invita  il  Socio  Mattirolo  a 
commemorare  il  compianto  nostro  Socio  corrispondente  P.  A.  Sac- 
CARDO.  Il  collega  Mattibolo  accetta  volentieri  l'incarico. 

Quindi  la  Glasse  si  raduna  in  seduta  privata  e  procede 
alla  nomina  di  un  rappresentante  della  Classe  nel  Consiglio  di 
Amministrazione. 


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GLASSE 

3CIENZE  FISICHE,  MATEMATICHE  E  NATURALI 


Adunanza  del  21  Marzo  1920 


PRESIDENZA    DEL    30CI0    3EHAT0RE    ENRICO   D  OVIDIO 
DIRETTOBE    DELLA    CLASSE 


-  Sono  presenti  i   Soci  Seghe,  Gcidi,  Mattibolo,  Gbasst, 
Ponzio,  Sacco,  Majoraha  e  Paroma  Segretario. 
È  scusata  l'assenza  del  Presidente  Naccari. 
Si    legge   e    si    approva    l'atto    verbale    della    precedente 


Ad  invito  del  Presidente,  ìì  Socio  Mattibolo  legge  la  com- 
memorazione del  Socio  corrispondente  P.  A.  Saccardo.  Il  Pre- 
sidente ringrazia  il  collega  per  l'eloquente  e  degno  elogio  del 
compianto  ed  eminente  botanico.  Comunica  poi  le  circolari  re- 
lative al  '  Congrès  international  dea  Mathématiciens  ,  che  si 
terrà  a  Strasburgo  durante  l'estate  prossimo,  ed  al  '  Congresso 
internazionale  di  Meteorologia  „  promosso  dalla  Società  Meteo- 
rologica, Italiana,  che  si  raccoglierà  a  Venezia  nel  prossimo 
ottobre. 


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ORESTE   MATTIEOLO 


LETTURE 


FIETBO  iNDBEi  SiCCABDO 

Xreviao,  23  Aprile  1846  —  Padova,  12  Febbraio  1020 


Commemoraiione  letta  dal  Socio  nat.  resid.  ORESTE  HATTIROLO 


Per  l'amicìzia  afiFettuosa  e  cordiale  che,  da  una  lunga  serie 
di  anni,  mi  legava  con  perfetta  comunanza  di  ideali  a  Pietbo 
Andrea  Saccardo,  ho  accettato  con  entusiasmo  l'onore  di  rie- 
vocare davanti  a  voi  la  figura  e  l'opera  del  sommo  micologo 
tedtè  Bcomparso,  perchè,  purtroppo!  sarà  qneato  l'unico  conforto 
al  dolore  che  mi  affligge:  l'anice  omaggio  che  io  potrò  offrire 
alla  memoria  dell'amico  troppo  duramente  rapito  alla  scienza. 

Dire  degnamente  di  P.  À.  Saccabdo  e  della  gigantesca 
opera  sua,  non  è  certo  impresa  da  potersi  aaeolvere  nei  lìmiti 
coDcesei  dai  Regolamenti  delta  nostra  Accademia,  onde  le  mìe 
povere  parole,  più  che  una  commemorazione,  saranno  l'espres- 
sione dei  sentimenti  e  del  desiderio  intensissimo  che  ha  lasciato 
nei  nostri  cuori  la  scomparsa  di  cosi  eletto  ingegno,  di  così 
nobile  carattere. 

Kell'ora  dolorosa  del  distacco,  quando  l'animo  piange  l'a- 
mico, il  collega,  il  consigliere,  non  sorregge  la  calma  neces- 
saria per  analizzarne  l'opera:  ciò  sarà  fatto  più  tardi;  oggi  io 
cercherò  solo  di  prospettare  la  grandezza  della  perdita  che  ha 
fatto  la  scienza,  e  lumeggiare,  in  una  rapida  sintesi,  l'idea 
animatrice  dell'opera  di  P.  A.  Saccabdo,  che  ha  stupito  il  mondo 
per  la  mole  e  l'importanza. 

Quando  sì  pensi  che  Saccabdo  (nato  a  Treviso  il  23  aprile 
1845)  iniziò  la  serie  delle  sue  pubblicazioni  appena  sedicenne; 


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COUHBUORAZIONB   ni  FIBTRO  iNDRGA  SACCARDO  469 

cb«  da  allora  non  rubò,  si  può  dire,  un'ora  al  lavoro;  quando 
si  consideri  la  mole  della  sua  opera  maggiore,  la  Sylloge  fun- 
gorum  omnium  hucusqtie  cognitorum,  durata  già  lo  spazio  dì 
trent'nn  anno,  comprendente  22  volumi  di  complessive  23451  pa- 
gine (e  due  volumi  ancora  inediti);  quando,  infine,  si  faccia 
anche  un  censimento,  sia  pure  sommario,  delle  sue  pubblica- 
EÌoni,  che  raggiungono,  in  numero,  parecchie  centinaia,  dì  cai 
una  sola  è  ricca  di  1500  figure  colorate,  disegnate  dallo  stesso 
Autore,  si  rimane  sbalorditi  di  fronte  a  tanta  somma  di  la- 
voro, e  la  mente  ricorre  alla  favolosa  produttività  aldrovandiana  ; 
alla  leggendaria  energìa  enciclopedica  dell'EaiiETE  Tbishe&isto! 
e  nello  stesso  tempo  alla  ininterrotta  produttività  degli  allu- 
minatorì  medioevali,  coi  lavori  dei  quali  anche  il  lavoro  sac- 
cardiano  ha  molti  punti  di  contatto. 

Egli  non  ebbe  altro  scopo  nella  vita  che  la  famiglia  ed  il 
lavoro;  altra  soddisfazione,  si  può  dire,  che  la  scoperta  di 
nuove  forme. 

La  natura  lo  aveva  dotato  di  un  intuito  morfologico  mera- 
viglioso e,  potrei  dire  meglio,  miracoloso;  di  una  memoria  delle 
pili  tenaci  ;  e  l'ordine  col  quale  egli  attendeva  alle  sue  ricerche, 
segaiva  norme  fisse.  La  sua  vita,  appena  dopo  il  periodo  della 
gioventh,  fu  sempre  uguale;  e,  come  quella  dei  certosini,  obbe- 
diente ad  una  *  Regola  ,  dalla  quale  mai,  tranne  in  casi  ecce- 
zionalissimi,  si  dipartiva,  tanto  che  io  mi  ero  indotto  a  chia- 
marlo il  Padre  generale  dei  Mieeti  Osservanti,  appellativo  che 
era  rimasto  gradito  al  mio  diletto  amico,  cosicché  lo  usò  poi 
sempre  nella  corrispondenza  oostra. 

Sensibilissimo  alle  vicissitudini  atmosferiche,  quando  i  primi 
freddi  autunnali  preludiavano  ai  rigori  dell'iovemo,  egli  pìU  non 
abbandonava  l'ambiente  del  Laboratorio  e  in  esso,  dirò  cosi,  si 
inciatidava  per  tutta  quanta  la  durata  dell'inverno;  e  però  egli 
stesso  soleva  paragonarsi  ad  una  Orchidea  di  serra  calda. 

In  questo  genere  di  vita  laboriosissima  e  metodicamente 
ordinata,  stava  il  segreto  della  stupefacente  produttività  del 
Saccabdo. 

Ordine  e  metodo  erano  parte  integrante  del  suo  essere, 
erano  le  direttive  dei  suoi  lavori,  che  rispecchiano  questa  par- 
ticolari attitudini. 

La  StfUoge  stessa,  riassunto  di  una  enorme  congerie  di 
Alti  della  R.  Aeeademia  —  Voi.  LV.  32 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


470  ORESTE    MATTIKOLO 

forme,  non  sarebbe  ciò  che  è,  se  il  niKteriale  di  cui  si  compone 
non  fosfte  stato  disciplinato  da  Sii  conduttori,  che  il  Saccardo 
ha  saputo  opportunamente  e  mirabilmonte  ordire. 

Per  ciò  che  si  riferiece  alla  conoscenza  delle  forme  fungine 
non  ebbe  egli  chi  lo  superasse,  ne  credo  che  alcuno  mai  potrà 
superarlo. 

Questo  che  io  iiuq  dubito  di  affermare,  è  d'altronde  lumi- 
nosamente dimostrato  dai  suoi  lavori,  sussidiati  da  classiche 
raccolto  di  Exaiccata;  i  quali  pongono  l'Italia  all'avanguardia 
delle  Nazioni  per  ciò  che  si  riferisce  a  tali  generi  di  lavori, 
così  che  il  nome  di  lui  rifulgerà  nel  campo  della  sistematica, 
illuminato  dall'aureola  che  corona  le  opere  dei  Grandi. 

Cosi  innata  era  in  lui  la  conoscenza  delle  forme  dei  funghi, 
tale  l'intuito  delle  affinità  e  delle  analogie  che  regolano  la  loro 
correlazione  nel  tempo  e  nello  spazio,  che  egli,  non  solo  giunse 
a  descrivere  un  numero  colossale  di  miceti,  ma  riuscì  a  '  di- 
vinare ,'  molti  di  quelli  che  ancora  non  si  erano  rivelati  agii 
osservatori  ! 

Quante  volte  non  ebbe  poi  il  conforto  di  vedere  avverate 
le  predizioni  raccolte  nel  suo  curioso  lavoro  sui  PrevedAili 
funghi  futuri  secondo  la  legge  di  analogia*.  (1896). 

L'opera  del  Saccabdo,  in  certo  qual  modo,  io  penso  para- 
gonarla a  quella  dei  compositori  di  musica,  dei  poeti,  dei  pit- 
tori, che  compongono,  scrìvono,  dipingono,  animati  da  un  senti- 
mento che  essi  stessi  non  possono  definire,  ma  che  li  sospinge  a 
creare  melodie  nuove,  a  raggiungere  effetti  di  luce  e  di  colore 
non  prima  sognati,  ad  evocare,  col  ritmo  delle  parole,  sensazioni 
che  agitano  il  cuore.  L'analogia,  l'armonia  delle  forme  è  d'al- 
tronde legge  che  regola  tutti  i  regni  della  natura;  e  Saccardo 
sentì  la  potenza  di  questa  legge  che  immortalò  l'opera  suo, 
sgorgata  da  un  concetto  originale  intuitivo,  unilaterale,  non 
suffragato  però  da  uno  spirito  critico  tale  da  assicurarle  basi 
solidamente  scientifiche. 

La  Sylloge  conserverà,  così,  immutato  nel  tempo  il  carattere 
di  indiscutibile  utilità  pratica,  ma  non  potrà  essere  in  avvenire 
ugualmente  fattrice  di  progresso  reale,  se  la  consideriamo  dal 
punto  di  vista  al  quale  tendono  le  specalazionì  della  scienza 
moderna,  fondate,  piìi  che  sulla  forma  dì  un  solo  stadio  per 
quanto  elevato,  come  è  quello  della  riproduzione,  sulla   Ìntima 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


COUHBHOKAZiOKE    DI   PIETRO  ANDKBA  SACCAliUO  471 

conoscenza  dell'intero  rido  di  sviluppo  di  ogni  singola  specie, 
e  sulle  relazioni  che  ogni  specie  contrae  colle  sue  vicine  durante 
i  periodi  di  sviluppo  e  di  accrescimento. 

L'opera  maggiore  di  Saccardo  è  quindi  'essenzialmente 
opera  di  statistica  o,  dirò  meglio,  di  "  statica  ,  delle  forme, 
censimento  cbe  è  base  indispensabile  a  qualunque  ulteriore 
studio  di  micologia,  ed  è  in  questo  senso  ammirabile  e  prodi- 
giosa, COSI  che  nessuno  raggiungerà  l'altezza  alla  quale  egli  è 
assurto. 

Ma  Don  a  questo  solo  campo  di  studi  applicò  il  Saccabdo 
le  doti  speciali  del  suo  ingegno  organizzatore,  la  straordinaria 
sua  cultura  bibliografica,  sussidiate  dalle  innate  facoltà  di 
ordine;  che  egli  ci  lasciò  pure  un  numero  grande  di  lavori  che 
si  riferiscouo  alla  storia  della  Botanica  in  Italia,  riuscendo  a 
riassumere,  ordinare,  elencare,  in  mirabile  modo,  la  immensa 
varietà  dei  lavori  dei  botanici  che  lo  precedettero.  Cosi  la  sua 
Botanica  in  Italia  e  la  sua  Cronologia  della  Slora  italiana  e 
tanti  altri  lavori  suoi  sono  repertorii,  miniere  di  nozioni,  di 
dati,  di  date  che  formano  e  formeranno,  chi  sa  per  quanti  anni 
ancora,  il  substratum  degli  stadi  che  si  riferiscono  alla  Storia 
della  nostra  scienza. 

Con  ugnale  competenza  trattò  egli  pure  la  sistematica  delle 
piante  superiori;  degna  della  sua  fama  è,  fra  le  altre,  l'opera 
che  si  riferisce  allo  studio  della  fiora  della  provincia  di  Treviso, 
compilata  negli  anni  della  prima  giovinezza,  alloraquando,  inde- 
fessamente erborizzando,  andava  raccogliendo  ogni  sorta  di  ma- 
teriali vegetali,  essendo  egli  un  botanico  completo. 

Datano  da  quegli  anni  le  celebri  sue  raccolte  di  Exsiccata, 
fra  le  quali  la  notissima  Mycotheca  veneta,  che  testimoniano 
della  sua  splendida  attività  di  botanico  peripatetico,  durata 
purtroppo  breve  periodo  di  tempo,  prima  cioè  di  chiudersi  nel 
laboratorio,  per  dedicarsi  allo  studio  dei  materiali  da  lui  rac- 
colti e  dì  qnelli  che  d'ogni  parte  del  mondo  affluivano  a  lui 
perchè  da  lui  fossero  classificati  e  studiati. 

In  questa  occasione  io  non  tento  neppure  di  ricordare  le 
innumere  contribuzioni  micologiche  che  illustrano  raccolte  Ì&tte 
da  specialisti  di  ogni  parte  del  mondo  e  da  lui  studiate! 

La  enumerazione  delle  opere  di  Saccardo  potrà  essere  com- 
piuta soltanto  dal  suo  diletto  figlio  Domenico,  micologo  cresciuto 


zed.yGOOg[e 


472  ORESTE    UATTIKOLO 

alla  scQola  paterna.  Sarà  questo  il  più  glorioso  monumento  che 
la  pietìi  figliale  potrà  dedicare  alla  sua  memoria! 

Ma,  prima  di  porre  termine  alla  affrettata  rievocazione  del- 
l'opera del  compianta  amico,  io  mi  voglio  ancora  compiacere  di 
segnalare  la  sua  Flora  Tarviaina  Benovata  pubblicata  sul  finire 
della  guerra,  ossia  Enumerazione  critica  delle  piante  vascolari 
finora  note  nella  provincia  di  Treviso,  *  come  quella  che  gli  ri* 
cordava  tante  miserie  ma  anche  tanti  eroismi!  ,,  illustrando  essa 
le  glorioso  regioni  del  Grappa,  del  Montetlo,  di  Vittorio  Veneto. 

In  questo  suo  lavoro  l'illustre  Autore  si  compiace  di  rie- 
vocare i  tempi  della  sua  feconda  attività  giovanile,  quando,  in- 
coraggiato da  tre  insigni  naturalisti  veneti,  Nabdo,  Zakardini, 
De  Visiani  (che  fu  suo  maestro),  indefessamente  andava  erbo- 
rizzando nelle  località  che  oggi  sintetizzano  le  più  fulgide  glorie 
d'Italia. 

L'antica  prima  edizione,  ossia  il  Prospetto  della  Flora  tre- 
vigiana, fu  la  causa  decisiva,  perchè,  sono  sue  parole,  "  la  Bo- 
tanica divenisse  il  suo  studio  prediletto  e  professionale  ,. 

Tredicenne  appena  iniziava  il  Prospetto,  e  lo  conduceva  a 
termine  nell'anno  1863,  ottenendo  di  pubblicarlo  negli  *  Atti 
dell'Istituto  Veneto  ,,  quando  egli  era  entrato  nel  diciottesimo 
anno  dell'età  sua! 

I  risultati  delle  successive  conquiste  botaniche  in  quella 
regione  che  gli  fu  culla  e  che  egli  con  orgoglio  di  italiano 
segui  palpitante  nelle  tristi  e  nelle  liete  vicende,  culminate  poi 
nella  vittoria  di  Vittorio  Veneto,  si  possono  qui  riassumere  con 
duo  soli  numeri:  mentre  1387  erano  le  piante  elencate  nel  pro- 
spetto dui  1863;  1717  sono  invece  quelle  raccolte  nella  Flora 
Tarvisina  Renovata  del  1917. 

D'altra  parte  e  per  dare  un'idea  dell'attività  eaccardiana 
anche  nel  campo  della  Micologia,  notiamo  che:  se  erano  245  i 
funghi  noti  per  la  regione  veneta,  secondo  il  censimento  del 
barone  De  Hohknbdehl  Heuflbub,  elencati  nella  Enumeratio 
Ciypt.  Italiae  Venetae,  edita  nel  1871  (prima  cioè  dei  lavori  di 
Saccardo),  4600  divennero  quelli  da  luì  enumerati  e  studiati 
nella  stessa  regione;  mentre  di  essi  3000  furono  raccolti  nella 
sola  provincia  di  Treviso.  Cifre  eloquenti  che  lumeggiano  l'im- 
portanza dell'opera  sistematica  da  luì  compiuta,  che  pone  il  Ve- 
neto fra  le  regioni  meglio  note  della  Penisola  dal  punto  di  vista 
botanico. 


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COMMBHORAZIONB  DI  PIETRO  ANDREA  SAGCAEDO  473 

Pier  Ahdbea  Saccabdo,  ardente  patriota,  che  dopo  Capo- 
retto  vide  la  saa  diletta  Vittorio  calpestata,  rovinata  dalle  orde 
barbariche;  che  pianse  amaramente,  non  di  sgomento  per  la 
perdita  di  ogni  avere,  ma  per  la  rovina  temuta  dei  suoi  ideali, 
ebbe  pure  il  supremo,  ineffabile  conforto  di  assistere  al  trionfo  e 
alla  liberazione  dei  fratelli  da  tanto  tempo  achiavi  dello  Btraniero. 

Nel  suo  ritiro  di  Avellino  presso  il  genero  Prof.  Trotter, 
gli  giunse  la  notizia  degli  eventi  gloriosi;  esultante  d'entusiasmo 
potè  quindi  far  ritorno  con  animo  sereno  alla  sua  Padova  (così 
duramente  provata  durante  la  guerra),  dove  lo  aveva  colpito  una 
irreparabile  sciagura,  la  perdita  della  sua  adorata  e  fedele  com- 
pagna. Egli  allora  si  raccolse  in  sé  stesso  e,  con  rinnovato  ardore, 
tutto  si  consacrò  al  lavoro,  nel  quale  cercò  conforto  e  oblio. 
Intensificò  ancora  la  sua  già  eccezionale  attività  scientifica,  sere- 
namente spegnendosi  il  12  febbraio  ora  scorso,  fra  le  collezioni, 
&a  i  libri,  che  erano  stati  lo  scopo  della  sua  esistenza,  il  sospiro 
della  sua  anima  innamorata  di  ogni  cosa  bella  e  buona. 

Scienziato  di  Laboratorio  non  fu  egli  solamente,  ma  come 
insegnante  valoroso  ed  efficace  fu  lustro  e  decoro  dell'antichis- 
sima Cattedra  di  Botanica  dell'Ateneo  Padovano.  Dalla  sua 
Scuola  USCI  tutta  una  schiera  di  valorosissimi  sistematici,  che 
oggi  degnamente  onorano  il  Maestro  e  la  scienza  e  ne  seguono 
l'esempio  e  le  tradizioni. 

Per  tutta  la  vita  il  Sacoasdo  seguì  l'ideale  che  si  era  pre- 
fisso da  giovinetto;  gli  allori  che  egli  raccolse  per  consenso 
universale,  i  suffragi,  i  premi  che  le  più  insigni  Accademie  di 
tutto  il  mondo  gli  decretarono,  additano  la  sua  nobile  figura 
alla  riconoscenza  nostra,  perchè  la  sua  fama  è  gloria  d'Italia. 

La  nostra  Accademia,  che  annoverò  il  Saccardo  fra  i  suoi 
Soci  corrispondenti  fino  dall'8  febbraio  del  1885,  invia  oggi  alla 
famiglia  desolata  e  per  essa  al  suo  diletto  figlio  Domenico,  coi 
sentimenti  di  condoglianza  profondamente  e  dolorosamente  sen- 
titi,  l'espressione  della  sua  ammirazione  per  l'opera  da  Lui  com- 
piuta a  vantaggio  della  scienza  e  per  l'onore  della  Patria. 
Torino,  12  mano  1920. 


L'Accademico  Segretario 
Carlo  Pabsizio  Paroma 


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CLASSE 

SCIENZE  MORALI,  STORICHE  E  FILOLOGICHE 
Àdnnaiiza  del  38  Marzo  1930 

PRESIDENZA    DEL   SOCIO    PROF.    COUC.    ANDREA    MACCARI 
PaESlDGKTE    dell'accademia 


Sono  presenti  t  Soci  Pizzi,  De  Sanctis,  Baodi  di  VsaifE, 
Patetta,  Prato,  Ciak,  Fagoi,  Lezio,  e  Stahpcki  Segretario 
della  Classe. 

Si  legge  6  ai  approva  l'atto  verbale  dell'adunanza  del 
29  febbraio  u.  s. 

Il  Presidente  presenta  alla  Classe  con  un  caloroso  saluto 
ì  nuovi  Soci  nazionali  residenti  Adolfo  Faggi  e  Alessandro 
Luzio,  che  ringraziano  così  per  la  loro  nomina  la  Glasse  come 
per  il  cortese  saluto  Ìl  Presidente, 

L'Accademico  Segretario  dà  lettura  della  deliberazione 
presa  dal  Consiglio  di  amministrazione  dell'Accademia,  che, 
essendo  oramai  superato  il  numero  di  30  fogli  di  stampa  del 
volume  in  corso  degli  Atti  e  crescendo  quasi  ogni  giorno  in 
modo  sconfortante  le  spese  di  stampa,  mentre  invano  s'è  invo- 
cato un  aumento  della  dotazione  dell'Accademia,  sìa  chiusa 
l'accettazione  di  nuove  Note,  ed  al  Socio  nazionale  sta  consentita 
solo  piii  la  presentazione  di  una  propria  Nota,  ove  egli  non 
abbia  già  esaurito  il  numero  totale  (di  tre)  assegnatogli  con  la 
deliberazione  del  29  novembre  dello  scorso  anno. 


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475 

L'Accademico  Segretario  notifica  poscia  che  la  Reale  Ac- 
cademia dalla  Crusca  ha  aderito  alla  proposta  fatta  dalla  nostra 
Classe  in  nome  delia  Accademia,  e  si  farà  rappresentare  ad  un 
eventuale  convegno  in  Roma  dei  rappresentanti  delle  singole 
Accademie  Reali  italiane  nelle  prossime  ferie  pasquali  per 
mezzo  del  suo  Socio  corrispondente  Vittorio  Rossi.  Invece  il 
presidente  dell'Accademia  di  archeologia,  lettere  e  belle  arti 
di  Napoli  ha  dichiarato  che,  non  avendo  quell'Accademia  ancora 
aderito  all'invito  direttamente  avuto  dall'Académie  des  Inscrip- 
tions  et  Belles  Lettres,  non  può  dare  alcuna  risposta  relativa 
a  tal  convegno.  Altre  Accademie  non  hanno  finora  dato  risposta 
alla  lettera  loro  inviata  per  quello  scopo. 

Dopo  breve  discussione  la  Classe  a  voti  unanimi  delibera 
di  conferire  pieni  poteri  al  Socio  De  Sanctis  per  trattare  in 
Roma,  nelle  prossime  ferie  pasquali,  coi  rappresentanti  della 
Accademie  dei  Lincei  e  della  Crusca,  ed  eventualmente  con 
quelli  di  altre  Accademie  Reali  italiane,  intorno  alla  costi- 
tuzione dell'aggruppamento  delle  Accademie  nazionali  pre- 
scritto dall'art.  4  dello  Statuto  della  Unione  accademica  Inter-  . 
nazionale,  e  intorno  alle  modalità  da  seguire  per  riguardo  allo 
invio  dei  due  Delegati  italiani  alla  prima  riunione  interacca- 
demica  che  avrà  luogo  in  Bruxelles  nel  maggio  prosiìimo.  De- 
libera inoltre  che  sia  anche  rivolta  calda  preghiera  a  S.  E.  il 
Ministro  degli  Affari  Esteri,  affinchè  voglia  concedere  il  suo 
alto  appoggio  alla  costituzione  di  queir  aggruppamento  dei 
Corpi  accademici  italiani,  riconoscendo  ufficialmente  i  due  De- 
legati dell'Italia  quali  effettivi  rappresentanti  di  tutte  le  Acca- 
demie italiane  aventi  carattere  nazionale,  cioè  delle  Accademie 
Reali  contemplate  nell'art.  21  dello  Statuto  del  Regno  e  selle 
Leggi  che  lo  integrano,  o  almeno  di  quelle  Accademie  che 
hanno  partecipato  alle  conferenze  preliminari  di  Parigi,  cioè 
l'Accademia  dei  Lincei  e  quella  delle  Scienze  di  Torino. 

il  Socio  Pizzi  presenta  alla  Classe,  che  ringrazia,  due  pub- 


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476 

blìcazioni  del  prof.  MichelaQgelo  B[u.ia:  l^  Se  le  leggi  econo- 
miche patiscano  eccezione  (Firenze,  1919);  2*  Sulla  Causa  (Fi- 
renze, 1918). 

L'Accademico  Segretario  presenta,  a  nome  del  Socio  Sfohza. 
assente,  la  sua  monografia  Nuovi  documenti  aulteecidio  dei  Fra' 
telli  Bandiera  e  dei  loro  compagni  (Estratto  dalla  *  Rassegna 
storica  del  Risorgimento  ,,  1919).  La  Classe  ringrazia  il  Socio 
Sfobza. 


L'Accademico  Segrtìario 
Ettobb  Stampimi 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


ATTI 


REALE  ACCADEMIA  DELLE  SCIENZE 

DI     TORINO 


PUBBUOATJ 


DtGlI  ACCADEMICI  SEGRETARI  DEUE  DUE  aASSI 


Tou  Lv,  Disp.  Il-,  is-,  13- 1 14-,  i9ia-iaaa 


TOWNO 
Ubrerla  FRATEIjIjI  BOOOA 

Tl«  Varia  llbnto,  B. 
1920 


DiBiimd, Google 


DiBumd, Google 


CLASSE 

scienze:  fisiche,  matematiche  e  naturali 


Adananza  dell' 11  Aprile  1920 


PRESIDENZA   DEL    SOCIO    3ENAT0BE    ENRICO    D  OVIDIO 
DIRETTORE   DELLA    CLA33E 


Sono  presenti  i  Soci  Salvadori,  Seghe,  Peano,  Foà,  Guidi, 
Mattirolo,  Panetti,  Sacco,  Majorana,  Roba,  Herlitska  e 
Parona  Segretario. 

Si  legge  e  si  approva  l'atto  verbale  della  precedente 
adunanza. 

Il  "Presidente  presenta  i  nuovi  Soci  Rosa  e  Herlitska,  dà 
loro  il  benvenuto  a  nome  della  Classe,  rallegrandosi  della  loro 
nomina,  per  la  quale  nuove  forze  si  aggiungono  a  rinvigorire 
l'attività  dell'Accademia.  I  Soci  Rosa  ed  Herlitska  rispondono, 
rinnovando  i  ringraziamenti  per  la  loro  nomina  già  espressi  per 
lettera. 

n  Socio  Foà  presenta  in  omaggio  la  prima  dispensa  del 
Trattato  di  Anatomia  patologica,  da  lui  pubblicato  in  collabora- 
zione di  parecchi  colleghi,  e  ne  parla,  richiamando  l'attenzione 
dei  colleghi  sulla  edizione  e  sulle  figure  che  fanno  onore  alle 
Arti  grafiche  torinesi.  Il  Socio  OuiDi  fa  omaggio  della  sua  Nota 
Sul  calcolo  statico  delle  dighe  a  gravità,  ed  il  Socio  Panetti 
del  suo  scritto  su  7^  Laboratorio  di  aerodinamica  del  B.  Poli- 
tecnico di  Torino.  Come  omaggio  lìell'autore  prof.  M.  Chini,  il 

AUi  dilla   fi.  Aeeadtmia  ~-   Voi.  LV.  33 


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478 

Sodo  PsAiro  oSh-e  con  parole  di  lode  i  dne  volumi  Corto  spe- 
dale di  Matematiche  ad  uso  dei  ehinUci  e  dei  naturalisti  (4*  ediz.). 
Esercizi  di  Calcolo  infinitesimale  (3*  ediz.).  Il  ProBiderte  ringrazia 
a  nome  della  Classe. 

Ricorda  poi  le  deliberazioni  restrittive  del  Consiglio  dì 
Amministrazione,  riguardanti  le  pubblicazioni  accademiche,  im- 
poste dalle  difficili  condizioni  finanziarie  del  momento  (23  no- 
Tembre  1919,  26  febbraio  1920),  e  fa  osservare  che,  pur  troppo, 
si  deve  ora  applicare  il  provvedimento  pel  quale,  allorché  il 
numero  dei  fogli  stampati  (Atti)  giunga  a  30  ed  il  Tesoriere 
ne  avverta  i  Segretari,  si  deve  chindere  l'accettazione  di  nuove 
Note,  consentendosi  al  Socio,  a  partire  da  quel  momento,  solo 
più  la  presentazione  di  una  Nota  propria,  ove  egli  non  abbia 
già  esaurito  il  numero  totale  (tre)  assegnatogli.  Il  Segretario 
aggiunge  che  il  Consiglio  di  Amministrazione  dovrà  provvedere 
al  nuovo  aggravio  nelle  spese  di  stampa  per  l'aumento  del  20  ".'o 
annunciato  in  questi  giorni  dalla  tipografia. 

Su  queste  comunicazioni  si  ha  uno  scambio  dì  idee  fra  i 
Soci  Sacco,  Majorana,  Foà,  Peano  ed  il  Presidente  nell'intento 
di  studiare  i  modi  onde  evitare  i  danni  di  ulteriori  riduzioni 
nelle  pubblicazioni,  scopo  principale  dell'azione  accademica.  Il 
Presidente,  a  nome  del  Consiglio  di  Amministrazione,  prende 
atto  delle  idee  e  proposte  dei  colleghi,  ed  assicura  che  la 
Presidenza  agisce  attivamente  nel  senso  di  rimediare  per 
quanto  è  possibile  alle  attuali  strettezze  finanziarie  che  para- 
lizzano le  nostre  attività. 

Il  Socio  Seobb  presenta  per  la  stampa  negli  Atti,  ma  con 
riserva  subordinatamente  alle  disposizioni  ora  entrate  in  vigore, 
una  Nota  (III)  del  Dott.  A.  Terracini  intomo  ad  Alcune  que- 
stioni sugli  spazi  tangenti  e  osculatori  a  una  variHà, 

Il  Socio  corrispondente  Prof.  G.  Colomnetti  ha  mandato 
alla  Presidenza,  pure  per  la  stampa,  una  sua  Nota  sui  Rapporti 
per  azioni  statiche  e  dinamiche  nei  pali  di  una  conduttura  elettrica. 


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479 

La  Clasee  si  raccoglie  in  seguito  in  seduta  privata  e  in  con- 
formità all'art.  14  dello  Statuto  accademico  procede,  mediante  vo- 
tazione a  schede  segrete,  alla  elezione  del  Direttore  della  Classe. 
Riesce  eletto  il  Socio  Prof.  Corrado  Seobe,  salvo  l'approvazione 
Sovrana. 


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ALBSSANDKO   TEKItAClM 


LETTURE 


Alcnne  questioni  sogli  spazi  tangeatì 
e  oscDlatori  ad  ona  varietà 

Nota    111    di    ALESSANDRO    TERRACINI  {') 


Determinazione  delle  l\  {k  ^  4)  le  cui  sezioni  iper- 
plane  hanno  spazi  osculatori  di  dimensione 
minore  deir  ordinario. 

1.  —  Nella  Introduzione  alla  Nota  I,  e  poi  anche  al  □"  8 
della  medesima  Nota,  già  ho  accennato  a  un  problema  connesso 
cogli  altri  di  cui  mi  sono  occupato  in  questo  lavoro,  cioè  al 
problema  della  determinazione  delle  Fi,  le  cui  sezioni  tperpiane 
hanno  spazi  osculatori  di  dimensione  minore  dell'ordinario.  Pre- 
cisamente, se  P  è  un  punto  geneiico  di  una  V^,  S^  lo  spazio 
in  esso  osculatore,  F».,  la  sezione  della  V^  con  un  ìperpiano 
generico  a  passante  per  P,  Sa-  lo  spazio  osculatore  in  Pa  F'k-i, 
Appartenente  perciò  alla  intersezione  a  Sa,  risulta  da  quel  n«  8 
che,  in  generale,  S^y  esaurirà  l'intersezione  oSa,  ossia   sarà 

tu'  =  i«  —  1,  non  appena  sia  tu  ^ -= 1- 1,  mentre  per 

(k  -  1)  ik 


u)>  '*-"'*  ■  "  +1  sarà,  in  generate,  i 


(')  Per  le  Note  I  e  ti  ofr.  questi  Alti,  voi.  XLIX,  pp.  2U-24T,  adunanza 
del  U  dicembre  1913,  e  voi.  LI,  pp.  695-716,  adunanza  del  5  mano  191S. 

O  Colgo  quest'occasione  per  avvertire  che  neirultima  linea  del  n°  8 
della  Nota  1  invece  di  d  ai  deve  leggere  k  (come  h  scritto,  esattamente, 
nell'enunciato  di  quel  n*);  e  che  nella  eettima  linea  dell'enunciato  ohe 
chiude  la  Nota  II,  anziché  *  retta  direttrice  ,  si  deve  leggere  '  onrTa  di- 
rettrice ,  (come  b  scritto,  esattamente,  al  n°  ^). 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


ALCUNE  QUESTIONI  Smil  SPAZI  TAKGBNTt,   ECC. 

Vi  Bono  tuttavia  delle  F»  eccezionali,  tali  che,  per  le  loi 
iperpiane  generiche,  uj'  ha  un  valore  piiì  piccolo  di  quelli  ora 
indicati:  ci  vogliamo  appunto  occupare  della  ricerca  di  tali  V^ 
eccezionali,  per  A:  ^4.  Il  modo  di  avviare  la  ricerca  è  indicato 
dal  risultato  già  acquisito  (v.  ancora  il  d°  8  della  Nota  I),  che 
quelle  F^  sono,  tutte  e  sole,  quelle  che  soddisfanno  a  un  sistema 
di  (/  = 2 UJ  eq.  di  Laplace  lin.  ind.,  tale  che  la  ma- 
trice jacobiana  delle  toro  forme  associate  {')  sia  identicamente 
nulla,  di  caratteristica  le  —  (u»  —  uj'  —  1). 

Per  k  =  2,  si  riconosce  immediatamente  che  non  esiste  nes- 
suna superficie  di  tal  fatta  ;  per  k  =  3,  il  sistema  delle  coniche 
associate  sarà  costituito  dalle  coppie  di  rette  (del  loro  piano) 
per  un  punto  fisso,  cosicché  il  teorema  del  n"  10  dalla  Nota  I 
ci  assicura  che  le  sole  Vg  del  tipo  richiesto  sono  i  luoghi  gene- 
rici (*)  di  piani  di  Sr  con  r  p=-  fi. 

Per  k^  i,  il  sistema  delle  quadricbe  associate  dovràressere 
ano  di  quelli  elencati  sotto  aj,  »«),  a^),  b)  e  e]  nel  n"  1  della 
Nota  li,  oppure  il  sistema  oo*  delle  coppie  di  piani  per  una 
retta.  In  quest'ultimo  caso  si  trovano,  fondandosi  ancora  sul 
n"  10  della  Nota  I,  le  V*  luoghi  generici  (cfr.  la  nota  (*)) 
di  piani  di  S,  con  r  ^  1 1  ;  e,  nello  stesso  modo,  il  caso  a{) 
conduce  alle  V^  luoghi  generici  di  Sj  immerse  in  S^  con  r  S  8. 
D  caso  b)  rientra  fra  quelli  studiati  al  n**  12  della  Nota  I. 
Restano  quindi  a  trattare  ì  casi  a,),  ag)  e  e). 

2.  —  Gioverà  sgombrare  anzitutto  il  terreno  dal  caso  e), 
in  cui  te  quadi'iche,  associate  al  sistema  di  equazioni  di  Laplace 
nppresentato  dalle  F^,  costituiscono  un  sistema  oo>  contenente 
nn  sistema  oo*  formato  dalle  coppie  di  piani  per  una  retta  r. 
Ora  però,  a  differenza  di  quanto  si  è  fatto  nella  Nota  II,  ci 
converrà  non  escludere  quei  particolari  sistemi  di  quadricbe 
che  soddisfanno  contemporaneamente  anche  alla  definizione  del 
caso  a)  (sistemi  lineari  di  coni  col  medesimo  vertice).  Le  no- 


(»)  V.  Nota  I,  n*  2. 

(*}  Generici  nel  aenso  che  quelle  K]  dou  debbono  rappresentate  altre 
equaciom  dì  Laplace,  se  non  le  w*  che  esprimoDO  che  quelle  V,  sono  luoghi 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


4S2  ALESSANDRO  TSRIUCINI 

tazjoni  SODO  le  medesime  che  abbiamo  definito  nel  0°  5  della 
Nota  II. 

Si  tratta  di  determinare  le  Vi  che  rappresentano  tutte  e 
sole  le  equazioni  di  un  sistema: 

AiAix         +2  j-,!, i"' 4-  jf„  X  =  0 
A,A,x         +  Sj?,^:^"' +  (/„'  =  0 

SM^,^Xa:  +  £p,aì*"   -\-px    =0 

(dove  i  quattro  operatori  differenziali  Ai,  A»,  A3,  Ai  siano 
linearmente  indipendenti),  nell'ultima  delle  quali  posfiìamo  sup- 
porre 1*11  =  «11  =  «M  =^  0.  Col  procedimento  del  n*  10  della 
Nota  I  le  tre  prime  equazioni  conducono  a  dne  nuove  equa- 
zioni di  Laplace  le  cui  quadriche  associate  hanno  per  equazioni: 

I         ai(<P»i  +  T„)  -OiTn  =  0, 

Ora,  se  non  è  identicamente  «»»  =  «g^  =  U4t  =  0  (cioè  nei  sot- 
tocasi e^  e  Ct)  in  cui  non  tutte  le  quadriche  associate  alle  (1) 
passano  per  la  retta  r),  queste  quadriche,  in  quanto  passano 
per  la  retta  r  (a,  =  o,  =  0)^  dovranno  appartenere  al  sistema 
lineare  delle  quadrìcbe  associate  alle  tre  prime  equazioni  (1); 
e  perciò  segue  che  Tik  Tm  T»,  Pn  si  annullano  nei  punti  di 
quella  retta.  II  sistema  differenziale  ^,f  =  .^jF=0  è  dunque 
completo,  e  si  può  effettuare  un  opportuno  cambiamento  di  va- 
riabili in  modo  da  dare  al  sistema  (1)  la  forma  ('): 

xf*^  +'S9''r=^"  +  9«x=^(f 

S«r,3^"'+i:pr:c<"   -\-px    =0 


(1') 


(*)  Indichiamo,  per  aemplicità,  i  coefficienti  delle  (l'i  cogli  atoasi  aim- 
boli  uasti  nelle  (1);  non  occorre  avvertire  che  si  tratterà  geQeralment«  dì 
funzioni  diverse. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


ALCmiS  QUESTIONI  SnOU  SPAZI  TANGENTI,   ECC.  483 

E  non  potrà  neppur  om  essere  identicamente  u,,  =  ugi^«4i=0, 
poiché,  variando  ia  scelta  dei  parametri,  il  sistems  lineare  delle 
quadri  eh  e  associate  alle  equazioni  di  Laplace  rappresentate 
dalla  Ff  resta  proiettivo  a  sé  stesso  (Nota  I,  n"  2);  cosicché 
lo  stesso  ragionamento  di  sopra  prova  che  ffita^=gu*=^9tts^ 
=  9iM^i'»M  ^^Mi^O:  le  superfìcie  t,  ^cost-,  T4  =  co9t.  rap- 
presentano tre  eq.  di  Lap.  lin.  ind.  e  sono  perciò  piani. 

Nei  sùUocasi  cj  c^)  si  ottengono  dunque  le  V4  luoghi  di  piani, 
rappresentanti  quattro  e^tazioni  di  Lap.  lin.  ind. 

3.  —  Nel  sottocaso  et),  in  cui  tutte  le  quadriche  associate 
alle  (1)  del  n°  precedente  passano  per  la  retta  r  (cioè  Us3  = 
=:Wm  =  Wu^O),  la  conclusione  precedente  non  è  più  valida. 
Tuttavia  si  può  dimostrare  che  il  sistema  AiF=AfF^O  é 
ancora  completo,  e  dedurre  che,  se  la  F4  non  è  ancora  un  luogo 
di  piani,  rappresentante  quattro  eq.  di  Lap.  lin.  ind.,  essa  è  co- 
stituita da  oo'  F,,  rappresentanti  quattro  eq.  di  Lap.  lin.  ind. 
Infatti,  operiamo  per  semplicità,  nello  S,  delle  quadriche  asso- 
ciate, un  cambiamento  di  coordinate,  ponendo  i  nuovi  piani 
fondamentali  in  a,  =  0,  a,  ^  0,  Oj  =  0,  a*  =  0,  e  precisamente 
poniamo  le  nuove  coordinate  6'  di  un  punto  [6]  proporzionali 
a  Sfluflr,  Sf'trfl,,  Soar^r,  SatrBf-  Allora  se,  colle  formole  di 
trasformazione,  t»  =  £  9if  %  diviene  identicamente  t'u  = 
=  Sff'ifc^.-i  *M-  (cosicché  la  relazione  <Pi,  ^  —  <Pìi  =  Jjì  —  g» 
diviene  ip'„  =  —  <p',i  =  g'„  —  g\i),  dal  fatto  che  le  quadriche  (2) 
debbono  stare  con  0|*,  a, a,,  Ot'  in  un  sistema  co",  segue: 

,     [|  <p'iis  +  j'us  v'iit-\-g'i3t     —g'iii         —g'iu     jj_ 
Il     —  ?'i«         —  g'tu     v'iu  +  9'na  <p'iM  +  g'tu  11 

D'altra  parte,  operiamo  sulle  tre  prime  (1)  con  Ag,  A^ 
in  modo  da  ricavarne  le  A,,AiA,^x  (f,m=l,2;  n=:3,4),  e 
quindi  anche  \%  AiA^A.^X'^  AnAtA„x-\-^  o„r  (p„„  «"",  espresse 
linearmente  per  x  e  le  sue  derivate  nrìme  a  seconde:  e  nosti- 
tuiamo  poi  queste  espressici 
operando  con  A^,  A,  sull'ull 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


484  ALESSANDRO  TERRACINI 

due  nuove  equazioni  di  Laplace,  che  hanno  per  quadriche  as- 
sociate : 

(4)         wis  (—  «8  Ti,  +  a,  <p„)  +  11,4  (—  a*  Tu  +  «i  94,)  + 

+  «M  {—  a»  Ti,  +  Cij  V»t)  +  w»4  (—  "4  Tu  +  a,  (p„)  + 
+  ^  («1»)  OiOs  +  -^1  {miJ  oio*  +  A,  («„)  a,aj  + 
+  ^  («.4)  a,  a^  +  a,  it  =  0  {1=1,2), 

dove,  come  al  solito,  n  =  £p,e,.  E  poiché  attualmente  tutte 
le  quadriche  associate  alle  (1)  contengono  la  retta  a,  :=  a,  =  0, 
COSI  su  questa  retta  dovrà  essere: 

«iaasTii-H«i4  04Ti,  4-MMasTt, +  «i4a4T»,  =  0        (1=1,2), 

ossia  sarà: 


(5) 


4-  Wjs  g'm  =  0 

"uS'll*  +W|4S''»14  =  0 

«U  9'lU  +  «14  S'iM  =  0 

+  «uyiis     +Wì»S''bi4  +«»*y'«s  =  o 

4-«u?'m     +««S''m4  +««?'fM  =  0. 


Ora  le  u  non  sono  certo  tutte  nulle,  cosicché  in  una  almeno 
delle  coppie  Uu,  Uj^;  uu,  u»  v'è  una  u  diversa  da  zero;  se, 
per  fissare  le  idee,  ui,,  Ujg  sono  entrambe  nulle,  segue  dalle 

due  prime  (5)     ^,"*    ",'"  '  =  0,  Allora,  se  anche  Un,  uk  non 

9  113     9  1»  I 
sono   entrambe  identicamente  nulle,  segue  dalla  terza  e  dalla 

quarta  (5)  '     ,"*      ,"*  '  =  0,  mentre,  se  «,«,  u,i  sono  entrambe 

9  114    9  tu  I 
identicamente  nulle,  lo  stesso  risultato  segue  dalle  due  ultime 
eguaglianze  dello  stesso  gruppo.  In  ogni  caso  sì  ha  dunque: 


,..  ,  9  ns     9  ìli  9  tu     9  ti 

\Pf  ;     ,  ,         =  I     . 

.  (/  111     jT  m  .        ì  9  Hi     9  11 


zed.yGOOg[e 


ALCUNE   QUESTIONI   SDQLI   SPAZI   TANGENTI,   ECC.  485 

he  quali  eguaglianze,  paragonate  colle  (3)  e  tenuto  conto  che 
■P'm  =  —  (p'iin  =  y'ti,  —  (/'il,  {n  =  3,  4),  porgono  (p'i„  =  9'iM  =  0. 
Perciò,  anche  nel  caso  attuale,  cp,j  si  annulla  sulla  retta  ai=a,=0; 
il  BÌstema  A,F=AiF  =  0  è  completo.  Pertanto  nel  caso  cg)  il 
sistema  rappresentato  dalla  F*,  con  un  opportuno  cambiamento 
di  parametri,  è  riducibile  alla  forma: 

«13  a^"'  +  «L*  ^'*'  +  «23  a;""  +  K«  3^"'  +  S  P,  ^'"  +  px  =  0 

(cosicché  si  può  supporre  che  gli  operatori  Ai,  At,  A»,  A,  siano 
rispettivamente -T—,  v~ ,  -r — ,  -r—j;  anzi  le  considerazioni  svolto 
ci  permettono  inoltre  di  affermare  che  sussistono  le  (3)  e  le  (6) 
in  cui  le  ip'  si  pongano  uguali  a  zero  e  al  posto  delle  g'  si 
sostituiscano  le  attuali  g  (giacche  ora  i  due  sistemi  [6]  e  [O'J 
si  possono  supporre  coincidenti).  Ora  fra  le  uguaglianze  com- 
pendiate nella  (3)  vi  sono  te 

I  9nì     P'iu  I  _  [  P'iiì     ffiM  I  

.  9ìK     9w  I        I  9in     9%ti  I 

che  permettono  (^)  di  porre  : 

S'«s  =  vA,         9nt.  =  \k. 

Dalle    (6)    segue    allora    (Xv  —  m")  A*  =  (Xv  —  n»)  fc' =  0: 
el    primo  caso, 


giacché  le  (8)  mo- 
ra le  coppie  di  re- 


>y  Google 


486  ALESSANDRO  TBfiBiCINI 

nelle  tre  prime  fra  le  (7)  Don  compaiono  se  non  derivazioni 
fatte  rispetto  a  T],  T|:  eì  coDchiude  ancora,  come  nei  casi  e,),  e,), 
che  la  Vi  è  una  oo^  di  piani.  Se  invece  non  è  identicamente 
h  =  k^O,  nel  qual  caso  potremo  supporre  non  tutte  identica- 
mente nulle  X,  p,  V,  e  perciò  anche,  in  virtù  della  Xv  —  pi^O, 
non  entrambe  identicamente  nulle  X  e  v  —  per  fissare  le  idee 
supporremo  nel  seguito  non  identicamente  nulla  la  X  —  si  trae 
dalle  (7),  tenuto  conto  delle  (8),  che  fi:c'">— Xa^«' ,  va^'»>  —  (ia^«> 
si  esprimono  come  combinazioni  lineari  di  x,  x"',  ^i^";  le  sn- 
perficie  Tjsscost.,  t^  =  cost.  rappresentano  due  distinte  equa- 
zioni di  Laplace  le  cui  forme  associate  contengono ,  poiché 
Xv  —  ^*  =  0,  uno  stesso  fattore  lineare,  e  sono  perciò  svilup- 
pabili (').  Orbene,  queste  oo*  sviluppabili  si  ripartiscono  in  co* 
sistemi  semplicemente  infiniti,  dando  luogo  a  <»>  F,,  ciascuna 
delle  quali  rappresenta  quattro  eq.  di  Lap.  lin.  ind. 

Infatti,  si  osservi  anzitutto  che  l' equazione  di  Laplace, 
conseguenza  delle  (7),  la  cui  quadrìca  associata  è  la  prima  fra 
le  (2),  è  attualmente: 

(9)  nA*'""+M*a:""— ^A^"'— Xia^"'  +  (...)aJ"+(-)*"'4-{-)^+ 

+  (-  \hg,n  +  vAj,,..  +  tik  [g,,,  -<?,«]  +  (MA)"'-(XAn  ««+         | 
+  (-  Xi?...  +  viffa,  +  fift  [ff.ii  -<»<«]  +  (pA)'"-(Uf>):c<'>=0.         I 

equazione  che  non  può,  nelle  ipotesi  attuali,  esaere  identica- 
mente soddisfatta,  e  che  pertanto  non  pub  differire,  se  non  per 
un  fattore,  dall'ultima  fra  le  (7),  alla  quale  si  può  dunque  sup- 
porre  senz'altro  sostituita.  Si  formi  allora  quella  ulteriore  equa- 
zione di  Laplace,  conseguenza  delle  (7),  che  ha  per  quadrìca  i 
associata  la  prima  delle  (4)  (^  =  1),  cioè  la  , 

(10)  (A  [vj?„,  —  ji<,,a  +  2 p'"  -  X'"]  +  2mA"'  —  XA«)  a^'i  -|- 

+  (A  [v</,i,  —  i^gm  +  2p"'  —  X'*!]  -+-  2nA"'  -  X*^)  *<"'  + 

+  (A  [-  »?.,.+  X<?L--X'"]  -  XA">)a^"'  +  . 

_(_  (i  [—  ^y„,  4-  Xyi„  —  X">]  —  \k>"]  ar""  r^  0.  I 


0)  II  risultato  vale  anche  nel  caso  in  cui  sia  ^^v  =  0,  perchb  allon 
la  «ecoucU  e  la  turca  fra  le  oquaziouL  (7)  mostrano  |{ià  ohe  quelle  super- 
ficie sono  STiluppabìli. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


ALCUNE  QCBSTIONI  SDOLl  SPAZI  TANUENTI,  ECC.  487 

La  proporzionalità  fra  i  coefficienti  di  a^"',  x*"'  in  questa  equa* 
zione  e  nella  (9)  porge  iutanto  (giacché  X^O): 

i  *     ^"'  I  _ 

I  i     i"'  P*'' 

mentre  quella  fra  i  coefficienti  di  x^^,  x>*  permette  ulterior- 
mente di  concludere,  almeno  se  m  ^  0  : 

I  *     *'"  I  _ 
I  A     ft**>  \^' 

Che  se  fosse  poi  identicamente  p  =  0,  e  perciò  anche  v  =  0, 
la  medesima  conclusione  emerge  dal  fatto  che,  mancando  allora 
nella  (9)  i  termini  in  x"*',  a^"\  essi  dovranno  mancare  anche 
nella  (IO),  e  quindi  sarà  (AX)"'  =  (A:X)'"  =  0. 

Il  rapporto  di  A  e  A:  è  dunque  funzione  delle  sole  t,,  t^, 
e  perciò  l'equazione  in  F: 

ammette  soluzioni  —  non  costanti  —  funzioni  delle  sole  t„  t^. 
Se  ero  una  generica  fra  esse,  eseguendo  il  cambiamento  di  variabili 
ff,:=T,,  o,  =  T,,  (Tj:=T3,  (J4 :=  (T  (tj,  T^)  (certo invertìbile  salvo, 
forse,  uno  scambio  fra  i  due  ultimi  parametri),  nel  sistema  (7) 
trasformato  le  prime  tre  equazioni  vengono  a  non  contenere  piìi 
derivazioni  fatte  rispetto  a  cf^,  e  perciò  anche  la  quarta  (come 
risulta  dalla  ispezione  della  (9),  ove  si  ponga  k  =  Q);  vale  a 
dire  le  Vg  o^  ^  cost.  rappresentano  quattro  eq.  di  Lap.  Un.  ind. 
Concludendo,  si  può  affermare  che  nel  caso  e),  le  V«  cercate, 
appartenenti  a  S^  con  f  ^10,  sono  le  V^  luoghi  di  piani,  rap- 
presentanti quattro  eq.  di  Lap.  Un.  ind.,  e  inoltre  altre  V^  appar^ 
tenenti  alla  classe  delle  V«,  luoghi  generici  (*)  di  oo»Vj  rappre- 
sentanti   ciascuna    quattro   eq.  di    Lap.  Un.  ind.    Per  le    V^   del 


(*)  Qenerìcì  nel  senso  che  le  V,  dou  iftp 
non  qnelle  eaprimenti  appunto  che  esse  so 
tanti  quattro  eq.  di  Lap.  lin.  ind. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


488  ALESSANDRO   TERRACINI 

primo  tipo  è  ben  chiaro  che  esse  risolvono  il  nostro  problema 
nel  C&80  e)  ;  per  quelle  del  secondo  tipo  si  può  ancora  affermare 
che  esse  risolvono  tutte  il  problema,  per  quanto  esse  corrispon- 
dano ovviamente  al  caso  ag),  e  perciò,  in  generale,  non  al  caso  e). 
Le  Kj  di  cui  risultano  luogo  queste  F^,  e  pertanto  anche  le 
stesse  V^,  si  sanno  costruire  tutte  (');  esse  si  troveranno  enu- 
merate nell'enunciato  finale  di  questo  lavoro. 

4.  —  Nel  sottocaso  a^),  in  cui  le  quadrìche  associate  alle 
equazioni  di  Laplace  rappresentate  dalla  K^  costituiscono  un  si* 
stema  00*  di  coni  col  medesimo  vertice,  il  sistema  di  equazioni 
di  Laplace  rappresentato  dalla  F4  si  può  supporre  della  forma: 

l     A^AfX-^X  ffur  ^"  +  Jii  ar  =  0 

(11)  I     A3A,x  +  Ìg„,a^'>  +  gnX  =  <i 

I     AiA,x-i-p,A:,AtX-\-'S,  ?ur  ^"  +  Su  *  =  0 
\     At  At  X -\~  p.  A,  A,  X -{•  ^  ga'  x*''  -|-  y^  *  =  0 

dove  i  tre  operatori  Ai,  At,  A3  si  suppongono  (come  in  tutto 
seguito  di  questo'  lavoro)  linearmente  indipendenti. 
Il  calcolo  delle  espressioni  A^  A^  Ai  x  —  A^  A^  Ai  x 
{l,m,n=  1,2,3;  l=4=m=¥'n)  desunte  dalle  prime  tre  equazioni, 
porge  intanto  tre  nuove  equazioni  di  Laplace,  conseguenze 
delle  (11),  le  cui  quadriche  associate  hanno  per  equazione: 

l      a,q)t,  +  Os  Tu  —  Ot  Tu  =  0 

(12)  j      a,  (p„  +  a,  T«,  -  a,  Th  =  0 

(      a,  q)„  +  a,  Tm  —  «i  T»  ==  0  . 

E  poiché  esse  devono  avere  un  punto  doppio  in  Oi  =  ai^ag=0, 
segue  che  <Pii,  9i3,  <Pk>i  Tu,  Tu,  Tu  Bono  combinazioni  lineari 


(•}  Cfr.  U  mia  rfota;  SulU  Vj,  che  rappreetntaHO più  di  - 


eioni  di  Laplace  linearmente  indipendenti.  '  Rend.  del  Circ.  mat.  di  Palenno  , 
t.  XXXllI  (1912),  pp.  176-186. 


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ALCUNE  QUESTIONI  SUOLI   SPAZI    TIVOBNTI,   ECC.  489 

di  a,,  a,,  Qj.  Di  più,  operando  con  At  e  con  ^i  rispettiva- 
mente sulla  quarta  e  sulla  quinta  equazione  (11),  e  ricavando 
AtA^  A,X'^A,  AtAiX-\-^a,^  Viux"*  dalla  prima  equazione,  si 

ottengono  ancora  due  equazioni  di  Laplace,  aventi  per  quadrìcbe 
associate  : 

i    — a,T„+a,(p„  +  .4.(p,)a;-|-p|(— a,T3i+Os'Pa)-fa,Y,i=0, 
ì  — a.T»  +  a»<Pii  +  -^;(Pt)a'  +  Pi(— OsT3i+ai<P3i)  +  a,Tt,=0. 

Anche  per  queste  quadrìcbe  il  punto  ai=:a,^a,^0  è  doppio, 
e  perciò  in  quel  punto  è  anche  Tii  =  Tm  =  I>.  Tutto  questo  prova 
che  il  sistema  AiF=AtF=AjF^=Q  è  completo,  e  che,  assu- 
mendo come  nuovo  parametro  t,  una  soluzione  di  tale  sistema, 
nel  sistema  (11)  trasformato  non  compaiono  piìi  derivate  fatte 
rispetto  a  t^;  cioè'  le  V^  t,  =  cost.  rappresentano  cinque  equa- 
òodì  di  Lap.  Un.  ind.  Ora  una  V^  rappresentante  cinque  equa- 
zioni di  Lap.  lin.  ind.  (v.  la  nota  ('))  o  sta  in  S,,  o  è  una  oo'  di 
piani  sviluppabile  ordinaria,  eventualmente  degenere.  La  V,  in 
questione  aark  dunque  costituita  da  oo'  V^  di  S,,  o  da  oo'  piani 
di  una  sviluppabile  ordinaria  (insieme  coi  casi  degeneri).  Vice- 
versa, le  V4  generiche  (dove  la  parola  generiche  ba  un  significato 
analogo  a  quello  definito  nella  nota  (^))  fra  quelle  di  questi  due 
tipi  rappresentano  cinque  sole  eq.  di  Lap.  lin.  ind.  e  corrispon- 
dono proprìo  al  caso  a,).  Quindi  le  V*  corrispondenti  al  caso  Ot) 
(situate  in  S,  con  rS9)  sono  V,  generiche  fra  quelle  costituite 
da  00' V»  di  S4,  0  da  cd'  sviluppabili  ordinarie  di  piani  (insieme 
eoi  casi  degeneri). 

Non  è  forse  senza  interesse  osservare  che  in  modo  perfet* 
tamente  analogo  si  dimostra  che,  se  una  V^  rappresenta  tutte 
e  sole  le  equazioni  di  un  sistema: 


(in 


J     A^AnX'-^O         (m,  n=l,2,  ...p;  m=t=«) 

i"     A„A„x-\-p„A^A,xr-~'(ì         (m=l,2,  ...p— 1) 


dove  i  p  operatorì  differenziali  A  sono  linearmente  indipendenti, 
essa,  se  p  >■  2,  è  luogo  di  oo*"'  F, ,  ciascuna  delle  quali  rap- 
presenta ^  ^g I  eq.  di  Lap.  lin.  ind.,  cioè  luogo  di  oo*-'  F^ 

appartenenti  ciascuna  a  uno  '%+[,  oppure  dì  x*""  luoghi  di  S^., 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


490  ALESSANDRO  TERRACINI 

sviluppabili  ordinarie  eventualmente  degeneri.  E  di  qui  eegne 
facilmente  il  risultato,  che  estende,  in  un  certo  senso,  il  teorema 
finale  del  n"  10  della  Nota  I: 

Se  una  V»  ammette  in  ogni  punto  generico  un  cono  VJ_i  di 
tangenti  tripunle,  con  p  !>  2,  e  se  essa  non  rappresenta  altre  equa- 
zioni di  Laplace  se  non  quelle  che  esprimono  questa  proprietà,  essa 
una  co*"'  di  V,  appartenenti  ciascuna  a  uno  Sp+,,  oppure  una 
00  *~''  di  luoghi  di  S^^i  soiluppabili  ordinarie,  eventualmente  dege- 
neri (nella  seconda  alternativa  quel  cono  V^  ,  essendo  costituito 
da  uno  <S^i  doppio). 

6.  —  Resta  finalmente  a  studiare  il  sottocaeo  aj),  in  cai 
le  quadrìche  associate  alle  equazioni  di  Laplace  rappresentate 
dalla  Vf  costituiscono  un  sistema  oo'  di  coni  col  medesimo  ver- 
tice. Come  già  si  è  osservato  alla  fine  del  n°  3,  le  Vt  luoghi 
generici  di  oo*  F,  rappresentanti  ciascuna  quattro  eq.  di  Lap. 
lin.  ind.,  forniscono  appunto  delle  V^  di  questo  tipo;  risultei^ 
perb  che  esse  non  sono  le  sole. 

La  trattazione  di  questo  caso  riuscirà  un  po'  minuziosa  in 
quanto,  por  conseguire  una  certa  semplicità  nei  calcoli,  saremo 
condotti  a  distinguerlo  ancora,  a  sua  volta,  in  vari  sottocasi. 
Precisamente,  segando  il  sistema  ao>  dei  coni  quadrici  associati 
con  un  piano  generico,  si  otterrà  un  sistema  co'  di  coniche 
luogo,  avente  come  polare  una  schiera  di  coniche  inviluppo  6, 
che  apparterrà  necessariamente  a  uno  dei  seguenti  tipi,  proiet- 
tivamente distinti: 

L  le  coniche  di  G  ammettono  uno  stesso  trilatero  autopolare; 
n.  sono  tangenti  in  un  punto,  e  ammettono  ulteriormente 
due  tangenti  in  comune; 

in.  sono  oaculatrici  di  un  punto; 
IV.  hanno  in  comune  un  contatto  quadripunto; 
y.  sono  bitangenti; 

YL  costituiscono  un'involuzione  di  coppie  di  punti  su  una 
punteggiata  : 

VII  e  Vili,  sono  costituite  da  un  punto  6s8o,  e  da  un  punto 
variabile  su  una  retta  che  rispettivamente  non  gli  appartiene 
0  gli  appartiene. 

Nei  casi  VII  e  Vili  le  relative  F^  corrispondono,  oltre  che 
al  caso  Qi),  anche  al  caso  e),  e  quindi  sono  da  ritenersi  già  note; 
ci  limiteremo  pertanto  a  trattare  gli  altri  casi. 


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ALCDNB  QUESTIONI  SOSLl  SPAZI   TANQBNTl,   ECC.  491 

6.  —  Nella  ipotesi  I,  il  siatema  rappresentato  dalia  V,  ei 
pab  supporre  ridotto  alla  forma: 

I  A  ^1  a;  +  £  giv  3^''  4-  ?is  «  =  0 
I  AiA,x-^^  ga..  a:'''  +  3,,  a:  =  0 
i.  Pi  A,  A^  X  -\-  p,  At  At  X  -[•  Pt  Ai  A3  X  -{-  Sjfr*'''  +  ?«  =  0, 


(U) 


dove  nessuna  delle  tre  funzioni  pi,  p*,  p,  sìa  identicamente  nulla. 
Dalle  prime  tre  equazioni  segue  intanto,  come  al  n"  4,  che  il 
sistema  AiF^  AtF  =  A3F=(i  è  completo,  e  che  inoltre  per 
a,  =  a,  =  aj:=0  è  Tit  ^  Tia  =  Tn  =  0,  Approfittando  nel  aolito 
modo  di  questa  circostanza  possiamo  intanto  supporre  an=au^ 
^  af^^  g„t^  g,^  =  ffiif^O.  Applichiamo  di  nuovo  in  questa 
ipotesi  lo  stesso  procedimento,  deducendone  p.  es.  l'equazione 
di  Laplace  la  cui  quadrìca  asaociata  è  la  prima  delle  (12);  essa  è: 

1  «i.  9t>  ar*"*  +  £  a»,  giù  a^'"  —  £  a,,  g,^^  x""  -f  £  ol'.'  «p»,  a;'''  + 
+  £  («a.  ?m  ~ a*.  ?l^)  a:'  -\-  A^ig-tx)  —  A^igux)  =  Q. 

In  questa  equazione  non  compare  la  derivata  a^";  pertanto 
è  g^^=0,  oppure  essa  è  combinazione  lineare  delle  sole  prime 
tre  equazioni  (14).  Nella  prima  ipotesi,  in  nessuna  delle  equa- 
zioni (14)  compaiono  derivate  fatte  rispetto  a  t^,  e  perciò  le 
F",  T4  =  cost.  rappresentano  quattro  eq.  di  Lap.  lin.  ind.,  o  la  V, 
è  una  co'  di  Kg  rappresentanti  ciascuna  quattro  eq.  di  Lap.  Un. 
ind.  Occupiamoci  dunque  della  seconda  ipotesi,  in  cui  le  forme 
che  stanno  al  primo  membro  delle  (12)  sono  combinazioni  lineari 
di  oiai,  aiO],  0,0,;  allora  <pa<  ft>,  Tu  risultano  combinazioni 
lineari  delle  sole  a,,  Og,  ecc.  Ciascuno  dei  tre  sistemi  AtF  = 
=  A,F=0;  A.F^A^F^Q;  A  F=  ^if=  0,  nella  funzione 
incognita  F,  è  dunqu"  ■"-■""'"*'-  "  "  "«"«""^  c.«=t;*™™  =  ,  -r  -, 
tre  nuovi  parameti 
questi  tre  sistemi  (e 
mento  di  parametri 
riducibile  alla  forme 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


ALESSANDRO  TBRHACIKI 

«""  +  ?,.,«"'  +J,.i"'  +  J„i  =  0 

(15)      .;        a^'«  +  j,„jJ»  +  ,„»»l  +y„a!  =  0 

(dove  sì  è  tenuto  conto  delle  condizioni  trovate  per  Tn,  ecc.), 
coli 'ipotesi  che  anche  ora  </,  non  sia  identicamente  nullo  (per 
non  ricadere  nel  caso  già  trattato],  e  che  nessuna  delle  p  sia 
identicamente  nulla.  Ci  sì  può  poi  anche  ridurre,  dividendo  le  x 
per  una  stessa  soluzione  del  sistema  (15),  al  caso  in  cui 
?ii  =  yis  =  ?t3^?  =  0;  indicheremo  in  seguito  con  (15')  il  ai- 
stema  (15)  così  trasformato.  Tra  i  coefficienti  che  compaiono 
nelle  (15')  devono  intercedere  parecchie  relazioni  dì  cui  diremo 
al  n°  7;  in  particolare,  il  fatto  che  la  F,  non  può  rappre- 
sentare equazioni  del  primo  ordine  porta  a  stabilire,  tra  i 
coefficienti  delle  prime  tre  equazioni,  delle  relazioni  che  già 
furono  considerate  dal  Darboux  ("*).  Ciascuna  delle  F,  ^^  =  cost. 
rappresenta  dunque  un  sistema  di  tre  equazioni  di  Laplace 
[le  tre  prime  del  sistema  (15)],  la  forma  delle  quali  mette  in 
evidenza,  su  dì  essa,  l'esistenza  di  tre  sistemi  co'  di  superficie 
che  si  tagliano  secondo  linee  coniugate,  nel  senso  che  le  linee 
secondo  le  quali  ogni  superficie  di  un  sistema  è  segata  dalle  super- 
ficie degli  altri  due  sistemi  costituiscono  (su  quella  superficie)  due 
sistemi  coniugati.  Una  tale  Vt,  in  quanto  non  verifichi  delle  ul- 
teriori equazioni  di  Laplace,  sarà  chiamata  brevemente  nel  se- 
guito Fg  di  Darboux;  essa  si  può  anche  definire  come  una  V^ 
rappresentante  tre  sole  eq.  di  Lap.  Un.  ind.,  e  contenente  tre  si- 
stemi ce'  di  superficie,  tali  che  i  piani  tangenti  alle  superficie  di 
un  sistema  7iei  punti  della  linea  intersezione  di  due  superficie  dei 
rimanenti  due  sistemi  costituiscono  una  sviluppabile  ordinaria 
(eventualmente  degenere). 

Le  V,  che  andiamo  ricercando,  rappresentanti  il  sistema  (15) 
con  gt'^0   appaiono   dunque   intanto    come  V^  di  S^  (r ^  10) 


(">)  Lecong  tur  la  théorìe  generale  dra  surfacei'.   Phiìb,  IcSi-lSSe.   Qua- 
trième  PnHie,  n"  1089  e  wgg. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


ALCUNE  QUESTIONI  SUGLI  SPAZI  TINSENTI,   ECC.  493 

luoghi  di  oo'Vj  di  Darboux  che  abbiano  per  la  V,  comportamento 
asintotico,  nel  senso  che  gli  S,  osculatoli  a  una  di  quelle  F^ 
contengatio  lo  jS*  tangente  a  F^,  nel  punto  di  osculazione;  e  pre- 
cisamente come  varietà  generiche  tra  le  F,  ora  descritte,  dove 
alla  parola  generiche  attribuiamo,  come  al  solito,  il  significato 
che  quelle  V,  non  debbono  rappresentare  altre  eq.  di  Lap.,  se 
non  quelle  che  esprimono  la  proprietà  mediante  la  quale  esse 
sono  state  definite.  L'effettiva  esistenza  di  tali  V,  risulta  dagli 
sviluppi  del  seguente  n"  7. 

7.  —  Le  relazioni  fra  i  coefficienti  delle  tre  prime  {15') 
osservate  dal  Darboux,  di  cui  è  cenno  al  n"  precedente,  per- 
mettono intanto  di  scrivere  quel  sistema  sotto  la  forma: 


(16) 


1'"»=  h',»x'«  +  h'}>é'> 


dove  le  funzioni  hi,  À*,  ht  soddisfanno  alle: 

I     A™>  =  Af  hT  4-  Ai?'  Al»  —  Af  A'i'i 

(17)  h'i"  =  hT  Ai"  +  Ai"  A?'  -  M''  Ai" 

'    ftr  =  AV'A!,"  +  A™M"-Ai'>A!,".  . 

Le  tre  prime  equazioni  (16)  permettono,  con  opportune  de- 
rivazioni,  di  ricavare  le  derivate  terze  del  tipo  :e""',  espresse 
linearmente  mediante  le  derivate  prime  e  seconde  della  x;  così: 

(18)  :c""'  =  Af  i""  +  {A7'  Ai"  +  Ai"')  x'"  +  {M"  A',»  +  Ai"i)  a:"'  ; 

e,  successivamente,  dall'ultima,  delle  (16),  derivata  rispetto 
a  "Cu  l'ti  Tg  separatamente,  si  possono  ricavare,  in  quanto  le  p 
sono  diverse  da  zero,  le  derivate  terze  a:'"",  i**"',  x""',  espresse 
ancora  linearmente  per  le  derivate  prime  e  seconde  della  x; 
cosi  p.  es.: 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


494  ALBSSÀNDBO  TBKEUCINI 

(19)  SpI'V-:  +  S/'^"  +  P.^""  + 

"  +  p,  (*','>!'«'+  (A'," M"  +  *;"*)««'  +  (A?' A?'  +  hT)  *"')  + 
■f  P.  (A^''^"'  +  (A?' Ai'>  +  M'")xP'  +  (Af'A?'  4-  AD  ^'0  -t- 
+  9,  ^"  +  ?.  (A?'  a;''  +  Ai" a:">  +  ff, (Afi^a^"  -j-  A','' ^*')  + 

La  (18)  poi,  derivata  rispetto  a  ti,  permetterà,  tenuto 
conto  di  quanto  precede,  di  ricavare  a^"'**,  espressa  ancora 
linearmente  per  le  derivate  prime  e  seconde  di  x.  Allora,  se 
si  deriva  la  (19)  rispetto  a  t,,  e  si  sostituiscono  le  derivate 
terze  e  quarte  di  x,  che  cosi  prendono  origine,  mediante  te  espres- 
sioni di  cui  si  è  detto,  si  trova  una  equazione  di  Laplace,  con- 
seguenza delle  (16),  dì  cui  scriviamo  per  ora  i  soli  termini  con- 
tenenti «"*'  e  !<"*: 

(20)  [y,'>_^'j,]:^">+[j/"_-^'5,]a:.«.+  ...  =  0. 

Ora,  poiché  termini  in  x*"',  x*"'  non  compaiono  nelle  (16),  essi 
dovranno  mancare  altresì  nella  (20);  percib,  con  opportune  per- 
mutazioni di  iodici  sulle  relazioni  che  ne  seguono,  si  deduce 
intanto: 

(log  p,)'"  =  (log  p»)'"  =  (log  s<)'" ,  ecc. 

e  perciò  Pi,  Pi,  pi  sono  proporzionali  a  tre  funzioni  rispettiva- 
mente delle  sole  t,,  t^;  t,,  t,;  t,,  i^.  Quindi,  moltiplicando  l'ul- 
tima fra  le  (16)  per  un  opportuno  fattore,  si  pub  supporre 
senz'altro  : 

(21)  P(  =  P,(T(,tJ  (Ì=l,2,3). 

(22)  </^=y.(Tj. 

