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Full text of "Atti della Reale Accademia delle scienze di Torino"

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R. ACCADEMIA DELLE SCIENZE 


DE br GaRTNO 
PUBBLICATI 


DAGLI ACCADEMICI SEGRETARI DELLE DUE CLASSI 


VOLUME TRENTESIMOSESTO 
1900-901 


TORINO 
CARLO CLAUSEN 


Libraio della R. Accademia delle Scienze 


1901 


Torino — Vincenzo Bona, Tipo 
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afo di S. M. © de' RR. Principi. 


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ELENCO I nt 


DEGLI 


ACCADEMICI RESIDENTI, NAZIONALI NON RESIDENTI, 
STRANIERI E CORRISPONDENTI 


aL 18 Novemsre 1900. 


PRESIDENTE 


CaRrLE (Giuseppe), Senatore del Regno, Dottore aggregato 
alla Facoltà di Giurisprudenza e Professore di Filosofia del 
Diritto nella R. Università di Torino, Socio Nazionale della 
R. Accademia dei Lincei, Membro del Consiglio Superiore della 
Pubblica Istruzione &, Comm. ess. 


Vice-P RESIDENTE 


Cossa (Alfonso), Dottore in Medicina, Direttore della Regia 
Scuola d’Applicazione degli Ingegneri in Torino, Professore di 
Chimica docimastica nella medesima Scuola e di Chimica mi- 
nerale presso il R. Museo Industriale Italiano, Socio Nazionale 
della R. Accademia dei Lincei, Uno dei XL della Società. Ita- 
liana ‘ delle Scienze, Corrispondente del KR. Istituto Lombardo 
di Scienze e Lettere, del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere 
ed Arti, dell’Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna e 
della R. Accademia delle Scienze di Napoli, Socio Corrispondente 
della R. Accademia delle Scienze di Berlino, Socio ordinario non 
residente dell'Istituto d’Incoraggiamento alle Scienze naturali 
di Napoli, Socio della Reale Accademia di Agricoltura di Torino 
e Socio dell’Accademia Gioenia di Catania, Socio onorario del- 
l'Accademia Olimpica di Vicenza, Socio corrispondente della 
Società di scienze naturali di Cherbourg, Socio effettivo della 
Società Imperiale Mineralogica di Pietroburgo, Comm. #, es, 
e dell'O. d’Is. Catt. di Sp. 


IV tei 


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TESORIERE 


D’Ovipro (Enrico), Dottore in Matematica, Professore or- 
dinario di Algebra e Geometria analitica, incaricato di Analisi 
superiore e Preside della Facoltà di Scienze fisiche, matematiche 
e naturali nella R. Università di Torino; Uno dei XL della Società 
Italiana delle Scienze, Socio Nazionale della R. Accademia dei 
Lincei, Corrispondente della R. Accademia delle Scienze di 
Napoli e del R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, ono- 
rario della R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Modena, 
Socio dell’Accademia Pontaniana, delle Società matematiche di 


Parigi e Praga, ecc., Uffiz. *&, Comm. e. 


CLASSE DI SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI 


Direttore 


Bizzozero (Giulio), Senatore del Regno, Professore e Diret- 
tore del Laboratorio di Patologia generale nella R. Università 
di Torino, Socio Nazionale della R. Accademia dei Lincei e delle 
RR. Accademie di Medicina e di Agricoltura di Torino, Socio 
Straniero dell’Academia Caesarea Leopoldino-Carolina Germanica 
Naturae Curiosorum, Socio Corrispondente del R. Istituto Lom- 
bardo di Scienze e Lettere, del R. Istituto Veneto di Scienze, 
Lettere ed Arti, dell’ Accademia delle Scienze dell'Istituto di 
Bologna, Membro del Consiglio Superiore di Sanità, ecc., Comm. & 
e Gr. Uffiz. em. 


Segretario 


NaccarI (Andrea), Dottore in Matematica, Professore di 
Fisica sperimentale nella R. Università di Torino, Uno dei XL 
della Società Italiana delle Scienze, Socio Corrispondente del 
R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, della R. Acca- 
demia dei Lincei, dell’Accademia Gioenia di Scienze naturali di 
Catania e dell’Accademia Pontaniana, Uffiz. &, ce. 


ACCADEMICI RESIDENTI 


. SaLvaporI (Conte Tommaso), Dottore in Medicina e Chi- 
rurgia, Vice-Direttore del Museo Zoologico della R. Università 
di Torino, Professore di Storia naturale nel R. Liceo Cavour di 
Torino, Socio della R. Accademia di Agricoltura di Torino, della 
Società Italiana di Scienze Naturali, dell’Accademia Gioenia di 
Catania, Membro Corrispondente della Società Zoologica di 
Londra, dell’Accademia delle Scienze di Nuova York, della So- 
cietà dei Naturalisti.in Modena, della Società Reale delle Scienze 
di Liegi, della Reale Società delle Scienze Naturali delle Indie 
Neerlandesi e del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed 
Arti, Membro effettivo della Società Imperiale dei Naturalisti 
di Mosca, Socio Straniero della British Ornithological Union, 
Socio Straniero onorario del Nuttall Ornithological Club, Socio 
Straniero dell’ American Ornithologist's Union, e Membro onorario 
della Società Ornitologica di Vienna, Membro ordinario della So- 
cietà Ornitologica tedesca, Uffiz. «2, Cav. dell'O. di S. Giacomo 
del merito scientifico, letterario ed artistico (Portogallo). 


Cossa (Alfonso), predetto. 


BerrutI (Giacinto), Direttore del R. Museo Industriale Ita- 
liano a. r. e dell’Officina governativa delle Carte-Valori, Socio della 
R. Accademia di Agricoltura di Torino, Gr. Uffiz. «=; Comm. *%, 
dell'O. di Francesco Giuseppe d'Austria, della L. d'O. di Francia, 
e della Repubblica di S. Marino. 


D'Ovipio (Enrieo), predetto. 
Bizzozero (Giulio), predetto. 


NaccarI (Andrea), predetto. 


Mosso (Angelo), Dottore in Medicina e Chirurgia, Professore 
di Fisiologia nella R. Università di Torino, Socio Nazionale 
della R. Accademia dei Lincei, Socio corrispondente dell’Isti- 
tuto di Francia (Accademia delle Scienze), della R. Accademia di 


| 


VI a 


capi a di Torino, Uno dei XL della Società italiana delle 
Scienze, L. L. D. dell’Università di Worcester, Socio onorario 
della R. Accademia medica di Roma, dell’Accademia Gioenia 
di Scienze naturali di Catania, della R. Accademia medica di 
Genova, Socio dell’Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bo- 
logna, Socio Corrispondente del R. Istituto Lombardo di Scienze 
e Lettere e del KR. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, 
dell’Academia Caesarea Leopoldino-Carolina Germanica Naturae 
Curiosorum, della Società Reale di Scienze mediche e naturali di 
Bruxelles, della Società fisico-medica di Erlangen, Socio stra- 
niero della R. Accademia delle Scienze di Svezia, Socio corrispon- 
dente della Società Reale di Napoli, Socio corrispondente della 
Società di Biologia di Parigi, ecc. ecc., &, Comm. ss. 


SPEZIA (Giorgio), Ingegnere, Professore di Mineralogia e 
Direttore del Museo mineralogico della Regia Università di 
Torino, es. 


CAMmERANO (Lorenzo), Dottore aggregato alla Facoltà di 
Scienze fisiche, matematiche e naturali, Professore di Anatomia 
comparata e di Zoologia e Direttore dei Musei relativi nella 
R. Università di Torino, Socio della R. Accademia di Agricol- 
tura di Torino, Socio corrispondente del R. Istituto Veneto di 
Scienze, Lettere ed Arti, Membro della Società Zoologica di 
Francia, Membro corrispondente della Società Scientifica del 
Cile, della Società Spagnuola di Storia naturale e della Società 
Zoologica di Londra. 


SeeRE (Corrado), Dottore in Matematica, Professore di Geo- 
metria superiore nella R. Università di Torino, Corrispondente 
della R. Accademia dei Lincei e del R. Istituto Lombardo di 
Scienze e Lettere, Uno dei XL della Società Italiana delle 
Scienze, eee. 


Prano (Giuseppe), Dottore in Matematica, Professore di Cal- 
colo infinitesimale nella R. Università di Torino, Socio della 
“ Sociedad Cientifica , del Messico, Socio del Circolo Matematico 
di Palermo «=. 


VoLreRRA (Vito), Dottore in Fisica, Professore di Fisica ma- 
tematica e di Meccanica celeste nella R. Università di Roma, 


VII 


Vicepresidente della Società Italiana di Fisica, uno dei XL della 
Società italiana delle Scienze, Socio nazionale della R. Acca- 
demia dei Lincei, Accademico corrispondente della R. Accademia 
delle Scienze dell’Istituto di Bologna, Socio corrispondente del 
R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, Socio corrispondente 
della R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Modena, Socio 
corrispondente dell’Accademia Gioenia di Scienze naturali di 
Catania, em. 


JADANZA (Nicodemo), Dottore in Matematica, Professore 
di Geodesia teoretica nella R. Università di Torino e di Geo- 
metria pratica nella R. Scuola d’Applicazione per gl’Ingegneri, 
Socio dell’Accademia Pontaniana di Napoli e della Società degli 
Ingegneri Civili di Lisbona, Uff. «=. 


Foà (Pio), Dottore in Medicina e Chirurgia, Professore di 
Anatomia Patologica nella R. Università di Torino, Socio Nazio- 
nale della R. Accademia dei Lincei, Membro del Consiglio Su- 
periore della Pubblica Istruzione, Comm. es. 


GuarescHI (Icilio), Dottore in Scienze Naturali, Professore 
e Direttore dell’Istituto di Chimica Farmaceutica e Tossicologica 
nella R. Università di Torino, Socio della R. Accademia di 
Medicina di Torino, Socio della R. Accademia dei Fisiocritici 
di Siena, Membro della Società Chimica di Berlino, ecc., es». 


Guipi (Camillo), Ingegnere, Professore di Statica grafica e 
scienza delle costruzioni nella R. Scuola di Applicazione per 
gl’Ingegneri in Torino, es. 


FrLeri (Michele), Dottore in Chimica, Professore ordinario 
di Chimica generale e Rettore della R. Università di Torino, es. 


Parona (Carlo Fabrizio), Dottore in Scienze naturali, Pro- 
fessore e Direttore del Museo di Geologia della R. Università 
di Torino, Socio residente della R. Accademia di Agricoltura di 
Torino, Socio corrispondente del R. Istituto Lombardo di Scienze 
e Lettere e del R. Istituto veneto di Scienze, Lettere ed Arti 
e Corrispondente dell’I. R. Istituto Geologico di Vienna. 


VII 


ACCADEMICI NAZIONALI NON RESIDENTI 


CANNIZZARO (Stanislao), Senatore del Regno, Professore di 
Chimica generale nella R. Università di Roma, Uno dei XL della 
Società Italiana delle Scienze, Socio Nazionale della R. Acca- 
demia dei Lincei e della Società Reale di Napoli, Socio Cor- 
rispondente del R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere e 
del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, Socio Corri- 
spondente dell’Istituto di Francia, Socio Corrispondente dell’Ac- 
cademia delle Scienze di Berlino, di Vienna e di Pietroburgo, 
Socio Straniero della R. Accademia delle Scienze di Baviera, 
della Società Reale di Londra, della Società Reale di Edimburgo 
e della Società letteraria e filosofica di Manchester, Socio ono- 
rario della Società chimica tedesca, di Londra e Americana, 
Comm. «&, Gr. Uffiz. «=, >. 


ScRIAPARELLI (Giovanni), Uno dei XL della Società Italiana 
delle Scienze, Socio del R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, 
della R. Accademia dei Lincei, dell’Accademia Reale di Napoli 
e dell’Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna, Socio 
Corrispondente dell’Istituto di Francia (Accademia delle Scienze, 
Sezione di Astronomia), delle Accademie di Monaco, di Vienna, 
di Berlino, di Pietroburgo, di Stockolma, di Upsala, di Cracovia, 
della Società de’ Naturalisti di Mosca, della Società Reale e 
della Società astronomica di Londra, e di altre Società scienti- 
fiche nazionali e straniere, Gr. Cord. «=, Comm. *; ‘ht. 


Sracci (Francesco), Senatore del Regno, Colonnello d’Arti- 
glieria nella Riserva, Professore onorario della R. Università di 
Torino, Professore ordinario di Meccanica razionale ed Incaricato 
della Meccanica superiore nella R. Università di Napoli, Uno 
dei XL della Società Italiana delle Scienze, Socio Nazionale 
della R. Accademia dei Lincei, della R. Accademia delle Scienze 
Fisiche e Matematiche di Napoli, e dell’Accademia Pontaniana, 
Corrispondente del R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere e 
dell’Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna, Membro 
del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, Uff. #, Comm.e=. 


IX 


Cremona (Luigi), Senatore del Regno, Professore di Mate- 
matica superiore nella R. Università di Roma, Direttore della 
Scuola d’Applicazione per gli Ingegneri, Membro del Consiglio 
Superiore della Pubblica Istruzione, Presidente della Società 
Italiana delle Scienze (detta dei XL), Socio Nazionale della 
R. Accademia dei Lincei, Socio «del R. Istituto Lombardo, del 
R. Istituto d’Incoraggiamento di Napoli, dell’Accademia delle 
Scienze dell'Istituto di Bologna, delle Società Reali di Londra, di 
Edimburgo, di Gottinga, di Praga, di Liegi e di Copenaghen, 
delle Società matematiche di Londra, di Praga e di Parigi, delle 
Reali Accademie di Napoli, di Dublino, di Amsterdam e di 
Monaco, Membro onorario dell’Insigne Accademia romana di Belle 
Arti detta di San Luca, della Società Fisico-medica di Erlangen, 
della Società Filosofica di Cambridge e dell’Associazione britan- 
nica pel progresso delle Scienze, Membro Straniero della Società 
delle Scienze di Harlem, Socio Corrispondente dell’Istituto di 
Francia (Accademia delle Scienze), dell’Imperiale Accademia. di 
Vienna, delle Reali Accademie di Berlino, del Belgio e di Lisbona, 
e dell’Accademia Pontaniana in Napoli, Dottore (LL. D.) del- 
l’Università di Edimburgo, Dottore (D. Sc.) dell’Università di Du- 
blino, Professore emerito nell'Università di Bologna, Gr. Uffiz. *, 
Gr. :(Cord. «2, Cav. e Cons. ©. 


FercoLA (Emanuele), Professore di Astronomia nella R. Uni- 
versità di Napoli, Socio ordinario residente della R. Accademia 
delle scienze fisiche e matematiche di Napoli, Membro della 
Società italiana dei XL, Socio della R. Accademia dei Lincei, 
e dell’Accademia Pontaniana, Presidente del R. Istituto d’inco- 
raggiamento alle Scienze naturali, Socio Corrispondente del 
R. Istituto Veneto, Comm. &, «=. 


Felici (Riccardo), Professore Emerito della R. Università di 
Pisa, Socio. ordinario della Società italiana delle Scienze detta 
dei XL e della R. Accademia «dei Lincei, Presidente onorario 
della Società di Fisica Italiana, Socio Corrispondente della Società 
Fisico-medica di Wiirzburg, Socio onorario della Società Fisica 
di Londra, del R. Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti, del 
R. Istituto Lombardo .di scienze e lettere in Milano, della R. Ac- 
cademia Lucchese di scienze, lettere ed arti, della R. Accademia 
delle scienze dell’Istituto di Bologna, &, Gr. Uff, ex, ©. 


BrancHI (Luigi), Professore di Geometria analitica' nella 
R. Università di Pisa, Socio ordinario della R. Accademia dei 
Lincei e della Società Italiana delle Scienze, detta dei XL; Socio 
Corrispondente dell’Accademia delle Scienze fisiche e matema- 
tiche di Napoli, dell’Accademia delle Scienze dell’Istituto di 
Bologna e del R. Istituto Lombardo di scienze e lettere in 
Milano, $*, es. 


Dixi (Ulisse), Senatore del Regno, Professore di Analisi 
Superiore nella R. Università di Pisa, Direttore della R. Scuola. 
Normale Superiore di Pisa, Socio della R. Accademia dei Lincei 
e della Società Italiana detta dei XL, Corrispondente della 
R. Società delle Scienze di Gottinga e dell’Accademia delle Scienze 
dell'Istituto di Bologna, Uff. *, Cav. e». 


GoLeI (Camillo), Senatore del Regno, membro del Consiglio 
superiore della Pubblica Istruzione, Socio nazionale della R. Acca- 
demia dei Lincei di Roma, Dottore in Scienze ad honorem dell’ Uni- 
versità di Cambridge, uno dei XL della Società italiana delle 
Scienze, Membro della Società per la medicina interna di Berlino, 
Membro onorario della Imp. Accademia Medica di Pietroburgo, 
della Società di Psichiatria e Neurologia di Vienna, Socio corri- 
spondente onorario della Newurological Society di Londra, Membro 
corrispondente della Société de Biologie di Parigi, Membro del- 
l’Academia Caesarea Leopoldino-Carolina, Socio della R. Società 
delle Scienze di Gottinga e delle Società Fisico-Mediche di 
Wiirzburg, di Erlangen, di Gand, Membro della Società Anato- 
mica, Socio nazionale della R. Accademia delle Scienze di 
Bologna, Socio corrispondente dell’Accademia di medicina di 
Torino, Socio onorario della R. Accademia di scienze, lettere 
ed arti di Padova, Socio corrispondente dell’Accademia Medico- 
Fisica Fiorentina, della R. Accademia delle Scienze mediche 
di Palermo, della Società Medico-Chirurgica di Bologna, Socio 
onorario della R. Accademia Medica di Roma, Socio ono- 
rario della R. Accademia Medico-chirurgica di Genova, Socio 
corrispondente dell’Accademia Fisiocritica di Siena, dell’Acca- 
demia Medico-Chirurgica di Perugia, della Societas medicorum 
Svecana di Stoccolma, Membro onorario dell’ American Neuro- 


XI 


logical Association di New York, Socio onorario della Royal 
microscopical Society di Londra, Membro corrispondente della 
R. Accademia di medicina del Belgio, Membro onorario della So- 
cietà freniatrica italiana e dell’Associazione Medico-Lombarda, 
Socio onorario del Comizio agrario di Pavia, Professore ordi- 
nario di Patologia generale e di Istologia nella R. Università 
di Pavia, Cav. &, Comm. «sm. 


ACCADEMICI STRANIERI 


Hermite (Carlo), Professore nella Facoltà di Scienze, Parigi. 


KeLvin (Guglielmo Thomson, Lord), Professore nell’Univer- 
sità di Glasgow. 


GeGENBAUR (Carlo), Professore nell'Università di Heidelberg. 
VircHow (Rodolfo), Professore nell’Università di Berlino. 


KorLLigER (Alberto von), Professore nell'Università di 
Wiirzburg. 


KLEIN (Felice), Professore nell'Università di Gottinga. 
HaEecKEL (Ernesto), Professore nella Università di Jena. 


BerrtHELOT (Marcellino), Professore nel Collegio di Francia, 
Membro dell'Istituto, Parigi. 


Srogkes (Giorgio Gabriele), Professore nell’ Università di 
Cambridge (Inghilterra). 


XII 


CORRISPONDENTI 


SEZIONE 
DI MATEMATICHE PURE 


Tarpy (Placido), Professore emerito della 
R. Università di Genova 


Cantor (Maurizio), Professore nell’ Univer- 
sità di 


Scawarz (Ermanno A.), Professore nella 
Università di . 


BertINI (Eugenio), Professore nella Regia 
Università di . 


DarBoux (G. Gastone), dell’Istituto di Francia 
Porncaré (G. Enrico), dell’Istituto di Francia 


NorrHER(Massimiliano), Professore nell’Uni- 
versità di 


JorpAN (Camillo), Professore nel Collegio 
di Francia, Membro dell’Istituto 


MirtAaG-LeFrFrLER (Gustavo), Professore a 


PrcArp (Emilio), Professore alla Sorbonne, 
Membro dell'Istituto di Francia . 


CesàRro (Ernesto), Professore nella R. Uni- 
versità di 


Firenze 


Heidelberg 


Berlino 


Pisa 
Parigi 


Parigi 


Erlangen 


Parigi 


Stoccolma 


Parigi 


Napoli 


CasteLNUOvo(Guido), Professore nella R. Uni- 
versità di 


VERONESE (Giuseppe), Professore nella Regia 
Università di . 


SEZIONE 


XIII 


Roma 


Padova 


DI MATEMATICHE APPLICATE, ASTRONOMIA 
E SCIENZA DELL'INGEGNERE CIVILE E MILITARE 


TaccHinI (Pietro), Direttore dell’Osserva- 
torio del Collegio Romano 


FaseLLA (Felice) 


ZerunER (Gustavo), Prof. nel Politecnico di 


Ewine (Giovanni Alfredo), Professore nel- 
l’Università di . 
LoRrENZONI (Giuseppe), Professore nella Regia 


Università di 


CeLorIA (Giovanni), Astronomo all’Osser- 
vatorio di 


HeLMERT (F. Roberto), Direttore del R. Isti- 
tuto Geodetico di Prussia . by st 44 È 


Fiorini (Matteo), Professore della R. Uni- 
versità di vl Fine We A | 


Favero (Giambattista), Professore nella 
R. Scuola di Applicazione degli Ingegneri in . 


Roma 
Torino 


Dresda 
Cambridge 
Padova 
Milano 
Potsdam 
Bologna 


Roma 


XIV 


SEZIONE 


DI FISICA GENERALE E SPERIMENTALE 


BLASERNA (Pietro), Professore di Fisica spe- 
rimentale nella R. Università di . 


KonLRauscH (Federico), Presidente dell’Isti- 
tuto Fisico-Tecnico in 


Cornu(Maria Alfredo), dell'Istituto di Francia 


ViLari (Emilio), Professore nella R. Uni- 
versità di 


Rorri (Antonio), Professore nell'Istituto di 
Studi superiori pratici e di perfezionamento in. 


Rieni (Augusto), Professore di Fisica spe- 
rimentale nella R. Università di. 


LippmanN (Gabriele), dell’Istituto di Francia 


RayLEIGH (Lord Giovanni Guglielmo), Pro- 
fessore nella “ Royal Institution , di . 


THowmson (Giuseppe Giovanni), Professore 
nell'Università di . 


BoLrzmanN (Luigi), Professore nell’Univer- 
sità di 
Mascart (Eleuterio), Professore nel Col- 


legio di Francia, Membro dell’Istituto . 


PacinortI (Antonio), Professore nella Regia 
Università di 


LANGLEY (Samuel Pierpont), Segretario delle 
Smithsonian Institution di . 


Roma 


Charlottenburg 


Parigi 
Napoli 


Firenze 


Bologna 


Parigi 


Londra 


Cambridge 


Vienna 


Parigi 


Pisa 


Washington 


SEZIONE 


XV 


DI CHIMICA GENERALE ED APPLICATA , 


Parernò (Emanuele), Professore di Chimica 
applicata nella R. Università di 


KornER (Guglielmo), Professore di Chimica 
organica nella R. Scuola superiore d’Agricoltura in 


BaryeR (Adolfo von), Professore nell’ Uni- 
versità di 


Wixciamson (Alessandro Guglielmo), della 
R. Società di . 


Tuomsen (Giulio), Professore nell’ Univer- 
sità di 


Liesen (Adolfo), Professore nell'Università di 


MenpeLEJEFF (Demetrio), Professore nel- 
l’Università di. 

Horr (Giacomo Enrico van’t), Professore nel- 
l’Università di. 

Fiscner (Emilio), Professore nell’ Univer- 
sità di 

Ramsay (Gugli»1mo), Professore nell’Uni- 


versità di 


ScHirr (Ugo), Professore nel R. Istituto di 
Studi superiori pratici e di perfezionamento in 


Morssan (Enrico), Membro dell’Istituto di 
Francia, Professore nell'Università di 


WisLiceNnus (Giovanni), Professore nell’Uni- 
versità di 


Roma 


Milano 


Monaco (Baviera) 


Londra 


Copenhagen 


Vienna 


Pietroburgo 


Berlino 


Berlino 


Londra 


Firenze 


Parigi 


Lipsia 


XVI 


SEZIONE 
DI MINERALOGIA, GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA 
Srriiver (Giovanni), Professore di Minera- 
logia’ tiella ROVERE te, I 


RosenpuscH (Enrico), Professore nell’Uni- 


versità diva VI 'eE@riBagi pa foeptois:.) JONe SOA 
NorpensK16LD (Adolfo Enrico), della R. Ac- 
cademia delle Scienze di . . . . . . . . Stoccolma 


ZigxeL (Ferdinando), Professore nell’Uni- 
vere dl MS donbrifan «oneri A 


UAPELLINI (Giovanni), Professore nella Regia 
Universitalidi do. e, Sn) ni... PO 


TscHerMmaK (Gustavo), Professore nell’Uni- 
versità. di ui elia a n (i 


KLeix (Carlo), Professore nell'Università di Berlino 


Gerxie (Arcibaldo), Direttore del Museo di 
Geolozia pratica” 0; IL NS, 


Fouqué (Ferdinando Andrea), Professore nel 
Collegio di Francia, membro dell'Istituto . . Parigi 


Dawmour (Agostino Alessio), Professore nella 
Scuola Nazionale Superiore delle Miniere, Membro 
dell'Istituto tdi Pranaan.. cl ile. i La 


GemmeLLARO (Gaetano iano), Professore 
nella ‘R.Wulveraiba:di 0... Va... Lana 


Grora (Paolo Enrico), Professore nell’Uni- 
versità dl Casio Monaco 
TARAMELLI ( RE FRI ila nella 


Reel RI ene >,» — E SS 


LieBisca (Teodoro), Professore nell’ Uni- 
Velotta: ditta e SL. 


% 


®. 


XVII 


SEZIONE 
DI BOTANICA E FISIOLOGIA VEGETALE 
Arpissone (Francesco), Professore di Bota- 
nica nella R. Scuola superiore d’Agricoltura in. Milano 


Saccarpo (Andrea), Professore di Botanica 
molla R. Università»di ih sicusP alla esesotor9. aifedoda 


Hooxer (Giuseppe Darron), Direttore del 
Giardino Reale di Kew... . . . . ...... Londra 


DeLPINO SOA Professore nella R. Uni- 
I i Napoh 


PrrortA (Romualdo), Professore nella Regia 
oi n lc. o homia 


StRASBURGER (Edoardo), Professore nell’ Uni- 
Ma. lil 


MartIROLO (Oreste), Professore di Botanica 
nell'Istituto di Studi superiori pratici e di per- 
A n ne 1 


GoeBeL (Carlo), Professore nell'Università di Monaco 
Penzie (Ottone), Professore nell'Università di Genova 


ScHWENDENER (Simone), Professore nell’ Uni- 
Warner die. af tipi gtegie Lodvadko 0 'NaK 2 Barhao 


SEZIONE 
DI ZOOLOGIA, ANATOMIA E FISIOLOGIA COMPARATA 


De SeLys LonecHamps (Edmondo) . . . Liegi 
Puuippi (Rodolfo Armando) . . . . . Santiago (Chiù) 


ScLateR (Filippo HERERT A Segretario della 
Società Zoologica di. . . . e e 7 
Atti della R. Accademia. — Vol. XXXVI. B 


a" 


at 
A 


Faro (Vittore), Dottore . 


KovaLewsKI (Alessandro), Professore nel- 
l’Università di . 
LocARD (RD dell’ Accademia delle 


Scienze di 


CnauveAU (G. B. Augusto), Membro dell’Isti- 
tuto di Francia, Professore alla Scuola di Medi- 
cina di 


Foster (Michele), Professore nell’ Univer- 
sità di 


WaLpEYER (Guglielmo), Professore nell’ Uni- 
versità di 


GuenTHER (Alberto) 


FLoweR (Guglielmo Enrico), Direttore del 
Museo di Storia naturale 


Roux (Guglielmo), Professore nella Uni- 
versità di 


Minor (Carlo Sedgwick), Prof. nell“ Harvard 
Medical School , di . : Pet pf 


BoureneER (Giorgio Alberto), Assistente al 
Museo di Storia Naturale di . 


Ginevra 


Pietroburgo 


Lione 


Parigi 


Cambridge 


Berlino 


Londra 


Londra 


Monaco (Baviera) 


Boston Mass. 
(S. U. A.) 


Londra 


e” dle ctr 


Luiito 


XIX 


CLASSE DI SCIENZE MORALI, STORICHE B FILOLOGICHE 


Direttore 


Peyron (Bernardino), Professore di Lettere, Bibliotecario 
Onorario della Biblioteca Nazionale di Torino, Socio Corrispon- 
dente del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, Gr. 
Uffiz. *, Uffiz. «s. 


Segretario 


RenIeR (Rodolfo), Dottore in Lettere ed in Filosofia, Profes- 
sore di Storia comparata delle Letterature neo-latine nella R. Uni- 
versità di Torino, Socio attivo della R. Commissione dei testi 
di lingua, Socio corrispondente della R. Deputazione di Storia 
patria per le Marche, della Società storica abruzzese e della 
Commissione di Storia patria e di Arti belle della Mirandola, 
Membro della Società storica lombarda e della Società Dantesca 
italiana, Socio onorario dell’Accademia Etrusca di Cortona, del- 
l'Accademia Cosentina e dell’Accademia Dafnica di Acireale, 
Uffiz. *, «m. 


ACCADEMICI RESIDENTI 


Peyron (Bernardino), predetto. 


Rossr (Francesco), Dottore in Filosofia, Professore d'Egit- 
tologia nella R: Università di Torino, Socio Corrispondente della 
R. Accademia dei Lincei in Roma, ess. 


XX 


Manno (Barone D. Antonio), Membro e Segretario della 
R. Deputazione sovra gli studi di Storia patria, Membro del 
Consiglio degli Archivi e dell'Istituto storico italiano, Commis- 
sario di S. M. presso la Consulta araldica, Dottore honoris causa 
della R. Università di Tiibingen, Gr. Uffiz. & e e», Cav. d’on. e 
devoz. del S. M. O. di Malta. 


BoLLaTtI DI SAINT-PrERRE (Barone Federigo Emanuele), Dot- 
tore in Leggi, Soprintendente agli Archivi Piemontesi e Di- 
rettore dell'Archivio di Stato in Torino, Membro del Consiglio 
d’Amministrazione presso il R. Economato generale delle antiche 
Provincie, Corrispondente della Consulta araldica, Vice-Presidente 
della Commissione araldica per il Piemonte, Membro della R. De- 
putazione sopra gli studi di storia patria per le Antiche Pro- 
vincie e la Lombardia e della Società Accademica d'Aosta, Socio 
corrispondente della Società Ligure di Storia patria, del R. Isti- 
tuto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, della R. Accademia di 
Scienze, Lettere ed Arti di Padova, della Società Colombaria 
Fiorentina, della R. Deputazione di Storia patria per le Pro- 
vincie della Romagna, della nuova Società per la Storia di Sicilia 
e della Società di Storia e di Archeologia di Ginevra, Membro 
onorario della Società di Storia della Svizzera Romanza, dell’ Ac- 
cademia del Chablais, e della Società Savoina di Storia e di 
Archeologia ecc., Uffiz. &, Comm. es. 


Pezzi (Domenico), Dottore aggregato alla Facoltà di Let- 
tere e Filosofia, Professore di Storia comparata delle lingue 
classiche e neo-latine nella R. Università di Torino, «=. 


FerRERO (Ermanno), Dottore in Giurisprudenza, Dottore ag- 
gregato alla Facoltà di Lettere e Filosofia e Professore di Archeo- 
logia nella R. Università di Torino, Professore di Storia dell’arte 
militare nell'Accademia Militare, R. Ispettore per gli scavi e le 
scoperte di antichità nel Circondario di Torino, Membro della 
Regia Deputazione sovra gli studi di Storia patria per le antiche 
Provincie e la Lombardia, Membro e Segretario della Società di 
Archeologia e Belle Arti per la Provincia di Torino, Socio Cor- 
rispondente straniero onorario della Società Nazionale degli 
Antiquarii della Francia, Socio corrispondente della R. Depu- 


XXI 
tazione di Storia patria per le Provincie di Romagna e del- 


l’Imp. Instituto Archeologico Germanico, fregiato della Medaglia 
del merito civile di 1* cl. della Repubblica di S. Marino, «, e. 


CARLE (Giuseppe), predetto. 


Coenerti De Martis (Salvatore), Professore ordinario di 
Economia politica nella R. Università di Torino, Incaricato per 
l'Economia e Legislazione industriale nel Museo Industriale 
Italiano, Socio Corrispondente della R. Accademia dei Lincei, 
della R. Accademia dei Georgofili e della Società Reale di Na- 
poli (Accademia di Scienze morali e politiche), #, Comm. es. 


Grar (Arturo), Professore di Letteratura italiana nella 
R. Università di Torino, Membro della Società romana di Storia 
patria, Uffiz. + e e. 


BoseLLi (Paolo), Dottore aggregato alla Facoltà di Giuris- 
prudenza della R. Università di Genova, già Professore nella 
R. Università ‘di Roma, Professore Onorario della R. Università 
di Bologna, Vice-Presidente della R. Deputazione di Storia 
Patria per le Antiche Provincie e la Lombardia, Socio Corri- 
spondente dell’Accademia dei Georgofili, Presidente della Società 
di Storia patria di Savona, Socio onorario della Società Ligure 
di Storia Patria, Socio onorario dell’Accademia di Massa, Socio 
della R. Accad. di Agricoltura, Deputato al Parlamento nazionale, 
Presidente del Consiglio provinciale di Torino, Gr. Cord. * e e, 
Gr. Cord. dell'Aquila Rossa di Prussia, dell'Ordine di Alberto di 
Sassonia, dell’Ord. di Bertoldo I di Zahringen (Baden), e del- 
l'Ordine del Sole Levante del Giappone, Gr. Uffiz. 0. di Leopoldo 
del Belgio, Uffiz. della Cor. di Pr., della L. d’O. di Francia, e 
C. O. della Concezione del Portogallo. 


CrpoLLa (Conte Carlo), Dottore in Filosofia, Professore di 
Storia moderna nella R. Università di Torino, Membro della 
R. Deputazione sovra gli studi di Storia patria per le Antiche 
Provincie e la Lombardia, Socio effettivo della R. Deputazione 
Veneta di Storia patria, Socio Nazionale della R. Accademia 


XXII 


dei Lincei, Socio Corrispondente dell’Accademia delle Scienze di 
Monaco (Baviera), e del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere 
ed Arti, Uffiz. «es. 


Brusa (Emilio), Dottore in Leggi, Professore di Diritto e 
Procedura Penale nella R. Università di Torino, Membro della 
Commissione per la Statistica giudiziaria e della Commissione per 
la riforma del Codice di procedura penale, Socio Corrispondente 
dell’Accademia di Legislazione di Tolosa (Francia), ed effettivo 
dell’Istituto di Diritto internazionale, Socio Onorario della Società 
dei Giuristi Svizzeri e Corrispondente della R. Accademia di 
Giurisprudenza e Legislazione di Madrid, di quella di Barcellona, 
della Società Generale delle Prigioni di Francia, di quella di 
Spagna, della R. Accademia Peloritana, della R. Accademia di 
Scienze Morali e Politiche di Napoli, del R.. Istituto Lombardo di 
Scienze e Lettere e di altre, Comm. e e dell'Ordine di San Sta- 
nislao di Russia, Officier d’ Académie della Repubblica francese, *. 


ArLuievo (Giuseppe), Dottore in Filosofia, Professore di Pe- 
dagogia e Antropologia nella R. Università di Torino, Socio 
Onorario della R. Accademia delle Scienze di Palermo, dell’Ac- 
cademia di S. Anselmo di Aosta, dell’Accademia Dafnica di Aci 
reale, della Regia Imperiale Accademia degli Agiati di Rovereto, 
dell'Arcadia, dell’Accademia degli Zelanti di Acireale e dell’Ac- 
cademia cattolica panormitana, Comm. &3, «. 


ReNIER (Rodolfo), predetto. 


Pizzi (Nobile Italo), Dottore in Lettere, Professore nel Per- 
siano e Sanscrito nella R. Università di Torino, Socio corrispon- 
dente della Società Colombaria di Firenze, Dottore onorario 
della Università di Lovanio, Socio corrispondente dell'Ateneo 
Veneto, &, e». 


CaIRONI (Giampietro), Dottore in Leggi, Professore di Diritto 
Civile nella R. Università di Torino. 


Savio (Sacerdote Fedele), Professore, Membro della R. De- 
putazione sovra gli studi di Storia patria per le Antiche Pro- 
vincie e la Lombardia. 


XXIII 


ACCADEMICI NAZIONALI NON RESIDENTI 


CarutTI DI CanToGno (Barone Domenico), Senatore del 
Regno, Presidente della R. Deputazione sovra gli studi di Storia 
patria per le Antiche Provincie e Lombardia, Socio Nazionale 
della R. Accademia dei Lincei, Membro dell'Istituto Storico Ita- 
liano, Socio Straniero della R. Accademia delle Scienze Neerlan- 
dese, e della Savoia, Socio Corrispondente della R. Accademia 
delle Scienze di Monaco in Baviera, ecc. ecc., Gr. Uffiz. & e «© 
Cav. e Cons. =, Gr. Cord. dell'O. del Leone Neerlandese e 
dell'O. d’Is. la Catt. di Spagna, ecc. 


Revmonp (Gian Giacomo), già Professore di Economia po- 
litica nella Regia Università di Torino, &. 


Canonico (Tancredi), Senatore del Regno, Professore eme- 
rito, Presidente di Sezione della Corte di Cassazione di Roma, 
Socio Corrispondente della R. Accademia dei Lincei, Socio 
della R. Accad. delle Scienze del Belgio, di quella di Palermo, 
della Società Generale delle Carceri di Parigi, Consigliere del 
Contenzioso Diplomatico e dell'Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro 
e della Corona d’Italia, Comm. 4, e Gr. Croce es, Cav. ©, 
Comm. dell’Ord. di Carlo III di Spagna, Gr. Uffiz. dell’Ord. di 
Sant’Olaf di Norvegia, Gr. Cord. dell’O. di S. Stanislao di Russia. 


VirLari (Pasquale), Senatore del Regno, Vice Presidente 
del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione, Presidente del- 
l’Istituto storico di Roma, Professore di Storia moderna e 
Presidente della Sezione di Filosofia e Lettere nell'Istituto di 
Studi superiori, pratici e di perfezionamento in Firenze, Socio 
residente della R. Accademia della Crusca, Nazionale della 
R. Accademia dei Lincei, della R. Accademia di Napoli, della 
R. Accademia dei Georgofili, Presidente della R. Deputazione 
di Storia Patria per la Toscana, l'Umbria e le Marche, Socio 
di quella per le provincie di Romagna, Socio Straordinario 
della R. Accademia di Baviera, Socio Straniero dell’Accademia 
di Scienze di Gottinga, della R. Accademia Ungherese, Dott. On. 
in Legge della Università di Edimburgo, di Halle, Dott. On. in 


è 


a 
XXIV 


Filosofia dell’Università di Budapest, Professore emerito della 
R. Università di Pisa, Gr. Uffiz.& e e®, Cav. =, Cav. del Merito 
di Prussia, ecc. 


ComparETTI (Domenico), Senatore del Regno, Professore 
emerito dell’Università di Pisa e dell'Istituto di Studi superiori, 
pratici e di perfezionamento in Firenze, Socio Nazionale della 
R. Accademia dei Lincei, della R. Accademia delle Scienze di 
Napoli, Socio corrispondente dell’Accademia della Crusca, del 
R. Istituto Lombardo e del R. Istituto Veneto, Membro della 
Società Reale pei testi di lingua, Socio straniero dell’Istituto di 
Francia (Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere) e corri- 
spondente della R. Accademia delle Scienze di Monaco, di 
Vienna, di Copenhagen, Uff. &, Comm. «=, Cav. =. 


D'Ancona (Alessandro), Professore di Letteratura italiana 
nella R. Università e Direttore della Scuola normale superiore 
in-Pisa, Membro della Deputazione di Storia patria per la To- 
scana, Socio nazionale della R. Accademia dei Lincei, Socio 
della R. Accademia di Copenhagen; Socio corrispondente del- 
l'Accademia della Crusca, del R. Istituto Lombardo di Scienze 
e Lettere, del R. Istituto Veneto e della R. Accademia di Lucca, 
Gr. Uff. *, Uff. en. 


Ascori (Graziadio), Senatore del Regno, Socio nazionale 
della R. Accademia dei Lincei, della Società Reale di Napoli e 
del R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, Membro straniero 
dell'Istituto di Francia e della Società Reale svedese di Scienze 
e Lettere in Gotemburgo, Accademico della Crusca, Membro 
d'onore dell’Accademia delle Scienze di Vienna, Membro corri- 
spondente delle Accademie delle Scienze di Belgrado, Berlino, 
Budapest, Copenaga, Pietroburgo, della Società orientale ame- 
ricana ecc.; Socio onorario delle Accademie delle Scienze 
d'Irlanda e di Rumania, della R. Accademia di Scienze, Lettere 
ed Arti di Padova, della Società asiatica italiana, dell'Ateneo dî 
Brescia, dell’Accademia di Udine, del Circolo filologico di Milano, 
della Lega nazionale per l’unità di cultura tra i Rumeni e 
dell’Associazione Americana per le lingue moderne; Dottore in 
filosofia per diploma d’onore dell’Università di Wirzburgo, Pro- 


XXV 


fessore ordinario di Storia comparata delle lingue classiche e 
neolatine nella R. Accademia scientifico-letteraria di Milano; 
Cav. dell’Ord. Civile di Savoia, Gr. Cord. #2, Comm. della Legion 
d'Onore. 


ACCADEMICI STRANIERI 
Momxsen (Teodoro), Professore nella Regia Università di 
Berlino. 


Meyer (Paolo), Professore nel Collegio di Francia, Diret- 
tore dell’ “ Ecole des Chartes ,, Parigi. 


ParIs (Gastone), Professore nel Collegio di Francia, Parigi. 
BonrLINGK (Ottone), Professore nell'Università di Lipsia. 
TosLer (Adolfo), Professore nell'Università di Berlino. 


Maspero (Gastone), Professore nel Collegio di Francia, 
Parigi. 


Watxcon (Enrico Alessandro), Segretario perpetuo dell’Isti- 
tuto di Francia (Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere). 


Bruemann (Carlo), Professore nell'Università di Lipsia. 


XXVI 


CORRISPONDENTI 


SEZIONE 
DI SCIENZE FILOSOFICHE 


Renpu (Eugenio) 


BonarELLI (Francesco), Professore nella 
Regia Università di . 


PinLocHe (Augusto), Professore nel Liceo 
Carlomagno di. 


Tocco (Felice), Professore nel R. Istituto di 
Studi Superiori pratici e di perfezionamento di 


Cantoni (Carlo), Professore nella R. Uni 
versità di 


CarapPELLI (Alessandro), Professore nella 
R. Università di . 


SEZIONE 


Brécourt 


Padova 


Parigi 


Firenze 


Pavia 


Napoli 


DI SCIENZE GIURIDICHE E SOCIALI 


LawmpertIco (Fedele), Senatore del Regno . 


Ropricuez pe BerLANGA (Manuel) 


Vicenza 


Malaga 


ScauPFER (Francesco), Professore nella Regia 
Università di . 


GaBBA (Carlo Francesco), Professore nella 
R. Università di . 


Buonamici (Francesco), Professore nella 


R. Università di . 


DarestE (Rodolfo), dell'Istituto di Francia 


SEZIONE 
DI SCIENZE STORICHE 


Apriani (P. Giambattista), della R. Depu- 
tazione sovra gli studi di Storia Patria ; 


PeRRENS (Francesco), dell'Istituto di Francia 


Brrca (Walter de Gray), del Museo Bri- 
tannico di 


CHEvALIER (Canonico Ulisse) 


DucHesnE (Luigi), Direttore della Scuola 
Francese in. 


Bryce (Giacomo) 


ParEtTA (Federico), Professore nella R. Uni- 
versità di 


SEZIONE 
DI ARCHEOLOGIA 


Parma di CeswoLa (Conte Luigi), Direttore 
del Museo Metropolitano di Arti a 


LarTES (Elia), Membro del R. Istituto Lom- 
bardo di Scienze e Lettere DIS 


Posi (Vittorio), Bibliotecario e Archivista 
civico a . 


XXVII 


Roma 


Pisa 


Pisa 
Parigi 


Cherasco 


Parigi 


Londra 


Romans 


Roma 


Londra 


Siena 


New- York 


Milano 


Savona 


XXVIII 


PLevTE(Guglielmo), Conservatore del Museo 


Eigiao ‘a pace SRBMER E T  a 
PaLma pI CesnoLa (Cav. Alessandro), Membro 

della Società degli Antiquarii di Londra. . . Firenze 
Mowar (Roberto), Membro della Società 

degli Antiquari di Francia ..............i5 Fanip 


Naparnac (Marchese I. F. Alberto de) . Parigi 


Brizio (Eduardo), Professore nell’Univer- 


gità ll pi o Sessi i ora 
BarnABEI (Felice), Direttore del Museo 
Nazionale Romano? Sic; li 100 i Roma 
Gartiiimisoppe) sais piso ih shiela ito Rana 
SEZIONE 


DI GEOGRAFIA ED ETNOGRAFIA 
Preorini (Luigi), Professore nella R. Uni- 
versità di .. . sf? «alleb-oialtti@ ivi) Aiania 


DarLa Vepova (Giuseppe), Professore nella 
R. Unmoragda di... . >. >. . 5. lancagna 


A SEZIONE 
DI LINGUISTICA E FILOLOGIA ORIENTALE 
KreHL (Ludolfo), Professore nell’ Univer- 
ER AN e eo N o e PE 
Sourinpro MoHun Tagore . . . . .. Calcutta 


Weger (Alberto), Professore nell’ Univer- 
SIR. orti Pia anne 


KerBAKER(Michele), Professore nella R. Uni- 
versate A i A 


MARRE (Aristide) 


OppPERT (Giulio), Professore nel Collegio di 
Francia . 


Guipi (Ignazio), Professore nella R. Uni- 
versità di 


AweuineAU (Emilio), Professore nella “ Ecole 
des Hautes Etudes , di . 


FoerstER (Wendelin), Professore nell’Uni- 
versità di 


SEZIONE 


XXIX 


Vaucresson 
(Francia) 

Parigi 

Roma 


Parigi 


Bonn 


DI FILOLOGIA, STORIA LETTERARIA E BIBLIOGRAFIA 


Bréar (Michele), Professore nel Collegio di 
Francia . 


Nigra (S. E. Conte Costantino), Ambascia- 
tore d’Italia a. 3 RA 


RAJNA (Pio), Professore nell'Istituto di Studi 
superiori pratici e di perfezionamento in 


DeL Lunso (Isidoro), Socio residente della 
R. Accademia della Crusca 


Parigi 


Vienna 


Firenze 


Firenze 


XXX 


MUTAZIONI 


AVVENUTE 


nel Corpo Accademico dal 19 Novembre 1899 
al 18 Novembre 1900. 


ELEZIONI 


SOCI 


RenIeR (Rodolfo), eletto alla carica triennale di Segretario 
della Classe di scienze morali, storiche e filologiche nell'adunanza 
del 26 novembre 1899 a compimento del triennio incominciato 
dal Socio Cesare NANI, scadente il 20 luglio 1900 e approvato 
con R. Decreto del 7 dicembre 1899. 

Stoges (Giorgio Gabriele), Professore della Università di 
Cambridge (Inghilterra), eletto Socio straniero della Classe di 
scienze fisiche, matematiche e naturali nell'adunanza del 14 gen- 
naio 1900 e approvato con R. Decreto del 28 gennaio 1900. 

Scurr (Ugo), Professore nel R. Istituto di studi superiori 
pratici e di perfezionamento in Firenze, eletto Socio corrispon- 
dente della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali 
(Sezione di Chimica generale ed applicata) nell’ adunanza del 
28 gennaio 1900. 

Morssan (Enrico), Professore nell’ Università di Parigi, 
Membro dell’Istituto di Francia, id. id. 

VisLicenus (Giovanni), Professore nell'Università di Lipsia, 
ld; id. 

TARAMELLI (Torquato), Professore nella R. Università di 
Pavia, eletto Socio corrispondente della Classe di scienze fisiche, 
matematiche e naturali (Sezione di mineralogia, Geologia e 
Paleontologia) nell'adunanza del 28 gennaio 1900. 

LreBisca (Teodoro), Professore nell'Università di Gottinga, 
idr ad 


XXXI 


Minor (Carlo Sedgwik), Professore nell’ “ Harvard Medical 
School , di Boston, Stati Uniti d'America, eletto Socio corri- 
spondente della Classe di scienze fisiche, matematiche e natu- 
rali (Sezione di Zoologia, Anatomia e Fisiologia comparata) nel- 
l'adunanza del 28 gennaio 1900. 

BouLenceR (Giorgio Alberto), Assistente al “ Brithis Museum 
of Natural History , di Londra, id. id. 

LAnGLEY (Samuele Pierpont), Segretario della “ Smithsonian 
Institution of Washington ,, eletto Socio corrispondente della 
Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali (Sezione di Fisica 
generale e sperimentale), nell'adunanza dell’11 febbraio 1900. 

PeyRon (Bernardino), eletto alla carica di Direttore della 
Classe di scienze morali, storiche e filologiche nell'adunanza 
del 18 marzo 1900, a compimento del triennio incominciato dal 
Socio barone Gaudenzio CLARETTA, scadente il 3 marzo 1901, e 
approvato con R. Decreto 29 marzo 1900. 

Rossi (Francesco), nominato delegato della Classe di scienze 
morali, storiche e filologiche presso il Consiglio di Amministra- 
zione dell’Accademia nell'adunanza del 6 maggio 1900. 

CaTRONI (Giampietro), eletto Socio nazionale residente della 
Classe di scienze morali, storiche e filologiche nell’adunanza del 
20 maggio 1900 ed approvato con R. Decreto 31 maggio 1900. 

Savio (Fedele), id. id. o 

RenIeR (Rodolfo), rieletto alla carica triennale di Segretario 
della Classe di scienze morali, storiche e filologiche nell’adu- 
nanza del 24 giugno 1900 con R. Decreto 15 luglio 1900, per 
un triennio a cominciare dal.20 luglio 1900. 


XXXII 


Mad Rol Lib. : 


29 Dicembre 1899. 

RammeLsBER& (Carlo Federico), Socio corrispondente della 
Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali (Sezione di Mi- 
neralogia, Geologia e Paleontologia). 

17 Febbraio 1900. 


CLaRrETTA (Gaudenzio), Socio nazionale residente e Diret- 
tore della Classe di- scienze morali, storiche e filologiche. 


18 Febbraio 1900. 


BeLrRAMI (Eugenio), Socio nazionale non residente della 
Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. 


3 Marzo 1900. 

Capasso (Bartolomeo), Socio corrispondente della Classe di 
scienze morali, storiche e filologiche (Sezione di Scienze storiche). 
3 Marzo 1900. 

Serpa PiwenteL (Antonio di), Socio corrispondente della. 
Classe di scienze morali, storiche e filologiche. 

3 Aprile 1900. 

BerrRAND (Giuseppe Luigi), Socio straniero della Classe 

di scienze fisiche, matematiche e naturali. 
20-21 Aprile 1900. 

Epwarps (Alfonso Milne), Socio corrispondente della Classe 
di scienze fisiche, matematiche e naturali (Sezione di Zoologia, 
Anatomia e fisiologia comparata). 

2 Maggio 1900. 

MarinELLI (Giovanni), Socio corrispondente della Classe di 
scienze morali, storiche e filologiche (Sezione di geografia ed 
etnografia). 

28 Ottobre 1900. 


MiiLLer (Massimiliano), Socio straniero della Classe di scienze 
morali, storiche è filologiche. 


PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALL'ACCADEMIA 


Dal 17 Giugno al 18 Novembre 1900. 


Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali. 


NB. Le pubblicazioni notate con * si hanno in cambio; 
quelle notate con ** si comprano; e le altre senza asterisco si ricevono in dono. 


** Abhandlungen der k. Preussischen geologischen Landesanstalt. N. F., 
Heft 10, 32 und Atl. Berlin, 1900; 8°. 

* Abhandlungen der Kénigl. Gesellschaft der Wissenschaften zu Gottingen, 
Mathematisch-Physikalische Klasse. N. F., Bd. I, No. 4. Berlin, 1900; 4°. 

* Abhandlangen der mathem.-physischen Classe der k. SaAchsischen Gesell- 
schaft der Wissenschaften, Bd. XXVI, N. 3. Leipzig, 1900; 8°. 

* Abhandlungen der mathem.-physischen Classe der k. bayerischen Aka- 
demie der Wissenschaften, Bd. XX, 2; XXI, 1. Miinchen, 1900; 4°. 

* American Chemical Journal. Vol. XXI, No. 6; XXII, Nos. 1-6; XXIII, 
Nos. 1-3. Baltimore, 1899-900; 8° (dall'Università John Hopkins di Bal- 
timora). i 

* American Journal of Mathem. Vol. XXI, Nos. 8, 4; XXII, Nos. 1. Baltimore, 
1899-900; 4°. 

* Analele Academiei Romane. 1889-1898. Indice alfabetic al cuprinsului 
volumelor XI-XX din Ser. II. T. XXI, 1898-1899 Seria II. Memoriile 
Sectiunii istorice. XXII, 1899-1900. Partea administrativà sì desbaterile. 
Bucuresci, 1900; 4°. 

* Analele Institutului Meteorologic al Romniei. Tomul XIV, Anul 1898, 
Bucuresci, 1900; 4°. x 

* Anales de la Sociedad Cientifica Argentina. Entr. 6*, t. XLIX; 1°, 2*, L. 
Buenos Aires, 1900; 8°. 

* Anales de la Oficina Meteorolégica Argentina. T. XII, 2* parte. Buenos 
Aires, 1898; 4°. 

* Anales de la Academia de Ciencias de la Habana. Entrega Nos. 400-402, 
405-407 (1898); 422-427 (1899-1900). Habana; 8°. 

* Anales del Museo Nacional de Montevideo, t. III, fasc. 14, 15. 1900; 4°. 

* Annales de la Société Entomologique de Belgique. T. 43*, Bruxelles, 
1899; 8°. 

Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. c 


fai 


Ad 
Ci 
XXXIV PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 


* Annales de la Société géologique de Belgique. T. XXVI, 4° livr., XXVII, 
1° e 2° livrs. Liège, 1899-1900; 8°. 

* Annales de la Société royale Malacologique de Belgique. T. XXXI et 
XXXIII et Bulletins des séances, année 1899. Bruxelles, 1899; 8°. 

* Annales de l’Université de Lyon; Nouvelle série, I, Sciences; Médecine, — 
fasc. 3°. Lyon, 1900; 8°. 

* Annales des Mines. 9° série, t. XVII, livrs. 2-6; XVIII, 7°. Paris, 1900; 8°. 

Annales de la Faculté des Sciences de Toulouse. Deuxième série, T. I, 

4° fasc. (1899); II, 1" fasc. (1900). Toulouse; 4°. 

* Annuaire de l’Observatoire Royal de Belgique, 1898-1900; 16°. 

*# Archives du Musée Tegyler, série II, vol. VII, 1° partie. Haarlem, 1900; 8°. 

* Archives Néerlandaises des sciences exactes et naturelles, publiées par 
la Société hollandaise des sciences à Harlem. Sér. II, t. JV, 1° livr. 
La Haye, 1900; 8°. 

# Archives (Nouvelles) du Muséum d’histoire naturelle. IV® sér., t. 1”, 
fasc. 1" et 24. Paris, 1899; 4°. 

* Archivos do Museu Nacional do Rio de Janeiro. Vol. X (1897-1899). Rio 
de Janeiro, 1899; 4°. 

Astronomical Observations and Researches Made at Dusink, the Observa- 
tory of Trinity College, Dublin. Minth part. Dublin, 1900; 4°. 

* Atti della R. Accademia economico-agraria dei Georgofili di Firenze, 
4* serie, vol. XXIII, disp. 1*, 2°, 1900; 8°. 

* Atti della R. Accademia Peloritana. Anno XIV, 1899-900. Messina, 1900; 8°. 

Atti del Collegio degli ingegneri e degli architetti in Palermo, 1900, 
gennaio-giugno. Palermo; 8°. 

Atti della R. Accademia di scienze, lettere e belle arti di Palermo. 3* ser., 
a. 1899, vol. V, 1900; 4°. 

* Atti dell’Accademia pontificia dei Nuovi Lincei. Anno LIII, sess. 5°-7*. 
Roma, 1900; 4°. 

* Beitrige zur geologischen Karte der Schweiz...; N. F. 9 Lieferung. Bern, 
1900; 4° (dalla Commissione Geologica della Società Elvetica di Scienze 
naturali). 

* Berichte der Naturforschenden Gesellschaft zu Freiburg I. B., XI Bd., 
Heft 2. 1900; 8°. 

* Berichte iber die Verhandlungen der k. Sachsischen Gesellschaft der 
Wissensch. zu Leipzig. Mathem.-phys. Classe, 1900, III, IV. Leipzig; 8°. 

* Bihang till Kongl. Svenska- Ventenskaps- Akademiens Handlingar. Bd. 25. 
Afdelning I-IV. Stockholm, 1900; 8°. 

Boletim mensal do Observatorio do Rio de Janeiro. Janeiro, Abril, 1900; 8°. 

* Bollettino del R. Comitato Geologico d’Italia. Anno 1900, n. 1, 2. Roma, 8°. 

* British-Museum (Natural History): 

A Monograph of Christams Islands, 1 vol. 8°, 1900. 

Catalogue of the Lepidoptera Phalaene in the British Museum. Vol. II 
(Text a. Plates), 1900; 8°. 

Catalogue of the Fossil Bryozoa. Vol. I, 1899; 8°. 

* Buletinul Lunar Observatiunilor Meteorologice din Romània. An. VII 
1899. Bucuresci, 1900; 4°. 


* 


% 
PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA XXXV 


* Bulletin of the Johns Hopkins Hospital, vol. X, Nos. 98-105; XI, No. 106. 
Baltimore, 1899-900; 4°. 

* Balletin de la Société Belge de Gsologie, de Paléontologie et d’Hydro- 
logie. Tom. XII, fase. 2; XII, 1; XIV, 1 (1898-1900). Bruxelles; 8°. 

* Bulletin de la Société Belge de Microscopie. XXV° an. 1898-1899. 
Bruxelles; 8°. 

* Bulletin de l’Institut national Genevois. Travaux des cinq sections, 
t. XXXV. Genève, 1900; 8°. 

* Bulletin de la Société impériale des Naturalistes de Moscou. Ann. 1898, 
n. 2-4; 1899, n. 1. Moscou, 1898-99; 8°. 

* Bulletin de la Société des Sciences naturelles de l’Quest de la France. 

' T. IX, 4"© trim. 1899. Nantes; 8°. 

* Bulletin de la Société Neuchateloise des sciences naturelles. T. XXVI 
(1897-98). Neuchàtel, 1898; 8°. 

* Bulletin of the American Mathematical Society. 2nd Ser. VI, No. 10; VII, 
No. 1. Lancaster, Pa., and New-York, 1900; 8°. 

* Bulletin de la Société géologique de France. 3° série, T. XXVI (1898); 
N. 1; XXVII (1899), N. 5; XXVIII (1900), N. 1-2. Paris; 8°. 

* Bulletin de la Société Mathématique de France. T. XXVIII, fasc. 2°. 
Paris, 1900; 8°. 

* Bulletin du Muséum d'’histoire naturelle. Année 1899, N°5 6, 8 (1899); 
1-4 (1900). Paris; 8°. 

Bulletin de la Société Philomatique de Paris. 1899-900. N. 1. 1900; 8°. 

* Bulletin de la Société Zoologique de France pour l'année 1899. T. XXIV. 
Paris; 8°. 

* Bulletin de l’Académie Imp. des Sciences de St-Pétersbourg. V° sér., T. X, 
n. 5; XI, 1-5, XII, 1. St-Pétersbourg, 1899-900; 8°. 

Bulletin No. 13. U. S. Department of Agriculture; Division of Biological 
Survey. Washington, 1900; 8°. 

Bullettino della Reale Accad. di scienze, lettere e belle arti di Palermo. 
Anni 1894-1898. Palermo, 1899; 4°. 

* Bulletins du Comité géologique de St-Pétersbourg, 1896. T. XVII, N. 6-10 
(1898); XVIII, 1, 2 (1899). St-Pétersbourg; 8°. 

* Calendar 2559-60 (1899-900). Imperial University of Japan. Tokyo, 2560 
(1900); 8°. 

* Catalogo della Biblioteca dell'Ufficio Geologico del R. Corpo delle Miniere. 
3° Supplemento (1898-99). Roma, 1900; 8°. 

* Catalogue des Thèses et Écrits académiques. T. II° (fasc. 11-15). Années 
scolaires 1894-99; Quinzième fasc., Année scolaire 1898-99. Paris, 1899; 
4° (dalla Bibliothèque de V Université de Paris). 

* Ceskî Akademie Cisare Frantiska Josefa pro védy, Slovesnost a Umèni. 
Rozpravy. Trida II (Mathematiko-Prirodnick). Rotnik, VII (1899); 8°. 
Véestnik. Roénik, VIII (1899); 8°. 

Cinquantenaire de la Société de Biologie. Volume Jubilaire publiée par 

la Société. Paris, 1900; 8° (dono della Società Biologica di Parigi), 


wi 


cao 


t) 
XXXVI PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 


Commemorazione (Solenne) del Prof. Eugenio Beltrami, Senatore del Regno. 
24 Giugno 1900. Cremona, 1900; 8° (dono del Sindaco di Cremona). 

* Comptes-rendus de l’Académie des Sciences de Cracovie. Avril-Juillet, 
1900; 8°. 

Comunicaciones del Museo Nacional de Buenos Aires. Tomo I, n. 6. Buenos 
Aires, 1900, 8° (dal Direttore del Museo Dr. Prof. C. Bere). 

Conferenza internazionale per la Carta fotografica del Cielo. Catania, 
1900; 4° (dal Prof. A. Riccò). 

Congreso Cientifico (Primera reunién del) Latino Americano por iniciativa 
de la Sociedad Cientifica Argentina. III Trabajos de la 2* seccion 
(Ciencias Fisico-Quimicas y Naturales). Buenos Aires, 1899; 8° (dalla 
Sociedad Cientifica Argentina). 

* Die Kéòngl. Ungarische Geologische Anstalt. Budapest, 1900; 8°. 

** Erliuterungen zur geologischen Specialkarte von Preussen und Thurin- 
gischen Staaten. Lief. 69, Grad. 44, Nos. 1-3, 7-9, 49, 55; Lief. 80, Grad. 45,. 
Nos. 4-6, 10-11, Lief. 91, Grad. 55, Nos. 4, 10, 27, 33. Berlin, 1900. Testo e Atl. 

Exposition universelle de 1900. Principauté de Monaco. Les Campagnes 
scientifique de S. A. S. le Prince Albert I" de Monaco par le Dr. Jules 
Ricnarp. Monaco, 1900; 8° (dono di S. A. S. il Principe Alberto). 

* Field Columbian Museum. Botanical Ser., Vol. II, No. 1; Geological Ser., 
Vol. I, No. 7; Report Ser., Vol. I, No. 5. Chicago, 1899-900; 8°. 

Frammenti concernenti la Geofisica dei pressi di Roma. N. 10. Spoleto, 
1900; 8° (dono del Prof. G. FoLGHERAITER). 

* Fòldtani Ké6zliny havi Folydirat kiadja a Magyarhoni Fòldtani Tarsulat. 
Vol. XXX, 1-4. Fiizet. Budapest, 1900; 8°. 

* Forhandlinger i Videnskabs-selskabet i Christiania Aar 1899, No. 2-4. 
Christiania, 1900; 8°. 

** Fortschritte der Physik im Jahre 1899, Bd. LV. 1 Abth. Braunschweig, 
1900; 8°. 

* General-Register der Jahrginge 1882-1891 Jahresberichtes der Kgl. Un- 
garischen Geologischen Anstalt. Budapest, 1899; 8°. 

* General Report on the work carried on by the Geological Survey of 
India for the period from ist April 1899 to the 8Bist March 1900. 
Calcutta, 1900; 8°. 

* Giornale della R. Accad. di Medicina. A. LXIII, n. 5-8. Torino, 1900; 8°. 

* Jahrbuch iber die Fortschritte der Mathematik. Bd. 29, Jahrg. 1898, 
Heft 1, 2. Berlin, 1900; 8°. 

* Jahrbuch der k. k. geologischen Reichsanstalt zu Wien. Jahr. 1899, 
XLIX, Bd., 4 Heft; L, 1 Heft. Wien; 8°. 

* Jahreshefte des Vereins fiir vaterlindische Naturkunde in Wiirttemberg. 
56 Jahrgang. Stuttgart, 1900; 8°. 

* Jenaische Zeitschrift fir Naturwissenschaft herausg. von der medizinisch- 
naturwiss. Gesellschaft zu Jena. N. F., Bd. XXVI, Heft 3 u. 4; XXVII, 
Heft 1-4. Jena, 1900; 8°. 

* Index of the Scientific Proceedings and Transaction of the R. Dublin 
Society from 1877 to 1898 inclusive. Proceeding Vols. I-VIII. Transactions 
Vols. I-VI. Dublin, 1899; 8°. 


DI 


PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA CCADEMIA XXXVII 


* Johns Hopkins Hospital: Reports. Vol. VIII, Nos. 5-9. Baltimore, Nod9ar eee 

* John Hopkins University Circulars. Vol. XVIII, No. 142. Baltimore, 1899; 4°. 

* Journal of the Asiatic Society of Bengal. Vol. LXVIII, Part II, Natural 
science, No. 4; LXIX, P. II, No. 1. Calcutta, 1900; 8°. 

* Journal of the Chemical Society. Vol. 77 e 78. August-November, 1900. 
London; 8°. 

* Journal of the Linnean Society. Botany. Vol. XXVI, No. 240; Zoology, 
vol. XXVIII, No. 179. London, 1900; 8°. 

* Journal of the R. Microscopical Society, 1900, part. 4, 5. London; 8°. 

* Journal and Proceedings of the R. Society of New South Wales. 
Vol. XXXIII, 1899. Sydney, 1900; 8°. 

* Journal of the College of Science Imperial University of Tokyo Japan. 
Vol. XII, part 4; XIII, 1, 2. Tokio, 1900; 4°. 

* Kansas (The) University Quarterly. Vol. VI, 4; VIII, 1897, 1899; ser. A: 
Science and mathem. Lavrance, 8°. I 

* List (A) of the Fellows and honorary, foreign, and corresponding Members 
and Medallist of the Zoological Society of London. London, 1900; 8°. 

* Mémoires de la Société Entomologique de Belgique. VII. Bruxelles, 
1900; 8°. 

* Mémoires de la Société Royale des Sciences de Liège. 3° série, t. IL 
Bruxelles, 1900; 89. 

* Mémoires de l’Académie des sciences et lettres de Montpellier: Section 
des sciences, 2° sér., t. Il, n. 6. Section de Médecine, 2° série, t. 17, 
n. 7. Montpellier, 1899; 8°. 

* Mémoires (Nouveaux) de la Société impériale des Naturalistes de Moscou; 
T. XV, 7; XVI, 1, 2. Moscou, 1898-99; 4°. 

_* Mémoires de la Société zoologique de France pour Marge 1899. 
Tome XII. Paris, 1899; 8°. 

* Mémoires du Comité Géologique de Russie. Vol. VIII, N. 4; XII, N. 3. 
St-Pétersbourg, 1898, 1899; 4°. 

* Memoirs of the Royal Society of South Australia. Vol. I, Part II. Adelaide, 
1900; 4°. 

* Memoirs of Geological Survey of India. Palaeontologica Indica, Ser. XV, 
vol. III, Part 1. Calcutta, 1899; 4°. 

* Memoirs of the Geological Survey of India. Vol. XXIX, XXX, Part 1. Cal. 
cutta, 1899-900; 8°. 

* Memorias y Revista de la Sociedad Cientifica “ Antonio Alzate ,. T. XIV 
(1899-900), Nos. 1-6. Mexico; 8°. 

* Memorie della R. Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna. 
Serie V, tomo VII, fasc. 1°, 2°, 1899-900; 4°. 

* Memorie descrittive della carta geologica d’Italia. Vol. X. I vulcani del- 
l'Italia Centrale e i loro prodotti. Parte I: Vulcano Laziale. Roma, 
1900; 8° (dal R. Ufficio Geologico). 

* Memorie dell’Accademia di Verona. Vol. LXXIV, serie III, fase. 3; 
LXXV. fasc. 1, 2. Verona, 1899-900; 8°. 


ò 


XXXVIII ia DALLA R. ACCADEMIA 


td innesota Botanical Studies. Second Series, Part IV, August 15, 1900. 
Minneapolis, Minn., 1900; 8° (Geological and Natural History Survey of 
Minnesota). 

* Missouri Botanical Garden. 11° annual Report. St. Louis, Mo., 1900; 8°. 

# Mittheilungen aus der Zoologischen Station zu Neapel. 14 Bd., 1 und 
2 Heft. Berlin, 1900; 8°. ’ 

* Mittheilungen aus dem Jahrbuche der kòn. ungar. geologischen Anstalt 
XII Bd., 1 Heft; XIII, 3 Heft. Budapest, 1900; 8°. 

* Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. Vol. LX, Nos.8-10. 
London, 1900; 8°. 

* Nachrichten von der kònigl. Gesellschaft der Wissenschaften zu Gottingen. 
Mathematisch-physik. Klasse, 1900, Heft 1,2. Gottingen; 8°. 

* Natuurkundig Tijdschrift voor Nederlandsch-Indié utigegeven door de 
k. Natuurkundige vereeniging in Nederland.-Indié. Deel LIX. Tiende 
serie Deel III. Batavia, 1900; 8°. 

* Neujahrsblatt herausgegeben von der Naturforschenden Gesellschaft auf 
das Jahr 1900; 102 Stick. Ziirich; 4°. 

* Nova Acta Regiae Societatis Scientiarum Upsaliensis. Seriei tertiae, 
vol. XVIII, fasc. 2, 1900; 49. 

North American Fauna, N° 18, 19. Washington, 1900; 8° (dal U. S. De- 
partment of Agriculture, Divis. of Biological Survey). 

* Ofversigt af Finska Vetenskaps-Societetens Fòrhandlingar, XL, 1897-98. 
Helsingfors, 1898; 8°. 

Omaggio all’astronomo G. V. SararareLLI. 80 giugno 1860-30 giugno 1900. 
Milano, 1900; 4° (dono del Prof. G. CeLoRIA). 

* Proceedings of the American Academy of Arts and Sciences. Vol. XXXV, 
Nos 10-22. Boston, 1899-900; 8°. 

* Proceedings of the Asiatic Society of Bengal. Nos II-VIII (1900). Cal-_ 
cutta; 8°. 

* Proceedings of the Cambridge philosophical Society; vol. X, P. 6*, 1900. 

* Proceedings of the Royal Irish Academy. Third series, vol. V, No. 5. 
Dublin, 1900; 8°. 

* Proceedings (The Scientific) of the R. Dublin Society. Vol. IX (N. S.), 
1899, Part 1. Dublin, 1899; 8°. 

* Proceedings (The Economic) of the R. Dublin Society. Vol. I, 1899. 
Part I. Dublin, 1899; 8°. 

* Proceedings of the Royal Society of Edinburgh. Vol. XXI, sess. 1897-98, 
1898-99. Edinburgh, 1900; 8°. 

Proceedings and Transactions of the Nova Scotian Institute of Science. 
Session of 1896-97; 2° series, vol. III, part. 1°. Halifax N. S., 1899; 8°. 

* Proceedings of the Royal Society. Vol. LXVI. Nos. 431-434; LXVII, 
Nos. 435-437. London, 1900; 8°. 

* Proceedings of the Zoological Society of London for the year 1900. 
Part II, III. London, 1900; 8°. 

* Proceedings of the American Philosophical Society held at Philadelphia. 
Vol. XXXVIII. No. 160; XXXIX, 161. Philadelphia, 1899; 8°. 


PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA Agia AT XXXIX 

* Proceedings of the Academy of Natural Sciences of Philadelphia. 1899, 
Part III; 1900, Part I. Philadelphia; 8°. 

* Proceedings of the Rochester Academy of Science. Vol. 3. Rochester 
N. Y., 1900; 8°. 

Proceedings of the American Association for the advancement of Science 
for the forty-seventh Meeting and fiftieh Anniversary held at Columbus, 
Ohio. August, 1899. Vol. 47. Salem, 1898; 8°. 

* Proceedings of the Canadian Institute. New Series. Nd. 9, vol. II, part 3. 
Toronto, 1900; 8°. 

Peabody Institute, of the city of Baltimore. Thirty-third Annual Report. 
June 1, 1900. Baltimore; 8°. 1) 

* Pubblicazioni del R. Istituto di studi superiori pratici e di perfeziona- 
mento in Firenze. Sezione di Medicina e Chirurgia e Scuola di Far- 
macia. Firenze, 1876-1900; 25 fasc. 8°. Sezione di scienze fisiche e na- 
turali. Firenze, 1877-1899; 34 fase. 8°. 

Pubblicazioni del R. Osservatorio di Brera in Milano. N. XXXIX. Deter- 
minazione della differenza di longitudine tra Napoli e Milano. Milano, 
1900; 4°. 

Publicationen fiir die Internationale Erdmessung. Astronomische Arbeiten 
des k. k. Gradmessungs-Bureau. XI Bd., Làngenbestimmungen. Wien, 
1899; 4°. 

* Quarterly Journal of the Geological Society. Vol. LVI, Part. 3. No. 223 
1900; 8°. 

* Rendiconti del R. Istituto Lombardo di scienze e lettere. Vol. XXXIII, 
London, fasc. 14-16. Milano, 1900; 8°. 

*# Rendiconti del Circolo matematico di Palermo. Tom. XIV, fasc. V. 
Palermo, 1900; 8°. 

* Rendiconto delle Sessioni della R. Accademia delle Scienze dell'Istituto 
di Bologna. N. S. vol. IV (1899-900), fasc. 1, 2. 1900; 8°. 

* Rendiconto dell’Accademia delle Scienze fisiche e matematiche di Napoli. 
Serie 3*, vol. VI, fasc. 5°-7°. Napoli, 1900; 8°. 

* Reports from the Laboratory of the R. College of Physicians Edinburgh. 
Vol. IV-VI. Edinburgh, 1892, 1897; 3 vol. 8°. 

Report on the Kodaikanal and Madras Observatories for 1899-1900; 4°. 

Report (Nineteenth Annual) of the United States Geological Survey to the 
Secretary of the Interior 1897-98. Ch. D. Walcott Director. Part III, 
V, and atlas.Washington, 1899; 3 vol. 4°. 

Report (Twentieth Annual) of the United States Geological Survey to the 
Secretary of the Interior 1898-99. Ch. D. Walcott Director. Part I. 
Washington, 1899: 1 vol. 4°. 

Report by E. L. Corthell delegate of the United States (Representing the 
State Department) to the Seventh international Congress of Navigation, 
held at Brussels Belgium, July, 1898. Washington, 1900; 8°. 

Resoconto clinico statistico della sezione chirurgica dell'ospedale infantile 
Regina Margherita in Torino diretta dal Dott. A. Nota. Sessennio dal 
1° gennaio 1894 al 31 dicembre 1899. Torino, 1900; 8°. 


XL PUBBLICAZIONI” RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 
di 


Résultats des Campagnes scientifiques accomplies sur son yacht par 
Albert I, Prince Souverain de Monaco; fasc. XIII-XVI. Monaco, 1898; 4° 
(dono di S. A. M.re il Principe Alberto I di Monaco). 

* Revista do Museu Nacional do Rio de Janeiro. Vol. I. Rio de Janeiro, 
1896; 4°. 

* Royal Society. Reports to the Malaria Committee, 1899-1900. London, 
1900;. 8°. — Further Reports to the Malaria Committee, 1900. London, 
1900; 8°. 3 

** Scientia, N. 9, 10, 1900. La célérité des ébranlements de l'éther par 
L. Décombe. Les Rayons cathodiques par P. Villard. Paris; 8°. 

* Sitzungsberichte der k. Preuss. Akademie der Wissenschaften zu Berlin. 
38 Mai 1900, N. XXIII; 26 Juli 1900, N. XXXVIII. Berlin; 8°. 

* Sitzungsberichte der mathematisch-physikalischen Classe der k. b. Aka- 
demie der Wissenschaften zu Miinchen. 1900. Heft II. Minichen, 1900; 8°. 

* Sitzungsberichte der Physikalisch-medicinischen Gesellschaft zu Wiirzburg, 
1900, No. 1; 8°. 


* Skrifter udgivne af Videnskabsselskabet i Christiania 1899, No. 1,5,8,9. . 


I Mathematisk naturvidenskabelig Klasse. Kristiania, 1900; 8°. 

Spelunca. Bulletin de la Société de Spéléologie. 4° année, T. V, n. 21, 22. 
Paris, 1900; 8°. 

Studi e Ricerche istituite nel Laboratorio di chimica agraria della R. Uni- 
versità di Pisa. Fasc. 16. Anno 1899. Pisa, 1900; 8° (dono del Direttore 
del Laboratorio). 

* Thiitigkeit (Die) der Physikalisch-technischen Reichsanstalt in der Zeit 
vom Februar 1899 bis Februar 1900. Berlin; 4° (dall’Istituto Fisico- 
Tecnico in Charlottenburg). 

* Transactions of the R. Society of South Australia. Vol. XXIV, Part 1°. 
Adelaide, 1900; 8°. 

Transaction (The Scientific) of the R. Dublin Society. Vol. VII (Ser. II), 
Nos 3-7. Dublin, 1899-900; 4°. 

* Transactions of the Royal Society of Edinburgh. Vol. XXXIX, part 2-4; 
1897-98, 1898-99. Edinburgh, 1900; 4°. 

* Transactions of the American Mathematical Society. Vol. I, No. 2, 8, 
1900. Lancaster, Pa., and New York, 1900; 4°. 

* Transactions of the Linnean Society of London. Botany, vol. V, p. 11, 12. 
— Zoology, vol. VII, 9-11. London, 1899-900; 4°. 

“Transactions of the Manchester Geological Society. Vol. XXVI, Part XIV- 
XIX. 1900: 8°. 

* Transactions of the Canadian Institute. Vol. VI, P.1 and 2. Toronto, 
1899; 8°. 

Tufts College Studies, No. 6. Tufts College, Mass., 1898; 8°. 

* University of California. 

Agricultural experiment Station E. W. Iblgard Director, Bulletin, 
Nos. 122, 123, 125, 126. Berkeley, 1899; 8°. 

Announcement concerning the College of Commerce. Berkeley, 1898; 8°. 

Annual Report of the Secretary to the Board of Regents etc. for the 
Year ending June 30, 1899. Sacramento, 1899; 8°. 


PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA XLI 


Bulletin of the Department of Geology. Vol. II, Nos. 5, GS berkoler, 
1899! 8°, 

Library Bulletin N. 13. Bibliographical references in Ethnology. By 
Thomas Bailey. Berkeley, 1899; 8°. 

The University Chronich, an official Record; Vol. II. Nos. 1-6. Berkeley, 
1899; 8°. 

University of California Studies. Vol. I, Nos. 3-4. Berkeley, 1399; 8°. 

Univ. of California. Bulletins. Issued Quarterly. N. S. Vol. I. Nos. 1, 2. 
Berkeley, 1899; 8°. 

* University (The) Geological Survey of Kansas. Vol. I-V [del IV la sola 
1° parte]. Topeka, 1896-99; 8°. 

— Annual Bulletin on Mineral Resources of Kansas, for 1897, 1898. 
Lawrence, Kan., 1898-99; 2 vol. 8°. 

* Verhandlangen der Naturforschenden Gesellschaft in Basel. Bd. 12, 
Heft 3. Basel, 1900; 8°. 

** Verhandlungen der physikalischen Gesellschaft zu Berlin. Jahrg. 2, 
Nr. 10-13. 1900; 8°. 

* Verhandlungen Physik.-medic. Gesellschaft zu Wiirzburg, N. F. XXXIII Bd. 
Nr. 4; XXXIV, Nr. 1. Wiirzburg, 1899-1900; 8°. 

* Yerhandlungen der k. k. geologischen Reichsanstalt Sitzung. Nos. 6-10, 
1900. Wien; 8°. 

Veròffentlichung des K. preussischen geodàitischen Institutes. N. F., No. 2-4. 
Berlin, 1900; 4°. 

* Vierteljahrsschrift der Naturforschenden Gesellschaft in Zurich. 44 Bd., 
1 u. 4 Heft; 45, 1 u. 2 Heft. Zurich, 1898; 8°. 

* Wisconsin Geological and Natural history Survey. Bulletin No. 4. Eco- 
nomie Series No. 2. Madison, 1898; 8°. 

* *ypHnaxb pyccgaro dusmro-xumugeckaro O6mecrsa npu Ummneparopcrome 
C. Ierep6ypreroms Vansepenterb. T. XXXII, n. 4, 5, 6 (Journal de la 
Société physico-chimique russe). 1900; 8°. 

* Zweihundertjahrfeier (Die) k. preussischen Akademie der Wissenschaften 
am 19. und 20. Marz 1900; 4° (dono della R. Accademia delle Scienze di 
Berlino). 


Bailey (T. P.), University of California. Ethnology: Standpoint, method, 
tentative results. Berkeley, 1899; 8° (dall’A.). 

Bashforth (F.). A second supplement to revised accunt of the experiments 
made with the Bashforth Chronograph to find the resistance of the air 
to the motion of projectiles etc... Cambridge, 1900; 8° (Zd.). 

Basta (E.). La causa del diluvio. Pistoia, 1900; 8° (Id.). 

Cantor (M.). Vorlesungen der Geschichte der Mathematik. Leipzig, 1900; 
8° (Id.). 

Celoria (G.) e Rajna (M.). Eclisse solare del 28 maggio 1900. Comunica- 
zioni. Milano, 1900; 8° (dal Dott. M. Rayna). 


. 


XLII PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 


Cohî (F.)Ableitung der Declinationen und Eigenbewegungen der Sterne 
fur den Internationalen Breitendienst. Berlin, 1900; 4° (dal Central- 
bureau der Internationalen Erdmessung). x 

Eder (J. M.). System der Sensitometrie photographischer Platten. Catania, 
1900; 4° (dal Prof. A. Riccò). 

Fiorini (M.). Qualche cenno sopra Girolamo Frivblsiogai Firenze, 1900; 8° 
(dall’A.). 

Galilei (G.). Le opere. Vol. X. Firenze, 1900; 4° (dal Ministero dell’Istru- 
zione Pubblica). 

** Gauss (C. F.). Werke. Bd. VIII. Leipzig, 1900; 4°. 

Gautier (R.). Observations météorologiques faites aux fortifications de Saint- 
Maurice pendant l'année 1898. Genève, 1900; 8° (dall’A.). 

Girolamo Guidoni. — rr luglio 1870-11 luglio 1900. Spezia, 1900; 8° (dono 
della Società “ Girolamo Guidoni , per la diffusione e V insegnamento 
delle scienze naturali). 

Goebel (K.). Organographie der Pflanzen insbesondere der Archegoniaten 
und Samenplazen. II. Teil, 2 Heft. Minchen, 1900; 8°. 

Gordon (A. de), El azucar como alimento del Hombre. Habana, 1899; 8° (Z4.). 

— La legislacion Sanitaria escolar en los principales Estados de Europa. 
Habana, 1900; 8° (dall'A... 

Harlé (Ed.). Notes Sur la Garonne. Toulouse, 1899; 8 (dall’A.). 

— Cailloux pyrenéens du cours inférieur de la Garonne. Paris, 1900; 8° (Zd.). 

— Restes d’Élan de la Plagnotte (Ariège). Paris, 1900; 8° (Zd.). 

— Cailloux à facettes des environs de Bourdeaux. Paris, 1900; 8° (Zd.). 

Jadanza (N.). Tavole tacheometriche sessagesimali. Torino, 1900; 4°. 

Maltese (F.). Profilassi omicida. Napoli, 1900; 8° (dall’A.). 

Neagoe (J.). Studiù asupra pelagrei. Bucuresci, 1900; 8° (dall’Accad, Roman). 

Nicolis (E.). Marmi, pietre e terre coloranti della provincia di Verona. 
Verona, 1900; 8° (dall’Accad. d’Agric., scienze e lettere). 

Orff (K. v.). Ueber die Hiilfsmittel, Methoden und Risultate der Interna- 
tionalen Frdmessung. Miinchen, 1899; 4° (dalla R. Accad. delle Scienze 
di Monaco di Baviera). 

Perez (G. B.). La provincia di Verona e i suoi vini. Cenni, informazioni, 
analisi. Verona, 1900; 8° (dall’Accad. di Agric., scienze e lettere). 
Pirotta (R.) e Chiovenda (E.). Illustrazione di alcuni erbarii antichi ro- 
mani. Genova, 1900; 8° (dono del Socio corrispondente R. PrrortA). 
Rajna (M.). Anno 1891. Nascere e tramontare della luna a Milano; 2 carte 

s. n. 8° (dall’A.). 

— La riunione della R. Commissione Geodetica italiana in Milano (26, 27 
e 28 giugno 1900). Milano, 1900; 2 carte 4° (Id.). 

— Articoli generali del calendario per l’anno comune 1901. Milano, 1900, 
2 carte f.° (Id.). 

Retzius (A.). Briefe von Johannes Miiller. Von dem Jahre 1830 bis 1857. 
Stockholm, 1900; 4° (dono de l’Acad R. des Sciences). 

Riccò (A.). Eclisse totale di Sole del 28 maggio 1900. — Relazione preli- 
minare. Catania, 8° (dall’A.). 


LL 
n 


PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA XLIII 


Riccò (A.). Occultazione di Saturno del 13 giugno 1900. Relazione. Catania, 
1900; 4° (dall’A.). 
Sars (G. 0.). An account of the Crustacea of Norway. Vol. III. Cumacea. 
Part V et VIII. Bergen, 1900; 8° (dal Museo di Bergen, Norvegia). 
Sala (L.). Considerazioni e teoremi sulla funzione proporzionalità nel cal- 
colo così elementare come differenziale ed integrale. Milano, 1898; 8° 
(dall’A.). 

— Lettura sulla proporzionalità in ragione inversa tra le derivate e gli 
integrali particolari della serie di Taylor ecc... Milano, 1900; 8° (I4.). 

Tommasina (T.). Sur quelques effets photochimiques produits par le fil 
radiateur des ondes hertziennes. Paris, 1900; 4° (Id.). 

Trouvé (G.). Comment d’exposant enthousiaste on arrive à ne plus exposer. 
Paris, 1900; 8° (Zd.). 

#* Vinci (Leonardo da). Il codice Atlantico ; fasc. XIX, XX. Milano, 1900; 8°. 

Zeuner (G.). Technische Thermodynamik Zweite Auflage der “ Grundzige 
der Mechanischen Wirmetheorie ,. Leipzig, 1900; 8° (I4). 


Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche 
Dal 24 Giugno al 25 Novembre 1900. 


* Abhandlungen der Kénigl. Gesellschaft der Wissenschaften zu Gòttingen. 
Historisch-philologische Klasse. N. F., Bd. III, No. 3; IV, No. 1, 2. 
Berlin, 1900; 4°. 

* Abhandlungen der philologisch-historischen Classe der k. Sàchsischen 
Gesellschaft der Wissenschaft. Bd. XX, N. 2. Leipzig, 1900; 8°. 

* Accademia (R.) Peloritana. CCCL Anniversario della Università di Mes- 
sina (Contributo storico). Messina, 1900; 4°. 

* American Journal of Philology. Vol. XX, Nos. 1-4. Baltimore, 1899; 8° 

(dall’ Università John Hopkins di Baltimora). 

Analeeta Bollandiana. T. XIX, fasc. I. Bruxelles, 1900; 8°. 

Amnales de la Société d’Archéologie de Bruxelles. T. XIV, livr. ‘I. Bru- 

xelles, 1900; 8°. 

Annales de l’Université de Lyon: Nouvelle Série; II. Droit, Lettres. 

Fasc. 3°. Lyon, 1900; 8°. 
* Annales du Musée Guimet. Bibliothèque d’études. T. 11°. 
T. XXVI, 4° partie: Recueil de talismans Laotiens. 
Revue de l’Histoire des Religions. Tome XL, No. 3; XLI, 1, 2. Paris, 
1899-900; 8°. 

* Annales du Midi. Revue de la France méridionale, Nos. 45, 46 (1900). 

Toulouse; 8° (dall'Università di Tolosa). 


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XLIV PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 


Annali di Statistica. Atti della Commissione per la statistica giudiziaria 
civile e penale. Sessione di luglio e di dicembre 1899. Roma, 1900, 
2 volumi; 8° (dal Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio). 
Annali di Statistica. — Statistica industriale. Fasc. VI, A. Notizie sulle 
condizioni industriali delle provincie di Ancona, Forlì e Venezia. Ser. IV, 
n. 6 dis, 24 bis, 5 bis. Roma, 1900; 8° (Id.). 
Annuaire statistique de la ville de Buenos-Ayres. IX° année, 1899. Buenos 
Ayres, 1900; 8° (dalla Direzione Gen. di Statistica - municipale). 
* Annuaire de la Société d’Archéol. de Bruxelles, 1900, t. XI°. Bruxelles, 8°. 
Annuario statistico italiano 1900. Roma, 1900; 8° (dono del Ministero di 
Agricoltura, Industria e Commercio). 
* Atti della Società Ligure di Storia patria. Vol. XXX. Genova, 1900; 8°. 
* Atti della Reale Accademia di Scienze morali e politiche della Società 
Reale di Napoli; vol. 31°. Napoli, 1900; 8°. 
* Atti della R. Accademia dei Lincei. Classe di Scienze morali, storiche e 
filologiche, Serie V, vol. VIII. Notizie degli Scavi: aprile-luglio 1900. 
Roma; 4°. 
* Atti della R. Accademia dei Lincei. Rendiconto dell’Adunanza solenne 
del 10 giugno 1900; 4°. 
Atti della Commissione istituita con decreto 3 ottobre 1898 dal Ministro 
di Grazia e Giustizia e dei Culti con l’incarico di studiare e proporre 
le modificazioni da introdurre nel vigente Codice di procedura penale. 
Vol. I-II. Roma; 1900; 4°. 
* Atti del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti; t. LIX, disp. 8*, 9. 
Venezia, 1900; 8°. 
* Berichte iber die Verhandlungen der k. Sachsischen Gesellschaft der 
Wissenschaften zu Leipzig. (Philolog.-Hist. Classe), 1900, IV-VII; 8°. 
** Bibliographie der deutschen Zeitschriften Litteratur. Bd. VI, Liefg. 1-6 
(1896-99). Leipzig, 1900; 4°. 
* Biblioteca Apostolica Vaticana. 
Codices manuscripti Palatini Graeci etc. recensuit et digessit H. Sre- 
venson Senior. Romae, 1885. 1 vol. 4°. ; È 
Codices manuscripti Graeci Reginae Svecorum et Pii PP. II etc. recensuit 
et digessit H. Srevenson Senior. Romae, 1888. 1 vol. 4°. 

Codices manuscripti Graeci Ottoboniani etc... recensuerunt E. Feron 
et F. BarracLini. Romae, 1893. 1 vol. 4°. 

Codices Urbinates Graeci etc... recensuit C. StornaJoLo. Accedit index 
vetus Bibliot. Urbinatis nune primum editus. Romae 1895. 1 vol. 4°. 

Codices Palatini Latini etc... recensuit et digessit H. Stevenson Junior 
recognovit J. B. De Rossi, praeeunte eiusdem dissertatione de ori. 
gine, historia et indicibus scrinii et bibliothecae Sedis Apost. Tomo I. 
Romae, 1886; 4°. 

I Codici Capponiani ecc. descritti da G. SaLvo-Cozzo. Roma, 1897, 
1 vol. 4°. 

Inventario dei libri stampati palatino-vaticani ebraici e latini edito da 
E. Srevenson giuniore. Vol. I, parte 1*% e 2*; idem tedeschi vol. II, 
parte 1* e 2%. Romae, 1886-1891. 4 vol. 4°. © 


PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R- ACCADEMIA XLV 


Monumenta Papyracea Latina etc... recensuit et digessit H. Marvccnr. 
Accedit de Aula Vaticana papyrorum epistola I. Cozza-Luzi. Romae 
1895. 1 fasc. 4°. 
Monumenta Agyptia etc... recensuit et degessit H. Maruccni. Romae 
1891. 1 fase. 4°. 
Il grande Papiro egizio contenente il Libro di uscire dalla vita. De- 
scritto e illustrato da O. Maruccni. Roma, 1888. 1 vol. 4°, 
Al Sommo Pontefice Leone XIII; omaggio giubilare della Biblioteca 
Vaticana. Roma, 1888. 1 vol. fol°. 
Nel Giubileo Episcopale di Leone XIII; omaggio della Biblioteca Va- 
ticana; XIX febbraio anno M.DCCC.XCIII. 1 vol. 8°. 
Leonis X Pontificis Maximi Regesta. Fasce. IV-VIII. Friburgi Brisgoviae, 
1886-1891; 4°. 
Regestum Clementis Papae V etc. Cura et Studio Monachorum Ordinis 
S. Benedicti. Romae, 1885-1892. 8 vol. in-fol°. 
Regesta Honorii Papae III etc. edidit Sac. P. Presurti. Romae, 1888- 
1895. 2 vol. fol°. 
Tatiani Evangeliorum harmoniae arabice. Nunc primum ex duplice 
codice edidit et translatione latina donavit P. A. Crasca. Romae, 1888. 
1 vol. 4°. 
Opere giuridiche e storiche del prof. Ilario ALrsranpI raccolte e pub- 
blicate a cura dell’Accademia di Conferenze storico-giuridiche. Vol. I. 
Roma 1896; 4°. 
* Bibliotheca Hagiographica latina antiquae et mediae aetatis ediderunt 
Socii Bollandiani. Fasc. IV, Kebius-Nathalanus. Bruxelles, 1900; 8°. 
* Bibliotheca Indica: A Collection of Oriental Works published by the 
Asiatic Society of Bengal. New series, Nos. 964-970. Calcutta, 1900; 8°. 
** Bibliotheca Philologica Classica. Vol. XXVII. 1900. Trimestre secundum. 
Lipsiae, 1900; 8°. 
* Boletin de la Real Academia de la Historia. T. XXXVII, cuad. 1-5. Madrid, 
1900; 8°, 
* Bollettino della Società Umbra di Storia Patria. Anno VI, fase. 2°, 3°. 
Perugia, 1900; 8°. 
Bollettino di Legislazione e Statistica doganale e commerciale. Anno XVI, 
gennaio-marzo 1900. Roma; 8° (dal Ministero delle Finanze). 
* Bulletin de la Société d’Études des Hautes-Alpes. 18° année, N. 32; 19°, 
N. 33. Gap, 1899-900; 8°. 
* Bulletin of the New York Public Library Astor Lonox and Tilden Foun- 
dations. Vol. IV. No. 6-10, 1900; 8°. 


* Ceskà Akademie Cisare Frantiska Josefa pro védy, slovesnost a Uméni. 
Almanach. Rocnik X (1900); 8°, 
Bibliographie Cèskè historie. 
Historicky Archiv. Cislo 16, 1899; 8°. 
Rozpravy. Ttida I (Pro védy filosofické privni a historické). Roenfek VII. 
Cislo 1, 2; 1899; Ttida III (Piedolozeno dne Dubna 1898), Rot nik VII» 


Cielo 1. 


XLVI PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 


Sbirka prameniy ku ponznini literàrniho Zivota v Cechàch, na Moravé 


a v Slezsku. Skupina I. Rada 1, Cislo 2, 1899; 8°. Praze, 1899-900. 

Prokop Divis. Sepsal Prof. Fr. Nusl. 

Consiglio Provinciale di Torino. Seduta 13 agosto 1900. Commemorazione 

di S. M. il Re Umserro I. Ciriè, 1900; 4°. 

* Géographie (La), Bulletin de la Société de Géographie. N. 7-10. 1900. 

Paris; 8°. 

* Giornale'storico e letterario della Liguria diretto da Achille Neri e da 

Ubaldo Mazzizi, Anno I (1900), fasc. 7-10. Spezia; 8°. 

* Historiae patriae Monumenta. Vol. XIX. Aug. Taurinorum, 1900; f°. 
Inventaire sommaire des Archives Départementales antérieures à 1790. 

Isère. Archives civiles. Sér. B (suite). T. III 

Nord. Archives civiles, Sér. B. Chambre des comptes de Lille. 

Orne. Archives ecclesiastiques, Ser. H. T. II (Abbayes de Femmes). 
Grenoble, Lille, Alencon, 1899; 4° (Dono del Governo della Republica 
Francese). 

* Johns Hopkins University Studies in Historical and Political Science. 
Ser. XVII, Nos. 1-12; Ser. XVIII, Nos. 1-5. Baltimore, 1899-900; 8°. 
*Journal of the Asiatic Society of Bengal. Vol. XLIX. Part I. History, 

Literature etc. No. 1. 1900. Calcutta; 8°. 

* Istituto di esercitazioni nelle scienze Giuridico-Politiche (R. Università 
di Torino). 

I. Vicende delle pubbliche libertà in Piemonte dai primi tempi di 
Casa Savoia ad Emanuele Filiberto, del Dott. Carlo MonrALcINI. 
Torino, 1884; 8°. 

II. Studio critico sulla protezione del lavoro delle donne e dei fan- 
ciulli nelle manifatture, di G. Marazzi e E. Baer. Torino, 1884; 8°. 

III. La Germania di G. Cornelio Tacito. Saggio storico-giuridico di 
Carlo Lessona. Torino, 1884; 8°. 

IV. L'Europa nel secolo decimosesto e l’ Europa d’oggidì. Raffronti 
di Virgilio Rossi. Torino, 1886; 8°. 

V. La Sylva Nuptialis di Gio. Nevizzano Giureconsulto astigiano del 
secolo XVI. Contributo alla Storia del diritto italiano di Carlo Les- 
sona, Torino, 1886; 8°. 

VI. L’actio spolii. Studio storico-giuridico di Francesco Rurrini. Torino, 
1889; 8°. 

VII. Stato e previdenza pubblica. Considerazioni dell’avv. Guido Capr- 
TANI. Torino, 1887; 8°. 

VIII. Le Ordalic. Studio di Storia del diritto e scienza del Diritto com- 
parato di Federico Parerta. Torino, 1890; 8°. 

IX. Sulle origini e sul fondamento della famiglia. Studio filosofico- 
storico-giuridico, del Dott. Giovanni Bossio. Torino, 1891; 8°. 

X. La rivocazione della sentenza nella procedura civile di Raffaele 
Cocnetti pe Martis. Torino, 1900; 8°. 

XI. La responsabilità senza colpa come principio di diritto positivo e 
di diritto condendo di Mario Ricca-Barseris. Torino, 1900; 8°. 


. 


PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA - XLVII 


Pa 


" 

* Jugoslavenska Akademija Znanosti i Umjetnosti. Ljetopis. Godimt 189 
Monumenta historico-juridica Slavorum meridionalium. Vol. VII, 2 Rad, 
Knjiga 142. Zbornik za narodni Zivot i obicaje juZnih Slavena. Svezak 
V., 1. Polovina. Zagrebu, 1900; 16°, 8°. 

* Mémoires de l’Académie des sciences et lettres de Montpellier; Section 
des lettres. 2°me série, t. III, n. 1. Montpellier, 1897; 8°. 

* Memorie del R. Istituto Lombardo di scienze e lettere; Classe di scienze 
storiche e morali. Vol. XXI, fasc. 3°. Milano, 1900; 4°. 

Movimento commerciale del Regno d’Italia nell’anno 1899. Roma, 1900; 4° 
(dal Ministero delle Finanze, Direzione generale delle Gabelle). 

Movimento della navigazione del 1899. Roma, 1900; 4° (dal Ministero delle 
Finanze, Direzione generale delle Gabelle). 

* Nachriehten von der K. Gesellschaft der Wissenschaften zu Gòttingen. 
Philologisch-historiséhe Klasse. 1900, Heft 1. Geschiftliche Mitthei- 
lungen, 1900, Heft 1, 2. Gòottingen, 1900; 8°. 

Notizie storiche, bibliografiche e statistiche sulle Biblioteche Estense e 
Universitaria di Modena e della Università di Sassari nel 1898. Roma, 
1900; 3 fasc. 8° (dalla Società editrice Dante Alighieri). 

* Notulen van den Algemeene en Directievergaderingen van het Bataviaasch 
Genootschap van Kunsten en Wetenscappen. Deel XXXVII. Afl. 4-5; 
XXXVIII, 1. Batavia, 1900; 8°. 

** Petermanns Mitteilungen aus Justus Perthes' Geographischer Anstalt. 
Erginzungsheft N. 131. Gotha, 1900; 8°. 

Principii adottati dalla Commissione ministeriale incaricata di studiare e 
proporre le modificazioni da introdurre nel vigente Codice di procedura 
penale (dono di S. E. E. Granturco Ministro di Grazia, Giustizia e dei 
Culti). 

Publications of the Earthquake Investigation Committee in Foreign Lan- 
guages. Nos. 3, 4. Tokyo, 1900; 8°. 

* Raccolta degli Atti Parlamentari della 3% sessione della Legislazione 20* 
(1899-900). Disegni di Legge e Relazioni, Vol. I-V, dal N. 1-201. Docu- 
menti, Vol. unico, dal N.I al N. XIX. Discussioni, Vol. I-II, dal 14 no- 
vembre 1899 al 15 maggio 1900 e Manuale ad uso dei Deputati al 
Parlamento Nazionale per la XXI Legislazione (1900). 9 vol. in-4° e 
1 in-8°. 

** Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia. Vol. I(1900), 
pp. 1-639; 8°. 

* Rendiconto delle Tornate e dei Lavori dell’Accademia di Scienze morali 
e politiche della Società R. di Napoli. Anno 38°. Napoli, 1900; 8°. 
Ricordo offerto dai discepoli ad Antonio Zocco-Rosa nella ricorrenza del 
II lustro di fondazione dello Istituto di Storia del diritto romano della 

R. Università di Catania. Catania, 1900; 8° (dall’Istituto suddetto). 

* Rivista Ligure di scienze, lettere ed arti. Organo della Società di letture 
e conversazioni scientifiche. Anno XXII, fasc. III-IV. Genova, 1900; 8°. 

* Sitzangsberichte der philosophisch-philologischen und der historischen - 
Klasse der k. b. Akademie der Wissenschaften zu Miinchen 1900. 
Heft II; 8°. 


XLVIII PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 
Via 
tatistiea del commercio speciale di importazione e di esportazione, dal 
1° giugno al 31 luglio 1899. Roma, 1898-99; 8° (dal Min. delle Finanze). 

Statistica giudiziaria civile e commerciale per l’anno 1896. Parte II. Sta- . 
tistica notarile. Roma, 1900; 8° (dal Ministero delle Finanze). 

Statistica dei ricoverati in Ospedali pubblici e privati ed in altri Istituti 
di assistenza nell’anno 1898. Roma, 1900; 8° (dal Ministero di Agricol- 
tura, Industria e Commercio). 

Statistica delle Elezioni Generali politiche 3 e 10 giugno 1900. Roma, 
1900; 8° (Id.). 

* Tijdschrift voor Indische Taal-, Land- en Volkenkunde, uitgegeven door 
het Bataviaasch Genootschap van Kunsten en Wetenschappen ete.; 
Deel XLII, Aflev. 2-5. Batavia, 1900; 8°. 

Transactions and Proceedings of the American Philological Association. 
1899. Vol. XXX. Boston, Mass.; 8°. % 

* Transactions of the Royal Society of Literature. 2. Series, vol. XXI, 
part IV. London, 1900; 8°. 

CCCL Anniversario della Università di Messina. Messina, 1900: 1 vol. f°. 

* Tridentam. Rivista mensile di studi scientifici. Anno III, fase. III, VI. 
Trento, 1900; 8°. 

Universale (L’). Organo filosofico della dimostrazione dell’Ente ecc... Perio- 
dico bimensile diretto da A. Pennisi-Mauro. Acireale, 1900; 8° (dono 
del Direttore). 

# Université catholique de Louvain: 

Annuaire: 1900. 

Thèses de la Faculté de Théologie: 735-754. 

Thèses de la Faculté de Philosophie : 26. 

Thèses de l’Institut S. Thomas: 1. 

Programme des cours de l’année académique 1899-900. 

Université catholique de Louvain. Bibliographie. Louvain, 1900. 

L’Université de Louvain. Coup d’ceil sur son histoire et ses institutions, 
1425-1900. Bruxelles, 1900. 

E. Carron pe Wiartr. Les grandes compagnies colomiales anglaises au 
XIX siècle. Paris, 1899. 

A. Rurren. La population belge depuis 1830. T. I. Louvain, 1899. 

Ca. Giurès pe PéLicay. Le régime du travail dans les principaux ports 
de mer de l'Europe. Louvain, 1899. 

E. VLieserca. Le crédit foncier en Allemagne, en France et en Italie. 
Louvain, 1899. 

M. Harewycx. Le régime légal de la presse en Angleterre. Louvain, 1899. 

V. CoLcin. Le Maroc et les intérèts belges. Louvain, 1900. 

* Verhandelingen van het Bataviaasch Genootschap van Kunsten en Weten- 
schappen. Deel LI, Stuck 2°, 3°. Batavia, 1900; 8°. 

* Vjestnik kr. Hrvatsko-Slavonsko-Dalmatinskog Zemaljskog Arkiva. Go- 
dina II. Svezak 3,4. Zagreb, 1900; 8°. 


4 
da 


PUBBLICAZIONI RICEVUTE caga PNR xuda 


w 


* Dalla Biblioteca dell’ Università di Upsala : 


Alin (0. J.). Ett bidrag till Hans Jiartas biografi. Inbjudningsskrift. Upsala, 
1899; 8°. : 

Almén (T. A.). Om anktion sàsom medel att altàvigabringa aftal. Upsala, 
1900; 8°. 

Arsskrift, Upsala Universitets. 1899. Upsala [1898-99]. 

Bjòrkman (E.). Scandinavian loan-woords in middle english. Halle a. S., 
1900; 8°. (Studien zur englischen Philologie hrsg. v. L. Morsbach. 7). 

Falk (J. F.). Étude sociale sur les chansons de geste. Nykòping, 1899; 8°. 

Forelisningar och éfningar vid Kongl. Universitets i Upsala hòst-terminen 
1899. Upsala, 1899; 8°. 

— — vàar-terminen 1900. Upsala, 1900; 8°. 

Fryxell (K. A.). Om svenska biskopsval under medeltiden. Upsala, 1900; 8°. 

Goransson (N. J.). Utkast till en undersòkning af religionen med hinsyn 
till moralen. Skòfde, 1899; 8°. 

Gemmel (C. H.). Om rittegàngskostnadsersattning i civila ml. Norrképing, 
1899; 8°. 

Herlenius (F.). Erik-Jansismens historia. Akademisk afhandling af Emil 
Herlenius. Jòinkòping, 1900; 8°. 

Landstròm (G. A.) Locke och Kant. Ett bidrag till utredningen af trans- 
scendentalfilosofiens historiska foòrutsittningar och betydelse. Upsala, 
1900; 8°. 

Liljeblad (J. F.). De assimilatione syntactica apud Thucydidem queestiones. 
1. Ad genera, numeros, casus pertinentes. Upsalie, 1900; 8°. 

Matrikel, Uppsala universitets, pî uppdrag af Universitets Rektor utgifven 
af Aksel, Anderson. 1. 1595-1632. Inbjudmingskrift. Upsala, 1900; 8°. 

Nordlund (K.). Den svenska, reformationstidens allminna statsriittaliga idéer 
i deras samband med den politiska utvecklingen. Stockholm, 1900; 8°. 

Ohnlander (C.). Om den svenska kyrkoreformationen uti Ingermanland. Ett 
bidrag till svenska kyrkans historia aren 1617-1704. Upsala, 1900; 8°. 

Reinholdsson (0. E.). Sur les pléonasmes syntaxiques de l’ancien frangais. 
Stockholm, 1900; 8°. 

Rohnstròm (J. 0.). Étude sur Jehah Bodel. Upsala, 1900; 8°. 

Schmidt (K. F.). Studies in the language of Pecock. Upsala, 1900; 8°. 

Sjògren (H.). De particulis copulativis apud Plautum et Terentium quae- 
stiones selectae. Upsaliae, 1900; 8°. 

Walles (J.). Studier éfver den judiska firsamlingens uppkomst under det 
persiska virldsrikets tid. Upsala, 1900; 8°. 


Cara (A.). Collezione numismatica dell'Avv. Cav. Uff. Giuseppe Orrù, cata- 
logata. Cagliari, 1900; 8° (dall’A.). 

Chaucer Memorial lectures, 1900. Read before the Royal Society of Lite- 
rature. Edited, with an introduction. By Percy W. Ames, secretary R.S.L. 
London, 1900; 8°. 


Atti della R., Accademia — Vol. XXXVI. D 


L PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 


Corridore (F.). Storia documentata della Marina Sarda dal dominio spa- 
gnuolo al savoino (1470-1720). Bologna, 1900; 8° (dall’A.). 

Dalla Vedova (G.). Cenni sulla prima spedizione Bòttego nella Somalia. 
Genova, 1895 (dall’A. Socio corrispondente). 

— Sui lavori per un glossario geografico dell’Italia del Medio Evo. Roma, 
1895; 8° (Id.). 

— La spedizione Donaldson-Smith attraverso la penisola dei Somali. Roma, 
1896; 8° (Id.). 

— Etnografia dell’Africa Orientale del Dott. F. Paulitschke. Roma, 1897; 
8° (Id.). 

— I recenti lutti della Società Geografica Italiana. Roma, 1898; 8° (Id.). 

— Il conte L. Palma di Cesnola e il Museo metropolitano di Nuova York. 
Roma, 1899; 8° (Id.). 

— Giovanni Marinelli. Commemorazione. Roma, 1900; 8° (Zd.). 

La salita sul monte di S. Elia nell’Alaska. Roma, 1900; 8° (7d.). 

Dalla Vedova (G.), De Agostini (G.) e Viezzoli (F.). Il VII Congresso geo- 
grafico internazionale a Berlino. Relazione. Roma, 1900; 8° (dal Socio 
corrispondente DaLLa VeDova). 

De Conti (G.). Giornale storico di Casale dall'anno 1785 al 1810, con pre- 
fazione e note del Dr. Giuseppe Giorcelli. Alessandria, 1900; 4° (Dono 
del Dr. G. GroRcELLI). 

Di Sarlo (F.). Metafisica, scienza e moralità. Studi di filosofia morale. 
Roma, 1898; 8° (dall’A. per il premio di filosofia di fondazione Gautieri). 

— Studi sulla filosofia contemporanea. Prolegomeni la “ Filosofia scienti- 
fica ,. Roma, 1900; 8° (Id.). 

* Erbiceanu (C.). Viéta si activitatea literara a Protosinghelului Naum 
Rîmnicénu — Réspuns de D. A. Sturdza — 17 Martie 1900. (Discur- 
surile de receptiune ale Membrilor Academiei Romîne). Bucuresci, 
1900; 4° (dall'Accademia Romanà). 

Ercolini (T.). Per la stele latina arcaica del Sole Vesta trovata nel foro 
romano. Gravina, 1900; 8° (dallA.). 

Gor (N.). Considerazioni preparatorie ad uno studio dei processi di forma- 
zione dei vocaboli. Fasc. I, II. Torino, 1900; 8° (Zd.). 

* Jorga (N.). Studii istorice asupra Chiliei si Cetàtii-Albe. Edit. Academiei 
Romane. Bucuresci, 1900; 8° (dall’Accademia Romanà). 

Kellogg (M.). University of California Statement for 1898-99. Berkelty, 1899; 
8° (dall’A.). 

Lais (J.). Sur une prerogative du calendrier grégorien. Paris, 1900; 4° (Id.). 

Lichtenberger (R. von). Das Antike Grabportràt besonders bei den Etruskern 
& Ròmern. Strassburg, 1900; 8° (dalla Bibliot. der Gross. Tech. Hochschule 
zu Karlsruhe). 

Lupez (G. Licata). Geloo. Novella Acragantina. Girgenti, 1900; 8° (dal A.). 

Nadaillac (A. de). Les Chinois. Paris, 1900; 8° (dall'A. Socio corrispondente) 

* Popea (N.). Archiepiscopal si Metropolitul Andreiù Baron de Saguna, — 
Réspuns de D. A. Sturdza. 18 Martie 1900 (Discurrile de receptiune 
ale membrilor Academiet Romane). Bucuresci, 1900; 4° (dall’Accademia 
Romànà). 


PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. Mio LI 


** Sanuto (M.). I Diarii. T. LV, fasc. 237-240. Venezia, 1900; 4°. 

Schoeler (H. v.). Probleme Kritische Studien iber den Monismus. Leipzig, 
1900; 8° (dall’A.). 

Tagore (S. M.). Abhra or a few notes on tale, compiled and translated into 
inglish from Various Sanskrit Works. Calcutta, 1899; 8° (dall’A. Socio 
corrispondente). 

— 0ur indian Horse: or a few notes on the animal, compiled and trans- 
lated from the ancient medical and other Works of the Hindus. Calcutta, 
1899; 16° (Z4.). 

Tivaroni (C.). Storia critica del risorgimento italiano. — L’Italia prima 
della rivoluzione francese; 1 vol. 8°. — L'Italia durante il dominio 
francese; 3° vol. 8°. — L’Italia durante il dominio austriaco; 2 vol. 8°. 
— L'Italia degli italiani; 3 vol. 8°. Torino, 1888-1897. 

Vincenti (J.). Prononciation et phonographie. Turin, 1900; 8° (dall’A.). 

Zittel (K. a. v.). Riickblick auf die Griindung und Entwickelung der k. bayer. 
Akad. der Wissenschaften im 19 Jahrhundert. Miinchen; 1899; 4°. 


Glasse di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali. 


Dal 18 Novembre al 2 Dicembre 1900. 


* Abhandlungen der naturhistorischen Gesellschaft zu Niirnberg. XIII Bd., 
1900; 8°. 

* Accademia di scienze e di lettere in Christiania. Schrifter I. Mathe- 
matisk-naturw. Klasse, 1900, Nos. 1-4. Christiania; 8°. 

* Atti della fondazione scientifica Cagnola dalla sua istituzione in poi. 
Vol. 17°. Milano, 1900; 8° (dal E. Istituto Lombardo). 

* Atti della Società Italiana di scienze naturali, vol. XXXIX, fasc. 2°. Mi. 
lano, 1900; 8°. 

* Bergens Museum Aarbog for 1900, 1ste hefte. Bergen, 1900; 4°. 

* Bulletin of the Lloyd Library of Botany, Pharmacy and materia medica. 
N. 1. 1900. Cincinnati, Ohio; 8°. 

* Bulletin of the American Mathematical Society. 2nd Ser., Vol. VII, No. 2. 
Lancaster, Pa., and New-York. 1900; 8°. 

* Glasnik hrvatskoga naravoslovnoga Drustva. Godina XII, Broj 1-3. Zagreb, 
1900; 8° (dalla Società di storia naturale Croata). 

* Journal of Morphology. Edited by C. O. Whitman, .....with the co-ope- 
ration of Ed. Ph. Allis. Vol. XVI; XVII, No. 1. Boston, 1899-900; 8°. 

* Journal of the Linnean Society. Botany, vol. XXXIV, No. 241. Zoology, 
vol. XXVIII, No. 180. London, 1899; 8°. 

* List of the Geological Society of London. November 1st, 1900; 8°. 


Zali 


LII PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 


orie del R. Istituto Lombardo di scienze e lettere. Classe di scienze 
matematiche e naturali. XIX, fasc. 1°. Milano, 1900; 4°. 

* Philosophical Transactions of the Royal Society of London, 1899-900. 

Ser. A, vols. 192, 193, 194; ser. B, vols. 191, 192. London; 4°. 

Preisschriften gekrònt und herausgegeben von der Fiirstlich Jablonow- 
ski'schen Gesellschaft zu Leipzig. Nr. XIV der Mathematisch-natur- 
wissenschaftlichen Section. 1900; 8°. 

* Proceedings of the Royal Society. LXVII. No. 438. London, 1900; 8°. 

* Proceedings of the Chemical Society of London. Vol. 16°. Nos. 227, 228. 
London, 1900; 8°. 

* Proceedings of the Linnean Society of London. From November 1899 to 
June 1900. London, 1900; 8°. | 

* Proceedings and Transactions of the R. Society of Canada. Second Ser., | 
vol. V. Ottawa, 1899; 8°. 

* Quarterly Journal of the Geological Society. Vol. LVI, Part. 4, No. 224. 
London, 1900; 8°. 

Raccolta Voltiana edita per cura della Società Storica Comense e del 
Comitato esecutivo per le onoranze a Volta. Como, 1899; 8° (dono della 
Società Storica Comense). 

* The Royal Society. 30th. November 1899; 4° (Elenco dei Soci). 

* Transactions of the American Mathematical Society. Vol. I, No. 4. 
January, 1900. Lancaster, Pa., and New York, 1900; 4°. 

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È 


* Dalla Biblioteca dell’ Università di Upsala : 


Forsstròm (S. G.). Om temperaturens och ljusets inverkan pà svafvelsilfrets 
elektriska ledningsfirmàga. Upsala, 1900; 8°. 

Fransén (A. E.). Om en generalisation af Dirichlets problem. Upsala, 1899; 8°. 

Hedenius (P. A. I.). Studier òfver albuminuri i dess lindrigaste kliniska 
form. Upsala, 1900; 8°, 

Pettersson (A.). Experimentelle Untersuchungen iber das Conserviren von 
Fisch und Fleisch mit Salzen. Miinchen, 1900: 8°. 

Sandstròm (G. J.). En studie éfver multiplikatorsfunktionerna och deras 
‘integraler. Upsala, 1899; 4°. 

Schéele (C. G. A. von). Om praseodym och nàgra af dess sorso Upsala, 
1900; 8°. | 

Thunberg (T. L.). Undersòkningar éfver de kéld-, virme- och smàrtperci- 
pierande nerviàndarnes relativa djuplige i huden samt éfver kéòldner- 
vandarnes forhallande till vàrmeretmedel. Upsala, 1900; 8°. 


Angeloni (L.). Il R. Istituto sperimentale per le coltivazioni dei tabacchi. 
Monografia. Napoli, 1900; 4° (dalla Direzione dell’ Istituto). 

Baldacei (L.) e Franchi (S.). Studio geologico della galleria del Colle di 
Tenda(Linea Cuneo-Ventimiglia). Roma, 1900; 8°(dono dell'Ing. S.FrancHI). 


(TA 
= 
PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA LIII 


Delgado (J. F. N.) e Chossat (P.). Carta geologica de Portubal Pefa 1/soodone 
2 fol. mass. (dalla Direzione dei lavori geologici del Portogallo). 

Franchi (S.). Nuove località con fossili mesozoici nella zona delle pietre 
verdi presso il Colle del Piccolo S. Bernardo. Roma, 1900 (dall’A.). 

— Sopra alcuni giacimenti di rocce giadeitiche nelle Alpi occidentali e 
nell'Appennino ligure. Roma, 1900 (I4d.). 

— Analisi microscopica di alcuni esemplari di trachite. Roma, 1900; 8° (I4.). 

Helmert (F.). Zur Bestimmung kleiner Flàchenstiicke des Geoids aus Lothab- 
weichungen mit Riicksicht auf Lothkriimmung. Berlin, 1900; 8° (dall’A. 
Socio corrispondente). 

Lerch (M.). Remarque sur la série de Fourier. Paris, 1900; 8° (dall’A.). 

Morandi (L.). Normales para el clima de Montevideo. Montevideo, 1900. 
4° (Id.). 

Mosso (A.). La paura. 6* ediz. (dall’A. Socio residente). 

Pirotta (R.) e Longo (B.). Osservazioni e ricerche sulle Cynomoriaceae Eich. 
con considerazioni sul percorso del tubo pollinico nelle Angiosperme 
inferiori. Roma, 1900; 4° (dal Socio corrispondente R. PiroTTA). 

** Reichenow (A.). Die Vogel Afrikas. I. Bd., I. Hifte. Neudamm, 1900; 8°. 

Rogers (H. R.). The Secrets of the Sun. Buffalo, N. Y., 1900; 8° (dall'A. 

Rosenbusch (H.). Elemente der Gesteinslehre. Zweite Auflage. Stuttgart, 
1901; 8° (dall’A. Socio corrispondente). 

Taramelli (T.). Osservazioni stratigrafiche a proposito delle fonti di S. Pel- 
legrino in provincia di Bergamo. Roma, 1900; 8° (I@.). 


Glasse di Scienze Morali, Storiche e Filologiche. 
Dal 25 Novembre al 9 Dicembre 1900. 


* Abhandlungen der philologisch-historischen Classe der k. Sichsischen 
Gesellschaft der Wissenschaft. Bd. XIX, No. 1, 2. Leipzig, 1900; 8°. 
Annuario dell’Accademia militare per l’anno scolastico 1900-1901. Torino, 
1900; 16°. 

* Atti della R. Accademia dei Lincei. Serie V. Classe di Sc. mor., stor. e 
filol.,, vol. VII. Notizie degli Scavi; agosto, 1900; 4°. 

* Géographie (La). Bulletin de la Société de Géographie. N. 11, 15 nov. 
Paris, 1900; 8°. 

** Minerva. Jahrbuch der gelehrten Welt. Zehnter Jahrgang, 1900-1901. 
Strassburg, 1901; 16°. 

* Studi e Documenti di storia e diritto. Anno XXI, 1°, 2°. Roma, 1900; 4° 
(dall'Accademia di Conferenze storico-giuridiche). 


— 


| 
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4 


LIV PUBBLI NI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 


aprijaseniità do Indische Taal-, Land- en Volkenkunde, uitgegeven door 
het Bataviaasch Genootschap van Kunsten en Wetenschappen etc.; 
Deel XLII, Aflev. 6. Batavia, 1900; 8°. 

* Transactions of the Royal Society of Literature, 29 series. Vol. XXII, 
Part II. London, 1900; 8°. i 

* Yerhandelingen van het Bataviaasch Genootschap van Kunsten en Weten- 
schappen. Deel LI, Stuck 4°. Batavia, 1900; 8°. 


Allievo (G.). La pedagogia italiana antica e contemporanea. Studio storico. 
Torino, 1901; 8° (dall’A. Socio residente). 

Giorcelli (G.). Il processo dei Giacobini casalesi. Arresti, prigionia e libe- 
razione per la battaglia di Marengo. Alessandria, 1900; 4° (da7’A.). 

Manno (A.). Il lavoro quadragenario del barone Gaudenzio Claretta. Torino, 
1900; 8° (dall’A. Socio residente). 

Nadaillac (de). Le cràne de Calaveras. Louvain, 1900; 8° (dall'A. Socio cor- 
rispondente). 

— Les élections anglaises. Paris, 1900; 8° (Zd.). 

* Sarfatti (M.). Contributo allo studio della responsabilità professionale del 
medico. Roma, 1900; 8° (dall’Istituto di scienze giuridico-politiche nella 
R. Univ. di Torino). 

Savignoni (L.). Lavori eseguiti in Creta dalla Missione archeologica ita- 
liana dal 9 novembre al 13 dicembre 1899. Relazione. Roma, 1900; 8° 
(dal prof. L. Picorini Presidente della Scuola di Archeologia italiana). 

Tordi (D.). Il codice delle rime di Vittoria Colonna marchesa di Pescara 


appartenuto a Margherita d’Angoulème regina di Navarra. Pistoia, 


1900; 8° (dall’A.). 


Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali. 


Dal 2 al 16 Dicembre 1900. 


* Abhandlungen der k. k. geologischen Reichsanstalt. Bd. XVI. Heft 1. 
Wien, 1900; 8°. 

* Anales de la Sociedad Cientifica Argentina. Entrega III, t. L. Buenos 
Aires, 1900; 8° 

* Annales des Mines. 9° série, t. XVIII, livr. 8®° (1900). Paris; 8°. 

* Annales de l’Observatoire Physique Central Nicolas. Année ‘1898. I° et 
II° partie. St-Pétersbourg, 1899; 4°. 

Annaario per l’anno 1900-1901 della Scuola di Applicazione di Artiglieria 
e Genio. Torino, 1900; 8° (dono del Comando della Scuola). 

* Atti della Società Toscana di Scienze naturali. Memorie. Vol. XVII. Pro- 
cessi verbali. Vol. XII, adunanza del 1° luglio 1900. Pisa, 1900; 8°. 


PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA LV 


* Berichte iber die Verhandlungen der k. Sichsischen Gesellschaft der 
Wissensch. zu Leipzig. Mathem.-Physische Classe, 1900, V. Leipzig, 8°. 

* Bulletin de la Société Mathématique de France. T. XXVIII, fasc. 4. 
Paris, 1900; 8°. 

Comunicaciones del Museo Nacional de Buenos Aires. Tomo I, n. 7. Buenos 
Aires, 1900; 8° (dal Direttore del Museo Dr. Prof. C. Bere). 

* Journal of the Chemical Society. Vol. 77 e 78. December, 1900. London; 8°. 

** Petermanns Mitteilungen aus Justus Perthes’ Geographischer Anstalt. 
Erganzungsheft N. 132. Gotha, 1900; 8°. 

* Proceedings of the Royal Irish Academy. Third Ser., vol. VI, No. 1. 
Dublin, 1900. i 

* Recueil de Monographie Stratigraphiques sur le Système Crétacique du 
Portugal par Paul Choffat. Deuxième étude. Le crétacique supérieur 
au Nord du Tage. Lisbonne, 1900; 4° (Direction des services géologiques 
du Portugal). 

* Rendiconti del R. Istituto Lombardo di scienze e lettere. Vol. XXXIII, 
fase. 17. Milano, 1900; 8°. 

* Verhandlungeu der k. k. geologischen Reichsanstalt Bericht. N. 11 u. 12. 
1900. Wien; 8°. 


** Grimaux (E.) et Gerhardt (Ch.). Charles Gerhardt, sa vie, son cuvre, 
sa correspondance (1816-1856). Documents d’histoire de la chimie. Paris, 
1900; 8°. 

Mosso (A.). La respirazione nelle gallerie e l’azione dell’ossido di carbonio. 
Analisi e studi ecc. Milano, 1900; 8° (dono del KR. Ispettorato Generale 
delle Strade ferrate). 

Selopis (V.) e Bonacossa (A.). Monografia sulle Miniere di Brosso (circon- 
dario d'Ivrea). Torino, 1900; 8° (dagli AA4.). 

Stiattesi (R.). Spoglio delle Osservazioni sismiche dal 1° novembre 1899 
al 31 ottobre 1900, fatte all'Osservatorio di Quarto-Castello (Firenze). 
Mugello, 1900; 8° (dall’A.). 


Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche. 


Dal 9 al 28 Dicembre 1900. 


* Atti e Rendiconti dell’Accademia di scienze, lettere e arti dei Zelanti di 
Acireale. Nuova serie, vol. X. Acireale, 1900; 8°. 

* Atti del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti. T. LIX, disp. 10°. 
Venezia, 1900; 8°. 

* Berichte iber die Verhandlungen der k. Siichsischen Gesellschaft der 
Wissenschaften zu Leipzig (Philol.-hist. Classe), 1900, VIII. Leipzig; 8°. 


LVI PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 


* Publications de l’École de Lettres d’Alger. Bulletin de Correspondance 
Africaine. Histoire de la conquète de l’Abyssinie (XVI° siècle) etc....., 
traduction frangaises et notes par R. Basser. Fasc. IV, V. 

* Sitzungsberichte der philosophisch-philologischen und der historischen 
Classe der k. b. Akad. der Wissenschaften zu Miinchen. 1900, Heft III 
Miinchen; 8°. 

* Tridentum. Rivista mensile di studi scientifici. Anno III, fasc. VII-VII. 
Trento, 1900; 8°. 


Boselli (P.). Commemorazione di Re Uxmserto I, detta il 30 settembre 1900 
in Bari per invito del Municipio. Trani, 1900; 8° (dall’A.). 

Carlsen (J.), Olrik (H.) e Starcke (C. N.). Le Danemark. État actuel de sa 
civilisation et de son organisation sociale. Copenhague, 1900 (dagli A4.). 

Hurmuzaki (L. de). Fragmente din istoria rom%nilor. T. III. Bucuresci, 1900; 
8° (dall’ Accademia Rumena). 

Savio (F.). Studi storici sul marchese Guglielmo III di Monferrato ed i suoi 
figli con documenti inediti. Torino, 1885: 8° (dono del socio residente 
prof. F. Savio). 

— Sulle origini della Abazia di S. Michele della Chiusa detta la Sacra di 
S. Michele. Torino, 1888; 8° (Id.). 

— Gli antichi Vescovi di Torino. Torino, 1889; 8° (Id.). 

— Le famiglie Della Rovere e Tana parenti di S. Luigi Gonzaga. Pisa, 
1890; 8° (Id.). 

— I conti di Ventimiglia nei secoli XI, XII e XIII. Genova, 1894; 8° (Zd.). 

— Le tre famiglie Orsini di Monterotondo, di Marino e di Monoppello. 
Perugia 1896; 8° (Ia.). 

— Simeotto Orsini e gli Orsini di Castel S. Angelo. Perugia, 1895; 8° (Jd.). 

— La légende des SS. Faustin et Jovite. Bruxelles, 1896; 8° (Zd.). 

— Il Monastero di S. Teofredo di Cervere ed il culto di S. Teofredo in 
Piemonte. Torino, 1896; 8° (Z4.). 

— L’Abazia di S. Marziano di Tortona nel periodo medioevale. Alessandria, 
1896; 4° (Ia.). 

— Gli Annibali di Roma. Roma, 1896; 4° (Id.). 

— Rinaldi Orsini di Tagliacozzo, signore d’Orvieto e gli Orsini di Taglia- 
cozzo, di Licenza e di Campodifiore. Perugia, 1897; 8° (Zd.). 

— La leggenda dei Santi Nazario e Celso. Milano, 1897; 4° (Id.). 

— L'elezione di Martino IV e Carlo d'Angiò. Torino, 1898; 8° (Zd.). 

— Compte-rendu du quatrième Congrès scientifique international des Ca- 
tholiques tenu è Fribourg (Suisse) du 16 au 20 aoîit 1897. Fribourg 
(Suisse), 1898; 8° (Id.). 

— Gli antichi Vescovi d’Italia dalle origini al 1300 descritti per regioni. 
Torino, 1899; 8° (Id.). i 

— Indice del Moriondo (Monumenta Aquensia) disposto per ordine crono- 
logico. Alessandria, 1900; 4° (Jd.). 

— Vita di S. Giovanni Vincenzo arcivescovo di Ravenna ed eremita ecc. 
Torino, 1900; 8° (I4.). 


PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA LVII 
w 19 


Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali. 


Dal 16 al 80 Dicembre 1900. 


* Abhandlungen (Wissenschaftliche) der physikalisch-technischen Reichs- 
anstalt. Bd. III. Berlin, 1900; 4°. 

* Abhandlungen der mathem.-physischen Classe der k. Sichsischen Gesell- 
schaft der Wissenschaften. Bd. XXVI, N. 4. Leipzig, 1900; 8°. 

* Anales de la Sociedad Cientifica Argentina. Entrega 4, t. L. Buenos 
Aires, 1900; 8°. 

* Anales del Museo Nacional de Montevideo, t. TI, fasc. 16, 1900; 4°. 

* Annales des Mines. 9° série, t. XVIII, livrs. 9. Paris, 1900; 8°. 

* Beitriige zur geologischen Karte der Schweiz. N. F. X. Lieferung. Bern, 
1900; 4°. 

* Bericht iber die Feier des 50-Jahrigen Jubiltiums der k. k. Geologischen 
Reichsanstalt. Wien, 1900; 4°. 

* Bidrag till Kinnedom af Finlands Natur och Folck. Utgifina Finska 
Vetenskaps- Societen, n. 59, 60. Helsingfors, 1898; 8°. 

* Bulletin de la Société Mathématique de France. T. XXVIII, fase. III. 
Paris, 1900; 8°. 

Bulletin de la Société Philomatique de Paris. 9° série, t. II, n. 2; 1899-1900; 8°. 

* Foldtani Kozliny havi Folydirat kiadja a Magyarhoni Féòldtani Pipa] 
Vol. XXX, 5-7 Fiizet. Budapest, 1900; 8°. 

* Journal of the R. Microscopical Society, 1900, part 6. London; 8°. 

* Memorie del R. Istituto Lombardo di scienze e lettere. Classe di scienze 
matematiche e naturali. XIX, fasc. 2°. Milano, 1900; 4°. 

# Mittheilungen aus der medicinischen Facultàt der k. japanischen Uni- 
versitàt zu Tokio. Bd. 7. Tokio, 1900; 4°. 

* Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. Vol. LXI, No. 1. 
London, 1900; 8°. 

* Ofversigt af Finska Vetenskaps-Societetens Fòrhandlingar, XLII, 1899-1900. 
Helsingfors, 1900. 

Opiniones nonnullae de Silloge Algarum omnium hucusque cognitarum a 
Prof. Dr. J. B. De Toni edita. Patavii, 1898; 8° (dal Prof. G. B. De Toni). 

* Proceedings of the Chemical Society of London. Vol. 16°. No. 229. 
London, 1900; 8°. 

Processo verbale delle sedute della Commissione Geodetica italiana tenute 
in Milano nei giorni 5 e 6 settembre 1895 e nei giorni 26, 27 e 28 
giugno 1900. Firenze, 1900; 4°. 

* Wissenschaftliche Meersuntersuchungen herausg. von der Kommission 
zur wissenschaftlichen Untersuchungen der deutschen Meere in Kiel und 
der biologischen Anstalt auf Helgoland. N. F. Vierter Band. Abt. Hel- 
goland. Heft 1, 2. Kiel und Leipzig, 1900; 4°. 


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LVIII PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 


Ar | Colomba (L.). Moog microscopiche e chimiche su alcune quarziti dei 
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dintorni di Oulx e su alcune roccie associate. Roma, 1900; 8° (dall’A.). 

— Sul deposito d’una fumarola silicea alla Fossa delle Rocche rosse (Li- 
pari). Roma, 1900; 8° (Id.). 

De-Toni (G. B.). Silloge Algarum omnium hucusque cognitarum. Patavii, 
1889-1900. 4 tomi in 8 vol. (Id.). 

tiglio-Tos (E.). Les problèmes de la vie. I"° Partie. La substance vivante 
et la cytodierèse. Turin, 1900 (dall'A. per il premio Bressa). 

Knoch (A.). Die Tertiàrbildungen des Beckens der siebenbiirgischen Landes- 
theile. II. Neogene Abth. Budapest, 1900; 8° (dall “ Ung. Geologis. Ge- 
sellschaft ,,). 

Martinelli (G.). Divisibilità pei numeri primi e non primi. Napoli, 1899 
(dall’A. per il premio Bressa). 

Moreno y Anda, A. Gomez, El Clima de la repiiblica Mexicana en el aîio 
de 1896. Aîio II. Mexico, 1900; 16° (dalla Direzione dell’Osservatorio 
astronomico nazionale). 

Raccea (V.). Il sindacato del ferro in Italia. Torino, 1899; 8°. 

*#* Reichenbach (L.) et (H. G.). Icones florae Germanicae et Helveticae 
simul terrarum adjacentium ergo Mediae Europae. Tomo 22. Decas 23. 
Lipsiae, 1900; 4°. 

Righi (A.). Les ondes hertziennes. Paris, 1900; 8° (dall’A.). 

Rodriguez (A.). Sulla pressione atmosferica e sue relazioni con le fasi e 
posizioni della luna con un’appendice sui valori d’insolazione raccolti 
alla Specola Vaticana durante 6 anni. Roma, 1900; 4° (I4d.). 

Stache (G.). Zur Erinnerung an die Jubilàums-Feier der Kk. k. Geologischen- 
Reichsanstalt deren hochgeehrten Gonnern, Freund u. Corrispondenten. 
Wien, 1900; 4° (Zd.). 

Tommasina (Th.). Sur l’étude des orages lointains par l’électro-radiophone. 
Paris, 1900; 4° (Zd.). 

Wilde (H.). Correspondence. The Albert Medal, 1900, and on the invention 
of the Dynamo-electric Machine. Manchester, 1900; 4° (dal sig. H. Wilde). 


Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche. 


Dal 23 Dicembre 1900 al 6 Gennaio 1901. 


* Abhandlungen der Kénigl. Gesellschaft der Wissenschaften zu Gòttingen. 
Historisch-Philologische Klasse. N. F., Bd. IV, N. 3. Gottingen, 1900; 4°. 

Abhandlungen der k. k. geographischen Gesellschaft in Wien. II Bd., 
1-7 Heft. Wien, 1900; 8°. 

** Allgemeine Deutsche Biographie. Bd. XLVI, Lfg. 227 u. 228. Leipzig, 
1900; 8°. 


PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA LIX 


** Antologia (Nuova). Rivista di Scienze, Lettere ed Arti. Roma, 1900; 8°. 

** Archivio storico italiano. Firenze, 1900; 8°. 

* Archivio storico lombardo. Milano, 1900; 8°. 

* Archivio storico pugliese. Bari, 1900; 8°. 

* Ateneo veneto. — Rivista mensile di scienze, lettere ed arti, 1900. 
Venezia; 8°. 

#* Berliner philologische Wochenschrift; 1900; 8°. 

** Bibliografia italiana. Bollettino delle pubblicazioni italiane ricevute 
per diritto di stampa. Milano, 1900; 8°. 

** Bibliographie der deutschen Zeitschriften-Litteratur. Bd. VI, Lief. 7, 8. 
Leipzig, 1900; 4°. 

** Bibliotheca philologica classica. Vol. XXVII, trimestre tertium, 1900. 
Lipsiae; 8°. 

** Bibliothèque de l’École des Chartes; Revue d’érudition consacrée spé- 
cialement è l’étude du moyen àge, etc. Paris, 1900; 8°. 

** Bibliothèque universelle et Revue suisse. Lausanne, 1900; 8°. 

* Boletin de la Real Academia de la Historia. T. XXXVII, cuad. VI, 1900. 
Madrid; 8°. 

** Bollettino ufficiale del Ministero dell’Istr. pubbl. Roma, 1900; 8°. 

Bollettino di Legislazione e Statistica doganale e commerciale. Anno XVII, 
dall'aprile a tutto settembre 1900. Roma, 1900; 8° (dal Ministero delle 
Finanze). 

* Bulletin de l’Académie Royale des sciences et des lettres de Danemark. 
N. 4,5. Copenhague, 1900; 8°. 

* Bullettino di Archeologia e Storia dalmata. Spalato, 1900; 8°. 

** Bullettino (Nuovo) di Archeologia Cristiana. Roma, 1900; 8°. 

* Consiglio Comunale di Torino. Atti verbali delle BAPIABRA: dal 22 giugno 
al 28 dicembre 1900. Torino; 4°. 

Corpus antiquissimorum poetarum Poloniae latinorum usque ad Ioannem 
Cochanovium. Vol. V. Petri Royzii Maurei carmina continens. Gracoviae, 
1900; 8° (dall’Accademia delle Scienze di Cracovia). 

** °Epeuepìc apyxaro\oyikn ‘Ev ’A0nvaîc. 1900; 49. 

* Gazzetta Ufficiale del Regno. Roma, 1900; 4°. 

# (éographie (La). Bulletin de la Société de Géographie. N. 12, 15 dé- 
cembre 1900. Paris; 8°. 

** Giornale della libreria, della tipografia e delle arti e industrie affini. 
Milano; 1900; 8°. 

** Giornale storico della Letteratura italiana. Torino, 1900; 8°. 

* Heidelberger Jahrbiicher (Neue). Heidelberg, 1900; 8°. 

* Historische Zeitschrift. Miinchen, 1899; 8°. 

** Journal Asiatique, ou Kecueil de Mémoires, d’Extraits et de Notices 
relatifs è l’histoire, è la philosophie, aux langues et è la littérature 
des peuples orientaux. Paris, 1900; 8°. 

** Journal des Savants. Paris, 1900; 8°. 

* Mémoires et Documents publiés par la Société Savoisienne d'histoire et 
d’archéologie. T. XXXIX; Chambéry, 1900; 8°. 


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LX PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 
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ad Mémoires de l’Académie des Sciences et des Lettres de Danemark. 6° sér. 
Section des lettres, t. V, n. 1. Copenhague, 1900; 4°. 

** Monumenta Germaniae historica. Diplomatum regum et imperatorum 
Germaniae. T. III Pars prior. Henrici II et Arduini Diplomata. — 
Scriptorum qui vernacula lingua usi sunt. T. III. Pars IL Hannoverae 
et Lipsiae, 1900; 2 vol. 4°. 

** Petermanns Mitteilungen aus Justus Perthe's Geographischer Anstalt. 
Gotha, 1900; 8°. 

* Rendiconti della R. Accademia dei Lincei — Classe di Scienze morali, 
storiche e filologiche. Roma, 1900; 8°. 

** Revue archéologique. Paris, 1900; 8°. 

* Revue de l’Université de Bruxelles. 1900; 8°. 

** Revue des deux Mondes. Paris, 1900; 8°. 

* Revue géographique internationale. Paris, 1900; 4°. 

*#* Revue numismatique. Paris, 1900; 8°. 

** Revue politique et litteraire, revue bleue. Paris, 1900; 4°. 

** Rivista di filologia e d’istruzione classica. Torino, 1900; 8°. 

* Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie. Roma, 
1900; 8°. 

* Rivista italiana di Sociologia. Roma, 1900; 8°. 

** Rivista storica italiana; pubblicazione bimestrale. Torino, 1900; 8°. 

Rosario (Il) e la Nuova Pompei. Anno XVII, quad. 7-12. Valle di Pompei, 
1900; 8°. 

* Rozprawy Akademii Umiejetnosci wydziat Filologiczny. Ser. II, t. XIII, 
XV. Krakowie, 1900; 8°. 

** Séances et Travaux de l’Académie des Sciences morales et politiques. 
Compte rendu. Paris, 1900; 8°. 

Spedizione (La) di S. A. R. il Principe Luigi Amedeo di Savoia, Duca degli 
Abruzzi al polo nord. Trattenimento poetico dato dai sigg. Alunni del- 
l’Istituto Sociale in Torino. Torino, 1900; 8° (dono del Socio F. Savio). 

* Stampa (La). Gazzetta Piemontese. Torino, 1900; fol. 

Statistica del commercio speciale di importazione e di esportazione, dal 
1° settembre al 30 novembre 1900. Roma, 1900; 8° (dal Ministero delle 
Finanze). i 

Statistica della emigrazione italiana avvenuta negli anni 1898 e 1899, 
confronti coll’emigrazione di altri Stati d'Europa. Leggi e Regolamenti 
di alcuni Stati d'Europa e d’America e colonie d’Australia sull’emigra- 
zione e sulla immigrazione. Roma, 1900; 8° (dal Ministero di Agricol- 
tura, Industria e Commercio). 


** Ardigò (R.). L'unità della Coscienza. Padova, 1898; 8°. 

Karlowiez (J.). Slownik Gwar Polskich. T. I; A do E; Krakow, 1900; 8° 
(dall’ Accad. delle Scienze di Cracovia). 

Orano (G.). Il patibolo e l’ergastolo di fronte all’errore giudiziario. Roma, 
1900; 8° (dall’A.). 


PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA LXI 


Pernier (L.). Lavori eseguiti a Festos dalla Missione archeologica italiana 
dal 2 giugno al 16 settembre 1900. Relazione.. Roma, 1900; 8° (dal 
Prof. L. Pigorini, Presidente della Scuola Archeologica italiana). 

Ruffini (F.). La libertà religiosa. Vol. I. Storia dell'idea. Torino, 1901; 8° 
(dall A.). 

Ruiz (G. A.). Storia costituzionale del Regno d’Italia (1848-1898). Firenze, 
1898; 8° (dall'A. per il premio di Storia di Fondazione Gautieri). 

** Sanuto (M.). I Diarii. T. LVI, fasc. 241-242; LVII, fasc. 243-245. Venezia, 
1900; 4°. 

Tijatek (J.). Mistrz Jakéb z Paradyza. T. 1, 2. Krakowie, 1900; 8° (dall Ac- 
cademia delle Scienze di Cracovia). 


Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali. 
Dal 80 Dicembre 1900 al 13 Gennaio 1901. 


* Acta mathematica. Zeitschrift herausg. von G. Mittag-Leffler. 1900. 
Stockholm; 4°. 

* Anales de la Oficina Meteorologica Argentina por su Director G. G. Davis, 
T. XIII. Clima de Còrdoba. Buenos Aires, 1900; 4°. 

** Annalen der Physik und Chemie. 1900. Leipzig; 8°. 

** Annales de Chimie et de Physique. 1900. Paris; 8°. 

* Annals and Magazine of Natural History. 1900. London; 8°. 

** Annals of Mathematics, second series, 1900. Charlottesville; 4°. 

** Annuaire pour l’an 1901, publié par le Bureau des Longitudes. Paris; 18°. 

#* Archiv fiir Entwickelungsmechanik der Organismen. 1900. Leipzig; 8°. 

** Archives des Sciences physiques et naturelles, etc. Genève, 1900; 8°. 

** Archives italiennes de Biologie... sous la direction de A. Mosso. 1900. 
Turin; 8°. 

** Archivio per le Scienze mediche, diretto da G. Bizzozero, 1900. To- 
rino; 8°. 

* Atti della R. Accademia dei Lincei. Rendiconti @ella Classe di scienze 
fisiche, matematiche e naturali. Serie V®. 1900. Roma; 8°. 

** Beiblitter zu den Annalen der Physik und Chemie. 1900. Leipzig; 8°. 

* Berichte iber die Verhandlungen der k. Sàchsischen Gesellschaft der 
Wissenschaften zu Leipzig. Mathem.-Phys. Classe. 1900, VI. Leipzig; 8°. 

* Bibliotheca mathematica; Zeitschrift fiir Geschichte der Mathematik 
herausg. von G. Ernesrròm. 1900. Stockholm; 8°. 

Boletin mensual del Observatorio Meteorologico Central de Mexico; Di- 
ciembre 1899; Enero-Junio, 1900. Mexico; 4°. 

* Bollettino delle sedute dell’Accademia Gioenia di scienze naturali in 
Catania, 1900, fasc. 54°. Catania, 1900; 8°. 

Bollettino statistico mensile della Città di Milano. Anno XVI, giugno-di- 
cembre 1900; 4°, 


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LXII PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 


Bollettino quindicinale della Società degli Agricoltoriitaliani. 1900; n. 10-24. 
Roma; 8°. 

* Bollettino mensuale della Società meteorologica italiana. Serie 2%, v. XX, 
n. 1-6. Torino, 1900. 

* Bollettino del Club Alpino Italiano pel 1898. Vol. XXXIII. N. 66. Torino, 
1899; 8°. 

* Bollettino demografico della Città di Torino. Anno XXIX, n. 19. 
1900; 4°. 

* Buletinul Societatii de Sciinte din Bucuresci-Romania. Anul IX. No. 4. 
Bucuresci, 1900; 8°. 

Bulletin mensuel de Statistique Municipale de la ville de Buenos-Ayres. 
XIV° année (1900), n. 5-10; 4°. 

* Bulletin of the American Mathematical Society. 2nd Ser., Vol. VII, 
No 3. Lancaster, Pa., and New York, 1900; 8°. 

** Bulletins de la Société anatomique de Paris, etc., 1900. Paris; 8°. 

# Centralblatt fi Mineralogie, Geologie und Paleontologie in Verbindung 
mit den neuen Jahrbuch firr Mineralogie, Geologie und Paleonto- 
logie. 1900. Stuttgart; 8°. 

* Cimento (Il nuovo). 1900. Pisa; 8°. 

* Comptes-rendus de l’Académie des Sciences de Cracovie. Octobre, 1900; 8°. 

* Comptes-rendus hebdomadaires des séances de l’Académie des Sciences. 
1900. Paris; 8°. 

* Denkschriften der medicinisch-naturwissenschaftlichen Gesellschaft zu 
Jena; Bd. IV. Lief. III. Jena, 1901; 4°. 

* Elettricista (L’). Rivista mensile di elettrotecnica. 1900. psi 4°, 

* Gazzetta chimica italiana. 1900. Roma; 8°. 

Gazzetta delle Campagne, ecc. Direttore Enrico Barsero. 1900. Torino; 4°. 

* Giornale del Genio civile. 1900. Roma; 8°. 

* Giornale scientifico di Palermo. 1900. Palermo; 4°. 

* Jahrbuch iber die Fortschritte der Mathematik. Bd. 29. Heft 8. Berlin, 
1900; 8°. 

* Jahrbuch des Norvegischen meteorologischen Instituts fiir 1899. Chri- 
stiania, 1900; 4°. 

#* Jahrbuch (Neues) fiir Mineralogia, Geologie und Palaeontologie, etc. 
1900. Stuttgart; %. 

* Jornal des sciencias Mathematicas e Astronomicas. Publicado pelo 
Dr. F. Gomes Teixeira. 1900. Coimbra; 8°. : 

** Journal fir die reine u. angewandte Mathematik. 1900. Berlin; 4°. 

* Journal of Comparative Neurology. Granville. 1900. Ohio; 8°. 

* Journal of Physical Chemistry. 1900. Ithaca N. Y.; 8°. 

* Journal of the Chemical Society. Vol. 79 & 80. January. 1900. London; 8°. 

* Journal (The American) of Science. Editor Edward S. Dana. 1900. New- 
Haven; 8°. 

** Journal de Conchyliologie, comprenant l’étude des mollusques vivants 
et fossiles. 1900. Paris; 8°. 

** Journal de Mathématiques pures et appliquées. 1900. Paris; 4°. 


PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA" — LXIMI 


Memorie della Società degli Spettroscopisti italiani. Vol. XXIX, disp. 4%-8?. 
Roma, 1900; 4°. 

* Monatshefte fiir Mathematik und Physik. 1900. Wien; 8°. 

Morphologisches Jahrbuch. Herausg. v. C. GraensAUR. 1900. Leipzig; 8°. 

#* Nature, a Weekly illustrated Journal of Science. 1900. London; 8°. 

** Philosophische Studien. 1900. Leipzig; 8°. 

* Physical Review; a journal of experimental and theoretical physics... 
Published for Cornell University. 1900. New York; 8°. 

#* Quarterly Journal of pure and applied Mathematics. 1900. London; 8°. 

*#* Revue générale des sciences pures et appliquées. 1900. Paris; 8°. 

** Revue scientifique. 1900. Paris; 4°. 

* Revue sémestrielle des publications mathématiques. 1900. Amsterdam; 8°. 

* Rendiconti del R. Istituto Lombardo di scienze e lettere. Serie II. 
Vol. XXXIII, fasc. 18, 19. Milano, 1900; 8°. 

Rendiconto dell'Ufficio d’Igiene della Città di Torino per l’anno 1900. 
Ni 5-12 (anno XXIX); 4°. 

* Rivista di Artiglieria e Genio. 1900. Roma; 8°. 

* Rivista mensile del Club Alpino italiano. 1900, n. 6-12. Torino; 8°. 

Rivista di Topografia e Catasto pubblicata per cura di N. Jadanza. 1900. 
Torino; 8° (dono del socio Jadanza). 

* Royal-Society. Reports to the Malaria Committee. Thire Series. Lond®n, 
1900; 8°. 

* Rozprawy Akademii Umiejetnosci wydziat Matematyczno-Przyrodniczy. 
Ser. II, t. XV, XVII. Krakowie, 1899-1900; 8°. 

** Science. 1900. New-York; 8°. 

* Science Abstracts. Physics and Electrical Engineering. 1900. London; 8°. 

* Sperimentale (Lo). Archivio di Biologia. 1900. Firenze; 89%. 

* Stazioni sperimentali agrarie italiane. Vol. XXXIII, fasc. 4, 5. Modena, 
1900; 8°. 

*#* Verhandlungen der deutschen physikalischen Gesellschaft zu Berlin. 
Jahrg. 2, N" 14-17. 1900; 8°. 

* Zeitschrift fiir mathematischen und naturwissenschaftl. Unterricht, 
herausg. v. J. C. Horrmann. 1900. Leipzig; 8°. 

** Zeitschrift fir physikalische Chemie. 1900. Leipzig; 8°. 

** Zoologischer Anzeiger, herausg. von Prof. J. Vicror Carus in Leipzig. 
1899; 8°. 

* RypHax5 pyccgaro pusmro-xnmmrecgaro O6umecrsa ipa Hmneparoperome 
C. IIerepoyprerons Yanpepenterb, T. XXXII, n. 8. 1900; 8°. 


Crepas (E.). L'insegnamento scientifico nelle Scuole Complementari e Nor- 
mali. Milano, 1900; 8° (dallA.). 

Sars (G. O.). An account of the Crustacea of Norway. Vol. III. Cumacea. 
Part IX & X. Bergen, 1900; 8° (dal Museo di Bergen, Norvegia). 

Weinek (L.). Die Tychonischen Instrumente auf der Prager Sternwarte. 
Prag, 1901; 8° (dall’A.). 


LXIV PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 
pe prin 


Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche, 


Dal 6 al 20 Gennaio 1901. 


Annuario della R. Università degli studi di Torino 1900-1901. Torino, 
1900; 8°. 

** Bibliographie der deutschen Zeitschriften-Litteratur. Bd. VI, Liefg. 9. 
Leipzig, 1900; 4°. 

* Bulletin of the New York Public Library Astor Lenox and Tilden Foun- 
dations. Vol. IV. N. 12. 1900. New York, 8°. 

* Bullettino dell’Istituto di Diritto Romano. A. XXI, fasc. 6°. Roma, 1900; 8°. 

* Giornale storico e letterario della Liguria. Anno I, fasc. 11-12. Spezia, 
1900; 8°. 

* Mémoires et Docaments publiés par la Société Savoisienne d’histoire et 
d’archéologie. T. XXXVI. Chambéry, 1897; 8°. 

** Raccolta ufficiale delle Leggi e dei Decreti del Regno d’Italia. 1900. 

' Vol. II; 8°. 

* Rivista ligure di scienze, lettere ed arti. An. XXII, fasc. VI. Genova, 
1900; 8°. ì 

* Tridentum. Rivista mensile di studi scientifici. Ann. III, fasc. 11°. Trento, 
1900; 8°. 


* Dall Università di Giessen: 


Caorschmann (I.). Zur Imversion der ròmischen Figennamen. I. Cicero bis 
Livius. Biidingen, 1900; 8°. 

Deubner (L.). De Incubatione Capitula duo. Gissae, 1899; 8°. 

Eger (K.). Die Entwicklung der religiés-ethischen Gedanken Luthers bis zur 
Schrift: “ Von der Freiheit eines Christenmenschen ,, 1520. Giessen, 
1900; 8°. 

Eger (0.). Vertretung beim Figentumserwerb an hbeweglichen Sachen. 
Darmstadt, 1900; 8°. 

Griinewald (H.). Welche Aufgabe erwàchst der Staatsforstverwaltung mit 
Riicksicht auf die Beschaffenheit der Mehrzahl der im Kleinbesitz 
befindlichen Privatwaldungen des hessischen Odenwaldes? Jugenheim, 
1899; 8°. 

Gundermann (G.). Die Zahlzeichen. Giessen, 1899; 4°. 

Hetzel (W.). Die Untersuchungshaft nach deutschem, ésterreichischem, fran- 
zòsischem, und englischem Rechte. Breslau, 1899; 8°. 

Hoffmann (E. E.). Das Gefàngniswesen in Hessen. Mannheim, 1899; 8°. 

Jiger (K.). Luthers religiéses Interesse an seiner Lehre von der Realpràsenz. 
Giessen, 1900; 8°. i 

Krug (P.). Die besonderen Umstinde der Teilnehmer. Breslau, 1899; 8°. 


PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA LXV 


Liebing (P. P.). Miete und Pacht nach gemeinem Recht und biirgerlichem 
Gesetzbuch. 1900; 8°. 

Léhlein (H.). Leistungen und Aufgaben der geburtshilflichen Institute im 
Dienst der Humanitàt. Giessen, 1899; 8°. 
Mensendieck (0.). Charakterentwickelung und ethisch-theologische Anschau- 
ungen des Verfassers von Piers the Plowmann. London, 1900; 8°. 
Personalbestand der Grossherzoglich Hessischen Ludwigs- Vi zu 
Giessen. Sommerhalbjahr 1899/1900; 1900; 8°. 

Schmidt (C.). Quaestiones de musicis scriptoribus romanis imprimis de 
Cassiodoro et Isidoro. Darmstadii, 1899; 8°. 

Seyferth (E.). Inwiefern sind die Strafgesetze eines deutschen Einzelstaates 
ausserhalb desselben anwendbar? Altenburg, 1900; 8°. 

Vorlesungsverzeichniss der Grossherzglich Hessischen Ludwigs-Universitàt 
zu Giessen. Winterhalbjahr 1899/1900, 1900/1901; 8°. 


Bargilli (G.). Giovanni Francesco Fiammelli e i suoi quesiti militari. 
Roma, 1900; 8° (dall’A.). 

Billia (L. M.). Accenni all'idea dell’educazione in Platone ed Aristotele. 
Torino, 1900; 8° (Id.). 

— L’Fssere e la conoscenza. Torino, 1900; 8° (Zd.). 

— Sulle dottrine psicofisiche di Niccolò Malebranche. Berlino, 1900; 8° (I4.). 

Gerini (G. B.). Gli scrittori pedagogici italiani del secolo XVIII. Torino, 
1900; 8° (Id.). 


Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali. 


Dal 13 al 27 Gennaio 1901. 


* Anales de la Academia de Ciencias. T. 37, Ent. N. 429 y 480. Habana, 
1900; 8°. 
* Annales de la Société géologique de Belgique. T. XXVII, 3° livraison. 
Liège, 1900; 8°. 
* Atti e Memorie dell’Accademia d’agricoltura, scienze, lettere, arti e com- 
mercio di Verona. Ser. 4°, vol. I, fasc. 1. Verona, 1908; 8°. 
Bollettino dei Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università 
di Genova. N. 90-97. Genova, 1900; 8°. 
* Bollettino del R. Comitato Geologico d’Italia. Anno 1900, n. 3. Roma, 
1900; 8°. 
Bulletin mensuel du magnétisme terrestre de l’Observatoire Royal de 
Bruxelles. II° année, avril-novembre. Bruxelles, 1900; 8 fasc. 16°. 
* Bulletin de la Société Belge de Géologie, de Paléontologie et d’'Hydro- 
logie. Tom. XIV, fasc. 2, 3. Bruxelles, 1900; 8°. 
Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. E 


* 


LXVI PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 


* Bulletin of the Museum of Comparative Zoology at Harvard College. 
Vol. XXXVI; No. 1, XXXVII, 1, 2. Cambridge, Mass., 1900; 3°. 

* Bulletin de la Société Physico-Mathématique de Kasan. 2"° série, t. VIII, 
n. 4; IX, 1,,2. 1898; 8°. 


* Bulletin de l’Académie Imp. des Sciences de St-Pétersbourg. V° Série. 


T. IX, Nos. 2-5; X, 1-4; 1898-1899; 4°. 

* Bulletins du Comité géologique de St-Pétersbourg, 1898; t. XVIII, 3-10. 
St-Pétersbourg, 1899-1900; 8°. 

Chicago (The) Academy of Sciences. 

Bulletin No. III Part I of the Natural history Survey. Chicago, 1898; 8°. 

Colorado College Studies. Vol. VIII. Colorado Springs. Cols. 1899; 8°. 

* Documents et Rapports de la Société Paléontologique et Archéologique 
de l’Arrondissement judiciaire de Charleroi. T. XXIV. Charleroi, 1900; 8°. 

** Erliuterungen zur geologischen Specialkarte von Preussen und den 
Thuringischen Staaten. Lief. 86. Gradabt. 33, Nos. 21, 22, 27, 28; Lief. 90; 
Gradabth. 29, Nos. 45, 51, 55-57. Berlin 1900. Testo, in-8° e Atl. in-f°. 

Geologic Atlas of the United States. Fol. 38-58. Washington, 1897-99, 
21 fasc. in fol. (dal Department U. S. Geological Survey). 

* Giornale della R. Accademia di Medicina. A. LXII, n. 9-12. Torino, 1900; 8°. 

* Kansas (The) University Quarterly (Vol. IX, No. 1). Series A. Science and 
Mathematics. Lawcance, kan. 1900; 8°. 

* Mémoires de l’Académie Imp. des sciences de St-Pétersbourg, VIIS Sér. 
T. XLII, Nos. 13, 14. 1895; 1897; 4°. 

* Mémoires de l’Académie Imp. des Sciences de St-Pétersbourg. Classe 
physico-mathématique. VIII° série, vol. VI, Nos. 11-13; VII, 1-4; VIII, 
1-4. St-Pétersbourg, 1898-1899; 49. 

* Mémoires du Comité Géologique de Russie. T. VII, Nos. 3, 4; IX, 5; XV, 3. 
St-Pétersbourg, 1899; 49. 

* Nieuw Archief voor Wiskunde. Tweede Reeks. Deel V. 1. Stuk. Am- 
sterdam, 1901; 8°. 

* Prace matematyczno-fizyezne. T. XI. Warszawa, 1900; 8° (dalla Società di 
scienze matematiche e fisiche). 

* Proceedings of the American Academy of Arts and Sciences. Vol. XXXV. 
Nos. 23-27. Boston, 1900; 8°. 

* Proceedings of the Chemical Society of London. Vol. 16°. No. 230. 
London, 1901; 8°. 

* Proceedings of the R. Society. Vol. LXVII, No. 439, 440. London, 1901; 8°. 

Rapports présentés au Congrès International de Physique réuni à Paris 
en 1900 sous les auspices de la Société Frangaise de Physique ras- 
semblés et publiés par Ch. Ed. Guillaume et J. Poincaré, Secrétaires 
généraux du Congrès. 3 vols. 8°. Paris, 1900; 8° (dono del Comitato or- 
dinatore del Congresso). 

* Rendiconti del Circolo Matematico di Palermo. Tomo XIV, fasc. VI 
(1900). Palermo; 8°. 

* Report (Annual) of the Assistant in charge of the Museum of compara- 
tive Zoology at Harvard College to the President and Fellows of Har- 
vard College for 1899-1900. Cambridge, U. S. A. 1901; 8°. 


PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA LXVII 


Report of the Superintendent of the U. S. Coast and Geodetic Survey 
showing the progress of the Work from July 1, 1897, to June 30, 1898. 
Washington, 1898; 4°. 

* Transactions of the Zoological Society of London. Vol. XV, part 5. 
1900; 4°. 

Wiskundige Opgaven met de Oplossingen, door de leden van het Wiskundig 
Genootschap, VIII Deel. 3% Stuk. Amsterdam, 1900; 8°. 


* Dall’ Università di Giessen: 


Bauer (F.). Der puerperale Uterus des Frettchens. Wiesbaden, 1900; 8°. 

Berberich (E.). Eine Epidemie von acutem Erythem bei Kindern in der 
Umgebung von Giessen. Giessen, 1899; 8°. 

Best (F.). Ueber die regressiven Ernihrungsstòrungen im Auge bei band- 
firmiger Hornhauttribung. Hamburg u. Leipzig, 1900; 8°. 

Brunner (0.). Untersuchung der electrolytischen Oxydation fetter Alkohole, 
Giessen, 1899; 8°. 

Clemm (W. N.). Das Piorkowskische Verfahren zum Nachweise von Typhus- 
bazillen mittels Hamgelatine. Giessen, 1900; 8°. 

Dawson (H. M.). Ein Beitrag zur Erklirung der Bildung der oceanischen 
Salzablagerungen insbesondere des Stassfurter Salzlagers. Der Einfluss 
des Druckes auf die Bildung von Tachhydrit. Giessen, 1899; 8°. 

Eidmann (W.). Fin Beitrag zur Erkenntniss des Verhaltens chemischer 
Verbindungen in nichtwissrigen Lòsungen. Giessen, 1899; 8°. 

Eschweiler (P.). Zur Casuistit des Empyems der Stirnhòhlen. Giessen, 
1899; 8°. 

Fischer (F.). Zur Elektrolyse der Schwefelsiure mit Bleianoden. Giessen, 
1900; 8°. 

Flechsenhaar (A.). Ueber Multiplizitàt von Gleichungen. Giessen, 1899; 8°. 

Friedberger (E.). Ueber den Sàuregrad und Pepsingehalt des Harns bei 
Erkrankungen des Magens. Giessen, 1899; 8°. 

Friedberger (0.). Ueber die elektrochemische Reduktion einiger Chlorni- 
trotoluole. Giessen, 1900; 8°. 

Gehrhardt (H.). Bericht iber 52 Myopieoperationen. Giessen, 1899; 8°. 

Greimer (K.). Ueber giftig wirkende Alkaloide einiger Boragineen. Giessen, 
1900; 8°. i 

Grundmann (E.). Ueber Doppelbildungen bei Sauropsiden. Wiesbaden, 
1900; 8°. 

Hegar (K.). Embryom oder Dermoid des Beckenbindegewebes? Giessen, 
1899; 8°. 

Henneberg (B.). Die erste Entwickelung der Mammarorgane bei der Ratte. 
Wiesbaden, 1899; 8°. 

Kirechmann (J.). Wie weit lisst sich der Fiweisszerfall durch Leimzufuhr 
einschrinken? Miinchen, 1900; 8°. 

Klewitz (K.). Zur Casuistik der primàren Fibromyome des Beckenbinde- 
gewebes. Giessen, 1899; 8°. 


LXVIII PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 


Koch (A.). Ueber die elektrolytische Reduktion von Nitrophtalsàuren u. 
Nitrodiphenylen. Giessen, 1900; 8°. 

Koch (R.). Die Condensation von Salicylsàure mit Formaldeyd und Chloral. 
Giessen, 1899; 8°. 

Lange (E.). Untersuchungen iber Zungeranddrissen und Unterzunge bei 
Mensch und Ungulaten. Berlin, 1900; 8°. 

Lejeune (W.). Das Hofgut Georgenhausen. Eine Studie als Beitrag zur Agri- 
kultur im Grossherzogtum Hessen. Giessen, 1900; 8°. 

Léhlein (M.). Ueber Kugelthromben des Herzens. Giessen, 1900; 8°. 

Miiusert (A.). Zur Casuistik der Vena cava superior sinistra und der einen 
Spitzenlappen der rechten Lunge abschnirenden Anomalie der Vena 
azygos. Giessen, 1899; 8°. 

Minrath (J.). Bericht iber 337 Falle von Enucleatio und iber 78 Falle von 
Exenteratio bulbi. Giessen, 1900; 8°. 

Mueller (H.). Ueber die behaarten Rachenpolypen. Giessen, 1899; 8°. 

Pelz (R.). Der Kaiserschnitt in der Giessener Frauenklinik. Giessen, 1900; 8°. 

Pfaff (E.). Die spontane Darmruptur bei Neugeborenen. Giessen, 1899; 8°. 

Pfanhauser (W.). Ueber das elektrochemische Verhalten des Nickelammon- 
sulfates. Giessen, 1900; 4°. 

Priimm (J.). Beitrige zur Pathologie und Therapie der Chorioretinitis dis- 
seminata. Giessen, 1900; 8°. 

Riegel (A.). Ueber die Myome der Harnblase. Giessen, 1899; 8°. 

Riese (G.). Zur Casuistik der subcutanen Nierenverletzungen. Mainz, 1900; 8°. 

Saame (0.). Ueber die elektrochemische Reduction der Nitrobenzonitrile. 
Giessen, 1900; 8°. 

Schaefer (G.). Reaktion, Leitfàhigkeit und Gefrierpunktserniedrigung des 
normalen menschlichen Harns. Schotten; 8°. 

Schneider (H.). Ueber den bilateralen Nierendefekt. Giessen, 1899; 8°. 

Sehonewald (0.). Zur Casuistik der Thrombose der Vena centralis retinae. 
Giessen, 1900; 8°. 

Seybold (C.). Ueber das Melanom. Giessen, 1899; 8°. 

Slama (F.). I Ueber Halogenderivate des Anthragallols. II. Darstellung 
eines Oxystyrogallols. Wien, 1899; 8°. 

Strerath (F.). Ein Beitrag zur Vaccine- Blepharitis. Giessen, 1900; 8°. 

Szakall (J.). Ueber den Bau des Urogenitalsystems der Krokodile. Budapest, 
1899; 8°. 

Thiel (A.). Umkehrbare Elektroden zweiter Art mit gemischten Depolari- 
satoren. Leipzig, 1900; 8°. 

Weiss (E.). Ueber die Geburten junger Erstgebàrender. Giessen, 1900; 8°. 

Wreschner (A.). Eine experimentelie Studie iiber die Association in einem 
Falle von Idiotie. Berlin, 1900; 8°. 

Wucher (0.). Ueber die Anordnung der Blutgefisse bei Doppelbildungen 
des Hiihnchens. Wiesbaden, 1900; 8°. 

Zimmermann (P.). Beitràge zur Elektrolyse fettsaurer Salze. 8°. 


PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA LXIX 


Mattirolo (0.). Sulla Mannite contenuta nelle Tuberacee. Firenze, 1899; 8° 
(dall’A. Socio corrispondente dell’Accademia). 

— Illaboratorio per l’anatomia e fisiologia dei vegetali annesso all’Orto 
Botanico — Relazione. Firenze, 1899; 8° (Zd.). 

— Come si avrebbe una Bibliografia botanica italiana; un bullettino an- 
nuale delle novità floristiche e bibliografiche; e come si potrebbe com- 
pletare la Iconoteca dei botanici italiani - Lettera al Prof. A. Saccardo. 
Firenze, 1899; 8° (Id.). 

— Sull’influenza che l’estirpazione dei fiori esercita sui tubercoli radicali 
delle piante leguminose. Genova, 1900; 8° (Id.). 

— Gli ipogei di Sardegna e di Sicilia. Genova, 1900; 8° (Zd.). 

— Il Calendario di Flora per Firenze secondo il ms. dell’anno 1592 di 
Frate Agostino Del Riccio. Firenze, 1900; 8° (1d.). 

— Il Museo e l’Orto Botanico di Firenze durante il triennio accademico 
1898-900. Relazione. Firenze, 1900; 8° (Id.). 

Peano (G.). Formulaire de Mathématique; Éd. de l’an 1901. Turin, 1901, 8° 
(dono dell’A. Socio dell’ Accademia). 

Puccini (E.). Il concetto dell’infinitesimo nello studio della matematica ele- 
mentare. Pistoia, 1901; 8° (dall’A.). 

Ruffini (F. P.). Della ipocicloide tricuspide. Bologna, 1900; 8° (Zd.). 

Salvadori (T.). Elenco degli scritti. Torino, 1900; 4° (dall’A. Socio dell’ Ac- 
cademia). 

Tietze (F.). La simmetria del cranio negli alienati. Venezia, 1900; 8° (dall’A.). 


Classe di Scienze Morali, Storiche 6 Filologiche 


Dal 20 Gennaio al 3 Febbraio 1901. 


* Abhandlungen der philologisch-historischen Classe der k. Sàchsischen 
Gesellschaft der Wissenschaften. Bd. XX, N.3. Leipzig, 1901; 8°. 

* Accademia R. delle scienze di Amsterdam. 
Verhandlingen Letterkunde. Nieuwe Reek. DI. II, N. 3; 1899; 8°. 
Verslagen en Mededeelingen Letterkunde. 4° Reek. DI. III; 1899; 8°. 
Jaarbock 1900; 8°. A 
Prijsvers. Sosii Fratres Bibliopolae, accedunt septem carmina laudata. 

1900; 8°. 

* Analecta Bollandiana. T. XIX, fasc. 2°. Bruxelles, 1900; 8°. 

* Annales de la Société d’Archéologie de Bruxelles. T. XIV, livs. 2. Bru- 
xelles, 1900; 8°. 

* Annuario della Società Reale di Napoli, 1901; 8°. 

* Atti dell’Accademia Pontaniana. Vol. XXX. Napoli, 1900; 8°. 


LXX PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 


* Atti della R. Accademia dei Lincei. Serie V. Classe di Sc. morali, stor. e 
filolog., ser. V, vol. VIII. Notizie degli Scavi: settembre 1900. Roma; 4°. 

Cinquantenaire de M. H. Wallon 1850-1890. Académie des Inscriptions et 
Belles-Lettres. Séance du 23 novembre 1900. Paris; 8° (dono del signor 
Wallon Socio straniero dell’Accademia). 

* Géographie (La). Bulletin de la Société de Géographie. An. 1901. N. 1. 
Paris: 8°. 

* Miscellanea di Storia italiana. Serie III, T. V. Torino, 1900; 8° (dalla 
Deputazione sovra gli studi di Storia patria per le antiche Provincie e la 
Lombardia). 

Norvège (La). Ouvrage officiel publié è l’occasion de l’Exposition Univer- 
selle de Paris 1900. Kristiania, 1900; 8° (dalla Biblioteca dell’ Università 
Reale di Norvegia). 


* Dall Università di Basilea : 


Beaujon (G.). L’École Symboliste, contribution è l’histoire de la pogsie ly- 
rique frangaise contemporaine. Basel, 1900; 4°. 

Bericht iiber das Gymnasium in Basel. Schuljahr 1899-1900. Basel, 1900; 4°. 

Catalogue des écrits académiques Suisses 1899-1900. Basel, 1900; 8°. 

Fehr (B.). Die formelhaften Elemente in den alten englischen Balladen. 
Zossen b. Berlin, 1900; 8°. 

Frey (G.A.). Die Wasserfallenbahn, eine volkswirtschaftliche Catene 
Basel, 1899; 4°. 

Gasser (G. E.). L'autorità letteraria di, M. P. Bembo e la prosa italiana 
del Cinquecento. Sciaffusa, 1899; 8°. 

Jenny (E.). Goethes altdeutsche Lektiire. Basel, 1900; 8°. 


Leesen (H. v.). Beitrag zur Gebiude-Statistik der Stadt Basel. Basel, 1899; 4°. 


Lindner (A.). Die Basler Galluspforte und andere romanische Bildwerke 
der Schweiz. Strassburg; 1899; 8°. 

Mangold (F.). Die Basler Mittwoch- und Samstag-Zeitung 1682-1796. Basel, 
1900; 8°. 

Miiller (R.). Abriss der Lautlehre des nordhumbrischen Liber Vitae. Berlin, 
1900; 8°. 

Personal-Verzeichnis der Universitàt Basel fir das Wintersemester u. Sommer- 
semester 1900. 1899/1900. 

Pliiss (T.).. Aberglaube und Religion in Sophokles' Elektra. Basel, 1900; 4°. 

Schultz (E.). Reformation und Gegenreformation in den Freien-Aemtern. 
Zurich, 1899; 8°. 

Teichmann (A.). Eine Rede gegen die Bischòfe. Basel, 1899; 4°. 

Verzeichniss der Vorlesungen an der Universitàt Basel im Sommer-Semester 
1900, Winter-Semester 1900/01. Basel, 1900; 4°. 


Ferrero (E.). L’Arc d’Auguste è Suse. Turin, 1901; f° (dono della Società di 
Archeologia e Belle Arti per la provincia di Torino). 

Pagano (G.). Le forme di Governo e la loro evoluzione popolare. Palermo, 
1900; 2 vol. 8° (dall’A.). 


PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA LXXI 


Santini (P.). Studi sull’antica costituzione del Comune di Firenze. Contado 
e politica esteriore del sec. XII. Firenze, 1901 (dall’A. per il premio di 
Storia Gautieri). 

Spaventa (B.). Scritti filosofici raccolti e pubblicati con note e con un 
discorso sulla vita e sulle opere dell’autore da Giovanni GenmtILE ecc. 
Napoli, 1901; 8° (dal prof. G. Gentile). 


Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali. 


Dal 27 Gennaio al 10 Febbraio 1901. 


* Accademia Reale delle Scienze di Amsterdam: Verhandelingen. Afd. 
Natuurkunde 1° Sectie DI. VII, N. 1-5; 2° Sectie DI. VII, N. 1-3. 
Verslagen. Afd. Natuurkunde Année 1899/1900 DI. VIII; Proceedings 
(Section of Science). Vol. II; 8°. 
* American Mathematical Society. Annual Register. January, 1901. New- 
Mork, 1901; 8°. 
* Anales dela Sociedad Cientifica Argentina. Entrega 5* y 6°, T. L. Buenos 
Aires, 1900; 8°. 
* Anales del Museo nacional de Chile. Entr. 14*. Santiago de Chile. 1900; 8°. 
Archives Néerlandaises des sciences exactes et naturelles, publiées par 
la Société hollandaise des sciences à Harlem. Sér. II, t. V. La Haye, 
1900; 8°. i 

Atti dell’Accademia Gioenia di scienze naturali in Catania. An. LXXVII, 
1900; ser. 4°, vol. XIII. Catania, 1900; 4°. 

# Atti del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti. T. LX, disp. 1°. 
Venezia, 1901; 8°. 

* Buletinal Societatii de Sciinte din Bucuresci-Romania. Anul IX. No. 5. 
Bucuresci, 1900; 8°. 

* Bulletin of the American Mathematical Society. 2nd Ser. Vol. VII, No. 4. 
Lancaster, Pa., and*New-York, 1901; 8°. 

Bulletiu No. 14. U. S. Department of Agriculture. Division of Biological 
Survey. Washington, 1900; 8°. 

* Cambridge Philosophical Society. List of Fellows, Associates and hono- 
rary Members. January 1901. 

** Fortschritte der Physik im Jahre 1898. Bd. LV, 2, 3 Abth. Braunschweig, 
1900; 8°. I 

* Jahrbuch der k. k. geologischen Reichsanstalt zu Wien. Jahr. 1900, 
L Bd., 2 Heft. Wien; 8°. 

* Jenaische Zeitschrift fiir Naturwissenschaft. herausg. von der medizinisch- 
naturwiss. Gesellschaft zu Jena; Vol. XXVIII, Heft I-II. Jena, 1901; 8°. 

* Journal of the Chemical Society. Vol. 79 e 80. February 1901. London; 8°. 


* 


LXXII PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 


.* Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. Appendix to Vol. LX; 
LXI No. 2. London, 1900; 8°. 

* Nachrichten von der kònigl. Gesellschaft der Wissenschaften zu Gottingen. 
Geschàftliche Mittheilungen. 1900. Heft 2. Gottingen; 8°. 

* Nachrichten von der kéònigl. Gesellschaft der Wissenschaften zu Gottingen. 
Mathematisch-physik. Klasse, 1900, Heft 3. Gottingen; 8°. 

* Observations météorologiques suédoises publiées parl’Acad. R. des Sciences 
de Suède. Vol. 37 (1895). Stockholm, 1900; 4°. 

* Proceedings of the Cambridge Philosophical Society; Vol. X, part VII; 
XI, part 1. Cambridge, 1901; 8°. 

* Proceedings of the Chemical Society of London. Vol. 17°. No. 2831. 
London, 1901; 8°. 

Proceedings of the Royal Institution of Great Britain. Vol. XVI, Part I. 
London, 1900; 8°. 

Pro-Gaidoni. Risposta al Dott. P. Vinassa De Regny. Spezia, 1901; 8° 
(Dono della Direzione della Società Girolamo Guidoni di Spezia). 

* Rendiconti del R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere. Vol. XXXIII, 
fasc. XX. Milano, 1900; 8°. 

* Rendiconto dell’Accademia delle Scienze fisiche e matematiche (Ser. 382, 
vol. VI, fase. 8° a 12°. Napoli, 1900; 8°. 

Report of the Superintendent of the U. S. Naval Observatory for the Fiscal 
Year ending June 30, 1900. Washington; 8°. 

* Sitzangsberichte der K. Preuss. Akademie der Wissenschaften zu Berlin. 
18 October XXXIX (20 December). LIII. Berlin, 1900; 8°. 

* Transactions of the Royal Scottish Society of Arts. Vol. XV, part 2°. 
Edinburgh, 1900; 8°. 

* YVerhandlungen des naturhistorisch-medizinischen Verein zu Heidelberg. 
N. F., VI Bd., 4 Heft; 1900; 8°. 

* Verhandlangen der k. k. geologischen Reichsanstalt Sitzung. N. 13-16, 
1900. Wien; 8°. 


* Dall Università di Basilea : 


Abt (0.). Ueber Extremitàtenfrakturen intra partum. Basel, 1900; 8°. 
Bangerter (A.). Beitrag zur Lehre von der Placenta praevia. Basel, 1900; 8°, 
Baum (J.). Ueber Zellteilungen in Pilzhyphen. Fulda, 1900; 8°. 

Bertram (W.). Untersuchung des Orthodinitrodiphenylmethan und des Or- 
thodiamidobenzophenon, Bonn, 1900; 8°. 

Braun (K.). Beitrige zur Anatomie der Adansonia Digitata L. Basel, 1900; 8°. 

Brunner (J.). Beitriàge zur Kenntnis des Cinchonins. Heidelberg, 1900; 8°. 

Biihrer (C.). Untersuchungen iiber die Wirksamkeit einiger toxissher Fluid- 
Extrakte. Basel, 1900; 8°. 

Burckhardt (G.). Faunistische und systematische Studien iber das Zoo- 
plankton der gròsseren Seen der Schweiz und ihrer Grenzgebiete- 
Genève, 1900; 8°. 

Barnett (T. R.). Ueber die Bestimmung der Halogensalze nebeneinander. 
Basel, 1900; 8°. 


PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA LXXIII 


Devas (E. W.). Zur Kenntnis des p-Chlorphenylhydroxylamins 8-Phenylhy- 
droxylamins und p-Bromphenylhydroxylamins. Zirich, 1900; 8°. 

Dietschy (R.). Ueber einige Nitro- und Nitroso-Abkòmmlinge aus der Ben- 
zolreihe. Basel, 1900; 8°. 

Enzenauer (J.). Ueber die Einwirkung aromatischer Basen auf die drei 
isomeren Dibrombrenzweinsiuren. Basel, 1900; 8°. 

Feubel (A.). Zur Kenntnis der Azimide. Wiesbaden, 1900; 8°. 

Frutiger (A.). Ueber die functionelle Bedeutung der fenestra rotunda. 
Wiesbaden, 1900; 8°. 

Fussenegger (E.). Ueber Chinotoxin. Minchen, 1900; 8°. 

Garfankl (H.). Ueber hydrierte Azine. Basel, 1900; 8°. 

Hagenbach (R.). Beitrige zur Kenntnis der Safraninfarbstoffe. Basel, 1900; 8°. 

Hauck (F. F.). Beitrag zur Entwicklungsgeschichte des Schweizerischen 
Alkoholmonopols. Bern, 1899; 8°. 

Heer (J.). Ueber das Hòrvermògen ohne Steigbiigel. Wiesbaden, 1900; 8°. 

Hellwig (K.). Ueber einige komplexe Silbersalze. Gottingen, 1900; 8°. 

Helwig (W.). Beitrige zur Kenntniss der Azoniumverbindungen. Mannheim, 
1899; 8°. 

Hockenjos (E.). Beitrag zu den cerebralen Affectionen bei Keuchhusten. 
Leipzig, 1900; 8°. 

Hoffmann (K. R.). Beitrag zur operativen Behandlung der Choledochussteine. 
Basel, 1900; 8°. 

Holtsechmidt (W.). Ueber das Verhalten der Dibromide des Stilben und des 
Tolan. Leipzig-Reudnitz, 1899; 8°. 

Hosslin (R.). Ueber Jchthyodin. Ein Beitrag zur Kenntnis des Ichthyols.. 
Basel, 1900; 4°. i 

Hyde (E.). Ueber p-Nitrophenylhydrazin. Zirich, 1899; 8°. 

Jann (A.). Beitrag zu den Knochenfracturen bei Kindern. Leipzig, 1899; 8°. 

Josopait (A.). Ueber die photosynthetische Assimilationsthitigkeit einiger 
chlorophyllfreien Chromatophoren. Basel, 1900; 8°. 

Katz (E.). Ueber das aetherische Oel der Pappelknospen. Basel, 1899; 8°. 

Knapp (P.). Ueber Heilung von Linsenwunden beim Frosch. Basel, 1900; 8°. 

Kunze (J.). Ueber die Einwirkung von schwefliger Sàure und Kupferpulver 
auf Nitrodiazobenzole und Azodiazobenzol resp. Toluol.- Ueber die 
Bildung von. Binitrokresolen bei der Nitration des Reintoluols. Freiburg 
1. B., 1899; 8. 

Lieck (H.). Ueber einige Derivate des Mesityloxyds. Aachen, 1900; 8°. 

Meyer (C. F.). Ueber den Finfluss des Lichtes im Hohenklima auf die Zu- 
sammensetzung des Blutes. Basel, 1900; 8°. 

Moest (M.). Ueber die elektrische Leitfàhigkeit von Oxychinonen und Salzen 
derselben. Miinchen, 1899; 8°. 

Miihlstein (A.). Ueber orthosubstituierte Alkylaniline. Zirich, 1899; 8°. 

Petri (W.). Konstitution der Iso-Purpursîiure. Basel, 1900; 8°. 

Respinger (W.). Untersuchungen iber die angebliche Kontagiositàt des 
Erysipels. Tiibingen, 1900; 8°. 

Rossbach (J.). Einwirkung von Ammoniak auf Dibromtriacetonamin. Dus- 
seldorf, 1899; 8°. 


LXXIV PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 


Schalk (B.). Zur Kenntnis einiger Derivate des Amidonaphtols 1. 2 und Ami- 

_—donaphtols 2.1. Basel, 1900; 8°. 

Schiess (E.). Ueber einige neue Formazylverbindungen. Basel, 1900; 8°. 

Schulze (W.). Morphologie und Anatomie der Convallaria majalis L. Bonn, 
1899; 8°. 

Ter-Sarkissjan (L.).. Zur Kenntnis des m-Tolylhydroxylamins und B-Phe- 
nylhydroxylamins. Zirich, 1899; 8°. 

Thiele (E.). Ueber Kondensationprodukte von aromatischen Diaminen mit 
Mandels&urenitril und Milchsiurenitril. Basel, 1900; 8°. 

Trautwein (H.). Untersuchungen iber die Explosionsgrenzen brennbarer 
Gase und Dimpfe. Miinchen, 1900; 8°. 

Uellenberg (E.). I. Beitrag zur Chemie des Kobalts und Nickels. II. Ueber 
1-Phenyl-4-Methyl-5-Pyrazolon. Elberfeld, 1900: 8°. 

Volz (W.). Beitrag zur Kenntnis eniger Vogelcestoden. Berlin, 1900; 8°. 
Van Dam (W.). Ueber die Einwirkung von Kaliumhypobromit in alkalischer 
Lisung auf die Amide der aromatischen Oxysàuren. Haag, 1899; 8°. 

Wasserzug (D.). Zur Kenntnis der Acetophenonderivate. Basel, 1900; 8°. 

Weissenberger (A.). Diphterieserumtherapie und Intubation im Kinderspital 
in Basel. Basel, 1899; 8°. 

Wolffhiigel (K.). Beitrag zur Kenntnis der Vogelhelminten. Freiburg i. Br., 
1900; 8°. 

Wélfflin (E.). Die Beeinflussung der chirurgischen Tuberkulose durch das 
Hochgebirge mit spezieller Berucksichtigung des Engadins. Basel, 1899; 8°. 

Zembrzuski (K. v.). I Ueber Derivate des Acetophenons. II. Ueber unsym- 
metrische disubstituierte Hydrazine. Basel, 1900; 8°. 

Zielke (A.). Ueber einige Derivate des Dioxynaphtalins 2:7. Riga, 1900; 8°. 

Zumstein (H.). Zur Morphologie und Physiologie der Euglena gracilis Klebs. 
Leipzig, 1899; 8°. 


* Dalla ‘ Bibliothek der Grossh. Techrischen Hochschule 
zu Karlsruhe ?: 


Bericht iber die Feier der Einweihung der Neubauten und der Aula am 
17., 18. und 19 Mai 1899. Karlsruhe; 8°. 

Bericht iiber die Feier der Jahrhundert- Wende und die Verlehung des 
Promotionsrechtes am 10. Januar 1900. Karlsruhe; 8°. 

Brauer (E. A.) Betrachtungen iber die Maschine und den Maschinenbau. 
Karlsruhe, 1899; 8°. 

Fader (A.). Ueber Condensationsveruche mit Anthranilsàureester. Minchen, 
1899; 8°. 

Programm der Grossherzoglich badischen Technischen Hochschule zu 
Karlsruhe fiir das Studienjahr 1900-1901. Karlsruhe, 1900; 8°. 

Rozynski (J.). Ueber das m-Jodacetophenon und dessen Ueberfiihrang in 
m-Jodmandelsiure. Karlsruhe, 1899; 8°. 


PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA LXXYV 


Arcidiacono (S.). Principali fenomeni eruttivi avvenuti in Sicilia e nelle 
isole adiacenti nell’anno 1899. Modena, 1900; 8° (dall’A.). 

Mascari (A.). Osservazioni dell’eclisse parziale di sole del 28 maggio 1900 
fatte all'Osservatorio astronomico di Catania. Catania, 1901, 4° (Id.). 

Riccò (A.). Occultazione di Saturno del 13 giugno 1900 osservata nell’Os- 
servatorio di Catania. Catania, 1900; 4° (Id.). 

Riccò (A.) e Franco (L.). Stabilità del suolo all'Osservatorio Etneo. Catania, 
1900; 4° (dagli Aut.ì). 

Slaby (A.). Abgestimmte und mehrfache Funkentelegraphie. Berlin, 1901 ; 8° 
(dall’A.). 

Tacchini (P.) e Riccò (A.). Osservazioni dell’eclisse totale di sole del 
28 maggio 1900. Catania, 1900; 4° (dagli A.). 

Vauthier (L. L.). Brèves observations sur l’étude de M. Lokhtine © Le mé- 
canisme du lit'fluvial ,. Paris, 1898; 8° (dallA.). 

— Barrage a encombrement et barrage en lit evasé sans encombrement. 
Paris, 1900; 8° (Z4.). 

— Note sur une meilleure utilisation des cours d’eau naturels comme 
voies navigables è l’aide de réservoirs d’étiage. Paris, 1900; 8° (Id.). 


Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche 
Dal 3 al 17 Febbraio 1901. 


* Annali dell’Università di Perugia. Pubblicazioni periodiche della Facoltà 
di Giurisprudenza. N. S. Vol. IX, fasc. 4°. Perugia, 1899; 4°. 

* Atti della R. Accademia dei Lincei. Serie V. Classe di scienze morali, 
storiche e filologiche. Vol. VIII. Parte 2*. Notizie degli Scavi: Ottobre, 
1900. Roma; 4°. 

* Boletin de la Real Academia de la Historia. Tomo XXXVII. Cuad. 1°. 
Madrid, 1901; 8°. 

* Bullettino dell'Istituto di Diritto romano. An. IV, fasc. 1, 2; X, fasc. 5; 
XI, fasc. 3-5. Roma, 1891, 1899; 8°. 

Calendario del Santuario di Pompei per l’anno 1901. Valle di Pompei; 16°. 

Comisién N. del censo. Primer resumen del censo levantado el 1° de Marzo 
de 1900 en los departamentos de campaîia. Nacionalidad y sexo de las 
personas censadas. Montevideo, 1900; 8° (dal Governo della Repubblica 
dell’ Uruguay). 

* Transactions of the Royal Society of Literature. 2. Series, vol. XXII, 
part II. London, 1900; 8°. 

* Tridentam rivista mensile di studi scientifici. An. III, fase. 10°, 1900. 
Trento; 8°. 


LXXVI PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 


* Vjestnik kr. hrvatsko-slavonsko-dalmatinskog Zemaljskog Arkiva. Go- 
dina III. Svezak 1. Zagreb, 1901; 8°. 

* Vocabolario degli Accademici della Crusca. 5% impressione, Vol. IX, 
fasc. 1°. Firenze, 1900; 4°. d 


Agostini (A.). Pietro Carnesecchi e il movimento Valdesiano. Firenze, 
1900; 8° (dall'A. per il premio di Storia 1898-1900 di fondazione Gautieri). 

Bonanni (G.). Il parlamento della città di Ortona e i conflitti di premi- 
nenza per la nomina del primo sindaco (1671-1742). Casalbordino, 1900; 
8° (dall’A.). 

Fontanarosa (V.). Domenico Cirillo botanico, medico, scrittore e martire 
politico del sec. XVIII. Napoli, 1899; 8° (dall’A. per il premio di Storia 
1898-1900 di fondazione Gautieri). 

Gabotto (F.). Storia di Cuneo, dalle origini ai giorni nostri. Cuneo, 1899; 
8° (Id.). 

— L’abazia ed il comune di Pinerolo e la riscossa Sabauda in Piemonte. 
Pinerolo, 1899; 8° (I4.). 

— Cartario di Pinerolo, fino all'anno 1800. Pinerolo, 1900; 8° (Id.). 

— Un Millennio di Storia Eporediese (3856-1357). Pinerolo, 1900; 8° (Zd.). 

— Le carte dell'Archivio vescovile d'Ivrea fino al 1313. Pinerolo, 1900; 
2 vol. 8° (Id.). 

Orsi (P.). L'Italia moderna. Storia degli ultimi 150 anni fino all’assunzione 
al Trono di Vittorio Emanuele IlI. Milano, 1901; 8° (Zd.). 

Petrocchi (L.). Massa marittima. Arte e Storia. Firenze, 1900; 8° (Id.). 

Rodolico (N.). Dal Comune alla Signoria. Saggio sul Governo di Taddeo 
Pepoli in Bologna. Bologna, 1898; 8° (Id.). 

— INPopolo minuto. Note di Storia fiorentina (1343-1378). Bologna, 1899; 
8° (Id.). 


Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali. 
Dal 10 al 24 Febbraio 1901. 


Anales del Museo Nacional de Montevideo. T. II, fasc. 179; III, fase. 18°. 
Montevideo, 1900, 1901; 8° 

* Berichte iiber die Verhandlungen der k. Sichsischen Gesellschaft der 
Wissensch. zu Leipzig. Mathem.-phys. Classe. 1900, VIII. Leipzig, 1900; 8°. 

Boletin del Observatorio Astron6mico Nacional de Tacubaya. Tom. II, n. 6. 
Mexico, 1900; 4°. 

Boletin demografico argentino. Aîio I, Octubre 1900, n. IV. Buenos Aires, 
1900; (dal Ministero dell'Interno della Repubblica Argentina). 


PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA LXXVII 


* Bollettino della Società dei naturalisti in Napoli. Ser. I, vol. XIV, 1900. 
Napoli, 1901; 8°. 

* Comptes-rendus de l’Académie des Sciences de Cracovie, novembre, 
1900; 8°. 

Inaugurazione del monumento a Francesco Brroscni nel R. Istituto tecnico 
Superiore di Milano. x dicembre mpcccc. Milano; 8° (dono del Comitato). 

Memorie del R. Istituto Lombardo di scienze e lettere. Classe di scienze 
matematiche e naturali. Vol. XVIII, fase. XI. Milano, 1900; 4°. 

* Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. Vol. LXI, No. 3. 
London, 1901, 8°. 

* Proceedings of the Chemical Society of London. Vol. 17°. No. 232. 
London, 1901; 8°. 

* Proceedings of the Royal Society. Vol. LXVI, No. 441. London, 1901; 8°. 

* Proceedings of the Canadian Institute. N.S., No. 10, vol. II, part 4. 
Toronto, 1901; 8°. 

* Quarterly Journal of Geological Society. Vol. LVII, Part 1. No. 225. 
London, 1901; 8°. 

* Rendiconti del R. Istituto Lombardo di scienze e lettere. Vol. XXXIV, 
fasc. 1°-3°. Milano, 1901; 8°. 

* Rendiconto dell’Accad. di Scienze fisiche e matematiche. Ser. 8, vol. VII, 
fasc. 1°. Napoli, 1901; 8°. 

* Transaction of the American Mathematical Society. Vol. II, No. 1. Lan- 
caster, Pa., and New York, 1901; 4°. 

* #RypHaXg pyccraro pusnro-xmmngecgaro 06mecrBa pu IHmneparopcerome 
C. Nerep6yprerome Yampepenters, T. XXXII, n. 9. 1900; 8°. 


* Dall’ Università di Erlangen: 


Bandel (R.). Ansichten u. Ausspriiche des Hippokrates iber die Ernàihrung 
von Gesunden u. Kranken u. iilber die Verdaulichkeit verschiedener 
Nahrungsmittel. Erlangen, 1899; 8°. 

Bartz (0.). Ueber die einzelnen Nahtmethoden zum Schlusse der Bauch- 
wunde nach Laparotomie. Landau, 1899; 8°. 

Bedenck (J.). 63 in der Erlanger chir. Klinik beobachtete Falle von Lippen- 
carcinom aus den Jahren 1893-97 (incl.). Erlangen, 1899; 8°. 

Benker (K.). Beitrag zur Kenntnis der sterischen Hinderung chemischer 
Reaktionen. Erlangen, 1899; 8°. 

Benner (H.). Bestimmung der Coefficienten welche bei der Berechnung der 


Integrale lira und f VARCO 10 APdi ded Boston, 1899; 8°. 
VI1+ax+ be VI + ax + ba* + ca 

Berckhemer (R.). Ueber N-alkylierte Chinolone. Erlangen, 1900; 8°. 

Berg (E.). Studien iiber den Dimorphismus von Ranunculus Ficaria. Ludwigs- 
burg, 1899; 8°. 

Best (F.). Beitrag zur Kenntniss der a- und 8-Naphtyldithiocarbazinsiure 
sowie der o-Anisyldithiocarbazinsiure und ihrer Condensationsprodukte. 
Erlangen, 1899; 8°, 


LXXVII PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 


Bouda (F.). Ueber zwei Falle von eigentiimlicher angeborener Anomalie 
der Leberlappung. Erlangen, 1899; 8°. 

Braeunig (A. F. K.). Beitrag zur Kenntniss des Glutinpeptons. Dresden, 
1898; 8°. 

Braun (K.). Ueber Verzinderungen im Gewebe entlaubter Stengel und Zweige. 
1899; 8°. 

Bruhn (G. A.). Beitràge zur Kenntnis der Rosinduline u. der Isorosinduline. 
Erlangen, 1899; 8°. 

Cassel (J.). Die drei isomeren Chlorphenylsulfaminsàuren u. ihre Umwand- 
lungsprodukte. Erlangen, 1900; 8°. 

Dirauf (A.). Ein Beitrag zu den kongenitalen Difformitàten. Erlangen, 1900; 8°. 

Doering (0.). Die regulatorische Bildung von Diastase durch Pilze. Erlangen, 
1900; 8°. 

Dorsch (B.). Ueber primàre Lymphdriisen-Tuberculose. Erlangen, 1899; 8°. 

Elterlein (A. v.). Eduard Suess u. seine Stellung zur Goldfeinheitsfrage. 
Erlangen, 1898; 8°. 

Engelhardt (F.). Ein casuistischer Beitrag zur Behandlung der Lageano- 
malien der Linse des menschlichen Auges. Erlangen, 1900; 8°. 

Eyring (H.). Ueber die Behandlung des vorgeschrittenen Carcinoma uteri 
mit dem ferrum candens. Erlangen, 1899; 8°. 

Fickler (A.). Studien zur Pathologie u. pathologischen Anatomie der Rucken- 
markscompression bei Wirbelcaries. Leipzig, 1899; 8°. 

Grerke (0.). Ueber Assimilation im blauen u. violetten Spektrum. Cassel, 
1900; 8°. 

Gerlach (A.). Zur Anatomie des Cavum laryngis des Menschen. Viesbaden, 
1900; 8°. 

Glenek (K.). Fin Fall von multiplem primirem Carcinom des Magens. 
Erlangen, 1900; 8°. 

Gloz (A.). Ueber N-Alkyl-Akridone u. iber eigentiimliche Verbindungen 
von Basen u. Phenolen mit Phenylacridinchlormethylat. Erlangen, 
1899; 8°, 

Gmeinder (H.). Ueber einen Fall von Polyneuritis alcoholica. Erlangen, 
1900; 8°. 

Grunert (0.). Die Scaphopoden und Gastropoden der deutschen Trias. 
Erlangen, 1898; 8°. 

Hahn (F.). Ein Fall von Gallertkrebs des Magens u. der Speiseròhre. 
Erlangen, 1899; 8°. 

Hartmann (L.). Beitràge zur Constitution der Ortho-Amido-azoverbindungen. 
Erlangen, 1899; 8°. 

Hauck (L.). Untersuchungen zur normalen u. pathologischen Histologie der 
quergestreiften Musculatur. Leipzig, 1900; 8°. 

Heintzel (K.). Contagiòse Pflanzenkrankheiten ohne Microben unter beson- 
derer Berticksichtigung der Mosaikkrankheit der Tabaksblitter. Erlangen, 
1900; 8°. 

Herrmann (R.). Ueber das fette Oel des Quittensamens. Miinster i. W., 
1399;"9" 


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PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA LXXIX 


Herzberg (G.). Untersuchungen iber hitzebestindige Keime im Faeces. 
Berlin, 1899; 8°. 

Hirschweh (H.). Aldehydbildung in griinen Blittern bei verschiedener 
Belichtung. Berlin, 1899; 8°. 

Honcamp (F.). Beitràge zur Atmung und Wirmeentwicklung der Schimmel- 
pilze mit Bericksichtigung der Pflanzenatmung im allgemeinen. Erfurt, 
1899; 8°. 

Hornung (W.). Die Diluvial- u. Alluvialablagerungen des Regnitzthales 
nòrdlich Erlangen nebst einigen Betrachtungen der orographischen u. 
hydrographischen Verhiltnisse des Niederschlagsgebietes der Regnitz. 
Halle A. S., 1899; 8°. 

Iftner (P.). Ueber einen Fall von excessiver Herzhypertrophie. Erlangen, 
1900; 8°. è 

Itzig (H.). Ueber einige complexe Salze der Wein- und Aepfelsiure von 
hoher specifischer Drehung. Berlin, 1899; 8°. 

Jaeger (R.). Ueber die Finwirkung von Phosphorpentachlorid auf Bisgliyr 
lierte Pyridone u. Chinolone. Miinchen, 1899; 8°. 

Jto (K.). Ueber den Einfluss von Muskelanstrengungen auf die Kòrpertem- 
peratur. Erlangen, 1899; 8° 

Kamphausen (W.). Untersuchungen iber Diphenylisodithiobiazolon. Erlangen, 
1900; 8°. 

Karges (J.). Ueber einen Fall von angeborener Pulmonalstenose mit embo- 
lischer Hemiplegie. Erlangen, 1899; 8°. 

Kauffmann (C.). Ueber Einwirkung der Anîisthetica auf das Protoplasma 
und dessen biologisch-physiologischen Eigenschaften. Erlangen, 1899; 8°. 

Klinkhardt (V.). Beitrîìge zur Morphologie u. Morphogenie des minnlichen 
Genitalapparates der Rhopaloceren. Leipzig, 1900; 8°. 

Klitzseh (P.). Zur Kenntnis des Chinolins. Rostock, 1899; 8°. 

Kochs (J.).. Ueber die Gattung Thea L. u. den chinesischen Thee. Leipzig, 
1900; 8°. 

Koelsch (F. X.). Klinische Beitrige zur Lehre von der Aktinomykose des 
Menschen. Erlangen, 1900; 8°. 

Koerner (J. A.). Beitrag zur Kenntnis der elsiisser Thone. Strassburg, 1900; 8°. 

Kénig (J.). Ein Beitrag zur Kenntnis der Phosphornekrose. Erlangen, 1900; 8°. 

Lang (0.). Ueber Produkte der alkalischen Hydrolyse des Blutalbumins. 
Berlin, 1899; 8°. 

Leidel (L.). Ueber die Einwirkung von Phosphorpentabromid auf N.-alky: 
lierte Pyridone u. Chinoline. Erlangen, 1899; 8°. 

Linnemann (F.). Beitrige zur Kenntnis der Indulinderivate. Erlangen, 1899; 8°. 

Lorleberg (0.). Hygienisch-medizinische Betrachtungen iiber biuerliche 
Verhiltnisse in Thiringen. Erlangen, 1899; 8°. 

Mayer (F.). Ein Beitrag zur Lehre von den intraocularen Cysten: haemor- 
rhagische Cyste des Corpus Ciliare mit Ausgang in spontane Heilung. 

Miinchen, 1899; 8°. 

Mayer (0.). Experimentelle Untersuchungen iber das Vorkommen von 
Tuberkelbazillen im Blute und der Samenfliissigkeit von an Impftu- 


LXXX PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 


berkulose leidenden Tieren besonders bei lokalisierter Tuberkulose. 
Erlangen, 1900; 8°. 

Michaélis (G.). Bau u. Entwicklung des minnlichen Begattungsapparates 
der Honigbiene. Leipzig, 1900; 8°. 

Micheisen (P.). Ueber die Gewichtsverhiltnisse der syphilitischen Placenten 
zu den Kindern. Erlangen, 1900; 8°. 

Miinter (0.). Congenitale Luxation des Radiusképfchens mit Vererbung. 
Wiirzburg, 1899; 8°. 

Murach (F.). Ueber Produkte der alkalischen Hydrolyse des Blutalbumins. 
Konigsberg i. Pr., 1900; 8°. 

Naegelsbach (W.). Ueber die wàhrend der letzten 12 Jahre in der Erlanger 
chirurgischen Klinik zur Behandlung gelangten Oberkiefertumoren. 
Erlangen, 1899; 8°. 

Nicolai (K. H.). Bakteriologische Studien iber Wurzeln und Samen von 
Hedysarum coronarium. Erlangen, 1900; 8°. 

Paltzer (G.). Ueber o-Nitrobenzyl-p-Amidoazobenzol u. seine Derivate. 
Erlangen, 1900; 8°. 

Plaut (H.). Ueber Blasendiphterie mit FExfoliation der inneren Schichten. 
Berlin, 1899; 8°. 

Rammelberg (K.). Gehalt der Orchideenknollen zu verschiedenen Jahres- 
zeiten. Erlangen, 1899; 8°. 

Salzmann (C.). Fin bemerkenswerter Fall von Cataracta arida siliquata. 
Erlangen, 1900; 8°. 

Schulz (0.). Beitràge zur Physiologie der Schilddriise. Erlangen, 1900; 8°. 

Seibert (F.). Lotze als Anthropologe. Wiesbaden, 1900; 8°. 

Sieber (F.). Ueber die durch Syphilis u. Tuberkulose erzeugten Schadelz- 
erstòrungen. Erlangen, 1900; 8°. 

Sieberth (0.). Die Mikroorganismen der kranken Zahnpulpa. Erlangen, 
1900; 8°. 

Sommer (R.). Ueber Condensati6nen von p-Amidophenolen mit Ketonen und 
iiber Abkòmmlinge des Anhydroformaldehydanisidins. Miinchen, 1900; 8°. 

Stadlinger (H.). Ueber die Bildung von Pseudophit in granitischen Gesteinen 
mit besonderer Beriicksichtigung der geologischen Verhàltnisse des 
Strehlerberges bei Markt-Redwitz in Fichtelgebirge. Erlangen, 1900; 8°. 

Steppes (F.). Ueber p- und o-Toluidoessigsiure und a-p- und a-0-Toluido- 
propionsàure. Hannover, 1899; 8°. 

Stickler (L.). Ueber den microscopischen Bau der Faltenzàhne von Eryops 
megacephalus Cope. Stuttgart, 1899; 4. 

Strehl (K.). Theorie der allgemeinen mikroskopischen Abbildung. Erlangen, 
1900; 8°. 

Sybel (E.). Casuistischer Beitrag zur Syphilis der Extremitàten. Jena, 1900; 8°. 

Teudt (H.). Ueber die Aenderung der spezifischen Wiirmen wîisseriger Salz- 
lisangen mit der Temperatur. Erlangen, 1900; 8°. 

Trenkner (E.). Beitrag zur Histologie u. Aetiologie des “ blutenden Septum- 
polypen ,. Erlangen, 1900; 8°. 

Tiibben (L.). Der Stringocephalenkalk von Philippstein u. die in Verbindung 
mit ihm auftretenden Erzlagerstitten. Erlangen, 1899; 8°. 


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PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA LXXXI 


Werner (H.). Der Vegetarismus im Gegensatze zur modernen Ernihrungs- 
theorie. Erlangen, 1899; 8°. 

Wolterstorff (W.). Das Untercarbon von Magdeburg-Neustadt u. seine 
Fauna. Berlin, 1899; 8°. 

Wynen (T.). Beitrige zur Kenntnis organischer Sulfamin- und Sulfosiuren. 
Erlangen, 1900; 8°. 


Birkenmajer (L. A.). Mikolaj Kopernik. Krakowie, 1900; 4° (dall Accademia 
delle Scienze di Cracovia). 

Macchiati (L.). Nota preventiva di biologia sul fiore del Castagno indiano. 
Firenze, 1900; 8°. (dall’A.). 

—. Intorno alla funzione difensiva degli afidi. Firenze, 1900; 8° (I@.). 

—. Noterelle di biologia fiorale. Firenze, 1900; 8° (Id.). 

Oddone (E.). Ricerche strumentali in sismometria con apparati non pen- 
dolari. Modena, 1900; 8° (Id.). 

Righi (A.). Sur les ondes électromagnétiques d’un ion vibrant. Harlem, 
1900; 8°. 


Glasse di Scienze Morali, Storiche e Filologiche. 
| 

Dal 17 Febbraio al 3 Marzo 1901. 

È 

I 


h * Analecta Bollandiana. T. XIX, fasc. 3. Bruxelles, 1900; 8°. 
— Annales du Musée Guimet. Revue de l’histoire des religions. XXI° année, 
ì T. XLI, No. 3; XLII, No. 3. Paris, 1900; 8°. 
i * Berichte iber die Verhandlungen der k. Sachsis. Gesellschaft der Wissen- 
: schaften zu Leipzig. Philol.-historisc. Classe. 1900, IX. Leipzig; 8°. 
% * Bulletin de la Société d'Études des Hautes-Alpes. II° série, Nos. 34, 35, 
" 2° et 3° trimestre 1900. Gap; 8°. 
_* Géographie (La). Bulletin de la Société de Géographie. N. 2, 15 février. 
Paris. 1901; 8°. 
Inventaire sommaire des Archives Départementales antérieures è 1790. 
b Gard. Archives civiles. Sér. E, T. II°. Notaires (Suite). 
j Loire. Archives civiles. Sér. E, suppl., T. In, Arrondiss. de Montbrison. 
Marne. Archives Ecclésiastiques. Sér. G. Clergé séculier, T. IV. Nimes, 
Saint-Étienne, Chàlons, 1900, 1899, 1900; 4°. 
_ Inventaire sommaire des Archives Communales antérieures è 1790; Départ. 
| du Nord. Ville d’Halluin; Ville de Gravelines. Lille, 1900; 4° (dono del 
Governo della Repubblica francese). 
__* Mémoires de l’Académie de Stanislas. 5"° série, t. XVII. Nancy, 1900; 8° 
È Petit Guide illustrée du Musée Guimet, 4° recension. Paris, 1900; 16° 
Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. F 


fasi 


LXXXII PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 


Relazione sull’Amministrazione delle Gabelle per l'esercizio 1899-900. 
Roma, 1901; 4° (dal Ministero delle Finanze). 

* Rieordi sul primo centenario della nascita di Leonardo Vigo. Acireale, 
1901; 8° (dall’Accademia degli Zelanti di Acireale). 


Corridore (F.). Vittorio Emanuele I e i suoi piani di guerra (1809). Torino, 
1900; 8° (dall!A.). 

— Per una missione segreta del Re di Sicilia, del Ministro di Spagna e 
di quello d'Inghilterra. Torino, 1900; 8° (Id.). 

Corridore (F:). L'Italia in attesa dell’ultimatum del Congresso di Vienna 
(1814-1815). Torino, 1900; 8° (Id.). 

— La politica della Santa Sede rispetto alla questione polacca e al blocco 
continentale. Torino, 1900; 8° (Zd.). 

— Documenti per la difesa marittima della Sardegna nel secolo XVI. 
Torino, 1901; 8° (Id). 

Jannaccone (P.). Il costo di produzione. Torino, 1901; 8° (Id.). 

Manfroni (C.). Storia documentata della Marina sarda dal dominio spa- 
gnuolo al savoino di F. Corridore (1479-1720). Bologna, 1900. Cagliari, 
1901; 8° (dal sig. F. Corridore). 

Nobili-Vitelleschi (F.). Morale induttiva. Roma, 1882-1893; 4 vol. in-8° 
(dall’ A.). 


Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali 


Dal 24 Febbraio al 10 Marzo 1901. 


Annales de la Société belge de microscopie. T. XXV. Bruxelles, 1899; 8°. 

* Annales des Mines. 9"© série, t. XVIII, livr. 11° e 12, 1900. Parîs; 8°. 

Annales de la Faculté des Sciences de l’Université de Toulouse. 2®© sér. 
TT. 2°, Ann. 1900, 2"© fasc. Toulouse; 4°. 

Archives du Musée Teyler, série II, vol. VII, 2"© partie. Haarlem, 1900; 8°. 

Archives (Nouvelles) du Museum d’histoire naturelle. 4° série, +. II, 
fasc. 1. Paris, 1900; 4°. 

Atti della Società Italiana di scienze naturali, vol. XXXIX, fase. 3°-4°, 
Milano, 1901; 8°. 

* Atti dell’Accademia pontificia dei Nuovi Lincei. Anno LIV, (1900-1901), 
sess. 18. Roma, 1901; 4°. 

Bergens Museum Aarbog for 1900 Afhandlinger og Aarsberetning udgivne 
af Bergens Museum. Bergen, 1901; 8°. 

Bergens Museum, Aarsberetning for 1900. Beretninger afgivne til general- 
forsamlingen den 25% februar, 1901. Bergen; 8°. 


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PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA LXXXIII 


* Bulletin de la Société Physico-Mathématique de Kasan. 2° série, t. IX, 
Nos. 3-4; t. X, n. 1. 1899-1900; 8°. 

* Bulletin of the American Mathematical Society. 2nd. Ser. Vol. VII, No. 5. 

: Lancaster, Pa. and New York, 1901; 8°. 

* Bulletin de la Société impériale des Naturalistes de Moscou. Ann. 1899. 
Nos. 2-4. Moscou, 1900; 4°. 

* Bulletin de la Société des Sciences naturelles da l’Quest de la France. 
T. X, 1°-2° trimestre 1900. Nantes; 3°. 

* Bulletin du Muséum d’histoire naturelle. Année 1900, Nos. 5, 6. Paris; 8°. 

| * Bulletin de la Société Géologique de France. 3° sér., t. XXVIII. Nos. 3-6. 
Paris, 1900; 8°. - 

* Journal of the Chemical Society. Vol. 79 e 80. March 1901. London; 8°. 

* Journal of the R. Microscopical Society, 1901, part 1. London; 8°. 

* Mémoires de l’Académie Impériale des sciences de St-Pétersbourg. T. VIII, 
Nos. 6-10; IX, 1-9; X, 1, 2. St-Peétersbourg, 1899-1900; 4°. 

"North American Fauna. N° 16. Results of a biological Survey of Mount 
Shasta Califoruia by C. H. Merriam. Washington, 1899 (dall’U, S. De- 
partment of Agriculture). 

“ Proceedings of the Chemical Society of London. Vol. 17, Nos. 233. 
London, 1901; 8°. 

Report of the Seventieth Meeting of the British Association for the advan- 
cement. of Science, held at Bradford in September 1900. London, 
1900; 8°. 

* Transactions of the R. Society of South Australia. Vol. XXIV, Part 2*. 
Adelaide, 1900; 8°. 

* Transactions of the Zoological Society of London. Vol. XVI, part 1. 
1901; 4°. 

** Yerhandlungen der physikalischen Gesellschaft zu Berlin. Jahrg. 3, 

_ n.1. 1901; 8°. 


Bertini (E.). Sui sistemi lineari di grado zero. Roma, 1901, 4 pp.; 8° (dall’A. 
Socio corrispondente). 

«Cantor (M.). Vorlesungen ilber Geschichte der Mathematik. II. Zweite 
Auflage. 2. Abth. Abschnitt XVII (1700-1726). Leipzig, 1901; 8° (dall’A.). 

“Guidi (C.). Le costruzioni in Béton armato. Conferenze tenute nel maggio 1900. 
Torino, 1901; 4° (dall’A. Socio residente). 

Mayer (A.). “ Forschung ,. Medizinisch-naturwissenschaftliche Abhandlung. 
Augsburg, 1900; 2 fase. in-8° (dall’A. per il XIII premio Bressa). 

— (Gedanken iber systematische Hungerkuren. Augsburg, 1900: 8° (4d.). 

Tehebychef (P. L.:. Guvres. Publiées par les soins de MM. A. Markoft et 
N. Sonin. Tome 1”. St-Pétersbourg, 1899; 4° (dono dell’Imp. Accademia 
delle Scienze). 

Théry (E.). De l’Accaparement. Paris, 1900; 8° (dull’A. per il XIII premio 
Bressa). 

#* Vinci (Leonardo da). Il codice Atlantico, fase. XXI. Milano, 1901; f°. 


LXXXIV PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. AOCANERI 
Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche. 


Dal 3 al 17 Marzo 1901. 


* Atti della R. Accademia di scienze morali e politiche della Società Reale 
di Napoli. Vol. 32°. Napoli, 1901; 8°. 

* Atti e Memorie della R. Accademia di Scienze, lettere ed arti in Padova 
(1899-900), N. S., vol. XVI. Padova, 1900; 8°. 

* Atti della R. Accademia dei Lincei; Serie V. Classe di Scienze morali, 
storiche e filol.; vol. VII. Notizie degli Scavi: Novembre 1900. Roma; 4°. 

* Boletin de la Real Academia de la historia; t. XXXVIII, cuad. 2. Madrid, 
TO 6° 

* Giornale storico e letterario della Liguria. Anno II, 1901. Fase. 1-2. 
Spezia, 1901; 8°. 

Mittheilungen der k. k. geographischen Gesellschaft in Wien. 1900. XLIII. 
Bd. Wien, 1900; 8°. 

* Notulen van den Algemeene en Directievergaderingen van het Bataviaasch 
Genootschap van Kunsten en Wetenschappen. Deel XXXVII. Afl. 4-5; 
XXXVIII, 1. Batavia, 1900; 8°. 

** Petermanns Mittheilungen aus Justus Perthes' Geographischer Anstalt. 
Erginzungsheft N.133. Gotha, 1900; 8°. 

* Rendiconto delle Tornate e dei Lavori dell’Accademia di Scienze morali 
e politiche della Società R. di Napoli. Anno 39°. Napoli, 1900; 8°. 

* Rivista ligure di scienze ed arti. An. XXIII, fasc. 1. Genova, 1901; 8°. 

Statistica del commercio speciale di importazione e di esportazione, dal 
1° gennaio al 31 dicembre 1900. Roma, 1901; 8° (dal Ministero delle 
Finanze). 

* Studi e Documenti di storia e diritto. Anno XXI, fasc. 4°. Roma, 1900; 4° 
(dall’Accademia di Conferenze storico-giuridiche). 

* Tijdschrift voor Indische Taal-, Land- en Volkenkunde, uitgegeven door 
het Bataviaasch Genootschap van Kunsten en Wetenschappen ete.; 
Deel XLIII, Aflev. 1-4. Batavia, 1900; 8°. 


* Dall’ Università di Erlangen: 


Appuhn (A.). Das Trivium und Quadrivium in Theorie und Prais. Erlangen, 
1900; 8°. 

Auerbach (P.). Dispositives Recht insbesondere des B. G.-B. Frsisifetai a. M., 
1900; 8°. 

Aug (J.). Die Verjàhrung der Strafverfolgung. Strassburg, 1900; 8°. 

Bach (M.). Die aussereheliche Beiwohnung und die daraus entspringenden 
Rechtsverhàltnisse nach dem biirgerlichen Gesetzbuch. Niirnberg, 1899; 8°. 


PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA LXXXV 


Bartman (V.). Geht das Eigentum an Geld, welches in fremde Hinde gerit, 
schon durch Ausgeben seitens des fremden Besitzers, oder erst durch 
Vermischung mit fremdem Gelde verloren? Kéòln, 1899; 8°. 

Bauerschmidt (H.). Ergebnisse einer Vergleichung zwischen Ciceros Schriften 
“ De oratore , und “ Orator ,. Erlangen, 1900; 8°. 

Becker (C.). Kennen und Kennen-Missen als gleich- oder nicht gleich- 
wirkende Thatbestinde im burgerlichen Gesetzbuch. Bergheim (Erft.), 
1899; 8°. 

Becker(E.). Sicherung des Glàubigers durch constitutum possessorium. Diren, 
1899; 8°. 

Bethge (J.). Zur Technik Molières. Berlin, 1899; 8°. 

Bienhold (H.). Ueber die Grenzen der subjektiven Rechtskraft nach der 
neuen Civilprozessordung und dem biirgerlichen Gesetzbuche. Hannover, 
1899; 8°. 

Bittel (F.). Ueber das Flussschifffahrtsrecht der Donaumindungen mit be- 
sonderer Beriicksichtigung der Rechtsverhiltnisse der europàischen 
Donaukommision. Mainz, 1899; 8°. 

Bitterauf (H.). Observationes Manilianae. Straubingae, 1899; 8°. 

Braun (0.). I. Vorsàtzliche und fahrlissige Verletzungen Unbeteiligter bei 
Notwehrhandlungen. II. Die Putativnotwehr. Berlin, 1900; 8°. 

Brock4orff (F. v.). Deutsche Handelspolitik im XIX. Jahrhundert insbe- 
sondere seit 1879. Erlangen, 1899; 8°. 

Biisgen (W.). Das Wesen der Vollmacht unter Berticksichtigung des neuen 
biirgerlichen Rechts. Miinchen, 1900; 8°. 

Christians (F. W.). Ueber die sogenannte “ relative Nichtigkeit der Rechts- 
geschifte ,. Erlangen, 1899; 8°. 

Contzen (L.). Die strafrechtliche Behandlung des blinden Passagiers. Hilde- 
sheim, 1899; 6°. 

Deerberg (F.). Kann es nach dem Strafgesetzbuche des deutschen Reiches 
eine strafbare Anstiftung- oder Hiilfeleistung zu Handlungen geben, 
welche von Personen unter zwòlf Jahren begangen werden? Oberhausen 
Rheinl, 1899; 8°". 

Depène (H.). Casus und vis major in Verbindung mit der Frige: Welche 
Verhiiltnisse treten beim Frachtgeschàft ein, wenn die Ware durch 
Zufall untergeht? Berlin, 1899; 8°. 

Dieckerhoff (E.). Welche von den praktisch bedeutsamen gemeinrechtlichen 
Folgen des Unterschiedes zwischen Bedingung und Befristung treffen 
noch zu fiir das B. G. B.? Bonn, 1899; 8°, 

Dopfner (J.). Das Wesen der universitates facti und iuris ihre Bedeutung 
im praktischen Rechte. Mannheim, 1899; 8°. 

Dungern (0. C. v.). Die staatsrechtliche Stellung der ehemaligen Reichsburg 
Friedberg in der Wetterau. Frankfurt a. M., 1899; 8°. 

Eger (L.). Der Einfluss der Verschuldung beim Strafrechtlichen Notstand. 
Berlin, 1899; 8°. î 

Ferri (M.). Die Begriindung der Kulturstaatstheorie (Rechts- oder Cultur- 
staat ?). Erlangen, 1899; 8°. 


LXXXVI PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 


Fischer (F.). Ueber technische Metaphern im Griechischen mit besonderer 
Beriicksichtigung des Seewesens und der Baukunst. Straubing, 1900; 8°. 
Friinkel(E.). Dar Darlehen und die irregulàre Hinterlegung. Berlin, 1899; 8°. 

Fritsch (A.). Das negative Vertragsinteresse. Trier, 1900; 8°. 

Goerger (F.) Inwieweit haftet der Mandant fir Schaden des Mandatars® 
Bonn, 1899; 8°. 

Graefe (M.). Das Intestaterbrecht der armen Witwe im gemeinen Recht 
verglichen mit dem Intestaterbrecht der Ehefrau am Verméigen des 
Ehemannes im biirgerlichen Gesetzbuch fiir das deutsche Reich. Bonn; 
1899; 8°. 

Grimm (L.). Betrachtungen iber die Verteilung der Staatsfunktionen zwischen. 
dem Deutschen Reiche und den deutschen Finzelstaaten. Landau, 1900; 8% 

Groll (T.). Die bayerische Viehversicherung in systematischer Darstellung. 
Landshut, 1899; 8°. 

Haack (F.). Friedrich Herlin sein Leben und seine Werke. Strassburg, 1900; 8°. 

Hadenfeldt (H.). Die Mobiliarversteigerung nach gemeinem Recht unter 
Beriicksichtigung der Partikularrechte. Kiel, 1899; 8°. 

Haenle (F. G. L.). Finfluss des biirgerlichen Gesetzbuchs auf die Straf- 
rechtliche Behandlung des Notstands, sowie philosophische Fragen des. 
Notstandsrechts. Traunstein, 1899; 8°. 

Heinemann (B.). Das Handelsregister nach dem neuen Handelsgesetzbuche.. 
Breslau, 1900; 8°. 

Heinlein (L.). Hegesipps Rede repì ‘A\ovwnoov verglichen mit den demo- 
sthenischen Reden. Wiirzburg, 1900; 8°. 

Heintz (N.). Vergleichende Studien iber die Rechtsverhiltnisse der procu- 
risten, handlungsbewollmtichtigten und handlungsgehiilfen unter Beriick- 
sichtigung des neuen Handelsgesetzbuches vom 10 Mai 1897 und des 
biirgerlichen Gesetzbuches vom 18 August 1896. Berneck, 1899; 8°. 

Heydenreich (G.). De Quintiliani institutionis oratoriae libro X, de Dio- 
nysii Halicarnassensis de imitatione libro II, de canone, qui dicitur 
Alexandrino, quaestiones. Erlangae, MCM; 8°. 

Hiller (B.). Abàlard als Ethiker. Erlangen, 1900; 8°. 

Holl (J.). Die Vertrige zu Gunsten Dritter nach dem deutschen biirgerlichen 
Gesetzbuche. Kéln, 1899; 8°. 

Horn (H.). Begriff und rechtliche Natur der Schenkung nach biirgerlichem 
Gesetzbuche. Erlangen, 1899; 8°. 

Hubel (K.). Die Brieffragmente der Cornelia, der Mutter der Gracchen. 
Erlangen, 1900; 8°. 

Hiirter (C.). Wirkung des rechtskriftigen Urteils bei Gemeinschaftsverhiilt- 
nissen. Erlangen, 1899; 8°. 

Jaffé (W.). Zur Lehre von den Delikten der Nétigung, Bedrohung und 
Erpressung ($ 240, 241, 253 St. G. B.) insbesondere in ihrem Verhàiltnis 
zu einander. Berlin, 1899; 8°. 

Immelen (H.). Das Schuldversprechen nach dem gemeinen Recht und dem 
biirgerlichen Gesetzbuch. Aachen, 1899; 8°. 

Junker (H.). Die Genehmigung im biirgerlichen Gesetzbuch. Olpe, 1899; 8°. 

Kahl (G.). Die biirgerliche Anweisung. Hildesheim, 1899; 8°. 


PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA LXXXVII 


Karweil (J.). Die Stellung des vollmachtslosen gewillkiirten Stellvertreters 
und des Geschaftsfiihrers ohne Auftrag sowie des nicht legitimierten 
gesetzlichen Vertreters nach der Civilprozessordnung vom 30. Januar 1877 
unter Beriicksichtigung der Novelle vom 17. Mai 1898. Magdeburg-N., 
1900; 8°. 

Kauzmann (0.). Die Zulissigkeit der Klageinderung. Stuttgart; 8°. 

Kintscher (E.). Dos ipso jure impensis necessariis minuitur. Darmstadt, 
1899; 8°. 

Kipp (T.). Der Parteiwille unter der Herrschaft des deutschen biirgerlichen 
Gesetzbuchs. Erlangen, 1899; 8°. 

Klein (S.). Ueber den Verfall der Konventionalstrafe nach gemeinem Recht, 
unter Beriicksichtigung der modernen Gesetzgebung. Danzig, 1899; 8°. 

Klinkhammer (W.). Unterschied zwischen Leistungsbereitschaft und Leistung 
nach Voraussetzung und Wirkung. Trier, 1899; 8°. 

Kotterheidt (H.). Ueberschreitung des vom Auftraggeber gesetzten Grenz- 
preises bei der Finkaufs- und Verkaufskommission. Bonn, 1900; 8°. 
Krahé (W.). Der Besitzschutz nach dem biirgerlichen Gesetzbuch. Kéln, 

1899; 8°. 

Kréòger (A.). Leibniz als Pàdagoge. Eine Quellenmiissige und systematische 
Darstellung. Leipzig, 1900; 8°. 

Lademann (K.). Der dolus eventualis im deutschen Strafrecht. Berlin, 1899; 8°. 

Lange (H.). Der Besitzschutz des Pichters. Minden, 1899; 8°. 

Lasch (G.). Schleiermacher's Religionsbegrift in seiner Entwickelung von 
der ersten Auflage der Reden bis zur zweiten Auflage der Glaubens- 
lehre. Erlangen, 1900; 8°. 

Lauterbach (0.). Die Handlungsagenten in ihrer rechtlichen Stellung nach 
dem Handelsgesetzbuche vom 10. Mai 1897. Strassburg, 1899; 8°. 
Lieser (E.). Das Lagergeschift und der Lagerschein (Warrant) nach dem 

Handelsgesetzbuche vom 10. Mai 1897. Fiirth, 1899; 8°. 

Leistner (J.). Die Haftung des Verkiufers wegen Mingel der Kaufsache 
nach dem Rechte des biirgerlichen Gesetzbuches. Niirnberg, 1900; 8°. 

Lòhe (H.). Das Vertragsangebot nach dem biirgerlichen Gesetzbuch. Firth, 
1899; 8°. 

Lorenz (H.). Dr P. J. Mòbius als Philosoph. Wiesbaden, 1900; 8°. 

Mannes (S.). Ueber den Finfluss des aramiischen auf den Wortschatz der 
Misnah an Nominal- und Verbal-Stàmmen, zugleich als Vorstudien zu 
einem Misnàh-Lexicon. Berlin, 1897; 8°. 

Merkel (J.). Die Vermògensbeschàdigung beim Betrug. Niirnberg, 1900; 8°. 

Mertens (P.). Die kulturhistorischen Momente in den Romanen des Chrestien 
de Troyes. Berlin, 1900; 8°. 

Meyer (E.). Die Zusatzpatente des Reichspatentgesetzes. Miinchen, 1899; 8°. 

Meyer (W.). Die verschiedene Behandlung der teilbaren und unteilbaren 
Obligationen. Kéln, 1899; 8°. © 

Michaélis (E.). Der Tridelvertrag. Aschersleben, 1900; 8°. 

Michel (F. C.). Die Simultangriindung bei der Aktiengesellschaft unter 
besonderer Beriicksichtigung des neuen Handelsgesetzbuches vom 10, 
Mai 1897. Frankfurt a. M., 1899; 8°. 


LXXXVIII PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 


Mielisch (G.). Quae de affectuum natura et viribus Spinoza (Ethices p. IMI 
et IV) docuit, ita exponantur, ut quantum fieri potest, exemplis illu- 
strentur. Halis Saxonum, M.DCCC; 8°. 

Mittag (C.). Die Rechtsstellung desjenigen, dem der Niessbraucher die 
Ausiibung des Niessbrauchs ibertragen hat, nach gemeinem und preussi- 
schem Rechte. Baruth (Mark), 1899; 8°. 

Moritz (P.). Lasst sich bei unvollendeten oder nichtigen Vertriìgen eine 
Klage auf schadensersatz begriinden? Erlangen, 1899; 8°. 

Miiller (E.). Das Flusswasser steht im Figentum! und die konsequente 
Anwendung dieses Satzes auf des Strafrecht. Quedlinburg, 1899; 8°. 

— Wie verhàilt sich Verzicht zur Schenkung? Kéln, 1899; 8°. 

Miiller (L.). Frachtbrief u. Frachtbriefduplikat im deutschen Frachtrecht 

. und internationalen Uebereinkommen iber den Fisenbahnfrachtverkehr 
vom 14. Oktober 1890. Schwetzingen, 1899; 8°. 

Miiller (Max). Der Streit der Zimmermannswerkzeuge. Frlangen, 1899; 8°. 

Miinkel (0.). Das Rechtsverhàltnis aus $ 651 des Biirgerlichen Gesetzbuches 
firr das deutsche Reich. Hannover, 1899; 8°. 

Miintzel (H.). Ueber den Ort der Erfillung von Obligationen nach gemeinem 
Recht und dem Recht des burgerlichen Gesetzbuchs, unter besonderer 
Beriicksichtigung der Obligationen aus unerlaubten Handlungen. Berlin, 
1899; 8°. 

Nasse (E.). Die Bedeutung der Eviktion einer verkauften und ibergebenen 
beweglichen Sache nach gemeinem Recht und nach dem birgerlichen 
Gesetzbuch. Bonn, 1899; 8°. 

Naamann (M.). Der Erbeinsetzungsvertrag in seinen Beziehungen zum 
Noterbenrechte. Berlin, 1899; 8°. 

Nolte (J.). Ergiebt sich aus der Natur des Lebensversicherungsvertrages 
nach heutigem Rechte ein Anspruch des Versicherten auf die Priàmien- 
reserve? Erlangen, 1900; 8°. È 

Qestreich (B.). Ueber die Finwirkung des Betrugs auf den Vertragsabschluss. 
Danzig-Langfuhr, 1900; 8°. 

Ostermann (H. T.). Die Zahlung einer Schuld durch Wechsel unter Beruck- 
sichtigung von Novation, hingabe einer Forderung an Zahlungstatt 
und zahlungshalber. Erlangen, 1899; 8°. 

Otto (C.). Hermann Lotze iber das Unbewusste. Labes, 1900; 8°. 
Perdelwitz (R.). Die Lehre von der Unsterblichkeit der Seele in ihrer 
geschichtlichen Entwickelung bis auf Leibnitz. Leipzig, 1900; 8°. 
Perkuhn (W.) Rechtslage des testamentarisch eingesetzten Erbschafts- 
besitzers und des Erben beziiglich der von Ersterem bezahlten Erbschafts- 
schulden und Legate nach gemeinem Recht und birgerlichem Gesetz- 

buch. Berlin, 1900; 8°. 

Petri (L.). Geschichte des Placet nach Zweck und rechtlicher Ausgestaltung. 
Sorau N. L., 1899;.8°. 

Pieper (0.). Die dingliche Wirkung des Vermiichtnisses nach ròmischem 
und gemeinem Rechte unter besonderer Berucksichtigung der modernen 
Gesetzgebung. Kéln, 1899; 8°. 


PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA LXXXIX 


Pioppinghaus (H.). Die Rechtsstellung des Kommittenten im Konkurse des 
Kommissioniirs nach Handels- und gemeinem Civilrecht. Duisburg, 
1899; 8°. 

Posselt (M.). Das Seelenleben des Weisen nach spîiteren Stoikern. Erlangen, 
1899; 8°. 

Ranzenberger (F. W.). Die Rechte und Pflichten der offenen Handels- 
gesellschafter aus dem inneren Rechtsverhiltnis der (Gesellschaft. 
Weissenburg A. S., 1899; 8°. 

Reiser (A.). Begriff und Grenzen der Baupolizei nach wirttembergischem 
Rechte. Amberg, 1899; 8°. 

Rentel (A.). Das rimische und gemeine Schatzrecht unter kurzer Beriick- 
sichtigung der neueren Gesetzgebungen in Sonderheit der Bestimmungen 
des deutschen biirgerlichen Gesetzbuches. Kònigsberg, 1899; 8°. 

Richter (A.). Dominium revocabile ex tune nach gemeinem Rechte und 
unter Beriicksichtigung des Biirgerlichen Gesetzbuches. Bonn, 1899; 8°. 

Riedel (Ch.). Alliteration bei den drei grossen griechischen Tragikern. 
Erlangen, 1900; 8°. 

Rocholl (P.). Die selbstàndige Finziehung des $ 42 R.-St.-G. B. Hannover; 
1899; 8°. 

Roth (H.). Das Verbàltnis der Erpressung zu Nòtigung und Raub im Reichs- 
strafsesetzbuche. Erlangen, 1899; 8°. 

Rumler (G.). Die Bedeutung und Wirkung des Ladescheins. Breslau, 1899; 8°. 

Schierstàdt (R. v.). Die Haftung der Gesellschafter mit ihrem Privatver- 
migen im Konkurs der offenen Handelsgesellschaft. Halle a. S., 1900; 8°. 

Schleeht (A.). Zur Lehre vom qualifizierten Versuche. Berlin, 1899; 8°. 

Schmidt (M.). Beitràge zur Ratio iuris im ròmischen Recht. Altona, 1899; 8°. 

Schmidt (W.). Inwieweit ist zur Wirkung der Figentumstradition Willen- 
sibereinstimmung der Parteien iiber die Person des Erwerbers erfor- 
derlich, und wie verhilt es sich beziiglich dieser Frage bei der Tra- 
dition des Besitzes? Erlangen, 1900; 8°. 

Schneider (P.). Die Entwickelung des richterlichen Fragerechts und die 
Anwendung desselben nach der Reichscivilprozeszordnung. Arnsberg , 
1899; 8°. 

Sehnell (H.). Die meklenburgischen Kirchenordnungen. Giistrow, 1899; 8°. 

Schònberg (L.). Vergleich iber Strafanspriiche resp. Verzicht auf diese, 
inbesondere den Strafantrag. Frankfurt a. M., 1899; 8°. 

Schramm (H.). Die Rechtsverhiltnisse der Agenten nach altem und neuem 
Handelsrecht. Erlangen, 1899; 8°. 

Sehròdter (H.). Vergleichende Darstellung des Rechtes der Arrha (Drauf- 
gabe) nach dem gemeinen Recht und dem biirgerlichen Gesetzbuche. 
Berlin, 1900; 8°. 

Schulenburg (A.). Ueber den Schutz des Besitzes an Sachen nach dem 
biirgerlichen Gesetzbuch. Dortmund, 1899; 8°. 

Sehultz (K.). Die Schulden der in Errungenschaftsgemeinschaft lebenden 
Ehegatten. Duisburg a. Rh., 1900; 8°. 

Schumann (0.). Konstruktion und Streitfragen des pignus nominis. Halle 
a. S., 1899; 8°. 


XC PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 


Schunck (J.). Quantum intersit inter dativi possessivi usum Ciceronis et 
Plauti. Biponti, MCM; 8°. 

Siebel (K. A.). Die Unfall-Haftpflicht im Fabrikbetriebe nach dem 1. Januar 
1900. Disseldorf, 1899; 8°. 

Silbermann (S.). Die Unterordnung des Staates unter seine Polizei- und 
Steuergesetzgebung. Bamberg, 1899; 8°. 

Silberstein (E.). Conrad Pellicanus. Ein Beitrag zur Geschichte des Studiums 


der hebràischen Sprache in der ersten Hilfte des XVI. Jahrhunderts. 


Berlin, 1900; 8°. 

Sobbe (A.). Die emtio rei speratae ihr Wesen und ihre Wirkungen. Kéln, 
1899; 8°. 

Steiner (J.). Die Stellvertretung nach den Grundsitzen des Handelsgesetz- 
buchs. Koln, 1899; 8°. 

Steinert.(0.). Der Ersatz eines immateriellen Schadens, insbesondere nach 
dem B. G.-B. Libben, 1899; 8°. 

Stenger (W.). Vergleichende Darstellung des Darlehensglàubigers eines 
Kaufmanns, des Kommanditisten und des stillen Gesellschafters. Strass- 
burg i. E., 1900; 8°. 

Stephan (K. L.). Das Debora-Lied. Leipzig, 1900; 8°. 

Tappe (E.). Die s. g. irregulàren Personal-Servituten nach gemeinem Recht, 
unter besonderer Beriicksichtigung der birgerlichen Gesetzbuches fiir 
des deutsche Reich. Berlin, 1899; 8°. 

Theilemeier (W.). Der Selbsthilfeverkauf nach gemeinem Recht. Essen 
(Ruhr), 1899; 8°. 

Tienes (G. A.). Nietzsche’s Stellung zu den Grundfragen der Ethik gene- 
tisch dargestellt. Bern, 1899; 8°. 

Todter (H.). Die allgemeinen Bestimmungen des biirgerlichen. Gesetzbuches 
tiber den gegenseitigen Vertrag. Erlangen, 1899; 8°. 

Torceanu (J. R.). Die Grundlage der Spencer’schen Ethik. Erlangen, 1900; 8°. 

Treuenfels (F.). Gemeingebrauch und Sonderrechte an éffentlichen Flissen 
nach gemeinem Recht. Breslau, 1899; 89. 

Tréoger (G.). Der Sprachgebrauch in der pseudolonginianischen Schrift 
TTepì îywouc und deren Stellung zum Atticismus. Burghausen, 1899; 8°. 

Tiirnaa (D.). Rabanus Maurus, der praeceptor Germaniae. Miinchen, 1899; 8°. 

Tiirpen (W.). Der Notstand im biirgerlichen Recht insbesondere im biir- 
gerlichen Gesetzbuch. Berlin, 1899; 8°, 

Uebersicht des Personal-Standes bei der kgl. bay. Friedrich- Alexanders-Uni- 
versitàt Erlangen nebst dem Verzeichnisse der Studierenden im Winter- 
Semester 1899-900, u. Sommer-Semester 1900; 8°. 

Yarnhagen (A.). Ist nach Preussischem Landrecht und nach gemeinem 
Recht der Rechtsweg zulissig, wenn ein Dritter von einem Armen- 
verband Érsatz der einem Armen gewahrten Unterstitzung beansprucht? 
Erlangen, 1899; 8°. 

Varnhagen (H.). De fabula scenica immolationem Isaac tractante quae ser- 
mone medio-anglico conscripta in codice bromensi asservata est. Erlan- 
gen, 1899; 8°. 


PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA XCI 


Verzeichniss der Vorlesungen, welche an der K. Bayerischen Friedrich- 
Alexanders-Universitàt Frlangen im Winter-Semester 1899-900; Sommer- 
Semester 1900; 8°. 

Vogel (G.). Mentalreservation und Simulation nach burgerlichem Gesetzbuch 
($$ 116, 117) unter Hinweis auf das gemeine Recht. Hagen i. W., 1899; 8°. 

Wahl (A.). Das Abhalten vom Mitbieten oder Weiterbieten bei den von 
Gffentlichen Behéòrden oder Beamten vorgenommenen Versteigerungen 
nach dem in Preuszen geltenden Strafrechte. Kiel, 1899; 8°. 

Wassermann (A.). Die Handlungsagenten nach dem Handelsgesetzbuch vom 
10. Mai 1897. Bamberg, 1899; 8°. 

Weber (H. P.). Der Verkauf mit lex commissoria und das Reichsgesetz 
iiber die Abzahlungsgeschifte vom 16 Mai 1894. Kòln, 1899; 8°. 
Weigt (K.). Die politischen und socialen Anschauungen Schopenhauers. 

Hannover-Linden, 1899; 8°. 

Werners (C.). Der handelsrechtliche Deckungskauf. Còln, 1899; 8°. 
Wertheimer (A.). Die Haftung des Schuldners fir seine Gehilfen nach dem 
Rechte der Burgerlichen Gesetzbuches. Frankfurt a. M., 1900; 8°. 
Weyermann (R.). Ueber die ausserberufliche Immunitàt der deutschen 
Reichstagsabgeordneten gegeniiber Strafverfolgung und Verhaftung. 

Berlin, 1899; 8°. 

Wissmiiller (C.). Der Geograph Luigi Ferdinando Graf Marsigli (1658-1730). 
Nirnberg, 1900; 8°. 

Windaus (A.). Die Streitfrage iiber den Dolus generalis und die Verant- 
wortung des Causalzusammenhangs. Berlin, 1899; 8°. 

Wiskott (E.). Zur Lehre von der sogenannten aberratio ictus. Bonn, 1899; 8°. 

Wittern (K.). Abstimmung in Strafkammern und Fragstellung in Schwur- 
gerichten in den Fillen des $ 46 No. 1 und 2 Strafgesetzbuchs. Kiel, 
1899; 8°. 

Zamory (E.). Ueber die Cession von Rechten aus zweiseitigen Vertrigen. 
Berlin, 1899; 8°. 

Zeitler (J.). Strafe ohne Schuld im deutschen Reichsstrafgesetzbuch. Firth, 
1899 ;. 89. 

Zimmermann (H.). Elohim. Eine Studie zur israelitischen Religions- und 
Litteraturgeschichte nebst Beitrag zur Religionsphilosophie. Kirchhain 
N.-L., 1900; 8°. 


Corazzini (F.). Risposta alla critica fatta all'opera del Contrammiraglio 
Gavotti “ Intorno alle battaglie navali della Repubblica di Genova ,. 
Roma, 1901; 8° (dall’A.). 

Jarry (E.). Les origines de la domination francaise è Génes (1392-1402). 
Paris, 1896; 8° (Id.). 

** Meyer (E.). Geschichte des Alterthums. III Bd. Stuttgart, 1901; 8°. 
Salvemini (G.). Magnati e Popolani in Firenze dal 1280 al 1295. Firenze, 
1899; 8° (dall'A. per il Premio di Storia di Fondazione Gautieri). 
Viaggi (C.). Humbert 1°" de Savoie, Roi d’Italie: sa vie, ses ceuvres. Traduit 

de l’italien par l’Abbé Fr. M. Diprer. Paris, 1901 (dono del traduttore). 


XCII PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 


Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali. 
Dal 10 al 24 Marzo 1901. 


*# Abhandlungen herausg. von der Senckenbergischen Naturforschenden 
Gesellschaft. XXV Bd., 1 Heft; XXVI, 2 Heft; XXVIII. Frankfurt a. M., 
1900; 4°. 

* Abhandlungen der Mathem.-physikalischen Classe der k. bayer. Akademie 
der Wissenschaften. XX. Bd., 3. Abth. Minchen, 1900; 8°. 

# Anales de la Sociedad Cientifica Argentina. Entr. I y II, t. XLI. Buenos 
Aires, 1901; 8°. 

* Atti della Società dei Naturalisti di Modena. Serie IV, vol. II (1900). 
Modena, 1901; 8°. 

* Atti del Reale Istituto d’incoragg. di Napoli. 5* serie, vol. II. 1901; 4°. 

* Atti della R. Accademia dei Fisiocritici in Siena. Serie IV, vol. XII, 
n. 5-10 (1900). Siena; 8°. 

* Bericht iber die Senckenbergische naturforschende Gesellschaft in Frank- 
furt am Mein, 1900; 8°.. 

Balletin de la Société Philomatique de Paris. 9° série, t. II, n. 3, 1899-1900. 
Paris; 8°. 

* Bulletin de la Société Mathématique de France. T. XXIX, fase. 1. Paris, 
1901 i''8% 

* Bulletin of the Illinois State Laboratory of Natural history. Vol. V, 
Art. XI, XII. Urbana, IIIn., 1900-1901; 8°. 

* Commentari dell'Ateneo di Brescia per l’anno 1900. Brescia; 8°. 

* Giornale della R. Accad. di Medicina. A. LXIV, n. 1, 2. Torino, 1901; 8°. 

* Proceedings of the R. Society. Vol. LXVIII, No. 442. London, 1901; 8°. 

* Rendiconti del R. Istituto Lombardo di scienze e lettere. Vol. XXXIV, 
fasc. 4, 5. Milano, 1901; 8°. 

* Sitzungsberichte der mathematisch- physikalischen Classe der k. b. 
Akademie der Wissenschaften zu Miinchen. 1900. Heft IV. Minchen, 
1901; 8°. 

Transactions of the Connecticut Academy of Art and Sciences. Vol. X, 
P., 2. New Haven, 1900; 8°. 

* Verhandlungen der k. k. geologischen Reichsanstalt. Nos. 17-18, 1900; 1, 
1901. Wien; 8°. 


* Dall Università di Heidelberg : 


Bakscht (A.). Studien iber die Aminolyse. Heidelberg, 1900; 8°. 

Birenfinger (C.). Ueber Derivate des p- Tolylaldehydes und Resoreylal- 
dehydes. Heidelberg, 1900; 8°. 

Bartseh (W.). Kryoskopische Untersuchungen. Heidelberg, 1899; 8°. 


PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA XCIII 


Blach (L.). Ueber isomere Xylitone. Wiesbaden, 1900; 8°. 

Bodenstein (M.). Gasreaktionen in der chemischen Kinetik. Leipzig, 1899; 8°, 

Boehm (K.). Zur Integration partieller Differentialsysteme. Leipzig, 1900; 8°. 

Bourcart (E.). Ueber die Ueberfihrung des Pyrazolin 3, 4, 5-Tricarbonsàure- 
Triithylesters in Pyrazolin 3, 4, 5-Triamin. Heidelberg, 1900; 8°. 

Briiuer (R.). Versuche ilber Anilidbildung und Nitrierung. Heidelberg, 
1899; 8°. 

Brenner (M.). Ueber das primàre Carcinom des Duetus choledochus. Berlin, 
1899; 8°. i 

Broicher (J.). Ueber Oxydationsprodukte von Phenolen und Phenolbromiden. 
Heidelberg, 1900; 8°. 

Biickel (C.). Ueber die Anlagerung einiger Alkohole an Chinon. Heidelberg, 
1900; 8°. 

Biirkle (E.). Dynamische Untersuchungen iber die Bildung von Amidoazofarb- 
stoffen. Heilbronn; 8°. 

Cooper (H. C.). I. Versuche iilber die Loslichkeit der Carvoxime. II. Zur 
Kenntnis der Benzhydrylamine. Heidelberg, 1899; 8°. 

Curtivs (T.). Robert Wilhelm Bunsen ein akademisches Gedenkblatt. Hei- 
delberg, 1900; 4°. 

Daecke (S.). Ueber das Tribromderivat- des p- Oxybenzylalkohols und seine 
Umwandlungsprodukte. Heidelberg, 1899; 8°. 

Darapsky (A. J.). Ueber das Hydrazid der Schleimsiure. Heidelberg, 1899; 8°. 

Dellschaft (F. H.). Ueber das Hydrazid und Azid der Palmitinsàure. Hei- 
delberg, 1900; 8°. 

Diehl (A.). Ueber die Figenschaften der Schrift bei Gesunden. Leipzig, 
1899; 8°. ; 

Draudt (E.). Conjunctivitis und Episkleritis nekroticans. Darmstadt, 1900; 8°. 

Drissler (J.). Fin Beitrag zur Lehre der Extrauterinschwangerschaft. La- 
denburg; 8°. 

Durasewiez (B. v.). Beitrige zur Geschichte der Landwirtschaft Kursachsens 
im 16 Jahrhundert. Heidelberg, 1900; 8°. 

Diirselen (H.). Trennung des Quecksilbers von Kupfer, Cadmium, Arsen, 
Antimon, Zinn, Fisen oder Aluminium im Bromstrome oder in einer 
ammoniakalischen Hydrazinhydratlòsung. Heidelberg, 1899; 8°. 

Ebner (A.). Ueber das Oxydationsprodukt des Pseudocumenoltribromids. 
Heidelberg, 1899; 8°. 

Eggers (F.). Zur Kenntnis der aromatischen Aldehyde. Heidelberg, 1900; 8°. 

Engelken (H. G.). Ein Fall von Compression des Brachialplexus durch 
Senkungsabscess bei Caries des VII. Hals- und I. und II. Brustwirbels, etc. 
Jena, 1900; 8°. 

Erggelet (R. v.). Beitrige zur Kenntnis des as. o- Xylenolpentabromids. 
Heidelberg, 1899; 8°. 

Faber (W.). Ueber Kondensationen acidylierter Malonsiureester mit. Ben- 
zylidenacetessigester. Magdeburg, 1900; 8°. 

Fraenkel (F.). Die Behandlung der Tuberkulose mit Zimmtsàiure. Naumburg 
a. S., 1899; 8°. 


XCIV PUBBL'!CAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 


Glaser (R.). Die Aether des o- Oxybenzalazins. Heidelberg, 1900; 8°. 

Grandhomme IF.). Ueber Tumoren des vorderen Mediastinums und ihre 
Beziehungen zu der Thymusdriise. Darmstadt, 1900; 8°. 

Haager (E.). Ueber die Reduktion von Metaxylobenzalazin. Heidelberg, 
1900; 8°. 

Haas (R.). Ueber Trepanation bei Hirntumoren. Tibingen, 1899; 8°. 

Hausen (E.). Ueber Morphologie und Anatomie der Aloîneen. Berlin; 8°. 

Hefft (0.). Scheinbare Anziehung und Abstossung von Kugeln, die in einer 
klebrigen Fliissigkeit rotieren. Heidelberg, 1900; 8°. 

Heizmann (G.). Ueber Derivate des Tetradecylacetylens. Heidelberg, 1900; 8°. 

Hiby (W.). Azionumverbindungen aus Chloramidodiphenylamin. Heidelberg, 
ipse Aa 

Hille (H.). Ueber das primàre und sekundîre symmetrische Hydrazid der 
Propionsàure und Valeriansiure. Heidelberg, 1900; 8°. 

Hinterskireh (W.), I. Eintritt von Chlor aus der Seitenkette in den Kern 
bei der Zersetzung von aromatischen Jodidchloriden. II. Derivate von 
Dimethoxydiphenyl. Heidelberg, 1899; 8°. 

Hirszberg (L.). Ueber elektrische Potentialmessungen bei Spitzenentladungen 
in Luft von normalem Druck. Heidelberg, 1900; 8°. 

Horlacher (T. von). Ein Beitrag zur Synthese von Oxyaldehyden der Naph- 
talinreihe. Heidelberg, 1899; 8°. 

Hormuth (Ph.). Beitrige zur Lehre von den hereditàren Sehnervenleiden. 
Hamburg u. Leipzig, 1900; 8°. 

Jansen (J.). Ueber das Hydrazid der Asparaginsàure und der p- Amidoben- 
zoésàure. Heidelberg. 1899; 8°. ; 

Jirmann (F.). Ueber Darstellung hochmolekularer Kohlenwasserstoffe aus 
Bienenwachs. Heidelberg, 1899; 8. 

Kastner (R.). Ueber Hydrazimethanderivate aus Orthodiketonen. Heidelberg, 
TKOU0sA4S0 

Kehrer (E.). Das Nebenhorn des doppelten Uterus. Heidelberg, 1899; 8°. 

Keppeler (G.). Die Bildung der Oxyazofarbstoffe. Heilbronn a. N.; 8°. 

Klages (A.). Ueber den Finfluss von Alkylgruppen auf die Reaktionsfà- 
higkeit substituirter Benzole. Heidelberg, 1900; 8°. 

Kraith (A.). Untersuchungen in der Carvonreihe. Heidelberg, 1900; 8°. 

Kufferath (A.). Das Hydrazid der (3) Pyrazolonessigsàure. Bonn, 1899; 8°. 

Landsberger (S.). Ueber die Darstellang von Triàthyl- p- Toluidin und 
Triàthyl- m- Hylidin, sowie iiber einige neue Derivate von Orthophene- 
tedin und Orthoanisidin. Heidelberg, 1900; 8°. 

Leimbach (R.). Ueber das Hydrazid der Brenzschleimsiure. Heidelberg, 
1900; 8°. 5 

Lickroth (G.). Ueber die Abspaltbarkeit von Substituenten aus dem Ben- 
zolkern. Heidelberg, 1900; 8°. 

Lochmann (F.). Zur Anatomie und Physiologie der Umbilicalgefiisse. Hei- 
delberg, 1900; 8°. . 

Lòwenstein (S.). Ueber die mikrocephalische Idiotie und die von Lanne- 


longue vorgeschlagene chirurgische Behandlung derselben. Tiibingen, 
1900; 8°. 


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PUPBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA xXOV 


Ludwig (T.). Ueber einen Fall von amyotrophischer Lateralsclerose. 1900; 3°. 

Magnus (R.). Ueber Diurese. Leipzig, 1900; 8°. 

Mahler (Fr.). Ueber die in der heidelberger Klinik 1887-1897 behandelten 
Fiille von Carcinoma Mammae. Tiibingen, 1900; 8°. 

Merkel (F.). Beitrîge zur Kenntnis von Polytrema miniaceum Pallas sp. 
Leipzig, 1900; 8°. 

Miiller (M.). I. Ueber die quantitative Bestimmung des Selens und des 
Tellurs durch Hydroxylamin und Hydrazin. II. Ueber die quantitative 
Trennung des Arsens von Baryum, Strontium und Calcium im Salzsàu- 
restrome. Heidelberg, 1899; 8°. 

Oberliinder (0.). Ueber Lòslichkeitsprobleme der organischen Chemie. Kai- 
serslautern, 1899; 8°. 

Ollendorff (A.). Ueber die Rolle der Mikroorganismen bei der Entstehung 
der neuroparalytischen Keratitis. Leipzig. 1900; 8°. 

Paderstein (R.). Beitrag zur Casuistik der ophthalmoplegischen Migràne. 
Leipzig, 1899; 8°. 

Perkins (J. R.). Monographie der Gattung Mollinedia. Leipzig, 1900; 8°. 

Propfe (A.). Ueber die Reduktion des p- Tolylazin. Heidelberg, 1900; 8°. 

Purucker (F. M.). Zur Kenntnis der Synthesen mit Hilfe von Blausàure. 
Hammelburg, 1900; 8°. 

Reiche) (J.) Synthetische und analytische Versuche iber das Pseudocume- 
noltribromid und seine Derivate. Heidelberg, 1899; 8°. 

Reis (J.). Ueber einfache psychologische Versuche an Gesunden und Geis- 
teskranken. Leipzig, 1899; 8°. 

Rodrian (A.). Synthesen mit Hilfe von Blaustiure. Heidelberg, 1900; 8°. 

Salcher (R.). Studien iiber die Aminolyse. Wien, 1899; 8°. 

Schaible (F.). Physiologische Experimente iiber das Wachstum und die 
Keimung einiger Pflanzen unter vermindertem Luftdruck. Stuttgart; 8°. 

Schleicher (Fr.). Beitrige zur Kenntnis alkylierter Bernsteinsiuren. Wurz- 
burg, 1900; 8°. 

Schneider (G.). Ueber Kondensationen von Formaldehyd mit Acetylaceton. 
Heidelberg, 1900; 8°. 

Schott (P. C.). Der anatomische Bau der Blatter der Gattung Quercus in 
Beziehung zu ihrer systematischen Gruppierung und ihrer geographi- 
schen Verbreitung. Breslau, 1900; 8°. 

Schwalbe (E.). Untersuchungen zur Blutgerinnung. Braunschweig, 1900; 8°. 

Seldis (R.). Beitrige zur Kenntnis der Undecylensiure. Heidelberg, 1900; 8°. 

Sheldon (N. L.). Ueber neue Umwandlungsprodukte des Dibromanhydro- p- 
oxypseudocumylalkohols. Heidelberg, 1900; 8°. 

Sikemeier (E. W.). Zur Diagnostik der retroperitonealen Tumoren. Leiden, 
1900; 8°, i i 

Skita (A.). Beitrige zur synthetischen Verwendung des Cyanwasserstoffses- 
quichlorhydrates. Heidelberg, 1900; 8°. 

Steckhan (E.). Zur Kenntnis der Gattermann’ schen Aldehydsynthesen. 
Wiesbaden, 1900; 8°. 

Stein (E.). Darmblutungen bei Lebercirrhose. Berlin, 1899; 8°. 


XCVI PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 


Stevens (H. P.). Ueber Tolyl- und Benzyl- Derivate des Furodiazols und 
Thiodiazols. Heidelberg, 1899; 8°. 

Strecker (W.). Versuche iber die Finwirkung von AethyInitrit auf 8- Ami- 
nokrotonester. Heidelberg, 1900; 8°. 

Thyssen (H.). Ueber das Hydrazid der a- Thiophencarbonsàure. Heidelberg, 
1899; 8°. 1 

Toh (M. R.). Die Landwirtschaft, insbesondere der Reisbau in Siam. Hei- 
delberg, 1900; 88. 

Traùn (F. A.). Zur Kenntnis des Dibrommesitolbromids und seiner Um- 
wandlungsprodukte. Heidelberg, 1899; 8°. 

Tritschler (F.). Ueber Derivate hòherer ungestttigter Carbonsàuren. Hei- 
delberg, 1900; 8°. 

Veldmann (F. H.). Beitràge zur Kenntniss der cerebralen Hemiplegie. Gro- 
ningen, 1899; 8°. 

Wagner (H.). Zur Kasuistik der Pankreas- und abdominalen Fettgewebs- 
nekrose. Tibingen, 1900; 8°. I 

Weber (H. A.). Ueber die Aufschliessung der Silikate durch Borsiureanhydrid 
und ueber eine neue Methode zur Bestimmung des Fluors im Kryolith. 
Heidelberg, 1900; 8°. 

Wessely (K.). Wa pertratolie Untersuchungen iber Reizibertragung von 
einem Auge zum andern. Leipzig, 1900; 8°. 

Wilke (W.). Ueber Vakuumdestillation, insbesondere iiber vollige Rein- 
darstellung der Benzolsulfosàure und einiger anderer Sulfosiuren. Hei- 
delberg, 1900; 8°. 

Wolff (W.). Untersuchungen iber Bromierungs- und Oxydationsprodukte des 
as. o- Xylenols. Heidelberg, 1899; 8°. 


De Vecchi (B.). Sulla tubercolosi sperimentale delle capsule surrenali. Pa- 
lermo, 1900; 8° (dall’A.). 

De Vecchi (B.) e Guerrini (G.). Due casi di sarcoma primitivo del fegato. 
Roma, 1901; 8° (dagli Autori). 

Guerrini (G.) Delle minute modificazioni di struttura del rene e del fegato 
nella fatica. Palermo, 1900; 8° (dall’A.). 

— Delle minute modificazioni di struttura della cellula nervosa corticale 
nella fatica. Firenze, 1900; 8° (Id.). 

* Ranke (J.). Die akademische Kommission fiir Erforschung der Urgeschichte 
und die Organisation der urgeschichtlichen Forschung in Bayern durch 
Kéònig Ludwig I. Miinchen, 1900; 4°. 

Socolow (S.). Corrélations régulières supplémentaires du système planétaire. 
Moscou, 1901; 8° (dall’A.). 


PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA XCVII 


Glasse di Scienze Morali, Storiche 6 Filologiche 


Dal 17 al 81 Marzo 1901 


* Analecta Bollandiana. T. XIX, fasc. 4°. Bruxelles, 1900; 8°. 

* Annales du Midi. Nos. 47, 48. 1900. Toulouse; 8°. 

* Atti della Società Ligure di Storia patria. Vol. XXXI, fasc. 1°. Genova, 
1901; 8°. 

** Bibliographie der deutschen Zeitschriften-Litteratur. Bd. VII. Liefg. 1. 
Leipzig, 1901; 4°. 

Bollettino di Legislazione e Statistica doganale e commerciale. Anno XVII, 
ottobre-dicembre 1900. Roma, 1900; 8° (dal Ministero delle Finanze). 

* Bulletin de l’Université de Toulouse. Fase. No. 12 (Mai 1900). Toulouse; 8°. 

Campagne del Principe Fugenio di Savoia. Vol. XV, XVI e XVII e Alle- 
gati grafici. Torino, 1900; 3 vol. in-8° e 2 Alleg in-f° (Dono di S. M. 
ir Re D'ITALIA). . 

* Géographie (La). Bulletin de la Société de Géographie. N. 3, 15 mars 1901. 
Paris; 8°. 

#* Guida Commerciale ed Amministrativa di Torino per l’anno 1901. 

; Torino, 1901; 8°. 

*# Livret de l’Université de Toulouse. 1900. Toulouse; 16°. 

* Nachrichten von der K. Gesellschaft der Wissenschaften zu Gottingen. 
Philologisch-historische Klasse, 1900, Heft 3. Géottingen; 8°. 

** Rivista d'Italia. An. I-III. Roma, 1898-1900, 9 vol.; 8°. 

* Sitzungsberichte der philosophisch-philologischen und der historischen 
Classe der Akad. der Wissenschaften zu Mtinchen. 1900, Heft IV; 8°. 

Tabella indicante i valori delle merci nell’anno 1900 per le statistiche 
commerciali. Roma, 1901; 8° (dal Ministero delle Finanze). 


* Dall’ Università di Heidelberg. 


Abelsdorff (W.). Beitrige zur Socialstatistik der deutschen Buchdrucker. 
Hamburg, 1899; 8°. 

Anzeige der Vorlesungen welche im Sommer- Halbjahr 1900 und Winter- 
Halbjahr 1900/1901 auf der Grossh. badischen Ruprecht-Karls Univer- 
sitit zu Heidelberg gehalten werden sollen. Heidelberg, 1900; 8°. 

Becker (C. H.). Ibn Gauzi's Managib ‘Omar Ibn ‘Abd el ‘Aziz besprochen 
und im Auszuge mitgeteilt. Leipzig, 1899; 8°. 

Bernthsen (S.). Der spinozismus in Shelley"s Weltanschauung. Heidelberg, 
1900; 8°. 

Bowman (J. N.). The Protestant Interest in Cromwell’s Foreign Relations. 
Heidelberg, 1900; 8°. 

Diirr (K.). Sprachliche Untersuchungen zu den Dialexeis des Maximus von 
Tyrus. Tibingen, 1899; 8°. 

Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. G 


XCOVIII PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 


Faymonville (K.). Die Purpurfirberei der verschiedenen Kulturvòlker der 
Klassischen Altertums und der frihchristlichen Zeit. Heidelberg, 1900; 8°. 

Felten (W.). Forschungen zur Geschichte Ludwigs des Bayern. Neuss, 1900; 4°. 

Fuchs (W.). Ueber Hausindustrie und verwandte Betriebsformen auf dem 
Taunus. Homburg, 1900; 8°. 

Gillardon (H.). Shelleys Einwirkung auf Byron. Karlsruhe, 1898; 8°. 

Heerwagen (H.). Die Lage der Bauern zur Zeit des Bauernkrieges in den 
Taubergegenden. Nirnberg, 1899; 8°. 

Heinrich (C.). Die komischen Elemente in den Lustspielen von Johann 
Christian Brandes. Greifswald, 1900; 8°. 

Hofmann (H.). Untersuchungen iber die Darstellang des Haares in der 
archaischen griechischen Kunst. Leipzig, 1900; 8°. 

Hohenemser (E). Die Lehre von den kleinen Vorstellungen bei te 
Heidelberg, 1899; 8°. 

Jaeckh (E.). Studien zu Kotzebue's Lustspieltechnik. Stuttgart, 1899; 8°. 

Kipfmiiller (B.). Das ifflandische Lustspiel. Darmstadt, 1899; 8°. 

Lebermaun (N.). Belisar in der Litteratur der romanischen und germa- 
nischen Nationen. Nirnberg, 1899; 8°. 

Liebau (G.). Kònig Eduard III von England und die Grîfin von Salisbury. 
Berlin, 1900; 8°. 

Osthoff (H.). Von Suppletivwesen der indogermanischen Sprachen. Heidelberg, 
1899; 4°. 

Peltzer (A.). Deutsche Mystik und deutsche Kunst. Strassburg, 1899; 8°. 

Reinhard (0.). Die wiirttembergische Trikot-Industrie mit spezieller Beriick- 
sichtigung der Heimarbeit in den Bezirken Stuttgart (Stadt und Land) 
und Balingen. Leipzig, 1399; 8°. 

Schaefer (W.). Die Feuerriickversicherung. Heidelberg, 1900; 8°. 

Schanenbarg (G. Frh. v.). Der Holzhandel des badischen Schwarzwaldes 
zwischen Waldbesitzer und erstem Abnehmer. Berlin, 1899; 8°. 

Schweitzer (V.). Christian IV von Danemark und sein Verhiltniss zu den 
niederdeutschen Stidten bis zum Jahre 1618. Libeck, 1899; 8°. 

Steinacker (K.). Die Holzbaukunst Goslar. Ursachen ihrer Bliitte und ihres 
Verfalls. Goslar, 1899; 4°. 

Tienken (A.). Die Geest und Marsch des Amtes Hagen in ihren wirtschaft- 
lichen Verhàltnissen. Merseburg, 1900; 8°. 

Tonnies (E.). Leben und Werke des wiirzburger Bildschnitzers Tilmann 
Riemenschneider 1468-1531. Strassburg, 1900; 8° 

Totchkoff (D.). Studien iiber Rauchwarenhandel und Kirschnerei insbeson- 
dere in Ochrida (Macedonien). Heidelberg, 1900; 8°. 

Uhlemayr (B.). Der Finfluss Lafontaine’s auf die englische Fabeldichtung 
des 18. Jahrhunderts. Niirnberg, 1900; 8°. 

Vossler (K.). Poetischen Theorien in der italienischen Frihrenaissance. Berlin, 
1900; 8°. 

Wimmer (K.). Spracheigentiimlichkeiten des modernsten Franzòsisch erwiesen 
an Erckmann-Chatrian. Zweibriicken, 1900; 8°. 

Wollaeger (H. W. F.). Studien iiber Swinburne's poetischen Stil. Heidelberg, 
1399080. 


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PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA XCIX 


* Dall’ Università di Strassburg i. E. 


Emerich (H.). Kauf und Werklieferungsvertrag ($ 651 Biirgerl. Gesetzbuch) 
nach dem biurgerlichen Gesetzbuch in vergleichender Darstellung. Jena, 
1899; 8°. 

Haas (F.). Die Sicherstellung durch Uebereignung einer Geldsumme nach 
deutschem biirgerlichem Recht. Strassburg, 1899; 8°. 

Kaufmann (H.). Die Reunionskammer zu Metz. Metz, 1899; 8°. 

Lensch (P.). Die Wandlungen in der Verfassung der Zuckerindustrie. Schil- 
tigheim, 1900; 8°. 

Mayer (F. C.). Ueber die Annhame von Banknoten an òffentlichen Kassen. 
Miinchen, 1900; 8°. 


Nenmann (J.). Der Pentateuch- Commentar des Joseph Bechor Schor zum 


Buche Numeri nach dem Manuscript No. 52 der Kgl. Hof- und Staats- 
bibliothek in Miinchen. Breslau, 1899; 8°. 

Neumann (K. J.). Die Grundherrschaft der rimischen Republik, die Bauern- 
befreiung und die Entstehung der servianischen Verfassung. Strassburg, 
1900; 8°. 

Preuner (E.). Fin delphisches Weihgeschenk. Bonn, 1899; 8°.. 

Schweitzer (A.). Die Religionsphilosophie Kant’s von der Kritik der reinen 
Vernunft bis zur Religion innerhalb der Grenzen der blossen Vernunft. 
Freiburg im Breisgau, 1899; 8°. 

Wagner (0.). Incerti auctoris epitome rerum gestarum Alexandri Magni. 
Lipsiae, MCM; 8°. 

Walker (W. M.). The development of the Tate of Personality in Modern 
philosophy. Part 1. Ann Arbor. Mich. U. S. A. 


Bernardini (G.). Memorie sparse della città di Pescia. Pescia, 1899; 8° 
(dall'A. per il premio di Storia di fondazione Gautieri). 

Chiuso (T.). Le Saint-Suaire à Chambéry et à Turin. Traduit de l’italien 
par l’Abbé F. M. Didier. Bruge, 1900; 8° (dal Traduttore). 

De-Nardi (P.). Sguardo sintetico alla figura di Vincenzo Gioberti. Forlì, 
1901; 8° (dall’A.). 

Minozzi (A.). Studio sul danno patrimoniale (Danno morale). Milano, 1901; 
8° (Id.). 


Lo PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 


Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali. 


Dal 24 Marzo al 14 Aprile 1901. 


* Anales de la Academia de Ciencias. T. 36, Entrega N. 428. Habana, 1900; 8°. 

* Annales des Mines. 9%° série, t. XIX, 1” livr. 1901. Paris; 8°. | 

* Annals of the New York Academy of Sciences. Vol. XII, Parts 1* and 2 
(1899-1900). New York, 1900; 8°. 

Anuario del Observatorio astronomico nacional de Tacubaya para el aîio 
de 1900. Aîîio XXI. Mexico, 1901; 16°. 

Annuario publicado pelo Observatorio do Rio de Janeiro para o anno de 
1900. Rio de Janeiro; 8°. 

Articoli generali del calendario per l’anno comune 1902. 1901; 4° (dal 
R. Osservatorio astronomico di Brera in Milano). 

* Atti della Società toscana di Scienze naturali. Processi verbali. Vol. XII, 
adunanza del 25 novembre 1900; 27 gennaio 1901. Pisa, 1900-1901; 8°. 

* Atti del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti; t. LX, disp. 2*, 3°. 
Venezia, 1901; 8°. I 

* Boletin del Instituto Geologico de México. N. 14. Las Rhyolitas de México. 
Primera parte. 1900; 4°. 

* Bulletin de la Société Belge de Géologie, de Paléontologie et d’Hydro- 
logie. Tom. XII, fasc. 2; XIV, fasc. 4. Bruxelles, 1900; 8°. 

* Bulletin of the Museum of Comparative Zoology at Harvard College. 
Vol. XXXVI; Nos. 2-4; XXXVIII, 2, 3. Cambridge, Mass., 1900; 3°. 

* Bulletin de l’Académie Royale des sciences et des lettres de Danemark. 
1900. No. 6; 1901. Copenhague; 8°. 

* Bulletin de la Société des Sciences naturelles de l’ouest de la France. 
T. 10, 3° trimestre 1900. Nantes, 1900; 8°. 

* ‘Bulletin ofthe American Mathematical Society. 2nd Ser., Vol. VII, Nos 6. 
Lancaster, Pa., and New York, 1901; 8°. 

Bulletin de la Société Philomatique de Paris. 9° sér., 1899-1900, N. 4; 
(1900); 8°. 

* Communications de la Société mathématique de Kharkow. 2° Sér. t. VII, 
No. 1. Kharkow, 1900; 8°. 

# Comptes-rendus de l’Académie des Sciences de Cracovie. Décembre. Cra- 
covie, 1900; 8°. A 

* Field Columbian Museum. Botanical Ser., Vol. No. 6; II, No. 2; Zoological 
Ser., Vol. I, No. 18; III, Nos. 1, 2. Chicago, U. S. A., 1900; 8°. 

# Foldtani Kéozlony havi Folydirat kiadja a Magyarhoni Foldtani Tarsulat. 
Vol. XXX, 8-9. Fiizet. Budapest, 1900; 8°. 

Giroramo Guiponi. — Pro Guidoni. Risposta al Dott. P. Vinassa De Regny. 
Spezia, 1901; 4°. 

* Journal of the Chemical Society. Indexes Vols. 77 and 78 (Parts I and II). 
London, 1900; 8°. 


PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA i. ACCADEMIA CI 


* Journal of the Chemical Society. Vol. 79 e 80. Aprile 1901. London; 8° 

* Journal of the Academy of Natural sciences of Philadelphia. Second series, 
vol. XI, p. 3. Philadelphia, 1900; 4°. 

* Kansas (The) University Quarterly. Ser. A. Science and Mathematics. 
Lawrence, 1900; 8°. 

* Mémoires de la Société nationale. des sciences naturelles et. mathéma- 
tiques de Cherbourg, t. XXXI. Cherbourg, 1898-1900; 8°. 

* Memorias y Revista de la Sociedad Cientifica “ Antonio Alzate ,. T. XIV 
(1899-900), Nos. 7 y 10. Mexico, 1900; 8°, 

* Mittheilungen aus dem Jahrbuche der kòn. ungar. geologischen Anstalt. 
XII Bd., 3-5 Heft. Budapest, 1900-1901; 8°, 

* Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. Vol. LXI, Nos. 4. 
London, 1901; 8°. 

* Nachrichten von der k. Gesellschaft. der Wissenschaften zu Gottingen. 
Mathematisch-physik. Klasse. 1900. Heft 4. Gòttingen, 1900; 8°. 

Osservatorio (R.) astronomico di Brera in Milano. Anno 1902. Nascere e 
tramontare della Luna a Milano in tempo medio civile dell’ Europa 
centrale. Milano, 1901; 8°. 

* Proceedings of the American Academy of Arts and Sciences. Vol. XXXVI 
Nos 1-8. Boston, 1900; 8°. 

* Proceedings of the Royal Society. Vol. LXVIII, No. 443. London, 1901; 8°. 
* Proceedings of the American Philosophical Society held at Philadelphia. 
Vol. XXXIX, No. 162; Memorial Volume I. Philadelphia, 1900; 8°. 

* Proceedings of the Academy of Natural Sciences of Philadelphia. 1900. 
Part II. Philadelphia, 1900; 8°. 

Publications of the Farthquake Investigation Committee in Foreign Lan- 
guages. Nos. 5, 6. Tokyo, 1901 (dal Presidente dell’Imp. Comitato). 
Relief Map of Canada and the United States. 1900; in-f° (dal Geological 

Survey of Canada). 

* Rendiconti del R. Istit. Lombardo di scienze e lettere. Ser. II, Vol. XXXIV, 
fasc. 6. Milano, 1901; 8°. 

* Report of the Memorial Meeting held January Sixteenth, Nineteen Hun- 
dreed, under the auspices of the American Philosophical Society by 
twenty-six learned Societies in honor of the late Daniel Garrison Brinton; 
M. D. Philadelphia, 1900; 8°. 

* Royal Society. Reports to the malaria Committie. Fourth series. The 
Anatomy and Histology of the Adult Female Mosquito. By S. R. Chri- 
stophers. London, 1901; 8°. 

* Sitzungsberichte der mathematisch-physikalischen Classe der k. b. Aka- 
demie der Wissenschaften zu Miinchen. 1900. Heft IIl; 1901, Heft I 
Miinchen, 1901; 8°. 

* Tridentum, Rivista mensile di studi scientifici. An. IV. Fasc. 1. l'rento, 
1901; 8°. ” 

** Verhandlungen der deutschen physikalischen Gesellschaft im Jahre-1901 
Jahrg. 3, N" 2, 3. 1901; 8°. 

* Year-Book of the Royal Society. 1901. No. 5. London; 8°. 


CII PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 


* Dall’ Università di Strassburg è. E.: 


Amos (V.). Untersuchungen tber die Eintrittspforten und Verbreitungsweise 
der pyàmischen, sephthàmischen und pyosephthàmischen Allgemeinin- 
fectionen auf Grund von Sectionsbefunden. Strassburg, 1900; 8°. 

Aufschlager (J. E.). Ueber die Weil'sche Krankheit und die Stellung der 
Nierenerkrankung unter ihren Symptomen. Strassburg, 1900; 8°, 

Baer (J.). Ueber Vorkommen und Verhalten einiger Zuckerarten im Blut 
und in pathologischen Fliissigkeiten. Strassburg, 1899; 8°. 

Beitter (A.). Pharmacognostisch-chemische Untersuchung der Catha edulis. 
Strassburg, 1900; 8°. 

Bernhard (C.). Ueber Immunisierung durch die Milch typhòser Ammen. 
Strassburg, 1899; 8°. 

Bernhardt.(P.). Die Radicaloperation der Leistenbriiche nach Kocher's Ver- 
lagerungsmethode auf Grund von Erfahrungen der Strassburger chirur- 
gischen Klinik. Strassburg, 1899; 8". 

Bloch (L.). Ueber habituelle Luxation des Ellenbogens. Strassburg, 1900, 8°. 

Bok (0.). Die Breusch. Gebweiler, 1900; 4°. 

Darreye (A.). Polare Felder und Kegelschnitte mit gemeinsamen Poldreieck. 
Strassburg, 1900; 8°. 

Deidesheimer (G.). Ueber Resultate der Behandlung der chronischen Ischias 
durch blutige Dehrung des Nervus ischiadicus. Strassburg, 1899; 8°. 
Duhamel (J.). Ueber die Erweiterung der Flexura sigmoidea coli insbeson- 

dere die angeborene Erweiterung. Strassburg, 1899; 8°. 

Embden (G.). Anatomische Untersuchung eines Falles von FElephanthiasis 
fibromatosa. Strassburg, 1899; 8°. 

Freund (R.). Ueber die durch Erkrankung der weiblichen Genitalien me- 
chanisch bedingten Verinderingen der Harnorgane. Strassburg, 1900; 8°. 

Heldmann (A.). Beschreibung eines im héchsten Grade osteomalacisch 
verinderten Beckens aus der Sammlung der Strassburger Frauenklinik. 
Strassburg, 1899; 8°. 

Hirt (C.). Ueber peptonisirende Milchbacillen. Strassburg, 1900; 8°. 

Hoch (A.). Ueber Inversio uteri nebst Mitteilung eines Falles von Inversio 
uteri completa complizirt mit Prolapsus uteri totalis geheilt durch 
Totalextirpation per vaginam. Hagenau, 1899; 8°. 

Jacobsthal (W.). Ueber die asymptotische Darstellung der Integrale einer 
gewissen linearen Differentialgleichung zweiter Ordnung. Strassburg, 
1899; 4°. 

Kieffer (J.. Ueber primire funktionelle Amenorrhoe. Strassburg, 1900; 8°. 

Kien (G.). Involutions- und Degenerations-Erscheinungen des Milzbrand- 
Bacillus bei 42,5° C. Strassburg, 1900; 8°. 

Kohler (F. X.). Ueber Geburten nach iberstandener Uterus-Ruptur. Strass- 
burg, 1900; 8°. 

Leipprand (G.). Kritische Beleuchtung der Behandlung der Nachgeburts- 
periode. Strassburg, 1899; 8°. 

Lepère (E.). Ueber drei isomere Oxyvalerolactone und ihre Umwandlung 
in Laevulinsiure. Strassburg, 1900; 8°. 


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PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA CIII 


Machol (A.). Die Entstehung von Geschwiilsten im Anschluss an Verlet- 
zungen. Strassburg, 1900; 8°. 

Marx (J.). Beitrag zur Casuistik der Complication von Placenta praevia und 
Hydramnios. Strassburg, 1900; 8°. 

Mosser (A.). Ueber rheumatoide Purpura. Strassburg, 1899; 8°. 

Miiller (F.).. Ueber Gangrin von Extremitiiten bei Neugeborenen. Strassburg, 
1899: 8°. l 

Reeb (M.). Weitere Untersuchungen iber die wirksamen Bestandtheile des 
Goldlacks (Cheiranthus Cheiri L.). Leipzig, 1899; 8°. 

Schaller (J.). Chemische und mikroskopische Untersuchung von dolomitischen 
Gesteinen des lothringischen Muschelkalks. Strassburg, 1900; 8°. 

Schambacher (C.). Ueber die Aetiologie der varikòsen Venenerkrankung. 
Leipzig, 1899; 8°. 

Schickele (G.). Beitrige zur Morphologie und Entwicklung der normalen 
und iberzihligen Milchdriisen. Stuttgart, 1900; 8°. 

Servé (F.). Zur Beurteilung der neueren Ansichten tber die Entstehung 
der Zwillingsschwangerschaft. Strassburg, 1900; 8°. 

Stiftungsfest (Das) der Kaiser-Wilhelms-Universitit Strassburg am 1. Mai 1900; 

Zieerer (T.). Jahresbericht. 
Weser (H.). Ueber die Entwicklung unserer Mechanischen Naturan- 

schauung im 19 Jahrhundert. Strassburg, 1900; 8°. 

Tolkiemit (A.). Ueber Anwendung des Kolpeurynter auf Grund von Beo- 
bachtungen an der Strassburger-Frauenklinik. Strassburg, 1899; 8°. 
Weill (A.). Die geometrische Interpretation der Gleichung fiinften Grades 

auf invarianten-theoretischer Grundlage. Strassburg, 1900; 8°. 
Wack(A.). Die Prophylaxe der Tuberculose in der Schule. Strassburg, 1900; 8°. 
Wenger (A.). Fin neuer Fall von spontaner Nabelschnurruptur bei normaler 
Geburt. Strassburg, 1900; 8°. 
Westphalen (R.v.). Ueber das Verhalten des Mastdarms wàhrend der Geburt. 
Strassburg, 1900; 8°. 
Wirtz (C.). Die Steiner'sche Hypocycloide. Strassburg, 1900; 8°. 
Zuppiuger (R.). Electromotorische Krifte von Schwefelmetallen und Ace- 
tylen-Gasketten. Ziirich, 1900; 8°. 


Ambrozovies (B.). Der Gemeinwirthschaftliche Nutzen der Eisenbahnen und 
dessen Berechung. Wien, 1888; 8° (dall’A.). 

— Messung der wirthschaftlichen Kraft von Lindern. Das Problem der 
Quote. Wien, 1888; 8° (Zd.). 

— Der Ungarische Fisenbahn-Zonentarif und meine Theorie. Wien, 1898; 
8° (Id.). 

— Das Verhiiltniss zwischen Preis und Consumtion beziehentlich  Pro- 
duetion. Wien, 1898; 8° (Zd.). 

Coninck (Achsner de). La chimie de l’Uranium. Historique comprenant les 
recherches principales effectuées sur l’uranium et ses composés de 1872 
à 1901. Montpellier, 1901; 8° (Id.). 


CIV PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 


Cruls (L.). Methodo para determinar as horas das Occultagdes de estrellas 
pela Luna baseado sobre o conhecimento exacto do istante da conjungào 
apparente dos dous astros. Rio de Janeiro, 1899; 4° (dall'A. Direttore 
dell’Osservatorio di Rio de Janeiro). 

Paoli (G. C.). Fisiocosmos o Saggio di una scienza universale della natura 
delle cose. Vol. III. Sassari, 1900; 8° (dall’A. per il premio di fonda- 
zione Vallauri). 

Roccati (A.). Ricerche mineralogiche sulla sabbia della Grotta del Bandito 
in Val di Gesso (Cuneo). Roma, 1901; 8° (Zd.). 

Striiver (G.). Azione chimica tra la hauerite e alcuni metalli a temperatura 
ordinaria e a secco. Roma, 1901; 8° (dall’A.). 

Tommasina (Th.). Sur un électro-radiophone è sons très intenses et sur la 
cause qui les produit. Paris, 1901; 4° (Id.). 

— Conférence: Sur les théories modernes de la physique. Genève, 1901; 
8° (Id.). 


Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche 


Dal 31 Marzo al 21 Aprile 1901. 


Annali di Statistica. Atti della Commissione per la statistica giudiziaria 
e notarile. Sessione del luglio 1900. Roma, 1899; 8° (dal Ministero di 
Agricoltura, Industria e Commercio). 

* Annuario della R. Università di Pisa per l’anno accademico 1900-1901, 
Pisa, 1901; 8°. ; 

* Annuario della R. Accademia dei Lincei, 1901. Roma; 16°. 

Annuario Accademico della R. Università degli studî di Siena per l’anno 
1900-1901. Siena, 1901; 8°. 

* Atti della R. Accademia della Crusca. Adunanza pubblica del dì 6 gen- 
naio 1901. Firenze; 8°. 

* Atti della R. Accademia dei Lincei. Classe di Scienze morali, storiche e 
filolog., ser. V, vol. VIII. Notizie degli Scavi: Dicembre 1900. Roma; 4°. 

** Bibliographie der deutschen Zeitschriften-Litteratur. Bd. VII, Liefg. 2. 
Leipzig, 1901; 4°. 

* Bollettino della Società Umbra di Storia Patria. Vol. VII, fasc. 1°. 
Perugia, 1901; 8°. 

* Jugoslavenska Akademija Znanosti i Umjetnosti. Rad, Knjiga 144; 
Rjetnik hrvatskoga ili srpskoga jezika..... Svezak 20. Zbornik za na- 
rodni Zivot i obitaje juznih Slavena. Svezak V., 2. Polovina. Znanstvena 
djela za optu naobrazbu. Knjiga I. Bizantija i germanski zapad do 
smrti cara Justinijana I. (476-565) Napisao Natko Nodilo. Zagrebu, 
1900; 8°. 


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PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA CV 


Per il primo centenario di Vincenzo Gioberti. Torino, 1901; 8° (dal Comi- 
tato Generale). 

Popolazione, Movimento dello Stato civile. Anno 1899. Roma, 1901; 8° 
(dal Ministero di Agric., Ind. e Comm.). 

Raccolta coordinata degli Atti ufficiali e degli indirizzi e telegrammi di 
condoglianza per la morte del Re Umberto I. Roma, 1901; 4°. 

* Sitzungsberichte der philosophisch-philologischen und der historischen 
Klasse der k. b. Akademie der Wissenschaften zu Miinchen, 1900. Heft V. 
Miinchen, 1901; 8°. 

Statistica giudiziaria civile e commerciale e statistica notarile per l’anno 1898; 
Parte I. Statistica giudiziaria civile e commerciale. Roma, 1901; 8° 
(dal Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio). 

Statistica giudiziaria penale per l’anno 1898. Roma, 1901; 8° (dal Mini- 
stero di Agricoltura, Industria e Commercio, Direz. gen. della Statistica). 

Studi glottologici italiani diretti da Giacomo De GrecorIo. Torino, 1899-901; 
2 vol. 8° (dono del prof. marchese G. De Gregorio). 

* Travaux et Mémoires de l’Université de Lille. Tome VII, No. 23; VIII, 
24; IX, 25, 26. Lille, 1899-1900; 8°. 

* Université (L’) de Lille en 1900. Lille, 1900; 16°. 


Carle (G.). La filosofia del diritto nello Stato moderno. Roma, 1901; 8° 
(dall’A. Socio residente). 

— La crisi nella filosofia del diritto. Torino, 1901; 8° (Id.). 

— Ilcomparire della sociologia e la filosofia del diritto. Roma, 1901; 8° (Id.). 

— La sociologia e la filosofia del diritto. Torino, 1901; 8° (Id.). 

— Il còmpito odierno della filosofia del diritto. Roma, 1901; 8° (24.). 

Del Giudice (P.). Gli Statuti inediti del Cilento. Napoli, 1901; 8°(dall’A.). 

Fumi (L.). Inventario e spoglio dei registri della tesoreria apostolica di 
Città di Castello dal R. Archivio di Stato in Roma. Perugia, 1900; 8° 
(dono della R. Deputazione di Storia patria per V Umbria). 

La Corte (G.). I Barbaricini di Procopio. Torino, 1901; 8° (dall’A.). 

Lizio-Bruno (L.). Per l'assassinio del 29 luglio. Canzone. Girgenti, 1900; 
8° (Id.). 

— Per le onoranze a Giuseppe Verdi in Girgenti. Discorso, poemetto ed 
epigrafi. Girgenti, 1901; 8° (Id.). 

Mayor (J. E. B.). Franz Heinrich Reusch. Cambridge, 1901; 16° (dall’A.). 

Pesce (A.). Di Antonio Maineri governatore della Corsica per l’Ufficio di 
S. Giorgio (1457-1458). Spezia, 1901; 8°. 


CVI PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 


Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali. 


Dal 14 al 28 Aprile 1901. 


* Abhandlungen der mathematisch-naturwissenschaftlichen Classe der k. 
bòhm. Gesellschaft der Wissenschaften von der Jahren 1886-1891. 1-4. Bd. 
VII. Folge. 4 vol. in-4°. 

* Annales de l’Université de Lyon. Nouvelle série. I. Sciences, Medicine. 
Fasc. 4°. Paris-Lyon, 1901; 8°. 

* Atti della Reale Accademia delle Scienze fisiche e matematiche della 

Società Reale di Napoli. Serie II, vol. X. Napoli, 1901; 4°. 

Atti della Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino. A. XXXIV; 
1900. No. 40. Torino; 4°. 

* Bericht iiber die mathematischen und naturwissenschaftlichen Publica- 
tionen der k. bòhm. Gesellschaft der Wissenschaften wihrend ihres 
Hundertjihrigen Bestandes. I. II. Heft. Prag, 1901; 8°. 

Bollettino del R. Comitato Geolog. d’Italia. Anno 1900, n. 4. Roma; 8°. 

Balletin of the American Mathematical Society. 2* ser., vol. VII, No. 7. 
Lancaster, Pa. and New York. 1901; 8°. 

* Generalregister zu den Schriften der k. bihm. Gesellschaft der Wissen- 

schaften 1784-1884. Prag, 1884; 8°. 

* Geschichte der k. béh. Gesellschaft der Wissenschaften sammt einer kri- 
tischen Uebersicht ihrer Publicationen aus dem bereiche der Philo- 
sophie, Geschichte und Philologie. I. II. Heft. Prag, 1884-85; 8°. 

* Jahresbericht der k. bòhmischen Gesellschaft der Wissenschaften fiir 
das Jahr 1900. Prag, 1901; 8°. 

* Journal of the R. Microscopical Society. 1901, Part 2. London, 1901; 8°. 

* Memoirs of the Geological Survey of India. Vol. XXXII. Part I. Calcutta, 
1901; 8°. 

* Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. Vol. LXI, No. 5, 
Appendix to vol. LXI, No. 1. London, 1901; 8°. 

* Rendiconti del R. Istituto Lombardo di scienze e lettere. Serie II. 
Vol. XXXIV, fasc. VII. Milano, 1901; 8°. 

* Rendiconto dell’Accademia delle Scienze fisiche e matematiche della 
Società Reale di Napoli. Serie 8, vol. VII, fasc. 2°, 3°. Napoli, 1901; 8°. 

Resultados del Observatorio Nacional Argentino. Vol. XVIII. Catalogo de 
las Zonas de Exploracion. Entrega III, 42° a 52°. Buenos Aires, 1900; 4° 
(dono del Governo della Repubblica Argentina). 

* Sitzungsbericht der k. bòhmischen Gesellschaft der Wissenschaften. 
Mathematisch-naturwissenschaftliche Classe. 1885-1900. Prag, 1886-1901; 
11 vol. 8°. 


* 


* 


* 


PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA CVII 


* Travaux et Mémoires de l’Université de Lille. T. VII, No. 22. Lille, 
1900; 8°. 

* Royal Society. Report to the Malaria Committee. London, 1901; 8°. 

** Verhandlungen der deutschen physikalischen Gesellschaft im Jahre 1901. 
Jahrg. 3., Nr. 4, 5. Leipzig, 1901; 8°. 

* Verhandlungen der k. k. geologischen Reichsanstalt. Sitzung. No. 2, 3, 
1901. Wien, 1901; 8°. 


Celoria (G.). La stella “ Nova Persei ,. Comunicazione. Milano, 1901; 8° 
(dall’A. Socio corrispondente). 

Coninek (Echsner de). Recherches sur le nitrate d’Uranium. Montpellier, 
1901; 8° (dall’A.). 

Demtchinsky (N.). Y sommes-nous? Torbino, 1901; 4° (Zd.). 

Helmert (F. R.). Die dreizehnte Allgemeine Conferenz der International 
Erdmessung in Paris 1900. Stuttgart, 1901; 8° (dall’A. Socio corrisp.). 

— Dernormale Theil der Schwerkraft im Meeresniveau. Berlin, 1901; 8° (Id.). 

** Reichenbach (L.) et (H. G.) fils. Icones florae germanicae et helveticae 
simul terrarum adjacentium ergo mediae Furopae opus... conditum, 
nunc continuatum D.'e G. Beck de Mannagetta. Tom. 22, Decas 24. 
Lipsiae et Gerae; 4°. 


Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche 


Dal 21 Aprile al 5 Maggio 1901. 


Aberdeen University. Records of Old Aberdeen 1157-1891. Edited by 
A. M. Munro, vol. I; Roll of Alumni in Arts of the University and King's 
College of Aberdeen 1596-1860. Edited by P. J. Anperson; Place Names 
of West Aberdeen. By the late J. Macponar. Aberdeen, 1900; 3 vol. 8°. 

* Annales de l’Université de Lyon: N. S. II. Droit, Lettres. Fasc. 4-6. Paris- 
Lyon, 1900-1901; 3 vol. 8°. 

* Annuario della R. Università degli studi di Padova per l’anno accade- 
demico 1899-1900 e Appendice; 1900-1901. Padova, 1901; 8°. 

* Atti della Reale Accademia dei Lincei. Serie V. Classe di scienze morali, 
storiche e filolog. Vol. IX. Notizie degli scavi; gennaio 1901. Roma; 4°. 

** Bibliographie der deutschen Zeitschriften-Litteratur, mit Einschluss von 
Sammelwerken und Zeitungen; VII. Bd., Liefg. 3. I. Supplementband: 
Bibliographie der deutschen Rezensionen 1900. Liefg. 1. Leipzig, 1901; 4°. 

* Bibliotheca Indica: A Collection of Oriental Works published by the 
Asiatic Society of Bengal. New series, Nos. 971-976. 6 fasc. Calcutta, 
1900-1901; 8°. 


GVII PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 


** Bibliotheca Philologica Classica. Vol. XXVII, 1900. Trimestre quartum. 
Lipsiae, 1900; 8°. i 

* Boletin de la Real Academia de la Historia. T. XXXVIII, cuad. IV. 
Madrid, 1901; 8°. 

* Bulletin historique du Diocèse de Lyon. 1" année 1-6; 2° ann. 1. Lyon, 
1900-1901; 8°. 

Città di Torino. Direzione del Dazio. Rendiconto per l'esercizio 1900. 
Torino, 1901; 4°. 

*# Géographie (La), Bulletin de la Société de Géographie. An. 1901. N. 4. 
15 Avril. Paris, 8°. | 

* Vjestnik kr. hrvatsko-slavonsko-dalmatinskog Zemaljskog Arkiva. Go- 
dina III Svezak 2. Zagreb, 1901; 8°. 


Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali. 


Dal 28 Aprile al 12 Maggio 1901. 


* Amnali del Museo Civico di Genova. Serie 2°, vol. XX, 1899-901 e Indice 
generale sistematico delle due prime serie (vol. I, 1870. al XL, 1901). 
Genova, 1901; 8°. 

* Annuario per l’anno scolastico 1890-91; 1891-92; 1899-900; 1900-1901 del 
R. Museo Industriale italiano in Torino. Torino, 1901; 8°. 

Archives Néerlandaises des sciences exactes et naturelles, publiées par 

la Société hollandaise des sciences à Harlem. Sér. II, t. IV, 2° livr. 
La Haye, 1901; 8°. 

* Atti della R. Accademia dei Fisiocritici in Siena. Serie IV, vol. XII, n. 1,2. 
Siena, 1901; 8°. 

* Bulletin mensuel de l’Observatoire météorologique de l’Université d’Upsal. 
Vol. XXXII, année 1900. Upsal, 1900-1901. 

* Jabresbericht der Kgl. Ung. geologischen Anstalt, fiir 1898. Budapest, 
1901; 8°. 

# Jenaische Zeitschrift fir Naturwissenschaft herausg. von der medizisch- 
naturwiss. Gesellschaft zu Jena. N. F., XXVIII Bd., Heft 4. Jena, 1901; 8°. 

* Journal of the Chemical Society of London. Vols. 79 et 80; May, 1901. 
London; 8°. 

* Journal of the Linnean Society. Botany. Vol. XXXV, No. 242. Zoology, 
vol. XXVIII, No. 181. London, 190]; 8°. 

* List of Linnean Society of London, 1900-1901. London, 1900; 8°. 

Osservazioni meteorologiche eseguite nell’anno 1900, col riassunto  com- 
posto sulle medesime da E. Pini. Milano, 1900; 4° (dal R. Osservatorio 
astronomico di Brera). 


PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA CIX 


‘Osservazioni meteoriche fatte nel R. Osservatorio di Capodimonte: 1899, 
1900. Napoli, 1900, 1901; 2 fase. 8°. 

* Proceedings of the Cambridge philosophical Society; vol. XI, P. 2%; 1901. 

* Proceedings of the R. Society of London; vol. LXVIII, No. 444. London, 
1901; 8°. 

* Proceedings of the Zoological Society of London for the year 1900. 
Part IV. London, 1901; 8°. î 

Pubblicazioni del R. Osservatorio di Brera in Milano. N. XLI. Milano, 
1901; 4°. 

* Rendiconti del R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere. Vol. XXXIV, 
fase. 8. Milano, 1901; 8°. 

Résultats des campagnes scientifiques accomplies sur son yacht par Albert I 
Prince Souverain de Monaco, publiés sous sa direction avec le concours 
de M. J. Richard. Fase. XVII, XVII. Impr. de Monaco, 1900; 2 vol. 4° 
(dono di S. A. S. il Principe Alberto I di Monaco). 

Transactions of the Edinburgh Geological Society. Vol. VIII, part I. Edin- 

_ burgh, 1901; 8°. 

* 'Transactions of the American Mathematical Society. Vol. II. No. 2. 
January, 1901. Lancaster, Pa., and New York, 1900; 4°. 

* Transactions of the Zoological Society of London. Vol. XV, part 6, 7. 
London, 1901; 4°. 

* Transactious of the Manchester Geological Society. Vol. XXVII, part I, II. 
Manchester, 1901; 8°. 


‘Albert I (S. A. S. le Prince de Monaco). Notes de géographie biologique 
marine. Communication faite au VII° Congrès international de Géo- 
graphie è Berlin en 1899. Berlin, 1900; 8° (dall’A.). 

Alberti (V.). Riassunti decadici e mensili delle osservazioni meteoriche 
fatte nel R. Osservatorio di Capodimonte nell’anno 1899. Napoli, 1900; 
4° (Falla Direzione dell’Osservatorio). 

— Valori medii decadici e ménsili e riassunto annuale delle osservazioni 
méteoriche fatte nel'R. Osservatorio di Capodimonte nell’anno 1900. 
Napoli, 1901; 8° (Zd.). 

Harlé (É.). Essai de bibliographie du ‘creusement des rochers par des Coli- 
magons. Toulouse, 1900; 8° (dall’A.). 

— Gisements è Saîga dans le sud-ouest de la France. Paris, 1900; 8° (Zd.). 

Oddone (E.). Sul coefficiente medio di trasparenza dell’aria per grandi vi- 
suali terrestri. Milano, 1901; 8° (Zd.). 

Riitimeyer (L.). Gesammelte Kleine Schriften allgemeinen Inhalts aus dem 
Gebiete der Naturwissenschaft nebst einer autobiographischen Skizze. 
Herausg. von H. G. Stehlin. Basel, 1898; 2 vol. 8° (dalla Naturforschende 
Gesellschaft in Basel). 

Striiver (G.). Azione chimica dei solfuri di ferro e del solfo sul rame e 
sull’argento a temperatura ordinaria e a secco. Roma, 1901; 8° (dall'A. 
Socio corrispondente). 


CX PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 


Tedeschi (V.). Variazioni della declinazione magnetica osservate nella 
R. Specola di Capodimonte negli anni 1898, 1899, 1900. Napoli, 1899. 
1901; 3 fasc. 8° (dalla Direzione dell’Osservatorio). 