Ciò  posto,  se  si  scrive  in  questa  ipotesi  per  disteso  la  (20),  ai 
trova  che  in  essa  manca  il  termine  ìa  o^***,  e  perciò,  se  si  tien 
conto  delle  tre  prime  (16),  essa  si  deve  ridurre  a  un'identità. 
Scrìvendo  che  in  essa  sono  nulli  i  coefficienti  di  x"''  e  af*'^  si 
hanno  le  relazioni: 

?'i''  +  2p,Ai'"  =  0, 

j^,">+2p,Ar  =  0, 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


AWUNK  QUESTIONI  SUGLI  BPAZI  TANQBNTI,   ECC.  495 

che,  insiemB  colle  loro  analoghe,  permettono  di  porre: 

</<  +  2p<A?  =  2p.n'MTMT,)  (i=l,2,3). 

Perciò,  introducendo  delle  nuove  k,  che  cbiamiamo  pel  mo- 
mento V,  e  in  seguito  indichiamo  ancora  con  h,  definite  in  fun- 
zione delle  primitive  mediante  le 

(23)  hi'  =  ht  —  ft(ji,T,)  ((=1,2,3), 

[cosicché  hf\  hf,  ecc.  restano  invariate,  e  inoltre  le  nuove  h 
verificano  ancora  le  (17)],  si  avrà: 

(24)  9i-i-2PihT=Q  (i  =  l,2,3). 

Finalmente,  nella  (20)  il  termine  in  x'^  manca;  scrivendo 
che  quelli  in  x"'  e  a^'  hanno  coefficienti  nulli,  e  permutando 
poi  convenientemente  gli  indici,  si  ha  un  sistema  di  sei  ulte- 
riori relazioni: 

(25)  pV  (Ai'>  fti"  +  Ai'"  -  2Af  A«')  +  p?»  (Af  Af  -  h<ì")  + 

+  Pi  (2A;"  M'"  -  2Ai"  AV"  +  Ai""  -  2 Ai"  M"0  + 
4-  Pi  (2Ai"  Ai">  —  AV"'  +  2Ai"  Ai"*  —  2k?  Ai"')  + 
+  P»  (Ai"  hr  -  A?*  A^'"  +  Ai"  Af>  -  Ai"  Ai»"  + 
+  Ai'>  Ai?'  Ai"  +  Af  ki>  Ai"  +  Ap  Ai"  Ai"  - 
—  Ai"  A,"  M"  —  2  Al?'  Ai'")  +  g^  Ai'"  =  0,  ecc. 

Viceversa,  quando  i  coefficienti  che  compaiono  nel  sistema  (16) 
soddisfanno  alle  varie  relazioni  trovate  [cioè  le  (17),  (21),  (22), 
(24),  (25)],  il  sistema  (16)  ammette  (")  cu  integrale  x  tale  che 
per  T,  =  T,,  Ti  =  Ti,  Ts  =  T,,  X,  a:'",  a?*'',  xf",  ^"\  af"'  ai  riducano 
rispettivamente  a  sei  funzioni,  arbitrariamente  date,  della  sola  t,  . 
Ne  segue  poi  subito  che,  quando  queste  funzioni  siano  assegnate 
io  modo  generico  corrispondentemente  a  ciascuna  di  quelle  so- 
luzioni di  (16)  che  si  assume  come  coordinata  di  una  F*  dì  8^ 


(")  Cfr.  p.  GB.  C.  RiQmBR,  Les  systèmts  d'équalioni  aux  dérioéea  partitile». 
Paris,  1910,  ».  il  n"  170. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


496  ALESSANDRO  TEKBACINI 

(con  rS  10)  integrale  del  sistema  stesso,  questa  V^  non  rap- 
presenta altre  equaziooi  dì  Laplace,  se  non  le  combinazioni 
lineari  delle  (16)  stesse. 

Alle  condizioni  iniziali  si  potrà  dare  talora  una  forma  piìi 
simmetrica.  Precisamente,  se  si  indica  con  R  {x)  il  primo  membro 
dell'ultima  equazione  (16),  ogniqualvolta  sussistano  le  due  se- 
guenti proprietà: 

1)  l'equaziono  R{t)  =  0  possiede  una  e  una  sola  solu- 
zione, che  ammette  derivate  quarte  rispetto  a  t,,  t^,  t,,  la 
quale  per  14  =  14  si  riduce  a  una  data  funzione  di  x,,  t,,  t,; 

2)  Il  sistema  nelle  tre  funzioni  incognite  Uj,,  Uu,  u,i: 

-B  (««)  +  pi'*  wS  +  Pi,"  u'S-t-\„u„  +  2  Pi  (Ar*  -  A',"')  «.,  + 

4-2p,(Ar-An«„=o 

,26)  ;   R  («,.)  +  pi"  tti'^  +  Pl^'  «S?  4  X„  M,.  +  2  p,  (Ai"'  —  M"')  «,.  + 
'  +2p,(A^'"  — Ai"Vn  =  t> 

R  M  +  p*,"  «iV  +  P'.^'  "i','  +  k»  ««  +  2  p.  (A?"  -  Ai«')  «„  + 
+  2p3(Ai"'-A'n»„  =  0 

dove  si  è  posto: 

\„  =  2  p,  (Ai"'  -  Af)  +  2  p.  (A,»'  -  AH  —  2  p?'  A?"  -  2  pl='  A',"  -|- 
+  PÌ"A/'  +  (^"ft?>,  ecc. 

non  ammette  altri  sistemi  di  soluzioni  nulle  per  ^^  =  ^^,  se  non 

quelle  identicamente  nulle: 

allora  il  sistema  (16)  ammUte  us  integrale  x  tale  che 

«(TiiT,,  Ta,  T4),  X(ii,  T,,Ts,  T4),  a!(T,,T,,  Ts,  T4) 

si  riducano  a  tre  funzioni  arbitrarie  rispettivamente  delle  sole  ii, 
T„  tj,  siano  6m(Ti),  8is(Tj),  812(^1),   colla  restrizione  e„(T,)  = 

=  e»  et)  =  e.!  Cui 

Invero,  aia  <p  (t,,  tj,  Tg)  quella  soluzione  del  sistema  formato 
dalle  tre  prime  equazioni  (16),  per  14  =  14,  che  corrisponde  ('*) 


{")  Cfr.  DiRBoui,  0 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


ALCONR  QDSSTIONI  SOGLI  SPAZI  TANOBNTl,   ECC.  497 

alle    condizioni    iniziai]   ora  indicate,  e  sia  x  la  soluzione  dì 
i?(x)^0  elle  per  t^^tj  si  riduce  a  <P  (t,,  t^,  Tj),  Posto: 


H 

,  =  »"- 

-M'i" 

-».' 

'*", 

S,: 

,  =  !>•'•  - 

-J1»J!™ 

-« 

'i»i. 

',: 

,  =  »l"l- 

-  M"  i"' 

-*!' 

'«», 

il  calcolo  di  B  Kt).  ecc.,  tenuto  conto  della  B{x)  =^0  e  delle 
varie  relazioni  che  intercedono  fra  i  coefficienti  delle  (16),  porta 
precisamente  a  scrivere  che  sono  soddisfatte  le  (26)  dove  alle  u 
ai  sostituiscano  le  s;  e  poiché  per  t^^t^  le  s  si  annullano 
(giacche  allora  x  =  ip),  segue  dalle  ipotesi  fatte  che  le  s  si 
annulleranno  ovunque,  e  perciò  la  x  soddisfa,  per  ogni  valore 
dì  T^,  anche  alle  tre  prime  equazioni  (16)  (**). 

8-  —  Per  il  sistema  definito  dalle  tre  prime  equazioni  (16) 
il  Darboux  (")  ha  mostrato  l'esistenza  di  trasformazioni  di  La- 
place che  dàn  luogo  a  nuovi  sistemi  di  tre  equazioni  costituite 
in  modo  analogo.  Orbene,  tali  trasformazioni  di  Laplace  mutano 
anche  la  quarta  equazione  (16)  in  una  equazione  del  medesimo 
tipo,  e  perciò  tutto  il  sistema  (16)  in  un  sistema  del  mede- 
simo tipo. 

Poniamo  infatti,  col  Darbgux,  p.  es. 

(27)  y  =  *"  — A'.'^, 

dove  X  e  una  soluzione  del  sistema  (16);  il  calcolo  di  y*",  y'*", 
y'^'t  y"'  porge  intanto  che  Ìl  punto  y  descrive  una  Vj  (e  non 
una  varietà  di  dimensione  minore)  fintantoché 

(28)  [Ai'i  —  M"]  [hf>  -  Al"  hf]  =4=  0.' 

Si  calcolino  poi  le  derivate  seconde  di  y.  Per  semplificare 
i  calcoli,  si  può  supporre  di   avere   effettuato   un   cambiamento 


(")  Non  occorre  naturalmeote  richiamare  l'attanEione  eul  fatto  che  la 
presenta  dell'equazioiie  parabolica  A(x)^0  nel  iietemit  (161  fa  li  ohe  gli 
integrali  del  sistema  dipendoDO  da  un  numero  diverso  di  funzioni  arbitrarie 
di  una  variabile,  secondo  che  questa  è  p.  es.  t,  oppure  T|  . 

(")  Op.  cit.,  V.  il  n"  1042. 


>y  Google 


408  ALESSANDRO  TERIUCINI 

di  variabili,  in  modo  che  Pi,  p,,  pg  siano  costanti,  ciò  che  è 
certamente  possibile  in  rirtù  delle  (21).  In  base  ai  valori  delle 
derivate  seconde  cosi  ottenuti,  risulta  che  il  punto  pi  y*'"  -{- 
+  Pi  y*'"  +  Pi  y*"'  +  9*  y'*'  è  una  combinazione  lineare  dei  punti 
X,  aj*",  x"',  af"\  ossia,  come  scriveremo  piìi  brevemente: 

P.  f"  +  Pi  y""  +  P3  y"^  +  9.  y"'  =  {x,  é'',  a^\  :r^') , 

e  perciò  anche,  esprimendo  linearmente,  ciò  che  è  possibile  nella 
ipotesi  (28),  X,  od'-,  a^,  ai""'  per  y,  y"',  y"',  y™,  risulta: 

P,  y*"'  +  P.  y'"'  +  P,  y^'  +  jf*  y"'  =  (y,  f'\  y"'.  y"")- 

La  carjetà  descritta  da  y  rappresenta  dunque,  in  qvanto  non 
degeneri,  ancora  un  sistema  del  tipo  (16),  cioè  contiene  oo^  Vg  di 
Darbottx  che  hanno  per  essa  comportamento  asintotico.  IH  piò,  in 
genera/e,  essa  è  affatto  analoga  alla  V^  di  partenza,  anche  in 
quanto  non  rappresenta  ulteriori  equazioni  di  Laplace. 

L'ultima  parte  dell'enunciato,  la  quale  in  sostanza  afferma 
che  i  punti 

(29)         y,  y"',  y'",  y"',  y*",  y"",  y""',  y"*',  y<"',  f*\  y'"' 

sono  in  generale  linearmente  indipendenti,  si  giustifica  esami- 
nando le  espressioni  esplicite  di  tali  punti  come  combinazioni 
lineari  di 

X,  a;"!,  *"',  af'i,  a^",  a:<"',  3^"',  «•'*',  x'"\  a:'*",  3f'"\  «<"*', 

i  quali  punti  intanto  sono  tra  loro,  in  generale,  linearmente 
indipendenti  [cfr.  nel  n°  7  il  primo  sistema  di  condizioni  ini- 
ziali atto  a  individuare  una  soluzione  di  (16)].  Da  questo  esame 
risulta  invero  che  in  quelle  combinazioni  lineari,  ir""'  e  a^*"*  com- 
paiono rispettivamente  (con  coefficienti  non  nulli)  nelle  sole 
espressioni  di  y'  e  y'"';  x"".  con  coefficiente  hf  —  A!?',  nella 
espressione  della  sola  y'"';  a:"',  con  coefficiente  — [AS"'  —  A?' A-?'], 
nella  espressione  della  sola  y"".  Poi,  fra  i  residui  pnnti  (29), 
y""  è  il  solo  nella  cui  espressione  entri  3^"  (con  coefficiente 
M"  —  Aj"),  e  y"',  y'  sono  i  soli  nelle  cui   espressioni  entrano 


zed.yGOOgle 


ALCUNE  QUESTIONI  SDOLI  SPAZI  TANGENTI,  ECC.  499 

a^*'  e  *'"',  con  coefficienti  il  cui  determinante  è  A™'  —  A?'A?'4=0 
nella  ipotesi  (28).  Inoltre,  iq  questa  stessa  ipotesi,  anche  tutti 
gli  altri  coefficienti  di  cui  or  ora  si  è  detto  sono  =1=  0.  Non  re- 
stano più  allora,  fra  i  punti  (29),  se  non  y,  y"',  y"',  /",  che 
già  sappiamo  easere,  per  la  (28),  linearmente  indipendenti. 
Quindi  i  punti  (29)  in  generale  risultano,  come  si  è  affermato, 
linearmente  indipendenti. 

Concludiamo  dunque: 

Le  V^  in  questione  ammettono  m  generale  sei  trasformate  di 
Laplace,  affatto  analoghe  ad  esse,  ciascuna  delle  quali  ha  con  la  Vi 
originaria  od>  tangenti  in  comune  (*'). 

Le  trasformatti  di  Laplace  della  V^  possono  poi  degene- 
rare in  varietà  di  minor  dimensione  incontrate,  senza  contatto, 
da  co^  tangenti  della  F4.  Senza  indagare  i  vari  casi  dì  degene- 
razione che  si  possono  presentare,  osserveremo  solo  che  per 
Aì  =  Aì(t(,tJ,  (i=!l,2,3)  ("),  quelle  trasformate  si  riducono 
a  tre  sole,  e  precisamente  a  tre  superficie  Oi,  t>s,  4>3,  descrìtte 
rispettivamente  dai  punti  y  =  a:*",  y  =  a:"',  y  =  «"'.  Ciascuna  di 
queste  superficie  (che  risulta  luogo  dei  vertici  di  oo*  coni-a  tre 
dimensioni -circoscritti  alla  V^)  viene  ad  essere  descritta  da  un 
punto  funzione  rispettivamente  delle  sole  t^,  T4;  Xt,  t^;  t,,  t^;  e 
rappresenta  un'equazione  di  Laplace  di  tipo  paraholico  [p.  es., 
per  la  <t>,, 

P.  y""  +  tp;"  +  ir.]  y"'  +  g<  y"'  +  ?S"  y  ==  0 , 

equazione  a  cui  si  riduce  ora  la  (19)  del  n"  7] ,  la  quale  esprime 
che  su  di  essa  le  tangenti  alle  linee  t,  (t=  1,  2,  3)  sono  b  con- 
tatto tripunto. 

9.  —  Nei  casi  V  e  VI  il  sistema  rappresentato  dalla  V^ 
si  può  immaginare  ancora  ridotto  alla  forma  (14),  dove  sì  faccia 
rispettivamente: 


(")  I  punti  dì  contatto  di  quelle  tangenti  deecrìvono  per  intero  le 
due  V,. 

(")  In  tal  OB80  le  varie  relazioni  che,  secondo  il  n"  7,  devono  inter- 
cedere fra  i  coefBcicuti  delle  (16),  risultano  senz'altro  soddisfatte,  purché 
«i  de&niscano  le  P  e  le  tr  colle  (21),  (22),  (24). 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


500  ALESSANDRO  TBKRACINI   —   ALCUNE  (JOBSTIONI,   ECC. 

(30)  Pi  4=0,  P,4=0,  pg  =  0, 

e 

(31)  Pi=l=0,        p,  =  0,         Ps  =  0.' 

Si  potrà  allora  ragionare  come  nel  a°  6  fino  a  dedurne 
che  0  è  ^4  =  0,  oppure  il  sistema  rappresentato  dalla  F^  è  riduci- 
bile alla  forma  (15),  dove  si  facciano  ora  rispettivamente  le  ipo- 
tesi (30)  e  (31).  Ma  questa  seconda  alternativa  conduce  ancora 
alla  conclusione  ^^  =  0;  bastando,  per  ciò,  derivare  l'ultima  (15) 
rispetto  a  Tg,  con  clie  si  ottiene,  tenuto  conto  delle  altre  (15) 
opportunamente  derivate,  una  nuova  equazione  di  Laplace,  in 
cui  compare  a:""  col  coefficiente  g^;  e  poiché  x'^'  non  compare 
nelle  (15),  ecc. 

Quindi  nei  casi  V  e  Yì  la  V^  è  luogo  di  oo' V,,  ciascuna 
delle  quali  rappresenta  quattro  eq.  di  Lap.  Un.  ind. 

Per  esaurire  la  ricerca  non  restano  pììi  dunque  a  esaminare 
se  non  le  ipotesi  II,  III,  IV  del  sottocaso  «g).  Questo  esame 
sarà  fatto  in  una  ulteriore  Nota,  che  conterrà  altresì  un  enun- 
ciato riassuntivo  dei  risultati  conseguiti. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


GUSTAVO  COLONNETTI   —  RAPPORTI   PRA   AZIONI,   ICC. 


Rapporti  fra  azioni  staticIiB  e  dinamiclie 
Dei  paii  di  noa  eosduttura  elettrica 

Nota  del  Socio  corrispondente  GUSTAVO  COLONNETTI 


Il  problema  accennato  nel  titolo  di  questa  Nota  è  di  quelli 
a  cui  più  difficilmente  l'analisi  matematica,  non  confortata  da 
ricerche  sperimentali,  può  portare  an  contributo  decisivo. 

I  fenomeni  dinamici  che  si  verificano  in  una  serie  di  pali 
elasticamente  flessibili,  tra  i  quali  sia  teso  un  filo  pesante,  od 
QD  aìatema  di  tìli  pesanti,  in  occasione  di  un  improvviso  muta- 
mento delle  condizioni  di  carico,  ovvero  delio  strappamento  di 
una  tesata,  sono  invero  enormemente  complessi  anche  quando 
le  condizioni  statiche  iniziali  e  finali  si  possono  definire  in  modo 
relativamente  sempfice. 

Per  fermarci  al  caso  tipico  dello  strappamento  di  una  te- 
sata, è  ben  noto  che  —  supposto  che  la  sollecitazione  che  esso 
determina  agisca  sui  pali  attigui  istantaneamente  in  tutta  la  sua 
intensità,  sia  pure  senza  urto  —  elementarÌBSìme  considerazioni 
teoriche  conducono  a  ritenere  l'azione  dinamica  pressoché  doppia 
dell'azione  statica  (I). 

Orbene  alcune  esperienze  eseguite  sopra  modelli  apposita- 
mente preparati  mi  hanno  convinto  che  questa  ed  altre  afiFer- 
mazioni  su  cui  io  stesso  mi  ero  appoggiato  in  occasione  di 
precedenti  ricerche  (1),  possono  perdere  ogni  valore  in  dipen- 
denza di  certe  circostanze  di  fatto  cui  a  prima  vista  si  sarebbe 
portati  ad  attribuire  un'importanza  affatto  secondaria. 

Sarebbe  pertanto  desiderabile  che  sistematiche  esperienze 
venissero  istituite  —  possibilmente  su  vere  condutture  —  nell'io- 


(1)  Cfr,  questi  medesimi  Atti,  toI.  LII,  pug.  574. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


502  GUSTAVO  COLONNBTTI 

tento  di  accertare  l'andamento  reale  delle  cose  nei  casi  che  pììi 
direttamente  interessano  la  pratica. 

Intanto  —  non  foss' altro  che  per  dare  nn*idea  dell'inte- 
resse che  siffatte  esperienze  potrebbero  presentare  —  mi  per- 
metto di  riferire  qui  molto  concisamente  ciò  che  ho  potuto 
osservare  in  un  caso  concreto,  in  cut  i  fenomeni  in  discorso  si 
sono  presentati  singolarmente  netti  e  facilmente  interpretabili. 

L'esperienza  era  stata  disposta  per  modo  che  si  poteva  in 
un  dato  momento  recidere  una  tesata  con  un  taglio  così  netto 
ed  istantaneo  da  evitare  assolutamente  qualsiasi  sensibile  va- 
riazione preliminare  della  tensione;  e  ciò  tanto  nel  senso  di  ud 
momentaneo  aumento,  quale  potrebbe  derivare,  in  mancanza  di 
apposite  cautele,  dal  primo  contatto  dell'utensile  col  filo,  quanto 
net  senso  di  una  incipiente  diminuzione  quale  si  verificherebbe 
se  la  rottura  fosse  preceduta  da  un  apprezzabile  allungamento 
della  tesata. 

Sono  dunque  da  considerarsi  qui  come  escluse  tanto  quelle 
possibilità  di  attenuazione  dei  fenomeni  dinamici  a  cui  si  riferiva 
il  prof.  C.  Guidi  nella  sua  Nota  intitolata  SoUecitazione prodotta 
nei  pali,  di  una  conduttura  elettrica  per  strappamento  completo  di 
una  tesata  (1),  come  quelle  eventualità  di  accentuameli to  dei 
fenomeni  stesai  che  io  ebbi  occasione  di  segnalare  nella  mia  già 
citata  Nota  Sul  comportamento  dei  pali  di  una  conduttura  elfttrieà 
per  strappamento  completo  di  una  tesata  (2). 

E  tuttavia  il  coefficiente  dinamico  presentò  valori  diverais* 
simi  da  due.  I  diagrammi  che  riproduco,  scelti  fra  i  tanti  che 
ho  potuto  registrare  nel  corso  delle  mie  esperienze  mediante 
apparati  scriventi  del  noto  tipo  Rabut,  si  riferiscono  l'uno  al 
palo  immediatamente  adiacente  alla  tesata  recisa,  l'altro  al  palo 
successivo;  nel  primo  il  coefficiente  dinamico  raggiunge  ap- 
pena  1,25;  nell'altro  supera  4. 

Ecco  in  poche  parole  quel  che  succede. 

Nell'atto  ih  cui  la  tesata  viene  recisa  —  e,'  conseguente- 
mente, la  sua  tensione  si  annulla  —  il  palo  immediatamente 
adiacente  viene  a  trovarsi  soggetto  alla  intiera  tensione  della 
tesata  successiva.  Ma  sarebbe  un  errore  credere  che  tale  ten- 


di Cfr.  questi  medeBimi  Atti,  voi.  Lll,  pmt-  226. 
(2)  Cfr.  questi  medeaimi  Atti,  voi.  Lll,  paff.  574. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


RAPPORTI   FRA   AZIONI  STATICHE   E   DINAMICHE,  ECC.  503 

BÌone  agisca  su  di  esso,  da  quell'istante  in  poi,  sempre  colla 
sua  intensità  statica.  Sotto  la  sua  azione  il  palo  prende  infatti 
immediatamente  ad  inflettersi;  orbene,  se  la  velocità  con  cui  esso 
ai  deforma  è  abbastanza  grande,  la  tensione  della  tesata,  per 
l'improvviso  cedimento  del  suo  punto  di  attacco,  decresce  su- 
bito di  molt^i  e  può  anche  temporaneamente  annullarsi. 

Ecco  perchè  il  palo,  prontamente  scaricato  dalla  forza  de- 
formatrice che  ha  agito  su  di  esso  in  tutta  la  sua  intensità  sol- 
tanto per  un  piccolissimo  intervallo  di  tempo,  non  raggiunge  più 
una  freccia  doppia  di  quella  che,  sotto  l'azione  della  stessa  forza, 
dovrà  presentare  in  condizioni  d'equilìbrio,  ma  si  limita  ad  una 
escursione  di  ampiezza  assai  minore;  poi  senz'altro  retrocede, 
richiamato  dalle  tensioni  elastiche  in  esso  generate  colla  defor- 
mazione. 

Né  l'improvvisa  riduzione  di  tensione  nella  tesata  intatta 
manca  di  far  sentire  la  sua  ripercussione  sul  secondo  palo;  esso 
pure  infatti  viene  a  trovarsi  sollecitato  pressoché  dalla  sola  ten- 
sione della  tesata  susseguente,  e  si  mette  in  moto  inflettendosi 
verso  quest'ultima.  Ma  qui  l'azione,  pur  essendo  ancora  soltanto 
momentanea,  è  perb  per  intensità  molto  piii  grande  della  risul- 
tante delle  tensioni  che  sul  palo  stesso  agiranno  ad  equilibrio  ri- 
stabilito; si  spiega  cos'i  come  la  freccia  dinamica  del  secondo  palo 
possa  superare  la  corrispondente  freccia  statica  anche  di  molto. 

Naturalmente  nel  frattempo  la  tesata,  sotto  l'azione  della 
gravità,  si  sarà  mossa  alla  sua  volta  rimettendosi  ben  presto 
in  tensione;  e  il  suo  intervento  verrà  necessariamente  a  per* 
turbare  gli  iniziali  moti  osciltatorii  dei  pali. 

Particolarmente  caratteristico  sotto  questo  punto  di  vista 
è  il  primo  diagramma,  dove  un  brusco  regresso  ìndica  netta- 
mente l'istante  in  cui  ciò  è  avvenuto;  da  quell'istante  in  poi  la 
massa  della  tesata  domina  palesemente  il  fenomeno  determinando 
una  serie  di  oscillazioni  di  periodo  assai  maggiore  dì  quello  proprio 
del  palo,  nel  cui  andamento,  abbastanza  regolarmente  smorzato, 
le  ripercussioni  di  ciò  che  avviene  in  tutto  il  resto  della  lìnea 
sì  avvertono  appena. 

La  legge  del  moto  è  invece  assai  piti  complessa  nel  caso 
del  secondo  palo  e  dei  successivi,  su  cui  due  diverse  tesate  ^i- 
econo  direttamente  e,  in  generale,  non  sincronicamente. 

?{*A,  marzo  ISIÌO. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


QDSTAVO  COLONNBTTl 


Rilo  immediatamenle  aiiiaeeiile  atla  leiata  r 


i  tempi,  le  ordinate  gli  scostamenti  del   vertice 
Itt  paio  dalln  verticale. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


RAPPORTI   FHA  AZIONI  STATICHE   E   DINAMICHE,   ECC.  505 


Palo  situato  tra  due  lesale  rimaste  ìntattr. 


Le  ascisae  rappieiientano  i  tempi,  le  ordinate  gli  scoatamenti  del   vertice 
del  palo  dalla  verticale. 


L'Accademico  Segretario 
Cablo  Fabrizio  Paroma 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


CLASSE 

SCIENZE    MORALI.  STORICHE    E    FILOLOGICHE 


Adunanza  del  18  Aprile  1930 

PRESIDBHZA    DEL    SOCIO    SENATORE    FRANCESCO   BUFFINI 
VICEPRESIDENTE    DELL'aCCADEUIA 


Sono  presenti  i  Soci  3.  E.  Boselli,  Direttore  della  Classe, 
Pizzi,  De  Sanctis,  Brondi,  Eihacdi,  Baudi  di  Veshe,  Patetta, 
Prato,  Pacchioni,  Faoqi,  Luzio,  e  Staicpihi  Segretario  della 
Classe. 

È  scusata  l'assenza  dei  Soci  Cian  e  Yalvaogi. 

Si  legge  e  si  approva  l'atto  verbale  dell'adunanza  prece- 
cedente  del  28  marzo  u.  s. 

Il  Socio  Brondi,  a  nome  dell'autore,  presenta  due  pubbli- 
cazioni del  prof.  avv.  Michele  Delle  Donne,  esponendo  ì  motivi 
che  le  rendono  degne  di  attenzione,  cioè  Saggio  critico  sul  diritto 
pubblico  italiano  in  rapporto  alle  attuali  tendenze  economiche 
(Torino,  1917);  /  consorzi  amministrativi.  Parte  generale  (To- 
rino, 1919).  La  Classe  ringrazia. 

Il  Socio  Einaudi  presenta  un  suo  volume,  che  è  il  n«  1  di 
una  '  Biblioteca  di  scienze  economiche  ,  ed  ha  per  tìtolo  //  pro- 
blema della  finanza  post-bellica.  Lezioni  tenute  all'Università  com- 
merciale Bocconi  (Milano,  1919).  La  Classe  porge  vive  grazie  al 
Socio  Einaudi. 

Il  Socio  B>uDi  di  Veshe  espone  il  contenuto  di  un  opuscolo 
del  prof.  A.  De  Oeuleneeb,  destinato  in  omaggio  alla  Classe,  e 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


I  507 

intitolato  La  charité  romaine  dans  la  littérature  et  dans  l'art. 
La  Classe  ringrazia. 

Il  Socio  Prato  fa  omaggio  alla  Classe  di  una  sua  recente 
pubblicazione  Fatti  e  dottrine  economiche  alla  tiiffilia  del  1848. 
L'Associazione  agraria  subalpina  e  Camillo  Cavour  (Torino,  1920), 
volume  estratto  dalla  '  Biblioteca  di  stona  italiana  recente  , 
della  R.  Deputazione  sovra  gli  studi  di  storia  patria  per  le 
antiche  provincie  e  la  Lombardia  (voi.  IX).  La  Classe  s'inte- 
ressa vivamente  al  breve  riassunto  che  il  Socio  Prato  fa  del 
suo  poderoso  lavoro,  ed  il  Vicepresidente  Ruffim  presenta,  a 
nome  di  essa,  i  più  calorosi  rallegramenti  all'autore  che  in 
modo  così  egregio  prosegue  le  tradizioni  della  nostra  Accademia, 
la  quale  ha  sempre  considerato  quale  uno  de'  suoi  principali 
doveri  il  mettere  nella  debita  luce  i  fatti  riguardanti  la  vita 
del  nostro  Piemonte  studiata  sotto  tutti  gli  aspetti  che  possano 
essere  oggetto  di  trattazione  scientifica. 

Il  Socio  Luzio  presenta,  quale  omaggio  dell'autore  Pietro 
Torelli,  direttore  dell'Archivio  di  Stato  di  Mantova,  e  della 
R.  Accademia  Virgiliana,  il  volume  primo  di  una  pubblicazione 
dal  tìtolo  L'Archivio  Gonzaga  di  Mantova,  recentemente  e  splen- 
didamente stampato  in  Ostiglia  coi  tipi  delle  officine  grafiche 
A.  Mondadori,  a  spese  della  Banca  italiana  di  sconto,  sede  di 
Mantova.  La  presentazione  del  volume  è  fatta  dal  Socio  Luzio 
con  un  breve  discorso  dal  tenore  seguente: 

'  Ho  l'onore  di  presentare  in  omaggio  all'Accademia  questo 
'  splendido  volume  sull'Archivio  Gonzaga. 

'  È  dovuto  al  Dr.  P.  Torelli,  attuale  direttore,  e  già  mio 

*  collaboratore  per  molti  anni  a  Mantova. 

*  Niella  lunga  cousuetudìcie  d'allora  ci  ripartimmo  appunto 

*  il  compito  d'illustrare  il  prezioso  materiale  affidatoci:  ed   io 

*  mi  riserbai  i  carteggi  diplomatici  per  un  volume,  anche  più 
■  esteso  di  questo,  che  uscirà,  spero,  quanto  prima;  il  Torelli 

*  s'incaricò  delle  altre  serie,  e  in  genere  di  riteasere  la  storia 

*  dell'Archivio,  la  sua  formazione,  il  suo  ordinamento,  i  suoi 
'  graduali  incrementi,  le  sue  molte  e  lacrimevoli  dispersioni. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


508 

'  Nell'assolvere  questa  parte,  il  Tobelli  ha  spiegato  la 
'  dottrina,  l'acume,  l'originalità  di  vedute  che  fanno  di  lui  noe 

■  soltanto  uno  dei  nostri  più  valorosi  giovani  archivisti,  ma 
'  anche  un  poderoso  tiattatista  di  paleografia  e  diplomatica, 
'  apprezzato  dal  Breaslau  nella  2'  edizione  deli' UrkundenUhre. 

'  Il  suo  volume  renderà  grandi  servigi  agli  studiosi,  che  vi 
'  troveranno  additata  tanta  parte  del  materiale  d'un  Archivio 
'  più  famoso  che  non  in  realtà  conosciuto:  e  avranno  agevolate 
'  le  ricerche  da  copiosi  indici,  da  ricca  bibliografia,  da  interes- 
"  santi  fac-simile. 

"  P.  e.  l'Archivio  di  Torino  avrà  ora  elementi  sicuri,  irre- 
'  fragabili  per  rintracciare  tutti  gli  atti  del  Monferrato,  che 

*  l'Anstria  consegnò  a  Casa  Savoia,  dopo  la  deposizione  dei 
'  Gonzaga. 

"  Quegli  atti  erano  stati  ordinati  a  Mantova  da  un  archi- 
'  vista  modello  del  sec.  XVT,  il  Daino,  che  assieme  a  parecchi 
'  cooperatori  aveva  apposto  a  ciascun  documento  un  indice  del 

*  contenuto,  o  addirittura  un  regesto  o  segnature,  ecc.  Orbene 

*  ho  potuto  io  stesso,  compulsando  parecchie  filze,  constatare 

■  subito,  col  riscontro  dei  fac-simile  dati  dal  Torelli,  la  pro- 
"  venìenza  monferrina  di  moltissimi  atti  de'  più  antichi  dell'Ar- 

*  chivio  di  Torino,  recanti  quelle  annotazioni  di  pugno  del 
"  Daino  e  C. 

'  Ma  io  desidero  più  che  altro  richiamare  la  vostra  atten- 

*  zione  su  due  fatti  degni  di  nota. 

*  Anzitutto:  la  magnificenza  della  veste  tipografica   di  un 

*  volume  che  esce  da  un  paese  secondario  del  Mantovano,  dove 
"  sta  sorgendo  un'officina  di  Arti  grafiche,  di  pom'ordine,  che 

*  in  tempo  relativamente  breve  ha  saputo  allestire  un'edizione 
'  da  rivaleggiar»  con  qualsiasi  casa  primaria  italiana.  Dovendo 

*  anche  il  mio  futuro  volume  essere  a  quella  affidato,  non  posso 
'  che  allietarmene,  mandando  alla  officina  Ostigliese  l'augurio 
"  di  non  esser  aduggiata  dalla  imperversante  scioperomania,  e 
'  di  conquistare  sempre  più  rigogliosa  floridezza,  per  decoro  dì 

*  questa  industria  eminentemente  italiana. 

'  Dati  i  tempi  proibitivi  per  le  produzioni  delle  Accademie, 
'  si  domanderà  come  mai  la  Virgiliana  di  Mantova  possa  af- 
'  frontare  delle  spese  di  tale  entità.  Ecco  il  secondo  fatto  che 

*  vuol  esser  segnalato. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


509 

'  L'Accademia  Virgiliana  non  ha  dotazione  del  Ministero 
"  deiriatruzione  Pubblica:  non  rendite  proprie,  tranne  un  assegno 
'  che  il  Municipio  le  corrisponde  per  cessione  fattagli  di  gran 
"  parte  del  palazzo  e  relativo  teatrino  scientifico  —  assegno 
'  appena  sufficiente  ai  bisogni  normali  più  modesti. 

*  Ma  l'Accademia  amministra  un  Legato  Franchetti,  istituito 
'  per  concorsi  a  premio,  su  temi  a  sua  scelta. 

"  Questi  concorsi  andarono  per  molti  anni  deserti:  e  l'Ac- 
'  cademia  pensò  giustamente  di  dedicare  i  risparmi  accantonati 
'  del  Legato  Franchetti  a  pubblicazioni  da  lei  promosse.  E 
'  quale  si  poteva  presentare  piìi  utile,  piii  meritevole  di  ap- 
■  poggio  che  una  rassegna  completa  de'  tesori  dell'Archivio 
'  Gonzaga? 

*  La  decisione  fu  presa  sin  dal  1915,  ante  bellum,  col  fa- 
'  vore  concorde  della  stampa  cittadina  e  l'assenso  degli  eredi 
'  del  testatore  Franchetti. 

*  Ma  essendo  a  dismisura  nel  frattempo  cresciute  le  esi- 
"  gonze  tipografiche,  non  avrebbero  bastato  per  due  volumi  di 

*  simil  mole  le  economie  del  Legato  Franchetti:  e  l'impresa  si 

*  sarebbe  arenata,  se  con  un  gesto  munifico  ammirevolissimo  la 
'  Sede  mantovana  della  Banca  italiana  di  sconto  non  avesse 
'  offerto  spontanea  il  contributo  di  15  mila  lire. 

"  È  un  esempio  confortante  che  giova  sperare  non  resti 
"  isolato:  dacché  nella  crisi  attuale  che  mortifica,  tarpa  e  abo- 
'  lisce  tante  manifestazioni  del  lavoro  scientifico  occorrono  bene 
"  de'  provvedimenti  eccezionali  per  impedire  la  paralisi  e  l'ab- 
'  bassamento  della  vita  intellettuale  italiana. 

*  A  buon  conto  gli   Archivi  conservano  titoli   insigni   di 

*  gloria  pel  nostro  paese,  son  anche  una  delle  fonti  pili  cospicue 
'  per  la  storia  delle  altre  nazioni.  Sarebbe  colpevole  abbandono 
'  il  negligerli,  il  lasciarli  scadere  a  infeconda  palestra  d'eser- 
'  citazioni  burocratiche  e  retoriche.  Va  quindi  accolto  con  sod- 
'  disfazione  speciale  tutto  ciò  che  tenda  a  risollevare  nell'opi- 

*  nione  pubblica  il  loro  reale  valore;  li  aiuti  a  produrre  non 
'  già  quisquiglie  erudite  o  fatui  detriti  professionali,  ma  solidi 
'  e  organici  studi  moderni  ;  li  restituisca  insomma  alla  vera  e 
'  maggior  funzione  e  dignità  di  laboratori  scientifici. 

'  Questo  indirizzo,  nei  volume  del  Torelli,  è  propugnato  e 
'  attuato  con  giovanile  energia,  con  caldo  sentimento   di   sano 

Alti  Mia  R.  Atcì'ifiiii  —  Voi.  LV.  85 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


510 

'  nazionalismo,  dacché   nella  prefazione  è  detto  argutamente 

*  che  '  per  i  bisogni   dallo  spirito  ahbiamo  in  casa  nostra   le 

*  materie  prime,  e  ne  abbiamo  anche  non  poche  per  casa  di 

*  altri';  onde  l'Italia  pub  aver  innanzi  a  sé  it  pib  lutninoso 
'  avvenire  ae  tutti  comprendano  le  esigenze  de'  nuovi  tempi,  e 

*  la  solidarietà  necessaria  nel  cornane  lavoro. 

*  Fra  tanti  sintomi  di  depressione  morale,  questa  vigorosa 

*  affermazione  esige,  più  che  una  platonica  lode,  un  virile  con- 

*  senao  di  fede  operosa  ,. 

II  Presidente  ringrazia  il  Socio  Lezio  per  il  suo  interessante 
discorso  e  insieme,  a  nome  della  Classe,  manda  vive  azioni  di 
grazie  e  cordiali  congratulazioni  al  Dott.  Tobelli  e  all'Acca- 
demia Virgiliana,  augurando,  nel  tempo  stesso,  che  il  nobile 
atto  della  Sede  mantovana  della  Banca  italiana  di  sconto  trovi 
molti  imitatori  a  conforto  e  sostegno  degli  Istituti  scientìfici 
nell'attuale  momento  cosi  privi  di  mezzi  per  esplicare  tutta  la 
loro  attività. 

Il  Socio  Patetta  legge,  anche  a  nome  del  Socio  Pacchioni, 
la  relazione  circa  le  due  proposte  provenienti  dalla  Accademia 
delle  Scienze  di  Amsterdam,  relativa  l'una  ad  un'edizione  delle 
opere  di  Ugo  Grotius,  e  l'altra  concernente  la  pubblicazione 
dei  materiali  che  si  riferiscono  al  diritto  consuetudinario  del- 
l'Indonesia. La  Classe  approva  la  relazione. 

Il  Socio  De  Sakctis,  dopo  di  aver  comunicato  alla  Classe 
una  circolare  stampata  dal  Segretariato  amministrativo  della 
Unione  Accademica  intemazionale  con  sede  a  Bruxelles,  in  cui 
si  aanunzia  che  la  seconda  conferenza  dell'Unione  medesima 
Bara  aperta  in  Bruxelles  mercoledì  26  maggio  alle  ore  10,  ri- 
ferisce intorno  alle  pratiche  ufficioso  da  lui  fatte  in  Roma  d'in- 
carico della  nostra  Accademia  con  il  Ministero  degli  Esteri,  la 
Segreteria  dell'Accademia  dei  Lincei  e  il  prof.  Vittorio  Rosai, 
rappresentante  la  R.  Accademia  della  Crusca,  circa  la  compo- 
sizione della  delegazione  che  deve  rappresentare  l'Italia  nel 
prossimo  congresso  dell'Unione  Accademica  intemazionale.  Da 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


SII 

tali  pratiche  rÌBuIta  che,  tenuto  conto  della  impossibilità  di 
costituire  per  ora  in  Italia  quell'aggruppamento  delle  Accademie 
nazionali  che  è  preveduto  dall'art.  4  dello  Statuto  dell'Unione, 
è  indispensabile  che  in  via  provvisoria  la  rappresentanza  del- 
l'Italia sia  affidata  a  uu  delegato  dell'Accademia  dei  Lincei  e 
a  un  delegato  della  Reale  Accademia  delle  Scienze  di  Torino, 
le  due  sole  Accademie  italiane  che  partedparono  ai  convegni 
internazionali  preparatori  tenuti  nel  maggio  e  nell'ottobre  del- 
l'anno scoreo  in  Parigi.  Inoltre  il  Socio  De  Sanctis  propone 
che  si  metta  all'ordine  del  giorno  della  prossima  adunanza  della 
Classe  la  nomina  di  un  delegato  per  rappresentare  l'Italia  nel 
prossimo  convegno  accademico  intemazionale  di  Bruxelles.  La 
proposta  è  approvata  alla  mianìmìtà. 

Raccoltasi  la  Glasse  in  adunanza  privata,  procedette  alla 
nomina  delle  Commissioni  per  il  Premio  Vallaiirì  riservato  alla 
Letteratura  latina  (internazionale,  quadriennio  1919-1922)  e  per 
il  Premio  Gautieri  riservato  alla  Letteratura  (triennio  1917-1919). 
Risultano  eletti  per  la  Commissione  del  Premio  Vallauri  i  Soci 
De  Sanctis,  Stampini,  Pacchioni  e  Talhaooe,  e  per  quella  del 
Premio  Qautieri  i  Soci  Pizzi,  Cian,  TALHAOt»  e  Faqoi. 


L'Aceademieo  Segr^ario 
Ettobb  Stampiki 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


CLASSE 

SCIENZE  FISICHE,  MATEMATICHE  E  NATURAU 


Adunanza  del  25  Aprile  19S0 

PRESIDENZA    DEL    80CI0   FBOF.    COHH.    ANDREA    NACOAIU 
PRESIDENTE    DELL'ACCADEMIA 


Sono  presenti  i  Soci  D'Ovidio,  Direttore  della  Classe,- Seobs, 
FoÀ ,  Guidi  ,  Mattibolo  ,  Osassi  ,  Sacco  ,  Majorana  ,  Rosa, 
Heblitzka,  Pochbttino  e  Paroma  Segretario. 

È  scusata  l'aasenza  dei  Soci  Sohiqliana,  Ponzio  e  Parbtti. 

Si  legge  e  si  approva  l'atto  verbale  della  precedente 
adunanza. 

Il  Presidente  rinnova  ai  Soci  Rosa,  Heblitzka  e  Pochbttino 
i  rallegramenti  per  la  loro  nomina  a  Soci. 

Il  Socio  SeoBE  dà  il  doloroso  annunzio  della  morte,  avve- 
nuta in  Heidelberg  il  10  aprile  corr.,  dei  Socio  corrispondente 
Maurizio  Cahtor;  e  ricorda  i  grandi  meriti  di  questo  illustre 
Storico  della  Matematica. 

Sono  presentate  in  omaggio  :  dal  Socio  Sacco  la  sua  Nota 
Una  tromba  marina,  e  dal  Socio  Mattibolo  due  Mote  del  Socio 
corrispondente  G.  B.  De  Toni,  Commemorazione  dei  Soci  G,  Briosi 
e  P.  Baccarini;  Spigolature  Aldrocandiane  XVI.  Il  Presidente 
ringrazia. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


513 
II  Segretario  mette  a  disposizione  dei  colleghi  un  certo 
numero  di  copie,  giunte  alla  Segreteria,  relative  ai  Contegni 
didattici  di  Elettrotecnica  e  Meccanica,  presso  il  B.  Istituto  Na- 
zumale  d'istruzione  professionale  in  Roma;  Scuola  di  Magistero. 
Il  Socio  Sacco  presenta,  per  la  stampa  negli  Atti,  la  sua 
Nota  Jl  Finalese,  Schema  geologico,  , 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


FBDEKICO  SACCO 


LETTTTRii 


IL  FISALESE 

Schema,  geologico  del  Socio  residente  Prof.  FEDERICO  SACCO 


La  regione  del  Fiaalese,  oltre  ad  eBsere  una  delle  più  belle 
della  Liguria,  nella  varietà  accidentata  della  sna  pittoresca  zona 
littoranea,  anche  ottima  stazione  balnearia,  e  nelle  diverse  ape- 
cialità  della  sua  zona  interna  che  bì  presta  mirabilmente  ad  ogni 
aorta  di  attraentisBime  escursioni,  è  pure  certamente  ana  delle 
piti  interessanti,  sia  per  i  suoi  svariati  fenomeni  geologici,  stra- 
tigrafici, Bpeleologici  e  paleontologici;  sia  per  la  aua  grande 
importanza  paleoetnologica,  essendo  la  regione  che,  per  le  ano 
numerosissime  caverne  state  lungamente  abitate  dall'uomo  litico, 
costituì  uno  dei  più  grandiosi  centri  di  sviluppo  della  TJmaDità 
preistorica  in  Italia;  sia  per  le  sue  vicende  storiche  a  oomin- 
ciare  dall'epoca  romana  (di  cui  restano  ancora  residui  in  ponti,  ecc.) 
ed  attraverso  il  Medioevo,  come  ci  mostrano  tuttora  alcuni  avanzi 
di  fortilizi,  torri  e  castelli,  come  per  es.  quelli  dì  Noli,  Varigotti, 
Finale,  ecc. 

È  inoltre  il  Finalese  una  regione  delle  più  importanti  in 
Liguria  dal  punto  di  vista  economico  per  le  sue  Quarziti,  per 
i  suoi  Calcari  da  calce  e  per  la  sua  famosa  Pietra  da  costruzione, 
nota  appunto  in  tutta  la  Liguria  come  Plttra  di  Finale. 

Senza  occuparmi  qui  della  parte  turistica,  storica  e  preisto- 
rica, già.  trattate  da  parecchi,  accenno  solo  essenzialmente  a 
quella  geologica  meno  nota,  mentre  presentasi  invece  interes- 
santissima (come  mi  risultò  da  un  minuto  rilevamento  generale 
al  25.000,  per  ora  non  pubblicabile  per  causa  economica)  ed  è 
quella  che  ha  plasmato  il  paesaggio  con  tutte  le  sue  conse- 
guenze, sia  oroidrograflche  generali,  sia  speleologiche  speciali, 


zed.yGOOgle 


IL  PINALB3K 


Bis  quindi  anche  paleoetnologtcbe,  ecc.,  per  quel  concatenamento 
dì  fatti  che  b«n  appaiono  a  chi  considera  una  ragione  con  occhio 
sintetico  riealendo  sino  alle  sue  origini  geologiche. 


Riguardo  alla  geologia  del  Finalese  è  bene  premettere  come 
sin  dal  1781  essa  abbia  già  attratto  l'attenzione  dello  Spallan- 
zani quando  egli  fece,  nell'autunno  di  detto  anno,  un  viaggio 
lungo  la  Riviera  del  Genovesato  sino  a  Monaco;  giacche  egli 
ricorda  (84)  precisamente  la  pietra  lutaachella  che  si  estrae, 
per  costruzione,  dalle  montagne  presso  Finale  e  di  cui  egli  vi- 
sitò le  cave,  notando  che  essa  è  costituita  essenzialmente  di 
Testacei  del  genere  Pettine. 

Anche  li  Brocchi  (10)  indicò  detta  Pietra  di  Finale  senza 
ftu-vi  osservazioni  speciali.  Pib  accuratamente  invece  se  ne  oc- 
cupò A.  Sasso  (80),  attribuendola  giustamente  alla  seconda  parte 
dei  terreni  terziarii. 

Intanto  il  Barelli  net  suo  prazioao  Catalogo  ragionato  delle 
roccie  e  dei  minerali  del  Piemonte  e  della  Liguria  (6)  indica: 
gli  Schiati  talcosi  e  la  Miniera  di  ferro  ossidato  di  Noli;  i  Calcari 
da  calce  di  Noli,  Varìgotti,  Finalmarina,  ecc.  ;  le  Arenarie  cal- 
caree, conchiglifere  o  Ptara  di  Firtale  o  Pietra  di  Caprazoppa 
di  Finalmarina,  Verezzi,  ecc.,  usate  come  materiale  da  costru- 
zione, specialmente  come  pietra  da  scalpello;  le  puddinghe  cal- 
careo-quarzose  soggiacenti  a  detti  calcari  arenacei  ed  escavate 
talora  per  macine  da  olive;  certe  argille  giallastre  di  Tarigotti 
e  Finalmarina,  usate  per  modelli  e  ceramica;  alcune  sabbie  ne- 
rìcce,  ferrifere,  della  spiaggia  di  Varìgotti;  oltre  a  marmi,  sta- 
lattiti, ecc.  Il  Sismonda  accenna  solo  di  sfuggita  (82)  alla  Pietra 
di  Finale. 

Poco  dopo  il  Pareto  nella  sua  descrizione  geologica  della 
Liguria  (70),  con  annessa  carta  geologica,  indicò  con  pochi  cenni 
il  Finalese,  notando  però  giustamente  le  roccie  quarzoso-talcose 
soggiacenti  ai  calcari  dolomitici  secondari!,  talora  verticali  e 
coronati  dai  terreni  terziarii  in  banchi  orizzontali,  cioè  dalla 
calcarea  grossolana  terziaria  piena  dì  gusci  dì  Ostriche  e  Pettini. 

Il  Sismonda  nella  sua  '  Carta  geologica  di  Savoia,  Piemonte 
e  Liguria  ,  (83)  segna  nel  Finalese  come  substraium  generale 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


616  FEDEHICO  SACCO 

il  SUO  "  Oiuraasico  metamorfo  ,  con  placche  sparse  di  Terziario 
superiore  marino,  cuofondeado  cos'i  ancora  la  Pietra  di  Finale 
coi  ben  diversi  depositi  pliocenici  tanto  estesi  nella  Liguria. 

Lo  Jervis,  nella  parte  seconda  della  sua  opera  "  I  Tesori 
sotterranei  dell'Italia  ,  (55)  sui  dati  del  Barelli,  accenna  alle 
stalattiti  di  alcune  caverne  fìnalesi,  alla  Magnetite  della  spiaggia, 
al  ferro  oligisto  di  Noli,  ecc.,  mentre  che  nella  parte  4»  {Geo- 
logia economica)  ricorda  pure  i  calcari  triasici  da  calce,  l'are- 
naria calcarea  miocenica  (o  Pietra  di  Finale)  da  costruzione,  ecc. 

Finalmente  l'Issel,  tanto  benemerito  della  Geologia  e  Paleo- 
etaologia  ligure,  con  lavori  speciali  (34.  35,  36)  precisava  l'età 
miocenica  media  e  lo  sviluppo  della  Pietra  di  Finale,  e  nello 
stesso  tempo  dava  uno  schizzo  geologico  dove  distingueva,  nella 
serie  fortemente  raddrizzata,  i  Calcarei  dolomitici  colle  Quarziti, 
attribuiti  al  Trias  medio,  ed  i  Talco-schisti  e  Cloriteschiati  e 
Gneiss,  che  attribuiva  al  Trias  inferiore. 

La  *  Carta  Geologica  delle  Riviere  liguri .,  al  200.000  (39), 
pubblicata  nel  seguente  anno  1887  da  Issel,  Mazzuoli  e  Zaccagna, 
come  pure  la  *  Carta  geologica  della  Liguria  ,,  ecc.,  pubblicata, 
anche  al  200.000,  da  Issel  e  Squinabol  nel  1890  (42)  con  note 
esplicative,  nonché  la  carta  geologica  pubblicata  nel  1914  da 
P.  Sacco,  al  500,000,  ed  intitolata  "  L'Appennino  settentrio- 
nale e  centrale  .  (79)  sono  essenzialmente,  pel  Finalese,  deriva- 
zioni del  sovraccennato  lavoro  dell'Issel. 

Quanto  all'opera  dell'Issel  '  Liguria  geologica  e  preistorica  , 
(Genova,  I892J,  essa  non  presenta  nuovi  dati  speciali  sulla  geo- 
logia finalese,  ma  è  interessantissima  pel  riassunto  speleologico 
e  paleoetnologìco  ricavato  da  tante  ricerche  di  Amerano,  Bensa, 
Morelli,  Piccinini,  Ferrando,  ecc.,  nonché  dello  stesso  Issel  di 
cui  sono  numerosissime  le  pubblicazioni  fatte  su  tale  riguardo 
attraverso  mezzo  secolo,  dal  1864  al  1915  (Vedi  18-54). 

Il  Rovereto  nel  suo  lavoro  '  Arcaico  e  Paleozoico  nel  Sa- 
vonese ,  presentò  una  cartina  ed  alcune  sezioni  geologiche  che 
riguardono  anche  il  Finalese,  di  cui  mostra  l'andamento  tettonico 
tormentato. 

Ricordo  infine  che  più  recentemente  lo  Zaccagna  in  nn  suo 
lavoro  (86)  spinse  le  sue  osservazioni  sin  presso  il  Finalese 
occidentale  illustrandolo  con  una  cartina  ed  interessanti  sezioni 
geologiche. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


IL  FINALESE 


Premessi  questi  cenni  preliminari,  esaminiamo  brevemente 
come  si  presenta  la  serie  dei  terreni  costituenti  il  Finalese. 

Carbonifero.  —  Nella  profonda  incisione  di  V&l  Porrà 
a  monte  dì  Calice  Ligure,  nei  dintorni  di  Rialto,  appaiono  certi 
schisti  lucidi,  micacei,  talora  un  po'  brunastri  passanti  qua  e  là 
al  verdognolo,  che  Io  Zaccagna  riferisce  già  al  Carbonifero. 

Questi  schisti  presentano  un'inclinazione  (generalmente  poco 
accentuata  e  talvolta  un  po'  ondulata)  verso  il  Sud  od  ii  S.  0. 
all'incirca,  e  passano  superiormente,  in  modo  quasi  insensibile, 
a  Bchisti  gneissico-appennin itici,  grigio-verdicci. 

FemUano.  —  La  serie  permiana  è  molto  potente  e  com- 
plessa; essa  è  costituita  essenzialmente  di  schisti  piii  o  meno 
micacei,  grigiastri,  che  verso  il  basso  diventano  spesso  verdastri, 
passando  a  svariati  schisti  appenninitici,  gneissiformi  o  gneiss 
talcoso-cloritici  ;  invece  verso  l'alto  passano  talora  a  schisti 
sericitici,  tal coso-cJorì tosi,  grigio- biancastri  o  grìgio- verdicci, 
oppure  a  schisti  micacei  plumbei  con  vene  epatiche,  talora  a 
veri  schisti  verdi,  talvolta  invece  a  schisti  quarziferi  che  fanno 
qua  e  là  transizione  graduale  alle  Quarziti  del  Trias  inferiore. 

Si  tratta  evidentemente  di  Schisti  metamorfici  svariati 
perchè  derivanti  da  diverse  qualità  di  sedimenti  marini,  più  o 
meno  argillosi  o  sabbiosi,  ecc. 

La  stratificazione  è  sempre  bene  evidente,  ma  la  tettonica 
è  spesso  conturbata,  sia  in  piccola  scala  da  arricciature  locali 
molto  frequenti,  sia  in  grande  scala  da  ondulazioni  e  da  cor- 
rugamenti pili  o  meno  accentuati,  tanto  che  non  di  rado  gli 
strati  sono  sollevati  anche  alla  verticale  e  persino  rovesciati 
(V.  Sezioni). 

Nel  seguente  capitolo,  del  Trias,  accennerò  ai  fenomeni 
geoidrologici  causati  dalla  quasi  impermeabilità  degli  schisti 
metamorfici  del  Permiano;  qui  ricordo  solo  come  l'affioramento 
di  questi  schisti,  spesso  un  po'  teneri  frammezzo  alle  formazioni 
calcaree  più  resistenti,  din  talora  origine  a  vere  gradinate  oro- 
grafiche. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


518  FKDBBICO  SACCO 

Una  delle  più  caratteristiche  è  quella  che  dà  a)  profilo  del 
Capo  Noli  l'assetto  di  una  poppa  di  nave  capovolta;  esaminando 
con  cura  tale  regione  bì  nota  infatti  che  tra  il  basso  Capo  Noli 
e  la  punta  del  Semaforo,  verso  i  100  m.  s.  I.  m.,  frammezzo  ai 
mascheranti  detriti  calcarei  af&orano  i  tipici  schisti  verdastri 
della  stretta  anticlinale  (rovesciata  a  S.  E.)  del  Paleozoico  su- 
periore; è  la  zona  quarzìtico-schistosa  che  scende  verso  mare 
(allargando visi),  sia  a  S.  0.  dove  sono  aperte  le  cave  di  quarzo 
di  Illalpasso,  sia  a  Nord  verso  Noli- 

Un'altra  gradinata  prospettante  ii  mare  Snalese  e  di  ana- 
loga origine  osservasi  tra  i  casolari  di  Monte  sopra  Finalpìa  ed 
i  casolari  superiori  di  Selva;  quivi  predominano  gli  schisti  quar- 
zosi e  verdicci  di  passaggio  tra  il  Trias  inferiore  ed  il  Permiano 
superiore,  col  solito  corteo  di  sorgentelle,  frane,  scoscendimenti. 

Quando  le  formazioni  schìstose  del  Paleozoico  superiore  si 
sviluppano  ampiamente,  ne  derivano  rilievi  dorsali  piuttosto 
dolci,  ampie  vallate  d'erosione,  frequenti  colli  depressi,  ecc., 
eccetto  là  dove  la  serie  passa  alla  costituzione  gneiss! co-appen- 
ninitica,  quindi  compatta,  che  dà  origino  invece  a  rilievi  anche 
aspri,  come  per  esempio  quelli  di  Roccia  Cucca-Bric  Gettine,  ecc. 
a  N.  0.  di  Finalborgo. 


Trias.  —  La  serie  triasica,  quando  completa,  si  inizia  in- 
feriormente con  schisti  mìcaceo-quarzosì  passanti  spesso  a  vere 
Quarziti  biancastre  o  bianco- verdognole,  derivanti  probabilmente 
dal  metamorlismo  di  sabbie  quarzose  littoranee;  raramente  vi 
si  incontrarono  impronte  di  Estheria. 

Segue  in  alto  una  potente  formazione  di  calcari  più  o  meno 
dolomitici,  in  strati  o  banchi  generalmente  assai  distinti;  nella 
parte  inferiore  della  serie  calcarea  appaiono  talora  speciali 
breccie;  i  fossili  che  si  incontrano  qua  e  là  in  detti  calcari 
Sono  per  lo  più  mal  conservati,  come  per  es.  i  dischi  di  Encrìni, 
i  resti  di  Dipiopore,  ecc.  ('). 


(')  Permettomi  qui  ricordare  the  ebbi  la  fortuna  di  trovare  per  la 
prima  volta  le  Dipiopore  nei  calcari  triaaici  del  Fìnalese  e  precisamente 
salendo  il  monte  di  Caprixzoppa  oltre  trent'anni  fa,  durante  un'escursione 
della  Società  GeoloRica  Italiana,  il  16  settembre  1887  ("  Boll.  Soc.  Geol. 
Ital.  „  VI.  1887,  pag.  479). 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


IL  FINALB3E  519 

Uno  dei  punti  più  comodi  per  osservare  il  passaggio  del 
Permiano  enperiore  al  Trias  è  la  strada  nazionale  della  Cornice, 
là  dove  essa  supera  in  leggera  salita  la  sella  del  promontorio 
di  Yarigotti. 

Quivi  vediamo  che  sopra  la  serie  dei  banchi  calcarei  (dis- 
posti in  sinclinale  rovesciata)  bq  cui  sta,  in  splendida  posizione, 
il  Castello  diruto  dì  Tarìgotti,  si  appoggiano  per  rovesciamento 
le  Quarziti  del  Trina  inferiore  (come  osservasi,  per  es.,  presso  la 
Cappelletta  di  Crocevia),  quindi  la  caratteristica  serie  degli 
Bchisti  verdognoli,  qua  e  là  violacescenti,  che  formano  tettoni- 
camente l'anticlinale  di  una  piega  coricata  a  S.  E.  ed  orogra- 
ficamente (per  facile  erosione)  la  depressione  per  cui  passa 
appunto  la  strada  delis  Cornice. 

Su  questi  scfaisti  sviluppasi  in  serie  e  posizione  regolare 
la  potente  formazione  quarzitìca,  inclinata  di  20°-30°  a  N.  0-, 
costituita  dapprima  da  quarziti  biancastre  un  po'  friabili  che 
nella  parte  superiore  diventano  meglio  stratificate,  ancora  bian- 
chicce  ma  con  leggera  tendenza  al  verdastro,  finché  passano 
gradatamente  in  alto  a  schisti  quarzosi  grigio- verdiccio- violace- 
scenti 0  leggermente  rosati,  dello  spessore  complessivo  di  solo 
1  a  3  metri. 

Su  questa  caratteristica  formazione  quarzttica  del  Trias 
inferiore,  largamente  escavata  per  la  sua  comodità  di  accesso, 
poggiasi  in  concordanza  la  potentissima  serie  calcareo-dolomitica 
qua  e  là  marmorea,  nettamente  stratificata,  del  Trias  medio 
(pure  inclinata  anche  di  oltre  20'-30°  a  N.  0.),  che  con  spes- 
sore di  circa  200  metri  (ma  in  sinclinale  rovesciata  a  S.  E.) 
sollevasi  talvolta  quasi  verticalmente  e  sviluppasi  trasversal- 
mente a  costituire  l'alta  gradinata  del  Monte  Capo  Noli. 

Alla  base  di  questa  potente  pila  calcareo-dolomitica  gri- 
giastra gli  strati  sono  un  po'  schistosi,  ma  poi  diventano  presto 
pììl  compatti  verso  l'alto. 

Nella  linea  di  contatto  tra  i  Calcari  e  le  sottostanti  Quarziti 
ai  nota  che  ì  primi  sono  un  po'  giallastri  e  corrosi;  tinta  e  fe- 
nomeno che  sono  in  relazione  colla  falda  -acquifera  formatasi 
naturalmente  per  arresto  delle  acque  scendenti  attraverso  i  per- 
meabili terreni  calcarei  sulla  impermeabile  zona  quarzosa,  cor- 
rodendo ed  alterando  alquanto  fisicamente  e  chimicamente  ia 
soprastante  zona  calcarea,  nella  sua  parte  basale  specialmente. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


520  FBDEKICO  SACCO 

Tale  fenomeno  geoidrologico,  che  qui  osBerriamo  diretta- 
mente in  sezione  naturale  nei  suoi  effetti  corrosivi,  è  quasi  ge- 
nerale nel  Fiiialese  e  dà  origine  ad  una  quantità  di  sorgenti 
grandi  e  piccole  là  dove,  per  sinclinali  svasate,  tagli  naturali 
od  artificiali,  ecc.,  viene  a  giorno  parte  dell'acqua  sotterranea 
che  è  obbligata  ad  arrestarsi  nella  sua  discesa  e  scorrere  tra 
la  formazione  calcarea  tanto  permeabile  e  quella  sottostante 
quarzosa  oppure  scistoso-cristallìpa  quasi  impermeabile. 

Purtroppo  tale  falda  acquifera  per  l'azione  sua  diretta  fa* 
alitante  il  trasporto  e  lo  scorrimento,  nonché  per  imbibire, 
quindi  rammollire  ed  alterare  le  formazioni  fra  cui  passa,  dà 
pure  spesso  origine  a  scoscendimenti,  frane  svariate,  ecc.,  di 
cui  debbonsi  appunto  deplorare  esempi  continui  danneggianti 
la  strada  della  Cornice,  cosi  poro  a  N.  E.  del  promontorio  di 
S.  Donato,  dove  esiste  pure  una  nota  sorgente,  collegata  al 
fenomeno  in  questione. 

Anche  in  rapporto  a  detta  falda  acquea  ed  alla  sua  azione 
erodente  e  corrodente  sui  Calcari,  sono  da  ricordarsi  alcune 
cavernosità  esistenti  alla  base  della  serie  calcarea,  oltre  alle 
grotte  esistenti  nella  massa  stessa  dei  calcari,  come  quella 
Eamosa  delle  Arene  candide  nel  promontorio  di  Gaprazoppa. 
Cosi,  sempre  lungo  la  mirabile  strada  nazionale  della  Cornice, 
in  parecchi  punti  tra  Finalpia  ed  il  Capo  Noli,  per  esempio,  in 
due  luoghi  tra  il  cimitero  di  Finalpia  ed  il  Capo  S.  Donato, 
poco  ad  Ovest  del  Promontorio  di  S.  Donato,  al  Km.  64,  ecc., 
vediamo  che,  per  piccole  ondulazioni  ad  anticlinale  le  quali 
fanno  emergere  gli  schisti  cristallini  (spesso  grigio-verdastri) 
sotto  ai  calcari  pure  sollevati  a  leggera  cupula,  questi  si  fog- 
giano a  caverna  iniziale,  la  cui  parte  inferiore  è  costituita  da 
detti  schisti  quarzosi  o  talcoso-clor itici. 

Nella  sovraccennata  dolcissima  anticlinale  del  Km.  61  si 
può  vedere  anche  assai  bene  la  potente  serie  calcarea  passare 
inferiormente  a  pochi  metri  di  quarziti  bianco- verdicce,  sotto 
cui  appaiono  i  caratteristici  schisti  verdastri  metamorfici.  Però 
spesso  in  questa  zona  di  passaggio  tra  Trias  e  Permiano  vi  è 
trasgressione,  per  cui  la  formazione  quarzitica  è  ridottissima 
od  anche  manca;  come  appunto  può  osservarsi  comodamente 
sopra  la  strada  nazionale  tra  il  Castelletto  di  Finalpia  ed  il 
Capo  S.  Donato. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


IL  PlHil^B  521 

Non  sempre  però  la  mancanza  della  zona  quarzitica  è  at- 
tribuibile a  aola  trasgressione,  ma  anche  a  notevole  disegua- 
glianza orìginarìa  di  sviluppo;  tant'è  cbo  detta  formazione 
talvolta  è  potentissima,  talora  invece,  anche  in  regioni  pros- 
sime, si  vede  che  riducesi  a  pochi  metri  sino  a  scomparire, 
senza  che  esistano  sempre  cause  tettoniche  che  possano  spie- 
gare tale  differenza  di  sviluppo. 

Dal  punto  di  vista  orografico  le  formazioni  triasiche  spic- 
cano generalmente  per  un  aspetto  rupestre,  cioà  a  balze  rovi- 
nose, dirupate,  qua  e  ih  anche  a  torrioni,  ecc.,  come  si  può 
osservare  in  cento  punti,  sia  lungo  la  Cornice  tra  Yado  e  Pietra 
Ligure,  sia  nell'interno. 

Ciò  verificasi  specialmente  nella  serie  calcarea;  ma  anche 
la  formazione  quarzitica  inferiore,  là  dove  è  un  po'  potente, 
origina  tali  forme  orografiche  aspre,  come  appunto  al  giusta- 
mente detto  Brio  Aguzzo  (Ovest  di  Bardino).  Però  piò  frequen- 
temente la  serie  quarzitica  presentasi  in  uno  stato  di  profonda 
alterazione  che  la  rende  quasi  sabbiosa,  come  vedasi  nei  din- 
torni di  Noli,  presso  il  Malpasso,  ecc.,  ciò  che  ne  rende  facile 
l'escavazione,  che  vi  è  infatti  molto  estega  ed  intensa.  Sovente 
verificasi  una  specie  di  grandiosa  gradinata  fra,  i  banchi  calcarei 
erti  ed  i  sottostanti  schisti  più  o  meno  teneri. 

La  frammentarietà  del  Calcare  dà  spesso  origine  a  gran- 
diosi detriti  di  falda  od  anche  a  veri  franamenti  con  blocchi 
giganteschi,  come  può  osservarsi  assai  bene  lungo  la  Cornice 
tra  Finalpia  e  Capo  Noli.  Così  si  pub  esaminare  comodamente 
lo  sfacelo  del  calcare  alla  punta  di  Castelletto  presso  il  cimitero 
di  Finalpia;  punta  attraversata  da  una  breve  galleria  stata  op- 
portunamente sottomurata  giacché  mostra  il  calcare  tutto  scre- 
polato, fratturato,  pericolante,  cariata  dagli  agenti  atmosferici 
e  dal  mare,  nonché  minato  da  acque  sotterranee  essendovi  a  poca 
profondità  gli  schisti  verdastri  impermeabili. 

Oltre  alle  tante  svariatìssime  cavernosità  escavate  dalle 
onde  marine  e  dalle  acque  sotterranee  nei  calcari  trìasici,  questi 
mostrano  anche  qua  e  là  tipiche  marmitte  di  erosione  fluviale 
e  torrenziale,  come  per  es.  nel  letto  della  Fiumara  di  Finalpia, 
poco  a  valle  della  confluenza  del  Rio  scendente  dal  Bric  Spa- 
veutaggi. 

Nelle  sezioni  geologiche  allegate  appare  chiaramente  quanto 


zed.yGOOgle 


522  FEDERICO  SACCO 

siano  piegate  e  ripiegate  le  formazioni  calcaree  malgrado  la 
loro  compattezza,  almeno  attuale;  né  trattasi  solo  di  ipotesi, 
giaccbà  in  alcuni  punti  si  può  osservare  direttamente  tale  fe- 
nomeno; cosà,  per  es.,  a  mezza  via  circa  tra  il  Capo  Noli  e  Noli 
vedesi,  sul  fianco  interno  delia  strada  nazionale,  una  splendida 
incurvatura  dei  calcari  triasici  colla  convessità  rivolta  a  Nord 
circa,  in  modo  da  andare  ad  immergersi  sotto  la  formazione 
quarzitico-schistosa  del  Permotrias  (Vedi  Tavola). 

[  terreni  triasici  hanno  varie  applicazioni:  quelli  inferiori, 
quarzitici,  sono  qua  e  là  escavati  per  materiale  refì-attario; 
quelli  calcarei  per  materiale  da  costruzione,  da  pietrisco  e  da 
calce,  oltre  che  da  ornamentazione  per  alcune  varietà  cristalline 
o  variamente  colorate,  come  per  es.  presso  Pietra  Ligure,  al  . 
Capo  Noli,  ecc. 

lafìraUas.  —  Sul  fianco  settentrionale  dei  monti  di  Bor- 
ghetto  appaiono,  sopra  alla  serie  triasica,  alcuni  strati  di  calcari 
grigiastri  o  grigio-brunastri,  qua  e  là  schistosi,  con  qualche 
resto  di  bivalvi,  specialmente  dell' Avtcula  contorta,  per  cui  già 
lo  Zaccagna  li  riferì  al  Retico. 

Olurallas.  —  La  catena  montuosa  che  sviluppasi  da  Bor- 
ghetto-Ceriale  a  Zuccarello,  separando  la  regione  di  Albenga  da 
quella  del  Finalese  (1.  s.),  è  in  gran  parte  costituita  da  calcari 
grigiastri,  qua  e  là  con  lenticelle  selciose,  con  rari  resti  dì 
Belemniti  che  li  fanno  riferire  alla  serie  giurassica  largamente 
intesa. 

Gli  strati  sono  più  o  meno  fortemente  sollevati,  talora 
anche  alla  verticale;  anzi  l'esame  della  serie  verso  ZoccareUo, 
come  già  fece  vedere  lo  Zaccagna,  mostra  che  essi  fanno  parte 
di  una  doppia  piega  parzialmente  rovesciata. 

Eocene.  —  Contro  la  catena  mesozoica  dì  Geriale-Zucca- 
rello-Nasino,  ecc.,  si  adagia  più  o   meno  traagressivamente  (*) 


(')  Ud  punto  comodo  per  osservare  tale  traB^reasioDe  i  la  eeiione  eai- 
steate  presso  la  stazione  di  Ceriaìe,  dove  gli  achieti  arf^lloso-cAlcarei  con- 
torti dell'Eocene  (che  alla  base  mostrano  qua  e  là  lenti  di  conglomerato- 
breccioide  più  o  meDO  metamorfosati)  gi  appoggiano   sui   banchi    calcarei 


zed.yGOOg[e 


IL  FIN&LESS  523 

il  margine  settentrionale  della  potente  ed  amplìssima  formazione 
eocenica  che  si  estende  così  caratteristicamente  a  gigantesco 
ventaglio  nei  monti  di  Porto  Maurizio,  insinuandosi  però  anche 
curiosamente  qua  e  là  in  forti  trasgressioni  tra  le  pieghe  del 
Mesozoico  di  Balestrìno-Zuccarello,  ecc. 

Si  tratta  della  solita  formazione  argilloschistosa  piìi  o  meno 
calcarea,  grìgio-brunastra  o  grigio-giallastra,  talora  prevalente- 
mente calcarea,  talora  invece  specialmente  arenacea. 

Miocene.  —  Uentre  che  nella  Lignria  mancano  general- 
mente i  terreni  miocenici,  eccezionalmente  essi  compaiono  ap- 
punto  nel  Ftnalese  in  forma  di  grandiose  placche  calcareo-are- 
nacee  sovrapposte  suborìzzontal mente  e  quindi  più  o  meno 
trasgressivamente  sui  terreni  permiani  e  triasici  che  formano 
l'impalcatura  di  tale  regione  appenninica  (Vedi  Tavola). 

In  linea  generale  si  può  dire  che  la  formazione  miocenica 
giace  in  una  leggiera  conca  allungata  da  E.  N.  E.  a  0.  S.  0. 
che  corrisponde  parzialmente  ad  un'antica  conca  tettonica,  come 
appare  specialmente  alla  sua  estremità  orientale,  dove  vediamo 
la  semiellittica  sinclinale  triasica  di  Verzi-S.  GiacomcBric  dei 
Monti  ■  Bric  Care  (Portio)  abbracciare  ed  accogliere  in  dolcissima 
sinclinale  ì  terreni  miocenici. 

Quando  è  completa,  la  serie  miocenica  si  inizia  con  una 
formazione  marnosa  o  marnoso- arenacea  grigiastra,  come  per 
esempio  a  S.  0.  di  Orco. 

Seguono  tosto,  verso  l'alto,  banchi  sabbioao-arenaceì  gros- 
solani ed  una  potente  serie  di  banchi  calcareo-arenacei  abba- 
stanza compatti,  di  tinta  grigiastra  o  grigio-giallastra  od  anche 
leggermente  rosata  o  rossigna,  ricordanti  la  Panchina;  si  tratta 
di  nn  calcare  grossolano,  più  o  meno  vacuolare,  spesso  traver- 
tinoso  o  panchinoide,  cristallino,  a  piccole  concrezioni  cristalline 
calcìtiche,  e  con  sparsi  granuli  di  quarzite,  di  felspati,  di  mi- 
caschisti, di  talcoschisti,  di  cloritoschisti,  di  appenniniti,  ecc. 
provenienti    dall'  abrasione    delle    formazioni    permotriasiche  ; 


^rigi,  ondaUti,  della  aerie  ginraliaaica;  citi  ci  fa  comprendere  come  possano 
originarsi  sorgenti  (come  la  nota  Fontana  di  Ceriale  sotto  il  Poggio  Ca- 
stellaro)  là  dove  i  poco  permeabili  schisti  eocenici  tamponano,  in  zone 
basse,  ì  permeabilissimi  calcari  mesozoici. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


524  PBIiERICO  SACCO 

tont'è  che  talora,  specialmente  verso  la  base,  compaiono  tra  il 
calcare  miocenico  veri  frammenti  di  calcari  trìaeici  e  di  schisti 
cristallÌDÌ  del  Permiano. 

Talora  questa  formazione  calcareo-arenacea  è  poco  cemen- 
tata (particolarmente  nella  parte  inferiore)  e  ridotta  quasi  ad 
un  sabbione  grigio-giallastro  (per  alterazione),  spesso  così  sciolto 
da  potersi  utilizzare  come  sabbia  per  le  malte:  talvolta,  pure 
specialmente  verso  la  base,  vi  compaiono  zone  breccioidi  piìi  o 
meno  grossolane  ad  elementi  rocciosi  angolosi  derivanti  dalle 
prossime  formazioni  permiane;  piti  raramente  e  per  breve  tratto 
tali  elementi  (specialmente  quarzosi  o  calcarei)  appaiono  ciot- 
tolosi, indicandoci  un'origine  littoranea,  come  per  es.  presso 
Verezzi,  verso  la  base  della  serie  miocenica  in  esame.  Ne  è  raro 
trovare  l'ocra  rossastra  commista  ai  depositi  in  questione  oppure 
accantonata  in  speciali  zone. 

Tali  variazioni  litologiche  sono  parzialmente  in  rapporto 
col  lavorio  cementante  oppure  dissolvente  delle  acque  suttei^ 
ranee,  ma  in  gran  parte  si  debbono  a  cause  originarie  collegate 
colla  natura  di  depositi  di  mare  basso  o  di  littorale  (e  quindi 
assai  variabile  da  luogo  a  luogo)  della  formazione  in  esame. 

Lo  spessore  della  serie  miocenica  finalese  può  calcolarsi 
complessivamente  in  oltre  100  metri,  ma  probabilmente  giunge 
in  alcuni  punti  a  circa  200  metri. 

l  Fossili  inclusi  nella  Pietra  di  Finale  sono  straordinaria- 
mente abbondanti,  anzi  allo  stato  di  minuti  frammenti  coati- 
tuiscoDo  talora  una  vera  breccìolina  organica  commista  a  sabbie 
quarzose,  ecc.  ;  però  qua  e  là,  spesso  in  speciali  orizzonti  o  lenti, 
i  fossili  appaiono  anche  completi  o  quasi,  quantunque  talora 
solo  allo  stato  di  impronte  interne  od  esterne.  Essi  sono  spe- 
cialmente Corallari  (Conotrochi),  Echinidi  (Cidariti,  Clipeastridì 
abbondantissimi),  Brachiopodi  (alcune  Terebratule  e  Megerlie), 
Pelecipodi  (Ostriche,  Fettunculi,  un'enorme  quantità  di  Pettini, 
specialmente  affini  al  P.  scabrellua  Lk,  ed  al  P.  rotundalus  Lk.l, 
Gasteropodi  (Coni,  ecc.),  Balanidi  e  numerosissimi  denti  di  Pesci 
(Oxyrhine,  Lamne,  Odontaspidi,  Chrysopbridi,  Carcarodontì, 
Sargidi,  Sparidi,  ecc.). 

Riguardo  all'età,  la  Pietra  di  Finale,  per  la  sua  natura 
littoranea,  la  sua  posizione,  ma  specialmente  per  i  suoi  fossili, 
deve  attribuirsi  al  Miocene  medio  e  più  precisamente  ni  piano 
Elveziano,  come  già  giustamente  stabilì  l'Issai. 


zed.yGOOg[e 


IL  FINALBSB  525 

La  caratteriatica  formazione  miocenica  del  Finalese,  per  la 
suborizzontalità  dei  suoi  banchi,  costituisce  in  complesso  gigan- 
teschi irregolari  altipiani  ricordanti  le  ambe  abissine  elevantisi 
a  circa  300-400  m.  s.  1.  m.,  ma  molto  ondulati  in  causa  dell'ero- 
sione acquea  varia  secondo  i  luoghi,  la  differente  compattezza 
dei  diversi  banchi,  dei  diversi  punti  di  ogni  banco,  ecc. 

Tati  placche  sono  un  po'  labirinticamente  solcate  da  valle- 
cole  quasi  sempre  asciutte,  causa  la  permeabilità  della  roccia, 
e  profondamente  incise  da  torrenti  che  ne  mettono  a  nudo  la 
intera  serie  stratigrafica  sino  a  raggiungere  generalmente  la 
soggiacente  formazione  antica. 

Detta  incisione  valliva,  iniziatasi  già  nell'epoca  pliocenica, 
dovette  però  esser  compiuta  Bpecialmente  nella  prima  metà 
dell'epoca  quaternaria,  quando  le  precipitazioni  erano  straordi- 
nariamente abbondanti. 

1  fianchi  di  queste  placche  mioceniche  terminano  general- 
mente con  pareti  più  o  meno  abrupte  che  presentano  salti  anche 
di  oltre  100  metri,  cioè  vere  gradinate  gigantesche,  al  cui  piede 
aonvi  talora  accumuli  più  o  meno  vasti  di  grandiosi  detrìti  di 
dette  fcrmadoni,  in  modo  da  mascherare  per  ampio  tratto  i 
terreni  sottostanti,  come  per  esempio  nei  dintorni  di  Verezzi, 
nel  Vallone  dell'Aquila  verso  Orco  Feglino,  ecc. 

Per  la  notevole  permeabilità  e  la  facile  erosione  di  queste 
formazioni  calcareo- arenacee,  di  costituzione  già  originalmente 
un  po'  irregolare,  si  verifìcb  in  esse  una  frequente  cavernosità 
di  vario  grado;  dai  piccoli  vacai  che  le  fanno  apparire  quasi 
spugnose  sino  alle  grotte  abbastanza  grandiose  che  si  osservano 
sulle  loro  pareti  e  nel  loro  interno  a  varie  altezze,  ma  special- 
mente verso  la  base,  cioè  nella  zona  di  più  facile  ed  abbondante 
accumulo  dell'acqua  sotterranea  che  si  raduna  speciatmeute  tra 
la  permeabilissima  iormazione  miocenica  e  quelle  antiche  sotto- 
stanti meno  permeabili.  Di  tale  tipo  sono:  la  caratteristica  grotta 
ad  arco  (così  regolare  che  sembra  quasi  una  volta  artificiale) 
di  Arma  (appunto  denominazione  ligure  delle  grotte)  a  N.  E.  di 
Finalpia;  la  famosa  caverna  delle  Fate  a  N.  N.  E.  di  Varzi, 
alcune  grotte  presso  Calvisìo,  alcune  di  Pianmarìno  (come  la 
famosa  di  Pollerà)  presso  i  casolari  di  Montesordo,  ecc. 

Alcune  di  tali  caverne  corrìspondono  ad  antichi  corsi  acquei 
sotterranei,  ora  scomparsi  (per  diminuite  precipitazioni  atmosfe- 

Atii  della  R.  Aceaiiimin  —  Voi.  LV".  36 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


520  PEDEKICO  SACCO 

riche  o  per  abbasBaniento  della  rete  acquea),  tant'è  che  spesso 
vi  si  trovano  depositi  alluvionali,  anche  ciottolosi,  come  nella 
caverna  delle  Fate,  in  quella  del  Kian,  bcc. 

La  grande  permeabilità  delle  furniaztoni  mioceniche  in  esame 
£a  si  che  esse  si  presentano  piuttosto  aride,  a  superficie  di  tipo 
carsico,  mentre  che  le  dette  zonule  acquee  inferiori  originano 
qua  e  là  sorgenti;  quindi  spesso  le  zone  miocenicbe  spiccano 
per  il  loro  assetto  grigiastro,  complessivamente  brullo,  etaccaotesi 
cosi  assai  bene  dalla  loro  base,  più  o  meno  verdeggiante  per 
erbe  ed  arbusti. 

La  Pietra  di  Finale  nella  sua  forma  piii  compatta  venne 
utilizzata  sul  sito  sin  dall'epoca  romana,  come  lo  provano  i  resti 
di  antichi  ponti  costruiti  dì  piccoli  parallelepipedi  di  tale  roccia 
abbastanza  ben  scalpellinata. 

In  seguito,  trattandosi  di  pietra  costruttiva  e  decorativa 
resistente,  e  viceversa  assai  facilmente  escavabile  e  lavorabile, 
di  tinta  aggradevole,  sita  a  poca  distanza  dal  littorale,  ecc.,  il 
suo  uso  si  estese  poco  a  poco  dal  Finalese  a  varie  regioni  della 
Liguria,  tantoché  nei  secoli  XVI,  XVII  e  XVIII  molte  costru- 
zioni di  Qeuova  ne  furono  parzialmente  .costruite,  cosi  la  Porta 
d'Arco  e  la  Porta  del  Molo  Vecchio,  la  Basilica  di  Carignano, 
il  Palazzo  Municipale  ed  una  quantità  di  Palazzi  sorti  in  quel 
periodo  di  tempo. 

Erano  specialmente  ricercate  le  varietà  granose  e  rosate, 
come  per  es.  quella  di  Verezzì,   ricordanti   certi   graniti   rosei. 

Data  la  facilità  di  lavorazione  se  ne  traevano  spesso  (come 
del  resto  se  ne  traggono  tuttora),  nen  solo  grossi  e  piccoli  pa- 
rallelepipedi, ma  anche  colonne,  balaustrini,  stipiti,  cornici,  ar- 
chitravi ed  altri  varii  pezzi  decorativi. 

Tale  nso  andò  alquando  diminuendo,  forse  in  parte  per  la 
natura  un  po'  alterabile  della  roccia,  pur  continuandosi,  special- 
mente per  i  blocchi  quadrangoli  che  si  estraggono  dalle  regioni 
piìi  comode  nei  fondi  vallivi  del  T.  Àquila  e  della  Fiumara 
(R.  Cornei)  di  Finalpia;  pure  escavandosi  e  lavorandosi  amar- 
tellina  variameute  certi  banchi  a  grana  un  po'  compatta,  spe- 
cialmente presso  Verezzi  (Caprazoppa). 

Pllooene.  —  La  tipica  formazione  pliocenica,  che  non 
affiora  net  Finalese,  occupa  però  l'ampia  insenatura  di  Albenga 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


IL  PINALBSB  527 

estendendosi  sin  contro  le  fald«  mcìndionali  delta  catena  mon- 
tuosa di  Cerìale*Zuccarello;  ma  vj  è  in  massima  parte  mascherata 
dai  depositi  quaternari  antichi  e  recenti. 

La  si  vede  quindi  quasi  solo  afGorare  nelle  pììi  profonde 
incisioni  fatte  dai  torrenti,  specialmente  da  quella  del  T.  Torsero, 
che  fu  reso  famoso,  da  quasi  un  secolo,  per  le  accurate  ricerche 
di  À.  Sasso;  dopo  d'allora  il  Rio  Torsero  fu  meta  di  escursioni 
paleontologiche  di  quasi  tutti  gli  studiosi  del  Pliocene  ligure, 
perchè  le  sue  marne  piìi  o  meno  sabbiose  sono  straordinaria- 
mente ricche  di  fossili,  specialmente  Molluschi  (8.  78,  80), 

Vi  predomioa  l'orizzonte  marnoso  grigio  del  Pliocene  infe- 
riore {Piacemiano)  che  qua  e  là  passa  verso  l'alto  a  zone 
marnoso-sabbiose ,  grìgio-giallastre  o  gialle  dell'asciano,  che 
però  venne  in  gran  parte  abraso  dalle  acque  torrenziali  del 
Plistocene. 

Quaternario.  —  Scarse  in  generale  nell'interno  della  re- 
gione in  esame,  le  formazioni  quaternarie  sono  invece  assai  estese 
nella  zona  littoranea. 

Specialmente  interessanti  sono  i  terreni  plistoeemd  rappre- 
sentati da  depositi  continentali  ciottoloso-sabbioso-argillosi, 
giallo-rossicci,  che  si  estendono  specialmente  nelle  maggiori  in- 
senature costiere,  come  per  es.  di  Borgio,  Loano  ed  Albenga. 

Tali  depositi,  di  spessore  svariatissimo,  da  meno  di  un  metro 
ad  oltre  una  ventina  di  metri,  vanno  ad  appoggiarsi  ad  unghia 
sulle  falde  dei  monti  vicini  di  cui  costituiscono  quasi  la  scarpa 
avvolgente;  sono  limitati  lateralmente  in  modo  abbastanza  spic- 
cato dalle  terrazze  di  erosione  fluvio- torrenziale,  mentre  che 
terminano  piii  dolcemente  verso  il  littorale. 

I  depositi  olocenici  sono  rappresentati  da  detriti  di  falda 
(talora  passanti  a  quelli  plistocenici),  da  alluvioni  sabbioso- 
ghiaioso- ciottolose,  fluvio-torrenziali,  da  sabbie  e  ghiaie  litto- 
ranee,  da  dune  d'ostacolo  (come  le  Arene  candide  state  addos- 
sate dal  vento  alle  falde  del  rilievo  di  Caprazoppa),  nonché  da 
locali  depositi  travertinosi  con  impronte  di  vegetali,  di  Ciclo- 
storne,  ecc. 

Di  un  certo  interesse  sono  speciali  depositi  quaternaii  lit- 
toranei  che  per  la  loro  particolare  posizione  possono  servire  da 
indice  circa  ì  movimenti  della  costa  e  l'intensità  delle  erosioni 
in  epoca  recente. 


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528  FEDEHICO  SACCO 

Uicoi-do  per  es.  la  formazione  di  irregolari  cogoli  (special- 
mente quarzosi,  cementati  con  calcare)  che  costituisce  una  piat- 
taforma su  cui  fu  costruito  l'antico  borgo  (ora  diruto)  del 
Castello  di  Varigutti.  Tale  deposito,  in  relazione  colla  facile 
erodibilità  dogli  schisti  permotriasici  di  una  anticlinsle  già  de- 
scritta a  8U0  luogo,  è  tuttora  ben  conservato  per  trovarsi  ripa- 
rato dal  promontorio  calcareo  del  Castello  di  Varigotti;  il  suo 
interesse  sta  nel  fatto  di  trovarsi  ora  ad  una  quarantina  dì 
metri  s.  1.  m.  ed  isolato  in  modo,  per  successivi  fenomeni  di 
erosione,  da  indicarci  che  questa  regione  doveva  avere  ancora 
nella  prima  metà  del  Quaternario  una  forma  orografica  ed  una 
altimetria  abbastanza  diverse  dell'attuale. 

Chiudo  infine  questi  cenni  sul  Finalese  ricordando  un  argo- 
mento importantissimo  che  riguarda  il  Quaternario  di  questa 
regione,  cioè  le  Caverne,  le  quali  vi  sono  abbondantissime,  sia 
nel  calcare  trìasico,  sia  nella  Pietra  di  Finale. 

Il  loro  interesse  grandissimo  è  dovuto  essenzialmente  al 
fatto  che  esse  diventarono  il  naturale  ricovero  di  una  quantità 
di  svariati  animali  e  dell'uomo  stesso  primitivo  (che  talvolta 
vi  inumò  anche  i  propri!  morti)  già  nel  Paleolitico,  ma  special- 
mente durante  il  periodo  Neolitico  ed  anche  temporaneamente 
in  seguito  sino  all'invasione  romana. 

Tanti  furono  gli  studiosi  di  Speleologia  finalese  che  debbo 
limitarmi  a  citarne  i  nomi  principali,  di  cui  unisco  l'elenco  bi- 
bliografico, cioè:  Amerano,  Barberi,  Barrili,  Bensa,  Broocke, 
Brown,  Brian,  Gelosia,  Clerici,  D'AIbertis,  De-Negrì,  Dodero, 
Fea,  Gestro,  Gervasio,  Gandolfi,  Issel,  Molo»,  Morelli,  Pacinì, 
Ferrando,  Perez,  Pigorini,  Podestà,  Raffo,  Raimondi,  Ranieri, 
Ramorino,  Rovereto,  Rossi,  Sergi,  Solari,  Squinabol,  Vacca, 
Woll,  ecc. 

Le  caverne  (grotte  od  arme  in  dialetto  ligure)  sono  assai 
numerose  nel  Finalese;  ricordo  fra  le  piti  note,  per  dati  paletno- 
logie! ed  altri,  quella  di  Ponte  Vara  nel  calcare  trìasico  di 
Val  Maremola,  di  I^etra  Ligure  nel  Trias  presso  il  casello  fei^ 
roviario  di  Pietra,  di  Gatusso  nel  calcare  tra  la  strada  ferro- 
viaria di  Borgio  e  le  Arene  candide  presso  la  strada  nazionale, 
di  Verezzi  nel  Trias  a  livello  della  ferrovia,  delle  Arene  candide 
0  Armassa  nel  Trias  sopra  tali  dune,  della  Rocca  di  Perii  (quasi 
precedendo  il  Castrttm  Perticfjntm),  di  Pollerà  o  Pian  Marino  tra 


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IL  FINALESE  b29 

questi  casolari  e  qu  ili  di  Mooteaordo  nel  calcare  arenaceo  del 
Miocene,  grotta  che  funzionò  anche  da  necropoli  neolitica,  del 
Principale  {Principà  0  Martin)  pure  nel  Miocene  presso  Monte- 
sordo,  del  Rio  (Rian)  proasima  a  quella  de)  Principale,  del  Bujo 
e  del  Sambrugo  (Sambuco)  a  S.  E.  di  Montesordo,  dell'^c^ua  e 
deiri7otno  morto  nei  calcari  miocenici  del  fianco  destro  della 
Valle  d'Aquila,  del  Sanguineto  o  della  Matta  puie  nel  calcare 
arenaceo  miocenico  del  fianco  destro  dì  Valle  d'Aquila,  dei 
Zeròi  nella  Pietra  di  Finale  sulla  siniatra  di  Valle  d'Aquila 
sotto  il  Bricco  Pianarella,  delle  Fate  {Faje  o  Zembu)  nel  calcare 
arenaceo  miocenico  della  sinistra  di  Val  Ponei  sopra  il  ponte 
romano  dì  Verzi,  di  Arma,  cavità  ad  amplissima  apertura  ad 
arco,  nel  calcare  miocenico,  sulla  quale  stanno  i  casolari  detti 
appunto  dì  Arma  sul  tormentato  altipiano  prolungantesì  a  N.E. 
di  FìQalpia. 

Senza  parlare  della  speciale  Flora  e  partìcolaimente  della 
Fauna  attuale  cavernicole,  mi  limiterò  ad  accennare  come  nei 
depositi  (breccie,  terriccio,  stalagmiti  e  sedimenti  vani)  delle 
caverne  finalesi  siasi  raccolta  una  gran  quantità  di  reati  di 
animali,  sìa  gusci  di  Gasteropodi  (Belici,  Zonitì,  Hjalinie,  Gi- 
clostome.  Pupe,  Bulimi,  ecc.),  sia  ossami  di  Pesci  e  Rettili,  ma 
specialmente  di  Uccelli  (Picchi,  Tordi,  Merli,  Lodole,  Rondini, 
Usignuoli,  Fringuelli,  Stornelli,  Corvi,  Cornacchie,  Gazze,  Per- 
nici, Fagiani,  Stame,  Quaglie,  Pivieri,  Beccacce,  (Colombelle, 
Civette,  Gheppi,  Aquile,  Gufi,  Falchi),  e  svariati  Mammìferi, 
come  PipistreUi,  Talpe,  Ricci,  Arvicole,  Ratti,  Toporagni,  Ghiri, 
Lepri,  Donnole,  Ermellini,  Faine,  Puzzole,  Marmotte,  Bovidi 
(Bue  primigenio,  Bisonte),  Cervidi,  Caprioli,  Antilopi,  Camosci  (^), 
Tassi,  Lupi,  Volpi,  Cani,  Orsi  numerosi  e  diversi  (Orso  speleo 
colla  sua  varietà  ligustica,  ecc.),  Fetidi  (Leoni  delle  caverne, 
Pantere,  Gatti,  Linci,  ecc.).  Iene,  Cinghiali,  Cavalli,  Rinoce- 
ronti, ecc.;  animali  che  in  parte  vissero  o  vennero  a  rifugiarsi 
e  quindi  spesso  a  morire  nelle  caverne,  ma  in  parte  vi  vennero 
portati  sia  da  animali  da  preda,  sia  dall'uomo  preistorico,  essen- 
zialmente appunto  cacciatore. 


('}  La  preaenia  di  Camosci  e  di  Marmotte  è  interegeante  per  indicarci 
le  condizioni  climatologicbe  d'allora  dell'Appennino  Boaleae,  dove  detti  ani- 
mali dovettero  vivere  ed  essere  preda  del  cacciatore  DeoUtìco. 


zed.yGOOg[e 


530  PBDEKICO  SACCO 

Quanto  ai  residni  dell'uomo  preistorico,  specialmente  neoli- 
tico, essi  sono  rappresentati  :  sia  da  scheletri  completi  indìcantici 
antiche  sepolture,  sia  da  resti  di  armi  e  strumenti  varii  in  pietre 
scheggiate  (punte  di  freccia  o  di  lancia,  pugnali,  raschiatoi,  pan- 
temoli,  seghe,  coltelli,  ecc.)  o  levigate  (ascìe,  accette,  scalpelli, 
mazze,  martelli,  macinatoi,  ecc.);  nonché  da  alcuni  strumenti 
anche  di  rame  o  di  bronzo  (ascio,  pugnali,  coltelli,  ecc.)  e  più 
raramente  di  ferro,  oppure,  piti  spesso,  di  osso,  di  corno,  od 
anche  fatti  con  denti  di  Selacidi;  cosi  pure  da  stoviglie  piut- 
tosto grossolane,  ma  spesso  con  graffiti  (ciotole,  olle,  ecc.),  da 
oggetti  svariati  (come  lampadine,  figurine  di  terracotta,  fusarole, 
cucchiai,  arponi  ed  aghi  di  osso  o  di  corno),  anche  ornamentali 
(come  conchiglie  marine,  denti,  coralli  ed  oggetti  lavorati  per 
collane,  pintadere  da  tatuaggio  e  relativa  ocra  rossa,  anelli, 
verghette  nasali,  ecc.),  ossami  spaccati  o  no,  conchiglie  ed  altri 
resti  di  pasto,  ecc. 

Ricordiamo  anche  alcuni,  purtroppo  scarsi,  resti  di  stazioni 
all'aperto,  nonché  le  curiose  incisioni  rupestri  che  oseervansi 
sull'altipiano  di  calcare  miocenico  a  circa  un  km.  e  mezzo  da 
Orco  Feglino  nella  regione^  di  Chiappo  delle  conche. 

Da  tutto  eli)  si  può  dedurre  che  l'uomo  preistorico,  a  tipo 
dolicocefalo,  prognato,  selvaggio,  essenzialmente  nomade-caccia- 
tore, comparso  nel  Finalese  sin  dal  periodo  paleolitico  (essendo 
allora  contemporaneo  colla  grande  fauna  spelea  di  Orsi,  Leoni, 
Iene,  ecc.),  trovò  in  tale  regione  (per  la  forma  orografica,  le 
dense  foreste,  la  ricca  fauna,  il  clima  propizio,  e  specialmente 
per  la  grande  quantità  di  caverne  e  simili  ripari)  un  ambiente 
COSI  favorevole  da  avilupparvìsi  notevolmente,  in  modo  speciale 
nel  susseguente  Neolitico,  utilizzando  tali  caverne  come  ricoveri 
piìi  o  meno  temporanei,  talvolta  anche  come  aiti  di  sepoltura.  Si 
affermarono  quindi  (pih  o  meno  direttamente)  questi  preistorici 
finalesi.  semiselvaggi,  come  aborigeni  Ibero-Liguri  mediterranei 
(commistisi  poi  con  altre  razze  ananoidi,  brachicefale,  immigrate, 
di  pastori-agricoltori,  in  parte  di  origine  celtica)  nei  susseguenti 
periodi  proto3tori<:i  del  Bronzo  e  del  Ferro,  sino  a  raggiungere 
quello  storico,  Romano,  in  cui  si  civìliaBarono. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


IL   FlITALESE 


BIBLIOGRARIA 


(1)  AmR&so  G.  B.,  Scoperta  di  ona  stazione  paleolitica  contemporanea 

al  grande  Orso  delle  Caverne  in  Liguria  (*  Bull.  Paletn,  ItaL  ,, 
XV,  1889). 

(2)  —  Vasi  colorati  e  dipinti  a  disegni  geometrici  nelle  Caverne  del 

Finale  ('  Bull.  Paletn.  Ital.  „  XVII,  1891). 

(3)  —  La  Caverna  delle  Fate  (Ligurie)   (Congrès   intemat.  d'Ànthrop. 

et  d'ÀTchéol.  préhist.  -  C.  B.  X  Sess.,  Paris,  1889-1891). 

(4)  —  Caverne  nel  Finalese  (Lettera  allo  Strobol)  ('  Boll.  Paletn.  Ital.  „ 

XVIII,  1892). 

(5)  —  Stazione  preistorica  all'aperto  nel  Finalese  (Liguria)   ('  BuU. 

Paletn.  Ital.  „  XIX,  1893). 

(6)  B&BELLi  V.,  Cenni  di  Statistica  mineraria  degli  Stati  Sardi  (To- 

rino, 1835). 

(7)  Barbili  A.  G.,  Uli  antichissimi  Liguri    (*  Soc.   Lett   e  Convers. 

scieutif.  „  XII,  Genova,  1889). 

(8)  Bkllakdi  L.  (Vedi  Sacco),   I  Molluschi  dei   Ten-eni    teraiarii   dei 

Piemonte  e  delta   Liguria   (*  Mem.  R.  Àccad.  Se.  Torino  „ 
voi.  I-VI,  1872-1888). 

(9)  BiKSA  P.,  Le  grotte  dell'Appennino  Ligure  e  delle  Alpi  Marittime 

e  Boll.  C.  A.  L  „  voi.  XXXUI,  n"  61,  1900). 

(10)  Bbocohi  G,  B.,  Couchiologia  fossile   sabappennina,    voi.  I,  p.  168 

(Milano,  1814). 

(11)  Cklesia  e.,  Pateoetnologia ;  Caverne  ossifere  nella  Liguria  ("  D  Di- 

ritto „  n°  353,  Roma,  dicembre  1876). 
U2)  Clebici  e.  e  Squimabol  8.,  Escursione  alla  Caverna  delle  Arene 
Candide  (•  Boll.  Soc.  Geol.  Ital.  „  VI,  1887). 

(13)  Dille  Piahb,  Guida  per  escorsioni  negli  Appennini  e  nelle  Alpi 

Liguri  (Genova,  1896). 

(14)  Db  Nbgbi  A-,  Nuove  ricerche   di   A.  Isset  nelle  Caverne  ossifere 

"della  Liguria   ('  Boll.  Soc.  Geogr,  Ital.  „,  serie  2',  voi,  III, 
Roma,  1878). 

(15)  FoKsvTH  Hajob  C,  Materiali  per  servire  ad  una  Storia  degli  Stam- 

becchi e  Atti  Soc.  Tose.  Se.  Nat.  „  Pisa,  1879). 

(16)  OoaLiBLMiHo  G.,  La  Caverna  delle  Fate  ('  La  Luce  „  1878). 

17)  Imo  oronato  A.,  Scheletri  umani  della  Caverna  delle  Arene  Candide 
presso  Finalmarina  ('  Uem.  R.  Acc.  Lincei ,,  III,  voi.  Il,  1878). 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


532  FBDERIOO  SACCO 

(18)  IsBiL  A.,  Dì  an&  Caverna  ossifera  di  Finale  ('  Atti  Soc.  Ita).  Se 

Nat.  „  VII,  1864). 
(li*)  —  Delle  Conchiglie  raccolte  nelle  breccie  e  nelle  Caverne  ossifere 

della  Liguria  Occidentale  (*  Mena.  B.  Acc.  Se.  Torino  , ,  serie  2*, 

tomo  XXIV,  Torino,  1867). 

(20)  —  Résumé  des  recherches  concemant  l'anciennet^  de  l'homme  en 

Ligorie   C  C.  R.  C!ongrès  d'Authropologie  et  d'Archeologie 
préhistoriqne  „  Paris,  1867). 

(21)  —  Rapport  sur  les  rèe.  découv.  et  public,  en  Ligurie  (Uatér.  pour 

l'Hist.  posit  et  phil.  de  l'homme,  VI,  Paris,  1870). 

(22)  —  Cenni  intorno  al  modo  di  esplorare  utilmente  le  Caverne  ossi- 

fere  della   Liguria  ("  Eflem.  Soc.  Lett.  e  Convers.  scient. ,, 
Genova,  1874). 

(23)  —  Sul  ritrovamento  di  ano   scheletro   umano   nella   Caverna  di 

Finale  ("  R  Movimento  „  n"  101,  1874). 

(24)  —  L'uomo  preistorico  in  Italia  (In  Lubbock,  Torino,  1875). 

(25)  —  Una  Caverna  sepolcrale  in  Liguria  (La  Beneficenza,  Genova,  1876). 

(26)  —  Di  alcune  fìere  fossili  nel  Finalese  (*  Giom.  della  3oc  dì  lieti, 

e  Convers.  scientif. ,,  II,  Genova,  1878). 

(27)  —  Nuove  ricerche   sulle    Caverne   ossifere   della   Liguria  ('  Mem. 

B.  Acc.  Lìncei  „  serie  3»,  voi.  2%  1878). 

(28)  —  Osservazioni  relative  ad  alcane  Caverne  ossifere  della  Ligaria 

Occidentale  ("  Boll,  di  Paletn.  Ital.  „  Vili,  1882). 

(29)  —  Cenni  sui  materiali  estrattivi  dei  monti  Liguri    (Rie.  Sez.  Lig. 

C.  A.  L,  Genova,  1883). 

(SO)  —  Pintaderas  (■  La  Natura  „  n"  24,  Milano,  1884). 

(31)  —  Caverne  del  Loanese  e  del  Finalese  (con  appendice  di  C.  Rai- 

mondi) C  Bull.  Paletn.  Ital.  „  XI,  1885). 

(32)  —  La  Ligorìa  ed  i  suoi  abitanti  nei  tempi  primordiali  (Genova,  1885). 

(33)  —  Dei  Fossili  recentemente  raccolti  nella  Caverna  delle  Fate  (*  Ann. 

Mus.  Civ.  di  Genova  „  serie  2",  voi.  9",  1886). 

(84)  —  Note  intorno  al  rilevamento  geologico  del   territorio  compreso 

nei  fogli  di  Cairo  Uontenotte  e  Varasse  della  Carta  topogr. 
milit.  e  Boll.  Com.  geol.  ital.  „  XVI,  1885). 

(85)  —  La  Pietia  dì  Finale  neUa  Riviera  Ligure  (*  Boll.  Com.  geol.  ital.  , , 

XVI,  1885). 
(36)  —  Catalogo  dei  fossili    della  Pietra  di  Finale  (*  Boll.  Com.  geoU 

ital.  „  XVII,  1886). 
N.B.  Questi  ultimi  tre  lavori  sul  Finalese  furono  rìoniti 

dall'Autore  in  un   fascìcolo   speciale   intitolato    *  Contributi 

alla  Geologia  Ligustica ,,  Roma,  1886. 
(87)  —  Scavi  recenti  nella  Caverna  delle  Arene  Candide  (*  Bnll.  Paletn. 

Ital.  „  XII,  1886). 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


IL  F1NALB8B  533 

(88)  Ibsil  a.,  Besti  di  nn  -  antropoide  rìnveoati  nel  pliocene  di  Pietra 
Ligure  e  BoU.  Soc.  geol.  ital.  ,,  V,  1886). 

(39)  —  Mazzooli  L.  e  Zaooagna  D.,  Carta  geologica  delle  Ririere  Liguri 

e  delle  AJpi  Marìttime  (3ez.  lig.  del  C.  A.  I.,  Oenora,  1887), 
scala  di  1  a  200.000. 

(40)  —  La  nuova  Carta  geologica  delle  Riviere  Liguri  e  delle  Alpi  Ma- 

rittime  ('  BoU.  Soc.  geol.  ital.  „  VI,  1887). 

(41)  —  Del  ritrovamento  di  una  conchìglia  esotica  nella  Caverna  delle 

Arene  Candide  ('  Bull.  Paletn.  Ital.  „  Xm,  1887). 

(42)  —  e  SQOiHABot.  S.,  Carta  geologica  della  Liguria  (Qenova,  1891), 

scala  di  1  a  200.000. 

(43)  —  Note  paletnologiche  snlla  Collezione  del  sig.^0.  B.  Bossi  (*  BuU. 

Paletn.  Ital.  „  XIX,  1893). 

(44)  —  e  Tr&vbbso  S.,  Note  sul  litorale  fra  Vado  e  Spotonio  ('Atti 

Soc.  lig.  Se.  Nat.  „  V,  1894). 

(45)  —  Cenni  "di  nuove  raccolte  nelle   Caverne    ossifere   della    Liguria 

("Atti  Soc.  lig.  Se.  Nat. ,,  V,  Genova,  1894). 

(46)  —  Liguria  geol<^ca  e  preistorica  (Genova,  1892). 

(47)  —  Eicursion  géologique  dans  les  env.  de   Gflnes  (Genova,  1905). 

(48)  —  Incisionìrnpe8trinelPinale8eCBall.Paletn.Ital.„XXIV,1900). 
f49)  —  Dn  exemple  de  survivance  préhisturique  (*  C.  R.  XIII  Gongrés 

d'Anthrop.  et  d'Archéol.  préhist.  ,,  Monaco,  1907). 

(50)  —  Cavità  rupestri  simili  alle  Caldaie  dei  Giganti  (Genova,  1907). 

(51)  —  Liguria    preistorica   ('Atti  Soc.  lig.   Storia  patria,,   voi.  XL, 

Genova,  1908). 

(52)  —  Memoriale   degli   Alpinisti   ("Ann.  Sez.  Lig.  C.  A.  I.,,  Ge- 

nova, 1914). 

(53)  —  Le  Caverne  e  ta  loro  esplorazione   scientìfica    {'  An*  Sez.  lig. 

del  C.  A.  L  „  Genova,  1915). 

(54)  JiBvis  G.,  I  Tesori  sotterranei  dell'Italia.  Pai-te  II'  (R^one  Jel- 

l' Appennino),  Torino,  1874,  e  Parte  IV>  (Economica),  1889. 

(55)  Maineri,  Della  Caverna  dì  Verzì-Pìetra  (Genova,  1873). 

(56)  Mazzuoli  (V.  Issil,  1887). 

(57)  Molo»  F.,  Preistorici  e  contemporanei.  Studi  paleoetnologicì  in  re- 

lazione al  popolo  logore  (Milano,  D.  Hoeplì,  1880). 

(58)  —  Paletnologia  italiana.  I  nostri  antenati    (Parma,  1887). 

(59)  HoSBi.1.1  N.,  Nota  sopra  ta  Tana   del    Colombo    nel    territorio    di 

Toirano  ('Atti  Soc.  lig.  Se.  Nat. ,,  I,  Genova,  1889). 

(60)  —  Note  sulla  Caverna  della  Basua  ('Atti  Soc.  lig.  Se.  Nat.  „  I, 

Genova,  1889). 

(61)  —  Relazione  sugli  scavi  esegniti  nella  Caverna  della  Pollerà  situata 

nel  Finatese  (*  Mem.  R.  Acc.  Lincei  „  IV,  1888). 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


534  PEDBKICO  SACCO 

(62)  MoKBLLi  N.,  Nota  sopra  due  Cavenie    recentemente   esplorata  nel 

territorio  di  Toirano  ('  BaU.  Paletn.  Ital.  „  SVI,  1890). 

(63)  —  La  Caverna  del  Pastore  e  Livrea,  situata  nel  territorio  di  Toi- 

rano e  Atti  Soc.  lìg.  Se.  Nat.  „  I  e  II,  Genova,  1889-1690). 

(64)  —  Di  una   Stazione    litica    a    Pieti'a    Ligure    ("Atti  Soc.  lig.  Se. 

Nat.,,  II,  Genova,  1890). 

(65)  —  Antichi  manafatti  metallici  della  Liguria  ('  Bull.  Paletn.  ItaL  ,, 

XIV,  1888). 

(66)  —  Resti  organici  rinvenuti   nelle   Caverne   delle   Arene   Candide 

('Atti  Soc.  lig.  Se.  Nat.,,  I  e  II,  1889-1890). 

(67)  —  La   Caverna    di    S.  Eusebio    nel    Finalese    ('Atti  Soc.  lìg.  Se 

Nat. ,,  V,  Genova,  1894). 

(68)  —  Iconografia  della  Preistoria  ligustica  (Genova,  1901). 

(69)  Pacihi  Cadublo  M.,  L'Arma  del  Sanguineto  o  Caverna  della  Matta 

("Atti  Soc.  Storia  savonese  ,,  II,  Savona,  1890), 

(70)  Pakbto  L.,  Descrizione  di  Genova  e  del  Genovesato   (Voi.  I,  Ge- 

nova, 1846). 

(71)  Pbrbando  D,  G.,  Sur  deui  Cavemes  de  la  Ligarie  (Congr.  Internat 

d'Anthròp.  et  d'Archéol.  préhist.,  V,  Bologne,  1873). 

(72)  PioomHt  L.,  Avanzi  umani  e  manufatti  litici  colorati  dell'età  della 

Pietra  ("  Boll.  Paletn.  Ital.  „  VI,  1880). 

(73)  Batfo  L.,  Le  Caverne  delle  Arene  Candide  e  della  Pollerà  (*  Rie. 

Sex.  lig.  C.  A.  I.  .,  Genova,  18S3). 

(74)  Raimondi  C,  Dì  una  anomalìa  dell'osso  sacro  nell'uomo,  più  fre- 

quente nelle  Scimmie  antropoidi  (*  Ami.  Mns.  civ.  St  Nat.  „ 
II,  voi.  2',  Genova,  1885,  e  '  Rend.  Et.  Aec.  Se.  med.  „ 
Genova,  1885). 

(75)  Rakokiho  G.,  Sopra  le  Caverne  di  Liguria  e  specialmente  sopra 

una  recentemente  scoperta  a  Verezzi  sopra  Finale  (*  Mem. 
R.  Acc.  Se.  Torino  „  serie  II,  voi.  XXIV,  Torino,  1866). 

(76)  Ranikbi  L.,    Cenni   intomo   alle   antiche   Caverne   della   Liguria 

e  L'Unione  „  n"  17  a  28,  Porto  Maurizio,  1886). 

(77)  RovBBBTO  G.,  Arcaico  e  Paleozoico  nel  Savonese  ('  Boll.  Soc.  geol. 

ital.  „  XIV.  1895). 

(78)  Saooo  F.  (V.  Bbllabsi),  I  Molluschi  dei  Terreni  terriarii  del  Pie- 

monte e  della  Liguria  (Voi.  VI-XXX,  Torino,  1889-1904). 

(79)  —  L'Appennino  settentrionale  e  centrale  (Torino,  1904),  con  Carta 

geologica  alla  scala  dì  1  a  500.000. 

(80)  Sasso  A.,  Saggio  geologico  sopra  il  Bacino  terziario  di  Albei^ 

e  Gìom.  lig.  di  Se,  Lett.  ed  Arti  „  V,  Genova,  1827). 

(81)  Sbbqi  G.,  Ligori  e  Celti  nella  valle  del  Po  ('  Arch.  per  l'Antrop. 

e  l'Etnol.  .,  XIII,  Firenze,  1883). 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


IL  riNALESB  535 

(82)  SiBHONDA  A-,  OsserrazìoDÌ  geologiche  sulle  Alpi  Marittiine  e  sugli 

Appennini  lignriCUem.B.Acc.  Bc.  Torino,,  serie II,  tomo IV, 
Torino,  1841). 

(83)  —  Carta  geologica  di  Savoia,  Piemonte  e  Liguria  (Torino,  1862, 

1866). 

(84)  Sp&llahzahi  L.,  Lettera  relatdya  a  dì7erei  oggetti  fossili  e  montani 

('  Uem.  di  Uatem.  e  Fìsica ,,  II,  Verona,  1784). 

(85)  Zaooaoha  D.  (V.  Issbl,  1887). 

(86)  —  Conformazione  stratigrafica  fra  il  torrente  Neva  ed  il  Penna- 

vaira  in  territorio  dì  Albenga (' Boll. Com.  geol.it.  ,,XL,  1909). 


INDICE 


Qeberalità Pag.  514 

Carbonifero  e  Permiano ,  517 

Trias 618 

Infraìiaa,  Gìoraliat,  Eocene ,  522 

Miocene 523 

Pliocene ,526 

Quaternario ,  527 

Bibliografia 531 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


FEDBRICO  SACCO  —    IL  FINALESE 


« 


l.  } 

4. 


ili 


ì  if 


L' Accademico  Segretario 
Cablo  Fabrizio  Pabona 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


CLASSE 

SCIENZE  MORALI.  STORICHE  E  FILOLOGICHE 


Adunanza  del  8  Maggio  1920 


PRESIDENZA   DEL   SOCIO    SENATORE    FRANCESCO    ROFFINI 
VICEPRESIDENTE   DSLL'aCCADEHIA 


Sono  presenti  i  Soci  S.  E.  Boselli  Direttore  della  Classe, 
De  Sanctis,  Bronci,  Baudi  di  Veske,  Patetta,  Vidabi,  Prato, 
Gian,  Valmao&i,  Faggi,  Luzio,  Mosca,  e  Stampini  Segretario 
della  Classe. 

È  scusata  l'assenza  dei  Soci  Einaudi  e  Pacchioni. 

Si  legge  e  si  approva  l'atto  verbale  della  precedente 
adunanza  del  18  aprile  u.  s. 

Il  Presidente  saluta  e  presenta  alla  Classe  il  nuovo  Socio 
nazionale  residente  Senatore  Oaetano  Mosca,  il  quale  porge  vivi 
ringraziamenti  così  al  Presidente  come  alla  Classe. 

Il  Socio  Prato  presenta  in  omcCggio  all'Accademia,  anche 
a  nome  del  Socio  Einaudi,  i)  volume  XXX  (anno  1919)  della 
rivista  La  Siforma  Sociale  insieme  col  volume  L'Italia  economica 
nel  1918  (anno  X)  di  Riccardo  Bachi.  La  Classe  ringrazia. 

L'Accademico  Segretario  presenta  il  volume,  pervenuto  alla 
Accademia,  di  Paolo  Monceaux  su  Saint  Optai  et  les  premiera 
écrivains  Donatistea  (Paris,  1920),  che  è  il  quinto  della  Hiatoire 
littéraire  de  l'Afrique  chréiienne,  e  ricorda  che  i  primi  tre  volumi 
di  quest'opera  furono  premiati  dalla  nostra  Accademia  nel  1908. 
La  Classe  gradisce,  ringraziando,  il  dono. 


zed.yGOOgle 


538 

Il  Vicepresidente  Rottini  fa  omaggio  all' Accademia  della 
sua  monografia  Guerra  e  riforme  coBtitiizionaU  che  è,  nelle  sue 
parti  essenziali,  il  discorao  da  lui  letto  per  l'inaugurazione 
degli  studi  il  24  novembre  1919  neirUniversità  Torinese.  £  il 
Socio  S.  E.  BosBLLi  rileva  con  una  breve  disamina  rimportaaza 
di  tale  monografia  ih  cui  l'autore,  movendo  da  tin  argomento 
essenzialmente  politico,  lo  ha  saputo  rendere  rigorosamente 
scientifico.  La  Classe  ringrazia  per  il  dono  graditissimo. 

11  Socio  Luzio  presenta  per  la  pubblicazione  negli  Atti  una 
Nota  del  Socio  Sforza  assente  intitolata  La  patria  di  papa 
Entichiano. 

Raccoltasi  la  Classe  in  adunanza  privata,  procede  alla  no- 
mina di  un  membro  della  Commissione  per  il  Premio  Gantieri 
riservato  alla  Letteratura  (triennio  1917-1919),  in  sostituzione 
del  Socio  Gian  dimiasionarìo.  Risulta  eletto  il  Socio  Luzio.  La 
Classe  nominò  poscia  a  Delegato  della  Reale  Accademia  delle 
Scienze  di  Torino  per  il  prossimo  convegoo  accademico  inter- 
nazionale a  Bruxelles  il  Socio  De  Sahotis.  E  il  Socio  EiKAUot 
fu  eletto  a  delegato  della  Classe  nel  Consiglio  d'Amministra- 
zione dell'Accademia.         ^ 


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GIOVANNI   SFOIIZA   —   LA   PATRIA   DI  PAPA   BUTICBIANO 

LETTURE 

La  piitpia  di  papa  fiutichiaDO 

Nota  del  Socio  nazionale  residente  GIOVANNI  SFORZA 


Il  P.  Cesare  Franciotti  della  Congregazione  della  Madre  di 
Dio,  nato  a  Lucca  il  3  luglio  del  1557,  predicatore  applaudito 
dal  Bellarmino  e  dal  Baronie,  e  caro  a  S.  Filippo  Neri,  nel  1613 
stampò  le  Historie  delle  miracolose  imagini  e  delle  vite  de'  Santi, 
i  corpi  de'  quali  sono  nella  citìà  di  Lucca.  A  p.  49,  parlando  di 
S.  Eutichiano,  sostiene  non  esser  di  Luni,  ma  lucchese,  come 
'si  ha  ,  (son  sue  parole)  '  dagli  istromenti  antichi,  conservati 
nell'Archivio  del  Vescovato  di  Lucca,  ne'  quali  si  afferma  che 
questo  pontefice  era  nativo  del  castello  di  Montemagno,  vicino 
a  Schiava;  il  qual  castello  in  tutto  lo  stato  di  Luni  non  si  trova 
nominato  in  alcuna  maniera,  ma  si  trova  bene  nello  stato  di 
Lucca,  circa  dieci  miglia  lontano  dalla  città  ,.  Il  prof.  Domenico 
Bertini,  nel  ricordarlo,  soggiunge:  "  Il  non  aver  esso  ,  [Fran- 
ciotti], '  secondo  il  costume  del  suo  tempo,  indicato  il  registro 
di  questi  strumenti,  è  stato  certo  un  danno  per  me,  non  es- 
sendo sì  agevole  il  rinvenirli  fì'a  tante  migliaia  di  altre  carte 
diverse,  registrate  non  secondo  l'ordine  cronologico;  ed  ognun 
vede  quanto  sarebbe  per  noi  opjLortunauna  siffatta  testimonianza 
nella  presente  quistione.  Può  peraltro  stabilirsi  fin  d'ora,  che  da 
una  parte  non  è  lecito  di  apporre  senza  ragione  a  questo  scrit- 
tore, per  tanti  titoli  venerabile,  la  taccia  di  mentitore.  Affer- 
mandolo in  un  modo  positivo,  bisogna  che  ei  leggesse  di  fatto 
ne'  nostri  archivi  qualche  cosa  di  relativo  a  questo  punto  ,  (1). 


(1)  DoHiHico  Bebtiui,  OsiemoiioiU  intorno  alla  pntria  e  alla  famiglia 
del  «omino  pontefice  EitgeHÌQ  III;  negli  *Atti  della  B.  Accademia  Lucchese 
di  scienze,  lettere  ed  arti  .,  11.  153. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


540  GIOVANNI  &FOKZA 

Dell'affermazione  del  P.  Francjotti  non  è  da  tenere  nessu- 
nìssimo conto,  leggendosi  in  un'opera,  che,  a  giudizio  perfino 
di  Cesare  Lucchesini,  *  spira  molta  pietà,  ma  vi  si  desidera 
maggior  critica  ,  (1).  Del  resto,  il  sarzanese  Bonaventara 
De'  Bossi  [16661741]  ebbe  a  dichiarare:  •  Fatto  da  me  rico- 
noscere se  Degli  Archivi  di  Lucca  v'era  istromento  alcuno  che 
canonizzasse  questo  santo  pontefice  per  lucchese,  come  pretende 
■1  P.  Franciotti,  la  risposta  fu  non  esservi  se  non  una  memoria 
antica,  in  caratten  antichi  e  di  folta  e  difficilissima  intelligenza, 
dove  non  si  scorge  appieno  se  si  dica  lucchese  o  lunese;  e  dove 
dice  il  P.  Franciotti  che  fosse  di  Montemagno,  vii-ino  a  Schiava, 
ha  preso  un  equivoco  evidentissimo,  perchè  in  detta  scrittura, 
che,  in  sostanza,  è  un  piccolo  compendio  della  vita  di  questo 
santo  papa,  non  si  nomina  né  Montemagno,  né  Schiava,  ma 
bene')  Magnes,  schiavo  persiano,  che,  come  eretico  iniquissimo 
che  ingannava  con  false  dottrine  i  popoli  d'Asia,  fu  dal  nostro 
santo  pontefice  Eutichiano  riprovato  e  dannato.  Oltre  dì  che, 
si  sa  benissimo  che  gli  atti  de'  santi  della  primitiva  Chiesa,  e 
massime  di  quelli  che  furono  più  vicini  a'  tempi  di  Gesù  Cristo, 
sono  periti  in  gran  parte,  essendone  appena  rimasta  la  semplice 
tradizione,  onde  sarebbe  stata  gran  fortuna  della  Chiesa  di 
Lucca  l'aver  potuto  conservare  istrumenti  cosi  anUchì  ,  (2).  È 
forza  ripetere  con  l'ab.  Giuseppe  Paganetti:  *  di  Loni  sempre 
stimollo  tutta  costantemente  l'antichità,  e  quanti  poi  buoni 
critici  di  lui  hanno  scritto  ne'  secoli  più  moderni...  Que'  pochi 
autori  che  fanno  lucchese  Eutìchiano  sono  moderni,  e  contrap- 
posti a'  loro  contrari  non  reggono  al  confronto  .  (3).  Uno  di 
questi  '  pochi  autori  ,,  ma  affatto  ignoto,  è  ricordato  dal  Fran- 
ciotti. *  Ultimamente  .  (così  scrive)  *  anche  Girolamo  Francino 


(1)  CuiBC  Ldcchhihi,  DtUa  Storia  htltraria  dtl  Ducato  di  iMcea,  libri 
gttle;  nelle  *  Mamorie  e  Documenti  per  aerfire  all'irtorift  del  Dacato  di 
Lucca  .,  X,  93. 

(2)  BoHivEHTDBÀ  Di'  RoBBi,  CoHeltanta  copiotitsima  di  memorie  e  noli'z» 
isteriche  apparlentnti  alla  città  e  provincia  di  Luni,  dettante  con  gran  tempo 
t  fatica  da  mollisiiine  aeritlure  et  istorie  autentiche  e  da  varii  Arehivii,  tos. 
piesao  il  dott.  Raimondo  Lari  di  Sanano,  voi.  II.  put.  1.  pp.  76-79. 

(H)  Gioairra  PASAHnri,  Istoria  ecelesiatliea  itila  Liguria,  Genova,  Taii^, 
176S,  tom.  I,  pp.  818-814. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


LA   PATRIA   DI   PAPA   BDTICHIANO  54L 

aFFerma  essere  stato  lucchese  questo  santo  pontefice  , .  Lucchese 
l'aveva  fatto  assai  prima  Onofrio  Panvinio  [1529-1568]  di  Ve- 
rona (I).  Ecco  le  sue  parole:  *  Eutichianus,  nattone  Italus,  pro- 
vincia Thuscia,  patria  Lucensis,  ex  patre  Maximo  ,  (2). 


(Ij  Epitome  PoHtifieum  Romanorum  a  S.  Pttro  ungile  ad  Faulum  liti, 
HoMCPBHio  Pahvinio,  vtroHenniì  f.  augustiniano  authorf,  Venetiia,  impensis 
lacobi  Stradae  mantaani,  1557,  p.  10. 

(2)  Il  padre  del  pontefice  fa  iavece  Marino.  Nell'errore  di  farlo  figliuolo 
di  Manimo,  era  gik  caduto  il  PlAtina,  che  icrigse:  'Eutichianus,  natìoa« 
Thuacua,  patre  Maximo  ,.  Già  ai  leggeva  nell'ifa'ta  iiltutrata  di  Flftvio 
Biondo:  '  Secna  Uacram  ainnem  vetnsta  interiit  Lana  inter  capita  Etruriae 
numerata,  quae  Eutichianum,  pontificem  Romanum,  patre  Maiimo  genuìt .. 
Già  Iacopo  Filippo  da  Bergamo,  nel  suo  Sopplimmto  delle  Cronieht  univer- 
sali del  mondo  (mi  vnlgo  della  traduzione  che  ne  fece  Francesco  Sbubovìuo, 
stampata  a  VeoCEta,  presso  Altobello  Salicnto,  il  1581),  disse:  *  Eutichiano, 
papa,  nato  in  Toscana,  nella  città  di  Lnni,  et  di  padre  chiamato  Mauioio  ,. 

Tommaso  Forcacchì  dì  Castiglione  aretino  vuole  che  papa  Eutichiano 
sia  della  *  famiglia  Hartia  di  Roma ,  ;  sogna  che  Marzio  Agrippa,  dopo  la 
morte  di  Caracalla,  si  ritirasse  a  Luni.  'dove  si  haveva  fnbricato  luoghi 
deitciosi  per  quella  marina  ,  e  dove  fini  la  vita,  '  d'età  vecchissimo,  l'anno 
del  Signore  220  ,,  lasciando  molti  figliuoli;  uno  *  de'  quali,  G.  Massimo,  fa 
christiano  et  sopportando  le  persecutioni  che  in  quei  tempi  da  tutti  i  chri- 
Btiani  furono  l'ottava  volta  patite,  ancor  esso  ci  fu  ammazzato  l'anno  258  ,. 
Afferma  che  *  di  Massimo  reatb,  fra  gli  altri,  un  figliuolo,  che  fu  P.  Euti- 
chiano, il  qnale  nacque  appressa  Luna  in  Thoscana ,  ;  e  *  datosi  alla  rel- 
ligion  Christiana  e  vivendo  santamente  fu  creato  papa  ,.  Cfr.  Toumaso. 
PoBCACQHi,  Hisioria  dell'origine  et  gueeestiont  dell' Jllustritiima  Famiglia  Ma- 
laapina,  Verona,  Discepolo,  1585,  pp.  17-18.  11  canonico  sarzanese  Ippolito 
Landinelli  [1556-1S29],  alla  sua  volta,  scrive:  '  Nacque  questo  santo  pon- 
tefice ,  [Entichiano]  *  nella  nostra  città  di  Lani  di  nobilissima  stirpe, 
comecché  li  suoi  antenati  fossero  romani,  ritiratisi  in  Luni  dopo  l'avveni- 
mento di  Cristo  nei  tempi  d'Adriano,  imperatore.  Da  Lucio  Marzio,  che 
mori  dopo  Caracalla  e  della  salute  220  anni,  dicono  che  discese  Caio  Ha»- 
BÌmo,  e  che  del  258  pati  persecuiione  e  martirio  per  Gesù  Cristo;  e  da 
Gaio  Massimo,  Eutichiano,  il  quale,  seguendo  le  vestigie  del  padre,  ae  ne 
andò  a  Roma,  e  quivi,  per  la  santità  della  vita  fn  creato  papa,.  Cfr.  Ip- 
polito Landinelli,  Origine  deìl'antiehùiaitHa  città  di  Luni,  della  4ua  diìtru- 
tione,  della  città  di  Sarzana  e  di  tutte  le  cose  più  notabili  appartenenti  a 
detta  città  e  a  tutta  la  Provincia  di  Luni,  della  Chieta  Luitete  e  de'  tuoi 
veeeovi  antichi,  ms.  presso  di  me,  cap.  13,  p.  134.  Raffaello  Soprani  di  Ge- 
nova afferma  Eutichiano  esser  nato  nell'antica  città  di  Luni  *  da  Gn.  Mas- 
simo, di  famiglia  Martia,  anch'egli  Lunese  e  martire  di  Christo  ,.  Cfr  Raf- 
pAKtLO  SopBAMr,  Li  Scrittori  della  Liguria,  Genovn,  Calenzani.   1665,  p.  87. 

Atti  delta  R.  Accademia  —  Voi.  LV.  37 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


542  GiovAxin  sfokza 

Anche  un  altro  lucchese,  Nicolao  Tucci,  che  viase  dal  1541 
al  1615,  ne'  suoi  Illustrium  Lueetisium  elogia,  opera  rimaata  ma- 
noscritta, tratta  De  Sancto  Eutychiano  poittifice  et  martire,  e  lo 
fa  nato  a  Lucca.  Che  però  sia  di  Luiii  lo  attesta  il  Liber  pon- 
tificalis:  *  natione  Tuscus,  ex  patre  Marino,  de  civitate  Lunae  ,  (1). 

Il  P.  Gabriele  Orammatica,  lucchese  anch'esso  ed  egli  pure 
della  Congregazione  della  Madre  di  Dio,  nella  seconda  edizione 
della  sua  Gnida  sacra  alle  chiese  di  Lucca,  che  vide  la  luce 
nel  1741,  sotto  il  giorno  19  decembre  scrive:  "  S,  Eutichiano 
pap4  e  martire.  La  sua  deposizione  celebrasi  agli  8  di  questo 
mese,  secondo  il  Martirologio  Romano  e  quello  del  Fiorentini; 
da  altii  è  portata  a  questo  giorno.  È  tradizione  antica  che 
questo  santo  fosse  lucchese,  benché  per  una  leggiera  mutazione 
di  lettere  si  trovi  scritto  luneae.  Anche  vien  creduto  nato  nel 
castello  di  Montemagno  della  nostra  diocesi  e  stato;  e  nella 
chiesa  di  questo  luogo  si  dice  essersi  scorto  fino  a'  dì  nostri 
un'antica  pittura,  mezza  cancellata,  esprimente  l'immagine   di 


AgoBtÌDO  Oldoini  della  Spezia  to  dice  *  e  familia  Mattia,  Joannis  Haiimi 
filiQH,.  Cfr.  Athmaeum  Ligusticum,  mu  Syìlabus  acriptantm  Liguruni,  nte 
non  Sartaninrium  ac  Ci/rnensius  Reipubtieae  Genuensit  «uMJforunt  ab  Anou' 
■TINO  Oldoinio,  Soeielatia  leau,  collectus,  Pproaiae,  ex  tjp.  episcopali,  1680, 
pp.  168-169.  Giuliano  Lamorati  dì  PortoTSnere  stampa:  *  S.  Entichiano, 
Dato  in  Loni,  fu  reso  atto  ad  imprese  grandi,  non  solo  dalla  nascita,  che 
diede  aempre  onerosi  impulsi  ad  eroicamente  operare,  poscia  che  fa  di 
casa  Martia,  orianda  da  Anco  Martio,  re  de'  Romani,  ma  ancora  da  dome- 
itici  easempii,  essendo  figlio  di  Gn.  Massimo,  che  sotto  l'imperatore  Yale- 
nano  co'l  suo  sangue  inalbò  te  palme  del  euo  trionfo  ,.  Cfr.  Gicliaho 
Lahobati,  Hiwtorie  di  Limigìana  che  contengono  »ucee$H  mrmoriAiU,  ruine 
di  Luhì,  eroi  in  santità,  pirtà  e  dignità  teclttioitìcht  riguardevoU  che  in  delta 
Pfovincia  fiorirono.  In  Matusa,  nella  stampa  di  Girolamo  Marini,  1685, 
pp.  67-58. 

Tra  i  pochi  che  non  caddero  nel  grossolano  errore  è  da  se^alani  il 
Ciaeconio  -  Alfonso  Chacon  -;  le  coi  Vitae  et  rea  geslae  Pontifieum  Bomanorttm 
et  S.  R.  B.  Cardinalium  nsciron  fuori  postume  il  1601,  per  cura  di  Francesco 
Uoralei  Cabrerà;  le  ristampò  Luca  WaddiDg  nel  1630;  Agoatino  Oldoini 
il  1677.  Ti  sta  scritto:  *  Sanctus  Eutichianus  etmaoas,  patria  Lnnensis, 
Marino  geaitua  patre  .. 

(1)  Liber  pontificali»  pars  prior.  Edidit  Treodobos  Mohhbbh,  Berolini, 
apud  WiedmannOB,  MDCCCXCVIII,  p.  38.  Fa  parte  del  voi,  I  Oe*t4>rKm 
Pontìfitutn  Romanorum,  ne'  Monumenta  Germaniae  kiatorica. 


zed.yGOOgle 


LA   PATRIA   DI  PAPA   EDTICBIANO  543 

questo  santo  Pontefice  ,.  L'affermazione  de]  Grammatica  andò 
poco  a  sangue  a  monsig.  Gio.  Domenico  Mansi,  che  osserva: 
*  Bisogna  però  confessare  che  tutti  i  rodici  a  pi^nna  del  Libro 
chiamato  Pontificale  di  S.  Damaso,  o  aia  dì  Anastasio,  leggono 
costantemente  de  chiiate  Lunae,  e  non  mai  Lucae,  onde  resta 
solo  a  dichiararlo  lucchese  una  tradizione  per  dir  vero  incerta, 
perchè  non  fondata  se  non  su  d'una  mediocre  antichità  ,  (1). 
A  favore  del  Grammatica  spezzò  invece  una  lancia  l'ab.  Dome- 
nico Barsocchini.  "  Il  celebre  bollandista  Papembrochio  ,  (cosi 
scrisse)  '  nel  Pr/obil.  ad  Ada  SS.  Maxi,  pag.  120,  parlando  della 
nostra  tradizione,  osserva  che  S.  Eutichiano  dìcesi  negli  atti  to- 
scano; e  riflettendo  quindi  che  tanto  Strabene,  lib.  IV,  quanto 
Pomponio  Mela,  lib.  II,  pongono  amendue  Luni  non  in  Toscana, 
ma  in  Liguria,  protestasi  di  non  voler  pregiudicare  col  suo  giu- 
dìzio ne  all'una,  né  all'altra  città,  sebbene  però  ben  sì  veda 
dalle  sue  parole  propendere  più  per  Lucca  che  per  Luni.  Ego 
neutri  urbi  praejudicatum  volo:  maximi  tamen  apud  me  momenti 
est,  ut  esse  debft,  dicisio  Frocincìarum  a  Stntbone  et  Pomponio 
indirata,  qui  lieet  vixerint  vniis  sub  Tiberio,  alter  sub  Claudio ... 
Lunam  non  attribuunt  Tusciae,  sed  Liguriae.  Dunque  Eutichiano  , 
(conchiude  il  Barsocchini)  '  non  poteva  esser  Junese,  perchè 
Luni,  almen  di  quel  tempo,  non  fu  mai  compresa  nella  Toscana. 
Dee  quindi  dedursene  che  forse  per  uno  sbaglio,  facile  a  com- 
mettersi nei  codici  a  penna,  sia  incorsa  la  parola  lunense  invece 
di  lucense  ,  (2).  Son  baie:  i  codici  tutti  si  accordano  a  dirlo  di 
Luni;  né  a  Luni  Io  toglie  Francesco  Maria  Fiorentini,  il  più 
dotto  degli  eruditi  lucchesi,  che  scrive:  "  Lucensem  patriae 
meao  civem  aliqui  ex  nostris  S.  Eutichianum  malunt,  quam 
Lunensem.  Sine  vetusto  monumento,  ant  auctore,  non  affir- 
marem  .  (3). 


(1]  Gio.  DoMBMico  Mansi,  Diario  sagro  antico  e  moderno  delle  chiese  di 
Lutea,  eompùàlo  già  da  un  religioso  drlla  Congregaiioite  delta  Madre  di  Dia, 
rivtdnto  ed  aeeretciuto,  Lncca,  per  Giuseppe  Salanì  e  Tincenzo  Oiuntìni, 
1753,  p.  348. 

(2)  Diario  tacro  delle  ekitae  di  Lucca  di  monaignore  Giovin  Dohinico  Minsi, 
aecomodato  all'uto  dei  tempi  moderai  ed  accresciuto  di  molle  notizie  sloriche 
del  nostro  paese  dall'ab.  Domknico  Babsocchihi,  Lucca,  tipografìa  Giusti,  1836, 
pp.  304-306. 

(3)  Veluttius  oecidtntalis  Ecclesiae  Martyi-ologium  D.  Hieronymo  a  Caa- 
tiodoro,  fieda,   Walfrido,  Notkero  aliieqiie  seriptoribut  tribulum,  quod  noneu- 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


544  GIOVANNI   SFOKZA 

Oltre  la  nostra,  vi  fu  però  in  Italia  anche  un'altra  città 
che  portò  il  nome  di  Luni;  al  giorno  d'oggi,  del  pari  scomparsa. 
Queata  città,  '  ancli'easa  etrusca  ,  e  che  poi  '  divenne  castello  ,; 
come  affeima  il  Silvestrelli,  '  fece  parte  nel  secolo  XII  della 
contea  di  Yetralla,  e  fu  donata  per  metà  a  Viterbo,  ne)  1170, 
da  Guitto,  conte  di  Vetralla;  e  sì  distrusse  nel  1262  ,  (1). 
Quitto,  per  testimonianza  del  Pinzi,  comprò  l'alleanza  dei  Vi- 
terbesi *  col  rinunciare  loto  la  metà  della  rOcca  di  Vetralla  e 
dei  tenimenti  di  ussa,  nonché  i  castelli  di  Rispampani,  di  Luni 
e  la  metà  di  Bisenzo,  di  Marano,  di  Pìanssno,  di  Castel  Luiprando 
e  degli  altri  doininj  che  erano  già  suoi,  o  lo  fossero  in  appresso, 
a  patto  che  gli  mantenessero  in  suggezione  i  suoi  vassalli  di 
Vetralla  ,  (2).  Net  documento  è  chiamato  castrum  Lutti  (3).  Il 
Ldber  Pontificalis  racconta  che  nel  730  un  certo  Tiberio,  detto 
Petasio,  ribellò  contro  Leone  Isauro,  imperatore,  Luni,  Barbe- 
rano  e  Blera  o  Bleda,  facendosi  giurar  fedeltà  da  qae'  popoli 
come  a  Signore.  Il  Muratori  crede  '  scorretta  la  parola  Lunenses, 
perche  Luni,  città  marittima,  situata  al  fiume  Magra,  era  sotto 
i  Longobardi,  e  troppo  lontana,  né  potè  ribellarsi  contro  chi 
non  ne  era  padrone  .  (4).  Il  Liber  Pontificalis,  però,  cosa  che 
non  sfugge  al  grande  storico,  *  parla  di  popoli  posti  in  quella 
Provìncia  Romana,  che  oggidì  si  chiama  il  Patrimonio  ,;  e 
appunto  X\  sorgeva  l'altra  città  di  Luni,  che  era  *  un  castello 
della  Toscana  Suburbìcaria  ,  (S). 


pandum  e»»e  Bomanum,  a  Magno  Ongorio  detcriptum,  ab  Adone  laudatum, 
proximioribug  saeeitli»  praeltritum  et  expetifum  iion  leviora  argumtnta  tuadent. 
Fbancibcdi  Maria  Plobkhtihids,  nuh.  luceiuie,  ex  >ho  pratgertim  ae  patriot 
maiorit  Eeeleaiae  plur^uique  aliis  probatae  pdei  codicibug,  qua  noti*,  qua 
txercitationibtu  expiieatum,  tnUgre  vulgavit,  Luoae,  ex  t^pof^rophìa  JKc;nthi 
P&cii,  MDCLSVIII,  p.  1023. 

ti)  Giulio  Siltmtbblli,  Citlà,  coèteUi  t  terre  della  regione  romana,  ri' 
eerehe  di  gloria  medioevale  e  moderna  fino  all'anno  1800,  Città  di  Castello, 
Uniotie  arti  f^raiìche,  1914,  p.  5IJ8. 

(2)  CuABK  Pinzi,  Storia  della  eiltà  di  Viterbo,  illustrata  con  note  e  nuovi 
documenti  in  gran  parte  inediti,  Roma,  tipogr.  della  Camera  dei  Deputati, 
1887,  p.  175. 

(3)  Cablo  Caumb,  Prefetti  di  Vico;  neìV  '  Archivio  della  Società  Romana 
di  Storia  patria,,  voi.  X  [1887],  pp.  13  e  428. 

(4)  Loi>OTico  AnroHio  Murato»,  Annali  d'Italia,  Monaco,  1762,  IV,  261. 
(6)  Carlo  Phoms,  Dell'antica  città  di  Luni  e  del  «uo  elato  preeente,  me- 
morie, Massa,  Frediani,  1857,  p.  61. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


LA   PATRIA   DI  PAPA   BDTICHIANO  545 

Nel  maggio  del  1 860  "  un  cortese  ed  erudito  lettore  ,  della 
Citiìtà  Cattolica  inviava  a  quel  periodico  la  seguente  notizia, 
"  attinta  a  fonti  sicure  e  da  persone  ben  conoscenti  dei  luoghi  , 
dove  sorgeva  la  Luni  della  Tuscia  Romanorum.  "  Luni  {così 
trovasi  scritto  ne'  documenti  più  autentici],  Lune,  o  Luna,  fu 
città,  ovvero  castello  etrusco,  situato  sulla  destra  del  Mignone 
un  poco  sopra  il  confluente  di  questo  colla  riviera  Vesca,  e  di- 
stante, credo,  un  dieci  miglia  da  Barbarano  e  da  Sieda,  rimpetto 
alle  montagne  della  Tolfa,  che  dominano  la  sinistra  del  detto 
Mignone.  Ne  restano  i  ruderi  a  capo  di  una  rupe  non  molto 
elevata,  vicina  al  Vignolo,  al  piano  che  tuttora  chiamasi  comu- 
nemente Pian  di  Luni,  ed  a  Mootefortìno,  nome  che  pur  si  dà 
ad  una  rupe  prossima,  la  quale  sembra  con  arte  ben  acconciata 
ad  uso  di  rOcca.  Gode  quel  piano  di  ottima  acqua  sorgente,  la 
migliore  di  tutto  il  territorio.  La  necropoli,  che  si  estendeva 
fino  alla  strada  delle  Quadrello,  venne  frugata  ne'  bassi  tempi 
e  spogliata:'  nondimeno  vi  si  vedono  tuttavia  de'  sepolcri  adorni 
di  bassirilievi.  Alcuni  frantumi  di  vasi,  rinvenuti  nelle  vicinanze, 
ricordano  la  più  bell'epoca  dell'arte  etrusca.  Ancor  più  ampie 
notizie  si  sarebbero  avute  da  una  grande  lapide  etrusca  di 
cinque  o  seicento  lettere,  ivi  disseppellita  nel  1859,  se  i  pastori 
non  l'avessero  fatta  in  pezzi  e  cosi  murata  in  un  abbeveratoio. 
Non  può  dunque  mettersi  in  dubbio  l'esistenza  di  quest'altra 
Luni.  Ciò  non  ostante,  di  essa  non  si  ha  menzione  negli  antichi 
scrittori  che  ci  rimangono,  sia  perchè  non  abbia  avuta  giammai 
grande  importanza,  sia  perchè,  essendo  già  decaduta  allorché  i 
Romani  soggiogarono  l'Etruria,  e  vigorendo,  per  contrario,  la 
prima,  di  questa  sola  siasi  conservato  il  nome  e  la  fama  pre- 
valente; sia  perchè,  non  posta,  come  Bieda,  sulla  via  Claudia, 
fosse  sempre  poco  nota  agli  scrittori  latini,  dai  quali  teniamo 
ogni  antica  memoria.  Prima  di  Anastasio  (1)  non  so  ohe  altri 
l'abbia  nominata:  ma  è  certissimo  che  nel  1169  fu  donata  in- 
sieme a  San  Giovenale  (luogo  vicino,  che  quindi  innanzi  si  vede 
costantemente  accoppiato  alla  nostra  Luni)  al  Comune  di  Vi- 
terbo dall'imperator  Federico  (V.  Langellotto  e  Bussi,  Storta  ài 
Viterbo).  Nel  1242  fu  data  in  feudo  alla  famiglia  Farulfa,  e  non 

(1)  Leviore»  quoque  deeipitiu  (TiberiuB  PetaaiuH),  ila  ul  MmOnriatuHXt», 
LuNBasu  atqut  BUdani  et  gierameiUa  praeititu*ent.  In  Qregorio  II. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


546  QIOVAN'NI   SFORZA 

guari  dopo  tornata  al  medestnio  Comune,  per  non  essersi  man- 
tenuti i  patti  (Documenti  nell'Archivio  di  Viterbo).  Nel  1262 
la  ebbe  nello  stesso  modo  la  famiglia  De  Vico  (Item):  e,  circa 
quel  tempo,  gli  Orsini,  che  signoreggiavano  le  confinanti  terre 
della  Tolfa,  come  nemici  mortali  de'  De  Vico,  assaltarono  im- 
provvisamente Ludi,  e  ne  fecero  si  mal  governo  che  Pietro 
De  Vico  reputò  bene  trapiantarne  a  Bieda  la  popolazione  sfug- 
gita al  crudele  macello.  Omesse  altre  notizie,  noto,  per  ultimo, 
un  breve  di  papa  Paolo  II,  esistente  nell'Archivio  Comunale  di 
Bieda,  nel  quale,  fatte  varie  concessioni,  si  dice:  Volumua 
quoque ...  quod  Uberi  et  exempti  sUis  glandium,  spicarum  et  kerbarttm 
tenimettti  vestrae  terre  et  herbarum  dumtaxat  Sancii  Juvenalis  et 
Lutti.  Del  resto,  il  nome  di  Luni  è  vivo  tuttora  in  bocca  a  tutti 
ì  popoli  circonvicini;  ed  è  inoltre  segnato  nelle  carte  geografiche, 
anche  non  molto  antiche,  quantunque  dovrebbe  collocarsi  più 
presso  al  confluente:  trovasi  così  nella  carta  grande  dello  Stato 
Pontificio,  in  quella  dedicata  al  Duca  Blacas,  ed  in  quella  del 
Patrimonio,  pubblicata  l'anno  1791  ,  (1). 