Traverso (G. B.). Stazione neolitica di Alba. Parte prima e seconda. Alba, 
1898-1901; 8° (dall’A.). 

Wislicenus (J.). Sir Edward Frankland. 8° (dall’A. Socio corrispondente). 


Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche. 


Dal 5 al 19 Maggio 1901. 


* Acta et Commentationes Imp. Universitatis Jurievensis (olim Dorpa- 
tensis), vol. VI, N° 3-5; VII, N° 1-5. Juriew (Dorpat) 1898-99; 8°. 
* Annuario del Ministero della Pubblica Istruzione, 1901. Roma; 8°. 
* Atti del Reale Istituto d’ Imcoragg. di Napoli, seguito del vol. 1° della 
5* serie. 1900; 4°. 
Atti del Consiglio Provinciale di Torino. Anno 1900. Torino, 1901; 8°. 
* Bulletin historique du Diocèse de Lyon. 2° An., No. 3. Lyon, 1901; 8°. 
* Giornale storico e letterario della Liguria. An. II, fasc. 3-4. Spezia, 1901; 8°. 
* Miscellanea di Storia italiana, pubblicata per cura della R. Deputazione 
sovra gli studi di storia patria per le antiche provincie e la Lombardia, 
serie|.83, i.. VI. iTorino,..1901;;:8°. 
Rivista Ligure di scienze, lettere ed arti. Organo della Società di lette- 
ratura e conversazioni scientifiche. An. XXIII, fasc. 2°. Genova, 1901; 8°. 
* Tijdschrift voor Indische Taal-, Land- en Volkenkunde. Uitgegeven door 
het Bataviaasch Genootschap van Kunsten en Wetenschappen ete.; 
Deel XLIII, Aflev. 5. Batavia, 1901; 8°. 
* Transactions of the Royal Society of Literature, 2 series. Vol. XXII, 
Part 3*. London, 1901; 8°. 
Tridentum. Rivista mensile di studi scientifici. An. IV, fasc. 2°. Trento, 
1901; ‘8° 


** Mazzatinti (G.). Inventari dei manoscritti delle biblioteche d’Italia. 
Vol. X, fasc. 1-4. Forlì, 1900; 8°. | 


PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA CXI 
Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali. 
Dal 12 al 26 Maggio 1901. 


* Abhandlungen herausg. von der Senckenbergischen Naturforschenden 
Gesellschaft. XXV Bd., 2 Heft. Frankfurt a. M., 1901; 4°. 

* Accessions-Katalog. 14, 1899. Stockholm, 1901; 8° (dall’Accad. R. delle 
Scienze). 

* Annales des Mines: 9% série, t. XVIII, livr. 12€ (1900). Paris; 8°. 

* Annales de la Faculté des sciences de l’Université de Toulouse. II° série, 
t. II, année 1900. Paris-Toulouse; 4°. 

* Annals of the New York Academy of sciences. Vol. XII, Part 1. Lan- 
caster, Pa., 1900; 8°. 

Astronomische Beobachtungen an der k. k. Sternwarte zu Prag in den 
Jahren 1892-1899 nebst Zeichnungen und Studien der Mondoberfliche 
nach photographischen Aufnahmen. Auf éffentliche Kosten herausge- 
geben von Prof. Dr. L. Wrinek Director der k. k. Sternwarte in Prag. 
Prag, 1901; 4°. 

Atti del Collegio degli ingegneri e degli architetti in Palermo, 1900, 
luglio-dicembre. Palermo; 8°. 

* Atti dell’Accademia pontificia dei Nuovi Lincei. Anno LIV, sess. II e III. 
Roma, 1901; 4°. 

* Atti del R. Istituto Veneto di Scienze, Lett. ed Arti. T. LX, disp. 4 e 5. 
Venezia, 1901; 8°. 

* Bergens Maseum. Meeresfauna von Bergen redigiert von Dr. A. Appéllos. 
Heft 1. Bergen, 1901; 8°. 

Bericht iber die Thitigkeit des Centralbureaus der internationalen Erd- 
messung im Jahre 1900. Berlin, 1901; 4° (dal sig. F. R. HeLmert Diret- 
tore dell'Istituto Geodetico di Prussia e Socio corrispondente). 

* Buletinul Societatii de Sciinte din Bucuresci-Romania. Anul IX. No. 6. 
Bucuresci, 1901; 8°. 

* Bulletin de la Société d’études scientifiques d’Angers. XXIX° année, 1899. 
Angers, 1900; 8°. 

* Bulletin de la Société Belge de Géologie, de Paléontologie et d'Hydro- 
logie. T. XI, fasc. 4 (1897); XV, fasc. I (1901). Bruxelles, 1901; 8°. 

* Bulletin of the Museum of Comparative Zoology at Harvard College. 
Vol. XXXVI, Nos. 5, 6; XXXVIII, No. 7. Geological Series, vol. V, No. 1. 
Cambridge, 1900; 8°. 

* Balletin of the Scientific Laboratories of Denison University. Vol. XI, 
Article IX. Granville, Ohio, 1900; 8°. 

Bulletin of the Agricultural Experiment Station of Nebraska. Vol. XII, 
Nos. 60, 64. Lincoln Nebraska, 1899, 1900; 8° (dall’Univ. di Nebraska). 


CXII PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 


* Bulletin de la Société Géologique de France. III° Série, T. XXVIII, No. 7. 
Paris, 1900; 8°. 

* Bulletin on the United States National Museum, n. 47, Part IV. Washin- 
gton, 1900; 8° (dalla Smithsonian Institution). 

Centenario della scoperta di Cerere. Catania, 1901; 4° (dal Direttore del 
R. Osservatorio di Catania Prof. A. Riccò). 

Comanicaciones del Museo Nacional de Buenos Aires. Tomo I, No. 8. Buenos 
Aires, 1901; 8° (dal Direttore del Museo Dr. Prof. C. Bere). 

* Jahrbuch der k. k. geologischen Reichsanstalt zu Wien. Jahr. 1900, 
L Bd., 3 Heft. Wien, 1901; 8°. 

* Leopoldina. Amtliches Organ der k. Leopoldino-Carolinischen Deutschen 
Akad. der Naturforscher. XXXV Heft, 1899. Halle; 4°, 

Mémoires du Musée Royal d'histoire natur. de Belgique. T.I, ann. 1900; 4°. 

* Memoirs of Geological Survey of India. Palaentologica Indica. Ser. XV, 
vol. III, Part 2. Ser. IX, vol. II, Part 2. Calcutta, 1900; 4°. 

* Memoirs the Geological Survey of India. Vol. XXVIII, Part 2. Calcutta, 
1900: 8°. 

* Memoirs of the New York Academy of Sciences. Vol. II, Part 2, 1900; 4°. 

* Memorias y Revista de la Sociedad Cientifica “ Antonio Alzate ,. T. XIV 
(1899-1900). N. 11 y 12. Mexico; 8°. 


* Memorie della Pontificia Accademia dei Nuovi Lincei. Vol. XVII. Roma, 


1901; 4°. 

* Nova Acta Academiae Caesareae Leopoldino-Carolinae Germanicae Na- 
turae curiosorum. Tomus LXXV, LXXVI. Halle, 1899-1900; 4°. 

* (Ofversigt of Kongl. Vetenskaps Akademiens Fòrhandlingar. Vol. 57, 1900. 
Stockholm, 1901; 8°. 

* Proceedings of the American Philosophical Society held at Philadelphia 
for promoting asefal Knowledge. Vol. XXXIX, No. 163. Philadelphia, 
1900; 8°. 

* Pubblicazioni del R. Istituto di studi superiori pratici e di perfeziona- 
mento in Firenze. Sez. se. fisiche e naturali. R. Osservatorio di Arcetri, 
fasc. 13-15. Firenze, 1900-1901; 8°. 

* Quarterly Journal of Geological Society. Vol. LVII, Part 2. No. 226. 
London, 1901; 8°. 

* Rendiconti del R. Istituto Lombardo di scienze e lettere. Vol. XXXIV, 
fasc. 10. Milano, 1901; ‘8°. 

* Rendiconti del Circolo Matematico di Palermo. Tomo XV, fasc. Ie IT 
(1901). Palermo; 8°. 

* Rendiconto dell’Accademia delle Scienze fisiche e matematiche di Napoli. 
Serie 3*, vol. VII, fasc. 4°. Napoli, 1901; 8°. 

‘Report (Thirteenth annual) of the U. S. Agricultural Experiment Station 
the University of Nebraska. Lincoln Nebraska, U.S. A., 1900; 8°. 

* Report (Annual) of the Board of Regents of the Smithsonian Institu- 


tion etc..... June, 30, 1898. Report of the U. S. National Museum. 
Washington, 1900; 8°. 


IT WIT I  T e 


PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA CXIII 


* Report (Annual) of the Board of Regents of the Smithsonian Institution, 
showing the operations, expenditures, and condition of the Institution 
for the Year June 30, 1898. Washington, 1899; 8°. 

* Smithsonian Institution. United States National Museum. Special bul- 
letin. American Hydroids. Part I. Washington, 1900; 4°. 

U. S. Coast and Geodetic Survey. Geodesy. The transcontinental triangu- 
lation and the American arc of the parallel. Special publication No. 4. 
Washington, 1900: 4°. 

* Transactions of the Academy of Science of St-Louis. Vol. IX, Nos. 6, 
8, 9; X, Nos. 7-8. 1899-900; 8°. 

* Verhandlangeu der Naturforschenden Gesellschaft in Basel. Bd. 13, 
Heft 1. Basel, 1901; 8°. 

* Verhandlungen der k. k. zoologisch-botanischen Gesellschaft in Wien. 
Jahr. 1901. LI Bd., 1 Heft. Wien; 8°. 

* Verhandlungen der k. k. geologischen Reichsanstalt Sitzung. N. 4-6, 
1901. Wien; 8°. 

* Veròffentlichung des K. preussischen geoditischen Institutes (Neue Folge, 
No. 5). Berlin, 1901; 4°. 

* Verzeichnis der Veròffentlichungen aus der Physikalisch-Technischen 
Reichsanstalt (1887 bis 1900). Berlin, 1901; 4°. 

* Wisconsin Geological and Natural history Survey. Bulletin No. IMI, Scien- 
tific Series No. 2: No. V, Educational Series No. 1: No. VI, Economie 
Series No. 3. Madison, Wis., 1900; 8°. 

* XKypHaxh pyccgaro pusmeo-xmmatecgaro O6mecrsa npa Immeparopcrome 
C. Herep6yprerows YaugepenterS, T. XXXI, 9 (1899); XXXII, 7 (1900); 
XXXIII, 1-3. 1901; 8°. i 


Boccardi (G.). Di alcuni diagrammi astronomici. Catania, 1901; 4° (dall’A.). 

Bortolotti (E.). Sulla determinazione dell'ordine di infinito. Modena, 1901; 
8° (Id.). 

Largaiolli (V.). I Pesci del Trentino e nozioni elementari intorno all’or- 
ganismo, allo sviluppo ed alle funzioni della vita del pesce. Vol. I. 
Parte generale. Trento, 1901; 8° (Zd.). 

Maluta (G.). Principii di suggestione terapeutica. Padova, 1901; 8° (I4.). 

Mascari (A.). Sulla frequenza e distribuzione in latitudine delle macchie 
solari osservate al R. Osservatorio di Catania nel 1899. Catania, 1900; 
4° (Id.). 

Riccò (A.). La nuova stella nella costellazione di Perseo. Catania, 1901; 
8° (Id.). 

— Comunicazione telefonica all'Osservatorio Etneo col filo sulla neve. 
Catania, 1901; 4° (Id.). 

Riccò (A.) e Eredia (F.). Risultati delle osservazioni meteorologiche del 1900 
fatte al R. Osservatorio di Catania. Catania, 1901; 4° (dagli A4.). 


Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. H 


CXIV PUBBLICAZIONI. RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 


Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche. 


dal 19 Maggio al 9 Giugno 1901. 


* 


Abhandlungen der K. Gesellschaft. der Wissenschaften zu Gottingen. 
 Philologisch-historische Klasse. N. F., Bd. IV, No. 5. Berlin; 1901; 4°. 
Akademie (K.) der Wissenschaften zu Wien. Almanach, XLIX Jahrg. 
(1899). Archiv fiir Gsterreichische Geschichte. 77, 78 Bd., 79 Bd. Erste 
Halfe (1899-1900). Denkschriften (Philosophisch-historische Classe) 46 Bd. 
Fontes rerum austriacarum: (Esterreichische Geschichts-Quellen. 49 Bd., 
2 Abth. (1896, 1899). Sitzungsberichte (Philosophisch-historische Classe) 
141, 142 Bd. (1899-1900). Register zu den Bînden 131 bis 140 (1900). 
* Amnales du Musée Guimet. Revue de l’histoire des religions XXI° ann., 
T. XLII, Nos. 2, 3. Paris, 1900;.89, 

* Annales du Midi. Revue de la France méridionale fondée sous les auspices 
de l’Université de Toulouse. XII° année, N.49. Toulouse, 1901; 8°. 
Annali della R. Scuola Normale superiore di Pisa. Filosofia e Filologia. 

Vol. XIV. Pisa, 1901; 9°. 

Annuario Commerciale del Piemonte per l’anno 1901. Torino, 1901; 1 vol. 8°. 

** Bibliographie der deutschen Zeitschriften-Litteratur, mit Finschluss von 
Sammelwerken und Zeitungen; VII. Bd., Liefo. 4, 5. I. Supplementband: 
Bibliogr. der deutschen Rezensionen 1900. Liefg. 2. Leipzig, 1901; 4°. 

* Boletin de la Real Academia de la Historia. T. XXXVIII, cuad. HI, V. 
Madrid, 1901; 8°. 

* Bulletin de la Société des Hautes-Alpes. II° sér., No. 36, 4° trim. 1900. 
Gap, 1900; 8°. 

* Bulletin et Mémoires de la Société Nationale des Antiquaires de Franee. 
VI° série, t. IX. Mémoires 1898. Paris, 1900; 8°. 

* Balletin de la Société Nation. des Antiquaires de France, 1899. Paris; 8°. 

Bulletin d’Histoire ecclésiastique et d’Archéologie religieuse des Diocèses 

de Valence, Gap, Grenoble et Viviers. XX° année, 1900. Romans; 8°. 

* Bulletin de l’Université de Toulouse. N. 13. Toulouse, 1900; 8°. 

* Bullettino dell’Istituto di Diritto Romano. Anno XII, fase. 1. Roma, 
1901; 8 ‘ 

Catalogue des thèses et écrits académiques. 16° fasc. Année scolaire 1899- 
1900; 4° (dal Ministero dell'Istruzione pubblica di Francia). 

* Comptes-rendus de l’Athénée Louisianais. 8° sér., T. I, Livr. 8'®. Nouvelle 

Orléans, 1901; 8°. 


* 


è 
- section nti dritta 


PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA CXV 


* Cosmos. Ser. II, vol. XIII, fase. I. Roma, 1901; 8°. 

* Géographie (La). Bulletin de la Société de Géographie. Année 1901; 
lb5fmar HI, N 5. Paris; 8°. 

Inventaire-Sommaire des Archives communales antérieures à 1790. Ville 
de Dijon, T. IV. Dijon, 1900; 4° (dono del Governo della Repubblica 
francese). 

Mmventaire-Sommaire des Archives Départementales antérieures à 1790: 
Charente-Inférieure. Sér. A (21 art.); B (art. 1 à 1005). 

Isère. Sér. L (Documents de la période révolutionnaire). T. I. 

Loiret. Archives civiles, sér. B, Nos. 1536 è 3025. T. II. 

Marne. Archives ecclésiastiques, ser. G. Clergé séculier. T. I. 

Meurthe-et-Moselle. T. VIII, série et supplement. T. II. Arrondissement 
de Luneville. 

La Rochelle, Grenoble, Orléans, Reims, Naney-Versailles, 1900; 5 vol.; 4°. 

* Journal of the Asiatie Society of Bengal. Vol. LXIX, Part I, No.2. — 
1900 (History, Antiquities, ecc.). Calcutta, 1901; 8°. 

* Mémoires et Documents publiés par l’Académie Chablaisienne fondée è 
Thonon le 7 décembre 1886. Tome XIII. Thoonon-les-Bains, 1399; 8°. 

Risultati sommari del 4° censimento generale della popolazione del Regno, 
eseguito il 9 febbraio 1901. Roma, 1901, 2 c. in-4” (dalla Direzione 
Gen. della Statistica). 

* Rozprawy Akademii Umiejetnosci wydziat Filologiezny. Ser. II, t. XVI, 
Historyezno-Filozoficzny. Ser. II, t. XIV. Krakowie, 1900; 2 vol. 8°. 

* Société d’Archéologie de Bruxelles: Annales, T. XIV, livrs. 3 et 4. 
Annuaire 1901, t. XII°. Bruxelles, 1900, 1901; 8°. 

* Travaux et Mémoires de l’Université de Lille. T. X. Mémoires, N. 27. 
Lille, 1901; 8°. 

* Université catholique de Louvain: 

Annuaire: 1901. — "Thèses de la Faculté de Théologie, 1899-1900; 
Nos. DOCLV-DCCLXVI. Louvain, 1900; 8°. — Programme des Cours de 
l'année académique 1900-1901. Louvain, 1900; 8°. — Les conditions du 
travail dans les marchés publics, par Georges Vars. Louvain, 1900; 8°. 
— Une région de la Belgique. Le Centre (Hainaut). Monographie sociale 
par l’abbé Octave Misonne. Tournai, 1900; 8°. — Nos grèves houillères 
et l’action socialiste..., par le Père G. C. Rurten. Bruxelles, 1900; 8°. — 
L’administration d’une grande Ville (Londres) par J. E. Neve. London- 
Gand, 1901; 8°. — Les études d’histoire ecclésiastique par A. Cauchie. 
Louvain, 1900; 8°. — Les “ Precariae verbo regis , avant les Leptinnes 
(a. 743) par A. Bonprorr. Louvain, 1901; 8°. 

* Urkunder till Stockholms historia I. Stockholms Stads privilegiebref 
1423-1700. Andra hòftet. Upsala, 1901; 4° (dall'Università di Upsala). 


CXVI PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 


* Dalla ° Bibliotheca Nacional do Rio de Janeiro , 


Aguiar Lima (J. C. de). Officio dirigido ao Sr. Brigadeiro J. S. de Oliveira 
nomeado Governador por decreto de 21 de Novembre de 1899. Recife, 


1890; 4°. 
Almanak administrativo, indicador e noticioso do Estado da Bahia, 1898; 
1°° anno. Bahia; 8°. 4 


Annaes da Bibliotheca Nacional do Rio de Janeiro, Vol. XXI, XXII, 
1899-900. Rio de Janeiro, 1900; 8”. 

Araripe Junior (T. A.). Litteratura brazileira. José de Alencar. ge ed. Gre- 
gorio De Mattos. Rio de Janeiro, 1894; 2 vol. 8°. 

Balanco da receita e despeza da Republica no exercicio de 1893 e Estado 
das dividas-activa e passiva. Rio de Janeiro, 1898; 4°. i 
Balango provisorio da receita e despeza da Republica dos Estados Unidos 

do Brazil no exercicio de 1897, 1898. Rio de Janeiro, 1900; 4°. 

Barbosa Lima (A.J.). Mensagem al Congresso do Estado de Pernambuco 
em 6 de Margo de 1893. Recife, 1893; 8°. 

Berrédo (R. de). Firmes! Rio de Janeiro, 1898; 8°. 

Cobranea do imposto de consumo de cartas de jogar; de vinagre; de con- 
servas; de profumarias; de calcado; de especialidades pharmaceuticas. 
Rio de Janeiro, 1899; :2 fase. 8°. 

Coisas do mar. Rio de Janeiro, 1896; 8°. 

Corrèa d’Araujo (J.).. Mensagem apresentado ao Congresso legislativo de 
27 de Outubro de 1896; idem em 6 de Margo de 1898; idem em 6 de 
Margo de 1899. Recife, Pernambugo, 1896, 1898, 1899; 3 fasc. 4°. 

Corrèa da Silva (J. A.) Mensagem apresentado ao Congresso legislativo 
do Estado em 10 de Agosto de 1891. Recife, 1891; 8°. 

De Castro (M.). Versos prohibidos. Rio de Janeiro, 1898; 16°. 

De Mello (A.J.). Biographias; de Gervasio Pires Ferreira e Appensos è 
biographia; de Joaquim Ignacio De Lima; Luiz Alves Pinto, José Cor- 
reia Picango; e de José da Natividade Saldanha. Recife, 1895-1896; 
5. vol. 8°. 

De Oliveira (A.). Versos e rimas. Primeira parte. Rio de Janeiro, 1895; 32°. 

Dombre (L. E.). Viagens ao interior da provincia de Pernambuco em 1874 
e 1875. Recife, 1893; 8°. 

Estatistica dos impostos e taxas de consumo arrecadados pelas repartigdes 
federaes no 1° semestre de 1898 etc... Rio de Janeiro, 1898; 8°. 

Exposicao da proposta da receita e despeza do exercicio de 1901 apresen- 
tada ao Presidente da Republica dos Estados Unidos do Brazil pelo 
Ministro da Fazenda J. Murtinho no anno de 1900. Rio de Janeiro, 
1900; 8°. 

Figveiredo Pimentel. Suicida! 2* ed. Rio de Janeiro, 1895; 8°. 

Instruecoes para a cobranga e fiscalisagào das rendas federaes no Estado 
do Rio de Janeiro. Rio de Janeiro, 1898; 8°. 


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——_ x o 


PUMBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA CXVII 


Lista dos navios de guerra e mercantes brazileiros e de seos signaes: 
distinetivos no codigo internacional. Rio de Janeiro, 1900; 4°. 

Manifesto politico. O Dr. Manoel Vietorino, Vice Presidente da Republica 
à Nagào. Sào Paulo, 1898; 8°. 

Montoro (R. C... O Centenario de Camdes no Brazil, Portugal em 1580 o 
Brazil em 1880. 2° ed. Rio de Janeiro, 1880; 8°. 

— Elogio historico do eminente estadista portuguez Marquez de Pombal. 
Rio de Janeiro, 1882; 8°. 

Murat (L.). Ondas II. Rio de Janeiro, 1896; 8°. 

Orcamento da receita e despeza da Republica dos Estados Unidos do Brazil 
para o exercicio de 1899, 1900. Rio de Janeiro, 1898, 1900; 4°. 

Pardal Mallet. Pelo divorcio! Rio de Janeiro, 1894; 8°. 

Pereira da Silva (L. J.). Floriano Peixoto tragos biographicos. Rio de 
Janeiro, 1894; 8°. 

Pereira de Vasconcellos (B.). Carta aos senhores eleitores da provincia 
de Minas Geraes. 2* ed. Rio de Janeiro; 8°. 

Promptuario alphabetico dos estados, municipios e distrietos do Brazil. 
Anno I. Rio de Janeiro, 1900; 8°. 

Raposo (A.). Nevrose mystica. Apreciagdes sobre a origem do culto prestado 
ao Coragào de Jesus. Rio de Janeiro, 1895; 8°. 

Recenseamento do Estado das Alagòas em 31 de Dezembro de 1890. Rio 
de Janeiro, 1893; 4°. 

Relatorio apresentado ao Presidente da Republica dos Estados Unidos do 
Brazil, pelo Ministro das Relagòes Exsteriores Dr. 0. de Magalhùes 
des 1899, 1900; 2 vol. 8°, pelo Ministro da Fazenda J. Murtinho no 
anno de 1899 (11° da Repub.) e Annexo relatorio; 8 vol. 8°; 1900 (12° 
da Repub.) e Annexo relatorio; 2 vol. 8°, pelo Ministro Dr. E. Pessòa 
Ministro da Justiea e Negocios Interiores de 1899. 1900; 2 vol. 8°, pelo 
Ministro dos Negocios da Industria, Viagào e Obras Publicas S. E. 
Gongalves de Lacerda de 1898 (10° da Republ.); 1 vol. 8°. Rio de Janeiro, 
1898-1900; 8°. 

Relatorio da repartigào general do telegraphos do anno de 1898 apresen- 
tado ao Ministro da Industria, Viagào e Obras Publicas dos Estados 
Unidos do Brazil pelo Director General A. J. de Oliveira. Rio de Ja- 
neiro, 1900; 8°. 

Relatorio apresentou ao Governador do Estado de Pernambuco em 25 de 
Abril de 1890 pelo J. S. de Oliveira. — Idem em 4 de Agosto de 1890 
pelo Dr. A. M. da Cunha Cavalcanti. — Idem em 23 de Outubro de 1890 
pelo Barào de Lucena. Pernambuco, Recife, 1890; 3 fasc. 4°. 

Relatorio do Tribunal de Contas. Exercicio de 1899. Rio de Janeiro, 1900; 8°. 

Santos Porto (J. A.). Pela patria e pela republica. O combate naval de 
16 de Abril. Reflexdes e documentos. Capital Federal, 1895; 8°. 

Senna (E.). Notas de um reporter. Rio de Janeiro, 1895; 8°. 

Shakspeare (G.). Macbeth tragedia adaptada ao theatro moderno por 
J. Carcano. Rio de Janeiro, 1871; 8°. 


CXVIII PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 


Synopse da receita e despeza da Republica dos Estados Unidos do Brazil 
no exercicio de 1897, 1898, 1899. Rio de Janeiro; 1898-1899; 4°. 
Verissimo (J.). Parà e Amazonas. Questào de limites. Rio de Janeiro, 1899; 8°. 

Vianna (A. O. Nobre). Estudos sobre o Parà. Rio de Janeiro, 1900; 8°. 


Bonardi (A.). Le origini del comune di Padova. Padova, 1898; 8°(dall’A.). 

— N “Liber regiminum Paduae ,. Venezia, 1899; 8° (Id.). i 

Calisse (C.). Storia di Civitavecchia. Firenze, 1898; 8° (Zd.). 

De-Nardi (P.). Genesi, esposizione e varia fortuna della formola suprema 
Giobertiana: L'ente crea Vesistente. Forlì, 1901; 8° (I4d.). 

Guidi (I.). Vocabolario amarico-italiano. Roma, 1901; 4° (dall’A. Socio cor- 
rispondente). 

Mackenzie (W.). Dell’assicurazione contratta sulla vita di un terzo. Genova, 
1901; 4° (Id.). 

Thirlwall (C.). A Sermon preached at the consecration of St. Paul's Church 
Llanelly on friday, december 13, 1850. London, 1850; 16° (dall’Editore 
John E. B. Mayor). 


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Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali. 
Dal 26 Maggio al 16 Giugno 1901. 


* Abhandlungen der k. Akademie der Wissenschaften zu Berlin (Aus den 
Jahren 1899 u. 1900). Berlin, 1900; 4°, 

** Abhandlungen der k. preussischen geologischen Landesanstalt. N. F. 
Heft. 30. Berlin, 1900; 8°. 

* Aeta Societatis scientiarum Fennicae. T. XXVI, XXVII. Helsingforsiae, 
1900; 4°, 4 

* Akademie (K.) der Wissenschaften zu Wien: Denkschriften mathematisch- 
naturwissenschaftliche Classe. LXVI. Bd., III. Theil.; LXVIII. Bd., in-4°. 
Sitzungsberichte id. id. Classe: Abth. I., CVIH. Bd., 1-10. Heft. (1899); 
CIX. Bd., 1-6. Heft. (1900); Abth. II a., CVIII. Bd., 1-10. Heft. (1899); 
CIX. Bd., 1-7. Heft. (1900); Abth. II b; CVIII. Bd., 1-10. Heft. (1899); 
CIX. Bd., 1-7. Heft. (1900); Abth. III; CVIII. Bd., 1-10. Heft. (1899); 
CIX. Bd., 1-7. Heft. (1900). Wien, 1899, 1900; 8°. 

* Anales de la Sociedad Cientifica Argèntina. Entrega II y IV, t. LI. 
Buenos Aires, 1901; 4°. 

* Annales des Mines, 9° série, t. XIX, livr. 22, 1901. Paris; 8°. 

* Annali della R. Scuola superiore di agricoltura in Portici. Ser. II, vol. II, 
fase. 2°. Portici, 1900; 8°. 


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PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA CXIX 


* Annali della R. Accad. d’Agricoltura di Torino, vol. 48°. Torino, 1901; 8°. 

Annvario della R. Scuola Navale superiore di Genova. Anno scolastico 
1900-1901. Genova, 1901; 8°. 

* Archives Néerlandaises des sciences exactes et naturelles, publiées par 
la Société hollandaise des sciences à Harlem. Sér. II, t. IV, 5 livr. 
La Haye, 1901; 8°. 

* Atti della R. Accademia economico-agraria dei Georgofili di Firenze, 
4* serie, vol. XXIII, disp. 3*-4*%; XXIV, disp. 1%: 1900-1901; 8°. 

* Atti della Società ltaliana di scienze naturali, vol. XL, fasc. 1°. Milano, 
1901; 8°. 

* Atti della R. Accademia dei Fisiocritici in Siena. Vol. XIII, N. 3. Siena, 
1901; 8°. 

* Atti della Società Toscana di Scienze naturali. Processi verbali. Vol. XII, 
adunanza del 17 marzo e 5 maggio 1901. Pisa; 8°. 

Australian Museum. Report of Trustees for the year 1899. Sydney, 1901; 4°. 

Boletin demografico argentino. Aîo II, Marzo 1901, No.ò. Buenos Aires, 
1901; 4° (dal Ministero dell'Interno della Repubblica Argentina). 

Boletin de la Academia Nacional de Ciencias en Cordoba. T. XVI, entr. 2*-8*. 
Buenos Aires, 1900; 8°. 

Boletin mensual del Observatorio Meteorolégico Central de Mexico; julio- 
deciembre 1900, Enero, Febiero, 1901. Mexico; 4°. 

Boletin del Observatorio astronémico nacional de Tacubaya. T. II, N. 7. 
Mexico, 1901; 4°. 

* Bollettino delle sedute dell’Accademia Gioenia di scienze naturali in 
Catania. 1900, fasc. 65% 1901, fasc. 66, 67. Catania, 1901; 8". 

Bollettino statistico mensile della Città di Milano. Anno XVII, gennaio- 
maggio 1901; 4°. 

Bollettino del Collegio degli Ingegneri ed Architetti di Palermo. Anno I, 
N. 2. Palermo, 1901; 8°. 

Bollettino quindicinale della Società degli Agricoltori italiani. Anno VI 
(1901), n. 1-12. Roma; 8°. 

* Bollettino mensuale della Società meteorologica italiana. Serie 2°, vol. XX, 
n. 8-10. Torino, 1901. 

* Bollettino demografico della Città di Torino. Anno XXX, n. 1-5; 1901; 
e Rendiconto dell’anno 1900 e dei mesi di Gennaio-Maggio 1901; 4°. 

* British Museum (Natural History). A Hand-List of the Genera and Species 
of Birds. Vol. II: The Jurassic Flora; Part I: The Yorkshire Coast. 
Catalogue of the African Plants collected by Dr. Fr. Welwitsch in 
1853-61. Dicotyledons Part IV, vol. II, Part II Cryptogamia. London, 
1901; 8°. 

Bulletin mensuel de Statistique Municipale de la ville de Buenos-Ayres. 
XIV® année (1900), 11, 12; XV année (1901), 1-4. 

* Bulletin of the Museum of Comparative Zoology at Harvard College. 
Vol. XXVIII. Geological Series, Vol. V, No. 4. Cambridge Mass., 1901; 8°. 

* Balletin de l’Académie Royale des sciences et des lettres de Danemark. 
Copenhague, 1901, Nos. 2, 3; 8°. 


CXX PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 


# Bulletin international de l’Académie des Sciences de Cracovie. Classe nni 
sciences mathématiques et naturelles. Nos. 1-3; 1901; 8°. 

* Bulletin of the American Mathemat. Society. 2nd Ser., vol. VII, No. 8,9. 
Lancaster, Pa., and New York, 1901; 8°. 

* Bulletin de la Société Mathématique de France. T. XXIX, fase. 2°. Paris, 
1901; 8 

** Einfihrung in das Verstandniss der geologisch-agronomischen Special. 
karten des Norddeutsche Flachlandes. Berlin, 1901; 8°. 

* Fòldtani Kézlény. Havi Folydirat kiadja a Magyarhoni Foldtani Tarsulat... 
T. XXX, 10-12 Fiizet; XXXI, 1-4. Budapest, 1900, 1901; 8°. 


#* Fortschritte der Physik im Jahre 1900, LXVI. Bd. 1, 8. Abth. Braun- 


schweig, 1901; 8°. 

* Geological Literature added to the Geological Society’s Library during 
the Year ended December 31 st. 1900. London, 1900; 8°. 

* Giornale della R. Accad. di Medicina. A. LXVI, n. 3-5. Torino, 1901; 8° 

* Giasnik hrvatskoga naravoslovnoga Drustva. Godina XII, Broj 4-6. Zagreb, 
1900; 8° (dalla Società di storia naturale Croata). 

Jahresbericht der Fiirstlich Jablonowski'schen Gesellschaft. Leipzig, 1901; 8°. 

* Johns Hopkins University Circulars. Vol. XX, No. 150. 

* Journal of the Asiatic Society of Bengal. Vol. LXIX, Part II, No. 2-3, 
1900, Natural science. Anthropology and Cognate Subjects. Vol. LXX, 
P. III, No. 1(1901). Calcutta, 1898; 8°. 

* Journal of the Chemical Society of London. Vols. 79 & 80. June, July 1901. 
London; 8°. 

* Journal of the R. Microscopical Society, 1901, part 3. London; 8°. 

* Journal of the College of sciences, Imp. University of Tokio, Japan. 
Vol. XV, part .1*, 2%. Tokio, 1901; 8°. 

Istituto Geografico militare: Superficie del Regno d’Italia valutata nel 1884. 
3° Append. Isola di Sardegna. Firenze, 1901; 4°. — Sui recenti lavori 
dell'Istituto Geografico militare. Relazione al IV Congresso geografico 
italiano. — Sull’Etna. Firenze, 1901; 8°, 3 fasc, 

* Mémoires de l’Acad. Roy. des Sciences et des. Lettres de Danemark, 
6° sér. Sect. des Sciences, t. X, n. 2. Copenhague, 1901; 4°. 

* Mémoires de l’Academie des Sciences de l’Institut de France, T. 45€, 
Deuxième série. Paris, 1899; 4°. 

* Memorie della R. Accademia di scienze, lettere ed arti in Modena. 
Ser. III, vol. II. Modena, 1900; 4°. 

Memorie della Società degli Spettroscopisti italiani. Vol. XXIX, disp. 9°- 
12* (1900); XXX, 1-5 (1901). Roma, 1901; 4°. 

* Mittheilangen aus der medicinischen Facultàt der Kaisr.-Japanischen 
Universitàt zu Tokio. Bd. V, No. I. Tokio, Japan, 1901; 4°. 

* Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. Vol. LXI, No. 6, 7. 
London, 1901; 8°. 

* Nova Acta R. Societatis Scientiarum upsaliensis. Ser. 3%, Vol. XIX, 1901. 
Upsaliae; 4°. 


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PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA CXXI 


* Observations faites à l’Observatoire météorologique de l’Université Impé- 
riale de Mouscou. Septembre-décembre 1899; 1900; janvier-février 1901. 
18 fasc.; 8°. 

** Petermanns Mitteilungen aus Justus Perthes’ Geographischer Anstalt. 
Ergànzungsheft N" 134. Gotha, 1901; 8°. 

* Proceedings of the Asiatic Society of Bengal. Nos. IX-XII (1900); I, II 
(1901). Calcutta; 8°. 

# Proceedings of the R. Society. Vol. LXVIII, No. 445, 446. London, 1901; 8°. 

* Proceedings of the Chemical Society of London. Vol. 17. Nos. 234-240. 
London, 1901; 8°. 

* Proceedings of the Zoological Society of London for the year 1901. 
Vol. I, Part I. London; 8°. 

* Rendiconti del R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere. Vol. XXXIV, 
fasc. 10°-12. Milano, 1901; 8°. 

* Rendiconti del Circolo matematico di Palermo. Tom. XV, fasc. 3, 4. 
Palermo, 1901; 8°. 

* Results ot Astronomical and Meteorological Observations made at the 
Radcliffe Observatory, Oxford, in the years 1892-1899, vol. XLVIII. 
Oxford, 1896; 8°. 

* Rivista mensile del Club alpino italiano. Vol. XX, n. 1-6. Torino, 1901; 8°. 

* Schriften der physikalisch-cekonomischen Gesellschaft zu Kéònigsberg in 
Pr., XLI Jahrg., 1900. Kònigsberg; 4°. 

* Sitzungsberiehte der k. Preuss. Akademie der Wissenschaften zu Berlin. 
I (10 Januar 1901); XXII (25 April 1901). Berlin, 1901; 8°. 

* Sitzungsberichte der physikalisch-medicinischen Gesellschaft zu Wiirzburg. 
1900. No. 1-3; 8°. 


Stazioni (Le) sperimentali agrarie italiane. Vol. XXXIV, fasc. 1-4, 6. Mo- 


dena, 1901; 8°. 

Thiitigkeit (Die) der physik-technischen Reichsanstalt, im Jahre 1900. 
Berlin, 1901; 8° (dall'Istituto Fisico-Tecnico in Charlottenburg). 

Transactions of the Manchester Geological Society. Vol. XXVII. Part III-V 
1900-1901; Manchester, 1901; 8°. 

#* VerhandInngen der deutschen physikalischen Gesellschaft im Jahre 1901. . 
Jahrg. 3, Nrs. 6, 7. Leipzig; 8°. | 

#* Verhandlungen der k. k. zoologisch-botanischen Gesellschaft in Wien. 
47, 48 Bd., LI, 2-3 Heft. Wien, 1897, 1898, 1901; 8°. 

* Verhandlangen der physikal.-medicin. Gesellschaft zu Wiirzburg, N. F. 
XXXIV Bd. Nr. 2-6. Wiirzburg, 1901; 8°. 

* Wissenschaftliche Meersuntersuchungen herausg. von der Kommission 
zur wissenschaftlichen Untersuchungen der deutschen Meere in Kiel 
und der biologischen Anstalt auf Helgoland. N. F., IV. Bd., Abt. Hel- 
goland, Heft 2; V. Bd., Heft 2. Abt. Kiel. Kiel und Leipzig, 1900, 1901; 4°. 

* #KypHaXx6 pycegaro pusnro-xmmagecraro O6mecrsa npu IMMnepaToperoM, 
C. Merep6yprerons Vamsepenterh. T. XXXIII, n. 4, 5. 1901; 8°. 


CXXII PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 


* Dalla “ Bibliotheca Nacional do Rio de Janeiro ,: 


Annuario medico brazileiro. XII anno. 1897. Capital Federal, 1898; 8°. 

Calheiros da Graga (F.). Estados sobre a barra da Laguna. Rio de Janeiro, 
1883; 8°. 

—. Preferencia do porto da Laguna sobre a enseada de Imbituba. Rio de 
Janeiro, 1883; 8°. 

— 0 porto de Tamandaré. Rio de Janeiro, 1895; 8°. 

— Memoria sobre a determinagào da linhas magneticas do Brazil. Rio de 
Janeiro, 1895; 8°. 

— A bahia de Jacuaganga. Relatorio da Commissào Hydrographica. Rio 
de Janeiro, 1896; 8°. 

Calheiros da G&raca (F.) e Indio do Brazil (A.). Primeiros trabalhos da 
Commissào de Longitudes. Posigdòes astronomicas de Cabo Frio e Santos. 
Rio de Janeiro, 1888; 8°. 

Carta geral da illuminagào da costa da republica dos Estados Unidos. do 
Brazil. Rio de Janeiro, 8 fol. 

Estrada de Ferro Central do Brazil. Relatorio do anno de 1897 apresen- 


tado ao Dr. S. E. Gongalves de Lacerda Ministro e Secretario de Estado . 


dos Negocios da Industria, Viagào e Obras Publicas pelo Eug. F. Pereira 
Passos. Rio de Janeiro, 1898; 4°. 

Illuminacao da costa, portos, barras, rios e pi navegaveis. Seegào de 
Phardes da repartigào da cartn maritima. Rio de Janeiro, 1899; 8°. 

Kiappe da Costa Rubim (R. F.). Guia pratico do Pharoleiro. Rio de Janeiro, 
1899; 8°. 

— Instrucgòes concernentes ao pessoal e servigo geral dos pharges. Rio 
de Janeiro, 1900; 8°. 

Monteiro de Sonza (I. P.). Novo tratamento da febbre amarella. Rio de 
Janeiro, 1899; 16°. 

Plano hydrographico da barra e porto da Victoria. Rio de Janeiro; 1 fol. 

Planta do porto de Tamandari, 1 fol; da barra de S. Christovào féz do 
Rio Vaza Barris, 1 fol. Paris. 

Planta hydrographica da bahia de Jacuacanga de Estado do Rio de Janeiro, 
1 fol; da barra e porto de Aracajù, 1 fol.; do porto de Jtacurupa 
(Bahia de Sepetiba), 1 fol; da costa e bancos do Gurupy desde a ilha 
do Bacangaate e da Sumaca comprehendo o Rio Gurupy entre Città 
de Vizeu e sua féz, 3 fol. Paris. 

Regulamento da repartigào da carta maritima do Brazil approvado pelo 
deereto N. 1347 de 7 de Abril de 1893. Rio de Janeiro, 1899; 8°. 
Relatorio da repartigao geral do telegraphos do anno 1897; dos Estados 

Unidos do Brasil. Rio de Janeiro, 1898; 8°. 

Silvado (A. B.). Istrucgòes meteorologicas da Republica dos Estados Unidos 

do Brazil. Rio de Janeiro, 1900; 8°. 


PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA CXXIII 


** Barbillon (L.). Production et emploi des courants alternatifs. Chatres, 
1901; 8°. 

Brioschi (F.). Opere matematiche. Pubblicate per cura del Comitato per 
le Onoranze a Francesco Brioschi. T.I. Milano, 1901; 4°. 

Colomba (L.). Sopra alcune lave alterate di Vulcanello. Roma, 1901; 8°. 

Giacosa (P.). Magistri Salernitani nondum editi. Catalogo ragionato della 
Esposizione di Storia della medicina aperta in Torino nel 1898. Torino, 
1901: 1 vol. 8° e Atl. in-4° (dono del Ministero della Pubblica Istruzione). 

** Hadamard (J.).. La série de Taylor et son prolongement analytique. 
Chatres, 1901; 8°. 

Luechini (Z.). Appunti di Ortofrenia. Monza, 1901; 8° (4al7'A.). 

Qudemans (J. A. C.). Die Triangulation von Java. 6 und Letzte Abth. Aaag, 
1900; 4° (In Namen der Niederlindischen Regierung). 

** Reichenow (A.). Die Vogel Afrikas. 1. Bol. II Hilfte. Neudamm, 1901; 8°. 

Schuyten (M. C.). Paedologisch Jaarbock. Tweede Jaargang. Leipzig, 1901, 
8° (dall'A. i 

Siacei (F.). Sulla velocità minima. Roma, 1901; 8° (dall’A. Socio nazionale 
non residente). 

— Sulla integrazione di una equazione differenziale e sulla equazione di 
Riccati. Napoli, 1901; 8° (Zd.). 

— Sur un problème de d’Alembert. Paris, 1901; 4°. 

Sperino (G.). L'encefalo dell’anatomico Carlo Giacomini. Torino, 1900; 8°. 

** Vinei (L. da). I Codice atlantico. Fasc. XXII. Milano, 1901; f°. 

Zeuner (G.). Technische Thermodynamik. Zweite Auflage. II. Bd. Die Lehre 
von den Dimpfen. Leipzig, 1901; 8° (dall'A. Socio corrispondente). 


Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche. 


Dal 9 al 23 Giugno 1901. 


* Atti della R. Accademia dei Lincei. Serie V. Classe di Sc. mor., stor. e 
filologiche. Vol. IX. Parte 2°. Notizie degli Scavi; febbraio 1901; Roma, 
1901; 4°. 

** Bibliographie der deutschen Zeitschriften Litteratur, mit Einschluss von 
Sammelwerken und Zeitungen. Bd. VII, Liefg. 6, 7; Supplementband, 
1900. Liefg. 3. 

** Bibliotheca philologica classica. Vol. XXVIII, 1901. Trimestre primum. 
Lipsiae; 8°. 

* Boletin de la Real Academia de la Historia. T. XXXVIII, Cuader. VI. 
Madrid, 1901; 8°. 

Bollettino della Società pavese di Storia patria. An. I, fase. 1; Pavia; 1901; 8°. 

Bollettino di Legislazione e Statistica doganale e commerciale. Anno XVIII, 
gennaio-marzo 1901. Roma; 8° (dal Ministero delle Finanze). 


CXXIV PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 


* Bulletin international de l’Académie des Sciences de Cracovie. Classe de 
philologie, Classe d’histoire et de philosophie. N. 1-3, 1901; 8°. 

* Bnlletin hispanique. Faculté de lettres de l’Université de Bordeaux. 
Tomo III, N. 3. Bordeaux, 1901; 8°. 


* Bulletin of the New York Public Library Astor Lenox and Tilden fos»9 


dations. Vol. V. Nr. 1-6; 1901. New York; 8°. 
* Consiglio Comunale di Torino. Sessione straordinaria. Sedute dal 4 feb- 
braio al 21 giugno 1901; dal N° I-XXIV. Torino; 4°. 
* Faculté des Lettres de l’Université de Bordeaux: 
Annales, 1°re Série, t. 1(1879)-V (1883); 2° Sér., t. VI (1884)-XVII (1894); 


3° Sér., Revue des Universités du Midi, t. I (1895)-IV (1898); 4° Sér.; 
Revue des Études, t. I (1899)-III (1901), Nos. 1-2. Tables des années I-XX 


(1879-1899). Bulletin hispanique, t. I (1899), Nos. 3 et 4-III (1901), 
Nos. 1-2. Revue des Lettres frangaises et étrangères, t. I (1899), II (1900); 
Bulletin italien, t. I (1901), Nos. 1-2, qui contiennent la Revue. des 
Lettres frangaises. Bibliothèque des Universités du Midi. 4° fasc.; 8°. 

Géographie (La), Bulletin de la Société de Géographie. An. 1901, 15 Juin, 
MTRNS6: Paris; 82 

* Giornale storico e letterario della Liguria. An. II, fasc. 5-6; Spezia, 1901; 8°. 

* Indice generale per ordine alfabetico di autori e di materie dei lavori 
letti alla R. Accademia di scienze, lettere ed arti in Padova e pubbli- 

cate sui suoi Atti dal 1779 a tutto 1899-900. Padova, 1901; 8°. 

* Institut de France. Corpus Inscriptionum semiticarum. Pars quarta, 
inscriptiones Himyariticas et Sabaeas continens; T.I, fasc. 3. Parisiis, 
1900; 1 fasc. et Atl. in-4°. Mémoires de l’Académie des sciences mo- 
rales et politiques, T. XXII. Paris, 1900; 4°. 

** Jahresberichte der Geschichtswissenschaft im Auftrage der historischen 
Gesellschaft zu Berlin. XXII. Jahrgang 1899. Berlin, 1901; 8°. 

* Notulen van de algemeene en directievergaderingen van het Bataviaasch 
Genootschap van Kunsten en Wetenschappen. Deel XXXVIII, 1900. 
Aflev. 3. Batavia, 1900; 8°. 

** Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia. 1900; 8°. 

* Report of the R. Society of Literat., and List of Fellows. 1901. London; 8°. 

Rosario (Il) e la Nuova Pompei. Anno XVIII, quad. 1-8. Valle di Pompei, 
1901; 8°. 

* Sitzangsberichte der philosophisch-philologischen und der historischen 
Klasse der k. b. Akademie der Wissenschaften zu Miinchen, 1901. 
Heft I. Minchen, 1901; 8°. 

Statistica del commercio speciale di importazione e di esportazione, dal 
1° gennaio al 31 maggio 1901. Roma, 4 fase.; 8° (dal Ministero delle 
Finanze). 

* Tijdschrift voor Indische Taal-, Land- en Volkenkunde, uitgegeven door 
het Bataviaasch Genootschap van Kunsten en Wetenschappen ete.; 
Deel XLII, Aflev. 2-5. Batavia, 1900; 8°. 


* 


* Tridentum. Rivista mensile di studi scientifici. Anno IV, fasc. 3,4. Trento, - 


1901; 8°. 


N 


PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA CXXV 


Archer de Lima. Pour la paix et pour l’humanité. Lisboa, 1898; 8° (dall’A.). 

Bigoni (G.). Una fonte per la storia del regno di Sicilia. Il Carmen di 
Pietro da Eboli. Genova, 1901 (/d.). ; 

Brusa (Franco). Il concetto di causa nei negozi giuridici. Torino, 1901; 8° 
(dall A.). 

Buonamici (F.). Sull’indice [Syntagma] degli autori e dei libri che servi- 
rono alla compilazione delle Pandette. Pisa, 1901; 4° (dall’A. Socio 
corrispondente). 

Corridore (F.). Un censimento sardo di tre secoli fa studiato secondo l’o- 
dierna distribuzione territoriale. Cagliari, 1901; 8° (dall’A.). 

Poggi (V.). Miscellanea di storia e di archeologia. Spezia, 1900; 8° (dal- 
VA. Socio corrispondente). 

— Catalogo descrittivo della Pinacoteca Civica di Savona. Savona, 1901; 
8° (Id.). 

** Rossi (A.). Francesco Guicciardini e il Governo fiorentino dal 1527 al 1540. 
Bologna, 1896-1899; 8°. 

Rossi (F.). Grammatica Egizia nelle tre scritture Geroglifica, Demotica e 
Copta. Torino, 1901; 8° (dall'A. Socio residente). 

Schipa (M.). Un passo dubbio di Ennodio. Napoli, 1901; 8° (dall’A.). 

Siciliano (G.). Il marchese di Torre Arsa e la rivoluzione siciliana del 1848. 
Milano-Palermo, 1899; 8° (Id.). 


Torino — Vincenzo Bona, Tipografo di S. M. e Reali Principi. 


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CLASSI UNITE 


Adunanza del 18 Novembre 1900. 


PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. ALFONSO COSSA 


VICE-PRESIDENTE DELL ACCADEMIA 


Sono presenti i Soci: 


della Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali: 
Bizzozero, Direttore della Classe, SALvADORI, BeRRUTI, D’OvIDIO, 
Naccari, Mosso, CAMERANO, SEGRE, PrANO, JADANZA, Foà, GuA- 
REscHI, Gurpi, FiLETI, PARONA; 


della Classe di Scienze morali, storiche e filologiche: 
Rossi, Manno, BoLLatI DI SAINT-PrerRE, Pezzi, FERRERO, BOSELLI, 
CipoLLa, Brusa e RenIER Segretario. 


È letto ed approvato l’atto verbale dell'adunanza a Classi 
Unite del 24 giugno 1900. 

Il Presidente rammenta all’Accademia la morte atroce di 
S. M. il Re Umberto I, seguìta durante le ferie, e fa dar let- 
tura dal Segretario dei telegrammi di condoglianza inviati in 
nome dell’Accademia al Ministro della Real Casa di S. M. il Re 
ed a S. E. la Marchesa di Villamarina, dama d’onore di S. M. 
la Regina madre. Sono pure letti i telegrammi giunti in risposta. 

Il Segretario dà quindi lettura del seguente indirizzo che 
l'Ufficio di Presidenza dell’Accademia compilò e spedì d'urgenza 

Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 1 


2 


a S. M. il Re Vittorio Emanuele III nell'occasione della sua 
assunzione al trono. Di questo indirizzo viene chiesta l’inserzione 
negli Atti, che è concessa dal Presidente : 


SIRE, 


Tragica è l'ora, in che la Maestà Vostra, trafitta nei suoi 
sentimenti di figlio e di cittadino, ascende sul trono avito. Ma 
a lenire la ferita che al cuore di Vostra Maestà inflisse la più 
nefanda ed insana efferatezza, valga il compianto della Nazione, 
che unanime deplora la cruda dipartita dell’Augusto Vostro Ge- 
nitore e nel nome Vostro si afferma plaudente. 

In alto 1 cuori! 

L'Accademia Reale delle Scienze di Torino, che deve la sua 
fondazione alla illuminata generosità della Vostra Casa, e dalla 
protezione costante degli Antenati Vostri riconosce il proprio 
incremento, non può che partecipare con animo grato e devoto 
alle vicende della Vostra Famiglia, liete o tristi. E questo senso 
di partecipazione cordiale l'Accademia nostra ora manifesta al 
suo Re nell’occasione solenne in cui Egli assume il supremo 
reggimento dello Stato. 


SIRE, 


Alle idealità più nobili ed alte fu educato il Vostro intel- 
letto : la mente Vostra si piegò spontanea agli studì più severi. 

Non ingrato, quindi, Vi tornerà l’omaggio di questo nostro 
Sodalizio, che alle scienze ed alle lettere dà opera ormai secolare. 

Da questo Sodalizio a Voi sale il voto sincero d’ogni pro- 
sperità: da questo Sodalizio scientifico Vi giunge l'augurio che 
il Regno Vostro sia Regno di pace, nel quale il sapere si dif- 
fonda illuminando di luce vera le menti, nel quale il popolo si 
educhi sempre più e sempre meglio a riconoscere ed a valutare 
il gran tesoro delle libertà conseguite, nel cui retto uso si ven- 
gano temprando i caratteri ad onestà, a fermezza, a coscienza 
dei bisogni moderni. 


SIRE, 


Dio sia con Voi; pel bene della Casa Vostra e di questa 
Italia, che auspicata da tanti generosi, cementata col sangue 


Pig 


e i i nin 


3 


di tanti prodi, trionfalmente costituita sotto il dominio glorioso 
del Vostro Avo, lealmente mantenuta nelle sue istituzioni libere 
dal Magnanimo Padre Vostro, guarda fidente alla Croce Sabauda 
acciò la guidi a quel progresso morale, intellettuale e civile, 
che anche in tempi in cui non era Nazione, ebbe già a procu- 
rarle il nome ambito di maestra del genere umano. 


Il Presidente propone che l'Accademia invii un indirizzo di 
felicitazione a S. A. R. il Duca degli Abruzzi per la sua ardita 
e fortunata spedizione nelle regioni polari. — L’Accademia ap- 


prova unanime. 


Gli Accademici Segretari 


ANDREA NACCARI 
RopoLro RENIER. 


CLASSE 


DI 


SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI 


Adunanza del 18 Novembre 1900. 


PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. ALFONSO COSSA 
VICE-PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA 


Sono presenti i Soci: Bizzozero, Direttore della Classe, 
SaLvapori, Berruti, D’Ovipro, Mosso, CAMERANO, SEGRE, PEANO, 
JADANZA, Foà, GuaRrEScHI, Guripi, FrLeri, PARONA e NACGCARI 
Segretario. 

Il Segretario dà lettura dell'atto verbale della seduta pre- 
cedente che viene approvato. 

Il Presidente partecipa che l'Accademia fu rappresentata 
dal Socio corrispondente TscHerMmAK alla solennità, in cui Vi. r. 
Istituto geologico di Vienna festeggiò il 50° anniversario della 
sua fondazione; dà poi notizia che l'Ing. Alessandro Artom con- 
segnò all'Accademia un piego suggellato per prendere data 
relativamente ad una sua scoperta descritta in quel piego, e che 
il signor Emilio GuaRINI inviò da Bruxelles due note che trat- 
tano della telegrafia senza fili. 

Il Presidente fa menzione delle pubblicazioni seguenti in- 
viate in omaggio all'Accademia dagli Autori: 

Le tavole tacheometriche sessagesimali del Socio JADANZA, 

Vorlesungen iber die Geschichte der Mathematik, 1% parte 
del volume III, del Socio corrispondente CANTOR, 

Qualche cenno sopra Girolamo Fracastoro del Socio corri-* 
spondente FIORINI, 

IMustrazione di alcuni erbarii antichi romani del Socio 
corrispondente PrrortA e del Dott. CHIOVENDA, 


5 


Technische Thermodynamik, vol. I, del Socio corrispon- 
dente ZEUNER, 

Organographie der Pflanzen, II vol., del Socio corrispon- 
dente GoEBEL, 

La Società biologica di Parigi inviò il volume pubblicato 
nell’occasione del 50° anniversario della sua fondazione. 

Le seguenti memorie vengono presentate e con votazione 
segreta accolte per l'inserzione nei volumi accademici: 

1° Contribuzione anatomica e sperimentale alla fisiologia pa- 
tologica delle capsule surrenali del Socio Foà, 

2° Sintesi di composti piridinici e trimetilenpirrolici, me- 
moria del Socio GUARESCHI, 

3° Le Eudiste e le Camacee di S. Polo Matese raccolte da 
Francesco Bassani, memoria del Socio PARONA. 

Il Socio Bizzozero presenta per i volumi delle memorie il 
seguente scritto del Dott. Donato OrtoLENGHI: Contributo all’isto- 
logia della glandula mammaria funzionante. Sarà esaminato dai 
Soci Brzzozero e Foà. 

Vengono poi accolti per la inserzione negli Atti gli scritti 
seguenti: 

1° Sul calcolo delle vibrazioni trasversali di una trave elastica 
urtata, nota dell’Ing. Modesto PANETTI, presentata dal Socio GuIDI, 

2° Contributo allo studio del reticolo delle linfoglandule, 
nota dei signori Pietro Sisto ed Egidio MoraANDI, presentata dal 
Socio Foà, 

3° Calcio e citrato trisodico nella coagulazione del sangue, 
della linfa e del latte, nota del Prof. Luigi SABBATANI, presen- 
tata dal Socio GUARESCHI, 

4° Sopra le coniche che toccano e secano una o più curve 
gobbe, nota del Dott. Severi, presentata dal Socio SEGRE, 

5° Saggio sulla fauna termale italiana, nota del Dott. Raf- 
faele IsseL, presentata dal Socio CameRANO. 


o 


6 MODESTO PANETTI 


LETTURE 


Sul calcolo delle vibrazioni trasversali 
di una trave elastica urtata. 
Nota del Dott. Ing. MODESTO PANETTI. 
(Con una Tavola). 


1. — Nella meccanica applicata alle costruzioni il problema 
delle vibrazioni trasversali di un solido prismatico, elastico ed 
isotropo, già risolto nel caso semplice della corda vibrante, si 
presenta sotto un aspetto più complesso, dovendosi tener conto 
del corpo urtante, che rimane unito alla trave nel suo movimento 
oscillatorio. 

I calcoli eseguiti dal De Saint-Venant (*) a questo propo- 
sito in una serie di casi importantissimi e i risultati numerici 
dedotti hanno risolta in gran parte la questione nell’ipotesi sem- 
plificativa di solidi a dimensioni trasversali minime rispetto alla 
lunghezza, la quale ipotesi equivale ad ammettere trascurabili 
le deformazioni prodotte dallo sforzo di taglio. 

Il problema si può anche trattare, tenendo conto di queste 
deformazioni con quel grado di approssimazione, che oggi si ri- 
cerca anche nel campo delle applicazioni. 

Le formole, alle quali si giunge in tal caso, sono natural- 
mente assai più complesse, ma tuttavia adatte al calcolo nu- 
merico: e i risultati dedotti dimostrano, che, nei fenomeni di- 
namici di cui si tratta, l’influenza dello sforzo di taglio sulle 
deformazioni dei corpi elastici è di un’entità anche maggiore di 
quella già nota nei problemi di statica. 


2. — I corpi elastici, dei quali si occupa la presente nota, 
sono prismatici, simmetrici rispetto al piano degli assi. coordi- 
nati xy, il quale piano ne contiene l’asse geometrico 0 x, e vin- 
colati in un modo qualunque alle estremità. 


(*) Théorie de l’élasticité des corps solides de Clebsch, avec des Notes 
étendues de M. De Sarnr-Venant. Paris, 1881. Cfr. Deuxième Partie. Note 
finale du $ 61. 


Aoe«o—o —"’ _’ciA PO 


VIBRAZIONI TRASVERSALI DI UNA TRAVE ELASTICA È 


Consideriamo (fig. 1) un solido di tal natura! soggetto ad 
una forza p, ripartita su tutta la sua lunghezza con legge per 
ora indeterminata, e ad un carico concentrato P in corrispon- 
denza di una sezione S distante / dall’origine 0. 


Fig. 1. 


P e p siano dirette parallelamente all’asse 07, e giacciano 
nel piano di simmetria xy; il che permette di conchiudere che 
i punti materiali del sistema appartenenti a detto piano non se 
ne scosteranno durante le deformazioni del solido. 

Decomponiamo una delle due parti, in cui il prisma è di- 
viso dalla sezione $, in un gran numero di tronchi di lunghezza 
dl con una serie di piani t perpendicolari all’asse 0x, e rife- 
riamo ogni tronco come tr; t,,, ad un sistema di assi Z£nZ mo- 
bili con esso, in modo che il piano n£Z si conservi tangente 
nel baricentro ® alla superficie in cui si deforma la sezione 
trasversale del solido, e gli assi En siano inizialmente, e quindi 
rimangano in seguito, nel piano di simmetria %y. 

Concentrando allora la forza ripartita lungo il tronco òd/ 
nella sezione t;,,, e componendola colla risultante delle tensioni, 
che vi sono applicate, si potrà considerare il tronco come sca- 
rico su tutta la sua lunghezza e sollecitato in corrispondenza 
della base estrema q,,, da un momento flettente M e da uno 
sforzo di taglio T entrambi operanti nel piano xy. 

Quest'ultimo, ritenendo piccolissime le deformazioni del so- 
lido, è dato da: 


(1) T=T+| pds, 


ove T, è lo sforzo di taglio per la sezione S. 


8 MODESTO PANETTI 


Il tronco preso in esame si trova quindi nelle condizioni 
supposte dal De Saint-Venant nel suo celebre problema sul 
prisma inflesso (*), tanto per le forze che lo sollecitano, quanto. 
pel modo con cui è vincolato alla terna di assi &nZ. Potremo 
dunque con tutto rigore applicare al caso presente i risultati 
che ci occorrono. 

Essi sono: 

1° i punti materiali dell’ asse geometrico del solido si 
spostano solamente nella direzione n di una quantità: 


© s=dlr-rist2)] 


ove (3), è una costante, che dipende dalla forma della sezione 
\ 


trasversale, e che indicheremo con wy. 

2° il piano tangente nel baricentro alla superficie in cui 
si deforma la sezione trasversale del prisma taglia il corrispon- 
dente piano normale alla curva elastica secondo una retta pa- 
rallela all’asse Z, e forma con esso un angolo costante 
rea chi. dA 
(3) = (de) 

Dalla (2) si deduce per differenza fra le costanti angolari 
delle tangenti iniziale e finale all'asse geometrico deformato del 
tronco 

AR, DIRE 
i — Fi dl — di a L; 
poichè l’ipotesi fatta sulla piccolezza delle deformazioni elastiche 
permette di sostituire l’angolo alla sua tangente. La (3) invece 
applicata a due tronchi consecutivi dà: 


+1 
dp" — w Wi OVE bh pa 


e quindi l’angolo formato dalle tangenti iniziali alle curve ela- 
stiche di due tronchi successivi è dato da: 


2 x-+Òl 
do = dp' + dp''= È I Mel P I SE [ndo 


(*) Cfr. Opera citata. Première partie, chapitre II. 


| 


VIBRAZIONI TRASVERSALI DI UNA TRAVE ELASTICA 9 


Dividendo ambi i membri della precedente uguaglianza per 
dI, e immaginando che il numero dei tronchi in cui fu diviso 
il prisma vada indefinitamente crescendo, e decresca quindi, 
. tendendo a zero, la lunghezza è! di ciascuno di essi, si ha al 
limite: 
P_ MM 


Ovvero ammettendo le uguaglianze: 


do _ do dM _ 
de © da?’ de 


delle quali si fa uso costante nelle applicazioni, e che sono am- 
missibili, dato il grado di approssimazione voluto nel presente 
problema, e la scelta fatta degli assi coordinati, si deduce: 


| ES =M—py 
d3 d î d 
(4) E gite 


— EI 


do VE dp 
da È nidi da * 

8. — Dal problema dell’ equilibrio si passa a quello del 
movimento, ricorrendo direttamente al principio di d’Alembert. 
In virtù di esso le (4) sono le equazioni del moto del sistema 


(#) Questa è l’equazione differenziale della curva elastica sotto una 
forma poco differente da quella nota nelle applicazioni della statica. In 


esse di fatto in luogo di y= (35) si introduce il suo valore approssi- 
0 


mato X TE (!), che si ricava, supponendo la tensione tangenziale ripartita 


uniformemente su ogni corda parallela all'asse di flessione. L’analisi fatta 
per dedurre le (4) era però indispensabile, per mostrare come esse, entro 
i limiti di approssimazione del problema, siano conseguenza delle equazioni 
generali di equilibrio dei sistemi elastici; e per poter quindi applicare in 
seguito, anche nel caso presente, una nota proprietà degli integrali parti- 
colari di dette equazioni. 


(1) Cfr. Lezioni sulla Scienza delle Costruzioni del prof. C. Gum, parte II. 


10 MODESTO PANETTI 


‘ considerato, quando la forza ripartita p (che appunto a questo 
scopo si è supposta una funzione qualsiasi dell’ascissa x) si con- 


sideri come risultante della forza d’inerzia della massa in mo- . 


vimento e di un carico p, rappresentante il peso della trave 
e dell’impalcatura ad essa solidale. 

L'ipotesi fatta sulla direzione di p equivale a ritenere tra- 
scurabile l'inerzia corrispondente ai moti rotatori della sezione 
del solido rispetto a quella che compete ai loro ‘spostamenti 
verticali; si ha perciò: 


E sostituendo questo valore nelle (4), supposto », costante, 


come d’ordinario si ammette nella pratica, si deducono le equa- 


zioni seguenti: 


a de e dv 
(5) va M_(n i) 

j nat dor_® ln" Vo - dv Po, dv 
(O e 
a do __ Po d°v Do d'v 
(7) EI da' bet d derby Wa 


Altrettante relazioni affatto analoghe esistono per la por- 
zione di trave compresa fra la sezione S e l’appoggio di destra, 
se la si riferisce ad un’altra terna di assi orientata rispetto a 
detta porzione, come lo è il sistema 0xy2 rispetto al tronco 
sinistro precedentemente considerato. 

Il problema è così ridotto alla ricerca dell’integrale gene- 
rale di equazioni indefinite del tipo (7), e alla determinazione 
delle costanti arbitrarie per mezzo di condizioni, che si deducono 
dalle (3) (5) e (6) e dalle loro analoghe, applicandole alle se- 
zioni corrispondenti agli appoggi ed a quella su cui insiste il 
carico concentrato P. L'integrazione è possibile ogni qual volta 
si supponga, che la gravità non operi sul sistema vibrante; e 
quindi nella (7) si trascuri il 1° termine del 2° membro pp; il 
che in alcuni casi pratici può essere assolutamente rigoroso, in 
altri ammessibile soltanto per approssimazione. 


f 
Ù 


PE n e 


-er—_—___———_——_—_——_’is’ — orrr—»———ur——c©’’ 


VIBRAZIONI TRASVERSALI DI UNA TRAVE ELASTICA pid 


Si ricorra allora alla sostituzione generale per risolvere le 
equazioni del moto dei corpi elastici, che si riduce a 


(8) Vv a È sen(u?t) V , 


se l’origine dei tempi fu scelta al principio del moto. 

In essa V è funzione della sola «, e si determina risolvendo 
l'equazione differenziale ordinaria, che risulta dalla sostituzione 
fatta; u è la caratteristica di ogni soluzione particolare della (7), 
o in altre parole di ogni vibrazione semplice del sistema. Fra 
tutti gli infiniti valori di u si debbono considerare nella X della 


formola (8) solo quelli a cui corrispondono soluzioni particolari, 


che soddisfano all’equazione del moto del corpo P, soggetto alle 
azioni, che la porzione destra e la sinistra della trave gli tra- 
smettono, e che si esprimono, scrivendo la (6) e la sua analoga 
per la sezione speciale $. 

Finalmente i coefficienti A si determinano, ricorrendo alle 
condizioni iniziali del moto nell’istante dell’urto, pel quale t= 0. 
In detto istante si ha: 


(0) (a) EEA 


e (Pe), è una funzione nota @(x) dell’ascissa. 

Conviene allora ricorrere alla proprietà generale dimostrata 
dal Boussinesq per gli integrali particolari delle equazioni del 
moto dei corpi elastici non soggetti alla gravità (*). Essa con- 
siste nel fatto che l'{V,V.dw estesa a tutto il volume del si- 
stema vibrante, compreso il corpo P, è uguale a zero, se V; e V, 
sono due soluzioni corrispondenti a valori diversi della carat- 
teristica 4. Moltiplicando quindi ambi i membri della (9) per 
V,dw, e integrando come si è detto, si ottiene: 


19°)  fo(a)Vidu= AxfVidw; 


dalla quale si deduce il coefficiente A, cercato, poichè [Vi dw è 
certamente diverso da zero, se V,., non è costantemente nullo. 


(*) J. Boussinesa, Sur deux loix simples de la résistance vive des solides, 
“ Comptes rendus de l’Académie des Sciences ,, 7 e 14 dicembre 1874. 


12 | MODESTO PANETTI 


4. — Applicazione ad un caso particolare. — Allo 
scopo di apprezzare l’influenza dei nuovi termini introdotti nelle 
equazioni che risolvono il presente problema, tenendo conto delle 
deformazioni dovute allo sforzo di taglio, conviene applicare il 
metodo accennato ad un caso importante ed abbastanza sem- 
plice, per potervi adattare il calcolo numerico. È questo il caso 
di una trave prismatica, semplicemente appoggiata agli estremi, 
lunga 27, urtata nella sezione di mezzo da un corpo di peso P 
in direzione normale alla gravità. Le oscillazioni dell’asse geo- 
metrico del sistema avranno luogo nel piano orizzontale in cui 
esso giace, astrazion fatta dalle piccolissime deformazioni sta- 
tiche della trave, e saranno quindi indipendenti dai pesi dei 
corpi urtante ed urtato, pur dipendendo dalle loro masse. 

L’equazione indefinita del movimento per ognuna delle se- 
mitravi è in tal caso: 


I __qy dio _ po dv Po d'v 
(7) EI dei ..g-- 90 da dide 


Inoltre nella sezione immediatamente a sinistra della mez- 
zeria si ha: 


= e Wps (do 
Tage (2 MEL 9g (e (a ; 


come si deduce, sostituendo nella (6) il valore 2 all’ascissa cor- 
rente x. Ma la simmetria di tutto il sistema ci assicura che lo 
stesso sforzo di taglio T, opererà nella sezione immediatamente 
a destra della mezzeria. 

Applicando quindi il principio di d’Alembert al corpo P ed 
all'elemento di trave lungo dr, sul quale esso insiste, e a cui 
sono applicate pel ragionamento precedente due forze uguali a 
— T,, e trascurando a fronte delle quantità finite l’inerzia infi- 
nitamente piccola dell'elemento suddetto, si deduce: 


P_/d°v\ 
(10) È (GF) _t ami. 


e pel valore di T, testè trovato: 


do ("9% adi pe ea gin 
(11) nia I (abi AE Fri i \d' fur n 


call nni Ant 


VIBRAZIONI TRASVERSALI DI UNA TRAVE ELASTICA 13 


Le condizioni di posa della trave e la simmetria del si- 


stema ci permettono poi di scrivere tre altre equazioni definite: 


(0): = 0; EI (È lena i A (Edo 


dv \ D d? 
(LF A san 9 (File 


In fatti in corrispondenza dell’appoggio semplice di sinistra, 
cioè per «=0, si ha 


(12) 


ve=0 M=0; 


nella mezzeria invece, data la simmetria del sistema, la sezione 
deve rimanere piana e normale all’asse geometrico primitivo, e 
quindi la tangente alla curva elastica nella sezione immediata- 


. mente a sinistra ia mezzeria forma con detto asse in virtù 


della (3) l'angolo + 3 w; donde, sostituendo a T, il suo valore 
dedotto dalla (10), si trova l’ultima delle (12). 
Posto per semplicità: 


o Dl a 
T  gEl ca Pol 


le equazioni ricavate prendono la forma: 


d'v dv 
(7") lì 1a) + TN daga = 0 
, d8v d'» Pg {dv 
AI) Zur (ga) (Et an), 
1 dv z dv 
pinna: SB 


(12') | 


Fissata l'origine dei tempi all’inizio del movimento, cioè 
ammesso (v)-,=0, come si disse nella discussione generale, 
l'integrale dell'equazione indefinita (7) si può porre sotto la 
forma più semplice: 


Le gen(1)a 


14 MODESTO PANETTI 


ti 


ove c& è una funzione della sola x, e la X va estesa a tutti i 
valori di m e di @, tali che @ = sen (10) c sia un integrale 


particolare della (7’) e soddisfi le (11’) e (12°). 
Sostituendo detto valore alla v nell'equazione indefinita del 
movimento, si ottiene subito: 


(7) uTX I may ® mi =0, 


equazione differenziale, lineare, ordinaria a coefficienti costanti, 
la cui caratteristica ammette le quattro radici: 


essendo, 


“i —- 2 VV us VEE 27° ae i 29 


L’integrale generale della (7’) è quindi: 


E=A Sin 2) + BGos(42 #)+ 


\ 


(13) 


L PES. CRT) 
| Tn Csen! "È x) + Dos ( mb 
ove i simboli Sin Cos denotano le funzioni iperboliche sosti- 
tuite (per ottenere maggiore simmetria nelle formole) alle fun- 
zioni esponenziali. 

Ponendo similmente nelle equazioni di condizione (12') in 


2 
i; : 5 > ir nt : 
luogo di v il termine @cX. mm sen( = la si ottengono le rela- 


zioni cui deve soddisfare la cX} che servono a determinarne le 
costanti: 


(120) tao | 


(*) Questa relazione non ha luogo di regola in corrispondenza di un 
appoggio semplice di estremità, come si ammette nella teoria approssimata, 
che trascura le deformazioni dovute allo sforzo di taglio. Ma in questo 
caso l’uguaglianza è rigorosamente esatta, poichè si è supposto po = 0. 


TIVO rea oe ue 


VIBRAZIONI TRASVERSALI DI UNA TRAVE ELASTICA 15 


Dalle prime due si deduce 


i EAU 
dall’ultima 
OCA 


essendo 


07? Cos (m°a) — my n Sin (m°a) 


B2*cos(m°B) — m°y — 9 P_sen(m?8) 
Cosicchè la funzione c&° ava la forma: 


A=A| Sin (PE e) ks ME, e) |, 


e l'integrale generale v, conglobando la costante A colla @, 


diventa: 
v SY RXE sen (’2*) : 
ove 
(14), be Sin( 2° x) — ksen(*® x) . 
5. — I valori del parametro m, cui va estesa la somma- 


toria, si ricavano dall’ equazione (11'), sostituendo in essa a © 
l’espressione generica degli integrali particolari del problema 


2 
T mt 
AX—-; sen— . 
m ft 
Risultato di tale sostituzione è l'uguaglianza: 


dX d'X 


umi( È dx ei Ma + | dx? dia Fi Om) 08 


che, combinata coll’ultima delle (12”), e ponendo in luogo di X 
il suo valore (14), fornisce l’equazione caratteristica : 


m?[0® 6 + kB%] + È [(S—&s][1 stadi v | 10 
ove per brevità di notazione si sono introdotte le abbreviazioni: 


C = Gos(m?a) S= Sin(m?a) 
c= cos(m?B) s= sen(m?B). 


16 MODESTO PANETTI 


La precedente equazione si può ridurre ad una forma assai 
semplice ed elegante, sostituendo a £ il suo valore, e moltipli- 
cando ambi i membri dell’uguaglianza che ne risulta pel binomio 


Ble — my > s non identicamente nullo. In seguito a parecchie 


trasformazioni affatto ovvie, se si tengono presenti le identità: 


1 
Eni Bo — a? paco aB; 
si giunge al risultato seguente: 
LE pa B88 — at 
(15) Fo a? + p? ’ 
ove i=-tang mp, I = Tangm?a. 


E in conseguenza l’espressione di % si semplifica 


e X6 1 

(16) k= 8 è | i 
| 

e il valore della funzione X per «=, paragonato alla (15), 
permette di scrivere l’uguaglianza: a 
G 2_| gp? | 

1) Ma=r@er-pp=—t Ac 


L’equazione caratteristica, come appare con tutta evidenza 
dalla sua nuova forma (15), è un’equazione trascendente soddi- — 
sfatta da infiniti valori di m, che si possono cercare grossola- 
namente, come si vedrà in seguito, con un procedimento grafico, 
salvo a correggerli col metodo delle approssimazioni successive. 

Tuttavia conviene fin d'ora dare un’ espressione approssi- 
mata, di cui avremo bisogno fra poco, della più piccola radice 


reale, positiva mm nell'ipotesi di 2 vicinissimo a zero. Allora 


m, e per conseguenza m;0 ed mf saranno anch'essi piccolis- 
simi; quindi alle funzioni # e & si possono sostituire i primi ter- 
mini dei loro sviluppi in serie (*), e se ne dedurrà subito: 


4 
Qu 
Mo Didi 
Pia 
: 6p? m1°p3 : inSa3 mad 
() = 88 +27 +16 5I di IT=ma—277 +16 BO 


VIBRAZIONI TRASVERSALI DI UNA TRAVE ELASTICA 17 


cioè, se 2 > 0, la più piccola radice della (15) è anch'essa di- 


versa da zero. 

I valori, che soddisfano all’equazione caratteristica, si pos- 
sono raggruppare a 4 a 4; poichè; per ogni radice :m, la (15) 
ammette com'è facile verificare le —m, + im, —im, che, so- 
stituite nella funzione X, la fanno al più cambiare di segno, ma 
non di valore assoluto. 

Per conseguenza nella X dell’integrale generale è lecito riu- 
nire a 4 a 4 i termini corrispondenti, sommando i coefficienti 
A, il che equivale (essendo questi ultimi tuttora indeterminati) 
a considerare nella serie i soli termini relativi alle radici reali 
e positive della caratteristica. 

6. — Ciò premesso, si considerino le condizioni iniziali del 
moto nell'istante dell'urto, per le quali: 

dv 
(= ZA, xii 
e si noti, che in detto istante la velocità dei punti materiali 
della trave è in tutte le sezioni nulla, all’infuori della mezzeria, 
in cui vale la velocità U del corpo urtante. Moltiplicando quindi 
ambi i membri dell’equazione precedente per Xdg [ove X è uno 


degli integrali particolari X, corrispondente alla radice m], e 


integrando rispetto a tutta la massa q=tt9, che vibra, si 


ottiene: 


PU) = YA {È [XA de + PR )omt Alon; 


ove il termine Lx de è il doppio dell’integrale esteso alla 


semitrave sinistra; e quindi, data la simmetria del sistema, rap- 
presenta l’integrale esteso a tutta la trave. 

Ma in virtù della proprietà generale dimostrata dal Bous- 
sinesq (cfr. n° 3), e colla stessa approssimazione con cui si sono 
sostituite le (7’) alle equazioni rigorose del movimento dei corpi 
elastici non soggetti alla gravità, si ha: 


= fi X;Xdx + P(X)ea(X)a =0, 


se X, non è uguale ad X. 
Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 2 


18 MODESTO PANETTI 


Rimarrà quindi nella X il solo termine, nel quale X;=X, 
e se ne dedurrà perciò: 
sa PU (X)s=i È 
If rd + PA 
e, ricorrendo alla (17), 
U 


m205 


(Kei — wait Gua?+ f) 


| ida 
L’integrale, esistente al denominatore, si può eseguire, es- 
sendo nota la funzione X; si ricava infatti: 


SE 1 


— ma 2 


as® — BeS 


1 X°do= = Ra) 2% 


\2n?B 2 


e sostituendo, dopo parecchie trasformazioni che non presentano 
nulla di rimarchevole, si ottiene A sotto ld forma: 


U 
(18) TIT 
ove in 

— BI 1 

A=D mia +8? —2 ra: MSC: — p p® | 8 
19) ‘ 
( ) Î + 1 fia p° 107 sa | 
9 Late BG? 


è una quantità essenzialmente positiva, come risulterà da un 
raggruppamento differente dei termini, che conviene eseguire per 
un'ultima discussione sul presente argomento. 

Ci prevarremo a questo scopo delle uguaglianze: 


of—Pt. Q.adiTay 
a+ p® — P BR? B3 lla 
2 
Ei-TtT= È a°-|-B vs y 


ai B3 Ve. ’ 


che si verificano facilmente, ricorrendo alla (15). 
. Si ottiene allora: 


i B° 20 3 T 2 
(19) A=3(8+5- +44 


dalla quale si riconosce facilmente A > 0. 


n 


Ce 9 > O © 


VIBRAZIONI TRASVERSALI DI UNA TRAVE ELASTICA 19 


Sostituendo in fine questo valore di A, o il precedente (19), 
nella (18), e ponendo alla sua volta in luogo di A la sua espres- 
sione nella (14) si ricava la forma definitiva dell’ integrale ge- 
nerale: 


(14') a=Ux VA a° + B? a i 2) mi: di siena] sen* . 


A ma? c B? G 


7. — Le formole ricavate contengono implicitamente quelle 
dedotte dal De Saint-Venant nel caso più semplice in cui si 


trascurino le deformazioni prodotte dallo sforzo di taglio. 
Basta infatti porre y=0 ( cosicchè a=B= a ék= 2) 


per ottenere invece dell'equazione caratteristica (15) e dell’in- 
tegrale generale (14’) le due formole seguenti: 


15° 2 DEDE m(tangm — Tangm 
P (©) 
ma AME 
2A, a | 200 a lee) 
(14°) v= ur) E a SE n sen n° 
/ 2 SC) «og SAR . 
smo 2 P na dia (ca Cosm sa 
8. — La serie (14), i cui termini supporremo disposti nel- 


l’ordine crescente delle radici m della caratteristica, rappresenta 
con essi termini gli spostamenti corrispondenti alle singole oscil- 
lazioni semplici, di cui risulta il moto vibratorio del sistema 
elastico. Per poter quindi attribuire alla risoluzione analitica il 
significato fisico che le compete è necessario dimostrare che detta 
serie è convergente. 

A tale scopo basterà verificare la convergenza di una serie 
a termini tutti positivi e maggiori dei valori assoluti dei cor- 
rispondenti termini della serie data, che sono parte positivi, 
parte negativi. 

Principiando la trasformazione della (14') dal binomio fra 
parentesi, si ha immediatamente: 


20 MODESTO PANETTI 


e in virtù della (15), che dev'essere soddisfatta dai valori di wm, 
ai quali è estesa la sommatoria (14’), si ha: 


mf 
sai) ) _ son (E )J1+(9 si +5 SI 


x P_m ' pe) 


Ora il massimo della quantità sotto il segno di Y ha luogo 
quando si sostituisca ad m il suo valor minimo nu; ma poichè 


LOI i . E x 
si è dimostrato che m, ha sempre un valore finito se —= non è 


Q 


infinitamente grande, sarà possibile fissare un numero N abba- 
stanza grande, perchè si abbia costantemente 


mp 
ii 


Quindi il binomio del numeratore sarà minore di N + 1. 
Si prenda ora in esame l’espressione (19') di A; i tre ter- 
mini che essa contiene sono tutti positivi, quindi: 


1 p? (0 
AS 2 fe rr; FO | 


mi? {| 1 TOI 
ah > È È e Pe | : 


Ora pel fatto già menzionato che il minimo valore capace di 
soddisfare la (15) è maggiore di zero si ha costantemente * 


e per conseguenza 


DD 


Miotet 
e si può fissare una quantità finita è, tale che: 
1 1 
e (a), 

. e DS . . . 2 
cosicchè a più forte ragione si abbia a% A > si ò. 

Ne segue che la serie data ha i suoi termini minori dei 

. . . . 2 2 . 
corrispondenti termini della Ut ca DI i la dimostra- 


zione è quindi ridotta a verificare la convergenza della serie 


2_|_R2 
(20) YVEEA. 


RETI e 


, rta, —o—o ——- 


VIBRAZIONI TRASVERSALI DI UNA TRAVE ELASTICA 21 


Se ora si considera che ogni radice reale e positiva della 
caratteristica (15) dev'essere compresa nell’ intervallo in cui 
tang (m°B) passa da 0 ad ©, dette radici potranno essere poste 
sotto la forma 


pipa Llr4 4) 


ove n è il loro numero d’ordine, cominciando da zero, € è una 
quantità non maggiore dell’unità. 
Dalla precedente uguaglianza si deduce, sostituendo ad a 
il suo valore: 
1 di 


= 1 Alea (pietà 
m' ORE fanne t o | Tegl 


e quindi 


1 1 1 wr? 
mat s | 5 Arcadi: 


mi \n 


Cosicchè invece della (20) si potrà studiare la serie: 
‘a+ B* | 1 LTL PANE (aa rr? È 
di t' (n * Pn? neo | n° dl Pn? \pepa HE mm 


She 
ed essendo pera una quantità finita per m soddisfacente 


alla (15), se ne deduce che il termine generico della serie pre- 
cedente risulta dalla somma dei termini di due altre serie no- 


toriamente convergenti della forma 


DRG. (cre SR 
n' ai 
9. — La dimostrazione precedente vale com'è naturale anche 


nel caso più semplice della serie (14°) che il De Saint-Venant 
non si curò di dimostrare convergente; e per la quale del resto 
una dimostrazione diretta sarebbe assai più semplice; poichè le 
radici dell’ equazione caratteristica (15° non vanno facendosi 
come quelle della (15) sempre più vicine col crescere di m, ma 
sono tutte comprese entro tratti ugualmente spaziati dell’ascissa. 

È facile anche vedere che la serie (14') dev'essere di una 
convergenza molto rapida. Infatti nel trasformare i termini della 


serie data in quelli della (20), si sostituì al rapporto gn va- 


22 MODESTO PANETTI 


lore costante maggiore del suo massimo uguale ad 1 (*), mentre 
detto rapporto tende a 0 e quindi il suo reciproco ad 00, cosicchè 
il 1° termine dell’espressione (19') di A, che si è trascurato, 
diventa ben presto grandissimo. Del resto l’esempio numerico 
che segue pone in rilievo questa fortunata proprietà, e ci assi- 
cura che nella maggior parte dei casi si ha un’approssimazione 
sufficientissima, limitando il calcolo al primo termine della serie, 
cioè ammettendo: 


x Sin E 
TU a?4p?|SNar i de mit 
A n ate BC T 


(14”) v= 


ESEMPIO NUMERICO. 


Si consideri un longone da ponte ferroviario in legno. 

La portata della trave sia 2/=260 cm.; le dimensioni 
della sezione rettangolare cm. 27 X cm. 42; il peso proprio com- 
preso l'armamento della via ferrata sovrastante Q= t. 0,7; il 
carico P= t. 7,0 rappresenti il peso trasmesso dalla ruota di 
una locomotiva, che nell’ istante scelto come origine dei tempi 
si trovi sulla mezzeria della trave, e, per effetto del moto di 
serpeggiamento, la urti con velocità U in direzione orizzontale 
normalmente all’asse della via. 


Coi precedenti dati si ottiene subito : = = * ; e, acconten- 
tandosi del valore approssimato di w, citato nella nota a pag. 5, 


si deduce: 
Eiquesita fut 


Pes La MOT LAV cem? e 
w=XarFT5 o \ 19 20°) = 182 I 


se si ammette che il rapporto fra il modulo di elasticità nor- 


male E e il modulo di elasticità tangenziale G valga i 


(*) Ciò si è fatto, volendo tener conto della minima radice my dell’e- 
quazione caratteristica, per dimostrare al tempo stesso che anche il 1° ter- 
mine della serie non può mai essere 00, se 2 > 0; mentre la convergenza. 
della serie si sarebbe potuta verificare; trascurando un numero finito arbi- 
trario de’ suoi primi termini. 


i 


rr .—r_rc—_p —n 


VIBRAZIONI TRASVERSALI DI UNA TRAVE ELASTICA 23 


Risoluzione dell'equazione caratteristica. — I valori di m, che 
soddisfano la (15) si possono trovare per approssimazione, trac- 
ciando le linee: 


app tane (1) d'a EpIme(p). 


e ricavando le ascisse m dei punti nei quali y/ — y"” = io come 


si è fatto nella tavola qui unita. 
Si calcolarono a tale scopo coi logaritmi i valori registrati 
nella seguente tabella, che sono tutti numeri astratti. 


I) m°p? 1 ma? 
m 22 ato = ie ara, 
a a? + p? 8 a? + p° 

1 1,003 0,505 0,997 0,496 
2 2,022 1,011 1,979 0,990 
S| 3,072 1,609 2,929 1,394 
4.|. 4,176 2,267 3,832 1,752 
5 5,945 3,027 4,677 2,028 
6 6,602 3,925 5,452 2,210 
7 01 4,998 6,148 | 2,294 
8 9,466 6,268 6,761 2,284 
RE 7,067 7,290 2,194 
10 | 12,923 9,518 COC ZLI 
11 | 14,922 11,520 8,109 1,849 
12 | 17,118 13,788 8,413 1,638 


A , : 1 
Poi, portate sul disegno le m come ascisse e le 7 come 
ordinate, si disegnò una curva, dalla quale si dedussero i punti 


di ordinate uguali a (n - 3) T, ove n è un intero qualsiasi. 


I corrispondenti valori dell’ascissa permettono di tracciare 


le ordinate, alle quali la linea tang - (e quindi anche la y') è 


assintotica. Così pure, determinati i punti, nei quali la linea -— 


ha per ordinata i multipli interi di m, si hanno nei corrispon- 
denti valori dell’ascissa i punti in cui y' si annulla. 
m? p? 


Tracciata poi la linea di equazione 2' = EI ridotti gli 


24 MODESTO PANETTI 


angoli -— In gradi sessagesimali, e calcolati per un numero con- 
veniente di punti colle tavole delle funzioni circolari i valori di 


tang —, si poterono tracciare i rami positivi della curva y/, 
(01 4 


moltiplicando tang si per le ordinate corrispondenti di 2". 


Minori difficoltà presenta il tracciamento per punti della y"; 
se si fa uso di tabelle che dànno i valori delle funzioni iper- 
boliche. La figura che ne risulta, e da cui si deducono facilmente 
i punti segnati con cirdoletti doppi sull’asse delle ascisse, cor- 


x : : 1 c 
rispondentemente ai quali y' — y"” = 10: rappresenta assai bene 


la distribuzione delle radici dell’ equazione caratteristica e il 
loro continuo avvicinarsi col crescere di wm. 

L’approssimazione colla quale si possono dedurre le radici 
m, disegnando in una scala un po’ grande, sarebbe sufficiente 
in un caso pratico; ma non lo è qui, dovendo questo esempio 
dare un criterio sulla rapidità di convergenza della serie (14’). 
Con tentativi ripetuti di calcolo, fatti partendo dai valori ap- 
prossimati suddetti, si ricavarono i valori esatti sino alla quarta 
cifra decimale: 


m, = 0,7262 mi = 3,7067 m, = 6,1506. 


Limitandosi poi a dedurre i valori massimi degli sposta- 
menti per la sezione di mezzo della trave, si calcolarono i ter- 


Det RO . v 
mini successivi della serie Da PA 


e=l e sen DAS 1 
CT 
e si ottenne per 
Î 2 
ey, lare agg gal 26 LG |> 18102 
m'A ai 
m=m, | A=28,6940 è 6 si = UUIA 


m=m, | A=48,8158 di Dee se ODE 


che confermano pienamente le previsioni fatte, e assicurano che, 
nei casi della pratica, la (14”), nella quale si tiene conto sol- 


&. 
“% 


VIBRAZIONI TRASVERSALI DI UNA TRAVE ELASTICA 25 


tanto del termine corrispondente ad m,, dà tutte le garanzie di 
una sufficiente approssimazione. 

Se in fine si riprende il problema colle formole (14°) e (15°) 
date dal De Saint-Venant, trattando il caso presente nell’ipotesi 
che le deformazioni dovute allo sforzo di taglio siano trascura- 
bili, si trovano come radici dell’equazione caratteristica : 


mo = 0,7313 my=8;9513 ma = 7,0525 


. ui cia . sd . . CIC: . v b 
e i successivi valori massimi dei termini della serie Da diven- 


tano: 
per m= mo 1,3727 


e A 0,0016 
n» M=Mg 0,00015. 


Dai quali valori risulta, che l'aumento nelle deformazioni 
calcolate, tenendo conto dello sforzo di taglio, è in questo caso 


circa +, della freccia massima dedotta, tenendo conto del solo 


momento flettente. 

I calcoli numerici eseguiti ci hanno condotto a risultati che 
non sono applicabili soltanto alla trave presa in esame, ma val- 
gono in generale per tutte le travi semplicemente appoggiate 
agli estremi, urtate da un corpo estraneo con velocità U nella 
loro sezione di mezzo, a condizione che: 


1° il peso Q della trave sia si del peso P del corpo 


urtante; 
2° le dimensioni della trave siano tali che rispetto al 
piano di sollecitazione abbiasi: 


s=x# (-#)°=0,0108; 


il che corrisponde per un prisma isotropo di sezione rettango- 
lare a supporre, che il rapporto fra il raggio di inerzia e la se- 


milunghezza della trave valga ": 


In particolare, nei casi che avverano le condizioni enun- 


26 MODESTO PANETTI — VIBRAZIONI TRASVERSALI, ECC. 


ciate, lo spostamento del baricentro della sezione di mezzo, come 
si deduce dalla formola approssimata (14), è dato da 


dae Po [05274 t 7. 
(21) o= 1,8102220 Va sen | | : 


È y Po 
gEI 


la quale uguaglianza pone in chiaro una proprietà ben nota co- 
mune a tutti questi fenomeni dinamici, quella cioè che le defor- 
mazioni da essi prodotte, in rapporto alle deformazioni che hanno 
luogo nei corrispondenti fenomeni statici, vanno perdendo d’im- 
portanza coll’aumentare della portata. 

Infatti la freccia v risulta nella formola precedente propor- 
zionale al quadrato della luce libera della trave, mentre nelle 
stesse condizioni di posa un carico statico concentrato sulla mez- 
zeria vi produce un abbassamento proporzionale al cubo della 
lunghezza. 

Sostituendo finalmente nella (21) i dati numerici dell’esempio, 
sì ottiene: 


v= 0,0193 U sen (49,4357 t); 


ove le unità adottate sono il cm. per le lunghezze ed il minuto . 
secondo pel tempo. Essa ci dice che nel moto vibratorio fonda- 
mentale, di cui soltanto tien conto la precedente formola ap- 
prossimata, si compiono quasi esattamente 8 oscillazioni com- 
plete in un minuto secondo. 


| 
j 
Ì 


* 
My ST 


PANETTI - Sul calcolo delle vibrazioni tà AttiR.Accad. 


am. cala delle ascisse 27%. 


Scala delle ordinate 192 


n * 
& 


W.PANETTI- Sul calcolo delle vibrazioni trasversali di una trave elastica urtata. 


nd 
y@ Ì 
: 3 
1 = 2 De >, b) 6 RE $_ 9 40 It 
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| Scala delle ordinate 1/95 unila GSÒ 
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gr 4 N tà 


“ 


LUIGI SABBATANI — CALCIO E CITRATO TRISODICO, ECC. 27 


Calcio e citrato trisodico nella coagulazione del sanque, 


della linfa e del latte. 
Ricerche sperimentali del Prof. LUIGI SABBATANI. 


È noto da tempo che i citrati alcalini, aggiunti al sangue, 
ne impediscono la coagulazione; questo fatto fu segnalato da 
| PekELHARING ed è stato utilizzato da alcuni nella preparazione 
degli sieri, poichè coll’uso di citrato trisodico si riesce ad otte- 

nere dal sangue di cavallo una maggiore quantità di siero, ed 
anche più facilmente. Era noto pure che il sangue, reso incoa- 
| gulabile col citrato, si può far coagulare aggiungendo del calcio; 
«ma quest’azione antagonista fra citrato e calcio non si spiegava 
| bene, come quella fra ossalati, fluoruri, saponi alcalini e calcio, 
poichè i citrati non precipitano il calcio, come fanno quelli. Anzi 
| l’incoagulabilità del sangue, ottenuta con piccole dosi di citrato, 
era da Scamipr (1) citata contro la teoria di ARTHUS (2), che 
gli ossalati producano la incoagulabilità del sangue in AuraO 
precipitano i sali di calcio. 

Ora, seguitando nello studio biologico dell’acido citrico (3), 
ho potuto dimostrare chiaramente come il citrato trisodico im- 
pedisca la coagulazione, in quanto immobilizza chimicamente il 
calcio, pur non precipitandolo; e le presenti esperienze vengono 
a confermare che i sali di calcio sono veramente indispensabili 
nella coagulazione del sangue, della linfa e del latte; in fine ho 
potuto stabilire un rapporto molecolare fisso fra il calcio che 


Vr e © 


(1) Scampr A., Weitere Beitrige zur Blutlehre. Wiesbaden, 1895. 

(2) Per la bibliografia vedi M. Arrnus, La coagulation du sang. Carré 
et Naud, Paris, 1899. 

(3) Sasparani L., Ricerche farmacologiche e chimiche sugli acidi aceton- 
dicarbonico e citrico, “ Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino ,, 
vol. XXXIV (1899). 


"i 


28 LUIGI SABBATANI 


preesiste nel sangue e la quantità minima di citrato sufficiente 
ad impedirne la coagulazione. E poichè le quantità di calcio 
che trovansi nel sangue sono molto piccole, ed i rapporti da 
studiare fra citrato e calcio sono delicatissimi, così dovetti avere 
massima cura di fare saggi quantitativi, per quanto mi era pos- 
sibile, scrupolosamente esatti, nel che sta forse il pregio mag- 
giore della presente nota. 

Si ottiene l’incoagulabilità con acido citrico e citrati mono- 
e bi-sodico; ma è col trisodico che si ottengono i risultati 
migliori: non si ottiene invece cogli eteri citrici (trietilico e 
trimetilico); perciò ho studiato specialmente il citrato trisodico 
rispetto alla coagulazione del sangue, della linfa e del latte. 

Indirettamente poi da queste esperienze si può intravve- 
dere sotto qual forma l’acido citrico circoli nell’organismo: non 
certo come citrato alcalino; ma verosimilmente come citrato 
alealino-calcico. 


Preparai io stesso il citrato trisodico occorrente per le mie 
esperienze con acido citrico e carbonato sodico puri, e feci cri- 
stallizzare il prodotto per tre volte successive: ottenni così un 
sale purissimo. Questo all’aria secca non si altera e non perde 
acqua di cristallizzazione, non ne perde neppure sull’acido sol- 
forico. Scaldato a 100-105° C. per molte ore di seguito, perde 
lentamente quattro molecole d’acqua di cristallizzazione, il resto 
(1 ‘(o molecole) la perde solo verso 150°. Quando il sale è così 
reso anidro, sopporta la temperatura di 180° senza alterarsi 
molto, e solo ingiallisce leggermente. 


I. Gr. 6,4290 di citrato trisodico, secco all’aria e sull’acido sol- 
forico, dopo 20 ore a 100-105° perdettero gr. 1,2436 del 
loro peso; 

II. e scaldati ulteriormente a 150°, fino a peso costante (tre ore 
furono sufficienti), subirono una perdita di peso totale di 
gr. 1,7764; 

III. Gr. 2,5434 del sale anidro così ottenuto, che non calarono 
sensibilmente di peso, neppure dopo essere stati più di due 
ore a 180°, lasciarono per calcinazione in capsula di platino 
gr. 1,5698 di carbonato sodico (Na?CO?), corrispondenti a 
gr. 0,6812 di Na. 


da 


CALCIO E CITRATO TRISODICO NELLA COAGULAZIONE, ECC. 29 


Quindi : 


trovato calcolato 
agnAnC Le 
Supponendo che C6H507Na3+ 5 1/» H?0 
a 100-105° perda 4H?0, %. . 193 — — 20,1 
Supponendo che C6H507Na3+ 54/, H?0 
eaiobe perda > H"0.0 ae — _27,6* —. 27,0 
Supponendo il sale anidro a 150° 
BONO NA ge e en ZO 


Con questo citrato puro e ben secco ho potuto fare delle 
determinazioni molto esatte sulla quantità minima di sale che 
è sufficiente a produrre l’incoagulabilità del sangue di vari ani- 
mali, in vitro e per iniezioni endovenose; ho potuto mettere in 
rapporto queste quantità minime colla percentuale del calcio 
contenuto nel sangue e colla quantità minima di calcio, che ri- 
pristina la coagulabilità nel sangue, trattato con quantità va- 
riabili di citrato. Ho fatto anche ricerche puramente chimiche 
in vitro. 


II 


Azione del citrato sulla coagulabilità del sangue in vitro. 


Sciolgo in acqua gr. 9,966 di citrato trisodico e porto il 
volume a 117,3 cm? (soluzione A) (1): adopero poi questa solu- 
zione per esperienze di confronto in vitro sul sangue di due cani. 


Esperienza 1% - 22 gennaio 1900. 


Cane 9 di Chgr. 4,750 - prendo sangue dalla carotide destra. 
Saggio n° 1 — Sangue normale - preso alle ore 14,54’, coagula alle 15,4’, 
dopo 10 minuti. 


» n° 2 — Sangue em? 50 - mescolato rapidamente con cm 0,8 
di soluzione A - preso alle ore 14,56’, coagula alle 15,4’, dopo 
8 minuti. | 


(1) Questa soluzione è equimolecolare con una soluzione al 5°/, di acido 
citrico cristallizzato (C5H*07+ H?0) e contiene 8,496 °/, di citrato trisodico 
cristallizzato (C°H*O°Na#+-5!/, H?0), il 6,14%, di citrato trisodico anidro 
(C*H50"Na?). 


30 LUIGI SABBATANI 


Saggio n° 83 — Sangue cm? 50 - mescolato rapidamente con cm? 1,0 di 
soluzione A - preso alle ore 14,55'; alle 15,5’, dopo 10 minuti, 
accenna a coagulare, e poco dopo coagula interamente. 

»s n° 4 — Sangue cm? 50 - mescolato rapidamente con cm? 1,4 di 
soluzione A - preso alle ore 14,15',80", alle 16,45', dopo 2 ore 
e 30', è ancora liquido, ma alle 19,40’, dopo 5 ore e 25’, si trova 
interamente coagulato. 


Esperienza 2% - 23 gennaio 1900. 


Cane è di Chgr. 7,900 - prendo sangue dalla carotide destra. 
Saggio n° 1 — Sangue cm* 50 normale - preso alle ore 16,58, coagula 
alle 17,2", dopo 4 minuti. 

s n° 2 — Sangue cem 50 - mescolato rapidamente con cm 1,4 di 
soluzione A - preso alle ore 16,58‘,10”, il giorno dopo era an- 
cora perfettamente liquido, i globuli bene depositati, il plasma 
incoloro, lievemente lattescente. 

s n° 3 — Sangue cm 50 - mescolato rapidamente con cm? 1,6 di 
soluzione A - preso alle ore 16,58/,25”, il giorno dopo era an- 
cora perfettamente liquido come il precedente. 

s n° 4 — Sangue cm? 50 - mescolato rapidamente con cm° 1,8 di 
soluzione A - preso alle ore 16,58',45", il giorno dopo era sempre 
interamente liquido come i precedenti. 


,s n° 5 — Sangue cm? 50 — mescolato rapidamente con cm? 2,0 di — 


soluzione A - preso alle ore 16,57’, il giorno dopo era sempre 
perfettamente liquido come i precedenti. 


Dal confronto di queste due esperienze si rileva che mentre 
cm 1,4 di soluzione A, contenenti gr. 0,08596 di citrato triso- 
dico, anidro, non erano sufficienti a produrre l’incoagulabilità 
in em$ 50 di sangue nel primo cane, e producevano solo un 
enorme ritardo nella coagulazione, nel secondo cane invece erano 
sufficienti e l’incoagulabilità completa era persistente ancora 
dopo 24 ore. 

Accanto a questo comportamento diverso del sangue nei 
due animali si è trovata pure una diversità rilevante nella quan- 
tità del calcio contenuto nel sangue loro (1). 


(1) Per l’analisi quantitativa del calcio svaporai a secco il sangue in 
capsula di platino, poi lo seccai a 110°, indi bruciai; estrassi il carbone con 
acqua bollente, calcinai il carbone residuo, alla cenere aggiunsi l’acqua e, 
svaporato a secco, sciolsi il residuo con acido cloridrico. Nella soluzione 
dosai il calcio come indica il Fresenius al $ 103, 2, 6, B (6° édition frang., 
T. 2°, p. 200). 


VR e 


CALCIO E CITRATO TRISODICO NELLA COAGULAZIONE, ECC. 31 


I. Da cm3 50 di sangue del primo cane (quelli stessi che servi- 
rono al saggio N. 2 dell’Esp. 1?) ebbi gr. 0,0064 di Ca0. 
IL Da cm 50 di sangue del secondo cane (quelli stessi che ser- 
virono al saggio N. 1 dell’Esp. 2°) ebbi gr. 0,0056 di CaQ 
per cui: 
nel 1° cane nel 2° cane 


Ca0 contenuto in 1000 cm? di sangue 0,128 0,112. 


Confrontando ora questi dati (1) coll’effetto prodotto da una 
stessa quantità di citrato sulla coagulabilità del sangue nei due 


(1) Confrontando i valori del calcio, ottenuti in queste analisi, con i 
corrispondenti valori che trovansi nella letteratura, si nota che (pur fa- 
cendo la debita correzione da volume a peso di sangue) sono alquanto 
alti; d’altronde io non ho ragione di dubitare delle mie analisi, poichè 
feci per controllo due dosamenti di calcio sopra 100 cm? di sangue arte- 
rioso, tolto da un cane sanissimo, ed ebbi risultati concordanti fra loro e 
| poco diversi dai precedenti. 


| Dosamento del calcio nel sangue arterioso di cane — animale 
. digiuno da 24 ore. 


Editrice Libraria, 1899, vol. 2°, p. 112) osserva che “ le analisi quantitative 
“ del sangue în toto (interessanti per le mie presenti ricerche) hanno rela- 
“ tivamente poca importanza, potendo esse variare a seconda del rapporto 
“ fra corpuscoli e plasma. Però ne esistono poche e non sono attendibili ,. 


"4 È 6 3 | 
SL Mine ci MR ST ct 
) | i = ne 
ca E 
ANIMALE del Bg deu Seki 
di | CE |Sss/Odzl fa 
| E dat ia e 
| : clinton GE 
1 È urÙ lai (ea 
| Cane 9 di Chgr. 4,750 50. |0,0064| 0,128 | 0,120 | 0,085 
Cane è di Chgr. 7,900 | 50 |0,0056|0,112 | 0,105 | 0,075 
Cane è di Chgr. 4,700 | 100 |0,0125/0,125 |0,117 | 0,083 
i - » | 100 |0,0129|0,129 0,121 | 0,086 
eeeh 240UD) 1 OT@st: — — |0,1235|0,1157| 1,082 
i | | 
| Ricorderò solo che anche il Bottazzi (Chimica fisiologica, Milano, Società 


(*) Tengo nel calcolo per il sangue di cane D = 1,060. 


32 LUIGI SABBATANI 


cani (N. 4, Esp. I; N. 2, Esp. II), dobbiamo ammettere che « 
produrre l'incoagulabilità del sangue in vitro occorre tanto più ci- 
trato trisodico quanto maggiore è la quantità di calcio contenuto 
nel sangue stesso. 

È poi interessante notare il rapporto fra la quantità di 
calcio e quella di citrato che erano presenti nei due saggi ora ci- 
tati, dal quale risulta una relazione molecolare abbastanza chiara. 


© ° 
D le) [e] + 
i iS" 90 ME belt E 
vige BI 
A Our «A Sami Hi bal ® 
S| sy | ESE) 2° 
SAGGIO FI o Sa ESRI pipi MA OSSERVAZIONI 
gl ca eli dali ii: 
4 b d e tà 
Esp. I. 
N.4|50 | 0,0064 | 0,0859 | 0,074 |Il sangue coagulò 
I dopo alcune ore 
Esp. II. ' 
N.2]| 50) 0,0056 | 0,0859 | 0,065 Il sangue rimase sta- 
| bilmente liquido 


Calcolando il rapporto di 1 molecola di CaO per 3 mole- 
56 : 
Sona! st ha 0,072, la quale 


cifra è intermedia a quelle trovate sperimentalmente, e si avvi- 
cina di più a quella ottenuta dal saggio N. 4, Esp. I, nel quale non 
si ebbe veramente una incoagulabilità completa, ma un grandis- 
simo ritardo, di più che due ore, nella comparsa di coagulo; 
si scosta alquanto dal valore ottenuto nel saggio N. 2, Esp. II, 
nel quale si ebbe una incoagulabilità completa; ma, verosimil- 
mente, si era aggiunto un po’ più di citrato di quello che fosse 
strettamente necessario. 

Da ciò appare quindi si possa ammettere che a produrre 
l’incoagulabilità del sangue occorrono 3 molecole di citrato triso- 
dico per ogni atomo di calcio, contenuto nel sangue stesso; molto 
più che un rapporto semplice, diverso da questo, non corrispon- 
derebbe altrettanto bene con quanto si è ottenuto sperimen- 
talmente: 


cole di citrato trisodico anidro ( 


CALCIO E CITRATO TRISODICO NELLA COAGULAZIONE, ECC. 39 


Rapporto molecolare fra 


Cao "e C©H°O?Na?. Calcolato Trovato 
1 a 2 0,108 — 
1 a 6) 0,072 0,074 
1 a 3 0,072 0,065 
1 a 4 0;054 — 
II. 


Azione del citrato sulla coagulabilità del sangue 
per iniezioni endovenose. 


‘Quando si fanno iniezioni endovenose di citrato trisodico, 
si ottiene pure l’incoagulabilità del sangue ; ma contemporanea- 
mente insorgono disturbi generali gravi e convulsioni toniche 
di carattere tetanico, di lunga durata. Si ha allora arresto in- 
spiratorio e spasmo della glottide, l’animale diventa cianotico 
e, se non si soccorre colla respirazione artificiale, può anche 
morire. Seguitando nelle iniezioni, alle convulsioni segue una 
paralisi generale, scomparsa dei riflessi, ed arresto completo del 
respiro. La pressione cade allora bassissima; ma il cuore con- 
serva ancora la sua eccitabilità e seguita a pulsare a lungo. 
Per solito si giunge al periodo paralitico e l’incoagulabilità del 
sangue non è ancora raggiunta; per ottenerla bisogna iniettare 
altro citrato, mantenendo in vita l’animale colla respirazione 
artificiale. 

Ora però tralascio tutto ciò che riguarda l’azione generale 
e tossica del citrato trisodico (1) ed intendo occuparmi solo della 
incoagulabilità del sangue ottenuta con iniezioni endovenose. 


Esperienza 3* - 23 dicembre 1899. 


Cane è di Chgr. 5,000 - Iniezione nella vena femorale destra di 
una soluzione al 5 °/, d’acido citrico cristallizzato, neutralizzato con bi- 
carbonato sodico. L'animale muore dopo iniezione di cm? 50 di soluzione. 
Il sangue raccolto dal cuore rimane stabilmente liquido. L’incoagulabi- 
lità è stata raggiunta con una quantità di citrato che, calcolato anidro, 
corrisponde a gr. 3,07. 


(1) L'azione fisiologica e tossica dell’acido citrico, citrati ed eteri citrici 
sarà oggetto di una prossima nota. 
Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 3 


pd al 


LUIGI SABBATANI 


Esperienza 4° - 5 gennaio 1900. 


Cane 2 di Chgr. 3,900 - Prendo campioni di sangue dall’arteria 
femorale destra e nella vena attigua inietto ogni 3'-5’" cm° 5 di soluzione 
al 5°/ di acido citrico, neutralizzato ed alcalinizzato lievemente con 
bicarbonato sodico. 

Il sangue normale coagulava in 14 minuti; iniettati cm? 30 della 
soluzione non si notava ancora alcun ritardo nella coagulazione; dopo 
iniezione di cm* 40 la coagulazione avveniva ancora bene, ma lentis- 
sima; dopo cm? 45 non siebbero che lievissimi accenni di coagulazione; 
dopo 50 cm? la coagulazione era del tutto e stabilmente impedita. Oc- 
corsero quindi gr. 3.07 di citrato trisodico anidro. 


Esperienza 5* - 15 gennaio 1900. 


Cane è di Chgr. 6,450. — Fatta la tracheotomia, si tiene tutto 
pronto per praticare la respirazione artificiale, quando occorra. Ogni 
5 minuti si prendono campioni di sangue dalla carotide destra e per la 
vena femorale destra si iniettano ogni 5 minuti cm* 5 della soluzione 
al 5°/, di acido citrico, neutralizzato ed alcalinizzato lievemente con car- 
bonato ‘sodico. 

Mentre il sangue normale coagulava bene e prontamente in 7 mi- 
nuti, si cominciò a notare un ritardo sensibilissimo nella coagulazione 
solo dopo iniezione di cm* 80; le iniezioni successive rapidamente cre- 
scono di attività, in modo che dopo 95 cm l’incoagulabilità del sangue 
è completa. Occorsero quindi gr. 5,833 di citrato trisodico, calcolato 
anidro. 


Riassumendo, abbiamo che: 


Incoagulabilità 
ANIMALE del sangue 
dopo iniezione di Citrato trisodico 
citrato trisodico calcolato anidro 
È Peso |c&lcolato anidro | per Chgr. d' animale 
Esperienza |Sesso nd 
gr. in gr. 

Za 5 |5,000 3,07 0,614 

4a 2 |3,900 3,07 0,784 

5a 5 |6,450 5,83 0,904 


a produrre nel cane l’incoagulabilità completa del sangue per inie- 


“ 
CALCIO E CITRATO TRISODICO NELLA COAGULAZIONE, ECC. 35 


zioni endovenose occorsero in media gr. 0,768 di citrato trisodico 
per chilogrammo în peso dell'animale. 

Se ora, calcolando la massa del sangue !/,} del peso cor- 
poreo, confrontiamo la quantità di citrato occorsa a rendere 
incoagulabile tutto il sangue dell'animale per iniezione endove- 
nosa con quella che sarebbe occorsa a rendere incoagulabile la 
stessa massa di sangue in vitro, troviamo che per iniezione ne 
occorrono dosi di gran lunga maggiori. 


o È 2 av s19 
SS È Quantità in gr. di citrato 
Dì e DRS anidro occorrente a pro- 
ANIMALE 8 as Ti ho 3 Fai a 
2£ 9, | 2g8& | durreincoagulabilitàin 
a oo = 9.20) 100 cm di sangue 
TOY | è 
Ran a 
SES Oss 
Peso | ® $ SIG per iniezione 
; 2 s-R i PA 
Esperienza |Sesso in0gr| s RR AO vitro 
S* 6 |5,000 384 3,07 0,8 
4° | 9 |8,900| 300 3,07 1,0 0,1718 
D° ò | 6,450 496 5,89 1,1 


x DS 


E la differenza è così grande che non può dubitarsi minima- 

mente sia imputabile ad errore sperimentale o di calcolo, e pos- 

| siamo concludere che « produrre l’incoagulabilità del sangue col 

citrato trisodico per iniezioni endovenose occorrono dosi molto mag- 
giori (5 volte circa) che in vitro. 

Dopo ciò è logico ammettere che il citrato trisodico, iniet- 
tato nelle vene, non solo reagisca coi sali solubili di calcio 
del sangue; ma, diffondendosi ai tessuti, fissi ed immobilizzi anche 
quelli che trovansi negli altri liquidi e tessuti dell'organismo. Per 
la linfa almeno ne vedremo fra poco la prova sperimentale e 
per il latte, in condizioni del tutto fisiologiche, la piccola quan- 
tità di acido citrico che vi è contenuta sarebbe precisamente 
legata ai sali di calcio e ne assicurerebbe in gran parte la so- 
lubilità, come vedremo a suo luogo. 

Le esperienze poi che ho fatte finora sull’ossidazione del- 
l'acido citrico nell'organismo non appoggerebbero l'ipotesi che 
il citrato, iniettato nelle vene, prontissimamente si distrugga o si 


36 Pi, LUIGI SABBATANI 


elimini, per cui, a parità di massa sanguigna, molto più ne oc- 
corra per iniezioni di quello che in vitro a produrre l’incoagu- 
labilità completa. Nè è a credere che nel sangue circolante il 
citrato, fissando il calcio, provochi un richiamo in esso di nuovi 
sali di calcio dai tessuti, poichè l’esperienza diretta ha contra- 
detta quest’ultima ipotesi. 


Esperienza 6% - 20 febbraio 1900. 

Cane è di Chgr. 4,700. 

Alle ore 16,23’ prendo dalla carotide destra cm* 100 di sangue (1). 
Dalle ore 16,32' alle 16,36' - iniezione nella giugulare destra di cm5 12 
di soluzione al 10 °/, di citrato trisodico, corrispondente a gr. 0,867 di 
sale anidro. 

Dalle ore 16,42’ alle 16,51’ prendo altri cm? 100 di sangue (II): 
coagulano prontamente. 

Dosai quindi il calcio contenuto nei due saggi di sangue: il risul 
tato analitico, che è stato già riportato a pag 33, fu: 

Nel I sangue Ca0 gr. 0,0125 


LR Ei 


La differenza è così piccola che possiamo bene ritenere 
esistesse in ambo i campioni di sangue la stessa quantità di 
calcio; pur tuttavia l’incoagulabilità del sangue non era ancora 
raggiunta, quantunque si fosse iniettata una quantità, di citrato 
che, rispetto alla massa del sangue, era molto maggiore della 


minima sufficiente a produrre l’incoagulabilità in vitro (1). 


IV. 


Azione coagulante del calcio sul sangue reso incoagulabile 
col citrato. 


Quando il sangue è reso incoagulabile per aggiunta di ci- 
trato trisodico in vitro o per iniezioni endovenose, basta aggiun- 


(1) Peso del cane Cgr. 4,700. 


Massa del sangue ('/13) in peso . . : . gr. 861 

È x (D= 1060) in SET ; : . ecm' 340 
Citrato iniettato (anidro) . . |'@ri .00;867 
n per 50 st di sangue . «gr 000127 


Qnanià di citrato (anidro) minima sufficiente a produrre 
l’incoagulazione in vitro per 50 cm? di sangue . gr. 0,0859 


——_—_re —- eo 


CALCIO E CITRATO TRISODICO NELLA COAGULAZIONE, ECC. 37 


gervi piccole quantità di calcio perchè subito coaguli. È poi 
indifferente adoperare l’uno o l'altro dei sali di calcio solubili 
(acetato, cloruro, bicarbonato, fosfato monocalcico); ma è sempre 
bene definita la quantità minima di calcio che occorre a pro- 
durre la coagulazione, ed è in stretto rapporto colla quantità 


x 


di citrato che è stato aggiunto al sangue. 


Esperienza 7% - 11 gennaio 1900. 
Cane è di Chgr. 10,250 - prendo sangue dalla femorale destra. 


Saggio n° 1 — Sangue normale - preso alle ore 17,40’, coagula alle 
17,50', dopo 10 minuti. 
» n° 2 — Sangue cm 50, mescolato rapidamente con cm3 2 di so- 


luzione al 5 °/, d’acido citrico cristallizzato, neutralizzato con 
bicarbonato sodico (1). 


» n° 3 — Sangue cm* 50, mescolato rapidamente con em? 3 di so- 
luzione come sopra. 
, n° 4 — Sangue cm? 50, mescolato rapidamente con em? 4 di so- 


luzione come sopra. 


Mentre il saggio normale [1°] coagulò in 10' minuti, gli 
altri saggi rimasero interamente e stabilmente liquidi ; il giorno 
dopo i globuli rossi erano bene stratificati al fondo dei vasi, il 
plasma sovrastante quasi del tutto limpido, lievemente roseo. 

Agitando allora il sangue per renderlo omogeneo, ne presi 
in vasi separati tre porzioni di 10 cm? da ognuno dei saggi 
sopradetti, e quindi aggiunsi gradatamente piccole quantità di 
cloruro, bicarbonato, e fosfato monocalcico, in modo da deter- 
minare la quantità minima di calcio occorrente nei diversi saggi 
e con diversi sali di calcio a produrre la coagulazione del sangue. 

Soluzioni esattamente titolate di sali di calcio (2). 

Soluzione di bicarbonato di calcio: 

1 cm contiene CaQ gr. 0,0010265. 

Soluzione di cloruro calcico : 

1 cm? contiene Ca0 gr. 0,0010371. 

Soluzione di fosfato monocalcico : 

1 cm? contiene Ca0 gr. 0,00219. 


(1) Vedasi la nota a pag. 5. 

(2) Preparai la soluzione di bicarbonato partendo dall'acqua di calce e 
facendovi gorgogliare acido carbonico fino ad ottenere la dissoluzione del 
precipitato che si forma dapprima: dosai il calcio sopra una parte aliquota 
delle soluzioni. 


lv 


38 LUIGI SABBATANI 


Esperimentava alla temperatura ambiente, aggiungendo al 
sangue liquido ogni 10’ minuti cm? 0,1 — 0,2 di queste soluzioni 
ed agitando per pochi secondi; mi arrestava quando il sangue 
incominciava a coagulare. ° 

Ecco riassunte in un quadro il risultato dell’esperienza, la 
quale dimostra che i sangue, mantenuto incoagulato dal citrato 
trisodico, coagula prontamente per aggiunta di una determinata 
quantità di calcio (v. pag. 41). 

La concordanza dei valori ottenuti, come si vede, è bellis- 
sima ed a questi possiamo dare tanto più fiducia in quanto sono 
stati ottenuti in momenti successivi, con soluzioni di vari sali 
di calcio, di concentrazione varia, sopra campioni di sangue con- 
tenenti quantità diverse di citrato. Possiamo quindi porre a con- 
fronto nei diversi saggi la quantità di citrato che trovavasi nel 
sangue e la quantità di Ca0 occorrente a ripristinare la coagu- 
lazione; troviamo allora: 


Proporzionalità 
In 10 cm? |_. - | CaO aggiunto nei diversi saggi per il 
di sangue Citrato in gr. (medie) 
del saggio in gr. PRLERA 020 
2 0,02456 | 0,000984 1,0 0,87 
3 0,03684 0,001684 1,5 1,50 
4 0.04912 0,002242 2,0 2,00 


Però possiamo ammettere che: col crescere della quantità di 
citrato che manteneva il sanque incoagulato, cresce proporzionata- 
mente la quantità di calcio occorrente a farlo coagulare. Le 'cifre 
ottenute parlano chiaramente in questo senso e le piccole dif- 
ferenze sono sicuramente imputabili al calcio, che il sangue con- 
teneva normalmente; poichè esso rappresenta sì una causa di 
errore continua e costante; ma questa si fa sentire più dove 
è poco citrato, meno dove è molto (1). 


(1) Siano A, 2A,... etc. le quantità di citrato aggiunte ai diversi saggi 
di sangue ed a la quantità costante di citrato, che in ogni saggio viene 
immobilizzata dalla quantità pure costante di calcio, preesistente nel sangue. 
Le quantità di calcio B', B”, ... ete. che si debbono aggiungere per ripristinare 


LA 


39. 


‘Ig dè egon e]pou tqeqiodia Ipep Te aseq ur aquammeggesa 092]09]R9 (4) 


(05) 19) (:0) 
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sl ‘Asq.I[op anSueg 


diri d@1T7_____ 


or 

pre. 

Se ora cerchiamo il rapporto fra citrato e calcio nei sin- 
goli saggi, non possiamo confrontare direttamente le quantità 
di citrato e di calcio, che furono successivamente aggiunte al 
sangue; ma dobbiamo tener conto anche del calcio che preesi- 
steva nel sangue stesso: dobbiamo cioè cercare il rapporto fra 
il citrato aggiunto e la quantità totale di calcio (preesistente 
ed aggiunto) che trovavasi nel campione di sangue, allorchè 
riacquistò la sua coagulabilità. In base alle analisi di calcio 
sopra riferite (1) possiamo ammettere come media fisiologica 
gr. 0,1235 di Ca0 per 1000 cm} di sangue di cane, e quindi 
nei singoli saggi di 10 cm$, su icui si sperimentava, preesiste- 
vano gr. 0,001235 di Ca0. 

Tenendo conto di questo dato, ecco il rapporto fra citrato 
e calcio: 


40 LUIGI SABBATANI 


Ca0 contenuto in gr. ; 
i Citreta 
apatia Preesistente) Aggiunto Totale Sl MR - 
del saggio| (calcolato) (medie) 5 R I 
a b © d d 
2. |0,001235 |0,000984 | 0,00222 | 0,02456 | 0,090 (2) 
3 0,001235 |0,001684 | 0,00292 | 0,03684 | 0,079 
4 0,001235 |0,002242 | (0,00348 | 0,04912 | 0,070 


x 


il quale concorda abbastanza bene con quanto si è ottenuto al- 
trove, e corrisponderebbe ancora qui al calcolato 0,072 di una 
molecola di Ca0 per tre di citrato. 

Nè si creda qui vogliasi indur molto e troppo da pochi dati 
sperimentali e da variazioni della terza e quarta decimale; poichè, 
quanto si desume dalle esperienze suesposte, è pure confermato 
costantemente da altre esperienze che riassumerò brevemente, 
e trova appoggio in considerazioni ed esperienze chimiche che 
riporterò in appresso. 


la coagulabilità dovranno essere proporzionali non ad A,2A,.. ete.; ma 
ad A—a,2A—a,..., per cui in realtà l’errore per il calcio del sangue si 
fa sentire in modo decrescente col crescere del citrato aggiunto. 

(1) Vedi nota a pag. 33. 


 lWo'T''I'IEe>p>>>éététitite fr[9rReRe eò@P@Pesnoi' sòfeSOkbl0pÒpÒOpRpbOb0R>6e0Ò È©E©OE  ‘\‘4o94 htbtt‘‘‘’‘b‘blAiere en n e i 7‘ e e e e a @PeP@ePe=«=e->- ”? "rm. Veli, n III 


CALCIO E CITRATO TRISODICO NELLA COAGULAZIONE, ECC. 41 


Esperienza 8* - 7 gennaio 1900. 
Cane è di Chgr. 3,800 - prendo sangue dalla carotide destra. 


A 
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E np 6.8 2 
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a Mia Sr _ = OSSERVAZIONI 
Micilio S| 
DD "a da 
<d sa 
° 
————___ (>) Tae 1 
1 50 — |20,0 | coagula interamente e bene in 11. 
2 50 1,6 | 18,4 |)dopo 24 ore sono ancora perfettamente 
3 50 20.0 Pe liquidi, globuli benissimo depositati, 
3 plasma quasi del tutto incoloro. 


Il giorno dopo alla temperatura ambiente di 14° O. agito bene i 
saggi di sangue n° 2 e n° 3, ed in bicchieri separati ne prendo porzioni 
di cm* 10, poi aggiungo gradatamente della soluzione titolata di cloruro 


calcico. 


cm? 10 del n° 2 coagularono dopo aggiunta di em? 0,4 della solu- 
zione, corrispondente a Ca0 gr. 0,0004148. 

cm' 10 del n° 3 coagularono dopo aggiunta di cm? 14,5 della so- 
luzione, corrispondente a Ca0O gr. 0,015039. 

Rapporto fra calcio e citrato = 0,061. 


Esperienza 9° - 9 gennaio 1900. 


Cane è di Chgr. 3,500 - prendo sangue dalla carotide destra. Il 
sangue normale coagula in 4 minuti: cm* 50 di sangue, mescolati rapi- 
damente con cm? 1,6 di soluzione 5 °/, d’acido citrico, neutralizzato con 


bicarbonato sodico, si conservarono perfettamente liquidi. 


Dopo 4 ore a 10 cm' di questo sangue si aggiunse gradatamente 
della soluzione titolata di cloruro calcico e coagularono con Ca0 grammi 
0,0004148: cm* 10 dello stesso sangue con soluzione di bicarbonato coa- 
gularono dopo aggiunto CaQ0 gr. 0,0004106. 

Dopo 24 ore, rifatti questi due saggi, si ebbero valori del tutto 
identici. 

Esperienza 10* - 24 gennaio 1900. 

Col sangue del n° 5 dell’Esp. II, (pag. 32), che era da 24 ore man- 

tenuto incoagulato con cm*2 di soluzione A (p. 31), faccio i seguenti saggi. 


42 ge è LUIGI SABBATANI 


Ne pongo 3 porzioni di cm? 10 l’una in vasi separati e vi aggiungo 
della soluzione di cloruro nell’uno, di bicarbonato nel secondo, di fosfato 
nel terzo; coagulano: 

Col cloruro dopo aggiunta di CaQ0 gr. 0,00093 
» fosfato 5 ; 0,00131 
»s bicarbonato 6 A 0,00092 


Esperienza 11° - 10 febbraio 1900. 
Gatto di Chgr. 1,880 - prendo sangue dalla carotide destra. 


Soluzione di 
citrato trisodico OssERVAZIONI 
al 10°/ in em 


: Sangue 
Saggio in emi 


; | 15 mei coagula interamente in 6°. 

- e) | o | dopo 24 ore sono ancora tutti per- 
’ fettamente liquidi. 

4 15 2,0 


A em? 10 di questi vari campioni di sangue aggiungo della solu- 
zione solita di cloruro calcico ed ottengo: 
cm? 10 del n° 2 coagulano con Ca0O gr. 0,00124 
; 3 = ; 0,00269 
" 4 ’ ” 0,00665 


Vi 
Azione del citrato sulla coagulabilità della linfa. 


Il citrato trisodico impedisce la coagulazione della linfa, 
e quando questa è resa incoagulabile col citrato, essa pure, come 
il sangue, per aggiunta di calcio riacquista il potere di coa- 
gulare. 

Esperienza 12* - 17 febbraio 1900. 

Cane è di Chgr. 17,560. Sotto la narcosi cloroformica isolo il dotto 
toracico allo sbocco nella giugulare e vi pongo una cannula: dopo che 
la narcosi è scomparsa, si raccoglie la linfa cambiando spesso vaso. 
Mentre la linfa normale coagulava benissimo in pochi minuti, mescolata 
con citrato trisodico si conservava perfettamente liquida anche dopo 
24 ore: una goccia di soluzione di citrato al 20 °/, era già sufficiente 
a mantenere incoagulato un centimetro cubo di linfa. 


CALCIO E CITRATO TRISODICO NELLA COAGULAZIONE, ECC. 43 


Tutte le volte poi che alla linfa rimasta liquida col citrato 
si aggiungevano sali di calcio, subito coagulava, come se fosse 
stata linfa normale; ed a produrre il coagulo occorreva tanto 
più calcio, quanto maggiore era stata la quantità di citrato ag* 
giunto. Si ebbero precisamente fenomeni e rapporti identici a 
quelli ottenuti sperimentando col sangue; quindi non insisterò 
gran fatto su queste ricerche, riferendomi a quanto si disse per 
il sangue, e solo ricorderò che le esperienze colla linfa presen- 
tavano una certa difficoltà, inerente allo scolo lento di essa dalla 
cannula. 


VI. 


Azione del citrato sulla coagulabilità del latte. 


Come per il sangue e la linfa, anche per la coagulazione 
enzimatica del latte è indispensabile la presenza di sali di calcio (1), 
però ho sperimentata l’azione del citrato trisodico anche su questo. 

Preparai una soluzione acquosa di quaglio con gr. 6 di 
abomaso ben secco, finamente tagliuzzato e tenuto in infusione 
per 3 ore a 38°0. in 50 cmì di soluzione al 3 °/ di cloruro 
sodico (2). Filtrata la soluzione per carta bibula, subito venne 
sperimentata comparativamente sopra diverse porzioni di latte 
di vacca, cui si erano aggiunte quantità varie di citrato tri- 
sodico. 

Metto cm} 100 di latte fresco in matracci uguali e quindi 
ad alcuni, che conservo per controllo, non aggiungo affatto ci- 
trato, agli altri aggiungo quantità varie di una soluzione al 
10 °/, di citrato trisodico cristallizzato. Posti poi i matracci in 
bagno di acqua a 40° C., aggiungo a tutti 1 cm? della soluzione 
di fermento. 


(1) Per la letteratura vedi: Orpennermer CarL, Die Fermente und ihre 
Wirkungen, Leipzig, C. W. Vogel, 1900, S. 147. 
(2) Supplemento annuale all’Enciclopedia di chimica, 1886-1887, p. 54. 


"Pe 


LUIGI SABBATANI 


Citrato trisodico 
al 10°/, in cm? 


Soluzione 
di fermento 


in cm? 


OSSERVAZIONI 


—atacoo a_i =" | sot i@e_r_ arr _o o se _— uit vi. —__——  _—————e‘0 


lo incl 
S| E 
cR s 
Zi Sa VE 
6 $ 
= & 
S Mal 
1 100 
2 100 
3 100 
4 100 
5 100 
6 100 
7 100 
8 100 
9 100 


00 =I 


coagula interamente in 1’. 
coagula interamente in 3°. 
coagula bene in 4. 


coagula interamente in 8' dando un coa- 
gulo molle. 

dopo 50' presenta solo un piccolo coagulo 
al fondo del vaso. 

dopo 1 ora è interamente coagulato, coa- 
gulo molle, fioccoso. 

dopo 1 ora presenta solo un piccolo coa- 
gulo alla parete del vaso. 

dopo 1 ora e 17’ ha formato un coagulo 
flacido. 

accenna a coagulare dopo 1 ora e 10°. 

dopo 1 ora e mezza ha appena traccia 
di coaguli al fondo. 

coagula benissimo in 1’. 


In una seconda prova, fatta in condizione identiche, con 
altro latte pure di vacca, si ebbe: 


eo) PA 

PA E 

Gibizod 
1 | 100 
2 | 100 
3 | 100 
4 | 100 
5 | 100 
| 6 | 100 
7 | 100 
8 | 100 


Citrato trisodico 
al 10°/ in cm? 


© | 


12 
14 


Soluzione 
di fermento 


uu 


dui 


in em3 


OSssERVAZIONI 


coagula benissimo in 2'. 

accenna a coagulare dopo 1 ora. 

dopo 1 ora, essendo perfettamente li- 
quido, subito coagula per aggiunta di 
em? 2 e. di CaCl? al 10 °/e. 

si conserva stabilmente liquido. 

dopo 1 ora, essendo perfettamente li- 
quido, con 4 em? di soluzione di Call? 
al 10% subito coagula. 


sì conservarono stabilmente liquidi, anche 
dopo 24 ore. 


befità dteità 


Li 
5 L 


CALCIO E CITRATO TRISODICO NELLA COAGULAZIONE; ECC. 45 


Da queste esperienze si vide che, costantamente, il citrato 
trisodico ritarda, od anche impedisce del tutto la coagulazione 
del latte, sottoposto alla azione del quaglio. Per una stessa 
dose di citrato varia però assai l’azione nei diversi campioni 
di latte, verosimilmente in rapporto colla varia quantità di 
calcio in esso contenuto. In generale osserviamo che, come nel 
latte esiste una quantità assai maggiore di calcio che nel sangue, 
così a produrre l’incoagulabilità di quello occorre una quantità 
assai maggiore di citrato. 

Per il latte non ho cercato di stabilire un rapporto esatto 
fra il citrato ed il calcio, come ho fatto pel sangue, poichè non 
solo sarebbe stato necessario in ogni esperienza dosare il calcio ; 
ma anche l’acido citrico che normalmente trovasi sempre nel 
latte (1): esso può contenere fino 0,25 9, di acido citrico. 

Da queste poche esperienze vediamo inoltre che, come il 
sangue e la linfa, anche il latte, reso incoagulabile col citrato, 
coagula prontamente per aggiunta di cloruro calcico; e preci- 
samente occorre aggiungere tanto più di calcio quanto era mag- 
giore la quantità di citrato. 

Vaudin (2), confrontando la quantità di calcio e di acido fo- 
sforico del latte, aveva ammesso che l’acido citrico normale del 
latte contribuisca a mantenere sciolti i sali di calcio; e noi con 
queste esperienze veniamo a confermare indirettamente l’ipo- 
tesi sua, poichè troviamo che l’aggiunta di citrato al latte su- 
bito porta una immobilizzazione funzionale del calcio, la quale 
ci attesta una reazione chimica fra citrato e calcio. 

Possiamo inoltre ammettere che la presenza naturale di 
acido citrico nel latte tenda a diminuirne la coagulabilità, il che 
può avere importanza fisiologica per la secrezione lattea e per 
l'assunzione e digestione del latte nel poppante. 


(1) Soxrter F., Citronensiuregehalt der Kwmilch, * Chem. Centr.-Blatt. ,, 
1888, 1067. — Henger Th., Citronensiure als normaler Bestandteil der 
Kumilch, © Chem. Centr.-Blatt. ,, 1891, II, 259. — Scnerer A., Ursprung 
der Citronensiure als Bestandteil der Milch., * Chem, Centr.-Blatt. ,, 1891, 
II, 258. — SoLowner T. u. Camerer W., “ Zeitschr. Biol. ,, 1896, 33, 43. 

(2) Vaupix L., ‘ Chem. Central-Blatt. ,, 1894, II, 591. — “ Ann. Inst. 
Pasteur ,, 8, 502. 


46 ea LUIGI SABBATANI 


VII. 


Perchè il citrato trisodico 
impedisce la coagulazione del sangue, della linfa e del latte. 


Se noi considerassimo solo l’incoagulabilità del sangue, ot- 
tenuta con iniezioni endovenose di citrato, si potrebbe dubitare 
che l’incoagulabilità non fosse dovuta direttamente al citrato, 
ma ad un prodotto di ossidazione sua: ed il dubbio sarebbe lo- 
gico in quanto sappiamo che l’acido citrico in reazione alcalina 
(citrato) si ossida col permanganato di potassio, dando dell’ acido 
ossalico (1): ed in quanto gli ossalati hanno precisamente azione 
anticoagulante. In realtà però non. sappiamo, se veramente l’a- 
cido citrico nell'organismo si ossidi così prontamente, come sa- 
rebbe necessario, e dia dell’acido ossalico; mentre le esperienze 
in vitro col sangue e la linfa, e più ancora quelle col latte, mo- 
strano che si ottiene l’incoagulabilità in condizioni sperimentali, 
in cui non è ammissibile una ossidazione dell'acido citrico. È 
dunque il citrato alcalino che di per sè determina l’incoagula- 
bilità del sangue, della linfa e del latte. 

E poichè il citrato impedisce la coagulazione in vitro a dosi 
piccolissime di gr. 0,1719 (anidro) per 100 cm? di sangue, e per 
quanto abbiamo visto fin qui sull’azione scambievole fra citrato 
e calcio, possiamo ben ritenere per certissimo con Pekelharing 
che #l citrato impedisce la coagulazione del sangue in quanto porta 
una modificazione nei sali di calcio, e per questo il citrato va 
ravvicinato agli ossalati, fluoruri e saponi alcalini. Ma noi pos- 
siamo andare oltre nello studio del fenomeno, poichè in base ai 


rapporti ben definiti fra la quantità di calcio che preesiste nel” 


sangue e la quantità di citrato minima sufficiente ad impedire 
la coagulazione: in base ai rapporti costanti fra la quantità 
minima di calcio che può ripristinare la coagulabilità nel sangue 
trattato col citrato ed il citrato stesso: in base al rapporto co- 
stante che nell’uno e nell’altro caso si è sempre trovato, di una 
molecola di CaQ per tre di citrato — possiamo ammettere che il 


(1) Ciò è noto da tempo; per la bibliografia vedi: Sasparani L., Sulla 
ossidazione dell'acido citrico e dei citrati col permanganato di potassio o col 
ferro, “ Atti della R. Acc. delle Scienze di Torino ,, vol. XXXV (1900). 


PE _ nn _ _ —__e—— — 


— rr —_ _——_ 


CALCIO E CITRATO TRISODICO NELLA COAGULAZIONE, ECC. 47 


citrato trisodico modifichi î sali di calcio del sanque per una rea- 
zione chimica ben definita che fa con essi. 

Vediamp se le conoscenze chimiche nostre sui citrati ci 
permettono di confermare questo. È noto che molti citrati in- 
solubili, si sciolgono in presenza di citrati solubili (1); è noto 
pure che i citrati alcalini sciolgono molti sali-ed ossidi idrati (2) 
di metalli terrosi e metalli pesanti, che di per sè sarebbero in- 
solubili, per cui i citrati alcalini mascherano od impediscono 
molte reazioni precipitanti (1) di questi metalli: impediscono così 
la reazione caratteristica dei sali di calcio coll’acido ossalico e 
sciolgono il fosfato bicalcico, il che fin dal 1872 è stato appli- 
cato nell’analisi dei concimi artificiali da Fresenius, Neubauer e 
Luck (3) e successivamente da Joulie, ecc. 

Spiller fin dal 1857 aveva osservato, assieme a molti altri 
fatti analoghi, che in presenza di citrato sodico il carbonato, il 
fosfato ed ossalato di calcio non precipitano più, anzi si sciol- 
gono, se il precipitato erasi formato in precedenza. Per queste 
considerazioni chimiche potremmo dire che, come è citrato tri- 
sodico impedisce le reazioni precipitanti del calcio, sospende anche 
la coagulazione in quanto impedisce al calcio di partecipare a questa 
reazione; l’impedimento però avverrebbe per un meccanismo ben 
diverso da quello ammesso oggi per gli ossalati, fluoruri e saponi 
alcalini, poichè mentre questi precipitano i sali di calcio sotto 
forma di ossalato, fluoruro e saponi insolubili, il citrato invece 
non li precipita affatto, anzi tenderebbe a ridiscioglierli se pre- 
cipitati. Questo fatto anzi da Schmidt (4) veniva citato contro 
la teoria di Arthus: che l’incoagulabilità per ossalato dipenda 
da precipitazione dei sali di calcio; ed Arthus (5) nel 1896 non 
sapeva ancora difendersi bene da questa obbiezione e diceva: 
“Je n'ai pas è m’occuper des citrates, puisqu’ils ne précipitent 


rar oCeT|N°- —cac ve veda ev Cc, ——_ o -—-__—c-'-_—roc_——gp 


(1) Jonx SpiLLer, “ Quarterl. Journ. of the Chem. Soc. ,, X, 110 (1857). 

— Draper H. N., “ Pharm. Journ. and Transactions ,, [2], V, No. 8, 374; 
©“ Zeitschr. f. analyt. Chem. ,, 3, 144 (1864); Jonn Seruuer, “ Chem. News ,, 

1863, N. 210, 280; — Draper H. N., “ Chem. News ,, 1863, N. 212, 306. 

(2) Carey Lea, “ Zeitschr. f. analyt. Chem. ,, 13, 457 (1874). 

(3) Lucg E., “ Zeitschr. f. analyt. Chem. ,, 74, 813 (1875). 

(4) Scmpr A., “ Weitere Beitriàge zur Blutlehre, Wiesbaden, 1895. 

(5) Arraus M., La coagulation du sang et les sels de chaux, “ Arch. de 


. Physiol.,, [5], 8, 47 (1896). 


pere ge —— 


@ 
db LUIGI SABBATANI 


“ pas les sels de chaux ,; in nota poi aggiungeva l'ipotesi di 
Pekelharing, espressa molto vagamente, che cioè l’incoagulabi- 
lità per citrato fosse legata all’affinità che esso mostra per il 
calcio. 

Ora noi possiamo spiegare molto bene l’incoagulabilità data 
dal citrato in base alle considerazioni chimiche sopra riferite. 
Esso, unendosi ai sali di calcio, forma composti che non danno 
più le reazioni del calcio, composti che perciò non dànno ioni di 
calcio. Precipitare il calcio od impedirne la ionizzazione, di fronte 
alle reazioni del calcio, vale la stessa cosa; in ambo i casi si 
ha del calcio immobilizzato, e ciò spiega bene come l’'ossalato 
ed il citrato sodico possano produrre lo stesso effetto, sul sangue. 
Veniamo così alla conclusione che durante la coagulazione now 
solo è necessario sia presente del calcio sciolto; ma deve essere chi- 
micamente attivo, ionizzabile; poichè gli ossalati che lo precipi- 
tano impediscono la coagulazione e l’impediscono pure i citrati 
che non precipitano il calcio, ma lo immobilizzano. Ecco che 
studiando l’azione del citrato sulla coagulazione del sangue si 
viene a confermare che il calcio è veramente indispensabile nella 
coagulazione enzimatica del sangue della linfa e del latte. 

Risulta poi da quanto abbiamo visto che il sangue diventa 
incoagulabile quando col citrato si immobilizza non una, parte 
sola, ma tutto il calcio esistente nel sangue e però si desume 
che a produrre la coagulazione bastano ancora minime quan- 
tità di calcio libero; ancora: reso incoagulabile il sangue col 
citrato in eccesso, a ripristinare la coagulabilità basta, aggiun- 
gere tanto Ca0 che di fronte al citrato corrisponde al rapporto 
molecolare 1 a 3, o ben poco di più; e ciò mostra di nuovo. che 
a produrre la coagulazione bastano appena traccie di calcio chi- 
micamente attivo. 

Ciò è perfettamente concorde con quanto è stato osservato 
già da molti: così Hammarsten (1) nota che soluzioni di fibri- 
nogene e di plasmina, contenente anche solo tracce di calcio, 
dànno ancora una fibrina tipica. 


(1) Hammarsten 0., Weitere Beitrige zur Kenntniss der Fibrinbildung, 
“ Zeit. f. physiol. Chem. ,, XXVIII (1899), S. 98. 


CALCIO E CITRATO TRISODICO NELLA COAGULAZIONE, ECC. 49 


VII 


Della reazione che verosimilmente si forma 
fra il citrato trisodico ed i sali di calcio. 


Resta ora a vedere quale è la reazione ed il composto che 
si forma fra citrato trisodico ed i sali di calcio del sangue in 
vitro e nelle iniezioni endovenose, nella linfa e nel latte; quale 
è questo composto speciale di calcio che non serve più alla coa- 
gulazione del sangue, che non dà più le reazioni comuni del 
calcio; questo composto che allo stato sciolto non dà ioni di 
calcio. 

Spiller (1), per spiegare come in presenza di citrati alcalini 
il calcio non dia più le reazioni caratteristiche, ammetteva che 
si formi fra il citrato ed il sale di calcio un sale misto solubile. 
Lebaigue (2) e Landrin (3) invece credevano che avvenissero 
scambi di basi fra il citrato ed i sali di calcio, ed il citrato 
formatosi rimanesse sciolto col citrato alcalino eccedente. 

To ho cercato risolvere questo dubbio con esperienze dirette, 
ed ecco una esperienza molto semplice, ma assai dimostrativa, 
che viene a confermare molte cose dette e ci pone sulla via per 
trovare il composto di citrato e calcio di cui ci occupiamo ora. 

Prendo due soluzioni esattamente equimolecolari di citrato 
trisodico cristallizzato (gr. 20 in 100 cm? H?20) e di cloruro cal- 

cieo fuso (gr. 6,2 in 100 cm? H?0), poi, in vasi separati, me- 
scolo queste soluzioni a varie proporzioni, versando il cloruro nel 
citrato (4). Dopo pochi minuti, ed essendo limpidissime le mi- 
scele fatte, aggiungo a tutte una goccia di soluzione al 5 °/ di 
ossalato ammonico, che serve come indicatore del calcio libero, 
attivo. i 


(1) Jonxn SprcLeR, loc. cit. 
(2) Lesa1cue E., Action des citrates alcalins sur les sels, * Journ. de 


pharm. et de chim. ,, [3], 46, 165 (1864). 
(3) Lanprin E., Recherches sur les citrates ammoniacaua, È“ Journ. de 


pharm. et de chim. ,, [5], 25, 233 (1882). 
(4) Appena si aggiunge il cloruro si forma un precipitato bianco, abbon- 
dante, che però scompare subito, agitando. 
Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 4 


N 


(Od 
i 


LUIGI SABBATANI 


° 8 5 5 Ca 
"5 .A . & = 3 
ai de 2 a 7 50 OSSERVAZIONI 
D s A Ss | SE 
3 © 3 
Made < 
1 6 1 —_ 1 limpidissimo. 
2 3 1 — 1 È 
Bj 5) 1 _ 1 ” 
4 | 2,9 1 0,1 1. | intorbidamento lieve. 
5 2,7 1! 0,3 1 |intorbidamento forte. 
6 | 2,5 1 0,5 1 precipitato. 
7 | 2,0 1 1,0 1 precipitato abbondante. 


Da questa esperienza risulta che il calcio non viene più 
svelato dall’ossalato di ammonio, quando trovasi nella propor- 
zione di una molecola per tre di citrato. Ed è precisamente in 
questi rapporti molecolari di 1 a 3 che abbiamo visto costan- 
temente nel sangue essere compresi i limiti per produrre l’in- 
coagulabilità col citrato e per ripristinare la coagulabilità col 
calcio nel sangue, reso incoagulabile con un eccesso di citrato. 

La concordanza dei risultati nelle ricerche biologiche sul 
sangue con questi ottenuti da reazioni chimiche nei tubi da saggio, 
non potrebbe essere più bella e più dimostrativa, e però possiamo 
sicuramente concludere che il citrato rende incoagulabile il sangue 
per una reazione chimica che avviene fra tre molecole di citrato 
per ogni atomo di calcio, contenuto nel sangue stesso. 

Ma noi potevamo dare a questa conclusione una prova spe- 
rimentale indiretta, e l’abbiamo fatto. Ad un cane si è iniettato 
nelle vene del citrato trisodico mescolato con cloruro calcico nel 


“2% 


rapporto molecolare di 3 ad 1; se ne iniettò moltissimo, eppure 


la incoagulabilità del sangue non si produsse. Abbiamo inoltre 


aggiunto rapidamente a del sangue arterioso di cane quantità. 


variabili della miscela sopradetta; ma anche in questo caso non 
si ebbe affatto l’incoagulabilità, neppure con quantità tali, che 
corrispondevano a 4 volte la quantità media di citrato sufficiente 
a produrre l’incoagulabilità. 

Il rapporto di tre molecole di citrato trisodico con una di 
CaR” ci rappresenta forse un composto ben definito, il primo 


iti 


CALCIO E CITRATO TRISODICO NELLA COAGULAZIONE, ECC. 5I 


termine di una equazione chimica, oppure uno stato speciale di 
affinità molecolari nelle soluzioni? - 

Non ostante i tentativi fatti finora non sono ancora in 
grado di poter rispondere definitivamente a questa questione; 
ma credo però più probabile la seconda ipotesi. 


IX. 


Osservazioni sull’incoagulabilità del sangue 
ottenuta con sali neutri. 


È notissimo che alcuni sali neutri aggiunti al sangue in 
grande quantità ne impediscono la coagulazione: tali sono ad 
esempio il solfato di magnesio, il solfato di sodio, il fosfato e 
il cloruro sodico. 

Quanto al meccanismo d’azione, questi sali vengono consi- 
derati a sè, in un gruppo ben distinto dagli ossalati, fluoruri, 
saponi alcalini e dal citrato trisodico, i quali, precipitando od 
immobilizzando il calcio, impediscono la coagulazione per un 
meccanismo ben specificato. 

Ora osservo che i così detti sali neutri in soluzioni con- 
«centrate rendono lente, scarse, od anche impediscono del tutto 
alcune reazioni volgari del calcio, e però potrebbe ben avvenire 
che da questo fatto dipendesse appunto, almeno in parte, l’in- 
coagulabità del sangue ottenuta con essi. 

Certo noi troviamo un parallelismo interessante fra l’in- 
fluenza che questi sali neutri in soluzione concentrata spiegano 
sulla reazione precipitante del calcio coll’ossalato ammonico, e 
quella che questi stessi sali spiegano sulla coagulazione del 
sangue. 

Wittstein (1) scriveva: “ io stesso ho trovato che l’ossalato 
“ di calcio viene sciolto dai sali neutri di magnesio ,: Fleischer (2) 
otava che in una soluzione satura di solfato di potassio manca 
la reazione precipitante fra ossalato ammonico e solfato di calcio, 


(1) Wirrsrerm G. C., Ueder die Trennung des Kalks von der Magnesia, 
* Zeitschr. f. analyt. Chem. ,, Jahrg. II (1863), S. 318. 

(2) Frerscner E., Trennung, welche auf dem verschiedenen Verhalten der 
Oxralate zu Schwefelsauremkali beruht, “ Zeitschrift f. analyt. Chem. ,, Jahrg. 
XXII (1894), S. 197. 


52 LUIGI SABBATANI — CALCIO E CITRATO TRISODICO, ECC. 


la quale si ha solo lentamente con un eccesso di reattivo. Io 
stesso poi ho potuto verificare questi fatti, ed ho visto anche 
che la reazione fra cloruro di calcio ed ossalato ammonico manca 
del tutto, od è scarsissima e lenta quando viene fatta in solu- 
zioni concentrate di solfato di magnesio, solfato di sodio, clo- 
ruro sodico. 

È quindi logico pensare che questa coincidenza di compor- 
tamento chimico e fisiologico non sia casuale; ma poichè questi 
sali ostacolano in soluzione concentrata la reazione del calcio 
coll’ossalato ammonico , e nelle stesse condizioni di concentra- 
zione impediscono anche la coagulazione del sangue, in cui entra 
in giuoco il calcio come elemento indispensabile, è lecito dubitare 
che questi sali riescano ad impedire la coagulazione del sanque in 
quanto si oppongono alle reazioni del calcio. 


CONCLUSIONI 


Tutte queste esperienze vengono a confermare che veramente 
nella coagulazione del sangue della linfa e del latte è indispen- 
sabile la presenza di calcio, e di più dimostrano che il calcio 
deve essere chimicamente attivo allo stato di ione. 

Resta bene assodato che il citrato trisodico, quando tro- 
vasi nel rapporto di tre molecole per un atomo di calcio, lo 
immobilizza completamente; e ciò sia per le reazioni chimiche 
ordinarie, che per le reazioni coagulanti del sangue della linfa 
e del latte. 

Le esperienze col latte appoggiano l'ipotesi di Vaudin, che 
cioè l’acido citrico normale del latte contribuisce a mantenere 
sciolti i sali di calcio in esso contenuti; e mostrano che l’acido 
citrico normale del latte tende a diminuirne la coagulabilità en- 
zimatica. 

Le esperienze poi fatte iniettando il citrato nelle vene mo- 
strano che, verosimilmente, esso non solo immobilizza i sali di 
calcio del sangue della linfa e del latte; ma anche quelli dei 
tessuti. 1 

Dopo ciò possiamo ammettere che l’acido citrico assorbito 
non circoli nell'organismo come citrato alcalino; ma come alca- 
lino-calcico; e riguardo all’azione sua fisiologica resta a vedere 
sei fenomeni tossici prodotti dal citrato trisodico siano impu- 
tabili ed interamente alla molecola acido citrico, o non piuttosto 


RAFFAELE ISSEL — SAGGIO SULLA FAUNA TERMALE ITALIANA 53 


alla immobilizzazione del calcio-ione dei tessuti. In tal caso il ci- 
trato trisodico sarebbe un mezzo atto ‘a mettere in rilievo l’azione 
biologica del calcio che trovasi costantemente negli organi. 

Su questo indirizzo di ricerche ho già raccolte molte espe- 
rienze interessanti, che saranno oggetto di uno studio ulteriore 
sull'azione biologica del calcio. 


Saggio sulla fauna termale italiana. 
Nota I del Dott. RAFFAELE ISSEL. 


n 


Si sa come lo studio delle faune localizzate in ambienti spe- 
ciali e soggette ad anormali condizioni biotiche ha assunto una 
grande importanza e rimunerato molti pazienti investigatori con 
risultati altrettanto notevoli quanto inattesi, sia dal lato pura- 
mente faunistico, sia dal lato fisiologico e biologico. Ora, mentre 
la fauna abissale, la pelagica, la nivale, la cavernicola forma- 
rono l’oggetto di ampie ed elaborate monografie, la fauna delle 
acque termo-minerali non richiamò fin qui in modo duraturo 
l’attenzione degli studiosi. Tutto si riduce a brevi note descrit- 
tive o a cenni sparsi qua e là in opere di varia indole, e, lad- 
dove l'argomento viene trattato con una certa ampiezza, si hanno 
semplicemente dati raccolti da varie fonti in appoggio di qualche 
ricerca o teoria nel campo fisiologico e biologico, e non già a 
scopo di far conoscere la fauna di cui mi occupo. Volendo per 
ora limitarmi ad uno studio preliminare, non credo opportuno 
di riassumere la materia di tali lavori (1); ricorderò solamente 
come in Italia meglio che altrove si possa trovare per siffatte 
indagini materiale ricco ed interessante, sì da compensare in 
parte le gravi e molteplici difficoltà offerte dall’ argomento. 
Basta sfogliare un trattato di idrologia minerale per convin- 
cersi come l’Italia sia una delle regioni meglio dotate della 
terra in fatto di acque termo-minerali, poichè non solo queste 
sgorgano in numero grandissimo, ma presentano la massima 
varietà, sia nella temperatura, sia nella composizione chimica, 


(1) Darò in un’altra nota l'elenco bibliografico relativo. 


54 RAFFAELE ISSEL 


sia nelle condizioni topografiche e climatiche della regione. 
Ne consegue che i problemi relativi alla fauna termale, colle- 
gandosi con altre svariate questioni, assurgono, nella nostra 
penisola, ad una importanza tutta particolare. 

Ho esplorato per ora sei acque termali: due hanno tempe- 
ratura poco elevata (Acque Albule, sorgenti di Massa Marittima), 
e di esse la prima è ricca, la seconda povera in sostanze di- 
sciolte, la terza riunisce mineralizzazione piuttosto forte e tempe- 
ratura elevata (Campiglia di Maremma); le altre tre si distinguono 
per temperatura altissima (Acqui, Valdieri, Vinadio) e di queste 
la prima è riccamente mineralizzata, mentre le altre due appar- 
tengono alla categoria delle indifferenti (Wildbider dei Tedeschi). 

Al prof. Corrado Parona, ‘direttore del gabinetto di Zoologia 
dell'Ateneo genovese, ove ho compiuto il presente lavoro, mi 
compiaccio di esprimere la mia gratitudine per il suo prezioso 
e costante aiuto. 


Acque termali della Maremma toscana. 
A. — Acque di Caldana. 


Le sorgenti termali di Caldana sgorgano tra il mare e la 
città di Campiglia (91 km. da Pisa), a piedi del versante ma- 
rittimo della catena collinesca su cui sorge la città. Le osser- 
vazioni che sto per riferire furono compiute nei punti seguenti: 

1° In un serbatoio artificiale (Bottaccio) di circa 250 m. 
di perimetro che si trova a 1 km. a N.0. della villa di Magona. 
e viene alimentato da molte polle, la più calda delle quali è 
a 37°, mentre la media del bacino è intorno ai 30°. Vi prospe- 
rano rigogliosi Scirpus e qualche pianta di una Utricularia ; 

2° Nelle acque della sorgente a 32°, che sgorga !/» km. 
più ad O. da una fessura della rupe; 

3° Nelle acque di una piccola fonte a 42°, situata nell'orto 
di una casa colonica, a poca distanza dalla precedente. La loro 
superficie si copre spesso di alghe, specialmente Oscillariee; 

4° Nella Fossa Calda, emissario comune delle acque 
termali di (‘aldana; è un rivo largo circa m. 2 !/, e poco pro- 
fondo, che si getta nel Tirreno a Torre Nuova, dopo un per- 
corso di 8km. La sua temperatura, a poco più di un km. dalle 
sorgenti, si è già abbassata a 25°. 


n 0 e ae n 


SAGGIO SULLA FAUNA TERMALE ITALIANA DD 


Non ho trovato altra analisi delle acque di Caldana che 
una molto antica del Giulj (1), la quale può darci una idea, se 
non esatta, almeno approssimativa della loro composizione chi- 
mica. La riporto testualmente: 


1 Kg. d’acqua contiene : 


Cloruro di sodio . ; 7 . grani 10 
È di magnesio . È ; A 2 

2 di calce . È a " 2 
Solfato di calce . : È ° 7 83 
Carbonato di magnesia ; 1 
7 di calce Rai (O 

gr. 28 


(pari a grammi 1,93) 


E dunque un’acqua clorurato-sodica. 

L’analisi del Giulj si riferisce alle polle a 37° !/s che si 
versano in un piccolo stabilimento termale, ma le altre sorgenti, 
appartenendo allo stesso gruppo e trovandosi in analoghe con- 
dizioni, hanno certo una composizione chimica poco differente. 

Veniamo all’elenco delle specie osservate (marzo 1899): 


Protozoi. 
FLraceLLaTI — Peranema tricophorum Ehrb. Poco comune. 
 Cirrati — Paramecium aurelia Miller. Comunissimo; molti in- 


dividui in coniugazione. 
Cyclidium glaucoma Ehrb. Comunissimo. 
Glaucoma margaritaceum Ehrb. Abbastanza comune. 


_ Vermi. 
TurseLLARIE — Due specie di Rabdoceli ancora indeterminate. 
RorireRI — Distyla gissensis Eckstein. Poco comune. 
Metopidia lepadella Ehrb. Abbastanza comune. 
GasrroTRICHI — Chaetonotus sp. Abbastanza comune. 
Nemaroni — Due specie di Anguillulidi indeterminati. 
 AneLLIiDI — Pristina sp. Comune. 


Acolosoma thermale n. sp. Comunissimo. 
Tubifex rivulorum Linn. Un solo individuo. 
N.B. I protozoi ed i vermi enumerati furono tutti osservati 
presso alla piccola fonte a 42°, fra le Oscillariee, alla tempera- 
tura di 40-41°, 


(1) Grors G., Storia naturale di tutte le acque minerali di Toscana ed 
uso medico delle medesime. Firenze, 1833. 


56 RAFFAELE ISSEL 


Molluschi. 


Gasreroponi — Melanopsis etrusca Villa. Comunissima in tutte 
le acque termali di Caldana. Presso alla piccola fonte si 
spinge fino a 41°. 

Theodoxia prevostiana Partsch. Molti individui giovani presso 
al punto di emergenza della fonte a 32°; qualche esemplare 
adulto a circa 100 m. più a valle. 


Artropodi. 


Inserti - Coleotteri — Gyrinus distinctus Aubé, var. colymbus 
Erichson. 30-37°, Bottaccio. Abbastanza comune. 

Gyrinus clongatus Aubé. 30-35°, Bottaccio. Abbastanza comune. 

Helochares dilutus Erichson. 39°, piccola fonte, sui fuscelli a 
fior d’acqua. Abbastanza comune. 

Berosus affinis Brullé. 30-35°, Bottaccio. Poco comune. 

Helophorus alternans Gené. 39°, piccola fonte. 30°-35°, Bottaccio. 
Insieme al tipo trovasi una varietà distinta per la presenza 
di una striola scutellare. 

Bidessus geminus Fabr. 30-37° Bottaccio. Comune sul fondo 
melmoso, fra i Scirpus e le fronde di Utricularia. 41°, pic- 
cola fonte; ve lo trovai anche in un’epoca in cui questa 
era sprovvista di alghe, 

Rincoti — Hydrometra stagnorum Linn. 20° circa, Fossa Calda. 

Gerris lacustris Linn. 30-35°, Bottaccio. Numerosissimi gli 
adulti e le larve. 

Velia sp. larva. 30-35°, Bottaccio. Comune. 


Vertebrati. 


Prscr — Blennius vulgaris Pollini. 25° circa, Fossa Calda. Co- 
mune. Questo pesce, dapprima descritto come specie pecu- 
liare (Blennius vetulonicus), vien considerato dal Canestrini 
come semplice varietà del B. vulgaris (var. C, varus), va- 
rietà a cui appartengono i blenni viventi nelle acque dolci 
del Lazio. 

Anguilla vulgaris Linn. 25°, Fossa Calda presso il mulino 
detto di mezzo. Quattro esemplari lunghi 19-22 cm. 

Leuciscus aula Bonaparte, varietà. 25°, Fossa Calda, in pic- 
coli branchi. 


| SAGGIO SULLA FAUNA TERMALE ITALIANA 57 


Barraci — Rana esculenta Linn. 30-35°, Bottaccio. 40°, Fossa 
Calda. Comune. Notevole come non mi sia riuscito di ve- 
dere un sol girino nel Bottaccio e presso alle altre sor- 
genti, mentre questi abbondavano in un rivoletto freddo af- 
fluente della Fossa Calda. 

Bufo viridis Laurenti. 25°, Fossa Calda, presso al ponte della 
Via Emilia. Ha macchie scure in campo grigio biancastro 
che si confonde molto bene con quello della melma ove 
l’animale suole rimpiattarsi. 


B. — Acque di Massa Marittima (1). 


Massa Marittima, piccola città in provincia di Grosseto, 
giace a 20 km. a N.E. di Follonica (linea Pisa-Roma). Le mie 
ricerche si limitarono alle seguenti località: 

1° Acque termali delle Venelle e primo tratto del loro 
emissario, 

Tali acque si trovano in un ripiano boscoso, ai piedi del 
colle su cui sorge la città; sono residui di un antico lago e 
constano di due bacini imbutiformi (veri laghi carsici) di poca 
ampiezza e grande profondità, dal fondo di uno dei quali sgorga 
la polla principale a 27°. Altri bacini più piccoli si trovano in 
vicinanza dei primi e lungo il percorso di un tortuoso canale che 
fa seguito a questi. 

La portata delle Venelle è di 300 litri al 1’, la sua com- 
posizione, è, secondo il Giulj, la seguente: 

In 1 Kg. d’acqua: 
. Solfato di magnesia . È PIOFORANI: 6 


A di calce . si 2 
Carbonato di magnesia valgo: 
3 di calce . : ) i, 2 

s ferroso : Syale tracce 

gr. 13 


(pari a grammi 0,9) 
Sopra 50 volumi di gas sì trovano: 


Acido carbonico . 2 È ; vol. 24 
Ossigeno . : I 1 i: IURIS 
Azoto . ? 3 : 3 3 radi 

50 


(1) Lori B., Descrizione geologico-mineraria dei dintorni di Massa Ma- 
rittima. Memorie descrittive della Carta Geologica d’Italia. Vol. VIII. 
Roma, 1893. | 


58 RAFFAELE ISSEL 


Sarebbe adunque un’acqua solfata. 
2° Sorgente Aronna; parecchie polle a 22°, della por- 
tata complessiva di litri 850 al 1’, che scaturiscono in un ri- 
piano a S. di Massa. 

L’emissario delle Venelle è un ampio fosso che prima corre 
verso Massa, poi scende a Follonica dopo di essersi riunito, 
presso ai casolari di Valpiana, coll’emissario dell’Aronna. 

La mancanza di una imbarcazione qualsiasi mi impedì di 
esplorare il lago dell’Accesa, bacino termale carsico di forse 2 km. 
di circuito, alimentato da polle analoghe a quelle delle Venelle e 
situato a pochi km. a S. di Massa, ch'io supponevo interessante 
anche dal lato biologico. Mi contentai di raccogliere qualche mol- 
lusco lungo le sue rive. 

Nelle acque termali di Massa Marittima rinvenni i seguenti 
animali (marzo 1899): 


Vermi (1). 


AcantocerAaLI — Echinorynchus proteus Westrumb. 26°, Venelle. 
Ospite: Squalius cephalus. Parecchi individui aderenti alla 
mucosa intestinale. - 


AneLLIDI — Lumbricus sp. 22°, Aronna. Indeterminabile perchè 
giovane. 
Molluschi. 
GasteroPonI — Melanopsis etrusca Villa. 25-27° Venelle, 22° 


Aronna. Comunissima, specialmente presso le sorgenti. Lae 
conchiglia adulta ha sempre l’apice mozzo ed è in media 
più grande di quelle di Caldana. Sono notevoli una varietà 
quasi gigantesca (oltre 30 mm.) che non riuscii a ritrovare 
vivente, ed un’altra a conchiglia di tinta ocracea, vivente 
in un rivo ferruginoso affluente delle Venelle. 

Theodoxia fluviatilis Linn. 25-26° Venelle, 22° Aronna, 16° Ac- 
cesa. Comunissima; notevole come qui si sia adattata ad 
acque lacustri mentre suol preferire le correnti. Svariati 
gli ornamenti e il colore che non dipendono dalle condi- 


(1) A Massa Marittima dovetti limitare le mie osservazioni alla fauna 
macroscopica. 


| 
| 


SAGGIO SULLA FAUNA TERMALE ITALIANA 59 


zioni ambienti. Statura piuttosto grande (mm. 7-7 !/ di lun- 
ghezza) nelle Venelle, ancor maggiore nell’Accesa (mm. 10). 
Bythinia tentaculata Linn. 25° fosso delle Venelle. Abbastanza 
comune. In quantità stragrande, abbandonata dalle acque, 
sulle rive del lago d’Accesa. 
Bythinella etrusca Paladilhe. 25°, fosso delle Venelle. Comune. 
Valvata piscinalis Muller. 16°, Accesa. 
Limnaea palustris Miiller. 16°, Accesa. 
Limnaea truncatula Miller. 25°, fosso delle Venelle. Rara. 
Planorbis laevis (?) Alder 25°, fosso delle Venelle. Piuttosto raro. 
Ancylus lacustris Linn. 25°, fosso delle Venelle. Abbastanza 
comune (1). 


Artropodi. 


CrostAacrt — Lamproglena pulchella Nordman. 26°, Venelle. Pa- 

recchi individui sulle branchie di un Telestes muticellus. 

Gammarus fluviatilis Roesel. 22°, Aronna. Comune. 

Palaemonetes varians Leach. 25-27°, Venelle. Comunissimo. 
Lunghezza media mm. 24, lunghezza del rostro: contenuta 
3 !/s volte in quella totale del corpo. Sopra 28 individui, 
22 presentano 6 denti rostrali al margine superiore e 2 al 
margine inferiore; un solo individuo 6 al margine superiore 
e 3 all’inferiore, tre individui 5 al superiore e 2 all’infe- 
riore. Molte femmine avevano uova mature fra i pleopodi. 

Telphusa fluviatilis Belon. 26°, Venelle, 22° Aronna. Abba- 
stanza comune. 


Vertebrati. 


Pesci — Squalius cephalus Linn. 26°, Venelle. Uno degl’individui 
pescati misura mm. 225 di lunghezza. 
Telestes muticellus Bonaparte. 26°, Venelle. Comune. Si pre- 
senta in due varietà distinte. 
BarrAcI — Rana esculenta Linn. 25°, Venelle. Poco comune. 


(1) Alcuni dei molluschi enumerati sono citati nel lavoro del Lotti 
(vedi opera già ricordata). 


60 RAFFAELE ISSEL 


IL 
Acque termali di Acqui e delle Alpi Marittime. 


Si distinguono per temperatura molto elevata ed alimen- 
tano una vegetazione termofila di cui le Leptotricee formano 
l'elemento più caratteristico. 

Tali vegetazioni, conosciute volgarmente col nome improprio 
di muffe, sono poco sviluppate ad Acqui, molto di più a Vinadio 
e presentano uno sviluppo eccezionale a Valdieri. 


A. — Acque termali di Acqui. 


Acqui, città principale dell’alto Monferrato, è rinomata per 
la copia delle sue acque termo-minerali, distribuite in due gruppi, 
l’uno sulla destra della Bormida, l’altro sulla sinistra. Le poche 
osservazioni zoologiche che posso riferire furono compiute: 

1° Nella vasca di raffreddamento (temperatura 44° 1/y) 
che si trova nel giardino delle Nuove Terme in città. Essa 
riceve le acque della Bollente (74° !/,). Le sue pareti sono incro- 
state da un feltro sottile e compatto di Leptotricee; 

2° Nel serbatoio di mezzo situato nel cortile delle Vecchie 
Terme. Esso è lungo circa 17 metri e largo 5, e diviso in 4 
scompartimenti. Vi si suole depositare il fango che vien tolto 
da una grande vasca contigua, e da ciò consegue che la tempe- 
ratura e la profondità delle acque subiscono notevoli varia- 
zioni. Quando visitai le Terme, il fango riempiva quasi totalmente 
il serbatoio e la temperatura era, secondo lo scompartimento 
di 36° a 42°. Alla superficie del fango e a fior d’acqua si osser- 
vavano rigogliose alghe, specialmente Oscillariee; 

3° In due serbatoi, coperti da una tettoia, che si trovano 
accanto al precedente, con scarse Leptotricee sulle pareti. La 
temperatura riscontrata fu in uno di 48°, nell’altro di 51°. 

L’acqua che alimenta le Terme d’oltre Bormida (1) ha un 
peso specifico di 1,0009 e contiene, secondo Bunsen, le seguenti 
sostanze disciolte per 1 kg. d’acqua: 


(1) De Aressanpri D., Guida storica, medica e pittoresca alle Terme 
d’Acqui. Acqui, 1888. — Scaivarpi P., Guida alle acque minerali e ai bagni 
d’Italia. Milano, 1896. 


rea 


SAGGIO SULLA FAUNA TERMALE ITALIANA 6l 


Borato di magnesia . ì . gr.  0,00942 

Solfato di stronziana . : , : 0,00964 

È di calce . : , : À 0,30719 

5 di potassa . : N 3 0,00013 

Nitrato di potassa . , : î 0,01377 

Cloruro di potassio . 4 ° 4 0,02664 

A di ammonio . A $ è 0,00923 

sa li. sodio : : 3 ; x 1,75918 

s di calcio ; : . E 0,14039 

s di magnesia . : 3 È 0,00749 
Ossido di ferro sciolto in sostanze 

organiche . a ) : ì: 0,00308 

Acido silicico . : ; s ù 0,03087 

Sostanze fisse . ; É «gr 2,81703 


Secondo Schivardi, ogni litro d’acqua contiene cm? 1,3988 
di acido solfidrico. 
Ecco le specie osservate (maggio 1900): 


Protozoi. 


FLAGELLATI — Dei flagellati indeterminati si trovano nelle vasche 
ec dere a I° 
Ciriati — Paramecium aurelia Miller. 38 !/,-42°. Comune. Lun- 
ghezza pu. 130. 
Nassula aurea Ehrb. 38 1/-42°. Abbastanza comune. Lun- 
ghezza u 40, colore verde-giallo. 
Cyclidium glaucoma Ehrb. 38 !/-42°. Comune. 
Oxrytricha sp. 38 !/3-40°. Poco comune. 
NB. I ciliati enumerati vivono nel serbatoio di mezzo. 


Vermi. 


TurseLLARIE — Rabdocelo indeterminato a 38 1/,-40°. Comune. 

Rortireri — Philodina roseola Ehrb. 38 1/3-42°, serbatoio di 
mezzo; comune. 44 !/,, vasca delle Nuove Terme, in quan- 
tità grandissima. 

Nematopr — Un Anguillulide indeterminato, comunissimo @ 
38!/, — 42° nel serbatoio di mezzo e a 44°1/, nella vasca 
delle Nuove Terme. 


62 Sa i RAFFAELE ISSEL 


Artropodiì. 


CROSTACEI — Cypris sp. 38° 1/3-40°, serbatoio di mezzo. Tanto 
copiosa da formare coi suoi adunamenti delle chiazze brune 
sul fondo melmoso. 


AracnIDI — Un idracnide trovato a 38°, che sfortunatamente 
andò perduto. 

Inserti - Ditteri — Chironomus sp. larva. 36°, serbatoio di 
mezzo. i 


Coleotteri — Bidessus geminus Fabr. 36-42°, serbatoio di mezzo. 
Comune. Macchie delle elitre più scure che negl’individui di 
Campiglia. 

Laccobius gracilis Motsch. 36-40°, serbatoio di mezzo. Comune. 
Abbonda anche nel fontanino a 36° situato a destra del 
primo. 

Rincoti — Notonecta glauca Linn. 30°, in un serbatoio attiguo 
a quello a 44° 1/,, 

Corisa hyeroglyphica Dufour. 36-40°, serbatoio di mezzo. Co- 
munissimi gli adulti e le larve. Colore biancastro. 


B. — Acque termali di Valdieri. 


Le Terme di Valdieri, situate nell’alta valle del Gesso, 
a 33 km. da Cuneo e a m. 1346 sul livello del mare, sono ali- 
mentate da una quarantina di sorgenti termali di temperatura 
varia, la più calda delle quali, è a 69° (1). Le mie osserva- 
zioni zoologiche vertono sulle così dette muffe o vegetazioni 
termofile che si sviluppano lungo il percorso dell’acqua ter- 
male con tanto maggior vigore quanto più la corrente è lenta 
e quanto più vasta ed aereata è la superficie bagnata. Confor- 
memente a ciò il decorso delle sorgenti adibite alla produzione 
delle muffe venne regolato collo scavare nella roccia una trentina 
di scaglioni di varia altezza. Le muffe rivestono le rupi di uno 
strato variopinto, spesso, in taluni punti, più di un decimetro, 
tenace, lardaceo, o pendono dai gradini a guisa di stalattiti; 
sembrano avere il loro optimum di crescenza fra 40° e 50° circa. 
Secondo il prof. Buscalioni (2) i grumi di un rosso ranciato 


(1) MarcHÙisio B., Guida alle Terme di Valdieri. Torino, 1898. 
(2) Buscarioni L., Sulle Muffe e sull’Hapalosiphon laminosus Hausgirg 
delle Terme di Valdieri. Estr. dal giorn. “ Malpighia ,. A. IX. Genova, 1895. 


SAGGIO SULLA FAUNA TERMALE ITALIANA 63 


che si trovano nei punti più caldi (ne osservai a 63°) sono Sol- 
fobacteri e vi si trovano commisti ammassi azzurrastri di una 
Nostocacea simile alla Anabaena bullosa descritta dal Meneghini. 

A temperatura un po’ meno alta, i filamenti della Bacte- 
riacea si mescolano a quelli della Leptothrix valderia Delponte, 
essenziale costituente delle muffe, che offre colori diversi a se- 
conda della sua età, e ad oscillarie, spirogire, scitonemi, ecc., 
mentre a circa 50° vegeta un’alga interessante per il suo poli- 
morfismo, il Mastigocladus laminosus Cohn, indicato pure ad 
Abano, ad Ischia e a Carlsbad in Boemia. 

Le acque utilizzate per la produzione delle muffe sono le 
seguenti: 

1° Quelle della sorgente detta magnesiaca che sgorga in 
due zampilli, l'uno a 53°, l’altro a 36° ed ha un peso specifico 
pari a 1,0001; 
2° Quelle del gruppo di San Lorenzo e San Martino, la 

più calda delle quali, adibita all’uso anzidetto, è a 63° (quella a 69° 
è incanalata e condotta nella stufa). 

Peso specifico pari a 1,0008. 

La composizione chimica di queste acque, secondo Peirone 
e Brugnatelli, è la seguente: 


Per un litro d’acqua: 


S. Martino e S. Lorenzo Magnesiaca 
Cloruro di sodio : 2 . grammi 0,939 0,009 
Solfato di soda . : 3 3 2 0,087 0,035 
Silicato di potassa . > A A 0,041 0,010 
s' di soda. . é : ù 0,032 Li 
Calce . P : : . . È 0,009 0,021 
Magnesia ) } o tracce 0,002 
Ossido di ferro e manganese . È 0,001 tracce 
Allumina . : , ; ; hi 0,002 0,013 
Acido fosforico . A 5 À r tracce _ 
n.°! silicico | . A ) ; È 0,025 0,008 
Todio . : È ) , . À tracce — 
Sostanze organiche 2 tracce — 
Sostanze fisse . i x . grammi 0,236 0,297 
Acido solfidrico . ; - . cm 1,18 —_ 


Sono dunque acque so/fate deboli. Apparterrebbero propria- 
mente al gruppo delle indifferenti ( Wildbéider dei Tedeschi). 


64 RAFFAELE ISSEL 


Il prof. Perroncito (1), in un suo studio sulle muffe di Val- 
dieri, accenna ad alcuni animali che vi si rinvengono: amebe, 
infusorî, rotiferi (specialmente filodine rosee e lepadelle), an- 
guillule di varie specie, larve di altri nematodi, larve di ditteri. 
Descrive inoltre due specie di anguillule ch’egli reputa nuove 
e che denomina Anguillula macrura e Anquillula valderia; que- 
st'ultima abbonda nelle muffe fra 25° e 35°. Aggiunge infine 
come nella fonte solforosa termale, a livello del Giesso, si tro- 
vino: amebe, parameci ed altri infusorîì, rotiferi (specialmente 
lepadelle) ed anellidi appartenenti al genere Aeolosoma. 

Ecco le specie da me osservate (agosto 1899 e agosto 1900): 


Protozoi. 


Rizopopi — Amoeba sp. Abbastanza comune. 
Centropyris aculeata Ehrb. Comunissima. Diametro massimo 
u 73-125. Guscio costituito di sabbia quarzosa, talora com- 
mista a qualche diatomea. Da forme prive di aculei (varietà 
ecornis) si passa a forme con 9-10 aculei. Individui in con- 
lugazione. 
Difflugia globulosa Duj. Abbastanza comune. Diametro u 50-75. 
Difflugia pyriformis Perty. Poco comune. Lunghezza u 125-132. 
Guscio di materiale quarzoso a grossi elementi. 
Pseudodifflugia amphitrematoides Archer. Comune. Lunghezza 
u 30-35. Individui in coniugazione. 
Euglypha alveolata Duj. Poco comune. Lunghezza pu 50-67. 
Quadrula symmetrica Wallich, var. Poco comune. Lunghezza 
u 35. Differisce dal tipo figurato dagli autori perchè più 
breve e rigonfia e per le irregolarità del guscio. 
Arcella vulgaris Ebrb. var. discoides (Leidy, Freshw. RMe. 
tav. XXVIII). Rara. Diametro u 60-93. 
Trinema enchelys Ehrb. Comunissimo. Lunghezza u 52-70. 
FLageLLATI — Flagellato indeterminato. Comune. 
Peranema tricophorum Erhb. Abbastanza comune. 
Citati — Glaucoma margaritaceum Ehrb. Comune. 
Loxocephalus granulosus Kent. Comune. 


(1) Perrowcrto E., Osservazioni fatte alle Terme di Valdieri. * Annali 
della R. Accademia di Agricoltura di Torino ,, vol. 32°. Torino, 1889. 


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We Po © © 


SAGGIO SULLA FAUNA TERMALE ITALIANA v 65 


Vermi. 


RorirERI — Philodina roseola Ehrb. Comunissima. 
 Adineta vaga Davis. Poco comune. 
Distyla gissensis Ekstein. Comune. 
Metopidia lepadella Ehrb. Comune. 
Monostyla sp. Abbastanza comune. Un altro rotifero indeter- 
minato si trova associato alla Adineta vaga. 
GastRoTRICHI — Chaetonotus sp. Abbastanza comune. 
NemaToDI — Due specie di Anguillulidi ancora indeterminati. 


NB. I protozoi ed i vermi fin qui enumerati furono osser- 
vati nelle muffe fra 30° e 37° circa e fra 40° e 45° circa. In 
quanto alla loro distribuzione, osserverò che la Centropyris acu- 
leata è il solo rizopodo che abbia trovato ancora a 39-40°, tranne 
un’Amoeba che vidi a 45° abbastanza numerosa. Fra i rotiferi 
la Distyla e la Metopidia si spingono a temperature un po’ più 
alte che non la Adineta, ma cedono alla loro volta il posto 
alla Philodina, che alligna ancora a 45°. 


Molluschi. 


Gasteroponi — Limnaea truncatula Miiller. 32°, nella cavità 
donde sgorga la sorgente a 63°. Un solo esemplare. 


Artropodi. 


Inserti - Ditteri — Stratiomys sp., larve. 37-38°, sulla gradi- 
nata e presso la sorgente magnesiaca. Comuni. 
Coleotteri — Hydroscapha gyrinoides Aubé. 30-45°. Comunis- 
sima. È caratteristica delle acque termali delle Alpi Marit- 
time. Si muove velocemente alla superficie degli ammassi 
di Leptotricee e la sua piccola mole (mm. 1,5) le permette 
di internarsi e di aggirarsi entro ai loro meati. Insieme agli 
adulti trovai numerose uova e larve. 
Helochares dilutus Erichson. 40°. Abbastanza comune. 
Coelostoma hispanicum Kiister. 37-38°. Poco comune. 
Laccobius Sellae Sharp. 30-45°. Comunissimo. È citato anche 
dal Baudi (1) nel catalogo dei coleotteri piemontesi; non lo 


(1) Baupr F., Catalogo dei Coleotteri del Piemonte. Torino, 1889. 
Atti della R. Accademia. — Vol. XXXVI. 5 


664 RAFFAELE ISSEL 


trovai però alla temperatura di 45 R indicata da questo 
autore. Peculiare alle Terme di Valdieri. 

Parnus luridus Erichson. 37-38°. Abbastanza comune. Credo 
utile citarlo, quantunque non sia un coleottero acquatico, 
poichè vive sulle alghe inumidite dalle acque termali di 
Valdieri. 


C. — Terme di Vinadio. 


Le Terme di Vinadio sono situate sulla riva sinistra del 
Rio dei Bagni, piccolo affluente della Stura di Demonte, a 1325 m. 
sul livello del mare; distano 46 km. da Cuneo. 

Le sorgenti sgorgano nell'interno dello stabilimento termale 
o nelle sue immediate vicinanze con una portata complessiva 
di circa 70 litri al 1' (Rabaioli). Le mie osservazioni furono 
compiute: 

1° In una muffiera (1) abbandonata, lunga m. 24 e larga 

circa 1, che si trova dietro al corpo centrale dello Stabilimento. 
La chiamerò muffiera n. 1. È alimentata da una sorgente che 
da un cortile interno viene ivi condotta mediante tubatura me- 
tallica; la sua temperatura ch'è di 55°1!/, all'emergenza dalla 
roccia, si riduce nel tragitto a 46°: L'acqua scorre lentamente 
fra un rivestimento poco compatto di vegetali inferiori. Nei 
primi 2 m. tale rivestimento ha circa 3 cm. di spessore ed è 
costituito prevalentemente da Leptotricee; più a valle queste 
vengono accompagnate e sostituite da Oscillariee, Nostocacee, 
Zignemacee, Diatomee, ecc. L'acqua, sgorgando dal tubo si versa 
prima in una vaschetta di 1 m. di lato, poi passa su gradini 
rettangolari alti 3 o 4 cm. e lunghi 2 m., che mi furono uti- 
lissimi come punti di riferimento per studiare la distribuzione 
della fauna in rapporto colla temperatura. 

Il termometro mi fornì nei singoli spazi i dati seguenti: 


Vaschetta . L È 46° 

1° gradino . è } 42° —45° 
2° & ; , ) 40°—42° 
3° È } / È 38°—40° 
4° E; È i 3 36°—88° 


(1) Alveo, per lo più artificiale, disposto in modo da favorire lo svi- 
luppo delle vegetazioni crittogamiche termali. 


SAGGIO SULLA FAUNA TERMALE ITALIANA 67 


5° gradino . $ ; 34° - 36° 

6° a a : , 32° — 34° 

Ch è x " 1 32° 

8° È ; s o 31°—32° 

9° ; 3 : ù 30°—31° 
10° 29°—30° » 


Tratto di 3 m. che mette alla bocca di scarico: 27-29°. 


2° In una piccola pozza a 33°, vicina alla fonte a 55° 1/9; 

3° In una muffiera situata dietro l’ala minore dello Sta- 
bilimento, fortemente inclinata e lunga 10 m. circa con una 
larghezza di m. 0,88-1,10; la chiamerò muffiera n. 2. Vi è con- 
dotta una sorgente a 55° chè dà luogo allo sviluppo di un cospicuo 
feltro di Leptotricee usufruttate a scopo terapeutico; 

4° Nell’acqua di uno zampillo a 49° che sgorga da una 
nicchia praticata nel muro dell’ala minore e si raccoglie in una 
vasca semielittica, larga un metro e profonda 0,40, ove assume 
una temperatura media di 43°. La nicchia poco al disotto del 
livello raggiunto dal liquido, si incrosta di un tenue strato di 
Leptotricee; 

5° Nell’acqua a 27° che sfugge dal serbatoio di una pic- 
cola sorgente, la quale sgorga ad una sessantina di metri dallo 
stabilimento sulla via carrozzabile delle Pianche; 

6° Negli stillicidi delle stufe sudatorie. 

Analisi delle acque termali di Vinadio, secondo P. Carle- 

varis (Da Schivardi). 


In un litro d’acqua: 


Cloro x î ; 3 . grammi 0,246 
Sodio S : : ; 3 x 0.169 
Acido solforico : A 3 0,050 
Calcio n 0,010 
Litio : : 0,003 
Acido silicico . —. i : n 0,012 
Sostanze organiche -e perdita. È 0,014 
Sostanze fisse . ; ? . grammi 0,504 
Acido solfidrico . 3 . grammi 0,024 (1). 


Sono dunque acque clorurate e solfate deboli. 
Poichè le specie osservate (luglio e agosto 1900) sono 


piuttosto numerose, le citerò partitamente per ogni luogo di 
raccolta. 


(1) Vi dev'essere errore, probabilmente la cifra vera è gr. 0,0024. 


68 RAFFAELE ISSEL 


1. Muffiera n° 1. 


Protozoi. 


Rizoponi — Pelomyxa villosa Greeff, var. Si trova fin presso lo 
zampillo (46°). Quivi è comune, sotto ai 44-45° si fa meno 


frequente. La temperatura più bassa a cui la osservai è a . 


32°, non ne trovai a questo grado che un solo individuo. 
I peli dell’estremità posteriore non sono costanti. Striscia 
velocemente mediante un pseudopodo tondeggiante ialino; 
l'emissione di tale pseudopodo può paragonarsi con molta 
efficacia a quella di una bolla di sapone rapidamente sof- 
fiata da una cannuccia. È incolora o tinta lievemente in 
verdastro. 

Amoeba proteus Ehrb. 32° circa. Rara. Alcuni individui rag- 
giungono grandi dimensioni (fino a u 250). 

Amoeba radiosa Duj. 32-36°. Poco comune. 

Amoeba polypodia Schultze. 29-30°. Rara. 

Amoeba verrucosa Ehrb. 32-34°. Piuttosto comune. 

Euglypha alveolata Ehrb. Si trova nei punti meno caldi donde 
si spinge fino a 37-38°, mostrandosi particolarmente abbon- 
dante intorno ai 32°. Lunghezza pu 80-90. 

Centropyris aculeata Ehrb. Sostituisce in certo modo la Eu- 
glypha, poichè si mostra abbondante laddove questa co- 
mincia a scarseggiare. È ancora comune a 40° e ne trovai 
qualche individuo a 42°. Diametro massimo pw 55-65. 

FLAGELLATI — Piccolo fiagellato indeterminato che sembra de- 
cisamente termofilo, poichè appare a 36-38°. È comunissimo 
intorno ai 40° e si rinviene, quantunque meno comune, fino 
a 45° circa. 

Cyatomonas truncata Fresenius. 36-38°. Comune. Lunghezza p 10. 

Phillomitus undulans Stein. 36-38°. Comune. 

Petalomonas sp. 32-34°. Rara. Lunghezza u 27. 

Peranema tricophorum Ehrb. Si trova abbastanza frequente da 
27° fino a 40°. 

Entosiphon sulcatum Duj. 36-38°. Comune. Lunghezza u 20-24. 

Chilomonas paramecium Ehrb. 30-31°. Raro. 


i Cirrati — Enchelys tarda Quenn. 44°. Rara. Lunghezza p 32, 


Paramecium aurelia Miller. Da 27° fino a 40° circa abbastanza 
comune, Lunghezza u 107-126. 


SAGGIO SULLA FAUNA TERMALE ITALIANA 69 


Cyclidium glaucoma Ehrb. 32-34°. Poco comune. Lunghezza y 25. 
Glaucoma murgaritaceum Ehrb. Comune fino a 37-38°. 
Glaucoma pyriformis Ehrb. 32-34°. Raro. 

Loxocephalus granulosus Kent. Ha la stessa distribuzione e 
frequenza del Paramecium aurelia. Lunghezza u 30. Parecchi 
individui in coniugazione. 

Chilodon cucullus Ehrb. Abbastanza comune in tutti i punti 
della muffiera; ne trovai qualche individuo. presso allo 
zampillo (46°). 

Lionotus sp. 43-44°. Poco comune. Non lo vidi a temperature 
più basse. 

Metopus sigmoides Clap. e Lachm. Da 37° fino a 45° circa. 
Poco comune. 

Aspidisca lyncaster Stein. Da 27° fino a 33° circa. Abbastanza 
comune. Lunghezza u 27. 

Oxytricha gibba Clap. e Lachm. Come la precedente. 

Vorticella nebulifera Ehrb. 32° circa. Comune. 

Vorticella citrina Ehrb. 34° circa. Rara. Lunghezza u 49. 


Vermi. 


TurBeLLARIE — Due specie di Rabdoceli ancora indeterminate; 


l’una, rara, fu osservata a 28°, l’altra, comune, si trova fino 
Wal .eirca. 


RotirerIi — Philodina roseola Ehrb. Da 27° a 46°. Rara nei 


punti meno caldi, diventa sempre più comune mano a mano 
che la temperatura si innalza finchè a 40-42° si presenta in 
colonne serrate con numero grandissimo di individui; ne ho 
contati perfino 50 in uno spazio circolare di 2 mm. di dia- 
metro. A temperatura più alta va gradatamente diminuendo. 

Adineta vaga Davis. Si trova fra 27 e 36°. Comune. 

Un altro rotifero ancora indeterminato ha la stessa 
distribuzione e frequenza del precedente. 

Distyla gissensis Eckstein. Diffusa dai punti meno caldi fino a 
42° circa. A 36°-38° è assai comune e uguaglia per numero 
d’individui la Philodina. Lunghezza (completamente espansa) 
u 158. i 

Monostyla sp. Diffusa dai punti meno caldi fino a 39° circa. 
Un po’ meno comune della Distyla. 

Metopidia lepadella Ehrb. Ha la stessa distribuzione della Di- 


70 RAFFAELE ISSEL 


styla, colla differenza che è piuttosto rara. Degno (com- 


pletamente espansa) u 105-125. 
Diaschiza semiaperta Ehrb. 35-37°. Poco comune. Lunghezza 
completamente espansa) u 220. 
GastRroTRIoHI — Chaetonotus sp. Diffuso dai punti meno caldi 
fino a 41-42°. Dappertutto poco frequente. 
Nematopi — Anguillulide indeterminato, 38-40°. Raro. 
ANnELLIDI — Aeolosoma thermale n. sp. Fino a 40°. Comune. 
Anellide appartenente alla famiglia Nasdinae, ancora 
indeterminato. 32°. Raro. 
AlUlurus tetraedrus Savigny. 28-29°. Parecchi individui sotto a 
frammenti di ardesia. 


Artropodi. 
Crostacei — Cyclops sp. 32°. Raro. 
Inserti - Coleotteri — Laccobius gracilis Motsch. Molto co- 


mune a 35°; alcuni individui si spingono sino a 39°. 
Altro Idrofilide ancora indeterminato, raccolto a 35°... 
2. Pozza a 33° presso alla sorgente 55° 1/3. 


Protozoi. 
Rizoponi — Amoeba radiosa Ehrb. 
Crurati — Paramecium aurelia Miller. Comune. 
Loxocephalus granulosus Kent. Comunissimo; individui in coniu- 
gazione. 
2. Muffiera n° 2. 
Protozoi. 
Rizoponi — Pelomyra villosa Greeff. var. E l’animale per cui ho 


osservato il massimo termico più alto. Manca nelle vege- 
tazioni crittogamiche color nero fumo che rivestono le pareti 
della vaschetta ove passa l’acqua a 55° subito dopo la sua 
emergenza. Ne trovai invece parecchie nel sottile strato di 
Leptothrix e Sulfurarie all'uscita della vaschetta (tempera- 
tura 54° !/,); quivi sono piccolissime (7-15 u). A 47-48° la specie 
si fa più frequente ed acquista dimensioni maggiori (20-25 p). 
Sotto ai 45° diminuisce; a 35° non mi fu dato di osservarla. 
Sembrerebbe quindi una specie termofila. 


Éo 


SAGGIO SULLA FAUNA TERMALE ITALIANA 71 


FLageLLATI — Piccolo flagellato indeterminato. 35-36°. Comune. 
Citati — Glaucoma margaritaceum Ehrb. 35-36°. Abbastanza 
comune. 


Chilodon cucullus Ehrb. 35-40°. Abbastanza comune. 


Vermi. 


RorireRI — Philodina roseota Ehrb. Anche qui abbonda intorno 
ai 40° e si spinge fino a 45-46°. Alla fine di luglio essendo 
pochissimo sviluppato il feltro di Leptotricee non avevo 
trovato che filodine in via di sviluppo, due settimane più 
tardi, le Leptotricee averido subìto un rapido accrescimento, 
le filodine adulte erano numerosissime. 


Nemaroni — Gordius Villoti Rosa. 37°. Un solo esemplare. 
Artropodi,. 
Inserti - Coleotteri — Hydroscapha gyrinoides Aubé. Comu- 


nissimi, adulti e larve, sì da formare in alcuni punti delle 
chiazze nerastre coi loro adunamenti. Si spingono fino all’al- 
tezza del getto a 55°, evitando però le parti centrali, ove 
l’acqua, scorrendo più rapidamente, non ha tempo di raf- 
freddarsi. La temperatura massima a cui vivono è di 46°. 
Sembra che gli ammassi di Leptothrix siano la loro dimora 
favorita; mancano infatti nella muffiera n° 1, ove altri ve- 
getali sostituiscono più o meno completamente le Leptotricee. 
Laccobius gracilis Motsch. Fino a 38°. Comune. 

Anche qui si trova l’Idrofilide indeterminato già ricor- 

dato a proposito della muffiera n° 1. 


5. Vaschetta a 43°. 


Vi riscontrai in numero piuttosto scarso: 


Protozoi. 
Rizoponi — Amoeda sp. 
Crati — Lionotus sp. 
Chilodon cucullus Ehrb. 
Vermi. 


RorirERI — Philodina roseola Ehrb. 


(Sa RAFFAELE ISSEL 


4. Acque a 27° lungo la via carrozzabile. 
Protozoi. 


Rizoponi — Euglypha alveolata Ehrb. Poco comune. 

FLAGELLATI — Piccolo flagellato indeterminato. 
Peranema tricophorum Ehrb. Abbastanza comune. 

Cirati — Paramecium aurelia Miller. Abbastanza comune. 
Glaucoma margaritaceum Ehrb. Abbastanza comune. 
Chilodon cucullus Ehrb. Comune. 


Vermi. 
TurBELLARIE — Un Rabdocelo indeterminato. 
Rorireri — Rotifero indeterminato già citato. Poco comune. 
Distyla gissensis Eckstein. Comune. 
NematopI — Anguillulide indeterminato. 
Artropodi. 
CrostAceI — Cypris sp. Comune. 


Stufe sudatorie. 


Nella più calda (la cui atmosfera può raggiungere una tem- 
peratura massima di 54° circa) trovai, rara, un ameba entro 
ai piccoli grumi giallastri e gelatinosi di Leptotricee che vege- 
tano sulle pareti lungo gli stillicidi. Il termometro, immerso in 
tali grumi, segnava 49°. L’ameba parmi la stessa delle sorgenti 
calde (Pelomyxa villosa); si muove però più lentamente. Statura 
piccolissima (circa 10 p). 


Acque Albule. 


Le Acque Albule sgorgano nelle vicinanze di Tivoli presso 
Roma. 

Dal laghetto delle Colonnelle si versano per un piccolo 
canale in un altro bacino detto della Regina (m. 230 di circuito 
e 36 di profondità massima) situato alquanto più in basso ed 
alimentato dalle polle principali; l’emissario loro è un canale 
largo 4 metri che sbocca nell’Aniene ed ha una portata di 
18800 litri al 1’. 


: 
i 


SAGGIO SULLA FAUNA TERMALE ITALIANA TI 


L'acqua ha una temperatura di 22°1/, e contiene notevole 
quantità di gas: 


Azoto per un litro . . . . . grammi 0,2160 
Anidride carbonica per un litro . n 1,2732 
Acido solfidrico in amittradol a 0,0119. 


Il residuo salino a 100° è di gr. 2,5255, e i sali disciolti 
sono specialmente carbonato e solfato di calcio, solfato di ma- 
gnesio, cloruro di sodio. L'analisi vi rivelò pure piccole quan- 
tità di iodio, arsenico, litio, nonchè tracce di fosforo, boro, 
stronzio, alluminio, ferro e manganese. È dunque un’acqua 
solfurea. 

Secondo le osservazioni della signora Fiorini-Mazzanti rife- 
rite dal Pavesi, sulle rive abbonda il Scirpus lacustris, mentre 
alla superficie galleggia la Calothrix janthiflora che ospita la 
Leptothrix parassitica ed accompagna la Spyrogyra gracilis. Nu- 
merosissime le diatomee. 

Il prof. Pavesi (1) segnalò nelle Acque Albule il porifero 
Spongolithis aspera e larve di ditteri appartenenti alla famiglia 
Stratiomydae. 

Io non ho visitato le Acque Albule, ma ho ricevuto mate- 
riale in comunicazione da questa provenienza. In un campione 
d'acqua con qualche tallo di Chara, proveniente dal laghetto 
della Regina rinvenni i seguenti insetti: 


Ditteri — Larve di Stratiomydae, ed altre larve di ditteri in- 
determinate. 


Il mio amico dott. Zanichelli mi inviò alcune larve di Cu- 
licidi, in varîì stadi di sviluppo, raccolte in una vasca d’acqua 
solforosa appartenente allo stabilimento termale. 


Coleotteri — Coelostoma hispanicum Kiister. 
Philhydrus salinus Bedel. È indicato nei cataloghi come abita- 
tore delle acque salmastre della Francia meridionale. 
Rincoti — Nepa cinerea Linn. Individui di colore biancastro. 


(1) Pavesi P., I viventi delle Acque Albule. Estr. dall’ “ Italia giovane ,. 
Anno VII, fasc. 2. Milano. 


Od | 


74 FRANCESCO SEVERI 


Alcuni esemplari di un mollusco raccolto nel primo tratto 
dell’emissario si riferiscono alla Limnaea peregra Miller. 


In una prossima nota esporrò le conclusioni del mio lavoro 
e ricorderò i nomi degli autorevoli studiosi che mi hanno pre- 
stato valido aiuto nella determinazione del materiale raccolto. 


Sopra le coniche che toccano e secano una 0 più curve gobbe. 
Nota di FRANCESCO SEVERI 


In una Nota recentemente inserita negli Atti di questa 
Accademia (*) detti le formole mediante le quali si risolve il 
problema di determinare il numero delle coniche che soddisfano 
ad ogni condizione composta con le condizioni elementari yu, v, p, 
con un numero conveniente di condizioni a; (n, 7) affinchè una 
conica sia ? — secante di una curva d'ordine x e rango 7, e 
con ogni altra condizione di cui si conosca l’espressione in fun- 
zioni delle caratteristiche u, v, p. Ora mi propongo di trattare 
quei problemi in cui entrano condizioni di tangenza con date 
curve algebriche, imposte a coniche di un dato sistema. Pro- 
blemi di questa natura, per quanto io sappia, non furono finora 
risoluti neppure in casi particolari, se si eccettua il caso che le 
date linee algebriche siano rette, chè allora tali problemi si ri- 
solvono profittando della nota espressione, in funzione di p, V, p, 
della condizione perchè una conica tocchi una retta (**). 

Procederemo sistematicamente cercando di esprimere in 
funzione delle caratteristiche pu, v, p le condizioni irriducibili A 
che si presentano in questa sorta di problemi. 


(*) Ricerche sulle coniche secanti delle curve gobbe (Atti della R. Accad. di 
Torino, t. XXXV, 1900). Le notazioni che useremo nella presente Nota, 
quando si riferiscano a condizioni già introdotte nella Nota ora citata, sar 
ranno le medesime di quelle che usammo nelle Ricerche, e ogni richiamo 
a queste Ricerche sarà brevemente indicato con la lettera N. Cfr. anche le 
due Note del prof. BerzoLari entrambe dal titolo: Sulle coniche appoggiate 
in più punti a date curve algebriche (Rendiconti del R. Istit. Lombardo, (2) 
t. XXXIII, 1900). 

(**) Cfr. Scnausert, Kalkil der abzihlenden Geometrie, pag. 95. 

(***) Intendiamo per condizioni irriducibili quelle che non possono ot- 
tenersi come prodotti di altre. 


SOPRA LE CONICHE CHE TOCCANO E SECANO, ECC. 795 


1. — Col simbolo #x...: (#, 7) denotiamo la condizione perchè 
una conica abbia con una data curva C? (d’ordine n e rango r) 
un contatto ? — punto, un contatto % — punto, ecc., un contatto 
{ — punto. 

Esprimiamo in funzione delle caratteristiche u, v, p la con- 
dizione 8: (#, r). Ad ogni punto A di C accoppiamo i punti A' 
in cui le T (*) coniche di un dato complesso (00°) toccano la 
tangente tirata a C in A. Così abbiamo una co' di coppie di 
punti; e le sue coincidenze si presentano nei f: (x, r) punti in 
cui le coniche del dato complesso tangenti a €, la toccano. Il 
numero di tali coincidenze si ottiene togliendo dalla somma dei 
numeri che denotano rispettivamente quante coppie AA’ hanno 
il punto A su un dato piano, e quante hanno il punto A’ su un 
dato piano, il numero delle coppie la cui retta AA' appoggiasi 
a una data retta. Il numero delle coppie il cui punto A giace 
su un dato piano è espresso evidentemente da n T; il numero 
delle coppie il cui punto A’ sta su un dato piano si ottiene 
moltiplicando il grado T + R (**) del complesso delle rette che 
toccano le coniche della data 0° nei punti in cui queste incon- 
trano il dato piano (***), per il grado r della sviluppabile oscu- 
latrice a 0. E infine il numero delle coppie la cui retta AA' 
appoggiasi ad una retta data, uguaglia » T. Onde: 


Bs(n,7) =#T+(T +R)—rT=nT4+rR (#84), 
OVVero : 


: To | 
(1) Bs(n,7) = (u?p — 243)n + \-g PHV — M°p r. 
(*#) Con T denotiamo la condizione perchè una conica tocchi una data 
retta. Si ha: T=pu°p — 24? (Scnuserr, loc. cit., pag. 95). 
(**) Con R denotiamo la condizione perchè una conica tocchi un piano 


dato in un dato punto. Si ha: R= DS puv — up (ScHaUuBERT, loc. cit. p. 96). 


(*#**) Che il grado del complesso di rette di cui si parla nel testo sia 
T+ R, risulta subito assumendo il centro del fascio di rette col quale si 
seca il complesso, sopra il dato piano. 

(*#***) E si vede bene la ragione dei singoli termini che. compariscono 
in questa uguaglianza spezzando totalmente la C", (vedi la N. al n° 2), e 
ricordando che dopo un tale spezzamento la sviluppabile osculatrice a C 


viene ad esser costituita dagli > fasci che hanno per centri i punti del- 


l'insieme e per piani i piani del medesimo, essendo ognuno di quei fasci 
contato due volte. 


70, # FRANCESCO SEVERI 


2. — Esprimiamo in funzione di p,v, p la condizione fs3(#,7) 
perchè una conica sia tangente-monosecante di una C7. Aggre- 
gando alla C? una C* generica (e quindi non avente punti co- 
muni con la C?), si serive facilmente l'equazione funzionale: 


Ba(n-+n',r + 7°) =" Box(#,7) + Ba(#', r') + Ba(n, r)m'v th Bo (n°, r')nv, 


donde, in virtù del teorema enunciato al n° 5 della N., si trae: 


Bo:(n,r) =en + cir 4- Bs(1,0) VE, (n è) + vs (n — 3,0) + 
+ Bs(0, r) NY, 


ove c e ci sono costanti indipendenti da n ed r. Tenendo pre- 
sente la (1), si ha: 


\ 1 
Bo1(n,7) =en +ar+2| o l(u?p_2u9)v+ rn puv — pp )v. , 


Siccome non esistono coniche di un sistema 004 che siano tan- 
genti-monosecanti di una retta, abbiamo: 


B2:(1,0) == 0; 
inoltre evidentemente: 
B21(2,2) = 4u5(p + v)= 2e, — 2u?pv — 4u3v + 2ppy?, 


donde: 
ci = 2up + 4u3v + u°pv — puv?. 
Si ha dunque: 
‘ = 1 ” 9 2 2 ) si 
(2) Bai(m,r) = 3 rl — 2)puv? + puîvj 2 Î 5 ) — (n-1)rt+ 


+ duivir —_ | Ò È + 2ru?p. 
8. La condizione $3;1 (n, r) soddisfa all’equazione funzionale: 


Ban + n, 4 r°)= Ba, 4 Bar1(°, 1°) + Bo(#, 7) as(n',7") a 
+ Bo(2", 1°) cg(m, +) + Bor, vv + Bai(22%, 1°) ev, 


SOPRA LE CONICHE CHE TOCCANO E SECANO, ECC. = 77 


donde si trae: 
Ban (0, 7) = cn + ar + B:(1,0) E as(m—i,0)-+a,(1,0)EB.(n — i,0) + 
+ Bu(1,0)v E (n — + vZ Balm—4,0)+ Bs(0,1) E os(0,r—-i) + 


cd as(0,1) E B.(0,7 —d + Bs(0,7) a:(2,0) + B(#,0)ax(0,7) + 
+ Ba1(0,7)mv. 


E mercè le (1), (2) di questa Nota e la (2) della N., dopo le 
sostituzioni si ottiene: 


rr (p)eraf+ ass (5)- 
EE] orli) bri terefe(g] +e 
+ pifi — 6(5){. { N 
Dall’equazione : » 
B..1(3,4) =0 = 3c + 4c, — 6puv? + 36puîv + 42u°v°, 
si rileva: 
ci 3 puv? — 9puv — di pi — 7° 


Non possiamo scrivere immediatamente up’equazione ana- 
loga alla B»(3,4)=0, giacchè dovremmo prima determinare 
per un’altra curva cito l’espressione di Bs(n,7): non Jo 
faremo per mostrare come si potrebbe anche procedere in casi 
analoghi a questo. 

Abbiamo dunque: 


puv® + puòv®; 7 3 bi 


(3) Beu(n,r)=c (nd ta 
TOA 


DO 
ricerca 


78 n ‘FRANCESCO SEVERI 


4. — La condizione Byn(#, r) soddisfa all’equazione fun- 
zionale: 


Bani (# t A n FD) r') == Bam(#, r) t Bam(#', 7") + B2(n, r) ds(2', 1") n 
A Ba(n', r') as(n, r) al Bo (n, r) as(n', r') Sia Ba(n', 7) as(%, r) sh 
+ Bon(#, r)n'v + Ban(#', r')nv, 


dalla quale discende: 
Baru(2,7) = Ca + Or 4- B(1, E az(n—i,0) + 0;(1,0) 3 Baln— 1,0) + 
+Aa(1,0)Za(n—i,0) +-ax(1,0) Bu(u—i,0) + Be (1,0)VE (n) + 
nic VE Rmi(n— i,0) + 8: (0, IE 00,7 —i) + a;(0, DEBO»—i) “a 


+ fu (0,1) Zax(0,r — i) + 0:(0,1) E Ba(0,r — i) + Bs(0,7) asa, 0) + 
+ B.(n, 0) c3(0, r) + Ba,(0, r)az(n, 0) + Ba,(#, 0)0, (0, r) + Ben (0, r)nv. 


Ricordando le (1), (2), (3) di questa Nota e le (2), (3) della 
N., dopo le sostituzioni e riduzioni si ottiene : 


Ban(n,r)=Cn +0r+ov 9 | ; - È url +5 A rouv'i( s)-2( 
+ont-tnevie e) ela (a) male) 
tew{2r(3)+22(5)—8(5)-9nj + {dr 


SII 
DI 
E ces 


Si ha evidentemente: 

B211(2,2) = 20+ 20, —cv-+4puv'4 3pu°v—36puîv® — 34u°v= 0 
Ba1(3,4) =30 + 40, —3ev+8puv'+11ppu°v— 96puòv® — 78u°vî=0 
Be11(4,6)=404-6C,—6ev+12puvi+-16pu°vî-144pu?v?-116u8v?=0, 


SOPRA LE CONICHE CHE TOCCANO E SECANO, ECC. — 79 


dalle quali si trae: 


C= 8pu°v? — 36puîv? — 16uÎv° 
C, = 60pu?v® + 36u°v? — 11pu°v? — 2ppv' 
ev = 61°v? + 12pu?v? — 3pu?v3. 


Dunque: 
e: s n—-2) 2.36 CR er de 
(4) Ban(#,)v = > rpuv \ 9 | + ppu°v 13/3 leto rai | 9 + 
+ rn — 3(5) bet Tri i 4opuîvi2 (5 )-18r +2 2rn+12n! + 


+ uîv 56m —_ 6 ( h +4nr — 15r3, 


6) dude) = tro" 39) Pete 1}r(3)+r(2)+ 


9 
(3) 


‘7 Lib lieti )1ttrf+ 
24/3 


£ — 36n+2r(3)—18rn + 60r+2n| ; - 


—8(p)t i 12(3)— 8 (7) _160+4(3) 152 +36r) (0). 


5. — La (4) non può da sola esaurire il problema di de- 
terminare il numero delle coniche che soddisfano alla condizione 
Ba (», 7) e ad una condizione tripla di cui si conosce l’espres- 
sione in funzione di u, v, p; e d’altronde noi non possiamo senza 
altro dedurre da essa l’espressione di 8, (r, 7) mediante la di- 
visione simbolica, che in generale non è operazione lecita. Però 
la (4) serve bene per calcolare il numero delle coniche che sod- 


(*) Perla verifica dei calcoli si osservi che è, come bisogna, Ba111 (4.8)= 0. 
Inoltre il prodotto PB (»,7), ove P denota la condizione perchè una co- 
nica passi per un dato punto, per una curva del massimo genere, che, come 
sì sa, giace sopra una quadrica, si deve annullare: il che veramente av- 
viene. Ancora si osservi che per le curve del massimo genere si ha: 


v? Bain (#, r) dr a) 
come si stabilisce direttamente con facilità, e la (5) dà un risultato con- 
cordante. 


80 1 FRANCESCO SEVERI 


disfano alla condizione B,,; (, 7) e ad una condizione che si 
esprima con un polinomio (di 3° grado) in p, v, p, a patto che 
nei singoli termini di questo polinomio comparisca sempre v 
almeno a prima potenza, o se non vi comparisce v, vi compa- 
risca u° (*). Dimodochè se noi vogliamo saper risolvere il pro- 
blema in tutti i casi, dovremo procurarci le espressioni di: 


P9Ban1(#,7) , P°u2zn(#,7) , Pu°B21(72,7) . 


Se con è rappresentiamo la condizione perchè una conica 
degeneri in una coppia di rette complanari, poichè si ha: 


p=gV+ 30 


Do | 


potremo scrivere: 


1 1 
P°B:11(20,7) = 5 P°VBen (1,7) + 5 P°OB21 (1,7). 


L'espressione di p° vB. (#, ) si deduce subito dalla (4) mol- 
tiplicando simbolicamente per p*; dimodochè noi ci dobbiamo 
soltanto occupare di esprimere in funzione di x, il numero 
p°ò Ban (», ”). Le coniche degeneri della specie è, che toccano 
due piani dati, son quelle il cui punto doppio appoggiasi alla 
retta ad essi comune; e se vogliamo che una di tali coniche 
tocchi una C7 e la bisechi altrove, bisognerà che una delle rette 
di essa conica sia tangente a C, mentre l’altra retta dovrà es- 
sere una corda di C. Ed allora è facile stabilire che: 


/ 1 
p°òdB(n,7) =4r | Ò )_- 5 ra 1 Lat 
Sarà dunque, a calcoli fatti: 


p'Ban 0,7) =24( to +8r( : — 12rn+12r—4 | 4 ) 


(*) Giacchè pu? Bay (n, 7) = 0. 

(**) Scausert, loc. cit., pag. 92. 

(***) Si tenga presente che ogni conica è che soddisfi alle condizioni ri- 
chieste deve contarsi 4 volte (ScaugERt, loc. cit., pag. 98). 


SOPRA LE CONICHE CHE TOCCANO E SECANO, ECC. 81 


Ed ora calcoliamo p*ufen(n,7). Si ha: 
p'uBi0e,7)=pu (Lv+-4d )Bm (0,7) =3 pv (7) + 
F 3 PUdB21(7,7). 
Dalla (3) segue: 
PudB1 (1,7) = cpuò (ni — î r + 4 r le puvdò + 


+puva fs (#) (2) (3) re}, 


ossia: 
PuÒBA 1 (2,7) = cpuò (n _ ir + 12r fi" LL 
È. s Ù 
+12 | ")-2(5)-4( i + 4rn. 
E siccome: 
PuòdBan(2,2) = 0 = È cpud + 6, ossia: cpud=— 12, 
sarà: 


PudBa (1,7) =12 : )+12r(*5%) va. | i )=4r( . è 
Lt A4rn_- 12n + 9r. 


Se ne deduce che: 


PuBm(#,)=12| 7 ai 12r(*)12n—4r( 3) +4m—2( Ò +9, 


E infine trovasi direttamente: 


PH°Ban1(2,7) =2r (E) A 


È utile osservare che le espressioni da noi dedotte in questo 
n° di p*Bai(#,7), P°UBm(2,7) e pu°Ban(#,7), coincidono con quelle 
che si otterrebbero dalla (4) sopprimendo nei due membri il 
fattore v comune a tutti i termini, e moltiplicando dipoi rispet- 

Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 6 


82 FRANCESCO SEVERÌ 


tivamente per p°, p°u, pu. — Siccome una. condizione algebrica 
qualsiasi 2 (tripla) si può esprimere con un polinomio omogeneo 
del 3° ordine in p, u, v (*), potremo dire che il prodotto 28m(#,7) 
si ottiene in ogni caso sopprimendo il fattore v nella (4) e mol- 
tiplicandone i due membri per 2. E dunque potremo addirittura 
scrivere: 


(4) Bailar) = 3 reuv(*>°)+ pu°v 13 | L — nr ( a _ 
+ rn — 3 | G Hi r| + ppuîv 72 | 5 )-18r+2rmn+12n È 
+ uîv} 6n — 6 65 -. Ane — 15r}: 


6. — La condizione 8%n(#,7) soddisfa all’equazione fun- 
zionale : 


Benu(n + 2,14 r°) = Bauu(#,7) + Bami(#', r) + Be(#, 7) (n°, 1°) + 
+ B2(20%,1") (2,7) + Bax(1,1) a5(2°, 7°) + Ba(12', 1°) age.) + 
L Ben(7,7) d2(2", 1°) + Bau(2°, 1°) as(#, #) + Baui(#, n) a/v + 
+ Bem(2', 7) nov, 


dalla quale: 

Bani(0,7) =cm + cir +Be (1,0) Za, —i,0) +-0y(1,0)Z8.(n—i,0) + 
+-80(1,0)Z asl, 0)+es(1,0)Z8a(m-i,0)+8m(1,0)Za(n—i,0)+ 
+ c4(1,0)E Ban(#—i,0)+Bau(1,0)vZ(1 —) + v È faula—i,0)+ 
+8,(0,1)E 0,(0,r—)+a,(0,1) Z8,(0,r—i) + Ba(0,1)Eu,(0,r—)+ 


+0(0,1) EBa(0,r—i)+Bau(0,1)Z0x(0,r—i) +-(0,1)2821(0,"—-)+ 
+ 65 (0,7) a, (n, 0) +-a,(0; 7) Bs (2, 0) + Bas (0,7) 05 (1,0) + 
+ B21(#2,0)0;(0,+) + Ba1:(10)as(0;7) +-B211(0,7)% (2,0) 4 Boni(0,7) nv. 


(*) Cfr. Harrmen, Mémoire sur la détermination des coniques et des surfaces 
du 2"% ordre (Bulletin de la Société Math. de France; t; II; 1874). 


SOPRA LE CONICHE CHE TOCCANO E SECANO, ECC. 83 


In virtù delle (1), (2), (4), (5) di questa Nota e delle (1), 
(2); (3), (5)' della N., si ha: 


Bonui(#, r)=entortouv | (1)? (g)+3 > r\z)- 2 + 
5 (5)-9(3 Togo (ot) 
(3)+(2)+20(5) 1172] +0) 86(3)— 

| (54; }+2r(3 +2 (tera) 
+2 en—8n (3.)j+ +wwf18sfg)—10(2)-32(5) + 
+4 (3)— 15r(3) +36. 


Benu(2,2) = 0 = 2e + 2e, — 5puw — 25pu?v! + 15° pudv-82u8v, 


Benu(3,4)=0=8c + de, — 10puv — 65puv'+=S7° 1 1378 u8v*+190p8v*, 


donde : 
c=— rar evi + 62puîv? + 26pivi 


pv I IT pudy? — G7uÎVi, 


o=3 puv +È 
(6) Bou(n,7) = pa ca + pu°v ‘45 x j 9/8 : ) na 
pa(g]-1e(7)4()etel5)=3(2](3)+ 
tan(g)1ten—5(5)+Èr}+ ppîv8) 36(7)—72 ( n) + 
pra 2r (5) — 18r (3)+ E t2(3 (+ 
#3(1)+ 8g) Alto] +issfis(3)-10()— 
-32(3 )+26n+4(7 \18r(3)+ 36rn — 67rt 0) 


(*) Dalla (6) rilevasi: fai (4,6) = 2u%v* — pu?vi, la quale espressione è 


84 FRANCESCO SEVERI 
7. — Calcoliamoci il numero delle coniche tangenti-cinque- 

secanti di una C?. Questo numero soddisfa all’equazione fun- 
zionale : 

Bornu(# +a',r “e r') = Baun(#,7) + Benm(#',1") = B2(2,7) a5(2',1") sa 
L Be(1",1") (20,4) + Bar (1,7) (12%, 1") + Bal", 7°) (1,7) + 
+ Ben (20,7) As (12°, 7°) + Ban (12°, r')ag (1, 7) + Bam (1, 1) 08 (2°, 1) + 
+ Ban(#', 7°) as(n, 7) + Bam(#, r)n'v t Banu(#', r') NY, 


donde si trae: 


Bum(0, 7) = en + av + B(1,0)Zosln-i,0)+0;(1,0) T8.(n—i,0)}+ 
+-811(1,0) Zan —i,0)+0,(1,0) E B(—i,0)+ Ba(1,0) Zasto—i,0)}+ 
+ as(1, 0)E Bau(n — i, 0) + Pani(1, 0) E ag — i, 0) + 


"i 0x(1,0) E Bani FI i,0)+Bmu(1,0)VEn—i) + V È Bauu(# —i,0) + 


t_l rl r_l 


+ 8:(0,1) E as(0,r—i) + as(0,1)2 80," —+-Ba(1,0)Z a0,r)+ 
-+0,(0,1)2 Bu(0,7—1)+Bm(0,1) Za,(0,r—)+0,(0,1)Z8m(0,—) + 
+fani(0,1) E as(0,r — d) + as(0,1)ZBan(0,e — 0) + B:(0,7)a. (0,0) + 


+ B2(2,0)0;(0,7) ch Ba:(0,r)o,(7,0) = Ba1(2,0)04(0,7) “n Ben(0,r)a5(72,0) sl 
+ Ban(2,0)ag(0,7) + Ba111(0,7)02(72,0) + Barn(2, 0) (0,7) + Bann(0,1)2v, 


dalla quale, profittando delle (1), (2), (4), (5), (6) di questa Nota, 
e delle (1), (2), (3), (5), (6) della N., dopo le sostituzioni e le 
riduzioni, si rileva: 


identicamente nulla, come bisogna sia, giacchè dall’uguaglianza p=2v— 
— 2u— n, ove n denota la condizione perchè una conica degeneri in una 
retta doppia (ved. ScnuserT, pag. 92), moltiplicandone simbolicamente i due 
membri per u?v? e osservando che i simboli u*v? e nu?v? son nulli, si trae 
puîvì=2u3v. Così dalla (6) segue Bs1111 (4.8) = 8uîv* — 4ppu?v? che è pure 
identicamente zero. 


X 
SOPRA LE CONICHE CHE TOCCANO E SECANO, ECC. 85 


Gmn@rizontertontar(5)- «(tar (5 )-2r(2)+ 
+5 70} + oevf6(7)12(7)+24(7)—30(2)+10(5) — 
— e (5)+e(2)-3(2)(5)+#"(3)+2(2)(2)- 
 —1r(7)—5n(3)+ È raf +ow| ;48(7) 108 ( 
+24) (5)(5)+2e (1 io RES 
-e(3)-()(5)+00(3)+42(3)422- 
+vf24(7)-12(7)-8(7 )+52(5 + 4r(1)— 
—15(3)+36(3)— 677}. 


RIO 
NE 
i+ 


E siccome: 
Banmn(3,4)=0=3c+40,+12puv®+-144ppAy — IÎT1 ppîvi —324 iv 
Bennin(4,6)=0=4c+60,-+18puv°+ 228puv— 252 puîv' — 504u'v, 


sarà: 


c= 24pu°v5 — 66pu*vi — 36u°v, 


er = — 3puv®— 54pu®v5 4 1707 a ppîvi + 108p8v8. 
Avremo dunque: 
Bami(17)=1 r(" )PHW+pwv: 36 | sr | 1 )+24 | n) — 
IRE tnt bra 
+2r(3)+0(3)(3)10(3]2in(3]+ Bons] 
+oww48(7)-108(3)+124(5)—#(3)-#(5]+ 
+2r(/ )— are n—66n+ 0 ,+-2(7 )(3 )-18(3)— 


86 FRANCESCO SEVERI 
-8(5)(2)+08e(2)4 ga (3)+ Pata 
—12(% )--48(% )+52(3 )—360+4(7 js (6 \+ 
+ 36r (3) — 67m + 108r}- 

Giacchè: 

puv=52, pui*=14, puivt=2, wW=1 (È), 
sostituendo © riducendo si avrà: 
(7) Ban) =72(5)—48(2)+72(3)-120(3 )+ 
+1680—5(5)+F()_-r+ (5-35) (8) 4 
+18( sla) -(1)n+18r(7) 907 (| NA 


8. — Per esaurire il calcolo delle condizioni irriducibili che 
‘ si presentano nel nostro problema, occorre esprimere in funzione 
di MU, V, p: 


Bos(2, r), Bsa(#,7), Bem(', 1"). 


Cominciamo dalla prima. — La condizione Bar( n, r) soddisfa 
all’equazione: 


Boom +20, #4-#") = Boa(n,7) + Bas(1',04) 4 Bs(12, 7) B(2',7%), 
dalla quale, in virtù della (1) di questa Nota, si trae: 


Bal, r)=en +or ++(3)pv+ puvipra—(3)) 


(*) Cfr. ScnuseRr, loc. cit., pag. 95. 
(*) Per riprova si osservi che è: 


Barni (4,8) = Bani (5,8) = Bom (5,10) =.,.=0. 


SOPRA LE CONICHE ‘CHE TOCCANO E SECANO, ECC. 87 


Affine di poter determinare ambedue le costanti c è e, oc- 
corre calcolare il numero delle coniche di un sistema 00° che 
sono bitangenti di una quartica gobba di prima specie. I piani 
delle coniche che si cercano saranno bitangenti della Ci, e quindi 
piani tangenti ad uno dei 4 coni quadrici del fascio di quadriche 
di cui la Cz è curva base. Dunque il numero che vogliamo tro- 
vare sarà uguale al quadruplo del numero dei piani tangenti 
ad un dato cono quadrico F, tali che in ognuno giaccia una 


© conica del dato sistema 00°, la quale tocchi un’ altra quadrica 


data F nei punti d'incontro di questa con la generatrice di con- 
tatto di l col piano. Per calcolare quest’ultimo numero spez- 
ziamo T in un piano doppio mt come luogo, e in due fasci di 
piani (aventi gli assi 9, e 9g. sul piano n) come inviluppi. Tro- 
viamo subito che i piani cercati esistenti nel fascio (91) e di- 
versi da m sono in numero di R°; similmente dicasi per il fascio 
(9°). Quanto poi al piano t bisogna cercare in esso una conica 
del sistema 00°, che sia bitangente ad una data conica f (la se- 
zione di F), in modo che la corda di contatto passi per un dato 
punto O: il numero trovato si dovrà poi raddoppiare perchè m è 
doppio. Per avere questo numero supponiamo O su f, e, dopo aver 
separato nel nostro sistema 00° una co' di coniche, imponendo la 
1 
2 
poniamo fra i punti di f una corrispondenza accoppiando due 
punti di essa quando sono le ulteriori intersezioni della f me- 
desima, con una conica della 00° nominata. Le u? v* p coincidenze 
della corrispondenza si presentano nei punti di contatto ulte- 


vp di giacere sul piano n è di toccare f in O, 


condizione pu’. 


riore delle coniche che si cercano, e nei punti in cui le 2 uîvpn 


coniche della co! che son degenerate in una retta doppia, in- 
contrano f fuori di O. 'Onde sarà: 


1 1 1 
uV'p— sz hvon= vp — 5 h'vp(2v —2u—p)= 5 vp, 


il numero di cui ultimamente ci occupavamo. Concludendo: 


Bs0(4,8) = 4.2R°+ 42.3 uSvp? = 2p*u*v® — 4p°pÎv. 


88 FRANCESCO SEVERI 
Fra le due costanti c e c, noi abbiamo dunque le due equa- 
zioni: 
Ba:(8,4) = 0 = 30-+ dor + È p'ulv® 
B20(4,8) = 2p°u°v? — 4p*uîv = 4c + 8e, + 7p°*u°v®° — 12p°uv, 
donde: 
c= p°u°v® — 4p'u°v, 
GE -3 p°u°v° + 3p°uîv (3). 
Quindi: 
(8) Ba(n,r)= ptutv }( a \= 7 r+ni - p*uîv 3 rn —{ i + 
+ 3r — dn (89). 


9. — La condizione £s,;(»,7) soddisfa all’ equazione fun- 
zionale: 


Boax(n +00, 1 +1") = Beos(#,7) 4 Bans(#0%, 1) + Bo(10,7) Ban (1°, 1) + 
+ Be(2°, 1°) Ba(2,7) + Ban, Me'v + Bas(n', 7) mv, 
dalla quale: 
Gan(n,7)= en + +-8:(1,0)E Ba —i,0)+Ba(1,0)ZBn—i,0)+ 


+ Belt, O)VE (e — + vEBa(n—i, 0) + B1(0, 1)Z8n(0,r"—d + 
+ (0,1) E B5(0,r —i)+-8:(0,7)Ba(0,0)+-B:(0,0)B1(0,7) + Bx(0,7)1v, 


(*) Per determinare le due costanti c e cy, io aveva usato di un metodo 
più lungo e meno agevole di quello esposto nel testo. La semplificazione 
mi fu suggerita dal prof. Seere, al quale è dovuto il calcolo di B3, (4,8). 
Non ritengo sia inutile dar qui la più importante fra le formole che avevo 
trovato nella ricerca della espressione di B,9 (n, 7) per una curva particolare: 
Il numero delle coniche di un sistema 00° che toccano in due punti distinti 
una C”", e una C”, che abbiano un punto in comune è espresso da: 


tI rr u?vp? + uSvp* + (en'+rnh—rr 140 


(**) Per riprova si osservi che Pf39(x,7) è uguale al numero delle bi- 
tangenti apparenti di una C",, e la (8) precisamente dà: 


Pan, 7) = Ant è à 


SOPRA LE CONICHE CHE TOCCANO E SECANO, ECC. 89 


e, in virtù delle formole (1), (2), (8) di questa Nota, si ha: 


Bogi(n,7) = cn + cr + pv} nl 5 ja | 5)= gmi2($ i+ 
+ p*uv*}3 (s) n | o) +r(g)re-8 (5)+ 3} 


Le costanti c e c, soddisfano alle equazioni: 


B22:(2,2) = 0 na 2c + Ze, = 3p° uv? + 3p°u'v? 
B29,(3,4) == Se + 4c, = 9p°u?v? + 12p*uîv?, 
donde: 


ce=6p°u°v° — 3p°uv®, —c= p° 


e quindi : 


1 9 i 
(9) Ba9(2,7) = put) È n (2)— s)\-3m+2(7)—8n+ 
+ rit pv 3(5)—» n(5) +r(3)-m_-8(3)+ 
+ rt 6n— 0 ri (E, 
10. — Calcoliamo il numero f3%;(#,7) delle coniche bitan- 


genti-bisecanti di una Cf. 
Esso soddisfa all’equazione funzionale : 


Boon(# + n', r + r') = Baon(#, r) + Ben (n'r°) n Ba, LE (n, r') "2 
t Beo(1°,7")(72, r) + Ban(2,1)m'v + Bog(n°,1")rv n Bs(70,7)Bon(1',1) n 
+ Bs(n', r")8211(7,7) + Ba(#, r)Ba.(n' r'), 


(*) Si ha evidentemente: 
MBaa(n, 7) = (n — 4) 4nt+r SESTO 


e la (9) dà un risultato concordante. Inoltre è, come deve essere, 


Ba21 (4,6) = Ba (4,8) = 0. 


90 FRANCESCO SEVERI 


da cui: 


Benin) = +c,m + Be(1,0)Zal—i,0)+a2(1,0}E Bu(n—i,0)+ 
+Ani(1, OVE (00) + vEBea(a — i,0) +P.(1,0)E Baulo —,0) + 
+ Ban(1,0) ZA:(0=d,0)+Ra:(1,0)EBaln—40) +85(0, NEO) + 
+a;(0,1) E Bx(0r—i) + B3(0,1 EB a:(07—) NE 8(0,1)2 B.0,,—d) = 


+ Ba(0, 1)E Ba(0, 7 — i) + Bas(0, r)a(1, 0) + as(0, Pala, 0) + 


+ Ben(0, 7)ryv + Bs(0, #)Ban1 (2, 0) + Bo(2,0)Ba1(0, 7) + Bei(0, #)Bas(20, 0), 


donde, in virtù delle formole (4), ((8), (9) di questa Nota e della 
(2) della N., si trae: 


Bau(#, 7) = on + or + p'uvt8(5)—6(5)+3(2)+ 


—12ls] (a) (a) (2) #66 4ar tal 


Dalle equazioni: 


Bam(3,4) = 0 = 30 + dor + 27 pfutvi — I prua, 


Boen(4,6) =0 = de + 6e, +57 p'utvi— oO peptv, 


sì rileva 


e=6p*u?vi + 12p°w8v8, e =— È pi uîvi — si peut; 


SOPRA LE CONICHE CHE TOCCANO .E SECANO, ECC. 91 


e quindi: 


Siccome: p°u°v' = 24, \p°u?îv*= 4 (*), avremo: 
(10) Bim) =24(7)— 96 (3)+192n+2(5)(3)-23r(7) iu 
+ 6rn 120 (5)+67(3)}+ Fs] 


11. — Le formole date in questa Nota servono a calcolare 
il numero delle coniche che soddisfano ad ogni condizione composta 
mediante condizioni di cui si conoscano le espressioni in funzione 
delle caratteristiche p, u, v, e mediante alcune delle condizioni B(2;7). 

Così la (6) moltiplicata per v dà l'ordine della superficie 
delle coniche tangenti-quadrisecanti di una Ch il quale ordine 
viene espresso da: 


VBann(1, +) = 60( )—- 36/3 )+48(3)—60n+12:(7)— 
—307(3] r(g)-8(5)(3)+12n(3) 994 
ea ir 


La (5) moltiplicata per P dà l’ordine della congruenza delle 
coniche tangenti-trisecanti di una C7; e precisamente si ha: 


(*) ScauseRrt, loc. cit., pag. 95. 
(**) Per la verifica dei calcoli si osservi che è: 


Baan (4,8) = B.211 (5,8) =Bau (5,10) = Ban (5,12) =0. 


92 FRANCESCO SEVERI 


Phau0,)=8(7)_12(2)+16n—2r(3)+5r(*°)+ 


+21 (5)+ 3 rn 22r-n5)+ 4 (5): 


La (9) moltiplicata per v dà l’ordine della superficie delle 
coniche bitangenti-monosecanti di una (7: 


VBens(n, 7) =(n — 4)}3r(r —10) + 2alr +4){ + 
+ 2(r — 6)}3r — n(r — 2). 


Ecc., ecc. 


Nel problema delle coniche secanti da me risoluto nella 
Nota citata, oltre alle condizioni irriducibili a;(n,r), si presen- 
tano altre condizioni pure irriducibili. E sono le condizioni perchè 
una conica passi per un dato punto di una Ci e la X— sechi 
altrove (£X = 1,2,3,...,6). 

Il numero delle coniche di un dato complesso ( 00°) che pas- 
sano per un dato punto di una C? e si appoggiano ulteriormente 
ad essa, si ottiene subito osservando che le coniche del com- 
plesso per il dato punto, formano una superficie d’ordine Pv, la 
quale ha in esso punto un punto multiplo secondo P(v— wu) e 
quindi le sue intersezioni con la curva fuori del punto singo- . 
lare sono Pnv — P(v—W). 

Se ora vogliamo ottenere il numero x delle coniche di un 
sistema 0° che passano per un punto fissato di una C e la bi- 
secano altrove, aggregheremo alla nostra curva una conica (per 
la quale la condizione che si cerca di esprimere in generale è 
uguale a 3u°v) ed esprimeremo che il numero delle coniche del 
sistema 00* che passano per un punto dato della curva com- 
plessiva e la bisecano altrove è lo stesso tanto se il punto fisso 
si assume sulla C?, come sulla conica. Avremo l'equazione: 


x+}Pnv—P(v—u){2v+ Pay(2,2)=3u°v + P(v4 u)nv+ Pax(n,7), 


SOPRA LE CONICHE CHE TOCCANO, ECC. 93 


donde segue: 
2= uv( 9 ww fa(" 7 ]+irtnti + Sf 2rati . 


Trovata questa espressione, lo stesso concetto di aggregare 
alla C? data una curva particolare (servirà sempre bene una 
cubica gobba), e di scrivere l'equazione che si ottiene dalla 
curva complessiva, si applichi successivamente per determinare 
le espressioni delle condizioni rimanenti. E un procedimento 
perfettamente analogo servirà pure per esprimere le condizioni 
analoghe a quelle ora esaminate, che si presentano nel problema 
dei contatti. 


Arezzo, agosto 1900. 


Il mio carissimo amico Dr. Alberto TanrtuRRI mi ha comu- 
nicato, qualche giorno addietro, un modo semplice di presentare 
la formola delle coniche ottosecanti di una C? (ved. la N. al 
n° 9). Dicendo p il genere della C7 si ha: 


as(n,2(n + p— 1)) = 92 terni + 206 ( "7 + 150("3°) sh 
+35(*)3(*)-92+(*)0-9{£)_(*39)(5) 


A questa formola il Dr. Tanturri giunse con un particolare 
spezzamento della C?. 


Torino, Novembre 1900. 


94 PIETRO SISTO — EGIDIO MORANDI 


Contributo allo studio del reticolo delle linfoglundule. 
Nota degli Studenti PIETRO SISTO ed EGIDIO MORANDI. 


(Con. una Tavola). 


Intorno alla fine struitura del reticolo delle linfoglandule, 
così dei seni come della sostanza fondamentale dei noduli e. 
cordoni linfatici, si mantenne sempre viva una discussione cui 
sono uniti i nomi degli istologi più eminenti del nostro tempo: 
KoeLLIKER, His, FrEY, BizzozERo, RANVIER, ecc., ecc. 

KoELLIKER (1) descrivendo il reticolo della linfoglandula, 
distingue quello della sostanza propria da quello dei seni. Se- 
condo lA. il primo è formato da cellule anastomizzate fra di 
loro per mezzo dei loro prolungamenti, negli individui giovani, 
mentre negli adulti non presenta più che qua e là dei nuclei o_ 
delle traccie di nuclei, essendosi trasformato completamente in 
un reticolo di fibre sottili. L’A., mentre a questo. reticolo dà 
il nome di connettivo reticolare, chiama tessuto citogeno tutto 
quel complesso di reticolo e di elementi linfoidi in esso. conte- 
nuti, che costituisce la sostanza propria delle linfoglandule e di 
altri organi analoghi. 

Il reticolo dei seni, pur essendo, secondo l’AÀ.,, costituito.in 
massima parte di cellule fusiformi, non manca di fibre connet- 
tive che percorrono trasversalmente il seno stesso. 

Hrs (2), applicando allo studio delle linfoglandule il metodo 
dello spennellamento, che prende il nome da lui, potè osservare 
il reticolo della linfoglandula privo di elementi mobili. Secondo 
Hrs, il reticolo è dato da sole cellule anastomizzate per mezzo 
dei loro prolungamenti. 

Frey (3) con metodi analoghi contemporaneamente ed indi- 
pendentemente da His, giunse pure a vedere un tessuto reti- 
colare formato di fibre, le quali, presentando dei nuclei nei punti 
nodali, accuserebbero un’ origine da cellule e quindi una costi- 
tuzione a cellule del tessuto stesso. 


CONTRIBUTO ALLO STUDIO, DEL RETICOLO DELLE LINFOGLANDULE 95 


Come, chiaramente appare dalle conclusioni, che abbiamo 
tentato di riassumere in poche parole, tutti questi autori con- 
siderano il reticolo di cellule. capace di trasformarsi interamente 
in reticolo di fibre, per diretta modificazione del protoplasma. 
Per questo a noi pare di poter unire agli autori citati anche il 
Caprat (4) e Poucner et TourNnEAUX (5) i quali dicono essere 
il reticolo dei seni costituito da corpi fibroplastici, dimostrando 
così di accettare. l’antica teoria di ScHWANN secondo cui la fibra 
connettiva non sarebbe che il prodotto di un processo di sfibril- 
latura avvenuto nel protoplasma. di un elemento cellulare pre- 
esistente. 

Il Lopi (6) cercando di confutare per quanto si riferisce al 
parenchima. della. linfoglandula, la. teoria di Bizzozero e di 
RaANvIER di cui tosto. parleremo, deduce. dai suoi studi che i 
primitivi corpuscoli stellati di connettivo che formano il reticolo 
del parenchima, invecchiando il tessuto; si diradano, si atrofiz- 
zano e non rimangono più che delle fibre. rigonfiate. Adunque 
anche questo autore si accosterebbe alle vedute dei precedenti. 

In termini presso a poco analoghi, si esprimono LeypIG (7), 
ToLp® (8), KrauUSE (9), OrtH (10), ScnaEFER (11), GeEGENBAUR:(12), 
ScHIPFERDECKER (13), pei quali tutti, il reticolo; sia del paren- 
chima, che. dei, seni è dato da cellule unite per mezzo di vari 
prolungamenti. 

Alla) teoria, sostenuta dagli autori cui. abbiamo. accennato, 
se ne oppone un’altra sostenuta da Bizzozero, RANVIER, ecc. 

Già. prima. di. loro Tropore, Scampr (14) aveva osservato 
che nelle, linfoglandale e nelle tonsille di varii animali le fibre 
più grandi costituenti il reticolo. erano avviluppate da una sot- 
tile e membraniforme guaina. Ma, colui, che. espose in. modo 

chiaro e preciso: la: teoria, cui accenneremo, fu Bizzozero (15). 
Egli, studiando. il reticolo dei,seni ed.in parte anche quello - 
della sostanza. propria su ganglii di cane, coniglio, vitello e di 
uomo; e servendosi all'uopo del metodo. dello scuotimento in 
acqua delle sezioni, osservò che nei seni, della, sostanza corticale, 
il reticolo, è dato da fibre le quali “ partendo. dalla. superficie 
interna, della, capsula o. delle. trabecole, vanno, dopo un breve 
tragitto ad, inserirsi sulla superficie delle ampolle ,. 

I seni nella sostanza corticale sono stretti, mentre quelli 
della sostanza midollare sono molto più ampi, cosicchè, dovendo 


96 PIETRO SISTO — EGIDIO MORANDI 


le fibre che partono dalle trabecole e si inseriscono sulla super- | 
ficie dei cordoni midollari, essere molto più lunghe, esse formano, 
anastomizzandosi fra di loro, una rete molto intricata. 

Gli elementi cellulari del reticolo, sempre secondo l’A., corti, 
con protoplasma grossolanamente granuloso nel cane, lunghis- 
simi e fusiformi, con protoplasma finemente granuloso nell’uomo, 
tanto nei giovani che nei vecchi individui, sono molto nume- 
rosi, e vanno diminuendo sempre più in numero quanto più si 
prolunga lo scuotimento della sezione. 

Da questo, Bizzozero, trae la conclusione che le cellule non 
sono poste nello spessore delle fibre, perchè non potrebbero essere 
rimosse senza lacerare le fibre e non sono sole a costituire il re- 
ticolo nè in grandi, nè in piccoli tratti, poichè tolte esse, do- 
vrebbe scomparire il reticolo. L’A. dimostra ancora che nei seni 
le cellule sono o disposte in modo da abbracciare completamente 
la fibra su cui giacciono, oppure distese in una maglia del re- 
ticolo, attaccandosi coi margini alle fibre che delimitano la 
maglia stessa, otturandola completamente. 

Quanto al reticolo della sostanza propria, i rapporti fra 
cellule e fibre sono gli stessi che quelli dei seni, cioè rapporti 
di contiguità e mai di continuità, ma nella sostanza’ propria, a 
differenza dei seni le cellule sono fornite di scarsissimo proto- 
plasma, e si applicano sui punti nodali delle fibre del reticolo. 

Quasi contemporaneamente, a risultati in buona parte simili. 
giunge RANvIER (16). 

Secondo l'A. il reticolo è formato da fibre che anastomiz- 
zandosi fra di loro formano un complesso di maglie, più larghe 
nei seni, più strette nella sostanza propria. Queste fibre sono 
rivestite interamente da cellule endoteliali applicate su di esse 
ed in nessun luogo il reticolo è formato di sole cellule. 

Quindi la differenza principale fra le opinioni di Brzzozero 
e di RANVIER, sta in ciò, che mentre il primo, appoggiato dal 
Léòwrr (17) oltre alle cellule applicate sulle fibre descrive delle 
cellule, più scarse però delle prime, inquadrate nelle maglie in 
cui son tese a guisa di velo, il secondo di queste non parla; 
inoltre, mentre il primo trova delle differenze tra le cellule del 
reticolo della sostanza propria e quello dei seni, il secondo trova 
una sola differenza nella grandezza delle maglie, più estese nei 
seni e meno nel parenchima ghiandolare. 


CONTRIBUTO ALLO STUDIO DEL RETICOLO DELLE LINFOGLANDULE 97 


I reperti di questi due autori vennero adottati quasi inte- 
gralmente e confermati da RenAUT (18), HerTtwI6 (19), KLEIN (20), 
STòHR (21). 

Nel 1890 HoyER (22) studiando le linfoglandule col metodo 
della digestione artificiale per mezzo della tripsina, ottiene di 
staccare le cellule dalle fibre del reticolo, dimostrando così come 
quelle siano solo applicate sopra di queste. 

CARLIER (23) parlando delle linfoglandule del riccio, con- 
ferma questa teoria. 

Demoor (24) studiando il tessuto reticolato nei vari organi 
in cui esso è sparso, si occupò anche molto diffusamente del 
tessuto reticolato nelle linfoglandule, considerandole in animali 
di varia specie e di varia età. 

Egli non ricorse ad alcun metodo artificiale per sbarazzare 
le maglie del reticolo dai leucociti, temendo di determinare delle 
alterazioni artificiali nei tessuti, ma solo agitava leggermente 
le sezioni nei varii passaggi cui si dovevano sottoporre, tra un 
liquido e l’altro. Però, siccome vide che, se il sistema era ottimo 
pei seni linfatici, non serviva che in minima parte per il pa- 
renchima, egli praticò ripetuti salassi sugli animali ottenendo 
così libero dagli elementi sanguigni il reticolo del parenchima. 
L'A. descrive separatamente il reticolo negli animali giunti 
presso a poco al loro completo sviluppo, nei neonati e nei vecchi. 

Nei primi, secondo l'A. il reticolo, sia dei seni che della 
sostanza propria, è costituito da cellule anastomizzate per mezzo 
dei loro prolungamenti coi quali si attaccano alle trabecole, 
all’avventizia dei vasi ed alla capsula del ganglio, escludendo 
quindi che le cellule endoteliali o connettive siano applicate su 
di un reticolo di fibrille connettive. 

Identica è la struttura del reticolo nei neonati, ma però il 
numero dei nuclei è maggiore, dal qual fatto l'A. trae la con- 
seguenza che l'accrescimento del ganglio avvenga alle spese 
degli elementi cellulari, i quali si riprodurrebbero per scissione 
diretta dei nuclei delle cellule del reticolo, non avendo egli 
potuto trovare delle figure cariocinetiche. 

A confermare questa sua opinione, egli dimostra come, pro- 
vocando una forte anemia anche in animali adulti, il reticolo 
delle linfoglandule venga ad assumere la forma di quello dei 
neonati a molti nuclei in divisione diretta. 

Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 7 


PA 

98 i PIETRO SISTO — EGIDIO MORANDI 

L'A. passa poi in esame le linfoglandule di un gatto di 
dodici anni dimostrandone l’ipertrofia del reticolo le cui cellule 
però conservano quasi integralmente 1 loro caratteri. 

L'A. conclude: “ Le tissu réticulé qui constitue la char- 
“ pente du ganglion est formé par une anastomose de cellules 
“à caractères distinctifs; le système trabéculaire qui en résulte 
“ peut présenter à sa surface un revétement de cellules endo- 
“ théliales. .... 

“ La structure primitive du ganglion ne s’altère pas par 
“ les progrès de l’àge du point qu'on puisse la méconnaître ,. 

In questi ultimi tempi, si occupò ancora della questione 
Horrnt (25) il quale giunse a risultati opposti; di fatto, egli 
conclude: 

“ Die Balkchen dieses Reticulum setzen sich zusammen aus 
“ einer Menge feinster, gleichstarker Fibrillen, die, theils in 
“ Stringen vereinigt, theils ficherformig ausgebreitet, in eine 
“ homogene Grundsubstanz eingelagert erscheinen... . . 

“ Die Balkchen sind an manchen Stellen z. b. im Lym- 
“ phsinus mit Zellen bekleidet, die morphologisch und physio- 
“ logisch den Endotelien verwandt zu sein scheinen; an anderen 
“ Stellen tragen die Bilkchen keine specifische Zellverkleidung, 
“ sondern sind nackt; sie scheinen iberall lediglich Stuùtzappa- 
“ rate fir das Parenchym der betreffenden Organe zu sein ,. 


Come appare dalla rapida rassegna che abbiamo fatte, le 
opinioni dei vari autori sopra un così discusso argomento, sono, 
ancora ai nostri giorni assai discordanti, anzi, spesso opposte 
fra di loro, e conducono perciò ad interpretazioni affatto diverse 
sul significato del connettivo delle linfoglandule. 

Ond’è che noi per consiglio del nostro maestro, il chiaris- 
simo Prof. Fusari, abbiamo iniziato una serie di ricerche sul- 
l'argomento, nella speranza che qualche nuovo fatto venisse a 
dare nuova luce ed a risolvere od almeno a far progredire l’in- 
tricata questione. E per evitare quanto più fosse possibile ogni 
causa di errore, abbiamo attinto il materiale di ricerca da nu- 
merosi animali di varie specie (cani, gatti, cavalli, conigli, 
vitelli, agnelli) e quello che più importa, delle più svariate età, 
procedendo dagli embrioni agli individui più vecchi. Inoltre, in 


CONTRIBUTO ALLO STUDIO DEL RETICOLO DELLE LINFOGLANDULE 99 


modo speciale abbiamo esaminate le linfoglandule umane, par- 
tendo da un minimum di quindici giorni di età ad un maximum 
di centocinque anni. Perciò, i reperti i cui risultati esporremo, 
pur trovando la conferma nelle osservazioni sui vari animali 
nominati, si riferiscono in massima parte all'uomo. 

Siccome poi a nostro avviso le discordanze in cui furono 
indotti i vari osservatori, sono dovute al modo diverso di libe- 
rare le sezioni dagli elementi mobili, senza trascurare comple- 
tamente i metodi dello spennellamento, dello scuotimento in 
acqua delle sezioni, della digestione colla tripsina, siamo ricorsi 
all'iniezione interstiziale del liquido di RenAUT (*) la quale offre 
su tutti gli altri metodi parecchi vantaggi. 

In una linfoglandula, il più possibile fresca, si introduce la 
punta di una siringa di Pravaz in modo che essa si mantenga 
immediatamente sotto la capsula, intaccando il meno possibile 
il parenchima dell’ organo. Si inietta la miscela picro-osmio- 
argentica in modo che la pressione, non troppo forte affinchè 
non laceri gli elementi fissi, duri 1-2 minuti; la ghiandola, sotto 
la spinta del liquido, va tumefacendosi molto sensibilmente e ne 
esce dall’ilo un liquido lattiginoso, alquanto torbido, che l'esame 
microscopico dimostra contenere cellule linfoidi a nucleo molto 
grande ed a protoplasma ridottissimo. Le linfoglandule così trat- 
tate, possono venire incluse in paraffina dopo essere rimaste 
per qualche giorno in alcool comune onde ottenere un induri- 
mento sufficiente ed una decolorazione completa dell’acido picrico 
usato nell’iniezione. 

Questo metodo, presenta sugli altri dei vantaggi notevoli, 
perchè la sua giusta applicazione concede di allontanare i soli 
elementi mobili senza intaccare affatto quelli fissi, specialmente 
nei seni, tanto periferici quanto midollari; d’altra parte, mentre 


(*) Liquido di Renaut: 


\ Soluzione acquosa satura di acido picrico in acqua distil- 
Soluzione A lata : : } a : ; a 5 cem. 80 
( Soluzione acquosa di acido osmico 1°. ; tai 20 


Questa soluzione può essere conservata per qualche tempo all’ oscuro 
Al momento di fare l'iniezione si aggiunge il nitrato d’argento 1°/ nelle 
proporzioni: 
. Soluzione A. ‘ ì ; parti 4 
Nitrato d’argento 1% . a soa] 


100 PIETRO SISTO — EGIDIO MORANDI 


l’acido osmico provvede ad una rapida fissazione degli elementi, 
che non possono più alterarsi, il nitrato d’argento, precipitando 
sulla sostanza cementante delle cellule endoteliali, ne disegna 
con linee nere i contorni, î 

Altra causa di errori potevano essere le colorazioni, di cui, 
alcune mettevano in risalto le sole cellule, altre, le sole fibre. 
Per questo, noi, oltre alle comuni colorazioni con carmino, ema- 
tosilina, eosina, orange, safranina, vesuvina ed alle colorazioni 
specifiche di Van-Gieson, di Biondi-Ehrlich-Heidenhein, di Unna- 
Tinzer-Livini, Martinotti, ecc., abbiamo creduto bene di servirci 
di un metodo recentemente scoperto dall’Haxnsen (*), il quale 
permette di distinguere nel tessuto connettivo le fibre dagli 
elementi cellulari. 

A questo scopo, le sottili sezioni di linfoglandule, vengono 
immerse nel liquido di Hansen per un tempo assai vario, da due 
minuti a ventiquattro ore. 

Le fibre connettive rimangono colorate in rosso amaranto, 
le cellule connettive in giallo pallido, gli altri elementi in giallo 
più cupo. 

Nel consultare numerosi trattati e lavori particolari su 
questo argomento, abbiamo osservato come fra gli autori, alcuni 
non parlino affatto dell’esistenza e disposizione delle fibre ela- 
stiche nelle ghiandole linfatiche [HrenLE (26), PoucaET et Tour- 
NEAUX (27), Caprat (28), KoeruiKER (29), SroHR (30)|, altri ne 
facciano appena cenno e solo per quanto riguarda la capsula, 
trascurando affatto le trabecole [FrREY (31), Duvar (32), Ran- 
VIER (33), RenauUT (34), ScHENK (35)]. 

Nel recente lavoro di Horn (36) si parla di fibre elastiche, 
ma le conclusioni sono tali da lasciare molti punti oscuri spe- 


(*) Liquido di Hansen: 


Soluzione acquosa satura di acido picrico . : cem. 100 
Solazione acquosa di fucsina acida 2%. . é 5) 


Al momento di servirsi di questa miscela, che va conservata all’oscuro, 
sì aggiunge a 9 cem. di essa una goccia di acido acetico in soluzione acquosa 
al2 %. La sezione, colorata in un tempo che varia da 2 minuti a parecchie 
ore, indifferentemente, viene lavata in acqua distillata, poi passata in 3 cem. 
d’acqua distillata addizionati a 2 gocce della soluzione colorante. Si chiude 
in balsamo dopo i soliti passaggi. 


CONTRIBUTO ALLO STUDIO DEL RETICOLO DELLE LINFOGLANDULE 101 


cialmente per quanto riguarda le trasformazioni che il tessuto 
elastico subisce nelle linfoglandule nelle varie età. 

Infatti l'A. trae riguardo alle fibre elastiche questa sola 
conclusione: 

“ Die feineren Bilkchen werden durch elastische Fasern 
“ spiralig umwunden, wàhrend die Trabekel die elastischen Fasern 
“zu Stringen vereinigt in ihrem Inneren erkennen lassen ,. 

Per questa ragione noi ci siamo .anche occupati, sebbene 
in piccola parte della distribuzione del tessuto elastico nelle 
linfoglandule, servendoci a tal uopo del metodo specifico di Unna- 
Tiinzer colla modificazione del Livini. 

Diamo ora i risultati ottenuti dalle nostre osservazioni, e 
siccome questi variano a seconda dell’età degli individui a cui 
appartenevano le linfoglandule esaminate, così noi li distribui- 
remo in varii paragrafi a seconda dell’età, e dopo cercheremo 
di raggruppare le singole osservazioni in modo da ricavarne 
delle conclusioni generali. 


Inprvipur NEONATI ffig. 1-8). 


Tanto nei seni che nella sostanza propria il reticolo è for- 
mato di fibre (1) e di cellule (2). 

1) Le fibre o isolate, o riunite in fascetti sempre assai 
tenui si staccano dalla capsula e dalle trabecole per i seni peri- 
ferici, soltanto dalle trabecole per quelli midollari: esse man- 
tengono un decorso regolare e si ramificano anastomizzandosi 
fra di loro. Dopo aver attraversato il seno, in parte si arrestano 
sulla superficie delle ampolle, in parte la attraversano e man- 
tenendo un decorso rettilineo penetrano nel parenchima di cui 
con le loro ramificazioni contribuiscono a formare il reticolo 
(fig. 7). Nella sostanza propria le fibre si originano dalle tra- 
becole e dalla tonaca connettiva dei vasi (fig. 8). Esse sono 
spesso riunite in fascetti molto tenui i quali si ramificano va- 
riamente anastomizzandosi e fra di loro e con quelle fibre che 
abbiamo detto provenire dai seni. 

Quindi, tanto nei seni che nella sostanza propria, le - fibre 
formano un reticolo a maglie piuttosto ampie e capaci di con- 
tenere in una media dal più al meno approssimativa una tren- 
tina di linfociti. 


102 PIETRO SISTO — EGIDIO MORANDI 


Tali fibre inerociandosi a costituire le maglie dànno luogo 
a rigonfiamenti, che indubbiamente sono proprii delle fibre perchè 
come queste sono colorati intensamente in rosso dalla colora- 
zione dell’Hansen. 

Il reticolo così descritto non pare che occupi costantemente 
tutta la ghiandola, ma si palesa distintamente solo in alcune 
parti, mentre in altre abbastanza estese ancora non ve n’è 
traccia. 

2) Il reticolo di cellule è dato da elementi numerosi e 
molto grandi. La loro forma, assai varia, può essere schemati- 
camente ridotta al tipo stellato colle sue molteplici modificazioni. 
Delle cellule alcune presentano una forma triangolare, altre po- 
ligonale e portano rispettivamente tre o più prolungamenti, 
alcuni molto tenui e lunghi, altri grossi e brevi, costituiti da 
un protoplasma affatto identico a quello del corpo della cellula, 
altri sono simili a vere espansioni membraniformi e sono alla 
lor volta suddivisi in più minuti prolungamenti, pochissime sono 
fusiformi. \ 

Il protoplasma, sebbene grossolanamente granuloso è quasi 
trasparente in causa della forma appiattita del corpo cellulare, 
i cui contorni pur essendo esilissimi, sono assai netti e regolari. 
Il nucleo ha una forma più o meno regolarmente ovale, a con- 
torni ben delineati, con dei punti più oscuri che sembrano essere 
nucleoli, in numero di uno o due. 

Le cellule contraggono fra di loro degli intimi rapporti per 
mezzo delle loro espansioni membraniformi, e per mezzo di tali 
anastomosi protoplasmatiche determinano spesso una rete a tra- 
becole molto tenui, massime in quei punti in cui tali anasto- 
mosi divengono filiformi. Le espansioni membraniformi, assumono 
talvolta tali dimensioni da indurre a credere che le due cellule 
unite per mezzo di esse siano una cellula sola. 

Le cellule si attaccano alla faccia interna della capsula, 
alle trabecole ed alla superficie esterna dei vasi, considerate 
nei seni; alle trabecole ed alla superficie esterna dei vasi, con- 
siderate nella sostanza propria (fig. 7-8). 

Il reticolo fatto dalle fibre e quello fatto dalle cellule, per 
tal modo sono distinti l’uno dall'altro, ma per altro non sono 
fra di loro indipendenti, contraendo essi mutui rapporti di con- 
tiguità. 


CONTRIBUTO ALLO STUDIO DEL RETICOLO DELLE LINFOGLANDULE 103 


x 


In tesi generale il reticolo dato dalle cellule è appoggiato 
a quello fatto di fibre; tuttavia, degli spazi, notevoli per nu- 
mero e per dimensioni, mancano di fibre ed appaiono completa- 
mente occupati dalla sola rete di cellule nelle cui maglie stanno 
i linfociti. 

Una cellula può essere posta in modo che il suo corpo sia 
in tutta la sua lunghezza sovrapposto ad una fibra. È questo 
uno dei casi che s'incontra con maggior frequenza, ed allora, 
tutta la cellula appare come attraversata da una fibra, e di- 
ciamo appare, perchè in realtà cellula e fibra non sono fuse in- 
sieme, ma giacciono in piani diversi. | 

Anche i prolungamenti di una cellula possono sovrapporsi 
alla fibra ed accompagnarla per un certo tratto. Evidentemente, 
poichè ora consideriamo il caso in cui la fibra sia unica, uno 0 
tutt'al più due di tali prolungamenti potranno seguire la fibra 
nel suo decorso, senza impedire che altri prolungamenti pos- 
sano contrarre rapporti con cellule vicine, o con trabecole o con 
pareti vasali, insomma con qualunque altro elemento o tessuto 
fisso che si trovi nella regione considerata. 

Altre volte si osserva, anzichè una fibra, un fascetto di 
fibre che si suddivide, in modo che la cellula pare applicata 
sopra un punto nodale. Le fibre che traggono origine da questa 
suddivisione possono dare appoggio ad uno o più prolungamenti 
della cellula stessa. 

Un fatto identico si osserva, quando la cellula anzichè essere 
applicata sopra un fascetto di fibre nel punto in cui questo si 
sfiocca, giace invece sul punto d’incontro di due o più fibre che 
sì anastomizzino. 

Accenneremo ancora al caso in cui la cellula si appoggia 
con uno o due o più dei suoi margini alle fibre circostanti. 
Questo caso relativamente raro si può osservare nella fig. 6. 

Questi sono i principali rapporti fra fibre e cellule che si 
possono notare tanto nel reticolo dei seni che in quello della 
sostanza propria. 

Come già abbiamo detto più innanzi, in un recente e citato 
suo lavoro, il Demoor sostiene che il reticolo, così dei seni 
come della sostanza propria è dovuto esclusivamente ad elementi 
cellulari, senza che le fibre connettive vi abbiano alcuna parte. 
Infatti esaminando le figure riportate dall'A. abbiamo osservato 


104 PIETRO SISTO — EGIDIO MORANDI 


come queste cellule, le quali pure sono sia complessivamente, 
che separatamente affatto identiche a quelle che abbiamo osser- 
vate nei nostri preparati e di cui abbiamo dato minuta desecri- 
zione, costituiscano da sole le maglie del reticolo, e come di fibre 
non vi sia la menoma traccia. Tali conclusioni dissentono com- 
pletamente da quelle cui noi siamo giunti, e siccome VA. dice 
di essersi servito della safranina come mezzo di colorazione, così 
noi crediamo probabile che la mancanza di una colorazione che per- 
mettesse di distinguere la fibra dalla cellula abbia tratto in errore 
il Demoor, facendo sì che egli interpretasse le fibre come alcune 
continuazioni di quei prolungamenti del corpo cellulare che si 
appoggiano sopra una fibra e l’accompagnano per un certo tratto. 
Quanto alle fibre elastiche, in tale età, non ne abbiamo vedute 
che di esilissime e tali da essere percettibili soltanto col mezzo 
di forti ingrandimenti nella capsula, mentre nelle trabecole non 
ne abbiamo trovato traccia, sebbene l'elegante e perfetta colora- 
zione della tonaca elastica dei vasi, ci assicurasse della buona 
riuscita del metodo applicato. 

Cosicchè a noi pare che nel caso di individui neonati non 
sia applicabile che in minima. parte l’asserzione citata di HoEHL 


(pag. 8). 


Inpivipui ADULTI (fig. 9-14). 


Il reticolo è ancora formato tanto nei seni che nella so- 
stanza propria da fibre (1) e da cellule (2). 

1) Le fibre sono abbondanti ed ingrossate, raramente de- 
corrono uniche, spesso stanno riunite in fascetti che si rivelano 
per la presenza di una striatura longitudinale. 

Queste fibre si originano sia isolatamente dalla capsula, dalle 
trabecole, o dalla tonaca esterna dei vasi, oppure sembrano 
formate dalla graduale scomposizione delle trabecole. 

Siccome questo secondo caso va prevalendo sul primo, ne 
viene di conseguenza che il reticolo fibroso è più ricco nei seni 
e nei cordoni della zona midollare dove vanno a. sfiocearsi in 
prevalenza le trabecole, che nei seni e nei noduli della zona 
corticale, dove le trabecole e la. capsula non mandano altro che 
esili diramazioni. 

2) Gli elementi cellulari conservano una forma presso a 
poco uguale a quella descritta a proposito dei neonati, ma col 


CONTRIBUTO ALLO STUDIO DEL RETICOLO DELLE LINFOGLANDULE 105 


crescere dell’età sono diminuiti tanto di numero che di dimen- 
sioni. In ganglii presi da un individuo di 25 anni noi li trovammo 
già piccolissimi e poco numerosi. 

Essendo adunque aumentate le fibre e contemporaneamente 
diminuite le cellule, sia in grandezza che in numero, i rapporti 
che abbiamo descritti nei neonati fra cellule e fibre, che anche 


. negli adulti sono di sola contiguità, sono meno intimi. In alcuni 


casi le cellule sono tanto ridotte, che applicandosi sui punti 
nodali delle fibre, appaiono come nuclei circondati da un sotti- 
lissimo strato di protoplasma, cosiechè facilmente si comprende, 
come alcuni autori, in tempi in cui non erano ancora conosciuti 
od adottati i metodi di cui disponiamo ora, credessero che i 
nuclei appartenessero «alle fibre e si trovassero nei punti nodali 
di queste. 

Il Bizzozero, nel suo citato lavoro, ripete a proposito del- 
l’uomo le conclusioni ricavate dallo studio condotto su ganglii 
di altri animali, e dice “ le cellule si applicano in doppio modo 
sul reticolo; circondano cioè col loro protoplasma una fibra e le 
sue diramazioni ovvero stanno distese sotto forma di sottile 
piastrina in una maglia del reticolo ,. Noi, abbiamo potuto pie- 
namente confermare il fatto che le cellule stanno applicate sulle 
fibre e che fra cellule e fibre non esistono che rapporti di con- 
tiguità, e mai di continuità, mentre abbiamo notato solo in ra- 
rissimi casi e solo nel cane che una cellula può avvolgere a 
guisa di manicotto una fibra, e non siamo riusciti a vedere 
degli elementi appiattiti incorniciati dalle fibre costituenti una 
maglia in modo da riempirla totalmente. Ma in considerazione 
del metodo da noi usato non possiamo escludere la presenza di 
questi ultimi elementi perchè la corrente dell’iniezione prati- 
cata nei ganglii avrebbe potuto agire trascinandoli via. I prepa- 
rati da noi ottenuti servendoci di ganglii di individui adulti, pre- 
sentano, come noi abbiamo detto diggià, un numero assai ridotto 
di cellule, ond’è che in questo i nostri risultati non concordereh- 
bero esattamente con quelli del Brzzozero che parla di cellule 
numerosissime. 

Ancora noi ci discostiamo alquanto dal Bizzozero nel- 
l’interpretazione del reticolo: l'A. dopo di aver descritto mi- 
nutamente le particolarità degli elementi che “ numerosissimi 
anche negli adulti e nei vecchi..... occupano gran parte delle 


106 4 PIETRO SISTO — EGIDIO MORANDI 


maglie del reticolo , osserva che “ continuando lo scuotimento 
il loro numero va sempre più diminuendo sicchè alla fine si 
arriva al punto che il reticolo ne riesce perfettamente privo ,. 
Dunque lA. per reticolo intende quel complesso che risulta 
dall’incrociarsi delle fibre indipendentemente dalla presenza o 
meno delle cellule, le quali come egli stesso dice, “ non sono 
parte integrante del reticolo stesso ,. Infatti, soggiunge “ se 
cellule anastomizzate fra di loro costituissero dei tratti più o 
meno grandi di reticolo, esse non potrebbero venire allontanate 
senza contemporanea scomparsa del reticolo da esse costituito. 
Invece nel fatto si osserva che esse possono venire tolte senza 
che l’integrità del reticolo menomamente ne soffra ,. 

Noi invece dallo studio dei nostri preparati, siamo costretti 
ad ammettere, specialmente nei neonati, l’esistenza di un reti- 
colo puramente cellulare ossia costituito da cellule anastomizzate 
variamente fra di loro nei modi che in altro paragrafo abbiamo 
descritto, reticolo nettamente distinto da quello costituito dalle 
fibre che alle cellule servono di sostegno. 

Dunque, per noi, le cellule anastomizzandosi costituiscono 
dei tratti più o meno estesi di reticolo, e sono parte integrante 
del reticolo stesso, mentre il Bizzozero non ammette che le 
cellule abbiano alcun rapporto che le unisca fra di loro. 

L’interpretazione del Brzzozero va probabilmente attribuita 
sia al metodo dello scuotimento in acqua capace per sè stesso 
di produrre delle alterazioni artificiali nelle sezioni da esami- 
narsi, sia al fatto che VA. non potendo allora disporre di un 
metodo di colorazione specifico, fu costretto a servirsi dei soliti 
metodi comuni insufficienti a dimostrare nettamente quale parte 
spetti alle fibre e quale alle cellule, anche perchè la sola diffe- 
renza nella rifrangenza non può far distinguere con certezza 
una fibra dai bordi di una cellula. 

Quanto al RANvVIER, mentre con lui concordiamo ammettendo 
che “ les noyaux ne sont pas situés dans l’epaisseur des travées 
“du réticulum..... mais à leur surface et appartiennent à des cel- 
“ lules endothéliales , non crediamo però che tali cellule “ se 
“ moulent exactement sur les fibres du réticulum , come l’autore 
suppone. 

Ben diversa dalle precedenti è l’asserzione del DemooR intorno 
alla struttura minuta del reticolo, poichè l’autore sostiene che 


nm i Blige 


CONTRIBUTO ALLO STUDIO DEL RETICOLO DELLE LINFOGLANDULE 107. 


esso è formato esclusivamente da cellule che si anastomizzano 
per mezzo dei loro prolungamenti coi quali si attaccano alle tra- 
becole, all’avventizia dei vasi ed alla capsula del ganglio. Dunque 
per l’A. il reticolo fatto di fibre non entra menomamente nella 
costituzione del ganglio. Anche a questa ipotesi noi siamo asso- 
lutamente contrari, tanto più che l'A. estende questa asserzione 
agli individui di ogni età. 

Omettiamo per brevità di confrontare i nostri reperti con 
quelli ottenuti da tutti gli altri autori nominati, poichè tutti 
possono per qualche ragione aggregarsi ad uno di quelli ora 
citati. 

Le fibre elastiche negli individui adulti sono più svilup- 
pate che non negli individui neonati; inoltre, mentre in questi 
erano localizzate in alcuni pochi punti della capsula, in quelli 
oltre ad essere più abbondanti nella capsula stessa, senza for- 
mare in essa un vero strato differenziabile dagli altri, attra- 
versano anche sotto forma di esili fibrille il seno periferico 
addentrandosi nei noduli, altre seguono lo stesso tragitto riu- 
nite con le fibre connettivali, altre penetrano nelle trabecole, che 
accompagnano nelle loro maggiori suddivisioni (fig. 16). 

In generale però le fibre elastiche nelle linfoglandule degli 
adulti, anche nei casi in cui appaiono abbondanti, sono riunite in 
fascetti assai esili. 


Inpivipui veccHI (fig. 15). 


Il reticolo è fatto di fibre con qualche rarissima cellula. 

Le fibre connettive in generale formano grossi fasci, mo- 
stranti una striatura longitudinale. Analogamente a quanto av- 
viene nei ganglii di individui giovani, le fibre, o meglio i fasci 
di fibre prendono origine dalla capsula che è essenzialmente 
fibrosa ed elastica e dalle trabecole. Anzi le trabecole molto 
grosse, dopo aver percorso trasversalmente piccola parte della 
zona corticale, si sfioccano tutto ad un tratto invadendo così 
la zona midollare e da questa estendendosi poi alla zona corti- 
cale, e questa invasione delle fibre va gradatamente aumentando 
col crescere dell’età; cosicchè in ganglii appartenenti ad una 
vecchia di 105 anni, nella sostanza midollare, non troviamo più 
elementi linfoidi ed il posto da essi prima occupato è riempito 
da grossi fasci di fibre. Queste intrecciandosi in tutte le direzioni 


a 
108 +9 PIETRO SISTO — EGIDIO MORANDI 
formano un ammasso in cui rimangono delle areole che vuote 
nei preparati in balsamo, appaiono nettamente aver contenuto 
delle cellule adipose. 

Questo processo può estendersi anche a parte od a tutta la 
zona corticale, i follicoli allora divengono piccolissimi 0 scom- 
paiono o sono ridotti a sottili benderelle in cui in mezzo a 
numerose fibre stanno degli scarsi linfociti. 

Noi ci troviamo adunque di fronte ad un processo di atrofia 
della linfoglandula. 

Nei ganglii linfatici di individui vecchi non si può più 
parlare di un reticolo fatto da cellule, poichè le cellule con- 
nettivali, sono ridotte ad un numero piccolissimo e ad una 
grandezza minima e vanno gradatamente scomparendo col pro- 
gredire dell’età. Però nei casi in cui alcune cellule ancora sus- 
sistono, esse conservano la forma di quelle degli individui giovani, 
e gli stessi rapporti con le fibre di pura contiguità, applicandosi 
in prevalenza sui loro punti nodali. Però, ripetiamo, è raro che 
nei vecchi vi siano ancora delle cellule connettive. Anche senza 
che noi ripetiamo qui le conclusioni dei varii autori in propo- 
sito, si può facilmente comprendere come specialmente in questo 
ultimo caso dissentiamo radicalmente da essi, quando si ram- 
mentino le osservazioni di Brzzozero e di RANvIER che abbiamo 
citate a proposito degli individui adulti e quando si pensi che 
il Demoor trae come conclusione del suo studio: “ Le tissu 
“ réticulé qui constitue la charpente du ganglion, est formé par 
“ une anastomose de cellules... La structure primitive du ganglion 
“ ne s'altère pas par les progrés de l’àge du point qu'on puisse la 
méconnaître ,. 

Il tessuto elastico (fig. 17-18) va prendendo uno sviluppo 
sempre maggiore col crescere dell’età ed invade, non solo la 
capsula, ma tutta l’impalcatura fibrosa di cui costituisce buona 
parte. Nella capsula le fibre elastiche, spesso si riuniscono a 
formare dei veri strati alternati con gli altri, alle volte intrec- 
ciantisi variamente con questi a rendere più consistente l’invo- 
lucro capsulare. Dalla capsula, fasci notevoli di fibre elastiche, 
penetrano nel ganglio od attraversando direttamente il seno 
periferico, oppure seguendo le trabecole, dividendosi come queste 
in fasci di minori dimensioni ed espandendosi in tutta l’impal- 
catura del ganglio. Negli individui più vecchi, concorrono insieme 


CONTRIBUTO ALLO STUDIO DEL RETICOLO DELLE LINFOGLANDULE 109 


con le altre fibre connettive ad operare la sostituzione descritta 
della sostanza propria della zona midollare con tessuto fibroso; 
e nei noduli residuali, intrecciandosi variamente formano un vero 
reticolo a maglie abbastanza strette in cui sono posti gli scarsi 
linfociti rimasti. 


Vogliamo ancora, in difetto di un completo studio compa- 
rativo fra i varii animali, studio che sarebbe stato nostra inten- 
zione di condurre a termine, dire incidentalmente come le cellule 
costituenti il reticolo abbiano delle dimensioni molto notevoli nel 
gatto, minori nel cane, minori ancora nell'uomo e questo nelle 
fasi più o meno corrispondenti di vita, e come si abbia quindi 
in un medesimo spazio nell'uomo un numero di cellule assai 
maggiore di quello che si può incontrare nel cane ed a più forte 
ragione nel gatto. 

Di più le trabecole limitanti i follicoli sono nel cane assai 
più sottili che non nell’uomo. 


CONCLUSIONI 


La fine impalcatura della linfoglandula è data da due reti; 
una composta di fibre e l’altra di cellule. 

La prima, ridottissima alla nascita si sviluppa assai rapi- 
damente, e già notevole dopo pochi anni di vita, si fa più fitta 
e più robusta nell’adulto e continuando ad ipertrofizzarsi nella 
vecchiaia, viene per questo fatto a poco a poco a sostituire gli 
elementi funzionanti. 

La seconda, che è certamente la prima a formarsi, appare 
alla nascita nel suo pieno sviluppo, e, ancora notevole durante 
i primi anni di vita, si riduce col crescere dell’età; si atrofizza 
coll’inizio della vecchiaia, e tende a scomparire col progredire 
di essa. 

Cellule e fibre si mantengono costantemente in mutuo rap- 
porto di contiguità e mai di continuità; il reticolo di cellule si 
appoggia sul reticolo formato dalle fibre. 

Adunque le cellule connettive, dopo la comparsa delle fibre 
ed il loro sviluppo, a poco a poco si atrofizzano e scompaiono, 
. forse perchè la loro presenza, atteso lo sviluppo della fibra, è 
divenuta inutile. 


110. È PIETRO SISTO — EGIDIO MORANDI 


Quanto al tessuto elastico, esso come il tessuto fibroso va 


crescendo coll’età. Ciò vale anche a dimostrare come le fibre 
elastiche, dopo di essersi formate siano ancora capaci di crescere 
così in ispessore che in lunghezza; mentre quelle connettivali 
crescono rapidamente, finchè al loro sviluppo presiede la pre- 
senza delle cellule connettive, diminuendo queste, meno rapido 
si fa l’accrescimento delle fibre stesse. 


Istituto di Anatomia Umana Normale 
diretto dal Prof. R. Fusari. 


INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE 


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26. HenLe, Trattato di anatomia generale, trad. italiana, T. II. 1845. 

27. Poucaert et TourneAUX, loc. cit. 

28. Capiar, loc. cit. 

29. K@eLLIKER, loc. cit. 

30. Sréar, loc. cit. 

81. Frey, loc. cit. 

32. Duvar, Précis d’Histologie. Paris, 1897. 

33. RAnvIER, loc. cit. 

34. RenAUT, loc. cit. 

35. ScHENK, Elementi d’istologia normale dell’uomo, trad. italiana. 

36. HoexnL, loc. cit. 


SPIEGAZIONE DELLE FIGURE 


Figure 1-2-3-4-5. — Sezioni di linfoglandule di cane neonato iniettate con 
liquido di Renaut e colorate con metodo Hansen — Seni midollari 
— Reticolo formato di cellule anastomizzate appoggiato sul reticolo 
di fibre — A cellule, B fibre, T trabecole — Microscopio Koristka 
— Obiett. 8*, oculare 3. 

Figura 6. — Sezione di linfoglandula di gatto neonato iniettata e colo- 

i * rata come sopra — Seno midollare — Reticolo di cellule anastomiz- 
zate applicate sulle fibre — A cellule, B fibre — Microscopio Zeiss — 
Obiett. E, ocul. 3. 

Figura 7. — Sezione di linfoglandula di gatto neonato, trattata come sopra 

: — Seno linfatico periferico — A cellule, B fibre, C capsula — Micro- 
‘ scopio Zeiss — Obiett. E, ocul. 3. 

Figura 8. — Sezione di linfoglandula di gatto neonato trattata come sopra 
— (V) vaso, da cui si staccano (B) fibre, su cui si appoggiano (A) 
le cellule — Microscopio Zeiss — Obiett. E, ocul. 3}. : 

Figura 9. — Sezione di linfoglandula di uomo di anni 22 iniettata ecc. — 
Seno linfatico periferico A cellule, B fibre, C capsula — Microscopio 
Zeiss — Obiett. E, ocul. 3. 

Figure 10-11-12. — Sezioni di linfoglandule di cane adulto trattate come 
sopra -—— Seno periferico A cellule, B fibre, C capsula — Micro- 
scopio Koristka — Obiett. 8*, ocul. 3. 

Figura 13. — Sezione di linfoglandula di uomo di anni 24 trattata come 
sopra — A cellule, B fibre — Microscopio Zeiss — Obiett. E, ocul. 3. 


TO - EGISTO MORANDI — CONTRIBUTO ALLO STUDIO, ECC. — 


| Figura 14. — Sezione di linfoglandula di uomo di anni 32 trattato come. 
sopra — Seno periferico A cellule, B fibre, C capsula — Microscopio . 
Zeiss — Obiett. E, oculare 3. 


Figura 15. — Sezione di linfoglandula di uomo di anni 70 traftata come | 
sopra — C capsula, B fibre, N noduli — Microscopio Zeiss — Obiett. 
E, ocaul. 3. 

Figura 16. — Sezione di linfoglandula di uomo di anni 25 iniettata come 


sopra e oclorata col metodo Unna-Tinzer-Livini ed Ematosilina — | 
C capsula, F fibre elastiche, S seno periferico, T trabecole, N noduli 
— Microscopio Zeiss — Obiett. E, ocul. 3. 

Figura 17. — Sezione di linfoglandula di un individuo d’anni 70 iniezione 
come sopra — Unna-Tinzer-Livini — Ematosilina — C capsula, S seno 
periferico, T trabecole, F fibre elastiche, N noduli — Microscopio 
Zeiss — Obiett. C, ocul. 3. 

Figura 18. — Sezione di linfoglandula di un individuo d’anni 105 trattata 
come la precedente — C capsula, S seno periferico, T trabecole, 
F fibre elastiche. — Microscopio Zeiss — Obiett. E, ocul. 3. 


L’ Accademico Segretario 
AnpREA NACCARI. 


A 


delle Sc.di Torino=Vo/.AUVI 


CLASSE 


DI 


SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE 


Adunanza del 25 Novembre 1900. 


PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. GIUSEPPE CARLE 


PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA 


Sono presenti i Socii: Peyron, Direttore della Classe, MANNO, 
BoLLatI pi Saint-Pierre, Pezzi, FERRERO, CrpoLLa, Brusa, AL- 
LIEVo, Pizzi, CaIronI, SAvio e ReNTER Segretario. 

È approvato l’atto verbale dell’ adunanza antecedente, 
24 giugno 1900. 

Il Presidente dà il benvenuto ai due nuovi Soci residenti, 
Giampietro Catroni e Fedele Savio, che intervengono per la 
prima volta alle tornate accademiche. Sono comunicate le let- 
tere con cui essi ringraziano per la loro elezione a Soci. 

Il Presidente comunica una lettera del Socio CoGNETTI DE 
Martns con la quale egli ringrazia i colleghi della Classe per 
le ripetute manifestazioni di benevolenza usategli durante la sua 
lunga malattia. Il Presidente ed i Soci si rallegrano col collega 
CoenerTI per la ricuperata salute. 

Viene presentata, a nome del prof. Pigorini, una seconda 
relazione, dettata dal prof. Luigi SAVIGNONE, sopra i lavori ese- 
guiti dalla Missione archeologica italiana in Creta. La Classe 
ne prende atto e ringrazia. 

È data lettura d’una lettera in data 10 luglio 1900 con 
cui il prof. Francesco L. Purrò invita l'Accademia nostra ad 

Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 8 


lesi 
Pai 


gii® apr 


aderire al Comitato internazionale che si propone di costituire 
un fondo per le scoperte archeologiche dell’India. La prima adu- 
nanza del Comitato internazionale deve esser avvenuta in Londra 
nel luglio scorso. Essendo in quel tempo l'Accademia in ferie, 
il Presidente non potè presentare allora la domanda del 
prof. PuLLè alla Classe. Lo fa, pertanto, ora, e la Classe mani- 
festa la sua simpatia all’impresa. 

Il prof. Ettore Pars fa istanza all'Accademia perchè ade- 
risca al Congresso internazionale di scienze storiche che si terrà 
in Roma nella primavera del 1902. Di codesto Congresso è letto 
il programma. — Si discute in vario senso dai Soci CIPoLLA, 
Pezzi, FerrRERO, MANNO, Brusa, RENIER, e finalmente si vota a 
maggioranza la proposta di sospendere per ora ogni deliberazione; 
finchè non sia meglio determinato e particolareggiato il pro- 
gramma del Congresso. 

Si passa alla presentazione dei libri. 

Il Socio Brusa fa omaggio all'Accademia, da parte del- 
l’autore, dei nove volumi di C. TrvaroxI, Storia del Risorgimento 
italiano, Torino, Roux, 1888-1897. 

Il Socio Manno offre la Commemorazione del barone Gau- 
denzio Claretta da lui dettata per la R. Deputazione di Storia 
patria. 

Il Socio FerRERO presenta un opuscolo del sig. Domenico 
Torni, Il codice delle rime di Vittoria Colonna, appartenuto @ 
Margherita d’ Angouléme, scoperto ed illustrato, Pistoia, 1900. 

Tra le molte pubblicazioni pervenute all’ Accademia, il 
Segretario segnala le seguenti: 

1° Commemorazione di S. M. Umberto I, pronunciata dal 
Socio BoseLLi nel Consiglio Provinciale; 

2° Il volume commemorativo del 350° Anniversario del- 
l’Università di Messina, pubblicato a cura di quell’Ateneo; 

3° Una serie di opuscoli di soggetto geografico inviata 
dal Socio corrispondente G. DALLA VEDOVA; 


115 
4° L’opuscolo del Socio corrispondente A. De NADAILLAC, 
Les Chinois, Paris, 1900; 
5° Due opuscoli pubblicati a Calcutta dal Socio corri- 
spondente S. M. TAGoRE. 

Il Segretario inoltre rileva le'copiose ed ottime pubblica- 
zioni ricevute pei cambi recentemente conclusi con la Biblioteca 
Vaticana e con l’Istituto di esercitazioni nelle scienze giuridico- 
politiche della R. Università di Torino. 

Per la inserzione negli Atti sono presentate le seguenti note: 

1°, dal Socio FeRRERO: Aristide MarRE, Madagascar et 
les Philippines, vocabulaire des principales racines malayo-poly- 


_ nésiennes; 


2°, dal Socio Pezzi: Attilio Levi, Gradazione analogica ; 

3°, dal Socio Perron: Carlo E. PaTRUOCO, Una iscrizione 
inedita di Brunengo vescovo di Asti; 

4°, dal Socio CrpoLa: Gaetano DA Re, Uno Scaligero 
ignoto. 

Il Socio Crporra offre pure, per l'inserzione negli Atti, la 
sua Commemorazione del padre Luigi Tosti, di cui la Classe gli 
diede incarico. Il Presidente lo ringrazia in nome della Classe. 

All’ufficio della Segreteria accademica fu portato uno scritto 
del dott. Vittore Domenico VaLLa, Note cronologiche sul Collegio 
Puteano in Pisa precedute da una biografia del Fondatore. L’au- 
tore di questa monografia ne desidererebbe l’inserzione nelle 
Memorie accademiche. Il Socio FeRRERO dà in proposito qualche 
spiegazione. Il Presidente designa a riferirne in. una prossima 
seduta i Soci FERRERO, CrpoLLA e SAvIO. 


116 CARLO CIPOLLA 


LETTURE 


Il P. Luigi Tosti e le sue relazioni col Piemonte. 
Commemorazione letta dal Socio CARLO CIPOLLA. 


Addì 24 settembre 1897, nella pace tranquilla di Monte- 
cassino, che fu così cara a Paolo Diacono, alla distanza di undici 
secoli, un altro storico benedettino, l’abate Luigi Tosti, chiuse la 
sua vita, ripiena di opere buone, e di studî proficui alla Fede 
e alla Scienza. Egli fu nostro Socio nazionale. È quindi doveroso 
che nei nostri volumi si tenga memoria di quest'uomo, per molti 


rispetti venerando, cui morte sollevò in Italia e fuori così. 


vivo cordoglio. La Presidenza della nostra Accademia affidò a me 
l'onorevole officio di ricordare qui il nome del Tosti, ed io sono 
dolente di avere sì a lungo ritardato l'adempimento di questo do- 
vere. Ma occupato nell’insegnamento, e distratto eziandio da altre 
faccende, fui, mio malgrado, costretto a procrastinare fino ad oggi 
l'esecuzione di questo incarico. A prolungare la dilazione ebbe 
parte non secondaria anche la necessità in cui mi trovai di rac- 
cogliere da molti luoghi i materiali necessarî alla compilazione 
di questo ricordo necrologico, al quale diedi un carattere spe- 
ciale, avendo preso ad argomento, non lo studio sintetico di 
tutta la vita di quell'uomo rarissimo, ma l’esame delle relazioni 
che il Tosti tenne col Piemonte (1). 


(1) Molti documenti ebbi da Montecassino, per i quali debbo essere 
particolarmente riconoscente al priore-archivista p. A. Amelli. A Torino il 
conte Ippolito Cibrario mi fu largo della corrispondenza del conte Luigi, 
suo padre. Dal conte Alessandro Baudi di Vesme, ebbi gentile comunica- 
zione del carteggio del conte Carlo suo padre. Il prof. Ermanno Ferrero 
mi facilitò l’uso delle carte del Gazzera e dello Sclopis, esistenti presso 
l'Accademia delle Scienze. A tutti costoro, e non a questi soltanto, debbo 
viva riconoscenza per le avute cortesie. 

Presso la famiglia Vesme conservansi, non solo gli originali delle let- 
tere del Tosti, ma anche il copia-lettere colle missive del conte Carlo Vesme. 
Il Tosti usava talvolta tenere la minuta delle sue lettere, e così potei avere 
a mia disposizione qualche documento, che per altra via non poteva giungermi. 

Il p. G. B. Adriani, di Cherasco, ebbe la squisita cortesia di procu- 


Pn 


IL P. LUIGI TOSTI E LE SUE RELAZIONI COL PIEMONTE 117 


Della vita del Tosti, che passò dal 1811 al 1897, altri par- 
larono subito dopo della sua morte, e lo fecero in guisa da togliere 
a me ogni desiderio di rifare la via già da altri aperta e bat- 
tuta sì bene. Pregevoli schizzi necrologici scrissero infatti Fran- 
cesco D’Ovidio (1), E. Pistelli (2), G. Rondoni (3). Venne poscia 
l’affettuosa e acuta biografia che del Tosti scrisse il cardinale 
Alfonso Capecelatro (4), al quale recavano aiuto circostanze favo- 
revolissime, un’amicizia di mezzo secolo, e numerosi documenti 
fornitigli dall Abbazia Cassinese. Il Capecelatro studia l’uomo 
nel suo intimo, il D’Ovidio ritrae la sua fisionomia morale e 
scientifica; delle opere si occuparono invece con maggiore lar- 
ghezza Rondoni e Pistelli. Trovando il campo mietuto, rivolsi la 
mia attenzione a quei particolari, che, nei lavori d’insieme, come 
sono questi ora accennati, non possono trovar luogo, ma che pure 
hanno qualche diritto alla memoria nostra. 


In un foglietto autografo, pubblicato fra le Opere postume (5), 
il Tosti dà ragione della sua attività scientifica, e spiega il 
nesso che esiste fra i suoi libri, la sua vita, i suoi ideali poli- 
tico-religiosi, la sua vocazione monastica. Da quel viglietto di- 
stacco qualche brano, traggo qualche pensiero, perchè ci sia qui 


rarmi il testo delle lettere del Tosti esistenti presso il comm. G. Caire a 
Novara. Anche a lui dungue invio da queste pagine l’espressione del mio 
animo grato. 

(1) Rivista d’Italia, 1 [1898], p. 24 sgg. 

(2) Arch. storico italiano, 1898, disp. 2, p. 241 sgg. 

(3) Rassegna Nazionale, 1° ottobre 1898, vol. CIII, p. 478 sgg. 

(4) Montecassino, 1899, vol. di pp. 168. 

(5) La raccolta delle sue Opere fu ai dotti procurata da Pasqualucci, ed 
uscì a Roma a partire dal 1886. Comprende la vita di Matilde di Canossa, la 
storia del Scisma Greco, la Storia di Montecassino, il Concilio di Costanza, 
la Lega Lombarda, Abelardo e i suoi tempi, i Prolegomini della Storia della 
Chiesa, ecc. Il vol. XIX ha le Opere postume. I benemeriti Cassinesi si pro- 
pongono di pubblicare anche l’epistolario del Tosti. Nè vuolsi dimenticare, 
fra i lavori del Tosti, oltre alla edizione della Cronaca di Bartolomeo Se- 
reno, la Bibliotheca Cassinensis, che il Tosti promosse con calore, pari al 
sapere. Anche le Regesta Clementis V, opera colossale dell'Ordine Benedet- 
tino, vennero suggerite e favorite dal Tosti. 


118 CARLO CIPOLLA 


almeno un’imagine fedele dell’uomo e dello scienziato. Egli dice 
adunque così: “ ho voluto contemplare la vita morale dei popoli 
sul terreno della Chiesa. L’immobilità del dogma rendeva meno 
vacillante il riguardo dello storico. Nella Chiesa si vede meglio 
e più lontano ,. Segue spiegando com’egli prendesse inizio da Mon- 
tecassino, donde salì al papato. A quest’ultimo argomento si colle- 
gano i libri ch'egli pubblicò sulla vita di Bonifacio VIII, sulla 
Lega Lombarda, sulla Contessa Matilde, su S. Pier Damiani, sullo 
Scisma Greco, sul Concilio di Costanza. Quindi ridiscese la via 
percorsa, e descrisse le fondamenta della storia ecclesiastica 
dettando i Prolegomeni della Storia della Chiesa. 

Accanto a questo foglietto, fu stampata anche una lettera (1) 


nella quale, mentre in parte ripete, con mutate parole, le cose 


dette in quello, aggiunge pure altre osservazioni “..... Non tro- 
verete certo l’uomo dotto in questi libri, ma il monaco laborioso, 
che, aspirando al Cielo, non ha dimenticato mai la patria. Guelfo 
sempre e papale, perchè non trovava altra forza a fare la rivo- 
luzione contro le umane ingiustizie, Gregorio VII è stato il mio 
Mazzini... ,. Fa poscia cenno di varie sue scritture, l’argomento 
delle quali si aggira intorno alla storia ecclesiastica. E poi con- 
chiude: “...e finalmente quando ho vista in piedi l’Italia, perchè 
la terra si commoveva, straniero all’azione degli uomini, perchè 
monaco, non più guelfo, nè ghibellino, ma italiano e cattolico, 
me ne son partito nel deserto della contemplazione... ,. Fu 
allora ch'egli scrisse i Prolegomeni. o 
Ferdinando Gregorovius gli fu amico, o almeno fu legato 
con lui per mezzo di una di quelle relazioni, che hanno sem- 


bianza d'amicizia. Il Gregorovius, protestante, anzi piuttosto 


razionalista che protestante, non poteva partecipare ai timori ed 
alle speranze del pio monaco benedettino ; ma questo non toglie 
che di lui altamente sentisse, e che di lui non parlasse mai se non 
che con profondo rispetto. Nel 1859 il Gregorovius fu a studiare a 
Montecassino, dove liete ore passò discorrendo di cose erudite 
col Tosti, di cui scrisse nei suoi Taccuini romani: “ in questo 
uomo straordinario fiammeggia uno spirito profondo e bello. 
Tutto è in lui intuizione; poco lavora o studia; tutto egli trae 
fuori da sè medesimo , (2). 


(1) Opere postume, p. 169. 
(2) Romische Tagebiicher, 2 ediz., Stuttgarda, 1893, p. 63. 


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IL P. LUIGI TOSTI E LE SUE RELAZIONI COL PIEMONTE 119 


Il D’Ovidio trova che il Tosti era “ folgore d’ingegno ,, 
“ ardore di animo ,. Nelle sue opere riconosce “ copiosa e buona 
erudizione, senso storico squisito, fervida immaginazione, sincero 
amore del bene, e un modo largo e comprensivo d’intendere il 
bene in ciascuna sua forma ,. A proposito dei suoi studi sopra 
Dante, scrive: “ Non era un dantista di professione, benchè nei 
suoi dotti volumi alcune pagine siano su cose dantesche; ma 
aveva il senso del dantesco ,. Il D’Ovidio ammette, che, almeno 
in parte, il Tosti sia riuscito a riabilitare la memoria di Boni- 
facio VIII. E questo è verissimo. Certe sue osservazioni, piene 
di sottile discernimento, e desunte da una larga concezione dei 
tempi, hanno assai contribuito a rialzare la fama di Bonifacio VIII, 
che dalla tradizione ghibellina era stato posto sotto una luce 
convenzionale, e che sotto troppo oscure parvenze era stato 
tramandato alla memoria e al giudizio dei posteri. 

Il Capecelatro asserisce (p. 30) che il Tosti fu “ artista e 
poeta sin nel più profondo dell'animo ,. In lui trova (p. 59) tre 
amori, profondi, inalterabili, di cui egli si compiacque per tutta 
la vita: “ la religione, la patria e l’arte ,. Egli d'ogni cosa bella 
si innamorava “ focosamente ,. Idoleggiò sempre “ quei suoi 
ardimenti nobili e un po’ temerari, che costituivano... una delle 
prerogative della sua bollente natura ,. Il Capecelatro con mano 
delicata parla più volte dei grandiosi progetti, che il Tosti for- 
mava nella sua mente: se ne entusiasmava, li vedea quasi effet- 
tuati, godeva della realtà calorosamente sperata; discerneva gli 
ostacoli, ma preferiva nasconderli agli occhi e al pensiero, com- 
misurando dall’ardore del vero, che accendeva il suo spirito, anche 
le disposizioni dell’animo altrui. 

Siami a questo proposito permesso un ricordo personale. 
Nell’ottobre del 1896 salii anch'io la sacra vetta di Montecas- 
sino. Volli anch’ io visitare la culla del Monacato occidentale, 
donde tanta luce di scienza si diffuse sull'Europa. E volli anche 
vedere il Tosti, vecchio e stanco oramai. Egli mi trattenne lun- 
gamente e benevolmente nella sua cella, mi parlò di nuovi di- 
segni scientifici, esponendomi un particolareggiato programma 
per una vasta pubblicazione erudita. Io ammirava questo vecchio 
di 85 anni, non abbattuto nell'animo da un lavoro scientifico di 
quasi 70 anni, il quale mi parlava con un ardore, con una foga, 
con una fiducia giovanile, quale si addice ad un uomo che abbia 


120 CARLO CIPOLLA 


dinanzi a sè lunghi e lunghi anni di vita, ed egli era lì, legato 
al suo seggiolone, inabile ormai a scrivere nulla, fuorchè a stento 
la sua firma! Il Tosti era conseguente a sè stesso; sempre nella 
contemplazione di un abbagliante ideale, che contrastava alle 
dure necessità della vita. Appunto per questo, il Tosti non era tale 
da perdersi di coraggio, quand’anche i suoi nobilissimi sogni dorati 
fossero travolti dalla bufera. Santamente rassegnato a ogni cosa, 
avvezzo a vedere in tutto la mano di Dio, egli ritraeva animo dalla 
sconfitta. Se n'era il caso, soffriva internamente, ma continuava 
sulla sua strada. Disse bene il Capecelatro, che se in lui riplende- 
vano molte qualità dell'ingegno, possente sopratutto era la fan- 
tasia. Di ciò restano documento, non solo le vicende della sua 
vita, ma anche i suoi libri. Questi infatti sono opera di erudizione, 
ma non di erudizione soltanto. Lo stile n'è fantastico. Certe 
forme ampollose, certa retorica un po’ reboante, sono vizî piut- 
tosto del tempo, che della persona del Tosti. Tuttavia dai vizi del 
tempo il Tosti seppe tenersi tanto lontano quanto le circostanze 
gli acconsentissero. Ma la vivacità della fantasia era suo carattere 
particolare, aggravato forse dall’indole napoletana. I fantasmi, che 
gli danzavano nella mente coloriti di lieti colori, destavano il 
suo entusiasmo. Quelli invece di color tetro e grigio, scuotevano, 
ma in ben altra maniera, l’animo di lui. Così che egli divenne 
pauroso; temette per la sua vita, ancorchè nessuno gliela insi- 
diasse; si tenne come perseguitato, quando poteva girare come 
meglio gli talentava. È vero tuttavia che la ingenua e candida 
semplicità del suo animo gli procurò talvolta avversioni inattese, 
difficoltà non previste, amarezze profonde. Ed è forse pur vero che 
non sempre i suoi timori erano privi di fondamento. 

Il Capecelatro studiando quali fossero gli ideali, che per- 
sistettero costanti nella mente del Tosti, scrive giustamente così: 
“ il Cattolicismo, il Papa, il Monacato, la Civiltà Cristiana e la 
grandezza d’Italia furono per l’infiammato monaco come diverse 
note d’una medesima armonia, che sentiva sonarsi dentro ,. 

Riferii fino ad ora brevi passi dei suoi biografi, passi che mi 
parevano corrispondenti al giusto, e appropriati quindi a ritrarre 
i veri profili della sua bella figura. Non bisogna tuttavia dare a 
qualche frase, che riguarda il suo metodo storico, un significato 
troppo rigido ed eccessivo. Non è esatto il dire ch'egli abbia stu- 
diato poco, se non nel senso che il suo studiare fu poca cosa in 


IL P. LUIGI TOSTI E LE SUE RELAZIONI COL PIEMONTE 121 


paragone del suo pensare e del suo sentire. Infatti egli lesse molto, 
e fu versato nelle diverse discipline, e la storia imparò sulle cro- 
nache e sui diplomi, nei libri a stampa e nei codici. Ebbe forte il ca- 
lore della poesia, ma non gli mancò anche la freddezza dell’eru- 
dito. Può essere questione di misura, ma non di sostanza. 