Trattandosi  dì  due  città,  tutte  e  due  nella  Tuscia,  seb- 
bene una  in  quella  annonaria  e  una  in  quella  suburbicsria,  le 
parole  natione  Tascus,  con  le  quali  il  Liber  Foniificalia  chiama 
papa  Eutichiano,  tanto  possono  riferirsi  all'una,  quanto  all'altra. 
Resta  dunque  indecìso  quale  delle  due  Luni  gli  abbia  dato  i 
natali.  Il  fatto  di  essergli  stata  eretta  una  statua  sulla  facciata 
della  cattedrale  di  Sarzana  niente  prova;  giacche  au  quella 
stessa  facciata  ne  fu  innalzata  una  anche  a  papa  Sergio  IV, 
spacciandolo  egli  pure  lunìgianese,  mentre  tutti  gli  scrittori 
ecclesiastici  si  accordano  nel  ritenerlo  romano,  a  cominciare  dal 
Liber  PoniificaUs,  che  afferma:  Sergius,  qui  vocatur  Os  porci, 
natione  romatius  (2).  Soltanto  il  Ciacconio  lo  vuole  originario 
del  castello  di  Luni,  ma  però  nato  a  Roma:  Ser</ius  IV  (sono 
suo  parole)  Petri  Martini  filius,  romatius,  Buecaporci  antea  dictus, 
ex  castro  Luna",  motiachus  aiiten  benedectùius  (3).  Fu  vescovo  di 


(U  '  La  Civiltà  Cattolica  .,  ann.  XI  [1860],  serie  IV,  voi.  VI,  pp.  469-470, 
li)  Le  Liber  Pontificalis.  tfxit.  inlrodurlion   et   commfHlair»  par   Vabbé 

L.  DucHmsMi,  Pari»,  Thorìn,  1866,  tom.  I,  p.  267. 

(8)  Ciiccomus  A.,  Vitae  et  ret  gr.$tae  pontifieum  RomanorutH  et  S.  R.  E.  ear- 

dinfdium,  ab  initio  natcentis  Ecdeaiae  ad  CUmmlem  IX,  ab  Aoaumno  Ol- 

Domo  reeognitae,  Romse,  1677,  voi.  I,  pp.  763. 


zed.yGOOg[e 


LA.   PATHIA.   DI   PAPA   EUriCHIANO  547 

Albano,  e  come  suppone  il  Gregorovius,  "  forse  tusculano  egli 
medeaimo  ,.  Del  resto,  *  il  Bacca  si  trova  assai  spesso  nel 
composto  di  nomi  romani  del  secolo  XI  e  del  secolo  XI!:  Bacca 
di  pecora,  Burcalupo,  Buccafusco,  Buccacane,  Buccamazza,  Buc- 
capiscis,  Buccazonca,  BuccamoUt,  Buccaòella  ,  (1).  E  nome  schiet- 
tamente romano,  non  lunense,  è  quello  di  Marino,  il  padre  di 
Enticfaiano. 

Questo  pontefice,  asceso  sulla  cattedra  dì  S.  Pietro  nel 
gennaio  del  275  (2),  vi  sedè  otto  anni,  dieci  mesi  e  tre  giorni. 

*  Sedit  ann.  Vili,  m.  X,  d.  Ili  .;  sta  scritto  nel  Liber  Ponti/i- 
calia  (3).  Morì  il  7  decembre  del  283,  e  fu  sepolto  '  in  cyme- 
terio  Calisti   via  Appia  ,.  Disgraziatamente,  dell'epitaffio,   — 

*  nna  lastra  marmorea  sottile  ed  oblunga  .  —  restano  ben 
pochi  frammenti,  che  Giambattista  De'  Rossi  illustrò  da  pari 
ano  (4).  Vi  si  legge  soltanto: 

EYTYXIAOC    EniC. 

Il  suo  corpo  fu  da  papa  Innocenzo  X  regalato  a  monsignor 
Filippo  Casoni  di  Sarzana,  procuratore  del  Sacro  Collegio,  il 
quale  *  con  grato  animo  tolse  dalla  cripta  CalUstiana  e  tenne 
preziosissimo  il  dono;  e  creato,  nel  1659,  vescovo  di  Borgo 
S.  Donnino,  in  quel  di  Piacenza,  trasportò  l'urna,  con  te  sacre 
reliquie,  in  patria,  e  l'affidò  al  fratello  suo  Niccolò  conte  di 
Villanova  ,.  Morto  Filippo,  toccò  in  eredità  a  Niccolò,  che 
'  ne  fece  liberale  dono  al  Capitolo  del  Duomo  perchè  venisse 
conservato  ed  esposto  alla  pubblica  venerazione  ,  (5).  Ciò  se- 
guiva nell'anno  1669  (6).   Con  decreto  della   S.  Congregazione 


(1)  Fkrdimàndci  GBBOOROTtus,  Storia  della  città  di  Roma  uri  medio  ero, 
Roma.  6.  Romagna,  1S12,  voi.  Il,  pp.  197  e  217. 

(2)  Sembra  il  giorno  5.  mn  la  data  non  è  sicura.  Lo  Jaffé,  il  Potthast, 
il  Gami  e  il  compianto  amico  mio  Fedele  Savio  la  accompagnano  pruden- 
temente con  un  interrogativo. 

(3.)  Liber  Fontifiealia  (edizione  del  Mommsen),  p.  38. 

(4)  QtiuBiTTisT*  De'  Romi,  La  Roma  eollerranea  eriitiana  deieritta  e 
itliutraia,  tom.  Il,  pp.  70-72. 

(5)  FiBDia^auo  Podmtì,  S.  fulicAtano/iafia.  Firenze,  Stabilimento  tipo- 
grafico S.  Giuseppe,  1916,  pp.  50-51. 

(6)  Il  conte  Niccolb  Casoni  morì  d'ottantacinqne  anni  nel  1688  e  fu 
■eppellito  neiluL  chiesa,  de'  PP.  Domenicani  di  3arzana.   Dell'is 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


548  atOVANHl  SFORZA  —   LA   PATRIA   DI   PAPA  EDTICHIASO 

de'  Riti,  del  24  gennaio  1688,  fu  concesso  alla  Diocesi  di  Luni- 
Sarzana  Vofficium  sancii  Eutifchiani,  fissandone  la  festa  il  9  de- 
cembre  d'ogni  anno  (1).  Venne  dipinto  a  fresco,  nel  salone  del 
palazzo  vescovile,  in  mezzo  a  Santo  Àbundanzìo  ed  a  Paolo  Sergio, 
scrivendoci:  S.  Eutichianus  \  Papa  Lun.  \  E  Max.  viro  nob.  Lun. 
orius  I  PP.  et  Mart.  fuit  passus  Bo  \  mae  sub  Numeriano  tmp.  \ 
ano  275.  Vi  son  due  errori:  come  s'è  visto,  mori  nel  283,  non 
nel  275;  era  figlio  di  Marino,  non  di  Massimo.  È  poi  contro- 
verso ae  fu  martirizzato. 


polcrala  notevole  questo  brano:  s 

VITATI  DORANDO  PDBLICIB  TBNRRATIONl  BXPOBUIT  PiTBIAH^rB 


(!)  Officia  IH  feato  S.  Eutiehiani  papa*  H  mart.  Cfr.  Offieia  propria 
Sanetorum  prò  Sanela  Luneiiti~SarzaHtiin  EecUgia  in  Hnxni  eoUerta.  etc. 
Clavari,  MDCCCXLl.  Ex  ProTincialì  Tjpogrraphìa  Aigiroffo,  pp.  15-17.  — 
Offieia  propria  Sanetorum  recilantla  in  cathedrali  et  diotcesi  Apuana,  etc, 
FivÌMani,  ei  tjp,  Bartoii  et  boc.  184*,  pp.  310-811.  —  Offieia  propria  tu 
Sanota  Eeeltaia  Lunen.-Sart^nensi  ex  eonettaione  Apotìotiea  recitando,  etc., 
Angostae  Taurinornm,  ei  typ.  pontificia  Petri  H,  F.  Marietti,  1870,  pa- 
gine 251-252.  —  Offieia  propria  in  ^asgenai  dioeeesi  ex  Apostolica  conca- 
mone  reeilanda,  etc.,  Hassae,  ex  t^p.  S.  Petri,  1875,  pp.  S16-317. 


L'Accademico  Segretario 
Ettobe  Stampini 


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CLASSE 

SCIENZE  FISICHE,  MATEMATICHE  E  NATURALI 


Adunanza  del  9  Maggio  19S0 

PRESIDENZA   DEL   SOOIO    PKOP.    OOHU.    AHDREA   NACCARI 
PREaiDENTE   DELL'aCCADEHIA 


Sono  presenti  i  Soci  Sesbe,  Peano,  Guidi,  Mattirolo, 
Osassi,  Sohioliana,  Panetti,  Sacco,  Majorana,  Hbrlitzka, 
Rosa,  Pochettino  e  Parona  Segretario. 

Si  legge  e  si  approva  l'atto  verbale  della  precedente 
adunanza. 

Il  Socio  GniDi  fa  omaggio  della  2*  edizione  del  volarne 
Eiercixi  -  Lezioni  sulla  scienza  delle  costruzioni,  ed  il  Socio 
Mattirolo  delle  sue  tre  Note:  Pasquale  Baecarini;  Due  "Av- 
ventizie „  ntfove  per  la  Flora  italiana;  TartuficuUura  e  rimbo- 
schimento. Il  Presidente  ringrazia  a  nome  della  Classe. 

Il  Socio  SoHiaLiAMA  riferisce  quanto  segue  sul  viaggio 
in  Cirenaica,  organizzato  dal  Touring  Club: 

'  Nel  gennaio  di  guest' anno  la  Direzione  del  Touring  Club 
italiano  inviava  alla  nostra  Accademia  l'invito  a  partecipare  ad 
un'escursione  in  Cirenaica,  organizzata  da  quel  benemerito  So- 
dalizio, per  desiderio  del  Governatore  della  Colonia  S.  E.  il  Se- 
natore De-Martino.  Scopo  dell'escursione  quello  cbe  persone 
competenti  nell'agricoltura,  nell'industria,  nei  commerci,  nelle 
quistioni  coloniali  o  provette  negli  studi  geografici  ed  archeo- 


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550 

logici,  traessero  dalla  visione  diretta  dei  luoghi  ud  giusto  ap- 
prezzamento delle  sue  risoree  attuali,  delle  sue  promesse,  del 
suo  sicuro  avvenire. 

*  Avendo  partecipato  all'escursione,  che  si  svolse  con  per- 
fetta organizzazione  dal  12  al  28  aprile  scorso  b  colla  partecipa- 
zione di  ben  250  persone,  credo  conveniente  riferirne  brevemente. 

*  L'itinerario  percorso  in  Cirenaica  fu  da  Bengasi  alla  ver- 
deggiante conca  di  Merg,  da  Merg  alla  classica  Cirene,  da  Cirene 

,a  Derna,  con  auto-carri  militari  forniti  dal  governo  della  Colonia. 
Da  Merg  e  da  Cirene  si  discese  rispettivamente  a  Tolmetta  ed 
a  Marsa  Susa,  le  antiche  Tolemaide  ed  Apollonia,  per  visitare 
le  rovine  di  quelle  famose  colonie. 

'  Persone  specialmente  competenti  del  Governatorato  ten- 
nero numerose  conferenze  sulle  condizioni  agricole  attuali  ed  i 
tentativi,  ora  appena  iniziati,  di  colonizzazione,  sulle  condizioni 
politiche  in  riguardo  ai  rapporti  colla  popolazione  araba,  sugli 
scavi  archeologici  avviati  con  una  certa  larghezza,  particolar- 
mente a  Cirene  ed  a  Marsa  Susa. 

"  11  risultato  più  importante  raggiunto  dal  Governatorato, 
da  quando  ò  retto  dall'illuminato  criterio  del  Sen.  De-Martino, 
è  la  pacificazione  della  colonia.  La  popolazione  araba,  enorme- 
mente ridotta  di  numero  durante  la  guerra  per  la  carestia  e  la 
peste,  vede  ora  negli  italiani  dei  fratelli  che  l'hanno  aiutata  e 
protetta  in  quel  terribile  periodo,  che  rispettano  il  movimento 
culturale  e  religioso  del  paese  imperniato  nella  Senussia,  che 
si  apprestano  a  dar  loro  diritto  di  cittadinanza  ed  autonomia. 
£  sentimenti  di  fratellanza,  dì  simpatia  e  desiderio  di  collabo-  - 
razione  nel  lavoro  di  incivilimento  furono  ripetutamente  espressi 
anche  a  noi  dall'elemento  arabo  più  colto.  Un  fatto  caratteri- 
stico è  che  un  fì*atello  del  Gran  Senusso,  Sidi  Redha,  venne 
appositamente  a  Bengasi  incontro  a  noi  dalla  sua  lontana  resi- 
denza di  Sedabia. 

'  n  paesaggio  da  noi'  attraversato  è  dei  piìi  interessanti. 
Scarsa  è  dappertutto  la  coltivazione  e  fatta  con  metodi  primi- 
tivi, come  in  qualunque  paese  arabo.  Ms  estesissimi  pascoli  na- 
turali si  presentano  appena  da  Bengasi  si  sale  sull'altipiano  e 
raggiungono  uno  sviluppo  veramente  meraviglioso  nell'ampia 
conca  verdeggiante  di  Merg,  ove  anche  la  coltivazione  dell'orzo 
è  notevolmente  intensa.  Fra  Uerg  e  Cirene  si  ammirano  larghe 


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351 

zone  di  terreno  accidentato,  che  si  elevano  fino  a  quasi  900  metri 
sol  mare,  con  boschi  fitti  dì  piante  di  alto  fusto,  in  gran  parte 
ginepri.  Fra  Cirene  e  Derna  si  attraversano  regioni  in  cui  invece 
la  vegetazione  scarseggia,  e  domina  un  carattere  predesertico, 
ma  avvicinandosi  a  Derna  ritornano  pascoli  e  boschi,  e  compare 
numeroso  l'ulivo  selvatico,  che,  al  dire  dei  competenti,  pnò  essere 
facilmente  trasformato  in  ulivo  gentile,  e  ridotto  attamente  red- 
ditizio. 

*  Derna  è  costrutta  su  una  magnifica  oasi  tutta  a  palme, 
banane,  viti  e  alberi  fruttiferi  di  ogni  genere,  alimentata  da 
un  uadi  che  sgorga  dalla  scogliera  a  circa  sette  chilometri 
dalla  città,  con  una  notevole  portata  di  alcune  centinaia  di  litri 
al  secondo.  Più  che  Bengasi  Derna  ha  aspetto  pulito  e  civile 
e  può  diventare  una  magnifica  residenza  invernale. 

*  In  complesso  è  da  tutti  ì  competenti  ammesso  che  una 
intensificazione  ed  estensione  dell'agricoltura,  ora  allo  stato  quasi 
embrionale,  sia  certamente  possibile.  Naturalmente  occorreranno 
non  brevi  tentativi  e  studi,  trattandosi  di  regione  il  cui  regime 
idrico  e  meteorologico  è  così  diverso  dai  nostri.  A  questo  scopo 
la  escursione  del  Touring  ha  già  dato  un  risultato  colla  costi- 
tuzione di  un  Sindacato  che  si  propone  di  fornire  i  mezzi  per 
lo  studio  di  un  piano  generale  di  sfruttamento  agricolo,  allar- 
gando i  lavori  già  lodevolmente  iniziati  dal  Governo  in  qualche 
punto  del  territorio  coll'impianto  di  campi  sperimentali. 

'  Dobbiamo  augurarci  che  altre  spedizioni  simile  a  questa, 
organizzata  dal  Touring  Club  con  tanto  sentimento  d'italianità 
e  di  patriottismo,  facciano  conoscere  agli  italiani  colti  le  nostre 
colonie  ,. 

Il  Presidente  ringrazia  il  Socio  ìiSohigliana  dell'interessante 
comunicazione  e  si  compiace  dei  risultati  del  viaggio. 


L'Accademico  Bestiario 
Cablo  Fabrizio   Paeona 


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CLASSE 

SCIENZE  MORALI,  STORICHE  E  FILOLOGICHE 
Adunanza  del  16  Saggio  19S0 

PBBSIDENZA  DEL  SOCIO  SENATORE  FBAMOESOO  BDFFINI 
VICEPBESI  DENTE   DELL' AOOAOBHIA 


Sono  presenti  i  Soci  Pizzi,  De  Sanctib,  Einaudi,  Baudi 
DI  Vesmb,  Patetta,  PAccmom,  Faggi,  Luzio,  Mosca,  e  Stampini 
Segretario  della  Classe. 

È  scusata  l' assenza  dei  Soci  Bbondi,  Pbato,  Clan  e 
Talhagqi. 

Si  legge  e  si  approva  l'atto  verbale  dell'adunanza  del 
giorno  2  maggio  corrente. 

L'Accademico  Segretario  dà  lettura  di  una  lettera  del 
Sottosegretario  di  Stato  per  gli  affari  esteri,  il  quale  notifica 
che  ha  sottoposto  al  Ministero  della  Pubblica  Istruzione,  '  poiché 
la  cosa  rientra  nella  speciale  competenza  ,  di  esso,  la  pratica 
relativa  alla  partecipazione  della  nostra  Accademia  alla  Unione 
Accademica  internazionale,  il  cui  convegno  in  Bruxelles  è  fis- 
sato pel  giorno  26  corr.  La  Classe,  dopo  breve  discussione, 
delibera  che  sia  inviato  d'urgenza  un  telegramma  al  Ministero 
della  Istruzione,  perchè  voglia  far  conoscere:  l"  se  abbia  prov- 
veduto allo  invio  della  adesione  ufficiale  del  Regno  d'Italia  alla 
Unione  Accademica  internazionale  predetta,  e  fatto  il   versa- 


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553 
mento  prescritto  della  Bua  quota  dì  lire  duemila;  2°  se  abbia 
accolte  favorevolmente  le  proposte  fatte  dalla  Accademia  dei 
LÌDcei  e  dalla  nostra  circa  la  rappresentanza  italiana  a  quel 
convegno;  3°  se  sìa  disposto  a  fare  al  nostro  delegato  prof. 
Gaetano  De  Sanctis  lo  stesso  trattamento  che  sia  eventualmente 
usato  al  Senatore  Lanciani  rappresentante  dell'Accademia  dei 
Lincei. 

L'Accademico  Segretario 
Ettobe  Stampini 


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CLASSE 

SCIKNZB  FISICHK,  MATEMATICHE  E  NATURALI 


Adunanza  del  23  Haggio  1980 

PREamSNZA    DEL    SOCIO    PROF.    OOHH.   AHDREA    KACCABI 
PBBSIDENTE   DELL'aCCADEHIA 


Sono  presenti  ì  Soci  D'Ovidio,  Seore,  Foà,  Gdidi,  Grassi, 
Sohioliana,  Panetti,  Ponzio,  Sacoo,  Majorana,  Rosa,  Herlitzka 
e  Parona  Segretsiio, 

Si  legge  e  si  approva  l'atto  verbale  della  precedente 
adunanza. 

n  Socio  Sacco  fa  omaggio  della  sua  Nota  La  ylaciation 
dans  les  vailons  de  Saint-BartkéUmy  et  de  Torgnon  riassumen- 
dola, n  Presidente  ringrazia. 

Il  Segretario  presenta  il  II  Tomo  delle  (Euvres  complètes 
de  Thomas  Jan  StieUjes  pubblicate  dalla  Società  matematica  dì 
Amsterdam,  spedito  in  gradito  dono  all'Accademia. 

11  Socio  Panetti  presenta  per  la  pubblicazione  negli  Atti 
una  sua  Nota  Per  una  precisa  definizione  del  metacentro  longitu- 
dinale di  u»  aeroplano. 


zed.yGOOgle 


MODESTO  PANETTI   —   PBK  DNA  PBECISA   DEFINIZIONE,   ECC.       555 


. LETTURE 

Per  ani  preeisa  definizione  dei  metacentro  iongitadiniie 
di  nn  aeroplano 

Nota  del  Socio  ntuioDale  residente  MODESTO  PANETTI 


1.  —  È  noto  che  le  caratteristiche  dei  volo  rettilineo  dì 
un  aeroplano  dipeodono  dal  suo  centraggio,  ossia  dalla  posizione 
del  baricentro  (?  a  cui  è  applicato  il  peso  Q,  rispetto  all'asse 
dell'elica  propellente  secondo  il  quale  opera  la  propulsione  P 
ed  al  centro  aerodinamico  C  dell'appareccbio,  intorno  al  quale 
rota  la  risultante  R  delle  reazioni  dell'aria  mentre  l'aereo  compie 
rotazioni  infinitesime  intomo  all'asse  baricentrico  trasversale 
(moti  di  beccheggio). 

Per  un  dato  angolo  di  barra  del  timone  di  altezza,  al  quale 
corrisponde  un  dato  regime  di  volo  orizzontale  e  quindi  un  valore 
costante  di  P,  la  reazione  R  si  modifica  con  l'assetto  longitu* 
dinaie  dell'aereo,  ossia  con  l'angolo  di  elevazione  a  formato  dal- 
l'asse di  costruzione  dell'aeroplano  con  la  velocità  del  suo  bari- 
centro, positivo  se  questa  è  al  di  sotto  di  detto  asse. 

2.  —  Le  variazioni  di  R  si  rappresentano  immaginando  di 
tener  fermo  l'aeroplano  e  di  modificare  la  orientazione  della 
corrente  d'aria  che  lo  investe,  in  modo  da  riprodurre  tutti  i 
valori  dell'angolo  a  che  possono  interessare,  tracciando  nel  piano 
di  simmetria  dell'apparecchio  la  schiera  delle  rette  di  azione 
della  B,  ovvero  il  suo  inviluppo  i,  nonché  per  un  pnnto  0  il 
fascio  dei  segmenti  equipollenti  ai  singoli  valori  di  B,  ovvero 
il  luogo  p  degli  estremi  di  tali  segmenti,  a  cui  si  dà  il  nome 
di  polare  relativa  all'apparecchio. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


556  MODESTO   PANETTI 

Naturalmente  si  dovrebbero  conoscere  tanti  inviluppi  e  tante 
polari  quanti  sono  gli  angoli  di  barra  del  timone  di  altezza  che 
8Ì  considerano,  ossia  quanti  sono  i  regimi  di  volo  orizzontale 
che  si  prendono  in  esame. 

3.  —  Durante  un  qualsiasi  regime  le  forze  P  Q  ed  R  de- 
vono farsi  equilibrio,  quindi  le  loro  rette  d'azione  devono  con- 
correre in  un  unico  punto  H  che  è  l'intersezione  della  pro- 
pulsione P  col  peso  Q.  In  conseguenza  la  R  deve  eeaere  la 
tangente  per  H  all'inviluppo  corrispondente  al  regime  consi- 
derato. 


Il  punto  di  tangenza  è  precisamente  il  centro  aerodina- 
mico C  di  cui  abbiamo  parlato:  in  vero,  variando  di  pochissimo 
l'angolo  di  elevazione  a,  la  R  ai  dispone  secondo  una  tangente 
vicinissima,  la  cui  intersezione  con  la  posizione  iniziale  tende 
a  C  quando  a  tende  a  zero. 

Inoltre,  sempre  per  il  fatto  dell'equilibrio,  le  forze  P  Q 
ed  R  devono  essere  equipollenti  ai  lati  di  un  triangolo,  che  si 
vede  costruito  in  OBA,  essendo  B  il  punto  della  polare  corri- 
spondente al  regime  considerato. 

È  importante  che,  nel  caso  in  cui  la  propulsione  manchi  o 
si  riduca  sensibilmente,  l'apparecchio  si  disponga  spontanea- 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


PER  DNA  PRECISA   DEFINIZIONE   DEL  METACENTRO,   ECC.  557 

mento  al  volo  librato  in  discesa.  Bisogna  i>er  questo  che  la  B 
abbia  rispetto  al  baricentro  momento  di  senso  tale  da  abbassare 
la  prora  e  qnindi  la  P  abbia  momento  raddrizzante,  ossia  l'asse 
del  propulsore  stia  al  di  sotto  del  baricentro;  quantunque,  per  con- 
siderazioni estranee  alla  trattazione  presente,  convenga  che  la 
distanza  trh  G  e  P  sia  molto  piccola. 

4.  —  D'altra  parte,  se  consideriamo  la  stabilità  longitudi' 
naie  di  forma,  ossia  quella  che  interessa  il  semplice  fenomeno 
statico,  quando  cioè  si  astrae  dai  momenti  resistenti  che  smor- 
zano le  oscillazioni  di  beccheggio,  le  variazioni  t>R  della  reazione 
aerodinamica  dovrebbero  avere  rispetto  al  baricentro  G  momenti 
di  segno  opposto  alle  rotazioni  che  le  hanno  provocate. 

Ora  le  bR  per  piccolissime  rotazioni  dell'aereo  intomo  alla 
posizione  di  equilibrio  sono  parallele  alla  tangente  t  alla  polare 
nel  punto  B.  Inoltre  sono  rivolte  verso  l'alto  se  le  rotazioni  che 
le  provocano  aumentano  l'angolo  di  elevazione.  Condotta  quindi 
per  C  parallelamente  a  t  la  t  che  è  retta  di  azione  della  bB, 
si  riconosce  subito  che  il  baricentro  G  dovrebbe  rimaner»  al 
di  sotto  delta  t.  Viene  cosi  a  limitarsi  nel  piano  di  simmetrìa 
dell'apparecchio  una  regione,  definita  per  ciascun  regime,  com- 
presa fra  le  rette  P  B  e  t,  alla  quale  è  circoscritta  la  scelta 
del  baricentro  G,  dato  che  sì  esìga  dall'aeroplano  la  stabilità 
di  forma. 

D'altra  parte  per  un  dato  regime  è  pure  determinata  ri- 
spetto all'aereo  l'orientazione  della  verticale,  e  quindi  la  scelta 
del  baricentro  è  limitata  al  segmento  verticale  HM  compreso 
{ra  la  propulsione  P  in  basso  e  la  retta  secondo  la  quale  av- 
vengono le  variazioni  della  B  in  sito.  Accostandosi  alla  prima 
si  ha  unajnaggiore  stabilità  al  beccheggio;  accostandosi  alla 
seconda  sì  accentuerà  nell'aereo  la  capacità  ad  iniziare  spon- 
taneamente il  voto  librato  in  discesa. 

Se  il  centro  aerodinamico  cadesse  sull'asse  della  propul- 
sione, il  segmento  HM  si  ridurrebbe  ad  un  punto  col  quale 
quindi,  volendo  evitare  la  instabilità  di  forma,  dovrebbe  coin- 
cidere il  b*ricentro.  Si  ha  in  tal  caso  l'apparecchio  a  centri 
riuniti. 

6.  —  Portato  l'apparecchio  in  posizione  diversa  da  quella 
di  regime  con  una  rotazione  piccolissima  ba,  consideriamo   le 

Atti  deUa  K.  Aeeadtmia  —  Voi.  LY.  38 


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558  MOItESTO   PANETTI 

9ote  azioni  che  opererebbero  bu  di  esso  se,  fermo  in  tale  orien- 
tazione, procedesse  con  la  medesima  velocità  in  volo  orizzontale. 
Risulta  subito  che  la  reazione  aerodinamica  B'  da  sostituirsi 
alla  B,  la  propulsione  P'  necessaria  a  mantenere  la  stessa  ve- 
^  locità  col  nuovo  orientamento  e  la  ^  ruotata  dell'angolo  ba 
rispetto  all'aereo  non  possono  più  farsi  equilibrio. 

In  particolare,  ammesso  che  la  variazione  di  P  sia  trascu- 
rabile rispetto  8  quella  di  B,  bisognerebbe  sostituire  a  Q  la 
forza  B'A  sensibilmente  diversa  per  chiudere  il  triangolo  dolle 
forze.  Così  pure  il  peso  passante  tuttora  per  0,  inclinato  di  ba 
rispetto  a  Q,  non  passerà  per  la  nuova  intersezione  H'  della  P 
con  la  B". 

n  momento  totale  SU  delle  forze  considerate  rispetto  al 
baricentro,  che  sappiamo  essere  raddrizzante  se  (7  è  al  di  sotto 
di  M,  misura  la  stabilità  di  forma  dell'aereo. 

Uniformandoci  quindi  al  concetto  tradizionale  della  mec- 
canica, possiamo  definire  altezza  metacentrica  longitudinale  il 
valore  lìmite  del  rapporto 

quando  ba  tende  a  zero. 

6.  —  Per  calcolarlo  ci  occorre  stabilire  la  nuova  orienta- 
zione del  peso  Q  in  accordo  con  quella  data  arbitrariamente 
alla  B.  Avvertiamo  perciò  che  quando  l'aereo  passa  nel  moto  di 
beccheggio  per  l'assetto  considerato,  il  suo  baricentro  non  per- 
corre più  una  orizzontale  ma  una  curva  serpeggiante  intorno  ad 
essa  con  accelerazione  a,  quindi  due  nuove  forze  vengono  a 
sommarsi  a  quelle  già  considerate. 

Esse  sono:  le  forze  d'inerzia  degli  elementi  di  massa  del- 
l'aereo e  le  resistenze  aerodinamiche  derivate  dovute  al  moto 
perturbato. 

Le  somme  geometriche  delle  une  e  delle  altre  sono  due 
azioni  baricentriche: 

-»-a        e        D. 

9 

iposte  con  Q  nell'orientamento  momentaneo  del- 
nno  una  risultante  Q',  ohe  deve  permettere  di 
riangolo  di  equilibrio  OAB'.  Dunque  Q'  è  rappre- 
lato  B'A. 


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PBR  UNA.  PRECISI   DEFINIZIONE  DEL  METACENTKO,  BCC.  559 

D'altra  parte,  potciiidosi  ritenere  che  la  proiezione  orizzontale 
del  moto  sia  anifornic  durante  un  beccheggio  di  piccolissima 
ampiezza,  l'accelerazione  a  e  la  somma  geometrica  delle  reazioni 
aerodinamiche  derivate  tendono  ad  assumere  direzione  verticale, 
quindi  S'A  nette  condizioni  limiti  è  anche  la  direzione  dì  Q  ri- 
spetto all'aereo  girato  dell'angolo  ba. 

7.  —  Se  finalmente  confrontiamo  i  due  quadrangoli  com- 
pleti OABB',  HH'CM  nei  quali  i  5  lati  già  tracciati  del 
secondo  sono  rispettivamente  paralleli  ai  5  corrispondenti  del 
primo,  ne  deduciamo  che  Q'  è  parallelo  ad  MH',  mentre  la 
sua  retta  d'azione  deve  passare  per  G. 

Uà  Q'  trasportato  in  H'  sarebbe  con  Bf  e  con  P  in  equi- 
librio; dunque  la  risaltante  di  queste  due  forze  passa  per  M 
ed  ha  rispetto  al  baricentro  G  momento  uguale  a 

9'.A/ff.sen(ba). 

Dal  confronto  di  questa  con  l'espressione  dell'altezza  metacen- 
trica h  data  nel  n"  5  siamo  autorizzati  a  concludere  che  effet- 
tivamente M  ai  deve  considerare  come  il  metacentro  longitudinale 
dell'aereo  corrispondente  alla  posizione  del  timone  predisposta 
al  regime  considerato  di  volo,  essendo  il  peso  Q  a  cui  nel  fe- 
nomeno statico  si  ascrive  il  momento  raddrizzante,  sostituito 
dalla  forza  Q',  che  in  sé  include  le  somme  geometriche  delle 
azioni  dinamiche  di  massa  e  delle  reazioni  derivate  dell'aria  da 
aggiungecai  nello  studio  del  moto  relativo  al  baricentro. 

Le  piccolissime  oscillazioni  di  beccheggio  avvengono  dunque 
come  se  l'aereo  fosse  fissato  ad  un  asse  trasversale  la  cui  traccia 
è  nella  intersezione  della  verticale  baricentrica  con  la  parallela  t 
pel  centro  aerodinamico  alla  direzione  della  polare  p  nel  punto  B 
che  corrisponde  al  regime  considerato. 

II  metacentro  ed  il  centro  aerodinamico  sono  due  plinti  di 
regola  ben  distinti  che  importa  non  confondere. 


L'Accademico  Segretario 
Carlo   Fabrizio    Paroka 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


CLASSE 

-SCIENZE  MORALI.   STORICHE  E  FILOLOGICHE 


Adunanza  del  30  Kaggìo  1930 

PRESIDEKZA    DEL   SOCIO    BEHATOBE   FBAMCESCO    BCFFTNI 
VICEPRESIDENTE    DELL'aCCAJ>E1IIA 


Sono  presenti  i  Soci  Bbondi,  Baudi  di  Veshe,  Clan,  Fagot, 
Luzio,  e  STAHPtHi  Segretario  della  Classe. 

Scusano  la  loro  assenza  i  Soci  De  Sanctis,  Patetta,  Vidabi, 
Pacchioni  e  Mosca. 

Si  legge  e  si  approva  l'atto  verbale  dell'adunanza  pre- 
cedente del  giorno  16  corr. 

L'Accademico  Segretario  dà  lettura  di  un  telegramma  di 
S.  E.  il  Ministro  Torre,  nel  quale,  rispondendo  al  telegramma 
urgente  deliberato  dalla  Classe  nella  precedente  adunanza,  co- 
munica che,  mentre  il  Ministero  degli  Esteri  prowederà  all'invio 
dell'adesione  ufficiale  dell'Italia  al  convegno  dell'Unione  Acca- 
demica  internazionale  in  Bruxelles,  alla  quale  già  fu  versata  la 
quota  prescritta,  accetta  la  proposta  che  l'Italia  sia  rappresen- 
tata dal  Socio  De  Sanotis  della  nostra  Accademia  e  dal  Senatore 
Lanciani  dell'Accademia  dei  Lincei,  provvedendo  per  il  rimborso 
delle  spese  di  viaggio.  Per  effetto  di  questo  telegramma  il  Socio 
De  Samotis  partì  subito  per  Bruxelles  a  compiervi  il  mandato 
ricevuto. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


501 

L'Accademico  Segretario  preeesta  alla  Classe  il  Manuale 
di  diritto  costUugionale  ìn  due  volumi,  pubblicato  daH'On.  Pietro 
CHiKiEtm  (Roma,  Atbenaeum,  1918  e  1920),  e  dall'aatore  in- 
viato in  omaggio  all'Accademia.  Il  Vicepresidente  HuFFim  espone 
un  breve  giudizio  su  quest'opera,  cbe  eg!i  considera  come  un 
lodevole  sforzo  per  sistemare  la  materia  del  diritto  costituzio- 
nale con  nuovi  criteri,  tenendo  conto  di  quegli  elementi  storici 
e  politici  che  erano  stati  troppo  trascurati  per  tener  dietro  sola- 
mente agli  elementi  dogmatici.  La  Classe  ringrazia  t'On.  Chihienti. 

11  Socio  Bromdi  presenta  alla  Classe,  in  nome  dell'autore 
nostro  Socio  corrispondente,  il  volume  secondo  dei  B^ncipii  di 
diritto  amministrativo  di  Oreste  Ranelletti  (Napoli,  1915),  po- 
nendone in  rilievo  i  grandissimi  pregi  co^  delia  sostanza  come 
della  forma.  La  Glasse  ringrazia. 

Dall'Accademico  Segretario  sono  anche  presentate  le  se- 
guenti pubblicazioni  mandate  in  dono  all'Accifdemia  dai  relativi 
Editori:  P.  Vergili  Sfaronis  Aeneidoa  libri  X,  XI,  XII  di  Remigio 
Sabbadiki,  A:  Persii  Flaeei  Satirarum  liber  di  Felice  Rahoriko, 
e  M.  Talli  Ciceronis  Laelius  De  Amidtia  liber  di  Ignazio  Bassi, 
che  fanno  parte,  coi  num.  25,  26  e  27,  del  Corpus  scriptorum 
latinorum  Paravianum  ;  e  Le  satire  di  A.  Persio  Fiacco  illustrate 
con  note  italiane  da  Felice  Rahoriko  (Seconda  edizione  rifatta. 
Torino,  Qiovanni  Chiantore,  1920).  La  Classe  ringrazia  gli 
Editori. 

In  fine  il  Socio  Ciak  offte  in  omaggio  alla  Classe  ta  sua 
pubblicazione  Un  problema  urgente  (Estratto  dalla  Nuova  Anto- 
logia, 16  Aprile  1920).  La  Classe  ringrazia. 


L'Accademieo  Segretario 
ErroBi  Stahfimi 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


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ATTI 


REALE  ACCADEMIA  DELLB  SCIENZE 

r>I     TORINO 


PtlBBUOATI 


DAGLI  AKADEHCI  SEGR^RI  DEUE  DUE  CUSSI 


Voi.  LV,  Di».  I5-.  1919-1920 


XOBDJO 
Libreria  FRATELLI    BOOOA 

TU  OhIo  Albwto,  e. 

1920 


DiBumd, Google 


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CLASSE 

SCIENZE  FISICHE,  MATEMATICHE  E  NATURALI 


Adunanza  del  18  Giugno  1930 

PBE9IDEKZA    DEL    SOCIO    PROF.    COHU.    ANDREA   NACCARI 
PREaiDBSTE   dell'accademia 


Sono  presentì  il  Direttore  della  Classe  Seore,  ed  ì  Soci 
Peano,  Qmoi,  Mattieolo,  Grassi,  Panetti,  Sacco,  Majorana, 
BosA  e  Parona  Segretario. 

È  scasata  l'assenza  dei  Soci  Saltadori  e  D'Ovidio. 

Si  legge  e  si  approva  l' atto  verbale  della  precedente 
adunanza. 

Il  Presidente  annuncia  la  morte  del  Socio  nazionale  A.  Righi, 
e  con  commosse  parole  esprime  il  dolore  suo  e  dei  colleglli  per 
l'improvvisa  scomparsa  dell'uomo  eminente  e  di  co3\  alto  valore 
acientifico.  Rammenta  che  l'Accademia  gli  conferì  il  premio  Val- 
lauri,  che  fu  nominato  Socio  corrispondente  nel  1884  e  Socio 
nazionale  non  residente  nel  1915.  Dà  notizia  dei  telegrammi  di 
condoglianza  inviati  alla  famiglia  ed  all'Università  di  Bologna, 
fl  aggiunge  che  l'Accademia  fu  rappresentata  ai  funerali  dal 
Rettore  dell'Università  stessa,  in  assenza  del  nostro  Socio 
Prof.  PiNCHBRLE  che  ne  era  stato  incaricato.  Invita  poi  il  Socio 
Majorana  ad  assumerai  l'incarico  di  commemorare  l'illustre 
Estinto,  ed  il  collega  di  buon  grado  acconsente. 

Atti  della  R.  Accademia  —  Voi.  LV.  39 


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564 

Gomuaica  che  è  gÌDoto  U  decreto  reale  dì  confenns  alla 
oonuna  a  Direttore  della  Gasae  del  Socio  Sbors.  Il  nnovo  Di- 
rettore rinnoTa  i  ringraziamenti  per  l'onore  conferitogli. 

Il  Socio  Grassi  ofiFre  in  omaggio  il  secondo  volnme  del  ano 
Corao  di  EleUroteenica  (4*  ediz.);  il  Sodo  Sacco  la  sua  Kota 
Le  pidtazioni  d^Ia  crosto  terrerire  ;  ed  il  Segretario  il  secondo 
fascicolo  del  Trattato  di  Anaiamia  Bxttdogica  a  nome  del  Socio 
Fol,  che  ne  cura  la  pnbblicazione.  Il  Presidente  ringrazis  a 
nome  della  Classe. 

II  Direttore  Sbobe  rileva,  fra  i  libri  giunti  in  dono,  l'opera 
del  8Ìg.  SuRBNDRAiiosAK  Oahouli  di  Calcstta,  Leetures  on  the 
theory  of  piane  eurves. 

n  Socio  Obabsi  presenta,  per  la  stampa  negli  MU,  ona 
Nota  del  Socio  corrispondente  L.  Lokbabdi,  Sopra  un  metodo 
eemj^iee  per  rilevare  le  curve  di  variazione  ddU  grandezze  alter- 
ncUive  e  le  loro  armoniche  eucceesive. 


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Lmai   LOMBARDI  —  SOPBA  UN  METODO  SBMPUCB,  ECC. 


LETTURE 

Sopri  en  metodo  semplìee 

per  rìleTire  le  Gitf?e  di  Tariazione  delle  grandezze  eltenutive 

e  le  loro  armoniche  seecessWe 

Nota  del  Socio  oonispondente  LUIGI  LOMBARDI 


La  conoscenza  esatta  delle  leggi  di  variazione  delle  gran- 
dezze alternative  assume  una  notevole  importanza  nella  tratta- 
zione di  molti  problemi  di  elettrotecnica,  onde  si  giustifica  la 
ricerca  dei  mezzi  piii  semplici  per  rilevarne  sperimentalmente  le 
curve  di  rappreeentazione,  e  per  decomporle  nell'onda  fonda- 
mentale e  nelle  armoniche  successive.  I  metodi  aU'nopo  impie- 
gati sono  numerosi,  e  per  ta  maggior  parte  ben  noti  (I),  eì  che 
non  occorre  in  questa  sede  farne  particolareggiata  enumerazione. 

Quello  più  antico,  che  ha  servito  di  base  per  molti  altri, 
fa  suggerito  da  Joubert,  0  quale  si  valse  di  un  organo  di  con- 
tatto rotante  per  stabilire  una  comunicazione  metallica  dì 
brevissima  durata  fra  due  parti  del  circuito  a  un  determinato 
istante  del  periodo,  variandone  la  fase  mediante  lo  spoetamento 
angolare  della  molla  o  della  spazzola,  destinata  a  ricevere  il 
contatto.  Nella  forma  più  comune  si  utilizza  questo  contatto 
per  caricare  un  condensatore  alla  differenza  istantanea  di  po- 
tenziale, che  intercede  al  momento  voluto  fra  due  punti  del 
circuito,  e  si  scarica  poi  il  condensatore  medesimo  attraverso 
un  galvanometro  balistico,  mediante  la  trasposizione  di  un  reoforo 
estemo.  È  possibile  però  di  ottenere  dallo  stesso  organo  di  con* 
tatto  rotante  la  carica  del  condensatore  in  una  prima  posi- 
zione, e  snccessivamente  la  scarica  dì  esso  attraverso  al  galva- 


(1)  OsLifH,  Àufnahmt  und  Anali/tr  von   Weekttlslroinkartm. 


D,B,t,zed.yGOOg[e 


566  LUiai   LOMBARDI 

nometro  medi&nte  l'aggiunta  di  una  seconda  spazzola  fissa,  ed 
in  questa  forma  l'apparecchio,  trasformato  in  un  vero  commu- 
tatore rotante,  è  anche  di  ubo  frequente  per  la  misura  di  pic- 
cole capacità  col  metodo  di  Fleming.  Il  prof.  Ilevessi  (1)  na 
propose  l'impiego  per  rilevare  le  curve  di  variazione  della  f.  e.  m. 
degli  alternatori,  utilizzando  a  muovere  l'organo  di  contatto  un 
motore  asincrono  di  piccolo  acorrimento,  il  quale,  variando  per 
gradi  la  fase  del  contatto,  permette  di  seguire  al  galvanometro 
la  deviazione  di  scarica,  proporzionale  alle  singole  ordinate 
della  curva  di  tensione,  in  un  intervallo  di  tempo  corrispon- 
dente al  periodo  differenziale  di  battimento,  si  da  poter  appli- 
care al  rilievo  un  metodo  comune  di  registrazione. 

Una  prima  semplificazione  di  questo  metodo  ai  può  otte- 
nere, sostituendo  al  commutatore  a  due  contatti  successivi  un 
semplice  interruttore  rotante,  che  stabilisce  la  comunicazione 
istantanea  della  2'  armatura  del  condensatore  con  uno  dei  punti, 
tra  cui  si  desidera  di  rilevare  la  curva  di  tensione,  mentre  l'altro 
punto  è  in  comunicazione  permanente  con  la  1'  armatura.  Fra 
le  due  armature  si  può  mantenere  in  permanenza  derivato  il 
galvanometro  con  una  adeguata  resistenza  zavorra,  atta  a  limi- 
tare la  corrente  istantanea  direttamente  assorbita  dallo  stru- 
mento, laddove  quella  media  di  scarica  si  sviluppa  in  tutto 
l'intervallo  fra  i  contatti  successivi,  e  può  fornire  all'equipaggio, 
convenientemente  smorzato,  una  deviazione  stabile. 

Ridotta  a  questa  semplicità  la  funzione  dell'apparecchio, 
non  è  più  necessario  di  renderne  le  parti  permanentemente 
solidali  con  la  macchina  generatrice,  ovvero  con  apposito  mo- 
tore sincrono  o  asincrono,  come  era  solito  per  i  primitivi  appa- 
recchi di  Joub^t,  potendosi  dare  al  sistema  la  forma  dì  un  disco 
girevole  attorno  ad  un  asse,  munito  di  impugnatura,  come  un 
ordinario  contagiri,  da  adattarsi  all'albero  della  macchina  me- 
diante un  innesto  metallico  a  punta  triedrica,  ovvero  mediante 
un  bottone  elastico  di  frizione.  Se  l'applicazione  è  fatta  a  un 
motore  asincrono,  col  metodo  Revessi,  basta  prolungare  l'innesto 
per  tutto  l'intervallo  di  un  periodo  dì  battimento;  se  a  un  mo- 
tore sincrono,  ovvero  al  generatore,  in  ogni   posizione   dell'im- 


U]  Ani  Mf Associai.  EUttrot.  Hai,  1909,  p.  211. 


D,!„t,zed.yGOOgle 


SOPRA  UN   URTODO  SBMPLECB   PER  RILEVARE   LE  CDICVB,  ECC.      567 

pugnatura,  cui  è  solidale  la  spazzola,  e  che  si  può  leggere  me- 
diante un  indice  fisso  alla  ossatura  della  macchina,  di  fronte  a 
cui  si  aposta  una  scala  circolare  solidale  alla  impugnatura,  o 
vicerersa,  si  rileva  mediante  una  deviazione  stabile  del  galva- 
nometro  una  delle  ordinate  della  curva.  Nel  1°  caso,  per  rile- 
vare curve  molto  accidentate,  occorre  un  galvanometro  di'  equi- 
paggio cosi  leggero,  da  poter  seguire  proporzionalmente  tutte 
le  oscillazioni  armoniche,  impresse  durante  il  periodo  di  batti- 
mento; nel  2"  caso  l'inerzia  dell'equipaggio  non  presenta  alcun 
inconveniente,  anzi  serve  a  render  più  .stabili  le  deviazioni;  in 
entrambi  i  casi  però  è  necessario  limitare  la  durata  dei  contatti 
di  carica  a  segno,  da  renderla  trascurabile  di  fronte  all'inter- 
vallo clie  corrisponde,  in  base  alla  velocità  periferica  del  disco, 
allo  sviluppo  dell'onda  fondamentale  e  di  una  qualunque  delle 
armoniche  da  rilevare. 

Se  un  interruttore  sincrono  così  fatto  si  applica,  per  il  ri- 
lievo della  curva  della  f.  e.  m.  o  di  altra  grandezza  correlativa, 
ad  un  alternatore  multipolare,  si  può  accrescere  la  sensibilità 
del  metodo,  ossia  il  numero  delle  cariche  istantanee  del  con- 
densatore, e  quindi  la  deviazione  del  galvanometro,  aumentando 
il  numero  dei  contatti  per  ogni  giro  in  proporzione  del  numero 
delle  coppie  polari,  con  che  essi  risultino  fra  loro  a  eguale  di- 
stanza, in  modo  da  ripetersi  per  fasi  coincidenti,  uno  in  ogni 
perìodo.  Ove  il  numero  dei  contatti  si  aumentasse  ulteriormente, 
in  modo  che  questi  si  ripetessero  a  eguali  intervalli  due  o  piìi 
volte  entro  ogni  periodo,  la  somma  delle  cariche  conferite  al 
condensatore  in  un  numero  intero  di  periodi  risulterebbe  alge- 
bricamente nulla,  e  nulla  del  pari  la  deviazione  del  galvano- 
metro,  semprechè  ei  trattasse  di  una  differenza  di  potenzÌRle 
variabile  con  legge  sinusoidale.  E  di  qui  è  scaturita  l'idea  di 
applicare  il  metodo  stesso  per  il  rilievo  separato  della  curva 
rìsultante  e  delle  sue  armoniche  di  ordine  superiore. 

Basta,  infatti,  per  questo  impiegare  un  interruttore,  il 
quale  riproduca  i  contatti  istantanei  tante  volte  in  ogni  giro, 
quanto  è  il  numero  dei  perìodi  dell'armonica  che  si  vuol  rile- 
vare, purché  il  numero  d'ordine  di  questa  non  abbia  alcun 
fattore  comune  col  numero  di  coppie  polari,  ossia  di  periodi 
dell'onda  fondamentale  in  ogni  giro.  Così  per  rilevare  separa- 
tamente l'armonica  3»  5'  7*  11"  13"...  della  f.  e.  m.  o  della 


>y  Google 


568  LOiai  LOUBARDI 

tensione,  prodotta  da  un  alternatore,  che  abbia  1,  2,  4,  8, 16  coppie 
polari,  basterà  che  l'interrattore  ripeta  i  contatti  a  ogni  giro  3, 

5,  7,  11,  13  volte,  laddove  per  una  macchina  a  3  o  5  coppie 
polari  il  rilievo  separato  della  3*  e  5*  armonica  richiederebbe 
un  numero  di  contatti  3X3,  5  X  &i  ecc. 

Per  adattare  a  questi  differenti  rilievi  uno  stesso  interrut- 
tore sincrono,  non  è  indispensabile  di  ricambiare  ogni  volta  il 
disco  destinato  a  stabilire  i  contatti,  ma  bensì  è  possìbile  di 
munire  il  medesimo  disco  di  un  numero  di  segmenti,  cbe  abbia 
per  divisori  i  numeri  di  contatti  desiderati,  rendendo  solidali  fra 
loro  quelli  equidistanti,  il  cui  numero  corrisponde  al  numero  dei 
contatti  medesimi.  Così  con  un  disco  di  ebanite,  portante  alla 
periferia  3X^X7  =  105  segmenti  metallici  della  larghezza 
periferica  di  1  a  2  mm.,  i  qgali  coi  rispettivi  segmenti  ìsolanti 
di  analogo  spessore  possono  occupare  in  complesso  uno  spazio 
di  circa  20  a  40  cm.  e  pertanto  richiedono  un  diametro  di  7 
a  14  cm.  non  eccessivamente  ingombrante,  si  possono  ese- 
guire i  rilievi  delle  prime  armoniche  indicate,  che  per  molti 
casi  della  pratica  sono  sufficienti.  Con  un  numero  di  segmenti 
maggiore  d'altronde,  anche  se  esso  non  contiene  come  divisore 
il  numero  esatto  che  si  vorrebbe  attuare,  l'errore  che  si  com- 
mette collegando  fra  loro  i  segmenti,  che  meno  si  allontanano 
dalle  posizioni  equidistanti  prestabilite,  può  essere  abbastanza 
tenue,  da  potersi  in  molti  casi  tollerare  in  una  ricerea  appros- 
simativa. 

Per  rendere  solidali  fra  di  loro  i  segmenti,  posti  alle  di- 
stanze indicate,  bastano  altrettante  radere  o  stelle  di  metallo, 
mantenute  su  la  faccia  lìbera  del  disco  che  si  volge  alla  mac- 
china mediante  una  vite  di  pressione.  La  Gasa  Hartmann  &  Brano 
costruiva  piccoli  interruttori  di  questo  genere  a  24  segmenti 
metallici  isolati,  dei  quali  si  possono,  mediante  apposite  stelle 
d'ottone  stampato,  rendere  solidali   con   l'asse    metallico  12,  8, 

6,  4,  3,  2  per  realizzare  in  ogni  giro  altrettante  interruzioni  di 
una  debole  corrente,  fornita  da  una  pila  o  sorgente  qualsiasi 
ad  uno  dei  soliti  frequenziometri  a  linguetta,  i  quali  io  tal 
modo  si  possono  utilizzare  come  misuratori  dì  velocità  per 
macchine  qualunque.  Kella  impugnatura  è  perciò  allogato  un 
contatto  strisciante,  al  quale  fa  capo  mediante  an  cordone 
fieesibile  uno  dei  reofori  della  pila,  mentre  l'altro  fa  capo  alla 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


SOPRA   Oìf   METODO  SKXPUCB   PER  RILEVARE   LE  CORTE,  ECC.      &69 

spazzola  appoggiatn  3u  la  periferia  del  disco,  e  destinata  a  ri- 
cevere ti  contatto  dei  segmenti. 

Mediante  questo  apparecchio  semplicissimo,  di  cai  la  pre- 
detta Società  dichiara  di  avere  abbandonato  la  costruzione, 
per  la  richiesta  eccessivamente  limitata,  ho  potuto  eseguire 
con  molta  fedeltà,  e  in  iwchì  minuti,  il  rilievo  di  curve  molto 
capricciose  di  tensione  sopra  un  gruppo  di  due  alternatori, 
accodati  sul  medesimo  asse,  uno  dei  quali  a  4  poli  fornisce 
l'onda  fondamentale,  di  forma  prossima  alla  sinusoide,  e  l'altro 
a  12  poli,  eccitato  separatamente,  fornisce  la  3*  armonica  di 
ampiezza  e  fase  variabile,  essendo  lo  statore  sostenuto  da  un 
collare  girevole  mediante  un  comando  a  dentiera  e  vite  senza 
fine.  La  curva  della  tensione  risultante  veniva  rilevata  munendo 
l'apparecchio  della  stella  a  2  punte  diametralmente  opposte,  e 
la  3*  armonica  separata  mediante  la  stella  a  3  o  quella  a  6  punte, 
con  che  le  ordinate  rispettive  risultavano  in  relazione  alle  prime 
moltiplicate  per  il  rapporto  3/2  e  6/2.  La  capacità  impiegata 
era  di  alcuni  microfarad;  la  resistenza  in  serie  col  galvanometro, 
derivata  fra  le  armature,  di  alcune  decine  di  migliaia  di  ohm. 
Con  l'apparecchio  in  esame  non  era  possibile  rilevare  altre  ar- 
moniche, ma  è  allo  studio  la  costruzione  di  un  modello  piìi 
grande,  con  l'aiuto  del  quale  anche  la  5*  e  !*■  armonica  potranno 
rilevarsi  con  la  stessa  facilità  (1). 

Con  tale  modalità  è  da  presumere  che  l'apparecchio  possa 
trovare  praticamente  una  larga  applicazione  nelle  ricerche  di 
carattere  industriale,  per  le  quali  non  è  sempre  a  disposizione 
an  oscillografo,  od  altro  complesso  dì  apparecchi  da  laboratorio. 

Napoli,  Istituto  Elettrotecnico  del  R.  Politecnico, 
IO  giugno  1920. 


(1)  L'OfBcina  Qalileo  dì  Firenze  ha  cortesemente  assunto  la  costruzione 
^dTqaeato  apparecchio.  , 


L'Accademico  Segretario 
Carlo  Fabrizio  Pabona 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


CLASSI  UNITE 


Adunanza  del  20  Qingno  1930 

PRESIDENZA    DEL    SOCIO    PROF.    COHH.    ANDREA    KACCARI 

PRESIDENTE   DELL'ACCADEMIA 


Sono  presenti 

della  Classe  di  Scienze  fisiche,  matematiche  e  naturati 
i  Soci  D'Ovidio,  Foà,  Guidi,  Pabona,  Mattiholo,  Grassi, 
SoMiouAKA,  Panetti,  Sacco,  Rosa,  Herlitzka; 

e  della  Classe  di 'Scienze  morali,  storiche  e  filologiche 
i  Soci  Rdffini,  Vicepresidente  dell'Accademia,  Pizzi,  De  Sahctis, 
Baudi  di  Veshe,  Schiafarelli,  Patetta,  Yidari,  Gian,  Talmaooi, 
Faooi,  Luzto,  e  Stampini  Segretario  della  Classe,  che  funge  da 
Segretario  delle  Classi  unite. 

È  scusata  l'assenza  dei  Soci  Segre,. Direttore  della  Classe 
di  Scienze  fisiche,  matematiche  e  naturali,  Saltadori,  Einaudi 
e  Prato. 

Si  legge  e  si  approva  l'atto  verbale  dell'adunanza  delle 
Classi  unite  del  giorno  22  febbraio  u.  s. 

Il  Socio  Fok  legge  il  suo  discorso  commemorativo  del  de- 
funto Socio  nazionale  residente  Romeo  Fusaei.  Segue  il  Socio 
CuN  che  legge  la  commemorazione  del  Socio  nazionale  residente 
Rodolfo  Rrnier  e  del  Socio  corrispondente  Francesco  Novati. 
Il  Presidente  ringrazia  gli  oratori,  applauditi  dall'Accademia  e 
dal  pubblico. 


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-   IN  HKUORIA   DI  BOUBO  FDSARI 


IN  MEMORIA 


ROMEO    p-USARI 

Discono  commemorativo  Ietto  dal  Socio  nai.  resid.  FIO  FOÀ. 


Il  29  di  marzo  1919  ai  spegneva  a  62  anni  Romeo  Fusabi, 
Professore  ordinario  di  Anatomia  umana  nella  B.  Università  dì 
Torino.  Alla  propria  fine,  stoicamente  attesa,  ai  era  venuto  pre- 
parando da  varti  mesi,  durante  i  quali  invadeva  ineaorabilmente 
il  euo  corpo  un  male  irreparabile.  £gli  era  nato  nel  1857  a 
Gaatiglione  d'Adda,  dove  appena  terminati  gli  studi  ginnasiali 
si  trovò  di  fronte  alla  necessità  di  guadagnarsi  il  pane,  atten* 
dendo  ad  umili  impieghi,  ma  il  modesto  oscuro  eroe  non  perdeva 
di  vista  l'intento  di  guadagnarai  con  lo  studio  l'avviamento  verso 
una  carriera  liberale.  Riuscì  ad  ottenere  il  passaggio  dalla  2* 
alla  3*  claaae  del  Liceo,  ed  ebbe  l'iacrizione  alla  Scuola  di  Far- 
macia di  Pavia,  da  cui  passò  in  seguito  a  quella  Facoltà  di 
Medicina,  nella  quale  conaegui  la  laurea  l'anno  1885.  Però,  fin 
dall'anno  1884  egli  ottenne'  la  carica  di  aiuto  alla  Cattedra  di 
Istologia  dell'Università  Pavese,  ove  rimase  sino  al  1886.  Vinse 
poi  un  posto  di  perfezionamento  che  lo  condusse  a  Messina  come 
allievo  nel  Laboratorio  di  Embriologia  del  Prof.  Kleinenberg 
e  di  là  passò  al  posto  di  1°  Settore  nell'Istituto  di  Anatomia 
normale  a  Messina.  Fu  libero  docente  per  titoli  ed  incaricato 
dell'insegnamento  ufficiale  dell'Istologia  dal  1888  al  1890.  Indi 
fu,  fino  al  1895,  Straordinario  di  Anatomia  umana  a  Ferrara  e 
poi  Straordinario  di  Anatomia  microscopica  a  Bologna  nel  1895-96. 
Fu,  in  seguito  a  concorso,  Straordinario  e  poi  Ordinario  di  Ana- 
tomia umana  a  Modena  net  1897  e  1898,  nel  quale  anno  ebbe 


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572  no  FOl 

l'onore  di  succedere  alla  Cattedra  di  Anatomia  umana  lasciata 
vacante  a  Torino  dal  compianto  Prof.  Giacomtnj.  Superate  le 
prime  difficoltà,  accreaciute  da  innovazioni  nei  metodi  sino  allora 
prevalsi,  non  tardò  a  conquistarsi  la  stima  dei  Colleghi  e  l'affetto 
deferente  degli  allievi,  quando  questi  giunsero  a  comprenderne 
la  solidità  della  dottrina  e  la  rettitudine  esemplare  della  persona. 
Le  qualità  personali  elevate,  e  l'esempio  costante  di  lavoro  adem- 
piuto con  la  piìi  scrupolosa  coacienzs,  indussero  i  CoUegbi  della 
sua  Facoltà  a  proporlo  quale  Rettore  dell'Università,  nella  quale 
carica  rimase  dal  1913  sino  all'ottobre  del  1917,  mentre  l'Italia 
e  l'Ateneo  Torinese  attraversavano  il  grandioso  periodo  della 
guerra  mondiale.  Fusari,  Rettore,  fu  l'esponente  di  quel  grande 
movimento  che  condusse  il  nostro  Ateneo  a  divenire  un  focolaio 
di  Italianità,  e  quando  quésto  volle  solennemente  celebrare  la 
visita  fattagli  dal  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  Antonio 
Salandra,  dopo  che  questi  aveva  proclamata  la  guerra  e  aveva 
chiuso  tutto  un  periodo  precedente  assai  critico  per  la  politica 
nazionale,  il  Fusabi  pronunciò  in  presenza  di  un  grande  pubblico 
e  di  molte  autorità  un  discorso  ispirato  ad  alti  sensi  patriottici 
e  civili,  che  per  l'eleganza  della  forma  e  per  la  nobiltà  del 
contenuto,  concesse  anche  a  chi  non  lo  conosceva  intimamente 
di  rilevare,  direi  quasi  di  scoprire,  quanto  tesoro  di  sentimento 
fosse  racchiuso  nell'anima  di  quell'uomo,  dalle  apparenze  poco 
espressive,  e  piuttosto  ruvide. 

Era  uomo  interamente  dedito  al  lavoro  del  suo  laboratorio 
e  agli  affetti  della  famiglia,  che  vedeva  non  senza  legittimo  or- 
goglio avviarsi  verso  una  relativa  agiatezza;  egli,  che  aveva 
conosciuto  il  più  profondo  disagio,  e  che  rammentava  con  sod- 
disfazione la  prima  modestissima  moneta  consacrata  finalmente 
al  risparmio,  quale  espressione  della  sua  vita  sobria,  castigata 
e  previdente. 

Il  Fusabi,  superata  la  naturale  resistenza  in  chi  è  assue- 
fatto al  lavoro  scientìfico  sistematico  e  alla  piìi  scrupolosa  ese- 
cuzione del  compito  didattico,  comprese  che,  urgendo  le  necessità 
complesse  determinate  dalla  guerra,  era  necessario  dare  la 
propria  attività  anche  al  di  fuori  della  vita  strettamente  acca- 
demica, e  Iq  vediamo,  infatti,  assumere  la  Presidenza  della 
Unione  dagli  Insegnanti  sorta  a  quel  tempo  nell'intento  di  ali- 
mentare la  fiamma  dal  più  puro  patriottismo  nell'animo  dei 


zed.yGOOg[e 


IN   MEMORIA  DI  ROUEO   FDSAKI  573 

maestri,  e  adoperarsi  eziandio  nel  Ck>mit&to  dì  preparazione  per 
opere  destinate  alla  guerra.  Ne  segui  con  animo  fermo  le  vi- 
cende e  sopportò  con  eroica  e  tranquilla  rassegnazione  la  pena 
di  avere  il  figlio  che  giovaDÌssimo  si  fece  volontario  e  durò  le 
^avi  fatiche  della  guerra  sotto  Tolmino,  sul  Carso  e  io  Gamia, 
caduto  poi  prigioniero.  Ebbe,  dopo  gravi  trepidazioni,  la  gioia 
di  rivederlo  quando  fu  liberato  dalla  vittoria  delle  nostre  armi, 
e  senta  la  grandezza  ed  il  prestigio  che  l'Italia  per  essa  si  era 
meritata  nel  mondo.  La  morte  incolse  il  nostro  compianto  prima 
che  egli  potesse  vedere  compensata  la  Patria,  che  tanto  ha 
amato,  dei  grandi  sacrifici  che  ha  sofferto,  e  quando  ancora 
stava  lavorando  alla  compilazione  delle  sae  lezioni  di  Anatomia 
topografica. 

Infaticabile  lavoratore,  aveva  da  giovane  guadagnato  un 
posto  al  Collegio  Ghisleri  di  Pavia  nel  1882.  Ebbe,  come  ai 
disae,  il  posto  di  perfezionamento  all'interno  nel  1887,  vinse  il 
Premio  Carpi  della  R.  Accademia  dei  Lincei  ed  il  Premio  Fossati 
del  R.  Istituto  Lombardo  di  Scienze  e  Lettere  nel  1891.  Fu 
Socio  Ordinario  della  nostra  Accademia,  Corrispondente  ai  Lincei, 
Socio  Ordinario  della  R.  Accademia  di  Medicina,  Socio'Onorario 
dell'Accademia  di  Scienze  Mediche  e  Naturali  di  Ferrara  e  Membro 
delle  Società  Medico-Chirurgiche  di  Bologna  e  di  Modena. 

FusARt  si  trovò  come  aiuto  nel  gabinetto  di  Golgi,  quando 
questi  dopo  aver  scoperta  la  cosidetta  reazione  nera  per  lo 
studio  della  fine  struttura  del  sistema  nervoso,  apriva  un  nuovo 
e  largo  campo  di  studi:  onde  egli  produsse  in  quegli  anni  il 
gruppo  più  considerevole  dei  suoi  lavori.  Studiò  comparativa- 
mente l'uomo,  i  vertebrati  superiori  e  vi  aggiunse  lo  studio  dei 
vertebrati  inferiori,  tanto  opportuni  per  la  conoscenza  dei  pro- 
blemi della  morfologia,  e  adoperò,  oltre  alla  suddetta  reazione 
nera,  altri  metodi  conosciuti  onde  eliminare  eventuali  cause  di 
errore.  Studiò  il  cervelletto  dell'uomo  e  l'encefalo  dei  teleostei,  . 
confermando  sia  nei  vertebrati  superiori,  sia  negli  inferiori  i 
due  tipi  di  cellule  e  di  fibre,  l'una  di  natura  probabilmente 
motoria,  e  l'altra  probabilmente  di  natura  sensitiva,  come  il 
Ctolgi  aveva  descritto.  Nel  cervelletto,  dimostrò  i  rapporti  tra 
le  piccole  cellule  dello  strato  molecolare  e  la  partecipazione, 
coi  loro  prolungamenti  nervosi,  alla  formazione  del  fascio  delle 
fibre  arcuate.  Fusabi  ebbe  occasione  di  studiare  i  fasci  dì  con- 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


574  ,  PIO  Foi  ' 

nesaione  cerebellare  in  uà  uomo,  nel  quale  il  cervelletto  mao- 
cava  quasi  completamente  senza  avere  dato  sintomi  attribuibili 
alla  lesione,  all'infuorl  del  mancato  sviluppo  dell'intelligenza. 
Tutti  i  fasci  di  connessione  del  cervelletto  con  gli  altri  segmenti 
dell'asse  cerebro-spinale  furono  riscontrati  molto  ridotti. 

Con  lo  studio  dei  vertebrati  inferiori,  il  Fusari,  contro  la 
opinione  dì  precedenti  autori,  dimostrò  che  la  struttura,  dei  centri 
nervosi  di  quelli,  non  è  essenzialmente  diversa  da  quella  dei 
vertebrati  superiori.  Confermò  il  concetto  di  Golgi  sull'origine 
ectodermale  della  cellule  della  neuroglia  e  delle  cellule  epiteliali. 
Ritenne  il  cervelletto  dei  vertebrati  inferiori  analogo  al  verme 
cerebellare  dei  vertebrati  superiori,  e  ritenne  che  il  tetto  ottico 
sia  analogo,  per  la  struttura,  alle  eminenze  bigemine  anteriori 
dei  mammiferi  e  dell'uomo.  Dimostrò  con  la  reazione  nera  la 
esistenza  di  un  fascio  di  fibre  di  connessione  fra  le  due  retine 
passanti  dal  nervo  ottico  di  un  lato  a  quello  dell'altro  lato. 
Altri  preziosi  contributi  ha  dato  il  Fdsabi  alla  struttara  dei 
centri  nervosi,  di  cui  anche  descrisse  accuratamente  alcune 
anomalie  di  sviluppo.  In  una  ricca  collezione  di  encefali  di 
bambini,  di  cui  Fusari  ha  dotato  l'Istituto  di  Anatomia  normale 
di  Torino,  studiò  il  solco  orbito-frontale  di  Oiacominì  dimo- 
strandone la  persistenza  in  tutto  il  periodo  fetale. 

ÌHeWamphioxus  lanceolatus,  mediante  la  impregnazione  nera 
il  FusAKi  riuscì  a  mettere  in  evidenza  molte  particolarìtii  nuove 
del  modo  di  terminare  dei  nervi  nelle  branchie  e  nei  cirri  boc- 
cali, e  dimostrò  che  i  corpuscoli  terminali  di  Erause  connessi 
colle  ultime  diramazioni  delle  prime  due  paia  di  nervi  non  sono 
altro  che  gangli  periferici.  Descrisse  eziandio  le  terminazioni 
nervose  nei  muscoli  striati,  nella  cute,  nella  mucosa  orale  e 
nell'apparecchio  branchiale. 

Il  Fusari  fu  il  primo  a  studiare  esattamente  il  modo  di 
comportarsi  delle  fìbre  nervose  nelle  capsule  surrenali,  e  dimostrò 
con  sicurezza  i  fili  terminali  nervosi  anche  nel  parenchima  della 
milza.  Colla  applicazione  nera  anche  ad  altri  tessuti,  il  Fitsaiu 
contribuì  alla  più  fine  conoscenza  di  etementi  cellulari,  come  le 
fibre  muscolari,  le  cellule  connettive  della  lingua,  le  cellule  car- 
tilaginee  ed  ossee,  e  le  cellule  della  dentina. 

Numerose  pubblicazioni  del  Fdsari  riguardarono  l'embrio- 
logia, l'organogenesi,  e  la  teratologia.  Egli  studiò  i  più  complessi 


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IN   MBHORU   DI   ROMEO  FUSAB!  575 

problemi  della  segmentazione,  della  gastrulazione  e  della  bla- 
stogenesi.  Altro  lavoro  di  embriologia  fu  quello  con  cui  il  Fusabi, 
mettendo  in  relazione  il  grado  di  sviluppo  degli  embrioni  dei 
piccoli  Bacchi  provenienti  da  aborti,  con  la  data  dell'ultima  me- 
struazione avvenuta  e  della  prima  mancata,  stabili  che  l'uovo 
fecondato  può  essere  tanto  quello  eliminato  nel  perìodo  della 
prima  mestruazione  mancata,  quanto  quello  eliminato  dall'ovaia 
durante  l'ultima  mestruazione  comparsa. 

In  altra  importante  ricerca,  il  Fusabi  dimostrò  l'origine 
diversa,  oggi  uni  versai  niente  rìconosciuta,  della  sostanza  corti- 
cale delle  capsule  surrenali  dall'epitelio  perìtoneale,  e  quella 
della  sostanza  midollare  di  natura  simpatica. 

È  pure  oggi  universalmente  accolta  l'origine  della  sostanza 
midollare  delle  capsule  surrenali  e  delle  cellule  simpatiche  da 
un  elemento  comune,  sebbene  si  distinguano  gli  elementi  feocromi 
dagli  elementi  nervosi.  Fusabi  rilevò  che  le  prime  note  dello 
sviluppo  del  simpatico  appaiono  nel  pollo  indipendentemente 
dai  gangli  intervertebrali  e  dai  nervi  spinali,  coi  quali  si  col- 
legano solo  più  tardi,  e  ne  dedusse  l'orìgine  mesodermìca  del 
simpatico.  Quali  contributi  alla  teratologia  segnaliamo  l'accurata 
descrìzione  delle  forme  esterne  dello  scheletro,  dei  muscoli,  dei 
nervi  e  delle  arterie  di  un  arto  assai  breve,  provveduto  di  una 
mano  con  due  sole  dita  chiuse  da  un  rivestimento  cutaneo  co- 
mune, e  le  osservazioni  sulle  divisioni  dell'occipite  basilare  e 
sulla  fusione  delle  ueuroapofisi  cervicali  in  mostro  anencefalo, 
osservazioni  che  servono  di  sostegno  alla  teoria  vertebrale  del 
cranio. 

Dei  lavori  di  morfologia  va  sopra  agli  altri  segnalato 
quello  sulla  forma,  la  disposizione  e  lo  sviluppo  dei  villi  inte- 
stinali. 

TI  Fusabi  in  molte  pubblicazioni  ne  dimostrò  la  varietà  dì 
forma  e  di  distribuzione  a  seconda  dei  varii  segmenti  del  tenue 
e  anche,  sopratutto  per  il  duodeno,  a  seconda  degli  individui. 
Adoperò  il  metodo  della  microstereofotografia  per  lo  studio,  e 
la  dimostrazione  mediante  il  microscopio  binoculare.  Formatisi 
i  primi  villi  e  le  creste  del  canale  digerente,  resta  proliferante 
solo  la  parte  di  epitelio  che  tappezza  i  Fondi  ciechi  tra  villo  e 
villo,  e  questa  parte  proliferante  forma  gettoni  cavi  che  fanno 
allungare    i    villi    preesìstenti    alla    base,  e  creano  nuovi  villi. 


zed.yGOOg[e 


576  PIO  FoA 

Anche  per  qaeBti  nuovi  villi  la  capacità  proliferativa  cessa 
presto  nelle  parti  libere,  e  continaa  nei  fondi  ciechi,  e  cosi  il 
fenomeno  si  ripete  parecchie  volte,  finché  le  ultime  gemme  cave 
formate  dai  fondi  ciechi,  diventano  le  ghiandole  intestinali. 

Il  FusAKi  trovò  nel  setto  della  lingua  di  un  soggetto  adulto 
giovane,  tre  noduli  cartilaginei,  e  studiando  i,  feti  umani  trovò 
che  il  setto  tra  il  i"  e  il  5°  mese  faa  struttura  precartilaginea 
con  piccoli  nodi  differenziati  di  cartilagine.  Questi  esistono  anche 
nei  conigli,  in  cui  sono  più  gròsai. 

Il  FusARi  rìcercb  il  numero  delle  piastrine  nel  sangue  nor- 
male e  patologico,  e  fece  altre  ricerche  sulla  topografia  dei  bulbi 
gustativi  nella  lingua  del  ghiro,  dei  quali  constatò  l'assenza  nel 
delfino,  e  altre  sulle  appendici  rappresentate  dalla  guaina  radi- 
colare  dei  peli.  Altre  osservazioni  riguardano  le  connessioni 
delle  cellule  muscolari  liscie,  in  cui  l'autore  ha  provato  che  la 
lamina  d'aspetto  connettivo  che  avvolge  e  separa  le  cellule  mu- 
scolari stesse,  è  un  prodotto  di  trasformazione  dell'ectoplasma 
delle  stesse  cellule. 

n  FusABi  arriccfal  il  Museo  di  Anatomia  normale  di  alcune 
riuscitissime  preparazioni  del  labirinto  auditivo  membranoso,  e 
ideò  metodi  semplici  e  pratici  dal  punto  di  vista  didattico.  Cod 
pure  il  FusARi  propose  un  metodo  per  la  colorazione  elet- 
tiva dei  granuli  delle  cellule  di  Panetb  delle  ghiandole  inte- 
stinali, il  che,  adoperando  i  vecchi  metodi,  non  sempre  si  riu- 
sciva ad  ottenere.  In  fine,  fra  le  maggiori  attività  del  Fdsabi 
negli  ultimi  anni,  va  annoverata  quella  della  produzione  dì 
opere  didattiche,  fra  le  quali  va  segnalato  il  Chmpendio  di 
Anatomia  umana,  diffusissimo  fra  gli  studenti,  e  il  volume  sul 
Sistema  nervoso  nel  Trattato  colUUtvo  italiano  del  Vallardi,  mentre 
purtroppo  rimase  inedito  un  TVaUato  di  Anatomia  topografica. 
Il  FcsARi  attese  eziandio  all'arricchimento  del  Museo  dì  Ana- 
tomia normale  e  all'istituzione  del  Laboratorio  di  Istologia  nor- 
male. Negli  ultimi  anni  diresse  per  la  Ditta  Pai'avia  la  costru- 
zione dei  primi  modelli  di  preparati  anatomici  in  gesso  fotti  in 
Italia,  giungendo  a  superare  quelli  fatti  all'estero. 

FosABi  fu  uomo  austero  nel  senso  pieno  della  parola,  e 

Brio- 
lattì. 


Coo.qlc 


IS  HKHOBU  DI  ROMEO  FD3ARI   "  577, 

mente  espressivo  quando  doveva  comunicare  per  apprendere  ad 
altri  cognizioni  tecniche  o  scientifiche,  di  cui  era  ricco  al  dì 
sopra  dell'aspettativa.  Ligio  al  proprio  '  dovere,  che  compiva 
con  la  più  scrupolosa  costanza  ed  esattezza,  nascondeva  sotto 
una  sottile  ruvida  scorza  un  cuore  eccellente.  Furono,  come  si 
disse,  centri  abituali  della  sua  esistenza  la  famìglia  ed  il  labo- 
ratorio, ed  ebbe  la  gioia  dì  vedere  sempre  più  apprezzata  la 
sua  posizione  scientifica  e  sempre  più  allargata  dalle  circo- 
stanze la  schiera  dei  suoi  amici. 

La  nostra  Accademia  rende  onore  al  suo  socio  assiduo  e 
coscienzioso,  che  le  ha  dato  molti  contributi  dell'attività  propria 
e  dei  suoi  allievi. 


zed.yGOOg[e 


VITTORIO  CUN 


COMMEMORAZIONE 


aODOLFO  RENIER  e  di  FRANCESCO  ROTATI 

fatta  dal  Socio  naz.  resid.  VITTORIO  GIAN 


EaSEOI    COLLEOHI, 

Mesi  SODO  la  Classe  di  scienze  morali,  storiche  e  filologiche 
volle  conferirmi  l'ufficio,  a  me  particolarmente  doloroso,  ma 
altamente  onorevole,  anche  ae  arduo,  di  commemorare  due  in- 
signì consoci,  troppo  presto  scomparsi,  Rodolfo  Renieb  e  Fras- 

CESCO    NOVATI. 

Dovendo  rendere  cosi  un  tardo,  ma  non  perciò  intempestivo 
tributo  d'onore  alla  memoria  dei  diletti  maestri  ed  amici,  ho 
pensato  di  adempiere  questo  dovere  in  una  forma  inconsueta 
e,  forse,  non  del  tutto  consentanea  alla  nostra  tradizione  acca- 
demica ;  ho  deliberato,  cioè,  di  appaiare  e  quasi  di  strìngere 
insieme  in  queste  mie  paiole  commemorative  le  figure  e  le  opere 
dei  due  compianti  studiosi,  perchè,  in  tal  modo,  mi  pareva  quasi 
.di  simboleggiare  e  d'illustrar  meglio  quella  comunanza  perfetta, 
quella  solidarietà  fraterna  di  pensieri  e  di  azione  spirìtnale  e 
scientifica  che  li  avvinse  l'uno  all'altro  in  vita. 

Questo  abbinamento,  del  resto,  credo  che,  com'è  sorto  spon- 
taneo  nella  mia  niente,    cosi   sorgerà  nell'animo    di   chiunque 
abbia,  come  voi,  qualche  conoscenza    dei    due   illustri    colleghi 
defunti  ;  per  questa  ragione,  se  non  altro,    che   esso    era    tale 
nella  realtà  effettiva  ch'io  mi  accingo  a  lumeggiare: 
Degno  è  che,  dov'è  l'aa,  l'altro  s'induca  ; 
Sì  che,  com'elli  ad  una  mìlìtaro, 
CobI  la  gloria  loro  insieme  luca. 

(Rirarf.,  SII.  34-6). 


zed.yGOOgle 


COMMEMOB.   DI   RODOLFO  RENIBR  E   DI   FBANCBSCO   NOYATI        579 

Perciò,  meritamentaj  Pio  Rajna,  il  grande  maestro  di  questi 
loro  studi,  che,  come  la  quercia  delle  sue  Alpi,  sta  saldo  e  di- 
ritto sulla  vetta  raggiunta,  quasi  a  sfidare  gli  anni  e  gli  eventi, 
l'indomani  della  morte  dì  Francesco  Novati,  che  gli  era  stato 
aaccessore  sulla  cattedra  dell'Accademia  letteraria  di  Milano, 
accennando  anche  al  Renìer,  scriveva  con  accorata  mestizia  : 
*  La  morte,  a  meno  d'un  anno  di  distanza,  dei  due  atleti,  cosi 
dissìmili  per  tanti  rispetti  fra  di  loro,  e  nondimeno  cos'i  inti- 
mamente legati,  ha  qualche  cosa  di  fatale  :  l'uno  (il  Renier) 
aveva  compiuto  da  pochi  mesi  il  57°  anno,  l'altro  stava  per 
compierlo  .  (1). 

Questa  mia  rievocazione  dei  due  commilitoni,  che,  natural- 
mente, non  vuole,  né  pub  essere  una  compiuta  monografia  e 
meo  che  meno  un'esauriente  illustrazione  biografica  e  critico- 
bibliografica,  si  propone  appunto  di  far  vedere  con  rapidi  tratti 
queste  dissìmtglianze  individuali  e,  in  quanto  hanno  di  più  ca- 
ratteristico, di  rilevare  pure  le  fondamentali  somiglianze  e  le 
affinità  intellettuali  onde  i  due  poterono  con  profonda  efficacia 
associare  tanta  parte  dell'attività  loro,  i  frutti  piii  sapidi  e  re- 
sistenti, còlti  durante  la  loro  esistenza,  breve,  ma  quant'altra 
mai  feconda,  di  maestri  e  di  studiosi. 

Il  loro  valore  fu  tale  e  così  universalmente  riconosciuto  e 
così  viva  l'impressione  dolorosa  della  loro  precoce  scomparsa, 
che  si  capisce  come  l'uno  e  l'altro  sieno  stati  largamente  e 
degnamente  commemorati  e  varie  forme  di  onoranze  sieno  state 
ad  essi  tributate,  in  particolar  modo  con  la  pubblicazione  di 
scritti  loro  e  di  altri  (2). 


(1)  Nel  Marioceo  del  2  (reniaio  1916. 

(2)  Pei  la  conoscenza  dell'opeia  di  R.  Genier  è  fondamentale  la  Biblio- 
grafia compresa  nella  poderosa  miscellanea  di  Serilti  virii  di  erudiiione  e 
di  critica,  Torino,  Bocca,  1912,  e  che  sarà  integrata  in  un  altro  volume  di 
scritti  suoi  che  è  in  preparazione.  Di  qneHta  miiicellanea  si  compiacque  di 
dare  raftguoglio  il  R.  etesao  nel  euo  aiornale  ttor.,  voi.  LXII,  pp.  182  sgi^. 
Delle  Dumerose  commemorazioni  e  degli  scritti  commemorativi  ricorderb 
anzitutto  quella  dello  scrìvente  e  di  Arturo  Farinelli,  ineerita  nell'annuario 
della  R.  Università  di  Torino  per  l'anno  1915-16;  l'articolo  di  Fr.  Picco, 
■n  L'operosità  scientifica  di  B.  S.,  nella  N.  Antologia  del  16  febbraio  1915, 
la  commemorazione  di  A.  FitBiKELLi,  R.  R.,  tenuta  all'Ateneo  torinese  e 
pubblicata   nella  N.  Antologia   del    16  marzo  1915;    lo    pagine  di  aDettnosi 

AUt  della  R.  Accademia  —  Voi.  LV.  40 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


580  TITTORIO  GIAN 

Figli  di  due  regioni  finitime,  veneto  l'uno,  lombardo  l'altro, 
furono  portati  dai  casi  della  vita  e  dalle  naturali  tendenze  sopra 
una  stessa  via,  verso  un'identica  mèta. 

Il  Renier,  nato  a  Treviso  l'U  agosto  del  1857,  da  Luigi,  ap- 
partenente ad  un^  ramo  dell'antica  famiglia  dogale  veneziana, 
e  da  Fanny  Venturi,  trentina,  segui  le  vicende  del  padre  ma- 
gistrato. 

Perciò  non  è  a  stupire  se  gli  studi,  iniziati  nel  Veneto, 
egli  li  abbia  proseguiti  poi  nel  Ginnasio  di  Camerino  e  ad  Ur- 
bino, nel  cui  Liceo  fu  per  qualche  tempo  compagno  caro  a  Gio- 
vanni Pascoli  ed  ebbe  a  maestro  quel  degno  Scolopio  che  fu  il 
padre  Francesco  Donati  ■ —  il  "  Cecco  frate  ,  carducciano  — 
che,  com'egli  stesso  scrisse,  gì' insegnò  per  la  prima  volta  a 
conoscere  Dante.  Il  Liceo  compì  ad  Ancona  e  gli  studi  univer- 
sitari intraprese  a  Bologna  alla  scuola  di  Giosuè  Carducci,  la 
cui  vigorosa  virilità  si  espandeva  allora  cosi  nei  versi,  sempre 
più  luminosi  di  bellezza  e  d'italianità  battagliera,  come  nelle 
prose  critiche  e,  dalla  cattedra,  in  corsi  memorabili. 

Nel  '76,  attratto  dalla  fama  crescente  d'un  giovine  precoce, 
precoce  maestro  e  critico  e  poeta,  che  fu  dei  nostri  e  dei  mi- 
gliori, Arturo  Qraf,  venne  qui  sulle  rive  del  Po  ;  e  qui  non  solo 
si  consacrò  con  lena  raddoppiata  agli  studi  letterari  sotto  la 
nuova  guida,  che  gli  dischiuse  ignoti  orizzonti  di  coltura  e  di 
critica,  ma  si  diede  anche   agli    studi    filosofici,  tanto  che,  nel 


ricordi  che  Fb.  Noveri  inserì  nel  Giornale  storico,  voi.  LXV,  pp.  191  a^.; 
infine  l'aBettDoao  articolo  d'nn  valoroso  discepolo,  anch'esso  acompareo  nel 
fiore  della  vita,  Bbbedbtto  Soldìti,  nel  FanfuUa  d.  Domenica,  del  24  gen- 
naio 1915  (con  ritratto).  —  Pel  Nevati  rimandiamo  alla  BMiogra/ìa  degli 
scrini  di  F.  N.,  MDCCCLXXVIII-MCMVIIl,  Milano,  1909,  il  Bupplemento 
alla  quale  b  nel  volume  Francesco  Notati,  pubblicato  dalla  Società  storica 
lombarda,  Milano,  27  die.  1917,  pel  secondo  anniversario  della  morte,  vo- 
lume foodamentate,  su  cut  cfr.  E.  Levi  nel  Giornale  storico,  voi.  LXXIII, 
pp.  261  egg.  Oltre  l'articolo  citato  di  P.  Rajna,  si  vedano  le  pagine  Bipren- 
dendo  a  cammino  di  E.  Gobba,  nel  Giom.  star.,  voi.  LSVII,  1916,  pp,  1  fgfi. 
e  V.  CiiN,  Fr.  N.,  nella  N.  Antologia  del  1°  febbr.  1916  ed  Ezio  L«vi,  Fr.  N., 
nella  JUrisla  d'Italia  del  febbraio  1916.  Mi  permetto  anche  di  ricordare  il 
Medaglione  con  ritratto  che  del  N.  pubblicai  nella  Itìuttratione  italiaHH  del 
24  giugno  1906,  in  occasione  della  sua  nomina  alla  presideniB  della  Società 
bibliografica  italiana. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


COUUEHOR.   DI   RODOLFO  RBNIER  E   DI  FRANCESCO  NOVATI        581 

giugno  del  '79,  vi  coDeeguì  la  laurea  in  filosofia.  Quella  in  let- 
tere gli  fìi  conferita  l'anno  seguente  in  Firenze,  dove  era  pas- 
sato presso  quell'Istituto  a  perfezionarvisi,  come  si  dice,  e  dove 
si  perfezionò  davvero  nel  miglior  senso  della  parola  sotto  quel- 
l'altro insigne  maestro  dei  rinnovati  stud!  storico-letterari,  che 
fu  Adolfo  Bartoli.  Altra  volta  ebbi  ad  afTermare  che  l'autore  dei 
Primi  secoli  e  della  Storia  letteraria,  l'operoso  e  vivace  araldo 
del  nuovo  avviamento  crìtico,  ch'io  ricorderò  sempre  con  calda 
simpatia  e  con  gratitudine  profonda,  ebbe  sul  giovine  Renier 
un'efBcacia  *  decisiva  ,  ;  e  questo  giudizio  mi  sembra  oggi  pìii 
che  mai  rispondente  al  vero  (1).  Fra  l'SO  e  r82  egli  trascorse 
ancora  in  Firenze  tre  anni  felici,  durante  i  quali  si  tuffò  volut- 
tuosamente nel  mare  magnum  ài  quelle  biblioteche,  tesoreggiò 
con  un'industria  sapiente  e  tenace  le  ricchezze  dei  loro  mano- 
scritti, in  gran  parte  allora  inesplorati,  compiendo  nel  modo 
migliore,  come  nel  più  adatto  dei  laboratori  sperimentali,  quel 
tirocinio  scientifico  che  aveva  iniziato  sotto  cosi  valenti  e  cosi 
diversi  maestrì,  quali  il  Carducci,  il  Graf  ed  il  Bartoli. 

In  Firenze  appunto  s'incontrarono  la  prima  volta  ì  due  gio- 
vani studiosi,  il  Renier  ed  il  Nevati;  e  sino  da  questo  primo 
contatto  sorse  in  loro  quell'amicizia  e  quella  concorde  frater- 
nità d'armi,  d'intenti  e  di  opere,  che  doveva  suggellarsi  ben 
presto  in  una  grande  impresa  comune,  alla  quale  dovevano  ri- 
manere legati  indissolubilmente  i  loro  nomi. 

Narra  infatti  il  Nevati,  in  certe  sue  pagine  commemora- 
tive, consacrate  appunto  all'amico  da  poco  perduto  (2),  che  in 
quel  tempo  "  e  per  lunghi  mesi,  un  manipolo  di  giovani,  uscito 
da  scuole  diverse,  ma  mossi  da  un  affetto  medesimo  ,,  si  ritro- 
varono nella  Rotonda,  la  luminosa  Rotonda  michelangiolesca 
della  Biblioteca  Laurenziana  e,  in  seguito,  nella  semibuia  saletta 
dove,  in  quei  giorni,  si  potevano  esplorare  i  tesori  manoscritti 
della  Vaticana.  In  cotesti    rìtrovi    amichevoli    sorse   l'idea  che 


(1)  Quale  fosse  il  carattere  della  scuola  del  Bartoli  rilevò  aasai  bene 
l'amico  Ferdinando  Neri  in  un  acuto  saggio  (La  »euoIa  del  Bartoli,  in  Riv. 
d'Italia,  nov.  1913),  che  il  Renier  approvò  con  tutto  il  ano  aatorevole 
consenso,  come  notò  opportunamente  il  compianto  Soldati  nel  cit.  articolo 
commemorativo  ieì  ano  maestro  torinese. 

(2)  Nel  Giarn.  mi:  cit.,  vo!.  XLIV,  p.  191. 


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582  TITTORIO  CIAII 

allora  poteva  parere  addirittura  temeraria,  ma  che  invece,  perchè 
buona  e  validamente  propugnata,  era  destinata  a  tradursi  fra 
non  molto  in  realtà  bella  e  duratura. 

Di  ciò  non  è  a  Btupire,  se  pensiamo  che  i  primi  e  princi- 
pali propugnatori  di  essa  furono  appunto  il  Renier  e  il  Novatì. 

Questi,  nato  il  10  gennaio  1859,  in  Cremona,  da  un'antica 
famiglia  nella  quale  era  viva  la  tradizione  d'ogni  buona  coltura 
e  di  arte,  aveva  compiuto  con  ardore  gli  studi  medi  nella  città, 
natale,  e  gli  universitari  nell'SO,  in  Pisa,  presso  quella  Scuola 
Normale  Superiore  universitaria,  dove  di  Alessandro  D'Ancona, 
il  grande  maestro,  era  stato,  meritamente,  uno  dei  discepoli 
prediletti. 

L'impresa  vagheggiata,  alla  quale  alludevo,  era  quel  Gior~ 
naie  storico  della  Letteratura  italiana,  il  cui  primo  fascicolo  vide 
la  luce  qui  in  Torino  nella  primavera  del  1883,  con  un  prO' 
gramma  limpido  e  preciso  che  recava  ìe  firme  di  Arturo  Graf, 
di  Francesco  liovati  e  di  Rodolfo  Renier.  Ma  prima  che  ai  ma- 
turasse questo  che  fu  un  vero  avvenimento  per  gli  studi  ita- 
liani, il  Renier  aveva  ottenuto  in  Torino,  il  2  dicembre  dell' 82, 
l'abilitazione,  come  allora  usava  dire,  alla  libera  docenza  nelle 
letterature  neo-latine  e  il  28  del  febbraio  1883,  in  seguito  ad 
una  nobile  e  tanto  piìi  lodevole  quanto  piii  rara  risoluzione  e 
Bu  proposta  del  Graf,  che  ne  teneva  l'incarico,  fli  dalla  Facoltà 
incaricato  d'insegnare  la  storia  comparata  delle  stesse  lettera- 
ture, e  questo  insegnamento  egli  professò  subito  dopo,  e  dal 
1°  novembre  del  1885  in  qualità  di  professore  straordinario 
durante  dieci  lunghi  anni,  e  dal  1°  dicembre  1895  in  qualità 
di  ordinario. 

Contemporaneamente,  il  Nevati,  nominato  libero  docente 
di  storia  comparata  delle  letterature  neo-latine  a  Firenze  (1883), 
fu  chiamato  a  Milano  con  l'incarico  della  stessa  materia  presso 
quell'Accademia  scientifico-letteraria. 

Cosi,  per  opera  d'una  triade  di  giovani  che  ormai  si  pote- 
vano dire  provetti,  anzi  maestri  valenti,  s'iniziava  nella  nostra 
Torino  quella  che  è  la  più  antica  rivista  della  letteratura  ita- 
liana e  diventò  e  rimane  lo  strumento  più  valido  di  quel  pro- 
fondo rinnovamento  della  indagine  e  della  critica  storica,  che, 
felicemente  divinato  e  preaiinunciato  da  Francesco  De  Sanctis 
e   in    parte   attuato  da  Giosuè  Carducci   e   da  Adolfo  Bartoli, 


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COUUEHOR.   DI   RODOLFO  SENIGR  S   DI  FRANCESCO  NOVATI        583 

vantava  come  suo  campione  più  autorevole  Àlesaandro  D'Ancona, 
e  aveva  ormai  insigni  rappresentanti  in  ogni  regionfi  d'Italia. 

Allorquando  il  Renier  e  il  dovati  si  accingevano,  dunqae, 
all'ardua  fatica,  sotto  lo  stimolo  e  con  l'efficace  patrocinio  del 
pili  anziano  condirettore  del  Giornale,  Arturo  Graf,  non  avevano 
soltanto  ricevuto  la  cresima  accademica,  ma  avevano  già  dato 
prove  non  poche  del  loro  valore  negli  studi  neo-latini  e  più 
specialmente  in  quel  territorio  che  è  l'italiano.  Infatti,  com'ebbi 
già  a  rilevare  in  altra  occasione,  s'è  dato  il  caso  caratteristico 
che  i  tre  fondatori  della  nuova  rivista  storica  della  letteratura 
italiana,  furono  in  origine  e  ufficialmente  tre  romanisti,  quan- 
tunque tutt'e  tre  finissero  col  diventare,  dì  fotto,  sempre  più 
schietti  italianisti,  e  più  del  Novatì,  il  Renier. 

Nei  primissimi  lavori  di  quest'ultimo,  in  certi  saggi,  so- 
vrattutto,  sul  realismo  nell'arte,  sull'Ariosto  e  il  Cervantes,  e 
nell'importante  volume  su  La  Vita  Nuova  e,  la  Fiammetta,  che 
h  del  1879,  —  ragguardevoli  tentativi  d'un  esordiente  valoroso 
il  quale  non  ha  trovato  ancora  la  sna  vìa,  —  è  facile  rilevare 
l'influsso  di  quegli  studi  filosofici  ai  quali  l'autore  s'era  dedicato 
dapprincipio  con  molto  ardore  e  con  solida  dottrina. 

Ha  la  sua  strada,  dicevo,  non  era  quella.  E  infatti  la  prima 
vera  affermazione  delle  qualità  caratteristiche  del  suo  ingegno 
e  del  metodo  ch'egli  doveva  seguire  per  tutta,  la  vita  con  un 
moto  continuamente  progressivo  è  il  poderoso  volume  consa- 
crato a  Fazio  degli  Uberti,  che  comprende  l'edizione  critica 
delie  liriche  preceduta  da  un'ampia  magistrale  introduzione  es- 
senzialmente e  forse  troppo  esclusivamente  storica  ed  estema, 
che  attesta  non  solo  la  vasta  erudizione,  e  lo  spìrito  alacre  di 
ricerca  feconda  che  aveva  animato  il  giovine  autore,  ma  anche 
la  sua  penetrazione  e  la  sua  dirittura  crìtica. 

A  partire  da  questo  volume,  che  è  del  1883,  sino  agli 
Svaghi  critici,  ultima  sua  pubblicazione  di  mole,  uscita  nel  1910, 
il  Renier  battè  sempre  la  stessa  via  ascendente,  fedele  allo 
stesso  metodo  vigoroso,  ma  affinandolo  e  ampliando  il  campo 
delle  sue  applicazioni,  e  sia  pure  con  una  preferenza  sempre 
più  palese  pel  territorio  italiano,  facendosi  più  agile  nella  forma 
e  sempre  più  largo  nella  concezione  e  nei  giudizi. 

E  poiché  ho  toccato  del  '  metodo  ,,  m'è  pur  doveroso  dime 
qualche  parola. 


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584  VITTORIO  Clio 

Ricordo  che  un  critico  ÌD3Ìgae  e  tutt' altro  che  sospetto, 
Ernesto  Giacomo  Parodi,  discorrendo  con  lode  meritata  nel 
Marzocco  (23  marzo  1913),  intorno  al  magnifico  monamentale 
volume  miscellaneo,  oEferto  nel  1912,  da  amici  e  collegbi,  al 
Renier,  *  per  pubblica  testimonianza  —  cosi  suonava  la  dedica 
dettata  da  Arturo  Graf  —  di  ammirazione,  di  affetto,  di  grati* 
tudine,  volto  l'anno  trentesimo  del  suo  insegnamento  all'Uni- 
versità di  Torino  e  dell'opera  fruttuosa,  indefessa,  da  lui  con- 
sacrata al  Oiomale  storico  della  letteratura  italiana  ,,  intitolò  il 
suo  simpatico  fervido  articolo  cosi  :  In  onore  del  metodo  storico. 

Il  titolo  non  poteva  essere  più  appropriato,  perchè  come 
quella  preziosa  miscellanea  fu  un  degno  omaggio  tributato  al 
maestro  che  dalla  cattedra  e  con  gli  scrìtti  aveva  onorato  gli 
studi  severi  della  storia  letteraria  italiana,  fu  anche  un  trìbnto 
d'onore  reso  al  metodo  ch'egli  cosi  nobilmente  impersonava  e 
con  tanta  efficaci^  propugnava,  più  che  a  parole,  con  l'esempio 
austero.  Questo  metodo  —  tanto  maltrattato  e  vilipeso  sovrat- 
tutto  da  coloro  che  lo  ignorano  o  che  Io  vogliono  fraintendere, 
chiudendo  gli  occhi  sullo  svolgimento  progressivo  da  esso  com- 
piuto nell'ultimo  ventennio  —  è  quello  della  disciplina  piìi  se- 
vera e  precisa,  ma  non  pedantesca  o  miope,  ma  non  piii,  come 
nei  primi  anni  dei  giovani  neofiti,  intransigente  od  esclusiva  od 
esterna,  nell'indagine  storica  ed  erudita,  neirillnstrazione  crìtica 
e  nella  comparazione  dei  fatti  anche  minimi  nel  campo  cosi 
propriamente  letterario,  come  in  quello  psicologico  0  biografico 
e  filologico  0  culturale,  base  necessaria  e  premessa  e  sussidio 
indispensabile  di  qualsiasi  indagine  estetica.  Questa  disciplina 
appunto  il  Renier  nella  sua  laborìoeissima  giornata  venne  pro- 
fessando ed  esercitando  fruttuosamente  su  materie  diversissime. 

Il  THpo  estetico  della  donna  nel  Medio  Evo  (1885)  è  un  bel- 
l'esempio di  ricerca  comparativa  attraverso  a  più  secoli  e  a  più 
letterature,  mentre  ì  lavori  sulla  coltura  e  sulle  relazioni  lette- 
rane  di  Isabella  d'Este  Gonzaga  e  quello  su  Urbino  —  il  primo, 
scritto,  con  più  altri,  in  collaborazione  col  nostro  egregio  consocio 
e  SQO  amico  degnissimo  Alessandro  Luzio  —  sono,  per  tacere 
degli  altri  consimili,  fra  i  più  ricchi,  originali  contributi  che 
abbiamo  sul  nostro  Rinascimento  maturo.  Le  benemerenze  del 
Renier  s'accrebbero  con  le  edizioni  crìtiche,  sia  pure  non  sempre 
impeccabili,  causa  le  condizioni  ìn  cui  furono  eseguite,  di  alcuni 


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COHMEUOS.   DI   RODOLFO   RENIEK  E   DI  FRANCESCO   NOVATI        585 

testi  notevolissimi,  come  le  novelle  del  Sercambi  e  le  rime  del 
Pistoia,  precedute  sncb'ease  da  larghe  introduzioni;  ai  accreb- 
bero ancora  con  quei  tesori  di  erudizione  e  di  vera  dottrina 
che  prodigò  nei  quasi  dugento  fascicoli  del  suo  Giornale  da  Ini 
curati,  in  una  fatica  oscura,  ma  febbrile,  tenace,  logorante,  di 
tutti  i  giórni,  fatica  che  solo  gli  studiosi  di  professione  possono 
apprezzare  adeguatamente.  Appunto  il  dovere  che  gl'imponeva 
l'ufficio  di  principale  direttore  e  redattore  —  anzi  di  Cireneo  in- 
faticabile —  della  vecchia  Rivista,  il  dovere,  intendo,  di  seguire 
via  via  tutta  la  produzione  sempre  più  copiosa  e  in  campi 
sempre  più  vart  della  storia  letteraria  nostra  e  di  quelle  fini- 
time, gli  offriva  continue  occasioni  di  estendere  l'ambito  e  la 
materia  della  propria  coltura,  nonché  dj,4)erfezionare  e  rendere, 
direi,  più  ragionevolmente  ed  efficacemente  elastici  o  meno 
rigidi  ed  esclusivi  i  criteit  dell'opera  sua. 

Di  questa  crescente  larghezza  critica  e  culturale  sono  nu- 
merosi ed  evidenti  i  segni  non  soltanto  nel  Oiomale  storico,  ma 
anche  nella  collaborazione  che  il  Renier,  con  lena  inesausta, 
diede,  sino  agli  ultimi  suoi  giorni,  anche  ad  alcuni  periodici 
fatti  pel  grande  pubblico,  come  la  Nuova  Antologia,  V Emporiunt 
e  il  Fanfulla  della  domenica,  e  perfino  ad  alcuni  grandi  quoti- 
diani politici.  Questi  suoi  artìcoli  critici,  d'indole  divulgativa, 
ma  sopra  un  solido  fondo  storico-bibliografico,  nei  quali  discorse 
con  penna  più  agile,  con  rettitudine  e  temperanza  dignitosa  pari 
alla  chiarezza  e  alla  competenza,  dei  più  diversi  scrittori  italiani 
e  stranieri,  antichi  e  moderni,  erano,  nel  loro  genere,  magistrali. 
Perciò  fu  ottima  idea  la  sua  di  raccoglierne  ona  parte  nel  vo- 
lume che  non  a  caso  volte  intitolare  Svaghi  critici;  perciò  s&rìk 
accetto  con  favore  dagli  studiosi  l'altro  volume  consimile  che 
ai  vien  preparando,  a  cura  di  Tittorio  Rossi  e  mia,  per  lo  stesso 
editore  Laterza  (1). 

Uà  poiché  il  Renier  aveva  dei  propri  doveri  una  coscienza 


(1)  La  pubblicazione  fe  affidata  prìnci palmento  all'opera  di  Vittorio 
Boati,  deirnaireraìtà  di  Boma,  che  al  Reniar  fn  cngino  affeuonato  e  di- 
•cepolo  degninimo.  Etta  aarà  piec«dnta  da  tiii' introdndone  biografica, 
scritta  dallo  steiso  Roui.  Purtroppo  nel  Tolame  non  potranno  entrare  che 
una  parte  degli  articoli  ancora  diepersi  del  compianto  Benier.  Hi  angoro 


zed.yG00g[e 


586  VITTORIO  CUK 

severa  sino  al  sacriBcio  non  è  a  meravigliarsi  ae  in  Ini  lo  stn- 
dioso  instancabile,  che  aveva  fatta  piena  dedizione  di  gè  alla 
scienza,  trovasse  degno  alleato  nel  maestro,  che  dalla  cattedra 
e  nei  contatti  cordiali  coi  giovani  diede  a  questi  l'esempio  più 
austero  e  incitamenti  che  fruttificarono  largamente. 

Per  questo  meraviglioso  sentimento  del  proprio  dovere 
anche  in  quest'aule,  dalle  quali  troppo  presto  è  scomparsa  la 
sua  figura  alta,  quadrata,  la  sua  faccia  venezianamente  affabile 
e  bonaria,  diede  saggi  d'operosità,  di  rigoroso  adempimento 
dell'ufficio  suo  d'accademico  e  di  segretario  (1).  Kon  occorre 
ch'io  ricordi  le  Incide  relazioni  sui  concorsi  ai  premi  Qantierì, 
nelle  quali  il  suo  nome  si  trova  più  volte  associato  degnamente 
a  quello  d'un  altro  indimenticabile  maestro,  Arturo  Graf, 

Più  vario  e,  direi,  piò  irrequieto  e  quasi  inquieto  nell'atti' 
vitò  sua,  si  mostrò  Francesco  Novati,  che  all'Accademia  nostra 
appartenne  in  qualità  di  socio  corrispondente  a  partire  dal 
giugno  1903.  Spirito  insonne  d'erudito  di  nnovo  stampo,  affer- 
matosi sin  dagli  inizi  sovrattutto  come  un  comparatista  formi- 
dabile, un  medievalista  riccamente  fornito  di  veri  tesori  di 
filologia  classica  e  di  dottrina  sterminata,  gareggiò  in  attività, 
in  costanza  indomita  nel  lavoro  col  suo  degno  commilitone 
Kenier.  Diverso  in  ciò  dall'amico,  che  in  lui  la  severità  degli 
studi  e  dell'opera  diuturna  faceva  un  singolare  contrasto  con 
l'elegante  mondanità  della  persona  e  dei  gusti  e  delle  abitudini 
anche  esteriori;  e  che  l'ardore  per  la  scienza  espandeva  in 
un'inesauribile  varietà  e  molteplicità  di  iniziative  e  di  tentativi 
pratici,  cosi  di  lavori  suoi  propri,  come  di  pubblicazioni  e  d'im* 
prese  letterarie  per  le  quali  chiamava  a  raccolta  i  suoi  com- 
pagni d'armi  e  di  fede.  Quanto  egli  sia  riuscito  a  prodarre  in 
un'esistenza  relativamente  così  breve,  ma  così  intensamente 
spesa  per  la  scienza  e  per  la  scuola,  attesta  con  un'eloquenza 
sbalorditiva  la  bibliografia  dei  suoi  scrìtti,  nella  quale  sarebbe 


che  poasa  eeeetii  compreio  il  Incido  e  forte  acrìtto  sn  Xa  fuiiMiM»  teitntifiai 
detrUtituto  univeraitarU»  che  vide  la  luce  nei  Nuovi  doveri,  a.  II,  im-iiTt 
80  lugIio-I5  agosto  IS08. 

(1}  Il  R.  fa  eletto  Socio  di  qneit'AocademÌK  1*8  genii.  18B9;  fu  «egre- 
tuio  per  dae  tnennl,  il  primo,  paniale,  a  compiere  quello  del  buo  predeoei- 
■ore,  dftl  26  dot.  1S99,  il  lecondo  dal  24  giugno  1900  fino  al  SI  febbr.  1904. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


COMHEHOR.   DI  RODOUO  R8NIER   E   M  FKIHCBSCO  KOT&TI        587 

utile  e  gradito  —  se  qui  fosse  concesso  —  venire  apigolando  e 
raggruppando  con  opportuni  commenti.  Ma  io  debbo  acconten- 
tarmi di  rilevare  che  il  Novati,  nonostante  la  sempre  pib 
irresistibile  tendenza  alle  forme  divulgative  e  le  tentazioni 
molteplici  alle  quali  non  sapeva  resistere,  nonostante  certi 
atteggiamenti,  alquanto  forzatamente  artistici,  di  alcuni  suoi 
scrìtti  e  sovrattutto  di  alcune  sue  conferenze,  rimase,  come  il 
Renier,  essenzialmente  uno  storico  ed  on  erudito  insuperabile 
per  dottrina  ed  acume  e  probità  severa  di  ricercatore  e  di 
critico  (1). 

La  sua  mente  ei  compiaceva  di  suscitare  e  discutere  con 
nna  sagacia  straordinaria,  ma  talvolta  con  mosA  audacemente, 
.  anche  se  felicemente,  paradossali,  ì  problemi  più  ardui  e  più 
complessi;  e  più  ne  suscitava  e  tentava  dì  quanto  non  riuscisse, 
com'è  naturale,  a  risolveme.  Per  questo  e  per  l'ininterrotta 
aspirazione  ad  approfondire  e  ad  allargare  la  materia  che  aveva 
fra  mano,  e  per  la  sua  stessa  incontentabilità,  fatta  di  scienza 
e  di  coscienza  nella  ricerca,  si  spiega  com'egli  abbia  tardato 
troppo  a  condurre  a  compimento  quella  che  fu  l'opera  sua  più 
poderosa,  non  solo  di  storia,  ma  e  di  critica  e  di  pensiero,  le 
Origini. 

Su  quest'opera  insisto  con  particolare  intenzione  in  quest'ora 
fuggevole,  perchè,  senza  colpa  dì  alcuno,  s'è  dato  il  caso  curioso 
e  spiacevole  che  proprio  nel  bel  volume  consatrato  ad  onorarne 
la  memoria,  pubblicato  dalla  Società  Storica  lombarda,  che  l'ebbe 
benemeritissimo  presidente,  sia  rimasto  nell'ombra  questo  che  è 
il  suo  lavoro  più  cospicuo,  e  che  come  tale  andava  messo  in 
prima  linea  e  lumeggiato  in  piena  luce: 

L'annuncio  e  quasi  il  nucleo  embrionale  dell'opera  può 
considerarsi  quel  memorabile  discorso  su  L'influsso  del  pensiero 
latino  sopra  la  civiltà  italiana  del  Medio  Evo,  che  il  Novati  tenne 
nel  1896  per  l'inaugurazione  dell'anno  scolastico  all'Accademia 
scientifico-letteraria  di  Milano. 


(1)  Provi)  precocemente  la  passione  per  la  storia  e  per  la  ricerca  era- 
dita.  Basterebbero  a  provarlo  le  due  pubbli  canoni,  cb«  sono  fra  le  ne  più 
gìoTKiiti,  La  bibiioteea  dtgli  Agottiniani  di  Cremona,  nel  BibliofBo,  a.  IV, 
188S,  n'  2-4  e  Scrittori  e  miniatori  eremontH  dtl  tee.  XV,  nello  rteieo  pe- 
riodico, a.  VI,  1885,  n'  49. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


588  VITTORIO  CUN 

Edito  primamente  nel  '97  e  poi  ristampato  nel  '99  con  nocvo 
corredo  d'ingenti  note  illustrative  finali,  esso  rivelava  il  medie- 
valista già  agguerrito  al  grande  cimento  (1).  E  qnesto  cimento, 
che  era  tale  da  *  far  tremar  le  vene  e  i  polsi ,,  egli  saperi) 
vittoriosamente  come  nessun  altro  ne  in  Italia,  ne,  io  penso, 
altrove  avrebbe  sapato  fare.  Infatti  queste  ane  Origini,  opera 
veramente  vasta  e  poderosa,  ancbe  se  non  sono  riuscite  quella 
rappresentazione  '  in  forma  sintetica  ,  delle  vicende  della  let- 
teraturii  nazionale  nel  periodo  piti  mattiniero  della  sua  vita, 
come  l'autore  ebbe  ad  annunziare,  rimarranno  il  primo  tenta- 
tivo coraggioso  di  tratteggiare  in  un  grande  qnadro,  e  con  par- 
ticolare riguardo  all'Italia,  la  storia  della  coltura  e  delle  lettere 
latine,  durante  i  secoli  che  vanno  dall'età  langobardica  fino  alto 
schiudersi  del  sec.  XIII.  Illustrano,  cioè,  gli  antecedenti  imme- 
diati e  necessari,  gli  anteced.enti  latini  della  letteratura  pro- 
priamente italiana.  Origini,  dunque,  delle  origini;  origini  anche 
remotisaime,  ma  legittime,  scaturigini  profonde,  ma,  grazie  a  lai, 
non  più  latenti  ormai  agli  occhi  nosti-i,  di  quella  meravigliosa 
creazione  che  è  la  letteratura  nazionale  d'Italia.  Opera  non 
veramente  di  sìntesi,  dicevo,  anzi  tutta  intessuta  di  esposizioni 
analitiche  e  di  discussioni  talvolta  minute,  ma  esempio,  appunto 
per  questo,  magistrale  di  quel  lavoro  d'epurazione,  di  sgombero, 
direi,  e  di  revisione  critica,  conche  di  parziale  ricostruzione, 
che  era  indispensabile  e  che  non  poteva  essere  tentato  da  uno 


(1)  A  questo  discorso  conaacrò  un'accurata  digamina  crìtica  il  Puri- 
LOEit.,  La  Iradiiione  latina  nella  ìetteralura  t  nella  civiltà  dell'Eco  Medio  nel 
Tol.  misceli,  cit.  Fr.  Aomft,  pp.  7-38. 11  quale  ebbe  in  esso  a  rilevarsua  aapetto 
negativo,  per  quella  parte,  nella  qnale  non  gli  pareva  dì  trovare  tutta 
qnelU  preparacione  filosofica,  che  egli  gìaatamente  giudicava  indiapeusa- 
bile.  Nella  *  vaatisùma  e  flolìdÌBaima'  erudlcioiie  di  medievalista  insigne  , 
del  Nevati  egli  notava  (p.  31-2)  una  *  lacuna  ,,  cioè,  '  la  scarsa  conoBcenu 
del  movimento  filosofico  medievale,  derivata  da  uno  acftrso  intereaae  — 
sino  a  diventar  talora  diadema  —  per  la  filoaoGa  in  genere  ..  Qli  effetti 
dì  qoeata  manchevolesza,  ohe  il  P.  esagera,  si  possono  aoorgere  qua  e  là 
anche  nelle  Origini. 

Mi  sia  conceaso  dì  rinviaie  a  quanto  de  L'influito  ebbi  a  aorìvere  nel- 
YAnhitio  storico  ital.,  S.  T,  t.  XXL  Le  riapoite  cortesi  ohe  l'illnstr»  amico 
fece  ad  alcune  mie  obieiioni  nelle  note  della  2*  adii.,  non  mi  parvero  e 
non  mi  paiono  soddisfacenti. 


„d, Google 


COMUBUOR.   DI   RODOLFO  BENIEB  E   DI  FRiNCESCO  NOTATI        5b9 

studioso  più  eaperto,  eccezion  fatta  per  quelle  parti  che  banno 
maggiore  attinenza  alla  storia  del  pensiero  filosofico  e  religioso 
del  Medio  Evo.  Opera  tale  che  gli  etranieri,  anche  quelli  che 
delle  vicende  dell'età  di  mezzo  sono  i  più  assìdni  esploratori,  i 
Tedeschi,  possono  invidiarci  senza  sentirsi  menomati  nelle  loro 
benemerenze  o  feriti  nel  loro  amor  proprio. 

Perciò  sarà  argomento  di  viva  soddisfazione  per  tutti  l'ap- 
prendere che  fra  le  carte  lasciate  dal  compianto  amico  si  sono 
rinvenuti  materiali  cosi  copiosi  e  già  così  elaborati  per  la  con- 
tinuazione di  essa  - —  oltre  le  dispense  edite  dal  Yallardi  —  che 
permetteranno  ad  un  suo  degno  discepolo,  il  prof.  Angelo 
Monteverdi,  di  condurla  sino  al  termine  da  lui  designato. 

Un  tratto  caratteristico  del  Novati  era  la  sua  versatilità 
prodigiosa,  che  in  un  certo  senso  appariva  anche  non  scevra  di 
perìcoli  e  di  danni,  perchè,  essendo  la  vita  umana,  purtroppo, 
limitata  —  ars  longa,  vUa  brevis  —,  lo  distraeva  spesso  tentan- 
dolo a  provarsi  in  argomenti  disparatissimi  e  fin  troppo  dispa- 
rati fra  loro,  interrompendo  i  lavori  già  iniziati.  Ciononostante 
egli  non  venne  mai  meno  ai  metodi  più  severi  di' ricerca  e  di 
trattazione,  onde  non  vi  ha  pure  una  pagina  da  lui  stampata, 
non  un  discorso  da  lui  pronunziato  o  un  articolo  da  lui  pubbli- 
cato, fra  cento,  o  nella  Nuova  Antologia,  o  neW Emporìum,  o 
nella  Lettura,  o  nella  Perseveranza,  che  non  rechi  qualche  note- 
vole contributo  di  fatti  o  d'idee,  qualche  sprazzo  di  luce  nuova 
in  questioni  sempre  interessanti,  spesso  assai  controverse.  Gli 
è  che  questa  versatilità  in  lui  era  la  franca  agilità  d'una  mente 
vigorosa  e  sicura  di  se,  nutrita  di  erudizione  valstissima,  di 
coltura  profonda,  non  solo  di  lingue  e  letterature  moderne,  come 
il  Renier,  ma  anche  di  filologia  classica,  cosi  greca  come  la- 
tina (1),  dotata  di  rara  sagacia  e  di  penetrazione,  e  d'una  forza 
di  lavoro  eccezionale.  Era  la  negazione  di  quel  dilettantismo 
superficiale  che  è  soprattutto  inconcludente,  mentre  il  Novati 
aveva  il  segreto  di  riuscire,  in  ogni  sua  pagina,  a  conclusioni 
0  nuove  o  suggestive.  Questa  sua  virtìi  gli  permetteva  di  pas- 


ci) Si  veda  quanto   del  Novati  ellenista  e  ìllastratore  dell'ni 
•OiÌMero  rispettivamente  Abistidr  CiLoaBiNi   e  Vittorio  Rdui  nel  cit.  voi. 
miicellaneo  Fr.  Novati,  pp.  1-6  e  80-98. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


590  VITTOKIO  CIAN 

Bare  da  quel  modello  di  testo  critico  che  è  l'Epistolario  di  Co- 
luccio  Salutati,  illustrato  con  una  felice  ricchezza  di  annotazioni 
erudite,  saggio  monumentale,  singolarmente  prezioso  per  la 
conoscenza  del  primo  umanesimo,  fino  a  quel  Carteggio  di  AJes- 
sandro  e  di  Pietro  Verri,  che  nella  storia  del  sec.  Xvill  non 
ha  importanza  minore  che  in  quella  del  XIV  la  raccolta  episto- 
lare dello  Stignanese;  gli  permetteva  ancora  di  giungere  fino  a 
quel  vivace  volumetto  sullo  Stendhal  e  l'Italia,  che  vide  la  luce 
postumo  nel  1915  (1). 


(1)  Di  quest'ultima  soft  fatica  il  povero  amico  parla  in  ona  letten, 
l'ultima  ch'egli  mi  acritse,  e  che  anche  pel  suo  valore  di  documeoto  anto- 
biograSco,  non  ta  tenermi  dal  riferire  qui  per  intero. 

'  S.  Remo,  24  novembre  1915. 
'  Jfio  caro  Cian, 

*  Ti  sono  veramente  grato  della  tua  amichevole  premura,  e  sento  man- 
giormente  dinansi  a  queste  reiterate  prove  della  tua  afiFettnosa  gentileixa, 
il  mio  torto.  Io  dovevo  risponderti  da  tempo  e  ringraziarti  della  tna  cata 
cartolina  ;  ma  che  vuoi  ?  Speravo  sempre  di  poterti  scrivere,  come  qael 
tal  ginllare  :  Bent  »um  liberatug  ;  e  la  liberatone  non  veniva  mai.  I  me- 
dici me  l'avevan  promessa  per  la  fine  di  ottobre  ;  invece  b  venata  la  fine 
di  novembre  prima  cbe  io  tornassi  padrone  di  me  e  delle  mie  azioni.  E 
difatti  soltanto  da  sabato  ho  potuto  abbandonare  le  stanze  divenute  la  mia 
prigione  per  dne  mesi,  qaaei,  e  Milano,  dove  s'addensava  la  nebbia  e  ri 
acaiva  un  freddo  piil  che  decembrino,  per  recarmi  qui.  Come  sia  conciato 
non  ti  so  dire  ;  tre  atti  chirurgici  mi  hanno  così  orrìbilmente  fatto  scempio 
della  nuca  e  del  collo,  che  la  povera  mia  testa,  spogliata  anche  de'  capelli, 
pare  □□  terreno  vulcanico,  tutta  escrescenze,  fessure,  ondulazioni..'  Certo 
occorrerà  del  tempo  e  molto,  perchè  le  cose  si  raccomodino  alla  meglio; 
ed  io  sono  rassegnato  a  portar  le  tracce  incancellabili  di  questa  triste  av- 
ventura, ben  contento  di  essermela  cavata,  giacché  v'è  stato  un  momento 
in  cni  ho  potato  dire  col  Parini 


e  son  molto  soddisfatto  di  aveigli,  almeno  per  ora,  risparmiata  la  fatica 
del  passaggio.  Credo  che  ana  mia  cartolina  al  caro  Cochin  sia  andata  perduta; 
di  qui  quel  silenzio  apparente,  di  cui  egli  colla  solita  sua  bontà  sì  è  do- 
luto. D'altronde,  quest'anuo  tutto  è  così  sconvolto,  che,  in  mezzo  alla  ge- 
nerale agitazione,  come  tu  giustamente  osservi,  non  si  trova  la  volontà  ed 
il  coraggio  di  far  nalla;  il  pensiero  h  sempre  rivolto  ver 


D,B,t,zed.yGOOg[e 


COUHEMOR.   DI   RODOLFO   RENIBR  E  DI  PRANCBSCO  NOTATI        591 

Questa  aua  tendenza  a  spaziare  con  occhio  sicuro  nei  campi 
più  diverai,  questa  sua  feconda  irrequietezza  lo  spinsero  ad 
occuparsi  di  quel  folk-lore,  che,  come  appare  anche .  da  certe 
confidenze  pubblicate  di  recente  dal  fratello  suo  Uberto  (1),  era 
stata  in  lui  una  vera  passione  sino  dalla  primissima  giovinezza; 
lo  spinsero  a  occuparsi  ancora  con  cura  entusiastica  di  biblio- 
grafia, di  stampe  popolari,  di  storia  dell'arte  e  del  costume,  di 
curiosità  medievali  e  moderne.  Aveva  inoltre  l'amore  dell'antico 
e  dell'inedito,  ma  dall'antico  —  così  nelle  questioni,  come  nei 
fatti  —  sapeva  trarre  il  nuovo,  e  dai  vecchi  documenti,  come 
nell'attrito  dalle  foglie  aromatiche,  secche  e  ingiallite,  sapeva 
sprigionare  il  sentore,  lo  spirito  del  passato.  Àncora,  in  queste 
indagini,  in  queste  discussioni  e  ricostruzioni  —  notevolissime 
quelle  di  soggetto  dantesco  —  recava  sempre  un  gusto  vigile,  un 
senso  vivo  della  misura  e  della  bellezza.  Sì,  anche  della  bellezza. 

Non  era  soltanto  ano  studioso  infaticato  al  tavolino  o  dalla 
cattedra.  Era  un  erudito  e  un  dotto,  ma  anche  un  uomo  d'azione 
nel  campo  suo,  una  mente  aperta  e,  come  si  suol  dire,  organiz- 
zatrice e  sempre  a  vantaggio  dei  suoi  studi  prediletti. 


bì  preBentft  carico  di  tanti  paarosì  problemi,  mentre  il  presente  atterrisce 
inaieme  e  rallegra,  almeno  per  quanto  ci  rignarda  ! 

*  Io  conto  restare  qui  un  mese  ftU'incirca  per  trarre  profitto  della  non 
lieve  cornie,  che  ho  aBBunto,  ahbandonando  in  questa  stagione  Milano,  la 
mia  casa  e  le  mie  occnpazioni...  Certo  questo  è  un  paradiso  terrestre;  ma 
io  sono  come  il  francese  della  canzone:  J'aime  mieux  ma  mie!  Pazienza. 

*  Avrai  presto  dal  CoglJati  Ìl  mìo  Stendhal  e  l'anima  italiana,  libretto 
che  doveva  nsoire  qaasi  un  anno  fa  e  che  per  le  vicende  note  ha  finito  a 
rimaner  nelle  mani  degli  stampatori  un  periodo  molto  lungo  di  tempo. 
Ciò  non  gli  fa  nessun  danno;  uscirà  sempre  troppo  presto,  dati  gli  amori 
del  tempo,  che  di  studi  poco,  ed  a  ragione,  s'interessa! 

'  Addio,  carissimo.  Sta  sano,  e  grazie  di  nuovo  della  tua  amorevole 
sollecitudine. 

•Il  tuo  atr.m„ 

(1)  Cfr.  Giornale  storico,  voi.  LXXIT,  1919,  p.  201.  Che  il  Nevati  con- 
servasse viva  sino  agli  ultimi  giorni  questa  passione  della  aua  adolescenza 
appare  da  quel  prezioso  Contributo  alla  storia  della  lirica  musicale  italiana 
popolare  e  popolareggiante  dei  tee.  XVI,  XVII  e  XYIII  ch'egli  offerse  con 
parole  affettuose  all'amico  Renier  e  fu  pnbblicato  negli  Scritti  vari  di  eru- 
ditìone  e  di  ci-itica  in  onore  di  R.  Renier,  Torino,  1912,  pp.  898  ggg. 


zed.yGOOg[e 


592  VITTORIO  GIAN 

Non  contento  di  dirigere,  un  po'  a  distanza  e,  negli  ultimi 
anni,  un  po'  platonicamente,  col  Renier,  il  Giornale  storico  e 
direttamente  gli  Studi  medievali,  con  la  cooperazione  dell'amico 
suo,  fondb,  come  presidente  della  Società  bibliografica  italiana, 
il  periodico  II  libro  e  la  stampa. 

Succeduto  al  compianto  Lamberto  Loria  nella  presidenza 
della  Società  etnografica  italiana,  assunse  anche  la  direzioìie 
del  Lares.  Benemerito  presidente  della  Società  atorica  lombarda, 
aasìcurb  una  vita,  una  dignità,  un'importanza  nuove  tXÌ' Archivio 
storico  lombardo.  E  quasi  ciò  non  bastasse,  valendosi  felicemente 
della  larga  fiducia  che  gli  accordava  il  benemerito  Istituto  d'Arti 
Grafiche  di  Bergamo,  iniziò  nelI'S^  e  prosegua  per  ben  otto  vo- 
lumi la  pregevole  Biblioteca  storica  della  letteratura,  alla  quale 
diede  egli  stesso  un  eccellente  contributo;  e  più  tardi,  presso 
la  medesima  Casa  editrice,  intraprese  la  splendida  Collezione 
Notati,  della  quale  è  peccato  abbiano  veduta  la  luce  due 
volumi  soltanto,  uno  dei  quali  dovuto  alle  sue  cure.  Infine  pro- 
mosse con  altri  la  pubblicazione  d'un  utile  Bollettino:  La  Lom- 
bardia nel  Risorgimento  italiano. 

Passò,  dunque,  non  come  un  affrettato  escursionista,  ma 
come  un  forte,  sagace  esploratore  nei  territori  più  vari  della 
storia,  della  critica,  della  coltura,  dovunque  prodigando  tesori 
d'attività  e  di  sapere.  Si  direbbe  che  egli  si  fosse  proposto  di 
rinnovare  e,  quasi  aggiungerei,  di  riabilitare  il  tipo  tradizionale 
dell'erudito  esclusivo,  pedantesco,  ringhioso,  misantropo,  tutto 
chiuso  nei  suoi  libri  e  fra  le  sue  schede.  Il  topo  di  biblioteca  e 
d'archivio,  pur  amando  frugare  senza  posa  nelle  biblioteche  e 
negli  archivi,  amava  anche  l'aria  lìbera  e  soleggiata  e  sapeva 
diventare  pure  un  uomo  "  di  società  ,  ricercato  e  irreprensibile; 
un  buongustaio  pieno  di  curiosità  geniali,  che  i  mesi  delle  va- 
canze dedicava,  al  pari  del  suo  amico  Renier,  a  viaggi  di  pia- 
cere e  d'istruzione  e  di  ricerca  attraverso  l'Europa,  dai  quali 
ritornava  sempre  nel  suo  elegante  e  ricco  quartierino  di  Via 
Borgonuovo  —  un  nido'  ideale  per  uno  scapolo,  mezzo  biblioteca 
e  mezzo  pinacoteca  —  riportandovi  qualche  felice  acquisto  di 
coltura  nuova  e  di  ghiotta  prede  erudite  a  vantaggio  degli  studi 
italiani. 

Così,  o  colleghi,  i  due  amici  defunti,  in  tante  cose  fra  loro 
diversi,  per  la  figura  e  l'opera  loro  individuale,  si  completavano 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


COMU&UOR.   VI   RODOLFO  KBNIER  B   1>I   FRANCESCO  NOVATI        593 

l'uno  con  l'altro,  tanta  era  in  es3Ì  l'identità  dei  princìpi  e  dei 
metodi,  tanto  in  entrambi  l'ardore  purissimo  per  la  scienza 
pura. 

I  due  fratelli  d'arme,  quelli  che  Fio  Bajna  ebbe  a  dire  i 
due  "  atleti  ,  nel  campo  di  questi  nostri  studi,  caddero  colpiti 
dal  destino,  crudele  ed  ingiusto.  Caddero,  quando  ancora  così 
larga  messe  di  opere  si  poteva,  si  doveva  attendere  da  loro. 

Caddero  colpiti,  mentre  anch'essi,  come  ogni  buono  e  degno 
italiano  (1),  provavano  l'ansia,  la  passione  struggente  della  tra- 
gedia immane  —  sanguinosa,  ma  giustiziera  e,  a  dispetto  delie 
dolorose  ma  transitorie  apparenze,  purificatrice  —  che  allora 
s'iniziava  appena,  quella  che  trascinò  anche  il  popolo  nostro 
verso  la  mèta  fatale,  da  esso  afferrata  per  l'eternità,  proprio 
allorquando  appariva  più  lontana  e  inafferrabile. 

Dinanzi  alle  figure  dei  due  consoci,  i  cui  nomi  splendono 
tra  i^  più  insigni  negli  annali  di  questo  antico  sodalizio,  noi 
dobbiamo  inchinarci  con  un  sentimento  di  gratitudine  e  d'affet- 
tuosa reverente  ammirazione,  ma  anche  con  un  augurio;  l'au- 


(1)  A  dimostrare  quale  fosse  l'aUepiKiiiniento  fortemente,  apertamente 
italiano  del  Renier  sin  dagli  inizi  della  guerra,  basterebbe  ricordare  ch'egli 
mi  fu  caldo  incitatore  e  gpirituale  collaboratore  nel  redìgere  quella  circo- 
lare a  stampa,  che  —  in  data  del  20  ottobre  1914  —  fu  diffusa  fra  i  pro- 
feisori  uuiveraitari  e  firmata  da  un  gruppo  non  troppo  numeroso  di  eaai. 
La  circolare  era  una  fiera  risposta  '  Ai  colleghi  di  Germania  ,  che  ave- 
vano osato  rivolgersi,  proprio  essi,  *  Alle  nazioni  civili  ,  e  '  quali  rappre- 
sentanti della  scienza  e  dell'arte  tedesca  ,  in  tono  di  fiera  protesta'  e  in 
difesii  del  loro  popolo,  del  loro  governo  e  del  loro  imperatore,  natural- 
mente, innocenti  delle  colpe,  ond'erano  accusati   da   tutto  il  mondo  civile. 

Della  buona  itiilinnità  dei  due  estinti  calleghi  sarebbe  superfluo  par- 
lare. Dell'attegi^iamento  del  Renier  sino  dal  principio  della  guerra  toccai 
anche  nella  Commemorazioncrinserìta  nell'^finrinrio  della  R.  Università  (p.  12 
dell'estr.);  del  Novati  ricorderò,  oltre  la  lettera  pubblicata  piii  addietro,  nn 
particolare  poco  noto,  anteriore  alla  guerra.  Nel  I9I3  in  occasione  d'un 
referendum  .sul  Nazionalismo,  pubblicato  nel  volumetto  II  Nazionalismo  giu- 
dicato da  letterati,  artisti  e  scienziati,  uomini  politici  e  giornalisti  italiani, 
Genova,  Libreria  editr.  moderna,  1913,  p,  13,  Ej^li  così  rispondeva  atterzo 
quesito  sulle  conseguenze  che  sì  avrebbero  dal  prevalere  della  corrente 
nazionalistica  in  Italia:  "  Ceito,  una  sola  via  non  conduce  a  nulla.  La  fra- 
tellanza universale,  che  non  ha  mai  esistito,  che  non  esisterà  mai,  perchb 
fe  fuori  dell'ordine  naturale,  fe  aspirazione  di  sognatori.  Un  paese  che  ha 
coscienza  di  ?.\i,  sarà  sempre  un  paese  forte.  Tale  possa  divenire  l'Italia!  ,. 


zed.yGOOg[e 


594  TITTOBIO  GIAN   —   COHHEHOBIAZIOSS,   ECC. 

gorio  —  certo,  non  vano  —  che  i  giovani  della  generazione  la  qnale 
ha  avuto  la  fortuna  ed  il  merito,  la  gioia  e,  moetnioso  a  dirsi, 
anche  il  dolore  di  salutare  l'alba  purpurea  e  tempestosa,  ma, 
grazie  all'italiana  Vittoria,  gloriosa,  ma  augusta,  ma  santa  e, 
a  dispetto  dei  tradimenti  intemazionali  e  dei  tradimenti  no- 
strani, feconda,  della  nuova  giornata  d'Italia,  che  i  giovani 
sappiano  proseguire  degnamente  gli  esempi  nobilissimi  dei  due 
Maestri  scomparsi. 


Gli  Accademici  Segretari 
Cablo  Fabbizio  Pabona. 
Ettobb  Stampini 


D,B,t,zed.yGOOg[e 


CLASS K 

SCIENZE    MORALI,   STORICHE   E    PILOLOQICHE 


Adunanza  del  30  Oiagno  19S0 

PRESIDENZA    DEL    SOCIO    SENATORE   FBANCESCO    RDFFINI 
TI CEPRKSI  DENTE    DELL'aCCADEIHA 


Sono  presenti  i  Soci   Pizzi,  De  Sanctis,  Baudi  di  Ybshe, 

SCHIAFARBLLI,    PaTETTA,    ViDARI,    CiAN,    VaLHAOOI,  FaGOI,  LdZIO, 

e  Stampini  Segretario  della  Classe. 

E  scusata  l'assenza  dei  Soci  Einaudi  e  Prato. 

Si  legge  e  si  approva  l'atto  verbale  della  precedente 
adunanza  del  giorno  30  maggio. 

L'Accademico  Segretario  dà  lettura  del  telegramma  col 
quale  S.  E.  Boselli,  Direttore  della  Classe,  ringrazia  per  il  te- 
legramma augurale  inviatogli  a  nome  della  Classe  e  annunzia 
che  la  sua  guarigione  procede  felicemente. 

11  Socio  Stampini  presenta,  per  la  pubblicazione  negli  Atti, 
una  sua  Nota  dal  titolo  Nuovi  saggi  umanistici.  Presenta  inoltre, 
per  lo  stesso  scopo,  una  Nota  del  Socio  corrispondente  Elia 
Lattes,  intitolata  Obiezioni  generali  del  Meillet  e  d'altri  contro 
U  parentele  ilalicke  dell'etrusco. 

Il  Socio  Stampini  fa  omaggio  alla  Classe,  anche  a  nome 
dell'Editore  Giovanni  Chiantore,  del  suo  recente  volume  in  cui 
L'^Orator  '  di  M.  Tullio  Cicerone  commentato  da  Attilio  De  Marchi 
è  presentato  in  una  novella  edizione  da  lui  notevolmente  modi- 

Aai  lUUa  R.  Areadtmii  —  Voi.  LV.  41 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


596 

ficata,  specialmente  in  rapporto  a  tutto  ciò  che  concerne  il  ritmo 
oratorio,  ed  anche  in  parte  totalmente  rifusa.  La  Glasse  ringrazia. 
Finalmente  il  Socio  Staiipini  presenta  un  recente  opuscolo 
del  Socio  corrispondente  Giuseppe  Biadeoo,  da  questo  inviato 
in  omaggio  all'Accademia,  Per  il  centenario  della  morte  di  Dante 
Alighieri.  Il  Socio  corrispondente  Biadeoo  in  questo  opuscolo 
propose  all'Accademia  di  Agricoltura,  Scienze  e  Lettere  di  Ve- 
rona che  essa  prendesse  "  l'iniziativa  di  un  volume  che  raccolga 
gli  scritti  che  intorno  a  Dante  dettò  un  nostro  illustre  collega 
da  pochi  anni  scomparso,  Carlo  Cipolla  ,.  L'Accademico  Segre- 
tario Stampini,  anche  nella  sua  qualità  di  Socio  onorario  dell'Ac* 
cademia  di  Verona,  la  quale  approvò  alla  unanimità,  nella  sua 
adunanza  del  30  maggio  u.  s.,  la  proposta  del  Biadboo,  plaude 
a  tale  deliberazione,  e  propone  a  sua  volta  che  la  nostra  Classe, 
la  quale  ebbe  l'onore  dì  avere  per  tanti  anni  a  suo  Socio  Carlo 
Cipolla  e  di  pubblicare  anche  alcuni  suoi  importantissimi  lavori 
danteschi,  esprima  altresì  il  suo  fervido  plauso  alla  proposta  del 
Biadeoo  e  al  voto  dell'Accademia  Veronese.  Parlano  in  favore 
della  proposta  Stampini  i  Soci  De  Sanctis  e  Cian,  e  la  Classe 
la  approva  alla  unanimità,  ringraziando  il  Socio  corrispondente 
Biadeoo. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


BTTOBK  STAMPINI  —  NUOTI  SlOai  UMANICTICl 


LETTURE 


NDOVI  SÀDSl  VHOISTIGI  <'> 

Da  Catullo.  Saggio  di  versione  in  dìstici  elegiaci  italiani.  —  Alcuni  i 
grammi  attribuiti  a  Seneca  recati  in  elegiaci  italiani.  —  Intcriptto 


Nota  del  Socio  nazionale  residente  ETTORE  STAMPINI 


DA   CATULLO 


àìsfici  elegiaci  italiani 
(1920) 

Premetto  poche  righe  d'avvertenza  per  dire  che,  se  sono 
persuaso,  come  mi  sono  studiato  di  dimostrare  (1),  che  l'ende- 
casillabo italiano,  per  la  sua  capacità  di  varie  movenze,  per 
differenti  posizioni  e  combinazioni  d'accento,  di  cui  è  suscetti- 
bile, può  benissimo,  nel  tradurre,  tenere  il  posto  del  falecio, 
del  trimetro  giambico  e  anche  del  coliambo  latino,  non  sono, 
per  contro,  dello  stesso  avviso,  allorché  si  tratti  di  recare  nella 
lingua  nostra  il  distico  elegiaco.  Si  ha  un  bel  dire,  ma  il  nostro 
endecasillabo,  per  quanto  foggiato  da  mano  maestra,  potrà  bensì 
conservare  tantissime  qualità,  la  forza,  la  leggiadria,  l'asprezza, 
la  tenerezza,  la  fluidità,  la  maestà,  la  lentezza,  la  rapidità,  tutto 
quel  che  si  vuole,  dell'originale  classico,  ma  solo  fino  ad  un  certo 


(•)  Per  altri  saggi,  pubblicati  in  vnrii  tempi,  cfr.  di  questi  Ani  i  to- 
lumì  LI,  pag.  1358  sgg.;  LII.  pag.  1053* egg.;  LIV,  pag.  26Cr  sg.,  SOS"  igg., 
632'egg.,  {126* sgg.;  LV,  pag.  280  agg.,  e,  in  genere,  le  AppettAiei  ai  miei 
due  Tolumi  di  Stadi  di  Lettn-atura  e  Filologia  latina  (Torino,  Bocca,  1917 
e  1921). 

ri)  Nel  Tol.  LIV  di  questi  Atti  (a.  1919),  pag.  924  sg. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


598  BTTORS  3TAHP1NI 

punto:  che  non  riuscirà  mai  s  riflettere,  nella  traduzione  italiana, 
quell'elemento  imponderabile,  immensurabile,  ma  pur  reale,  por 
sensibile,  che  è  compenetrato  col  metro  dell'esemplare  e  che 
inesorabilmente  sfugge  anche  alla  più  minuziosa  attenzione, 
all'arte  squisita  del  piti  abile  de'  traduttori,  qualora  questi  non 
s'adoperi  per  salvare,  in  armonia  con  l'indole  della  propria 
lingua,  quanto  più  pub  di  quel  ritmo  in  cui  è  configurato  il 
pensiero  e  il  sentimento  del  suo  autore.  E  dico  il  ritmo,  cbe  è 
la  parte  spirituale,  per  cosi  esprimermi,  del  verso,  e  cfae  sus- 
siste indipendentemente  dalla  quantità,  la  quale  costitnisce  la 
parte  materiale  del  metro  (1). 

Penso  perciò  che  non  sia  possibile  tradur  bene  i  distici 
elegiaci  latini,  se  loro  non  si  fsccian  rispondere  altrettanti  di- 
stici italiani  con  lo  stesso  ritmo.  E  parmi  cbe,  in  riguardo 
all'esametro,  gran  difficoltà  non  vi  sia,  purché  l'accento  nostro 
prenda  il  posto  che  ha  nel  metro  latino  Vidug  o  tempo  forte, 
ciò  che  mi  sono  argomentato  di  fare  ne'  miei  esametri.  Meno 
facile,  molto  meno  facile,  è  ricondurre  il  pentametro  ad  un 
ritmo  che  non  sia  monotono  e,  dirò  anche,  parecchio  ingrato, 
come  s'avrebbe  seguendo  in  entrambe  le  parti  di  esso  metro  il 
criterio  fisso  della  perpetua  rispondenza  dell'accento  italiano 
all'ictus  latino.  Ho  cercato  pertanto  un  temperamento  per  il 
primo  membro,  talora  attenendomi  a  quella  rispondenza,  p.  e., 

e.     72  b(  come  ai  gèneri  vqòI  ( J  w  v,  x  ^  ^,  .f) 

,  fùraa  ad  am&r  di  pili  (J  ^  v,  ^  -,  .i) 

e    75  né  d'am&rti  cegiàr  {^  -,  j.  ^  ^,  j.) 

e.  109  durerà  fra  nói  (.i  -,  J.  -,  J); 

ma  altre  volte  mi  sono  scostato  da  siffatto  procedimento,  seguendo 
quelle  altre  forme  cbe  sono  da  me  state  altrove  minutamente 
analizzate  (2).  Gob\  ho  ottenuto  una  certa  varietà  di  movenze  nel 
primo  membro,  per  compensare  l'inevitabile  uniformità  del  se- 
condo, giusta  lo  schema  che  risulta  dal  chiudere  questo  secondo 
membro    normalmente    con    parola    bisillaba  (come  il  piii  delle 

(0  Vedi  l'ampia  trattazione  di  questo  punto  nel  mio  studio  Lt  Odi 
borbart  di  Oioauì  Carducci  e  la  metrica  latina,  Torino,  1881,  pag.  ix  b|^. 
e»  ìfel  mondo  latino.  Sttidt  di  Letteratura  e  Filologia.  Seconda  serie,  Torino, 
1920.  pag.  6  8gg. 