Mi par giusto questo pensiero di E. Pistelli: “ Il Tosti studia 
il Medio Evo, ma con l’anima e il cuore del suo tempo e gli 
occhi rivolti all’avvenire , (1). E dò ragione anche a G. Ron- 
doni, quando dice che egli fu una “ figura esemplare di monaco ,, 
soggiungendo tosto che in lui il monaco non uccise mai l’uomo (2). 


II. 


Il Gregorovius (3) narra che nei confidenti discorsi ch’egli 
ebbe, l’anno 1859, col Tosti, questi gli parlò gel suo antico 
progetto per la pubblicazione dell’Ateneo Italiano, giornale sto- 
rico-letterario, che avrebbe dovuto stamparsi in Montecassino, 
colla cooperazione dei migliori ingegni italiani, d'ogni scuola 
letteraria, compresi alcuni che vivevano in esiglio. Dal Grego- 
rovius dipende sostanzialmente quello che sul divisato periodico 
scrisse anche il Capecelatro (4). 

I documenti gentilmente comunicatimi da Montecassino, e 
quelli che mi favorì la cortesia del conte Ippolito Cibrario (5) 
mi pongono in grado di dare qualche altra notizia intorno a 
questo argomento, e di correggere qualche leggera inesattezza, 
in cui forse incorsero gli scrittori che mi precedettero. Natural- 
mente il mio discorso si limita alle trattative aperte dal Tosti 
cogli scrittori piemontesi. 

Da Montecassino, il 4 agosto 1843, il Tosti ringraziava il 
Cibrario per il dono della sua opera sulla Economia politica del 
medioevo “ opera che onora non solamente l’autore, ma tutta la 


(1) Arch. stor. ital., 1898, p. 249. 

(2) Rassegna Nazionale, vol. CIII, p. 480. 

(3) Roòmische Tagebiicher, pp. 60-1. 

(4) Commemorazione, p. 34. 

(5) Nel volume Dipinti, oggetti antichi ed autografi posseduti dal conte 
Lurer Cmrarro, Torino, 1864, non si ricorda alcun autografo del Tosti, 
Peraltro, parecchie lettere del dotto cassinese conservansi nel carteggio del 
Cibrario in Torino. 


122 CARLO CIPOLLA 


comune patria », e lo ricambiava coll’invio della Storia Cassinese, 
della quale aggiungeva anche un esemplare destinato al Pellico. 
Soggiunge poscia quanto segue: “ Finalmente siamo venuti a 
capo de’nostri divisamenti. È già stabilita in questa Badia una 
piccola tipografia per mettere a stampa alcune coserelle, che 
andiamo trovando in questo Archivio Cassinese. È già pronta 
per le stampe la bella scrittura del cav. Bartolomeo Sereno, 
Commentari della Guerra di Cipro. Questa sarà seguìta dal Trat- 
tato originale della Lega di Principi Cristiani, curata dal papa 
Pio V. Tosto che avremo stampato il Prospetto, farò di mandar- 
gliene qualche esemplare, colla speranza che fosse alcuno in 
questo coltissimo Piemonte, che volesse associarsi a tutte le 
Opere inedite, che stamperemo nel nostro Archivio ,. 

Qui è opportuno fare una parentesi. L'Archivio Cassinese 
doveva essere gina raccolta di opere antiche, da rassomigliarsi 
a quella, che proprio verso quel tempo medesimo veniva pensata 
e realizzata dal Vieusseux a Firenze. Dall’Abbazia Cassinese mi 
venne comunicata la lettera, senza data, colla quale il Tosti rin- 
graziò il Ministro Del Carretto, per aver concesso a quei mo- 
naci di istituire colà la tipografia. “ Ella, Eccellenza, con questo 
singolare benefizio ha avanzato in generosità gli antichi prin- 
cipi, donatori di terre e castella. Essi conseguirono fama di 
generosi e non altro. Ella ha congiunto il suo nome alla gloria 
dell'Ordine Benedettino, che, mercè Vostra, sarà più duratura ,. 
Offre al Ministro un esemplare delle opere, che saranno pubbli- 
cate, e gli annunzia che il tipografo sarà Paolo Lampato da 
Milano. 


Il volume, al quale accenna il Tosti, e che costituisce il 


tomo primo (e anche ultimo, pur troppo!) dell'Archivio Cassinese, 
si intitola: “ Commentari della guerra di Cipro e della lega dei 
principi cristiani contro il Turco, di Bartolomeo Sereno, ora per 
la prima volta pubblicati da ms. autografo, con note e docu- 
menti ,, Monte Cassino, 1845. La lettera dedicatoria a re Fer- 
dinando II, è datata dall’ottobre 1845, ed è firmata: “I Monaci 
della Badia di Monte Cassino ,. Nel Prologo degli editori cassi- 
nesi si parla dei rosei progetti, che si andavano vagheggiando, 
ma si lamentano “la scarsezza del numero de’ monaci e la sot- 
tigliezza del censo , (p. xv). 

Riprendiamo la lettera del 4 agosto 1843 al Cibrario. “ Non 


L 
M 
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IL P. LUIGI TOSTI E LE SUE RELAZIONI COL PIEMONTE 123 


voglio celarle un nostro divisamento al quale Ella potrebbe 
grandemente soccorrere. Ella ben conosce come e quanto vadano 
riformandosi gli studi storici, per nuovi e più ragionevoli giu- 
dizi degli uomini e delle cose del Medioevo, e non ignora come 
le magistrali, ma bestiali sentenze de’ Gibbon, degli Hume, dei 
Voltaire e del gregge Gallicano abbiano acciecate le menti ita- 
liane da trasportarle non solo nell’ignoranza delle verità storiche, 
ma anche in quella dei loro morali e civili interessi. Dippiù 
non ignora, che ove tornino a luce di verità i fatti e gli uomini 
del Medioevo, non poca utilità se ne ricaverebbe a far rinsavire 
le menti de’ presenti, tornandole alla Religione, che fu madre, 
ed è, di vera civiltà e ad aderire al papale seggio di S. Pietro, 
come a centro di unità religiosa e civile. Ora siamo venuti in 
questa comune sentenza, che si stabilisca un Giornale Storico 
in Monte Cassino; che alla compilazione di questo non siano 
ammessi altri che i sommi italiani, i quali è uso il popolo a 
riverire per sapienza e chiarità di nome; che questi mandino a 
Monte Cassino uno o due o tre ragionamenti storici in ciascun 
anno, coi quali si sforzino a tutt'uomo a fare nella storia civile 
ed ecclesiastica quello che ha fatto Hurter nella sola storia di 
papa Innocenzo II; che abbiano nel cuore ciò che spongono 
nella scrittura; e che siano tutti concordi nell’unità dello scopo, 
cioè di tornare in onore la Religione dei nostri avi e di racco- 
gliere tutti gli abitanti della nostra penisola all'ombra del seggio 
di Gregorio VII, di Alessandro II e di Innocenzo III. Dicendo 
sommi italiani non parlo di volgo, e perciò non creda che io 
porrò mano ad alcuna scrittura, ma curerò solo la stampa. I 
sommi saranno, a mo’ di dire, il Cibrario, il Balbo, il Troya, 
Pellico, Manzoni, Parenti, ecc. Ove il nostro divisamento Le 
andasse a sangue, La prego, per quanto so e posso, tenerne pa- 
rola con quelli che Ella crederà degni di tanto ministero. Ne 
parli al Balbo ed a Pellico, ed abbia la cortesia di farmi con- 
sapevole del loro avviso..... ,. 

Il Cibrario gli rispose, da. Torino, 3 settembre 1843. Rin- 
grazia e annunzia al Tosti il dono della sua illustrazione di Alta- 
comba, che doveva uscire al principio del 1844 (1). Rispetto al 


(1) Storia e descrizione della R. Badia d’ Altacomba antico sepolero dei 
Reali di Savoia fondata da Amedeo ITI, rinnovata da Carlo Felice e Maria 
Cristina, con documenti e atlanti, Torino, 1843-44, 2 voll. in fol. massimo. 


124 CARLO CIPOLLA 


Giornale, la sua lettera contiene notizie, che devono essere qui 
riferite: “ Silvio Pellico ha ricevuto con somma gratitudine 
questo bel dono (Storia Cassinese), e si scusa di non poter pro- 
mettere l'invio dei suoi lavori al Giornale Storico, che in codesta 
insigne Badia si vuol pubblicare. Pellico è veramente sfinito di 
forze, e credo che di lettere poco, per non dir nulla, più si dia 
cura; tuttavia non dispero di persuaderlo a dar qualche cosa, 
tanto che non manchi al Giornale Cassinese l'autorità di quel 
nome. Il conte Cesare Balbo mi ha promesso un’introduzione 
alla Storia di Gregorio VII, che abbraccia considerazioni gene- 
rali sulle condizioni della Chiesa e della civiltà da Carlomagno 
a quel santo pontefice riformatore. In quanto a me, poco potrò 
fare; perchè la magistratura, in cui siedo come giudice, e tante 
faccende letterarie obbligate, mi lasciano corti momenti. Tuttavia 
un articolo all'anno invierò certamente, per rispondere al gene- 
roso pensiero di richiamar gli animi alla sola e vera unità ita- 
liana possibile, che è la religiosa, morale e intellettuale, e pia- 
cemi che ne sorga il primo grido da quel sacro monte medesimo, 
in cui S. Benedetto poneva la culla d’un Ordine così benemerito 
della religione, della morale e delle lettere ,. Termina ricordando 
i sentimenti provati in un suo breve soggiorno a Monte Cassino. 
Il Tosti rispose da Roma, S. Callisto, 9 ottobre, ringra- 
ziando, e pregando il Cibrario a continuare le sue insistenze 
presso il Pellico. Poscia prosegue nel modo seguente : “ Duolmi 
che Cesare Cantù non abbia voluto onorarmi di risposta, aven- 
dolo con lettera pregato a concorrere nell’anzidetto lavoro. Si 
adoperi per noi presso il medesimo, e presso altri di Piemonte 
e di Lombardia, perchè è mestieri che i compilatori non siano 
pochi. L’avverto, che ove anche fossero uomini riputati nel paese, 
che volessero applicar l’animo a questo Giornale, scrivendo di 
Arti, gioverebbero non poco alla cosa, essendo ben fatto tem- 
perare l’austerità delle trattazioni storiche con ragionamenti di 
Arti..... Divisiamo indirizzare lettera d'invito al Gioberti in Bru- 
xelles. Ma su di ciò bramerei conoscere la sua sentenza..... % 
Non avendo avuto sollecita risposta, il Tosti riscrisse, in data 
di Montecassino, 27 novembre 1843, chiedendo di nuovo consigli 
rispetto a “ Vincenzo Gioberti, autor del Primato , (1). 


(1) La prima edizione del Primato porta là data di Brusselle, 1843. 
Non è quindi possibile che Gioberti, quando seppe il progetto del Tosti, 


IL P. LUIGI TOSTI E LE SUE RELAZIONI COL PIEMONTE 125 


Il Cibrario gli diede risposta, sotto il dì 24 novembre. Rin- 
graziatolo del dono della Storia Cassinese, gli comunica anche i 
ringraziamenti del Balbo, del quale dice “ che desidera, come io 
desidero, d’aver un programma del Giornale, che si vuol fon- 
dare, a fine di sapere, se si ha intenzione di aprire al pubblico 
l’intimo concetto, il che scemerebbe forse il numero de’ lettori ; 
e, se si vuole, sotto forma d’un Giornale ecclesiastico di storia, 
d’erudizione e d’arti, combattere per la buona causa, senza farne, 
fin da principio, una professione tanto aperta, quasi che la po- 
lemica ne sia il solo scopo. Con tale mezzo s’inducono a leggere 
anche i non ben pensanti, e la materia, che trovano trattata, li 
conduce a migliori pensieri. Perchè il primo bisogno di chi pre- 
dica e di chi scrive è di trovar uditori e lettori. Tutto questo 
rassegno alla maggior saggezza di V.S.Ch® e M° R° ,. Gli an- 
nuncia d’aver apprestato un articolo sulla poesia di Felice Romani ; 
anzi bramerebbe sapere se esso avrebbe potuto corrispondere al- 
l’indole del faturo Giornale, che non sembra ammettere la let- 
teratura. “ Pellico, di nuovo pregato, risponde ancora non potere 
assolutamente pigliar impegno. Con Cesare Cantù non ho ba- 
stante dimestichezza per fargli istanza sopra di ciò, non avendo 
nemmeno corrispondenza letteraria col medesimo. Ma non le 
mancheranno atleti in questo studio ,. 

Ricevuta poi la lettera del 27 novembre, il Cibrario scri- 
veva nuovamente al Tosti, sotto la data dell’8 dicembre 1843. 
“ V. S. m’interroga intorno al Gioberti; ed io rispondo essere 
il medesimo uno dei più grandi ingegni di cui s’onori l’Italia. 
Aver trovato le sue dottrine, sebbene non tutte sicure, un gran 
numero di seguaci, e non poter che riuscire di sommo vantaggio 
la cooperazione di tant’'uomo, se pure la guerra che fece a 
Rosmini, e il numero dei Rosminiani, e il sospetto che nasce- 
rebbe subito, che Montecassino levasse bandiera per Gioberti, 


gli promettesse il Primato, come dovrebbesi concludere dalle parole del 
Grecorovivs, Rim. Tagebiicher, p. 60. Ma questa non è la sola frase incom- 
pleta, che a questo proposito venga adoperata dal Gregorovius. Non credo 
da lui ritratto in modo preciso il pensiero del Tosti neanche quando scrive 
(p. 61): “ Così il movimento unitario d’Italia cominciò propriamente in 
questo monastero ,. Ed è infatti facile scorgere il motivo per cui il Tosti 
stesso non espresse chiaramente ed integralmente il suo pensiero, parlando 
col Gregorovius. 


126 CARLO CIPOLLA 


e il pericolo che Gioberti trascorra in qualche polemica e la 
difficoltà delle corrispondenze con Bruxelles, non sono, come 
paiono, altrettante ragioni per non dar colore di passione ad 
un Giornale, che debb’essere sopra ogni setta, e lontano da ogni 
contesa ,. 

Il Tosti accettò i consigli, come si vede dalla lettera da Monte 
Cassino, 10 dicembre 1848. “ Le sue osservazioni sulla natura del 
Giornale, che divisiamo fondare, sono savissime. È mestieri escire 
dagli stretti confini della storia e sfuggire ogni tentazione di 
polemica. Perciò è bene che la compilazione abbracci scienze, 
lettere ed arti in rapporto alla Religione. Si celi il nostro santo 
scopo, per aver maggior numero di lettori, e sotto le apparenze 
del Giornale scientifico letterario, e lo splendore de’ nomi che 
lo dovrebbero compilare, amministreremo un ottimo alimento 
religioso agli spiriti. Veda, che io sono perfettamente del suo 
avviso. Anzi per non rendere schivi alcuni col titolo, che ac- 
cenni a Religione, penso che il titolo di Ateneo Italiano sia tale, 
che non possa dispiacere ad alcuno. Ho mandato una lettera al 
Manzoni, pregandolo di volermi concedere solo il suo nome ed 
un solo articolo, che giustifichi la presenza del suo nome. Se 
Ella o il Conte Balbo, potesse aiutare l’opera mia presso il Man- 
zoni, farebbe opera santissima. Potrebbe anche [Ella], o altri 
di sua conoscenza frapporre i suoi ufficii coll’illustre Abate 
Rosmini-Serbati ed il Professore Gazzera, mentre noi ci adope- 
riamo presso il Troya, il Galluppi, il Jannelli, il cav. Avellino, 
ed il Mancino in Sicilia. Fra breve indirizzerò lettera a Vin- 
cenzo (Gioberti in Bruxelles, ed a Mamiani della Rovere. Questi 
sono tutti nomi che ci farebbero raggiungere lo scopo ,. Sarà 
gradito l’articolo promesso dal Cibrario sulla poesia del Romani. 
“ Ho risaputo che il marchese Pelitti piemontese valga molto 
nelle Scienze Morali; crede Ella conveniente chiamarlo a parte 
de’ nostri disegni? , Il Giornale sarà sul tipo degli Annali di 
Filosofia Cristiana e su quello dell’Università Cattolica, periodici 
compilati a Parigi da M" Bonnetty. Ma più ampio sarà il campo 
a percorrersi. “ Saravvi una Rivista di opere italiane e forestiere. 
Severi cogli errori, dolcissimi cogli erra[n]ti, da guadagnarli al 
Vero, piuttosto colla Carità, che colle asprezze, che non portano 
mai buon frutto ,. Annunzia al Cibrario di ‘avere indirizzata 
un’altra lettera al Pellico: “ Quella, spero che trionferà la sua 


ME © 


IL P. LUIGI TOSTI E LE SUE RELAZIONI COL PIEMONTE 127 


modestia. Non rimetta di persuaderlo. Il solo nome ed un arti- 
colo noi bramiamo da lui ,. 

Il Cibrario, sotto forma di lettera ad un amico, aveva scritto 
l'articolo Dell'indole della poesia di Felice Romani, e lo inviò al 
Tosti, con una letterina del “ 14 del 44 ,. Essa principia così: 
“ Eccole l'articolo sul Romani. Desidero che non faccia troppo 
cattiva figura in mezzo agli ottimi che si detteranno costì. Circa 
al Rosmini ed al Gioberti, le ho già detto nelle due precedenti 
mie lettere l'animo mio. Da Pellico non si può aspettar nulla. 
Cesare Balbo dice che farà; rimane che faccia. Io faccio poco, 
dandole quest'articolo. Avviato che sia il giornale, i collabora- 
tori non mancheranno. Dal suo merito, non dal nome degli au- 
tori vuole sperar fortuna.....,; “ adesso si bada più alla sostanza 
che al nome ,. E diceva bene il Cibrario, il quale vedeva chiaro 
che si sciupavano le forze, proprio nel lavoro di chiamare a rac- 
colta gli scrittori. Ma era, d’altra parte, possibile fare altrimenti ? 

L'articolo sul Romani è di carattere estetico; vi si parla 
delle fonti della poesia del Romani, che sono la Religione e la 
Filosofia. Trascrivo qualche passo: “ Poeta è chi pensa e sente 
altamente ed ha poter di trasfondere in altrui con parole vin- 
colate a numero e metro il suo pensare e il suo sentire. Le idee 
del Poeta son fiamme ,. “ Romani non era certo uom da cam- 
biare il cielo puro e stellato della Grecia e d’Italia colle per- 
petue brume di Scozia e di Scandinavia ,. “ Religione e Filosofia 
lampeggiano in quella difficil Canzone in cui Romani salutava 
la nuova legislazione piemontese, insigne benefizio del re Carlo 
Alberto ,. “ Nella Canzone a Genova, in quelle indirizzate al re 
Carlo Alberto si vede come l’amor della Patria faccia battere 
il cuore dell'Autore, come s’accenda alla memoria delle antiche 
glorie italiane, e come alla fatidica mente sorrida il pensiero di 
nuovi trionfi ,. “ E credo e tengo per fermo che all’Italia tut- 
tora appartenga il tipo della vera bellezza, la ragione della ve- 
race armonia ,. 

Il Capecelatro, che aveva visto l’articolo fra i mss. Cassi- 
nesi, lo riteneva inedito. Non lo registra il Manno (1); se ne 
tace nella raccolta delle Poesie del Romani, dovuta alle cure 
del Cibrario (2). 

(1) L’opera della r. Deputaz. di storia patria, Torino 1884, pp. 235 sgg. 
(2) La prima edizione delle Poesie liriche del Romani, fu procurata ap- 


128 CARLO CIPOLLA 


Ma torniamo al Giornale e alle ultime proposte del Tosti. 

Piacquero il titolo e il disegno al Cibrario, che riscrisse al 
Tosti, sotto il giorno 26 maggio 1844. Ritiene che, principiata 
la pubblicazione, i collaboratori verranno. “ Non avrei potuto 
darle le Memorie sugli schioppi, ecc., perchè da me lette all’Ac- 
cademia delle Scienze, e destinate a far parte degli Atti della 
medesima (1). Balbo ha pubblicato un libro intitolato le Spe- 
ranze d'Italia, di cui sentirà a parlare e che forse vedrà. Mi- 
suratissimo libro, ma che pure non piacerà agli stranieri, che 
ingombrano parte della Penisola; ai quali tuttavia rende giu- 
stizia per le molte buone parti che hanno. Non mancherò di 
sollecitarlo perchè mandi gli studii storici promessi. Ma quando 
si comincia a pubblicare ? Ecco ciò che tutti chieggono. Io avrò 
sicuramente altre Memorie da inviare all’ Afeneo, sol che mi 
basti il tempo ,. 

Ma il Tosti indugiava. Solo il 31 maggio 1844 egli chiese 
al Ministero Napoletano della Polizia Generale il permesso di 
stampare l'Ateneo. La risposta, in data del 7 giugno, è di Del 
Carretto, il quale annunziava all'abate di non trovare “ diffi- 
coltà alla stampa dell’opera periodica intitolata Ateneo Italiano, 
che dai Monaci ‘di Monte Cassino si vorrebbe pubblicare ,. Per 
la revisione, i manoscritti si inviino al Ministero scrivente. 

Accalorata nel sentimento che la ispira, ma misuratissima 
nelle parole, è la lettera del Tosti al Pellico (2). Si duole che 
la salute non “ fiorentissima , lo allontani dalle lettere. Poi 
continua: “ Questa fu notizia, che mi toglie ora dall’animo ogni 
speranza di vedere il suo nome tra i collaboratori di quel Gior- 
nale religioso di scienze, lettere ed arti, che divisiamo comporre, 
e del quale il Cibrario Le avrà parlato. Tuttavolta pensando 
come questo Giornale debba essere quasi solenne Confessione di 
Fede di tutti gli uomini chiari dell’Italia, per immegliare i po- 
poli, e glorificare Iddio, non so persuadermi come un Pellico, 
donato dal Signore di sì bella mente, non trovi forze nella vo- 


punto dal Crerarro, Torino 1841. L'ultima, a cura invece della signora Emilia 
Branca, vedova del Romani, uscì a Torino nel 1883. 

(1) Allude alla monografia intitolata Della qualità e dell’uso degli schioppi 
nell’a. 1347 che fu letta all’Accad. delle Scienze il 20 aprile 1843. Vide la 
luce nel vol. VI, pp. 213 sgg. delle Memorie, serie II. 

(2) Dalla minuta, non datata, nella Badia Cassinese. 


e- È E &ety 


IL P. LUIGI TOSTI E LE SUE RELAZIONI COL PIEMONTE 129 


lontà e nell’intelletto da concedere il suo nome ed un solo arti- 
colo a questo Giornale. È questo un bel destro di fare molto 
bene alle anime col solo nome e con brevissima scrittura; pensi 
che forse al Signore dispiacerà questo suo niego; non avendo 
noi innanzi agli occhi che la maggior gloria sua. Adunque, per- 
metta solo che segniamo il suo nome tra quelli dei compilatori, 
e si sforzi, per amor di Dio, a scrivere un solo articolo di libero 
argomento, che giustifichi la presenza del suo nome. Non vo- 
gliamo che contragga obblighi, non vogliamo che si travagli in 
molte cose; ma vogliamo solo tanto quanto basti al nostro di- 
visamento, che è quello di mostrare come gli ingegni più alti 
si abbassino volentieri, e per conforto di ragione, sotto il giogo 
della Fede ,. 

La lettera del Balbo, tuttochè priva di data, è posteriore 
al carteggio fra il Tosti e il Gioberti. Presumibilmente è del 
principio del 1844. Il Balbo conferma la promessa fatta verbal- 
mente al Cibrario, ma fa alcune osservazioni, e alcune riserve. 
“ E prima — egli scrive — Le domando un indugio di alcuni 
mesi. Per ora mi è impossibile ripulire nè quella introduzione 
alla vita di Gregorio VII, di che le parlò Cibrario, nè null’altro. 
Ma, se non sorgano invincibili impedimenti, Ella faccia conto 
che nel corso dell’anno Le offrirò alcuna cosa storica. Io n'ho 
parecchie in abbozzo e sarò onorato di pubblicarle nel suo Gior- 
nale ,. Desidera notizie precise sul Giornale, se sarà unicamente 
storico, se si occuperà di storia universale o di storia italiana 
soltanto. Quindi procede: “ L’Introduzione della Vita di Gregorio 
mi parrebbe inutile dopo il lavoro simile mandatole dal mio 
concittadino e riverito amico, il Gioberti (1). Senza concordar 
in tutto, io concordo con questo più che con nessuno scrittore 
di cose italiane in generale. Io non farei probabilmente se non 
ripetere ciò ch’egli avrebbe detto meglio. Ma io ho, come si 
suol dire, in portafoglio, o meglio in cartoni, un complesso di 
Studi di Storia Italiana, che aspettavo a pubblicare (vivendo?) 
dopo le mie Meditazioni di Storia Universale. Io potrei forse 


(1) Molte varietà del Gioberti furono pubblicate nei due tomi intito- 
lati Pensieri, Torino, 1859-60, ma indarno li percorsi, per trovarvi l’articolo 
preparato per l'Ateneo. Se questo articolo non andò smarrito o distrutto, 
sì può facilmente averlo per inedito. 


Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 9 


130 | CARLO CIPOLLA 


sceglierne alcuni e mandarli a Lei. Ma prima vorrei non man- 
darle roba inutile. Sono generalità, riflessioni più di altro, ciò 
che si suol chiamare (male) filosofia, ed io chiamo più volentieri, 
ragioni della storia. Io serivo per li colti, più che per li dotti, 
secondo la mia poca dottrina. Non sarebb’egli forse sconveniente 
in un Giornale uscito dal quartier generale de’ dottissimi fra i 
dotti, da Montecassino? Io ho inserito alcuni articolucci, e pochi, 
in alcuni giornali. Ma cooperato seriamente, promesso di coope- 
rare, non l’ho fatto mai per nessuno sino a questo. L'autore 
principale, i cooperatori, il luogo, lo scopo evidente da tutto 
ciò; tutto m’innamora, e mi fece promettere ciò che son forse 
meno che mai al caso d’adempiere bene ,. 

Il Tosti narrò poi al Gregorovius che il Governo borbonico, 
messo sull’avviso dal numero delle celebrità, e dalla qualità dei 
collaboratori finì per levare il permesso conceduto. Forse, se il 
consiglio del Cibrario fosse stato accoltò, e si fosse dato comin- 
ciamento al periodico, anche il Del Carretto (1) avrebbe dovuto 
ripetere “ cosa fatta capo ha ,. Ma il consiglio del Cibrario non 
corrispondeva alla natura calda, ma timida, del Tosti. 

Chiudo questo paragrafo con alcune parole del Capece- 
latro (2), che in breve dicono assai : “ Questo del periodico fu 
il primo di quei nobili ardimenti del Tosti, che poi, rinnovan- 
dosi di tempo in tempo in forme diverse, gli furono compagni 
fino alla più tarda età ,. 


(1) G. Der Gruprce, Carlo Troya, vita pubblica, ecc., Napoli, 1899, p. 87, dice 
del ministro Del Carretto che “ anche le sole intenzioni dei patriotti puniva ,; 
peraltro soggiunge poi (p. 89), che salvò alcuni degli scienziati convenuti 
a Napoli per il congresso scientifico del 1845, che il re avrebbe fatto vo- 
lentieri carcerare. Il card. Capecelatro assevera (p. 35) qui esplicitamente: “ Il 
periodico fu impedito dal Del Carretto ,; e prima aveva detto (p. 34) che del- 
l’Ateneo il Tosti aveva, in un discorso, intrattenuto il Congresso di Napoli. 
Colleghiamo i due fatti accennati dal Capecelatro, col cenno ora riferito di 
G. Der Gruprice rispetto al Congresso stesso, alla Corte, a Del Carretto, e 
sì vedrà che questi fatti mutuamente si spiegano. 

(2) Commemorazione, p. 35. 


IL P. LUIGI TOSTI E LE SUE RELAZIONI COL PIEMONTE 131 


III. 


Il Tosti era così entrato in relazione coi dotti Piemontesi. 
Nella seduta del 26 giugno 1845 egli fu nominato socio cor- 


rispondente dell’Accademia delle Scienze, ed egli ringraziò, con 


lettera indirizzata al Gazzera, segretario della Classe Morale (1). 
Nella lettera del Tosti, si leggono alcune frasi, di carattere fra 
il politico e il letterario, in lode del Piemonte. Accennando 
all’onore fattogli, scrive: “ ..... Questo è uno splendido argo- 
mento del come i Piemontesi sono locati dai Cieli alle porte del 
nostro Paese, non solo a propugnacolo della civil quiete, ma 
anche a testimoniare primi agli stranieri, come a questa Italia, 


nella sua veneranda vecchiezza, bastino ancor le forze a durare 


in quel magistero, che un giorno provarono ..... ». Ringrazia- 
menti speciali manda al Cibrario, al San Quintino, al Balbo, 
nonchè al Gazzera stesso. Anche nella lettera particolare al 
Gazzera, si dimostra, dal fondo del cuore, riconoscente ai ricor- 
dati accademici, ai quali sopratutto doveva*la sua nomina. 

In quest’ultima lettera propone all'Accademia un suo “ Ra- 


| gionamento sulla Ragion Morale delle Leghe de’ Principi Cristiani 


bi 


contro i Turchi, curate dai Papi. Questa scrittura doveva andare 
innanzi al I vol. dell'Archivio Cassinese, che ora è sotto i nostri 
torchi, contenente i Commentari della Guerra di Cipro di Bar- 
tolomeo Sereno, testimone oculare de’ fatti che conta ...,, Ma 


i Censori vietarono la stampa del Ragionamento, perchè loro 


19 


. 


È 


non piacquero ... le opinioni che in ‘essa si contengono. Se 


per caso le mie opinioni pgtessero piacere in Piemonte, io man- 


«derei a Lei il mio ms., perchè potesse aver luogo negli Atti 
dell’Accademia ,.Il Tosti gli parla poi dell’opera del Sereno, che 


stette un anno sotto l’esame dei revisori. Promette di mandargli 


LI 
4 
— 


“ alcuni programmi dell'Archivio Cassinese, titolo della raccolta 


(1) Le lettere del Tosti al Gazzerà si conservano nell'Archivio del- 
l'Accademia delle Scienze. —- L’ab. Costanzo Gazzera, nato a Bene il 21 


marzo 1778, fu dapprima cappuccino. Uscì dall'Ordine al momento della 
| soppressione dei conventi. Poscia divenne bibliotecario dell’Università. Morì 
il 5 maggio 1859. Cfr. Assanpria, Memorie storiche della Chiesa di Bene, 


Pinerolo, 1899, p. 128. 


"till 


132 CARLO CIPOLLA 


di manoscritti, che divisiamo pubblicare e di cui è primo vo- 
lume il Sereno ,. 

Di un altro suo progetto gli fa pur cenno, l’indice dell’ Ar- 
chivio Cassinese, in buona parte preparato dai fratelli Federici (1) 
e dal p. Fraja-Frangipane (2). 

Poi fa menzione della biografia di Bonifacio VIII, cui allora 
attendeva. 

L’ultima parte della lettera può venir qui, almeno in parte, 
utilmente riprodotta, sia perchè ci fa conoscere un lavoro al 
quale allora il Gazzera attendeva, sia per le notizie su fonti 
manoscritte, che vi si contengono. 

“ Ella non ha mestieri di essere confortato dalle belle fa- 
tiche in che si è messo di compilare e pubblicare il Catalog 
dei Codici Bobiensi; nè potevan mai lusingarla le mie lodi. In 
argomento del desiderio, che ho di veder presto messo a luce 
questo suo lavoro, eccole adempiuti i suoi comandamenti. Gli 
Aforismi d’Ippocrate contenuti nel nostro codice rispondono, a 
quanto pare, perfettamente a quelli di cui mi scrive, esistenti 
ne’ fogli del ms. Rpbiense. Incomincia il Prologo: Medicina par- 
titur secundum minorem portionem in duas partes, id est theoretica 
et practica. Theoretica, quod intellectu medicos accumbit (sic). Pra- 
ctica enim quae operante manibus medico fit. Theoretica partitur în 
tria: fysiologicam, ethiologicam et synnoticam ... Finisce il Pro- 
logo: medicamina enim aut intus accipiuntur, aut de foris ponuntur. 
Quae intus accipiuntur aut per os aut per meatus decursionem 
facit. Cyrurgia enim secare aut incendere quae superflua sunt in 
corpore. Haec portio medicinae. Incomincia l’ Esposizione degli 
Aforismi. Quia necesse est semper in omnibus codicibus priu 
praedici Capitula, necessario fore didendum, Yppocratis vox hodie,® 


(1) Giambattista e Placido Federici furono due valenti monaci Cassi 
nesi. Del primo si ha a stampa l’opera Degli antichi duchi e consoli ipati 
della città di Gaeta, Napoli, 1791, 4°. — Suo fratello, p. Placido, stampò 
(Roma, 1781: cfr. Tosti, Opere II, 149 e 280) il I vol. di un’opera su Pom- 
posa; il II vol., compiuto da Sebastiano Campitelli, dopo la morte dell’au- 
tore ($ 1785), rimase inedito. 

(2) Il p. Ottavio Fraja-Frangipane morì di 79 anni, il 12 giugno 1848; 
di lui parlò il Tosti, Opere II, 151 sgg., 283 sgg.; XIX, 155 seg. Una bio- 
da ne scrisse il suo confratello p. Carlo de Vera, siccome apprendo dal 

. DeL Grupice, Carlo Trova, vita pubblica, ecc. p. 45. 


Î 
: 


% 
è 


IL P. LUIGI TOSTI E LE SUE RELAZIONI COL PIEMONTE 133 
: Vago 


i ut magna nimis, pater familias meis sermonibus officio ad suae 
 doctrinae epulas adunare festinat, et scientiae mensam praeponens, 
i. copiosas offeret opes, ut quisquis quod desideraverit mente repleatur. 
In presenti igitur libro, initio eius, totius artis breviter capitula 
| disserere magis hoc certius ..... Finisce l’Esposizione: ..... et 
 postmodum ubi ad sanitatem reversus ipsos aforismos addidit quos 
iam superius dixerat, quod in presenti cogniscimus. Explicit Afo- 
rismum cum expositione sua. Lege feliciter (1). Il ms. Bobiense, 
i che contiene la Esposizione della Regola di S. Benedetto, che 


| cono. Del resto, se Ella avesse piacere mandarmi il principio 
e la fine di questa Esposizione o Commento della Regola, quale 
| trovasi nel ms. Bobiense, potrei fare questo confronto, per ser- 
. virla. Ella mi scrive che il ms. Bobiense, contenente l’Esposizione 
della Regola e lo Speculum Monachorum di Bernardo abate Cas- 
| sinese, sia dell’XI secolo. Forse il numero del secolo sarà fallo 
di scrittura, essendo vissuto Bernardo nel secolo XIII, cioè ai 
tempi di Carlo di Angiò. Avendo pubblicato il principio de’ suoi 
. Commenti, eccole la fine dei medesimi: “ ..... et ego cum ipso 
“ affirmo et rogo Deum quod ipse confirmet, ut per hujus Re- 
“ gulae observationem ad culmen pervenientes virtutum, cum 


(1) Nella Biblioteca Nazionale di Torino si conservano due codici degli 
Aforismi di Ippocrate. Uno è del sec. XII-XIII (cfr. Pasini, Catal. I, 290, 
col. d), e l’altro sembra di poco posteriore (ivi, I, 360, col. a). Al primo di 
questi due mss. manca il preambolo Medicina ete., che si trova invece nel 
secondo. Un terzo codice, del sec. XV, in fol., cartaceo, si conserva nella 


sul quale appena si leggono ancora queste poche parole: 


amplissimos de ........ 


Ypocratis. 


Nessuno dei due codici d'Ippocrate posseduti dalla Biblioteca Nazionale 
viene indicato come Bobbiese, nè da G. OrrIno, I codici bobbiesi della Bibliot. 
Nazion. di Torino, Torino 1890, nè da O. Sekpass, Handschriften von Bobbio, 
nel Centralblat fiir Bibliotheleswesen, XII, 57 sgg. 


Pg 


Biblioteca Civica di Torino. Ha la legatura antica, col cartello originario, . 


A 


de. dt | CARLO CIPOLLA 


“ Sanctis suis ad gloriam regni sui perveniamus aeternam. 
“ Amen , (1). 

Discorre poscia delle opere dei Federici, dei doni che egli 
intendeva fare alla biblioteca dell’Università di Torino, ecc. 


I Monaci Cassinesi pubblicarono molti anni dopo il Commento 


attribuito a Paolo Diacono (2), giovandosi di un ms. del sec. X, e 
tenendo conto di due mss. dei sec. XI e XII, della loro Abbazia. 


7 


IV. 


Col Gioberti il Tosti si incontrò a Roma, e del suo colloquio 
diede conto in una lettera al p. D’Orgemont, del 9 gennaio 1848. 

Ragionarono da solo a solo. “ Ci separammo consapevoli 
delle scambievoli convinzioni. Ci urtammo nelle basse regioni 
degli uomini, ci unimmo in quella superiore dello spirito ,. Che i 
discorsi riguardassero le cose politiche, non è dubbio. Su che pre- 
cisamente vertessero, il Tosti non dice, chè si riservava di aprirsi 
a voce col p. D'Orgemont. Da una espressione usata dal Tosti 
scrivendo al medesimo padre, può desumersi che Gioberti mirasse 
già di porre il Piemonte alla testa del movimento italiano, il che 


non trovava facilmente adesione nell'animo del Tosti. Ma le sono 


congetture (3). - 
Carlo Passaglia divenne in qualche modo piemontese, quando 
Cavour gli affidò nell'Università la cattedra di filosofia morale. 


Non pare che il Tosti avesse relazione alcuna col Passaglia. Im . 


una lettera del 1874, diretta a persona non nominata (4), di- 
chiara: “ Non ho mai sottoscritto indirizzi altrui, perchè non 


amo i mezzani. Nella confusione delle mie opinioni m’indirizzo | 


da-fmesti, : Nè dò 1l mio nome che al mio pensiero . .... E il 
giorno in cui dovessi per mia sventura imbrancarmi appresso 
ad un ex-gesuita, dispererei della mia ragione ,. 


(1) Due codici Bobbiesi contengono commenti alla Regola di S. Bene- 
detto. Uno, del sec. X, ha l’Esposizione di Paolo (OrtINO, op. cit.; p. 44). 
Nell’altro, al Commento alla Regola fa seguito lo Speculum Monachorum 
(ivi, p. 17-8). 

(2) Nel IV vol., Spicil.,, della Biblioth. Casin., e separatamente Pauli 
Warnefridi diaconi Cassinensis in Sanctam Regulam Commentarium, Monte- 
cassino, 1880. 

(3) Cfr. CapeceLATRO, p. 39. 

(4) Tosti, Opere postume, pp. 175-76. 


tesa tini doti 


IL P. LUIGI TOSTI E LE SUE RELAZIONI COL PIEMONTE 180 


E, 


Il Tosti negli anni, che seguirono al 1848, si abbandonò 
agli studi e ad essi chiese conforto, ripensando al passato, per 
consolarsi del presente, e chiederne pronostici del futuro. La 
pubblicazione della Lega Lombarda gli aveva causato dispiaceri 
serî, o almeno tali apparivano a, lui. Abbandonò per tempo non 
breve, e Montecassino e il reame Napoletano. Chiuso alla vita 
pubblica, vieppiù aperse l’animo alla vita interiore di storico e 
di pensatore. Fino al 50° anno dell’età sua dura il periodo della 
massima attività scientifica del buono e forte monaco, che nella 
solitudine solenne e profondamente gradita della sua Abbazia, 
idoleggiò continuamente i suoi cari ideali. 

Finalmente il 19 maggio 1854 si ricordò del Cibrario, e 
ricorse a lui perchè impedisse la ristampa della Lega Lombarda, 
che si voleva rimettere in luce abusivamente in Savona. “ Io 
non so — scriveva il Tosti al Cibrario — se Ella si trovi in 
alcuno pubblico ufficio, non sapendo più nulla delle cose del 
mondo. Ma ancor che Ella non possa aiutarmi, per ragione di 
ufficio, non dubito che il suo nome e la stima che gode dentro 
e fuori il reame Piemontese, basterà a darmi un soccorso nelle 
difficili condizioni in cui mi trovo ,. 

Il Cibrario gli rispose così, in data di Torino, 13 giugno 1854: 
“ Ciò che ufizialmente non si poteva, s'è ottenuto per via offi- 
ciosa. La ristampa da Lei temuta non avrà luogo... I muta- 
menti politici hanno molto disturbato i miei studi. Il tempo che 
mi avanzava come magistrato, fu dal 1848 assorbito da molte 
commissioni e da cariche faticose. Senatore del Regno, Commis- 
sario Regio a Venezia, Intendente Generale delle Dogane, Ple- 
nipotenziario per un trattato di commercio, Ministro delle 
Finanze, Ministro dell'Istruzione pubblica, etc.; gli onori, mas- 
sime in questi tempi, non compensano dal perduto consorzio 
delle Muse ,. 

La risposta del Tosti, 14 luglio 1854, è qualche cosa di 
più che un ringraziamento. “ Gli alti uffici, a cui meritamente la 
levarono, non hanno rimutato il suo cuore. Ella è sempre lo 
stesso Cibrario, che io conobbi nel santo consorzio delle lettere 
e pel quale non so dire se sia stata maggiore la stima o l’amore, 


e, 
136. CARLO CIPOLLA 


che gli ho portato e gli porto .... Io sono sempre quel povero 
monaco, in cui Ella si abbattè in questa Badia in altri tempi. 
Nulla di nuovo nella ragione del mio vivere; molto nelle con- 
vinzioni dell'animo, frutto di lunghe e dolorose esperienze ,. 

L’anno successivo il Tosti si rivolse nuovamente al Cibrario. 
Non mi fu possibile rinvenire la sua lettera, e me ne duole, 
poichè non sarebbe stata senza importanza. Ne conosco il con- 
tenuto dalla risposta del Cibrario, che mi fu trasmessa da Monte 
Cassino. Si discuteva in Piemonte la legge sulla soppressione 
delle Corporazioni religiose, che fu poi approvata il 29 maggio 
del 1854 (1). 

Dal 21 aprile — giorno memorabile, perchè fu quello in cui 
mons. Calabiana e l’episcopato piemontese presentarono la loro 
ben nota proposta, per istornare la bufera, ben più politica 
che economica, la quale si scatenò impetuosa contro le pre- 
dette Corporazioni — è datata la lettera del Cibrario. / 

Scriveva dunque, da Torino, il Cibrario al Tosti. “ La legge 
sulle Comunità religiose non passerà in Senato, senza molte modi- 
ficazioni, una delle quali sarà di lasciare in pace quelli che hanno 
fatto professione. Così saranno appagati anche i desideri della 
Congregazione Cassinese. Sono dolentissimo d’intendere i disgusti 
che amareggiarono la di Lei vita. V. S. ch.®2 non li merita 
certamente, e tanto maggior conto ne terrà Chi permette per 
gli alti suoi fini le tribolazioni dei giusti ,. 

Con questa lettera finì la corrispondenza fra il Tosti e il 
Cibrario, tuttochè quest’ultimo vivesse ancora lungamente. Morì 
infatti il 1° ottobre 1870. Era nato il 23 febbraio 1802. Forse 
l’antico accordo perfetto nei pensieri e nei sentimenti non esi- 
steva più. I due personaggi non sentivano forse più il desiderio 
di restare accostati fra loro. Forse le affannose occupazioni di 
entrambi furono di ostacolo al continuare della frequente cor- 
rispondenza. 


(1) V. Bersezio, Il regno di Vittorio Emanuele II, vol. VII, Torino, 1892, 
pp. 304-5, 311-2. 


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7 


04 I È ge MTA 


IL P. LUIGI TOSTI E LE SUE RELAZIONI COI, PIEMONTE 187 


VI 


Il conte Carlo Baudi di Vesme per la sua edizione degli 
Edicta regum Langobardorum, per le sue diligenti e accurate — 
ancorchè non sempre fortunate — ricerche sulla letteratura vol- 
gare di Sardegna, nel periodo delle origini, e per altri lavori, 
ben nutriti di erudizione, va collocato senza alcun dubbio fra i 
maggiori letterati piemontesi del secolo XIX. Nato nel 1809, 
egli morì nel 1877, dopo una lunga e onorata vita, impiegata nel 
culto delle lettere. 

Negli ultimi suoi anni, senza smettere le sue indagini nel 
campo della lingua, attese in modo particolare alla preparazione 
del Codice diplomatico della Sardegna, essendo sua intenzione di 
rifare il lavoro di Pasquale Tola e di proseguirlo (1). 

Con questo intento, ancorchè, egli modestamente diceva, “ non 
conosciuto probabilmente neppure di nome , si rivolse al Tosti, 
con lettera, datata da Torino, 2 dicembre 1870. Gli manda due 
suoi scritti sulla questione delle carte di Arborea, e fra essi le 
Osservazioni intorno alla Relazione sui mss. d’ Arborea pubblicata 
negli Atti della E. Accad. di Berlino, Torino, 1870, pp. Lx1r, 151. 
Egli vi si lagnava che il Tobler avesse detto che nessun documento 
in lingua sarda, si conoscesse per la stampa, anteriore al 1316. 

Il Vesme afferma anzitutto, che documenti più antichi esi- 
stono e sono a stampa. Quindi procede così nella lettera. “ Ma 


. oltre i già pubblicati, molti inediti si conservano ancora nel- 


l'Archivio Cassinese, dei quali il Gattola (Mist. 344) dice: plura 
privilegia in Archivio nostro extant, barbara, quae vix aut ne vix 
quidem intelligi possit, lingua conscripta; e per questa ragione li 
omette. Di tali documenti io abbisogno, non solo per la loro 
utilità in rischiarare la questione anzidetta, ma anche pei molti 


(1) Degli studi fatti dal Vesme per preparare il codice diplomatico 
sardo tace E. Ricorri, Carlo Baudi di Vesme, nelle Curiosità e ricerche di storia 
subalpina, III, 51 sgg., ancorchè dovesse esserne bene informato. Il Ricotti, 
come membro principale della R. Deputazione storica non poteva non igno- 
rare un lavoro che sì andava preparando appunto sotto gli auspicî, e quasi 
direi, per volere di quella Deputazione. Forse egli volle mantenere il si- 
lenzio, sopra un lavoro, che non era stato condotto a porto. 


dx 


1380” CARLO CIPOLLA 


lumi che da essi si spera per istabilire la serie, finora incerta 
e confusa, dei re o giudici Sardi. Essi mi sarebbero inoltre utilis- 
simi anche per la pubblicazione ed illustrazione che intendo fare 
di alcuni finora inediti di quei controversi diplomi d’Arborea ,. 
Chiede notizie sui documenti, sulla loro età, sul loro numero, e 
domanda eziandio quale sarebbe il prezzo della copia, quando 
la Deputazione di Storia Patria l’avesse a. chiedere. 

Tosti rispose (20 dic. 1870): “ Ella sarà servito al più 
presto che mi sarà possibile, intorno alle Carte Sarde esistenti 
in quest’ Archivio. Ne avrà la serie cronologica ed anche la copia 
di quelle che crederà più opportune alla questione col Tobler ,. 

Addì 27 gennaio 1871, il Tosti già dava notizie al Vesme 
delle Carte Sarde trovate sino allora. Altre erano in originale 
ed altre in copia. Fra queste ultime stavano anche quelle inse- 
rite nei Regesti di Pietro diacono, compilati nel secolo XII. 
Esse non potevano quindi spettare al sec. XIV, come riteneva | 
il Tobler. “ Di questi documenti molti erano in volgare. Fatti i 
primi raffronti colle edizioni del Gattola e del Muratori, si trovò 
che questi erano molto difettosi ,. 

In una lettera del 20 maggio 1871, il Tosti comunica nuovi 
dati, e parla particolarmente dei documenti Sardi, che si trovano 
trascritti nei Regesti di Pietro diacono e di Tommaso abate, 
quello del sec. XII, questo del sec. XIII. Si mostra disposto @ 
fare le collezioni colle stampe: “ mandi pure i fogli del Codex 
diplomaticus Sardo del Tola, al margine dei quali saranno no- 
tate le mende, secondo le nostre carte. Ma sia tempo al 
tempo ,. 

Il Vesme rispose solo addì 11 luglio, poichè nel frattempo 
aveva fatto un viaggio in Sardegna. “ Nè per la copiatura — 
egli dice — delle carte inedite, nè molto meno ancora pel colla- 
zionamento delle edite non vi è premura ,. 

Scrivendo al Tosti il 21 novembre successivo, gli dà una bella 
notizia: “ Stanno giungendomi i diplomi Sardo-Pisani; essi pure 
così numerosi ed importanti ,. In vista di questa buona messe 
raccolta, la Deputazione storica affretta la pubblicazione. Quindi 
il Vesme prega il Tosti di voler sollecitare il lavoro così che 
abbia ad essere compìto fra due mesi. Il Tosti promise con 
lettera del 16 aprile. Insiste il Vesme per aver presto le copie 


e le collazioni, anche nella lettera del 12 aprile 1872. Addì 


. & 
(I 
\ 


IL P. LUIGI TOSTI E LE SUE RELAZIONI COL PIEMONTE 139 


8 giugno il Tosti scriveva al Vesme intorno ai documenti tras- 
messigli. “ Spero che il nostro lavoro incontri la sua appro- 
vazione. Certo che i padri Quandel e Capelletti han messo molta 
cura a renderle questo piccolo servizio ,. In data 10 giugno, il 
Vesme mandava i suoi ringraziamenti al Tosti, al Quandel, al 
Capelletti, e soggiungeva: “ Vedo che anche pei diplomi già 
pubblicati la fatica fu improba, stante la colossale negligenza 
dei primi editori ,. 

Il materiale di storia sarda proveniente dagli archivi di 
Montecassino e di Pisa si conserva presso il conte Alessandro 
Vesme, ed è molto ampio. Quanto ai documenti di origine Cassi- 
nese, essi spettano a tre serie: 

1° Carte originali (n. 1-33, oltre a due duplicati); 

2° Estratti dal Regesto di Pietro diacono (n. 84-55); 

3° Estratti dal Regesto I di Tommaso abate (n. 56-59). 
Levando gli atti duplicati, che non sono pochi, i documenti 


‘rimangono 46. I più antichi sono del sec. XI. La preparazione 


fn fatta in questo modo. Il Vesme apprestò alcuni fogli del 
Cod. dipl. del Tola. I monaci collazionarono gli atti Cassinesi 
ivi contenuti, completando il lavoro con un fascicolo separato 
di 40 pp., sul quale trascrissero pure i nuovi documenti da essi 
trovati. Il Vesme poi riscrisse i documenti nuovi trasmessigli, 
sopra alcuni fogli apposti in calce al Tola, o a questo premessi. 
Il Vesme sopravvisse ancora varî anni, essendo morto nel 
marzo 1877. Ma il Codice Sardo rimase arenato. Per quali mo- 
tivi questo sia avvenuto, mi è cosa ignota. Neppure nelle lettere, 
che, negli anni seguenti, scambiaronsi fra il Tosti ed il Vesme, 
sì fa più parola di quel lavoro, che era stato intrapreso, con 
tanto entusiasmo, e poi condotto innanzi con tanta alacrità. 
Nel carteggio precedente, il Tosti aveva una volta (20 di- 
cembre 1870) richiamata l’attenzione del Vesme sul carme volgare 
da lui riprodotto nella edizione del Commento Cassinese alla 
Divina Commedia, e lo avea fatto nel dubbio che non si trattasse 
forse di volgare Sardo. Il Vesme rivolse infatti i suoi studî su 
questo carme, che ora denominasi comunemente il Ritmo Cassinese. 
Preparata la trascriziune, aggiuntavi l’interpunzione, appostavi la 
traduzione letterale, il Vesme mandò al Tosti il suo lavoro, con 
lettera del 10 febbraio 1874. Gli chiese inoltre varie notizie 
rispetto al dialetto, che egli sospettava Cassinese, e riguardo al 


pila de 


a” 
140 ag” CARLO CIPOLLA 
contenuto del Codice su cui fu trascritto, e all’età del mede- 
simo. Il Tosti rispose (17 febbraio) dicendo che il Codice è intito- 
lato: Acta Apostolorum, Epistolae Canonicae, Cantica, Sapientia, ete., 
ed è del sec. XI, anzi del tempo del celebre abate Desiderio. 
Pensava il Tosti che il ritmo fosse in volgare siciliano. 

Usufruendo della collazione fatta dal Tosti sul Codice cas- 
sinese, il Vesme (1) pubblicò il Ritmo sul Propugnatore. Il Vesme 
(25 gennaio 1875) ne scrisse al Tosti, parlandogli anche dei dubbî 
che sull’autenticità del Ritmo, e sull’età del Codice aveva espresso 
pur allora il D'Ancona (2). Gli domanda un facsimile del Codice, 
più ampio di quello apparso nel Dante Cassinese, e lo prega di 
particolareggiate notizie d’indole paleografica. Di nuove curiosità 
chiede di essere appagato, con lettera del 4 febbraio. 

Ora non si dubita più dell’autenticità del carme. Ma, se- 
condo il Novati (3), la sua età non sarebbe così antica, come 
sì credeva. Lo si ritiene adunque della fine del sec. XII o del 
principio del XIII. 


Vil: 


Il Tosti nel 1855 era ricorso al Cibrario per implorare 
meno grave ai suoi confratelli la legge di soppressione delle 
Corporazioni Religiose. Più tardi venne la volta di Montecas- 
sino, e a salvare ciò che era salvabile, nella procella, egli im- 
piegò tutte le forze del suo ingegno eletto e del suo nobile 
cuore. Pubblicò, sotto il titolo: S. Benedetto al Parlamento, alcune 
pagine, dignitose, ma calme. Sollecitò il soccorso dei suoi amici 
d'Inghilterra. Il Governo prese un mezzo termine, salvò alcun 
che dell’antica istituzione, e mantenne almeno l'Abbazia, sotto 
la veste di “ Monumento nazionale ,. Ma il Tosti reputò che 
uno dei mezzi migliori per difendere il suo Montecassino fosse 
quello di renderlo venerato, come centro di studi, e di mante- 


(1) La lingua italiana e il volgare toscano, in Propugnatore, VII, 2, 
pp. 3 sgg.: Bologna, 1874. Il testo del Ritmo sta a pp. 40-43. 

(2) Lettera a Francesco Zambrini, Propugnatore, VIII, 2, 394 sgg. 

(3) Il Ritmo Cassinese e le sue interpretazioni, negli Studî critici e lette- 
rari del Novati stesso, Torino, Loescher, 1889. La prima edizione uscì tre 
anni prima nella Miscellanea filologica Caix-Canello, Firenze, 1886, pp. 375-91. 


Agrate aree 


IL P. LUIGI TOSTI E LE SUF RELAZIONI COI PIEMONIE —14l 


nerne intatta la fama. Aveva pensato di fondarvi un Istituto 
storico (1). 

A questi disegni si riferiscono anche alcuni pensieri messi 
testè innanzi da Paolo Kehr(2), dell’Università di Gottinga, il 
quale, nel dare notizia dei diversi fondi che dai paesi situati al 
piano vennero trasportati in sicuro ricettacolo sull’alto del colle, 
esce in questa domanda: “ E chi non approva che da tutte le 
parti d’Italia materiali storici vengano depositati in questa sicura 
religiosa custodia dei dotti Padri Benedettini di Montecassino? , 
Troverassi un pensiero non identico certo, ma in qualche modo 
analogo, in una lettera, 26 giugno 1874, del Tosti, che citerò 
di qui a poco. 

Già si è detto che il Tosti bramava di rinnovare l’indice 
dell'Archivio Cassinese. Pensò adesso alla biblioteca, e promosse 
la composizione del catalogo illustrato dei codici, collo Spici- 
legio delle migliori cose inedite. Così per altra via egli faceva 
ritorno all'Archivio Cassinese, intorno al quale si era affaticato 
nei giorni della sua giovinezza. I monaci Cassinesi seppero fare 
onore alla loro Badia, e nomi illustri questa ci può presentare 
negli anni di cui parliamo. La storia della miniatura Cassinese, 
del p. Piscitelli-Taeggi, la Paleografia artistica, la Bibliotheca 
Cassinensis sono opere monumentali. 

Nel 1873, presidente dell’Accademia di Torino essendo il 
conte Federico Sclopis, venne il Tosti nominato Socio Nazionale non 
Residente. Il Tosti ringraziò, scrivendo da Montecassino, 18 agosto 
1873. La lettera è indirizzata allo Sclopis e contiene anche un 
ricordo personale: “I pochi momenti passati ragionando con 
Lei in casa del comune amico conte Casati in Firenze mi rive- 
larono più chiaramente quello che io già sapeva per fama della 
sua mente e del suo cuore. Quanto mi tenni fortunato di quel 
colloquio! , Il Tosti inviò allo Sclopis, in attestato di ricono- 
scenza, i “ Prolegomeni , alla Bibliotheca Cassinensis. 

La risposta dello Sclopis, 27 agosto, parla dei “ troppo 
brevi colloqui , avuti col Tosti in Firenze, in casa del Casati, 
ma nulla dicono sugli argomenti che n’erano stati oggetto. 


(1) CapecELATRO, p. 63. 
(2) Le bolle pontificie anteriori al 1198 che si conservano mell’Arch. di 
Montecassino, Roma, 1899, p. 10 (estr. del vol. II della Miscellanea Cassinese). 


ui 


sò 


142.g n CARLO CIPOLLA 

Le due circostanze che ora rilevai, cioè le relazioni ami- 
chevoli collo Sclopis, e il dono dei “ Prolegomeni , (1), mi aprono 
la via a dire di una delle imprese cui il Tosti si diede corag- 
giosamente negli anni della ancor verde vecchiaia. 

Sotto la data del 17 febbraio 1874, il Tosti scriveva allo 
Sclopis, chiedendogli se la Bibliotheca avrebbe potuto trovare 
associati in Piemonte. “ Non oso pregarla, ma solo interrogarla. 
Potremmo sperare che almeno un esemplare sia acquistato della 
nostra “ Biblioteca , dai Municipii, dalle Provincie e dalle prin- 
cipali biblioteche del Piemonte? ,. 

Difatti allo Sclopis riuscì di far smerciare due esemplari 
della Bibliotheca (2) che furono acquistati, uno dall'Accademia 
delle Scienze, e l’altro dal Municipio di Torino. Da una lettera 
del Tosti allo Sclopis, in data del 26 giugno 1874, trascrivo: 
“ Non le sembrerebbe opportuno centralizzare in Montecassino . 
la edizione di quanto si pubblica dalle peculiari Deputazioni di 
Storia Patria? Non sarebbe più razionale e più decente questa 
unificazione storica della nostra Italia? Senza che ciascuna Pro- 
vincia perda la sua personalità nelle ricerche e nel frutto delle 
medesime, la edizione Benedettina renderebbe presso ail dotti 
stranieri più reverenda e più autorevole l’opera collettiva delle 
varie Deputazioni e ciò che oggi vien fuori diviso ed inosser- 
vato, avrebbe corpo ed anima nazionale. È° un mio pensiero 
poetico, come tanti altri. Ma se per caso vi fosse dentro qualche 
cosa di vero, certo che nissuno potrebbe tirarlo in atto meglio 


(1) Il testo latino di questi “ Prolegomeni , fu riprodotto nelle Opere, II, 
47 sgg. Segue la versione, II, 159 sgg., con qualche variante, specialmente 
verso la fine. Il Tosti si lagna della legge di soppressione, che tolse ai monaci 
e possessi e personalità giuridica, lasciando loro soltanto la custodia della 
badia. Le seguenti parole mostrano il rapporto che nella mente del Tosti la 
pubblicazione della Bibliotheca aveva colla condizione fatta all’ Abbazia. 
“ La legge della soppressione ha restituito alla terra, ossia al fisco, ciò che 
aveva di terreno la nostra Badia, ma lo spirito non si confisca... Immuni 
da rancori verso la patria, di cui son figli, e rincacciati dentro i cancelli 
della storia, essi tendono le mani alla posterità, consegnando a lei i vo- 
lumi della Biblioteca Cassinese, come un rendiconto di tredici secoli di ope- 
rosità e di scienza ,. 

(2) Bibliotheca Cassinensis seu Codicum Manuscriptorum qui in Tabulario 
Cassinensi asservantur ece., Montis Cassini, t. I, 1893, pp. CIX, 398, 292, 
con tav. 21. 


PE 


IL P. LUIGI TOSTI E LE SUE RELAZIONI COL PIEMONTE . 143 


di Lei, che ha senno ed autorità di giudizio ,. Pare che lo 
Sclopis avesse inteso inesattamente il pensiero del Tosti, il quale 
in fatti gli risponde così: “..... Vengo o meglio torno al mio 
divisamento intorno alla pubblicazione storica che curano le 
varie Deputazioni di Storia Patria in Italia. Malamente espressi 
il mio pensiero. Noi siamo in perfetto accordo. Condanno anch'io 
i violenti concentramenti di ordini, di amministrazioni, ecc., ecc., 
e sopra tutto il concentrare in un luogo le antiche scritture, i 
monumenti di antichità e belle arti. Questi sono irragionevoli 
e pericolosi ad un tempo. Non discorro del perchè di questa 
mia sentenza, perchè Ella potrebbe ammaestrarmene. Perciò sia 
persuasa, che io propugnando l’adunare in Montecassino la pub- 
blicazione di tutto ciò che raccoglie e cura ciascuna Deputazione 
di Storia Patria, non intendeva traslocare dai vari Archivi le 
antiche scritture e concentrarle in questo Archivio Cassinese; 
ma bensì unificarne la pubblicazione per unità di cure e di libro. 
I documenti rimarrebbero nelle sedi native; ciascuna Deputazione 
farebbe da sè; ma il fatto sarebbe unificato qui..... da 

Il carteggio fra il Tosti e lo Sclopis comprende anche queste 
due altre lettere, di cui riassumo qui il contenuto. 

Il 16 agosto 1874, lo Sclopis scriveva al Tosti: “ Ho il 
discorso da Lei pronunziato per l'inaugurazione del Museo Cam- 
pano (1) e fui compreso da meraviglia, scorgendo i diversi e 
nuovi orizzonti, che ivi scoprivansi. Aggiungo pertanto a’ miei 
ringraziamenti, i più distinti complimenti che Le sono dovuti. 
Piacquemi infinitamente il vedere da Lei citati con schietta lode 
1 cardinali Contarini, Morone, Cortese e Polo; quanto sarebbe 
utile alla Chiesa ed alla civile società, che avessimo un buon 
numero di porporati simili a loro. Ma quanta distanza or ci se- 
para! Da questo tratto del suo discorso prendo argomento di 
offrirle un breve studio storico che io stampai sul cardinale Mo- 
rone (2). Siccome esso è scritto in francese e pubblicato negli 


(1) Nel t. 228 della Miscellanea Sclopis, oggi conservata all'Accademia 
delle Scienze di Torino, si trova il discorso dal Tosti pronunciato Per la 
inaugurazione del Museo Campano nel giorno 31 maggio 1874, Napoli, De 
Angeli, 1874. 

(2) Allude al volumetto Le Cardinal Morone, étude historique, Paris, 
Lauriel, 1869, pp. vini, 95 (estr. dai vol. XC [1869] e XCI [1870] delle 
Séfances et travaua de l’Acad. des sciences morales et politiques). 


Pe .. 


Mg pe” ill IL P. LUIGI TOSTI E LE SUE RELAZIONI, ECC. 


Atti dell'Istituto di Francia, appena io credo sia conosciuto in 
Italia. Inviandolo a Lei, io lo raccomando alla Sua particolare 
indulgenza ... ,. : 

In una lettera senza data, ma certo del 1874, il Tosti an- 
i nunciò, con vivo gaudio, allo Sclopis, di avere pur allora sco- 

perta “ una epistola teologica di fra’ Tommaso di Aquino all'abate 
: di Montecassino Bernardo I, sopra un passo di S. Gregorio toc- 
cante il mistero della prescienza di Dio e proprio della prescienza 

della morte degli uomini ,. Gli pareva che la lettera fosse auto- 
grafa, ma non voleva che si diffondesse la notizia della scoperta, 
prima che il “ sac. Uccelli, che della scrittura di S. Tommaso 
è peritissimo giudice ,, avesse pronunciata la sentenza definitiva. 

Pietro Antonio Uccelli, vista la fotografia, dichiarò l’epistola 
di mano di S. Tommaso, e il Tosti la illustrò e pubblicò (1). 

Chiudo la serie dei documenti, sulle relazioni fra il Tosti e 
la regione Piemontese, con una letterina, che, in data di Montecas- 
sino, 22 luglio 1877, l'illustre Cassinese indirizzò al dr. Raffaele 
Tarella, direttore della Biblioteca Municipale di Novara, per rin- . 
graziare del “ prezioso dono che la Biblioteca Civica di Novara ha 
fatto a questa Cassinese ,, cioè per “ lo splendido volume inti- 
tolato: Di Pietro Apollonio Collazio, ecc. , (2). 

Col Piemonte e coi dotti Piemontesi, almeno per quanto i 
documenti raccolti mi fanno credere, il Tosti non ebbe relazioni 
salde, continuate, e tali sopratutto che sulla vita di lui, o sui 
casi, sia politici, sia letterari, della nazione, abbiano lasciato 
qualche durevole e profonda traccia. Ma egli ebbe in considera- 
zione quelli che in Piemonte levavano maggior nome di sè nelle 
lettere, e quando si trattò di legare in un'alleanza scientifico-reli- 
giosa i dotti d’Italia, mentre per tutta la Penisola cominciava ad 
agitarsi uno spirito di vita nuova, il Tosti molto sperò dal Pie- 


(1) Veggasi fra le Opere (II, 17 sgg.) del Tosti, l'articolo intitolato: 
S. Thomae Aquinatis epistola ad Bernardum abbatem Cassinensem. 

(2) La lettera si conserva a Novara nella Collezione dell’avv. comm. 
Gaudenzio Caire. N’ebbi copia per gentile intromissione dell’ab. comm. 
G. B. Adriani. L’opera, cui qui si allude, intitolasi: Di Premro ApPortonio 
CoLruzio antico poeta novarese il libro fin qui inedito delle Epistole a Pio II 
per la crociata contro i Turchi, colla versione in terza rima italiana di CarLo — 
Marra Nay, aggiuntavi una prefazione latina di Srerano Grosso e un discorso 
proemiale di Carco Neeroni, Novara, tip. Miglio, 1877. 


ARISTIDE MARRE — MADAGASCAR ET LES PHILIPPINES 145 


monte. Anche più tardi, anche quando l’indirizzo delle cose appa- 
riva mutato, e l'ideale di un armonico accordo fra la Chiesa e la 
nuova Italia pareva ogni dì più contraddetto dai fatti, il Tosti non 
allontanò mai lo sguardo benevolo e affettfioso dal Piemonte. E 
i dotti Piemontesi onorarono sempre l’illustre Cassinese, nella sua 
dottrina, nella lealtà del suo animo, nella elevatezza serena del 
suo pensiero, nella bontà del suo cuore. La nostra Accademia, 
‘chiamandolo nel proprio seno, a Lui concesse non minor onore 
di quello, che, ciò facendo, procurasse a sè medesima. 


Madagascar et les Philippines. 


Vocabulaire comparatif des principales racines malayo-polynésiennes, 
communes à la langue malgache et à la lanque tagalog. 
Nota del Socio corrispondente ARISTIDE MARRE. 


L’illustre Cuvier a signalé les Philippines comme le pays 
le plus propre à l’étude comparative des races humaines. On y 
rencontre, en effet, une grande variété de types, parmi lesquels 
les deux types prédominants sont les Aetas ou Negritos, les plus 
anciens possesseurs du sol, et les Malais. Ce sont ces derniers 
qui forment la majorité de la population actuelle. Selon toutes 
probabilités, les premiers Malais immigrants vinrent des îles de 
Bornéo, Java, Célèbes et Sumatra; ils apportèrent avec eux une 
langue dont on retrouve des traces dans les divers idiomes ré- 
pandus è travers le Monde Océanien, suivant la remarque faite 
pour la première fois par le capitaine Cook, le grand explorateur 
anglais. 
o Le nom de Philippine fut donné d’abord è l’île de Leyte, 
«par l’Espagnol Lopez de Villalobos, en l’année 1543, puis il 
«s'étendit à l'ensemble des îles composant l’archipel. A cette 
époque les Malais de Bornéo et de Célèbes entretenaient un 
grand commerce avec les Tagals; ils leur apportaient des toiles, 
‘des étoffes, des armes et autres objets, et recevaient en échange 
principalement de l’or et des esclaves. 

Pendant plus de trois siècles de domination, les Espagnols 
ont fait des efforts demeurés infructueux, pour substituer leur 

Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 10 


146 ’ ARISTIDE MARRE 


langue àè celle des naturels qui est fonciòrement la méme dans 
toutes les îles de l’archipel, chez les Tagals, les Bisayas, les 
Ilocos, les Pampangos, etc. Fray Sebastian de Totanes a dit, il 
y a plus de cent ans: “ El que se impusiere bien en el tagalog 
podra correr per todo el reino, con el seguro de que en cualquiera 
parte hallara con quien entenderse ,. 
Le méme phénomène philologique s’est produit à Mada- 
gascar; dans toute l’étendue de la grande île, la langue est une, 
abstraction faite de légères variantes dans les diverses tribus: _ 
Hova, Sakalava, Betsiléo, Betsimisaraka, etc. 

Le directeur du Collège royal de l’Escurial, Francisco Valdès, 
qui a vécu aux Philippines dix-huit ou vingt ans, disait en 1891: 
“ L’idiome espagnol ne pourra étre substitué avantageusement 
au tagalog, tant que l’éducation sociale de ce peuple n’aura pas 
éprouvé de profondes et radicales transformations ,. Et il ajoutait: 
“ Nous avons la ferme conviction que jamais l’espagnol ne sera 
l’idiome vulgaire des Philippines_, (n° du 20 janvier 1891, 
vol. XXIV, pag. 95, de la Ciudad de Dios). 

La France n’arrivera pas non plus à substituer sa langue 
à celle des Malgaches; aussi devrait-elle s’appliquer non tant à 
enseigner le francais aux Malgaches, qu’à enseigner le malgache 
à tous les Francais venus à Madagascar ou se proposant d’y 
venir (1). Mais quittons ces considérations générales et rentrons 
dans notre sujet: la liste comparative des prineipales racines 
malayo-polynésiennes, communes au malgache et au tagalog. 
Tout d’abord nous ferons observer qu’à Tananarive comme è 
Manille, les règles de l’orthographe et de la grammaire ont été 
rédigées par des religieux et des missionnaires qui ne connais- 
saient ni le malais, ni le javanais, ni aucune des autres langues 
de la grande famille malayo-polynésienne. De là est résulté 
forcément l’emploi d'une orthographe souvent défectueuse dans 
la transcription des mots indigènes en caractères latins. Tàchons 
d’indiquer sommairement la réforme facile qu'il convient d’y 


(1) La prospérité des Indes Néerlandaises est due en grande partie è 
ce que le gouvernement des Pays-Bas encourage de toutes ses forces l’étude 
du malais, du javanais et des autres idiomes parlés en Malaisie, et è ce | 
qu’il est puissamment aidé dans cette ceuvre par l’Institut royal de la Haye 
et par la Société des Sciences et des Arts de Batavia. 


Ss 


& 


* 
MADAGASCAR ET LES PHILIPPINES 147 


appliquer, afin de rendre plus évidente l’identification des mots- 
racines du malgache et du tagalog, qui se correspondent dans 
notre petit Vocabulaire. 


OBSERVATIONS PRELIMINAIRES 


Les mots-racines, en malgache comme en tagalog, sont le 
plus souvent dissyllabiques; mais dans ces deux langues comme 
dans toutes celles dites agglutinantes, on se trouve souvent en 
présence de mots dérivés offrant un nombre plus ou moins con- 
sidérable de syllabes. Cela est dù è l’adjonction de particules 
affixes qui, en grossissant le mot-racine, le défigurent au point 
de le rendre méconnaissable è première vue. Ce n’est qu’après 
avoir dépouillé les mots-dérivés de ces affixes (préfixes, inter- 
fixes et suffixes), qu'on découvre les mots-racines qui leur ont 
donné naissance. 

Ces préfixes, interfixes et suffixes jouent un ròle capital 
dans l’étude des langues malayo-polynésiennes, mais c’est dans 
la grammaire qu'il faut les étudier. 

Il suffira de dire ici que ce sont ces particules qui font 
passer les mots-racines è l’état soit de noms-substantifs, soit 
d’adjectifs, soit d’adverbes, soit de verbes passifs, actifs, neutres, 
causatifs, réfléchis ou réciproques, etc. 

1° Toute syllabe écrite en malgache se termine par une 
voyelle; le plus souvent c'est la voyelle a des syllabes finales 
ki, nà, trà, dites syllabes muettes paryles grammairiens mal- 
gaches. Il n’en est point de méme en tagalog, où l’on rencontre 
très souvent des syllabes fermées, et des mots finissant par une 
consonne &, g, k, n, ng, s, p, d, l,, comme en malais et en javanais. 
De ce simple fait découle nécessairement comme conséquence, 
une certaine différence d’orthographe entre les mots-racines du 
tagalog et du malgache, bien qu’étant de méme provenance; 

2° c et q doivent étre remplacés par £, en tagalog comme 
en malgache, ainsi d’ailleurs que dans tous les autres idiomes 
malayo-polynésiens; 

3° La consonne f n’existe point en tagalog, elle y est 
remplacée par p. Il en est de méme en malais, où f ne se ren- 
contre que dans un très petit nombre de mots, de provenance 
arabe; 4 


"4 


148 ARISTIDE MARRE 
ue” 
4° La consonne v n’existe point en tagalog, et se trouve 


toujours remplacée par bd; 

5° Les trois consonnes j, x, 2 sont inconnues des Tagals; 
ils les remplacent par la sifflante s, qui ne prend jamais le son 
adouci de notre @; 

6° La consonne g est toujours dure, en malgache comme , 
en tagalog, aussi bien devant les voyelles e et è que devant les 
voyelles a et 0; 

7° En tagalog, r est suppléé le plus souvent par ? ou 
par d. On ne le rencontre pas au commencement, mais seuleme 
dans le corps ou è la fin d’un mot. Quand le d est placé entre 
deux voyelles, il se prononce comme r; 

8° La langue tagalog, comme le malais, le javanais et 
les autres langues malayo-polynésiennes, possède une nasale des 
gutturales, que n’ont point nos langues européennes: c'est le ng94a, 
qui combine les deux articulations réunies du na et du ga, cu de 
notre n et de notre y dur. Cette consonne complexe existe en 
malgache, mais le dialecte hova n’en tient pas compte, bien que 
dans le dictionnaire malgache-frangais publié en l’île Bourbon, 
en l'année 1853, par les Missionnaires, on trouve ce nga figuré 
ainsi: » pour le différencier de %; 

9° La gutturale %, en tagalog, remplace généralement 
l’aspirée 4, initiale d’un grand nombre de mots-racines mal- 
gaches; 

10° En tagalog, deux consonnes écrites è la suite l’une 
de l’autre, doivent étre prononcées séparément. Il en est de méme 
des voyelles, elles ne sauraient former diphtongues; 

11° Si l’on ne rencontre aucun mot malgache finissant 
par la voyelle i, cela provient d’une certaine règle d’orthographe, 
imaginée par les Missionnaires et qui peut étre formulée ainsi: 
“ Le son vocal è doit toujours s’écrire y è la fin des mots. Ex.: 
maty pour mati, vidy, vily, pour vidi, vili, etc. ; 

12° Notre son vocal francais ov est toujours représenté 
par la lettre « en tagalog, et par la iettre 0 en malgache. 

Ces observations préliminaires une fois admises, il deviendra 

facile de reconnaître que les dissemblances entre les mots-racines 
du malgache, et les mots-racines correspondants du tagalog, 
sont plus apparentes que réelles, et que si elles frappent au 
premier abord, elles ne tardent pas à s’atténuer et è disparaiître 
après un examen attentif. 


Aisselle 
Barbe 
Bouche 
Cils 

Coude 
Cuisse 
Dents 
Dents canines 
Dents molaires 
Derrière 
Excréments 
Fiel, bile 
Foie 
Jambe 
Langue 
Main 

Nez 
_Nuque 

(Fil, yeux 
_ Ongles 
i Oreilles 


Paume de la main 


. Paupière 

i Poil 

_ Pus 
Salive 
Tempes 

Téte 

Veines: 


Male 
Femelle 


MADAGASCAR ET LES PHILIPPINES 


TI. CORPS DE L’HOMME. 


en malgache: 


Helika, Sakelikà 
Vaokd 
Vava 


Volo maso (poil des yeux) 
Kiho 


Fe 


Nify 
Vangy 


Vazanà 
Vody 
Tay 
Afero 
Aty 
Vity 
Lela 
Tananà 


Oronà 

Hatokà 

Maso 

Hòho 

Tadiny 

Felakù 

Voòvo-maso (toît'des yeux) 
Volo 

Nanà é 
Ròra 

Fihirifanà 

Loha 

Ozatrà 


Lahy, lalahy 


Vavy 


“ 


we 149 


en tagalog: 
Kili-kili 
Buhok(poil dela téte) 
Bibig 
Pilik mata 
Stko 
Paa 
Ngipin 
Pangil 
Bagang 
Uli 
Tai. 
Apdo 
Atay 
Binti 
Dila 
Tangan 
Hong 
Batok 
Mata 
Kòdko 
Tainga 
Palad 
Bobong mata 
Bulo 
Nana 
Lura 
Pilipisan 
Ulo 
Ògat 


Lalaky 
Bayé, Babayi. 


150 


Caîman 

Chame 

Chat domestique 
Corbeau 
Crevette 
Lézard 
Moustique 
Requin 
Sangsue 
Sauterelle 
Tortue de mer 
Ver 


Bec d’oiseau 
Écaille de tortue 


Arbre (en général) 


Cocotier 
Concombre 


Feuille (en général) 
Graine (en général) 


Igname 

Lis (espèce de) 
Mangue 
Mousse 
Papayer 


Racines (en général) 


Riz 


Semis (en général) 


Sésame 
Trone d’arbre 


Charbon de bois 
Copeau 


ARISTIDE MARRE 


II. Noms D’ANIMAUX. 


en malgache: 
Voay 

Hima 

Piso 

Goakà 
Oranga 
Tsatsakd 
Mokà, 

Akio 

Dinta, Linta 
Valdla 
Fano 
Olitrà 


Totokà 
Hara 


III. Noms DE VÉGETAUX. 


Hazo 
Nihio 
Tsimondry 
Ravinà 
Vihy 
Ovy 
Vakoand 
Manga 
Lomotrà 
Papaye 
Vahatrà 
Vary 
T'sabo 
Lenjo 
Vatanà 


Arinà 
Tataly 


en tagalog : 
Buaya 
Kima 
Pusa 
Qwak 
Olang 
Sasak 
Lamok 
Iho 
Linta 
Balang 
Pagong 
Olay 


Toktok 
Kala. 


Kahoi 
Niyog 
Katimon 
Dahon 
Binhi 
Òbi 
Bakong 
Manga 
Lomot 
Papaya 
Ogat 
Palay 
Sabong 
Linga 
Batang 
Oling 
Tatal. 


MADAGASCAR ET LES PHILIPPINES 151 


IV. NATURE ET PHÉNOMÈNES NATURELS. 


en malgache: en tagalog: 
Année Taond Taon 
Baie Lovokà Look 
Ciel Langitrà Langit 
Détroit Salakd Salat 
Eau Rano Danao (amas d’eau) 
Eclair Helatrà Kirlat 
Écume Bory, Vory Bola 
Feu Afo Apoi 
Jour Andro Arao 
Lune, mois Voland Buan, Bulan 
Mer (haute) Alaotrà Laot 
Montagne Vohitrà Bokid 
Pluie Oranà Olan 
Soleil Maso-andro Mata-arao 
Tonnerre (grondement du) Kotroké, Korokà Kolog 
Vagues Alonà Alon 
Vent Aninà Hangin. 


V. Noms D’'INSTRUMENTS ET D’OBJETS USUELS. 


 Béche Hady, Haly Kali 
Bracelet Tsintsanà Singsing 
Claie Falafa Palapag 
Corbeille, panier Bakoly Bakay, Bakol 
Corde Tady, Taly Talikol (cable) 
Couteau Kiso, Meso Pisaw 
Crochet Havitrà Kaît, Kalawit 
Cuillère Sotro Soro 
Étai, cale Halanà Halang, Karang 
Fourreau Sarond Salong 
Gong Gonga Agong 


Hache Fanapaka Pangapas 


Psi 


152. 


en malgache: en tagalog: 

Lime Kikitrà Kikil 
Mortier à riz Leonga Losong 
Mur, cloison Rindrinà Dinding 
Nasse Vovo Bobo 
Papier Taratasy Kalatas 
Pierre Vato Bato 
Paquet Vongo Tongkos 
Pilon è riz Akale, Halo Halo 
Pique Tombokà Tombok 
Planche Fafand Papan 
Pont Tetezanà Taytayan 
Pot Vilangy Balanga 
Radeau Zahitrà Dahit 
Rouleau Holongand Golong 
Seau Dima Timba 
Tasse, bol Finga Pinggan 
Toît Vòvonà Bobong 
Trépied de foyer Toko Tongko 
Tresses de rotin Rarinà Dalin 
Véetement, étoffe Lamba Lambon 
Voile de navire Lay Layag. 

. V. AUTRES NOMS-SUBSTANTIFS USUELS. 
Boue Fotakà Putik 
Brasse Refy Dipd 
Cendre Avo Abo 
Chemin Lalanà Daàn 
Coin, encoignure Zoro Sulok 
Commencement Amponà Pono, Puno 
Coup. de pied Tsipakd Sipà 
Enfant Zanakà Anak 
Fin Tapitrà Tapus 
Gale Haty Galis 


ARISTIDE MARRE. 


MADAGASCAR ET LES PHILIPPINESO © 153 


en malgache: en tagalog: 

Hommage, adoration Samba-samba Simba (*) 
Jumeaux Kambanà Kambal 
Mère Ineny, Ima Ina, Ima 

VI. ADJECTIFS QUALIFICATIFS. 
Agile Malaky Maliksy 
Aigre, acide Hasinà Asim 
Amer Faitrà Paùt 
Blanc Fotsy, foty Poti 
Cendré (gris) Mavo Abo 


Doux au goùt Mamy Tamis, matamis 
Gras Matavy Mataba 
Marché (à bon) Mora Mora 
Mince Tify Nipis 

Mou Lemy Lemy 
Noir Inty, intinà Itim 

Neuf, nouveau Vao Bago 
Pesant Vesatrà Bigat 
Plein Feno Pono 

Salé Masinà Asin 

Sùr, certain Tò Tantò, totò 
Timide, craintif Ma-tahotrà Ma-takot-in 
Tortu, bancal Bingo Pingkaw 
Total Ziaby, aby Kabéh 
Vermoulu Vovokà Bukbuk 
Vert, verte Itso Hilaw. 


(1) La racine sembal qui, dans les langues malaise et javanaise, s’est 


conservée avec le sens d'hommage aux divinités et aux souverains, n’a laissé 
d’autres traces en malgache que le nom de samba-samba qu@on donne aux 
prémices d'un champ de riz offertes è Dieu; c'est encore le terme de béné- 
diction que l'on prononce à la fète du premier jour de l’an, au moment où 
l'on donne aux parents et aux amis les étrennes de bonne année. Dans le 
tagalog cette mème racine existe, mais elle y a pris un sens tout spécial 
et exclusivement catholique. Le vocabulaire du Dominicain F.°° de S. Josef, 
imprimé à Manille, en 1832, traduit la racine Simba par ces mots: * Yr 
a Misa ,. 


154 ti ARISTIDE MARRE 


VII. VERBES-RACINES. 


en malgache: en tagalog: 
Abriter Lindonà Lindong 
Accroître ‘ Tombo Tubo 
Acheter Vidy, vily Bili 
Aiguiser Asa Hasa 
Aimer Asy; Sinta Kasî, Suminta 
Amarrer Tady Tali 
Assaillir Tampokd Tampol 
Assembler Fompond Ipon 
Baigner (se) Mandro Mambò 
Barrer, obstruer Sakand Sadhan 
Boire Inonà Inom 
Brùler Oro, doro Dolok \ 
Charger Sara Dala, sala 
Chatouiller Hilik, ilikà Kili-kiti 
Choisir Fidy, fily Pili 
Coller Rekitrà Dikit 
Connaître Maha. lala Ki-lala 
Couvrir entièrement Safotrà Sdpot 
Craindre, avoir peur Tahotrà Takot 
Danser Tsindjakd Hindak 
Disparaître Lany Langi 
Disperser Raratrà Valat 
Dormir Toro Tolog 
Échapper (s°) Lefa Lipas 
Écrire Sbratrà Sulat 
Emplir Feno Puno 
Endurer Tohand Taan 
Enfermer Korongo Kolong 
Entortiller Lilitrà Lalik 
Éprouver Tsapa Sopa 
Espérer, attendre Antenà Hintay 
Ètre Ary Ay È 
Faire Voatrà Bohat : 


MADAGASCAR ET LES PHILIPPINES 


Fendre n 
Fondre 
Frapper 
Glousser 
Graver 

Hacher 

— Ineliner 
Interroger, questionner 
Jouer 

Jurer 

Laver 

Lécher 

Lever 

Louer, affermer 
Marcher 

. Marquer, indiquer 
Mesurer 
Monter 
Montrer du doigt 
Mordre 

Mourir 

Nager 
Naviguer 
Nommer 

Oter 

Ouvrir 

Passer 

Peler 

— Pendre 

Peter ‘’ 
Piler 

Pleurer 
Pleuvoir 
Plisser 

Pousser 


en malgache: 


Tatakà 
Teno 
Pokd 
Kohokoho 
Sokitrà 
Iritrd,. 
Hilanà 
Ontany 
Dola 
Ompa 
Sasa 
Lelatrà 
Akatrà 
Hofa 
Leha 
Tendry 
Ohatrà 
Anikdt 
Toro 
Kekitrà, kiky 
Faty, maty 
Lango 
Lay 
Anarand 
Ala 
Voha 
Lalo 
Ofy 
Hantonà 
Etotrà 
Toto 
Tangjy 
Oranà 
Sbsond 
Sorond 


= 155 
en tagalog: 
Tatak 
Tunau 
Pokol 
Kokook 
Soît 
Hilis 
Hilig 
Tanong 
Dòéla 
Sumpa 
Basa 
Dilaan 
Akat 
Opa 
Lakad 
Tanda 
Sukat 
Panik 
Todlo 
Kagat 
Patay, matay 
Langoy 
Layag 
Ngalan 
Alis 
Buka 
Lalo 
Opak 
Gantong 
Otot 
Dokdok 
Tangis 
Ulan 
Séson 
Solong 


156 ARISTIDE MARRE — MADAGASCAR ET LES PHILIPPINES 


Prendre, atteindre 
Presser, comprimer 
Racler 

Rejeter 

Remonter le courant 
Remplacer 
Repousser 
Respirer 
Retourner (se) 
Rincer la bouche 
Ronger 

Séparer 

Saler 

Siffler, souffler 
Toucher 

Tuer 

Violenter 

Voir 


Nous terminons ce vocabulaire comparatif des mots-racines 
appartenant à la fois au malgache et au tagalog par le tableau 
des noms de nombres dans les deux langues. 


Un 
Deux 
Trois 
Quatre 
Cinq 
Six 
Sept 
Huit 
Neuf 
Dix 
Cent 
Mille 


en malgache: 


Takatrà 
Tindry 

Hihy 

Ary 

Orikà 

Solo 

Tolakd 

dina . 

Vady, valy 
Homok-omokd 
Kiky 

Ilikà 

Masinà 
Siokd, tsiotrà 
Titikd 

Vono 

Gekà 

Hita 


Noms DE NOMBRES. 


malgache: 
Isa 
Roy, Roa 
Telo 
Efatrà 
Dimy, Limy 
Enina 
Fito 

Valo 

Stvy 

Folo 

Zato 
Arivo 


en tagalog: 
Tangkot, tangap 
Tindih 
Kiskis 
Alis 
Oli, 
Solok 
Tulak 
Hinga 
Balik 
Momog 
Kibkib 
Ilit 
Asin 
Pasiok, sutsot 
T'ugtog 
Bono 
Gaga 
Kita. 


tagalog: 
Isa 
Dalawa, doha 
Tatlo 
Apat . 
Lima 
Anim 
Pito 
Walo 
Siyam 
Péo 
Dadn 
Libo. 


ATTILIO LEVI — GRADAZIONE ANALOGICA TOOL 


Gradazione analogica. 
Nota di ATTILIO LEVI. 


Lo scritto presente è la continuazione di quello edito sei 
anni addietro in Atti della R. Accademia delle scienze di Torino, 
vol. XXIX, p. 583 sgg., nel quale cercai di spiegare la forma 
tun di radici del tipo teu, attribuendone in sostanza l’origine 
ad un processo analogico. 

Ora, certamente di queste radici venne data, grazie alla 
dottrina delle radici bisillabe, una spiegazione al tutto diversa. 
Cfr. BecntEL, Die Hauptprobleme der indogermanischen Lautlehre 
seit Schleicher, Gittingen, 1892, p. 190 sgg. Hrrr, Der indo- 
germanische Abluut, Strassburg, 1900, p. 47, 55. 

Tuttavia non credo di dover abbandonare quella mia ipo- 
tesi, per più ragioni: 

‘w 1° Quand’anche il polisillabismo delle radici fosse dimo- 
strato in modo inoppugnabile, essa ne verrebbe modificata in 
alcune parti, non però completamente distrutta. 

2° Accenni vaghi al procedimento qui descritto occor- 
rono presso i principali cultori di questi studìî: veggasi ad es. 
HiBscamann, Das idg. Vocalsystem, Strassburg, 1885, p. 84. 
Cosicchè, se un pregio avessero le presenti ricerche, sarebbe 
questo: di aver posto in chiaro una régola (non oso dire, una 
legge) là dov’altri non vide che fatti sporadici. 

3° Nella grecità dialettale si riscontrano esempî, che pa- 
iono confortar la mia tesi. 

Ciò premesso, il procedimento (che nello scritto su citato 
non ero ancor pervenuto a formulare) è questo: 

Se elemento votalico di radice o suffisso assume in uno dei 
suoi gradi una forma, che possa farlo apparire come appartenente 
ad una serie diversa da quella, cui realmente appartiene, questa 
forma lo trae talora dalla serie, che gli è propria, a quella, con 
cui ha un rapporto casuale ed esteriore. 

Sia ad es. una radice te): di grado debole, farà TÀ e con 
l sonante ta) o TAÙ: ma Tiù potrebbe anche essere il gr. deb. 


158 A ATTILIO LEVI 


di rad. appartenente alla serie dell’e lungo, quindi può divenire 
il punto di partenza di una serie analogica Tn, TÀiw. 

E questi sono gli esempî, che desumo da: MreIstER, Die 
griechischen Dialekte, Gottingen, 1882-89, Horrmann, Die grie- 
chischen Dialekte, Gittingen, 1891-98. BorsAcao, Les dialectes do- 
riens, Paris-Liége, 1891. SwyrH, The sounds and inflections of 
the greek dialects. I. Jonic. Oxford, 1894. 

1. mréua eolico, dorico, beotico, locrio (anche eleo in remdoTw) 
= xrfjua. La rad. appartiene alla serie dell’è, quindi regolare è 
il rapporto n: è, quale si ha appunto in xtfjua : xrà00a1, che sta 
per xti-esda1n. Ma la forma mè = xtò per analogia di un rap- 
porto d:d (quale abbiamo in piui : pùpév) condusse ad un rap- 
porto mà: mà, donde il màua succitato. Cfr. J. Scam, Die 
Pluralbildungen der indogermanischen Neutra, Weimar, 1889, 
pp. 411-413. Horrmann, GD. II. 503. Diversamente CoLLimz, BB. 
(= Beitrige del Bezzenberger), XVIII. 207 sgg., G. MevyER, Griech. 
Grammatik, 3% ed., p. 343 e il Brugmann ivi da lui citato. 

2. mA&00g. Come dimostrano T\f80g, tiumtAni, lat. plenus, 
complevi, è rad. appartenente alla serie dell’: gr. deb. m)ù, es. 
tiutAduev. Ma da mid per la stessa via su descritta si giunse 
ad un falso gr. medio md, che si ha in eolico, cretico tAGB0g, 
in eleo mAGQvovia (accanto a Tingvovia. Mwrsrer, GD. IL 33). 
Cfr. Scam, Pluralb. 413, Horrmann, GD. II, 291. 


Nota. — G. Meyer, GG*. 75. 574 crede che in mn si abbia il gr. deb. 
di rad. tei, e scorge in riuminu: riumAGuev una formazione analogica a 
somiglianza di fotnu : iotàuev. Sicchè ma00g sarebbe dovuto ad un’analogia 
ulteriore. Ma mapns, lat. plenus, ind. prà- fanno ritenere che l’e sia ori- 
ginario o che per lo meno il 1° trapasso dalla serie dell’è a quella dell'e 
si sia già avverato nell’indogermanico, cioè anteriormente al periodo, in 
cui sorsero e si svilupparono gl’idiomi singoli. 


3. eipiwn ionico-attico, elpnvà eolico, eiphiva eretico (che 
presenta pure la forma ipnvà), eipava in Elide e nella Grecia 
settentrionale (Acarnania, Epiro, Ftiotide, Locridi e  Focide), 
ipava in Beozia ed Arcadia. Cfr. MrIstER, GD.I, 69. II. 33. 93. 
Horrmanx, GD. I, 135. IL 529. II. 337. PrELLWITZ, Etymolo- 
gisches. Worterbuch der griech. Sprache, Gittingen 1892, sub voce. 
SmrrH, Jomice Dialect, 196. G. Meyer, GG*, 98. L’etimo è dubbio: 
nondimeno si è quasi concordi nel connettere eipnvn con pntpa 
derivante da rad. ver, che si ha in eipw, lat. verbum. Ora ver 


i ee ni 


fr go 


GRADAZIONE ANALOGICA 159 


al gr. deb. con r sonante fa vrd, che passando nella serie delfe 
può aver dato (oltre al tema pn nella flession verbale) pntpa 
ed ipivn, passando nella serie dell’a può aver dato eleo Fparpa, 
eìpava ed ipava. 

4. finui. Sta per *ciocinu secondo FrornDpE, BB. IX. 119. 
Sorusen, KZ (= Zetschrift del Kuhn). XXIX. 350. PrELLWITZ, 
EW. s. v., e vien connesso con boc, lat. consolor, ted. selig: 
vale a dire, appartiene a rad. sol :sel, che al gr. deb. (con ? 
sonante) ha dato slà, da cui si pervenne ad un gr. medio ana- 
logico sl per influsso di un paradigma Tan- : md. 

Da finw deriva Mewg, che presenta ulteriori analogie. 

Si riscontra in varie forme: laconico i\nFog, ionico-attico 
fNewg, erodoteo ÎNeoc, eolico iMaoc, iNdog ed iNdoc in Omero e 
poeti posteriori. Cf. Sorusen, KZ. XXIX. 351. Horrmann, GD. 
II. 487. II. 509-515. SmvrH, JD. 144. G. Meyer, GG”. 211. La 
1° forma è la fondamentale, la 2% è dovuta a metatesi quan- 
titativa, Meos in Erdt. sta per ÎMnog con abbreviamento ionico 
di vocale innanzi a vocale, iMùog ed f\ùog presentano sl, forma 
deb. di rad. sel, la quale per influsso di un rapporto oTù : oTà 
è passata nella serie dell'a e ha dato sla, da cui Î\dog. 

5. Rad. )n- £ volere , dorico-elea. Cfr. MerstER, GD. II. 66. 


| Borsaco, DD. 62. Secondo l'ipotesi de’ BaunacK, Die Inschrift 


von Gortyn, Leipzig, 1885, p. 52 (della quale G. Meyer, GG?. 
240 si mostra dubbioso) )m sta per F\n e si connette con lat. velle. 
In tal caso Fim potrebbe spiegarsi soltanto come gr. medio ana- 
logico di F\ù, gr. deb. (con / sonante) di rad. Fe), che s'ha ap- 
punto nell’inf. latino. 

6. Ionico duqiopatéew = attico dupiofhtéw. Connesso con 
Baivw, come già volevano gli antichi ed ammettono l’OsrHOFF, 
Zur Geschichte des Perfects. 331, lo SwyrB, /D. 135, G. MEvER, 
GG*. 85 (altrimenti il Bruemann, Morphologische Untersuchungen. 
I. 22 seguito dallo Horrmanx, GD. II. 242), presenta un caso 
di gradazione analogica, che si estende a tutti i vocaboli per- 
tinenti a faivw. 

Teoricamente, si può partire da rad. fev, che di gr. deb. 
fa fav, es. appunto faivw, e Bd, es. RdoIg, fadnv, Batés, dugpio- 
Batéw. Poscia Rà passando nella serie dell'a diede dor. Riga, 
éBav, passando nella serie dell’e (trapasso, che per questo come 
pe casi analoghi fu agevolato nella grecità ionica dal regolare 


Ra 


160 ATTILIO LEVI 


mutamento di è in n) diede ERnv, dupiogntéw, Bua, BnAés, 
Bwuòs (con accentuazione isterogena per influsso degli altri 
nomi in uog, che sono in gran maggioranza ossitoni, cfr. STRATTON, 
History of greek noun-formation, Chicago, 1899, I. 199 sgg.). 

Per contro, nell'ordine de’ fatti, fanno difficoltà le voci del 
corrispondente verbo indiano, nelle quali la rad. si presenta nella 
forma ga: cfr. PreLLwITz, EW. 43. Per il che conviene od am- 
mettere un’originaria dualità di radici o supporre che la rad. 
unica sia dalla serie dell’? passata in quella dell’a già nel pri- 
mitivo linguaggio indogermanico: trapasso, che del resto non è 
punto impossibile, perchè avvenuto forse per ple (rispetto a pel) 
e per drd (rispetto a drem). V. sopra nota a n. 2 e cfr. Hirr, 
Idg. Ablaut. 145. PeDERSEN, Indogermanische Forschungen. II. 309. 

Ma, checchè sia di ciò, par certo che in fd01g : fua : Bwuog 
si abbia una completa e perfetta gradazione analogica. 


Nota. — Diversamente rispetto all’@ (n) di éRav, épnv l'OsrHore, MU. 
IV. p. Iv, ZGdP. 30. 55. 331. 


7. Ionico xpéwuar = attico ypùòuo. Smyrra, JD. 168. 563. 
Horrmann, GD. II. 514. Pertiene a rad. yep, che s'ha in yepwns, 
yeipwv, yepeiwv: cfr. G. Meyer, GG*. 75. PrELLWITZ, EW. s. xpn. 
Brféar, Mém. de la Soc. de ling. VIII, 310. Al gr. deb, (con + 
sonante) fa xpù, che s’ ha in erodoteo yp@oda: da *ypù-eodar: 
cfr. Suyra, JD. 242. Passando nella serie dell'e dà ypn-, che si 
riscontra in ogni parte della grecita: cfr. SwrrH, JD. 168. 
Merster, GD. I. 70. 222. 296. IL. 34. Con passaggio alla serie 
dell'a si ha ypa in eleo: cfr. MerstER, GD. IL 34. 


Nota. — Xpe- in xpéopat, pure ionico (cfr. Suyra, JD. 168), può spiegarsi 
per *xpnouar con abbreviamento ionico di vocale prevocalica, mentre in 
xpéwuar per contro si ha metatesi quantitativa. Ma esso ype- può anche 
stare a xpmn- come Tàe- sta a TAin- in ion.-attico dmAetog : ion. dmAntosg (cfr. 
Smrra, JD. 143. Horrmann, GD. rrr. 264), in attico TAeîotog: arcad. TAMOTOG 
(cfr. Mersrer, GD. 1. 95, Horrmann, GD. 1. 147), o come wex- sta a ynx- 
in wexde: yiktpa (cfr. Swrra, JD. 135, Scampr, KZ. xxx, 357): può cioè 
presentare lo stesso rapporto, che si ha in Tigeuev : tiOnui. Se poi l’e:n de’ 
casi qui citati costituisca una gradazione vera e propria, o non piuttosto 
l’e stia qui per l’è originario del rapporto regolare n:@ e si sia in sua 
vece introdotto nelle forme deboli per influsso delle forti, questa è un’altra 
questione, sulla quale cfr. Hirt, Idg. Ablaut. 5. 

Convien però ricordare che secondo il Bauamann, Griech. Grammatik, 
83 ed., p. 71, seguito da G. Meyer. GG?. 386 (ma combattuto dallo Scampr, 


sigg ci 


GRADAZIONE ANALOGICA 161 


Berichte d. Berl. Akad., 1889, p. 302 sgg.) attico mAeîotoc sta per originario 
*rAniotos. Con che cadrebbe ogni differenza apofonica tra essa forma e 
l’arcadica. 


8. Ion. tAWw = ion.-attico TAéw. SwyrH, /D. 188. HoFrFMANN, 
GD. III. 363. Appartiene alla serie dell’ è, es. mAutdg : mhev- 
goùua : tA6og per *mioFog = *miov-0g. Secondo BecatEL, Haupt- 
probleme. 167, SwyTH, l. c., tAw deriva dal tema del perfetto: 
ma resta a spiegarsi la lunga, poichè il perf. regolare di rad. 
teu dovrebbe sonare *memAioFa. Forse ha qui operato l’analogia 
di erodoteo miéog = att. mAéws: a quel modo che miéog sta per 
*t\nFos, potè parere a’ parlanti che mAéw stesse per *mnFw con 
abbreviamento ionico di vocale prevocalica: cfr. Horrmann, GD. 
II. 509 sgg. Inoltre l'analogo verbo ion. Zww in alcune voci 
si presenta nella forma Zn-: cfr. SwrrH, JD. 562-63. Quindi 
t\éog da una parte, Zîîv dall’altra possono aver condotto meu 
nella serie dell'a. Donde gr. forte analogico TÀAWwWw. 

Diversamente, partendo da altre premesse, lo STREITBERG, 
IF. II. 387. 

9. Laconico c16ég = Beds. Da c10- e c1- (e più da questa 
forma che non da quella) si formano, come nella restante gre- 
cità da 0eo- e 0e-, de’ nomi personali. Esempî: Xidéktag, Ziumòdng, 
Zimourog, Ziteuog (= Oeodéxtng, Oeoundng, Oebrourog, OedTImOG). 
Accanto poi a tali forme troviamo queste altre: Zedéxtag, Zer- 
undng, Zeimoumos, Zeiteruog. Cf. Borsaco, DD. 54. 70. 98. 145. 
Fick-BecHtEL, Die griechischen Personennamen, 2* ed., Gottingen 
1894, p. 143 sg. Ora, certamente Zei- può essere una semplice 
variante grafica di Xi-, come -Teluog per -tiuog in Ziteruog, poichè 
le iscrizioni, in cui si riscontra Ze- = Xi-, appartengono ad 
epoca relativamente tarda, quando cioè er era ormai l’equiva- 
lente grafico non solo di 1 lungo ma anche di 1 breve. Cfr. Corpus 
inscript. graec. I. 604 sgg. G. MeveR, GG. 180-1. 289. Tuttavia, 
non è da escludersi che Zi- possa esser sembrato a’ parlanti un 
gr. deb. di rad. del tipo Xe, e che tale illusione li abbia tratti 
a foggiare un gr. medio analogico Zer-. 

10. -e10g, -tag, -eag, -iag. Terminazione ben nota di nomi 
personali greci, es. Aîveiag, “Apyiac, Aapuéag, Aevias. Cfr. Borsacg, 
DD. 53. Fick-BecntEeL, Griech. Pers?. 24-25. In -elag :-iag si 
può col Fick, l. c., scorgere un rapporto apofonico er: i. In eag 
si ha quasi indubbiamente la forma più piena della termina- 

Atti della R. Accademia. — Vol. XXXVI. 11 


162 ATTILIO LEVI 


zione con scadimento del 1 intervocalico: cfr. G. Meyer, BB. I. 
89 sgg. 

Ma.resta a spiegarsi la forma -iag attestata soltanto da 
iscrizioni doriche (Corinto e Corcira). Ora, trovandosi qui î ac- 
canto a î, si potrebbe pensare al duplice grado basso del- 
l’OstHorr, MU. IV. 282 sgg., oppure, e meglio, alla dottrina 
del KòceL, Beitrige di Paul e Braune, VII. 108 (che mi furono 
inaccessibili: e li cito da BecHTEL, Hauptprobleme. 147), secondo 
il quale nelle due serie e2:2:%, eu: @:% la lunga intermedia 
costituisce il suono di trapasso dalla prima forma alla terza. 
Spiegazione questa, che coincide con quella, che del î del caso 
nostro dà G. Meyer, BB. I. 90. 


Ma non sembra che qui s'abbia a cercare un regolare pro- 


cesso fonetico, poichè, se da un tale processo ripetessero l’ori- 
gine codeste lunghe, dovrebbero avere larga diffusione, trat- 
tandosi di formazione panellenica. Per contro si trovano in un 
solo punto del territorio greco: e ciò giustifica la spiegazione 
analogica. Vale a dire, può supporsi che nel dialetto di Corinto- 
Corcira la forma -iag del rapporto apofonico reale -erag : -itag abbia 
(forse col concorso di una qualche particolare tendenza fonetica 
del luogo) condotto i parlanti a stabilire un rapporto apofonico 
fittizio -lag : -iag. 

10%. Dor. tw, nég = att. odg. Borsace, DD. 66. G. MEYER, 
GG*. 139. Lat. pedem, gr. tedév, teZog accanto a todég, moda ecc. 
accennano chiaramente ad un rapporto reò-: mod-; quindi laco- 
nico nòg deve dirsi la forma originaria. Ma moò- trasse la rad. 


nella serie dell’o, donde mwò- (sul modello d’uno schema foF : - 


BwF), da cui dor. mws. Quanto ad att. mois, è forse dovuto ad 
ulteriore analogia di forme similari, quali ad es. att. fods, odg: 
dor. eol. Bòg, Ws, su cui cfr. Horrmann, GD. II, 375. 
Diversamente StrEmTBERG, LF. III. 323. Hrrr, dg. Ablaut. 143. 
Nota. — Fanno difficoltà le lunghe di lat. pes, ind. pad, cfr. Hirr, Der idg. 
Akzent, Strassburg, 1895, p. 222. Le quali lunghe, se non hanno il lor fon- 
damento in un qualche processo interno (cfr. BecateL, Hauptprobleme, 


172 sgg.), conforterebbero l’ipotesi d’un’originaria dualità di temi, quale 
pel greco ammette G. Meyer, GG?. 40. 


11. Dor. Képkupa = att. Képkupa — ion. foprupn = Yéprupa 
(Alemane). Cfr. AnRrENS, De gr. ling. dial. II. 122 sgg. Borsaca, 
DD. 52. 64. Frick, BB. XXIX. 37. G. Meyer, GG*. 63. Brua- 


vb %, Mor 
LA 


GRADAZIONE ANALOGICA 


MANN, GG*. 85. Secondo lo Scampr, KZ. XXXII. 345 sgg. 
forme originarie sono Képkupa, réprupa, l’o delle altre è dovuto 
ad un fenomeno d’assimilazione. Ma riesce difficile 1’ accettar 
questa opinione, se si considera 1° che Ké6pxupa è la forma in- 
digena del nome dell’isola, 2° che Kop- e Yop- paiono piuttosto 
le genuine sillabe del raddoppiamento, quali si hanno altrove, 
es. topgupw, uopuvpw. Cfr. Hirr, /dg. Abdlaut, 190 sgg. E, se 
si ritengono originarie le forme con o, quelle con e possono 
spiegarsi come un gr. medio analogico foggiato da’ parlanti a 
. somiglianza di qualche rapporto esteriormente affine, es. depx- : 
dopk- in dépkopa : dedopra.. 

12. Ionico Ei\evin, att. ‘INeidua = comune Ei\eiguia. Etimo 
controverso. Cfr. MersteRHANS, Gramm. der att. Inschr®, 67 (la 
recentissima 3* edizione a p. 87 non fa più parola dell’etimo- 
logia). BriéaL, Mém. de la Soc. de lingu. VIII. 308. KRETSCHMER, 
Die griech. Vaseninschriften, Giitersloh 1894, pp. 156-58. Horr- 
MANN, GD. II. 397. Se, come vogliono alcuni degli autori ci- 
tati, deriva da i\éouor (e non da é\ev@-, nè da eiNea = d0Mia A 
rad. 9u-), si ha una falsa gradazione er :1 (poichè l’antichità del 
vocabolo sembra escludere che l’er iniziale possa essere una 
semplice variante grafica del 1 originario), cioè coll’er di EiXeiQuia 
fu foggiato un gr. medio analogico al 1 di îNéouan, sillaba del 
raddoppiamento. V. sopra num. 4. 


Nota. - Così spiegato il doppione iniziale “IAe- : EiXe-, si potrebbe scor- 
gere nella restante parte del vocabolo il femminile dell’aggettivo eù@ue : 
iBUc, cioè eU@eîa : i9eîa, ion. i0ein. (E il tutto sarebbe un composto, che in- 
dicherebbe in modo concreto, epperò conforme ad un normale processo ideo- 
logico de’ Greci, la rapidità, con cui la Dea mitiga — s'intende, i dolori 
del parto). 

Da’ suaccennati elementi poterono derivare da una parte beot. Eî\e1ein, 
dall’altra *Ei\ev0eîa. Delle quali due formazioni la seconda col suo eùB- può 
aver condotto ad un’etimologia popolare, che la collegò con éXev0-: donde 
e le forme, in cui il 1 del dittongo iniziale è caduto, es. dor. ’EXev0ia, e 
quelle, in cui il nome della Dea è foggiato come il partic. perf. femm. di 
esso tema verbale, es. dor. ’EXev@ura. 

Ad una contaminazione de’ due tipi EiMedein ed ’EXevgura è poi dovuta 
la forma comune EiAeidvia colle sue varianti numerose. 

Per le forme ed altri etimi cfr. ancora, oltre a’ succitati, PrELLER, Grieck. 
Mythologie. I*. 511 Nota. Scammr, KZ. XXXII. 350 Nota. PreLLwIrz, BB. 
XIX. 256. 


164 CARLO E. PATRUCCO 


Una iscrizione inedita di Brunengo vescovo d' Asti. 
Nota storico-paleografica del Prof. CARLO E. PATRUCCO 


Dottore in Lettere e Filosofia. 


Nel 1888, precisamente mentre il mio venerato maestro, 
professore conte. Carlo Cipolla, scriveva di Brunengo vescovo 
d’Asti (1), si incominciarono alcuni scavi presso la parete della 
Chiesa di S. Secondo in Asti, guardante il palazzo municipale, 
là appunto dove sorgeva l’antica cripta racchiudente le spoglie _ 
del vescovo Secondo, santo martire e patrono della città. In 
quegli scavi sì venne appunto a scoprire una iscrizione del se- 
colo X che porta il nome del vescovo Brunengo. 

È un parallelepipedo di granito, benissimo conservato, che 
il cav. Nicola Gabiani conserva nel suo studio con alto intelletto 
d'amore per le antichità storiche astigiane, e che con isquisito 
senso di disinteresse mi comunicò, ond’io gli debbo qui nuova- 
mente in pubblico le più sentite grazie. 

La pietra recante la iscrizione misura m. 0,785 di lunghezza, 
per 0,14 di larghezza e 0,15 di altezza. Cinque lati rozzamente 
ntagliati indicano l’incastramento nel muro della cripta; la sesta 
facciata ben levigata reca la scritta, disposta così su due linee, 
come appare dal facsimile qui allegato. 


Yx BRVNINGVS VENERABILIS VMILIS 
EPISCOPVS FIERI IVSSIT ELIV 


Tralascio naturalmente di ricordare il grafito posteriore e 
relativamente moderno EGO IOANNI che non presenta nulla di 
notevole, trarme forse la forma della G che vorrebbe rispecchiare 


(1) CarLo CiroLra, Di Brunengo, vescovo d’Asti, in “ Miscellanea di Storia" - 
Italiana ,, XXVIII, Torino, Paravia, 1890, p. 507: Doce. intorno alla eripta 
di S. Secondo in Asti, in Appendice. | 


UNA ISCRIZIONE INEDITA DI BRUNENGO Tout Paste 165 
il tipo arcaico, ma tradisce facilmente la tarda fattura, e 1 betta die "} 
onciale veramente bella. 
Quest’iscrizione, se non porta dati nuovi per stabilire con 
maggior sicurezza la cronologia dei vescovi astesi, alquanto in- 
certa (1), tuttavia è molto notevole dal punto di vista paleo- ' 
grafico, ed anche la storia come vedremo in seguito può trarne 
. qualche vantaggio. 
i Più che per sè stessa, l'iscrizione presente è notevole come 
termine di confronto cogli scarsi documenti epigrafici piemontesi 
| di poco anteriori e di poco posteriori ad essa. . 
Uno sguardo d'insieme mette subito in rilievo la diversa 
| altezza delle lettere, però quasi tutte capitali. Questo fatto è 


significativo dal punto di vista dell’autenticità dell’iscrizione la 
quale risale certo all’epoca del vescovo Brunengo e non è fat- 
| tura posteriore. Di fatto, l'iscrizione sepolcrale di S. Grato, che 
esiste attualmente ancora a S. Cristoforo presso Aosta ha tutte 
| le lettere capitali, trannechè la C di PACE è già munita in 
. basso di un apice alquanto sviluppato, e la G ha qualche cosa 
nella sua spezzatura inferiore che accenna al giro dell’onciale. 
. Anche qui l’altezza delle lettere è disuguale, quantunque in pro- 
| porzioni minori che nell’iscrizione di Brunengo. L'iscrizione di 
 S. Grato è generalmente riconosciuta dagli scrittori più auto- 
| revoli come del sec. V (2), sebbene alcuni vogliano ritardarla 
fino al sec. IX (3). Non è mio compito entrare nella discussione 
. sull’età dell’epitaffio di S. Grato, quantunque non possa tratte- 
nermi dal rilevare la identità di forme di alcune lettere di questa 
e ‘dell’iscrizione di Brunengo. A. rilevare il carattere arcaico di 
quest'ultima giova del resto il paragone con altri documenti epi- 
grafici. Notevole la mancanza assoluta di abbreviazioni e di nessi 
che riscontriamo nella lapide di Brunengo, mentre abbreviazioni 
e nessì e lettere inscritte e soprascritte abbondano nell’epitaffio 
di Ariardo prete, che il Bruzza assegna al secolo VIII o al IX (4). 


(1) Crrorra, Op. cit., pp. 855 e segg. 

(2) Momwsen, Corpus Inscript. Lat., V, 1, n. 6859; Savio, Gli antichi 
vescovi d’Italia, I. 74, Torino, 1899. 

—_® (8) Ausenr, La Vallée d'Aoste, p. 234, Parigi, 1860; Berarp, Antiquités 
 Romaines de la Vallée d’Aoste, p. 21, Torino, 1881. 

(4) Bruzza, Iscrizioni Vercellesi, n. CLII, p. 359, Roma, 1874. 


ro 
166 _ uu CARLO E. PATRUCCO 


vero che nell’altra iscrizione biellese di prete Nalbino non vi 
è altra abbreviazione all’infuori di quella di PRESBITER rappre- 


sentata da PR; ma la varia altezza delle lettere e la forma di 
alcune di esse, come vedremo più innanzi, l’accostano anche mag- 
giormente al tipo dell'iscrizione brunenghiana (1). Senonchè si 
potrebbe obbiettare che il latercolo di Audace, vescovo d’Asti, ed 
immediato predecessore di Brunengo (2), presenta caratteri paleo- 
grafici affatto diversi da quelli dell’iscrizione di Brunengo. Nel 
latercolo di Audace le onciali sono largamente frammiste alle 
capitali ed anche di queste la forma delle lettere si discosta spesso 
da quella delle lettere dell’iscrizione di Brunengo. Ma il con- 
fronto di questa iscrizione con altre posteriori di un secolo e mezzo 
— per esempio col mosaico d’Acqui del secolo XI (3), e coll’iscri- 
zione del monumento funebre di Odilone conservato nel Museo 
Civico di Torino ed illustrato dal Vayra (4), dove sono già così 
accentuate le traccie di gotico che mancano affatto nella lapide 
di Brunengo — ci assicura indubbiamente che questa lapide non 
può essere ritardata (5). Alle stesse conclusioni ci conduce il pa- 
ragone coll’iscrizione di Warmundo, vescovo d'Ivrea l’anno mille, 
più volte publicata, ma senza facsimile (6), ed oggi ancora 
esistente nella parete interna della Cattedrale eporediese, dove 
però è a rilevare la uguaglianza perfetta dell’altezza delle let- 
tere e la regolare bellezza della loro forma. Ma a questo punto, 
anzichè estenderci in osservazioni generali, gioverà meglio scen- 


(1) Ibidem, n. CXLV, p. 345. 

(2) Creorra, Di Audace vescovo d’Asti e di due documenti inediti che lo 
riguardano, Torino, 1887, in “ Miscellanea di Storia Italiana ,, XXVII, p. 316. 

(3) FasremTI, Mosaico d’Acqui, in “ Atti della Soc. Archeol. Torino ;, 
II, p. 19 segg. Anche in questo mosaico abbondano di nuovo i nessi. 

(4) P. Vayra, Il sarcofago di Odilone di Mercoeur nel museo civico di 
Torino, in “ Atti della Società Arch. Torino ,, 1875, I, pp. 31 segg. 

(5) D'altronde già il Cipolla, Di Audace, ecc., pp. 191 segg., ha rilevato 
che il latercolo di Audace presenta caratteri speciali che s’allontanano da 
quelli delle altre iscrizioni piemontesi del tempo, per avvicinarlo alla scrit- 
tura di manoscritti. 

(6) Gazzera, Iscrizioni Cristiane del Piemonte, in È Mem. R. Accademia 
Scienze ,, Torino, XI; Provana, Studî storici su Re Ardoîno, Torino, 1844; 
Gasorro, Un millenio di storia eporediese, p. 31, n.1 in “ Biblioteca Soc. 
Stor. Subalp. ,, IV, Pinerolo, 1900. 


UNA ISCRIZIONE INEDITA DI BRUNENGO VESCOVO D'ASTI 167 


dere ad un esame più particolareggiato delle singole lettere 
della iscrizione di Brunengo, studiandole sia in sè, sia in rap- 
porto colle corrispondenti degli altri documenti epigrafici piemon- 
tesi di quei secoli. 

La iscrizione nostra consta di quarantasei lettere, oltre le 
quattro della parola ELIV e le nove del grafito EGO IOANNI 
che sarà bene esaminare separatamente. Queste quarantasei let- 
tere sono così ripartite: un’'A, due B, una €, quattro E, una F, 
una G, dieci I, due L, una M, tre N, una O, due P, tre R, sette S, 
una T, sei V. 

Cominciamo dall'A. Questa lettera compare soltanto nella 
parola VENERABILIS. La sua forma, come si può vedere dalla 
tavola, è press’a poco la seguente. L’asta di sinistra è lievemente 
obliqua; molto più obliqua è l’asta di destra. Le due aste non 
si incontrano affatto ad angolo acuto : l’angolo è smussato da una 
lineetta orizzontale che oltrepassa all'infuori le due aste, sopra- 
tutto a destra, dove ripiega lievemente all’insù. Una lineetta si- 
mile, però sporgente soltanto all’infuori, termina pure in basso 
ciascun’ asta. Le due aste sono unite in mezzo da un tratto leg- 
germente obliquo da destra a sinistra, così che mentre si stacca 
‘presso a poco a metà dell’asta destra, giunge ai due terzi del- 
l’asta sinistra. La descrizione che mi sono sforzato di dare della A 
dell'iscrizione di Brunengo ci indica subito il posto che essa oc- 
cupa nella evoluzione grafica di questa lettera. Siamo omai lon- 
tani dall'A ad angolo acuto col taglio in mezzo che fa ancora 
bella mostra di sè nell’epitaffio di Ariardo, dove talvolta con- 
serva una regolarità mirabile, come ad esempio nel nesso AD 
della quarta riga; o dall'A già mozza in alto, ma senza 
taglio in mezzo, dei secoli V e VI, che però compare ancora, 
e addirittura colle due aste che s’incontrano ad angolo acuto, 
nell’ iscrizione biellese di prete Nalbino. Però non siamo an- 
cora all’A colle lineette sporgenti in alto e le due aste ugual- 
mente inclinate, unite fra loro da due tratti che s'incontrano ad 
angolo acuto rivolto al basso, proprio del gotico, benchè faccia 
già qualche apparizione sporadica in documenti epigrafici pie- 
montesi più antichi. Accenno a gotico non si potrebbe trovare 
nella nostra A di VENERABILIS fuorchè nel suo tratto superiore 
sporgente e ripiegato; ma questo non è ancora molto pronun- 
ciato da ambe le parti, nè gli si può in ogni caso dar tanto peso 


168 cu * CARLO E. PATRUCCO 


di fronte a tutti gli altri fatti contrarî. Nell’iscrizione di Audace 
alcuni A sono ad angolo acuto in alto, ma hanno pur essi un 
rudimento di apice ai piedi delle aste, nonchè un apice omai 
ben pronunciato a sinistra dell'angolo superiore, tanto che il 
primo A di AVDAX si può ritenere schiacciato anzichè ango- 
lare in alto, come accade regolarmente nelle A. dell’iscrizione epo- 
rediese di Warmundo. Quest’ osservazione serve a determinare 
sempre meglio il posto dell'A di VENERABILIS dell’iscrizione 
di Brunengo in rapporto alle A di altre iscrizioni. 

Le due B s'incontrano nelle parole BRVNINGVS e VENE- 
RABILIS. Sulla storia della B non abbiamo pur troppo un la- 
voro come quello dello Schum sulla lettera A (1): dobbiamo 
quindi limitarci a poche osservazioni, mediante il paragone delle 
poche iscrizioni piemontesi medio-evali. La lapide funeraria di 
Nalbino presenta due B di forme diverse, entrambe riattacabili 
piuttosto al tipo capitale che all’onciale. Appunto nella parola 
NALBINVS abbiamo una B che merita di essere accuratamente 
descritta. L'asta è perfettamente verticale, i due occhielli sono 
aperti entrambi, sia tra loro, sia verso l’asta verticale; la curva 
dell’occhiello inferiore oltrepassa però quest’asta verso sinistra 
in forma di apice. La seconda B della stessa iscrizione è for- 
mata di un’asta inclinata da sinistra a destra: i due occhielli, 
di cui l’inferiore è più grande, sono legati fra loro, ma non col- 
l'asta; qui è la curva dell’occhiello superiore, non quella dell’in- 
feriore, che oltrepassa a sinistra l’asta verticale a forma di apice. 
Quest'ultimo tipo della B si riscontra, con un’accentuazione anche 
maggiore della grandezza dell’occhiello inferiore sull’ occhiello 
superiore nella B dell’iscrizione di Ariardo, dove però non s'in- 
contrano apici, tranne una volta in nesso. Nell’iscrizione di Au- 
dace manca disgraziatamente ogni riscontro, non essendovi nes- 
suna B; ma in quella di san Grato l’unica B, che si trova nella 
parola SEPTEMBRIS, presenta lo stesso fenomeno della B della 
iscrizione di Ariardo, con questa diversità che l’occhiello infe- 
riore pende notevolmente verso destra. Presso a poco lo stesso 
tipo si incontra nella iscrizione del vescovo Gallo di Aosta, che 
porta la data del 546 (2), ma che lascia qualche dubbio su 


(1) Scrum, Das Quedlimburger fragment einer illustr. Itala, file 1876. 
(2) Savio, op. cit., I, "ti 74. 


PP A? pr en 


e e a 


UNA ISCRIZIONE INEDITA DI BRUNENGO VESCOVO D'ASTI 169 


+ 


tanta antichità, specialmente pel carattere goticizzante del tratto © 
interno di qualche A. Nel sarcofago di Odilone, oltre una B on- 
ciale abbiamo la B capitale con apici così pronunciati e lieve- 
mente incurvati da annunziare apertamente il gotico, in modo 
che ora non ci serve come termine di paragone. Ma tornando 
alla B di Nalbinus, nell’epitaffio di questo prete importa notare 
come, col tempo, i due occhielli di questa forma della B fini- 
rono col chiudersi verso l’asta, ma staccandosi sempre più tra 
loro. Tale fenomeno degno di rilievo è già stato notato dal 
prof. Gabotto per una iscrizione d’altra parte d’Italia ed assai 
meno antica (1). In Piemonte, noi lo vediamo compiuto nel già 
citato mosaico d’Acqui pubblicato dal Fabretti. Ora a me pare 
che si debba vedere un rapporto abbastanza stretto tra questa 
forma della B capitale ad occhielli staccati e la B onciale ad 
un solo occhiello. Premessi questi brevi cenni sulle diverse forme 
di questa lettera nelle altre iscrizioni subalpine dell’alto medio 
evo, non mi resta ad avvertire se non che le due B dell’iscri- 
zione di Brunerigo sono capitali molto regolari (nella B di VE- 
NERABILIS la maggior grandezza dell’occhiello inferiore è ap- 
pena sensibile) con brevi apici in alto e in basso dell’asta ver- 
ticale sinistra. i 

L'unica C appare nella parola EPISCOPVS. Tra la C capitale 
e la € onciale non è difficile trovare delle forme intermedie, e 
questa stessa € di EPISCOPVS, col suo tratto sporgente da ambe 
le parti che termina la curva tanto in alto quanto in basso, va 
considerata come tale. La vera onciale ha uno spiccato ricurvo 
all’insù al basso della lettera; il che non si può dire della nostra €. 
Qui non troviamo termine di riscontro esatto negli altri docu- 
menti epigrafici piemontesi. Nell’epitaffio del vescovo Gallo tro- 
viamo la C onciale accanto alla © capitale, regolare; in quello 
d'Ariardo la C è sempre capitale per quanto alcune volte de- 
formi fino ad assumere l’apparenza di un <; nell’iscrizione di 
Warmundo le due sole C che vi si incontrano possono consi- 
derarsi del tutto come onciali. Soltanto nell’iscrizione funeraria 


(1) Gagorto, L’epitaffio del Vescovo Bisanzio ed alcune altre iscrizioni 
della cattedrale di Bisceglie, p. 11, Trani, 1895. Estr. dall’ © Archivio storico 
Pugliese ,. Naturalmente, bisogna tener conto della diversità dei luoghi e 
della distanza. 


170 CARLO E. PATRUCCO 


© di ‘Nalbino,l’unica C ha un apice in basso tendente verso destra, 
che avvicina in parte questa lettera (ma ancora a gran di- 
stanza) alla nostra C di EPISCOPVS. 

Spiacevole è la mancanza della D nell’iscrizione di Brunengo. 
Da questo lato è veramente a deplorare che nella nostra iseri- 
zione non si trovino alcune fra le lettere che ci potrebbero dare 
miglior materia di discorso, perchè non soltanto manca la D, ma 
anche la H e la Q. Per quanto concerne le due prime di queste 
lettere, D e H, le abbiamo fortunatamente nell’iscrizione di 
Warmundo, la quale avendo lo stesso carattere commemorativo 


della lapide di Brunengo, quantunque di altra parte del Pie- . 


monte e di oltre mezzo secolo posteriore, può fino ad un certo 
punto supplire la lacuna paleografica lamentata nell’iscrizione 
brunenghiana: colà le due lettere sono capitali, ma con apici 
cuneati. Nel latercolo di Audace sono tre D, due H e due Q, 
alcune onciali, altre capitali; ma il carattere speciale, già 
rilevato di questo latercolo lo rende improprio a darci chiara 
idea delle forme abitualmente usate nell’Astigiano per dette let- 
tere, e ci fa lamentare quindi la mancanza di riscontro nella 
nostra iscrizione. Gli epitaffi di Ariardo e di Nalbino hanno 
tutte le D capitali, il primo per lo più con forti apici talvolta 
anche ricurvi; le H dell’iscrizione di Ariardo (nell’altra manca 
l’H) sono pure capitali, ma non presentano nulla di notevole; 
invece le @ hanno talvolta forma quadrangolare e persino pen- 
tagonale, ed è sopratutto a rilevare una bellissima coda fin troppo 
leziosamente curata. 

Le quattro E sarebbero tutte capitali, se non fosse degli 
apici che sporgono a sinistra dell’asta verticale così in basso 
come in alto, e terminano in genere, quantunque in modo poco 
pronunciati, i tratti orizzontali. Di questi, il tratto medio è re- 
golarmente equidistante dagli altri due; il tratto inferiore bre- 
vemente più corto del superiore e sopratutto del medio. In ciò 
questa E segna un passo innanzi nell'evoluzione della lettera 
rispetto a quella degli epitaffi di Nalbino e di Ariardo, ma pre- 
senta un fenomeno meno avvanzato della E ad apici fortemente 
cuneati della iscrizione di Warmundo, e sopratutto di quella 
del mosaico d’Acqui, dove il prolungamento del tratto orizzon- 
tale superiore a sinistra raggiunge omai un considerevole svi- 
luppo. La regolarità delle E dell’iscrizione di Brunengo supera 


La er Sca 


ae en — concrete 


& 
UNA ISCRIZIONE INEDITA DI BRUNENGO VESCOVORQIAI PRE 


quella delle iscrizioni anteriori. Anche qui, naturalmente, l’iscri- 
zione d’ Audace non serve come termine di confronto, perchè 
le E vi sono tutte onciali. 

Il tipo dell’unica F, che appare nella parola FIERI, è con- 
forme a quello ora descritto delle quattro E. Sopratutto nella È 
di EPISCOPVS l’apice che chiude a destra il tratto orizzontale 
superiore si prolunga notevolmente in alto, mentre il tratto su- 
periore orizzontale della E di FIERI si prolunga a sinistra tanto 
da preludiare la già descritta E del mosaico d’Acqui del sec. XI. 
Così accade pure del tratto superiore della F. Su questo fatto 
del maggiore o minore prolungamento degli apici e dei tratti 
orizzontali della E e della F mi permetta il lettore d’insistere, 
perchè costituisce uno degli elementi più importanti e caratte- 
ristici dell'evoluzione di queste lettere dal pretto capitale al go- 
tico, dove le apici e i prolungamenti finiranno per assumere un 
aspetto quasi cuneiforme. Di ciò cominciamo a trovare qualche 
traccia abbastanza visibile nel tratto superiore della prima È di 
VENERABILIS, nel medio della seconda E della stessa parola 
e nella sporgenza a sinistra della F della nostra iscrizione. 

La G di BRVNINGVS, come già abbiamo rilevato, è netta- 
mente onciale. Solo è a notare l’apice obliquo in alto tendente 
da sinistra a destra. Questo fenomeno della G onciale fra lettere 
in maggioranza capitali non è raro. Così accade nell’iscrizione 
di san Grato, nella quale, se la forma non è ancora veramente 
tipica, tuttavia è lecito già intravedere abbastanza distinta- 
mente il trapasso da una forma all'altra. Nell’iscrizione del ve- 
scovo Gallo invece troviamo ancora una G a forma di C oncialeg- 
giante, quasi come nelle più antiche iscrizioni romane (1). In tutta 
l’epigrafia piemontese l'evoluzione naturale e graduale dal capitale 
all’onciale si può seguire abbastanza bene. Non voglio dire con 
questo che esista una serie di epigrafi che rappresenti i diversi 
stadî di questa evoluzione: intendo esprimere soltanto una pro- 
posizione più modesta, cioè che per le singole lettere si possono 
troyare in iscrizioni di vario tempo le forme intermedie dei vari 
trapassi: il che è già qualche cosa. Da questo lato come mi pare 
di venir dimostrando l’iscrizione di Brunengo ha grande impor- 


(1) Anche nell’iserizione di Ariardo la G capitale, che compare una sola 
volta nella parola ROGET, è ancora affatto identica ad una regolarissima Cl. 


e 


172 CARLO E. PATRUCCO 


© tanza. Mi si permetta ancora di aggiungere che l’accennata pre- 
valenza della G onciale in un'iscrizione in cui le altre lettere sono 
in massima parte capitali, costituisce, a mio credere, un prean- 
nunzio di quell’ulteriore evoluzione grafica che prende il nome 
di gotico. 

Le dieci I sono quasi tutte limitate in alto e in basso da 
brevissimi tratti orizzontali, solo per eccezione e forse per inav- 
vertenza del lapidicida (del che è sempre a tener conto; per non 
essere fuorviati da circostanze estranee al vero carattere delle 
singole lettere) più sporgenti da una parte o dall'altra. Di no- 
tevole è solo il fatto che qualche volta l’asta verticale ed i pic- 
coli tratti orizzontali si fondono talmente da presentare tutta 
la lettera sotto l'aspetto cuneiforme già rilevato nella F ed in 
qualche E. Il fenomeno si scorge specialmente nella parte su- 
periore della I di BRVNINGVS e nell’inferiore della seconda I 
di FIERI. Vedremo ripetersi qualche cosa di analogo anche nelle 
numerose S. Ma limitandoci per ora a parlare della I, qualche 
cosa del fenomeno ricordato si riscontra già nelle I del latercolo 
di Audace, per esempio nella I di POSVIT, nel qual latercolo 
il cunearsi delle apici colle aste e colle curve si nota pure, 
e sopratutto, nella C ed in qualche P ed R, nonchè nella prima A 
di AVDAX. Similmente vediamo accadere nell’iscrizione di War- 
mundo, ma non nelle più antiche, e neanche nel mosaico d’Acqui, 
mentre invece il fenomeno sì può dire compiuto in tutte le let- 
tere del monumento funebre di Odilone. 

Osservazioni analoghe a quelle fatte per le I possiamo fare 
per le due L, le quali però rappresentano due momenti diversi 
nella evoluzione di questa lettera. La L di VMILIS non si po- 
trebbe distinguere da quella dell’iscrizione di Ariardo, che sarebbe 
la perfetta capitale romana, se non fosse più slanciata. In fatto 
la L capitale tipica ha il tratto orizzontale non soltanto ad an- 
golo retto col tratto verticale, ma lungo oltre ‘i ?/3 del tratto 
verticale stesso. È noto come spesso nelle iscrizioni medioevali 
l’angolo della L, anzichè retto, sia ottuso per l'inclinazione in bagso 
dell’asta che normalmente dovrebbe essere orizzontale. Nulla di 
ciò succede nella L di VMILIS, ma se il tratto orizzontale (o 
quasi) s'incontra ad angolo retto col verticale, la sua lunghezza 
però è inferiore alla metà dell’asta verticale. L’altra L, che ap- 
pare nella parola VENERABILIS, è invece fornita di una lineetta 


spe e fi dit 


LI 


UNA ISCRIZIONE INEDITA DI I 


sporgente da ambe le parti al di sopra del tratto verticale, e 
di un apice in su, in fine del tratto orizzontale: in entrambi i 
casi è spiccata la tendenza cuneiforme. Questo fatto si verifica 
poi costantemente nell’iscrizione di Odilone, dove anzi il cuneetto 
formato dall’apice e dal tratto orizzontale tende a prolungarsi 
obliquamente in alto da sinistra a destra (1). Si vede che siamo 
poco lontani dalla L gotica, riproducente costantemente l’incontro 
delle due aste ad angolo acuto mediante la trasformazione del 
tratto orizzontale in obliquo. 

La M che compare nella parola VMILIS merita attenzione 
per la sua forma a due aste oblique lunghe e due brevi, che 
dovrebbero formare tre angoli acuti, due in alto ed uno in basso, 
come nell’epitafio di Nalbino e nelle iscrizioni di Gallo e san Grato, 
ma che in realtà in questo caso s’incontrano ad angolo soltanto 
in basso, perchè in alto gli angoli sono mozzi da un tratto oriz- 
zontale. Se aggiungiamo l'avvertenza che l’asta esterna destra 
è più lunga dell'asta esterna sinistra e manca delle apici che 
ha quest’ultima, noi avremo completata la descrizione di una 
forma di M, la quale rappresenta uno svolgimento ulteriore non 
soltanto della antica vera M capitale a tre aste verticali, ma 
anche dell’altra forma della M che compare nell’iscrizione di 
Ariardo (2) e che risulta di due aste verticali e di due oblique più 
brevi formanti tre angoli acuti. Una M simile a quella della 
nostra iscrizione, sebbene col taglio degli angoli superiori meno 
spiccati troviamo nelle parole CAPELLAM ed ILLAM dell’iscri- 
zione di Odilone, nella quale però abbiamo anche delle M onciali 
e delle M degli altri tipi sopra descritti. Nessun rapporto in- 
tercede fra la M di VMILIS e quelle del latercolo di Audace. 
È un peccato che l’essersi nella nostra iscrizione una sola M ci 
impedisca di trarre quelle conseguenze che potremmo dall’esser- 
vene parecchie della stessa specie, o parecchie di specie diverse. 

Le tre N sono capitali tranne, che sono fornite in alto ed 
in basso di brevi tratti orizzontali sporgenti a destra e sinistra 
a forma di apici, e tranne pure che nella prima N di BRV- 


(1) Confronta ad esempio le iscrizioni di Gallo e di Nalbino. 

(2) Non disformi da questa M a tre angoli acuti sono le M dell’iscri- 
zione di Warmundo, ma la lunghezza dei tratti obliqui interni è maggiore 
che nella M dell'iscrizione di Ariardo. 


ANA 


4 


$- 


CARLO E. PATRUCCO 


NINGVS l’asta obliqua si stacca bensì ad fiato acuto dal- 
l’asta verticale sinistra, ma non si unisce se non mediante un 
tratto orizzontale all'asta verticale destra. Questa forma di N 
sarebbe rilevante, se non potesse nascere il dubbio che si tratti 
solo di inavvertenza del lapidario. Nulla di simile infatto tro- 
viamo in tutte le altre iscrizioni piemontesi nell’alto medio evo, 
anzi la tendenza della N gotica è a condurre l’asta obliqua sol- 
tanto a metà o al di sopra della metà dell’asta verticale destra. 
Così scorgiamo nel monumento funebre di Odilone ed uscendo 
dal Piemonte nell’ epitafio del vescovo Bisanzio in Bisceglie 
(Puglia), mentre in altre iscrizioni pugliesi posteriori il tratto 
obliquo non parte neanche più dal vertice superiore dell’ asta 
verticale sinistra, ma un po’ più su della metà dell’asta sinistra 
medesima. Così in quei monumenti della chiesa di Santa Marghe- 
rita in Bisceglie, illustrati dal Gabotto (1), e di cui si hanno ora 
stupende imitazioni in gesso nel Museo civico di Torino. 

La regolare ed elegante rotondità dell'O del carattere ca- 
pitale dei tempi classici romani non poteva certo conservarsi 
attraverso la rozzezza degl’incisori dell’alto medio evo. Nelle 
iscrizioni piemontesi di quei secoli la lettera O assume tutte le 
forme più contorte, inclinazioni a destra ed a sinistra, curve. 
più larghe e curve più strette, fino alle mostruosità angolari 
delle O del latercolo di Audace. Soltanto nel mosaico d’Acqui 
ed in qualcuna delle O del monumento sepolcrale d’Odilone riap- 
pare l’ovale perfetto: in queste ultime, però, non senza già l’ap- 
puntarsi ad angolo in alto ed in basso proprio del gotico. La 
O di EPISCOPVS ha per due terzi la curva regolarissima: solo 
nel tratto inferiore verso la C della parola EPISCOPVS, la linea 
precipita quasi diritta da sinistra a destra. Nel complesso, però, 
questa O dell'iscrizione di Brunengo non si può collocare tra le 
peggiori, e segna certo un grande progresso, se non sull’epitafio 
di Nalbino e sulle iscrizioni di Gallo e di san Grato, almeno sulla 
lapide di Ariardo e sul latercolo di Audace. Molto migliori in- 
vece sono le O dell’iscrizione di Warmundo. . 

Nelle due P della citata parola EPISCOPVS la curva ele- 


(1) Gasorro, La Chiesa di Bisceglie dal vescovo Bisanzio al vescovo Ni- 
colò, p. 38 segg. Napoli, 1896. Estr. dall’ “ Archivio Storico per le prov. 
Napoletane ,. 


% 
Pali 
UNA ISCRIZIONE INEDITA DI BRUNENGO VESCOVO D'ASTI 175 i 
SE | N e DI 
gante e regolare dell’occhiello si unisce al vertice superiore del- | 
l’asta verticale, spingendosi oltre il medesimo in forma d’apice < 


tendente lievemente in alto, sì da formare addirittura un piccolo 
cuneo sporgente a sinistra. Al vertice inferiore dell’asta verti- 
cale della prima P notiamo un tratto orizzontale brevissimo 
sporgente da ambe le parti; nella seconda P, questo tratto oriz- 
zontale, che limita in basso l’asta verticale, è più lungo e sporge 
assai più a destra che a sinistra. Questa descrizione ci indica 
senz'altro che le due P dell’iscrizione di Brunengo devono rite- 
nersi come onciali, non senza accenni abbastanza pronunciati al 
gotico. Basta paragonarle infatto con le P dell’iscrizione di Odi- 
lone per essere di ciò pienamente persuasi. Qui le diverse iscri- 
zioni subalpine che noi possediamo dal sec. VI all'XI segnano 
tutte le tappe della lettera. Nelle iscrizioni di Gallo, di san Grato, 
di Ariardo, abbiamo ancora la P capitale; in quella di Nalbino 
l’occhiello della P non è chiuso in basso, e la sua curva sporge 
a forma di apice a sinistra dell’asta verticale: in una di queste 
P dell’epitafio di Nalbino abbiamo già la limitazione inferiore 
dell'asta verticale (in questo caso lievemente obliqua da sinistra 
a destra) mediante un piccolo tratto orizzontale. Il latercolo di 
Audace, nella sua rozzezza, ci rappresenta con una delle due P 
uno svolgimento ulteriore: la P_di CORPVS invero in detto 
latercolo è già presso a poco la seconda P di EPISCOPVS nella 
iscrizione di Brunengo, tranne che il tratto orizzontale inferiore 


| è più corto e cuneiforme. La P dell'iscrizione di Warmundo ci 


presenta anch'essa il doppio apice orizzontale in basso dell’asta 
verticale, ma manca di quella codetta a sinistra in alto che è 
carattere della P_onciale: leggiera particolarità. 

Nelle tre R l’occhiello è interamente chiuso, il che confe- 
risce loro un carattere meno arcaico delle KR dell’epitafio di Na]- 
bino e del latercolo di Audace. Però l’asta obliqua perfettamente 
diritta, in due casi terminata al di sopra della linea del vertice 
inferiore dell’asta verticale, e in tutte e tre attaccata diretta- 


mente all'occhiello al punto di contatto della curva di questo 


coll’asta verticale, assegna abbastanza bene il posto dell’ iscri- 
zione di Brunengo nella storia grafica della R in Piemonte. Nelle 
iscrizioni posteriori, come ad esempio in quella di Odilone, dal- 


 l’occhiello si stacca omai una linea ondeggiata e l’apice a si- 
. nistra dell’asta verticale, in alto, che manca in un caso ed è 


i 


P 
, 


CARLO E. PATRUCCO 


forme di quanto non avvenga nella terza KR dell'iscrizione bru- 
nenghiana, cioè in quella di FIERI, che è la parola dove il ca- 
rattere cuneiforme si accentua lievemente presso che in tutte 
le lettere. 

Le sette S presentano presso a poco tutte lo stesso tipo, 
cioè una curva superiore più larga della curva inferiore, e ter- 
minano così all'estremità superiore come all’ inferiore in apici | 
cuneiformi. Fa eccezione la S di VENERABILIS, che ha la 
parte superiore della stessa dimensione dell’ inferiore e per 
giunta chiusa. Anche questa forma della S ha qualcosa che | 
l’avvicina ad un tipo più tardo, scostandolo da quello più ar- 
calco in cui la curva inferiore è più larga della superiore. 
Una S pressochè. identica a quelle della iscrizione di Brunengo 
troviamo nella parola AVGVSTI del monumento funebre di Odi- 
lone, dove però altre 5 terminano inferiormente a curva serpen- 
tina senza apice. 

Curiosa la T: il tratto verticale cade perpendicolarmente 
sulla linea d’incisione senza ricurvatura come nelle T capitali; 
al vertice inferiore però un apice abbastanza lungo si stacca 
verso destra. Al vertice superiore dell’asta verticale abbiamo 
un lungo tratto orizzontale sporgente da ambe le parti: a si- 
nistra leggermente ripiegato all’ insù, mentre a destra a metà 
della sporgenza notiamo un altro piccolo tratto all’ingiù obliquo 
da sinistra a destra. È insomma una forma oscillante fra la 
capitale e l’onciale, che non appartiene nettamente nè all’un ca- 
rattere nè all’altro. Nulia di simile troviamo in nessuna altra 
iscrizione piemontese, onde per questa lettera, di solito tanto 
importante, ci manca il modo di segnare il posto dell’iscrizione 
di Brunengo nella storia grafica lapidaria subalpina. Appena 
nella T di RECESSIT nell’epitafio di Nalbino abbiamo una lon- 
tana (ma molto lontana) analogia. Questa T, infatto, consta di 
un’ asta pressochè verticale, limitata in alto da un tratto oriz- 
zontale sporgente da ambe le parti, però più a destra che a si- 
nistra, ed in basso da un’apice non tanto breve, soltanto verso 
destra. 

Poco mi resta a dire intorno alle V. Di queste, quattro 
sono perfettamente capitali, quantunqne l’asta sinistra sia più 
obliqua all’infuori che l’asta. destra. La medesima forma tro- 


Ì 
4 poco at in un altro, spicca anche più in senso cunei- I 
1 
l 
| 
: 


"a 
UNA ISCRIZIONE INEDITA DI BRUNENGO VESCOVO D ASTI 177 
We 


viamo nella quinta V (prima in BRVNINGVS) tranne che l’an- 
golo delle due aste è leggermente schiacciato da un piccolo 
tratto sporgente specialmente verso destra. Fra le due aste si 
nota inoltre un piccolissimo semicircolo di cui non saprei spie- 
gare il valore: si tratta forse di una scalfittura accidentale. 
Importante la sesta V (in VMILIS), in cui la parte sinistra an- 
zichè da un’asta obliqua è costituita da una curva rassomigliante 
alla parte superiore di un S che venga a cadere all'estremità 
inferiore dell’asta obliqua di destra. Questo tipo di V, però assai 
meno spiccato, s'incontra nella parola “ VI , dell’iscrizione di 
Ariardo, ed accenna lontanamente e più leziosamente alla forma 
onciale di questa lettera. : 

Mi rimane a dire brevemente della parola ELIV e del gra- 
fito EGO IOANNI. 

Nella prima, abbiamo la solita forma della E dell'iscrizione 
brunenghiana: però le apici assumono una forma più spiccata- 
mente cuneiforme, ed il tratto orizzontale inferiore si prolunga 
notevolmente all'infuori a sinistra, però da questa parte senza 
apice. La L è identica a quella di VENERABILIS, anche qui 
colle apici più cuneiformi; la I, come la seconda I di FIERI; 
la V, del tipo più frequente. La incisione è probabilmente sin- 
crona a quella dell’iscrizione di Brunengo, ed è assai probabile 
che il nome ELIV sia quello del lapidario. 

Quanto all’EGO IOANNI non presenta di notabile che la 
E (che sembra incisa, e non semplicemente grafita) e la G, en- 
trambe perfettamente onciali. Intrattenerci di più su questa pa- 
 rola mi pare inutile, trattandosi molto probabilmente di un ca- 
priccio, senza relazione coll’insieme della lapide. 

Ed ora fermiamoci un momento a considerare quest’ iscri- 
zione dal lato storico, cercando di vedere quali vantaggi la storia 
può trarre da essa. L'iscrizione, così come si trova attualmente 
non è una iscrizione sepolcrale, come fu creduta all’epoca della 
sua scoperta: essa invece ci si presenta sotto forma di una 
lapide commemorativa di una opera del vescovo astese. Che cosa 
fece fare il vescovo Brunengo che meritasse il ricordo della la- 
pide commemorativa? Le due date estreme certe, tratte da docu- 
menti indiscussi (1) intorno all’episcopato di questo vescovo, sono 


(1) Creora, Di Brunengo, pp. 355 e 364. 
Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 12 


178 4 CARLO E. PATRUCCO 


n°) 


gli anni 937 e 965, comprendendo così all’incirca un trentennio 
di storia astigiana. Di tutto questo periodo ben limitate sono 
le nostre cognizioni, poichè pochi sono i documenti conservati 
che riguardano Brunengo; ma qualche ipotesi, forse non troppo 
lontana dal vero, parmi possa farsi a proposito della lapide 
nostra. 

Là dove la lapide fu rinvenuta, come ho notato in prin- 
cipio, sorgeva l’antica cripta di san Secondo, vescovo d’Asti, in- 
torno alla quale il Cipolla pubblicò pure documenti assai im- 
portanti (1). Dal lavoro del mio maestro risulta l’esistenza di 
una tradizione locale che attribuiva al vescovo Brunengo la 
traslazione del corpo di san Secondo dalla Cattedrale nel luogo 
dove sorge la chiesa attuale dedicata al Santo, onde ne nasce- 
rebbe essere stato quel vescovo il fondatore della cripta. Il Ci- 
polla dimostra esclusa affatto la traslazione attribuita a Bru- 
nengo (2), e stabilito con non piccola: probabilità che la chiesa 
di S. Secondo debba la sua origine ad una “ memoria , eretta 
sin dai tempi più vetusti sopra il venerato sepolcro del martire. 
Ora la scoperta della lapide di Brunengo induce ad una conget- 
tura che sembra essere assai fondata, e che risolverebbe tutte 
le difficoltà che ancora rimangono. Dall’iscrizione brunenghiana 
e dal luogo ove fu trovata risulta che il vescovo Brunengo in 
questo luogo stesso fece costrurre qualche cosa: niente di più 
probabile che il “ qualche cosa , sia la cripta, la quale, per quel 
poco che ne sappiamo, presenterebbe i caratteri dei sec. X-XI, 
come quella che ancor rimane quasi intatta nella chiesa della 
Abazia di Cavour. Quando alla memoria primitiva fu sostituita 
la cripta, è evidente che il corpo di san Secondo dovette per un 
certo tempo venire trasportato altrove per dar luogo ai lavori; 
nè altrove può essere stato provvisoriamente trasportato, fuorchè 
nella Cattedrale. Anche potrebbe darsi che questo ritiro del 
corpo di san Secondo dentro la cerchia delle mura avesse qualche 
relazione colle incursioni saraceniche, delle quali finita la maggior 
furia, il vescovo Brunengo, volendo riportare a suo luogo i resti 
del martire, avrebbe fatta edificare la cripta e compiuta quindi 


(1) Ibidem, p. 507. 


è iene anrtiniite 


(2) Ibidem, p. 485. Cfr. anche Bosro, Storia della Chiesa d'Asti, pp. 54 I 


segg. Asti, Michelerio, 1894. 


WR Accad delle Se.di Torino=VoL_LLIVI 


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C.P/ TRUCCO-Una iscrizione inedita di Brunen 
Ì Vescovo d'Asti. 


(X '09S) ILSY.A OAOOSTA OONANNUE I0 IdV] VI 


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SIMnSTETINISONA A 


, 


a 
UNA ISCRIZIONE INEDITA DI BRUNENGO VESCOVO D ARI 
la ritraslazione. Ad opera finita, gli avanzi del martire furono 


poi naturalmente riportati con grande solennità nel nuovo edificio 
sacro, eretto sul luogo del suo martirio. Di qui appunto sarebbe 
nata la tradizione della traslazione e dell’anterior sepoltura del 
corpo del martire nella Cattedrale. I diplomi imperiali che par- 
lano del corpo del Santo nella chiesa di S. Maria prima e dopo 
i tempi di Brunengo hanno probabilmente subìto alterazioni al 
riguardo, seppur non siano del tutto falsi. Tutto ciò avrebbe 
bisogno di maggior esplicazione e documentazione, ma per questo 
motivo stesso non mi è possibile trattare a fondo la questione 
nella presente circostanza. Mi riserbo di tornare su questo ar- 
gomento in altro lavoro, tranne che la scoperta e la pubblica- 
zione, che qui faccio, della epigrafe di Brunengo non invogli il 
Cipolla a tornar egli colla sua magistral competenza sull’argo- 
mento. A me basti mettere innanzi quest’'ipotesi, che 1°“ hoc 
fieri iussit , della lapide brunenghiana si riferisca alla cripta 
di S. Secondo. Anche per questo lato, dunque, l’iscrizione riveste 
notevole importanza (1). 


(1) Chiedo venia al lettore di aver limitato i confronti ad un numero 
relativamente ristretto di iscrizioni, ma non mi è stato possibile far di più 
lavorando fuori di una grande città, e non essendo facile procurarmi anche 
in prestito libri con facsimili. Ho cercato di fare del mio meglio, per dare 
una pallida idea della storia del carattere lapidario in Piemonte nell’alto 
medio evo, in relazione colla lapide di Brunengo vescovo d’Asti. 


L fn de 


L 


IT, i "all GAETANO DA RE 


Un ignoto Scaligero. 
Nota di GAETANO DA RE. 


Quel Guglielmo Scaligero, del quale un'iscrizione esistente 
nella canonica di Salizzole, in provincia di Verona, narra che 
ordinò l'erezione e la dotazione di un altare, era quando morì 
“ iuvenis corpore ,; onde Carlo Cipolla giustamente conchiuse 
ch’egli non poteva essere il Guglielmo signore di Verona, giacchè 
questi al tempo della morte nel 1404 era per lo meno sui cin- 
quant’ anni, trovandosi menzionato il 23 novembre 1359 nel 
testamento di Cangrande II suo padre; e propose invece, in 
forma dubitativa per la mancanza di documenti, quell’altro Gu- 
glielmo, il quale, secondo la genealogia scaligera di Alessandro 
Canobbio, viveva nel 1340 ed era figliuolo di Giuseppe (1). La 
congettura con quei dati era ragionevole. Noto soltanto che se 
l'iscrizione di Salizzole fosse veramente, come pare per criteri 
paleografici, della seconda metà del secolo XIV verso il 1370, 
la ragione cronologica anche per questo secondo Guglielmo sa- 
rebbe alquanto sfavorevole. Giuseppe della Scala, l’abbate di 
S. Zeno cui Dante per bocca di un abbate antecessore fiera- 
mente bollò chiamandolo senza proferirne il nome “ mal del corpo 
intero — e della mente peggio e che mal nacque , morì nel 
1313 (2). Supponendo pure che il figliuolo Guglielmo, se è ve- 
ramente esistito, sia nato nel 1313 od anche postumo nei primi 
mesi del 1314, egli avrebbe nondimeno compiuto i cinquanta 
anni nel 1363 o 1364, e quindi al tempo della morte non molto 
lontano, com’è verisimile da quello dell’iscrizione, non sarebbe 
stato neppur lui “ iuvenis corpore ,. Comunque sia, merita forse 


(1) C. Creorta, Iscrizione Scaligera di Salizzole nel Veronese, in “ Ar- 
chivio Veneto ,, tomo VIII, Venezia, 1874, p. 375. 

(2) G. GeroLa e L. Rossi, Giuseppe della Scala, in “ Annuario degli Stu- 
denti Trentini ,, anno V, 1898-99, p. 35. 


UN IGNOTO SCALIGERO dò è 181 


la preferenza un terzo Guglielmo della Scala d’una generazion@ © Li 
di mezzo, ignoto ai genealogisti, ma ricordato da documenti. 

Si sa che Mastino II non si astenne dagli amori. Oltre i 
figliuoli datigli dalla moglie, n’ebbe non pochi da altre donne: 
Fregnano che fece la mala finita nella rivolta contro Cangrande II 
del 1354, Aimonte che fu fatto canonico, Pietro vescovo e pa- 
recchi altri. La sola Zilia Altemanno o Dalla Legge gliene diede 
tre: Guglielmo, Tebaldo e Caterina. 

La famiglia Altemanno era certamente a Verona fin dal 
secolo XIII. Un dottore Bernardo di Altemanno fu condotto dal 
Comune di Verona per l'insegnamento delle leggi nel 1271 (1). 
Questi fu padre di Nicolò, pur dottore di leggi, al tempo del 
quale la famiglia cominciò a chiamarsi Dalle Leggi o Dalla 
Legge, senza però lasciare del tutto il primo cognome. Nicolò 
generò Veronesio, Bernardo ed Antonio. Antonio ebbe Alberto, 
dal quale nacquero un altro Antonio e Chiara, che sposò Gio- 
vanni Pellegrini (2). Il secondo Bernardo fu padre di Zilia, 
l'amica di Mastino. I Dalla Legge, tranne Veronesio e l’ultimo 
Antonio, abitarono nella contrada di S. Maria in Chiavica con- 
. finante con S. Maria antica e però non molto jlungi dai palazzi 
scaligeri. La Zilia era già morta nel 1371 (3). La figliuola Ca- 


(1) Grorero BoLoGnini, L'Università di Verona e gli Statuti del secolo XIII, 
a p. 170 della Miscellanea per le nozze Biadego Bernardinelli, Verona, 1896. 

(2) Accenno qui alcuni documenti degli Antichi Archivi Veronesi che 
provano questa genealogia. 1285 dicembre 1 “ In domo dni Nicolai a Le- 
gibus condam Bernardi de Altemanno , S. Cristoforo, rotolo n. 65. — 1299 
luglio 15 £ Nicolaum legum dotorem (sic) q. bone memorie dni Bernardi 
de Altemano legum dotoris, S. Giovanni della Beverara, rot. n. 40. — 
1325 gennaio 28 “ Dominus Veronesius dni Nicolay a Legibus de S. Paulo , 
S. Maria delle Vergini, rot. n. 24 app. -- 1351 ottobre 27 “ Dni Bernardus 
et Anthonius fratres filii condam dni Nicolai de Altemanno de Saneta Maria 
in Clavica, Mensa Vescovile, Investiture vol. II, 86. — 1379 “ Albertus 
filius condam dni Anthonit a Lege de Claviea , Orfanotrofio femminile, Ab- 
bazia di S. Zeno a e. 77 del “ Liber introitus, del 1379. —, 1387 (ag. 25) 
“ Nobilis vir Anthonius condam dni Alberti a Lege , fa testamento isti- 
tuendo erede sua sorella Chiara. Murari, rot. n. 19. 

(3) Nel Liber Catasto della Chiesa del S. Sepolero di Verona dell’anno 
1371 a e. 70 », tra le partite dei livellari di Tregnago, si legge: I Heriexi 
de Rigo da Trignago die pagar per lo Testamento de Madona Gilia da la 
Lege m. 1. quart. 10 de fr. ,. — Antichi Archivi Veronesi, Commenda di 
Malta. 


182 en "+ GAETANO DA RE 


| ‘*»—’‘erina sposò Aldrighetto di Castelbarco (1). Tebaldo (2), che fu 
cavaliere e morì nel 1383 0 in principio del 1384 (3), lo trovo 
ricordato in molti documenti, in tre dei quali si fa menzione 
anche del fratello Guglielmo. 

Il primo documento è un atto amministrativo. Il 28 lugdil 
1350 il notaio Bernardo di maestro Libera grammatico, ufficiale 
ai conti, ordinò a Bartolomeo Cevolari massaio dei beni propri 
“ dni dni Mastini de la Scala nec non Thebaldi, Guilielmi et 
Aymontis fratrum et filiorum dicti domini, di ricevere dal- 
l’esattore e spenditore Mondino Baiamondi sei lire, un soldo e 
dieci denari per saldo di amministrazione del 1349. La ren- 
dita particolare di Guglielmo era stata nel detto anno di 
650 lire veronesi (4). Il secondo è un’ investitura feudale del 
27 ottobre 1351. Bernardo ed Antonio fu Nicolò di Altemanno 
e 1 loro maggiori avevano avuto in feudo dal vescovo di Ve- 
rona la curia, pertinenza e territorio di Castelvero (ora frazione 
di Vestenanuova) e S. Salvatore, la decima di Vestena e ragioni 
decimali sopra alcune terre a Mezzane di sotto. Bernardo era 
morto lasciando una figliuola di nome Zilia e Tebaldo e Guglielmo 
figliuoli di essa Zilia e di Mastino della Scala (5). Il vescovo,. 
Pietro della Scala, investì di una metà di quei beni il predetto 


(1) Aressanpro CanoBsio, Famiglia Scaligera di Verona, Verona, Tamo, 
f. v. — Riccarpo PrepeLLIi, I Libri Commemoriali della Republica di Venezia 
regesti, tomo III, Venezia, 1883, pag. 308, 309. 

(2) Tebaldo di Mastino è registrato da Antonio Torresani al n. 136 
della Scalanorum principum generis tabella (Ms. 876 della Comunale di Verona). 

(3) Tebaldo teneva dalle suore minori di S. Maria delle Vergini di 
Campomarzo di Verona una possessione in pertinenza di S. Stefano di Vol- 
pino. Dopo il 1383, come attestò il 24 dicembre 1392 Francesco di Meledo 
già fattore di Antonio dalla Legge, l’ebbe e ne pagò il fitto Antonio della 
Scala. Ma ciò avvenne (secondo la testimonianza 6 febbraio 1393 di Fran- 
cesco di Piazza Maggiore ch’era stato fattore estrinseco della fattoria di 
Verona) dopo la morte di esso Tebaldo: “ipso mortuo postea dnus An- 
tonius de la Scala habuit bona dieti dni Thebaldi ,. Antichi Archivi Ve- 
ronesi, S. Maria delle Vergini, nel processo S. Stefano di Volpino. 

(4) Antichi Archivi Veronesi, Campagna Sommariva, rot. n. 99. 

(5) “ Cumque dictus do. Bernardus deceserit et viam sit universse carnis 
ingressus superstite seu superstitibus dna Gilia eius filia et Thebaldo et 
Guilielmo fratribus filiis dicte dne Cilie et condam Magnifici dni dni Ma- 
stini de la Scala ,... (Ant. Arch. Ver. Mensa Vescovile, Invest. II, 86). 


UN IGNOTO SCALIGERO ‘ 183 


Antonio e dell’altra i detti Tebaldo e Guglielmo. Inoltre con sia: 
istromento dello stesso giorno il vescovo diede in locazione ad 
essi Antonio, Tebaldo e Guglielmo due pezze di terra in perti- 
nenza di S. Bonifacio. In quest’ ultimo documento si ripetono 
con altre parole le medesime notizie degli Altemanno date dal- 
l’investitura feudale (1). 

Guglielmo che non si trova più ricordato dopo il 1351, può 
esser morto giovane. Noto che un podere tenuto nel 1352 dalla 
madre in quel di S. Stefano di Volpino passò a Tebaldo, come 
è provato da una bolletta pel pagamento del fitto del 1376 alle 
suore di S. Maria delle Vergini di Verona e da documenti po- 
steriori (2). Similmente, essendo i Dalla Legge come vassalli del 
monastero di S. Zeno per beni in Trevenzuolo, obbligati alla 
annua ricognizione d’una libbra di pepe, nel Liber introîtus del 
monastero del 1379 si trovano iscritti Alberto fu Antonio dalla 
Legge per sei once ed il solo Tebaldo della Scala per le altre 
sei (3). Finalmente, in un istromento 31 agosto 1339, col quale 
per commissione del consiglio maggiore e della casa dei mer- 
canti, di Verona, furono ceduti alcuni beni e diritti in paga- 
mento ai cittadini che avevano prestato denari al Comune, si 
notano tra i mutuanti della contrada di Chiavica Bernardo ed 
Antonio dalla Legge per 3360 lire veronesi (4), ed in un re- 
gistro del 1379 appariscono come loro successori Antonio fu 
Alberto dalla Legge per una metà della detta somma e per 
l’altra Tebaldo della Scala (5). Di Guglielmo nessun cenno. In 
questi tre casi del 1376 e 1379, le ragioni di Zilia dalla Legge 
e di suo padre Bernardo erano dunque rappresentate dal solo 
Tebaldo; il che se non prova con assoluta certezza, è però forte 
indizio che Guglielmo non vivesse più. Non se ne sa veramente 


(1) Ant. Arch. Ver. Mensa Vescovile, ibidem. 

(2) Ant. Arch. Ver. S. Maria delle Vergini. proc. S. Stefano di Volpino. 

(3) Ant. Arch. Ver. Orfanotrofio femminile, Abbazia di S. Zeno, 5-2 ® 
c. 77. — Anche nell’Auctenticum sive Memoriale tocius introitus del mona- 
stero del 1315, con annotazioni che indicano i contribuenti di poi, non è 
registrato Guglielmo, ma “ do. Tebaldus natus olim magnifici dni dni Ma- 
stini et dne Zilie a Lege , per le dette sei once di pepe (Ibidem, 1-5, c. 27). 

(4) Ant. Arch. Ver. Università Cittadini, rot. n. 13. 

(5) Ant. Arch. Ver. Ibidem “ Liber omnium civium quibus date fuerunt 
in solutum carceres communis Verone, mercatum fori, etc. a ce. 6. 


Ti. è 


184 GAETANO DA RE — UN IGNOTO SCALIGERO 


iicno l’anno della nascita, ma supponendo pure ch'egli sia 
nato nel 1326 quando Mastino, suo padre, non aveva che l'età 
di 18 anni, poichè si ha indizio ch’ esso Guglielmo nel 1376, 
cioè anche in codesta ipotesi prima d’avere cinquant'anni, fosse 
già morto, si potrà congetturare che sia morto giovane e sia 
quindi Guglielmo Scaligero dell’iscrizione di Salizzole. Valga in 
ogni modo la presente noterella quale tenue contributo alla 
storia genealogica della famiglia della Scala. 


L’Accademico Segretario * 
RopoLro RENIER. 


Torino — Vincenzo Bona, Tipografo di S. M. e de’ RR. Principi. 


CLASSE 


DI 


SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI 


NI OP 0 
Adunanza del 2 Dicembre 1900. ha it 


PRESIDENZA DEL SOCIO SENATORE PROF. GIUSEPPE CARLE 
PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA 


Sono presenti i Soci: Cossa, vice-presidente dell’Accademia, 
Bizzozero, Direttore della Classe, BerruTI, D’Ovipio, Mosso, 
Spezia, CAMERANO, SeGrE, PeANO, JADANZA, Foà, GUARESCHI, 
Guipi, FrLeti, PARONA e Naccari Segretario. 

Il Segretario legge l’ atto verbale della precedente adu- 
nanza che viene approvato. 

Il Segretario fa menzione delle opere seguenti inviate in 
dono all'Accademia dagli autori: 

La paura, sesta edizione, del Socio Mosso, 

Osservazioni e ricerche sulle Cynomosiaceae Eich., del Socio 
corrispondente PrrortA e del dott. B. Loxnco, 

Osservazioni stratigrafiche a proposito delle fonti di S. Pelle- 
grino, del Socio corrispondente TARAMELLI, 

Zur Bestimmung kleiner Flichenstiicke des Geoids aus Lothab- 
weichungen, del Socio corrispondente HELMERT, 

Elemente der (Gesteinslehre, del Socio corrispondente Rosen- 
BUSCH, 

Raccolta Voltiana pubblicata dalla Società storica comense. 

Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 18 


186 


Il Socio GuaAREScHI presenta una nota del dott. Edoardo 
PrANO, intitolata: Alcuni derivati del dietilchetone. Sarà inserita 
negli Atti. 

Il Socio Gumi presenta per il volume delle Memorie un 
suo scritto intitolato: Esperienze sull’elasticità e resistenza di con- 
glomerati di cemento semplici ed armati. Se ne approva la lettura 
‘e la inserzione nei volumi delle Memorie. 
| “Il Socio Bizzozero legge anche a nome del Socio Foà la 
relazione intorno alla memoria del dott. Donato OTTOLENGHI, 
intitolata: Contributo alla istologia della glandula mammaria fun- 
zionante. La relazione è favorevole alla lettura della memoria. 
Compiuta questa, si approva la stampa della memoria nei vo- 
lumi accademici. 


Pi BZ Sei VANE ARIE Mine pe TTI TO o —_ o _—_— e _'—r Eee 


TT 


EDOARDO PEANO — ALCUNI DERIVATI DEL DIETILCHETONE 187 


LETTURE 


Alcuni derivati del dietilchetone. 
Nota del Dott. EDOARDO PEANO. 


Per azione dell’etere cianacetico sui chetoni in presenza di 
ammoniaca si formano dei derivati cianici della glutarimide, che 
si possono rappresentare colla formula generale (1): 


R dar 
Ng 
C 
Pa dI 
CN. por SL 0 .CN 
| | 
Oxa. a 700 
iS 
NH 


e considerare come iîmidi di acidi aadicianglutarici bisostituiti în B): 


RR 
Ne 
HOCOCH. CN.C.CNCH.COOH 


Prima però si ha, come composto intermedio, il sale di am- 
monio corrispondente: 


R R' 
i seri 
i C 


‘ di: dA 
i peg \CH.CN 


a! 
N—NH' 
(1) I. GuarescHI, Nuove ricerche sulla sintesi di composti piridinici e la 
reazione di Hantzsch, “ Atti della R. Accademia delle scienze di Torino ,, 
21 febbraio 1897, volume XXXII. 


» 


188 EDOARDO PEANO 


Questi sali di ammonio sono instabilissimi e per azione del- 
l’acqua si trasformano in derivati cianici della glutaconimide: 


R 


C 


a 
PERLA NC. CN 


Pl 
N — NH 


I derivati cianici della glutarimide per l’azione del bromo 
dànno composti bibromurati, che col calore perdono tutto il 
bromo e promuovono il collegamento di due atomi di carbonio 
dando origine a un anello trimetilenico (1): 


R ’ 
Sato 
C 


a 


d 


‘da 
ON. 27 CON 


OC\ 7/00 


Per consiglio del prof. Guareschi ho studiato l’azione del 
dietilchetone sull’etere cianacetico in presenza di ammoniaca: 


TY-dietil-BR'dician-aa'diossipiridina. + 


Posi a reagire gr. 12.5 (1 mol.) di dietilchetone, gr. 32.8 
di etere cianacetico (2 mol.) e cm* 85.4 (3 mol.) di ammoniaca 
alcoolica, contenente ogni cm, gr. 0,0867 di gas ammonico. 

Il miscuglio già dopo una mezz'ora cominciò a ingiallire e 
in seguito sempre più, nel tempo stesso che s’andava formando 
una massa solida con punto di fusione 121° corrispondente alla 
cianacetamide formatasi per reazione parziale dell’ etere ciana- 
cetico sull’ammoniaca. Dopo avere separata per filtrazione la 


(1) I. Guarescni ed E. Granpe, Sintesi di derivati glutarici e trimetilenici, 
“ Atti della R. Accad. delle Scienze di Torino ,, 18 giugno 1899, vol. XXXIV. 


nico _Miest 


DE 
ALCUNI DERIVATI DEI DIETILCHETONE 189 


cianacetamide lavandola rapidamente sul filtro con poca acqua, 
trattai il filtrato con acido cloridrico a 1.06. Il precipitato rac- 
colto per filtrazione alla pompa, lavato e compresso sotto il 
torchio, pesava gr. 7.2 mentre se ne sarebbero dovuti teorica- 
mente ottenere gr. 31. 

Questo minor reddito va attribuito alla grande quantità di 
cianacetamide che si forma nella reazione e che cristallizza. Il 
prodotto, cristallizzato due volte dall'acqua bollente, polverizzato 
e seccato su H°SO* e a 100° sino a peso costante, diede all’ana- 
lisi i seguenti risultati: 

I. Gr. 0.11 di sostanza diedero 18.7 cm? di N a 11° e 739 mm. 
II. Gr. 0.117 fornirono gr. 0.2595 di CO? e gr. 0,0635 di H°0. 


Da cui: 
I II Calcolato per C4'H!8N?0? 
== 60.48 —— 60.27 
H=- 6.03 n 5.93 
Ne 19.57 19.19 


La Yr-dietil-BB'-dician-aa'diossipiridina cristallizza in lamine 
sottili, leggiere, splendenti, incolore, fusibili a 200° in un liquido 
incoloro. Pochissimo solubile in acqua fredda, discretamente in 
acqua bollente: (1:75); insolubile a freddo in alcool di diverse 
concentrazioni, solubilissima invece a caldo anche in alcool 20 °/o, 
insolubile in etere etilico e in benzene. 

Altre esperienze dirette a ottenere una maggiore quantità 
di prodotto, sia scaldando il miscuglio a b. m. a 50°, sia im- 
piegando ammoniaca acquosa e agitando con turbina Rabe, die- 
dero risultati ancora meno soddisfacenti producendosi quantità 
sempre più grandi di cianacetamide. 

La ry-dietil-BB'dician-aa'diossipiridina allo stato di sale am- 
monico si è formata secondo l'equazione: 


C?H5 C*H5 C?2BR5 CH? 
du A NieA 
co o 
PA 
CN.HHC CHH. CN CN.HC/" \CH.CN 
—=20*H'0H+H?0+ | | 
O*H"00C CO0C*H" OCN} 1»/00 


dor 
2NH* N—NH' 


190 EDOARDO PEANO 


Sale d’argento. — Dal sale ammonico con nitrato di ar- 
gento si ha un precipitato bianco. 


Gr. 0.1833 di sale seccato a 100° sino a peso costante fornirono 
gr. 0.0609 di Ag. 


Da cui: 
trovato calcolato per C!H!°AgN?0? 
Ag °/o 33.22 33.12 
Sale cuproammonico. — Dal sale ammonico con acetato di 


rame ammoniacale: cristalli azzurro-violetti. 


Gr. 0.2688 di sostanza secca su CaCl* diedero gr. 0.0366 di Cu0. 
Gr. 0.0938 di sostanza diedero cm? 20.2 di N a 14° e 738 mm. 


Da cui: 
trovato calcolato per (C!'5H!*N?C*),Cu . 4NH?. H?0 
Cu °/o 10.93 10.84 
N totale °/o 24.4 23.9 


Acidità della r-dietil-BR'dician-aa'diossipiridina. — La ho 
calcolata come Na0H. 


Gr. 0.318 di sostanza secca, sciolti in alcool a 90° richiesero 
em° 14.7 di soluzione ® di Na0H. 

Gr. 0.175 di sostanza sciolta in alcool a 90° richiesero cm? 8.1 
di soluzione RI di Na0OH. 


Da cui: 
I II calcolata per 1 mol. NaO0H 


Acidità °/o 18.49 18.50 18.26 


La 1r-dietil-BB'dician-aa'diossipiridina neutralizzata con am- 
moniaca e in contatto dell’ acqua si decompone in etano e nel 
sale di ammonio della vy-etil-BB'dicianglutaconimide (1), nel tempo 
stesso che si forma dell’ acido cianidrico per una reazione se- 
condaria. 


(1) Questo composto venne ottenuto anche dal dott. Treves (Alcuni de- 
rivati delle aldeidi propilica ed isobutilica, “È Atti della R. Accad. delle Scienze 
di Torino ,, vol. XXXIV, aprile 1899) per azione dell’etere cianacetico sul- 
l’aldeide propilica in presenza di ammoniaca. 


ALCUNI DERIVATI DEL DIETILCHETONE 191 


Dopo avere neutralizzato con NH? fino a reazione lieve- 
mente ancora acida circa 1 gr. di yr-dietil-BB'dician-aa' diossipi- 
ridina polverizzata e sospesa in poca acqua, filtrai rapidamente 
il liquido e lo introdussi sul mercurio in una campanella gra- 
duata munita di robinetto. Dopo 48 ore si erano sviluppati 
cm 19 di gas e dopo 11 giorni si avevano 23 cm? di gas alla 
temperatura di 10°,5 e alla pressione di 730. Travasato il gas 
ne introdussi circa cm° 5 nell’eudiometro di Bunsen per farne 
l’analisi. Ebbi i risultati seguenti: 


I. Analisi: 


DRERITO pie sog, i 0, 4 16.82 
CCIAA AEREO 98.84 
Gas:-0' +aià cop, a MIRIULLOA | 259.66 
Gas dopo combustione . . . . . . 216.42 
Gas dopo introduzione di KOH . . . 184.30 

trovato calcolato 
Ossigeno totale . . . . 58.54 58.87 
Ussigeno per Cf . 0. . 32.12 33.64 
Ossigeno per H_. . . . 26.42 25.23 
Contrazione . . . . . . 43.24 42.05 


Facendo il volume = 1: 


trovato calcolato 
Ossigeno totale . . . . 3.48 3.5 
Ossigeno per CC. . . . 1.91 2. 
Ossigeno\per H._. . ._. 1.97 1.5 
Congrazione (.4%.21. im _ © SAT 2.5 

II. Analisi: 

PIRRO i 4 15.76 
une Sitnavo diorasib bi aicisati 118.8 
Gaob-0:Hha aria dhe piera nero: b' 4 264.16 
Gas dopo combustione . fa, 226.44 


Gas dopo introduzione di KOH . ULT 195,57 


192 EDOARDO PEANO 


trovato calcolato 
Ossigeno totale consumato . 52.83 55.16 
Ossigeno; per 0... .. ..... 30.87 31.52 
Ossigeno per H_. . . . 21.96 23.64 
GOIEE SEO 170 De, SERA 37.72 39.4 


Facendo volume = 1 
trovato calcolato 


Ossigeno totale consumato. —3.35 3.5 
Ossigeno per C. . . . 1.95 2. 

Ossiseno per He. i 1.88 1.5 
WORBESLIOnNet 0, 2.99 2.5 


Dunque il gas analizzato era etano puro. 

Da 1 gr. di lamine avrei dovuto ottenere cm° 101.4 di gas 
etano, e avendone invece ottenuto solo cm? 23, si è pensato di 
cambiare le condizioni dell'esperienza, facendo uso del latte di 
magnesia, anzichè dell’ammoniaca. Gr. 0.1 lamine polverizzate 
e neutralizzate con latte di magnesia dopo 15 giorni fornirono 
cm° 9 di gas invece di cm° 10,14 calcolati. In queste condizioni 
dunque si ha uno sviluppo quasi teorico, sebbene lento, di etano, 
nel mentre che si forma dl sale di magnesio della v-etil-BB' dician- 
glutaconimide. 

L’etano formasi a spese di un radicale y etile e dell'atomo 
di idrogeno in 8: perciò fra y e R si stabilisce un doppio le- 
game: 


dialisi C°R° 
bo, 
C 
ZIN /YN 
ON RO” \\CH.CN CN.HC/ XC. CN 
3 B | sat | p' BI 
tere opa ai n has 
O0C\ prati OC\ / 00 
NH N— NH* 


Dopo avere preparata una discreta quantità di sale di am- 
monio della y-eti/-B8'dicianglutaconimide cristallizzandolo da po- 
chissima acqua, lo analizzai: 


Gr. 0.0928 di sostanza diedero cm? 23.2 di N a 21°.5 e 735 mm. 


/ 
/ 


ALCUNI DERIVATI DEL DIETILCHETONE 193 


Da cui: 


trovato calcolato per C°H!'°N*0* 
N %o 27.20 27.18 


Il sale di ammonio della y-etil-BB'dicianglutaconimide cristal- 
lizza in masse sferoidali bianche, fonde a temperatura elevata, 
è solubilissima in acqua specialmente a caldo. 


Derivato bromurato della 1r-dietil-BB'dician-aa' diossipiridina. 
La y-dietil-BB'dicianaa' diossipiridina in soluzione acetica reagisce 
colla soluzione acetica di bromo abbastanza prontamente poichè 
il liquido si scolora. Da gr. 3 di v-dietil-BR'dician-aa'diossipiri- 
dica sciolti in circa 150 cm° di acido acetico glaciale, trattati 
con la corrispondente calcolata quantità di bromo (gr. 4.38) 
sciolto in 8 em? di acido acetico glaciale, per aggiunta di acqua 
al liquido giallognolo, ottenni gr. 3.3 di derivato bromurato, 
mentre ne avrei dovuto ottenere 5. La reazione avviene così: 


C®H5 C*B5 C®H5 C°H* 
‘AA dC 
CN.H0/° \CH.0N ON.BrIO/ NCBr.CN 
| A + 2Br=2HBr+ Lo li 
OC\\ 700 OC\\ 7/00 
= A 
NH NH 


Gr. 0.158 di sostanza ben secca fornirono gr. 0.1569 di AgBr. 


Da cui: 


calcolato per C!'H'!Br°N°0® 
Br= 42.21 42.44 


Il derivato bromurato della Yx-dietil-BB'dician-aa' diossipiridina 
cristallizza in prismi corti e pesanti, fusibili a 182° con svi- 
luppo di bromo. 


Imide 3.3dietil.1.2diciantrimetilendicarbonica. — Il derivato 
bromurato in soluzione acetica scaldato a b. m. perde facilmente 
il suo bromo; e dopo raffreddamento si hanno bellissimi eri- 


194 EDOARDO FEANO 


stalli di grosse dimensioni, che lavati e ricristallizzati dall’acido 
acetico non dànno più la reazione del bromo. Ottenni una di- 
screta quantità di questi cristalli evaporando a b. m. le acque 
madri della preparazione del composto bromurato. Il metodo 
migliore di operare è quello di sciogliere il derivato bromurato 
in acido acetico al 50 9/o. 

All’analisi diede: 


I. Gr. 0.0797 di sostanza secca fornirono cm? 14.2 di N a 19° 
e 729 mm. 

II. Gr. 0.1447 di sostanza secca diedero gr. 0.3226 di CO? e 
gr. 0.0702 di H°O. 


Da cui: 

I II calcolato per C'1H!!N30? 
G= 60.80 _ — 60.82 
Wa 5.38 _— 5.06 


Nes —_— 19.5 19.35 


Si forma nel modo seguente: 


C*H® (35° C*H°: C*B5 
NE Ae 
ZEN rp: 
ON.BrC/ XNCBr.CN CN .C/4 2XC.CN 
(8° B] pra ii 
a a | | 
OCN /C00 OC\ /00 

Met 
NH NH 


Si può considerare come l’imide dell'acido dietil-diciantrime- 
tilenico : 
C'E CH 
di (ef 


C 


3 


0 
CN. 1 NC. CN 
| 
COOH COOH 


L’imide 3.3dietil-1.2diciantrimetilendicarbonica cristallizza dal- 
l’acido acetico al 50 °/, in cristalli grossi, fusibili a 202° in un 
liquido colorato in bruno. 


ALCUNI DERIVATI DEL DIETILCHETONE 195 


Sale d’argento. — Dal sale ammonico con AgNO? si ha un 
precipitato bianco. 


Gr. 0.2148 di sostanza secca fornirono gr. 0,0714 di Ag. 


Da cui: 
calcolato per C!'H'N°0?Ag 
Ag °/o 33.24 33.98 


Acidità dell’imide 3.3dietil-1.2diciantrimetilendicarbonica cal- 
colata in NaOH: 
Gr. 0.743 di sostanza secca sciolti in 10 cm? di alcool a 90° 
richiesero cm} 3.5 di soluzione DI di Na0OH. 
Da cui: 
calcolata per 1 mol. NaO0H 
Acidità °/o 18.8 18.4 


Azione della soda caustica sull’imide 3.3dietil-1.2diciantrime- 
tilendicarbonica, per distillazione in corrente di vapor acqueo. 


Gr. 1 di sostanza con 2Na0H in soluzione al 2°/ fornì 
gr. 0.07905 di NH?. 


Da cui: 
trovata calcolata 


NH? °/, 7.905 7.88 


La scomposizione con 2NaOH avviene così: 


C*H° C*B' C°H° C*B° 
è A 4 
£ id Pai» Wi 
cn.c/Î_XNce.cn cn.c/#_No.cn 
| +2Na0H=NM"+ | | 
OC\. 00 COONa COONa 
NH 


Formasi il sale di sodio dell'acido 3.3dietil-1.2diciantrimeti- 
lendicarbonico. 


196 


Relazione sul lavoro presentato dal dott. Donato Orro- 
rengHI: Contributo alla istologia della ghiandola mam- 
maria funzionante. 


Il D' Ottolenghi ha studiato su varie specie di animali 
(cavia, coniglio, mus decumanus albinus, vacca) alcune questioni 
riguardanti l’istologia della ghiandola mammaria funzionante. 
Le conclusioni che si possono trarre dalle sue ricerche sono: 

1° La secrezione del latte è una funzione attiva delle 
cellule della ghiandola mammaria, non è cioè legata necessa- 
riamente alla distruzione di queste, come hanno sostenuto alcuni 
autori. i 

2° Vi sono, è vero, durante la funzione segni di morte 
di elementi della ghiandola che si manifestano colla presenza 
dei ben noti globi di Nissen; ma questi dipenderebbero solo da 
ciò, che, per la vivacità della funzione, un numero più o meno 
grande di elementi si logora, invecchia e infine perisce. 

3° Questi elementi morti vengono sostituiti per cariocinesi 
delle cellule restate in posto, giacchè in tutti gli animali si 
osservano mitosi durante l'allattamento. Può darsi che in alcuni 
animali (cavia, coniglio) ci sia anche una scissione diretta dei 
nuclei, che vale a riparare la perdita di quelli, tra essi, che 
appartenevano già ad una cellula binucleata, e che si sono tras- 
formati in globi di Nissen. 

4° Alla costituzione del latte prendono parte anche i leu- 
cociti migrati dal connettivo interstiziale, attraverso l’epitelio, 
nel lume degli alveoli; e una parte di essi passa nel secreto 
sotto forma di globi che mal si potrebbero distinguere dai soliti 
globi di Nissen d’origine epiteliale. 

5° L'attività funzionale, almeno nella cavia, interesse- 
rebbe alternativamente le varie porzioni della ghiandola, in modo 
che mentre alcune di esse sono all’acme della funzione, altre 
invece sono in riposo completo. 


i 197 


x 

6° Nella ghiandola attiva della vacca si trovano, in alcuni 
lobuli, delle concrezioni microscopiche, notevolmente resistenti ai 
reagenti chimici, simili per l’aspetto e per alcune proprietà chi- 
miche ai corpi amilacei della prostata, dai quali però si diffe- 
renziano sopratutto perchè non dànno la reazione caratteristica 
propria di questi ultimi con lo jodio e l’acido solforico. 

7° In rapporto con alcune di quelle concrezioni si trovano 
delle cellule mono- o polinucleate, che avrebbero per funzione 
di distruggerle e che devono quindi essere considerate come 
veri fagociti. 

Il lavoro, frutto di numerose osservazioni, appare fatto con 

cura e ha dato risultati nuovi e interessanti: epperò proponiamo 
venga letto per la sua pubblicazione nelle Memorie. 


Pio Foà. 
G. Bizzozero, Relatore. 


L’Accademico Segretario 
AnpREA NACCARI. 


| 198 


CLASSI UNITE 


Adunanza del 9 Dicembre 1900. 


PRESIDENZA DEL SOCIO SENATORE PROF. GIUSEPPE CARLE 
PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA 


Sono presenti i Soci: 


della Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali: 
Cossa, Vice Presidente dell’ Accademia, D’Ovipio, NACCARI, 
Mosso, CameRANO, SEGRE, JADANZA, Gurpi, FrLETI e PARONA; 


della Classe di Scienze morali, storiche e filologiche:. 
Peyron, Direttore della Classe, Rossi, Pezzi, Brusa, Pizzi, CHI- 
RONI, SAVIO, e RENIER Segretario. 

È approvato l’ atto verbale dell'adunanza antecedente a 
Classi Unite, 18 novembre 1900. 

Il Segretario legge l’indirizzo gratulatorio, che a nome del- 
l'Accademia fu inviato a S. A. R. il Principe Lurei AmeDrO DI 
Savora, Duca degli Abruzzi, e la lettera di ringraziamento che 
S. A. fece rispondere all'Accademia. Su proposta del Socio GumI 
è deliberata l'inserzione negli Atti così dell’indirizzo come della 
risposta. 


ALTEZZA, 


Rivedeva la Vostra nave il mar libero, ed era dolce a Voi 
ed ai compagni Vostri rientrare, dopo la vittoria, fra terre abi- 
tate, quando giunse fulmineo ad amareggiarvi il lugubre annunzio 
della profonda ferita inflitta alla Casa Vostra e all'Italia. Ben 
vi accadde, Altezza, di rimpiangere allora gli aspri perigli, le 
solitudini tenebrose, i ghiacci interminati insidianti l’umana vita, 
in mezzo ai quali, per nobile sete di scienza e di gloria, avevate 
slanciato la giovinezza Vostra balda ed austera. 


199 


Ma ai cuori italiani, fiaccati dalla recente sciagura, fu bal- 
samo il vostro ritorno. Italia madre riabbracciava esultante il 
figliuolo, che l’antico sapere italico avea disposato all’animosa 
tenacia dei Savoia. 


ALTEZZA, 


Raro ed eccelso è l'esempio che Voi date: dure, ma gloriose, 
sono le battaglie che vincete. 

Sulla gelida vetta del Sant'Elia fu per Voi che sventolò 
prima d’ogni altro il vessillo tricolore: fra gli orrori delle re- 
gioni artiche inesplorate è per Voi che il nome italiano si scrisse 
in luogo non prima raggiunto. Le spedizioni vostre, con prov- 
vido accorgimento allestite, non falliscono alla meta; e Voi le 
guidate con prudenza pari all’ardire, primo sempre al pericolo, 
come i Padri Vostri nel furor della mischia. 

Onore a Voi, Altezza! 

AI plauso, onde siete circondato, si unisce giubilante l’Ac- 
cademia Reale delle Scienze di Torino. Avvezza a rallegrarsi 
d’ogni incremento del sapere umano, quest’Accademia riconosce 
i vantaggi che dalle imprese Vostre ridondano alla scienza, ed 
altamente se ne compiace. Vi sia gradito il suo omaggio e l’au- 
gurio suo fervidissimo che l'avvenire Vi apporti soddisfazioni non 
inferiori alle passate, degne del generoso animo Vostro e del 
Vostro forte intelletto. 


IU. mo Signor Presidente 
della R. Accademia delle Scienze. 
Torino, 4 dicembre 1900. 


Ebbi l’onore di consegnare a S. A. R. il Duca degli Abruzzi 
l’indirizzo deliberato da cotesta R. Accademia delle Scienze. 
S. A. R. mi dà il gradito incarico di ringraziare V. S. Ill? e 
gli altri membri, e di esprimere quanto gli siano state accette 
le nobili parole che cotesta eletta schiera di dotti volle rivol- 
gergli. 

Col massimo ossequio 

L’Ufficiale d'ordinanza 
G. Ducct. 


200 


Togliendo occasione dalla lettura fatta, il Socio CAMmERANO 
notifica che S. A. il Duca degli Abruzzi ebbe la benignità di 
disporre che le raccolte zoologiche, botaniche e mineralogiche 
fatte nella sue spedizioni vengano ad arricchire il Museo zoolo- 
gico, l’Orto botanico ed il Museo mineralogico della R. Università 
di Torino. — Il Presidente ringrazia il Socio CAMERANO per la. 
sua comunicazione. | 

Il Presidente partecipa che il Comitato per le onoranze a 
Francesco BrioscH1i ha invitato l'Accademia a farsi rappresen- 
tare all’inaugurazione del monumento, che si farà in Milano il 
13 dicembre corrente. — L'Accademia sarà rappresentata a 
quell’inaugurazione dal suo Vice Presidente prof. Alfonso Cossa. 

Gli Accademici Segretari 
AnpRrEA NACCARI 
RopoLro RENIER. 


e ---..----_—_——Fr- 


201 


CLASSE 


DI 


SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE 


Adunanza del 9 Dicembre 1900. 


PRESIDENZA DEL SOCIO SENATORE PROF. GIUSEPPE CARLE 
PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA 


Sono presenti i Soci: PeyRron, Direttore della Classe, Rosst, 
Prezzi, Brusa, Pizzi, CHIRONI, Savio e ReNIER Segretario. 


Si approva l’atto verbale dell'adunanza precedente, 25 no- 
vembre 1900. 

Il Presidente comunica che il 22 ottobre 1900 è deceduto 
in Oxford l'illustre prof. Massimiliano MiiLLeR, Socio straniero 
della nostra Accademia fin dall’8 gennaio 1865. Accetta l’inca- 
rico di dettarne una commemorazione il Socio Pizzi. 

Il Segretario presenta le seguenti pubblicazioni: 

1°, un libro del Socio ALuievo intitolato: La pedagogia 
italiana antica e contemporanea; 

2°, due opuscoli del Socio corrispondente march. pe NA- 
DAILLAC: Le cràne de Calaveras e Les élections anglaises. 

Il Socio PeyRon, a nome degli autori, fa omaggio della se- 
guente memoria: V. ScLoprs e A. Bowacossa, Monografia sulle 
miniere di Brosso (circondario d'Ivrea), Torino, Paravia, 1900. 


L’ Accademico Segretario 
RopoLro RENIER. 


NSA SIA 


Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI 14 


202 


i CLASSE 


DI 


SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI 


Adunanza del 16 Dicembre 1900. 


PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. ALFONSO COSSA 
VICE-PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA 


Sono presenti i Soci: D’Ovipro, SPEZIA, CAMERANO, SEGRE, 
JADANZA, Foà, GuaAREScHI, Gui e NAccaRI Segretario. 

Si legge e si approva l’atto verbale dell'adunanza ante- 
cedente. 

Il Presidente, che fu incaricato dall'Accademia di rappre- 
sentarla alla solennità dello scoprimento di un monumento a 
Francesco Brioscni in Milano, rende conto del modo con cui 
adempì tale ufficio. 

Il Segretario presenta un volume intitolato: La respirazione 
nelle gallerie e l’azione dell’ossido di carbonio, opera del Socio 
Mosso e dei suoi Assistenti, inviata in dono all'Accademia dal 
Ministero dei Lavori Pubblici. 

Il Socio Spezia a nome dell’autore Dr. CoLomBa presenta 
due opuscoli stampati che dà in omaggio all'Accademia. 

Il Socio Camerano a nome del Socio ParonA indisposto 
presenta una nota del Dr. Prof. Federico Sacco intitolata: Osser- 
vazioni geologiche comparative sui Pirenei. Sarà inserita negli Atti. 

Il Socio SeGRE presenta per i volumi accademici una me- 
moria del Prof. Gino Fawo intitolata: Nuove ricerche sulle con- 
gruenze di rette del terzo ordine. Sarà esaminata dai Soci D’Ovipio 
e SEGRE. 


FEDERICO SACCO — OSSERVAZIONI GEOLOGICHE, Ecc. —203 


LETTURE 


Osservazioni geologiche comparative sui Pirenei. 


Nota del Prof. FEDERICO SACCO. 


Fin da quando, or sono poco più di dieci anni, cioè sul 
principio del mio rilevamento geologico sommario dell'Appennino 
settentrionale, potei convincermi che una serie notevolissima 
degli argilloschisti e delle argille scagliose che, colle inglobate 
zone 0 lenti ofiolitiche, tanta parte costituiscono di detta re- 
gione; sono riferibili al Cretaceo piuttosto che non all’Eocene, 
come generalmente si ammette, sin d'allora sorse in me il desi- 
derio di visitare la catena dei Pirenei perchè questa, dalle 
numerose Memorie pubblicate in proposito (1), risulta presen- 
tare fenomeni e terreni in parte analoghi a quelli dell’Appen- 
nino settentrionale, per quanto sia noto che anche riguardo ad 
essi esistano gravi e numerose controversie fra i Geologi. 

Fu quindi con vivo piacere che dopo la chiusura del Con- 
gresso geologico internazionale di Parigi colsi la fortunata oc- 
casione di dare finalmente un rapido sguardo alla geologia pire- 
naica sotto la sapiente guida del Dott. Léon Carez, profondo 
conoscitore di detta regione che egli da un ventennio va percor- 
rendo e studiando in ogni senso, ed in compagnia di una eletta 
schiera di rappresentanti della Geologia di varie nazionalità. 

Prima dell’escursione sociale, che durò una diecina di giorni 
attraverso il versante francese dei Pirenei dall’ Oceano al Me- 


(1) Dall’opera iniziale del Palassou (Essai sur la Minéralogie des Monts 
Pyrénées, 1781) e da quella fondamentale di Charpentier (Essai sur Za cons- 
titution géognostique des Pyrénées, 1823) ad oggi si pubblicò sui Pirenei oltre 
ad un migliaio di lavori geo-paleontologici. 


o 


204 FEDERICO SACCO 


diterraneo, potei esaminare eziandio, in compagnia dell’ing. dott. 
C. Crema, qualche punto interessante dei Pirenei occidentali 
dal lato spagnuolo. 

Siccome da tali escursioni mi risultò un complesso di os- 
servazioni che paionmi interessare la geologia italiana, special- 
mente circa la dibattuta questione dell’età delle Ofioliti e dei 
terreni che le racchiudono, così parvemi opportuno presentare 
una breve e sintetica relazione la quale potrà forse riescir utile, 
in via di comparazione, per aiutarci a sciogliere tale difficile 
problema della Geologia d’Italia. 


Durante l'escursione sociale, dedicata specialmente allo studio 
dei terreni secondari e terziari, non si ebbe agio di esaminare 
che qualche zona del Primario; tuttavia per completare il quadro 
della serie geologica dei Pirenei ne darò anche un cenno sintetico. 

L’Arcarco è costituito dalla solita serie gneissica con in- 
tercalazioni anfibolitiche, granitiche, ecc. 

Il Primario risulta essenzialmente di ripetute alternanze 
di schisti ardesiaci, quarzitici o calcarei, con banchi sia di Cal- 
cari sia di Conglomerati o Grovacche. Non è ancora ben ricono- 
sciuto e delimitato il CAmBRrIANO, salvo che gli si voglia attribuire . 
una parte del così detto Siluriano inferiore, nel qual caso esso 
risulterebbe molto potente ed esteso. Gli schisti graptolitici del 
SiLurIANO ricordano assai quelli della Sardegna; passano talora 
a Calceschisti e Schistes lustrés formando così un complesso po- 
tentissimo, forse di qualche migliaio di metri di spessore. Meno 
potente è il Devoniano con schisti a Spirifer e diverse Trilobiti, 
oltre che coi famosi Marmi griottes che per mezzo di alternanze 
litologiche e paleontologiche sembrano passare gradualmente al 
Carbonifero inferiore. 

Il CARBONIFERO è piuttosto a tipo marino nella parte infe- 
riore con Calcari e schisti a Coralli, Productus, Goniatiti, ecc., 
mentre verso l’alto esso diventa specialmente di tipo continentale 
con schisti e conglomerati a Felci, resti di Calamiti, ecc. Il 
PeRMIANO è poco sviluppato e poco noto, a facies piuttosto con- 
tinentale, cioè a conglomerati ed argilloschisti di tinta comples- 
siva rossastra che paiono talora passare abbastanza gradual- 
mente al Trias inferiore. Questa ultima serie, che osservasi 


OSSERVAZIONI GEOLOGICHE COMPARATIVE SUI PIRENEI 205 


specialmente nelle montagne della Rhune, ricorda non poco la 
serie contemporanea di molte regioni dell’Italia settentrionale. 


Il Secondario nella Catena dei Pirenei ha uno sviluppo molto 
vario; in generale si può dire che mentre i terreni triassici e 
giurassici vi appaiono quasi sporadicamente, per quanto non di 
rado, o poco potenti, spesso anzi ridotti a strette zonule com- 
presse e pigiate o mascherate in gran parte dai terreni circo- 
stanti, invece i terreni cretacei vi si sviluppano ampi e potenti 
formando veramente una fascia talora straordinariamente estesa 
attorno alla catena pirenaica. 

Il Trias in alcune regioni appare con una facies abbastanza 
tipica, cioè con Grés bigarrés alla base, Carniole e Calcari con 
Lingula tenuissima (in modo da ricordare il Muschelkalk) e Marne 
iridate superiormente; ma in generale su ambi i lati della Ca- 
tena pirenaica, ed anche a distanza da essa, il Trias è rappre- 
sentato essenzialmente da marne ed argille varicolori, per lo 
più rossigne, spesso gessifere, salifere, cioè con facies comples- 
siva direi keuperiana, lagunare; non di rado vi si trovano cri- 
stallini di Quarzo bipiramidato e affioramenti ofitici. Questa spe- 
ciale facies secondo la maggior parte dei geologi, e fra i più 
autorevoli, sarebbe limitata al Trias, di cui dovrebbe conside- 
rarsi come assolutamente caratteristica; secondo altri invece 
detta facies con caratteri consimili riapparirebbe nel Cretaceo. 
A dire il vero quest’ultimo modo di vedere, per quanto potei 
osservare nella rapida corsa attraverso i Pirenei, non parmi ta- 
lora inverosimile, giacchè mentre nella maggior parte dei casi 
tali zone risultano veramente triassiche, altre invece (per esempio 
quella famosa di Caseville presso Biarritz), per quanto riferite 
da molti al Trias, mi lasciarono forti dubbi sull’accettazione di 
tale interpretazione, la quale obbligherebbe talora ad ammettere 
andamenti, pieghe, scorrimenti, salti, spostamenti, iniezioni direi, 
di carattere e intensità veramente straordinaria. 

È bensì vero che la natura marnoso-argillosa sovraccen- 
nata si presta assai a tali fenomeni di salti, scorrimenti, ece., 
ma si deve anche considerare come le speciali condizioni in cui 
si depose gran parte del Trias pirenaico possono ancora essersi 
ripetute più tardi, per esempio, nel Cretaceo, originando natu- 


206 FEDERICO SACCO 


ralmente depositi simili, nello stesso modo che per esempio si 
ripetono tante volte ed in tante regioni nella serie stratigra- 
fica, dal Primario al Terziario, gli schisti e le arenarie rosse, 
marine, lagunari o lacustri. 

L’InrraLiAs appare qua e là con tipici calcari straterellati 
ad Avicula contorta ed a Bactrillium striatum, presentando grande 
analogia coi contemporanei terreni di alcune parti d’Italia, come 
potei constatare specialmente a Foix; d’altronde il fatto era 
stato già sapientemente rilevato dal Capellini nella famosa riu- 
nione di Foix del 1882. i 

Il Lras è costituito di Calcari, talora dolomitici, talora 
brecciosi senza fossili, talora invece con Terebratule, Grifee, 
Belemniti ed Ammoniti, con facies complessiva che spesso ri- 
corda quelle di tipiche zone liassiche italiane. 

Il Giura invece non è generalmente molto rappresentato, 
anche in ciò ricordando quanto osservasi per esempio in parte 
notevole dell'Appennino italiano; gli si riferiscono speciali Do- 
lomie brunastre generalmente senza fossili. 


Nella serie stratigrafica dei Pirenei si nota generalmente 
tra i terreni giuraliassici e quelli cretacei un hyatus più o meno 
accentuato corrispondente talora al Giura (pr. d.) ed al Cretaceo 
inferiore oppure solo a quest’ultimo e particolarmente al Neo- 
COMIANO. 

Prima di passare all’esame del Cretaceo credo opportuno 
ricordare come la frequente apparsa di affioramenti ofitici nei 
terreni triasici e liasici dei Pirenei offra notevole analogia colla 
presenza di varie Pietre verdi frammezzo a Calceschisti, Schistes 
lustrés, Biimdnerschiefer, ecc., in parte appunto triassico-liasici, 
delle regioni alpine. 


Riguardo al CrerAcEO, che fu il terreno meglio esaminato 
nelle nostre escursioni, noto subito come assai interessante il 
fatto che questa formazione si presenta nei Pirenei con due 
facies complessivamente assai distinte; cioè con una facies, direi 
orientale, ordinaria, tipica, con molti orizzonti fossiliferi che ne 
permettono una minuta analisi e numerose suddivisioni tanto da 
rendere alcune sue regioni quasi caratteristiche pel Geologo e 
pel Paleontologo, ed una facies, direi occidentale, poverissima di 


OSSERVAZIONI GEOLOGICHE COMPARATIVE SUI PIRENEI 207 


fossili, spesso uniforme e non logicamente scindibile in piani per 
centinaia e talora anche per migliaia di metri di spessore, con 
tettonica conturbatissima e con caratteri litologici talmente 
variabili ed ambigui da produrre spesso la disperazione dei Geo- 
logi che se ne proposero lo studio, da causare gravi errori di 
determinazione cronologica e da originare quindi la massima 
parte di quelle deplorevoli polemiche di cui sono pur troppo 
intessuti non pochi degli studi geologici sui Pirenei. 

Infatti nella parte orientale dei Pirenei (Haute Garonne, 
Ariège, Aude, Pyrénées orientales (str. s.), ecc.) constatiamo 
che, se manca generalmente il NEocomIANO, od esso è solo rappre- 
sentato da qualche banco di Calcare o di Dolomia, invece l’Ur- 
conIiANO 0 Ure-AprIANO è per lo più costituito da una potente 
pila (talora di più centinaia di metri di spessore) di Calcari 
grigio-biancastri compatti con Requienie (Toucasia carinata), 
Acanthoceras, Nerinee, Terebatule, Rinconelle, Operculine, Orbi- 
toline (0. conoidea ed O. discoidea), ecc., orizzonte che per la 
sua compattezza origina sovente rilievi assai elevati e pareti 
ripidissime nonchè, per erosione, profonde forre (splendida per 
esempio quella di Galamus), mentre la loro superficie si presta 
mirabilmente a quella speciale corrosione che è nota col nome 
di carrenfelder. 

L’ALBIANO 0 GAULT generalmente potentissimo, pare talvolta 
anche di un migliaio di metri di spessore, giace spesso trasgres- 
sivamente sul Lias; esso è costituito di marne calcaree grigio- 
brunastre in strati alternati con straterelli arenacei, per lo più 
con pochi fossili, come Ammoniti (specialmente Acanthoceras e 
Desmoceras), Rinconelle, Trigonie, ecc.; talora vi appaiono anche 
marne argillose brune a Toucasia; noto poi in special modo come 
per estese regioni la formazione albiana si presenti essenzial- 
mente costituita di schisti marnoso-arenacei grigio-bruni, ondu- 
lati e contorti, facilmente erodibili, in modo da originare un 
curioso paesaggio a dorso di montone, come ad esempio si 0s- 
serva nella conca di St. Paul de Fenouillet, e da ricordare mol- 
tissimo per facies complessiva (facile erosione, quindi zone de- 
presse o fondi di valle, slittamenti, scarsa vegetazione, fossili 
scarsi e specialmente in impronta, ecc.) la facies di vaste re- 
gioni dell'Appennino settentrionale, come ad esempio di Berceto, 
di Collagna, ece. dove appunto sviluppansi consimili schisti che 


208 FEDERICO SACCO 


ritengo pure riferibili al Cretaceo, quantunque finora essi siano 
generalmente attribuiti all’Eocene. 

Il CeNoMmANIANO, assai meno potente, spesso giacente in 
trasgressione sul Lias, sul Trias o sui terreni primari, è sovente 
rappresentato da Calcari arenacei grigiastri a Caprine (C. ad- 
versa), Caprotine (C. costata), Caprinule, Nerinee, Echinidi, ecc., 
costituendo rilievi assai spiccati; fra i banchi calcarei spesso 
si alternano zone marnose che talvolta diventano predominanti 
tanto da ridurre marnoso quasi tutto l’orizzonte come verificasi 
specialmente verso l’Est; nè sono rare le apparse di lenti con- 
glomeratiche; infine qua e là si incontrano zone con Orbitolina 
concava, con Ostrea columba, ecc. 

Il TuRronIANO, non molto potente, nelle regioni classiche è 
costituito di due grandi banchi o complessi di banchi calcarei 
ad Ippuriti separati da una zona arenacea, ma anch'esso diventa 
talora essenzialmente marnoso formando così graduale passaggio 
al piani tra cui si sviluppa. Non vi sono neppur rare le lenti 
conglomeratiche e gli strati con Ostriche, Rinconelle, Polipai, ecc. 

Il SenonIANO è un orizzonte, sovente di straordinario spes- 
sore, stato molto studiato specialmente nella regione delle Cor- 
bières; esso risulta essenzialmente da un’ alternanza di marne 
grigiastre con zone calcaree ad Ippuriti, fossili che vi sono ta- 
lora tanto abbondanti da dare giustamente il nome di Montagne 
des Cornes ad una delle regioni dove essi più abbondano e si 
possono raccogliere liberi a migliaia in breve tempo. Colle Ip- 
puriti spesso si accompagnano Radioliti, Cicloliti, Inocerami 
(I. digitatus), Ammoniti (A. teranus), Orbitoidi, ecc. Nelle zone 
marnose inferiori sono frequenti gli Echinidi (Micraster brevis, 
Hemiaster Gauthieri, ecc.) assieme a Belemnitelle, Inocerami, Rin- 
conelle, ecc. Però talora questa formazione ippuritica è più o 
meno estesamente sostituita da una potentissima serie di marne 
argillose grigio-brune che per la facies loro, le depressioni 
orografiche che originano, ecc. ecc., ricordano assai certe estese 
zone di argilloschisti, da me ritenuti cretacei, dell’ Appennino 
settentrionale; ciò tanto più che fra di esse si intercalano tal- 
volta speciali zone arenacee, il così detto Grès de Celles, con 
numerose impronte di Scolitia (Scolitia prisca De Quatr.) le 
quali non sono altro che le Nemertiliti tanto comuni nel Cre- 
taceo, come d'altronde anche nell’Eocene, dell'Appennino italiano. 


OSSERVAZIONI GEOLOGICHE COMPARATIVE SUI PIRENEI 209 


Infine il DANIANO, se nella parte inferiore è costituito o 
da depositi arenacei, il cosidetto Grès di Alet, o da Calcari com- 
patti, il noto Calcaire Nankin, invece nella sua parte principale, 
media e superiore, risulta generalmente di marne più o meno 
argillose, rossastre, fra cui si intercala una zona calcarea, il così- 
detto Calcare litografico; questa speciale formazione di origine 
prevalentemente lacustre o salmastra, come l’indicano i resti di 
Cyrena garumnica e affini, Melania, Melanopsis, Physa lacrima, 
Cerizidi, ecc., costituisce il Garumniano di Leymerie, tipica 
facies salmastra del Damiano superiore passante all’Eocene; ta- 
lora invece questa caratteristica formazione per graduali tran- 
sizioni viene sostituita da depositi marini a Micraster tercensis, 
Operculina Heberti, ecc. che in varie regioni, come per esempio 
a Tuco, Latoue, Auzas, ecc., sono ricchissimi in fossili ed assai 
interessanti perchè la loro fauna presenta tante affinità e per- 
sino parziali identità con quella eocenica che non pochi autori 
collocano già questo orizzonte nell’Eocene inferiore. Altrove in- 
fine il DANIANO presenta zone marnose di carattere spiccata- 
mente marino con Ostrea Verneuilli, Orbitolites gensacica, ecc. 


Ma se dai Pirenei orientali passiamo all'esame dei Pirenei 
occidentali (Hautes Pyrénées, Basses Pyrénées, ecc.) constatiamo 
con stupore che, per mezzo di alternanze verticali e di trasfor- 
mazioni laterali, dal Cretaceo tipico, fossilifero, scindibile facil- 
mente nei suoi piani caratteristici sovraccennati, si passa, talora 
anche rapidamente, a formazioni che, seguendone lo sviluppo 
laterale, si comprende bensì essere cretacee ma che hanno tutta 
altra fisionomia, mancano quasi di fossili, presentano spesso 
tettonica più conturbata e riescono quindi di studio ingrato; 
difficile e tale da indurre non di rado in gravi errori. 

È bensì vero che anche nei Pirenei occidentali incontransi 
qua e là zone calcaree con Requienie, Orbditolina conoidea ed O. di- 
scoidea, nonchè schisti con Ammoniti, riferibili all’Urg-Aptiano; 
oppure fra le marne brune appare qualche strato calcareo a 
Desmoceras forse dell’Albiano; in alcune zone schistose marnose, 
anche ofiolitifere, rinvengonsi talora lenti di Orbitolina concava, 
cioè fossili di tipo cenomaniano: di più fra certi Calcari marnosi 
(tipo di Bidart e simili), alternati spesso con schisti arenacei, 
raccolgonsi resti di Pachydiscus, Hamites, Inoceramus, Micra- 


210 FEDERICO SACCO 


ster, ecc. del Senoniano; infine osservansi anche qua e là Calcari 
con Orbitolites socialis, Ananchites ovata, varie specie di Coraster, 
di Echinocorys, ecc. che ci indicano la presenza del Damiano. Ma 
in generale invece nei Pirenei occidentali dall’Haute Garonne al- 
l'Oceano, anzi sino ai Monti cantabrici, la formazione cretacea 
è costituita da una potentissima serie di schisti argillosi, mar- 
nosi, calcarei ed arenacei, più o meno alternati con zone cal- 
caree e calcareo-arenacee, ora largamente uniformi, ora somma- 
mente variabili e trasformantisi in modo da assumere diverse 
facies e da sfuggire spesso a quella classazione cronologica uti 
po’ minuta che si desidera e che non di rado si volle fare ad 
ogni costo coi pochi dati paleontologici che finora si hanno, ri- 
sultandone classificazioni incerte ed in parte erronee. 

Nella complessa formazione cretacea in questione predomi- 
nano gli schisti bruni ardesiaci, in cui appunto esistono centi- 
naia di cave d’ ardesia, che tuttavia fornirono solo rarissimi 
resti fossili; fra tali cave ricordo ad esempio quella famosa di 
Lugagnan, che trovasi appunto in una zona di schisti, ritenuti 
per lungo tempo paleozoici (persino cambriani) finchè vi si sco- 
persero resti di Ammonites Deshayesi, A. milletiana, A. flathe- 
roniî, e altre Ammoniti di tipo aptiano, come ebbi il piacere 
di constatare in una interessantissima escursione. Spesso questi 
schisti del Cretaceo inferiore (aptiani, albiani e fors'anche ceno- 
maniani) sono grigio-plumbei ricordando speciali schisti ofioli- 
tiferi dell’ Appennino settentrionale (genovese, pontremolese, ecc.). 
Spesso per erosione tali zone schistose originano un curioso 
paesaggio a colline foggiate quasi a pan di zucchero. 

Talora, specialmente nel Cretaceo medio (Cenomaniano e 
forse Turoniano), si sviluppano schisti argilloso-arenacei, talora 
lucidi (satinés), spesso assai contorti, qua e là ofiolitiferi, e non 
di rado costituenti per la natura loro regioni poco fertili; oppure 
appare una speciale formazione calcarea con alternanza di schisti 
silicei o marnosi o argillosi (spesso fogliettati) e di arenarie con 
svariate impronte di Fucoidi, cioè la così detta formazione del 
Calcare di Bidache; vi si connettono talvolta zonule marnose ros- 
signe, spesso assai contorte, le quali ricordano un po’ quelle 
triasiche; la tettonica è spesso assai tormentata; sovente questi 
depositi, che paiono di mare poco profondo e che sembrano pas- 
sare gradualmente dal Cenomaniano al Senoniano, si appoggiano 
discordantemente su qualunque terreno più antico. 


OSSERVAZIONI GEOLOGICHE COMPARATIVE SUI PIRENEI 211 


Non di rado fra gli schisti argillosi arenacei, talora assai 
micacei, più o meno psammitici, si intercalano filoni o masse 
metallifere specialmente di minerali di Ferro come nella famosa 
formazione, prevalentemente cenomaniana, di Bilbao, ecc. 

Altra speciale formazione è quella delle cosidette Murne di 
Bidart riferibili al Senoniano; sono marne calcaree, talora alter- 
nate con strati arenacei, grigie, qua e là rosee, con non rare 
impronte di Fucoidi, resti di Taonurus o di Cancellophycus, di 
grandi Inocerami (I. Cripst, ecc.), di Hamiti, di Ammoniti (fra 
cui il Pachydiscus galicianus Favre) ecc., cioè con fossili che ri- 
cordano moltissimo la scarsa fauna delle Argille scagliose del- 
l'Appennino italiano. Anche nei Pirenei vediamo qua e là appa- 
rire, col solito accompagnamento di svariati minerali, di Ofiti, ecc., 
speciali marne argillose rossastre, più o meno contorte tanto da 
originare non di rado un aspetto caotico e da ricordare molto la 
facies delle Argille scagliose dell'Appennino settentrionale. Nella 
regione pirenaica tali zone, ricordando quelle affini triassiche, ven- 
nero non di rado interpretate come affioramenti di Trias, ob- 
bligando così i terreni ad una ginnastica tettonica straordinaria, 
quasi che tale facies litologica non potesse incontrarsi in altri 
orizzonti geologici fuorchè nel Trias. Altrove invece vediamo 
nelle zone cretacee svilupparsi specialmente le arenarie, direi 
il Grès de Celles, con potenza di varie centinaia di metri, come 
verificasi specialmente verso l'Oceano. 

Nell’alto della serie cretacea appaiono talora Calcari bian- 
castri o rosati, come il cosidetto Calcare di Caseville, che per 
i fossili (specialmente Echinidi) raccoltivi paiono riferibili al 
Daniano. 


Riassumendo quindi possiamo dire come nei Pirenei occi- 
dentali il Cretaceo sia rappresentato da quel multiforme, pro- 
teiforme complesso di roccie calcaree, argillose ed arenacee che 
nell’assieme ricevette il nome di /lysch (lato sensu) e che, se 
racchiude qua e là qualche resto fossile (Ammoniti, Inoce- 
rami, ecc.) per lo più solo in impronte, in generale invece si 
presenta desolantemente afossilifero oppure solo con quelle spe- 
ciali impronte che sono conosciute col nome di Fucoidi, Con- 
driti, Arenicoliti, Nemertiliti, Scolitie e simili. Questa speciale 
formazione vedesi svilupparsi largamente in Europa non solo 


212 FEDERICO SACCO 


nella serie eocenica come alcuni vorrebbero limitarla, ma anche 
amplissimamente nel Cretaceo, dai Pirenei occidentali ad oltre 
i Carpazi, comprendendo gli Schisti e le Argille scagliose del- 
l'Appennino settentrionale, il Wienersandstein, la formazione di 
Gosau, ecc. i 

La causa di tale curiosa facies geo-paleontologica credo si 
debba in parte attribuire a quell’assieme di svariate azioni chi- 
mico-fisiche, epigeniche secondo la definizione di alcuni autori, 
che dovettero accompagnare quello che appellerei in complesso 
il fenomeno ofitico od ofiolitico. 

Vediamo infatti nei Pirenei stessi come il Trias pur tanto 
sviluppato, ma con così frequente accompagnamento di Ofiti, sia 
generalmente privo di fossili ed invece si presenti con una coorte 
di depositi salino-gessiferi e con tinte variegate tali da indi- 
carci che la sua deposizione fu quivi accompagnata da un assieme 
di fenomeni, direi mineralizzatori, contrari allo sviluppo degli 
organismi. 

Nelle regioni alpine vediamo egualmente svariate Pietre 
verdi (Eufotidi o Gabbri, Serpentine, Diabasi, Peridotiti, ecc.) 
apparire frequenti fra i Calceschisti dei geologi italiani, i Kalk- 
schiefer del Diener, gli Schistes lustrés dei geologi francesi, i 
Biindnerschiefer dei geologi tedeschi e schisti simili che paiono 
riferibili in parte al Trias ed al Lias, ma che anch'essi per 
l'assoluta povertà di fossili diedero e dànno origine ad infinite 
discussioni e polemiche per la loro interpretazione cronologica. 
Così pure nell’ Appennino settentrionale troviamo abbondare 
quelle roccie che per brevità appellai spesso complessivamente 
Ofioliti (Diabasi, Eufotidi, Lherzoliti, Serpentine, ecc.) appunto 
fra Argilloschisti ed Argille scagliose così scarse in resti fossili 
che tali terreni sono attribuiti generalmente all’Eocene mentre 
credo invece siano cretacei. 

Ricordo riguardo a questo mio modo di vedere, fondato su 
numerosi dati stratigrafici e paleontologici più volte già esposti 
in altri lavori (1), come esso sia singolarmente confortato dal fatto 


(1) F. Sacco, L’Age des formations ophiolitiques récentes, 1891. — In. Con- 
tribution à la connaissance paléontologique des Argiles écailleuses et des schistes 
ophiolitifères de VApennin septentrional, 1893. — In. L’Appennino setten- 
trionale, Parte I, II, III, IV (1891-1899). 


OSSERVAZIONI GEOLOGICHE COMPARATIVE SUI PIRENEI 213 


che nella Catena pirenaica gli analoghi affioramenti ofiolitici, od 
ofitici che dir si voglia, sono specialmente rilegati al terreno 
cretaceo e, secondo i più recenti studî, non paiono giungere sino 
all’Eocene come erasi da alcuni supposto. Ciò non toglie natu- 
ralmente che il fenomeno otitico abbia talora potuto verificarsi 
altrove anche nell’éra terziaria, come ad esempio penserebbe il 
Calderon per quella singolar zona di innumerevoli affioramenti 
ofitici che sviluppasi in Spagna da Cadice a Iaen a NO di Gra- 
nata fra schisti variegati, ritenuti però triassici da vari geologi, 
mentre egli li attribuisce all’Eocene; e come crederebbe il Thomas 
circa le roccie ofitiche dell'Algeria che egli ritiene originatesi in 
varii periodi dal Cretaceo sino al Miocene, ciò che però parmi 
richiedere conferma. 

Le Ofîiti (1) dei Pirenei sono specialmente roccie basiche 
rappresentate da Diabasi (come è pure il caso prevalente nell’ A p- 
pennino italiano) per lo più augitiche, labradoriche od oligocla- 
‘siche, più di rado da Lherzoliti o da Serpentine; ma vi sono pure 
frequenti gli affioramenti di Gabbro o Eufotide (spesso assai ricco 
di Orneblenda), di Microgranulite e di Granito sovente porfi- 
roide; talora anche appaiono roccie dioritoidi e porfiroidi; ri- 
cordo infine la Sienite nefelinica di cui potei osservare il clas- 
sico affioramento di Pouzac ma circa la quale non è facile farsi 
un'idea sicura della età, triassica o cretacea. 

Le Ofiti sono spesso accompagnate, specialmente nelle zone 
triassiche, da un corteo di affioramenti gessosi e saliferi; esse non 
sembrano costituire colate o filoni ma piuttosto intrusioni spesso 
accompagnate da più o meno estese breccie di frizione. 

Quanto all'origine delle Ofiti ricordo come Charpentier, 
Virlet d’Aoust, Magnan, Dieulafait, Garrigou, ecc. le ritenessero 
speciali formazioni sedimentarie, mentre Dufrenoy e poi la mag- 
gioranza dei geologi e petrografi attribuiscono loro un’ origine 
eruttiva; veggansi in riguardo gli studi specialmente di Zirkel, 
Michel-Levy, Kiihn (Untersuch. è. Pyren. Ophite, 1880), ecc. 


(1) Questo nome fu già usato da Dioscoride, Vitruvio, Plinio, ecc., rife- 
rendosi specialmente alle Serpentine; il Palassou lo risuscitò nel 1781 
applicandolo alle frequenti emersioni di roccie verdastre dei Pirenei, ed esso 
venne poscia usato in senso un po’ largo dai Geologi specialmente francesi 
e spagnuoli. Circa la storia delle Ofiti sono da consultarsi specialmente i 
lavori di Delbos, Magnan, Dieulafait, Viguier, Michel-Levy, ecc. 


214 FEDERICO SACCO 


La penetrazione del materiale ofitico sembra essersi veri- 
ficata specialmente secondo fratture, faglie (quindi le Valli ti- 
foniche di Choffat) o altri movimenti tettonici, oppure attraverso 
a terreni poco compatti, come appunto dovettero presentarsi in 
origine le argille triassiche e cretaeee, cioè in zone che. tetto- 
nicamente o litologicamente offrivano le migliori condizioni per 
dette immissioni. Tuttavia l'origine puramente vulcanica delle 
Ofiti non è ancora ammessa da tutti giacchè una serie di fatti 
che riescirebbe qui fuori di luogo accennare, e che ebbi ad os- 
seryare anche nell’Appennino, paiono indicare come nel fenomeno 
ofitico od ofiolitico in generale debbano avere pure avuto note- 
vole parte le azioni svariate e possenti di epigenesi; è notevole 
però come nelle zone di contatto fra gli affioramenti ofitici e le 
roccie incassanti i fenomeni di metamorfismo siano talora assai 
limitati, come potei constatare per esempio tra l’affioramento 
gabbrico di Adé (Lourdes), fra l’affioramento granitico di Les 
Granges di Julos, ecc. e gli inglobanti schisti albiani 0 cenoma- 
niani, così pure fra l’ affioramento ofitico-gabbrico di Ossen 
(Lourdes), di Arrodets, ecc. e gli schisti cretacei bruni; quasi 
inalterati, che li avviluppano. 

Però in alcune regioni questi schisti cretacei assumono una 
facies così antica, pseudo-cristallina, sia nelle zone argillose sia 
in quelle calcaree, da ricordare gli schisti paleozoici, anche più 
antichi, coi quali infatti furono spesso confusi. 

Quanto alle epoche geologiche in cui ebbero origine le Ofiti 
dei Pirenei, esse furono certo più d’una; se ne osservano infatti 
varii affioramenti nei terreni paleozoici, anche questi sovente 
con facies complessiva che ricorda il Yysch; appaiono frequenti 
su ambi i lati della catena pirenaica frammezzo alle caratte- 
ristiche marne argillose rossigne del Trias; ma abbondano poi 
specialmente fra i terreni cretacei, particolarmente medi, in 
pochi punti dei Pirenei orientali (come per esempio in Cata- 
logna), invece in modo straordinario nei Pirenei occidentali sino 
all'Oceano ed anzi largamente sino alla regione cantabrica, in 
maniera analoga cioè al correlativo sviluppo della formazione del 
Flysch (lato sensu) che in alcune regioni risulta quasi impregnato, 
direi, di svariate forme ofitiche. Tali Ofiti appaiono in cento punti, 
spesso con speciali allineamenti che corrispondono, sia alla di- 
rezione generale degli strati, sia alla direzione di avviluppo e 


fo Le” 


OSSERVAZIONI GEOLOGICHE COMPARATIVE SUI PIRENEI 215 


di sovrapposizione dei terreni cretacei su quelli più antichi, ana- 
logamente a quanto potei osservare anche nell’ Appennino, per 
esempio negli schisti cretacei ofiolitiferi avviluppanti l’affiorar 
mento gessoso triasico dell’alta Valle della Secchia. 

Infine riguardo all’età delle emersioni ofitiche non sarebbe 
impossibile che alcune fossero più recenti dei terreni fra cui ora 
affiorano; così per esempio alcuni affioramenti ofitici delle ar- 
gille triassiche potrebbero esservisi iniettati durante l’epoca 
cretacea, in causa appunto della poca resistenza del terreno ; 
ma la delicata questione non è facile a risolvere. 


Passando ora a brevi cenni sul Terziario notiamo subito 
come sia quasi solo l’Eocene che prende parte alla costituzione 
dei Pirenei mentre l’ Oligocene è assai meno sviluppato, ed i 
terreni miocenici e pliocenici, in serie incompleta, appaiono solo 
a qualche distanza dalla catena pirenaica. 

Ricordo incidentalmente come il passaggio dal Cretaceo 
all’Eocene si compia talora in modo rapidissimo sì che gli strati 
ad Inocerami sono talora a contatto con quelli a Nummuliti, 
come potei ad esempio osservare salendo da Mongaillard a 
Orignac; ricordo ciò perchè fatti consimili sono assai frequenti 
nell'Appennino settentrionale e furono una delle cause che fe- 
cero ritenere generalmente eoceniche anche le formazioni cre- 
tacee, magari anche ammettendo un Eocene con Inocerami come 
si sostiene ora da qualcuno. 

L’Eocene ha notevole potenza, grande sviluppo superficiale, 
ma è assai variabile; cioè o essenzialmente marino, vero num- 
mulitico, come presso Biarritz; oppure, come è il caso più fre- 
quente, esso presenta ripetute alternanze di depositi marini a 
Milioliti (i caratteristici compatti Calcari a Milioliti dell’Eocene 
inferiore) o ricchissimi in Nummuliti, Assiline, Alveoline, Oper- 
culine, Trocociati, Echinidi, Crassatelle, Turritelle, Cerizidi, ecc., 
con depositi estuario-lacustri a Limnea, Physa, ecc.; in' quest’ul- 
timo caso non di rado nella sua parte inferiore si intercalano 
marne varicolori, specialmente rossigne, qua e là gessose, afos- 
silifere, che ricordano la facies garumniana del Cretaceo su- 
periore in modo da formare con esso un graduatissimo pas- 
saggio tanto che non tutti sono d’ accordo nella delimitazione 
dei due orizzonti. Oppure fra i depositi marnoso-arenacei di 


216 FEDERICO SACCO 


estuario si intercalano lenti o banchi conglomeratici; è la 
cosidetta puddinga di Palassou sulla cui età tanto si discusse 
perchè in realtà essa ha età diverse; prevalentemente oligo- 
cenica, spesso sviluppatissima anche nell’ Eocene superiore, 
discende pure in banchi o letti eziandio nell’ Eocene medio ed 
inferiore, anzi una formazione conglomeratica consimile riscon- 
trasi pure in qualche zona del Cretaceo. 

La prova di tale età multipla della puddinga in questione 
risulta nel modo più convincente dalla sezione del famoso ri- 
lievo di Monserrat in Catalogna, giacchè quivi nella serie, 
potente oltre 1000 metri, di tali conglomerati si notano ripetute 
intercalazioni argilloso-arenacee dapprima con-fossili di facies 
garumniana, poi colla Nummulites perforata dell’Eocene inferiore, 
quindi colla N. biarritzensis dell’Eocene superiore sino a giun- 
gere alle potenti zone con Cyrena dell’ Oligocene. 

Il fenomeno è assai interessante giacchè ci prova che stra- 
ordinarie precipitazioni atmosferiche già si verificarono ripetu- 
tamente con warie intensità sulla catena pirenaica durante l’epoca 
eocenica, mentre ad esempio nella regione alpino-appenninica 
italiana esse furono limitate quasi solo all’Oligocene; ricordo 
però come in parecchi punti dell’Eocene sia dei Colli torinesi, 
sia dell'Appennino volpediese, ecc. abbia pure osservate consi- 
mili lenti conglomeratiche a ciottoli improntati sin nell’Eocene 
medio ed inferiore. 

Talora la facies arenacea diventa predominante nell’Eocene 
di alcune regioni circumpirenaiche, inglobando lenti a Lucina 
corbarica o ad Operculina (0. Hebertiî), Alveoline (A. subpyre- 
naica), Nummuliti (N. Ramondi), ece.; allora tale formazione ri- 
corda quelle analoghe e contemporanee dell’Appennino italiano 
(Macigno latu sensu) che sono pure qua e là nummulitifere e 
che spesso racchiudono lenti a grosse Lucine, simili alla L. cor- 
barica, ma generalmente riferite a Lucine mioceniche per modo 
che da molti il Macigno appenninico venne ed è tuttora rife- 
rito al Miocene. 

Desidero infine richiamare l’attenzione sul fatto che mentre 
nei Pirenei orientali e centrali l’Eocene ha la complessa e così 
variabile facies sovraccennata, invece nei bassi Pirenei presso 
Biarritz l’Eocene è costituito da Calcari giallastri a grosse Num- 
muliti (N. lucasana, N. Ramondi, N. perforata ecc.) in basso, di 


là. dentini 


"ue 
OSSERVAZIONI GEOLOGICHE COMPARATIVE SUI PIRENEI 217 


marne grigie a N. biarriteensis, Orbitoides Fortisii, 0. radians, 
Rotularia spirulea, ecc., in alto, il tutto coperto dai potenti 
banchi arenacei dell’Oligocene a N. intermedia, N. Fichteli, ecc.; 
quivi cioè sulle coste dell’ Oceano atlantico potei constatare, 
con un certo senso di meraviglia e di compiacenza nello 
stesso tempo, come esista quasi l’identica serie eo-oligocenica, 
cogli stessi fossili, con la medesima costituzione litologica, colla 
stessa facies, ecc., quale si sviluppa alla distanza di circa un 
migliaio di chilometri nel Bacino Mediterraneo cioè nelle clas- 
siche regioni di Gassino, di Priabona e di vari punti dell’Ap- 
pennino. 

L’OLIsocENE subpirenaico (essenzialmente Tongriano) piut- 
tosto che da detta facies arenacea a Nummulites intermedia è 
rappresentato assai più estesamente dalla puddinga di Palassou 
(pars) alternata con depositi calcareo-marnosi lacustri. 

Quanto ai terreni più giovani essi per la costituzione della 
Catena pirenaica hanno mediocre importanza; il MrocENE è es- 
senzialmente costituito da, depositi salmastri o continentali a 
Ostriche, Dinotherium, ecc., del Sarmatiano passante al Mes- 
siniano; ricordo solo come in Catalogna appaiano anche i tipici 
depositi marini fossiliferi dell’Elveziano e del Tortoniano, la 
caratteristica zona a Congerie del Messirniano, ecc. Il PLIOCENE 
sembra rappresentato da alcuni depositi continentali essenzial- 
mente ciottolosi, salvo che nella regione subpirenaica occidentale 
dove sviluppasi il tipico Pliocene marino (Piacenziano ed Astiano) 
dei dintorni di Perpignan, Barcellona, ecc. 

Riguardo al QuarERNARIO, oltrechè alle Dune ed alle Allu- 
vioni recenti, una particolare menzione è dovuta agli antichi 
depositi fluvio-glaciali e schiettamente morenici che si presen- 
tano spesso nella regione pirenaica con forma affatto tipica ed 
abbastanza imponente, con veri Anfiteatri morenici, belle stria- 
ture e levigature di roccie, ecc., come per esempio potei bene os- 
servare nei dintorni di Lourdes. 


Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. i 15 


218 FEDERICO SACCO 


CONCLUSIONI 


Dai brevissimi cenni sovraesposti parmi opportuno ricavare 
e segnalare queste principali conclusioni di carattere sia gene- 
rale sia comparativo rispetto alla Geologia italiana. 
1° La Catena dei Pirenei, che tettonicamente rappresenta 
una complessa anticlinale diretta da 0.N.0.ad E.S.E. e trasver- 
salmente ondulata, sotto l’aspetto geologico come sotto quello 
geografico differisce sia dalle Alpi sia dagli Appennini pur pre- 
sentando diversi caratteri comuni con entrambe queste regioni. 
2° Nella regione pirenaica le precipitazioni atmosferiche 
dovettero avere spesso, per quanto a grandi intervalli di tempo, 
una notevole intensità come ce lo indicano le varie Grovacche del 
Primario e le zone conglomeratiche che, apparendo dapprima con 
lenti sporadiche nel Cretaceo e nell’Eocene inferiore diventano 
poi estese e potenti (Puddinghe di Palassou) specialmente nel- 
l’Eocene superiore sino a costituire infine la facies dominante, ca- 
ratterisca, dell’Oligocene; inoltre continuansi ad osservare potenti 
depositi continentali, in parte ciottolosi, nel Miocene superiore e 
nel Pliocene, ed estesissimi e potenti si notano i terreni diluvio- 
glaciali del Quaternario ; d’altronde il fatto sovraccennato è chia- 
ramente provato anche solo dalle immani conoidi ventagliformi di 
dejezione (come il Plateau di Lannemezan (Haute-Garonne), di 
Orignac (Adour), di Jer (Gave) ecc.) costituiti di depositi argilloso- 
ciottolosi dello spessore talora di 100, 200 e più metri ed esten- 
dentisi talvolta anche ad oltre 100 km. dalla Catena pirenaica. 
Quindi straordinariamente intensa deve essere stata l’ero- 


re,Te=__m—. —_—_rv ep 


sione, la degradazione del rilievo pirenaico, ridotto così ora geo- 


logicamente ad un vero scheletro o vasta rovina. 


È hi: : 3 «pu CA 
3° Il fenomeno ofitico, già apparso nel Paleozoico, si verificò — 
estesamente nel Trias e nel Lias, ma ebbe il suo massimo svi- 


luppo nel Cretaceo (specialmente medio) in modo quindi in parte 
analogo a quanto si verificò in estese regioni italiane. 


Il fenomeno ofitico, considerato in generale, è evidente che |. 


implicò quasi sempre speciali condizioni di sedimentazione per cui 


=—_——_—cos 


® 
Lu 


di 


OSSERVAZIONI GEOLOGICHE COMPARATIVE SUI PIRENEI 219 


ne risultarono quelle formazioni geologiche indicate complessiva- 
mente col nome di Flysch (lato sensu) e particolarmente nelle varie 
parti d'Europa cogli appellativi di Bwmdnerschiefer, Calceschisti, 
Schistes lustrés, Kalkschiefer, Argille scagliose, Schisti a Fu- 
coidi, ecc. Tali formazioni per la scarsità o mancanza di fossili 
furono spesso erroneamente interpretate, venendo in generale 
sincronizzate coi terreni fossiliferi, o più caratteristici o più 
sviluppati, che esistono nelle loro vicinanze. Così tali formazioni 
nelle Alpi, dove sono in parte mesozoiche, vennero spesso attri- 
buite all’Arcaico; il Flysch cretaceo dei Pirenei fu sovente con- 
fuso coi prossimi schisti paleozoici anche più antichi; consimili 
schisti, pure in gran parte cretacei, dell’ Appennino italiano 
vennero invece generalmente interpretati come eocenici, in causa 
delle vicine, sovraincombenti od inglobate estese zone veramente 
eoceniche, spesso nummulitifere. 

4° Nella regione pirenaica si verifica in linea generale che 
passando dai Pirenei orientali a quelli occidentali il Cretaceo da 
tipico, riccamente fossilifero, spesso ippuritico, ecc., assume rapi- 
damente la facies di F7yseh ofitifero e quindi con rarissimi fossili; 
nello stesso modo che passando dall’Appennino centrale italiano 
all’ Appennino settentrionale si constata che il Cretaceo da 
tipico, calcareo, regolare, ecc., passa ad un F7ysch (argilloschisti, 
argille scagliose, ecc.) ofiolitifero poverissimo in fossili. Tale fatto, 
ormai accertato riguardo al Cretaceo, è assai interessante perchè 
sembra chiarire e confermare i rapidi passaggi laterali di alcuni 
terreni triassico-liassici delle Alpi dalla facies tipica calcarea fos- 
silifera, alla speciale facies di 7ysch (Calceschisti, Biindnter- 
schiefer, ecc.) con Pietre verdi, che tanto ha ostacolato la conoscenza 
della Geologia alpina. Con ciò non si vuol dire però che nelle 
regioni alpine queste speciali formazioni non si sviluppino (come 
in realtà ampiamente si sviluppano) anche sotto il Trias. 

5° Sia lungo i Pirenei sia nell’ Appennino italiano spesso 
l’Eocene partecipa alquanto alle indicate mutazioni di facies del 
sottostante Cretaceo, indicandoci di aver risentito ancora in parte 
l'influenza degli speciali fenomeni che caratterizzarono il prece- 
dente periodo geologico. 

6° Nell’Eocene pirenaico talora si sviluppa una formazione 
arenacea a Lucina corbarica, analoga al contemporaneo Macigno 
appenninico racchiudente consimili grosse Lucine che, per essere 


ue 


dz 
220 FEDERICO SACCO — OSSERVAZIONI GEOLOGICHE, ECC. 


affini a forme mioceniche, fecero e fanno riferire da molti detto 
Macigno (1. s.) al Miocene. 

7° La famosa serie eo-oligocenica di Biarritz è litologica- 
mente e paleontologicamente affatto analoga a quella delle 
classiche serie italiane contemporanee, cioè di Priabona, di Gas- 
sino, ecc. provandoci così che malgrado l'enorme distanza e la 
differenza dei bacini oceanici analoghe furono le condizioni di 
sedimentazione, di clima, di ambiente e quindi di vita. 


L’ Accademico Segretario 
ANDREA NACCARI. 


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Quatern. Depositi diluviali e diluvio-glaciali — Morene — Alluvioni, Dune, Travertini, De 
Pliocene Depositi argillosi, sabbiosi e ciottolosi; ligniti. — Alle falde dei Pirenei oriental 
Mioc. (sup.). Marne argillose con lenti ciottolose, ligniti, ecc.; resti di Dinotherium, Mastodon 


Oligocene Marne, sabbie ed arenarie a Numm. intermedia, N. Fichteli, Operculina ammonea, 
Marne grigie a Numm. biarritzensis, Orbitolites Fortisti, O. radians, molti Echini 

Eocene Marne cale. fossilif.! N. atacica, Ass. Leymeriei, A. globulus, Alv. melo, Opere. gra 
Calcari a Milioliti — Talora Cale. a N. perforata, N. lucasana, N. Ramondi, Assiline, | 

‘ Mame rossiccie, lacustri, gessifere (Garumniano) — Talora marne a Micraster tercen 


Calcare litografico lacustre compatto, biancastro, con Physa lacrima, Megalostoma, 


eniano Marne argillose rossiccie con Cyrena garumnica, Melania armata, Melanopsis, ecc. - 
| Arenarie quarzose con frustoli carboniosi (Grés d’Alet) o Calcari compatti, giallia 
suina: Alternanza di marne grigie con Calcari ad Ippuriti!, Radioliti, Inocerami, Anane 
Marne grigie a Micraster brevis, Rhynchonella, Tissotia, Be emnitella, ecc. - Talora: 
Turon. Banchi calcarei ippuritici intercalati ad arenarie - Talora marne grigie con AmI 
Cenom. Arenarie calcaree a Caprina adversa, Caprotina costata, Caprinula, Orbitolina cone 
Albiano Marne calcaree o schisti marnoso-calcarei bruni con Ammoniti (Acanthoceras, De 
Urg.-Apt. Calcari compatti con Requienie (Toucasia carinata), Nerinee, Acanthoceras, Terebt 
Neocom. Manca o rappresentato solo da qualche zona calcarea 0 dolomitica. 
Giura Dolomie, spesso brune e fetide, compatte, generalmente senza fossili. 
Marne e calcari a Posidonomia, Ammoniti, ecc. 
Lias I Calcari marnosi a Gruphaea cymbium, Terebratula punctata, Belemmiti, Hildocera 
Calcari silicei o dolomitici compatti, grigio-brunastri; o Calcari brecciformi comy 
Retico Calcari marnosi straterellati ad Avicula contorta, Bactryllium striatum, ecc. 
Trias Marne argillose varicolori, specialmente rossiccie, gessifere, salifere, con Quarzo È 
Carniole e Calcari a Lingula tenuissima, Terebratula, Spiriferina, Ceratites, ecc. 


Perm. Arenarie e Conglomerati rossastri (passanti al Trias inf.), Argiloliti; Schisti Ca 
Grovacche e schisti filladici a Pecopteris, Dictyopteris, Odontopteris, Annularia, S ! 


Carb. I 3 Mali di La «LL 
Calcari a Goniatiti, Ortoceratiti, Encrinidi, Amplexus, ecc. - Schisti con Product 
Calcari o Marmi griottes a Goniatiti (con passaggio litologico-paleontologico al ( 

Devon. CS : : : s 1 si 
Grovacche e Schisti calcarei a Coralli (Amplexus), Cyathocrinus, Ortoceratiti, Rhyneh 

: | Schisti graptolitici (varie specie di Monograptus). 
Silur, ì a LE è ; i 
( Grovacche, Schisti ampel. e cale. a Encrini, Orthis (0. vespertilo), Leptaena corrugi 


Cambr. Schisti ardesiaci e silicei. 
Arcaico Gneiss granitoide - Gneiss minuti, Gmeiss anfibolici, Micaschisti, Schisti cristali 


Sacco. 


dei Pirenei. 


lie, Cyclostoma, ecc. 
bioso-marnosi, marini (Astiano e Piacenziano), assai fossiliferi. 
Tipparion, Dryopithecus, ecc. — Talora marne ed arenarie ad Ostrea crassissima. 


patagus, Pecten, ecc. PuDDINGHE Palacotherium 
otularia spirulaea, Briozoi,ecc. DI PALASSOU Lophiodon 
D con : 

sinuosus, Ostrea uncifera, Turrit., ecc. de ed Plan. pseudoamm. 

medio-inf. — Talora ar. a Luc. corbar., ecc. \ e nell’ Eoc. sup. Bul. gerund., Physa prisca 

Heberti, ecc. (passaggio all’Eocene inf.). 

i Rognac). Pirenei occidentali (specialmente) 

i Talora marne a Orbitolites gensacica. Caledi Cascoslio Schisti argillosi, 

ankin). calcarei o arenacei 

Rinchonelle, ecc. Cale. di Bidart a Fucoidi, ecc., 

con intercal. arenacee. (Grés de Celles). cioè Flysch (lato sensu) 
da con numerosissimi 

io graduale al Senon. ed al Cenoman. Cale. di Bidache ai . 

-_ ARES affioramenti di Ofiti. 


Trigonie, Rinchonelle, ecc. 
na convidea, O. discoidea, ecc. 


i 
È 


ili; con affioramenti ofitici. 


ce. (facies Keuperiana), attraversate da numerose Ofiti. - Talora schisti lucidi. 


elkalk). — Talora, verso la base, arenarie rossastre passanti al Permiano. 
arophoria (passaggio al Carbonifero sup.). 

tes, ecc. 

lipsia, ecc. 


trophonema, Spirifer (Sp. cultrijugatus, ecc.), Trilobiti (Phacops, Dalmanites), ecc. 
rupta, Ortoceratiti, Trilobiti (Trinucleus, Calymene, Asaphus, Phacops, Bronteus). 


Graniti, Leptiniti, Pegmatiti, Anfiboliti, ecc. 


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221 


CLASSE 


DI 


SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE 


Adunanza del 23 Dicembre 1900. 


PRESIDENZA DEL SOCIO SENATORE PROF. GIUSEPPE CARLE i 
PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA 


Sono presenti i Soci: PevRron, Direttore della Classe, Ross, 
Manno, BoLLATI DI SAINT-PIERRE, GRAF, CrpoLLa, Brusa, ALLIEVO, 
Savio, RenIeR Segretario. 

È approvato l’atto verbale dell'adunanza precedente, 9 di- 
cembre 1900. 

Il Presidente presenta alla Classe il primo volume di un’opera 
del Prof. Francesco RurrInI col titolo: La libertà religiosa : Storia 
dell'idea. Torino, Bocca, 1900, colla seguente relazione: 


Ho l'onore di presentare alla Classe, d’incarico dell’autore, 
avv. Francesco Ruffini, già professore di diritto Canonico alla 
Università di Genova, ed ora professore di storia del diritto 
Italiano nella nostra Università, ove è succeduto al compianto 
nostro collega prof. Cesare Nani, un’opera col titolo: La libertà 
religiosa, volume 1°. Storia dell’idea. 

Il volume ora pubblicato contiene, per usare l’espressione 
stessa dell’autore, la delineazione storica del concetto di libertà 
religiosa fino al secolo XIX; mentre nel secondo volume, che 
egli già tiene in pronto, tratterà della libertà religiosa nel se- 
colo decimonono, aggiungendovi anche lo studio della legisla- 
zione comparata sull’argomento e quello delle condizioni presenti 
della libertà religiosa, massime in Italia. 

La sua opera comincia con una breve introduzione, in 
cui egli cerca di definire e delimitare il concetto di libertà 


i Y ‘ di 
222 
religiosa, distinguendolo da quello più esteso di libertà di pen- 
siero e da quello più ristretto di libertà ecclesiastica, coll’ osser- 
vare, che mentre il libero pensiero è di preferenza un concetto 
o principio filosofico e la libertà ecclesiastica è di preferenza un 
principio teologico, la libertà religiosa invece è un concetto o 

un principio essenzialmente giuridico. 

L’intendimento del Ruffini non è però di studiare la libertà 
religiosa nel suo aspetto negativo, ossia negli ostacoli e nelle 
difficoltà, che essa ha incontrato, ma piuttosto di seguirla nel 
suo aspetto positivo, che è stato meno esplorato, e quindi egli 
si propone nel suo libro di delineare nell’antichità il sorgere, lo 
svilupparsi nel medio evo, e il trionfare definitivo nel secolo 
nostro dell’idea, che non'si debba perseguitare nessuno nè pri- 
varlo della piena capacità giuridica per motivo di religione. 

Lo svolgimento del suo tema quindi lo condusse ad accen- 
nare solo di passata a quegli esempi di tolleranza religiosa, che 
l’antichità fornisce e a cercare in essa i primi germi dell’idea, 
mentre il suo intento più diretto fu quello di descriverne lo svol- 
gimento nell’età moderna, lasciando affatto in disparte gli esempi 
che si potrebbero rintracciarne presso popoli non cristiani. 

Non occorre che io dica quanta fosse la difficoltà della ri- 
cerca, trattandosi di tener dietro allo svolgersi di un'idea, che 
comparve sotto forme diverse nei diversi paesi, che ostacolata 
in un luogo venne a rinascere nell'altro, che subì anche l’in- 
fluenza delle vicende e condizioni politiche dei varii Stati, che 
si manifestò di preferenza in scritti d'occasione e di polemica 
religiosa, di cui non sempre erano noti gli autori. Era quindi 
una ricerca, che richiedeva un largo sussidio di erudizione nel 
campo giuridico, religioso e perfino letterario; e questo cercò 
di procacciarsi il Ruffini, sebbene, come dice nella prefazione, 
egli dettasse il suo libro in una città, come quella di Genova, 
che per quanto sia sede di un’Università numerosa, difetta però 
grandemente di ogni agevolezza di studio (pag. viti). Allorchè 
poi gli mancavano i sussidii diretti dei libri, si valse delle in- 
dicazioni e dei riferimenti, che poterono somministrargli i più 
competenti nel tema, come il prof. Friedberg, suo maestro al- 
l’Università di Lipsia, dove egli erasi recato a perfezionarsi nei 
proprî studî, il prof. Ricker, che gli fu allora compagno in 
quell’Università ed ora insegna nella medesima, il prof. Pollock 


e _—————— 


PTC. ea 


oa 


223 


dell’Università di Oxford, e il prof. Fredericq dell’ Università 
di Gand. 

Certo la ricerca non avrebbe potuto essere condotta con 
diligenza, con obbiettività e con imparzialità maggiore; l’au- 
tore cerca nell’ antichità e poscia nel Medio Evo i primi 
sprazzi dell'idea, dimostrando la parte che vi ebbe eziandio il 
pensiero italiano, durante il movimento iniziato all’epoca della 
riforma, pensiero che ebbe poi ad essere diffuso altrove da italiani, 
che vi si erano riparati per motivo di religione. Egli segue poi 
lo svolgimento del concetto nell’Olanda, nell’Inghilterra, in Ger- 
mania sotto l’influenza sopratutto della scuola del diritto na- 
turale, nelle colonie americane, nella Svizzera, Scandinavia 
e Norvegia, come pure nei paesi cattolici, come la Francia, 
l’Austria, la Polonia, il Belgio e l’Italia, mettendo in evidenza 
gli scrittori, che contribuirono maggiormente a svolgere l’idea, 
notando in ciascuno ciò che potesse esservi di nuovo sopra quelli 
che l'avevano preceduto, e rilevando in ogni paese i tratti co- 
muni che aveva la controversia e le caratteristiche particolari 
che essa assumeva. Viene così ad esser posto in evidenza, che 
il mal seme dell’intolleranza ebbe a manifestarsi fra cattolici, pro- 
testanti, liberi pensatori, e all’epoca stessa della rivoluzione fran- 
cese e che lo svolgimento dell'idea della libertà religiosa debbe 
essere attribuito a filosofi, a giuristi, a letterati di ogni paese 
civile, mentre in certi paesi, come ad esempio l’Italia, il primo im- 
pulso verso l’idea di tolleranza religiosa deve essere attribuito 
di preferenza ad ecclesiastici cattolici. Per tal modo il lettore 
viene ad esser posto in condizione di controllare egli stesso l’espo- 
sizione dello storico, di seguire lo svolgimento dell’idea nel suo 
nucleo fondamentale e nelle sue configurazioni svariate, di scor- 
gere l'influenza che su di essa esercitano le condizioni politiche 
dei varî paesi, e infine anche di scoprire le origini remote dei 
varî sistemi, che poi furono seguiti nei varî paesi per ciò che 
si riferisce alla questione, tanto discussa e non ancora definiti- 
vamente risolta, dei rapporti fra Chiesa e Stato. 

Sebbene poi trattisi di problema così ampio, che le sue 
prime origini certo rimontano non solo all’antichità classica, ma 
anche all’antico oriente, tuttavia a mio avviso fu bene che il Ruf- 
fini abbia ristretto il suo quadro all’età moderna, dal momento 
che egli voleva delineare sopra tutto il concetto giuridico della li- 


a 
Pre su 


224 


bertà religiosa, poichè sotto questo aspetto giuridico, l’idea della 
libertà religiosa, a mio giudizio, è qualche cosa di assolutamente 
propria all’evo moderno, in quanto che la sua formulazione giu- 
ridica (se mi sia lecita l’espressione) viene ad essere una delle 
conseguenze del gran fatto dell’Evo moderno, che è la distin- 
zione di uffizii che viene ad operarsi fra Chiesa e Stato. 

Non può qui essere il caso di entrare nell'esame di parti- 
colari apprezzamenti del Ruffini, in alcuni dei quali non potrei 
forse essere perfettamente dell'avviso dell’ egregio autore; ma 
conchiudo senz'altro con dire che il lavoro del Ruffini, oltre al 
suo valore scientifico, che è incontestabile, ha anche un valore 
morale, in quanto che varrà a dimostrare agli stranieri, che 
certo non mancheranno di prenderlo in considerazione, che anche 
qui in Italia, frammezzo a quella specie di torpore e di indiffe- 
renza, che suole, non del tutto a torto, esserci attribuita di 
fronte a questi argomenti, che pur destano così grande inte- 
resse negli altri paesi civili, sonvi uomini di scienza, che ne 
sentono l’altissima importanza e ne fanno oggetto di studî co- 
scienziosi, imparziali e profondi. Dopo ciò non mi resta che ad 
affrettare coi voti la pubblicazione del 2° volume, che riferen- 
dosi al secolo decimonono potrà anche interessarci più diret- 
tamente. 


Il Socio Savio fa omaggio all'Accademia, a nome della Di- 
rezione dell'Istituto Sociale, d'una miscellanea di poesie su La 
spedizione di S. A. R. il Principe Luigi di Savoia Duca degli 
Abruzzi al polo nord, Torino, Bona, 1900. 

Tra le pubblicazioni giunte in dono, il Segretario segnala 
quelle del Socio SAvio, che il Socio stesso volle cortesemente 
regalare all'Accademia. 

Il Socio CrpoLLa presenta una nota del prof. Ferdinando 
Gasorto, La questione dei fuorusciti di Chieri 1339-54, che è 
inserita negli Atti. 

Il medesimo Socio CrpoLrA legge un suo scritto intitolato: 
Un amico di Cangrande I della Scala e la sua famiglia. La Classe 
con votazione secreta unanime ne approva la stampa nelle Me- 
morie accademiche. 


SLI nd — 


“ 


FERDINANDO GABOTTO — LA QUESTIONE DEI FUORUSCITI, ECC. 225 


LETTURE 


La questione dei fuorusciti di Chieri (1337-1354). 
Nota del Prof. FERDINANDO GABOTTO. 


Forse fin dall'estate del 1337, certo dalla primavera dell’anno 
successivo, le violenze dei Balbi e di altri nobili chieresi ave- 
vano indotto i maggiorenti della parte popolare a cacciare dalla 
terra quella nobiltà riottosa e prepotente, cui più non bastavano 
a raffrenare gli Statuti della “ Società di San Giorgio , nè le 
norme del diritto comune (1). Certo, fra gli espulsi erano prin- 
cipalmente Petrino Balbo, Antonio Bertone de’ Balbi, molti dei 


(1) CisrarIo, Storia di Chieri, I, 227, 254 segg., 2° ed., Torino, 1881. Cfr. la 
mia Storia del Piemonte nella prima metà del secolo XIV, 167,172, 174 seg., 
Torino, 1894. Riguardo al tempo della cacciata dei nobili, il Chrom. vetus 
Carti, ad an., in Crerarro, Op. còt., II, 362, 1* ed., Torino, 1827 (il vol. II non 
fu ristampato), scrive: “ mccoxxxvmi, die vi augusti, Tohannes marchio Mon- 
tisferrati et Thomas de Salucio venerunt prope furchas Cherii ut ingrede- 
rentur dictum locum Cherii cum pcc militibus et multitudine peditum; nec 
potuerunt, quia terra erat bene munita per illos de Saviliano, Cunio et 
Monteregali, qui erant homines regis Roberti; et quidam de Cherio quos 
nolo nominare faciebant dictos marchiones venire Cherium. Et illi de Mon- 
tecucco dederunt Montecuccum marchioni Montisferrati die sabati de sero; 


quod castrum erat communis Cherii ,. Il Mroro, Cron., in Miscel). st. ital., 


I, 153, reca poco diversamente: “ Iohannes marchio Montisferrati et Thomas 
de Saluciis, dolose locum potiri putantes, apud Cherium venerunt cum 600 
equitibus et copia peditum. Sed quia presidio locus munitus erat ab ho- 
minibus Montisregalis, Cunei et Savillani, regi Roberto fidelibus, nichil 
operati sunt. 1338. 6 augusti. Cui marchioni homines Montiscuchi sese de- 
derunt ,. Per contro, un documento citato da B. San Grorgro, Cron. di 
Monferr., 124-125, Torino, 1780, fa investire i signori di Moncucco, di tal 
luogo, dal marchese monferrino il 12 agosto 1337; ciò che presuppone la 
cacciata anteriore dei nobili da Chieri. Il 6 agosto 1338 era di giovedì; il 
sabato successivo era quindi l’8: neanche le determinazioni della rispon- 
denza fra i giorni della settimana e quelli del mese servono quindi a chia- 
rire la questione, che per ora bisogna lasciare insoluta. 


226 FERDINANDO GABOTTO 


Vignolia e dei Merlenghi; e questi “ estrinseci ,, padroni di ca- 
stella e ville nel territorio, favoriti in segreto da non pochi ri- 
masti dentro e perseveranti nei rancori contro i nemici perso- 
nali e contro la maggioranza, non tardavano ad incominciare 
una guerra civile di depredazioni e di scaramuccie che doveva 
presto far sparire anche l’ultimo superstite dei liberi Comuni 
piemontesi (1). Le potenze circostanti, che da un pezzo andavano 
spiando il tempo di metter le mani su Chieri, sentirono che l’oc- 
casione era giunta: tutto si riduceva ad una gara di prontezza 
e di abilità. 

Il primo a muoversi fu il marchese di Monferrato. Senz'es- 
sere “ ghibellini, nel senso che la parola aveva omai assunto 
in Piemonte in mezzo alle lotte fra Solari e De Castello, in 
Asti, ed alle ferocie canavesane prossime a dilagar più che mai, 
i “ fuorusciti , chieresi si erano rivolti a Giovanni II Paleologo 
in quanto era il nemico naturale degli Angioini e del principe 
di Acaia, che favorivano la parte guelfa, cui si stringeva di 
consueto la parte popolare di ogni luogo. Il 6 agosto 1338 il 
Marchese si avanzò su Chieri, probabilmente insieme cogli “ estrin- 
seci ,: dentro era trama segreta di aprirgli le porte. Ma era 
stato prevenuto: omai si trovavano a presidio genti del re Ro- 
berto venute da Savigliano, Cuneo, Mondovì, e già si apprestava 
a trarre in soccorso Giacomo di Acaia, indicente quel dì stesso 
una congrega di truppe a tal fine. Al Paleologo bisognò ritirarsi 
senz'altro frutto che la dedizione spontanea dei signori di Mon- 
cucco, seppur questa non debba anticiparsi d’un anno; già 18 il 
Principe era giunto a Chieri in persona, e di là sollecitava a 
furia rinforzi con viveri per dieci giorni (2). Il 2 settembre sap- 
piamo egservi stata un’altra congrega dell’esercito di Moncalieri, 
per andare a Chieri (3); ma tutta questa premura di Giacomo 
e del siniscalco angioino per la difesa del Comune contro Gio- 
vanni II ed i fuorusciti non era, e non poteva essere, disinteres- 
sata. E l’interesse non era soltanto di non lasciar cader Chieri 
in mano di un rivale, ma d’impadronirsene essi medesimi. In 
ottobre, il Principe manda colà a negoziare per lui il suo fami- 


(1) CrsraRIO, Op. cit., I, 254, 2* ed., St. del Piem., 174 seg. 
(2) Chron. vetus, e Mroro, UU. ce.; St. del Piem., 175. 
(3) St. del Piem., 176. 


=——rr—v ——c 


LA QUESTIONE DEI FUORUSCITI DI CHIERI (1337-1354) 227 


gliare Giacomo Della Torre (1), e ve lo rinvia da capo in no- 
vembre (2). Anche Bartolomeo Taverna, balivo di Val di Susa, 
dirige a Chieri, d'ordine del conte di Savoia, suo signore, molti 
messi e molte spie “ a trattar cose segrete con alcuni del luogo ; 
nè vanno palesemente ma “ di nascosto , (3). La chiave di 
tutto l’intrigo ci è porta dal noto trattato del 18 dicembre 1338, 
col quale Aimone di Savoia pensava ristabilir la pace in Pie- 
monte e contentar tutti mediante il sacrifizio della libertà chie- 
rese. È noto come in virtù di questo trattato, Giacomo di Acaia 
doveva cedere al Paleologo la sua metà d’Ivrea, ricevendo in 
compenso l'autorizzazione a prender in feudo dal re Roberto 
metà di Chieri: l’altra metà sarebbe stata direttamente dell’An- 
gioino (4). Così il dabben conte immaginava scongiurare gli ster- 
minî del Canavese, che presentiva imminenti (5), e formare tale 
una rete d’ interessi e di legami reciproci che permettesse di 
respirare alle straziate regioni subalpine. Non si può dire che 
l'intenzione non fosse buona: sull’onestà del mezzo è lecito espri- 
mere qualche riserva, anche se la sottomissione di Chieri do- 
veva avvenire per consenso dei cittadini e magari colla ricon- 
ciliazione degl’intrinseci coi fuorusciti. 

In connessione con tutta questa pratica, continuavano e si 
accentuavano i maneggi ed i negoziati di Acaia in Chieri stessa 
e cogli Angioini. In tempo che non è possibile precisare, ma che 
non può scostarsi troppo dalla fine del 1338 o dal principio 


(1) Arch. Camer. di Tor., Conti Chiav. Tor., Rot. XIV: “ Ad expensas do- 
mini Iacobi de la Turre, pro expensis suis factis cum tribus equis et tribus 
famulis per novem dies, quibus stetit tam apud Querium, quam apud Tau- 
rinum, pro negociis Domini..., per litteram Domini de mandato, datam 
Carniani, die vir mensis oetubris anno [m]cccxxxvin®... ,. 

(2) Ibidem: © Ad expensas domini Iacobi de la Ture, familiaris Domini, 
factas apud Querium, Montemcalerium et Taurinum per quindecim dies 
finitos die xvi® mensis novembris anno [m]cccxxxvu ... ,. 

(3) Ibidem: Conti Castell. Avigl., Rot. XXXI: “ Libravit pluribus explo- 
ratoribus et nunciis, quos secrete misit apud Cherium, eques et pedes, N 
ribus vicibus, ad tractandum cum quibusdam de Cherio aliqua secreta .. 
mi sol., vi den. gross. turon. ,. 

(4) St. del Piem., 179. Cfr. i miei opuscoli Pinerolo ed i suoi recenti sto- 
rici, 19, Pinerolo, 1893, e Di alcune questioni di storia aebalatiata pagg. 5-6, 
Torino, 1893. : 

(5) Cfr. il mio lavoro Un millennio di storia eporediese, 214, Pinerolo, 
1900 (nella mia “ Bibl. della Soc. stor. subalp. ,, t. IV). 


298 FERDINANDO GABOTTO 


del 1339 — probabilmente in gennaio di quest'anno —, Marti- 
netto di San Martino, vicario di Torino pel Principe, fu in Asti 
“ per trattar affari , di Giacomo; non senza passare per Chieri 
e trattenervisi, con Merlo di Piossasco e Corrado di Gorzano (1). 
Nel febbraio seguente è la volta di Giacomo Della Torre, rin- 
viato a Chieri il 22 (2); ed i rapporti e gl’intrighi perl’ effet- 
tuazione del trattato del 18 dicembre non erano ancor cessati 
nel maggio (3), sebbene omai una questione fra i Chieresi edi 
sudditi di Margherita di Savoia, marchesana vedova di Monfer- 
rato e zia del conte, désse luogo ad attriti anche fra il governo 
savoino ed il Comune di Chieri, non ancora terminati poi in 
gennaio 1340 (4). In questo frattempo, in aprile 1339, il Prin- 


(1) Arch. Camer. di Tor., Conti Chiav. Tor., Rot. XIV: “ Libravit Marti- 
neto de Sancto Martino, in quibus Dominus sibi tenebatur, videlicet in 
tresdecim florenis auri, pro eo quia ipse vicarius fuit apud civitatem asten- 
sem pro negociis Domini tractandis, cum duodecim equis et sex armigeris; 
item in octo florenis pro expensis quas ipse olim vicarius et Gonradus de 
Gorzano et dominus Merlo de Plossasco fuerunt apud Querium pro nego- 
ciis Domini, ubi steterunt per quinque dies ,. 

(2) Ibidem, Rot. XV: “ Ad expensas domini Iacopi de la Turre, desti- 
nati per Dominum apud Taurinum, Montemcalerium, Cherium et alibi pro 
certis et secretis negociis Domini exequendis; et stetit cum quatuor equis 
[et] quatuor famulis in Taurino per sex dies finitos die xxm februarii 
MOCCAXAIX se- ne 

(3) Ibidem: “ Pro quibusdam expensis factis per ipsum Guiglotum, 
eundo diversis vicibus ultra montes ad dominum Dalphinum, et ad regium 
Senescallum, apud Ast, pro negociis Domini ..., per litteras Domini de man- 
dato datas die xrr mensis madii MCCcxXXIX... ». 

(4) Ibidem, Conti Castell. Avigl., Rot. XXXII: “ Ad expensas sui ipsius 
[Bartholomei Taberne, bayllivi vallis Secusie], et septem equitum cum 
armis secum, factis apud Pynarolium, ubi fuit per duas vices finitas die 
quinta mensis maii anno [m]cccxxx1x"° ad consulendum et conferendum cum 
domino Principe et domino abbate Sancti Michaelis super quod illi de 
Cherio minabantur offendere terram domine Marchionisse, sororis Domini, 
que Domina eidem baillivo tramisit ambasiatores suos propter hoc, vide- 
licet Martinum Pampara et Dalphinum de Lanceo... — Ad expensas suas 
et novem armatorum cum ipso, ipsum asociancium, eundo versus Ciriacum 
et Casellas ad visitandum loca, que timebant de illis de Cherio; et ibi fuit 
per duos dies finitos xxrr die mensis maii anno [m]cccxxxrx®.... — Ad ex- 
pensas sui ipsius et sex hominum cum armis secum, asociancium dominos 
Petrum de Revoyre et Aymonem de Verdone, milites, visitantes terram 
domine Marchionisse et castra, quia timebatur de guerra illorum de Cherio; 
ubi fuit per tres dies finitos xrx die mensis ianuarii [m]ocox1... 4. 


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LA QUESTIONE DEI FUORUSCITI DI CHIERI (1337-1354) 229 


cipe veniva sempre considerato dai Chieresi come fido alleato, 
e realmente egli e le sue terre li aiutavano di milizie, di carri, 
di macchine da guerra, ricevendone poco stante ricambio di pre- 
ziose informazioni per la difesa di Riva (1). Continuando a pre- 
mere i fuorusciti coll’aiuto di Giovanni II, gl’intrinseci pronun- 
ciarono il 5 giugno essere in facoltà di ognuno offendere quei 
“ ribelli , (2); ai quali, benchè uniti cogli estrinseci d’Asti, in- 
fliggevano poi il 15 grave rotta presso il casale di Petrino 
Balbo: caddero nella mischia moiti de’ fuorusciti, e 100 loro ca- 
valli furono condotti come bottino dentro la terra (3). Nondi- 
meno, i borghesi fin allora preponderanti si sentivano sfuggir 
di mano il potere, sia per l’incalzar degli estrinseci, sia per l’at- 
titudine assunta dagli elementi plebei, specialmente conciatori e 
calzolai, i quali, penetrati nella Società di San Giorgio e saliti 
poco a poco a’ primi ufficì, accennavano ad arrogarsi ogni au- 
torità ad esclusione dei popolani grassi (4). Bisognava scegliere 
un signore: forse l'urto con Savoia valse a far pendere la bi- 
lancia piuttosto a favore di Angiò che di Acaia; forse l’una. e 
l’altra di queste potenze cercando di soprafarsi a vicenda, gli 
ufficiali provenzali furono più scaltri e più larghi di promesse: 
comechessia, la domenica 18 luglio il Maggior Consiglio di Chieri, 
ossia la fazione che omai la costituiva da sola, deliberò darsi 
a re Roberto lasciando Giacomo ridevolmente frustrato delle sue 
speranze, delle sue fatiche e dei suoi intrighi (5). 

Il Principe, ad onta di questa disillusione, non si staccò 
dagli Angioini, coi quali continuò a combattere i Ghibellini ca- 


‘ navesani, il marchese di Monferrato ed i fuorusciti chieresi. I 


(1) Arch. Com. di Moncal., Ordin., vol. II, f. 158 è. Cfr. il mio Inventario 
e regesto dell’Archivio Comunale di Moncalieri, n. 671, Torino, 1900. 

(2) St. del Piem., 181 seg. 

(3) Chron. vetus, e Mroro, MU. ce. Cfr. St. del Piem., 182 e 185, dove, tratto 
in errore dai cronisti, ho malamente sdoppiato un unico fatto. Il secondo 
combattimento va identificato col primo. 

(4) St. del Piem., 182. 

(5) Chron. vetus, e Mroro, U. ce. Cfr. CrsrARIO, Op. cit., I, 255 seg., 2° ed. 
Per la data, rigetto ora l’interpretazione, da me accolta altra volta, se- 
condo cui il mese, mancante nei cronisti, sarebbe stato il giugno stesso, 
e quindi corrigenda l’indicazione “ domenica 18, in “ venerdì 18, o “ do- 
menica 20 , (Cfr. St. del Piem., 1. c.). Basta notare che in luglio il 18 cadeva 
appunto di domenica, e modificare al riguardo. 


230 FERDINANDO GABOTTO 


documenti del periodo della dominazione provenzale in Chieri 
sono molto scarsi: tuttavia sappiamo che gli estrinseci non ces- 
savano di molestare gl’intrinseci, desolar le campagne, bruciare e 
saccheggiare, costringendo il Comune e la Società di San Giorgio 
a ricorrere a provvedimenti di sgravio ed a più energiche mi- 
sure di repressione. Il 18 aprile 1340 avvenne uno scontro di 
qualche importanza: 40 berrovieri, fra cui parecchi fuorusciti, 
furono assaliti e rotti dagl’intrinseci presso San Silvestro; quasi 
tutti caddero uccisi o vennero fatti prigionieri (1). Un po’ più 
tardi, il 17 luglio, un nuovo atto del Consiglio generale della 
Società di San Giorgio dichiarava “ ribelli, quanti dessero aiuto 
o ricovero ai “ ribelli , precedenti; otto giorni dopo, il 24, as- 
solveva dal fitto annuo i fittavoli che non potessero coltivar le 
terre affittate a cagione della guerra dei fuorusciti (2). Nel 1341 
erano già riannodate le più intime relazioni fra gl’intrinseci di 
di Chieri e Giacomo di Acaia, su cui ora principalmente ripo- 
sava la difesa degl’interessi guelfi ed angioini in Piemonte; ed 
anche Savoia tornava a negoziare amichevolmente con Chieri, 
inviandovi numerosi messi, e persino il castellano di Rivoli, Ai- 
mone di Verdon, ad un colloquio presso Moncalieri, forse per to- 
gliere ogni rimasuglio di dissensi (3). In giugno 1342 sappiamo 
che Torino e Moncalieri avevano appunto ricevuto ingiunzione 
dal Principe di soccorrere ad ogni richiesta gli occupanti chie- 
resi: il 26, infatti, spedivansi dal primo di quei Comuni 50 
clienti, ed il 2 luglio Giacomo invitava tutti gli uomini del se- 
condo a tenersi pronti, con viveri per otto giorni, a fine di ca- 
valcare quandochessia li chiamassero appunto i rettori di Chieri. 
Non passarono due dì che il vicario, il capitano ed i savî di 
questa terra mandavano a’ Moncalieresi lettere instanti ed affan- 
nose, in cui si diceva “ aspettar di ora in ora i nemici vegnenti 
sopra di loro per certo trattato, di cui dubitavano assai se non 
erano soccorsi in tempo da loro: soltanto in essi aver confi- 


(1) Chron. vetus, 362. 

(2) Crerarto, II, 309 segg. 

(3) Arch. Camer. di Tor., Conti Castell. Riv., Rot. XXXVII: “ In sti- 
pendiis suis [Aimonis de Verdone, castellani Rippolarum], factis apud Mon- 
temcalerium pro quadam dieta, quam tenuit cum illis de Querio, et du- 
cebat secum quatuor socios... ;. 


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LA QUESTIONE DEI FUORUSCITI DI CHIERI (1337-1354) 253] 


denza; perciò supplicarli di aiuto immediato, senza di che gravi 
pericoli erano sospesi sul proprio capo ,. La domane era già in- 
vaso il territorio chierese; epperò reiterata la domanda di 
pronto soccorso, che si mise subito in marcia da Moncalieri sotto 
quattro capitani del luogo (1). Tale situazione durava ancora, 
o si era rinnovata, in aprile 1343 : il 21 vedesi di nuovo minac- 
ciata Chieri dai Monferrini coi fuorusciti, soccorsa d’ordine del 
Principe da Moncalieri ; e così da capo fra il 24 ed il 28 giugno (2). 
Nello sfacelo della dominazione angioina, ogni dì accelerantesi 
dopo la morte del re Roberto, gl’intrinseci di Chieri, governan- 
dosi di nuovo quasi liberamente per se stessi, vedevanola neces- 
sità di stringersi sempre più ad Acaia, che consideravano come 
loro unica tavola di salvezza contro i fuorusciti e contro il Paleo- 
logo. Gli estrinseci si erano fortificati nel castello di Gamenario, fra 
Santena, Cambiano e Villastellone: di là davano gran travaglio. 
Finchè venuto in Piemonte, in qualità di nuovo siniscalco, Re- 
forza d’Agoult, gli occupanti chieresi ne invocarono l’aiuto per 
isnidare il nemico da quel suo covo: ciò che ne seguì è abba- 
stanza noto perchè non mi occorra ridirlo partitamente. Reforza 
assediò e prese, non senza inganno, il castello; ma fu rotto e 
morto il 22 aprile 1345 da Giovanni II e dall’accolta dei ghibel- 
lini del Piemonte, che ripresero tosto Gamenario, ma non poterono 
ottener Chieri per il rapido intervento di Giacomo di Acaia, vero 
vincitore di una battaglia non combattuta da lui (3). Da questo 
momento l’influsso sabaudo si afferma e si mantiene costante in 
Chieri fin quando diventa inevitabile la vera e propria dedizione. 

Durante tutto l’estate e l'autunno del 1346 fu uno scambio 
vivissimo di comunicazioni fra i governi di Savoia e di Acaia 
da un lato, di Milano dall’ altro; nè soltanto, è chiaro, per le 
cose d'Ivrea e del Canavese (4), ma per tutta quanta la situa- 


(1) St. del Piem., 199 segg. Il nome di uno dei quattro capitani mon- 
calieresi, ivi scritto “ d'Erpo , dev’esser corretto in “ De Episcopo ,. 

(2) Ibidem, 205, 208. 

(3) Ibidem, 211 segg., e le fonti ivi citate. 

(4) Un millennio di st. epored., 238. Cfr. anche Arch. Camer. di Tor., 
Conti Castell. Cavallerm., Rot. XX: © Libravit certis clientibus qui dictum 
castellanum [Robaldum de Caburreto] associaverunt eundo apud Chayrium 
pro negociis Domini et in veniendo de Savillano ad Dominum... [ante diem 
xvIr mensis septembris anno Domini mcccxLvi]. 


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232 FERDINANDO GABOTTO 


zione politica subalpina (1). Dopo la battaglia di Pollenzo, ognuno 
si preparava ad arraffare quanto più potesse della successione 
angioina (2): per quanto riguarda Chieri, vi troviamo inviato da 
Torino, verso la metà di gennaio 1347, per affari del Principe, 
il suo famigliare Antonio Sicco (3), cui segue in principio di 
aprile il balivo segusino Guglielmo di Montbel, per parte di 
Amedeo VI e dei suoi tutori (4). Questi sforzi sabaudi per pro- 
muovere la dedizione spontanea del Comune chierese non pote- 
vano però sfuggire all’ attenzione del marchese di Monferrato, 
sempre ben servito dai fuorusciti: onde risolvette di prevenirli. 
Il 28 aprile s'impadroniva egli di Vergnano (5), e veniva quindi 
a porre il campo dinanzi a Chieri stessa, insieme con genti, od 
almeno con insegne, viscontee, provocando proteste del Papa al 
signor di Milano (6). Il 2 maggio, il Paleologo aveva certamente 
già incominciato l’assedio (7); il 3 vediamo il castellano princi- 


(1) Ai documenti publicati fra gli Estratti dai “ Conti , dell’Arch. Ca- 
mer. di Tor. relativi ad lvrea, nn. 452 segg., aggiungo ora questi altri, de- 
sunti dal medesimo Archivio, Conti Castell. Riv., Rot. XLV: “ Libravit sibi 
ipsi [Aimoni de Verdone, castellano Rippolarum], in expensis suis... eundo 
ad dominum Mediolani, missus per dominum Comitem pro negociis ipsius do- 
mini Comitis; ad que vacavit per trigintaduos dies finitos die decimaoctava 
mensis iulii anno mcccxLvi°, cum tribus equis... — In expensis suis, euntis 
una cum domino Petro de Ponte, de mandato domini Comitis, ad dominum 
Mediolani pro negociis Domini, ubi stetit dictus dominus Aymo per tri- 
gintatres dies, cum tribus equis, finitos die decima mensis decembris 
anno MCCcxLvI ... ,3 Conti Castell. Vigone, Rot. XXXIV: “ Libravit domino 
Hugoni de Bozosello, castellano Vigoni, in quibus Dominus sibi tenebatur 
pro eo quod ipsos concesserat Iohanni Carrossio pro expensis faciendis apud 
Mediolanum, ubi erat pro negociis Domini..., per litteras Domini de man- 
dato datas die v octubris anno eodem [mcccxLvI]... ,. 

(2) St. del Piem., 220-221. 

(3) Arch. Camer. di Tor., Conti Chiav. Tor., Rot. XXI: ° Ad expensas 
Anthonii Sicci, missi per Dominum apud Charium pro certis negociis ipsius 
Domini exequendis..., per litteras Domini, datas die x ianuarii [mocoxLv]... ,. 

(4) Ibidem, Conti Castell. Avigl., Rot. XLV: “ Ad expensas suas [Guil- 
lelmi de Montebello, baillivi Vallis Secusie], et trium sociorum suorum, 
factas eundo ad loquendum Queyriensibus pro secretis negociis Domini; 
et ibi stetit per duos dies et unam noctem, ut per litteram Domini et tu- 
torum suorum de mandato, datam die x mensis aprilis [mcccxLvm]... ,. 

(5) Mroro, 154. i 

(6) CerasoLi e Cirorra, Clemente VI e Casa Savoia, 29, Torino, 1898. 

(7) Arch. Camer. di Tor., Conti Castell. Riv., Rot. XLV: “ Cuidam explo- 
ratori misso in exercitu Marchionis ante Cherium ad sciendum statum ipsius 
anno McccxLVviI, secunda die maii, xLm sol. vien. escucellatos ,. 


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LA QUESTIONE DEI FUORUSCITI DI CBIERI (1337-1354) 233 


pesco di Gassino porre un presidio a Tondonico (1); il 5, è no- 
tizia di altre genti moncalieresi a dirittura a guardia di Chieri (2). 
In questo mentre, essendo omai virtualmente conchiuso dagli 
emissarî precedenti il trattato di dedizione, scendevano ad at- 
tuarlo i tutori di Amedeo VI: Lodovico di Savoia, barone di 
Vaud, ed Amedeo, conte di Ginevra. Il 7 e 1°8 erano già a 
Susa con molti gentiluomini, fra cui notevoli Pietro di Compey, 
Guigo di Pont-Vitry, Berlione di Foraz, Guglielmo d’Annecy e 
più altri (3); e tosto si dirigevano su Chieri colla scorta di 
27 uomini d’arme somministrati dal castellano stesso di Susa e 
rimasti poi sino al 20 (4). Si andava formando così una nume- 
rosa cavalcata, a cui parteciparono man mano il balivo Mont- 
bel (5), il castellano rivolasco Aimone di Verdon (6), Giovan- 


(1) Ibidem, Conti Castell. Gassino, Rot. XVII: ©“ Ad stipendia duorum 
clientum, quos tenuit in munitione et custodia Theodoniti per octos dies..., 
per literas Domini datas die 11 madii anno eodem (1347)... n. 

(2) St. del Piem., 225. 

(3) Arch. cit., Conti Castell. Susa, Rot. XXXV: “ Ad expensas domini 
Ludovici de Sabaudia factas [apud] Secusiam die vir maii [wccoxLvn] per 
totam diem. — Ad expensas domini comitis Gebennarum, factas apud Se- 
cusiam die martis vir maii [mcccxLvir] eundo in Pedemonte pro tractatu 
de Querio; presentibus domino Petro de Compeyso, domino Guigone de 
Pontevitreo, domino Mare[scaZlo] de Sabaudia, domino Berlione de Foraz, 
domino Guillelmo de Aynessiaco, militibus; cantore Gebennarum et Gui- 
gone de Sancto Albano et pluribus aliis ... ,. 

(4) Ibidem: “ In stipendiis viginti septem hominum arm(at)oram equi- 
tum super roncinis, quos tenuit et habuit de mandato dominorum Ludovici 
de Sabaudia et Amedei comitis Gebennarum in loco Querii per decem dies 
continuos finitos die xx mensis maii exclusive anno Domini mecoxLvn?... ,. 

(5) Ibidem, Conti Castell. Avigl., Rot. XLV: “ In stipendiis ipsius bayl- 
livi [Guillelmi de Montebello], una cum septem armigeris equitibus cum 
armis secum, videlicet domino Petro Fuserii, dicto Corna, Humberto Luppe, 
Martino de Crosaco, Iohanne de Cigniaco et Philipo de Castelleto, decem 
dierum inceptorum die xr* mensis may anno [m]cccxLvn®, quibus fuerunt, 
una cum dominis tutoribus, videlicet Ludovico de Sabaudia et Amedeo co- 


mite Gebennarum, in cavalcata Querii facta pro ingressu ipsius loci ..., per 
litteram dictoram dominorum tutorum de testimonio, datam Rippolis, die 
xXIT May anno MCCCXLVII ..., XXvi flor. et 1 partes unius floreni auri p. p. ,. 


(6) Ibidem, Conti Castell. Rivoli, Rot. XLV: “ Libravit sibi ipsi dictus 
dominus Aymo [de Verdone, castellanus Rippolarum] quondam, in quibus 
Dominus eidem tenebatur, tam pro ipsius et aliorum equitum cum armis 
stipendiis, quos habuit in servit[i]o Domini cavalcate facte in receptione 

Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 16 


234 FERDINANDO GABOTTO 


nino Provana signore di Coazze (1); mentre già ben 400 clienti 
li avevano preceduti di sei giorni sotto il comando di Lodovico 
Rivoyre, attento a provvedere alla sicura difesa della piazza 
fino all'arrivo dei supremi rappresentanti sabaudi (2). Arrivato 
appena il Rivoyre colle sue genti dinanzi a Chieri, i borghesi 
gli aprirono premurosamente le porte, cacciando il 13 il vicario 
angioino Antonio Tapparelli, e stipulando quindi il 19 l’atto 
solenne di dedizione. Per quanto concerne i fuorusciti, stabili- 
vasi in tal atto che i nuovi signori — cioè il Conte ed il Prin- 
cipe per indiviso — avrebbero dovuto tenerli esclusi in per- 
petuo, essi ed i loro discendenti, non ammettendoli neppure in 
altri luoghi dipendenti da essi signori fuori del Chierese, e con- 
fiscandone i beni a pro’ del Comune (8). È caratteristico che su- 
bito dopo, il 29, vedonsi mandati il Verdon e Lancillotto di Chà- 
tillon alla corte viscontea, dov'erano già stati più volte per altri 
affari, a chiedere al signor Luchino di non opporsi all’ occupa- 
zione sabauda di Chieri (4). Il governo savoino comprendeva 
che l'importante acquisto tornava sgradito a Milano, che pur vi 
aspirava per sè o per Monferrato: perciò, dopo averlo fatto, si 
studiava di assicurarselo coi negoziati, tentando, benchè invano, 


Cherii et aliorum locorum noviter aquisitorum, quam pro stipendiis qua- 
dragintasex clientum missorum in munitionibus castrorum Cherii... ,. 

(1) Ibidem, Conti Castell. Avigl., Rot. XLV: “ Libravit Iohanino Provane, 
de Cariano, condomino Covaciarum, pro stipendiis suis decem dierum, 
quibus stetit nomine suo et aliorum suorum consortum in cavalcata pre- 
dieta Querii...,. 

(2) Ibidem: “ Allocantur sibi per eandem litteram [datam Rippolis, die 
xxI may mcccxLvir]..., quos libravit domino Luddovico Ravoyre, qui sibi 
debebantur pro stipendiis ‘quatuorcentum clientum, quos apud Cherium, pro 
custodia dicti loci, ante adventum in partibus illis dictorum dominorum 
tutorum, tenuit secum per sex dies idem dominus Luddovicus, vIr*x 
florenos auri ,. 

(3) St. del Piem., 225 seg. Cfr. CrararIo, I, 262 segg.; II, 315 segg. 

(4) Arch. cit., Conti Castell. Riv., Rot. XLV: £ Libravit sibi ipsi dominus 
Aymo [de Verdone], in expensis suis factis apud Mediolanum, ubi fuit una 
cum Lanceloto de Castillione ad dominum Mediolani, missi per dominos 
tutores, quando primo intraverunt Cherium, ad tractandum cum dicto do- 
mino Mediolani ut non esset contrarius Domino in Cherio; et ibi steterunt 
in eundo et reddeundo per vigintiduos dies finitos die decimanona mensis 
iunii meccxLva, quo tempore erat caristia in partibus illis... ,. 


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LA QUESTIONE DEI FUORUSCITI DI CHIERI (1337-1354) 255 


di scongiurare la grossa guerra che se gli andava addensando 
al di sopra, e larvando colle buone parole le nuove conquiste 
di Cherasco, Mondovì, Cuneo e Savigliano, che intanto continuava 
a pigliare (1). 

Divampate le ostilità fra Milano, Saluzzo e Monferrato, da 
una parte, Acaia e Savoia, dall'altra (2), vediamo in ottobre 1347 
farsi rassegne dî cavalieri e di fanti a Torino, a Moncalieri ed 
a Chieri: inviato a tal fine Giovanni di Verdon, detto Cocart, 
figlio del zelante castellano di Rivoli (3). In dicembre, Chieri era 
di nuovo minacciata gravemente dal Paleologo, ed il momento 
appariva tanto più grave, in quanto si era scoperta una con- 
giura per tradir la terra ai nemici. L'autorità od il numero dei 
compromessi doveva esser molto grande, se il vicario Rivoyre 
non osava assumere sopra di sè la responsabilità dell’arresto e 
della punizione dei traditori, ma preferiva recarsi in persona a 
chiedere istruzioni a Torino (4); donde apputo fu deciso di rin- 
forzare il presidio coll’invio — il 14 — di 100 clienti da Mon- 
calieri (5). Fallite le prime pratiche di pace svoltesi direttamente 
fra i belligeranti prima dell’ arrivo del “ paciere , inviato dal 
Papa (6), ancora l’8 febbraio 1348 la Principessa era obbligata 


(1) St. del Piem., 226 segg. 

(2) Ibidem, 231 segg. Cfr. anche l’altro mio scritto La campagna subalpina 
del secondo semestre 1347 secondo un nuovo documento, in “ Bollett. stor. bi- 
bliogr. subalp. ,, II, 117 segg. 

(3) Arch. Camer. di Tor., Conti Castell. Riv., Rot. XLV: “ Libravit dictus 
Johannes de Verdone dictus Cocard sibi ipsi, eunti, se quinto eques cum 
armis, apud Taurinum, Montemcalerium et Cherium ad videndum monstras 
equitum et brigandorum; ad que vacavit cum praedictis per quatuor dies 
finitos undecimo die mensis octobris anno mcccxLseptimo ... ,. 

(4) Ibidem, Conti Castell. Avigl., Rot. XLVI: “In stipendiis suis [Lan- 
cilloti de Castillione, baillivi Vallis Secusie], et decem hominum equitum 
cum armis secum, habencium quilibet magnum equum, qui a[d] mandamen- 
tum domini Principis et domini Ludovici Ravoyrie, vicarii de Querio, ve- 
nerunt apud Thaurinum ad deliberandum cum ipsis quod esset agendum 
de illis qui tractabant prodire Querium ...; et fuerunt ad idem per duos 
dies completos... inceptos die x decembris [mcccxLviT]..., cx sol. vien. ,. 

{5) St. del Piem., 233. 

(6) Un mill. di st. epored., 241, e le fonti ivi citate. Cfr. per i negoziati 
diretti fra i belligeranti, Arch. Camer. di Tor., Conti Castell. Avigl., Rot. XLVI: 
“ In stipendiis suis [Lancilloti de Castillione, baillivi Vallis Secusie], et 
quatuordecim hominum equitum cum armis secum..., qui per litteram Domini 

Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 16* 


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a sollecitar da Torino i suoi ufficiali moncalieresi a mandare a 
Chieri 50 uomini, in vista di qualche nuovo pericolo urgente (1); 
ed anche dopo gli ‘accordi del 29 aprile imposti dal legato pon- 
tificio — Giovanni vescovo di Forlì —, rimanevano rancori e 
questioni da cui dovevano scaturir presto nuove lotte. Intanto 
si viveva in continuo sospetto ed allarme (2): i fuorusciti di 
Chieri stavano sempre, per così dire, alle porte, devastando il 
paese ed intrigando nella terra. Nonostanti i severi divieti, e le 
pene rigorosamente applicate, le relazioni degli estrinseci con 
amici del luogo perduravano, a gran pericolo di questo: nel 1348, 
o nei primi mesi dell’anno successivo, furono sottoposti a grosse 
multe Formaggio di Marentino, oste, per aver dato da bere a 
Giacomo di Cortansone ed a Filippino Aicardi, banditi; tre Ra- 
schieri, una . donna ed altre persone, per esser state a parlar 
coi ribelli in Moncucco; Alasina di Guglielmo Vecchi, per una 
gita fatta al casale di Petrino Balbo (3). Naturalmente, in queste 


FERDINANDO GABOTTO 


de mandato et memoriale sibi aportatum de Chamberiaco per Guidonem Bar- 
berii super tractatu pacis inter Dominum et capitaneum Mediolani et Marchio- 
nem iveruntapud Thaurinum ad Principem, convocato Consilio Domini ibidem 
propter hoc die 11 ianuarii anno [m]cccxLvin; et fuerunt ibidem per 1 dies 
completos ..., xv lbr. vien. — In stipendiis suis, et tresdecim ‘hominum 
equitum cum armis secum, qui ad mandamentum domini castellani Sca- 
larum et domini Humberti bastardi [de Sabaudia], ambassiatorum Domini, 
venerunt ad ipsos apud Thaurinum, ubi tractabatur de pace inter Dominum 
et Marchionem; et fuerunt ibidem per quatuor dies finitos prima die Qua- 
dragesime anno [m]cccxrvnr..., xmn lbr. vien. ,. 

(1) St. del Piem., 284. 

(2) Ibidem, 235 segg.; Un millennio, 245 segg. Cfr. Arch. Camer. di Tor., 
Conti Chiav. Tor., Rot. XXI: “ In iusticia que fieri debebat de Mapheolo 
de Papia et de filio Tonsi de Monesterio, spicis, qui comburi debebant(ur), 
lignis et paleis et cordis et aliis necessariis emptis ad idem; et dum es- 
sent ad iusticiam, ipse spice fuerunt per Dominam absolutis (sic), xx1 solidos, 
vi denarios ,. 

(3) Arch. cit., Conti Castell. Chieri, Rot. I: “ Recepit [Guillelmus Pro- 
vana, receptor reddituum et expensarum Cherii], de Fromagio de Maren- 
tino, quia contra ordinamenta dedit comedere et bibere Iacobo de Corte- 
sono et Philipono Aynaudi, bannitis, pro medietate Dominorum [Comitis 
et Principis], xrr libras, x solidos. — Recepit de Obertino Rascherio, quia 
contra ordinamenta ivit ad locum: Montiscuchi, et locutus fuit cam dominis 
dicti loci rebellibus Dominorum et Comunis Cherii; condempnatis in quin- 
quaginta libris, pro tercia parte ad Dominos pertinente; et alie due partes 


- 
“ 
LA QUESTIONE DEI FUORUSCITI DI CHIERI (1337-1354) 237 


condizioni abbondavano ladroneccî ed omicidì, e quindi non erano 
rari i supplizî capitali (1). Sono ricordati nello stesso tempo mes- 
saggeri da Chieri a Milano (2), ed altri più frequenti e più in- 
signi a Chieri stessa da parte del Principe, per cui era vicario 
Martino di Castellamonte e giudice Antonio Baldizzone di Be- 
stagno : in principio di marzo 1349 vennevi poi egli stesso, Gia- 
como di Acaia, in persona; per qual ragione s’ignora (3), ma 


pervenerunt ad vicarium et Comune, xvi lib., xrn sol., mr den. — Recepit 
de Aymoneto Rascherii, pro eodem et eodem modo, [ut supra]. — Recepit 
de Bertolomeo Rascherio, pro eodem et eodem modo, [ut supra]. — Recepit 
de Spagnolio,.filio condam Raymundi Canre, pro eadem causa, [ut supra]. 
— Recepit de Anthonella filia condam Laurentii Bochi, quia contra ordi- 
namenta ivit ad locum Montiscuchi ad loquendum cum rebellibus; con- 
dempnata in quinquaginta libris; deducta tercia parte pertinente ad vica- 
rium et alia tercia parte pro accusatore, et reliqua tercia pars pervenit 
tam Dominis predietis quam Comuni dicti loci, vir lib., vi sol., vin den. — 
Rbcepit de Alaysina Guillelmi Vetuli, quia contra ordinamenta ivit ad ca- 
sale Pettroni Bertoni, rebellis; condempnata in quinquaginta libris ..., vini 
lib., vi sol., vini den. ,. 

(1) Ibidem: “ In iusticiis factis de Ribaudono de Villanova et de Vi- 
vando Gamba de Castiglono, qui ‘propter furta, robaria et homicidia fue- 
runt suspensi... ,. 

(2) Ibidem: “ Libravit... Clerico, messagerio Domini, misso ad dominum . 
Mediolani cum litteris ipsius domini Principis..., per litteras Domini de 
confessione datas die xv mensis iunii MCcCxLVITT... ,. 

(3) Ibidem: “ Ad expensas Nacarini, menestrerii Domini, missi per Do- 
minum cum uno runcino et uno famulo, et stetit uno sero et uno mane... 
per litteras Domini datas die vir iulii anno eodem (1348) ..., xvi sol.. vi 
den. astenses. — Ad expensas domini Nicolini de Berlenda, iudicis gene- 
ralis, missi per Dominum apud Charium, cum duobus equis et duobus fa- 
mulis, pro certis negociis Domini peragendis; et stetit quinque diebus ...; 
per litteras Domini datas die y augusti [wceccxLvi], vir lib. — Ad expensas 
predicti Nacarini, missi per Dominum alia vice apud Charium pro certis 
negociis ipsius Domini; et stetit cum uno runcino et uno famulo uno sero 
et uno mane...; per litteras Domini datas die xrrr septembris [mecexrvar]..., 
xItt sol. — Ad expensas predicti domini Nicolini Berlende et Cardoni de 
Lucerna, missorum per Dominum apud Charium pro certis negociis ipsius 
Domini exequendis; et steterunt quatuor diebus cum sex equis...; per lit- 
teras Domini datas die xv novembris [wcccxLvin]... xvirr sol. — Ad ex- 
pensas Peyreti Provane, missi per Dominum apud Charium, cum tribus 
equis et famulis, pro certis negociis Domini peragendis ..., per litteras Do- 


| mini datas die vir februarii mocoxLIx..., xvitr sol. ast. -- Ad expensas 


hospicii Domini apud Charium ..., per litteras Domini de confessione datas 


ha 
938 FERDINANDO GABOTTO 


non sarebbe illecito sospettare che fosse omai per motivo di 
guerra contro i fuorusciti, a’ danni dei quali lo vediamo certo 
dal 25 al 31 maggio col castellano riyolasco Rodolfo di Moù- 
tiers, con Umberto bastardo di Savoia, col Rivoyre, col Lées e 
con altri nobili signori savoiardi (1). 

Nella sua ultima cavalcata chierese, il Principe aveva rei- 
terato il divieto di dare qualsivoglia aiuto ai ribelli (2); ma co- 
munque foss’egli obbedito, il provvedimento riusciva sempre di 
scarso effetto. Dai loro posti fortificati nella campagna, conti- 
nuavano a molestar gli occupanti; ed ora che, riuscita vana 
ogni pratica di accomodamento, il marchese di Monferrato ria- 
priva vigorosamente le ostilità (3), il 25 giugno ridiventava ne- 
cessario fornir Chieri di presidî fin dalla lontana valle di Susa (4). 
Anche stavolta, l’accorrere del balivo era determinato dalla com- 
parsa di Giovanni II, con molte genti, dinanzi a Chieri, ed a 
timori di congiure dentro la terra in favore di lui (5), Ma omai 


i ” 
die vit marcii [mccexLix]... — Ad expensas Francisci Roche, missi apud 
Charium pro certis negociis Domini peragendis..., xxxIx sol. vi den, ast. 


— Martino de Castromonte vicario Charii... — Anthonio Baudigono de Be- 
stagno, iudiei Charii... n. 

(1) Ibidem, Conti Castell. Rivoli, Rot. XLVI: “ Ad expensas suas [Ro- 
dulphi de Monasterio, castellani Rippolarum], et trium sociorum cum armis 
et equis, factas in faciendo vastum bonorum campestrium certorum foriu- 
scitorum Cherii, rebellium Domino et domino Principi, cum dominis Hum- 
berto de Sabaudia domino Alti-Villarii et Exclose, Ludovico Revoyre do- 
mino Domeyssini, Petro de Loyes, militibus, et Iohanne Mistrale canonico 
masticonensi et gebennensi, quibus dominus Princeps mandavit ut ad fa- 
ciendum dictum vastum accederent cum armigeris equitibus Vallis Secusie, 
quos habere valerent; ubi vacavit cum domino Principe et dictis militibus, 
ad mandatum dictorum militum, per septem dies integros finitos die 
lune xxv mensis may anno [m]cccxLIx®... ». Cfr. anche St. del Piem., 238. 

(2) St. del Piem,, 238. 

(3) Ibidem; Un millennio, 242 segg. 

(4) Arch. Camer. di Tor., Conti Castell. Avigl., Rot. XLVI: “ In stipen- 
diis suis [Lancilloti de Castellione, baillivi Vallis Secusie], et quindecim 
equitum secum cum armis, qui fuerunt ad mandamentum domini Sancti 
Amoris apud Cherium pro securitate loci, et ibi steterunt per vigintiquinque 
dies inceptos die xxv mensis iunii [mcccxLIx]..., c lib. vian. ,. 

(5) Ibidem, Conti Castell. Riv., Rot. XLVII: “ In stipendiis Petri de Ru- 
pecula, domicelli, et septem sociorum cum armis, euncium apud Cherium 
ad mandamentum dicti bayllivi, quia Marchio ibidem venerat cum pluribus 
armatis, et dubitabatur de tractatu in villa; ubi stetit per duos dies finitos 
xxv die mensis iunii [mcccxLIx]... ,. 


diese 
O & 


LA QUESTIONE DEI FUORUSCITI DI CHIERI (1337-1354) 239 


la pace si negoziava sul serio (1): il 25 settembre, Giovanni Vi- 
sconti, arcivescovo e signore di Milano, pronunciava quel suo 
arbitrato, in cui, rispetto a Chieri, si stabiliva che il marchese 
di Monferrato ne restituisse tutte le terre e castella, tranne 
Moncucco e Vergnano che gli venivano lasciati, e fossero tenuti 
i fuorusciti, i quali le occupavano, a prestar omaggio al conte 
di Savoia entro un mese; Amedeo VI riammettesse in patria 
ed in grazia detti estrinseci chieresi e componesse tutte le loro 
discordie cogl’intrinseci, condonando ad essi le taglie ed ogni altra 
imposta pel tempo in cui erano stati fuori; si facesse, infine, 
un nuovo catasto, secondo cui fossero ripartite le gravezze per 
l’avvenire (2). Sembrava così dovesse aver termine con generale 
soddisfazione l’omai lunga questione dei fuorusciti di Chieri: Pietro 
della Rochette fu mandato da Rivoli, ancora in settembre, perchè 
la loro riammissione non désse luogo a disordini (3); non è quindi 
senza stupore che vediamo d’ un tratto la vertenza, anzichè 
sciolta, più grossa che mai. 

Per quali motivi gli estrinseci che dovevano esser riam- 
messi in Chieri, e di cui si credeva così imminente la restitu- 
zione, rimanessero fuori per altri due anni, è difficile spiegare. 
Certo, che Amedeo e Giacomo di Acaia, chiamati dagli occu- 
panti, non volessero compromettersi con essi per favorire i fuo- 
rusciti, è cosa affatto naturale (4): nondimeno la colpa non deve 


(1) Ibidem, Conti Castell. Vigone, Rot. XXXV: © Libravit Francisco 
Bollero, castellano Vigoni, quos solvit Guillelmono Tavano pro suis ex- 
pensis eundi apud Mediolanum ad Dominos pro certis arduis negociis Do- 
mini..., per litteras Domini de confessione datas die xrr iulii [moccxLIx].. 4. 
Ofr. però Conti Castell. Susa, Rot. XXXVII: “ In stipendiis Guillelmeti de 
Turre de Belentro, locum suum {Petri Villenci, castellani Secusie] tenentis, 
et quinque sociorum secum cum equis et armis ..., quindecim dierum fini- 
torum die rx mensis iulii mccexrix exclusive, quibus steterunt in servicio 
Domini apud Cherium ,. 