(2)  Op.  cit.  pag.  53  agg.  =  Studi  di  Leu.  cit.,  pag.  89  sgg. 


I 


zed.yGOOgle 


NUOTI  SAOfll  UHANISTICI  599 

volte  si  riscontra  nel  verso  latino),  ma  conservando  sempre 
scrupolosamente  l'ictus  classico  nei  due  primi  piedi  mediante 
l'accentuazione  italiana,  p.  e., 

e.  96    giòia  l'amóre  tao  {gauéet  amóre  tuo). 
Ed  ora  giudichi  il  lettore. 


70  (1). 
Dice  la  donna  mia  che  a  nessuno  vorrebbe  sposarsi, 

salvo  che  a  me,  né  pur  se  la  chiedesse  Giove. 
Dice:  ma  quel  che  dice  la  donna  al  cupido  amante 

d'uopo  è  nel  vento  scrivere  e  in  rapida  onda. 

72. 
Tempo  fu  che  dicevi  che  sol  conoscevi  Catullo, 

Lesbia,  ed  in  vece  mia  neanche  volevi  Giove. 
Bene  ti  volli  allor,  ma  non  come  Ìl  volgo  all'amica, 

ai  come  ai  generi  vuol  e  come  ai  figli  il  padre. 
Ma  or  ti  conosco:  perciò  se  più  intenso  il  mio  fuoco  divampa,    5 

pure  tu  sei  per  me  molto  più  abbietta  e  vile. 
Come  lo  puoi?  tu  dici.  Perchè  tale  ingiuria  l'amante 

forza  ad  amar  di  piil,  ma  a  ben  voler  di  meno. 


(1)  Testo  latino; 

70. 
Nulli  ee  dicit  mnlier  mea  nnbere  malie 

quam  mihi,  non  si  ee  loppiter  ip«B  petat. 

Dicit:  B«d  rnnlier  cupido  quod  dicit  amanti, 

in  vento  et  rapida  acrìbere  opoitet  aqua. 

72. 
Dicebaa  quondam  lolum  te  nosae  CatuUum, 

Lesbia,  nec  prae  ne  Telle  tenere  lovem. 
Dileii  tnm  te  non  tantum  ut  vulgus  amicam, 

Bed  pater  ut  gnatos  dili^t  et  generos. 
Nunc  te  oognovi:  qnare  etsi  impenaiai  oror, 

multo  mi  tamen  ea  TÌlior  et  levior. 
Qui  poti*  aat?  inquia.  Quod  amantem  iniuria  talia 

oogit  amare  magia,  aed  bene  velie  minua. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


ETTORE  iiTlKPlNt 


75  (1). 


L'anima  per  tua  colpa  a  tal  punto,  o  mìa  Lesbia,  è  ridotta 
e  s'è  Braarrita  così,  per  conservar  sua  fede, 

che  volerti  più  bene  non  può,  se  pur  fossi  pudica, 
né  d'amarti  cessar,  qual  che  tu  faccia  cosa. 

79. 

Lesbio  è  bel.  Come  no,  s'è  quegli  che  Lesbia  prepone 

a  te  con  l'intera  gente,  Catullo,  tua? 
Ma  cotesto  bel  venda  pur  con  sua  gente  Catullo, 

se  troverà  tre  baci  dì  conoscenti  suoi. 


Quinzio,  se  vuoi  che  degli  occhi  ti  eia  debitore  Catullo 
0  d'altro,  se  cosa  v'è  più  degli  occhi  cara, 

deh!  non  rapire  a  luì  quel  che  a  Ini  di  molto  è  piìi  caro 
degli  occhi,  o  s'altro  v'è  piìi  degli  occhi  caro. 


76. 

Huc  eat  meo*  deducU  tua,  mea  Lesbia,  colpa, 
atque  ita  ae  ofBcio  perdidit  ipsa  ano, 

nt  iam  neo  bene  velie  qneat  tibi,  li  optima  fiaa, 
nec  desistere  amare,  omnia  si  famaa. 

79. 

Lesbins  est  pulcher.  Qaid  ni?  quem  Lesbia  malit 
qnam  te  cnm  tota  gente,  Oatulle,  taa. 

Sed  tamen  bio  palober  vendat  cnm  gente  Catullnm, 
ti  tria  notomm  savia  reppererit. 

82. 

Quinti,  si  tibi  vie  oonloB  debere  Catatlnm 

aut  aliad  si  quid  oarias  e«t  ocnlis, 
erìpere  ei  noli,  molto  quod  oarìns  illi 

est  ooali*  aen  quid  caria»  est  oonlia. 


zed.yG00g[e 


NUOVI  SAGGI  UMANISTICI 


3(1). 


Lesbia,  presente  il  marito,  di  me  dice  il  massimo  male, 

e  quel  baggiano  somma  letizia  prova. 
Mulo,  non  t'accorgi  :  se  di  noi  tacesse  obliosa, 

sana  saria:  perchè  gagnola  e  dice  corna, 
non  ricorda  sol,  ma,  quello  che  ha  più  del  piccante,  5 

è  sdegnata;  cioè,  brucia  e  nel  cuor  si  cuoce. 

85. 

Odio  ed  amo.  Perchè  ciò  foccia  tu  forse  domandi. 
Non  so;  ma  pure  sento  che  è  vero  e  soffro. 


Niuna  donna  può  dir  che  in  vero  fu  amata  cotanto, 
quanto  amata  da  me  fosti  tu,  Lesbia  mia. 

In  niun  patto  giammai  mostrossi  cotanta  la  fede, 
quanta  nell'amarti  fu  dalla  parte  mia. 


Lesbia  mi  praeiente  viro  mala  plurima  dicit; 

haec  illi  fatuo  maxima  laetìtia  est. 
Hnle,  nihil  aentis:  si  nostri  oblila  tacerat, 

Bana  esaet:  nana,  qnod  gannii  et  obloqnitui:, 
non  Bolnm  meminit,  sed,  qnae  malto  Kcrior  eat  rei, 

irata  est;  hoo  est,  oritur  et  coqDÌtnr. 


Odi  et  amo.  Qnare  id  faciam,  fortasse  reqnirii. 
Hescio,  sed  fieri  senti  o  et  e 


87. 

Nulla  potest  mnlier  tantnm  se  dioere  a 
vere,  quantum  a  me  Lesbia  amata  mea  es. 

Naila  fides  «Ilo  fiiit  umqnam  in  foedere  tanta, 
quanta  in  amore  tuo  es  patte  reperi»  mea  est. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


ETTORI   STAMPINI 


Cesare,  troppo  a  cuor  uou  mi  sta  di  volerti  piacere, 
nò  dì  saper  mi  curo  B'uom  tu  eia  bianco  o  nero. 

96. 

Cosa  gradita  e  cara  ae  mai  dai  muti  sepolcri 
accadere,  o  Calvo,  possa  dal  nostro  lutto 

—  con  tal  cordoglio  gli  amorì  riviver  facciamo  lontani 
e  rimioviamo  il  pianto  per  l'amicizie  perse  — , 

certo  non  tanto  reca  la  morte  immatura  dolore 
a  Quintilia  quanto  gioia  l'amore  tuo. 


Per  molte  genti,  per  molti  mari  portato, 
a  queste  esequie  tristi,  giunto,  o  fratello,  io  sono, 

per  ofiiire  a  te  l'estremo  tributo  di  morte 
e  al  cener  muto  vane  parole  dire, 


(1)  Testo  latino: 


Nil  Dimium  stadeo,  Caesar,  tibi  velie  piacere, 
nec  Boìre  nUnin  ma  olbns  va  ater  hoino. 

». 

Si  quicquam  mutia  gratum  acceptnmTe  sepnlcrìi 
uccìdere  a  nostro.  Calve,  dolore  potesi, 

quo  deiiderio  veterea  renovamni  amores 
atqne  olim  miuaa  BemnH  amicitìfu, 

certe  non  tanto  mora  immatura  dolori  ett 
Quiotiliae,  quantum  gnudet  amore  tuo. 

101. 

Multai  per  gentes  et  multa  per  aeqnora  vectni 
advenio  has  miaeraB,  frater,  ad  inferiai, 

nt  te  postremo  doaarem  moaere  mortù 
et  matam  nequiqoam  alloquerer  dnerem, 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


NCOTl  SASSI  DltAHISTICI  603 

poi  che  la  so)-t«  rapimmi  la  tua  persona,  o  fratello  5 

sventurato,  a  me  A  indegnamente  tolto! 
Queste  offerte  intanto,  che,  giusta  il  prisco  degli  avi 

uso,  all'esequie  tue,  mesto  presente,  io  reco, 
tu  ricevi  stillanti  di  molto  pianto  fraterno, 

ed  in  perpetuo  salve,  fratello,  e  vale.  10 

104  (1). 
Credi  tu  ch'io  potei  maledire  colei  cb'è  mia  vita, 

che  a  me  d'entrambi  gli  occhi  più  cara  torna? 
No!  Se  il  potessi,  il  mio  amor  non  cosi  disperato  sana; 

ma  con  Tappon  le  cose  mostruosamente  svisi. 

108. 
Se  per  voler  di  popol  la  tua  canuta  vecchiaia 

d'impure  azioni  sporca,  o  Cominio,  pera, 
dubbio  non  ho  che  pria  la  lingua  nemica  de'  buoni, 

tagliata,  a  ingordo  nibbio  assegnata  sia, 
gli  occhi  cavati  un  corvo  con  atra  gola  divori,  5 

gl'intestini  i  cani,  l'altre  tue  membra  i  lupi. 


(1)  Testo  l&tiuo: 

qnandoquìdem  fortuna  mihi  tete  abatulit  ipsDin, 

heu  miier  indigne  frftter  adempte  mihìi 
Nunc  tanan  interea  haec  prisco  qnae  more  paientam 

tradita  auni  triiti  munere  ad  inferiaa, 
aooip*  fraterno  nmltmn  manantia  fleto, 

■tqae  in  perpetnom,  frater,  ave  atqne  vale. 

104. 
CredÌB  me  potuiue  meae  maledìcere  vitae, 

amboboi  mihi  qnae  carior  est  oontis? 
Non  potai,  nec,  ri  possem,  tam  perdite  amarem: 

eed  tu  cnm  Tappone  omnia  monitra  tua». 

108. 
Si,  Domini,  popnli  arbitrio  tua  cuna  BenectoB 

«porcata  imparia  morìbaa  intereat, 
non  eqnidem  dnbito  qnia  primnm  inimica  bonomm 

lingua  aisecta  arido  sit  data  Toltarìo, 
effoaeoi  oculos  voret  atro  gnttnre  corvos, 

inteitina  canes,  cetera  membra  lapi. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


ETTORE  STAMPINI 


109  <1). 


Hi  fai  parer,  mia  vita,  che  il  nostro  amore  presente 

durerà  fra  noi  perpetuamente  lieto. 
Grandi  dei,  fate  voi  ctie  il  vero  promettere  possa, 

che  ci6  sincera  dica  e  dall'imo  cuore, 
^  che  sia  lecito  a  noi  protrarre  per  tutta  la  vita 

sempiterno  questo  patto  di  sacra  fede. 


(lìTeato  latino: 

10». 

locondum,  mea  vita,  milii  proponi*  amorem 
hunc  noitrum  Inter  nos  perpetuoro^oe  fore. 

Di  magni,  facite  iit  vere  promittere  poesit, 
atque  id  sincere  dìcat  et  ex  animo, 

ut  liceat  nobis  tota  prodocere  vita 
aeternuoi  hoc  ganctae  foedus  amicitiae. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


NCO?I   SAQQl   DUALISTICI 


ALCUNI  EPIGRAMMI  ATTRIBUITI  A  SENECA 

recati  In  elegiaci  Italiani  (•) 

(ISSO) 


I  (232)  (1). 

Tutto  divora  il  tempo  edace,  tntto  divelle, 

tutto  smuove  dì  sede,  niente  esser  lascia  a  lungo. 
Cessano  i  fiumi,  il  profugo  mare  rasciugano  i  lidi, 

scendono  io  basso  i  monti,  crollan  gli  eccelsi  gioghi. 
Picciolo  cose  io  dico:  del  ciel  la  bellissima  mole  5 

arderà  ad  un  tratto  tutta  di  fiamme  sue. 
Morte  tutto  pretende.  È  legge,  non  pena,  perire: 

tempo  sarà  che  questo  mondo  nel  nulla  fia. 


(1)  Tuto  tatÌDo: 

I  (232). 

Omuift  teupus  edax  depaecitur,  omnia  curpit, 

omnia  Bede  movet,  nil  ainit  esie  dm. 
Flumina  deSciunt,  profngnm  mare  litota  ticcant, 

■ubsidiiiit  mooten  et  iuga  celia  ruunt. 
Quid  tam  parrà  loquor?  tnolei  pnlcherrìma  caeli 

ardebH  flammis  tota  repente  buìi. 
Omnia  mori  poioit.  Lei  est,  non  poeua,  perire: 

bio  aliqno  raundui  tempore  nulluB  erit. 


(*)  I  numeri  fra  parentali  son  quelli  d.9\ì'Anlh4>logia  latina  di  Aleuandro 
Bieee  (I*,  1894-906).  E  appena  il  caio  di  avvertire  che  boIo  dei  tre  primi 
epigrammi  ai  pub  conaiderare  aicara  l 'autenticità;  ma  b  probabile  anche 
quella  di  altri.  Certo  non  pnb  essere  di  Seneca,  benil  di  acrittore  criiftano, 
il  cosi  detto  Epita^iun  Seneeae  (num.  XII  ^  667  Rieie),  nonostante  l'inge- 
gnoio  tentativo  fatto  da  Carlo  Pascal  per  dimoitrare  ohe  6  poiiibile  lia 
itato  scritto  da  Seneca  steiio  (c&.  Attnt  t  Bontà,  X,  1007,  N.  97-98, 
col.  22-26). 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


ETTORS  STAHPIKI 


II  (236)  (1). 

Corsica,  o  terra  un  dì  dal  colono  Pocaico  abitata, 

Corsica  che  Cyrnoa  eri  con  Greco  nome, 
Corsica  di  Sardegna  più  corta,  piil  lunga  dell'Elba, 

Corsica,  regione  pervia  a  pescosi  fiumi, 
Corsica  orrenda,  appena  diviene  infocata  l'estate, 

cruda  piti  ancor,  se  il  muso  mostra  feroce  il  Cane, 
ì  relegati  risparmia;  cioè,  risparmia  i  passati! 

Al  cener  de'  vivi  sia  la  tua  terra  lieve! 

Ili  (237). 
Barbara  è  chiusa  la  Corsica  in  mezzo  a  balze  scoscese, 

aspra  e  deserta  tutta  per  desolate  plaghe. 
Non  l'autunno  frutti,  non  educa  biade  l'estate, 

e  alla  canuta  bruma  manca  il  Palladio  dono. 
Primavera  piovosa  non  dì  prodotti  s'allieta, 

neanche  l'erba  vien  in  quest'infausto  suolo. 
Qui  non  pane,  non  sorso  d'acqua,  non  l'ultimo  fuoco  ; 

sol  due  cose  son  qui:  l'esule  con  l'esilio! 

(1)  Teato  latino  : 

li  (236). 
CorBÌoa  Pbocaico  tellua  habitata  colono. 

Cornea  qoae  Qraio  nomioo  C^moi  eraa. 
Conica  Sordinin  brevior,  porrectioc  Uva, 

CorùcA  pìaoDB»  peivìa  flu  mini  bus. 
Conica  terrìbillB,  cnm  primum  incanduit  aaitaa, 

Baevior,  ostendìt  cam  ferua  ora  Cania, 
parce  relegaiìa;  hoc  est,  iam  parca  aolntia! 

Vivoram  cinerì  ait  tua  terra  le*ia! 

Ili  (2871. 
Barbara  praeraptis  inctuaa  eat  Corsica  aazìa, 

horrida,  deaertìa  andique  vaata  locii. 
Non  poma  BotuinDUB,  tegetea  non  odneat  aMttta, 

oanaqne  Palladio  manere  brama  caret. 
Imbrìfemm  nnllo  ver  eat  la«tabile  fetn, 

nnllacine  in  infauato  naacìtnr  herba  tolo. 
Non  pania,  non  haaatua  aquaa,  non  nltìmna  igni*; 

hic  aola  haec  dno  annt:  ezau]  et  eiaìliam. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


NUOTI  SAOQI  UMANISTICI 


IV   (418)  (1). 

Opra  nessuna  sorge,  cui  non  annosa  vecchiaia 
vinca,  od  avverso  giorno  non  a  soqquadro  metta, 

anche  se  alle  stelle  grandiose  montagne  tu  estolli, 
e  le  piramidi  arse  cerchi  uguagliar  co'  marmi. 

Ninna  morte  all'ingegno  nuoce;  è  tranquillo  e  sicuro, 
e  sempre  illesa  serbano  fama  j  carmi. 

y  (429). 

Piacemì  omai  ai  giochi  e  ai  furti  lascivi  tornare. 

Musa  giocar  mi  giova:  Musa  severa,  vale! 
Voglio  ornai  Àretusa  cantar  dalle  turgide  mamme, 

stretta  talor  le  chiome,  sciolta  talor  le  chiome, 
come  alla  soglia  mia  percota  col  segno  notturno 

e  intrepido  al  buio  metta  scaltrita  il  piede, 
e  ora  le  molli  attorno  al  collo  avvolgendo  sue  braccia, 

il  niveo  fianco  semisupina  pieghi. 


IV  (418). 

Nnlluin  opua  eisurgit,  quod  non  annoHft  vetugtas 
eipuRiiet,  quod  non  vertnt  iniqua  diea, 

tu  licet  extollae  maKiios  B,d  aidera  montes, 
et  calìdas  aequea  marmore  pyramìdas. 

Ingenio  mon  nulla  nocet;  vacat  uudique  tutum; 
inlaeanni  semper  carmina  nomen  habent. 


V  (429). 

lam  libet  ad  lasca  lagcivaque  furta  revecti. 

Ludere,  Uuaa,  iuTat:  Musa  aevera,  vale! 
lam  mibi  narieiur  tu  mi  dia  Are  th  usa  papilUs, 

nuno  astri  età  co  mas,  nunc  reaoluta  co  mas, 
ut  modo  nocturno  pulaet  mea  limina  signo 

intrepidoa  tenebria  ponete  docta  pedes, 
nnnc  colto  molles  circum  diffusa  Incertos 

inflectat  nÌTeum  temisupina  latus, 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


608  BTTORB  STAMPINI 

e  ora  di  posa  in  posa,  i  dolci  imitaado  dipiati, 
10      sappia  paasare  ed  essa  penda  dal  letto  mio, 
né  si  vergogni  mai,  ma  di  me  più  ancora  procace, 

irrequieta  sempre  salti  per  tutto  il  Ietto. 
Non  mancherà  chi  Priamo  compianga  od  Ettore  canti: 

Musa,  giocar  mi  giova:  Musa  severa,  vale! 

VI  (430)  (1). 
0  benedetto  viso,  di  Bacco  e  d'Apolline  degno, 

che  uomo  giammai  né  donna  senza  periglio  vede! 
Dita,  quai  di  fanciullo  o  di  verginella  diresti, 
o  esser  piuttosto  del  verginale  iddio! 
5     Oh  felice  la  donna  che  il  collo  ti  morde,  e  felice 
quella  che  a  te  col  labhro  livido  il  lahbro  rende, 
e  la  fonciulla  che  teco  petto  con  petto  giungendo, 
nella  tua  molle  bocca  stanca  la  lingua  sua! 

VII  (432). 
Non  del  sacro  Catone  stupiscati  il  rozzo  sepolcro; 
anche  del  grande  Giove  piccole  tombe  trovi. 

(1)  Testo  latino: 

ioqae  inodos  omnes,  dulcee  imit&ta  tabellas, 
10  transeat  et  lecto  penduat  illa  meo, 

nec  pudeat  quicquam.  sed  me  quoque  neqaior  ipso 

«I9ultet  toto  non  requieta  toro. 
NoD  derìt,  Prìamum  qui  deSent.  Hectora  narret  : 
ìudere.  Musa  ìuvat:  Mnsa  aevern,  vale! 

VI  (430). 
0  sacroa  vultua  Botcho  ve)  Apolline  di^oa, 

quoa  Tir,  quoa  tuto  femina  nultn  videi! 
0  digitof.  quales  pneri  vai  virginia  eaae 
vel  potiua  credai  virginia  esse  dei! 
5  Felix,  ai  quit  tuum  conrodit  femina  colluna, 

fplìi.  quae  labria  livida  labra  facit, 
quiteque  pnella  tuo  cum  pectore  pectora  ponit 
et  lingnam  tenero  laasat  in  ore  snam  ! 

VII  (432). 
Ne  mirere  sacri  deformìa  buntu  Catonia: 
visuntur  niaj^ai  parva  gepulcra  lovi?. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


NUOVI  SAOSI   0MAN1STICI 


Quando  il  belletto  ai  mette,  la  faccia  Sartorìa  si  mette: 
quando  il  belletto  perde,  perde  del  par  la  faccia. 

IX  (441). 

Deh  sopravvivano  a  me  il  fratello  maggiore  e  il  minore, 
e  abbiano  duol  da  me  sol  per  la  morte  mia! 

Deh  ch'io  li  vinca  e  a  mia  volta  da  lor  nell'amare  sia  vinto  ; 
deh  fra  noi  bella  mutua  d'amor  sia  gara! 

Deh  possa  Marco  un  di,  che  or  con  dolce  loquela  cinguetta, 
ambi  gli  zii  sfidar  con  l'eloquente  labbro! 

X  (442). 

Serse  il  grande  appari  Ne  accompagna  la  marcia  l'intero 
orbe.  Sei,  Grecia,  in  forse  di  sopportarne  il  giogo? 

Gli  ordini  esegue  il  mondo:  coprirò  il  sol  le  saette, 
si  calpesta  il  mare,  fluttua  gigante  l'Athos. 


(1)  Teato  latino: 


Cum  cretam  snmit.  fnciem  SertorU  «nmit: 
perdidit  ut  cretam,  perdidìt  et  faciem. 

]X  (441). 

Sic  mihi  sit  frater  maiorque  minorque  superate^ 

et  de  me  doleant  nil  nisi  morte  mea! 
Sic  illos  vincam,  eie  vincar  rursus  amando  ; 

mutuoB  inter  noa  hìc  bene  certet  amor! 
Sic  dulci  Marcus  qui  nunc  sermone  fritinnit, 
facundo  patraos  provucet  ore  duoal 

X  (442). 

Xeriea  n)fk}(nai4  ndeH.  Tottis  comitatur  euotem 
orbie.  Quid  dubitas,  Graeeia,  ferre  iuRuni? 

Mundus  iussa  facit:  Bolem  teiere  eagittae, 
calcator  pontue,  floctuat  altus  Athon. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


ETTOKB   STAMPIMI 


XI   (448)  (1). 

Possa  esser  tns  colei,  qual  sia,  che  vuoi  fare  tua  donna, 
e  colei  che  vorrai,  struggala  mutuo  foco! 

Oh  non  manchi  giammai  al  tuo  petto  fiamma  soave, 
e  sempre  sgombro  sia  da  pasaion  che  neccia! 

XII  (667). 

Cura,  fatica,  merto,  uffici  ed  onori  con  essi, 

ite!  per  l'avvenir  altri  tentate  cuori! 
Dio  me  chiama  da  voi  lontano:  è  finita!  compiute 

le  terrene  cose,  tu,  ospite  terra,  vale. 
Pure  il  mio  corpo,  o  avara,  fra  pietre  solenni  ricevi: 

che  l'alma  al  cielo,  ma  a  te  rendiamo  l'ossa. 


XI  (448). 

Sic  tua  ut,  quamcumque  tuam  vis  esse  puellun, 
«e  qaaiDCuniqae  Tolea  mutous  ignìa  edat; 

sic  numqii&in  dolci  careont  tua  psctora  flamma, 
et  sic  laeanro  semper  amore  vaceot. 

XII  (661). 

Cura,  labor,  meritura,  sumpti  prò  mnnere  honorea, 
ite,  alias  posthac  Bollicitate  animM! 

He  procul  a  vobia  deas  erocat.  Ilicet,  actìi 
rebus  terreais,  hospita  terra,  vale. 

OorpQB,  avara,  tamen  sollemnibui  accipe  sasii: 
namqne  animam  caelo,  reddimna  ossa  tifai. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


KDOVI  SAOai   UMANISTICI 


INSCKIPTIONES 


I. 

Ad  Ahicos   Desentianenses 


qvoD 

RECTOHES-  ET-PROFfiRSOKES 

LYCEI'flyMSASlIQVE'REOIIS'IVRE-AEQTATI 

ET-  SCHOL  \E  'TECIISIC  A  E  ■  ET-  EPH  EBEf  M  VNICIPALIS 

DESENTIANI-AD-BENACVM 

AVCrrOBIBVa-ALOISlO-MABTINl-GABRlEL-BEBLESE' A  VOVSTINO- VEDOVI 

A1IICI8-MEI& 

MIHI'GBATVLAT10NI3-CAV8A 

KEUBRANAH'HVNERfHISERVNT-ELEaANTER-HARGINATAH 

ATQVE-  EXQ  VI  a  1TI93IKI3-  ARTIS-  LIN  EAMENTIS-  FIGVRIS-  C0L0BIBV8 

A-MARIO'OALLI'EXCVLTAM 

qVI  -ITEU-  IN  •MEMBRANA  ■  LATIN  AH-  INSCRIPTIONEH 

A'SILVIOGIACOMELLI- AMICO-MEO- EXCOGITAT  AH 

AC-LECnSSUaa-SESTENTlABVM'ET-VEKBORVM-ORNAJIENTIS'EXFOUTAlC 

GOTHICIS-LITTERARVM'FORMIS-DESCRIPSIT 

PRO-TANTA-ERGA- ME -BENEVOLENTI  A 

PRO-BON1S-VOTI3-DE-ME-SV^CEFTIS 

MIRIFICA8-GRATIA8-AOO-ATgVE-HABE0 

qVAMQVAH-REOR 

HVIC-HONORI- AMPLISSIMO 

KERITA-UEA-NEQVAQVAH-RESPONDERE 

ET- PRO-CERTO- AFFIRMARE-AVDEO 

NON-MIHI-CONTINGERE-POSSE 

QVOD- AMICI- MEI-DESENTIANKNSES 

OMINIBVS-SVIS-PORTENDEREVIDESTVB 

VT-HERODOTI-ILLAM-NEHKSrS-IRAM 

FASCINATIOHIBVSqVIBVSDAM-AVEiniVNCAitE-COGAR 


Afti  della  R.  Accademia  - 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


BTTORE  3TAHHINI 


n. 

Ad  Aloisiux  Martini 


ALOISIO-MARTINI 

SACERDOTI- BETEHBNDO 

NVPEH- IPSA- BEGI8- VOLVSTATE 

INTER  ■EQVITES-  ADLECTO 

OBDINIS-ITAL  A-  CORONA-  DECORATI 

NYNC-AYTEII-DIEH-NOHINIS-SVI 

SACRO  -RELIOIONIS'  RITV-  ET-  DOUESTICA-LAETITIA-  CELEBRANTI 

qVADRAGESIlIVll-  DENIQTE- ANNTV 

EX-  qVO  ■  IN-  REGIO-  ATHBNAEO-PATAVIHO 

AD-D0CT0B18-DI«N1TATE1I-FR0VECTT8'C8T 

INCOLTMI-TALETTDINE- BXPLBKTI 

MOX'DENI  UVE-  POST  -DV08-MHB8Ea 

A-D-X1I-KAL'9EPT 

ITATALEH'FESTVH'IITINTVH- ET-BEZAGESIM  W- HABITVBO 

OECTOR-STAHPINI 

VEHEHBNTIB8IHE-  QRATTLATVB 

ATqy  E-  AMICO-  ET*  ABQVALI-DVLCISSIIIO 

RBLIQVVM- VITAE- CVR8V1I 

CVM-DIVTVRNA-  COBPORIS  •  ET  •  MENTIS -SAN  IT  ATB 

TVM'TBANQVILL  A  •  PACE-  TIOENTBH 

OMNI-AN1HI-9TVDIO'EXOPTAT 


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NUOVI  SlflGl   nMANISTICI 


lU. 

Ad  àloisiuv  Ddbouloz 


ALOISIO-DVBOVLOZ 

OPriCINATDBI-  CBEHICO-ET-  HEDICAMENT  ABIO 

QVI'  CVM  ■  ABHISC'PLTRniOS'  ANS08 

APVD*  KB  ■  IN  -BEGIO  -LYCEO-  OIOBEBTIAMO-  T  AYBIVEMSI 

GBABCARVM-  ET  •  LATINABVK*  LITTERARVH  ■  BVDIHENT  A-  DIOICI  88BT 

HEIIOBI-  HE  ■  SSHPEB-  BENEVOLBNTIA-PBOSECVTVS-EST 

NVPER-AVTEM 

MITIA'IIALA'ACIDVLO-SAPOBE*  I VCVN  DA 

DONO-MtBI-  BBNtONB-  AC  LIBEBALITEB  ■  HI8IT 

i|VIBV8'  qVIDEM  •  MEII8AK-  KE  AH 

OLIH  -FRTQI  -NVMC  ■  VERO-  FRTO  ALISSIU  AH  -  PACTAH 

PAVLISPER-OBLECTA  VI  •  ET-  BECBEA  VI 

HERITAM  •  QRATIAH  •PERSOLTO 

QVAH'ETIAH-CVHVLATISSIIIE-BEFERREH 

ai'HTNVS-  HVNEBE-  HIHI-REPENDERE-  LICERBT 

Sf<JTID'ALIVD-VERBIS-£T-BON0- OMINI- ADDERE-POSSEH 

HAC-LVCETE9TA 

QVA-  CHRISTI  ANO  ■  RITV-  ANNIVEB8ABI0 

HEHORI  AH- SANCTI-ALOISII-SOLLEHNITER-REN  OVANTE 

DISCIPVLO'MEO 

FOBTVNAH  ■  AD-  OMNE  ■  VOTVH  ■  FLVENTEH 

FAMILIABES-ET-AHICI 

HECVH  •  LAETI8-  PRECATIONIBVa-EXPOSC  VNT 


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BTTOKB  STUIFIMI 


IV. 

Ad  Ioanneh  Sfobza 


IOANNI-SFORZA 

COUTI-ILLYSTBI 

qvr-CTlI  •  DIV  APVD  -TAVBINBBSBS 

TABVLARIORVM'  PVBLICORTH  ■PRAEPECTVS-FVEBIT 

NVKC*m-SECE88V 

HOHKSTISSIMVICOTrVKMN-LITTBRia-OONSVlOT 

SAXIHE-  VERO-  ET-  FB  AECIPTE 

IK-  AUKALIVK-MONVlIEKTia'  ENVCLEAKDI9 

AC'BECENTIORI- ITALARVH- RERVH-HEHORl  A  •  1LLT8TRANDA 

SaREOIAH 'INOTSTRIAH- ATQVE- ADSIDTAJCOFERAH-tHPENDIT 

QVIBVS'STVDII8-ET-8CRIPT18 

FAHAU  -SIBI  ■  I  AH  •  DIV-  INNVHBHIS-  OFERIBVS'PABTAM 

SIC-  AMPLIPrCAT  •  ET  TROPAO  AT 

VT'FEB- EXCTLTISSIMAM '«IVAMQVB- OEKTEM 

N  OHEN  •  BITS  •  PERV  ASETVB 

qVO-DIE 

CHRISTIABVS  ■  TERRABVK'ORBIS 

STia[A-SACR0RVH-CEl.EBRITATE-F0PVLARI-ET-D01[ESTIC0'CTLTV 

8  ANCTVM-  IOANNEH-  COHMEMORAT 

HECTOR- STAMPINI 

OMNIA-PAVSTA'IN-MVLTOS-ANNOS'RITE-OMINATVS 

BONAll-CERTAHIlVB-SPEH-COMFIltHAT 

FORE-VT 

AlCICTS-BT-GOLLEOA-aENERE-NOBILIS'DOCTRINA-NOBILISSlXVB 

gVEM  -TOT  ■  DOCTISSIMOBVM-  HOMINVH-  COETVa 

SIRI  •  BODALEM  ■  HONOKIFICENT  !  S81HE  ■  ADSCI  VEB>-NT 

QTI-NOaTRARVTC'LITTEKAKVM-EST-OBNAMBNTVlCRT'DECTa 

CITO  ■  IN  ■  CELaiOREU-  8EDEM 

BiaNITATia  •  AT<1  VE  •  HONOBIB  •  ASCBNDAT 


zed.yG00gle 


NUOTI  SAQQl   UMANISTICI 


I. 

Ad  Pauluk  Boselli 
(prid.  kal.  Apr.  a».  3tCMXX) 


Candida,  Paule,  tibi  mitto  paschalia  vota: 

ore  rogo  excipias  quo  mea  acripta  aoles. 
LandibuB  extollie  quae  interdum  carmina  pango 

Naao  quibus  cecinit  trJBtia'  bta  modie; 
landibus  atque  tuia  addis  catcaria  menti, 

pectorìa  et  vires  ingemique  fovea. 
Quam  tribuia  nobia,  laus  est  duloÌBsima  rerum: 

nil  est  quod  valeat  noa  recreare  magia. 
Eiua  namque  Viri,  concors  quem  Patria  laudat, 

laude  mihi  quidnam  dulcius  esae  potestP 
Ast  ego  nunc  Fatrìae  dilectae  tempore  iniquo 

Bcribere  quid  posanm,  quid  uisi  dura  loqui? 
Quidve  meo  adgrediar  venerando  dicere  Paulo, 

cui  placidas  aurea  adplicuisse  velit? 
Quid  praebet  noatria  optabile  vita  diebua? 

quid  sperare  datuvP  quae  facienda  rear? 
Multa  vigent  hodie  merito  quae  abiecta  fuenint, 

multaque  nunc  aordent  quae  placuere  modo. 
Quoquo  oculos  vertas,  quoquo  vestigia  flectaa, 

quot  Bcatet  infelix  Itala  terra  malia! 
Heu!  heu  quoa  hominee,  quoa  morea  protulit  atrox 

aetaa  quam  Patriae  fata  dedere  meae! 
Impia  turba,  rapax,  omni  desueta  labore, 

iam  ruit  in  vetitum  desidioaa  nefas. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


t  ETTORE   STAUFINI 

Quas  genuit  nuper  divina  Pecunia  mundo, 

artes  nunc  poUent  et  decus  omne  [>arant. 
Gontra  quae  quondam  florebant  Palladis  artes, 

nunc  sine  honore  iacent,  nunc  sine  pane  gemunt. 
Quid  quod  nunc  acrìs  studia  haec  ezstinguit  egestas, 

macra  quibua  quamvls  rea  ateteratque  decus? 
Dicam  quos  bellum  potuit  ditare  scelestos, 

quos  effert  turpi  rea  mate  parta  manuP 
Aut  quibus  eat  foedo  rerum  penuria  Incro, 

civis  ut  a  lacrimia  aurea  praeda  fluatP 
Turbidna  anne  opifex  vino  dapibusque  profundat, 

parvuB  quae  peperit  praemia  magna  labor, 
dum  qui  doctrinae  studiisque  ìncumbit  honestis, 

languet  inops  misere,  deficit  atque  fame? 
Scilicet  illius  praesto  eat  sententia  cordi, 

qui  aatius  vita  credidit  esse  morì! 
Nonne  fuit  pulchnim  non  haec  vidisae  nefanda? 

0  fortunati  qui  periere  pnua! 
At  non  iata  tibi  debebam  acribere,  Paule; 

nempe  ego  prò  laetis  carmina  maestà  cano. 
Farce,  precor,  dictia,  maeror  quae  fudit,  acerbis, 

prosperet  et  caelam  quod  mea  vota  petant. 
Multa  tibi  in  longa  aerventur  gaudia  vita, 

flebile  nec  quìdquam  sora  inimica  ferat; 
multaque  vivendo  auperana  felicia  lustra 

Xeatoreos  fines  egrediare  senex, 
aemper  et  incolumis  fidoque  superstes  amico 

extremum  dìcaa  tu  mihi,  Paule,  vale. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


NUOVI   SAQOI   UUAMSTICI 

IL 
AD    ÀDELAH   PlACIDÀM    CaRBSRA 

(«unse  lunio  an.  ÌSCMXX) 

Natalem  celebrare  tuum  nomenque  quotannis 

dalce  mihi  studium  curaque  grata  faìt 
iam  ttim,  cum  priniiini  tenera  ea  spectata  puella 

mensque  probata  tua  est  ingeniumque  mìhi. 
0  quot  sunt  nobis  esin  iam  lustra  peracta! 

iam  saecti  spatium  praeteriisse  putem. 
Quot  res  mutatas  perverse  vidimuB  ambo, 

cernere  quot  caaua  contigit  atque  pati! 
Tempora  nam  subeunt  tibi  cum,  carissima  Àdela, 

vivere  ìucunde  fata  benigna  dabant. 
Felix  tam  genitor,  felìx  pulcherrìma  mater 

oscula  carpebant,  unica  nata,  tua: 
ac  tu  crescebas,  ut  crescit  floscalua  ex  quo 

aera  permulcens  funditur  almus  odor. 
Ut  vero  in  pratis  gracilÌB  flos  surgit  apertis, 

quem  ventus  subito  stemit  iniquus  humi, 
sic  teneria  fatum  miseram  te  stravit  in  annis, 

cum  mortis  iaculis  cessit  uterque  parens. 
Tu  tamen  atroci  potuistì  obsistere  fato; 

sed  quae  perpessa  es  non  meminiese  iuvat. 
Hoc  meminisse  placet  solum  repetamque  frequenter: 

durasti  fortis,  casta,  modesta,  pia. 
Rebus  in  adversis  vìtae  durisque  procellis 

iodomitum  pectus  vincere  nil  potait. 
Te  artibas  intentam  doctae  studiisque  Mioervae 

extulit  ingenìum  sedulus  atque  labor, 
Qnare  nulla,  puto,  reperìri  femina  possit, 

qaam  tu  doctrina  non  superare  queas. 
-Doctrìna  dociles  mentes  operosa  magistra 

imbuis,  ad  morea  instituisque  probos. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


BTTORB  STAHPINI 

Tuqae  Deum  colere  et  Patriam  praeponere  vìtae, 

tuqufi  sequi  leges  ìustitiamque  doces. 
Quid?  modo  te  ridi,  dubii  per  tempora  belli, 

prò  patriia  aria  et  trepidare  focis, 
teque  fovere  inopeB  curia  aegrosque  reversos 

ex  acie  morbìs  vulneribneque  domum, 
corpoTÌB  et  mentis  vires  consumere  laetam, 

omnibua  adflictis  ferre  libenter  opera. 
Tempora  nunc  memoro,  quae  tum  quoque  &ust8  vocares, 

cum  nostria  armis  sora  inimica  fuit. 
Nam  poat  immanea  clades  et  funera  dira 

Itala  ree  potuit  toUere  firma  caput: 
tanta  quidem  numquam  risit  Victoria,  quantam 

Italiae  Italicae  tuac  peperere  manos. 
Spes  igitur  nobia  fuerat  fidisaima  pulchros 

noe  iterum  Patriae  poase  videro  dies, 
Pax  quibus  Italiae  populea  optata  vocaret 

ad  ae,  in  maternum  collidere tqne  sìnum. 
Horrida  permiscet  sed  nunc  vecordia  civea: 

infandum!  &atrum  apargitur  ecce  cruor. 
Trietia  legisti,  memini,  doctiaBÌma  Adela, 

carmina  quae  cecini,  nec  ceciniase  pìget; 
at  mala  quae  fieri  auat  certe  parva  putanda, 

ai  quae  sit  videas  criminis  atra  seges 
qua  nunc  infelix  vastatur  patria  terra; 

nec  scia  qui  tandem  possit  adesse  modus. 
Nunc  nec  relligio  nec  quae  olim  aancta  fuerunt 

nec  aerrant  vitrea  publica  iuta  suas. 
Ipaa  magietra  docena  pueroe  elementa  tenellos 

tam  apernit  Patriam,  tum  negat  esse  Deum! 
Quia  metuit  legea?  lex  eat  sua  cuìque  libido, 

aut  lex  eat  potius  quod  mala  turba  iubet. 
Etsi  quod  aervit  nunc  eat  ignobile  volgus: 

nrbitrium  paucis  imperinmque  dedit. 
Ergo  quam  vitam  nunc  vivere  cogimur  omnesl 

quot  nova  proapioimua,  quot  graviora  mala! 
Quid  restat  nobis,  iam  toto  ai  ingruit  orbe 

turbida  tempeatas  horrìbilisque  metoe, 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


NUOTI  SAGGI  UMANISTICI 

inque  dies  peior  baccfaatur  turba  scelesta, 

atque  in  deterius  public»  fata  ruunt? 
Ecce  chori  resonant,  rubra  ea  vexilla  canuntnr, 

et  plebs  carmiDibua  concita  plaudit  ovans! 
Haec  etiam  pueri  cantant,  bortante  raagistro, 

iungitur  et  virgo,  matre  favente,  choria. 
Contra  si  aspicìat  terno  vexilla  colore, 

sibila  tum  vulgus,  tum  mala  probra  iacit. 
Qaìn  etiam  proceres  quosdam  modo  vidimus  aequis 

auribuB  atque  oculis  hoc  tolerare  nefae! 
Vezillam  est  Patriae  spretum,  tolerantibus  ipsis, 

prò  quo  tot  cives  sustinuere  morì! 
Heu!  meus  heu!  genìtor  quid  sacra  in  pace  sepulcrì 

dicit,  ai  foeda  haec  cernere  facta  poteatP 
qui,  cum  maestà  suoa  calcare  Novaria  (1)  campoa 

vidit  et  ÀustriacoB  ingeminare  minas, 
vesillum  quartae  peditum  servare  cohortis 

et  valuit  salvo  grande  parare  decus? 
qui  iam,  cum  primum  iuveues  accivit  ad  arma 

Italia,  ut  tandem  libera  terra  foret, 
Summa  (2)  ubi  vitiferum  totlit  Campania  collem 

Austriaois  telia  paene  peremptus  eratP 
Agmina  quid  dicunt,  letam  quae  oppressit  acerbum, 

ut  nostros  victus  linqueret  bostìs  agrosP 
Umbrae  quid  dicant  quaero  manesque  aepulti, 

saevos  cum  casus  corpora  viva  fleant? 
Saltem  si  possem  moriendo  avertere  sortem 

dilectam  Patrìam  quae  miseranda  premit, 
ut  vellent  cives  iras  deponere  caecas, 

firmiter  et  pacem  conciliare  uovam! 


(1)  Nellft  battaglia  di  Novara  (a.  1849}  mìo  padre  Giovanni  portb,  oome 
sottotenente,  la  bandiera  del  4°  Regf^imento  Fanteria,  che  fn  decorata  della 
medaglia  d'argento  al  valore  militare.  A  mio  padre  fa  conferita  la  men- 
zione onorevole  al  valore,  cbe  corrisponde  all'odierna  medaglia  di  bronzo. 

(2)  Nella  battaglia  di  Sommacampagna  (1S48)  mio  padre  era  itato 
gravemente  ferito  al  capo,  e,  rilennto  morto,  per  poco  non  era  stato 
sepolto  coi  cadaveri  fra  cui  Ai  trovato.  Gli  fa  data  la  meniione  onorevole 
al  valore. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


ETTORE  STAMPINI   —   NUOVI  SIOOI  UHANI3TICI 

Non  dtves  nummis,  agrìs  domibuBque  superbus 

publica  procuret  patriciusque  volo, 
sed  tantum  civis  mores  qui  praestet  honestoa, 

qui  patrias  leges  iuetitìamqae  colai, 
qui  doDans  sapiens  iusta  mercede  laborem 

pacatos  populea  unanìinosque  regat. 
Hei  mihi!  nil  possunt  homiaes:  vis  maxima  cae! 

si  obsequitur  votis,  Patria  sospea  erit. 
Dicunt  in  oaelo  stellam  fulgore  benignam 

quae  gentes  Italas  ad  bona  fata  trafaat. 
Haec  utinam  fausta  conlustret  lampade  terras 

Italiae,  saltem  dum  tibì  vita  viget, 
ut  spectes  Patriam  tranquilla  pace  fruentem 

triatiaque  ex  omni  bella  fugata  solo! 
Non  ego  tunc  vivam,  mundi  nec  clara  nitebit 

exatinctis  oculia  sors  renovata  meia; 
aed  mea  secreto  in  busto  tunc  frigida  fervens 

ignibus  inauetis  ossa  movebit  amor. 


III. 

Ad  Aloisiah  Laubah  Ottaviano 
(a.  d.  XI.  kal.  M.  an.  MCMXX) 

Prospera  lux  oritur  tandem,  mea  dulcis  alumna, 
qua  bona  consuemua  reddere  vota  tibi. 

Nomen  namque  tuum  sollemni,  Aloisia,  ritu 
nos  colimus,  multam  fundimus  atque  procem, 

longa  tibi  ut  vigeat  semper  faustissima  vita 
aisque  aimul  nostri,  docta  puella,  meroor. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


ZLHl   LATTBS  —   OBIEZIONI  QEIiBRALI   DSL  HBIL  ^  T,  ECC.        621 


Obiezioni  generati  del  Heillet  e  d'altri 
contro  ie  parentele  itaiiclifi  dell'etrusco 

Nota  del  Socio  comap.  ELIA.  LATTES 


Pregato  di  riassumere  francamente  le  sue  difficoltà  contro 
l'opinione  che,  dietro  i  vecchi  maestri  italiani  ed  il  Corssen,  e 
più  o  meno  il  Deecke  ed  il  Bugge  ed  altri,  da  cinquant'anni 
difendo  e,  secondo  il  poter  mio,  mi  sforzo  di  documentare,  rispose 
il  Meillet  con  molta  cortesia:  "  si  l'étrusque  est  indoeuropéen 
de  la  famille  italique,  je  n'arrive  pas  à  comprendre  pourquoi  il  a 
an  aspect  insolite  ,  ;  mentre,  interrogato  similmente  un  dilettante 
italiano  di  rara  dottrina  e  perizia,  dichiarò  la  '  interpretazione 
dell'Etrusco  a  base  di  Latino  ,  essere  senza  più  *  una  fallacia  , 
che  *  non  rende  un  senso  non  solo  convincente,  ma  nemmeno 
plausibile,,  sicché  'quantunque  fatta  con  una  tale  copia,  con 
una  tale  famigliarità  di  dettaglio,  con  una  tale  ingegnosità  e 
sopra  tutto  persistenza,  che  fa  persino  rincrescere  a  dubitare  ,, 
sia  'tutto  questo  lavoro  un'illusione  filologica!?,. 

Ora,  quant'al  primo  punto,  cioè  allo  '  aspect  insolite  ,,  io 
quasi  mi  vergogno  di  ricordare  all'avversario  illustre  l'aspetto 
insolito  delle  più  antiche  iscrizioni  latine,  cioè  dire  ad  esempio: 

1)  quoi  hordas sakro   esed   sordas ei   diasias   regei 

loeba,  ecc.  del  famoso  niger  lapis  scoperto  vent'anni  fa  nel  Foro; 

2)  loveis  at  deivos  quod  met  mitat  nei  ted  endo  cosmìsu 
irco  sied,  secondo  lesse  il  Bréal,  sul  vaso  del  Quirinale,  laddove 
il  Pauli  divise  io  veisat  deivos,  qoi  med  mitat  nei  ted  endo  coamiè 
virco  siet,  ed  altri  altrimenti; 

3)  neteluervemamtar  simineurrere  in  pleorea  del  carme 
degli  Arvali; 

4)  i  carmina  Saliaria  vix  sacerdotibus  suis  aatis  inlellecta 
(Quintil.  VI  40)  e  tali  che,  secondo  Orazio  (Ep.  II  1),  qui  laudat 
et  illud  quod  mecum  ignorai  aolus  vult  acire  videri  ; 


D,!„t,zed.yGOOgle 


622  ELIA  i.ArrES 

5)  infine  i  testi  augurali  e  aruspicali  latini,  cioè  qaei 
testi  appunto  nei  quali  possiamo  facilmente  ammettere  influsso 
etrusco,  andavano  famosi  per  arcaica  stravaganza,  causa  p.  e. 
il  loro  colubmm  per  '  Tevere  ',  rumentum  per  '  interruzione  ',  e 
così  teaca  e  quirquir  e  cortumume,  aiccbè  del  '  de  baruspicum 
responso  '  ciceroniano  opinò  il  Wolf  ubiqtie  kic  Cicero  aniliUr 
garrire.  Ma  s'aggiunge  che  proprio  della  lingua  etrusca  lo 
"  aspect ,  mutò  col  tempo  siffattamente,  che  di  abbondantis- 
simo nelle  vocali,  quale  si  presenta  nei  testi  di  scrittura  arcaica, 
p.  e.  ad  Orvieto,  diventò  poi  nei  meno  antichi  e  nei  recenU, 
quello  di  una  favella  impronunciabile  appunto  per  difetto  di 
vocali:  la  lingua  di  dn  e  etti,  di  Clutmsta  recente  per  Cluthu' 
mustha  arcaico,  ossia  gr.  Klvzat/ivTjmQa;  lingua  un  tempo  di 
Aritimi  Ckaluchaau  per  'Aqxe/u^  KàXxa^,  passata  poi  ad  ad  avU 
per  avil  avils  e  Arnfhl  Larlhi  TìUnl  per  Arn^<U  Lardai  TuttuU. 
E  s'aggiunge  ancora  che  l'epigrafe  latina  del  lapis  niger  predetto 
giJi  sotto  il  riguardo  grafico  presenta  *  aspect  insolite  ,  afhtto 
etrusco,  ed  anzi  affatto  simile  sopratutto  a  quello  dell'arcaica 
epigrafe  etrusca  della  contemporanea  tavola  fittile  di  Capua  (1). 
Il  medesimo  illustre  Maestro,  a  proposito  del  mio  Terzo 
Saggio  di  un  indice  lessicale  etrusco,  lodatane  graziosamente  la 
utilità,  osserva  (BuUetin  de  la  SoeUti  de  linguidique  XXI  2,  67) 
che  '  à  force  de  fixer  les  yeuz  sur  des  textes  étrasques, 
M.  E.  Lattes  s'est  convaiucu  qu'on  en  pouvait  estraìre  parfois 
un  sens,  et  il  est  vrai  que  quelques  resultata  sont  établis  ,, 
ma  '  de  là  à  traduire  avec  certitude  un  morcean  étrusqne  de 
quelque  étendue,  il  y  a  encore  loin  ,,  e  '  par  suite  on  ne  saurait 
encore  déterminer  k  quelle  famìlle  de  langues  appartieni 
l'étrusque.  M.  E.  Lattes  croit  fermément  que  l'étrusque  ap- 
partient  au  groupe  italique;  mais  ses  preuves  n'ont  pas  con- 
vaiucu la  plus  part  de  ceux  qui  ont  étudié  la  question,  il  le 


(1)  E  «'aggÌDnge  ancora  che  h  abbiamo  nell'arcaica  epigrafe  di  Barba- 
rano,  come  nel  bale^  dell'etroBcheggiante  di  Norilara,  ed  o  in  questa,  come 
in  Zeronai  di  Lemno  e  nel  frontae  (circa  gr.  Int  *brontax)  della  bilingae  di 
Pesaro,  aenia  dire  di  th  per  f  e  Ai  q  e  k  e  ài  h  g  d:  t.  Vicende  fonelieh*  àeì- 
ì'Alfab.  tir.  nelle  Mem.  Iti.  Lomb.,  voi.  XI[  1907  pp.  304-356,  dove  peri) 
circa  vh  vuoUi  confrontare  oggidì  DanieltBon  su  den  Lyditchtn  IntekrifUti 
(Upsala  (1917)  p.  37. 


zed.yGOOgle 


OBIEZIONI  GENERALI   DEL   UEILLET  E  D  ALTIU,  ECC.  623 

reconnatt  lai-méme.  £t  la  force  n'en  apparali  guère  ,.  Clie  anzi, 
conclude  il  Meillet,  *  dans  la  mesure  où  les  mèmeB  mota  se 
trouvent  en  étimsque  et  dans  les  langaea  italiques,  il  semble 
qu'il  s'agisse  d'emprunta  ,,  e  ricorda  i  '  curieux  exemples 
d'emprunts  du  latin  à  l'étruaque  ,  dati  *  recemment  ,  da 
F.  Moller  in  Mnemosyne  47  p.  117  sg.,  fra  cui  '  on  noterà  en 
particulier  apurius  ,. 

Ora,  sgraziatamente,  io  son  ben  lungi  da  contraddire  alla 
evidenza  di  codeste  riflessioni:  ma,  coal  formulate  aenza  rustrì- 
zioni,  mi  sembrano  prescindere  dalle  premeaae  certe  e  dalle 
certe  conseguenze  da  tutti  ammesae,  non  che  dalle  applicazioni 
certe  0  probabili. 

E  per  Véro,  punto  di  partenza  inconcusso  per  chi  tratta 
della  questione  della  lingua  etruaca,  anche  se  deciao  avveraarìo 
di  qualsivoglia  italianità  sua,  si  è  anzitutto  l'importanza  e  la 
durata  delle  relazioni  civili  degli  Etruschi  coi  Romani  Latini  e 
Falisci  e  cogli  Umbri  Osci  e  Sabelli:  sicché  tutti  ornai  accettano 
la  famosa  sentenza  del  BQcheler:  '  doversi  considerare  come 
un'ipotesi  per  sé  stessa  poco  probabile  che  due  potenti  tronchi 
linguistici,  quali  l'etrusco  e  il  latino,  pur  non  avendo  avuto  fra 
loro  innata  comunanza,  fossero  vissuti  tanti  secoli  uno  accanto 
all'altro  senza  che  esercitassero  tra  di  loro  una  considerevole 
influenza  ,   (1). 

In  secondo  luogo,  i  quasi  novemila  testi  etruschi  pervenu- 
tici, quasi  tutti  epitaffj,  ci  danno,  ognun  sa,  mille  e  mille  e  mille 
nomi  proprj  personali,  ora  identici,  ora  manifestamente  appa- 
rentati, specie  coi  Latini:  cosi,  per  figura,  ì  prenomi  etr.  Aule 
Cae  Cuinte  Marce  ecc.  lat.  Auliis  Caius  Quintus  Marcua  ecc.; 
così  i  nomi  etr.  AcUa  Acline  Acrates  ecc.  lat,  Acilius  Aclenus 
Acerratiìia  ecc.;  così  i  cognomi  e  le  coppie  nominali  etr.  Acini 
Clute,  Thansi  Zuchnis,  Ceicna  Caspu,  Pumpu  Piante  o  Mute, 
lat.  Acilius  Cla{u)dia,  Socconius  Dasius,  Caecina  Caspa,  Pom- 
ponius  Fiautua  o  Ptotus  ecc.  (2).   Studiate  le  quali   migliaia  di 


(1)  Rh.  Mas.,  XXXIX  409;  cfr.  Skutgcei,  La  lingua  eirutea,  trad.  it.  con 
giunte  e  correzìoai  di;)  Pontrandolli;  e  vedi  '  bcieutia  ,  XXY-I3  (aprile  1919), 
XXVM3  (novembre  1919). 

(2)  Cfc.  Per  la  tlorica  estimazicme  delle  concordame  onomastiche  latino- 
etruache  in  Klio  Btilr.  ecc.  1912  XII  pp.  877-386. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


C24  ELIA   LATTBS 

nomi  di  persona  nell'opera  monumentale  dì  W.  Schulze,  ioaieme 
rÌBDlta:  a)  la  progressiva  diffusione  in  tutto  l'orbe  romano  dei 
nomi  proprj  derivati  col  suff.  -na  '  il  più  etrusco  ,  dei  suf- 
fissi (1);  cos'i  p.  es.  Abenna  Abennius  Abinnius,  Adenna  Adinnùu, 
Areumenna  (etr.  Arcmsnei)  ecc.;  b)  la  romanizzazione  di  alquanti 
nomi  personali  etruschi  formati  mediante  suffissi  assai  più  re- 
moti dall'uso  latino  che  non  -na  -enna  -etinius:  tale  p.  es.  il 
suff.  -sa,  quasi  ignoto  anche  a  Perugia  e  quasi  proprio  soltanto 
della  regione  chiusina,  suffisso  rappresentato  a  Roma  in  tempi 
già  bene  antichi  da  P.  Corneliua  Caluasa  primo  pontefice  mas- 
simo plebeo  (Liv.  XXV  5)  (2}  ;  cj  la  regolare  parallela  evoluzione 
in  ambo  gli  onomastici,  l'etrusco  cioè  ed  il  romano,  del  feno- 
meno delle  ampliazioni  sinonimo,  per  effetto  del  quale  ad  esempio 
nelle  bilingui  latino-etrusche  rispondono  a  lat.  Alf-iu-s,  Arr-iu-s, 
Var-ia  nalus,  etr.  Alf-n-i  Arttt-n-%  Var-n-al,  senza  variazione  di 
significato  ampliati  mediante  il  suffisso  nasale;  ora  come  ad  es. 
lat.  Afinius  Aferius,  Babriniua  Baberius,  Buseinius  Busceriu», 
Casinius  Caserius,  Caspenius  Gisperius  ecc.,  così  etr.  Arsina 
Arsirà,  Arusni  Ar»seri,  Cepeni  Cipiru  ecc.,  sicché  non  torna 
illecito,  penso,  sospettare  analoga  relazione  fra  gli  appellativi 
etr.  capeni  caperi,  spureni  spureri,  nun^ene  nun&eri,  alla  ma- 
niera, se  mai,  che  ìat.  campanius  campariua,  extraneus  extrarius^ 
anziché  quella  divisata  p.  es.  da  Bugge  e  Torp  senza  fonda- 
mento,  parmi,  fra  casi  diversi  d'una  immaginaria  declinazione. 
In  terzo  luogo,  si  dà  perfetta  uguaglianza  &a  Etruschi  e 
Latini  o  Italici  nelle  formolo  onomastiche  e  oell'importantissima 
distinzione  del  prenome,  e  persino  nella  particolarità  dello  scri- 
verlo abbreviato  (3).  In  effetto,  prenomi  veri,  quali  oggi  ancora 


(1)  Hkrbiq  Ittdoff.  Forgch.  1909  XXTI  369. 

(2)  W.  ScHULEi:  Znr  Qeaeh.  lat.  Eigtnm.  326  n.  8,  onettamente  e  grk- 
zioanmente  avvertiace  *  dasB  er  [cioè  Calutsa)  etroakisch  ist  habe  ich  von 
Lattea,  SaRgi  e  Appunti  17S  Stnd.  tUl.  di  61ol.  ci.  3,  237  gelernt ,. 

(3)  GiJt  nef{lì  nrcaici  epitaSg  etruschi  di  Orvieto  il  prenome  vedesi  ben 
distinto  dal  nome,  ma  si  scrìve  ancora  distesamente:  mi  Vtneluf  Spuritnca, 
mi  Venilus  Tveàelics,  mi  MamaretB  Vel9ienaa,  mi  Mainarees  Papalnat,  ecc. 
Per  contro  nei  piìi  antichi  testi  latini  il  preoome  degl'ingenui  certi  pk 
occorre  abbreviato,  e  perb  non  in  Nome»  Hautio»  o  Vibi»  Fiìipu»  o  Beta* 
Oabinio  C(at)  §{trvM)  e  simili. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


OBIEZIONI  GENERAU   DEL  UEILLET   E   D'ALTRI,   ECC.  625 

per  eredità  romana  e  cristiana  inteadiamo,  possedettero  nel- 
l'Italia medeBitna  insieme  coi  Latini  Falischi  Umbri  Oschi,  i 
soli  Etruschi,  e  non  i  Messapi  od  ì  Veneti,  e  non  in  Italia  o 
fuori  i  Greci,  t  Galli,  i  Germani,  ne,  ch'io  sappia,  qualsivoglia 
altra  gente  ariana  o  anariana:  il  che  dimostra  che  presso  gli 
Etruschi,  come  presso  i  Latini  e  loro  affini,  le  vicende  istorìche 
ingenerarono  quelle  condizioni  sociali  e  quegl'istituti  famigliari 
da  cui  spontaneamente  di  necessità  consegui  la  funzione  per 
alquanti  nomi  personali,  comuni  piìi  o  meno  a  tutte  la  genti  e 
famiglie,  di  distinguere  per  entro  ad  esso  ed  allo  Stato,  i  gentili 
l'uno  dall'altro;  nomi  singolari,  abbreviati  di  regola  e  pre- 
posti (1)  al  nome  comune  dei  gentili  di  ciascuna  famiglia,  come 
appunto,  insieme  coi  Romani  e  loro  affini,  usarono  gli  Etruschi, 
entrambi  fra  loro  concordi,  e  diversi  dagli  altri  tutti,  eziandio 
nel  normale  collocamento  davanti  al  nome  e  nella  scrittura  ab- 
breviata, che  noi  del  pari  ereditammo  insieme  collo  atesso  pre- 
nome. Oltre  poi  a  questo,  fu  peculiare  degli  Etruschi,  come  dei 
Latini  ed  affini  la  formola  onomastica  trimembre,  stata  prima 
bimembre,  e  cresciuta  poi  presso  gli  Etruschi  ed  i  Latini,  sino 
a  diventare  sovente  per  Io  meno  quadrimembre.  Ma  è  grave  e 
frequente  errore  l'affermazione  che  gli  Etruschi  sì  distinguessero 
dagli  altri  niente  meno  che  per  via  del  matronimico,  che  por 
contro  né  occorre  nei  testi  piii  antichi,  né  mai  diventò  generale, 
ed  anzi  tardi  sorse,  vensimilmente  colla  rilassatezza  del  co- 
stume, compagna  inevitabile  della  ricchezza,  e  piuttosto  scarsa- 
mente si  diffuse  (2). 

Quarto,  la  comunanza  di  mille  e  mille  nomi  personali,  stati 
naturalmente  prima  meri  appellativi,  o  da  questi  derivati,  rende 
più  che  probabile  di  molti  fra  quelli  essere  stati  altresì  comuni 
ai  due  popoli:  e  lo  confermano  di  continuo  i  testi,  quali  la 
bilingue  di  Pesaro  che  ci  apprende  a  lat.  fulguriator  rispon- 
dere etr.  frontac  ossia  circa  un  greco-latino  *brontax  ancora 
vivente  nel  nostro  brontolare;  le  Bende,  dove  tredici  volte  vinum 


(1)  Caratteristica  dell'Etrariu  meridionale  fu  la  poapoaiitone  del  pre- 
>me,  altrove  rarti  ed  eccezionale. 

(2)  V.  il  mio  Di  UH  grani  e  frequente  errore  intorno  alla  donna  ed  alla 
miglia  etruica  in  Ateite  e  Roma  1910  Xlil  num.  133-134  col.  1-11. 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


626  BLU   LÌ.TTES 

ed  ana  vinm  designano  un  sacro  fanebre  liquido,  etniscamente, 
se  non  m'illudo,  appellato  vena  (1),  come  celticamente  venom; 
i  documenti  per  etr.  mul-vene-ke  '  dedicò  consecrò  ',  ossia  lette- 
ralmente con  Cicerone  lat.  'mola  Tino  (fecit)';  quelli  dei  nume- 
rali 6h  et  s'a  per  lat.  '  duo  quin{que)  s^x]  '  e  così  cent'altre 
parole  certe  o  probabili  o  possibili,  ogni  di  più. 

Quinto,  il  contenuto  sommario  dei  testi  maggiori  può  atFer- 
marsi  ornai  accertato,  mentre  di  non  pochi  fra  gl'incisi  onde 
constano  e  di  alquanti  fra'  minori  tes^i  lìce  omai  con  prudenza 
avventurare  l'interpretazione  verbale  e  grammaticale.  E  concludo 
osando  offrir  quella  dell'epigrafe,  reputata  finora  oscura  fra  tutte, 
della  patera  di  Foiano;  Gamurrini,  Append  912^: 

ekuQu^iialzrexumzeles'ulzi    puleQesuva    purti&ura    pruevneturare- 
keti  (2), 

ossia,  per  me,  a  un  di  presso: 

eku  Qu^iialz  rexuva  zel  es'ulzi,  puleQesuva  purtisura  pruevnetura 

reketi 
'  ego  (3)  tuticus  rex  praesui  ter,  sacerdoa  apulo  vinalis  in  regia 

(posui)  ' 

per  conft-onto:  a)  colle  parole  finali  della  tazza  Vaticana  Fab.  2406 
etr,  mine  6una  s'ta  chel  equ,  ossia  per  me  circa  '  dedi  donavi 
poBui  pateram  ego';  b)  con  etr.  tu^iu  eepen  e  cepen  tutin,  circa 


(1)  Lo  deduco  Aii  etr.  tur  rma&.  tanto  vicino  a  Ifit.  loia  rmi,  e  come 
bì  conviene  accompagniito  dn,l  numero,  penso,  della  misura:  cfr.  CIE.  5093 
lur  con  ti-iae-,  come  vinum  con  trìn  ecc.  (Hennes  1913  XLVrlI  p.  4H7  n.  1). 

(2)  La  tentò  da  ultimo  il  Toep  Zeitack.  f.  vergi.  Spraehf.  SLI  p.  198  »g. 
(cfr.  il  mio  Indice  leatie.  a.  v.  eku  e  9u9ìiialz),  cui  elu)tf^  essere  eaia  rip»- 
tuta  in  Gam.  652;  inoltre  per  errore  (cfr.  lo  stesso  Torf  Etr.  Beitr.  ].56) 
dà  egli  dne  volte  pul&e-  —  anziché  puU^t-  —  e  tre  volte  &utiial  in  luogo 
di  9u9iial;  egli  fa  poi  di  -va  '  eln  eigenes  Element ,  e  reputa  numerali 
&utiialz{i)  e  zelta'ulii  che  manda  coll'errato  sno  cianil  (v.  Ind.  let».  s.  v.). 

(3)  Spiace  naturalmente  all'HiBsio  Rh.  Mu».  1913  LXVlll  p.  521  co- 
desto '  faUo  '  pareggiamento  di  etr.  eku  equ  (diverso  dall'reu  '  qneato  ')  con 
lat.  ego:  ma  stanno  a  favore,  oltre  alle  ragioni  generali,  gli  argomenti  per 
cui  spero  si  persuadano  una  buona  volta  i  compagni  di  studio  che  etr.  mi 
vale  probabilmente  '  (io  per)  me  '  e  non  già  '  questo':  v.  da  ultimo  il  mio 
'A  che  punto  siamo'  in  Rh.  Mas.  1913  LXVIII  p.  525  (cfr.  AUne  e  Roma 
1910  p.  201  sgg.,  257  sgg.l. 


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OBIEZIONI   OBMBRALl  DSL  HEILLET   B  D'iI.TBI,   ECC.  627 

lat.  tiitieu8  eupencus:  già  d'altronde  il  Bueos  Beitr.  p.  49  am- 
mise potersi  QuOiialz  mandare  coll'umbr.  tota  e  rispondere  a 
lat.  tuticus,  cioè  letteralmente,  penso,  *tutialia  con  -alz  nomina- 
tivo per  -als,  come  p.  es.  Aulez  Vipiaz  in  luogo  dei  soliti  Aules' 
Vipia^;  e)  col  finale  reke-ti,  e  con  tnar-va-s  marunuxva  per  umbr. 
maru  (c&.  lat.  Maro)  e  coi  numerosi  derivati  in  -va  panìtalici, 
spettanti  a  dei  o  riti  o  magistrati  (1)  :  già  il  Bugge  1.  cit.  in- 
terpreta 'derEOmg  dea  Staates'  o  'der  Stadtgemeinde';  d)  con 
2il  Oeraias  (cfr.  Sanaxvd  per  SanxpU),  ossia  zilaQ  degli  ^«ra, 
cioè  preposto  dei  liberti  di  seconda  generazione,  e  però  pros- 
simi all'ingenuità;  e)  coi  numerali  eslz  e  zal,  come  tutti  con- 
sentono; f)  eoo  sup.  rexuva  e  con  pul  Hermu,  per  me  circa 
epula  Mercurii,  e  con  zilax^ve  pìdum,  ossia  circa  '  presiedette  in 
qualità  di  zìi  vXVepula  (funeratizia ');  h)  aonpurt  purts'mi,  circa 
'  preposto  ',  donde  e-prQ-ne,  ch'io  sospetto  andare  con  lat.  im- 
•perator;  i)  con  muluevne'ke  allato  a  mul-vene-ke  e  però  con 
vena-3  vene  vinum  e  lat.  mola  vino  (fedi);  l)  coi  locativi  su6i-ti 
'  in  sepulcro  ',  cela-tì  '  in  cella  '  e  simili,  analoghi,  fra  l'altro 
all'abl.  lat.  'd;  m)  coi  namerosi  derivati  in  -Bura  -tura  (p.  es. 
rax^  tura)  lat.  -toriua  ecc.  (2),  buon  rincalzo,  direi,  della 
relazione  fra  etr.  'ol  -als  e  lat.  -alia,  -sa  lat.  -aiua,  -sia  e  lat. 
-ciò,  come  fra  ì'-e  di  Aule  e  quello  di  lat.  ille  ipse  rimpetto 
a  ollua  ipsua  (3). 

£  vengo  ora  brevissimamente  all'erudito  dilettante  ed  a 
coloro  che  con  lui  tuttodì  consentono,  purtroppo  tuttodì  né 
pochi,  né  piccoli.  Stimano  essi  anzitutto  che  *  alla  stessa  stregua , 
che  io  col  latino,  *  si  potrebbe,  e  si  è,  interpretato  ,  l'etrasco 
*  con  qualunque  lingua,,  salvochè  non  si  fece  mai  ne'  modi 
che  a  me  procurano  dalla  loro  benevolenza,  quantunque  avver- 
sarli, un  mondo  di  lodi.  Allegano  essi  ad  esempio  le  mie  oseer- 


(1)  Saggi  ed  App.  iéc.  etr.  della  Mummia,  Hem.  Ist.  Lomb.  1892<93 
pp.  244^112  Alaiva  Menrva,  ninb.  Krapuvi  lat.  Oradivm,  Iftt.  augunum 
gOficiuiH,  ìiostiae  prodigivat  ecc. 

(2]  Cfr.  W.  ScBuui  Lai.  Eigenn.  pp.  883.342.  Noi  titoli  d'afficio  in- 
dica -tura  it  lecondo  grado  o  la  gapplenzB,  «e  mot  non  vedo  (p.  e.  vicerb 
0  iecondo  pretore). 

(9}  y.  'per  la  solusione  dell' enimma  etrusco'  in  SeienHa  1919  XIII 
p.  8  Bg.  e  aiotta  V  221-226  (-«  plnr&le,  -m  -n  acc.  ag.,  -nt  perfetto  plur.). 

Atti  della  II.  Aceadtmia  —  Tol.  LV.  43 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


628  ELIA   LATTBS 

vazìont  nella  Riv.  dì  filologia  torineae  '  aulle  IbctìzìodÌ  Lemnie  . 
e  protestano  che  non  '  va  giìi  ,  ad  essi  '  che  il  lemnio  arai  ti* 
eia  arae  geminai,  che  l'atr.  tivas  eerixu  ^  aacro  ai  Ceri,  ziva» 
murs'l  =  divus  defunctus,  nacnca  =f  defunto,  perchè  in  latìao  c'è 
ara,  mort,  neas  ,  ;  e  conolude  l'egregio  dilettante:  *  io  8ono  con- 
tento di  Btare  coll'aureo  libretto  dello  Skutsch  e  dì  attendere  .. 
Ora,  appunto  lo  SkutBoh  facendosi  a  confutare  in  fine  del  suo 
*  aureo  libretto  .  la  '  ipotesi ,  degli  '  Italianìssimi  >,  cioè  *  che 
l'Etruaoo  sia  non  solo  una  lingua  indogermanica,  ma  per  di  piil 
una  lingua  italica  ,,  premette  che  essa  *  occupa  nna  poaizione 
favorevole  di  fronte  alle  altre  ipotesi;  non  solo  perchè  in  questo 
arringo  si  sono  provati  dotti  dei  tempi  piìi  diversi  e  di  diver- 
sissimo indirizzo,  ma  anche  perchè  qui  alcune  importanti  somi- 
glianze s'impongono  in  contrapposto  a  tatti  gli  altri  paragoni  .; 
e  conclude  riportando  la  già  riferita  sentenza  del  BQchelfv  circa 
l'influenza  reciproca  dei  due  popoli  sulla  rispettiva  lingua.  Di 
ohe  consegue,  come  il  Meillet  nel  Bulletin  sopra  ricordato  av- 
vertisce,  per  bocca  dell'olandese  M.  F.  Moller,  che  immanca- 
bilmente dovettero  anche  darsi  '  de  corieux  exemples  d'empronte 
du  latin  à  l'étrusqae,,  quale  fra  gli  altri  spurius,  dove,  ag- 
giungo io,  a  favore  dell'etnisca  origine  stanno  il  matronimico 
e  i  derivati  apureni  e  spurestrea  (circa  '  spuriorum  magister  ') 
pretti  etruschi  e  nella  forma  e  nella  sostanza  (1).  Niente  meno 
poi  che  un  avversario  quale  Io  Herbig  riconosce  {Indog-  Forsch. 
1909  XXVI  p.  366)  che  "  la  parte  maggiore  della  suppellettile 
linguistica  etnisca  (der  grSsste  Teil  dee  uns  ilberlieferten  etru- 
schischen  Sprachgutes)  tramandataci,  è  inseparabile  per  le  basì 
i  suffissi  e  le  desinenze  dalla  latina  (nach  Sttlmmen,  Snfflxen 
und  Endungen)  „.  Noti  adunque  perchè  in  latino  s'abbia  ara, 
venne  da  me  proposta  l'interpretazione  con  lat.  arae  geminae, 
ma  81  perchè  quell'interpretazione  ben  convenendomi  ai  testi  con 
ara  e  con  ti,  i  generali  argomenti  premessi  sembrano   confer- 


ei) Nella  bibliografia  della  Rivista  indogreeo-italica  1920  IH  4  p.  !82 
trovo  allegato  '  MIIlles  V\  etr.  fiere  (lat.  fahre  Varr.  1.  1.  Ili  5,  14  e  16): 
Ptiiloloffus  LXXIV  (1917-1918)  446  459..  dove  parimente,  l'opera  aandna 
degli  Etruschi  in  Roma  nella  qualità  di  architetti,  rende  probabile  appunto 
la  mutnasìoae  da  parte  dei  Romani,  Benz'eaclusione  però  delia  parente!» 
con  lat.  fata  e  aimili. 