(2) St. del Piem., 240 seg. Cfr. B. San Grorero, 156 seg. 

(3) Arch. Camer. di Tor., Conti Castell. Riv., Rot. XLVII: “ In stipendiis 
Petri de Ruppecula et trium eius sociorum equitum cum armis, euncium 
de mandato domini comitis gebennensis appud Cherium mense septembri 
anno mccoxLix, pro custodia loci, quia forinseci intrare debebant dictam 
villam; et ibi steterunt per tres dies... ,. 

(4) Crerarro, I, 278 segg. Cfr. il mio libro L'età del Conte Verde in Pie- 
monte (1350-1383), 83, Torino, Stamperia Reale, 1895. 


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240 FERDINANDO GABOTTO 


esser stata tutta di Savoia, ma in gran parte delle proteste 
degl’intrinseci e delle pretese degli altri, perchè fin dal 21 ot- 
tobre 1349 stesso erano chiamati dal Conte a Ciriè, — dove poco 
prima egli si era incontrato e trattenuto amichevolmente col 
Paleologo (1) —, il podestà ed alcuni savi di Chieri “ per il fatto 
della pace ,, ossia, come si pùò credere, della pacificazione tra 
occupanti e fuorusciti chieresi (2). Un po’ più tardi, in tempo 
che non ci è dato precisare, Lancillotto di Chatillon, già stato a 
Chieri altre volte in qualità di balivo segusino, ed ora balivo 
di Val d’Aosta, vi tornava e rimaneva più giorni, allo stesso 
oggetto di trattar la pace fra intrinseci ed estrinseci, insieme 
coll’abate di San Michele della Chiusa, con Pietro Fasolino, in- 
viato visconteo, e con Antonio di Parella, castellano di Gassino 
e rappresentante di Acaia. Stavolta chi fece mancare l’accordo 
si sa con sicurezza essere stato il marchese di Monferrato, il 
quale ricusò di rimettere ai fuorusciti i loro castelli presidiati 
dalle sue genti, pretendendo probabilmente — a giudicare dai 
negoziati posteriori — che prima fossero i banditi riammessi in 
patria dal Conte e dal Principe, poi verrebbero le restituzioni 
da parte sua. Sembra che il rifiuto ad acconsentire alla prepo- 
tenza monferrina venisse specialmente da parte di Giacomo, 
perchè il Parella fu a Chieri due volte (3): nel frattempo sarà 
andato a prendere istruzioni dal suo signore. I negoziati del 


(1) St. del Piem., 241; Un millennio, 244. 

(2) Arch. cit., Conti Castell. Riv., Rot. XLVII: “ Ad expensas ipsius 
[Rodulphi de Monasterio, castellani Rippolarum], et trium sociorum cum 
ipso, euncium apud Ciriacum, mandatus per dominum Comitem; ubi stete- 
runt per tres dies finitos xxv die octubris anno m°cccxLix, et mandavit ei 
Dominus ut quosdam de Cherio cum potestate dieti loci duceret ad ipsum 
Dominum pro facto pacis; per litteram Domini de mandato, datam Ciriaci, 
die xx1 dicti mensis ... ,. Cfr. Estr. dai “ Conti , ete., n. 500. 

(3) Arch. cit., Conti Castell. Aosta, Rot. XXXIX :*° Ad expensas sui 
ipsius [Lancilloti de Castellione, baillivi Vallis Auguste], factas apud Que- 
rium, ubi fuit cum domino abbate Sancti Michaelis de Clusa pro tractando 
de pace inter intrinsicos et extrinsicos dicti loci..., et vacavit ibidem per 
duodecim dies cum octo equis, quia dominus Marquio noluit reddere castra 
extrinsicis ..., xx1v flor. ,; Conti Castell. Gassino, Rot. XVIII: © Ad expensas 
ipsius [Anthonii de Parella], castellani [Gaxini], missi per Dominum apud 
Cherium ad loquendi (sic) cum domino Abbate Clusino et Petro Faysolino 
pro certis negociis Domini, et duabus vicibus..., vi lib., rx sol. ,. 


-. 


LA QUESTIONE DEI FUORUSCITI DI CHIER1 (1337-1354) 241 


“ 


Chatillon, nominato “ commissario , speciale del conte di Savoia 
per la pratica chierese insieme con Lodovico Rivoyre e con Pietro 
di Villens, castellano di Susa, presso Giovanni II, dal 28 feb- 
braio al 3 marzo 1350, fallirono totalmente (1); talchè il Faso- 
lino, tornato a Milano, veniva tosto rimandato da Giovanni Vi- 
sconte direttamente ad Amedeo VI ad intimargli le pene stabilite 
nella sua sentenza arbitrale del 25 settembre antecedente per 
non aver rimesso in Chieri i fuorusciti secondo il disposto di 
essa. Di ciò appena informato il Chatillon, gli corse incontro da 
Aosta ad Ivrea, e tanto disse e perorò la causa del suo signore 
ch'era un po’ anche la giustificazione dell’opera propria, da in- 
durlo a ritornare indietro a riferire che il torto non era dav- 
vero tutto di Savoia (2). A Milano, intanto, nel marzo stesso, 
erano stati inviati da Chambéry Rodolfo di Moùtiers, castellano 
di Rivoli, e Bonifacio De la Motte, scriba comitale (3): or vi 
andavano anche il Chatillon ed il Rivoyre, ed in principio di 
maggio si recavano a riferire intorno ai negoziati al Conte Verde 
ed al suo Consiglio, quindi rifacevano un’altra volta la strada 
da Chambéry a Milano, e poi ancora da Milano a Chambéry, 
aggiuntovi anche Ugo Bernard, sia per la questione dei fuoru- 
sciti di Chieri, sia per la pratica di nozze di Bianca di Savoia, 


(1) Ibidem, Conti Castell. Susa, Rot. XXXVII: Ad expensas suas [Petri 
Villenci, militis, castellani Secusie], factas cum quatuor equis, cum domino 
Ludovico Ravoyrie et Lanceloto de Castellione, commissariis Domini in hac 
parte, apud Cherium, ad tractandum cum domino Marchione de retorna- 
tione forissecorum de Cherio et aliis tractandis cum dicto Marchione; et 
ad hoc stetit, incluso accessu et reditu, per ses dies finitos die quarta 
mensis marcii anno Domini mcccquinquagesimo... ,. 

(2) Ibidem, Conti Castell. Aosta, Rot. XXXIX: * Ad expensas sui ipsius 
[Lancilloti de Castellione] quinque dierum, factas Yporrigie, ubi fuit ad 
loquendum cum domino Petro Feyselini, qui volebat ire Chamberiacum ad 
denuntiandum Domino quod incurrerat penas contentas in pace Domini et 
domini Marchionis, quia Dominus non reduxerat extrinsecos infra Querium; 
et excusato Domino per ipsum baillivum, dictus dominus Petrus reversus 
fuit apud Mediolanum, mr flor., quartum b. p. ,. 

(3) Ibidem, Conti Castell. Riv., Rot. XLVIII: “ Ad expensas suas [Ro- 
dulphi de Monasterio, castellani Rippolarum]), cum tribus equis, et Bone- 
facii de Mota, clerici Domini, cum duobus equis, factas eundo de Cham- 
beriaco Mediolanum, stando ibidem et redeundo apud Costam, ad Domi- 
num; ad que vacaverunt per vigintiocto dies finitos die penultima marcii 
ANNO MCCCLI... ,. 


242 FERDINANDO GABOTTO 


sorella di Amedeo VI, con Galeazzo Visconti, nipote dell’ arci- 
vescovo Giovanni ed uno dei suoi eredi designati (1). L’andiri- 
vieni dei “ commissarî , savoini condusse finalmente a fissare 
una dieta 0, come noi diremmo adesso, una ‘conferenza nella 
capitale lombarda: vi dovevano intervenire, dinanzi all’Arcive- 
scovo, il marchese di Monferrato, il balivo valdostano e Gio- 
vanni Ravais, dottore in legge e consultore per Savoia; ma 
quest'ultimo mancò all'appuntamento. Il Chatillon, ripartito da 
Chambéry il 31 ottobre 1350, discusse più e più volte col Pa- 
leologo, sempre insistendo l’uno a chiedere, e l’altro a negare, 
la restituzione de) castelli occupati dai Monferrini (2). Se questi 
castelli fossero Vergnano e Moncucco, riservati nella pace a 
Giovanni II, il torto dei Sabaudi sarebbe stato manifesto : perciò 
è lecito pensare si trattasse di altri luoghi. La conclusione fu, 
anche stavolta, che le conferenze non valsero a conchiuder nulla. 

Fin dall’agosto, intanto, erano incominciati i rumori di 
guerra, specialmente fra Acaia e Monferrato, forse per gli aiuti 
che il Paleologo dava a Tomaso II di Saluzzo contro il Prin- 
cipe, ma non senza anche qualche connessione coll’ affare dei 


(1) Ibidem, Conti Castell. Aosta, Rot. XXXIX: “ Ad expensas sui ipsius 
[Lancilloti de Castellione], octo dierum quibus stetit Chamberiaci, presente 
domino Ludovico Revoyre, ad reportandum Domino et eius Consilio ea que 
negociati fuerunt apud Mediolanum. super facto Domini, per litteram Do- 
mini de mandato veniendi ad Dominum; et fuerunt facte dicte expense 
mense maii anno [m]cccL..., vi flor. b. p. — Ad expensas sui ipsius, vi- 
gintitrium dierum, factis recedendo a Chamberiaco, eundo Mediolanum, 
ibidem stando, presentibus dominis Ludovico Revoyre et Hugo Bernardi, 
militibus, et tractando super .facto forissitorum de Querio et matrimonii 
sororis Domini, et redeundo apud Chamberiacum, ad Dominum, mense maii 
anno [mccc]quinquagesimo; per litteram Domini de mandato eundi et allo- 
quandi, datam Chamberiaci, die x maii anno [mccc]x..., xvm flor., 1 quar- 
tum boni ponderis ,. 

(2) Ibidem: “ Libravit ad expensas sui ipsius..., factas recedendo a 
Chamberiaco in vigilia Omnium Sanctorum anno [m]ccer®, et eundo apud 
Mediolanum, et ibidem stando pro quadam dieta tenenda pro Domino cum 
domino marchione Montisferrati super facto forissitoruam Querii, ad quam 
dietam debebat venire dominus Iohannes Revas, et non venit; et ideo te- 
nuit plures dietas coram domino Archiepiscopo, quia dictus Marchio petebat 
reduci forissutos (sic) infra Querium, et Baillivus dicebat contrarium, quia 
dietus Marchio non reddiderat Domino castra que prius habere debebat et 
que tenebat, xvi flor. et dimidium ,,. 


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LA QUESTIONE DEI FUORUSCITI DI CHIERI (1337-1354) 243 7 


fuorusciti di Chieri. Questi timori, aggravatisi via via più nel 
settembre, non senza allarmi fin per Torino (1), si fecero ancor 
maggiori nel dicembre per le informazioni recate a Pinerolo da 
Antonio di Parella, sempre castellano di Gassino, circa le con- 
centrazioni di truppe che si facevano nello Stato monferrino (2). 
Di qui subito vediamo organizzarsi dal Parella stesso un largo 
spionaggio alla frontiera ed oltre (3), finchè in luglio 1351 vanno 
a dirittura clienti moncalieresi a presidio di Chieri per sei 
giorni (4). Ma omai la risoluzione si avvicinava. Fin dall’ 11 
giugno 1351 medesimo Amedeo VI aveva rimandato a Chieri, 
a trattar cogl’intrinseci, coi. fuorusciti e cogli ambasciatori di 
Milano, il Chatillon ed il Moùtiers: quegli non potè andare, ma 
questi fu sul posto, conferì, venne via, tornò da capo a nego- 
ziare la riammissione dei banditi. Nella prima metà di luglio 
egli aveva già fatto ritorno a Chambéry un’altra volta per esporre 
lo stato della pratica, e veniva rinviato a Chieri col Rivoyre,che 
sì spinse fino a Milano, mentre scendeva pure in Piemonte, come 
nuovo vicario chierese pel Conte Verde, Pietro sire d’Urtières (5). 


(1) L’Età del Conte Verde, 81. 

(2) Arch. cit., Conti Castell. Gass., Rot. XVIII: Ad expensas ipsius [An- 
thonii de Parella], castellani [Gaxini], qui de Gassino apud Pinarolium 
venit pro congregationibus que fiebant per marchionum (sie) Montisferrati 
et pro certis aliis negociis ocurentibus..., per litteras Domini de confes- 
sione datas die x decembris meccr..., LX sol. ;. 

(3) Ibidem: “In nunciis et spicis missis a[d] plura et diversa loca pro 
negociis Domini et causa sciundi conditionem marchionis Montisferrati, et 
eciam notificando Domino [conditionem] ipsius Marchionis .., mu libr., x sol. 
vianensium debilium ,. 

(4) L'Età del Conte Verde, 82. 

(5) Arch. Camer. di Tor., Conti Castell. Riv., Rot. XLIX: “ In expensis 
suis [Rodulphi de Monasterio, castellani Rippolarum], cum tribus equis, 
factis apud Querium, ubi missus fuit per Dominum ad tractandum cum 
illis de Querio et cum ambayssiatoribus Mediolani quedam sibi iniuncta 
per Dominum; et debebat ire cum ipso Lancelotus de Castillione, qui ire 
non potuit; ut per litteram Domini de mandato eundi, datam.... Chillon, 
die xr mensis iunii [mcceLt]; ubi vacavit per novem dies... — In expensis 
suis, factis ibidem, ubi fuit iterato de mandato Domini ad tractandum 
quod foressiti Querii reducerentur infra villam et in bonis suis, ut per lit- 
teram Domini, datam ... Versoie, die xrx mensis iunii predicti... — Ad ex- 
pensas ipsius castellani, cum tribus equis, viginti dierum quibus vacavit 
veniendo de Cherio ad Dominum apud Chamberiacum, et ibidem existendo 


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v 244 FERDINANDO GABOTTO 


Ora il marchese Giovanni, premuroso più di far sua Casale che di 
conservare alcuni castellucci del Chierese, aveva bisogno di essere 
aiutato, anzichè contrastato, dal nipote sabaudo, divenuto effet- 
tivamente, dal febbraio, cognato di Galeazzo Visconti (1). Dal 
canto suo, Amedeo VI non poteva esitare a somministrare al 
zio, ancora senza eredi, l'appoggio materiale e morale di alcuni 
cavalieri per la cavalcata di Casale (2), pur di comporre final- 
mente la questione dei fuorusciti di Chieri, i quali, abbandonati, 
e stanchi del lungo esilio e dalla lunga guerra, erano anch'essi 
ben più remissivi del passato: soltanto gl’intrinseci dovevano 
mostrare apertamente il loro malcontento. Decisa dal Conte, per 
le insistenze dell’arcivescovo di Milano e per le circostanze della 
situazione politica generale, la restituzione degli estrinseci in 
Chieri (3), vennero prese le cautele ed i provvedimenti neces- 
sarî ad impedire che l’una parte o l’altra scendesse a perico- 
lose violenze. D’ ordine di Amedeo, dal 21 al 27 agosto 1351 
Ibleto di Challant e Negro, bastardo della stessa famiglia, si 
recavano dalla Valle d'Aosta nel baliato di Susa, e congregate 
le genti del medesimo, andavano con esse e col balivo Aimone 
— pur egli un Challant — a rafforzare il presidio chierese, di 


pro negociis Domini Cherium tangentibus; per litteram Domini de mandato, 
datam Chamberiaci, die xvi iulii mcccL primo.... — Ad expensas domini 
Ludovici de Ravoyre, militis, consiliarii Domini, cum quinque sociis equi- 
tibus, et ipsius castellani, cam quatuor equis, factas eundo de Chambe- 
riaco apud Querium et ibidem stando pro certis negociis Domini sibi iniunetis 
ibidem pertractando; et inde fuit dictus dominus Ludovicus Mediolanum, 
et dictus Dominus Rodulphus [de Monasterio] venit ad Dominum apud Mon- 
temmelianum et Vallem Augustam; ubi vacaverunt per sexagintaunam dies 
inceptos (sic) die xvi mensis iulii mcccrprimo, finitosque die xv septembris 
inclusive anno eodem.... — Libravit domino Petro domino Urteriarum, de- 
stinato per Dominum ad partes Pedemontis et alibi pro negociis Domini, 
ut per literam Domini..., datam in Montemeliano, die decimanona mensis 
iulii mceccrprimo... ,. 

(1) L'Età del Conte Verde, 80. 

(2) Arch. cit., Conti Castell. Susa, Rot. XXXIX: “ In stipendiis septem 
hominum equitum cum armis..., qui fuerunt, ad mandamentum per domi- 
num Aymonem de Chalanz dominum Fenicii, bayllivam Vallis Secusie, de 
parte Domini factum, in cavalcata domini Marchionis apud Casale sancti 
Evasii; et fuerunt ad idem per duodecim dies finitas viti die mensis augusti 
exclusive anno mceccLprimo ... ,. 

(3) L’Età del Conte Verde, 83. 


LA QUESTIONE DEI FUORUSCITI DI CHIERI (1337-1354) 245 
cui assumevano allora il comando Guglielmo De la Baulme ed 


Umberto bastardo di Savoia, dandosi il cambio varie truppe 
segusine per tutto settembre e parte di ottobre (1). In questo 


(1) Ibidem, 82. Cfr. Arch. Camer. di Tor., Conti Castell. Susa, Rot. XXXIX: 
“ In stipendiis sex hominum equitum cum armis..., qui fuerunt ad manda- 


mentum dicti bayllivi apud Cherium pro custodia dicti loci; et fuerunt ad 


idem per sex dies incluso redditu, ut per litteram dicti bayllivi de testi- 
monio, datam Avilliane, die ultima augusti mcccri.... — In stipendiis suis 
et decem hominum equitum, cum armis et corseriis secum, qui ad manda- 
mentum dicti bayllivi venerunt de Secusia apud Avillianam ad eundum 
versus Cherium in cavalcata per gentes Domini mandata ibidem; et fue- 
runt ad idem per duos dies, ut per litteram dicti bayllivi de testimonio 
datam [ut supra]... — In stipendiis Iohannig de Cignico, eius locumtenentis, 
apud Secusiam, et duorum sociorum equitum cum armis secum, cum cor- 
seriis, qui fuerunt ad mandamentum dicti bayllivi per eundem castella- 
num transmissi apud Cherium; et fuerunt ad id per octo dies inceptos 
prima die septembris anno mceccLi. — Item in stipendiis suis, et trium ar- 
migerorum hominum equitum cum armis, cum corseriis secum, qui fuerunt 
ad secundum mandatum dicti bayllivi ibidem in Cherio, ubi fuerunt ad 
idem per octos alios dies, ut per litteram dicti bayllivi datam Avilliane, 
die rx septembris anno predicto... — In stipendiis Iohannis de Cigniaco, 
ipsius castellani locumtenentis, et septem hominum equitum cum armis, 
cum corseriis secum, qui fuerunt ad mandamentum dicti bayllivi in caval- 
cata per gentes Domini mandata apud Cherium pro reducione foresiorum 
apud Cherium; et fuerunt ad idem per octo dies inceptos die xxm mensis 
septembris anno predicto.... — In stipendiis Amedei Bertrandi domini 
Brusolii, et unius socii secum, equitum, cum armis [et] cum equis, qui 
fuerunt apud Cherium ad mandamentum dicti bayllivi in cavalcata ibidem 
mandata pro forissicis Cherii ibidem reducendis; et fuerunt ad id per sex 
dies integros... ,; Conti Castell. Riv., Rot. XLIX: “ Ad expensas quatuor 
equorum et duorum valletorum ipsius castellani factas apud Querium per 
octo dies, quibus stetit ibidem in societate dominorum Guillelmi de Balma 
et Ludovici Revoyre, consiliariorum Domini, et fuit ipse cum uno domicello 
ad expensas victuales ipsorum sine equis et valletis per dictos octo dies 
inceptos die xvr mensis septembris mcccLprimo; item ad expensas ipsius, 
cum tribus equis, factas eundo de Querio apud Vallem Augustam, ubi fuit 
ad Dominum pro tractatu Querii et negociis supradictis Domino recitandis, 
et ibidem stando et inde redeundo, ubi vacavit per quatuordecim dies fi- 
nitos die octava mensis octobris anno predicto ... — In stipendiis Guillel- 
meti de Bordello, Iohannis Galosii et dieti Ravet, cum curseriis ct armis, 
missorum apud Querium ad mandamentum Domini Aymonis de Chalant, 
baillivi Vallis Secusie, pro reductione forissecorum Querii, ubi steterunt per 
alios sex dies integros; per litteram dicti domini baillivi de testimonio, 
datam Querii, die secunda mensis octobris mcccrprimo ... ,. 


246 FERDINANDO GABOTTO 


frattempo, il Conte Verde, disceso per Val d’Aosta in Piemonte, 
si abboccava in Torino con Mafiolo (ossia Matteo) Visconti, fra- 
tello di Galeazzo, il 27 agosto, od in quel torno; e subito dopo 
andava egli in persona a Milano: allora appunto, il 20 settembre, 
per mero arbitrato dell'Arcivescovo, i fuorusciti poterono rien- 
trare in Chieri dopo quattordici anni di bando (1). 

Come si prevedeva, questa restituzione degli estrinseci non 
ricondusse la pace fra le parti chieresi, ma portò anzi le di- 
scordie dentro la terra. Già qualche disordine sembra fosse stato 
al momento dell'ingresso dei fuorusciti (2); il 23 settembre, poi, 
il Comune doveva, per la sicurezza interna, assoldare una ban- 
diera di fanti e proibire di ricevere alcuno nella terra senza 
“ bolletta , del Conte o del Principe (3). Il 5 novembre, essendo 
venuto Amedeo VI in persona .da Ciriè a Chieri, gli prestarono 
omaggio ligio nelle persone, negli averi e nei luoghi loro, Man- 
fredo Bertone Balbi, a nome anche dei fratelli Milone e Benei- 
tino, pel castello di Pessione; Manfredo e Guglielmo Vignolia, 
pel castello di Ponticelli; Avareto od Agnareto Vignolia ed il 
predetto Guglielmo per la “ casa , di Gamenario e la loro parte 
di Santena, salvi i diritti del vescovo di Torino (4). A togliere 
motivo di questioni, il Conte Verde si fece donare il 9 dal Co- 
mune il castello di Tondonico, per cui verteva litigio (5): non- 
dimeno, tosto ch’egli si fu allontanato, ribellavano i signori di 
Baldisseto, per cui dovettero accorrer di nuovo il castellano ri- 
volasco e le sue genti ad urgente richiesta del vicario chierese 
Pietro di Urtières (6). In dicembre, vedesi andare a Chivasso, 


(1) L'Età del Conte Verde, 83, correggendo l’anno del viaggio di Ame- 
deo VI in Piemonte ed a Milano, come già in Un millennio, 246. — Ofr. 
G. Derra Carssa, Cron. di Sal., in M. h. p., SS., III, 987. 

(2) L'Età del Conte Verde,l. c., n. 6: Negro, bastardo di Challant, ebbe 
danneggiato il cavallo quando fu a Chieri col balivo segusino “ quando 
forensiti de Cherio fuerunt retornati apud Cherium per ipsum balivam et 
Consilium Domini , (Conti Castell. Avigl.; Rot. XLVIII). 

(3) Arch. Com. di Chieri, Convoc., vol. III, ff. 13-14. Cfr. L’ Età del 
Conte Verde, 82. 

(4) Bosro, Santena e i suoi dintorni, 294 segg., Asti, 1884. 

(5) Arch. Com. di Chieri, 1. c., f. 27. Cfr. L'Età del C. V., 83. 

(6) Arch. Camer. di Tor., Conti Castell. Riv., Rot. XLIX: “In stipen- 


diis ipsius castellani et trium sociorum secum cum equis et armis, et unius - 


socii cum curserio, sex dierum integrorum quibus steterunt et fuerunt apud 


dl a o 


Nail 


1" 


LA QUESTIONE DEI FUORUSCITI DI CHIERI (1337-1354) 247 


a conferire col marchese di Monferrato per questa faccenda, il 
balivo segusino Challant; indi proseguire a Chieri, col De la 
Baulme e con Umberto bastardo di Savoia, “ per riordinare il 
reggimento del luogo , (1). Ma l’opera loro giovò certo ben poco, 
se già in principio del 1352 è notizia di nuovi omicidî e tu- 
multi in Chieri (2). Il 28 febbraio il Maggior Consiglio del Co- 
mune era chiamato a provvedere alla “ custodia, protezione e 
difesa , dei castelli e ville del territorio; ed in quei giorni me- 
desimi persino un famiglio del vicario veniva ferito da un figlio 
di Bonifacio Boveto, onde bisognò sollecitare un rinforzo di al- 
cune genti d’arme da Avigliana (8). Assente il vicario, una nuova 
grave rissa provoca in marzo l'intervento personale del capitano 
di Piemonte — Antelmo di Urtières, parente del vicario stesso —, 
col Moùtiers e con altre truppe (4); in settembre finalmente, le 
discordie si erano talmente accentuate, che il giorno 3 i com- 
missarî del Conte invitavano le due fazioni, dette ora degl’“ in- 
vestiti , e dei “ ridotti ,, ad esporre le loro lagnanze, affinchè 
le querele potessero venir definite dal loro signore giusta il 
pronunciato di. Giovanni Visconti. Quel dì medesimo, i ridotti, 
si dichiaravano pronti a darle per iscritto, protestando però di 
non voler concedere ad alcuno la podestà di arbitrare, ma solo 
di mandare ad effetto la sentenza precedente dell’arcivescovo (5). 


Querium ad mandamentum domini Petri domini Urteriarum, vicarii Querii, 
pro facto rebellionis dominorum de Baudisseto ...; per litteram Domini di- 
rectam omnibus castellanis et subdietis Domini Vallis Secusie de mandato 
eundi ad mandamentum dicti vicarii quandocumque ipsos mandaverit, da- 
tam Avilliane, die xxx novembris mcccti... ,. 

(1) “ Pro ordinatione regiminis civitatis, (Conti Castell. Avigl., Ro- 
tolo XLIX). Cfr. L'Età del C. V., 83 seg. 

(2) Crerarro, I, 292, 24 ed.; 1I, 336. 

(3) L'Età del Conte Verde, 84, da fonti inedite (Arch. Com. Chieri, Con- 
voc., vol. III, f. 17 v.; Conti Castell. Avigl., Rot. XLMX). 

(4) Arch. Camer. di Tor., Conti Castell. Riv., Rot. XLIX: “In expensis 
ipsius castellani, et quinque sociorum equitum secum, factis apud Querium, 
ubi fuit una cum domino Antelmo de Urteriis, capitaneo Pedemontis et 
Canapicii, pro bono statu terre Querii ordinando et pro rixa habita ibidem 
in absencia domini Urteriarum, vicarii dieti loci; et vacavit ibidem per 
septem dies integros et completos, cum eius comitiva predicta, ut per lit- 
teram dieti Capitanei de testimonio, datam Querii die xxrm marcii mecctar... ,. 

(5) L'Età del C. V., 84. Cfr. Crarerta, Sulle antiche Società dei nobili 
della Republica di Chieri e sul suo patriziato sotto il dominio della R. Casa 
di Savoia, 13-14, 34-36, Torino, 1880. 


Ma 


PI 14 
248 FERDINANDO GABOTTO 


Questi, infatti, ricominciava a far la voce grossa; epperò an- 
dava tosto a lui Giacomo Maréchal, castellano di Rivoli, intorno 
alla metà di ottobre 1352, e poi ancora più volte nell’ anno 
seguente (1). Ma il 31 ottobre 1352 stesso (2), il Visconti rim- 
proverava acerbamente al Comune chierese che un ribandito fosse 
stato appiccato, un secondo imprigionato, un terzo ferito in guisa 
da non aver più speranza di vita, e che il vicario avesse proi- 
bito ai “ ridotti , di uscir fuori della terra di Savoia e di Acaia 
sotto pena di 500 lire e del taglio di una mano o di un piede. 
Replicavano il vicario ed i savî esser stato rimesso in libertà 
il carcerato, non potersi punire tutti i misfatti, imitarsi l'esempio 
di Lombardia nel divieto generale a tutti i cittadini di uscir 
dallo Stato senza licenza scritta; ma alle parole contradicevano, 
come di regola i fatti, e Guglielmo Vignolia, avendo ricusato di 
ricevere certi militi del vicario nelle sue rocche di Ponticello e 
di Santena, e lasciarne trar grano, veniva sostenuto a sua volta 
in prigione; talchè si provocava un nuovo intervento visconteo. 
Il 10 gennaio seguente, l'Arcivescovo ammoniva i Chieresi di 
liberare il Vignolia, desistere dai processi iniziati contro di lui 
o contro altri ribanditi, non pretendere il grano riposto nei loro 
castelli; con minaccia di procedere ai fatti se non bastassero le 
parole. La risposta del Comune, che di queste dava molti, di 
quelli nessuno, continuando i processi e condannando gl’impu- 
tati a grosse multe, non riuscì naturalmente a soddisfare il pre- 
lato lombardo, il quale annunziava il 26 di quel mese stesso 
aver dato ordine al podestà di Asti ed al suo capitano di Pie- 
monte di soccorrere i ribanditi e gli estrinseci (ve n’erano dunque 


(1) Arch. cit., Conti Castell. Riv., Rot. L: “ Ad expensas ipsius [Iaco- 
meti Marescalli], castellani [Rippolarum], factas eundo de Chamberiaco 
versus Mediolanum die xv octubris et ibi stando et deinde apud Rippolas 
redeundo, cum tribus equis, pro negociis Domini, ut per litteram ipsius 
de mandato, datam Chamberiaci, die xrttr octubris MeccLir ... ,. 

(2) Il Crerarro, I, 282 segg., assegna il documento al 1853, ed i seguenti 
al 1354. Nell’Età del C. V., 87 seg., ho accolte queste date, esprimendo 
riserve; ora un nuovo esame ed i nuovi dati m’inducono francamente ad 
anticiparle, anzichè ritardarle. Inutile avvertire che nel volume dei Convo- 
cati del Maggior Consiglio di Chieri ai documenti in questione manca la 
data dell’anno, ed il posto che occupano in esso è pure indizio che appar- 
tengano al 1352-1353 piuttostochè al 1353-1354. 


Pt 


LA QUESTIONE DEI FUORUSCITI DI CHIERI (1337-1354) 249 


di nuovo), se mai gli occupanti di Chieri tentassero, come n’era 
voce, di assalire i possessi (1). Un esercito milanese si trovava 
infatti già nel cuore del Monferrato, non senza intesa con Acaia, 
mentre Savoia soccorreva il Paleologo (2). A questo punto le 


| nostre notizie vengono meno da tutte le parti: possiamo però 


ritenere che l’intromissione del Visconti non riuscì punto effi- 
cace, perchè nel 1354 sentiamo di nuovo parlare di congiure in 
Chieri per dar la piazza al Monferrino (3), il quale ricompensava 
con questi intrighi Savoia degli aiuti passati e futuri. Ma era 
la politica di quei tempi; ed il Conte Verde non se ne imper- 
maliva, perchè l’usava anch'egli al bisogno. 

Riassumendo, la cacciata dei nobili da Chieri involse il Co- 
mune in una lunga guerra, e lo costrinse a sottomettersi prima 
agli Angioini, poi a’ Sabaudi; e nondimeno la parte popolare 
dovette finir per riammettere di nuovo gli espulsi, senza che da 
ciò fosse ristabilita la pace: di qui le nuove violenze, i nuovi 
interventi e le nuove congiure, che preparavano, prima delle 
compagnie di ventura, lo stato miserando sulla fine del sec. XIV 
di una terra così florida ottant'anni avanti. Felici i tempi nuovi 
che sanno trarre ammaestramento dagli antichi! 


(1) L’Età del C.V., l. c. 

(2) Ibidem, 85. 

(3) Arch. Camer. di Tor., Conti Castell. Riv., Rot. LI: “ In stipendiis 
suis [Stephani Provane, castellani Rippolarum], To[r]chiani de Cerveriis 
cum duobus equis, Anthonii Barralis cum duobus equis, Aniquini de Mon- 
tafia cum duobus equis, Iohanneti de Gerbo, Martini Brutini, Iohannis et 
Henrieti de Tosta, factis eundo cum Tohanne de Fenicio, locumtenente 
bayllivi Vallis Secusie, de Rippolis apud Querium pro suceursu Querii, qui 
tune dicebatur quod debebatur tradi domino Marquioni..., vir florenos et 
dimidium boni ponderis ,. 


Pat -.., 


Sunto della Memoria: Un amico di Cangrande I Della 
Scala e la sua famiglia; del Socio Carlo Crotta. 


Dante Alighieri disse che le “ opere , di Cangrande furono 
“ mirabili ,. È bene studiare accanto alle “ opere , dello Sca- 
ligero, anche quelle dei suoi collaboratori. Fra questi è poco co- 
nosciuto finora il giudice Pietro da Sacco, che forma oggetto 
alla Memoria presente. Pietro da Sacco come diplomatico servì 
Cangrande nelle trattative con Lodovico il Bavaro. Pare che egli 
sia stato coinvolto anche nella famosa guerra di Ferrara. Fu 
ambasciatore anche a Venezia. Morto Cangrande, servì i suoi 
successori, nei momenti in cui estesissima era la Signoria Sca- 
ligera, prima che la lega fra Venezia, Firenze e i Carraresi le 
desse un crollo tale da ridurla entro brevi confini. In questo 
secondo periodo della sua vita, Pietro da Sacco fece parte di 
una commissione incaricata di girare da città in città per esa- 
minare l’azienda delle pubbliche imposte. Presenta interesse 
anche l’inventario dei suoi libri, delle sue mobiglie e degli altri 
arredi di casa, fatto al momento della sua morte (1339). 

In questa Memoria si studiano poscia anche la sua famiglia, 
e i suoi discendenti nel sec. XIV. Così si dimostra, con un esempio, 
come sorgevano ed ingrandivano quelle famiglie che aiutarono 
i principi delle nuove Signorie. Sorgendo da basse origini, la- 
vorando nelle industrie, ovvero occupandosi come giudici o come 
notai, queste nuove famiglie si innalzavano a poco a poco. Nel 
sec. XV diventeranno finalmente famiglie patrizie. 

La Memoria è condotta in gran parte sopra fonti inedite, e 
in ispecie sui documenti della famiglia dei conti Sacco, tuttora 
esistente. L'Archivio dei Sacco trovasi in un villaggio presso il 
Lago di Garda. I 


L’ Accademico Segretario 
RopoLro RENIER. 


and 


Torino Vincenzo Bona, Tipografo di S. M. e de’ RR. Principi 


Adunanza del 830 Dicembre 1900. 


PRESIDENZA DEL SOCIO SENATORE PROF. GIUSEPPE CARLE 


PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA 


Sono presenti i Soci: 


della Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali: 
Cossa, Vice Presidente dell’Accademia, BerrutI, D’OvipIio, Nac- 
cARI, CAMERANO, SeGrE, Foà, GuaARESCHI, GuIpI, FILETI, PARONA; 


della Classe di Scienze morali, storiche e filologiche: 
PeyRron, Direttore della Classe, Rossi, Manno, Pezzi, FERRERO, 
BoseLLi, Brusa, Pizzi, CHironI, SAvio, RENIER Segretario. 


È approvato l’atto verbale dell'adunanza antecedente a 
Classi unite, del 9 dicembre 1900. 


Il Presidente notifica che giusta la deliberazione dell’Acca- 
demia il Vice Presidente Cossa si recò a Milano a rappresen- 
tare l'Accademia stessa nelle onoranze rese alla memoria del 
rimpianto prof. BrIoscHI. 

È comunicata la seguente relazione della Commissione, com- 
posta dei Soci Peyron, Brusa, ALLIEVO, per il conferimento del 
premio di Filosofia Gautieri pel triennio 1897-1899. 

Atti della R. Accademia. — Vol. XXXVI. 17 


252 


% 


è CHIARISSIMI COLLEGHI, 


La Commissione nominata per conferire il premio GAUTIERI 
alla migliore delle opere filosofiche pubblicate nell'ultimo triennio 
1897-99, ha l'onore di riferire all'Accademia intorno il proce- 
dimento del suo esame ed il risultato delle sue proposte. 

Alla Segreteria dell’Accademia furono mandate le seguenti 
opere: 


Ferrari A., Il fondamento della morale, Studi. Alessandria, 
1399750; 

Valdarnini A., Principio, intendimento e storia della classifica- 
zione delle umane conoscenze secondo Francesco Bacone. Fi- 
renze, 1880; 8° (fuori concorso). 

— Andrea Cesalpino filosofo. Discorso. Firenze, 1882; 8° (Zd.). 

— Saggi di filosofia sociale. Torino, 1890; 8° (Id.). 

— Il metodo sperimentale di Aristotile e Galileo. Torino, 1898; 8°. 

— Saggi di filosofia speculativa. 2* ediz. Bologna, 1899; 8°. 

— La Scuola în Italia. Asti, 1899; 8°. 

Gambarotta G., L’adulterio e la teorica dei diritti necessari. To- 
rino, 1898; 8°. 

Gizzi G. G. Sensazione, sentimento, emozione, commozione, affetto 
e passione. Firenze, 1899; 8°. 

— Il fenomeno di sostituzione, contributo alla teoria della cono- 
scenza. Roma, 1899; 8°. 

Villa G., La Psicologia contemporanea. Torino, 1899; 8°. 

Cosentini F., La Sociologia e G. B. Vico. Savona, 1899; 8°. 

Gentile G., Rosmini e Gioberti. Pisa, 1898; 8°. 

— La filosofia di Marx. i 

Morando G., Corso elementare di Filosofia. Milano, 1898-99, | 
5 ‘volg.36” 


Paoli A., La Scuola di Galileo nella Storia della filosofia. Pisa, 
1899; 4°, Parte 1?. 

Zuccante G., Intorno alle origini della morale utilitaria dello 
Stuart Mill. Milano, 1897; 8°. 

— Ancora intorno alle origini della morale utilitaria dello Stuart 
Mill. I precursori dello Stuart Ml in Inghilterra. Milano, 
1898; 8°. 

— La morale utilitaria dello Stuart Mill. Esposizione della dot- 
trina. Milano, 1899; 8°. 

Ambrosi L., La psicologia dell'immaginazione nella storia della 
filosofia. Roma, 1898; 8°. 

— Che cos'è la materia? Roma, 1899; 8°. 

Martini A., Il metodo in generale: l’analisi e la sintesi. Ascoli 
Piceno, 1899; 8°. 1 

Puccini R., I! progresso morale e le sue leggi. Siena, 1899; 8°. 

Rossi G., La funzione storica dell’idealismo morale nel pensiero 
moderno. Livorno, 1898; 8°. 

De Sarlo Francesco, Metafisica, Scienza e Moralità. Studi di 
filosofia morale. Roma, Tip. Giovanni Balbi, 1898. Un vo- 
lume in-8° di complessive pagine 270. 


Alla Circolare mandata dalla Segreteria dell’Accademia ai 
soci residenti e non residenti per la proposta di opere merite- 
voli di essere prese in considerazione, rispose il socio Renier 
richiamando l’attenzione della Commissione sull'opera £osmini 
e Gioberti di G. Gentile, ed il socio Villari proponendo il confe- 
rimento del premio all'opera Unità della coscienza di R. Ardigò, 
ed in caso negativo, all'opera La Psicologia contemporanea di 
G. Villa, senza però motivare il suo giudizio a tenore della 
circolare. 

La Commissione fu di àvviso di non sottoporre ad esame 
le opere incompiute ed in corso di stampa e di non prendere 
in considerazione i trattati scolastici più o meno elementari, gli 
opuscoli brevi, in cui la discussione dell'argomento è circoscritta 
entro confini troppo angusti. 

La Commissione ricorda all’ Accademia il giudizio che a rela- 
zione del compianto socio Nani fu già dato nel 1897 per il 
sessennio 1891-96 sulle tre opere dell’Ardigò, cioè: La scienza 
dell'educazione, 1893; IL vero, 1891; La ragione, 1894. L’Acca- 


254 


demia ritenne allora che la prima non era che una compilazione 
di studenti con tutti i difetti inseparabili da tal genere di lavori, 
e che le altre due sono di secondaria importanza e, nonostante 
i loro pregi, inferiori anche ad alcuna delle precedenti dello 
stesso autore che meritamente gli valsero il titolo di principe 
dei positivisti italiani. Esaminando ora l’ultima opera di lui ap- 
parsa nel 1898 L'Unità della coscienza, essa anzitutto avverte 
che questo volume non è che un riepilogo delle opere precedenti 
e, come l’autore stesso dichiara, il suo testamento filosofico, e 
nota inoltre che per il valor suo sta persino alquanto al di sotto 
delle altre, siccome fu pure notato dai critici. 


Guio ViLLa, La Psicologia contemporanea. Torino, Fratelli 
Bocca, 1899. Un vol. in-8° grande di pagine xvi-660. 

Il Villa aspirando al premio Gautieri destinato alla migliore 
pubblicazione filosofica ha mandato all'Accademia la sua opera 
La Psicologia contemporanea, dove sostiene che la paigologia non 
è scienza filosofica. 

Egli chiama il suo lavoro “ una semplice introduzione sto- 
rico-critica allo studio della psicologia contemporanea ,, ma il 
titolo che gli appose in fronte, mostra come abbia inteso di 
descriver fondo a tutta la scienza psicologica, della quale ha 
delineato lo svolgimento storico ed ha determinato il concetto, 
l’ufficio, i metodi e le leggi. Sulle ruine dell’antica psicologia 
filosofica egli si adopera a costruire la nuova psicologia speri- 
mentale traendone i materiali dalle più ragguardevoli opere 
pubblicate in questi ultimi anni in Germania, in Francia, in 
Inghilterra e negli Stati Uniti d'America. Egli ha lavorato sui 
volumi altrui con intelligenza, con amore; ha meditato e ripen- 
sato il pensiero dei psicologi antichi e moderni, e bene spesso 
ne riferisce le opinioni, le dottrine, le parole, commentandole e 
facendone suo pro. L’opera sua è commendevole per ampia e 
molteplice erudizione, per acutezza di analisi, per larghezza di 
vedute, per temperanza di forma e per certa qual potenza d'’in- 
gegno, che affronta i problemi della scienza e ne tenta lo scio- 
glimento ; ma di contro a siffatti pregi stanno molti e gravissimi 
difetti. 

Anzitutto sono notevoli e gravissime le lacune, che vi si 
riscontrano. Delineando in un lunghissimo capitolo lo svolgi- 


: 
t 
N 
Li 
, 
Li 


255 


mento storico della psicologia, egli tace affatto di Francesco 
Bacone, mentre il suo concetto negativo dell'anima ha informato 
tutto lo sviluppo della psicologia inglese da’ suoi tempi sino a 
noi. Parimente egli ha dimenticato la Psicologia di Guglielmo 
Tiberghien, professore all’Università libera di Bruxelles, la quale 
per valore scientifico non la cede punto a molte pubblicazioni 
da lui ricordate. Ma una inescusabile lacuna è questa, che chia- 
mando a storica rassegna i lavori psicologici dai tempi antichi 
sino ai giorni nostri, egli italiano abbia passato sotto silenzio 
l’opera monumentale di un sommo pensatore italiano, Antonio 
Rosmini, La Psicologia, la. quale per le sue stupende analisi del 
senso e dell’istinto e per le sue profonde indagini psico-fisiologiche 
sta alla pari con qualunque opera psicologica di altre nazioni. 

Altra non meno grave lacuna va avvertita. Il Villa ha pas- 
sato in assoluto silenzio il nome e le opere di due insigni pen- 
satori italiani contemporanei, che hanno consacrato il loro po- 
deroso ingegno a propugnare e promuovere quella medesima 
psicologia positivistica e sperimentale tanto da lui caldeggiata, 
voglio dire La filosofia e la Scuola di Andrea Angiulli, e La 
Psicogenia moderna di Pietro Siciliani. Tutto intento a leggere 
e meditare i volumi pubblicati negli altri stati d'Europa e nel- 
l’America, forse gli ha fallito il tempo per occuparsi delle pub- 
blicazioni nostrali; ma ciò non giustifica la sua asserzione, che 
in Italia riguardo a studi psicologici siasi fatto poco meno che 
nulla. 

Pieno di giovanile entusiasmo per la nuova psicologia spe- 
rimentale, il Villa parte dal preconcetto, che la psicologia filo- 
sofica fondata sulla sostanzialità dell'io umano manifestata nei 
suoi fenomeni, va rovesciata per lasciare il campo al puro fe- 
nomenismo. Ma una psicologia, forte della tradizione di tanti 
secoli, debbe pur avere il suo valore scientifico, ed ha diritto 
di essere giudicata dalla critica, la quale secerna le parti buone 
e sane dalle deficienti e malsane, giacchè il progresso anche 
nell'ordine della speculazione non istà nel distruggere il passato 
e creare dal nulla, bensì nell’ esplicare l’implicito ed innovare 
l'antico. Ora nella Psicologia contemporanea del Villa questa cri- 
tica si lascia desiderare, ed il nuovo principio del puro feno- 
menismo non è dimostrato. 

Il Villa fermò il corso dei suoi studi esclusivamente alle 


256 

conclusioni del Wundt e non tenne conto dei risultati di pa- 
recchi altri laboratorii di psicologia della Germania, dell’Ame- 
rica, dell’Imghilterra, della Francia, dell’Italia, posteriori a quello 
del Wundt e da esso indipendenti. Il pensiero medesimo di quel 
filosofo pensatore tedesco non sempre è fedelmente ritratto, e 
tal fiata è compromesso con raffronti e conclusioni, che sareb- 
bero forse ripudiate dal Maestro. Oltre di che nella conclusione 
della sua opera l’autore scambia l'indirizzo di tutta quanta la 
psicologia con quello di una scuola particolare più o meno 
idealistica. 


Il fondamento della morale. Studi del Dott. Prof. AwBrogio 
FrerrARrI. Alessandria, 1899. 

In tutti i secoli e presso tutte le genti l'egoismo fu sempre 
detestato come una spregevole ed ignobile immoralità. Per lo 
contrario il prof. Ambrogio Ferrari*nel suo volume Il fonda- 
mento della morale, mandato all'Accademia pel conferimento del 
premio Gautieri, imprese a sostenere, che l’essenza della mora- 
lità dimora nel piacere personale, nell’interesse individuale. Egli 
si argomenta così di nobilitare l'egoismo elevandolo alla sua più 
alta sfera, ma è pur sempre egoismo. Secondo lui, l'io umano 
individuale contiene in sè stesso la ragione del proprio operare, 
la legge o norma direttiva delle sue azioni, la felicità sua propria, 
che è lo scopo finale della sua vita. Il sentimento del piacere, 
ossia l’utile, l'interesse proprio è l’unico movente d’ogni atto 
virtuoso. Ecco formolato il suo sistema etico, da lui appellato 
utilitarismo egoistico od egoismo razionale. 

La parte teorica espositiva dell’opera cammina di conserva 
colla parte storica critica, la quale però ribocca di frequenti e 
lunghe citazioni, che per sè sole tengono pressochè la metà del 
grosso volume. È un lavoro commendevole per lucidità di idee, 
per ordine logico, per temperanza di forma, per erudizione fi- 
losofica segnatamente contemporanea; malgrado però questi pregi, 
fallisce al suo intendimento. Poichè l’autore pose a fondamento 
del suo sistema un concetto etico siffattamente angusto e restrit- 
tivo, che non gli permise di abbracciare il problema etico in tutta 
la sua comprensiva ampiezza e discorrerlo nelle singole parti. Egli 
non tenne conto dei due punti cardinali del problema etico, la li- 
bertà del volere e la ragion del dovere, cioè sacrificandoli alla incli- 


nazione naturale dell’uomo per la felicità, la quale considerata per 
sè stessa non ha nessun carattere morale; come pure non mostra 
una giusta e lucida coscienza del conflitto tra l'egoismo dei sensi 
e l'egoismo dello spirito, tra il dovere ed il piacere, tra la virtù 
e la felicità, tra l'interesse ed il sacrificio, epperò non concilia, 
ma confonde. Egli poi compromette tutto il suo sistema fonda- 
mentale sulla felicità, col trascurare del tutto il solenne, miste- 
rioso fatto del dolore umano. Che più? La distinzione tra l’e- 
goismo morale e l'egoismo immorale, a cui egli accenna a 
pag. 459, colpisce a morte la sua dottrina, poichè quella distin- 
zione reclama un principio superiore siccome criterio necessario 
a sincerare il vero e ragionevole egoismo dallo ignobile e di- 
sonesto. 


Prof. Giuseppe Zuccante, Intorno le origini della morale uti- 
litaria dello Stuart Mil. — Ancora intorno le origini, ecc. ecc. 
— La morale utilitaria dello Stuart Mill; esposizione della dot- 
trina. 

Il prof. Zuccante ha presentato una esposizione della morale 
utilitaria dello Stuart Mill, preceduta da due altri brevi opu- 
scoli riguardanti le origini della medesima. È uno studio con- 
scienzioso ed accurato, che fedelmente ritrae la dottrina del 
moralista inglese, illustrandola con raffronti storici e seguendola 
ne’ suoi particolari talvolta sino alle minuzie, ma uno studio 
sostanzialmente storico, anzichè critico, e l’autore stesso ci pro- 
mette che pubblicherà altra volta la critica della dottrina esposta. 

Per questa ragione la Commissione si astiene dal pronun- 
ziare il suo giudizio intorno il presente lavoro dell’autore. 


Giovanni VIDARI, Rosmini e Spencer. — L’Etica di Guglielmo 
Wundt. 

Il prof. Giovanni Vidari ha pubblicato due lavori storico- 
critici intorno la filosofia morale, che rivelano un ingegno ro- 
busto, vivace, sereno, fortemente temprato alle meditazioni spe- 
culative. 

Nella sua monografia Rosmini e Spencer egli espone, ap- 
prezza e raffronta la dottrina morale di questi due pensatori, 
sebbene per rispondere al titolo generale posto in fronte al vo- 
lume, avrebbe dovuto altresì esporre la dottrina psicologica di 


258 


amendue, che egli stesso giudica logicamente connessa colla 
prima. 

Se così avesse adoperato, non avrebbe appuntato il Rosmini 
di relativa scarsezza di cognizioni psicologiche (pag. 89), mentre 
poila stessa psicologia dello Spencer, malgrado la sua origina- 
lità e gli splendidi pregi, non regge alla critica. 

Lo studio espositivo critico del Vidari pone in bella luce i 
punti più salienti della dottrina morale dei due illustri filosofi, 
e procede diritto al suo scopo, sempre àmmisurato e chiaro. Ciò 
nullameno non sempre l’esposizione risponde alla fedeltà storica 
ed oggettiva. Ad esempio, egli annovera il Rosmini fra i filo- 
sofi intellettualisti, mentre questi accanto all’intuizione origi- 
naria, pone siccome facoltà distinta, originaria e primordiale 
anch’essa il sentimento e definisce l’uomo un soggetto animale, 
intellettivo e volitivo. Così pure il Rosmini non ripone, siccome 
egli asserisce, il supremo principio morale in Dio, ma nell’essere 
ideale. 

Sebbene l'Autore sembri: avversare il sistema monistico, non 
si comprende tuttavia come poi egli sostenga che il dovere do- 
mini bensì la vita, ma penetrandovi in forma man mano più 
pura e più alta quanto più la scienza procede. 

Anche l’altro lavoro del Vidari è uno studio espositivo cri- 
tico, in cui ritrae lucidamente la parte sostanziale dell'etica di 
Guglielmo Wundt, poi la ricompone a sintetica unità e ne sot- 
topone ad un severo esame critico il metodo ed i principii. Le 
sue riflessioni acute ed ingegnose mostrano in lui un profondo 
studio del problema etico, gli appunti, che egli muove alla dot- 
trina del pensatore tedesco, colpiscono giusto, e la avrebbe 
rovesciata dalla sua base, se avesse avvertito che il Wundt nega 
la sostanzialità individuale dell'anima umana. 


Francesco De SarLo, Metafisica, Scienza e Moralità; Studî 
di filosofia morale. Roma, Tipogr. Balbi, 1898. Un vol. in-8 di 
complessive pag. 270. 

È questa un’opera di un giovane d’ingegno, meritevole di 
essere presa in attenta considerazione. L'autore si propose di 
discutere il problema delle attinenze tra la vita etica e la vita 
speculativa, tra il pensiero e l’azione, tra la moralità e la scienza; 
e dimostra che questi due termini conservano mai sempre tra 


i 
7 


259 


di loro una reciproca relazione. Egli esordisce nella prefazione 
con un esame critico intorno il risveglio speculativo in Germania, 
in Francia, in Italia, in Inghilterra, nelle sue attinenze colla 
moralità della vita pratica sociale, soffermandosi segnatamente 
intorno l’originalità e la ragione della grande vitalità del movi- 
mento speculativo inglese contemporaneo. 

Entrando in materia, egli sottopone ad un severo esame i 
principali indirizzi dell'etica contemporanea, che egli riduce a 
quattro; il naturalistico, il pantelistico, l’idealistico ed il tei- 
stico. A tal uopo egli distingue due punti di vista principali, 
sotto cui può essere tentata l’interpretazione del mondo e della 
vita; il punto di vista puramente esplicativo, e quello valutativo, 
e pone in chiaro, che il concetto della persona è il principio 
supremo, che concilia insieme i due indirizzi del pensiero, espli- 
cativo e valutativo, perchè spiega la realtà ed illumina la co- 
scienza morale intorno il valore delle azioni e delle cose. 

L’opera dell’autore si compie con un’appendice, in cui discorre 
del socialismo come concezione filosofica, e della vita morale e 
sociale; ed anche qui il principio della personalità è il concetto 
supremo, che domina ed informa il suo pensiero. 

Il De Sarlo mostra una mente speculativa e serena, che 
nutrita di forti studi si addentra nella critica de’ sistemi e nei 
problemi della scienza e ne ricerea la ragione ultima nell’unità 
di un concetto supremo. 


Giovanni GENTILE, Rosmini e Gioberti. — La filosofia di 
Marx. Studi critici. 

L'autore lumeggiando le due grandi figure italiane di Rosmini 
e di Gioberti dà prova di bello e colto ingegno. Egli sostiene, che 
Rosmini mutuando da Kant il principio Pensare è giudicare, co- 
strusse sopra di esso tutto il suo sistema filosofico, al quale in- 
nestò poi il suo dommatismo teologico correggendo Kant. In altri 
termini per lui Rosmini sarebbe Kant che afferma e nega sè 
stesso. Interpretazione assai discutibile, poichè il pronunciato 
Pensare è giudicare, non contiene in sè nè il criticismo kantiano, 
nè l’idealismo rosminiano, e certamente la teoria logica e la 
filosofia morale del pensatore di Rovereto non sono figlie legit- 
time del soggettivismo del pensatore tedesco. 

Venendo poi al Gioberti, l’autore sostiene che egli formò la 


260 


sua mente sul rosminianismo perchè nei suoi studi giovanili ac- 
colse il principio Pensare è giudicare, sicchè per lui Gioberti non 
è che lo stesso Rosmini disvolto e recato al perfetto compimento 
di sè. Interpretazione discutibile anche questa; ma ad ogni modo 
l’autore spiega una critica acuta e sagace, e mostra di avere 
seriamente studiate le dottrine filosofiche dei nostri due grandi 
pensatori italiani, sebbene le abbia interpretate con molta libertà 
di pensiero. 

Qui giova mettere in rilievo un pregio particolare di questa 
opera: per meglio ritrarre nella loro fedeltà storica le due figure, 
acconciamente ha saputo innestare la loro biografia nella for- 
mazione del loro pensiero filosofico rispondente al risveglio po- 
litico dell’Italia. 

Nell’altro suo volume l’autore si è argomentato di esporre e 
discutere quella che egli chiama la filosofia di Marx, ma che 
in realtà è niente più che un impasto di socialismo, di idealismo 
hegeliano e di autoteismo fichtiano. Quindi non è meraviglia 
se la sua esposizione procede in principio alquanto intricata. Le 
sue considerazioni critiche sono ingegnose ed acute; nel materia- 
lismo filosofico del Marx egli addita una intrinseca contraddizione, 
che gli toglie ogni valore. 

Questi due giovanili lavori del Gentile mentre rivelano in lui 
una profonda coscienza speculativa, sono un felice preludio di 
quanto egli potrà fare in servigio degli studi filosofici, come ne 
porgono argomento anche le sue due recentissime pubblicazioni 
su B. Spaventa e sull’insegnamento della filosofia nei Licei. 


Dottore Luigi AmBrosi, libero docente nella R. Università 
di Roma. La Psicologia dell'’immaginazione nella storia della fi- 
losofia (Esposizione e Critica), di pag. xxxIv, 562. Roma, Società 
editrice Dante Alighieri, 1898. 

L'autore pose in fronte alla sua opera un titolo, che ri- 
sponde fedele al suo contenuto. Poichè il suo non è un lavoro 
teorico speculativo, ma un lavoro storico critico, dove egli chiama 
ad ordinata rassegna i più notevoli pensamenti dei psicologi 
intorno la facoltà immaginativa, e la conforta con opportune 
ed ingegnose considerazioni critiche. L'esposizione, per quanto 
ampia e diffusa, presenta qua e là delle lacune, e non sempre 
la critica risponde alla fedeltà storica. È suo intendimento di 


da 


Pai 
261 


far scaturire dallo studio di tante disparate ed esclusive dot- 
trine una perfetta teoria scientifica dell’immaginazione, e questo 
è il vero difetto dell’ opera, poichè la storia per sè sola non 
potrà mai fare adeguazione perfetta colla scienza. 

Dello stesso autore abbiamo altresì un opuscoletto di poche 
pagine inscritto Che cosa è la materia? dove egli seguendo una 
dottrina già da altri professata intende di identificare spirito e 
materia in uno stesso concetto, e dimostrare che la coscienza di 
sè non importa una sostanza semplice, ma una unità. composta; 
però non si rese ragione delle difficoltà insormontabili tra cui 
si perde il suo tentativo. 

Il secondo opuscolo (di pag. 79) è di gran lunga inferiore 
all'opera sovra ricordata, siccome quello che riproduce soltanto 
idee altrui, onde non pare meritevole di essere preso in una seria 
considerazione. 

Resta però sempre il lavoro sull’immaginazione, che ad avviso 
della Commissione ha pregi cospicui, sia perchè il tema appa- 
risce pressochè nuovo anche in confronto del lavoro di Colozza 
sull’immaginazione nella scienza, sia ancora perchè l’autore svolge 
il tema in tutta la sua ampiezza storica, ed agevola così profi- 
cuamente al psicologo lo studio di questa facoltà umana. 


CONCLUSIONE 


Nella abbondante produzione filosofica dell'ultimo triennio, 
la Commissione ha creduto di dover distinguere tutte le pub- 
blicazioni in due categorie: le une di indole speculativa e teo- 
rica, le altre di indole storico-critica. 

Nella prima categoria non parve alla Commissione di scor- 
gerne alcuna di tale valore, da dovere essere segnalata di prefe- 
renza per il premio, anche avendo riguardo in modo speciale 
all’opera del De Sarlo, Metafisica, scienza e moralità che è di 
tutte, in questa classe, la più pregevole. 

Condotta per tal modo a fare la sua scelta fra le opere 
della seconda categoria, la Commissione unanime ha riscontrato 
come particolarmente degne di essere proposte per il premio 


u ly v » 
262 


quella di Giovanni Gentile, Rosmini e Gioberti, e l’altra di Luigi 
Ambrosi, La psicologia dell’immaginazione nella storia della filo- 
sofia. I meriti di queste due opere si controbilanciano, per guisa 
che alla Commissione ora non rimane altro se non proporre che 
il premio venga diviso in parti uguali fra le medesime. 


Torino, 24 dicembre 1900. 


La Commissione. 


B. PeyRron, Presidente. 
E. Brusa. 
G. ALLievo, Segretario relatore. 


Avendo il Socio Brusa esplicitamente dichiarato che, meglio 
ponderata ogni cosa, anche l’opera di Guido Villa sulla Psico- 
logia contemporanea, sebbene non scevra di lacune e di difetti, 
ha pur tuttavia molti pregi, sorge lunga e vivace discussione 
intorno alla assegnazione del premio. 

L'Accademia decide che nell'adunanza del 13 gennaio 1901 
si venga anzi tutto a definire se il premio abbia o no ad essere 
diviso in due parti, e quindi si voti a quale o a quali dei tre 
candidati, Giovanni Gentile, Luigi Ambrosi, Guido Villa, esso 
debba essere aggiudicato. 


nn 


263 


CLASSE 


DI 


SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI 


Adunanza del 80 Dicembre 1900. 


PRESIDENZA DEL SOCIO SENATORE PROF. GIUSEPPE CARLE 
PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA 


Sono presenti i Soci: Cossa, Vice Presidente dell’Acca- 
demia, BerrutI, D’Oviprio, CAmeRrANO, GuaREScHI, GuIDI, FILETI, 
ParoNnA e Naccari Segretario. 

Il Segretario legge l’atto verbale della seduta precedente, 
che viene approvato. 

Egli dà poi lettura di una lettera inviata al Presidente dal 
Socio VoLTERRA, il quale fu con recente decreto trasferito dietro 
sua domanda dall'Università di Torino a quella di Roma. Il 
prof. VoLtTERRA esprime il rammarico che prova nel prender 
commiato dai colleghi dell’Accademia ricordando con parole 
molto cortesi i vincoli amichevoli che lo stringono ad essi. Il 
Presidente si farà interprete, rispondendo al gentile saluto, dei 
sentimenti dell’Accademia, che si duole di non aver più fra i 
suoi Soci residenti il Socio VoLrerrA. Conforme agli statuti 
Accademici e in conseguenza della dichiarazione da lui fatta, 
egli verrà in data d’oggi inscritto fra i Soci nazionali non re- 


sidenti. 


264 


Il Segretario presenta alla Classe un opuscolo del Socio 
corrispondente Rient intitolato: Les ondes hertziennes. 

Si stabilisce che nell'adunanza del giorno 13 gennaio si 
eleggerà il Segretario della Classe e la Commissione per il 
premio Vallauri spettante alle scienze fisiche. 

Il Socio D’Ovipro presenta una memoria del Dott. Fran- 
cesco SevERI intitolata: Sopra alcune singolarità delle curve di 
un iperspazio. Verrà esaminata dai Soci D’Ovipio e SEGRE. 

Il Socio D’Ovriprio legge anche a nome del Socio SeerE la 
relazione sopra la memoria del Prof. Gino Fano intitolata: 
Nuove ricerche sulle congruenze di rette del III° ordine prive di 
linee singolari. La relazione propone che la Memoria venga letta 
alla Classe. Approvata la relazione e compiuta la lettura, si 
accoglie la Memoria per l'inserzione nei volumi accademici. 

Il Socio CAmeRANO presenta una nota del Dott. Raffaele 
IsseL intitolata: Saggio sulla fauna termale italiana. Nota IT. 
Sarà inserita negli Atti. 

Il signor Ing. Federico HesseLGREN, che l’anno scorso inviò 
all'Accademia per averne un giudizio una nota su argomento 
di acustica musicale, manda ora un’altra nota su argomento si- 
mile e allo stesso fine. Si risponderà che mancando ora nella 
Classe persona che possa trattare con competenza la questione, 
non è possibile soddisfare il desiderio dell’autore. 


RAFFAELE ISSEL — SAGGIO SULLA FAUNA TERMALE ITALIANA 265 


LETTURE 


Saggio sulla fauna termale italiana. 
Nota II del Dott. RAFFAELE ISSEL. 


Credo utile riassumere nel quadro sinottico seguente (Vedi 
pag. 4 e 5), l'elenco degli animali studiati nelle acque termali ita- 
liane e già menzionati nella mia precedente nota (1). Avverto 
però che le specie contraddistinte con asterisco non figuravano 
nella nota I perchè vennero osservate o determinate dopo la 
pubblicazione di questa. Durante il mio soggiorno a Vinadio avevo 
già trovato un individuo giovane di Actinophrys sol nelle muffe 
a 35°; una piccola quantità di alghe, speditami dalle Terme in 
novembre, me ne offerse alcuni completamente sviluppati. Del 
Limnebius truncatellus catturai due soli esemplari a 37-38°. 
L’Hydroporus tessellatus, omesso nella nota I, vive nel Bottaccio 
a 30-35°. 

La fauna termale delle sorgenti esplorate è dunque abba- 
stanza ricca, poichè 82 sono le forme specificamente determinate, 
ed abbiamo un totale di circa 110 se vi aggiungiamo quelle che 
ancora non vennero denominate. Il fatto che l’elenco delle specie 
di Vinadio rappresenta pressochè la metà di questa cifra di- 
pende da che esso è frutto di osservazioni molto più minuziose 
e prolungate di quelle compiute presso le altre sorgenti. 


Dalle osservazioni zoologiche ora esposte emerge chiara- 
mente un fatto: nelle sorgenti esplorate si trova una ben di- 
stinta fauna termale. Valgono a dimostrarlo le seguenti consi- 
derazioni: 


(1) “ Atti R. Accad. delle Scienze di Torino ,, vol. XXXVI, pag. 53. 


266 RAFFAELE ISSEL 


Quadro sinottico delle specie citate. 


Protozoi. 
RizoPoDI. 
Pelomyxa villosa Greeff 
Amoeba proteus Ehrb. . 

s radiosa Duj. 

È verrucosa Ehbrb. . . . . 

A polypodia Schultze . . . 
Centropyxis aculeata Ehrb. 
Difflugia globulosa Duj. 

n pyriformis Perty . . 
Pseudodifflugia Valli Archer 
Euglypha alveolata Duj. + 
Quadrula symmetrica Wallich . 
Arcella vulgaris Ebrb. var. discoides 
Trinema enchelys Ehrb. 
Actinophrys sol Ehrb.*. 

FLAGELLATI. 
Cyatomonas truncata Fresenius. 
Phyllomitus undulans Stein . 
Petalomonas sp. : 
Peranema tricophorum . 
Entosiphon sulcatum Duj.. 
Chilomonas paramecium Ebhrb. -. 
CILIATI. 
Enchelys tarda Quennersted . 
Paramecium aurelia Miller . 
Cyclidium glaucoma Ehrb. 
Glaucoma margaritaceum Ehbrb. 

i pyriformis Ehrb. . 
Loxocephalus granulosus Kent . 
Nassula aurea Ehrb. . 

Chilodon cucullus Ehrb. 
Lionotus sp. i 
Metopus sigmoides Clap. e ; Lachm. 
Aspidisca lyncaster Stein . tag 
Oxytricha gibba Clap. e Lachm. 
Vorticella nebulifera Ehrb. 

— citrina Ehrb. 


Vermi. 
RoTIFERI. 

Philodina roseola Ehrb. 
Adineta vaga Davis . 
Distyla gissensis Eckstein 
Monostyla sp. 
Monostyla sp. e 
Metopidia lepadella Ehrb. 
Diaschiza semiaperta Ehrb. 


NEMATODI. 

Gordius Villoti Rosa 
ACANTOCEFALI. 

Echinorynchus proteus Westrumb. 
ANELLIDI. 


Aceolosoma thermale n. sp. 
Pristina Sp. 

Tubifex rivulorum Linn. 
Allurus tetraedrus smi 
Lumbricus sp. . 


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SAGGIO SULLA FAUNA TERMALE ITALIANA 267 


Nolluschi. 


Campiglia 
Marittima 
Massa 
Marittima 
Acqui 
| Valdieri 
| Vinadio 
Acque 
Albule 


‘GASTEROPODI. 
Ancylus lacustris Linn. 
Limnaea palustris Miller 
é peregra Miiller . 
truncatula Muller . 
Planorbis laevis (?) Alder. Date: 
Melanopsis etrusca Villa . . .... | + 
Bythinella etrusca Paladilhe. 
Bythinia tentaculata Linn. 
Valvata piscinalis Miller. 
Theodoxia fluviatilis Linn. PRIA VI TITO 
i prevostiana Partsch. . . . | + 


PHH+HH+ ++ 
+ 


Artropodi, 
(CROSTACEI. 


nea DIVAS RO LPD ADR Ara + 
TE ICI TANA PS ESSO EPA Po È SSA ESSTOTITE RR] + 
Cyclops sp. . TE <- 
Lamproglena pulchella Nordman 
Gammarus fluviatilis Roesel . 
Palaemonetes varians Leach . 
Telphusa fluviatilis Belon. 
InsErtI. 
Ditteri - Chironomus sp., larva. . . AL 
Stratiomys sp., larva 
Coleotteri - ‘Hydroscapha gyrinoides 
Aubéen ist. el Ì 
Parnus luridus Erichson 
Helophorus alternans Gené dado 
Coelostoma hispanicum Kister . . . + 
Berosus affinis Brullé . 4 
Limnebius truncatellus Thomson* 
Laccobius gracilis Motsch. . . . . + 
ei Sellae Sharp . < 
Philhydrus salinus Bedel . 
Helochares dilutus Erichson . , 
Gyrinus distinctus Aubé var. colymbus Er, 
È: elongatus Aubé 
Hvdroporus tessellatus Drapier* 
Bidessus geminus Fabr. £ 
Rincoti - Hydrometra stagnorum Linn. 
Velia sp., larva 
Gerris lacustris Linn. 
Notonecta glauca Linn. . , 
Corisa hveroglyphica Dufour. . . . 
Nepa::cinerea» Linn. i ihianlcantù. | dt 


HI 


+ 
+++ + 


+ 
++ 
+ 
+ 


PEHH+H+H4+ 


++ 


Vertebrati. i 

Peso. | 

Anguilla vulgaris Linn. 

Squalius cephalus Linn. 

Telestes muticellus Bonap. 

Leuciscus aula Bonap. varietà . 

Blennius vulgaris Pollini . 
BATRACI. 

Rana esculenta Linn. 

Bufo viridis Laurenti . 


Atti della R. Accademia. — Vol. XXXVI. 18 


+ 
+ 


++ + 


268 RAFFAELE ISSEL 


A. A una data temperatura si manifesta una spiccata ana- 
logia tra le faune di acque termo-minerali diverse. Qualcuno 
potrebbe obbiettare che i rappresentanti delle infime classi ani- 
mali non sono efficaci termini di confronto perchè cosmopoliti. 
Ma l’analogia cui accennavo sussiste anche per classi elevate, 
e, quel che più importa, sussiste indipendentemente dalla com- 
posizione chimica, dalle condizioni topografiche e climatiche. 

Mi spiego con un esempio. Quattordici sono le specie di 
coleotteri aquatici che ho rinvenuto in cinque località differenti, 
e cinque di tali specie sono comuni a due località; se poi ci limi- 
tiamo alle tre famiglie Hydrophilidae, Dityscidae, Hydroscaphidae, 
famiglie ricchissime (tranne l’ultima) di generi e di specie, risulta 
che sopra 11 specie, 5 sono comuni a due località. Infatti il Lac- 
cobius gracilis Motsch, si trova ad Acqui e a Vinadio, il Bidessus 
geminus Fabr. ad Acqui e a Campiglia, lHelochares dilutus Erichson . 
a Campiglia e a Valdieri, l’Hydroscapha gyrinoides Aubé si rinviene 
a Valdieri e a Vinadio (1), il Coelostoma hispanicum Kister vive 
a Valdieri ed alle Acque Albule. 


B. Nelle acque termali esplorate si rinvengono forme con- 
siderate finora come peculiari. Così il Laccobius Sellae Sharp. di 
Valdieri, così la Melanopsis etrusca Villa, caratteristica delle 
acque termo-minerali della Maremma toscana. 

Non è la prima volta che una specie italiana viene indicata 
come esclusivamente termale; così, a mo’ d’esempio, il Garbini, 
accennando al rotifero Eosphora elongata vivente nelle Terme 
di Caldiero, lo dice peculiare a quella località (2) e il gastero- 
podo Hydrobia aponensis Martens è noto da lungo tempo come 
specie propria delle Terme di Abano; soltanto venne descritta 
dal De Stefani (3) come varietà della stessa (var. forianensis) 
una Hydrobia rinvenuta in acqua clorurato-sodica a 19°,5 presso 


Pieve a Fosciano in Garfagnana. 


(1) Un esemplare di coleottero delle muffe di Valdieri, che andò per- 
duto poco dopo la raccolta si riferiva molto probabilmente al Limnebius 
truncatellus Thomson. Con questo le specie comuni a due località sareb- 
bero 6. 

(2) Bibl., 16. 

(3) Bibl., 11°. 


SAGGIO SULLA FAUNA TERMALE ITALIANA 269 


C. Gli abitatori delle acque termo-minerali si sono modi- 
ficati nel senso di acquistare una maggiore resistenza agli agenti 
termici, come si può vedere dal seguente specchietto in cui ho 
riunito i massimi da me osservati per ciascun gruppo animale: 


ProTOZOI 
Rizopodi 54° '/, 
Flagellati 51° 
Ciliati 46° 
VERMI 
Turbellarie 40° 
Rotiferi 46° 
Gastrotrichi 41-42° 
Nematodi 44° ?/, 
Anellidi 40-41° 
MoLLUSCHI 
Gasteropodi 41° 
ARTROPODI 
Crostacei 40° 
Aracnidi 38° 
Ditteri (larve) 38° 
Insetti |< Coleotteri 46° 
| Rincoti 40° 
VERTEBRATI 
Pesci 26° 
Batraci 40°. 


Quantunque questi massimi non siano molto elevati, in ta- 
luni casi raggiungono e superano il grado mortale, sperimen- 
. talmente determinato, di animali affini viventi in acque comuni; 
dobbiamo quindi ritenere che il loro protoplasma si è, mediante 
un progressivo adattamento, modificato nelle sue proprietà chi- 
miche. Inoltre l'adattamento termico naturale, come l’artificiale, 
innalza il grado a cui si manifesta la morte per ipertermia; 
È dei Laccobius Sellae viventi a 38°, che sottoposi ripetutamente 
a lento riscaldamento coll’aggiungere a poco a poco acqua calda 
_ al recipiente che li conteneva, morirono a 49-50°. 
Questo adattamento ha prodotto delle modificazioni morfo- 
logiche? È certo che modificazioni molto notevoli non esistono, 


270 RAFFAELE ISSEL 


nè posso per ora pronunziarmi intorno a quelle lievi che pos- 
sono qua e là presentarsi. Chiunque abbia studiato a lungo le 
faune d’acqua dolce, sa come in molte specie occorrono diffe- 
renze individuali assai accentuate; i rotiferi, in ispecial modo, 
sono straordinariamente variabili (1). Per conseguenza è compito 
non facile il poter asserire se una specie è modificata oltre ai 
limiti ordinari e più difficile ancora il decidere se le variazioni 
osservate si debbono attribuire alla anormalità dell'ambiente. 
A risultati concludenti non si potrà certo pervenire senza un 
numero grandissimo di confronti e misure, nè senza l’impiego 
di razionali metodi statistici, quali vennero escogitati recente- 
mente da parecchi autori (2). 

I fattori di variabilità sono poi così numerosi che soltanto 
l’esperienza varrà a stabilire la loro relativa importanza. Mi 
limiterò ad accennare come gli animali termofili abbiano so- 
venti volte statura minore di quella che presentano, in media, 
i loro parenti delle acque comuni, e a notare come la mia os- 
servazione sulla statura dei Palaemonetes varians che alligna a 
25-27° nelle acque termali delle Venelle, concordi con quella del 
Garbini relativa ai Palaemonetes viventi alla stessa temperatura 
nelle Terme di Caldiero (3). 


D. La fauna delle acque esplorate è ben degna di essere 
considerata quale complesso distinto anche per la sua ricchezza 
in generi e specie. Basti il dire che alle Terme di Vinadio ho 
rinvenuto 32 specie animali in un sottilissimo strato d’ acqua 
di neppur 2 m° di superficie, e basta confrontare il variopinto 
brulichio di specie diverse che offre al microscopio un piccolo 
grumo di oscillarie termali colla povertà presentata dalle acque 
fredde vicine, anche laddove vegetano rigogliose le alghe. 

In generale osservai che fino a 40° circa può vivere in 
acque termo-minerali una fauna che per ricchezza di individui 
e di specie può stare a pari con quella delle acque comuni più 
popolate. Fra i 40° ed i 45° circa scompaiono molte specie e ne 
restano alcune che spesso sembrano compensare la scarsezza 


(1) Bibl., 39. 
(2) Bibl., 6%, 6°. 
(3) Bibl., 15. 


-———_€m 


SAGGIO SULLA FAUNA TERMALE ITALIANA 271 


delle specie col numero grandissimo degl’individui. A_tempera- 
ture più alte la vita animale non è rappresentata che da poche 
forme singolarmente favorite dall’adattamento. 

Per quanto concerne i massimi osservati in relazione col 
clima, se si ammette, come i fatti lo provano, che una parte 
della fauna termale derivi dalla fauna delle acque fredde cir- 
costanti, era logico il prevedere che tali massimi dovessero es- 
sere più bassi in climi più freddi. 

Infatti per animali provenienti, a mo’ d'esempio, da un’acqua 
a temperatura media di 10° e adattati a 35° l'ampiezza dello 
adattamento subìto sarà di 25°, mentre animali provenienti da 
un'acqua con media di 20° potrebbero, colla stessa ampiezza di 
adattamento, abituarsi a 45° (s'intende che la proporzione sus- 
siste soltanto entro a certi limiti). Ora, confrontando i dati del 
mio catalogo, trovo appunto che alle Terme di Vinadio, ove per 
grande altezza sul livello del mare (1325 m.) le acque comuni 
sono di 7 od 8 gradi più fredde che ad Acqui, la Philodina ro- 
seola ha il suo optimum a 40-42° e va rapidamente diminuendo 
da 42° a 46°, mentre invece ad Acqui lo stesso rotifero appena 
può dirsi comune intorno a 40°, mentre è straordinariamente 
abbondante a 44°'/,. Nondimeno, essendo la mia previsione ap- 
poggiata per ora da un sol fatto, non ardisco di considerarla 
come pienamente giustificata. 

Per quanto concerne l'adattamento in relazione col tempo 
impiegato a conseguirlo, le tre località in cui ho fatto osser- 
vazioni miscroscopiche a temperatura molto elevata (Vinadio, 
Valdieri, Acqui) non si trovano nelle condizioni più favorevoli 
per adattamenti molto prolungati. 

Non bisogna dimenticare, infatti, che su questo punto le 
esigenze della zoologia sono opposte a quelle della cura termale 
per cui spesso si richiede che canali e serbatoi vengano vuotati 
e ripuliti. Nelle Alpi Marittime poi le valanghe e le nevicate, 
durante i rigori invernali, nuocciono certamente alle Leptotricee, 
e, se non le distruggono del tutto, alterano tuttavia le condi- 
zioni termiche del loro habitat, sopratutto ove tali vegetali non 
sono sommersi, ma soltanto bagnati dall'acqua termale. Non è 
quindi improbabile che in paesi caldi e dove l’uomo non turbi 
in verun modo le condizioni naturali delle sorgenti, si trovino 
animali a temperature più elevate di quelle che ebbi a misu- 


272 RAFFAELE ISSEL 


rare. Che ciò sia possibile lo dimostrano, oltre ad alcune os-. 


servazioni in natura, che sembrano degne di fede, i risultati 
sperimentali veramente singolari ottenuti nel 1891 da Dallinger 
sopra flagellati appartenenti ai generi Tetramitus e Monas. In- 
nalzando con grande lentezza e precauzione il calore di una 
stufa, Dallinger riuscì ad abituare a 70° quei protozoi viventi 
normalmente a 15°. 


In varì argomenti addotti mi sembrano sufficienti a legit- 
timare l’espressione di fauna termale che fin da principio della 
presente Memoria ho creduto opportuno di adottare. 

La ricchezza e il carattere uniforme di tale fauna sono più 
o meno subordinate alle ricche e peculiari vegetazioni termofile 
che alla medesima offrono asilo e nutrimento. 

Ho potuto inoltre verificare che molti dei suoi elementi 
sono costanti nelle acque che abitano; in un campione d’acqua 
con pochi filamenti di Oscillaria speditomi nella passata prima- 
vera da Campiglia, rinvenni, tranne poche eccezioni, gli stessi 
protozoi, rotiferi ed anellidi che vi avevo osservato nella pri- 
mavera del 1899. 

Che tale fauna sia fino ad un certo punto indipendente 
dalla temperatura esterna, lo dimostra il fatto che nei giorni 
più rigidi del passato inverno un campione di Leptotricee, che 
il mio amico dottor Chiabrera gentilmente mi recò da Acqui, 
apparve non meno popolato da Philodina roseola e da Anguil- 
lulidi di quelli che esaminai nello stesso punto ai primi di maggio. 


Per ultimo credo utile di presentare un tentativo di clas- 
sificazione della fauna termale, fondato sulla origine evidente- 
mente molteplice dei suoi elementi. Questi, secondo il mio pa- 
rere, si dovrebbero aggruppare in cinque categorie, come segue: 

1° Un gran numero di specie provenienti dalle acque 
dolci ordinarie. Sono sopratutto le specie molto comuni, molto 
adattabili, a distribuzione geografica assai estesa. Così la Philo- 
dina roseola che in tre delle sorgenti esplorate resiste tanto al 
calore da lasciarsi indietro, tranne pochissime eccezioni, tutti 
gli altri metazoi, e diffusissima sotto ogni latitudine ed appar 
cane anche alla fauna nivale (1). 


© Bibl., 6. 


SAGGIO SULLA FAUNA TERMALE ITALIANA 273 


Parimenti il Chilodon cucullus che alle Terme di Vinadio 
appare come il ciliato meglio adattato è comunissimo ovunque. 
Nelle vicinanze di Bollengo (Ivrea), lo rinvenni con una certa 
frequenza perfino in quei depositi mucillaginosi, ferruginei per 
limonite e dovute all'attività di particolari alghe, che sogliono 
trovarsi lungo le rive dei ruscelli a lenta corrente. 

A Valdieri e a Vinadio bastano poche osservazioni per con- 
vincersi che la fauna termale deriva in parte da quella dei din- 
torni. Così la Centropyris aculeata, la Difflugia globulosa e la 
Philodina roseola tanto abbondanti nelle muffe termali di Val- 
dieri prevalgono anche in uno stagno situato a 1950 m. di al- 
tezza, presso al rifugio Genova del C. A. I. 

Il Chilodon cucullus, il Glaucoma margaritaceum e un Cyclops 
della stessa specie di quello delle acque termali si trovano in 
parecchie raccolte d’acqua fredda in prossimità dello Stabili- 
mento di Vinadio. Del resto la grande diffusione di una specie 
in ambienti svariati e tra loro lontani dimostra di per sè stessa 
la sua maggiore attitudine ad abituarsi anche a condizioni 
estreme. 

2° Animali provenienti dal mare per migrazione perio- 
dica (Anguilla vulgaris) o che lasciano riconoscere una origine 
marina recente (Palaemonetes varians). 

Dico recente perchè risulta dagli studi del Barrois (1), che 
il Palaemonetes, omai limitato, nella regione mediterranea, ad 
acque dolci e salmastre, nel mare del Nord ha appena iniziato 
la sua trasformazione da specie marina in ispecie di acqua dolce. 

3° Animali che mancano alle acque comuni della regione, 
ma si ritrovano in quelle di altre regioni più calde (Hydro- 
scapha gyrinoides). 

4° Animali che non solo si rinvengono in territorî più 
caldi, ma sono simili a congeneri fossili assai più diffusi. Tal'è 
la Melanopsis etrusca. Infatti il suolo della pianura Campigliese, 
ove sgorgano le acque termali, è in buona parte costituito da 
un travertino ove insieme a detriti vegetali si rinvengono nu- 
merose Melanopsis fossili uguali a quelle tuttora viventi, e queste 
appena si distinguono dalle Melanopsis che abbondano nelle li- 
gniti postplioceniche di Terni, associate ad una Theodozia. 


(1) Bibl., 1. 


274 : KAFFAELE ISSEL 


Sappiamo inoltre (1) che il genere Melanopsis presentava. 
una diffusione grandissima nel miocene superiore, mentre ora è 
in via di estinzione e, fenomeno strano, alligna ancora in due 
regioni situate quasi agli antipodi; la zona mediterranea e la 
Nuova Zelanda. Le Melanopsis si possono quindi considerare 
come relitte. ; 

5° Animali che per i loro caratteri si reputano specifi- 
camente distinti da tutti i congeneri delle acque comuni (es. 
Laccobius Sellae). 

Evidentemente gli animali delle due prime categorie sono 
giunti nei punti caldi delle acque termali risalendo da punti 
più temperati o da affluenti freddi verso le sorgenti oppure vi 
sono stati trasportati dai consueti agenti di dispersione (uccelli, 
venti, straripamenti). Se l’adattamento a temperature molto 
elevate possa compiersi nel corso della vita individuale o ri- 
chieda il succedersi di parecchi generazioni non si può per ora 
decidere; è certo però che le esperienze di adattamento artifi- 
ciale rendono la seconda ipotesi più accettabile della prima. 

Credo che per le acque di Caldana il vento sia fra tutti 
gli agenti di dispersione il più importante; la pianura campi- 
gliese infatti viene di sovente spazzata da violenti libecciate che 
sogliono imperversare per parecchi giorni consecutivi. Invece le 
acque delle Venelle, limpide, pescose, situate in posizioni tran- 
quilla e coperta di rigogliosa vegetazione, si prestano specialmente 
al trasporto degli organismi per mezzo degli uccelli acquatici. 

Passando agli animali della quarta categoria, sembra evi- 
dente che essi siano sopravvissuti nelle acque termo-minerali 
perchè ivi persistono quelle condizioni di temperatura e di sa- 
linità che in altre epoche geologiche avevano permesso e favo- 
rito la loro diffusione sopra vastissime plaghe (2). 

Resterebbe ancora da studiarsi l'origine degli animali ap- 
partenenti alla terza e quinta categoria, ma nelle nostre cogni- 


zioni intorno alle faune d’acqua dolce rimangono tuttora tante 


e sì vaste lacune che qualunque discussione in proposito sa- 
rebbe prematura. 
In un prossimo lavoro mi adopererò a completare le os- 


(1) Bibl., 28. 
(2) Bibl., 28. 


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SAGGIO SULLA FAUNA TERMALE ITALIANA 275 


servazioni relative alle sorgenti già esplorate, corredandole 
con nuove ricerche eseguite in altre acque termali italiane, onde 
vedere se le conclusioni cui finora son giunto appaiono su- 
scettibili di più ampia applicazione. Mi propongo inoltre di 
descrivere e di illustrare, quando sia possibile, le singole forme 
animali con particolare riguardo alle variazioni morfologiche 
che essi presentano in confronto alle affini di acque comuni. 

Ma per avere una cognizione più completa della fauna ter- 
male, non bisognerebbe trascurare quanto si riferisce alla fisio- 
logia ed alla biologia della medesima. Per citare un esempio, 
sarebbe cosa utile per la biologia generale e relativamente fa- 
cile lo studiare, in un ambiente tanto anormale, i fenomeni della 
riproduzione e dello sviluppo. E insisto sull’anormale non tanto 
per l’alta temperatura, quanto per la costanza della tempera- 
tura elevata. 

Osserverò infine come le esperienze sull’ innalzamento del 
punto mortale ottenuto mercè l'adattamento termico artificiale, 
sull’ampiezza e sulla durata di tale adattamento in varie con- 
dizioni, sarebbero molto interessanti se eseguite sopra animali 
termofili. 

Importerebbe a tal uopo di moltiplicare il più possibile gli 
esperimenti operando sulla stessa specie a varie temperature, 
comparando tra di loro i risultati ottenuti con animali che si 
presumono di origine diversa e con animali d’acque comuni. 
Confido che altri potrà mietere in questo campo ancora incolto, 
il quale promette frutti non meno abbondanti di quelli che da 
uno studio puramente faunistico e morfologico si potrebbero 
sperare. 


Mi professo ancora una volta riconoscente al prof. C. Parona 
e adempio al dovere di ringraziare i professori G. Cattaneo e 
R. Gestro che mi sono stati larghi di aiuti e di consigli, come 
pure altri che mi hanno prestato valido aiuto, sia nella ricerca 
del materiale di studio, sia nella determinazione del medesimo. 

Fra i primi ricordo i fratelli Merciai miei ospiti a Campiglia, 
il sig. I. Niccolini farmacista di Massa Marittima e il figlio 
avv. F. Niccolini, il sig. L. Benedetti concessionario dello stabili- 
mento termale di Vinadio, il dott. C. Onda direttore sanitario 
del medesimo, il sig. P. Marini concessionario delle Terme di 


276 RAFFAELE ISSEL 


Valdieri, i dottori C. Tamburini ed L. Sansoni direttori sani- 
tari pure a Valdieri, e il dott. De Alessandri direttore delle 
Terme di Acqui. 

Fra i secondi debbo ‘menzionare con gratitudine il sig. Dodero 
che determinò tutti i coleotteri enumerati nella presente Me- 
moria, nonchè i professori L. Camerano, E. Giglio-Tos, L. Maggi, 
D. Rosa, D. Vinciguerra, il dott. A. Brian e il sig. G. Mantero, 
che mi soccorsero colla loro competenza quando ebbi a consul- 
tarli per qualche caso dubbio. 


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considérations sur la distribution géographique de ce crustacé, * Bull. 
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PE E 


15. 
16. 


LI, 


18. 


19. 


20. 
21. 


22. 


23. 


24. 


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XXI Band, 1898. 


278 


Relazione sulla Memoria del Prof. Gino Faxo, intitolata: 
Nuove ricerche sulle congruenze di rette del 3° ordine 


prive di linea singolare. 


In questa Memoria l’A. espone delle ricerche sulle con- 
gruenze di rette del 3° ordine, ‘una parte delle quali egli aveva 
già nel 1894 riassunte in una Nota pubblicata nei nostri 
Atti. Come il KummeR nel 1866 aveva determinato i sistemi di 
raggi del 1° e del 2° ordine, così il Fano in quella Nota e nella 
Memoria attuale ha esaminato specialmente quelle proprietà 
delle congruenze del 3° ordine, prive di linee singolari, che con- 
ducono a determinarne le varie specie e a costruirle. Questo 
problema è notevolmente più difficile che quello trattato da 
Kummer: ed in fatti per risolverlo l’A. ricorre alle più svariate 
considerazioni. Non solo occorrono i metodi usati da KummeR e. 
perfezionati da altri (e specialmente dal sig. SruRwM nel suo trat- 
tato di geometria della retta), ma anche la considerazione delle 
congruenze di rette come superficie dello spazio a cinque dimen- 
sioni, e parecchie proposizioni di geometria sopra una curva 0 
sopra una superficie algebrica. Così, una volta dimostrato per 
mezzo di ricerche sui raggi multipli e sui punti singolari delle 
congruenze, non che su taluni luoghi geometrici connessi a queste, 
che il genere sezionale di una congruenza (3,7) (cioè il genere 
della rigata in cui la congruenza è segata da un complesso li- 
neare) è < n, e nello stesso tempo (tranne due eccezioni che 
vengono studiate a parte) è < 5; l’A. applica un importante 
teorema publicato solo da poco dai sig. CasteLNUOvo ed En- 
RIQUES: da cui si conchiude che la congruenza è una varietà 00? 
riferibile ad una superficie rigata. Allora si vede subito che 
questa rigata dovrà essere razionale, oppure ellittica. Nel 1° caso 
la ricerca si riduce a quella ben nota dei sistemi lineari di 
curve piane di dato genere (<4). Nel 2° caso — che l’A. non 
aveva considerato nel 1894 — alle generatrici della rigata el- 


279 


littica corrisponderanno co schiere di rette giacenti in quadriche 
di una certa rete: e a seconda che la base di questa si com- 
pone solo di un numero finito di punti, o comprende anche una 
retta, ecc., si hanno più specie di congruenze. In conclusione 
risultano ben determinati nelle loro proprietà più salienti i varî 
casi che posson presentare le congruenze del 3° ordine, quando 
non abbiano infiniti punti singolari, nè si compongano delle tan- 
genti principali di una superficie. 

Basta questo cenno per mettere in evidenza l’importanza 
della Memoria del Prof. Fano. Noi proponiamo che essa venga 
accolta nei volumi accademici. 

E. D’Ovipro. 
C. SEGRE, relatore. 


L’ Accademico Segretario 
AnpREA NaccarI. 


280) 


CLASSE 


DI 


SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE 


Adunanza del 6 Gennaio 1901. 


PRESIDENZA DEL SOCIO SENATORE PROF. GIUSEPPE CARLE 
PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA 


Sono presenti i Soci: Peyron, Direttore della Classe, Rossi, 
Manno, BoLLAtI Di SAINT-PreRRE, FERRERO, BosELLI, CIPOLLA, 
Brusa, Pizzi, SAvio e RenIER Segretario. 


Si approva l’atto verbale della seduta antecedente, 23 di- 
cembre 1900. 

Il Segretario dà lettura d’una lettera in data 29 dicembre 
con la quale il prof. PigorINI accompagna una terza Relazione 
della missione archeologica di Creta. Nello stesso tempo presenta 
varî esemplari della suddetta Relazione dovuta al dott. Luigi 
PERNIER e recante il titolo: Lavori eseguiti a Festos dalla Mis- 
sione archeologica italiana dal 2 giugno al 16 settembre 1900, 
Roma, tip. dei Lincei, 1900. i 

Il Socio Rossi fa omaggio all'Accademia, a nome dell’au- 
tore, del volume del prof. G. B. GeRINI, Gli scrittori pedagogici 
italiani del secolo XVII, Torino, Paravia, 1900, e tributa lode 


all’opera con la seguente relazione: 


Da parecchi anni il prof. G. B. Gerini consacra la sua at- 
tività ed il breve tempo libero dalle molteplici occupazioni sco- 
lastiche ad illustrare i pedagogisti nazionali. Così per tacere 
della Memoria: Le dottrine pedagogiche di M. T. Cicerone, L. A. 


281 


Seneca, M. F. Quintiliano e Plinio il Giovane, precedute da uno 
Studio sull'educazione presso i Romani, e della Monografia: Paolo 
Mattia Doria, filosofo e pedagogista (1), pubblicò nel 1896 un primo 
volume sui pedagogisti italiani col titolo: (Gli scrittori pedago- 
gici italiani del secolo XV, al quale fece seguire ben tosto un 
secondo volume, in cui trattò dei pedagogisti italiani del decimo 
sesto secolo, cosicchè questo, che oggi presento all'Accademia, 
forma il terzo volume della serie dei pedagogisti nazionali. 
Come nei due precedenti, anche in questo volume l’autore - 
procura di lumeggiare i singoli scrittori, dando dei medesimi le 
maggiori notizie biografiche e bibliografiche, e col premettere alla 
esposizione della dottrina pedagogica un cenno su quella psico- 
logica ne toglie occasione di mettere in rilievo le figure di 
aleuni letterati poco noti, onde l’opera sua può anche essere con 


vantaggio consultata dagli studiosi della storia letteraria. Nu- 


merosi sono gli autori, che in questo volume passa in rassegna, 
poichè egli discute non solo di quanti trattano ex professo di 
educazione, ma pazientemente raccoglie le idee di chi ne parla 
solo di passaggio, come ad esempio, del Campanella, al quale 
il Gerini consacra un lungo e notevole studio. Egli, infatti, rac- 
cogliendo le idee di quel grande pensatore dalle molteplici opere 
del medesimo, e specialmente dalla Città del Sole, tra le altre 


‘ cose dimostra essere stato il filosofo Calabrese il primo ad ac- 


cennare chiaramente al metodo intuitivo, e ad insorgere contro 
la mitologia, preludendo così al romanticismo. 

L’esame delle idee educative di alcuni cartesiani porge il 
destro all'autore di soffermarsi alquanto a lungo sulla fortuna 
del cartesianismo in Italia verso il fine del secolo XVII ed in 
principio del secolo XVIII, argomento che finora fu appena sfio- 
rato dagli storici della filosofia. 

Il Gerini, il quale si propose di provare la tradizione pe- 
dagogica italiana, con questo terzo volume ha fatto un passo 
avanti nella dimostrazione della sua tesi, epperò auguro che 


(1) Di questa monografia parlò già molto favorevolmente l’anno pas- 
sato il nostro Direttore di Classe, nel farne, a nome dell’autore, l'omaggio 
all'Accademia, ed il favorevole giudizio del nostro collega trovai anche con- 
fermato nella “ Deutsche Zeitschrift fir auslindisches Unterrichtswesen ,, 
annata VI, p. 92. 


PA 


282 


conduca a termine l’opera intrapresa dando alle stampe il vo-. 


lume su gli scrittori pedagogici italiani del secolo XVIII, che 
egli afferma di avere già ultimato. 

Ma giudici ben più competenti di me in questa materia 
sono i nostri Colleghi, il prof. Renier che nel Giornale storico 
della letteratura italiana, lodando la cura paziente e perseverante 
posta dal Gerini in questo lavoro, chiama ampia e dotta la disqui- 
sizione sul Campanella, e felicemente pensato e buono il capitolo 
sul cartesianismo. Ed il prof. Allievo nella sua opera: La peda- 
gogia italiana antica e moderna, scrive: “ Il Gerini ci ha pre- 
“ sentato in bella mostra la lunga ed onorata schiera dei peda- 
“ gogisti italiani dei secoli XV, XVI e XVII, in tre successivi 
“ volumi, condotti con serietà di proposito, con retto criterio, 
“con accurata e sagace indagine, e noi facciamo voto, perchè 
“ conduca ad integrità di componimento l’opera così felicemente 
“ intrapresa ,. 


Sono inoltre presentate le seguenti pubblicazioni: 
1°, dal Presidente: Giuseppe OrANO, // patibolo e l’erga- 
stolo di fronte all'errore giudiziario, Roma, 1900; 
2°, dal Socio Manno: alcuni opuscoli di argomento filo- 
sofico del prof. Michelangelo BiLLIA; 
3°, dal Socio FERRERO: l'opuscolo di G. BARGILLI, Giovanni 
Francesco Fiammelli e i suoi quesiti militari, Roma, Voghera, 1900. 
Il Socio CrpoLrLa presenta per gli Atti, ove sono inserite, 
queste due note: 
1°: Giuseppe CaLLigarIs, Sul significato della parola 
romanus , in Paolo Diacono; 
2°: Arturo Seere, Lodovico Sforza duca di Milano e l’as- 
sunzione al trono sabaudo di Filippo II il Senzaterra. 


U 


In adunanza privata fu eletta la Commissione per il prémio 
di Storia di fondazione Gautieri, che sarà conferito nel 1901. 
La Commissione riuscì composta dei Soci CrpoLLa, FERRERO e 
SAVIO. 


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er gene ee 


Cali 


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pria 


GIUSEPPE CALLIGARIS — SUL SIGNIFICATO, ECC. 288 


LETTURE 


Sul significato della parola romanus in Paolo diacono. 


Nota di GIUSEPPE CALLIGARIS. 


Come è noto, P. d. inizia il suo principale corpus historicum 
colla Whistoria romana cioè col racconto di Eutropio da lui am- 
pliato, a cui fa seguire la continuazione propria movendo da 
Valentiniano Augusto, da un periodo in cui era forte ancora e 
potente il mondo romano, e costituito sulle sue antiche basi, e 
giungendo fino ai tempi di Giustiniano quando, presso quello che 
era stato l’occidentale regnum, in terre una volta romane, si erano 
già stabilite numerose popolazioni germaniche. 

Di una popolazione germanica, della gens Langobardorum 
che si stanziò in Italia quando, dopo Giustiniano, mani più de- 
boli ressero le sorti del regnum Romanorum, egli nella %. l. narrò 
le gesta e pur comprendendo col suo sguardo un cerchio più 
ampio che non paresse richiedere il titolo del lavoro, ne espose 
le vicende prima che entrasse nelle terre romane italiane, e 
dopo che fu stanziata in una parte d’Italia strappata all’impero 
invano riluttante (1). 

In questo agitarsi ed urtarsi di popoli, in questo conflitto 
del mondo romano colla barbarie germanica, che significato ha 
la parola romanus che P. adopera così spesso? Ebbe P. il con- 
cetto del permanere ideale della Romania, che tante invasioni 
avevano lacerata, in maniera che i vinti, anche nelle terre oc- 
cupate dagli invasori, continuassero per lui ad essere romani, 
cioè, idealmente, sudditi dell'impero, separati momentaneamente. 


(1) Sulle relazioni fra la %. r. e la %. Z. cfr. le osservazioni del Tamassia 
nell’orazione inaugurale del Congresso tenuto in Cividale nei giorni 3, 4, 
5 settembre 1899 per l'XI centenario di P. d. in “ Atti e Memorie , del 
Congresso stesso. Cividale, Fulvio, 1900, p. 27. 


Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 19 


284 GIUSEPPE CALLIGARIS 


da quello, colla violenza, ma a quello uniti di spirito, 0, per 
lui, cessava la Romania là dove sorgevano regni barbarici, sicchè 
ai vinti. più non convenisse il nome glorioso che prima li com- 
prendeva? O, cessata la dominazione dell'impero, continuò, al- 
meno, a vedere nei vinti i rappresentanti e gli eredi di un pas- 
sato di civiltà e di gloria, i componenti la Romania morale che 
tutti li raccogliesse ad unità? ebbe ciò il senso della romanità 
dei vinti, soggiogati dalla forza barbarica? 0 Paolo distingue 
fra occupazione ed occupazione, fra luoghi e luoghi e mentre 
pare in certi casi dimentichi la romanità dei vinti, in certi altri 
casi la ricorda? 


Se noi ci proponessimo di risolvere simili quesiti rispetto 


a più secoli e a scrittori diversi, la risposta varierebbe da se- 
colo a secolo e da scrittore a scrittore: sebbene noi ci riferiamo 
solo a Paolo, ci troviamo però di fronte a difficoltà non leg- 
gere, specialmente per il modo in cui Paolo usa delle sue fonti, 
che suole riprodurre per lo più testualmente. Credo però che si 
possa egualmente rintracciare il pensiero di Paolo dal confronto 
dei vari passi che importano per le nostre ricerche, dai luoghi 
che spettano sicuramente a Paolo, dalle parole, dalle osserva- 
zioni che egli va intercalando nei varî brani che raccoglie, dallo 
spirito generale che anima le sue pagine. 

Per questa via si potrà forse arrivare a scoprire se P. abbia 
a questo proposito, e fino a che punto, un concetto chiaro e 
determinato e come lo applichi nel suo racconto. 


* 
* * 


Nella 4. r. noi troviamo ancora in tutto il suo splendore 
quell’impero che è romano, come romani sono l’imperatore o gli 
imperatori che “ divisis tantum sedibus , reggono l'impero co- 
mune che è uno: romani sono l’esercito, l’amministrazione, il ter- 
ritorio. Molti sono i popoli soggetti all'impero, e ciascuno abita 
nelle regioni proprie, distinte coi proprii nomi, ma, posti sotto 
l’impero, costituiscono il mondo romano, la Romania, la qual 
parola P. leggeva in Orosio, ma non ripeteva (1). Senza insi- 


(1) Pauri Orosir, Adversus paganos historiarum libri VII. Lugduni Ba- 
tavorum, apud Gerardum Potuliet, 1738, lib. VII, c. 43, p. 584-5. Si parla di 


Dl n A) 


SUL SIGNIFICATO DELLA PAROLA « ROMANUS» IN PAOLO DIACONO 285 


stere su questo concetto, così evidente, senza insistere sul 
significato delle prime aggressioni barbariche in terre romane 
(che Paolo ricorda, ma con parole non sue) (1), le quali non 
distruggono la Romania che persiste finchè l'autorità dell'impero 
non si sia ritirata del tutto dalle terre invase (2), preferisco 


Ataulfo che “ Gothorum populis... rex praeerat... , il quale... © militare fide- 
liter Honorio imperatori, ac pro defendenda Romana repubblica impendere 
vires Gothorum praeoptavit ,. Dapprima però aveva avuto altri disegni: “ ut, 
obliterato Romano nomine, Romanum omne solum, Gothorum imperium et 
faceret et vocaret: essetque, ut vulgariter loquar, Gothia quod Romania 
fuisset; fieretque nunc Ataulphus, quod quondam Caesar Augustus ,. Visto 
però impossibile il suo piano, aveva voluto almeno “ ut gloriam sibi de 
restituendo in integrum, augendoque Romano nomine, Gothorum viribus 
quaereret, habereturque apud posteros Romanae restitutionis auctor, postquam 
esse non potuerat immutator ,. 

(1) Sulle fonti di P. in %. r., XI, XII e XIII (i primi due capitoli), cfr. 
nell’ediz. Droysen (in M. G. H., auct. antiquiss., II) la prefaz. a p. x11. 

(2) Paolo Orosio (lib. VII, c. 40) ci descrive nella sua prosa bella e 
fluente le desolazioni che avevano apportate nella Gallia le molte popola- 
zioni Germaniche che l'avevano invasa: “ excitatae per Stiliconem gentes 
Alanorum.... Suevorum, Vandalorum, multaeque cum his aliae... Rhenum 
transeunt, Gallias invadunt, directoque impetu Pyrenaeum usque perveniunt: 
cuius obice ad tempus repulsae; per cireumjacentes provincias refunduntur. 
His per Gallias bacchantibus... , sorgono, l'un dopo l’altro, due usurpatori 
nella Britannia (tiranni, come li chiama Orosio) il secondo dei quali Co- 
stantino, passa in Gallia “ saepe a barbaris incertis foederibus illusus , e 
manda giudici nella Spagna, che sono accolti da quelle provincie, meno da 
due giovani, Didimo e Veriniano, disposti a resistere al tiranno. Questi 
allora invia nella Spagna il proprio figlio Costante fatto Cesare da monaco, 
“cum barbaris quibusdam ,. A questi barbari dopo la vittoria, è affidata 
la difesa dei Pirenei, “ remota rusticanorum fideli et utili custodia , sì che 
“ cunctas gentes, quae per Gallias vagabantur, Hispaniarum provinciis im- 
mittunt ,. Questa divisione pare alleggerire il peso del giogo barbarico sui 
miseri abitanti della Gallia e della Spagna: “... barbari, exsecrati gladios 
suos, ad aratra conversi sunt, residuosque Romanos ut socios modo et amicos 
fovent, ut inveniantur iam inter eos (cioè i barbari) quidam Romani qui 
malint inter barbaros pauperem libertatem, quam inter Romanos tributariam 
sollecitudinem sustinere , (c. 41, p. 579). 

Paolo (4. r., XII, 17) mal riassume tutto questo passo per riportare poi 
testualmente una parte delle ultime parole riferite : dalle quali vediamo il 
nome romano adoperato per indicare i sudditi dell'impero in Gallia e in 
Ispagna, per contrapporli alla ferocia germanica, in quelle terre dove già 
inerudelisce, senza che si sia ritirata l'autorità ramana. 


ei 


gu 


286 GIUSEPPE CALLIGARIS 


far notare altro concetto che pur risulta evidente dalle pagine 
di P., che egli però aveva desunto dalle sue fonti, mutuandone 
persin le parole. Le terre da cui si ritirano le armi e l’autorità 
romana, cessano di far parte della Romania, che appare quindi 
avere in primo luogo e sopratutto un significato politico, e indi- 
care le terre su cui si stendeva l’autorità politica dell’impero, 
‘piuttosto che non lo spirito e la civiltà di Roma. 

Quando le armi romane si allontanarono dalla Britannia (1), 
“ Britanni (2) Scottorum Pictorumque infestationem non ferentes, 
Romam mittunt ac sui subiectione promissa, contra hostes au- 
xilia flagitant ,. Una legione di soldati, mandata colà, respinge 
i nemici, “ sed mox ut discessere Romani, advecti iterum navibus 
hostes, obvia quaeque sibi conculcant. ... rursumque advolant 
Romani caesumque hostem trans maria fugant... (/.+. XIII, 5). 
Rinnovatesi più tardi le incursioni, i Britanni rinnovano le 
loro suppliche ad Ezio, a cui mandano “ epistulam lacrimis 
aerumnisque refertam ,. Ezio non può accoglierne le domande 
perchè distratto da altre cure e allora “ quidam Britannorum 
strenue resistentes hostes abigunt, quidam vero coacti hostibus 
subiciuntur. Deinde subactam Picti extremam eiusdem insulae 
partem eam sibi habitationem fecere, nec ultra erinde hactenus 
valuerunt expelli. At vero residui Brittanorum, dum continue Scot- 
torum impetus formidarent, ultra iam de Romanorum praesidio 
diffidentes Anglorum gentem cum suo rege Vertigerno ad defen- 
sionem suae patriae invitavere , (4. r. XII, 17). Le parole di- 
stinte dal corsivo son di Paolo, e ne svelano il pensiero, che 
corrisponde perfettamente a quello che è svolto nella fonte cui 
attinge cioè in Beda: concetto reso più chiaro ancora da quanto 
si legge poco dopo: “ Ambrosius Aurelianus, qui solus forte 
Romanae gentis Saxonum caedi superfuerat, purpuram induit, 
victoresque Saxones saepe Brittonum ducens exercitum superavit, 
atque ex eo tempore nunc hi, nunc illi palmam habuerunt, donec 
Saxones potentiores effecti tota per longum insula potirentur , 
(hf. r. xv, 19, cfr., per questo passo, DroysEn, in praef. cit., p. L). 


(1) Bepa, Hist. Gentis Angl., e. XI, ne parla: “ ex quo tempore Romani 
in Britannia regnare cesserunt , (Bepar Opera, III, 8 ed. Coloniae Agrip- 
pinae, 1612). 

(2) La fonte è Bep£? (loc. cit., c. XII). 


SUL SIGNIFICATO DELLA PAROLA « ROMANUS » IN PAOLO DIACONO 287 


I brani ora letti-non han bisogno di spiegazione: è evidente 
la distinzione fra Britanni e Romani. Il nome di Romano qui 
spetta solo all’antica autorità politica dominante sull’isola, cioè 
all'impero, .che mandava le sue legioni, i suoi funzionari, da uno 
dei quali discendeva quell’ Ambrogio. Aureliano, che forse solo 
superstite “ romanae gentis , aveva condotto ancora una volta 
i Britanni alla vittoria. 


* 
* * 

Più fecondo per noi di risultati può essere l’esame di quei 
passi in cui P. ci narra lo stanziarsi delle prime popolazioni . 
germaniche in Italia, nel cuore cioè del romanesimo. 

Accennato a quel che era avvenuto nel mondo romano in 
oriente e in occidente fino ad Augustolo, tenendo conto sopra- 
tutto delle lotte fra gli imperatori, nelle quali ebbe non poca 
parte l’Italia, contrappone quel che avveniva apud Fomanos a 
ciò che fuor delle terre romane andava preparando Odoacre a 
danno d’Italia (1). “ (X. r. XV, 8) Haec dum apud Romanos ge- 
runtur, Odovacer cum fortissima Herulorum multitudine, fretus 
insuper Turcilingorum sive Scirorum auxiliis Italiam ... prope- 
rare contendit ,. ... “ Apud Liguriae terminos , (XV, 9) gli si 
fa incontro Oreste patrizio, ma invano: “ per universas idem 
barbari urbes diffusi, cunctam sine aliqua tarditate Italiam iuri 
proprio subdidere, multasque tunc civitates parantes resistere 
extinetis habitatoribus ad solum usque deiecere ,. Animato da sì 
prosperi successi (XV, 10), Odoacre “ statim regiam arripuit di- 
gnitatem , ed Augustolo “ cernens universam Italiam Odovacris 
viribus subdi, inopinabili metu perterritus, sponte miserabilis 
purpuram abiciens... imperialem deposuit maiestatem ,. L’ag- 
gressione di Odoacre sarebbe dunque vera e propria invasione, 
uno strappare l’Italia all'impero in Occidente a cui restava sol 
più l’Italia, un sostituire l'autorità di un barbaro all’autorità 
romana, sicchè ad Augustolo, perduto il dominio, nulla rima- 
neva possibile che l’abdicazione: “ ita Romanorum apud Romam 


(1) Non entro nella questione delle fonti, così ardua per i libri XIV, 
XV, XVI della A. r. (cfr. Droysen, loc. cit., p. L e sgg.): ricorderò solo le 
concordanze in molti punti con Jordanes, rispetto a questo racconto (cfr. A. r. 
in loc. cit. nell’ediz. Droysen). 


288 GIUSEPPE CALLIGARIS 


imperium toto terrarum orbe venerabile, et Augustalis illa su- 
blimitas, quae ab Augusto quondam Octaviano coepta est, cum 
hoc Augustolo periit , (1). Perisce però solo “ apud Romam ,, 
ma prosegue nell’imperatore. risiedente a Costantinopoli, oramai 
unico erede del potere imperiale romano. 

La Signoria di Odoacre, sostituitasi in Italia all’ autorità 
dell'impero, è pur brevemente ricordata in %. l. 1,19 a propo- 
sito delle lotte che Odoacre stesso ebbe a sostenere contro i 
Rugi, anzi in quel luogo si ricordano le varie genti che obbe- 
divano all'autorità di lui: i Turcilingi, gli Eruli, una parte dei 
Rugi, e accanto a questi, i populi d'Italia: “ adunatis igitur 
Odoacer gentibus quae eius dicioni parebant, id est Turcilingis 
et Herolis Rugorumque partem quos iam dudum possidebat, nec 
non etiam Italiae populis, venit in Rugiland, pugnavitque cum 
Rugis ,. Ecco gli Italiae populi distinti dai Fomani ora che sono 
sottoposti all’autorità di un barbaro: eppure l’impero dei Ro- 
mani continuava in Costantinopoli, nè erano caduti mai i diritti 
dell'impero sulle terre che una volta aveva occupate, e tanto 
meno sull'Italia. Teodorico aveva quindi data una base legit- 
tima alla sua conquista chiedendo a Zenone imperatore “ Italiam 
sibi dari , (4. r. XV, 14), ma potè solo occuparla dopo aspra 
lotta coll’invasore di prima. All’Isonzo Odoacre gli era venuto 
incontro “ cum grandi suorum exercitu totisque ... Italiae vi- 
ribus ,, frase che risponde a quel che abbiam letto nella A. l., 
dei populi Italiae chiamati a combattere contro i Rugi, ma al- 
l’Isonzo e a Verona Odoacre era stato battuto, e Teodorico 
aveva potuto avanzarsi vittorioso fino a Milano. Tosto accor- 
rono a lui “ magna ... multitudo militum, pluresque Italiae po- 
puli , (A. ». XV, 16). Ma quelle dedizioni non furono tutte sin- 
cere perchè, “ paucis interiectis diebus, rursus dediticius exercitus, 
Tuffa quodam nomine instigante, Odovacris se partibus reddidit ,. 
I milites di cui P. parla, sono probabilmente i barbari di Odo- 
acre: ma la frase è insolita nel nostro scrittore, per cui miles 


(1) Di questa mutazione così leggiamo in Jorp., Get., 46: “ (Odoacer} 
Augustulum... de regno pulsum... exilii poena damnavit; sic quoque 
Hesperium Romanae gentis imperium... cum hoc Augustolo periit... Go- 
thorum dehinc regibus Romam Italiamque tenentibus; interea Odoacer rex 
gentium omnem Italiam subiugatam ... obtinuit ,. 


. 


SUL SIGNIFICATO DELLA PAROLA « ROMANUS » IN PAOLO DIACONO 289 


ha, nelle Storie, il senso proprio e determinato di soldato del- 
l'impero, e non si riferisce mai a forze germaniche. Paolo era 
forse indotto a insistere in questo senso dal significato che miles 
e militia avevano ai suoi giorni nelle terre imperiali: qui può 
aver deviato dalla sua abitudine per qualche frase che forse leg- 
geva in alcune delle sue fonti (1). 

La morte di Odoacre fè Teodorico solo padrone d'’ Italia. 
“ Theodoricus, extincto apud Ravennam Odovacre, totius Italiae 
adeptus est ditionem , la quale pareva così cessar definitiva- 
mente di far parte dell’ impero (2). Ma non cessavano i diritti 
dell'impero su alcuna delle terre che un giorno ad esso avevan 
obbedito. Quando Giustiniano, (4. r. XVI, 11) “ Romanorum prin- 
cipum nonus ac quadragesimus, Augustalem adeptus est prin- 
cipatum , e “ ad reparandum rei publicae statum animum in- 
tendit ,, assalì, colla spada di Belisario, non solo nemici posti 
fuori degli antichi confini Romani, come i Persiani, che, “ trans- 
gressis Romanorum terminis, eorum regiones graviter popula- 
bantur , ma si volse pur contro quelli che s'erano stanziati in 
terre già romane, per cacciarli, e riaver quelle terre. 

Cominciò dai Vandali, “ qui iam multis labentibus annis , 
possedevano l'Africa: li vinse e li cacciò; e persin Cartagine 
“ post annum suae excisionis nonagesimum sextum, recepta est ,, 
(A. r. XVI, 14): frase che P. mutuava da Beda (3). Anche all'Italia 
rivolse il suo sguardo Giustiniano, e, approfittando dei torbidi 
che agitavano i Goti, mandò Belisario contro il re Teodato 
“ut... etiam Italiam a Gothorum... servitio liberaret , (4. 7. 


(1) Cfr. An. Vares., 51: “ et perambulavit Theodericus patricius Medio- 
lanum et tradiderunt se illi maxima pars exercitus Odoacris nec non et 
Tufa magister militum, quem ordinaverat Odoacer cum optimatibus suis... ,. 

(2) Si confrontino le frasi con cui cominciano nella %. r., XV, i due 
capi 8 e 19. Nel primo leggiamo: “ haec dum apud Romanos geruntur ,, 
con cui si accenna a contese fra imperatori, e a fatti che si svolsero pure 
in Italia, che allora faceva parte del mondo romano. Nel c. 19 invece ac- 
cennandosi all'Italia che lo stanziarsi di Teodorico aveva vie più staccata 
dall'impero, P. scrive: “ haec dum apud Italiam geruntur ,, giacchè i populi 
Italiae non son più sotto l'impero dei romani, ma sotto la spada di un 
barbaro, che anzi minaccia uccidere “ universos Italiae populos , (4. r., 
XVI, 8) se Giustino imperatore “ in Orientis partibus , prosegue a com- 
battere l’eresia ariana. 

(3) De sex aetatibus mundi (ediz. cit., t. II, 115). 


290 GIUSEPPE CALLIGARIS 


XVI, 15). Si combattè aspramente coi Goti, e gli indigeni d’Italia, 
ricordati accanto ai Goti, soffrirono assai nell’infuriare della lotta. 
A Napoli, nella sua prima spedizione, Belisario infierì “ non 
solum in Gothos, qui ibi morabantur, sed etiam in cives , (4. r., 
XVI, 16). Solo Narsete liberò l’Italia “ Italiam ad rei publicae 
iura reduxit , (xvi, 23), cioè sottomise all'impero la popolazione 
che prima serviva ai Goti (cfr. 4. 2. II, 5). Assai più brevemente 
P. dirà nella %./. 1,25: “ hac tempestate Iustinianus augustus 
Romanum imperium felici sorte regebat...; per Belisarium pa- 
tricium... Africam... totam post annos nonaginta et sex 
Romano imperio restituit... , e pur brevemente ricorderà le vit- 
torie di Belisario sui Goti, per fermarsi più a lungo su quella 
di Narsete, ottenuta in parte coll’aiuto dei Langobardi, che 
erano stati, nel loro soggiorno in Pannonia, “ Romanae reipu- 
blicae adversum aemulos adiutores , (4. 2. II, 1). Nella guerra 
gotica, a richiesta di Narsete, Alboino aveva infatti mandato 
in Italia “ electam e suis manum qui Romanis (all’esercito im- 
periale) adversum Getas suffragium ferrent ,. “ Qui per maris 
Adriatici sinum in Italiam transvecti, sociati Romanis pugnam 
inierunt cum Gothis , (4. 2. II, 1). 

Dai passi riferiti, che potrebbero aumentarsi ancora, noi 
vediamo che per P. la Romania risponde all'impero, cioè al ter- 
ritorio su cui domina l’imperatore col suo governo, colle sue 
legioni, colle sue leggi (1), al corpo politico romano col suo 
capo (2) alla romanità dà un significato essenzialmente politico: 
della romanità morale che permane nei vinti, anche ridotti 


sotto forza barbarica, non si occupa, sebbene vinti e vincitori,. 


abitanti nelle stesse terre, siano ben distinti nella mente 
di lui. 

Di fronte alla Romania, armati contro essa, son molti bar- 
bari che fanno spesso scorrerie nelle terre romane, che strap- 
pano ai Romani i possessi. Tra questi nemici v'è quel complesso 
di gentes, comprese un dì nella popolosa Germania, descrittaci 


(1) Quindi la frase che riguarda l’opera legislativa di Giustiniano, il 
quale “ leges... Romanorum, quarum prolixitas nimia erat et inutilis dis- 
sonantia, mirabili brevitate correxit , (4. 2. 1, 25). 

(2) Romani saran dunque in senso largo tutti i sudditi dell'impero; in 
senso più ristretto romano si dirà il governo, romane le legioni e le leggi. 


te atziaecarent. bitten 


E, n O O 


EEC 


SUL SIGNIFICATO DELLA PAROLA « ROMANUS » IN PAOLO DIACONO 291 


da P. con sì vivi colori (1). “ Multae . .. ex ea (Germania) saepe 
gentes egressae sunt , le quali “ partes Asiae, sed maxime sibi 
contiguam Europam adflixerunt. Testantur hoc ubique urbes 
erutae per totam Illyricum Galliamque, sed maxime miserae 
Italiae, quae pene omnium illarum est gentium experta saevitiam. 
Gothi siquidem Wandalique, Rugi, Heroli atque Turcilingi, nec 
non etiam et aliae feroces et barbaricae nationes e Germania 
prodierunt , (%. 2. 1, 1). 

E questo contrasto fra Romani e Germani ricorre spesso 
nelle pagine di Paolo: Wodan o Godan, il quale “ ab universis 
Germaniae gentibus ut deus adoratur, ipse est qui Mercurius 
apud Romanos , (h. 2. 1,9); i sette che dormono misteriosa- 
mente da tant’anni nella caverna, “ in extremis... Germaniae 
finibus , “ quantum ad habitum spectat, Romani esse cernuntur , 
(h. 1.1, 4). 

Così P. contrappone alla lingua darbarica che parlavano i 
Germani, la lingua ufficiale dell'impero, la latina, e quella che 
nella sede orientale dell'impero aveva finito per imporsi, la 
greca (2). Questo contrasto ci appare ancora nelle notizie che 
P. ci dà sulla pestilenza terribile che aveva colpita l’Italia ap- 
pena liberata dai Goti ed aveva infierito “ in provincia prae- 


(1) Germania ha per P. un significato territoriale e indica una regione 
particolare dell'Europa, entro confini determinati, abitata da popoli che, 
sebbene possano essere in lotta fra loro, han vincoli particolari che li col- 
legano. La Romania è il territorio dipendente dall'impero, abitato da popoli 
vari, legati nella comune sudditanza, che dà loro il nome di Romani. 

(2) P. ricorda chiaramente questo imporsi dell’elemento greco sull’im- 
pero che era pur sempre romano, e ciò specialmente per tempi a lui più 
vicini; mentre l'impero e le istituzioni son sempre romane, son greci invece 
gli uomini che formano l’esercito romano, i funzionari, lo stesso imperatore. 
La frase che P. adopera in A. 2. II, 5 cioè servire grecis equivale a servire im- 
perio. Sessualdo, che cadde così eroicamente sotto le mura di Benevento, 
era stato “ a Grecis captus , e “ imperatori delatus (4. 2. V, 7). Nel com- 
battimento di Forino fra i soldati dell'impero e i Langobardi, un Langobardo 
“ qui regium contum ferre erat solitus, quendam Greculum eodem contulo 
utrisque manibus fortiter percutiens, de sella super quam equitabat sustulit 
eumque in aera super caput suum levavit. Quod cernens Grecorum exer- 
citus... immenso pavore perterritus, in fugam convertitur , (X. 2. V, 10). 
Le crudeltà fatte coll’imperatore romano Costante contro i Romani (sudditi 
dell'impero) eran dovute agli ordini imperiali e alla Grecorum avaricia, 
la qual frase P. aggiungeva alla sua fonte, cioè al lider pontificalis (h. 1. V, 11). 


292 GIUSEPPE CALLIGARIS 


cipue Liguriae , (4. 2. II, 4). Mario Aventicense (M. G. H., Auct. 
Antiquiss. XI, 2, Chron. Minora, p. 238, a. 570: an. Im cons. 
Tustini iun. Aug. ind. im) aveva detto semplicemente: “ hoc 
anno morbus validus cum profiuvio ventris et variola Italiam 
Galliamque valde afflixit et animalia bubula per loca supra 
scripta maxime interierunt ,. 

P.,.con animo di artista, ci presenta una splendida descri- 
zione del flagello, ma ne circoscrive i limiti con queste parole: 
“ haec quidem mala intra Italiam tantum usque ad fines gentium 
Alamannorum et Baioariorum solîis Romanis acciderunt , (4. l. 
II, 4), volendo significare che questi mali, risparmiati i Germani, 
avevano colpito solo i sudditi dell'impero, i Romani, e precisa- 
mente quelli che erano “ intra Italiam ,. 

Ma ben presto i Romani d’Italia furono minacciati da male 
più grave: una parte d'Italia, e i sudditi dell'impero che l’abi- 
tavano, furono strappati all'impero, e violentemente sottomessi 
dai Langobardi. Narsete sarebbe stato, secondo P. e le sue fonti, 
colui che li avrebbe invitati “ ut paupertina Pannoniae rura 
desererent et ad Italiam ... possidendam venirent , (4. 2. II, 5): 
al suo invito la gens intera si avviava verso la nuova sede “ cum 
uxoribus et natis omnique suppellectili , (4.2. II, 7) e con loro 
i Sassoni, che vennero in numero di “ plus quam viginti milia 
virorum cum uxoribus simul et parvulis , (II, 6). È tutto un 
popolo che viene ad occupare violentemente una terra romana, 
dove si fisserà. 

Entrato nella provincia della Venezia o più precisamente, 
“ in civitatis vel potius castri Foroiulani terminos , Alboino sta- 
bilisce “ Gisulfum... suum nepotem ... Foroiulanae civitati et 
totae illius regioni praeficere , (%. 2. II, 9) e la sua autorità si 
stenderà sui Langobardi che egli si scelse e trattenne nelle terre 
toccategli, e sugli antichi abitatori, rimasti soggetti agli invasori, 
e che prima dell'invasione eran sudditi dell'impero o romane. 

Intanto Alboino si avanzava e “ ezectis militibus, invasit 
omnia usque ad Tusciam praeter Romam et Ravennam vel aliqua 
castra ...in maris litore constituta , (II, 26). Come dicemmo, la 
parola miles ha in P. d. e specialmente nelle storie, un signifi- 
cato preciso: accenna a soldati nel senso romano, o imperiale, 
cioè quali poteva averli l’impero, non accenna a forze germa- 
niche, per le quali adopera però la parola ewercetus. 


e: 


Dea i 


Fio <a: a 


SUL SIGNIFICATO DELLA PAROLA « ROMANUS » IN PAOLO DIACONO 293 


L'occupazione langobarda è abbastanza facile: “ nec erat 
tune virtus Romanis ut resistere possint, quia et pestilentia 
quae sub Narsete facta est plurimos in Liguria et Venetiis 
extincxerat, et post annum, quem diximus fuisse ubertatis, fames 
nimia ingruens, universam Italiam devastabat ,. 

Sotto il nome di Romani sono indicati qui, in opposizione ai 
Langobardi, gli abitanti dell’Italia considerati forse ancora come 
sudditi dell'impero: l’accenno alla pestilenza ed alla fame ne 
tolgono ogni dubbio: i milites erano stati scacciati, gli abitanti 
del paese non avevan potuto far resistenza perchè decimati dalla 
pestilenza e indeboliti dalla fame: e a loro ben s’addice il nome 
di Romani perchè resistono ancora o cercano resistere ai Lan- 
gobardi, non sono ancora loro soggetti. Forse altra ragione 
ancora, come vedremo, spingeva P. a dar questo nome ai popoli 
d’Italia, a chiamarli ancora Romani quando politicamente ces- 
savano di esserlo. In altri luoghi che incontreremo più avanti 
nella 4. 2. (II, 31, 32; V, 37), parrebbe che P. conceda ancora il 
nome di Romani ad abitanti d’Italia soggetti ai Langobardi, 
dopo che questi si furono stabiliti nella penisola. Su quei passi 
ritorneremo a suo tempo, per studiarne il valore. 


Quando i Langobardi si furono stanziati in Italia colla vio- 
lenza e colla conquista, l’Italia rimase di fatto come divisa in 
due parti, ciascuna costituita sotto autorità speciale: una pars 
Romanorum, comprendente quanto spettava ancora all'impero, 
ed una pars Langobardorum che abbracciava quanto i Lango- 
bardi avevano tolto all'impero. I confini delle due parti seno 
tutt'altro che ben determinati e precisi, anzi si intrecciano in 
modo così aggrovigliato, che ogni momento può sorgere nuova 
causa di urti e di conflitti. I Langobardi (che, secondo P., sareb- 
bero venutiin Italia col concetto preciso di occuparla) penetrarono 
ovunque fu loro possibile, si arrestarono solo davanti agli osta- 
coli che per loro furono insormontabili. L'impero invece e i ro- 
mani li considerarono dapprima come predoni, e videro la loro 
impresa come una scorreria. Questa però ben tosto si mutò in 


294 GIUSEPPE CALLIGARIS 


conquista stabile di parte d’Italia, e l'impero dovette se non 
esplicitamente, almeno col fatto, riconoscere il nuovo stato di 
cose e far pace, sin dai tempi di Agilulfo, coi suoi vincitori. 
Ma furon paci fittizie, non durature, chè i due avversari i Lan- 
gobardi e l'impero stavan sempre colle armi alla mano, pronti 
a combattersi. 

E le due parti, se non precisamente così come nella mente 
di Paolo, dovettero assai presto trovarsi come legalmente costi- 
tuite l’una di fronte all’altra (1). Paolo ce le presenta, come è 
naturale, fin dai primi tempi della conquista e quando ci no- 
mina una pars Romanorum ed una pars Langobardorum egli in- 
tende parlare delle due potenze, delle due forze, stabilite l’una 
contro l’altra. . 

Il famoso Droctulf, forse quello che Gregorio M. dirà: “ de 
hostibus ad rempublicam venientem , (2) “ a Langobardis con- 
fugerat, seque partibus imperatoris tradens, sociatus militibus 
Langobardorum exercitui fortiter resistebat , (in Brescello) (W. 2, 
III, 18). Agilulfo aveva posto l’assedio a Perusium, dove s’era 
ricoverato il duca Langobardo Maurisione “ qui se Romanorum 
partibus tradiderat , (4. 2, IV, 8). 

Di fronte alla romana è la pars Langobardorum. Sin dai 
tempi di Agilulfo, “ partibus Langobardorum se tradidit castrum 
quod Vulturina vocatur; milites vero (i soldati dell’impero che 
. presidiavano il castrum), Brexillum oppidum igni cremantes, fu- 
gierunt , (A. /., IV, 28). 

Nella pars Langobardorum, che pure forma un tutto unito, 
P. distingue vari centri d’attività particolare, fra cui considera 
come principali Forumiulii, Spoleto, Benevento, e ci parla di 


(1) Non mi pare definitiva nè superiore ad ogni obbiezione, sebbene 
degna di essere meditata, l’affermazione del Hartmann che dal 680 c. dati 
la legale partizione d’Italia fra l'impero e i Langobardi (v. HartmANN, 
L’Italia e l'impero di Occidente fino ai tempi di P. d., in “© Atti e Memorie 
del Congresso storico tenuto in Cividale nei giorni 3, 4, 5 sett. 1899 , 
(XI centenario di P. d.). Cividale, Fulvio, 1900, p. 152; e, dello stesso au- 
tore, Geschichte Italiens im M. A. II, 1, dal titolo significativo: Rimer und 
Langobarden bis zur Theilung Italiens. Leipzig, Wigand, 1900, pp. 270 sgg. 

(2) Il Bethmann credette che il D. ricordato qui da P. sia quello che 
Gregorio M. ricorda in IX, 9 (ediz. Ewald-Hartmann); Hartmann (in nota 
a IX, 9 di Greg. Magno) lo nega. 


SUL SIGNIFICATO DELLA PAROLA « ROMANUS » IN PAOLO DIACONO 295 


langobardi Friulani, Spoletini, Beneventani, Tusci, ai quali ha 
dato il nome la città o il territorio in cui risiedono. 

È noto che talora P. sostituisce Sanniti a Beneventani 
XLI Z., IV, 44 e IV, 46) col qual vocabolo non vuol indicare 
Milo; che i Langobardi abitanti nel Beneventano ai quali attri- 
buiva l’antico e classico nome degli indigeni del paese, nel modo 
stesso che chiamerà col nome di hispani i Visigoti di Spagna (1). 

Non è mio proposito cercare quali siano state le relazioni 
di questi varì centri con il rex e tanto meno come queste re- 
lazioni si siano andate svolgendo, e neppure se tutti i ducati 
rappresentassero veri e proprii centri di attività particolare, 
o solo alcuni fra essi, forse i più importanti, forse quelli posti 
al confine, e più lontani dal centro del regno. Dalle parole di P. 
risulta che il primato regio, esteso a tutto il regnum, nulla to- 
glieva a quei centri principali della loro libertà d’azione, quando 
specialmente si trattava di combattere nemici che fossero fuori 
della pars Langobardorum. 

Come i Langobardi friulani son quasi sempre da soli in 
lotta cogli Slavi, così i Langobardi Beneventani o Spoletini 
sono più spesso in lotta coi Romani (2). I Langobardi di questi 
vari centri formano un particolare erercitus ; il re solo può muo- 
vere “ cum omni Langobardorum exercitu , (/. Z., VI, 54). 

Nelle terre langobarde convivono due popolazioni; il popolo 
germanico organizzato in società, e i vinti: ci interesserà vedere 
come P. denomini questi ultimi. Per ora volgiamoci alla pars 
romanorum. 


(1) Parlando di Alboino P. aveva detto che questo re aveva regnato in 
Italia (h. t. II, 28) e a ragione, chè Alboino era re di un popolo non di un 
paese. — P. stesso chiamerà però Desiderio Ausonius rex, o indicherà col 
nome di gentes ausonias i Langobardi vinti da Carlo Magno. Sono espres- 
sioni che P. adopera nei carmi, dove non vi può essere sempre quella 
esattezza rigorosa di espressione che meglio conviene alla prosa, tuttavia 
mi paiono degne di attenzione. 

(2) Ricordiamo una frase degna di nota in 4.2. VI, I: “ dum ista aput 
Langobardos trans Padum geruntur (e si riferisce a quanto vien narrato nel 
5° libro sul regno di Pertarido e Cuniberto, e sulla ribellione di Alahis) 
Romualdus Beneventanorum dux congregata exercitus multitudine, Tarentum 
expugnavit , e Brindisi, e soggiogò al suo dominio “ omnem illam quae 
în circuito est latissimam regionem ,. 


296 GIUSEPPE CALLIGARIS 


Anche qui distinguiamo vari centri, con particolari milizie. 
P. ci parla di Venetici (milites) (A. l., VI, 54); di milites Ra- 
vennates (h.t.III, 19; VI, 11; VI, 49); Rosmunda potè sperare 
di divenir domina Ravennatium (h.t., II, 29), e Rotari compaia. 
“cum Ravennantibus romanis , (4. 1 , IV, 45). 

Invece in ».., VI, 54 si nina lo sforzo generale dei 
Romani d’Italia contro i Langobardi: “ Romani, elatione solita 
turgidi, congregati universaliter, habentes in capite Agathonem 
Perusinorum ducem, venerunt ut Bononiam comprehenderent ,; 
nel qual periodo è certo che colla parola Romani si indicano le 
milizie delle varie regioni soggette all’impero in Italia, riunite 
sotto il loro capo. 

La parola Romano, anche nella 4. Z., ha, in primo luogo, 
il senso già da noi esposto ; indica cioè il mondo dell’impero 
romano, riunito sotto il suo capo che è l’imperatore, colle sue 
terre e i suoi sudditi (1). 

Spesso però questo concetto sì ampio pare chiudersi in 
limiti più angusti e restringersi ad indicar solo l’autorità del- 
l'impero la quale era presente in Italia e con essa il mondo 
che potremo dire romano-italiano. Fra questa autorità incari- 
cata di combattere gli invasori, e i Langobardi vi furono 
lunghe lotte finchè Agilulfo diè inizio a nuove relazioni facendo 
pace “ cum... viro sanctissimo papa Gregorio atque Romanis , 
(h.t., IV, 8). La pace fu rotta da una improvvisa offesa dei 
romani: “ capta est filia regis Agilulfi cum viro suo Gude- 
scalco nomine de civitate Parmensi, ab exercitu Gallicini pa- 
tricii et ad urbem Ravennatium sunt deducti , (4.2., IV, 20). 
Sorse quindi nuova discordia “ Langobardis cum Romanis propter 
captivitatem filiae regis , ed Agilulfo uscito di Milano, volse 
le sue armi contro Cremona e Mantova e le espugnò “ dans 
veniam militibus qui in ea erant revertendi Ravennam..... Tune 
etiam partibus Langobardorum se tradidit castrum quod Vultu- 
rina vocatur:... ,. Allora solo “ reddita est filia regis a Smaracdo 


(1) In questo senso, la parola romano ricorre in A. 2. IV, 36: “ Focas... 
Romanorum regnum invadens, per octo annorum curricula principatus est... 
Persae... adversus rempublicam gravissima bella gerentes, multas Roma- 
norum provincias et ipsam Hierusolimam auferunt ,. Il qual ultimo periodo 
è tratto da Beda, ma si accorda ottimamente con tutto il pensiero paolino 
(BepaE, De sex aetatibus mundi, ediz. cit., II, 115). 


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SUL SIGNIFICATO DELLA PAROLA « ROMANUS » IN PAOLO DIACONO 297 


patricio, cum viro ac filiis ac rebus cunctis; factaque est pax... , 
o, a dir meglio, una tregna fino all'aprile (4. 2., IV, 28) rinno- 
vata poi nel novembre (4. 2, IV, 32) “ mense Novembris rex 
Agilulf pacem fecit cam Smaracdo patricio in annum unum, 
accipiens a Romanis duodecim milia solidorum ,. Ad onta però 
di tutte le tregue, i due campi stavano sempre pronti alle offese. 
Arichi, duca di Benevento, aveva mandato a Rotari re il suo 
figlio Aione: “ qui cum Ravennam venisset, Ticinum pergens, 
ibi ei Romanorum malitia talis potio data est, quae eum mente 
excedere faceret , (A. 2, IV, 42). 

Rotari riprende la guerra di conquista, invade le “ Roma- 
norum civitates ab urbe Tusciae Lunensi universas quae in li- 
tore maris sitae sunt, usque ad Francorum fines... , (4. 2., IV} 45) 
e in particolare combattè coi “ Ravennantibus Romanis , “ ad 
fluvium Aemeliae quod Scultenna dicitur , e in quella batta- 
glia “ a parte Romanorum, reliquis terga dantibus, octo milia 
ceciderunt , (1). 

Continuarono le lotte Grimoaldo e Liutprando : Grimoaldo 
distrusse per vendetta “ Forumpopuli Romanorum civitatem, 
cuius cives eidem quaedam intulerant Beneventum proficiscenti ,: 
“ Quadragesimorum tempore per Alpem Bardonis Tusciam in- 
gressus, nescientibus omnino Romanis ,, nel sabato prima di Pasqua, 
nell'ora “ qua baptismum fiebat , si era gettato sulla città, e 
aveva fatta tale strage “ ut etiam diaconos ipsos, qui infantulos 
baptizabant, in ipso sacro fonte perimeret , (%.l., V, 27) (2). 
Assai più importante sarà l’opera di Liutprando, che P. sinte- 
tizza ricordando che egli “ multa contra Romanos bella gessit 
in quibus semper victor extitit , (4. 2., VI, 54). 

Ma oltre alle guerre che fanno i re, vi son pur quelle che 
combattono i duchi: Gisulfo “ ductor Beneventanorum , occupa 


(1) La fonte è l’Origo (n. 6), ma l’accenno espresso ai Romani di Ra- 
venna è aggiunto da P. 

(2) L’ing. Emirro RosertI, in Forlimpopoli e dintorni, 2* ediz. Milano, 
Capriolo e Massimino, 1900, p. 11, riferisce nel testo il racconto di Paolo, 
e in nota spiega che Grimoaldo venendo da Pavia, giunt@a Piacenza “ in- 
vece di seguire per l'Emilia, cosa che avrebbe potuto mettere in sospetto 
l’Esarca, se ne passò in Toscana per l’Alpe di Bardone, situata fra Parma 
e Lucca. Indi proseguì per Arezzo, di dove penetrò all'improvviso in Ro- 
magna senza dubbio per la via Clusentina o di Bagno di Romagna. 


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293 GIUSEPPE CALLIGARIS 


“ Suram Romanorum civitatem , (A. ., VI, 27): gli stessi lango- 
bardi beneventani avevano invaso il “ castrum Cumanum ,. P., 
nel narrare questo episodio, segue il racconto del liber pontifi- 
calis (G. pont. Gregorii II, ed. Duchesne, I, 400), ma dove la 
fonte ricorda solo che il castrum era stato invaso dai Lango- 
bardi “ pacis dolo , e che per l’opera del duca napoletano, di 
Teodimo suddiacono e rettore, e dell’esercito, fu ricuperato, “ sie 
castrum recipere potuerunt ,, P. aggiunge per conto suo la no- 
tizia che il castrum fu invaso dai Langobardi beneventani, e la 
conclusione: “ castrum ipsum a Romanis est receptum , (h.4., 
VI, 40; cfr. Ah. LL, VI, 44). 

I Romani non sono meno pronti dei Langobardi a prendere 
le armi, e alle loro scorrerie rispondono con altre offese: P. ci 
fa sapere che i patriarchi non potevano più abitare in Aquileia 
“ propter Romanorum.incursionem , e avevano dovuto cercar 
rifugio a Cormons (h. l., VI, 51). Le quali offese, in generale, 
potevan farsi o da tutte le forze romane d’Italia riunite o da 
quelle di alcuno dei vari loro centri (4. 2., VI, 54). 


*_ 


Negli esempi riferiti il nome romano ha un senso partico- 
lare e si riferisce all’autorità politica che in Italia rappresenta 
l'impero, armata delle sue milizie e dei suoi funzionari; spesso 
però ci ricorre pure per indicare i sudditi dell'impero; quegli 
abitanti d’Italia che son nelle terre dipendenti dall’impero. 

Fra le lotte sostenute da Agilulfo contro i suoi duchi ri- 
belli, P. ricorda quella contro Gaidulfus che s’era chiuso nel- 
l’isola Comacina; il re vincitore era entrato a forza nella vie- 
tata fortezza, e, cacciatine gli occupatori, aveva trasportato a 
Pavia: “ thesaurum..... ibidem a Romanis positum , (4. Z., IV, 3). 
Quel tesoro si conservava già da lungo tempo in quell’isola 
(4. t., III, 27) e i Langobardi l’avevano trovato la prima volta 
che s'erano impadroniti di quel saldo riparo, dopo la lunga re- 
sistenza di Francione “ magister militum ,; “ inventae sunt..... 
diviciae multe quaeddî de singulis fuerant civitatibus commendatae,; 
ecco il tesoro posto lì dai Romani cioè dai sudditi dell’impero, 
nel momento dell’invasione langobarda, da quei sudditi che, ro- 
mani allora, dovevano in breve essere assogettati dai Lango- 


SUL SIGNIFICATO DELLA PAROLA « ROMANUS » IN PAOLO DIACONO 299 


bardi. Se pure non si vuole semplicemente indicare che quel 
tesoro non apparteneva in origine ai Langobardi, ma ai vinti, 
che, per ragione di contrasto, sarebbero chiamati romani. Notiamo 
però che P. li chiamava tali, quando, da molto tempo, erano 
sottomessi ai langobardi. 

Morto il patriarca Severo, “ ordinatur in loco eius Johannes 
abbas patriarcha in Aqwileja vetere cum consensu regis et. Gisulfi 
ducis , (h. l., IV, 33); è un patriarca nominato in terra lango- 
barda. All'incontro “ in Gradus..... ordinatus est Romanis Can- 
didianus antistis ,. Morto Candidiano, “ apud Grados ordinatur 
patriarcha Epiphanius, qui fuerat primicerius notariorum, ad 
episcopis qui erant sub Romanis... s. Nel parlare delle due ordina- 
zioni di Grado io credo che P. indica due concetti diversi. Can- 
didiano fu ordinato patriarca per î Romani, cioè per quelli che 
abitavano terra romana, in contrapposizione a Giovanni, eletto 
per quelli che erano nelle terre langobarde. Epifanio, eletto pure 
per i Romani, era stato ordinato dai vescovi qui erant sud Romanis: 
concetti che in fondo si corrispondono perchè i vescovi che erano 
sotto l’autorità dell'impero ordinavano un patriarca la cui auto- 
rità solo si esercitava sulle terre romane. Io crederei quindi che 
la lezione del Waitz “ ordinatus est Romanis (cioè per i Romani) 
Candidianus antistis , sia lezione giusta, e di senso chiarissimo, 
e non sia punto necessario quell’a che alla parola Romanis ag- 
giunse nel famoso codice forogiuliese la mano più recente che 
lo corresse (1). 

Parliamo ora del tradimento di Oderzo (4. 2., IV, 38), quale 
ci è narrato da P. d. essendo per noi inutile ogni discussione 
sul valore del racconto paolino. “ Taso et Cacco , duchi entrambi 
del Friuli, vennero entrambi uccisi a tradimento “ in civitate 
Opitergio , da Gregorio il “ patricius Romanorum , che “ pro- 
mittens Tasoni, ut ei barbam, sicut moris est, incideret, eumque 
sibi filium faceret , aveva attirato nella città, senza che aves- 
sero alcun sospetto, i due giovani, con una schiera eletta di 
compagni. Ma appena entrati in Oderzo, il patrizio ne aveva 
fatto chiudere le porte e aveva mandato “ armatos milites super 
Tasonem eiusque socios ,. I traditi si dispongono a vender cara 


(1) Verraca G., Paolo Diacono, Studi, in estr. da “ Archeografo' Trie- 
‘stino ;,, N.S., XXII, p. 72. 


Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 20 


300 GIUSEPPE CALLIGARIS 


la vita, “ ultimumque sibi data pace valedicentes, per singulas 
civitatis plateas, hac illacque dispersi, quos cumque obvios habere 
poterant trucidantes, cum magnam stragem de Romanis fecissent, 
ad extremum etiam ipsi perempti sunt ,. Evidentemente in quei 
Romani trucidati nella pugna disperata non dobbiamo solo rico- 
noscere dei milites, ma vi dobbiamo pure comprendere cittadini 
in genere, che i Langobardi colpivano in quanto romani, cioè 
loro nemici. i 

. Altrove P. è ancora più esplicito. La lotta contro i Lan- 
gobardi era stata diretta finora o dall'autorità superiore resi- 
dente in Italia a nome dell’impero, o dai capi delle singole divi- 
sioni della Romania italiana. Al tempo di Costantino Augusto 
“ qui et Constans est appellatus , venne invece contro i Lan- 
gobardi, per strappar l’Italia dalle loro mani, lo stesso capo 
supremo del mondo romano, l’imperatore (4. Z., V, 6-10), il quale 
aggredì il ducato beneventano, provocando l’intervento del re 
langobardo nella lotta. 

Lo sforzo dei Romani non riescì, e l’imperatore, deluso nelle 
sue speranze, “ cum nihil se contra Langobardos gessisse con- 
spiceret, omnes saevitiae suae minas contra suos, hoc est Romanos, 
retorsit , (A. ., V, 11). P., in questa breve introduzione, che pre- 
mise al racconto delle rapacità imperiali, quali trovava descritte 
nel liber pontificalis (G. pont. Vitaliani, ed. Duchesne, I, 343-4) 
contrappose ai Langobardi i sudditi dell'impero in Italia, com- 
prendendoli sotto il nome di Romani. Furono gli abitanti di 
Roma che provarono per primi l’ingordigia imperiale; ma ben 
altri pesi gravarono sugli abitanti dell’Italia inferiore: “ ingres- 
susque (imperator) Siciliam..... habitavit in Syracusa, et tales 
afflictiones imposuit populo seu. habitatoribus vel possessoribus 
Calabriae, Siciliae, Africae atque Sardiniae, quales antea num- 
quam auditae sunt ,, così gravi “ ut alicui spes vitae non re- 
maneret ,. 


sa 
Se col nome di Romani P. distingue quelli che son tuttora 
sudditi dell'impero, in che modo denomina egli quelli, che, sudditi 
un dì dell'impero, ora soggiacciono alla dominazione longobarda? 


Notiamo in primo luogo che non in Italia solo si incon- 
travano antichi sudditi dell'impero sottoposti a forza germanica, 


“di 4 
SUL SIGNIFICATO DELLA PAROLA « ROMANUS » IN PAOLO DIACONO 301 


ma bensì in tutto l'occidente romano. Paolo ha occasione spesso 
di parlare di questi popoli, che un giorno facevan parte del 
corpo politico dell'impero, che avevano subìto l’influenza del 
romanesimo, ma non pare neppur accorgersi della loro romanità, 
sia pur quella morale; tanto è lontano dal considerarli ancora, 
almeno idealmente, come sudditi dell'impero: in nessun caso 
mai egli chiama questi popoli col nome di Romani, dopo che han 
cessato effettivamente di dipendere dall'impero romano (1). 
Dovendo P. nominare un abitante della Gallia con cui ebbe 
occasione di parlare nel viaggio che fece in quella regione, dice 
espressamente : “ audivi quendam nobilissimum Gallorum refe- 
rentem , (/. 2., 1, 6) frase che accenna ad un indigeno del paese, 
in opposizione a Franco (2). 
Anche in Italia noi vedemmo caduto il nome Romano quando 
parlammo degli Italiae populi, delle Italiae vires, soggette ad 
Odoacre, e dell’Italia sottomessa a Teodorico. P. ricorda pure 
i populi dei vinti gravati dal giogo langobardo (/. 2., III, 16), 
rammenta col nome di populus gli abitatori delle varie città (3), 


(1) Nella A. ». abbiam letto un passo in cui P., sulle orme di Orosio, 
dà il nome di Romani a vecchi sudditi dell'impero, abitanti in terre in cui 
si erano già stabilite genti germaniche, e nella Gallia e nella Spagna. No- 
tiamo, prima di tutto, che l’espressione è di Orosio; in secondo luogo che 
dalla Gallia e dalla Spagna l’autorità dell'impero non s'era ancor ritirata. 
Ricordiamo invece quello che leggemmo dei Britanni dai quali vedemmo 
distinti quelli che appartenevano alla gens romana. 

(2) Orosio (Wist. VII, 32) nel brano seguente illustra il concetto a cui 
ora ho accennato : © Burgundionum quoque novorum hostium novum nomen... 
ripae Rheni fluminis insederunt... eorumque esse praevalidam et perni- 
ciosam manum, Galliae hodieque" testes sunt, in quibus praesumpta posses- 
sione consistunt, quamvis, providentia Dei, omnes christiani modo facti, 
catholica fide, nostris clericis quibus obedirent receptis, blande, mansuete, 
innocenterque vivant, non quasi cum subiectis Gallis, sed vere cum fratribus 
christianis (ed. cit., p. 549-50). 

(3) Cfr. 4. &. III, 24, IV, 14, ecc.; parlando di Metz, quale era nei primi 
anni dell’èra volgare, ricorda che essa abbondava di “ copiosis populorum 
turbis , (G. Ep. Mett. in M. G. H. SS., II, 261). In h.!, V, 2, P. ricorda 
le Ticinensium civium turmae che accorrevano a Bertarido; e al capo 39 le 
civitates dell'Austria langobarda che Alahis si guadagnò o colla forza o 
colle blandizie. Mi pare però che qui si alluda ai langobardi delle singole 
città più che alla generalità del populus dei vinti. — Son però questioni 
non facili a risolversi; cfr. P. ViLrari, Le invasioni barbariche in Italia, 
Milano, Hoepli, 1901, p. 322-5. 


ue 


302 GIUSEPPE CALLIGARIS 


e talora, per indicare i vinti, adopera ancora una espressione 
più rude, come là dove ci dice la ragione per cui il patriarca 
Callisto era venuto a stabilirsi a Forumiulii (4. 2., VI, 51). “ An- 
teriore tempore , Fidenzio vescovo “ de castro Iuliensi ,, cioè di 
Giulia Carnica “ cum voluntate superiorum ducum , si era sta- 
bilito “ intra Foroiulani castri muros , e a lui era successo, 
nella sua dignità, Amatore. Sino ad allora “ superiores patriar- 
chae ,, perchè non potevano abitare sicuri in Aquileia, a causa 
degli assalti degli imperiali “ sedem non in Foroiuli, sed in Cor- 
mones habebant ,. 

Il patriarca Callisto non volle più che ciò continuasse; a 
lui che era. “ nobilitate conspicuus , dispiaceva “ ut. in eius 
diocesi cum duce et Langobardis episcopus habitaret, et ipse 
tantum vulgo sociatus vitam duceret ,. Perciò caccia da Forum- 
julii il vescovo Amatore “ atque in illius domo sibi habitationem 
statuit ,. 

Qualunque sia il significato che diamo alla parola vu/gus, 
certo dovremo vedere in essa il contrapposto di dux e di Lan- 
gobardi e quindi vedervi in prevalenza i vinti, ora soggetti ai 
Langobardi. 

Eppure nella %./., in alcuni passi, pare che P. continui a 
chiamar Romani quelli che lo furono un giorno ed allora eran 
sudditi dei Langobardi. Egli ha in realtà assai di rado occasione 
da nominare i vinti, dei quali non si cura, giacchè la sua at- 
tenzione di storico è attratta dal popolo vincitore: la turba dei 
vinti in nessun luogo si afferma; più che vedersi, essa si tra- 
vede nelle pagine dello scrittore langobardo, che solo quasi la 
nomina per ricordare il grave giogo impostole dai vincitori. 
Clefi, il secondo re Langobardo «che regnò in Italia, che “ lan- 
gobardi. ... aput Italiam, omnes communi consilio ... in urbe 
Ticinensium sibi regem statuerunt , uccise o cacciò (alios gladiis 
extinsit, alios ab Italia exturbavit) “ multos Romanorum viros 
potentes , (h.t., II, 31)(1). 


(1) Si paragonino le parole di P. con queste notizie di Mario Aven- 
ticense (a. 573, ann. VII cons. Iustini aug. iun. ind. VII): “ hoc anno dux 
Langobardorum nomine Clebus genti ipsius rex ordinatus est, et plures 
seniores et mediocres ab ipso interfecti sunt ,. P. ci dice che gli uccisi 
non furono Langobardi, ma Romani. 


SUL SIGNIFICATO DELLA PAROLA « ROMANUS » IN PAOLO DIACONO 303 


La quale persecuzione proseguì ancora nel periodo dell’in- 
terregno: anche allora: “ multi nobilium romanorum ob cupidi- 
” tatem interfecti sunt. Reliqui (dei Romani) per hospites divisi, 
ut terciam partem suarum frugum Langobardis persolverent, 
tributarii efficiuntur , (/. Z., II, 82). Senza entrare nella que- 
stione così discussa dell’interpretazione di questi passi, voglio 
solo notare che qui si parla senza dubbio di ricchi, di proprie- 
tarî che erano nelle regioni dove s'erano spinti i Langobardi, e 
che questi tali son chiamati Romani. 

Si potrebbe forse notare che P. non considerava ancora la 
conquista come assodata, o, a quel modo che poco prima (II, 26) 
aveva dato il nome di Romani ai sudditi dell'impero resistenti 
all'invasione Langobarda, così ora proseguiva a chiamar tali 
quei possessores che i Langobardi, come nemici, assalivano e 
disperdevano per desiderio di preda. Ma ad ogni modo si tratta 
di rapporti fra vincitori e vinti, e, dato quanto abbiamo osser- 
vato finora, non dovremmo aspettarci più di veder chiamati i 
nuovi soggetti col nome ancora di Romani. 

Cresce però la nostra meraviglia quando leggiamo in A. L., 
V, 37 che Teodote, una donna vivente in Pavia al tempo di 
re Cuniperto, era “ ex nobilissimo Romanorum genere orta , 
forse discendente da quei romani di nobile stirpe, che avevano 
provata la ferocia Langobarda. In questo racconto figurano tre 
personaggi: Hermelinda, la moglie del re, “ ex Saxonum An- 
glorum genere ,; Cunincpert, il re, che è Langobardo; Theodote, 
che non appartiene ad alcuna stirpe germanica, ma è romana 
e di nobile stirpe. I tre passi, avvicinati e confrontati fra loro, 
ci mostrano che P. in certi casi dava ancora il nome di Romani 
ad individui appartenenti a popolazione un giorno romana, ma 
ora soggetta a dominazione barbarica. Il che ci avverte che qui 
il senso della parola romano è diverso da quello di solito tro- 
vato: non accenna a particolare condizione politica; ma a vero 
e proprio carattere etnografico impresso dalla conquista, dalla 
civiltà romana. E questo carattere di romanità egli lo trova in 
Italia (1): nei vinti che sono sottomessi ai Langobardi, e spe- 


(1) Appena occorre avvertire quanta differenza vi sia fra quel che qui 
leggiamo e ciò che trovammo in A. r. XV, 19, dove vedemmo distinto un 
individuo di stirpe romana dalla generalità dei Britanni; e nella Gallia 


304 GIUSEPPE CALLIGARIS 


cialmente in individui in cui la mobilitas della stirpe pareva 
acuire questo senso della romanità, la quale P. rileva appunto 
per contrapporla ad individui o a popoli di altra razza, non romani. 

I passi ora riferiti della %. /.; non ci autorizzano a cre- 
dere che P. avesse chiaro il senso di questa romanità per tutti 
i vinti sottoposti ai Langobardi; ce lo farebbero credere invece 
altri passi già studiati e che ora richiamiamo alla mente del 
lettore (cfr. %.., II, 26; IV, 3, e quel che diciamo più sotto a 
proposito del carme 6° di P. “ Aemula Romuleis ,): è certo 
però che P. intuiva più chiaramente la Romanità in quegli in- 
dividui che per la nobiltà della stirpe portavano questo carat- 
tere più spiccato (1). 


* 
* 


x 


Se il senso della romanità non è dunque per P. affatto 
perduto per quel che riguarda individui e popolazioni d’Italia 
soggette a dominazione barbarica, in altri casi pare invece, 
che il nome del popolo barbarico dominante in una regione sia 
stato, direi, assorbito dal nome della popolazione indigena, una 
volta romana, in mezzo a cui signoreggia. 

Come abbiam già visto chiamati Beneventani, Spoletini, 
Friulani, i Langobardi risiedenti o nella città o nel territorio 
di Benevento, Spoleto, Forogiulio, sotto il loro duca, così in 
h. l., III, 21, leggiamo un MHispanos che equivale a Visigoti: la 
parola ed il concetto P. li trovava già in Gregorio di Tours 


stessa, P. ci parlerà di Galli nobilissimi (4. 2. 1, 6) che non chiamerà mai 
romani; e trattando dei parenti di Agiulfo, 26° vescovo di Metz, ricorderà 
che questi aveva il padre appartenente a nobile famiglia senatoria * patre 
ex nobili senatorum familia orto , senza dirla per questo romana, mentre 
per parte di madre era franco “ ex Chlodovei regis Francorum filia pro- 
creatus , (G. Ep. Mett. in M. G. H. SS. II, 264). 

(1) Poca luce può arrecare in proposito quel che leggiamo in / 2. IV, 22 
dove si parla di modificazioni che in tempi posteriori a Teodolinda i Lan- 
gobardi vennero introducendo nella loro foggia di vestire, e che “ de Ro- 
manorum consuetudine traxcerant. La parola romano qui ha senso assai largo 
ed accenna in genere a quel mondo con cui i Langobardi erano venuti in 
contatto più diretto col loro stanziarsi in Italia. Su questo passo v. T. HopekIN, 
Sulla relazione etnologica fra î Langobardi e gli Angli, in “ Atti e Memorie 
del Congresso storico tenuto in Cividale nei giorni 3, 4, 5 sett. 1899 , 
(XI cent. di Paolo d.). Cividale, Fulvio, 1900, p. 174). 


SUL SIGNIFICATO DELLA PAROLA « ROMANUS » IN PAOLO DIACONO 305 


(Hist. Frane. VI, 40) e vi si deve essere arrivati passando per 
l’espressione i Goti ispani, la quale del resto troviamo pure 
in P., nello stesso passo ora citato della A. 2. (Hispanos Gotthos). 
A queste espressioni se ne devono avvicinar altre in cui Ausonia 
ed Italia paiono confondersi con Langobardia, per un processo 
facilissimo e facilmente spiegabile (1): e nell’epitaffio per Ansa 
regina, P. saluta la sua elogiata come “ Ausonii coniux pul- 
cherrima regis , (carme 8), come nel famoso carme “ a principio 
. saeculorum , aveva lodata 1’ “ «Ita pace , per cui “ nunc exultat 
Ausonia regio, Desiderio simulque Adelchis regnantibus , (car. 1); 
le quali espressioni non devono però farci credere che P. avesse 
meno chiara visione del suo popolo, o che meno gli apparisse 
distinto nella sua interezza primitiva. Basta leggere il carme per 
convincersi del contrario. 

A questo proposito si potrà ricordare un’espressione ch'è 
nel carme 6° “ Aemula Romuleis , dove si lodano le costruzioni 
innalzate da Arichi di Benevento. Sorgono “ moenia , dice P. 
“ aemula Romuleis ... templis , “ ampla procul fessis visenda 
per aequora nautis ,. Le costruzioni romane però “ externis 
sumpsere aucmenta rapinis, Et toto exuviis miserorum ex orbe 
petitis, Dum male perduntur viduatae civibus urbes ,. Gli edi- 
fizi di Arichi invece “ ex causis capiunt exordia iustis, Impen- 
sisque probis nullo et cum crimine partis ,. 

S'aggiunga oltre a ciò che quelle erano innalzate da indi- 
vidui “ luminis ... aeterni expertes ,, che di queste invece è 
autore “ catholicus princeps Arichis , in cui alle virtù del corpo 
sì aggiungono quelle dell'animo ... “ quem sic sapientia compsit, 
Redderet ut variis satis artibus esse potentem, quo merito 
Latiae dicatur gloria gentis, Bardorum et culmen, pietatis cultor 
et index ,. 

È certo che Latiae gentis equivale a Latinae gentis (2), 
ma è difficile trovare il senso, la ragione precisa di questo 
elogio di Paolo, che distingue nettamente i Bardi dalla gente 


(1) Carlo M. è colui che “ gentes... subdidit Armis Ausonias (Poetae 
aevi Carol. I (ediz. Diimmler), Pauli et Petri diaconorum carmina, carme 20) e 
che Italiae accepit Christo de munere sceptrum , (carme 25; cfr. carmi 22, 23). 

(2) Cfr. carme 14, dove si dice del terribile Sigifrid che “ caret Latiis 
indocto corde loquellis ,. 


306 . GIUSEPPE CALLIGARIS 
latina; che proclama Arichi gloria della gente latina, e culmen 
dei Bardi: a noi basta aver accennato a questo contrasto. 
D'altra parte vediamo già in P. iniziato quel processo per cui 
il nome del popolo barbarico si imporrà alla regione che occupa. 
L'Erulo che dall’alto di un albero contempla /la battaglia 
fra i suoi e i Langobardi, e veduta la disfatta degli Eruli com- 
piange la misera Herolia colpita dall'ira di Dio (4. 2., I, 20), nel 
suo pensiero, comprendeva il complesso del suo popolo, sotto il 
suo rex, la sua potenza, la sua gloria. Quando invece leggiamo . 
che Agilulfo “ causa eorum qui ex castellis Tridentinis captivi 
a Francis ducti fuerant, Agnellum episcopumTridentinum i» 
Francia misit , (4. 2, IV, 1), vediamo in questa parola com- 
preso il complesso dei Franchi, ma insieme non esclusa la re- 
gione da essi abitata (1). Francia significò in origine quel che 
Herolia, cioè il complesso dei popoli Franchi (2): la Francia 
venne poi a fissarsi nella Gallia, come la Langobardia si stabi- 
lirà in Italia: nel modo stesso che in Italia si chiamerà Lango- 
bardia quel luogo dove i Longobardi dominarono, così in Gallia 
vedremo il nome di Francia esteso al territorio che la Francia 
occupò o conquistò. In Paolo riesce difficile trovare il significato 
preciso della parola, giacchè possiamo cogliere in essa i due con- 
cetti notati, ma ancora confusi ed incerti. 


T% 

Ed ora è tempo di trarre una conclusione delle nostre ri- 
cerche. La parola romano non ci appare in P. con un significato 
solo e nettamente determinato: dal significato di cittadino di 
Roma essa assorge a concetto assai più vasto, e comprende 
tutto quel complesso di popoli e territori che vennero a formare 
il possesso e i sudditi di Roma prima, dell’imperatore poi. Ro- 
mano è l'impero, l’esercito, il complesso dei funzionari, il go- 
verno: son romane le terre che appartengono all'impero e romani 
i sudditi che le abitano. Tutto questo mondo su cui si stende 
l’autorità dell'impero è il mondo romano, che si contrappone 


(1) Euoin duca Tridentino, per ottener pace dai Franchi “ ad Gallias 
perrexit , (4. 2. IV, 1), si rivolse cioè alla regione dove avrebbe trovato i 
Franchi. 

(2) Cfr. Ducance alla parola Francia e specialmente le parole che ri- 
porta di Eumenio in “ Panegyrico Constantino filio Constanti dicto ,. 


SUL SIGNIFICATO DELLA PAROLA « ROMANUS » IN PAOLO DIACONO 307 


alla barbarie, fra cui è pure la barbarie germanica. In P. la 
Romania cioè il complesso di questo mondo romano, ha special- 
mente un significato politico: cessano di farvi parte le terre 
che non son più sotto l’autorità dell’impero: non son più roman? 
quelli che cessano di esser sudditi dell’imperatore. 

In Paolo non appare mai il concetto, che fu pur vagheg- 
giato, di considerare i re barbari, capi dei Germani stabiliti in 
una terra romana, come vicari dell’imperatore nel governare gli 
indigeni, sì che, indirettamente almeno, l'autorità imperiale non 
cessasse in quella terra. 

Egli invece considerò i re barbari dell'occidente come veri 
conquistatori e padroni delle conquiste, come distruttori della 
Romania politica dove penetrarono colle loro armi, e nei vinti, 
che una volta furono romani, non vide che dei sudditi dei bar- 
bari. Questo modo di vedere le cose non è forse troppo romano, 
chè per il romano, unico governo legittimo è quello dell’impero, 
mentre le incursioni barbariche non sono per lui che depreda- 
zioni, scorrerie, che reputa temporanee, e che non vengono a 
scindere l’unità della Romania. 

Venuti in Italia i Langobardi, P. distingue subito una pars 
langobardorum ed una pars romanorum o imperatoris: romano è 
il governo che continua nell’Italia imperiale, romani gli abi- 
tanti che son in essa: tale non è più, in senso politico, la po- 
polazione una volta romana ora soggetta ai Langobardi. 

Ma la Romania non fu solo un fenomeno politico, chè la 
conquista romana non fu tutta materiale, e cessata in una re- 
gione la dipendenza all'impero, non cessò in essa ogni traccia 
di Romanità. Di questa Romanità morale e intellettuale P. non 
si occupò, o almeno non la fe’ rilevare in tutte le terre che già 
spettarono all'impero: egli la ricorda invece in Italia per i vinti 
dai Langobardi, e specialmente per quegli individui in cui la 
coscienza romana era rinsaldata dalla nobiltà. 

Ecco perchè P. chiama romani individui soggetti ai Lan- 
gobardi: questa appellazione non ha alcun significato politico, 
ma ha valore puramente etnografico, ed è adoperata in opposi- 
zione a germanico; P. aveva probabilmente il concetto della 
Romanità morale di tutti i popoli d’Italia, mentre la Fomanità 
politica persisteva in una piccola parte della penisola. 


308 : ARTURO SEGRE 


Lodovico Sforza, Duca di Milano, e l'assunzione al trono 
sabaudo di Filippo II, il Senzaterra (1496). 
Appunti storici del Prof. ARTURO SEGRE. 


Sommario. — Morte di Carlo Giovanni Amedeo. — Buone relazioni tra il 
Moro e Bianca di Monferrato, e malanimo con Filippo. — Il Moro 
istiga Massimiliano d’Austria contro il nuovo Duca sabaudo, e sulle 
prime riesce nell’intento. — Ercole I d'Este invece manda amba- 
sciata a Torino: dispetto del Moro. — Anche Massimiliano riconosce 
Filippo Duca di Savoia. — Ambasciate sabaude presso Massimiliano 
disceso in Italia. — Conclusione. 


Il 16 aprile 1496 moriva il Duchino di Savoia, Carlo 
Giovanni Amedeo, ed era innalzato al trono l’ultimo fratello 
superstite del Duca Amedeo IX, il famoso e turbolento signore 
di Bressa, Filippo, detto il Senzaterra (1). Gli occhi delle prin- 
cipali potenze italiane ed in ispecie della Repubblica Veneta e 
del Duca di Milano, Lodovico Sforza, il Moro, si fissarono nel 
ducato sabaudo, ansiosi tutti e preoccupati dell’atteggiamento 
che a loro riguardo avrebbe preso il nuovo Duca (2). Il passato 
del Senzaterra, a dir vero, prometteva triste avvenire: Filippo 
aveva con maneggi segreti ed aperti, con atti di ribellione più 
o meno palesi, amareggiato il governo del fratel suo, dei Duchi 
Filiberto I e Carlo I e la reggenza di Bianca di Monferrato, 
vedova di Carlo I e madre infelice del defunto Duchino. Inoltre 
negli ultimi anni erasi legato a Francia con nodi che parevano 
saldi. La morte del nipote lo chiamò al trono quando era in 


procinto di assumere il governo del Delfinato, affidatogli dal 


re Carlo (8). 


(1) Gasorto, Lo Stato Sabaudo da Amedeo VIII ad Emanuele Filiberto, 
vol. 2°, pag. 526 (Torino, Roux, 1898). 

(2) Ia., III, 6-7 (Torino, Roux, Frassati e C., 1895). 

(3) Ia., II, 525. 


> AME 


» urd 
LODOVICO SFORZA E L’ASSUNZIONE AL TRONO SABAUDO, ECC. 309 


Non appena fu noto l'avvento di Filippo corse voce nella 
popolazione veneziana che Carlo VIII volesse dividere lo Stato 
sabaudo tra quello e Gian Giacomo Trivulzio, lasciando al primo 
il Piemonte, al secondo le terre d’oltr’Alpe (1). Era voce desti- 
tuita d'ogni fondamento e del tutto assurda; essa però ci di- 
mostra quanto gli ultimi avvenimenti facessero ritenere grande 
l'influenza francese sul ducato sabaudo. Il Doge, Agostino Bar- 
barigo, ed il senato tuttavia non prestarono fede a simili dicerie ; 
bensì vollero cattivarsi l'animo di quel principe, che conosce- 
vano intelligentissimo, ed esplorare nel tempo stesso quanto di 
vero vi fosse nel suo attaccamento a Francia. Marco Sanuto fu 
tosto eletto ambasciatore presso il nuovo Duca, e l’accoglienza 
e le parole ricevute da Filippo (2) dimostrarono all’oratore che 
il Senzaterra nutriva sentimenti di buon italiano. Venezia decise 
allora di stabilire a Torino un’ambasciata residente, convinta 
forse che dopo tanti anni di decadenza politica il Ducato sa- 
baudo avrebbe riconquistato la potenza e la stima dei tempi 
di Amedeo VIII (3). 

Ben diversa fu la condotta del Duca di Milano, il pauroso 
e malfido Lodovico il Moro. L’azione di questo principe in Pie- 
monte durante gli ultimi anni era stata notevole, causa le buone 
relazioni ed i vincoli di parentela che univano il Moro alla reg- 
gente Bianca. Bianca aveva favorito la calata di Carlo VIII 
nel 1494, quando questa era convenuta agli interessi sforzeschi, 
ed aveva accolto il re a Torino con grandi onori (4). In seguito 
quando il Moro la ruppe col monarca francese e si unì in lega 


(1) Mariprero, Annali veneti dall'anno 1457 al 1500 (in È Arch. storico 
italiano ,, serie 1°, tomo VII, parte 1°), pag. 431. Il Malipiero dice vescovo 
di Tressa probabilmente perchè vide scritto mons.” di Bressa, e credette 
vescovo Filippo. Tressa è certo un errore di trascrizione dell’editore. 

(2) Sanuro, I Diari, tomo 1° (Venezia, 1879, col. 143, da cui il GaBortTO, 
II, 11. V. anche Manieiero, pag. 482. 

(3) V. su questi fatti e le relazioni tra Filippo e Venezia il mio: Delle 
relazioni tra Savoia e Venezia da Amedeo VI a Carlo II (III) (1366-1553) 
[estr. dalle “ Memorie della R. Accad. delle Scienze di Torino ,, serie 2°, 
XLIX (1899)], pag. 26-28. 

(4) DeLaBorDE, L’expédition de Charles VIII en Italie. Paris, Firmin- 
Didot, 1888, pag. 397-98. — UsseaLio, Bianca di Monferrato, duchessa di 
Savoia. Torino, Roux, 1892, pag. 298. — Gasorto, II, 511-12. 


310 ARTURO SEGRE 


colla Repubblica Veneta, pur continuando a concedere il passo 
ai Francesi, essa aveva tenuto informato il medesimo delle mosse 
regie e del duca Luigi d'Orléans (1). Aveva pur chiesto una volta 
fossero allontanate le genti milanesi dal territorio sabaudo, 
poichè vedeva il Piemonte esausto di mezzi cibari, ma si era 
appagata, sembra, della risposta che i ministri lombardi avevano 
dato al suo ambasciatore, Filippo Vagnone, che cioè le milizie 
sforzesche sarebbero partite quando i Francesi chiusi in Asti 
avessero ripassato le Alpi (2). Il Moro protesse in seguito Bianca, 
quando il Marchese di Mantova, Francesco Gonzaga, colle genti 
della Repubblica veneta, irritata delle comodità trovate sempre 
dai Francesi in Piemonte, iniziò rappresaglia nel territorio 


(1) Biblioteca Marciana di Venezia. Mss. italiani, classe VII, cod, DXLVII: 
“ Registrum Litterarum Mag.eorum D. Sebastiani Baduario equitis et Bene- 
dicti Trivisano oratorum ad Il],mum D., Ducem Mediolani 1494 De mense 
Novembris xx1 ,, fol. 112 x-113. Badoer al Doge. Milano, 11 aprile 1495, 
ore xv. “ El mag.°° Domino Bartholomeo Calcho per comandamento del 
Sig" me ha mandato per uno secretario in questa hora a far lezer lettere 
scrive S. Ex.ti® al Mag.©° oratore suo de lì, et lettere de la Duchessa de 
Savoglia del zorno de heri da Turino, per le qual manda lettere de villi 
del Castellan de Sussa directe al thesaurier suo, significandoli, che havendo 
mandà suo messi a Breanzona eran zonte lanze 100, et altre cento se aten- 
devano, et per el marchesà de Saluzo ne dovean passar etiam 400, et che 
per el Duca de Orliens hera facto devulgar queste zente venir azò con 
quelle Sua Sig. vadi ad incontrar la christ.®® M.tà per acompagnarla poi 
in Franza. Subzonzendo dieta Duchessa havere procurrato cum dechiarirli 
manchamento de le victuarie proveder che dicte zente non se mettesseno 
a passare; et però questo Sig." a preffati suoi oratori scrive haver deli- 
berato asecurarse del luoco de Aste non per ambicion alcuna, ma per pro- 
veder a la segurtà de le cose sue ,. — La lettera della Duchessa ricordata 
dal Badoer fu pubbl. dal Gasorro, II, 519, n. 1. 

(2) Id., fol. 130. Badoer al Doge. Milano, 29 aprile 1495. “ Il Duca ha 
comunicato quanto li ha esposto el Mag.°° D. Philippo Vagnono, orator 
de la Duchessa de Savoglia, mandatoli per farli intender..., Dechiarandoli 
esser S. S."î® sta astricta fare le provisioni necessarie per securrità del 
stado suo, et non per offender alcuno per i respecti altre volte dechiariti, 
et facendosi ritornar le zente sono in Aste da là da monti et che più non 
ne vengano fuori, faria etiam lui ritornar le sue adrieto ,. Invece da let- 
tere della Duchessa si aveva di altre genti calatesi allora: fol. 182 r. Seba- 
stiano Badoer, Girolamo Lion cav., Francesco Capello e Marco Zorzi al Doge. 
Milano, 25 maggio 1496. 


LODOVICO SFORZA E L’ASSUNZIONE AL TRONO SABAUDO, Ecc. 811 


sabaudo, sicchè alla morte di Carlo Giovanni Amedeo l'armonia 
tra Bianca e lo Sforza era o sembrava perfetta. 

Ma con Filippo le cose apparvero ben diverse. Il Moro cre- 
deva nemico mortale il sire di Bressa, quindi dall’aprile del 1496 
non ebbe altro pensiero che di nuocergli e denigrarlo agli occhi 
del pubblico, e porgli ostacolo all'assunzione al trono. Era Fi- 
lippo oltr'Alpe, in viaggio alla volta del Piemonte; il Moro pur 
mandandogli complimenti e parole in quantità, avvertì le Po- 
tenze del pericolo che correva l’Italia innanzi all’espandersi della 
politica francese di qua dell’Alpi, e si rivolse specialmente al 
Re dei Romani, Massimiliano I, aprendogli del tutto l’animo suo. 
Massimiliano aveva guerra aperta col Re francese, a cui non 
sapeva perdonare l'invasione d’Italia del 1494-95; voleva scen- 
dere nella penisola per risollevare l'autorità sua tanto depressa 
e prendere la corona imperiale a Roma. Il 18 aprile quindi Lo- 
dovico, vedendo il terreno adatto, ordinò per lettera ad Erasmo 
Brasca, suo ambasciatore alla corte cesarea, di annunziare a 
Massimiliano la morte del Duchino di Savoia ed il grave peri- 
colo che incombeva su Milano, quando il Senzaterra, nemico 
personale di casa Sforza, non ostante le proposte infide di ma- 
trimonio tra una sua figlia e Massimiliano, primogenito del 
Moro stesso, fosse stabilito sul trono sabaudo. Bianca averlo 
informato che tutti i passi delle Alpi stavano ancora in mano 
sua; considerasse adunque la M. S. quali tumulti sarebbero 
nati in Italia, se Filippo fosse divenuto arbitro dei detti va- 
lichi, e volesse scriverne alla Duchessa (1). Dobbiamo notare 
che Bianca un mese innanzi aveva mandato in Germania un’am- 
basciata sotto Guglielmo, signore di Motta Alciata, ad iscusare 
presso Massimiliano la sua condotta amichevole coi Francesi, 
con dire che le condizioni geografiche e politiche del ducato le 
avevano vietato e le impedivano tuttora di fare ostacolo a Re 
così potente (2). L'imperatore accolse di buon grado il consiglio 
del Moro. Scrisse alla reggente condolendosi della sciagura che 
l’aveva colpita, le indirizzò parole di conforto, promettendo aiuto, 
e le raccomandò pure di conservare gelosamente le redini dello 


(1) Appendice, Doc. 2°. — Circa la proposta di matrimonio v. anche 
Sanuro, I Diarî, I, 206, e da questo Gasorro, III, 11-12. 
(2) App. "Doc. 1° 


312 ARTURO SEGRE 


Stato. Indirizzò nel tempo stesso un proclama agli Stati gene- 
rali di Savoia, e deputò ad ambasciatore presso la Duchessa, 
Giorgio, signore di Pietraplana, con commissione tuttavia di pas- 
sare dapprima a Milano, e di governarsi colla Duchessa secondo 
le istruzioni che il Moro avrebbe dato (1). 

Lo Sforza comprendeva nondimeno la difficoltà di escludere 
dal ducato Filippo, i cui diritti non ammettevano discussione. 
Quindi pochi giorni dopo la prima commissione al Brasca, fece 
avvertire Massimiliano che era forse opportuno l’invio presso 
Filippo d’un ambasciatore cesareo, il quale esplorasse le inten- 
zioni e le mosse del principe sabaudo, com’egli Moro aveva fatto 
in quei giorni per doppia via, in Savoia ed in Francia (2). Mas- 
similiano dopo alcuni giorni di meditazione decise di meditare 
ancora circa l'invio dell’ambasciatore, poichè riteneva che il 
Ducato appartenesse ora all'impero. Avere in altri tempi i duchi 
di Savoia tenuto partito contrario al medesimo, esserne quindi 
stati banditi. In seguito l’imperatore Federico III aver investito 
nuovamente il Duca Carlo I ed i suoi discendenti maschi. Con 
Carlo Giovanni Amedeo essersi spenta tale discendenza maschile, 
dunque le cose tornare nello stato primiero, cioè il ducato essere 
devoluto all'impero. Massimiliano rispose quindi a Lodovico che 
avrebbe esaminato la cosa prima di mandare ambasciatori o 
scrivere al Senzaterra, ed intanto che non l’avrebbe chiamato 
Duca di Savoia (3). 

I primi passi del Moro adunque erano coronati da esito 
felice; ma non riuscirono ugualmente quelli rivolti alle corti ita- 
liane, ed in ispecie alla ferrarese. Ercole I d'Este, duca di Fer- 
rara, sebbene legato da stretti vincoli di parentela col Moro, 
suo genero, aveva tenuto sempre politica indipendente, sicchè 
pur conoscendo l’animo ostile dello Sforza al nuovo Duca sa- 
baudo, non esitò nella metà di maggio del 1496 a mandare 
presso la corte di Torino un ambasciatore, Antonio Bevilacqua. 
Muoveva Ercole a questa decisione l’invito alla pace che Filippo 
rivolgeva sia al re francese, sia al Moro, al quale non mostrava 
quell’ostilità esteriore che poteva il passato lasciar temere, ed il 


(1) App., Doc. 2°. 
(2) App., Doc. 3°. 
(3) App., Doc. 4°. 


rici 


LODOVICO SFORZA E L’ASSUNZIONE AL TRONO SABAUDO, ECC. 313 


ricordo di cortesie ricevute in altri tempi da Filippo, quando 
esso Ercole erasi recato in Francia. Volendo tuttavia usar ri- 
guardo al genero, diede commissione al Bevilacqua di passare 
nell’andata e nel ritorno per Milano, e d’informare il Moro d’ogni 
cosa. Il 17 maggio, giunse l'oratore estense a Milano, conferì 
con Lodovico, gli fece noto il più destramente possibile la 
causa e lo scopo della sua missione, disse che Ercole non po- 
teva astenersi dall’ ufficio di congratulazione, come si usava 
con tutti i principi nuovi venuti al trono, e che desiderava 
conoscere anche la volontà del genero in tal cosa. Rispose il 
Moro egli pure aver mandato Galeazzo Visconti Sanseverino 
presso il Senzaterra, ed approvare la decisione dello suocero, 
tanto più che in tal modo questi avrebbe preso esatta cono- 
scenza delle cose francesi in Piemonte, ma aggiunse con una 
punta di palese amarezza, che scorgeva Ercole pauroso della 
potenza francese e cupido dell’amicizia di Filippo, rappresen- 
tante della medesima nella penisola. Il Bevilacqua osservò che 
il Duca estense in tutte le comunicazioni fatte ad esso Moro 
aveva proceduto con intera buona fede. Replicò il Moro con 
voce eccitata che s’aveva falsa opinione a Ferrara circa la po- 
tenza del re, che lo si riteneva gran principe, mentre era debole, 
senza gente nè danaro. Avergli esso tolto il soccorso degli 
Svizzeri; saperlo quindi privo di fanteria, ed in condizioni che 
impedivano ogni calata. Essere la condotta dello suocero suo 
così insensata che tutta Italia lo credeva francese di elezione : 
qual contegno avrebbe dunque tenuto coll’imperatore, quando 
anche costui fosse disceso nella penisola? Il Bevilacqua rispose 
brevemente che Ercole non avrebbe in tal caso mancato al 
dover suo. Era desiderio del Moro che lo suocero mandasse 
almeno un’'ambasciata a Massimiliano, ma l’Estense tutto in- 
tento a cattivarsi la parte francese, se n’era schermito e si 
schermiva (1). 

Il 21 maggio arrivò il Bevilacqua a Torino. Trovò Filippo 


(1) App., Doc. 5°. — Prima dell’invio del Bevilacqua, Antonio Costabili, 
oratore estense a Milano, ebbe conferenze coll’ambasciatore sabaudo, le cui 
osservazioni incontrarono l'approvazione del Duca ferrarese. Arch. di Stato 
di Modena. Carteggio degli ambasc. da Milano, f. 15. Il Duca Ercole I al Costa- 
bili, Ferrara, 14 maggio 1496. — Ercole era da tutti ritenuto amico di 
Francia: v. Sanuto, I, 187 ecc. 


314 ARTURO SEGRE 


già stabilito nel ducato, ma sofferente dagli acciacchi. Ebbe tut- 
tavia accoglienza lusinghiera, poichè il Senzaterra, accorto poli- 
tico, seguiva senza esitazione la linea di condotta tenuta fino 
dai primi giorni di regno. All’orator milanese, il Visconti, fece 
esso ottimo viso mostrando desiderio vivissimo di accordarsi col 
Moro e trattenere questo principe da ogni rottura colla Francia. 
Le dicerie su una calata regia erano diminuite; la voce comune 
diceva che Carlo VIII in quell’anno restava nel suo Stato. I 
ministri sabaudi lasciavano ben intendere che 3000 lancieri 
francesi erano in pronto, e che una grossa armata si raccoglieva 
in Provenza per veleggiare contro Napoli con 500 lancieri e 
6000 Svizzeri, in attesa d’una calata del re per le vie alpine, 
ma la cosa sembrava pur sempre improbabile. A Torino sta- 
vano in quei giorni due oratori francesi (1). Il 22 maggio ebbe 
il Bevilacqua, che desiderava intendere qualcosa delle tratta- 
tive regie, udienza dal Duca, il quale usò termini molto elevati 
e pieni di nobiltà. Disse nulla amare meglio che indurre il Moro 
all'amicizia del re, perchè ove quello avesse continuato la poli- 
tica antifrancese, sarebbe stato causa della rovina prossima. 
Presentò quindi l’oratore estense ai francesi, che asserirono certa 
una nuova spedizione verso Napoli. E veramente 600 lancieri 
stavano entrando in Piemonte, sicchè il Bevilacqua, compiuti 
gli uffici avuti in commissione, fece ritorno a Ferrara, ripas- 
sando per Milano, dove conferì col Moro, che esortò a conser- 
varsi buon francese (2). Aveva Lodovico in quei giorni ricevuto 
calde istanze da un oratore del re Carlo, il Rigaut, ma la sua 
risposta era stata secca e breve: desiderare l’amicizia regia e 
la conservazione della pace, ma dovere grande rispetto al re dei 
Romani, pur desiderando d’accordare insieme i due sovrani (3). 
Il Bevilacqua lodò la risposta e ritornò in patria (4). 

Filippo adunque si reggeva saldo sul trono. Massimiliano I, 
nonostante le prime dichiarazioni, comprese che era meglio ras- 


(1) App., Doc. 6°. 

(2) Arch. di Stato di Modena. Cancelleria ducale, Carteggio da Torino, b. 12. 
Bevilacqua ad Ercole I. Milano, 28 maggio 1496. 

(3) Gasorto, III, 12-13. 

(4) V. n. 1. Altra missione ferrarese in Torino trovo venti giorni dopo 
la partenza del Bevilacqua, per trattare col Rigaut. V. Archivio cit., loc. cit. 
Bonaventura Mosti, Torino, 17 giugno 1496. 


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LODOVICO SFORZA E L’ASSUNZIONE AI TRONO SABAUDO, ECC. 315 


segnarsi innanzi ai fatti compiuti. Egli voleva scendere nella 
penisola e preferiva tener bene disposto un principe signore 
delle Alpi. Nell’avviarsi dunque verso l’Italia scrisse a Filippo 
lettere gratulatorie, mostrando riconoscerlo Duca di Savoia. Il 
Senzaterra inviò subito alla corte cesarea il signor di Viry, ai 
primi di luglio, per ringraziare la M. S. dell’onore fattogli, giu- 
rare fedeltà (1) e chiedere nel tempo stesso l’investitura. Il Viry 
incontrò a Bormio il 26 luglio l’imperatore, e disse che ove le 
esequie del defunto nipote e le gravi spese dell’ultima guerra 
non avessero esaurito l’erario ducale, il suo signore sarebbe 
andato a compiere in persona il dover suo. Massimiliano rispose 
sulle prime in forma generica, ma poche ore dopo accordò l’in- 
vestitura (2). Filippo voleva conquistare pienamente l'animo im- 
periale. Stimò quindi opportuno di non limitare i suoi uffici 
alla sola legazione del Viry, ed ai primi di settembre, quando 
Massimiliano entrò nella penisola (3), deputò a fargli onore alcuni 


(1) Nei Conti dei Tesorieri generali di Savoia, n. 140 (1496-97) fol. 220 r-21 
(Arch. Camerale di Torino) trovo ricordato Guglielmo di Motta Alciata come 
inviato presso Massimiliano in questi giorni. Di qui il Gasorro, III, 19. — 
Al contrario nei Dispacci al Senato veneto di Francesco Foscari e di altri 
oratori presso l’imperatore Massimiliano I nel 1496 (in © Arch. stor. italiano ,, 
serie 12, tomo VII, p. 2°), pag. 750, Foscari al Doge, 10 luglio 1496, e 
pag. 782 Foscari col Dandolo si dice espressamente essere “ Monsignor di 
Viry , l'ambasciatore sabaudo. Massimiliano poi annunziando la venuta 
del Viry, diceva essere questi “ homo d’autorità, che viene con cavalli 25 , 
(pag. 750, lett. cit.), mentre nei Conti cit. il Motta Alciata è fatto partire 
con 1 servo e 2 cavalli, seguito ben misero per un ambasciatore che 
andava a prendere investitura d’un ducato ampio quanto il sabaudò. Am- 
mettiamo pure che Massimiliano abbia ingrossato le cifre: se 1’ errore 
fosse stato notevole, il Foscari ed il Dandolo l’avrebbero avvertito nella 
loro lettera del 26 luglio (pag. 782). Infine è singolare che della precedente 
missione del sig. di Motta Alciata in Germania durante la reggenza di 
Bianca, i Conti non facciano cenno. Che il tesoriere Sebastiano Ferrero, 
sig. di Gaglianico, abbia nella fretta scritto un nome per l’altro, e fatto 
di due missioni diverse, del Motta Alciata e del Viry, una sola? 

(2) Dispacci cit., pag. 782. Foscari e Marco Dandolo al Doge, Torino, 
26 luglio 1496 e pag. 785 l’altra dello stesso giorno: © E fu conchiuso di 
fare la investitura all’orator di Savoia, e così seguì ,. — L'investitura costò 
al Duca 1735 fiorini. V. Arch. Camerale, Conto cit., fol. 279. Torino, 12 di- 
cembre 1496. i 

(3) Sulla calata di Massimiliano v. ULmann, Kaiser Maximilian I auf 
urkundlicher Grundlage dargestellt; Stuttgart, 1884, vol. 1°, pag. 465 e sgg. 


Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 21 


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316 ARTURO SEGRE 


personaggi notevoli dello Stato, Aimone di Montfaucon, vescovo 
di Losanna, Giacomo di Bussy, signore di Herye, governatore 
di Nizza, e Sebastiano Ferrero, signore di Gaglianico, tesoriere 
di Savoia, i quali col celebre Pietro Cara e sèguito di ben 127 
persone incontrarono Massimiliano a Vigevano (1), ricevuti alle 
porte dal Moro stesso con tutti gli ambasciatori convenuti presso 
la Maestà Cesarea (2). Questa accordò agli oratori sabaudi ac- 
coglienza buona, ma, pare, senza trattare alcuno degli affari 
politici che certo essi avevano in commissione (3). Visitando il 
Duca di Milano i quattro ambasciatori, lo esortarono, come già 
aveva fatto il loro signore un mese prima (4), ad interporsi tra 
il re di Francia e Massimiliano per rappacificarli (5), ma n’eb- 
bero, come Filippo, risposta dubbiosa (6). Sembra che poi il re 
dei Romani non siasi più occupato di Filippo nè dei suoi Stati, 
sebbene durante il viaggio alla volta di Genova abbia detto 
all’ambasciatore veneto Francesco Foscari che sarebbe stato 
opportuno assicurare i passi di Piemonte (7). 


in Pastor, Geschichte der Piipste im Zeitalter der Renaissance von der Wahl 
Innocenz VIII bis zum Tode Julius’ II; Freiburg und Breisgau, Herder'sche 
Verlagsbuchhandlung, 1899, pag. 368. 

(1) Sull’incontro loro v. Sanuto, I, 305, 307; Gasorto, III, 25 e Foscari, 
Dispacci cit., pag. 857; Foscari e Dandolo, Vigevano, 9 settembre 1496. 

(2) Sul ricevimento v. Foscari, pag. 374. Vigevano, 12 settembre 1496: 
“ L’Illustrissimo Duca, espedito a ore ventitrè e mezza da S. M., andò ad 
incontrare li Oratori di Savoia; e tutti noi Oratori li facessimo compagnia; 
i quali trovassimo circa un miglio fuor della terra, venuti con onorevole 
comitiva ,. 

(3) Id., pag. 878. Foscari e Dandolo. Vigevano, 13 settembre 1496: 
“ Gli Oratori di Savoia sono stati uditi publicamente; et post generalia si 
rimisero a trovarsi con S. M. quando le sarà più comodo per dichiararle 
altre cose a nome del Signor loro. La R. M.tà li ha ben veduti et corris- 
posti di parole amorevoli ,. 

‘ (4) Gasorto, III, 22. 

(5) Foscari, Dispacci, ecc., pag. 883-84. Vigevano, 13 settembre 1496. 

(6) Zd., “ Al che risponde: lui essere stato sempre inclinato a pace e 
che è per fare quanto piacerà a S. M. ,. 

(7) Id., pag. 888-89. Tortona, 24 settembre 1496: “ Per quanto posso 
comprendere mi par vedere S. M. inclinata alle cose del Piemonte; perocchè 
la disse: ‘ Sarìa pur buono assicurare una volta questi passi ’; ed anche il 
giorno precedente, essendo a caccia, mi usò parole di simile sostanza ,. 


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LODOVICO SFORZA E L’ASSUNZIONE AL TRONO SABAUDO, ECC. 317 


Altrove venne narrata dell’ opera benefica di Filippo in 
favore della pace italiana (1). Fu sventura che il 7 novembre 1497 
egli sia morto dopo sì breve regno (2). Era l’unico principe che 
avrebbe potuto trattenere con arti diplomatiche e militari lo 
straniero fuori d’Italia, l’unico Duca sabaudo che abbia in quegli 
anni posseduto le qualità necessarie a rialzare il Piemonte dalla 
decadenza nella quale si trovava ed a ritirarlo dall’abisso dove 
da mezzo secolo andava precipitando. 


Doo. 1°. 
1496 — 17 marzo Bretten (“ Bret ,). 


Zaccaria Contarini, oratore veneto presso il re dei Romani, Massi- 
miliano I, al Doge Agostino Barbarigo. — È giunto -un ambasciatore 
sabaudo, venuto per giustificare la Duchessa Bianca di Monferrato del 
passo accordato in Piemonte al re di Francia, Carlo VIII. Esso dichiara 
non potere la Duchessa vietare il passo al detto re, che in tal caso lo 
troverebbe dal marchese di Saluzzo, Lodovico II, e per rappressaglia oc- 
cuperebbe in pochi giorni lo stato sabaudo. Se Massimiliano vuol chiu- 
dere l’Italia al re, obblighi il marchese a far l’omaggio dovuto al Duca 
di Savoia: allora tutti i passi delle Alpi saranno in mano sua (83). 


(Bibl. Marciana di Venezia, Mss. ital., classe VII, cod. DCCXCIX. 
Registrum litterarum Mag. et Clar.mi Eq. Dom. Zachariae 
Contarini et Benedicti Trivisani oratorum ad Ser.mum Roma- 
norum Regem, 1495-96, fol. 32 r.). 


e Hieri gionse quì uno orator de Sabaudia, nominato mon. dela 
Mota. Hozi è venuto a visitatione mia. Dice chel se partì da Moncalier 
a dì 18 del passato et haver facto la via de Millano per cosse lha havuto 
di tractar cum quel Ill."° Duca. La causa dela venuta sua esser prima 
per iustificare la sua Ill." madama de qualche imputatione datali che 


(1) Sanuro, I, 605 e seg. — Gasorto, III 48-50. — Delle relazioni, ecc., 
pag. 27-28. 

(2) Gagorto, III, 73. 

(3) La lettera è nota a Marino Sanuro, che però la riassume in brevi 
parole. I Diarî, I (Venezia, 1879), col. 87. © A dì 16 ditto, zonse un orator 
di Savoia nominato monsignor de la Mota. Partì di Monchalieri a dì 18 
dil passato, et fece la via per Milano ,,. 


ii 


318 ARTURO SEGRE 


la sia sta francexe et per dechiarire a questa M.t® se lha dato el passo 
al re de. Franza lo ha facto de consentimento de quella. Ben è vero che 
chi astrenzesse quella Duchessa a devedar el passo a francexi saria farla 
inimica de quel re, quale havendo de li altri passi de Intrar in Italia, 
come è il passo Ragnello et pertuso, che sono del marchese de Saluzo, 
in tre giorni li potria tuor tuto el Stato. Ma se questa M.tè vorà chel 
re de Franza non habi passo de Intrar in Italia, el bisognerà che lastrenzi 
lantedicto marchexe a recognoscer el Duca de Sabaudia per suo superior, 
como de iure è obligato. Il che è officio de questa R. M. per esser su- 
premo s.°" del uno et laltro stato. Et quando el faci questo, el potrà 
dir de haver in suo arbitrio et dispositione tuti li passi et ingressi de 
Italia. Dice demum che, expedito da questa M.!è, vole andar a Vormes 
a far reverentia ala M.tè dela Regina et... alo Ill.®° arciduca Fhilippo..... ». 


Doc. 2°. 


1496 — 25 aprile Augusta. 


Id. a id. — Lodovico il Moro, duca di Milano, ha scritto al suo 
amb.*, Erasmo Brasca, di avvertire Massimiliano del pericolo in cui si 
troverebbe, quando il ducato sabaudo, ora che è morto il Duca Carlo 
Giovanni, passasse al sig.° di Bressa, Filippo, suo capitale nemico. 
Essere necessario quindi impedire l'avvento al trono del medesimo, se no 
il re di Francia avrebbe libero del tutto il passo in Italia. S. M. mandasse 
adunque un amb.” alla Duchessa Bianca per confortarla e scrivesse lettere 
ai principali del paese. — Massimiliano ha deciso di seguire il consiglio 
del Moro, e manda Giorgio di Pietraplana amb.” alla Duchessa. A Milano 
questi deve ricevere istruzioni da quel Duca sulla condotta da tenere. Ha 
scritto pure il re dei Romani lettere alla Duchessa ece. (1). 


(Bibl. Marciana di Venezia ecc., cod. cit. fol. 42 r.). 


“ S. P. | Serenissimo Prencipe| etc..... Domino Herasmo Brascha me 
ha monstrato lettere del duca di millan de 18, che lo advisa de la morte 
del Duca de Sabaudia, et le commette la debi far intender a la R. M. 
et dechiarirli se quel stato è per venir a le mano de mons.” De Bressa, 
quanto pericolo sia per accrescer ale cose sue per esser dicto mons." Ini- 


(1) Sanuro, I, 125. Da lettere dell'oratore in Germania: “ Et havendo 
inteso il re, per lettere di 18 dil ducha di Milano, la morte dil duca di 
Savoia et la creatione di Filippo monsignor di Brexa al ducato, comesse 
a domino Georgio de Pietraplana andasse nomine suo oratore a Milano, poi 


‘in Savoia, Et ancora dete licentia repatriandi a domino Cristoforo Scroften era 


orator a Venecia ,. 


. hi 
LODOVICO SFORZA E L’ASSUNZIONE AL TRONO SABAUDO, Ecc. 319 


mico capitale di Sua Ex., benchè a li de passati lo habi ricerchato del 
parentado de una sua figliola in maximiliano, primogenito del prefato 
Duca, La quale cosa non li parendo conveniente, le respoxe che lo faria 
cum el secundo figliolo {1). Preterea che li faci Intender, che havendo 
quella Duchessa a li giorni passati mandato a dire a S. M.tè che tuti li 

passi de Sabaudia erano in libertà sua, quella po ben considerar che se 
mons. De Bressa haverà quel stato et li passi, et consequenter tuto sarà 
in disposition dil re de Franza. Per il che Sua Cel. Doveria accelerar la 
venuta in Italia per assecurarse de dicti passi. Li commette wlterius che 
debi exhortar la R. M. a mandar una persona da conto a quella Duchessa 
per tenirla ben edificata cum lettere di credenza a li principal, et altri 
da poter usar, dove serà bisogno. — Per un post scriptas quel Duca 
commette a D. herasmo chel debi ben advertire come se resente la M. R. 
di questa morte, et le provisione monstra voler far. Ho ricerchato 
dicto orator in hac re. El qual dice che la R. M. se ne ha doluto assai et 
ha scripto a quella Duchessa condolendosi de dicta morte et confortandola 
a star di bon animo, chel non li mancherà di ogni subsidio et favore et 
de venir in persona ad aiutarla, et che la debi tenir el stato et passi ben 
custoditi. Ha scripto in cadem... a li tre stati del paese, et ha commesso 
a D. Georgio de Petraplana vadi a Millano et de li in Sabaudia cum la 
Instruetione li darà quel Duca. Ha scripto etiam a le comunità de Berna 
et filiburg (2) che rechiedendole quella Duchessa aiuto non li debino 
manchar, Cum dechiarirli el pericolo nel qual le se attroveria, sel re di 
Franza potesse disponer de quel Stato. Demum ha seripto al Duca de 
Millano che sel pretende darli subsidio de zente li manderà do mille fanti 
cum li sui capitanei..... ,. 


Doo. 3°. 
\ 1496 — 27 aprile id. 

Id. a id. — Il duca di Milano scrive che il ducato di Savoia spetta 
di diritto a Filippo, s.*° di Bressa, e che sarebbe bene S. M. mandasse 
un amb.’ ad intrattenerlo ed esplorare i suoi intendimenti. Così fa egli 
pure e manda anche in Francia per ricercare quali siano le relazioni del 
medesimo con quel re e coi signori di Bourbon. 

(Bibl. Marciana di Venezia, loc. cit., fol. 43 r.). 


©... Da Millano quel Duca scrive che havendo el Stato de Sabaudia 


(1) Zda., col. 206. Lettere di Marco Dandolo, oratore a Milano: “ Item 
che si praticava una zerta praticha di noze dil fiol dil ducha di Milan chia- 
mato conte di Pavia, di età di anni 5, in la fia di Philippo, monsignor 
ducha di Savoia. Tamen non have effecto ,. 

(2) Friburgo. 


ia. 


320 ARTURO SEGRE 


a pervenir a mons." De Bressa, come le par spectar de Jure, saria 
proposito che questa M.tè li mandasse uno suo per Intertenirlo Cum 
quella, et esser advisata deli sui andamenti, et che epso Duca ha man- 
dato uno suo al prefato mons." et un altro in franza per sapere come 
sta con quel re et cum li signori de barbon. Per altre lettere. commette 


‘ al orator debe instar che la R. M. li rispondi resolutivamente a quello 


molte volte ha scripto et mandato a dir viva voce per Domino Angelo 
Da florentia ,. 


Doc. 4°. 
1496 — 6 maggio id. 


Id. a id. — S. M. ritiene che il ducato di Savoia sia a lui devoluto, 
e non vuol riconoscere il sig."* di Bressa come duca, finchè non sia stata 
esaminata la cosa legalmente. 

(Id., fol. 46 r.). 


Ss Mio deb Ha etiam risposto ala requisitione di mandar uno a 
mons. De bressa per intertenirlo, etc., Come per le precedente mie si- 
gnificai a V. S.tà chel li vole haver bona consideratione et che ha per 
opinione quel Stato esser devoluto a lo Imperio, perchè alias queli dela 
casa de Sabaudia furono contra limperio, et ex consequenti restorono pri- 
vati dele raxone lhavenno in quel Stato, et che la M.tè dello Imperator 
Frederico (1) de plenitudine potestatis tolse a gratia et investì il padre 
di questo duca novamente morto et li sui discendenti per linea mascu- 
lina, i quali essendo hora manchati, sua M.tè tene che quel stato sia nel 
termine era avanti questa Investitura, et hase remesso a volerla veder 
et examinar avanti chel li mandi alcuno nè li scrivi, nè elnomini Duca 
di Sabaudia..... ,. 


Doc. 5°. 
1496 — 17 maggio Milano. 
Antonio Bevilacqua ad Ercole I d’Este, duca di Ferrara. — Udienza 
avuta da Lodovico il Moro. — Parole ostili di questo pel re di Francia. 


(Arch. di Stato di Modena, Cancelleria ducale, Carteggio degli amb.t' 
estensi a Torino, b. 1). 


“ Ill»° Sig." mio. hozi sum stato cum questo Ex.®° Sig." et factoli 
intender che V. S. per servare la consuetudine che sempre è stata che 
ciascuno sig."° l’uno con l’altro se congratuli de le prosperità che acca- 
deno, et ancora per le amorevole demostratione che 1’ Ill.®° Duca de 


(1) Federico III padre e predecessore di Massimiliano. 


LODOVICO SFORZA E L’ASSUNZIONE AL TRONO SABAUDO, ECC. 321 


Savoia havea facto a V. S. alandata sua dal Christianissimo Sig. di 
Franza, quella era debitore di fare qualche demostratione de allegrezza 
per questa sua creatione del ducato de Savoia, et per questo v. Cel.®° 
me havea ellecto che andasse a sua S. per fare questo effecto, ma che 
prima V. S. me havea comandato che io venisse da sua Ill. g.* per 
intendere se quella volea chio facesse cosa alcuna, et che tuto quello che 
per sua Cel.®° me fusse comandato era paratissimo ad obedire. sua Cel.» 
me respose che quella havea facto prudentissime deliberatione et chio 
andasse in bona ora et chio ritrovaria il mag.° meser Vesconte apreso 
a quel Sig." mandato per sua Ill®* Sig." et che ala ritornata mia io 
saperia ragionare de queste cose francesi, cignandomi che le cose del re 
di Franza siano a mal termine. Io li respoxi: Ill®° Sig." qualche fiata 
v.S. ha dimandato al sig. mio il parere suo circa queste pratiche fran- 
cexe, il quale non mancho desideroxo del ben et conservatione dil stato 
di v. Cel», cha dil suo proprio, continuamente ha ricordato a quella 
tuto quello che sua S. ha iudicato essere al proposito dil stato suo, re- 
putando che ogni sinistro che accadesse a v. S. il prefato s. mio ne fusse 
partecipe tanto quanto sua Cel.®°, per lo amore et affinitade commune, 
Et sel accadesse che v. S. havesse havuto Inditio eroneo in questo, non 
seria però che quella non havesse fidelmente facto intendere a sua Cel.n° 
quel che a lei è parso al proposito dil stato suo, ma chel fine seria quel 
daria la sententia. Alora Sua $S. se alterò un pocho, et me dixe: vui 
altri crediti che questo re di Franza sia un gran sig."° asai più che non 
è. Lui non ha nè gente nè dinari, perchè habiamo operato chel non potrà 
havere sguizari, et non havendo non scio che fantaria possi condur in 
Italia. Vui havete facto tanto che non solamente tuta Italia, ma ancora 
lo re de Romani ve ha per franzoxi, et venendo come indubitatamente 
il virà, io voria sapere come farà il Sig."° duca de’ Ferrara con lei. Io 
respoxi: Sig."° sel re de romani venirà in Italia, il sig. mio non man- 
chara del debito suo, perchè nè sua maestà nè altri potentati de Italia 
iustamente se poteno dolere de sua s.* et subito me subvensse che v. Cel.»° 
haria facto meglio a mandarli uno ambassatore, si come haria deside- 
rato lui et a recordato a v. S. In questo vene lo oratore veneto, et rupe 
il parlar nostro. Ala ritornata mia credo serò meglio informato, et forsi 
potrò parlare più arditamente con sua Cel.®°, se retrovarò le cose in con- 
trario dil qual me depinge sua Cel.®°, et dil tuto ne darò adviso a v. S. 
ala quale me racomando. Mediolani, 17 mag, 1496 ,. 


Eiusdem D. V. 
Servus Anto. bevilacqua. 


PA osti 


322 ARTURO SEGRE — LODOVICO SFORZA E L’ASSUNZIONE, ECC. 


Doo. 6°. 
1496 — 22 maggio Torino. 


Id. a id. — Arrivo a Torino. — Informazioni varie. (loc. cit.). 


“ Ill®° Sig. mio. beri sera gionsi a Torino, et ho ritrovato questo 
Ill.®° Sig. cum uno pocho di gotta, ma presto serà libero, perchè è pocho 
male, et è in uno piede, sì come altre volte sua S. me pare ne sia de- 
fectoxa. Sua Ex. me mandò molti baroni incontra e fami honore gran- 
dissimo. Ancora non ho habuto audientia da sua Cel.®»°. Questa matina 
se parte il mag.°° meser vesconte, il quale, come scia v. S., è stato da 
questo Ill.° s. e molto accarezato e ben visto, e pare che sua S. sia 
molto desiderosa de intendersi ben cum lo Ill.®° Duca de Milano, al 
quale non resta persuadere che Sua Sublimitade non voglia romperse 
cum il Christianissimo Re di franza allegando molte ragione sopra questo, 
et affermandoli li soi consigli essere da bon e fidel parente. Heri sira 
parlai cum il mag.° meser vesconte, il quale per niente non crede 
che la maestà dil re di Franza habia a venire in Italia in persona 
ma solum mandarli. Io ho parlato cum questi de questo Ill.®° s., li quali 
me certificano il prefato re havere messo in ordine tre millia lanze et 
sua maestà armare una grossissima armata in provenza, la quale in ter- 
mine de x o a xIr zorni afermano se partirà per andare alla volta del 
reame di napoli, et suxo dieta armata dicono che mettono cinquecento 
lanze et sei millia sguizari, et partita che sera ditta armata, me affer- 
mano la maestà dil re venirà in Italia; ma prima va in Provenza a ve- 
dere partire l’armata; dui oratori francesi sono qui a Torino, ancora non 
ho parlato con loro. Io vederò hozi intendere qualche cosa, et havendo 
messo, subito ne darò avixo a v. Cel.®°, ala quale humilmente me ra- 
comando ,. Taurini xx15 mai) 1496. 


Eiusdem D. V. 
Servus Anto. bivilaqua. 


L’ Accademico Segretario 
RopoLro RENIER. 


Torino — Vincenzo Bona, Tipografo di S. M. e de’ RR. Principi. 


CLASSI UNITE 


‘+ Adunanza del 13 Gennaio 1901. 


PRESIDENZA DEL SOCIO SENATORE PROF. GIUSEPPE CARLE 
PRESIDENTE DELL ACCADEMIA 


Sono presenti i Soci: 

della Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali: 
Cossa, Vice Presidente dell’Accademia, SALvADORI, BERRUTI, 
D’'Ovipio, NaccarI, Mosso, Spezia, CAMERANO, SEGRE, PEANO, 
JADANZA, GuaARrEScHI, Guipi, FILETI, PARONA; 

della Classe di Scienze morali, storiche e filologiche: 
Peyron, Direttore della Classe, Rossi, MANNO, BoLLATI DI SAINT- 
Pierre, Pezzi, GrAF, BoseLLi, CrroLLa, Brusa, Pizzi, CHIRONI, 
Savio e Renier Segretario. — Il Socio FerRERO scusa la propria 
assenza. 

È approvato l’atto verbale dell'adunanza antecedente a 
Classi Unite del 30 dicembre 1900. 

L'Accademia procede alla votazione pel conferimento del 
premio di Filosofia Gautieri per il triennio 1897-1899. A grande 
| maggioranza l'Accademia approva la divisione del premio in 
due parti uguali. Di queste due parti, l'una è assegnata dal 
voto dell’Accademia al prof. Giovanni GentILE del R. Liceo 
Vittorio Emanuele II di Napoli, per l’opera Rosmini e Gioberti, 
l’altra al prof. Guido Virra del R. Liceo Torquato Tasso di 
Roma, per l’opera La psicologia contemporanea. 

Atti della R. Accademia. — Vol. XXXVI. 22 


324 


Compiendosi il sessennio di Presidenza del Socio Senatore 
Giuseppe CARLE, e non essendo egli più rieleggibile a norma 
“»dell’art. 3° dello Statuto accademico, l'Accademia passa ad eleg- 
‘ gere il.nuovo Presidente. Riesce eletto alla carica triennale di 
Presidénte dell’Accademia, salvo l’approvazione sovrana, il Socio 
Prof. Cornm. ALronso Cossa. 


2 _L_IPPresidente CAaRrLE ringrazia l'Accademia per il favore 
dimostratogli nel sessennio e porge i suoi auguri al nuovo Pre- 
sidente. Il Socio Cossa ringrazia il Presidente ed i Colleghi per 
la dimostrazione di stima e di fiducia con cui essi lo hanno 
onorato. 

Il Socio BeRRUTI, interpretando l’ intenzione dei Colleghi, 
ringrazia il Presidente CARLE in nome della Accademia per la 
premura ed il senno con cui ha guidato durante un sessennio 
l’opera del nostro Istituto. Gli Accademici si associano plau- 
denti alle sue parole. 


Gli Accademici Segretari 
AnpRrEA NACccARI 
RopoLro RENIER. 


325 


CLASSE 


SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI 


Adunanza del 13 Gennaio 1901. 


PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. GIUSEPPE CARLE 
PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA 


Sono presenti i Soci: Cossa, Vice Presidente dell’Accademia, 
SaLvaporI, BerruTI, D’Ovipro, Mosso, SPEZIA, CAMERANO, SEGRE, 
PEANO, JADANZA, GUARESCHI, Guipi, FrLeri, PARONA e NACCARI 
Segretario. 

Il Segretario legge l’atto verbale della precedente seduta 
che viene approvato. Egli presenta poi il terzo volume del For- 
mulaire de Mathématiques, offerto in dono all'Accademia dal 
Socio PeANO, che n'è autore, e tre volumi intitolati: Rapports 
presentés au Congrès international de Physique réuni à Paris 
en 1900, inviati in dono all'Accademia dal Comitato ordinatore 
di quel Congresso. 

Il Socio SALVADORI offre in omaggio l’elenco stampato delle 
proprie pubblicazioni. 

Il Socio CameRANO legge de’ cenni biografici del Socio cor- 
rispondente Edmondo pe SeLys LonecHAMmPs testè defunto. 
Saranno inseriti negli Atti. 

Vengono accolti per l'inserzione negli Atti gli scritti se- 
guenti: 

1° Sopra alcune particolari congruenze di rette del terzo 
ordine, nota del prof. Gino Fano, presentata dal Socio SEGRE, 


326 


2° Sui principii che reggono la geometria delle rette, nota 
del prof. Mario PrerI, presentata dal Socio PEANO, 

3° Sulla sostanza cromatofila endoglobulare in alcuni eri- 
trociti, nota del prof. Antonio CesARIs-DeMEL, presentata dal 
Socio NaccarI, a nome del Socio Foà che non potè intervenire 
all’adunanza. 

Il Socio Sere anche a nome del Socio D’Ovipro legge la 
relazione sulla memoria del dott. Francesco SEVERI, intitolata : 
Sopra alcune singolarità delle curve di un iperspazio, concludendo 
per la lettura alla classe. Approvata la relazione e compiuta 
la lettura, si accetta la memoria per la sua inserzione nei vo- 
lumi accademici. 

Il Socio D’Ovipio presenta uno scritto del dott. Tommaso 
Boero, che sarebbe destinato ai volumi accademici. È intito- 
lato: Sulle funzioni di Green d'ordine qualunque e la loro appli- 
cazione all'integrazione di alcune equazioni differenziali. Sarà 
esaminata dai Soci D’Ovipio e VoLTERRA. 


L. CAMERANO — M. E. DI SELYS LONGCHAMPS - COMMEMORAZIONE 327 


LETTURE 


MICHELE EDMONDO Barone di SELYS LONGCHAMPS 


Brevi parole di commemorazione del Socio LORENZO CAMERANO 


Il vertiginoso svolgersi dei fatti più importanti del risor- 
gimento italiano dopo il 1859 che, in breve volger d’anni, con- 
dusse alla costituzione della Nazione italiana, mentre era salutato 
con entusiasmo sincero dalle menti illuminate e liberali di tutte 
le Nazioni incivilite, faceva sorgere l'opposizione implacabile 
di tutti coloro che nel nuovo avvenimento storico vedevano 
con terrore il trionfo delle idee germogliate dalla Rivoluzione 
francese. 

Non è d’uopo ricordare qui le correnti di ostilità palesi e 
larvate che da tutte le Nazioni europee vennero dirette contro 
la Nuova Italia: non è d’uopo neppure ricordare il grande 
lavoro compiuto da tutti gli uomini schiettamente liberali che 
in poco meno di dieci anni, dopo la proclamazione del Regno 
d’Italia, operò quel rinnovamento generale delle idee che rese 
possibile il più grande avvenimento del secolo che testè si è 
chiuso; la caduta, voglio dire, del Potere temporale. 

In questo lavoro l’Italia ebbe cooperatori ed amici in tutte 
le Nazioni incivilite: ad essi è giusto e doveroso vada dall’Italia 
un tributo di gratitudine. 

Uno di questi uomini benemeriti fu Michele Edmondo Ba- 
rone di SeLys-LonecHamPs, morto a Liegi il giorno 11 del di- 
cembre scorso nella grave età di 87 anni. 

Il Barone di Selys-Longchamps nacque a Parigi il 25 
maggio 1813, e fece i suoi studi universitari a Liegi nella quale 
città rimase fino alla sua morte. Ricco di censo, si applicò at- 
tivamente allo studio della zoologia, pel quale nutriva amore 
vivissimo; ma in breve la vita politica lo trasse a sè, e fu 


328 LORENZO CAMERANO 


eletto a far parte della Camera dei deputati, dove sostenne con 
grande larghezza di idee i principii più liberali. Nell'anno 1855 
venne eletto senatore pel circondario di Waremme. I suoi elet- 
tori gli rinnovarono costantemente il mandato fino all’ anno 
scorso, in cui la grave età non gli concesse più di ripresentarsi 
alle elezioni generali. Durante il Ministero liberale del Belgio 
fu per varii anni presidente del Senato. 

Per tutta la sua vita fu amico sincero ed entusiasta del- 
l’Italia, e seguì con amore e trepidazione le vicende fortunose 
del nostro risorgimento cooperando, cogli scritti e colla parola, 
a rendere accetta ai suoi concittadini la causa italiana. 

Negli anni 1838 e 1840 visitò l’Italia, prendendo parte a 
quei congressi di naturalisti italiani che tanta parte esercita- 
rono a preparare il nostro risorgimento. Egli strinse amicizia 
con tutti i nostri migliori zoologi, coi quali per lunghi anni 
mantenne sempre rapporti cordialissimi. Nel 1866 ritornò in 
Italia e così esprime le impressioni ricevute dalla sua nuova 
visita (1) “Such is the sum of the notes which I took during 
“my last journey to Italy, in January 1866. I revisited there 
“ fine museums, enriched and augmented; but, alas! how many 
“of the savans who had greeted me in 1838 and 1840 had been 
“snatched away by death! I no longer met Prince Charles 
“ Bonaparte and Riccioli of Rome, Géné of Turin, Philippi di 
“ Filippi and the Abbé Bernardo Marietti of Milan, General 
“ Albert de la Marmora and the Marquis Carlo Durazzo of 
“Genoa, Risso and Verany of Nice, the Abbé Francesco Bal- 
“ dacconi of Sienna, Dr. Carlo Passerini of Florence, Carlo Porro 
“of Lombardy — this last murdered by Croatians in 1848 on 
“their flight from Milan, whence he had been brought as an 
“ hostage. — May their memory always remain blest to me! 
“It is consoling always to be able to assert that the Italian 
“ ornithologists who have followed their footsteps are equally 
“ filled with the love of science, which is always held in honour 
“in the New Italy — una e libera, where I found, as of old, 
“an hospitaliy and a cordiality worthy of imitation among other 
“nations ,. 


(1) Notes on various Birds observed in Italian Museums in 1866, © The 
Ibis ,. 1870, pag. 454. 


MICHELE EDMONDO DI SELYS LONCHAMPS — COMMEMORAZIONE 329 


Le idee liberali del Barone di Selys de Longchamps e il 
suo amore per l’Italia lo fecero designare da Leopoldo Il a 
capo della missione destinata ad annunziare al Re d’Italia la 
morte di Leopoldo I e l’avvenimento al trono di Leopoldo II 
Delle parole dette da lui in quell’occasione (1) sono da ricor- 
darsi le seguenti: 

“La Belgique et l’Italie sont régies par des libres institu- 
“tions, qui ont entre elles une grande affinité. Les deux peu- 
“ ples, avides de conserver leur indépendance veulent le progrès 
“ pacifique au point de vue moral, comme au point de vue ma- 
“tériel — en un mot l’ordre et la liberté. 

“La Belgique et l’Italie, favorisées par la Providence, sont 
“gouvernées par des Princes, dont la loyauté perpétue la po- 
“ pularité! ..... ss “ En me choisissant pour porter à Votre 
“ Majesté l’expression de tels sentiments, le roi des Belges m’a 
“ fait un honneur auquel j'ai été d’autant plus sensible, que 
“toute ma vie, je n’ai cessé de ressentir les plus vives sym- 
“ pathies pour l’Italie ,. 

Dopo il doloroso fatto di Mentana così egli scriveva al 
compianto Vittore Ghiliani, il ben noto entomologo del Museo 
Zoologico di Torino (2): 

“J'ai eté désolé des derniers événements romains. ..... En 
“ Belgique les gens éclairés sont très favorables è l’Italie. Ne 
“jugez pas du tout l’opinion de notre pays par la présence 
“parmi les zouaves de quelques centaines de jeunes paysans 
“ fanatiques et ignorants de nos provinces Flamandes, dont la 
“ population rurale ressemble à celle des campagnes de l’Irlande. 
“— Ilya aussi un certain nombre de jeunes nobles des mémes 
“ provinces qui sont infectés de mémes idées. Voilà tout ,. 

Per molti anni il Barone Selys de Longchamps ebbe rapporti 
cordiali col Museo zoologico di Torino, nel quale si conservano 
numerosi insetti da lui studiati, ed amicizia personale coi com- 
pianti Gené, De Filippi e Ghiliani e col nostro collega Conte 
Salvadori. 


(1) 14 Gennaio 1866. 
(2) Archivio "del Museo Zoologico di Torino. 


330 LORENZO CAMERANO 


Alla morte del De Filippi così scriveva al Ghiliani (1): 
“J'ai connu avec une vive douleur la mort du savant de Fi- 
“ lippi, qui m’avait toujours témoigné une grande amitié et avec 
“lequel en décembre 1836, Javais eu l’honneur de travailler à 
“ Paris è une révision de la liste des oiseaux d’Europe. Cette 
“ perte cruelle sera d’autant plus vivement sentie que la science: 
“ attendait de lui la publication des trésors scientifiques qu'il 
“a dù recueillir pendant son dernier grand voyage ,. 

I lavori zoologici del Barone Selys de Longchamps sono nu- 
merosi, Essi riguardano particolarmente l’Ornitologia, l'Entomo- 
logia e la Micromammalogia. 

Il suo primo lavoro risale al 1831, ed è il Catalogue des 
oiseaue du pays de Liège (Liège, 1831). Lo studio dell’Ornito- 
logia, e in particolar modo dell’Ornitologia belga fu sempre 
oggetto delle sue cure. Intorno ad essa fece in seguito numerose 
pubblicazioni assai pregiate (2). 


(1) Archivio del Museo Zoologico di Torino. 
(2) Faune Belge. Liège, 1842. 

— Zoologischer Kalender von Belgien, “ Fror. Tagsber. ,, n. 296. 1851. 

— Note sur la nomenclature zoologique, “ Bull. Acad. de Brux. ,, 10,2. 1843. 
- È Ann. of Nat. Hist. ,, vol. 11, 1843. - © Philos. Mag. N. S. ,, vol. 23. 1843. 

— Observations sur les phénomènes périodiques du règne animal et particu- 
librement sur les migrations des oiseaux en Belgique de 1841 à 1846, 
“ Nouv. Mém. Acad. de Brux. ,, vol. 21. 1848. 

— Projet d’observations annuelles sur la périodicité des oiseaux, È“ Rep. Brit. 
Assoc. Adv. Sc. ,, 11 Meet. 1841. 

— Sur les oiseaux américains inscrits dans la faune européenne, “ Mém. Soc. 
R. de Liège ,, vol. 4. 1849. 

— Bemerkungen tiber einige Vogel Europas, * Naumania ,. 1856. 

— Récapitulation des hybrides observés dans la famille des Anatidées, * Bull. 
Acad. de Brux. ,, 12, 2. 1845. 

— Additions à la récapitulation (come sopra), “ Bull. Acad. de Belgique » 
vol. 23. 1856. 

— Bemerkungen iiber die wahren Giinse Europas, “© Naumania ,. 1855. 

— Résumé concernant les oiseaux brévipennes mentionnés dans l’ouvrage de 
M. Strickland sur le Dodo, “ Revue Zool. ,. 1848. 

— Sur les Cassenoix, “ Institut ,, XIII. 1845. 

— Notice sur l’Hirondelle rousseline d’ Europe et sur les autres espèces du sous 
genre Cecropîs, © Bull. Acad. de Belgique ,, XXII. 1855. 

—- Notice sur les Beccroisés leucoptère et bifascié (ibidem), 13. 1846. 

— Note sur une migration de Cassenoix (ibidem), 11. 

— Note sur une nouvelle Mésange d'Europe (ibidem), 10. 1843. 


MICHELE EDMONDO DI SELYS LONGCHAMPS — COMMEMORAZIONE 331 


Fu uno dei primi ad occuparsi dello studio dei micromam- 
miferi europei ed importanti sono i suoi lavori sul difficile 
gruppo dei topi campagnuoli (1). 

Si occupò pure dello studio dei pesci del Belgio e pubblicò 
una Revision des poissons d'eau douce de la faune belge (Bull. 
Ac. Sc. Belge, v. 14, 1888). 

Ma si fu nella entomologia, dove si esplicò la maggior 
parte della sua attività scientifica, e in particolare modo nello 
studio dei Neurotteri e dei Pseudoneurotteri. Le sue monografie 
intorno a questi gruppi di insetti sono classiche e ad esse si 
ricorrerà sempre con frutto (2). 


— Analyse d’une classification des oiseaux Passeraua, “ Revue Zool. ,. 1839. 

— Note sur le Passer pusillus Pall. et sur la Sylvia icterina, “ Revue 
Zool. ,, 1847. 

— Note sur la famille des Récurvirostridées, “ Bull. Acad. de Belgique ,, 
vol. 18. 1851. 

— Sur la classification des oiseaux depuis Linné. Bruxelles, 1879. 

— Lettera intorno alla pubblicazione intitolata: A List of British Birds. 
- Ibis. 1884, p. 118. 

— Excursion à l’ile d’ Heligoland, “ Bull. Soc. Zool. de France ,. 1882, 
p. 250. 

— Considérations sur le genre Mésange, “ Bull. Soc. Zool. de France ,. 
1884, p. 32. 

— Sur l’acclimatation des deux espèces de Tétras en Belgique, “ Bull. Ac. 
Sc. Belg. ,. 1893. 

(1) Note sur quelques petits mammifères du midi de la France, © Revue 
Zool. ,, 1843. 

— Essai sur l’histoire naturelle du Brabant. Mammifères. Bruxelles, 1848. 

— Essai monographique sur les Campagnols des environs de Liège. 1836. 

— Campagnols inédits, © Revue zool. ,. 1839. 

— Sur les Campagnols, “ Institut ,, IX. 1841. 

— Note sur les Campagnols de la Suisse, “ Verhandlg. Schweiz. naturf, 
Gesel. ,. Ziirich, 1841. 

— Distribution géographique des Campagnols en Europe, © Revue Zool. ,, 1847. 

-—— Note sur deux espèces de Musaraignes observées nouvellement en Belgique, 
€ Bull, Acad. de Brux. ,. 1841. 

(2) SeLys Lonccmamps et H. A. Hagen, Monographie des Caloptérygiens. Bru- 
xelles, 1854, 289 pag. e 14 tav. 

— In., Revue des Odonates ou Libellules d’ Europe. Bruxelles, 1850, 408 pag. 
con 11 tavole. 

— Enumération des Insectes Lépidoptères de la Belgique, © Mém. Soc. R. de 
Liège ,. 1846. - Correzioni al lavoro precedente, “ Mém. Soc. Liège ,, 
2. 1844. “ Ann. Soc. Ent: France ,, 3 sér. v. 7. 1859. 


332 LORENZO CAMERANO 


di 


Lo studio dei Neurotteri e Pseudoneurotteri occupò il Barone 
Selys Longchamps per tutta la sua lunga vita durante la 


— Description de deux nouvelles espèces d’ Aeshna, © Bull. Ac. Brux. ,, 6, 2. 1839. 
— Diagnose de trois espèces européennes d’Aeshna, “ Revue de Zool. ,, 1839. 


Synopsis des Agrionides, “ Bull. Acad. Belg. ,. 1860. 

Sur trois nouvelles espèces europ. du genre ‘Agrion, “ Revue Zool. ,. 1840. 
Synopsis des Caloptérygiens, “ Bull. Acc. de Belg. ,. Annex. 1853-54. 
Note sur un nouveau Cordulegaster d'Europe, “ Revue Zool. ,. 1844. 

Ip. et Prcrer, Cordulia splendens (ibidem). 1843. 

Synopsis des Gomphines, “ Bull. Acc. Belg. ,, 21. 1854. 


. et Hagen, Monographie des Gomphines, con 23 tavole, “ Mém. Soc. de 


Liège ,, vol. 11. 1858. 
Énumération des Libellules de la Belgique, “ Bull. Ac. de Brux. ,, 7. 1840. 
Nouvelles Libellulidées d'Europe, “ Revue Zool. ,. 1841. 
Nouvelles additions aux Libellulidées de la Belgique de 1840-43, “ Bull. Ac. 
de Brux. ,, 10. 1843. 
Note sur quelques Libellules d'Europe, “ Ann. Soc. Ent. France ,, 2 ser. 
I. 1843. 
Revision of the British Libellulidae, “© Ann. of nat. hist. ,, vol. 18. 1846. 
Liste des Libellules d’Europe et diagnose de quatre espèces nouvelles, 
“ Rev. Zool. ,. 1848. 


. et Hacen, Revue des Odonates d’ Europe - Complément et supplément à la 


monographie des Libellulidées d'Europe ,. Bruxelles, 1850. 

Résumé géographique sur les Libellules de VItalie continentale et insulaire, 
“ Mem. Accad. Sc. di Torino ,, 2* ser., vol. 11. 1851. 

Sur la Sauterelle voyageuse observée en Belgique, “ Bull. Acad. de Belg. ,, 
vol. 16. 1849. 

De la chasse et de la préparation des Neuroptères. Paris, Deyrolle, 1859. 

La Libellula erythrea en Belgique, “ Ann. Soc. Ent. Belg. ,, vol 21. 1878. 
Note sur deux Libellulines du genre Urothemis (ibidem), v. 21. 
Quatrièmes additions au Synopsis des Gomphines, “ Bull. Acad. Belg. ,, 
vol. 46. 1879. 

Les Odonates de la région de la Nouvelle Guinée, “ Mitth. k. zool. Mus. 
Dresden ,. 1879. 

Nouvelles observations sur les Odonates de la région de la Nouvelle Guinée, 
“ Ann. Museo Civico di Genova ,, XIV. 1879. 

Quatrièmes additions au Synopsis des Caloptérygiens, “ Bull. Acad. Belge ,, 
vol. 47. 

Révision des Ophiogomphus, “ Soc. Ent. Belg. Compt, rend. ,, 64. 1879. 
Descr. of a new sp. of PhyUomacromia from West Africa, © Ent. Mont. 
Magaz. ,, v. 16. 1879. 

La sous-famille des Psociens en Angleterre, en Belgique, en Scandinavie, 
“ Compt. Rend. Soc. Ent. Belge ,, 71. 1880. 

Lais Devillei (ibidem). 1880. 


MICHELE EDMONDO DI SELYS LONGCHAMPS — COMMEMORAZIONE 338 


quale, fino agli ultimi suoi anni, egli arricchì le nostre cono- 
scenze intorno a questi insetti di fatti nuovi ed interessanti. 


La produzione scientifica del Barone Selys de Longchamps 


può a taluno sembrare, considerata colle idee moderne, anti- 


Sur une race de Vl’ Ascalaphus boeticus (ibidem), v. 23. 1880. 

Neophya, nouveau genre de Cordulines (ibidem). 1881. 

Odonates des Philippines, “© Anal. Soc. Espan. Hist. Nat. ,, Il. 1882. 
Sur quelques variétés ou aberrations des Zygaena de Belgique, “ Soc. Ent. 
Belg. Compt. Rend. ,, n. 20. 1882. 

Synopsis des Aceschinines (ibidem), vol. 5. 1883. 

Sur la distribution des Odonates en Afrique, © Rev. Sc. Nat. Montpellier ,, 
(3) v. 1. 1881. 

Les Odonates du Japon, © Ann. Soc. Ent. Belge ,, v. 27. 1884. 

Nouveau Mocrogomphus (ibidem). 1884. 

Revision des Diplax paléartiques (ibidem). 1885. 

Programme d'une revision des Agrionines (ibidem). 1886. 

Rectification concernant l’Onychogomphus Genei (ibidem). 1886. 

Odonates nouveaux de Pékin (ibidem). 1887. 

Note sur deux Crustacés Entomostracés de Belgique (ibidem). 1887. 
Odour observable in males of Pieris napi, “ Ent. Mont. Mag. ,, v. 24. 1888. 
Charles Donckier de Donceel, “ Soc. Ent. Belge ,, 101. 1888. 

Odonates des îles Loo-Choo (ibidem). 1888. 

Sur Vhivernation des deux espèces d’Odonates (ibidem). 1888. 

Notice nécrologique sur Eugène Bellier de la Chavignerie (ibidem). 1889. 
Odonates de l’Asie mineure, ete. (ibidem), v. 31. 1889. 

Where does Gonepterye rhamni hibernate? * Ent. Mont. Mag. ,, 25. 1889. 
Catalogue raisonné des Orthoptères et des Névroptères de Belgique, È Ann. 
Soc. Ent. Belge ,, v. 32. 1890. 

Odonates de Sumatra, “ Ann. Mus. Civico di Genova , (2), v. 7. 1900. 
Palacophlebia nouvelle légion de Caloptérygiens, “ Compt. Rend. Soc. Ent. 
Belg. ,, 116. 1890. 

Proneura nouveau genre d’ Agrionines (ibidem). 1890. 

Insect migration at Heligolana, © The Naturalist ,. 1888. 

Causeries odonatologiques, “ Soc. Ent. Belge ,. 1891. 

Odonates di Birmania, © Ann. Mus. Civ. di Genova , (2), vol. 10. 1891. 
Additions aux Odonates des Philippines, “ Ann. Soc. Espan. Hist. nat. ,, 
vol. 20. 1892. 

Adrien Maurissen - Notice nécrologique, “ Ann. Soc. Ent. Belge ,, 
vol. 36. 1893. 

Causeries odonatologiques, n. 7 (ibidem), vol. 38. 1894. - n. 8, vol. 40. 1896. 
- vol. 41. 1897. - vol. 42. 1898. 

Le progrès dans la connaissance des Odonates. Congr. internat. zool- 
Leyde, 1896. 


334 L. CAMERANO — M. E. DI SELYS LONGCHAMPS - COMMEMORAZIONE 


quata; ma, per giudicarla, è d’uopo riportarsi colla mente al 
periodo dello svolgimento della zoologia, al quale essa in gran 
parte appartiene: a quel periodo, vale a dire, in cui imperavano 
le idee cuvieriane e in cui i principii evoluzionistici del Lamarck, 
del Geoffroy Saint-Hilaire, del Goethe si consideravano, dai 
più, destituiti di qualunque base scientifica e come elocubrazioni 
di menti esaltate e malsane. 

Il Barone de Selys Longchamps non si occupò nè di ri- 
cerche anatomiche, nè delle grandi questioni biologiche che pre- 
occuparono la mente dei Naturalisti dopo le pubblicazioni 
darwiniane. Certamente le cure della vita politica gli impedi- 
rono di rivolgere allo studio dei viventi tutta l’attività della sua 
mente eletta e del suo spirito arguto ed osservatore di cui diede 
splendida prova in tutti gli argomenti che egli prese a trattare. 
L’opera sua nel campo degli studii zoologici fu tuttavia buona 
ed utile, e fu opera duratura. 

L'Accademia Reale delle Scienze del Belgio, le Società En- 
tomologiche e Zoologiche del Belgio, della Francia, dell’Italia, 
dell’ Austria, della Germania, dell’ Inghilterra ebbero ad onore 
l’annoverarlo fra i loro soci più illustri. La nostra Accademia 
l’aveva nominato socio corrispondente fino dal gennaio 1841. 

Il Governo Belga, il Governo Francese, il Governo Italiano 
lo insignirono dei gradi cavallereschi più elevati. Era stato no- 
minato da Vittorio Emanuele II Gran Cordone dell'Ordine dei 
Santi Maurizio e Lazzaro. 

Dalle lettere private che si conservano nell’ Archivio del 
Museo Zoologico di Torino, dai suoi scritti pubblicati, dai ri- 
cordi di chi l’ha conosciuto: personalmente, il Barone Selys di 
Longchamps appare uomo di grande bontà d’animo e di mente 
larga e liberale. La morte sua priva la scienza di uno dei suoi 
benemeriti lavoratori, il partito liberale Belga di uno dei suoi 
uomini più autorevoli, l’Italia di un amico provato e sincero, 


MARIO PIERI — SUI PRINCIPII CHE REGGONO, ECC. 395 


Sui principi che reggono la Geometria delle rette. 


Nota di MARIO PIERI. 


Nel titolo di questa Nota si allude alla Geometria dello 
spazio rigato secondo il concetto di Jur. PLicker (*): cioè dello 
spazio, inteso per classe o varietà di tutte le rette 
ch’esistono: dove qualunque figura, generalmente parlando, 
si definisce non come classe di punti o di piani; bensì come 
classe (o classe di classi) di rette. In ordine ai molti studî, 
che già si ebber di questo ramo della moderna Geometria — 
dalle prime ricerche del PLickeR sino alle più moderne inve- 
stigazioni di F. KLern, C. Seere, R. Sturm ed altri — si os- 
serva un fatto di certa importanza nei riguardi deduttivi: ed è 
che tutti quanti gli Autori — se non parlan di retta come di 
un ente numerico — presuppongon formata e acquisita la no- 
zione del punto; e reggonsi in parte sulle premesse da cui 
dipende l’ordinaria Geometria Projettiva. Non è dunque senza 
interesse il proposito di stabilire è principî d'una geometria projet- 
tiva dei raggi, senza nulla accettar dal di fuori; tranne, s'intende, 
quel fondo di pura Logica, ch'è necessario al discorso; e senza 
nulla presumere, insomma, di quel che appartiene ad altre dot- 
trine analitiche o geometriche. 

Scopo del presente Saggio è appunto il mostrare per sommi 
capi come si possa ricostruire deduttivamente il materiale del- 
l’ordinaria Geometria Projettiva (dei punti e dei piani) sul fon- 
damento di due sole nozioni elementari, tolte alla Geometria della 
Retta. Queste sono l’idea generale di raggio, e la relazione d’in- 
cidenza fra raggi. Le quali pertanto si assumono in qualità di 
primitive o dogmatiche, né son quì definite altrimenti che. per 


(*) “ On a New Geometrie of Space ,, Proceed. of the Royal Soc. of 
London, vol. 14, 1865; e Philos. Trans., vol. 155, 1865. Indi “ Neue Geo- 
metrie des Raumes etc. ,, Leipzig, 1868-69. 


336 MARIO PIERI 


postulati; onde restan capaci di molte interpetrazioni oggettive. 
Il Lettore si avvedrà facilmente, che tutte le nostre proposiz.' 
convengono al significato di retta projettiva — intesa come indi- 
viduo, e non come classe di punti, o di piani — per raggio; 
e al fatto dell’incontrarsi in un punto projettivo, ovver del gia- 
cere în un piano projettivo, per incidenza fra raggi. — Di poi 
tutta quanta la Geometria projettiva dei raggi si potrà dir 
senza più stabilita logicamente su quelle basi: sia che vogliamo 
introdurre le coordinate projettive d'un raggio variabile; sia che 
affrontiamo direttamente lo studio di forme rettilinee (complessi, 
congruenze, rigate) con gli strumenti costruttivi e sintetici della 
moderna Geometria: visto che a tutto ciò non fa d’uopo alcun 
nuovo principio deduttivo, ma solo opportune definizioni nomi- 
nali ed esplicite. 


$ 1°, 


Il fascio di raggi. 


Il termine “ raggio , è per denotare un certo ente pri- 
mitivo — che chiameremo talvolta anche “ retta , — circa il 
quale si afferma intanto che (*): 


n 


P1. Posrut.° I. Il raggio è una classe non illusoria. — Val 
quanto dire, in somma, che “ raggio è nome comune agli 
enti d’una classe (non è un nome proprio) ,; e che “ qualche 
raggio esiste ,. 

Premesso che a e d sono raggi, con le frasi “ « taglia d ,, 
“a incontra d ,, ecc., si vuole affermar che una certa 
relazione primitiva — significata nelle forme verbali 
“ taglia ,, “ incontra ,, ecc. — intercede fra la retta « e la 
retta d. Circa la classe “ raggio , e la predetta relazion 
d’“ incidenza , null'altro si sa, né si ammette, fuor di quel 
tanto, che si concede man mano esplicitamente dalle propos. 
primitive o postulati. 


(*) Si useranno le abbreviazioni P, Df, Tr, Hp, per Proposizione, Defi- 
nizione, Teorema, Ipotesi. 


SUI PRINCIPII CHE REGGONO LA GEOMETRIA DELLE RETTE 337 


P2. Posrur.° II. Ogni raggio incontra sè stesso. — Dunque 
la relazione dell’“ incontrare , sarà riflessiva: a è un raggio, 
dunque a taglia a; ecc. 


P3. Posrur.° III. Essendo « un raggio, esiste almeno un 
raggio, che taglia « senza coincider con a. — La rela- 
zione di coincidenza fra raggi non differisce dall’eguaglianza 
logica; e, come questa, si può definire esplicitamente per 
mezzo della nozion di “ figura ,, o “ classe di raggi ,. 
Due rette coincidono (si confondono in una) se non esiste 
una classe di raggi, a cui l’una appartenga e non l’altra. 
Due figure coincidono, se ogni raggio dell’una spetta 
anche all’altra, e viceversa. Ecc. 


P4. Posrun.° IV. Posto che a, d siano raggi distinti, e che 
a tagli 6; si deduce che > taglia a. — L'incidenza è 
pertanto una relazione conversiva o simmetrica. La re- 
lazione contraria di “ a taglia è , si afferma dicendo che 
“le rette a e d sono sghembe ,. 


P5-Df. “ Date le rette a, è che s’incontrino senza confondersi, 
“ per “ fascio ab, , o “ congiungente a con d ,,, s'intende 
“la classe di tutti quei raggi, ognuno de’ quali s'incontra 
“con ogni retta, che tagli al medesimo tempo a e d,. — 
La stessa figura si rappresenta col simbolo “ [ad] ,. Sicché 
la prpsz.°: “x appartiene ad [ad] , viene a dire, che “ « è 
una retta; e non esiste alcun raggio incidente a e d, ma 
non £,. 


P6-Tr. “ Essendo a e d come sopra, le figure [ad] e [da] si” 
“ confondono; ossia ciascuna è contenuta nell’altra ,. 
PY-Tr. « Date ancora le rette « e è come sopra, ciascuna di 
“ esse appartiene ad [ad]; e ogni raggio, il quale appartenga 
“ad [ab], dovrà certamente incontrarle ,. [Così dall’Hp. e 

dalle P2, 4, 5.] 


P8-7r. “ E due raggi, i quali appartengano insieme ad [ab], 
“ certamente s'incontrano. , [Dalle P4, 5, 7.] 


P9-Tr. “ E se c,d sono raggi di [ad], per altro non coincidenti 
“ fra loro, il fascio [cd] sarà contenuto in [ad]. , [Invero, 
qualunque retta incidente « e d taglia inoltre c e d per Hp 


338 MARIO PIERI 


(P4, 5); dunque un raggio, che tagli ogni retta secante e e 
d, dovrà tagliare eziandio tutti i raggi che incontrano a e d.|] 


P10. Posrur.° V. Dal supposto, che due raggi « e è s’incon- 
trino senza confondersi, e c sia un raggio di [ab] non 
coincidente con a; si deduce, che d appartiene ad [ac]. 


P11-7r. “ Sotto la stessa Hp abbiamo, che i fasci [ad] ed [ac] 
“ si confondono. , [Invero, per P7, 9, [ac] sarà contenuto 
in [ab]; e d’altra parte la sostituzione (7?) non infirma l’Hp, 
grazie a P7,10, ecc.] 


P12-7r. “«“ Dall’Hp della P9 consegue, che i fasci |ab] e [ed] si 
“ confondono. , [Se d coincide con a, sussiste il Tr in virtù 
delle P6, 11. Se a e d son distinti, bisognerà che i fasci 
[ab] e [ad] si confondano, grazie a ()P11: per la qual cosa, 
c spettando a [da](P6), si deduce, in virtù di ($)P11, che 
i fasci [da] e [de] si confondono. Ecc.] 


P13. Posrur.° VI. Qualunque volta due raggi « e d si ta- 
gliano senza confondersi, nel fascio [ab] giace almeno 
un raggio diverso da a e da d. 


20. 
La rete di raggi. 


Dopo il fascio, si definisce la rete (da interpetrar come stella 

di raggi, o come piano rigato, a piacere). Le prps.! di questo $ 

. contemplano appunto una rete: le distinzioni e i confronti ven- 

gono appresso ($ 3). 

P1. Posrur.° VII. Dato che a, d siano raggi distinti e l’un 
l’altro incidente; dovrà esistere un raggio, che li tagli 
ambedue senza giacere in [ab]. 

P2-Tr. “ Esiston per certo tre raggi a, db, c, che ciascuno è di- 
“ verso dai rimanenti e li taglia, senz’appartenere al loro 
“ fascio. , [L'esistenza di due rette «, 5, che s’incontrano 
senza coincidere, emerge senz'altro dalle P1,3 $ 1. Il resto 
è detto in P1, date le P4,7,10$1, ecc.|. Ancora: se una 
retta. a è data, esistono al certo due rette è e c per modo 
che ecc., ecc. 


le itet""!| 


SUI PRINCIPII CHE REGGONO LA GEOMETRIA DELLE RETTE 339 


P3-7r. “ Premesso che a, è siano raggi distinti e l’un l’altro 


“ incidente ; che c sia un raggio secante « e è, ma non posto 
“in [ab]: si deduce, ch’esiste al certo una retta d, secante 
“a e 5 ma none. , [Se non esistesse, c spetterebbe ad [ab], 
contro l’Hp. Ved. le P4,5,8$ 1]. Anzi, scelti i raggi a e d 
come piace, dovranno esistere al certo due rette c e d per 
modo che ecc. ecc. 


P4-Df. «“ Si chiama “ triraggio ,, o “ trilatispigolo , la figura 


“ costituita in tre rette, di cui ciascuna incontri ciascuna; 
“ se però non esiste alcun fascio di raggi che le contenga. , 
— Tali son sempre, ad es., le rette a, 9, c delle P2,3. — 
I tre raggi son gli elementi (lati o spigoli) del trilatispi- 
golo: e ognun vede che a questa figura — esistente a tenor 
di P2 — compete la doppia interpetrazione di “ trilatero 
ovver trispigolo ». 


P5-Df. “ Dati i raggi a, dè, c che siano elementi d’un trilatispi- 


“ golo (P4), per mezzo del segno “ [a, de], — che si tra- 
“ duce in “ congiungente « con [bc], — denotiamo la 
“somma logica dei fasci di rette, ognun de’ quali congiunga 
“ la retta a con un raggio arbitrario del fascio [be] (P5$1).,, 
Dunque la frase “x appartiene ad [a,bc] , starà per la 
props.°: “ esiste nel fascio [bc] qualche retta y — necessa- 
riamente incontrata dal raggio a e diversa da questo (P5$1, 
P4, ecc.) — tale che x appartenga ad [ay] ,. 


P6-Tr. “ Date le rette a, db, c come dianzi, ciascuna di esse ap- 


“ partiene alla congiungente a con [bc]; anzi questa con- 
“ tiene i tre fasci [ad], [ac], [de]. , 


PY7-Tr. «“ E qualunque raggio della figura |a, de] dovrà tagliar 


“ tutte e tre le a, b, c. ,. 


P8-Tr. “ Sotto la stessa Hp, due raggi spettanti alla figura [@, de] 


P9. 


“ necessariam.° s'incontrano. , [Siano e’, fl due raggi del 
fascio [dc], tali che e spetti ad [ae], f ad [af]. Dunque il 
raggio e incontra ogni retta segante ad un tempo a ed e' 
(P5$1). D'altra parte f, incontrando i raggi a, d e e (P7) 
taglia e' (P5$1) ed a.] 

Posrur.° VIII. “ Posto che i raggi a, è e c siano ele- 
menti d’un trilatispigolo (P4); se a’ è un [dc] diverso 
Atti della R. Accademia. — Vol. XXXVI. 23 


340 MARIO PIERI 


da d e da c, e similmente d' un [ca] diverso da c e da a, 
deve esistere almeno un raggio comune ai due fasci 
[aa'] e [d5']. 

P10-Tr. “ Essendo a, bd, c lati o spigoli di un trilatispigolo, e d' 
“un raggio di |ac]; si deduce che il fascio [52'] giace tutto 
“ nella congiungente @ con [bc] (P5). , Per la dimostr.® di 
questa e delle prps. che seguono intorno alla rete, mi ri- 
chiamo senz’altro alla mia memoria sui “ Principî della 
Geometria di Posizione composti in sistema logico-deduttivo , 
— pubblicata negli Atti dell'Accad. delle Scienze di Torino, 
ser. 22, tomo XLVII (1898). Se nel $ 3 di codesta mem. leg- 
giamo dovunque raggio invece di punto; interpetrando la 
“ congiungente ab di due punti distinti , per “ fascio indivi- 
duato da due raggi a e db, che s'incontrano senza coincidere ,; 
le premesse, da cui procedono le prps.! sul piano projettivo che 
formano oggetto di quel $, son vere anche qui — come si 
chiarirà tra poco ($ 4). Talchè le P10-19 intorno alla rete di 
raggi si specchiano: logicamente nelle P10, 11, 12, 14, 16, 
17,,18, 19, 20, 21 della mem. cit. (pag. 16-18). 

P11-Tr. “ Se le rette a, d, c siano ancora elementi d’un trilati- 
“ spigolo, si dimostra che le figure [a,de].e [d, ac] coin- 
“ cidono. , 

P12-Tr. “ Se, date ancora le rette a, 5, c come sopra, d sia un 
“ raggio della figura [a, bc] diverso da d; tutto il fascio [bd] 
“sarà contenuto in quella. , 


P18-Tr. “ Anzi tutte e sei le figure [a, dc], [a, cb], [d, ac], [d, ca], 
“ [c, ab), [c, ba] coincideranno in una sola e medesima fi- 
“ gura “[abe] ,, da chiamarsi “rete ade ,. , 


P14-Tr. “ Sempre che le a, 5, c formin trilatispigolo, 4 essendo 
“ un raggio del fascio [be]; ne inferiamo, che la rete [ade] 
“ (P13) si confonde con [add] o con [acd]. , 


P15-7r. “ Dati i raggi a, db, c come sopra; se un raggio d sta 
“ nella rete |adc], ma non appartiene ad [ab], si conclude, 
“ che le reti [ade] e [abd] coincidono. , 


P16-7r. “ Essendo a, 5, c gli elementi d’un trilatispigolo, poscia 
“d, e raggi spettanti alla rete [abc] — tali invero, che a, 


SUI PRINCIPII CHE REGGONO LA GEOMETRIA DELLE RETTE ‘841 


“ d, e siano ancora elementi d’un trilatispigolo — bisognerà 
“ che le reti [abc] e [ade] si confondano. , 


P17-Tr. «“ Di nuovo essendo a, d, c gli elementi d’un trilatispi- 
“golo; se avvien che tre raggi d, e, f, spettanti alla rete 
“ [abc] siano ancora elementi di un trilatispigolo, le due 
“ reti [ade] e [def] coincidono. , 


P18-7r. “ Essendo «a, 6, ce come sopra, qualsivoglia coppia di 
“ raggi e, f spettanti alla rete [adc|, purchè non coincidenti, 
“ determina un fascio [ef] contenuto per intero in [ade]. , 
[Uno almeno dei raggi «,5,c sarà escluso dal fascio |ef](P4): 
sia per es. 4; di guisa che le rette «, e, f sono eziandio gli 
elementi d’un trilatispigolo (P12$1 e P4). Or si confondon 
le reti [abc], [aef] (P6, 13, 16): sicché basta sol richiamarsi 
a (:*)P6 e P13 per concluder la Tesi.] 


P19-7r. “ E se nella rete [abc] si dànno quattro raggi d, e, f, 9 
“ per modo, che né d coincida con e, né f con 9g, dovrà esi- 
“ stere almeno un raggio comune ai due fasci [de], [fg]. » 


8190, 
Lo spazio rigato. 


P1. Posrut.° IX. Se di due rette a e 2, che s’incontrano senza 
coincidere, ognuna è tagliata da due rette sghembe c 
e d: allora ogni raggio, che incontri al medesimo 
tempo a e è, dovrà tagliare uno almeno dei raggi c,d. 


P2. Posrur.° X. E ogni raggio, che incontri tutte e quattro 
le rette «,5,c,d, giace nel fascio [ad]. 

Le dieci prps. primitive ammesse fin qui non importano 
alcuna restrizione circa i caratteri dell'ente “ raggio ,, dai 
quali dipende il numero delle dimensioni spettanti allo spazio 
rigato (alla “ classe di tutti i raggi possibili ,) nell’ or- 
dinaria interpetrazione fisica di quello. Lo stesso è dei 
cinque postulati che seguon l’undecimo ($ 4). — Benché 
sembri possibile svolgere dalle premesse I-X e XII-XVI una 
Geometria dei raggi e dei punti (stelle di raggi) equiva- 
lente alla Geom.* delle rette e dei punti in uno spazio 


P3. 


P4- 


PS- 


MARIO PIERI 


projettivo da quante si vogliano dimensioni (*); qui non di 
meno si preferisce il convergere le deduzioni sull’ordinario 
spazio di rette (da quattro dimensioni), che per certi ca- 


ratteri di dualità e simmetria va distinto dagli altri, com'è | 


ben noto. Accetteremo pertanto il seguente: 


Posrur.° XI. Dati ancora due raggi « e d che s’incon- 
trino senza coincidere, e data una retta y che non 
tagli a né 3; sarà necessario che questa g incontri 


un qualche raggio di [ad]. — Laonde (P7$1): “ Ino 


qual si voglia fascio di raggi esiste una retta segante una 
retta data ad arbitrio ,. (Già si sa che una retta non può 
tagliarne due raggi del fascio l’un l’altro distinti, senza 
incontrar tutti i raggi di quello: ved. P5, 12 $ 1). — Questa 
propos.® dovrà certamente rimuoversi, da chi voglia passare 
agli spazîì superiori. 

Tr. “« Essendo a, db, c gli elementi d’un trilatispigolo; qua- 
“ lunque raggio x, che tagli ad un tempo a, d e ce dovrà 
“ star nella rete [ade]. , [Date le P6,13$2, si può con- 


ceder, che x non appartenga a nessuno dei fasci [ab], [ac], 


[bc]. Sia (P3$ 2) d un raggio, che tagli a e è ma non c; 
esso incontra per certo una retta del fascio [cx](P3): sia 
questa, per es., y. Bisognerà che y tagli a, 5 e c, dal mo- 
mento che queste sono incontrate dalle c, x per Hp. (P2, 
5$1; ecc.). Dunque essa taglia in un tempo le quattro rette 
a, b,c,d; per cons. appartiene ad [ad] (P2, ecc.): sicché basta 


ormai richiamarsi ad (2}%)P10$ 1 e P5,13 $ 2]. — Pertanto | 


(P7$ 2): “ La figura [abc] si confonde con la varietà delle 
rette incidenti a, è e c ,. E come corollario: “ Più rette, 
di cui ciascuna incontri tutte le altre, stanno sempre in 
una rete. , 


Tr. “ Date le rette a, 5, c come sopra, e dato un raggio e 


“ non spettante alla rete [abc]; le rette di questa, che si 
“ appoggiano ad e, sono un fascio. , |Il raggio e può ta- 
gliare una o due delle rette a, è, c (P4): ma in ogni modo 
almeno tre raggi x, y, 2, giacenti rispettiv.° nei fasci [ab], 


(*) Ved. per es. la mem. cit. sui Principî della Geom. di Posiz.° ecc., 


$$ 11, 12. 


ssd 


SUI PRINCIPII CHE REGGONO LA GEOMETRIA DELLE RETTE 343 


[ac], [bc], si appoggiano ad e (P3); né può darsi, che tutti 
e tre si confondano in uno (P11$1 e P482). Se per es. x 
non coincide con y, la congiungente [xy] di questi sarà un 
fascio di raggi spettanti alla rete (P8,18 $ 2) e tutti inci- 
denti e (P5$1). È poi fuor di dubbio, che niun altro raggio 
t della rete può appoggiarsi ad e: se no questa e giace- 
rebbe in [xyt](P4), vale a dire in [abc] (P17 $ 2), contro l’Hp.|] 


P6-Df. “ Sotto l’Hp. della P1, le reti [ade] e [add], con un 
“ fascio [ab] di comune, si diranno “ congiunte , fra loro. , 


P7-Tr. “ Data una coppia di raggi a, 6 che s'incontrano senza 
“ coincidere, esiston due reti, anzi due sole reti (congiunte 
“ fra loro) che la contengono. , [Esiston due rette sghembe 
c, d, che si appoggiano ad ambo le rette a, 6 (P1,3$ 2); 
quindi esiston per certo due reti congiunte [abc], [add], 
come vuole il Tr (P5,7$2; P6, ecc.). D'altra parte una rete 
passante per a e per 5 dovrà contener l’uno o l’altro dei 
raggi c, d (P1,4): dovrà dunque coincider con una di quelle 
(P17$2).] 


P8-Df. “ Essendo a, è, c gli elementi d’un trilatispigolo, chia- 
“ meremo talvolta |adc] quella rete, a cui spettano i raggi 
#go.nia non c'(P7)., 


P9-7r. “ Si dimostra, qualmente le reti [ad], [2ca](P8) non 
“ hanno raggi a comune, da è in fuori. , [Ogni raggio co- 
mune a queste due reti, tagliando insieme a, d e c sta nella 
rete [ade](P7 $ 2, P4); e per cons.? nel fascio [ad] comune 
alle reti [ade], [a62](P5, ecc.) — come ancora nel fascio [be], 
per lo stesso motivo. Ma non c’è raggio diverso da d, che 
sia comune a quei fasci [ad] e [bc](P4$2, ecc.).] 


P10-Tr. “ Date le a, d, c,d tal quale in PI, le reti [acd] e [dda] 
“ non avranno alcun raggio in comune. , [Invero qualunque 
retta comune, tagliando ciascuna delle a, d, c, d, spetterebbe 
ad [ab](P2). Ma questo fascio e la rete [acd] non hanno 
elementi a comune, dal raggio a in fuori: se no tutto il 
fascio (P18$2), e per cons. anche 8, giacerebbe in quella 
rete. Similmente [ad] e [bea] non hanno altra retta in co- 
mune che d: ecc., ecc.] 


344 MARIO PIERI * 


Le P7,9,10 ne accertano dell’effettiva esistenza di reti 
non aventi aleun raggio a comune, di reti aventi a comune 
un sol raggio, e di reti con un fascio di raggi a comune. 
— Che non vi sian possibilità fuor di queste — in ordine 
agli elementi comuni a due reti non coincidenti fra loro — 
è già detto in P17$2. 


P11-Df. “ Due reti son per chiamarsi “ omogenee ,, se hanno 
“a comune un sol raggio, ovver se coincidono; “ ete- 
“rogenee , in qualunque altro caso. , — La relazione 
d'omogeneità fra due reti è perciò riflessiva e simme- 
trica; doveché la contraria è soltanto simmetrica. 


P12-Tr. “ Date le a, d, c, d come sopra, non esiste una rete 
“omogenea con ambo le reti [ade], [add]. , — Per tanto: 
“ Se delle reti P, Q, È avviene che Pe Q sian congiunte, 
ed È omogenea di P (o di Q), ER sarà certamente etero- 
genea:' di Q (o di P). Ved. P6,11., [Una rete R abbia un 
sol raggio x a comune con [ade], e questo ancora esterno 
ad [ad]; sicché le reti R e [abx] si confondano. Non può 
darsi alcun raggio comune alle È e [add]; perché, se un 
tal raggio esistesse, spetterebbe ad [ad] (P2), non men che 
alla rete [abc] (P6$2, ecc.), contro l’Hp. Dunque in tal caso 
le R e [abd| non saranno omogenee (P11). — Di poi sup- 
poniamo, che x appartenga ad |ad] (dunque x diverso da d; 
e ancor diverso da uno almeno degli a e 5, per es. dal 
raggio a; dunque esterno ad [ac], ecc.). Se avvien che È 
passi per d, tutti i raggi del fascio [dx] son comuni alle 
reti R e [add] (P18$2): né queste però si confondono; perché 
il coincidere farebbe sussister due rette distinte a e d co- 
muni alle reti & e [abc], contro l’Hp: dunque le R e [add] 
eterogenee. Se poi d non spetta ad PR, fra i raggi di È che 
incontrano a, e sono pertanto un fascio (P5), ce n'è sempre 
uno almeno — sia per es. y — che non taglia e (quindi 
esterno ad |ax], ecc.): ché se tutti incontrasser e, spettando 
insomma alla rete |acx], vale a dire alla rete [ade](P8,17$2; 
P4, ecc.), bisognerebbe anche qui, come dianzi, che a e 5 
fosser comuni ad R e [abc], contro l’Hp. Dunque la rete 
[axy](P5$2) vale a dire [ady](per via di P15 $2, visto che 


SUI PRINCIPII CHE REGGONO LA GEOMETRIA DELLE RETTE 345 


x taglia in un tempo a, b, y) avendo con R a comune il 
fascio di raggi [xy] e nessun altro raggio, sarà congiunta, 
e però eterogenea, di R. Ma la stessa [«by] deve al. certo 
coincider con una delle due reti [ade], [add] (P7): né può 
coincider con [abc], dal momento che tiene una retta y non 
incontrante c.] — Con l’ultima parte di codesta argomen- 
tazione rimane insomma provato, che 


P13-Tr. “ Qualunque volta una rete £ contenga un qualche 
“ raggio di un dato fascio [ad], sarà sempre congiunta con 
“ una delle due reti contenenti quel fascio. , (Ved. anche P6). 
Anzi con una soltanto, in virtù del seguente 


P14-Tr. “ Essendo a, 5, c gli elementi d’un trilatispigolo, 4 una 
“ retta incidente @ e d ma non c, poscia e un raggio inci- 
“ dente @ e c ma non 5; le reti [add], [ace] non avranno 
“ elementi a comune, dal raggio a in fuori. , — Sicché: 
“ Due reti congiunte ad una medesima rete sono sempre 
omogenee ,. [Un raggio a’ comune a quelle due reti e di- 
verso dal raggio a (dato che esista) non appartiene per 
certo alla rete [adc]: perché, in più di a, i fasci [ab] ed [ac] 
non ammetton raggi a comune (P4,5, ecc.): dunque a’ esterno 
ad. [ab], come pure ad [ac]. Or queste reti [ada'], [aca"] — 
non diverse dalle [add], [ace] — si dovrebber confondere; 
stante che c taglierebbe ciascuna delle a, 6, a'.| 


. P15-7r. “ Date ancora le a, 5, c, d come sopra, qualunque rete 
“ ER, che non abbia alcun raggio in comune con [ade] sarà 
“ certamente omogenea con [add]. , [Da P14 abbiamo, che 
le E e [abd]|] non saranno congiunte. In È esiston due fasci, 
l'uno di raggi che incontrano «, l’altro di raggi che taglian 
5(P5, ecc.): e questi fasci tengono un raggio in comune 
(P19$2) — sia per es. x — il quale, dovendo tagliare am- 
bedue quelle rette, giacerà nella rete [ade], ovver nella rete 
[abd](P1,7,ecc.). Ma in [abe] non può stare; dal momento 
che questa non ha raggi a comune con £. Il raggio x ap- 
partiene dunque ad ambo le reti PR e [abd].] — Dalle P14,15 
abbiamo in somma (P11), che: “ Se di tre reti P, Q, È, le 
P e Q sian congiunte, ed PR sia eterogenea con P, biso- 


MARIO PIERI 


gnerà che Q ed R siano omogenee fra loro ,. In altri ter- 
mini: “ Non esiste una rete, che rispetto a due date reti 
congiunte sia d’entrambe eterogenea ,. 


P16-7r. “ Due reti Q ed È, entrambe omogenee ad una mede- 


“ sima rete P, saranno omogenee fra loro. , — Questo è 
riconoscere insomma la qualità transitiva nella relazione 
d'’omogeneità fra due reti (P11). [Si può conceder, che sian 
tre reti distinte. In allora, se i raggi PQ e PE non coin- 
cidono; la rete Q, contenendo una retta PQ del fascio indi- 
viduato dai raggi PQ e PE (P8$2, ecc.) sarà congiunta con 
una delle due reti P e P’, che passan per quello (P13). Ma 
non è congiunta a P(P6,11); dunque a P'. Per egual modo 
R è congiunta a P'. Ne viene che i fasci QP' ed RP' — e 
per cons. le reti Q ed E — hanno un raggio in comune 
(P19$82): né d’altra parte può darsi che n’abbian più d’uno 
(P6,12). — Se poi le rette PQ e PR si confondono in una, 
questa è per certo comune alle reti Q ed È; ecc.] 


P17-Tr. “ Essendo P, Q, R tre reti; se avvien che nessuna delle 


“ Q, R sia omogenea di P, quelle due saranno per forza 
“ omogenee. , — Carattere antitransitivo dell’eterogeneità 
fra due reti. [Date le P14, 15, resta il supporre, che non 
esista un raggio comune a P e Q. La rete Qa — determi- 
nata da un raggio a di Pe da due rette di Q, le quali 
incontrino a (P5) — e la rete P non hanno, dal raggio « 
in fuori, altre rette in comune (se no le P e Q n’uscirebber 
congiunte alla rete Qa; e p. c. omogenee (P14), contro l’Hp): 
dunque saranno omogenee. Ma, in virtù di P16, non saranno 
omogenee le reti Qa ed R; dal momento che non son tali 
le reti P ed R in Hp. Or non può darsi (P15), che ambo 
le reti congiunte Q e Qa siano eteragenee d’una medesima 
rete R: dunque Q ed È omogenee; c. v. d.] 


SUI PRINCIPII CHE REGGONO LA GEOMETRIA -DELLE RETTE 347 


$ 40. 
Il punto ed il piano. 


Scelta a piacere una quaterna di riferimento 4, 8, c, d, 
come in P1$3, saranno date con essa due reti congiunte [abc], 
[abd]. Le ultime prps.i suggeriscono di partir la classe di tutte 
le reti possibili in due sistemi; ponendo nell’un sistema tutte 
quante le reti omogenee con [ade], nell'altro quelle omogenee 
con [add]: perciò due reti spettanti al medesimo sistema saranno 
sempre omogenee (P16$ 3); e all’incontro eterogenee due reti 
spettanti a sistemi diversi (P11,12,16$3; ecc.). Se muteremo 
ad arbitrio il sistema di riferimento; ovver se al posto delle 
due reti congiunte [ade], [add] porremo due nuove reti £, £' 
a piacere, purché eterogenee fra loro; la partizione fondata 
su queste non sarà in nulla diversa dalla precedente: atteso che 
il sistema di tutte le reti omogenee con È (o con f') dovrà con- 
fondersi con uno dei precedenti (P13,14,16,17$3; ecc.). Ad uno 
di que’ sistemi può mettersi il nome di “ punto projettivo ,, 
all’altro il nome di “ piano projettivo ,; cosicché, per es., sian 
punti le reti omogenee con [abc], piani le reti omogenee con 
[abd]. Per mezzo di duet} projettivi distinti sarà sempre in- 
dividuata una retta projettiva, o raggio, appartenente ad entrambi: 
laddove un punto ed un piano non avranno in comune alcun 
raggio, o ne avranno a comune infiniti (un fascio): ved. P11 
$3, ecc. In quest’ ultimo caso si dice opportunamente, che il 
punto ed il piano “ si appartengono , a vicenda; e che cia- 
scuno è “ sostegno , dell’altro: come ancor si suol dire che un 
piano — al pari di un punto —- appartenga a ciascuno dei raggi 
che lo compongono: ecc., ecc. 

L’indifferenza che c’è nell’attribuire il nome di punto all’uno, 
più tosto che all’altro, dei due predetti sistemi di reti (e il fatto 
che questa scelta non abbia effetto di sorta in quanto si dice 
appresso) involge una dualità perfetta fra punto e piano. 

Una volta acquisiti il raggio, il punto ed il piano, chi voglia 
certificarsi dell’effettiva possibilità di cavare da questi dati tutto 
quanto il materiale dell’ordinaria Geometria Projettiva, non avrà 
che da richiamarsi a un qualche noto sistema deduttivo di questa 


348 MARIO PIERI 


scienza; e da riscontrare, se le nozioni primitive e gli assiomi 
d'un tal sistema si possan definire e dedurre dagli enti primitivi 
“ raggio , e “ incidenza fra raggi ,, e dai postulati che versano 
intorno ai medesimi. Per un tal paragone mi riferisco alla me- 
moria citata innanzi sui “ Principî della Geom." di Posiz.*, ecc. »: 
dove i soggetti primitivi sono il “ punto projettivo , e la 
“congiungente due punti proj. distinti ,. Or questi ter- 
mini possiamo definirli senz'altro come equivalenti a “ rete 
omogenea con |adc] ,, e “ classe di tutte le reti omo- 
genee con [abc], che contengono il raggio comune a 
due date reti fra loro distinte e omogenee con [ade], 
— Leggendo din luogo di c, si avrà la definizione di “ piano 
proj.° , e di “ congiungente due piani proj. (fascio di 
piani) ,. La congiungente due 5 | proj.' distinti A e B si può 
indicar con “[4B],; mentre “ AB, denota soltanto il raggio 
comune. 

Poco è da dire in ordine ai primi cinque postulati della 
mem. cit., racchiusi nelle tre prps. seg.” : 


P1-Tr.« 11 5pntei projettivo è una classe non illusoria. , [P2,3$2, ecc.] 


P2-Tr. “ Se P è un iz | proj.°, esiste almeno un 3a { proj.® non 
“ coincidente con P., [Se P= |[efg] sia una rete omogenea 
con [ade], X un raggio che tagli e, f senza incontrar g 
(P3,582; ecc.), allora la rete Q= [hef](P8$3), diversa da 
P, sarà omogenea con P.| O 


P8-Tr. “ Se Pe Q son Bi proj.", Q diverso da P, la congiun- 
“ gente P con Q sarà classe di Bi: proj." , 
Sono ancor soddisfatti i principî VI, VII, IX e X della 
mem. cit., in virtù delle due prps.ì seguenti — e dell’anzi- 
detta defin.° di “ congiungente due reti omogenee ,. 


P4-Tr. “ Dato che P e Q siano rit proj.” non coincidenti, e che 
“ R, S sian | proj." appartenenti alla congiungente [ PQ], 
“ ma diversi fra loro; è forza che le congiungenti | PQ] ed 
“ [RS] coincidano. , 
Il principio VIII (loc. cit., pag. 9) si può inferire da 
P13$1, nel modo che appresso. 


P5-Tr. « Essendo Pe Qi: proj." distinti, alla lor congiùn- 
“ gente [PQ] spetta almeno un ii proj."° non coincidente 


SUI PRINCIPII CHE REGGONO LA GEOMETRIA DELLE RETTE 8349 


“ con P, né con Q. , [Denoti e il raggio PO; f sia un raggio 
di P diverso da e; indi, nella rete Q, sia 9 un raggio se- 
gante f, ma diverso da e(P5$3, ecc.); infine %X un raggio 
del fascio [fg], distinto da f e da g(P13$1). Le reti [e] 
ed [eh7](P8$3) — di cui la prima coincide con P — sa- 
ranno omogenee fra loro e distinte (P9$3, ecc.); e al modo 
stesso le reti [eg] ed [ekg] — la prima delle quali non dif- 
ferisce da Q. Dunque omogenee fra loro, e però coincidenti, 
le reti [ef], [ehg] (P11, 1683). Dunque esiste una rete 
R=[|ehf| omogenea di P e Q, distinta da ognuna di queste, 
eppur contenente e. Ecc.] 
Sono altresì deducibili da quanto precede i principî XI, 
XII e XIII della mem. cit., raccolti nelle tre prps.i che 
seguono. 


P6-Tr. “ Posto che P e Q sian Bini ( proj.! distinti, dovrà esistere 
“ almeno un Bio | pro]j.°, che non appartiene alla congiun- 
“ sente [| PQ] di quelli. , [Operando come dianzi, la rete 
[fg] risulta omogenea con efg] e con [egf].] 


P7-Tr. “ Se quattro reti P, Q, È, S saranno congiunte a una 
“ medesima rete 7 — e per cons.® omogenee (P14,16$3) — 
“ essendo inoltre Q diversa da P, È da S; le congiungenti 
“[P@Q]| ed [ES] per lo meno avranno a comune una rete. ,, 
[Invero le rette PQ ed RS giacendo in 7 — in quanto PQ 
sia comune ai fasci di raggi PT e QT(P19$2, ecc.) — si 
dovranno incontrare (P8$2). Se queste due rette coincidono; 
ciascuna delle reti P, Q, E, S, ecc., sarà comune alle due 
congiungenti. Se non coincidono, saranno ambedue contenute 
in due reti congiunte (P7$3), una delle quali è T': l’altra 
è dunque omogenea con P; dunque spetta (per definizione) 
alle due congiungenti. | 


P8-Tr. “ Date tre reti omogenee P, Q, R, non aventi alcun 
“ raggio in comune (e per cons. distinte); e indicando con 
“ p, q,v i tre raggi QR, RP, PO (che saranno per certo ele- 
“ menti di un trilatispigolo): esiste al certo una rete 
omogenea di quelle; ma non, come quelle, congiunta alla 
rete [pqr]. , [RR è congiunta di [pgr]; avendo a comune 
con questa i raggi p e g, ma non contenendo r. Ora (P3$2, ecc.) 


K 


“ 


350 MARIO PIERI — SUI PRINCIPII CHE REGGONO; ECC. 


esiste un raggio s, che incontra pe q ma non r; e un raggio #, 
che incontra p ed s ma non g. Sarà [pgs]=; e la rete 
[stp] omogenea di È, perché sì l’una e sì l’altra congiunte 
alla medesima rete [pst]. Né può star che le reti [pgr] [stp], 
sian congiunte fra loro; cioè che i raggi di [pgr] secanti s 
formino un fascio appartenente ad [stp] (P7$ 2; P4,6$3; ecc.): 
atteso che il raggio g della prima, mentre si appoggia ad s, 
non incontra # per Hp, e non può quindi appartenere alla 
seconda.] — In somma i tre Bit P, Q È individuano un 
Pistot[pgr], che appartiene a ciascuno di quelli: ma esiston 
sempre dei 3 esclusi da [pgr]. — Il punto, o piano [ pgr]: 
quando è preso per un ente individuo, si potrà designare 
opportunamente con “ PQR ,; mentre il simbolo “[PQR], 
starà meglio per “ classe di tutte le reti congiunte 
orPoh., Ke 


Restano ancora i postul.i segmentarî XIV-XVIII della mem. 
cit.; nessuno dei quali par che si possa inferire dalle premesse 
I-XI del presente sistema. Ma, dopo quanto si è detto e confer- 
mato innanzi, noi potremo accettarli così come stanno anche qui. 
E veramente, quanto fa parte dei $$ 4°-10° (che versano intorno 
al quadrangolo piano e la relazione armonica, al segmento proj., 
agli ordinamenti naturali e sensi d’una retta proj.*, al triangolo 
proj.°, alle trasformazioni segmentarie e al teor.® fondamentale 
di STAUDT) si potrebbe oramai far seguire anche qui, senza nulla 
modificare od aggiungere: dal momento che il fabbisogno dei 
$$ 1°, 2° e 3° lo abbiam riprodotto, benché sotto altra veste, 
in ciò che precede. Ci passeremo financo di riportare in questo 
Saggio le dette cinque props. primitive, da ritenersi aggregate 
alle precedenti I-XI; rinviando senz'altro il Lettore alla mem. cit. 


Catania, Dicembre del 1900. 


See agli fig 


ANTONIO CESARIS-DEMEL — SULLA SOSTANZA CROMATOFILA, ECC. 351 


Sulla sostanza cromatofila endoglobulare in alcuni eritrociti. 


Nota del Prof. ANTONIO CESARIS DEMEL. 


(Con una Tavola). 


Foà e Cesaris Demel in due note successive, comunicate al- 
l'Accademia di Medicina di Torino (1), richiamarono l’attenzione 
degli osservatori sulla presenza nel sangue circolante, di eritro- 
citi, i quali presentano numerose granulazioni tingibili istanta- 
neamente a fresco col rosso neutrale. 

Queste granulazioni possono essere puntiformi o a blocchi 
informi, o a filamenti e si trovano solo in uno scarso numero 
degli eritrociti circolanti, sono abbondanti negli eritrociti del 
midollo delle ossa e possono aumentare o diminuire nei varî stati 
fisiologici e patologici dell'organismo. La loro manifesta origine 
midollare li fa ritenere come forme giovani e la prova speri- 
mentale fa ritenere che la loro comparsa in circolo dinoti una 
utile reazione riparatrice e siano quindi di prognosi favorevole. 

Questi granuli erano già stati, dal 98, colorati col rosso neu- 
trale da Giglio Tos (2) negli eritrociti della lampreda e negli 
eritrociti embrionali degli altri vertebrati, non mai, come questo 
autore esplicitamente afferma, nei mammiferi adulti. Furono 
anche veduti negli eritroblasti di alcuni embrioni da Maximow (83) 
e da Israel e Pappenheim (4), ma nessuno prima di Foà e 
Cesaris-Demel li aveva studiati nell'uomo e tanto meno si era 
cercato di seguirne il comportamento nei varî stati fisiologici e 
patologici, clinicamente o sperimentalmente studiati. 


(1) FoA e Cesaris DemeL, Osservazioni sul sangue, “ R. Accad. di Med. 
di Torino ,, 10 nov. 1899. — Ip., Sui granuli eritrofili dei globuli rossi del 
sangue, © R. Accad. di Med. di Torino ,, 22 dic. 1899. 

(2) E. Grato Tos, IZ rosso neutrale e î granuli emoglobigeni, © Zeitschr. 
f. wiss. Mikrosk. ,, B. 15, 1898, p. 166-172. 

(3) Maxrmow, “ Arch. f. Anat. u. Phys. Anat. Abt. ,, Jahng. 1899, H 1.2. 
p. 33-82. 

(4) O. IsraeL e A. PappenHEIM, “ Virch. Arch. ,, Bd. 143. 1896, p. 419-47. 


POTE. nd 
3593 ANTONIO CESARIS-DEMEL 


Indipendentemente e precedentemente a queste ricerche, 
già dal 1898 fu dimostrato da Poggi (1), come si possano, in 
anemie molto gravi, colorare a fresco alcuni degli eritrociti cir- 
colanti col bleu di metilene sciolto in una soluzione fisiologica 
di NaCl. 

Egli potè vedere che alcuni globuli rossi erano uniforme- 
mente tinti in bleu, mentre altri erano solo parzialmente colo- 
rati e presentavano nel loro interno filamenti, granuli o blocchi, 
di una sostanza intensamente colorata in bleu. 

Poggi cercando di interpretare questo fenomeno escluse 
questo dipendesse da una semplice morte del protoplasma del 
globulo rosso, perchè allora questo si dovrebbe facilmente co- 
lorare anche con altri metodi, di più facendo morire artificial- 
mente gli eritrociti, questi dovrebbero colorarsi tutti col bleu 
di metilene, il che è ben lungi dall’avverarsi. 

Poggi vide che questi elementi colorabili si possono fare 
aumentare sperimentalmente rendendo anemico un animale col 
salasso o con veleni emolitici; per cui concluse che “ quei glo- 
“ buli degli anemici portano, fino dal loro apparire in circolo, di- 
“ sposizioni tali da lasciarsi tingere in modo da differenziarsi per 
“ questo dagli altri elementi ,, disposizioni poi che si possono 
riassumere in una minor resistenza a lasciarsi compenetrare dal 
colore. 

Osservando poi, come questi globuli siano più poveri di 
emoglobina e riferendosi all’ ipotesi di Mondino (2) (ch'è pure 
l'ipotesi di Israel e Pappenheim (3)) sulla scomparsa del nucleo 
negli eritrociti per dissoluzione endoglobulare, egli ritenne che 
il nucleo appena disfatto, permanesse sotto forma di sostanza 
amorfa, avente ancora la proprietà primitiva di tingersi a fresco 
col bleu, quale colore di natura basica. Questi elementi non sa- 
rebbero ancora evoluti, tanto è vero che si trovano abbondanti 
nel midollo (4) e si esagerano dopo il salasso come si esagerano 


(1) Poggi, Di una nuova specie di corpuscolo rosso nel sangue nelle anemie 
gravi, “ Il Policlinico ,, 1° febbraio 1898. Vol. V, M. n. 2. 

(2) Monpino, La produzione delle piastrine e la evoluzione delle emazie 
nel sangue dei vertebrati vivipari, “ Rend. Ace. dei Lincei ,. 1888. 

(3) Loc. cit. 

(4) Poggi a questo proposito così si esprime: “ È logico ritenere questi 
globuli così colorabili, quali elementi in via di evoluzione, e la principale 


vo 


Fi 


SULLA SOSTANZA CROMATOFILA ENDOGLOBULARE, ECC. 353 


i normoblasti e le forme micotiche. Poggi a questo punto si 
domandò se questo tentativo di rigenerazione sanguigna, appa- 
lesato dalla comparsa in circolo di questi elementi tingibili, si 
potesse ritenere di prognosi fausta. Colla osservazione clinica 


ripetuta egli non trovò giusta questa veduta aprioristica, ed 


osservò invece che la riparazione è insufficiente anzi è dannosa, 
perchè la loro facile distruzione concorre ad impoverire il sangue, 
aggravando lo stato anemico nell’individuo. Da ciò la conclu- 
sione che si può far diagnosi di miglioramento in un’ anemia 
solo quando questi granuli diminuiscono o scompaiono. 

Le osservazioni di Poggi furono successivamente ripetute 
da Bidone e Gardini (1) nelle gestanti e nei feti, da Iovane (2) 
nei bambini, da Belli (3) nelle anemie gravi. 

Questi autori, adoperando nella colorazione il bleu di me- 
tilene in soluzioni di NaCl, secondo il metodo indicato da Poggi, 
tranne in qualche piccolo dettaglio, concordano con questi e 
nella descrizione morfologica di questi elementi tingibili, e nella 
interpretazione sul loro significato. Anche per questi autori i 
corpuscoli a granuli tingibili aumentano nelle anemie gravi ed 
il loro aumento è di prognosi sfavorevole. 

Infine e senza tenere nessun conto nè delle osservazioni di 
Foà e Cesaris Demel, nè di tutti gli altri autori citati, Guar- 
neri e ,Daddi (4), studiando il sangue di alcune clorotiche, os- 
servarono che in queste molti globuli rossi presentano granu- 
lazioni di varia grandezza e disposizione, colorabili col bleu di 
metilene sciolto nella forte proporzione di 3-5 °/, in soluzioni di 
NaCl.al 0,90 %/. 


prova sta nel reperto anatomico, avendoli trovati in condizioni normali 
nel midollo delle ossa quando anche non apparivano nel sangue circolante, 
e l'aver visto i medesimi aumentare nel midollo delle ossa degli animali 
salassati ,. 

(1) Bipone e GarpiNI, Le emazie e l’emoglobina della gravida e del feto, 
“ Atti della Soc. ital. di ostetr. e gin. ,. Vol. V. 1898. — Binone, Differenza 
tra sangue fetale e materno nelle anemie gravi delle gestanti, “ Rif. Med. ,, 
XIV. Aprile 1898. 

(2) Jovane A., La colorazione dei corpuscoli rossi del sangue nei bambini 
con l'azzurro di metilene, “ La Pediatria ,, n. 2, 1899. 

(3) Berni, Sulla comparsa dei globuli rossi colorabili a fresco col bleu di 
metilene nel sangue delle gravi anemie, “ Il Policlinico ,, n. 3. 1900. 

(4) Guarneri e Dappi, Sulla metamorfosi nucleinica degli eritrociti. Mi- 
lano, Società Editrice Lombarda, 1900. 


Vo >. 


pwd 


354 ANTONIO CESARIS-DEMEL 


Queste granulazioni talora sono a zolle angolose, talora a 
linee contorte o grossolanamente foggiate a nucleo, o a catene 
di micrococchi , ecc. e comincierebbero a comparire preferibil- 
mente negli eritrociti alterati di forma (microciti, poichilociti) 
e in manifesto impoverimento emoglobinico, e sarebbero corri- 
spondenti a forme simili descritte da Celli e Guarneri (1) nel 
1888, negli eritrociti di alcuni malarici. 

Guarneri e Daddi ancora ritengono che questa alterazione 
non si possa assomigliare alla degenerazione anemica di Ehrlich, 
dimostrabile col fenomeno della policromatofilia, ma ritengono 
sia in stretto rapporto genetico colle piastrine, riaffermando così 
l'origine eritrocitica di questi elementi, origine che se fu anche 
recentemente ed elegantemente sostenuta da Maximow (2), noi 
non dobbiamo ritenere per fondata dopo i lavori recenti di 
Foà (3) e di Sacerdotti (4), che con metodi diversi la dimostra- 
rono insostenibile. 

Secondo i citati A. A. poi queste granulazioni si formereb- 
bero in sito per scomposizione chimica della sostanza proteica 
contenuta nello stroma eritrocitico, composto come la maggior 
parte delle trame protoplasmatiche cellulari, da un nucleopro- 
teide. Questa metamorfosi nucleinica così, sarebbe un fenomeno 
di involuzione che segnerebbe la morte naturale dei globuli rossi. 

Per chiudere poi questa rapida rivista ricordo ancora che, 
come fu per la prima volta da Foà e Cesaris Demel dimostrata 
la presenza nel sangue circolante dell’uomo e dei mammiferi di 
globuli rossi a granuli eritrofili (colorabili col rosso neutrale), 
anche da Poggi, da Belli, da Guarneri e Daddi, e da D'Amato e 
Villari (5), furono ammessi, sebbene in piccola quantità, nel sangue 
normale circolante dell’uomo e dei mammiferi, globuli rossi a 
granuli cianofili (colorabili col bleu di metilene). 


(1) Cerri e GuarneRI, Sulla eziologia della infezione malarica, “ Atti della 
R. Accad. medica di Roma ,, vol. IV, serie II, 1888-89. 

(2) Maximow, Loc. cit. 

(3) Foà, Sulle piastrine del sangue, “ Accad. Med. di Torino ,, 22 di- 
cembre 1899. 

(4) SacerportI, Sulle piastrine del sangue, “ Accad. Med. di Torino ,, 
22 dicembre 1899. 

(5) D'Amato e Vicari, Sulla presenza dei globuli rossi colorabili a fresco 
col bleu di metilene nel sangue degli individui sani e malati, “ Rivista critica 
di Clinica Medica ,, n. 30-31, 1900. 


SULLA SOSTANZA CROMATOFILA ENDOGLOBULARE, ECC. 359 


sip 

L’assoluto silenzio mantenuto dai recenti e ricordati autori 
che adoperarono il bleu di metilene nella colorazione del sangue, 
relativamente ai granuli eritrofili dimostrati da Foà e Cesaris 
Demel, e le osservazioni cliniche dirette alla ricerca di questi 
globuli rossi a granuli eritrofili nell’ uomo, osservazioni nelle 
quali o non è nemmeno lontanamente ricordato il metodo di 
colorazione col bleu di metilene, o se pur è ricordato non è tro- 
vata alcuna analogia con quello al rosso neutrale (1), mi fanno 
ritenere che a nessuno sia balenato il dubbio che i granuli tin- 
gibili col rosso neutrale fossero la stessa ed identica cosa ed 
avessero lo stesso significato dei granuli tingibili col bleu di 
metilene. 

Ora, avendo io notata l’assoluta eguaglianza tra le figure 
del Poggi (specialmente la figura 5° della tavola colorata an- 
nessa al suo lavoro) le figure di Guarneri e Daddi, di Iovane, ecc., 
rappresentanti i granuli tingibili nei globuli rossi col bleu di 
metilene, colle figure che si possono agevolmente ricavare dai 
preparati di sangue colorati istantaneamente a fresco col rosso 
neutrale, ho trovato pienamente giustificato il dubbio e meri- 
tevole di ulteriori osservazioni comparative per essere delu- 
cidato. 

E questo io ho fatto, dolente di essere ora, per l’ufficio mio, 
. separato dal mio amato maestro, il chiar. prof. Foà, che mi 
aveva associato nelle sue prime ricerche a questo riguardo. 


* 
* * 


Per ora io riferisco solamente sulle osservazioni che ho 
fatto esaminando il sangue di varî conigli adulti in perfetto 
stato di salute, che sacrificati, dopo di essere stati esaminati, si 
dimostrarono assolutamente normali. 

Anzitutto ho praticato l'esame a fresco di questo sangue 
colle avvertenze tecniche e colle soluzioni coloranti indicate dal 


4 


(1) Pozzi, Sulla presenza dei granuli rossi colorabili col Neutralroth e col 
liquido di Poggi nel sangue delle gestanti sane, malate, nelle puerpere e nei 
neonati, “ R. Accad. di Med. di Torino ,, 1900. 


Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 24 


= 


356 ANTONIO CESARIS-DEMEL. 


Poggi (1) e dal Guarneri e Daddi (2), e con ambedue i metodi 
ho avuti buoni risultati ed ho potuto convincermi della presenza 
di una speciale sostanza variamente disposta in alcuni dei glo- 
buli rossi, e intensamente colorabile col bleu di metilene. 

Ho trovata più comoda e spiccia la tecnica consigliata da 
Guarneri e Daddi. Io operavo così: 

Sopra un vetro porta-oggetti convenientemente pulito e 
disgrassato, con una bacchettina di vetro pulito, ponevo una 
gocciola di soluzione colorante. Tosato semplicemente l’orecchio 
del coniglio, senza lavature antisettiche, ne pungevo un vaso 
marginale con un ago sterilizzato e ne raccoglievo una goccio- 
lina di sangue colla bacchettina di vetro e colla stessa la por- 
tavo e la mescolavo alla goccia preparata di soluzione colorante, 
sovrapponendovi subito un vetrino copri-oggetti. Dopo un po’ 
asciugavo il preparato avvicinando ai margini del vetrino della 
carta bibula, riducendo così molto sottile ed uniformemente 
disteso lo strato di liquido da esaminare. 

Per fare le soluzioni coloranti ho adoperato parecchie va- 
rietà di bleu di metilene, che ho trovate nel mio laboratorio, 
provenienti da fabbriche diverse ed acquistate a varia distanza 
di tempo. Non ho avuti sensibili differenze di risultati da una 
varietà piuttosto che da un'altra, quando se ne eccettui una 
maggior rapidità di colorazione che ottenni con un residuo di 
bleu di metilene, di pochi grammi, che ho trovato in una boc- 
cetta in cui l’etichetta sporca e corrosa non lascia più distin- 
guere la marca di fabbrica, per cui ritengo che sia facile il 
poter avere un bleu di metilene che si presti a queste ricerche. 


(1) Poggi consiglia una soluzione all’un per cento di cloruro di sodio 
chimicamente puro, dove sia sciolto il bleu di metilene al mezzo per mille. 
In 5 o 6 cme. di questa soluzione colorante, posta in una piccola provetta, 
si mescolano rapidamente una o due goccie di sangue. Poi si lascia depo- 
sitare e dal sedimento (decantando la miscela) si fanno i preparati, ponen- 
done una goccia sotto al vetrino. La colorazione dei globuli rossi a granuli 
tingibili è evidente dopo un'ora, e le osservazioni si possono continuare per 
12-24 ore. 

(2) Guarneri e Daddi o al siero idropeascitico o ad una soluzione al 
cloruro sodico al 0,90 °/ aggiungono 3-5 °% di bleu di metilene. Filtrano 
la miscela dopo 2-20 ore e ne mescolano una goccia con una goccia di 
sangue che distendono sotto al vetrino. Dopo un’ora la colorazione è av- 


venuta. 


SULLA SOSTANZA CROMATOFILA ENDOGLOBULARE, ECC. 357 


Anche la quantità percentuale del bleu di metilene, può 
oscillare in limiti abbastanza lontani (da 0,5°/% a 5°/) senza 
che per questo il reperto sia sensibilmente diverso. Come titolo 
della soluzione di NaCl (per le ragioni che dirò appresso) ho 
trovato ottimo il 0,75 °%. i 

Una soverchia concentrazione di NaCl non giova alla ra- 
pidità della colorazione, anzi la ritarda. 

Qualunque sia il metodo seguito, purchè la mescolanza tra 
sangue e sostanza colorante sia bene eseguita e i globuli rossi 
risultino omogeneamente distribuiti nel campo di osservazione, 
dopo pochi minuti (10-15) si comincia già a differenziare in al- 
cuni dei globuli rossi la sostanza tingibile col bleu di metilene, 
con disposizione svariatissima come abbiamo già replicatamente 
ricordato. A poco a poco la colorazione aumenta di intensità, 
da azzurro pallido si fa sempre più intensa, tanto che general- 
mente dopo 30-40 minuti, ha assunto un colore bleu scuro che 
spicca nettamente sul fondo emoglobinico giallo, leggermente 
verdastro. 

La disposizione di questa sostanza tingibile col bleu di meti- 
lene, sia a granuli, sia a filamenti con punti nodali, sia ad am- 
massi centrali od eccentrici, ecc. ecc., è assolutamente eguale a quella 
‘che assume la sostanza che si colora intensamente in rosso col 
rosso neutrale. 

Per convincermene maggiormente (e tralasciando così il 
criterio immediato che potevo ricavare dalla mia lunga espe- 
rienza in questi esami) preparavo, contemporaneamente a questi 
preparati col bleu di metilene, altri di controllo con soluzioni 
egualmente titolate di NaC1l e di rosso neutrale. 

In questi preparati si aveva solo una più rapida, quasi 
istantanea colorazione della sostanza cromatofila endoglobulare, 
ma le figure che ne risultavano erano sempre assolutamente 
identiche a quelle che con maggior lentezza, ma con eguale chia- 
rezza, erano più tardi colorate col bleu di metilene. 

Ma col bleu di metilene si mettono, secondo i citati au- 
tori, in rilievo anche delle forme diffusamente colorate in bleu, 
con o senza grunuli. 

Nel sangue di alcuni dei miei conigli normali esaminati, ho 
potuto riscontrare anche queste forme, ma non tutte quelle, a 
questo proposito, descritte. Io credo questa divergenza di risul- 


358 ANTONIO CESARIS-DEMEL 


tati dipenda da una errata interpretazione di alcune di queste 
forme descritte, e questo dico solo come semplice ipotesi, perchè 
queste mie osservazioni non si riferiscono per ora a stati pato- 
logici, come erano quelli nei quali furono riscontrate. Ad ogni 
modo ho osservato come alle volte il nucleo rotondeggiante di 
linfociti (quando il sottile alone di protoplasma non sia più di- 
scernibile) o forme parassitarie di saprofiti accidentalmente ca- 
pitati nella miscela colorante, possono tingersi in bleu in modo 
assolutamente identico, ad es., ad alcune delle figure riportate 
dal Poggi (1) (fig. 24-25 della Tavola). 

Ad ogni modo alcune (fig. 16) di queste forme diffusamente 
colorate in bleu io le ho trovate anche in alcuni dei miei co- 
nigli (in altri, senza una ragione palese, mancavano) e talora 
presentavano anche o granuli periferici più intensamente colo- 
rati, o filamenti ad ammassi centrali, ecc. ecc. (fig. 17, 18, 19, 20). 

Nelle prime osservazioni di Foà e Cesaris Demel (2) fatte 
col rosso neutrale non sono descritte queste forme diffusamente 
colorate. 

Riprendendo questo studio e messo sull’avviso dell’esistenza 
di queste forme, ho potuto convincermi che sono dimostrabili 
anche col rosso neutrale. 

Il non averle noi osservate in passato, molto probabilmente 
dipende dai due metodi di colorazione allora adoperati. 

Nel primo, adoperando la sostanza colorante in polvere di- 
rettamente mescolata colla goccia di sangue, sì ottenevano, è 
vero, dei preparati molto dimostrativi, ma erano irregolarmente 
colorati, e si avevano dei campi più scuri dove tutti i globuli 
rossi avevano assunta una tinta di rame, alternati con campi 
più chiari, dove i globuli rossi erano giallo-chiari, senza che ai 
globuli rossi diffusamente più colorati si potesse dare una diversa 
interpretazione che non fosse quella di una sovrapposizione in 
massa del colore. Nel secondo, perchè si adoperava una solu- 
zione troppo debole di rosso neutrale (eppure necessaria per 
l’uso al quale era destinata di contare i globuli a granuli tin- 
gibili coll’apparecchio di Thoma Zeiss) che impediva o rendeva 
troppo lenta questa reazione. 


(1) Fig. I, II, III lettera e. 
(2) Loc. cit. 


SULLA SOSTANZA CROMATOFILA ENDOGLOBULARE, ECC. 359 


Adoperando invece la soluzione di rosso neutrale all’1 °/o 
(in NaCl al 0,75 °/,) anche nei preparati meglio riusciti (cioè 
con pochi globuli rossi uniformemente distribuiti) si può vedere 
che mentre nei primi minuti tutti i globuli rossi hanno il pro- 
toplasma egualmente tinto in giallo, dopo 10-15 minuti comin- 
ciano a comparire globuli più intensamente colorati da un giallo 
arancio ad un vero color di rame, colore che si va sempre più 
accentuando col tempo, e che si manifesta preferibilmente nei 
globuli a granuli eritrofili Èd eccezionalmente negli altri senza 
granuli. 

Anche adoperando il rosso neutrale, ho trovato questi glo- 
buli diffusamente colorabili solo in alcuni dei miei conigli, e 
precisamente in quelli che li presentavano tinti in bleu, per cui 
ritengo che tra gli uni e gli altri vi sia l'assoluta identità. 

Ma Poggi ed altri avevano asserito che questi granuli cro- 
matofili e questa colorazione diffusa si trovavano preferibilmente 
in globuli rossi alterati nella forma (o microciti o poichilociti). 

Dalle mie osservazioni, riferibili al coniglio normale, non si 
può giungere alla stessa conclusione, perchè o granuli tingibili 
o colorazioni diffuse si trovano in globuli rossi di forma asso- 
lutamente normale. 

Di più, Poggi e gli altri osservatori hanno descritto globuli 
rossi a protoplasma incoloro colla sostanza cromatofila a gra- 
nuli sparsi o a filamenti, ecc. o raggruppata ai due poli della 
cellula. 

Nel coniglio normale dapprincipio io ho potuto osservare 
le prime di queste forme (fig. 21-22-23), non mai l’ultima, e questo 
solamente nei preparati colorati col bleu di metilene, non mai 
in quelli al rosso neutrale. 

Questa fu la prima differenza apparentemente sostanziale 
da me riscontrata tra i due metodi. Ma questa differenza, come 
vedremo, non è sostanziale, è semplicemente accidentale, e di 
facile interpretazione. 

Io ho potuto osservare, tentando di modificare i metodi di 
colorazione proposti, come variando la concentrazione del cloruro 
sodico nella miscela colorante, non solo si alterava sensibilmente 
la rapidità del processo di colorazione, ma se ne alterava anche 
il reperto. 

Com'è noto, esaminando del sangue nell'acqua distillata si 


860 ANTONIO CESARIS-DEMEL 


osserva che i globuli rossi perdono istantaneamente la propria 
emoglobina, riducendosi a delle forme incolori, conosciute col 
nome di “ ombre ,. Aggiungendo all’acqua del cloruro sodico 
(in proporzioni crescenti 0,10 — 0,20 9/5, ecc.), questo ha la 
proprietà di ritardare il processo di dissolvimento emoglobi- 
nico, fino a che si giunge ad una soluzione, detta isotonica, che 
impedisce il dissolvimento emoglobinico. Se noi adoperiamo in- 
vece soluzioni variamente titolate di NaCl] (ed inferiori al titolo 
alla soluzione isotonica) aggiunte di bleu di metilene (1°/3), noi 
vediamo che appena avvenuta la mescolanza tra la goccia di 
sangue e la miscela colorante, compaiono subito molti globuli 
rossi scolorati, ridotti ad ombre, mentre altri per un certo tempo, 
conservano la propria colorazione giallastra emoglobinica, e quello 
ch'è più interessante si è l’osservare come in queste ombre si 
colorano istantaneamente i granuli cromatofili, e corrisponden- 
temente i globuli rossi a granuli tingibili sono i primi a per- 
dere le propria emoglobina. 

Istologicamente così, abbiamo non solo una dimostrazione 
rapida della resistenza isotonica del sangue, ma vediamo come 
non tutti i globuli hanno la stessa resistenza, e come quelli 
più poveri di emoglobina o quelli nei quali l’emoglobina è meno 
tenacemente fissata, sono quelli che contengono nel loro interno 
granuli tingibili. 

Il fenomeno presenta la sua massima intensità, naturalmente, 
quando si adoperi una soluzione semplicemente acquosa di bleu 
di metilene. Allora tutti i globuli rossi si scolorano e i globuli 
rossi a granuli tingibili sono colorati dal bleu colla stessa ra- 
pidità colla quale il rosso neutrale colora il sangue normale. Ora 
se noi ripetiamo le stesse osservazioni col rosso neutrale sciolto 
all'1°/ in soluzioni saline variamente titolate, noi vediamo che 
il sangue mostra una maggior resistenza rispetto ad eguali so- 
luzioni titolate aggiunte di bleu di metilene; in altre parole ad 
esempio, mentre col bleu in soluzione salina al 0,35 °/, le ombre 
sono subito numerosissime, col rosso neutrale sono molto più 
scarse. Bisogna dunque ammettere che il bleu per se stesso 
abbia un’azione nociva dissolvente sul protoplasma emoglobinico, 
mentre il rosso neutrale è meno nocivo, e questo ci spiega perchè 
adoperando il bleu in soluzione salina al 0,75 °/ compaiano 
molte ombre, parecchie delle quali a granuli tingibili, mentre 


SULLA SOSTANZA CROMATOFILA ENDOGLOBULARE, ECC. 361 


le stesse forme non si osservano col rosso neutrale in soluzione 
salina al 0,75 %o. 

Corrispondentemente abbiamo veduto che aumentando il ti- 
tolo della soluzione salina fino ad arrivare al 2-3 °/, il processo 
di colorazione della sostanza cromatica endoglobulare è notevol- 
mente ritardato; talora anche impedito. 

La dimostrazione istologica nella varia resistenza del sangue 
di fronte a soluzioni saline aggiunte a sostanze coloranti, ci fa 
ritenere possibile che insieme colla ricerca sulla “ isotonia del 
sangue , se ne possa istituire un’altra “ sulla isotonia cromatica 
del sangue ,, quest’ultima più rapida e più comoda per la mi- 
nima quantità di sangue necessario per queste determinazioni. 
Qualche prova di saggio da me praticata a questo riguardo 
anche sull'uomo, mi fa ritenere per fondata questa ipotesi e a 
questo scopo ho immaginato un piccolo apparecchio, che potrà 
molto giovare in queste ricerche. 

Nella prima parte di questa nota ho accennato all’ipotesi 
di Guarneri e Daddi, sul rapporto genetico tra le piastrine e la 
sostanza cromatofila endoglobulare. 

Una nuova prova contraria a questa ipotesi si può ricavare 
dalle esperienze che ho ora citate. Mentre la sostanza croma- 
tofila endocellulare si colora istantaneamente nelle ombre globu- 
lari, quando si adoperino soluzioni saline molto deboli, od anche 
l’acqua pura, le piastrine non si colorano affatto o solo molto 
tardivamente. 

Poggi, come ho ricordato, aveva interpretate le forme a 
granuli come forme giovani, a contenuto emoglobinico più scarso, 
con vedute in parte teoriche e riferentisi alle teorie neuro-va- 
scolari di Murri, intese a spiegare l’eziologia della clorosi, in 
parte derivanti dall’osservazione della più pallida colorazione 
verdastra da quelle assunte col bleu di metilene, al confronto 
agli altri globuli rossi normali. La supposizione è pienamente 
fondata e trova appoggio del resto anche dai risultati delle 
esperienze di Foà e Cesaris Demel (1). Infatti allora indipenden- 
temente dall'aver dimostrata la loro abbondanza nel midollo delle 
ossa, potevamo concludere che queste erano forme giovani, po- 
vere di emoglobina, paragonando la curva del tasso emoglobi- 


(1) Loc. cit. 


362 ANTONIO CESARIS-DEMEL 


nico del sangue, colla curva della quantità di globuli rossi a 
granuli tingibili contenuti nel sangue. 

Infatti allora abbiamo osservato come dopo il salasso, pur 
aumentando enormemente il numero dei globuli rossi a granuli 
tingibili, non aumentasse corrispondentemente il tasso emoglo- 
binico, ma anzi l’emoglobina cresceva quando i granuli diminui- 
vano; di più con iniezioni ripetute di lecitina questi crescevano 
rimanendo immutato il valore emoglobinico, e lo stesso avveniva 
nelle infezioni. Tutti questi fatti non si verificherebbero se il 
loro valore globulare non fosse minimo, come realmente è, ma 
fosse elevato o per lo meno normale, perchè allora al loro au- 
mento corrisponderebbe un aumento nel tasso emoglobinico del 
sangue. 

La colorabilità diffusa, poi, di questi elementi a granuli tin- 
gibili si può anche interpretare nel senso che il loro scarso con- 
tenuto emoglobinico renda più facilmente permeabile il proto- 
plasma cellulare alla sostanza colorante. 

Le mie nuove osservazioni confermano quindi quanto risul- 
tava già dalle osservazioni di Foà e Cesaris-Demel e di Poggi 
e vediamo che questi globuli a granuli sono quelli che hanno 
una resistenza isotonica inferiore e perdono rapidamente la loro 
poca emoglobina riducendosi ad ombre o si lasciano più facil- 
mente compenetrare col colore dando luogo alle forme diffusa- 
mente colorate. 

Aggiungo in fine a complemento delle mie osservazioni come 
i preparati che si fanno a fresco col sangue, col metodo che ho 
indicato, si possono poi fissare asciugandoli (purchè la mesco- 
lanza di sangue e di sostanza colorante sia ben distesa sul ve- 
trino) semplicemente alla fiamma e montandoli poi in balsamo. 

Questo metodo io ho imparato dal prof. Foà, quando ero 
ancora suo assistente. In questi preparati, così fissati, riescono 
molto evidenti le granulazioni endoglobulari quando siano state 
molto colorate, riescono meno bene le forme pallide, le ombre 
e le piastrine. 

Il bleu di metilene adoperato in polvere, come Foà ha pro- 
posto invece per il rosso neutrale, mi sembra non serva allo 
scopo; almeno a me non è riuscito di ottenere dei preparati 
dimostrativi. 

Infine quanto è detto e ripetuto relativamente ai globuli 


SULLA SOSTANZA CROMATOFILA ENDOGLOBULARE, ECC. 363 


rossi circolanti, si deve ripetere per i globuli rossi del midollo 
delle ossa. Come era noto per le precedenti osservazioni di Foà 
e Cesaris Demel e di Poggi, io ho riscontrato ancora nel co- 
niglio, coi due citati metodi di colorazione, che nel midollo delle 
ossa gli eritrociti a granuli tingibili sono numerosissimi. 

Tralasciando completamente di entrare nella questione che 
riguarda il significato e l'origine di questi globuli a granuli 
cromatofili endoglobulari, che si potrebbe desumere dall’esame di 
stati fisiologici e patologici dell’uomo e degli animali d’esperi- 
mento, io credo, dal semplice esame del sangue normale di co- 
niglio, di aver dimostrato: 


1° In alcuni globuli rossi del sangue circolante e del mi- 
dollo delle ossa, nel coniglio normale, si può tanto coll’impiego del 
rosso neutrale, come coll’impiego del bleu metilene (ambedue nella 
proporzione di 1° in soluzioni di NaCl al 0,75 °/) dimostrare 
la presenza di una sostanza cromatofila endoglobulare, la quale 
può assumere disposizioni diversissime, ma assolutamente rassomi- 
gliabili, qualunque sia delle due, la sostanza colorante adoperata. 

Questo induce a ritenere che tra le forme endoglobulari de- 
scritte da Foà, Cesaris Demel, Giglio-Tos, Israel e Pappenheim, 
Maximow, ecc., ecc. e colorate col rosso neutrale, e le forme descritte ' 
da Poggi, Iovane, Belli, Guarneri e Daddi, ece., e colorate col bleu 
di metilene, esista l'assoluta identità. 


2° Adoperando il rosso neutrale la colorazione è più rapida, 
quasi istantanea e la sostanza cromatofila endoglobulare assume un 
color rosso rugginoso, ma riesce difficile il criterio del contenuto 
emoglobinico dei globuli rossi, perchè quelli poveri di emoglobina 
si lasciano con maggior facilità colorare diffusamente dal rosso 
neutrale. 

Adoperando il bleu di metilene la colorazione in bleu intenso 
della sostanza cromatofila endoglobulare si fa molto lentamente, 
ma riesce possibile un criterio sul valore emoglobinico del globulo, 
giudicandolo dalla colorazione più o meno verdastra che assume 
il protoplasma a seconda del suo maggiore 0 minore contenuto emo- 
globinico. 


3° Col rosso neutrale (a somiglianza di quanto si ottiene 
col bleu di metilene) si possono ottenere anche dei globuli rossi co- 


364 ANTONIO CESARIS-DEMEL 


lorati diffusamente in colore di rame. Anche in questi globuli co- 
lorati diffusamente, si trova la sostanza cromatofila endoglobulare 
colorata più intensamente. 


4° I globuli rossi a granuli tingibili sono a scarso contenuto 
emoglobinico ed hanno una resistenza isotonica inferiore a quella 
dei globuli rossi normali, e quando siano trattati colle sostanze co- 
loranti, in deboli soluzioni saline, dimostrano il protoplasma com- 
pletamente scolorato (ombre). 


5° Il bleu di metilene, usato in deboli soluzioni saline, ha 
la proprietà di colorare istantaneamente (come il rosso neutrale) 
la sostanza cromatofila endoglobulare, nei globuli ridotti ad ombre. 
Alla comune determinazione della isotonia del sangue, possiamo ora 
aggiungerne un’altra, sulla “ isotonia cromatica ,, che si può de- 
terminare coll'esame istologico. i 


6° Aumentando la concentrazione del cloruro sodico nelle 
soluzioni coloranti (2-3 °/o) sì ritarda o si impedisce la colorazione 
della sostanza cromatofila endoglobulare. 


Da alcuni pochi esami fatti solo a titolo di saggio, con 
sangue di altri animali e dell’uomo, io mi credo, per la costanza 
dei reperti, autorizzato a ritenere che le conclusioni sopra esposte 
e riferibili al coniglio si possono estendere anche agli altri ani- 
mali ed all’uomo. 


Cagliari, 8 gennaio 1901. 


Dossi 


A 
SULLA SOSTANZA CROMATOFILA ENDOGLOBULARE, ECC. 365 
SPIEGAZIONE DELLE FIGURE 
Fig. 1-15. — Globuli rossi con sostanza cromatofila endoglobulare come si 


possono ottenere, tanto col rosso neutrale come col bleu di metilene. 
Questi globuli hanno il protoplasma emoglobinico tinto in giallo in- 
tenso quando si adoperi il rosso neutrale, in giallo leggermente ver- 
. dastro quando si adoperi il bleu di metilene. 


Fig. 1, 2, 3, 4, 9, 11, 12. — Corrispondono a figure simili descritte da Guar- 
neri e Daddi. 


Fig. 6, 7, 8, 9, 13, 14, 15. — Corrispondono a figure simili descritte da 
Poggi, Jovene, ecc. 


Fig. 16-20. — Globuli rossi con colorazione diffusa (di color rame col rosso 
neutrale, bleu intenso col bleu di metilene), in alcuni dei quali sono 
visibili granulazioni cromatiche endoglobulari colorate intensamente. 


Fig. 17, 18. — Corrispondono a figure descritte da Poggi. 


Fig. 21, 22, 23. — Ombre di globuli rossi, prive di emoglobina e colla so- 
stanza cromatica intensamente colorabile. 


Fig. 24, 25. — Figure da attribuirsi a colorazione diffusa di nuclei isolati 
di linfociti o a saprofiti accidentali della miscela colorante. 


366 GINO FANO 


Sopra alcune particolari congruenze di rette del 3° ordine. 


Nota di GINO FANO. 


In questa Nota mi propongo di segnalare l’esistenza di 
alcune particolari congruenze di rette del 3° ordine (prive di 
linea singolare), le quali mi sembrano meritevoli di speciale 
attenzione per il maggior numero di punti e piani singolari 
ch’esse posseggono in confronto delle congruenze più generali 
aventi gli stessi loro caratteri. Nella mia Memoria: Nuove ri- 
cerche sulle congruenze di rette del terzo ordine prive di linea sin- 
golare, che fu anche presentata recentemente a cotesta Illustre 
Accademia (!), non mi sono fermato a discorrere di tali con- 
gruenze, per non sviare l’attenzione del lettore dalle ricerche più 


DS 


generali di cui la detta Memoria è oggetto (?). 


16 


Congruenze contenute in un complesso tetraedrale. 


1. — Una congruenza di rette del 3° ordine contenuta in 
un complesso tetraedrale si può generare con due inviluppi oo? di 
piani di 3° classe fra loro collineari, e ha in generale il genere 
sezionale (cfr. M., n° 2) quattro. Infatti, se il complesso tetrae- 
drale si rappresenta nel modo consueto (3) sullo spazio di piani, 
a quella congruenza del 3° ordine corrisponde un inviluppo 00? 
di piani di 3° classe [3 (che insieme ad altro ad esso collineare 


(1) Cfr. “ Memorie ,, ser. II, t. LI. 

(*) Nel seguito, questa Memoria verrà indicata per brevità colla sola 
lettera M. 

(3) Wercer, “ Zeitschr. f. Math. u. Ph. ,,\ 22; Lorra, “ Atti della R. Acc. 
di Torino ,, vol. XIX; Reyk, Geometrie der Lage, 2*° Aufil., II; 3*° Aufi., III; 
Srurm, Die Grundgebilde ersten und zweiten Grades der Liniengeometrie..., I, 
pp. 342, 369-71. 


élite ninni 


SOPRA ALCUNE PARTICOLARI CONGRUENZE, ECC. 367 


genera appunto la congruenza) ('); e alle congruenze (2,2) in- 
tersezioni del complesso tetraedrale cogli 005 complessi lineari 
corrispondono gli inviluppi di 2* classe (A?) contenenti i quattro 
piani fondamentali del complesso. E questi ultimi inviluppi in- 
contrano f* secondo inviluppi co! (sviluppabili) di 6% classe e, 
in generale, di genere 4. Però, se l’inviluppo F* ha come piani 
doppi un certo numero %(<4) dei piani fondamentali del com- 
plesso, questi saranno pure doppi per le sviluppabili intersezioni 
di esso cogli inviluppi A?; e il genere di queste sviluppabili, 
che è poi il genere sezionale della data congruenza, sarà al- 
lora 4— k. 

Quanto alla classe della congruenza, è noto che questa 
sarà = 9 se l’inviluppo [* non contiene nessuno dei piani fon- 
damentali del complesso (che sono in pari tempo i piani uniti 
della corrispondenza collineare fra [3 e l’altro inviluppo che con 
esso genera la congruenza); e discende, a partire da 9, di ) unità 
ogni qual volta uno di questi piani diventa 4P° per f8. 

Concludiamo pertanto: Due inviluppi o? di piani di terza 
classe fra loro collineari, i quali abbiano a comune k(£4) piani 
doppi uniti (2), e eventualmente anche un certo numero k' <4 — k 
di piani semplici uniti, generano una congruenza di rette del 3° or- 
dine, di classe 9 — 2k — k', e di genere sezionale 4 — k, conte- 
nuta in un complesso tetraedrale. 

Ogni congruenza di 3° ordine contenuta in un complesso te- 
traedrale è generabile in questo modo. 


2. — Prendiamo in particolare due inviluppi 00? di 3° classe 
fra loro collineari, i quali abbiano un piano doppio unito (8) e 
rispett. 0, 1,2,53 piani semplici pure uniti. Ricordando le pro- 


(1) Quest’altro inviluppo (ossia la corrispondenza collineare fra esso 
e T*) non è però individuato dalla data congruenza e dall’inviluppo *, ma 
dipende ancora da un parametro. 

(3) Per piano doppio unito intendiamo un piano il quale sia doppio per 
l’uno e per l’altro dei due inviluppi, e corrisponda a sè stesso nella colli- 


neazione fra questi. — Del caso in cui vi sia un piano triplo unito non ci 
occupiamo, perchè esso condurrebbe soltanto a congruenze aventi una linea 
singolare. 


(*) Se non vi fosse alcun piano doppio unito, si avrebbero delle con- 
gruenze di genere sezionale 4, che sono già tutte studiate in M. ($ 12 e n° 55). 


368 GINO FANO 


prietà generali delle congruenze contenute in un complesso 
tetraedrale (!), si vede immediatamente che in questi casì sì 
otterranno rispettivamente le seguenti congruenze di genere se- 
zionale tre: 

Una congruenza (3,7) contenente un cono ellittico di 
6° ordine con tre generatrici triple, e tre coni razionali di 4° or- 
dine aventi rispett. queste stesse tre rette anche come genera- 
trici triple; 

Una congruenza (3,6) contenente un cono ellittico di 
5° ordine con una generatrice tripla e due generatrici doppie, 
un cono razionale quartico con quella stessa generatrice tripla, 
e due coni razionali cubici aventi rispett. per doppie le due ge- 
neratrici doppie del primo cono; 

Una congruenza (3,5) contenente un cono quartico ellit- 
tico, due coni cubici razionali aventi rispett. per generatrici 
doppie le stesse rette che sono tali pel’ primo cono, e un cono 
quadrico ; 

Una congruenza (3, 4) contenente un cono cubico ellittico 
e tre coni quadrici, i quali ultimi avranno ciascuno una gene- 
ratrice a comune col cono cubico, ma non avranno fra loro, a 
due a due, alcuna generatrice comune. 

In tutti questi casi il piano doppio unito (tt), che è il piano 
dei vertici dei tre coni razionali, contiene un inviluppo qua- 
drico di rette della congruenza. In questo piano si troveranno 
in generale sei coppie di rette omologhe nella data collineazione, 
le quali saranno assi di fasci di piani contenuti rispett. nei due 
inviluppi 00°, e a due a due proiettivi e in posizione prospet- 
tiva. Nascono così sei fasci di raggi contenuti in ciascuna delle 
dette congruenze, e aventi i centri nel piano m dell’inviluppo 
quadrico. 

Altri 7 — # fasci di rette (indicata con x la classe della 
congruenza) sono contenuti nei piani semplici uniti dei due invi- 
luppi generanti la congruenza. In tutto si hanno quindi i 13 —# 
fasci del caso generale (M. $ 11). 

Queste congruenze contengono dunque, come quelle più 
generali considerate in M. $ 11, un cono ellittico di ordine 
n—1 e 13— n fasci di rette; ma contengono in più tre coni 


(!) Cfr. i lav. già cit., e anche M., n° 54. 


SOPRA ALCUNE PARTICOLARI CONGRUENZE, ECC. 369 


razionali (dai cui vertici non escono raggi isolati della con- 
gruenza (*)) e un inviluppo quadrico di rette. — Esse possono 
rappresentarsi sul piano, come nel caso generale, in modo che 
alle rigate loro intersezioni coi complessi lineari corrispondano 
curve piane di 4° ordine con 13 — n punti (semplici) a comune. 
In questo caso si ha però la particolarità (che non si verifica 
nel caso generale) che dei 13 — n(2 6) punti basi, sei stanno 
sopra una conica, la quale è immagine dell’inviluppo quadrico di 
rette contenuto nella congruenza. Ciò si vede subito dalla rap- 
presentazione duale — vale a dire sopra una stella di piani — 
che si ha facendo corrispondere a ogni raggio della congruenza 
il piano che lo congiunge al vertice del cono ellittico. 


8. — Due inviluppi di piani di 3° classe fra loro collineari 
con due piani doppi uniti e rispett. 0,1,2 piani semplici pure 
uniti, generano delle congruenze (3,5), (3, 4), (3,3) di genere 
sezionale due contenute in un complesso tetraedrale, le quali 
sono reciproche delle congruenze cremoniane di Hirst (?) gene- 
rate da due piani in corrispondenza birazionale del 3° ordine. 
Queste congruenze (3,)(n<5) contengono due coni razionali 
di ordine n — 1 con una generatrice (n — 2)!" a comune e due 
inviluppi quadrici in più delle congruenze generali aventi gli 
stessi caratteri (M., ni 65-67). 

Due inviluppi di 3 classe fra loro collineari con tre piani 
doppi uniti generano una congruenza (3,3) di genere sezionale 
uno; e se vi è anche un piano semplice unito, si ha una con- 
gruenza (3,2). Queste congruenze sono però le più generali fra 
quelle di egual ordine, classe, e genere sezionale; ed è noto 


(') E così sarà anche in seguito; i coni singolari in più che troveremo 
in talune congruenze saranno tutti razionali, e dai loro vertici non esci- 
ranno raggi della congruenza non appartenenti ai coni stessi. Questa pro- 
prietà trova la sua conferma nel fatto che questa speciale categoria di coni 
singolari (i cui vertici sono punti quadrupli della superficie focale) non 
entra affatto nelle due relazioni (M. ni 40, 41) che passano fra gli ordini 
dei coni singolari di una congruenza di 8° ordine. 

(2) “ Proc. of the Lond. Math. Soc. ,, vol. 16 (1885); “ Rend. di Pa- 
lermo ,, I, p. 64. 


370 GINO FANO 


infatti che le congruenze (3,3) e (3,2) di genere sezionale uno 
stanno sempre in un complesso tetraedrale (!). 

Infine due inviluppi di 3? classe fra loro collineari e aventi 
quattro piani doppi uniti generano una congruenza (8,1) di 
genere sezionale zero (M., n° 58). Questa deve essere dunque 
una congruenza cremoniana generata da due piani omografici in 
posizione generale; ed essa può infatti considerarsi come gene- 
rata da una corrispondenza omografica fra due qualunque dei 
quattro piani doppi comuni ai due inviluppi. 

D'altra parte una superficie di 3* classe con quattro piani 
doppi (ossia tangenti secondo coniche), e perciò di 4° ordine, 
non è altro che una superficie di Steiner. E due superficie di 
Steiner generiche sono sempre proiettive (*); se poi hanno a co- 
mune i quattro piani tangenti secondo coniche, esse potranno 
trasformarsi proiettivamente l’una nell’altra, e in un sol modo, 
in guisa tale che ciascuno di quei piani doppi corrisponda a sè 
stesso. Le rette intersezioni delle coppie di piani tangenti delle due 
superficie che si corrispondono in questa collineazione formeranno 
una congruenza cremoniana (3,1) di genere sezionale zero. 

Più intuitivo è forse il teorema duale: Due superficie del 
3° ordine con 4 punti doppi sono sempre protettive (almeno se i 
punti doppi sono distinti). Se esse hanno a comune i punti doppi, 
vi è una sola collineazione che ha questi 4 punti per punti uniti 
e fa corrispondere fra loro le due superficie. Le congiungenti 
delle coppie di punti omologhi delle due superficie formano allora 
la congruenza (1,3) delle corde di una cubica sghemba; e questa 
cubica è l'intersezione residua delle due superficie, all’infuori 
delle 6 rette che congiungono a due a due i 4 punti doppi 
comuni ad esse. Tutte proprietà elementari, che si possono 
anche dimostrare direttamente senza difficoltà. 


(4) Cfr. CasreLnuovo, Sulle congruenze del 3° ordine dello spazio a 4 di- 
mensioni, “ Atti del R. Ist. Ven. ,, s. Vi, t. VI, n° 28, 29, 33; come pure la 
mia Memoria: Studio di alcuni sîstemi di rette... © Annali di Matem. ,, s. 22, 
t. 21, ni 14, 6. Della congruenza (3, 2) è poi notissimo che è contenuta in 
dieci complessi tetraedrali. 

(*) Ciò si deduce immediatamente dalle equazioni tangenziali di queste 
superficie, che, riferite al tetraedro dei piani tangenti doppi, assumono la 
forma: 


da dg d3 U 
Ma apple idr og, 
Ui + Ug ri Ug gu Uz 


SOPRA ALCUNE PARTICOLARI CONGRUENZE, ECC. 571 


FE 


Congruenze di < rette principali » 
di un sistema lineare x} di quadriche. 


4. — Dato un sistema lineare 00? di quadriche (X) privo 
di punti basi, le rette che appartengono a tutto un fascio di 
quadriche di questo sistema formano una congruenza (7,3) di 
genere sezionale 6, che è stata studiata in M. $ 14, e che si 
ottiene come intersezione parziale dei complessi cubici formati 
dalle generatrici delle quadriche di due reti qualunque conte- 
nute in X. Le rette di questa congruenza furono chiamate dal 
signor ReyE(!) “ rette principali , (“ Hauptstrahlen ,) del si- 
stema lineare di quadriche. Partendo invece dalla considerazione 
di un sistema lineare 00° con uno o più punti basi, si trovano 
particolari congruenze (n,3) di genere sezionale n — 1(n< 6), 
delle quali ci occuperemo ora brevemente. 

Sia dunque X un sistema lineare 00? di quadriche, con un 
numero finito k(< 6) di punti basi A,, Ao, ... Ax. Il complesso 
cubico formato dalle generatrici delle quadriche di una qualsiasi 
rete del sistema X conterrà per intero le £ stelle A; e l’inter- 
sezione di due di questi complessi, fatta astrazione dalle % stelle 
e dalla congruenza (2,6) che è costituita dalle corde della quar- 
tica base del fascio comune alle due reti, sarà una congruenza 
(7 — k,3). Una retta generica di questa congruenza apparterrà 
a tutto un fascio di quadriche del sistema X; e la curva base 
di questo fascio si comporrà, oltre che di essa, di una cubica 
avente quella retta per corda e passante per i punti A,,... Ax (?). 
In particolare, se la retta considerata si suppone passante, ad 
es., per À,, poichè la cubica corrispondente dovrà egualmente 
passare per A,, si avrà un fascio contenente quel cono del si- 
stema X (in generale individuato) che ha il vertice in A, stesso. 
Le rette della congruenza (7 — %, 3) che passano per A, sono 
dunque generatrici di questo cono quadrico. Viceversa, ogni ge- 


(') Geometrie der Lage, 3'° Aufl., III, p. 140 e seg. 

(*) Invece il fascio delle quadriche di Z che passano per una retta ge- 
nerica ad es. della stella A, avrebbe una cubica base passante per i soli 
punti A.,... Ax. 

Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 25 


372 GINO FANO 


neratrice di questo cono appartiene a quella congruenza; poichè 
è generatrice comune di un fascio di quadriche di X, la cui 
cubica base residua passa per tutti i punti A. 

I punti A,, ... Ax sono dunque punti singolari della congruenza 
(7 — k,3); e da ciascuno di essi esce un cono quadrico di rette di 
questa congruenza. 

Il genere sezionale della congruenza, dovendo essere infe- 
riore all'ordine (M., n° 21), sarà <6 — £; e sarà anzi precisa- 
mente =6 — X. Infatti la superficie F!° immagine della con- 
gruenza (7,3) primitiva nello spazio Ss (ossia nella quadrica 
delle rette) si è ora spezzata in una F°°-* e in % piani incon- 
tranti questa secondo coniche; sicchè le sezioni iperpiane della 
F!°* dovranno formare, insieme con % loro corde, curve (com- 
poste) di genere 6 (come le sezioni di F!°): e ciò richiede ap- 
punto che siano esse di genere 6 — %. Questo risulterà anche 
confermato dalle rappresentazioni piane che troveremo per le 
varie congruenze (7 — È, 3). 


5. — Le dieci coppie di piani del sistema X dovranno con- 
tenere tutti i punti A; epperò questi si ripartiranno, per cia- 
scuna coppia, fra i due piani che la compongono. Ogni punto A 
apparterrà a uno (e in generale un solo) piano di ciascuna 
coppia; dunque complessivamente a 10 dei 20 piani. Considerati 
poi due punti basi A,, A (se tanti almeno ve ne sono), si può 
domandare per quante coppie di piani, fra le dieci, questi punti 
apparterranno a uno stesso dei due piani. Ora queste coppie di 
piani sono quelle che contengono la retta A, A», e appartengono 
perciò alla rete che si stacca da X imponendo come base questa 
intera retta. Questa rete avrà in generale, fuori della retta 
stessa, quattro punti basi (fra i quali saranno compresi even- 
tualmente gli altri punti A), e conterrà 4 coppie di piani. Fra 
i 20 piani ve ne sono dunque 4 che passano per la retta A, As. 
Infine, per ogni terna di punti basi A, A, Ag, una delle dieci 
coppie di piani sarà composta del piano A, A, A3 e di un se- 
condo piano (non passante in generale per alcuno di quei tre 
punti). 

Ogni qual volta uno dei 20 piani passa per uno solo dei 
punti A, dall’inviluppo di 3* classe ch’esso contiene nel caso 
generale, ossia nel caso della congruenza (7,3) (cfr. M., n° 82), 


SOPRA ALCUNE PARTICOLARI CONGRUENZE, ECC. Para 


si staccherà il fascio di rette A; e perciò questo piano conterrà 
soltanto un inviluppo quadrico di rette della congruenza (7 — £,3). 
In un piano (fra i 20) il quale passi per i due punti basi A,, Ag 
(e non per altri), si staccheranno dall’inviluppo i due fasci 
A, e A»; e resterà perciò soltanto un terzo fascio, più la retta 
A. A, che apparterrà ancora alla congruenza (7 — %, 3) come 
raggio isolato di questo piano singolare ('). Infine il piano di tre 
punti basi A, A» A; non sarà piano singolare della congruenza, 
e conterrà di essa soltanto i tre raggi A, Ao, As A3, As Ax. 


6. — Supponiamo in particolare che il sistema lineare X 
abbia un solo punto base A. Avremo allora una congruenza (6, 3) 
di genere sezionale 5. Dei 20 piani che, a coppie, costituiscono 
quadriche degeneri di X,10 (uno per ciascuna coppia) passe- 
ranno per A, e conterranno un inviluppo quadrico di rette della 
congruenza; mentre gli altri 10 (non passando in generale per A) 
conterranno un inviluppo di rette di 3* classe. Il punto A sarà 
vertice di un cono quadrico appartenente alla congruenza. 

La congruenza duale (3,6) conterrà dunque 10 conì cubici, 
10 coni quadrici, e un inviluppo di rette di 2° classe, il cui piano 
passerà per i vertici dei 10 conì quadrici. Essa è un caso parti- 
colare della (3, 6) studiata in M., $ 13. Essa può infatti rap- 
presentarsi birazionalmente sul piano del suo inviluppo quadrico, 
facendo corrispondere a ogni suo raggio la propria traccia su 
questo piano; e alle rigate sue intersezioni coi complessi lineari 
corrisponderanno allora le 005 curve di 7° ordine passanti dop- 
piamente per i vertici dei 10 coni quadrici (dunque precisa- 
mente C° con 10 punti doppi; cfr. 1. c.). Questi 10 punti hanno 
però una posizione particolare; sono cioè î 10 punti doppi di una 
curva razionale di 6° ordine, poichè è precisamente una tal curva 
quella che corrisponde, nella stessa rappresentazione piana, 
all’inviluppo quadrico di rette della congruenza. Infatti il sistema 
residuo di questa curva rispetto al sistema lineare di curve di 
7° ordine rappresentante la congruenza deve essere costituito 


(1) Che il raggio A; A» appartenga alla congruenza (7 — %, 3), si vede 
dal fatto che il cono singolare di questa congruenza uscente da A; appar- 
tiene al sistema lineare X, e deve quindi passare per tutti gli altri punti 
basi di questo sistema lineare. 


374 GINO FANO 


(come si vede immediatamente) dalle (sole) rette del piano. Il 
piano dell’inviluppo quadrico è tangente alla superficie focale 
della congruenza (che è di 14° ordine) lungo la detta curva di 
6° ordine, e l’incontra ulteriormente secondo la conica definita 


da quello stesso inviluppo quadrico. 


7. — Il sistema lineare X abbia ora due punti basi A,, As; 
esso darà origine a una congruenza (5, 3) di genere sezionale 4. 
Delle 10 coppie di piani contenute in X, quattro si comporranno 
di un piano passante per la retta A, A, e di un altro piano 
non passante (in generale) nè per A, nè per A.; e le altre sei 
si comporranno di piani passanti l’uno per A, e l’altro per A». 
Perciò, dei 20 piani, 4 conterranno inviluppi di 3° classe appar- 
tenenti alla nostra congruenza; altri 4 conterranno un fascio di 
rette, più il raggio isolato A, As — sicchè questi 4 apparter- 
ranno ad un fascio, il fascio di asse A, A, —; e i rimanenti 12 
conterranno inviluppi quadrici di rette. Ciascuno dei 4 fasci avrà 
un raggio a comune con 3 degli inviluppi cubici (essendo escluso 
quello il cui’ piano va accoppiato al piano del fascio stesso per 
formare una quadrica di 2). Dai punti A, e A, esciranno coni 
quadrici di rette della congruenza, aventi a comune la gene- 
ratrice A, Ao. 

La congruenza duale (3,5) conterrà dunque 4 conìi cubici di 
genere uno; 4 fasci di raggi contenuti rispett. nelle facce del te- 
traedro determinato dai vertici dei coni cubici, e aventi i centri in 
linea retta; 2 inviluppi quadrici, e 12 conì quadrici i cui vertici 
si ripartiranno a 6 a 6 fra i piani dei due inviluppi. Inoltre, la 
retta che contiene i centri dei 4 fasci di raggi sarà in pari 
tempo l'intersezione dei piani dei due inviluppi quadrici. Questa 
congruenza è un caso particolare della (3,5) considerata in 
M., $ 12 (n° 76), e sarà perciò contenuta in un complesso tetrae- 
drale. Essa risulta già rappresentata birazionalmente sul piano di 
uno qualunque dei due inviluppi quadrici, in modo che alle rigate 
sue intersezioni coi complessi lineari corrispondono le curve di 
6° ordine aventi a comune 6 punti doppi (vertici di coni quadrici 
della congruenza) e 4 punti semplici (centri dei fasci di raggi). 
Ma questi ultimi punti staranno sopra una retta, ed esisterà 
altresì una curva di 5° ordine (immagine dell’inviluppo quadrico 


SOPRA ALCUNE PARTICOLARI CONGRUENZE, ECC. 375 


contenuto nel piano rappresentativo) la quale nei 10 punti basi 
ha le stesse multiplicità delle sestiche anzidette. 

Questa congruenza è cremoniana (e tali saranno anche tutte 
le successive); essa può generarsi mediante due piani — che 
qui sono quelli dei due inviluppi quadrici — in corrispondenza, 
cremoniana del 5° ordine con 6: punti fondamentali doppi, colla 
condizione però che sulla retta intersezione dei due piani vi 
siano quattro punti uniti. Con ciò appunto la congruenza, che 
sarebbe in generale di ordine 5 + 2 = 7 (e di classe 5), discen- 


derà al 3° ordine. 


8. — Supponiamo ora che il sistema X abbia tre punti 
basi A,, A», A3. Troveremo una congruenza (4,3) di genere se- 
zionale 3, contenente un inviluppo di rette di 3* classe (in quel 
piano che insieme ad A, A; A3 forma una quadrica di X); 9 in- 
viluppi quadrici, in altrettanti piani passanti a tre a tre per 
uno (solo) dei punti A;; 9 fasci di rette, in piani passanti a tre 
a tre per le rette A, A., A, A, A3 A;; e 3 tre coni quadrici, 
di vertici A,, A», A. 

Questa congruenza si può rappresentare birazionalmente sul 
piano del suo inviluppo di 3* classe, facendo corrispondere a 
ogni raggio di essa il punto che ne è traccia. Alle rigate inter- 
sezioni della congruenza coi complessi lineari corrisponderanno 
le c05 curve di 4° ordine passanti per i centri dei 9 fasci di rette 
‘della congruenza (centri che sono tutti contenuti nel piano 1). E 
poichè ciascuno dei 9 fasci ha un raggio a comune con due dei 
tre coni A,, As, A3, si può concludere ancora che quei 9 punti 
basi del sistema di quartiche si distribuiranno in tre terne, le 
quali staranno a due a due sopra tre coniche (tracce rispett. 
dei coni quadrici A,, A3, A3). 19 inviluppi quadrici avranno per . 
immagini le rette che uniscono a due a due i punti di ogni 
singola terna. 

Questa congruenza (4,3) fu già incontrata dal signor Mox- 
Tesano nella Memoria: Su di un complesso di rette di terzo grado 
(Mem. dell’Acc. di Bologna, ser. V, t. III; n° 9) come una par- 
ticolare congruenza contenuta nel complesso cubico delle gene- 
ratrici di una rete di quadriche. Questa rete può essere una 
qualunque di quelle contenute nel sistema x. Dal modo in cui 
il ‘signor MontEsANO definisce tale congruenza si conclude facil- 


376 GINO FANO 


mente ch’essa coincide con quella a cui noi qui siamo giunti; 
e possiamo anche aggiungere ch’essa starà sempre non in uno 
solo, ma in 008 complessi cubici del tipo indicato (corrispon- 
dentemente alle 00% reti contenute in X). Dalla rete di quadriche 
considerata dal signor MontEsANo si assurge al sistema li- 
neare 008 Z che contiene quella rete, aggiungendovi la quadrica 
spezzata nei due piani t e A, A3 A; (il secondo dei quali sa- 
rebbe il By B,; Bz del signor MonTESANO). 

La congruenza duale (3,4) conterrà pertanto: 

Un cono cubico di genere uno (P); 

TRE inviluppî quadrici, aventi a due a due una retta a 
comune, e contenuti in piani (\, u, v) non passanti per P; 

Nove coni quadrici, coì vertici contenuti a tre a tre nei 
piani \, u, v (ad es. Li, La, Ls nel piano À,.....) e aventi ciascuno 
una generatrice a comune col cono cubico P; 

Nove fasci di raggi, aventi î centri disposti a terne sulle 
rette intersezioni dei piani ), u,v a due a due, ei piani passanti 
tutti per P, e ciascuno ancora per î vertici di due dei conì qua- 
drici. Ad es. i tre fasci aventi i centri sull’intersezione uv sta- 
ranno rispett. nei tre piani PL}Ls, PL3L3, PL3L; e analogamente 
per gli altri. 

Le rappresentazioni immediate che si hanno di questa con- 
gruenza sui piani dei suoi inviluppi quadrici sono di ordine 
più elevato di quella veduta poc'anzi per la congruenza duale. 

Questa congruenza è un caso particolare della (3, 4) incon- 
trata in M., $ 11(!), come pure di quella, già particolare, in- 
contrata in questa stessa Nota al n° 2. Essa è contenuta in tre. 
complessi tetraedrali, aventi per tetraedri fondamentali rispetti- 
vamente PL; L, L3 e gli altri due analoghi; l'intersezione residua 
. di due di questi complessi è sempre la stella P (?). 


9. — Passiamo al caso di quattro punti basi A, As, Az Au 
(che supporremo non stiano in un piano); caso che conduce a 
una congruenza (3,3) di genere sezionale 2. Ciascuna faccia del 


(*) V. anche la mia Memoria cit. degli “ Annali di Matem. ,, n° 16. 

(2) Però l'intersezione generale di due complessi tetraedrali aventi a 
comune un vertice del tetraedro fondamentale è una congruenza (8, 4) con- 
tenente soltanto 6 coni e 2 inviluppi quadrici, e non contenuta in un terzo 
complesso tetraedrale. 


si 
SOPRA ALCUNE PARTICOLARI CONGRUENZE, ECC. 907 


tetraedro A, As A3 A,, congiunta a un certo piano (a,, ds, 4g, %4) 
passante pel vertice opposto — e supporremo che sia a; il piano 
passante per A, —, costituirà allora una coppia di piani di X; 
e ciascuna delle altre 6 coppie di piani si comporrà di 2 piani 
passanti rispett. per due spigoli opposti di quel tetraedro. Questi 
12 piani conterranno ciascuno un fascio di rette della con- 
gruenza (3,3); i piani a; conterranno inviluppi quadrici di rette; 
i punti A, saranno vertici di coni quadrici appartenenti alla 
congruenza. Si ha dunque una congruenza (3,3) di genere sezio- 
nale due, la quale, oltre ai soliti 12 fasci di rette (M., n° 65), 
contiene 4 conì quadrici e 4 inviluppi piani di 2° classe, disposti in 
tal guisa che i piani di questi ultimi formano un tetraedro circo- 
scritto a quello dei vertici dei quattro coni. I 12 fasci di rette 
si distribuiscono in 6 coppie tali che per ciascuna coppia i due 
centri stanno sopra una retta a, 0, e i due piani passano per 
la retta corrispondente A, A, (essendo ihk/ una permutazione dei 
4 indici 1,2,3,4). 

Questa congruenza determina fra i piani a; a due a due 
delle corrispondenze cremoniane di 3° ordine aventi i punti A, 
come punti fondamentali doppi. Essa riferisce quindi proiettiva- 
mente fra loro i quattro fasci di raggi A;(0,): le rette della 
congruenza che si appoggiano ai singoli raggi di uno di questi 
fasci formeranno (astrazion fatta dal cono A, e dall’inviluppo a,) 
le co! rigate quadriche della congruenza (M., n° 65); e queste 
stesse rigate avranno per direttrici anche i raggi degli altri 
tre fasci A, (a;) rispett. omologhi ai primi nell’anzidetta proiet- 
tività. Quattro raggi omologhi dei 4 fasci A, (a;) sono dunque diret- 
trici di una stessa rigata quadrica. 

La congruenza potrà pertanto generarsi con tre fasci proiet- 
tivi di complessi lineari speciali (ossia fasci di rette)('), ad es., 
A, (0), As (02), Ag (03); ma vi dovrà essere anche un quarto 
fascio A, (0,) nelle stesse condizioni dei precedenti e sostituibile 
a uno qualunque di essi nella generazione della congruenza (?). 


(4) RocceLLa : Sugli enti geometrici dello spazio di rette... “ Piazza Arme- 
rina ,, 1882; Hirst: Sur la congruence Roccella... È Rend. di Palermo ,, I, 
p. 64. V. anche la mia Memoria degli Annali di Matem., n° 12. 

(*) Questa congruenza sarà dunque un caso particolare anche rispetto 
alle congruenze (3,3) con 15 punti e 15 piani singolari considerate nei la- 
vori cit. alla nota preced. 


*—u 
378 GINO FANO 


E perciò possono prendersi ancora ad arbitrio i primi tre fasci 
ma non più (almeno completamente) la proiettività fra di essi. 
Possiamo invece procedere così. Presi comunque i tre fasci di 
rette A, (a), As (02), A: (03), si scelgano ancora ad arbitrio il 
punto A, e il cono singolare della congruenza uscente da questo 
punto, ossia un.cono quadrico avente per generatrici A, A,, 
A, As, A4A3 (il che implica soltanto 3+2=5 parametri, 
mentre la proiettività fra i tre fasci dipende da sei parametri). 
Allora le terne di raggi dei fasci A, (a,), A. (03), Az (03) che si 
appoggiano alle singole generatrici del cono quadrico A, si cor- 
risponderanno in una proiettività, e determineranno co! rigate 
quadriche costituenti una congruenza (3,3) di genere sezionale 
due. In questa congruenza saranno certo contenuti 12 fasci di 
rette, tre coni quadrici di vertici A,, A», A3, tre inviluppi qua- 
drici nei piani 0,0, 0g, e, per costruzione, il cono À,y dianzi 
considerato. Inoltre, se sopra una qualunque delle co! rigate 
quadriche contenute nella congruenza consideriamo la direttrice 
rettilinea uscente da A,, vediamo che dalla rigata RS delle rette 
della congruenza che si appoggiano a questa direttrice si stac- 
cano quella stessa rigata quadrica e il cono A,: resterà dunque 
un’altra rigata quadrica, tale però che da ogni punto della diret- 
trice considerata ne escano due generatrici; e questa non potrà 
essere che un (quarto) inviluppo piano o,. Nel piano di questo 
inviluppo staranno le direttrici uscenti da A, di tutte le co! 
rigate quadriche della congruenza. Ed è questo il modo più 
generale di costruire la congruenza (3,3) di cui trattasi (!). 

Questa congruenza (3,3) è contenuta in sei complessi tetrae- 
drali; potendo concepirsi come congruenza cremoniana di Hirst 
(n° 3) in altrettanti modi diversi, col combinare a due a due i 
4 piani a; Essa fu anche considerata dal sig. MontEsANO nella 
sua Memoria cit. (n° 5). 

Sopra uno qualunque dei piani a, essa si rappresenta bira- 
zionalmente, in modo che alle rigate sue intersezioni coi com- 
plessi lineari corrispondono curve di 4° ordine aventi a comune 
un punto doppio (A;) e 6 punti semplici. Questi ultimi non sono 
in posizione affatto generale; ma devono soddisfare a una con- 


‘ (®) Altre generazioni di questa congruenza mi sono state comunicate dal 
Dott. C. CarRONE, il quale si propone di esporle in un prossimo suo lavoro. 


rem 


eragria, 
SOPRA ALCUNE PARTICOLARI CONGRUENZE, ECC. 379 


dizione, che può esprimersi mediante l'eguaglianza di due certi 
birapporti. 


10. — Se il sistema lineare X ha cinque punti basi (di 
cui mai quattro in un piano), la congruenza delle sue rette 
principali, astrazion fatta dalle cinque stelle aventi i centri in 
quei punti, è una congruenza (2,3) di genere sezionale uno e 
affatto generale, contenente cinque coni quadrici e 10 fasci di 
rette (e contenuta in dieci complessi tetraedrali). 

Supponiamo infine che il sistema X si componga di tutte 
le 008 quadriche che passano per 6 punti fissi. Allora un fascio 
di quadriche contenute in Z e passanti per una retta la quale 
non appartenga ad alcuno dei punti basi dovrà avere come 
curva base residua la cubica individuata da quei 6 punti; e 
quella retta sarà perciò corda di questa cubica. La congruenza 
(7 — %, 3) è dunque in questo caso (k = 6) la congruenza (1, 3) 
delle corde della cubica determinata dai 6 punti basi. 


11. — Considerato un sistema lineare 003 di quadriche 
affatto generale (e privo quindi di punti basi) come uno spazio $3, 
la varietà 00? dei coni di questo sistema appare come una su- 
perficie p di 4° ordine con 10 punti doppi (dati dalle 10 coppie 
di piani del sistema), la quale è precisamente un simmetroide (1) 
(risultando la sua equazione dall’annullarsi di un determinante 
simmetrico di 4° ordine, ad elementi lineari nelle coordinate). 
Quei fasci contenuti nel sistema lineare 003, la cui curva base 
si spezza in una retta (principale) e in una cubica avente questa 
retta per corda, saranno immagini delle bitangenti (tangenti doppie) 
del simmetroide. E potremo dire: 

Ogni congruenza (3,7) 0 (7,3) di genere sezionale 6 è rife- 
ribile birazionalmente alla congruenza (12,28) delle bitangenti di 
un simmetroide. E poichè questo simmetroide è affatto generale, 
potremo aggiungere (M., n° 83): La congruenza delle bitangenti 
di un simmetroide, considerata come varietà algebrica c0?, ha an- 
ch'essa il genere (geom’° = num”) zero e il bigenere UNO. 

Quando il sistema lineare 003 considerato (2) ha un numero 


(1) V. ades.: SaLmon-FiepLer, Analytische Geometrie des Raumes (3' Aufl.), 
II, p. 468. 


ju gn 
380 


finito X(< 6) di punti basi A,, ciascuno di questi punti è ver- 
tice di un cono contenuto in X, il quale (come si vede imme- 
diatamente) è un nuovo elemento doppio della varietà 00? dei 
coni. Al simmetroide si sostituiscono dunque superficie di 4° or- 
dine con 10 -+% punti doppi; in particolare, per 4 =6, una 
superficie di Kummer. E le diverse parti in cui si spezza la 
congruenza (7,3) delle rette principali del sistema X (per i 
valori successivi X = 1, 2, ... 6) corrisponderanno a quelle in cui 
si spezza la congruenza delle bitangenti di questa superficie del 
4° ordine; in particolare alle % stelle A, corrisponderanno con- 
gruenze di 2° ordine e classe 8 —#(!). Per ulteriori dettagli 
in proposito si cfr. la Geometrie der Lage del sig. Reve (3° Aufl., 
III, $$ 17, 18). 


Relazione sulla Memoria del D' Francesco Severi “ Sopra 


alcune singolarità delle curve di un iperspazio ,. 


Alle note formole del CAvLey, che stabiliscono dei legami 
relativamente semplici fra i primi caratteri di una curva alge- 
brica dello spazio ordinario, fan seguito una lunga serie di for- 
mole, più complesse, dovute per molta parte a ZEuTHEN, colle 
quali si determinano altri caratteri della curva, relativi per 
esempio alle rette che hanno con questa due o più incontri, 0 
contatti. Similmente per una curva di un iperspazio S,, dopo le 
formole di Veronese e quelle che ne derivano più immediata- 
mente, son da ricercare altre formole che diano i caratteri ana- 
loghi a quelli ora accennati: per esempio, una che esprima 
l’ordine della varietà costituita da quegli S. che hanno colla 
curva incontri v,-punto, vs-punto, ..., OVe vi, Vs... son numeri 
dati. Pel caso che gl’incontri sian tutti semplicì le ricerche 
più recenti in proposito son dovute al sig. A. TANTURRI, e si 
riferiscono alle curve razionali ed ellittiche. Invece il signor 
Severi nella Memoria attuale tratta, per curve di genere qua- 


(4) È notevole però che già per X=1 la congruenza (12, 28) di genere 
zero e bigenere uno si spezza in due, una (2, 7) e una (10, 21), entrambe 
razionali. 


I ge 


381 


lunque, vari problemi speciali relativi a casi in cui si hanno 
incontri multipli. Così nella 1° Parte egli determina gli ordini 
di alcune rigate costituite da particolari corde della curva (gia- 
centi in iperpiani osculatori, ecc.); e il numero delle corde, 
ognuna delle quali sta negl’iperpiani osculatori dei proprî 
estremi. E nella 2* Parte calcola: il numero degli S,_s che 
hanno colla curva due contatti di dati ordini, e di quelli S,_»s che 
son tangenti in un punto ed hanno colla curva 2n — 5 ulteriori 
incontri; il numero degli $,.3 con due dati contatti ed un incontro 
semplice; per n=2r +1, il numero degli $S, tangenti che 
hanno r ulteriori incontri [e anche l’ ordine della varietà M,,, 
degli S, (r + 2)secanti]. In particolare per le curve degli spazi 
a 4 e a 5 dimensioni vengono determinati tutti quanti i numeri 
relativi a spazi con dati contatti. 

Meritano menzione anche gli strumenti adoperati dal signor 
SEVERI: i quali consistono spesso in ingegnose applicazioni del 
principio di corrispondenza sulla curva di genere p; e invece, 
per talune questioni relative allo Sg, nel metodo funzionale, già 
usato dal CAvLEY nel caso più semplice delle curve di Sg, e qui 
per spazi superiori agevolato dall'A. per mezzo dell’integrazione 
preliminare di un’ampia classe di equazioni funzionali che si 
presentano in varie ricerche di geometria numerativa (*). 

L'importanza del lavoro del SEvERI, non solo per se stesso, 
ma anche come avviamento alla risoluzione delle questioni più 
generali sugli spazi aventi incontri e contatti vari colle curve 
algebriche, c’ induce a proporne l’accoglimento nel volume delle 
Memorie. 

» E. D’Ovipro, 
C. SEGRE, Felatore. 


L’ Accademico Segretario 
AnprEA NAccari. 


(*) Di quest’integrazione l’A. s’è pure servito, pei problemi delle coniche 
secanti o tangenti a curve gobbe, nelle due Note publicate in questi Atti 
nel 1900. 


Pa 


< g - 


382 


CLASSE 


DI 


SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE 


Adunanza del 20 Gennaio 1901. 


PRESIDENZA DEL PROF. BERNARDINO PEYRON 
DIRETTORE DELLA CLASSE 


. 

Sono presenti i Soci: Rossi, MANNo, BoLLATI DI SAINT- 

Pierre, FERRERO, BoseLLI, CiroLLa, Brusa, Pizzi, CHIRONI, SAVIO 
e RenIER Segretario. 


Si approva l’atto verbale dell’adunanza antecedente, 6 gen- 
naio 1901. , 

Il Segretario dà lettura della lettera con cui il prof. Gio- 
vanni GenTILE ringrazia l'Accademia per la parte del premio 
Gautieri che gli fu aggiudicata nell’ adunanza plenaria del 
13 gennaio. 

Il Socio FERRERO presenta a nome della Società di Archeo- 
logia e Belle Arti della provincia di Torino la pubblicazione 
recentissima: Ermanno FerRrERO, L’arc d’ Auguste à Suse, Turin, 
Bocca, 1901. Il Socio Manno dà indicazioni sulla dotta e sun- 
tuosa opera, tributandole lodi, alle quali si associa. il Socio 
CIPOLLA. 

Il Segretario rammenta tra le pubblicazioni pervenute in 
dono quella inviata dal Socio straniero Enrico Alessandro 
WarLon, cioè l’atto verbale di unà seduta tenuta in suo onore 
dall'Accademia delle iscrizioni e belle lettere di Parigi per ce- 


O Ue I 


Na 


383 


lebrare il cinquantesimo anniversario della sua nomina a Socio 
dell’Accademia stessa. 

Il Socio Pizzi legge la sua commemorazione del Socio stra- 
niero Ferdinando Massimiliano MiiLLER di cui la Classe gli diede 
incarico. È inserita negli Atti. 

Compaiono parimenti negli Atti le seguenti due note: 

1°, Annibale PastoRE, Saggio sopra l’esperienza mediata, 
presentata dal Socio Pizzi; 

2°, Carlo CrpoLa, Un litigio fra Venezia e Savona nel 1324, 
presentata dall’autore. 


384 ITALO PIZZI 


LETTURE 


MASSIMILIANO MUÙLLER 


Brevi parole di commemorazione del Socio ITALO PIZZI. 


Gli Studi orientali hanno patito di recente una grave iat- 
tura nella morte del professore Massimiziano MiLLer della 
Università di Oxford, e della grave iattura si risentiranno essi 
a lungo, perchè egli non solo fu uno dei maestri nella difficile 
disciplina, ma anche di quelli che hanno saputa fondarla in parte, 
aprirle nuove vie, schiuderle, per così dire, orizzonti più vasti 
e avviar le menti dei cultori a nuove idee, a nuovi concetti. 
L’opera di tali maestri non solo è feconda in sè, ma è più 
feconda ancora e produttiva in quanto muove e strascina con 
sè l’intelligenza e la mente di tanti altri, i quali, senza quella 
guida, o si arresterebbero nella via o incerti e mal sicuri se ne 
allontanerebbero. La Germania, l'Inghilterra e la Francia van- 
tano, per cotesto, i nomi fulgidi d’un Roth, d’uno Spiegel, d’un 
Rawlinson, d’un Kuhn, d’un Burnouf; l’Italia, per tacer d’altri 
insigni, quelli non meno fulgidi d’un Gorresio, d’un Flechia, 
d’un Amari, d'un Ascoli; e di questa nobile schiera fu il Miiller, 
del quale ora lamentiamo la perdita, mentre la gloria sua va 
divisa, non contesa, tra Germania, che gli diede i natali, e In- 
ghilterra che gli fece onore ospitandolo e n’ebbe onore per averlo 
fatto uno de’ suoi. 

Massimiliano Miller nacque a Dessau il 6 di dicembre del 
1823, figlio a Guglielmo Miiller, che fu letterato e poeta di 
grido. Fece gli studî a Lipsia sotto la guida sapiente del Brockhaus 
il quale lo consigliò a dedicarsi in particolare a quello del san- 
scrito. De’ suoi rapidi progressi in quest’ardua disciplina fa testi- 


e 


—- sei to è 
MASSIMILIANO MULLER — COMMEMORAZIONE 385 


monianza la traduzione del libro sanscrito lo MHifopadeca, cioè 
il “ Buono ammaestramento, , raccolta di novelle e di apologhi 
narrati con intendimento morale. Uscì nel 1844, e faceva cono- 
scere, nel traduttore, più che un principiante. Ma altro lavoro, e 
ben più arduo e importante, chiamava a sè, fin d’allora, il giovane 
e già valente sanscritista, la pubblicazione e la traduzione del 
più antico e importante libro sacro indiano, il Rigveda. Si recò, 
pertanto, dapprima a Berlino, poi in Inghilterra, ove ebbe l’aiuto 
d’un altro gran maestro, il Wilson. Ad Oxford, più tardi, fu pro- 
fessore in quell’Università, e da Oxford, dal 1850 in poi, per 
mezzo secolo, mandò fuori le opere sue che percorsero tutto il 
mondo civile e colto, destando ovunque ammirazione di sè, rice- 
vendo da ogni parte testimonianze luminose di stima, tra le 
quali non vuolsi tacere quella d'un Collegio di Brahmini d’India, 
che, esaminata attentamente l’edizione del Rigveda, la procla- 
marono perfetta, superiore di gran lunga a tutti i manoscritti 
loro, anche i più autorevoli. Ebbe infinite attestazioni d’onore 
da tutti i corpi scientifici e letterari delle maggiori città del 
mondo, e questa Accademia nostra si onorò di averlo ascritto 
tra i suoi Membri corrispondenti esteri. Morì sulla breccia, 
perchè l’instancabile sua attività non gli permetteva di ripo- 
sarsi ed egli attendeva pur sempre alle sue dotte e laboriose 
pubblicazioni. i 
Queste, oltre la traduzione dell’ Hitopadeca già mentovata, 
sono: la traduzione del soave idillio di Kalidasa, il Meghadîta, 
o la Nuvola Messaggiera (1848); la Grammatica Sanscrita; l’edi- 
zione del Praticakhya al Rigveda (1856); gl’Inni sacri dei Brahmini 
(1867), molti trattati, molti articoli, molte dissertazioni di mi- 
tologia, di linguistica, di filologia, di storia orientale, di reli- 
gione, di filosofia. Queste però sono le opere minori, tuttochè 
pregevolissime. Le opere che, come a dire, hanno valore e im- 
portanza universale e hanno dato impulso veramente valevole 
agli studî, sono: Le letture sulla Scienza del linguaggio, alle 
quali si aggiungono le Nuove letture; l’opera che, con titolo 
alquanto singolare, si chiama Schegge d’una officina tedesca, e 
comprende molte dissertazioni di filologia, di linguistica, di mi- 
tologia comparata, di storia religiosa, di letteratura; l'edizione 
e traduzione, già ricordate, del Rigveda, e la pubblicazione gran£ 
diosa, alla quale hanno collaborato i più dotti orientalisti d’Eu- 


pr ati 


386 ITALO PIZZI 


ropa, dei libri sacri d'Oriente. Vi son compresi, tradotti in 
inglese, il Rigveda, l Avesta, il Corano, i libri dottrinali pehlevici, 
i libri cinesi, il Tripitaka, il Dhammapadam, e gli altri libri 
buddhistici. Aggiungasi l’ Introduzione alla Scienza della Religione, 
in cui, con ardito e nuovo pensiero, si giunge a stabilire che 
si possono classificare e distinguere tre grandi religioni, una 
ariana, una semitica, una turanica, secondo la grande spartizione 
linguistica di genti ariane, semitiche, turaniche. E v'è infine 
l’altra opera, L'origine e lo sviluppo della Religione (1878), in cui 
si tenta di spiegare secondo i fenomeni naturalistici l'origine 
delle religioni, specialmente dell’indiana. 

Queste opere, perchè scritte anche con evidente e perspicua 
chiarezza, ricche di molta erudizione, ma non sovraccariche e 
imbarazzate, con un buon senso raro, fecero un gran bene, giova 
affermarlo, non tanto ai dotti, quanto, e più ancora, a quelli 
tutti che, pur non occupandosene ex professo, desiderano d’es- 


sere informati adeguatamente delle grandi questioni letterarie | 


e scientifiche che sono oggetto di studio per i dotti. In Italia, 
in particolare, dove gli scritti del Miiller poterono esser meno 
conosciuti al pubblico che altrove, vi ebbero tuttavia maggior 
seguito le Letture sulla Scienza del Linguaggio, egregiamente 
tradotte nella nostra lingua dal Prof. Gherardo Nerucci. Se ora 
sono alquanto antiquate, se molte volte, per lo slancio della 
mente comprensiva e poetica dell'autore, sorvolante facilmente 
sulle difficoltà, riescono più fantasiose che veramente scienti- 
fiche, diedero tuttavia vigoroso impulso perchè molti fra noi si 
consacrassero agli studîì orientali e ai glottologici, intesi a de- 
scrivere e a spiegar la natura di questo meraviglioso fenomeno 
che è il linguaggio umano, intesi a interpretare i grandi mo- 
numenti della parola, tramandatici dalla più remota antichità. 
All’opera benefica di quelle letture l’Italia deve assai più che 
non alle altre, sebbene scritte con maggior freno e però più 
scientificamente rigorose, ma aride talvolta e nude, d'un altro 
insigne cultore di queste discipline, che fu il Whitney. 

Ma non in ciò soltanto, cioè nell’opera scientifica e lette- 
raria, consiste il merito di lui. Ebbe amarezze, sentì gli assalti 
dell’invidia altrui, ebbe inimicizie, nè, forse, la patria germanica 
®volle o seppe collocarlo e mantenerlo a quel posto ch'egli si 
meritava per l’alto valore, e che gli fu dato, invece, dall’Inghil- 


O Cr Ed 


MASSIMILIANO MÙLLER — COMMEMORAZIONE 387 


terra; ma egli non rispose che equanime e calmo agli assalti 
altrui, nè ebbe mai parole acerbe per alcuno; anzi, parendogli 
troppo doloroso il trovarsi inimicato con uno dei più valenti 
confratelli di disciplina, nell'occasione d’un gravissimo e improv- 
viso lutto di famiglia, invocò pace dall’avversario e l’ebbe. Era 
onorato dell’amicizia degli uomini più illustri del secolo ora 
tramontato, ed essi stimavansi onorati della sua. Egli però s’in- 
tratteneva anche con gli umili, anche con chi s’avventurava 
giovane e incerto per l’ardua via delle discipline da lui colti- 
vate, e per tutti aveva sempre una dolce parola d’incoraggia- 
mento anche se qualcuno errava, perchè questi grandi non 
adoperano mai coi minori il linguaggio stizzoso, aspro, ironico, 
che è quello d’alcuni critici moderni quando si pongono ad esa- 
minare le opere altrui. Chi scrive queste linee, consacrate alla 
sua memoria, per debito di gratitudine che ha verso di lui, avendo 
avuto l’alto onore di essere stato in relazione con lui per più 
di due decine d’anni, ricorda ora i consigli paterni che ne ha ri- 
cevuti al principio della sua carriera di studî, gli avvertimenti 
savi, le parole d’incoraggiamento e di conforto. Massimiliano 
Miiller, insomma, era un gran sapiente, ma sapeva essere anche 
uomo, ciò che torna a lode grandissima di lui, perchè c’è un 
proverbio orientale che dice: “ Quanto è facile diventar dottore; 
quanto è difficile essere uomo! ,. 


Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 26 


388 CARLO CIPOLLA 


Un litigio tra Venezia e Savona nel 1324. 
Nota del Socio CARLO CIPOLLA. 


Nell’Archivio Comunale di Savona (1) si conserva una let- 
tera originale di Giovanni Soranzo, doge di Venezia. Porta la 
data del 6 ottobre, indizione settima. Una tarda mano vi appose 
l’anno 1309. E per verità nel 1309 correva la settima indizione. 
Ma allora il dogado era tenuto da Marino Zorzi, poichè il So- 
ranzo non fu eletto che nel 1312. Avendo questi tenuto quell’of- 
ficio sino al 1328, la lettera di cui occupiamo, si dovrà quindi 
rimandare al 1324, il solo anno, che, durante il suo dogado, 
portasse la settima indizione. 

La lettera è senza dubbio originale. Ha i due margini la- 
terali ripiegati; questi hanno alcuni tagli, destinati evidentemente 
a ricevere una cordicella, che serviva a chiudere la lettera, cor- 
dicella che probabilmente era poi assicurata e fermata dal sigillo. 

Il contenuto della lettera si riferisce a una questione mer- 
cantile. Un dalmatino, di Ragusa, ritornando da Tunisi, colla 
sua nave carica di lana, di biade e di altre mercanzie, era stato 
assalito da due navi savonesi, di cui erano armatori Giacomo 
de Bonacato e Paganino Doria. Ciò era accaduto all'altezza di 
Porto Pisano. Com'è noto, Porto Pisano è da secoli distrutto e 
interrato; si trovava vicino a Livorno (2). I Savonesi condussero 
la catturata nave a Lerici, non lungi da Sarzana; la spogliarono 
di ogni mercanzia, e, vuota, la resistituirono al patrono. Anzi 
ritennero prigioniero lo stesso scrivano. Di qui il lagno che il 
dalmatino fece a Venezia, e che questa presento a Savona. 


(1) Pergamene sparse, originale. Ringrazio i signori cav. Federico e 
cav. Agostino Bruno, per la cortesia squisita, colla quale mi facilitarono gli 
studî che ebbi occasione di fare, nella state del 1900, nell’Arch. di Savona. 

(2) P. Vico, Statuti e Provvisioni del Castello e Comune di Livorno. 
Livorno, 1893, prefazione pag. Lxxvi sgg. 


_—————_———————6———_—n 


te" 


UN LITIGIO TRA VENEZIA E SAVONA 389 


Pur troppo non sono in grado di completare le notizie re- 
cateci da questa lettera, con altri dati, nè di origine savonese, 
nè di origine veneziana. 

I volumi più antichi dei Misti del Senato Veneziano anda- 
rono quasi del tutto perduti. Dei primi XIV volumi dei Misti 
si conservò appena un frammento del I volume, con atti degli 
anni 1300-1302. Fuori di ciò, di quei volumi non rimane altro 
che l’indice, il quale fu pubblicato da G. Giomo (1). Da questi 
indici (dove i documenti sono spesso riferiti senza data) appren- 
diamo la notizia di varî litigi insorti tra Veneziani e Savonesi (2). 
Talora i Veneziani mandavano a Savona qualche loro messo 
“ occasione damnorum nostrorum ,. Si parla anche “ de facto 
Aytonis: de Auria ,. Ma questo factum non può identificarsi con 
quello al quale il nostro documento si riferisce, poichè la let- 
tera del Soranzo parla di Paganino e non di Aitone D'Oria. 

È noto che le relazioni fra Venezia e Tunisi erano allora 
fiorenti. Il doge Soranzo aveva da pochi anni rinnovato i trat- 
tati antichi con Tunisi, come vediamo da un documento in data 
12 maggio 1317 (3). 

Del litigio che la lettera del doge Soranzo ci fa in parte 
conoscere, ignoro anche la fine. Probabilmente i Savonesi dovet, 
tero risarcire i danni, non foss’altro per isfuggire alle rappre- 
saglie, che senza dubbio il governo Veneziano avrebbe conceduto, 
in danno di essi e in favore della parte lesa. 


“ Johannes Superancius Dei gratia Veneciarum, Dalmacie 
atque Chroacie dux, dominus quarte partis et dimidie tocius 
Imperij Romanie, nobilibus et sapientibus viris... Rectoribus 
Saone, amicis dilectis, salutem et dilectionis affectum. Que- 
relam dilecti fidelis nostri Felicis de Grade, de Ragusio, non 
sine mentis perturbacione nuper recepimus, quod, dum de 
partibus Tunisij, cum quadam eius navi, onerata lana, blado 
et aliis mercibus, versus Portum Pisanum (4) tenderet navi- 
gando, due galee vestre armate, quarum armatores erant Ja- 


(1) Le rubriche dei libri © Misti , del Senato, “ Arch. Ven. ,, XVII e sgg. 
(2) “ Arch. Ven. ,, XXIV [1892], pp. 96-97. 

(3) Tomas, Diplomatarium Veneto-Levantinum, I Venezia, 1880], pp. 101.2. 
(4) Ms. pis,. 


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390 CARLO CIPOLLA — UN LITIGIO TRA VENEZIA E SAVONA 


cobus de Bonacato et Paganinus de Auria, ipsam navim ipsius 
sic oneratam forte per unum milliarium longe a dicto Portu Pi- 
sano (1) violenter ceperunt, eamdem conducentes Lerice, ubi per 
quindecim dies detinuerunt eamdem, et (2) exonerari facientes 
postea ipsam, et retinentes quicquid in ipsa erat, vacuam di- 
miserunt, et patrono eius restituerunt predicto, retinentes tamen 
eciam scrivanum navis ipsius, propter que omnia dampnifficatum 
se asserit ad magnam peccunie quantitatem. Et ideo gravati 
ex hoc et merito considerantes maxime quod hec sunt, et esse 
dignoscuntur contra veri sinceritatem amoris, quem vobiscum 
conservavimus et conservare intendimus nostro posse, nobilem 
amicitiam vestram requirimus instanter, et affectuose rogamus, 
quatenus sic effectualiter vobis in predictis placeat providere, 
quod quidem noster fidelis Felix, sic per vestrates iniuste dam- 
nificatus, satisfacionem integram recipiat de sibi ablatis occa- 
sione prefata, ut, contentus ob hoc, nobis querellam non replicet, 
qui sibi et aliis nostris subditis pro conservacione ipsorum iurium 
efficimur debitores. i 

“ Dat. in nostro ducali palacio, die sexto octubris, vi In- 
dicionis. 

Esternamente: “ Nobilibus et Sapientibus viris... Recto- 
ribus Saone ,. 

Di tarda mano: 1309. 


(1) Ms. pis,. 
(2) Voce aggiunta di prima mano nell’interlinea. 


rici iii 


ei 


ANNIBALE M. PASTORE — SAGGIO SOPRA L'ESPERIENZA MEDIATA 391 


Saggio sopra l’esperienza mediata. 
Nota di ANNIBALE M. PASTORE. 


°Amò dé Ye TOv cwuaTtikÒèv, Wo ÈE eiKOvoc 
EvapreotaTne, dvagportàv avaykaîov èrì 
TÀ TVEVPaTikd. 
S. Cirino ALex., In Oseam. 


INTRODUZIONE 


1. — Quando vogliamo gettare uno sguardo ai risultati 
della scienza moderna, per orientarci nel gran seno della realtà 
multiforme e multicolore, noi siamo costretti a cedere a la ten- 
denza naturale di introdurre qualche ordine, anzi l’unità nella 
molteplicità dell'esperienza. 

Il problema dell’unità, invero, costituisce gran parte della 
tradizione classica della Filosofia. 

Ma il presente lavoro avendo per oggetto di esporre e di 
esaminare per sommi capi il processo ed i risultati fondamen- 
tali dell'esperienza mediata per scoprire i limiti e i diritti della 
Psicologia introspettiva esclude rigorosamente da la prima parte 
ogni considerazione che non abbia per base l’esperienza mediata, 
l’astrazione e le convenzioni logiche. 

Considerando le cose da questo punto di vista, possiamo 
dire che la tradizione classica del pensiero non à mai perduto 
di mira i seguenti punti consacrati da la storia della filosofia 
in generale e della filosofia greca in particolare: 

1° l’accordo della Filosofia e della Matematica o più pre- 
cisamente delle Scienze fisiche e delle Scienze morali; 

2° il problema dell’unità e la sua risoluzione successiva 
nei tre problemi: cosmologico, antropologico, psicofisiologico; 

3° il postulato fondamentale del metodo meccanico de- 
scrittivo (analogico) in tutto ciò che si riferisce a l’esperienza 
mediata. 


392 ANNIBALE M. PASTORE 


2. — Fu già notato da molti un movimento importantis- 
simo che porta. oggi un certo numero di filosofi a la Matematica 
ed a la Fisica ed un certo numero di matematici e di fisici a 
la Filosofia, anzi si può sostenere, con gravi ragioni, che se 
questa unione, notissima nell’antichità, riuscì poi meno appa- 
rente in un lungo periodo storico, in verità non esistette mai 
una separazione tra la Scienza e la Filosofia, tutt'al più bisogna 
riconoscere che alcuni scienziati ed alcuni filosofi si sono igno- 
rati reciprocamente. Ora i gravi danni prodotti da questo scambio 
di idee sono largamente compensati da’ risultati importantissimi, 
tanto per la speculazione quanto per la scienza, che filosofi e 
scienziati si apportarono scambievolmente; a rannodare pertanto 
il filo interrotto della tradizione filosofica italiana, sigillata con 
tanta ricchezza da’ nostri grandi filosofi del rinascimento, e a 
promuovere quel vivo moto di rinnovamento dello spirito umano, 
da cui noi Italiani rimanemmo esclusi da troppo tempo, io credo 
che convenga transigere con l’enorme fastidio della superfeta- 
zione dommatica tuttavia esistente in quasi tutte le scuole, poi 
con serena libertà di spirito esaminare e saggiare tutti i sistemi, 
amici e nemici, che vanno incontro francamente al massimo tra 
i bisogni intellettuali dell'età; cioè a la riconciliazione della Scienza 
positiva colla Filosofia. 

Nella ricerca di quel tanto di vitale, di umano e di stori- 
camente efficace che la Filosofia deve portare a l’opera della 
civiltà, proclamiamo una buona volta apertamente che tutti i 
sistemi sono uguali, di fronte a la critica, allorquando rendono 
conto ugualmente bene di tutte le particolarità che si osservano 
ne’ fenomeni, o per dir meglio, allorquando giunti a la deter- 
minazione di alcuni rapporti costanti, possono metter capo ad 
una nozione fondamentale comune che sussista indipendentemente 
da essi medesimi. 

8. — Le scienze naturali e la Filosofia d’altronde sono con- 
ciliate da l'ideale che sovrasta ad entrambe ed appaga il diritto 
della sintesi naturale a la ragione umana: congiungere insieme 
tutte le cognizioni in un sapere unico o universale e trovare la 
legge suprema da la quale si possano trarre tutte le leggi par- 
ticolari. Il problema dell’unità è così ad un tempo il problema 
scientifico ed il problema filosofico per eccellenza, giacchè quello 
che più preme non è la semplice registrazione ma l’organizza- 
zione razionale de’ fatti. 


SAGGIO SOPRA L'ESPERIENZA MEDIATA 393 


Ora pur riconoscendo i grandi diritti della scienza speri- 
mentale moderna, la sicurezza de’ suoi metodi, il numero sempre 
crescente delle sue scoperte e delle sue applicazioni, non pos- 
siamo dimenticare che tutta l’esperienza mediata muove da un 
punto di partenza, raggiunto già nella Filosofia greca da la scuola 
di Leucippo d’Abdera, dopo i primi bagliori della scienza intorno 
a le concezioni cosmologiche della realtà, ed elevato poi dopo 
Galileo a postulato fondamentale dell’esperienza mediata. — Dare 
ragione dell’infinita varietà e complessità dei fenomeni concreti 
per mezzo delle condizioni meccaniche e ridurre tutte le differenze 
di qualità a differenze di quantità. — 

4. — Tali sono a punto i presupposti dell’esperienza me- 
diata a la quale, dando pure tutta l'estensione possibile, giustifi- 
cata del resto da le sue ottime prove, noi dobbiamo ancora 
domandare quale sia il valore delle conquiste scientifiche così 
fondate, cioè se riesca a cogliere la realtà nella sua pienezza e 
concretezza o debba contentarsi di rilevarne o descriverne solo 
alcuni lati; se doni, insomma, la più feconda orientazione al 
pensiero ed a la vita pratica dell’uomo. 

Ma noi ci guarderemo bene dal domandare a l’esperienza 
mediata ciò che essa logicamente non può dare, cioè se tradisca 
o no la causa della speculazione filosofica, poichè un falso con- 
cetto della natura e della scienza non deve lanciarci a pretese 
illegittime nè scemarci il coraggio del vero. 


L'ESPERIENZA MEDIATA 


CapiroLo I. — Il processo. 


1. — Prima di rispondere nettamente a questa domanda : 

Che cosa è la scienza? — noi dobbiamo far breve menzione di 
un’altra questione preliminare. Sappiamo che lo spirito umano 
seguendo il procedimento normale nell’acquisto delle cognizioni, 
à dato origine a due classi di scienze naturali distinte: 

1° Scienze naturali fisiche; 

2° Scienze naturali psicologiche o comunemente dette 
morali. 


394 ANNIBALE M. PASTORE 


Ora, de’ due modi di considerare l’esperienza: mediata e 
immediata, quello dell'esperienza mediata o delle scienze fisiche, 
non solo si è sviluppato storicamente prima dell’altro ma, poco 
a poco, e sopratutto pei grandissimi vantaggi metodici, potè 
invadere anche il campo delle altre scienze — per modo che il 
concetto moderno della scienza non riuscì a foggiarsi sul tipo 
delle scienze morali — ma più tosto su quello delle scienze 
fisiche. 

In seguito a’ lusinghieri risultati dell’esperienza mediata, 
la Meccanica conquistò trionfalmente l’Astronomia, impose lin- 
guaggio a le teorie fisiche, investe ora con successo la Chimica, 
affronta la Biologia, minaccia la Psicologia e perfino a la Meta- 
fisica offre un sublime rifugio nella Meccanica razionale. 

Che la scienza fisica con la descrizione si sviluppi e con essa 
finisca maisempre, è opinione notissima; da le rappresentazioni 
pure e semplici primordiali a la conoscenza scientifica, dai fatti 
a le leggi, l'operazione intima e fondamentale di questa forma- 
zione è la comparazione. Da ciò si comprende come E. Mach, 
nella sua breve lezione (1) si proponga seriamente di giustificare 
l'opinione seguente di Kirkhhoft: la meccanica ha per oggetto 
la descrizione più completa e più semplice possibile de’ movi- 
menti che si offrono a noi nella natura. 

Queste brevi considerazioni metodologiche preliminari get- 
tano già una grande luce sopra la natura ed il carattere fon- 
damentale della scienza. Infatti: se il metodo dell’esperienza 
mediata in genere, riposa sul postulato fondamentale del metodo 
meccanico descrittivo, noi possiamo conchiudere che nel mondo 
reale non v’hanno che fatti dati tutti su lo stesso piano. Dunque 
ogni distinzione, ogni classificazione, ogni costruzione sistematica 
di essi non è che un valore logico e soggettivo; cercare la 
natura intima della scienza non vorrà dir altro che cercare il 
valore dell’organamento logico delle cognizioni. Questa sempli- 
ficazione, la quale spiega chiaramente la possibilità e la prati- 
cità della scienza, facendone una vera e propria costruzione 
sistematica ricavata da un mondo affatto conoscibile, cioè rego- 
larizzabile conformemente a le esigenze dell'umano pensiero, ci 


(1) E. Maca, Ueber das Prinzip der Vergleichung in der Physik. Leipzig, 
Vogel, 1894. 


veg 


SAGGIO SOPRA L'ESPERIENZA MEDIATA 395 


costringe a sposare al postulato fondamentale dell’esperienza 
mediata quest'altra proposizione, chiarissima genitrice dell’Idea- 
lismo: — Quale che sia il fondamento misterioso sul quale ripo- 
sano i fenomeni, l'ordine con cui essi sì producono è esclusiva- 
mente determinato da le leggi del nostro proprio pensiero. — 

2. — Rifare nel nostro pensiero un universo logico simile 
a l’universo reale, tale è lo scopo del problema cosmologico. 
Leibniz vedeva in ciò un’analogia con la projezione geometrica 
che può rappresentare oggetti solidi con superficî, superficì con 
linee, linee con punti. La presenza di questo problema in tutta 
la storia della Filosofia è un fatto innegabile (1). Quando le 
scienze fisiche, circa la metà del secolo nostro, per reagire a le 
intemperanze degli Idealisti, fin dal principio del secolo “ bom- 
binantes în vacuo ,, cercarono anch’esse di abbracciare in una 
sintesi scientifica provvisoria la totalità delle cose, fondandosi 
unicamente su’ risultati dell'esperienza mediata, non fecero altro 
che raggruppare sistematicamente tutte le leggi supreme trovate 
coll’esperienza e col calcolo. Ciò che dona a punto a le ricerche 
scientifiche il carattere positivo è l’impiego del calcolo e del 
metodo sperimentale, e lo scopo finale è sempre la conquista e 
la sistemazione delle leggi. Ora la via che segue lo spirito 
umano per giungere a questa conoscenza è la seguente. 

Noi abbiamo da un lato gli oggetti e i fenomeni della natura 
fisica che supponiamo regolati da un sistema di leggi fisiche scono- 
sciute (sistema cosmico). Da l’altro lo spirito umano che accoglie 
e si rappresenta questi oggetti e questi fenomeni logicamente 
(sistema logico), partendo da l’ipotesi che esista un certo accordo 
fra il modo di procedere della Natura e il modo di procedere 
dello spirito umano. Proseguendo nella via della conoscenza e 
fondandoci sempre sopra questa ipotesi, non ancora verificata 
da l’esperienza, noi ci formiamo de’ fenomeni esteriori delle ima- 
gini e cerchiamo di formarcele in modo tale che le conseguenze 
logiche delle imagini siano a la loro volta imagini delle conse- 
guenze naturali degli oggetti; termine medio fra le imagini e 


(1) Questo periodo cosmologico nella filosofia greca primitiva, fu posto 
in chiara luce da G. Allievo e giustificato cronologicamente e psicologica- 
mente, rispetto a le altre fasi successive, ne’ suoi limpidi Studi psicofisio- 
logici. Cfr. “ Mem. della R. Accad. delle Scienze di Torino ,. Serie II, t. 45. 


396 ANNIBALE M. PASTORE 


la verificazione delle loro conseguenze è un sistema di equazioni 
fondamentali a cui è possibile giungere per diverse vie. Quel 
processo che si compie nell’associazione empirica di più rappre- 
sentazioni; in un ordine di idee più largo, si ripete per le singole 
teorie della fisica matematica, le quali — a giudizio del Hertz 
che è svolto ampiamente la questione de’ modelli dinamici di 
un sistema materiale (1) — non sono altro che modelli dinamici 
delle cose; e quello che è vero per le singole teorie della Fisica 
matematica è vero anche per l’intero edifizio della Meccanica 
razionale. Così è che noi da prima conosciamo solo il mondo delle 
alterazioni fenomeniche mediate; quindi intravvediamo vaga- 
mente l’unità nel mondo de’ sistemi o modelli ipotetici provvi- 
sorî; poscia, ricavato da essi il sistema delle equazioni fonda- 
mentali, con un ultimo slancio sintetico, volendo riprodurre tutto 
il processo della machina rerum, imaginiamo una costruzione 
ideale e suprema delle leggi, che sia la più esatta riproduzione 
del sistema naturale, e trovi la sua verificazione logica nella 
‘costanza de’ fatti conosciuti.‘ Questo modo di considerare le cose 
ci conduce a due punti di capitale importanza: 

1° In ogni teoria ciò che vi è d’essenziale sono le equa- 
zioni fondamentali; 

2° Se un fenomeno ammette una spiegazione meccanica 
completa ne ammette infinite che rendono conto egualmente 
bene di tutte le particolarità rivelate da l’esperienza. | 

Queste conclusioni sono state esposte con molta autorità 

-— per un altro campo — da Lorenz, da Hertz e da Poincaré 
e non sembra che sia più possibile evitarle. Riassumendo i 
risultati, mi sembra di poter conchiudere, che il problema cosmo- 
logico, dal punto di vista dell'esperienza mediata, deve assumere 
la forma tipica seguente: 

1° Fatti fisici; 

2° Teorie; 

3° Sistema di equazioni fondamentali. 

8. — Anche in ordine al problema antropologico l’esperienza 

mediata, prendendo ad oggetto tutto il mondo interiore aperto 
da Socrate e valendosi da un lato di tutti i risultamenti scien- 


(1) H. Herrz, Die Prinzipien der Meckanik in neuem Zusammenhange 
dargestellt. Leipzig, I. A. Barth, 1894. 


SAGGIO SOPRA L'ESPERIENZA MEDIATA 397 


tifici ottenuti da le singole discipline speciali, che vivono nel 
gran campo dell’Antropologia, da la Biologia a la Sociologia, : 
— da l’altro dai progressi innegabili ottenuti da la Psicologia 
sperimentale, coi metodi più adatti, che ci permettono di ricor- 
rere più sicuramete a l’esperienza obbiettiva nella ricerca dei 
fatti psichici elementari, cercò e cerca di arrivare a la scien- 
tifica spiegazione dell'essere umano. È vero che qui gli scien- 
ziati convennero tosto nell’ammettere che la forma scientifica 
dell’Antropologia non può consistere in un imprestito di proce- 
dimenti da tale o tale altra scienza, ma in una sola attitudine: 
la sottomissione ai fatti. Ma spinti da la necessità della gene- 
ralizzazione cedettero anche qui a la tendenza di introdurre un 
ordine nella molteplicità de’ fatti; e partendo dal vecchio postu- 
lato: la realtà non è che un gruppo di relazioni — restrinsero 
la ricerca delle equazioni fondamentali a questo problema sto- 
rico: Come uno stato sì trasforma da un altro? — 

La Storia per tal modo diventa una realtà scettica; la Morale 
à le sue leggi come qualunque altro fenomeno, nè le cerca fuori 
della vita ma nelle relazioni stesse in cui si moltiplica la vita; la 
società umana insomma è tutta quanta soggetta a leggi deter- 
minate che possono formare oggetto di varie scienze distinte: 
Nomografia, Nomogonia, Nomologia e va dicendo. Ma il solo 
tentare di raggiungere un simile risultato presuppone nuova- 
mente la possibilità di presentare il problema antropologico, sotto 
la forma tipica del primo problema considerato: 

1° Fatti antropologici; 
2° Teorie; 
8° Sistema di equazioni fondamentali. 

Così per altra via siamo giunti al medesimo risultato del 
primo problema. 

4..— In ordine al problema psicologico dove si fa tanta 
acerba la lite, noi avremmo dovuto sottilizzare molto una qua- 
rantina d'anni fa, ma ora la critica dell'esperienza ci spalanca 
la via maestra, proseguendo nella quale giungeremo a gli stessi 
risultati dei due primi ‘problemi. Invero “ poniamoci — come 
dice l’Allievo — sul terreno dei fatti, dove la Fisiologia e la 
Psicologia s'incontrano come in un campo comune. Nella cerchia 
della presente vita tellurica, e della nostra attuale esperienza, 
esiste una corrispondenza tra i fenomeni mentali del pensiero 


398 ANNIBALE M. PASTORE 


del sentimento, della volontà ed i fenomeni fisiologici dell’orga- 
nismo; le funzioni cerebrali porgono a lo spirito certe condizioni 
del suo intimo operare e del suo manifestarsi esteriore. L’osser- 
vazione si ferma a questo passo psicofisiologico e non procede 
oltre a questo punto. L’argomentare, come fanno i seguaci del 
Monismo fisiologico, dal semplice rapporto di corrispondenza e 
di condizionalità fra i fenomeni mentali e fisici, a la loro identità 
è un pretto sofisma che snatura il fatto, confondendo due termini 
essenzialmente distinti , (1). 

Gli scienziati più severi e più sereni dividono tutti questo 
modo di vedere, perchè sanno bene che il vero metodo scienti- 
fico non confonde nè sopprime nulla dei termini su cui si eleva, 
quindi, pur difendendo la realtà distinta del fatto sia fisico, 
sia psichico, convengono nel dichiarare che tra la vita fisica 
e la mentale ci corre una corrispondenza ed un parallelismo 
innegabile. 

Ora è a punto sopra questi principî che si giustifica, per 
l’esperienza mediata, una scienza esatta dei rapporti che uni- 
scono i due mondi; la quale, se anche potrà parere insufficiente 
ad alcuni non potrà mai essere dichiarata illegittima. 

Tutto è scritto in qualche luogo — ha detto Goethe — si 
tratta solo di trovarlo! 

Ma l’esperienza mediata per arrivare al suo scopo non 
ha bisogno d’altro. Le basta da un lato il principio del paral- 
lelismo psicofisico, che le permette di stabilire alcune relazioni 
determinate tra la così detta causalità fisica e la causalità psi- 
chica, tra loro diverse tanto quanto differiscono i due punti di 
vista; da l’altro la conoscenza delle leggi fondamentali della 
natura e delle leggi fondamentali dei processi psichici da cui 
può trarre un’imagine o teoria o modello provvisorio dello stato 
attuale delle cose e formarselo in modo tale che le conseguenze 
logiche dell’imagine siano a loro volta imagine delle conseguenze 
naturali dei fatti psicofisiologici. Queste prime ipotesi bastano 
a condurle al sistema delle equazioni fondamentali psicofisiolo- 
giche; cui essa può anche fermarsi come al significato più largo 
e più profondo di tutte le sue ricerche. 


(1) Gruseppe Artievo, L'uomo ed il cosmo. Torino, Tipogr. Subalpina ed. 
1891, pag. 206-207. 


SAGGIO SOPRA L'ESPERIENZA MEDIATA ” 399 


Ma il solo tentativo di raggiungere un simile risultato pre- 
suppone nuovamente la possibilità di presentare il problema psi- 
cofisiologico, sotto la forma tipica dei due primi problemi con- 
siderati : 

1° Fatti psicofisiologici; 
2° Teorie; 
3° Sistema di equazioni fondamentali. 


CapiroLo II. — I risultati. 

1. — Per ragioni di brevità e di semplicità abbiamo riunito 
nell’unico problema antropologico i tre problemi: biologico, psi- 
cologico, sociologico — che meriterebbero un posto distinto. Il 
lettore comprende senz'altro che tutti questi problemi — con- 
siderati esclusivamente dal punto di vista dell'esperienza me- 
diata — non si ribellano ai due termini estremi: Esordire dar 


fatti e risalire a le leggi. Di problema in problema, siam giunti 
così a tre gruppi di leggi distinte; ora da una prima sintesi 
grossolana di queste leggi essenziali a la vita, in cui le varie 
sintesi parziali si trovano più o meno vagamente classificate, 
secondo quell’intuizion spontanea che ognuno di noi porta in 
germe in sè medesimo e che sviluppa poi nel corso dell’espe- 
rienza, noi ci eleviamo gradatamente ad una ricostruzione si- 
stematica dell'universo, riunendo per ordine di fenomeno in fe- 
nomeno, di legge in legge quelli elementi di cui l’analisi è 
definito i rapporti. L'ultimo sforzo dell’astrazione si solleva al 
mondo delle equazioni fondamentali supreme, come a l’ unica 
realtà. 

Con questo semplice riconoscimento delle equazioni supreme 
la scienza mediata esaurisce il suo còmpito teorico; perchè 
nella determinazione delle equazioni fondamentali sta la ragione 
ultima del fenomeno scientifico, il quale non è altro che il ri- 
sultato d’un’astrazion metodica operata sui dati elementari del- 
l’esperienza. Con l’esperienza mediata noi non apprendiamo che 
ordini di coesistenza e di successione, forme e rapporti costanti, 
quadri, schemi, simboli, leggi. La nostra scienza tende sempre 
più a diventare un’algebra: le leggi non sono che annotazioni 
del cammino osservato nei fenomeni, tipi astratti che noi fab- 
brichiamo, sostituendo al procedimento reale un procedimento 


ug 


400: * ANNIBALE M. PASTORE 


ideale. La legge rassomiglia così a le cose come la curva trac- 

‘ ciata col plettismografo rassomiglia a le pulsazioni della vita. 
Ecco perchè il mondo filosofico s'avvicina sempre più al mondo 
fisico e matematico, in cui una riflessione più cauta ci fa cono- 
scere che la scienza sperimentale unicamente si compie. L’ul- . 
tima parola non appartiene dunque al meccanismo ma a l’espli- 
cazione matematica. 

Queste parole sono gravi ma vere. 

Così l’esperienza mediata la quale è esordito col proposito 
costante di mantenere la ricerca per quanto è possibile vicino 
a le cose della natura, applicando poi rigorosamente la sua for- 
mula, diventò necessità determinante, simbolizzazione e riduzione 
progrediente della molteplicità dei dati ad alcuni tratti carat- 
teristici. È vero che per essa noi giungiamo a la certezza ma- 
tematica, ma che cos'è questa se non la certezza massima d’un 
dato percettivo minimo? 

— 2. — Senonchè pur ammettendo che l’anima dell’esperienza 
mediata è la legge, non possiamo arrestarci a codesta rigida 
schematizzazione della mobilità dell’ esperienza; il concetto di 
legge si riduce ai tre concetti di: rapporto, costanza, necessità; 
per esso le varie scienze postulano la possibilità della ripetizion 
integrale; se noi ci riducessimo a le sole leggi, dovremmo con- 
siderare le relazioni dei fenomeni in se stesse, cioè come in uno 
stato di perfetta immobilità. 

Un altro punto di capitale importanza è il termine prezioso 
di funzione il quale, consacrato da prima da le matematiche per 
le quantità astratte, potè inoltre essere trasportato nel dominio 
generale delle scienze. Senza parlare delle applicazioni euristiche 
di questo principio, che mi trascinerebbero fuori dell'ambito di 
questa breve nota, mi limiterò ad indicare che esso rende impor- 
tantissimi servigî, specialmente nelle scienze di correlazione, dove 
i varî ordini distinti mostransi costantemente e regolarmente as- 
sociati e intimamente compenetrati nella rappresentazione fornita 
da l’esperienza. Tuttavia anche questo termine non s’oppone a 
l’organamento logico della scienza (1). Più ci sprofondiamo nel- 


sit 


mm’ _——___Ò_m——r ——_— 


(1) Intorno a questo argomento il Tarozzi è scritto una profonda me- 
ditazione, che è vari punti di contatto colla nota presente, in una prolu- 
sione intitolata: L’organamento logico della scienza e il problema del deter- 
minismo. Firenze, Niccolaj editore, 1899. 


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piani vali) 


SAGGIO SOPRA L'ESPERIENZA MEDIATA 401 


l’immenso addentellato delle leggi e delle funzioni, più ci si scopre 
la selvaggia tetraggine del concetto che noi possiamo formarci 
della natura, prendendo per unica guida l’esperienza mediata. La 
natura intima non si dona, ben si dissuggella in forme diverse, 
in una infinità di sistemi cosmici soddisfacenti quasi a lo stesso 
grado, ben ci permette un intero ordine di equazioni fondamentali, 
ma essa sfugge come fantastico miraggio. La scienza viene a 
perdere così quasi ogni contatto teorico colla realtà, donde tut- 
tavia è nata. La natura, qual si rappresenta nel nostro pen- 
siero da questo punto di vista, non è che un immenso simbolo 
su cui posa la legge velut sigillum maximum, come direbbe Cle- 
mente d'Alessandria. 

8. — Posto questo fatto capitale in ordine a la teoria della 
‘conoscenza, noi percepiamo il processo dei fenomeni come per- 
cepiamo che il cielo è azzurro, quando è azzurro; e la nostra 
percezione non è in alcun caso il fondamento del fatto per quanto 
sia essenziale al nostro sapere e ci permetta poi, nella pratica, 
di dedurre da lo stato attuale delle cose, lo stato loro per un 
istante qualunque. Ma noi dobbiamo giungere logicamente ad 
un risultato ancor più inatteso, ad un risultato che fu respinto 
con estrema violenza dai primi intransigenti positivisti, nel furor 
della reazione, e che ora l’esperienza mediata riaffaccia ed im- 
pone senza riparo. 

Esaminando il congegno della mente umana in ciò che è 
di più profondo riguardo a l’acquisto della certezza mediata, 
per mezzo di un sistema di equazioni fondamentali, risulta 
chiaramente che essa non può uscire dai limiti della cognizione 
analogica. L'esperienza mediata lungi da l’essere il modo unico 
ed esauriente della spiegazione scientifica non è che un modo 
analogico di essa e solo a questo semplice titolo metaforico 
può rimanere nella scienza la considerazione meccanica dell’u- 
niverso. Ora, se la conoscenza analogica maschera l’ igno- 
ranza essenziale, come possiamo sopra la fede di essa spingerci 
a dichiarare la conoscenza fondamentale di qualche cosa? Forse 
noi ci approssimeremo sempre più a questo ideale se valendoci 
delle equazioni fondamentali integreremo la nostra conoscenza 
coi dati dell’esperienza immediata, il progressivo avvicinamento 
alla quale segna la progressiva depurazione del metodo analogico. 
4. — Noi siamo giunti dai modelli a le leggi, ma è chiaro 


Pci ai ; 


402 ANNIBALE M. PASTORE 


che da le leggi, possiamo anche passare ad altri modelli ancor 
più soddisfacenti dei primi, e il numero di essi, come dicemmo, 
può essere infinito. Tuttavia la formazion dei modelli, tanto in 
una fase quanto nell’altra, non è una mera superfetazione, ma 
una vera e propria esigenza dello spirito. È vero che la conce- 
pibilità logica di un’equazione non comporta sempre una rap- 
presentazione mentale adeguata e soddisfacente; spesso anzi 
questa rappresentazione è materialmente impossibile come nel 
caso della Geometria meteuclidea. I matematici invece fanno 
tutte le applicazioni dei calcoli senza curarsi di giustificare rap- 
presentativamente le loro generalizzazioni. Noi vediamo dunque 
che, una volta che si è giunti a trovare le equazioni fondamen- 
tali, le costruzioni logiche possono riuscire, tanto inutili di fronte 
a tutte le leggi, quanto impossibili di fronte a certune. 

Nondimeno anche se si potesse rappresentare il processo dei 
varî fenomeni naturali, con tutta una serie indefinita di modelli 
soddisfacenti, stabiliti unicamente secondo un ordine di accettabi- 
lità, offerto solo da quella disposizione che meglio riproduce in 
ogni particolarità ciò che si osserva nei fenomeni; l’unico legame 
fra la natura ed i modelli, nel caso più favorevole, consisterà solo 
in ciò che le leggi secondo cui variano le quantità corrispon- 
denti nei due sistemi sono le stesse. Dunque lo studioso non 
solo non deve pronunziarsi intorno a questa questione, circa il 
fondo delle varie energie naturali, ben guardandosi dal credere 
che vi sia nelle nostre rappresentazioni, tutta la verità o anche 
solo una parte, ma egli deve ritenere perfino ozioso, in un gran 
numero di casi, il discutere sopra il valore relativo di due ipo- 
tesi differenti. Ricercare semplicemente qual sia l’ipotesi che 
possa render maggior conto di tutta una serie di fatti, ecco lo 
scopo. Dopo la dichiarazione delle analogie che ànno un’impor- 
tanza pratica immensa ma presentano eziandio un interesse lo- 
gico notevolissimo, noi non possiamo sentirci obbligati a niente 
altro fuorchè a la ricerca della verità. 

Noi dobbiamo perseguitare l'analogia perchè è uno audi stru- 
menti più utili della fecondissima ipotesi, suggerendoci anche 
talora la possibilità di nuove ricerche sperimentali, giacchè questo 
metodo, euristicamente considerato, offre talora dei risultati tanto 
inattesi quanto meravigliosi. Ma siccome l’accettabilità d’una 
teoria è sempre limitata, noi non dobbiamo guardare la natura a 


SAGGIO SOPRA L'ESPERIENZA MEDIATA 403 


traverso la teoria, nè fare della vita un’interpretazione della 
scienza, ma questa di quella. Tutti gli scienziati son d’accordo 
nell’ammettere che l’uso delle varie ipotesi soddisfacenti rende i 
più segnalati servigì a la scienza; ogni amico della verità non 
può che rallegrarsi profondamente di questo concorso, per quanto 
l’amor proprio ed il trasporto che ognuno sente per quelle ri- 
cerche, nelle quali è più competente, velando talora lo spirito, 
riescano ad eccitare fastidiosi litigi. Lo dimostra — per addurre 
un solo esempio recentissimo — il grande fermento critico solle- 
vatosi in tutto il mondo della fisica matematica, quando il Laisant 
sostenne per la prima volta: “ If y a plutòt des algèbres que 
l’algèbre , (1) ed il Poincaré, con l’usata freddezza, concluse vol- 
garizzando una nozione che comincia a pena ad uscire dal cerchio 
degli adepti (2). “ Non vi sono geometrie più o meno vere, vi 
sono geometrie più o meno comode ,,. 

5. — Noi abbiamo mostrato finora le lacune e le insuffi- 
cienze dell'esperienza mediata; era quasi il lato negativo offerto 
da la stessa conoscenza scientifica, fondata su l’esperienza me- 
diata, e spinta a le sue necessarie conseguenze logiche, ci resta 
a ristabilire il suo vero còmpito che è tutto pratico poichè la 
esperienza mediata teorica non è che la metà di un’antitesi; e 
di fronte a la vita non è vero che una teoria sia ciò che nella 
scienza v'è di meno positivo. È qui, sul terreno pratico della 
vita, di fronte a la verificazione sperimentale delle conseguenze 
logiche, ricavate da l’equazioni fondamentali, è qui che l’espe- 
rienza mediata trionfa veramente. Le nostre teorie, passando 
dal laboratorio a l’ officina, si cambiano in ricette pratiche 
combinate per ottenere certi risultati utili, e vengono com- 
binate senza scrupolo fintantochè rendono i servigì voluti. La 
riuscita delle nostre previsioni scientifiche è più relativa a l’azione 
che a la conoscenza. 

Da questo punto di vista, poco importa che tutte le teorie 
siano artificiali e convenzionali, egualmente vere ed anche in- 
finite, purchè i nostri calcoli siano efficaci, purchè la scienza 


(1) C. A. Larsanr, La mathématique, philosophie, enseignement. Paris, Carré 
et Naud., 1898, pag. 51. 

(2) Cfr. ALrren Norra WHiteHEAD, A treatise on universal algebra with 
applications. Vol. I. Cambridge University Press., 1898. 


Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 27 


404 ANNIBALE M. PASTORE 


più che la scienza stessa ci dia la vita, cioè l’azione dell’uomo 
sopra la natura: ecco la portata obbiettiva delle leggi. È 
l’azione che ci conduce a sostituire senza tregua le leggi quan- 
titative a le leggi quantitative, il tempo omogeneo a la durata 
reale, l'estensione a l’intensità ecc., per la nostra più semplice 
comodità. È così che si dimostra che l’esperienza mediata non 
à senso che riguardo al bisogno di agire, cioè a quel bisogno 
che à creato la scienza medesima. In una maniera molto gros- 
solana si potrebbe aggiungere che la scienza è la ragion pra- 
tica della conoscenza. 

6. — Tradotti nel loro linguaggio scientifico, questi risul- 
tati ci dicono che la scienza non è sbagliato la via nè deve 
mutare direzione; nè pure occorre tentare di sconfiggere ogni 
teoria fondata su l’esperienza mediata, per salvare i diritti della 
Psicologia introspettiva, giacchè tutte quante, e il determinismo 
scientifico a mo’ d'esempio, non sono dogmi, ma puri metodi, 
basta ridurli ai loro limiti. 


CapriroLo III. — Critica. 


1. — Abbiamo tracciato rapidamente il processo ed i ri- 
sultati più generali dell'esperienza mediata, donde risulta una 
conclusione suprema: I limiti dell'esperienza mediata non sono 
i limiti della conoscenza, ma di quella forma di schematismo 
scientifico che ci porta solo a la cognizione analogica della realtà. 
Inoltre è fuor di dubbio che l’esperienza mediata non parte mica 
dai fatti, cioè da tutti i fatti, ma solo da alcuni fatti, quindi 
da un’astrazione. Un pensatore resta certamente sorpreso osser- 
vando che il determinismo scientifico per esempio, è quella stessa 
concezione che esordì col proposito di mostrare gli inconvenienti 
e la vanità dei sistemi astratti. Ma differiamo per ora l’analisi 
dei fatti ommessi, studiamo ancora criticamente gli ammessi 
più proprii ad ispirare seriissimi dubbî sopra il valore delle con- 
clusioni filosofiche che si pretendono trarre: e giacchè la ten- 
denza novissima del determinismo scientifico è la ricerca gene- 
rica dei fatti cerchiamo di spiegare il modo della generazione 
degli errori; i quali come i fiumi non ci spaventano quando sono 
vicini a la sorgente, ma dopo un lungo corso non sì possono più 
guadare. 


tenta 


"er tieni 


SAGGIO SOPRA L'ESPERIENZA MEDIATA 405 


L’ esperienza mediata è meno un dato che si scopre che 
un decreto che si impone. Quando l’applicazion scientifica riesce, 
vuol dire che le nostre teorie rendono conto perfettamente 
di tutte le particolarità rivelate da l’ esperienza. Ma quando 
non riesce, anzi si affacciano ad un tratto deviazioni ed ecce- 
zioni che sembrano irreducibili, che cosa dobbiamo pensare del- 
l’equazioni fondamentali ottenute? Orbene una semplice finzione, 
che si riduce a la supposizione dell’intervento di un elemento 
nuovo nel problema, ristabilisce l’ordine minacciato. Anzi i van- 
taggi euristici di questa finzione sono enormi. La storia dimostra 
che da una deviazione nelle nostre previsioni astronomiche si 
concluse sempre a l’esistenza di una perturbazione ancor ignota, 
e si arricchirono gli atlanti astronomici di nuove scoperte. In- 
somma pare quasi a bastanza fondata l’ipotesi che l’esplicazione 
scientifica dell'esperienza mediata sia suscettibile di applicazion 
universale. 

2. — Ma risorge un’altra difficoltà. Volendo ridurci solo 
a le equazioni, possiamo almeno supporre che l’esperienza ci 
fornisca tutte le infinite ipotesi necessarie al calcolo? Tutt'altro. 
Ogni esperienza non ci fornisce quasi che un’incognita sola. 

Come diminuire frattanto l’indeterminatezza del problema? 

Fu già accennato nel Capitolo II, $ 4, che nelle Geometrie 
meteuclidee la rappresentazione mentale adeguata e soddisfacente 
è materialmente impossibile; possiamo aggiungere che tanto esse 
quanto la Meccanica razionale, per esempio, sottraggono uno infi- 
nito numero di incognite, a la determinazione; talchè tutte le ipo- 
tesi che si potrebbero fare riguardo ad esse, non sono nè vere 
nè false; e tutte le questioni sono affatto sprovviste di senso, 
quanto la question dell’oggettività dei principî della Meccanica. 
Il maggior sforzo di sottigliezza che lo spirito umano possa fare 
su questo punto non può dare alcuna soddisfazione; e noi pas- 
seggeremo sempre in questo circolo, sotto la scorta dell’espe- 
rienza mediata. Ma questa dottrina merita di essere più am- 
piamente esaminata, sopra tre punti capitali: la nozione di causa, 
la nozione di legge, i limiti dell’esperienza mediata. 

8. — La nozione di causa. — Questo principio si eleva al 
disopra dei molteplici fatti particolari e sembra governare il 
processo del pensiero non solo, ma lo svolgersi stesso della 
realtà. Il Bergson, che è ricercate acutamente le origini psico- 

Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 27* 


406 ANNIBALE M. PASTORE 


logiche della nostra credenza a la legge di causalità, sostiene 
che l'acquisizione graduale di questa credenza non fa che una 
cosa sola colla coordinazione progressiva delle nostre impres- 
sioni tattili a le nostre impressioni visive, coordinazione che 
implica essa stessa l'intervento dei movimenti e sopratutto delle 
tendenze motrici. Tutta la sua dottrina si può formulare così: 
La nostra credenza a la legge di causalità è esercitata, messa 
in gioco, in una parola vissuta, dal nostro corpo prima d’essere 
pensata dal nostro spirito. Con ciò egli crede di riconciliare 
l’empirismo col razionalismo facendo passare la legge di causa- 
lità, da una fase e forma pratica, ad una fase e forma scienti- 
fica che consiste nell’affermare una relazione costante fra due 
fenomeni variabili, di cui uno sarebbe la funzione dell’altro. In 
effetto non v'è alcuna prova diretta che si possa opporre contro 
questo modo di ragionare. Fa d’uopo nondimeno osservare che 
questa non è altro che una ipotesi soddisfacente, posta al me- 
desimo grado. Non basta si osservi che, tanto codesta quanto 
altre ragioni soddisfacenti dell’origine della nozione di causa, 
provano non tanto la costituzion immutabile dello spirito umano 
quanto il processo dell’organamento logico della scienza. 

Ora è bene che la questione sia posta in questi termini, perchè 
ne spunterà fuori un risultato nuovo e di grande momento. 

I moderni critici del determinismo scientifico, d’unanime con- 
senso, affermano che l’esperienza mediata tutta intera, versandosi 
sulle cose di fatto, s'appoggia sul principio di causalità ; per dimo- 
strarne l’insufficienza e l'inadeguatezza, chiamano ad esame par- 
ticolarmente codesto principio e credono di aver distrutto il 
determinismo scientifico allorchè ànno dimostrato che tutto il 
reale non è riducibile ad esso. Anche il Petrone che è attaccato 
ultimamente con grande serenità ed acutezza questa teoria, pone 
a cardine di esso il presupposto dell’universale determinabilità 
del reale, secondo il principio di causa; e nel problema psico- 
logico, per esempio, rigetta il parallelismo psicofisico perchè si 
riduce tutto al più all'affermazione di un rapporto di reciproco 
condizionamento, irreduttibile a lo schematismo unilineare del 
principio di causa; e nel problema sociologico rigetta parimenti 
il determinismo sociologico, in tutte le sue concezioni, riducen- 
dosi in complesso a sostenere che la penetrazione, lo scambio, 
l'interferenza e la solidarietà degli stati psichici, non è pari- 
menti riducibile a lo schematismo unilineare della causalità. 


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Viet i tie 


SAGGIO SOPRA L'ESPERIENZA MEDIATA 407 


Ora noi non possiamo scorgere alcuna solidità in questo ar- 
gomento critico, giacchè l’esperienza mediata non si fonda niente 
affatto sul principio della causalità; nè lo può, nè lo deve. Quindi 
non solo il determinismo scientifico, se stesse fedele a l’esperienza 
mediata, da questo lato sarebbe al coperto di qualunque colpo 
de’ critici, ma avrebbe forti ragioni per sostenere il suo metodo. 
Di fatto, l’esperienza mediata, per la pratica della scienza e della 
vita che bisogno è di implicarsi nella spiegazione delle qualità 
ultime delle cose? À bisogno essa mai di scoprire l’intima re- 
lazione causale fra le cose, quindi di adottarne il postulato me- 
tafisico, intendendo per cose degli esseri indipendenti da lo 
spirito? Non è anzi vero che, aspirando ad una cognizione uni- 
camente analogica, per servire precipuamente a l’azione e so- 
stituendo senza posa l'attualità quantitativa a l’ultimità quali- 
tativa, deve rinunziare per forza a l’idea della natura intima 
delle cose? Fondando le sue ragioni nella sperimentale certezza 
psicologica della continuità dei fatti, la produzione di una cosa 
per essa significa semplicemente: la produzione di una cosa in 
un tempo e in un luogo determinato. Per i bisogni della sua 
spiegazione schematica dunque, si accontenta di una ricerca assai 
più modesta: la ricerca della condizione reale. È vero che i con- 
cetti di causa e di condizione ànno un valore ben diverso, giacchè 
quello postula l’esistenza del condizionato, questo la possibilità. 
Ma oggi l’esperienza mediata, risalendo più alto può tenere un 
linguaggio più positivo: “ a determinare il condizionato in tutte 
le sue circostanze non è sufficiente l'insieme di tutte le sue 
condizioni necessarie? ,. È vero che l'impossibile non contiene 
l'essere. Ma l’esperienza mediata deve preoccuparsi più dell’es- 
sere 0 più delle equazioni fondamentali? Essa mira solo a la 
possibilità di dedurre da lo stato attuale delle cose lo stato loro 
per un istante qualunque. La sua natura astratta le interdice 
ogni altra pretesa. Legittimare col calcolo la possibilità della 
deduzione pratica, constatare unicamente delle consecuzioni co- 
stanti necessarie a rendere intelligibile l'ordine dei fenomeni, 
trovare non la causalità ma la continuità sperimentale dei fatti : 
ecco l’ideale. Lo spirito è bisogno di concepire, tra i fenomeni, 
delle relazioni sufficienti di condizionalità, ma queste relazioni 
condizionali sono legittime solo come concezioni dello spirito e 
precisamente perchè rendono possibile la sua opera unifica- 


408 ANNIBALE M. PASTORE 


trice. Ridotta la questione a tal punto, noi possiamo conclu- 
dere che: 

1° Il postulato fondamentale dell'esperienza mediata ri- 
chiede una pura nozione di concepibilità. 

2° Questa nozione è necessaria per la verificazione delle 
conseguenze delle equazioni fondamentali, cioè per l'applicazione 
della scienza a la vita. 

3° Ma questa nozione di concepibilità è fondata unica- 
mente su l’induzione analogica della continuità, che non richiede 
affatto la nozione di causa. 

4° Dunque l’esperienza mediata non si fonda sopra la 
nozione di causa, ma puramente su la nozione di condizione reale. 
. Da ciò si ricava che il determinismo scientifico — inteso 
nel suo vero senso — non potrà mai essere condannato del 
tutto, per la sua indiscutibile capacità di servire massimamente 
a l’azione; dacchè la sostituzion della nozione di condizione reale 
a quella di causa non rende punto arbitraria l’opera dello spi- 
rito. Queste conclusioni sono della massima importanza; tanto 
più perchè sfuggirono finora a la maggior parte de’ critici del 
determinismo. Ma noi potevamo già aspettarci un risultato sif- 
fatto, avendo ammesso fin dal principio l’ intima penetrazione 
delle scienze fisiche colle matematiche. In verità la scienza nostra 
va ognor più dimostrando come nella fisica attuale la causalità 
prende poco a poco la forma di una relazione matematica, ri- 
ducendosi cioè ad una semplice formula d’uguaglianza di due 
termini opposti. 

4. — La nozione di legge. — Sostituito così, per coerenza 
logica, il principio di condizione reale al principio di causa, che 
non le consente di applicare il suo metodo positivo a tutti i 
dati sperimentali, l’esperienza mediata può assumere di fronte 
a la nozione di legge una ben più ingegnosa elasticità di ricerca. 
Se il determinismo scientifico non vuol essere respinto in blocco 
da la critica moderna, deve ridursi a fornire con le sue gene- 
ralizzazioni delle semplici e irrefragabili comodità dello spirito ; 
esso deve proclamare ben alto che le sue leggi — dal punto di 
vista della specificità delle cose — ànno un valore tanto più 
precario quanto più sono rigorose e perfette. 

Chi non lo vede? 


Noi abbiamo bisogno di utilizzare l’universale ma non l’a- 


E TL RR | _ LI n OTO 


SAGGIO SOPRA L'ESPERIENZA MEDIATA 409 


miamo come amiamo l’individuale, che salva la dignità della specie 
umana, e il fondamento. della nostra personalità e dell’ordine 
morale. Il lavoro scientifico si riassume in questa celebre for- 
mula: Sapere per prevedere e per provvedere. Ma se l’idea della 
legge ci aiuta a vivere, non è ciò che ci fa vivere, nè ciò che 
costituisce la nostra vita. 

Da ciò si scopre che noi non dobbiamo occuparci — sempre 
per questo riguardo — di distinguere radicalmente le leggi fisiche 
da le psichiche, ma di scoprire e di sistemare soltanto le leggi 
scientifiche dell'esperienza mediata, le quali esprimono solo l’af- 
fermazione eminentemente pratica della condizionabilità delle 
cose. L'esperienza mediata deve prestare a le cose una deter- 
minazione affatto sperimentale. 

Ma rimane ancora da segnalare un’avvertenza ben teme- 
raria e pure negletta da la maggior parte degli studiosi. È 
notissimo il fatto della penetrazione incessante della teoria evo- 
lutiva in tutti 1 campi delle scienze. Forse è per questo che le 
geometrie meteuclidee ànno già spogliato l’intuizione spaziale 
a tre dimensioni di quel carattere apodittico che sembrava ren- 
derla assoluta e necessaria per tutti gli spiriti. 

Ma se noi consideriamo la concezione eraclitica nei rap- 
porti col problema della certezza, dobbiamo domandarci subito: 

Che diverrà del vecchio problema della fissità delle leggi? 

Accettate le premesse bisogna accettare le conseguenze. Ora 
se poniamo le leggi sul rapido fiume del divenire, dobbiamo per 
forza venire a la proclamazione della evoluzione delle leggi naturali 
tutte quante. Sì certo. Queste sono le estreme e temerarie conse- 
guenze del connubio dell'esperienza mediata coll’evoluzionismo. 
L'ipotesi dell'evoluzione à il vantaggio di perdersi nella notte 
dei tempi e di sfuggire ad ogni verificazione diretta; ma è ben 
doloroso che regni tanta incertezza intorno ad una delle più fon- 
damentali cognizioni dell’ umano sapere. Sarebbe quindi della 
massima importanza studiare se e come queste nuove idee de- 
terminino un nuovo indirizzo nella filosofia e nella scienza, e ci 
conducano ad un mondo pieno di miti evanescenti oppure ad 
un mondo di ragioni scientifiche più sicure, meno tetre e più 
praticamente efficaci. Ma qui possiamo solo accennare il risul- 
tato, per completare la sintesi “ provvisoria , e pel generale 
apprezzamento d’una teoria che comprende non solo le questioni 
risolte, ma ancora le questioni da risolversi. 


410 ANNIBALE M. PASTORE 


5. — I limiti dell'esperienza mediata. — Volendo aprirci la 
strada ad una conclusione intorno ai risultati più generali ot- 
tenuti in questa disamina, noi possiamo stabilire che l’esperienza 
mediata, per sua stessa definizione, e il determinismo scienti- 
fico, per difetto, non esordiscono da tutti i fatti, nè risalgono « 
tutte le leggi. Nondimeno l’intima insufficienza di questa conce- 
zione costituisce a punto la sua giustificazione, nel senso che, 
se essa non è altro che un organamento metodico di fatti e di 
astrazioni, quest’organamento è ormai diventato una realtà or- 
ganica e storica che regge buona parte della conoscenza di 
ciascuno di noi, e non è altro che il riconoscimento sincero della 
sua stessa limitazione. Ma nè il riconoscimento di questo sche- 
matismo scientifico, nè l’impossibilità di eliminarlo nella pratica, 
sembrano motivi sufficienti per dichiarare la concezione contrad- 
ditoria, e tanto meno illegittimo l’impiego delle sue equazioni 
fondamentali. O per dir meglio, qui la contraddizione non è il 
segno dell’impotenza, perchè se la concezione teorica dell’espe- 
rienza mediata non è altro che un idealismo astratto — che si 
ignorò nella sua prosaica giovinezza, quando si contrappose come 
una reazione del senno borghese a la splendida poesia dell’idea- 
lismo dominante sui principî del secolo XIX, con la brama di 
riposare oramai nei soli fatti e nelle pure leggi trovate col me- 
todo sperimentale e col calcolo — ai giorni nostri, ammaestrata 
da le sue cadute, non à più la pretesa di porsi fuori della cri- 
tica, e non si può dire che logicamente sia caduta in niuna 
forma di dogmatismo migliore o peggiore dell’antica; se ne ec- 
cettui alcuni vaneggiamenti di moderni Enesidemi, che portano 
la acatalepsia e la contraddizione più assurda nel loro seno e 
si condannano quindi da sè medesimi. 

6. — Riassumendo: 

1° L’unione intima della filosofia e della scienza è con- 
sacrata da la tradizione classica del pensiero umano. 

2° Il postulato meccanico fondamentale è una necessità 
indeclinabile per il processo dell’esperienza mediata. 

3° Quale che sia il fondamento misterioso nel quale ri- 
posano i fenomeni, l’ordine con cui essi si producono è esclusi- 
vamente determinato da le leggi del nostro pensiero. 

4° Se un fenomeno ammette una spiegazione meccanica 
completa ne ammette infinite che rendono conto ugualmente 
bene di tutte le particolarità rivelate da l’esperienza. 


TTT, 1 


SAGGIO SOPRA L'ESPERIENZA MEDIATA 411 


5° Il grado di preferibilità delle teorie meccaniche di- 
pende semplicemente da la loro portata: rappresentativa, euri- 
stica, pratica. 

6° L’accettabilità di una teoria, per quanto soddisfacente, 
è sempre limitata. 
7°‘In materie di teorie s’ impone recisamente l’opportu- 
nismo. : 

8° L'esperienza mediata deve preoccuparsi solo di sco- 
prire e di sistemare le leggi ‘scientifiche dei fatti, le quali de- 
signano unicamente le condizioni reali dei processi. 

9° Le equazioni fondamentali, trovate con l’esperienza e 
col calcolo, àènno l’importanza capitale, per la nostra certezza. 

10° L’interpretazione delle leggi dell’esperienza mediata 
non ci dà che un modo analogico della spiegazione scientifica. 

11° L’analogismo non è imposto a la scienza da la realtà, 
ma da la natura stessa della nostra conoscenza mediata. 

12° La nozione di causa non è la base logica dell’espe- 
rienza mediata. j 

13° La base logica dell’esperienza mediata è la pura no- 
zione della concepibilità, fondata unicamente su l’induzione ana- 
logica della continuità e riducibile a la nozione di condizione 
reale. 

14° L’esperienza mediata non si legittima che come filo- 
sofia dell’azione e la sua formula è la seguente: sapere per 
prevedere e per provvedere. 

15° Se il determinismo si sposa coll’evoluzione è costretto 
ad ammettere logicamente l'evoluzione di tutte le leggi naturali. 

16° La certezza di quelle verità fondamentali d’ espe- 
rienza immediata, da cui può trar norma la vita non comincia 
nè finisce col dimostrabile. 


412 ANNIBALE M. PASTORE — SAGGIO SOPRA L'ESPERIENZA MEDIATA 


CONCLUSIONE. 


Risultano scoperti, oltre ad alcuni fatti dell'esperienza me- 
diata che il determinismo scientifico ommette di proposito, tutti 
i fatti dell'esperienza immediata nella loro massima immedia- 
tezza e concretezza; residuo preziosissimo di dati elementari 
irreducibili, tra cui l’esperienza mediata non può portare il suo 
vincolo deterministico. 

In verità noi non abbiamo bisogno nè facoltà di meccaniz- 
zare tutto, nè per comprendere, nè per vivere; e neppure siamo 
fatti per tutto sapere nè per tutto ignorare. 

Queste considerazioni scoprono dunque i limiti ed i diritti 
incontrastabili della psicologia introspettiva. 


Madonna del Pilone. 31 Dicembre 1900. 


L’ Accademico Segretario 
RopoLro RENIER. 


418 


PROGRAMMA 
PER IL 


XIII PREMIO BRESSA 


La Reale Accademia delle Scienze di Torino, uniformandosi 
alle disposizioni testamentarie del Dottore CESARE ALESSANDRO 
Bressa, ed al Programma relativo pubblicatosi in data 7 Di- 
cembre 1876, annunzia che col 31 Dicembre 1900 si chiuse il 
Concorso per le scoperte e le opere scientifiche fatte nel qua- 
driennio 1897-900, al quale concorso erano solamente chiamati | 
Scienziati ed Inventori Italiani. 

Contemporaneamente essa Accademia ricorda che, a comin- 
ciare dal 1° Gennaio 1899, è aperto il Concorso per il tredicesimo 
premio Bressa, a cui, a mente del Testatore, saranno ammessi 
Scienziati ed Inventori di tutte le Nazioni. 

* Questo Concorso ha per iscopo di premiare quello Scien- 
ziato, di qualunque nazione egli sia, che durante il quadriennio 
1899-1902, “ a giudizio dell’Accademia delle Scienze di Torino, 
“ avrà fatto la più insigne ed utile scoperta, o prodotto l’opera 
“ più celebre in fatto di scienze fisiche e sperimentali, storia 
“ naturale, matematiche pure ed applicate, chimica, fisiologia e 
“ patologia, non escluse la geologia, la storia, la geografia e 
“ la statistica ,. 

Questo Concorso verrà chiuso col 31 Dicembre 1902. 

La somma destinata al premio, dedotta la tassa di ricchezza 
mobile, sarà di lire 9600 (novemila seicento). 

Chi intenda presentarsi al Concorso dovrà dichiararlo, entro 
il. termine sopra indicato, con lettera diretta al Presidente del- 
l'Accademia, ed inviare l’opera con la quale concorre. L’opera 
dovrà essere stampata; non si terrà alcun conto dei mano- 
scritti. Le opere presentate dai Concorrenti, che non venissero 
premiati, non saranno restituite. 


414 


Nessuno dei Soci nazionali, residenti o non residenti, del- 
l’Accademia Torinese potrà conseguire il premio. 

L'Accademia dà il premio allo Scienziato che essa ne giudica 
più degno, ancorchè non si sia preseniato al Concorso. 


Torino, 1° Gennaio 1901. 


Il Presidente dell’ Accademia 
G. CARLE. 


Il segretario della Giunta 
E. D'OvIpIo. 


PREMII DI FONDAZIONE GAUTIERI 


——,___ 


L'Accademia Reale delle Scienze conferirà nel 1901 un 
premio di fondazione Gautieri all'opera di storia politica e civile 
in senso lato, che sarà giudicata migliore fra quelle pubblicate 
negli anni 1898-1900. Il premio sarà di circa L. 3000, da cui 
però dovranno dedursi le tasse e le spese di amministrazione, e 
sarà assegnato ad autore italiano (esclusi i membri nazionali 
residenti e non residenti dell’Accademia) e per opere scritte in 
italiano. 

Gli autori, che desiderano richiamare sulle loro pubblica- 
zioni l’attenzione dell’Accademia, possono inviarle a questa. Essa 
però non farà restituzione delle opere ricevute. 


Torino — Vincenzo Bona, Tipografo di S. M. e de’ RR. Principi. 


mia a FI 


Of Sciesnces 


CLASSE 


DI 


SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI 


Adunanza del 27 Gennaio 1901. 


PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. ALFONSO COSSA 
VICE-PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA 


Sono presenti i Soci: BerruTI, D’OvipIo, SPEZIA, CAMERANO, 
Segre, PrANo, JADANZA, Foà, GuARESCHI, GuIpI, FILETI, PARONA 
e NaccaRI Segretario. 

Il Segretario dà lettura dell’atto verbale dell’adunanza pre- 
cedente che viene approvato, e comunica una lettera del signor 
Walter De SeLys LonecHAmPs, figlio del Socio corrispondente 
testè defunto, con la quale ringrazia l'Accademia per le condo- 
glianze inviategli. 

Il Presidente partecipa la morte del Socio corrispondente 
Prof. Matteo Fiorini e del Socio straniero Carlo HERMITE. 

Il Segretario presenta alcuni opuscoli inviati in dono al- 
l'Accademia dal Socio corrispondente prof. Oreste MarTIROLO. 

Il Socio JADANZA legge una commemorazione del FroRINI 
e il Socio D’Ovipio ne legge una dell’Hermire. Saranno inserite 
negli Atti. 

Saranno pure inserite negli Atti le Osservazioni meteorolo- 
giche per l’anno 1900, fatte all’Osservatorio astronomico di 
Torino e calcolate dal Dr. Luigi CARNERA. 

Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 28 


416 NICODEMO JADANZA 


LETTURE 


MATTEO FIORINI 


Brevi ‘parole di Commemorazione del Socio NICODEMO JADANZA. 


Nel giorno 14 del corrente gennaio, alle ore 15, cessava 
di vivere a Bologna il Prof. MATTEO FrorINI insegnante di Geo- 
desia Teoretica in quella Università e socio corrispondente di 
questa Accademia delle Scienze fin dall'anno 1897. 

Il Fiorini, nato a Felizzano, in Provincia di Alessandria, 
nell'agosto del 1827, studiò matematiche nella Università di 
Torino e nel luglio 1848 vi ottenne la laurea d’ingegnere idrau- 
lico. Nel 1855, per concorso, fu nominato dottore aggregato 
nella Facoltà di Scienze. Per qualche anno insegnò privatamente 
le matematiche, quindi nel 1858 fu ammesso nell’ amministra- 
zione del catasto delle antiche provincie, fino a che, nel 1860, 
fu nominato Professore di Geodesia teoretica nella Università 
di Bologna. 

Il Professore Fiorini si è occupato quasi esclusivamente di 
quella parte della Geodesia che ha più attinenza colla Geografia, 
vale a dire della rappresentazione della terra su di un piano ossia 
della costruzione delle carte geografiche. Fin dal 1881 pubblicò 
un volume avente per titolo: Le proiezioni delle carte geografiche, 
nel quale sono esposte con chiarezza e rigore quasi tutte le 
proiezioni tanto antiche quanto moderne. 

La parte storica relativa ai cartografi ed ai navigatori del 
quattrocento e del cinquecento fu sempre da lui studiata con 
amorosa cura. Frutto di tali ricerche sono parecchie memorie 
pubblicate ed in ultimo l’interessantissimo volume intitolato: 
Sfere terrestri e celesti di autore italiano, oppure fatte 0 conser- 
vate în Italia, nel quale è messo in luce il valore dei cosmo- 
grafi, dei cartografi e degli artisti italiani nella fabbrica dei 
Globi celesti e terrestri. 


MATTEO FIORINI — COMMEMORAZIONE 417 


Il Professore Fiorini era persona carissima a quanti lo co- 
noscevano per la sua affabilità e cortesia. Presso gli studenti 
aveva la fama di severo, però la sua severità era sempre ac- 
compagnata da giustizia, sicchè era da essi grandemente stimato. 

Del natìo Piemonte conservò la forza e la tenacia dei pro- 
positi fino agli ultimi istanti della sua vita; volle che i fune- 
rali fossero semplici: non fiori, non discorsi, non banda musicale! 

L’Università di Bologna ha perduto un eccellente Profes- 
sore, la nostra Accademia uno dei membri più dotti. Mandiamo 
un mesto saluto alla sua memoria e le nostre sincere e sentite 
condoglianze alla moglie, Nobil Donna Annetta Bosco di Ruffino 
che gli fu compagna esemplare, ed ai figli Andrea ed Ugo di 
cui fu padre affettuosissimo. 


Pubblicazioni del Prof. MATTEO FIORINI. 


Cenni sulla misura delle basi trigonometriche, © Rivista italiana di scienze, 
lettere ed arti colle effemeridi della pubblica istruzione ,. Torino, 
1862 (27 ottobre e 30 novembre 1862). 

Delle alluvioni secondo il diritto romano, “ Atti del Circolo tecnico di Bo- 
logna , per l’anno 1877. 

Le alluvioni. Trattato della natura, acquisizione e divisione degli incrementi 
fluviali. Bologna, 1878. 

Note sulle svolte stradali, “ Raccolta di memorie tecniche del Collegio degli 
ingegneri ed architetti della provincia di Alessandria , per l’a. 1879. 

Le proiezioni delle Carte geografiche. Volume in-8° gr. di pag. xLr-703 e 
Atlante di 11 tavole. Bologna, 1881. 

Note I e II sopra la proiezione cartografica isogonica, “ Mem. dell’Accad. 
delle Scienze dell'Istituto di Bologna ,, Serie IV, Tomo III, 1882 e 
T. IV, 1883. 

Note ipsometriche sopra la regione bolognese. Bologna, 1883. L’Avulsione, 
“ Atti del Collegio degl’ingeg. ed architetti in Firenze ,, A. IX, 1884. 

Misure lineari, superficiali ed angolari offerte dalle Carte geografiche, “ Atti 
del Collegio degli ingegneri ed architetti in Firenze ,, Anno XI, 1886. 

Articoli su parecchie voci del Dizionario tecnico dell’architetto e dell'ingegnere 
civile ed agronomo, compilato dal Collegio degli architetti ed inge- 
gneri di Firenze. Vol. I e II. Firenze, 1884-1887. 

Le proiezioni quantitative ed equivalenti nella cartografia, © Bollettino della 
Società geografica italiana ,, ottobre e segg., 1887. 

Le proiezioni cordiformi nella cartografia, © Bollett. della Società geografica 
ital. ,, luglio 1889. 

Curiosità cartografiche, “ Annuario dell’Istituto cartografico italiano ,. 
Roma, 1889. 


418 NICODEMO JADANZA — MATTEO FIORINI - COMMEMORAZIONE 


Gerardo Mercatore e le sue Carte geografiche, “ Bollettino della Società geo- 
grafica italiana ,, gennaio e segg., 1890. 

I Globi di Gerardo Mercatore in Italia, “ Bollettino della Società geogra- 
fica italiana ,, giugno ‘1890. 

Le proiezioni cartografiche di Albiruni, “ Bollettino della Società Geografica 
italiana ,, marzo-aprile 1891. 

Il Mappamondo di Fausto Rughesi, © Bollettino della Società geografica ita- 
liana ,, novembre 1891. I 

Vincenzo Coronelli ed i suoi Globi cosmografici, “ Annuario astro-meteorico 
con effemeridi nautiche per l’anno 1893. Venezia, 1892. 

Le livellazioni in montagna, “ Club alpino italiano ,, sezione di Bologna, 
anno 1893. Bologna, 1893. 

Il Mappamondo di Leonardo da Vinci ed altre consimili ‘mappe, “ Rivista 
geografica italiana ,, annata I, fasc. IV, aprile 1894. 

Le sfere cosmografiche e specialmente le terrestri, “ Bollettino della Società 
geografica italiana ,, 1893-1894. 

Sopra una speciale trasformazione delle proiezioni cartografiche atta alla deli- 
neazione di mappamondi, È Mem. della Società geografica italiana ,, 
vol. V, 1895. 

Sopra tre speciali proiezioni meridiane ed i Mappamondi ovali del sec. XVI, 
“ Memorie della Società geografica italiana ,, vol. V, 1895. 

Le proiezioni per ribaltamento nella cartografia, “ Riv. geograf. ital. ,; 1886. 

Il “ Periplus , di A. Nordenskiòld, “ Bollettino della Società geografica 
italiana ,, 1898. 

Sfere terrestri e celesti di autore italiano, oppure fatte 0 conservate in Italia, 
vol. in-8° gr. di pag. xx1-502. Roma, presso la Società geografica ita- 
liana, 1899. ; 


Trr_—————— 


ENRICO D’OVIDIO — CARLO HERMITE - COMMEMORAZIONE 419 


CARLO HERMITE 


Commemorazione letta dal Socio ENRICO D’OVIDIO, 


Il nuovo secolo si apre con un gravissimo lutto per le 
scienze matematiche: la morte di CAarLo HermitE. Nato a Dieuze 
(Meurthe) il 24 dicembre dell’anno 1822, il sommo matematico 
si è spento il 14 gennaio 1901 in Parigi a settantotto anni. 
Sebbene da qualche tempo la sua salute declinasse, tuttavia un 
mese fa egli era ancora in grado di continuare la sua ampia 
corrispondenza epistolare; del che ho la prova in un biglietto, 
che rispecchia tutta la sua squisita gentilezza d’animo. Ed io, 
nel ricambiargli auguri di ancor lunga vita, soggiungevo: il se- 
colo passato ha da voi ricevuto un ricco tesoro di ricerche ma- 
tematiche originali e profonde, che resteranno pars magna della 
sua storia scientifica; possiate continuarle nel nuovo secolo. 
Purtroppo il voto non fu esaudito, e l'illustre scienziato si è 
spento col secolo, la seconda metà del quale egli aveva semi- 
nata dei suoi fitti e geniali lavori. 

Che anzi i primi lavori dell’Hermite risalgono al 1842, 
quando egli diciannovenne entrava nella Scuola politecnica. La 
precocità del suo ingegno fa pensare a Galois, al quale egli 
rassomigliava altresì nell'aspetto e nella voce. Racconta infatti 
il Bertrand, che fu parente dell’Hermite e che di pochi mesi lo 
ha preceduto nell’estremo viaggio: 

“ Un des frères de mon père, le docteur Stanislas Bertrand, 
“ qui jamais n’étudia les mathématiques, a vécu dans l’intimité 
“ de Galois. Il le rencontrait en 1830, tantòt dans les bureaux 
“ du journal la Tribune, tantòt dans les réunions secrètes de la 
“ société “ Aide-toi, le ciel t'aidera ,, ce qui les conduisit è 
“ s’asseoir ensemble sur les bances de la police correctionnelle. 
“ Quinze ans après, mon oncle, venant me voir, me trouva cau- 


420 ENRICO D’OVIDIO 


«“ sant avec un jeune homme, qu'il semblait regarder avec at- 
“ tention et écouter avec étonnement. Il me dit le lendemain: 
“Jai éprouvé hier une véritable émotion, j'ai cru pendant un 
«“ quart d’heure voir et entendre Évariste Galois. Il avait vu 
“ et entendu M. Charles Hermite ,. 

Uscito dalla Scuola politecnica, l’Hermite si diede tutto alla 
scienza ed all’insegnamento: nel 48 divenne ripetitore ed esa- 
minatore di ammissione, poi nel 63 esaminatore di uscita e di 
classificazione presso la Scuola medesima, dove nel 69 successe 
degnamente al Duhamel nella cattedra di Analisi. Già nel 62 
era stato nominato “ maître de conférences , alla Scuola nor- 
male. Fu poscia professore alla Facoltà di Scienze. Entrò a far 
parte dell’Istituto di Francia a soli 34 anni nel 1856, come 
successore del Binet; tanta era la fama che in brevissimo tempo 
aveva saputo conquistare. E non in Francia soltanto, ma dap- 
pertutto; talchè il grande Jacobi gli scriveva: “ Ne soyez pas 
“ faché, Monsieur, si quelques-unes de vos découvertes se sont 
“ rencontrées avec mes anciennes recherches. Comme vous com- 
“ mencez là où je finis, il doit y avoir une petite sphère de 
“ contact. Dans la suite, si vous m’honorez de vos communi- 
“ cations, je n’aurai qu'è apprendre ,. 

E molto infatti dall’Hermite hanno appreso quanti vi sono 
cultori dell'analisi matematica, sparsi fra le varie nazioni; mol- 
tissimo quelli di Francia, dove l'insegnamento suo ha prodotto 
frutti copiosi e splendidi. 

Va segnatamente tenuto conto di questo, che all’Hermite 
si dee in gran parte se i geometri francesi, i quali verso la 
metà del secolo scorso si eran troppo chiusi nella cerchia delle 
tradizioni e delle opere nazionali, si abituarono a guardare oltre 
i patri confini, e si diedero a studiare quei geniali e schietti 
continuatori di Cauchy che furono Riemann e Weierstrass. Si 
adoperò egli anzi perchè quest’ultimo, e con esso il Kronecker, 
ricevessero onoranze dal Governo francese, come pegno che nella 
scienza non vi era una rivincita da prendere, ma una fratel- 
lanza da affermare. 

Carlo Hermite lascia traccie indelebili della poderosa ed 
assidua opera sua in quasi tutte le parti dell'analisi matema- 
tica, e specialmente nelle funzioni ellittiche, nelle funzioni ultra- 
ellittiche ed abeliane, nella teoria dei numeri, nelle forme alge- 


Le, SIT CLP R___rvaeru 


CARLO HERMITE — COMMEMORAZIONE 421 


briche. Ma le sue ricerche nei diversi campi si richiamano tra 
loro, s'intrecciano e si prestano mutuo sussidio con mirabile 
unità di concetto. 

È sua la prima effettiva risoluzione dell'equazione di 5° grado 
mediante funzioni ellittiche, nella quale conquista di capitale 
importanza accanto a lui vanno citati Brioschi e Kronecker. 
Galois aveva enunciato, e Betti confermato, che l'equazione mo- 
dulare, da cui dipende la divisione dei periodi delle funzioni 
elittiche in 5, 7, 11 parti eguali, sebbene si presenti dei gradi 
6, 8, 12, può tuttavia abbassarsi di un grado. Ora l’Hermite, 
attuando codesta riduzione nel caso della quintisezione con l’uso 
della trasformazione di Tschirnaus, che egli espose sotto forma 
invariantiva, mostrò come bastasse risolvere soltanto equazioni 
dei primi quattro gradi per identificare l'equazione ridotta con 
l'equazione generale di 5° grado; il che gli fornì la risoluzione 
di questa per funzioni ellittiche. 

Dobbiamo all’Hermite la utilissima decomposizione di una 
funzione ellittica negli elementi cosidetti semplici o polari, che 
assai ne facilita l'integrazione, e la non meno utile teoria delle 
funzioni biperiodiche di seconda e terza specie. 

La trascendenza del numero e, base dei logaritmi neperiani, 
è un’altra sua scoperta importantissima; la quale ebbe anche 
il merito di aprire al Lindemann la via per dimostrare la tra- 
scendenza del numero tr, rapporto della circonferenza al diametro. 

Spetta all’Hermite l'introduzione dei covarianti associati e 
la rappresentazione tipica delle forme binarie, nonchè la ricerca 
delle forme canoniche e degli evettanti. Ed è pur sua la legge 
di reciprocità che regna fra i covarianti di due forme. 

Notevole incremento egli arrecò alla teoria delle forme bi- 
narie del 5° ordine, di cui studiò l’invariante di 18° grado; alla 
teoria delle forme ternarie quadratiche, di cui investigò le tras- 
formazioni in sè stesse; ed alla teoria delle forme ternarie 
cubiche. 

Circa i sistemi di forme algebriche, va notato ch'egli mostrò 
potersi due forme binarie cubiche rappresentare tipicamente 
come le prime derivate di una biquadratica, e tre forme ter- 
narie quadratiche come le prime derivate di una cubica, aprendo 
così una via a nuove ricerche. 

Certamente lHermite tiene un posto cospicuo fra i fondatori 


422 ENRICO D'OVIDIO 


della teoria delle forme algebriche, insieme a Cayley, Sylvester 
e Brioschi. Ad elaborarne i metodi egli fu condotto dalle sue 
ricerche sul numero dei tipi non equivalenti delle forme qua- 
dratiche aritmetiche; le quali ricerche proseguì ed estese, otte- 
nendo una serie di risultati del maggior interesse, che lungo 
sarebbe qui enumerare, nel campo aritmetico. 

Ricorderò di volo altri argomenti delle penetranti investi- 
gazioni dell’Hermite, quali: la divisione e la trasformazione delle 
trascendenti abeliane, i numeri di Bernoulli, l'equazione di 
Lamé, le funzioni sferiche, gl’ integrali euleriani, le formole di 
interpolazione, le frazioni continue, la serie di Fourier, le equa- 
zioni differenziali lineari di 2° ordine, le sostituzioni, le funzioni 
di 7 lettere, le formole di Frenet, parecchi interessanti inte- 
grali definiti. Inoltre per gli alunni della Scuola politecnica e 
per quelli della Facoltà di Scienze egli scrisse dotte e sugge- 
stive lezioni. 

I numerosissimi lavori dell’Hermite sono sparsi nei principali 
periodici scientifici francesi ed: esteri, che gareggiavano ad averlo 
collaboratore: accennerò specialmente il “ Recueil de Savans 
étrangers , e i “ Comptes rendus , dell’Accademia di Parigi e 
tutti gli altri periodici in lingua francese, il “ Giornale di Crelle ,, 
gli “ Annali di Matematica ,,, gli “ Acta Mathematica ,, i Ma- 
tematische Annalen ,,il“ Quarterly Journal ,, gli “ Atti , della 
nostra Accademia. Nella collezione delle proprie opere complete 
Jacobi volle inserire anche alcune note dell’Hermite. 

Non minor gara era fra i sodalizî scientifici per accoglierlo 
fra i loro soci. Mi è grato ricordare particolarmente la Società 
italiana dei XL, l'Accademia dei Lincei e la nostra Accademia, 
nella quale era il decano dei soci stranieri. 

Non era soltanto l'ammirazione per l’alto ingegno e l’in- 
defessa operosità del sommo scienziato che tal gara suscitava, 
ma eziandio il fascino che sprigionavasi dalla sua grande bontà 
d’animo, dalla instancabile cortesia e dalla incoraggiante bene- 
volenza verso i giovani. 

La gratitudine, di cui i suoi discepoli, e con essi i cultori 
delle displipline matematiche di tutte le nazioni, erano pieni 
verso l’insigne maestro, ebbe a trovare una solenne manifesta- 
zione nel suo giubileo, celebrato a Parigi nel 1892. Di quella 
memorabile festa rimane un perenne ricordo nell’opuscolo ripro- 


CARLO HERMITE — COMMEMORAZIONE 423 


ducente gli entusiastici discorsi di Darboux, Poincaré, Schwarz, 
Vicaire e del Ministro della Pubblica Istruzione, insieme col rin- 
graziamento del festeggiato e con la lunghissima lista dei sot- 
toscrittori per la medaglia offertagli. 

Della riverenza e della simpatia, che d’ogni parte si vol- 
gevano verso l’Hermite, rende bella testimonianza la fitta cor- 
rispondenza epistolare ch'egli scambiava con dotti di ogni nazione. 
Fra costoro vanno ricordati i nostri Genocchi, Brioschi, Beltrami, 
Casorati, per non parlare dei viventi. Ebbi, son già dodici anni 
passati, occasione di leggere le molte lettere dell’ Hermite al 
Genocchi; ed oggi ancora mi ritorna sul labbro il ringraziamento, 
che, nel commemorare in quest’aula il nostro compianto presi- 
dente, sentii il dovere d’indirizzare pubblicamente al gentile e 
forte campione della classica Analisi, che da Parigi lo allietava di 
calda amicizia, per la simpatia che da quelle lettere emana 
verso l’Italia. 

Della quale egli elogiava i progressi nell’arringo scienti- 
fico, e soggiungeva: “la courtoisie scientifique est en Italie 
“ plus bienveillante et affectueuse que partout ailleurs ,. 

Ammirava Fagnano, dolendosi che non fosse abbastanza 
ricordato. Avendo il Genocchi richiamato la sua attenzione sui 
lavori misconosciuti del Chiò intorno alla serie di Lagrange, 
egli si scusava di non averli letti, e prometteva di rendere ad 
essi giustizia. Al volume in onore del Chelini volle contribuire 
con una nota sulle funzioni © e H di Jacobi. Lodava Re Umberto, 
perchè interveniva ogni anno alla solenne adunanza dei Lincei, 
presiedendo al conferimento dei premi da esso istituiti. 

Desiderava che fra il suo e il nostro paese non sorgessero 
discordie, e rassicurato dal Genocchi, gli scriveva scherzosamente : 
“ Après une lecon à la Sorbonne je ne fais plus rien de la 
“ Journée; je lis les Orientales de M. Victor Hugo, ou des ar- 
“ ticles de journaux, qui annoncent que l’Italie veut faire la 
“ guerre à la France. J'attends à voir M. Siacci entrer dans 
“ Paris avec ses valeureuses légions, et me conduire chargé de 
“ chaines è Turin ou a Milan, en m’imposant pour rangon d’écrire 
“un Mémoire dans les “ Annali , ou les “ Atti ,. Mais è entre- 
“ prendre un calcul sérieux, difficile, jy renonce absolument; le 
“ flambeau ne s’allume point, et la paresse règne sans partage ,. 

Ma la fiaccola si riaccendeva più vivace l'indomani. Invero, 


424 ENRICO D'OVIDIO — CARLO HERMITE - COMMEMORAZIONE 


quando si riflette all'enorme quantità ed importanza delle pub- 
blicazioni di Carlo Hermite, si rimane persuasi, e del resto è 
a tutti noto, che egli durante cinquant’anni visse tutto per la 
scienza, prodigando all'incremento di essa le inesauribili energie 
di una mente geniale e coltissima, riponendo tutte le sue com- 
piacenze nella ricerca disinteressata del vero. 

Ed ora, fra l’universale rimpianto, il grande scienziato, 
l’amabile e venerando nostro collega, è sparito. Ma sopravvi- 
vono i frutti della sua opera scientifica, insieme col ricordo delle 
sue rare virtù: sopravvivono, nè periranno giammai. 


L’ Accademico Segretario 
AnpREA NACCcARI. 


425 


CLASSE 


SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE 


Adunanza del 3 Febbraio 1901. 


PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. BERNARDINO PEYRON 
DIRETTORE DELLA CLASSE 


Sono presenti i Socii: Rossi, Pezzi, FERRERO, BRUSA, SAVIO 
e RenIER Segretario. 

È approvato l'atto verbale dell’ adunanza antecedente , 
20 gennaio 1901. 

Il Segretario dà lettura: 

1°, di una circolare a stampa, con cui il Sindaco di 
Torino invita l'Accademia ad intervenire all’adunanza che un 
comitato generale, costituitosi per solennizzare il 5 aprile 1901 
il primo centenario della nascita di Vincenzo GIOBERTI, terrà nel 
Palazzo municipale il giorno 10 corrente; 

2°, di una cartolina postale, con cui il prof. Guido ViLLa 
risponde alla partecipazione ufficiale del Presidente dell’Acca- 
demia, che gli annunciava il conferimento della metà del premio 
di filosofia Gautieri. 

Rispetto alle onoranze a Vincenzo Gioberti, la Classe deli- 
bera sia inviata adesione alla proposta del Sindaco. 

Il Presidente comunica che il dott. Vittore Domenico VALLA, 
intendendo introdurre modificazioni diverse nella sua memoria 
Note cronologiche sul Collegio Puteano in Pisa precedute da una 
biografia del Fondatore, che fu presentata alla Classe nell’adu- 
nanza del 25 novembre 1900, 1’ ha ritirata col consenso della 
commissione designata a riferirne. 


L’ Accademico Segretario 
RopoLro RENIER. 


426 


CLASSE 


SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI 


Adunanza del 10 Febbraio 1901. 


PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. ALFONSO COSSA 
PRESIDENTE DELL ACCADEMIA 


Sono presenti i Soci: Bizzozero, Direttore della. Classe, 
D'Ovipio, Mosso, SPEZIA, CAMERANO, SEGRE, PEANO, JADANZA, 
Foà, GuarEscHI, Gurpi, PARONA e Naccari Segretario. 

Il Segretario legge ’ atto verbale della precedente adu- 
nanza che viene approvato. 


Il Presidente presenta un opuscolo pubblicato dal Comitato . 


per le onoranze a Francesco BrioscHi. È intitolato: Inaugura- 
zione del monumento a Francesco Brioschi, e fu inviato in dono 
all'Accademia. 

Il Segretario presenta una nota del Dott. Adolfo CAMPETTI 
intitolata: Sulla polarizzazione del magnesio in soluzioni alcaline. 
Sarà inserita negli Atti. 


Raccoltasi in seduta privata la Classe elegge a proprio 
Segretario, salvo l'approvazione sovrana, il Socio D’Ovipio. 

Si passa poi alla nomina della Commissione per il confe- 
rimento del premio Vallauri. Riescono eletti i Soci NACCARI, 
D’Ovipio, Bizzozero, CAMERANO, SPEZIA, Mosso. 


_———T—È6TFÉTFTSSPVC<S>DC—210@«wx%%€’ €@8609 


CITI iii 


e PI 


ADOLFO CAMPETTI — SULLA POLARIZZAZIONE DEL MAGNESIO, ECC. 427 


LETTURE 


Sulla polarizzazione del magnesio in soluzioni alcaline. 


Nota del Dott. ADOLFO CAMPETTI. 


1° Son noti i fenomeni speciali che si presentano in un 
voltametro, quando l’anodo sia costituito da alluminio e l’elettro- 
lito sia tale da sviluppare ossigeno all’anodo stesso per il pas- 
saggio della corrente (*). 

In tal caso infatti, se l’elettrolito è, per esempio, una so- 
luzione di allume potassico, una corrente diretta dell’ alluminio 
all’altro elettrodo resta fortemente indebolita, per quanto la 
resistenza del liquido del voltametro si renda piccola: dipen- 
dendo probabilmente questo fenomeno dalla formazione di uno 
strato pochissimo conduttore alla superficie dell'alluminio stesso. 
Questo strato sarebbe costituito da ossido di alluminio; il che 
viene confermato dal fatto che il fenomeno si manifesta, quando, 
per il passaggio della corrente, deve svilupparsi ossigeno sulla 
lastra di alluminio. 

Ho avuto occasione di osservare che un comportamento 
analogo a quello dell’alluminio presenta il magnesio, quando si 
adoperi come anodo in una soluzione di soda o potassa; e ho 
voluto per conseguenza riferire alcune osservazioni in proposito, 
anche perchè non è escluso che il fenomeno di cui si tratta possa 
dar luogo a qualche pratica applicazione. 

Intanto, adoprando in un voltametro come catodo una la- 
strina di platino della superficie di circa 6 cent. quadrati e come 
anodo una lastrina di magnesio della superficie di 40 millimetri 
quadrati e come elettrolito due soluzioni di soda caustica di 


(*) Graerz, “ Wied. Annalen ,, 1897, 62. — Brerz, ‘ Wied. Annalen ,, 
1877, 2. — Srrerntz, “ Wied. Annalen ,, 1887 e 1888, 32 e 34. 


428 ADOLFO CAMPETTI 


densità 1,064 e 1,220 rispettivamente si ebbero i seguenti ri- 
sultati: iu 

Colla prima soluzione, essendo la resistenza del liquido del 
voltametro di circa 2,1 Ohm, indicando con V la differenza di 
potenziale ai suoi serrafili e con I l’intensità in Ampère della 
corrente che lo attraversa, si ha 


V 9,8 18,5 39 60 75 | 


I 0,019 0,024 | 0,029 0,083 | 0,036 


e quando la differenza di potenziale supera i 75 Volt circa si 
manifesta ai due elettrodi il consueto sviluppo di gas e la cor- 
rente passa con notevole intensità. 

Colla seconda soluzione, essendo 1,5 Ohm circa la resistenza 
del liquido del voltametro, si ebbe: 


Vago egg legni st 


0,015 


I 0,009 | 0,010 
i 


0,019 | ‘0,020 


Per una differenza di potenziale tra i 60 ei 65 Volt (a se- 
conda delle esperienze) la corrente cominciava a passare con 
notevole intensità. 

Il fatto appunto che, raggiunto un certo valore della dif- 
ferenza di potenziale, l’intensità della corrente salta d’un tratto 
a valori molto elevati, prova senz'altro che quell’ostacolo al 
passaggio della corrente che si manifesta per differenze di po- 
tenziale più basse non è dovuto interamente a una forza elet- 
tromotrice di polarizzazione; tuttavia, se col noto metodo del- 
l'interruttore vibrante, si misura tal forza elettromotrice, per il 
caso in cui il magnesio funzioni da anodo, si trovano per essa 
valori via via crescenti e notevolmente elevati. Tuttavia per il 


SULLA POLARIZZAZIONE DEL MAGNESIO, ECC. 429 


modo di funzionare del voltametro che può sin ad un certo punto 
paragonarsi a quello di un condensatore, nasce il dubbio che 
tali valori non corrispondano a veri valori di forza elettromo- 
trice di polarizzazione come nel caso di un ordinario voltametro. 

Ad ogni modo dalle determinazioni fatte risulta che per la 
soluzione più diluita (4 = 1,064) la forza elettromotrice di po- 
larizzazione (per differenze di potenziale ai serrafili del volta- 
metro da 9,7 sino a 77 Volt) va gradatamente crescendo da 
Volt 1,6 sino a Volt 6,5; e per la soluzione più concentrata 
(4 = 1,22) in-analoghe condizioni, da Volt 1,9 a Volt 6,7 circa. 

2° Era particolarmente interessante di esaminare se l’osta- 
colo al passaggio della corrente che si produce all’elettrodo di 
magnesio, nasca così rapidamente che, se la differenza di poten- 
ziale che si stabilisce ai serrafili del voltametro è rapidamente 
alternata, possa il voltametro stesso essere attraversato in mi- 
sura notevole soltanto dalla corrente che è diretta dal platino 
al magnesio. Per rendermi conto della cosa ho adoperato un 
invertitore a rotazione, mediante il quale poteva essere inviata, 
nel circuito contenente il voltametro, una corrente alternata 
corrispondente a circa 30 inversioni al secondo. 

Nello stesso circuito era pure contenuto un amperometro 
per corrente continua ed un amperometro a filo caldo (prima 
confrontato con un elettrodinamometro); mediante la indicazione 
dei due strumenti, si poteva conoscere con sufficiente esattezza 
l'intensità della corrente che percorre il circuito nel senso dal 
platino al magnesio e l’intensità della corrente che lo percorre 
in senso opposto. Indicheremo la prima intensità con a e la 
seconda con .. 

Si osservò subito che, se si vuole che il voltametro a ma- 
gnesio impedisca in modo quasi completo il passaggio della cor- 
rente diretta dal magnesio al platino, la superficie dell’elettrodo 
di magnesio non può scegliersi arbitrariamente. Intanto questa 
superficie non deve essere troppo piccola rispetto alla intensità 
della corrente che attraverserà poi il voltametro stesso nel 
senso platino-magnesio, giacchè in tal caso l'elettrodo di ma- 
gnesio si riscalda troppo, insieme al liquido circostante, ed alla 
successiva inversione della differenza di potenziale lo strato iso- 
lante alla sua superficie non si forma più in modo completo. E 
sì capisce senz'altro che la superficie del magnesio nemmeno 
deve essere troppo grande. 


430 ADOLFO CAMPETTI 


Se si indica al solito con V la differenza di potenziale ai 
serrafili del voltametro, quando il magnesio funziona da anodo, 
si ha un valor massimo dell’intensità della corrente al di là del 
quale la corrente passa in quantità apprezzabile in ambedue i 
sensi: questi valori massimi, insieme coi valori di 6, sono. ri- 
portati nelle tabelle precedenti relative alle due soluzioni e si 
riferiscono ad un voltametro in cui la superficie dell’elettrodo 
di magnesio era di circa 30 millimetri quadrati 


— 1;064 
V 18,5 39 51 60 
a 2,60 244 1.71 1,39 
b 0,07 0,05 0,07 0,04 
d=1,220 
V 18 38 50 60 
a 2,52 2.37 1,90 1,54 
b 0,10 0,07 0,04 0,10 


Da queste tabelle risulta pure che, in tali condizioni la 
corrente diretta del magnesio al platino è di intensità, se non 
trascurabile, certo praticamente assai piccola. 


3° Dopo di ciò importava conoscere qual perdita di energia i 


elettrica, per produzione di calore, si abbia con l’uso di un tale 
voltametro. Del calore che si svolge nel voltametro una parte 
è dovuta al calore Joule che si svolge per la resistenza del li- 
quido: questa parte può ridursi molto piccola, avvicinando i due 
elettrodi, a causa della buona conducibilità delle soluzioni di 
soda o di potassa; il rimanente calore, che chiamiamo senz'altro 


SULLA POLARIZZAZIONE DEL MAGNESIO ECC. 431 


calore secondario, è dovuto non solo ai soliti fenomeni termici 
che al passaggio della corrente hanno luogo sugli elettrodi, ma 
anche all'aumento di resistenza dello strato liquido in vicinanza 
degli elettrodi (e specialmente dell’ anodo) per causa del forte 
sviluppo di gas. Il calore totale svolto nel voltametro può mi- 
surarsi adoperando il voltametro stesso come vaso calorimetrico ; 
il calore Joule dovuto alla resistenza del liquido del voltametro 
può essere calcolato conoscendone la resistenza (il che si fece 
a parte coll’apparecchio di Kohlrausch, sostituendo alla lamina 
di magnesio una ugual lamina di platino in identica posizione) 
e inserendo nel circuito stesso un altro calorimetro, nel cui vaso 
sta immersa una spiralina di nota resistenza; resta quindi de- 
terminato il calore secondario che indicherò con 0. 

Nella tabella seguente V indica la forza elettromotrice agente 
nel circuito, î la intensità media della corrente diretta dal pla- 
tino al magnesio, E la energia totale di questa corrente espressa 
in piccole calorie, c il calore secondario espresso pure in pic- 


cole calorie, & il rapporto = 


La durata dell'esperienza non superava mai i 60", per non 
avere riscaldamenti troppo forti nel calorimetro, ma non è ne- 
cessario di assegnarla a parte nelle tabelle. 


I. Soluzione densità = 1,064. 


V i E c k 
18 0,61 157 41,5 0,26 
18,5 0,52 134 35,8 0,27 
39,5 0,73 412 74,4 0,18 
39 0,82 351 68,8 0,19 
50. 0,63 337 43,4 0,13 
50 0,84 420 68,7 0,16 
60 0,73 913. 60,5 0,19 
60 0,57 285 55,9 0,19 


Atti della R. Accademia. — Vol. XXXVI. 29 


432 ADOLFO CAMPETTI — SULLA POLARIZZAZIONE, ECC. 


II. Densità della soluzione = 1,22. 


V i E c k 

18,5 0,92 182 51,1 0,28 
18,5 0,90 238 70,2 0,29 
39,5 0,83 468 60,5 0,12 
39,5 0,85 480 61,5 0,13 
50 0,77 504 46,3 0,10 
50 | 0,80 552 48,40 | 0509 
60 0,61 392 58,8 0,15 
60 0,65 464 63,3 0,14 


Dall’una e dall’altra tabella risulta che nelle migliori con- 
dizioni non più del 10 o 15 per cento dell’ energia totale che 
attraversa il circuito va consumata nel voltametro, a parte il 
calore sviluppato per la resistenza della soluzione: quest’ultima 
quantità può rendersi però molto piccola per la elevata condu- 
cibilità delle soluzioni di soda. 

Il metodo potrebbe quindi essere adoperato, quando, non 
avendo a disposizione una corrente centinua, si volesse usare 
una corrente alternata per carica di accumulatori o piccole 
operazioni elettrochimiche (almeno per certe forme di corrente 
alternata). Ad ogni modo mi è parso interessante di segnalare 
questo comportamento eccezionale del magnesio, analogo a quello 
dell'alluminio, già conosciuto da molto tempo. 


Torino. Laboratorio di Fisica dell’Università. 
Febbraio 1901. 


L’ Accademico Segretario 
AnpREA NACCARI. 


4553 


CLASSE 


DI 


SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE 


Adunanza del 17 Febbraio 1901. 


PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. ALFONSO COSSA 
PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA 


Sono presenti i Soci: PevRron, Direttore della Classe, Rossi, 
BoLLati Di Saint-Pierre, FERRERO, CARLE, BosELLI, CHIRONI, 
Savio e ReNIER Segretario. 

Si approva l’atto verbale dell'adunanza antecedente, 3 feb- 
braio 1901. 

Il Presidente Cossa, mentre partecipa che con R. Decreto 
24 gennaio 1901 fu approvata la sua elezione a Presidente del- 
l'Accademia per un triennio, a decorrere dal 3 febbraio 1901, 
saluta la Classe, ai cui lavori si propone di prendere vivo in- 
teresse, non dimenticando mai quella efficace cooperazione fra 
le scienze morali e le scienze fisiche, onde il sapere umano 
trae massimo profitto. 

Il Socio PeyRron, prendendo la parola in nome della Classe 
di cui è Direttore, ricambia il saluto del nuovo Presidente e 
ringrazia il Socio CARLE per l’assiduità ed il senno con cui di- 
resse i lavori accademici durante la sua presidenza. 

Il Presidente comunica il telegramma con cui l’on. GALLO, 
già Ministro dell’Istruzione Pubblica, prende commiato dalle 
autorità scolastiche’ e l’altro telegramma con cui S. Ecc. Nasi 

Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 29* 


434 


annunzia d’aver assunto il portafoglio dell’Istruzione PRE 
e saluta le Autorità e gli Insegnanti. 
Il Segretario dà lettura: 
1°, di un programma edito dal Comitato costituitosi in 
Firenze allo scopo di commemorare con una medaglia d’oro l’im- 
presa felicemente compiuta da S. A. R. il Duca degli Abruzzi 
e di felicitare con un ricordo i suoi compagni nella spedizione 
polare; 
2°, della lettera con cui il Prof. Guido Vira ringrazia 
l'Accademia per la parte del premio filosofico di fondazione 
Gautieri, che gli fu conferita. 

Il Socio CARLE fa omaggio dell’opera in quattro volumi 
del Senatore Francesco NoBiLi VireLLEScHI, Morale induttiva, 
Torino, Roux, 1882-93, e mentre ne dice parole di elogio, si 
riserva di parlarne in seguito estesamente alla Classe. 

Il Socio CHIRONI, anche a nome del Socio CoGNETTI DE 
MarttISs, presenta il libro del prof. P. JANNACCONE, Il costo di 
produzione, Torino, Unione tip. editrice, 1901, tributando ad 
esso lodi segnalate. 

Il Socio BoLLaTtI DI SAINT-PIERRE legge una sua noi che 
ha per titolo: Cenno storico intorno ad Amedeo VI, ed il Socio 
SAVIO comunica una nota sua intorno a Gandolfo vescovo d' Alba 
nel secolo XII. Entrambe sono inserite negli Atti. 


RAS 


DI SAINT-PIERRE — CENNO STORICO INTORNO AD AMEDEO VI 435 


LETTURE 


Cenno storico intorno ad Amedeo VI. 
Nota del Socio E. DI SAINT-PIERRE 


Non ultima fra le alte imprese del Conte di Savoia Amedeo VI, 
chiamato il Conte Verde, fu la sua mediazione fra i Genovesi e i 
Veneziani, che pose fine alla lunga e sanguinosa loro vertenza. 

Di quella mediazione scrissero parecchi, in ispecie il Ci- 
brario nella Storia della Monarchia di Savoia e il Casati nel 
libro “ La Guerra di Chioggia e la Pace di Torino ,; ma tutti, 
non escluso il Predari, il solo che accennò (1) al principesco 
trattamento delle Signorie che presero parte alle trattative, tac- 
ciono di alcuni particolari di rilievo e non parlano punto delle 
spese che il Conte sostenne per un simile trattamento dal feb- 
braio del 1381 al successivo ottobre. 

Di quei particolari e di siffatte spese àvvi una minuta ras- 
segna nel Conto di Tesoreria d’un Pietro Voisin (Petrî Vicini), 
segretario di Amedeo (2); non parrà quindi inutile sotto l'aspetto 
storico ed economico una indicazione delle partite in esso regi- 
strate. 

Il Conto reca anzitutto che per le trattative di pace con- 
vennero in Torino gli ambasciatori di Venezia, di Genova, del 
Re d'Ungheria, del Re di Cipro, del Conte di Virtù, e i Capi 
di varii Comuni; “ qui ambassiatores Thaurini steterunt pro 
“ facto tractatus pacis Venicianorum et J anuensium facte ibidem 
“per Dominum ,; convennero inoltre gli ambasciatori del Re 
di Francia, del Duca di Borgogna, e di altri Principi minori, i 
vescovi di Zagabria, di Sion, di Torino, d’Ivrea, d'Aosta, della 


, (1) Nel volume 1°, a pag. 204, della sua “ Storia politica, civile e mi- 
litare della Dinastia di Savoia ,. 

(2) Il quale nel suo testamento, in data del 27 febbraio 1383, ricorda 
questo suo Segretario, e gli lega, “ in premium seruiciorum et laborum 
* suorum sustentorum per ipsum ,, mille fiorini d’oro di buon peso, lire 
21 mila di moneta odierna. 


436 DI SAINT-PIERRE 


Moriana, di Belley e Losanna, l'arcivescovo di Tarantasia, gli 
Abati di San Michele della Chiusa e San Maurizio, “ et plures 
“ alii... magnates, milites, nobiles et religiosi ,. 

Non tutti però questi personaggi rimasero in Torino sino 
alla conclusione del trattato di pace. Consta infatti che dopo un 
breve soggiorno tornarono alle loro sedi gli ambasciatori fran- 
cesi, il Conte di Virtù, Bernabò Visconti, e Vescovi e Abati e 
sacerdoti (religiosi), non che parecchi nobili. 

Intanto nella previsione delle gravi spese che avrebbe do- 
vuto sostenere, Amedeo fece un appello anzitutto ai fedeli Co- 
muni del Piemonte acciò lo soccorressero di un donativo. Assenti- 
rono di buon grado gli uomini e le Comunità di Caselle, Chieri, 
Riva di Chieri, Ciriè, Lanzo, Susa, Avigliana, Rivoli, Rivarolo 
e Ivrea, e il donativo ascese in complesso a lire settantamila 
di moneta odierna. Il Comune di Chieri, che fu tardo nel ver- 
samento della sua quota, osservò che col suo dono intendeva 
concorrere al pagamento delle spese fatte dal Conte allorchè 
“ stetit Taurini pro tractatu et complemento pacis... firmate 
“ inter Regem Vngarie, Ecclesiam Aquilegiensem et Dominum 
Patrie Forjiulii, dominum Ducem et Commune Janue et do- 
minum Padue ac Jadratines ex vna parte et Commune Vene- 
ciarum ex altera ,. 

Oltre al donativo, Amedeo inviò nell'aprile un suo agente 
al Vescovo di Moriana “ pro quibusdam platellis argenti appor- 
“tandis pro adventu Januensium et Venetorum ,, e contempo- 
raneamente provvide per una scorta “ pro conducendo secure 
“ ambassiatores regis Vngarie et Comunitatis Janue, ad. Do- 
“ minum venientes pro tractatu pacis Venetorum et Januensium, 
“ nec: non quendam secretarium domini Ducis Janue venientem 
“ Janua Taurinum pro tractatu pacis predicte ,, e parimente 
per condurre con sicurezza l'ambasciatore della Chiesa o del 
Patriarca di Aquilea. 

Venendo alla spesa dei viveri, il Tesoriere Voisin riferisce 
che il Castellano di Rivoli spedì a Torino cento sessanta caponi; 
l’accensatore “ frumenti Domini Rippolarum , cento otto modii 
di grano, pari ad ettolitri settecento dodici e cinquecento qua- 
ranta decilitri; un Belletruche dugento settanta montoni; due 
macellai del Conte altri cinquecento sedici montoni, quindici buoi, 
tre vitelli e cento due vacche; da ultimo un Oddone Narro di 


“ 


“ 


« 


re © 


“a p_at -C 


CENNO STORICO INTORNO AD AMEDEO VI 437 


Chieri trecento sestarii di vino, equivalenti in misura odierna a 
ettolitri cento ventitre e settecento cinque decilitri, oltre alla 
offerta di una somma in danaro. 

Mentre fervevano le trattative, il Conte Verde, desideroso 
di assicurarne il successo, e in pari tempo di far valere i proprii 
interessi, apriva parecchie negoziazioni. Così ripetutamente spe- 
diva suoi agenti a Milano “ ad dominum Barnabonem pro certis 
“ negotiis ,, coll’incarico di riferirgli a Torino il successo delle 
pratiche; a Pavia per due volte “ ad dominum Comitem Vir- 
“tutum ,, del pari “ pro certis negotiis ,; ad Avignone al Pon- 
tefice Clemente sesto, egualmente “ pro certis negotiis ,; a Carnia 
al Duca d’Austria “ pro certis negotiis Domini ,; a Venezia al 
Doge e al Comune “ pro tractatu pacis Januensium et Vene- 
“ torum ,, e ciò nel luglio del 1381; a Genova nel successivo 
agosto “ ad Ducem Janue pro facto Tenedì ,, e nell'ottobre un 
Inviato speciale per condurre “ clientes qui debent ire apud 
“ Tenedum ,; nel qual proposito giova osservare che fin dal- 
l’agosto si era convenuto che l'isola di Tenedo, occupata dal 
Comune di Venezia, venisse restituita a quello di Genova (1). 

Nell'ottobre poi il Conte commetteva a un Pietro Provana 
di recarsi a Genova “ pro liga perpetua cum ipsis Januensibus 
“ per Dominum facienda ,; inviava un Francesco di Arenthon 
“ad omnes civitates et prelatos Patrie Provincie, et Ave- 
“ nionem... ad dominum Papam, cum litteris et pro certis 
“ et arduis negotiis peragendis ,; nel febbraio del 1382 man- 
dava un Ravais “ad Regem Cipri pro tractatu pacis ipsius 
“ Regis et Januensium, et pro certis aliis negotiis Domini ,; 
da ultimo nel marzo dava incarico ad un Enrico Manueri di re- 
carsi a Genova “ cum literis directis Duci et Comuni Janue pro 
“ facto Ducis Cipri et Januensium ,. 

Qui hanno fine gli appunti storici che fornisce il Voisin nel 
suo Conto “ de Receptis et Libratis pro Domino ,; documento 
ricchissimo di altri particolari, estranei per altro al solenne arbi- 
tramento del grande Amedeo sesto. 


(1) La convenzione è riferita con qualche lacuna dal Casati nel suo 
libro “ La Guerra di Chioggia ecc. ,. — Una copia autentica e completa ne 
esiste nell'Archivio camerale. 


438 FEDELE SAVIO 


Gandolfo vescovo d’ Alba nel secolo XII. 
Nota del Socio FEDELE SAVIO. 


L’Ughelli nella serie dei vescovi albesi collocò al 1259 un 
vescovo Gandolfo, del quale asserì che prima d’essere elevato 
alla dignità vescovile era stato preposito della cattedrale d'Asti. 
Per sostenere la sua asserzione addusse la testimonianza d’un 
necrologio della cattedrale d’Asti, dove ai 22 dicembre è notata 
la morte di Gandolfo vescovo di Alba e antico preposito della 
chiesa d’Asti. Il necrologio così si esprime: XJ Kal. ianuarti 
obiit Gandulfus albensis episcopus et quondam huius ecclesie pre- 
positus, qui quondam dedit terram ecclesie S. Stephani de Antegnano, 
pro qua predicta ecclesia tenetur dare canonicis huius ecclesie re- 
fectionem singulis annis in tribus ferculis pro anniversario suo et 
minam unam leguminum pauperibus. 

Ma ad ammettere un Gandolfo vescovo d’Alba nel 1259 si 
opponeva la grave difficoltà, che, secondo alcuni documenti re- 
centemente editi, l’episcopato di Monaco, ammesso dall’Ughelli 
come antecessore di Gandolfo, si sarebbe esteso dal 1255 al 
1260 almeno, cioè a quel periodo appunto di tempo, nel quale 
l’Ughelli aveva posto l’episcopato di Gandolfo. 

D'altra parte si avevano circa lo stesso tempo questi due 
fatti: 1° l’episcopato ad Alba nel 1253 di un Guglielmo, che si 
sa essere stato veramente preposito di Asti, e 2° l’esistenza a 
Torino di un vescovo Gandolfo nel 1259. Sembrava perciò ab- 
bastanza giustificata la congettura, che nel necrologio astese 
fosse intervenuto uno scambio di nomi, o scrivendo Gandolfo in 
luogo di Guglielmo, oppure albensis in luogo di taurinensis. 

Un documento, scoperto dal cav. Benedetto Vesme a Fos- 
sano nell’archivio della famiglia Alliaga-Gandolfi di Ricaldone (1), 
e da lui gentilmente trasmessomi, dimostra falsa la congettura 


(1) Mazzo Saluzzola. 


GANDOLFO VESCOVO D'ALBA NEL SECOLO XII 439 


suddetta mentre ci scopre il vero sull’età del vescovo Gandolfo. 
Egli fu in effetto vescovo d’Alba, ma non già nel secolo XIII, 
bensì nel precedente secolo XII, ed in particolare nell’anno 1183. 

Il documento, che il Vesme mi assicura essere originale, e 
provenuto dall’archivio capitolare d’Alba, disperso sulla fine del 
secolo XVIII, è del seguente tenore: 


Anno domini millesimo .c.Lxxx.1mn° Indictione .1.quod fuit. vin. ka- 
lendas aprilis. Regnante Frederico romanorum imperatore et semper augu- 
stus. Notum sit omnibus hominibus tam presentibus quam futuris. quod 
dominus Gandulfus albensis episcopus.et canonici albensis ecclesie com- 
muni consilio et uoluntate statuerunt inuicem inter se et compromiserunt . 
ne altera pars sine consilio et uoluntate alterius susciperet aut extorqueret 
fodrum aut aliam quamlibet exactionem.in domo boni iohannis de plano . 
de rodello . et eius fratrum . ita quod neuttre parti liceret de cetero exi- 
gere aut extorquere fodrum aut aliam quamlibet exactionem sine consilio 
et uoluntate alterius .a domo ipsius predicti boni iohannis et eius fratrum . 
Sic inter se conuenerunt iamdictus gandulfus episcopus et canonici albensis 
ecclesie . et quod ratum et firmum hoc omni tempore haberent et obser- 
uarent bona fide compromiserunt per se et per eorum successores. 

Actum in claustro Sancti laurentii . albe . feliciter . Ibi interfuerunt ro- 
gati testes. Cunibertus uicedominus de diano. Jacobus de diano. Obertus 
de folzamagna . Anselmus marencus . Obertus de nimundo . Ottobonus punzol. 
Rufinus de braida . Arnaldus boso . Cimaberba . Rainaldus amedei. 

Et ego notarius ugo palatinus interfui . et rogatus scripsi. 


Che il Gandolfo di questo documento sia il preposito di Asti, 
indicato dal necrologio astese, è, per non dir certo, somma- 
mente probabile, poichè appunto poco prima del 1183 figura 
in molte carte dell'archivio capitolare d’Asti un Gandolfo pre- 
posito, che tutto ci porta a credere sia una stessa persona col 
vescovo d'Alba del 25 marzo 1183. 

Le dette carte, pubblicate nei Mon. Hist. Patr. Chart. 1, 
vanno dal 5 marzo del 1159 (col. 818) fino ai 18 gennaio del 
1180 (col. 897). Un'altra carta, contenuta nel Libro verde della 
Chiesa d’Asti (1), in cui Gandolfo astensis praepositus interviene 
in Pollenzo ad una convenzione tra Guglielmo vescovo d’Asti 
ed Anselmo di Govone, porta la data del 15 novembre 1181, 
indiz. XV. / 

Nell'anno appresso 1182, ai 28 aprile, già nella carica di 


(1) Nell’Archivio di Stato in Torino, fol. 147. 


440 FEDELE SAVIO — GANDOLFO VESCOVO D'ALBA NEL SECOLO XII 


preposito era succeduto a Gandolfo un certo Almosna, il cui nome 
si trova poi frequentemente negli atti fino al 1200 incirca, al- 
lorchè venne eletto vescovo di Savona. 

Onde sapendosi da un lato che vi fu un preposito d'Asti, 
di nome Gandolfo, il quale lasciò la sua carica tra il novembre 
del 1181 e l’aprile del 1182, e dall’altro che il vescovo d’Alba 
Gandolfo stava al governo della sua diocesi nel marzo 1183, è 
per lo meno molto verisimile ch’egli sia il medesimo personaggio, 
del quale parla il necrologio astese dicendolo prima preposito 
di Asti e poi vescovo d’Alba. 

A stabilire tale identità osservo ancora, che in un diploma 
di Federico I Barbarossa del 1° luglio 1183, nel quale egli con- 
ferma ai canonici d'Asti la donazione del ripatico, fatta loro 
dal preposito Gandolfo, non si vede aggiunta a questo nome la 
parola quondam, nè altra formola, indicante che il detto prepo- 
sito fosse già morto (1). 

In conclusione ecco le notizie, che risulterebbero intorno a 
Gandolfo. Dal 1159 al 1181 fu preposito della chiesa d’Asti; 
tra il novembre 1181 e l’aprile del 1182 sarebbe stato eletto 
vescovo d'Alba. Egli sarebbe morto un 22 dicembre posteriore 
al marzo del 1183 ed anteriore al 1185, nel quale già era ve- 
scovo Bonifacio I; perciò il 22 dicembre dello stesso 1183 o 
del 1184. | 

Il principio dell’ episcopato di Gandolfo verso il 1182 re- 
stringe sempre più il tempo, nel quale mi parve potesse collo- 
carsi l’episcopato di Federico, figlio di Guglielmo IV marchese 
di Monferrato, vale a dire tra il 1177, nel quale era ancora ve- 
scovo Ottone, ed il 1185, quando già teneva la cattedra albese 
Bonifacio I (2). 


(1) Il diploma fu riportato dall’Ughelli, IV, 371, colla data certamente 
erronea del 1153. Nel 1153 Federico non poteva intitolarsi Romanorum im- 
perator et semper augustus, perchè ricevette la consecrazione imperiale solo 
il 18 giugno del 1155. La data vera è del 1° luglio 1183, a cui corrisponde 
l’indizione I, e la dimora di Federico upud Constantiam. 

(2) Savio, Antichi Vescovi d’Italia, Piemonte, pag. 60. 


L’ Accademico Segretario 
RopoLro RENIER. 


Tvrino, Vincenzo Bona, Tipografo di S. M. e de' RR. Principi. 


dtadidiitmentza 


PA ee e — —_ ng —_—_- geo _—— — 


N.Y.Acadeky 


Of Sciences 


CLASSE 


SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI 


Adunanza del 24 Febbraio 1901. 


PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. ALFONSO COSSA 


PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA 


Sono presenti i Soci: Berruti, D’Ovipio, Mosso, SPEZIA, 
Camerano, Segre, JADANZA, Foà, GuarEscHI, GutpI, FILETI, 
Parona e Naccari Segretario. 

Il Segretario legge l’atto verbale della precedente adunanza 
che viene approvato. 

Il Presidente partecipa che con Decreto 24 gennaio venne 
approvata da S. M. il Re la sua nomina a Presidente dell’Ac- 
cademia. Egli rinnova in tale occasione i suoi ringraziamenti ai 
Colleghi. 

Il Socio FrLeri, a nome di tutta la Classe, porge al Presi- 
dente cordiali rallegramenti. 

Il Segretario presenta un opuscolo inviato in dono all’Ac- 
cademia dal Socio corrispondente Augusto RIsHnI, intitolato: 
Sur les ondes électromagnétiques d'un ion vibrant. 

Il Socio GuarEscHI presenta una nota intitolata: Acidi 
BRdialchilglutarici e Balchily cianvinilacetici. Sarà inserita negli 
Atti. 

Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 30 


442 


Saranno pure inseriti negli Atti gli scritti seguenti: 
1° Prodotto di due condizioni caratteristiche relative ai 
piani di un iperspazio, nota del prof. Francesco PALATINI e 
del sig. Giovanni Zeno GramBELLI, presentata dal Socio SEGRE. 
2° Sulla rappresentazione analitica delle funzioni reali di 
variabile reale, nota del prof. Carlo SEVERINI, presentata a nome 
del Socio VoLrerRA dal Socio NACCARI. 
3° Sopra il valore massimo della funzione Tr, del Mazuell, 
nota del prof. Antonio GARBASSO, presentata dal Socio NACCARI. 
Il Socio SeerE presenta poi una memoria del prof. Emilio 
VENERONI, intitolata: Sui connessi bilineari fra punti e rette nello 
spazio ordinario. Sarà esaminata dai Soci D’Ovipio e SEGRE. 


Raccoltasi in seduta privata la Classe procede alla nomina 
di due delegati della Classe al Consiglio di Amministrazione e 
sono rieletti i Soci BerruTI e Fiuett. 

Si passa poi alla nomina di un membro delia prima Giunta 
del premio Bressa in sostituzione del Socio Cossa nominato 
Presidente, e riesce eletto il Socio Mosso. 


nn —___——°0— 


ICILIO GUARESCHI — ACIDI BR DIALCHILGLUTARICI, ECC. 443 


LETTURE 
Acidi BB dialchilglutarici e Balchily cianvinilacetici. 


Nota I del Socio ICILIO GUARESCHI. 


In questa prima Nota indico un metodo generale per ot- 
tenere gli acidi BR dialchilglutarici: 


ER 
NapS 
C 


Lt 
HOCO.H?C.. CH?. COOH 


e nuovi acidi cianurati che denomino acidi BaZchil y cianvinil- 
acetici. 

Gli acidi RRdialchilglutarici costituiscono una nuova e nu- 
merosa serie di composti importanti. Importanti sono pure a 
mio avviso gli acidi alchilcianurati. 


I 
Acidi BBdialchilglutarici. 


Nelle mie pubblicazioni precedenti ho detto che dalle 
BBaialchilaa dicianglutarimidi : 


444 ICILIO GUARESCHI 


sarei passato agli acidi aadician BB dialchilglutarici e ai corri- 
spondenti acidi BRdialchilglutarici : 


RR (1) R R 1 
ALA 
C C 
bia AIN 
CNHO©CHCON bre H°0 CH? 
; | | | 
COOH COOH COOH COOH 


E ciò, per vedere se anche questi derivati BRdialchilici (II) si 
scompongono dando un idrocarburo R'.H oppure se sono gli 
acidi (I) che si scompongono, e così stabilire se è o no neces- 
saria la presenza di due gruppi cianici affinchè abbia luogo la 
curiosa reazione da me scoperta; ed, inoltre, stabilire se questa 
reazione avviene solamente quando la catena è chiusa. 

Scopo mio in queste ricerche non è dunque tanto quello di 
ottenere delle serie di composti nuovi da descrivere, quanto 
quello di poter schiarire le condizioni per le quali dai miei com- 
posti bicianici con due gruppi alchilici RR’ in BB uno si eli- 
mina sotto forma di idrocarburo R'.H. 

Tentai in vari modi di ottenere questi acidi, facendo agire 
sulle BB dialchildicianglutarimidi gli alcali e gli acidi; tanto col- 
l’idrato di potassio quanto coll’acido cloridrico non ottenni buoni 
risultati e i due cianogeni rimangono come dirò in altra nota 
riferendomi agli acidi aadician RR dialchilglutarici. 

Sono riuscito bene ad ottenere gli acidi 88 dialchilglutarici 
operando per saponificare i gruppi cianici come, per altro scopo, 
fecero Bouveault ed altri chimici, e come Dressel (1) per prepa- 
rare gli acidi glutarici dagli acidi dicarbossilglutarici. 

Gli acidi ppdialchilglutarici da me ottenuti hanno una par- 
ticolare importanza anche perchè ad essi si collegano diversi 
prodotti naturali quali i derivati della canfora ecc. 

Il metodo da me indicato è affatto generale, tutte le 88 dial- 
chiloa dicianglutarimidi (2) si trasformano a seconda dell’equa- 
zione: 


(1) A., 256, p. 187. 
(2) Vedi la mia Memoria: Sintesì di composti piridinici e trimetilenpir- 
rolici, letta alla R. Accad. delle Scienze di Torino il 18 nov. 1900. 


ACIDI BR DIALCHILGLUTARICI E BALCHILYCIANVINILACETICI 445 


R R' R 4 
04 agi 
È Ù 
DON A 1 
CNHC CHCN H°C CH? 
| | + 6H?°?0= | | + 2C0°+ 3NH? 
co C0 COOH COOH 
Dev 
NH 


La quantità di acido BR dialchilglutarico che si ottiene è 
addirittura teorica, o quasi. 

È questo, senza dubbio, il metodo pratico migliore per pre- 
parare questi acidi, perchè in pochi giorni se ne può ottenere 
‘ quanto si vuole. La preparazione delle PRdialchilaadiciangluta- 
rimidi col metodo da me indicato è comodissima; molte di queste 
possono prepararsi in 24 ore, purissime e in quantità di centi- 
naia di grammi, da cui poi in poche ore si ha la quantità teo-, 
rica dell'acido 88 dialchilglutarico corrispondente. Invece gli acidi 
glutarici a8 e aa bisostituiti furono ottenuti con metodi che ne 
forniscono delle piccole quantità. 

Per ora mi limito a descrivere solamente alcuni di questi 
acidi, riserbandomi di completare il lavoro con una seconda nota. 


1. AcIpoff DIMETILGLUTARICO: 


CH? CH? 
7 
C 


edi” 
HOCO.H°C CH? COOH 


È l’unico acido fpRdialchilglutarico conosciuto, ma ottenuto 
con metodi che ne forniscono, e difficilmente, delle piccole 
quantità. 

5 gr. di BRdimetildicianglutarimide si fanno scaldare in ap- 
parecchio a ricadere con 100 cm° di acido solforico al 60 °/,; la 
sostanza si scioglie facilmente ed appena incomincia l’ebolli- 
zione ha luogo una viva effervescenza con sviluppo di anidride 
carbonica, e a poco a poco il liquido si fa torbido e schiumoso. 
Dopo circa 2 ore non si sviluppa più acido carbonico. 

Dopo raffreddamento, e diluendo il liquido con un terzo del 
suo volume di acqua, si separano dei cristalli aghiformi, inco- 


446 ICILIO GUARESCHI 


lori, che raccolti si lavano un poco; il liquido acido si esaurisce 
con etere per togliere il prodotto rimasto sciolto. L'acido grezzo 
fu ricristallizzato dall’etere. Se ne ottiene circa 80 °/, della quan- 
tità teorica. Si ha così un acido non azotato, in bei cristalli 
prismatici, incolori, brillanti, solubili in acqua, alcol ed etere; 
volatile senza lasciar residuo carbonoso. Fonde a 103°-104°, 


I. Gr. 0.1384 diedero 0.2576 di CO? e 0.0906 di H°O. 
II. Gr. 0.1282 diedero C0° = 0.2366 e 0.0836 di H°O, 


Da cui: 
trovato calcolato per C°H!°0* 
I II 
pe 52.66 52.97 52.50 
H-= 7.94 7.58 1.9 


Gr. 0.1043 di acido sciolti in acqua richiesero, in presenza 
di fenolftaleina, 13.1 cm° di soluzione Î di idrato sodico, cioè 
50.23% di NaOH: per la formola C°'H"(COOH)* si calcola 
50.09, di NaOH. Anche questo saggio dimostra che il mio acido 
era purissimo. 

Si è formato nel modo seguente: 


CH° CH? CE* 0° 
Sa Du 
G C 
pri da 74; da 
CNHC CHON 3 H?C CRE 
| | + 6H°0= | | + 2C0*+ 3NH? 
CO. CO COOH COOH 
4 
NH 


Questo è, senza dubbio, il metodo migliore per preparare 
l’acido 88 dimetilglutarico. 

Da 10 gr. di PRdimetildicianglutarimide si possono avere 
in poche ore circa 6-7 gr. di acido 88 dimetilglutarico purissimo. 

Sino ad ora il metodo migliore di preparazione era quello 
di Vorlinder e Kohlmann, cioè ossidazione della dimetildiidro- 
resorcina con ipobromito sodico. 

Riguardo il punto di fusione, Vorlinder e Kohlmann danno 
100°. Io ho trovato 108°-104° e credo che questo sia il più 


alia 


e e ant i 


ACIDI Bf DIALCHILGLUTARICI E BALCHILYCIANVINILACETICI 447 


esatto e che corrisponda all’acido purissimo quale forse non fu 
mai ottenuto da nessuno prima d'ora. Auwers (1) ha ottenuto 
quest’acido saponificando l’etere tricarbonico che si ha alla sua 
volta dall’etere dimetilacrilico con etere malonico e potassio; 
l’acido fondeva 97°-99° e per averlo puro, fusibile a 100°-1019, 
l’autore dice che ha dovuto saponificare molto etere tricarbo- 
nico, poi cristallizzare l’acido dimetilglutarico 15 volte dal ben- 
zene. Col mio metodo invece basta una cristallizzazione dal- 
l’etere, od al più due, per averlo purissimo. 


2. AcIpo BR METILETILELUTARICO: 


CH? C*H° 
UA 
C 


IS) 
HO.CO.H°C CH. C0.0H 


Gr. 5 di metiletildicianglutarimide in polvere fina sono me- 
scolati con 70 cm? di acido solforico al 60°, poi si scalda in 
apparecchio a ricadere. Alla ebollizione si nota una viva effer- 
vescenza con sviluppo di molto CO? e dopo circa 3 ore la rea- 
zione è completa. Dopo raffreddamento si ha una massa cristal- 
lina che, dopo diluito un poco il liquido, si raccoglie e si lava; 
dal liquido acido con etere si estrae il prodotto rimasto sciolto. 
Ricristallizzato il nuovo acido dall'acqua si ha in begli aghi. 


Gr. 0.1366 di sostanza secca nel vuoto sull’acido solforico, 
fornirono 0.2754 di CO? e 0.0988 di H°O. 


Da cui: 
trovato calcolato per C*H!*0* 
pasti 550 55.17 
ae 8.08 8.10 


L’acido BRmetiletilglutarico cristallizza dall'acqua, in aghi 
anidri, incolori, solubili nell'acqua fredda e più nella calda, so- 
lubili in alcol ed etere. Fonde a 87° e bolle quasi inalterato 
verso 260° sotto 740 mm. di pressione. Neutralizzato con am- 


(1) “ Ber. ,, XXVIII, p. 1182. 


448 ICILIO GUARESCHI 


moniaca e posto sul mercurio non sviluppa nessun gas. Il suo 


x 


sale di sodio è molto solubile nell’acqua. 


Sale di argento. — Neutralizzai l’acido in soluzione acquosa 
con ammoniaca ed alla soluzione calda aggiunsi un lieve eccesso 
di nitrato d’argento. Il precipitato bianco, dopo raffreddamento, 
fu raccolto e lavato bene, poi asciugato e disseccato nel vuoto 
sull’acido solforico. Da circa gr. 0.5 di acido ottenni gr. 1.15 
di sale d’argento cioè quasi la quantità teorica. 

Il sale d'argento è un precipitato bianco microcristallino, 
che resiste all’azione della luce ed è quasi insolubile nell'acqua 
anche bollente. 

Gr. 0.4470 di sale d’argento scaldati a 105° non perdono 
di peso e calcinati lasciano 0.2483 di Ag. 


Cioè: 
trovato calcolato per C*H'2Ag?0* 
Asti Soa 55.67 
Sale di zinco. — Ottenuto precipitando a caldo l’ acido, 


neutralizzato con ammoniaca, con soluzione di solfato di zinco. 
È in lamelle poco solubili nell'acqua, incolore, untuose al tatto. 
Anidro. 

Gr. 0.3670 di sale secco all'aria non perdono di peso a 
a 100°-101° e nemmeno a 125° e fornirono 0.1248 di Zn0 cioè 


0.1001 di Zn. 
Da cui: 
trovato calcolato per C*H'?Zn0* 
Zn % 27.96 27.42 


Il sale sodico neutro cristallizza in prismi incolori, molto 
solubili nell’acqua. 

Lo studio di questo acido e degli altri acidi 8 dialchilglu- 
tarici nuovi sarà continuato. 


3. AcIDo BB METILPROPILGLUTARICO : 
CH*  C*H! 
È 


DER 
HO .CO.H?C CH?. COOH 


dti cinte rita 


ACIDI BA DIALCHILGLUTARICI E BALCHILYCIANVINILACETICI 449 


Ho ottenuto questo acido facendo bollire per 3-4 ore la BB me- 
tilpropilaadicianglutarimide con acido solforico al 60%; appena 
incominciata la reazione ha luogo una regolare ebullizione con 
effervescenza, tanto è rapido lo sviluppo di anidride carbonica. 
Dopo raffreddamento l’olio che prima si era formato si solidifica 
alla superficie in forma di crosta cristallina. Diluisco con acqua, 
filtro e lavo bene il prodotto. Da 10 gr. di metilpropilglutari- 
mide ottengo 7.6 gr. del nuovo acido (teoria 8.5) che ricristal- 
lizzo dall'acqua bollente in maniera che non si depositi oleoso, 
tenendo la soluzione abbastanza diluita. 


Gr. 0.1754 di sostanza secca diedero 0.3696 di CO? e 0.1341 


di H?°0. 
Da cui: 
trovato calcolato per C*H'°0* 
odo l 57.46 ae i 
Ho, 8.49 8.51 


L'acido BBmetilpropilglutarico cristallizza in aghi incolori, 
solubili a 92°. È poco solubile nell'acqua fredda e un poco più 
nella bollente, solubile nell’alcol e nell’etere. 

Neutralizzato con ammoniaca, o con idrato di magnesio, e 
la soluzione posta in campanella piena di mercurio, non sviluppa 
nessun gas. 


Sale di zinco. — L'ho ottenuto dalla soluzione diluita del 
sale ammonico con solfato di zinco. A poco a poco si separa il 
sale di zinco in lamelle sottili, incolore, assai poco solubili nel- 
l’acqua, anidre. 


Gr. 0.5388. di sale secco a 125° fornirono 0.1745 di Zn0. 


Da cui: 
trovato calcolato per C°H'Zn0* 
rr - "—t___- _r. 
Za % 25.98 25.89 


Questo sale di zinco è assai poco solubile nell'acqua. Le 
soluzioni del sale ammonico diluito a 1:600 dànno ancora pre- 
cipitato cristallino col solfato di zinco. 


450 ICILIO GUARESCHI 


4. Acipo BB METILBUTILELUTARICO: 
CHs CH? 
VA A 
(6) 
o 
HOCO.H?C CH?. COOH 


Si fa bollire a ricadere per circa 3 a 4 ore 1 p. di 88 me- 
tilbutilglutarimide in polvere fina, con 20 p. di acido solforico 
al 60°/, di H?SO*. A poco a poco l’imide si scioglie, sviluppa 
anidride carbonica e comincia poi a formarsi un olio che si 
porta alla superficie. Dopo raffreddamento quest’olio si solidifica 
e forma una grossa crosta cristallina incolora che, lavata bene, 
viene ricristallizzata dall'acqua bollente, cui a poco a poco si ag- 
giunge un poco di alcol per far in maniera che il nuovo acido non 
si depositi oleoso. Se si deposita liquido, lasciato a sè, a poco a 
poco, cristallizza. Alle volte prima di cristallizzare rimane li- 
quido lungo tempo. È meglio cristallizzarlo da molt’acqua calda. 

Gr. 0.1222 di sostanza secca sull’acido solforico fornirono 
0.2678 di CO? e 0.1028 di H?0. 


Da cui: 
trovato calcolato per C!°H!80* 
ia 59.77 59.40 
15 == 9.30 8.91 


Quest’acido cristallizza in lamelle o in prismi incolori; è 
pochissimo solubile nell’acqua specialmente a freddo, solubilis- 
simo in alcol ed in etere. Fonde a 64°65°. Neutralizzato con 
ammoniaca non sviluppa nessun gas. 


Sale di argento. — Dalla soluzione del sale ammonico con 
nitrato d’argento. Precipitato bianco, microcristallino, pochissimo 
solubile nell'acqua anche bollente. Stabile alla luce. 


Gr. 0.4551 fornirono 0.2346 di Ag. 


Da cui: 
trovato calcolato per C!°H!Ag?0* 


—r ce 


Ag % = 51.56 51.92 


ACIDI BR DIALCHILGLUTARICI E RALCHILY CIANVINILACETICI 451 


Sale di zinco. — Dalla soluzione del sale ammonico col 
solfato di zinco. Cristallizza in lamelle o aghi incolori; è po- 
chissimo solubile nell’acqua, anzi quasi insolubile. 


Gr. 0.4685 di sale anidro diedero 0.1436 di Zn0 pari a 
0.1152 di Zn. 


Cioè: 
trovato calcolato per C!°H!°Zn0* 
Za %o 24.58 24.52 


5. Actpo RR DIETILGLUTARICO: 


C?B* C°H° 
seri 


7% 
HO.CO.H?C CH? COOH 


Quest’acido fu preparato dal D.'* Edoardo Peano nel mio 
Laboratorio, con metodo analogo ai precedenti, cioè riscalda- 
mento della B8dietildicianglutarimide con 20 volte il suo peso 
di acido solforico a 60 °/,. Dopo 2 a 3 ore di moderata ebolli- 
zione la reazionè è compiuta e dopo raffreddamento si ha una 
massa cristallina che raccolta e lavata non si ha che da ricri- 
stallizzare per avere il nuovo acido purissimo. Estraendo con 
etere le acque madri acide si ha ancora un poco di acido. Si 
forma in quantità esattamente teorica, cioè 100 °/o. 

Cristallizza dall'acqua bollente in begli aghi brillanti; è poco 
_ . solubile nell'acqua fredda, solubile in alcol e in etere. Fonde a 
108° in liquido incoloro. Si volatilizza inalterato. 

Neutralizzato con ammoniaca e posto sul mercurio in cam- 
panella on sviluppa nessun gas, mentre nelle stesse condizioni 
la BRdietildicianglutarimide dà gas etano. 


6. AcIpo BB ETILPROPILGLUTARICO: 


C°H° C*H" 
RIVA 
C 


TANO 
HOCOH*C CH?.C0O0H 


È in cristalli fusibili a 710-720, 


452 ICILIO GUARESCHI 


Dalle esperienze fatte risulta dunque che gli acidi 88 dial- 
chilglutarici neutralizzati con ammoniaca o con idrato di ma- 
gnesio non si secompongono e non danno idrocarburo. Esperienze 
ulteriori dimostreranno se gli acidi aa bicianglutarici danno idro- 
carburi o se è proprio necessario che la catena sia chiusa. Re- 
sterà poi a vedersi se altri gruppi elettronegativi simili al 
cianogeno come Cl. C°H°, ecc. aa bisostituiti negli acidi 8 dial- 
chilglutarici producano la reazione da me indicata. 

In un’altra nota descriverò gli acidi metilessil e metilno- 
nilglutarico, etilpropil e dipropilglutarico, ecc. 


Il 
Acidi falchilycianvinilacetici. 


Per l’azione delle aldeidi sull’etere cianacetico in presenza 
di ammoniaca o delle amine e per l’azione degli eteri Rcheto- 
nici sull’etere cianacetico, nelle stesse condizioni, io ho, già da 
tempo, ottenuto i composti seguenti, non saturi: 


n (1) R (II) 
| 
Cc C 
DIRE PS 
RHC GaiCN sa di CN 
| | e 
COCO GOSTCO 
Noi 
NH NH 


I derivati (II) si ottengono anche per decomposizione delle 
BB dialchilao dicianglutarimidi. o 
Tutti questi composti corrispondono ad acidi Ralchilgluta- 


conici e contengono: i primi (I), un gruppo cianico terziario C.CN, 


| 
A 
ed i secondi (II) uno secondario CN.HC ed uno terziario; era 
| 
quindi naturale che io tentassi di trasformare questi composti, (1) 


e (II), nei corrispondenti acidi glutaconici; ma non sono ancora 
riuscito ad ottenere questi acidi 


si 


HOCO.R.HC CH.COOH 


ACIDI BB DIALCHILGLUTARICI E BALCHILYCIANVINILACETICI — 453 


nè gli acidi a Acianfalchilglutaconici: 


k 
C 


iù 
HOCO.H°C. C.CN.COOH 


Però sino da questo momento posso dire che da questi miei 
composti mono- e bicianici ho ottenuto per idrolisi del gruppo 


Le 
iminico e del gruppo cianico secondario CN.CH degli acidi cia- 


a 
nurati assai interessanti; il gruppo cianico terziario C.CN re- 


siste moltissimo all’idrolisi. 


AcIpo BMETILYCIANVINILACETICO. — Quando si riscalda 1 p. 
di Ymetilacianglutaconimide : 


n) il suo sale di ammonio con 20 p. di acido solforico al 60 °, 
si scioglie, poi all’ebollizione fa effervescenza sviluppando ani- 
dride carbonica. Raffreddato il liquido, aggiunsi poca acqua, e 
dopo un certo tempo, si depositano dei cristalli prismatici 
brillanti, che raccolti, lavati rapidamente alla pompa ed asciu- 
gati, fondevano a circa 224°-227° e che ricristallizzati dal- 
l’acqua fondevano a 199°-200°. Meglio è aggiungere al liquido 
primitivo, freddo, acido, un cristallino della sostanza proveniente 
dalla prima preparazione ed allora il liquido cristallizza presto. 
Questo composto è un acido azotato contenente senza dubbio il 
gruppo cianico, perchè con potassa concentrata ed anche fusa, 
non sviluppa ammoniaca ed occorre il riscaldamento con sodio 
o potassio per svelarvi l’azoto. 


454 ICILIO GUARESCHI 


Quest’acido contiene H°0 che perde in parte nel vuoto, e 
completamente a 100°-105°. 


I. Gr. 0.1009 di sostanza secca diedero 10.1 cm? di N a 89.0 


744 mm. 
II. Gr. 0.1164 di sostanza secca fornirono 0.2470 di CO? e 0.0602 
di H°O. 
Da cui: | 
trovato calcolato per C*H'NO? 
I II | 
i - — 57.86 57.60 
H — te 5.74 5.60 | 
N = 11.79 _ 11.2 


Gr. 0.2833 dell’acido cristallizzato e appena asciutto all’aria, 
perdettero, a 100°-1059, gr. 0.0360 di H?O. 


Da cui: 
trovata calcolata per C5H'NO?+H°0 
H30.%/a 12.71 12.59 


Questo acido si è formato senza dubbio nel modo seguente: 


CH? CH? 
| 
C 
N / N 
H°C C.CN H®C CHO 
| | + 2H°0 = | + C0?+ NE? 
CO Co COOH 
oe 
NH 


prin DR 
COOH COOH 
il quale perde CO? e dà l’acido indicato. 


Lo stesso acido si forma facendo bollire a ricadere per 3 ore 
1 p. di Bmetildicianglutaconimide con 20 p. di acido solforico 


ACIDI B8 DIALCHILGLUTARICI E BALCHILY CIANVINILACETICI — 455 


al 60°/,. Si nota effervescenza con sviluppo di CO?. Dopo raf- 
freddamento si depositano dei cristalli prismatici brillanti, in- 
colori, che raccolti, lavati con poca acqua e asciugati fon- 
dono a 225°-227° e dopo ricristallizzazione dall’ acqua fondono 
verso 200°. 

Gr. 0.3857 di acido secco all’aria, disseccati a 100°-105°, 
perdettero 0.0487 di H?0. 


Da cui; 
trovato calcolato per C°H'NO?-+ N°0 
n =_= - 
H?0 % 12.60 12.59 


Gr. 0.1134 di acido seccato a 100°-105° diedero 10.7 cm 
di N a 99.5 e 738 mm. 


Da cui: 
trovato calcolato per C*H'NO? 


e nni 


N % 11.07 112 


Quest’acido funziona come monobasico: Gr. 0.0514 di acido 
purissimo, in aghetti, sciolti in pale e in presenza di fenolfta- 


leina, richiesero 4.1 cm? di Na0H cioè 0.0164 di Na0H. 


Cioè: 
trovato calcolato 
Na0H % 31.9 32.0 


Quest’acido si forma secondo l’equazione seguente: 


cui CH? 
C Cc 
Lo / N 
CNHC C.CN H?°C CHON 
+4H°0= + 2C0?+ 2NH” 
CO CO COOH 
a 
NH 


Questo acido cristallizza in begli aghi o in grossi prismi; 
è solubile nell’acqua, più a caldo che a freddo, dalla quale cri- 
stallizza bene. 

La soluzione acquosa trattata col cloruro ferrico si colora in 
violaceo-bruno; coll’acetato di rame ingiallisce, poi deposita dei 


456 ICILIO GUARESCHI 


bei cristalli giallo-ranciati che hanno una forma che ricorda ij 
cristalli di acido urico; neutralizzato con ammoniaca e trattato 
col nitrato d’argento, dà un precipitato giallo che già a tempe- 
ratura ordinaria si colora in rossastro, poi bruno e nero. 

La soluzione acquosa di quest’acido stando all’aria arrossa, 
e la carta entro cui è stato asciugato dopo cristallizzato, si co- 
lora a poco a poco in azzurro. La sua soluzione acquosa, resa 
alcalina con soda e lasciata all’aria, si colora in azzurro-vio- 
letto intenso. 

La sua soluzione acquosa trattata con acqua di bromo la 
seolora, assorbe il bromo, poi dà un precipitato bianco, che di- 
venta successivamente roseo e rosso-bruno. 

Fatto bollire con acqua di bromo in eccesso dà un liquido 
incoloro, ma continuando l’ebollizione si colora in violetto. Con 
acqua e poche goccie di soluzione di nitrito potassico al 10 °% 
si colora in azzurro, meglio se si scalda. Sono queste le reazioni 
che dà anche la metilcianglutaconimide da cui l’acido deriva (1). 

A questo nuovo acido ho assegnato, però con qualche ri- 
serva ancora, la formola: 


CN.CH=C— CH°. C00H 
(A) | 
CH? 
e può denominarsi acido Bmetilycianvinilacetico; cioè può essere 
riguardato come un derivato dall’acido vinilacetico : 


CH°= CH. CH?. COOH 


Solamente successive esperienze potranno dimostrare con 
sicurezza se questa formola è esatta o no. 

Il formarsi però lo stesso acido dai due composti mono- e 
bicianici, dimostra che molto probabilmente esso ha la formola 
da me data e non l’altra isomera: 

CH? 


C 


20 
cH* C.CN 


COOH 


(1) Sintesi di composti piridinici, ecc. in “ Mem. R. Acc. delle Scienze 
di Torino ,, serie II, t. XLVI. 


ACIDI BB DIALCHILGLUTARICI E BALCHILYCIANVINILACETICI 457 


perchè sappiamo che il carbossile, attaccato com’è in questo 
schema, si elimina facilmente. 

Dalle mie Yfenilacianglutaconimide e Yfenildicianglutacon- 
imide: 


C$H° C*H5 

| | 

C C 

7 N 
H?C 4 CN CNHC C. CN 

| e 
CO. ri00 CO. CO 
Nodli VA 

NH NH 


ho ottenuto un acido analogo al precedente in bellissimi cri- 
stalli fusibili a 255°-256°, e che senza dubbio è l’acido Bfeni2- 
eianvimilacetico : 


CN.CH=C— CH°. COOH 
cen 


come lo dimostrano l’analisi e le proprietà. Sarà descritto in 
un’altra Nota insieme ad altri acidi simili. 

Questa nuova serie di acidi Ralchilycianvinilacetici ed altri 
composti azotati che derivano dalle mie mono- e diciangluta- 
conimide saranno oggetto di una successiva memoria. Spero anche 
di riuscire ad ottenere gli acidi cianglutaconici corrispondenti. 

Risulta dunque da queste esperienze che nelle condizioni 
indicate, mentre si idrolizza facilmente il gruppo cianico se- 
condario : 


gr 
CN. HC 


non sì altera, o solo in parte, il gruppo cianico terziario: 


Ò 
Cc 
a 


. CN 


Questo fatto è d'accordo con quanto osservarono Em. ed 
0. Fischer (1) e Bouveault (2) pel ciantrifenilmetano (C°H°)?.C.CN 


(1) “ Ber.,, XI, p. 1599. 
fee Ball: ; (3),.IX, p. 975. 
Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. sl 


458 ICILIO GUARESCHI — ACIDI Bf DIALCHILGLUTARICI, ECC. 


il quale resiste all’azione dell’acido cloridrico fumante, a 170°, 
alla potassa alcolica ed all’acido solforico; per saponificarlo bi- 
sogna scaldarlo a 200°-210°, in soluzione acetica, per un giorno, 
con acido cloridrico fumante. Le ricerche di Cain (1895), di 
V. Meyer (1895) e di altri hanno dimostrato che molti nitrili 
aromatici si idrolizzano assai difficilmente; Sudborough (1895) 
ha dovuto riscaldare certi nitrili a 120°-130° con 30 volte il 
loro peso di acido solforico a 90 °/o. 

Questa osservazione potrà trovare utile applicazione per 
spiegare l’isomeria osservata in composti che possono contenere 
CNHC oppure C.CN. 

Si noterà che molte volte il gruppo cianico secondario CHCN 
è assai resistente all’idrolisi in composti a catena chiusa, ma 
senza ossigeno, come nel caso del nitrile ciclogeranico, ed anche 
in composti a catena aperta, come il geranionitrile: 


CES tel 
cHs,)0= CH. CH°— CH ida i TR 
CH? 


Ciò spiega, almeno in parte, la formazione di questi miei 
composti acidi in presenza di acido solforico. 


Torino. R. Università. Istituto di Chimica farmaceutica 
e tossicologica. Febbraio 1901. 


F. PALATINI - G. ZENO GIAMBELLI — PRODOTTO, ECC. 459 


Prodotto di due condizioni caratteristiche 
relative ai piani di un iperspazio. 


Nota del prof. FRANCESCO PALATINI e del sig. G. ZENO GIAMBELLI (#). 


Il problema che si propone di esprimere il prodotto di due 
condizioni caratteristiche mediante una somma di condizioni sif- 
fatte (problema importante giacchè dalla soluzione di esso deriva 
la possibilità di calcolare una quantità di numeri interessanti 
non solo per ciò che riguarda gli spazi lineari di un iperspazio, 
ma ben anche relativamente ad altre varietà algebriche) non è 
stato risolto, qualora le condizioni siano affatto generali, che 
nel caso in cui le medesime si riferiscano a rette, e la soluzione 
è stata data dal sig. H. Schubert nel vol. 26 dei “ Math. Ann. ,. 
Relativamente a spazi di un qualsiasi numero di dimensioni di 
un dato iperspazio si sa esprimere il prodotto di due condizioni 
caratteristiche soltanto in casi speciali. Di questi casi è della 
massima importanza quello trattato pure dallo Schubert nel 
vol. 8 degli “ Acta Mathematica ,, nel quale una delle condi- 
zioni per un [p] di [n] consiste nel dover essere incidente ad 
un dato [n — p — 1], mentre l’altra è generale. Sono pure molto 


(*) Avendo avuto occasione ciascuno degli autori della presente Nota, 
d’intrattenersi sui propri studi attuali col prof. Segre, questi ebbe a con- 
statare che entrambi stavano trattando, indipendentemente l'uno dall’altro 
e per vie diverse, la questione del prodotto di due condizioni caratteristiche 
relative ai piani di un iperspazio. Resi edotti di questo, essi s'accordarono, 
dietro invito dell’egregio Professore, di fondere in un solo lavoro .i risul- 
tati delle loro ricerche. L'uno degli autori (Palatini) prende in esame la 
questione partendo dalle radici e la tratta con metodo geometrico appli- 
cando ripetutamente il principio della conservazione del numero, e la parte 
di questa Nota da lui svolta è quella compresa nei $$ 1-6; l’altro autore 
(Giambelli), al quale appartengono i $$ 7-9, procede mediante il calcolo 
simbolico della geometria numerativa, e prendendo le mosse da una for- 
mola ottenuta dal prof, Pieri, arriva più speditamente al suo risultato 
finale. 


460 FRANCESCO PALATINI — G. ZENO GIAMBELLI 


interessanti i casi trattati dal prof. Pieri nei “ Rend. dell’Ist. 
Lomb. , (anni 1893-95). 


1. — Per comodità del lettore premettiamo la soluzione 
del problema analogo a quello di cui ci occupiamo, per la retta. 

Sia (4, @) (%, 0) il prodotto che si vuole convertire in 
somma. La retta deve stare in [a;], [d,] e perciò nel [a+ d,—] 
ad essi comune, essendo [n] lo spazio ambiente, e inoltre deve 
avere un punto in [a)] ed uno in |[%y], cioè dev'essere incidente 
agli spazi [a+ d.— #], [+ a — #] in cui quelli incontrano 
[a+ d,— n]. Risulta di qui che condizione necessaria e suffi- 
ciente per la possibilità di coesistenza delle condizioni (@, @), 
(do, d;) è M@m+b—nZ0, bt a, —n=0, donde segue (avendo a 
essere &>0, di>bo) anche a, + bZn4-1. 

Prendiamo [w#+d — #], [rt @— »] in modo da trovarsi in 
fan [a+ d,—n—1]e da avere perciò in comune un [w+h—n+1]. 
Allora soddisfano alla nostra condizione 

T° le rette di [a+ 2, — #] incidenti a |a,+ d&—-+ 1), cioè 
quelle rette ‘di [x] che soddisfano alla condizione 
(+ dont 1, at bin) (È) 
II° le rette di [a, + d, —n— 1) incidenti ad [a+ d, — @), 
[bt an — n). 

Riferendoci a questo secondo gruppo, si prendano i due ul- 
timi spazi nominati in un [a, + dj; n —2] (e perciò segantisi 
in un [a+ db — +2]. Le rette di questo gruppo si dividono 
allora nei seguenti altri. 

I°, delle rette di [a,+-d;:— n —1] incidenti ad |a, + do +2], 
cioè delle rette di [x] che soddisfano alla condizione 


(at bo nt 2, ato _—-n_1) 


II°, delle rette di [a, + è, — x — 2] incidenti a [a +d1 — #), 
[bt a, — nl. 


(*) Se mai risultasse a+ db —#+1<'0 allora questo simbolo sarebbe 
da porsi eguale a zero e le rette da noi cercate sarebbero soltanto quelle 
del eruppo II. Noi però per ragioni di generalità manterremo nelle for- 
mole anche i simboli privi di senso, seguendo l’esempio dello Schubert. 
Questa osservazione va sottintesa in tutti i casi analoghi che si presente- 
ranno in questo scritto. 


PRODOTTO DI DUE CONDIZIONI CARATTERISTICHE, ECC. 461 


Così continuando si arriva a due gruppi 
I°,; delle rette di un [aa + d, —# —X+- 1] incidenti ad un 
suo [a + do — n +], ossia delle rette di [n] che soddisfano 
alla condizione 


(a+ db-n+4 È, ati —n_-k+ 1) 


II°,_, delle rette di un [a, + 3, —»— X] incidenti a [@w+ d, — n], 
[bi +@ — n] posti in esso. Questo esige che sia 
atb—n—-k7ak4b-n+1, a+b—n-k7b+4a —n+ 1, 
cioè 

ksa—@— 1, ksb—b-=-1 


cioè il massimo valore di % è il minore dei due numeri a, —@ — 1, 
br—d—-1. Che se, posto p. e. a—a<0d — by; è K=a,—-—@—-1, 
allora il gruppo II°,_, si compone delle rette di un |@4-0,-#+ 1] 
incidenti ad [a0+d, —»] (ciò che avviene da per sè) ed a 
[Bata n], cioè delle rette di [n] tali da soddisfare alla con- 
dizione 


(+ an, ati —n+1) 


mentre se è è — ha, —4, posto £ = 6, do — 1 il gruppo I°, - 
è formato dalle rette di [n] soggette alla condizione 


(co + bd — 9, daitb—a+4+A). 


Dopo ciò si può concludere 
a=h 
(do, d1)(do, b) pra b_—n4 1-40, a+ b—n—-0) 5) (1) 
dove % è il minore dei numeri a, — & — 1, dr — db — 1. 


2. — Passando al piano sia (4, a, 42) (do, di, 82) Il prodotto 
che si vuol convertire in somma. La multiplicità della condi- 
zione di cui ci occupiamo è 6n—-6—(a44,+ a+ db + di 4-d). 
Il piano deve trovarsi in [as], [5] e per conseguenza nel [ax+-d:—n| 
ad essi comune. Deve avere una retta in comune con [a,] di [ag] 


(*) Tenendo conto della nota precedente si vede che i termini di 
questa somma saranno diversi da 0 per quei valori di a per i quali è 
t+b-n4-1+0a=0. Tenuto poi conto del valore massimo di @ si vede 
che è sempre a+ b—-n+1+0<ZCa+b n 0. 


462 FRANCESCO PALATINI — G. ZENO GIAMBELLI 


ed una con [b,] di [9:] e quindi coi loro spazi d’ incontro con 
[a+ b,—n], i quali sono rispettivamente due spazi [a,+d:— n], 
[b,+a—n]. La retta in cui è incontrato [5, + 4:— n] dev'essere 
incidente a [w] di [a,] e perciò allo spazio [404 d:—»] comune 
ad [a] e [a +3:— x]; la retta in cui è incontrato [9,4+-a—] 
dev'essere incidente a [dy] di [d,] e quindi allo spazio [Bn+-a—] 
comune a [db] e a [D+ @—x]. 

Dunque abbiamo un [ax+b:—n] ed in questo 1° un [a,+b8:—r] 
contenente un [ao 4+-d:—%], 2° un [br+a:—n] contenente un 
[bo+-a,— n], e si devono considerare i piani che stanno in 
[a.+d,—n] e che 1° incontrano [a+ d,—»] in una retta inci- 
‘dente ad [a+ 3,—x], 2° incontrano [b,4+-@—] in una retta 
incidente a [bn-+- a, —»]. Inoltre gli spazi [a 4-0» — n], [bt+ar—n] 
si tagliano in un [a +-d,—#], ed ognuno dei piani cercati do- 
vendo incontrare in una retta ciascuno di quelli, dovrà essere 
incidente a questo [a, + d1 — n]. 

Dalle considerazioni ora esposte risulta che condizione ne- 
cessaria e sufficiente per la coesistenza delle due date condi- 
zioni è 


atb—n=0, btas,—nZ0, ak4b—nZ0, 


chè allora è anche (dovendo essere @ < @, < ag, bdo < di < da) 
a+ bb —nZ1, b+a,—nZ1, a+ 5 —n=2. Che la condi- 
zione sia necessaria fa appena bisogno di dirlo; che essa sia 
sufficiente vedesi tosto conducendo per un punto di [a,4+-d,—x] 
una retta di [a,+-d,— x] incidente ad [a+ d:— »] ed una di 
|br+ a:— n] incidente a [br + a, —n], chè queste due rette de- 
terminano un piano di [a+ d:—x] il quale. soddisfa alle due 
condizioni date. Anzi con tale costruzione l’infinità dei piani che 
otteniamo è di dimensione (a+ d:—n)+(bta:—n) + (a +bdr—n), 
il che conferma che l’insieme delle condizioni date costituisce 
una condizione di dimensione 6n-6— (a+ @+@+b+d +88). 
Ciò premesso, prendiamo [a,+b—#], [br +@—x] in un 
[a:+0.—n-—1] (variando convenientemente uno di essi intorno 
ad [a,+2,— n]), e segantisi perciò in un [a+b5,—n+1] con- 
tenente [a, +0, — x]. Allora i piani cercati si dividono in due 
gruppi: 
I° dei piani di [a.+ dx] seganti [a+ d,—#+1] in una 
retta (e siccome questa incontra certo [a + d, — x], così a questo 


PRODOTTO DI DUE CONDIZIONI CARATTERISTICHE, ECC. 463 


spazio riescono di per sè incidenti quei piani) incidente agli spazi 
[a+ 0 —n+1], [b+@—n+1]in cui (m4d—a], [bot+@&—n] 
vengono tagliati da [a +3,—n+1]. Questa condizione per la 
retta, ricordando quanto si disse al principio del n° 1 può espri- 
mersi così (a9+1, 41+1) (do, di), ma noi per ottenere maggiore 
uniformità con espressioni che troveremo in seguito la indiche- 
remo con (+1, 4+1) (do, 2) (M —1, 2). Se un piano deve 
stare in un [cy] e deve contenere una retta che soddisfi ad una 
condizione m, si rappresenterà ciò col simbolo }m, cs. Evidente- 
mente se è m=m+ m, +... + m,, sarà }m,c=}m, xk 
+ )mmto, ct + ...+}m,, cs. Dopo ciò possiamo dire che i piani di 
questo primo gruppo sono quelli che soddisfano alla condizione 


\(@Go+1, +1) (do, di) (n — 1, n), a 4 da — ni 


II° dei piani di [a,4+-%:—n — 1] incidenti ad [a+ — n] e 
seganti [a+ %:— n], [(br+@— n] ciascuno in una retta inci 
dente rispettivamente ad [a+ d:— n], [brt-@—#]. Prendiamo ora 
[a+ d,—n], [+ @—n] in un [a+ dn —2] (variando conve- 
nientemente uno di essi intorno ad [a1+d,—-n+1]) e segantisi 
perciò in un [a +5,--n+ 2] contenente [a +%—»]. I piani di 
questo gruppo si dividono allora in due gruppi 

I°, formato dai piani di [a+ 5, — n — 1] seganti [a +d—n+-2] 
in una retta incidente a [a,+d,—] ed agli spazi [w+b-n+2], 
b+a—n+2] in cui (a+ de—-n], [dot @—n] vengono ta- 
gliati da [a +2,—n+2]. La condizione per una retta di |w| 
di stare in [+ d,-n+ 2] e di tagliare [a +b—n+ 2], 
[bt a —n + 2] di questo si esprime così (a+ 2, @1+ 2)(bo, di), 
come si vede ricordando quanto si disse al principio del 
n° 1, e questa va moltiplicata per la condizione di stare in 
‘la +3 —n+2] e d’incontrare [a,4-0, — #] di questo. Ora una 
retta di [n] per il fatto che soddisfa alla condizione espressa 
dall’anzidetto prodotto si trova già in [a.+%—n+ 2], quindi 
taglierà inoltre [a1+ dr — ») se la si costringe a tagliare un 
[n — 2] generico di [n] passante per [a + 3, — n], giacchè questo 
[n —2] non ha in comune con [a,+3,-—n+2] altro che [a14+-d x]; 
perciò la condizione in discorso, avuto riguardo al suo legame 
con quella espressa dal nominato prodotto, può esprimersi con 


464 ‘. FRANCESCO PALATINI — G. ZENO GIAMBELLI 


(n 2, n). Dunque i piani del gruppo .I°, sono quelli che sod- 
disfano alla condizione 


(ca +2, a+ 2) (do, di) (n—2, n), a+ bd —n— 1 


II°, dei piani di [a.+-d:—n-—2] incidenti ad [a +-5— x] e 
seganti [a, + 5: — x], [br -+4 —»] ciascuno in una retta inci- 
dente rispettivamente ad [an + de—n], [D+ @— a]. 

* Così continuando si arriva ai gruppi 

I°._, dei piani di un [ag+b—n—X+1] seganti un suo 
{a+3,—n+%] in una retta incidente ad un [a.+3,—x], a un 
(+0, —n+4] ed a un (bj +@—-n+k] di [a +b,—n+k£], 


cioè tali da soddisfare alla condizione 
(a+ %, dk k) (do, bi) (n—K, n), at bo n_-k+ li 
II_°_, dei piani di un [a.+%:—n—k] incidenti ad un 
[a1 +0, —]di questo e seganti un [a,4- 9 — n] e un [(b,+-a=— x] 
del medesimo ciascuno in una retta incidente rispettivamente 
ad un [a+ b—»] e ad un [b,-+a,— n]. Questo richiede che sia 


ant bn_-kZa+b—n+4 1, a +5 —n_—k=2bank1 


(chè allora è certo anche a.4+b—n—-kZa, +0, —n+2), cioè 


kE a,\,— 1, k<zb,-b_—-1 
ossia il massimo valor di £ è il minore dei due numeri a,-—a,—1, 
b,—b,—1. Che se, posto p. e. a.— a;°b— hi, è k=@—a--1, 
allora il gruppo I°%_, è un gruppo 

I°x-a-2 formato dai piani che soddisfano alla condizione 


H(dHt-(a a 1), ax— 1) (do, di) (a (a—@—1), n), a4br—n+2{ 


mentre il gruppo II°; è un gruppo 

II°%,-a,-2 composto dei piani di un [a,4- 63—» +1] incidenti 
ad un [a1+d,—n] di questo e seganti un suo |a+b,—] in 
una retta (fatto che avviene di per sè) incidente ad un [a+-dx—n] 
di quest’ultimo, e seganti ancora un [5,4 a=— | in una retta 
incidente ad un (4; 4+-a,--»] di questo. Ora prendendo [9,-+4,—#] 


PRODOTTO DI DUE CONDIZIONI CARATTERISTICHE, ECC. 465 


in [a+ 0:—] (essendosi posto a—@<%—b, è dita —nS@+ 
+, — n), questo gruppo si divide nei seguenti 

T°,-a1 dei piani di [a +-%—n+1] seganti [b+a,—] in 
una retta incidente ad [ar +0, —), [bt a—n] ed allo spazio 
[a+ bd + (a—a)—r] d'incontro di [9,44 —#) con [#4 d>— a), 
cioè tali da soddisfare alla condizione 


{(a+(a—a,), a+ (ara) (do; di) (nda), n), da + do —n+ 1 


ciò che si vede con lo stesso ragionamento tenuto per gli ana- 
loghi gruppi precedenti. Abbiamo così intanto ottenuto nello 
sviluppo del nostro prodotto il seguente gruppo di termini 


m=I = 


(251 1 
5 (tà +1, ata +1)(d d)(m—i1,2), a+ d—n—i} (2) 
i= 
Il°a-a-1 dei piani di [a,+-d— n] incidenti ad [a+ bd: — #} 
e seganti [0,+-a.—] in una retta incidente a [bo + a. — n), 


[a+ db — a. 


38.— Riferendocia quest’ultimo gruppo, prendiamo|an4+- dr], 
[br+a:— n] in un [a +d —n— 1], e perciò segantisi in un 
i+ db + (a:—a +1) — n). Allora i piani del gruppo in discorso 
si dividono nei due gruppi 

T°u-a, dei piani di |a, 4 6: —n]seganti [0 + a, —n]in una retta 
incidente ad [a.4+-b,—n], [bo+a:—n], [dtd + (aa 4-1) — n), 
cioè soddisfacenti alla condizione 


(at (a—@+1), 42) (do, di) (n (1a), 2), aa + don 


Il°,,-a dei piani di [a + d’--n — 1] incidenti ad [44 d:—#] 
e aventi con [d,+@,—n] in comune una retta segante [b-+4:—r], 
[a +%:—n]. Si prenda ora [(a,+%:—n], [1+a,—] in un 
[la +d:—n—2] e quindi tali da avere in comune un [a4-d + 
+(a—a,+42)—n]. Avremo allora, analogamente a quanto si 
disse in principio di questo n°, i gruppi 

T°n-a,+1 dei piani che soddisfano alla condizione 


Xant(a,—a, +42), 4) (do, di) (n (a—@1), n), at b-—n—-1i 


466 FRANCESCO PALATINI — G. ZENO GIAMBELLI 


IT°,-a,+1 dei piani di [a +9 —n—2] incidenti ad [a 4-b:—] 
e seganti [b,-+ a,—w] in una retta incidente a [bn + a, — nl, 
[a+ db — |]. 
Così continuando arriveremo ai seguenti gruppi 
T°oa-a,-1+% dei piani che soddisfano alla condizione 


i+ (a°—@+4), 42) (do; di) qua a n), a +0 —n+1-h{ 


I°a-a,-1+h dei piani di un [a,+b:—x—#] incidenti ad un 
laa+d:—n] e seganti un [b,+-@a.—»]in una retta incidente ad 
un [br+@—»] ed a un [a+d,—#]. Per questo dev’ essere 
a+b-n_-hiZatb—n+42, at+b—n_-h1Zb +a,—n+41, 
cioè h°a,—a—-2, h<(b—b) — (A4—@)—1, cioè il massimo 
valore di % è il più piccolo dei due numeri a,—@—2, (bd) — 
—(a—a;)—1. Sia a—a—2<(0—db)—(0—a)—1 e si faccia 
h=a, — & — 2.In questo caso il gruppo I°%,-a,-1+% è un gruppo 

Il°,-a-3 composto dei piani di un [ay +0 n +2] incidenti 
ad un suo [ax-+b:—n] (ciò che avviene di per sè), e seganti un 
suo [,.+-a,—n] in una retta incidente ad un [bn-+-a,—n] ed a 
un [a+ d,— x] di questo [2,+@,— x], sicchè questi piani sono 
quelli che soddisfano alla condizione i 


i(a1, 2) (do, di), tit de — n 4 2i 


mentre il gruppo I°z,-a-1+ è un gruppo 
I°a-a-3 formato dai piani che soddisfano alla condizione 


(aa —2, a0) (do, 0) (Mn_— (a, — a), n), intdo — n+- 3! 


Riguardo al gruppo Il°%,-x-3 Osserviamo che è (@, 4) = 
= (a, — 1, aa) (n—(a.— a), n) come si vede tosto rammentando 
ciò che abbiam detto al principio del n° 1, per cui la condizione 
alla quale soddisfano i piani di questo gruppo si può scrivere 
anche così 


i(ar—1, d2)(do, di) (M—- (dd), n), int de n+- 21. 
Dunque nelle fatte ipotesi dopo il gruppo (2) il nostro svi- 
luppo si compone ancora dei soli seguenti termini: 
fa=a—-0,—2 


tp (+ (aa) +is+1,0,)(bo,b)(n—(42—a), max +d—n_-i, (8) 


PRODOTTO DI DUE CONDIZIONI CARATTERISTICHE, ECC. 467 


Riepiloghiamo quanto abbiamo fin qui ottenuto. Si è sup- 
posto ar—@bd— di, &—-@&—-15 (b:-b)—(d.—a), cioè a, — 
—mSb—b,, a, —1<0;—b;. Siccome è @+ 14, così avremo 
a—a<a—&—1 per cui la ao—a —153—d assorbe la 
a, —a,“b—b,, quindi se è a:-—a=b,—bd,, sarà anche a:—a,— 
—1=3,——b;, ed anche ag—a—1=4=—a, donde a=@+ 1. Ora 
da quanto si disse nei n.i 2, 3 risulta che nelle ipotesi indicate 
al principio del presente numero è 


(4%) dig do) (do; di; bs) i 
press "Inti tL, riali rei alba; 


fa=@—do— 


+ LA Narb(e a—@)+ir+1, 02) (db) (nd) n), a+. 


Nel caso di a:—a,=b—d, dovendo essere a=@+ 1, la 
seconda sommatoria diventa nulla e lo sviluppo si riduce a 


ir=0,—dg 2 


o }(at4i+1, 0+0+2 (nb )n—i1,n), at de n—-i | (4) 


in=0 
e siccome per la (1) è 

(ati +1, ati +2)(n—i-1,2) = (+1, w+ù+2) 
così abbiamo che nell'ultima ipotesi fatta la (4) si riduce alla 


a —d, 


lan fin)(0, i i Marta) asti +-2)(do,ba), a tbn_i (. 


= 

(*) Ciò corrisponde al fatto che in tal caso nel gruppo Il°'a--a-2 la 
retta in cui uno dei piani richiesti taglia [a14+-ba—] riesce senz'altro inci- 
dente ad [anda —n] per cui il gruppo si compone dei piani di [a,+-b—#+1] 
=[t}-bo-n+2] seganti [b:4+-a,—»] in una retta incidente a un [byt-a:—n] 
ed inoltre incidenti ad [a:+-b:—x]. Prendendo allora [a+b—n] in (b:-t-a— n] 
il nostro gruppo equivale a quello dei piani di [a:+b%:—n+1] seganti 
[b.+a,—n] in una retta incidente ad [axt-b,—x], [bo\-ar:— n], cioè dei piani 
che soddisfano alla condizione } (@1, c2)(do, bi), agt-bo-n+1{, cioè (v. oss. re- 
lativa al gruppo ll°a—a-3) alla }(a,—1, c9)(ba,b)(n—(c7—a1),1), ao-t-bo—n+2} 
che nella presente ipotesi è l’ultimo termine della prima sommatoria della (4). 


468 FRANCESCO. PALATINI — G. ZENO GIAMBELLI 


4. — Ritornando al gruppo II°%,-2,-14» supponiamo ora che 
sia (0b-b)-(a—a)—-1Sa—a—2 e si faccia h.= (b—d) — 
—(a—-a) 1. Allora i gruppi: I°a,-a--14%5 H°a,-a,-1+ sOnO due 
gruppi 

1°,,-3,-2 i cui piani sono quelli che soddisfano alla condizione 


) (Got (br—di--1), 42) (do, di) (n (aa), 2), it a—n+2| 


II°%,-3,-2 formato dai piani di un [b,4+-a,—n+1] incidenti ad 
un suo [4&+d,—n] e seganti un [8;4-@=—x] del medesimo in 
una retta (ciò che non costituisce condizione di sorta) incidente — 
agli spazi [bt+a:—n], [a-+d,—n] di questo [b:-+-ax—»]. Riferen- 
doci a questo gruppo prendiamo [a+b;—n] in [b-H4+-a:—n] ed 
esso allora si scinderà nei gruppi seguenti 

I°»,-3,-1 dei piani di [b,+a,—-n+1] seganti [(b,4+-a,—»] in 
una retta incidente ad [at-d:—n], [b+ar—n], [a+ dn], cioè 
tali da soddisfare alla condizione 


} (G04-(br— bi), a2)(da, d)(n—(43 


a), n), bt ar—-n+1i. 


E qui possiamo notare che nella presente ipotesi il nostro 
sviluppo oltre al gruppo (2) di termini contiene ancora intanto 
questi altri 


ta=(ba—b1)—(4.—4)— 


> }(at(a dpi, Ar)(bo, 1 )(M-Ad—a1),m) a +d A (5) 


ig=0 

II°,-,-1 dei piani di [0,{-@— x] incidenti ad [a+ d— |, 
[bt an], [M+d—#]. Se questi tre spazi si prendono in un 
[(b+a:—n—1], il gruppo si divide in questi altri 

I°,,-,, dei piani di [d,+-a,—n] seganti [b,+-a,—n—1] in una 
retta incidente ad [a+d9:—n], [b+as—n], [a+b—n], cioè sod- 
disfacenti alla condizione 


) (a+ (0:01), 1041, d)(n(a:—a) +1, 2), tan 


II°,,,, dei piani di [b,-+a,—n—1] incidenti ad [24t-b—%], 
[bt an], [a+ dx]. Prendendo questi tre spazi in un 
[br+a:—n—2] si otterranno i gruppi 


PRODOTTO DI DUE CONDIZIONI CARATTERISTICHE, ECC. 469 


T°,-3,+1 dei piani di [b-+-@4—n—1] che segano [b,+a,—n--2] 
in una retta incidente ai tre spazi ora nominati, e che perciò 
soddisfano alla condizione 


(at (bed); de (H+- 2; )(nAA4—+ 2,m);b4a—n-1 


Il°,, +1 dei piani di [b,4+-@-n—2] incidenti ad [a+], 
[bt+a—n], [a-+b—n]. Così proseguendo si arriva ai gruppi 
T°,-3,-1+1 dei piani soggetti alla condizione 


}(ao+ (0-0); te—2)(dot2,b)(n-(a—d)+ 1g) be two n+1-L 


II°,,-3,-141 dei piani di un [b-+@-n—{] incidenti ad [a+ 
+br-n], [bDit+a—n], [+0 —#]. Posto p. es. che quest’ultimo 
sia lo spazio fra i tre ora nominati che ha maggior dimensione, 
dev'essere d,+a,—n-/Za+b—n+2, cioè /<a—a,—2. Per 
l=a,:—a—2 si hanno i gruppi 

T°3,-2,)+(-a)—3 dei piani che soddisfano alla condizione 


) (at (bed), + 2bdot- (a —a)_2,b,)(n_2,n),a +9 —_n+3 


II%%,-3,)+(a—a)—3 dei piani di un [a,+-2,—n+2] incidenti ad 
[a+d n], il che avviene certo, e ad [m+2:—n], [br+@—n]. 
Se prendiamo questi ultimi due spazi in un [a.+%,—n+1], al- 
lora il presente gruppo equivale a quest'altro 

T°(-3,}+(a0—a)-2 dei piani di [a,+0—#+2] seganti [a+ bd 
—n+1] in una retta incidente ad [a+], [btax—n] e 
perciò soggetti alla condizione 


}(a0+-(0—d), + 1)(b+(de—@)—1, d)(n_-1,n), a +0 —n+21. 


Dunque nelle attuali ipotesi oltre ai gruppi (2), (5) il nostro 
sviluppo contiene ancora soltanto i termini 


i3=42— 4) 


DI rst B riti JM) +11) 


ti=0 ) 
bta—n—-t;| (6) 


Se fra gli spazi [a+br»n], [cH4+-b:—n], [b+a,—n] di cui 
si è parlato nel gruppo IT°%,:,+1-: fosse [an+3:—n] quello di 


470 FRANCESCO PALATINI — G. ZENO GIAMBELLI 


maggior dimensione, non vi sarebbe altra differenza in ciò che 
si disse per giungere ai termini (6) che questa, che bisogne- 
rebbe prendere /<(ax—a)—(0:—b)—2 invece di /Sax—a,—2, e 
perciò nella sommatoria precedente sarebbe (ar—a)—(br—b)—2 
il limite superiore; e se fosse [b:-+a—n] quello dei tre spazi 
anzidetti di maggior dimensione, bisognerebbe prendere 2=b,— 
—b-2 e porre b:—b-2 come limite superiore nella (6). 

Dopo ciò si può concludere che nell’ipotesi a:—a,Sb:—bi, 
((—b)-(a—a)sa—a—1, si ha 


(do, A, dg) (do, di, ba) = 


ij=0—ag—l 


i (tà t+L@a+a+1)(b,b)(n—_aT1,n), dtd —n—-i (7) 


i = 


to=(bo—b)—(40—a)—1 


"1; E, ((+(a—a) 441, as)(d, 0 )(n-(a—a1),n) (a+ nia) i 


2 


dol )@+ Oda) tr ir Dt 1,5) Mt +10), 


bi + an î 


‘ dove f, indica il più piccolo dei tre numeri as—a,—2, (G—@)— 
(br-b)-2, br-b—2. 
La (4) e la (7) si possono compendiare in una sola così 


(do, 4; 9) (do, bi, ba) == 
in=da— 


È aaa e Lod) 0 RE SN 


i,=0 


+7 atleti t 1, MM ban) be 


is=Pa 
ci do: dt (da) +B. +1 stri) +3 +1 s)n—(a—a)+ 
d titimb tant] 


dove 8, ha il significato anzidetto, mentre B, rappresenta il mi- 
nore dei due numeri a—@—2, (6-0) —-(a—a)—1. Difatti la 
prima sommatoria è comune alle (4), (7); la seconda sommatoria 
della (8) diviene appunto la seconda della (4) per Br=a,—@—2 
e la seconda della (7) per B,=(0:—d,)—(a.—a)—1, e infine la 


PRODOTTO DI DUE CONDIZIONI CARATTERISTICHE, ECC. 471 


terza sommatoria della (8) è la terza della (7) se si fa B.= 
=(b—-b)—(a—a)—1 ed è priva di significato e perciò nulla 
per B=a—a,—2. 


5. — Ora sviluppando mediante la (1) le condizioni rela- 
tive a rette contenute nella (8), otteniamo 


(co, d1, 42) (do, di, da) = 


nf cs 
E (a+%0:+2+ +h—n, alii 
Pi nd e 
astbr an) (9) 
#4 ki=ò1 


ve, sar 2 (atbot3+R:Hketi a a+b+1+B—k—kx— 
ta: atb-1-B—w—n) 
î3= =f = j 
La È ‘dla n (td +5+A +26 +1 HH n, + bi +B%&—U—- 
"| —ln, agt-b-2—B-B—i3—n 
dove abbiamo 
Ya= min. (a-a— 1,0 db1), 
Ya== min. [(a—a)+ (bd) —2—241, i] 
bi == min. (a—m—i—2, b_—b1), 
d,= min. [(a—a)+ (0 d)—-3—e—2%, 8] 
E = min. (a—a—B—î—3; b_—b—î8—2), 
es = min. [(a--a)+(b—b)-B-2M—-2i—5, B_i1). 
Ponendo iî=i,—B—-1, k=k',— +8; i=0—B--B— 
=l'<--2d'3+28+,+1, otteniamo 


o? h=V1 h 


= e, pi E (0+d+2+n Ha, ati t1+ti 4h —n, 
n= 0 h= 
atb—a_n) - 
I) ky=ò1 % a 
È C- EE n 5, atb +0 —k-k' e_N, 
a,tb—t',—n) + 
cb A +2 h=e, le 


2 gal (totb+2+1+7" —n, a +b+14%3— LL 


a h=0 la=2—28—[h-1 


D di. ki=0 #= 


l'in, a kb —d'3—n). 


472 FRANCESCO PALATINI — 6. ZENO GIAMBELLI 


° L’indice della prima sommatoria dei tre termini parte da 0 
ed arriva senza interruzioni fino a B+B,4+ 8£+ 2, il qual nu- 
mero, tenendo conto di quanto si disse relativamente alle f, è 
il minore dei tre 


(a—a)+(0—b)—2, A, o —-2, bob 2. 


Abbiamo poi 
finchè il primo indice varia da 0 a 8, 
Ya= min. (a, —a—1,br-b—1) 
finchè il primo indice varia da B+1 a B+-3;+1, 
d = min. [a —m—1—(—8), di—b—1] 
finchè il primo indice varia da 84842 a 8+g,+8,+2, 
e=min.|ga4—1=(d5-8), id -1A5B-B1)] 
donde sì vede, chiamando con è il primo indice, che può seri- 
versi 
vela [(a—-m&—1—-(i-8), db —-%b—-1-(-B8—B.—-1)] 
per rappresentare ciascuno dei tre numeri Y,, è,, e quando si 
faccia la convenzione di porre i —B=0, i—B—R,_—-1=0 per 
quei valori di è per i quali questi simboli sono eguali a numeri 
negativi. 
oltre si ha 
finchè ? varia da 0 a Rf, 
va= min. [é, (A—@4)+(0—db)—2—2A1 | 
finchè i varia da B4+1 a B4B,+1, 
dedite —8=min.[i, (@—@)+ (dd) —2—2%] 
finchè è varia da B+B,+2.a B+B.+B:+2, 
e',=e,+2d;—-2B—8,—1= min. [i,(a-4)+(0—d)—2—2h]. 


PRODOTTO DI DUE CONDIZIONI CARATTERISTICHE, ECC. 473 


Dopo ciò la nostra formola può scriversi più compendiosa- 
mente così 


(do, di, d2)(ba, bi da) nie) 


i=a h=y h=y' 
x I (at-b+2+h+h'—n, a 40 +14i—h—-N'—7n, 
i-0 h=0 9'=(i-B)+(i-B—fx-1) 
artb—i-n) (10) 


dove a = min. [(ax—4,)+(0:—b.)—2, e—@—2, br—h-2|] 
B=a—a 1 
B= min. [a—&—2, (b—b) (4-9) —1] 
= min.[a—@&—1—-(i-8),b—b—1—(—B—B,—1)] 
y/= min.[i, (@—a)+(01—d)—2—24] 


‘e ponendo inoltre i—B=0, ipo B.—1=0 ogni volta che 
risulta i—B<0, i--B—_B,-1<0. 


6. — Vogliamo ora esprimere il nostro prodotto mediante 
una sommatoria doppia anzichè una tripla. Si osservi che, fis- 
sato un valore di i, l’espressione 


(a+ b+2+ h4h' n, add +1+4i—h—h'—n, a4-b—i—n) 


è funzione di X-+-%'", essendo, posto a—a—1=c, bh—b—1=4, 


(i -B)+(i—B—B,-1)=p, 


0<4/<min. (c-(î—-8), da —-(i —-B—B1)] 
p=<h'< min. (i, c+d — 2h] i 


e la indicheremo con f(h+ H'). 

I valori di X + #' partono da p, essendo possibile aver con- 
temporaneamente per il dato valore di i, 4=0, 4'=p. Abbiamo 
h+ h'<min. [f{-+ A, c+d—h); se è i2c+4d, sarà sempre 
ec+d—A il minore dei due numeri scritti nell'ultima parentesi e 
perciò in questo caso il massimo valore di %#-+%' si ha pero 
h=0 ed è c+d. Se poi si ha i<c+4d, allora facendo cre- 

Atti della R. Accademia. — Vol. XXXVI. 33 


474 FRANCESCO PALATINI — G. ZENO GIAMBELLI 


scere i+ e diminuire di pari passo c+d—#4 (variando % di 
un’unità per volta a partire da 0) fino a che diventano eguali 
se c+d—i è pari, oppure finchè risulti it+h+4+1=c+d—% 
se c+d —h è dispari, cioè finchè sia pierro 


etani <%, (lasciando la frazione per indicare la sua parte in- 


se è 


tera), il minore dei due numeri î4-%, c+d—% è i+, dopo 
di che continuando a far crescere % il minore sarà c+d— , 
per cui il massimo valore di #4 %' sarà nel caso attuale 


pra ossia cid se c+d—i è pari e 


c+d Sad se c+d— è dispari; in ogni caso adunque 


c+d ica convenendo di lasciar la frazione per in- 


dicare la sua parte intera. Dopo ciò potremo dire che in 
qualsiasi dei casi contemplati il massimo valore di 4 + #' è 
CE sea 
il termine espresso dalla frazione ogni volta che il numeratore 


di questa risulta negativo. Se poi è sa 
simo di 4 + #' è, nel secondo dei casi considerati, î-+Y, ossia 
ce+d sn —{ i i la quale espressione com- 
prende tutti i casi quando alle convenzioni fatte si aggiunga 
quella di porre eguale a zero il termine chiuso in parentesi 
tutte le volte che esso risulta negativo. Dunque posto 


quando .si convenga di porre eguale a zero 


>vY, allora il mas- 


pipa cia Meo r) 


potremo dire che, fissato un valore di i, è 
p=esh+h'<x: 


e perciò la f(£ + 4') varia fra f(p) ed f(Y.) quando 4, #' variano 
nei limiti anzidetti. Si tratta di vedere quante volte la f(h+4-h#/) 
assume un medesimo valore, cioè quante volte accade che, dato 
un numero m tale da essere p<m<t+;, avvenga h+h=m. 


Ù 


PRODOTTO DI DUE CONDIZIONI CARATTERISTICHE, ECC. 475 


In altre parole trattasi di vedere quante soluzioni ammette 
il sistema 
h4h'=m 
OSASTY 
p<h'<min(i,c+d — 2h). 


La terza di queste relazioni esige che sia p=î il che avviene 
sempre perchè per il massimo valore di î, che è B+B,+B.+-2, 
si ha p=B,+ 2B:t-3 e siccome è B.Sa—a,—2, cioè B.SB_1], 
così sarà p<B+B,+ 8:4-2; dunque per il massimo valore di è 
è p=i e di qui segue subito quanto abbiamo affermato. Deve 


inoltre essere p<c+d—2% ciò che esige RSS, e questo 
avviene pur sempre perchè è YSc—(i—B), r<d—(i—B—B,—1) 
donde pe 

Dovrà prendersi 0<%<min(m,Y) e dopo ciò hl'=m—A il 
che esige pem—h<i, pem — h<c +d — 2h donde A<m— p 
(per ipotesi è m—p = 0), 4<c+d-— m (essendo m<vY;, 1i&c+d 
è certo c+d—m=0), h=m—i (ponendo m—i=0 quando risulti 
m_—i<0). Dopo ciò si vede che il numero di soluzioni cercato è 


1a e Sereni Cleni) (a) 
essendo , H=min(y,mT_-p c+dT— m.. 
Concludendo potremo scrivere 


(do, di; A2)(do, ba, b.) i 
i=a = 


y; 
= Ze(a+b+24+/—n, a, +40 +14+i-4—n,a,4+b—i—n) (11) 
i=0 lp 


U 


dove tutti i simboli che vi entrano sono stati definiti, tranne 2° 


col quale deve intendersi il numero (a), nella espressione del 
quale pongasi 2 al posto di m. Tutto questo nell’ ipotesi di 
a—-@Zb—b,; che se poi è b—b<ax—a, non c'è altro da fare 
che cambiar le a con le b e viceversa. 

Non è difficile vedere, tenendo conto dei limiti entro i quali 
debbono variare /, i, che ciascuno dei termini contenuti nella 


e ge” - 
476 FRANCESCO PALATINI — G. ZENO GIAMBELLI 


parentesi della (11) è minore del successivo, per cui volendo 
ottenere da quella formola soltanto simboli di condizioni aventi 
senso, basta sceglier 2 in modo che il primo termine non risulti 
negativo, cioè così da essere 


l2n-a— bb 2. 


Se applichiamo una delle espressioni di (4, @, 42) (0 di; de) 
fin qui trovate (la più comoda in pratica è la (8)) al calcolo di 


(n-2—h, n—1,n)(n-2—k,n—-1,n(n_3—h,n-1,n) 
(a-1—k, n_1, n) 


otteniamo, posto % = È, 
=k i=k—-1 
x (-2—h-kH,n_-1-d,n) — X(n-2—h_Kk+4l, n-1—1,yn)= 
0 =0 
=(n_-2—h,n_-1—k, n) 


ed otteniamo così l'eguaglianza 


(a-2—A,n—-1—k,n)=(n—-2—h,n-1,n(n-2—k,n-1,n)— 
—(n—-2—(h+1), n—1, n)(n_-2—(k—1), a—1,n). 


7. — Facendo uso del calcolo simbolico di Schubert si 
può trarre questa medesima formola da una del Pieri nel se- 
guente modo. Anzitutto sia [x] lo spazio fondamentale e in ogni 
formola e ragionamento si lasci sempre sottinteso che debbano 
ritenersi nulle quelle condizioni fondamentali di Schubert, che 
non soddisfacendo alle note disuguaglianze diventano prive di 
senso. Si consideri ora la formola del Pieri (Cfr. “ Rendiconti 
Istituto Lombardo ,, 1894, serie 22, vol. 27, pag. 258) 


i (204,04) (-2—-k,n-1,n)= x (a—ly@—Ly, a), 


DS 


dove la somma è estesa a tutti i valori delle tre variabili 2 
per cui 


O<h<a+1, 0=lh<a—0; 0fbh<a,—a, e h+h+k=k, 


che in particolare, se #<% dà le due formole: 


eroga, 


PRODOTTO DI DUE CONDIZIONI CARATTERISTICHE, ECC. 477 


x=min(l,n_-2—k) 


(n-2—hAn_1,m(n-2—k,n_1,m=X(n_-2—h-x,m-1—-k+x,n) 
e=0 


(a-2—(h+1),n-1,n)(n_2—(kK—1),n—1,n)= 
x—=min(k,n_-2T—h) 
=I(n_2—h—x,n-1-k+z, n); 


CI 
dalle quali sottraendo membro a membro si ricava: 


(n-2—Ah,n-1—k,m)=(n_-2—h,n-1,n)(n_-2—k,n-1,n)— 
—(n-2—(h+1),n—1,m)(n_-2—(kK—1),n—1,%) 


che è la formola richiesta. Con un procedimento analogo per 
uno spazio ad s dimensioni si troverebbe la formola: 


(n-s—h,n-(s-1)—k,n—(s—2),...n)= . 
=(n—s—h,n-(s—1),...n(n_s_-k,n_-(s-1),...#) — 
—(n—-s—(h+1)n—-(s—1),...n)(n—-s—(k—1),mn—(8—1),...). 


8. — Prima di trovare una formola che risolva il problema 
dei piani secanti, si osservi che, affinchè esistano dei piani sod- 
disfacenti simultaneamente alle condizioni (@, @,, 42), (M_2—A, 
n—1—k,n), è necessario e sufficiente che sia (1)h<a,—2,k <a, 1. 
Infatti se esiste un tal piano per le condizioni imposte si ha 
che [a] e [-—2—X] debbano avere almeno un punto in comune 
e così pure [a] e [-—-1—X], onde si deduce che le disugua- 
glianze (1) sono necessarie. Per provare che sono sufficienti si 
dimostrerà la proposizione più completa: Se sono soddisfatte le 
restrizioni h<a,—2, k<a,--1 i piani soddisfacenti simultaneamente 
alle due condizioni (a,, a, 43), (n-2—h,n_-1—k,n) formano una 
varietà o%+%+2-h-k-3. Infatti ognuno dei piani che soddisfa a 
queste due condizioni si ottiene una sola volta come spazio con- 
giungente una retta, che soddisfa alle due condizioni (@, 4), 
(—1—%,n), e un punto, che giace nello spazio [ax-2—A] in- 
tersezione di [a] con [n—-2—], perchè per l'ipotesi fatte esi- 
stono queste rette e questi punti e inoltre perchè un punto ge- 
nerico del [a—2—A] non giace in nessuna di queste rette. Ora 
siccome i punti di [a—2—/] sono 0-2 e le rette conside- 
rate precedentemente sono 00%+%-1-#, si conclude subito la pro- 
posizione sopra enunciata. D'ora in avanti supporremo che le (1) 
siano sempre verificate. 


snai mist 
478 


‘ 
FRANCESCO PALATINI — G. ZENO GIAMBELLI 
9. — Ritornando alla formola 


(_-2—Ahn_-1—k,n)}=(n-2—h,n-1,n)(n_-2—k,n-1,n) — 


(X+1),n_1,n)(n_-2—(kK-1),n-1,n) 
sl ricava: 


(4o, Ud, do) (n_-2—-A, Ma —k, n) n 
(40, da, da) (n_-2—h,n-1,n)n_-2—k,n—1,n) 
— (40,0, do) (-2-—(h+1),n_-1,n)(n_2 


k_1),n_1,n), 
nella quale supponendo a—&—2£<% per la (*) ne segue 


(4, 4, a) (n-2—h,n-1—-k,n) = 
h=a,-d,-1 b= 
oi 


= ar (arene lE oa L,ax—b)(n_-2—k,n_-1,n) — 
h=0 L=0 
— (G—-h-1+h+4,a—l,a:—-bo)(n_-2—(kK-1)n_1,n)]. 


Se ora nell’espressione fra parentesi quadre si eseguiscono 
mediante la (*) 1 prodotti indicati e non si tiene conto delle 
nuove condizioni fondamentali 


che una volta compaiono col 
segno + e un’altra volta col segno —, si ha per risultato 


(A (a-hR+h4+4, a 
=z(h, lo) 
T=2'o(hylo 


Long angoli gia 
ih x rta A AE) di, 
l'=2'1(t,to) 


h-(a_a+h_-2h—kb), 
l—-k+-( —am+h_-2h—-)t+"+1) s 
ove 
x(l,, la) = max.(0, {a+ +14 
nl 
e 


nanni. 
x (È, lo) = MAX (0, k_-h—ax+-a,+h 4-20) 
r 


(li, lo) = kt —(a—a+h--21,—4a) 


se sì ha poi di conseguenza che è maggiore o uguale a (21,42), 
altrimenti non esiste la seconda sommatoria. Quindi ne viene 


DI 
PRODOTTO DI DUE CONDIZIONI CARATTERISTICHE, ECC. 479 


(do, d1, d2)(n-2—h, n—-1—k, n) = 


h=0—09—1 b=a—a 1 Ik 


PI x x (G-h+h+, ad, ar—k—d+!) che; 
h=0 b=0l=x(l,b) 

h=4,—0-1 b=4,-a1 l'=2'(h,b9)+1 

— X #3 x (aht+ +4, a—h+l1+!, 
h=0 b=o t=s'i(lyb)t1 


data @+hKk—-2UUN Ha) HH"). 


Questa formola che esprime il prodotto di due condizioni 
fondamentali di Schubert relative a piani, perchè la restrizione 
aa —-2<h non ha carattere essenziale si può scrivere in modo 
più conveniente così: 


(do, ar, N) (do, di, n) = 


i=0, b=@ n 


XE Y > (@+b+2-n+h+L, Get lip pepe 


h= (0) b=0 l=max. (a+-b)+1— a, a+i-h+ 


h=0@, b=Qx l Ari ne 


— X x z (a ot b+1-n+h+L-#", Lun n+l1 4%, 


h=0 L=0 l'=max.(0,a0+d%0+1—-(a1+%3)— n+-0-+0 +24 


nt (0040) (or) 2h) 
ove a=4&—a—1, a=n—a—1, a=a,, 
se è a=b altrimenti 
a=b—b—1, we=n—b—1, a=d, 


Se poi nell'ipotesi di a 2% si pone nella prima di queste 
sommatorie ‘=n—/+/, e nella seconda #=(a40)--(@+0)+ 
+42(G+4)—, =a—a—1-L, l''=b—b—4 si ottiene in con- 
clusione la formola: 


(do, d1, )(do, di, n) = 


h=1 L—@0 i=min, (n-b,—14b, Ado+h 


= mi ps A (a+ +-2 SA at+b41-n—-h—-btÎ, ni) 


I ATA 
Vi=Qa l'ad —do =min.((4,+d,) —(49+d0)—2 aa ea —M) 


—I £X Z(a tb +2-n+l'+4l'+40,a tb +1-n_l'da,n—), 


T,=0 Va=bybo—Qa i'=br-bo—!2 


480 CARLO SEVERINI 


ove si è posto per brevità a==a,—&—1, o=n—a,—1, e inoltre 
si deve osservare che se è a3>b,—b, allora 7’, può assumere 
valori anche negativi. Se in questa formola si vogliono poi 
escludere le condizioni fondamentali prive di senso, tenendo 
presente il modo con cui l’abbiamo ricavata, ne segue che bi- 
sogna aggiungere queste altre restrizioni 


iz (a+b) (048) +2 420144), ZnA0+ 02-10), 
Ln-(at+b)—2—L. 


Sulla rappresentazione analitica 
delle funzioni reali di variabile reale. 
Nota del Dott. CARLO SEVERINI, 
alla Spezia. 


Nella presente Nota, detta C una costante ed f(x,y) una 
funzione delle due variabili reali x ed y, soddisfacente, in un dato 
campo A, alle condizioni di essere reale, ad un valore, finita ed 
assolutamente continua, di assumere in un punto (o, Yo) il valore 
C e di ammettere determinate, finite ed assolutamente continue 


df(2,9) dig) 
de dy 


le derivate parziali , quest’ultima sempre diversa 


’ 


da zero, dimostro anzitutto che esistono infiniti modi per for- 
mare un'equazione razionale intera fra x ed y, la quale definisca 
una funzione algebrica di x, atta a rappresentare, in un certo 
intorno di xo, con un'approssimazione fissata ad arbitrio, la fun- 
zione implicita y(x), definita dall’equazione 


f(e, y) =. 
Aggiungo quindi alcune altre notevoli considerazioni. 


1. Il campo A, nel quale è data la f(x, y), soddisfacente alle 
dette ipotesi, sia definito dalle limitazioni 


ro—h<ax<%x,4 h 


Yo —kSYSYkt E, 


SULLA RAPPRESENTAZIONE ANALITICA DELLE FUNZIONI ECC. 481 


ove 4 e k sono due quantità positive, finite: per semplicità sup- 
poniamo senz’altro, che il campo sia simmetrico rispetto ad 
ognuna delle rette x = xo, Y= Yo 

Si può subito determinare sull'asse x un intorno di x), in 
cui l'equazione 


f(c,y) = € 


è certo atta a definire una funzione implicita y(x) finita, con- 
tinua ed avente derivata. Indicando infatti con m il minimo 


valore assoluto di Di (m > 0), con M il massimo valore as- 


soluto ll (M finito) e con #' un numero positivo, tale 


che al campo A appartenga il punto (x0+ 4’, vv +#'), per ogni 
h' minore od uguale, in valore assoluto, ad 

km 

RZ: 


la y(2) esiste nell'intervallo (vo — WR ...20 +4"), vi ammette la 
derivata, ed è in tutti i punti di esso compresa tra y, —&' ed 
Yo + R'. 
Il valore £' è soggetto alle condizioni 
k'<k 


km 
ui < 
MPa h. 


Se in particolare si ha: 


MA 7 
Mm 
sì può prendere: 
+__ Ma 
AT 


ed è chiaro che la y(x) risulta allora definita in tutto il tratto 
(-h...r°o+h. 


2. Ciò posto s'immagini di costruire, la qual cosa è possi- 
bile in infiniti modi, una successione di polinomi razionali interi 
di x ed y: 


R,(2, 4), Ro(e, Y), sin ia R(2, Y), GERI) 


482 CARLO SEVERINI 


tale che risulti in tutto il campo A: 


If(@,9) — R(ey)|<o, 


\df(e, 9) duc (2, 9) \<o, (v=1,2 00) 
| dx , RISI} 
|df(e, 9) _ e Y) | La. 

| dy 


essendo 

9, 09, ORO) 9,» e 0. 
una successione di numeri positivi, decrescenti e tendenti allo 
zero (*). 


Siccome il minimo valore assoluto m di *@:2 5 9) 


nel campo A 


è maggiore di zero, se si ha cura di prendere 0, < m, si ottiene 
che anche le derivate parziali rispetto ad y di tutti i polinomi 
R,(x, y) ammetténo ivi un minimo maggiore di zero°per i loro 
valori assoluti, giacchè risulta: 


IR2:9) | m—0, (vir= 139 
dy | , ? 


Si considerino allora le equazioni: 
R,(, y) = R(%o, Yo) (vB 


I Ognuna di queste definisce, per tutti i punti dell’intervallo 
(e —h,...%0 th), ove è: 


_— kim_o) 
h, = M+0, , 


una funzione algebrica yy(x) finita, continua ed avente derivata; 
e perchè: 


_ dRile, 9) 
dla) __ de = qa 
dx PRET dRy£, y) (v e L, fina ’ 00), 
dy 


ivi risulta anche: 


Aya) | M--0y (v pra, | 9, “a 


dx m — Oy 


(*) Cfr. mia Nota: Sulle equazioni differenziali ordinarie contenenti un 
parametro arbitrario; “ Rendiconti del R. Ist. Lomb. di sc. e lett. ,,1900. 


een 


SULLA RAPPRESENTAZIONE ANALITICA DELLE FUNZIONI ECC. 483 


In base ad un noto teorema, per ogni valore v' di v, si ha 
pertanto che le 


(1) Y(2) (V=v,v+1,..., 0) 


costituiscono una successione di funzioni, aventi un limite supe- 
riore finito per i loro valori assoluti ed egualmente continue nel- 
l'intervallo (e — 4, ... xo + 4y), nel quale ammettono quindi 
una funzione limite continua (*). 

È facile vedere che questa funzione limite è unica e coin- 
cide colla y(x), definita dall’equazione 


f(e,y) = 6; 


in modo che risulta tendere le (1) in egual grado ad y(x) nel- 
l'intervallo (x) — ly ... to + lw). Detta infatti v(x) una funzione 
limite della successione (1) si riconosce senza difficoltà (**) che 
la f(&, v(x)) è una funzione limite della successione 


R,(©, Y(2)), Ry4a(&, Ya), +++3 Riepy(&, Yyn+(0)), -.... 

Da questa successione se ne può allora estrarre un’altra 

R,,(£, Yng(0)), Ruga (€ Yen sal), 00 Rergo(® Yay. ul) 
convergente in egual grado ad f(x, (2). 


Ma in ogni punto di (rr — hw... zo + hwy) risulta: 


R.(%, y(€)) na R, (o, Yo) (v “ai v', VIE d, 00, 90 ) 


ed inoltre: 
lim BR}, (70, Yo) = È; 


v—=% 
è quindi chiaro che ivi si dovrà avere: 
f(@, 0(2)) = C. 


Ciò dimostra quanto noi abbiamo sopra asserito; e se ne 
deduce senz’altro il teorema enunciato in principio: l’intorno di 


(*) Cfr. Arzerà, Sulle serie di funzioni; “ Memorie dell’Acc. delle Sc. di 
Bologna ,, 1899. 

(**) Cfr. mia Nota: Sull’integrazione delle equazioni differenziali ordinarie 
del 1° ordine; “ Rendiconti del R. Ist. Lomb. di sc. e lett. ,, 1898. 


alii 


Ve eaittà 


484 CARLO SEVERINI 


o, del quale ivi si parla, sarà qui l’intorno (x0 —4""+ e... 
xo + h"— e), ove e è una quantità positiva, minore di 7!’ e pic- 
cola a piacere. 

Per ognuna delle funzioni (1), poichè ammette nel corri- 
spondente intervallo la derivata finita e continua, e questa de- 
M+o, 
m_ 0, 
si può facilmente costruire un polinomio razionale intero di , 
che ivi la rappresenti con un’approssimazione fissata ad arbitrio; 
in modo che si ha così anche un metodo semplice per formare 
una serie di polinomi razionali interi, atta a rappresentare la 
y(x) in ogni punto interno ad (ro — 4"... xo + 4"), ed in ogni 
tratto come (xo — 4h! + e... co + h'" — e) convergente in egual 
grado. Scelti infatti nell’intervallo (c0—-/...40 + 4) i punti 
C13 Loy. 3,%n, (= %o — hh; E = to + hy) tali che in ognuna 


v? 


rivata si mantiene sempre minore, in valore assoluto, di 


9 


delle parti, in cui rimane da essi diviso l'intervallo medesimo, 
l'oscillazione della yy(x) sia minore di una quantità positiva 0, 
assegnata comunque, dall’equazione 


R.(2, Y) = Ri(xo, Yo) 
si deducono %, equazioni algebriche 


R(x., y) TR R,(%o, Yo) (i So 1, 2, sa. ny), 


ognuna delle quali ammette nell’intervallo (yo —#'...40 +4’) una 
ed una sola radice reale. Mediante i noti metodi di risoluzione 
delle equazioni algebriche si possono tali radici calcolare con 
un’approssimazione qualsivoglia, ed avere quindi n, numeri 


01, da, ...; Un, 
soddisfacenti alle condizioni 


Iy(@) — al<o (i=1,2,...,#). 


La poligonale che ha per vertici i punti di coordinate 


(<., d;) (ale 2; «Rey n) 


SULLA RAPPRESENTAZIONE ANALITICA DELLE FUNZIONI Ecc. 485 


differirà, in valore assoluto, da y(x), per meno di 50, in tutti i 
punti di (e —%,... vo +4); e se si costruisce un polinomio 
razionale intero G,(x)(*), che ivi la rappresenti a meno di 0, 
risulterà : 


ly, (@) — Gi(2)| < 60. 


3. Dalla possibilità di costruire un polinomio razionale in- 
tero, che in un intervallo finito (a ... db) rappresenti, a meno di 
una quantità positiva, piccola a piacere, una data funzione (x) 
reale, ad un valore, finita e continua, si deduce facilmente che 
la (x) è nel medesimo intervallo rappresentabile mediante una fra- 
zione continua 

A: 
Q(0) +... 
nella quale i denominatori parziali sono polinomi razionali interi 
di x aventi, ciascuno, il primo al più eccettuato, un minimo mag- 
giore di zero, nell'intervallo (a... b), e che converge ivi in egual 
grado, volendo con ciò esprimere che converge in egual grado la 
successione delle ridotte. 

Presa infatti una successione di numeri positivi, decrescenti 

e tendenti allo zero 


Jr Y2, 0; I, SOS 


in modo che sia verificata la condizione 
I,7 3941 (v=1, 2, se 9 00), 


indichiamo con P,(x) un polinomio razionale intero di x, tale 
che risulti nell’intervallo (a ... d): 


|P(x) — Pi(2)] <q 
Poniamo: 
P,'(e) = Pile) + 291 
Pi (e) = Pe) — 29. 
(*) Per le citazioni vedasi Mrrrac-LerrLer: Sur la représentation ana- 


lytique des fonctions d’une variable réelle; “ Rendiconti del Circolo Matema- 
tico di Palermo ,, 1900, fasc. V. 


486 CARLO SEVERINI 


Ciascuno di questi due polinomi rappresenterà la funzione 
®(x) a meno di 39, il primo per eccesso, il secondo per difetto, 
e ciascuno differirà la @(x), in valore assoluto, per più di g,. 

Sarà poi in tutto (« ... 5): 


Pr'(@) — P.7() = 491. 


Indichiamo ora con P.(x) un polinomio razionale intero tale 
che, nel medesimo intervallo, si abbia: 


| (2) — P(0)|< ge 
e poniamo: 
P,t(0) = Ps(2) + 29» 
Pa (€) = Pa(2) — 292. 
Sarà: 
Ja < Pa (2) — P(2) < 3ge 
Ya < P(e) — Pa (e) < 393 / 
»aSae<d) 
Pa*(0) — Pi (0) = 49» \ 
Prt(@)> Pat); PM <P) 
Così si può continuare indefinitamente formando le succes- 
sioni 
ip 0) Pe eg LO i da ©, ro 
POR Lai pa SENESE, 


le quali, come subito si vede, convergono in egual grado nel- 
l’intervallo (a ... 8), al limite comune @(x). 


Pongasi: 
Qe)=P) 
Q(7) + = =P'@), 
donde: 
o = 


S’indichi quindi in generale con / un numero positivo, 
minore tanto del minimo valore che può assumere nell’intervallo 


SULLA RAPPRESENTAZIONE ANALITICA DELLE FUNZIONI Ecc. 487 


(a ... 5) la differenza P_(x) — P,_i(#), quanto del minimo valore 
che può assumere P,p1(®) — Pi(@); e con 4} un numero positivo, 
minore tanto del minimo valore che può prendere P,};(r) — P*(x), 
quanto del minimo valore che può prendere P:(x) — P,i.(2). 

Si potrà anzitutto costruire un polinomio razionale intero 
Qo(x), avente nell’intervallo (a ... ©) un minimo maggiore di zero, 
e tale che ivi risulti: 


Pre) —3&<+ggr 1 <P +3 E: 
ho Qs (2) 
ciò subito si vede, osservando che, se si pone 
1 
PiaA)=0Q0)+Tar L 
UA Tio! 


la y(x) risulta, nell’intervallo (a ... 3), finita e continua, e vi am- 
mette un minimo maggiore di zero; ed inoltre che, se si consi- 
dera una successione di polinomi razionali interi, convergente in 
egual grado a w(x), la corrispondente successione delle funzioni, 
che si ottengono, sostituendo quei polinomi al posto di y(x) nella 


Q(e) + i , converge anch’essa in egual grado a P5 (x). 
Qu(2) + Wa 


Analogamente si potranno di seguito costruire i polinomi 
razionali interi 


Qs(2), Q(2), ‘009 Q(2), ig 


soddisfacenti nell'intervallo (a ... 6) alla condizione di ammettere 
ciascuno un minimo maggiore di zero, e tali da avere: 


Pil—-- U< +33 t ” < Pila+3 


Qs(2) 


Qa(2) + 


Pr(a)— 35 <0 A <Pr@ +36 
ET i 

Qd+ dla 
Qu) 


1 
Tata 


488 CARLO SEVERINI — SULLA RAPPRESENTAZIONE ANALITICA ECC. 


Ne risulta la frazione continua 


Qt aaa cloni 


atta a rappresentare nell'intervallo (a ...b) la funzione data @(x) 
e convergente.ivi in egual grado, come abbiamo sopra detto. 


Negli Atti di questa illustre Accademia ho pubblicato tre Note: SuZla 
ruppresentazione analitica delle funzioni reali di variabile reale (Vol. XXXIII 
e XXXIV). Vi è luogo a fare per esse una piccola errata-corrige, che credo 
qui opportuno aggiungere. 


Nella 1 Nota : 


A pag. 9, linea 10, leggere: [Al invece di h 
di a + (i 

\ de A (RO 3 _ de *\k 

Nel $ 2, È 
eno) ev) 
dx” v k 7 dan * 
3 asti E «udite 
”» , n ha n da" 


» d » di ”» Lit. 
Nella 2* Nota: 
A pag. 5, linea 26, leggere: 


+ 00 
To) 1 hi ur 
HS vl Fe° (04) (7 fa fr (1) de (G ) di. 2) 


0 9, , ‘15, leggere: a, ed a’, invece di n “ 
} 9, dopo la” linea 18, aggiungere: se si ha: a4= da, ZA; 
Lod Le x i È ed in modo che sia sempre sod- 
disfatta questa disuguaglianza se 
AA e (a sì sostituiscono 
rispettivamente due quantità c' e 
d' tali che sia c' a e 
i 
d'> E 
, 16, linee 13 e 26, leggere: x invece di eil 
PAN Tg 7 
I RE Mia "pi 
QULOAT 20 È xi ed x; o i+ ed xi. 


Nella 3° Nota: 
A pag. 6, linea 15, sopprimere la parola nullo. 


La Spezia, ottobre 1900. 


A. GARBASSO — SOPRA IL VALORE MASSIMO, ECC. 489 


Sopra il valore massimo della funzione Tne di Maxwell. 


Nota riassuntiva di A. GARBASSO 


(Con una tavola). 


$ 1. — Secondo la teoria dinamica dell’elettromagnetismo, che 
dobbiamo al MaxweLL (*), le intensità delle correnti, essendo 
derivate di tempo delle variabili elettriche (y,), entrano nella 
espressione dell'energia cinetica del sistema, appunto come le 
velocità relative alle coordinate geometriche (%,). 

Quindi l’energia cinetica (T) risulterà in generale dalla riu- 
nione di tre somme, le quali, seguendo il MaxweLL, vogliamo 
indicare rispettivamente con le lettere T,,, T, e T,,.. Il polinomio 
T, contiene in ogni suo termine un quadrato o un rettangolo 
di velocità geometriche, e T, invece ha i rettangoli e i quadrati 
delle correnti. Quanto a T,. ogni derivata della prima categoria 
moltiplica in esso una derivata della seconda; quindi la sua 
espressione ha la forma: 


i gr = ZK,;d, Yr ’ 


essendo le K., funzioni delle variabili e, propriamente, come è 
facile riconoscere, delle sole variabili geometriche. 

Se ci mettiamo nel caso semplice di un toro metallico, ri- 
gido, girevole intorno al suo asse, e percorso in qualche modo 
da un flusso di elettricità, potremo scrivere senz'altro: 


t,= Ma, 
1 È 

T, RN Ly?, 

o SKb9: 


(*) J. C. Maxwexn, A Treatise on Electricity and Magnetism, Oxford, 1873, 
Vol. II, Part IV, Chap. VI. 
Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 39 


490 A. GARBASSO 


dove lo singole lettere, tolta la K, hanno un significato fisico 
ben chiaro. 

Se non vi è corrente, infatti, ogni cosa si riduce alla forma 
semplice: 


Tt=T.,=iM#, 


dunque M è il momento d’inerzia del toro intorno al suo asse; 
se invece le masse ponderali sono in riposo e l’elettricità si 
muove è: 


T=T=1Lj, 


e però L rappresenta il coefficiente di autoinduzione del nostro 
circuito. 

Resta a vedersi quale sia il significato della costante K, e 
per questo giova considerare il solito biciclo del MaxweLL. Ima- 
giniamo (fig. 1) un sistema, del quale fanno parte due ruote R, 
e R., mobili intorno ad un medesimo asse a’; siano M, e Ma: 
%, e % rispettivamente i loro momenti di inerzia e le velocità 
angolari. 

Si abbia ancora un manicotto, il quale porti un altro asse a”, 
normale al primo e intorno a questo giri una terza ruota R.. 
Sia poi M;, il momento di a" e R, intorno ad a' e M}: il mo- 
mento della ruota Rs intorno ad a”. 

Per mezzo di calcoli noti l’energia cinetica complessiva del 
sistema si scriverà sotto la forma: 


Lis ia era eroi Liri l'era pri e A 

Se si confronta la espressione presente con quelle, che ab- 
biamo ottenuto per il sistema da noi considerato innanzi, si può 
concludere senz'altro che la costante K dovrà dipendere dai vin- 
coli, che legano l’elettricità alla materia ponderale. Se K è zero 
le cose vanno come se questi vincoli non esistessero, sebbene 
non si possa concludere senz'altro alla loro mancanza. 


$ 2. — Volendo procedere innanzi nel calcolo conviene no- 
tare che, nel caso della nostra disposizione, la sola coordinata 


SOPRA IL VALORE MASSIMO DELLA FUNZIONE Tn, DI MAXWELL 491 


geometrica variabile (la x) è, come la y, una coordinata ciclica; 
quindi le tre costanti M, L, K non possono dipendere da essa. 
Ne segue che la forza X avrà la forma: 


_d8T 
aida 


ON” d QTn d Yao 


— dt de dt. de ’ 


=M2+Ky; 


e, mancando le azioni (meccaniche) esterne, come è lecito am- 
mettere per piccole x, potremo scrivere: 


[1] M&+ Ky=0, 
e quindi: 
Ma + Ky = costante. 


Se non c'è corrente e l’anello è in riposo il primo membro 


è nullo, e però la costante deve essere sempre uguale allo zero. 
Abbiamo dunque: 


Mé + Kyj=0, 
e di conseguenza: 


Mx + Ky = costante. 


Anche questa costante dovrà porsi uguale allo zero, se si 
conviene di contare gli angoli a partire dalla quiete; dunque: 


Mx + Ky=0, 
e però: 
K 
[2] CZ Y 


$ 3. — Sembra che il Maxwett (*) abbia fatto alcune espe- 
rienze con un apparecchio, la teoria del quale si deduce dalla 
formola [1]. Una bobina di filo conduttore è sospesa con l’asse 


(*) Si confronti l. c. pag. 200. 


492 A. GARBASSO 


verticale, la sospensione (metallica essa pure) ed una appendice, 
che pesca al disotto in un pozzetto di mercurio, danno modo» 
di guidare delle correnti attraverso il sistema. Queste esperienze 
sarebbero rimaste senza risultato. Ma è lecito dubitare se le 
condizioni indicate siano le più opportune per istituire la ricerca 
di cui si tratta; e veramente, per la grande torsione posseduta 
da un filo metallico, occorre uno sforzo notevole a rotare il si- 
stema, mentre la presenza di un'appendice, che s’ affonda nel 
mercurio, deve contribuire per sua parte a smorzarne gli impulsi. 

Volendo evitare questi inconvenienti, i quali diminuiscono 
di molto la sensibilità della disposizione, non v'è altro. modo. 
che di indurre nel circuito mobile una forza elettromotrice; mo- 
dificando il flusso che lo attraversa. Propriamente bisognerà che 
l’azione induttiva si eserciti col ridurre a zero un campo ma- 
gnetico, onde evitare lo smorzamento dei moti, il quale segui- 
rebbe senz'altro in virtù delle correnti di FoucauLT. 

In tale ipotesi è facile scrivere il valore della y, che vuol 
essere introdotto nella formola [2]. E per vero, se l' intensità 
del campo fosse H e l’area interna dell’anello S, la variazione 
del flusso sarebbe: 


— HS, 
dunque: 
e: 
[3] a=— EE, 


Quì si presenta una quistione, che per la pratica è molto 
importante; e cioè quale sostanza e forma sia da preferirsi per 
l’anello conduttore, e quale mezzo si debba impiegare per la 
produzione del campo, se un elettromagnete simile a quello di 
FARADAY, 0 una semplice spirale percorsa da corrente. 


$ 4. — Bisogna osservare in primo luogo che, restando 
inalterata la forma e la grandezza del toro, il prodotto MR. va- 
rierà proporzionalmente al prodotto della densità (4) e della re- 


SOPRA IT. VALORE MASSIMO DELLA FUNZIONE T,, DI MAXWELL 493 


sistenza specifica (9); è facile dunque decidere quale sia il ma- 
teriale più indicato per le esperienze. Si trova infatti: 


Pe 


| AI Cu | Ag Zn | Au Fe 
| d 2,65 | 8,95 |10,47 | 6,86 |19,29 |. 7,79 | 20,18 
| p.10-*| 2,889| 1,584| 1,492) 5,580| 2,041| 9,636! 8,981 
pr” 7,66 ui 15,60 19988 39,35 | 75,10 (181,22 


e però in primo luogo si raccomanda l’alluminio; dopo di esso 
restano in condizioni quasi pari l'argento e il rame. 

Ciò premesso cerchiamo quale sia la forma, che conviene 
meglio. Per un anello circolare, ricavato da una lastra di spes- 
sore A, quando il raggio interno sia r, e l’esterno r:, si avrà: 


M—= radi —r), 


1 h Va 


= — Fao 


RU 2mp x, 


Risulta dunque nel caso nostro: 


Per andare innanzi nel calcolo chiameremo / la larghezza 
dell’anello, per modo che si avrà: 


Tgr #" l, 
e porremo: 
1 \4 
(ba) 
. . . . . e 
allora, fatte le sostituzioni, si ottiene: 
KH 
Barona ) sari 
4rr°,dp logs 


494. A. GARBASSO 


Si noterà per prima cosa che lo spessore % non interviene 
nella formola finale, si può dunque prendere la lastra più o 
meno sottile, secondo che piace meglio; quanto ad r, converrà, 
come appare, di prenderlo piccolissimo. 


E veniamo al fattore ai nel quale, manifestamente, la 2 


log 
è maggiore di uno; è facile provare che esso cresce sempre con 
l'argomento ; e, poichè i valori più grandi della x corrisponde- 
ranno ai più piccoli di questa funzione, bisognerà dunque fare 
la 2 piccola per quanto è possibile, vale a dire limitare la 2, 
che è la larghezza dell’anello. 

Riassumendo conviene per la sensibilità dell'apparecchio che 
il raggio interno dell'anello sia piccolo e la larghezza pure. In 
pratica anzi converrà di prendere piccola la larghezza e picco- 
lissimo il raggio, perchè, almeno da principio, il fattore r,? cresce 


ue arl 
più presto che se 


Bisogna però notare che, scrivendo l’equazione di partenza, 
si è supposto implicitamente che il momento di inerzia del toro 
fosse grande rispetto al momento delle altre parti dell’equipaggio 
mobile. Ora, se si fa piccola la larghezza e piccolissimo il raggio 
dell'anello, vi è un solo modo per ottenere un momento sensi- 
bile ed è di fare grande l’altezza %. La forma più conveniente 
del conduttore da impiegarsi non è dunque propriamente quella 
di un disco annulare, ma piuttosto quella di un tubdicino (d’al- 
luminio) a foro capillare. 

Qui però interviene la considerazione di un altro elemento; 
per impiegare un conduttore in forma di tubo bisogna infatti 
rinunciare a produrre il campo con un elettromagnete del tipo 
di FARADAY, e sostituire quest’ultimo con una semplice spirale 
percorsa da corrente. Ciò porta una limitazione sensibile nella 
grandezza di H, e rimane a vedersi se convenga di guadagnare 
così da una parte, mentre si perde dall’altra. 

Per decidere questo osserveremo anzitutto che, se il campo 
magnetico dovesse prodursi con due bobine, e il conduttore muo- 
versi nello spazio interposto, la % non potrebbe crescere molto 
senza che si indebolisse corrispondentemente il campo. Quindi 
il problema in questo caso dovrebbe porsi in tutt'altro modo. 

Il momento di inerzia è dato, o almeno non deve essere 
inferiore ad un certo limite, la % pure è data, sì tratta di cer- 


SOPRA IL VALORE MASSIMO DELLA FUNZIONE Tm, DI MAXWELL 495 


care i valori più convenienti per r, e Z. La cosa non presenta 
nessuna difficoltà. 
Essendo: 


d(rî — ri) = C?, 


con C costante, si tratta di rendere massimo : 


i : - s - n 8 c 
In prima approssimazione si può porre -7 n luogo di 73, 


quindi: Î 
reo Sarto NCAA 
pr 2rpC* 1 20 Va ’ 
o, scrivendo « per rîVd: 
ji_oraterai prolpnzio: 
2rp VaC® sb 


La condizione del massimo sarà: 


C 
dg SRÒ Cc dè 
du 2mp VAC? 8 sd e a 
U 
ossia: 
pira 
i 
se ne deduce: 
Tt= 0,657, 


Bisogna dunque prendere, con la % prescritta, un raggio 
tale che, essendo la larghezza dell'anello i due terzi circa di 
esso, il momento di inerzia riesca non inferiore al limite asse- 
gnato. Quanto al fattore numerico, "essendo il prodotto pVd sen- 
sibilmente costante per l'alluminio, il rame e l'argento, si potrà 
impiegare ad arbitrio uno di questi tre metalli. 


496 A. GARBASSO 


Per farci un’idea della praticità delle due soluzioni proposte 
calcoliamo il coefficiente: 


pl loga 
— 4tt9%,dp(e—1) 


per due diversi conduttori. 
Il primo sarà un anello d’argento, definito dalle costanti: 


ra = 0;50 vr, =0,30 PESO 
e l’altro un tubicino d'alluminio con le dimensioni: 
vez OlBariolle=0x08tol0 = 48008 


raggio e spessore di quest’ultimo sono presi di tale grandezza 
da rendere possibile senza troppo disagio la lavorazione; % è 
scelta in modo che i momenti di inerzia risultino uguali. 

Si ottiene: 


e' = 0,00001724, 
c'" = 0,00022826. 


Perchè le quantità cH si uguagliassero nei due casi biso- 
gnerebbe fare: 


H= n” 
e , 
—13,24H", 


e se fosse, per esempio, H'"= 100, che per una semplice spi- 
rale è già un campo notevole, si dovrebbe avere H' = 1324, 
cosa non difficile da ottenere con un elettromagnete di FARADAY. 

Un argomento poi, che ci porta a scegliere l’anello d’argento 
piuttosto che il tubo d’alluminio, è l'argomento del peso. 

Con i dati che abbiamo ammesso poc'anzi si troverebbe in- 
fatti che il primo sistema importa 0,5263 gr., mentre il secondo 
raggiunge 7,1597 gr. Quindi la necessità di impiegare nel caso 
del tubicino d’alluminio un Lfilo di gran lunga più robusto per 
sospendere l’equipaggio; ciò che porterebbe naturalmente ad in- 
trodurre una forza di torsione più grande. 


SOPRA IL VALORE MASSIMO DELLA FUNZIONE Tr, DI MAXWELL 497 


Il resultato di questa analisi minuta si riassume dunque 
nell’opportunità di scegliere un anello d’argento (*) come con- 
duttore, e un elettromagnete per la produzione del campo. 


$5. — Ho costruito all’uopo l'apparecchio, che la figura 2 
rappresenta in prospettiva. 

Due bobine uguali, con nucleo di ferro, sono disposte ver- 
ticalmente, una sopra l’altra. L’inferiore è fissata alla tavoletta 
del sostegno, la superiore invece si regge per mezzo di due 
grosse viti, che ingranano in due femmine praticate nella lastra 
metallica L, mentre passano senza mordere per la traversa MN 
e vi s'appoggiano con le testate. 

Due guide, delle quali una sola, G, si scorge bene nella 
figura, scorrendo lungo le aste verticali A e B, impediscono alla 
bobina superiore i movimenti di beccheggio. 

A questa stessa bobina, in alto, sopra l’orifizio del foro, 
che l’attraversa in tutta la lunghezza, è fissata una camera, €, 
munita di finestra; la quale si -prolunga alla sua volta con un 
tubo di vetro lungo e sottile, T. Il tubo passa liberamente per 
un ampio foro, praticato nella parte mediana delle due lastre 
ortogonali VW e MN, e reca all’estremità superiore, $, gli organi 
necessarii per la sospensione. 

Ogni bobina è alta in tutto dodici centimetri; le lastre ter- 
minali avendo un centimetro di spessore ne rimangono dieci per 
la parte di mezzo, destinata a ricevere il filo; vi sono di questo 
undici strati e in ciascun strato quarantuna spire. Il diametro 
del conduttore è di due millimetri all’incirca. 

Quanto ai fori assiali, che traversano le bobine, essi hanno 
una luce di un centimetro e mezzo; però agli estremi sono in- 
castrati dei cilindretti cavi con cinque millimetri appena di dia- 
metro interno. 

Nelle mie esperienze il toro mobile fu l’anello d’argento, 
del quale è discorso innanzi; era portato da un filo di vetro di 
quindici centimetri di lunghezza, sospeso a sua volta ad una 
bava di bozzolo di quasi mezzo metro. Il filo di vetro reca in 
alto, in corrispondenza della finestra di C, uno specchietto piano 


(*) Ovvero d’alluminio o di rame, che fa presso a poco lo stesso. 


498 A. GARBASSO 


leggerissimo. Le deviazioni si osservavano con scala e cannoc- 
chiale a due metri dallo specchio. 


$ 6. — Il resultato della ricerca fu completamente nega- 
tivo; anche annullando un campo di 1000 unità non si ottiene 
nessuna deviazione apprezzabile (*). Se si tien conto del fatto che 
le divisioni della scala importano ciascuna un millimetro è fa- 
cile dedurre da queste esperienze un limite superiore per la 
grandezza della costante K. 

Viene infatti: 
i je] < 0,00025, 
e però: 

|K|<0,00025 47440 — 


1000loge 
<0,015. 


Questo numero acquista un significato solamente se si cal- 
colano anche gli altri coefficienti per i termini quadratici del- 
l'energia, così che si possa riconoscerne l’importanza relativa. 

Quanto al momento di inerzia la formola in base alla quale 
si misura la sua grandezza fu già data innanzi; nel caso nostro 
risulta: 

M= 0,089. 


Del coefficiente d’autoinduzione di un anello circolare a se- 
zione. rettangolare si può avere un valore approssimato dalla: 


L= mr, + ri) [log cla 2| 


dove è 
Ad ] RE La big a isp i ein 
logm = 3 log(#*+2)— 15 5 1og(1 di DE 15 e log (+5) + 
I: U7 h Za h l 25 
Tre partie; paso qst magi 


e le altre lettere conservano il significato attribuito loro pre- 
cedentemente. 


(*) Nessuna deviazione almeno che, avendo, fra gli altri, il carattere 
di cambiare il segno insieme con la H, possa aseriversi alla causa studiata. 


Sopra il valore massimo della funzione —AttiR.Accad.delle Se. di Torino — Vol ALYVI 


Tme. del Maxwell. 


Iit.Salussolia,Torino 


SOPRA IL VALORE MASSIMO DELLA FUNZIONE T,, DI MAXWELL 499 
Fatto il calcolo viene: 
L= 9,445; 


sicchè si può conchiudere che: 


dci age de 
|K| 15” |K{ 15 
> 600, > 6 circa. 


Dei tre termini dunque che costituiscono l’espressione di T 
quello che corrisponde all'energia magnetica è di gran lunga il 
più importante; e il termine del rettangolo si può rigorosamente 
trascurare rispetto ad esso. Non è lecito concludere per ora clie 
sia anche trascurabile davanti all’altro, che esprime l’energia 
cinetica. 


L’Accademico Segretario 
AnpREA NACCARI. 


500 


CLASSI UNITE 


Adunanza del 3 Marzo 1901. 


PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. ALFONSO COSSA 


PRESIDENTE DELL ACCADEMIA 


Sono presenti i Soci: 


della Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali: 
SaLvapori, Berruti, D’Ovipio, NACcARI, SPEZIA, CAMERANO, 
Segre, PrAno, JADANZA, Foà, GuaRESscHI, GuIpI, FiLeTI, PARONA. 
— Il Socio Mosso scusa la sua assenza; 


della Classe di Scienze morali, storiche e filologiche: 
PeyRron, Direttore della Classe, Rossi, MANnNo, Pezzi, FERRERO, 
CarLe, BoseLLi, Ciprorra, Brusa, Pizzi, CHIRONI, SAVIO e RENIER 
Segretario. 


È approvato l’atto verbale dell'adunanza antecedente a 
Classi unite, 13 gennaio 1901. 

Il Presidente comunica che il Socio D’Ovipro è stato eletto 
Segretario della Classe di Scienze fisiche, matematiche e natu- 
rali, e legge una lettera dello stesso Socio D’Ovipro, con cui 
egli si dimette dalla carica di Tesoriere dell’Accademia. Pren- 
dendo atto delle dimissioni, il Presidente ringrazia il Socio 
D’Ovipro dell’opera prestata. 


Di iii ninna 


ili all dn 


501 


L'Università di Glasgow invita l'Accademia a farsi rappre- 
sentare alla celebrazione del nono centenario della sua fonda- 
zione, che seguirà il 12, 13 e 14 giugno 1901. L'Accademia una- 
nime accoglie la proposta del Presidente, che quando nessuno 
dei Soci residenti dichiari in tempo utile di recarsi colà, sia 
incaricato della rappresentanza il Socio straniero dell’Accademia 
Guglielmo Troxmson Lord KeLvin, che a Glasgow dimora. 

L'Accademia procede poscia all’elezione del suo Vice Pre- 
sidente, carica resa vacante per la nomina del Socio Cossa a 
Presidente, e riesce eletto il Socio prof. Bernardino PeyRon, salvo 
l’approvazione sovrana. Il Socio PevRow accetta ringraziando. 


Gli Accademici Segretari 
RopoLro RENIER. 
AnpREA NAccARI. 


ANNIE 


502 


CLASSE 


DI 


SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE 


Adunanza del 3 Marzo 1901. 


PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. BERNARDINO PEYRON 
DIRETTORE DELLA CLASSE 


Sono presenti i Soci: Rossi, Manno, Pezzi, FERRERO, CARLE, 
BoseLLi, CipoLra, Brusa, Pizzi, CHIRONnI, Savio e ReENIER 
Segretario. 

È approvato l’atto verbale della precedente adunanza, 17 feb- 
braio 1901. 

Per l’inserzione negli Atti sono presentate le note seguenti : 

1°, dal Socio CarLE: Romolo BrancHI, L'etica e la psico- 
logia sociale; 

2°, dal Socio CiporLa: Federico PATETTA, Della congettu- 
rata provenienza del palinsesto torinese del codice Teodosiano dalla 
biblioteca di Bobbio (1); 

8°, dal Socio Savio: Agostino MaTHIS, Vicende di ‘ Pol- 
lentia’ (ora Pollenzo), colonia romana in Piemonte; 

4°, dal Socio ReNIER: Pietro GAMBÈRA, Cronografia del 
mistico viaggio di Dante. 


La Classe poscia si costituisce in seduta privata e procede 
alla nomina di un delegato della Classe al Consiglio di Ammi- 
nistrazione dell’Accademia. Riesce nominato il Socio Giuseppe 
CARLE. 


(1) La nota del Prof. Federico Patetta sarà inserita nel fascicolo suc- 
cessivo degli Atti. 


dl trenta tnt 


E FO o 0 I N ae 


ROMOLO BIANCHI — L'ETICA E LA PSICOLOGIA SOCIALE 503 


LETTURE 


L’Etica e la Psicologia sociale. 


Nota di ROMOLO BIANCHI. 


È noto quanto sia stato limitato dalle scienze sociali negli 
ultimi tempi il valore dell’individuo. Alla eccessiva importanza 
datasi pel passato ad esso è subentrato un concetto, che deter- 
mina più esattamente l’azione esercitata dall'uomo singolo tanto 
nel campo scientifico, che in quello politico. Di fronte all’indi- 
viduo, giustamente s'è messa in mostra la società, la quale in 
corrispondenza diretta o indiretta con quello, non pure partecipa 
al lavoro di lui e ne trasmette i prodotti, ma è di questi altresì 
la sanzione, apprestando, in molti casi, all'attività individuale 
argomento nuovo di azione e di pensiero. È necessario quindi 
che nella genesi' delle produzioni psichiche, etiche, religiose, giu- 
ridiche sia in diversa misura ammesso l'intervento del fattore 
collettivo se vuolsi avere di esse una nozione più adeguata. 

Ma di tale esigenza, che ogni giorno si rende più imperiosa, 
non pare che la filosofia abbia finora piena coscienza. Hssa con- 
tinua a seguire quasi generalmente l’antico indirizzo, che, tenendo 
di mira l’uomo singolo, vede nella società un aggregato di indi- 
vidui, dotati di un senso innato del vero, del giusto e dell’onesto, 
ai quali la società non offre che il solo modo di porre in atto 
quelle facoltà originarie. La filosofia ancora non si domanda se, 
tolta la società, possa sussistere un diritto ed una morale; non 
chiede a sè stessa se il linguaggio e la leggenda siano alla 
dipendenza immediata dell’attività individuale isolata e se, infine, 
la mente possa raggiungere le sue forme superiori senza il sus- 
sidio efficacissimo della collettività. La filosofia, invece, come 
non ha accettato generalmente l’azione che il tempo esercita sui 
fenomeni di cui essa si occupa e il concetto di genesi che ne 
consegue, così evita di fare appello alla collettività, ammettendo 
piuttosto un organo prima della funzione, una facoltà prima de! 


504 ROMOLO BIANCHI 


bisogno. Per tal via, crediamo noi, essa non potrà mai cogliere 
interamente l’aspetto dei fatti sottoposti al suo dominio. Molte 
delle difficoltà incontrate nel suo esame sono, se non erriamo, 
derivate appunto dall’ aver trascurato tale lato essenziale del 
problema filosofico. 

Nella influenza scambievole che in questi ultimi tempi s'è 
chiarita ineluttabile fra le diverse scienze, questa a cui accenniamo 
della sociologia sulla filosofia, ci pare immancabile. Già alcuni le 
hanno fatto buon viso, riconoscendone tutta la legittimità. In- 
fatti in psicologia, tanto il Riehl e lo Spencer, quanto più recen- 
temente l’Hoffding, ritengono necessario l’intervento della collet- 
tività in certi fatti che l'individuo manifestamente non potrebbe 
produrre da solo. Il Guyau ha studiato l'estetica in rapporto alla 
vita sociale e per la morale il Bernes, il Sidgwick ed altri hanno 
toccato la stessa quistione. La morale, però, a differenza delle 
altre discipline filosofiche, si trova già di avere avuto spianata 
la via da quelle scuole che, movendo ora dal fatto psichico, ora 
da quello fisiologico o biologico, concordano tutte nel rigettare 
l'ipotesi di una facoltà primigenia e introducendo invece in essa 
il concetto di svolgimento. Di queste diverse concezioni ciascuna 
non offre, a nostro avviso, che frammenti del fatto morale. Esse 
hanno bisogno di convergere verso un fondo comune, ammesso 
tuttavia da queste teorie più o meno incidentalmente senza insi- 
stervi sopra, come ha fatto il sapere posteriore. Questo ha visto 
giustamente che la morale, come il diritto, è un aspetto, una 
funzione della vita sociale, da cui riceve impulso e forma. 
È il pensiero medesimo — non astratto e individuale, ma con- 
creto e collettivo, quale lo studia la nascente psicologia sociale 
— che porta in sè il fatto morale, necessariamente, inevitabil- 
mente. In questa concezione superiore della morale, destinata ad 
integrare, sorpassandole, tutte le teorie che l’hanno preceduta, 
si troveranno riavvicinate tanto la teoria etica, quale la conce- 
piva il Comte movendo dalla società, quanto quella individualista 
del Kant, perchè la società non annulla la partecipazione del- 
l'individuo nell’elaborazione morale. S’incontreranno così il natu- 
ralismo, come l’idealismo, perchè un naturalismo esclusivo in 
questo campo è una aberrazione, se non è integrato da un sano 
idealismo, che resta sempre la base prossima della società, intesa 
come associazione elevata di forze psichiche. 


L'ETICA E LA PSICOLOGIA SOCIALE 505 


x 


A tali criteri è ispirato il presente Saggio, in cui prima di 
entrare nel vivo dell'argomento che ci occupa, abbiamo creduto 
indispensabile toccare certe quistioni generali, che, oltre al chia- 
rire il nostro tema, sono di esso la necessaria introduzione. 


I 


1. — Fuosservato giustamente dallo Spencer che ogni pro- 
gresso, o meglio, ogni mutamento nella vita sociale si oppone 
ad un ulteriore mutamento. Per un cumulo di cause, che è inop- 
portuno qui menzionare, avviene sempre che alla trasformazione 
di un fatto sociale si oppongono numerosi ostacoli, tanto più 
difficili a superarsi, quanto maggiore è la sua durata. 

Lo stesso accade nel campo del pensiero in generale. Poi che 
una tradizione è formata, l’uomo la investe della sua personalità 
e guarda con diffidenza il sorgere di tutto ciò che possa modi- 
ficare la sua vita spirituale. Il primo atto verso una nuova idea 
è piuttosto di opposizione, che di discussione. Il nuovo prodotto 
resta per molto tempo al di fuori dell’individuo e penetra len- 
tamente in esso attraverso quello preesistente, che si costituisce 
giudice dei nuovi acquisti intellettuali. 

Ma la conoscenza è progressiva ed in ogni stadio di essa si 
ripete l'opposizione, che raggiunge il più alto grado quando dalla 
forma empirica del sapere si passa a quella scientifica. Allorchè 
un ordine nuovo di fenomeni diviene obietto di scienza, essi si 
trovano già rappresentati non soltanto mediante immagini sen- 
sibili, ma con ogni sorta di concetti grossolani. Prima delle 
nozioni più elementari di fisica e chimica, gli uomini già avevano 
sui relativi fenomeni delle cognizioni che oltrepassavano la pura 
percezione. Il concetto empirico è anteriore alla scienza, la quale 
sorgendo trova dinanzi a sè un’idea delle cose che non è l’im- 
magine di queste. Prima di giungere a quel difficile abito di 
‘| osservare, descrivere, comparare, che è la base di ogni processo 
scientifico, l’uomo si affida a concezioni antropomorfiche, che 
sostituisce alle cose, diventando a poco a poco la materia delle 
sue speculazioni. Così, per tal via, invece di una scienza della 
realtà, giungiamo ad un’analisi ideologica, che è ben lontana 
dall’offrire caratteri obiettivi (1). 