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OBIEZIONI  flENBIUU   DEL  UEILLBT  S   D  ALTRI,   ECC. 


maria  ed  imporla,  e  similmento,  fra  l'altro,  etr.  nacnva  si  mandò 
con  lat.  nex,  perchè  i  testi,  secondo  la  comune  opinione  (Pauli, 
Deecke,  Bugge,  Torp),  afendo  suggerito  ed  anzi  imposto  per 
quella  voce  ed  affini  il  significato  circa  di  '  morto  '  o  '  tomba  ' 
o  '  funebre  ',  astrazion  fatta  da  qualsiasi  ragione  etimologica, 
i  generali  argomenti  premessi  persuasero  i  fautori  delle  parentele 
italicbe  tornare  lecito  e  verosimile  anche  in  tal  caso  appunto 
sìfhtta  parentela.  Non  adunque  il  significato  si  propose  e  ac- 
cettò per  la  somiglianza  di  suono  col  vocabolo  latino,  ma  in- 
versamente, riconosciuto  di  per  sé  quel  significato,  parve  lecito 
e  ragionevole  tener  conto  della  somiglianza  del  suono  e  dedurne 
anche  in  tal  caso  possibile  ed  anzi  probabile  la  parentela  lessicale. 


L'Accademico  Segretario 
Bttobb  Stampini 


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ATTI 


REALE  ACCADEMIA  DELLE  SCIENZE 

DI     TORINO     • 


PDBBUaATI 


DAGLI  AatDEMICI  SEGRETARI  DELIE  DDE  CLASSI 


Voi.  LT,  Disr.  IB-,  I8I9.I920 


TOBIHO 
Lilbreria  FRATELLI   BOOOA 

Tta  OarU)  Alb«rto,  S. 


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CLASSI   UNITE 

Adunanza  del  S7  Giugno  1930 

PRBSIDEKZA   DEL    SOCIO    PROF.    COHU.    ANDRKA    tfACCABI 
PRESIDENTE    DELL'ACCADEMIA 


Sono  presentì  : 
della  Glasse  di  Scienze  fisiche,  matematiche  e  naturali 
i    Soci    D'Ovidio  ,  Seqre  ,   Peano  ,    Guidi  ,    Mattirolo  ,    Grassi, 
SoHiQLiANA,  Panetti,  Ponzio,  Sacco,  Majorana,  Rosa,  Herlitzka 
«  Parona  che  funge  da  Segretario  delie  Classi  unite; 

e  della  Classe  di  Scienze  morali,  storiche  e  filologiche 
i  Soci  Pizzi,  De  Sanctis,  Einaudi,  Baudi  di  Vrsub,  Schiaparblli, 
Patbtta,  Prato,  Pacchioni,  Valuaogi,  Faooi  e  Luzio. 

Hanno  scusata  l'assenza  i  Soci  Stampini  e  Brondi. 

Si  legge  e  si  approva  l'atto  verbale  della  precedente  adu- 
nanza delle  Classi  unite  del  giorno  20  corr. 

L'adunanza  è  indetta  per  la  commemorazione  dei  Soci  pro- 
fessori Icilio  Guareschi  e  Nicodemo  Jadanza  :  l' elogio  del 
prof.  Jadanza  è  letto  dal  Socio  Panetti  e  quello  del  prof.  Gua- 
reschi dal  Socio  Ponzio.  Il  Presidente  ringrazia  i  colleghi  cbe 
hanno  rievocato  la  vita  e  le  opere  dei  due  illustri  defunti,  per 
la  perdita  dei  quali  sono  sempre  vivi  il  cordoglio  ed  il  rimpianto. 

Ad  invito  del  Presidente,  il  Socio  Tesoriere  Prato  presenta, 
illustrandolo,  il  Rendiconto  finanziario  dell'esercizio  1919,  che 
l'Accademia  approva.  Similmente  riferisce  sul  bilancio  preventivo 
per  il  1920,  ponendo  in  rilievo  le  cause  delle  presenti  strettezze 
finanziarie.  I  Soci  Guidi,  Db  Sanctis,  D'Ovidio,  Eikaudi  ed  Ìl 

Alti  dflla  R.  Accademia  —  Voi.  LV.  44 


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632 

Tesoriere  discutono  proposte  dirette  a  porre  riparo,  almeno  in 
parte,  allo  difficoltà  finanziarie.  11  Presidente  assicura  i  colleglli 
che  le  proposte  e  le  raccomandazioni  saranno  attentamente  con- 
siderate dal  Consiglio  di  Amminiatrazione,  e  ringrazia  partico- 
larmente i)  collega  Guidi  dell'ispezione  fatta,  insieme  col  col- 
lega Panetti,  alla  Specola  in  rapporto  agli  urgenti  lavori  di 
riparazione  e  della  buona  notizia  che  i  lavori  stessi  potranno 
forse  eseguirsi  con  spese  relativamente  non  grandi.  Dopo  di 
che  anche  il  Bilancio  preventivo  è  pure  approvato,  ed  il  Pre- 
sidente ringrazia  il  collega  Tesoriere  dell'opera  sua  zelante  a 
vantaggio  dell'Accademia. 

Come  indica  l'ordine  del  giorno,  il  Socio  De  Sanctis  dà 
lettura  delia  Relazione  preliminare  relativa  alla  Conferenza  ac- 
cademica di  Bruxelles.  Il  Presidente  unisce  il  proprio  plauso  a 
quello  dei  colleghi  e  ringrazia  il  relatore  per  il  modo  col  quale 
svolse  la  sua  missione  in  condizioni  difficili,  con  lodevole  disin- 
teresse e  con  onore  per  la  nostra  Accademia. 

In  fine  il  Socio  Patetta  legge  la  Relazione  sul  Concorso 
al  premio  Oautìeri  per  la  Storia  (triennio  1916-1918).  Il  Pre- 
sidente ringrazia  il  Relatore  e  la  Commissione  per  il  lavoro 
compiuto,  ed  apre  la  discussione  sulla  Relazione;  e,  poiché  nes- 
suno chiede  di  parlare  al  riguardo,  toglie  la  seduta,  avvertendo 
che  la  votazione,  senza  ulteriore  discussione,  per  il  conferimento 
del  premio  ai  fata  nella  prossima  adunanza. 


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MODESTO  PANBm   —   NOTE  ADT0BIQ3RAFICBB,  ECC. 


NICODEMO   JADAN2A 


NOTE  AUTOBIOGKAFICHB 
riordinate  e  lette  dal  Socio  nazionale  residente  MODESTO  PANETTI 


H  tributo  di  onore  che  l'Accademia  rende  oggi  alla  memoria 
di  NicoDEMo  Jadanza,  l'insigne  Maestro  della  Geodesia  in  Italia, 
BÌ  compie  con  una  circostanza  di  eccezione. 

Il  venerato  Collega  nostro,  mentre  negli  ultimi  anni  pie- 
gava sotto  una  lenta  malattia  che,  senza  nulla  togliere  al  aao 
vigore  intellettuale  ed  alla  coraggiosa  fiducia  del  suo  spirito 
forte,  gli  dava  però  la  sensazione  vaga  del  termine  non  lontano 
della  sua  esistenza,  si  compiacque  di  tracciare  nello  stile  breve 
e  concettoso  che  gli  fu  abituale  i  propri  cenni  biografici,  desti- 
nandoli per  l'appunto  alla  sua  commemorazione   in  questa  sede. 

Scrisse  il  Jadanza  in  capo  a  quei  cenni:  '  L'incarico  di  com- 
memorare un  Socio  defunto  non  è  sempre  facile:  molte  volte  la 
ricerca  delle  notizie  riguardanti  l'estinto  riesce  penosa  ed  incom- 
pleta, specialmente  quando  queuti  non  fu  in  sua  vita  fra  quelli 
che  Eanno  molto  parlare  di  so,  vuoi  per  ecoperte  insigni,  vuoi  per 
rumorosa  vanità.  Ho  voluto  risparmiare  a  quello  fra  i  Colleghi 
che  sarà  incaricato  dì  fare  la  mìa  commemorazione  un  tale  lavoro; 
e  l'ho  fatto  io,  obbiettivamente,  come  se  si  fosse  trattato  di 
altra  persona.  Il  Collega  non  farà  altro  che  leggere  questo  scritto, 
e  di  ciò  lo  ringrazio  ,. 

Farmi  che  nel  pensiero  e  nelle  parole  citate  sia  tutto  l'uomo: 
originale  nel  concepire  le  idee  ;  dotato  di  alto  senso  pratico  nello 
sceglierle;   preciso,   concreto   e    quasi    ingenuo    nell 'esprimerle; 


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634  MODBSTO   PANETTI 

alieno  assolutamente  dall'adombrarle  con  accorgimenti  di  forma 
0  involuzioni  di  pensiero. 

Kd  io  sarò  osservante  alla  sua  volontà. 

Solo  aggiungerò  alla  trama  da  lui  tracciata  quello  cbu  può 
lusingarsi  dì  aaper  dire  un  antico  allievo  affezionato,  anche  se 
privo  di  competenza  speciale  nel  campo  di  studi  del  suo  Maestro  : 
quello  che  egli  può  aver  omesso  dettando  con  la  freddezza  di 
au  protocollo  le  notìzie  della  sua  operosità  ed  ì  giudizi  sul 
valore  dì  essa,  sìa  in  tesi  assoluta,  sia  relativa  al  momento  in 
cui  si  svolse. 


Ecco  quanto  narra  della  sua  fanciullezza: 

Nella  notte  dal  13  al  14  ottobre  1847  in  Cnmpolattaro, 
paese  del  Sannio,  allora  nella  provincia  di  Campobasso,  nacque 
Nicodemo  Jadanza  ultimo  dì  otto  figli  d'una  famiglia  di  conta- 
dini poco  agiati;  Giovanni  Jadanza  e  Giovanna  Denza. 

Segnato  dalla  nascita  con  una  deformità  nei  piedi  che, 
grazie  alle  amorevoli  cure  della  madre  ed  alla  correzione  spon- 
tanea dello  sviluppo,  andò  gradatamente  attenuandosi,  era  desi- 
gnato nel  suo  paesetto  con  l'appellativo  dialettale  ro  zoppareglio 
(il  piccolo  zoppo). 

Frequentò  la  Scuola  elementare  presso  lo  zio  sacerdote 
don  Antonio  Jadanza,  dove,  grazie  alla  sua  svegliata  intelli- 
genza, riceveva  meno  busse  degli  altri  scolaretti.  Dallo  zio  stesso, 
che  egli  ricorda  come  distinto  latinista,  fu  avviato  allo  studio 
del  latino  e  dell'italiano:  poi  nel  1860-61  passò  alla  Scuola  dei 
Padri  Scolopi  di  Benevento,  e  vi  fu  inscritto  ai  corsi  di  Ketoiioa. 

Ma  la  carriera  didattica  del  piccolo  Nicodemo  doveva  svol- 
gersi fra  le  piìi  gravi  difficoltà. 

Nell'agosto  del  1861,  dopo  la  deposizione  dal  trono  di  Napoli 
di  Francesco  II,  scoppiava  nel  Sannio,  come  già  pochi  mesi 
prima  nelle  Basilicate,  una  insurrezione  per  opera  del  partito 
realista.  I  moti  rinfocolati  da  odi  privati  condussero  a  deplore- 
voli eccessi, 

n  fanciullo,  richiamato  da  Benevento,  giunse  al  paese  mentre 
i  rivoltosi  costringevano  Io  zìo  e  gli  altri  sacerdoti  a  cantare 
un  Te  Deum  nella  Chiesa  parrocchiale. 


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MOTE  ABTOBIOQRAPICHB   ni    KICODBUO  JADANZA  G35 

La  rapressione  che  ne  segni  colpi  gravemente  la  sua  povera 
famiglia.  II  padre  e  lo  zio  furono  trattenuti  in  carcere  per  sei 
meai,  prima  clie  se  ne  riconoscesse  la  innocenza,  e  Ì1  giovinetto 
fu  avviato  dalla  madre  al  duro  mestiere  dello  scalpellino,  che 
esercitò  per  quattro  mesi. 

Restituito  alla  famiglia,  il  padre  mori  nel  maggio  1862. 
Cos'i  sul  diftìcite  cammino  del  fanciullo  si  concentravano  le 
asprezze  di  una  faticosa  esistenza. 

Lo  zio  si  allontanò  dal  paese  per  occupare  il  posto  di  pre- 
cettore  presso  una  casa  privata,  ma  non  dimenticò  l'intelligente 
giovinetto,  che  indirizzò  al  Liceo  di  Benevento  e  quindi  a  Napoli, 
ove  si  trasferì  egli  stesso  con  un  altro  suo  nipote:  Benedetto 
Jadanza,  che  si  avviò  al  sacerdozio  e  fa  buon  prete. 

A  Napoli  l'attività  del  Jadanza  fu  felicemente  orientata  da 
un  valorosissimo  docente  di  matematiuhe:  Achille  Sannia. 

Alle  lacune  dell'insegnamento  scientifico  ufficiale  sopperiva 
allora  in  quella  città  l'insegnamento  privato,  per  antica  tradi- 
zione assai  fiorente  ed  esteso. 

Come  Enrico  D'Ovidio  ricorda  nella  sua  prefazione  alle 
lezioni  di  Geometria  proiettiva  del  Sannia,  questi  teneva  uno 
di  tali  studi  privati,  dove,  con  quella  energìa  d'animo  e  d'intelletto, 
che  fu  suo  carattere  eminente,  insegnava  per  sei  ore  consecu- 
tive, senza  dar  segno  di  stanchezza,  tutte  le  discipline  mate- 
matiche dall'Aritmetica  al  Calcolo  integrale,  dalla  Geometria 
elementare  alla  descrittiva  ed  alla  Meccanica  razionale,  illu- 
strando con  notizie  storiche  i  migliori  trattati,  e  moltiplicando 
gli  esercizi  per  eccitare  nei  giovani  la  capacità  inventiva  e  la 
emulazione. 

A  quella  scuola  il  giovane  Jadanza  fu  ammesso  gratuita- 
mente e  vi  attinse  l'amore  per  lo  studio  delle  matematiche,  fre- 
quentandola  per  più  anni,  anche  quando,  allontanatosi  nel  1865 
il  Sannia,  vi  succedettero  Enrico  D'Ovidio,  Pisani,  Salvatore 
Dino,  larghi  al  giovane  delle  stesse  agevolazioni  concedute  a  lui 
dal  primo  suo  maestro. 

Frattanto  il  Jadanza  percorreva  il  ciclo  degli  studi  univer- 
sitari alla  scuola  dei  professori:  Trudi,  Padula,  Schiavoni,  Per- 
gola, Battaglini,  Del  Grosso,  Zannotti  e  De  Gasparis:  ma  la 
sua  vita  universitaria  fu  ben  diversa  dalla  gaia  e  spensierata 
esistenza  goliardica.  Oli  scarsi  guadagni  dello  zio,  sempre  solle- 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


636  MODESTO   PANETTI 

cito  del  giovane  studioso,  non  bastavano  ai  bisogoi  più  urgenti 
della  vita,  ed  egli  ne  mitigava  le  gravi  ristrettezze  con  lezioni 
private  di  aritmetica,  e  più  tardi  col  modico  stipendio  di  maestro 
elementare  di  matematica  nelle  Scuole  serali  del  Uunicipio  di 
Napoli,  ottenuto  per  concorso. 

Nel  dicembre  1869  conseguiva  la  laurea  in  matematica. 

Ma  la  specializzazione  dei  suoi  studi  non  doveva  subito  de- 
lìnearsi.  Aperto  infatti  uno  studio  privato  per  la  preparazione 
dei  giovani  agli  esami  del  biennio  matematico,  egli  si  dedicava 
a  tale  compito  con  grande  attività  insieme  con  due  snoi  col- 
leghi; Tarquinio  Fuortes,  attualmente  Professore  al  Collegio  mi- 
litare di  Napoli,  ed  Onofno  Porcelli,  che  diventò  Preside  del- 
l'Istituto tecnico  di  Bari,  dove  mort.  II  Jadanza  ricorda  con 
compiacimento  la  floridezza  di  quello  studio  e  la  cura  posta  dai 
docenti  nella  preparazione  dei  giovani.  Col  guadagno  cosi  assi- 
curato acquistava  libri  e  seguiva  lezioni  di  lingue  moderne. 

Frattanto  veniva  dal  De  Oasparis  ammesso  all'Osservatorio 
di  Capodimonte  in  qualità  di  alunno  astronomo  a  titolo  gratuito. 
Poi  nel  1874,  presentatosi  per  incitamenlo  del  prof.  Scbiavoni 
al  concorso  dell'Istituto  topografico  militare,  dopo  un  anno  di 
esperimento  fatto  parte  a  Napoli  per  l'addestramento  nei  cal- 
coli e  parte  in  campagna  per  i  rilevamenti,  fu  nell'aprile  del  1875 
nominato  Aiutante  Ingegnere  geografo  con  residenza  in  Firenze, 
dov'era  la  sede  principale  dell'Istituto. 


Qui  troviamo  il  Jadanza  in  un  periodo  laboriosissimo  della 
sua  esistenza,  che  decise  dell'indirizzo  di  tutta  la  sua  vita. 

La  grande  energia  fattiva  del  suo  spirito,  predisponendolo 
favorevolmente  agli  studi  di  applicazione,  con  rapido  ed  inten- 
sissimo lavoro  gli  permise  di  formarsi  tutta  la  migliore  compe- 
tenza del  calcolatore  e  dell'operatore. 

Indirizzato  alle  operazioni  geodetiche  per  la  Carta  d'Italia 
al  centomila,  prese  parte  da  prima  ai  lavori  di  triangolazione 
di  3"  e  4°  ordine  nella  Toscana,  poi  negli  annidai  '76  al  '79  ai 
lavori  di  1°  ordine  nel  Piemonte  per  conto  della  Commissione 
Geodetica  Italiana. 

Nei  quattro  fascicoli  di  osservazioni  azimutali  che  l'Istituto 


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^'OTS  AUTOBIOaRAFICBB   DI  NICODBUO  JADÀNZÀ  637 

geografico  ha  pubblicato  per  gli  anni  ebe  volsero  dal  1877  all'Sl 
le  stazioni  fatte  dal  Jadanza  ai  distinguono  da  quelle  degli  altri 
oaservatorì,  pure  assai  periti,  per  una  maggiore  correttezza;  e  la 
sua  eccellenza  risulta  in  misura  direi  numerica  dall'ultimo  del 
citati  fascicoli,  dove  sono  gli  specchi  degli  errori  medi  retativi 
alle  singole  stazioni  e  quelli  dell'errore  medio  per  ciascun  os- 
servatore. 

Così  sui  fondamenti  di  una  forte  e  bene  assimilata  coltura 
matematica,  con  l'esercizio  intenso  nel  campo  delle  misure  geo- 
detiche ai  preparava  il  Jadanza  all'insegnamento  superiore,  va- 
gheggiato fin  dal  suo  privato  esperimento  di  Napoli.  Ed  il  suc- 
cesso fu  rapido  ed  intero. 

Nel  concorso  al  posto  dì  Professore  straordinario  di  Geo- 
metria pratica,  apertosi  il  1881  sia  per  la  università  di  Palermo 
sia  per  quella  di  Torino,  fu  giudicato  primo,  ed  optò  per 
quest'ultima. 

Cinque  anni  dopo  in  un  concorso  per  ordinario  nello  stesso 
insegnamento  in  Messina,  da  una  Commissione  esaminatrice,  com- 
posta  fra  gli  altri  dallo  Schiavoni,  dallo  Schìapparelli  e  dal 
Slacci,  gli  fu  pure  assegnato  il  primo  posto;  ma  il  Jadanza  pre- 
ferì fermarsi  in  Torino,  ad  attendervi  la  promozione,  che  ottenne 
più  tardi  nel  febbraio  dei  1890. 

In  un  terzo  concorso  dato  nel  1887  per  l'insegnamento  della 
Geometria  pratica  alla  Scuola  di  Applicazione  degli  Ingegneri 
nella  nostra  Città,  fra  valorosi  competitori  segtialati  nel  campo 
professionale,  con  una  Commissione  insigne  per  i  nomi  del  Re- 
spighi e  del  Celoria,  ancbe  in  questo  campo  essenzialmente  ap- 
plicativo, furono  riconosciuti  i  meriti  preminenti  del  Jadanza,  e 
fu  classificato  primo  nell'intendimento  di  proporre,  sono  parole 
della  Relazione,  chi  poteva  rialzare  le  sorti  modeste  della  Geo- 
metria pratica  in  Italia  e  darle  l'indirizzo  scientifico  e  severo 
che  le  compete. 

Né  il  voto  andò  disperso. 


Iniziata  la  sua  azione  di  docente  all'Università,  trattando  la 
Geodesia  coi  caratteri  di  uno  studio  nettamente  indirizzato  ai 
suoi  fini  concreti,  con  un  largo  sviluppo  della  teoria  degli  stru- 


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638  MODESTO   PANBTTI 

menti  diottrici,  e  curando  l'addestrameiito  degli  allievi  all'uso 
di  es9i,  potè  continuarla  nella  Scuola  d'Applicazione  degli  Inge- 
gnerì,  instaurandovi  l'insegnamento  della  Geometria  pratica  so 
basi  scientifiche,  senza  dimenticare  le  sue  finalità  professionali. 

L'opera  del  Jadanza  presso  di  noi  può  dirsi  un  quaran- 
tennio dì  apostolato  didattico,  fecondo  per  i  risultati  ottenuti, 
per  l'indirizzo  stabilmente  introdotto  e  per  la  formazione  di 
valorosi  allievi,  oggi  docenti  insigni.  Due  fra  gli  altri,  vissuti 
nella  piìi  intima  collaborazione  con  lui  nel  periodo  della  prìma 
organizzazione  dei  suoi  insegnamenti,  nominerò  come  particolar* 
menti  legati  al  Maestro  da  vincoli  di  affetto  e  comunitii  di  studi 
e  di  pensiero:  Vittorio  Baggi  e  Cesare  Aimouetti. 

Rimangono  nei  due  Istituti,  documento  tangibile  della  sua 
attività  e  competenza,  i  Laboratori,  che,  su  basi  si  può  dire 
nulle,  svolgendo  per  gradi  un  programma  preordinato,  seppe 
rendere  ì  meglio  dotati  in  Italia. 

Il  Gabinetto  di  Geodesia  all'Università  possiede  infatti  due 
apparecchi  completi  di  tutti  gli  accessori  per  la  misura  delle 
basi,  tre  teodoliti  per  osservazioni  geodetiche  di  primo  ordine 
e  parecchi  altri  per  osservazioni  di  2"  e  3°  ordine,  due  livelli 
di  precisione,  un  telescopio  zenitale  di  Simma,  uno  strumento 
dei  passaggi,  cronometri  da  marina,  pendoli  astronomici,  un  ap- 
parecchio per  misure  gravimetriche,  macchine  a  dividere,  nonché 
parti  ed  elementi  destinati  sia  allo  studio  di  innovazioni  nel 
campo  degli  strumenti  diottrici  sia  a  scopo  didattico. 

Del  Gabinetto  di  Geometria  Pratica  si  può  dire  che  tutte 
le  novità  degne  di  considerazione  vi  sono  rappresentate,  e  fra 
esse  la  sene  importante  di  apparecchi  ideati  da  luì  e  dai  suoi 
collaboratori,  che  conferisce  alla  ricca  collezione  un  carattere  di 
originalità  segnalata. 

Frattanto  la  fama  crescente  della  sua  competenza  gli  aveva 
valso  la  nomina  a  Membro  effettivo  della  Commissione  Geode- 
tica Italiana,  a  Socio  corrispondente  della  Accademia  Pontaniana 
di  Napoli,  e,  fin  dal  febbraio  1895,  a  Socio  nazionale  di  questa 
Accademia,  della  quale  fu  tesoriere  nel  sessennio  1901-907,  e 
costantemente  Membro  attivo  e  diligentissimo  per  la  importanza 
del  suo  contributo  scientifico  e  di  quello  dei  suoi  allievi. 

Nello  stesso  anno  della  sua  nomina  all'Accademia,  essendo 
cessate  le  pubblicazioni  della  prima  Rivista  di  Topografia  e  Ca- 


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NOTE   ADTOBIOfiKAFlCBB   DI   NICODEHO  JADANZA  639 

tasto,  che  il  Giornale  dei  Lavori  pubblici  aveva  iniziato  come 
proprio  supplemento  fin  dal  1888,  il  Jsdanza  fu  invitato  ad 
assumere  la  direzione  di  un  nuovo  periodico  con  Io  stesso  titolo, 
succedendo  cosi  al  generale  Annibale  Ferrerò,  che  aveva  diretto 
con  tanta  competenza  i  lavori  del  Catasto  in  Italia. 

E  per  dieci  anni,  dal  primo  fascicolo  pubblicato  nell'agosto 
del  189Ò,  egli  ne  fu  valido  sostegno  e  redattore  fecondo,  corag- 
giosamente lottando  contro  le  difficoltà  finanziarie  della  gestione 
del  periodico,  le  quali  non  solo  esclusero  per  lui  e  per  i  suoi 
più  diretti  collaboratori  ogni  vantaggio  economico,  ma  imposero 
talvolta  sacrifizi. 


Cosi  si  compiva  il  ciclo  della  massima  produttività  del 
Jadanza.  Il  piccolo  scalpellino  di  Campolattaro  aveva  picchiato 
sodo  e  bene,  e  la  forte  figura  dell'uomo  maturo  rispondeva  alla 
virile  intellettualità  del  dotto. 

Ma  quando,  già  tormentato  dal  male  a  cui  doveva  soccom- 
bere, nel  periodo  aflan/ioso  della  grande  guerra,  fra  le  preoccu- 
pazioni per  la  famiglia  a  cui  tutto  ai  dedicava,  senti  il  fremito 
delle  forze  nazionali  che  in  tutte  le  manifestazioni  del  pensiero 
e  del  lavoro  volevano  affermare  la  propria  capacità  a  rendersi 
indipendenti  dall'estero,  il  Jadanza  si  fece  innanzi  per  dare  il 
suo  consiglio  e  la  sua  attività  alla  nobile  crociata. 

Propose  nel  1917  l'edizione  nazionale  delle  Tavole  di  loga- 
ritmi con  sette  decimali,  ed  ebbe  la  soddisfazione  di  vedere  la 
sua  proposta  bene  accolta,  e  la  Commissione,  costituita  in  gran 
parte  di  Soci  della  Mathesis,  presieduta  da  Enrico  D'Ovidio, 
affrontare  con  intendimenti  pratici  il  problema,  escludendo  per 
sentimento  di  nazionale  dignità  la  riproduzione  fotografica  delle 
tavole  straniere. 

Anzi,  incaricato  di  studiare  il  capitolo  dei  logaritmi  delle 
funzioni  trigonometriche,  ne  tracciò  il  programma,  coordinando 
quanto  di  meglio  era  stato  fatto  da  altri,  e  presentando  tutto 
il  materiale  pronto  per  la  stampa  il  1°  maggio  1918. 

Le  eccezionali  condizioni  economiche  del  periodo  che  at- 
traversiamo non  permisero  la  pubblicazione  immediata  delle 
tavole  da  lui  progettate,  ma  l'atto  e  il  lavoro  del  Jadanza  ri- 


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640  MODESTO  PANETTI 

mangono  come  segno  della  forza  d'aaìmo  e  dell'alto  suo  modo 
di  sentire,  e  traggono  importanza  dal  momento  solenne  per  la 
Patria  nostra  in  cui  furono  compiuti. 

Essi  costituiscono    oggi  un  ammonimento:  afirettiamo   coi 
voti  il  momento  in  cui  saranno  tradotti  in  una  beila  realtà. 


Il  22  febbraio  1920  Nicodemo  Jadanza  moriva  in  Torino. 


L' opera  scientifica  del  Jadanza  si  può  apprezzare  al  giusto 
suo  valore  solo  conoscendo  lo  stato  degli  studi  geodetici  e  sopra 
tutto  della  Scuola  di  Geodesia  in  Italia  nel  tempo  in  cui  egli 
vi  dedicò  il  suo  forte  ingegno. 

La  scienza  della  misura  della  terra,  formatasi  per  un  felice 
coordinamento  di  notizie  desunte  dalla  Astronomia,  dalla  Geo- 
metrìa e  dall'Ottica,  assunse  fisionomia  propria  e  perfetta  nel 
breve  periodo  che  corre  dagli  studi  del  Legendre  a  quelli  del 
Bessel. 

In  un  magnìfico  fervore  di  progressi  tecnici  e  scientifici, 
verso  la  fine  del  IS"  secolo,  aveva  lavorato  in  Francia  il  De- 
lambre,  quando  i  dubbi  manifestati  sulla  posizione  relativa  degli 
Osservatori  di  Londra  e  di  Pai'igi  provocarono  ad  una  feconda 
gara  di  perfezionamento  dì  mezzi  e  di  rigore  dì  calcoli  i  Geodeti 
Francesi  ed  Inglesi,  e  sulle  opposte  rive  della  Manica  operarono 
il  teodolite  di  Ramsden  ed  il  circolo  ripetitore  di  Borda. 

Più  tardi  le  opere  magistrali  di  Cario  Federìco  Gauss  assi- 
curavano ulteriori  elementi  di  progresso  nei  due  capisaldi  delle 
Scienze  geodetiche  con  le  Disquisitiones  generales  circa  Super- 
ficies  curvas  del  1827  e  le  Diopirische  Unterauckungen  del  1841, 
E  finalmente  nuovi  contributi  al  grado  di  precisione  dei  calcoli 
venivano  dati-  dal  Bessel  e  dal  Bayer,  introducendo  le  operazioni 
di  compensazione  col  metodo  dei  minimi  quadrati. 

'  Nell'Italia,  appena  costituita  ad  unità,  col  riordinamento 
della  Istruzione  superiore  si  introdusse  in  alcune  Università  l'in- 
segnamento della  Geodesia  teoretica.  Però,  come  scrive  il  Jadanza, 
rìodirizzo  di  tale  insegnamento  fu  diverso  a  seconda  degli  uo- 


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NOTB  ADTOBIOORAFICHB  DI  NICODEHO  JADINZA  641 

mini  che  furono  chiamati  a  svolgerlo.  Così,  mentre  a  Napoli  il 
prof.  Federigo  Schiavoni  insegnava  la  Geodesia  quale  era  da 
tempo  coltivata  nell'Istituto  topografico  dell'ex  Regno  di  Napoli, 
•e  che  non  era  se  non  quella  classica  del  Delsmbre  e  del  Puissant 
con  l'aggiunta  dei  metodi  del  Bessel  e  del  Bayer,  nelle  altre 
Università  e  specialmente  a  Pisa  ed  a  Bologna  l'insegnamento 
della  Geodesia  erasi  trasformato  in  una  palestra  per  la  tratta- 
zione di  teorie  attinenti  bensì  ad  essa,  ma  lontane  dalia  pratica 
delle  osservazioni. 

Anzi,  in  un  indirizzo  tutto  speciale,  l'opera  del  Gauss  veniva 
raccolta  da  un  insigne  nostro  maestro,  Ulisse  Dini,  ohe  su 
quelle  traccie,  con  classiche  memorie,  gettava  le  basì  della 
Geometria  differenziale. 

Affatto  distinto  dalla  Geodesìa  per  fondamento  e  per  me- 
todo si  svolgeva  lo  studio  della  Geometria  pratica  o  Topografia, 
così  essenziale  e  caratteristico  della  cultura  tecnica,  ma  trattato 
allora  in  molte  Scuole  con  metodi  non  rigorosi,  come  imperfetti 
erano  gli  strumenti  di  cui  si  serviva  nella  pratica. 

Spettava  al  Jadanza,  che  per  una  fortunata  coincidenza 
riuniva  in  sé  gli  uffici  di  docente  nei  due  insegnamenti,  spet- 
tava a  lui,  dico,  superare  le  deficienze  che  facevano  di  essi  due 
discipline  estranee  l'una  all' altra,  orientando  la  Geodesia  verso 
gli  scopi  suoi  dii-etti  e  concreti,  ed  elevando  la  Geometria  pra- 
tica fino  a  valersi  degli  stessi  principi  e  di  mezzi  affini  a  quelli 
della  sua  maggiore  sorella. 

Tale  fu  di  fatto  la  sua  opera  fondamentale  nella  scienza, 
nella  pratica  e  nella  scuola,  e  mi  sembra  che  non  si  possa 
meglio  riassumerla  che  colle  parole  da  lui  scritte  nella  prefa- 
zione alla  ultima  recente  edizione  del  suo  trattato  di  Geometria 
pratica, 

"  Ci  siamo  studiati,  egli  dice,  di  mettere  in  evidenza  quella 
armonia  fra  la  pratica  e  la  teoria,  la  quale  consiste  nel  fatto 
che  nessuna  operazione  pratica  deve  essere  fatta  senza  una 
ragione  e  nessuna  teoria  deve  essere  data  che  non  abbia  una 
immediata  applicazione  ,, 

Non  dimentichiamo,  meditando  queste  parole,  che  esse  fu- 
rono scritte  come  introduzione  ad  un  corso  di  studi  eminente- 
mente applicativi,  e  non  possono  smentire  nella  intellettualità, 
elevata  del  prof.  Jadanza  tutta  l'attitudine  a  sentire  la  bellezza 


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642  MODESTO  PANETTI 

e  l'importanza  della  ricerca  aciestifica  per  aè  steasa,  indipen- 
dentemente dagli  scopi  che  ai  propone. 

Ma  nello  svolgimento  dì  una  tate  miasione  non  potevano 
muicare  contraati. 

Un  illuatre  innovatore  degli  studi  topografici  in  Italia, 
Ignazio  Porro,  Maggiore  del  Genio  nell'  esercito  Piemouteae, 
aveva  compreso,  come  scrive  il  Jadanza,  che  la  Geometria  pra- 
tica doveva  servirsi  degli  atesai  strumenti  che  adoperava  la 
Geodesia,  sebbene  in  proporzioni  ridotte;  e,  abilissimo  mecca- 
nico quale  egli  era,  costruì  il  tacheometro,  che  non  è  altro  se 
non  il  teodolite  con  la  divisione  centesimale  dei  suoi  circoli  e 
col  cannocchiale  capace  della  misura  indiretta  delle  distanze 
secondo  il  metodo  del  Green  perfezionato  dal  Reìcbenbach. 

li  rilevamento  numerico  e  la  CeUrimensura,  che  Ìl  Porro 
aggiunse  agli  altri  metodi  già  noti  fin  dalla  antichità,  erano 
degni  di  tutta  l'attenzione  dei  cultori  della  Geometrìa  pratica, 
ma  non  dovevano  far  dimenticare,  come  alcuno  dei  suoi  seguaci 
volle,  quanto  di  bnono  orasi  ottenuto  con  successivi  perfeziona- 
menti io  queato  cnmpo. 

Nel  periodo  culminante  della  sua  attività  il  Jadanza  so- 
stenne vìve  polemiche  per  il  giusto  apprezzamento  di  questo 
nuovo  mozzo  ausiliario  della  Topografia,  e  fu  persino  accuaato 
di  avere  voluto  menomare  i  meriti  del  Porro  con  la  sua  mono- 
grafia: Per  la  Sfuria  della  CeUrimensura.  Ma  crìtico  sereno  e 
storico  coscienzioso,  egli  non  fece  che  esporre  quanto  rìsultava 
dai  documenti,  e  nelle  stease  pagine  autobiografiche,  coi  giudizi 
qui  letteralmente  riprodotti,  ha  dimostrato  di  avere  per  l'illuatre 
inventore  del  tacheometro  quella  ben  intesa  ammirazione  che  si 
differenzia  da  un  feticismo  inconcludente  e  procede  dalla  pro- 
fonda competenza  della  materia. 


La  parte  più  caratteriatica  degli  atudì  orìginali  del  Jadanza 
riguarda  la  teoria  e  la  ideazione  degli  strumenti  diottrici. 

Due  gruppi  dì  ricerche  ai  coordinano  l'una  al  cannocchiale 
terrestre  accorciato,  l'altra  al  cannocchiale  ridotto. 

Del  primo  argomento  il  Jadanza  cominciò  ad  occuparsi 
con  una  sua  Nota  inserìta   negli    atti   di   questa  Accademia  ìl 


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MOTE  AUTOBIOOKAPICHE   DI   NICUDBilO  JADAKZA  643 

dicembre  del  1885.  God  successive  elaborazioni  il  duovo  appa- 
recchio da  lui  denominato  plesiotelescopio  ai  dimostrò  atto  ad 
osservare  oggetti  collocati  a  qualsiasi  distanza  da  zero  ad  infi- 
nito, riunendo  t  caratteri  del  microscopio  e  del  telescopio,  e 
presentando  vantaggi  sul  cannocchiale  panfocaJe  del  Porro.  In 
seguito,  ritornando  sull'argomento  a  pììi  riprese  fino  al  1895,  ne 
approfondi  le  applicazioni  alla  determinazione  del  punto  anal- 
lattico  di  un  cannocchiale,  alla  misura  della  distanza  focale  delle 
lenti  convergenti  e  divergenti,  e  finalmente  alla  misura  delle 
basi  topografiche,  applicando  ad  essa  il  metodo  del  Porro  per 
la  misura  delle  basi  geodetiche. 

Del  cannocchiaie  ridotto,  che  l'illustre  Galileo  Ferraris  fra  i 
primi  saggi  della  sua  feconda  intellettualità  aveva  nel  ISSO 
considerato  in  una  sua  nota  sui  cannocchiali  con  obbiettivo  com> 
poeto  di  pìii  lenti  separate,  si  occupò  poi  sistematicamente  it 
Jadanza,  cominciando  a  trattarne  nel  18S4,  senza  conoscere  lo 
studio  precedente  del  Collega.  Il  problema  dì  ottenere  un  can- 
nocchiale astronomico  con  obbiettivo  capace  di  dare  immagini 
reali  piuttosto  grandi  degli  oggetti  lontani  senza  richiedere 
eccessiva  lunghezza  si  è  presentato,  dice  il  Jadanza,  in  tutti  i 
tempi  ai  cultori  dell'ottica.  Egli  ne  fece  costruire  un  esemplare 
che  fu  assai  notato  all'Esposizione  di  Torino  del  1884,  p  con- 
statandone la  diffusione  per  opera  di  valentissimi  costruttori, 
ne  ricercò  assai  piii  tardi  le  origini  in  una  sua  Memoria  inti- 
tolata: //  teUobbiettivo  e  la  tua  storia,  scritta  per  rettificare  una 
relazione  sulla  Telefotografia  comparsa  negli  Atti  del  primo 
Congresso  fotografico  nazionale  tenuto  in  Torino  nel  189S. 

Parecchie  altre  innovazioni  ha  introdotto  il  Jadanza  nel- 
l'ottica degli  strumenti,  come  il  microscopio  ad  ingrandimento 
costante  e  il  microscopio  a  distanza.  Esse  sono  trattate  in 
quella  bella  sintesi  dell'argomento,  che  è  la  sua:  Teorica  dei  ntn- 
nocchiali  esposta  secondo  il  metodo  di  Gauss,  edita  prima  nel  1885, 
poi,  in  seconda  edizione  con  notevoli  aggiunte,  nel  1906.  In  questo 
stesso  trattato  si  trova  una  minuta  ed  elaborata  Storta  del  can- 
ttocchiaU,  che  fu  anche  pubblicata  nella  Rivista  di  Astronomia, 
ricorrendo  il  terzo  centenario  della  invenzione  del  Galilei. 

Particolarissima  competenza  fu  quella  del  Jadanza  sulla 
influenza  degli  errori  strumentali,  e  la  sua  nota  riguardante  per 
l'appunto  tale  influenza  nel  teodolite  per  la  misura  degli  angoli 


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644  MODESTO   PANETTI 

orizzontali,  pubblicata  nel  1887,  è  riguardata  anche  oggi  come 
l'ultima  parola  sull'argomento. 

Nel  campo  «Iella  Gteodesia  il  Jadanza  ha  saputo  approfon> 
dire  parecchi  problemi  fondamentali:  La  misura  di.  un  arco 
di  parallelo;  il  calcolo  della  distanza  di  due  punti  di  posizioni 
geografiche  note:  la  forma  del  triangolo  geodetico  e  la  esattezza 
di  una  rete  trigonometrica  sono  studi  che  gli  crearono  la  fama 
di  esperto  Geodeta  fin  dai  primi  anni  della  sua  carriera  didat- 
tica. Piìi  recentemente,  affrontando  ìt  problema  del  calcolo  delle 
coordinate  geografiche  dei  vertici  di  una  rete  trigonometrica, 
ottenne  dalle  serie  di  Legendre  sviluppate  fino  ai  termini 
del  ò"  ordine  formule  poco  differenti  da  quelle  che  il  danese 
Andrae  aveva  raggiunto  per  tutt'altra  via,  consistente  nel  cal- 
colare prima  le  coordinate  geodetiche  rettangolari  e  poi  le  coor- 
dinate geografiche.  La  sua  monografia  pubblicata  nel  1891  col 
titolo:  Guida  al  calcolo  delle  coordinate  geodetiche  contiene  tali 
formolo  con  le  tabelle  numeriche  occorrenti  alla  semplificazione 
dei  calcoli. 


Nel  campo  della  Geometria  pratica  la  sua  opera  di  docente 
è  riassunta  nel  trattato  dato  per  la  prima  volta  alle  stampe 
nel  1909,  e  di  cui  oggi  si  attende  la  terza  edizione.  In  esso 
sono  coordinati  gli  ètudi  che  andava  svolgendo  con  note  e  me- 
morie quasi  tutte  pubblicate  nella  nostra  Accademia.  La  teoria 
dei  prismi  a  riflessione  introdotta  da  Mas  Bauernfeind  nei  suoi 
Elemente  der  Vertnessungskunde  editi  a  Stoccarda  nel  1879  è 
dal  Jadanza  ridotta  ad  una  magnifica  semplicità  per  mezzo  di 
una  nuova  proposizione  da  lui  dimostrata  sull'angolo  di  devia- 
zione di  un  raggio  luminoso  attraversante  un  prisma  di  cristallo. 

La  teoria  del  cannocchiale  anallattico,  geniale  invenzione 
del  Porro,  vi  assume  in  upa  esposizione  facile  e  completa  la 
massima  precisione,  permettendo  al  costruttore  di  strumenti 
topografici  di  evitare  errori  di  fabbricazione,  ed  istruendo  il 
letture  sui  vantaggi  deli'anallattismo  e  sulla  convenieoia  di 
rendere  spostabile  la  lente  anallattica. 

La  storia  del  cannocchiale  distanziometro  vi  è  svolta  met- 
tendo in  evidenza  tutte  le  sue  particolarità. 


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NOTE   iOTORIOORAFJCHE   DI   NICUDEUO  JADANZA  (Ì4& 

Un  esame  accurato  del  metodo  della  Celeriioensura  ne  rileva 
ì  pregi  ed  i  difetti,  ed  ha  per  utile  corredo  te  tavole  tacheome- 
triche sessagesimali  e  centesimali. 

Non  vi  mancano  notizie  inedite,  come  la  possibilità  di  sem- 
plificare i  reticoli  dei  microscopi  a  stima  per  la  lettura  dei 
cìrcoli  graduati  dei  teodoliti,  senza  nuocere  all'esattezza  dei 
risultati,  e  l'uso  del  cannocchiale  ridotto,  nella  misura  indiretta 
delle  distanze. 

Il  volume  si  chiude  con  un  capitolo  intitolato  ProbUmi 
astronomici,  in  cui  sono  esposti  i  metodi  per  la  ricerca  della 
posizione  geografica  di  un  luogo  e  per  la  determinazione  di  un 
azimut,  accessìbili  ad  un  ingegnere  allenato  al  maneggio  del 
teodolite. 


Con  questo  trattato  ha  termine  il  ciclo  di  studi  percorso 
dalla  forte  intelligenza  del  Jadaoza  movendo  dalla  matematica 
e  dall'astronomia  verso  un  campo  di  applicazioni  tecniche  fìrft 
le  più  feconde  di  risultati  utili  al  progresso  civile  ed  economico. 

Ne  forse  in  questa  evoluzione  devesi  vedere  soltanto  l'ef- 
fetto della  mentalità  speciale  dell'Uomo  che  onoriamo.  La  Geo- 
desia infatti,  esaurita  la  parte  fondamentale  del  suo  compito, 
sembra  oggi  cedere  il  posto  alla  Geofisica,  dalla  quale  tanti 
importanti  problemi  attendono  la  loro  soluzione.  Ma  nel  pro- 
gramma vastissimo  della  utilizzazione  tecnica  delle  energie  na- 
turali, al  cui  compimento  è  legata  la  possibilità  di  elevare 
iudefiaitamente  il  benessere  sociale,  la  Geometria  pratica,  assorta 
al  grado  di  Scienza  per  sicurezza  di  premesse  e  rigore  di  me- 
todo, ha  un  grande  compito  da  svolgere,  e  i  granelli  di  sabbia 
che  il  Jadanza,  per  servirmi  di  una  sua  frase,  ha  raccolto  per 
il  nuovo  edificio,  non  saranno  travolti  dal  tempo,  ma  concorre- 
ranno a  costituirne  la  solida  base. 


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MOUeSTO  PANETTI 


FabbUmM  del  Pror.  NICODEHO  JABINZI 


Negli  "  Atti  della  R,  Accademia  delle  Scienze  di  Torino  ,. 

1.  Sopra  an  determi n&nte  gobbo  che  bì  presenta  nello  studio  dei  on- 

nocchiali.  Voi.  XVII,  pag.  714. 

2.  Sopra  alconi  sistemi  diottnci  composti  di  due  lenti.  XVIII,  601. 

3.  Sui  sistemi  diottnci  composti.  XIX,  99. 

4.  Cannocchiali  ridotti.  XIX,  769. 

5.  Sulla  misura  di  un  arco  di  parallelo  terrestre.  XIX,  990;  XX,  326. 

6.  Sulla  forma  del  triangolo  geodetico  e  sulla  esattezza  di    una  ret« 

trigonometrica.  XX,  765. 

7.  Sui  ponti  cardinali  di  un  sistema  diottrico  centrato  e  sul  cannoc* 

chiale  anallattico.  XX,  917. 

8.  Nuoto  metodo  per  accorciare  i  cannocchiali  terrestri.  XXI,  118. 

9.  Sul  calcolo  della  distanza  di  due  punti  le  cui  posizioni  geograBche 

sono  note.  XXI,  469. 

10.  Influenza  degli  errori  strumentali  del  teodolite  sulla  misura  degli 

angoli  orizzontati.  XXII,  12. 

11.  Una  questione  di  ottica  ed  un  nuovo  apparecchio  per  raddrizzare 

le  imagini  nel  cannocchiali  terrestri.  XXII,  447. 

12.  Sul  calcolo  degli  azimut  mediante  le  coordinate  rettilinee.  XXIIt,  89. 

13.  Sullo  spostamento  della  lente  anallattica  e   solla   verticalità   della 

sUdia.  XXIII,  294. 

14.  Una  nuova  forma  di  cannocchiale.  XXIII,  570. 

15.  Sulta  misura  diretta  ed  indiretta  dei  lati  di  una  poligonale   topo- 

grafica. XXIV,  177. 

16.  Sol  modo  di  adoperare  gli  elementi  geodetici  dell'Istituto  geografico 

militare.  XXV,  90,  414. 

17.  Influenza  degli  errori  strumentali  del  Teodolite  sulla  misura  delle 

distanze  zenitali.  XXV,  148. 

18.  Influenza  della  eccentricità  dell'alidada  sui  vernieri,  ed   un  micro- 

scopio ad  ingrandimento  costante.  XXVI,  536. 

19.  Un  prisma  universale  a  riflessione.  XXVI,  649. 

20.  Teorica  di  alcuni  strumenti  topografici  a  riflessione.  XXVII,  911. 


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NOTE    AUTOBIOQIUFICBE   DI   NICODBMO   JAOANZA  647 

21.  Sopra  alcune  differenze  trovate  nel  calcolo  delle  coordinate  geogra- 

fiche dei  vertici  del  quadrilatero  che  congiunge  l'Algeria  colla 
Spagna.  XXVII,  923. 

22.  La  misura  delle  distanze  col  cannocchiale  ridotto.  XXX,  713. 

23.  Influenza  dell'errore  di  vertìcalit\  della   stadia    sulla    misura    delle 

distanze  e  sulle  altezze.  XXXI,  376. 

24.  Un  nuovo  focometro.  XXXIII,  535. 

25.  n  cannocchiale  terrestre  accorciato.  XXXIII,  803. 

26.  Aloone  oBservazionì  sul  calcolo  dell'errore  medio  di  nn  angolo  nel 

metodo  delle  combinazioni  binarie.  XXXIII,  883. 

27.  Errata-corrige   alla  Nota   'Alcune  osservazioni  sul  calcolo  dell'er- 

rore medio  di  nn  angolo  nel  metodo  delle  combinazioni  binarie  ,. 
XXXIV,  966. 

28.  Matteo  FioniNi.  Brevi  pai-ole  di  commemorazione.  XXXVI,  416. 

29.  Sul  calcolo  della  convergenza  dei  meridiani,  XXXVI,  887. 

30.  Nuovo  metodo  per  determinare  il  rapporto  diastimometrico  in  un 

cannocchiale  distanziometro.  XL,  691. 

31.  Il  cannocchiale  di  Galilei  adoperato  come  microscopio.  XLIII,  685. 

32.  Un  precursore  di  Heyde  nel  costruire    teodoliti    a    circoli    dentati. 

XLIV,  339. 

33.  Determinazioni  delle  costanti    in    un    cannocchiale    distanziometro. 

XLV,  53. 

34.  Sopra  alcuni  sistemi  composti  di  due  lenti,  e  sul  livello  di  H.  Wild 

costrutto  dalla  Casa  Zeiss  in  Jena.  XLVI,  350. 

35.  Jailanza  Nluodemo  e  Ba^^rl  Vittorio.  Un  livello  che  dà  sicuramente 

la  visuale  orizzontale.  XLIII,  3. 

36.  GinsiPFR  IiOBiNzoNi.  Commemorazione  letta  nell'adunanza  del  21  feb- 

bi-aio  1915.  L. 

37.  Ehanugli    Fbboola.     Commemorazione     letta     nell'  adunanza     del 

23  maggio  1915.  L. 

38.  Sul  calcolo  numei-ico  dei  logaritmi  neperiani  di  2  e  5.  L. 

39.  Il  cannocchiale  panfocale  di  Porro  e  due  problemi  snit'an  al  lattiamo. 

LI,  1915-16. 

40.  Ignazio  Pobko.  Notizie  biografiche  (Idem). 

41.  Sul  calcolo  della  distanza  tra  dne  punti  di  note  posizioni  geogra- 

fiche. LII,  1916-17. 

42.  Per  una  edizione  nazionale  di  tavole  di  logaritmi  (Idem). 

43.  Teoria  elementare  del  cannocchiale  terrestre  accorciato  (Idem). 

44.  Cenni  necrologiei  sa  Paolo  Pizzbtti.  LUI,  1917-18. 

45.  Deterjui  Dazio  ne  geodetica  del  Caatello  e  del   Camjxinile  del  comune 

di  Tbana  (Idem). 

Atti  ittita  H.  Aixadtmin  —  Voi.  LV.  45 


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MODESTO   PiNEITl 


Nelle  '  Memorie  della  R.  Acendetnìa  delle  Scienze  di  Torino  » , 
Serie  II. 

1.  Alcuni  problemi  dì  Geodesia.  Voi.  XXSV,  pag.  157. 

2.  Per  la  storia  del  cannocchiale.  Contributo  olla  storia  del  metodo 

sperimentale.  XLVI,  253. 

3.  Il  teleobbiettivo  e  la  sna  storia.  XLIX,  153. 

4.  Alcani  BÌstoint  diottrici  speciali  ed  noa  nuova  forma  di  teleobbiet- 

tivo. LUI,  72. 

5.  Giovanni  V.  Sohiap&rblli.  Commemorazione.  LXII,  Sfil. 

6.  Determinazione  geodetica  di  alcani  punti  nella  Valle  del   SangODe. 

LXIII,  219. 


Nella  "  Sioiata  di  Topografia  e  Catasto  „. 

1.  Per  la  Storia  della  Celerimensara.  Voi.  VI  (maggio  1894),  pag.  1-^7. 

2.  FiDBBtco  ScHiAVoHi.  Cenni  biografici.  Voi.  VII  (1894-95),  pag.  141. 
8.  n  livello  a  visuale  reciproca.  Idem,  pag.  190. 

4.  Per  la  Storia  della  Celeri mensura.  Idem,  pag.  195. 

5.  Teoria  del  cannocchiale  anallatCico.  Idem,  pag.  196. 

6.  Ai  cultori  della  Geometria  Pratica.  Voi.  Vili  (1895-96),  pag.  1. 

7.  La  misura  delle  distanze  col  cannocchiale  ridotto.  Idem,  pag.  2. 

8.  Storia  del  cannocchiale  ridotto.  Idem,  pag.  6. 

9.  A  proposito  di  Porro  e  delle  sua  celeri mensura.  Idem,  pag.  10. 

10.  Il  cannocchiale  panfocale  di  Porro.  Idem,  pag.  33. 

11.  Il  Plesiotelescopio  Jadanza  ed   osi   del   medesimo   in   Topografia. 

Idem,  pag.  36. 

12.  Influenza  dell'errore  di  verticalità  detta  stadia  sulle  distanze  e  sulle 

altezze.  Idem,  pag.  118. 
18.  Per  la  stona  del  Teodolite.  Idem,  pag.  170. 

14.  Esposizione  del  metodo  di  Huygens  per  la  rettificazione  di  un  arco 

di  circolo  qualunque  e  della  circonferensa.  Idem,  pag.  172. 

15.  Metodo  per  conoscere  la  latitudine  di  un  luogo  e   l'azimut  di  nn 

oggetto  terrestre  senza  conoscere  il  tempo.    Voi.   IX  (1896-97), 
pag.  26. 

16.  Sulla  misura  delle  distanze  colla  stadia.  Voi.  X  (1897-98),  pag.  143. 

17.  Un  nuovo  focometro.  Idem,  pag.  170. 

18.  D  cannocchiale  terrestre  accorciato.  Idem,  pag.  188. 


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N'OTE   ADTOBIOORiFICHB  DI   NICODEMO  JADANZ*  649 

19.  Sui  cftlcoio  dell'error  medio  di  an  angolo  oet  metodo  delle  combi- 

nazioni binarie.  Voi.  XI  (1898-99),  pagg.  44-50. 

20.  Metodo  semplice  per  la  ricerca  dei  punti  cardinali  dì  an  sistema 

composto  di  due  lenti.  Idem,  pag.  61. 

21.  D  teleobbìettivo  e  la  sua  storia.  Voi.  XII  (1899-900),  pag.  17. 

22.  La  Celenmensnra.  Idem,  pag.  129. 

23.  Necrologio  di  Mattk.  Pioeini.  Voi.  XIII  (1900-901),  pag.  111. 

24.  Necrologio  del  Generale  Annibali  Fibbibo.   VoL  XV  (1902-903), 

pag.  17. 

25.  Dna  nnOTa  forma  di  teleobbiettivo.  Idem,  pag.  170. 

26.  Un  nuovo  modeUo  di  Tacheometro.  Voi.  XVI  (1903-904),  pag.  J  72. 


Monografie  e  Trattati. 

1.  Ouida  al  calcolo  delle  coordinate  geodetiche.  Torino,  Loescher,  1882. 

2.  I  metodi  nsati  per  la   misura   di   un   arco   di    meridiano.    Firenze, 

Barbèra,  1881. 

3.  Solla  latitndine,  longitudine  ed  azimut  dei  punti  di  una  rete  trigo- 

nometrica. Firenze,  Barbèra,  1883. 

4.  Un  nuovo  tacheometro  ('  L'arte  di  misurare  ,,  parte  I).  Camilla  e 

Bertolero,  1890. 

5.  Tavole  tacheometriche   centesimali.    Torino,    Rosemberg    e    Sellier, 

1893  —  2*  edirione,  Torino,  Bona,  1904  —  3*  edizione,  1912, 
tradotte  in  tedesco  da  0.  Hammer. 

6.  Teorica   dei    cannocchiali    esposta    secondo    il    metodo    di    Gauss. 

Torino,  Loescher,  1885  —  2»  edizione,  1896. 

7.  Tavole  tacheometriche  sessagesimali.  Torino,  Bona,  1909. 

e.  Trattato  di  Geometria  pratica,  Torino,  Bona,  1909  —  2*  ediz.,  1918. 


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GIACOMO  PONZIO 


ICILIO    GUARESCHI 

Commemoraiiotie  letta  dal  Socio  dm.  reiid.  GIACOMO  PONZIO 


Da  una  famiglia  in  cui,  da  secoli,  era  ereditaria  la  professione 
farmaceutica,  nacque,  il  24  dicembre  1847  in  San  Secondo  Par* 
mense,  il  compianto  nostro  Socio  Icilio  Odareschi.  Dopo  aver 
fotto  come  volontario  la  campagna  del  '&6,  conseguì  a  Bologna 
il  diploma  in  Farmacia  ed  a  Pisa  la  laurea  in  Scienze  Naturali. 
Dedicatosi  all'insegnamento  e  trascorsi  alcuni  anni  nelle  Scuole 
medie,  fu  nominato  nel  1879  professore  all'Università  di  Torino, 
ove  tenne  la  cattedra  di  Chimica  farmaceutica  e  tossicologica 
fino  al  giorno  della  sua  morte,  avvenuta  il  20  giugno  1918. 

Ecco  come  Egli  parlò  dì  se  nel  1904  (1): 

*  Fui  un  bimbo  ne  molto  precoce  né  molto  ottuso,  un  bimbo 
insomma  come  tanti  altri.  Co8\  pure,  la  mia  prima  giovinezza 
passò  senza  vicende  degne  di  essere  ricordate,  sebbene  io  possa 
dire,  con  la  sicura  coscienza  che  non  può,  spero,  esser  scam- 
biata con  orgoglio,  che  fin  da  giovane  nutrii  gli  stessi  senti- 
menti che  furono  poi  la  guida  ed  il  conforto  della  mia  vita: 
Patria,  Famiglia  e  Studio,  collegati  insieme  dal  Dovere,  sono 
stati  sempre  i  tre  cardini  della  mia  esistenza. 

*  Ricorderò  che  fino  dall'inizio  dei  miei  studi  universitari, 
benché  avviato  alle  scienze,  provai  una  grande  predilezione  per 
le  letture  storiche.  Che  questa  passione  abbia  fatto  si  che  pren- 
dessi grande  amore  anche  alla  storia  delle  scienze  ed  abbia  in- 
fluito a  far  A  ohe  io  dedichi  gli  ultimi  anni  della  vita  alta  storia 


(1)  Discorso  pronunEÌato 
m«Dto  netU  R.  Università  di  Torino. 


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COHHGUORAZIONB   Di  ICIUO  OCARKSCHI  651 

della  chimìcR?  Eppure,  strana  cosa!  La  sincerità  mi  obbliga  a 
confessare  che  nel  Liceo  io  fui  lo  scolaro  che  più  degli  altri  del 
mio  corso  fece  tanto  inquietare  il  nofitro  povero  professore  di 
storia  ! 

*  Terminati  gli  studi  liceali  nel  1866,  io  dovevo,  dopo  il 
ritorno  dalla  guerra,  a  cui  presi  parte  come  volontario,  avviarmi 
per  la  professione  di  ingegnere;  poi  le  circostanze  mie  di  fa> 
miglia  cambiarono  nello  stesso  anno  e  nel  mese  di  ottobre  studiai 
computisteria  e  lingua  francese  perchè  avrei  dovuto  invece  se- 
guire la  via  del  commercio;  ma  nel  novembre  altra  fatale  con- 
dizione di  cose  mi  avviò  a  quella  professione  che  da  piti  di 
quattro  secoli  era  ereditaria  nella  mia  famiglia,  la  farmacia,  che 
però  io  non  ero  destinato  ad  esercitare. 

'  Nella  piccola,  ma  scelta,  biblioteca  del  povero  mio  fra- 
tello mi  colpirono  subito  alcuni  libri  che  divorai,  e  primo  fra 
tutti  il  famoso  TrcUtato  di  Chimica  del  Regnault,  tradotto  con 
aggiunte  da  quel  Francesco  Selmi,  che  allora  non  conoscevo,  e 
che  doveva  essere  pochi  anni  dopo  uno  dei  miei  piti  cari  maestri 
ed  amici. 

*  Sino  all'età  di  18  anni  nulla  faceva  presagire  in  me  la 
vocazione,  direi  l'istinto,  dell'insegnamento.  Questo  mi  si  risvegliò 
fin  dal  primo  anno  in  cui  frequentai  l'Università.  Provavo  qualche 
cosa  di  gioioso  quando  potevo  dare  alcuni  schiarimenti  ai  miei 
compagni,  o  a  qualcuno  di  loro  ripetere  una  parte  delle  lezioni. 
Mi  si  manifestò  come  un  impulso  a  far  penetrare  qualche  cosa 
dal  mio  cervello  entro  il  cervello  di  un  altro.  Quando  per  la 
prima  volta  nel  1871,  dopo  ottenuta  anche  la  laurea  in  Scienze 
Naturali,  insegnai  come  assistente  di  Selmi  la  chimica  analitica 
a  Bologna,  là  fra  quei  20  o  30  scolari,  fra  i  quali  era  attivissimo 
l'attuale  mio  collega,  il  professore  Leone  Pesci,  io  sentivo  una 
gioia  immensa. 

"  Conservo  ancora  i  minuti  appunti  di  quelle  mie  prime 
prove  didattiche,  che  io,  naturalmente,  attingevo,  riassumendole, 
dal  classico  Freseoiua.  Era  la  prima  volta  che  in  quella  Uni- 
versità 8)  faceva  un  corso  regolare  di  analisi  chimica.  Io  allora 
venivo  da  Firenze,  dal  laboratorio  di  Ugo  Schiff.  Fn  là  nel 
vicino  laboratorio  di  Fisiologia  che  striasi  tenace  amicizia  con 
un  giovane  studiosissimo,  che  divenne  poi  mio  collega,  il  pro- 
fessore Angelo  Mosso. 


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652  OUCOBID  PONZIO 

'  Curiosa  ricordanza:  come  io  con  qualche  difficoltà  mi  ero 
adattato  alla  disciplina  del  soldato,  entrato  all'Università  sentii 
profondamente  la  disciplina  della  Scuola;  sentimento  che  misi 
accrebbe  quando  incominciai  ad  insegnare  già  quale  assistente. 
Il  rispetto  per  la  Scuola  divenne  per  me  sacro,  e  questo  senti- 
mento ho  sempre  cercato  di  far  penetrare  nei  miei  allievi,  colla 
persuasione  e  coll'esempio,  mai  coll'imposizioDe. 

"  Nella  Scuola  il  giovine  sì  imbeve  di  quei  sentimenti  e  dì 
quel  sapere  che  dovranno  poi,  poco  o  tanto,  servirgli  per  tutta 
la  vita,  anche  quando  non  se  ne  accorge,  o  crede  dì  averli  di- 
menticati; il  professore  si  sforza  di  comunicare,  di  trasfondere 
parte  del  suo  pensiero  nei  giovani  cervelli  che  lo  ascoltano. 
Tutto  ciò  rappresenta  una  delle  piìi  alte,  delle  più  nobili  funzioni 
che  l'uomo  possa  compiere;  ora  perchè  non  si  dovrebbe  com- 
pierla, almeno  almeno,  colla  stessa  rigorosa  disciplina  con  cui 
il  soldato  compie  il  suo  dovere?  Che  la  forza  del  pensiero,  che 
vince  e  trasforma  i  secoli  e  le  grandi  epoche,  sia  inferiore  alla 
forza  del  braccio?  Io  non  lo  credo,  ne  lo  crederb  mai! 

*  Nasce  da  ciò  la  contentezza  che  ho  sempre  provato  per 
il  contegno  serio  e  dignitoso  dei  miei  studenti,  a  Bologna 
ed  a  Firenze  come  assistente,  a  Livorno,  a  Siena  e  qui  in 
Torino,  come  professore.  L'affezione  e  la  stima  dei  proprìì  sco- 
lari è  la  massima  soddisfazione  dell 'insegnante  anche  nei  mo- 
menti di  maggior  sconforto.  Ma,  ai  dirà,  voi  avete  anche  il 
conforto  dei  vostri  lavori  scientifici.  È  vero,  ma  non  basta.  Io 
non  avrei  fatto  certameate  nulla  se  non  avessi  avuto  la  molla 
dell'insegnamento.  Io  sono  sempre  stato  d'avviso  che  nelle 
Scuole  Superiori  l'insegnante  e  lo  scienziato  non  debbono  andare 
disgiunti. 

*  Non  posso  dimenticare  che  se  ho  insegnato  25  anni  a 
Torino  è  però  da  33  anni  che  data  ÌI  mìo  insegnamento  uffi- 
ciale; non  posso  dimenticare  le  due  città  ove  ho  incominciato 
la  mia  carriera  di  insegnante:  Livorno  e  Siena,  alle  quali  debbo 
gratitudine  perchè  mi  fornirono  i  mezzi  di  impiantare  due  pic- 
coli laboratori  di  chimica,  ì  quali  oltre  all'insegnamento  servi- 
rono benissimo  per  i  miei  studi  scientifici,  che  mi  aprirono  la 
grande  via  dì  Torino. 

'  Oli  allievi  dell'Istituto  Tecnico  di  Livorno  furono  i  primi 
a  darmi  le  grandi  soddisfazioni  dell'insegnamento.  Siena  poi  mi 


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COMMEMORAZIONE  SI   ICIUO  GOARBSCHI  653 

è  cara  per  altri  ricordi;  allora  vi  erano  in  quella  Universi^ 
pochi  sbudentii  ;  nel  mio  corso  erano  pocfaiaaimì.  Li  rammento 
però,  sempre  con  affetto.  Ma,  ricordo  carissimo  al  mio  caore, 
è  quel!' allora  giovane  professore  che  assiduamente  frequen- 
tava le  mie  lezioni:  egli  era  ìl  professore  di  Fisiologia  alla 
Uaiveraità,  era  quindi  un  mio  collega,  che  divenne  subito  uno 
dei  miei  piìi  cari  amici,  il  professor  Albertoni.  Ricordo  questo 
caso,  perchè  a  me  servi  di  grande  incoraggiamento.  Ho  pochis- 
simi studenti,  è  vero,  dicevo  tra  me,  alquanto  sconfortato,  ma 
hisogna  dire  che  qualche  cosa  dì  hnono  vi  sia  in  queste  mie 
lezioni,  se  con  tanta  assidaità  viene  uno  che  è  già  professore  di 
una  materia  affine,  che  prima  io  non  conosceva,  e  che  proviene 
da  una  grande  Università  come  Padova. 

'  Nel  dicembre  1879  venni  a  Torino  come  professore  ordi- 
nario: e  qui  si  apri  nella  mia  vita  an  nnovo  e  vasto  orizzonte; 
nei  quindici  anni  passati  nel  vecchio  e  piccolo  laboratorio  di 
San  Francesco  da  Paola,  vissi  continuamente  in  mezzo  ai  giovani. 
Anche  là  quella  Scuola  non  tanto  piccola  e  sempre  riboccante 
di  studenti,  era  il  mio  orgoglio;  là  nel  laboratorio  Io  spezio  era 
così  ristretto  che  il  professore  e  gli  assistenti  facevano  i  loro 
lavori  scientifici  in  mezzo  agli  studenti  ;  era  una  vera  società 
comunista;  si  lavorava  nello  stesso  locale,  molti  lavoravano 
anche  nella  mia  camera  privata,  perchè  là  solamente  erano  le 
bilance,  il  barometro,  gli  altri  strumenti,  la  biblioteca,  il  mio 
stadio;  tutto  insieme.  Non  posso  pensare  a  quei  giorni  senza 
commozione!  Quanti  cari  ricordi!  Ma  la  città  di  Torino  con 
onesta  imparzialità  volle  pensare  anche  a  quel  meschino  labo- 
ratorio ed  in  pochi  anni  fu  costruito  l'attuale  grande  Istituto. 

"  Amore,  Dovere  e  Lavoro:  ecco  le  tre  parole,  i  tre  sen- 
timenti che  dovrebbero  riassumere  l'opera  dell'umanità.  Il  lavoro 
è  sempre  stata  la  guida  suprema  della  mia  vita,  ed  io  non  so 
comprendere,  non  so  capire,  quei  giovani  i  quali  perdono  il  loro 
tempo,  pili  o  meno  nell'ozio;  essi  non  capiscono  (e  sono  da  com- 
piangere) il  valore  della  vita.  La  scienza,  nel  largo  senso  della 
parole,  ha  nei  tempi  moderni  un  ufficio  molto  maggiore  di  quello 
che  aveva  in  altri  tempi;  essa  reclama  la  direzione  materiale, 
la  direzione  intellettuale  e  la  direzione  morale  della  Società. 
L'amore  della  Verità  e  la  coscienza  del  Doveie  saranno  le  fon- 
damenta piti  salde  e  sicure  di  quell'ideale  edificio  di  futura  e 


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654  GIACOMO   PONZIO 

piti  felice  Umanità  a  cui  ogni  Qomo  ha  il  dovere  di  portare, 
foss'anco  in  minima  parte,  il  buo  contributo  di  Sapere,  di  Lavoro  ,. 

Dire  esaurientemente  di  Lui  non  sarebbe  possibile  in  una 
breve  commemorazione,  tanti  sono  i  campi  in  cui  il  Quareschi 
manifestò  la  sua  straordinaria  attività,  tante  sono  le  pubblica» 
zioni  che  nel  volgere  di  quasi  dieci  lustri  Eg\ì  prodigò  in  numerosi 
periodici  nazionali  ed  esteri  e  negli  Atti  delle  Accademie  delle 
quali  faceva  parte.  D'altronde  lo  stesso  Guareschi,  nel  suo  lavoro 
su  Francesco  Seimì,  aveva  scritto,  e  lo  ripetè  nella  commemora- 
zione di  Ugo  Schiff  tenuta  nella  nostra  Accademia  (1):  '  Oli  elogi 
storici  dovrebbero  sempre  essere  dettati  noti  prima  di  cinquanta  o 
di  trenta  anni  dopo  la  morte  dello  scienziato  che  vuoisi  onorare. 
Per  l'uomo  di  scienza  che  veramente  lascia  una  traccia  prò- 
fonda  è  bene  che  l'esposizione  dei  suoi  meriti  venga  fatta  dopo 
qualche  tempo  cessata  la  vita  materiale;  il  tempo,  giusto  esti- 
matore di  tutto  e  di  tutti,  accresce  la  fama  od  almeno  fo  scor- 
gere l'importanza  delle  scoperte  del  commemorato  ,. 

Ma  pur  uniformandomi  a  questi  giusti  concetti,  e  pur  aven- 
dolo conosciuto  intimamente  soltanto  negli  ultimi  anni  della  sua 
vita,  mi  sia  concesso  di  esprimere  la  più  grande  ammirazione 
per  la  sua  rara  tempra  di  lavoratore  e  di  accennare  alle  sue 
indiscutibili  qualità.  Alle  cinque  del  mattino,  con  qualunque 
tempo  ed  in  qualunque  stagione,  egli  iniziava  la  sua  giornata, 
alternandone  le  ore  fra  il  tavolino  ed  il  laboratorio.  E  se  qualche 
romanzo  storico  attirava  la  sua  attenzione,  leggeva  anche  una 
buona  parte  della  notte,  interessandosi  a  tutto,  prendendo  appunti 
su  tutto.  Àppassionattssimo  per  la  politica  ed  ardente  patriota,  si 
oompiaceva  di  scrivere  ogni  giorno,  unicamente  per  so  stesso  e 
custodendole  con  gelosa  cura,  le  sue  impressioni  sugli  avveni- 
menti più  importanti,  allietandosi  per  le  fortune  d'Italia,  com- 
movendoai  per  le  sue  sventure.  Rigidissimo  nell'adempimento 
di  quello  die  riteneva  fosse  il  suo  dovere,  esigente  verso  di  se 
e  verso  gli  altri,  seppe  tuttavia  conquistarsi  l'amicizia  di  molti 
fra  coloro  che  Io  conobbero  e  che  pur  non  dividevano  intera- 
mente le  sue  opinioni  ed  i  suoi  entusiasmi. 