(1) DurkmEIM, Les règles de la méthode sociologique, 20, 21. 
Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 34 


506 ROMOLO BIANCHI 


Tali nozioni, arieggianti le cose, e che Bacone esattamente 
chiamava prenozioni, si ritrovano alla base di ogni scienza. Esse 
che vivono al di fuori del processo sperimentale, furono da poco 
distrutte nelle scienze dette positive, dove, essendo il dato esterno 
la parte preponderante della cognizione, è perciò più accessibile 
quel processo. Tutti sanno la lotta sostenuta dalla scienza contro 
l'astrologia e l'alchimia, le quali per quell’indissolubile legame 
che corre fra pensiero ed azione, sapere e credenza, non solo 
offrivano una falsa idea dei fenomeni da esse studiati, ma s’in- 
sinuavano altresì nella vita pratica. Nelle discipline spirituali 
invece, per la natura di esse, il dominio delle prenozioni, asso- 
luto per tanti secoli, appena ‘nel nostro tempo ha incominciato 
a perdere di prestigio. Lo Stato, la società, il diritto, la famiglia 
appariscono anche oggi a molti, non già come produzioni sto- 
riche, in cui si assommano gli sforzi della collettività umana e 
soggette perciò ad una continua elaborazione, ma come la sem- 
plice incarnazione di certe idee universali ed immutabili. Anche 
qui la conoscenza empirica coglie i fatti nella loro forma statica, 
quali li presenta la società in un dato stadio della sua evolu- 
zione, senza sollevarsi sino alla trasformazione che essi hanno 
subìto nel tempo e nello spazio. Nella forma astratta che essi 
presentano in un alto stadio di vita sociale offrono, direi, un 
carattere sacro, su cui portandosi l’analisi può per moltissimi 
sembrare un sacrilegio. Ma, come diceva il Mill, sono spiriti 
volgari quelli pei quali un grande e bell’oggetto perde la sua 
attrattiva, svelando una parte del processo che l’ha generato. 

Il dominio delle prenozioni nella storia del pensiero è scosso 
dal concetto di genesi, cardine di ogni scienza, perchè condizione 
d'ogni fatto. Vico disse esattamente: “ Non intende le cose chi 
non sa ricostruirle ,, ed aggiungeva, che sotto questo aspetto le 
scienze umane possono essere più perfette, perchè, essendo la 
storia un prodotto dell’uomo, più facilmente egli può mostrarne 
lo svolgimento. Intanto del principio luminoso del Vico il pro- 
gresso intellettuale degli ultimi secoli ha smentito la conseguenza 
che egli credeva trarne. Le scienze naturali, seguendo il concetto 
genetico, molto prima delle scienze filosofiche potettero rintrac- 
ciare le condizioni da cui e in cui si svolge un fatto, studiare gli 
stadi dello sviluppo di questo, farne insomma la storia, che esclude 
sempre da sè il concetto di semplice e d’immutabile. La consi- 


L'ETICA E LA PSICOLOGIA SOCIALE 507 


derazione statica si mutò in quella dinamica ed un obiettivismo 
più sereno trasformò il soggettivismo delle antiche prenozioni. 

2. — Tale indirizzo genetico, sebbene in proporzioni più 
modeste, è penetrato anche nelle scienze filosofiche, togliendole 
in parte a quel giuoco di parole, che il teologismo ed il razio- 
nalismo avevano lungamente carezzato. La psicologia è debitrice 
a questo indirizzo della sua costituzione scientifica, inalzatasi 
sulle rovine di un comodo innatismo e di una vuota semplicità. 
Anche nel diritto il concetto astratto, universale di esso s'è ve- 
nuto a poco a poco modificando, mediante i giuristi della scuola 
storica e le ricerche etnografiche, le quali, mostrandoci le diverse 
manifestazioni assunte qua e là da quell’attività umana, ci hanno 
rivelato le sue origini sociali, la sua relatività attraverso il tempo 
e lo spazio. Egualmente nel campo della religione, in quello dei 
costumi il concetto genetico ci ha offerto la formazione lenta, 
graduale di certi istinti ritenuti pel passato sottratti a qualunque 
analisi. Così l’innatismo è bandito gradualmente dalle diverse 
discipline, restando come sostegno solo di una filosofia infingarda. 

L’etica non poteva naturalmente essere esclusa da questo 
processo, che ha rinnovato ogni ramo del sapere. Anche per 
essa sorse il problema della formazione della coscienza morale, 
che per secoli ha costituito la base dell’innatismo morale. Gli 
antichi non lo sospettarono nemmeno questo problema. In questa 
scienza non ebbero che un'unica ricerca: stabilire cioè quale 
debba essere il sommo bene da ricercarsi dall'uomo, quale l’ideale 
etico, quale la norma da seguire nella vita morale. Soltanto nei 
tempi più vicini a noi l’analisi s'è rivolta a questa intricata 
ricerca. Però non è da credere con alcuni che il concetto gene- 
tico sia stato suggerito all’etica dalle scienze naturali. Queste 
hanno il merito di averlo largamente applicato e non di averlo 
intuito prima delle altre. In etica esso risale a quel tempo che 
tenne dietro alla Riforma. Se prima di questa la morale tradi- 
zionale, sottratta alla sana concezione greca, riposava tutta sul 
dogma, cioè come derivazione del sovrannaturale, sul finire del 
XVII secolo, il pensiero, fattosi giudice del dogma, fece accorte 
le menti che una morale poteva ben riposare su altre basi. Da 
questo momento è penetrato il concetto di genesi nella morale. 
Vero è che alcuni, come il Locke ed il Leibniz, dopo il largo 
movimento di riscossa verso la Chiesa romana, mirarono a tener 


508 ROMOLO BIANCHI 


fermo un Cristianesimo meno intollerante e più largo e razio- 
nale, ma questo indirizzo, che sapeva troppo di ripiego, non ebbe 
largo seguito. La vera forza che aveva sconvolto la tradizione 
cattolica era il libero esame, che più tardi sotto il nome di 
razionalismo e sotto la forma di critica estenderà il suo dominio 
su tutte le scienze, ridurrà a poco a poco il dogma, e porrà le 
basi della nuova etica, in quella Inghilterra, che ai nostri tempi 
pare sia destinata a continuare lo spirito che animava il genio 
di Aristotile. 

Da questo movimento filosofico inglese, che porta il nome 
di deismo, doveva sorgere naturalmente un’ etica che ora di- 
ciamo naturale, indipendente — com'era in Grecia — da ogni 
dogma. Lo stesso Bacone, col suo indirizzo empirico e natura- 
listico, sebbene non si sia occupato profondamente della morale, 
aveva certamente aiutato a preparare la via a quello svolgi- 
mento. Ma l'impulso maggiore doveva venire poco dopo dal- 
l’Hobbes, il quale, rivoltosi principalmente a discutere intorno 
alla natura ed all'origine della potestà civile, doveva necessa- 
riamente esser tratto ad esaminare anche le quistioni fonda- 
mentali dell’etica e quindi a stabilire intorno a questa i principî 
da cui derivare le sue dottrine sociali e politiche. E ciò egli 
fece esponendo una teoria morale che agitò vivamente i filosofi 
del suo tempo. 

È dall’Hobbes che s’inizia il procedimento genetico in mo- 
rale. Per lui non esiste alcun principio assoluto e naturale della 
moralità e del diritto, ma l’una e l’altro hanno la loro origine 
nello Stato, dipendono e sono regolati dalla libera volontà del 
sovrano, il quale ha verso i sudditi ed in tutte le sue funzioni 
sociali un potere assoluto e illimitato. Con ragione questa teoria 
doveva suscitare molti contraddittori e richiamare l’attenzione 
sulle scienze morali (1). Il Locke continua in sostanza l’indirizzo 
del Bacone e dell’Hobbes e dopo di lui più efficacemente il 
Shaftesbury, l'’Hume, l’Huctheson, lo Smith per vie diverse, 
mentre da un lato mirano a rendere sempre più indipendente 
la morale dalla soggezione religiosa, dall'altro si affannano a 
darle uno stabile fondamento. E se in quanto al primo còmpito 
esso fu raggiunto, pel secondo bisogna riconoscere che i loro 


(1) Cantoni, Em. Kant, vol. 2°. 


L'ETICA E LA PSICOLOGIA SOCIALE 509 


tentativi furono ben lontani dall’offrire una vera soluzione. Sia 
sentimento, sia istinto, il loro fondamento morale resta sempre 
un presupposto, una intuizione non dimostrata, nè fortificata da 
ragioni psicologiche, storiche, sociali. 

È nel nostro secolo che questa ricerca, continuata special- 
mente in Inghilterra, ha avuto miglior fortuna. Dallo Smith allo 
Spencer teorie più comprensive sono sorte per offrirci la genesi 
della coscienza, della facoltà morale. Mediante un’analisi accu- 
rata e poggiata ad altre discipline, s'è cercato cogliere il pro- 
cesso che compie il nostro sentimento morale prima che giunga 
a quella forma elevata, astratta, ideale sotto cui si appalesa in 
un periodo avanzato della nostra storia. Di fronte alla scuola’ 
intuitiva, la quale ritiene che ci sia in noi una facoltà morale 
naturale, costituita dalla ragione che fornisce i principî generali 
dei nostri giudizi morali, di natura @ priori; la nuova scuola, 
pur insistendo sulla necessità dei principî, li presenta come il 
risultamento dell’osservazione e dell'esperienza accumulata ed 
associata. E l’analisi, penetrando in questo campo, troverà il 
fondamento remoto del sentimento morale o in un fatto biolo- 
gico, o nell’istinto di socievolezza, o nel principio di utilità. 

8. — Contro questo indirizzo, che riflette il movimento 
scientifico dei nostri tempi, i seguaci della scuola @ priori in 
morale, in nome del kantismo e dello spiritualismo, hanno mosso 
delle gravi obiezioni, che mirano non a modificarlo ma a distrug- 
gerlo addirittura. Se si applica, si dice, alla morale il metodo 
storico, noi non coglieremo più il fatto morale in sè stesso, ma 
solo la storia della condotta, quel lento processo, cioè, che ha 


. migliorato, civilizzato l’uomo. Come nel rintracciare la genesi 


delle forme mentali fate uso di esse, aggirandovi in un circolo ; 
così in morale l'applicazione del metodo storico presuppone già 
una morale universale, assoluta. Le variazioni che l’etnografia 
ci ha rivelate nella vita etica dei popoli non infirmano punto 
il valore di una morale assoluta e riguardano non tanto l’ele- 
mento morale propriamente inteso, quanto il modo di manife- 
stazione. La morale non può essere trattata alla stessa stregua 
della scienza positiva, perchè essa è al di fuori del determinismo, 
costituisce un mondo a parte, quello della libertà, della ragion 
pratica, che comanda categoricamente ciò che è nel suo dominio, 
senza ricorrere all’esperienza, che nulla ci rivela. Se si arrivasse 


510 ROMOLO BIANCHI 


a negare, dice Kant, una conoscenza a priori, la morale sarebbe 
distrutta dalle fondamenta. Intanto, egli aggiunge, l'umano in- 
telletto non potrà mai giungere a mostrare come la ragione pura 
possa diventare pratica. Ci troviamo in un doppio campo ed 
una conciliazione fra la libertà dell’uno e la necessità dell’altro 
è possibile solo sagrificando questa a quella, il determinismo 
alla contingenza, insinuando cioè questa in tutti i fenomeni na- 
turali. Per tal via si può costruire una filosofia della libertà, 
che giustificherà le antiche credenze della coscienza umana, la 
responsabilità, l'intenzione, il dovere, dichiarate false in nome 
della scienza. 

Queste obiezioni, come scorgesi, sono senza dubbio gravi. 
Esse, uscendo dai confini dell’etica, si rivolgono da una parte 
contro la validità del sapere in generale e dall’altra contro la 
costituzione di un’etica scientifica. Si trovano di fronte l’idea- 
lismo e il realismo, la scienza positiva e la scienza ideale, ag- 
guerrite entrambe ed ognuna aspirante alla supremazia. Se la 
scienza positiva, forte dell'esperienza, non dà alcun valore a ciò 
che travalica i confini di questa, la scienza ideale, per mantenere 
incolume il proprio dominio, non si perita di attaccare il valore 
assoluto dell'esperienza medesima. È l’eterna lotta che si com- 
batte da secoli in seno al pensiero umano e che oggi si avvia 
verso una soluzione in cui le due esigenze, riflettenti i due 
aspetti della realtà unica, dovranno essere contemperate. Fino 
a che ci sarà separazione fra l’una e l’altra, non solo il pensiero 
teoretico sarà incompleto, ma la stessa pratica cercherà invano 
il valore dell’esistenza, la forza che la spinge all’azione. Occorre 
dunque esaminare in primo luogo se la morale rientra nel do- 
minio della realtà e comporta in conseguenza una trattazione 
scientifica; e in secondo, se il metodo genetico della scienza 
applicato ad essa può dirci cosa sia e donde emani. 


II 


4. — È innegabile purtroppo il discredito che si è river- 
sato negli ultimi tempi sulle dottrine speculative. Mentre pel 
passato la filosofia, penetrando in questa ed in quella parte 
dello scibile, godeva pieno prestigio, nella seconda metà del 
secolo, or ora scorso, con lo sviluppo prodigioso delle scienze 


L'ETICA E LA PSICOLOGIA SOCIALE DIL 


naturali il suo doeminig è venuto a poco a poco restringendosi, 
nel tempo istesso in cui attirava sopra di sè il sarcasmo della 
nuova generazione. 

Questo movimento contro le scienze speculative, diciamolo 
con franchezza, fu una salutare reazione contro le pretese di 
un pensiero tutto formale, il quale senza interrogare l’esperienza, 
anzi sdegnandola, credeva bastare da sè a darci la soluzione di 
tutti i grandi problemi della vita. Ad ogni passo le costruzioni 
del pensatore poste al cimento dei fatti rivelavano quel contrasto, 
quella insufficienza di rapporti, che in breve volger di tempo 
ricaccia nell’oblìo le costruzioni senza base reale. Così quando 
le scienze fisico-chimiche, affidandosi alla sperimentazione, mo- 
strarono, o credettero mostrare, la esattezza dei loro metodi e 
la certezza dei loro risultamenti, la speculazione restò spodestata. 
Parte dei problemi della filosofia fu sottoposta agli stessi me- 
todi sperimentali ed il resto, non potendo subire lo stesso pro- 
cesso, restò negletto. 

Avvenne intanto dopo poco, che la filosofia vivificata: dal 
contatto delle scienze naturali accusò l’esperienza di aver man- 
cato alla promessa di rivelarci il segreto dell’esistenza. Gli alti 
problemi della coscienza, dopo pazienti ricerche, erano rimasti 
insoluti dalla scienza, la quale, troppo spesso, non potendo tro- 
vare una ragione adeguata di certi fenomeni, li aveva negati. 
Così, da alcuni si gridò al fallimento della scienza, per risolle- 
vare a nuova vita il misticismo, e da altri, infine, si volle sot- 
toporre ad esame e attenuare il principio fondamentale medesimo 
della scienza, quello di causalità, per rimettere in onore la vita 
dello spirito, l’ideale etico, che la scienza non aveva saputo 
formulare. 

Questa è la crisi più alta del pensiero moderno e che il 
nuovo secolo deve risolvere. La lotta non è più tra scienza 
e fede, ma tra filosofia e scienza, le quali debbono necessaria- 
mente giungere ad una conciliazione, ben più alta di quella va- 
gheggiata dal Comte. Il fatto e l’idea non possono rimanere 
distaccati, ed un accordo tra l’uno e l’altra non include però le 
conseguenze cui è giunto il Boutroux con la sua revisione cri- 
tica, negando o scemando il valore della ricerca positiva, nè 
con questa negare alle scienze dello spirito eguale valore. Oc- 
corre solo uscire al di là dei confini di ciascuna per sentire la 


512 ROMOLO BIANCHI 


necessità, riconoscere il valore dell’altra, ristabilire l’unità del 
pensiero e della realtà. 

La scienza, infatti, parte da ipotesi per essa non dimostrate, 
atomo, materia, cellula, di cui non si domanda il concetto, la. 
natura. Essa si contenta di quel genere d’induzione che inferisce 
un’apparenza da un’apparenza, un rapporto da un rapporto, 
senza preoccuparsi di ciò che può esservi al disotto dell’uno e 
dell'altra e trascurando altresì i modi di relazione fra soggetto 
ed oggetto. Se una relativa certezza essa raggiunge nelle proprie 
ricerche, ciò si deve allo spezzare ch’essa fa la realtà in fram- 
menti, ricercando semplici aspetti o semplici fasi delle cose, senza 
contemplare il tutto. 

Ora se questo è un bisogno ineluttabile della ricerca scien- 
tifica è anche in certa guisa una falsificazione della realtà, la 
quale è una e l'isolamento di un fenomeno è già un’astrazione, 
che sorge tardi nella storia del pensiero ed assicura una cono- 
scenza mediata di fronte a quella immediata che fornisce il pro- 
dotto artistico. Una conoscenza parziale, rigorosamente parlando, 
è impossibile, se non tiene presente il tutto, nel quale l’ele- 
mento singolo ha vita e significato. Chi ristabilisce l’unità tra 
il pensiero e la realtà, e tra i diversi fenomeni di questa, è la 
filosofia, di cui non può fare a meno la scienza, anche quando 
essa sì arresta a quello stadio più basso che è l’empirismo. Ma 
sollevandosi su questo (per diventare scienza vera) allora essa 
inevitabilmente tocca questioni generali, filosofiche in cui l’espe- 
rienza si ferma, subentrando la speculazione, l'ipotesi che forma 
tanta parte delle scienze positive. Più la scienza si estende e 
più la dipendenza tra le varie sue forme si fa maggiore, ac- 
quistando un aspetto generale e quindi contenuto filosofico. Ed 
in questo stadio superiore della scienza piuttostochè venir meno 
la certezza essa l’acquista, giacchè è riconosciuto ormai da tutti 
che ogni scienza si eleva alla perfezione a misura che l’elemento 
empirico si restringe a vantaggio dell'elemento razionale. 

La filosofia, d’altra parte, completa la scienza positiva con 
una triplice ricerca. In primo luogo si fa ad interrogare la re- 
lazione tra soggetto ed oggetto, quistione fondamentale che è 
alla base del sapere in generale. In secondo luogo determina 
gli elementi comuni delle cose, che le scienze accettano senza 
esame. Questo è il dominio metafisico, che si porge come uni- 


L'ETICA E LA PSICOLOGIA SOCIALE 513 


ficazione della realtà spezzata dal particolarismo scientifico. E 
sebbene di valore ipotetico ha valore positivo, fondandosi sui 
dati dell'esperienza e porgendosi come un'ulteriore elaborazione di 
questa. La mancanza di queste due ricerche nel Comte, costituisce 
la insufficienza del positivismo nella sua prima forma, rivela la 
cognizione incompleta che il Comte ebbe del fatto e della legge. 

5. — Ma la realtà non è circoscritta tutta nella fisica e nella 
metafisica. Oltre il mondo naturale v'è il mondo umano, che lo 
comprende, lo continua, lo evolve. V'è l’uomo che sente, vuole, 
giudica. Ed è questa la terza ricerca filosofica, che compie ed 
integra le due prime. È la ricerca della valutazione, dell’ideale, 
che s'è voluta per i suoi caratteri opporre alla ricerca scien- 
tifica come indagine del tutto subiettiva. Ma, questo esclusi- 
vismo è arbitrario. “ Ogni formula di scienza naturale, dice il 
Royce, è una descrizione di fenomeni riuniti per lo scopo che 
si propone questa scienza. Dal punto di vista generico il pen- 
siero obiettivo cresce con la scelta e la riunione che facciamo 
sotto quelle formule dei fatti di esperienza, i quali hanno due 
caratteri generali, cioè, sono suscettibili di descrizioni e di ve- 
rificazioni. La descrizione è necessaria per disporli, la verifica- 
zione è ugualmente necessaria perchè sieno materia di scienza, 
cioè, obiettivamente identici per tutti gli uomini. Ciò che resta 
del contenuto dell’esperienza senza presentare questi caratteri 
non fa parte del processo cosmico; sono fenomeni non suscet- 
tibili di descrizione e subiettivi, perchè non verificabili. E quando 
il loro carattere implica il desiderio e l'ideale abbiamo l’oppost- 
zione al processo cosmico sotto la forma di processo morale , (1). 

Se il Royce crede affermare che il processo morale abbia 
un fondamento, derivi dall’attività umana, niente di più vero. 
Ma, se crede che esso rappresenti un'opposizione al processo 
cosmico e resti al di fuori della scienza, niente di più falso. 
Egli stabilisce un’antitesi fatale tra il dovere ed il fatto, perchè 
pone un dualismo in fondo all'esistenza universale. Crede che 
il desiderio si rivolga su qualche cosa di natura indescrivibile 
ed inverificabile, confondendo in tal modo l’ obietto del desi- 
derio e il sentimento che l’ accompagna. Ma, distinto questo 
da quello, è facile scorgere come l’obietto sia suscettibile di 


(1) Int. Journal of Ethics, 1895. 


514 ROMOLO BIANCHI 


descrizione e di verificazione. Il senso di ciò che deve essere 
diviene allora; anche per il Baldwin (1), l’anticipazione di un’espe- 
rienza più vasta, non ancora sottomessa a categorie. 

Una delle classificazioni più recenti delle scienze distingue 
queste in tre categorie: teoretiche o di concetti, storiche o di 
fatti, pratiche o di valori. Contro quest'ultima, poco determinata 
e non ancora ben coordinata alle altre, si appuntano le critiche 
maggiori per il predominio che in essa hanno i concetti di fine 
e di valutazione. Nella prima e nella seconda, si dice, la cono- 
scenza è impersonale, non apprezza, non agisce, mentre nell’altra 
classe, per il sentimento che vi prende parte, si ricade nel 
fatto individuo e perciò nell’ arbitrario. Questa obiezione ge- 
neralmente è vera solo in parte, giacchè in ogni atto della 
mente (e la scienza non è che una nostra creazione) si asconde 
un giudizio valutativo. Sia che si tratti di un prodotto natu- 
rale, sia spirituale, il pensiero per coglierlo dice sempre impli- 
citamente od esplicitamente ciò che esso vale rispetto a sè, alle 
parti sue, agli altri prodotti. Ciò che varia è il grado e la 
forma della valutazione. E il senso dell’apprezzamento è esso 
medesimo un prodotto cosmico. La materia descritta come ciò 
che è, è il contenuto inadeguato di ciò che noi sentiamo dover 
essere; e, ciò che era obietto di un dover essere nel passato, 
è ciò che è attualmente. Dunque il deve è una funzione del con- 
tenuto mentale, forza motrice e, come ogni altra funzione, ha la 
sua storia naturale come un semplice fatto. Così che sotto 
questo punto di vista la differenza profonda tra l’una e l’altra 
classe di scienze comincia ad attenuarsi. Resta tuttavia l’altro 
criterio, quello dell’azione, che pare induca una separazione ben 
più notevole fra le scienze valutative e le altre. Ma neanche 
qui, ci pare, si possa parlare di una separazione assoluta. In- 
fatti di ogni cosa noi possiamo avere tre momenti nella cono- 
scenza: ciò che essa si presenta a noi in un dato tempo; ciò 
che è stata dalle origini fino a quel tempo, e ciò che sarà dopo 
quel tempo. La prima ricerca ha per tipo le scienze descrittive 
(zoologia, geografia, ecc.); la seconda le scienze storiche (geo- 
logia, cosmogonia, storia, ecc.); la terza le scienze evolutive 
(diritto, politica, etica). Queste ultime sarebbero quelle in cui 


(1) BaLpwin, Inter. mor. et social. du dével. mental. 


L'ETICA E LA PSICOLOGIA SOCIALE DIO 


l’uomo imprime la sua forza al mutamento, fissando una meta 
che si raggiunge per vie diverse e con quei mezzi di cui si 
occupa la pratica di ciascuna scienza. Se con le scienze descrit- 
tive e storiche sappiamo ciò che è stato ed è dei fenomeni al 
di fuori di noi, con le evolutive fissiamo ciò che sarà della 
nostra attività politica, giuridica, economica, etica. Per tal via 
si ristabilisce l’unità dell’esistenza, ed il mondo umano non si 
opporrà, ma continuerà il fisico. La forza del cambiamento, che 
al di fuori di me è detta causa, in me è norma. Là l’effetto ci 
fa rimontare alla causa; qua si mantiene lo stesso procedimento, 
la ricerca, cioè, della causa di un effetto voluto, desiderato come 
fine dei nostri atti. Perciò tra il fatto avvenuto e quello che av- 
verrà non vi è che diversità di aspetto. Lyobiettività ed il deter- 
minismo non falliscono, come si crede, in queste scienze che ab- 
biamo detto evolutive, purchè si tolgano a quella considerazione 
individualistica finoggi dominante, e sieno considerate invece 
come un prodotto della collettività umana, che fornisce, inter- 
rogata, un criterio essenzialmente oggettivo. Solo a questa con- 
dizione è possibile una scienza dell’etica, di un valore così 
positivo quanto. quello delle scienze naturali, che avrebbero allora 
il solo vantaggio di possedere un procedimento più piano e dif- 
ficoltà minori di fronte alle altre. 

6. — Fu il Kant che introdusse una separazione assoluta 
tra la ragione teorica e quella pratica, sottraendo altresì l’idea 
del dovere alla critica diretta contro tutte le altre idee. Questo 
è il vizio capitale della sua dottrina etica, che è per sè stessa 
la parte più debole del kantismo. Come nella dottrina della 
conoscenza il Kant si era limitato alla sola Critica della Ra- 
gione pura, senza preoccuparsi della possibilità e della forma- 
zione delle forme superiori della mente, così nella Critica della 
Ragione pratica egli ha di mira solo ciò che egli chiama ra- 
gione empiricamente condizionata, cioè l’esperienza ed i motivi 
che essa fornisce. Il Kant vuole solo mostrare che l’interesse 
empirico e gli altri motivi dell’esperienza non sono gli unici e che 
al di là di essi vi è un motivo superiore derivato dalla ragione 
pura pratica, capace di determinare da sè tutta la nostra con- 
dotta. Ma l’esistenza di questa resta sempre un problema, che 
il Kant ricollega all’esistenza di una Ragione pura. Egli prende 
per dato il dovere, discorre delle condizioni di possibilità e nc: 


er 


516 ROMOLO BIANCHI 


muove mai alcun dubbio sulla sua esistenza. Non domanda alla 
fisiologia, alla psicologia, alla storia, un sussidio in questa ri- 
cerca. La morale per lui, essendo la rivelazione di un noumeno, 
ha una base metafisica; non ricava i suoi dati dalla conoscenza 
dell’uomo, ma per contrario fornisce a questa dei principii « 
priori. Il bene supremo, assoluto risiede nella buona volontà, 
che è la ragione pura pratica. Questa apparisce come legge, 
come dovere, che ci comanda senza trovare l’obietto di questa 
legge nel mondo sensibile e senza poterlo determinare nel mondo 
intelligibile (1). Per tal via i caratteri di questa morale saranno 
il formalismo e il dogmatismo con un contenuto mistico e teo- 
logico. Il dovere resta un concetto subiettivo, problematico, so- 
spetto d’illusione dalla mente stessa, che ha il privilegio di 
elevare un dubbio su tuttociò che essa non esplica e non com- 
prende. La superiorità del razionale sul sensibile non può più 
essere dimostrata, quando nessun legame corre tra l’uno e l’altro. 
E la legge morale sarà in questa dottrina non solo un’astra- 
zione, ma un’adorazione. Se la pratica è indipendente da qual- 
siasi speculazione essa è cieca, e, se non è tale, dev'essere dav- 
vero una ragione pratica che si renda conto di sè stessa. Allora 
ciò che dirige gli atti saranno le ragioni, le quali, come osserva 
il Fouillée, per avere un valore razionale debbono essere del 
dominio delle cose, e su cui si può ‘acquistare sia una scienza 
positiva, sia istituire delle ipotesi intelligibili. E sì nell’uno che 
nell’altro caso, come rapporti scientifici dimostrabili o come 
concezioni metafisiche sfuggenti all'osservazione e alla dimostra- 
zione rigorosa, si tratta sempre di idee suscettibili di analisi e 
di critica teoretica (2). 


DL, 


7. — Affermata, e nei limiti di questo scritto, tale esi- 
genza anche pel fenomeno morale, la formazione di questo può 
essere colta applicando il processo comune a tutte le scienze ? 


(1) Kanr, Critique de la raison pratique. — Fondements de la mét. des 
MQUTS. 

(2) FourLiE, Critique des systèmes de morale cont., passim. — In., Le 
mouvement idéaliste. 


a 


VIVA RITI TE PET TT I 


L'ETICA E LA PSICOLOGIA SOCIALE DIZ 


La scienza, com’è noto, isola un fatto, lo scompone e, co- 
gliendo qua e là rassomiglianze e differenze, fa una classifica- 
zione delle cose, che non è mai definitiva a cagione della 
estensione che l’analisi stessa subisce. Ma una parte qualsiasi 
della realtà, sia pure ridotta alle più semplici dimensioni, non 
è mai una unità, sottratta ad ogni relazione. L'analisi scientifica 
si arresta, in questa e in quella realtà, ad alcuni fatti minimi, 
atomo, protoplasma, e non può giammai considerarli isolati, 
come faceva l'antica metafisica. Se così facesse non potrebbe, 
partendo da essi, ricostruire la realtà nella sua sintesi. La co- 
noscenza si aggira tutta sui rapporti che intercedono tra le cose 
e tra queste e noi. Ed un fatto non è che la somma di questi 
rapporti, dei suoi fattori, il risultato della sua storia. Perciò 
conoscere le condizioni di esso equivale, dice il Lewes, a deter- 
minare Ja sua cagione, la quale non è che la somma dei suoi 
fattori generativi. 

Alla morale da qualche tempo si è applicato tale processo 
di analisi, con risultamenti soddisfacenti, ma non ancora defi- 
nitivi. Essendo il fenomeno morale il più complesso, e concen- 
trante in sè numerosi rapporti, s'è avuto che in questa genesi 
alcuni hanno messo in rilievo il fenomeno biologico ch’entra a 
far parte di esso, altri quello psicologico ed altri, infine, quello 
sociale. Questo meraviglioso lavoro di analisi è dovuto in mas- 
sima parte all'Inghilterra, la quale, come dicemmo, pare che 
abbia ereditato lo spirito di osservazione che animò Aristotile. 
Il filosofo greco, infatti, non vide nella morale che una parte 
della politica, le cui massime non sono universali, nè assolute. 
Separandosi dal suo maestro, per il quale i principii morali 
erano chiari ed immutabili, Aristotile dice che la morale non 
solo non ha dimostrazioni esatte, ma non ha neppure carattere 
invariabile. Attaccato strettamente all'esperienza, ciò ch'egli 
vuole e stima è una virtù puramente umana, una morale di 
azione che conduca l’uomo e la società al perfezionamento me- 
diante l'esercizio permanente e regolato delle proprie facoltà. 
La virtù per lui non può svilupparsi che nella città o nello 
Stato. Questo è un’associazione che ha per iscopo il bene, e sic- 
come è la più alta delle associazioni così deve avere di mira 
il più alto dei beni, che è la virtù. Certamente lo Stato non è 
fondato dalla virtù: l’uomo è un essere di natura socievole ed 


318 ROMOLO BIANCHI 


anche senza bisogno di protezione entra a far parte dell’asso- 
ciazione politica. Ma, se la virtù non è la causa iniziale dell’as- 
sociazione, ne è tuttavia la causa finale. Lo Stato deve favorire 
lo sviluppo dell’uomo vero, proteggerlo, migliorarlo (1). 

8. — Su questi principii, allargati e trasformati, s'erge la 
morale inglese. Senza fermarci ad A. Smith, che pose a fonda- 
mento della morale la simpatia e su cui avremo occasione di 
ritornare, fu il Bentham quegli che, dopo gli accenni del Bacone 
e la teoria dell’Hobbes, ne pose innanzi un’altra per la genesi 
della coscienza morale. Secondo lui l’uomo è sotto l'impero di 
due grandi forze, del piacere e del dolore, da cui scaturiscono 
le nostre idee, i nostri giudizî. Il principio di utilità subordina 
tutto a queste forze, spingendoci verso il piacere e risparmian- 
doci un dolore. Data questa tendenza, la virtù è da ricercarsi 
quando ci procura dei piaceri e la morale perciò sarà, un cal- 
colo, che valuterà la quantità dei piaceri, ossia la massima utilità. 
Ed essendo impossibile sottrarsi alle relazioni sociali, che in- 
vestono ogni persona, così l’interesse si estende dalla famiglia 
alla tribù, alla nazione e perciò l’interesse individuale non po- 
tendo essere strettamente mantenuto, la regola suprema di mo- 
rale sarà la più gran felicità del maggior numero. In ciò è per il 
Bentham la conciliazione dell’egoismo coll’altruismo, del benessere 
individuale col generale. 

Il Mill (2) mantiene a principio supremo della morale l’utilità 
del Bentham, ma non ritiene con lui che l’interesse individuale 
coincida con quello generale. Domina anzi un contrasto tra l’uno 
e l’altro, per superare il quale il Mill ricorre ai sentimenti so- 
ciali, che rendono possibile quest’armonia. Se l’uomo è natural- 
mente egoista bisogna pure ammettere ch’egli si sente d’esser 
membro di una società. Lo stato sociale, dice il Mill, è così na- 
turale, così abituale all'uomo ch'egli non può concepirsi isolato. 
KE quest’associazione diverrà sempre più forte a misura che la 
umanità progredisce. Tutte le condizioni essenziali al viver so- 
ciale si fanno ogni giorno più inseparabili dall'idea che ci fac- 
ciamo dello stato di cose in cui siamo costretti a vivere. A 


(1) Eth. Nic., VI, 5. — Denis, Théories morales dans l’antiquité. — 
FerrARI, La morale d’ Aristotile. 
(2) Mitt, Utilitarismo. 


L'ETICA E LA PSICOLOGIA SOCIALE 519 


misura che si avanza l’influenza della civiltà essa conferisce un 
carattere augusto a questa necessità del sentimento sociale. In 
tal modo i popoli giungeranno a poco a poco a concepire la ne- 
cessità di non poter vivere in contraddizione con gli interessi 
degli altri. Diverranno familiari colla idea di cooperazione, col- 
l’azione collettiva. I sentimenti dell’uomo si identificheranno 
sempre più col bene di tutti ed il bene per gli altri sarà un fatto 
istintivo, naturale. Conseguenza di ciò sarà la formazione d’una 
coscienza morale, mediante la quale ogni individuo sarà cosciente 
di essere una parte della società, con la quale non può essere 
in lotta. In questa coscienza morale il Mill mantiene il senti- 


mento di obbligazione, però lo sottrae al suo carattere astratto, 


innato ed invoca l’elemento sociale per esplicarlo. Nelle sue ori- 
gini l'obbligazione si confonde con la sanzione, giacchè è la mi- 
naccia di un castigo che ci obbliga al compimento di un’azione 
in un primo tempo, e se posteriormente essa acquista un’ indi- 
pendenza, ciò si deve all'associazione avvenuta tra l’idea del ca- 
stigo e l’azione. In modo che si fa così strada il sentimento del 
dovere e della virtù, la quale dapprima è legata alla felicità e 
più tardi diventa fine a sè stessa. 

Tutt'altra via percorre il Darwin per dare una spiegazione 
del sentimento e della coscienza morale. Gli animali, per lui, 
possiedono un istinto sociale, acquisito o almeno sviluppato dalla 
selezione, che aumenta continuamente la loro resistenza vitale. 
Gli elementi più importanti di questo istinto sono l’amore e la 
simpatia. Negli animali inferiori questo istinto si manifesta con 
la tendenza a certi atti definiti ed invariabili, che si compiono 
con una precisione meccanica. A misura che esso si eleva ab- 
braccia in una sfera più estesa atti numerosi ed indeterminati, 
sviluppando maggiormente la simpatia, l’aiuto reciproco. Suppo- 
nendo poi che questo istinto, dapprima automatico poi più co- 
sciente ed indeterminato, s'innalzi ancora fino ad esprimersi in 
azioni distinte e determinate, come quelle che si compiono da 
noi sotto l'influenza del dovere, avremo probabilmente il senso 
morale, il germe delle azioni virtuose. 

L’istinto sociale in questo processo è aiutato dalla riflessione 
e dalla memoria. Se gl’istinti sociali o morali entrano in lotta 
con qualche desiderio abbastanza forte, essi saranno vinti. Ma 
soddisfatto questo desiderio, il piacere nato da esso sparisce e 


520 ROMOLO BIANCHI 


riprendono vigore gl’istinti sociali, come quelli che racchiudono 
tutto il passato, le tendenze, le abitudini lentamente accumulate 
dall’eredità. D'altra parte l'intelligenza non può compiacersi di 
questo temporaneo trionfo, il ricordo del quale si fissa nella co- 
scienza sotto la forma di rimorso, mentre la previsione della vit- 
toria dell’istinto morale prende quella del dovere. Questa parola 
sembra implicare semplicemente la coscienza di un istinto per- 
sistente, innato o in parte acquisito, il quale ci serve di guida, 
e che in molti casi è privo di efficacia. Così pel Darwin l’obbli- 
gazione morale è la coscienza di una direzione impressa alla 
nostra volontà, mediante una serie di attività antecedenti. 

In conclusione, con questa esplicazione tutta biologica del 
Darwin il fatto morale trova le sue radici lontane nella comu- 
nità di ogni specie di esseri. Se il senso morale risulta in primo 
luogo dalla persistenza e dalla vivacità degli istinti sociali, tut- 
tociò non è esclusivo del regno umano. La caratteristica di questo 
è il contributo delle facoltà mentali, il ricordo degli avvenimenti, 
più la forza del linguaggio, col quale l’uomo dà una forma pre- 
cisa ai suoi bisogni ed ai suoi desiderii. La tendenza innata, che 
conduce l’animale a compiere degli atti utili, non agisce più di- 
rettamente sull'uomo, potendo essere trasformata dall’intelligenza 
e dalla simpatia che ci rendono sensibili alla lode, al biasimo, 
al disinteresse. La tradizione poi, diventando opinione pubblica 
della comunità, approverà e consacrerà sotto il nome di morale 
certi atti ed una certa condotta tendente a promulgare il bene 
generale, mediante il quale si giunge ad elevare fisicamente e 
intellettualmente il più gran numero d’individui (1). 

Al pari del Darwin lo Spencer fissa in un punto molto basso 
l'origine del sentimento morale, ma, a differenza di lui, lo con- 
sidera da un punto di vista molto complesso, tendente ad ab- 
bracciare il psicologismo del Mill ed il biologismo del Darwin. 
Per lui la moralità è un risultato di evoluzioni successive, di 
esperienze accumulate, di coazioni estrinseche diverse (politiche, 
religiose, sociali), dalle quali il, motivo morale a poco a poco si 
libera, formando un dominio a parte, una specie di coazione in- 
trinseca, sui generis, desunta dalle conseguenze necessarie della 
costituzione delle cose. In uno stadio lontano l’umanità saprà 


(1) Darwin, Discendenza dell’uomo. 


L'ETICA E LA PSICOLOGIA SOCIALE 521 


attuare una perfetta corrispondenza tra tutte le tendenze della 
sua natura e le esigenze della vita sociale. Raggiungendo questo 
stadio avremo necessariamente una morale assoluta, deduttiva, 
la quale ci permette d’interpretare i fenomeni delle società reali 
nei loro stati transitori, pieni di mali dovuti alla mancanza di 
adattamento. 

La scuola intuitiva e la scola sperimentale prese isolata- 
mente, secondo lo Spencer, esprimono una parte della verità, 
che rampolla dalla loro unione. Occorre unire l’esperienza e l’in- 
natismo per avere la genesi della facoltà morale. Alle proposi- 
zioni fondamentali d’una scienza morale sviluppata corrispondono, 
egli dice, certe intuizioni morali che si sono sviluppate succes- 
sivamente e si sviluppano ancora nella razza, e che sebbene sieno 
i risultati d’esperienze di utilità accumulate, gradualmente pas- 
sate allo stato organico e trasmesse per eredità, sono giunte ad 
essere interamente indipendenti dall’ esperienza cosciente. Allo 
stesso modo che l’intuizione dello spazio posseduta da ogni in- 
dividuo vivente è stata il frutto delle esperienze organizzate e 
consolidate degl’individui che l’hanno preceduto e che gli hanno 
trasmesso le loro organizzazioni nervose lentamente sviluppate: 
allo stesso modo che questa intuizione la quale non ha bisogno 
che delle esperienze personali per determinarsi è divenuta in 
apparenza indipendente dall’esperienza, così credo che le espe- 
rienze d’utilità organizzate e consolidate attraverso tutte le 
generazioni passate della razza umana, abbiano prodotto delle 
modificazioni nervose corrispondenti, che, per trasmissione ed 
accumulazione continua, sono divenute in noi certe facoltà di 
intuizione morale, certe emozioni corrispondenti ad una condotta 
giusta od ingiusta, senza alcuna base apparente nelle esperienze 
d'utilità individuale (1). 

Ispirata alle dottrine inglesi, che per un certo rispetto essa 
compie, è quella dell’Ardigò sulla morale. Lo Spencer aveva la- 
sciato in disparte ciò che fornisce la società nella formazione 
dell'idea morale, e l’Ardigò dice che l'evoluzione sociale è pro- 
dotta e determinata dalle idealità sociali, le quali influiscono sulla 
formazione del volere. Si stabilisce perciò fra la società e l’in- 
dividuo un legame, una corrispondenza che non è sempre diretta. 


(1) Basi della morale. 
Atti della R. Accademia. — Vol. XXXVI. 35 


522 ROMOLO BIANCHI 


La coscienza morale non è una, anzi in essa si distinguono tre 
forme: quella del vizioso pel quale l’idealità sociale è un'energia 
eteronoma che lo domina suo malgrado; quella del cittadino, che 
è energia autonoma, e in una terza forma si fa il bene astraendo 
dalla società spontaneamente e senza bisogno di sanzione esterna. 

Essendo perciò ogni coscienza morale multipla ed illogica, 
riflesso della vita sociale e dell’antagonismo dei gruppi, ne viene 
che il sentimento del dovere coffiporta una lotta. E tra due ten- 
denze, l’una adattata all'ambiente sociale ed alla legge morale 
che ne è l’espressione, l’altra rappresentante uno stadio supe- 
rato o non raggiunto dall'evoluzione morale, nasce quel senti- 
mento doloroso che è il rimorso (1). 

9. — Da questi pochi cenni sulla nuova scuola etica risulta 
evidente la sua tendenza progressiva a conciliare l’intuizione e 
l’esperienza, l’innatismo e gli acquisti ulteriori. Per essa il sen- 
timento morale è necessario, nato dalla forza delle cose, mentre 
la materia di questo sentimento è, per questa medesima neces- 
sità, variabile. Il Littré espresse lo stesso pensiero quando disse: 
il morale è innato, la morale è acquisita. Non esiste un punctum 
saliens ove vengano ad unirsi indissolubilmente il sentimento e 
la sua materia, la volontà ed il suo obietto; l’una e l’altro re- 
stano sempre distinti, e la loro unione è sempre provvisoria. In 
quanto alla materia del sentimento morale, la morale inglese os- 
serva che il biasimo e la lode di tutti gli esseri umani si attac- 
cano a due grandi classi di azioni; a quelle che sono necessarie 
al mantenimento della sicurezza pubblica ed a quelle che sod- 
disfano semplicemente un gusto o si riferiscono a condizioni sfe- 
ciali di questo o quel luogo. Ora, mentre i giudizî intorno a queste 
ultime sono di necessità variabili, non avviene lo stesso per le 
prime, giacchè certe condizioni fondamentali, come il rispetto 
della proprietà, della persona, sono indispensabili per l’esistenza 
di ogni gruppo sociale(2). L’universalità dunque non ha altra ra- 
gione che la necessità. Se lo stato sociale è necessario, occorre 
in primo luogo che la società imponga ai suoi membri la osser- 
vanza di certe condizioni, osservanza che dall’esterno a poco a 
poco si traduce in obbligazione interna, in dovere. Così degli 


(1) Arpieò, La morale dei positivisti. 
(2) Gurau, Morale anglaise, 197. 


L'ETICA E LA PSICOLOGIA SOCIALE 523 


altri caratteri che presenta il fenomeno morale in un alto stadio 
della vita sociale, semplicità, inneità, la nuova scuola, di fronte 
alla classica, offre delle spiegazioni fondate egualmente sull’evo- 
luzione e sull’eredità. 

Di questa genesi del fenomeno morale s’è detto che essa perde 
il suo carattere morale a misura che analizza sè stessa. La giu- 
stizia non rappresenta che un'idea complessa, la quale si risolve 
in una moltitudine di idee secondarie, gradualmente acquistate ; 
ma, ciascuno di questi elementi non apporta al gruppo dove entra 
che una complicazione nuova, senza apportarvi l’autorità, nè il 
rispetto, nè l'obbligazione. E se l'autorità manca in ciascuno degli 
elementi del gruppo, essa farà difetto all’insieme. Nessun ele- 
mento contiene ciò che diciamo moralità; nè il sociale, nè la ri- 
flessione, nè la tradizione, nè l'opinione. È il mistero ciò che 
rende sacra l'origine della moralità. Mostrare dove essa ram- 
polla, esplicare come essa si forma, dove essa nasce, a quale 
legge obbedisce, equivale a distruggerne il prestigio. Il dovere 
non può risultare dall’accumulo di fenomeni successivi. La du- 
rata e la generalità non possono fare di un errore possibile una 
verità obbligatoria (1). 

10. — Queste obiezioni, sotto lo specioso pretesto di con- 
servare il prestigio della morale, intendono mantenere il mistero 
intorno alla natura, all’origine, allo sviluppo di essa. Così la ri- 
cerca scientifica è annullata d’un colpo e si perpetua l’intuizio- 
nismo puro, ormai insostenibile dopo le critiche profonde avu- 
tesi negli ultimi tempi. Nè l’affermazione che, ciò che non si trova 
negli elementi di un fatto non può ritrovarsi nell’assieme, è ac- 
cettata dalla scienza, la quale, anzi, mostra per diverse vie come 
un composto abbia qualità non date nei suoi componenti. L’astra- 
zione, l’ideale, il simbolo, creazione tutta umana, non sono, 
come credeva il Taine, causa, ma un effetto, un prodotto tar- 
divo dell’evoluzione umana, e nel giro dell’attività individuale 
non sarebbero mai sorte. Lo stesso vale per taluni caratteri che 
la nostra mente dopo tanti secoli di storia coglie in certi feno- 
meni. La identificazione del fatto con la dottrina che lo studia 
potrebbe esser qui causa di numerosi errori. 

Oltre queste obiezioni, che formano direi quasi la pregiudiziale 


(1) Caro, Probl. de morale sociale, p. 79. 


524 ROMOLO BIANCHI — L'ETICA E LA PSICOLOGIA SOCIALE 


e. non la critica, numerose discussioni hanno sollevate le nuove 
dottrine etiche. Ma anche qui, in questa vere critica, ci pare che 
non. si sia posto mente ad un concetto semplicissimo, quellovcioè: 
che le diverse dottrine, ora psicologiche, ora biologiche, ora»so- 
ciologiche, presentate qua.e là dalla nuova scuola, non sono, sin- 
golarmente considerate, teorie compiute, ma parti di un’ tutto: 
unico, differenti aspetti di un fenomeno così complesso. come: 
quello morale. Perciò staccando il Mill dal Bentham, o il Darwin 
dallo Spencer, la critica riesce facile. Econ ':ragione si può rim 
proverare.al Bentham un difetto d’interiorità, al Mill.la casuistica, 
al Darwin di aver trascurato il dato psicologico e allo Spencer 
il valore dell’idea in morale (1). Ma, secondo noi, non si tiene 
conto abbastanza del. concetto. generale di queste: dottrine, le: 
quali si.compiono a vicenda seguendo ‘un indirizzo comune. Ora, 
da. un punto di vista più alto, la. morale inglese offre. davvero 
due svantaggi: da- una parte ‘essa manca di complemento, offre 
cioè la sola base della moralità, senza il sommo che è di natura 
metafisica; dall'altra, essa, nei diversi aspetti sotto cui ha \con- 
siderato il fenomeno. etico, non è giunta ad unificare il lato bio- 
logico, psicologico e sociologico in una sintesi superiore. Eppure: 
se c'è una nota unica. in questi diversi tentativi di esplicazione 
essa è quella sociale, la; quale, toccata si può dire per incidenza, 
da-lontano apparisce come il fulero su cui si reggono le diverse: 
teorie. Come la ricerca psicologica, estetica, religiosa, giuridica, 
non può più trascurare l’efficacia dell’elemento collettivo; egual 
mente l’etica deve interrogare l’elemento sociale se vuole trovare 
la sua base prossima, come hanno mostrato gli studi ultimi di 
psicologia sociale. La metafisica conserverà in questa esplica- 
zione il suo dominio, ma essa non sarà più, come voleva Kant; 
al principio, sarà invece alla fine e nella sua unità ideale ab- 
braccerà il mistero dell’esistenza ed il valore della vita. 

Ciò tenteremo di fare negli altri studî, che terranno dietro 
a questa semplice e breve introduzione. 


(1) Zuccante, La dottrina della coscienza morale nello Spencer, lavoro 
eccellente. — Scrascia, La psicogenesi dell’istinto e della morale nel Darwin. 


AGOSTINO MARIA MATHIS — VICENDE DI ‘ POLLENTIA’, ECC. 525 


Vicende di ‘ Pollentia’ (ora Pollenzo) 
colonia romana in Piemonte. 
Nota del Dott. AGOSTINO MARIA MATHIS. 


Quasi nel mezzo dell’antica Liguria (1), dove fino alla 
conquista romana più s'erano serbati puri gli antichissimi Li- 
guri, sorse la città di Pollentia sul territorio dei Bagienni, che 
abitavano tutta quasi l’odierna provincia di Cuneo e alcuni tratti 
di quelle di Torino e di Alessandria (2). Che essa fosse su quello 
dei Taurini, dissero già molti (3), facendo un ramo dei Tau- 
rini i Caturigi e dei Caturigi (4) i Bagienni, ma tale opinione è 
oggidì affatto esclusa. Neppure si può credere che appartenesse 
agli Statielli, poichè, se già non fosse certo che era dei Ba- 
gienni, sarebbe sommamente inverosimile che fino a .Pollentia 
s'estendesse quella tribù, che viveva (5) presso Asti ed Acqui e 
nelle valli inferiori delle due Bormide. 


(1) La IX regione d’Italia secondo la divisione d'Augusto. 

(2) D. Manzone, I Liguri Bagienni e la loro Augusta, Torino, 1893, 
pp. 19 segg. 

(3) Cfr. in Manzone (op. cit., p. 8, not. 2) il novero degli scrittori di 
tale opinione, tra cui I. DuranpI, Del Collegio degli ant. Cacciatori Pollen- 
tini ete. Torino, 1773, p. 54 e G. FrancHi-Ponr, Dell’antichità di Pollenza ‘e 
dei ruderi che ne rimangono, in “ Mémoires de l’Acad. Impér. des Sciencessete. 
de Turin ,, Litt. et beaux-arts, Torino, 1809, pp. ‘823 sgg., che vogliono far 
derivare i Caturigi dai Taurini, fondandosi su passi di Strabone (III, 6, 6) 
e di Ptolemeo (III, 1, 35); cfr. anche ArLars G., Le Alpi occid. nell'antichità, 
Torino, 1891, pp. 48, 76 sgg., 170 sgg. 

(4) Prinro, Hist. Nat., III, 5 (7), 47 e III, 20 (24), 135; dove l'antica de- 
zione “ Caturigibus orti Vagienni , è respinta dai codici, portanti nomi di 
popoli in sua vece (ed. Janus, Teubner, Lipsia, 1870): cfr. Manzone, op. cit., 
p. 10. 

(5) Murarori G. F., I Vagienni e il loro paese, Torino, 1871, $ 4; 
Brorci G., Antichità e prerogative d''Acqui, Tortona, 1818. 


526 AGOSTINO MARIA MATHIS 


Dei Bagienni crediamo anzi anche Alba Pompeia, la quale 
non è risultato finora per nessun indizio di che tribù ligure (1) fosse; 
ma l’essere stata da Roma ascritta alla tribù Camilia (2), come 
l’Augusta Bagienn.; l'essere geograficamente posta sul territorio 
dei Bagienni e coi Bagienni congiunta in comoda e diretta unione, 
mentrechè da Acqui e dal paese di certo abitato dagli Statielli 
la separa una serie di alte catene di colli scoscesi e selvosi ; 
l’essersi provato ormai che il Tanaro non era, come si volle 
già da molti, la netta linea di confine tra Bagienni e Statielli; 
l’essere Alba vicinissima (3) e quasi per breve tratto di pia- 
nura unita a Pollentia, che fu certo Bagiennica, sono motivi 
che c’inducono a credere Alba un pago dei Bagienni, forse l'ul- 
timo verso oriente. 

Non s'ha memoria, nè di chi vinse i Bagienni, nè del tempo 
preciso della loro sottomissione a Roma, ma si può press’a poco 
determinarlo: poichè se solo nel 581 d. R. (173 a. C.) il con- 
sole Popilio Lenate domava (4) gli Statielli, erano ancor liberi 
i Bagienni, e se già nel 611 d. R. (143 a. C.) Appio Claudio 
assaliva i Salassi, dovevano già essere soggiogati i Taurini e i 
Bagienni, posti tra gli Statielli, i Salassi e le Alpi, e quindi la 
loro conquista è da porsi tra il 581 d. R. (173. a. C.) e il 611 
d. R. (143 a. C.) (5). Dopo la vittoria di Popilio continuarono 
infatti le spedizioni contro i Liguri, e l’epit. del 1. XLVI di Livio 
ricorda le vittorie di Sulpicio Gallo del 586 d. R. (168 a. C.) 
e altre guerre “ vario eventu gesta ,, che forse furono quelle ap- 
punto contro i Bagienni. 

Livio narra che nel 581 d. R. (173 a. C.) Popilio presso 


(1) Dei Bagienni la dicono senza prove il Muratori (op. cit., $ 4) e 
l’Allais (op. cit., p. 41); degli Statielli il Frssore, Memorie storiche d’ Alba 
Pompea, Alba, 1894, p. 15, seguendo il Vernazza e il Deabbate. 

(2) Cfr. iscrizioni in Momwsen, C. I L., V, pars II da n. 7595 a 7613. 

(3) È vicina tanto che si favoleggiò fino a noi che le due città erano 
unite al tempo dei Romani: tal vicinanza poi esclude che Alba possa essere 
stata colonia, come s'è creduto dai più (Fissore, op. cit., p. 17), ma da Pol- 
lentia andarono ad abitarla coloni Romani. 

(4) Male il Franchi-Pont (op. cit., p. 330) li fa domare da Fulvio Flacco, 
seguendo il Durandi e seguito da altri molti. — Livio, XLII, 7,8: “ in Ligw- 
ribus, in agro Statiellati pugnatum est ad Caristum oppidum , (ed. Weifsenborn, 
Teubner, Lipsia). 

(5) Così il Manzone, op. cit., pag. 55. 


VICENDE DI ‘ POLLENTIA’ COLONIA ROMANA IN PIEMONTE OLI 


Caristo sconfisse un grosso nerbo di Liguri (1), quivi raccoltisi 
in armi, fra cui è probabile fossero non pochi Bagienni (2); e 
in quella occasione gli Statielli, rimasti in pace, furono presi 
alla sprovvista e sottomessi. Fu allora che Alba e Pollentia (3), 
poste sul confine degli Statielli, caddero sotto Roma, per una 
invasione fin da quel tempo fatta sull’agro dei Bagienni da Po- 
pilio, desideroso di punirne la partecipazione alla guerra? Op- 
pure, se ancora non era Pollentia, non fu egli stesso a sceglierne 
il sito per porvi un forte presidio, atto a tenere in freno i Ba- 
gienni e a proteggere il domato paese degli Statielli dalle loro 
scorrerie ? (4). Ecco aperta così la questione dell’ origine di 
Pollentia. 


Il. 


Per ordine di tempo il primo antico scrittore che ricorda 
la nostra città è D. Bruto, in una lettera scritta nel 710 
d. R. (44 a. C.) da Pollentia a Cicerone (Cicer. Ad. Fam. XI, 
13). Plinio (23-79 d. C.) ne parla ponendola prima fra le mag- 
giori città della Liguria (Hist. Nat. III, 5, (7), 47), poi ricor- 
dandone le gregge e le lane (ib. VIII, 73, 8) e i calici (ib. XXXV 
47, 2). Marziale (sec. I d. C.) in Epigr. XIV, 157 e 158, Silio 
Italico (25-101 d. C.) in Punic. VIII v. 599, Columella (sec. I 
d. C.) im De re rust. VII, 2, 4, ne celebrano pure le lane e i ca- 
lici. Svetonio (75-160 d. C.) in De vit. Caés., Tib. 37 narra una 
sommossa dei Pollentini; la menziona tra le città mediterranee 
della Liguria sotto gli Apennini tra Vada ed Hasta Ptolemeo 
(II sec. d. C.) Fewrp. III, 1; ed Igino (sec. II d. C.) in De limit. 
agr. const. I, tab. 22 la ricorda coll’ errato nome di Opulentia. 


(1) “ In agro Statiellati , dice Livio, l. c., ma Statielli non erano i 
Liguri ivi convenuti e vinti, checchè ne dica il Fissore, op. cit., p. 15. 

(2) In vista del pericolo s’era raccolto l’esercito col concorso di più 
tribù, tra cui dei Bagienni, i più vicini e più potenti. 

(3) A queste città, dominanti l’ingresso alle valli della Stura e del 
Tanaro e al territorio Bagiennico, dovette spingersi Popilio, se volle uscire 
dal collinoso e arduo paese degli Statielli dopo d’averlo attraversato. 

(4) Amanti delle scorrerie erano i Liguri; cfr. FLoro, Epit. Rer. Rom., 
III, 2 e Livio, XXXIX, 1, che dice: “ propter domesticam inopiam vicinos agros 
incursabant , (ed. cit.). 


528 AGOSTINO MARIA MATHIS 


Per la battaglia del 402 d. C. sotto le sue mura ne tesse le 
lodi Claudiano (sec. V d. C.) in De Bello Get. vv. 635 sgg. e in 
Paneg. de VI cons. Hon. vv. 127 sgg. e 202 sgg.; ne parlano 
Cassiodoro (480-575 d. C.) in Chron. ad. ann.; Orosio (sec. V 
d. C.) Histor. adv. Pag. VII, 37; Prospero Aquitanico (sec. V 
d. C.) in Chron. ad. ann.; Jornandes (sec. VI d. C.) in De Reb. 
Get. XXX. Parecchie lapidi scoperte nel suo sito ne recano il nome. 

Tra i moderni la fecero oggetto di particolari studî G. B. Bo- 
nino (1634-1706) (1), il Durandi, op. cit., il Franchi-Pont, op. 
cit., il Deabbate (2), il Fornarese (3), il Casalis (4) e il padre 
F. Savio (5). Lunghissimo sarebbe poi l’elenco di tutti quelli che 
in qualche modo o solo per incidente ne parlarono, poichè le 
sue vicende, quasi luogo comune, trovansi ripetute più o meno 
a proposito dai più degli illustratori delle antiche città del Pie- 
monte cispadano, che spesso per sopperire alla deficienza di no- 
tizie proprie ricorsero alle altrui. 

Tutti però dell'origine di Pollentia dicono ben poco. Solo 
il Franchi-Pont la vuol fondata sul sito d’un fiorente pago li- 
gure da Fulvio Flacco nel 630 d. R. (124 a. C.): ipotesi che 
deduce da un’ imaginaria discesa di quel duce tra i Bagienni 
per il colle dell’Argentera, basandosi (6) su d’ una falsa iscri- 
zione di S. Dalmazzo il Salvatico. A. Della Chiesa (7) e più 
altri dopo di lui la credettero colonia deducta, male leggendo 
un passo di Livio (XLI, 27), in cui si parla di Potentia, non di 
Pollentia : errore già notato dal Bonino (8), che pure diceva 
strana l’opinione di chi (9) la faceva fondare da Pallante, figlio 
di Evandro. 


(1) Horae subces. II (Poll. civ. red. et Claud. a cens. vindic.), Salutiis, 1701. 

(2) Pegno d’incoragg. ai nuovi scavi di Pollenzo, Alba, 1825. 

(3) Cenni storici su Pollenzo, Alba, 1856. 

(4) Dizionario geografico storico ete., XV, p. 515. 

(5) San Vittore di Pollenzo etc. in Compte rendu du quatrième congrès 
scient. internat. des Cath., Fribourg (Suisse), 1898. 

(6) Op.»cit., pp. 380 sgg., iscrizione del Meyranesio, di cui mostrò la 
falsità il Mommsen: cfr. DessARDINS, Géograph. hist. et admin. de la Gaule 
Romaine, Paris, 1876, II, p. 256, not. 3; Manzone, op. cit., p. 52. 

(7) Dea Caiesa, Cor. Real. Torino, 1777, IT, p. 68. 

(8) Op. cit., II, Poll. civ. red. cap. 3, p. 263; seguìto dal NaLtino, 77 
corso dei fiumi EUlero, Pesio, ecc. Mondovì, 1788, p. 161. 

(9) F. Marazayna, Clyp. civ. Astens. Lugduni, 1656, p. 12. 


VICENDE DI ‘ POLLENTIA” COLONIA ROMANA IN PIEMONTE 529 


Il Durandi (1) la dice un'antica città, divenuta illustre sotto 
i Romani; il Manzone (op. cit., p. 56), dopo d’aver concluso che 
il tempo della sua fondazione è imperscrutabile, afferma che fu 
municipio, non colonia; l’Allais (op. cit., p. 198) invece la chiama 
colonia con Alba e Bene, senza dirne le ragioni. È incerto il 
Mommsen (2), benchè dica che da una sua iscrizione potrebbe 
trarsi argomento per crederla colonia. In generale gli storici, 
nell’attribuirle (3) o negarle tal qualità, si seguirono l’un l’altro, 
senza mai dare prove della loro asserzione e pensando quasi 
tutti che essa debba la sua origine ai Romani, o facendola fon- 
dare da Fulvio Flacco o da altri ignoti. Anche il Desjardins (4) 
nota che gli oppida în Liguria, ricordati dagli storici latini, non 
_sono da dirsi d’origine ligure o da Liguri abitati, se non con 
molta prudenza e ben di rado, poichè spesso di ligure non ave- 
vano che il sito. 

Se però nessun scrittore, nessuna iscrizione ci attesta che 
fu colonia, vi sono parecchie ragioni per ritenerla tale. 

Prima il nome suo merita speciale attenzione per essere 
d’etimologia e derivazione certamente latina, sia che derivi da 
polleo, sia da Pollia (tribù romana cui era ascritta Pollentia). 
E poichè talora Roma chiamò le colonie sue da vocaboli (5) 
indicanti forza, potenza, floridezza, mentre non c'è esempio, che 
sappiamo, di nome di colonia derivato da quello delle tribù 
di Roma, così ci pare che da polleo venga il nome di Pollentia, 
datole dai Romani per la bellezza del sito e per la speranza 
che in breve crescesse a grande potenza. Anche il Bonino (op. 
cit., II, p. 262) vuol derivarlo a pollendo, dalle parole di Clau- 


(1) Del Collegio dei Cacciatori ecc., p. 54. 

(2) Op. cit., V, pars II, p. 866 e iscriz. #5. n. 7619. 

(3) A cominciare dal Voersio, Hist. compend. di Cherasco, Mondovì, 1618, 
p. 8, da Mons. Paoro Brizio, Seraphic. Mon., II, p. 107, dal Bonino, op. 
cit. II, p. 263, da A. Della Chiesa, op. cit., II, p. 135, dal Nallino, op. cit., 
p. 161, ecc. 

(4) Op. cit., II, p. 105. 

(5) Così Potentia, col. ded. nel Piceno (Liv. XXXIX, 44); Florentia, col. 
ded. in Etruria (Vell. Pater. II, 72, 5); Valentia, col. ded. negli Abruzzi 
(Liv. XXXVII, 46); Vicentia, col. ded. nel Veneto (Vell. Pater. II, 72, 5); 
Pollentia, uno dei nomi di Pola nell’Istria, Colonia Iula Pola Pollentia Her- 
culanea; così Placentia, col. (Liv. XXXVII, 46); Fidentia, col. (Patere. II, 
72, 5) ecc. 


530 AGOSTINO MARIA MATHIS 


diano (De Bello Get. v. 636) “ o meritum nomen! felicibus apta 
triumphis ,; il Franchi-Pont (1) dalla dea Pollentia. 

È notevole poi l’ardore dei Pollentini pei giuochi gladia- 
torii, come si deduce dal fatto avvenuto sotto Tiberio (2), quando 
quella plebe costringeva colla violenza e con una sommossa gli 
eredi di un defunto primipilo a darne spettacolo, Deve pensarsi 
che solo in un popolo d’origine romana potesse esservi sì vivo 
amore per quei giuochi, cioè in un popolo che con sè aveva 
portate e mantenute le usanze. della madre patria, non nei 
Liguri di fresco domati e non tolti ancora ai loro usi e alla 
loro vita pastorale e quasi barbara. E in Pollentia pure, già ai 
tempi di Tiberio (3), sorgeva un anfiteatro ben vasto e in mu- 
ratura, mentre si sa che solo assai più tardi si prese a costrurne® 
nelle città di provincia; ma per noi e giuochi gladiatorii, tanto 
in voga al principio dell'impero, e anfiteatro, non posteriore a 
Tiberio, provano che i Pollentini erano Latini, non Liguri. Le 
rovine ancora, come si dirà, del cuniculo e del teatro della 
stessa epoca mostrano, che la città fu eretta in una volta, 
adorna di belli edifici, per opera ed uso di un potente nucleo di 
coloni fin dal tempo della repubblica. 

Inoltre una lapide, che pubblicò per primo il Franchi-Pont (4), 
scopertavi nel 1804, benchè guasta e monca, mostra che vi sor- 
geva un tempio alla Vittoria. e se ne ricava che qualcuno ne 
aveva fatte rifare le fondamenta e ornare il frontone di marmo, 
evidentemente per restaurarlo. Questi ristauri ad un tempio d’una 
dea Romana in un paese di tarda conquista, come ci fanno cre- 
dere che il tempio già esistesse da lunga data, così ci provano 
che fu eretto da Romani, non dagli indigeni che le deità latine 
ancora non conoscevano, in segno di gratitudine per qualche 
vittoria riportata in quelle vicinanze. L'età e il carattere  del- 
l’iscrizione indicano che i restauri si fecero forse nel secolo II 


(1) Op. cit., p. 335: ma tale tentativo di derivarlo dal nome della 
dea Vittoria, detta pure Pallantia, Pellonia, Pollentia, non regge. Il Tur- 
LETTI, Storia di Savigliano, Savigliano 1881, I, cap. I e l’Allais (op. cit., p. 24) 
credono che derivi dal nome della tribù Pollia. 

(2) Sveronio, De Vit. Caes., Tib., 37. 

(3) Promis, Storia dell’antica Torino, Torino, 1869, p. 89. 

(4) Op. cit., p. 491; Mommsen, op. cit., V, pars II, n. 7614. 


VICENDE DI ‘ POLLENTIA” COLONIA ROMANA IN PIEMONTE 581 


d. C. e la vittoria potrebbe essersi ottenuta sui Liguri (1); ma 
nulla essendovi di certo, ci sia lecito supporre che si tratti di 
quella di Mario del 652 d. R. (102 a. C.) sui Teutoni, la cui avan- 
zata poteva segnare una gravissima prova, se non la fine di 
Pollentia, posta proprio sulla strada che dalla Provenza per la 
Liguria dovevano tenere i barbari per venire nella valle del Po. 
I Liguri allora presero le armi con slancio in aiuto di Mario (2), 
o, più che i Liguri di fresco domati e decimati, i coloni Romani 
residenti in Liguria, giustamente, come i Pollentini, sgomentati 
del pericolo. 

Un'altra sua iscrizione (3) può dare, come nota il Mommsen, 
e dà un argomento per provare che Pollentia fu colonia, parlan- 
dovisi d’un T. TITIVS FELIX REATINVS TRIBV POLLIA, Che visse 
e morì a Pollentia, venuto da eate come colono. 

È pur da notarsi ancora la sua vicinanza ad Alba e Che- 
rasco, perchè Alba col nome suo (4) si fa credere antichissimo 
pago e Cherasco, anche più vicina a Pollentia, fu pure sede 
d’un pago, vi si trovarono iscrizioni, non fu della tribù Pollia ma 
della Camilia e il suo nome (5) con un suffisso -asco di forma 
comparativamente primitiva (che si trova solo nell’Italia supe- 
riore e pare originariamente proprio dei Liguri) presenta una 
radice pur ligure, cioè Kar o Kair, da cui Kuriascum o Kai- 
rascum (6), che si trova identica in Karrea (Chieri, altro pago 
ligure), in Kuristum, luogo degli Statielli, ed altri. Che se Alba 
e Cherasco erano ‘grossi pagi, è molto difficile che lo sia stato 
pure Pollentia, vicina ad ambedue e posta nel loro mezzo, tanto 
più che non troppo frequenti appaiono questi centri nei territori 
delle tribù: e se quei due conservarono il loro nome ligure, 
perchè Pollentia ebbe un nome latino? 


(1) Così vuole il Franchi-Pont, op. cit., p. 491. 

(2) PLurarco, Vit. Mar., XIX; è probabile che Mario andando in Pro- 
venza passasse per la Liguria e per Pollentia per ragion delle strade. 

(3) Mommsen, op. cit., V, pars II, n. 7619 e p. 866. 

(4) Il nome Alba fu comune fra le città più importanti dei barbari: 
efr. in Liguria Al/bingaunum e Albintimilium. 

(5) G. Frecnia, Di alcune forme di nomi locali nell’It. Sup. in * Atti 
dell’Accad. delle Scienze di Torino ,, Torino, 1873, t. XXVII. 

(6) Il sito dell’antico pago era nell'odierna regione di Rustia; ancor 
oggi Cherasco dai contadini è detta Kairasch. 


532 AGOSTINO MARIA MATHIS 


Da una famosa iscrizione (1) d’ Alba si ricava che Alba 
Pompeia, Augusta Bagiennorum, Genua e Aquae Statiellae erano 
municipii, di cui era patrono un tal Celso. Nulla v'è di Pollentia; 
ma quel Celso, che era patrono di tante città della Liguria, 
perchè non lo era pure della nostra ? .Se Pollentia fosse stata un 
municipio sotto il patrono Celso, il posto per il suo nome sarebbe 
stato fra i municipii e fra Alba e Bene, dove invece non c'è: 
essendo stata una colonia, è naturale che il nome suo manchi, 
come non vi si trova più per una lacuna alcun nome di colonie, 
secondo il Mommsen. 

Infine il Franchi-Pont (2) e il Manzone (3), notando che 
molti la dissero colonia per averla confusa con quella di Po- 
tentia nel Piceno, osservano che niuna lapide, nessun scrittore 
antico le dà tal titolo e affermano che municipio era dovuta 
diventare sotto Tiberio, come si rileva dal racconto di Svetonio 
(Tib. 37) di un tumulto accadutovi. In quel passo la città è 
detta oppidum e vi si parla di plebs pollentina ; ma oppidum era 
detto allora ogni luogo fortificato, anche colonia, e plebs desi- 
gnava il popolo minuto sia delle colonie, ‘che dei municipii e 
d’ogni città in contrapposto ai patres, equites, decuriones e. augu- 
stales. Del resto niuno dirà che sotto l'impero Pollentia non 
fosse municipio, sapendosi che dopo la lex Julia del 664 d. R. 
(90 a. C;) prima tutte le città d’Italia, e segnatamente le colo- 
niae latinae e gli oppida foederata, vennero fatte municipii con 
pieno diritto di cittadinanza, e che poi divennero tali tutte le 
città provinciali e le stesse coloniae deductae. Però niun valore 
ha in questo caso il passo di Svetonio, come nulla provano (4) 
i pochi nomi dei suoi magistrati pervenutici. 

Ma che Pollentia prima della municipalizzazione delle città 
italiche fosse colonia, fondata e popolata da Romani o Latini, 
ci persuadono non solo le suddette prove, ma anche il suo grande 
sviluppo fin dai tempi della repubblica e la sua posizione natu- 
ralmente strategica, all’incrociarsi di più strade importanti. 


(1) Mommsen, op. cit., tom. V, pars lI, n. 7153. 

(2) Op. cit., pp. 341 sgg. 

(3) Op. cit., p..57, not. 2. 

(4) È certo che niuna differenza di fatto esisteva tra i magistrati delle 
colonie e quelli dei municipii e dell'altre città antiche. 


VICENDE DI ‘ POLLENTIA” COLONIA ROMANA IN PIEMONTE 593 


Erano le colonie fortezze poste come giogo sui vinti in tutti 
i punti strategici, sulle grandi strade, in tutti i luoghi che era 
opportuno difendere o custodire, come propugnacoli e stazioni, 
che ‘arrestassero il nemico e vegliassero alla salute di Roma. 
“ Colonias sic idoneis in locis contra suspicionem collocarunt, ut 
esse non oppida Italiae, sed propugnacula Italiae viderentur ,, dice 
Cicerone (1); e Velleio Patercolo: “ Militarium coloniarum et causae 
et auctores ex ipsarum praefulgent nomine , (2). Il nome di Pol- 
lentia è latino ed ha significato militare ; causa della sua fon- 
dazione fu la difesa dei nuovi sudditi dalle scorrerie dei popoli 
vicini e il bisogno di tenere ben soggetti questi stessi sudditi 
ancora mal tolleranti il giogo ; fu la convenienza di aver sicure 
le strade principali della regione e mantenersene padroni col 
porre al loro incrocio un presidio ed'una’ città. Ottima stra- 
tegicamente era la sua posizione, sorgendo tra le Langhe, l’Asti- 
giana e la pianura del Piemonte, tra i due grossi pagi liguri 
di Alba e di Cherasco, ai confini di due tribù, degli Statielli e 
dei Bagienni, padrona delle strade conducenti a Vada Sabatia, 
al colle di Tenda, a Torino, ad Acqui e Tortona, per le quali 
aveva un ponte sul Tanaro (3). Quindi si comprende come 
D. Bruto (4) stimasse una vittoria l’ averla occupata prima di 
Antonio, i cui soldati pure avevano gridato di voler essere con- 
dotti a Pollentia, perchè da essa Bruto poteva impedire al nemico 
di ritornare nell'Italia superiore, come avvenne: Il fatto che i 
soldati di Antonio volevano andare a Pollentia, dimostra che 
sapevano di venire tra compatrioti in una città ben forte, da 
potervisi sostenere contro le soverchianti forze di Bruto. Ciò ac- 
cadeva nel 710 d. R. (44 a. C.), forse un cent'anni dopo la fon- 
dazione della colonia, quando essa, venuta meno la sua missione 
militare, già cominciava a spargere negli indigeni i germi della 
latina. civiltà  coll’amore a Roma e alle sue leggi, qual era 
l’altro fine di Roma :nel mandare colonie. 

Non sappiamo a che ragioni siasi appoggiato l’ Allais (op. 
cit., p. 24) scrivendo che fu fondata nel 573 d. R. (181 a. C.). 


(1) M. T. Cic., De leg. Agr., II, 28 (Ed. Miller, Teubner, Lipsia). 
(2) Velleii Paterc., I, 14 (Ed. Haase, Teubner, Lipsia). 

(3) Intorno all’esistenza di questo ponte, cfr. infra Cap. V. 

(4) M. T. Crc., Epist. ad fam., XI, 13. 


534 AGOSTINO MARIA MATHIS 


È in errore, come si è detto, il Franchi-Pont (1) che la vuol 
fondata nel 630 d. R. (124 a. C.). Il Durandi (2) la dice non 
anteriore al 580 d. R. (174 a. C.) e siamo noi pure del suo pen- 
siero, facendo risalire però l’arrivo dei coloni a Pollentia agli 
anni immediatamente successivi alla conquista degli Statielli, 
e forse anche prima delle guerre Bagienniche, per cui già la 
nuova colonia servì di base e di aiuto agli eserciti romani, fra 
il 173 e il 150 a. C. 

Sarebbe ben difficile dire se sia stata colonia. deducta, la- 
tina o militaris, nè tenteremo cercarlo, bastandoci l’ aver. pro- 
vato che la sua origine è dovuta a Romani o a Latini, venuti 
in numero sufficiente per fondare una bella città e per dare pace, 
vita e civiltà a quell’ angolo del bel paese, ma partiti forse 
senza l'apparato di solennità accompagnanti di solito la. dedu- 
zione delle colonie. 


III. 


Tutti gli storici moderni sinora riconobbero nel borgo Pol- 
lenzo (Bra) le rovine dell’oppidum da Plinio e Ptolemeo posto 
tra i maggiori della Liguria, eccetto il Dionisotti (3) che, per 
trovare geograficamente in ordine un sito (4) ad ogni città del- 
l'elenco pliniano, pone la Pollentia di Plinio (II, 5 (7), 49) a 
Polonghera (5) (Saluzzo). Poi altrove, tacciando di leggerezza i 
dotti fermatisi a Pollenzo (Bra), egli afferma pure che nel Ver- 
cellese fu una Pollentia romana (mod. Lenta) (6), le cui lane e 


= 


(1) Op. cit., pp. 330 sgg., per il quale i Romani sarebbero venuti nel 
detto anno ad abitare e trasformare la città ligure preesistente. 

(2) Del Collegio ecc., p. 54, not. 6; per noi però la città fu fatta dai 
Romani e non solo popolata da essi più tardi. 

(3) C. DronisortTI, Studi di Storia patr. Subalp., Torino, 1896, pp. 26 sgg. 
e Illustrazioni storico-corogr. della regione Subalp., Torino, 1898, pp. 75 sgg. 

(4) È certo che Plinio nel suo elenco non seguì ordine alcuno, se pure 
non volle ricordare le città per ordine di importanza, o se la colpa non è 
dei copisti. 

(5) Grosso Borgo sul Po (lat. Polungaria), come vale lo stesso nome, 
d’origine medievale e non romana; nè può il nome suo derivare da Pollentia. 

(6) Niun autore, niuna lapide, nulla mai provò che Lenta fosse città 
romana di nome Pollentia; impossibile è poi la caduta della prima sillaba 
del nome; nelle più antiche carte è già detta Lenta, come in una donazione 
imperiale del 1152 e in una bolla di Urbano III del 1186, cit. dal Dioni- 
sotti stesso. 


VICENDE DI ‘ POLLENTIA” COLONIA ROMANA IN PIEMONTE 535 


calici sono ricordati da Plinio, Marziale, Silio e Columella: ma 
ragioni non trova a pro del suo grosso errore. 

In un passo omai celebre per dotte discussioni, Claudiano (1) 
dà ad una sola Pollentia il vanto d’aver vista la sconfitta di due 
dei più tremendi nemici di Roma, i Cimbri ed i Goti. In gene- 
rale i dotti s’accordarono nel porre la vittoria di Mario (2) a 
Vercelli, ma non nello stabilire per qual via irrompessero i 
Cimbri in Italia. Se, come pare, scesero dal Sempione (3), ci 
sembra che troppo breve cammino avrebbero fatto nella marcia 
loro di ricongiungimento coi Teutoni, qualora si pensi al lungo 
tempo avutone, prima che Mario, tornato da Roma, radunasse 
le legioni. 

Stravaganti le conclusioni del Franchi-Pont (4), fatte per 
conciliare l’asserzione di Claudiano con le attestazioni di Plutarco 
e Floro ; incerto il Fissore (op. cit. p. 27). Cercò difendere Clau- 
diano il Bonino (5), sostenendo in un luogo che lo scontro av- 
venne presso la nostra Pollentia, poi anche supponendo altrove 
due fazioni contro i Cimbri, di cui l’ una sarebbe avvenuta a 
Pollentia e l’altra presso Vercelli. Le sue ragioni, benchè non 
decisive, sono fondate non solo sulla esplicita attestazione del 
Cantore d’Onorio (non solito ad errare in materia storica e geo- 


(1) De Bell. Get., vv. 642 sgg. (ed. Koch, Teubner, Lipsia, 1893): 


“ Cimbrica tempestas . 
“ isdem procubuit campis 


“In 


“ Hic Cimbros fortesque Getas, Stilicone peremptos 
et Mario, claris ducibus, tegit alma tellus ,. 

(2) V. De Vir, Della via tenuta dai Cimbri ecc. in “ Atti Accad. delle 
Scienze di Tor. ,, XXVIII, p. 166; D. CarutTI, Della calata dei Cimbri in 
Italia, in “ Arch. Stor. It. ,, Ser. III, t. II. 

(3) Promis, op. cit., p. 53; UntERsTEINER, Scritti di Storia Trident., Mi- 
lano, 1896, pp. 40 sgg.; BrancHEtTI, Storia dell’Ossola infer., I, p. 51; Dro- 
NISOTTI, Studi ecc., p. 32. | 

(4) Op. cit., p. 357: secondo il quale, Claudiano, con licenza invero più 
che poetica, la minaccia dei barbari d’invadere la Liguria Cisalp. tenne 
quasi come un fatto successo, e, perchè i Liguri Bagienni e forse anco i 
Pollentini ebbero parte nelle vittorie di Mario, riferì il poeta ad un 
tratto a Pollentia, come a città precipua d’essi, l’aver vista la sconfitta 
dei Cimbri. 

(5) Op. cit., II, Poll. civ. red., p. 270 e Claud., p. 277. 


596 AGOSTINO MARIA MATHIS 


grafica ‘è per nulla interessato a trasporre, con evidente peri- 
colo di esserne ripreso, il luogo d’una battaglia troppo nota), 
ma anche sul comune di Rodi, sorgente su d’un basso colle 
nella valle del Tanaro, quasi a mezza strada tra Pollenzo ed 
Alba: comune che benissimo può derivare il nome suo da 
Raudium, poichè è certo che la pugna, per concorde attestato 
di Floro, Patercolo e Aurelio Vittore, avvenne ad campum 
Radium (1), senza che poi ben si sappia presso qual grossa 
città (2). Ancora sono per noi importanti il tempio alla Vittoria, 
che sorgeva in Pollentia molto probabilmente fin dal tempo della 
repubblica e il vicino colle di S. Vittoria. Questo, posto di 
fronte a Rodi e Pollentia sulla sinistra del Tanaro, il più alto 
ed il più aguzzo del tratto di valle, sembra ricordare una vit- 
toria, o quella posteriore di Stilicone (3), o quella di Mario. Di 
costui sappiamo che dopo la battaglia di Aquae Sextiae chiamò 
della Vittoria (4) il monte più alto sovrastante al campo della 
lotta: campo descritto minutamente da Plutarco, scelto con arte 
e atteso con maggior pazienza da Mario per assalirvi i nemici, 
e rassomigliante mirabilmente alla valle del Tanaro, nel tratto 
tra Pollenzo ed Alba intorno a Rodi. 

Finora i dotti non badarono molto all’asserzione di Clau- 
diano, ma credettero di dare maggior peso alle parole di Plu- 
tarco e di Floro. Senza pretendere di risolvere la questione, 
siamo lieti di aver esposte le ragioni che stanno per Pollentia 
e per Claudiano, non inventando col Bonino una battaglia se- 
condaria, nè seguendo il Franchi-Pont nella sua spiegazione, 
o il Dionisotti (5), che alla sua Lenta ascrive le due battaglie, 
sia quella coi Cimbri, che quella di Stilicone coi Goti. Aggiun- 
giamo che, come attesta Plutarco (Mar., XIX), i Liguri furono 


(1) FLoro, Epit., III, 3; Parerc., II, 72, 5; Aur. Virr., De viris iMustr. 
in Mario. 

(2) Pur essendo più probabile Vercelli, recentemente G. Lopi, Mantova 
e le guerre merid. nella valle del Po, Bologna, 1877, la pone nel Mantovano; 
Oserziner C., I Cimbri ed i Teutoni contro i Galli ed i Romani, Arch. di 
Trento, 1885 e 1889, nella valle dell'Adige; Pars E., Dove e quando i Cimbri 
abbiano valicato le Alpi ecc. Torino, 1891, a Brescello. 

(3) Savio, op. cit., p. 9. 

(4) DessARDINS, op. cit., II, p. 327. 

(5) DronisorTI, I Reali d’Italia antichi e moderni, Torino, 1893, p. 76. 


VICENDE DI ‘ POLLENTIA” COLONIA ROMANA IN PIEMONTE 537 


i primi dell’ esercito di Mario e che, per la sua posizione 
strategica e per le due strade da essa conducenti al colle di 
Tenda e a Vada Sabatia, Pollentia dovette avere parte capitale 
nella preparazione della guerra coi Teutoni e nelle operazioni 
di essa. 

Nelle guerre civili dopo la morte di G. Cesare vi avvenne 
una fazione (1) tra D. Bruto e Antonio. Antonio vinto a Modena 
tentava fuggire nella Gallia transalpina per le Alpi marittime, 
ma giunto a Vada Sabatia, senza mai essersi fermato (2) in alcun 
luogo prima di pervenirvi, una parte dei suoi soldati, guidati da 
Ventidio, si rifiutò di seguirlo e, al grido di voler vincere o morire 
in Italia, chiese d’essere condotta a Pollentia. Antonio cedette 
al loro volere: ma Bruto, che l’inseguiva ed era giunto ad Aquae 
Statiellae, saputa la cosa, decise d’impedire ad Antonio di pren- 
dere Pollentia, da cui questi poteva o entrare in Gallia per Alpem 
Cottiam, o tornare nella valle del Po e riunirsi a Lepido. To- 
gliergli d’occupare Pollentia equivaleva a chiuderlo nella valle 
superiore del Tanaro e costringerlo a ritornare sui suoi passi, 
a Vada Sabatia. Ottenne Bruto (3) l'intento : cinque sue coorti 
giunsero a Pollentia un’ ora prima della cavalleria d’ Antonio, 
guidata da Trebellio, che dopo breve lotta, perduta ogni spe- 
ranza di prendere la città anche per l’imminente arrivo di tutto 
l’esercito di Bruto, retrocedette. Non ci pare che abbia potuto 
saccheggiare Alba, come afferma il Fissore (p. 28) senza prove, 
desumendo la notizia dal Deabbate (4), perchè ad Alba passava 
appunto la strada tenuta-da Bruto, che veniva verso Pollentia 
seguendo il tronco (5) Aquae Statiellae- Alba- Pollentia. 

Così pure, basandosi su una falsa iscrizione, afferma il 
Deabbate che l’imperatore Augusto fece una visita ad Alba e 


(1) Crc., Ep. ad fam., XI, 14, 4; Philipp., II, 6, 14. 

(2) PLinio, Hist. Nat., III, 5. 

(3) Cic., Ep. ad fam., XI, 13, in cui Bruto scrive: “ în Roc enim vieto- 
riam puto ,. 

(4) Draspare V., Studi geniali, Alba, 1818 (cit. dal Fissore, op. cit., 
p. 28). 

(5) Momxsen, op. cit., V, p. II, Aquae Statiellae, p. 850; il Franchi-Pont 
narra il fatto con molte inesattezze ed erra anche sulla via seguìta da 
Bruto nel venire a Pollentia (op. cit., pp. 365 sgg.); A. Derra Cairsa, Cor. 
Real., p. 68, lo dice avvenuto a Pallanza. 


Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 36 


538 AGOSTINO MARIA MATHIS 


quindi anche, per la vicinanza e per le strade, a Pollentia : la 
cosa non ha fondamento e la riporta dal Vernazza il Fissore (1). 

Poco dopo, Pollentia diede a Tiberio l'occasione di mostrare 
quale fosse il suo rigore nel punire ribellioni; Svetonio cita 
(Tib. 37) il solo suo esempio come il più memorando della cru- 
deltà di lui e pare v’accenni anche Seneca (2). La plebe Pol- 
lentina, che l’amore ai giuochi gladiatorii aveva portato da Roma, 
pretendeva che gli eredi d'un dovizioso primipilo morto promet- 
tessero di darne uno spettacolo nell’anfiteatro e s’ opponeva ‘al 
passaggio del corteo funebre sulla piazza. Come ciò seppe Ti- 
berio, spedì una coorte da Roma ed una ne mandò il re Cotto, 
le quali, entrate d’improvviso e senza sospetti nella città per 
varie porte, arrestarono la più parte della plebe e dei decurioni, | 
gettandoli “ in perpetua vincula ,. 

Non abbiamo quindi più notizie di Pollentia che ai tempi 
di Costantino, quando divenne sede d’una stazione (3) di Sar- 
mati. Il suo territorio era sì vasto, che non s'ha a stupire che 
dei Sarmati fossero mandati a coltivarne una parte; e gravi 
rovine non erano toccate alla nostra città, che sorgeva nel lembo 
più quieto dell'impero, come vuole inutilmente supporre il Franchi- 
Pont (p. 381) per spiegare la loro venuta. Coll’obbligo del ser- 
vizio militare erano posti quei barbari, dove più scarsa era la 
popolazione rurale e più estesi i terreni incolti : il praefectus (4) 
stava a Pollentia e sparsi per il suo territorio erano i Sarmati, 
di cui restano vestigia certe nei nomi di Sarmassa (regione del- 
l’agro Pollentino) e di Salmour (5) (Sarmatorium). 

Ma prima che cadesse l’ impero, sopraggiunse a Pollentia 


(1) Op. cit., p. 24, che cita il Drassate in Studi gen. e il VernAZZzA in 
Osservaz., ms. ined. 

(2) De Ira, I, 2 “ plebs immisso milite contrucidata , (ed. Haase, Teubner, 
Lipsia). 

(3) Notitia occid., p. 121. 

(4) Promis, op. cit., p. 97. 

(5) Mon. Hist. Patr., Chart. I; 100, n. 59, ann. 901: cfr. G. B. ApRrIANI, 
Degli antichi Signori di Sarmatorio ecc. Torino, 1853, p. 7; Branco G., Ort- 
gine storica di Borgo Sarmatorio, Torino, 1869. Forse Sarmatorium, tra Che- 
rasco e Fossano sulla Stura, se già non era prima, prese nome dai Sarmati 
venutivi dopo la distruzione di Pollentia. Prova più evidente non se ne po- 
trebbe avere; pure il Dronisorti (Studi di Storia ete., p. 26) vuole ancora a 
Lenta posta tale stazione senza ragione alcuna! 


VICENDE DI ‘ POLLENTIA” COLONIA ROMANA IN PIEMONTE 539 


l’estrema rovina, essendo da attribuirsi ai Goti, disfatti sotto 
le sue mura, la sua distruzione, sulla quale già si fecero tante 
ipotesi, che non è il caso di registrare. Quella (1) che Ala- 
rico sia tornato alcuni anni dopo la sconfitta per vendicarne 
l’onta colla rovina della città, nel 408 secondo i più e nel 412 
secondo altri, e quella (2) che la rovinassero gli Astesi nel 1060 
o nel 1282, furono le più ripetute, benchè errate. 

Per allontanare i Goti da Milano e dai passi dell’Alpi cen- 
trali e specialmente Tirolesi, per cui Stilicone faceva scendere (3) 
le sue milizie, Onorio s’ era mosso verso la Gallia per la via 
Julia Augusta, la più breve per giungere e al mare e in Pro- 
venza. Ma ad un tratto, o ad arte per consiglio del suocero, 
o per la paura di trovarsi la via preclusa dai nemici che l’in- 
seguivano, aveva mutato pensiero, rinchiudendosi in Asti. Non 
potendo Alarico nell’inseguimento tenere la stessa via (che do- 
veva certamente essere difesa (4) da milizie imperiali pro- 
teggenti la fuga del principe), è assai probabile, per non dire 
certo, che abbia concepito il disegno di raggiungere Onorio in 
Liguria per l’altra strada, che dalla Lombardia metteva a Torino 
e da Torino a Pollentia: in tal modo o l’ avrebbe accerchiato 
e chiuso fra i colli dell’Astigiana, o raggiunto presso la Gallia. 

Ma appena seppe che il timido Onorio s'era chiuso in Asti, 
si diresse su questa città, nella speranza d’indurre (5) l’impe- 
ratore ad aderire alle sue richieste, e insieme fece validamente (6) 
occupare da una parte dei suoi il ponte sull'Adda e le rive del 
fiume, per impedire a Stilicone d’avanzarsi. 


(1) Memoriale di R. Turco, p. 191, in Pasini, Cod. ms. Biblioth. Reg. 
Taur. Ath., vol. II; Voersio, op. cit., pp. 18 sgg.; Bonino, op. cit., II, p. 274; 
Grassi, Storia della città d’Asti, Asti, 1890, I, p. 60; Turletti, op. cit., I, cap. 1; 
Franchi-Pont, op. cit., p. 391, ecc.; ma non pensarono costoro che nel 408 
Alarico era presso Roma e che nel 412 era già morto. 

(2) Cfr. (Gasorro F., Ricerche ie studi sulla Storia di Bra, Bra, 1892, I 
cap. III; Manzone, op. cit., p. 158: dai Cronisti Astesi ci venne la fiaba 
della sua distruzione verso il 1060 (cfr. Morina, Notizie storiche e profane 
d’Asti, Asti, 1774, II, p. 7, e Grassi, op. cit., pp. 90 sgg.). Sostenne la di- 
struzione nel 1282 il prof. Gabotto, l. c., ma proveremo errata la sua ipotesi. 

(3) Crauprano, De Bello Get., vv. 414 sgg. 

. (4) La difesa era facile, poichè la strada passava per un paese assai 
collinoso. 

(5) CLaun., De VI Cons. Honor., vv. 445 sgg. 

(6) CLaun., De VI Cons. Honor., vv. 467 sgg. e v. 481. 

x 


540 AGOSTINO MARIA MATHIS 


Che via abbia egli seguita per muovere su Asti, non si sa 
bene. Da Torino una strada breve, ma difficile (1) e non adatta 
al passaggio d’un grosso esercito, conduceva bensì a quella città ; 
ma se è possibile che per essa un corpo di Goti s° inoltrasse 
subito verso Asti, è pure credibile che Alarico si spingesse fino 
a Pollentia, non solamente se egli, secondo il suo piano d’accer- 
chiamento, mirava ad impedire la fuga dell’imperatore in Gallia, 
ma anche nel caso che pensasse (2) solo d’accostarsi ad Asti, 
per porle più o meno stretto assedio. 

Non consta in alcun modo che Pollentia in quel momento 
fosse occupata da milizie imperiali, in tanto numero da potersi 
opporre all’entrata dei Goti nella valle del Tanaro, nè si può ne- ‘ 
garlo assolutamente. Tuttavia la grande scarsezza di milizie, in 
cui si trovava (8) Stilicone, l’essere rapidissimamente Alarico 
giunto sotto Asti, la considerazione, che scopo dei Goti era di 
sorprendere al più presto Onorio e farlo prigione, non di assalire 
e distruggere una città, ci persuadono che Pollentia non ebbe 
molto a soffrire di queste mosse dei Goti; e non possiamo, senza 
fondamento, supporre nè un assedio, nè un assalto della nostra 
città, nè la sua distruzione, molto prima della battaglia ivi av- 
venuta e anche innanzi all'assedio d’Asti: in Claudiano nulla 
vi accenna. 

Conoscendo l’animo d’Onorio, Alarico dapprima minacciò (4) 
di cingerlo di stretto assedio; poi la minaccia mandò ad ef- 


(1) Cfr. Savio, op. cit., p. 9, che afferma probabile che Alarico rifug- 
gisse dall’addentrarsi tra i colli Astigiani, pieni di difficoltà pel viaggio di 
un grosso esercito. 

(2) Anche nel caso che già Onorio si fosse chiuso in Asti e non abbia 
Alarico mai pensato di raggiungerlo fuggiasco, tuttavia anche fino a Pol- 
lentia dovè spingersi, perchè delle tre strade che mettevano ad Asti, l’una 
era chiusa dagli imperiali, l’altra era troppo difficile, mentre la terza, per 
Pollentia, pure essendo di poco più lunga, era comoda, facile per la valle 
del Tanaro e serviva assai bene a circondare anche solo da lontano Onorio, 
quale era il primo progetto d’Alarico, quando ancora credeva di intimorirlo 
colle sole minaccie. 

(3) Lo ammette Craup., De Bello Get., vv. 414 sgg. e poche forze dispo- 
nibili aveva con sè Onorio. a 

(4) Cfr. Craun., De VI Cons. Hon., v. 446, dove Onorio dice: 


“ meque minabatur calcato obsidere vallo ,. 


VICENDE DI ‘ POLLENTIA” COLONIA ROMANA IN PIEMONTE 541 


fetto (1), quando vide respinte le sue domande, e l’assediò, ma per 
breve tempo, nella vindice Asti, poichè Stilicone, temendo della 
viltà del suo genero, con pochi dei suoi passava a nuoto l’Adda (2), 
con fulminea corsa “ stricto prosternens obvia ferro , (3) rom- 
peva (4) la linea dei nemici e giungeva ad Asti, fra la gioia 
“ obsessi principis , e lo stupore dei Goti. Seguivano Stilicone 
le raccolte milizie, da ogni parte ad Asti convergenti, dinnanzi 
alle quali i barbari minacciati e troppo dispersi si ritirarono 
nella direzione opposta a quella che tenevano le milizie Ro- 
mane (5) nel concentrarsi, e giunsero ben presto a Pollentia, a 
cui li conduceva da Asti un'unica strada fra alti e selvosi colli, 
passando per Alba. Fu in questa ritirata che Alarico passò 
l’Urbem, avverandosi, dice Claudiano (6), la profezia fattagli 
che sarebbe giunto fino “ ad Urdem ,, non Roma, bensì il Borbore 
affluente “ miri cognominis , del Tanaro secondo gli storici Astesi; 
i quali sono in errore quando, in troppo stretto senso interpre- 


(1) Onorio “ fretus duce venturo , (CLaup., De VI Cons. Hon., v. 450), 
non cede ed è assediato, come bene lascia capire il racconto e come dice 


egli stesso: 
“ 


ib. vv. 458-4; lo dice Stilicone, quando grida ai suoi soldati: 


pinne obsessi principis armis 
excusate nefas ..... i 


(1 


(De Bello Get., vv. 561-2); lo fanno supporre le frasi ° moenia vindicis 
Astae , (De VI Cons. Hon., v. 203) e “ barbara fulmineo secuit tentoria 
cursu , (ib. v. 469): lo ammettono il Mommsen, C. I. L., V, pars II, p. 857; 
il Grassi, op. cit., I, pp. 58-9; il VassaLLo in Le mura della città d'Asti, 
nota in fondo al vol. II del Grassi, op. cit., ed. 1890, e moltissimi altri. 

(2) CLaup., De VI Cons. Hon., vv. 488-9. 

(3) CLaun., De VI Cons. Hon., vv. 456-7. 

(4) Che Alarico avesse cercato di chiudere la via a Stilicone sull'Adda, 
dice CLaun., De VI Cons. Hon., vv. 456-7 : 


(14 


(5) Scendenti specialmente dall’Alpi centrali e dalla Gallia per la valle 
d'Aosta. 

(6) Craun., De Bello Get., vv. 547 sgg.; cfr. Franchi-Pont, op. cit., p. 388; 
Grassi, op. cit., I, pp. 60 sgg. e Vassarto, Pietro II di Savoia, Asti, 1873, 
p. 50, ecc. 


542 AGOSTINO MARIA MATHIS 


tando un passo di Claudiano (1), sacrificano a questa spiega- 
zione della profezia la verità storica, tentando di porre la bat- 
taglia fra i Goti e Stilicone presso questo Borbore stesso. Ma 
non è il caso di dir di più, poichè altrove troppe volte (2) Clau- 
diano medesimo afferma presso Pollentia combattuta la battaglia: 
nè tra la liberazione d’Asti e la disfatta dei Goti passò gran 
tempo, poichè dice Claudiano (3) che in un solo inverno Stili- 
cone finì tanta guerra. | 

Soffermossi Alarico a Pollentia prima di scegliere strada 
e direzione, per conoscere le intenzioni dell’ avversario e cele- 
brarvi la Pasqua. Ma Stilicone, sbucando d’un tratto fuori dai 
colli tra S. Vittoria (4) e Pocapaglia, faceva piombare sui Goti 
impreparati, nel dì stesso di Pasqua, la sua cavalleria Alana (5), 
che poco mancò facesse prigione (6) lo stesso Alarico e tanta fu 
la rapidità dell’assalto dato da Saulo cogli Alani, che perdette 
il contatto con Stilicone e ne fu vittima. Alla cavalleria venne 
in soccorso colle legioni Stilicone e forse vinse la battaglia, 
intorno a cui sono incerte le antiche testimonianze. 

Cassiodoro infatti, col suo compendiatore Jornandes, ricorda 
la piena disfatta di Stilicone; Prospero Aquitanico e Orosio dicono 
la pugna d’esito dubbio (7); Claudiano proclama vincitore Stili- 
cone. Forse dapprima i Goti, presi (8) alla sprovvista e “ propter 
religionem , (9) cedettero, e poi rinfrancatisi tennero testa a Sti- 
licone e forse lo respinsero ; però pei Romani i frutti della pugna 
furono come quelli di una grande vittoria ; i Goti si ritirarono 
verso l’Apennino (10), lasciando bottino e prigionieri, e comune- 
mente si ripete che vinse l’esercito imperiale. 

Qual fu la sorte di Pollentia ? Forse irati pel fallito assedio 
d’Asti, i Goti prima della battaglia l’avevano distrutta o per dare 


(1) CLaup., De Bello Get., vv. 553 sgg. 

(2) CLaup., De VI Cons. Hon., v. 127, 202, 281, ecc. e De Bello Get., 
vv. 635 sgg., ecc. 

(3) CLaun., De Bello Get., v. 151. 

(4) Savio, op. cit., pp. 9-10. 

(5) CLaun., De VI Cons. Hon., vv. 237 sgg. e De Bello Get., vv. 554 sgg. 

(6) Craun., De VI Cons. Hon., vv. 228 sgg. 

(7) Così pure il Mommsen, C. IZ. L., V, pars II, p. 866 etal. 

(8) Cfr. Craun., De VI Cons. Hon., vv. 223 sgg. 

(9) Orosro, adv. Pag. Hist., VII, 37. 

(10) Craup., De VI Cons. Hon., v. 286. 


VICENDE DI ‘ POLLENTIA” COLONIA ROMANA IN PIEMONTE 543 


come uno sfogo alla loro ira, o per vendicare l'opposizione incon- 
tratavi da parte di cittadini o di milizie, quivi giunte nella loro 
marcia verso Asti in soccorso di Stilicone, che le aveva richia- 
mate da ogni provincia dell'impero ? Potrebbe essere ; ma il fatto 
che Alba, incontrata prima di Pollentia dai Goti, non soffrì alcun 
male ; la voce, assai verosimile, che molti Pollentini al loro 
arrivo siano fuggiti; la scarsità delle forze imperiali, che erano 
inoltre raccolte in Lombardia, non in Liguria; la ristrettezza 
della valle del Tanaro e in ispecie quella del sito, ove avvenne 
la pugna, tra la città ed i colli, fanno ritenere per certo. che 
Alarico si era reso padrone della città (1) senza contrasti. 

Ed appunto perchè non consta che Alarico abbia avuto 
motivo di infierire contro Pollentia, nè abbia trovato chi volesse 
opporglisi e chiudergli il passo, s' ha da ammettere che la di- 
struzione avvenne durante e dopo la battaglia. La pugna infatti 
si svolse in due fasi, di cui la prima favorevole ai Romani e 
la seconda una ripresa, una rivincita dei Goti riordinatisi, dopo 
che già avevano quasi perduto il loro duce e presa la fuga, 
nell’assalto furioso della cavalleria Alana e Romana. Assaliti 
dal lato settentrionale, essi, che occupavano la pianura sten- 
dentesi dai colli, donde venne l’ assalto, alla città, dovettero, 
vinti, ripararsi nella città, col sostegno della quale resistet- 
tero agli imperiali e ripresero animo, nè da essa poterono 
essere scacciati, perchè non può pensarsi che venissero ribut- 
tati nel Tanaro, che le scorre sotto e che di primavera è 
così grosso da non essere certo guadabile. Quindi è che di Pol- 
lentia necessariamente rimasero padroni i Goti anche dopo la 
battaglia, che nella sua prima fase s'era svolta sopratutto sotto e 
dentro le sue mura: e Pollentia “ memorabile bustum barbariae , (2) 
dovè perire, come suona la frase di Claudiano, per mano dei 
Goti, che la rovinarono del tutto e l’arsero (dustum), vivamente 
adirati per non essersi potuti preparare alla lotta a causa d'un 
complesso di fatti e circostanze loro fatalmente sfavorevoli, per 


(1) Claudiano non accenna a nessun fatto d’arme prima della grossa 
battaglia, nè di Pollentia distrutta parla se non dopo d’essa. 

(2) CLaun., De Bello Get., v. 638: Bustum ritiene qui il proprio ed 
etimologico senso di “ incendio, distruzione per mezzo di incendio , e quindi 
anche di “ città e avanzi di città rovinata ed arsa ,, nel qual senso l’usa 
anche Plinio. 


544 AGOSTINO MARIA MATHIS 


essere stati sorpresi, mentre celebravano la Pasqua, e per aver 
perduta con molti guerrieri la battaglia. La città, testimone della 
disfatta, abbandonata naturalmente (1) dagli abitanti e già assai 
malconcia per la lotta svoltasi anche fra le sue mura, perì per 
vendetta e per dar tregua e sfogo all'ira dei Goti, che n'erang 
in' possesso. 

Nè mai più tardi tornarono essi a vendicarsi di Pollentia ; 
onde è del tutto fantastico l’assedio d’un anno e più postole da 
Alarico, che, secondo il R. Turco (2), non avrebbe presa la città, 
se una vecchia Pollentina non l’avesse tradita (3). 

Fu violentissima di certo la sua distruzione, sì che nulla 
più ne rimase, eccetto qualche rudere dei più robusti edifici : 
poichè le tante monete e gli oggetti d’ ogni specie, che vi si 
scavano tuttora a poca profondità anche solo pei lavori cam- 
pestri, provano all'evidenza che la distruzione sorprese improv- 
visa i cittadini, che non ebbero tempo di portare in salvo so- 
stanze e ricchezze, se salvarono la vita. Che poi ai barbari e 
ai Goti sia dovuta la sua rovina, ci attestano e la costante tra- 
dizione e i cronisti più antichi (4) e quasi tutti gli storici : d’al- 
lora in poi essa non fu che un villaggio e già nel Medio Evo 
dell'antica città si serbava solo un lontano ricordo. 

Avvenne la battaglia e la distruzione di Pollentia o il 6 aprile 
1402. o il 29 marzo 403, il dì della Pasqua : delle quali date è 
più accettata (5) la prima, sapendosi che Alarico (6) nel 401 


(1) Se anche in essa s’erano accampati i Goti, avendone preso possesso, 
come esigeva pure la ristrettezza della valle tra i colli e la città, nessun 
dubbio che i cittadini non se ne fossero fuggiti al loro arrivo. 

(2) Pasini, op. cit., vol. II, pp. 190-91. 

(3) Di questa leggenda, nonchè della favola del condotto sotterraneo, 
per cui i Pollentini ricevevano i viveri durante l'assedio (cfr. Manzone, op. 
cit., p. 132), e del cavallo che coll’unghia lo scoperse agli assedianti e della 
fuga miracolosa dei Pollentini, andiamo debitori al cronista astese; cfr. For- 
narese, op. cit., p. 17 ecc. e Gabotto F., op. cit., I, pp. 73 sgg. 

(4) Chron. Noval., V, 81 (Mon. Hist. Patr. Script., III, 1146 e ediz. Crpota, 
Fonti per la Storia d’Italia, pag. 270); Chron. Imag. Mundi (ib. Script. III, 1415). 

(5) Muratori, Annali, all'anno 402. 

(6) Alcuni scrittori indicavano l’anno 404 (Bonino, op. cit., II, p. 273), 
non pensando che fu quello del sesto consolato d'Onorio, per cui già Crau- 
piano in De VI Cons. Hon., v. 127 (ed. cit.) cantava: 

“ Iam Pollentini tenuatus funere campi 
turpe retexit iter..... - 
e che già era pure avvenuta la battaglia di Verona (Claud., ibid. v. 202). 


VICENDE DI ‘ POLLENTIA” COLONIA ROMANA IN PIEMONTE 545 


invase l’Italia e si spinse quasi subito fino ad Asti e Pollenzo, 
e che Claudiano dà il vanto a Stilicone d’aver vinta la guerra 
in un inverno (1): per la seconda sta il Mommsen. 


IV. 


Colla compiuta conquista della Liguria venne meno la mis- 
sione militare di Pollentia, ma sotto l’influsso e l'esempio dei 
suoi coloni si videro ben presto sorgere nuove città, svilupparsi 
le antiche, progredire l’agricoltura e le industrie e i popoli vinti 
vivere quieti godendo fidenti i frutti d’una certa pace. La nostra 
città, che fiorà quindi prima delle altre della regione, fornita 
ben presto di pubblici edifici e favorita mirabilmente nella co- 
struzione delle nuove strade, era sulla sinistra del Tanaro, in 
luogo basso (2) e cinto d’ogni lato a varia distanza di alti colli. 
Dalle rovine e tracce dei suoi edifici si vede che fu estesa assai 
e potè contare, nel suo maggior fiore (3) tra Augusto e gli An- 
tonini, venti mila abitanti. Vastissimo poi il suo territorio (4), 
non verso levante per la vicinanza d’ Alba, nè verso ponente 
per quella di Cherasco e Bene-Vagienna, ma verso nord e nord 
ovest, dove niun’altra città s’incontrava per lungo spazio, com- 
prendendo i colli di S. Vittoria, Monticello, Pocapaglia, Som- 
mariva-Perno, Bra, Sanfrè e la pianura che da Bra e Sanfrè si 
protende fin verso le Alpi. Crediamo anzi che il suo territorio, 
salvo forse qualche poco dei colli di La Morra e Verduno, fosse 
tutto a nord del Tanaro e della Stura, che segnavano così la 
divisione tra le tribù Camilia e Pollia, come il confine dei ter- 
ritorii delle città Bagienniche. Alla Pollia, tribù rustica di Roma, 
era ascritta Pollentia colle terre poste tra la Stura ed il Po 
fino a Saluzzo e con Hasta, Industria, Bodincomagus, Forum 


(1) Craun., De Bello Get., v. 151. 

(2) Il livello dell’antica città era assai più basso del presente: forse lo 
sollevarono le alluvioni dai vicini colli, la corrente del Tanaro e le macerie 
delle fabbriche distrutte: lo stesso s’avrebbe a dire d'Alba. 

(3) Così vuole il Franchi-Pont, op. cit., p. 354. 

(4) Franchi-Pont, op. cit., p. 351; DuranpI, Del Collegio, ecc., p. 55. 


546 i AGOSTINO MARIA MATHIS 


Fulvi, Eporedia (1), e le sue iscrizioni chiaramente l’attestano. 
Fu della IX regione d’Italia (Liguria) per la divisione d'Augusto, 
e Costantino la comprese nella provincia delle Alpi Cozie (2). 

Le lapidi pervenuteci ricordano i Decuriones (3), che nelle 
colonie e municipii corrispondevano al Senato romano, e i Ma- 
gistri Augustales (4), ma nessun magistrato. Una ricorda il Col- 
legium Dendrophorum Pollentinorum (5); quella che diede al Du- 
randi argomento alla dissertazione sul Collegio dei cacciatori 
Pollentini è falsa. È ignoto il nome del primipilo mortovi sotto 
Tiberio. Forse fu Pollentino (6) M. Elvio Cimbro, della tribù 
Pollia, centurione in tre legioni, edile e duumviro. Si sanno i nomi 
di T. Monianio Seneca, cavaliere della I coorte pretoria e di 
C. Mannio Secondo della XX legione, da una lapide trovata nel 
1752 in Inghilterra, di Q. Lucceio Fausto e di L. Stazio della 
legione XIV, e di Utaco Supero della XI (7). Il medico M, Li- 
cinio Filomuso (8), creduto della nostra città dal Durandi e dal 
Franchi-Pont, è della Pollentia, del Piceno, essendosi l’iscrizione 
trovata nel sepolcro dei Licinii a Roma. 

I Pollentini erano dediti al commercio delle lane e alla 
fabbricazione di vasi e calici assai rinomati. Le lane traevano 
non solo dal gregge loro, ma da quello di tutta la regione, 
largamente data alla pastorizia (9). Numerosi v’erano quindi i 
tessitori, industria mantenutasi poi fiorente in quei luoghi e tra 


(1) Promis, op. cit., p.80; il Franchi-Pont, p. 347, la dice della Camilia, 
ma è in errore. 

(2) Così la pone “ in Alpibus Cottiis , JornANDES, De Reb. Get., XXX. 

(3) L. D. D. D. (locus datus decreto decurionum); Momwsen, Ci I. L., V, 
pars II, n. 7617 e Muratori G. F., Iscrizioni Romane dei Vagienni, Torino, 
1869, n: CLXIV. 

(4) Mommsen, C. I. L., V, pars II, n. 7646 e 7604; Muratori, Iscriz., 
n. Ve CLXI. 

(5) Mowwmsen, €. I L., V, pars II, n. 7617; Muratori, Iscriz., n. CLXIV. 
Dendrofori erano coloro che nelle feste di certe divinità portavano in pro- 
cessione per la città dei rami d’alberi sulle spalle: il MuratoRI (Zscriz. ecc., 
p. 196) vuole che così fossero detti coloro che provvedevano travi per case, 
navi e macchine guerresche. 

(6) Momwsen, C. I L., V, pars II, n. 7158; MurarorI, Zscriz., n. CLXXVI. 

(7) Muratori, Iscriz., n. CLVII, CLVII, CLXXI, CLXXIII, CLXXIV. 

(8) Promis, op. cit., p. 453. 

(9) Manzone; op. cit., p. 82; Franchi-Pont, op. cit., pp. 364 sgg. 


VICENDE DI ‘ POLLENTIA” COLONIA ROMANA IN PIEMONTE 547 


i Braidesi nel Medio Evo e quasi fino a noi. Erano lane di co- 
lore oscuro; “ nigri velleris , le dice Plinio (VIII, 73 (48)), di 
colore “ pullus atque fuscus , Columella (op. cit. VII, 2). E non 
solo le lane, dice Marziale (1), ma anche i suoi calici produce 
la stessa città (2), calici famosi, di cui si faceva largo (3) com- 
mercio per l'impero, essendo pregevoli per sottigliezza e leg- 
gerezza, di colore rosso oscuro, adorni di cornici, rabeschi e varie 
bizzarrie a rilievo, non dipinti, lucidissimi e perciò forse verni- 
ciati o coperti di un leggiero encausto prima d’essere cotti e di 
creta (4) finissima e durissima come pietra. 

Per la loro fragilità non ce ne pervenne gran copia, ma 
dai cocci, che se ne conservano, conosciamo abbastanza la loro 
forma e sostanza. 

Due anfore finissime (5) d’officine diverse ricordano i vasai 
Pollentini APRODISI e vARII AVG, e furono già incastrate in un 
muro di casa Mermet in Alba, dove pure un tegolo rarissimo (6) 
ricorda il vasaio Q. Tullio colla iscrizione : Q. TVLLI - TI. CLAVDII 
- P. QvINTII cos. Cocci e rottami d’ogni genere di figlina si tro- 
vano copiosi a Pollentia specialmente in certi campi detti dle 
ciapele, dove s'ha a credere sorgessero fabbriche di vasai ; nume- 
rose le olle cinerarie, le lucerne sepolcrali e più gli embrici e 
mattoni antichi, di cui alcuni segnati coi nomi di Prote, Arro, 
Gensio, Servio, liberti (7) greci forse i due primi, latini i secondi, 
che sopraintendevano alle fornaci. 


(1) Marziale, op. cit., XIV, 157 (ed. Schneidewin, Teubner, Lipsia): 


“ Non tantum pullo lugentes vellere lanas, 
sed solet et calices haec terra dare suos ,. 


(2) A ciò non badava il DronisortI (Studi di Storia ecc., pp. 26 sgg.), 
quando tentava di attribuire alla sua Lenta la produzione delle lane, sup- 
ponendo xche per l'idoneità del luogo i Romani vi avessero posta una sta- 
zione d’allevamento di cavalli e pecore: dei calici non parla e di Marziale 
non tien conto. 

(3) Secondo l’attestazione di Plinio, op. cit., XXXV, 12, 160. 

(4) L’argilla scavavasi dai colli a nord della città (oggi comune di 
Pocapaglia), sì fina da potersene facilmente ora fare matite. 

(5) Fissore, op. cit., p. 42; descritte dal Promis in una lettera al 
P. L. Bruzza. 

(6) Fissore, op. cit., p. 43: rarissimo lo dichiarò il Mommsen. 

(7) Franchi-Pont, op. cit., p. 415. 


548 AGOSTINO MARIA MATHIS 


NE 


Dei ruderi dell’ antica città è da ricordarsi prima l’ anfi- 
teatro, di cui restano le fondamenta tutte adibite ad uso di 
cantine delle case erette sull’area da esso occupata. Lo descrive 
il Franchi-Pont (1), che lo crede però troppo recente, mentrechè 
dall’opus incertum e dal cemento ottimo si vede che la sua ere- 
zione non fu certo posteriore a Tiberio, come dichiarò pure il 
Promis (2): noi già abbiamo espressa l'opinione che risalga al 
tempo della fondazione della città, o ne sia di poco posteriore. 
Le sue rovine, che giacevano fuori del villaggio nel Medio Evo, 
ossia prima della riedificazione di Pollenzo fatta dal Porro verso 
il 1400, si videro fuor di terra (3) fin dopo il 1700. 

Ad un mezzo miglio dall’anfiteatro sorgeva il teatro, le cui 
fondamenta furono guaste per le arginature del Tanaro fattesi 
nel secolo scorso : le vide ancora il Promis (4) dicendole iden- 
tiche a quelle dell’ anfiteatro .e della stessa epoca, quali pure 
le disse il Franchi-Pont (5), dandone un disegno topografico. 

Altro famoso avanzo è il cuniculum (6) o acquedotto sot- 
terraneo, che partendo dalla Stura forniva d’acqua abbondante 
la città. Alcuni tratti che ne restano tuttora illesi mostrano 
quanto solidamente fosse stato fatto dai primi Pollentini, poichè 
la sua muratura offre tutti i caratteri di quella del teatro e del- 
l’anfiteatro. 


(1) Op. cit., p. 426; ma le sue conclusioni e l’asserzione che i giuochi 
vi si dessero sotto Tiberio in un anfiteatro di legno sono infondate. 

(2) Op. cit., p. 89. 

(3) Teatro historico di tragiche scene ecc. Cron. anon. ms. del 1700 circa, 
part. III, 1. XII, p. 7: “ l’amfiteatro in forma ovato... hora ridotto al bordo 
del piano di terra e per dentro ancor alto dal piano 3 piedi liprandi fuor di 
terra... , sulla cui area già sorgevano case “ per crotte servendosi delle me- 
deme sotterrane ,. i 

(4) Promis, op. cit., p. 89. 

(5) Op. cit., pp. 441 sgg. 

(6) Lo descrive pure il Franchi-Pont, op. cit., pp. 495 sgg. Di questo 
cunicolo già troppe favole si scrissero in ogni tempo: passava perfino sotto 
il Gesso e la Stura, toccava più città, era navigabile e di grande aiuto a 
quei di Pollenzo durante l'assedio d’Alarico! Così il Nallino, op. cit., p. 160; 
il Bonino, op. cit., II, p. 264 ete. Cfr, Gabotto, op. cit., I, p. 73 e Manzone, 
op. cit., p. 132. 


VICENDE DI ‘ POLLENTIA” COLONIA ROMANA IN PIEMONTE 549 


In alcuni consegnamenti di feudi (1) del territorio Pollen- 
tino del 1208 si trovano frequenti le indicazioni ad castrum 
vetulum o vegium e ad pontem vetulum. La prima a nostro giu- 
dizio ricorda il castrum della città Romana distrutto dai Goti 
e posto, come l’anfiteatro, fuori del villaggio medioevale tra le altre 
rovine. Di un ponte romano sul Tanaro mantiene il ricordo l’in- 
dicazione ad pontem vetulum, che serviva alla strada che da Vada 
Sabatia menava a Torino. Nel Medio Evo più non s’ebbe alcun 
ponte; e la rovina dell’ antico, che era unito alla città, come 
se ne può da quei consegnamenti dedurre la località, non sap- 
piamo, se si debba anche ai Goti. Già nel 1200 il loro ricordo 
o i loro ruderi servivano a segnare divisioni e regioni dell’agro 
Pollentino ; ora non ne resta (2) alcun indizio. 

D'un tempio posto fuori della città non lungi dal colle di 
Santa Vittoria si vede ancora la cella, composta di quattro edicole 
(che la fanno conveniente (3) al culto di Diana Tergemina) e 
circondata d'un muro quadrangolare. Il tempio era subdiale e 
di forma così rara, che nel Medio Evo non si seppe mai a che 
avesse servito ; caduto il muro di recinto, la cella fu detta (4) 
turrigium e turrilio, avendo l’aspetto d’un torrione rotondo nel 
piano ein alto rettangolare. Nulla più si sa dei templi della Vit- 
toria e di Plotina, ricordati da due iscrizioni (5), di cui il primo, 


(1) Archivio Cam. di Tor.; Carte dei Romagn., Cat. IX, Mazzo I, ori- 
ginali. 

(2) Il Cronista cit., nel Teatro historico, part. III, 1. XII, p. 7, pretende 
d’aver visto ancora avanzi delle mura antiche e descrive “ un massiccio alto 
7 trabuchi, due di largheza e mezo di spesore... di pietre minutte bene incal- 
cinate che pare habbia la forma d’una torre ,. 

(3) Franchi-Pont, pp. 459 sgg., il quale accetta la falsa iscrizione (su 
cui il Durandi aveva scritto il suo Del Collegio ecc.),, che parla di Diana 
Montana. 

(4) Il muro è fatto di ogni sorta di botume e di sassi, senza mattoni; 
circondavalo uno scalino di pietra morta, ed è così cadente che più non 
potrà durare a lungo. Tutto coperto di terra, fu nel sec. XVI fatto scoprire 
da un conte Romagnano di S. Vittoria, il quale, dando fede alle leggende, 
vi aveva creduto sepolto un gran tesoro, lasciato dai Goti e difeso dal dia- 
volo; ma non valsero l’arti magiche usate, nulla si trovò e il diavolo, man- 
dando una terribile grandinata, fece tutti fuggire a casa loro (Cron. ms. cit., 
part. III, 1. XII, p. 257). 

(5) Momxsen, C. I. L., V, pars II, nn. 7614 e 7617. 


590 AGOSTINO MARIA MATHIS 


come s'è detto, assai antico. Il Franchi-Pont crede all’esistenza 
e trova il sito dei templi di Bacco e di Cernunno e del foro, 
ma non sono che induzioni. 

Sepoleri si scopersero lungo la strada che va a Bra e nei 
dintorni di Bra, presso le chiese di S. Giovanni Lontano e della 
Veneria: nel parco del R. Castello se ne vede ancora uno di 
forma conica, forse in origine piramidale, in cui s'entra per un 
antro, antica porta. 

Per le iscrizioni sue rimandiamo al Mommsen (1). Abbon- 
danti vi si trovarono sempre le monete romane, rare quelle della 
repubblica, numerosissime le imperiali (specie del III e IV sec.), 
ma nessuna posteriore finora alla battaglia del 402; novella 
prova questa di quanto da noi si disse della sua distruzione. 
Ricchi ne sono il Real Medagliere di Torino, il Museo Numi- 
smatico nel Palazzo dell’Accademia delle Scienze di Torino e 
quello del R. Castello di Pollenzo, nonchè di molti privati (2), 
essendovi facile trovare e acquistare monete, come ai dì nostri 
in breve ne raccolse più di 800 un ricco Braidese: la più an- 
tica trovatasi, per quanto sappiamo, è di Mario. 


VE 


Varie strade (3) passavano a Pollentia, dandole una grande 
importanza strategica. Una partendo da Ticinum per Laumellum, 
Hasta, Alba, giungeva a Pollentia, da cui poi metteva a Torino 
e al mare. Un'altra da Vada Sabatia, seguendo la valle del Ta- 
naro, passava per l’ Augusta Bagiennorum e per Pollentia, dove 
per essa sorgeva, come si è detto, un ponte sul Tanaro e pro- 
seguiva per Torino, collegando col mar Ligure il Piemonte. Una 
terza univa Pollentia con Aquae Statiellae e quindi con la strada 
che dal Po andava in Liguria, toccando Acqui. Una quarta da 


(1) C. I. L., dal n. 7614 al 7628 e le false dal n. 821 al 1005 pass. 

(2) Il DrasBate (in Pegno d’incoragg. ecc., p. 97), descrivendo gran nu- 
mero di piccoli oggetti trovativisi, attesta che vi si scavavano moltissime 
monete dai contadini, le quali erano avidamente comprate da antiquarî 
esteri o portate a Roma per scopo di lucro e ricorda varie belle collezioni 
private fattesi in quel tempo. 

(3) Cfr. Mommsen, C. I. L., V, pars II, tab. II. 


VICENDE DI ‘ POLLENTIA” COLONIA ROMANA IN PIEMONTE Ol 


Pollentia per Savigliano e Pedona menava al colle di Tenda. 
La prima d’esse seguì Alarico ritirandosi da Asti e poi Stili- 
cone inseguendolo ; la seconda tenne Antonio per penetrare da 
Vada Sabatia nella valle del Po; la terza Bruto per impedire 
ad Antonio di prendere Pollentia. 

Altre strade di certo univano la città coi vicini villaggi 
delle Langhe, dell’ Astigiana e della pianura a nord e a sud 
della Stura, ma non ci sono note. Una strada si crede (1) che 
partisse da Vapincum (Gap), entrasse nella valle di Barcello- 
netta, per il colle dell’ Argentera venisse in Italia e seguisse 
la valle della Stura, toccando Pollentia ed Alba; ma nov è af- 
fatto provata l’esistenza di questa e di altre strade Bagienne, 
di cui parla l’Allais (2). 

Ognuno vede tuttavia che Pollentia era il centro di tutte 
le comunicazioni della parte occidentale della Liguria Romana. 


(1) La menzionano il DuranpI, Delle antiche città di Pedona, Caburro ece., 
Torino, 1769, p. 70; il Desjardins, op. cit., II, pp. 95-96, tratto in errore 
dal Durandi; il VaccaronE, Le vie delle Alpi occid. negli antichi tempi, To- 
rino, 1884, pp. 23 sgg.; l’Allais, op. cit., p. 105. 

(2) Op. cit., p. 105. 


552 PIETRO GAMBERA 


Cronografia del mistico viaggio di Dante. 
Nota del Prof. PIETRO GAMBÈRA. 
(Con una tavola). 


Dante, seguendo l’opinione, invalsa nel medio evo, che l’an- 
niversario della nascita di Gesù Cristo ricorresse il 25 dicembre 
e che la sua morte fosse avvenuta, in tempo di primavera, dopo 
33 anni e più di vita, dice nel Conwito (trattato IV, cap. 23) che 
il nostro Salvatore volle morire nel trentaquattresimo anno della sua 
etade; cioè nella primavera dell’anno 34 dell'Era volgare, che fu 
fatta incominciare col 1° Gennaio dell’anno 1, sette giorni dopo 
la nascita di Gesù. 

Narra inoltre nella divina Commedia che il giorno succes- 
sivo alla sera, nella quale egli partì dalla selva oscura, ricorreva 
il 1266° anniversario della morte di Cristo (Inf., XXI, 112-114). 

Ma il 1° anniversario dovette ricorrere nella primavera del- 
l’anno 35, il secondo nella primavera dell’ anno 36 e così di 
seguito. E però il 1266° anniversario ricorse nella primavera 
dell’anno indicato dalla somma 34 + 1266 ossia nella primavera 
dell’anno 1300. 

Questo computo semplicissimo è indipendente dallo stile 
seguìto da Dante nel contare gli anni. Dalle date di alcuni suoi 
scritti si rileva che egli seguì lo stile romano a nativitate Domini, 
sebbene a Firenze si usasse lo stile ab incarnatione, il quale fu 
fatto incominciare nove mesi prima, cioè il 25 marzo precedente 
all'anno primo dell'Era volgare. 

A proposito dell’ antico stile fiorentino, stato abolito nel 
1750, noto che è ora accertato che Forese Donati morì a Fi- 
renze il 28 luglio 1296 (v. DeL LunGo, Dino Compagni ece., II, 
pag. 611). Ma questa data ad incarnatione corrisponde al 28 luglio 
1295 dell’Era volgare, perchè l’anno 1296 ad incarnatione ebbe 
principio il 25 marzo 1295. Perciò Dante parlò all’anima di 
Forese nel 1300, prima del 28 luglio, quando disse: 

NATIA Forese, da quel dì, 
Nel qual mutasti mondo a miglior vita, 


Cinqu’anni non son volti insino a qui. 
(Purg., XXIII, 76-78). 


CRONOGRAFIA DEL MISTICO VIAGGIO DI DANTE b5S 


Pertanto errano quei commentatori che pongono il viaggio 
dantesco nell’anno 1301 dell'Era volgare; ed errano anche quelli, 
che, costretti a porre il viaggio nel 1300, dicono che Dante 
sbagliò di un anno la data della morte di Forese. 

Che il Poeta abbia immaginato avvenuto nel 1300 il suo 
mistico viaggio, è confermato dalla frase questo centesimo anno 
(Parad., IX, 40), con la quale indicò chiaramente l’ultimo anno 
del secolo decimoterzo, quando egli si trovava nel trentacin- 
quesimo anno di età, che, secondo lui, è il mezzo del cammin di 
nostra vita (Convito, 1. c.). La frase centesimo anno per indicare 
l’ultimo anno di un secolo, si trova nella Bolla di Bonifazio VIII, 
con la quale fu istituito il Giubileo nell’anno 1300 et în quolibet 
anno centesimo secuturo. 

Procuriamo ora di determinare anche il giorno in cui ebbe 
principio il viaggio dantesco, giorno che, come si è già detto, 
dovette essere vigilia del 1266° anniversario della morte di 
Cristo e cadere quindi nella primavera del 1300. 

Si rileva dalle dissertazioni aggiunte al capo IV, libro IV, 
tomo II del Rationarium temporum di Dionisio Petavio, che era 
opinione degli antichi scrittori che il giorno della morte di 
Gesù fosse 25 marzo od 8 aprile. Dante, come dichiarerò ap- 
presso, si attenne a quest’ultima data, la quale nel 1300 faceva 
coincidere il giorno anniversario col giorno commemorativo della 
morte di Gesù Cristo. Infatti 1’8 aprile 1300 fu venerdì di pas- 
sione, essendo fuor di dubbio che in quell’anno la Domenica di 
Pasqua cadde il 10 aprile, come dimostrò il Giambullari, come 
si deduce mediante la regola di Gauss e come risulta da docu- 
menti inoppugnabili. 

La domenica del 10 aprile 1300 (Pasqua) era proprio la 
prima dopo il plenilunio susseguente all’equinozio (1), perchè dai 
calcoli dell’Antonelli, del Capocci e dell’Angelitti risulta che la 
luna fu piena il 5 aprile (martedì santo). 

Questa circostanza non smentisce che Dante sia partito 
dalla selva oscura la sera del 7 aprile (giovedì santo), quando 


(1) Ai tempi di Dante non era ancora stato riformato il calendario giu- 
liano. E però l’equinozio accadeva parecchi giorni prima del 21 marzo; ma 
. si continuava a supporre che accadesse in quel giorno e che allora il sole 
entrasse nel segno dell'Ariete. 


Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 37 


554 PIETRO GAMBERA 


la luna non era più esattamente piena. Infatti, dicendo egli: 
E già ier notte (giovedì santo) fu la luna tonda (Inf., XX, 127), 
intese appunto di significare che essa fu del tutto piena prima 
del giovedì santo, perchè altrimenti in quel verso avrebbe usato 
l’imperfetto era invece del passato remoto già fu. 

Anzi, dichiarando poi che la luna, quattro giorni dopo il 
giovedì santo, era quasi a mezzanotte tarda (Purg., XVIII, 76), 
cioè che era sorta quasi a mezzanotte, volle proprio indicare 
che fu piena il martedì santo (5 aprile), perchè la luna sorge 
appunto verso mezzanotte sette giorni dopo il plenilunio, mo- 
strandosi presso che ridotta a mezzo disco, o, per dir meglio, 
fatta come un secchione che tutto arda. 

Adunque il nostro Poeta ben sapeva che il plenilunio che 
determinava la Pasqua del 1300, avvenne il martedì santo (5 a- 
prile), il che non esclude che la luna, nella notte del giovedì 
santo (7 aprile), potesse ancora mostrarsi sensibilmente tonda 
e così confermare approssimativamente la regola inesatta che 
usava la Chiesa per determinare il plenilunio. 

Dante fece coincidere il principio del fittizio suo viaggio 
col plenilunio ecclesiastico del 7 aprile 1300, ma poi tenne conto, 
come doveva, del plenilunio astronomico (5 aprile) nell’indicare 
le posizioni della luna. 

Pertanto non sussiste la contradizione che i commentatori 
rilevano, seguendo il Giambullari, il quale per altro suppose giu- 
stificabile misticamente il preteso errore dantesco; nè occorre 
ammettere che il Poeta, per salire, senza alcun riposo, dal centro 
della terra all’isoletta del Purgatorio, abbia impiegato assai più 
tempo di quello da lui indicato. 

Inoltre si deve rigettare l’opinione del Boccaccio, ora accet- 
tata da molti, che Dante abbia incominciato il viaggio, non la 
sera del 7 aprile, ma in quella precedente il 25 marzo del 1300. 
Invero, la luna che era piena (aveva quasi 15 giorni) il 5 aprile, 
dovea avere appena tre giorni il 24 marzo e doveva quindi tra- 
montare, molto falcata, poco dopo il sole. Così, durante la notte 
dal 24 al 25 marzo, essa non potè illuminare la selva oscura, 
dalla quale il Poeta dichiara invece d’essere partito quando la 
luna appariva ancora tonda. Questa il 7 aprile doveva sorgere 
poco dopo le ore -8 di sera e illuminare la selva sino a giorno. 

Vero è che il Giubileo del 1300 ebbe effetto dal 25 di- 


CRONOGRAFIA DEL MISTICO VIAGGIO DI DANTE 555 


cembre 1299 (Natale); e che Casella dice dell’Angelo che lo aveva 
sbarcato all'isola del Purgatorio: 
Veramente da tre mesi egli ha tolto 
Chi ha voluto entrar con tutta pace. 
(Purg., II, 98-99). 

Ma la frase da tre mesi non significa da tre mesì precisi. I 
tre mesi erano già passati anche quando Dante incontrò Casella, 
pur volendosi supporre che egli avesse incominciato il viaggio 
la sera del 24 marzo, anzichè in quella del 7 aprile, il che, come 
si è detto, è smentito altresì dalle esigenze astronomiche del 
divino poema. 

Si noti finalmente che, non la mattina del 25 marzo, ma 
bensì la mattina dell’8 aprile (cioè 17 giorni dopo che il sole 
era entrato nel segno che, prima della riforma del calendario 
giuliano, era attribuito all’Ariete) si poteva dire che il sole fosse 
coricato nel letto del Montone (Purg., VIII, 133-135), ossia che 
montasse în su con quelle stelle — ch'eran con lui, quando l'amor 
divino — mosse da prima quelle cose belle (Inf., I, 38-49). 

L’astronomo F. Angelitti, direttore dell’Osservatorio di Pa- 
lermo, provocò in questi ultimi anni una vivace polemica col 
sostenere che il viaggio dantesco ebbe principio la sera del 
24 marzo 1801, che era il venerdì precedente alla settimana di 
Passione, giacchè in quell’anno la Pasqua cadde il 2 aprile. Egli 
calcolò che allora la luna era quasi piena, che Venere era mat- 
tutina e che si verificavano altre circostanze astronomiche accen- 
nate nel poema. Aggiunse che il 25 marzo è l’anniversario, in 
anni giuliani, della morte di Cristo secondo una opinione assai 
diffusa nel medio evo, pur riconoscendo che per tale anniversario 
era anche indicato 1’8 aprile. 

Io non ripeterò le gravi ragioni storiche e morali rilevate 
dai valorosi contradittori alla data sostenuta dal valente astro- 
nomo. 

Osservo anzitutto che se Dante avesse incominciato il viaggio 
la sera del 24 marzo 1301, nella quale sera la luna, divenuta 
quasi piena, sorse quando stava per tramontare il sole, egli non 
avrebbe potuto dire che, dopo quattro giorni, essa era quasi @ 
mezzanotte tarda, cioè che si era levata quasi a mezzanotte. In- 
vece sarebbe sorta verso le ore 10 pomeridiane e non avrebbe 
potuto occupare poi le posizioni cronologiche indicate dal poema. 


556 PIETRO GAMBERA 


Dai calcoli dell’Angelitti si rileva che Dante, il mattino del 
10 aprile 1300, non potè vedere Venere, la quale non era più 
mattutina. Ma, secondo il giudizio dell’Accademia della Crusca, 
lo bel pianeta che ad amar conforta — e che faceva tutto rider 
l’oriente — velando è Pesci ch’erano in sua scorta (Purg., I, 19-21), 
non era Venere, ma bensì il sole, il quale la vagheggia or da 
coppa or da ciglio (Parad., VIII, 12). Il sole infatti doveva sor- 
gere con l’Ariete e quindi velare con la sua luce la già sorta 
costellazione dei Pesci. 

Osservo inoltre che l’Angelitti nel determinare le posizioni 
che avevano il sole ed alcuni pianeti nell’aprile 1300 e nel 
marzo 1301; rispetto ai segni zodiacali, non tenne conto che col 
calendario giuliano si continuava a fissare al 21 marzo l’entrata 
del sole nel segno. dell’Ariete, e che quindi gli attuali segni 
dello Zodiaco non coincidono totalmente coi segni di allora. Del 
segno dell’Ariete ora non si potrebbe più dire che sia il letto 
che il Montone con tutti e quattro è piè copre ed inforca (Purg., VII, 
134-135). 

Tenuto conto di ciò risulta che la mattina dell’8 aprile 1300 
il sole era appena arrivato al 18° grado dell’Ariete ossia era 
quasi in mezzo a questa costellazione, come è accennato nel 
poema. E risulta invece che, la mattina del 25 marzo, il sole 
. non era arrivato che al quinto grado del segno dell’Ariete, e 
però non poteva dirsi coricato nel letto del. Montone. 

Se il viaggio dantesco avesse avuto principio la notte pre- 
cedente al 25 marzo, il sole, che era nel quarto grado dell’Ariete, 
si sarebbe trovato, otto. giorni dopo, nel dodicesimo grado e 
quindi distante 63° ossia due segni e più dal mezzo del segno 
dei Gemelli, dove Dante allora si trovava. Ma egli dice che era 
preceduto dal sole di un segno e più (Parad., XXVII, 87) e non 
già di due segni e più. Adunque le sue dichiarazioni smentiscono 
l'ipotesi che abbia cominciato il viaggio nella notte dal 24 al 
25 marzo del 1300 o del 1301. 

Conchiudo che niuna seria obiezione scientifica rimane contro, 
la data, sera del 7 aprile 1300, del fittizio viaggio dantesco. 
Anzi questa sola data, fra quelle possibili, soddisfa alle esigenze 
del poema; cioè, che il viaggio abbia avuto principio la sera di 
un giorno, ritenuto vigilia dell’anniversario della morte di Cristo, 
due giorni e più dopo il reale plenilunio e quando il sole era 


CRONOGRAFIA DEL MISTICO VIAGGIO DI DANTE 557 
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in Ariete. Ma aggiungo, a scanso di confusione, che la predetta 
data del mistico viaggio di Dante (sera del 7 aprile 1300 del- 
l’Era volgare), corrisponde alla sera del 7 aprile 1300 «a nati 
vitate Domini ed alla sera del 7 aprile 1301 ab incarnatione. 

Determiniamo ora la durata del viaggio, e l’oràrio giorna- 
liero indicato da Dante. I commentatori che già trattarono questo 
argomento, caddero in errori gravissimi. 


Prima cantica. 
Sera di giovedì santo (7 aprile 1300). 
(Sole a 17° Ariete). 

Dante, ritrovatosi di sera per una selva oscura (simbolo della 
sua vita traviata a Firenze dopo la morte di Beatrice), passò 
tutta la notte per uscirne: 

La notte che passai con tanta pieta. 
Inf., 1, 21. 

La luna, che fu piena il 5 aprile, e che quindi alla sera 
sorse poco dopo il tramonto del sole (ore 6 ‘/s pom.), dovea levarsi 
il 7 aprile poco dopo le ore 8 pom., perchè essa ritarda ogni 
sera la sua levata di 52 minuti circa. Inoltre doveva mostrarsi 
ancora sensibilmente tonda e rischiarare la notte sino a giorno. 


Venerdì santo (8 aprile). 
(Sole a 18° Ariete). 
Mattino. — Sorgeva il sole (ore 5 !/, ant.) quando Dante si 
disponeva a rimettersi sulla buona via: 


Ma poichè fui appiè d’un colle giunto 
Guardai in alto e vidi le sue spalle 
Vestite già de’ raggi del pianeta 
Che mena dritto altrui per ogni calle. 
Temp'era dal principio del mattino 
E il Sol montava in su con quelle stelle 
Ch’eran con lui, quando l'amor divino 
Mosse da prima quelle cose belle. 
(Inf., I, 13-40). 
Il sole era nel 18° grado del segno dell’Ariete e quindi si 
trovava quasi in mezzo a tale segno ossia poteva dirsi coricato 
nel letto del Montone. 


558 PIETRO GAMBERA 


Poco dopo, mentre Dante già disperava di poter vincere le 
più prepotenti passioni, simboleggiate da tre fiere che gl’impe- 
divano la salita del colle, ossia di rimettersi per la via del bene, 
gli apparve l'ombra di Virgilio, che lo invitò a. visitare i tre 
regni dei morti, perchè contemplasse le pene dei dannati e la 
felicità degli eletti. 

Sera. — Il sole stava per tramontare (ore 6 !/s pom.), quando 
Dante, preceduto da Virgilio, savviò verso una grotta per di- 
scendere all’Inferno, immaginato nell’interno della terra, sotto 


Gerusalemme. 
Allor si mosse, ed io gli tenni dietro. 
(Inf., I, 136). + 
Lo giorno se n’andava e l’aer bruno 
Toglieva gli animai, che sono in terra, 
Dalle fatiche loro: ed io sol uno 
M’apparecchiava a sostener la guerra | 
Sì del cammino e sì della pietate. 
(Inf., II, 1-5). 


Dopo un lungo discorso di Virgilio, e quando la sera doveva 
già essere oscura, Dante si persuase ad entrare nella grotta per 
discendere all'Inferno: 


Entrai per lo cammino alto e silvestro. 
(Inf., II, 142). 
Mezzanotte. — I due poeti, che già erano arrivati al quarto 
cerchio dell’Inferno, discendono ora al quinto cerchio: 
Or discendiamo omai a maggior pieta : 


Già ogni stella cade che saliva 
Quando mi mossi, e il troppo star si vieta. 


(Inf., VII, 97-99). 
Le stelle che sorgevano, quando Dante e Virgilio si mos- 
sero al tramontar del sole, sono già arrivate al meridiano per 
declinare verso occidente. E adunque mezzanotte. 


Sabato santo (9 aprile). 
(Sole a 19° Ariete). 
Ore 4 */, ant. — I due Poeti discendono al settimo cerchio 
dell'Inferno. 
Ma seguimi oramai, chè il gir mi piace; 
Chè i Pesci guizzan su per l’orizzonta 


E il Carro tutto sovra il Coro giace. 
(Inf., XI, 112-114). 


CRONOGRAFIA DEL MISTICO VIAGGIO DI DANTE 559 


La costellazione dei Pesci era già sorta e quindi la seguente 
costellazione dell’Ariete stava per sorgere. Il sole, che era nel 
19° grado del segno di questa costellazione, doveva levarsi fra 
un'ora e poco più. Abbiamo perciò segnato le ore 4 !/s ant. Allora 
il Carro di Boote (Orsa maggiore), era situato a N. O. d’onde 
spira il vento Ponente maestro che era detto Corus dai latini. 

Ore 9 ant. — Virgilio invita Dante a varcare il ponte sulla 
quinta bolgia dell’ottavo cerchio dell'Inferno. 

Ma vienne omai, che già tiene il confine 
D’ambedue gli emisferi e tocca l’onda 


Sotto Sibilia Caino e le spine. 
(Inf., XX, 124-126). 


La luna (Caino e le spine), che fu piena il 5 aprile e che 
quindi tramontò mentre sorgeva il sole, doveva, quattro giorni 
dopo, ossia nella mattina del 9 aprile, ritardare il tramonto di 
4 volte 52 minuti, ossia di ore 3 !/s. E però essa, il 9 aprile, 
tramontò quando il sole era già alto ore 3 !/2; cioè tramontò 
alle ore 5 !/=3 + 3 !/s ossia alle ore 9 antimeridiane. 

Ore 10 ant. — Il diavolo Malacoda dice ai due Poeti che 
il ponte della sesta bolgia cadde per causa del terremoto avve- 
nuto quando morì Gesù Cristo : 

Ier, più altre cinqu’ore che quest’otta, 
Mille dugento con sessantasei 


Anni compiè, che qui la via fu rotta. 
(Inf., XXI, 112-114). 


La Chiesa, seguendo l’evangelista S. Matteo, il quale narra 
che Cristo fu crocifisso all'ora sesta (mezzogiorno) e che spirò 
all’ora nona, cioè tre ore dopo mezzogiorno, commemora la morte 
di Gesù alle ore 3 pom. del venerdì santo. 

Dunque la dichiarazione di Malacoda fu fatta cinque ore 
prima delle ore 3 pom. ossia alle ore 10 ant. 

Ore 3 pom. — Virgilio dice a Dante, mentre si trovano 
nella decima bolgia: 

E già la luna è sotto i nostri piedi. 
(Inf., XXIX, 10). 

Ma ho dimostrato che la luna era tramontata alle ore 9 ant. 
Essa per arrivare al nadir dei due Poeti dovette impiegare 
6 ore circa. Col detto verso sono adunque indicate le ore 3 pom. 


560 PIETRO GAMBÈERA ‘ 


Ore 6 */3 pom. — I due Poeti, arrivati in fondo all'Inferno 
mentre risorgeva la notte ossia quando tramontava il sole alla 
soprastante Gerusalemme, si dispongono ad oltrepassare il centro 
terrestre (punto al qual si traggon d'ogni parte i pesi), per salire 
alla base del monte del Purgatorio, da Dante immaginato anti- 
podo a Sion (Gerusalemme): 

Ma la notte risorge; ed oramai 
E da partir; chè tutto avem veduto. 
(Inf., XXXIV, 68-69). 

N. B. — Dante impiegò quasi due giorni, computati da sera 
a sera, per arrivare dalla selva oscura al fondo dell’Inferno, 
presso Lucifero. Infatti egli dichiara (Purg., XXIII, 118-121) di 
essersi deciso a cambiar vita, ossia a partire dalla selva, quando 
sorgeva la luna (ore .8 pom. a Firenze e quindi ore 9 !/3 pom. 
a Sion). Ma arrivò in fondo all'Inferno due giorni dopo, quando 
erano le ore 6 !/, pom. alla soprastante Sion. Perciò il viaggio 
durò due giorni meno tre ore, ossia 45 ore. 


Seconda cantica. 


Sabato santo al Purgatorio (9 aprile). 
(Sole a 19° Ariete). 


Virgilio e Dante, oltrepassando il centro terrestre, dovettero 
capovolgersi e quindi trovarsi subito da sera a mane (Inf., XXXIV, 
105), perchè il sole, che tramontava a Gerusalemme, doveva 
contemporaneamente sorgere all’opposta isoletta del Purgatorio. 
Così la sera del sabato santo a Sion era il mattino del sabato 
santo al Purgatorio. 

Ore 8 ant. — I due Poeti, riposati della salita già fatta, 
appigliandosi al folto pelo di Lucifero, si dispongono a prose- 
guire la lunga salita alla soprastante isoletta del Purgatorio, cam- 
minando per la sponda di un ruscello a letto elicoidale. L'ora 
della partenza è indicata col verso: 

E già il sole a mezza terza riede. 
(Inf., XXXIV, 96). 

La Chiesa, come Dante dichiara nel Convito, divideva in 
12 ore, sia il giorno che la notte, e quindi soltanto ‘negli equi- 
nozi le ore diurne erano eguali alle notturne ed alle ore astro- 
nomiche. i 


CRONOGRAFIA DEL MISTICO VIAGGIO DI DANTE 561 


L’ora terza indicava tre ore di sole, l’ora sesta era mezzo- 
giorno e l’ora nona corrispondeva a tre ore dopo mezzogiorno, 
dopo le quali incominciava il vespro. Il nostro Poeta usa la 
parola nona anche per indicare mezzogiorno (Purg., XXVII, 4), 
computando però il tempo dal mattutino (dall'ora prima), che si 
faceva incominciare tre ore prima della levata del sole. Si di- 
ceva anche mezza terza per indicare un'ora e mezza di sole. 

Durante il viaggio dantesco un’ora chiesastica differiva di 
poco da un'ora astronomica. Il sole tramontava a Gerusalemme 
alle ore 6 !/, dopo mezzogiorno, e quindi sorgeva all’ antuipodo 
Purgatorio alle ore 6 !/» dopo mezzanotte. 

Pertanto il tempo che Dante indica dicendo che il sole era 
già a mezza terza, corrisponde quasi alle ore 6 !/, + 1 !/s ossia 
alle ore 8 antimeridiane. 

Domenica di Pasqua al Purgatorio (10 aprile). 
(Sole a 20° Ariete). 

Aurora. — Virgilio e Dante sbucarono presso la base del 
monte del Purgatorio @ riveder le stelle e tosto videro sorgere 
l’aurora (ore 4!/, ant.), la quale precede, quasi di due ore, la 
levata del sole. 


Dolce color d’oriental zaffiro, 
Che s’accoglieva nel sereno aspetto 
Dell’aer puro infino al primo giro, 
Agli occhi miei ricominciò diletto 
Tosto ch'io usci’ fuor dell’aura morta 
Che m’avea contristato gli occhi e il petto. 
Lo bel pianeta che ad amar conforta, 
Faceva tutto rider l’oriente, 
Velando i Pesci, ch’erano in sua scorta. 


(Purg., I, 13-21). 

Il sole, che si trovava nel 20° grado dell’ Ariete, doveva 
necessariamente velare con la sua luce la vicina costellazione dei 
Pesci, che già era sorta; e doveva esso stesso sorgere quasi due 
ore dopo. Dante dunque volle indicare che stava per spuntare 
l'aurora solare; e infatti poco dopo descrive l’a/ba, che è la 
prima fase dell’aurora: 


L’alba vinceva l’ora mattutina 
Che fuggia innanzi sì che da lontano 


Conobbi il tremolar della marina. 
(Purg., I, 115-117). 


562 PIETRO GAMBERA 


Pertanto lo bel pianeta, che ad amar conforta, non era Ve- 
nere, come già dissi avanti, ma bensì il sole, il quale è fonte 
di luce, calore e vita. Il sole avrebbe velato, oltre i Pesci, anche 
Venere, se questa si fosse trovata in quella costellazione. Ma 
Venere il 10 aprile 1300 non era più visibile di mattino, perchè 
doveva sorgere dopo il sole, come hanno dimostrato Filalete e 
l’Angelitti. 

Ore 6 1/, ant. — Il sole stava per tramontare a Gerusa- 
lemme e quindi per sorgere al Purgatorio (fig. 1*): 


[a 


Già era il sole all’orizzonte giunto, 

Lo cui meridian cerchio coverchia 
Jerusalem col suo più alto punto: 

E la notte che opposita a lui cerchia 
Uscìa di Gange fuor con le bilance 
Che le caggion di man quando soverchia ; 

Sì che le bianche e le vermiglie guance, 
Là dove io era, della bella Aurora 
Per troppa etate divenivan rance. 

(Purg., II, 1-9). 


Il Poeta nominò il Gange per indicare l'estremità orientale 
dell'Asia, la quale si estende appunto 90° circa a levante di 
Gerusalemme. Egli infatti non poteva far confinare la terra 
contro un fiume, nè contradirsi ponendo parte dell’antico conti- 
nente fuori dell'emisfero che ha per vertice Sion (Inf., XXXIV, 
112-115). Del resto sapeva già da Tolomeo che la terra abitata 
doveva estendersi più di 30° ad oriente del Gange. 

Si noti ora che, siccome il sole tramontava in Ariete, la 
notte doveva sorgere in Libra, che nello zodiaco è diametral- 
mente opposta all’Ariete. Invece, durante l’inverno, cioè quando 
la notte soverchia il giorno, la Libra sorge più tardi che la notte. 
Ritornando la primavera, la notte risorge in Libra ossia con le 
Bilance. 

Si noti inoltre, per ben comprendere la scientifica descrizione 
dantesca, che l'aurora ossia la luce che precede lo spuntar del 
sole è prima bianca (alba) poi vermiglia e finalmente rancia. 

Ore 71/, ant. — L'angelo nocchiero aveva sbarcate molte 
anime sulla spiaggia dell’isoletta del Purgatorio. 

Da tutte parti saettava il giorno 
Lo sol, ch’avea con le saette conte 


Di mezzo il ciel cacciato il Capricorno. 
(Purg., II, 55-57). 


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*D eta " dl adi A anni 


CRONOGRAFIA DEL MISTICO VIAGGIO DI DANTE © 563 


Il sole era nel 20° grado dell’Ariete; e quindi, poco prima 
che esso sorgesse, il Capricorno era in mezzo al cielo. Ma questa 
costellazione doveva oltrepassare il meridiano (uscire di mezzo 
al cielo) dopo un'ora, cioè quasi un’ora dopo la levata del sole 
(fig. 2). Perciò il tempo indicato dal Poeta corrisponde quasi 
alle ore 6 1/, +1 ossia quasi alle ore 7 !/, antimeridiane al 
Purgatorio. ; 

Ore 8 ant. — Virgilio dice a Dante: 


Vespero è già colà dov'è sepolto 
Lo corpo dentro al quale io faceva ombra: 
Napoli l’ha, e da Brandizio è tolto. 
(Purg., III, 25-27). 


Se a Napoli stava per finire il vespro ossia tramontava il 
sole, vuol dire che erano le ore 6 !/, pom. Per conseguenza cor- 
revano le ore 8 pom. a Gerusalemme, perchè il tempo di Geru- 
salemme precede di un’ora e mezza circa quello di Napoli. É 
però erano le ore 8 antimeridiane all’antipodo Purgatorio. 

Se Dante avesse seguìta l'opinione tradizionale, che fra 
Napoli e Gerusalemme corressero 45° di longitudine ossia che 
il tempo di Gerusalemme anticipasse di tre ore rispetto a quello 
di Napoli, si dovrebbero segnare, non le ore 8, ma le 9 !/, ant. 
al Purgatorio. Ma il Poeta indica le ore 9 !/, in seguito, il che 
prova come egli già sapesse che l'opinione dei Geografi antichi 
era errata. Dimostrerò verso la fine di questo lavoro che egli 
assegnò al Mediterraneo 40° di longitudine e quindi al lido occi- 
dentale della Spagna circa 45° di longitudine dal meridiano di 
Gerusalemme. 

Ore 9 1/> ant. — I due Poeti incominciano a salire il monte 
del Purgatorio, per un ripidissimo colle incavato nella costa 
orientale, quando 


ben cinquanta gradi salito era 
Lo sole. (Purg., IV, 15-16). 

Il sole, che si era levato alle ore 6 !/» doveva salire 90°, 
ossia al meridiano del monte, in ore cinque e mezza e quindi 
50° in tre ore. E però, se esso era già salito 50°, si possono 
segnare tre ore astronomiche di sole, ossia le ore 9 !/, antim. 

Mezzogiorno. — Lasciando Belacqua per continuare la salita 
del monte, Virgilio dice a Dante: 


564 n PIETRO GAMBERA 


vedi che è tocco 
Miridian dal sole, ed alla riva 
Copre la notte già col piè Marocco. 
(Purg., IV, 137-139). 
Se era mezzogiorno al Purgatorio, doveva essere mezzanotte 
a Gerusalemme. La notte dunque oscurava quasi tutta la riva 
orientale e la riva occidentale dell’emisfero che ha per vertice 
Gerusalemme. Il Poeta nomina Marocco per indicare, non per 
fissare, il confine occidentale del detto emisfero. 
Ore 3 pom. — I due Poeti, proseguendo la salita per la 
costa orientale del monte, incontrano Sordello. 


E vedi omai che ’1 poggio l’ombra getta. 
(Purg., VI, 51). 

Se la pendenza della costa del monte fosse stata di 45°, 
esso avrebbe potuto proiettare ombra verso oriente soltanto 
dopo le ore 3 pom. Ma Dante dice che la pendenza era. mag- 
giore di 45° (Purg., IV, 40-42). Poteva adunque alle ore 3 pom. 
già distinguere l'ombra gettata dal poggio ossia dalla spianata 
superiore del monte del Purgatorio. 

Ore 6 pom. (Ave Maria). — Il sole all’isoletta del. Purga- 
torio era tramontato alle ore 5 ! pom., perchè all’ antipoda 
Gerusalemme doveva sorgere alle 5 1/, ant. 

Fra già l’ora che volge il disio 
Ai naviganti e intenerisce il core 
Lo dì che han detto ai dolci amici addio; 
E che lo novo peregrin d’amore 
Punge, se ode squilla di lontano 
Che paia il giorno pianger che si muore. 
(Purg., VII, 1-6). 

Dante e Virgilio si trovavano alla estremità superiore di 
una deliziosa valletta del monte; ossia nel bel soggiorno, dove 
erano stati condotti da Sordello per attendervi i nuovo giorno 
(Purg., VII, 45 e 69). Discesi tutti e tre per la piccola valle 
incontrarono, quando tempo era già che l’aer s'annerava (Purg., 
VIII, 49), le anime di Nino Visconti e Corrado Malaspina, con 
le quali s'intrattennero. 

La notte intanto s'era inoltrata e i tre poeti tornarono al 
bel soggiorno, accompagnati da Nino e da Corrado. Colà si po- 
sero a sedere tutti e cinque per attendervi il nuovo giorno, cioè 
l’aurora solare. 


CRONOGRAFIA DEL MISTICO VIAGGIO DI DANTE 565 


Lunedì pasquale al Purgatorio (11 aprile). 
(Sole a 21° Ariete). 


Ore 3 ant. — Sorgeva l’aurora solare al seno verde e fiorito 
dell’alta valletta del monte del Purgatorio, quando Dante, vinto 
dal sonno, vi si addormentò: 


La concubina di Titone antico 
Già s'imbiancava al balco d’oriente, 
Fuor delle braccia del suo dolce amico : 
Di gemme la sua fronte era lucente, 
Poste in figura del freddo animale, 
Che con la coda percuote la gente; 
E la notte dei passi, con che sale, 

Fatti avea duo nel loco ov’eravamo 
E il terzo già chinava in giuso l’ale: 
Quand'io che meco avea di quel d’Adamo, 
Vinto dal sonno, in su l’erba inchinai 

Là dove tutti e cinque sedevamo. 
(Purg., IX, 1-12). 


Secondo la mitologia, l’Aurora solare, personificata, rapì 
Titone quando era giovane e bello. Il Poeta, adunque, ben indica 
lAurora solare chiamandola concubina di Titone. Del resto la 


DS 


prima terzina è un’imitazione dei versi di Virgilio: 


dal, 507 pallida surget 
Tithoni croceum linquens Aurora cubile 
(Georg., 1). 
Tamque rubescebat radiis mare et aethere ab alto 
Aurora in roseis fulgebat lutea bigis. 
(Eneide, VII). 


Dante personifica la notte con le ali, come l’aveva perso- 
nificata Virgilio col verso: 


Nox ruit et fuscis tellurem amplectitur alis. 


La notte, come l'hanno personificata i due poeti, discende 
(ruit) dal cielo verso la terra dal tramonto del sole sino alle ore 
12 pom., per oscurarla con le nere sue ali; risale poi verso il 
cielo sino al risorger del sole. Ma Dante soggiunge che la notte 
aveva già fatto salendo (rispetto al luogo in cui egli si trovava) 
quasi tre passi; e siccome poco dopo misura il tempo in ore 
(IX, 44), si deve conchiudere che, dove e quando s’addormentò, 
-l’aurora sorgeva verso le ore 3 ant. 


566 PIETRO GAMBERA 


Non arrecherà meraviglia che Dante dal seno della valletta 
abbia veduto sorgere l’aurora solare alle ore 3 invece che alle 
4 1/sant., se si consideri che egli, dopo nove ore circa di rapi- 
dissima salita, doveva già trovarsi ad una grande altezza dal 
livello del mare. 

Dal vertice dell'Etna si vede sorgere l’aurora e spuntare 
il sole, mentre Catania è ancora avvolta dalle tenebre. 

Il sole era per sorgere in Ariete, e l'aurora doveva velare 
i vicini Pesci sorgenti e trovarsi per conseguenza nella volta 
celeste di fronte allo Scorpione. Infatti questo tramonta subito 
dopo la Libra, la quale era prossima a tramontare, perchè dia- 
metralmente opposta nello Zodiaco all’Ariete, che era per risor- 
gere insieme col sole, come già si è detto. 

Pertanto lo Scorpione (freddo animale che con la coda per- 
cuote la gente) stava di fronte (dirimpetto), non nella fronte del- 
l’Aurora. Se lo Scorpione si fosse trovato nella fronte dell’Au- 
rora, le stelle che lo compongono, non sarebbero state visibili. 
Lo Scorpione sorge con l’aurora quando il sole è nel Sagittario 
(dicembre) e non già quando è in Ariete (aprile). 

Dante, adunque, dicendo dell’Aurora: la sua fronte, intese 
di significare la parte occidentale della volta celeste, che le 
stava a fronte e, più precisamente, là dove era la costellazione 
dello Scorpione. Se in aprile ci volgiamo .a ponente, mentre 
sorge l’aurora, vediamo ancora assai lucenti sopra l'orizzonte le 
stelle dello Scorpione. 

Per maggiori chiarimenti si vegga la mia nota: L’aurora 
descritta nel canto nono del Purgatorio (“ Atti della R. Accademia 
delle scienze di Torino ,, vol. XXXV). 

Ore 8 1/3 ant. — Dante che, vinto dal sonno, si era addor- 
mentato alle ore 3 ant. nel seno verde e fiorito della valletta 
dei Principi, fu nell’alba (prima fase dell'Aurora), trasportato da 
Lucia presso la porta del Purgatorio, dove si svegliò quando è 
sole er'alto già più di due ore, ossia alle ore 8 !/, del mattino; 
sicchè la luce riflessa dal mare lo spingeva a tenere él viso alla 
marina torto (IX, 44-45), rispetto alla posizione orientale che 
egli aveva sul fianco del sacro monte. 

Risulta adunque che il tempo, trascorso dal Poeta nel sonno, 
durò cinque ore e mezza cioè dalle 3 alle 8 1/2 ant. 

Anche lo Scartazzini, seguendo l’Antonelli, sostituisce l’au- 


CRONOGRAFIA DEL MISTICO VIAGGIO DI DANTE 567 


rora lunare alla solare e Titano a Titone, facendo così dormire 
Dante dalle 8 !/, di sera sino alle 8 !/, del mattino ossia per 
dodici ore consecutive. Ma si mostra poco soddisfatto di questa 
interpretazione. 

Ore 11 ant. — Mentre Virgilio e Dante, passata la porta 
del Purgatorio, salivano al primo girone, lo scemo della luna, 
ossia la sua parte non illuminata (la luna era calante e quindi 
gobba a levante), toccò l'orizzonte per tramontare : 


x Lo scemo della luna 
Rigiunse al letto suo per ricorcarsi. 
(Purg., X, 14-15). 
+ 


La luna che, come già si disse, fu piena il 5 aprile, doveva 
il 12 aprile, cioè dopo sette giorni, essere già ridotta all'ultimo 
quarto e quindi precedere il sole di 90° e tramontare verso 
mezzogiorno. Perciò l’ 11 aprile essa dovette tramontare quasi 
un'ora prima del mezzodì. Abbiamo perciò segnato le ore 11 ant. 
al Purgatorio. 

Mezzogiorno. — Un angelo si presenta ai due Poeti e loro 
indica la salita al secondo girone. Virgilio dice a Dante (Purg. 
XII, 8-81): 

3 vedi che torna 
Dal servigio del dì l’ancella sesta, 


per significare che la sesta ora diurna era compiuta ossia che 
era mezzogiorno. 
Ore 3 pom. — I due poeti si disponevano a salire al terzo 
girone. 
Quanto tra l’ultima dell’ora terza 
E il principio del dì par della spera, 
Che sempre a guisa di fanciullo scherza, 
Tanto pareva già in vér la sera 
Essere al sol del suo corso rimaso : 
Vespero là e qui mezzanotte era. 
(Purg., XV, 1-6). 


Se il sole, verso sera, stava ancora alto sopra l’orizzonte 
quanto è alto al mattino all’ora terza, cioè quando è sorto da 
tre ore, ne consegue che doveva tramontare fra tre ore, ossia 
che era l’ora nona e cominciava il vespro. Erano adunque quasi le 
ore 3 dopo mezzogiorno. 


568 PIETRO GAMBERA 


Ma osservo che era mezzanotte non qui in Italia, ma bensì 
verso il lido occidentale della Spagna. Dante ha voluto met- 
tere in evidenza una opinione tramandata dagli antichi Geo- 
grafi; cioè che da Gerusalemme all'Italia corressero 45° di lon- 
gitudine e che altrettanti ne corressero dall’ Italia al confine 
occidentale del mondo allora conosciuto. Tale opinione però è 
da lui smentita, come ho già detto avanti e come farò meglio 
rilevare in seguito. Egli, per riuscire popolare, si giovò di certe 
opinioni errate del suo tempo, procurando però di contentare 
anche i posteri. 

Ore 5 */> pom. — I due Poeti escono dal denso fumo del 
terzo girone, dove sono puniti gl’iracondi, mentre il sole sta per 
tramontare : 


Lo sole ..... già nel corcar era 
(Purg., XVII, 9). 


Mezzanotte. — I due Poeti, già saliti al quarto girone, a 
mezzanotte vedono diradate le stelle, perchè le meno splendide 
erano velate dalla luce della luna che allora era sorta : 

La luna, quasi a mezzanotte tarda, 
Facea le stelle a noi parer più rade, 


Fatta come un secchione che tutto arda. 
(Purg., XVIII, 76-79). 


La luna che tramontò piena la mattina del 5 aprile a Ge- 
rusalemme, ossia sorse piena la sera del 4 aprile al Purgatorio, 
doveva la sera dell’ 11 aprile al Purgatorio, cioè dopo sette 
giorni, ritardare la sua levata sin quasi a mezzanotte, e mostrarsi 
ridotta a mezzo disco o, per dir meglio, fatta come un secchione 
che tutto arda. 


Martedì pasquale al Purgatorio (12 aprile). 
(Sole a 22° Ariete). 
Ore £ ant. — Dante sogna la Sirena nell’ora in cui la tem- 
peratura diurna della terra è generalmente minima e 


Quando i geomanti lor maggior fortuna 
Veggiono in oriente, innanzi all’alba, 
Surger per via che poco le sta bruna. 

(Purg., XIX, 4-6). 


I geomanti si vantavano di poter predire il futuro medi- 


CRONOGRAFIA DEL MISTICO VIAGGIO DI DANTE 569 


tando sulla figura formata da alcune stelle dell’ Aquario e dei 
Pesci, sorgenti, in principio di primavera, prima dell’alba. 

Il Poeta volle pertanto indicare le ore 4 del mattino, perchè 
in tempo equinoziale l’alba spunta poco dopo le ore 4 antime- 
ridiane. 

Ore 6!/, ant. — Dante, svegliatosi, si avviò con Virgilio 
al quinto girone, mentre già sorgeva il sole : 

Su mi levai e tutti eran già pieni 
Dell’alto dì i giron del sacro monte, 


Ed andavan col sol novo alle reni. 
(Purg., XIX, 37-39). 


Ore 11 ant. — 1 due Poeti, insieme con Stazio, finirono di 
salire la scala dal quinto al sesto girone. 


E già le quattro ancelle eran del giorno 
Rimase a retro, e la quinta era al temo, 
Drizzando pure in su l'ardente corno. 

(Purg., XXII, 118-120). 


La quinta ancella del giorno (la quinta ora diurna) era al 
timone del carro solare. Sono adunque indicate le ore 11 anti- 
meridiane, perchè l’ora sesta corrispondeva a mezzogiorno. 

Ore 1), pom. — | tre Poeti salgono la scala che mette 
al settimo girone. 

Ora era che il salir non volea storpio, 
Chè il sole aveva il cerchio di merigge 


Lasciato al Tauro e la notte allo Scorpio. 
(Purg., XXV, 1-8). 


Il sole, che era al 22° grado dell’Ariete, aveva già oltre- 
passato il meridiano del monte del Purgatorio, essendovi per- 
venuto il Toro, il quale segue l’Ariete. E però il sole era già 
declinato ad occidente di 8° dell’Ariete e di 15° del Toro, cioè 
di 23°. Erano adunque le ore 1!/, pomeridiane, perchè il sole 
gira con la volta celeste circa 15° ogni ora. 

Invece a Gerusalemme era l’ora 11/, antimeridiana. La 
Notte, la quale gira opposta al sole, era in Libra, perchè questa 
è diametralmente opposta all’Ariete. E quindi la Notte e la 
Libra avevano anch'esse lasciato il meridiano di Gerusalemme 
(che è anche quello del Purgatorio), sul quale era venuto lo 
Scorpione, diametralmente opposto al Toro (fig. 33). 

Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 38 


570 . PIETRO GAMBERA 


Ore 5!/> pom. — Dante, preceduto da Stazio e seguìto da 
Virgilio, attraversa le fiamme del settimo girone per avviarsi 
alla scala che mette alla spianata superiore del monte, ossia al 
Paradiso terrestre. 

Sì come quando i primi raggi vibra 
Là dove il suo fattore il sangue sparse, 
Cadendo Ibero sotto l’alta Libra 

E l’onde in Gange da nona riarse, 


Si stava il sole; onde il giorno sen giva. 
(Purg., XXVII, 1-5). 


Il sole sorgeva a Gerusalemme (ore 5 !/, ant.) e però tra- 
montava alla base dell’antipodo monte del Purgatorio, dove per 
conseguenza erano le ore 5 !/, pomeridiane. 

Il Poeta nomina il Gange e l’Ebro, non per fissare, ma per 

indicare l'estremo oriente (dove era mezzodì), e l’estremo occi- 
dente (dove era mezzanotte) dell’ emisfero che ha per vertice 
Gerusalemme. 
Dante indica che il sole tramontò poi anche alla cima del 
sacro monte, dicendo che vide scomparire la propria ombra, 
mentre saliva l’ultima scala per arrivare alla spianata superiore. 
Dice inoltre che la sua ombra gli stava innanzi e che la scala 
saliva dritta entro il monte (Purg., XXVII, 64-69), cioè verso 
levante. 

Ma egli ascese la costa orientale del monte e poi, salito 
di girone in girone, sì mosse sempre a destra ossia tenendo 
sempre la mano destra di fuori (verso la riva). 

E però risulta che Dante attraversò tutto il versante bo- 
reale del Purgatorio, per arrivare dal primo girone alla scala 
che mette alla spianata superiore (Paradiso terrestre). 

Quel versante doveva essere il più soleggiato, perchè il 
monte fu immaginato antipodo a Sion e quindi nell’ emisfero 
australe, di là dal tropico del Capricorno. 


Mercoledì pasquale al Purgatorio (13 aprile). 
(Sole a 23° Ariete). 

Ore 41/3 ant. (alba). —- Dante, che aveva passata la notte 
dormendo sulla scala che dal settimo girone mette al Paradiso 
terrestre, sognò Lia allo spuntare dell’alba e si svegliò quando 
questa rischiarava già tutto il sacro monte e il mare circostante: 


CRONOGRAFIA DEL MISTICO VIAGGIO DI DANTE 571 


E già, per gli splendori antelucani 
Le tenebre fuggian da tutti i lati 
E il sonno mio con esse; ond’io leva’mi. 
(Purg., XXVII, 109-113). 

Il Poeta dice, di credere che, quando fu creato il mondo, 
Venere sorgesse insieme con l’alba (Purg. XXVII, 94-96): ma non 
già che Venere fosse mattutina quando sognò Lia. 

Ore 6*/, ant. — I tre Poeti arrivano al Paradiso terrestre 
mentre sorge il sole: 

Vedi là il sol che in fronte ti riluce. 
(Purg., XXVII, 133). 

Mezzogiorno. — Dante, accompagnato da Matelda e da Stazio, 
si reca a bere al vicino fiume Ennoè. 

È più corrusco e con più lenti passi 
Teneva il sole il cerchio di merigge. 
(Purg., XXXIII, 103-104). 

NB. Il Poeta rimase nel Paradiso terrestre sino al mat- 
tino del giorno seguente e salì al cielo con Beatrice al sorger 
del sole, come in seguito dichiarerò. Risulta dunque che, dal 
momento in cui egli oltrepassò il centro terrestre per salire 
all’emisfero australe, al momento in cui dal Paradiso terrestre 
ascese al cielo, trascorsero cinque giorni, computati da mane a 
mane al Purgatorio, ossia da sera a sera a Gerusalemme (ore 120). 


Terza cantica. 
Giovedì pasquale al Purgatorio (14 aprile). 
(Sole a 24° Ariete). 
Dante e Beatrice fissano gli occhi nel sole nascente (ore 
6 !/, ant.) e salgono dal Paradiso terrestre al cielo. 


Surge a’ mortali per diverse foci 
La lucerna del mondo; ma da quella 
Che quattro cerchi giunge con tre croci, 
Con miglior corso e con migliore stella 
Esce congiunta; e la mondana cera 
Più a suo modo tempera e suggella. 
Fatto avea di là mane e di qua sera 
Tal foce quasi, e tutto era là bianco 
Quello emisferio e l’altra parte nera, 
Quando Beatrice in sul sinistro fianco 
Vidi rivolta a riguardar nel sole. 
(Parad., I, 37-47). 


572 PIETRO GAMBERA 


All’equinozio di primavera il sole entra nel segno dell’Ariete 
e si trova dove l’ecclittica, l’equatore celeste ed il coluro equi- 
noziale s'incontrano formando, due a due, tre croci nel comune 
punto d’intersezione. Allora il sole, quando sorge, si trova anche 
sopra l’orizzonte dell'osservatore e quindi congiunge quattro cerchi 
con tre croci. 

Il 14 aprile, quando Dante salì al cielo, il sole non si tro- 
vava più nel piano dell'equatore; ma (girando per le spire in 
che piuttosto ognora s’appresenta) era di poco declinato a nord. 
E però il Poeta dice che la foce donde esso sorgeva all’oriz- 
zonte era quasi quella corrispondente all’equinozio di primavera. 
Il sole fatto avea di là mane e di qua sera ossia era sorto al 
Purgatorio e tramontato a Gerusalemme. 

L’emisfero celeste del Purgatorio era tutto bianco, perchè 
tale è il colore del cielo quando sorge il sole. Tutta l’altra parte 
del cielo non poteva essere veduta che da Gerusalemme, donde 
doveva apparire nera, perchè il sole era tramontato. 

Dante e Beatrice, salendo dal Paradiso terrestre al cielo, 
riuscirono ad essere congiunti colla prima stella (Parad. IL 30) 
ossia con la luna, mentre questa passava presso il loro zenit. 

Infatti la luna, che nella notte dall’ 11.al 12 aprile era 
sorta al Purgatorio quasi a mezzanotte, precedendo così il sole 
di sei ore circa, doveva la mattina del 14 aprile, al sorger del 
sole, cioè dopo due giorni e un quarto, precederlo soltanto di 
ore quattro e quindi arrivare al meridiano del monte del Pur- 
gatorio fra due ore. Pertanto Dante e Beatrice riuscirono a con- 
giungersi con la luna dopo due ore di salita, impiegate in di- 
scussioni scientifiche, 

La velocità con la quale salirono potè ben dirsi dal Poeta 
fulminea, perchè è facile calcolare che essa fu di 50 chilometri 
per minuto secondo. 

Il lungo indugio, fatto da Dante e Beatrice nel Paradiso 
terrestre, prima di salire alla luna, era necessario, perchè dove- 
vano attendere che essa arrivasse in posizione tale da poter 
essere poi raggiunta presso il loro zenit, dove dovea passare, 
essendochè era molto declinata ad Austro (Purg., XVII, 79-31). 
Se avessero fatta l’ascensione nel meriggio del giorno precedente, 
come ha creduto il Benassuti, non avrebbero potuto arrivare alla 
luna, anzi se ne sarebbero sempre più allontanati, perchè essa 
allora era quasi al tramonto. 


CRONOGRAFIA DEL MISTICO VIAGGIO DI DANTE 573 


Dalla luna passarono poi a visitare Mercurio, Venere, il 
Sole, Marte, Giove, Saturno e la costellazione dei Gemelli. 

Per maggiori chiarimenti si vegga la mia nota: Salita di 
Dante dall’Eden alla luna, inserita negli “ Atti della R. Acca- 
demia delle Scienze di Torino ,, vol. XXXV. 


Venerdì pasquale al Purgatorio (15 aprile). 
(Sole a 25° Ariete). 

Dante e Beatrice lasciarono la costellazione dei Gemelli, 
quando si trovavano con quella costellazione sopra il meridiano 
di Cadice ed il sole mandava gli ultimi raggi al lido dell’antica 
Fenicia (Parad., XXVII, 4-9), dove finisce il Mediterraneo e passa 
il meridiano di Gerusalemme. Adunque il sole tramontava a 
quella città e per conseguenza sorgeva all’antipodo Purgatorio 
(ore 6 !/, ant.), allorchè Dante e Beatrice salirono dalla sfera 
stellata (dai Gemelli) al nono cielo (1). Ma erano saliti al cielo 
dalla sommità del monte del Purgatorio, il giorno prima, mentre 
sorgeva il sole. E però risulta che il loro viaggio per i primi 
otto cieli durò 24 ore, cioè un giorno computato da mane a 
mane al Purgatorio. 

Dante non indica quanto tempo abbia impiegato per attraver- 
sare il nono cielo e per contemplare l’Empireo. Ma, tenuto anche 
conto delle sue idee simboliche circa il sole, si può congettu- 


(1) Il sole che era nel 25° grado dell’Ariete, precedeva Dante (che stava 
in mezzo ai Gemelli) dei rimanenti 5° dell’Ariete, dei 30° del Toro e di 
15° dei Gemelli, ossia lo precedeva di 50°. Per conseguenza il Poeta, che 
era arrivato coi Gemelli sopra il meridiano di Cadice, mentre tramontava 
il sole a Gerusalemme, doveva allora distare 40° dal meridiano di Sion, 
perchè il sole ne era distante 90°. Egli adunque assegnò al Mediterraneo, 
da Cadice al lido della Fenicia (Siria), 40° di longitudine, cioè quasi quella 
(42°) che si rileva dalle carte geografiche moderne. 

Pertanto Dante, attribuendo 90° di longitudine a La maggior valle in 
che l’acqua si spanda (Parad., IX, 82) intese di attribuirli non al Mediter- 
raneo, ma al gran bacino che comprende, fra liti discordanti per causa di 
avvenuti sollevamenti tellurici, non solo il Mediterraneo, ma anche il mar 
Nero, il Caspio ed i laghi di Aral e Balkash. Infatti tale bacino si estende 
quasi 90° a levante di Cadice. 

Per altri chiarimenti si legga la mia nota: Sulla scienza cosmologica di 
Dante, inserita negli “ Atti della R. Accademia delle scienze di Torino 4, 
vol. XXXV. 


574 PIETRO GAMBÈRA — CRONOGRAFIA, ECC. 


rare che la meravigliosa visione abbia avuto fine dopo altre 
undici ore, quando il sole, tramontato al Purgatorio (sera del 
15 aprile), risorgeva a Gerusalemme (mattino del 16 aprile, 
sabato dopo Pasqua), e l’alba spuntava a. Roma e Firenze. 

Insomma, siccome il Poeta dichiara d’essere partito dalla 
selva oscura quando sorgeva la luna (Purg., XXIII, 118-121), si 
può conchiudere che il viaggio dantesco durò (tempo di Firenze) 
dalle ore 8 della sera del 7 aprile, alle ore 4 del mattino (alba) 
del 16 aprile 1300; cioè quasi otto giorni e mezzo e precisa- 
mente 200 ore. 

Si giunge a questa conclusione anche riepilogando quanto 
si è detto precedentemente : 


1° Il viaggio dalla selva oscura sino al fondo 

dell’inferno, durò due giorni meno tre ore, ossia  . 45 ore 
2° Il tempo successivo impiegato da Dante 

per salire all’isola e sul monte del Purgatorio, sino 

al momento in cui dal Paradiso terrestre ascese al 

cielo, fu di cinque giorni, ossia di... . . 1.120 ore 
3° Il viaggio celeste di Dante, sino "ha mo- 

mento in cui dai Gemelli salì al nono cielo, durò un 

giorno, ossia... . i ittiot 24 ore 
4° Il Poeta, per stia ila nono pose e per 

contemplare l’Empireo, impiegò undici ore, che è il 

tempo che doveva trascorrere tra il sorgere e il tra- 

montare del sole all’ isola del Purgatorio (durata 

della notte a Gerusalemme)... 0.0... ... 11 ore 


Durata di tutto il viaggio dantesco 200 ore. 


L’ Accademico Segretario 
RopoLro RENIER. 


Torino, Vincenzo Bona, Tipografo di S. M. e de' RR. Principi. 


freni. AO 


Cola a RI: oi 
P.GAMBERA-Cronografia dantesca. AGR Acrad delle Se. di Torino - to nr 
Fig 1% - /1 sole sta per tramontare a 

Gerusalemme (G)e quindi 
per sorgere all’ antipodo 
Purgatorio (P). Canto IL, 1-9. 
Fig.2%-Ore 74 ant.al Purgatorio. 
( Canto II, 55-52} 
991) 
©) 
& 
4, 
© 
© 
2, 
© 
553 
.3î Ore 18 pom.al Purgatorio. E) 
( Canto XXV, 1-3} ato 
SG 
lit.Salussolia,Torino. » più La 


ni nt de 


e, 


no 


N. Y.Acadexy 


Lei de 


CLASSE 


DI 


SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI 


Adunanza del 10 Marzo 1901. 


PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. ALFONSO COSSA 
PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA 


Sono presenti i Soci: Brzzozrro, Direttore della Classe, 
SanLvapori, Berruti, D’Ovipio, Mosso, SPEZIA, CAMERANO, SEGRE, 
JADANZA, Foà, GuaRrEscHI, Gui, Fineti, PARONA e NACCARI 
Segretario. 

Il Segretario legge l’atto verbale della precedente adunanza 
che viene approvato. 

Il Presidente fa menzione delle seguenti pubblicazioni in- 
viate dagli autori in omaggio all'Accademia: 

Le costruzioni in Béton armato. Conferenze tenute nel 
maggio 1900. Torino, 1901; 4° (dal Socio C. Gun); 

Sui sistemi lineari di grado zero. Roma, 1901, 4 pp.; 8° 
(dal Socio corrispondente E. BERTINI); 

Vorlesungen iiber Geschichte der Mathematik. IM. Zweite 
Auflage. 2. Abth. Abschnitt XVII (1700-1726). Leipzig, 1901; 8° 
(dal Socio corrispondente M. CAnTOR). 

Vengono accolti per l’ inserzione negli Afti gli scritti 
seguenti: 

1° Azione fisiologica del campo magnetico, nota del dottor 
Valentino GRANDIS, presentata dal Socio Mosso, 


Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 39 


976 


2° Sulle oscillazioni delle sensazioni di deformazione cutanea, 
nota dei dottori Luigi AeLiARDI e Annibale M. PastORE, pre- 
sentata dal Socio Mosso, 

3° Aggiunta alla nota “ Sulle coraispondenze (p, p) nelle 
curve di genere p ,, nota del prof. Gaetano Scorza, presentata 
dal Socio SEGRE. 

Il Socio Segre legge anche a nome del Socio D’Ovipro la 
relazione sulla memoria del prof. Emilio VENERONI intitolata: 
Sui connessi bilineari fra punti e rette nello spazio ordinario, con- 
cludendo con la proposta che la memoria sia letta alla Classe. 
Approvata la proposta e compiuta la lettura; viene accolta la 
memoria per la inserzione nei yolumi accademici. 

Il Socio NaccaRI presenta una memoria del prof. Angelo 
BarTELLI e del dr. Luigi Maeri intitolata: Scariche oscillatorie. 
Sarà esaminata da apposita Commissione. 

Raccoltasi in seduta privata la Classe elegge a Socio resi- 
dente, salvo l'approvazione sovrana, il prof. Oreste MaTTIROLO. 


ac è lai sile ni en nd cnc 


VALENTINO GRANDIS — AZIONE FISIOLOGICA, ECC. STI 


LETTURE 


Azione fistologica del campo magnetico. 


Nota del Dott. VALENTINO GRANDIS. 


Du Bois-Reymond, L. Hermann, Schiff, giustamente apprez- 
zando l’importanza che l'applicazione allo studio della elettro- 
fisiologia delle leggi scoperte da Ampère, sull'azione mutua che 
le correnti elettriche esercitano fra di loro, avrebbe esercitato 
sulla conoscenza dei fenomeni nervosi, tentarono ripetutamente 
lo studio dell’azione esercitata dal campo magnetico sulle fun- 
zioni dei nervi. I risultati da loro ottenuti furono costantemente 
negativi, solamente Schiff credette di poter riscontrare un aumento 
del periodo di eccitazione latente del muscolo, quando il nervo, 
da cui esso è governato, fu sottoposto all’azione delle linee di 
forza emananti da un potente elettro-magnete, per un tempo 
non inferiore ai 15 minuti. Le sue ricerche lo portarono inoltre 
alla conclusione che negli animali, precedentemente operati nella 
zona motoria, l’azione permanente del campo magnetico deter- 
mina un aumento nella eccitabilità del nervo. 

Ho ripreso lo studio dell’argomento, guidato dalla speranza 
di poter in questo modo portare un contributo alla conoscenza 
dei fenomeni elettrici, che accompagnano l’attività dei nervi. 
Ferve viva la discussione se la variazione negativa della cor- 
rente propria dei nervi, durante il loro funzionamento, sia da 
ritenersi un fenomeno concomitante accessorio, oppure debba 
ritenersi come una condizione fisica necessaria, facente parte 
integrale del fenomeno stesso. Con un campo magnetico è pos- 
sibile modificare lo stato di equilibrio elettrico in un condut- 
tore qualsiasi. Se questo stato è intimamente legato colla funzione 


578 VALENTINO GRANDIS 


del nervo, è logico aspettarsi una modificazione delle sue pro- 
prietà, quando per mezzo di un fascio di linee di forza noi 
produciamo qualche variazione nelle sue condizioni elettriche. 

Incominciai le ricerche fin dal 1896. La preparazione fu 
molto lunga sopra tutto per le difficoltà tecniche, che era neces- 
sario eliminare, per mettermi al riparo delle cause di errore, 
le quali mi avrebbero potuto condurre ad una interpretazione 
erronea dei risultati. Ho pubblicato nel volume per le onoranze 
giubilari del prof. Luciani la descrizione dell'apparecchio di 
induzione, col quale credo di aver risolto le difficoltà inerenti alla 
graduazione della corrente indotta, della quale mi dovevo valere 
durante il corso degli esperimenti. Data la natura delle ricerche 
era indispensabile acquistare la certezza assoluta, che le modi- 
ficazioni delle proprietà del nervo, nelle quali avrei potuto even- 
tualmente incontrarmi, non dipendessero da una variazione nella 
intensità dello stimolo impiegato per mettere in attività il 
muscolo, 

Le mie ricerche comprendono finora i seguenti quesiti: 


1° — Azione, che un fascio di linee di forza, parallele o 
perpendicolari alla direzione delle fibre nervose, esercita sulla 
conducibilità del nervo e sul periodo di eccitazione latente del 
muscolo. 

“2° — Modificazioni, che la presenza di un campo magne- 
tico permanente attorno al nervo, determina nella curva, che 
rappresenta le fasi successive, per le quali passa il muscolo, 
durante la contrazione provocata dallo stimolo dettato nel nervo. 
8° — Condizione del nervo nelle modificazioni di equilibrio, 

determinate dalle rapide variazioni nella intensità del campo 
magnetico. 

A) Linee di forza parallele alla direzione delle fibre 
nervose. 

B) Linee di forza perpendicolari alle fibre nervose. 


4° — Azione esercitata dalla direzione del flusso di forza 
magnetica sulla eccitabilità del nervo. 

5° — Decorso della fatica, ottenuta con un ritmico succe- 
dersi di eccitamenti magnetici. 

6° — Condizioni elettriche del nervo durante la sua atti” 
vità provocata da un eccitamento magnetico. 


AZIONE FISIOLOGICA DEL CAMPO MAGNETICO 579 


Tutti gli esperimenti furono eseguiti sopra il Leptodactylus 
Ocellatus, batracio che rappresenta nell'America del Sud il genere 
rana, presentando sopra di questo il vantaggio di raggiungere 
una mole superiore, condizione la quale facilita considerevol- 
mente la tecnica operatoria. 

I risultati, che riferirò in seguito, furono tutti ottenuti in 
animali, trovantisi nelle condizioni di perfetta salute, durante 
il periodo della scorsa primavera australe. Gli esperimenti, che 
tentai di riprodurre, qui, sulle rane temporarie ed esculente, du- 
rante questi mesi di inverno, non diedero sempre un risultato 
positivo. Non potei stabilire se ciò dipenda solamente dallo 
stato di letargo, in cui la rigidità della stagione le approfonda, 
o se vi concorra pure la differenza biologica. Qui potei consta- 
tare bene il fenomeno della eccitabilità magnetica solamente in 
alcuni grossi esemplari di rana temporaria. Disgraziatamente in 
essi mi limitai alla constatazione qualificata dei fenomeni, che 
avevo prima studiato nel leptodactylus. Desidero cionondimeno 
comunicare ora le conclusioni cui mi condussero le ricerche 
praticate; farò ciò in modo sommario perchè condizioni da me 
indipendenti mi vietano di darne ora una descrizione dettagliata 
e documentata. 

Il campo magnetico, di cui mi servii, era dato da una corrente 
generantesi da due piccoli accumulatori, in serie nel periodo 
costante della loro scarica, i quali mi davano un'intensità di cor- 
rente di 20-40 milliampères, quando la resistenza del circuito, 
sul quale erano chiusi, era di 100 unità ohm sommata con la re- 
sistenza, offerta da 2 metri di filo di rame, del diametro di 2/10 
di mm. Ottenni un'intensità sufficiente del campo magnetico 
avvolgendo il filo di rame, perfettamente isolato con una doppia 
copertura di seta e verniciato con gomma lacca, in 100 oppure 
200 spire sopra un rocchetto. L’armatura del rocchetto era 
costruita in modo speciale e mi permetteva di poterlo applicare 
attorno al nervo, senza staccar questo dalla sua origine alla 
colonna vertebrale, onde il fenomeno non fosse complicato dalla 
corrente di demarcazione alla quale dà luogo la sezione del nervo. 

Quando l’eccitamento indotto, applicato sopra il nervo, deve 
attraversare un tratto di nervo, sottoposto all’azione di un fascio 
di linee di forza, che hanno una direzione perpendicolare al 
decorso delle fibre nervose, si allungherebbe, secondo Schiff, 


580 VALENTINO GRANDIS 


il periodo latente della scossa muscolare. Dalle mie determi- 
nazioni non risultò confermata una tale azione. I valori da 
me ottenuti rappresentano la somma del tempo, impiegato a 
percorrere il tratto di nervo, compreso fra il punto eccitato ed 
il muscolo, con il tempo dell’eccitamento latente, impiegato 
nella trasformazione dell'impulso nervoso in movimento musco- 
lare. Essi non sono concordanti fra loro in modo da autorizzare 
una conclusione qualsiasi; non potei decidere se le differenze 
dipendessero da modificazioni interne dell’apparato neuro-musco- 
lare, o fossero in parte da imputarsi al fenomeno di isteresi 
magnetica verificantesi nelle elettrocalamite, impiegate per tra- 
smettere agli apparecchi grafici il momento dell’eccitamento. 

Le contrazioni muscolari, ottenute eccitando il nervo con una 
corrente indotta, mentre una porzione di nervo sì trovava sotto 
l’influenza del campo magnetico presentano una particolarità 
degna di fissare la nostra attenzione. L’ultimo dei tre periodi, 
in cui si può dividere la curva tracciata dal muscolo contraen- 
dosi, quello cioè corrispondente al rilassamento del muscolo, 
subisce, in queste condizioni, un allungamento considerevole, 
o meglio non si compie in modo completo, di guisa che il 
muscolo non ritorna più ad acquistare la sua lunghezza primi- 
tiva, ma rimane più corto. Si direbbe che il muscolo entra in 
contrattura, o per lo meno aumenta la sua tonicità. Questo 
stato cessa appena si toglie l’azione del campo magnetico, e si 
provoca una contrazione, eccitando semplicemente il nervo colla 
stessa corrente, con la quale veniva prima eccitato. 

Nell’atto della chiusura del circuito, generante il campo 
magnetico, dentro il quale sta immersa una porzione di nervo, 
se la direzione delle linee di forza, emananti dal campo magne- 
tico, è perpendicolare alla direzione delle fibre nervose, il nervo 
prova un eccitamento, ed il muscolo, cui esso si distribuisce, si 
contrae allo stesso modo, come quando si eccita il nervo con 
una corrente indotta di apertura o di chiusura, applicata diret- 
tamente sul nervo. I caratteri di una tale scossa non differiscono 
in modo apprezzabile da quelli di una scossa di un muscolo con- 
traentesi in condizioni normali. 

Quando la posizione del nervo rispetto al campo magne- 
tico è tale, che le sue fibre siano percorse nel senso della loro 
lunghezza dalle linee di forza del campo magnetico, il nervo 


AZIONE FISIOLOGICA DEL CAMPO MAGNETICO 581 


non risente alcuna influenza dalle variazioni di equilibrio, deter- 
minate dal passaggio e dalla cessazione della corrente, gene- 
rante il campo magnetico, in cui il nervo sta immerso. In 
tutti questi casi il muscolo conserva il suo stato di riposo. 

Nel primo caso, cioè quando le fibre nervose sono tagliate 
perpendicolarmente alla loro direzione dal percorso delle linee 
di forza, l’azione eccitante sulla scossa muscolare differisce, col 
variare della direzione della corrente nel circuito generante 
il campo magnetico. Secondo i casi si può avere una scossa 
solamente all'atto della chiusura del ‘circuito, oppure si può 
avere contemporaneamente scossa alla chiusura ed all’apertura, 
oppure solamente all’apertura. L'intensità dell’eccitamento, de- 
dotta dall’ altezza della scossa muscolare da esso determinata, 
varia, oltre che per la direzione della corrente eccitante, anche 
per l’intensità della corrente stessa, sebbene la forza elettro- 
motrice si mantenga costante. 

Con ritmiche interruzioni della corrente generante il campo 
magnetico, ottenute per mezzo di un metronomo, è possibile 
ottenere una serie di scosse successive, le quali riproducono nel 
loro complesso la curva della fatica muscolare ottenuta dal 
Kronecker nel muscolo della rana. Dopo che il nervo ed il mu- 
scolo sono completamente esauriti per questa forma di eccita- 
mento, applicando la stessa corrente, collo stesso ritmo d’in- 
terruzione, direttamente sul nervo, si ottiene un’altra serie 
di scosse muscolari, che, in linea generale, seguono nel loro 
complesso lo stesso decorso. Parimenti, quando, invece di man- 
dare quella corrente direttamente sul nervo, la si manda in 
un apparecchio d’ induzione, e, colla corrente indotta gene- 
rantesi, si eccita il nervo, si ottiene allo stesso modo una serie 
di scosse simili. Reciprocamente il campo magnetico è capace 
di provocare scosse in un muscolo, apparentemente esaurito per 
una serie di eccitamenti indotti o di eccitamenti prodotti dal- 
l'interruzione di una corrente costante, eguale a quella della 
quale si esperimenta l’azione magnetica. I fenomeni descritti 
si osservano immediatamente dopo l'esaurimento, ottenuto con 
una qualsiasi di quelle forme di eccitamento, in modo che si 
può escludere assolutamente una reintegrazione del muscolo e 
del nervo per il riposo. Credo perciò legittima la conclusione, 
che, nel preparato neuro-muscolare, la parte che si affatica 


582 VALENTINO GRANDIS — AZIONE FISIOLOGIGA, ECC. 


prima è il nervo, e che la fatica del nervo non è completa, ma 
relativa alla forma di eccitamento impiegato. Cambiando la 
natura dell’eccitamento, nervo e muscolo riacquistano le loro 
proprietà. 

Le alterazioni dell'apparato neuro-muscolare, dipendenti 
dalla fatica e manifestantisi sotto forma di contrattura muscolare, 
sono molto più evidenti per un eccitamento, determinato da una 
corrente indotta o dalla interruzione di una corrente costante, 
che negli eccitamenti, determinati dalle variazioni magnetiche; 
in questo caso mancano affatto, oppure sono ridotte ad un mi- 
nimo impercettibile. 

Durante l’eccitamento, prodotto dalle variazioni del campo 
magnetico, con un elettrometro capillare di Lippmann di quella 
forma, che fu proposta dall’ Ostwald, o con la bussola del 
Wiedemann, armata con filo del diametro di 5 decimi di milli- 
metro, non è possibile osservare alcun cambiamento nello stato 
elettrico del nervo. Si possono osservare variazioni solamente 
quando si fanno agire campi magnetici in più punti del nervo 
contemporaneamente; in questo caso le variazioni si limitano 
nei punti compresi fra due campi magnetici. 

Nel lavoro in extenso, comunicherò, particolareggiatamente 
le condizioni nelle quali mi posi durante le mie ricerche, e la 
forma degli apparecchi impiegati. 


Laboratorio di Fisiologia della Facoltà di Medicina in Buenos Aires. 


A. M. PASTORE - L. AGLIARDI — SULLE OSCILLAZIONI, ECc. 583 


Sulle oscillazioni delle sensazioni di deformazione cutanea lA), 
Note dei Dott" ANNIBALE M. PASTORE e LUIGI AGLIARDI. 


Il Hume già aveva osservato che se noi guardiamo un punto 
nero su carta bianca, lo vediamo a intervalli. A variazioni sul 
modo di percepire stimoli visivi, accennarono pure il Lorze (2), il 
HeLmBoLrz (3), Scnòn e Mosso (4), e altri. Ma l’URBANTSCHITSCA 
per il primo precisando la natura del fatto, dimostrò, specialmente 
per le sensazioni acustiche, che sensazioni deboli continuamente 
subiscono oscillazioni. Dopo l’URBANTScHITSCH con intento psico- 
logico studiarono il fatto N. LAnGE nei sensi della vista, del- 
l’udito, del tatto; il MiinsrERBERG nel senso della vista. I risultati 
diversi ai quali giunsero questi due psicologi, determinarono altri 
a riprendere le indagini; se ne occuparono contemporaneamente, 
nel laboratorio di Lipsia l’EcgENER per le sensazioni acustiche, 
e il Pace che riprese il lavoro del MinsrERBERG; nel laboratorio 
di Bonn, il MARBE che rifece con nuovi intenti le ricerche sulle 
oscillazioni visive; a Copenaghen il LEHMANN che pose in relazione 
le oscillazioni osservate nei tre dominî di senso, vista, udito, 
tatto, coi periodi respiratorî. Ma questi tutti, pur constatando il 
fatto, non si accordarono punto sul decorso e sulla natura delle 
oscillazioni, delle quali ciascuno tentò un’interpretazione diversa. 

L’UrBANTScHITSCH (5) aveva osservato che le oscillazioni 


(1) Il presente lavoro è opera, per la parte sperimentale, del dott. PasTORE, 
il quale in una nota preliminare ha già comunicato alcuni dei risultati 
della ricerca (“ Giorn. della R. Accad. di Medicina ,, vol. VI, anno LXIII, 
fasc. 6, 1900 e “ Arch. it. de biologie ,, T. XXXIV, fasc. II); per la parte 
critica teorica, del dott. AGLiaRDI. 

(2) Lorze, Medizinische Psychologie, pag. 510, 1852. 

(3) HeLmaoLTz, Phys. Opt., p. 391, 2° ed., 1896. 

(4) “ A. f. Opht. ,, XX, (2), 269. 

(5) Ueber eine Eigentiimlichkeit der Schallempfindungen geringster Inten- 
sitàit, “ Central. f. d. med. Wissensch. ,, pag. 65. — Ueber subjective Schwan- 
kungen der Intensitit der akustiscken Empfindungen, © Pfligers Arch. ,, 1882, 
vol. 27°. 


584 ANNIBALE M. PASTORE — LUIGI AGLIARDI 


erano di varia durata, di un quarto, di mezzo, di un minuto, 
che si svolgevano in modo diverso, sorgendo ora improvvisa- 
mente, ora a poco a poco; passando ora rapidamente da un 
orecchio all’altro, ora gradatamente da quello che meglio per- 
cepiva, al meno fino. 

‘In un caso ad es., il rumore era percepito a sinistra per 
45 sec., poi spariva per 42, poi ritornava per 20, poi non più per 
55, era di nuovo presente per 15, poi non per 45. Giungeva 
poi nell’orecchio destro, passava per il capo, poi di nuovo nel- 
l’orecchio sinistro. L’ URBANTSCHITSCH aveva pure indagato se 
egualmente avvenisse in altri sensi, ma traviato dal fatto della 
sostituzione di un orecchio all’ altro, nel senso tattile ad es., 
stimolava col compasso simultaneamente due punti della pelle 
e osservava che ora nell’uno, ora nell’altro, si aveva una sen- 
sazione più intensa. Ma in tal modo egli sottoponeva allo studio 
un fatto assai più complesso e di diversa natura. 

Il LANGE (1) trovò nei sensi dell’ udito, della vista e del 
tatto, oscillazioni periodiche e costanti: diverse per ciascun 
senso, si mantenevano della stessa durata nelle ricerche fatte 
in giorni diversi con variazioni medie che erano solo !/, della 
lunghezza dell’intero periodo. Non solo, ma una certa affinità 
era pure tra i valori ottenuti su diversi soggetti. Così nelle sen- 
sazioni acustiche (tik-tak dell’ orologio) il periodo oscillatorio 
aveva in serie di esperienze diverse questi valori (decimi di se- 
condo): 38, 35, 43 con variazioni medie di 8, 8.1, sì che pren- 
dendo 100 valori, eliminati i più divergenti, si aveva una media 
aritmetica di 38 con variazione media di 7. Nelle sensazioni 
luminose (disco di Helmholtz) per 100 valori la media aritme- 
tica era di 34 con variazione media di 4. Nelle sensazioni tat- 
tili (stimolo elettrico) la media aritmetica per 50 valori era di 
26, con variazione media di 4. In altro soggetto, eguali gli sti- 
moli ed eguale il numero dei valori, le medie erano per le sen- 
sazioni acustiche di 35 con variazione media di 7, per le sensazioni 
luminose di 30 con variazione media di 5.* 

Una tale regolarità e costanza nei periodi, nessuno dei suc- 


(1) N. Lance, Beitr. e. Theorie der sinnlichen Aufmerksamkeit und der 
activen Apperception, “ Wundt's Philos. Stud. ,, IV, pag. 390. 


SULLE OSCILLAZIONI DELLE SENSAZIONI DI DEFORMAZIONE, ECC. 985 


cessivi sperimentatori potè ottenere. Il Pace (1) solo ebbe per 
ciascun soggetto periodi relativamente regolari: questi davano 
medie arit. di 14.1 sec. con variazione media di 1.3 sec.; di 
5.5 con variazione media di 0.9; di 9.7 con variaz. media di 0.8. 
Ma a lui non riuscì di avere un valore generale, variando enor- 
memente i dati da soggetto a soggetto. Di più anche la varia- 
zione media data dal Pace non ha che un valore piccolo, perchè, 
come egli avverte, non è calcolata dalle singole oscillazioni ma 
dai risultati di intere serie. 

Valori enormemente irregolari ebbe il MinsrERBERG (2): 
le oscillazioni variavano di lunghezza e la variazione media era 
1/3 dell’intero periodo. 

Anche il MaRBE (3) osservando sempre le oscillazioni nel 
senso della vista, non potè in alcun caso constatarne la perio- 
dicità. Contro il MinsreRBERG affermò che la curva grafica delle 
oscillazioni non presenta un evidente “ Abschwellen und Ansch- 
wellen , della sensazione. La durata media delle oscillazioni era, 
in due soggetti, di 12.5 sec. e 9.3 sec. con variazioni medie 
rispettivamente di 8 sec. e 3.1 sec. I singoli valori andavano 
da 35.7 a 4.5 sec.; da 18.6 a 3.4 sec. 

L’EckenER (4) nelle oscillazioni delle sensazioni uditive ebbe 
a constatare la massima irregolarità. Il decorso era diverso non 
solo da individuo a individuo, ma nello stesso individuo ad ogni 
nuova serie. Una piccola modificazione nell’intensità dello sti- 
molo produceva una grande diversità nel decorso delle oscilla- 
zioni. La variazione media raggiunse fino i ?/; del valore della 
media aritmetica dell’intero periodo. 

A risultati completamente diversi dagli ultimi esposti, ar- 
rivò il LenMANN (5). Nel senso tattile elettricamente stimolato 


(1) E. Pace, Zur Frage der Schwankungen der Aufmerksamkeit, “ Wundts 
Philos. Stud. ,, VII, pag. 388. 

(2) MiwsrerBERG, Schwankungen der Aufmerksamkeit, © Beitràge z. exper. 
Psychologie ,, T. 2°, pag. 69-124. 

(3) Marpe, Die Schwankungen der Gesichtsempfindungen, ©“ Wundts Philos. 
Stud. ,, VIII, 1892, pag. 615. 

(4) Ecgener, Untersuch. ib. die Schwankungen der Auffassung minimaler 
Reize, © Philos. Stud. ,, VIII, pag. 343. 

(5) Lenmann, Ueb. die Beziehung zwischen Athmung und Aufmerksamkett, 
© Philos. Stud. ,, IX, 1893, pag. 66. 


586 ANNIBALE M. PASTORE — LUIGI AGLIARDI 


ottenne oscillazioni rapidissime di 4.1 sec., regolari, essendo la 
variazione media di 0.8. Nelle sensazioni acustiche e luminose 
le oscillazioni si presentarono più lunghe e meno regolari ; per 
le prime la media aritmetica era di 9.1 sec. con variazione 
media di 1.3; per le seconde: m. arit. di 12.8 sec. con varia- 
zione media di 1.6. ( 

Non meno contrarie sono le interpretazioni che del feno- 
meno furono tentate. Due sono le teorie estreme, tra le quali 
stanno alcune altre intermedie. Vi ha chi crede il fenomeno di 
origine periferica, e chi di origine centrale. 

L’UrpanTscHITScH aveva avuto cura di eliminare la possi- 
bilità che le oscillazioni dipendessero dall'organo di senso. Egli 
esperimentò su persone nelle quali il condotto uditivo era am- 
malato, oppure fece pervenire lo stimolo acustico attraverso le 
ossa del cranio, evitando la trasmissione per l’ apparecchio di 
senso, e avendo sempre trovato l’ esistenza delle oscillazioni, 
conchiuse che esse dovessero dipendere dalla fatica del nervo 
acustico. Non si pose neppure la questione, se fosse possibile 
un'origine centrale. 

Le critiche del Lance, dell’ EcKENER, dimostrano la insuf- 
ficienza della spiegazione data dall’ UrpAnTscHITScA. Non pare 
possibile che stimoli di piccola intensità possano affaticare tanto 
presto il nervo. Non si spiega inoltre come mai, perdurando lo 
stimolo che produce l’esaurimento del nervo, questo possa ri- 
mettersi, sì che la sensazione appaia più intensa. Il Lance cre- 
dette di poter senz'altro escludere l’origine periferica. Avendo 
fatto agire contemporaneamente due stimoli di natura diversa, 
l'uno visivo, l’altro acustico, egli osservò che le due specie di 
oscillazioni non coincidevano, ma erano separate da un tempo 
fisso. Se le oscillazioni fossero prodotte dalla fatica del nervo, 
avrebbero certamente qualche volta interferito. Ma ammessa 
l'origine centrale, quale può essere il fattore ? L'imagine di me- 
moria, risponde il Lancer. Anche nella percezione della scala di - 
ScHROEDER si hanno oscillazioni, secondo il LANGE, periodiche : 
poichè in queste il fattore essenziale è 1’ imagine mnemonica, 
egli si crede autorizzato, dal fatto della periodicità comune ad 
ambedue le specie di oscillazioni, ad ammettere la stessa causa 
anche nelle oscillazioni delle sensazioni minime. La sensazione 
reale non può mutare, muterà quindi l’imagine di memoria. È 


SULLE OSCILLAZIONI DELLE SENSAZIONI DI DEFORMAZIONE, Ecc. 587 


però egli studia le oscillazioni delle imagini di memoria e queste 
pure riscontra periodiche ma di minor durata. 

Ecco ora come agisce l’ imagine di memoria sulla sensa- 
zione, ecco il rapporto tra l’una e l’altra. La sensazione incontra 
l’imagine di memoria e questa agisce su di quella rinforzandola; 
. ma l’imagine oscilla e quindi la sensazione ora è rinforzata e 
ora rimane immutata nella sua intensità. E così il LANGE co- 
struisce la sua teoria dell’attenzione. Questa non consiste che 
in un’assimilazione della sensazione semplice, che rimane immu- 
tata, per opera dell’ imagine di memoria che subisce oscilla- 
zioni (1). 

La teoria del Lane fu molto discussa. L’EckENER ritiene 
eccessiva l’azione attribuita dal Lance all’imagine mnemonica : 
molte volte la sensazione riemerge senza che sia presente l’ima- 
gine e però non può aver luogo sempre quel rinforzamento di 
cui parla il Lance. L’EcKENER conviene nell'origine centrale del 
fenomeno in questione e dopo aver posto ogni studio nel dimo- 
strare che non si può farne risalire la causa alla fatica della 
sostanza nervosa, egli modifica la teoria del Lance: durante 
l’appercezione delle sensazioni minime è presente uno stato psi- 
chico che agisce nel senso di far sopravvivere l’imagine mne- 
monica alla stimolazione reale. Nelle variazioni di questo stato 
sta la causa delle oscillazioni. Le variazioni dipenderebbero dalla 
natura stessa del processo psichico che tende a mutare e del 
fatto, che lo sforzo dell’attenzione porta con sè altre rappresen- 
tazioni e sopratutto sentimenti confusi. 

Il LenMANN fece un’acerba critica all’ EckENER, accusandolo 
di aver spostato il punto su cui si aggira la questione. L’EcKENER, 
che a parer nostro ha avuto il merito di fare nel suo lavoro 
larga parte all’osservazione interna, distingue due specie di oscil- 
lazioni. Alcune intermittenze della sensazione, rare e corte, che 
sono sentite, come prodotte esteriormente e che coincidono col- 
l'interruzione oggettiva della impressione, possono essere dipen- 
denti dalla fatica nervosa. Ma vi sono oscillazioni che sono sen- 
tite come soggettive, che si manifestano in rapidissimi aumenti 
e diminuzioni nella chiarezza della sensazione, oppure in una 
scomparsa della sensazione, scomparsa non totale, accompagnata 


(1) Lana, l. cit., pag. 411. 


588 ANNIBALE M. PASTORE — LUIGI AGLIARDI 


da un sentimento oscuro, e tale che non mai coincide coll’inter- 
ruzione oggettiva dello stimolo ; queste oscillazioni devono rite- 
nersi dovute alla variazione dello stato psichico. Il LEHMANN 
dice che, non queste, ma le prime oscillazioni devono essere 
prese in esame. “ La questione delle oscillazioni dell’attenzione 
non si volge a quelle che sono prodotte da una distrazione 
avvertita, bensì a quelle che, come dice lo stesso EcKENER, tut- 
t'affatto direttamente (gane unvermittelt) avvengono in una co- 
scienza chiara e con un’attenzione decisamente rivolta all’impres- 
sione. Queste oscillazioni non sono nè rare nè di breve durata, 
ma di durata varia (1) ,. Unico merito dell’EcKENER, secondo 
il LeHMANN, sarebbe di aver dimostrato che alcune oscillazioni 
sono dovute alla disattenzione “ Unaufmerksamkeît der aller- 
gewòhnlichsten Art ,. Troppo poco veramente, se così stesse la 
cosa! A noi pare che il LEHMANN equivochi. Già il Wunpr ha 
espresso questo dubbio ; egli crede infatti che le oscillazioni re- 
gistrate dal LEHMANN siano quelle stesse considerate dall’EckENER 
come fenomeni dell’attenziohe e non le altre tutt’affatto spora- 
diche (2). ln queste ricerche ciascuno, mentre accusa gli autori dei 
lavori anteriori di essere stati tratti in errore da preconcetti, 
dal canto suo mostra di non sapersene liberare (3). Il LEHMANN, 
nella critica che fa all’EcKENER, pare dominato, certo inconscia- 
mente, da quella antica concezione dell’attenzione che egli certo 
ripudia. Ammesso che l’attenzione è un processo psichico, e che, 
come ogni altro processo psichico, non può mantenersi immobile, 
inalterata, non ci è lecito contrapporre all'attenzione, così con- 
cepita, le variazioni che in essa avvengono (e delle quali parla 
l’EckENER), così come la psicologia delle facoltà contrapponeva 
l’attenzione alla non attenzione. Quando il LEHMANN distinguendo, 
come vedremo più sotto, le esperienze del Lance da quelle degli 
altri, riconosce a queste un valore, in quanto dimostrano che 
l’attenzione continuamente concentrata si disperde malgrado 


(1) Lenmans, lav. cit., pag. 75. 

(2) Wunpr, Grundz. der phys. Psychologie, 4. Aufl., 1893, 2, pag. 301, n. 2. 

(3) Questa accusa fa il Leumann all’Eckener. Il Mars dice che la teoria 
del MinsrerBER6 risente dell'importanza che nella psicologia del MixsreRBERG 
hanno le sensazioni muscolari. Nella teoria del LenmANN si potrà ricono- 
scere l'influenza dei suoi studi sulla circolazione del sangue in rapporto 
agli stati psichici. 


SULLE OSCILLAZIONI DELLE SENSAZIONI DI DEFORMAZIONE, ECC. 589 


ogni sforzo volontario, riconosce il fatto studiato dall’EcKENER, 
che non si può in ogni caso chiamare Unaufmerksamkeit der aller- 
gewbhnlichsten Art. 

Alla teoria centrale del LANGE e a quella dell’EcKENER, che 
della prima è una modificazione, si contrappone la teoria peri- 
ferica del MinsrERBERG, la quale differisce per altro da quella 
dell’UrpantscHITscH. Mentre questi non dava importanza allo 
stato psichico del soggetto, il MinsrtERBER6 parte dal presup- 
posto che il soggetto sia in istato di attenzione : ma, egli dice, 
non varia l’attenzione, non varia cioè il rapporto tra il soggetto 
attento e il contenuto di coscienza, oggetto dell’attenzione, bensì 
varia il contenuto stesso di coscienza. Il MiinsTERBERG si limita 
a studiare il fatto nel senso visivo e, senza preoccuparsi di porre 
in accordo le sue conclusioni con quelle dell’ URBANTSCHITSCH, 
afferma che le oscillazioni provengono dalle modificazioni degli 
apparecchi di senso. 

Nella fissazione, l’occhio è accomodato e tutti i muscoli sono 
in azione. L’affaticarsi dei muscoli produce movimento dell’occhio, 
spostamento dello stimolo minimo dal punto di visione massima 
ad altri punti della retina, quindi modificazioni nelle condizioni 
della visibilità. Ma lo stato di tensione in cui possono porsi e 
mantenersi i muscoli, è in relazione colla tonicità loro, e questa 
è rinforzata da ogni inspirazione, sì che le oscillazioni potreb- 
bero porsi in rapporto col ritmo respiratorio. In ogni caso da 
questo solo dipende la durata dei periodi oscillatori “ die 2eit- 
liche rhythmische Regulierung (1) ,. I periodi sono più o meno 
lunghi a seconda delleaccorciamento o rallentamento della re- 
spirazione. 

Le conclusioni del MinsteRBERG, senza dubbio importanti, 
furono oggetto di lunghe discussioni e validamente oppugnate. 
Innanzi tutto, poichè le oscillazioni hanno luogo anche in sensi 
nei quali o non affatto, o minima è l’ azione dei muscoli, e la 
diretta influenza della respirazione quasi nulla, nasce spontaneo 
il dubbio che esse abbiano a dipendere da altra causa. Pur ri- 
conoscendo al MinsrerBERG il merito di aver migliorato il me- 
tedo della ricerca, il Pace e il MARBE(2) notano che le modifica- 


(1) MiinsrersER6, “ Beitr. ,, 2, pag. 111. 
(2) Maree, l. cit., pag. 619. 


590 ANNIBALE M. PASTORE — LUIGI AGLIARDI 


zioni introdotte da lui in alcuni esperimenti, non rispondono 
sempre agli intenti del problema, sì che i risultati non compor- 
tano le conclusioni alle quali egli vorrebbe giungere. Se le 
oscillazioni o si accorciano o spariscono quando si interponga 
una lente che escluda l’effetto dell’accomodazione, o quando si 
ponga innanzi allo stimolo per alcuni istanti uno schermo, 0 
quando. dal soggetto si facciano chiudere tratto tratto gli occhi, 
ciò prova solo che nell’esperimento è necessario che gli occhi 
fissino quietamente. Il Pace (1), avendo eliminato con iniezioni 
di Homatropinum hydrobromicum |’ azione dell’ accomodazione, 
potè provare che le oscillazioni perduravano. Ci pare che il 
MinsrerBER6 abbia troppo trascurato il lato psicologico del pro- 
blema. Per dimostrare che dei due termini, stato e contenuto 
di coscienza, il secondo varia, ha dimenticato che anche il primo 
è mutabilissimo, e difatti nell’esperimento in cui faceva chiu- 
dere gli occhi, modificava non tanto il contenuto quanto lo stato 
di coscienza. Ci pare inoltre che, poichè l’attenzione sta anche 
nella fissazione, si potrebbe parlare anche qui di oscillazioni 
dell'attenzione : se si accoglie infatti la teoria del RIor (2) sul- 
l’attenzione, non sarebbe più il caso di parlare di modificazioni 
nel solo contenuto di coscienza. Per altro il lavoro del Miix- 
srerBere ha avuto il merito di mostrare ordini di fatti per 
l’innanzi assolutamente trascurati e ha spinto a nuove ricerche. 

Un punto meritava in ispecie di essere considerato: il rap- 
porto affermato dal MixnsrerBER6 tra le oscillazioni delle sen- 
sazioni e il periodo respiratorio, e questo fu oggetto delle inda- 
gini del LEHMANN (8). Avendo fatto scrivere contemporaneamente 
su uno stesso cilindro rotante i periodi respiratorî e le oscillazioni 
nelle sensazioni del senso tattile, elettricamente stimolato, il 
LEHMANN trovò una pjena corrispondenza, 4.1 sec. e 4.1 sec. 
Non egual relazione fu possibile stabilire per le sensazioni acu- 
stiche e luminose. 

Per le prime il periodo respiratorio era di 4.6 sec. e la 
media aritmetica delle oscillazioni di 9.1 sec.; per le seconde 
rispettivamente di 4.4 sec. e di 12.8 sec. 


(1) Pace, 1. cit., pag. 399. 

(2) Risor, Psychologie de l’attention, Paris. 

(3) Questo rapporto fu già intravveduto dal Leumann, Die Seelenthitigkeit 
in ihrem Verhiltniss zu Blutumlauf und Athmung, “ Phil. Stud. ,, V, p. 618. 


SULLE OSCILLAZIONI DELLE SENSAZIONI DI DEFORMAZIONE, ECC. 591 


La ragione di questa diversità, crede il Leumann sia la 
seguente: nelle sensazioni tattili il fenomeno si svolge in tutta la 
sua semplicità e purezza, non essendo l'intervento nè dei muscoli 
di accomodazione nè di imagini di memoria, delle quali le sen- 
sazioni tattili sono poverissime ; negli altri due sensi, per contro, 
entrano in campo altri fattori. Nelle sensazioni luminose, ad es., 
alla respirazione si unisce il tremolìo dei muscoli come causa 
delle oscillazioni ; a queste si oppongono le imagini di memoria, 
e dall’interferenza di questi tre fattori le oscillazioni acquistano 
il loro carattere irregolare. Ma come può agire la respirazione? 
Non direttamente certo. Osservò il LrAMmANN che i due massimi 
delle reazioni indicanti la frequenza delle oscillazioni cadevano 
nelle stesse fasi del periodo respiratorio. Più spesso la sensa- 
zione emergeva presso il massimo dell’inspirazione, ma non coin- 
cideva col massimo. Nella fase inspiratoria, secondo il LEHMANN, 
la pressione del sangue è maggiore. Sappiamo che in maggior 
copia affluisce il sangue a un organo che lavora, ed è probabile 
che questo maggior afflusso renda più facile il lavoro dell’ or- 
gano, nel caso nostro l’attività funzionale del cervello, e però 
in questa condizione la sensazione si fa più viva. Ma l'emergenza 
della sensazione non può coincidere col massimo dell’inspirazione, 
perchè in questo momento è grandissima l’ innervazione dei 
muscoli respiratorîi, e però una parte dell’ attività cerebrale è 
distratta. Se del fatto dell’attenzione, pel quale una rappresen- 
tazione si fa più chiara alla coscienza, determiniamo le condi- 
zioni fisiologiche, possiamo dire che l’attenzione risponde a quello 
stato del cervello, in cui pel maggior nutrimento, l’organo è più 
attivo e il lavoro più facile. Ecco perchè le oscillazioni nelle 
sensazioni, che sono apparse in relazione colla respirazione, pos- 
sono dirsi oscillazioni dell'attenzione. 

Contro la teoria del LeHMANN stanno non solo argomenti 
ma fatti. Le ricerche di Mosso (1), di BrneT e SOLLIER (2), dimo- 
strano che l’influenza della respirazione sul polso cerebrale è ben 
più complessa di quanto ce la presenti il psicologo di Copenaghen. 
Il volume del cervello può, a causa del lavoro psichico, aumentare 


(1) Mosso, Ueb. Kreislauf des Blutes im menschlichen Gehirn, Leipzig, 1881. 
(2) Brxer et SoLrier, Recherches sur le pouls cérébral, “ Arch. de phyS. », 
octobre 1895. 
Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 40 


592 ANNIBALE M. PASTORE — LUIGI AGLIARDI 


senza che si notino variazioni nei movimenti respiratorî (1). In 
nessun caso poi si può sostenere un rapporto di causa ed effetto 
tra una fase respiratoria corrispondente a un dato fatto  psi- 
chico e questo stesso fatto, perocchè, se è ben vero che il cer- 
vello è più attivo quando è meglio nudrito, il fatto psichico si 
compie prima che abbia tempo di giovarsi dei riflessi muscolari 
che ad esso si associano. Il PATRIZI (2), che per l’appunto fece 
quest’ultima obbiezione, andò anche oltre, e in un fanciullo che 
presentava una breccia nella parete cranica, determinò il rap- 
porto tra le oscillazioni dell’attenzione (risultanti da una serie 
di tempi di reazione), le oscillazioni, cioè, dell’ attività funzio- 
nale del cervello e le oscillazioni nella circolazione del cervello 
e riscontrò che le une e le altre, tra loro indipendenti, seguono 
uno speciale decorso. 

Nella interpretazione del fatto delle oscillazioni, prendono 
una posizione meno decisa il MarsE e il Pace, i quali hanno 
principalmente avuto di mira lo studio di alcuni dei fattori che 
entrano nel fenomeno. Il MaRBE, criticando la teoria del LANGE, 
dice che possiamo ammettere un fattore centrale senza essere 
costretti a ritenere che esso sia l’attenzione. La necessità di 
una tensione continua dell’attenzione, perchè le oscillazioni av- 
vengano, contradirebbe, secondo il MARBE, alla teoria del LANGE. 
Ma poichè questi fa consistere il fatto dell’ attenzione nel rin- 
forzamento delle imagini, e poichè dimostra che le imagini oscil- 
lano, a noi pare che non si possa, riferendosi al LANGE, parlare 
di una tensione continua dell'attenzione. Il MARBE, colle sue ri- 
cerche, determinò che le oscillazioni sono in istretta relazione 
coll’intensità della sensazione e che avvengono nella vicinanza 
della soglia entro certi limiti. Per questo egli crede che qui 
entrino fattori simili a quelli che sono causa dei così detti er- 
rori variabili nella determinazione della soglia, e che quindi la 
questione della causa delle oscillazioni sia da mettere, per un 
certo lato, in connessione col significato della legge di WEBER (3). 
Ma variazioni nell’intensità avvengono anche per sensazioni al 


(1) Mosso, op. cit., pag. 70. 

(2) PamRIZI, IZ tempo di reazione semplice studiato in rapporto alla curva 
pletismografica, © Riv. sper. di freniatria ,, XXIII, 1897. 

(3) Marse, l. cit., pag. 634. 


SULLE OSCILLAZIONI DELLE SENSAZIONI DI DEFORMAZIONE, ECC. 593 


disopra della soglia, e in questo caso si dovrebbe attribuire il 
fatto alla fatica. La spiegazione del MARBE è ancora troppo inde- 
terminata e appena abbozzata, perchè su di essa convenga'insi- 
stere ; rileviamo solo che il MARBE propende per una causa 
centrale. Il Pace cercò conciliare le due teorie, ammettendo 
l’azione di un fattore centrale e di uno periferico : osservò 
che la soglia, durante l'esperimento, muta e dall’abbassamento 
della soglia verrebbe l’irregolarità delle oscillazioni. Fintanto 
che lo stimolo è appena percettibile (eden merklich) deve preva- 
lere il fattore centrale. Tuttavia, specie per stimoli sopralimi- 
nari, devono entrare in campo anche fattori periferici, accomoda- 
zione, fatica dei muscoli — questi potrebbero agire indirettamente 
alterando la circolazione del sangue nella retina e rendendo questa 
meno sensibile —; ma poichè la fase della percettibilità è sempre 
più lunga di quella in cui lo stimolo non è veduto, non è pos- 
sibile credere a un unico fattore periferico (1). Anche il PAcE 
all'attenzione non fa più parte alcuna. 


+ 

Un fatto così interessante e così controverso meritava di 
essere sottoposto a nuove indagini e vi ci accingemmo, consi- 
gliati e diretti dal Dott. F. Kiesow, al quale siamo lieti di 
poter rendere qui le più sentite grazie. Le oscillazioni nel senso 
tattile erano state le meno studiate; solo dal LANGE e dal 
LEHMANN per sensazioni prodotte con stimolo elettrico. HyLAN (2) 
nel laboratorio di Harward fece alcune ricerche sulle oscillazioni 
delle sensazioni tattili prodotte da uno stimolo di pressione, ma 
non eliminò la sensazione di temperatura, sì che le oscillazioni 
delle due specie di sensazioni si sovrapponevano. Per suggerimento 
del Dott. Kiesow prendemmo in esame le sensazioni prodotte 
da una deformazione cutanea. Il punto di partenza per la dispo- 
sizione e il metodo delle nostre ricerche fu la nota dello stesso 
Dott. Kiesow: Sur l’ercitation du sens de pression par des dé- 
formations constantes de la peau (83). 


(1) Pace, l cit., pag. 401. 
(2) HyLan, Fluctuation of the Attention I, * Psycholog. Rew. ,, III, 1, 1896. 
(3) “ Arch. it. de biologie ,, XXVI, 1896. 


594 ANNIBALE M. PASTORE — LUIGI AGLIARDI 


Come apparecchio ci servimmo di una bilancia di precisione 
colle braccia di diversa lunghezza, appositamente costrutta (1). 
Al braccio più lungo si fissa verticalmente lo stimolo costituito 
di un bastoncino cui aderisce un piccolo disco di carta del dia- 
metro di circa mm. 3.5. La carta serve ad escludere qualsiasi sen- 
sazione di temperatura. Un contrappeso che si muove mediante 
una vite di piccolo passo lungo il braccio più corto, mette ogni 
volta in equilibrio la bilancia. Sul braccio più lungo finamente 
graduato si applica un peso che, a seconda della posizione, deter- 
mina l’intensità dello stimolo di pressione. Dall’estremità del 
braccio minore parte un filo che gira nella gola di una carru- 
cola, passa nel foro di una leva spostabile a piacimento e si 
attacca ad un punto del tavolo. La tensione del filo impedisce 
che la bilancia inclini quando vi si applichi il peso. È il mo- 
vimento della leva che abbassa lo stimolo colla massima deli- 
catezza senza la possibilità di uno spostamento laterale. 

Era necessario che la superficie cutanea cui doveva applicarsi 
lo stimolo, rimanesse immobile e che per ogni serie di esperi- 
menti fosse la medesima. A tale scopo, poichè facemmo le 
ricerche sul braccio e sulla mano, gettammo un’opportuna forma 
di gesso nella quale il braccio avesse a rimaner fermo e fis- 
sammo con nitrato d’argento le piccole regioni da stimolare, 
superficie circolari della grandezza del disco stimolo. Nell’im- 
mobilità del braccio incontrammo le maggiori difficoltà. Facil- 
mente la forma, premendo e costringendo, avrebbe potuto dar 
luogo a sensazioni disturbanti: avemmo cura che essa fosse 
capace e la rivestimmo di bambagia. Il soggetto, sedendo molto 
alto, poteva adagiare nella forma il braccio piegato nel cubito 
e non doveva essere in posizione forzata. Con tutto questo 
nascevano spesso sensazioni muscolari che disturbavano l’osser- 
vazione. In tal caso il soggetto ne avvertiva lo sperimentatore 
e la serie era annullata. 

Era anche necessario escludere la caduta dello stimolo e 
però questo, prima che cominciasse l’esperimento, era abbassato 


(1) Questo apparecchio non è che un perfezionamento dell’apparecchio 
usato dal D' Kresow, di cui è dato il disegno nella memoria qui sopra 
citata. 


SULLE OSCILLAZIONI DELLE SENSAZIONI DI DEFORMAZIONE, ECC. 595 


sino quasi a sfiorare la pelle e poi con un ultimo lentissimo 
movimento della leva veniva applicato. 

Nostro desiderio sarebbe stato di fare le ricerche sempre 
sulla polpa dèlle dita, perocchè qui in maggior numero sono gli 
organi tattili e così fitti che la sensibilità, non variando da 
regione a regione, può considerarsi nell’esperimento come co- 
stante. Ma stimolando la polpa del dito medio, osservammo 
ben presto come fosse difficile ottenerne l’immobilità: il dito 
automaticamente tendeva a flettersi, nè lo si poteva costrin- 
gere, perchè una pressione esercitata sull’estremità si sommava 
colla sensazione minima sulla quale era diretta l’attenzione. 
Cercammo ovviare alla difficoltà fissando il dito per mezzo del- 
l'unghia, ma nello stesso tempo vedemmo la necessità di rivol- 
gerci anche ad altre regioni e scegliemmo la parte ventrale 
del polso, poco sopra all’articolazione, ove non sono peli e dove 
i punti tattili sono pure numerosi (1). Qui avemmo cura di fis- 
sare per ogni gruppo di esperimenti due superficie e stimolammo 
alternativamente l’una e l’altra. 

Riguardo al procedimento sperimentale, prima di esporre 
quello da noi tenuto, è opportuno ricordare i metodi, molto di- 
versi, seguiti da quanti ci hanno preceduto, perchè, mentre daremo 
ragione della preferenza accordata ad uno di essi, ci renderemo 
conto forse anche delle grandi divergenze nei risultati. 

Il Lance misurava la durata delle intere oscillazioni me- 
diante l'orologio di Hrpp (disposto secondo il piano che il 
Wunpr dà nel cap. XXVI della Physiologische Psychologie e che 
il CamtELL descrive in Psychometrische Untersuchungen “ Philos. 
Stud. ,, vol. III). Il soggetto appena avvertiva un aumento nella 
soglia dello stimolo, mediante un tasto apriva la corrente e 
metteva l'orologio in movimento; al successivo aumento, chiu- 
dendo la corrente, determinava l’arresto del cronoscopio. Così 
ogni oscillazione era un valore preso a sè, costituiva un espe- 
rimento. A questo metodo momentaneo il MiinstERBERG sostituì 
un metodo continuo, pel quale si determinava la durata di una 
serie di oscillazioni successive. Il soggetto reagiva quando aveva 


(1) F. Kresow, Contributo alla psicofisiologia del senso tattile, “ Giornale 
della R. Acc. di Med. di Torino ;, novembre 1900. 


596 ANNIBALE M. PASTORE — LUIGI AGLIARDI 


coscienza di una variazione nella sensazione e le oscillazioni 
erano scritte sul chimografo. L'esperienza durava circa 2 minuti. 
Il metodo continuo fu tenuto, salvo piccole modificazioni, dal- 
l’EckxeNER, dal MARBE, dal Pace. Una differenza nei risultati si 
ha a seconda che si tiene l’un metodo o l’altro. Col momentaneo 
si hanno valori più regolari. Lo dimostrò il MARBE che. col 
metodo del MinsrerBER6 ebbe valori medi di 12.5 sec. e 9.3 sec. 
con variazioni medie di 8 e 3.1 sec.; col metodo del LANGE 
valori medi di 8.4 e 9.9 sec. con v. m. di 1.5 e 1.9. La diffe- 
renza è grande ma spiegabile. Alla prima oscillazione le condi- 
zioni dell'organo e lo stato psichico sono diversi che .ad una 
seconda. La scelta di un metodo in luogo dell’altro dipende dal 
problema che ci proponiamo. Se vogliamo studiare le oscilla- 
zioni periodiche dell'attenzione sensoriale in rapporto alla durata, 
quale è stato l’intento del LANGE, potrà servirci il metodo mo- 
mentaneo. Ma se liberi dal presupposto della periodicità delle 
oscillazioni, di queste vogliamo studiare lo svolgimento e la 
successione e dare la misura nella loro successione, ci servirà 
il metodo continuo, il quale ha anche questo vantaggio, che ci 
presenta il fatto nella sua forma più naturale anzichè in una 
sperimentalmente artificiosa. 

Anche nel metodo di calcolare le oscillazioni si tennero 
criteri diversi. Il LanGE misura il tempo tra le oscillazioni dei 
due massimi dell’attenzione, cioè fra due aumenti della soglia 
dello stimolo. Il MiinsrERBERS conta le oscillazioni dal principio 
del primo sparire della sensazione sino al successivo sparire. Il 
Pace prende come punto di partenza dell’oscillazione non il 
principio dello sparire, ma il momento in cui lo stimolo è affatto 
scomparso. L’Eckener calcola l'oscillazione dal momento del 
ritorno della sensazione dopo un’oscillazione all’eguale momento 
dell'onda oscillatoria successiva. 

Noi usammo del metodo continuo grafico, così disponendo 
l'esperimento: Su un cilindro affumicato mosso da un motore di 
Baltzar due segnalatori elettrici scrivevano l’uno i mezzi minuti 
secondi battuti da un metronomo, l’altro le oscillazioni. Queste 
erano trasmesse dal soggetto che in altra camera agiva sopra 
un tasto, il quale, perchè non desse rumore nè offrisse resistenza, 
era costituito da un’asta elastica fissata orizzontalmente a una 
estremità e pescante coll’altra estremità in un pozzetto a mer- 


SULLE OSCILLAZIONI DELLE SENSAZIONI DI DEFORMAZIONE, ECC. 597 


curio. Il soggetto non appena avvertiva la sensazione, premeva 
sul tasto e il segnalatore si sollevava. Sulla grafica la presenza 
della sensazione era data dalla linea più bassa, l’assenza dalla 
più alta: il periodo oscillatorio era calcolato dalla comparsa 
alla comparsa successiva. 

Ma un maggior numero di serie facemmo col metodo con- 
tinuo verbale: il soggetto indicava con monosillabi convenuti 
la modificazione nella sensazione e lo sperimentatore ad ogni 
indicazione registrava il tempo leggendo da un cronografo. Pre- 
ferimmo questo metodo più semplice per molte ragioni. Sin 
dalle prime ricerche osservammo che avvenivano modificazioni 
di diversa natura, che non potevano essere rese da un unico 
modo di designazione. Già l’EcKENER e il Pace hanno dimostrato 
l'insufficienza del metodo grafico. Il primo non crede si possano 
considerare i valori numerici come una determinazione esatta 
della durata delle oscillazioni, perchè è sempre una notevole 
perdita di tempo. Chi ha osservato il fatto introspettivamente 
si sarà tosto accorto della difficoltà di una risposta immediata. 
E però l’esattezza per la quale il metodo grafico si raccoman- 
derebbe, non può essere che relativa. Si aggiunga che spesso 
le variazioni sono improvvise e queste è quasi impossibile re- 
gistrare. Il Pace già esprimeva l’opportunità, che la natura 
delle oscillazioni in rapporto al loro svolgimento graduale o 
improvviso fosse desunta piuttosto dalle indicazioni del soggetto 
che dalle curve della grafica. Da ultimo il processo di reazione 
complica, disturba e forse altera la ricerca. Secondo il MinsTERBERG 
si stabilirebbe una connessione meccanica riflessa tra lo stimolo 
e la reazione e però questa si compirebbe automaticamente. 
Il LenmaNN, che in luogo del tasto usò una pera di cautsciu 
premendo sulla quale si metteva in movimento un segnalatore 
di Marey, mirò pure ad ottenere una registrazione automatica 
mediante un lungo esercizio. Ma coll’EckENER e col Pace cre- 
diamo che questa reazione automatica influisca sul processo che 
vogliamo studiare. Acutamente il Pace scrive: “ Una connes- 
sione riflessa potrebbe esser causa di errore, in quanto potrebbe 
dare al periodo delle oscillazioni una regolarità che altrimenti 
non avrebbe , (1). 


(1) Pace, l. cit., pag. 390. 


598 ANNIBALE M. PASTORE — LUIGI AGLIARDI 


Nel caso nostro l'influenza perturbante del movimento di 
reazione era ancor più manifesta, perocchè non ci riusciva che 
con grande sforzo a stabilire una indipendenza tra la mano che 
reagiva e la mano sulla quale era localizzata la debolissima 
sensazione di pressione. 

L'impiego di ambedue i metodi grafico e verbale fu di 
qualche utilità per il confronto che si potè stabilire tra i risul- 
tati. Im tutti gli esperimenti condotti secondo un metodo e 
secondo l’altro, constatammo la massima irregolarità delle oscil- 
lazioni, ma il metodo verbale ci permise di renderci conto di 
molte variazioni sulla. chiarezza della sensazione che completa- 
mente sfuggivano alla registrazione per reazione. Aumentando 
il numero delle variazioni nel senso di maggiore o minore chia- 
rezza della sensazione, i periodi da una comparsa ad un’altra 
o da una scomparsa assoluta alla successiva, si allungavano. 
Con questo nostro risultato si accorda la supposizione del WunDT, 
che, se in luogo di designare il graduale crescere o decrescere 
della chiarezza, si tendono a registrare solo i massimi, i periodi 
si fanno più corti (1). 

Delle molte serie di esperimenti che facemmo per più mesi 
(marzo-giugno 900, novembre 900—gennaio 1901) diamo alcuni 
risultati. Soggetto fu sempre AcLiIARDI; sperimentatore PASTORE: 
alcune ricerche di controllo furono fatte su PASTORE. 


Metodo continuo grafico. — Calcolando il periodo dalla com- 
parsa alla scomparsa della sensazione avemmo con uno stimolo 
di gr. 0.50 e 0.75 

in 64 valori una media aritmetica di 18 sec. con una 
variazione media di 10 sec. 

Nella stessa serie, calcolando il periodo dalla scomparsa alla 
scomparsa avemmo 

in 52 valori m. ar. di 19 sec. con v. m. di 10.6 sec. 


Metodo continuo verbale. — Eccitando il dito medio con 
stimoli debolissimi (gr. 0.30 - 0.40) in poche serie avemmo una 
m. ar. di 25 sec. con variaz. m. di 8 sec. 

In un gruppo di 34 esperimenti fatti in 10 sedute osser- 
vammo: 


(1) Wunpr, Grundz. der phys. Psychol., II, 4* ed., pag. 296. 


SULLE OSCILLAZIONI DELLE SENSAZIONI DI DEFORMAZIONE, ECC. 599 


228 variazioni della sensazione ad un intervallo medio 
di 14 sec.; È 
in 45 oscillazioni complete calcolate da un sì deciso al suc- 
cessivo sì, avemmo una m. ar. di 32 sec. con var. m. di 14 sec. 
In 50 oscillazioni, da un no assoluto al successivo, una m. a. di 
35 sec. con v. m. di 183 sec. | 
All’inizio delle ricerche ad ogni seduta e per ogni nuova 
regione della pelle che si prendeva a stimolare, si determinava 
il valore di soglia: ottenutolo, con aumenti di gr. 0.5 si provava 
volta per volta se nello spazio di un minuto si avessero oscil- 
lazioni, ma la pressione era sentita al primo istante e poi spa- 
riva e non era possibile risentirla (1). Dovemmo quindi conclu- 
dere che, perchè le oscillazioni siano avvertite, il valore dello 
stimolo deve essere sopra la soglia. I valori più opportuni ci 
parvero, a seconda dei diversi punti: gr. 0.50, 0.75 e 1. Già il 
Marge per le sensazioni visive ha riconosciuto che le oscilla- 
zioni hanno luogo nelle vicinanze della soglia e non proprio 
alla soglia; e l’EckeNER per quelle dell'udito, che non si può 
parlare di uno stimolo assolutamente minimo. Tanto più questo 
era da aspettarsi per le sensazioni tattili, essendo qui gli organi 
meno fini e, come già osservò il LANGE, essendo noi meno soliti 
a dirigere la nostra attenzione sul senso tattile. Ma anche cogli 
stimoli indicati le oscillazioni non si avvertono tosto, ma solo 
dopo un lungo esercizio. Del resto l’intensità oggettiva dello 
stimolo non ha che un valore relativo, perchè lo stesso stimolo 
in serie successive di esperimenti, applicato sulla medesima re- 
gione della pelle, ci dà risultati diversissimi e talora è apper- 
cepito distintamente e permane a lungo, talora scompare ben 
tosto e solo dopo una lunga pausa ritorna. Il PAcE ha dimostrato 
che la soglia tende ad abbassarsi e l’EckeneR ha pure messo 
in rilievo le continue variazioni nella sensibilità del soggetto, sì 
che non si può ritenere che l’intensità dello stimolo agisca 
egualmente. Questo noi potemmo stabilire in modo sicuro, che, 
rimanendo eguale l'intensità oggettiva dello stimolo e agendo sempre 
sullo stesso punto, le oscillazioni si svolgevano in modo diverso. 
Un fatto che quasi costantemente si ripetè, fu che nei primi 


(1) Identici sono i risultati che il D" K1esow dà nella sua memoria cit.: 
Sur l’excitation du sens de pression, “ Arch. it. de Biol. ,, 1896. 


nc it 


600 ANNIBALE M. PASTORE — LUIGI AGLIARDI 


minuti la sensazione si faceva più chiara e il soggetto pareva 
avvertire un aumento nell’intensità rispetto alla sensazione pri- 
mitiva. Ma se per inavvertenza dello sperimentatore lo stimolo 
era applicato violentemente, determinando una sensazione molto 
forte all’inizio dell'esperimento, ben tosto la sensazione spariva 
e non era possibile richiamarla, benchè la carica fosse la me- 
desima cui in serie precedenti avevano corrisposto numerose 
oscillazioni. 

La scomparsa della sensazione avveniva con diminuzioni 0 
graduali o rapide, di intensità o di chiarezza. La sensazione si 
faceva debole, debolissima, poi svaniva; oppure l'impressione si 
estendeva, facendosi sempre più confusi i limiti della regione ec- 
citata, finchè non era possibile rintracciarla. 

Anche il ritorno avveniva diversamente: talora prima che 
la sensazione fosse interamente scomparsa, si rifaceva via via 
più chiara; talora essendo completamente svanita, irrompeva 
d’un tratto. 

Il maggior numero di variazioni la sensazione offriva du- 
rante il primo minuto: erano sopratutto variazioni nella chia- 
rezza; nel secondo minuto prevalevano le fasi di eclissi. La serie 
talora si chiudeva colla presenza della sensazione ma più spesso 
coll’assenza. Talora quando si toglieva lo stimolo, il soggetto 
aveva la sicurezza che la pressione era oggettivamente inter- 
rotta, ma più spesso se lo stimolo era presente, all’atto dello 
scarico il soggetto non aveva coscienza di alcuna interruzione, 
ma avvertiva un aumento di intensità nella sensazione. Da 
questo fatto che, già osservato e studiato dal Dott. Krrsow nella 
memoria citata, ha luogo con stimoli sopraliminari, fummo con- 
dotti ad altre ricerche: 

a) se abbiano luogo ancora oscillazioni prolungando il 
tempo dell’applicazione dello stimolo oltre i due minuti; 

b) come si comportino stimoli di molto superiori alla 
soglia rispetto alle oscillazioni e per due minuti e per un tempo 
maggiore. 

Riguardo al primo ordine di indagini prolungammo il tempo 
dell'esperienza a 4 e a 5 minuti. Il soggetto conosceva questa 
modificazione. Essendo lo stimolo di gr. 1 — non era opportuno 
uno stimolo più debole — si osservò che nel primo minuto le 
oscillazioni avvenivano come nelle. esperienze antecedenti; nel 


SULLE OSCILLAZIONI DELLE SENSAZIONI DI DEFORMAZIONE, ECC. 601 


secondo la sensazione mancava; talora nel terzo ritornava; rego- 
larmente dopo un’assenza di 1 o 2 minuti riemergeva, così che 
nel quarto o nel quinto minuto era presente se era mancata 
nell’antecedente. Lo sperimentatore all'insaputa del soggetto 
levava lo stimolo per poi rimetterlo: il soggetto nei primi 
istanti di interruzione oggettiva spesso accusava lo stimolo e 
ne indicava delle variazioni oppure, se lo stimolo era già scom- 
parso, ne annunciava un ritorno istantaneo. Questo fatto ci 
condusse a indagare, se e fino a quando sopravviva l’imagine e 
se questa pure subisca oscillazioni. Ma nell’esperimento della 
durata di 4 o 5 minuti le condizioni non erano le più favorevoli 
per questa ricerca e però facemmo serie speciali. Prima di 
passare a queste, ricordiamo i risultati ottenuti con pesi mag- 
giori. 

Come per gli stimoli minimi è un limite al di sotto del 
quale non è possibile ottenere oscillazioni, così era probabile si 
avesse ad incontrare un limite al di sopra del quale non fossero 
più oscillazioni. Partendo dalla pressione di gr. 1 andammo via 
via aumentando lo stimolo secondo la legge di WEBER e giun- 
gemmo a uno stimolo massimo di gr. 10. Anche qui dovemmo 
constatare che non sempre i risultati corrispondono adeguata- 
mente alle modificazioni nell’intensità oggettiva. Pure fu possibile 
complessivamente stabilire che per pressioni di gr. 2.5-5 le 
oscillazioni persistevano in aumenti e diminuzioni di chiarezza; 
al di sopra di gr. 6 la sensazione rimaneva pel primo minuto 
invariata, era sempre sentita intensa e chiara, subiva modifica- 
zioni nel secondo minuto ma rare. 

Fatto che ben rare volte ci fu dato osservare con pres- 
sioni deboli ma che qui si ripetè quasi ad ogni serie, fu quello 
di oscillazioni rapidissime, che il soggetto indicava come pulsa- 
zioni: queste che avevano sempre luogo durante la presenza 
dello stimolo, sono senza dubbio in relazione coi fatti trovati 
dal Mosso e dai suoi allievi (1). 

Prolungando il tempo di stimolazione, gli stimoli mediocri 
(gr. 2.5-5) stavano presenti per i primi due minuti, talora anche 
per il terzo, subendo oscillazioni nella chiarezza, poi sparivano 


(1) A. Mosso, Sphygmomanomètre, ecc., * Arch. it. de Biol. ,, XXIII, p. 177; 
Miosfigmografo, in Fisiologia dell’uomo sulle Alpi, pag. 93, 1898. 


602 ANNIBALE M. PASTORE — LUIGI AGLIARDI 


per ritornare. Gli stimoli forti stavano presenti più a lungo e 
sparivano solo nell'ultimo minuto, evidentemente a causa della 
stanchezza. 

L'interruzione della pressione, fatta all'insaputa del sog- 
getto durante l'esperimento, con stimoli di tale intensità, era 
sempre avvertita. 

Per studiare l’azione postuma della impressione abbreviammo 


il tempo della ricerca e lasciammo agire lo stimolo per un. 


minuto o poco più. Anche noi, come già l’EcKENER, constatammo 
che l'interruzione oggettiva dello stimolo non era mai percepita 
durante l’assenza della sensazione. Ma come già abbiamo notato, 
molte volte lo scarico era percepito come un rinforzamento di 
pressione e però la sensazione perdurava e non spariva che 
lentamente, subendo variazioni in chiarezza. Qui alcuno potrebbe 
pensare forse a un effetto dell’irritazione lasciata negli organi 
di senso dallo stimolo, benchè per stimoli deboli di gr. 1 questa 
ipotesi sia poco probabile. Ma un fatto più notevole ci costringe 
a ricorrere ad altre spiegazioni. Anche quando l’assenza della 
sensazione aveva coinciso coll’interruzione oggettiva dello sti- 
molo, perdurando lo stato d’attenzione, si avvertiva la presenza 
della sensazione come incerta, poi sparita e infine spesso se ne 
aveva un ritorno deciso, sempre istantaneo. Questo avveniva 
per lo più dopo i primi 10 sec. In alcuni casi si ebbe un ritorno 
improvviso anche dopo 1 minuto di interruzione, dopo che il 
soggetto aveva dichiarata incerta o mancante l'impressione. 
Questo fatto era evidente di natura centrale; ad esso corrispon- 
deva sempre uno stato sentimentale penoso. Il soggetto stesso 
poi, recisamente accusando l’assenza dell’impressiofie, veniva 
acquistando la convinzione che lo stimolo era stato tolto. 

Un fatto particolare che pur merita di essere ricordato, è 
il seguente, incontrato stimolando due regioni della parte ven- 
trale dell'’avambraccio destro presso l’articolazione del polso. 
Qui tratto tratto sorgevano sensazioni di freddo, ora diffuse, ora 
intense e nettamente localizzate nel punto stimolato. Queste 
sensazioni, benchè si manifestassero in modo irregolare, si può 
dire che tenevano per lo più il posto della presenza dell’im- 
pressione o succedevano a una chiara sensazione di pressione 
e però si alternavano alle fasi di assenza. Si noti che, essendo 
lo stimolo terminato da un disco di cartone, era esclusa un’ec- 
citazione adeguata. 


SULLE OSCILLAZIONI DELLE SENSAZIONI DI DEFORMAZIONE, ECC. 603 


+#% 

Tali i risultati jdelle nostre ricerche; vediamo come si 
accordino coi dati degli autori che ci hanno preceduto nello 
studio del fatto e quale sia l’interpretazione che di essi pos- 
siamo dare. 

Il Leumann, raffrontando gli opposti risultati ottenuti dal 
LAnGE e dagli altri tutti, avanzava il dubbio che i fatti inda- 
gati dal primo fossero diversi da quelli che i secondi avrebbero 
preso in esame. Negli esperimenti del LaneE l’attenzione allo 
sparire della sensazione si rilassava per poi di nuovo concen- 
trarsi. Presso gli altri l’attenzione era sempre tesa. Le ricerche 
del Lance dimostrerebbero quindi, secondo il LEHMANN, che 
l’attenzione è periodicamente tesa e rilassata se non ci sforziamo 
a tenerla fissata. Le ricerche del MinsreRBERG, dell’ EcKENER, 
del Pace proverebbero che un'attenzione continuamente concen- 
trata si disperde malgrado ogni sforzo volontario (1). La distin- 
zione è sottile, ma non ci pare che risponda al caso nostro. A 
nostro avviso, anche il LANGE studiò il secondo ordine di fatti 
e i suoi risultati comportano solo la seconda conclusione. Egli 
infatti così riassume il risultato delle sue ricerche: “ Deboli 
sensazioni, quando noi le osserviamo mit starker Spannung der 
Aufmerksamkeit subiscono notevoli oscillazioni. Queste oscilla- 
zioni sono di origine centrale, prodotte da corrispondenti oscilla- 
zioni di quello stato che diciamo dell’attenzione sensoriale ,. Che 
nella scomparsa della sensazione l’attenzione è modificata, questa 
è appunto la conclusione teorica del LANGE (2). Consistendo l’at- 
tenzione in un rinforzamento della sensazione reale per opera 
della imagine di memoria che è mutevole, è naturale che, ve- 
nendo meno coll’oscillazione dell’imagine il rinforzamento della 
sensazione, si debba parlare di un rilassamento dell’attenzione; 
ma questo è un fatto altrettanto necessario e dipendente dalla 
natura dei processi di coscienza (v. il $ V° del lav. del LANGE 
“ Theorie der periodischen Erscheinungen im Bewusstsein ,) che 
quello portato dall’ EckENER a spiegare la modificazione dello 
stato di attenzione. 


(1) Leamann, lav. cit., pag. 69. 
(2) Lance, lav. cit., pag. 402. 


604 ANNIBALE M. PASTORE — LUIGI AGLIARDI 


La distinzione fatta dal LeHMANN è tuttavia opportuna, 
perchè ci mostra due ordini di fatti interessanti e che facil- 
mente possono essere confusi. Quando nella nostra camera 
udiamo e non udiamo il tik-tak del pendolo, oppure non l’udiamo 
affatto, ma ci accorgiamo della sua interruzione sè l’orologio si 
ferma, abbiamo a fare con un fatto di ordine diverso da quello 
che è oggetto di questi studi sulle oscillazioni dell’attenzione. 
In quel caso si tratta di un avvicendarsi di stati di attenzione 
e di non attenzione; quando non udiamo il tit-tak non abbiamo 
che a pensare ad esso e tosto lo appercepiamo. Ma negli espe- 
rimenti fatti dal LAnGE e dagli altri tutti, trattandosi di apper- 
cepire stimoli minimi, l’attenzione è preparata e coatta. Una 
tensione e un rilassamento dell’attenzione indipendentemente 
dallo sforzo volontario ci porta a quella teoria che considera 
l’attenzione come una risultante e non come una forza (1); ma 
se ammettiamo essere il fatto della volontà proprio dell’atten- 
zione, dovremo nell’attenzione naturale e in quella conativa 
ammettere solo una differenza nell’indice di volontarietà (2) e 
però da un lato riconosceremo essere uno stato di disattenzione 
là dove manca la fissazione volontaria e dall’altro lato, ammet- 
tendo anche per l’attenzione la proprietà di ogni fatto psichico, 
di essere cioè un processo che continuamente si svolge e muta, 
non parleremo più di un’attenzione continuamente concentrata 
per un unico sforzo volontario, ma di un'attenzione sostenuta 
per una serie di sforzi di volontà. Che del resto solo il secondo 
ordine di fatti fosse possibile studiare, ce lo dimostra il LeH- 
MANN stesso, il quale non dichiara a quale dei due fatti darà 
la preferenza e usando del metodo continuo, in cui lo stimolo 
agiva per 100 sec., giunge a risultati simili a quelli del LANGE, 
almeno nel senso tattile. 

Dove adunque la causa della differenza tra i risultati del 
LANGE, del LEHMANN e i nostri, che, come quelli del MinsTERBERG, 
dell’EcgeneRr, del Pace, del MARBE per gli altri sensi, affermano 


(1) W. James, Principî di psicologia, trad. ital. del D' FerRARI, cap. 11°, 
pag. 324 e segg. Milano 1901. 

(2) S. De Sanctis, Lo studio dell'attenzione conativa. Estr. della * Soc. 
rom. di antrop. ,, vol. IV, fase. II — V. anche UrserBoRrsT, Das Wesen der 
Aufmerksamkeit, © Archiv f. system. Philos. ,, IV. 


SULLE OSCILLAZIONI DELLE SENSAZIONI DI DEFORMAZIONE, ECC. 605 


essere anche le oscillazioni del senso tattile irregolari? Non è 
facile indicarla. Per le ricerche del Lance la si potrebbe vedere 
nell’uso del metodo momentaneo, ma pur questa non ci pare ra- 
gione sufficiente. Sull’automatismo delle reazioni potrebbe nelle 
ricerche del LeHMANN avere anche influito il ritmo respiratorio. 
Nel caso speciale poi delle sensazioni tattili la natura dello stimolo 
usato dal Lance e dal LeHMANN non sfugge ad appunti. Essi appli- 
cavano a un braccio un elettrode e facevano immergere un dito 
dell’altro braccio in un vaso d’acqua cui metteva capo l’altro elet- 
trode. Qui l'intensità oggettiva dello stimolo sfugge ad un'esatta 
determinazione; inoltre lo stimolo elettrico ci dà una sensazione 
speciale, vibratoria, di cui è più difficile valutare la continuità (1). 
Del resto la periodicità delle oscillazioni è fortemente infirmata 
anche nella sua base teorica. Si ricordi che il LANGE era partito, 
per una spiegazione del fatto, dall’analogia colle oscillazioni che 
si hanno nella percezione della scala di ScaRroepER. Anche 
queste sarebbero, secondo il LANGE, periodiche. Il Mare ha 
ripetuto le osservazioni e ha trovato oscillazioni aperiodiche 
tanto col metodo continuo quanto col momentaneo. E le ricerche 
da noi pure rifatte col metodo momentaneo (soggetto il dot- 
tore F. Kresow) non poterono che confermare i risultati del 
MaRBE (2). Non vi è quindi alcuna ragione per ritenere rego- 
lari le oscillazioni delle imagini — irregolari e di diversa durata 
risultarono all’EcKENER e a noi pure — e se alle oscillazioni 
delle imagini sono dovute le oscillazioni delle sensazioni, neppur 
queste possono avere la regolarità e la periodicità. 

Il LeAMANN si sforza di vedere la ragione, perchè la rego- 
larità e la relazione col ritmo respiratorio esistenti per le oscil- 
lazioni delle sensazioni tattili non siano pure per quelle delle 
sensazioni acustiche e luminose. Ad altri potrebbe parer strana 
la regolarità delle prime soltanto e porsi il problema inverso, 
perocchè i fattori nei quali il LeHmANN ha veduto la causa del- 
l'irregolarità, non mancano affatto nel dominio delle sensazioni 
tattili. Le imagini sopratutto che avrebbero parte principale nella 


(1) Anche Hyraw (lav. cit.) che ha pure usato lo stimolo di pressione; 
sì accorda con noi nel concludere per la irregolarità delle oscillazioni. 
(2) V. la comunicaz. preventiva fatta da Pasrore, già citata, pag. 4. 


pag 


606 ANNIBALE M. PASTORE — LUIGI AGLIARDI 


irregolarità delle sensazioni visive, esistono e hanno sufficien- 
temente efficacia anche per le sensazioni di pressione. 

Più naturale si presenta quindi l’ammettere che anche le 
oscillazioni del senso tattile presentino, non meno che quelle 
degli altri sensi, durate e decorsi irregolari. Dovremo ora 
vedere la causa di esse, col MiinstERBERG, in un fattore perife- 
rico o, cogli altri, in un fattore centrale ? 

Dopo gli studi recenti di von FrEY e KiEsow (1) conosciamo 
assai meglio la funzione degli organi tattili e sappiamo che 
allo stimolo di pressione corrisponde una deformazione della 
pelle, la quale agisce sui nervi di senso non con una diretta 
azione meccanica, ma producendo, con ogni probabilità, una modi- 
ficazione nella costituzione chimica o nella pressione osmotica 
dei liquidi dei tessuti. Questa modificazione, quando la pressione 
continua è di una certa intensità, perdura e però i nervi riman- 
gono eccitati. Se la pressione è debole, la si avverte al primo 
istante e poi scompare. Questo fatto già studiato dal dott. Ktesow 
e da noi pure confermato, ‘dimostra che se la pressione non è 
sufficiente per produrre negli organi di senso una modificazione 
duratura, ben tosto i liquidi dei tessuti si rimettono in equili- 
brio. Si potrebbe ora supporre che ad uno stimolo di pressione 
alquanto più forte, non tale però da determinare un’eccitazione 
continua degli organi di senso, si avessero delle reali oscilla- 
zioni nella pressione interna e quindi un’avvicendarsi di ecci- 
tazioni e non eccitazioni. Pel fatto poi che anche con pressioni 
forti si hanno oscillazioni, ma non nel senso della scomparsa e 
della ricomparsa della sensazione, ma in quanto questa si fa 
più o meno chiara, si potrebbe pensare alla così detta fatica 
degli organi di senso (2). Per il fattore fatica qui si presenta meno 


forte l’obbiezione del LANGE, non comprendersi cioè, come mai 


perdurando la causa della fatica gli organi di senso possano 
rimettersi; perocchè, essendo grande il numero dei punti tattili 
eccitati, si potrebbe pensare a una sostituzione nella funzione 


(1) Ueb. die Function der Tastkòrpchen, “ Zeitschr. f. Psych. u. Phys. d. 
Sinnesorg. ,, XX, 1899. — Sur la fonction des corpuscules tactiles, “ Arch. 
it. de Biologie ,, XXIII, 1900. 

(2) Dati nuovi su quel fatto che si indica come fatica degli organi, darà 
il D" Kresow in un suo prossimo lavoro sulla sensibilità degli organi tattili. 


Li 


SULLE OSCILLAZIONI DELLE SENSAZIONI DI DEFORMAZIONE, Ecc. 607 


sensitiva dei punti meno eccitati a quelli più, a una trasmis- 
sione dell’eccitazione da alcuni punti ai più vicini. E una tale 
ipotesi sarebbe anche favorita dall’osservazione di una diffusione 
dell’eccitamento, e da un creduto spostamento dello stimolo. 

Il Pace ha accennato tra le cause periferiche a una pro- 
babile alterazione nella circolazione del sangue nella retina e 
a una conseguente diminuzione di sensibilità. Anche nel caso 
nostro si potrebbe pensare che variazioni nella circolazione dei 
capillari, determinando anemie o iperemie, modifichino la sensi- 
bilità della parte stimolata. Speciali ricerche intendiamo fare in 
proposito, pur non nascondendoci le gravi difficoltà che ostacolano 
una tale indagine. È necessario determinare le variazioni dei 
capillari della stessa mano, anzi dello stesso dito stimolato, 
perocchè le curve pletismografiche non corrispondono perfettamente 
da braccio a braccio (1) e la posizione stessa della mano ha una 
grande influenza (2). 

Maggiori studi sono adunque necessari per lasciare il terreno 
delle ipotesi. Crediamo veramente che gli organi periferici anche 
nelle sensazioni di deformazione, come già ritennero il MARBE 
e il Pace per le visive, possano avere una parte nel produrre 
le oscillazioni; ma alcuni argomenti ci pare stiano decisamente 
contro un'origine puramente periferica del fatto. Anche negli 
stimoli deboli si hanno oscillazioni graduali e non improvvise 
e nette comparse ed eclissi della sensazione, come dovrebbe 
avvenire se veramente si trattasse di interruzione nel processo 
di eccitazione. L'enorme diversità dei risultati, pur quando si 
mantenga eguale l'intensità dello stimolo e si agisca sulla mede- 
sima regione, fa credere che alle probabili cause già accennate 
se ne debbano aggiungere altre di natura non periferica. Il fatto 
poi dell’imagine postuma che pur subisce oscillazioni, come si è 
veduto a pag. 22, ci costringe ad ammettere un fattore centrale. 

Non ci pare adunque che il fattore periferico sia da esclu- 
dere ma neppure da ritenersi sufficiente, tanto meno poi l’es- 


(1) Mosso, Sopra un nuovo metodo per scrivere i movimenti dei vasi san- 
guigni nell'uomo. Estr. “ Atti R. Acc. delle scienze di Torino ,, XI, 1875, 


pag. 31. 
(2) Biwer et Courrier, La circulation capillaire de la main, “ Année 


psych. s» II, 1895, pag. 98. 
Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 41 


608 ANNIBALE M. PASTORE — LUIGI AGLIARDI 


senziale. La grande irregolarità delle oscillazioni, la diversità 
di risultati da gruppi a gruppi di serie, da soggetto a soggetto 
ci dicono che altri fattori sono in giuoco, e di origine centrale. 
Diciamo altri fattori perchè non crediamo che, escluso o rite- 
nuto insufficiente il fattore periferico, si debba senz'altro rico- 
noscere l’azione di un unico fattore centrale. La ricerca speri- 
mentale delle oscillazioni delle sensazioni minime è spesso stata 
traviata da un interesse teorico, e col preconcetto di vedere 
nelle oscillazioni il risultato di un unico fattore si è semplifi- 
cato il fatto trascurandone troppi elementi (1). Se non possiamo 
renderci conto di possibili fattori fisiologici centrali che a priori 
non siamo in diritto di escludere, l’esame introspettivo (2) del 
come si svolge l’esperimento, ci dirà che in esso entrano molti 
processi psichici e, se da un lato farà nascere il dubbio che 
l'indagine di queste oscillazioni non sia la più opportuna per lo 
studio della pura attenzione sensoriale, dall’altro ci renderà 
ragione della grande irregolarità dei decorsi oscillatori e delle 
diversità che si hanno da soggetto a soggetto. L 

Nell’ osservazione sperimentale delle oscillazioni è senza 
dubbio necessaria la presenza di uno stato di attenzione e più 
specialmente di attenzione conativa. Il soggetto, all'avviso dello 
sperimentatore, concentra la sua attenzione sul punto della mano 
che sarà stimolato. Ma che cosa vuol dire: concentra la sua 
attenzione ? Questo : suscita davanti a sè la rappresentazione di 
quella data regione della pelle isolandola, cioè inibendo ad ogni 
altra rappresentazione di sorgere (3). Ad un tratto, in questo 
stato psichico, avviene una modificazione : sorge una sensazione 
di pressione debolissima, che passerebbe inavvertita se i nostri 
centri ideativi non fossero già stati diretti su quella regione 
della pelle nella quale vien tosto localizzata. L'impressione si fa 
allora dominante nella coscienza, e quanto più su di essa ci 


(1) Un giudizio simile sulla “ Glatte und Einfachheit der Resultate ,, ecc., 
troviamo in MiinsrerBer6, lav. cit., “ Beitr. ,, 2, pag. 78. 

(2) “ Ohne méglichst genaue Analyse des Erlebten kommen wir nun 
einmal nicht aus. Die blossen Zahlen niitzen uns gar nichts ,. MiinsreRBERG, 
I cit., pag: 119. 

(3) Il processo d’arresto nell’attenzione è messo assai bene in luce dal 
Mariner, Remarques sur le mécanisme de Vattention, “ Rev. philos. ,, del 
Ribot, 1889, vol. XXVII. 


SULLE OSCILLAZIONI DELLE SENSAZIONI DI DEFORMAZIONE, Ecc. 609 


raccogliamo, tanto più essa acquista per noi evidenza, perde, 
come direbbe il JAmes, la sua frangia, si distacca dalla regione 
stimolata e ci si presenta quasi nella sua purezza di sensazione. 
È per un vero processo ideativo che otteniamo così un rinfor- 
zamento della sensazione reale. L'intensità richiama allora sopra 
di sè la nostra attenzione e poichè sappiamo di dover osservare 
se in essa avvengano modificazioni, prendiamo a valutarla. Si 
sposta quindi il punto di mira della nostra attenzione. L’ima- 
gine dell’impressione si affievolisce e la diminuzione di intensità 
che ne consegue, è un nuovo fatto di appercezione. Se la dimi- 
nuzione è improvvisa e l'impressione era appena sopra la soglia, 
la sensazione può tosto sparire. Ma più spesso abbiamo una 
graduale scomparsa per un digradamento di chiarezza: e ogni 
modificazione di chiarezza appercepiamo mediante una compa- 
razione che facciamo tra lo stato immediatamente anteriore e il 
presente. Quando la sensazione o è divenuta debolissima o è 
scomparsa, la nostra attenzione si dirige nuovamente nel senso 
di trattenerla o di riafferrarla : si fissa sulla regione soggetta 
all'indagine e coll’aiuto dell’imagine di memoria viene di nuovo 
localizzando la parte stimolata e rintracciando la sensazione. 
Sono perciò diversi contenuti di coscienza che si succedono e 
successivamente in noi predominano. Si potrà pur sempre par- 
lare di oscillazioni dell'attenzione, purchè non si dimentichi che 
l’attenzione è uno stato psichico molto complesso, del quale non 
conosciamo ancora tutti i fattori fisiologici e psichici. Ma un 
punto ci pare importante mettere in rilievo : che nella determi- 
nazione delle oscillazioni hanno luogo processi di comparazione 
appercettiva. Nei rinforzamenti e nelle eclissi improvvise delle im- 
pressioni si potrebbe vedere forse un fenomeno di contrasto (1). 
Se ammettiamo questa comparazione, una conseguenza impor- 
tante risulta: ogni variazione della sensazione è sentita e valu- 
tata rispetto all’impressione antecedente e però non è possibile 
una sicura determinazione dei periodi per la relatività di ogni 
nuovo stato. Nel metodo continuo grafico questo fatto si mani- 
festa nel senso di un accorciamento dei periodi, in quanto che 
l’unica forma di designazione delle variazioni e la preoccupa- 


(1) Wuwpr, Compendio di psicologia, trad. Agliardi, pag. 203 e segg. 
Torino, 1900. 


610 GAETANO SCORZA 


zione di registrare immediatamente la modificazione sulla quale 
si deve fare la reazione, portano a una valutazione unica della 
modificazione stessa. 

Queste nostre osservazioni possono forse essere messe in 
relazione colle conclusioni teoriche del MARBE e col fatto riscon- 
trato dal Pace dell’abbassamento della soglia; ci pare anzi che 
trovino una ancor più facile applicazione alle oscillazioni del 
senso della vista coi dischi di Masson. 

ConcLusrone: Anche le sensazioni di deformazione cutanea 
presentano, entro limiti d’intensità, oscillazioni, le quali sono irre- 
golari di decorso e di durata diversissime. Gli organi di senso 
hanno una parte nel produrre il fatto constatato, ma non suffi- 
ciente nè essenziale. Sono altri fattori centrali, che non ci è pos- 
sibile di determinare. L’introspezione ci dà a conoscere la complessità 
del fatto studiato, dalla quale forse proviene anche l'irregolarità. 
La relatività, fin qui trascurata, di ogni variazione della sensa- 
zione rende impossibile una sicura determinazione delle oscillazioni. 


Dall'Istituto fisiologico di Torino del prof. A. Mosso, 
Sezione di psicologia sperimentale, diretta dal 
Dott. F. Kiesow, febbraio 1901. 


Aggiunta alla Nota sulle corrispondenze (p, p) 
nelle curve di genere p. 
(Estratto di una lettera del Dott. G. SCORZA al Prof. C. SEGRE). 


Nella mia Nota: Sopra le corrispondenze (p; p) esistenti sulle 
curve di genere pa moduli generali ( “Atti della R. Accademia 
delle Scienze di Torino ,, vol. XXXV) ho lasciata sospesa la 
questione delle corrispondenze speciali (5,5) di valenza 1 esì- 
stenti sulle curve di genere 5, credendola più difficile di quel 
che in realtà essa non fosse. 

Ecco infatti come essa si può risolvere in modo breve e 
semplice. 


AGGIUNTA ALLA NOTA SULLE CORRISPONDENZE (pp), Ecc. 611° 


1° Se sopra una curva del genere 5 esiste una corrispon- 
denza speciale (5,5) di valenza 1 (*), ogni punto X della curva, preso 
insieme ai suoi cinque punti Y corrispondenti, dà un gruppo di una 
serie speciale (completa) gs della curva, e ogni punto Y, preso 
insieme ai suoi cinque punti X corrispondenti, dà un gruppo di 
una seconda serie speciale (completa) Gi appartenente alla curva 
medesima. Ne segue, che, se rappresentiamo la curva mediante 
una curva piana C del 6° ordine con cinque punti doppî e la gî 
mediante la serie segata su C dalle rette del suo piano, le quin- 
tuple di punti Y corrispondenti ai varii punti X di C saranno 
situate su rette, passanti pei punti medesimi e costituenti un 
(vero e proprio) inviluppo T di 6° classe in corrispondenza bi- 
univoca prospettiva con 0. 

I gruppi di tangenti di questo inviluppo, che passano pei 
varii punti del piano, formano una serie lineare, che ha per omo- 
loga sulla curva C precisamente la serie Gi contenente le se- 
stuple formate dai punti Y di C insieme ai relativi cinque punti 
X corrispondenti, perchè se Y è un qualunque punto di C le 
sel rette dell’imviluppo che passano per Y sono appunto le sei 
rette relative al punto Y e ai suoi cinque punti X corrispon- 
denti. Quindi, se si considera la rete delle cubiche (aggiunte a C), 
che passano (fuori dei punti doppii) per due certi punti fissi 
P e Q di C e segnano su C la serie Gî, l’inviluppo l si può 
ottenere dalla curva C applicando a questa una determinata 
trasformazione doppia dei punti del piano di C nelle rette del 
piano medesimo, il piano doppio essendo il piano rigato. 

Ora si osservi, che quando si fa una tale trasformazione 
doppia le rette, che contengono uno dei due loro punti corri- 
spondenti formano un inviluppo, che in generale è soltanto della 
5* classe, perchè mentre una retta del piano rigato descrive un 
fascio la coppia di punti corrispondenti si muove sopra una cu- 
bica, segnando su di essa una 9}; dunque la nostra particolare 
trasformazione doppia è tale, che ogni retta contiene la coppia 
dei punti omologhi, e nasce dalla involuzione (di 8° ordine con 


(*) Beninteso qui sono escluse le corrispondenze (5, 5) di valenza 1, che 
si ottengono considerando una serie speciale g's della curva e chiamando 
omologhi di un punto X i cinque punti, che insieme ad esso ne completano 
un gruppo. 


612 GAETANO SCORZA 


sette punti tripli), generata dalla rete di cubiche, coordinando 
ad ogni punto del piano la retta che lo congiunge al suo con- 
iugato. 

Ne segue, che, per costruire il più generale inviluppo l di 
6* classe della specie cercata, si dovrà procedere nella maniera 
seguente. 

Si prenderà una rete qualunque di cubiche aggiunte a C, poi 
si coordinerà ad ogni punto X di C la retta x, che lo congiunge 
al nono punto-base del fascio delle cubiche della rete, che pas- 
sano per X, e la retta x, al variare di X sopra €, descriverà 
un inviluppo F (che sarà proprio) della 6% classe in corrispon- 
denza biunivoca prospettiva con C. Dopo ciò M darà luogo su C 
a una corrispondenza speciale (5,5) di valenza 1. 

Le corrispondenze (5,5) di valenza 1 così coordinate alli 
gi segnata su C dalle rette del piano sono pertanto 00? e 
quindi : 

Le corrispondenze speciali (5,5) di valenza 1 esistenti sopra 
una curva del genere 5, che non nascono dalle serie gi speciali 
(incomplete), sono 4, 

Si può osservare che le o? corrispondenze relative alla gi 
tagliata su C dalle rette del piano hanno tutte altrettante coppie 
involutorie nelle coppie di punti di C raccolte nei punti doppii : 
o, in altri termini (come del resto è ben naturale) : 

Le 10 coppie involutorie di una corrispondenza speciale (5, 5) 
di valenza 1 (della classe considerata) esistente sopra una curva 
di genere 5 si ottengono considerando le due quintuple di coppie 
neutre delle due serie lineari gè e Gì coordinate alla corrispon- 
denza medesima. 

2° Anzi che rappresentare la curva di genere 5 mediante 
una curva piana del 6° ordine con cinque punti doppii, si può 
rappresentarla con la curva C$ (speciale normale) dell’8° ordine di 
Sy intersezione completa di tre quadriche e allora è facile (dopo 
le cose dette) costruire direttamente su questa la corrispondenza 
speciale (5,5) di valenza 1 coordinata a due date serie speciali 
(complete) 98 e Gi di C8, ossia a due sue date corde AB e A'B'. 

Infatti si projetti la C8 dalla sua corda AB sopra un piano n. 
Il risultato della projezione sarà una curva del 6° ordine con 
cinque punti doppii nei cinque punti di incontro del piano 
con gli Ss quadrisecanti di C8 che escono dalla corda AB; e 


AGGIUNTA ALLA NOTA SULLE CORRISPONDENZE (pp), Ecc. 613 


quindi, se si osserva al sistema lineare 004 delle cubiche pas- 
santi per quei cinque punti e alla corrispondenza (omografica) 
che viene spontaneamente stabilita dalla CS fra le sue curve 
e gli iperpiani dell’ S,, si potrà affermare che la C3 è situata 
sopra una Vi di S, contenente la corda AB, le cinque corde 
di C8 congiungenti gli ulteriori punti di intersezione della curva 
con gli S, quadrisecanti uscenti da AB e infine le 16 corde 
di CS congiungenti gli ulteriori punti di intersezione della ‘curva 
medesima con gli iperpiani contenenti a coppie i precedenti $3. 

Ciò posto (senza fermarci a ripetere proprietà notissime 
per la configurazione di queste 16 corde di C5), siano: X un 
punto qualunque di CS e Z l'ulteriore punto di intersezione di 
questa Vi col piano A'B'X. L’iperpiano ABXZ taglia C8 fuori 
di A,B,X in cinque punti Y,,... Y;, che corrispondono a X in 
una corrispondenza (5,5) di valenza 1 della specie richiesta. 

Infatti (per verificare che ad ogni punto Y corrispondono 
cinque punti X) si incominci dall’osservare, che i cinque punti 
Y corrispondenti a un dato punto X di C8 sono le ulteriori in- 
‘ tersezioni di C8 con una cubica gobba di Vi passante per X, 
situata in un iperpiano passante per AB e secante il piano 
A'B'X nei punti X e Z. 

Ora gli iperpiani passanti per la corda AB secano V$ (oltre 
AB) in una rete di cubiche gobbe, ciascuna delle quali taglia 
in tre punti ogni quartica gobba ottenuta secando Vi con un 
iperpiano passante per A'B': quindi, se Y è un punto qualunque 
(di Vi}, in particolare di) C8, una qualunque delle co' quartiche 
gobbe di Vi passanti per A'B'Y è tagliata dal fascio delle cu- 
biche di detta rete passanti pel punto Y nei gruppi di una sua 
determinata 9. Ne segue che se Y'.è l’ ulteriore intersezione 
di Vi col piano A'B'Y, la quartica gobba, che si ottiene secando 
V} coll’iperpiano (passante per A'B' e) tangente nel punto Y 
alla cubica gobba sezione ulteriore di Vi coll’iperpiano ABYY', 
è tagliata dalle cubiche gobbe considerate nella serie 9} segnata 
su di essa dagli S, uscenti da A'B' e appartenenti all’iperpiano 
che la contiene: dunque i punti X corrispondenti a Y sono i 
cinque punti X,,... X;, nei quali questa quartica sega C8 fuori 
dai, 

3° Il metodo qui seguìto per le curve di genere 5, che del 
resto è una naturale estensione di quello già seguìto nella mia 


614 GAETANO SCORZA 


nota per le curve di genere 4, si può applicare con successo 
anche per la determinazione delle corrispondenze speciali (6, 6) 
esistenti sulle curve di genere 6. 

Infatti esista sopra una curva del genere 6 una corri- 
spondenza speciale (6,6) di valenza 1(*) (non generata da una 
% speciale incompleta) e siano 97 e G; le serie lineari speciali 
(complete) coordinate nel solito modo alla corrispondenza mede- 
sima. Rappresentando la curva, mediante la 9}, con una curva 
piana © del 7° ordine dotata di nove punti doppii, si avrà, come 
prima, che la corrispondenza (6, 6) considerata si otterrà sopra 
C per mezzo di un certo inviluppo Y della 7® classe in corri- 
spondenza biunivoca prospettiva con C, e che la corrispondenza 
intercedente fra C e F sarà contenuta in una trasformazione. 
multipla del piano punteggiato nel piano rigato, per la quale i 
fasci del piano rigato vengono mutati nelle quartiche (aggiunte a 0) 
della rete segnante su C la serie Gî. 

In questa trasformazione i punti di C stanno sulle rette 
omologhe, dunque nella omografia stabilita dalla trasformazione 
medesima fra i punti del piano rigato ‘concepiti come centri di 
fasci di raggi) e le quartiche della rete, i punti di C apparten- 
gono alle quartiche corrispondenti. Ora in una omografia sta- 
bilita fra i punti di un piano e le quartiche di una rete del 
piano medesimo solo i punti di una curva del 5° ordine appar- 
tengono in generale alle quartiche corrispondenti, dunque nel 
nostro caso tutti i punti del piano stanno sulle quartiche cor- 
rispondenti, ossia nella trasformazione multipla ogni retta con- 
tiene il gruppo dei suoi punti omologhi (**). 

Ne segue che la serie caratteristica della rete di quartiche 
segnanti la G5 è una serie speciale e (non potendo essere una 
gi, chè altrimenti essa non sarebbe completa) precisamente una 
g3: ossia la rete di quartiche è sovrabbondante ed ha 13 punti- 
base (dei quali uno è fuori di C). 

Ora, allorchè si ha un sistema lineare 003 di quartiche con 
11 punti-base, le coppie di punti del piano, per le quali passa 


(#) Come pel caso del genere 5, si vede subito con considerazioni ana- 
loghe a quelle della mia nota, che questo è l’unico caso da considerare. 

(#*) Questo stesso ragionamento (estendibile a tutti i valori di p) avremmo 
potuto utilizzare per l’analoga conclusione nel caso p= 5. 


AGGIUNTA ALLA NOTA SULLE CORRISPONDENZE (pp), ecc. 615 


una rete anzichè un fascio di curve del sistema, formano (*) una 
curva del 7° ordine con 11 punti doppii negli 11 punti-base, 
dunque la rete di quartiche aggiunte a C che segna la nostra 
Gi ha sopra C 12 punti-base dei quali (nove sono i punti doppii 
di C e altri) due sono perfettamente arbitrarii. 

D'altra parte data una rete sovrabbondante di quartiche ag- 
giunte a C con 12 punti-base su € è subito costruita una corrispon- 
denza speciale (6, 6) di valenza 1 coordinata alla g9î segnata su 
C dalle rette del piano e alla Gj segnata su C da quella rete: 
dunque : 

“ Le corrispondenze speciali (6,6) di valenza 1, non generate 
da serie gi} speciali incomplete, esistenti sulle curve di genere 6, 
sono 0° ,,. 

Come Ella vede, il metodo si può estendere anche a va- 
lori superiori del genere, ma non pare che esso basti a esaurire 
la questione per valori molto elevati, nei quali è dubbio se esi- 
stono corrispondenze speciali di valenza superiore a 1 e se esi- 
stono corrispondenze speciali di valenza 1 coordinate a serie 
lineari di dimensione superiore a 2. 

Pisa, 28 febbraio 1901. 


Relazione sulla Memoria del Prof. Ewrio Veneroni “ Swi 
connessi bilineari fra punti e rette nello spazio or- 
dinario ,. 


Si tratta in questo lavoro di una classe di enti geometrici, 
sui quali pochi studi erano stati fatti finora : e che pur presen- 
tano molto interesse, per la semplicità ed eleganza delle prime 
loro proprietà, e perchè chi ne approfondisca la teoria giunge 
a ritrovare sotto nuovi e opportuni aspetti varie figure geome- 
triche già note, e a generarne delle nuove non meno importanti. 

Un’ equazione bilineare tra le coordinate di un punto e 
quelle di. una retta nello spazio ordinario definisce analitica- 
mente il connesso bilineare, ossia una corrispondenza projettiva 


(*) CLessca, Ueber die Abbildung algebraischer Fliichen, ecc., © Math. 
Ann. ,, Bd. 1; Caporati, Sopra i sistemi lineari triplamente infiniti di curve 
algebriche piane, Collect. Math. in mortem D. Chelini, Milano 1881. 


616 


tra i punti ed i complessi lineari di un sistema lineare 008. Ne 
deriva una corrispondenza nulla (1, 3) tra i. punti e piani. Il 
connesso è determinato se si dànno le 2 rette fondamentali 
del detto sistema 0° di complessi, ed inoltre quei 5 punti par- 
ticolari che godono della proprietà di formare elementi del con- 
nesso con tutte le rette che li contengono. 

Per un fascio di connessi le coppie di rette fondamentali 
costituiscono una rigata iperellittica di 8° grado e di genere 3, 
le cui proprietà (per esempio relative agli 8 punti tripli e piani 
tripli) si presentano con eleganza da questo punto di vista. E 
le rette che con un loro punto dànno elementi comuni a tutti 
i connessi del fascio formano un notevole complesso di 3° grado, 
di cui è caso particolare quello (studiato dal MonTtESANO) costi- 
tuito dalle generatrici delle quadriche di una rete. D'altra parte 
quei punti che dal fascio di connessi vengono associati a con- 
gruenze lineari speciali hanno per luogo una superficie del 4° 
ordine con 8 punti doppi. 

Similmente i sistemi lineari più volte infiniti di connessi, 
e le loro intersezioni, dànno origine a certi luoghi di punti e di 
rette degni di studio. Va rilevato il sistema 4 dei connessi 
che producono una stessa corrispondenza nulla (1, 3) tra i punti 
e i piani dello spazio: quando lo si rappresenti linearmente 
cogl’iperpiani dello spazio a 4 dimensioni si presenta spontanea 
in questo spazio la nota varietà cubica con 10 punti doppi. 

Il Dott. VenERONI studia le cose qui accennate e varie altre 
che vi si collegano, con diversa ampiezza. Forse appunto qualche 
disuguaglianza nello sviluppo non sembra giustificata. È certo 
però che il lavoro in cui abbondano le prove d’ingegno e di 
gusto geometrico, costituisce un'importante contributo alla teoria 
dei connessi bilineari. In conseguenza noi proponiamo che esso 
venga accolto nei volumi delle Memorie. 


E. D’Ovipro, 
C. SEGRE, Relatore. 
L’ Accademico Segretario 
ANDREA NACCARI. 


617 


CLASSE 


DI 


SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE 


Adunanza del 17 Marzo 1901. 


PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. ALFONSO COSSA 
PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA 


Sono presenti i Soci: Pevron, Direttore della Classe, BoL- 
LATI DI SAINT-PIERRE, Pizzi, CHIRONI, SAVIO e RENIER Segretario. 

È approvato l’atto verbale dell’ adunanza antecedente, 
3 marzo 1901. 

Il Segretario presenta, a nome dell'Autore, il volume di 
Eugène JarRY, Les origines de la domination francaise à Génes 
(1392-1402), Paris, Picard, 1896. 

Il Socio CrHIRonI fa omaggio di un volume di Alfredo 
Minozzi, Studio sul danno mon patrimoniale (danno morale), 
Milano, 1901, lodandolo come contributo notevole alla investi- 
gazione giuridica del soggetto. 


618 FEDERICO PATETTA 


LETTURE 


Della congetturata provenienza del palinsesto Torinese 
del Codice Teodosiano dalla Biblioteca di Bobbio. 


Nota del Socio corr. Prof. FEDERICO PATETTA. 
(Con una tavola). 


Si ritiene generalmente che il palinsesto Torinese, dal quale 
Amedeo Peyron trasse i suoi frammenti inediti del codice Teodo- 
siano (1), provenga dalla celebre biblioteca del monastero di 
Bobbio (2). Se però si ‘ricercano le ragioni e l’origine di questa 
comune credenza, si trova che essa nacque da una semplice 
ipotesi del Peyron, che alcuni per errore considerarono come 
affermazione di un fatto, e che'ad ogni modo non fu mai discussa. 

Mi propongo dunque di esaminare brevemente la questione, 
che è interessante tanto per la storia del diritto quanto per la 
paleografia, e' che si può dire in qualche modo anche di attua- 
lità, ora che sta per essere pubblicata la tanto desiderata edi- 
zione del codice Teodosiano curata dal Mommsen. 

Il ms., dal quale provengono i 42 fogli palinsesti conservati 
nella biblioteca nazionale di Torino sotto la segnatura a. II. 2, 
conteneva, di nuova scrittura, le res gestae Alerandri Macedonis 
tradotte in latino da Giulio Valerio. Il Peyron, nato nel 1785, 
narra di averlo esaminato essendo ancora adolescens (3), il che 
ci riconduce facilmente all’epoca della dominazione francese. 
Egli stesso lo indicò nel 1817 ad Angelo Mai, che per il 
primo ne fece cenno nella sua edizione del Filone (4). Più tardi 
nella dissertazione de bibliotheca Bobiensi, che porta la data del 


(1) Codicis Theodosiani fragmenta inedita, in “ Memorie della R. Accad. 
delle Scienze di Torino ,, t. XXVIII, 1824, p. 137 e segg. 

(2) Cito per tutti G. OrtIno, I Codici Bobbiesi della Bibl. Naz. di Torino, 
1890, p. 1 e Momwmsen, Das theodosische Gesetebuch in “ Zeit. der Savigny- 
Stiftung fir Rechtsgesch. ,, XXI, 1900, R. A., p. 155. 

(3) Codicis Theodos. fragm., p. 146. 

(4) Philo et Virgilii interpretes. Mediol., 1818, p. XXXVIII. 


DELLA CONGETTURATA PROVENIENZA DEL PALINSESTO, Ecc. 619 


maggio 1821, il Peyron (1) scriveva “ commemorandi postremo 
loco veniunt codices, qui a Bobiensi in Taurinensem bibliothecam 
fuerunt, ut equidem suspicor, medio saeculo elapso translati. 
Magnifica, scio enim, de nobis praedicantur, ac si spolia opima 
retulissemus; sed quatuor (2) tantum codices habuimus Sedulium, 
Lactantium et Augustinum contra Maximinum, de quibus dicam 
ad codices 141, 67 et 19; hisce accedit codex Zuli Valeri res 
gestae Alerxandri Macedonis translatae ex Aesopo, quem, licet nullis 
Bobiensibus notis insignitum, Coenobio tamen D. Columbani 
acceptum refero ...,. Che si tratti di una pura e semplice ipo- 
tesi appare anche meglio dalla prefazione ai frammenti del codice 
Teodosiano, nella quale si legge (p. 159) “ A quonam archivio 
ad Taurinensem bibliothecam delatus fuerit hic codex plane 
ignoro; at quum palimpsestus sit et antiquus, auguror eum 
acceptum esse referendum Bobiensi Coenobio, quod aliis item 
codicibus pluteos nostros ditavit; semel ac vero primum folium 
in lacinias abiit, evanuit etiam nota Coenobii S. Columbani, quam 
in prima voluminum scheda exarare solebant Monaci ,. Nello 
stesso luogo (p. 146) il Peyron afferma anche, che il codice ap- 
pariva a primo aspetto di nessun valore, tanto che il Pasini, il 
Rivautella ed il Berta, autori del catalogo dei mss. Torinesi, non 
ne fecero alcun cenno. Da ciò si vede che, secondo il parere del 
Peyron, il codice avrebbe dovuto trovarsi a Torino fin dall’epoca 
della pubblicazione del catalogo, cioè dal 1749; ma anche questa 
è una semplice ipotesi. Il Peyron cioè congetturò, che i pochi 
codici Bobbiesi entrati nella biblioteca di Torino prima del 1820 
vi fossero stati trasportati in una sola volta; e certo prima del 
1749, poichè due di essi sono descritti nel catalogo a stampa. 

A me pare però, che si farebbe troppo grave torto alla 
memoria degli autori del catalogo, supponendo che abbiano 
volontariamente omesso di parlare del ms. di Giulio Valerio. 
Osservo inoltre che essi tacquero anche dell’antico ms. Bobbiese 


(1) M. Tulli Ciceronis orationum... fragmenta inedita... Stuttgardiae et 
Tubingae, 1824, p. XXVIII. 

(2) All'epoca del Peyron l’antico codice Bobbiese n. 141 era già stato 
legato in due volumi, segnati attualmente E, IV, 42-43. Perciò forse egli 
parla di quattro volumi e non di tre. Cfr. la nota al citato codice 141 (o. c., 
p. 214-216). 


620 FEDERICO PATETTA 


n. 19, ora a. II. 2* (già D, IV, 22), contenente un’ opera di 
S. Agostino, e che sarebbe contradditorio l’ammettere che tanto 
questo codice quanto quello di Giulio Valerio siano stati scelti 
nella biblioteca di Bobbio, e ritenere nel medesimo tempo che 
fossero stimati di così poco valore da non meritare di essere 
catalogati. Credo quindi che nel 1749 non si trovassero ancora 
nella biblioteca di Torino. Ad ogni modo il Peyron cadde certa- 
mente in errore quando affermò che i codici Bobbiesi dovettero 
essere trasportati a Torino verso la metà del secolo XVIII, poichè 
è noto che il ms. del Lattanzio vi era già nel 1711 (1). 

Ritornando alla questione, che più ci interessa, appare evi- 
dente, che l’unica ragione, che indusse il Peyron a congetturare 
la provenienza bobbiese dei palinsesti Teodosiani è appunto l’es- 
sere il ms. palimpsestus et antiquus; e questo sembra veramente 
troppo poco, tanto più se si considera che non solo manca nei 
primi fogli del ms., tuttora conservati, ogni traccia della iscri- 
zione, che si riscontra ordinariamente nei codici Bobbiesi, ma 
che per di più l’inventario ‘del 1461 non ricorda affatto l’opera 
di Giulio Valerio, che trattando di Alessandro Magno avrebbe 
pur dovuto destare la curiosità e l’interesse dei monaci (2). In 
questo stato di cose io credo, che qualche indizio sulla prove- 
nienza del ms. Torinese possa risultare solo dall'esame paleo- 
grafico, rivolto specialmente alla nuova scrittura sostituita all’an- 
tico testo del codice Teodosiano. 

Su questa nuova scrittura caddero in errore tanto il Mai, 
che la giudicò all’incirca del secolo duodecimo (saeculo circiter XII), 
quanto il Peyron che l’attribuì al secolo undecimo e più recen- 
temente l’Ottino, che la volle del decimo. L'errore dell’Ottino è 
meno grave, ma ciononostante meno scusabile (3), perchè egli 
non avrebbe dovuto ignorare, che il giudizio concorde di valen- 
tissimi paleografi era affatto diverso dal suo. Infatti fin dal 1867 


(1) Cfr. P. Vayra, I museo storico della Casa di Savoia. Torino, 1880, 
pi40; ei 

(2) L’opera di Giulio Valerio non è ricordata nemmeno fra quelle sco- 
perte nel 1493 nel monastero di Bobbio e indicate in fine del quarto libro 
dei Commentarî del Volterrano (ediz. di Basilea, 1559, p. 89-90). 

(3) Del resto, chi ha esaminato qualche codice Bobbiese della Nazio- 
nale di Torino deve aver osservato che il catalogo dell’Ottino formicola 
d'inesattezze e d’errori d’ogni specie. 


DELLA CONGETTURATA PROVENIENZA DEL PALINSESTO, Ecc. 621 


Giulio Zacher aveva fatto esaminare dal Jaffé e dal Waitz il 
facsimile dato dal Peyron, e benchè questi abbia riprodotta una 
sola linea del Giulio Valerio (1), 1 due valenti paleografi non ave- 
vano esitato a riconoscervi “ una scrittura corsiva romana della 
tarda età, di rado usata nei libri, probabilmente del sesto o 
settimo secolo, ma difficilmente dell’ottavo; in nessun caso di 
tempo posteriore , (2). Questo giudizio era stato poi confermato 
dal Wattembach e dallo Zangemeister, i quali diedero un fac- 
simile del codice Torinese nella tavola 25 degli exempla codicum 
latinorum litteris maiusculis scriptorum (3); e da ultimo Bernardo 
Kibler nei suoi Studii su Giulio Valerio (4) e nella sua edizione 
delle res gestae Alexandri (5) si era occupato ampiamente dello 
stesso codice, qualificando anch’egli la scrittura più recente per 
corsiva romana del secolo settimo. 

Che la scrittura sia proprio del secolo settimo e non piut- 
tosto dell’ottavo, io non oserei veramente di affermare. Poste- 
riore al secolo ottavo non è certo, come il lettore potrà facil- 
mente scorgere dal facsimile unito al presente lavoro. 

Questo facsimile riproduce le due sole pagine, che non sono 
rescritte e sulle quali non furono quindi usati i reagenti che 
nelle altre distrussero interamente o danneggiarono moltissimo 


il testo di Giulio Valerio. Solo alcune macchie azzurre traspa-' 


rirono dalle facciate opposte, ma esse non alterarono punto la 
scrittura e nella fotografia sono appena visibili, mentre lo sono 
molto più che nell’originale le macchie giallognole negli angoli 
superiori esterni delle due pagine riprodotte (6). Queste corri- 


(1) Codicis Theod. fragm., p. 330. 

(2) Zacner, Pseudocallistenes. Forschungen zur Kritik und Geschichte der 
diltesten Aufzeichnungen der Alerandersage. Halle, 1867, p. 35 e segg. cit. dal 
Kiibler in “ Riv. di filologia e d’istruzione classica: ,, XVI, 1888, p. 372. 

(3) Heidelberg, 1876, con supplemento del 1879 (opera non posseduta 
dalle biblioteche pubbliche di Torino e che non ho presentemente modo di 
consultare). Del Wattembach confronta anche la Anleitung zur latein. Palaeo- 
graphie, 4* ediz. Lipsia, 1886, p. 17. 

(4) Nella citata “ Riv. di filol. ,, XVI, p. 368 e segg. 

(5) Lipsiae, Teubner, 1888, p. IX e segg. Il Kiibler rinvia anche a 
P. Mayer, Alexandre le Grand dans la littérature francaise du m. à. Paris, 
1886, Il, p. 14 e segg. : 

(6) La scrittura, che nel facsimile è talora nascosta da queste macchie, 
nell’originale, per quanto sia sbiadita, si distingue sempre benissimo. 


= vi 


622 FEDERICO PATETTA 


spondono al verso del f. 40 del palinsesto Teodosiano e nel ms. 
di Giulio Valerio appartenevano all'ottavo quaderno, l’ultimo che 
ci sia stato conservato. Esse contengono parte dei capitoli 29 
e 38 del libro secondo delle res gestae Alexandri (ed. KiiBuer, 
p. 100-101 e 109). 

La scrittura, come ognun vede, è realmente la corsiva ro- 
mana, usata nei documenti e nelle note marginali, ma che più 
raramente servì anche a trascrivere interi codici (1). A giudi- 
care dallo scarso materiale paleografico, di cui posso disporre, 
il codice, che più si avvicina al nostro, è un altro codice di 
Torino, già Bobbiese, contenente i frammenti palinsesti di Ci- 
cerone, e del quale si ha un ottimo facsimile nella Paléographie 
des Classiques latins del Chatelain (tav. 30). La nuova scrittura 
contiene un frammento di Cipriano ed è attribuita dal Chatelain 
al secolo ottavo (2). 

Venendo ad esaminare il nostro facsimile, il fatto paleo- 
graficamente più importante, che vi riscontriamo, è certo l’uso 
frequente della abbreviazione } ad indicare per (pagina 12, a 
destra della tavola, linee 1, 3 e 10: pag. 22, lin. 9). Come è 
noto, questa abbreviazione, insieme con altre, è una particolarità 
della scrittura insulare, cioè irlandese ed anglosassone (3). Ora 
il sistema insulare penetrò nelle scuole scrittorie di alcuni 
celebri monasteri del continente, fra i quali v'è appunto quello 
di Bobbio (4); cosicchè la stessa abbreviazione di per si trova 


(1) Vedi p. es.: WarrEMBACE, 0. c., p. 17; PaoLi, Programma scolastico 
di paleogr. latina, I, p. 11, n. 2; Trompson, Handbook of greek and latin 
Palaeography, 2* ed. p. 215. 

(2) Nella tavola 158 (1°) il Chatelain dà il facsimile di un ms. di Vienna, 
già Bobbiese, la cui scrittura è qualificata nell’illustrazione della tavola 
come écriture irlandaise du VIII° ou IX® sitele, mentre nell'Index paléogra- 
phique è detta corsiva romana. Credo che non questa ma la prima designa- 
zione sia la vera. Di una pagina di scrittura corsiva, con qualche lettera 
semionciale, si ha il facsimile nella tavola XIII dei Monumenta palacogra- 
phica sacra. È tolta da un codice Veronese ed attribuita al secolo VIII. 

(3) WartEMBACH, op. cit., p. 75, constata l’uso di tale abbreviazione 
nella sottoscrizione del ms. Luxoviense del 669 (Luxeuil è appunto uno dei 
monasteri fondati da S. Colombano): CarpeLLI, Dizionario di abbreviature, 
1899, p. 233, la indica usata nel secolo VIII: si trova ancora nel Boezio 
irlandese, ora Laurenziano, del principio del secolo XII (Collez. Fiorentina, 
tav. 4). 

(4) Rinvio specialmente all'importante articolo di L. Trause in “ Neues 
Archiv ,, XXVI, 1900, p. 237 e segg. 


DELLA CONGETTURATA PROVENIENZA DEL PALINSESTO, ECC. 623 


pure nei frammenti Bobbiesi del liber Pontificalis, conservati ora 
a Napoli (1). 

Ecco dunque due indizi d’origine Bobbiese del nostro palin- 
sesto: l'analogia colla scrittura del citato frammento di Cipriano, 
e l’uso di un’abbreviazione caratteristica della scrittura irlan- 
dese. Dico indizi, e non prove, poichè credo che il pretendere 
di scoprire col solo aiuto della paleografia non solo la scuola 
grafica, ma anche il luogo preciso, da cui un codice pro- 
viene, sia cosa tanto assurda, quanto lo sarebbe il voler fissare 
non solo la data approssimativa, ma anche l’anno, o magari il 
decennio, in cui il codice è stato scritto. Di fronte a questi in- 
dizi d'origine Bobbiese, potremmo chiederci se il nostro Giulio 
Valerio non si debba per avventura ravvisare nella historia 
Alexandri Magni Macedonis registrata nel più antico inventario 
della biblioteca di Bobbio (2), al n. 472. Dobbiamo però ricono- 
scere che detto titolo si riferisce molto probabilmente, anzi 
certamente, alla nota opera di Curzio Rufo, assai più diffusa 
anche nel Medio evo. 

L'opinione del Peyron resta dunque pur sempre una sem- 
plice congettura, non distrutta dal fatto della mancanza di 
ogni accenno al Giulio Valerio negli inventarî Bobbiesi, ma 
neppur provata dai due indizi ora ricordati. Ritornando al 
facsimile, possiamo notare fra i varî nessi più o meno comuni 
quello tg nella pagina I linea 2 e nella pagina II lin. 19, e il 
nesso vu usato due volte nella parola quidquid (pag. I, lin. 11). 
Notiamo ancora gum = quoniam, u = vero, c,= cum, © = cum 
(nella correzione a pag. II, lin. 20) e le solite abbreviazioni di 
que, bus, rum, pre o prae. La forma speciale dell’ nelle linee 1 
e 9 della prima pagina si può confrontare con quella, che tale 
lettera ha spesso in un papiro Ravennate del 572, di cui ab- 


(1) Vedi il facsimile nell’edizione dei Monum. Germaniae, vol. I, tav. 48. 
Altro facsimile, meno ben riuscito, si trova nell'edizione del DucHESNE, 
vol. I, p. cxxvi. I frammenti Napoletani sono in scrittura corsiva ed attri- 
buiti alla fine del secolo VII. Il Mommsen (ed. cit., p. Lxxx1v) nota l'analogia 
della scrittura con quella del codice Viennese n. 17, proveniente pure da 
Bobbio. 

(2) Questo inventario pubblicato, esagerandone forse l’ antichità, dal 
MurarorI, Antiquitates, III, 817 e segg., è riprodotto in Becker, Catalogi 
bibliothecarum antiqui, Bonnae, 1885, p. 64 e segg. 

Atti della R. Accademia. — Vol. XXXVI. 42 


624 FEDERICO PATETTA 


biamo un facsimile nella citata opera del Thompson (1). Nella 
ortografia si osservi l’uso del dittongo ae per e (pag. I, lin. 5 e 6), 
e di e per ae (pag. I, lin. 15: pag. II, lin. 9), come pure quello di 
u per 5 (corretto due volte da mano posteriore). 

Le correzioni interlineari sono in parte della stessa. mano 
del testo, in parte posteriori. 

In principio di parecchie linee si scorgono tre puntini. Sie- 
come in quasi tutte queste linee si trovano delle correzioni, si 
può supporre che tali puntini siano precisamente stati usati per 
indicare una presunta corruzione del testo. 

Nella pag. I, lin. 6 la @ sembra condannata con un pun- 
tino sovrapposto, e analogamente, nella lin. 12, la sillaba ter 
con tre puntini. Invece in più altri luoghi alcune lettere errate 
sono condannate con un punto sottoposto e scrivendo sopra la 
correzione. Più generalmente le lettere o sillabe superflue sono 
cancellate con linee trasversali. 

Do ora la trascrizione delle due pagine, colle note opportune. 


(1) P. 214. Questo papiro, pubblicato dal Marini (n° cxx), fu già nella 
libreria Pinelli ed è ora nel British Museum. Si confrontino anche parecchi 
dei facsimili dati dallo stesso Marini, nei quali compare l’î con forme so- 
miglianti. 


10 


15 


DELLA CONGETTURATA PROVENIENZA DEL PALINSESTO, ECC. 625 


[libro II, cap. 29: ed. Kiibler, p. 100-101]. 


iniecto igni concremari id quoq: mox p penitentiam re 

ad 
formatum extingui atque în faciem pristinam reteneri pcepit 
Fuit eidem inter haec curae ut sepulchra psarum et se 


pulta olim eorum corpora intueretur quod in his sepulchris 


‘multi crateres atrei multaquae magni ptii condita ad tem 


plorum magnificentiam dicerentur Sed a egregiae ceteris 
anteibat eyri: aedes quae scilicet turris ad faciem lapide 
leui quadra que in summam altitudinem extructa pro 
cesserat ipsi ù eyro proconditàrium erat e lapide uisen 
do cuius sive natura pspicua sine Ihsulptio adeo , VOBnis 
erat ut nihilo prorsus quidquid intererat inpedire intu 
entium diligentiam adeo ut; pter saxi illius eui 

dentiam capilli etiam conditi caueris uiserentur sed 


ppter hoc sepulchrum fleuile spectaculum alexan 


i tins : con bi 


‘der pro:tionatus Erant enim greci idem conplures 


quos cum uariis ex causis diuersisg: temporibg cap 


‘‘ tiuitate rex aut regii subegissent, psectis naribg 


20 


auribsque et quaec,q: hominum uultibg decoriter 


‘’ natura prouidet suplici tali post seruitio deuincti circa 


haec sepulchra custodes agitabant Hii igitur om 


m 
nes ubi iuxt1 alexandrum agere sensere pari uoce 


626 


10 


FEDERICO PATETTA 


[libro II, cap. 38: ed. Kiibler, p. 109]; 


quem uirtutum scilicet. ac sapientiae merito dignu 
fortuna sua nullus addubitet et idcireo ut cunc 
tis ita nobis pcipue uoluptatia quos et illa versu 
ra fortunae nihilum triste experiri contenderis 

et habitas pro ueteris ac tui nominis dignitatem 
Nunc etiam regno particona igitur nobis qnm id 
alexander quod darius € in te nobis deos et deoz 
beneficia numeramus hancque gratiam ut tibi 
confesse ita psarum quoque proceribus palam fe 
cemus quo ipsoz, etiam uoces deorum inmortaliù 


numeris et consortio congredere quare tec, una 


quod iubes roxanen quoque deinceps uenerabimur 


*.. Et haec quidem mulieres ad regem m eaedem me sa 


15 


20 


trapis et obtimatibus talia agamus taliter diis 
inmortalibg gratias quod dario desinente darii no 

bis beneficia non desunt Nam et roxanen alexan 

der suam fecit eamque coniugii honore dignatur 

[qua] cuncti de gratia una c, diis ipsis deoag: simulacris 
[obuiare] uos regi adeo benignissimo oportebit atq: 

[id quod in] counpne proficiat Ma cum eos in 


[quos do|minos factus est mutuari gaudium suù 


pi MA 2 


(E J j i 
+ f h,: DI se vi i, 
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ln È. ya-2 PRA lo 2 


idea 3 


Spree 


Stab. Eliot. Molfese = Torino. 


DELLA CONGETTURATA PROVENIENZA DEL PALINSESTO. ECC. 627 


NOTE ALL’APOGRAFO. 


Pag. I, lin. 2. în è cancellato con una lineetta trasversale: «d sovrap- 
posto è d'altra mano. — 5. # in atrei è condannato col punto sottoposto : 
u sovrapposta è d'altra mano. — 6. Sull’a di @ egregiae vi è un punto, che 
sembra fatto coll’inchiostro più scuro usato dal correttore. — 7. I due punti 
dopo Cyri sembrano aggiunti posteriormente per distinguere questa parola 
dalla seguente. — 8. ta di quadrataque è d’altra mano. Kiibler per errore 
quadratoque. — 9. pro di proconditorium è cancellato con due lineette tras- 
versali: o soprascritta è d'altra mano. Kiibler pro conditorium. — 9-10. A 
margine sta la nota Cyri se/pulch[ri]| laudes. — 10. ce sovrapposta è della 
stessa mano del testo. — 11. # sovrapposta è della stessa mano del testo. — 
12. Si era scritto dapprima pter, cioè praeter, come ha il ms. Parigino: più 
tardi la lineetta sul p venne raschiata e sostituita col taglio nella gamba, 
condannando nel medesimo tempo il fer coi puntini sovrapposti. Così il ms. 
ha attualmente per non propter, come lesse il Kibler. — 13. caueris è un 
errore per cadaveris: n cioè non sovrapposto è d’altra mano. Kiibler, certo 
per una svista, caueris propter. — 15. I due punti dopo pro servono per 
rinvio alla correzione interlineare, che è della stessa mano del testo: si 
deve dunque leggere protinus contionatus. Nel tinus nota la « soprascritta. 
Il di soprascritto pare della stessa mano. — 18. Kiibler, senza notare la va- 
riante del ms. Torinese, stampa suppliciali. — 21. m soprascritta sembra di 
mano posteriore. 

Pag. II, lin. 3. est soprascritta è della stessa mano del testo. — 5. s di 
veteris è forse aggiunta dallo stesso amanuense dopo che era già stata 
scritta la parola seguente ac. — 9. Sembra che sotto la e finale di confesse 
sia stata aggiunta posteriormente una codetta, per cambiarla nella e cau- 
data, che tiene luogo di dittongo. — 10. Sulla seconda e di fecemus fu 
scritta posteriormente un’iî. — 11. Leggi congregere come hanno il ms. Pa- 
rigino e l’edizione. — iubes è correzione posteriore di iuues. — 13. m erro- 
neamente ripetuta dopo regem è cancellata con linea trasversale: inoltre vi 
sono sopra tre puntini corrispondenti ad altri tre puntini appena visibili 
nel margine. Il me è cancellato con linee trasversali. In suo luogo l’edizione 
ha tamen. — 19. oportebit è correzione posteriore di oportevit. — 20. pro è 
cancellato con linea trasversale ponendo sopra l'abbreviazione tironiana di 
con, che pare della stessa mano. — 21. o di dominos è condannata col pun- 
tino e coll’u soprascritta. 


Torino, Vincenzo Bona, Tipografo di S. M. e de’ RR. Principi. 


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Of Sci-»:rces 


CLASSE 


DI 


SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI 


Adunanza del 24 Marzo 1901. 


PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. ALFONSO COSSA 
PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA 


Sono presenti i Soci: Brzzozero, Direttore della Classe, BeR- 
RuUTI, D’Ovipro, Mosso, SPEZIA, CAMERANO, SEGRE, JADANZA, FOA, 
GuarEscHI, Gui, FrLeti, PARONA e Naccari Segretario. 

Il Segretario legge l’atto verbale della precedente adunanza 
che viene approvato. 

Il Presidente comunica il programma dei concorsi banditi 
dalla R. Accademia economico-agraria dei Georgofili di Firenze 
e l'invito del Comitato del Congresso di Fisiologia, che si terrà 
in Torino nel prossimo settembre, a prender parte a quel 
Congresso. 

Il Socio SPEZIA presenta come omaggio a nome dell’autore, 
Dott. Alessandro Roccari, una memoria stampata intitolata: 
Ricerche mineralogiche sulla sabbia della Grotta del Bandito. Val 
di Gesso (Cuneo). 

Vengono presentati ed accolti per l'inserzione negli Atti 
i seguenti scritti: 

1° Sulla solubilità del quarzo nelle soluzioni di tetraborato 
sodico, nota del Socio SPEZIA, 
2° Lo studio quantitativo degli organismi e gli indici di 
mancanza, di correlazione e di assimmetria, nota del Socio 
CAMERANO, 
Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 43 


630 


3° Um'osservazione relativa alla *riducibilità delle trasfor- 
mazioni Cremoniane e dei sistemi lineari di curve piane per mezzo 
di trasformazioni quadratiche, nota del Socio SEGRE, 

4° Contributo allo studio delle Ghiandole emolinfatiche nel- 
l’uomo ed in alcuni mammiferi, nota dei signori Egidio MoRANDI e 
Pietro Sisro, presentata dal Socio Bizzozero. 


Raccoltasi in seduta privata la Classe rielegge alla carica 
triennale di Direttore della medesima, salvo l'approvazione so- 
vrana, il Socio Bizzozero. 


GIORGIO SPEZIA — CONTRIBUZIONI DI GEOLOGIA CHIMICA 631 


LETTURE 


Contribuzioni di Geologia chimica. 
Solubilità del quarzo nelle soluzioni di tetraborato sodico. 
Nota del Socio GIORGIO SPEZIA. 


(Con una Tavola). 


Lo studio degli effetti prodotti sul quarzo, sia dall'acqua, 
sia da sali in essa disciolti, è a mio avviso utile per la geologia 
chimica; e le relative esperienze di paragone fra l’azione della 
temperatura e quella della pressione costituiscono le necessarie 
ricerche preliminari per la questione del dinamo-metamorfismo 
riflettente quelle roccie cristalline schistose, nelle quali il quarzo 
è fra i componenti principali. 

In altri lavori trattai dell’azione sul quarzo dell’acqua (1) 
e delle soluzioni di silicato sodico (2); in questo indicherò i risul- 
tati avuti con soluzioni di tetraborato sodico; alla quale indagine 
fui condotto, sia dal considerare la grande diffusione del boro 
nei gneiss tormaliniferi e la frequente associazione del quarzo 
con la tormalina e l’axinite, sia dall'avere osservato che le acque 
termali boraciche sono molto ricche di silice; p. es.: una delle 
sorgenti del Boraxsee in California conterrebbe, secondo l’analisi 
di Campbell (3), 1,19 di silice su 1000 parti di acqua, quantità 
maggiore di quella sinora trovata nelle acque termali silicee. 

Poche sono le ricerche eseguite sinora sulla reazione per via 
umida fra i borati alcalini e l’acido silicico. La bibliografia da me 
esaminata non mi fornì che due esperienze, una di Schweizer (4) 
e l’altra di Doveri (5). 


(1) © Atti della R. Acc. delle Scienze di Torino ,, vol. XXXIII, pag. 289. 
(2) “ Atti della R. Ace. delle Scienze di Torino ,, vol. XXXYV, pag. 750. 
(3) J. Rorn, Allgemeine und chemische Geologie, vol. I, pag. 489. 
(4) “ Ann. der Pharm. ,, vol. 76, pag. 267. 

(5) Handbuch der anorganischen Chemie von L. Gmenis, vol. 2°, part. I, 
pag. 741. 


632 GIORGIO SPEZIA 


Lo Schweizer dalla sua esperienza conchiuse che la silice 
gelatinosa non agisce sulle soluzioni di borace; il Doveri espe- 
rimentò che l’acido borico precipita la silice gelatinosa da solu- 
zioni concentrate di silicati alcalini. 

Entrambi i risultati ottenuti per via umida concorrevano 
quindi nel preavvisarmi che infruttuosa sarebbe stata la mia 
ricerca intorno agli effetti sul quarzo del tetraborato sodico in 
soluzione; ma appoggiandomi al fatto che il borace fuso scioglie 
il quarzo costituendo una massa vetrosa, ritenni conveniente il 
tentativo, pensando che se la solubilità per via secca era dovuta 
all'alta temperatura, si poteva ottenere lo stesso effetto anche 
per via umida con una temperatura superiore a 100°, ossia mag- 
giore di quella alla quale credo abbia sperimentato lo Schweizer. 

Ad ogni modo, per meglio assicurarmi, ripetei anzitutto 
l'esperienza di Schweizer colla silice gelatinosa, prima d'intra- 
prendere quella col quarzo. Perciò in una soluzione satura & 
caldo di tetraborato sodico monoclino, ossia borace, posi della 
silice gelatinosa in eccesso, poi, dopo l'ebollizione di tre quarti 
d’ora, filtrai il liquido bollente; sul filtro rimase molta silice ed il 
liquido passato era perfettamente limpido ed incoloro. In questo 
raffreddato, si formò un gran deposito, il quale com ripetuti 
lavaggi con acqua fredda scomparve quasi tutto, essendo dovuto 
all’eccesso di borace depositato pel raffreddamento, e rimase una 
tenuissima quantità di silice idrata. 

Per una seconda esperienza posi in una soluzione di borace 
satura a 15° della silice gelatinosa e dopo l’ebollizione, pure di 
tre quarti d’ora, filtrai bollente il liquido, separando in tal modo 
la silice ed ottenendo la soluzione perfettamente incolora e lim- 
pida. Tale soluzione, raffreddata, divenne opalescente, e facen- 
dola di nuovo bollire appariva incolora, riprendendo poi l’opa- 
lescenza per successivo raffreddamento. 

Sebbene io avessi adoperato silice gelatinosa e la silice 
disciolta fosse in minima quantità, tuttavia mi parve che le due 
esperienze eseguite soltanto alla temperatura di 100° mi auto- 
rizzassero a credere, che a più alta temperatura anche il quarzo 
dovesse sciogliersi in una soluzione di borace. 

Per l’esperienza preparai un piccolo prisma a base quadrata 
di quarzo, s'intende perfettamente limpido e jalino e tagliato in 
modo che due delle maggiori facce, dell’area complessiva di 


CONTRIBUZIONI DI GEOLOGIA CHIMICA 633 


165 mm? e ridotte a superficie finamente smerigliate, fossero 
normali all’asse di simmetria del quarzo, e le altre quattro facce 
dell’area complessiva di 219 mm? e levigate fossero parallele 
all'asse. Il peso del prisma era di gr. 1,0678. 

Detto prisma fu posto con una soluzione di borace al 5 % 
in un recipiente d’argento e questo in altro d’acciaio a chiusura 
ermetica e contenente pure eguale soluzione di borace. Ossia la 
ricerca fu condotta col sistema già descritto in altri miei lavori. 

L'esperienza durò 4 giorni con la temperatura da 290° a 
315°, ed il risultato fu che il prisma perdette in peso gr. 0,257 
e presentava al microscopio profonde figure di corrosione. 

Sulle pareti poi del recipiente d’argento vi erano grumi ed 
esili patine di silice idrata. 

Sebbene sia a supporsi che il quarzo debba presentare'al- 
l’azione del tetraborato sodico una diversa solubilità nelle due 
direzioni, parallela e normale all’asse di simmetria, come io trovai 
per la solubilità nell'acqua pura; tuttavia considererò come su- 
perficie di media solubilità la somma delle due parziali sopra 
indicate ossia la superficie di 384 mm?. Con tale superficie e 
colla accennata perdita in peso di gr. 0,257, si ha che la quantità 
di quarzo disciolta fu di milligr. 66,9 per centimetro quadrato. 

Per una seconda esperienza soltanto qualitativa, presi un 
frammento di un cristallo allungato di quarzo e lo ridussi, se- 
gandolo normalmente all’asse, ad avere una faccia piana paral- 
lela al pinacoide. Poi una parte del prisma esagono fu avvi- 
luppata con una lamina d’argento in modo d’impedire l’azione 
del solvente sulla parte coperta; quindi lo sottoposi all’espe- 
rienza con una soluzione satura a 15° di borace e con l’aggiunta 
di altro borace nella quantità voluta affinchè durante l’espe- 
rienza la saturazione risultasse quella corrispondente a 100°. 

L'esperienza durò 4 giorni con la temperatura da 290° a 
310° e l’effetto della corrosione è rappresentato dalla fig. 1 col- 
l'ingrandimento di tre diametri. 

Nel liquido, dopo l’esperienza, vi erano cristalli di borace 
e silice idrata. 

Quindi feci un’altra esperienza analoga alla precedente. Con 
un pezzo di quarzo, s'intende sempre jalino e perfettamente 
scevro di inclusioni o fessure, formai un prisma a base quadrata 
e l’avviluppai pure per una parte con lamina d’argento. Quindi 


634 GIORGIO SPEZIA 


lo posi nel recipiente con una poltiglia molto densa fatta di 
borace ridotto in polvere e di soluzione satura a 15° dello stesso 
sale. In tal modo, data la grande solubilità del borace col cre- 
scere della temperatura, il quarzo doveva trovarsi in una solu- 
zione molto più ricca di sale dell’esperienza precedente. 

L’effetto di solubilità sulla parte scoperta del prisma dopo 
4 giorni e colla temperatura da 290° a 315° è rappresentato 
dalla fig. 2, coll’ingrandimento di tre diametri. 

In questo esperimento la poltiglia, la cui parte solida si era 
trasformata in minuti cristalli, aveva un aspetto bianchiccio 
torbido per la silice idrata diffusa, la quale rimase di residuo 
dopo lavaggi con acqua, che sciolse la parte solida cristallina. 

Dalle tre esperienze eseguite con eguale tempo e quasi . 
eguale temperatura, ma con differente grado di concentrazione 
del solvente, il quarzo apparve diversamente corroso ed io co- 
munico tale osservazione come contributo allo studio dei feno- 
meni d’erosione nei minerali. 

Nella prima con la soluzione al 5 p. ° di borace le figure 
di corrosione erano ben distinte, sebbene non così perfette, quali 
rappresentanti di struttura cristallina, come quelle che io osservai 
coll’azione sul quarzo dell’acqua pura o con soluzioni molto 
diluite di silicato sodico. 

Nella seconda esperienza, nella quale il solvente aveva la 
saturazione corrispondente a 100°, le figure di corrosione furono 
affatto irregolari come risulta dalla fig. 1. 

Nella terza poi dove eravi il solvente in poltiglia, la cor- 
rosione si presentò con superficie liscia come indica la fig. 2. 
Questa specie di corrosione corrisponde a quella che si osserva 
quando colla fusione si sciolga nel borace della polvere grosso- 
lana di quarzo e, sospendendo dopo un certo tempo l’operazione, 
si osservino al microscopio i granuli, i quali si presentano con 
spigoli arrotondati, superficie liscia e senza traccia di vere figure 
di corrosione caratteristiche. 

Per tale confronto sul diverso modo di corrosione si po- 
trebbe quasi dedurre, volendo generalizzare per ogni solvente, 
che in natura, in alcuni casi, quando le figure di corrosione sul 
quarzo siano perfette, esse debbano essere state prodotte da 
solventi molto diluiti; se invece la corrosione è irregolare, pro- 
fonda e senza traccia di figure, essa sia stata prodotta da sol- 


CONTRIBUZIONI DI GEOLOGIA CHIMICA 635 


venti molto concentrati. Per altri casi evidentemente deve es- 
sere causa del diverso aspetto di corrosione il vario movimento, 
che possono avere le acque mineralizzate che funzionerebbero 
da solvente; movimento che influirebbe sulla velocità di diffu- 
sione, dalla quale dipende la velocità di soluzione. 

Il risultato delle esperienze eseguite, che cioè diminuendo 
la temperatura si formava silice idrata, ricostituendosi il tetra- 
borato sodico, può spiegare la causa della disparità di effetto 
fra l’esperienza dello Schweizer e la mia; nella quale avendo 
io sperimentato col quarzo, ebbi la prova evidente della rea- 
zione avvenuta nella sua corrosione e trasformazione in silice 
idrata. Mentre lo Schweizer se avesse anche ad alta tempera- 
tura sperimentato col porre silice idrata gelatinosa insieme al 
borace, non poteva essere sicuro della reazione ritrovando an- 
cora la silice idrata, la quale non avrebbe presentata altra modi- 
ficazione rispetto a quella primitiva gelatinosa, se non nella quan- 
tità di acqua divenuta minore per causa dell’alta temperatura. 

A riguardo del limite di temperatura al quale può iniziarsi 
la reazione, riesce difficile determinarla perchè entra in funzione 
il tempo necessario per rendere l’effetto visibile. 

Da tre esperienze eseguite pure con soluzione al 5 p. °/ di 
borace, la prima a 109°, la seconda con un massimo di tempe- 
ratura di 160° e la terza con un massimo di 194°, e durate 
tutte tre 4 giorni, trovai che al disotto di 160° non vi fu traccia 
di corrosione visibile al microscopio. Invece un principio di 
reazione l’ebbi soltanto fra i 160° e 194° indicato da corrosione 
e da una perdita in peso del quarzo di milligrammi 0,62 per cm3; 
ma sono convinto che, se le dette esperienze avessero durato 
un mese invece di 4 giorni, io avrei ottenuto traccie di reazioni 
anche sotto i 160°. 

Confrontando ora il risultato avuto alla temperatura fra 
i 160°-194°, con quello della perdita di milligr. 66,9 per cm? 
avuto coll’esperienza a 290°-315° con eguale soluzione e nello 
stesso tempo, si scorge come la solubilità del quarzo nel tetrabo- 
rato sodico aumenti rapidamente col crescere della temperatura. 

Per spiegare l’azione del tetraborato sodico in soluzione sul 
quarzo si può supporre: o che essa sia un effetto di semplice 
solubilità, o che si formi un silicato sodico rimanendo libero 
l’acido borico, o che si formi un boro-silicato sodico. 


636 - GIORGIO SPEZIA 


La prima supposizione si può escludere dal fatto, che l’ot- 
tenere, col diminuire della temperatura, non più quarzo o ani- 
dride silicica, ma silice idrata, comprova come sia avvenuta una 
reazione chimica e che non si tratti di semplice solubilità del 
quarzo. Per via umida accade cioè quello che avviene per via 
secca; se si fa sciogliere il quarzo fondendolo con borace, si 
ottiene una massa vetrosa, la quale si decompone coll’acqua 
dando silice idrata. 

Il supporre che ad alta temperatura si formi un silicato 
sodico, rimanendo libero l’acido borico, il quale reagirebbe sul 
silicato sodico col diminuire della temperatura, ricostituendo il 
tetraborato sodico e lasciando la silice idrata, appare una rea- 
zione probabile, sebbene tale supposizione non spieghi un fatto 
da me osservato. 

In una esperienza nella quale una lastra di quarzo fu posta 
in una soluzione mista di 10 p. °/ di tetraborato sodico e di 
10 p. °/ di acido borico, la solubilità del quarzo, a parità di 
temperatura e tempo, si ridusse quasi a metà di quella ottenuta 
colla soluzione al 5 p. °/ di solo tetraborato sodico. Ossia l’ag- 
giunta di acido horico libero avrebbe diminuita la solubilità. 
Supponendo ora che nella reazione si formi silicato sodico e 
acido borico libero, un’ aggiunta di questo non dovrebbe sce- 
mare l’azione del tetraborato sodico sul quarzo. Nè tale dimi- 
nuzione di solubilità si può attribuire al fatto che l’eccesso d’acido 
borico libero, aumentando la concentrazione, diminuisca la solu- 
bilità del quarzo; perchè nelle esperienze fatte colla poltiglia di 
borace, il cui grande effetto sul quarzo è rappresentato dalla 
fig. 2, la quantità di acido borico, che sarebbe rimasto libero, 
era di gran lunga maggiore di quella presente nell’esperienza, 
nella quale io aggiunsi acido borico. 

Quindi sembra che la solubilità del quarzo abbia dei limiti 
dipendenti dalla proporzione esistente fra l’acido borico e la 
soda, e non soltanto da quest’ultima, come sarebbe nella suppo- 
sizione che si formi silicato sodico e acido borico libero. 

Per tale considerazione acquista forse più probabilità il sup- 
porre che si formi un borosilicato sodico, benchè non esista in 
natura nè, secondo le mie ricerche bibliografiche, siasi ottenuto 
o un acido o un’anidride borosilicica. 

Infatti il quarzo e l’anidride borica non si uniscono alla 
temperatura della fusione del platino. 


CONTRIBUZIONI DI GEOLOGIA CHIMICA 637 


E per via umida, da un’esperienza fatta, io ebbi per risul- 
tato che, una lamina di quarzo mantenuta per 4 giorni alla 
temperatura da 300° a 320°, in una soluzione satura al freddo 
di acido borico, non perdette in peso quanto avrebbe perduto 
per egual tempo e temperatura nell’acqua pura. 

Non potendo quindi ottenersi libero un acido borosilicico, 
si deve ammettere che se nella reazione fra il quarzo e la so- 
luzione di tetraborato sodico si forma un borosilicato sodico, 
questo debba essere stabile in contatto dell’acqua soltanto ad 
alta temperatura, diminuendo la quale si scomponga; e che l’acido 
borosilicico si costituisca soltanto in presenza di una base, dalla 
cui natura poi dipenderebbe la maggiore o minore facilità della 
decomposizione in presenza dell’acqua e col diminuire della tem- 
peratura. 

Del resto l’interpretazione della reazione costituisce un ar- 
gomento di studio che io volentieri consegno ai chimici. 


Considererò invece l’altro argomento, che ha sempre grande 
importanza geologica, se cioè la pressione possa avere influenza 
nella reazione fra il quarzo ed il tetraborato sodico in soluzione. 

A tale scopo io ripetei con alta pressione e temperatura 
ordinaria due delle esperienze eseguite ad'alta temperatura. 

Per la prima adoperai un prisma a base quadrata tagliato 
egualmente a quello della prima esperienza, in modo quindi che 
la superficie esposta all’azione del solvente fosse, il più possi- 
bilmente, di egual area e solubilità. 

‘ Detto prisma del peso di gr. 1,0666 e con una superficie 
di media solubilità di 382 mm?, fu posto nell’apparecchio che 
io descrissi in altro lavoro (1) e che si fonda sul principio della 
compressione uniforme, esercitata intorno ad un recipiente costi- 
tuito da sostanza plastica. La soluzione era parte di quella ado- 
perata per l’esperienza a caldo, ossia al 5 p. %, di borace. 
L'esperienza colla pressione di 6000 atmosfere durò 20 giorni 
e la temperatura oscillava da 12° a 16°. 

Da tale esperienza non si palesò traccia di reazione; il 
prisma di quarzo mantenne esattamente il suo peso ed il mi- 
croscopio non rivelò segno alcuno di corrosione. 


(1) “ Atti della R. Ace. delle Scienze di Torino ,, vol. XXXYV, pag. 750. 


638 GIORGIO SPEZIA — CONTRIBUZIONI DI GEOLOGIA CHIMICA 


Ora, facendo un confronto fra i risultati delle due espe- 
rienze eseguite con la stessa soluzione al 5 p. °/ di borace, una 
ad alta temperatura e l’altra ad alta pressione e ritenendo per 


l'esperienza a caldo la pressione data dal vapore acqueo per la 


corrispondente temperatura, si ha: 


Peso del prisma Area Temperatura i ne Tempo Perdita I peso per cm? 
in grammi in mm? in atmosfere in giorni in milligrammi 
1,0678 9884. .290°-315° 716-106. 4 66,9 
1,0666 382 12°-16° 6000. 20 0 


Lo stesso prisma di quarzo che non aveva subìto variazione 
alcuna nel peso e nello stato fisico delle sue faccie, fu sotto- 
posto ad una seconda esperienza ad alta pressione, colla diffe- 
renza dalla prima che invece di essere immerso in una soluzione 
al 5 p. ° di borace, si trovava nella stessa condizione della 
terza esperienza eseguita ad alta temperatura, cioè in una pol- 
tiglia di borace in polvere e soluzione satura a freddo dello 
stesso sale. i 

Anche in questa esperienza, che durò 20 giorni colla pres- 
sione di 6000 atmosfere e colla temperatura da 14° a 16°, non 
osservai traccia alcuna di reazione chimica fra il tetraborato 
sodico ed il quarzo, mentre l’analoga esperienza a caldo produsse 
l’effetto già indicato colla fig. 2. 

Dalle descritte ricerche risulta anzitutto che le acque mine- 
ralizzate con borato sodico possono essere, nella crosta terrestre, 
alla profondità corrispondente alla temperatura necessaria per 
la loro azione, energici solventi del quarzo e che la causa unica 
della reazione sarebbe la temperatura, non avendo la pressione 
alcuna influenza diretta. Inoltre si può dedurre che i borosilicati, 
stabili alla temperatura ordinaria, quali la tormalina, l’axinite 
e la datolite, si sieno più probabilmente formati per via umida 
ed alta temperatura col concorso di soluzioni di borosilicato 
sodieo, che non col concorso di cloruri e fluoruri volatili, come 
supporrebbero Fouqué e Michel Lévy (1) per le tormaline; e 
l’esperienza colla quale De Gramont (2) ottenne per via umida 
la datolite, appoggerebbe la mia deduzione. 


(1) Synthèse des minéraux et de roches, pag. 121. 
(2) © Comptes rendus Ace. Sc. Paris ,, T. CXIII, 2, pag. 83. 


Beni x 
a. SPEZIA - entiiluzione di GKrologia chimica. 

ANALI del quaczo Netta da Gozioo nti 
di letta ltomala sadico. 


Atti della BR. Acc. delle Scienze 


di Sozino, Vol. XXXVI. 


rà 
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Kona 


ELIOT. CALZUOLARI & FERRARIO, MILANO f 


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pun ? 


LORENZO CAMERANO — LO STUDIO QUANTITATIVO, ECC. 6539 


Infine le citate esperienze di confronto, fra l’effetto chimico 
della temperatura e quello della pressione, si uniscono nel ri- 
sultato a quelli già da gne eseguiti coll’acqua pura e colle solu- 
zioni di silicato sodico, per accrescere le prove, che nel metamor- 
fismo chimico delle roccie schisto-cristalline quarzose, debbano, 
per ciò che riflette l'elemento quarzo, entrare come fattori geo- 
logici essenziali soltanto il calore ed il tempo e non la pressione. 


Lo studio quantitativo degli organismi 
e gli indici di mancanza, di correlazione e di asimmetria. 
Nota del Socio LORENZO CAMERANO. 


In un precedente lavoro (1) io proposi per lo studio quan- 
titativo degli organismi, un modo semplice per calcolare alcuni 
indici atti ad esprimere in maniera precisa l’ entità di alcuni 
fenomeni della variabilità degli organismi stessi: vale a dire gli 
indici di variabilità, di variazione, di frequenza, di deviazione e 
di isolamento. Dissi allora: “ Nel procedimento proposto per lo 
studio analitico della variabilità dei caratteri di una serie di 
individui, ho indicato alcuni indici che si riferiscono a speciali 
modalità del fenomeno di variazione: ma non è d’uopo dire che 
altri ancora se ne potrebbere escogitare in rapporto ad altre 
modalità, che ricerche ulteriori metteranno in chiaro e che si 
potranno calcolare seguendo lo stesso procedimento generale ,. 

Agli indici sopradetti si possono aggiungere i seguenti: 

Indice di mancanza di un dato carattere. — È noto che 
negli organismi vi sono caratteri che si sviluppano gradatamente 
per tutta la vita dell'individuo, altri che, dopo essersi svilup- 
pati fino ad un dato periodo della vita stessa, gradatamente 
vanno riducendosi fino, talvolta, a scomparire al tutto. Così pure, 
considerando le serie di individui raccolti nelle circoscrizioni spe- 


(1) Lo studio quantitativo degli organismi e gli indici di variabilità, di 
variazione, di frequenza, di deviazione e di isolamento, “ Atti della R. Accad. 
delle Scienze ,, vol. XXXV, 1900. 


_ 640 LORENZO CAMERANO 


cifiche, avviene spesso di trovare più o meno numerosi i casi 
di mancanza totale di alcuni caratteri, mentre permangono 
gli altri. La scomparsa totale di certi, caratteri in un numero 
più o meno grande di individui di una specie data è fatto 
assai importante per la conoscenza del fenomeno generale della 
variabilità ed è necessario venga espresso esso pure con dati 
numerici fra loro comparabili. 

Propongo pel calcolo dell’indice di mancanza il procedimento 
seguente: 

Dato un carattere A, e una serte di 10 individui (ad esempio) 
e dato che 2 individui della serie manchino del carattere A 


l'indice di mancanza sarà dato da =. Se gli individui che 


mancano del carattere A sono 9 (ad esempio) avremo DA Hi 


e via discorrendo. 

L’indice di mancanza, che si potrà indicare con m, sarà ri- 
spettivamente m = 0,2 e m = 0,9; w#m indica perciò nella serie 
studiata l’importanza del fenomeno di mancanza del carattere A. 

Indice di correlazione. — Uno dei fenomeni più oscuri della 
variabilità si è quello delle variazioni correlative di due o più 
caratteri. Poco di sicuro si sa fino ad ora intorno a questo argo- 
mento, poichè i dati che si possono dedurre dalla maggior parte 
delle descrizioni e dalle misure degli individui non sono espressi 
dagli Autori con valori comparabili fra loro e poichè molto la- 
voro è da farsi prima che si possa conchiudere alla esistenza 
o alla mancanza di variazioni cofrelative propriamente dette. 

Le ricerche recenti, fatte o col metodo quantitativo-stati- 
stico della scuola americana-inglese, o con quello da me pro- 
posto, mostrano una scarsa tendenza, nelle varie parti degli 
organismi, a variazioni correlative. Queste ricerche tuttavia non 
sono ancora sufficienti per una conclusione o in un senso o in 
un altro (1). 

Per calcolare l’indice di correlazione propongo il procedi- 
mento seguente: n! 


(1) Cfr. il mio precedente lavoro: Ricerche sulla variazione del Bufo 
vulgaris Laur., “ Mem. della R. Accad. delle Scienze di Torino ,, ser. II, 
vol. L, 1900. 


iti ant 


tera. Ced cad 


MT E n I nn TEO IT e 


LO STUDIO QUANTITATIVO DEGLI ORGANISMI, ECC. 641 


Siano due caratteri a, b. 
Siano n, n' le variazioni quantitative rispettive di questi 


due caratteri. , 
Variando @ di + n e bdi +» 


’ n 
se n= avremo <a pui 


È 


In questo caso la correlazione è massima, poichè crescendo 
a di n, d cresce pure della stessa quantità. La variazione cor- 
relativa fra i due caratteri a e d è totale e l’indice di correla- 
zione, che si può esprimere colla lettera c, ha il suo valore 
massimo, cioè c= 1. Questa espressione vorrà dire non solo che 
la variazione correlativa è totale, ma che essa si fa nel senso 
dello sviluppo maggiore dei caratteri. 

Se il carattere a varia di —» e il carattere 5 varia di — »'. 


a 
sei e 


Essendo —n» = — n’ avremo 


Ciò vorrà dire che, come nel caso precedente, la variazione 
correlativa fra i due caratteri è pure totale e si fa nel senso 
della regressione dei caratteri stessi. L’indice di correlazione in 
questo caso potrebbe essere espresso nel modo seguente: 


—c=1l. 


Si possono avere ancora i casi seguenti: 
1° Se a varia di + e d varia di —»' e se la varia- 
zione quantitativa in un senso (4 n) di un carattere è eguale 
alla variazione quantitativa nell’altro senso (—»') dell’altro ca- 
rattere avremo 


Tra 


7 — 


cosa fi 


2° Sea varia di — n e d varia di + »n' e se, come nel 
caso precedente, le due quantità » e »’' sono eguali, avremo 


rate Pi Long 


+ 


In questi due casi la variazione correlativa dei due carat- 
teri a, d è ancora totale, ma si compie in senso inverso nei due 


642 LORENZO CAMERANO 


caratteri. L'indice di correlazione potrebbe essere espresso nel 
modo seguente: 
te=t-l1 s 


Nei casi in cui n è = di n' in una direzione o in un’altra 
n 


l'indice di correlazione è dato dal rapporto > 


L'indice di correlazione potrà, da quanto si è detto, essere 
espresso nei varì modi seguenti: 


[eo 
iS) 
| 
8 


Indice di variazione correlativa progressiva e 
È p regressiva —c=1 —p = 


Indice di variazione correlativa progressiva 
di un carattere e regressiva dell’altro 
carattere tesmilesatarnti 


Volendo studiare l'andamento del fenomeno in una serie di 
individui, si può procedere nel modo seguente: 

Si dispongono gli indici sopradetti in classi per modo che 
essi formino una progressione aritmetica colla ragione = 1. A 
questa progressione si applicano i procedimenti indicati nel me- 
todo da me proposto (1) per lo studio quantitativo degli orga- 
nismi per determinare i varì indici di variabilità, di variazione, 
di frequenza, ecc. Per tal modo si ottengono dati che servono 
a mettere in chiaro l’andamento del fenomeno di variazione cor- 
relativa di determinati caratteri in una serie di individui, dati 
che possono servire per confronti con altre serie. L'indice di 
variabilità delle serie sopradette viene ad esprimere il campo di 
variabilità dell'indice di correlazione e può essere indicato con Ae. 
Analogamente ac designerà l'indice di variazione, Mc la media, 
Fe, Fic, Fsc gli indici di frequenza, de, dic gli indici di devia- 
zione, dfe, d,fc gli indici di deviazione e di frequenza, ?c l'indice 
di isolamento, i,c l'indice di isolamento e di frequenza, SQce si- 
nossi quantitativa del fenomeno di variazione correlativa per 
dati caratteri in una serie determinata di individui. 


(1) Lo studio quantitativo degli organismi e gli indici di variabilità, di 
variazione, di frequenza, ecc., “ Atti della R. Accad. delle Scienze di Torino ,, 
vol. XXXV, 1900. 


LO STUDIO QUANTITATIVO DEGLI ORGANISMI, ECC. 643 


Non è d’uopo dire che i dati quantitativi che si riferiscono 
ali caratteri dei quali si vuole studiare la variazione correlativa 
devono essere paragonabili fra di loro e perciò è necessario siano 
preventivamente ridotti per mezzo dei coefficienti somatici (1) o 
con altro procedimento analogo. 

Si voglia, ad esempio, studiare la variazione correlativa fra 
due caratteri A e B di una serie di 5 individui di una specie. 

Il carattere A cresce (per fare un caso fra i varî possibili) 
dal 1° al 5° individuo delle quantità : 


m, n, 0, p. 
Il carattere B cresce dal 1° al 5° individuo delle quantità: 
mi, n'; 0; p'. 


Gli indici di correlazione saranno rispettivamente (per fare 
un caso qualunque): 


Si dispongono i valori di x, 1, x?, x3 (varianti) in serie 
riunendoli in classî secondo il loro valore progressivamente cre- 
scente. Si abbia ad esempio: 


18 classe (P), 22 classe (23), 32 classe (1). 


Di questa serie di classi si potranno determinare i valori 
di Ac, ac, Me, Fc, Fic, Fsc, ecc., come precedentemente è stato 
detto. 

Indice di asimmetria. — Non sono rari, come è noto, i casi 
di asimmetria fra gli organi omotipici dei due parameri negli 
animali a simmetria bilaterale o fra gli organi dei varî para- 
meri negli animali a simmetria raggiata. Talvolta queste asim- 
metrie sono spiccatissime ed entrano a far parte dei caratteri 


(1) L. Camerano, Lo studio quantitativo degli organismi ed il coefficiente 
somatico, “ Atti della R. Accad. delle Scienze di Torino ,, vol. XXXV, 1900. 


644 LORENZO CAMERANO — LO STUDIO QUANTITATIVO, ECC. 


diagnostici specifici (Crostacei, Insetti, ecc., ad esempio). È im- 
portante di tener conto nello studio generale della variazione 
anche di questo fenomeno che si presenta, nelle sue cause e nelle 
sue modalità, non meno oscuro del precedente. L'applicazione 
del metodo quantitativo statistico al suo studio potrà portare a 
qualche utile risultamento. 

Propongo pel calcolo dell’indice di asimmetria il procedi- 
mento seguente : 

Dati due organi A, A' omotipici appartenenti ai due para- 
meri di una serie di individui, se i valori delle varianti che si 
ottengono dalle loro misure sono eguali fra loro in ciascun in- 
dividuo della serie è evidente che l’indice di asimmetria sarà 
eguale a 0, se invece in nessun individuo della serie le varianti 
di A e A' sono eguali fra loro avremo il caso di asimmetria 
massima o totale nella serie; l’indice di asimmetria sarà eguale 
ad 1. Tenendo conto infatti del numero degli individui con va- 
rianti asimmetriche rispetto al numero totale degli individui 
della serie stessa e chiamando as l’indice di asimmetria, avremo: 


individui con varianti asimmetriche » 
numero totale degli individui »' 


rit), 


se 
e = SasE=1T0 
e in ogni caso 


Gli indici di variabilità, di variazione, di frequenza delle 
serie di varianti riferentisi ai due organi +A a A' daranno 
un'idea del variare dei singoli organi stessi e potranno mettere 
in evidenza le modalità della variazione, ad esempio degli organi 
omotipici di destra rispetto a quelli di sinistra e via discorrendo. 

Anche le asimmetrie fra organi omodinamici si possono cal- 
colare con analogo procedimento. 


CORRADO SEGRE — UN’OSSERVAZIONE RELATIVA, ECC. 645 


Un’osservazione relativa alla riducibilità delle trasforma- 
zioni Cremoniane e dei sistemi lineari di curve piane 
per mezzo di trasformazioni quadratiche. 

Nota del Socio CORRADO SEGRE. 


Nei lavori, a cui mi dovrò riferire, che trattano i problemi 
di riduzione per trasformazioni quadratiche, occorre il concetto 
di composizione d’un punto singolare di una curva piana me- 
diante punti multipli infinitamente vicini, quale è stato introdotto 
specialmente dal sig. NòrHmER (*). È quindi opportuno che io qui 
cominci col ricordare con precisione in che cosa esso consista (**). 

Si abbia nel piano una curva y col punto s-plo A. Una 
trasformazione quadratica generale ‘© con un punto fondamen- 
tale in A muti y in y'. Essa farà corrispondere a tutto l’intorno 
di A su Y gl'intorni su y' di uno o più punti distinti A',,-A/3, ...: 
tracce sulla retta fondamentale a’, corrispondente ad A, delle 
rette che la © fa corrispondere alle diverse tangenti t,, To, ... 
di y in A. Indichiamo con s;, 52, ... le moltiplicità che y' avrà 
risp. in A',, A',,... — Similmente una seconda trasformazione 
quadratica generale ‘©’ con un punto fondamentale in A’, muti Y' 
in y", ed il punto A', di y' in uno o più punti distinti A/,;, 
A”;, ... di y"” (sulla retta fondamentale a” che ©' fa corri- 
spondere ad A',), multipli risp. secondo s;1, 89; ... — E così si 
continui, applicando successive trasformazioni quadratiche. — Si 
dice allora che A è per Y un punto s-plo, al quale sono infini- 
tamente vicini, in diverse direzioni T, ts ..., (costituendo l’intorno 
di 1° ordine di A su v), punti colle molteplicità s,, s3, ...; ciascuno 


(*) Ueber die algebraischen Functionen, Note 2. Gottinger Nachrichten 1871; 
Ueber die sing. Werthsysteme einer alg. Function und die sing. Punkte einer 
alg. Curve. Math. Ann. 9, 1875-6. 

(**) Cfr. anche la mia Memoria Sulla scomposizione dei punti singolari 
delle superficie algebriche, Annali di mat. (2) 25, 1896-7. 


Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 44. 


646 CORRADO SEGRE 


di questi, per esempio s;, avendo poi per punti infinitamente vicini 
(intorni di 2° ordine di A) dei punti colle moltiplicità s;1, S;2, ...3 
e ognun di questi, per es° s,, a sua volta punti colle moltepli- 
cità Sx1; Six, +. (intorni del 3° ordine di A); e così via. Si con- 
viene pure di dire che i punti indicati con s;, Sx; Sa; +-. (per 
dati valori degl’indici) succedono al punto A in questo loro or- 
dine, sopra la curva Y; che ognuno è successivo al precedente. 

Se poi si considera nel. piano un'altra curva è passante per 
A, si dice che essa contiene anche, oltre a questo, i punti infi- 
nitamente vicini di -y indicati con s;, sx; ..., se le successive 
trasformazioni quadratiche ©, ©', ... la mutano in curve d', d", ... 
passanti rispettivamente pel punto A'; di v', A", di y”, 

Ciò premesso, rileviamo questo fatto: che una successione 
di tre o più punti infinitamente vicini di Y, cioè s s; Sx ...,} può 
esser tale che ogni curva è passante per essi ne abbia sempre 
uno 0 più come punti multipli; cosicchè per quella successione 
di punti non passi alcuna curva avente A come punto semplice. 
Così, se nella curva v' il punto A'; s.-plo ha il successivo sy gia- 
cente sulla retta «' (il che significa che il punto A”, di y” è 
sull’intersezione di @' colla omologa di a' per ©'), è' risulta co- 
stretta a toccare a’ in A',, e quindi è avrà in A almeno un 
punto doppio. Tre punti successivi s s; sx possono dunque pre- 
sentare due casi distinti rispetto ai rami (rami completi o cicli) 
di curva algebrica che li contengono: o per essi passano rami 
lineari, oppure passan solo rami superlineari (d’ordine 2 2). In 
particolare si ha che nel 1° caso, purchè i tre punti successivi 
non-siano allineati, si posson condurre per essi infinite coniche 
irriducibili; mentre nel 2° caso per i tre punti non passano 


coniche irriducibili, e quindi — rileviamolo pel seguito — essi 
non si posson prendere come punti base, infinitamente vicini, di una 
trasformazione quadratica!(*). — Similmente 4 punti successivi 


(*) Si vede pure subito, dalle trasformazioni quadratiche, che i rami di 
curva passanti pei 3 punti hanno nel 1° caso l’ordine uguale o minore della 
classe (poichè la © li trasforma in rami uscenti da A‘; i quali non toc- 
cano a'), e nel 2° caso invece l’ordine maggiore della classe. E d'altra parte 
è evidente, anche senza ricorrere alle trasformazioni, che se un elemento 
differenziale di curva determinato da tre punti successivi ha curvatura 
finita e non nulla (e quindi sta su coniche irriducibili), ogni ramo che lo 
contiene avrà l’ordine uguale alla classe! 


UN’OSSERVAZIONE RELATIVA ALLA RIDUCIBILITÀ, ECC. 647 


S S; Sx Sx possono stare su rami lineari, oppure solo su rami d’or- 
dine > 2, oppure solo su rami di ordine e classe 22, o infine 
solo su rami d’ordine "3: ciò dipende dalle posizioni che i loro 
omologhi su y' e y” hanno rispetto ad a' e ad a”. — E in ge- 
nerale, prendendo una successione di un numero finito qualunque 
di punti di y, si ha da fare una ovvia ma lunga distinzione dei 
casi che essi posson presentare rispetto alla natura dei rami di 
eurva algebrica che li contengono (*). 


Veniamo ora al problema della risoluzione di una trasfor- 
mazione cremoniana piana in un prodotto di trasformazioni qua- 
dratiche. Com'è noto, la possibilità di questa risoluzione fu asse- 
rita, quasi nello stesso tempo e indipendentemente l’uno dall’altro, 
da Cuirrorp (**), NorHGeR (***) e Rosanes (****). CLirrorD si li- 
mitò ad effettuarla per le trasformazioni d'ordine = 8, con punti 
fondamentali ordinari in posizione generica. Invece gli altri due 
scienziati dedussero dalle due relazioni di CrEMonA tra le mol- 
tiplicità dei punti fondamentali di una rete omaloidica il fatto 
che la somma delle 3 moltiplicità più elevate supera l’ordine 
della rete. Allora prendendo quei 3 punti come punti base per 
una trasformazione quadratica, questa muterà la rete in una 
d’ordine inferiore. Pel caso che la data rete abbia punti fonda- 
mentali infinitamente vicini, RosanEs si limitò ad aggiungere 
(pag. 109) che le trasformazioni quadratiche da adoperare posson 
essere di quelle che hanno 2 o 3 punti base coincidenti. NòTHER 
invece dedicò a questo caso un altro breve lavoro (*****). Egli os- 
servò che la trasformazione quadratica coi punti base nei 3 punti 
fondamentali più elevati (j,%,,%.) di una rete omaloidica d’or- 
dine » potrebbe mancare, perchè all'uno di essi fossero infinita- 


(*) Cfr. il n. 6 della mia Mem? citata. 

(#*) Nei $$ 68 e seg! della mem*® di CayLey On the Rational Transfor- 
mation between Two Spaces, Proc. Lond. Math. Soc. III 1869-1871 (= Collect. 
Math. Papers di CayLey t. 7°). Cfr. anche Crirrorn, Math. Papers, p. 588. 

(***) Ueber Flichen, welche Schaaren rationaler Curven besitzen, Math. 
Ann, 3, 1870-71: v.a pag. 167. 

(#***) Ueber diejenigen rationalen Substitutionen, welche cine rationale 
Umkehrung zulassen, Crelle 73, 1870-71. 

(#11) Zur Theorie der cindeutigen Ebenentransformationen, Math. Ann. 


5, 1872. 


648 CORRADO SEGRE 


mente vicini gli altri due in diverse direzioni. Sia j la molti- 
plicità più alta; siano infinitamente vicini a questo punto, in 
diverse direzioni, i punti multipli secondo i; î3 ... în, ove 


rità isf dna ZioSj; 
ed esistano poi dei punti fondamentali %7, ove 


ta hi Ma ci 


1 quali posson anche essere infinitamente vicini ai precedenti. 
NorHER dimostra che in tale ipotesi, se %, è successivo per 
esempio a éo, si ha anche j4- 04M >; e per conseguenza, 
applicando, invece della suddetta trasformazione (jà è) ora 
mancante, la trasformazione quadratica avente per punti base 
Î io h,, si abbasserà ancora l'ordine della rete. Sarebbe dunque, 
secondo NOTHER, possibile in tutti i casi l'abbassamento di quest'or- 
dine mediante una trasformazione quadratica. 

Ora a questo ragionamento si posson muovere due obbie- 
zioni. 1°) Non è soltanto nel caso rilevato e trattato da NòrHER 
che viene a mancare la trasformazione quadratica coi punti base 
nei 3 punti fondamentali più elevati j è, è, della rete; ma anche 
quando questi 3 punti, essendo nella stessa direzione, cioè su uno 
stesso ramo di curva, non stanno però su alcun ramo lineare. 
Sarebbe questo un nuovo caso da esaminare (*). 2°) Pur restando 
nel caso a cui NOTHER si limita, potrebbe accadere che i 3 punti 
infinitamente vicini j îo%, ai quali allora si ricorre in sostitu- 
zione dei 3 punti di maggior moltiplicità, non stessero a loro 
volta su alcun ramo lineare di curva, e quindi non potessero 
servire come punti base di una trasformazione quadratica. 


(*) Quantunque NòrHER, come gli altri Autori che citerò tosto, dicano 
sempre esplicitamente che basta limitarsi all'esame del caso che è, ia siano 
infinitamente vicine a j in diverse direzioni, si potrebbe nei loro calcoli 
includere anche l’altro caso che ora ho detto: ammettendo che le dé3...îm 
significhino tutte le moltiplicità, distinte 0d infinitamente vicine, che da una 
trasformazione quadratica generale con punto base in j vengono a prodursi 
sulla retta fondamentale corrispondente a questo punto. — Forse anzi è 
questo il concetto che avevano in mente il NòrzER e qualche altro Autore: 
sicchè per essi questa 1% obbiezione non sarebbe sostanziale. Ma essenziale 
invece rimane, in ogni modo, la 2*. 


UN’OSSERVAZIONE RELATIVA ALLA RIDUCIBILITÀ, ECC. 649 


Effettivamente si posson formare senza difficoltà, in base a 
queste obbiezioni, delle reti omaloidiche, il cui ordine non si 
abbassa con una sola trasformazione quadratica. Il più semplice 
esempio è dato dalle cubiche aventi comune una cuspide, con la 
tangente, e con 8 intersezioni coincidenti. Esso è incluso per 
n= 3 nell'esempio fornito dalla seguente equazione: 


My" + n) + pay + vy"=0, 


: in cui Q, indica una forma d’ordine » di x, y. Qualunque sia x, 
quest’'equazione rappresenta una rete omaloidica — caso parti- 
colare di quelle di De JonquièREs — di curve d’ordine » aventi 
comune nell’origine un punto (n—1)plo e poi, su rami d'ordine 
n-—1 uscenti da questo, 2n —2 punti semplici successivi. Per 
queste reti non solo non basta, se n >2, una trasformazione 
quadratica per abbassarne l’ordine: ma nemmeno basta una 
trasformazione di un ordine < n. 


Il procedimento adoperato dal NéTHER per la riduzione delle 
reti omaloidiche con punti fondamentali qualunque fu poi appli- 
cato successivamente da varî scienziati per ridurre con trasfor- 
mazioni quadratiche all'ordine minimo altre specie di sistemi 
lineari di curve piane. BeRtINI (*) da una tale estensione del 
metodo di NérHER dedusse i fasci e talune reti di genere p="1, 
e certi sistemi tripli p=2. Gucora (**) trattò i sistemi lineari 
comunque infiniti di curve razionali, e poi anche (***) quelli di 
curve ellittiche. MARTINETTI si occupò di questt ultimi (****) e 
dei sistemi sovrabbondanti di genere 2 (****). June trattò in 


(*) Ricerche sulle trasformazioni univoche involutorie nel piano, Annali 
di mat. (2) 8, 1877. 

(**) Generalizzazione di un teorema di Nother, Rendic. Circ. mat. Palermo, 
t. I, 1886. 

(#44) Sulla riduzione dei sistemi lineari di curve ellittiche ecc., Ibid. 1887. 

(*#4*) Sopra i sistemi lineari di curve piane algebriche di genere uno, 
Rend. Ist. Lomb. (2) 20, 1887. 

(#****) Sopra alcuni sistemi lineari di curve piane algebriche di genere due, 
Rend. Circ. mat. Palermo, t. I, 1887. — Cfr. anche NòrHnER Ueder die ratio- 
nalen Flichen vierter Ordnung, Math. Ann. 33, 1888-89; ove si cita appunto 
questo lavoro del MarrInETTI per le reti sovrabbondanti di genere due che 
occorrono nella ricerca di quelle superficie. 


650 CORRADO SEGRE 


generale dei sistemi di genere p, con applicazione ai primi va- 
lori di p (*). Più recentemente De FraAncHIS determinò i fasci 
p=2 (**), e i sistemip=3 di dimensione > 1(***) Orbene 
in tutte queste trattazioni, appunto perchè procedono paral- 
lelamente a quella di NòrHER, vi è luogo alle stesse obbie- 
zioni che ad essa ho fatto: perchè nessuno di quegli Autori 
ha avvertito che la trasformazione quadratica da essi adoperata 
potrebbe mancare pel fatto che i tre punti multipli infinitamente 
vicini, che ne sarebbero i punti base, cioè j è, îs, oppure j î9 hi, 
pur essendo nella stessa direzione o successivi, non stessero su 
coniche irriducibili (****). 

Agli esempi già addotti di sistemi con p=0 se ne possono 
aggiungere quanti si vogliano, per ogni valore di p. Basti citare 
ancora le sestiche 


(c3 +49)? + ye + y9)po + yy = 0, 


ove @, e y, indicano forme di x, y, di 2° e 4° ordine, a coef- 
ficienti indeterminati. Esse costituiscono un sistema lineare del 
genere 1, avendo in comune un punto quadruplo e 3 punti doppi 
che son successivi a quello su rami di 2° ordine. Con una sola 
trasformazione quadratica non si può abbassarne l’ordine, mentre 
secondo i lavori citati relativi a p=1 dovrebbe esser possibile. 

Si può osservare che in questi esempi l’abbassamento del- 
l'ordine che non si raggiunge con una trasformazione quadratica 


(*#) In varî lavori del 1887 e 1888, fra i quali va citato qui special- 
mente: Ricerche sui sistemi lineari di curve piane algebriche del genere p ecc. 
(Mem. IT), Annali di mat. (2) 16, 1888-89. 

(**) Riduzione dei fasci di curve piane di genere 2, Rend. Circ. mat. 
Palermo 13, 1898-99. — A questa si può collegare la breve Nota Sulle reti 
sovrabbondanti di curve piane di genere 2, publicata dal De FrancHIS nel 1899 
nel medesimo vol*, e diretta a completare la determinazione di queste reti 
fatta dal MARTINETTI. 

(##*) Riduzione dei sistemi lineari o* di curve piane di genere 3, per 
k>1. Rend. Palermo 13, 1898-99. 

(****) Vedansi nei lavori citati i passi seguenti: Bertini n. 9. — Guccia 
pag. 148, 151; e poi pag. 175, 177. — Marrinerti n. 3 della 1* Nota; 
e il n. 2 della 2°. — June pag. 302 e seg. — De FrancHIS pag. 3, 4, 8,9; e 
poi 142, 146, ecc. 


UN'OSSERVAZIONE RELATIVA ALLA RIDUCIBILITÀ, ECC. 651 


si può ottenere invece con più trasformazioni quadratiche. Ma 
non è dimostrato che lo stesso accadrà sempre! 

In conclusione: 

Non è ancora completamente dimostrato che ogni trasforma- 
zione Cremoniana si possa risolvere in un prodotto di trasforma- 
zioni quadratiche. 

Non è completamente dimostrato che quei sistemi lineari di 
genere 0, 1, 2, 3,... che gli Autori citati vollero determinare si 
possan tutti ridurre, con trasformazioni quadratiche successive, 0 
con trasformazioni Cremoniane, ai tipi che gli Autori stessi hanno 
ottenuti (*). 


(*) Nella mia Nota Sui sistemi lineari di curve piane algebriche di ge- 
nere p (Rend. Circ. mat. Palermo, t. 1, 1887) io ho proposto un altro me- 
todo per ottenere i varî tipi di sistemi lineari di dato genere, dal punto 
di vista delle trasformazioni Cremoniane: ricorrendo cioè alle superficie (dei 
varì spazî) rappresentate da tali sistemi. Cfr. anche, pel genere uno, la 
Nota di Der Pezzo Sulle superficie dell’ n®° ordine immerse nello Sn, publi- 
cata nello stesso vol®; e pei sistemi iperellittici CasreLnuovo Sulle super- 
ficie algebriche le cui sezioni piane sono curve iperellittiche, nel t. 4° degli 
stessi Rend' (con una mia nota a piè delle pag. 86-88); ecc. — Naturalmente 
però quel metodo non esaurisce la questione, perchè si applica solo ai si- 
stemi di dimensione > 2. 


652 EGIDIO MORANDI — PIETRO SISTO 


Contributo allo studio delle Ghiandole emolinfatiche 
nell'uomo ed in alcuni mammiferi. 


Nota degli Studenti EGIDIO MORANDI e PIETRO SISTO. 
(Con una Tavola). 


In questi ultimi tempi, alcuni osservatori inglesi ed anglo- 
americani, Gibbs (1), Robertson (2), Clarkson (3-4), Swale Vincent 
ed Harrison (5), Drummond (6), studiando specialmente nei mam- 
miferi, parlarono di due tipi speciali di linfoglandule, diverse 
dalle comuni, che avrebbero secondo alcuni una funzione emato- 
poetica, secondo altri, ematolitica e che chiamarono col nome di 
ghiandole emali ed emolinfatiche. 

Noi ci siamo occupati di questo argomento, sia per istu- 
diare attentamente la struttura di tali formazioni, specialmente 
nell'uomo, di cui poco o nulla s’erano interessati i menzionati 
autori, sia per indagarne, col mezzo di opportune ricerche, l’im- 
portanza nell'economia animale. 

Già fin dallo scorso anno abbiamo comunicato i risultati 
delle prime indagini, di ordine prettamente anatomico; ora, che 
anche il lato sperimentale è esaurito, riassumendo brevemente 
quelle, diremo delle conclusioni cui fummo tratti intorno alla 
probabile funzione delle ghiandole emolinfatiche. Ma, prima di 
far ciò, dobbiamo accennare di sfuggita ad altri autori, i quali 
indirettamente, ossia studiando la funzione splenica in rapporto 
con l’ematopoesi, s'incontrarono in corpi, che noi non esitiamo, 
e ne vedremo il perchè, ad identificare con le ghiandole emo- 
linfatiche, ma li interpretarono in modo ben diverso. Vogliamo 
dire di Tizzoni (7-8-9), Foà (10-11), Griffini (12-13), Eternod (14), 
che in una serie di lavori pubblicati dal 1881 in poi, descris- 
sero dei noduli splenici nel peritoneo e nel grande omento, in- 
terpretandoli, il Tizzoni e l’Eternod, come un prodotto abnorme, 
dovuto ad un compenso fisiologico per parte dell’ organismo, 
all’insufficienza della funzione splenica, qualunque sia la causa 
da cui essa derivi; il Griffini, bensì come un prodotto abnorme, 
ma non necessario compagno di certe lesioni della milza, che 


CONTRIBUTO ALLO STUDIO DELLE GHIANDOLE, ECC. 653 


pur la infirmano in modo da renderla insufficiente; il Foà infine, 
come normali concomitanti della milza sana ed in condizioni 
perfettamente fisiologiche. Facciamo cenno ancora, e vedremo 
infine come essi si colleghino col caso nostro, degli studi del 
Gabbi (15), del Maffucci (16), del Cordua (17), i quali ritennero 
le comuni linfoglandule, sede di processi ematolitici, avendo 0os- 
servato nelle più rosse di esse delle cellule globulifere e degli 
avviati processi eritrocitolitici, il primo in condizioni normali, e 
gli altri, in seguito ad operate trasfusioni sanguigne. 


Le ghiandole emolinfatiche, nell'uomo, si trovano con rigo- 
rosa costanza tanto nei giovani che nei vecchi individui, nelle 
regioni in cui si trovano le comuni linfoglandule da cui macro- 
scopicamente si distinguono, specialmente perchè più piccole e 
molto arrossate. Le ghiandole emolinfatiche presentano tali va- 
riazioni graduali, di aspetto, di dimensioni, di colore, di forma, 
di struttura, che non ci riuscì, almeno nell’uomo, di darne un'unica 
descrizione. Per questo, le abbiamo divise in.vari gruppi, tra i 
quali però non esiste un limite ben netto, rappresentando le 
ghiandole emolinfatiche, per la loro struttura, un graduale pas- 
saggio, fra le comuni linfoglandule e la milza. 


1° Gruppo (Fig. 1-2). 


Una capsula fibrosa involge tutto l’organo, inviando nell’in- 
terno delle esili trabecole che dividono la sostanza corticale in 
tante loggie, di cui alcune contengono i soliti noduli, ed altre, 
più grandi, sono occupate da tessuto reticolare contenente nelle 
sue maglie, comuni linfociti, cellule globulifere e pigmentifere, 
globuli rossi interi e frazionati e granuli di pigmento. Questi varì 
elementi si trovano pure nel seno periferico sottocapsulare e nei 
seni midollari. Nella sostanza midollare, non bene delimitata, si 
notano, oltre ai soliti cordoni, dei vasti seni sanguiferi (Fig. 2) 
aventi 100-300 u di diametro, il cui lume è ridotto ad !/3 od 1/, 
da una spessa parete di tessuto adenoide, limitata verso il lume 
del vaso, da endotelio. 


654 EGIDIO MORANDI — PIETRO SISTO 


2° Gruppo (Fig. 3). 


I corpi appartenenti a questo gruppo, sono assai simili a 
quelli precedentemente descritti, ma ne differiscono per la pre- 
senza di fibre muscolari liscie nella capsula e perchè i noduli 
corticali foggiati tutti su uno stesso tipo, assai numerosi e pic- 
coli, possono, spostandosi col seno che li circonda verso la ca- 
psula, determinare in essa la formazione di nicchie cui corrispon- 
dono all’esterno dei rilievi mammellonati avvertibili all’ esame 
macroscopico esterno. 


3° GRUPPO. 


Simili ai precedenti, questi corpi posseggono nel loro interno 
delle cellule adipose, isolate o riunite in gruppi. 


4° Gruppo (Fig. 4). 


Manca ogni traccia di separazione fra le due sostanze, cor- 
ticale e midollare, il seno periferico è molto ampio (150-200 u 
di larghezza), e contiene, in mezzo al solito reticolo, globuli 
rossi, bianchi, cellule globulifere e pigmentifere. Scarse e poco 
delimitate, le formazioni nodulari, immerse nel parenchima, non 
sporgono verso la capsula. 


5° Gruppo (Fig. 5). 


Vi appartengono quelle forme che per la superficie liscia e 
lucente, pel colore intensamente rosso, e per la poca loro con- 
sistenza, si distinguono più facilmente dalle comuni linfoglandule. 

La capsula vi è fatta quasi esclusivamente da fibrocellule 
muscolari che s’insinuano riunite a cordoni in mezzo al paren- 
chima; il seno periferico, molto vasto, è ripieno di sangue, con 
cellule globulifere e pigmentifere; il parenchima contenente pure 
delle cellule fagocitanti, è ridotto ad un accumulo di tessuto 
linfoide, solcato da vasti seni sanguiferi comunicanti fra di loro 
e col seno periferico, e limitati dal solo endotelio. 


6° Gruppo (Fig. 6). 


La capsula contiene molte fibrocellule muscolari che pene- 
trano nel parenchima. Non esiste separazione fra le due sostanze 


e RI REATO P_ SEU 


CONTRIBUTO ALLO STUDIO DELLE GHIANDOLF, ECC. 655 


e manca un seno periferico. La sostanza propria formata da 
tessuto linfoide con globuli rossi e cellule fagocitanti, è qua e 
là interrotta da piccoli ammassi, costituiti da linfociti giovani 
alla periferia e da cellule globulifere e pigmentifere al centro. 


Nel cane, le ghiandole emolinfatiche si trovano pure, nume- 
rose e costanti, nelle stesse regioni in cui si trovano le comuni 
linfoglandule. Si presentano molto arrossate, oppure gialle, scre- 
ziate, ecc. La loro struttura, pur presentando molteplici varia- 
zioni, si può comprendere in una sola descrizione. 

La capsula che avvolge l’organo è formata da fibre con- 
nettive ed elastiche, alle volte, anche da fibrocellule muscolari 
in mezzo alle quali stanno degli spazi pieni di sangue e nu- 
merosi linfociti. Sotto alla capsula vi è un seno periferico, at- 
traversato da trabecole che si distaccano dalla capsula, da un 
fine reticolo di cellule applicate su fibre connettive, e da cordoni 
di fibre muscolari liscie, che solcano tutto l’organo. La sostanza 
propria consta di cordoni di tessuto adenoide variamente intrec- 
ciati in modo da formare una rete a larghe maglie. Alle volte 
verso la periferia della ghiandola, compaiono dei noduli, veri 
centri germinativi formati da tessuto linfoide molto compatto, 
tutto attorno al nodulo stesso. Nelle maglie, come nel seno 
periferico, stanno dei leucociti, dei globuli rossi interi o fram- 
mentati, delle cellule globulifere e pigmentifere, dei granuli di 
pigmento (Fig. 7-8). 

Poco ne differisce la struttura della ghiandola emolinfatica 
nel coniglio. 


Non è dubbio che nelle ghiandole emolinfatiche, come nelle 
comuni linfoglandule, si svolga un processo di formazione di 
globuli bianchi, esplicato dai centri germinativi; ma la presenza 
di cellule globulifere e pigmentifere induce ad assegnare loro 
anche una funzione ematolitica. 

Per provare questa ipotesi, il chiariss. prof. Fusari ci con- 
sigliò di ricorrere a mezzi che avessero il potere di esagerare 
la funzione di questi corpi, come all'esportazione della milza ed 
alla somministrazione di sostanze ematolitiche. 


656 EGIDIO MORANDI — PIETRO SISTO 


Noi abbiamo operata la splenectomia su nove cani che sa- 
crificammo poi da 28 a 67 giorni dall’eseguita operazione, e ad 
uno di essi somministrammo per giunta, in varie riprese, parecchi 
grammi di acido pirogallico, per via sottocutanea. 

All’autopsia abbiamo sempre potuto osservare che le ghian- 
dole emolinfatiche, pur non essendo in numero maggiore del 
normale, erano notevolmente accresciute in dimensioni ed inten- 
samente colorate, mentre le comuni linfoglandule presentavano 
delle screziature gialle specialmente verso l’ilo. 

All'esame microscopico, specialmente in quelle tolte dal cane 
avvelenato con acido pirogallico, abbiamo trovato i seni, sia pe- 
riferici che centrali, enormemente dilatati e riempiti di una gran 
quantità di cellule globulifere e pigmentifere e di globuli rossi 
interi e frazionati, e la sostanza propria ridotta a piccoli accu- 
muli di linfociti, immersi nei seni. 

Le comuni linfoglandule presentavano i seni gremiti di pi- 
gmento probabilmente trasportato per mezzo dei vasi linfatici 
dalle vicine ghiandole emolinfatiche. 


A nostro avviso i cosidetti noduli splenici del Tizzoni, del 
Griffini, dell’Eternod, che già il Foà aveva dimostrato come pro- 
dotti normali, corrispondono alle ghiandole emolinfatiche, sia per 
la loro disposizione topografica che per l’aspetto macro e micro- 
scopico che essi presentano. 

Parimenti noi crediamo ghiandole emolinfatiche quelle de- 
scritte dal Gabbi come comuni linfoglandule provvedute di cel- 
lule globulifere e così ancora quelle ghiandole descritte dal 
Cordua e dal Maffucci e che in seguito alla trasfusione pale- 
savano un processo ematolitico. 


CONCLUSIONI 


Noi crediamo che le ghiandole emolinfatiche provvedano, 
oltre che alla formazione di globuli bianchi, anche alla distru- 
zione dei globuli rossi, e questo per parecchie ragioni: 

1° Per la presenza in esse di cellule globulifere e pi- 
gmentifere ; 


CONTRIBUTO ALLO STUDIO DELLE G@HIANDOLE, ECC. 657 


2° Per la grande quantità in cui compaiono questi ele- 


menti nei casi in cui manca la milza che normalmente presiede 
alla distruzione dei globuli rossi; i 


3° Per l’esagerarsi delle condizioni descritte, in seguito 


ad una grave alterazione dei globuli rossi prodotta da sostanze 
ematolitiche. 


ST DDT 


16. 


1A? 


Istituto di Anatomia umana normale 
diretto dal prof. R. Fusari. 


INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE 


. Heneace Grsss, “ Quart. Journal of Micros. Science ,, 1884, vol. XXIV. 


W. F. Roserrson, “ Lancet ,, 29 novembre 1890. 


. CrarKson, “ British Medical Journal ,, 25 July 1891. 
. Ip, “ A Text-book of Histology ,, 1896. 
. Sware Vincent and Spencer Harrison, “ Journal of Anatomy and Phy- 


siology ,, January, 1897. 


. W. B. Drummonp, “ Journal of Anat. and Physiology ,, January, 1900. 
. G. Tizzoni, Sulla riproduzione della milza, “ Memorie della R. Accademia 


dei Lincei ,, 1881. 


. In., Sulle milze accessorie e sulla neoformazione della milza per processi 


patologici della milza primaria, “ Memorie della R. Accademia dei 
Lincei ,, 1882. 


. In., Nuove ricerche sulla riproduzione totale della milza. Contribuzione 


sperimentale allo studio della funzione ematopoetica del tessuto connet- 
tivo, © Memorie della Reale Accademia dei Lincei ,, 1883. 


. P. Foà, Sulla cosidetta riproduzione della milza, “ Società di Medicina ee 


Chirurgia di Modena ,, 1881. 


. In., Contribuzione allo studio della fisiopatologia della milza, © Lo Speri- 


mentale ,, 1883. 


. L. Grireini, Sulla riproduzione parziale della milza, “ Archivio per le 


Scienze mediche ,, vol. VI, fasc. 3, 1882. 


. In., Contribuzione allo studio dello sviluppo dei nodi di milza nell’omento, 


“ Archivio per le Scienze mediche ,, vol. VII, 1884. 


. A. ErernoD, Sur un cas de régénération de la rate à la suite de Vextir- 


pation totale, chez le renard, © Rev. méd. de la Suisse Romande ,, 1885. 


. U. GaBsI, Le cellule globulifere nei ganglii linfatici, “ Lo Sperimentale ,, 


anno XL, tomo LVIII, 1886. 
Marrucci, Vedi U. Gas, l. cit. 
Corpua, Ueber die Resorptions-Mechanismus von Blutergiissen. Berlin, 1877. 


Bi 


658 EGIDIO MORANDI - PIETRO SISTO — CONTRIBUTO ALLO STUDIO, ECC. 


‘ SPIEGAZIONE DELLE FIGURE 


c= capsula s=seno periferico s-m= seno midollare p = parenchima 
v= seni sanguiferi 9g= guaina adenoide. 


Fig. 1. — Sezione di una ghiandola emolinfatica mesenterica d'uomo 
d’anni 24 - Sostanza corticale - 1° gruppo. 
Fig. 2. — Sezione di una ghiandola emolinfatica mesenterica d' uomo 


d’anni 24 - Seno sanguifero colle tonache ridotte all’endotelio e ad 
. una guaina adenoide - 1° gruppo. 

Fig. 3. — Sezione di una ghiandola emolinfatica mesenterica d’ uomo 
d'anni 24 - Seno periferico - 2° gruppo. 

Fig. 4. — Sezione di una ghiandola emolinfatica cervicale d'uomo d'anni 21 - 
Seno periferico - 4° gruppo. 

Fig. 5. — Sezione di una ghiandola emolinfatica cervicale d'uomo d'anni 75 - 
Seno periferico - 5° gruppo. 


Fig. 6. — Sezione di una ghiandola emolinfatica post-pancreatica di bam- 
bino d’anni 4 - 6° gruppo. 
Fig. 7-8. — Sezioni di ghiandole emolinfatiche mesenteriche di cane sacri- 


ficato 45 giorni dopo la splenectomia e dopo abbondanti iniezioni di 
acido pirogallico. 


L’ Accademico Segretario 
ANDREA NACCARI. 


FE MORANDI) Contributo allo studio delle Ghiandole Atti R.Accad.delle Sc. di Torino - Vo2_XLIVI 
% e emolinfatiche nell'uomo ed in alcuni 
P.SISTO } mammiferi. 


Lit.Salussolia, se i 


659 


CLASSI UNITE 


Adunanza del 31 Marzo 1901. 


PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. ALFONSO COSSA 
PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA 


Sono presenti i Soci: 
della Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali: 
SarLvapori, BerruTI, D’OvipIo, Naccari, Mosso, CAMERANO, 
Secre, JADANZA, Foà, FiLeTI, PARONA (Il Socio GUARESCHI, scusa 
la propria assenza); | 
della Classe di Scienze morali, storiche e filologiche: 
PryRron, Vice Presidente dell’Accademia, Rossi, BOLLATI DI SAINT- 
Pierre, Pezzi, FerrERO, CARLE, GRAF, CrpoLLAa, BRUSA, SAVIO © 
RenIER Segretario. 
È approvato l’atto verbale dell’adunanza antecedente a 
Classi Unite, 3 marzo 1901. 
Il Presidente comunica: 
1°, che con R. Decreto del 10 marzo 1901 fu approvata 
la elezione del Socio Peyron alla carica triennale di Vice Pre- 
sidente dell’Accademia; 
2°, che con telegramma del 29 marzo u. s. l'Accademia 
si associò alle onoranze tributate il 30 marzo al suo Socio non 
residente prof. Graziadio Isaia AscoLi, pel quarantesimo anno 
di insegnamento; 
3°, che il Senatore MessepAGLIA, Presidente dell’Acca- 
demia Reale dei Lincei, ha invitato a rappresentare l'Accademia 


660 


stessa alle onoranze che si renderanno a Vincenzo GroBERTI il 
Presidente Cossa ed i Soci CARLE e CARUTTI, ai quali prega si 
uniscano gli altri Soci dei Lincei che si trovano a Torino. Il 
Presidente rinnova anche per conto proprio questa preghiera 
ed invia al Senatore MessEDAGLIA una lettera di ringraziamento. 

Togliendo occasione da ciò, il Socio CARLE propone che 
l'Accademia nostra aderisca solennemente alle onoranze con cui 
si celebrerà il centenario di Vincenzo GioBERTI, e la sua pro- 
posta è accolta dal voto unanime dei presenti. 1 

È letta dal Socio D’Ovipio la relazione della prima Giunta 
per il XII premio Bressa (quadriennio 1897-1900) da conferirsi 
a soli Italiani. 

La relazione è approvata. 

Si passa quindi all'elezione del Socio Tesoriere e riesce 
eletto, salvo l'approvazione Sovrana, il Socio JADANZA. 

Si procede alla nomina della 2* Giunta per il premio Bressa 
anzidetto e vengono nominati dalla Classe di scienze fisiche, 
matematiche e naturali i Soci: CAmerANO, D’'Ovipio, NACCcARI, 
Mosso, SeerE, e dalla Classe di scienze morali, storiche e filo- 
logiche i Soci: CreroLLa, FERRERO, CARLE, Pezzi, GRAF. 


Gli Accademici Segretari 
‘ ANDREA NACCARI 
RopoLro RENIER. 


AMI OE TE 


661 


CLASSE 


DI 


SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE 


Adunanza del 81 Marzo 1901. 


PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. BERNARDINO PEYRON 
VICE PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA 


Sono presenti i Socii: BoLLatI DI SAINT-PIERRE, Pezzi, FER- 
RERO, CARLE, GrAF, CipoLLa, Brusa, Savio e ReNIER Segretario. 


È approvato l’atto verbale dell’ antecedente adunanza, 
17 marzo 1901. 


Il Socio Pezzi fa omaggio, a nome del Direttore, del 2° vol. 
degli Studi glottologici italiani, diretti dal marchese Giacomo 
De GreGoRrIO, Torino, Loescher, 1901, accompagnandone la pre- 
sentazione con le seguenti parole: 


Giusta il desiderio molto cortesemente manifestatomi dal 
march. dott. Giacomo de Gregorio, io sono lieto di presentare 
alla Classe il secondo volume degli Studi glottologici italiani da 
lui diretti. Giacomo de Gregorio è da parecchi anni favorevol- 
mente noto ai cultori della scienza del linguaggio in particolar 
modo per i suoi Cenni di glottologia bantu (sud-africana — Torino, 
1882) e per vari lavori notevoli intorno a dialetti della sua 
Sicilia: egl’insegna storia comparata delle lingue classiche e 
neolatine nella R. Università di Palermo. Fra gli scritti pub- 
blicati nell’erudito ed elegante volume meritano di venire notate 
in ispecialissima guisa le Osservazioni glottologiche del Direttore 
sulla struttura della lingua evé (ewe, ephe, ep'e — pp. 129-223), 
la principale delle lingue parlate nella regione del Togo nella 


Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 45 


662 


Guinea superiore. Anche dopo le trattazioni fatte da G. B. Schlegel, 
da Ern. Henrici e da Rod. Prietze (1), non potranno ad alcun 
glottologo parere prive di valore notizie come queste forniteci, 
per usare le parole del de Gregorio, în dase @ proprie raccolte 
dal vivo, avendo questo cultore di lingue africane tratto profitto, 
con molta cura, da una carovana di circa 60 indigeni del Togo 
fermatasi a Palermo nel febbraio e nel marzo dell’anno 1899, 
soprattutto poi dal capo di essi, abbastanza pratico d’inglese per 
poter venire utilmente interrogato. Descritti i suoni dell’evé, 
l'A. viene alla formazione delle parole e mette in rilievo la 
grande importanza che in tale idioma spetta alla composizione: 
essa è ciò che “ spiega tutto ,,, perchè vi si possono ridurre 
“le formazioni per via dei così detti prefissi, e per via dei 
così detti suffissi , (pp. 157 e 175). La povertà di forme gram- 
maticali è qui assai maggiore che in qualsiasi delle più povere 
lingue flessive. “ Si può ben dire, che i verbi non hanno che 
unico tempo e modo, oltre l’infinito che è del resto identico ai 
sostantivi verbali. Per i numeri, generi e casi dei nomi non vi 
sono che dei ripieghi, o dei mezzi estrinseci ,. Più che vera 
forma v'ha qui pertanto apparenza di forma: siamo lungi anche 
da quella netta distinzione fra le varie parti del discorso alla 
quale le nostre lingue sì potentemente ci resero avvezzi (p. 179). 
Nell’evé ci si presenta un linguaggio paragonabile a quegli or- 
ganismi elementari il cui studio è allo scienziato necessaria 
preparazione a quello d’organismi superiori. Il lavoro del de Gre- 
gorio ha termine con un Piccolo saggio di costrutti (pp. 210-7) 
e con alcune Giunte al Glossario tedesco-evé di Henrici (pp. 218-23). 
Intorno alle relazioni fra l’evé e le lingue bantu l’A., dopo uno 
studio comparativo degli elementi formativi del nome, si mostra 
indotto a reputare innegabile che l’evé “ possa ascriversi fra 
le lingue che Torrend designa per semi-bantu ,, senza deter- 
minare il grado preciso di affinità (pp. 178-9). Per quanto poi 
concerne il verbo, “ qui non si può menomamente stabilire qualche 
analogia , (p. 206). 

Degli altri scritti contenuti in questo volume sono dolente 
di potere soltanto qui ricordare il nuovo lavoro del de Gregorio 


(1) V. anche Feder. Miiller, Grundr. der sprachwiss., I, 1, pp. 126-34. 


663 


sulla varietà d'origine dei dialetti gallo-italici di Sicilia (pp. 247- 
301), continuazione di ricerche ben note ai cultori della dialet- 
tologia italiana (1), e le numerose notizie comparative raccolte ‘ 
dal La Terza intorno al Trattamento della vocale radicale nel tema 
del perfetto greco (pp. 1-91). La pubblicazione dei due volumi 
degli Studi ...... diretti dal de Gregorio, dopo quella di non 
pochi scritti italiani d’argomento glottologico di varia estensione, 
ed in particolarissima guisa dopo quella degli splendidi volumi 
dello Archivio ..... diretto dall’Ascoli, è segno d’una perseve- 
rante attività intellettuale cui l'Accademia nostra non può non 
far plauso, con gioia e fiducia nell’avvenire della scienza italiana. 


Il Socio CARLE presenta con elogi un opuscolo di Pasquale 
Der Grupice, Gli Statuti inediti del Cilento, Napoli, 1901. Egli fa 
pure dono all'Accademia dei seguenti suoi scritti: 

1°, La filosofia del diritto nello Stato moderno, Roma, 1901; 

2°, La critica nella filosofia del diritto, Torino, 1901; 

3°, IL comparire della sociologia e la filosofia del diritto, 
Roma, 1901; 

4°, La sociologia e la filosofia del diritto, Torino, 1901; 

5°, Il compito odierno della filosofia del diritto, Roma, 1901. 

Il Socio Savio parla con lode di un breve, ma diligente 
lavoro di Ambrogio Pesce intitolato: Di Antonio Maineri gover- 
natore della Corsica, per l'ufficio di S. Giorgio (1457-1458), 
Spezia, 1901, ch’egli offre in dono all'Accademia. Nota che con 
questo scritto il Pesce ha rettificato parecchi errori ed è riuscito 
a provare con documenti il vero nome di Antonio Maineri (non 
Mainetto) ed il tempo preciso del suo governo, dal maggio 1457 
al maggio 1458. 

Il Segretario segnala tra le pubblicazioni pervenute in dono 
i volumi 15°, 16° e 17° e Allegati grafici dell’opera Campagne 
del Principe Eugenio di Savoia, Torino, 1900, dono di S. M. 
IL RE D'ITALIA. 


(1) V. anche il primo volume degli Studi ..... , pp. 1-202. 
Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 45* 


664 


Il Socio CarLE legge per l'inserzione negli Atti alcune 
Lettere inedite di Vincenzo Gioberti (1). 

Il Socio Savio presenta pure per gli Att? un suo scritto 
col titolo: Pietro suddiacono napoletano agiografo del secolo X. 


Raccoltasi la Classe in seduta privata, procede all’elezione 
del suo Direttore e riesce eletto per un triennio il Socio Ermanno 
FeRrRERO, salvo l'approvazione Sovrana. 


(1) In un prossimo fascicolo saranno inserite le Lettere inedite di Vin- 
cenzo Gioberti, pubblicate dal Socio Giuseppe Carte. 


— Sn ViRn  ©— eve e _ r _ mr—_—Pr— —r—m_m_y 


VITI TITTI TT ZL O 


PEDELE SAVIO — PIETRO SUDDIACONO NAPOLETANO, Ecc. 665 


LETTURE 


Pietro suddiacono napoletano agiografo del secolo X. 
Nota del Socio FEDELE SAVIO. 


È fuor di dubbio che a Napoli nei secoli IX e X vi furono 
varî scrittori, che si occuparono nel comporre 0 tradurre vite o 
leggende di Santi. 

Uno di essi fu il vescovo napoletano Atanasio II, che resse 
quella chiesa dal marzo dell’876 all’agosto del 902. Egli tra- 
dusse dal greco gli atti di S. Areta (1). 

Sotto di lui visse un Paolo diacono, che tradusse la vita 
di S. Maria egiziaca e la dedicò gloriosissimo ac praestantissimo 
regi Carolo, ossia a Carlo il Calvo verso l’875, oppure a Carlo 
il Grosso nell’881. 

Celebre per scritti agiografici e storici si rese pure in quel 
medesimo tempo un Giovanni, diacono della chiesa di S. Gen- 
naro. Contando egli l’età di 25 anni scrisse e dedicò ad Ata- 
nasio II non ancora vescovo (quindi prima dell’876) l’elogio 
storico di S. Niccolò di Mira. Poscia, per ordine del suddetto 
vescovo, tradusse dal greco gli atti di S. Febronia vergine, gli 
atti di S. Pietro vescovo di Alessandria, e quelli di S. Eustrazio 
e compagni martiri. 

Oltre alle dette opere agiografiche, scrisse ancora le Vite 
dei vescovi napoletani, cominciando dal 763 e continuando sino 
alla morte di Atanasio I. Quando attendeva alla compilazione 
di queste Vite, fonte assai preziosa per la storia napoletana, 
era ancora in buona età. 

Più tardi, cioè dopo il 902, scrisse la storia del martirio 
di S. Procopio di Taormina, il racconto della traslazione di San 
Sosio e quello della traslazione di S. Severino (2). 


(1) Acta SS., tomo X d'ottobre, 761-762; ParascanpoLo, Memorie sto- 
rico-critiche-diplomatiche della Chiesa di Napoli, Napoli, 1847. 51, vol. II, p. 159. 
(2) ParascanpoLo, II, 169. 


ì 
L, 
666 FEDELE SAVIO : 


Non molto dopo di lui s'incontrano a Napoli, non più un 
solo, ma parecchi membri del clero, i quali attesero a comporre, 
a correggere o a tradurre vite di Santi. Tali furono un prete 
Orso, che tradusse la vita di S. Basilio, un suddiacono Bonito, 
che scrisse la vita di S. Teodoro, l’autore ignoto della vita di 
S. Atanasio I (1), ed il Pietro suddiacono, del quale mi propongo 
ora di ragionare. 

A questi forse si deve aggiungere un certo Alberico, che 
ritoccò la vita di S. Aspreno ponendovi la dedica: Sanctissimo 
ac reverendissimo Patri Petro Albericus filialis obsequii famu- 
latum (2). Ma non vi sono argomenti affermativi così forti come 
per gli altri. Molto meno posso dire se vivesse allora un certo 


(1) Quanto all’autore della vita di S. Atanasio I, che il Caracciolo, il 
Chioccarello, l’Ughelli e i Bollandisti collocarono al secolo IX, ed il Waitz, 
Script. Rer. Langob., 401, afferma non inferiore al secolo X, il Parascandolo 
vorrebbe trasportarlo alla fine del secolo XI od al principio del XII, perchè 
indica i lebbrosi col nome di Lazzari. Ora, dice egli, questo nome non si 
diede ai lebbrosi che dopo le Crociate. Ma il Parascandolo è incorso in una 
svista. L'autore della vita non indica col nome di Lazzari i lebbrosi, ma i 
poveri, come si vede chiaramente dalle sue parole. Dopo aver detto della 
ricchezza di Napoli, dove i cittadini e gli ospiti non vanno cercando il 
necessario col girar da una casa all’ altra, ma lo trovano nelle proprie 
case, soggiunge: et iuxta praeceptum Dominicum, praedictae urbis accolae 
potius Lazaros quaeritant et exrhibent largius quibus indigent, quam inopes af- 
fluentum inquirunt opes. Civitas haec civitas misericordiae est; PARAScANDOLO, 
II, 235. Forse dall’uso di chiamar Lazzari i poveri, è venuta, la parola laz- 
zarone. — B. Croce in un articolo sui Lazzari nel tomo XIV dell’ “ Archivio 
per lo studio delle tradizioni popolari ,, Palermo-Torino, Clausen, 1895, 
pagg. 187-201, dice che la prima volta in cui s'incontra scritto il nome di 
Lazzari fu nella rivoluzione napoletana di Masaniello. Ma appunto allora 
Francesco Capecelatro nel suo Diario faceva il nome Lazzaro sinonimo di 
povero; vol. II, pag. 203 e vol. III, pag. 273. Che se ora si aggiunga il testo 
riferito della vita atanasiana, si vedrà forse che si tratta d’un vocabolo da 
parecchi secoli indigeno dell’Italia, e non punto proveniente dalla Spagna, 
come inclinerebbe a credere il Croce. 

Ancora una correzione. L’Ughelli, VI, 36, con altri, afferma che l’au- 
tore della vita di S. Severo fu un anonimo vivente verso l’anno 800, mentre 
nei versi riportati ivi, pag. 42, questi si chiama col suo nome di Giovanni 
arciprete. Nella sua narrazione poi, trovasi un fatto posteriore alla coro- 
nazione di Enrico III nel 1046; onde risulta ch’egli visse almeno dopo 
il 1046. 

(2) UcneLtI, VI, 19. 


n 
PIETRO SUDDIACONO NAPOLETANO AGIOGRAFO DEL SECOLO x 667 


Leo presbiter' servus SS. Nicandri et Marciani, cioè cappellano del 
monastero femminile dei SS. Nicandro e Marciano, che scrisse 
la vita di S. Patricia vergine (1). 

Parecchie sono le leggende che furono o composte, o ritoc- 
cate, o tradotte da uno scrittore, che ora si chiama Pietro sud- 
diacono partenopense, ora Pietro levita, ora semplicemente Pietro. 

In quella di S. Giuliana vergine e martire, dedicata a Pietro 
vescovo di Napoli, si dice che le reliquie della Santa dimora- 
vano ancora a Cuma. Da questa circostanza dedussero i Bollan- 
disti e il Parascandolo che il suddetto vescovo Pietro, contem- 
poraneo dell’agiografo, non fosse Pietro II, il quale fu vescovo 
dopo la traslazione delle reliquie da Cuma a Napoli, avvenuta 
nel 1207, ma Pietro I vivente negli anni 1094 e 1100. In questo 
tempo perciò sarebbe vissuto l’agiografo Pietro suddiacono. 

Al contrario altre leggende, composte anch'esse da un sud- 
diacono Pietro, parvero al Parascandolo e ad altri scrittori na- 
poletani indicare un tempo assai più antico, ed in particolare 
l’anno 960 incirca. Onde egli distinse due agiografi, entrambi 
dello stesso nome Pietro, ed entrambi suddiaconi, uno cioè verso 
il 960 e l’altro verso il 1094. Al primo attribuì il racconto dei 
miracoli di S. Agrippino vescovo, il racconto dei miracoli di 
S. Agnello abate, la vita dei SS. Ciro e Giovanni, e la conti- , 
nuazione delle Vite dei vescovi napoletani di Giovanni diacono. 
Al secondo le vite di S. Giuliana vergine e martire, di S. Mas- 
simo, di S. Cristoforo, di S. Giorgio, dei SS. Quirico e Giulitta 
e dei SS. 4 Coronati (2). 

Che l’autore dei miracoli di S. Agrippino vivesse verso 
l’anno 960 non si può in nessun modo dubitare, poichè poco 
prima di narrare l’ assalto che i Saraceni diedero a Napoli 
nel 958 egli protesta di voler raccontare ea quae nostris tempo- 
ribus gesta sunt. 

Quanto ai miracoli di S. Agnello, sebbene nel racconto non 
apparisca il nome dell’autore, il Mazocchi, dopo fattone un dili- 
gente e minuto riscontro coi miracoli di S. Agrippino, ne con- 
chiuse che il medesimo Pietro, il quale scrisse questa storia, 
scrisse pure quella di S. Agnello, tanta è la rassomiglianza di 


(1) Acta SS., tomo V d'agosto, pag. 215. 
(2) Parascanpoto, III, 33. 


668 FEDELE SAVIO 


stile e di lingua che si scorge tra le due scritture (1). La stessa 
osservazione fece pure il Parascandolo (2). 

Questo giudizio dei due scrittori è ora confermato da un 
Carmen Petri subdiaconi, che segue i miracoli di S. Agnello nel 
codice IX, C. 33 della biblioteca nazionale di Napoli. Nel carme, 
che fu pubblicato la prima volta dal Capasso (3), Pietro si ma- 
nifesta autore del precedente racconto, ch'egli offre a G. C. ed 
alla sua santissima Madre a nome di un vescovo Stefano, chia- 


mato da lui 
Stephanus insignis Domini mitisque sacerdos. 


Qui il Capasso suppose indicato Stefano vescovo di Napoli 
dal 902 al 907. Ma non sembra probabile che il suddiacono 
Pietro, il quale verso il 960 scriveva i miracoli di S. Agrippino, 
avesse già narrati i miracoli di S. Agnello tra il 902 ed il 907. 
Credo piuttosto che si tratti d’un altro vescovo Stefano, del 
quale parlerò più avanti. Per questa stessa ragione non parmi 
che il nostro agiografo si possa identificare con un Pietro sud- 
diacono, il quale assistette alla traslazione di S. Sosio nel 910. 

. Riguardo alla vita dei SS. Ciro e Giovanni non sembra meno 
certo ch’essa pure sia stata composta da Pietro suddiacono vi- 
vente verso il 960. Nel prologo l’autore dice d’essersi indotto 
a scrivere pregatone da Gregorio, luogotenente di Napoli e figlio 
di Giovanni duca e console; “ precationis voto Gregorii Parthe- 
nopensis Lociservatoris, Johannis ducis atque consulis filii , (4). 

Il Parascandolo, il Capasso e lo Schipa in questo Gregorio 
giustamente ravvisarono quel medesimo Gregorio, del quale fanno 
menzione il suddiacono Bonito ed il prete Orso, entrambi i quali 


(1) De SS. Neapolitanae ecclesiae episcoporum cultu, Napoli, 1753, pag. 332. 

(2)°"Op° “Gib. 1h, 119: 

(3) Monum. Neapol. Ducatus, Cronache, I, 22. 

(4) Mar, Spicileg. Rom., IV, 268. Il Mai trasse questa vita dal codice 
vaticano 6075, del quale il ch.®° dott. Mercati gentilmente mi trasmise la 
seguente informazione: “ È una copia eseguita nel 1601 er antiguissimo 
codice manuscripto, quod in monasterio monialium S. Ceciliae Transtiberim 
asservatur, summa fide atque diligentia, anche dove c'erano degli errori, come 
attesta in fine, fol. 208 v, P. Card. Sfondratus manu propria. Dove sia attual- 
mente l'archetipo non so ,. 


Aerei: o 


si caleti 


È, A Tre 


PIETRO SUDDIACONO NAPOLETANO AGIOGRAFO DEL SECOLO x 669 


furono da lui esortati a scrivere il primo la vita di S. Teodoro 
ed il secondo la vita di S. Basilio. Da Bonito Gregorio è detto 
Parthenopensis lociservator, qui videlicet nepos ac proles, frater ac 
patruus extat Parthenopensium Ducum (1), e quasi con gli stessi 
termini lo saluta il prete Orso (2). Il Mazocchi, esaminando i titoli 
suddetti dati da Bonito, aveva già scorto trattarsi qui di quel me- 
desimo Gregorio, che appunto in un diploma del 939, o del 935, 
come inclina a credere lo Schipa (3), è chiamato Lociservator (4), 
ossia, come egli spiega, luogotenente (o vicario) del duca di Na- 
poli. In questo medesimo diploma è detto zio del duca Gio- 
vanni II. Quindi a lui, come osservarono pure il Parascandolo 
ed il Capasso, convengono in effetto tutti i titoli datigli da Pietro 
suddiacono e da Bonito, poichè egli era nipote del duca Gre- 
gorio IV, figlio del duca Giovanni II (915-919), fratello del duca 
Marino II (919-928), zio del duca Giovanni III (928-968) e prozio 
del duca Marino II (968-977), il quale fanciullo ancora fu assunto 
dal padre alla dignità ducale prima del 944 (5). Egli è ancora 
nominato in un atto del 955 (6). 

Il Mazocchi per stabilire la sua asserzione aveva combat- 
tuta l'ipotesi che Gregorius Parthenopensis lociservator e figlio del 
duca Giovanni fosse quel Gregorio che fu arcivescovo di Napoli 
nel 1116. Tale ipotesi, che tra gli altri era stata accolta dai 
Bollandisti (7), venne pure seguìta dal Mai (8) che sembra non 
aver conosciuto quanto ne aveva scritto il Mazocchi e, sull’au- 
torità del Mai, dal De Rossi (9) e dagli editori della Bibliotheca 
Casinensis (10), per tacere del Parascandolo e di altri. Come prova 


(1) Bibliotheca Casinensis, III, Floril., pag. 205. 

(2) Acta SS., tomo 2° di febbr., pag. 30. 

(3) “ Archivio storico per le prov. napol. ,, vol. 18 (1893), pag. 266. 

(4) Il diploma o Capitularium fa pubblicato dal Muratori in R. I. S., 
II, 1, pag. 341 e poi dal Capasso, Monumenta Neapol. Ducatus, Diplomata, 
pag. 144. 

(5) Scapa, loc. cit., pag. 265. 

(6) Mazoccni, De SS. Neapol. ecclesiae episcop. cultu, pag. 389; Capasso, 
Monum. Neap. Ducatus, Cronache, pag. 111. 

(7) Vita di S. Teodoro, tomo 2°, febbraio, pag. 25. 

(8) Spicilegium Rom., IV, pag. x e 283. 

(9) “ Bullettino d’Archeol. cristiana ,, 1879, pag. 66. 

(10) III, 290. 


670 FEDELE SAVIO 


il Mazocchi, il titolo di Parthenopensis servator era titolo di 
dignità civile, e nulla ha di comune colla dignità arcive- 
scovile. 

Neppure si può congetturare che Gregorio prima fosse stato 
Lociservator e poi verso il 1116 diventasse arcivescovo, poichè 
sapendosi che Gregorio, lodato dall’agiografo Pietro, era figlio 
di un duca Giovanni, egli dovrebbe dirsi figlio o di Giovanni V, 
che governò Napoli dal 1036 incirca al 1053, oppure di Gio- 
vanni VI che fu duca dal 1107 al 1108. Ma quest’ultimo bisogna 
subito escluderlo, perchè egli fu padre di Sergio VII ultimo duca 
di Napoli. Se noi supponessimo Gregorio figlio di Giovanni VI 
e quindi fratello dell’ultimo duca, egli non avrebbe più avuto la 
qualità di patruus dei duchi di Napoli (1). 

Neppure si può accettare la supposizione ch'egli fosse figlio 
di Giovanni V. Tralascio lVinverosimiglianza della sua elezione 
ad arcivescovo nel 1116 quando già avrebbe contato almeno 
presso a sessant’anni d’età; poichè sarebbe nato prima del 1053. 
Ma specialmente mi fondo sopra ciò che i documenti, non tanto 
rari, della seconda metà del secolo XI, sotto i duchi Sergio V, 
Sergio VI e Giovanni VI, non fanno mai nessuna menzione di un 
tal personaggio della famiglia ducale, il quale a giudicare dal 
titolo di Lociservator e dalle lodi dategli dai suoi contemporanei, 
dovette esercitare non poca influenza nella vita pubblica del 
ducato. Aggiungasi infine ciò che nota lo Schipa, ed è confer- 
mato dai documenti, che dopo il secolo X non si trova più men- 
zione della dignità di Lociservator Parthenopensis (2), ossia, come 
s'è detto, di vicario e luogotenente del duca in Napoli, e non 
rimarrà più dubbio che Gregorio Parthenopensis Lociservator, 
figlio del duca e console Giovanni, figlio, fratello, nipote e zio 
di duchi napoletani, fu veramente quel Gregorio, che viveva 


(1) In una carta del 1092 (Monum. Neap. Ducat., Regesta, n. 553), è 
nominato Gregorio magnifico viro filio q. Johannis militis. Ma oltrechè Johannis 
militis è ben diverso da Johannis ducis et consulis, sembra che qui si tratti 
di un Gregorio contemporaneo di Macario, il quale era stato abate o egumeno 
dei SS. Sergio e Bacco nel 921; vedi ivi carta 9. 

(2) “ Archivio Storico per le prov. napol. ,, vol. 18 (1893), pag. 627. Nel 
secolo X si trova pure il nome Lociservator dato a persone private. Per 
esempio in una carta del 937 si nomina haereditatem seu substantiam q. d. 
Leoni Comobsequii. Vedi Monum. Neap. Ducatus, Diplom., pag. 4l. 


PIETRO SUDDIACONO NAPOLETANO AGIOGRAFO DEL SECOLO x 671 


nel 939 e nel 955, figlio del duca Giovanni II (1). Per conse- 
guenza Pietro, che per sua esortazione scrisse la vita dei 
SS. Ciro e Giovanni, viveva verso il 955 e 960. 

Quanto alla continuazione delle Vite dei vescovi napoletani, 
fatta certamente da un Pietro suddiacono, non vi è difficoltà a 
credere ch’egli fosse il nostro agiografo. 

Venendo ora alle leggende, che il Parascandolo suppose 
composte sulla fine del secolo XI, è certo anzitutto che una di 
esse, cioè la leggenda dei SS. 4 Coronati è anteriore all’anno 1010, 
poichè la si trova nel codice cassinese 148, scritto nell’anno 
suddetto (2). Questa data inoltre ci assicura sull’esistenza d’un 
vescovo Pietro di Napoli prima del 1010, al quale è dedicata 
la leggenda dei SS. 4, e toglie la difficoltà che poteva farsi 
contro la mia tesi dalla mancanza assoluta d’ogni memoria d’un 
vescovo Pietro nel secolo X e dall’omissione del suo nome nelle 
liste dei vescovi napoletani. Credo persino che il Parascandolo 
ed altri siansi indotti a supporre che il nostro agiografo vivesse 
sulla fine del secolo XI al tempo del vescovo Pietro del 1094, 
perchè non trovarono memorie d’un vescovo omonimo più antico. 

Del resto la serie dei vescovi napoletani nel secolo X pre- 
senta molte lacune. Dopo Atanasio III, l’ ultima memoria del 
quale appartiene al 958, vi è soltanto un documento del vescovo 
Niceta nel 962 (3), un altro del vescovo Gregorio nel dì 11 marzo 
del 966 (4), e di poi parecchie memorie relative al vescovo 


(1) Chi vedendo in Gregorio, sebbene laico, tanto amore per le vite 
dei Santi, volesse supporre ch’egli, così inelinevole alla pietà, fosse poi 
elevato alla dignità vescovile, e sia quel Gregorio vescovo di Napoli, che 
figura in un documento del 966, non andrebbe lungi dal verosimile. Altri 
personaggi della famiglia ducale si vedono nei secoli IX e X collocati sul 
seggio vescovile di Napoli. 

(2) Bibliotheca Casinensis, INI, 306. Qui la Passio si trova senza il pro- 
logo. Il prologo, che fu edito dal Mai, Spicil. Rom., IV, 282, comincia così: 
Praeclaro patri domino Petro et sanctae parthenopensis ecclesiae optimo pastori 
Petrus: Hortaris, beatissime, etc. 

(3) Monum. Neap. Ducatus, Regesta, n. 125. 

(4) A questo documento, riferito per il primo dal MuramorI, Antig. 
Medii Aevi, V, 426, gli editori degli Indices Muratoriani apposero con dubbio 
la data 981 (vedi numero 3874). Nei Monum. Neap. Ducatus, Regesta, n. 154, 
gli viene assegnata la data 966, già assegnatagli dal Parascandolo. 


672 FEDELE SAVIO 


Sergio nel periodo 982-994. Tra l’uno e l’altro di questi prelati 
ben v'è spazio sufficiente per il vescovo Pietro. 

Quanto alle altre leggende attribuite dal Parascandolo al 
tempo di Pietro vescovo nel 1094, cioè quelle di S. Giuliana, 
di S. Giorgio, di S. Cristoforo e dei SS. Quirico e Giulitta, v'è 
tra esse e quelle attribuite da lui all’agiografo Pietro del 960 
la stessa somiglianza di stile, di espressioni, di concetti, che egli 
ed il Mazocchi notarono tra i miracoli di S. Agrippino ed i 
miracoli di S. Agnello. Varie particolarità distinguono da ogni 
altro l’autore di queste varie scritture. La prima è una grande 
tendenza a verseggiare. Egli fa dei versi al principio, alla fine 
e spesso anche in mezzo ai suoi lavori, ed interseca di versi ed 
emistichi la prosa della sua narrazione. Onde il Mazocchi gli 
applica quel detto ovidiano: Quidquid conabar dicere versus erat. 
Altra sua particolarità è di dar sempre la spiegazione etimologica 
dei nomi, specialmente se greci, che gli cadono sotto la penna. Così 
nella vita dei SS. Ciro e Giovanni egli scrive: Athanasia genitrix 
ilarum, secundum nominis sui praesagium, immortalium eis mo- 
nita praebebat (1), e più sotto: Menuthis, quod latine simulacrum 
daemonis dicitur (2). Termini simili adopera nella vita di San 
Giorgio: Hic namque quasi de supernis sedibus destinatus, secundum 
nominis sui praesagium. Nam Georgius eolice, latine autem terrae 
cultor dicitur (3). 

In tutte le varie leggende, di cui parliamo, si trova una 
certa dicitura latina, che non manca di forza e di splendore; 
tanto che il Mazocchi la giudicò superiore al suo tempo. Vi si 
osserva pure l’uso di certe parole, alcune delle quali alquanto 
singolari per il senso in cui le adopera l’autore. Tal è l’agget- 
tivo opimus nel senso di ricco e potente, dato a Santi e a Dio 
stesso. Nei miracoli di S. Agrippino (ed. Capasso, n. IX) si 
legge: 

O Deus omnipotens, hominum plasmator opime. 

Rivolgendosi a S. Agnello gli dice: 

Qui pietate tua afflictorum corda serenas, 
Tu mihi solamen placidum, tu confer opime. 


(1) Mar, Spicil. Rom., IV, 273. 
(2) Ib., 280. 
(3) Biblioth. Casinens., III, Floril., 841. 


; 


PIETRO SUDDIACONO NAPOLETANO AGIOGRAFO DEL SECOLO x 673 


La leggenda di S. Giorgio finisce così: 


Haec tibi gesta dedit, Georgi martyr opime, 
Petrus, amore tuo sentes pellendo malignas, 
Praesulis egregiiù Petri praecepta secutus, 

Iam praetiosa nitet tua passio, pugna, triumphi (1). 


Così dicasi della parola famine per significare discorso. Nel 
prologo della vita di S. Giorgio si legge: Plerique plurimos San- 
ctorum Martyrum passiones variis erroribus involutas emendare 
conati sunt et clarificare, scilicet ut quia pro inculto famine despi- 
ciebantur et neglegebantur, congruis honoribus exornatae amplecte- 
rentur (2). Ed in fine della stessa vita: 


Sume, pater patriae, praesul per cuncta benigne, 
Petre, tui Petri famulatum, quaeso, libenter, 

Quod tua sancta mihi praecepit iussio fari, 

Scilicet ut tenebras Georgi martyris almi 4 
Famine pellendo, luculentum dogma ministrem (3). 


Le suddette dichiarazioni sul guasto avvenuto nelle varie 
leggende per opera dei traduttori, guasto che egli intende di 
riparare, sforzatovi dalle esortazioni o del vescovo Pietro o del 
vescovo Stefano o di Gregorio luogotenente di Napoli, si ripetono 
o in prosa o in versi, e spesso colle stesse parole, tanto nelle 
vite che il Parascandolo attribuì all’agiografo Pietro del 960, 
come in quelle da lui attribuite a Pietro del 1094. Così per es. 
nel prologo alla vita dei SS. Giovanni e Ciro, opera del primo 
Pietro, leggesi: Ego Petrus hanc passionem SS. abba Cyri et 
Johannis de inculto apice elevans ad veritatis regulam convertere 
studui, inepta videlicet resecando. Così nel prologo alla vita di 
S. Giorgio, citato qui sopra. 

Lo stesso trovasi pure nel prologo alla leggenda dei SS. 4 Co- 
ronati: Hortaris, beatissime, quo passionem sanctorum martyrum 
Quatuor Coronatorum de caenoso rivulo ad claritatis tramitem per- 
ducere studeamus. Quam iussionem devota mente amplectentes, magis 


(1) UcHeLLI, Italia Sacra, ed. Coleti, VI, 111. 
(2) Biblioth. Casinensis, III, Floril. 341. 
(3) UcreLLI, VI, 111. 


674 FEDELE SAVIO 


orationum vestrarum suffragiis quam nostro inerti ingenio roborati, 
inepta correxrimus, utiliora addidimus, et ad veram lucem perdu- 
cere curavimus. Attamen quia Spiritus Sanctîì gratia non omnibus 
aequaliter attribuitur, Vos, qui sancto et admirabili polletis ingenio, 
quidquid ineptum ibi esse decernitis elimare, atque nectare fontis 
vestrae mellificare dignamini; quatenus sicut suo sancti certamine 
praefati martyres cum triumpho victoriae coelites effecti sunt, ita 
vestro studio in sancta glorificentur ecclesia. 


Omnipotens Dominus res semper sancte gubernet 
Et cum Martyribus societ in sede polorum (1). 


Il paragone qui sopra riferito dell'ingegno e della facondia 
dei suoi patroni al nettare è famigliare al nostro scrittore. Nella 
prefazione alla vita dei SS. Quirico e Giulitta egli dice: Horum 
itaque sanctorum Patrum studio motus, ego Petrus vestro animatus 
nectare, Parthenopensis ecclesiae levita, Petre, inquisivimus dili- 
genter (2). Così ancora nei versi che finiscono la leggenda di 
S. Cristoforo: 


Parthenopensis apex, Praesul per cuneta beate, 
Nectare salvifico redimitus munere divo, 

Petre, Petri meritis qui te sacravit in Urbe, 
Sume tui Petri famulatum mente benigna, 
Quod patravit ovans ad vestri nominis 0das, 
De Christophori laude magnisque triumphis 
Martyris eximii pro Christi lege patratis (3). 


Le parole munere divo del secondo verso si trovano pure 
in un verso dei miracoli di S. Agnello: 


‘ Ac varios morbos purgari munere divo. 


Tutte queste citazioni mi sembrano più che sufficienti per 
dimostrare che le varie opere, di cui abbiamo parlato, appar- 
tengono tutte al medesimo autore, ossia a Pietro vivente nel 960. 


(1) Mar, Spicil. Rom., IV, 282, 
(2) Ueseti, VI, 111. 
(3) Ibid. 


PIETRO SUDDIACONO NAPOLETANO AGIOGRAFO DEL SECOLO x 675 


Il titolo di praesul, ossia vescovo, che nelle due suddette 
leggende di S. Giorgio e di S. Cristoforo l’agiografo dà al suo me- 


| cenate, non dev'essere trascurato nella nostra ricerca sull’età, in 


cui egli visse. Fino al secolo X i pastori della chiesa napoletana 
portarono soltanto il titolo di vescovi. In qual anno preciso di 
quel secolo essi prendessero il titolo di arcivescovi non è ben 
noto. Il documento più antico, in cui comparisce questo titolo, 
apparterrebbe a Niceta nel 962. Ma il Parascandolo, vedendo 
che un suo successore, Gregorio, nel marzo del 966, prende il 
nome di vescovo, crede che il titolo di arcivescovo fosse preso 
da Niceta o per usurpazione illegittima o per qualche altro mo- 
tivo personale a ilui solo. Al contrario ‘è certo che da Sergio I 
nel 990 in poi tutti i pastori della chiesa di Napoli si chiama- 
rono arcivescovi. Onde il Parascandolo fa la congettura assai 
verosimile che l’elevazione della sede napoletana alla dignità 
metropolitica avvenisse circa il tempo in cui Giovanni XIII diede 
quella dignità alle sedi di Capua e di Benevento, il che per 
Capua fu nel 966 e per Benevento nel maggio del 969 (1). 
Onde se il prelato, a cui l’agiografo Pietro dedicò varie 
delle sue leggende, fosse stato l'arcivescovo Pietro del 1094, 
sembra che l’agiografo stesso avrebbe dovuto rilevare questa 
elevata dignità con un titolo più pomposo del semplice praesul, 
che significa generalmente prelato oppure un vescovo. A questi 
argomenti si aggiunga quello che si può trarre dai codici con- 
tenenti o l'una o l’altra delle leggende suddette. Alcuni di essi 
appartengono al secolo XI; onde si rende probabile che le leg- 
gende fossero già composte un certo tempo prima della fine di 
quel secolo, ossia prima dell’arcivescovo Pietro vivente negli 
anni 1094 e 1100, Così la leggenda dei SS. Ciro e Giovanni col 
prologo trovasi nel codice cassinese 123, in quella parte del 
codice, che, a giudizio degli editori della Bibliotheca Casinensis (2), 
fu scritta in caratteri interamente longobardi del secolo XT. AI 
medesimo secolo appartengono i codici 110, 145 e 146, che con- 
tengono le leggende di S. Giuliana e di S. Giorgio (3). 


(1) Parascanpoto, II, 181; III, 8, 16. — Jarri, Regesta Pontif. Rom., I, 
pagg. 471, 474, n. 3738. 

(2) Vol. II, pag. 112. 

(3) Ib., pagg. 1, 287, 295. 


676 FEDELE SAVIO 


Quanto alle leggende di S. Cristoforo e dei SS. Quirico e 
Giulitta, che sono esse pure opera d’un agiografo Pietro e da lui 
dedicate al vescovo di Napoli suo omonimo, i pochi Excerpta 
che ne diedero l’Ughelli ed il Parascandolo, e che ho citati 
sopra, non lasciano dubbio ch’esse altresì abbiano per padre il 
Pietro del 960. 

In fine al medesimo autore di tutte le precedenti leggende 
attribuirono il Caracciolo ed il Parascandolo la leggenda di un 
S. Massimo venerato a Cuma. 

Oltre alle leggende finora citate, su cui non può cader dubbio 
ch’esse uscirono dalla penna del suddiacono Pietro vivente nel 960, 
parecchie altre ve ne sono che credo si debbano attribuire a lui. 
Per ora mi limito a ricordare quelle per le quali esistono argo- 
menti più forti. 

Una gli fu già attribuita dal cardinal Mai ed è la leggenda 
di S. Caterina, ch'egli trovò nello stesso codice vaticano 6075, 
dove stanno le leggende dei SS. Ciro e Giovanni e di S. Griu- 
liana. Di essa il Mai pubblicò il prologo; ed il breve tratto che 
qui ne riferisco, affinchè i miei lettori possano confrontarlo con 
le leggende certe di Pietro, basterà per convincerli del suo autore. 
Hanc namque passionem graeco famine scriptam a praefato Ana- 
stasio, a vartis translatoribus postmodum constat esse vitiatam, adeo 
ut legi in coetu fidelium minime posset. Quam passionem ego Petrus 
fidelium fratrum devotione compulsus, atque amore ipsius sanctis- 
sime virginis et martyris, de inepto famine elevans, magis sensum 
quam verba sequens, incomposita resecans et necessaria addens, 
plenissime latinis auribus tradere curavi (1). 

D’un’altra, cioè della leggenda di S. Fortunata, il Mai, che 
pure ne pubblicò il prologo, sospettò autore l’agiografo Pietro. 
Ma, persuaso che questi vivesse nel 1094 e che il vescovo Ste- 
fano, a cui è dedicata la leggenda (2), fosse il vescovo Stefano II 
di Napoli dal 902 al 907, non osò pronunziare un giudizio. 


(1) Mar, Spicil. Rom., IV, 283. 

(2) Ego igitur tantorum virorum exemplo provocatus, tuisque simul, vene- 
rabilis pater Stephane, crebris exhortationibus animatus, passionem sanctis- 
simae virginis Fortunatae hac ratione stilo propriae locutionis expressi, su- 
perflua scilicet resecans, necessaria quoque subrogans, vitiata emendans, etc.; 
Mar, Spicil. Roman., IV, 289. 


o, I IE | e en. 


PIETRO SUDDIACONO NAPOLETANO AGIOGRAFO DEI SECOLO x 677 


Questo è ora reso a noi più facile dal fatto che la leggenda si 
trova nel codice cassinese 148 scritto nel 1010. Sotto questo 
riguardo nulla ci impedisce di attribuire la paternità della leg- 
genda al nostro agiografo Pietro del 960. Nè punto ci dobbiamo 
preoccupare dell’altra ipotesi sul vescovo Stefano INI di Napoli, 
poichè essa poggia solo sul debolissimo fondamento del nome. 
Molti altri vescovi, di nome Stefano, potevano esservi e vi furono, 
contemporanei dell’agiografo Pietro. Da certi documenti si ha 
notizia di un vescovo Stefano, che resse la chiesa di Gaeta 
dal 962 al 995 (1). Non credo tuttavia che questi sia il vescovo 
Stefano, del quale si parla nel prologo di S. Fortunata, ma bensì 
un vescovo Stefano di Pozzuoli, al quale un Pietro, che è cer- 
tamente il nostro, dedicò la vita del martire S. Artema. 

La leggenda comincia appunto così: Venerabili Patri et S. Pu- 
teolanae Ecclesiae inclyto Praesuli et Domino Stephano Petrus (2). 

Nelle liste dei vescovi di Pozzuoli finora note s'incontra un 
solo Stefano tra il 449 ed il 465 (3), ed a questo attribuirono 
l’Ughelli ed il Cappelletti la dedica della passione di S. Artema. 
Ma che lo Stefano della dedica vivesse in tempi assai posteriori, 
posteriori almeno al secolo VIII, consta dal ricordo che Pietro 
fa nel prologo di Ariperto, autore della passione di .S. Fortu- 
nata. Ora se Ariperto non fu l'abate omonimo di Montecassino, 
vivente sulla fine del secolo VIII, egli almeno fu un suo con- 
temporaneo, poichè nella predetta passione nomina il vescovo di 
Napoli Stefano II (762-799), il papa Adriano I(772-795) e gli 
imperatori Costantino ed Irene (4). 

Devesi dunque ammettere un altro vescovo di Pozzuoli di 
nome Stefano, vivente nella seconda metà del secolo X. Nè da 
parte della lista dei vescovi puteolani v’è punto difficoltà, poichè 
dal 680 al 1030 incirca essa è vuota di nomi. 

Che poi il Pietro autore della detta passione di S. Artema 
sia il nostro suddiacono del 960, deducesi dalle stesse note 


(1) Codex Cajetanus, pagg. 116, 176. 

(2) La leggenda fu edita dai Bollandisti ai 25 gennaio, tomo II, pag. 616, 
indi dall’UereLLi, VI, 273 e dal CappeLrenti, XIX, 648. 

(3) UcneLLI, VI, 283; Gams, 914. 

(4) Acta SS., oct. VI, pag. 453. 


678 FEDELE SAVIO 


caratteristiche accennate sopra, cioè dalla tendenza a comporre 
dei versi ed inserirli nel suo racconto, dallo sfoggio della sua 
scienza del greco nello spiegare le etimologie dei nomi, e dalle 
non poche espressioni a lui famigliari, che si ripetono qui, come 
nelle precedenti sue scritture. 

Così per es. spiega l'etimologia del nome Artema con ter- 
mini quasi identici a quelli adoperati nella passione dei SS. Ciro 
e Giovanni per il nome Anastasia: Artemas ... secundum nomimis 
sui praesagium, nam attice Artemas, latine Nus sive ratio inter- 
pretatur. L’emistichio munere divo, che abbiam visto nelle leg- 
gende di S. Agnello e di S. Cristoforo trovasi pure in questa di 
S. Artema, 


Talia patrando monstravit munere divo. 


Ma per non dilungarmi troppo in un minuto raffronto, che 
si potrebbe di leggeri istituire, mi basterà citare una parte del 
prologo, nel quale, come per altre sue leggende, ripete le solite 
dichiarazioni dello stato cattivo in cui si trovava la leggenda 
di S. Artema, e dell’ordine che gli diede il vescovo Stefano di 
ritoccarla e di ripulirla. 

Dopo l'iscrizione di dedica egli dice così: Glorificando et 
venerando reliquias sanctorum, quia b. Artemae gloriosi Martyris 
sanctissimum corpus in dioecesi vestri episcopii requiescit, praeci- 
puisque miraculis coruscando plebem fidelium mirabiliter invitare 
non desinit, nec tamen eius passio incomposite edita relegi praevalet ; 
studiose suggerere curasti, ut sicut b. Ambrosius S. Agnetis gesta, 
et venerabilis dominus Aripertus S. Fortunatae passionem clari- 
ficare studuerunt; ita et nos illorum studium imitantes, illius pas- 
sionem de inculto eloquio transferentes, ecclesiastico dogmati tradere 
curaremus, quatenus ad honorem Domini et ipsius praefati Mar-. 
tyris Artemae gloriam, sacratissima illius plebs amplius laetificetur... 
Quapropter, egregie Pastor, ... vestrae Paternitati libentissime pa- 
rere curantes, invictissimum illius agonem et triumphale martyrium 
mirifice declarare curavimus. 


Ergo, benigne Pater, quia claro dogmate fulges 
Martyrium sacrum praefati Martyris almi 
Sume sagax placide grates referendo Tonanti; 


bali zati crt nn 


PIETRO SUDDIACONO NAPOLETANO AGIOGRAFO DEL SECOLO X 679 


Atque sacrae plebi studiose tradere cura, 
Gaudeat ut semper de vestro dogmate sacro, 
Ac Domino Christo laudem decantet ovanter. 


Pietro pertanto compose questa passione di S. Artema, e 
ritoccò quella di S. Fortunata, esortato all’una e all’altra opera 
dal vescovo Stefano di Pozzuoli, il quale è certamente il mede- 
simo del quale si parla nel Carmen Petri subdiaconi. 

In conclusione, le vite o composte, o tradotte, o ritoccate 
dal suddiacono Pietro, sarebbero quelle dei seguenti Santi: 
Agnello - Agrippino - Artema - Caterina - Ciro e Giovanni - Coro- 
nati (SS. Quattro) - Cristoforo - Fortunata - Giorgio - Giuliana - 
Massimo - Quirico e Giulitta. 


L’ Accademico Segretario 
RopoLro RENIER. 


Torino — Vincenzo Bona, Tipografo di S. M. e Reali Principi. 


dp 


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Uli E Lita LC ICOPILOTHE 01 
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DI ì 
7 i DI ù vigioaia9 tasti 0.1 8 ib clargogii amo ose — cehot 


CLASSE 


DI 


SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI 


Adunanza del 14 Aprile 1901. 


PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. ALFONSO COSSA 
PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA 


Sono presenti i Soci: Berruti, NaccaRI, Mosso, SPEZIA, 
Camerano, Segre, Prano, JADANZA, Foà, GuARESCHI, GUIDI, 


FiLeri, PARONA, MatTIROLO e D’Ovipro Segretario. 


Il Segretario legge l’atto verbale della precedente adunanza, 
che viene approvato. 

Il Presidente comunica di aver avuto partecipazione della 
morte del Senatore Angelo MessepAGLIA, Presidente della R. Ac- 
cademia dei Lincei, e di avere inviato un telegramma di condo- 
glianza al Senatore BLaserNA, Vice Presidente, pregandolo di 
rappresentare l'Accademia di Torino ai funerali del compianto 
scienziato ed esimio statista. 

Comunica inoltre il R. Decreto 17 marzo 1901, col quale 
fu approvata l’ elezione del nuovo Socio residente Prof. Oreste 
MartTIROLO, al quale dà a nome di tutti il benvenuto. — Il Socio 
MartIROLO ringrazia il Presidente, ed esprime il suo grato animo 
per la conferitagli elezione ai Soci, dei quali parecchi egli fin 
da studente aveva imparato a stimare. 

Atti della R. Accademia. — Vol. XXXVI. 46 


682 


Il Presidente dà comunicazione del R. Decreto 17 marzo 1901, 
con cui fu accettata la rinunzia del Socio D’Ovipro alla carica 
di Tesoriere dell’Accademia ed approvata la nomina del mede- 
simo a Segretario della Classe di scienze fisiche, matematiche 
e naturali. 

Il Presidente comunica alla Classe la gravissima perdita 
sofferta dall’ Accademia per la immatura morte del Socio Sena- 
tore. Giulio Brzzozero, il quale apparteneva all'Accademia dal- 
l’anno 1879. La commozione dell’animo non gli consente lungo 
discorso; ma il generale cordoglio manifestato dai corpi scien- 
tifici, dalla cittadinanza, dalla gioventù studiosa, dà la misura 
dell’altissima estimazione e della simpatia che circondavano il 
compianto collega. Scienziato valorosissimo, indefesso, coscien- 
zioso; maestro perspicuo, efficacissimo, dalla cui scuola uscirono 
tanti insegnanti delle nostre Università; ottimo padre; amico 
incomparabile; carattere equanime e nobile, egli lascia di sè 
vivissimo desiderio. In segno del lutto dell’Accademia per tanta 
perdita, propone: 


1°, che la Presidenza sia incaricata di presentare alla 
egregia vedova del Bizzozero le condoglianze dell’Accademia; 

2°, che il Socio Prof. Foà sia incaricato di leggere una 
commemorazione scientifica di Lui; 


3°, che la odierna seduta sia immediatamente tolta. 


Il Presidente avverte i Socî, che abbiano a presentare la- 
vori per gli Attî o proprii o di estranei sotto la loro respon- 
sabilità, di consegnarli alla Segreteria accademica, salvo a farne 
regolare presentazione alla Classe nella successiva adunanza 
del 28 aprile 1901. 


Furono quindi consegnati i seguenti lavori: 
1°, Sur les systòmes linéaires du genre 2éro, estratto di 
una lettera del Socio corrispondente Emilio PicArD al Socio SEGRE 
e presentato da questo: 


688 

2°, Su alcune successioni di medie aritmetiche, geometriche 
ed armoniche, del Socio D’'OvIDIO; 

3°, Integrazione di sistemi di equazioni lineari differenziali, 
del dott. Antonino Vaccaro, presentato dal Socio PEANO; 

4°, Azione dell’acido nitrico sui composti alifatici conte- 
nenti il gruppo CH(OH), del dott. Giacomo Ponzio, presentato 
dal Socio FILETI. 


684 ÉMILE PICARD — SUR LES SYSTÈMES LINÉAIRES, ETC. 


LETTURE 


Sur les systèmes linéwires de genre zéro 


par M" ÉMILE PICARD. 
(Extrait d'une lettre adressée à M” SeaRE). 


Permettez-moi, à l’occasion de votre bel article sur la ré- 
ductibilité des transformations Crémoniennes et des systèmes 
linéaires de courbes planes, de vous faire une remarque, qui a 
d’ailleurs un intérét purement historique. Je crois m’étre occupé 
le premier de la réductibilité des systèmes linéaires de genre 
zéro dans un article déjà bien ancien de la Société Philoma- 
thique (1878), et dans un mémoire du Journal de Crelle, t. 100; 
cette question s’était présentée è moi dans la recherche des 
surfaces dont toutes les sections planes sont unicursales. J'ad- 
mettais implicitement qu’un système complet de genre zéro est 
régulier. La démonstration de ce résultat aurait pu se déduire 
de mon analyse, mais elle est intuitive, comme on peut le voir 
à la page 58 du premier fascicule du tome II de ma Théorie 
des fonctions algébriques de deux variables, paru l'année dernière. 
Considérons en effet un système complet de genre <éro et d’ordre n, 
et supposons, comme il est permis, que les courbes aient seu- 
lement, en fait de singularités, des points multiples ordinaires 
d’ordre \. On aura d’abord la relation 

x RINEZSAII) das (a 1)(n_-2) 
2 2 7 
et, en désignant par r la dimension du système et par D son 
degré, on a en outre 
D=a—- 2, 
r=DH+14+6; 


la surabondance e étant nulle si le système est régulier. On va 
voir de suite que e est nul. En effet, prenons D+ € points ar- 


ENRICO D'OVIDIO — SU ALCUNE SUCCESSIONI DI MEDIE, Ecc. 685 


bitraires dans le plan; on pourra, par ces points, faire passer 
un faisceau de courbes du système. Le nombre des points de 
rencontre de deux courbes de ce faisceau sera au moins égal à 


SMD 


c’est-à-dire è n? + e; ceci exige que e=- 0, et la remarque est 
par suite établie. 
Paris, 8 avril 1901. 


Su alcune successioni 
di medie aritmetiche, geometriche e armoniche. 
Nota del Socio ENRICO D’OVIDIO. 


Nel calcolo di t s'incontrano delle successioni di numeri 
alternamente medii aritmetici e geometrici fra i due immedia- 
tamente precedenti. Ma di tali successioni in quel problema si 
considerano soltanto casi particolari e si adoperano poche pro- 
prietà. 

La presente Nota ha per oggetto di trattare in modo ge- 
nerale delle successioni del tipo accennato e di altre affini, le 
quali sono in numero di dieci, e di farne qualche applicazione 
geometrica. 


$ 1. — Successione di medie aritmetiche. 


Nella successione di numeri reali o complessi 


ciascuno, a partir dal terzo, sia medio aritmetico fra i due im- 
mediatamente precedenti, cioè 


. 1 
Un42r  UAn=" An41 —An4+23 Ansa 92 (ant Un41) ’ (n = 7 2, all 
Si ha 


1 1 
Uny4ga — Unt1 an 92 (Gar An) — PI (an An1) Zio 


686 ENRICO D’OVIDIO 
e ponendo a, — a; = dè, 
(1) Ang ann =(—-) O, 
onde anche 
An42 Ian= — (- +)? . 


Sommando la (1) con quelle che ne derivano diminuendo 
successivamente n, si ottiene 


is 1 1)? 1\*)., Sb 
a CR 449 tette 71 jp=— EDEL. 
(later (Can sea (— 14 
TRE PE) PA sg 2.178 
lire). 
Al limite sarà 
lim Un4a — 


ant 2ag 
n= = go" 
Si ha pure, dal sistema di equazioni lineari 

A+ app — 20;49= 0 (p'= oe 


un’altra espressione di @,4s, Cioè 


gi ihLogioggogiar ag 0 
rm pt llrrngi 0 
“Epi Re Ras 0 
old il a Doria 0 
Gioi 716 2 

gino. My 


La successione si può prolungare indefinitamente verso si- 
nistra ponendo n= 0, — 1, — 2,..., e diviene 


«0.042, dA, do, Ud, dg, ...: 
per essa, estendendo le precedenti formole, si trova 
at 2a è 
dora ETA 1 (2 (= 0,1,2,...), 


e lim |a_4:|= 0. 
n=% 


SU ALCUNE SUCCESSIONI DI MEDIE ARITMETICHE, ECC. 687 


Quando a,, 4a, sono reali, lo sono evidentemente tutti gli 
altri elementi, e ciascuno è compreso fra i due che lo precedono. 

Allora, se a, < @,, è è >0, gli...,;@,,03,... sono crescenti 
a destra e tendono a —co a sinistra; gli ...,@3,0,,... sono 
decrescenti a destra e tendono a + co a sinistra; e quelli sono 
minori di questi. Se invece a, > @2, avviene il contrario. 


In. entrambi i casì, ...,0,,@g7...0....; 49; @4;=». Tormano 
due classi contigue, che individuano il numero sa loro li- 
mite comune. 
$ 2. — Successione di medie armoniche. 


Nella successione 


41,3 49, 433... 


ciascun elemento, a partir dal terzo, sia medio armonico fra i 
due immediatamente precedenti, cioè 


AA Pinta: ” a Zan An+1 2 1 | 1 

. pe Tiri . aci , 

n i: n n+2 e Unt2 n+1ls Ent2 dint anti ? ante Un Un+1 
bist 


Sarà 


una successione di medie aritmetiche. Quindi avremo 


A 2". 3ayag aa 3 4409 
n+2T [arti (—1)+]a,+-[2"—(—1)"]ao “dB 2a +a—(-3) è 
ae.) 


ed anche 
da, —3 2 0 0 
ai 1 -2 0 0 
; 0 1 1 —-2 0 
Ansa = 2"A,09 : 0 0 0 1 0 ; 
0 0 0 0 1 


ed inoltre 


688 ENRICO D’OVIDIO 


La successione si può prolungare a sinistra mediante la 
formola 


34 dg 
ne ST — rr ne GR 
nigi 2a, +ar—(—2)"d i diano 
e si trova lim|a_is|}=0. | 
n= 
Presentemente 
2an An41 r Un+1 
RE TRATAITI app lAnntrali 
Un 

CT riga 

onde 
li An+2 
An42a — Ung = Di dn angera (a An VM 


Quando a;,, as sono reali, lo sono anche gli altri; se inoltre 
a, 4, sono entrambi positivi (o negativi), lo sono anche i se- 
guenti, e ciascuno è compreso fra i due che lo precedono. 

Precisamente: se 0 <a, < as, sono crescenti ...,0,1,43,...° 
a destra e tendono a — co a sinistra; sono decrescenti ...,42,44,.... 
a destra e tendono a + oo a sinistra; e quelli son minori di 
questi. Che se a, > as >0, avviene il contrario. 

In entrambi i casi si hanno due classi contigue, che indi- 
viduano il numero loro limite. 

Il che risulta dalle cose dette; ma può anche vedersi os- 


servando che nelle presenti ipotesi @,13 è compreso fra ani € dn, 


. LS An42 x x 
sicchè —"— < 1, e però sarà 
An-1+ dn Sp. 
1 
| dUnsag — dn41 | << DI | Un dat» 
$ 3. — Successione di medie geometriche. 


Nella successione 


Gi dg, Uh LA 


ciascun elemento sia medio geometrico fra i due immediatamente 
precedenti, cioè 


È —= Sn TE _ 
An * Unxo — An42 . Ant13 Ansa An Ant ’ Ans2 _Varany ’ 


REZZA A Mari De 


SU ALCUNE SUCCESSIONI DI MEDIE ARITMETICHE, ECC. 689 


Sia direttamente, sia osservando che la successione 
logar, loga», logaz,... 


è di medie aritmetiche (*), si trova 


Dt i IR TESI 1 1 ( Li 
vo. n3 n, i 23 E ar 
Ansa — 4 citi +9 ve = (4,08)3.(43:0)? - 
(== 0,152,;::5); 


1 
lim An4+2 = (a, as) î . 
n=% 


La successione si può prolungare a sinistra mediante la 
formola 


hi da 
Ad_n4a (a105) È (43 : A) (n = 0, 1, 2, è « dà, 
e si trova 
tn taz, lato; lim] eau =. 
n=% n=c0 y 
Si ha poi 
Ant2— 0°nt1 An41 
dg — In Lg ad 
eri da Un+2-+ dn41 An+1-+ An+2 ( Sh n) . 
Cor An+t1 An (a a ) 
An+1+ an42 * antanti |” Gg 
e quindi anche 
An+2 An+2 


Un49 — Int1 = (@, -=s dial 


Un+14- 0042 © ant anti 

Se a,, as sono reali positivi, tali si possono assumere gli 
altri, e ciascuno è compreso fra i due che lo precedono. 

Allora, se a,< @s, crescono ...,01,03,... a destra e ten- 
dono a zero a sinistra; decrescono ...,ag,0,,... a destra e 
tendono a + co a sinistra; e sono quelli minori di questi. Che 
se 4,> 43, accade il contrario. 

In entrambi i casi si hanno due classi contigue, che indi- 
viduano il numero loro limite. 


(*) Ciò si ottiene scegliendo convenientemente tra gl’infiniti valori dei 
logaritmi. 


ENRICO D'OVIDIO 


690 
Ciò risulta dalle cose dette; ma può vedersi osservando 


che allora (*) 
Un42 Al Ant2 
an + anti 2 ant + an42 Sl, 


e però sarà 
1 
Ante — Intl | <> | UT arci i 


$ 4. — Successione alterna di medie aritmetiche 
ed armoniche, 


Nella successione 


d,, Di; Ag, 0g, Ag; 0g, ... 


gli elementi, a partir dal terzo, siano alternamente medii aritme- 
tici ed armonici fra i due immediatamente precedenti, cioè 


1 2bndn 
Inti = 5 (Qt b,), gi ei (n = Ta 


Posto b,— a,= è, dimostriamo che sarà 


«E n or-1p—d n otrala,—d da: Mi 
M anatra tea 


VEE pg RR ò ) 
(2) bra = 2°0, 17 2° b,—d 20; Neg gl (1 92%" b,— d i 


(n=1,2,3,..)). 


Invero, essendo 

bai a+ di ma 2b409 pera 2b, (414 da) pid 
PORNO 2 ; ba bit ag N at 3d, RF 2b; 
4b, = at di (071 + 70, TE art Sb ò 


_utd 
esa (1+25%)= 4 at3h, > bare 


2b,— d 
db—d 


(*) Di due numeri positivi a, 6 la media aritmetica supera la geome- 


trica, e questa l’armonica; il che segue dall’essere 
(a+b)°—4ab=(a — b°>0. 


SU ALCUNE SUCCESSIONI DI MEDIE ARITMETICHE, ECC. 691 


si vede che a, d:, 4; sono conformi alle (1) e (2). Resta a mo- 
strare che, ammesse le (1) e (2), si deducono analoghe espres- 
sioni di d,3g € 4n+g. 

Fatto, per brevità, 2'5,—d=c,, onde co= da, co=a+ di, 
si ha 


A4C1C3 « + C@n-1 n CiC3 è. CIn-l 
Gn = E, bn = 20, 
ehi 2""egca « C2n-2 cain CaC, + « C2n L 
__ nti t doti €103. 0201 
An42 Fri 9 TRI cm o (08 pg. Pod "bi); 


ma tnt 2°”d,= C2n41; dunque 


a ___ 4C1€3. + CInt1 
MIS 2" eg 02 « » C2n 


Del pari si ha 


ITA | sù Pap elet 2H lepca .. C2 
bn42 “a bn41 An42 sel 2"b È C4C3 + + CIn-1 AC1C3 è è C2n+1 1 
1 rta 1 Co. 


(c Canti sh DI. bi); 


bn4+2 QU,“ er.. Ceon-1C02ntH1 


MA Coni t 2°7!5, = Cons; dunque 


C4C3.. CIntH1 
ba 9n+H7 103. nt k 
€30,» + CIn+2 


Al crescere di n indefinitamente, sorgono due prodotti in- 
definiti. Essi sono assolutamente convergenti, poichè è assolu- 
tamente convergente per |a| > 1 la serie 


VIT 
Ly a+R 


(visto che il valore assoluto del rapporto di un termine al 


1 Pera 
precedente tende a i e quindi sono assolutamente conver- 


genti le serie 


(tieni, Nd 
D a ’ Da 2rpi—d! 
1 1 


che corrispondono ad a = 4. Avremo dunque 


692 ENKICO D’'OVIDIO 


li Ue TT 2-15, — è xta ini 1 b) 
n AUn41 = 4 ger-1p, — 2d Ei 4 SR gerr_1p, — 28)? 
z DÀ, 00 9? th — 2ò dit Ce) | ba: ò 
imma great). 
À co — Lc ALIATRO. Until __ 
EPIC ca, = page SURI, di 


vale a dire che a,;, © dn hanno lo stesso limite. 
Notiamo che si ha pure 


Qbnan+1 


Ant i Un4 5 
db a eni; —re=4 —_ TT SRI a dò 
n+1l n+1 db L n+1 b : Ù ( m+1LTT bj = 


La successione si può prolungare a sinistra, in modo che 


divenga 
+.0_94 bi, Ud b_y, Ao, do, CAR b, Aa, da, oe 


Con analogo procedimento si ottiene 


t' RIOTECenn _ ada — 3) 
bo Be a 0 ager RA — sn 
e in generale 
i n bi 92r+25 Da n g_erl bi 2d SL n ò 
a,=a IT, gra = I grezza I (1 gr 


2rH$ rp, — 26 


n= 


x Wp b_27d n Sd e 
bb orali dt 


Invero, posto d-—2"è=d,, onde dy=a,, ed ammesse queste 


espressioni di a_, e d_,, si ha 


in =% 


dsd, ‘. dant+2 b de: b dda .. dan 
È didg sta den+1 7 sa 
lt cbeolago 2%, denti snazià di... denti 
ber. da aSsre bd ia ay da. . dan42 


__ 1. d.. denti # di. + dan43 
Ù% di x doda -. den+2 (Alonte — b)= LE "dot . dent2 


, 


=, .. dante dodg " don+2 
dn dn — ben = 2a di. . denti di dda . . dan43 
da .. den+2 _ 2, da. dani 
a ili 3 (QAonto — b)=a di. . den43 


come appunto si voleva. 


= 


È 


SU ALCUNE SUCCESSIONI DI MEDIE ARITMETICHE, ECC. 693 


“Ra Teena se 
La serie dei è divergente quando |a|< 1; poichè nel 
1 
caso particolare di a e f positivi i termini vanno crescendo; 


din sati EB x 5 i 
quindi le cite È da , corrispondenti ad 


0 0 


a=-7, non sono convergenti, e nemmeno sono convergenti i 


prodotti esprimenti a_,, b_,. Del resto, essendo 


d-n __ dan+2 a 1 go gente d |a-n| > gent? | ò | qa 1 
dn ir È Ho a [bi l 4 
risulta 
. | A-n | SI. 
lim TRTiaa Co 
onde segue che 
lim |a_,|=.c0, lim|d_,|=0 
n= n= 


Un altro modo d’indagare la natura dei prodotti indefiniti 
‘testè incontrati è il seguente: 
Consideriamo il prodotto 


dire le 


il quale è assolutamente ed equabilmente convergente, perchè 
I . 1 
è assolutamente convergente la serie) -, e rappresenta una 


funzione trascendente intera, di genere zero, avente gli zeri 
nei punti x= 2”. 


Poichè 
n—l ò 
poten dritta dI II (1- Qt, 
Crea 
L ; sli 2°” bi 


e poichè per n= co i due ultimi prodotti tendono a 


G,laspl duo Solar ha 


694 ENRICO D’OVIDIO 


avremo 
c[ 3) 
lima.li=g 
n+1 1 ò 
n=sa G p Site. 
Vi) 
Del pari 
"TT ò 
RI "n 9Prt2p, — 2d - (1- 922415, 
a er OT 0 it Sd 1 e gini ve NL 
0 1 TT eee 
0 | sini] 
e quindi 
ò ò 
LE _ Sla) #\ ° dar 
Im On41= Oi 5 at A = liman 


DISTRAE elfo de 


Poichè inoltre 


n J-2r-1hy— 28 


| : = 
9%r+2d 
> Ge = ax — i. 
0 


TT 
0 

92-11), — dè l n D , 
mia se) 

e i due ultimi prodotti tendono rispettivamente a 

be. b b 

(glia) Sla). 

mentre 2"* cresce indefinitamente, avremo 


lim] a_,|= 00. 


n=% 


Invece, poichè 


a RETRO 0 
LCA lega di 


e i due ultimi prodotti tendono a G (#) : G(35) , avremo 


lim db. =0. 


n=% 


Quando a,,d, sono reali, lo sono tutti gli altri. 


Se inoltre @,, è, sono positivi, lo sono tutti i seguenti, e 
ciascuno è compreso fra i due che lo precedono. 


SU ALCUNE SUCCESSIONI DI MEDIE ARITMETICHE, ECC. 695 


. Precisamente: se 0 <a, < di, gli a, 4:,... sono crescenti, 
i d, da,... decrescenti, e quelli minori di questi; allora si ha 
An+1 1 
—-_ <—-, onde 
bnt+ An+1 Du: 


1 
LISI = An$1 < vw (b, — An) . 


Se invece 0<bd,<a;, gli a, @:,... sono decrescenti, i di, d3,... 


È . . . . ca An+1 1 
crescenti, e quelli maggiori di questi; allora 1> sana PDS 


e però 
1 ' 1 
ur (G,— dn) < Ansa — Onga < Ti (an — di). 
In entrambi i casi gli a e i è formano due classi contigue, 
le quali individuano il numero loro limite comune, del quale 
abbiamo trovato dianzi due espressioni. 


$ 5. — Successione alterna di medie armoniche 
ed aritmetiche. 


Nella successione 
CO PRO PORCO RU PRON 
sia 
Zan x Bn 1 
Mai ggl br:1= > (0nt dna) - i we=sl entro 


Una tal successione si riduce a quella del caso precedente 
preponendo ad a, come primo elemento 25,— a, (chè 3, è medio 
aritmetico fra esso e a), val dire mutando nelle formole del 
caso precedente @, in 26,— a, db, ina, Gy iD da, dar Mans; 
e quindi dò in — 2ò. 

Per tal modo si ottiene 


na tg nia La ca Uta 
Mi = 2 a, TI 2°" a, + 2d —= da : 2g, +d = RS 


RI 
br: = Gr 1 2a, +2d di 1 aaa AN 1 gira dò È 


(= 1,210 


696 ENRICO D’'OVIDIO 


e quindi ; 
. 92_la, + 2d % 
lim Anx1 TT ACE +d o LU (1 + gelati Fat? +ò ), 
£ toe 2a, 4 òd TI 
lim bn j1= di TT sat tese ahh ES Fat )» 


ò 
(al 
e questi due limiti coincidono in uno, che è (2b,— è) rota 
aa 

. dy 


1 1 
bc Onan = — 5 (nad) = 2 ic (i n). 


Qui si ha 


La successione si può prolungare a sinistra, e si trova, 
perrn=0 1, —2.-.: 


pi fate (ona inanib otavotita 
a ha art-297+29 i Gre tar Lo si (! uk x) | 


ba ba (+) 


a t-2*"ò aaa a 0 ro 
da 
n=% n= 


Quando @,, è, sono reali, lo sono anche gli altri. E se inoltre 
a,, 0, sono entrambi positivi, lo sono tutti i seguenti, e ciascuno 
è compreso fra i due che lo precedono. 

Se 0<4a,<b;, gli a, ... crescono, i d;, ... decrescono, e quelli 


Dn 1 
An + bn 2 23 


sono minori di questi. Allora 1> e però 


1 1 
ra {ba — Un) sS bas Un41 <— (de (Dn — An) . 


Se invece 0< d) < a, gli a, ... decrescono, i d;, ... crescono, 
bn 
ant On 


e quelli sono maggiori di questi. Allora < +, e però 


1 
basa — Un41 < 4 (bn — An) . 
In entrambi i casi gli a e i 5 formano due classi contigue, 


ed individuano il numero loro limite comune, del quale abbiamo 
dianzi trovate due espressioni. 


GERI, E 


SU ALCUNE SUCCESSIONI DI MEDIE ARITMETICHE, ECC. 697 


$ 6. — Successione alterna di medie aritmetiche 
e geometriche. 


Sia la successione 


Orti d_1, Db Ko; bo; A; di, da 3 ba, apo» 
ove 


ann= 5 (td) Babi (=... —-1,0;1,2;00): 


Si ha 


1 1 Un+1 
[40 fi Pili wi (dì nr dz) (dn41 — n) = 2 "nigi (Al 29) 


Le espressioni di @,,1, 0a+, mediante i' soli @, e d, (reali o 
complessi) sono complicate, anche perchè plurivoche, nè lasciano 
scorgere in generale una tendenza a limite. 


Quando a,, è, sono reali e positivi, tali assumiamo tutti i 
seguenti. Ciascuno sarà compreso fra i due che lo precedono. 


Se 0<a,<b, gli 4,,@:,... erescono, i di, ds,... decre- 
5 ; i a n 1 
di i Allora, 
scono, e quelli son minori quest IN IE 3: ° 
quindi risulta 
1 
basa — Qnsi < tal (b= An) . 
Se invece 0< db < a, gli a, 0, ... decrescono, i d;, da, .. 
crescono, e quelli son maggiori di questi. Allora 1> Mt +» L. 
An+1t+ dn 417 2 
e risulta 
1 1 
Le (Gn Dn) Si An41 TT Dna Si 2 a, — b,) . 
In entrambi i casi, gli @,,... e i d,,... formano due classi 


contigue, ed individuano un numero positivo, il quale sarà limite 
degli uni e degli altri (*). 

(*) Per altre proprietà di questa successione si veda: G. Fusini, Nuovo 
metodo per lo studio e per il calcolo delle funzioni trascendenti elementari 
(“ Periodico di Mat. ,, v. XII, p. 169, a. 1897); C. W. BorcÒarpt: Lettre è 
L. Cremona (Collectanea mathematica in memoriam Dominici Chelini, p. 206. 
Pisa, 1881). 

Atti della R. Accademia —.Vol. XXXVI. 47 


698 ENRICO D’OVIDIO 


Una notevole illustrazione geometrica della presente suc- 
cessione ci vien fornita dal noto teorema: Se a, r sono l’apotema 
e il raggio di una linea poligonale regolare, e a', r' l’apotema e il 
raggio della linea poligonale isoperimetra di doppio numero di lati 
e compresa nello stesso angolo al centro, sarà a' medio aritmetico 
fra a e r, e d' medio geometrico fra r e a'. 

Raddoppiando indefinitamente il numero dei lati, nasce la 
successione 

a ra,t,o rea 
di medii alternamente aritmetici e geometrici; e siccome 0<4<r, 
così possiamo concludere che sarà 


(041) _ gl+1) — ” (rM_ a). 


$ 7. — Successione alterna di medie geometriche 
ed aritmetiche. 


Nella successione 


,41; bi, da, da, Pinta 


sia 
aisi == Ann; br 3 O, L An41); 
ib, -opifi 
Si ha 
1 1 Dn 
brr Un = — 5 1 (a An 477 b)=5 VO, (VB, — Va, ti, == Vi, -_(b,° An). 


2 VbntVan 


Quando a,, 0, sono reali e positivi, tali possiamo assumere 
tutti 1 seguenti, e ciascuno sarà compreso fra i due che lo pre- 
cedono. 

Se 0<a,<bi, gli @,,... crescono, i d),... decrescono, e 
Vba 


quelli son minori di questi. Allora 1 Ama 5 e però 


1 N 1 
7a (bn An) si bn — Antil < 2 (0, — Un) . 


SU ALCUNE SUCCESSIONI DI MEDIE ARITMETICHE, ECC. 699 


Se invece 0<bd, <a, gli @;,... decrescono, i d,,... crescono, 
i e vela Von 1 
e quelli son maggiori di questi. Allora -— —— < e però 
q 88 q Vont-Van © 2! p 


1 
An41 TT Dci & Ed (An db). 


In entrambi i casi, gli @,,... e i è,,... formano due classi 
contigue ed individuano un numero positivo, il quale sarà loro 
limite comune. 

Come illustrazione geometrica ricordiamo che: 

Se r, a sono il raggio e l’apotema di una poligonale regolare, 
ed r', a' quelli di una poligonale regolare equivalente di doppio 
numero di lati e nello stesso angolo al centro, r' è medio geometrico 


fra r e a, e a' medio geometrico fra r e 5 (r + a). 
Essendo 
re =ra9 ai 3 alr + a), 
sarà 
(2) = 7208, a?= i (712 + a?), 
e però la successione 


J2 ql? 
VT 


che nasce raddoppiando sempre il numero dei lati, è di medii 
geometrici ed aritmetici. E siccome 0<a? < r?, così sarà cer- 
tamente 


E sarà anche 
r—a'< + (r — a), ecc., 


poichè 
® 

onde 

En de 

7 a — 9 rta (r a), 
ma 

P } a Il 
i PS RIG, Tag 
unque 


r-a' < + (rr a). 


700 ENRICO D'OVIDIO 


$ 8. — Successione alterna di medie geometriche 
ed armoniche. 


Nella successione 


*% 41, bi; da, ba, OOO 


sia 
ES b db 2bnan41 E 2Qbna®n41 Ea: Qanbn 
Uta nonp Cab e +anti bnaoni1 tanti anti tan? 
(insito) Zion: 
Si ha 
tare 2andn Pa An 
Dna Uni = ta Una = i (Gna — bn) 
Un ( Lala api 
—= — === ad, 0 —b,)= sala n= bn è a 
Au Aa Var, ù Van + Vin = (h Y n) 
e quindi 


776 aAnbn 
basi — Ung = Weta antVbn ) (d, — Un). 


Quando 4,, d; sono reali e positivi, tali possiamo assumere 
anche i seguenti, e ciascuno di questi sarà compreso fra i due 
che lo precedono. 

Se 0<a,<b;, gli a,,... crescono, i d,,... decrescono, e 
quelli son minori di questi. Ed essendo 


Vandu 1 
Vai aa PIO, 
(y Un +} bn ) 
sarà 
Dazr —- Anti = 7 (d, FRCR Un). 
Se invece 0<b,<a,, gli a,,... decrescono, i d;,... ere- 


scono, e quelli son maggiori di questi. Allora 
Li 
Ans Ga Dai < 4 (4, Don db). 


In entrambi i casi gli @,,... e i d4,... formano due classi 
contigue, ed individuano un numero positivo, il quale sarà limite 
degli uni e degli altri. 


| 
O 


SU ALCUNE SUCCESSIONI DI MEDIE ARITMETICHE, ECC. 701 


Di questa successione ci fornisce esempio il teorema: Se 
s, S sono le aree di due settori poligonali regolari di equal numero 
di lati, l’uno iscritto e l’altro circoscritto a un settore circolare, e 
s', S' le aree di quelli di doppio numero di lati, sarà s' media 
geometrica fra s, S, ed S' media armonica fra S, s'. 
_ Raddoppiando sempre il numero dei lati, nasce la succes- 
sione di medie geometriche e armoniche 


' ' 
Alf Regi rali pagoda 


e siccome 0<s<$, così siamo certi che sarà 


G(a+1) gilet) — 4 (SUL gl), 


$ 9. — Successione alterna di medie armoniche 
e geometriche. 


Nella successione 


-,» 41; bi, 49, ba; SILE 


sia 
2anbn 2 
Un41 ty ilgnta ie Diln413 
(ei ine N 
Si ha 
2 2 __ Am+1 dr 
bisi Si Ansa (Ani1 ai vi Bn) a a (da Ti Un); 
Un + Dr 


e dividendo per d,.1 + @n41; 


An+1 Dn 
be — Wo = È bh — @ 
VEE i: An+l + bn+l ant dn ( sa n), 


od anche 


reo bn+1 Du41 MIL 
Busi AR AUn41 ed an+1+ dati ° an bn (d, dn). 


Quando a;,, d, sono reali e positivi, tali assumeremo anche 
i seguenti, e ciascuno di essi sarà compreso fra i due che lo 
precedono. 

Se 0<a,< di, gli ax, ... crescono, i d;,... decrescono, e 
quelli sono minori di questi. Allora 


702 ENRICO D’OVIDIO 


Qn41° Van Dnt1 
anz1 + da+1 2° antbn 


<.l 
e però 


Dia 6 Ans << 3 (dn ara Un). 


Se invece 0<db, <a, gli a1,... decrescono, i dbj,... cre- 
scono, e quelli son maggiori di questi. Allora 


An+1 bn 2anbr Dn 2bn aAnbn 


An+1 - bnt+1 " An + bn gi An+1 + Dn+1 (ant bn)? sa An+1 + Dni1 "(da +-bn)? i; 


. a n : è 3 . a” È N 
ove il primo fratto è minore di 1 e l'altro minore di -7; e però 
sarà 


An41 Dnsa S< 


In entrambi i casi gli a,,... e i d,, ... formano due classi 
contigue, ed individuano un numero positivo, il quale sarà limite 
degli uni e degli altri. 

Ricordiamo il teorema: 

Se P, p sono î perimetri di due linee poligonali regolari di 
egual numero di lati, l'una circoscritta e l’altra iscritta a un dato 
arco circolare, e P', p' i perimetri di quelle di doppio numero di 
lati, sarà P_medio armonico fra P e p, e p' medio geometrico fra 
PE dPA 

Raddoppiando sempre il numero dei lati, si forma la suc- 
cessione alterna di medii armonici e geometrici 


Pop. Pip eg 
e poichè 0<p<P, sarà certamente 
n n Li n n 
pit ip — "a (Pi _ pi). 
$ 10. — Media aritmetico-armonica. 


Le successioni di cui ci siamo occupati non sono del tipo 
di quella profondamente investigata da Gauss ed applicata alla 
trasformazione degl’integrali ellittici (Gesammelte Werke, Bd. II), 


SU ALCUNE SUCCESSIONI DI MEDIE ARITMETICHE, ECC. 703 


individuante il numero che egli chiamò medio aritmetico-geome- 
trico fra due numeri positivi @,; 01; infatti in una tal successione 


423 bo, (A/000 DE) ba, do, do; di, bi, da, bo, ECO 


si suppone a, medio aritmetico fra a, e d,, e 5, medio geome- 
trico fra gli stessi a, e dj, e così via a destra; del pari a, e bd, 
medii aritmetico e geometrico fra «a, e do, e così via a sinistra. 

Supponendo invece a, e bd, medii armonico e geometrico fra 
a, e di, @ così via, si ha una successione di numeri, i cui inversi 
formano una successione di GAuss; e quindi essi individuano un 
numero, che può dirsi medio armonico-geometrico fra a, e db, sup- 
posti positivi. 

Ora supponiamo che a, e 5, siano medii aritmetico e armo- 
nico fra a, e d,, e così via, cioè 


1 2anbn 
An41 = 92 (An + b,.), bisi == it ’ 
(con DIBRa, = 100, Mb 


avremo così una nuova successione, della quale vogliamo accen- 
nare le proprietà fondamentali. 


Si ha 

__ (an— da? __  (an— bn? 

Anti baia pra 2(an + Dn) pa 4an4+1 

Si ha pure 

An41 Dna fini Anbn ’ 

e però 
ci 
Gb =D, b, = —: 


Inoltre a, e 5, sono le radici dell'equazione 


xa —2anagt + e =0, 
onde 


a=4h + Wal det Val — cÈ. 
È superfluo esaminare il caso a, = d;, poichè allora son 
tutti eguali gli a e i d. 
Quando a, e è, sono reali, lo sono tutti gli a e i b. E si 
può supporre indifferentemente «>, 0 @<bd,, non avendo 
nessun effetto lo scambio di a, con b.. 


704 ENRICO D'OVIDIO 


Se inoltre a, e d, sono positivi, è positivo c?, e tali sono 
anche a, e d;, e 4:> di; © così via a destra. Prendendo anche 
a,> bi, gli a, @2,... sono decrescenti, i d,, da, ... crescenti, e 
quelli maggiori di questi. 

Il radicale Vaî., — ,c° equivale a Vasi larcibonbia); e però è 
reale per n=0; assumendolo positivo in @, risulta a0>bdo>0; 
e poi similmente a_, > b_1> 0, e così via a sinistra; inoltre gli 
a crescono a sinistra, e quindi i è decrescono a sinistra. 

Essendo poi 


1 An 77 bra 1 
An41 dn4a = ae icnstnbi (a, — b,) Si 9 (0, SC db), 


An fa dn > 2(An41 (PÒ busti); 


la differenza a, — è, tende a zero a destra, onde gli a e i d for- 
mano due classi contigue ed individuano un numero positivo, 
compreso fra @, e d;; che può dirsi medio aritmetico-armonico fra 
a, e b,, ma che coincide con é, medio geometrico positivo fra 
a, è bi, grazie alla a,b, = ce? (*). 

A sinistra a, — bd, cresce senza limite, e però gli a crescono 
indefinitamente e i 5 decrescono indefinitamente. 

Se a, e bd, sono negativi, ha luogo tutto il contrario, assu- 
mendo a, < d,. Anche allora si ha un numero medio aritmetico- 
armonico fra a, e b, come limite destro, e questo è il medio 
geometrico negativo fra a, e bd. 

A sinistra gli @ decrescono tendendo a — co e i è crescono 
tendendo a zero. 

Se a, e è, hanno segni contrari, c? è negativo, a, e d, hanno 
segni contrari. Ma non si scorge una tendenza a limite. 


Le espressioni di a, e d, mediante a, e d, sono razionali, 
ma complicate. Si ha 


1 2a,b 
ai i lrn 
__ (a+ by) + 41 bi na 4a,b; (a, + da) ele 


SA Mirri 37 (a+ bi) + 4a,b 


(*) L’egregio Dr. G. Vacca mi comunica che questo risultato si trova 
in Huyeens (Euvres complètes, La Haye, 1895, t. VI, p. 240, lettre de J. Gre- 
cory à H. OLpENBURG, 28 juillet 1668). 


SU ALCUNE SUCCESSIONI DI MEDIE ARITMETICHE, ECC. 705 


$ 11. — Applicazioni geometriche. 


Considerando gli elementi delle successioni numeriche reali 
come coordinate di elementi di una forma geometrica di 1? specie, 
raccogliamo delle interpretazioni geometriche dei risultati dianzi 
ottenuti. 

. Se gli elementi sono ascisse di punti di una retta, abbiamo 
dalle prime tre successioni: 

Data una successione di punti di una retta, ciascuno medio 
fra è due precedenti, vi è un punto limite destro, che divide nel 
rapporto 2:1 la distanza dei due punti iniziali, e il punto all’in- 
finito è il limite sinistro. 

Una successione di punti di una retta, ciascuno coniugato 
armonico di un punto fisso rispetto ai due precedenti, ha un punto 
limite destro, ed ha per punto limite sinistro il punto fisso. 

Questo teorema comprende come caso particolare il prece- 
dente, poichè il punto medio fra due punti è il coniugato armo- 
nico del punto all'infinito rispetto ad essi. 

Siano ara',, a,a'» due coppie di punti di una retta, che ab- 
biano lo stesso punto medio 0; sia aza'3 la coppia armonica con 
le qua», a' 10'3; asa', la coppia armonica con le asaz, a'sa'3; e così 
via. Sì possono supporre a,, 4, 43 ... in una delle due semirette 
uscenti da oe a',, a's, a'3,... nell'altra; allora gli uni e gli 
altri hanno un punto limite, e i due punti limiti sono equidistanti 
da o. Se poi le successioni a, ds, ... ed a',, a'3, ... si prolungano 
a sinistra, gli elementi d’indice dispari han per limite o e quelli 
d’indice pari il punto all'infinito. 

Interpretando gli elementi delle successioni numeriche reali 
come coordinate tangenti di rette di un fascio o di piani di un 
fascio, si hanno teoremi analoghi a questi. 

La relazione di armonia essendo proiettiva, possiamo all’ul- 
timo enunciato sostituire uno più generale: 

Sia 00' una coppia di elementi di una forma di 1 specie, e 
qa',, asa', due coppie armoniche con oo. Vi è una coppia aza'; 
armonica com 00', ara», a'1a'»; e così via. La successione di coppie 
ma',, 4,0», A30'3, ... si può prolungare indefinitamente a destra 
ed a sinistra; inoltre si possono supporre tutti gli elementi a ca- 
denti in uno dei due segmenti 00' e gli a' nell'altro. Allora gli a 


706 , ENRICO D'OVIDIO 


hanno un unico limite destro, mentre a sinistra quelli d’ indice 
dispari hanno per limite o e quelli d’indice pari o'. Lo stesso di- 
casi degli a'. E i limiti destri degli a e degli a' sono coniugati 
armonici rispetto a 0 e d'. 

Passando alle successioni 4% e 5, troviamo: 

In una forma di 1* specie siano dati due elementi 0, 0' ed 
altri due a,, bj sia as il coniugato armonico di 0 rispetto ad abi; 
b, quello di 0' rispetto a bi, a:; 43 quello di 0 rispetto ad az; ba, bg 
quello di o' rispetto a bs, az; e così via. La successione a, di, da, da; 
si può prolungare indefinitamente a destra ed a sinistra; gli a e 
i b hanno un comune punto limite destro, mentre a sinistra gli @ 
han per limite 0 ed i b d'. 

Le successioni 6° e 9% dànno luogo al seguente teorema: 

In una forma di 1° specie sia 00' una coppia di elementi ed 
a1a',, bib', altre due coppie armoniche con 00'. Sia a» il coniugato 
armonico di 0 rispetto ad ab, ed a'; quello di 0 rispetto ad a';b'x. 
Vi è una coppia b,b', armonica con 00', ba:, bd'a';. Sia poi az il 
coniugato armonico di 0 rispetto ad a,b», e a'3 quello di 0' rispetto 
ad a'b',; e sia b3b's la coppia armonica con 00', baz, b',a'.. Così 
proseguendo si hanno le due successioni ar, di, dr, dba, ... 2A, bi, 
a's, dè, .... Entrambe hanno un limite destro e i due limiti sono 
coniugati armonici rispetto ad 00', quando si suppone che la prima 
cada tutta in uno dei segmenti 00' e la seconda nell'altro. 

Le successioni 7% e 8* dànno: 

Alle medesime conseguenze si giunge quando asa's è armonica 
con 00", ab, a'd',, mentre bi e bd's sono i coniugati armonici di 
o eo' rispetto a bas e b'a',, e così via alternamente. 

La successione di Gauss e quella che individua la media 
armonico-geometrica porgono : 

In una forma di 1° specie sia 00° una coppia di elementi e 
aa',, bb', due coppie armoniche con 00'. Siano as, a'» coniugati 
armomici di 0, 0' rispetto a ab, a' dij vi sarà una coppia bsb's 
armonica con 00°, ab, a'\0',. Siano poi az, a'3 coniugati armonici 
di 0, o' rispetto a a>b;, a's d's, e byb'3 la coppia armonica con 
00, dsbs, a'sb'. Così proseguendo si ha una successione di coppie 
ma'i, bib'i, d30'3; ..., che può prolungarsi indefinitamente a destra 
ed a sinistra. Si può supporre che le due successioni parziali 
0) Oy, Agj 0 0 + day day... cadano in un solo dei due segmenti 
oo':\e levaltre «dite Vi; dr, La erro d'ipi 05; anelli altnoi 


SU ALCUNE SUCCESSIONI DI MEDIE ARITMETICHE, ECC. 707 


Allora gli a e i b hanno un comune limite destro, come pure gli 
a' e i d', e questi due limiti sono coniugati armonici rispetto ad 
o eo'; mentre a sinistra gli a e gli a' hanno per limite 0', i b 
e i d' hanno per limite o. 

L’ultima successione trattata al $ 10 porge: 

In una forma di 1° specie sia 00' una coppia di elementi, 
ab, un’altra; siano a, e bs coniugati armonici di o e 0' rispetto 
ad abd,, az e bz coniugati armonici di 0 e o' rispetto ad asbs, € 
così via. La successione ar, bi, &2, di, ... si può prolungare a destra 
ed a sinistra. Se a, e di; cadono in un medesimo segmento 0d', 
ivi cadono tutti gli a e i b, ed essi hanno uno stesso limite destro, 
il quale appartiene alla coppia armonica con 00', a,b,,..., mentre 
a sinistra gli a han per limite 0 e i b d'. 


$ 12. — Altre applicazioni geometriche. 


Le precedenti proprietà geometriche sono state stabilite 
nell'ipotesi che i numeri componenti le successioni fossero reali. 
Quando si suppongono complessi, si ottengono ancora delle pro- 
prietà geometriche, poichè i numeri delle successioni ricevono 
una rappresentazione geometrica reale sulle forme di 2? specie, 
p. e. sul piano punteggiato riferito a due assi ortogonali. 

Quanto alla 1* successione, si avranno punti di una retta 
del piano, ciascuno medio fra i due precedenti, e non sì trova 
nulla di nuovo. 

Quanto alla 2* successione, ricordiamo che quattro punti 
armonici A, B, C, D del piano sono sopra una circonferenza, e 
dati tre di essi A, B, C, il quarto D è il punto di contatto della 
seconda tangente condotta dal punto comune alla retta AB ed 
alla tangente in €. Quindi si ottiene la stessa proprietà enun- 
ciata nel $ 11, ma per punti di una circonferenza, od anche 
(mediante una proiezione) per punti di una conica luogo di punti; 
dalla quale è facile passare ad una conica inviluppo di rette, o 
ad un cono quadrico luogo di rette, o ad un cono quadrico in- 
viluppo di piani. 

Del resto così doveva essere, chi rifletta che quattro punti 
armonici di una conica sono proiettati mediante quattro rette 
armoniche da un punto della conica, e che la proprietà in esame 
compete alle rette di un fascio. 

Queste considerazioni ci dispensano da una ulteriore disa- 
mina, e ci permettono di concludere che: 


708 ANTONINO VACCARO 


Le proprietà stabilite nel $ 11 (dalla 2° în poi) sussistono per 
successioni di elementi di una conica considerata come luogo di 
punti od inviluppo di rette, e di un cono quadrico considerato come 
luogo di rette od inviluppo di piani. 

Torino, Aprile 1901. 


Integrazione di sistemi di equazioni differenziali. 
Nota del Dott. ANTONINO VACCARO. 


$ 1. — Dai lavori del Iaco8r in poi lo studio per l’integra- 
zione d’un sistema di equazioni differenziali, nelle quali entrano 
pure funzioni di variabili complesse, è andato di pari passo con 
quello sulla teoria delle quantità complesse. 

Sia che nel sistema da integrare vi entrino solamente fun- 
zioni di quantità reali, sia di quantità complesse, il problema 
si può dire completamente risoluto, e le ricerche e le modifiche 
che si tentano dai moderni matematici hanno per iscopo di sot- 
toporre le funzioni al minore numero possibile di condizioni perchè 


possa avverarsi l’integrazione. 


$ 2. — Trattandosi d’un sistema di » equazioni differenziali 
di forma algebrica, nei cui membri compariscono la variabile 
indipendente x, n» funzioni di essa %1%» ... y» e le derivate di 
queste, potremo sempre sostituire un altro sistema in cui com- 
pariscono le sole derivate prime: è cresciuto però il numero 
delle funzioni e per conseguenza, e della stessa quantità, il nu- 
mero delle equazioni, ciascuna delle quali conterrà una derivata 
prima; contrariamente diminuirebbe il numero delle funzioni e 
l’ordine del sistema. 

Studieremo quindi un sistema di equazioni differenziali ri- 


dotte alla forma normale: 


d 
Li = fi(24 age Yn) 


sh =ifs(oy "ivo Yn) 
(1) 


di n 
| + = ACA CO Yn). 


INTEGRAZIONE DI SISTEMI DI EQUAZIONI DIFFERENZIALI ‘709 


E poichè un sistema d’ordine n di equazioni differenziali 
può ridursi ad una sola equazione differenziale d’ordine » (*) e 
l’esistenza degli n integrali fondamentali e quindi dell’integrale 
generale di questa è dimostrata (formula di LIOUVILLE), così 
sarebbe dimostrata l’esistenza del sistema integrale delle (1). 

Allo stesso scopo servirebbe per & = 1 il teorema: Cono- 
sciute k soluzioni indipendenti (k < mn), l'integrazione del sistema 
proposto si riduce a quello d’un sistema analogo d’ ordine n—k 
ed a k quadrature. 

Epperò una dimostrazione rigorosa e diretta di tale esistenza 
(univoca), nel caso in cui le funzioni e le variabili siano quan- 
tità reali, venne data per la prima volta nel 1844 dal Cauca (**). 
Dimostrazione che venne semplificata nel 1868 dal Lipscnitz (***) 
per avere posto in evidenza le ipotesi necessarie alla dimostra- 
zione. Condizioni per detta esistenza sono le seguenti: 

Restando x nell’intervallo a e le 4: ...y, nell'intervallo d 
ed essendo le fi ...f,, funzioni delle quantità reali <,%., Ye... Yn 
per ciò non si annulli identicamente il loro determinante (****), 
siano le fi, ... f, funzioni continue in detti intervalli ed inoltre, 
ferma restando la x, s'abbia a potere determinare » quantità 
positive: A, B, ... L (se il sistema è dell’ordine n) tali che: 


(2) | f(2,4 14", cY n — file: 29 i) | <A | Y TY | È 
ana: Pralina AR 


Questo metodo però, oltre all’offrirci più condizioni del ne- 
cessario non ci offre una via per conseguire tale ricerca. E rima- 
nendo nel campo di variabili reali, dobbiamo pel primo al 
PrANO (*****) 1887, un tale processo, quantunque PrcArD non lo 
ricordi in occasione d’analoga sua ricerca per l'equazione di 
1° grado (******) nel 1890 cioè 3 anni dopo, nè per simili ricerche 


(*) Moreno, vol. II, pp. 683. 

(**) Per cura di M. Moreno, Lecons de calcul différentiel et intégral. 

(***) Liprscatz, Lehrbuch der Analysis. - In., * Annali di Matematica ,, 
serie 2, t. I. 

(****) Beitriige zur Theorie der Variation der einfachen Integrale (“ Giorn. 
di Crelle-Borchardt ,, t. 65, pp. 26). 

(*****) Peano, “ Atti della R. Accad. delle Scienze di Torino ,, XXII. 

(******) Prcarp, “ Journal de Mathém. ,. 


710 ANTONINO VACCARO 


nel 1890-91 (*), nè nel 1893 nel suo Traité d’analyse, dove 
richiama pure alcune modificazioni del LinpeLor (**), modifi- 
cazioni apportate effettivamente prima, sebbene per via diretta, 
dal BeNpIXoN nel 1893 (***). 

Tutti questi metodi, detti per approssimazioni successive, si 
rassomigliano tutti, hanno il grande vantaggio, oltre al dimo- 
strare l’esistenza del sistema integrale, di offrirci una via per 
ritrovarlo e studiarne anche le proprietà. 

Il Prano si attenne ad un sistema di equazioni differenziali 
lineari, PicArD ad un sistema della forma (1), che possiamo rap- 
presentare compendiosamente coll’unica espressione: 


d 
ta oh Y1s .003 Yn) 
in cul: 
Y= [41 Y2, 4 Ya] 


f= fufa, deoidal 


ed 


in cui le f possono essere non lineari, 
PicAarD, colle identiche condizioni del CAUcHY, partendo da 
un sistema arbitrario : 


Yo = [Yo Yo: Yo.a 3 +3 Yon] 
e col processo delle approssimazioni successive dà la serie: 


dy 
a] = f(@, Yo.13 Yo.8, + Yo.n) 


dys 
a: MN Yn.1 Y1.2, ejana Yin} 


dai n 
- sir; Yn—1,23 +9 Vin) 


(*) Prcarp, “ Bulletin de la Soc. Math. de France ,, t. XIX, 1890-91. — 

In., “ Nouvelles Annales ,, t. XV. 3 
(**) LinpeLor, “ Comptes rendus ,, 26 février 1894, t. 108. 1 
(***) Benprxon, “ Mémoires Académ. des Sciences de Stockholm ,, no- 

vembre 1893. 


INTEGRAZIONE DI SISTEMI DI EQUAZIONI DIFFERENZIALI 711 
dove è sempre: 
Yi “ai (Yi. Yi.2, LUCI Yi.n] ’ 
yi determinato con quadrature in funzione di y,_, in modo che 


per e=% è.y;=0. 
Si ha così la serie: 


V=ot YU) t UYU TTT 
cioè: 
fest MOLA ZA E dA) HT... l 
che per » crescente indefinitamente ammette un limite allorchè: 


ox Asl 


x 


Questo limite è l'integrale cercato. 
Qui è: 
A =ifhBo. ab 


DA=A+B+...&4L 
d<pfa 
Mp<b, 
mentre M è il massimo valore assoluto delle f. 
Sicchè per l’esistenza del sistema integrale delle (1), biso- 


gnerà che la è sia una quantità piccola a ea più piccola 
delle 3 quantità: 


(3) ad, 


Il Benpixon e il LixpeLor (1. c.) con identici ragionamenti 
pervengono alla serie: 


y= Me — 25) + MA ED 4 mar EL 


evidentemente esponenziale e perciò convergente senza che sia 
necessaria la terza delle condizioni (3). 


712 ANTONINO VACCARO 


Il PrANo anzi nel 1892 (*) ritorna sul metodo del PicAaRD 
e dimostra come per l’esistenza del sistema integrale non è 
necessaria l'ipotesi (2), anzi è ammettendola (**) che se ne de- 
duce non solo l’esistenza, ma anche l’unicità. 


Il campo per d < può certe volte allargarsi (LIiNDELOF, 


1. c.) e sparire financo la 2* delle condizioni (3) e precisamente 
se le funzioni f sono finite e ben determinate per x compreso 
nell'intervallo @ e y....y, nell'intervallo (— 0, + 0) e sia 


| dfi 
ea 


ik=lin 


Questo risultato, quantunque semplicissimo, presenta gran- 
dissimo interesse, poichè in generale è impossibile sapere ciò 
che avviene degli integrali fuori d’un campo limitatissimo. 

Il sistema integrale esiste sempre, sia che le derivate par- 
ziali del 1° ordine positive crescano, sia che decrescano con 
Y:---Yn, allorchè le fi ...f, crescono con queste (***). 


$ 3. — Nel caso in cui le fi...f, siano funzioni olomorfe, 
l’integrale esiste sempre e non ne esiste che uno. Tale dimostra- 
zione venne data pel primo dal CaucHY col calcolo dei limiti (****). 
I francesi BrIor-Bouquer (*****), M. Mfray e ‘WeIERSTRASS 
in Germania, fondandosi sullo stesso principio lo applicarono 
differentemente. Questo metodo, al solito, consiste nel paragonare 
la serie rappresentante l'integrale ad un’altra evidentemente 
convergente. 

Che l’integrale si possa mettere sotto forma di serie allorchè 
le f. ...f, sono olomorfe, sviluppabili quindi in serie di potenze 
dei loro parametri, lo dimostrò il PorncARÉ (******) col calcolo dei 


(*) Prano, “ Mathematische Annalen ,, t. XXXVII. 

(**) Ip., “ Nouvelles annales de Mathématique ,, serie 3*, 1892. 

(***) Pricarp, “ Comptes rendus ,, 115. 

(****) CEuvres complètes de Cauchy, 1* serie, vol. VII. 

(*****) Brror-Bouquer, “ Journal de l’École Polytechnique ,, t. XXI. — 
Ip., Traité des fonctions elliptiques, pp. 325. 

(****#**) Porncaré, Les méthodes nouv. de la Mécanique céleste, t.I, pp. 53. 


INTEGRAZIONE DI SISTEMI DI EQUAZIONI DIFFERENZIALI 713 


limiti e il Prcarp (*) col metodo delle approssimazioni succes- 
sive. Per la funzione di paragone F potremo scegliere un campo 
più largo di quello scelto da Brior e Bouquer (**) e cioò un 
campo di raggio: 


lx 


dove R è eguale alla più piccola delle 2 quantità « e d e la fun- 


zione olomorfa dove M è il massimo modulo delle fi fa ...f, 


x 


R 
nel cerchio di raggio R, ci dà sempre: 


M 
, (3) di 


da dat 


e stabilendo il sistema ausiliario : 


de M 


de _ | 
pe sita +20 +14 


colle condizioni iniziali 2:(0) =, %# essendo il massimo modulo 
di %o 15 Yo.23 +-+ Yon ci riduciamo alla sola equazione: 


date, M 
ta e I 
R 
che integrata dà: 
1lFao d ; 
1 dig +1)=— MR‘ 1g(1-£) 
A n Ty i i 
letra MRrlg (1 i 


‘DI x \-MRn 
nez+1=(nk+ 1) (1 -i) 
2 dunque è monodroma per |x|< R. 


(*) Picarp, “ Comptes rendus ,, t. 108, n. 15, 1894. — In., “ Bulletin 
de la Société Math. de France ,, t. XXII, 1894. 
(**) Picarp, Traité d’Analyse Ch., XI, $ 3. 


Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 48 


714 ANTONINO VACCARO . 


Ripigliando il sistema (1) colle condizioni del $ 3, le f1;f2; 47h 
essendo funzioni olomorfe delle variabili x,y1, ..., n presso 2, Yo.13 
Yo; + Yony SOnO sviluppabili in serie di potenze x — x; serie 
convergenti dentro e sul contorno (basterebbe impiccolire di poco 
il raggio di convergenza) del dato campo di raggio R, cioè po- 
nendo x, ="0, è: 


(4) f= ala, 


Volendo dimostrare l’esistenza delle funzioni %,, ...,Yn, che 
per x=x,=0 si riducono & Ya.1; Y0.23 ---3 Yo.n, queste arbitrarie, 
basterà si possa determinare la serie convergente: 


(5) Yo tea 


le c = [c, c3... cn] determinate in modo che le (5) soddisfino al 
sistema: 


e perciò basterà qui al posto di f e y sostituire le (4), (5), egua- 
gliando i coefficienti dei termini d’ugual grado dei 2 membri, 
si avranno delle relazioni che determinano le c. 

L’unicità di detta esistenza, qualunque sia il numero delle 
variabili e qualunque sia il cammino percorso dalle <,Y1, ... Yn 
dentro i campi di convergenza, allorchè esse tendono rispetti- 
vamente 2 %,, Y».13 +-+, Yo.n, cioè senza le restrizioni di BrIoT e 
Bouquer (1. c.), è stata stabilita brillantemente dal PrcArp (Traité) 
senza che possano aver luogo i dubbi del Fucx8s (*) su tale im- 
portante teorema. 


$ 4. — Però il metodo delle approssimazioni successive è 
anche applicabile al caso in cui le f sono olomorfe, quando si 
tenga conto delle modificazioni del LinpeLor. Questo osservò lo 
stesso Prcarp (1894) in fine alla nota del LinpeLor (**). 

Ciascun termine della serie già trovata: 


(6) Yy=KT Mt +): 


(*) Fucas, “ Sitzungsberichte der Berliner Akademie ,, 1886. 
(**) “ Comptes Rendus ,, t. 108, N. 9 e 15. 


INTEGRAZIONE DI SISTEMI DI EQUAZIONI DIFFERENZIALI 715 
sarà olomorfo dentro il cerchio di centro sull’origine e di raggio 4: 


<@ 
h 
<ii 


e la serie convergente (6) ci rappresenta l’integrale del sistema 
dato, olomorfo nel dato campo % e che per «x =0 s’annulla. 

Che l’integrale (6) sia olomorfo si può vedere anche, e più 
semplicemente, con una applicazione del teorema del MorERA 
(l'inverso di quello del CaucHy). Invero poichè la (6) è conver- 
gente e ciascun termine continuo, sarà anche y funzione continua 
e finita e sarà: 


% fotte = [Un Wa) de 0 


ossia y sarà funzione di , finita e continua, e tale che Î gda=0 


e pel teorema del MorERA, y sarà funzione di x nel senso di 
funzione di variabile complessa. 


$ 5. — Col metodo delle approssimazioni successive si viene 
ad allargare il campo di esistenza del sistema integrale, poichè 
mentre qui il raggio di detto campo di convergenza raggiunge 
la più piccola delle 2 quantità: 
) 
dA, M 
risultato del resto trovato per via più lunga dal PrcArp nel 1888 (*) 
e altrove (#*), dallo stesso, col teorema: 
La serie di Taylor originata dalle equazioni differenziali, con- 


verge necessariamente per un raggio eguale alla più piccola delle 
Na t Rare . A 
2 quantità a e 2 col calcolo dei limiti detto raggio può avere 


per massima lunghezza (Brior-Bouquer, l. c.): 


b 
a (; 3g Prina) 


che è <a. 


(*) Prcarp, “ Bulletin des Sciences math. ,. 
(**) “ Comptes rendus ,, t. CVI, 1888. 


716 ANTONINO VACCARO 


Sicchè il metodo delle approssimazioni successive anche 
sotto questo punto di vista è vantaggioso. 


$ 6. — Il campo dell’esistenza del sistema integrale d’un 
sistema di equazione (*) può ancora allargarsi nel caso in cui 
le f.f....f, sono sempre positive per qualunque valore di x e cre- 
scenti colle y1Y2.../n, mentre le derivate parziali prime rispetto 
A Y +--Yn, necessariamente positive, decrescono. Allora queste re- 
steranno sempre minori d'un numero fisso e ci troviamo nel 
caso ricordato al $ 2. 

Per qualsiasi valore di x, l'integrale sarà rappresentato dallo 
stesso sviluppo (*). Il sistema dato ci dà, a partire da y=0, gli 
sviluppi: 

da Me 


Yi TUA ITIY ha i 
< 4 


Wi dedi | 
tutti convergenti qualunque sia la x, poichè si ha: 


YI na A Vi Ara LI nt be PE 
(7) y—% dato, y— Ya ria yi gio) RIA 


che moltiplicate fra loro dànno: 
Y— Un < TY — Wa < TY 
limy,= y 


n=Q0 
nè è necessario per le relazioni (7), cioè, per esempio, per la 


relazione: 
ph Wet 


far vedere che ci troviamo nelle condizioni del problema, poichè 
è appunto per queste condizioni che si hanno le (7); in altri 
termini dalla precedente eguaglianza si ha: 


dy — Ya) dy— n) 
da Fi da 


(*) Prcarp, “ Journal de Mathém. ,, serie IV, t. IX, 1893, $ 3. 


E | Tone -_r — ————eaee ee ©: 


INTEGRAZIONE DI SISTEMI DI EQUAZIONI DIFFERENZIALI 717 
cioè (*): 
FEY: + Yn) — FEYa + Ya n) > F(RY1 ++ Yn) —F@YOAY2 ++ Yon) 
ch'è evidente da sè. 
Qualora poi le derivate prime delle ff. ...fn rispetto x, re- 
stassero comprese fra 2 limiti fissi, il processo sarebbe sempre 


applicabile, sussisterebbe tutto ciò che s'è detto in questo pa- 
ragrafo, anzi se le serie rappresentate in questa unica: 


Y 7, UL * (% — Yy) a Bee "i (Yn wr Yn=r) se 00 


sono uniformemente convergenti, questi limiti coincidono con 
quelli y= [yy ...y] di sopra. 

Qualora poi le fi ... f,, sono sempre positive, ma decrescenti, 
le approssimazioni successive a partire da yo0= [Yo Yo +-+ Yo-n] 
dànno 2 limiti: 


Ur > Us >, Usai 
Yo < Ya <Ye <«. 


tutti e due soddisfano al sistema dato, poichè: 


Y=%nt%4-w+... 
ya tesa ii. 


(8) 


ammettono le derivate prime: 


TE _ (2, 00...0) + [f(eyea yes --- Yan) — f(0,00 ...0)] +... = 
= Ff(LY2m.1 Ymna +-+ Yen.n) 
def) + Psi Yo 90) PM i+ = 
= f(&Y2mn-11 DEE Yon-1n) 
= faY) 
= f(xy) 


dY 
da 
dy 
da 


(*) Prcarp, id., $ 4. 


718 ANTONINO VACCARO 


e poichè per «= 0 è y= Y sarà sempre così. Per la coinci- 
denza di detti limiti y e Y è dunque necessaria la convergenza 
uniforme delle serie (8), tale coincidenza è evidente per x piccola. 


$ 7. — Potrebbe darsi che tutte o parte delle funzioni f 


del sistema: 


d " 
DI = fi(2Y1 +. Yn) 


divenissero infinite in dati punti, mentre le loro inverse sono 
olomorfe presso xo Yo.1Y0 2» Yo.n © che in essi punti d’infinito si 
annullano. Non avremmo che a considerare il sistema: 


dy. > Igor 
dx f(ey es Yn) 


dove le y,...Yn sono funzioni della x. Questo sistema ammetterà 
un integrale olomorfo e se è la m® la 12 derivata del 2° membro 
che non si annulla nei detti punti, esso integrale sarà rappre- 
sentato dalla serie convergente: 


L_ Los A.(Y “wi ui: d° As(Y so Yo)"t® rh: 
A,*#0 


per la quale la y si potrà sempre rappresentare con una serie 
1 


delle potenze crescenti di (x — x)", il cui primo termine è 
(€ — xo) e questo sviluppo sarà l'integrale cercato. 

Se in tutto il campo semplicemente connesso le f sono re- 
golari (prive cioè di punti singolari e di poli), l'integrale sarà 
monodromo, finito e continuo, poichè esso è regolare in qua- 
lunque cerchio dentro detto campo. 

Se vi è un numero finito di punti critici per le dette fun- 
zioni, possiamo allargare il campo d’integrabilità in modo che 
il limite, chiuso, non passi per detti punti, nè li contenga in- 
ternamente. 


$ 8. — L'esistenza del sistema integrale d’un sistema di 
equazioni a derivate parziali venne anche dimostrata per la prima 
volta dal CavcHy (1. c.) e col solito metodo del calcolo dei 


INTEGRAZIONE DI SISTEMI DI EQUAZIONI DIFFERENZIALI 719 


limiti. La dimostrazione venne semplificata da M. DARBOUX, 
M. Mfray e meglio ancora da S. KowaALESKI (*). 

Il processo si può dire identico a quello usato pel caso delle 
equazioni differenziali ordinarie. 

Il sistema da cui si parte è (**): 


(9) Di Fa har 
u= | :..Ux] 
| DIARI at (° 
ui | k=12...p 
{I A=|[A Ag. Al 


e l’esistenza dell’integrale è affermata anche quando le A dipen- 
dono pure dalle x,3...x,, solo, in questo caso, il sistema sarebbe 
dell'ordine n 4 p+ 1: 


du dui 
35 = Din Ai (UU) pas: 
de __ 
, da ca A 
È Ure = lepri 


DS 


Però il sistema più generale è della forma: 


dé dui 
(10) di ra A 


per BB, Bi) Bel 


+ B 


Le B, come le A, sono funzioni olomorfe delle n + p + 1 

variabili: 
DO Gg a Li A Ue 

nell’intorno d’un punto (x0%0.1--- 0.) Ue. Ue.n, pel quale si può 
anche pigliare il punto (000 ...). Ma è facile vedere che il si- 
stema (10) si riduce subito alla forma (9). 

Invero sostituendo alle xx,...x,, p+ 1 incognite: t,t,t2,...; t,j 
(A) e (B) siano ciò che divengono rispettivamente A e B dopo 
tale sostituzione e studiamo il sistema: 


(*) Soenre KowaxeskI, $ Journal de Crelle ,; t. VIII. 
(**) Prcarp, Traité d’ Analyse Ch., IV, $ 9. 


720 ANTONINO VACCARO — INTEGRAZIONE DI SISTEMI, ECC. 


du __ dui dt 
(11) de Fa (Aia) pe + (B)52 
colle condizioni: 
de _ da 
(12) de Fon dx, 
dt dt 
(13) da da = 0 


e inizialmente : 
u;(0x,...)=P(t1d2...) 
(14) 

t;(0x,%2 Die .) = Li. 


Siamo nel caso precedente, il sistema ammetterà dunque 

un sistema integrale e ne ammetterà uno solo: 
U)Ug...Untttg... bp 

Ora per le (13) le # sono indipendenti da x e poichè per 

x=0 esse sono, per le (14), eguali alle x, sarà perciò: 
tia Li. 

La (12) allora dice che: du = 1, sicchè £t=x + @(21220..); 
ma per x=0 è #=0, quindi @(x,%3..)=0 e perciò t=x e 
(A) = A,(B)=B. Coincidono dunque i sistemi (10) e [(11)(12)(13)], 
e il sistema integrale univocamente determinato pel sistema 
[(11) (12) (13)] è quello anche pel sistema (10). 


$ 9. — Il metodo delle approssimazioni successive è appli- 


cabile anche alle equazioni della forma: 
du du dlu co du du 
dae ai gd SE y 


per A, B, C, dipendenti dalle variabili x, y (*). Lo stesso metodo 
io ho applicato (**) al tipo: 
du du ic ARTE 
dat 1 2 od 1 dg — 
A SE Sp TS OE 
"= ’ da” dy” dat? dedy , dy?” dr? , da?dy , drdy? ’ dy? 2 Y 


. ed analogamente si potrebbe estendere ai tipi generali. 


(*) Picarp, “ Journal de Mathém. pures et appliquées ,, t. VI, 1890 e 
Traité, etc. 

(**) Sur l’intégration d’une classe d’équations aux dérivées partielles, © Bul- 
letin des Sciences math. ,, serie Il, t. XXII, 1898. 


GIACOMO PONZIO — AZIONE DELL'ACIDO NITRICO, ECC. 721 


Azione dell’acido nitrico 
sui composti alifatici contenenti il gruppo CH(0H). 
Nota del Dott. GIACOMO PONZIO. 


I. — Azione dell’acido nitrico sugli alcooli secondarî 
OH, CHO CH, Pr 


Chancel, dopo aver dimostrato in un suo lavoro (1) che per 
azione dell’acido nitrico sui chetoni CH; .CO.CH,.R risultano 
dinitroidrocarburi R.CH(N30,), dice che la stessa reazione può 
servire a caratterizzare gli alcooli secondarì CH; .CHOH.CH,.R 
quando però essi vengano prima trasformati, mediante una mo- 
derata ossidazione con miscela cromica, nei corrispondenti chetoni. 

Il Richter nel suo Trattato di Chimica organica (2) genera- 
lizzando forse troppo queste parole di Chancel, riferisce fra i 
metodi di formazione dei dinitroidrocarburi anche l’azione diretta 
dell’acido nitrico sugli alcooli secondarîi, ma senza alcuna cita- 
zione di luogo di pubblicazione o di autore. L'esempio portato 
dal Richter, cioè la formazione del dinitropropano dal dietil- 
carbinolo: 

(C.H;)s.CHOH + CH3.CHs.CH(N0,), 


è però completamente erroneo, poichè, come dimostrerò in questo 
stesso lavoro, dal dietilcarbinol si ottiene invece dinitroetano 
CH; . CH(NO;), (3). 


(1) “ Comptes Rendus ,, 94, 399 (1882). 
(2) V. v. Ricurer, Chemie der Kohlenstoffverbindungen, 6. Aufl., I, p. 174. 
(8) Nella stessa pagina è anche riportata la formazione del dinitropro- 
pano dal dietilchetone: 
(C.Hx)aC0 [ret CH; . CHa . CH(N03) 


ma evidentemente in questo caso l’autore dev'essere incorso in una svista, 
poichè a pag. 233 dello stesso trattato è detto invece che si forma dini- 
troetano : 

(cH;,c0 ENO: cH,. CH(NO,), 


come avviene realmente. 


122 GIACOMO PONZIO 


Siccome non ho trovato nella letteratura chimica se tale 
reazione sia già stata studiata da qualcuno e poichè inoltre 
avevo motivo di dubitare che nell’azione dell’acido nitrico sugli 
alcooli secondarî oltre al dinitroidrocarburo si formasse anche 
un a-dichetone (per analogia con quanto avviene pei chetoni, 
dai quali risulta sempre per azione dell’acido nitrico, oltre al 
dinitroidrocarburo, anche un a-dichetone sfuggito al Chancel) (1) 
così ho ripreso lo studio della reazione e le mie ricerche, con- 
fermando quanto prevedevo, mi hanno condotto alla conclusione 
che l’a-dichetone non solo si forma, ma che esso rappresenta 
il prodotto principale dell’azione dell’acido nitrico sugli alcooli 
secondari. 

La trasformazione degli alcooli secondarî in a-dichetoni e 
in dinitroidrocarburi: 

7CH3z.C0.CO0.,R 
CH, . CHOH . CH, . R< 
(Re CH N50) 


si spiega facilmente riflettendo al fatto che tali alcooli dànno 
per ossidazione i chetoni corrispondenti; però mentre dai chetoni 
gli a-dichetoni e i dinitroidrocarburi risultano sempre in quantità 
notevoli, dagli alcooli secondarî se ne ha una quantità assai 
piccola, che tuttavia aumenta col crescere del peso molecolare 
dell'alcool ossidato. Ciò trova la sua ragione nel fatto che nel 
caso degli alcooli secondarì la reazione è molto più viva. 

Nelle mie esperienze ho sempre impiegato acido nitrico 
commerciale, della densità 1,38, ed ho seguito esattamente il 
metodo usato nell’ossidazione dei chetoni (2). 


Metiletilearbinolo. 


Ho preparato il metiletilcarbinolo CH, .CHOH .CH,.CHg 
(alcool butilico secondario) occorrente per le mie esperienze, 
seguendo il metodo di Wagner (3), cioè facendo agire l’acetal- 
deide sullo zincoetile e poi decomponendo con acqua il composto 


(1) FrLerr e Ponzio, Trasformazione dei chetoni in a-dichetoni, © Gazz. 
Chim. It. ,, 25, I, 233 (1895), 27, I, 255.(1897), 28, II, 262 (1898). 

(2) “ Gazz. Chimi. *It:‘,;_25,'I, 287 (1895). 

(3) © Annalen ,, 187, 261 (1876). 


AZIONE DELL'ACIDO NITRICO SUI COMPOSTI ALIFATICI, ECC. 723 


d’addizione così formatosi. L’alcool, ottenuto mediante distilla- 
zione col vapor d’acqua, bolliva, dopo disseccamento su carbonato 
potassico fuso, a 98°-99°. Trattato con acido nitrico fornì dia- 
cetile CHz.C0.C0.CH; e dinitroetano CHz:CH (N30) i quali si 
isolarono, il primo come diossima, il secondo come sale potassico. 

Da gr. 20 di alcool si ebbero in tal modo gr. 2 di diace- 
tildiossima CH; . C(NOH).C(NOH).CH; fusibile, dopo cristalliz- 
zazione dell’alcool acquoso, a 234° con sublimazione, e gr. 0,1 
di dinitroetanpotassio CHg.CK(N:0,) riconosciuto per la sua pro- 
prietà di colorarsi in rosso per azione della luce. 

Gr. 0,1265 di sostanza fusibile a 234° fornirono ce. 25,7 di 
azoto (Ho = 748,4, t= 9°) ossia gr. 0,30560. 

Cioè su cento parti: 


_ trovato calcolato per Cy+HgN303 
Azoto 24,16 24,13 
Dietilcarbinolo. 


Il dietilcarbinolo CHz.CH,.CHOH.CH,.CH; (alcool amilico 
secondario) era già stato ottenuto da Saytzew e Wagner (1) trat- 
tando il formiato di etile con ioduro d’etile e zinco; io l’ho 
preparato molto più comodamente, riducendo il dietilchetone col 
metodo impiegato da Wislicenus (2) pel metil-8-butilchetone. 

A tale scopo ho sciolto il chetone in etere galleggiante sopra 
uno strato d’acqua e l'ho trattato colla quantità teorica di sodio, 
impedendo ogni aumento di temperatura onde evitare la forma- 
zione del pinacone. Dopo aver seccata la soluzione eterea su 
solfato sodico anidro, evaporai il solvente ed ottenni così il die- 
tilcarbinolo, bollente a 113°-114°. 

Trattato con acido nitrico fornì acetil[propionile CH3z.C0.C0. 
CHs.CH, e dinitroetano CHz3.CH(N30;) che isolai, come nel caso 
precedente, allo stato di diossima e di sale potassico. 

Da gr. 20 di alcool ottenni gr. 2 di acetilpropionildiossima 
CHz.C(NOH).C(NOH).CH,.CH; la quale, dopo  cristallizzazione 
dall’alcool si fondeva a 172°-173°, e gr. 0,2 di dinitroetanpotassio 
CH3.CK(N30;) che fu riconosciuto pel suo comportamento alla luce 


(1) “ Annalen ,, 175, 351 (1875). 
(2) “ Annalen ,, 229, 309 (1883). 


724 GIACOMO PONZIO 


Gr. 0,1225 di sostanza fusibile a 172°-173°, fornirono ce. 22,2 
di azoto (Ho = 746,9, t= 9°), ossia gr. 0,026345. 
Cioè su cento parti: 


trovato calcolato per CyHioN30a 
Azoto 21,50 21,59 
Metilbutilcarbinolo. 


Il metilbutilcarbinolo CH; .CHOH .CH,.CH,.CH,.CH; (alcool 
essilico secondario) era già stato ottenuto da Wanklyn ed Er- 
lenmeyer (1) sia agitando l’essilene con acido solforico, che il 
ioduro di essile secondario con ossido d’argento, e da Lieben (2) 
dal dicloroetere e zincoetile. Io l’ho preparato riducendo il me- 
tilbutilchetone con sodio secondo il metodo citato poc'anzi e bol- 
liva a 139°,5 alla pressione, ridotta a 0°, di 745®®, 


Gr. 0,1576 di sostanza fornirono gr. 0,4063 di anidride car- 
bonica e gr. 0,1956 di acqua. 


Cioè su cento parti: 


trovato calcolato per CH,0 
Carbonio 70,31 70,58 
Idrogeno 19,79 13,72. 


Con acido nitrico fornì acetilbutirile CH3.CO.CO .CH,.CH,.CHg 
e dinitrobutano CHz.CH;.CH,.CH(N0,) che furono come al solito 
isolati trasformandoli rispettivamente in diossima e in sale po- 
tassico. 

Da gr. 20 di alcool si ebbero così gr. 2,5 di acetilbutiril- 
diossima CH;.C(NOH).C(NOH).CH,.CH,.CH;, che lavata con 
benzina e cristallizzata dall’alcool si fondeva a 170°-171° e gr. 0,8 
di dinitrobutanpotassio CH3 . CH, .CH,.CK(N:0,) che cristallizzato 
dall’alcool si presentò in laminette gialle, splendenti. 


Gr. 0,1738 di sostanza fusibile a 170°-171°, fornirono cc. 27,9 
di azoto (Ho, = 749,2, t= 6°) ossia gr. 0,033616. 


(1) “ Journ. Chem. Soc. ,, 16, 230 (1868). 
(2) “ Annalen ,, 178, 22 (1875). 


AZIONE DELL'ACIDO NITRICO SUI COMPOSTI ALIFATICI, ECC. 725 


Cioè su cento parti: 


trovato calcolato per CsHiaN303 
Azoto 19,34 19,44 


_ Gr. 0,2616 di sale potassico fornirono gr. 0,1220 di solfato 
potassico. 
Cioè su cento parti: 


trovato calcolato per C,H}KN:0, 
Potassio 20,90 20,96 
Metilessilcarbinolo. 


Il metilessilcarbinolo CHz.CHOH.CH,.CH,.CH,,CH,.CH,.CHy 
(alcool ottilico secondario) l’ho preparato dall’olio di ricino se- 
condo il metodo di Freund e Schénfeld (1), cioè mediante trat- 
tamento con idrato potassico. Bolliva a 176°177°. 

Per azione dell’acido nitrico fornì acetilcaproile CH3.CO0.CO. 
CH; . CH, .CH,.CH,.CH; e dinitroesano CHz.CH,.CH,.CH,.CH,. 
CH(N.0,), i quali furono, come nei casi precedenti, trasformati 
nella diossima e nel sale potassico corrispondenti. 

Da gr. 20 di alcool si ebbero così gr. 2 di acetilcaproil- 
diossima CH;.C(NOH). C(NOH).CH,.CH,.CH,.CH,.CH;, che la- 
vata con benzina e cristallizzata dall’alcool acquoso si fuse a 
170°-171°, e gr. 1 di dinitroesanpotassio CH; .CH, .CH,.CH,.CH,. 
CK (N30) che, dopo cristallizzazione dall’alcool, si ebbe in lami- 
nette gialle splendenti. 

Gr. 0,1875 di sostanza fusibile a 170°-171° fornirono cc. 25,8 
di azoto (Ho, = 752,5, t= 9°), ossia gr. 0,030848. 

Cioè su cento parti: 


trovato calcolato per CgHigN20s 
rr rr "—" ee— — 
Azoto 16,45 16,27 


Gr. 0,2770 di sale potassico fornirono gr. 0,1120 di solfato 
potassico. 
Cioè su cento parti: 


trovato calcolato per CeHu KN30, 
Potassio 18,12 18,22 


(1) “ Berichte ,, 24, 3350 (1891). 


£ 


726 GIACOMO PONZIO 


II. — Azione dell’acido nitrico sugli alcooli chetonici 
R.CO.CHOH.R. 


Di a-dichetoni simmetrici della serie grassa si conosce finora 
il solo diacetile CH3.CO.CO.CHgz, poichè i tentativi fatti da 
varî chimici per prepararne gli omologhi superiori: dipropionile 
CH; .CO.CO. C,H;s, dibutirile C3H, . CO . CO . C3H,, divalerile 
CiHg .CO . CO .C4Hy, ecc., diedero sempre risultati negativi. 

Si credette per qualche tempo di poter ottenere tali a-diche- 
toni facendo agire il sodio sui cloruri dei radicali acidi, secondo 
l'equazione : 


R.COC1 R.C0 
+ Nagel + 2NaC1 
R. COCI R.CO 


ed anzi Freund (1) e Minchmeyer (2) descrissero come dibuti- 
rile e Briihl (3) come diisovalerile i prodotti ottenuti rispetti- 
vamente dal cloruro di butirile e di isovalerile. 

Più tardi però Klinger e Schmitz (4) dimostrarono che tali 
composti non erano a-dichetoni ma eteri del glicole acetilenico 
bisostituito: 


R- C- 0(C0.R) 


Î 
R_(- 0(C0.R) 


e quindi che i cosidetti dibutirile e diisovalerile non erano ri- 
spettivamente che dibutirato di dipropilacetilenglicole e diisova- 
lerato di diisobutilacetilenglicole: 


CH; . CO(COCH,) CH . CO(COC,Ho) 
e 
CH, . CO(CO0,H,) C,Hs . CO(COC,H;) 


(1) “ Annalen ,, 178, 85 (1861). 
(2) “ Berichte ,, 19, 1845 (1886). 
(3) “ Berichte ,, 12, 315 (1879). 
(4) “ Berichte ,, 24, 1271 (1891). ®* 


po _m_—————rr—————11| 


AZIONE DELL'ACIDO NITRICO SUI COMPOSTI ALIFATICI, ECC. 727 


Lo stesso dimostrò Anderlini (1) pel cosidetto dipropionile 
che riconobbe per dipropionato di dietilacetilenglicole: 


C:H; . CO(COC,H;) 


Î 
C;H; . CO(COC,H,) 


Si tentò pure di arrivare ad a-dichetoni simmetrici ossidando 
i glicoli secondari corrispondenti sia con acido nitrico che con 
acqua di bromo, ma le esperienze fatte da Fossek (2) e da 
Pechmann (8) per ottenere il diisobutirile (CH;).CH .CO.CO. 
CH(CH;). dal cosidetto diisopropilglicole non sono concludenti, 
poichè il corpo dal quale essi partivano (e che secondo Fossek (4) 
si forma per azione della potassa alcoolica sull’isobutilaldeide) 
‘non è diisopropilglicole (CH3),CH . CHOH . CHOH .CH(CHy), ma 
trimetilpentadiol (CH;),CH.CHOH .C(CH;),.CH;0H, come dimo- 
strarono posteriormente Brauchbar (5) e Urbain (6). 

In due soli casi si era potuto dimostrare la formazione di 
un a-dichetone simmetrico (il dipropionile CH; .CH,.CO.C0. 
CH;.CH), cioè nell'azione dell'acido nitrico sull’etilpropilchetoîte 
CH3.CH,.CO .CH.. CH... CH; (7) e nell’azione del tetrossido d’azoto 
sulla miscela dei due isonitrosochetoni isomeri CHz.C(NOH). 
CO.CH,.CH,.CHz e CH3.CH;.CO.C(NOH).CH;.CH; che si ot- 
tengono per azione dell'acido nitroso sullo stesso etilpropilche- 
tone (8). Però sia nell’un caso che nell’altro la separazione del 
dipropionile non si potè effettuare formandosi contemporanea- 
mente un a-dichetone asimmetrico: l’acetilbutirile CHy.CO.CO. 
CH,.CH,.CH;. 

In seguito ai risultati delle esperienze, riferite nella prima 
parte di questo lavoro, sulla trasformazione degli alcooli secon- 
darî CH;.CHOH.CH,.R in a-dichetoni CH;.C0.CO.R ho voluto 


(1) “ Gazz. Chim. It. ,, 25, II, 46 (1895). 

(2) “ Monatshefte ,, 4, 664 (1884). 

(3) “ Berichte ,, 24, 2427 (1890). 

(4) © Monatshefte ,, 4, 664 (1884). 

(5) © Monatshefte ,, 17, 637 (1896). 

(6) “ Bull. Soc. Chim. ,, 78, 1049 (1895). 

(7) Fireri e Ponzio, “ Gazz. Chim. It. ,, 27, I, 264 (1897). 

(8) Ponzio e De-Gasparr, “ Gazz. Chim. It. ,, 28, II, 269 (1898). 


728 GIACOMO PONZIO 


accertarmi se facendo agire l’acido nitrico sugli alcooli cheto- 
nici R.CO.CHOH.R (detti anche a-chetoli o benzoini alifatici) 
non si riuscisse finalmente a trovare un metodo per la prepa- 
razione degli a-dichetoni simmetrici della serie grassa. E le mie 
esperienze furon coronate da buon esito poichè potei in tal modo 
ottenere dal propioino CH; .CO .CHOH . C.Hs, dal butiroino 
C3H,.C0.CHOH.03H,, dall’isobutiroino (CHg), CH.CO.CHOH. 
CH (CH;)., e dall’isovaleroino (CHs), CH .CH,.CO.CHOH.CH,. 
CH (CH3). i veri dipropionile CH; .CO.CO.C,H;, dibutirile 
C3H,.C0.C0.03H,, diisobutirile (CH), CH.C0.CO.CH (CH3)., 
e diisovalerile (CH3), CH .CH,.CO.CO.CH,.CH (CH3),, i quali, 
come gli a-dichetoni asimmetrici, sono liquidi gialli, più leggieri 
dell’acqua, facilmente volatili col vapore e capaci di bollire 
inalterati alla pressione ordinaria trasformandosi in un vapore 
giallo di odore caratteristico analogo a quello del diacetile. 

Questi dichetoni, che mi riservo di descrivere assieme ai 
Joro derivati in una prossima pubblicazione, li ho sempre isolati 
e caratterizzati allo stato di diossime, le quali (a differenza 
delle diossime degli a-dichetoni asimmetrici, che per uno strano 
caso si fondono tutte verso 170°) hanno punti di fusione fra di 
loro abbastanza distanti. 


Dipropionile 
CH; .CH,.CO.CO.CH,.CH;. 


Per preparare questo dichetone conviene partire dal cloruro 
di propionile, trasformarlo dapprima, mediante il sodio in solu- 
zione eterea, in dipropionato di dietilacetilenglicole e poi me- 
diante idrato potassico in propioino; però invece di fare la sa- 
ponificazione con potassa alcoolica, come Anderlini (1), è meglio 
seguire il consiglio di Basse e Klinger (2) e impiegare una 
soluzione acquosa di idrato potassico. 

Il propioino CHz.CH,.C0.CHOH.CH,. cH, così ottenuto si 
tratta con acido nitrico commerciale (4 = 1,37) secondo il pro- 
cedimento usato da Fileti e Ponzio (3) per trasformare i chetoni 
in a-dichetoni, e dal prodotto della reazione, separato dalle acque 


(1) © Gazz. Chim. It. ,, 25, II, 46 (1895). 
(2) “ Berichte ,, 31, 1217 (1898). 
(3) “ Gazz. Chim. It. ,, 25, I, 287 (1895). 


AZIONE DELL'ACIDO NITRICO SUI COMPOSTI ALIFATICI, ECC. 729 


nitriche, s'isola il dipropionile CH; . CH, . CO . CO . CHs.CH; me- 
diante distillazione con vapor d’acqua. Il dipropionile si trasforma 
poi senz'altro in diossima: a tale scopo lo si tratta dapprima 
con cloridrato di idrossilamina e carbonato sodico e, dopo un 
certo tempo, con altro cloridrato di idrossilamina ed un eccesso 
di idrato sodico. Questo procedimento non si può evitare, poichè 
il dipropionile (come tutti i dichetoni) è decomposto dall’idrato 
sodico e d’altra parte in presenza di carbonato sodico la reazione 
non è completa e la maggior parte del dichetone vien trasfor- 
mata soltanto in monossima. Che realmente risulti come pro- 
dotto intermedio la monossima del dichetone (isonitrosochetone) 
è provato da ciò che quando si aggiunge l’idrato sodico il li- 
quido si colora in giallo e questa colorazione scompare poi poco 
a poco col formarsi della diossima. Quando nel liquido non si 
trova più isonitrosochetone, cioè quando la soluzione è diventata 
incolora, si aggiunge dell’acido cloridrico diluito, per il che la 
diossima precipita come una sostanza solida bianca che si pu- 
rifica per cristallizzazione dalla benzina. 

La diossima del dipropionile CHz.CH..C (NOH).C (NOH). 
CH;,.CH,, così ottenuta, si presenta in aghi bianchi splendenti 
fusibili a 185° con sublimazione ed è abbastanza solubile a caldo 
e poco a freddo nella benzina, nel cloroformio e nell’acqua, so- 
lubile sia a caldo che a freddo nell’alcool e nell’etere, insolubile 
anche a caldo in eteri di petrolio. 

Gr. 0,1089 di sostanza fornirono cc. 18 di azoto (Ao = 740,1, 
t= 8°), ossia gr. 0,021252. 

Cioè su cento parti: 


trovato calcolato per CsHyaN30s 
Azoto 19,51 19,44 
Dibutirile 


CH; . CH. . CH,. CO .CO. CH. CH, . CH3. 


Per ottenere questo dichetone si parte dal cloruro di buti- 
rile, lo si trasforma per azione del sodio in dibutirato di dipro- 
pilacetilenglicole, si saponifica quest’ultimo con idrato potassico 
in soluzione acquosa e finalmente si tratta il butiroino CH3.CH,;. 

Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 49 


730 GIACOMO PONZIO 


CH,.CO.CHOH.CH;.CH,.CH,; così ottenuto, con acido nitrico 
commerciale. 

Il -prodotto della reazione contiene oltre al dibutirile CH3. 
CH..CH,.C0.C0.CH,.CH,.CHz anche una piccola quantità. di 
dinitropropano CH3.CH,.CH(N,0,) formatosi per una reazione 
secondaria; perciò, dopo separazione delle acque nitriche e distil- 
lazione in corrente di vapore, conviene trattare il distillato con 
carbonato potassico, dove il solo dinitroidrocarburo si scioglie con 
colorazione gialla. Per isolare quest’ultimo dalla soluzione alca- 
lina la si acidifica cautamente con acido cloridrico diluito, si 
estrae con etere e si tratta la soluzione eterea umida con idrato 
potassico in polvere, per il che si separano quasi subito lami- 
nette gialle che, dopo due cristallizzazioni dall'alcool, sottoposte 
all'analisi dànno numeri concordanti colla formola del dinitro- 
propanpotassio. 


Gr. 0,3712 di sostanza fornirono gr. 0,1870 di solfato po- 
tassico. 


Cioè su cento parti: 


trovato calcolato per C3H;KN30, 
Potassio 22,58 22,67 


Il dibutirile rimasto indisciolto allo stato di olio giallo si 
trasforma senz’altro in diossima trattandolo prima con cloridrato 
di idrossilamina e carbonato sodico e dopo riposo con altro clori- 
drato di idrossilamina e idrato sodico; ciò per i motivi esposti 
a proposito del dipropionile. 

La diossima del dibutirile CH3z.CH,.CH,.C(NOH).C(NOH). 
CH,.CHs.CH3 precipitata dalla sua soluzione alcalina con acido 
cloridrico diluito,e cristallizzata dalla benzina, si presenta in 
lunghi e fini aghi splendenti fusibili a 175° ed è abbastanza so- 
lubile a caldo e pochissimo a freddo in benzina e in cloroformio, 
solubile sia a freddo che a caldo nell’etere e nell’alcool, inso- 
lubile nell'acqua e negli eteri di petrolio. 

I. Gr. 0,1938 di sostanza fornirono gr. 0,3951 di anidride 
carbonica e gr. 0,1666 di acqua. 

II. Gr. 0,1458 di sostanza fornirono cc. 20,6 di azoto 
(Ho = 735,6, t= 12°) ossia gr. 0,023765. 


È | de Gia ti” xa ian 


AZIONE DELL'ACIDO NITRICO SUI COMPOSTI ALIFATICI, ECC. 731 


Cioè su cento parti: 


trovato calcolato per 
I II CsHigNa0a 
Carbonio 55,60 — 55,81 
Idrogeno 9,55 — 9,30 
Azoto — 16,35 16,27 


Un'altra porzione di dichetone fu scaldata con un eccesso 
di fenilidrazina a 150° per varie ore in bagno d’olio; il prodotto 
della reazione, versato in acido acetico diluito fornì una sostanza 
solida, gialla che cristallizzata dall’alcool si presentò in prismi 
leggermente giallognoli, fusibili a 137°, e che all’analisi diedero 
numeri concordanti colla formola del dibutirilosazone CH;.CH.. 
CH; . C(N:HC;Hg) . CIN:HC;Hs) . CH, . CH, . CH; già descritto da 
Basse e Klinger (1). 

Gr. 0,1995 di sostanza fornirono ce. 29,3 di azoto (Ho = 751,7, 
t= 15°), ossia gr. 0,034134. 

Cioè su cento parti: 


trovato calcolato per CaHagN; 
Azoto Lug" i 17,42 
Diisobutirile 


(CH;);CH.CO.CO.CH(CH;),. 


Questo dichetone si forma facendo agire l’acido nitrico com- 
merciale sull’isobutiroino (CH3).CH .CO.CHOH.CH(CH;), prepa- 
rato saponificando con idrato potassico il diisobutirato di diiso- 
propilacetilenglicole, che a sua volta si ottiene facendo agire il 
sodio sul cloruro di isobutirile. 

La diossima del diisobutirile (CH3).CH .C(NOH).. C(NOH). 
CH(CHs): preparata in modo identico alle precedenti e cristalliz- 
zata dalla benzina, si presenta in aghi bianchi fusibili a 163°-164° 
con sublimazione ed è abbastanza solubile a caldo e poco a 
freddo in alcool ed etere, insolubile negli eteri di petrolio e 
nell’acqua. 

I. Gr. 0,2292 di sostanza fornirono gr. 0,4679 di anidride 
carbonica e gr. 0,1968 di acqua. 


(1) “ Berichte ,, 37, 1219 (1898). 


732 GIACOMO PONZIO 


II. Gr. 0,1950 di sostanza fornirono cc. 27,3 di azoto 
(Ho= 738,4, t= 9°) ossia gr. 0,032026. 
Cioè su cento parti: 


trovato calcolato per 
I II CsHigNa0a 
Carbonio 55,67 — 55,81 
Idrogeno 9,54 _ 9,30 
Azoto 16,42 16,27 
Diisovalerile 


(CH;),CH.CHs. CO .CO . CH. CH(CH,),. 


Il punto di partenza per la preparazione di questo diche- 
tone è il cloruro di isovalerile, il quale si trasforma prima in 
diisovalerato di diisobutilacetilenglicole e poi in isovaleroino 
(CHx).CH . CH,. CO . CHOH . CH,. CH(CH)x. 

Quest'ultimo per azione dell’acido nitrico fornisce il diiso- 
valerile (CH3)».CH .CH,.CO.CO.CH,.CH(CH3); che fu isolato me- 
diante distillazione col vapore e trasformato nel solito modo. in 
diossima. 

La diossima del diisovalerile (CH3) CH .CH,.C(NOH).C(NOH). 
CH..CH(CHs;), purificata mediante cristallizzazione della benzina 
si presenta in splendidi aghi bianchi fusibili a 195° con subli- 
mazione; è solubile anche a freddo in alcool ed in etere, abba- 
stanza solubile a caldo e pochissimo a freddo in benzina e clo- 
roformio, insolubile negli eteri di petrolio e nell'acqua. 

I. Gr. 0,1535 di sostanza fornirono gr. 0,3378 di anidride 
carbonica e gr. 0,1398 di acqua. 

II. Gr. 0,1461 di sostanza fornirono ce. 17,9 di azoto 
(Ho = 733,6, t= 12°), ossia gr. 0,0205906. 


Cioè su cento parti: 


trovato calcolato 
I II per CioHaN30a 
“arbonio roi) 60,00 
Idrogeno LOST _ 10,00 


Azoto — 14,09 14,00 


AZIONE DELL'ACIDO NITRICO SUI COMPOSTI ALIFATICI, ECC. 783 


Un'altra porzione di dichetone fu scaldata per 3 ore a 150° 
con un eccesso di fenilidrazina e trasformata così nell’ osazone 
del diisovalerile (CH3);CH . CH, . C(N:HC;Hs) . C(NsHC;Hs). CH.. 
CH(CH;). il quale cristallizzato dall'alcool si presenta in prismi 
giallognoli fusibili a 163°-164°, conforme ai dati di Basse e 
Klinger (1). 

Gr. 0,1731 di sostanza fornirono ce. 23,8 di azoto (Ho= 746,3, 
t= 14°), ossia gr. 0,027650. 


Cioè su cento parti: 


trovato calcolato per C33Hz0N, 
as —P 
Azoto 15,97 16,03. 


Torino, Istituto Chimico della R. Università. 


(1) “ Berichte ,, 37, 1222 (1898). 


L’ Accademico Segretario 
Enrico D’Ovipro. 


734 


CLASSI UNITE 


Adunanza del 21 Aprile 1901. 


PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. ALFONSO COSSA 
PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA 


Sono presenti i Soci: 
della Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali: 
D’Ovipro, NAccARI, CAMERANO, JADANZA, GUARESCHI, Gui, 
FiLeri e Parona. — È scusata l'assenza del Socio MATTIROLO; 
della Classe di Scienze morali, storiche e filologiche: 
Pryron, Vice Presidente dell’Accademia, Rossi, Pezzi, CARLE, 
BoseLLi, Pizzi e Renier Segretario. — È scusata l’assenza del 
Socio FERRERO. 
Si approva l’atto verbale dell'adunanza antecedente a Classi 
Unite, 31 marzo 1901. 
Il Presidente legge: 
1°, una lettera della signora Erminia Brambilla vedova 
Bizzozero, con cui ringrazia l'Accademia per le condoglianze 
inviatele nell’ occasione della morte del marito, il rimpianto 
Senatore Giulio BizzozERo; 
2°, il telegramma con cui il Socio nazionale non resi- 
dente Senatore Graziadio AscoLi ringrazia l'Accademia degli 
auguri inviatigli per il suo quarantesimo anno d’insegnamento. 
Il Socio D’Ovipro, invitato dal Presidente, procede all’espo- 
sizione finanziaria per il passato esercizio dell’anno 1900, e 
presenta il bilancio preventivo dell’anno in corso. 


735 


L'Accademia approva tanto il conto consuntivo, quanto il 
bilancio preventivo. 

Approva pure i resoconti delle gestioni delle eredità Bressa, 
Gautieri e Vallauri; scarica il tesoriere da ogni contabilità pas- 
sata e gli dà carico per l'esercizio in corso dell’anno cor- 
rente 1901. 


Invitata dal Rettore della R. Università, l'Accademia passa 
a nominare un suo rappresentante presso la Commissione Am- 
ministrativa del Consorzio Universitario, in sostituzione del com- 
pianto Socio Bizzozero. 

È eletto il Socio D’Ovipro, che accetta ringraziando. 


Gli Accademici Segretari 
Enrico D’OvipIo 
RopoLro RENIER. 


736 


CLASSE 


DI 


SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE 


Adunanza del 21 Aprile 1901. 


PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. BERNARDINO PEYRON 
_ VICE PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA 


, 


Sono presenti i Soci: Rossi, Pezzi, CARLE, BosELLI, Pizzi e 
RenIer Segretario. — I Soci FERRERO e Brusa scusano la propria 
assenza. 

Si legge e si approva l’atto verbale dell'adunanza antece- 
dente, 31 marzo. 1901. 

Il Presidente comunica: 

1°, l'invito da parte della Société Francaise d’ Archéologie 
pour la conservation des monuments historiques, a partecipare 
al Congresso archeologico che si terrà in Agen ed in Auch 
dall’11 al 18 giugno 1901; 

2°, il programma di concorso dell’ Académie de Stanislas 
di Nancy per tre premi, che saranno assegnati a lavori di storia. 

Il Socio CarLE presenta per gli Attà un secondo gruppo di 
Lettere inedite di Vincenzo Gioberti (1). 


(1) Ambedue le comunicazioni del Socio CARLE escono insieme nel pre- 
sente fascicolo degli Atti. 


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G. CARLE — ALCUNE LETTERE INEDITE DI VINCENZO GIOBERTI 737 


LETTURE 


Alcune lettere inedite di Vincenzo Gioberti 


pubblicate dal Socio GIUSEPPE CARLE. 


Del copiosissimo carteggio di Vincenzo Gioberti la parte 
maggiore e più importante fu certo pubblicata da Giuseppe 
Massari nel monumento pietoso, che egli eresse alla memoria 
del maestro e dell'amico, coi suoi tre grossi volumi col titolo: 
Ricordi biografici e carteggio di Vincenzo Gioberti (Torino, Eredi 
Botta, 1860-63). Il Massari nel finire l’opera sua ricordava la 
statua, che erasi eretta al Gioberti in Piazza Carignano a Torino, 
stata inaugurata il 4 aprile 1860, e conchiudeva dicendo: “ Mo- 
“ numento maggiore lo aspetta nell’eterna Città. Ricuperando 
“la sua capitale, l’Italia non dimenticherà il debito della gra- 
“ titudine verso chi tanto l’amò e tanto per essa operò e soffrì, 
“e eol suo genio apparecchiò e divinò la sua unità nazionale 
“e la sua grandezza , (Vol. II, pag. 613). 

Sino ad ora, come lamentò il Gioda in un suo recente 
scritto su Vincenzo Gioberti (1), questo maggior monumento in 
Roma capitale d’Italia non gli fu ancora eretto; e quindi, mentre 
si sta in aspettazione della giustizia che tosto o tardi gli sarà 
certamente resa dal popolo italiano, è giusto ed opportuno che 
in occasione del centenario della sua nascita si cerchi almeno 
di compiere sempre più quel monumento dell’amicizia, che è 
stato iniziato e in buona parte compiuto dal Massari, rendendo 
pubbliche alcune lettere del Gioberti, che a mia notizia sono 
ancora inedite. 

Delle varie forme letterarie, la epistolare confacevasi mi- 
rabilmente alla spontaneità meravigliosa nello scrivere, che era 


DS 


propria al Gioberti, e quindi è sopratutto colle lettere che egli 


(1) “ Nuova Antologia ,, 1° aprile 1901. 


738 GIUSEPPE CARLE 


ha scritto, che si può rifare la storia della sua vita, delle sue 
opere, dei suoi sentimenti ed affetti, e si può avere la prova 
della coerenza e della continuità del suo pensiero religioso, filo- 
sofico, politico e civile. Dalle lettere appare come nel Gioberti 
l’uomo privato andasse perfettamente d’accordo collo scrittore, 
e più tardi anche coll’uomo politico, e come le maggiori opere 
sue siano lo svolgimento splendido e magniloquente di idee e di 
concetti da lui profondamente sentiti, che egli esponeva in modo 
più conciso, più semplice e famigliare nella sua corrispondenza 
cogli amici. Fu mediante quest’ultima, che egli, esule negli anni 
migliori della sua vita, continuò in certo modo a vivere nella 
patria sua. La sua corrispondenza quindi a volta a volta ap- 
pare filosofica, religiosa, politica, sociale e rispecchia in ogni 
sua parte lo stato dell'animo suo. Essa assume carattere di- 
verso secondo le persone, a cui è indirizzata, e secondo la fami- 
gliarità maggiore o minore in cui egli trovasi con esse: ma è 
sempre vivificata dalla schiettezza e dalla sincerità. 

Oltre alle lettere già pubblicate dal Massari, che abbrac- 
ciano i varii stadii della sua vita e che sono indirizzate a persone 
di condizione diversa, hanno un grande interesse dal punto di 
vista politico le lettere state pubblicate da B. E. Maineri, che 
comprendono il carteggio del Gioberti con Giorgio Pallavicino, 
durante il periodo del suo secondo volontario esilio a Parigi (1). 
Hanno invece un grande interesse, dal punto di vista delle opi- 
nioni ed opere filosofiche del Gioberti e della sua vita privata, 
le lettere pubblicate da Domenico Berti, dirette a Pietro Riberi 
e a Giovanni Baracco, delle quali le prime rimontano ad epoca 
anteriore al suo esilio, e le ultime giungono poi fino alla prima- 
vera del 1848, in cui egli ritornò in Piemonte (2). Altre lettere 
del Gioberti trovansi pure nell'opera del Chiala sul Dabormida e 
i suoi tempi (8), come pure nel carteggio di Terenzio Mamiani 


(1) L’opera ha il seguente titolo: Il Piemonte nel 1850, 51 e 52. Lettere 
di Vincenzo Gioberti a Giorgio Pallavicino per cura di B. E. Maineri. 
Milano, 1875. i 

(2) D. Berti, Di Vincenzo Gioberti riformatore, politico. e ministro, con 
sue lettere inedite a Pietro Riberi e Giovanni Baracco. Firenze, 1881. 

(3) Lurer CaraLa, La vita e i tempi del generale Giuseppe Dabormida e i 
suoi tempi. Torino, Roux, 1896. 


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ALCUNE LETTERE INEDITE DI VINCENZO GIOBERTI 739 


pubblicato da Ettore Viterbo (1) ed una anche in quello di 
Michele Amari, pubblicato dal d’Ancona (2). Di recente poi il 
prof. Gabotto pubblicò quattro lettere del Gioberti a Carlo 
Rapelli (3). Così pure il prof. Billia pubblicò nel 1° fascicolo 
di gennaio 1901 del Nuovo Risorgimento, da lui diretto, due 
lettere allo stesso Carlo Rapelli, e in quello di febbraio e marzo 
altre due lettere a Severino Battaglione. 

Certo sarebbe a desiderarsi che queste lettere ed altre, che 
trovansi pubblicate separatamente in Riviste, in giornali quoti- 
diani od anche a parte (4), fossero raccolte e coordinate con 
altre lettere, che non sono ancora pubblicate. Così, ad esempio, 
un buon numero di lettere del Gioberti a Carlo Rapelli tro- 
vasi a mani del senatore Giovanni Faldellaj a cui furono co- 
municate dal senatore Leone Fontana. Così pure una colle- 
zione notevole di lettere del Gioberti è posseduta dal Conte 
Ippolito Cibrario, la quale comprende le lettere importantis- 
sime scritte dal Gioberti da Parigi prima del suo ritorno in 
Piemonte, indirizzate al Conte Ilarione Petitti di Roreto. Infine, 
ho pure consultato una quantità di autografi del Gioberti, che 
a me non risultano ancora pubblicati, posseduti dal Comm. Av- 
vocato Gaudenzio Caire di Novara, il quale ebbe la cortesia 
di comunicarmeli direttamente, cortesia della quale vivamente 
lo ringrazio. Questi autografi consistono per la maggior parte 
in spogli di libri fatti di mano dello stesso Gioberti, in me- 
morie scritte su fogli volanti, in prefazioni non compiute, in 
copie di traduzioni dal greco e dal latino. In essi ho trovato anche 


(1) Errore Virerso, Terenzio Mamiani. Lettere dall’ esilio. Vol. 2°, 
Roma, 1899. 

(2) ALessanpro D'Ancona, Carteggio di Michele Amari. Vol. 1°, Torino, 
pag. 242. 

(3) “ Bollettino bibliografico subalpino ,, 1900, pag. 141-146. 

(4) Così, ad esempio, la “ Rassegna Nazionale , di Firenze, pubblicò 
nel vol. 4° del 1890, pag. 166-168, una lettera del Gioberti a Felice Merlo; 
ed il prof. Vincenzo Di Giovanni pubblicò a parte nel 1894, Roma, Tipografia 
delle Terme di G. Balbi, in-89, una lettera di Vincenzo Gioberti a Terenzio 
Mamiani. Sono pure notevoli le due lettere scritte dal Gioberti a Luigi 
Ornato, in cui parla di Giordano Bruno e delle sue dottrine, in data l’una 
del 7 gennaio e l’altra del 5 febbraio 1833, state pubblicate dal Prof. G. C. 
Molineri, sotto il titolo: Vincenzo Gioberti e Giordano Bruno. Torino, 
Roux, 1889. 


740 GIUSEPPE CARLE 


qualche lettera, che ho creduto di pubblicare, come una all’Abate 
Baruffi, in cui il Gioberti si giustifica di alcuni appunti fattigli 
quanto al giudizio da lui dato sul Giordani e sul Leopardi, ed 
un’altra al Sig. Balleydier, autore di scritti storici sull'Italia, 
che egli ebbe a presentare con altra sua lettera a Cesare Balbo. 
Di tali autografi alcuni sembrano rimontare all’epoca dell’arresto 
del Gioberti nella cittadella di Torino. Da questi parmi opportuno 
trascrivere testualmente il seguente ricordo: “ In tutto questo 
mio affare (arresto e prigionia) — scrive il Gioberti, in un foglio 
volante, in cui si trovano altre annotazioni, — non c'è alcuno, che 
io mi sappia, fra i personaggi di governo, che mi abbia disservito; 
anzi, contro ad ogni aspettazione mia, li trovai tutti o favorevoli, 0 
non avversi, eziandio quelli che meno avrei creduto. Debbo poi in 
ispecie lodarmi del Comandante della cittadella di Torino, che 
durante la mia cattività mi usò ogni gentilezza e cortesia, che 
mi potessi aspettare da un animo nobile, e mi porse eziandio 
quelle agevolezze che poteva, senza punto trapassare il debito 
della sua carica. Egli mi ha fatto conoscere a prova, che gli 
uomini, per quanto siano discrepanti di opinioni, e a qualunque 
fazione appartengano, possono sempre trattare fra di sè uma- 
namente e con reciproca soddisfazione, quando hanno in comune 
due cose, che valgono per molte, cioè la moralità e l'onore ,. — 
Altri autografi invece si riferiscono all’epoca del suo secondo 
esilio volontario a Parigi. 

Nell’impossibilità, in cui mi troverei per ora di dare or- 
dine a questo complesso di lettere, mi limito a presentarne 
alcune, i cui originali mi furono comunicati dalla cortesia di 
coloro, che ne erano in possesso, o furono rinvenuti fra i ma- 
noscritti esistenti presso questa Accademia delle Scienze o 
presso il Museo del Risorgimento nazionale, nella sede statagli 
per ora assegnata. 

Nella pubblicazione mi attenni all'ordine cronologico, e mi 
limiterò a dare qualche brevissima notizia, che ho potuto rac- 
cogliere circa le persone, a cui le lettere sono indirizzate. 


Torino, Aprile 1901. 


GiusePPE CARLE. 


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ALCUNE LETTERE INEDITE DI VINCENZO GIOBERTI 741 


Al Nobil Uomo 
il signor Cavaliere Tomaso De Ocheda (1) 
Firenze 
all'albergo della Fontana 


Ho già consegnato al libraio Pomba la grammatica rabbi- 
nica del Zanolini, incaricandolo di spedirgliela per mezzo del 
sig. Piatti, col quale tiene corrispondenza, e ho inteso che la 
spedizione si farà o in sul fine di questo, o nel principio del 
prossimo mese; di modo che confido che V. S. lo riceverà al 
più tardi nel Febbraio. Per quanto abbia razzolato tra miei libri, 
non mi venne fatto di trovare l’opera del Patrizzi, e sono come 
risoluto di non averla, ed essere stato ingannato dalla memoria 
nel credere il contrario ; il che mi duole moltissimo, togliendomi 
la facoltà di offerire a V. S. Ill. un libro, che non le sarebbe 
forse stato al tutto discaro. Pur farò ogni diligenza di trovarlo 
altrove, e se mi verrà alle mani, Ella può star sicura, che l’opera 
sarà sua. Qui in Torino non vi sono novità letterarie, salvochè 
si stampano in picciol sesto, e a prezzo modicissimo due o tre 
raccolte di scrittori classici italiani. La nuova edizione del Di- 
zionario militare del Grassi uscirà presto alla luce, e per quanto 
mi pare dai saggi, che ne ho veduti, sarà questa un’opera molto 
vicina alla perfezione tanto per lo stile quanto per la dottrina. 
Ho già letta in parte la Storia del gnosticismo del Matter ; l’au- 
tore vi mostra un’ erudizione vasta, e sicura, e colla sua espo- 
sizione fa parer nuove, e piacevoli le stravaganze religiose di 
quegli antichi teosofi. Venne fuori un nuovo volume di Miscel- 
lanee di Vittorio Cousin, in cui vi sono due articoli sui sistemi 
di Senofane, e di Zenon di Elea, di molto rilievo. L’opera del 


(1) Nato a Tortona nel 1757. Fu bibliotecario del Crevenna e poi di 
Lord Spencer. Nel 1818 ritornò in Italia e si stabilì a Firenze, dove morì 
nel 1831. È probabile che il Gioberti l'abbia conosciuto in occasione del 
suo viaggio a Firenze nel 1828, e che da quel tempo sia cominciata la loro 
corrispondenza. Di questa lettera non si pubblicò la parte prima, che si 
riferisce a cose di interesse esclusivamente privato. L'originale di essa tro- 
vasi nella raccolta Cossilla presso il Museo del Risorgimento nazionale. 


742 GIUSEPPE CARLE 


Damiron s'è ristampata di fresco in 2 vol. in-8° con aggiunta di 
un Apergu sul passaggio della filosofia del secolo XVIII a quella 
del presente; di 4 articoli sui sistemi del Lancelin, del Saint- 
Martin, del Broussais, e del Ballanche ; e di uno squarcio note- 
vole su quella parte della filosofia che soverchia l'osservazione. 
Mi perdoni, sig. Cavaliere, s'io l’ho fastidita con queste baje, e 
la confidenza che ho usata; imputandone il desiderio, che tenea 
di scriverle, e provare per un momento la dolce illusione di go- 
dere la sua compagnia. Spero che Ella mi darà minutamente 
notizia della sua salute, della quale sono molto geloso, e mi 
comanderà in tutto che io valga, come a un suo servitore, che 
avrà per grato favore ogni suo comando. La mia sanità ha mi- 
gliorato alquanto, mercè del freddo, che mi è stato sempre più 
confacente degli eccessivi caldi: ma l’incomodo più grave non 
m'ha lasciato ancora; e prevedo che non mi lascerà più. Tra 
le poche cose che io desidero, senza poter conseguire, sarebbe 
quella di gioirè la dottrina e.la giocondità de’ suoi colloquj, e 
di supplire colla copia delle sue cognizioni alla totale povertà 
delle mie. Ma la Providenza disdicendomi questo piacere, spero 
che Ella mi conserverà almeno nella sua memoria. La prego di 
riverire a mio nome l’Aud. Bigazzi, e il Can. Calvetti ; e senza 
più, mi dichiaro coi sensi del più profondo rispetto 


Di Torino, alli 7 di Gennaio, 1829. 
Di;ViasS. dins 


Devotiss® e obligatiss® servitore 
Vincenzo GIOBERTI. 


Monsieur 
Monsieur le Comte Mamiani della Rovere 
Paris 
Rue de Clichy, 66 (1). 
Ill.mo Sig. Conte, ed Amico, 


La prego di credere, che se ho detto di trarre da questa 
nostra corrispondenza utilità e piacere, non è stato per compli- 


(1) La presente lettera viene a colmare in parte la lacuna esistente nel 
carteggio filosofico fra il Mamiani e il Gioberti, mentre essi erano entrambi 


ALCUNE LETTERE INEDITE DI VINCENZO GIOBERTI 743 


mento; perchè in effetto il filosofare mi diletta, e mi è di pro- 
fitto non poco l’intendere gli argomenti contrari alle mie opinioni, 
specialmente quando chi gli porge è dotto e sagace al paro di 
Lei. Le accennava que’ miei disturbi, non per privarmi delle sue, 
o esimermi dal rispondere, ma per iscusa del farlo in modo così 
difettuoso, e per attribuire almeno in parte alla fretta i miei 
mancamenti. Ed io m’accorgo di aver fallito, e di fallir tuttavia 
nell'uso dei termini e delle frasi proprie della scienza. Ma in 
parte io non ho saputo evitare questo inconveniente, perchè 
finora non v’'ha lingua filosofica universalmente accordata, e de’ 
filosofi particolari, altri s'ha fatto un suo proprio vocabolario, 
altri parla e scrive alla ventura, pigliando i termini comuni alla 
grossa, e determinandone all'occorrenza il significato coi voca- 
boli circostanti, e coll’arte della loro collocazione. Quest'ultimo 
è lo spediente di cui mi pare che per lo più si sia valuto il 
Rosmini, e di cui sono astretto di valermi, in una materia, dove 
un dizionario antico speciale e determinato (come per esempio 
quello del Kant, forse più perfetto di ogni altro, perchè più 
esatto, a malgrado della sua stranezza) non quadrerebbe bene 
al nuovo aspetto, in cui si considerano i fatti psicologici; e il 
farne un novello, vorrebbe un lungo trattato, non che poche e 
brevi lettere, giacchè io credo che le definizioni non sono esatte, 
chiare, ed acconce a sortire l’effetto loro, se non vengono in 
fine dell’opera, come risultato, conclusione, ed epilogo dell’ana- 
lisi precedente. Io ho preso dunque alla buona i termini volgari, 
studiandomi di circoscriverli coll’uso e la collocazione, e pigliando 


esuli a Parigi. Il Massari dedicò tutto un capitolo a tale carteggio, cioè il 
capitolo XXII del 1° vol., pag. 264 a 275: ma dovette limitarsi a pubblicare 
le lettere del Mamiani al Gioberti, perchè queste ultime non poterono es- 
sere rinvenute fra le carte del Mamiani. L’autografo di questa lettera fu 
da me rinvenuto nella raccolta Cossilla e il suo contenuto e la sua data del 
20 maggio 1834, dimostrano che probabilmente essa dovette servire di risposta 
a quelle scritte dal Mamiani in data 14 e 17 maggio 1834, riportate dal 
Massari (op. e loc. cit., pag. 265-269). Con ciò non viene ad essere comple- 
tato il carteggio, in quanto che le lettere per parte del Gioberti dovettero 
quanto meno essere tre; ma si ha modo di formarsi un'idea della discus- 
sione seguìta fra i due filosofi, mentre dimoravano a Parigi. Allo stesso 
carteggio appartiene la lettera di Gioberti a Terenzio Mamiani in data 
28 maggio 1834, stata pubblicata dal prof. Vincenzo Di Giovanni. Roma, 
Tipografia delle Terme di G. Balbi, 1894. 


744 GIUSEPPE CARLE 


però promiscuamente alcune voci (come verbigrazia conoscere, 
pensare e percepire), perchè se bene nell'uso di molti importino 
più o meno qualche differenza intrinseca, tuttavia presso i più, 
fuori di quelle tali differenze, esprimono un elemento comune; 
e perchè questo elemento comune significato da tali voci è quello 
che si oppone all'elemento speciale di un altro concetto, come 
quello che ordinariamente si esprime colla voce sentire. Quando 
questa circoserizione, direi quasi, rettorica, delle voci che si 
adoprano, si fa bene, può bastare; ma io non mi affido di tanto; 
e quindi nasce in me il difetto di quella lucidezza, ch’Ella cor- 
tesemente mi attribuisce. 

Non saprei pertanto, come altrimenti definir le voci, di che 
Ella mi richiede, che facendo un po’ di analisi, secondo la teorica 
del Rosmini, per dar risalto ai fatti intellettivi, che abbiam per 
le mani, e specificare i vocaboli appropriati. Mi scuserà, se sarò 
troppo breve rispetto all'importanza, all’ampiezza, e alla diffi- 
coltà della materia, e troppo lungo per la misura di una lettera, 
e i riguardi che io debbo avere di non fastidirla. 

Quando l’uomo considera ciò che succede nell’animo proprio, 
s'accorge tosto, ch’egli riceve di continuo un’infinità d’impres- 
sioni, alcune delle quali si riferiscono ad oggetti esteriori, come 
i colori, i suoni, e simili, altre consistono nell’ animo medesimo, 
come il piacere, il dolore, l’amore, l’odio, e simiglianti, che non 
inchiudono alcun rispetto estrinseco, almeno in virtù di sè stesse. 
Le prime impressioni per l’ordinario si chiamano sensazioni, e 
le altre sentimenti. Qualunque sia la differenza loro, esse hanno 
ciò di comune, che sono modi passivi dell'animo nostro, e che 
non involgono la cognizione di sè stesse, la quale è d’indole 
contraria, cioè intrinsecamente attiva. Quindi è, che quando io 
sono intento a un oggetto qualunque, cioè ho rivolta la mia 
attività ad esso oggetto, v. g. a una lettura, io non ho più 
conoscenza delle sensazioni, e dei sentimenti che occorrono in 
me, salvochè alcuni di essi siano più efficaci dell’attenzione me- 
desima rivolta altrove, e la forzino a voltarsi verso di sè, e a 
lasciare il primo oggetto. Di ciò séguita, che le impressioni 
(chiamerò con questo vocabolo le sensazioni e i sentimenti, indi- 
candone l’elemento comune di modificazione passiva) non inchiu- 
dono la conoscenza di sè medesime. Questa conoscenza è dunque 
un elemento diverso;- e perciò la facoltà di conoscere dee essere 


ALCUNE LETTERE INEDITE DI VINCENZO GIOBERTI 745 x 


diversa dalla facoltà di sentire, cioè di avere le impressioni; e 
fra le altre differenze ci ha questa, che la facoltà di conoscere 
è attiva, al contrario della facoltà di sentire, passiva, come 
abbiam detto; la quale però si dovrebbe più propriamente col 
Laromiguière chiamare una capacità. Checchè sia di questo, se 
la conoscenza è diversa dall’impressione, e la facoltà di cono- 
scere da quella di. sentire, in che consiste questa differenza? 
Certo in un elemento nuovo, che si aggiunge all’impressione. 
Donde nasce quest’elemento? Dallo spirito, dotato della facoltà 
di conoscere oltre a quella di sentire. Dove si trova? Nello 
spirito stesso, donde non esce la conoscenza. Che è infine e qual è 
la sua natura? Qui non c'è altra risposta, che quella che non 
si può esprimere con parole, ma che ciascuno può dare a sè 
medesimo quando conosce, di conoscere, e ripiegandosi sopra sè 
| stesso, ripensa i propri pensieri. E si noti che io dico e dissi 
pensare e conoscere, come anche percepire per esprimere sola- 
mente quello che vi ha di comune in queste attive operazioni, 
di cui al presente non considero le differenze. Ma se non si può 
parlando definire in concreto l’intima e propria essenza del co- 
noscere, differentissima da quella del sentire, possiamo bensì col- 
l’analisi investigare, se nella sua operazione non vi sono più 
elementi separabili coll’astrazione. Che è quanto dire se l’ele- 
mento del conoscere accennato di sopra sia uno, ovvero molti- 
plice. Io avverto, che il conoscere importa una forza dello spirito, 
che crea un obbietto appropriato, e un obbietto che corrisponde 
a questa forza. La forza, è la facoltà di conoscere inerente allo 
spirito : l'oggetto è la conoscenza prodotta nello spirito medesimo. 
Imperocchè la potenza di conoscere non è altro che l’attitudine 
dello spirito a produrre conoscenze; e per quanto la conoscenza 
prodotta sia in effetto inseparabile dalla forza produttiva, tuttavia 
l’una non è l’altra, e ne differiscono come la causa dall’effetto, 
e l’atto compìto dalla semplice potenza. Ora in che consiste la 
natura di questa conoscenza? Forse nell’impressione, di cui par- 
lammo di sopra? Mi pare che Ella lo voglia accennare, dicendo 
nell’ultima sua, che “ per convertire in pensiero la sensazione, 
non occorre altro che attendervi ,. lo le accordo il fatto, cioè 
la facoltà di conoscere è quella che converte le impressioni in 
conoscenze. Ma aggiungo di più, appunto per questo, che la co- 
noscenza non è una mera impressione, ma l'impressione aggiun- 
Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 50 


. 746 GIUSEPPE CARLE 


tovi l'elemento conoscitivo. Altrimenti la conversione suddetta 
non avrebbe luogo. Acciocchè essa succeda bisogna che la facoltà 
conoscitiva aggiunga all’impressione l'elemento proprio, e ne 
faccia una conoscenza. La mera impressione, come tale, corri- 
sponde unicamente alla facoltà di sentire, di cui è fattura; ac- 
ciocchè corrisponda alla facoltà di conoscere, bisogna che questa 
la trasformi, e l’acconci alla propria natura; non già mutandola, 
come impressione; ma arrogendole non so che di nuovo, e di 
conforme a sè, donde deriva la conoscibilità di essa. Questa è 
la trasformazione della sensazione in idea, il passaggio di quella 
dalla regione del senso nella regione dell’intelletto, di cui io 
parlava. Si può forse dire, che acciocchè l'impressione sia cono- 
sciuta, basta che la facoltà di conoscere si applichi alla impres- 
sione e la pigli, e che in questa operazione non vi ha nulla di 
nuovo, salvo essa facoltà di conoscere; cioè, che tutta la novità 
sta dalla parte della facoltà, e non da quella dell’oggetto, vale 
a dire dell’impressione. Rispondo, che nell’atto in cui la facoltà 
di conoscere si applica all’impressione, non v° ha certo altro 
oggetto che l'impressione medesima; ma quando l'applicazione 
è fatta, e l'impressione si conosce, quest’impressione acquista 
un nuovo modo di essere, cioè è conosciuta; essa è divenuta una 
conoscenza, incorporandosi con un nuovo elemento datole dalla 
facoltà conoscitiva. Ora questo nuovo elemento è il concetto 
dell'essere, senza cui l’ impressione non è conoscibile, giacchè 
l'osservazione psicologica ci accenna che in tanto noi possiamo 
pensare un’ impressione qualunque in quanto essa acchiude il 
concetto di una qualche cosa. 

La facoltà conoscitiva adunque crea la conoscenza, aggiu- 
gnendo all’elemento sensitivo, cioè all’ impressione, la propria 
forma, l’elemento del conoscibile, cioè il concetto dell’ente in- 
determinato. Il qual concetto applicato alle impressioni reali dà 
origine ai concetti sovrasensibili di sostanza e di causa, i quali 
è manifesto che non possono cavarsi da impressione di sorta; 
applicato al concetto ideale di quelle medesime impressioni, dà 
origine all’idea dell’ente astratto e possibile. La lunga e minuta 
analisi, con cui il Rosmini descrive queste applicazioni e tras- 
formazioni, è la parte più perfetta dell’opera sua, e fa una spezie 
di riprova del fatto psicologico, che colto nell’ intuito sfugge- 
vole e spontaneo, può, come ogni altro fatto simile, e la stessa 


ALCUNE LETTERE INEDITE DI VINCENZO GIOBERTI 747 


unità psicologica dello spirito lasciar qualche dubbio all’ osser- 
vatore. 
Mi creda 
Ai 20 di maggio 1834. 
Suo dev.mo serv. ed amico 
V. GIOBERTI. 


Al Signor Benedetto | Rignon]. 


Mio Giovanni (1) carissimo, 


Se io porto invidia agli abitatori di cotesti luoghi, e mi 
struggo talvolta in fantasia di farvi ritorno, non è già per l’a- 
more che io porti alle mura ed ai sassi, in cui è riposta prin- 
cipalmente, secondo i fanciulli, le donne, e certi animi super- 
stiziosi, la carità della patria. Non è pure, perchè io desideri la 
conversazione di que’ Torinesi, che plaudono al principe, si scap- 
pellano ai cortigiani, baciano le mani ai gesuiti, lodano chi vince, 
approvano ciò che succede, amano la patria nel loro scrigno o 
nel fondaco, e credono che la voce Italia sia cosa da pedanti, e 
una faccenda di pretta geografia. Non è nè meno per vaghezza 
del sole e del cielo nativo, e per quell’aspetto di eleganza ita- 
liana, che riluce nelle cose esteriori; chè quantunque ciò con- 
ferisca al diletto, non concerne tuttavia la sostanza delle cose 
che meglio importano. Non è finalmente, perchè m’incresca di 
non partecipare al prossimo giubilo dei popoli festeggianti il 
ritorno dei duchi di Savoia, e di non vedere i razzi, la lumi- 
naria, i corsi, gli spettacoli destinati a solennizzare quella vecchia 
felicità, e la clemenza del nuovo principe. Non tutte queste, e 
simili altre cose, rendono acerba la mia lontananza ; ma bensì il 
desiderio degli amici, che ho lasciati costì ; fra’ quali io ti pongo 


(1) Anche questa lettera fa parte della raccolta Cossilla. Essa è scritta 
sopra un foglio volante e fu spedita con una lettera inviata a Bene- 
detto Rignon, alla stessa data del 15 maggio 1884, stata pubblicata dal 
Massari (op. cit., vol. 1°, pag. 297-299). Dalla lettera al Rignon appare, che 
il foglio accluso in essa era diretto a Giovanni Notta, in quanto che in 
quella si dice: “ comunica a Giovanni Notta le poche linee che seguono ,. 
Del (iovanni Notta mi limiterò a dire che egli, nato a Torino, fu rappre- 
sentante al Parlamento e sindaco di questa città, fu nominato senatore il 
29 febbraio 1860, e morì a Torino il 16 settembre 1877. 


748 GIUSEPPE CARLE 


ne’ primi; e alla poca dimestichezza che avevamo insieme sup- 
plisce assai la notizia che io tengo delle egregie tue parti, del 
modo di pensare, della nobiltà dei sentimenti, del cuore, e della 
schiettezza ; che a tutti i tuoi conoscenti ti rendono prezioso e 
carissimo. Onde di te, e degli altri buoni che ti somigliano, si 
può dire; che in voi è riposta, e vive veramente la patria. Ti 
lascio però pensare di quanta consolazione mi sia stata la tua 
lettera e la tua memoria. Angelo, con cui parlo spesso di te, 
tinvia mille baci. Egli stà assai bene, benchè abbia avuto testè 
qualche indisposizione. Non so bene quando andrà in Inghilterra; 
ma i suoi disegni non si fermano qui; ha dei concetti gigan- 
teschi, e mi par che voglia correre l'Europa, e assaggiare fino 
al nuovo mondo. Io lo veggo quasi ogni sera, benchè egli abbia 
mutato albergo, e sia ito ad abitare con un comune amico in 
un sito migliore ma assai lontano. Ciò che mi dici del tuo fu- 
turo viaggio di qua mi rallegra molto. Benedetto ha pure un 
simile pensiero ; e seco altri amici. Fate, pregovi, insieme qualche 
bella cospirazione a questo proposito, ed accendetevi a vicenda 
a colorire il vostro disegno. Vi so dire, che non ve ne. penti- 
rete, nè dal lato del piacere, nè da quello delle notizie che ri- 
porterete con voi a casa. Conservati lieto e sano e sovvengati 


del tuo 
Vincenzo. 


P.S. L’anonimo del tuo prenome fu conservato, secondo il 
tuo cenno. 


Di Parigi, ai 15 di maggio, 1834. 


[A Carlo Rapelli] (1). 


Carissimo. Hai fatto benone a scrivermi per la posta, man- 
cando private occasioni; e così farai sempre, anzi che lasciarmi 
in desiderio delle tue nuove. Io sono stato due volte infermo ; 


(1) Senza data, ma dei primi mesi del 1840. L'originale di questa let- 
tera, come delle altre due che susseguono, pur indirizzate al Rapelli, mi 
fu gentilmente comunicato dall’egregio avv. Carlo Stura. Quanto al Carlo 
Rapelli, ecco le notizie raccolte intorno di lui dall’On. Giovanni Faldella. 
Nacque a Torino il 17 gennaio 1809 ed avviatosi al sacerdozio fu diacono 
e si addottorò in Teologia nella Università di Torino. Su raccomandazione 


ALCUNE LETTERE INEDITE DI VINCENZO GIOBERTI 149 


l’una d’infiammazione, l’altra di febbri intermittenti; altrimenti 
ti avrei scritto in qualche modo. Ora sto bene. Mi rallegro teco 
dell'impiego ottenuto o prossimo ad ottenersi; me ne rallegro 
proprio di cuore ; e ti prego, ti scongiuro, a far buon animo e 
a sperar bene della riuscita. Dico questo, perchè mi sembri al 
tuo solito scoraggiato e disperante ; il che veramente mi affligge; 
perchè senza fiducia non si può far nulla in alcun luogo ; e senza 
presunzione, non si può far nulla in Francia. Confida, osa, im- 
para ad essere baldanzoso ; e avrai buon successo ; anche senza 
essere cameriere del Papa. Tu sai a che voglio alludere. Ma per 
l’amor del Cielo, renditi forte e volenteroso ; scuoti quella tua 
vergognosa fiacchezza ; pensa, che sei esule ed italiano, che vivi 
in paese straniero, e devi rendere buon testimonio della tua 
patria. Tu ti duoli, che non hai volontà. Niuno de’ tuoi veri 
amici può farti buona questa scusa ; perchè ha un’anima e petto 
forte chiunque si proponga di averlo. Tu non hai volontà, perchè 
non vuoi averla, e ciò che alleghi a scusa, fa la tua colpa. Scu- 
sami, se io ti parlo chiaro; ma credo di fare uffizio di buon 
amico. Tu hai ingegno e dottrina di gran lunga maggiore che 
non si ricerca per insegnare a Francesi; ma queste qualità non 
possono fruttare nella pratica, se non sono accompagnate da una 
robusta risoluzione. Perchè adunque non procacciarti di questa 
dote? Se tu mancassi d’ingegno, saresti degno di perdono ; perchè 
niuno può migliorare il suo cervello; ma questa escusazione 
non ha luogo riguardo alla fortezza dell'animo che dipende da 
noi stessi. Se tu fossi ricco, e potessi vivere oziando, ti si po- 
trebbe anco comportare, benchè non appieno, questa tua mollezza, 
ma tu sei, come me, e tanti altri in necessità di lavorare per 
vivere con decoro, per mantenere la dignità della propria per- 


del Gioberti fu nominato professore nel Seminario arcivescovile di Vercelli. 
Per sospetti politici andò ancor egli in esilio, e dopo essere dimorato 
qualche tempo in Svizzera, nel 1839 si recò a Parigi dietro consiglio e con 
raccomandazioni dello stesso Gioberti. I due esuli si trovarono poi insieme 
a Parigi, allorchè anche il Gioberti vi si recò per seguire i movimenti che 
succedevano in Italia. Il Gioberti, allorchè fu Presidente del Consiglio e 
ministro degli esteri in Piemonte nel principio del 1849, nominò il Rap- 
pelli segretario di 2* classe alla Legazione di Parigi. Il Rappelli era ancora 
a Parigi all’epoca della morte del Gioberti; più tardi ritornò a Torino, 
ove morì all'Ospedale Mauriziano il 19 aprile 1880. 


750 GIUSEPPE CARLE 


sona e della comune patria. Tu hai una madre che ha bisogno 
di te; a cui devi soccorrere, se hai d’uopo di farlo. Non potendo 
aiutarla di sussidi, devi almeno recarle quella consolazione, che 
dipende dal vederti in sicuro e onorevole stato; devi rispar- 
miarle l'affanno che sentirebbe, se tu fossi infelice, e dare alla 
sua vecchiaia quel solo conforto che ti è conceduto dalle stret- 
tezze e dall’esilio. Vedi quante cagioni di scuotere quella tua 
inerzia! Di sorgere una volta da quel letargo, che opprime e 
disfiora la tua giovanezza! Che farai vecchio, infermo, cadente, 
se quando sei giovane e sano, se nella età del fervore e delle 
speranze, ti mostri molle e neghittoso ? Non credere con questo 
che io m’esageri la tua fortuna, cioè l’importanza di quell’im- 
piego che ti è promesso. Tal impiego è certo poca cosa; ma 
così piccolo com'è è meglio di nulla; è tale, che durante quat- 
tordici mesi di soggiorno in Parigi, mi sarei riputato felice, se 
avessi trovato un simile assegnamento o anche meno. Ma non 
che buscare un tale impiego, io non trovai nè meno quei mezzi 
di studiare che si concedono a tutti, cioè l’uso dei libri pub- 
blici. Il che a dir vero, oggi non mi dispiace, perchè potrò gri- 
dare contro i Francesi, e contro gl’ infranciosati, senza essere 
accusato d’ingratitudine. Ti cito il mio esempio, per mostrarti, 
che tu ti devi stimar fortunato, e ringraziar la Provvidenza. 
Ma questa ti avrà soccorso invano, se non ti aiuti da te. 
Ella ha cominciato l’opera; tu devi compierla; e a ciò si richiede 
un animo forte e costante. Si richiede un animo ostinato, che 
non si lasci spaventare alle difficoltà e alle disdette, che s’in- 
contrano nei principi di ogni nuovo stato, ma che cedono ben 
tosto a chi si studia di vincerle. Impara una volta ad aver la 
testa dura; dura verso gli altri, e ancor più dura verso te me- 
desimo. Imita me, ch'io l’ho durissima; e invece di ammirare 
la mia sublime virtù, dietro l’eloquenza di quel signore, che con 
tali elogi ridicoli vorrebbe infinocchiar te e me ad un tempo, 
imita la mia pervicacia, la quale non si lascia scuotere dalle 
sciocche lodi, come non si lascia atterrire dalle minacce. Questa 
qualità è la sola ch'io riconosca in me, degna di qualche lode ; 
e se non è lodevole, essa è certo opportuna. Se non avessi una 
testa di ferro, sarei crepato dieci volte nel mio esilio. Io languii 
senza libri, senza modo di studiare, fino al gennaio del 1839, e 
mi meraviglio di non esser morto etico in que’ 6 anni di tempo. 


ALCUNE LETTERE INEDITE DI VINCENZO GIOBERTI Tal 


Finalmente alla detta epoca, una cortese persona mi procacciò 
il modo di disporre di qualche pubblica biblioteca. Ora in questo 
anno o poco più di tempo, sai che cosa ho fatto ? Eccotelo in 
due parole: 1° Ho parte letto, parte consultato. più di cento 
opere, e cavatone numerosi spogli, che empiono ben 10 grossi 
volumi. 2° Ho scritto e limato con qualche diligenza il principio 
di un’opera filosofica che è già sotto i torchi (1). 3° Ho fatto molti 
studi nuovi di storia, di geografia, e di archeologia, parte per 
mio uso, parte per le mie lezioni. Ho rinunziato a passeggi, 
amici, conoscenti ecc., mi son chiuso in camera, e non ho per- 
duta una sola ora di tempo. Ti lascio imaginare quante noie, 
quanti languori, quante tentazioni di mandar tutto al diavolo 
mi assalirono nelle mie solitarie e faticose elucubrazioni; ma la 
mia volontà fu più forte di tutto. Ecco la sola parte di me ch'io 
ti propongo, come imitabile nel tuo caso. Tu devi cercare di 
farti onore, non isbigottirti ai principii, tener per certo che se 
riesci bene sarai promosso a gradi ulteriori ; devi studiare inde- 
fessamente, e devi sovratutto seppellire sotto un profondo si- 
lenzio il tuo malaugurato sensismo, fonte di ogni tua sventura. 
Altrimenti mancheresti gravissimamente all’onore, alla virtù, al 
tuo debito verso il Lacisterna (2), e al Cousin che tu devi amare, 
ch'io amo, non già per le sublimi virtù che trovano in me, 
ma per i benefizi che fanno a te. Nuoceresti anche al nome 
italiano, e daresti a me e a tutti i tuoi amici una grandissima 
afflizione, oltre che rovineresti te stesso senza rimedio. Abbraccia 
caramente il buon Robecchi, i cui affanni mi addolorano ; ma 
spero che Iddio adempierà i suoi desideri e lo ajuterà. Non gli 
scrivo, perchè credo che le mie a te bastino per attestare il 
mio affetto verso di lui, e so che è occupatissimo. Salutami 
anche l’Anfossi e il Macario. 


Macte animo, scrivimi il successo e credimi 


tutto tuo 
GIOBERTI. 


(1) Si allude all’Introduzione allo studio della filosofia, che fu appunto 
pubblicata a Bruxelles nel 1840. 
(2) Il principe Emanuele Dalpozzo della Cisterna, emigrato del ’21. 


752 GIUSEPPE CARLE 


Sig. Ab. Baruffi (1) 
Torino. 


Gioberti si maraviglia delle querele del Sig. Giordani, e di 
coloro che le ripetono senza cercare se siano fondate. Egli ha 
pel Giordani un’altissima stima, e nell'opera testòè stampata, 
che è la sola in cui ne parli (2), lo cita più volte onorevolmente 
e colle debite lodi. Quanto al Leopardi, egli pretende di non 
essere a niuno secondo nell’ammirarne l'ingegno e gli scritti, 
celebrarne la virtù e adorarne la memoria. Egli ha riprovato 
con franchezza qualche parere di lui, da che la pubblicazione 
delle scritture dove si trova, gli permise di farlo senza indi- 
screzione, e la morte dell'autore senza paura di nuocergli. 

Ma lo ha fatto con tale amore, con tale riverenza verso il 
defunto, che non crede disapprovando il filosofo di aver man- 
cato al debito coll’amico. Egli si protesta di rispettar le per- 
sone, ma stima di avere il diritto di parlare liberamente delle 
dottrine, e non ha sì angusto l’animo, che non sappia amare e 
ammirare eziandio coloro, di cui può credersi obbligato a com- 
battere le opinioni. 

Brusselle, 3 febbraio 1841. 
V. GIOBERTI. 


Monsieur 
Monsieur Charles Rapelli 
Paris 
31, Rue de Londres. 


Carissimo, 


Riscrivo con questa al nostro Caissotti, e gli prometto pel 
Sig. Ferrari l’opera mia quanto più debole tanto più calda e 
sincera. Ricevi tu pure dal tuo canto questi miei sentimenti pel 
vostro comune raccomandato. Oh! quanto mi duole la partenza 
del Ducco! Ma è inutile il far querele di un male irremediabile. 
Spero almeno, che toccata la meta, scriverà costì, e avrò per 
tuo mezzo delle sue notizie. Nel riscrivere all’ultima tua, dimen- 


(1) L’autografo è presso l’avv. comm. Gaudenzio Caire di Novara. 
(2) Introduzione allo studio della filosofia. 


ALCUNE LETTERE INEDITE DI VINCENZO GIOBERTI 153 


ticai per la fretta di toccare un cenno di ciò che mi dicevi sul 
principe. Egli è vero, che il Peyron essendosi doluto per lettera, 
che io avessi messo un po’ d’ira teologica nello scritto sul Cousin, 
gli risposi, che se avessi dovuto rifare il libro ne avrei tolto 
quelle poche frasi che poteano dar luogo a supporre in me un 
sentimento da cui sono alienissimo. 

Ti prego adunque, Machiavelli mio, da quel buon diploma- 
tico che sei a rettificare l'opinione del principe su questo arti- 
colo ; perchè siccome egli battezzò il mio opuscolo per un libello 
infamatorio, potrebbe interpretare ciò che ho scritto al Peyron, 
come una implicita confessione del peccato impostomi. Ora questo 
peccato io non l'ho e nol voglio avere ; e non son solo per buona 
sorte ad avere questa fiducia; giacchè il Manzoni, avendo letto 
quell’ operetta non mandatagli da me, me ne fece scrivere un 
motto di approvazione ; e non mi par probabile che un tant’uomo, 
amico del Cousin, voglia lodare un libello, o anche far buona 
l'ira teologica, quando fosse troppo chiara e patente. Ma non 
più di queste miserie. Quanto all’affare dei ciottoli, ti dirò che 
commetti un anacronismo. Io lessi veramente nel 15 o nel 16 
il Kant nella biblioteca di Torino, e dubitai dell’esistenza dei 
ciottoli, ma non di quella di Dio, sia perchè il Kant non è ateo, 
e perchè in quella lettura io non giunsi nè meno fino alle anti- 
nomie della ragion pura. Ciò che ti dissero le persone che citi 
sì riferisce a un tempo assai più recente, quando la teorica del- 
l'ente astratto, che io avea pescata nel Malebranche, mi con- 
dusse al panteismo, e a sovvertire la nozione ordinaria della 
Divinità, e gli argomenti consueti che si usano per provarla. 
Quanto poi alla tua dottrina sulle fluttuazioni, e alla tua indul- 
genza plenaria, mi hai veramente edificato. Oh! che soave mo- 
ralista mi sei riuscito! Ma credi tu, mio caro Escobar, che le 
determinazioni dell’arbitrio non abbiano un'influenza in ogni giu- 
dizio dell’intelletto ? Nota bene ch'io parlo di una influenza anche 
indiretta e lontana. E tu, psicologo, vorrai negare un vero così 
manifesto? Pensaci seriamente e sarai del mio parere. E allora ri- 
passerai con altr’animo quel mesto giorno dell’ Ascensione del1827. 
Addio, dolcissimo, voglimi bene e credimi 


[Bruxelles] 3 giugno 41. 
dagli, mo 


GIOBERTI. 


754 GIUSEPPE CARLE 


Monsieur 


Monsieur le Comte Petitti de Roreto (1) 
Turin 
Brusselle, 11 agosto, 43. 
Institut Gaggia. 


Ill.mo sig. Conte 


Io la ringrazio cordialmente di avermi fatta conoscere una 
persona così degna e gentile, come il sig. Avv. Marenco, e di 
avermi onorato nel tempo medesimo di sensi tanto affettuosi 
quanti sono quelli della sua lettera. Duolmi che le molte mie 
occupazioni in questa stagione prossima agli esami, mi impe- 
discano di godere, quanto vorrei, della compagnia del suo egregio 
raccomandato ; e quando egli sarà costì di ritorno, avrò bisogno 
ch’Ella mi scusi dell’aver così male adempiuto al mio desiderio 
e al mio debito. 

Ho letta con gran piacere la nuova opera del conte Balbo (2). 
L’ho trovata in sommo grado sugosa, come tutti gli altri scritti 
del medesimo Autore; e quando dico sugosa, intendo di usare 
un epiteto applicabile, al parer mio, a pochissimi libri storici 
del nostro tempo. Spero che il Balbo coll’autorità del suo in- 
gegno e della sua dottrina, otterrà di fare una riforma fonda- 
mentale negli studii storici italiani, dando loro un indirizzo cat- 
tolico e nazionale ad un tempo ; riforma, che i miei pari possono 
soltanto desiderare. Lo ringrazi della cortesia con cui egli si 
degnò di regalarmi una copia del suo libro, rendendomelo per 
tal modo doppiamente caro e prezioso. 

La contessa di Lalaing è a Spa da qualche giorno. I signori 
Quetelet e Arrivabene, coi quali fo spesso dolce menzione di Lei, 
la salutano affettuosamente. Ed Ella si compiaccia ricordarmi 
al cav. di S. Rosa, al Riberi, al Peyron, ringraziandoli della 
loro buona memoria. 

L’avv. Bertinatti è molto tenuto alla umanità con cui Ella 
gli si profferisce, e mi commette di esprimergliene la sua viva 


(1) L’autografo trovasi nella raccolta Cossilla presso il Museo del Risor- 
gimento nazionale. 
(2) Meditazioni storiche (Torino, 1842). 


Mn IT NZ I N n n DI 


ALCUNE LETTERE INEDITE DI VINCENZO GIOBERTI 755 


gratitudine. Egli è qui accasato provvisoriamente ; studia, lavora 
senza intermissione, ed è da tutti che lo conoscono amato e 
stimato. 

Io fo voti, sig. conte, acciò la Providenza le dia quella sa- 
lute che si ricerca per la continuazione delle sue importanti e 
nobili lucubrazioni letterarie. A me, e agli altri profani, la sa- 
nità è un bene meramente individuale; ma quanto a Lei e ai 
pochi che la somigliano, fa parte del bene pubblico. 

Se io posso ubbidirle, mi comandi liberamente ; e l’avrò in 
conto di un doppio favore, perchè oltre al servirla, avrò con 
questa occasione delle sue notizie. 

Frattanto La prego a credermi quale mi dico con singolare 
osservanza 


Suo dev.®° servitore 
GIOBERTI. 


PS. Se Ella ha occasione di vedere il D. Gastone, mi ob- 
bligherà molto a ricordarmegli. 


Monsieur 


Monsieur Charles Rapelli 
Paris 


Rue de lu Paix, 4 bis 


Mio carissimo Rapelli, 


Mi duole di non poterti compiacere riguardo alla lettera ; 
ma acciò essa ottenga il suo effetto dee essere spontanea, sin- 
cera, e quindi scritta da te. Come vuoi che io mi confessi in 
tua vece, ed esprima i sensi dell'animo tuo, che conosco solo 
imperfettissimamente ? Non potrei farlo con garbo, nè con co- 
scienza. La lettera dee essere stesa da te, senza fiori rettorici, 
senza finzioni, cordialmente e sinceramente; quanto più sarà 
tale, tanto meglio sortirà l'intento. Benchè da molti anni io non 
corrisponda più col Riberi, so tuttavia ch’egli è sempre quel di 
una volta, e mi affido che farà ogni suo potere per esserti 
utile. 


756 GIUSEPPE CARLE 


Tu mi dici che sei divenuto una pianta. Io non ammetto 
queste scuse. L'uomo è ciò che vuol essere, specialmente se ha. 
l'ingegno che possiedi. Mio caro polipo, la colpa è tua, se anne- 
ghittisci, e non sai fare un'impresa così erculea, com’è lo scri- 
vere una lettera di confidenza a un antico amico. 

Ti manderei volentieri il mio Primato, se ne avessi una 
sola copia. Ma non ne ho, e mi mancano i danari da compe- 
rarla. L’opera fu stampata a spese dell'editore ; il mio profitto 
si riduce a un franco per ogni volume che si vende. Ma finora 
non ho ancor toccato un quattrino. Non te lo inviai da prin- 
cipio, parendomi che il Primato potesse tanto riuscire a tuo 
genio, quanto l’opera recente del Michelet e del Quinet a quello 
dei gesuiti. Chi diavolo avrebbe sognato che ti toccherebbe il 
capriccio di farti frate ? 

Il Re per decreto dei 9 di questo mi assegnò una pensione 
di 1500 fr. sull’Economato. Per rifiutarla garbatamente la ri- 
nunziai alla Casa della Providenza fondata dal can. Cottolengo, 
Se la rinunzia legale non viene ammessa, il mio rifiuto sarà 
assoluto, come la mia risoluzione di non accettare alcun utile 
dal governo piemontese è irrevocabile. Addio, mio caro zoofito, 
voglimi bene e credimi tutto tuo 

[Bruxelles 28 sett. 1848]. 
GIOBERTI. 


PS. Il mio cenno sul Rosmini non allude al fatto dell’ab. 
Nerva da te accennato. 


Monsieur 
Monsieur le Comte 


Frédérie Sclopis, Sénateur et Membre de l Académie 
des Sciences de TurRIN (1). 


Illustrissimo Signor Conte, 


Egli è lungo tempo che attendevo una occasione per rin- 
graziarla del suo prezioso dono. Il quale mi ha recato gran pia- 


(1) L'originale trovasi fra i mss. di questa R. Accademia delle Scienze. 


ALCUNE LETTERE INEDITE DI VINCENZO GIOBERTI 757 


cere e profitto; perchè il suo libro (1) è del piccol numero di quelli 
da cui imparano i dotti, non che gl’ignoranti miei pari. Il conte 
Arrivabene, e altri nostri compatrioti che qui ne fecero lettura, 
ne portano lo stesso giudizio ; e tutti ci accordiamo a ringra- 
ziarla del bel presente che Ella ha fatto a quella filosofia sto- 
rica della civiltà italiana, che oggimai dovrebbe essere il primo 
dei nostri studi. La ringrazio poi in particolare della menzione 
troppo onorevole che le piacque di fare di me e di un. mio 
scritto (2); e godo di poterle aggiungere che io differisco dal suo 
parere forse meno che Ella non crede. Imperocchè, lasciando 
stare ciò che concerne i Papi del medio evo, e che ha un’im- 
portanza solamente storica, io porto opinione che nelle ‘epoche 
civili, come la nostra, il sacerdozio e il pontificato possono eser- 
citare soltanto quelle influenze politiche e possedere quei tem- 
porali diritti che vengono loro liberamente consentiti dai prin- 
cipi e dai popoli. 

Le accenno questo particolare, perchè mi reco ad onore di 
non discordare dalla sua sentenza, specialmente in una materia, 
dov'Ella è maestro ed io sono appena discepolo. Gradisca i sensi 
di riconoscenza e di altissima stima, con cui mi reco a onore 


di essere 
di V. S. Ill.ma 
Di Torino, ai 28 luglio 44. 
Dev.®° e obblig.®° servo 


V. GIOBERTI. 


[AI conte Alessandro Saluzzo di Monesiglio, presidente della 
R. Accademia delle Scienze di Torino] (3). 


Eccellentissimo Signore, 


Io non posso attribuire l’insigne onore conferitomi dall’il- 
lustre Consesso (4) ch’Ella presiede e accompagnato da un nuovo 
e prezioso pegno di regia benevolenza, se non a una generosità 


(1) L’opera dello Sclopis, a cui qui si accenna, è la Storia della legisla- 
zione italiana, di cui il 1° vol. fu pubblicato nel 1840 dall’ed. Pomba. 

(2) Introduzione allo studio della filosofia, dallo Sclopis citata a pag. 13 
del vol. 2° dell’opera sopra citata. 

(3) L’autografo è fra i manoscritti della R. Accademia delle Scienze. 

(4) Il Gioberti fu eletto Socio dell’Accademia il 28 novembre 1844; la 
sua elezione fu approvata da S. M. il 7 dicembre. 


758 GIUSEPPE CARLE 


tutta speciale di cotesti Signori a mio riguardo. Ma quanto più . 
io sono lontano dal meritarlo per quel poco che ho fatto nella 
via degli studi, e quanto meno mi sento capace di supplire 
al difetto per l’ avvenire, tanto maggiore è il beneficio che 
ricevo, tanto più viva e profonda la mia gratitudine. Prego V. E. 

a voler essere interprete di questi sentimenti e del mio alto 
ossequio presso l'Accademia tutta, e ad accettare nel tempo 
medesimo quelle grazie ch'io debbo a Lei in particolare per.i 
termini cortesi e umanissimi, con cui Le piacque di annunziarmi 
un tanto dono. 

Gradisca, Eccellentissimo Signore, i sensi di singolare os- 
servanza e di profondo rispetto, con cui mi reco a onore di 
essere 

di V. E. 


Di Brusselle ai 22 dicembre, 1844. 


Umiliss.° obbed.° e obblig.° servitore 
VINCENZO (GIOBERTI. 


[A Costanzo Gazzera segretario della R. Accademia delle 
Scienze di Torino) (1). 


Chiariss.° e Iustriss.° Sig. Cavaliere, 


Ho testè ricevuto il diploma che l'Accademia Reale delle 
Scienze si compiacque d’inviarmi per mezzo dell’Ab. Gorresio. 
Ella, come Segretario, e come uno degli uomini più insigni di quel 
nobilissimo Consesso, che si degnò di nominarmi suo socio, vorrà 
permettermi che Le esprima in modo particolare la mia rive- 
renza e la mia gratitudine. Io sono da gran tempo ammiratore 
di V. S. Ill." pel suo raro e profondo sapere in ogni genere 
di pellegrina erudizione: ora godo che ai sensi della venera- 
zione si aggiungano quelli ancora più dolci della riconoscenza. 

Un libraio di Firenze sta per ristampare la mia opericciuola 
sul Bello poco ancor divulgata. Se questa edizione non trova 
ostacolo, io bramerei fare omaggio di qualche copia del mio 
libro all'Accademia e a Lei in particolare ; servendomi a tale 


(1) L'originale si trova fra i mss. di questa R. Accademia. 


ALCUNE LETTERE INEDITE DI VINCENZO GIOBERTI 759 


effetto della gentilezza del Conte Balbo. Il lavoro è veramente 
così gretto e meschino, che arrossisco di presentarlo a V. S. Ch.? 
e .a’ suoi Colleghi. Ma che vuole? La colpa in ciò è dell’Acca- 
demia; la quale, avendo voluto inchinarsi sino a me, forza è 
che mi conceda di offrirle le mie coserelle, e che compensi la 
piccolezza dell’offerta colla grandezza dell’ossequio che l’accom- 
pagna. 

Gradisca, Umanissimo Signor Cavaliere, i sensi di alta os- 
servanza e di profondo rispetto, con cui mi dico 


GE 


Di Brusselle, ai 22 del 1845. 
Dev.° e obblig.° servitore 


Vincenzo GIOBERTI. 


Monsieur 
Monsieur le Marquis Ricci (1) 
Ministre de Sardaigne. 


Mio gentil.mo Ricci, 


La mia salute va talmente precipitando, che mi son risoluto 
per ultimo tentativo ad andar passare il resto della state e 
l'autunno nella Svizzera. Vi prego pertanto a fornirmi del pas- 
saporto; e mi farete anzi un gran favore a farlo corredare delle 
debite segnature pel suddetto viaggio. Bramerei un passaporto 
belgico, per sottrarmi all’incomoda giurisdizione del Crotti; ma 
credo l’ottenerlo impossibile o almeno difficile. Partirò subito 
che il passaporto sia in ordine. Scusate il disturbo e la confi- 
denza, e attribuite l'una e l’altra colpa alla vostra sperimentata 
cortesia. 

Martedì mattina [ai primi di Luglio 1845]. 

Tutto vostro 
GIOBERTI. 


(1) L’originale si trova presso il Museo del Risorgimento nazionale. 


760 GIUSEPPE CARLE 


Monsieur 
Monsieur V Avocat Bertinatti (1) 
(Belgique) Bruxelles 


1, rue de Namur. 


Mio carissimo, 


Parto domani per Berna, donde andrò probabilmente alle 
Acque di Gurnigel nello stesso cantone, salutifere pei mali di 
stomaco e d’intestini. Ti mando per la posta una nuova dispensa 
degli Annali, che mi perseguitò sino in Zurigo, benchè avessi 
pregato il Gaggia di consegnartele immediatamente. Scusa carino, 
il nuovo fastidio. Zurigo è una bella cittaduzza, comoda, dal 
ciottolato in fuori, e pulita come un gioiello, come dice il Cellini, 
con dintorni amenissimi. Gli animi ci son tranquilli, pochi i fo- 
restieri, per paura, credo dei Gesuiti; tuttavia il paese è animato 
per l’apertura della dieta. Ci ho conosciuto il Franscini, delegato 
ticinese, ottima persona; e il celebre latinista Orelli. Saluta ca- 
ramente tutti i nostri e in ispecie il Ricci, il Panigede, l'Arri- 
vabene, il Custodi, e il Gaggia, che avrà, spero, ricevuto una 
mia lettera. E non dimenticare gli esimii Belgi Quetelet, Debonne 
e Tielmans, fra le persone a cui bramo di essere ricordato. Seri- 
vimi per Zurigo senza più, perchè le lettere mi saranno rica- 
pitate. Addio, ti lascio, perchè son le 12 di sera, e domani 
alle 5 debbo essere in piedi. Ti abbraccio teneramente. 


Zurigo, 15 luglio 45. 
Tutto tuo 
GIOBERTI. 


P. S. Mi dimenticavo di dirti che secondo i Gesuiti di To- 


rino io ho toccato una buona somma di danari per iscrivere i 
Prolegomeni, e che il sig. Thiers mi ha promesso un impiego. Eh? 


(1) Dal Museo del Risorgimento nazionale di Torino. 


ALCUNE LETTERE INEDITE DI VINCENZO GIOBERTI 761 


Monsieur 
Monsieur Pierre Balthazar Ferrero 


Turin 


en Piemont. 45, Via di Po (1). 


Parigi, 21 agosto 47 
19, Allée d’Antin. 


Gent.mo Signore e P.on mio Oss.mo, 


La ringrazio del cortese dono che mi ha fatto, mandandomi 
la sua Nota biografica sul Pugnani (2). La lessi con molto pia- 
cere avendo nella prima mia età inteso parlar molto di questo 
celebre artefice. Egli è tanto più giusto e pietoso che le lettere 
serbino memoria di tali valorosi, quanto che l’arte loro consiste 
in un’opera di magisterio sfuggevole, che non lascia dopo di sè 
alcuna traccia immediata, fuor di quella che si conserva nella 
ricordanza degli uomini. 

La ringrazio del foglio del Messaggere, e dell’averci inse- 
rito la protesta del sig. Gallina (3). 

A instanza di lui io inviai pure due righe di simil tenore 
da pubblicarsi in altro giornale. Ma crederebbe Ella che la pub- 
blicazione fu vietata per odio del mio nome? Tal è la giustizia 
che si amministra negli Stati felicissimi di Carlo Alberto. 

Vidi pure in Losanna gli articoli risponsivi del sig. Pesta- 
lozza (4). Io non posso tenermene offeso per mio conto, non 


(1) L'originale di questa e delle susseguenti lettere dirette al suo avo, 
mi furono gentilmente comunicati dal collega Ermanno Ferrero, a cui sono 
pur dovute le note che le illustrano. i 

(2) Pietro Baldassarre Ferrero, uno dei principali redattori del Messag- 
giere Torinese di Angelo Brofferio, specialmente per le cose di arte, pub- 
‘  blicò un opuscolo: Brevi cenni su Gaetano Pugnani celebre sonatore di vio- 
lino, Torino, 1847. 

(3) Il Ferrero nel Messaggiere del 12 giugno 1847 aveva annunciato il 
ritratto in litografia del Gioberti disegnato da Sigismondo Gallina e parlato 
delle contraffazioni che se n’erano fatte. 

(4) Nel Mondo IMlustrato del 20 marzo 1847 era comparsa una recen- 
sione degli Elementi di Filosofia di Alessandro Pestalozza (Milano, 1845-46), 
opera, nella quale l’autore aveva pure voluto confutare il Gioberti. Il Pesta- 
lozza rispose nel Messaggiere Torinese del 19 e del 26 giugno 1847. 


Atti ‘della R. Accademia. — Vol. XXXVI. DI 


762 GIUSEPPE CARLE 


essendovi parola che tocchi il mio onore; e d’altra parte a cia- 
scuno essendo lecito il dir la sua opinione. Non posso però dis- 
simularle che mi dolse assai il modo sgarbato, inconveniente 
ed ingiusto con cui è trattato il sig. Massari (1). Il quale non 
meritava una tal risposta, essendosi espresso in termini riser- 
vatissimi, gentili, e avendo pienamente ragione in ciò che disse; 
giacchè il voler, come fece il sig. Pestalozza, confutar le cose 
da me dette in tre grossi volumi con un’Appendice di poche 
pagine, nelle quali non fa che ripetere il già detto dal Rosmini, 
senza nè anco variare i vocaboli, è tal pretensione, che non ha 
del plausibile. Io amo e stimo altamente il sig. Massari per le 
nobili e rare qualità del suo animo e del suo ingegno; e mi duole 
a vedere che avendo spontaneamente e senza mia saputa detto 
due parole in favor mio, ne sia stato sì mal rimeritato. Tanto 
più che essendo egli nativo di un’altra provincia italiana, le 
ostilità di un giornal piemontese debbono maggiormente ferirlo, 
e rendergli meno grata l’ospitalità del Piemonte. Io Le dico 
queste cose di proprio moto, non avendomi il Massari fatto il 
menomo cenno del succeduto; e gliele dico sinceramente, affi- 
dandomi che Ella sia per prenderle in buona parte, e sapendo 
che un parlare schietto non può dispiacere ai pari suoi. 

Gradisca i sensi di alta stima che io nutro per le belle e 
rare qualità del suo ingegno e del suo animo; e quelli di sin- 
golare osservanza che ho verso la sua persona e con cui mi 
reco a onore di essere 


9 


suo dev. e oblig.’ servitore 


GIOBERTI. 


P. S. La prego de’ miei ossequi alla degnissima sua Sig. Con- 
sorte (2). 


(1) Il napolitano Giuseppe Massari, a cui il Pomba aveva affidato la 
direzione del Mondo illustrato. 
(2) Teresa Ferrero-Vinay. 


e n O 


ALCUNE LETTERE INEDITE DI VINCENZO GIOBERTI 763 


Monsieur 


Monsieur Alphonse Balleydier (1) 
Paris 
3, place de la Madeleine. 


Monsieur, 


Je suis heureux d’entrer en rapport avec un homme aussi 
distingué que vous par ses talents et qui honore mon pays de 
ses sympathies. Je connais votre ouvrage sur Pie IX par les 
éloges que les journaux italiens en ont fait, et dès son appa- 
rition je me suis proposé de le lire aussitòt que j'aurai quelques 
instants de loisir. Jespère que dans quelques semaines les 
occupations pressantes dont je suis chargé me donneront assez 
de relàche pour pouvoir jouir non seulement de vos livres, mais 
aussi de votre conversation, puisque vous voulez bien me per- 
mettre, d’aspirer è cette faveur. 

Je vous remercie du programme que vous avez eu la bonté 
de m’envoyer, et que Jai lu avec beaucoup de plaisir. L’attention 
bienveillante que vous prétez au mouvement italien dans les 
différentes provinces est très flatteuse pour nous et servira è 
rapprocher davantage deux nations qui sont destinées, selon 
moi, à se réunir dans un avenir peu éloigné par une alliance 
intime. n 

Agréez, Monsieur, les sentiments de haute estime avec 
lesquels j'ai l’honneur d’étre 


Lundi soir [sett. 1847]. 
19, Allée d’Antin. 


Votre très-dévoué serviteur 
V. GIOBERTI. 


(1) Pubblicista francese, nato a Lione verso il 1820, morto nel 1859, 
autore di opere storiche relative all'Italia. V. Larousse, Grand Dictionnaire 
universel. — L’autografo della presente trovasi presso il comm. avv. Gau- 
denzio Caire di Novara. 


Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. D1* 


764 GIUSEPPE CARLE 


Monsieur le Comte César Balbo (1) 
Turin. 
27 7.bre [1847]. 


Chiarissimo Signore ed Amico, 


Il Sig. Balleydier, autore di un’opera sull’Italia (2) e affezio- 
natissimo alle cose nostre, desiderando di conoscere l’ autore 
delle Speranze, io non potei disdire la sua domanda di agevo- 
largliene il modo con queste righe; sia per la riconoscenza che 
mi par di dovere a quegli stranieri che perorano con eloquente 
penna la causa della patria nostra; sia per aver cara ogni oc- 
casione di ricordarmi a V.S. affinchè la lontananza non mi pre- 
giudichi nella sua memoria. Affidato a queste considerazioni 
non Le chieggo scusa del mio ardire e Le rinnovo gli antichi 
omaggi della più alta e affettuosa osservanza. 

GIOBERTI. 


Monsieur 
Monsieur le Professeur Baruffi (3) 
Turin. 
Mio carissimo Baruffi, 


Le vostre linee mi sono riuscite arcicarissime e ve ne rendo 
mille grazie. Oltre al dolce testimonio che mi fecero della vostra 
amicizia, esse mi rallegrarono colla contezza del vostro viaggio 
ultimo in Oriente e coi cenni benevoli che mi date a mio pro- 
posito. Voglia il cielo che i Padri vadano in dileguo; ma convien 
confessar che son difficili a svellere, come tutte le erbe cattive. 

Ciò però deve animare i buoni a combatterli senza posa; 
non a sprezzarli e trascurarli quasi nemici impotenti, come fanno 
certuni; i quali si mostrano poco sperti delle cose del mondo. 
Io tengo per fermo che il risorgimento italico non sarà mai 


(1) L'originale trovasi presso il Museo del Risorgimento, nella raccolta 
Cossilla. 


(2) Rome et Pie IX (Paris, 1847). 
(3) Dal Museo del Risorgimento. 


ALCUNE LETTERE INEDITE DI VINCENZO GIOBERTI 705 


sicuro, finchè la penisola non è purgata interamente da quella 
gramigna. 

Se scrivete al buono e venerabile P. Tonso ringraziatelo 
strettissimamente dello scritto che mi ha mandato e dell’affetto 
che mi porta. Lo leggerò con sommo piacere subito che sia 
riavuto appieno della grippe; la quale mi dà dolori di testa quasi 
continui e mi rende penosa la lettura dei manoscritti. 

Mille cose all’egregio ed onorando Gastone, patriarca dei 
buoni e liberi Italiani. Quanto mi spiace di essere lontano! Ma 
voi che siete in sul fiore non farete una scorsa a Parigi? Dico 
scorsa, e il vocabolo è forse troppo forte, per un vostro pari 
che fa tanto a fidanza col mappamondo; e per cui l’andare sino 
agli antipodi è così facile come il fare una passeggiata alla 
Tesoriera. Venite venite fin qua, e mi racconterete le cronache 
gesuitiche. 

Frattanto vogliatemi bene, comandatemi e credetemi quale 
sono colla stima più alta e più affettuosa 


Parigi, 15 xbre 47. 
19, Allée d’Antin. 


tutto vostro 
GIOBERTI. 


Monsieur 
Monsieur Ferrero 
(Italie) Turin 
45, Via Po. 
Illustre Signore, 


La ringrazio dei doni che mi ha fatto; i quali mi sono pre- 
ziosissimi e per sè stessi e per la mano da cui provengono. 

Leggerò con sommo piacere i componimenti dell’egregio 
sig. Rosa (1); di cui già conosco il valore rarissimo nell’ingegnosa 
leggiadria dello scrivere. Mi spiacque assai di non aver potuto 
vedere il sig. Storelli (2), che non mi trovò in casa; ma mi con- 
solo a pensare, che essendo egli accasato qui in Parigi, potrò 
avere la buona fortuna di conoscerlo al suo ritorno. Mi diletta 
di intendere che il Messaggiere abbracci la politica; chè così 


(1) Il poeta giocoso Norberto Rosa. 
(2) Ferdinando Storelli, pittore, che dimorava a Parigi. 


766 GIUSEPPE CARLE 


potrà giovare più largamente al paese (1). E certo saria peccato 
che i valenti suoi compilatori non usassero da questo canto la 
nuova libertà conceduta. Ho io d’uopo di dirle che mi tenni lieto 
e onorato di potervi cooperare? Ma oltre gli ostacoli gravi che 
ci frappone la lontananza, gl’impegni di altra sorte che ho già 
presi mi tolgono ogni agio e tempo di scrivere pei fogli pub- 
blici. E la sola corrispondenza epistolare che debbo sostenere 
eccede le mie forze. Alcuni amici vollero già onorare il mio nome 
registrandolo nella Concordia; ma preveggo che sarà impossibile 
che io corrisponda coll’opera al cortese invito. Aggiunga per 
ultimo che la mia salute va scadendo di giorno in giorno, e che 
se la cosa continua su questo piede fra non molto dovrò rinun- 
ziare a ogni lavoro. 

Gradisca i sensi di alta e affettuosa stima con cui mi pregio 
di essere 

Di Parigi 
ai 17 xbre 47 
19, Allée d’Antin. 
suo dev. e obblig. 
servitore GIOBERTI. 


Monsieur 
lAbbé L. Anselmi, Directeur du Collège Caccia (2) 
(Italie) Turin. 


Mio carissimo Anselmi, 


Egli mi par mill’anni, che io debba scriverti e non ti abbia 
scritto. Chi sa che cosa avrai detto di un tanto indugiare? Ma 
non ignori che io fui malato; benchè non morto; secondo il 
voto dei Padri nell’accostarsi dell’anno nuovo. Quindi ne nacque 
che io mi trovai innanzi un monte di lettere a cui dovevo ri- 
spondere, cominciando dalle più urgenti, e lasciando indietro 


(1) Coi nuovi tempi il Messaggiere Torinese divenne altresì giornale 
politico. 

(2) L'autografo della presente lettera mì fu comunicato dall'avv. Giorgio 
Anselmi, nipote del canonico Ludovico Clemente Anselmi, dottore aggre- 
gato alla Facoltà Teologica della R. Università di Torino, a cui la lettera 
era indirizzata. 


ALCUNE LETTERE INEDITE DI VINCENZO GIOBERTI 767 


quelle dei maggiori amici, coi quali fo più facilmente a fidanza, 
perchè mi assicuro del loro perdono. 

E tu sei uno di questi. Eccoti confessata la colpa con fi- 
ducia di assoluzione. Non ti do nuove, perchè a me tocca il 
riceverne e non il darne. Tocca il darne a chi è in Italia e 
specialmente in Piemonte; verso il quale questa povera Francia 
è un limbo, un cimeterio, un purgatorio. 

Tutto vi è morto; laddove costì tutto è vivo; e della vita 
più bella che si possa immaginare. 

Beato te che assisti alla maggior meraviglia del mondo 
qual si è il nascimento di una patria! 

Anch'io ne godo benchè lontano; ma solo coll’immaginativa, 
e in questo partecipo coll’animo alla letizia dei nazionali e degli 
amici. Saluta cotesti buoni amici, dei quali non ti fo un cata- 
logo perchè saria troppo lungo. E in ispecie il tuo egregio ni- 
pote. Ti abbraccio di tutto cuore. Ad multos annos. 

Parigi, 12 gennaio ’48. 
19, Allée d’Antin. 
Tutto tuo 


GIOBERTI. 


[Al Conte Eugenio Ferrero Ponsiglione a Torino] (1). 
Chiarissimo e Car.®° Sig. Conte, 


Questa mane ho dato al Sig. Fiorentino; valente ingegno 
di Napoli, amico di Leopardi, che partirà domani per Torino, 
una commendatizia per Lei; mi affido che Ella sarà contenta 
della sua conversazione. 

La ringrazio delle notizie, che non fo inserire nei fogli 
francesi, perchè la sostanza di esse si trovava già in quelli di 
questa mattina. 

Io non fo conto di andare a Torino, perchè ci sarei affatto 
inutile. Si persuada che la cosa è così: io non m’inganno in 
questa sorta di giudizi, perchè conosco i miei polli. Il governo 
vorrebbe annullarmi bellamente col farmi venir costì senza  ti- 
tolo, o con un titolo insignificante, come quello di senatore. 


(1) L'originale mi fu gentilmente comunicato dal conte Amedeo Pon- 
siglione, figlio del conte Eugenio, a cui la lettera era indirizzata. 


768 GIUSEPPE CARLE 


Ma già prima che succedesse l’affare del portafoglio, io 
avea scritto al cav. S. Rosa che non volea sapere di senatoria. 
I miei polmoni non mi permettono di chiaccherare; e non amerei 
di farlo eziandio che mel permettessero. La senatoria è un trat- 
tenimento da barbogio e da invalido: e io preferisco di essere 
invalido nella mia camera di Parigi che nella Camera di Torino. 

Non creda che in questa mia risoluzione entri alcun’ombra 
di risentimento. Io son disposto a far qualunque sacrifizio alla 
mia patria; ma non voglio far sacrifizi inutili. Ella dice che io 
gioverei coi consigli e colle influenze. Ma i consigli vogliono 
essere uditi e le influenze ricevute affinchè giovino. Ora il go- 
verno non è disposto nè a far buoni i miei consigli nè a dar 
luogo alle mie influenze. Il fatto lo dice chiaramente. 

Mi dia delle sue nuove e mi creda quale sono cordialmente 

Di Parigi ai 24 di marzo 48. 


19, Allée d’Antin. 
Tutto suo 


GIOBERTI. 


PS. La clausola dell’amnistia ne rovina l’effetto. 
Egli è fatale che il nostro governo non sappia mai fare 
una cosa bene. 


|a P. B. Ferrero]. 


Egregio Signore, 

La ringrazio dei due opuscoli che si compiacque di grati- 
ficarmi. 

Lessi con piacere la difesa del Demargherita (1), benchè 
non ne avessi d’uopo a crederlo innocente. La difesa non è com- 
piuta nè poteva essere, atteso i riguardi imposti a chi scrisse 
dal grado avuto e dalle usanze costituzionali. Ma egli è uomo 
onorato ; e chi montò in collera contro lo scandalo imputatogli 
avrebbe dovuto prima far l'esame della propria coscienza e ri- 
cordarsi di quel testo evangelico, per cui si vieta a chi ha la 
trave nell'occhio suo di cercare il bruscolo in quello del com- 


pagno. 


(1) A’ suoi concittadini il barone Demargherita ex-ministro di grazia e 
giustizia. Torino, 1850. 


ALCUNE LETTERE INEDITE DI VINCENZO GIOBERTI 769 


Ella non piglierà per male se non entro a discorrere dei 
vari punti toccati nella sua lettera in termini pieni di cortesia 
e di benevolenza. Posso bensì assicurarla che la mia risoluzione 
di non ripatriare non fu presa leggermente ed è ferma e im- 
mutabile. 

Se posso servirle, mi comandi. 

Mi conservi la sua buona memoria e mi creda quale mi 
dico con alta stima 


Parigi, 13 febbraio 50. 
(senza indirizzo) 
suo dev.®° e obblig.mo 


servitore GIOBERTI. 