Gli  è  che  Icilio  Guareschi  fu  sempre  uomo  di  buona  fede 


(])  Alti,  Tol.  L,  pRg.  ; 


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COMHBIIOBIZIONB   DI  ICILIO  QDiRESGai  655 

ed  ebbe  sempre  come  scopo  delle  sue  azioni  la  ricerca  del  Vero. 
E  ee  la  Terit&  di  ieri  non  è  più  quella  di  oggi,  e  se  la  Verità 
di  oggi  non  sarà,  forse,  quella  di  domani,  nessuno  potrà  discono- 
scere che  l'opera  scientifics  del  nostro  compianto  Socio  ba  molto 
contribuito  al  progresso  della  Chimica  nell'ultimo  trentennio  ed 
ha  onorato  l'Italia  che  egli  cosi  fortemente  amava.  Di  luì  non 
saranno  dimenticate  alcune  ricerche  dì  Chimica  organica,  ana- 
litica e  farmaceutica,  il  contributo  portato  alla  storia  della  Ghi- 
inica  Italiana  del  1750-1800,  e  sovratutto  l'ardore  e  l'energia 
coi  quali,  già  avanzato  negli  anni,  cercò  di  sostenere,  colla 
parola  e  coll'esempio,  il  morate  dei  suoi  concittadini  durante  il 
Inngo  periodo  della  nostra  guerra,  convinto  che  l'auspicata  Vit- 
toria avrebbe  floalmente  coronato  gli  sforzi  ed  i  sacrifizi  della 
Nazione. 


zed.yGOOg[e 


Selaxione  preliminare  intomo  alla  Conferenza  accademica  in- 
ternazionale di  Bruxellea. 


EOBBai   COLLEOHI, 

Nella  adunanza  a  Classi  Unite  del  15  febbrai»,  conforme 
alla  relazione  che  il  collega  Patetta  ed  io  vi  presentammo,  voi 
ratificaste  la  firma  da  noi  apposta  in  vostro  nome  allo  statuto 
definitivo  della  Unione  Accademica  Internazionale  per  le  scienze 
filologiche,  archeologiche,  storiche,  morali,  politiche  e  sociali  e 
approvaste  le  proposte  da  noi  fatte  per  costituire  in  Italia  l'ag- 
gruppamento dei  corpi  scientifici  nazionali  preveduto  dall'arti- 
colo IV  dello  Statuto  della  Unione.  Tale  aggruppamento  è  per 
ora  incompleto,  oltre  l'Accademia  dei  Lincei  e  la  nostra  non 
avendo  aderito  alla  Unione  stessa  se  non  la  R.  Accademia  della 
Crusca.  Con  queste  Accademie  ad  ogni  modo  sì  presero  ac- 
cordi circa  la  composizione  della  delegazione  italiana,  che,  giusta 
Io  Statuto,  deve  constare  di  due  membri  ;  e  nell'attesa  che 
abbia  migliore  assetto  l'aggruppamento  nazionale,  si  convenne 
che  per  ora  le  due  Accademie  che  hanno  avuto  parte  effettiva 
nel  costituirsi  della  U.  A.  I.,  l'Accademia  dei  Lincei  e  la  nostra, 
avessero  a  designare  ciascuna  uno  dei  due  delegati  italiani.  Dopo 
lunghe  pratiche  condotte  presso  i  Ministeri  degli  Esteri  e  della 
P.  I.  questo  accordo  ebbe  la  sanzione  governativa.  I  due  dele- 
gati, cioè  il  Senatore  Lancìani  per  l'Acc.  dei  Lincei  e  il  sotto- 
scritto per  l'Acc.  di  Torino,  ebbero  dal  Governo  il  loro  ricono- 
scimento ufficiale.  Nello  stesso  tempo  il  Ministero  della  P.  I. 
trasmise  alla  segreteria  della  U.  A.  I.  la  adesione  ufficiale 
dell'Italia  e  s'impegnò  a  pagare  la  quota  annua,  stabilita  per 
ora  nella  somma  modestissima  di  franchi  belgi  2000  per  cia- 
scuna delle  nazioni  aderenti.  Non  è  necessario  che  insista  sulla 
importanza  del  risultato  così  ottenuto,  sia  per  se  stesso,  sìa  ia 
quanto    costituisce    un    solenne    riconoscimento    dell'operato   di 


zed.yGOOgle 


657 

questa  R.  Accademia  e  le  assicura  in  modo  definitivo,  di  pieno 
diritto,  il  posto  che  le  spetta  fra  le  Accademie  partecipanti 
alla  Unione.  Di  ciò  si  deve  sapere  grado  sopratutto  all'energia 
con  cui  la  presidenza  dell'Accademia  ha  preso  a  cuore  le  nostre 
richieste  e  tutelati  i  vostri  diritti. 

Purtroppo  l'approvazione  governativa  delle  nostre  proposto 
non  ci  giunse  che  la  mattina  del  24  maggio,  onde  il  vostro 
delegato  non  potè  essere  in  Bruxelles  che  la  sera  del  26,  man- 
cando così  alla  solenne  seduta  d' inaugurazione  e  ai  primi  lavori 
del  congresso.  Avendo  scusato  l'assenza  l'altro  delegato  sena- 
tore Lancìani,  io  ebbi  per  la  vostra  delegazione  l'onorifico  ma 
grave  ufficio  di  rappresentare  da  solo  la  scienza  italiana.  Ma 
nonostante  il  non  lieve  peso  delle  responsabilità  che  dovetti 
cosi  assumere,  fui  lieto  di  essere  intervenuto  al  congieaso,  sia 
perchè  credo  di  avervi  speso  non  inutilmente  la  mia  opera  per  la 
scienza  e  per  la  patria,  sia  perchè  l'assenza  dell'Italia  avrebbe  dato 
luogo  a  commenti  che  ci  sarebbero  riusciti  senza  dubbio  penosi. 
All'Italia  del  resto  non  si  mancò  di  usare  il  dovuto  riguardo 
nella  formazione  dell'ufficio  di  presidenza,  che  riuscì  costituito 
dai  Sigg.  Pirenne  (Belgio),  presidente,  Homolle  (Francia)  e 
Eenyon  (Inghilterra),  vicepresidenti,  Lancìani  (Italia),  segretario, 
Oray  (Stati  Uniti)  ed  Heiberg  (Danimarca),  vice-segretari.  Sarit 
bene  notare  che  oltre  questi  Stati  erano  rappresentati  ufficial- 
mente al  convegno  il  Giappone,  l'Olanda,  la  Grecia,  e  vi  assi- 
stevano senza  delegazione  ufficiale  uno  scienziato  russo  e  un 
rappresentante  della  Serbia. 

Si  discusse  minutamente  e  ai  deliberò  nel  convegno  intorno 
alle  molte  proposte  di  lavori  presentate  al  Segretariato  della 
Unione.  Senza  entrare  in  particolari  tecnici,  che  saranno  meglio 
riservati  alla  Classe  di  scienze  morali  e  che  ad  ogni  modo  oggi 
non  possono  essere  dati,  mancandomi  ancora  i  testi  ufficiali  delle 
deliberazioni,  dirò  in  generale  che  la  Unione  dimostrò  la  ferma 
e  recisa  volontà  di  iniziare  immediatamente  un  lavoro  fecondo, 
e  che  per  alcune  delle  pubblicazioni  deliberate  si  sono  anche 
trovate  già  almeno  in  parte  le  collaborazioni  e  i  mozzi,  e  può 
quindi  attendersene  con  fiducia  l'inizio  in  un  avvenire  che 
abbiamo  ragione  di  ritenere  prossimo. 

Le  due  proposte  di  maggiore  importanza  che  fossero  sul 
tappeto  erano  quella  dell'Accademia  dei  Lincei  per  la  continua- 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


658 

2Ìone  del  Corpus  Inscriptitmum  di  Berlino  e  qaella  fattn  dal 
Sig.  E.  Pottier,  conservatore  del  Museo  del  Louvre,  per  un  Corpus 
dei  vasi  greci  dipinti;  due  proposte,  di  cui,  parlando  in  an  con- 
eesso  di  dotti,  non  è  neceBBarto  che  io  rilevi  la  importanza  ve- 
ramente capitale  per  la  scienza.  La  proposta  dell'Accademia  dei 
Lincei  pel  Corpus  Inscriptionum,  ineieme  con  altra  della  stessa 
Accademia  per  la  forma  oròia  Bimiani,  fu  rinviata  per  nuovi 
studi  all'Accademia  stessa.  Trovai  giungendo  in  Bruxelles  già 
presa  questa  deliberazione:  che  del  resto  era  inevitabile,  perchè 
la  proposta  dei  Lincei  non  era  stata  presentata  quattro  mesi 
prima  del  convegno,  come  richiede  l'art.  XII  dello  Statuto  della 
U,  A.  I-,  e  perchè  non  conteneva  quell'esatto  programma  scien- 
tifico e  quel  preciso  preventivo  finanziario  che  prescrive  detto 
articolo.  Non  potei  che  limitarmi  ad  insìstere  perchè  alla  Acca- 
demia dei  Lincei  venisse  riservata  la  iniziativa  di  entrambe  le 
proposte. 

L'altra  proposta  d'importanza  capitale,  quella  del  Sig.  Pottier 
pel  Corpus  dei  vasi  dipinti,  presentata  nelle  condizioni  prescritte 
dallo  Statuto,  dopo  matura  discussione  seguita  nella  commis- 
sione designata  all'uopo,  di  cui  ebbi  l'onore  di  far  parte,  fu  in 
massima  approvata.  Trovai  però  il  consenso  di  tutti,  compresi 
gli  stessi  proponenti,  in  una  serie  di  riserve  dirette  a  far  rò 
che  il  lavoro  non  procedesse  sulla  base  d'un  sistema  di  accen- 
tramento, quale  era  quello  seguito  nella  compilazione  del  Corpus 
inscriptionum  Lattnarum  e  Graecarum  dalla  Accademia  di  Berlino. 
Fissate  cioè  le  direttive  generali,  il  lavoro  procederà  in  modo 
autonomo  in  ciascuno  Stato  sotto  un  direttore  nazionale  respon- 
sabile, il  quale  vi  provvederà  d'intesa  con  le  Accademie  locali 
nella  misura  dei  mezzi  che  Io  Stato  vorrà  fornirgli.  Lingua 
dell'opera  sarà  la  francese.  Ma  su  proposta  del  Sig.  Kenyon  e 
mia  si  stabilì  che  ogni  Stato  ha  diritto  di  pubblicare  in  lingua 
nazionale  una  edizione  di  quella  parte  del  Corpus  che  lo  riguarda. 
S'intende  che  riservando,  come  feci,  i  diritti  dell'Italia,  non 
potei  prendere  nessun  impegno  preciso  circa  la  sua  collabora- 
zione. Io  voglio  sperare  che,  quando  la  delegazione  italiana 
esporrà  il  piano  particolareggiato  del  lavoro  che  è  riservato 
all'Italia,  troverà  nel  Governo,  nelle  Accademie,  nelle  direzioni 
dei  Musei  e  negli  archeologi  nostri  largo  concorso  materiale  ed 
intellettuale.  Ciò  potrà  permetterle  di  portare  nella  sessione  del 


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maggio  prosaimo  affidamento  preciso  intorno  a  una  collabora- 
zione che  sia  degna  del  posto  che  l'Italia  occupa  tra  le  nazioni 
presso  cui  fioriscono  gli  studi  archeologici. 

Se  il  Corpus  dei  vasi  dipinti  potrà,  come  speriamo,  essere 
eseguito,  Ja  Unione  Accademica  avrìi  messo  accanto  al  Corpus 
InscripUonum  Lat.  e  Graec-  di  Berlino  un'opera  non  meno  monu- 
mentale e  non  meno  preziosa  per  gli  studi  dell'antichità.  Un'altra 
opera  che  la  Unione  vorrebbe  assumere  sotto  il  suo  patronato, 
auch'esea  di  somma  importanza,  è  la  compilazione  di  an  nuovo 
Ducange.  Ma  per  questa  si  sono  iniziati  solo  i  primi  scambi 
d'idee:  e  la  segreteria  ai  riserva  di  diramare  uno  schema  di 
progetto  che  possa  essere  discusso  dalle  varie  accademie  prima 
di  venir  sottoposto  alla  proaaima  sessione  dei  delegati. 


Egreci  Colleohi, 

Questo  breve  cenno  vi  dà  una  idea  della  alacrità  gio- 
vanile  e  della  serietà  di  propositi  con  cui  la  U.  A.  I.  si  è 
accinta  al  lavoro.  Perchè  tali  propositi,  quanto  è  in  noi,  abbiano 
effetto,  io  mi  auguro  che  il  Governo  continui  e  intensifichi  il 
suo  appoggio,  al  quale  intento  ho  già  presentato  alcune  mode- 
stissime proposte  concrete  al  Ministero  della  P.  I.;  e  inoltre 
che  le  Accademie  Beali  le  quali  non  hanno  ancora  aderito  ci 
diano  la  loro  adesione  e  piìi  ancora  la  loro  volenterosa  colla- 
borazione. Io  credo  che  esse  non  avrebbero  esitato  ad  aderire 
se  avessero  visto  con  quali  sentimenti  amichevoli  e  deferenti  è 
accolta  l'Italia  in  questi  consessi  scientifici  internazionali,  e  in 
particolare  se  avessero  assistito  alla  sincera  manifestazione  di 
plauso  con  cui  fu  ricevuta  la  adesione,  da  me  recata,  della 
R.  Accademia  della  Crusca,  il  cui  nome  antico  e  glorioso  è  noto 
ovunque  si  pregia  la  coltura. 

Io  spero  che  voi  vorrete  onorare  della  vostra  approvazione 
l'opera  da  me  spesa  nell'eseguire  il  mandato  che  mi  affidaste. 
Ma  prima  di  chiudere  io  debbo  esprimere  la  mia  gratitudine  a 
tutti  quelli  che  diedero  il  loro  appoggio  a  questo  primo  con- 
vegno della  U.  A.  I.  e  cooperarono  alla  sua  riuscita,  prima  di 
tutto  a  S.  M.  il  Re  dei  Belgi,  poi  a  S.  E.  il  Ministro  delle 
Scienze  ed  Arti  Deatrée,  che  colse  l'occasione  per  testimoniarmi 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


i  suoi  BentìmeDti  cordiali,  del  resto  notiesimi,  verso  il  nostro 
paese;  inoltre  a  tutti  in  generale  i  colleghi  belgi,  così  cortesi 
ed  afifettuosi  verso  i  delegati,  e  tra  essi  in  particolare  all'in- 
signe storico  che  fu  eletto  a  presiederci,  il  Sig.  H.  Pirenne  il 
quale  diresse  con  tatto  pari  allo  zelo  i  nostri  prìmì  lavori. 

Gaetano  De  Sanctis,  Belalore. 


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Setaxione    della   Commissione  per  il    conferimento   dei   premi 
Gautieri  (Opere  storiche,  triennio  1916-1918). 


Chiarissimi  Colleohi, 

Nel  concorso  al  premio  dì  fondazione  Gautieri  per  pubbli- 
cazioni storiche  fatte  in  lingua  italiana  e  da  autori  italiani 
durante  il  triennio  1916-1918,  furono  presentate  alla  nostra 
Accademia  opere  di  tre  soli  scrittori,  cioè  una  memoria  del 
prof.  Raffaele  Cognetti  De  Martiia,  Il  Governatore  Vincenzo 
Mistrali  e  la  legislazione  cieile  parmense  (1814-1821),  Parma  1917 
(Estratto  dall'  '  Arch.  ator.  per  le  proT.  parm. ,);  tre  volumi  del 
prof.  Niccolò  Rodolico,  inviati  dalla  Casa  Editrice  Nicola  Zani- 
chelli e  formanti  un  manuale  storico  completo  ad  uso  delle 
Scuole  Nf>rmali  {Le  Sorietà  antiche.  Oriente,  Egitto,  Grecia,  Roma; 
Il  Medioevo  barbarico  e  il  Rinascimento  italiano;  I  tempi  moderni, 
Bologna,  a.  a.  e  1917);  e  finalmente  due  monografie  de)  prof.  Pietro 
Silva,  Il  Sessantasei.  Sludi  storici,  Milano,  Treves,  1917,  e  La 
Monarchia  di  Luglio  e  l'Italia.  Studio  di  storia  diplomatica,  To- 
rino, Bocca.  1917. 

D'altra  parte,  nessuna  indicazione  d'opere  reputate  degne 
di  premio  fu  fatta  alla  vostra  Commissione,  nonostante  l'invito 
rivolto  a  ciascun  Socio  nazionale,  a  norma  dell'art.  3  del  Rego- 
lamento, fin  dall'agosto  del  1919.  Essa  procedette  quindi  in 
primo  luogo  all'esame  delle  opere  inviate  all'Accademia  e  rivolse 
poscia  la  sua  attenzione,  come  era  suo  dovere,  anche  alle  altre 
pubblicazioni  storiche  del  triennio  indicato;  nel  qnale,  a  dir  vero, 
l'anima  e  la  scienza  italiana,  più  che  a  vagliare  crìticamente 
gli  avvenimenti  del  passato,  miravano  a  cercarvi  ispirazioni  e 
conforto  per  l'immane  lotta,  che  i  futuri  storici  dovranno  forse 
considerare  come  il  punto  culminante  di  un'epoca  e  come  l'inizio 
d'un'età  nuova  nella  storia  dell'umanità.  I  Commissarìi  furono 
sempre  pienamente  concordi  nell'apprezzamento  delle  singole 
opere  esaminate,  e  unanimi  sottopongono  ora  al  vostro  giudizio 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


così  ì  loro  apprezzamenti  come  le  conctusioni,  che  naturalmente 
ne  scaturì  SCODO. 

La  memoria  del  prof.  Cognetti  De  Martìis  su  Vincenzo 
Mistrali  reca  certo  utili  contributi  alla  conoscenza  del  governo 
e  della  legislazione  parmense  nei  primi  anni  del  dominio  di 
Maria  Luigia;  ma  condotta  bu  materiali  in  parte  già  usati  da 
altri  studiosi,  forse  un  po'  troppo  diffusa,  non  sempre  del  tutto 
felice  tanto  nei  rafl^onti  storici  e  storico-giuridici  quanto  nell'in- 
terpretazione  dei  documenti,  improntata,  per  ciò  che  riguarda  la 
personalità  del  Mistrali,  ad  un  ottimismo  senza  dubbio  ecces- 
8ÌT0,  non  merita,  a  parer  nostro,  d'esser  messa  in  prima  linea. 

Nei  tre  volumi  del  Rodolico  la  Commissione,  pur  avvertendo 
qualche  inesattezza,  riconobbe  pregi  non  comuni  d'ampia  cono- 
scenza della  materia,  d'ordine,  di  proporzione;  ma  si  tratta 
d'opera  di  divulgazione  e  piuttosto  elementare,  ed  è  nostro 
convincimento,  espresso  già  nella  Kelazione  per  il  concorso  del 
triennio  1913-1915  ed  avvalorato  in  tale  occaeione  dal  vostro 
consenso,  che  nel  conferimento  dei  premi  Oautieri  si  debba 
possibilmente  dar  la  preferenza  a  contributi  originali,  escludendo 
così  i  manuali  scolastici,  che  abbiano,  in  sostanza,  carattere  dì 
divulgazione. 

Opera  di  divulgazione  può  dirsi  in  massima  anche  la  mo- 
nografia del  Silva  sul  Sessantasei,  che  è  certo  notevole  per  )a 
larga  conoscenza  della  letteratura  italiana  e  straniera  sull'ar- 
gomento, per  la  chiarezza,  per  l'imparzialità  e  per  quei  pregi 
di  forma  e  di  misura,  che  appaiono  già  in  altri  scritti  dell'au- 
tore (uno  dei  quali  fu  ritenuto  meritevole  del  premio  Gautìeri 
per  il  triennio  1910-1912),  ma  che  non  ha  vera  originalità 
d'indagini  o  novità  di  conclusioni,  e  poco  aggiunge  a  ciò  che  è 
detto  nelle  opere  notissime  del  Ghiaia,  del  Follie,  del  Frìedjung, 
del  Govone,  del  Luzio,  del  Uuerrini. 

Nello  scritto  sulla  Monarchia  di  Luglio  e  l'Italia,  il  Silva 
non  si  restrinse  invece  al  semplice,  diligentissimo  uso  delle  fouti 
edite  e  della  letteratura,  ma  portò  un  notevole  contributo  di 
ricerche  personali  fatte  a  Parigi  nell'archivio  del  Ministero  degli 
Affari  Esteri.  Disgraziatamente  il  confronto  coll'opera  veramente 
capitale,  La  réeolution  de  juiUet  1830  et  l'Europe,  pubblicata 
quasi  contemporaneamente  dal  visconte  De  Ouichen  (Parigi, 
Emile-Paul,  191ti)  e  frutto  d'accurate  ricerche  negli  archivi,  non 


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della  Francia  soltanto,  ma  della  Russia,  dell'Inghilterra,  del- 
l'Austria, della  Qennania,  de)  Belgio,  dìmoatra  chiaramente 
l'insufficienza  dei  materiali,  di  cui  il  Silva  disponeva,  e  può 
forse  talvolta  far  nascere  qualche  dubbio  anche  Bull'ampìezza  e 
sulla  diligenza  delle  ricerche  fatte  da  lui  nell'archivio  parigino. 
Certo,  considerando  che  gli  atti  diplomatici  rispecchiano  spesso 
situazioni  politiche  facilmente  soggette  ad  imprevisti  e  rapidi 
mutamenti,  può,  per  esempio,  sembrar  grave  che  a  pag.  22  n.  2, 
sia  attribuita  al  23  giugno  1832  una  memoria  dell'ambasciatore 
francese  a  Torino  De  Barante,  detta  giustamente  importantia- 
awta,  la  quale  è  in  realtà  anteriore  di  cinque  mesi,  cioè  del 
23  gennaio,  come  risulta  anche  dal  testo  pubblicato  in  seguito 
integralmente  dal  Weil,  nella  Beime  de  Paria  del  15  dicembre  1919. 

A  queste  deficienze  o  inesattezze  s'aggiunge  la  mancanza 
di  ricerche  negli  archìvi  italiani,  mancanza  che,  se  non  erriamo, 
può  essere  considerata  come  il  principale  difetto  dell'opera  in 
questione.  Dichiara  bensì  il  Silva,  a  pag.  ix,  che  non  gli  fa 
possibile  *  ricorrere  ai  fondi  degli  Archivi  di  Stato  Italiani,  per 
il  fatto  che,  fino  al  dicembre  1916,  in  tali  Archivi  i  documenti 
del  periodo  posteriore  al  1830  rimasero  inaccessibili  agli  stu- 
diosi ,;  ma  l'impossibilità  non  era  forse  assoluta,  poiché  la 
visione  dei  documenti,  di  cui  il  Silva  avrebbe  potuto  grande- 
mente giovarsi,  era  già  stata  concessa  a  parecchi  studiosi,  ita- 
liani e  stranieri;  e,  ad  ogni  modo,  se  anche  il  difetto  deplorato 
non  fosse  menomamente  imputabile  al  Silva,  non  cesserebbe  per 
questo  di  gravare  sull'opera  oggettivamente  considerata. 

In  conclnsione  la  monografia  dei  Silva,  alla  quale  si  dovrebbe 
senza  dubbio  assegnare  il  premio  se  c'incombesse  l'obbligo  di 
scegliere  fra  le  opere  presentate,  non  parve  tale  da  reggere  al 
confronto  d'un'altra  opera  di  cui  ora  diremo. 

Fra  le  pubblicazioni  del  triennio  1916-1918  non  inviate  per 
il  concorso,  la  vostra  Commissione  reputò  degna  di  speciale 
attenzione  la  Storia  amplissima  del  periodo  napoleonico,  dal  1799 
al  1814,  scritta  da  Vittorio  Fiorini  e  Francesco  Lemmi  e  facente 
parte  della  Storia  Politica  d'itatta  edita  a  Milano  dal  Vallardì. 
L'opera  dei  due  egregi  autori  è  nettamente  distinta  e  può  quindi 
esser  considerata  separatamente.  Al  Fiorini  si  deve  tutto  il 
primo  libro,  dedicato  alla  campagna  del  1799  (pag.  1-288),  ma 
la  pubblicazione  di  qnesto  primo  libro  ò  anteriore  al  triennio, 

Atti  delia  R.  AceadtMia  —  Voi.  LT.  46 


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664 

dì  cai  ci  occupiamo.  Cadono  invece,  almeno  in  parte,  nel  triennio 
e  possono  quindi  esser  presi  in  considerazione  i  libri  successivi, 
dal  secondo  al  quinto  (quest'ultimo  appena  cominciato),  che  sono 
opera  esclusiva  del  Lemmi  e  rappresentano  il  frutto,  veramente 
degno  di  lode,  di  studi  e  ricerche,  che  egli  da  molti  anni  si 
propone,  a  quanto  pare,  come  precipuo  compito  della  sua  vita 
scientifica. 

Esaminando  l'opera  del  Lemmi  (pag.  289-880),  non  si  pub 
non  ammirare  la  padronanza,  con  cui  egli  domina  un  cosi  vasto 
materiale;  Io  dispone  armonicamente  con  giusto  equilibrio  delle 
parti  e  con  netta  visione  storica  dell'insieme;  lo  elabora  per- 
sonalmente, orientandosi  nelle  più  complesse  ed  intricate  que- 
stioni; enuncia  franco  e  reciso  giudizi  proprii;  ci  dà  infine  una 
narrazione  organica  notevole  per  limpidezza  ed  efficace  sem- 
plicità di  dettato. 

Se  anche  si  trattasse  dì  pura  divulgazione,  non  sarebbe 
piccolo  merito  aver  composto  un  libro,  che  riassume  chiaramente 
e  con  sufficiente  ampiezza  e  precisione  un'epoca  cos'i  fortunosa 
e  ricca  di  eventi  giganteschi,  e  dà  il  miglior  succo  della  stei> 
minata  letteratura  napoleonica.  Ma  il  Lemmi  non  è  un  semplice 
divulgatore;  e  bastano  a  provarlo,  anche  indipendentemente 
dalla  originalità  nella  trattazione  e  nei  giudizi,  le  copiose  note 
poste  in  fine  d'ogni  libro,  nelle  quali  sono  citati  documenti  degli 
archivi  italiani,  francesi,  austriaci. 

La  commissione  unanime  crede  quindi  d'assolvere  degna- 
mente l'incarico  affidatole  proponendo  che  il  premio  di  fon- 
dazione Gautieri  per  il  trieniv'o  1916-1918  sia  conferito  al 
prof.  Francesco  Lemmi. 

La  Commistione: 
Francesco  Ruffini,  Vice- Presidente 
Paolo  Boselli 
Gaetano  De  Sanctis 
Alessandro  Bacdi  di  Vbshe 
Federico  Patetta,  Relatore. 


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CLASSI  UNITE 


Adunanza  del  4  Lnglìo  1920 

PRESIDENZA    DEL   SOCIO    PBOF.    COHU.    ANDREA    NACCABI 
PRESIDENTE    DELL' ACCADEMIA 


Sono  presenti, 
della  Classe  di  Scienze  fisiche,  matematiche  e  naturali, 
i  Soci  Seghe  ,  Direttore  della  Classe,  Salv adori,  D'Ovidio, 
Guidi,  Mattirolo,  Qbassi,  Panetti,  Sacco,  Majorana,  Rosa, 
Parona,  Segretario  della  Glasse,  che  funge  da  Segretario  delle 
Classi  unite; 

della  Classe  di  Scienze  morali,  storiche  e  filologiche,  i 
Soci  De  Sanctis,  Brondi,  Einaudi,  Baudi  di  Yesue,  Schiafa- 
belli,  Patbtta,  Prato,  Faoqi,  Luzio. 

È  scusata  l'assenza  dei  Soci  Ruffini,  Vicepresidente  dell'Ac- 
cademia, ViDARi,  Peano,  Stampini. 

Come  richiede  l'ordine  del  giorno,  si  procede,  colle  norme 
regolamentari,  alla  votazìope  per  il  conferimento  del  premio 
Gautieri  (Opere  Storiche,  triennio  1916-1918). 

L'Accademia  a  voti  unanimi,  e  come  propone  la  Commis- 
sione giudicatrice,  lo  conferisce  al  sig.  prof.  Francesco  Lehiu, 
autore  della  Storia  d'Italia  nel  Periodo  napoleonico  dal  1799 
al  1814. 

Gli  Accademici  Segretari 
Cablo  Fabrizio  Pabona 
Ettore  Stampini 


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DiBumd, Google 


INDICK 

DEL    VOLUME    LV. 


PaMiDran  delU  Reale  Accademia  delle  Science  di  Torino  dalla  sua 

fondazione Fàg.        m 

Elbhco  deftli  Accademioi  nasionali  residenti,  Nazionali  non  residenti, 

Stranieri  e  Corrispondenti  al  81  Dicembre  1919        .        .        ,  v 

Anuaiv»: 

Santi  degli  Atti  verbali  delle  Classi  Unite.        ....       89, 

383,  437,  570,  631,  665. 
Santi  degli  Atti  verbali  della  Classe  di  scienze  fisiche,  matema- 
tiche e  aatarali ,         5, 

129,  258,  309,  325,  888,  489,  465,  477,  512,  549,  554,  568. 
Santi  degli  Atti  verbali  della  Classe  di  sùenze  morali,  storiche 

e  filologiche 1,93, 

177,  277,  323,  362,  425,  455,  474,  506,  537,  552,  560,  595. 

Ei.inon: 

ElMÌone  del  Socio  Tesoriere 92,487 

Classe  dì  Scienze  fisiche,  mat«matiche  e  naturali: 

Eleàone  del  Direttore  della  Classe ,479 

,         del  Segretario  delta  Classe 180 

Eleaioni  di  Soci  naiionalì  residenti ,      826 

Nomina  di  an  Socio  rappresentante  la  Classe  nel  Consiglio   di 

Amministrazione  dell'Accademia ,      466 

Classe  di  Scienze  morali,  storiche  e  filologiche: 
Elesioni  di  Soci  nazionali  residenti  ^^4 

Ordine  del  giorno  dell'adunanza  de 
bre  1919  rigaardante  la  dotazion 
Invito  del  Toaring  Club  a  partecip 
l'interao  della  Cirenaica    . 


>y  Google 


668  INDICE  DSL  TOLDHE  LT. 

FiRKib  Bkuii  : 

Beluione  sul  XXI  Premio  (intenuu.,  qmóx.  I9I5-1918)  Pag.  88S,  8S5 
L'Accademia,  eecoDdo  la  proposta  della  Commiisione,  delibera 
di  affidare  il  compito  di  naove  ricerche  e  di  una  nnova  rela- 
eìodb  alla  CommiMÌone  che  dovrà  giudicare  anirassegnauone 
del  premio  intemazionale  del  quadrienttio  1919-1922  ,  487 
Nomina  della  CommissioDe  per  il  premia  (nazionale,  qna- 
(Triennio  1917-1920} 488 

PrIMIO    GlOTIIKi: 

Nomina  della  CommiMÌone  per  Ìl  premio  riservato  alla  Lette- 
ratura {triennio  1917-1919} ,611 

Retasione  della  CommÌBaioue  per  il  conferimento  dei  premi 
per  le  Opere  storiche  (triennio  1916-1918)      ...        .661 

Conferimento  del  premio  per  la  Storia  (triennio  1916-1918}     ,      665 

PasHio  Valllàusi  : 

Relazione  della  Gommiasione  per  il  premio  delie  Scienze  fiaiche 
(quadrienno  1915-1918) ,404 

L'Accademia,  rìferendoai  alla  conclusione  della  CcmmiBsione, 
delibera  che  il  premio  del  quadriennio  191S-1918  vada  ad 
aumento  del  capitale  e  dei  premi  Hnccesaivi  .         .         .         ,       438 

Nomina  della  Commissione  per  il  premio  intemazionale  riser- 
vato alla  Letteratura  latina  (quadriennio  1919-1922)      >        .      511 

Biuic  (Fausta).   —   Osservazioni    cristallografiche   sall'auorrite   di 

Qonnesa  (Cagliari) 172 

BicDi  DI  VzsMB  (Alessandro).  —  Espone  Ìl  contenuto  di  un  opuscolo 
del  prof.  A.  Ceuleneer,  destinato  in  omaggio  alla  Classe:  Im 
chariti  romaint  dana  la  littérature  ri  dona  l'art.  ,       f>06 

BaLTGAMi  (Arnaldo).    —   Minucìo   [Otlavius]   -   CHcerone    [De   naturo 

dtorum)  -  Clemente  Alessandrino  {Opere)    .....       179 

Barn  (Emilio).  —  La  eo»dietìo  dei  fructua  contro  il   posseaaore  di 

mala  fede .95 

Borrrro  (G.).  —  Due  passi  del  Cardano  concernenti  Leonardo  da  Tinoi 

e  l'aviadone ,       181 

BosiLU  (Paolo).  —  Dichiara  che  l'onore  di  presiedere  la  prima  adu- 
nanza dell'Accademia  gli  h  contristato  dal  dolore  per  il  lutto 
che  ha  colpito  il  Presidente  Naocari,  orbato  dell'egregia  donna 
che  fìi  sua  compagna I 

—  Dopo  UD  saluto  al  Vicepresidente  assente,  svolge  il  concetto  che, 

dopo  un  lungo  periodo  di  guerra  immane,  si  aprirà  un  nuovo 

periodo  di  civiltà 1 

Bbobdi  (Vittorio).  —  Presenta  con  parole  di  calorosa  lode  due  pub- 
blicazioni del  prof.  Michele  Bosi ■  8 

—  A  nome  del  prof.  Emilio  Bonaudi  presenta  in  omaggio  diverse 

pubblicaziotii  dello  stesso,  delle  quali  espone  brevemente  i  pr^  ,      177 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


INDICE  DEL  VOLUME  LT.  669 

Bmomdi  (Tittorìo).  —  Prewnta  due  pnbblìcuioni  del  prof.  avr.  Mi- 
chele Delle  DoDne  esponendo  i  motivi  che  le  rendono  degne  di 
attenzione Fag.      S06 

—  Presenta  alla  Classe,  in  nome  dell'antore,  Socio  corrispondente 

dell'Accademia,  prof.  0.  Ranelletti,  il  8°  volnme  dei  FtìnHpU  di 
diritto  amminiatrativo,  ponendone  in  rilievo  i  pregi   .                  ,       561 
Bbdmc  (G.I.  —  EÌDgrazia  per  la  Bua  nomina  a  Socio  corrispondente  ,  6 
Bbesotti  (Luigi).  —  Sulla  scompoaiiione  di  nna  forma  binaria  biqua- 
dratica nella  somma  di  due  quadrati 68 

Ci*a  (Vittorio).  —  Settecento  ojtnoro  (Nota  II)  .  ,      195 

—  Coma em orazione  dei  Soci  Benier  e  Novati .....      578 

—  Presenta  la  sua  pubblicaxione  II  primo   eenitnorio  del   romamo 

slorieo  ilttliano  (I815'182i) 177 

—  Presenta  con  parole  dì  vivo  elogio  per  l'antere  la  monografia  di 

Eugenio  Pasaamonti  ti  mimstro  Capponi  td  il  tramonlo  del  libe- 
ratitmo  Toscano  nei  1848 823 

—  Nominato  a  far  parte  della  Commissione  per  il  premio  Cantieri 

per  la  Letteratura  (triennio  1917-1919)        .....      SU 

—  Si  dimette  da  membro  della  Commisrione  per  il  premio  Gautieri 

per  la  Letteratura  (triennio  1917-1919)        .....      538 

—  Fa  omaggio  olla  Classe  della  sua  pubblìcasione  Un  problema  urgente  .      561 
CooKETTi  Ds  Hahtiis  (Luìgi).  —  Osservazionì  sul  nucleo  delle  cellule 

basali  della  *  Helii  pomatia , ,      S5S 

CoLOKarm  (Guatavo}.  —  Risoluzione  grafica  dì  alcuni  problemi  rela- 
tivi all'equilibrio  delle  funi  pesanti ,      S45 

—  Rapporti  fra  azioni  statiche  e  dinamiche  nei  pali  di  una  condut- 

tura elettrica ,      501 

Colobi  (Giuseppe).  —  Ricerche  anato mo-i sto! ogì che  sugli  Enfau«iaoei. 

Il  cuore  di  Nemaleteetit  mtgalope  G.  0.  Sarà.        ....         51 
Di  SiiicTis  (Gaetano)  e  Patsttji  (Federico).  —  Relazione  intorno  alta 

seconda  conferenia  accademica  interaasionale    .....      414 

Conforme  alla  deliberazione  presa  dall'Accademia   nella  sua 

adunanza  straordinaria  del  6  luglio  1919,  rappresentarono  l'Ac- 
cademia al  2°  Convegno  di  Parigi  e  fanno  diverse  comunica- 
zioni in  merito  al  medesimo  .......  S 

—  Delegato  dalla  Classe  con  pieni  poteri  per  trattare  in  Roma  coi 

rappresentanti  delle  altre  Accademie  Reali  intomo  all'aggrup- 
pamento delle  Accademie  Nazionali  prescritto  dall'art.  4  dello 
Statuto  dell'Unione  accademica  internazionale  ....  475 
_  Comunica  la  Circolare  stampata  del  Segretariato  amministrativo 
dell'Unione  accademica  di  Bruielles  in  coi  annunzia  che  la  se- 
conda conferenza  dell'Unione  b  aperta  in  Bruielles  il  26  maggio 
1920  e  riferisce  intomo  alle  pratiche  da  lui  fatte  in  Roma  d'in- 
carico dell'Accademia  col  Ministero  degli  Esteri,  con  l'Accademia 
dei  Lincei  e  col  rappresentante  della  R.  Accademia  della  Crusca  .      510 

—  Nominato  dalla  Classe   Delegato   della    Reale    Accademia  delle 

Scienze  di  Torino  al  prossimo  Convegno  accademico  internazio- 
nale a  Bruxelles 583 


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670  INDICE   DBL  VOLOia  IV. 

Da  SuicTis  lOfteUno).  —  È  dallato  àaM^  Clute  per  trattare  ìd  Roma 

coi  rappresentanti  dell'Accademia  dei  Lincei  e  della  Cmeca  e 

eventnalmente  con  qnellì  di  altre  Accademie  Reali  intorno  alla 

modalità  di  aegoìre  per  la  nomina  dei  dne  Delegati  italiani  alla 

.    prima  riunione  interaccademica  di  Bmiellei        .         ■         •   Pag. 

—  Nominato  rappresentante,  con  il  Senatore  Lanciani  delta  R,  Ac- 

cademia dei  Lìncei.  dell'Italia  al  Conve^o  dell'Unione  accade- 
mica internatione  in  Bruiellea 

—  A  nome  anche  del  Socio  Patetta  comanica  una  lettera  dei  dele- 

gati dell'Accademia  del  Belgio  in  nome  del  Segretariato  ammi- 
aistrativo  dell'  *  Union  aoadémiqne  International ,.  Ne  segae  nna 
dÌBCuflBione  in  merito 

—  A  nome  anche  del  Socio   F&tetta   comunica  alla  Clawe  essere 

giunti  gli  Siatuts  de  l'Union  aeadémiqut  ÌnUrnati<mah  e  avere 
col  collega  preparato  una  relazione  sull'opera  da  loro  svolta, 
la  quale  leggera  in  una  prossima  adunanza  delle  Classi  unite  . 

—  Anche  a  nome  del  Socio  Patetta  presenta  alla  Classe  due  pro- 

poste provenienti  dalla  '  R.  Académie  des  Sciences  de  Amsterdam  , 
salta  quale  crede  bene  che  la  Classe  esprima  il  suo  parere: 
1°  per  nna  edizione  completa  delle  opere  di  Ugo  Qrotios;  '2*  la 
pubblicazione  dei  materiali  aventi  relaiione  col  diritto  consne- 
todinario  dell'Indonesia 

—  Anche  a  nome  del  Socio  Patetta  legge  la  Relaiione  intorno  alia 

seconda  conferenza  accademie*  internaiionale    .        .        .        , 

—  A  nome  anche  del  Socio  Patetta  presenta  la  proposta    del   pro- 

fessore C.  De  Morawski  dell'Università  di  Cracovia  trasmessa 
all'  U.  A.  1.  per  la  pubblioatione:  1*  di  una  edizione  di  Gregorio 
Nananzeno;  8*  di  una  edisione  delle  Celtarum  imaginet    .        , 

—  Nominato  a  far  parte  della  Commissione  per  il  premio  Vallanri 

intemazionale  riservato  alla  Letteratura  latina  (quadr.  1919-22)  . 

—  Relasione  preliminare   relativa   alla   Conferenn   accademica  di 

Bruieltes , 

—  Nominato  a  far  parte  della  Commissione  per  il  premio  naiionale 

Bressa  (quadriennio  1917-1920) 

D'Ovidio  (Enrico).  —  Manda  un  afiFettnoso  sainto  al  compianto  Socio 

N.  Jadanza  test^  deceduto , 

Em^UM  (Luigi).  —  Informa  l'Accademia  circa  le   nuove    restriEÌoni 

deliberata  dal  Consiglio  di  Amministrazione  relative  alla  slampa 

degli  Atti 

—  Presenta  un  suo  volume,  primo  di   una    *  Biblioteca   di    scienze 

economiche  ,  ohe  ha  per  titolo:  Il  problema  della  finanza  poH- 
Mlita.  Lezioni  tenute  all' Univertità  eommerciale  Bocconi  , 

—  Eletto  a  Delegato  della  Classe  nel  Consiglio  di  Amministrazione 

dell'Accademia , 

Fàooi  (Adolfo).  —  Eletto  Socio  nazionale  residente  .... 

—  Ringrazia  per  la  sua  nomina , 

~-  Nominato  a  far  parte  della  Commissione  per  il  premio  Cantieri 

riservato  alla  Letteratura  (triennio  1917-1919)    .... 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


INDICE  DEL  TOLOHE  L7. 

Foi.  (Pio).  —  Commemoroiioue  del  Socio  Fagarì  .  F^. 

—  Ftesenta  in  oma^io  U  prim»  diipeiiBa,  del  Trattato  di  Anatomia 

patologica  da  Ini  pubblicato  in  collaborasi  on e  con  parecchi  col- 
legbi 

—  Fa  omaggio  del  2°  fascicolo  del  Trattato  di  Anatomia  patologica  , 
Vvai-iMi  (Oiaaeppe).  —  L'anatema  di  Oiovanni  d'AteMandria   contro 

Qiovauni  Filopono 

Okbbaldi  IF.|.  —  Salta  BCompo8ÌEÌone  di  nna  forma  binaria  biqua- 
dratica nella  somma  di  dae  quadrati , 

Gkawi  (Guido).  —  Relazione  sul  XXI  Premio  Breaga  (quadriennio 
1915-1918)      

—  Presenta  in  omaggio  i  suoi  Frincipìi  teientifici  della  ElttlroUeniea. 

Introduzione  al  Corto  di  Elettroteeniea  ..... 

—  Legge  la  Relazione  della  Commissione  per  il  XXI  Premio  Bressa 

e  comunica  cbe  la  stessa  Commissione  deliberb  di  chiedere  alla 
Accademia  se  non  sarebbe  conveniente  sospendere  pel  momento 
il  giudizio  definitivo  sul  conferimento  del  premio 

—  Offre  in  omaggio  il  2°  volume  della  4*  edizione  del  sno  Cono  di 

Elettrotecnica  . 

—  Nominato  a  far  part«  della  Commission«  per  il   premio   Bressa 

(italiano,  quadriennio  1917-1920) 
Gbibodo  (Giovanni).  —  i  '■  Rincoti ,  ed  i  *  Lepidotteri  ,   delle  Oasi 

xerotropiche  di  Val  di  Suaa 
GntDi  (C).  —  Fa  omaggio  della  sua  Nota:   Sul   calcolo   ilatico   delle 

dighe  a  gravità 

—  Fa  omaggio  della  2*  edizione  del  sno  volume:   Etercizi.   LtzioHi 

»uUa  ecitnza  deUe  eoHruzioni 
Guini  (Guido).  —  Ricerche  sperimentali  sui  valori  del  titolo  di  ben. 

lina  della  miscela  dì   alimentazione   dei  motori  a  scoppio 
Hkiliteea  (Amedeo).  —  Eletto  Socio  nazionale  residente 

—  Ringrazia  per  la  sua  nomina 

JtniBi*  INicodemo).  —  Commemorazione  del  Socie  corrispondente 

Prof.  Vincenzo  Reina    .... 
LiTTU  (Elia).  —  Obiezioni  generali  del  HeìUet  ed  altri   contro   le 

parentele  italiche  dell'Etrusco 

Lum  (Francesco).  —  Gli  è  conferito  il  premio  Gautieri  per  la  Storia 
LoMBABDi  (Luigi).  ^  8opr«  un  metodo  semplice  per  rilevare  le  curve 

di  variazione  delle  grandezze  alternative   e   le  loro   armoniche 

sacceseive        

Iaeio  (AleBsaadro).  —  Eletto  Socio  Nazionale  residente 

—  Ringrazia  per  la  sua  nomina  .... 

—  Ditcorso  pronunciato  presentando 

del  dott.  Pietro  Torelli,  Direttoi 
tOTB:    L'Archivio  i 
Banca  Italiana  di  I 

—  Nominato  a  far  par 

per  la  Letteratura 
Cian  dimisiionarìo 


omaggio  alla  Classe  il  volume 
dell'Archivio  di  Stato  in  Man- 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


672  INDtCB  DEL  VOL0MB   LV. 

Hajoubi  (Quirino).  —  SqIIb  gravituione Faa. 

—  Nominalo  a  far  parte  della  Commi  suo  ne  per  il  premio  nuionale 

BresBft  (qniidrìeanìa  1917-1920) 

MiABo  ((ìioTaoni).  —  Sulla  psicoloftia  dell'antico  Egitto   .         .         , 
Mattiholo  (Oraste),  —  Cam  memo  razione  di  Saverio  Belli  .         , 

—  Commemorazione  di  Pietro  Andrea  Saccardo  (Treviio,  23  aprile 

1845  '  Padova,  12  febbraio  1920} 

—  Fa  omagflio  di  una   aua   Nota:    La    Daidinia    coneentrita    DKtr» 

et  Cali,  trottata  nelle  torbiere  di  Montorfano  (Como)  , 

—  Informa  l'Accademia  della  costitasione  di  nn  Comitato  d'onore  e 

di  ano  esecutivo  per  raccogliere  ibndi  per  un  ricordo  del  com- 
pianto Socio  I.  Guareacbi 

—  Presenta  dae  Note  stampate  del   Socio  corrisp.  G.  B.  De  Toni  : 

Comoìemoraxioni  dei  Soci  Q.  Brios  e  P.  Baeearini;  Spigolature 
Aleesandrine  XVI  ...,..,.., 

—  Fa  omaggio  delle  sue  Note:  POaguale  Baeearini;  Due  ' AepenUxie „ 

nuove  per  la  Flora  italiana;  Tartuficoltura  e  rmibotehimento       , 
UoaCÀ  (Gae.tano).  —  Eletto  Socio  nazionale  recidente  , 

—  Ringrazia  per  la  sua  nomina 

NicciRi  (Andrea).  —  Annunzia  che  durante  le  ferie  l'Accademia  ba 

fatto  gravi  perdite  nelle  peraone  del  Socio  etraniero  Ernesto 
Haeckel  e  dei  Soci  corriapondenti  0.  Rajleìgh,  P.  Baeearini, 
S.  Schwendener,  E.  Fischer,  V.  Reina         ..... 

—  Comunica  un  invito  del  Touring  Club  Italiano  a  partecipare  ad 

nna  escursione  nell'interno  della  Cirenaica         .        .        .        , 

—  Presenta  nn  ritratto  fotografico  del  fu  Socio    e    Tesoriere   della 

Accademia  Prof.  Senatore  Angelo  Siamonda,  grazioso  dono  della 
N..  D.  Emilia  FomariB-Rebandengo 

—  Distribnendo  le  copie  della  Commemorazione  di  Icilio  Gnareschi 

inviate  dall'autore  prof.  F.  Garelli  ne  rileva  l'importania  e  rin- 
grazia il  donatore , 

—  Comunica  cbe  il  Miniatro  dell'  I.  P.,  rispondendo    all'ordine    del 

giorno  votato  dall'Accademia  nell'adunanui  del  7  dicembre  1S19, 
ripete  di  riconoscere  l'inBuflcienza  delta  dotazione  accademica, 
ma  di  non  poterla  elevare  per  opposizione  del  Uinistro  del 
Tesoro , 

—  Con  parole  di  vivo  compianto  partecipa  la  morte  del  Socio  corri- 

spondente Pierandrea  Sa(»!ardo 

—  Annanzia  la  morte  del  Socio  nazionale  residente  Nicodemo  Jadania 

e  con  commossa  parola  lo  commemora  brevemente    .        .        , 

—  Comonicherà  alla  famiglia  del  compianto  collega  N.  Jadanta  la 

espressione  del  cordoglio  della  Classe,  e  incarica  il  Socio  U.  Pa- 
netti di  tesserne  l'elogio , 

—  Comunica  la  circolari  relative  al  '  Congrès  International  dea  Ma- 

tbémoticiens  ,  cbe  si  terrà  a  Strasbu^o  ed  al  Congresso  intec' 
nasionale  di  Meteorologia  che  si  terrà  a  Veneua       .        .        , 

—  Presenta  con  un  caloroso  saluto  i  nuovi  Soci  nszionalì  residenti 

Adolfo  Faggi  e  Ateuandro  Luiio  i  qaali  ringraciano         .        , 


zed.yGOOgle 


INDICE  BSr.  VOLUME   LT. 

Hacgau  (A.iidrea).  —  Preaecta   alla   Claiee    i   uaavì   Soci   Rosa  ed 
Herlitzka  e  dà  loro  il  beorenuto Pag. 

—  Annunzia  l'arvenata  morte   del   Socio   nazionale  non  reeideate 

A.  Righi  e  con  commoaae  parole  eaprimo  il  dolore  suo  e  dei 
collegrhi  e  fa  un  breve  elogio  dell'inHigne  nomo  scomparso       , 

Nasi  (Ferdinando}.  —  Jole»  Camus,  filologo 

Pacchioki  (Giovanni).  —  Vedi   PArm*  (F.)  e  Pìcchiohi  (G.). 

—  Nominato  a  far  parte  della  Commissione  per  il  premio  Vallanri 

internaziODale    riservato    alla    Letteratura    latina   (quadriennio 

1919-1922) 

Pahbtti  (Modesto).  —  Per  una  precisa  definisione  del  metacentro  di 

—  Fa  omaggio  del  suo  scritto:    /'   laboratorio   di   aerodinamica    del 

B.  PoUtfcnico  di  Torino , 

—  Commemorazione  del  Socio  N,  Jadanza         ..... 
PuoHA  (C.  F.).  —  Interpretando  i  sentimenti  dei  collegbi   rinnova 

al  Presidente  le  condoglianze  per  l'irraparabile  perdita  da  lui 
fatta  colia  morte  della  sua  Consorte   .        .^      .        .        .        . 

—  Ricorda  che  per  gradito  incarico  atuto  dal  Presidente  rappresentò 

l'Accademia  alle  solenni  onoranze  rese  nell'Università  di  Pavia 
all'illustre  geologo  nostro  Socio  nazionale  T,  Taramelli  in  occa* 
sione  del  suo  44°  anno  d'insegnamento,  e  come  omaggio  proprio 
offre  un  esemplare  della  medaglia  in  bronzo  battuta  in  tale  oc- 
casione in  onore  del  collega , 

—  Presenta  la  Nota  Ossertazioni  »ul  ^re  dell'Olivo  inviata  in  omaggio 

dal  Socio  R.  Pirotta 

—  Rieletto  Segretario  della  Classe  di  Soienie  fisiche,  matematiche 

e  naturali , 

—  Ricorda  le  deliberazioni  restrittive  del  Consiglio  di  Amministra- 

zione dell'Accademia  riguardanti  i  lavori  da  inserirsi  nelle  pub- 
blicozionì  dell' Accademia 

—  Avverte  essere  a  disposizione  dei  Soci  in  Segreteria  un  certo  nu- 

mero di  copie  relative  ai  Cotivet/HÌ  didattici  di  Elettrotecnica  e  di 
Mtccaniea  presso  il  R.  Iitiluto  Nazionale  d'istruzione  professionale 
in  Roma;  Scuota  di  Magistero        ....... 

—  Presenta  il  2"  volume  delle  (Euvrea  complìtes  de  Tk-.  Jean  Stieltjes 

pubblicate  dalla  Società  matematica  di  Amsterdam  che  lo  manda 

in  dono 

PiTSTTA  (F.).  -  Vedi  Db  Sakctis  (G.)  e  P*tbtt*  (F.). 

—  A  nome  anche  del  Socio  De  Sanctis   informa   l'Accademia   del- 

l'esito dell'adunanza  tenutasi  nella  seconda  metà  di  ottobre 
dell'  '  Union  Aoadémjque  ,  in  Parigi 

—  e  pACcaioHi  (Q.)'  —   Incaricati  di   riferire   sulle    proposte   della 

*  Académie  Royate  des  Sciences  d'Amsterdam  ,  presentate  alla 
Classe,  cioè:  1*  una  edizione  completa  delle  opere  di  Ugo  Grotius; 
2°  la  pubblicazione  dei  materiali  aventi  relazione  col  diritto  con* 
snetudinarìo  dell'Indonesia , 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


674  INDICB  DEL  VOLDHS  LT. 

FiTCTTA  (F.).  —  Nominato  a  far   parte   della  Commi  Baione   per  i] 

premio  nasionale  Bresaa  (quadriennio  1917-1920)         .        .  Pag.      488 

—  Legge,  &Dche  a  nome  del  Socio  Pacchioni,  la  Relazione  circa  le 

due  proposte  della  R.  Accademia  di  Amsterdam  per  la  stampa 
di  uDa  edizione  delle  opere  di  Ugo  Qrotias  e  per  la  pnbblica- 
lione  dei  materiali  rifereotiei  al  diritto  consuetudinario  dell'Ia- 
donesia ,      510 

—  Relasione  della  Commiasione  per  il  conferimento  dei  premi  Gao- 

tieri  (Opere  storiche,  triennio  1916-1918)  .....  861 
PiAKo  (G.).  —  Fa  omaggio  dì  tre  sue  pubblicazioni  su  argomenti  di 

matematica ,      253 

—  A  nome  del  prof.  H.  Chini  o9re  con  parole  dì  lode  ì  due  volumi: 

Corso  aptciah  di  MattmaHche  ad  uso  dei  chimici  t  dei  naturalisti; 

Esercixi  di  calcolo  infitiileiimalt 478 

Pnucci  (Eligio).  —  Sulla  elettrizzazione  del  mercurio  per  strofinio 

(Sotft  I) 440 

PicoHK  (Mauro).  —  Sul  cambiamento  della  Tariabìle  di  integracione 

nell'integrale  di  Lebeague ,31 

Puh  (Italo).  —  Nominnto  a  fiir  parte  della  Commissione  per  il  premio 

Qantierì  riservato  alla  Letteratura  (triennio  1917-1919)      .         .       SII 

—  Presenta  dna  pubblicaiioni  del  prof  Michelangelo  Biltia:  1*  Se  le 

leggi  etonomtehe  paliseano  eeettionì;  2*  Sulla  Cauta  .  .  ,  475 
PooHSTTiMo  (Alfredo).   —  Eletto  Socio  nazionale  residente  ,       82S 

—  Ringrazia  per  la  sua  nomina. 

Pou  (Cine).  —  Sulla  teoria  dei   fenomeni  ottici  nell'ipotesi  che  il 

moto  della  sorgente  modiSchi  la  velocità  della  Ince  emessa  ,  871 
PoiTEio  (Giacomo).  —  Commemorazione  del  Socio  OoareBchi  .  .  650 
Piato  (Giuseppe).  —  Un  tentativo  di   banco   pubblico   a   Mantova 

nel  1626 426 

—  Eletto  Tesoriere  dell'Accademia 92,437 

—  Fa  omaggio  alla  Classe  di  una  sua  recente  pubblicazione  :  Fatti 

e  dottrine  eeonotnichs  alla  vigilia  del  1848.  L' Associamone  agraria 
subalpina  e  Camillo  Cavour  e  ne  fa  un  breve  riassunto     .        ,      507 

—  Ancbe  B  nome  del  Socio  Einaudi  presenta  in  omaggio  all'Acca- 

demia il  volume  XXX  della  Rivista  *  La  Riforma  Sociale  ,  in- 
sieme col  volume  L'Italia  economica  nel  1918  di  R.  Bachi         ,       587 

—  Esposicione  finaneiaria  dell'esercizio  1919  e  bilancio  preventivo 

dell'esercizio  in  corso.  Gestione  delle  ereditii  Bressa,  Gantierì, 
Pollini  e  Vallauri 681 

—  Ringrazia  i  Soci  ing.  Gnidi  e    Panetti  dell'ispezione   fatta   alla 

Specola  in  rapporto  alle  riparazioni  alla  stessa.        ■  ,  632 

Rost  (Daniele).  —  Eletto  Socio  nazionale  residente  .        .        .        ,  826 

—  Ringrazia  per  la  sua  nomina 477 

RcrFTHT  (f.).  —  Nominato  a  far  parte  della  Commissione  per  il  premio 

nazionalo  Bressa  (quadriennio  1917-1920} 488 

—  Ringrazia  il  Socio  Lueio  per  l'interessante  discorso  pronantìato 

presentando  il  1'  volume  AqW Archivio  di  Stato  di  Ifanleva,   e 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


INDICE   IIBL  VOL.DME  LY. 

mandR  cordiali  coDgratu Iasioni  al  dott.  Pietro  Torelli,  all'Accft- 
oftdeinia  Virgiliana  e  alla  Banca  Italiana  di  Sconto  di  Mantova, 
aagurando  che  il  nobile  atto  di  questa  trovi  molti  imitatori  Bag. 
Rumai  |F.).  —  Presenta  alla  Classe  il  nuovo  Socio  caiiouale  resi- 
dente Senatore  Gaetano  Moaca,  il  quale  rinfn^iia     .  , 

—  Fa  omaggio  all'Accademia  della  Boa  Monografia  Outrra  e  riforme 

COttitiaìonali   ........... 

Sacco  (Federico).  —  Le  Oscillazioni  glaciali       .        .        .        .        , 

—  Il  Fioalese 

—  Fa  omaggio  di  tre  sne  pabblicationi  su  argomenti  di  Geologia  , 

—  Fa  omaggio  alla  Clasìe  della  sua  Memoria  Lr  eondMoni  mettorv 

ideologiche  deU'Era  quaternaria  e  la  «ausa  dei  periodi  glaciali   , 

—  Fa  omuggio  alla  Classe  di  un  suo  opuscolo  intitolato:  Una  trotta 

marina     ............ 

—  Fa  omai^io  alla  Classe  di  uoa  sua  Nota  stampata,  intitolata: 

La  glaciatiOH  dam  le*  eolio»»  de  Saint- Barthelmg  el  de  Torgnon  , 

—  Fa  omaggio  della  sua  Nota  Puliationi  della  croata  terrestre        , 
Samh»  (Gustavo).  —  Serie  di  funzioni  sommabili  uniformemente  col 

metodo  di  Borei  generaliisato  (Nota  II)       ....        , 

&CBUPABIU.1.I  (Eroeatot.  —  Associandosi  al  collega  Vidari  nella  pre- 

sentaiione  della  Nota  del  prof,  G.  Marre,  aggiunge  che  la  Nota 

stessa  b  il  riluttato  di  un  diligente  studio  fatto  snUa  raccolta 

antropologica  del  Museo  di  Torino , 

Ssosa  (Corrado).  —  Commemorazione  di  H.  Q.  Zeuibeo   .  , 

—  Nominato  a  far  parte  della  Commissione  per  il  premio  nazionale 

Bressa  (quadriennio  1917-1920) 

—  Eletto  Direttore  della  Classe  di  Scienze  fisiche,  matematiche  e 

naturali , 

—  Dà  il  doloroso  annunzio  della   morte   del   Socio   corrispondente 

Maurizio  Cantor , 

—  Rileva  fra  i  libri  giunti  in  dono  l'opera  del  «ig.  Snrendramohan 

Gangali  Lteluret  on  the  tkiorg  of  piane»  curve»  .... 

Snuii  (Ottorino).  —  L>e  oecillazioni  torsionaU  degli  alberi  di  trasmis- 
sione con  massa  propria  e  con  masse  conoentrate  in  punti  in- 
termedi   

SroBiA  (Giovanni).  —  La  patria  di  papa  Eutichiano  , 

SiBiKAin  (Filippo).  —  Espressioni  analitiche  ohe  definiscono  pib  fan- 
sioni  analitiche  ad  area  lacunare 

SoMiauAi»  (Carlo).  —  Relazione  della  Commissione  per  it  Premio 
Tallanri  (quadrienno  1915-1918) . 

—  Partecipa  di  avere  raccomandato  alla  Direzione  del  Tonrìng  Club 

Italiano  di  &r  coincidere  l'escursione  in  Cirenaica  colle  ferie 
pasquali , 

—  Legge  la  Relazione  della  Commissione  del  premio  TallauH  riser- 

vato alle  Scienze  fisiche  per  il  quadriennio  1916-1918,  nella  quale 
la  Commissione  propone  che,  non  essendovi  persona  a  ani  possa 
essere  conferito  premio.  Io  stesso  vada  ad  aumento  del  capitale 
e  dei  premi  successivi , 


D,!„t,zed.yGOOg[e 


676  INDICt:   DEL  VOI.DHB   LT. 

SomoLiANA  (C.)-  —  Riferisce  sul    vìkk^o    in   Cirenaica,    orgvnimato 

dal  Touriog  Club  IbitiAno Riy. 

Smhpini  (Ettoreì.  —  Nonnnllae  ìnsoriptioQes  et  disticba  .        .        , 

—  Nuovi  sagi^i  umanietici , 

—  Comunica  una  lettera  della  Reale  Società  Geografica  Italiana  che 

partecipa  la  morte  del  prof.  Senatore  Ginaeppe  Dalla  Vedova, 
che  fa  nostro  Socio  corrispondente , 

—  Legfte  due  lettere,  nna  del   Presidente   della   Reale   Accademia 

di  Scienze,  Lettere  ed  Arti  di  Modena,  l'altra  della  Reale  Acca- 
demia di  Scienze,  Lettere  e  Belle  Arti  di  Palermo  che  rigoar- 
dano  i  deliberati  dell'  '  Union  Académique  de  recbercbes  et  de 
publicationa  , 

—  Comunica  il  Decreto  Luogotenenziale  col  quale  furono  approvate 

le  elezioni  a  Presidente  dell'Accademia  del  Socio  Andrea  Naccari 
e  quella  del  Vice  Presidente  Francesco  Ruffini  e  la  rielezione 
di  S.  E.  BoHellì  e  del  Socio  Ettore  Stampini  riipettivamente  a 
Direttore  e  a  Segretario  della  Classe  di  Scienze  morali,  storiche 
e  6lolo({icbe , 

—  Presenta  le  seguenti  pubblicazioni  pervenute  all'Accademia  da 

parte  degli  editori:  P.  Vergili  Maronà  Aeneidos  libri  VII,  VITI.  IX 
per  cnra  di  R.  Sahbadini,  e  L.  Annaei  Senteae  Dt  ira  ad  Noratum 
libri  tre»  per  cnra  di  A.  Barriera,  appartenenti  entrambi  i  vo- 
lumi al  Corput  Scriplorum  haliHorum  Parafianum,  e  La  critita 
dei  poeti  Bomani  in   Oraxio  di  Carlo  Pascal  .... 

—  Propone  sia  rinnovato  a!  Governo  il  voto  espresso   dalle   Classi 

unite  il  4  maggio  1919  inviando  al  Ministero  il  testo  dell'or- 
dine del  giorno  del  Socio  Tesoriere , 

—  Pretenta  a  nome  del  Socio  corrispondente  G.  Zuccante  le  seguenti 

Pubblicazioni;  Vigilio  Inama,  Commemorazione;  Correnti  di  trftt- 
rntura  pesntìtiattea  di   A.  Sohopenhauer  ;   L'ultimo  eanlo  del   Pa- 

—  Partecipa  la  notizia  della  improvvisa  morte  del  Socio  corrispon- 

dente Pier  Enea  Guarnerio , 

—  Presenta  a  nome  del  Socio  corrispondente  C.  Hontalcini    il    vo- 

lume Legge  elettorale  politica.  Tento  unito  2  settembre  1913  com- 
posto in  collaborazione  con  A.  Alberti         ..... 

—  Presenta  in  omaggio  l'opuscolo  del  Socio  Sforza  intitolato:  Conti- 

deratiOHÌ  Geologiche  e  Topografiche  di  6.  Qitidoni  «k/  Territorio 
Monligtio»ÌHO   ........... 

—  Presenta  gli  '  Statats  de  l'Union  Acndémìque  Internationale  ,  , 

—  Presenta  l'opuscolo  del  Socio  corrispondente  C.  Bertacchi  intito- 

lato: Giuseppe  Dalla  Vedova  e  il  moderno  indiritxo  degli  studi 
geografici  in  Italia  ......... 

—  Comunica  la  lettera  ministeriale  con  la  qnale   si    annunzia   che 

con  R.  Decreto  del  IS  gennaio  d.  s.  il  Socio  Prato  fa  eletto 
Tesoriere  dell'Accademia , 

—  Presenta  alla  Classe,  qnale  omaggio  del   Socio    Sfona,   il    libro 


zed.yG00gle 


INDICE   OET.   VOLUME   1,V, 

La  regione  di  Adalìa.  Città,  foreste,  risorse  agricole 
eoinmerciù]  pabblicasione  adorna  di  belle  illustraziuni  che  fu 
diretta  e  io  buona  parte  scritta  dnl  coote  ing.  M.  Sforza  Pag. 
SiAMnia  (Ettore).  —  Dà  lettura  della  deliberazione  del  Consiglio  di 
Amministrazione  dell'Accademia  riguardante  l' accettali one  di 
Note  da  inserirsi  negli  Atti  .         .         , 

—  Notifica  che  la  Reale  Accademia  della  Cmsca  ha  aderito  all'in- 

vito della  nostra  Accademia  e  bì  farii  rappresentare  al  Convegno 
di  Roma  delle  Accademie  Reali  italiane 

—  Comunica  che  l'Accademia  di  Aroheologìa,  Lettere  e  Belle  Arti 

di  Napoli,  non  avendo  ancora  aderito  all'U.  A.  I.,  non  pub  dare 
alcuna  risposta  

—  Presenta  a  nome  del  Socio  Sforza  assente,  la  HonograBa  di  lui; 

Nuori  doemnenti  gull'eccidio  dei  Fratelli  Bandiera  e  dei  loro  com- 
pagni         

—  Nominato  a  far  parte  della  Commissione  per  il  premio  interna- 

zionale Vallauri  riservato  alla  Letteratura  latina  (quadriennio 
1919-1922) 

—  Presenta  il  volume,  pervenuto  all'Accademia,  di  Paolo  Monceauz 

su  Saint  Optat  et  tre  premiìre»  divigiona  Donatiste»,  V  dell'opera 
Histoire  Uttii-ttire  de  l'Afrique  Chritienne 

—  Dà  lettura  di  una   lettera   del   Sottosegretario   di   Stato   per   gli 

affari  esteri  che  notifica  di  aver  sottoposto  al  Ministero  della 
Pubblica  Istruzione,  percht  di  sua  speciale  competenza,  la  pratica 
relativa  alla  partecipazione  dell'Accademia  al  Convegno  di  Bro- 

—  Fa  omaggio  alla  Classe,  anche  a  nome  dell'editore  E.  Chiantore, 

del  sud  recente  volume  in  cui  VOrator  di  M.  Tullio  Cicerone 
commentato  da  E.  De  Marchi  È  pubblicato  in  una  nuova  edizione 
notevolmente  modificata         ........ 

—  Presentnndo  il  recente  opuscolo  del  Socio  corrispondente  G.  Bla- 

dego,  Per  U  centenario  delta  morte  di  Dante,  nel  quale  questi 
propone  all'Accademia  di  Agricoltura, Scienze  e  Lettere  di  Verona 
l'inisiativa  di  un  volume  che  raccolga  gli  scritti  su  Dante  del 
nostro  compianto  Socio  C.  Cipolla,  dei  quali  alcuni  sono  inseriti 
nelle  pubblicazioni  della  nostra  Accademia,  presenta  alla  Classe 
—  e  questa  l'accoglie  all'unanimità  —  la  proposta  di  un  plauso 
all'Accademia  di  Verona,  che  unanime  accettò  il  voto  ilei  Biadego, 

—  Dà  lettura  di  un  telegramma  di  S,  E.  il  Ministro  Torre  col  quale 

partecipa  che,  mentre  il  Ministero  de^li  Esteri  provvederà  allo 
invio  dell'adesione  ufficiale  dell'Italia  al  Convegno  dell'Unione 
Accademica  intemazionale  in  Bruxelles,  accetta  la  proposta  che 
l'Italia  sia  rappresentata  dal  Socio  De  Sanctis  della  nostra  Acca- 
demia e  dal  Senatore  Lanciani  dell'Accademia  dei  Lincei         , 

—  Presenta  alla  Classe  il  Manuale  di  diritto  cottitugionaie  in  due  vo- 

lumi, pubblicato  dairOn.  Pietro  Cbimienti  e  da  questo  inviato 
in  dono  all'Accademia.  Il  Vicepresidente  Ruffini  esprime  un  breve 
e  favorevol  egiudizio  sull'opera , 


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678  INDICE   DBL  VOLDME  LV. 

Stampisi  (Ettore).  —  PrMeota  alU  ClaMe  le  segaentt  pubblici 

mandate  in  dono  dai  relattrì  editori:  F.  Vergiti  MartmU  Atiuido$ 
It6rJX,X/,  XZT  di  Remigio  Sabbftdiiii;  A.  t^rtU  Flaeci  Satirarum  ■ 
liber  dì  Felice  ftnmoriDO  e  M.  Tulli  (Vetroni»  LaeUtu  De  Amieitia 
liber  di  Iguano  Basai,  ohe  fumo  parte  del  Corpua  Seriplorum 
Latinorum  Paravianum;  e  Le  satire  di  A.  Ftrtio  Fiacco,  illaitrate 
con  note  italiane  da  F.  Ramorioo  (2'  ediz,,  Torino,  G.  Chian- 
tore,  1920) Pag. 

—  L«KKe  il  telegramma  del  Socio  3.  E.  Boselli  col  quale  ringrazia 

la  Claiae  del  telegramma  angurale  inviatogli  e  aonancia  che  la 
Bua  guarigione  pincede  favo  re  toI  mente 

Tbisacihi  (Alessandro).  —  Alcune  questioni  sngli  spazi  tangenti  e 
osculatori  ad  una   varietà  (Nota  III) 

Tautani  (Nicola).  —  Per  la  storia  del  ditirambo  [Ptip.  Oxyrh.  1604 
col.  II) 

Txuuaoi  (Luigi).  —  Nominato  a  &t  parte  della  Commissione  per  il 
premio  Intemacionale  Vallanri  riservato  alla  Letteratura  latina 
(quadriennio  1919-1922) , 

—  Nominato  a  far  parte  della  Commissione  per  il  premio  Qaatierì 

riservato  alla  Letteratura  (triennio  1917-1919)    .... 

TiD^ai  (Oiovanni).  —  Fa  dono  all'Accademia,  come  già  fece  dei  pre- 
oedeuti,  del  III  volome  de'  aaoi  Elementi  di  Ftdagefia,  che  ha 
per  titolo  La  Didattica , 

Zamotti  Bianco  (Ottavio).  —  I  concetti  moderni  aulla  figura  mate- 
matica della  Terra.  Appunti  per  la  storia  della  geodesia.  — 
Nota  IX  :  Il  divario  fra  l'ellissoide  e  la  terra  fluida  .  , 

Zoppnrt  (Luigi).  —  L'abito  fogliare  nelle  siepi  di  Lignetto  , 

Indice  del  volume  LV , 


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PUBBLICAZIONI  FÌTTE  SOTTO  fiU  IDSPICI  DELL'JlCCADEHli 


Il  MCBBKle  mlBlatO  del  eard,  Hioolò  RsmUI  detto  il  cardinale  d'Aragona. 
Codice  della  Biblioteea  naiionale  di  Torino  riprodotto  in  fao-simile 
per  Qura  di  C.  Prati,  A.  Bsudl  di  Vesme  e  C.  Cipolla. 

Torino,  Fratelli  Bocca  editori.  1906, 1  voi.  in-^  di  32  pp.  e  134  ta- 
Tole  in  fotocollograSa. 

n  egdlee  eTao^cltco  k  della  Biblioteca  QniTersitaria  naiionale  di  Torino, 
riprodotto  in  fac-BÌmile  per  onta  di  C.  Cipolla,  O.  De  Ssnctlfl 
e  P.  Fedele. 

Torino,   Caaa  editrice  0:  ISoìtèio,    1913,  1  voi.  in-4*    di  70  pagg. 
e  96  tav. 


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SOMMARIO 


Classi  Unite. 


Sunto  dell'Atto  Verbale  dell'Aduncuiza  del  27  Giugno  1920      .  Pag. 
PiKETTf  (Modesto).  —  Note  autobiografiche  di  Nicodemo  Jadama 
Fohe:o  (Giacomo).  ~  Commemorazione  di  loìlio  Guareachi 
De  SiircTis  (Gaetano).  —  Relazione  preliminare  alla  Conferenza   ( 

cademica  intemazionale  di  Bruxelles 

Pàtetta  (Federico).  —  Belaiione  della  CommisBiotae  per  il  conferi' 

mento  dei  premi  Gautieri  (Opere  storiche,  triennio  1916-1SI8)  , 


Sunto  dell'Atto  Verbale  dell'Aduns 
Indice  del  volnme  LV  . 


1  del  4  Luglio 


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