Egregio Signor Bocca (1), 


Siamo ai 19 di settembre, e la stampa non è che al 23° 
foglio del 1° volume. Questo avrà probabilmente 40 e più fogli; 
cosicchè se si continua con questa lentezza, egli è impossibile 
che l’edizione sia compiuta coll’ottobre. Io non ho mai fatto 
aspettare la copia al tipografo; e oramai quella del 2° tomo è 
così avanti che per quanto da me dipende, l’ opera potrebbe 
essere finita di stampare ai 15 del vegnente. Saria dunque bene 
che Ella si compiacesse di scrivere direttamente al sig. Char- 
pentier, sollecitandolo in termini efficaci; chè le sue premure 
avranno più effetto delle mie. 

Mi spiacque d'intendere che la sua indisposizione fosse ag- 
gravata. Desidero vivamente di ricevere più liete notizie. Mi 
ricordi alla sua degna famiglia e mi creda 


Parigi, 19 7bre 51. 
3, rue du Paon. 
suo dev.®° servitore 


GIOBERTI. 


(1) L'originale trovasi presso il Museo storico del Risorgimento. L’opera 


in questione è il Rinnovamento civile, stampata appunto nel 1851 dall’edi- 
tore Bocca, Torino. 


Torino — Vincenzo Bona, Tipografo di S. M. e Reali Principi. 


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CLASSE 


DI 


SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI 


Adunanza del 28 Aprile 1901. 


PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. ALFONSO COSSA 
PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA 


Sono presenti i Socî: Prevyron, Vicepresidente dell’Acca- 
demia, NAccarI, Mosso, CAMERANO, SEGRE, PeANO, JADANZA, Foà, 
GuarEscHI, Gui, FiLeti, PARONA e D’Ovipio Segretario. 

Si dà lettura dell’atto verbale dell'adunanza precedente, il 
quale viene approvato. 

Il Socio Foà, invitato dal Presidente, legge la Commemo- 
razione del compianto Socio Brzzozero. Sarà pubblicata negli Atti. 

Il Segretario legge l’ elenco delle condoglianze pervenute 
all'Accademia da Istituti scientifici e da Socîì nazionali ed esteri 
per la morte del Socio Brzzozero. 

Ricorrendo il 5 maggio il cinquantesimo anniversario della 
laurea dottorale del Socio corrispondente Maurizio CANTOR, il 
Presidente invita il Segretario a dar lettura di un indirizzo, col 
quale l'Accademia parteciperà alle onoranze che in tale occa- 
sione si faranno al Cantor in Heidelberg. L'indirizzo viene 
approvato. 

Il Presidente informa la Classe di esser comparsa sul Bol- 
lettino ufficiale della pubblica Istruzione la nomina del Socio 
JADANZA a Tesoriere dell’Accademia, e di avere il Ministero 

Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 52 


772 


avvertito la Presidenza della sospensione del decreto di nomina 
del Direttore della Classe, per l'avvenuta morte del Socio Bizzo- 
zeRO rieletto a quella carica. 
Pervennero in omaggio all'Accademia le seguenti pubbli- 
cazioni: 
La stella “ Nova Persei ,, dal Socio corrispondente CELORIA; 
Azione chimica tra la hauerite e alcuni metalli a temperatura 
ordinaria e secca, dal Socio corrispondente STRivER; 
Die dreizehnte allgemeine Conferena der internationalen 
Erdmessung in Paris 1900, dal Socio corrispondente HEeLMERT; 
Der normale Theil der Schwerkraft în Meeresniveau, dallo 
stesso. 
La Classe ringrazia i donatori. 
È messo a disposizione dei Socì un manoscritto presentato 
dal sig. OLivero G. B., di argomento astronomico. 


Dopo la precedente adunanza, che fu tolta in segno di lutto 
per la morte del Socio Bizzozero, vennero presentati per la 
inserzione negli Atti i seguenti lavori: 

Sur les systèmes lintaires du genre eéroj estratto di una 
lettera del Socio corrispondente È. PioArp al Socio SEGRE, e pre- 
sentato da questo; 

Su alcune successioni di medie aritmetiche, geometriche ed ar- 
moniche, del Socio D’OviDIO ; 

Integrazione di sistemi di equazioni differenziali, del dr. An- 
tonino Vaccaro, presentato dal Socio PEANO; 

Azione dell'acido nitrico sui composti alifatici contenenti il 
gruppo CH(OH), del dott. Giacomo Ponzio, presentato dal Socio 
FILETI. 

Nella odierna adunanza hanno luogo le seguenti comuni- 
cazioni: 

Ricerche intorno alle renne delle isole Spitzberghe, del Socio 
CamERANO, presentata per l'inserzione nei volumi delle Memorze, 
e dalla Classe accolta con votazione unanime; 


PO TE STORE 


773 


Intorno all'unità anatomica e morfologica del fiore delle Cro- 
ciflore, del Prof. Edoardo MARTEL, presentata dal Socio PARONA 
a nome del Socio MarTIROLO per l’inserzione nei volumi delle 
Memorie; il Presidente delega i Socì MATTIROLO e PARONA perchè 
riferiscano; 

Intorno alla polarizzazione dell'alluminio, nota del Socio 
NAccarI; sarà inserita negli Atti; 

Sulle varietà razionali normali composte di ct spazî lineari, 
nota del dott. Archimede BELLATALLA, presentata dal Socio SEGRE; 
sarà inserita negli Atti. 


—_—— _————.r__-__________T_T_7Tr—_—-—T—"—"<= 


774 PIO FOÀ 


LETTURE 


GIULIO BIZZOZERO 


Commemorazione letta dal Socio PIO FOÀ. 


L’8 aprile 1901 si spegneva in Torino la nobile esistenza 
del Senatore GruLio Bizzozero, Professore di Patologia gene- 
rale in questa Università. 

Aveva sortito i natali a Varese il 20 marzo 1846, onde 
da poco egli aveva compiuto il suo 55° anno di età. Percorse 
a Milano gli studi classici e fu sempre tra i più distinti della 
scuola; indi passò all’Università di Pavia, ove dopo un breve 
dubbio se avesse dovuto consacrarsi alle lettere, elesse gli studi 
di Medicina. 

Ebbe la laurea a soli 20 anni, e nello stesso anno prestò 
servizio durante la Campagna di guerra come Medico nell’E- 
sercito regolare. 

Passò alcuni mesi a Zurigo presso il Frey per impadro- 
nirsi della tecnica istologica; indi fu alcuni mesi a Berlino 
presso il Virchow, quando ancora fresca era la grande impres- 
sione che aveva fatto nel mondo scientifico la “ Patologia cellu- 
lare , e quando erano ancora sul divenire le giovani forze di 
un Recklinghausen e di un Cohnheim. 

Durante la sua vita Universitaria Pavese era stato allievo 
di Eusebio Oehl da poco assunto a maestro di fisiologia speri- 
mentale, quale vigoroso rampollo della scuola di Vienna, e re- 
spirava, a così dire, l’aria del nuovissimo ambiente che con 
mirabile convergenza di forze e di intenti andavano creando in 
Pavia, Salvatori Tommasi, Arnaldo Cantani, e Paolo Mantegazza. 

Era uno schiudersi a novella vita, dell'anima scientifica 
Italiana; era un sintomo precursore di ciò che avrebbe potuto 
divenire la Nazione intera. Bizzozero fu allievo e assistente di 


A TI e 


GIULIO BIZZOZERO — COMMEMORAZIONE 775 


Mantegazza e lo sostituì nell’insegnamento della Patologia ge- 
nerale dal 1869 sino al 1873, anno in cui fu nominato per 
concorso, Professore ordinario di Patologia Generale a Torino 
nella età di soli 27 anni. Quivi ben tosto aperse il corso 
d’Istologia normale, che non abbandonò più per tutta la vita. 
Fu Rettore della Università; fu Direttore della Scuola Veteri- 
naria, fu membro eletto dalle Facoltà, del Consiglio Superiore 
di Istruzione, fu membro sino dalla prima istituzione dopo la 
nuova legge sanitaria, del Consiglio Superiore di Sanità che più 
volte presiedette e del quale era parte attivissima. Nel 1883 
riuscì vincitore del cospicuo premio Riberi dell’ Accademia di 
Medicina di Torino per i suoi lavori sul sangue. 

Nel 1890 fu eletto membro della Camera vitalizia. Fu Pre- 
sidente della Società Piemontese d’Igiene e della R. Accademia 
di Medicina, Socio Nazionale dei Lincei, Direttore di Classe, 
presso l'Accademia delle Scienze di Torino, rieletto dopo il 
1° triennio pochi giorni innanzi la sua morte; fu pure corri- 
spondente di molte altre Accademie nazionali ed estere, e venne 
insignito di alte onorificenze. 

Fu promotore di opere di rinnovamento scientifico in To- 
rino, e molto si deve alla sua iniziativa nella fondazione dei 
nuovi Istituti Scientifici e nella costituzione di quel Consorzio 
Universitario al cui sapiente aiuto si deve il mantenimento dei 
predetti Istituti all'altezza in cui si trovano. 

Prese parte attivissima e principale a molte imprese di 
pubblica utilità, quale l'Istituzione dell’Ospedale Principe Amedeo 
per le malattie d’infezione in Torino, il Comitato per i Bagni 
e le Cucine popolari, e le Amministrazioni dell'Ospedale Oftal- 
mico e del Manicomio. 

Fondò in Torino l'Archivio per le Scienze Mediche, nel quale 
si videro schierate tutte le giovani forze della Medicina Italiana. 
Condivise la Direzione della Rivista Italiana d' Igiene. 

Giulio Bizzozero fu una notevole personalità, alla quale 
l’Italia deve una parte importante nella storia del suo rinno- 
vamento scientifico. Egli si è trovato studente a Pavia quando 
appena appena, in mezzo a vivi contrasti sollevati dai fautori 
delle vecchie scuole empiriche o filosofiche della Medicina, co- 
minciava a penetrare il primo soffio della nuova scienza (Ger- 
manica, la quale divenne presto la scienza di tutto il mondo. 


776 PIO FOÀ 


Un precursore geniale dal largo intuito, Salvatore Tom- 
masi, aveva stampato un libro di fisiologia avidamente ricercato 
dai giovani studiosi, e nel quale erano fuse le dottrine fisiolo- 
giche di Giovanni Miiller e quelle istologiche di Kélliker. Ar- 
naldo Cantani aveva portato da Praga, e Eusebio Oehl da 
Vienna, un'eco della Clinica e della Fisiologia Tedesca; Paolo 
Mantegazza insegnava a considerare la Patologia generale come 
una Fisiologia patologica, secondo le idee che ebbero a maestro 
fondamentale Rodolfo Virchow. La massa del pubblico era però 
ancora lontana dallo spirito nuovo; le vecchie generazioni di- 
fendevano gli antichi pregiudizii di scuola, e vi aggiungevano 
quello di un funesto spirito nazionalistico, secondato dal mo- , 
mento politico in cui si trovava l’Italia durante le guerre della 
sua indipendenza, e che praticamente si risolveva in un’apoteosi 
dei vecchi insegnanti tuttora dominanti le scuole Italiane, e in 
un’aspra resistenza contro le novità e contro le persone che le 
professavano. In questo periodo di tempo si deve allo Stato, 
in cui predominava una illuminata accolta di personaggi, la 
creazione della Università nazionale moderna; cioè, tanto lon- 
tana dal meschino spirito regionale, sempre attivo e sempre 
minaccioso, quanto favorevole a ogni sorta di progresso scien- 
tifico. Mi sia lecito ricordare qui con grato animo, l’azione al- 
tamente benefica che in questo periodo di tempo ha svolto in 
favore degli studi di Medicina, il compianto Tommasi-Crudeli, 
che fu tra i più antichi estimatori ed amici di Giulio Bizzozero. 

È in un ambiente sociale di tal fatta che il giovine Biz- 
zozero, animato da una viva passione scientifica, e dotato di 
quello spirito di combattività che prorompe dalle forti convin- 
zioni urtanti contro le più tenaci resistenze passive, iniziò collo 
studio e coll’esempio il periodo di rinnovazione delle scuole 
Mediche Italiane. Egli fu a quei tempi tra i pochissimi, ed il più 
efficace cultore della Istologia normale e patologica, e si cir- 
condò di un’eletta schiera di giovani, i quali accorrevano a lui 
come a unico maestro possibile a quel tempo, e come a centro 
di formazione di una nuova generazione di studiosi. 

Il fatto stesso che da varie parti di Lombardia e Piemonte 
dapprima, e più tardi di tutta l’Italia accorrevano a lui i gio- 
vani realmente desiderosi d’imparare, contribuisce a spiegare il 
grande successo ottenuto, perchè in quella spontanea convergenza 


GIULIO BIZZOZERO — COMMEMORAZIONE 777 


verso il nuovo focolajo scientifico, si aveva l’indice negli accor- 
renti di una mente eletta e di un proposito serio. Non fa quindi 
meraviglia se quando Bizzozero fu nominato a Torino a soli 
27 anni Professore ordinario di Patologia, egli aveva già avuto 
diversi allievi, quali il Manfredi, il Golgi, il Bassini, il Griffini, 
il Foà ed altri. 

È assai degno di nota questo periodo che segna il principio 
in Italia della istituzione del laboratorio scientifico nella Facoltà 
di Medicina, nel senso moderno della parola. Esso non era nella 
nostra tradizione, neppure nei tempi classici della nostra coltura. 
L'Italia vide nascere in quella zona relativamente ristretta di 
terra, che sta fra Scandiano e Forlì dei creatori della Medicina 
scientifict. Essa ebbe in Bologna i preparatori della dottrina 
della circolazione del sangue; essa ebbe in Malpighi, in Mor- 
gagni e nello Spallanzani i fondatori della Istologia, dell’Ana- 
tomia Patologica e della Fisiologia sperimentale, ma non ebbe 
mai la scuola di laboratorio come oggidì l’intendiamo; cioè la 
scuola aperta a tutti gli uomini di buona volontà, a tutte le 
misure d’ingegno, e destinata a raccogliere anche le minime 
contribuzioni allo sviluppo della conoscenza. Un primo accenno 
di laboratorio di tal fatta aveva diretto il Mantegazza assistito 
dal giovine Bizzozero. Questi poi ne allargò l'applicazione e gli 
intenti, ed ebbe il merito di dirigere per la Patologia il mo- 
dello di tal genere d’Istituti, quali più ampi e più ricchi sorsero 
e si moltiplicarono successivamente per tutta l’Italia. 

Appena giunto in Torino Bizzozero ebbe dal savio appoggio 
di TrmmerMmANS un principio di laboratorio, ove pure raccolse 
alcuni studiosi, e ove iniziò il suo corso desideratissimo d’Isto- 
logia normale, ma l’anno appresso dopo la morte di Timmermans, 
quel simulacro di laboratorio gli venne tolto, e fu lasciato privo 
di mezzi, per la somma angustia di animo e di mente di al- 
cuni colleghi. Il giovine Professore ordinario non si diede per 
vinto; raccolse, anzi, a battaglia le sue forze, e lungi dal cedere 
ad altre seduzioni che avevano dominato l’animo di altri suoi 
contemporanei, anche illustri, resistette vigoroso e creò nella 
sua propria casa un laboratorio, di dove con generoso animo 
rendeva del. bene a quell’ambiente in cui aveva fino allora ri- 
cevuto solo delle ripulse. 

Egli avrebbe potuto, forte della sua inamovibilità, consa- 


778 PIO FOÀ 


crarsi come altri suoi colleghi, anche Illustri, all’esercizio pro- 
fessionale della Medicina, oppure, come i tempi consentivano e 
gli esempi non mancavano, egli avrebbe potuto darsi alla po- 
litica, cercando o nel guadagno o nel potere, quelle soddisfazioni 
che l’ambiente accademico gli rifiutava. Invece, egli tenne fede 
agli studi e cercò la soddisfazione e l’onore nel solo prosegui- 
mento di un fine ideale. 

Sia lecito a me di rilevare, poichè ebbi col Bizzozero 
34 anni di consuetudine, che quello è stato il periodo più ele- 
vato e più nobile della sua carriera d’insegnante, precursore di 
altri fatti benefici che nella maturità degli anni egli avrebbe 
saputo compiere. 

L'attività scientifica di Bizzozero abbraccia diverti periodi, 
in cui dapprima si sente l’influenza delle dottrine dominanti nel 
suo tempo e le predilezioni pei suoi stessi maestri, e più tardi 
si sente la maturità, l'autonomia e la genialità sua propria nelle 
ricerche. 

È degno di nota che il suo primo lavoro fu compiuto a 
16 anni nel laboratorio di Eusebio Oehl. Esso riguarda la strut- 
tura del tessuto osseo nei batraci, e in tutto lo scritto di piccola 
mole traspare quell’ingenuo entusiasmo che è proprio di un’a- 
nima giovanile intenta per la prima volta a penetrare nei mi- 
steri della natura. Lo stile risente ancora di qualche ricercatezza 
letteraria appresa nel Liceo, e alla fine del lavoro, l’autore non 
può trattenersi dall’esprimere la gioia scientifica che gli avevano 
dato i suoi preparati. In seguito fu allievo di Mantegazza, di 
cui ripete, ampliandole, le ricerche sperimentali sull’autonomia 
degli elementi e degli organi innestati. 

Nel 1864 pubblicò un lavoro sulle cellule cigliate della 
epidermide, delle mucose e dei cancroidi, nel quale corresse una 
inesatta interpretazione di fatti, da lui più esattamente descritti, 
e ne ebbe l'approvazione di Kélliker. 

Nel 1865 il Mantegazza leggendo una comunicazione all’I- 
stituto Lombardo sulle scoperte dei movimenti ameboidi delle 
cellule di varia provenienza, fatte da diversi autori, annunciava 
che il suo giovine allievo Bizzozero aveva fatto la bella osser- 
vazione che anche le cellule incolori del midollo delle ossa si- 
mili a quelle del sangue presentano dei movimenti ameboidi. 
Con questo lavoro, Bizzozero iniziò quel complesso di ricerche 


GIULIO BIZZOZERO — COMMEMORAZIONE 779 


sul midollo delle ossa che lo trasse nel 1868 a dividere con 
Neumann l’onore di avere riconosciuto nel midollo delle ossa il 
significato di un organo ematopoetico. 

Nel 1866 pubblicò un lavoro sulla neo-produzione del con- 
nettivo, in cui, secondo le idee predominanti intese a dimostrare 
la gran parte che in quella avevano le cellule semoventi. Am- 
mise che le stesse avrebbero potuto generare tutti i tessuti che 
formano il gruppo de’ connettivi, e quindi anche le cartilagini 
e le ossa; dubitò persino, e lo noto solo come segno di quei 
tempi, che le semoventi potessero formare delle cellule epite- 
liali. È di questa epoca una ricerca istologica, prima di tal fatta 
nel mondo scientifico, sulla struttura dei tubercoli prodotti per 
inoculazione di materiale specifico. L'autore aveva abbracciato 
la nuova dottrina di Villemin sulla contagiosità e sulla trasmes- 
sibilità della tubercolosi, e aveva assistito agli esperimenti di 
inoculazione sperimentale nel coniglio, che il Dottor Biffi aveva 
‘fatto all'Ospedale Maggiore di Milano. È sugli organi di quegli 
animali inoculati che il giovine istologo fece le sue osserva- 
zioni esattissime tuttodì nella sostanza, se pure l’interpretazione 
di alcuni particolari non corrisponda interamente a quello che 
si è venuto più tardi imparando. 

Altri lavori sulla cicatrizzazione dei tendini recisi, sul pa- 
renchima della ghiandola pineale e sui linfatici del cervello sono 
di questo periodo di tempo, nel quale venne pure pubblicata dal 
Bizzozero una traduzione del manuale di tecnica microscopica 
del suo maestro Frey di Zurigo. Questo libro gli servì molto 
nell’esercitare gli allievi del suo laboratorio, ed ebbe cura per 
molti anni di aggiungere alla traduzione i nuovi procedimenti 
che venivano mano a mano introdotti nella tecnica microscopica. 

Nell'ottobre 1868, pubblicò le sue ricerche sulla vitalità 
degli elementi contrattili, e nel 1869 diede alle stampe il suo 
lavoro riassuntivo sul midollo delle ossa. Come già ho rilevato, 
colle sue ricerche il Bizzozero concorse con Neumann alla di- 
mostrazione che il midollo delle ossa avesse a considerarsi come 
organo ematopoetico. Egli aveva scoperto la contrattilità delle 
cellule del midollo, come già era stata osservata quella delle 
cellule della milza e del connettivo giovine. 

Egli aveva descritto il decorso dei vasi da cui risultava 
il corso lento della circolazione nel midollo, come era nella 


780 PIO FOA 


milza e nelle ghiandole linfatiche. Vide la moltiplicazione per 
scissione dei globuli rossi nucleati scoperti e indicati da Neumann 
come forme embrionali di globuli rossi normali; descrisse le 
cellule globulifere e le interpretò giustamente come indicanti 
la distruzione dei globuli rossi; descrisse i capillari del midollo 
e dimostrò la differenza che esiste fra i mieloplassi di Robin e 
le cellule a nucleo centrale in gemmazione. Portò una prima con- 
tribuzione allo studio del midollo delle ossa in varie malattie. 

Gli studi sul midollo hanno aperto la via ad una serie di 
ricerche numerosissime e ancora attive, rinnovanti il concetto 
che delle variazioni e delle malattie del sangue si erano for- 
mati i nostri antichi. Poche scoperte istologiche furono più di 
questa fruttuose per la fisiologia e per la patologia. 

Una rivista critica sulla infiammazione pubblicò Bizzozero 
nel 1870, la quale si legge tuttora col più vivo interesse, ed 
ebbe il pregio di fornire comodamente ai docenti di Patologia 


l'insieme delle dottrine che si andarono mano a mano svolgendo * 


in quel vastissimo campo della patologia. Una simile rivista 
pubblicò sui Tumori, e gli studiosi ancora inesperti nella ri- 
cerca, ma tuttavia bramosi di mettersi al corrente dei progressi 
degli studi, ebbero assai care queste pubblicazioni, di cui esal- 
tavano il valore al di sopra delle stesse ricerche originali, da 
essi meno esattamente comprese. Importante, di questo periodo, 
è lo studio sulla produzione endogena delle cellule purulenti, 
nel quale è dimostrata in certe suppurazioni l’esistenza di grosse 
cellule, le quali introducendo nel proprio protoplasma contrattile 
i globuli di pus, o i globuli «rossi, costituivano una delle vie per 
le quali il pus e il sangue venivano assorbiti. Negavasi per- 
tanto la supposta produzione endogena del pus, dimostrandosi 
che i corpuscoli purulenti erano stati introdotti nel protoplasma 
di elementi contrattili, e non già originati entro di essi. 

Altra importante comunicazione riguarda gli effetti. che 
hanno sui muscoli le resezioni dei nervi rispettivi. È una ricerca 
fatta con GoLei, da cui gli autori ricavarono la produzione spe- 
rimentale di una paralisi pseudo-ipertrofica, ossia della sostitu- 
zione di tessuto adiposo al tessuto muscolare negli arti para- 
lizzati. Infine nel 1872 poco prima di lasciare l’ Università, di 
Pavia, Bizzozero pubblicò fra altre piccole memorie, anche una 
sulla struttura del reticolo dei seni nelle ghiandole linfatiche, 


Pro ru——_———————’ —__.5C Epp 


ia: sentina AA 


GIULIO BIZZOZERO — COMMEMORAZIONE 781 


in cui dimostrava che le cellule rispettive stavano applicate 
sulle fibre del reticolo stesso e non ne facevano parte continua 
e integrante, e che anche i cordoni midollari erano rivestiti di 
endotelio. Un piccolo ma importante volumetto di quel tempo 
raccoglieva tutti i lavori eseguiti da Bizzozero e dai suoi allievi 
nel laboratorio di Patologia generale di Pavia, preludio di altre 
numerosissime pubblicazioni che sempre rinnovati allievi avreb- 
bero nel corso degli anni sparse per tutto il mondo. 

Nei primi anni di sua residenza in Torino, Bizzozero pub- 
blicò col Prof. BozzoLo, una lunga, particolareggiata descrizione 
istologica dei tumori della dura-madre, e un altro lavoro sui 
rapporti della tubercolosi con altre malattie, e una lezione sul 
crup e sulla difterite, in cui sono esposti con minuta esattezza 
i reperti istopatologici di quelle affezioni nei vari organi. 

Pubblicò con MANFREDI uno studio assai diligente dal lato 
morfologico, sul Mollusco contagioso, e più tardi con mano 
maestra trattò la delicata struttura delle sierose in collabora- 
zione col Dottor GAETANO SALVIOLI. 

Dimostrarono gli autori che nell’uomo i linfatici del peritoneo 
diaframmatico hanno una disposizione affatto speciale e comu- 
nicano per mezzo di fori numerosi, occlusi appena da strati en- 
dotelici, col cavo addominale e attraverso i quali passano le 
materie granulari disposte sul peritoneo, come già Mascagni, e 
più tardi Recklinghausen, aveva sperimentalmente dimostrato. 

È nel 1879 che compare colla descrizione del Cromocitometro 
una prima serie di lavori ematologici che dovevano aggiungere 
nuovi titoli alla fama scientifica di Bizzozero. L’istrumento che 
egli ha introdotto per la ricerca quantitativa della emoglobina 
del sangue ha dei pregi notevoli di praticità e di esattezza, 
onde ha servito al suo tempo ad una falange di studiosi per lo 
studio delle variazioni del sangue nelle varie malattie. 

Lo stesso Bizzozero con SaLvioLi ha studiato le variazioni 
emoglobiniche del sangue in seguito al salasso, e con GoLei 
l’azione che ha sul contenuto emoglobinico la trasfusione del 
sangue nel cavo peritoneale. Trovò con SaLviori il ritorno del- 
l’attività emotopoetica della milza, lavoro che diede origine a 
molte ricerche successive da parte di altri autori. Se oggi la 
dottrina dell’ematopoesi è alquanto modificata, se non tutti i 
casi, almeno, di ematopoesi splenica possono attribuirsi real- 


782 PIO FOÀ 


mente ad un risveglio delle facoltà embrionali della milza, per- 
siste tuttavia in tutta la sua interezza l’importanza del reperto, 
come indice di profonde variazioni nella crasi del sangue, o nella 
meccanica della circolazione. 

A questi lavori seguirono molte altrericerche fatte con TORRE 
sulla produzione dei globuli del sangue negli uccelli, in cui ri- 
levò che in questi animali la produzione dei globuli rossi ha 
luogo da elementi giovani colorati leggermente in giallognolo, 
solo nel midollo delle ossa e appunto entro i suoi vasi, mentre 
la milza non partecipa affatto al processo. 

In altro lavoro sperimentale con SANQUIRICO mirò a difendere 
l’utilità delle trasfusioni peritoneali di sangue, i cui globuli ri- 
mangono funzionanti nell’organismo in cui sono introdotti. 

Più tardi Bizzozero dimostrò che quella moltiplicazione per 
scissione che egli aveva osservato nel midollo delle ossa poco 
dopo la scoperta dei globuli rossi nucleati fatta da Neumann, 
aveva luogo secondo il tipo della cariocinesi, sia negli animali 
con sangue a globuli rossi nucleati, sia in quelli il cui sangue 
ha globuli privi di nucleo. 

Il 9 dicembre 1891, Bizzozero comunicava all'Accademia di 
Medicina di Torino la sua prima nota sopra un nuovo elemento 
morfologico del sangue dei mammiferi e sulla sua importanza 
nella trombosi e nella coagulazione. Ad essa seguirono altre 
‘note nell’anno susseguente, e nel 1883 comparve il lavoro in- 
tero sull'argomento predetto. In questo è riassunta con grande 
fedeltà e imparzialità la storia di tutte le osservazioni che hanno 
precedute le sue ricerche, e vi è una difesa esauriente delle ob- 
biezioni che gli erano state mosse. Le piastrine, come egli ha 
denominato, e come tutti accettarono di denominare il terzo 
elemento morfologico del sangue, erano state già vedute e de- 
scritte, o nella loro integrità o nei loro derivati, ma la descrizione 
non era esatta, o si era data di esse una interpretazione er- 
ronea, come quella di Hayem, che le ritenne quali stadi di svi- 
luppo dei globuli rossi. Bizzozero, oltre a correggere ed ampliare 
la conoscenza che già si aveva del predetto elemento, aggiunse 
la dimostrazione indispensabile della sua preesistenza nel sangue 
circolante dei mammiferi, ed accolse il concetto che ad esso fos- 
sero equivalenti alcuni elementi nucleati che circolano nel sangue 
dei batraci. Descrisse la parte grandissima che le piastrine hanno 


GIULIO BIZZOZERO — COMMEMORAZIONE 783 


nella formazione del trombo bianco, e alla decomposizione di esse, 
non a quella dei globuli bianchi, attribuì l'origine di quella 
sostanza che determina la produzione della fibrina. 

Quelle classiche ricerche ne originarono molte altre, e acce- 
sero un dibattito, di cui gli atti non sono ancora definitiva- 
mente chiusi. Non tutti, infatti, accolgono l’idea che la piastrina 
sia realmente un elemento morfologico, ossia indipendente, del 
sangue; in alcuni autori tende a prevalere l’idea che esse sieno 
| piuttosto una derivazione della distruzione dei globuli rossi. La - 
parte che spetterebbe alle piastrine nella coagulazione sarebbe 
piuttosto quella di formare il trombo provvisorio, o il trombo di 
agglutinamento; non quella, o per lo meno non esclusiva ad esse, 
della produzione della fibrina. Con tutto ciò la, scoperta di Biz- 
zozero segna un punto di avanzamento nella storia della ema- 
tologia, alla quale egli ha legato il suo nome imperituro. 

È di questa epoca, cioè del 1882, un pregevole discorso 
inaugurale letto dal Bizzozero all’Università di Torino, intitolato: 
Sulla difesa della Società contro le malattie infettive, nel quale 
sono lucidamente esposte le nuove dottrine sui morbi infettivi, 
e vi è dimostrata la necessità di prevenirli con adatti provve- 
dimenti d’ igiene. Eravamo ancora lontani dalla promulgazione 
della legge sanitaria del Regno, e dalla rinnovazione del governo 
della sanità; l’Italia doveva ancora sperimentare a proprie spese 
le ultime applicazioni dei vecchi sistemi di difesa, già d’allora 
condannati dalla scienza e dalla esperienza di altri popoli; ep- 
però è opportuno di rilevare questa prima manifestazione, nel 
campo dell’Igiene, di un uomo, il quale negli anni successivi 
doveva aver larga parte nell’applicazione dei nuovi progressi in 
materia sanitaria. 

Nel 1885 Bizzozero pubblicò la prima volta il suo celebre 
Manuale di Microscopia clinica, che è arrivato ora alla sua 5? edi- 
zione in Italia, e che fu tradotto in tutte le lingue del mondo 
civile. È un manuale di tecnica per le indagini sui prodotti mor- 
bosi, sulle secrezioni organiche e sui parassiti, di somma utilità 
pratica, e fatto con una grande esattezza, cosicchè si è ben si- 
curi di non errare applicando esattamente ciò che vi è descritto 
sino nei più minuti particolari. È qualità che si riscontra in tutte 
le ricerche tecniche di Bizzozero quella di una meticolosa esat- 
tezza, onde un suo precetto tecnico è garanzia sicura del risul- 
tato per chiunque lo segua fedelmente. 


784 PIO FOÀ 


Dopo un breve lavoro sulla produzione dei nodi leucemici 
secondari, che Bizzozero ha dimostrato essere originati non da 
semplice deposito, ma da reale neoproduzione di elementi linfa- 
tici, noi lo vediamo iniziare con VassaLe nel 1887 gli studi sulla 
produzione e sulla rigenerazione fisiologica degli elementi ghian- 


dolari. A questo lavoro fecero seguito diverse note sulle ghian- 


dole tubulari del tubo gastroenterico, e sui rapporti del loro 
epitelio coll’ epitelio di rivestimento della mucosa. Di questi studi 


e di altri sullo stesso argomento e su argomenti analoghi ispi- , 


rati nel suo laboratorio, il Bizzozero diede un riassunto com- 
pleto nell’ottimo discorso che tenne al Congresso internazionale 
di Medicina a Roma nel 1893. Era antico e principale argo- 
mento della biologia lo studio del modo in cui crescono e si ri- 
generano i vari tessuti del corpo, e quello della parte che in 
tale accrescimento hanno l’afflusso del materiale di nutrizione, o 
l’azione diretta dei nervi, o la virtù che è insita negli elementi 
stessi dei tessuti. Malgrado la quantità notevole di ricerche ap- 
parse dopo la Patologia cellulare di Virchow, gli autori erano 
tra loro sensibilmente discordi su tali argomenti, i quali più 
tardi traversarono un periodo di sosta per la grande attrazione 
che avevano esercitata sugli studiosi le nuove ricerche bacte- 
riologiche. 

A ricondurre gli studiosi alla ricerca degli antichi problemi 
della medicina scientifica, valse la scoperta che Flemming aveva 
fatto dei fenomeni cariocinetici, ossia della moltiplicazione nu- 
cleare indiretta. 

In questo processo i biologi hanno trovato un indice sicuro 
e sensibilissimo della esistenza di un fatto di proliferazione, e 
della energia con cui esso decorre. Bizzozero coi suoi allievi ha 
tratto largo profitto dalla nuova scoperta, e con un’ assiduità 
e una costanza meravigliosa si pose alla ricerca di molti tes- 
suti in molte specie di animali, e in diverse condizioni di vita, 
ricavandone conclusioni generali di molta importanza scientifica. 
Riconobbe l’esistenza di tessuti ad elementi labili (come gli epi- 
teli), ad elementi stabili (come le ossa), ad elementi perenni 
(come i nervi e i muscoli striati); divise le ghiandole a secre- 
zione amorfa in due gruppi: quelle che hanno una rigenerazione 
attiva dei propri elementi, e quelle in cui la rigenerazione cel- 
lulare è quasi nulla. 


GIULIO BIZZOZERO — COMMEMORAZIONE 785 


Al primo appartengono le ghiandole sebacee, le fossette 
mucipare dello stomaco, le ghiandole tubulari dell’ intestino e 
dell’utero; al secondo, invece, appartengono le ghiandole più al- 
tamente differenziate, quali il pancreas, le ghiandole sudorifere, 
le ghiandole lacrimali, il fegato, il rene, ecc. È nel fondo delle 
ghiandole di Lieberkiin e nel fondo delle fossette gastriche che 
Bizzozero ha scoperto il focolaio di rigenerazione dell’ epitelio 
gastroenterico, e che le cellule epiteliali ivi prodotte strisciano 
coll’ estremità inferiore sulla superficie su cui sono impiantate 
per arrivare sulla superficie libera della mucosa, ove terminano 
la loro vita. Ammise il carattere indipendente e specifico delle 
cellule mucipare; trovò che la ghiandola mammaria durante 
l'allattamento non offre cariocinesi, onde ammise che la forma- 
zione del latte non fosse legata a perdita di elementi epiteliali. 
Rimase da quelle ricerche definitivamente vinto l’errore che gli ele- 
menti epiteliali potessero essere prodotti dai globuli bianchi del 
sangue o dagli elementi connettivi. Ogni elemento è solo gene- 
rato da altri della stessa specie. 

Ottenne dagli allievi la dimostrazione che il difetto di nu- 
trizione non è causa sufficiente a diminuire il processo di pro- 
liferazione , il quale continua per virtù insita negli elementi, 
mantenendo, per un certo tempo almeno, una relativa indipen- 
denza dalle condizioni della nutrizione. La congestione da taglio 
dei nervi o da riscaldamento, vale bensì a favorire una proli- 
ferazione già in corso, ma non può ridestare un processo di 
proliferazione che sia già spento o sospeso. Nel 1896 Bizzozero 
pubblicò una nota col Dottor SAacerporTI sulla influenza della 
temperatura e dell’ afflusso sanguigno sulla attività produttiva 
degli elementi, nella quale è dimostrato che tali fattori agiscono 
su tutti gli elementi in via di sviluppo, sieno essi labili o stabili, 
o perenni, i quali ultimi non dànno proliferazioni cariocinetiche, 
ma aumentano bensì la produzione di sostanze secondarie come 
è la sostanza contrattile delle fibre muscolari striate. 

Fu questa l’ultima nota di patologia sperimentale pubblicata 
da Bizzozero, il quale sventuratamente in quest’ epoca cominciò 
a soffrire di una coroidite, che gli impedì di occuparsi ulterior- 
mente al microscopio. Fu sventura per la scienza e per lui, 
che venne crudelmente colpito proprio in quell’organo che gli 
aveva fatto acquistare tanti titoli di gloria. Bizzozero sopportò 


786 PIO FOÀ 


stoicamente il suo male, come sempre fece nelle sue non poche 
sofferenze fisiche, senza crucciare il mondo colle minute e per- 
sistenti descrizioni di quelle, come è il difetto di tanti. Anche 
i più intimi, anche le persone della famiglia appena si accor- 
gevano che egli avesse tanto malore. 

Arrivato al colmo della gloria scientifica e degli onori, egli 
avrebbe potuto trovare nelle stesse sue sofferenze una ragione 
plausibile per ritirarsi dall’arringo e per godere, se così può 
dirsi di uno che visse di lavoro, un ben meritato riposo. Ma così 
non volle il Bizzozero, il quale non fece che mutare il campo 
della sua attività, consacrandosi ad opere di volgarizzazione 
nel campo dell’Igiene. Nella Nuova Antologia, e nei Congressi 
d'’Igiene di Torino e di Como si adoperò a svolgere il concetto 
moderno della prevenzione delle malattie, e più particolarmente 
del còmpito dello Stato nella tutela della salute pubblica. Sot- 
topose ad acuta critica la legge Sanitaria Italiana del 1865, 
difese più volte con grande calore la nuova legge Sanitaria, e 
la costituzione della Direzione centrale di Sanità. Combattè vi- 
vamente con grande insistenza la separazione dell’amministra- 
zione dalla parte tecnica nella Direzione di Sanità, e ora avrebbe 
veduto soddisfatto il suo voto, poichè si è di nuovo ricostituita 
la Direzione centrale della Sanità, come era all’epoca della sua 
fondazione dopo la legge Crispi. 

Bizzozero ha combattuto una brillante campagna in favore 
della vaccinazione jenneriana. A tutta prima potrebbe taluno 
domandarsi se proprio in Italia fosse ancora necessario persua- 
dere il pubblico dell’utilità della vaccinazione, dapoichè la pra- 
tica di essa vi è antica, e non mai stata sistematicamente com- 
battuta, come lo fu in altri paesi. Ma se si pon mente che molte 
altre parti d'Italia presentavano un’alta mortalità per vajuolo, 
indizio certo o di non eseguìta, o di cattiva vaccinazione; se si 
considera che sull’esempio d'Inghilterra non mancavano tra noi 
gli apostoli dell’antivaccinazione, i quali col sussidio di stati- 
stiche raccolte senza critica, o di fatti enunciati senza un'attenta 
disamina delle circostanze, avrebbero potuto coll’accento della 
convinzione e della buona fede con cui sostenevano le loro teorie, 
far breccia poco a poco nelle nostre masse inerti, e convertire 
al più comodo non far nulla buona parte della popolazione, si 
trova che l’opera di Bizzozero svolta da pari suo con molta se- 


GIULIO BIZZOZERO — COMMEMORAZIONE 787 


rietà di dottrina e con larga prova di fatti, è stata utilissima 
non solo a confermare la necessità che la vaccinazione fosse 
fatta seriamente in ogni parte d’ Italia, ma anche a prevenire 
l'influenza di dottrine pericolose, in quanto non erano basate 
sulla realtà dei fatti. 

Un'altra serie di articoli popolari d’Igiene si devono a Biz- 
zozero sull'argomento vitale della lotta contro la tubercolosi; 
articoli che furono seguìti da un aureo libriccino popolare sullo 
stesso argomento. 

Accolta che egli ebbe favorevolmente l’idea dei Sanatorî 
popolari, si fece difensore di tale desiderata istituzione e pre- 
siedette il Comitato che doveva scegliere il migliore disegno 
di Sanatorio presentato al Concorso governativo. Da ultimo, dif- 
fuse le nuove dottrine sulla malaria. e difese la nuova legge 
sul chinino, di cui egli era stato relatore al Senato, così come 
si accingeva ad esserlo per la legge futura sui provvedimenti 
contro la malaria. 

Questi sono gli scritti principali, cui si collegano altri sul- 
l'igiene degli alberghi, sull'acqua bollita, sulle macchine da 
scrivere, sulla profilassi della rabbia, e sul cancro, e che gli 
diedero la soddisfazione di occupare, col vantaggio e col plauso 
del pubblico, il tempo che la sua infermità oculare non gli con- 
sentiva più di dedicare alle ricerche di microscopia. Quelle tut- 
tavia egli continuò a promuovere, come sempre, nel suo labo- 
ratorio, aggiungendo sempre nuovi nomi alla falange di allievi 
di cui ha coperto tutta l’Italia, e per tutte le branche delle 
Scienze Mediche. 

Tale è stata l’opera complessiva, scientifica e sociale, di 
Giulio Bizzozero; opera vasta e benefica, racchiusa in un periodo 
breve, e quale io mi studiai di rendere il meno imperfettamente 
che mi fu possibile, pur sapendo di non aver dato relazione di 
qualche pubblicazione di minore estensione uscita dalla penna 
di lui. 

La produzione scientifica di Bizzozero ha segnato tre punti 
culminanti. Il 1° s’aggira intorno alla funzione ematopoetica del 
midollo delle ossa; il 2° comprende le numerose ricerche ema- 
tologiche e mette capo alla scoperta delle piastrine nel sangue 
circolante; il 3° abbraccia quelle numerose ricerche sulla cario- 
cinesi, che udite frammentariamente sembrano lavoro discreta- 

Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 53 


788 PIO FOÀ 


mente facile e troppo esteso, ma che considerate nel loro insieme 
hanno dato origine a una sintesi di molta importanza sui fe- 
nomeni della produzione cellulare negli organismi. 

L'attività di Bizzozero ‘nel campo dell’Igiene non ebbe per 
fine la ricerca originale, ma sibbene la coordinazione e la di- 
vulgazione di quei fatti e di quelle dottrine, dalla cui piena 
conoscenza soltanto è lecito sperare il progresso sanitario della 
Società, sia nell'azione sempre insufficiente dei singoli, sia nel- 
l’azione integrante più sicura ed efficace dello Stato. 

Bizzozero non ebbe tempo come il Dottor Faust d’esclamare: 
“ T’arresta! Oh sei pur bello! , innanzi di morire, nè egli era 
stato mai interamente abbandonato da quel i 


TO Vea corruccio onde s’attinge 
Possanza, alacrità (1): 


Egli avrebbe pertanto dovuto continuare la sua nobile esistenza, 
ma se il Dottor Faust esclamava: 


BAI: (4,4: sarebbe 
L'ultima e maggior delle conquiste 
Se io giungessi a seccar quel pestilente 
. Stagno, aprirne lo spazio a mille a mille 
Non sol per abitarlo in sicurezza, 
Ma in operosa libertà! Vedervi 
Lieti, fertili campi; il nuovo suolo 
Dell’uom comodo albergo e della greggia, 


egli avrebbe, invece, potuto compiacersi di aver veduto risanare 
le nostre città, e bonificare le nostre paludi, e presto avrebbe 
potuto, lo speriamo, cancellare il ricordo racchiuso in questi 


versi: 
A pa a piè della montagna 
Vapora una maremma, e tutto ammorba 
Ciò che noi rassodammo. 


Egli avrebbe dovuto vivere ancora, se 


CERISANO NE della vita è degno, 
Degno di libertà colui soltanto 
Che debba a ciascun dì farsene acquisto. 


Ed egli, infatti, ogni suo dì consacrava all’acquisto del bene. 


(1) Faust di Gorrze. Traduzione di Andrea Marrer. Firenze, 1866.. 


———_—_————m—Tm———— 


GIULIO BIZZOZERO — COMMEMORAZIONE 789 


CoLLEGHI! 


In una sua commemorazione di Teodoro Schwann, Bizzozero 
rifletteva che quando ci accade di leggere una commemorazione 
fatta su di un fresco tumulo, pendiamo incerti sul quanto spetti 
alle virtù del defunto, e su quanto gli accordi meritamente la 
facile liberalità del vivo. 

Quella acuta riflessione, io penso, meglio si adatti a coloro 
che traversando l’esistenza piena di azione e di tumulto, la- 
sciano dietro di sè un lievito di passione che appena il tempo 
può ridurre nella sua giusta misura; meno perfettamente invece, 
si adatti a coloro, che non ebbero a commuovere, ma a per- 
suadere, e che non mossero ad agire, per impulso della imma- 
ginazione, ma col freddo e ragionato esercizio del metodo spe- 
rimentale. Epperò noi possiamo affermare che il bene che diciamo 
gi Bizzozero gli è sin d’ora sicuramente dovuto. Noi lo abbiamo 
conosciuto dalla statura superiore alla media, dalla delicata 
struttura del corpo, dall’aspetto nobile; spesso assalito da soffe- 
renze fisiche, e ciò malgrado, di spirito vivace e talvolta faceto ; 
cortese invariabilmente con tutti; corretto sino allo serupolo 
nelle norme pratiche della vita; devoto alla famiglia; fidatissimo 
agli amici, dei quali apprezzava più la costanza che lo slancio; 
di criterio pratico, di sentimenti che venivano abbracciando un 
sempre più largo orizzonte quanto più egli maturava nella età 
e nelle opere. Esatto e scrupoloso nell’adempiere tutti i suoi 
doveri anche i più piccoli, così come era esatto e scrupoloso 
nella sua ricerca scientifica. Di mente acuta e libera, nessun 
argomento gli era estraneo; nessuna aspirazione nuova respin- 
geva senza saggiarne liberamente il valore. Insegnante pieno 
di coscienza e di precisione, conquistò sè stesso nell’arte di 
esporre, in cui divenne efficacissimo. 

Egli ebbe dal consenso spontaneo, universale e continuato 
dei suoi colleghi, un primato che egli nobilmente esercitava per 
promuovere la pace e l’operosità di ciascuno. 

L’azione prolungatamente esercitata nei pubblici e privati 
consigli a favore dell’ incremento scientifico delle Università 
nostre, e del risanamento del nostro paese, gli assicurarono la 
nostra universale riconoscenza. 


Onore alla sua memoria! 


790 ANDREA NACCARI 


Intorno alla polarizzazione dell'alluminio. 
Nota del Socio ANDREA NACCARI. 


Il modo singolare, in cui si comporta l’ alluminio quando 
viene usato come anodo in un voltametro, fu studiato da pa- 
recchi (1). Fra gli scritti più recenti che ne trattano, van citati 
quelli del Graetz, del Campetti, del Dina e del Norden. Il Graetz 
propose di applicare la singolare proprietà che ha l'alluminio 
di lasciar passare facilmente una corrente che esca per esso da 
un voltametro e trattenere quasi interamente una che entri per 
esso nel voltametro, alla separazione delle correnti alternate (2). 
Secondo le sue misure occorrerebbe che la forza elettromotrice 
fosse almeno di 22 V perchè la corrente potesse entrare per un 
elettrodo di alluminio in acido solforico diluito o in una solu- 
zione d’allume potassico o sodico. 

Il Dina proponendosi lo studio del fenomeno con l’intento 
stesso del Graetz fece progredire notevolmente la conoscenza 
della polarizzazione anodica dell’alluminio (3). Il Campetti studiò 
la perdita d’energia che l’uso d’un voltametro con elettrodi di 
alluminio posto nel circuito di una corrente alternata porta con 
sè. Il D" K. Norden studiò molto accuratamente la composizione 
dello strato che si forma sull’ anodo d’alluminio, e fece delle 
misure elettrometriche nelle quali trovò anche per la polariz- 
zazione catodica dei valori singolarmente grandi (4). 


(1) Burr, “ Liebig's Annalen ,, CII, 269, 1857. — Tar, “ Proceedings 
Edinb. Soc. ,, VI, 579, 1868-69. — Brerz, “ Pogg. Ann. ,, CLVI, 456, 1875, III 
— Srreintz, “‘ Wied. Ann. ,, XVII, 841 (1882, III), XXXII, 116 (1887, IID). 

(2) Graerz, “ Wied. Ann. ,, LXII, 323 (1897, III). 

(3) Dina, “ Rend. Ist. Lomb. ,, XXXI (1898). 

(4) Nornen, “ Zeitschrift fiir Flektrochemie ,, VI, 159 (1899). 


INTORNO ALLA POLARIZZAZIONE DELL'ALLUMINIO 791 


H: 


Per misurare separatamente la polarizzazione anodica e la 
catodica seguii il metodo del Fuchs (1). La lamina di alluminio, 
che doveva far l’ufficio di elettrodo, venne posta in un vaso che 
conteneva acido solforico diluito in ragione di 1 a 30 in volume. 
Questo vaso era congiunto mediante tre sifoni di vetro di gran 
sezione con un altro che conteneva dello stesso liquido e un elet- 
trodo di platino, ch'era una lamina rettangolare di 7 cm. di al- 
. tezza e 2,7 di larghezza. Il primo vaso era anche congiunto 
mediante un sifone con un altro che conteneva dello stesso li- 
quido e una lamina di alluminio. Questa lamina veniva al mo- 
mento opportuno messa in comunicazione con l’elettrometro per 
misurare il potenziale del liquido, in cui era immerso l’elettrodo 
di alluminio mentre l’ elettrodo stesso era a terra. Si teneva 
sempre conto della differenza di potenziale che esisteva fra le due 
lamine di alluminio prima che passasse corrente, e s’ebbe cura 
che la differenza di potenziale prodotta nel liquido dal passaggio 
della corrente non influisse sulle misure. Forniva la corrente una 
pila composta di 21 Leclanché e di 2 Daniell. Un reostato e un 
galvanometro Deprez-D’Arsonval erano inseriti nel circuito. 
L’elettrometro era dell’Edelmann; caricato con una pila secca, 
aveva per lo più la sensibilità di 17 divisioni circa per 1 V. 

Come fu già notato da altri, la polarizzazione anodica del- 
l'alluminio varia, a parità d’altre condizioni, da una lamina al- 
l’altra. Ebbi valori diversi anche con pezzi eguali presi da una 
medesima lamina. Feci molti tentativi per ridurre tutte le la- 
mine nelle stesse condizioni rispetto alla polarizzazione, ma non 
riuscii. Provai la pulitura con carta smerigliata e con alcool, 
l’azione dell’ acido solforico, dell’ acido nitrico, di una fiamma, 
ma non potei modificare costantemente in un dato senso piut- 
tosto che in un altro le condizioni delle lamine. 

Le esperienze che seguono, furono fatte con tre lamine 
eguali tagliate fuori da una stessa lamina maggiore. Chiamerò 
queste tre lamine A, B e 0. 


(1) Fucns, “ Pogg. Ann. ,, CLVI, 156 (1875). 


792 ANDREA NACCARI 


III. 


Esperienze con la lamina A. 


Nelle tabelle che seguono È indica la resistenza data dal 
reostato espressa in ohm, t il tempo espresso in minuti e con- 
tato dall’istante in cui fu chiuso il circuito, < la corrente in 
milliampère, P, la polarizzazione anodica espressa in Volt, s la 
superficie attiva dell’elettrodo di alluminio in cm?, A la densità 
della corrente ossia î:s, p la quantità 108. Py s:d. 


TABELLA I. 
Sedi 
R t i A Po 108.P 7% P 
11000 1 2,2 0,3 6,8 3,1.103 
î 2 2,0 8,3 hp pense 
s 8 1,8 10,6 dado 
5 15 Pica 0,3 TRI SI 
i 23 2,3 4,9 2. 10Uig 17,6.108 
” 60 2,9 4,8 Qlé:s 
È 80 2,3 0,3 4,8 A Ga 


Da queste esperienze appare come la polarizzazione vada 
crescendo fino ad un certo valore e poi decresca. Essa assume 
in fine un valore che si mantiene quasi costante. La i varia in 
generale in senso opposto della P,. Può darsi che la ? varii, 
anche per cause diverse dalla polarizzazione anodica, come ad 
esempio, per la polarizzazione della pila e della lamina di platino, 
ma queste influenze non dovevano essere grandi nelle condizioni 
di queste esperienze. 

Ripetendo l’esperienze il giorno dopo con la medesima lamina 
trovai i risultati seguenti: 


INTORNO ALLA POLARIZZAZIONE DELL'ALLUMINIO 793 


TABELLA II. 
gi, 


R le} i | Po | 108.Po:i 


0 ur 


% 

I 

CI 

NI 
IST 


Di qui si vede che la lamina dà subito in questa seconda 
serie di esperienze il valore di P; che dava soltanto da ultimo 
nelle prime. Ciò fa credere che nella prima serie la lamina sia 
stata modificata e come preparata 0, come dicono, formata, il che 
fu già notato da altri. 

Feci poi una serie d’ esperienze con la stessa lamina, te- 
nendo a lungo chiuso il circuito, ma variandone la resistenza col 
reostato. Ecco i valori trovati : 


TaBELLA III. 


R t i A°| Po | 103. Po:ò p 
11000 n.403 4,8.) 2,1.108 

} g0t. ‘2 PI] PA 2806 | L84108 
2000 210. 7,2 12} L7Ib 1420, 

È 22). 6,6. 122.| 1,80, 

ù 44 ci mlt 00 19,8. 2108 l'aa 
11000 46.| 1,4 11,9 7,506 0_| 68015, 

- ATA 177 9,9.| 5,8, 

E Issa tf Gt re.11h 

i 60.| 2,2 54h 2854, 

i 63 | 2,2.|. 0,8 + L Qui 


Più estesa è la serie seguente di esperienze eseguite con la 
stessa lamina A. 


794 ANDREA NACCARI 


TapeLLa IV. 


sed. 

R t î A Po |/10%gPo:4 p 
11000 1/|.2,9 9,8 2,5.103 

; 1° |['G2,2 6,4 TM: ME 

È 66 ; 5,8 01% 

4 225 5 0,26 | 4,6 Bir 17,6.103 
2000 226 | 7,4 12,8 dea 

s 227 | 6,9 13,5 sO, 

7 268 x 0,82 | 13,3 7 15,1.1085 
500 269 | 13,4 L'GO 1,9. 

S 270 | 11,6 pic ibi fa 

293 | 11,5 1,4 Lisa 14,3.103 

100 294 | 17,5 21,9 Lal eg” 

y 295 | 15,4 d 1,4., 

Ù 313 | 14,7 A LJdlò 4 12,6.103 

3 3814 r 1,8 A ” 

0 315 | 18,2 22,6 dia 

s 316 | 16,4 22,8 Li. 

5 329 | 15,4 | 1,8 Ù oa 12,6.10* 
100 326 | 12,5 22,9 dala 

5 327 | 14,2 21,7 190: 4 

h 342 | 14,5 1,7 È 4 12,6.103 
900 343 | 8,4 19,9 Qi. n 

È: 345 | 9,9 19,0 e ne 

3 D9.9 11,24 1,3 | 18,6 d,(i » 14,3.10 
2000 376 | 4,6 15,4 St. n 

a 377 5,9 14,6 2,5. in 

5 383 | 6,7 13,0 2,08% 

a 397 s 0,80 " n 16,8.103 
11000 398° LG 11,9 7,09) 

È 400 1,8 971 It 

î 411 | 2,2 4,8 221% 

È 416 s 0,26 | 4,5 2, Lbi 17,6.108 


Tutte le esperienze descritte mostrano che al crescere dell’in- 
tensità della corrente la P, cresce continuamente. Nè in queste, 
nè in altre esperienze non potei trovare quel massimo valore 


INTORNO ALLA POLARIZZAZIONE DELL'ALLUMINIO 795 


di P; che taluno asserisce di aver osservato. E vero che al cre- 


scere di è il rapporto —- diminuisce, ma da una costruzione 


grafica facilmente si vede che non vi è nessun indizio che Py si 
accosti ad un massimo. Benchè non si possa escludere la cosa, 
il massimo appare molto lontano dai valori osservati in queste 
esperienze. 

La quarta tabella ci mostra che un aumento repentino della 
corrente ottenuto con una diminuzione di È porta con sè una 
diminuzione della quantità P;: i, la quale poi cresce e s’avvicina 
al valore che aveva prima, benchè in generale non lo raggiunga. 
Un fenomeno inverso avviene quando si fa repentinamente di- 
minuire l’intensità della corrente aumentando £. 

La questione principale che si presenta a chi studia la pola- 
rizzazione anodica dell’alluminio, è se la si debba attribuire ad 
una forza elettromotrice o al prodotto di una resistenza per la 
intensità della corrente. Parrebbe che le esperienze, come quelle 
dello Streintz, fatte con un commutatore, favorissero la prima 
spiegazione, ma si può anche dire che se sulla superficie del- 
l’anodo si forma per la elettrolisi uno strato resistente, la lamina 
da una parte e lo strato degli ioni dall’ altra avranno una diffe- 
renza di potenziale che potrà produrre, tenuto conto della con- 
siderevole capacità, i fenomeni osservati col metodo del commu- 
tatore. Tutti gli altri metodi non possono servire a distinguere 
l'una dall’ altra causa e solo esaminando le particolarità dei 
fenomeni si può argomentare in favore di questa o di quella. 

La grandezza raggiunta dalla polarizzazione anodica, la man- 
canza di un limite, la rapidità con cui essa sparisce quando la 
corrente si estingue mi fanno credere che essa non consista in 
una forza elettromotrice, come in generale si ammette per gli 
altri metalli, ma bensì, in tutto o in gran parte, in una resistenza 
opposta da uno strato poco conduttore che si forma sopra l’anodo 
d'alluminio quando passa la corrente. Si potrebbe far l’obbie- 
zione, che se rapidamente la corrente s° inverte, quella resi- 
stenza scompare con grande rapidità. Di fatti in una serie d’e- 
sperienze con una lamina di 8,4 cm? di superficie e con una 
corrente di 12 M. A. la P, era 23 V; invertita la corrente, la 
sua intensità salì subito a 100 M. A e la polarizzazione cato- 
dica si trovò di circa 0,7 V. Benchè il galvanometro d’Arsonval 


796 ANDREA NACCARI 


che usavo fosse prontissimo nelle sue indicazioni, e la corrente 
s’invertisse soltanto nei vasi elettrolitici, la variazione d’intensità 
apparve affatto repentina. Ma operando con un elettrodo di pic- 
cola superficie potei mettere in chiaro il fatto che dopo inver- 
tita la corrente, questa va gradatamente crescendo per un certo 
tempo, come deve avvenire per la distruzione dello strato resi- 
stente formatosi sull’elettrodo d’alluminio. L’ipotesi che questo 
strato costituito, come riscontrò il Norden, da idrato di allu- 
minio dia origine alla polarizzazione anodica apparente dell’al- 
‘luminio, è dunque molto verosimile. Non mi par giusto invece nè 
verosimile l’attribuire a questo strato, come altri fece, una resi- 
stenza infinita, che verrebbe vinta soltanto di tratto in tratto 
dalla corrente, quando lo strato venisse rotto in qualche punto. 
La corrente secondo tale ipotesi sarebbe intermittente e la sua 
continuità sarebbe apparente. È molto più probabile che lo strato 
abbia una certa conducibilità e che i fenomeni di condensazione 
osservati sieno quelli che naturalmente si devono presentare 
quando s’hanno due superficie, quella del metallo. e quella degli 
anioni nel liquido, le quali hanno una differenza di potenziale 
così forte come quelle indicate dai valori di Po. 

Nella colonna 108. P;:é sono registrati i valori in Ohm che 
avrebbe la resistenza del supposto strato cattivo conduttore. La 
successiva segnata p darebbe la resistenza di quello strato per 
ogni cm? della superficie dell’elettrodo. Si vede in generale che 
queste resistenze salgono a parecchie migliaia di Ohm. 

Il valore che la resistenza P, :î assume dopo qualche tempo, 
dacchè una corrente ha cominciato a passare, dipende dalla in- 
tensità della corrente, e in generale diminuisce al crescere di 
questa. 

Feci altre esperienze dopo aver ridotto più piccola la super- 
ficie attiva della lamina d’alluminio, coprendone una parte con 
uno strato di cera mista a colofonia. 

Riferisco soltanto i valori osservati quando la costanza era 
raggiunta o quasi raggiunta. 


INTORNO ALLA POLARIZZAZIONE DELL'ALLUMINIO 797 


S=4,6 cm?. 

R t i A Po 109 Pot p 
11000 28 LO | AIO IRE 4,4.103 20,2.103 
2000 40 4,8 | 0,94 | 15,2 Sbara T0,1.5, 

500 65 6,8 1,9 |,20,4 Suzi 14.9» x 

100 77 Si | II] 200 I.be, 0, 

500 100 7,0 5 19,9 CET, L/35 vr 
2000 112 4,2.) 0,9 14,6 Dot 10"; 
11000 126 4, b»-|--0,33--_b,9 39, 17,93 

S.= 1,89, cm?. 

R È i A CA LO°Po4 p 
11000 224 I 108 7,8 5,2.103 9,8.103 
2000 286 DG 2 15,0 3,2. , ok. n 

500 308 6,7 ho pago LAS: cose Li vt egg 

100 332 8,8.«| 4,8 | 22,3 2.ban 4.d.- 

St=0,98) cm?. 

R t i A Poa'410% Pat p 
11000 25 3,5 2,6 der 0,7.108 0,7.108 
2000 134 5,9 6,0 | 16,4 LS LIRE 

500 play 8,9 9/l=| 23,1 2,0.» dota 

100 187 11,8--|-12,0.|.25,8 i 2,2, 


Nell’esperienze descritte la densità A della corrente variò 
da 0,26 fino a 12 MA. per cm?. Nonostante qualche irregolarità 
l’esperienze mostrano che in generale al crescere di A la resi- 
stenza p diminuisce. I valori estremi osservati furono 17,6. 108 . 
e_2,2 103 Ohm. 


798 


ANDREA NACCARI 


L’esperienze descritte qui sotto vennero fatte con la la- 
mina B. Successivamente la superficie attiva dell’anodo venne 


p 


16,8.108 
17065 
16,0. , 
10,1. , 


impicciolita. 
R t 
11000 28 
2000 72 
500 102 
100 122 
R t 
11000 43 
2000 78 
200 95 
100 104 
0 106 
R t 
11000 76 
2000 115 
500 138 


p 


22,3.103 
16,84 
12,0. , 
112. , 
10,085 


INTORNO ALLA POLARIZZAZIONE DELL'ALLUMINIO 799 


S=0,9 
R t i A LA 105. Po 14 p 
11000 59 1,4 1,6 | 15,8] 11,3.£03 |10,£410° 
2000 90 3,6 #0 1:29,5 6,9,1$ 5,01, 
600 115 5,9 6,6 | 26,8 4 RIS 4,05, 
0 149 4 .10,5 | 11,7 | 28,9 2,5.) È 2,51, 
B=0,6 
R t i A Pi 105. Po :% p 
11000 22 1, 700 IU TL. 13,0.103 7,8.108 
100 28 3,9 69° 26,1 Ges, 2.30) PID 
0 35 9.169 296 30% Lot 


I risultati di questa seconda serie confermano in generale 
le conclusioni dedotte dalla prima. 


w. 


Con la terza lamina, C, feci una serie di esperienze, ope- 
rando in modo diverso. Feci passare attraverso il vaso elettro- 
litico una corrente, che veniva successivamente fornita da un 
numero sempre più grande di coppie Leclanché. Nella tabella 
che segue n indica il numero delle coppie; non v'era alcuna 
resistenza introdotta col mezzo del reostato. 


800 ANDREA NACCARI 


S=84 

n i A PL 103. Pp:i p 

10 14,1 Ly 11,9 | 0,85.108 | 7,1.103 
12 17,5 CAI Lt e 6,6. , 
13 19,7 148 | (0,755, 68.1, 
14 21,2 15;4| |/#0,78.00 6,1. 
15 24,7 16,2 | (0,66., 5,50, 
16 27,7 16,8 | 10,62., 5,2. , 
17 29,0 17,2) 0,501 5008 
18 31,6 tres topa 
19 33.4 Rana 4,6. , 
20 34,5 4,1 189°} 054% 4, b9l 


Il valore di p per una data densità è minore in questa 
serie che non nelle precedenti, ma l'andamento del fenomeno è 
lo stesso. 


VI. 


Se è giusta l’ipotesi che la polarizzazione anodica dell’al- 
luminio provenga dalla resistenza d’uno strato di idrato di allu- 
minio che si forma sull’anodo, questa resistenza deve diminuire 
al crescere della concentrazione della soluzione di acido solforico, 
perchè l’idrato di alluminio verrà sciolto più facilmente. Il fatto 
fu già osservato dal Dina. L’esperienze seguenti servono a con- 
fermarlo e aggiungono qualche particolarità intorno all'intensità 
del fenomeno. Con una lamina, la cui superficie era 8,4 cm? im- 
mersa in acqua leggermente acidulata trovai dei valori di Po 
che giungevano a 13 e anche a 15 V, essendo è = 8 M. A. al- 
l’incirca. Il valore di 103. P;:è stava dunque fra 1,5 e 1,9 10% Ohm. 
Avendo preso poi una soluzione, che conteneva 33 cm? di H,S0, 
per litro, ebbi valori di Py, che, se anche forti dapprima quanto 
i precedenti, decrescevano continuamente sicchè in un’ora e 
mezza o due la P, quasi si annullava. 

Raddoppiata la concentrazione, il decrescimento della P, si 
fece molto più rapido. 

Altre esperienze fatte con un anodo di superficie molto mi- 
nore diedero effetti più manifesti. 


RE O 


INTORNO ALLA POLARIZZAZIONE DELL'ALLUMINIO 801 


La superficie attiva dell’elettrodo era eguale a 1,03 cm?. 

Con acqua leggermente acidulata si trovò che la P, dopo 
40 minuti circa divenuta costante, aveva un valore di 16,7 V 
con è = 8,2, quindi era 


Pod =12;0 cina; 


Sostituita a quell'acqua, una soluzione di 66 cm di H;S0, 
in 1000 d’acqua, si trovò 


Pa ZU, = 19,9 Pot 
Avendo aggiunto per ogni litro di soluzione 33 cm? di H,S0, 
s'ebbe tosto 
Pa= 143 4|=35839,0 Po sd=0;87. 


La diminuzione della P,:è al crescere della concentrazione 
della soluzione è dunque manifesta. 


VII. 


Feci alcune esperienze con una soluzione d’idrato potassico 
che conteneva 4 gr. di KOH per litro. 
Con la lamina A, essendo s = 0,5, ottenni: 


Barilî si A Po 108Po:î p 
Ono 4,00est:B Oeste L611 top dA! 6 )9,0.100. 


Con la lamina €, per la quale era S= 8,4, trovai: 


R i A Po  103Po:ò p 
0° 1%9,0 1,5 (40129 108 8,4.108, 


I valori di P, e di p sono dello stesso ordine di gran- 
dezza di quelli trovati con l’acido solforico molto diluito. 

Invece con una soluzione di cloruro di sodio che conteneva 
gr. 3,3 in 1000 ebbi i seguenti risultati: 


S R i Po 

Lam. C 8,4 0 23,5 0,34 
INITR A: 0,5 0 22 ll 
, Bb 0,7 0 23 1,0 


802 ANDREA NACCARI — INTORNO ALLA POLARIZZAZIONE, ECC. 


Con una soluzione di doppia concentrazione trovai 


S R Ù Fò 
Lam. C 8,4 0 25,5 0,32 
PIANO 0,5 0 23,5 Lt 
CB 0,7 0 25,5 0,9 


Questi valori mostrano che con una soluzione di cloruro di 
sodio l’anodo di alluminio non presenta i singolari fenomeni 
sopra notati. 

Anche con una soluzione di KNO; non osservai che piccoli 
valori di Po come quelli trovati con soluzioni di NaCl. 

La conclusione più probabile che si può trarre da tutte 
queste esperienze parmi sia quella che ho già accennata, che 
cioè la polarizzazione anodica dell’alluminio, dipenda, in tutto o 
in gran parte, dalla resistenza d’uno strato cattivo conduttore 
della elettricità formato da idrato d'alluminio. 


VII. 


Polarizzazione catodica. 


Le seguenti esperienze furono fatte con la lamina A; Py in- 
dica la polarizzazione catodica espressa in V. 


S i A Px 
0,4 1,9 0,2 0,68 
î 8,8 1,0 0,67 
a 18,5 2,2 0,61 
0,98 24,0 25 0,65 
0,49 2,5 5 0,74 
x 12 24 0,81 
È 33 67 0,83 
ì 64 131 1,00 
; 91 185 1,00 


Le esperienze con la superficie eguale a 0,49 furono ese- 
guite molto tempo dopo le precedenti. Le discordanze sono pro- 
babilmente dovute al diverso stato della superficie. Benchè col 


ARCHIMEDE BELLATALLA — SULLE VARIETÀ RAZIONALI, Ecc. 803 


metodo del Fuchs sia sempre probabile di commettere un errore 
in eccesso, si vede come i valori della Pg sieno piccoli anche 
per valori di A molto maggiori di quelli usati per la polariz- 
zazione anodica. 

Valori poco diversi trovai per la Pi operando con le solu- 
zioni d’idrato potassico, di cloruro sodico e di nitrato potassico. 


Sulle varietà razionali normali 
composte di co! spazi lineari (*). 
Nota di ARCHIMEDE BELLATALLA. 


Scopo di questo lavoro è lo studio proiettivo delle varietà 
razionali normali composte di co! spazi Sì a un numero qua- 
lunque è di dimensioni. Detto » l’ordine di una tale varietà, lo 
spazio che la contiene sarà un S,;; e la varietà stessa potrà 
opportunamente indicarsi con S; — Ji. 

Si vedrà nel seguito che per tutti i valori di è e di » esi- 
stono diverse specie di S;} — $i4,: ogni specie è caratterizzata dai 
valori di certi è numeri interi e tutte le varietà di una mede- 
sima specie sono proiettivamente identiche. Così viene confer- 
mata una previsione già fatta dal chiar.®° Prof. Segre in seguito 
ai suoi studi sulle S, — 3? e sulle S, — 33 (#5). 

Intorno a questo risultato fondamentale altri se ne rag- 
gruppano, fra cui i più importanti sono quelli contenuti nel $ IV. 


I 
Osservazioni preliminari. 


1. — Una Sg di S..; è tagliata da un S, generico in 
una curva razionale normale d’ordine n, da un Sn+; in una rigata 
razionale normale d’ordine #, etc... da un Sn4;-1 in una Si-1--8?. 


Per brevità indicheremo sempre nel seguito con Fla S—BTiu 


(*) Tesi di. laurea presentata alla Facoltà di Matematiche della R. Uni- 
versità di Pisa nel novembre 1900. 

(*#*) “ Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino ,, vol. XIX, 1884 
e vol. XXI, 1885. 


Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 54 


_804 ARCHIMEDE BELLATALLA 


e con $; una varietà della dimensione j situata su Fe avente 
a comune un S;-1 con ogni S, generatore di Y. 


2. — Ogni 3; di ordine msn situata su F_ appartiene ad 
un Smyi-1, cioè è razionale normale. 


Infatti, se ciò non fosse, si potrebbe condurre almeno un: 


iperpiano per la 3; e per n —m+-1 punti scelti sopra altret- 
tanti S, generatori di Y e allora questo iperpiano taglierebbe / 
secondo una varietà di un ordine ?m4+(n—m+- 1) cioè n+ 1; 
ciò che è assurdo. 

E si osservi che questo ragionamento sta anche se la 3? 
considerata si spezza in una è; (semplice) e in un certo numero 
di S; generatori. 


8. — Ogni 3, (u<n) di F che stia in uno spazio S, non 
contenente contemporaneamente una Èj+1 è razionale normale. 

Il teorema è vero per j= i, quindi sarà dimostrato in ge- 
nerale, quando si dimostri nell’ipotesi che le $;+1 segnate su F 
siano razionali normali. Ora per questo basta condurre per la 
3; un Sn+ generico ed osservare che esso taglia / in una $;+1 
razionale normale passante per la è,f e di un ordine 2 y: allora 
poichè è, è situata sulla $;+1 si ha pel teorema precedente 
x=M+/]— 1. Ciò vale anche quando la $; si spezza in una $; 
semplice e in $;. 

Risulta inoltre che ogni S; generatore di F contiene un solo 
S;-1 generatore della $;f, poichè se ognuno di essi contenesse 
ancora un punto almeno, l’S,+;-1 contenente $;{ segherebbe ogni 
S; in un S; e quindi / in una Jj+1. 


4. — Un modo assai semplice e assai importante (*). di 
generare varietà, composte di una serie semplicemente infinità 
razionale di spazi, consiste nel considerare due varietà della 
medesima natura riferite tra di loro proiettivamente, e poi proiet- 
tare da ogni spazio dell’una lo spazio corrispondente dell'altra. 
L’ordine della varietà generata è minore o uguale alla somma 
degli ordini delle due varietà considerate ed essa è normale se 


quelle sono normali ed appartengono a spazi indipgndenti. 

(*) Le Si— Fia di Sti si possono generare in infiniti modi mediante 
n fasci proiettivi di S,+;-1. — V. Veronese, Behandlung der proj. Verhilt- 
nisse, etc. (‘ Math. Ann. ,, XIX). ° 


i 
1 
| 


SULLE VARIETÀ RAZIONALI NORMALI COMPOSTE, ECC. 805 


Anzichè due varietà se ne potrebbero considerare tre, quattro 
o più riferite proiettivamente, ed appunto, come in seguito ve- 
dremo, le nostre S — 3}, di Sn+: si possono immaginare gene- 
rate dagli S; congiungenti i punti corrispondenti di è + 1 curve 
razionali normali proiettive e appartenenti a spazi indipendenti. 


II. 


Varietà minime delle S — Fl 
e loro distinzione in specie. 


I II ; . . . . . . 
5. Seconm',m",...m" indichiamo gli ordini delle F1,B2, Bi 
minime (cioè, d'ordine minimo) di una F, questi numeri soddisfano 
alle i condizioni: 


2m' <m' 


Im! <m' sl ml!!! 


Im < ml! + m&+! 


(1) 


2m<mV +. n (9) 


e se eccettuiamo i casì limiti, si ha sulla F un'unica varietà mi- 
nima per ogni dimensione: tali varietà minime sono poste poi or-. 
dinatamente luna sull'altra. 

Poichè il teorema è vero per le S°—$3, per dimostrarlo in 
generale supponiamolo vero per le Si_1—$? e facciamo vedere 
che sussiste anche per le S; — Ti. 

Detti ancora m', nm", ... mf) gli ordini delle varietà minime 
di una S_1 — è? si abbiano dunque per essa le: 


2m! < m!' 


Im! < m! - m!! 


(1) 


ml) < ml + n 


(*) Queste relazioni possono anche porsi sotto la forma m'<m"— m'< 
<m"—m"<...<n — ml, che giova tener presente. 


806 ARCHIMEDE BELLATALLA 
e quindi la: 


(II) (D+ d')ml+d) < dm) + dm@+d+) (#) 


la quale (sotto la restrizione non essenziale h4-d + d'<7) ci 


dice che, l'ordine mn+s di una Fn+$8 minima di una Sr+$+d-1T 


m0+d+òd)) (h) CR À 
— drig.s ormale, avente una $i per di, minima, soddisfa la: 


d'inl") + dm(h+d+ò') 


(11) Mrxò £ tO, 


Consideriamo allora una Sì — $i, e siano sempre m/, m", 

. m gli ordini delle sue varietà minime. Presa una qualunque 

Fml0 minima (1<j=) e posto nella (Il') 4=0 e successivamente 

per d e è’ le coppie di valori rispettivi (1, j— 1), (2,73 — 2), 

((—1, 1), si ha che gli ordini mj, ma, mj-1 delle sue J1, Ta, d1 
minime soddisfano le: 


e quindi, dovendo essere m'<m,, m'"<ms, mi) <m;_1, sarà 
ancora: 


È 
miste (j=2,3;01 6) 


(i) 
2) mine gaue, 4, 411) 
mb < NZ in (Se) 


(#) La (II) si ottiene dalle (1) moltiplicando le d.-+d'— 1 relazioni che 
vanno dall’(4 + 1)-esima all’ (4-+d+d—1)-esima (le estreme comprese) 
rispettivamente per i numeri 


9, d.2,...d(0—1) d.d, d®—1)..2.0,d 


e sommando. Se stabiliamo convenzionalmente che sia ml)= 0 e ml=7x, 
dovrà essere 1-4 d + d'<7, 4, è e è' potendo anche divenir nulli, ma non 
mai negativi. 


SULLE VARIETÀ RAZIONALI NORMALI COMPOSTE, ECC. 807 
im Na ml) : i ml) 
Allora una Jr sta sulla 37, salvo il caso m' = ol A In- 


mi) 


fatti se, essendo m'< , una g” non stesse sulla gni genere- 


rebbe con la sua $;-1 minima una $; di ordine al più uguale 
È O and i 1)mli) 
alla somma degli ordini, cioè < ode AI 


j 
i -— 1)mb) , 
IDE. = mj-1 (*) e l’assurdo 


< m0). Se poi 


' jalhori 
è Be è ancora mli-!) — 


non ha più luogo. 

Per j=2.la prima delle (2) dà 2m'<m" e se escludiamo 
in questa il segno =, esso viene implicitamente escluso nella 
prima delle (2) anche per i rimanenti valori di j (**); cioè una 
ST sta su ogni altra varietà minima ed è quindi, di queste, 3, 
minima. 

Se poniamo nella (Il') X=1 e successivamente per dè e è' 
le coppie di valori rispettivi (1,j— 2), (2,j—3), (7—2, 1), si 
ha che gli ordini m3, #3, mj-1 delle Fs, ds, d;—1 minime di una 
3" soddisfano le: 


mg < i csc GR, 4) 


pax, 
gi { (5) 
mos < AD ini bia, 5,... î) 
’ lidi A i) 
ie perersenali (bad: J8 TALE 


quindi sarà ancora: 


in < dm Pm. fi =3,4,.. 0) 


iis 
(j—-3)m' +2m ,. 3 
(3) Lp; miri eg Pag (j = 4, 55 dii i) 
ij li) 
mli-1)< m LL È 2)m ( pe 3, 4, î) 
i «= Wal) 
(*) Perchè se fosse m'i-1) < (j Da (j=2,3,... é), sarebbe di conse- 


) 
1 contro le (2). 


(**) Ciò è presto verificato perchè se, essendo 2m'<m", fosse jm'=mli 


{ i n 2mld) 
(j=3,4,... î), sarebbe ancora m' > ; contro le (2). 


mli- 
guenza m'> Da 


808 ARCHIMEDE BELLATALLA 


Allora una 3?” sta sulla gn, salvo il caso limite: 


stag f (5) 
FAVP_LL ( 2m t ml! î 
j_1l 


Se, essendo infatti: 


(j- dm + mlò) 


" 
m' < freni 


b) 
" (ij "rr 
una 37 non stesse sulla A presa sulla è? una qualunque 
delle infinite curve di ordine m'— m', cioè di ordine 
Ù, 


im 'ossigi vivai, 


iù j_1l j—i 


mb) 
È, 
è; di ordine al più uguale alla somma degli ordini e quindi 


questa genererebbe con la (o una) $;-1 minima della 3"" una 


i — Ù (7) “x . DS 
Se è m'= Sin ai l’assurdo non ha più luogo, poichè 
E ” nf (i) > 
è ancora ml!) — mig = #ze1.(*). Per j=8 (dalla 


prima delle (3) si ha: 


Qm!! < m' + m!!! 


e se in questa escludiamo. il caso limite, ogni 3?” sta su ogni 
varietà minima di dimensione maggiore, poichè veniamo impli- 
citamente ad escludere che si verifichino i casi limiti per i rima- 
nenti valori di j (**). 

Così proseguendo (***) si giunge a dimostrare che ogni varietà 
minima di dimensione <èî sta su ogni gl) e che fra gli ordini 
m', m",...m® si hanno ‘è relazioni della forma delle (1). Quindi 


(*) Se infatti ciò non accadesse avremmo: 
(j—- 2)m"> (j— 3) mn + mli1, 


contrariamente alle (8). 
(**) Se, essendo 2m'"<m'4-m", fosse (j—1)m"=(j—2) m'-+m'i(j=4,5,...ì), 


mr 


sarebbe ancora (j—1)m">(jT—3)m'+2mli, contrariamente alle (8). 
(***) Noi ammettiamo l’esistenza sopra una Si 87 (X< i), di cui la 


(o le) F,_} minima abbia l’ ordine m°-!), di infinite curve di ordine 


(=1) 


n_-m ; teorema che dimostreremo al n° 12. 


SULLE VARIETÀ RAZIONALI NORMALI COMPOSTE, ECC. 809 


per il nostro supposto le Fi, ds, ... Fi-1, salvo i casi limiti, sono 
uniche e sono poste di più ordinatamente l’una sull’altra. 
Presa ora la g7""", per essa, cioè per il suo Spi-1,;_s € per 
nT_- mi04+1 
{ 2 
ratori della F passa un Sn+i-1, il quale, contenendo quegli S;, la 
taglierà ulteriormente in una è; di ordine 


(*) coppie di punti scelti su altrettanti $; gene- 


Liz La eiù ml) 
Cape nt cioè 2 preso i 


—l . . 
passante per la gr72. oltre di tali $; ve ne passa una sola, 
chè, se ve ne passasse n'altra; scelta sopra una di esse una delle 
infinite curve di ordine 


(iL i DO — fi) 
siae ze —m" cioò < E a 


questa genererebbe con l’altra 3; una J;+1 di ordine 
cioè <n, 


nt ml!) 
2 


<1" di Lug, ESSO: 


salvo quando l’ordine di tali $; fosse proprio . Dunque 


dovremo avere: 
Im <mV 4 n 


e; salvo il segno =, si ha un’unica $;. Quest'ultima relazione 
unita alle altre dimostra il teorema. 


6. — Venendo ora all'esame dei casi limiti dimostriamo 
che: Se in k —j relazioni consecutive (**) delle (I) (k=2j+1, 
k<i, j=1) e precisamente in quelle che vanno dall’j-esima alla 
(K—i)-esima (le estreme comprese), si verifica il segno di uguaglianza 
(restando per le altre il segno <), esistono sulla F col-i-d(d+1) 


(*) Indichiamo così il massimo numero intero contenuto in 


n—- mi-D4+1 
ae: n° 


(**) E basta fare lo studio in questa ipotesi, perchè esso, come emer- 
gerà dal ragionamento stesso, sia fatto in' generale. 


810 ARCHIMEDE BELLATALLA 


+ò) : e . k 

gr (f= 0, 1,2, ...(k—j— 1)), situate tutte sull’unica 3r 
i i lim tig. +Ò 

‘ minima e passanti per l’unica Fi minima. Per una pre pas- 


N amli+ò0+òd) .. ; 
sano wÒ'k-i-d-d) Fi IAS ((+d+d'<k— 1) e ciascuna di 


(i+Ò) 
LD, Conan ood(d+1) FMI 


(= 
a Fi 

+ La 
Consideriamo dapprima una S,_1 — gi normale e, tenute le 


solite notazioni, si abbia per essa: 


. Le altre varietà minime sono, come 


(k) . , , 
"6 la Sk , pur esse uniche e stanno ordinatamente l'una 


2m' <m!" 


Qm(i-1) <mli=2) se mb) 


(IXI) 


(cioè supponiamo che nelle stesse X—j relazioni succitate e in 
quelle soltanto si verifichi il segno =). Per tale Lo e per 


un ragionamento già fatto le dg”, 3°, . MD stanno su 
mid) (0: 05912; 86, oggi | 1)), in partico- 


una qualunque Bd. 
lare sopra ogni gm E } quindi sono uniche e stanno ordinatamente 
l’una sull’altra. 

Per determinare il numero delle rimanenti varietà minime, 
osserviamo che, se nella (II) facciamo variare 4, ò e d’ in modo 
che sia 41-+d + d'<% e 4=Zj— 1, in essa varrà sempre il 
segno =; quindi se poniamo kh =j— 1 e successivamente per 
ò e d' le coppie di valori rispettivi (1, 4—j), (2,%X—j_1),... 
(X —j—1, 2), (K—;, 1), si hanno (col ricordare che è ml = n) 
le X —j uguaglianze: 


(@—j+ ml) = (km + n 

(l—j+ pia = (k—j— 1)mi-0D + 2n 
(4) EE Rata 
(E — j+ 1)m®-9 =2mbV4 (lE j—1)n 
(A —j+1)mt = mi) + (k—j)n. 


SULLE VARIETÀ RAZIONALI NORMALI COMPOSTE, ECC. 811 


Allora, presa la grin ; ° per essa e per ami (a) (*) gruppi 


di 4 —jj+ 1 punti generici, scelti su altrettanti S,_, generatori 
della S_1 — $f, passa un S,.;-s contenente quegli S,_, e ve ne 


2 (5-1 : : 
passa uno solo; chè, se la DIA 6 quegli S;-1 stessero in un 
Sn+j-3; per esso e per 4 —j+ 1 punti generici scelti sopra un 


altro Sx-1 diverso dai precedenti passerebbe un Sn+5-2, il quale, 


a 1) 


contenendo almeno 777 "ara 1 S:-1 generatori, taglierebbe ul- 


i 
teriormente la è in de ‘da di ordine <n (AM — 1) 


k—j+1 
o e, a causa dell’ ultima delle (4), 


<m%-1. È chiaro ora che ogni Da 2 passante per quell’S,3 js 
ì . ml ill) 
taglia ulteriormente la è; inuna Siri ". Inversamente: ogni Fx_1 


cioè 


5 % — mli-1) 
sta con quell’S,+;-s in un Sntx-2, poichè con È pre Sk 


generatori (in particolare, con quelli considerati) veto una 
Br-1 composta di ordine 


m'3 + n_mi 0) __ (k—-j+ Dm + n mi 


ID (499 be-GA1 ì 


cioè, per l’ultima delle (4), =», la quale sta appunto (n° 2) in un 
le È n II 6 Mm lm N 

Sn+:-2. Siccome poi ogni gm contiene la A n così quel- 
l’Sn+:-2 contiene l’Sn+;-2; dunque: le pal ) minime esistenti 
sulla Si_1— St di Sn+r-1 sono date, in tal caso, dagli Sn4x:-2 
passanti per un Sn+;-2 fisso. 

Un Sn+:-s3 passante per l’S,+;-s taglia la Jk in una amlfrà 

° ml % 

perchè un Sn+x--2 per quell’S,+:-3 la taglia in una ie vr la quale 
è tagliata a sua volfa dall’ Sn+:-3 in una Jx-e spezzata in 


si i) 


g { a , — mli=V) 
dadi di Sx-> e in una Fx residua di ordine ml!) — PRETE 


k-j+1° 
cioè, per l’ultima e la penultima delle (4), =m*-2, Inversamente: 


. ml ’ . z 
ogni dz-2 e, sta con l’S,+;-2 in un Sn+x--3. Infatti una tale Fr_s 


(*) Questo numero è intero ed è precisamente uguale alla differenza 
mit! — ml), come si verifica sottraendo la prima dalla seconda delle (4). 


812 ARCHIMEDE BELLATALLA 


n—- ml) 

MATITE 
— mli 9 ; d n 

per essa e per Geeo. coppie di punti prese su quegli Sx-1 


Ss generatori situati sugli Sx-1 considerati, quindi 


(una coppia su ciascuno) e fuori degli Ss passa uno spazio di 
dimensione: 
Aa ml) de=j41)m®=® —2onli=V+-2n 
(ESE) ci, Era) segg Li Pmi Lal =V4-2 pp 
m "5 DELA LE 3 sr Spe 


cioè, per la penultima delle (4), =x+k—3. Questo Sn+x=3 


n_ mi) 


;_(5—1) 
passa poi per l’Sn-;--2, poichè contiene la gr e gli? PC PRI Sk 


generatori che io individuano; dunque: le LA della Sk — 3f 
di S,+:-1 sono date dagli S1+:-s passanti per un Sn+;-2 fisso. 
Così proseguendo giungiamo a stabilire che: 
e fe et ST 
Si1— 3% di Su:x_1 si possono intendere determinate su di essa 
dagli Sn+;+$-1 passanti per un S,4;-2 fisso: esse sono quindi 


; (j+Ò) ROSEN , 
oo(i-i-d\d+1) (*#). Inoltre per una Fio passano c0dl&-i-d-d) 


d+ò' 
"AR 4 j + d+d'<k—1) e ciascuna di queste contiene 


Arona ora una Sk — Fi di S,.% €, conservate sempre 


oo (d+1) $ 


le solite notazioni, supponiamo che per essa nelle stesse £ —j 


relazioni, e in quelle soltanto, si verifichi il segno =. 
(x) 
. ° < Cino . . . . m 
Ogni varietà minima di dimensione <# sta su ogni dk . 
($-1) 
SE 3 a a ti m 
Ciò accade infatti, come già sappiamo, per le 3", 3%, 3-1; 


resta a dimostrarsi per le rimanenti. 


(*) Possiamo osservare di più che per èò-{-1 punti generici della dr ne 


(k_1) Sino 
passa una sola e che le $z_, formano una serie lineare. 


(**) Se conveniamo che $ sia simbolo di varietà inesistente, il ragio- 
namento fatto, per giungere a questo risultato sta anche per j= 1; cioè per 
il caso eccezionale che in ognuna delle (III) si verifichi il segno. = e che 
sia perciò m=t(e quindi mi 30, m = Rd ala 
si verifica sommando membro a membro le (III) stesse (posto naturalmente 
in tutte il segno =) dopo averle moltiplicate dal basso rispettivamente 


per 1(2)..ikeok 


, come 


SULLE VARIETÀ RAZIONALI NORMALI COMPOSTE, ECC. 313 


Se nella (II) facciamo variare A, dè e d' in modo che sia 
h+5+d =%+1 (e quindi m&+ò+9) — m&+))= x), otterremo 
relazioni nelle quali vale il segno di disuguaglianza. Se quindi 
poniamo è'= 1 e successivamente per % e è le coppie di valori 
rispettivi (j{—1, kt—j+ 1), (k—3)..- (2, 2), (&—1, 1), 
si otterranno le X —j-+ 1 disuguaglianze: 


(f—j+ 2)" < mi 4 (k-j+1)m 
(E —j+ 1)m® < m0 + (£— jr 
(5) ERRE RI SAR DE 1 
Im® < ml&-2) + 2n 
Im < m&-1) 4 n. 
Se poi facciamo variare A, d e d' in modo che sia 1+-d + d'<K 
con 4Zj—1, abbiamo relazioni nelle quali vale sempre il segno =; 
e se poniamo precisamente è = 1 e successivamente per % e è' 
le coppie di valori rispettivi (j—1, kt—j), (j;.&—j—1);.. (£—3,2), 
(£K— 2, 1), abbiamo le X —; uguaglianze: 


(E —j+ Dm) = (E —j)m0-D + ml 

(bi — fmi) = (k— j — 19 + ml 
(6) SARA Dar vp 
Fml-2) — 2mlk-8) + ml) 
Iml-1) = imlh-2) + ml), 


Oltre queste relazioni valgono, per la nostra J{_1, le (4), dove 
però sia fatto n = m!. Infine se nella (Il) poniamo è'=1 e 


h=j—1, deduciamo che l’ordine di una $;+3-1 minima di una 


(j+ò) 3 2 1 ; s 
3;-6 avente una $;-1 minima di ordine ml, non può supe- 


rare il maggior numero intero contenuto in 
mli—1) + dm(i+ò) 


1”) pri tO 


(3) (x) 5 
Allora se una gf non stesse su una $% , presa al solito 


(5) , : 4 ; : ; 
sulla 3} ‘una delle infinite curve di ordine mld) — mli71), questa 


(4) z 9 : : 
con la kt genererebbe una Fx di ordine <ml + ml) — ml) 


814 ARCHIMEDE BELLATALLA 


cioè < n, come si.\ha subito sommando la prima delle (5) con 


la prima delle (6). 
(i3+1) $ î (k) LI 
Una FE.i sta anch'essa su ogni 87, perchè, essendo 
Si (4) : 
la (o una) sua è; minima una ant (*), se non vi stesse, presa 
;+1 i x 5 2 : ; 

sulla gui ’ una delle infinite curve di ordine m{+1) — mi), questa 

(k) î : È 

genererebbe con la gr una 3x1 di ordine <mM)+ m0+D_m(d), 

quindi < n, come si ha sommando la seconda delle (5) con la 
seconda delle (6). 

Analogamente, con l’osservare che la (o le) 3;+, minima di 


(J+2) _ (+1) ra 3 
una die è una gi1 , che la (o le) $;+2 minima di una 
m(j+3) _ m(d+2) 


3its è una Fia |, SE C...., giungiamo a ROSA” che anche 


m(ij+2) (5+-3) 
lege , djt3 > Mi " stanno su ogni 3 È. Inoltre, essendo 


mA) < ml) Ln, 


L: ; RR (ii 
per un ragionamento già fatto, si ha un'unica 3 e il teorema 
per una S, — Ji è evidentemente dimostrato, poichè le varietà 
minime di dimensione < % sono tante quante quelle esistenti 


n) 
sulla 3. 

Presa ora una Sty1 — Bre di Sntk+1, per la quale nelle stesse 
k—j relazioni, e solo in quelle, si verifichi il segno =, con ra- 
gionamento perfettamente analogo al precedente si dimostra che 

r " (k-1) . (k) è (k+1) p È 
le gr”, 3%", ... di-1 stanno su bazia è, esuogni gk1 , quindi 


È ba) s ; 
anche ogni mi sta su ogni IO ; perchè, se non vi stesse, ge- 


eg è j+1) < (ì) (I DA 
(*) La (o ogni) 3; minima di una i è una gr. Infatti, perla(II"), 


ml 1) - mi +1) 


il suo ordine è < ; ma per la seconda delle (4) fattovi 


2 
n= ml) è 
mi!) - e I k—- j De 1) mi) + Danl®) d (jb d (k =), mli Db nl) 
2 3) kg Magi eri n) 


e quindi, per la prima delle (4) medesime, =); dunque la 3; minima è 


O ml) : x . 
proprio una di non potendo una 3; esistente su F avere un ordine <a. 


SULLE VARIETÀ RAZIONALI NORMALI COMPOSTE, ECC. 815 


nererebbe con essa, nel modo solito, una @&xxs di ordine 

<m0F+D + ml) — m1) cioè <n(*). 
s ; i (k+1) 

Essendo poi 2m%+!) < m'®+ n, si ha un’unica Frt1 e le 

altre varietà minime esistenti sulla Skx1 — Fk+e di Sn+5+1 sono 

) ! m +1) { 

tante quante quelle esistenti sulla $x+1 . Il nostro teorema è 

dunque vero anche per una 3}_, e quindi esso sta ancora per 


una Sì — di ed è così dimostrato (**). 


7. — Nel caso che in ognuna delle (I) si verifichi il segno 
PILOLI 2n 


n 
SI daro Sr 


le varietà normali di F si possono intendere deter- 


di uguaglianza, cioè che sia m' = 


in 
i+)” 
minate su di essa dagli Sn, Su+1, «.. Snti-1 passanti per un Shi 
fisso cui appartiene un gruppo qualunque di 7'S, generatori. Ne 


mid E 


(i) 
. Mm . . . 
viene che: le Ji , în tal caso, formano una serie lineare e che 


(#) (k') a ; i 
una dr ed una wr , non poste luna sull'altra, si tagliano in 

(K4E/—i—1) 

m 


una Fr+x—i-1 minima, se è k+k'Zi+ 1; eseò invecek+k'<i, 


0199 sp (k+R4) 
non hanno nulla in comune e stanno sopra una stessa kw 


minima. 


8. — I teoremi dei n! 5, 6 e 7 forniscono una classifica- 


zione in specie delle Sì — gir relativamente agli è numeri w/, 


m',...m*, che rappresentano gli ordini delle varietà minime. 


Si vedrà più innanzi l’esistenza di S;— 3:41 di ogni specie 
aritmeticamente compatibile colle relazioni (1) cui devono soddi- 
sfare i numeri m'’, m', ... ml, e di più, che le varietà di una 
medesima specie sono proiettivamente identiche. 


. . » NO . . 
Notiamo infine che, esclusi i coni (come del resto abbiamo 


(*) Poichè è 2m)< ml_0 + ml4+1) e 2ml'+b < mf n, da cui som- 
mando: mlf+#0 + ml — mlt) < n. 

(**) Dal ragionamento stesso tenuto per la dimostrazione del teorema, 
emerge il fatto importantissimo, che si può in ogni caso determinare una 
successione di varietà minime di /' poste ordinatamente l’una sull’altra. 


816 | ARCHIMEDE BELLATALLA 


sempre sottinteso), le nostre Sî—$&i+1 (?>1) non contengono 
altri S; all'infuori degli S; generatori (*). 


II. 


dr normali delle Sì — Fi. 
Generazione ed equazioni canoniche. 


9. — Per procedere alla ricerca delle 37 normali (semplici) 
esistenti sulla / ci è necessario stabilire a quale spazio appar- 
tenga un gruppo qualsivoglia di u $S; generatori. Dimostriamo 
perciò che: 

Se è u>m0—ml71) e p= mi+)—m09) +1 un gruppo di u $; 
generatori appartiene ad un Smli+(i=-j+1)u-tj-1 contenente la (0 ogni) 


3r" minima (j =0, Ly vivi 1 
Essi sono contenuti infatti nell’ Sm@4(i-j+1)u+j-1 congiun- 


gente l’Sml)+;-1, cui la (o una) ro) appartiene, con y gruppi di 
î—j-+- 1 punti generici scelti sopra quegli stessi .S; e fuori 


: A (i) SR È 
degli S;_1 generatori della $ , che vi giacciono; ma suppo- 
niamo che possano stare in un Syml{i-j+1u+j—2. Consideriamo 
allora una successione di varietà minime poste l’una sull’altra 
(j+Ò) È x P 
e prendiamo sopra ogni $;:g (0 =1,2,.. i—]) e fuori della 
(j+Ò=1) 
Mm 


Fi61 ,m0+Ò — m6+ò-0 — yu +1 (**) punti, situati su altret- 
tanti CIC generatori distinti fra loro e distinti da quelli esi- 
stenti sui u,S; considerati. Si ha così un totale di ml + 
+m9—(i—,j)(u+1) punti, e lo spazio che li congiunge allo 
Sn (nf natiza, che ha al più la dimensione m"+pu+i— 2, 


contiene la gm ada successione considerata. Esso infatti con- 


(*) Se infatti nella (II) poniamo 4=0, è=1, d'=i—1,siha: im<mfl 
e, dovendo essere m1, sarà ancora ml) è, il che ci dice di più, che le 3; 
semplici di F non possono avere un ordine inferiore ad #. 
(**) Perchè la dimostrazione non sia illusoria deve essere ‘in(i+ò) — 
— m(i+ò-1) — u+12>0(d=1,2,..i—,) e siccome è (V. nota prima del 
n° 5) 200941) — mld) < mli+2)— mino: .<mn— ml, basta che sia 200941) — 
— mi) —u+4+ 120 cioè u<m(+1)— m(5) +1; restrizione già introdotta 
nell’enunciato del nostro teorema. 


SULLE VARIETÀ RAZIONALI NORMALI COMPOSTE, ECC. 817 


tiene la (o ogni) j/ perchè è u>w' (per l'ipotesi u>m0) — ml); 
contiene la (o ogni) 3?" contenendo di essa una 3? e le u gene- 
ratrici giacenti sui uS; generatori considerati ed è utm'>m";... 


i ; . x (3) È 
contiene infine la (o ogni) $j contenendo di essa una $;-1 com- 
posta di ordine u + ml! > ml similmente costituita. Inoltre, 


per la scelta particolare dei punti sulle rimanenti de "cd mi- 


d s tas 4 o, mli+ 
nime, le contiene per intiero, perchè taglia la "i în una di 


«composta di ordine 
mb) + VÀ - (im+1 a mb) — u 1) n= mi+1) . 


94 È F 
la gii” in una J;+1 di ordine 


m0o+1) + u | (mli+2) — mli+1) 2) _ 1) > mlt?) 
(i). È x 
ila 8°" in una Fi-1 di ordine 
mi 4u+ (Mm) — mi —u+1)> ml. 


Un tale S,,1%4,+;:-» contiene dunque di F una 3; di ordine 
u + ml, il che (n° 2) è assurdo. Il teorema è quindi dimostrato. 


10. — Per j=0 il teorema precedente ci dice che: se è 
us<m'+1, uS, generatori appartengono ad un S+nu-1; cioè sono 
indipendenti. 

Se è u=wm'+2 ed esistono sulla Y infinite 3”, 3%, . 
eni ed un'unica gui da Bri 44) ped modo che 
m=m' — m' =m" — m' =... =MI —mi-d<mi+)— ml) è u 
resti compreso fra ml —ml-1 e mi+) — ml) 4-1; lo spazio cui 
essi appartengono è un Sn4(=j+1)(4+-2)+j-1, che ha una dimen- 
sione minore di (é+-1) (m'+2)—1(*) Dunque: se è u>m'+ 1, 
u Si generatori sono dipendenti. — 

Per j=î+ 1 si ha che: seè u>n—ml, u S; appartengono 
allo spazio ambiente Snxi. i) 


(*) Se infatti ciò non fosse, sarebbe jm'<wm()— j, il che è assurdo, 
perchè per la nostra ipotesi è jm'= ml). 


818 ARCHIMEDE BELLATALLA 


11. — Ci sarà facile ora determinare tutte le 3” (semplici) 
di F di ordine m<n (e >m®). 

Una tale 3? sta sempre con n—m$; generatori in un Snyiu 
(n° 2), e viceversa un Sn+i-1, passante per lo spazio cui appar- 
tengono n—m S, generatori, taglia ulteriormente la Fin una 3,, la 
ml) 


DS 


quale, se è n—m> ml — ml), si spezza nella (o in una) 3° 
minima e in n— ml S;; ma se è invece n—-m= ml — ml), la 
di cris è in generale semplice. Quindi si vede che, escluse 


le gr ' minime, l'ordine m di una 3° (semplice) segnata sulla F 
non può essere minore di n + ml! — m®. Se èòn—-mS 


<m0+) — ml + 1 (e quindi, posto che esista sulla Y un'unica 


ò - , è : : 
gt TE = 1,2,...é—j) almeno, n—m=<m® —ml-) e inoltre 


n—-m> mò — mb, gli n—mS; generatori SPParteREnE ad 


un Sn0lk{-;+1)(n-m}+j-1 contenente la (o ogni) gr si se poi 
n—-m<m0+1) — mb) (e quindi in ogni caso “ml — ml) 
n-—-m> mi — mi!) (cosa. che non può darsi quando 
Qnm) = mi-D4 mi+), glin —m$S; generatori appartengono an- 
cora ad uno spazio di quella dimensione, contenente però l’unica 
mld) 


di 


D D 


DD“ 


minima. Da tutto ciò segue: 
Le? (semplici) di F(n—m+0+m0)-1<m<n—m04-m0-1, 
j=0, 1, 2,..i— 1) sono date dagli Snyi-1 passanti per un 
Imb i—j+1)m-m)+j=1! 085 sono quindi 

oolii+ mlt 

or cginl)elà È da : 
passano per la (0 ogni) èj minima e costituiscono una serie 
lineare, sì che per 


G-j+ mijn m)+i—j 


punti generici della F ne passa una sola. 
Due di degli ordini m, e my, non passanti entrambe per 
(1 en - î . : 
una Fi-1 minima, sì segano in una dia di ordine mr +m,—n. 
Una dî non passante per una "a '(; j='hdibe o lendia 
taglia in una B;-1 di ordine m + m0)— n. 


12. — Dal n° precedente si ha in particolare l’ esistenza 
su una Sf 3% di infinite 3; di ordine n — wm' non passanti 


SULLE VARIETÀ RAZIONALI NORMALI COMPOSTE, ECC. 819 


per alcuna varietà minima. Esse intersecano una gl! in una Ji-1 
di ordine (n — m')+m—n=m"— m', la quale ne è curva 
minima (#); quindi (V. settima nota del n° 5) su ognuna di esse 
esistono infinite curve di ordine (n—m')—(m°— m')=n—m®; 
ed ecco dimostrato che: su una qualunque Si— 31 di Sn+i esì- 
stono infinite curve di ordine n — m. 


13. — Se applichiamo il teorema testè dimostrato alle di- 
verse varietà minime di F, si ha, senz'altro, che su essa esistono 
oltre la (o le) $”, infinite curve degli ordini m''— m', m'"—wm/", 
mm, n-m":i +1 curve aventi rispettivamente questi 
ordini sono punteggiate proiettivamente dagli S, generatori di Y, 
quindi ne segue: 

Si può sempre generare la varietà F di specie (m', m'', ...m) 
mediante 141 curve razionali normali protettive degli ordini m',m'"— 
—m',... mm" n—m, ovvero (il che può considerarsi come 


AR ; ml) ,. = . i 
conseguenza di ciò) mediante una &j (j=1,2,...i) di specie 


(m', m",...m0-1) ed una ceo di specie (m+1)— ml), m(i+2— 
— m,...m— mld) corrispondentisi proiettivamente (gli spazi cui 
quelle curve o queste ultime varietà appartengono, naturalmente, 
devono essere indipendenti, perchè la varietà generata appar- 
tenga ad Sn+;). 

Viceversa, se è numeri m', m!", ... m'® soddisfano le (I), cioè 
se è m'<m'—m'<m'"—-m"<...<m’—m<ntm®, i+1 
curve punteggiate proiettivamente, aventi quei numeri per or- 
dini e appartenenti a spazi indipendenti, generano con gli S; che 
uniscono punti corrispondenti una Sj — Ji. di S,4; della specie 
(m',m'",...m"). Infatti le prime due curve generano una S.—dr" 
di Sm'+1, questa con la terza una Ss—- 3?" di Sms, etc. 

e la curva di ordine w', la 3» di ordine m', la 3; di ordine m/”,... 
sono appunto le varietà minime della Sf — $i di S,+; generata. 


(*) Si ha infatti dalla (II) ponendo h=1, d=i— 1, d=1 
. 


mt (i AR) A tea (i — Di —_m) 


ml) < 


» 


la quale spiega il nostro asserto. 
Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 55 


820 ARCHIMEDE BELLATALLA 


14. — Questa generazione conduce spontaneamente ad una 
forma canonica delle equazioni delle Sì— 3%, normali, dalle 
quali equazioni risulta, che queste varietà non hanno altri inva- 
rianti assoluti oltre i numeri m,m",...m e che le varietà di 
una medesima specie sono proiettivamente identiche. 

Consideriamo infatti quelle î + 1 curve degli ordini rispet- 
tivi m,m'—m',...n—-m® e, degli n+i+-1 vertici della 
piramide fondamentale in una determinazione dei punti di S,4; 
mediante coordinate (x,, x1, ... &n+), assumiamo i primi m'+4 1 
nello spazio Sw cui appartiene la prima curva, 1°(m'+-2)- esimo, 
l’(m'+3)-esimo, . ..1'(m'"4 2)-esimo nello spazio Sm_m cui ap- 
partiene la seconda curva, etc.... in modo, che le equazioni di 
quelle curve siano rispettivamente: 


coli AA NECA REN 
se Cm) 41 = 0, Lmli) +1 = 0, si Inti 0 

ro = 0, t1=0, im = 05 We = 14 Ag IE 
0° Cl) 41 0, Lml)xi+1 0, ove Inti = 0 


sj == denied, niet 
Lp (0 
so Cm) + —_ Lr Lml)+i+1 i ì, DEE Lnti _ \ pe 
e, che siano punti corrispondenti quelli dati dallo stesso valore 
del parametro \. 
Allora le equazioni della F generata sono: 


9 L 
Ho = 1, dee ì, La, Àa, +00 Cm = x, 
la 9 le me, r 
LCm41 = Mi, Cm4a = Mi ì, Xm'4+3 = ui À 30 Cm'+1= M aa ’ 


Me((), 
Imp Mi Cali = Pda I MO 


dove le X, u,, U:, ... 4; sono altrettanti parametri variabili. 
Fliminandoli si ottengono le equazioni di F sotto la forma: 


o _l'iali. «I SAI Cm --1 Bd Cin'41 ted Lm'+2 TRA pi al Lom!” 
TA ra Lom Tont4+-2 Con' 4-8 Lm'4+1 
Coli ti mlt _  _ until 


Canli) 44 1 Lon (i) 4-i+2 nti 


SULLE VARIETÀ RAZIONALI NORMALI COMPOSTE, ECC. 821 


o anche 


Lo LI see UN Lm'+1 DEE Cm” Lm'42 ‘00 Cm +2 Lmli) +; se. Xn+i-1 | 
evi) 


Li La 0.0. Cm Lm'42 XCm'4+1 Lm'43 «00 Cm(i) 4-1 Lmli) +41 ee Ln+i 


IV. 


Varietà normali delle Sf—%3?., e loro specie diverse. 


15. — Una qualunque dî (j= 1,2, ...?) minima di Y è, 
come già sappiamo, di specie (m’,m"... mY-!). Vediamo ora le 
diverse specie di 37 (semplici) (m<m<n+ m"?— m8), per 
poi intrattenerci brevemente sulle varietà normali di F di di- 
mensione < 7, che non sono varietà minime. 


Una 37 passante per la (o ogni) gr (quindi n — ml+D + 
mi -1<m<n—-m94+ mi), j=0,1,2..é—1) ed avente 
perciò per È, d:,...è; minime, le 3, d:,-.. è; minime di F, 
taglia la (o ogni) 3 minima di 7 ({+1<s<) in una $,_ 
di ordine m + m-— n, la quale, se è 


mA ml n (ist 1)mit(—j—1)m 
ig 
ossia: 
(ij) — mA (i - s+- 1) m09) 
= 
(7) LA i-s+1 î 


ne è $,-, minima (*). 


(*) Infatti, dalla (II°), ponendo 4=j, d=s—j— 1, d=i—s+1, rica- 
viamo appunto, che l’ ordine della (o di una) &,_, minima di una &? ra- 


: (5) a - P : 
zionale normale avente una HA per & ‘j mimima non può superare il numero 
ri (i-s+1)m04+(s-j—1)m 
ij 
e sappiamo ancora, che una Fs-1 che abbia un ordine non superiore a questo 
numero è effettivamente s-1 minima. 


Per particolari 3” condotte per un numero 


rl —s+1)(mT_ mi) 
n) 


+m'9— n 


di spazi generatori di una gr! , avviene ancora, pur non essendo verificata 


. . ml) 
la (7), che le loro &,_} minime stanno su quella F$° . 


822 ARCHIMEDE BELLATALLA 


x 


Osserviamo ora che se la (7) non è verificata per s=r, 
ma lo è invece per s=r + 1; essa non è verificata per tutti 
i valori di s che non superano r, ma lo è invece per tutti quelli 
2r +1 (e naturalmente <t) (*); quindi: se è 


> 2 mitra mi DEVA im 
n uit lite cl all qu 
i-rt1 ir : 


le 3j+1, d+2; dr. minime della 37 non stanno in generale 


m(3+2) ga (») sr : 1A 
sulle ${ie , 843 ,.+ Br minime di Y, mentre ciò accade 
mfr+1) 


per le 3, Br41, ». ia che stanno rispettivamente sulle Fr41 |, 


(r+2 (è) & DIRT 
Fra > de, à ed hanno gli ordini m+m®— n, cons=r+ 1, 


rt+2,... È 


16. — Supponiamo dapprima che la (7) non sia verificata 
per s="%. Per l’ osservazione precedente nessuna $;+ò minima 
(db =1,2,..8—j]— 1) della g7 è situata su varietà minime 
di F. In tale ipotesi dimostriamo che: 

Gli ordini delle &, minime ($S=j41,j+2,..i_-1) di 
una È di F passante per la (0 ogni) glo) e il cui ordine 
soddisfi la: 

m> (i— 0 — n) + mid 
sono dati dalla: 


fl di ici ci 
tei 


(IV) 


Ciò intanto è vero per la (o le) 3, minima. 


(741) È 
Infatti: consideriamo una è;1 passante per la (o ogni) 


( Eri E 3 
3; ? 6d una 3 per la pui Questa 3 si può far passare 


ancora (n° 11) per altri (0 Red (65 1) rg 
punti; quindi se scelgo u in modo che sia: 
i-ju—@—j— n mit) +i—j—12 
?2(i-j_-1)(m+m0+D — ml) — n) 
(#) Se la (7) fosse verificata per s=r +1 e non per s=r +2 ver- 


remmo all’assurdo: (i—r)m"t9>(i—-r+1)m"+)+ x, subito riscontrato 
ponendo nella (II) 4 =r +1, èò=1, d=i—r-1 


SULLE VARIETÀ RAZIONALI NORMALI COMPOSTE, ECC. 823 
cioè 
Pa (7)) 
He (-j—-1)(m—m (+), 
n I ; +m 


potremo sempre condurla per m + ml+1)) — m0)— n S,. gene- 
ratori della 3? (*) e la ulteriore intersezione con essa sarà 
perciò una $;-1 semplice di ordine 


(u _ Mm — n) ta (m L mli4+1) — ml) — n) =UuUu— m(i+1) _ mi). 


Il minimo valore di u — m9+!+ m%) si ha per 


LE in ii L im41) 
1-9 


ed è precisamente dato da 


mi +(i—-j—-1)m 


Una Ti. che abbia un tale ordine (lo indicheremo breve- 
mente con m-;) è effettivamente una $;-, minima della $7, 
quindi per s=i— 1 la (IV) sta. 


mi) 
» x . . 
La Fi ora trovata è razionale normale ed ha per è; mi- 


nima una gr) , quindi l'ordine mf della sua 3;-, minima, che 


è anche $;-» minima della 3? (**), ci è fornito dalla (8), fattovi 
s'intende m = mf” e posto i —1 in luogo di ?. Quest’ ordine, 
eseguiti i calcoli, è dato appunto da 
T Om 4 (i sant 2)m 
i-j—-1 


e la (IV) sta anche per s=iî — 2. Così proseguendo si giunge 
a dimostrare il teorema. 


nl +1) 


(*) La di Deir la BiL1 in una $; di ordine m + mlj+!) — n spez- 


zata nella gr minima e in m + m0+!) —n— m(3) S; generatori e la Gi 
può condursi appunto per gli m-+mlj+1) — ml — n Si-1 generatori della $ 


contenenti quegli Sj. 
(**) Se infatti la 3,_, minima della 8” avesse un ordine < mld), esi- 


i) i 
sterebbe, sulla Ala , una F;_y di ordine <mf(i-?. 


i-2 


824 ARCHIMEDE BELLATALLA 


17. — Supponiamo ora più in generale che la (7) non sia 
verificata per s = r, ma lo sia invece per s=r + 1. Per quanto 


già dicemmo, le Jr, èr+1, -.- gi-1 minime della 3” stanno sulle 
m(7+1) m("+2) ml) Sa , o 
r41 3 dr42 ; dB; minime di F ele F,41, T+2,- Fr_1 mi- 


nime saranno date dalle 3;+1, Tj+2,---dr-1 minime della &, 
minima, che ha un ordine m + ml+! — n; quindi, tenendo conto 
dei risultati precedentemente ottenuti’, possiamo concludere: 


Le varietà minime di una °° passante per la (o ogni) I 


(j=0,1,2,..d — 1) 4 cui ordine m soddisfi di più la: 


> li dla mME Gr Um) 


# i-r+1 
e la: 
An GM) sa mid) 
bi 


hanno gli ordini seguenti: 

le T1, Fe, -.. d hanno rispettivamente gli ordini m', m",... ml) 
e non sono altro che le Ji, Fe, -.. dj minime di F; 

le Fj+1, Bj+2, --« Br-1 hanno rispettivamente gli ordini dati 
dalla: 


I (r — )m9+ (sm + ml+) — n) (S=j+1,j+2,..r—1); 


de) 
le Tr, Br41, Fi-1 hamno gli ordini dati dalla: 

mt n (s=r,rt+1,._t—-1; 
e fanno parte dell’intersezione della dî con le Tr4t1, Tr+4o, + - + 3) 


minime di F (*). 


(*) Facciamo qui un’osservazione che ci servirà in seguito. Per j=0 
il teorema dimostrato ci dice che gli ordini delle $s minime (s= 1,2,...#) 


} ml in_m) E i(n — mlt) ) 
di una 3? sù FR pp sea rodi SIL passante per alcuna 
(rr) _ 
varietà minima di Y sono dati dalla I i (ed, 300000 r- 


dove r ha significato di numero. Ma 7, dipendentemente da m, è un para- 

metro variabile da 1 ad ?#; se quindi teniamo fisso s e non diciamo nulla 

a riguardo di m, si ha che, l’ordine di una Fs minima di una qualunque F" 

non passante per alcuna varietà minima di F è dato da uno degli i—s +1 

s(m+ml#)— n) 
Ù 


valori della I , r variando da s ad i. 


(93 


SULLE VARIETÀ RAZIONALI NORMALI COMPOSTE, ECC. 825 


Così abbiamo determinato le diverse specie di 37 esistenti 
sulla F e questi risultati applicati alle 3? medesime ci forni- 
scono le 3-1, applicati alle $;-, ci forniscono le 3i-» etc. e il 
problema della determinazione delle varietà normali di / può 
considerarsi risoluto. 


18. — Noi ci intratterremo solo a dimostrare un teorema, 
del quale quello dimostrato al n° 12 non è che un caso parti- 
colare. E cioè: 

Esistono sulla F infinite 3, (r=1,2,...1) di ordine n — ml"+) 
e di specie (ml-7+9— mli-"+!), mli-r+9)_ mlir+1),...ml)—mfli-r+1)) 
non passanti per alcuna varietà minima. Per r= i il teorema è 
vero. Esistono infatti sulla infinite 3?" (n° 11) non conte- 


nenti alcuna varietà minima e le cui varietà minime sono date 
dall’intersezione delle 3?— medesime con le varietà minime 
di Y, poichè in tal caso la (7) è verificata per s=2 (*); esse 
sono quindi di specie (m’—m'", m'""—m',...m®—m'). Su ogni 
è,” esistono allora infinite 3;-» di ordine (n—m')—(m"—m')= 
=n—m") le cui varietà minime sono date dall’intersezione, 
con le varietà minime, della 3?” su cui stanno e sono perciò 
di specie (m'""—m", mm", ... mm"). 

Analogamente, su ogni è? esistono infinite 3” di 


In 


specie (ml — m'", mM m'",...m— m'") ... etc. ed il teorema 


è dimostrato. 


av 


Rappresentazione sopra un S;j,1. 


19. — Prima di procedere alla rappresentazione della 
sopra un $S;+1 è necessario che stabiliamo la seguente propo- 
sizione: 

Condizione necessaria e sufficiente, perchè un S,-, passante 
per to So, tr Si; te Sa, ... 6; S; della F, non contenga di questa alcuna 
varietà semplice, è che sia: 


(*) La (7) in questo caso e con questa sostituzione si trasforma infatti 
nell’altra: im'°<(i—1)m'+ x, la quale non è altro che la (II) fattovi 4="1, 
d=1, d=i-1 


826 ARCHIMEDE BELLATALLA 
t<m' 
ti + 2t, < m'! 
(V) tie — 2-1 _ St; < m!"! 


i vue %, ce 4 cn X E SI di (i n i n it, <m0 
AE 7 ud tg A gog gu, È Aa Do ATA Rf PASDIE N05 


o sinteticamente: 


(e (eee 1) 0 
(ca h2g arti) seni. 


Poichè la cosa è vera per le Sì. —3z, ammettiamola per 
le S1— 3? e dimostriamola per le S— Ju: così sarà dimo- 
strata in generale. 

Si abbia dunque una Sì — Fi. di S,+;: se si prendono su 
essa t0.90, 118; ..t:S, affinchè per essi passi un S,_1 è intanto 
necessario che sia: 


i+ + dea di 


Inoltre un tale S,_; contiene #5, t:81, ... t;S;-1 della (o di 


; ORO sui LO pria . 
ogni) è; minima, quindi, perchè di questa, che è di specie 
(m',m",...m"), non contenga alcuna varietà semplice, deve 
aversi per la nostra ipotesi: 


(i+) ++) +. H(s-+ME+.. + (51) +-st rm 
IRLIAIST e, SIADSIONT Bee 


relazioni, che unite all’ altra trovata dimostrano come le (V) 
siano necessarie. 

Dimostriamo ora che sono sufficienti. Un Sn4;-1 per l’Sn-1 
taglia la S—%3?,, in una $7-* (in generale semplice) non con- 
tenente alcuna varietà minima (n° 11) e passante pei to So, t1 91, 
t.-S;-1; inoltre essa ha #,S;_; generatori situati sui t; 5; della Y 
considerati, quindi 1’S,_:-1, secondo cui l’Sn-1 taglia l’Sn-g+i1 


reo ..ro—-_———6m6meo o V—_————m 


er 


e a 


N 


SULLE VARIETÀ RAZIONALI NORMALI COMPOSTE, ECC. 827 


cui la 3? appartiene, contiene di questa to.So, 181; tieSis, 
t1+ t5;-1. Se dunque è: 


(S—i+1)h+(—- +2 +... +(i+k+1&+...+ 
+ (s_- 1)t+ st“ m0 
fa=h2;24) (>i-sT— 1) 


avendo posto t.1+ t;= #';_; e indicato con nm!" l’ ordine della 
(o di una) è, minima (s=1,2,...i) della &"—, l Shu (0 
quindi l’ S,;) non conterrà di intpoti alcuna varietà minima e 
sarà provato che le (V) sono anche sufficienti. 

Ora il numero mî (V. la nota del n° 17) ha uno degli 


î—s+1 valori dati dalla pre (r=s,s +4 1,...); se 
s(ntt 8A | 


quindi indichiamo con T 


\A<r— 1) il massimo nu- 


s( 


(+1) — {; 
: G Mm t: < 
mero intero contenuto in A rn dovremo far vedere che è: 


(9) r6i+ ht... +r($6—i+k+bDh+...+ 
+ r(s_ 1)te + rsti1 + s(r + 1)t; £ sm — X 
(= s,,s+1,...4) (k>i-s_- 1) 


Ma per la nostra ipotesi è: 


(i+) +... +-+ k+1)&+ + rt1+ (e + Dt; ml+!) 
ona sip pig 


e questa, moltiplicata per s (s= 1,2,... è), dà luogo all’altra: 
(10) sr—i+1t+..+slr—i+%+1)t+..+ 
+ srt1+ s(r + 1)t; £ smlr+)) 
(et) k>i-rT_ 1). 
Per r=s (e quindi A=0) la (9) coincide con la (10) ed 


è quindi verificata; per r> s i coefficienti dei termini del primo 
membro della (9) sono inferiori ai corrispondenti del primo 


828 ARCHIMEDE BELLATALLA 


membro della (10), fatta eccezione per i due ultimi che sono 
sempre uguali; dunque fra i, termini in &, sì ha una differenza 
di almeno &, fra quelli in #, una differenza di almeno t,, etc., 
quindi il primo membro della (9) è certamente 


<sm'+i_(+h +... + to) 


o anche <sml+!) —(i—1) e (poichè è \S£r—1<i—1)£smW+!) A, 
come volevamo provare. 


20. — Stabilito quanto precede, prendansi ad arbitrio to; 
t,5,, ... t;S; in modo però da soddisfare le (V) e sia in particolare: 


(11) 4-2 Loki een 


Se dall’ S,_s determinato da questi elementi si proietta la 
F sopra uno spazio X a î-+.1 dimensioni si avrà una rappre- 
sentazione univoca di Y su questo spazio, poichè ogni S,_; per 
l’ S.-s e un punto di F non può avere con 7, in generale, altri 
punti in comune (n° 19). Le Sì — 3 sono quindi razionali anche 
considerate come varietà di punti. 

Un S,+1 proiettante, contenendo f; < m' < m!—-m"7! S, ge- 
neratori, taglia ulteriormente la Fin una 3}, in generale sem- 
plice (n° 11), passante pei #90, 1181, ».. ti-1Si-y la quale. corri- 
sponderà a un S; di Z. Un Sn+;-2 proiettante taglia F in una 
grofi:-24 passante pei #5, t181; «. ti-»5;-», perchè un Seti 
per l’Sn4;-2 taglia F in una 3} la quale è tagliata dall’Sn+;—2 
in una g;-;: spezzata in #14 #,S;_1 e in una J. residua di 
ordine n —t;_1— 2t,. Questa è, in generale, semplice, poichè 
t:-1+t; non supera l’ordine della curva minima della 377% (n° 19), 
e corrisponde a un S;_; di X. Così un S,+;-3 proiettante taglia 
F in una $i: di ordine n—t_,— 2t_1— 8t; passante pei #5, 


t,9,, ... ti-35;-3, la quale corrisponde a un S;_, di Z... etc. 
Quindi: agli S; (}=1,2,...1) di X corrispondono le oliHD0+) F; 
di ordine n—t;— 2t;+41—...—(i—j+ 1)t; passanti pei toSo, 


t15,, ... ti-1S;j-1 di F considerati. 
Una sezione iperpiana di F è incontrata da una &, di or- 
dine n—t,— 2t, — ... — èt; in un numero di punti pari a que- 


E E n N NNEMM Me —.'.—m_’' _——_ r—a_——rr——_———__.@ip 


SULLE VARIETÀ RAZIONALI NORMALI COMPOSTE, ECC. 829 


st’ordine, quindi: Le immagini delle sezioni iperplanari di F sono 
date in 2 da ot) S._— 3; razionali di ordine n—t,— 2t, — 
— .. — it; formanti un sistema lineare. Questa rappresentazione 


la diremo perciò dell'ordine n — tr — 2t — ... — tt. 

21. — La rappresentazione minima (cioè, d'ordine minimo) 
di F si ha prendendo: 
(12) È a 2t, + 00. + (i vivi I)t+ it, _ ml. 


Ora se nella (11) poniamo per t; il valore ricavato dalla (12), 
si ha: 


(13) t+ 2% +. + G—D&22m0- n+1 


e perchè questa sia compatibile con l’antipenultima delle (V) è 
necessario e basta che sia 2m"< m"+ n, cioè che la F con- 


tenga un'unica "ia minima. Supposto di essere in questo caso, 
che del resto è il più generale, cerchiamo in che modo debbonsi 
scegliere i numeri ty, t,; ...t; per avere una tale rappresenta- 
zione; o in altri termini, cerchiamo con quali valori positivi o 
nulli di to, t1,...t; possiamo soddisfare alle (V) nel caso parti- 
colare che le sue due ultime relazioni siano la (12) e la (11). 

Possiamo intanto cominciare a prendere arbitrariamente #,, 
in modo però che soddisfi la &<m'; poi siccome dalla seconda 
delle (V) si ha f,__1<€m'"— 2t, ed è m'"— 2t;> m'"— 2m'> 0, così 
potremo sempre scegliere t_, in modo che con t; soddisfi alla 
seconda medesima. Dalla terza delle (V) si ha t-3<m"" — 
— 2t;-1— 3t, e perchè t,_s possa scegliersi positivo o nullo è 
necessario, e basta, che sia: 


m''—2t_—3t2m"'—2(m'—2t)—3t2m"—2m"4t;20, 
cioè t; va scelto in modo, che soddisfi anche la: 
22m" = mm". 


Proseguendo le nostre ricerche, dalla 4 delle (V) si ha 
tom — 2t.2— 8t;_\— 4t; e perchè t,_3 possa prendersi po- 
sitivo o nullo dovrà essere: 


830 ARCHIMEDE BELLATALLA 


mo) — It. Sti dt, mb) — 2(m'' — 2t;a A 8t,) Y7 It; dt; => 0, 


cioè t,-,, oltre scegliersi in modo da soddisfare la t,_1m'"— 2, 
va anche preso tale che sia: 


bili Za Qnm" — ml) = 2t, . 


Così continuando prevediamo che, affinchè con un valore 
ositivo o nullo di #;-s si possa soddisfare la #;-2£mf(5+3) — 
p i i 


—2t;--—3t;—...—-(i—j+-3)t, che deduciamo dalla (i—j+-3)-esima 
delle (V), è necessario e sufficiente di scegliere #; tale che, oltre 
al soddisfare la t; < ml-/+1) — 2t;a— 3tia—.. (i j+1)t 


soddisfi anche la t#;> 2mlî-5+2) — mli-i1+3) 2; pa... (i—-]4+1)t; 
e ciò sta per j=i,é—1l,i—-2,...4,3. 

Determiniamo ora entro quali limiti va scelto # ei valori 
di t, e i. 

Dalla antipenultima delle (V) ricaviamo: 


to S me 2tz izi SÙ se reseriei (i i Li 1)t; 
e dalla (13): 


> Mm — n PI 29. (1) 


In quanto a # si deduce direttamente dalla (12) e & si ha 

dalla (11) ponendo per t, il valore già trovato. Riassumendo: 
(2) i : 

Se sulla F esiste un'unica di minima (cioè, se è Im < mi n) 

la rappresentazione minima è di ordinen—m e sì ha prendendo: 


pt Sn FE) 2h Bio — i dad 
(j=t,éî—1,..:4,9) 


| 4; Qmali-i+9) — qplii+8) — Digi — Bhjgo— a — (ij +- 1 
| tr, <mi1)— 25 —3t—.. (i 1)t 
[Enego dle duet 4 


t —_ ml — 2t, — tz — ssaa tt, 


to n —- QmWM + t. + 23 + 06 _ (i => It di 


4 
U 
‘ 
i 


SULLE VARIETÀ RAZIONALI NORMALI COMPOSTE, ECC. 831 


22. — Se è 2m%—m""4 n, abbiamo già veduto che non 
può prendersi la (12); ma in tal caso potremo prendere: 


(14) OA E IE i i 


e se da questa ricaviamo tf, e lo poniamo nella (11) si ha: 
t:+2t9+..+(i- 12m 1 


che si rende compatibile con la (î — 1)-esima delle (V), solo 
uguagliando il primo membro di questa a m"7% o a ml 1. 
Il primo caso, si vede con un ragionamento già fatto nel 
n° precedente, porta 2m7" < ml" + m®; se quindi è invece 
2m“>= ml + ml, dovremo scegliere il secondo. 

In questa ipotesi troviamo analogamente che il primo 
membro della (è —2)-esima delle (V) non può avere che il va- 
lore m°7, il quale porta 2m"7?=m9+wm, o il valore 
m°-?-1. Così proseguendo vediamo che, se è ml") —_m®-9< mf 


Mmm) m® =.= m-m"-! (cioè, se sulla F esistono 


? x ml!) (1-1) ml) 5 a (k1) , ” 
infinite 3; , 31 ,...3 ed un’unica $r-1 ), i numeri fo, t,,...t; 


devono scegliersi in modo che si abbiano le (V), nella (—1)-esima 
delle quali valga il segno =, ed i primi membri delle succes- 
sive siano rispettivamente uguali a m— 1 (s=%,k+1,...é0+1); 
relazioni, queste, che per brevità chiameremo (V'). 

I limiti entro cui vanno presi t;, t;_1, ... ti-x+4 per soddisfare 
le (V') sono quelli stessi del n° precedente: cerchiamo ora i 
limiti di t;-x+3 e i_ valori di t;_x1a; tiat1; - +. ti; t-Dalla 
(K — 1)-esima delle (V') si ha: 


(1 5) LO — mo — Dix+3 — Itix4at a — (k — 1)t, 
e dalla k-esima, postovi per t;_x+2 questo valore: 
(16) tipi = ml — 2-4 t;_x43 + 2tins4at...+(£- Db 1; 


ma ti-x+1 deve essere = 0, quindi %;-x+3 oltre soddisfare la: 


ti-x+3 £ mb-2) — Itins4a— Btit45— a. — (k — 2)t, 


832 ARCHIMEDE BELLATALLA 


che deduciamo dalla (e — 2)-esima delle (V'), deve soddisfare 
anche la: 


bi 343 22m 1) — ml — Di na — ...—(-2ébot1 


ed ecco trovati i limiti entro i quali va scelto #;_x+3. 

In quanto a t;-x+2 e t;-x+1 sono dati rispettivamente dalla 
(15) e dalla (16); questi valori sostituiti poi nella (K-+1)-esima 
dànno ti-x= m®+1) — 2m® 4 m&-1)-L 1 ed essendo per ipotesi 
Im®= mf) + m&+), si ha t;_x= 1. Ponendo ora i valori di 
ti-n42; ti-n41; ti-x nella (kK + 2)-esima e ricordando sempre la 
nostra ipotesi, si deduce t;-x+1= 0. Analogamente si trova che 
i rimanenti numeri ti-x-2,; ti-1-3; «.t, sono nulli; quindi pos- 
ml) gno Hog gp 
minime ed un'unica "od Ti minima, la rappresentazione minima è 
dell'ordine n — ml4- 1 e sì ottiene prendendo : 


siamo concludere: Se sì hanno sulla F infinite Ji 


t;= mlî-5+1) — dij ga — di (0 —-j+ 1); 

o tor dra ((=i, i-1,...o—k+4) 
(ee Imli-5+2) — mli543) — 2641 ce Stj4a — sc00 ar) ((- j+ I) 

| gna p4g & mi — tina btix4st a. — (k — 2)t 
EI Im) ml) — Mina — ti _n45—.. — (k — 2)t; sE ii 
ti-n+g = MP) 2bon4s—Itia44a— (kE 1)t; 


fg mi) — Im) UO 1+3+ Dtionzg4at..d(k -- 2)t—1 


ee dora. 


28. — Troviamo ora gli elementi fondamentali della rap- 
presentazione e caratterizziamo di più le ipersuperficie di X im- 
magini delle sezioni iperplanari di Y. 

Poichè è un (e quindi <m®—m(l-!)) è ancora n—t—12 
2nt+ mi) — ml), pla quando sia t = mî° — ml“), nel qual 
caso deve aversi m'=m"—m'=...=m'— ml), quindi (n° 11) 
esistono sulla Y infinite 3?-%7, in generale semplici, non pas- 
santi per alcuna varietà minima e individuate da n—(+1)t—1 
punti. Di queste, a causa della (11), pei toSì, #18; «.. ti-19;-1 ne 


SULLE VARIETA RAZIONALI NORMALI COMPOSTE, ECC. 833 


passa una determinata, la quale sta coi #S; in un Sh+i-2 pro- 
iettante ed avrà per immagine in X uno spazio a: —1 dimen- 
sioni H. Un S; generatore di F contiene un $;-; generatore 
della 32-41, quindi sta in un Sa+i1 per l'Sn+i-2; dunque: 
gli Si generatori di F_ hanno per immagine in ® gli Si di un 
fascio H. 

Ogni sezione iperplanare di Y è incontrata da ogni $; ge- 
neratore in un $S;-1, quindi le ipersuperficie di X immagini di 
quelle sezioni hanno lo spazio H multiplo secondo n — t, — 
— 2t,—...— tW;— 1. 

Un S; generatore passante per uno dei t; S;(j=0,1,...i—1) 
considerati sta in un S,+;-;-s proiettante, il quale incontra X 
in uno spazio a î —]-+ 1 dimensioni P;-;-1 che ha comune 
con H un S;-;j+2; quindi: Sî hanno in X, oltre lo spazio H, altri 
t;-1 punti fondamentali Pi, ti-e rette fondamentali P.,... to Si1 
fondamentali P;-1. Le immagini delle sezioni iperplanari hanno 
tutti questi spazi in comune e di più H è un Si-1 multiplo se- 
condo n —t,— 2t.—... it; — 1. 

Non sarà difficile provare che non esistono altri elementi 
fondamentali della rappresentazione e determinare l’immagine 
di ogni altra varietà normale esistente su Y. 

Nel caso della rappresentazione minima di ordine n—m), 
la 32%! è costituita dall'insieme dei t4-t14-...+t;-18; gene- 


? Ù s a mali 4. 
ratori passanti pei fSo, t1 8, ...t-18;-1 e dell'unica J minima, 
perchè un tale insieme è appunto (come si vede sottraendo 
la (12) dalla (11)) dell’ordine n—t— 1; quindi iP, P,... Pi 
sono contenuti in H e P;_; coincide con H medesimo. 

Pisa, 9 aprile 1901. 


L’ Accademico Segretario 
EnrIco D’OvipIo. 


894 


CLASSE 


SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE 


Adunanza del 5 Maggio 1901. 


PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. ALFONSO COSSA 
PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA 


Sono presenti i Soci: Pevron, Vice Presidente dell’Acca- 
demia, FerRERO, Direttore della Classe, BoLLATI DI SAINT-PIERRE, 
Brusa, CHIRONI, SAVIO e RENIER Segretario. 

È approvato l'atto verbale dell’ adunanza antecedente, 
21 aprile 1901. 

Il Presidente eomunica: 

1°, il R. Decreto 7 aprile 1901, col quale furono appro- 
vate le nomine del Socio Nicodemo JADANZA a Tesoriere del- 
l'Accademia e del Socio Ermanno FerrERo a Direttore della 
Classe di scienze morali, storiche e filologiche; 

2°, la lettera con cui il Sindaco di Torino ringrazia 
l'Accademia per la partecipazione alle onoranze centenarie tri- 
butate a Vincenzo GIOBERTI. 

Il Segretario presenta tre volumi dell’Università di Aberdeen, 
con cui questa inizia una serie di pubblicazioni scientifiche e 
letterarie. 


L’Accademico Segretario 
RopoLro RENIER. 


Torino, Vincenzo Bona, Tipografo di S. M. e de* RR. Principi. 


Na. ; È Acad IR 


a 


Of Sciauces 


CLASSE 


DI 


SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI 


Adunanza del 12 Maggio 1901. 


PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. ALFONSO COSSA 
PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA 


Sono presenti i Soci: Berruti, NAccarIi, Mosso, SPEZIA, 
CAMERANO, SEGRE, JADANZA, GuaARESCHI, Gurpi, FiLETI, PARONA, 
MartIRoLo e D’Ovipio Segretario. 


Il Segretario legge l’atto verbale dell'adunanza precedente, 
che viene approvato. Indi comunica una lettera del Socio cor- 
rispondente Maurizio CAnTOR in ringraziamento dell’indirizzo in- 
viatogli pel suo giubileo dottorale. 

Il Presidente presenta due pubblicazioni pervenute in dono 
dai Soci corrispondenti prof. Giovanni STRUVER e prof. Giovanni 
WiIsLIcENUS, rispettivamente intitolate: Azione chimica dei sol- 
furi di ferro nativo sul rame e sull’argento a temperatura ordi- 
naria e a secco, è Sir Edward Frankland. La Classe ringrazia 
i donatori. 

Il Socio MartiRoLo dà lettura, anche a nome del Socio 
| PARONA, della relazione sulla memoria del prof. Edoardo MARTEL: 
Intorno all'unità anatomica e morfologica del fiore delle Crociflore. 
La relazione è approvata. Indi con votazione unanime è appro- 
vata l’inserzione della memoria nei volumi accademici. 

Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 56 


836 


Vengono accolte, per essere inserite negli Atti, le se- 
guenti note: 

Sulla deformazione infinitesima delle superficie di 2° grado, 
del dott. Ermenegildo DANIELE, presentata dal Socio SEGRE a 
nome del Socio VOLTERRA; 

Le trasformazioni generatrici del gruppo cremoniano nel 
piano, del prof. Guido CAstELNUOVO, presentata dal Socio SEGRE; 

Determinazione della gravità relativa a Genova, Savona, 
Albenga e San Remo, del dott. Cesare ArmonETTI, presentata dal 
Socio JADANZA. 

Il Socio GuaAREscHI presenta un lavoro intitolato: Azione 
antagonistica fra citrato trisodico e calcio, del prof. Luigi SAB- 
BATANI, il quale ne chiede l’inserzione nei volumi delle Memorie. 
Sarà esaminato dai Soci GuarEscHI e Mosso. 

Raccoltasi in seduta privata, la Classe elegge alla carica 
triennale di Direttore della medesima, salvo l’approvazione so- 
vrana, il Socio Tommaso SaLvapori. Indi si passa alla elezione 
di un membro della Giunta per il premio Vallauri, in sostitu- 
zione del defunto BizzozERro, e riesce nominato il Socio JADANZA. 


ERMENEGILDO DANIELE — SULLA DEFORMAZIONE, ECC. 837 


, LETTURE 


Sulla deformazione infinitesima 
delle superficie di 2° grado. 
Nota del Prof. ERMENEGILDO DANIELE. 


Nella Nota presente intendo di fare alcune applicazioni 
della teoria delle deformazioni infinitesime di una superficie 
flessibile e comunque estendibile, teoria che.sviluppai in una 
Memoria pubblicata or fa un anno da questa R. Accademia delle 
Scienze (*). 

Come oggetto di applicazione scelsi le superficie di 2° grado, 
per le quali il problema delle /lessioni infinitesime fu comple- 
tamente risolto fin dal 1885 dal Prof. VoLreRRA (**), mentre 
nuove soluzioni ci sono indicate dal DArBoux nel IV vol. delle 
sue Lecons sur la théorie générale des surfaces (cap. I, IV, V). 
Ora appare dalla trattazione fatta in quella mia Memoria, che 
ogniqualvolta di una superficie siano note le flessioni infinite- 
sime, si può con sole quadrature determinare le sue deforma- 
zioni infinitesime più generali. In che modo ciò si ottenga effet- 
tivamente, cioè per quale via la risoluzione del problema si 
possa spingere fino all'estremo limite, è appunto quel ch'io 
mostrai nel caso particolare che la superficie sia una quadrica. 
L’analisi relativa a tale questione è contenuta nel $ 1° di 
questa Nota. i 

Il $ 2° si rivolge ad una classe di deformazioni che io pure 
esaminai nella Memoria citata, e di cui mostrai un esempio 
nei n! 22-24, che consiste in uno spostamento dei punti lungo 
la normale alla superficie. Le deformazioni di cui parlo sono 


(*) Sulle deformazioni infinitesime delle superficie flessibili ed estendibili; 
“ Mem. della R. Ace. delle Scienze di Torino ,, (2), t. L, 1900. 

(#*) Sulla deformazione delle superficie flessibili ed inestendibili; “ Rend. 
della R. Ace. dei Lincei ,, aprile 1885. 


838 ERMENEGILDO DANIELE 


quelle che chiamai pure estensioni, tale denominazione motivan- 
dola dal fatto che in esse è nulla la funzione caratteristica, la 
quale rappresenta, in certo modo, la flessione; e studiai preci- 
samente due casi di pura estensione della sfera. Mediante la 
prima di queste deformazioni la sfera viene a porsi in relazione 
colla superficie minima studiata da ENnNEPER, la quale riceve 
così una generazione di natura cinematica. Colla seconda de- 
formazione si entra nel campo della trasformazione delle su- 
perficie a curvatura costante positiva, in quanto si ritrova quella 
trasformazione che HAZzipAKIS espose nel vol. 88 del “ Giornale 
di Crelle , : essa comparisce qui sotto un nuovo aspetto, e per 
l'appunto come equivalente, in un certo senso, ad una pura 


estensione della sfera. 


$ 1. — Le deformazioni infinitesime più generali 
di una quadrica. 


1. — Occorrerà richiamare alcuni dei risultati che ottenni 
nella Memoria già citata, circa le deformazioni infinitesime più 
generali di una superficie; segnatamente il $ 4°, ove per ragioni 
di opportunità muterò talora leggermente le notazioni, ovvero 
presenterò le cose in modo un po’ diverso: senza però che la 
sostanza venga per nulla alterata. 

Una superficie S subisca una deformazione infinitesima, nella 
quale un punto di coordinate cartesiane x, y, 2 riceva uno spo- 
stamento di componenti ez, en, eZ, dove e è una costante della 
quale supporremo di poter trascurare le potenze superiori alla 
prima, e E, n, Z sono funzioni finite (in generale) delle coordi- 
nate curvilinee u, v del punto che si sposta. Diciamo dE, d 7, èG 
le variazioni subite dai coefficienti della prima forma fonda- 
mentale di S per effetto della deformazione, e poniamo 


(1) dE=2ea, dE=2eh, dG=26, 


dove e è la stessa costante infinitesima di prima, mentre le 
funzioni a, f,6 definiscono la legge con cui la superficie si 
estende in ogni suo punto: noi le chiameremo i coefficienti della 
pura deformazione. Sviluppando i primi membri delle (1), queste 
sì scriveranno: 


SULLA DEFORMAZIONE INFINITESIMA DELLE SUPERFICIE, ECC. 839 
è da dE _ Y(FE set] W E - 
(1) da dai 10: dv du “ir du Si 2h, Vr do do 


Fissati in ogni punto della superficie i valori di «, &, 0, le de- 
formazioni corrispondenti saranno note quando si saranno cal- 
colate le più generali funzioni €, n, Z che verificano le equazioni 
precedenti. Ora se introduciamo la funzione caratteristica: 


__ 1 N (ded dx dE 
(2) = Vis 7 SE) 


H=VEG-—.F°, 


l'integrazione delle (1') si ottiene per quadrature dalle equazioni 


de 1 fplod_ ad) pad la 
= ppi D(0f af D'(®; Se) + 
den 4 dx des da de \} 
3 
(3) de Ep por gie) pra 
dv KH ( Dio do | Piu du ]) 
| 


pafe(ete rie) i(ed_ottar 


e dalle due analoghe in n e Z, quando si sia calcolata © dal- 
l'equazione caratteristica 


VAN: 
Priolo HI "Bb KH MHo = 
alibi | 
(4) = gt | pr 


Riguardo alle quantità che figurano sia nelle (3) che nella (4), 
a, 8, indicano i coseni direttori della normale alla superficie S; 
D, D', D'' sono i coefficienti della sua seconda forma fonda- 
mentale; X è la curvatura totale e M la curvatura media; 
inoltre abbiamo posto 


840 ERMENEGILDO DANIELE 


Ci 
C, D' 


1 
Rs <P KH® 


C, sine 


(SN 
5 
er. 
2 
n. 
(ari 
(eni 
__ 
(Sal 
Frs îre 
— 
(re 
[dn 
_— 


SEI) + 


| 
ceo (9 (MIota 


essendo pa i simboli di Christoffel di 2° specie calcolati per 


il ds? di S, e quindi Cj=0, Cs=0 sarebbero le equazioni fon- 
damentali di Codazzi qualora vi si leggesse D, D', D'" in luogo 
di a, h, d. 

Indicheremo il primo membro della (4) con ®(9), ed il se- 
condo membro con W(a, 4, 6), onde la (4) si scriverà 


D(9) = W(a, A, d). 


Si vede poi che per a=4%=b=0 si ha W=0, e la (4) si 
riduce a quella da cui dipende la risoluzione del problema delle 
flessioni infinitesime. D'altronde W non contiene @, per cui l’e- 
quazione caratteristica delle deformazioni più generali di una 
data superficie, si ottiene da quella relativa alle sue flessioni 
colla sola aggiunta di un termine che non contiene la funzione 
incognita. Ora è noto che se si ha un’equazione o un sistema 
di equazioni lineari non omogenee, cioè contenenti, tutte o in 
parte, termine noto, e si conosce l'integrale generale del sistema 
che se ne ottiene sopprimendo i termini noti, si può calcolare 
con sole quadrature l'integrale generale del sistema primitivo. 
Riferendoci adunque al problema delle deformazioni infinitesime 
di una superficie, possiamo dire che se ne conosciamo tutte le 
flessioni, possiamo con sole quadrature determinare tutte le altre 
deformazioni infinitesime, poichè ciò equivale ad affermare che 
se sappiamo integrare in modo generale l'equazione ® (9) = 0, 
l'integrazione dell’equazione non omogenea ®(9)= W si può 
ricondurre alle quadrature. 


2. — Ciò premesso, veniamo alla deformazione delle super- 
ficie di 2° grado. Come si vedrà, il problema presenta interesse, 


SULLA DEFORMAZIONE INFINITESIMA DELLE SUPERFICIE, Ecc. 841 


quanto alla trattazione generale, nel solo caso che la quadrica 
sia a centro. Consideriamo perciò dapprima l’ellissoide: 


2 a 2 
6) n 
ed insieme la sfera 
(5) a+ y?>+22=1, 
che corrisponde all’ellissoide (5) nell’affinità 


(5”) Meg, e = e. 


Nella Nota citata del Prof. Volterra il problema delle flessioni 
infinitesime dell’ellissoide è ridotto al problema analogo relativo 
alla sfera. Che questa riduzione sia possibile apparisce anche 
dalle proposizioni del Darboux, poichè egli dimostra in generale 
che, note di una superficie inestendibile le deformazioni infini- 
tesime, sono pur note quelle di ogni altra superficie che cor- 
risponda alla prima in una qualunque proiettività (*). Serven- 
doci di questo teorema noi comincieremo col dedurre dalle 
flessioni della sfera (5’) quelle dell’ellissoide (5), il che si fa 
immediatamente; indi passeremo alle deformazioni più generali 
di quest’ultima superficie ricorrendo alle proprietà dell'equazione 
del 2° ordine d(Q) = W. 

Veramente si potrebbe particolarizzare senz'altro questa 
equazione al caso dell’ellissoide estendibile e integrarla diret- 
tamente, ma la via che abbiamo indicato, se può sembrare al- 
quanto artificiosa, ha però il vantaggio di abbreviare i calcoli. 

Attenendoci, per quel che riguarda la sfera, alla risoluzione 
del Darboux, assumeremo su di essa come linee coordinate le 
sue rette, ponendo: 


i__wbo r_, v—U r_u—1l 
(6) —_ uw+1 E Ai PI Lg” — uvtl 


(*) Lecons, t. IV, cap. IV. 


842 ERMENEGILDO DANIELE 


e l'equazione caratteristica ®(9')=0 delle sue flessioni di- 
venta (*) 


2 _ -, 
(7) Rm narsianie Malo dd 


questa s’ integra immediatamente col metodo di Laplace, e dà 


Uv—-Vu 


! "MSN 
(7) P=32 1+ ww 


AU U'# VI, 


dove U, V sono funzioni arbitrarie, rispettivamente, della sola w 
e dellà sola v, e U', V” rappresentano le loro derivate. Onde 
avere la superficie Z' che corrisponde per ortogonalità di ele- 
menti alla sfera, non rimane che porre, nelle (3), a=4A=d=0, 
@=%', e sostituire per a, 8, r, D, D', D' le espressioni che spet- 
tano alla sfera; indi eseguire le quadrature. In tal modo si 
ottiene per le coordinate &' n' Z' dei punti di Z': 


RAI e 1 
de: cen (0477) 


®) n= pit +7) 


1 


A a (O, 


Di qui passeremo alle superficie Z corrispondenti per ortogo- 
nalità di elementi all’ellissoide (5) facendo uso del teorema 
enunciato più sopra del Darboux, notando con questo Autore 
che se la proiettività considerata è un’affinità, cioè è del tipo 


a= pr 4 qy' + re' + h 
(9) y=P'+ ay + ri 4 hs 
) 2= por + qay/'+rae' + ha, 


la superficie X(£,n,Z), che corrisponde per ortogonalità di ele- 


(#) Cfr. DarBovx, Legons, ecc., t. IV, ni 865, 916, 917. 


SULLA DEFORMAZIONE INFINITESIMA DELLE SUPERFICIE, ECC. 843 
menti alla S(x,y; 2), si ottiene dalla Z'(#', n° Z'), corrispondente 
per ortogonalità di elementi alla S' (x’, y", 2'), mediante le formole: 

E =pet+pm+pe+% 
(9) (m=gEtqmt+ gl tk 
Ure +rmnk+rZ+ka, 
dove &, &,,%, sono nuove costanti qualunque. 
Nel caso che ci interessa, le equazioni (9) si riducono 


alle (5"), e quindi le (9') sì specificano in queste altre, che scri- 
viamo, già risolte rispetto a &,n,Z: 


E { (A 
E=34+!, n=t+%, dani. È 


Siccome le costanti /, m, n, rappresentano soltanto una trasla- 
zione della superficie X, possiamo anche tralasciarle, e assumere . 
quindi come equazioni delle superficie corrispondenti per orto- 
gonalità di elementi all’ellissoide (5) le seguenti: 


l 


i gf ciù Wi ASA 
(10) Se Lizzie E Ci 


dove Z’, n", Z' sono date dalle (8). 
Qualora, invece dell’ellissoide (5), si fosse trattato di un 
iperboloide 


si sarebbe risolto il problema coll’identico procedimento, solo 
avvertendo di sostituire il sistema (10) coll’altro: 


oppure 


secondochè l’iperboloide è ad una o a due falde. 


844 ERMENEGILDO DANIELE 


Non ci soffermeremo neppure a studiare che sorta di valori 
si debbano attribuire alle variabili v,v, e come vadano assunte 
le funzioni arbitrarie U, V, affinchè, a seconda delle tre specie 
di quadriche a centro, ai punti reali di S corrispondano su X 
punti pure reali: la questione non presenta d’altronde difficoltà, 
e noi procederemo a dedurre, dalle flessioni di S, le sue defor- 
mazioni più generali. 


8. — Ci gioveranno, a tale scopo, alcune osservazioni sulle 
equazioni del 2° ordine del tipo 


d°© 
dudv 


(11) Lat 4 5Î? Lep=d, 


du 

che sono integrabili col metodo di Laplace. Con a, è, c, d inten- 

diamo di indicare funzioni assegnate di v,v; per brevità poi, 

rappresenteremo il primo membro dell’equazione con F(q). 
Supponiamo che la (11) sia integrabile col metodo di La- 

place; allora se ammettiamo che degli invarianti (*): 


ò 
h= a Kiabrioasibio; hg, i 


sia nullo quello di indice r, il sistema da integrare, a cui si 
riduce l'equazione (11), è: 


d®, Ò rt 
dv Sr UrPr = Pri; = Pe B@rs1 == d,, 


in cui a, è funzione di «, d,c e loro derivate successive, mentre 
d. è funzione lineare ed omogenea soltanto di d e delle sue 
derivate rispetto a v fino alla r®, e quindi d, si annulla per 
d=0. Dal sistema precedente si trae poi: 


(12) = N+a(U+(BVdo), 
in cui s'è posto 
N=a I (8 { deu) dv, 
a= e Sardo , B na i mg ciali 
(*) Per ciò che riguarda il metodo di Laplace cfr. Darsovx, Legons ece., 


t. II, cap. II; oppure Goursar, Legons sur l’intégration des équations ou dé- 
rivées partielles du second ordre; t. II, cap. V. 


SULLA DEFORMAZIONE INFINITESIMA DELLE SUPERFICIE, ECC. 845 


e U, V sono funzioni arbitrarie, rispettivamente della sola « e 
della sola v. Si vede che il termine N comparisce in quanto vi 
è d, poichè per d4=0 si ha d4,=0, e quindi anche N=0; 
invece a e B non contengono d. 

Risalendo ora da ®, 2 P,_, Pr;... sino @ mediante le 
formole del tipo: 


ò 


(12') hi 1Pr-1 ssi 5 t b®, Tai d,1; 


si trova che @ viene ad esprimersi come funzione lineare non 
omogenea di ©, e delle sue derivate successive rispetto a « 
fino alla r®®, cioè è della forma: 


=0+ Oo + dE ++ 


e sostituendo a ©, la sua espressione (12) si ottiene 
o=R+R(U-+{BVdo)+R, | U4-(R Vado) t.. 
; dB. 1-.7.\x 
(13) + r.(v0+j3 Vdo): 


Bon deo iz cc sono funzioni dei coefficienti della F(9) =d e 
delle loro derivate; mentre però R si annulla per d = 0, le ri- 
manenti non contengono affatto d. Da queste proprietà (che si 
verificano, del resto, assai facilmente) si deduce che l'integrale 
generale della F(q)=d si ottiene da quello dell’equazione omo- 
genea F (0) =0 colla sola aggiunta del termine R, che si calcola 
con quadrature: le quali son poi quelle che figurano nell’espres- 
sione di N. i 

La forma (13) dell’integrale della (9) =4d corrisponde 
all’ ipotesi che la serie di Laplace delle equazioni trasformate 
della proposta si arresti in un senso solo; quando si arresta 
anche nell’altro, la @ non viene più a contenere V involta sotto 
alcun segno di integrazione, e risulta funzione lineare, tanto 
di U, U',.... quanto di V, V',....Ad ogni modo è evidente che 
il risultato ora ottenuto sul modo di ricavare l’integrale della 
F(9)=d da quello della F(p9)=0 continua ad essere valido. 


846 ERMENEGILDO DANIELE 


La (13) mostra che se la F(9)=d è integrabile col metodo 
di Laplace, essa ammette un'integrale particolare funzione li- 
neare di U, U',...,U" (ovvero di V, V', ...); noi ricorderemo, 
poichè ci servirà tosto, che inversamente hasta che la F(p)=d 
ammetta un integrale di questa forma, affinchè sia integrabile 
col metodo di Laplace. 


4. — Applichiamo queste considerazioni al problema delle 
deformazioni infinitesime di una superficie di 2° grado estendi- 
bile, che per fissare le idee supponiamo sia un ellissoide. Le 
flessioni infinitesime di questa superficie sono date dalle (10) 
insieme colle (8): si potrà dunque calcolare mediante la (2), la 
funzione caratteristica @ di queste flessioni. Ma le (5”) e le (10) 


mostrano che la @ differisce solo pel fattore esterno > dalla. 


funzione caratteristica ©’ delle flessioni della sfera; e poichè 
in H non entrano le funzioni arbitrarie U, V, così la sarà, 
al pari di’ [vedi la (7’)], funzione lineare ed omogenea di 
U,V,U',V'!. Perciò l'equazione caratteristica delle flessioni del- 
l’ellissoide sarà ancora integrabile col metodo di Laplace; e 
poichè l’equazione caratteristica delle deformazioni più generali 
si ottiene dalla precedente, colla sola aggiunta di un termine 
noto, così la funzione caratteristica corrispondente si avrà 
dalla @ colla sola aggiunta di un termine che si calcola con 
quadrature. 

Il ragionamento ora fatto dimostra non soltanto che le de- 
formazioni dell’ellissoide estendibile si deducono con sole qua- 
drature dalle sue flessioni (poichè questo risulta subito da pro- 
posizioni ben più generali), ma indica anche in dettaglio il 
procedimento che conduce fino alle quadrature. Non resta, oramai, 
che eseguire i calcoli. 


5. — Si può avere facilmente la funzione caratteristica © 
delle flessioni dell’ ellissoide. Difatti dalle (5') e (6) si trae 
per l’ellissoide: 


H°? = — dv A?B?(1—uv)?+B?C°(u+0?—C° A(u—v)? L, 


SULLA DEFORMAZIONE INFINITESIMA DELLE SUPERFICIE, ECC. 847 


Per la sfera si ha invece 


4 
Li == — ———_ 
HE'S hg: 
onde, confrontando l’espressione generale della funzione carat- 
teristica contenuta nella (2) coll’espressione particolare (7’) cor- 
rispondente alla sfera, si trae: 


CEN de dE de de) _ 2i Un-tve ; I 
| du dv do du] dr 1+u Us } 


Si è osservato al n° 4, che il primo membro di questa formola 
ha sempre lo stesso valore tanto per la sfera che per l’ ellis- 
soide; quindi si avrà per quest’ultima superficie: 


(14) far 


dove abbiamo posto 


A° B°(1—uv?+B?Cu+v?T— CA (u—0)? 
ter (1+ uo? ; 


Passiamo ora alle deformazioni più generali dell’ellissoide, 
di cui diremo yw la funzione caratteristica. L'equazione caratte- 
ristica si scrive 


2eB)+E|PR)+ 200 E 4 uno 


essendo 


ii A°(1—-u9)(1—0°)+B"(14-u9(1+209)+4C?wv 


(14 uo) 4 
e colla sostituzione 
yYp=90 


si trasforma nella 


d°0 Lotia Pig 
(15) dudo -(1 dudv vi n)e= Foti iABCE. 


848 ERMENEGILDO DANIELE 


Chiamando 0' l’integrale generale di questa equazione 
quando vi si faccia W=0, si ha: 


9'=@VPp, 


ove @ è data dalla (14); e poichè sappiamo che la (15) si in- 
tegra col metodo di Laplace, la 6 si otterrà aggiungendo a 0' 
un termine, che è quello che fu indicato nella (13) con È. Se 
ora ci riferiamo alle equazioni generali (11), (12), (13), si ha, 


nel caso dell’equazione (15): 


mE Dl agri 1 òd°Vp [Od deo n 
a=b= 0; (e +5).4= mn 
Bone __ dige isprile W_ da, W 
Rie 30! d, = — ABC SIA 5a 18 vò ae 
du do pVp 


Per avere allora il termine da aggiungere a 0' si osserverà che, 
sostituendo in (12') la 9, data dalla (12), si ottiene: 


1 ON 
dpi IN dat al pis [Pit ao) + 


+(57+ da)(U+ 5 VR45) |, 


donde appare che l'insieme dei termini non contenenti U o V è 


po (RE + aN— Li 


CN hr 
Poichè nel caso nostro è » = 1, sarà appunto questo, ossia 
W 
Vp 


A pg 
P=4 (da + ABC, a 


il termine additivo che noi cerchiamo. 


SULLA DEFORMAZIONE INFINITESIMA DELLE SUPERFICIE, ECC. 849 


E così l'integrale generale della (15) si scriverà 


0=0'+ P=9/p+P, 


da cui si passa alla funzione w che si doveva calcolare: 
(E: 
' W = _ E" 
Vp 


Tanto in @ che in p, le cui espressioni sono date distesa- 
mente addietro, non figura più alcun segno di quadratura. Altret- 
tanto non si può dire per P, che dipende da W, e questa con- 
tiene come funzioni indeterminate i tre coefficienti della pura 
deformazione; per modo che il calcolo completo di yw si potrà 
eseguire solo nei casi in cui si saranno specializzati quei tre 
coefficienti. 

Affinchè il problema della deformazione infinitesima del- 
l’ellissoide si possa dire del tutto risolto, non resta più che 
passare alle (3), le quali non esigono che quadrature. 


-6. — Un semplice cenno basterà per le quadriche a centro 
improprio, non presentàndo la questione, in tal caso, alcuna 
difficoltà. Se difatti si considera il paraboloide 


da = Ax? 4 By, 


e si chiama © la funzione caratteristica, l'equazione caratteri- 
stica, colla sostituzione 


oV1 + Ax + Bye=0, 
aVA+iyyB=4A, oaVA—iyVB=u, 
si scrive 
del A VAB wr 


Od VI+(A—B)°—4)-+24+B)Mu 


Il problema si trova dunque ridotto senz'altro alle quadrature. 


850 ERMENEGILDO DANIELE 


$ 2. — Esempi di pura estensione della sfera. 


7. — Nella trattazione precedente non s’è fatta alcuna 
ipotesi intorno ai coefficienti a, A, 6 della pura deformazione. 
Fra le varie condizioni a cui si può sottoporli è particolar- 
mente notevole la W(a, £, 8)}=0, il cui significato fu spiegato 
al n° 20 della mia Memoria ricordata più addietro. Essa esprime, 
cioè, che la deformazione della superficie si può, in questo caso, 
decomporre in una pura flessione ed in una pura estensione, ossia 
in uno spostamento nel quale è nulla la rotazione degli ele- 
menti superficiali intorno alla normale (funzione caratteristica). 
Perchè, se W=0, l'equazione caratteristica si riduce a D(P}=0, 
e ad ogni soluzione di questa equazione le 


dî __ da do) "( da __ 99 
cieca PALI a3e) ola a5r)} 
dî ___1 rod _ nd rod __ adPl 
= ID'(0i ast)—D (93° az); 


colle analoghe in no e Zo fanno corrispondere una flessione; 
mentre d’altra parte la W=0 è null’altro che la condizione 
d’integrabilità del sistema 


Safend) «|ek-ch)+a 


aa 


= dx 
de H 


du 


(16) | 
| 


)_a(FE—eè) +aR, 


e dei due analoghi in H e Z. 

Lo spostamento totale (Z n 2) viene così a decomporsi nella 
flessione (ZoN0Z0) e nello spostamento (= H Z) che è appunto la 
pura estensione; per modo che, calcolate le flessioni della su- 
perficie, le (16) ci dànno con sole quadrature la parte rimanente 
della. deformazione. 

Vogliamo ora applicare le (16) allo studio di due casi di 
pura estensione della sfera. 


SULLA DEFORMAZIONE INFINITESIMA DELLE SUPERFICIE, ECC. 851 


8. — Supporremo dapprima la sfera riferita ancora alle 
sue rette, onde le coordinate cartesiane di un suo punto qua- 
lunque si potranno rappresentare mediante le (6). Avremo quindi: 


E=.M=ià ceo 


1+uo 

2 
rette \{pedoo | Rei 
Ds=Di'=6, Abin vb: 
e le funzioni che si sono indicate al n. 1 con C, e C, diventano 
uc Jeza par 
Ga — 1l+ ww dv 33 du 
"A Qu dh db 


1+uo dov du’ 
e quindi per È,, £, si ha: 


ae 140) | 2v dh da 
Bu 2 \1+ ww +3 
Ri= ST ( Qu dh se) 
i 2 1+uov  ®* do du 


La condizione W= 0, che ora si riduce a 


dRIi dRs __ 
I ; dv (Le 0, 
Sl Scrive: 
1+w (Pa __ d% _ da PILL, 
(17) 2 dv? du di È pa on =, 


mentre le (16) si particolarizzano nelle seguenti: 


da © glow) +A(0—-0) {47° Ri 
= alate ii nel 
è =4}a(1+#0) A+) {+if75 E 


SA LE) Aaa) — d(140) + ZL R 
OZ luo p 
da — A + hvt — ci 
dz 


3 ht do + ra Ro 
Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 5 


x 


852 ERMENEGILDO DANIELE 


Queste equazioni valgono per le pure estensioni più generali 
della sfera. 

Se ne ha un caso particolare quando si osservi che la (17) 
è soddisfatta ponendo a, 4, 5 eguali a tre costanti qualunque; 
si ottiene così una deformazione di quelle che si chiamano 0mo- 
genee, e si ha la notevole proprietà: “ Ogni deformazione omo- 
genea della sfera è decomponibile in una flessione ed in una 
pura estensione ,. I 

Le ultime equazioni diventano in conseguenza: 


d= 1 


= all -w)+41+2w+%), 


O I b(1— 0) +4 M1 + 2uv+ u?), 


dint a(1+u)—4h1+2w0— 9), 
di i+) + A+ 20), 
SE = qu+ uo, 

E — bo+ huv; 


e da queste integrando abbiamo, tralasciando le costanti ii 
trarie additive: 


— + b1 —|+4+2)(1+%) 
mer ++ bo|1 +3) +20 9)(1+ 0) 
aZ= au? + dv? + hu?v?. 


La superficie Z, luogo del punto (= H Z), che viene così a cor- 
rispondere alla sfera in una sua pura estensione omogenea, è 
algebrica, e per il suo elemento lineare si ha: 


do? =(1-+ uv? [ha + he) du? + } ab + h°(1 + Quo) | dudv + 
+ A(6b + hu?) de]. 


Ti 
SULLA DEFORMAZIONE INFINITESIMA DELLE SUPERFICIE, ECC. 853 


9. — Noi ci limiteremo a considerare quelle deformazioni 
omogenee in cui è 4=0; chiamando allora X, la superficie a 
cui si riduce X, si vede dalla forma che viene ad assumere 
il do? che sulla sfera e su X si corrispondono le linee di lun- 
ghezza nulla. 

Calcoliamo i coseni direttori di Z», che chiameremo. 00Bo Yo; 
nonchè i coefficienti della sua 2% forma fondamentale, che indi- 
cheremo con Do D'h D";; si trova: 


(18) dee utv pri v—-u ee uv—1 


Le (18) confrontate colle (6), che dànno le coordinate dei punti 
della sfera, mostrano che la sfera e la superficie X, si corri- 
spondono per parallelismo delle normali, ossia il punto (x, y, 2) 
della sfera è l’imagine, secondo Gauss, del punto (=, H, Z) di Xo. 
Poichè inoltre è D'o=0, le linee «,v sono coniugate su Z;, e 
siccome sono pure le sue linee di lunghezza nulla, vuol dire 
che la X, è ad area minima. Se si vuole una conferma di questo 
risultato non si ha che da calcolare la curvatura media di X;: 
si trova ch’essa è nulla. 

Onde avere una superficie 2, reale supporremo le costanti 
a, b complesse coniugate, ponendo: 


essendo a, e d, reali. Cambiando allora le variabili col porre 
u=)\+ iu, o=)— i, 
la x viene rappresentata dalle equazioni 
“== a,(3X + 3Ma? — A) — d, (Bu — 3X2u + pu?) 


(19) <« H=a;(u8 — 3X2u — 3u) — d;(A8 — 3Au? + 31) 


Z = Ba;(X° — 4?) — 60,)u. 


\ 


854 ERMENEGILDO DANIELE 


Le superficie minime di questa classe sono ben note, poichè 
se nelle formole di Weierstrass 


e=R|(1-u)Fu)du, y=Rfi(14+u)F(u)du, «= R|2uF(u)du 


si fa F(u = 3e'©(w cost.), si ottengono le superficie 


| x = cosw(3A + 3Au? — X3) — senw(3u — 3X2u +- 48) 
(19) | y= cosw(u3 — 3X2u — 3u) — senw(A8 — 3Au2 + 3)) 


\ z= 3cosw(\X? — u?) — 6senw. \u, 


che comprendono la superficie del 9° ordine di Enneper (w=0), 
e tutte le sue associate, in particolare la coniugata in applica- 


bilità o aggiunta (w 3) (). 


Ora è evidente che le (19) si deducono dalle stesse equa- 
zioni di Weierstrass facendo 


F(u) — 0a la da = Vai + b° e'® 3 = arctg si i 
1 


e quindi le X, sono ancora superficie di Enneper, omotetiche a 
quelle tipiche rappresentate nelle equazioni (19'). 

La superficie di Enneper viene così generata cinematica- 
mente dall’estremo di un raggio vettore, condotto per un punto 
fisso parallelamente allo spostamento che subiscono i punti di 
una sfera in una sua pura estensione particolare, e proporzio- 
nale alla grandezza di quello spostamento medesimo. 


10. — Un nuovo esempio di pura estensione della sfera 
si ha nel seguente modo. Si consideri insieme colla sfera 
un’altra superficie qualunque, applicabile su di essa, e sia Sp: 
si assumano come coefficienti a, 4,6 della pura deformazione 
della sfera i coefficienti D, D'è D'" della seconda forma fonda- 
mentale di S,. Siccome queste ultime funzioni verificano le 
equazioni di Codazzi e l'equazione di Gauss relative a tutte le 


(*) Cfr. BrancaI, Lezioni, ecc., n' 191, 197; opp. DARBOUX, Legons, ecc., t. I, 
ni 188, 207. 


SULLA DEFORMAZIONE INFINITESIMA DELLE SUPERFICIE, ECC. 855 


superficie applicabili sulla sfera, così a, 4, è annulleranno iden- 
ticamente, in particolare, le espressioni che furono indicate 
con C, e Cs (v. n° 1), ed in conseguenza risulteranno pure nulle 
R, e Rs; poichè inoltre per la sfera è nullo il determinante 
[a D' G|] che figura in W, ne risulta che la condizione W=0 
è soddisfatta dalle espressioni di a, %,0 che si sono assunte. 
Dalle corrispondenti deformazioni della sfera si può dunque se- 
parare una pura estensione: è di questa che noi vogliamo ora 
occuparci. 

Riferiamo la sfera (di raggio 1) non più alle sue rette, ma 
ad un sistema di meridiani e di paralleli, ponendo : 


x=sen0cosg, y=sen0seng, a 'e098, 
per modo che sarà 


ds? = d62° + sen? 0 d9?, 


e le (16), che definiscono per quadrature la pura estensione più 
generale, diventano, ora che C, e Cs sono nulli: 


ds, di __ 7 SenP 
do = a così cosp Ri 
dar hcoscosp — 4 EP 
dp > sen0 
èH _ 4cosìsen Me Ste 
do P sen@ 
(20) 

dh cos 
ul hcos0seng + d q987 
Ai 

de = —asen0 

da — hsen0. 

P 


In queste equazioni si è già tenuto conto del fatto che a, 4,8 
verificano le relazioni di Codazzi; dobbiamo ancora scrivere che 
soddisfanno all’equazione di Gauss : 


DD'— D'? 
va pene 10 


856 ERMENEGILDO DANIELE 


la quale nel nostro caso è 
(21) ab — h® = sen?0. 


Per l'elemento lineare della superficie X(=,H,Z) si ha in- 
tanto dalle (20): 


(22) do'=(a+_ n )d0+ 2h(a+ È, 131849 +{ I 
e se H? indica il discriminante di questa forma, abbiamo, os- 
servando la (21), 


H=sen®. 


I coseni direttori della normale a X sono poi, in causa di 
quest’ultima formola: 


a= sen8cosg, B= sen0seng, Y= cos@, 


cioè il punto (=, H, Z) di Z ha per imagine, secondo Gauss, il 
punto (x,y, =) della sfera. 

Mediante le (20) calcoleremo ancora i coefficienti della se- 
conda forma fondamentale di X, ed otterremo 


ai de _ Di N ade 0A 
(23) DE ia sa De) a =—A, 


iS LAS ARPROETA 
9° 


di qui si ricava, per la curvatura totale di X 


5 DD'— D': 
ir Mr ag 


cioè X è ancora applicabile sulla sfera di raggio 1. 


e 
11. — Si vede dunque che, partendo da una superficie So 
a curvatura costante positiva, si può, utilizzando le pure esten- 
sioni della sfera, arrivare ad un’altra superficie X colla mede- 
sima curvatura costante. La trasformazione ora incontrata non 


ST ME e O —_———eeC_C_e"= 


SULLA DEFORMAZIONE INFINITESIMA DELLE SUPERFICIE, ECC. 857 


è però nuova: essa non è altro che la trasformazione involutoria 
esposta da Hazzidakis nel vol. 88 del “ Giornale di Crelle , (*). 
Noi lo verificheremo ora brevemente. 

Proprietà caratteristica della corrispondenza che intercede 
fra una superficie e la sua coniugata, secondo Hazzidakis, è che 
l'elemento lineare di ciascuna delle due superficie è eguale al- 
l'elemento lineare sferico dell’altra: ora già si notò che l’ele- 
mento lineare sferico di Z è eguale all'elemento lineare della 
sfera da cui siamo partiti; ma quest’ultimo è eguale all’ele- 
mento lineare di S,, perchè la sfera e la So si corrispondono 
per applicabilità; dunque l’elemento lineare sferico di X è eguale 
all'elemento lineare di S,. Inversamente l’elemento lineare sfe- 
rico di So è dato da: 


ds' °— — (40? - sen?2@d9? ) + dates (a 106% 2L 2hd9d® A- bdp?), 


‘ poichè 
asen?0 + db 
sen?9 


M=— 


è la curvatura media di S. Ora facendo uso della (21) possiamo 
scrivere 


s=(a+ )0+24(a+ da 19) d0+(1#+ È de 


sen’0 
e confrontando colla (22), che dà l elemento lineare do di x, 
si ha: 

ds =, 


Le nostre formole contengono poi tutte le proprietà più 
notevoli della trasformazione di Hazzidakis. Così dal fatto che 
i coefficienti della seconda forma fondamentale di X differiscono 
da quelli di So solo per il segno, risulta che su S, e su X si 
corrispondono le line assintotiche (0, che fa lo stesso, i sistemi 
coniugati). 

Inoltre: le linee di curvatura di So hanno per equazione 
differenziale: 


(*) Cfr. anche BrancnI, Lezioni di Geom. diff., n. 264. 


858 ERMENEGILDO DANIELE 
had0* + (b — asen?0)d0d9 — h sen?9d9? = 0; 


l'equazione analoga per le linee di curvatura di X è 


Sah(a+ dx )4(a+ 7 a }d8° +0 (124 Pale 13} 8d0+ 


+ dI (14 sen) UM(#+ a ]} do =0, 


e questa, per la (21), si trasforma nell’equazione precedente. 
Ne segue l’altra proprietà ben nota, che sulle superficie S e X 
si corrispondono pure le linee di curvatura. 

Così le equazioni (20), che definiscono una pura estensione 
della sfera, vengono a potersi interpretare anche da un punto 
di vista affatto diverso, cioè come le equazioni della trasfor- 
mazione di Hazzidakis, purchè a, 4, è si intendano legate dalla 
relazione (21), nonchè dalle due di Codazzi, che ora prendono. 


la forma: 
da dh 
o — cotg0.h=0 
Sia Denti Rend coso a + cotgd.b=0 ” 
dp da . . . 


Altrimenti ancora possiamo dire che la trasformazione di Haz- 
zidakis viene a ricevere, colle precedenti considerazioni, un si- 
gnificato cinematico; mentre poi la sua proprietà d’essere invo- 
lutoria, fornisce una nuova proprietà per la questione cinematica 
che ci interessa, poichè fa vedere che se nelle (20) si assumono 
per a, h, db i coefficienti della 2* forma fondamentale, non già 
di So; ma di X (*), la superficie corrispondente alla sfera nella 
deformazione è la So. 


12. — Vogliam vedere almeno su un esempio a che cosa 
conduca la trasformazione che ora abbiamo incontrato. Si as- 
suma per S, una superficie di rotazione, e siano le sue equa- 
Zip die): 


(*#) Naturalmente bisognerebbe prima ridurre l’elemento lineare di X 
alla forma ds*= d0°+- sen?0 dp?. 
(#*) Cfr. DarBovx, Legons, ecc., t. I, pag. 93. 


SULLA DEFORMAZIONE INFINITESIMA DELLE SUPERFICIE, ECC. 859 


(24) x,=Asendcos " » Y,=ksen0sen 2 ,, 20 —( V1—k?cos?8 d0, 


dalle quali si ha appunto 
dsf = d92 + sen?9 dp? , 


che è lo stesso ds? della sfera di raggio 1. 
I coefficienti della 2* forma fondamentale sono 


ksen0 


Is ee EEE 
V1—k°cos?0 


, Di=0,, D'= E V/I1_cos86; 
e le (20), quando vi si. ponga a= Db, h=D', 6= Do", di- 


ventano: 


| dE ksen98cos9cosgp d= Sen 
= e = 1— k?cos?0 
d0 Vi—kWicos0. dp k V 
dH ksen®cos0sen®p dH C08I0 Gi son 
È == —_ —= ——V1—k?cos?0 
(09) do Vi—k*costg * è k V 
OZ lesen*0 dro 0: 
de Vik così 39 : 


dalle quali integrando si ottiene: 


(25’) zt — VI—k?cosg, H= —- V1—#?cos?0, 
ni 
V1—}?cos0 


Vediamo che cosa sia questa superficie X. 
Intanto il suo elemento lineare, calcolato dalle (25), è 


k°sen?0 1—k*cos?0 
d0-t —U 


la X è adunque essa pure una superficie di rotazione. 


Dalle stesse (25) si ottengono poi i coefficienti D, D', D'' 
della 2% forma fondamentale di X; eseguendo 1 calcoli si trova: 


Dis idia D'=0, D'ahe 


\ 


860 ERMENEGILDO DANIELE — SULLA DEFORMAZIONE, ECC. . 


il che conferma il risultato contenuto nelle (23). Si ha inoltre: 


onde 


ossia, sempre conformemente alla teoria generale, la X è ancora 
applicabile sulla sfera di raggio 1. 

Infine, per vedere esattamente in che relazione stia la X 
colla S,, si faccia nelle (25') la sostituzione 


kcos0o = — cosìd', p=k9', k=t 


le (25') prenderanno la forma seguente: 


r 


== k'sen@'cos > , H=#'sen0'sen n, di z=| V1—k'2cos?0' de’. 


Ora i secondi membri di questa equazione non differiscono dai 
secondi membri delle (24) che per il valore della costante %; 
precisamente le costanti % e %' sono reciproche l'una dell'altra. 
Da ciò segue che la trasformata di Hazzidakis di una superficie 
di rotazione a curvatura costante positiva è ancora di rotazione; 
però le due superficie appartengono a tipi diversi: se la prima 
è del tipo allungato (fusiforme), la seconda è del tipo schiac- 
ciato, e inversamente. 


Pavia, Aprile 1901. 


GUIDO CASTELNUOVO — LE TRASFORMAZIONI GENERATRICI, Ecc. 861 


Le trasformazioni generatrici 
del gruppo cremoniano nel piano. 


Estratto di una lettera del Socio corrispondente GUIDO CASTELNUOVO 
al prof. Corrado SeGRre. 


La obbiezione che tu hai mosso recentemente (*) ad un 
noto procedimento di riduzione dovuto al Sig. Nòrmer, ha mo- 
strato che in alcuni casi non si possono adoperare certe tras- 
formazioni quadratiche di cui quel procedimento faceva uso, 
collo scopo di abbassare l’ordine di un sistema lineare di curve 
piane. Nasce allora spontanea l’idea di esaminare se in quei 
casi, e per quello scopo, non siano applicabili trasformazioni 
birazionali di natura più generale, ma di tipo ben determinato, 
quali sono ad es. le trasformazioni di Jonquières, che mutano 
le rette in curve di un certo ordine arbitrario v dotate di un 
punto base multiplo secondo v—1 e di 2v —2 punti base sem- 
plici. Mi sono accorto facilmente che, ricorrendo a quelle tras- 
formazioni, si riusciva infatti a ritrovare tutti i principali ri- 
sultati a cui il metodo di NòTHER aveva condotto. Io però del 
detto metodo di NòrHER non conservo nemmeno la parte arit- 
metica, che pur sfugge alla tua obbiezione; preferisco seguire 
una via interamente diversa, che mi vien suggerita da un ar- 
ticolo pubblicato alcuni mesi or sono dal Sig. EnrIQUES e da me, 
e dedicato ad altre questioni (**). 


(*) “ Atti della R. Accad. delle Scienze di Torino ,, adun. 24 marzo 1901. 

(#4) © Sulle condizioni di razionalità dei piani doppi ,, “ Rendiconti del 
Circolo matematico di Palermo ,, t. XIV (1900), pag. 290. Nella Nota qui 
citata (e precisamente nei n' 2 e 3) facciamo uso, a dir vero, di trasfor- 
mazioni quadratiche che possono cadere talvolta sotto il caso d’ eccezione 
da te segnalato. Ma chi vorrà leggere il presente articolo, vedrà che tutte 
le trasformazioni quadratiche adoperate in quella Nota possono esser facil- 
mente sostituite da trasformazioni di Jonquières, sempre eseguibili, e con- 
ducenti agli stessi risultati. 


862 GUIDO CASTELNUOVO 


Il procedimento che così ne risulta, e che qui applico a 
dimostrare in modo rigoroso un noto teorema, il quale afferma 
che una trasformazione cremoniana tra due piani può sempre ri- 
guardarsi come prodotto di un numero finito di trasformazioni 
quadratiche, ha veramente una portata molto più larga; ma io 
non voglio varcare i limiti che mi sono assegnato, per non in- 
vadere un campo in cui ora sta lavorando uno studente della 
Università di Roma. 


Sia |C"| un sistema lineare, almeno 001, di curve razionali 
irriducibili, d'ordine » che supporremo superiore a 2. Il sistema 
sia determinato dai punti base, cioè sia composto di tutte le 
curve di quell’ordine che passano per 4 + 1(=1) punti base 
06; 0; ..-, 0 con molteplicità fisse 00,0, ..., 0; poniamo che 
queste siano scritte in ordine di grandezza decrescente, di 
guisa che 


Gp Oi ..-. Ue. 


I detti punti base possono del resto essere o distinti (punti 
multipli ordinari), o in parte o tutti infinitamente vicini (com- 
ponenti una o più singolarità nel senso di NéòTHER); l'una e 
l’altra ipotesi vengono trattate nello stesso modo, e perciò non 
sono mai staccate nel seguito. 

Esprimendo che il genere della C" generica è zero, e che 
due C* si segano in D20 punti variabili, troviamo le relazioni 


= i=k 
(1) (n —1)(m_2) -Za;(ao,—1)=0, na —Zoaf= D, 
ei 


i=0 
dalle quali deduciamo subito 


i=k 
(2) In —Za=D+2. 


i=0 


Ciò premesso, introduciamo la nozione di sistema d’indice 
1, 2... aggiunto ad un sistema lineare assegnato |l"|, o ad una 
sua curva C". Per sistema aggiunto d’indice 1, si intenderà l’or- 
dinario aggiunto d’ordine n —3, che è costituito dalle curve 
d'ordine n—3 passanti a —1 volte per ogni punto base a-uplo 


stadi 


LE TRASFORMAZIONI GENERATRICI DEL GRUPPO CREMONIANO, ECC. 863 


del sistema primitivo: similmente l’aggiunto d’indice 2 sarà 
l’aggiunto d’ indice 1 preso rispetto all’ aggiunto d’indice 1, 
vale a dire il sistema delle curve d’ordine n—6 costrette a 
passare a—2 volte per ogni punto base a-uplo di |C"|, quando 
a > 2, e non vincolate affatto dai punti base doppi o semplici; 
in generale, l’ aggiunto d’ indice j sarà formato dalle curve 
d'ordine n—3j che sono costrette a passare a—) volte per 
ogni punto base di 1 C"|, avente la molteplicità a > j, e che non 
sono vincolate affatto dai punti base di molteplicità inferiore. 
Se in particolare la curva di partenza C* è razionale, come 
supponiamo, allora manca certamente il sistema aggiunto d’in- 
dice 1; ma di qua non segue che debbano pure mancare gli 
aggiunti di indice superiore; anzi può accadere il contrario 
se C" è una curva razionale isolata (si pensi ad es. alla curva 


(m—1)(—2) 
2 


d'ordine n >6 con punti doppi). Io dico però che 


“se la curva razionale C" è curva generica di un sistema li- 
“ neare, almeno 004, allora certamente mancano i sistemi ag- 
“ giunti di tutti gli indici ,. 

La dimostrazione si ottiene subito calcolando il numero 
delle intersezioni, fuori dei punti base, di C” con una aggiunta 
d’indice j, supposta esistente; quel numero risulta negativo, e 
da ciò segue che la detta aggiunta non può esistere. Per ese- 
guire il calcolo, supponiamo che tra i numeri @9,0,,..., %, 
esprimenti le molteplicità dei punti base, i primi % (0<%A<k+-1) 
siano superiori ad j, e i rimanenti numeri 0,,..., 0; siano infe- 
riori od uguali ad j; il numero di intersezioni che cerchiamo 
sarà espresso da 


i=h—l1 


n(n > 37) Fra È. A (a; —yj) nni 
i=0 


i=k i=k i=k 
= (n° musi ai) — j(3n i Rat AG =}, 
i=h 


—D—j(D+2) +2 4;(0; — 


numero evidentemente negativo se j71, poichè, per ipotesi, i 
fattori a, —], che compariscono nell’ ultima sommatoria, sono 
nulli o negativi. 


864 GUIDO CASTELNUOVO 


Di qui si trae subito una utile osservazione: "poichè il primo 
membro dell’ultima uguaglianza è negativo, segue che, quando 
sia n > 8}, allora deve risultare 421, an > j. Perciò, se indi- 


. . . . . n . 
chiamo con g il maggior intero-non superiore ad >, se poniamo 


adunque 


n=3q+7r (g2dpr=50, 1/2) } 


potremo concludere che il nostro sistema lineare |C"| possiede 
almeno un punto base O, di molteplicità a > q. 

Ma ricorrendo al lemma ora dimostrato, noi possiamo sta- 
bilire una disuguaglianza più espressiva fra l'ordine » di | "| e 
le molteplicità dei punti base; basterà esprimere perciò che le con- 
dizioni imposte dai punti 05, 0, ... multipli secondo ao—-j, d—j,... 
per le curve aggiunte d’indice j, sono in numero eccessivo rispetto 
all'ordine n—3j delle dette curve, che sarebbero costrette a 
passare per quelli (j=1,2...). 

Per procedere nella discussione, preferisco staccare i tre 
casi r=0, 1, 2. Esaminerò diffusamente il primo caso, ed in- 
dicherò come, in modo analogo, si possano trattare gli altri due. 

1° Caso: n=3q. — Il punto base O, di |C*| che ha la 
molteplicità più elevata a, >gq, sia multiplo secondo 


a) oo=9 + 25, oppure a')'as=g+2s—1. (620) 
Supponiamo per ora 

(3) s<4d; 

e in tale ipotesi consideriamo le curve aggiunte a |l*| di in- 
dice g—s, le quali dovrebbero aver l'ordine 3s, e dovrebbero 
passare colla molteplicità 35, o, rispettivamente, 35—1 per Oo, 
ed inoltre colla molteplicità 

(4) B=@a—(g— s)21 (i =4;2). 0h 


per ogni altro punto base 0; avente per |C*| la molteplicità 


dt > 8: 


LE TRASFORMAZIONI GENERATRICI DEL GRUPPO CREMONIANO, Ecc. 865 


Ipotesi a). — Una prima disuguaglianza, a cui soddisfanno 
le B,, si trova subito, notando che la retta 0,0; non può segare 
C" in più di n=39g punti; si ricava di qua (ricordando le po- 
sizioni fatte) 


(5) B£q_ s. (a=1.2, 40): 


Per giungere ad una seconda disuguaglianza, si ricorra alle 
dette curve aggiunte d’ ordine 3s, che sono costrette a pas- 
sare per 0, colla molteplicità 3s, e quindi dovrebbero spezzarsi 
in 3s rette, delle quali B, dovrebbero coincidere colla retta 
O, 0;(î==1,2,..., 4). Siccome d’altra parte quelle curve aggiunte 
non possono esistere, siamo sicuri che dovrà essere 


i=h 


(6) z B, > Sg; 
cl 


da questa segue anzitutto (poichè a“), ossia B1=3s) che 422. 
Ora io affermo: 

1) che una trasformazione di Jonquières, supposta esi- 

stente, la quale abbia un ordine v soddisfacente alle condizioni 


1<vS3+1, 


ed abbia inoltre il punto fondamentale (v—1)-plo in Oy e i 
2v—2<A punti semplici in 0,, 03, ..., 0-2, muta le curve C" in 
eurve d'ordine n'< n; 
2) che si può sempre trovare un valore di v entro ai 
limiti fissati, in corrispondenza al quale esista una trasforma- 
zione siffatta, cioè un valore di v tale, che esistano curve èrri- 
ducibili d'ordine v passanti v —1 volte per O, e semplicemente 
per 0,0, ..., 0,-2; basterà prendere a tal fine, come vedremo, 
il massimo valore che v può ricevere. 
Per dimostrare la 1) si osservi che le curve Cl", mediante 
la detta trasformazione, si mutano in curve d’ordine 


i=2Vv—-2 
n'=nv— Qo(v—-1)— Za, 
i=1 


866 GUIDO CASTELNUOVO 


ossia per le (4) e la a) 


i=2V—2 


(7) n=3q_-2R, 
Sl 


numero certamente inferiore ad n= 39, poichè 2v —222. 
Per dimostrare la 2) procederò per assurdo; ammesso che 
ciascuna delle 00? curve Cl, d’ordine v, passanti colla moltepli- 
cità v—1 per O, e semplicemente per 0;, 03, ..., 0x;-3, si spezzi, 
la parte variabile (irriducibile o riducibile) che entra a comporre 
la C*, dovrà segare la curva generica C", fuori dei punti base, 
in un numero 7" di punti inferiore od uguale al numero »', ora 
calcolato, delle intersezioni variabili della intera C* con 0". Ora 
noi vedremo, al contrario, che per qualche valore di v, ad es. per 


(8) v=35 + 1 (se % è pari), vati (se 4 è dispari), 


ciò non accade; vedremo che i casi di spezzamento, i quali a 
prima vista sembrano possibili, condurrebbero all’assurdo n’ > #', 
e quindi devono venir esclusi. Ciò risulta subito intanto se la 
parte variabile componente C° è irriducibile, ed è quindi una 
curva C* che varia in un sistema (almeno) 002, ha l’ordine.u< v e 
passa u—1 volte per O e semplicemente per 2u—2 al più tra 
i punti O,, 03, ..., 0x2; infatti, ripetendo il calcolo che ci ha 
condotto alla (7), e ponendoci nelle ipotesi più sfavorevoli, si 
trova 
i=2u—2 


n° za d3q ME Bi ’ 
21 
e confrontando colla (7) (poichè p < v, Bj > 0) 
n! > n', 


disuguaglianza che esclude questo primo tipo di spezzamento. 
Se invece la parte variabile componente Cl' si spezza in due 
(o più) curve, queste, per un noto teorema, devono appartenere 
ad uno stesso fascio, e nel caso presente si vede (tenuto conto 
della molteplicità di 0,) che devono esser rette uscenti da Oy; 
ed allora risulta 


n'ZAq— As. 


LE TRASFORMAZIONI GENERATRICI DEL GRUPPO CREMONIANO, ECC. 867 


Se fosse adunque n'"<xn", come porterebbe la ipotesi dello 
spezzamento, si avrebbe, in virtù della (7), 


i=2V—-2 


> B3485-q, 
Ae] 


e, tenuto conto del valore (8) attribuito a v, (sia % pari o 
dispari) 


t=© 
TBe4sg+h: 


ma questa, ricorrendo alla (5) applicata al punto O,, sì tras- 


forma nella 

i=h 
Dispi=<"a, 
ai 


e= 


che non può essere accettata perchè in contrasto colla (6). 
Concludiamo che, per quel valore (8) di v, le 00? curve Cl" sono 
irriducibili; e quindi, nelle ipotesi in cui ci siamo posti a) e (3), 
esiste certo una trasformazione di Jonquières atta ad abbassare 
l’ordine n=3q del sistema lineare |C"| da cui siamo partiti. 
Ipotesi a'). — Ripetiamo le considerazioni precedenti nella 
ipotesi che la curva C*, d’ordine n=3g, abbia in O, la molte- 
plicità a =9 4 2s— 1, e, come prima, in 0; la molteplicità 
a,;=B+gq—s(i=1,2,...,/4<%). Anzitutto lo stesso ragiona- 
mento, che prima ci ha condotto alla (5), ci dà qui la disugua- 
glianza 


(5’) gsq_—-s+1 (#E=19270., 4). 


Consideriamo ora le aggiunte d’indice 9g — s alla C”, le quali 
hanno ancora l’ordine 3s, e sono costrette a passare colla mol- 
teplicità 3s —1 per O e colla molteplicità 8; per 0;. Se queste 
aggiunte esistessero, esse dovrebbero spezzarsi in un gruppo di 
rette uscenti da 0, delle quali B,-1 coinciderebbero con 00,, 
e in una curva residua di ordine 


i=h 
| Pe SRG SR 
a=l1 


Atti della R. Accademia. — Vol. XXXVI. 58 


868 |‘. GUIDO CASTELNUOVO 


costretta a passare 6 —1 volte per O, e semplicemente pra 
OTO. R0t 

Siccome però quelle curve aggiunte non possono esistere, 
vuol dire che le condizioni imposte dai punti 0, 0;, ..., O, alla 
curva d'ordine 0 sono in numero eccessivo rispetto al valore 
di o. Notando che una curva d’ordine 0 con un punto fisso O 
di molteplicità c—1 dipende da 20 costanti, l’ultima osserva- 
zione fornisce la disuguaglianza 


20 < h, 
ossia 


1 
(6) > (&,-3)>8, 


(la quale CAI gx l’altro caso di inesistenza 0 < 0); 
segue subito che % = 

Ciò premesso, osserveremo anche qui (come notammo già 
sotto la ipotesi a)) che una trasformazione di Jonquières deter- 
minata “i curve C*, d'ordine v soddisfacente alle disuguaglianze 


ey vado le quali passino colla molteplicità v—1 per Oy 


e semplicemente per 0,, 03, ...,.02y-2; abbassa l'ordine n= 39 
delle C" all'ordine 


I=2V'—-2 
Il 


(7°) i =8g = [BT 


ei 


certo inferiore ad #, poichè v22, BZ 1. 

Osserveremo inoltre che le curve C', determinanti la tras- 
formazione, certo sono irriducibili se v raggiunge il massimo 
valore (8) che può assumere. Questa affermazione si giustifica 
per assurdo, come prima, esaminando la parte variabile che 
entra a comporre una l° supposta spezzata, e determinando di 
questa parte variabile le intersezioni con l*, fuori dei punti 
base. Si riconosce infatti che il detto numero di intersezioni n" 
è maggiore di »', mentre la ipotesi dello spezzamento dovrebbe 
dare sempre »'<n". Ora, che risulti realmente n" >7n', si di- 
mostra subito, come prima, se si suppone che la componente 
variabile di ©” sia una curva irriducibile d’ ordine utv. Ba- 


etti sini nà 


LE TRASFORMAZIONI GENERATRICI DEL GRUPPO CREMONIANO, ECC. 869 


sterà perciò fermarci alla ipotesi che la detta parte variabile 
si spezzi in due (o più) rette uscenti da O. Allora è 


n'Z4iqT-4s+2; 


e se potesse aversi n'"<%x/, si troverebbe, tenendo conto della (7' 
Pp ’ , è] 


> (B—4)c4sgt2, 


n= 


e quindi, ricordando il valore (8) di v, 


i=h 1 
Z(&—p)s4—-1-2+(h—3): 
donde si trarrebbe, tenendo conto della (5’) applicata al 
punto O, 

i=h 


x (&-5|s3e-3: 


= 


ma questa non può mai esser soddisfatta perchè contraddice 
alla (6'). 

Dunque, anche nelle ipotesi a’) e (3) esiste certo una trasfor- 
mazione di Jonquières atta ad abbassare l'ordine n=3q del si- 
stema |C"| considerato. 

2° Caso: n=3q+1. — Il punto base © di |C"*| che ha 
la molteplicità più elevata a, > gq, sia multiplo secondo 


b) a,=9+25+1, oppure bd’) ao=9g+2s, 


dove, nella ipotesi 5) è s=0, e nella 8’) s2 1. 
Si supporrà inoltre 


(3) s<q 


Allora le curve aggiunte a | C"|, d’indice q —s, dovrebbero 
aver l’ordine 3s + 1, e dovrebbero passare colla molteplicità 38+-1, 
o, rispettivamente, 3s per 0, ed inoltre colle molteplicità g; date 
dalle (4) per ogni altro punto O; (î== 1, 2, ..., 4) avente per || 
una molteplicità >g—s. Ricordando però che le dette aggiunte 

Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 98% 


870 GUIDO CASTELNUOVO 


non possono esistere, si trovano anche qui certe disuguaglianze 
a cui devono soddisfar le B;, disuguaglianze perfettamente ana- 
loghe alle (5) e (6), se si parte dalla ipotesi d), oppure alle (5') 
e (6’), se si parte dalla ipotesi 2’). Ed anche qui imitando 
rispettivamente i ragionamenti della ipotesi a), o della ipotesi d'), — 
si arriva sempre alla conclusione che, se la (3) è verificata, esiste 
certo una trasformazione di Jonquières atta ad abbassare l'ordine 
n=3q +1 del sistema |C"| su cui si ragiona. 

3° Caso: n=3q+2. — Qui si supporrà che il punto base 
O, di |C"|, che ha la molteplicità più elevata 00 >q, sia. mul- 
tiplo secondo 


c) oo=9+258+2,, oppure c')ao=q+2s41  (s20). 
Si supporrà al solito 
(3) << 


e si considereranno ancora le aggiunte a |C"| di indice g— s, e 
quindi di ordine 3s+ 2, le quali dovrebbero avere in 0; rispet- 
tivamente, un punto multiplo secondo 3s+2 o 3s+1; si pro- 
cederà poi nella ipotesi c), come si è proceduto nella ipotesi «) 
(oppure nella 5)), e nella ipotesi c'), come si è proceduto nella a’) 
(oppure nella 5')). Sempre si giungerà alla conclusione che, se 
la (3) è verificata, certo esiste una trasformazione di Jonquières 
atta ad abbassare l'ordine n=3q +2 del sistema considerato | C"|. 

Riunendo ora tutti i casi enumerati, si riconosce che l’or- 
dine » di un sistema | C"|, almeno 0c0!, di curve razionali, può 
sempre abbassarsi mediante una trasformazione di Jonquières, 
a parte le ipotesi n=1,2, che erano scartate fin dal principio, 
e riservando il caso che la (3) non si verifichi, che sia adunque 
sZq. Ma quest’ultima ipotesi porta di conseguenza che il si- 
stema |C"| abbia un punto base O, di molteplicità a,=% —1 
oppure n»; delle due soluzioni però, la seconda non può accet- 
tarsi, poichè condurrebbe ad un sistema riducibile, che abbiamo 
sempre escluso. Dunque in fine, notando che il processo di ab- 
bassamento dell’ ordine deve per forza aver termine dopo un 
numero finito di operazioni, si conclude: 

Un sistema lineare irriducibile, almeno x!, di curve razionali, 


LE TRASFORMAZIONI GENERATRICI DEL GRUPPO CREMONIANO, Ecc. 871 


può sempre trasformarsi, mediante un numero finito di trasforma- 
zioni di Jonquières, in uno dei seguenti sistemi lineari : 

a) sistema di rette, 

8) sistema di coniche, 

Y) sistema di curve di ordine n22 dotato di un punto base 
multiplo secondo n—1, ed eventualmente di altri punti base sem- 
plici (*). 

Sarebbe facile esaminare in quali casi gli ordini dei no- 
minati sistemi possano ulteriormente abbassarsi, mediante tras- 
formazioni birazionali del piano. Ma io non intendo fermarmi 
su questa ricerca che condurrebbe a ritrovare, per altra via, i 
tipi irriducibili di sistemi lineari di curve razionali (d’ordine 
minimo), già enumerati ad es. dal Sig. Gucora (**). 

Piuttosto, per rientrare nell’argomento che mi son proposto, 
supporrò che il sistema di partenza abbia la dimensione 2, sia 
dunque una rete omaloidica, la quale, posta in corrispondenza 
con un piano rigato, definisca una trasformazione cremoniana 
generale 7' tra l’ultimo piano e il piano del sistema. Applicando 
al detto sistema un numero finito di trasformazioni di Jon- 
quières /,,/s ..., si potrà mutare quel sistema in uno dei tipi 
sopra enumerati, e precisamente (tenuto conto della dimen- 
sione 2): 

o') nel sistema delle c0 ? rette di un piano; oppure 

B') in una rete di curve di un certo ordine v=2, dotate 
di un punto base (v—1)-plo e di 2v—2 punti base semplici. 
Siccome però il sistema 8’), mediante una ulteriore trasforma- 
zione di Jonquières J,, d'ordine v, si muta in un piano rigato, 
possiamo in ogni caso affermare che un prodotto di trasforma- 
zioni del tipo T.J,Js...J muta un piano rigato in un piano ri- 
gato, è una collineazione; in simboli 


Peludts BE del 


(*) Che un sistema lineare (almeno co?) di curve razionali possa ridursi 
ad uno dei tre tipi sopra enunciati mediante una trasformazione Cremoniana, 
fu già dimostrato anni or sono dal sig. Prcarp (“ Bulletin de la Société 
Philomatique ,, 1878: “ Journal fiir die r. u. a. Mathematik ,, t. 100, p. 71) 
per una via rapida ed elegante, che sfugge all’obbiezione da te mossa al 
procedimento di Nòrazer. Per me tuttavia era essenziale mostrare che la 
detta riduzione può sempre eseguirsi mediante trasformazioni di Jonquières. 

(#*) “ Rendiec. del Circolo matematico di Palermo ,, t. I (1886), p. 152. 


872 GUIDO CASTELNUOVO 


indicando con 1 una collineazione, che in questa teoria equivale 
all'identità. Si ricava subito 


TIT 0. I, 


donde il teorema: 

Ogni trasformazione cremoniana tra due piani può scindersi 
nel prodotto di un numero finito di trasformazioni di Jonquières. 

Ed ormai per giungere al risultato che mi son prefisso, 
rimane solo da mostrare che (come tu pure accenni nella tua 
Nota) ogni trasformazione di Jonquières tra due piani può scindersi 
nel prodotto di un numero finito di trasformazioni quadratiche (*). 

Qui preferisco seguire la via analitica, che conduce in modo 
assai semplice al risultato. Ricordo che una trasformazione di 


(*) [Nota di C. Seere]. Mi permetto di spiegare brevemente in qual 
modo io vedevo questo fatto. Basterà considerare una rete di Jonquières 
con tutti i punti base infinitamente vicini; ed io prenderò, più in generale, 
un sistema lineare X d'ordine x con un punto (n — 1)-plo, al quale siano 
infinitamente vicini / punti semplici: e dimostrerò che, se 7>x —1 (come 
accade appunto per le reti di Jonquières), si potrà abbassarne l’ordine con 
una conveniente successione di trasformazioni quadratiche. Dopo ciò, il let- 
tore potrà verificare subito quanto il sig. CasreLNuovo ha accennato nella 
pag. precedente intorno ai sistemi di curve razionali d'ordine minimo. 

Si faccia da prima una trasf. quadr. con un punto fondamentale nel 
punto (x — 1)-plo di X, senz’altro. Verrà un sistema Z' d’ordine n+-1, con 
un punto w-plo ordinario e con /+2 punti base semplici, distinti od infi- 
nitamente vicini. Poi si faccia, se occorre, una serie di trasfi quadr.® di X" 
in altri successivi sistemi d’ ordine n +1, con un punto n-plo ordinario e 
con Z-+ 2 punti base semplici, ponendo sempre un punto fondamentale nel 
punto n-plo ed un altro in un punto‘base semplice che sia infinitamente 
vicino a qualche altro punto base semplice. L’effetto di ogni tale trasf. sarà, 
come subito si vede, di aumentare ogni volta di 1 unità il numexo dei 
punti base semplici distinti; sicchè si potrebbe giungere fino ad averli tutti 
2-2 distinti. È dunque certamente possibile (poichè, per ipotesi, 1+ 2 è 
maggiore dell'ordine n + 1) con una conveniente successione di trasf.' otte- 
nere un sistema d'ordine n -+ 1, con punto »-plo ordinario, e con 2 punti 
base semplici tali che esternamente (a distanza finita) alla retta congiun- 
gente di questi esista qualche altro punto base semplice. Allora un'ulteriore 
trasf. quadr. avente come punti fondamentali il punto x-plo e i 2 punti 
base semplici prima nominati darà un sistema, che sarà solo più d’ordine #, 
e avrà un punto (n — 1)-plo e / punti base semplici, fra i quali uno almeno 
sarà distinto dal punto (n — 1)-plo. Un tal sistema si riduce subito, con 
un'ultima trasf. quadr., ad un ordine minore di »! 


LE TRASFORMAZIONI GENERATRICI DEL GRUPPO CREMONIANO, Ecc. 873 
Jonquières tra due piani xy,x'y" può sempre rappresentarsi me- 
diante le relazioni 


(24: VIE r__ +8 
(9) [ LEZ%, I cani dii 


dove a,8,y,ò sono quattro funzioni algebriche razionali di x, tali 
che la espressione ad —By non sia identicamente nulla; per 
ottenere una siffatta rappresentazione basta infatti supporre 
che i punti degli assi y ed y', per i quali è rispettivamente 
y==*+0%0,y'"==*0, cadano nei punti fondamentali di molteplicità 
più elevata per la detta trasformazione. Ora la trasformazione 
generale di Jonquières (9) può sempre (come facilmente risulta) 
riguardarsi generata dal prodotto di un numero finito di tras- 
formazioni particolari di Jonquières del tipo 


(10) a'=%, y=yE(a), 
(11) a'=x, y=y+E(), 
(12) VASI greta 


Y 


dove R(x) designa una funzione razionale di x. E poichè la (12) 
è già una trasformazione quadratica, basta esaminare le (10) e (11). 

Cominciamo dalla (10). Scritta la funzione £(x) sotto forma 
di quoziente di due funzioni razionali intere, e spezzate queste 
nei rispettivi fattori lineari, la (10) può riscriversi così: 


, CS) 
te) FRA AI iO vi 

dove la C, le a e le f sono costanti; qui si noti, che dei due 
interi m, n, uno potrebbe anche esser nullo, nel qual caso, al 
posto dei fattori che compariscono nel numeratore o denomi- 
natore, si dovrebbe immaginar scritta l’unità. L'ordine v della 
trasformazione (10’') è uguale al maggiore dei due numeri m +1, 
n+1. Ora la trasformazione (10') è il prodotto delle due se- 
guenti, di cui la prima è quadratica, e la seconda appartiene 
al tipo primitivo, ma ha l'ordine v—1: 

XL — Um 

x—- Bn 


XT3TX, Yi1=Y 


(e — 1) (x — 09)... (r — 0m-1) 


(By) @— Ba) Be) | 


x =; y=Cj 


874 GUIDO CASTELNUOVO — LE TRASFORMAZIONI GENERATRICI, ECC. 


nelle quali, al posto dei fattori scritti al numeratore o denomi- 
natore, si dovrebbe sostituire l’unità se fosse m oppure n=0. 
Alla seconda trasformazione si può applicare uno spezza- 
mento analogo; e così continuando, si arriva in fine a generare 
la trasformazione (10’), che ha l’ordine v, mediante il prodotto 
di v—1 trasformazioni quadratiche. 
Passiamo ora alla (11). Indicando con E,(x) la funzione 


5 1 È : 
razionale TISE la (11) può sceriversi 


ah). gi = Bali (et H514k 


e si presenta allora come il prodotto delle tre trasformazioni 
seguenti: 


X=Z=T%, y=yE,(£); 


Lg =%1,; Ya=yit li 
Edy 1 LI): 


Ora, di queste, la seconda è lineare, mentre la prima e la terza 
sono del tipo (10), e possono quindi scindersi, come sappiamo, 
nel prodotto di trasformazioni quadratiche. 

Dunque in fine: ogni trasformazione di Jonquières, e in con- 
sequenza ogni trasformazione cremoniana tra due piani, può ri- 
guardarsi come prodotto di un numero finito di trasformazioni 
quadratiche. 


Roma, 5 maggio 1901. 


CESARE AIMONETTI — DETERMINAZIONE DELLA GRAVITÀ, ECC. 875 


Determinazione della Gravità relativa 
a Genova, Savona, Albenga e San Remo. 
Nota del Dott. CESARE AIMONETTI. 


Parendomi conveniente per lo studio della forma del geoide 
terrestre l’ estendere e moltiplicare per quanto è possibile, le 
determinazioni di gravità terrestre, e non constandomi che siano 
state fatte finora tali osservazioni sulla riviera ligure, ho ese- 
guito nell’estate dell’anno 1900 la misura della gravità relativa 
a Genova, Savona, Albenga e San Remo. 

Nel rendere noti i risultati ottenuti nelle osservazioni fatte, 
sento il dovere di ringraziare sentitamente l’egregio signor 
Cav. Leonardi Cattolica, direttore dell’Istituto Idrografico della 
R. Marina, il signor Direttore in 2?, ed il Prof. Omodei, i quali 
mi aiutarono, ed agevolarono in tutti i modi possibili l'esecuzione 
della stazione di Genova, nonchè tutte le gentili persone che 
nelle altre stazioni mi concessero l’uso dei locali per le deter- 
minazioni, e mi fornirono i dati per le riduzioni delle osser- 
vazioni. 

Queste furono eseguite coll’apparato pendolare di Sterneck, 
posseduto dal Gabinetto di Geodesia di questa Università, e già 
adoperato per altre determinazioni di gravità (1). Esso è for- 
nito di due sostegni pendolari: uno da sovrapporsi ad un pi- 
lastro, l’altro a mensola da fissarsi al muro: per comodità, e 


(1) Per la descrizione ed uso dell'apparecchio, nonchè per il metodo 
tenuto nelle osservazioni, e le formole per il calcolo delle medesime, 
vedi Determinazione relativa della gravità terrestre a Torino, “ Atti della 
R. Accad. delle Scienze di Torino ,, vol. XXXII. — Determinazione della 
gravità relativa nel Piemonte, id., vol. XXXIV. — G. Lorenzoni, Determina- 
zione relativa della gravità terrestre a Padova, Milano, Roma, “ Atti del 
R. Istituto Veneto ,, t. V, serie VII. — Der neue Pendelapparat des k. k. 
militir-geographischen Institutes v. M. Ros. von Srernecg (“ Mittheilungen ,, 
VII Band, 1887, ecc.) 


876 CESARE AIMONETTI 


maggior facilità di trasporto, mi sono servito esclusivamente 
del sostegno a mensola. 

A Genova le osservazioni furono fatte in una sala appar- 
tenente all’Istituto Idrografico della R. Marina, nella quale sono 
installati i sismografi, e destinata ad osservazioni di gravità. 
Nelle altre stazioni, i luoghi scelti per collocarvi gli strumenti 
furono: a Savona, un locale dipendente dal Municipio, destinato 
a sala per le operazioni di leva, annesso all’edificio dell’Ospe- 
dale Maggiore; ad Albenga, una sala costrutta fuori del centro 
abitato, che serve per ricreatorio festivo; a San Remo, una 
scuola al piano terreno nel palazzo in cui sono riunite le scuole 
comunali. In tutti questi luoghi mi trovai in buonissime con- 
dizioni, tanto riguardo alla stabilità e tranquillità dei locali, 
quanto riguardo alla costanza della temperatura (1). 

La. posizione geografica delle stazioni di Savona, Albenga 
e San Remo fu ricavata dalla carta d’Italia alla scala di 1:25000; 
quella di Genova mi fu comunicata, insieme alla quota della 
sala d’osservazione, dal Direttore dell'Istituto Idrografico. Le 
quote sul livello del mare del luogo d’osservazione, mi furono 
date a Savona e Albenga, dall’Ufficio Tecnico Municipale, a San 
Remo dall’egregio Direttore dell’Osservatorio Meteorologico, che 
la determinò colla livellazione topografica. 

I dati relativi alle singole stazioni sono i seguenti: 


Altezza sul livello 


Latitudine Longitudine (2) del misi 
Genova SSA SIL S51* 8° n! 86 
Savona 44° 18' 18” SIINO n 8,00 
Albenga 440! DI 48" LI Rei 9° 16:00 


San Remo 43°49' 6" 4040" 49" n 29,10 


Il cronometro adoperato è il cronometro Frodsham N° 3576 
a tempo siderale. Il suo andamento fu determinato a Torino 
ed a Genova mediante confronti presi coi pendoli normali dei 


(1) Prima di eseguire le stazioni di Genova, Savona; Albenga e San Remo, 
si determinò di nuovo la durata di oscillazione dei quattro pendoli a Torino, 
nel locale sotterraneo del Palazzo Madama, destinato ad osservazioni di 
gravità. 

(2) Ovest da Roma (M. Mario). { 


DETERMINAZIONE DELLA GRAVITÀ RELATIVA, ECC. 877 


rispettivi osservatori: nelle altre stazioni osservando il passaggio 
di stelle orarie nel verticale della polare (1). Per queste osser- 
vazioni mi valsi di un teodolite Troughton e Simms a micro- 
scopi micrometrici coll’approssimazione di 1”, avente un can- 
nocchiale coll’obbiettivo di mm. 47 di apertura e cm. 35 di 
distanza focale, e con un reticolo munito di 5 fili verticali ed 
uno orizzontale. Esso veniva montato su di un robusto e stabile 
treppiede di legno annesso all’istrumento stesso. In ogni sta- 
zione si è osservato, nella sera precedente e seguente le osser- 
vazioni pendolari, il passaggio ai cinque fili del reticolo di 
quattro stelle orarie: due col cerchio verticale ad est e due ad 
ovest. Da essi si dedussero gli stati cronometrici e quindi gli 
andamenti orarî registrati nel quadro seguente: 


STAZIONI DATA Tempo CRON. STATO CRON. VAR 
Torino 19e20 Giugno — — + 05,4878 
Genova 80 Luglio — — + 08,4533 

= pia se ce 4 05,4787 
Savona 5 Agosto 173,67 1 |(— 1223581 y 

; FS 17267 | 1mjgsg7| + 094142 
Albenga 7 x 172,75 |— 2058,02 L 

cani 17067 |-— 1m54s75| 1 054279 
San Remo | 9 x 17%;67 == 3181508 È 

; iti 17067 | 8n9005g| 104396 


Le altezze barometriche furono lette sul barometro aneroide 
Bardelli, appartenente al Gabinetto di Geometria pratica della 
R. Scuola d’Applicazione per gli Ingegneri; di esso si deter- 
minò la correzione prima e dopo le osservazioni, confrontandolo 
col barometro normale del R. Osservatorio Astronomico di 
Torino. 

I risultati delle osservazioni trovansi riuniti nella seguente 
tavola: i 


(1) Cfr. Formeln und Hulfstafeln fiir  Geographische Ortsbestimmungen 
v. Dr. Th. ALerecar. Leipzig, 1894, pag. 26. 


878 CESARE AIMONETTI 


Durate d’oscillazione in tempo siderale dei quattro pendoli, 
ridotte a 0°, al vuoto, ed all’ampiezza infinitesima: 


PENDOLI 
STAZIONI 


N. 41 N. 42 N. 45 N. 46 


Torino (1) . | 05,5080314 | 05,5076980 | 05,5080452 | 05,5083422 


339 986 432 431 

311 949 437 421 

Medie odi 972 440 425 
Genova . .| 0,5080236| 0,5076873 | 0,5080328 | 0,5083341 
250 899 362 do 

239 908 375 376 

Medie 242 893 955 350 
Savona . .| 0,5080148] 0,5076778 | 0,5080224| 0,5083213 
140 776 260 245 

Medie LAI CILE 242 229 
Albenga . . | 0,5080161 | 0,5076770 | 0,5080255 | 0,5083266 
154 766 235 242 

Medie 157 768 245 254 

San. Remo . | 0,5080236 | 0,5076849 | 0,5080326 | 0,5083320 
915 846 915 309 

Medie Li 847 320 314 


Assumendo come stazione di riferimento Torino, per cui 
si ha 
gi = 92,80570 


(1) Avendo riscontrato che a causa del rallentamento di una vite che 
fissa lo specchietto al pendolo 42, questo si spostava, ho fatto ripassare 
dal sig. Collo, meccanico dell’Osservatorio astronomico di Torino, i quattro 
pendoli. A questo credo siano dovute le differenze tra le durate d’ oscilla- 
zione trovate ora e quelle trovate nel 1898. 


DETERMINAZIONE DELLA GRAVITÀ RELATIVA, ECC. 879 


si hanno, per i differenti pendoli e nelle diverse stazioni i se- 
guenti valori di 9g. — g; e le relative medie: 


VALORI DI 9t — gi 


STAZIONI 
Pend. N. 41 |Pend. N. 42 | Pend. N. 45 | Pend. N. 46 Medie 
I 
Genova. . |+0%,000305|/0®,000305|0®,000328/0%,000289|+0,00031 
Savona. . |+ 695 753 764 756 74 
Albenga .|+ 633 788 753 660 71 
San Remo |+ 371 483 463 428 44 


Da questi valori si dedussero, per le diverse stazioni, quelli 
di g, registrati nella seguente tabella, la quale inoltre contiene 
le correzioni per la riduzione al livello del mare e per l’attra- 
zione delle masse sottostanti (1), la gravità osservata, ridotta 
al livello del mare, la gravità teorica ed in ultimo l'anomalia 
di gravità. 


(cò) dè (osi 
è E sE p DRS z È È osa 
1 RR nadal 
STAZIONI E 3 Den È © 3 ac ai BEL 
POD rn sol De 3 2 

deo. atua 5 
Genova . .|9®,80539| +26| —9 |9%,80556| 9%,80544| + 12 
Savona . . 496 di lar 498 538) — 35 
Albenga . . 499 2 501 510 — 9 
San Remo . 526 7} —2 d81 489) +42 


Dalle anomalie di gravità ottenute nelle quattro stazioni 
eseguite, si può conchiudere che lungo il litorale da Genova a 
San Remo, vi è un eccesso di massa a Genova, indi un difetto 
di massa che sembra essere massimo nelle vicinanze di Savona, 


e in ultimo un eccesso maggiore che non a Genova, a San Remo. 


(1) Per questa correzione si è ritenuta la densità del sottosuolo eguale 
a 2,5 e la densità media terrestre 5,6. 


880 CESARE AIMONETTI — DETERMINAZIONE DELLA GRAVITÀ, ECC. 


Per il calcolo della gravità teorica G,, ho adoperato la 
formola data dal prof. Helmert: 


Go = 93,780 (1 + 0,005310 sen?@) 


colla quale già aveva calcolato i valori di G; e le anomalie 
della gravità nelle altre stazioni da me eseguite nel Piemonte. 
In un recente lavoro (1) lo stesso prof. Helmert, tenendo conto 
di molte osservazioni di gravità relativa fatte in questi ultimi 
anni, propone la seguente formola: 


Go = 92,78046 (1 + 0,005302 sen2@ — 0,000007 sen?29) 


osservando che ai valori da questa ricavati occorre ancora una 
correzione media di — 0°,015. 

Calcolando in questo modo i valori di G, si avrebbero le 
seguenti anomalie di gravità: 


per Genova . Go = 9"%,80564, Go—-Go= —8 
pg) Savona; oil REY B0569 n = — 55 
» \Albonga: i «==> 9%,380030 n = — 29 
»-. San Remo , '=-9%,80509 ; = + 22 


Torino, maggio 1901. 


(1) Cfr. Der normale Theil der Schwerkraft im Meeresniveau von F. R. 
Hetmrrr (“ Sitzungsberichte der Kéòn. Preuss. Akad. der Wissenschaften zu 
Berlin ,, 1901, XIV). 


881 


Relazione sulla memoria presentata dal Prof. Epoarpo 
Marie: Intorno all'unità anatomica e morfologica del 
fiore delle Crociflore. 


La memoria presentata dal Prof. EpoArDpo MARTEL per la 
inserzione nei volumi accademici, intorno alla quale ci fu dato 
incarico di riferire, è il risultato di lunghe, minuziose e co- 
scienziose ricerche, durate più anni, nel Laboratorio del R. Isti- 
tuto botanico dell’Università di Torino. 

Il Prof. Martel ha rivolta tutta la sua attività alla soluzione 
di un problema assai interessante, quale è quello della inter- 
pretazione anatomica degli elementi che compongono il fiore 
delle piante appartenenti alla serie delle Cruciflore. 

Lo scopo principale del suo lavoro è quello di dimostrare 
che, anatomicamente e morfologicamente, il fiore di queste piante 
appartiene al tipo dimero, fornito sempre di un numero uguale 
di verticilli; e che le Cruciflore, anzichè costituire quattro gruppi 
separati, formano invece una serie continua i cui termini estremi 
sono rappresentati dall’Hypecoum da una parte e dalla Cleome 
spinosa dall’ altra. A questo risultato il Prof. Martel giunge 
senza ricorrere alle solite ipotesi di atrofie, di aborti o molti-, 
plicazioni di parti. 

Non potendosi seguire l’ Autore nell’esame dei particolari della 
sua memoria, ci limiteremo a riassumere le variazioni che, se- 
condo il Prof. Martel, subiscono i fillomi di uno stesso verticillo 
nel passare da un gruppo all’altro delle Cruciflore. 


1° e 2° Verticillo. — I fillomi nei quattro sottogruppi su- 
biscono variazioni puramente superficiali. 


3° Verticillo. — Nell’Hypecoum e nelle Fumariacee i fillomi 
offrono delle differenze di poca entità e nei due gruppi si in- 


882 


ceurvano verso l’ovario. Nelle Crucifere e nella Cleome i fillomi 
si fanno profondamente trisecti; e mentre il segmento medio, 
ridotto ad un fascio solo, si spinge contro alle pareti dell’ovario, 
i due altri segmenti si adattano a diventare petali. 


4° Verticillo. — Nell’Hypecoum i fillomi sono rappresentati 
da due stami. Nelle Fumariacee lo sono da due falangi stami- 
nifere, le quali nei varii generi vanno dividendosi in parti sempre 
più distinte. Nelle Crucifere e nelle Cleomacee lo sono pure da 
due stami. 


5° Verticillo. — Nell’Hypecoum i fillomi sono rappresentati 
da due stami. Nelle Fumariacee da due carpelli ridotti, ristretti 
fra i fillomi del verticillo seguente. Nelle Crucifere da due car- 
pelli di cui la costola mediana è respinta all’interno della ca- 
vità ovarica e contribuisce alla formazione del replum. 


6° Verticillo. — Nei quattro sottogruppi i fillomi non of- 
frono differenze sensibili. 


Noi, che abbiamo in gran parte seguito il diligente lavoro 
del Prof. Martel e che abbiamo ammirato la tenace costanza 


dell'Autore, crediamo di proporre all'Accademia la pubblicazione ‘ 


del lavoro del Prof. Martel come degno di tale onore, non senza 
osservare all'Autore che egli si è quasi esclusivamente attenuto 
ad un metodo solo di indagini nelle sue interessanti ricerche. 

Seguendo i dettami della Scuola francese del Van Tieghem, 
la quale accorda alla presenza dei fasci vascolari una impor- 
tanza che può esser giudicata soverchia, l'Autore non si è ugual- 
mente preoccupato di fare esso stesso lo studio organogenetico 
degli organi fiorali delle Cruciflore, dal quale studio certamente 
avrebbe ottenuto il giusto controllo dei suoi risultati. Vero è 
che l’Autore riferisce le ricerche di organogenia fatte da altri 
ricercatori e che si attenne specialmente a quelle fatte dal 
Payer. Per queste ragioni, mentre approviamo il lavoro del 
Prof. Martel ci permettiamo di raccomandargli, che egli, oramai 
specializzatosi per lunga pratica in questo ramo di studii, voglia 
estendere le sue ricerche anche nel campo della organogenia 
delle Cruciflore, dandoci così una esauriente descrizione del va- 
lore anatomico e morfologico degli organi fiorali di queste piante 


883 


La presente memoria del Prof. Martel, più che un lavoro 
nuovo, è da considerarsi quale complemento di altri lavori già 
approvati e pubblicati nei volumi delle memorie accademiche. 


C. F. PARONA. 
O. MartIROLO, Relatore. 


L’ Accademico Segretario 
Enrico D’Ovipro. 


884 


CLASSE 


DI 


SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE 


Adunanza del 19 Maggio 1901. 


PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. ALFONSO COSSA 
PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA 


Sono presenti i Soci: PeyRon, Vice Presidente dell’Acca- 
demia, Rossi, BoLLATI DI SAINT-PIERRE, CARLE, CipoLLa, BRUSA, 
Pizzi, SAvio e RenIER Segretario. — Il Socio FerRERO, Diret- 
tore della Classe, scusa la propria assenza. 

È approvato l'atto verbale dell’ adunanza antecedente, 
5 maggio 1901. 

Il Presidente legge la lettera con cui il Socio straniero 
Lord KeLWIN accetta l’incarico di rappresentare l'Accademia 
alla celebrazione del nono centenario di fondazione dell’Uni- 
versità di Glasgow. 

Per l'inserzione nei volumi delle Memorie accademiche il 
Socio RENIER presenta una monografia del prof. Giuseppe Borriro: 
Sul trattato “ De aqua et terra ,, attribuito a Dante. Il Presidente 
designa a riferirne il Socio CrpoLLaA insieme col Socio proponente. 

L’Accademico Segretario 
RopoLro RENIER. 


Torino — Vincenzo Bona, Tipografo di S. M. e Reali Principi. 


N. Ti AcadeEky 


ULADSSE 


SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI 


Adunanza del 26 Maggio 1901. 


PRESIDENZA DEL SOCIO PROF, ALFONSO COSSA. 
PRESIDENTE DELL ACCADEMIA 


Sono presenti i Soci: SAaLvapori, Direttore della Classe, 
NaccarI, Mosso, SPEZIA, CAmERANO, SEGRE, PEANO, JADANZA, Foà, 
GuarescHI, Guipi, FiLerti, MarTTIROLO e D’Ovipro Segretario. 

Il Segretario legge l’atto verbale dell'adunanza precedente, 
il quale viene approvato. 

Il Presidente si rallegra col Socio SALvaDoRrI della sua ele- 
zione a Direttore della Classe, e lo invita a prendere posto alla 
Presidenza. SaLvapori ringrazia il Presidente e i colleghi della 
dimostrazione datagli. 

Il Presidente comunica una lettera del Socio straniero 
Lord KeLvin, il quale accetta ringraziando l’incarico di rappre- 
sentare l'Accademia alle feste che si celebreranno nella ricor- 
renza del nono centenario della fondazione dell’Università di 
Glasgow. 

Indi comunica il programma del concorso indetto dalla 
Società d’incoraggiamento per l agricoltura e l'industria in 
Padova. 

Il Socio GuarEscHI, anche a nome del Socio Mosso, dà let- 
tura della relazione sulla Memoria del Prof. Luigi SABBATANI: 
Funzione biologica del calcio. Azione antagonistica fra citrato tri- 
sodico e calcio. 

Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 59 


886 


Si approva la relazione; indi a voti unanimi la Memoria 
è accolta nei volumi accademici. 
Si ammettono per l’inserzione negli Atti le seguenti Note: 
Sul calcolo della convergenza dei meridiani, del Socio 
JADANZA; 
Sopra una forma cubica con nove rette doppie dello spazio 
a cinque dimensioni e i corrispondenti complessi cubici di rette 
nello spazio ordinario, del dott. Umberto PERAZZO, presentata 
dal Socio SEGRE; 
I numeri razionali in Geometria, del dott. S. KANTOR, 
presentata dal Socio SEGRE. 


NICODEMO JADANZA — SUL CALCOLO DELLA CONVERGENZA, ECC. 887 


LETTURE 


Sul calcolo della convergenza dei meridiani. 
Nota del Socio NICODEMO JADANZA. 


I 


Nella Guida al calcolo delle coordinate geodetiche pubblicata 
nel 1891 abbiamo enunciato il teorema seguente (*): 

L’eccesso sferoidico di un triangolo formato da due geode- 
tiche che partono da un punto B e da un meridiano che le taglia 
nei punti A e C è uguale alla differenza delle convergenze dei 
meridiani tra i punti C e B ed A e B. 

Esso si dimostra facilmente nel P 
modo seguente: Sia ACB il trian- 
golo formato dalle geodetiche BC, 
BA che partono dal punto 5 e dal- 
l’arco di meridiano AC; sieno 2, e 2’, 
gli azimut della geodetica CB nei 
punti C e B di essa, come pure 
Za ® 2', sieno gli azimut della geo- 
detica AB nei punti A e B; sarà 
evidentemente 


a, —2,=B 


dove B è l’angolo del triangolo sferoidico ABC il quale è dato da 
B=z,—z+ 86, 


essendo 3e l’eccesso sferoidico di esso. 
Eguagliando i due valori di B si ottiene: 


2% = 2a — Ra + 89€. (1) 


(*) Cfr. N. Japanza, Guida al calcolo delle coordinate geodetiche. Torino, 
1891, pag. 31 (E. Loescher, editore). 


888 NICODEMO JADANZA 


E poichè 2'.— 2, è la convergenza dei meridiani tra i punti 
C e Be z',—2, è la convergenza dei meridiani tra A e B, ne 
segue la verità del teorema enunciato. 

Il teorema precedente permette di calcolare più facilmente 
la convergenza tra i meridiani, quando si vogliono calcolare le 
coordinate geografiche dei vertici di una triangolazione geode- 
tica, adoperando il metodo da noi ivi indicato e che si riassume 
in poche parole così. 


II. 


Si debba calcolare la latitudine g' del punto 5, la diffe- 

sp renza di longitudine A6@ tra 
A e B e l’azimut reciproco 
della geodetica 4B in B co- 
noscendo le coordinate geode- 
tiche polari s e 2 del punto B 
rispetto ad A, cioè la geode- . 
tica AB=s e l’azimut a di 
essa nel punto A la cui lati- 
tudine nota sia @. 

Colle date coordinate geo- 
detiche polari s e 2, si calco- 
leranno le coordinate geode- 
tiche rettangolari Y ed X che sono l’una l’arco di meridiano 
di A compreso tra il punto A ed il piede C della geodetica BC 
condotta per B perpendicolarmente al meridiano di A, l’ altra 
l’arco BC di essa geodetica. Codeste coordinate rettangolari si 
calcoleranno colle formole 


X= ssen(è — e) ) 
Y = scos(e — 2e) | 
essendo (2) 
__ s*senzc08a. 4 
SE = pren 0) 
(*) La quantità Tor sì riferisce al punto A di latitudine @. Nel 


caso in cui si volesse maggiore esattezza bisognerebbe ricorrere a formole 


più esatte è. già note. Per s eguale a circa 120 chilom., il valore di BoNsénl 


si prenda alla latitudine media delle latitudini di A, B, C. 


SUL CALCOLO DELLA CONVERGENZA DEI MERIDIANI 889 


Dopo calcolate le coordinate rettangolari Y ed _X si calco- 
lerà prima la latitudine 9, del punto C mediante la formola: 


log (po — @)=log -— a + KW LY2? (3) 
e poi la latitudine g' di B e la differenza di longitudine A60 
mediante le altre formole: 


' x° 
log(Qo— ® )="10g ariisont” 1807 EX° Î n 


Ì 


log 40 = log * Z — GX? 
0 


senl"cos Py 


1 
Le quantità K, L, E, G, pi - Lr ? Nsenl”’ 2p Nsenl” 


da apposite tavole numeriche. L'indice o affisso ad alcuna di 
dette quantità significa che esse debbono essere prese dalle ta- 
vole alla latitudine @®y. 


sono date 


DE 


La convergenza dei meridiani m tra il punto A ed il punto B 
si dedurrà dal teorema innanzi enunciato, cioè dalla relazione: 


MM; 


essendo m, la convergenza dei meridiani tra C e B e 3e l’ec- 
cesso sferoidico del triangolo ACB già calcolato. 

Per ottenere m, si ricorrerà alla serie di Legendre (*) che 
dà la differenza tra gli azimut di una geodetica agli estremi 
di un arco s di essa, quando è mute la latitudine di un estremo 
e l’azimut in esso. 

Ponendo in quella serie 2 = 90°, si ottiene, ricordando che 
la latitudine di C è ©, e che l’arco CB= X: 


X x? 
Ai s- DE al fu NE POSATE ERI ! 2 PA 
Bar 0 = ir tg Po(1-+-2tg°9o) 
e 73 


EA N° 
Po enzo <A ° a 2 4 | 
TIE GNiseni” SEN Po 008Pa L TIPI, tepo(1+-20tg?po+24t8490) 


(*) Cfr. N. Japanza, loc. cit., pag. 26. 


890 NICODEMO JADANZA — SUL CALCOLO DELLA CONVERGENZA, ECC. 


ossia, trascurando l’ultimo termine del 5° ordine 


pete sE 2 x° 2 
Ma] NM De E Po] Ln «ua 2 (i +2tg°®o) — 1— e" 6N% 05, DE 
E poichè è 
Xx pae" te°®, 9 
Msenl”cospo De 1 ta 8N% # | 
sarà 
SI X- d=Xo--,s 
mo= A@sengo | 1 NT 1_-#6N% 8 o | 
ovvero 
<dati 
mo = A0sen [1 — + 
0 Po 6poN, 
e quindi 
n: i MM vr LO 
logmo= logAAsen®y 3 senl”.10 ‘ TpoNiseni” 
Per il calcolo numerico si avrà 
xe 
logno = log A08senp — [0,84624] ZpaN, seni” | (5) 


(La correzione da fare al logaritmo di AA seng, è espressa 
in unità della 7* cifra decimale. Il numero scritto in parentesi 


è il logaritmo di ca sen1”.107). 


La formola (5) è molto più semplice che quella data dal 
teorema di Dalby, ed anche più esatta (*). 
Sostituendo ad X il suo valore dato da 


X= A08N;senl'cospy 
la (5) diventa 


logmo = log A0senp, — [0,84624] A02cos?9y . = MB (I. 


< Nsenl” 
2 


0 


che ha la stessa approssimazione. La quantità è anch'essa 


data da apposita tavola. 


È be; i 
(*#) Il termine trascurato 120750017 tem, (1+20t229n+ 24t8* ©), ri- 


manendo costante X cresce oltre ogni limite col crescere di tgp. Per 
Po= 49° ed X=200 chilometri esso diventa 0”,00156; mentre per po= 47° 
ed X= 150 chilometri è = 0”,00087. 


UMBERTO PERAZZO — SOPRA UNA FORMA CUBICA, ECC. 891 


Sopra una forma cubica con 9 rette doppie dello spazio a 
cinque dimensioni, e i corrispondenti complessi cubici 
di rette nello spazio ordinario. 


Nota di UMBERTO PERAZZO. 


In uno spazio a cinque dimensioni i piani che si appog- 
giano a tre rette date a,,d,, c, non giacenti in uno stesso iper- 
piano e ad un piano n, dato in modo generico (*), costituiscono 
un sistema 00? [che indicheremo con (L;)]. Studieremo ($$ 1-3) 
le proprietà principali della forma F determinata da tale si- 
stema (**), applicandole in seguito ($$ 4-6) a particolari com- 
plessi cubici di rette nell’S3: complessi che otterremo come 
rappresentanti, nel senso noto, le Mz secate sopra una forma 
quadratica È dell’S; da forme #7, considerate in differenti posi- 
zioni rispetto alla R. 


$ 1. — Di alcune proprietà del sistema (L,;) 
e di una configurazione ad esso relativa. 


1. — Per ogni punto P di ciascuna delle tre rette, p. es. 
della a,, passano co! piani del sistema (L;): Si proietti dal 
punto P l’S; delle rette b,, c,: l’iperpiano proiettante secherà il 
piano mt secondo una retta r. Gli oo! piani del sistema (L,) pel 
punto P giacciono in tale iperpiano: secano quindi t nei punti 
della retta r. 

Per ogni punto E di questa passa un solo piano di (Li), 
che si ottiene come intersezione dei due 3, che dalla retta PR 
proiettano rispettivamente bd; e c,. 


(*) Intendiamo che il piano t si appoggi ai tre 3 congiungenti due a 
due le @;, di, ci in tre punti, distinti. 

(**) Molte di esse possono intendersi quali estensioni delle analoghe, 
relative alla “ varietà cubica con 10 punti doppi dello spazio a 4 dimensioni , 
(C. Seere, “ Atti della R. Accad. delle Scienze di Torino ,, vol. 22, 1887). 


892 UMBERTO PERAZZO 


Variando È, variano, nell’iperpiano congiungente P all’ S3b;c,, 
i due S3 proiettanti: uno descrivendo il fascio avente per so- 
stegno il piano P%,, l’altro il fascio di sostegno il piano Pe. I 
due fasci sono prospettivi rispetto al fascio di raggi di centro P, 
giacente nel piano Pr. Se ne deduce: “ Gl co! piani del si- 
stema (L,) uscenti dal punto P, costituiscono un cono del 2° or- 
dine (Mî) ,. Detto cono seca 1°S; 8,c, secondo una quadrica, di 
cui d, e c, sono direttrici, o, in altre parole: “ i piani di (Li) 
uscenti da un punto arbitrario P_della a,, punteggiano proietti- 
vamente bj e cy ,. 

2. — Ci conviene pel momento considerare la quadrica 
sovrannominata come la quadrica delle rette appoggiate alle 
tre rette (direttrici) mutuamente sghembe: 4, c;, s, con s indi- 
cando la retta ove il piano Pr seca l’S3 b,c,, cioè la retta comune 
a questo S, e all’altro Pr. Variando sulla @, il punto P, la 
direttrice s descriverà un fascio nel piano ove 1°S, bc, è inter- 
secato dall’S, congiungente il piano t colla 4: fascio di centro 
il punto comune a t ed all’S, d,c,. Variando la direttrice s in 
un fascio, la quadrica descriverà un fascio (*) la cui quartica 
base si spezza nelle d,, c, ed in due rette (generatrici comuni a 
tutte le quadriche del fascio), cioè: la retta a, passante pel 
punto comune a t ed all’S, d;c,, ed appoggiata alle d,, c,; e la 
retta a; congiungente i punti ove le d;,c;} stesse son tagliate 
dall’iperpiano qa;. i 

8. — Si possono ripetere le stesse considerazioni scam- 
biando la retta a, prima colla d, e poscia colla c;,. Si avranno 
a considerare altre due coppie di rette: a) le rette ds, c. pas- 
santi rispettivamente pei punti ove m interseca gli 3 @,c,, a,b; 
ed appoggiate alle coppie di rette @,,c, ed 4,1,d,; 8) le rette 83, cs 
congiungenti le due coppie di punti, ove gli iperpiani tò,, me; 
tagliano rispettivamente le rette @,, c, e le a,, 0. Le quattro 
rette @,, 1; ds, d3 formano la quartica base di un fascio di qua- 
driche: il fascio secato sull’S; ac, dagli wo! coni quadrici costi- 
tuiti dai piani di (L;), che escono dai varî punti della b,. 
Analogamente dicasi per la quaterna di rette @1,b,; 3, c3. 


(*) È facile riconoscere che il fascio descritto dalla direttrice s (e quindi 
anche il fascio di quadriche) è proiettivo alla punteggiata descritta dal 
corrispondente punto P sulla a. 


SOPRA UNA FORMA CUBICA CON 9 RETTE DOPPIE, ECC. 893 
4. — Si ottengono pertanto complessivamente 9 rette: 
4, bi C13 49, da, Ca; A3, d3, Ca 


ciascuna delle quali gode — come vedremo ($ 2) — delle stesse 
proprietà rispetto alla forma Y. Esaminiamo ora la configura- 
zione determinata dalle rette stesse. Alla retta «,, ad es., sono 
incidenti (n° 3) le rette 8%», cs, d3, c3: vogliamo provare che due 
soltanto sono i punti d’incidenza e precisamente: le 3,, cy si 
tagliano in un punto della a,, le 3, cs in un secondo punto 
della a,, distinto dal primo. Invero: la 6, si appoggia (n° 3) al 
piano ed alle rette @,, c,: giace quindi nell’iperpiano re; ; ora 
la cz si ottiene (n° 3) come congiungente i punti determinati 
dall’iperpiano stesso me, sulle @,, dj: è chiaro quindi che tanto 
la ds, quanto la cz tagliano a, nel punto ov’essa è incontrata 
 dall’iperpiano ne.. 

In modo analogo si prova che le 33, cs concorrono in un se- 
condo punto di a, (distinto dal primo poichè, ad es., le bs, 64 
debbono essere sghembe fra loro, v. n° 3, in fine). Ed in modo 
analogo pure si prova che le coppie di rette 4s,c3; 43, €, con- 
corrono in due punti distinti della d,, che le coppie a, 03; 43, ds 
concorrono in due punti distinti di c;. 

Brevemente: “ Le 9 rette a;, bi, c concorrono tre a tre in 6 
punti distinti e non giacenti in uno stesso iperpiano ,. 

5. — Gli spazi congiungenti due a due le rette a,, d,, c; si 
riducono a 27 distinti, di cui 9 S3 e 18 piani. Relativamente 
agli Ss ha luogo la proprietà seguente: “ I 9 S3 giacciono tre 
a tre in 6 iperpiani distinti, non concorrenti in uno stesso punto , 
(sono essi gli iperpiani congiungenti cinque a cinque i 6 punti 
di concorso delle 9 rette). Chiameremo F la configurazione offerta 
dalle 9 rette a,, d;, c,, dai 6 punti in cui esse concorrono tre a 
tre, dai 9,53 e 18 piani, che le congiungono due a due, e final- 
mente dai 6 iperpiani in cui giacciono 3 a 3 i 953 della con- 
figurazione. Hanno luogo (includendo le due precedenti) le pro- 
prietà, fra loro duali nell’$;: 


a) Le 9 rette della T concorrono o') I 953 della T giacciono tre a 
tre a tre nei 6 punti, giacciono tre nei6iperpiani, concorrono quattro 
quattro a quattro nei 983, giacciono —aquattro nelle 9rette, concorrono sei 
sei a sei nei 6 iperpiani della f; i a sei nei 6 punti della F; i 18 piani 
18 piani della passano quattro a della T giacciono quattro a quattro 


894 UMBERTO PERAZZO 


quattro per le 9 rette, passano nove 
a nove per i 6 punti della T, ecc. 

B) Si può ottenere una configu- 
razione del tipo della l assumendo 
ad arbitrio due terne di punti — costi- 
tuenti una sestupla non giacente in 
un iperpiano — e congiungendo cia- 
scun punto di una terna con ciascun 
punto dell’altra. 


nei 9, giacciono nove a nove nei 
6 iperpiani della , ecc. 

B') Si può ottenere una confi- 
gurazione del tipo della l assumendo 
ad arbitrio due terne d’iperpiani — 
costituenti una sestupla d’iperpiani 
non passanti per uno stesso punto 
— e tagliando ciascun iperpiano di 
una terna con ciascun iperpiano del- 


l’altra, 


La configurazione T è duale di sè stessa nell’S;. Se chia- 
miamo opposti due spazi duali della f, che non abbiano alcun 
punto a comune, si ha la proposizione, facile a verificarsi: “ Ad 
ogni spazio della configurazione T è opposto un unico spazio 
della T ,. E se due o più spazi della F hanno a comune uno 
spazio di T (o giacciono in uno spazio di l), gli spazi opposti 
avranno a comune lo spazio opposto a quello (o giaceranno in 
uno stesso spazio, opposto a quello), ecc. 

6. — Disposte le lettere rappresentanti le 9 rette della F 
nell'ordine seguente (in modo da costituire un determinante del 
8° ordine): 

o dI | 


ag da 3 


dg. bg .€3 
sl avrà: 

o) Tre lettere in una medesima linea od in una medesima 
colonna rappresentano tre rette sghembe tra loro due a due (anzi 
non giacenti in uno stesso iperpiano); 

B) La retta rappresentata da un qualunque elemento del 
determinante è tagliata dalle 4 rette rappresentate dagli ele- 
menti del subdeterminante complementare; 

1) Considerate una linea ed una colonna arbitrarie del 
determinante, gli elementi che non sono ad esse comuni rap- 
presentano 4 rette della T giacenti in uno stesso Ss; 

è) Si potranno rappresentare gli Sz della F colle coppie 
di elementi appartenenti ad una medesima linea (o colonna): 
l'elemento che completa la linea (o colonna) rappresenterà la 
retta opposta. Si rappresenterà invece ciascuno dei piani della T 


SOPRA UNA FORMA CUBICA CON 9 RETTE DOPPIE, ECC. 805 


mediante una coppia di elementi appartenenti a linee e colonne 
diverse; gli elementi, che con tale coppia costituiscono un de- 
terminante del 2° ordine estratto dal dato, rappresenteranno il 
piano opposto, ecc.; 

e) Concorrono in uno stesso punto tre rette della l rap- 
presentate da tre elementi di uno stesso termine dello sviluppo 
del determinante. I punti della f si potranno cioè rappresen- 
tare coi termini dello sviluppo. E se fra questi si distinguono 
i termini preceduti dal segno -+ da quelli preceduti dal 
segno —, si otterrà corrispondentemente fra i 6 punti della 
una scomposizione in due terne tali, che le 9 rette congiungenti 
ciascun punto di una terna coi punti dell’altra costituiscono 
appunto le rette della T (n° 5, oss. 8). Se si distinguono gli iper- 
piani opposti ai punti dell'una terna da quelli opposti ai punti 
dell'altra si otterranno i 6 iperpiani della l scomposti in due 
terne verificanti la proposizione duale. 


$ 2. — Di altri 5 sistemi x? di piani 
giacenti sulla forma F. 


7. — Si è visto (n° 1) che da ciascuno dei punti delle 
rette a,, dj, c; esce un cono quadrico di piani del sistema (Li). 
Consideriamo uno di tali coni avente il centro, ad es., in un 
punto P (generico) della a,. Conterrà un secondo sistema di piani, 
i quali si appoggieranno evidentemente alle rette sghembe 43, 43 
giacenti nell’S; djc, (n° 2). Se ne deduce, facendo variare il 
punto P sulla @;: Esiste sulla forma Y un sistema 00?(K,) di 
piani, appoggiati alle tre rette mutuamente sghembe da,, 42, 43. 
Analogamente si ha — scambiando la retta «, colla 6, e poscia 
colla e, —: Giacciono sulla Y altri due sistemi 00? di piani, ap- 
poggiati, nell’un sistema (K.) alle tre rette mutuamente sghembe 
b, ds, bz, nell’altro (K3) alle tre rette c,, cs, cz. Chiameremo retta 
direttrice di un sistema di piani della F una retta (di) a cui 
tutti i piani del sistema si appoggino. 

8. — Il sistema (L,) ha a comune con ciascuno dei si- 
stemi (K;) [{= 1, 2,8] una retta direttrice. Un piano generico 
di (L,) ed un piano generico di uno dei 3 sistemi (K;) si ta- 
gliano secondo una retta quando escono da uno stesso punto 
della direttrice comune: in caso diverso non hanno alcun punto 


896 UMBERTO PERAZZO 


a comune (*). Due piani invece appartenenti a due diversi si- 
stemi (K) hanno sempre a comune un sol punto. Invero ciascuno 
di essi si appoggia ad una direttrice del sistema (L,). Il piano 
di (L,), che passa pei due punti d’appoggio, secherà i due piani 
secondo, rette incidenti: i due piani si taglieranno quindi in un 
punto. Pertanto: Un piano qualunque di uno dei tre sistemi (K) 
si appoggia agli co? piani costituenti i due sistemi rimanenti. Se 
ne deduce che “ ognuno dei tre sistemi (£X) si può ottenere 
collo stesso procedimento mediante il quale si è definito il si- 
stema (L3) ,. 

9. — Poichè uno qualunque dei tre sistemi (K;): ad es. il si- 
stema (K,), ha (n° 8) la stessa definizione del sistema (L;), anche da 
ciascun punto delle direttrici 4», «3 uscirà un cono quadrico di piani 
del sistema (£,). Considerando su ognuno di tali coni quadrici il 
secondo sistema di piani generatori, si avrà (v. n° 7): “ Giac- 
ciono sulla F un quinto ed un sesto sistema di piani: l’uno (La) 
avente come rette direttrici le «3, 8», ca; l’altro (L3) le rette 
a3, 03, €3 ». Con ulteriori osservazioni, perfettamente analoghe a 
quelle del numero precedente, si riconosce che i sistemi (Lo), (Ls) 
son della stessa natura del sistema (L;) e dei sistemi (K,), ecc. 

E si potrà conchiudere: 

“I piani, che nell'Sz si appoggiano a tre rette non giacenti 
in uno stesso iperpiano e ad un piano dato in modo generico, si 
appoggiano di conseguenza ad co? piani, i quali costituiscono due 
sistemi (La), (L3) della stessa natura di quello. 

“ Giace sulla forma che è il luogo di tali sistemi un'altra 
terna di sistemi (K,), (K-), (K3) — pure della stessa natura dei 
primi — la quale gode delle stesse proprietà relative alla terna 
(Li), (Lo), (Lg). 

“ Due piani generici di uno stesso sistema non s'incontrano. 
Due piani appartenenti a sistemi diversi di una stessa terna sì 
tagliano in un punto. Due piani in due sistemi appartenenti a 
terne differenti hanno a comune una retta, 0 non s incontrano : 
affatto a seconda che escono da uno stesso punto 0 da punti diversi 
di una determinata retta direttrice, comune ai due sistemi ,. 


(*) Altrimenti 1°S, in cui dovrebbero giacere conterrebbe le tre rette 
direttrici di ciascuno dei due sistemi: conterrebbe invero la direttrice co- 
mune ai due sistemi ed avrebbe a comune 4 punti (non in un piano) col- 
l’S3 in cui giacciono le rimanenti coppie di direttrici nei due sistemi, 


SOPRA UNA FORMA CUBICA CON 9 RETTE DOPPIE, ECC. 897 


Riescirà evidente dalle considerazioni del $ 3, che non 
esistono, oltre a quelli descritti, altri sistemi di piani sulla Y, 
se se ne eccettuanò i 9 sistemi 03 giacenti sugli S} della f: S, i 
quali appartengono evidentemente alla forma F. 

Da ogni punto P quindi della F escono 6 piani giacenti 
sulla F: si possono ‘essi scompotre in due terne tali, che piani 
di una stessa terna si tagliano solo in P; piani appartenenti a 
terne differenti si tagliano secondo una retta per P, appoggiata 
ad una delle 9 rette della T. I 6 piani sovradetti giacciono in 
uno stesso iperpiano: l’iperpiano tangente in Palla F. Un iper- 
piano, che contenga un piano della Y (appartenente ad uno dei 
6 sistemi (X;), (L,)) sarà tangente ‘alla stessa e conterrà di 
conseguenza altri 5 piani, appartenenti ai rimanenti sistemi, ecc. 


$ 3. — Di altre generazioni della forma F. 
Ordine e classe della forma. 


10. — I 6 sistemi di piani della 7 possono essere gene- 
rati in modo duale a quello da cui siam partiti. Ciascuno di essi 
può invero considerarsi anche “ come è! sistema dei piani, î quali 
tagliano secondo rette tre Sz, non concorrenti in un punto (gli Sg 
congiungenti due a due le direttrici del sistema) e si appoggiano 
ad un piano dato ‘in posizione generica ,, (ovvero, in ‘altre parole: 
Na POTLIZAO giacciono in un Sy con ciascun Sz di una data terna, è 
giacciono in un Si con un piano dato ,). La forma F può rite- 
nersi ancora come ‘costituita dal “ sistema delle 03 rette, che si 
appoggiano a 3 S3 non passanti per uno stesso punto e ‘ad un piano 
in posizione generica ,. 

11. — Discende in modo immediato dalle considerazioni 
del n° 1 e seguenti che gli 0? piani di ciascuno dei sistemi 
della / secano le tre direttrici relative secondo 00? terne di 
punti corrispondentisi in una corrispondenza trilineare. 1 6 punti 
della T (n° 5) sono singolari ‘per la cofrispondenza: Si indichino 
essi — tenendo presente la scomposizione relativa in due terne: 
(n° 58) — con M N, 0; M',N',0'. Se M,M'; NN; 0,0".sono 
le coppie congiunte dai sostegni delle 3 punteggiate, si potrà 
asserire (ni 2,3) che ciascuna delle (6 coppie M,N'; M', N; 
M, 0'; M',0; N,0'; N',O costituisce, con ogni punto della 


898 UMBERTO PERAZZO 


punteggiata, che non contiene punti della coppia, una terna di 
elementi omologhi nella corrispondenza. , 

Dimostreremo poi (n° 17) che: “ Data ad arbitrio una cor- 
rispondenza trilineare fra tre punteggiate, i cui sostegni non giac- 
ciano in uno stesso S,, î piani congiungenti terne di punti omologhi 
generano un sistema o? del tipo studiato , (*). 

12. — Discende dalla definizione mediante la quale sì in- 
trodusse la forma , che ognuno dei sistemi 00? di piani che 
la costituiscono può considerarsi come il sistema dei piani con- 
giungenti le oo? terne di punti secate sopra tre rette, non in uno 
stesso Si, dagli co? iperpiani passanti per uno stesso piano (in 
posizione generica rispetto alle tre rette). Si avrà quindi — per 
quanto si è affermato nel numero precedente (in fine) — “ Un’ar- 
bitraria corrispondenza trilineare assegnata fra tre punteggiate, i 
cui sostegni non giacciano in uno stesso Si (**), si può ritenere 
secata dal sistema lineare x? degli iperpiani (S1) che passano per 
un piano fisso. Sono anzi cv? i sistemi lineari d’iperpiani, che 
secano la data corrispondenza: i piani sostegni di tali sistemi si 
distribuiscono în due sistemi c0?, ciascuno della stessa natura di 
quello dei piani congiungenti le terne di punti omologhi nella cor- 
rispondenza ,. 

13. — Si proietti ora da ciascuno degli $3, congiungenti 
due a due le tre direttrici di uno qualsiasi dei sistemi della #, 
la punteggiata giacente sulla direttrice rimanente (opposta) e si 
chiamino corrispondenti tre iperpiani nei fasci così ottenuti, 
quando proiettano una terna di punti omologhi nella corrispon- 
denza trilineare determinata dal sistema sulle tre direttrici. I 
tre fasci verranno così riferiti in corrispondenza trilineare. E 


(*) Definita in tal guisa la 7, i 6 punti che per la corrispondenza tri- 
lineare (data, arbitraria) hanno la singolarità sopradetta, risulteranno i 
6 punti della configurazione T, relativa ad 7. — Ed assegnate sopra tre 
punteggiate (non in un S) 8 coppie di punti, in modo arbitrario, generico, 
le 00! corrispondenze trilineari per cui tali punti sono nella relazione detta, 
determinano 00° forme F (di un fascio: v. n° 16) per le quali la configura- 
zione I è la configurazione determinata (n° 5, oss. BR) mediante quei 6 punti. 

(**) A tal caso possiam ridurci — allorchè i sostegni delle tre punteg- 
giate sono in posizione particolare (ad es. in un S3) — trasportandoli in 
guisa ch'essi appartengano allo spazio di massima dimensione congiungente 
3 rette (15). 


A A ET I E I 


fa 


SOPRA UNA FORMA CUBICA CON 9 RETTE DOPPIE, ECC. 899 


poichè tre iperpiani omologhi si tagliano evidentemente in un 
piano del sistema considerato: “ Ciascuno dei sistemi di piani 
della F_ può considerarsi come il sistema degli co? piani comuni 
terne di iperpiani omologhi in tre fasci, riferiti in corrispondenza 
trilineare (qualunque) — fasci î cui sostegni non concorrono in un 
punto ,. La costruzione indicata è duale della precedente (n° 11). 
Conclusioni duali poi di quelle del n° 11 determinano la rela- 
zione dei 6 iperpiani della T (n° 5) colla corrispondenza. 

“ Ognuno dei sei sistemi di piani della F può considerarsi 
come il sistema dei piani comuni alle terne di iperpiani, che da 
tre Ss dati — non concorrenti in un punto — proiettano i punti 
di un piano fisso, in posizione generica rispetto ai tre Sz ,. De- 
ducesi facilmente la proposizione duale a quella del numero 
precedente. 

14. — Gli iperpiani tangenti alla / si possono distribuire 
secondo 00? sistemi lineari di dimensione 2, aventi come so- 
stegni i piani di uno qualunque dei 6 sistemi della /. E poichè 
ognuno di questi è suscettibile di definizioni due a due duali 
nell’$;, se ne deduce: “ Ala forma F — luogo di punti — cor- 
risponde per dualità l’inviluppo degli iperpiani tangenti alla forma 
stessa ,. L'ordine della F eguaglierà quindi la classe. Facilmente 
determinasi, ad es., l'ordine, osservando che i tre fasci d’iper- 
piani, riferiti in corrispondenza trilineare, mediante i quali si 
può generare la Y (v. n° 13), secano sopra una generica retta 
dell’S; tre punteggiate sovrapposte in corrispondenza trilineare, 
i cui 3 punti tripli son tutti e soli i punti comuni alla retta 
ed alla F. La F è quindi del terz’ordine. Sarà quindi — per 
quanto si disse più sopra — pure della terza classe. Ciò del 
resto può dedursi facilmente con un ragionamento duale di quello 
ora tenuto. 

15. — Discende dal n° 2, ed in particolare dall’osserva- 
zione relativa, un’ altra semplice costruzione della F. Si os- 
servò che le M$ coniche costituite dai piani del sistema (L,) 
uscenti dai punti della a, (ad es.), secano 1'S} 8,c} secondo un 
fascio di quadriche proiettivo alla punteggiata dei centri sulla a. 
Proiettando la punteggiata «, dall’Sz opposto d,c, ed il fascio 
di quadriche dalla retta a,, si otterranno un fascio d’iperpiani 
ed un fascio di Mj coniche di 2° specie in corrispondenza pro- 
iettiva. Al fascio di quadriche nell’S3 d;c, appartengono 2 coppie 


900 UMBERTO PERAZZO 


di piani (la coppia di piani congiungenti rispettivamente le 
9, by; 43, c, è la coppia congiungente le as, c, ed 43, d;): quindi 
al fascio di Miî aventi a comune sostegno la retta 4, apparter- 
ranno due coppie d’iperpiani. Se ne deduce: “ La forma Fpuò 
generarsi riferendo proiettivamente un fascio d’iperpiani al fascio 
di forme quadratiche determinato da due coppie d’iperpiani e deter- 
minando le ct Mi di 1% specie intersezioni delle coppie di elementi 
corrispondenti , (*). E viceversa: “ Scelto in modo generico il 
fascio d’iperpiani e le due coppie d’iperpiani determinanti il fascio 
di forme quadratriche, la costruzione indicata condurrà ad una 
varietà cubica del tipo studiato ,. 

Le due coppie d’iperpiani determinanti il fascio di Mi} ed i 
due iperpiani ad esse corrispondenti costituiscono appunto i sei 
iperpiani della configurazione l (n° 5). 

16. — Si considerino le due terne d’iperpiani ottenute 
associando a ciascuna delle coppie sopradette l’iperpiano cor- 
rispondente ‘all’ altra nel fascio d’iperpiani. Due tali terne si 
tagliano secondo il sistema dei 9 53 della configurazione T (gia- 
centi sulla F). Quindi: “ La forma F appartiene al fascio di 
forme cubiche determinato da due terne d'iperpiani ,. Viceversa: 
“ ogni forma cubica del fascio determinato da due arbitrarie 
terne d’iperpiani è definibile come la forma / , (**). Dualmente: 
«“ Il sistema degli iperpiani ‘tangenti alla F appartiene alla schiera 
determinata da due terne di stelle d’iperpiani (i cui vertici si ot 
tengono prendendo 5 a 5 gli iperpiani determinanti il fascio @ 
cui appartiene F) ,. E viceversa. 

17. — Per ogni retta della configurazione {passano 
(n° 5) 4, della 7, non giacenti in uno stesso iperpiano, quindi: 
“ Le 9 rette a,b, sono doppie per la forma cubica F ,. Si ha 
anzi: “ Una forma cubica dell’S;, la quale contenga ‘tre rette 


(#) Il fascio d’iperpiani ed il fascio di forme quadratiche si possono 
scegliere in 9 modi diversi. 

(#*) L'equazione della Y si potrà pertanto ridurre, con una conveniente 
scelta ‘di punti fondamentali, al tipo: 


x, Cast ay agg = 0. 


E facilmente si deduce dall’equazione, che nel fascio determinato dalle due 
terne d’iperpiani non esistono — eccettuate queste terne — forme aventi 
punti doppi fuori delle 9 rette doppie. 


SOPRA UNA FORMA CUBICA CON 9 RETTE DOPPIE, ECC. 901 


doppie, non giacenti in uno stesso iperpiano, 0 -— ciò che fa lo 
stesso (*) —, contenga tre S3, due a due indipendenti, contiene di con- 
seguenza una configurazione di 9 rette doppie e di 953, del tipo 
della F (cui appartengono le prime tre rette doppie, od i tre S3); 
e la forma stessa coincide colla forma cubica trattata ,. Si con- 
sideri invero l’Ss — della forma cubica — congiungente due 
delle tre rette doppie della forma: il fascio d’iperpiani avente 
tale S; qual sostegno, secherà sulla F un sistema 00! di M3, 
alla lor volta secate dall’S, sostegno, secondo un fascio di qua- 
driche (Ed ogni iperpiano condotto per l’Sz toccherà la Y se- 
condo una quadrica del fascio). La quartica base del fascio si 
spezza nelle due rette doppie congiunte dall’S; ed in altre due 
rette ad esse appoggiate, doppie evidentemente per la forma. 
Si riconosce in tal guisa l’esistenza delle rimanenti rette doppie, 
e conseguentemente degli $3, giacenti sulla forma. Ed è facile 
vedere che tali rette e tali 9; costituiscono una configurazione del 
tipo della F. Si assumano ora in essa due terne di rette doppie, 
tutte distinte, — ognuna terna costituita da rette non in uno 
stesso Si. — Per un punto generico P della forma passa un 
piano m, appoggiato alle rette della prima terna (**) (ad es.) 
in punti doppi per la forma e quindi per la cubica secata dal 
piano mt: dovrà questo giacere di conseguenza nella forma, e vi 
giaceranno evidentemente gli o? piani appoggiati ad esso ed alle 
rette della 2° terna. Quindi, ecc. 

Si osservi ora che, definita una forma F come luogo 
degli 0? piani congiungenti terne di punti omologhi in tre pun- 
teggiate (non in uno stesso S,) riferite in corrispondenza trili- 
neare, giaceranno sulla forma — cubica — i tre 83 congiungenti 
due a due i sostegni delle tre punteggiate. — Le conclusioni 
precedenti dimostrano quindi la proposizione enunciata al nu- 
mero ll. 

18. — Un iperpiano tangente alla F in un suo punto P 


(#) L’.S3 congiungente due rette doppie — non incidenti — di una 
forma cubica giace evidentemente sulla forma; la retta comune a due $3 
— non in uno stesso iperpiano — giacenti su una forma cubica dell’ S, 
è doppia per la forma. 

(*#*) Il piano comune ai tre S,j, che da P proiettano gli S3 congiungenti 
due a due le rette della terna. 

Atti della R. Accademia. — Vol. XXXVI. 60 


902 UMBERTO PERAZZO 


la secherà secondo una M$ dotata di 10 punti doppi. Dei quin- 
dici piani (*) della M3, 9 costituiscono le intersezioni dell’iper- 
piano stesso coi 9 S3 giacenti sulla Y, 6 la sestupla di piani 
della F uscente dal punto di contatto P. I 6 sistemi di piani 
della Y, ciascun dei quali taglia (n° 10) secondo rette una terna 
di S; della F e si appoggia a due altri determinati sistemi di 
piani, vengono secati dall’iperpiano tangente secondo 6 sistemi di 
rette, ciascuno dei quali appoggiato a 5 piani, ecc. (**). 

La sestupla di piani uscente da ogni punto P della Y giace 
in un cono quadrico di 1? specie a 3 dimensioni: l’interse- 
zione dell’iperpiano tangente alla F in P colla Mi polare del 
punto P. 

19. — Ciascuno degli iperpiani della configurazione T seca 
la F secondo una terna di S3 (n° 5), la quale si può conside- 
rare come un cono cubico (Mî) di 2? specie: la retta centrale 
— comune ai tre S3 — è una delle 6 rette congiungenti i 
6 punti dif due a due, che non sono fra le 9 rette della confi- 
gurazione. Le Mi polari rispetto alla F dei punti di quell’iper- 
piano verranno quindi secate dall’iperpiano stesso in M} aventi 
tale retta quale sostegno: se ne deduce che esse M7 polari son 
coni di 1 specie (almeno), aventi i loro centri su quella retta. 
L’iperpiano considerato, quindi, farà parte della varietà Hessiana 
della F(***). Cioè: “ La varietà Hessiana della forma F si spezza 
nei 6 iperpiani della configurazione F , (#*#9). 

Si osservi ancora che il sistema di tutte le M} polari ri- 
spetto alla F è costituito dalle c0° Mj passanti per le 9 rette 
doppie della F. Tale sistema è quindi comune a tutte le forme 
del fascio determinato dalle due terne d’iperpiani della T. 


(*) C. Seare, Nota cit., n° 1. 

(**) C. Seere, Nota cit., n° 4. 

(***) Più in generale, in un Sn farà certamente parte della varietà Hessiana 
di una forma d’ordine qualunque m, un iperpiano, quando questo la secherà 


. . ENO, m . Ò 
secondo un cono di 2* specie (o più in generale secondo una Mn rispetto 


a cui le Mis polari sieno coni di specie = 2). 

(##**) Dati dunque in modo generico 6 iperpiani nell’S;, tutte le forme 
cubiche dei fasci, che si possono determinare distribuendo secondo due terne 
i 6 iperpiani, hanno a comune l’Hessiana (spezzata in quegli iperpiani). 


pe n n TT peca 


n pe ZO E E 


SOPRA UNA FORMA CUBICA CON 9 RETTE DOPPIE, ECC. 903 


$ 4. — Alcune applicazioni dei risultati precedenti 
a particolari complessi del 3° grado nello spazio 
ordinario. 


20. — Assunta nell’S; una forma quadratica È, i cui punti 
rappresentino nel modo noto le 004 rette dello spazio ordinario, 
la M; secata sulla È dalla forma cubica  (v. $$ precedenti) 
rappresenterà, come si disse, un particolare complesso del 
8° grado, che indicheremo in seguito con f. Supporremo  dap- 
prima affatto generica (ni 22-25), poscia particolare (ni 26-42) 
la posizione della forma F rispetto alla f. La configurazione 
secata sulla & dalla [ rappresenterà — nel senso sopra ricordato 
— una configurazione Y strettamente legata al complesso f. 
Esamineremo prima brevemente in ogni caso tale configurazione, 
poscia enuncieremo le diverse generazioni del complesso, limi- 
tandoci nel seguito alle più notevoli. Ed osserviamo fin d'ora, 
che tali procedimenti di costruzione si possono ritenere in ciascun 
caso come altrettante definizioni (equivalenti) del complesso che 
si considera. 

Poichè la M; comune alla / ed alla È contiene i 6 si- 
stemi 0? di coniche secate sulla È dei piani di Y, ognuno dei 
complessi f conterrà 6 sistemi co? di serze rigate (serie di gene- 
ratrici di quadriche). Ogni retta del complesso farà parte di sei 
serie rigate del complesso: si disporranno esse secondo due terne 
tali, che due rigate appartenenti a terne diverse avranno a co- 
mune un'ulteriore generatrice. Le 6 serie rigate giaceranno in 
uno stesso complesso lineare (n° 9). 

21. — Gli 008 iperpiani tangenti comuni alla forma F ed 
alla È toccano la R stessa secondo i punti di una M;, la quale 
rappresenta un complesso /' del 3° grado: nel caso generale 
(allorchè la F è in posizione generica rispetto alla ) esso è 
definibile come il complesso f. Invero, la M} sopradetta si può 
ritenere secata sulla & dagli oo? piani polari, rispetto ad £, 
dei piani di uno qualsiasi dei sei sistemi della FX. Ciascuno di 
tali sistemi deve trasformarsi, mediante la polarità rispetto 
ad È, in un sistema di piani di definizione duale; ricordando 
d'altra parte che (n° 10) ognuno dei sistemi di piani della 


904 UMBERTO PERAZZO 


è suscettibile di definizioni due a due duali nell’$;, se ne de- 
duce, ecc. 


Chiameremo per brevità in ogni caso polare del complesso fi, 


il complesso /" ottenuto nel modo sopra indicato: esso è costi- 
tuito dai 6 sistemi co? delle serie rigate incidenti a quelle che 
costituiscono il complesso f. 

La configurazione y' relativa al complesso f' si otterrà — 
per ogni caso — interpretando la configurazione polare della T, 
rispetto ad R. 

22. — Si supponga la Fin posizione generica rispetto ad R. Il 
complesso f corrispondente alla M; intersezione conterrà 9 coppie 
di rette doppie e 9 congruenze lineari. Ognuna delle 9 coppie 
di rette doppie fa parte di 4 delle 9 congruenze, ogni congruenza 
contiene 4 coppie di rette doppie (n° 5 a)a')) ecc. (v. n° 25). 
Si può ottenere una configurazione del tipo della v, offerta dalle 
9 coppie di rette doppie e dalle 9 congruenze, assumendo ad 
arbitrio due terne di complessi lineari e determinando le con- 
gruenze intersezioni dei complessi di una terna con ciascuno dei 
complessi dell’altra (n° 5 B')). Le 9 coppie di rette della Y si 
possono disporre secondo 6 terne — ciascuna costituita da 6 rette 
non in uno stesso complesso lineare. Considerando per ognuna 
delle 6 terne le tre congruenze lineari congiungenti due a due 
le coppie di rette che la costituiscono, si otterrà una corrispon- 
dente distribuzione in 6 terne delle congruenze lineari della y. 

283. — In relazione a tali raggruppamenti in terne, si hanno 
nel complesso i 6 sistemi 00? di serie rigate (n° 20). Ciascuno 
di essì si può definire: 

a) come il sistema co? delle serie rigate ognuna delle quali 
giace in una congruenza lineare con ciascuna di tre coppie di rette, 
date in modo generico, ed in un complesso lineare con una serie 
rigata t, data pure în modo generico. 

Si osservi a tale proposito che: definito in tal guisa un 
sistema 00? di serie rigate, si può asserire che ognuna di esse 
giace di conseguenza in un complesso lineare oltre che colla 
data m, con ciascuna serie rigata di una 0? costituita da due 
sistemi definibili come il primitivo. Nel complesso del 3° grado 
contenente tali sistemi giace una seconda terna analoga di si- 
stemi 00?, ecc. (n° 9). Osservazioni equivalenti si posson fare 
per le due generazioni 5), c); 


IST rilascia 


SOPRA UNA FORMA CUBICA CON 9 RETTE DOPPIE, ECC. 905 


3) id. come il sistema delle co? serie rigate aventi a comune 
una coppia di rette con ciascuna congruenza lineare di una data 
terna e giacenti in un complesso lineare con una data serie rigata 
(n° 10) (5); 

c) id. come il sistema delle 0? serie rigate comuni a terne 
di complessi omologhi in tre fasci di complessi lineari, riferiti in 
corrispondenza trilineare (n° 11). 

24. — Il complesso f si può ancora ritenere: 

d) come il Zuogo delle 008 coppie di rette. giacenti in un 
complesso lineare con ciascuna congruenza lineare di una data terna, 
ed in una congruenza lineare con una data serie rigata (n° 10, 
in fine); 

e) id. come il complesso generato da un fascio di com- 
plessi lineari riferito in corrispondenza proiettiva al fascio di com- 
plessi quadratici determinato da due coppie di complessi lineari 
(n° 15) (#5); 

f) id. come il complesso generico del fascio di complessi 
del 3° grado determinato da due terne di complessi lineari (n° 16). 

25. — Relativamente al complesso /', polare di f — co- 
stituito dalle serie rigate incidenti a quelle del complesso f — 
si osservò (n° 21) ch’esso è della stessa natura di f. La con- 
figurazione y' relativa ad /' e la configurazione y relativa ad f 
sono in notevole relazione: “ Le 9 coppie di rette doppie di cia- 
scuno dei due complessi costituiscono le 9 coppie di assi delle con- 
gruenze lineari giacenti sull'altro ,. 

26. — Se si assume la posizione della F in modo che uno 
o più dei 6 punti della configurazione [ relativa (n° 5) giacciano 
sulla £, verranno a coincidere in singole rette una o più terne 
di rette doppie del complesso f. Un caso estremo si avrà al- 
lorchè i 6 punti della [ giaceranno su È: Corrispondentemente 


(*) Si osservi relativamente a tale generazione ed alle seguenti c) d) 
e) f), che gli elementi dati, determinanti il complesso, debbono essere assunti 
ognuno in modo generico ed in posizione generica rispetto ai rimanenti. 

(**) Associando con ciascuna delle due coppie di complessi lineari de- 
terminanti il fascio di complessi quadratici il complesso lineare corrispon- 
dente all'altra coppia (nel fascio di complessi lineari), si otterranno due 
terne di complessi lineari determinanti un fascio, cui appartiene il com- 
plesso f. 


906 UMBERTO PERAZZO 


nel complesso f si ridurranno a 6 le rette (doppie) della confi- 
gurazione Y, rette in posizione generica, non giacenti in uno 
stesso complesso lineare. Si disporranno esse secondo due terne 
m,n,0; m',n',0' (secondo la scomposizione in due terne dei sei 
punti della (n° 5 8)). 

Si dovranno ritenere le 9 coppie di rette ottenute asso- 
ciando con ciascuna retta dell'una terna successivamente le tre 
rette dell'altra, come le 9 coppie di rette della Y: ciò in rela- 
zione alla generazione dei sistemi di serie rigate del complesso 
(v. n° 28). — Le 9 congruenze lineari del complesso si potranno 
alla lor volta ottenere congiungendo ciascuna coppia di rette 
dell'una terna con ciascuna dell’altra: esse congruenze giace- 
ranno 5 a 3 nei 6 complessi lineari, che congiungono 5 a 5 le 
6 rette doppie. 

27. — Ciascuno dei 6 sistemi di serie rigate costituenti il 
complesso f si può definire secondo le a) 8) c) (n° 23), quando 
si assuma in modo particolare conveniente la posizione degli 
elementi dati. Ad es., seguendo la @), si osservi che, date in 
modo arbitrario le 3 coppie di rette (m,wm"; n, n'; 0,0'), dovrà 
la n assumersi nella 008 delle serie rigate giacenti in una con- 
gruenza lineare con ciascuna delle tre coppie 0, n'; m,0'; n, m' 
(oppure con ciascuna delle tre coppie ,0'; om'; mn'). Tale 
condizione è pure sufficiente. Ecc. 

“ Il complesso £ si può ritenere come il complesso generico del 
fascio determinato da due terne di complessi lineari, le quali costi- 
tuiscano assieme i 6 complessi lineari che congiungono 5 a 5 sei 
rette date in modo arbitrario generico ,. 

28. — Il complesso polare f' avrà 9 coppie di rette doppie 
distinte nelle 9 coppie di assi delle congruenze lineari di f 
(n° 25) (*). Si otterranno invece gli assi delle congruenze lineari 
di f" accoppiando nel modo detto (n° 26) le rette doppie di f. 
Le 9 congruenze lineari di /" giaceranno 3 a 3 in 6 complessi 
lineari speciali, i cui assi sono le 6 rette doppie di f. Ed il 
complesso f" si potrà ritenere come “ i complesso generico del 
fascio determinato da due arbitrarie terne di complessi lineari spe- 
ciali ,. Ecc. 


(*) Tale osservazione potrà ripetersi in seguito, per tutti i casi parti- 
colari di cuì ci occuperemo. 


SOPRA UNA FORMA CUBICA CON 9 RETTE DOPPIE, ECC. 907 


$ 5. 


29. — Allorchè una o più rette doppie della Y giacciono 
su È, il complesso f rappresentato dalla M; intersezione, con- 
terrà uno o più fasci di rette doppie. Corrispondentemente due 
o più fra i sistemi di serie rigate del complesso si potranno 
definire in modo particolare, ovvio. Il complesso polare /" avrà 
— per ogni fascio di rette doppie di f — una determinata 
delle 9 congruenze lineari spezzata in una stella di rette ed in 
un piano rigato, i cui sostegni coincidono rispettivamente coi 
due sostegni del fascio di rette doppie. 

80. —- Un caso notevole si ha quando tre rette doppie 
della F, non in uno stesso iperpiano, giacciono su È. Il com- 
plesso f relativo conterrà tre fasci di rette doppie in posizione 
generica (non in uno stesso complesso lineare). Giaceranno nei 
tre fasci, 3 coppie di rette m, m'; n, #'; 0, 0' (*), dalle quali la 
configurazione y risulta perfettamente determinata nel modo 
visto al n° 26. Ed il caso presente può ritenersi appunto deri- 
vato da quello esaminato nei ni 26-27, quando si suppongano 
incidenti, ad es., le coppie di rette m,m'; n, n"; 0, 0' (**). 

Fra i 6 sistemi co? di serie rigate del complesso, uno deter- 
minato — che indicheremo con (7) — si potrà definire: 

a) come il sistema o? delle serie rigate ognuna delle quali 
ha tre generatrici appartenenti a 3 dati fasci — in posizione ar- 
bitraria generica —, e giace inoltre in un complesso lineare con 
una data serie rigata t — in posizione generica rispetto ai tre 
fasci (#7); 


(*#) rappresentanti le coppie di punti della M congiunti dalle 3 rette 


doppie. 
(**) cioè, una arbitraria delle 6 terne — costituite ognuna da coppie 
di rette non in un complesso lineare — che si posson formare colle 


9 coppie di rette della Y (ritenendo queste determinate nel modo detto 
mediante le m,x,0; m', n, 0). 

(#**) Considerato. un complesso lineare generico, fra gli 00° i quali con- 
tengono la data serie rigata , le tre rette, che il complesso stesso avrà 
a comune coi tre fasci, apparterranno ad una determinata serie rigata: 
questa deseriverà — variando il complesso lineare nella co? sopradetta — 
il nostro sistema 00°, 


908 UMBERTO PERAZZO 


ovvero: 

b) come il sistema co? delle serie rigate contenenti terne di 
rette omologhe in tre fasci — in posizione generica —, riferiti 
nella più generale corrispondenza trilineare. Ecc. 

31. — Il complesso f', polare di f, conterrà tre congruenze 
lineari, spezzate ciascuna in una stella ed in un piano rigato, 
coi sostegni incidenti. Conterrà inoltre altre 6 congruenze  li- 
neari ad assi sghembi e 9 coppie di rette doppie distinte, fra 
cui le 3 rette congiungenti due a due i centri delle stelle e le 
3 rette comuni ai sostegni dei piani rigati presi due a due. 
Fra i 6 sistemi di /", il sistema (2;') delle serie rigate incidenti 
a quelle di (2,) in f è, al pari di questo, suscettibile di semplici 
definizioni. 

Si può esso considerare, ad es.: 
come il complesso delle rette incidenti a terne di rette omologhe in 
tre fasci, riferiti in corrispondenza trilineare (v. n° 30 b)); 

ovvero (n° 10): 
come il sistema delle serie rigate aventi ciascuna tre rette appar- 
tenenti a tre stelle date e tre rette giacenti in tre piani, + quali 
passino rispettivamente per i centri delle tre stelle, giacenti poi 
ognuna în un complesso lineare con una data rigata. Ecc. 

Osserviamo ancora che i sistemi (7,) in f,(') in f' costi- 
tuiscono un sistema 00? di quadriche, passanti per tre punti 
fissi e tangenti a tre piani fissi, incidenti rispettivamente ai 
tre punti. 

Si può ritenere /" come il complesso generico del fascio 'de- 
terminato da un’arbitraria terna di complessi lineari speciali con 
una seconda terna di complessi lineari speciali, i cui assi sieno 
ordinatamente incidenti agli assi dei primi complessi. 

32. — Si otterrà un caso particolare assai notevole del 
complesso f esaminato al n° 30, allorchè giacerà in È oltre che 
una terna di rette doppie «,, d;, cy di F — non in uno stesso Sy 
— un piano m di /, non appoggiato ad alcuna delle 3 rette (*). 
Il piano n si appoggia ad un’altra terna di rette doppie della 
(la terna @;, da, co, ovvero la a3, dz, cz: sia ad es. la 12 terna): 
ogni retta di questa ha a comune con R i punti ov’essa si ap- 


(*) Il piano e la terna di rette sono dunque in posizione generica, ma | 
del resto arbitraria, nell’ S;. Essi individuano la 7. 


SOPRA UNA FORMA CUBICA CON 2 RETTE DOPPIE, ECC. 909 


poggia ad una determinata delle coppie a, 01; @,, c1; 01, 01; nè 
può d’altra parte il piano t passare per alcuno di questi punti (*). 
Se ne deduce, che ognuna delle «s, 33, c. avrà un ulteriore punto 
a comune colla R (in n): giacerà quindi su &. Fra i due piani 
della PR, che si appoggiano alle generatrici a, 01, c1, quello che 
appartiene allo stesso sistema di mt, appoggiandosi a questo, 
giacerà sulla F. Riassumendo quindi: allorchè giacciono su £ 
tre rette doppie della /Y — non in un Sy — ed un piano di / 
— in posizione generica rispetto alle tre rette, — giaceranno 
su È altre tre rette doppie di F — non in un Sj — appoggiate 
a questo piano ed un altro piano, appoggiato alle prime tre 
rette. Le due forme F ed È avranno nel punto comune ai 
due piani lo stesso iperpiano tangente (l’S, congiungente i 
due piani). 

38. — Il complesso f corrispondente conterrà 6 fasci di 
rette doppie. Si otterrà facilmente la configurazione y relativa, 
assumendo tre rette 7,,0, sghembe due a due, e tre rette 
m',n',0' pure sghembe due a due ed ordinatamente appoggiate 
alle coppie m, #; #, 0; w, 0 (**): nella configurazione y individuata 
dalle 6 rette 22, 7,0; 0, w',0' (v. n° 26) le 6 coppie di rette 
incidenti m, m'; n, n'; 0,0" — 0,n'; m,0'; n,1n' determinano i 
6 fasci di rette doppie del complesso, che potremo ordinata- 
mente indicare con 4;0;, B;Bi, Citi; 430%, B:B2, Cor:, ove con 
A, 0,,.. si rappresentino i centri rispettivamente ed i piani 
dei fasci stessi. La terna 4,0, B;B,, Cif; sarà costituita da 
fasci in posizione generica (non in uno stesso complesso lineare); 
lo stesso dicasi della terna 4,0, Bf», C.1s. Appartengono alla Y 
9 congruenze lineari ad assi sghembi. 

Giacciono inoltre in f nelle ipotesi presenti: 

a) le due stelle di raggi aventi i centri nei punti a8,Y}, 
08Y3 comuni ai piani delle due terne di fasci A4,0,, B,8,; Cit; 
A30, B38s, Cita; 
oppure: 


(*) Che altrimenti si appoggierebbe a qualcuna delle @,, di, €. 

(**) oppure alle coppie m,0; mn, 7; n,0, nel qual caso si avrebbero nel 
complesso i 6 fasci di rette doppie (mm’) = A40,, (nn°) = BB, (00) = Cm; 
(n0') = 430, (0m°) = B;83, (mn) = Cora. 


910 UMBERTO PERAZZO 


a') i due piani rigati, i cui sostegni sono i piani A4;B;C, 
A,B;C,, congiungenti i centri delle due terne sopradette di 


fasci (*). 
La retta congiungente i centri delle due stelle —. nel 
caso a) — oppure — nel caso a’) — la retta comune ai due 


piani rigati sarà doppia per il complesso £. 

34. — Nel complesso f, due determinati sistemi (2), (%») di 
serie rigate avranno una stessa semplice definizione. Si potranno 
invero considerare ognuno, distinguendo i casi a), a’): 


a) come il sistema 00° delle serie a) come il sistema oo? delle serie 
rigate aventi ciascuna 3 generatrici rigate aventi ciascuna 3 generatrici 
appartenenti a 3 dati fasci, ed una appartenenti a 3 dati fasci ed una 
generatrice appartenente ad una data generatrice appartenente ad un dato 
stella. piano rigato. 


I tre fasci e la stella (od il piano rigato) s'intendono in 
entrambi i casi assegnati in: modo arbitrario, purchè generico 
nello spazio. 

È notevole il fatto che, definito mediante la @) o la a’) un 
sistema 00? di serie rigate, e quindi un complesso f — luogo 
di queste — giace nel complesso un secondo sistema co? di 
serie rigate, di eguale definizione. Od in altre parole: (1) “ As- 
sunti in modo generico tre fasci A,0,, BB, Citi, ed un punto P 
(od un piano ©) le co? serie rigate per ognuna delle quali v'hanno 
tre generatrici appartenenti ai tre fasci, ed una passante pel 
punto P (0 giacente nel piano t), costituiscono un insieme di 003 
rette, che si posson distribuire secondo un altro sistema co? di serie 
rigate, per ognuna delle quali v'hanno tre generatrici appartenenti 
a tre altri fasci A503, Bs, Cor, ed una generatrice passante per 
un altro punto S (o giacente in un altro piano 6) ,. Sono ben de- 
terminati i tre fasci A4,%,,.. ed il punto $ (od il piano 0), quando 
sieno assegnati i fasci A,0,,.. ed il punto P (od il piano q). 

Si potranno essi ottenere col procedimento seguente (distin- 
guendo i due casi): 


. (*) Nel fascio di complessi determinato dalla configurazione y definita 
in questo n° esistono entrambi i particolari complessi che andiamo stu- 
diando, l’uno contenente due stelle di raggi, l’altro due piani rigati. 


SOPRA UNA FORMA CUBICA CON 9 RETTE DOPPIE, ECC. 


a) Si proietti dal punto P la 
retta 4;B,, congiungente i centri dei 
due fasci 4,0, B;Bj e si consideri 
nel piano proiettante Ys il fascio Cafa 
avente per centro il punto C, ov'esso 
piano (Ya) taglia la retta fi. 


911 


a') Si sechi col piano t la retta 
aj, comune ai piani dei due fasci 
A4:0;, B;B,, e si consideri il fascio 
avente quale centro il punto Cs co- 
mune a t ed alla a,B,, e quale piano, 
il piano Ya secondo cui esso punto 
(C.) proietta la A;B.. 


Il fascio C,r, avrà a comune un raggio colla stella (P) (o 


col piano rigato (m)) ed un raggio con ciascuno dei due fasci 
A,0,, B,8,. Sarà quindi (*) uno dei fasci cercati. Analogamente 
si ottengono — nei due casi — partendo dalle coppie di fasci 


A;0;; City; B18,, Cir, i fasci B89; Asz00. 


a) I piani dei tre fasci 4309, BaP3, 
Css concorrono in P; il punto comune 


a') 1 centri dei tre fasci As09, 
Bs», Csa giacciono in ©; il piano 


ai piani dei fasci dati A40,... sarà, congiungente i centri dei fasci dati 
il punto S. 4,0, ... sarà il piano 0. 
35. — Si potrà assai facilmente costruire un sistema co? di 


serie rigate del tipo considerato — per ognuno dei due casi a), a’) 


— col procedimento seguente: 


a) Condotta un’arbitraria retta 7" 
per P, i raggi dei 3 fasci, che vanno 
ai punti d’intersezione della 7" coi 
piani dei 8 fasci, apparterranno ad 
una serie rigata, che avrà evidente- 
mente una retta r nella stella (P). 
Variando la 7’ nella(P), la serie rigata 
descriverà un sistema 00° ecc. (**). 


a') Assunta in t un’arbitraria 
retta »’, i raggi determinati sui piani 
dei 3 fasci dai piani che proiettano 
la 7" dai centri, apparterranno ad 
ad una serie rigata, che avrà evi- 
dentemente una retta r nel piano ©. 
Variando la »' in (t) la serie rigata 
descriverà un sistema co? ecc. (**). 


36. — Il complesso polare f' conterrà (nella Y') 9 coppie 
di rette doppie distinte: concorrono tali rette 4 a 4 nei 6 centri 
dei fasci di rette doppie di f, e giacciono 4 a 4 nei piani dei 
fasci stessi. Fra le 9 congruenze lineari di f" (nella y') ve 


(*) Ricordando come si son costruite (ni 2-3) le tre rette doppie di 
appoggiate al piano T. 

(**) Gli ulteriori procedimenti di costruzione del complesso — e più 
precisamente dei sistemi (7) ed (23) — si potranno enunciare introducendo 
anzitutto la particolarizzazione assunta (n° 33) dalla configurazione Y, con 
che si otterranno i complessi generici del fascio da questa determinato, 
osservando poscia, che i complessi dei due tipi a), a’) ora in esame, sono 
particolari complessi di tal fascio. 


912 UMBERTO PERAZZO 


n’hanno 6, spezzate ognuna in una stella di rette ed in un piano 
rigato coi sostegni incidenti. 

Giacciono inoltre in f', ordinatamente la coppia di stelle o 
di piani rigati appartenenti al complesso f. Sarà doppia ancora 
pel complesso f" — nel 1° caso — la retta congiungente i centri 
delle due stelle, — nel 2° caso — la retta comune ai due 
piani rigati. 
I due sistemi (/,'), (2) in f, delle serie rigate incidenti a 
quelle costituenti i sistemi (/;), (0) in f potranno ritenersi costi- 
tuiti dalle 00? serie rigate appoggiate ognuna ad una terna di 
rette di tre dati fasci e ad una retta di una data stella (0 piano 
rigato). Facilmente se ne deduce — per ciascuno dei due casi — 
un semplice procedimento di costruzione del complesso, analogo 
a quello indicato pel complesso f. Ecc. 

I sistemi (2,) in f, (2) in f (oppure i sistemi (1.), (099) ) co- 
stituiscono : 


nel caso a) il sistema 00° delle qua- nel caso a') il sistema 00° delle qua- 
driche passanti per 4 punti dati e tan- driche tangenti a 4 piani dati e pas- 
genti a 3 piani dati, î quali passino santi per 3 punti dati, î quali giac- 
rispettivamente per 3 dei 4 punti. ciano rispettivamente su 3 dei 4 piani. 


Potrà enunciarsi ora completata,.e sotto aspetto un po’ 
diverso la proposizione (1) del n° 34: “ Nel sistema c* delle 
quadriche passanti per 4 punti fissi e tangenti a 3 piani dati, 
incidenti rispettivamente a 3 dei 4 punti, la 03 delle rette giacenti 
sopra le quadriche del sistema può considerarsi pure come la 003 
delle rette giacenti sopra le quadriche che passano per altri 4 punti 
e toccano altri 3 piani, incidenti a 3 dei 4 punti ,.“ E dualmente ,. 


8 6. 


Nei complessi esaminati nel $ precedente non tutti i 6 
sistemi di serie rigate erano suscettibili della particolare defi- 
nizione relativa ad uno — o due — di essi. Studieremo ora 
brevemente i casi in cui ciò si avvera, per la particolare posi- 
zione degli elementi individuanti il complesso. 

87. — Si consideri la M; secata dalla F sopra una forma 
quadratica £, la quale contenga le 9 rette doppie della 7, o 


Lera neo “e © 


terni 


SOPRA UNA FORMA CUBICA CON 9 RETTE DOPPIE, ECC. 913 


— ciò che fa lo stesso (n° 19) — sia polare rispetto ad Y. Sup- 
porremo ora generica la £ nel sistema delle prime polari rispetto 
ad F. | | 

Il complesso f corrispondente alla Mz sopradetta conterrà 
9 fasci di rette doppie. Si otterrà una configurazione del tipo 
della y relativa al complesso, assumendo due terne di rette 
m,n,0; m',n',0', tali che ogni retta dell’una determini con cia- 
seuna dell’altra un fascio, e considerando effettivamente i 9 fasci 
definiti in tal guisa (n° 5.8)). In altre parole: accoppiando nei 
9 modi possibili due rette, scelte risp. in due terne di rette di 
una stessa quadrica Q, appartenenti a sistemi diversi. 

Giacciono inoltre nel complesso f 9 congruenze lineari, le 
cui coppie di assi (sghembi) sono coppie di rette polari rispetto 
alla quadrica Q. Si possono ottenere tutti gli assi delle con- 
gruenze stesse, congiungendo i centri dei fasci di rette doppie, 
che non stanno sopra una stessa retta della Q, ovvero con pro- 
cedimento duale. 

38. —1I9 fasci della y si dispongono secondo 6 terne 40; 
BB, Citi; 420, ..; A303,..; 4,0, A909, Ag03; BB; Cit, (5); 
ognuna costituita da fasci non in uno stesso complesso lineare, 
I centri ed i piani dei fasci di una stessa terna costituiscono 
rispettivamente un triangolo ed un triedro prospettivi. 

Corrispondentemente si avranno nel complesso 6 sistemi 00? 
di serie rigate, dello stesso tipo, 

Si potranno essi definire secondo le @); 8) (n° 30); purchè si 
assumano in modo conveniente (ovvio, definita la y) gli elementi 
dati, individuanti il complesso. Ecc. 

Si può considerare f come il complesso: generico del fascio 
determinato da due terne di complessi lineari, ottenuti assumendo 
due terne di rette di una stessa quadrica, appartenenti a sistemi 
diversi, congiungendo poscia mediante complessi lineari ciascuna 
delle due terne colle tre coppie di rette che si possono assumere 
nell'altra. 


(*) Ove si ponga (come al n° 33): Aa, = (m m'), B8,= (nn°), Cima (00°), 
430 = (0n°), Bf, =(m0'), Cora=(nm'), A303=(n0°), B,B3=(0m'), Cy;=(mn') 
— con (mm’),... indicando i fasci determinati dalle coppie di rette inci- 


denti m,m'j... — 


914 UMBERTO PERAZZO 


39. — Il complesso /", polare di f, avrà 9 coppie di rette 
doppie distinte: conterrà inoltre 9 congruenze lineari spezzate 
ognuna in una stella di raggi ed in un piano rigato coi sostegni 
incidenti. Costituiscono i centri delle 9 stelle i 9 punti comuni 
a due terne (m,n,0; m', n', 0') di rette di una stessa quadrica (0), 
appartenenti a sistemi diversi; i sostegni dei 9 piani rigati son 
‘ costituiti dai piani tangenti in quei punti alla quadrica stessa. 
I 6 sistemi di serie rigate del complesso saranno tutti della 
stessa natura. E facilmente se ne potranno enunciare le diverse 
generazioni. 

Il complesso /' si può ritenere come il complesso generico 
del fascio determinato da due terne di complessi lineari speciali, 
i cui assi costituiscano rispettivamente una terna di generatrici ed 
una terna di direttrici di una stessa quadrica. Ecc. 

40. — Allorchè la forma F — le cui 9 rette doppie giac- 
ciono su È — ha inoltre colla È un piano generico a comune, 
sarà la R stessa la M}j tangente (polare) alla Fin un punto P 
determinato del piano comune (v. n° 32, in fine). Le due forme F 
ed E avranno allora a comune altri 5 piani, uscenti dal punto P 
e giacenti nell’iperpiano tangente in P alle due forme. Ora, 
considerate tre rette «1, d;, cy della È, non in uno stesso Sy, esi- 
.stono due, soli piani della È (appartenenti a diversi sistemi) i 
quali ad esse si appoggiano. Se ne deduce che nel fascio di 
forme F determinato dalla configurazione F, le cui 9 rette giac- 
ciono sulla R, esistono due forme (tangenti alla È) ciascuna 
delle quali ha 6 piani a comune colla È: piani concorrenti in 
un unico punto e giacenti in uno stesso iperpiano. 

Corrispondentemente: nel fascio di complessi f determinato 
dalla nota configurazione Y del n° 37 (v. pure n° 38, in fine) 
esistono due particolari complessi: ognuno di essi contiene, oltre 
alle 9 congruenze lineari della 1, tre stelle e tre piani rigati 
appartenenti ad uno stesso complesso lineare speciale: in altre 
parole tre stelle i cui centri stanno sopra una stessa retta e tre 
piani rigati i cui sostegni passano per la retta congiungente 
i 3 centri. — Tale retta risulterà evidentemente doppia pel 
complesso. 

Per ognuno dei due complessi risultano perfettamente de- 
terminati mediante la Y le tre stelle di raggi ed i tre piani 
rigati. Nell’un complesso — conservando le notazioni precedenti 


tue. 


gi > le A ART e ag 


SOPRA UNA FORMA CUBICA CON 9 RETTE DOPPIE, ECC. 915 


(v. nota (*) al n° 38) — i centri delle tre stelle sono i punti 
018,115 28oY2, %383Y3 comuni ai piani delle 3 terne di fasci 
A,0,, B,8,, Citi; 400;.-; 430g,.., ed i sostegni dei piani rigati: 
i piani A 43.43, B1B3B:, CCsC; congiungenti i centri delle tre 
terne di fasci A;a;, 430, 4303; B;B,,-.; Cifi,... Nell’altro com- 
plesso si avranno le tre stelle di centri i punti 0,003, 88383, 
YifaY3 ed i tre piani rigati aventi quali sostegni i piani A4,B;0,, 
AgB309, A3B303 (*). 

41. — Fissata nella configurazione Y, ad es., la terna di 
fasci 4,0;, B;8,, Ci, e considerata inoltre la terna A03, B38,, Caro 
(od indifferentemente la terna 4303, B3B3, 0313), i due complessi 
individuati nel modo detto al n° 34 dai tre fasci dati A,a,, 
B,8,, CY; e rispettivamente dalla stella di centro il punto 0,83Y3 
o dal piano rigato avente qual sostegno il piano A4,B;C,, sa- 
ranno i due complessi richiesti. Giaceranno in ognuno di essi 
3 sistemi co? di serie rigate aventi la stessa definizione a) data 
al n° 34, i rimanenti tre si potranno definire secondo la d'’). 
Sarà cioè possibile, assegnata la Y, costruire ognuno dei due 
complessi — mediante i semplici procedimenti dati al n° 35, — 
partendo da tre punti e da tre piani ben determinati e distinti. 

Discende in virtù di tali costruzioni e da un’osservazione 
del numero precedente (in nota), che ad ognuno dei sistemi 00? 
di serie rigate dell’un complesso è collegato un determinato 
sistema nell’altro, che da quello si può ottenere costruendo 
le co? serie rigate polari, rispetto alla quadrica Q, delle serie 
rigate che costituiscono il primo. 

42. — Fra gli co! complessi /" del fascio definito al n° 39, 
sono a considerarsi due particolari complessi: polari rispettiva- 
mente dei due complessi f studiati nei numeri precedenti. Con- 
tiene ciascun d’essi, oltre alle 9 congruenze lineari della confi- 
gurazione Y relativa, spezzata ognuna in una stella di raggi ed 
in un piano rigato coi sostegni incidenti (n° 39), le due terne 


(#) I tre punti wBif,, 0383Y3, 383Y3 giacciono quindi sopra una stessa 
retta, per cui passano i piani Ax 4343, BB,B3, C,C3C3. Analogamente i tre 
punti a,0,03, BiBaB3, YiY2Yz giacciono sopra una stessa retta, per cui passano 
i piani 44B;C,, A43B3C,, A3B3C3. Ciò si verifica pure direttamente, in modo 
immediato. — Le due rette sono fra loro polari rispetto alla quadrica @, 
toccata dai piani di, fi, Yi rispettivamente nei punti Ai, Bi, Ci. 


916 S. KANTOR 


rispettivamente di stelle di raggi e di piani rigati site nel 
complesso f ad esso polare. 

Ciascuno dei due complessi ha, all'infuori delle 9 coppie 
di rette doppie della y, un’ulteriore retta doppia, su cui giac- 
ciono i centri delle 3 stelle e passano i sostegni dei 3 piani rigati 
sopradetti. 

I 6 sîstemi di serie rigate nei due complessi si potranno 
definire tutti, ad es. secondo la definizione data al n° 36, 
purchè si assumano per ognun d’essi i tre fasci di rette ed il 
centro della stella (P) (od il sostegno del piano rigato (m)) nel 
modo indicato al numero precedente. Ecc. 

Si può osservare ora, in relazione all'ultima proposizione 
del n° 36, che, definito nel modo detto ivi, un sistema 00? di 
quadriche, quando si assumano gli elementi dati nella particolar 
guisa indicata dal n° 41, la 008 delle rette giacenti sulle qua- 
driche del sistema giace in altri cinque sistemi di quadriche, di 
cui due aventi la stessa definizione del primo, i tre rimanenti la 
definizione duale. 


I numeri razionali in Geometria. 
Nota di S. KANTOR. 


Nel vol. 41 dei “ Math. Ann. ,, pp. 591-596, il sig. Busche 
a Bergedorf pubblica un teorema molto interessante, a cui si 
può dare la forma che segue: 

Sia dato in È, un (r+2)-gono P, P.P.... P49 e si costrui- 
scano i punti: d’intersezione delle rette 


P,P;, e dello spazio. P. Ps... Pi-1 Fiere Pr42 (i=3,...r +2) 


che siano T;,... Ts, — la retta P, P; sarà incontrata dai due 
spazi: Res (Pi Pa e NTI 710) ei puiti Vi, Vi aloni 
rapporto anarmonico con P,P, ha il valore — r, dunque 


PU . PU 
P3U,g © PaUy 


SR 


(P.P.UgU' 8) = 


I NUMERI RAZIONALI IN GEOMETRIA 917 


Il Busche dimostra la proposizione, calcolando effettiva= 
mente il valore servendosi delle coordinate Cartesiane. Il teo- 
rema è del resto come fatto per l’applicazione del calcolo bari- 
centrico. 

Ma in questo breve lavoro desidero dare una dimostrazione 
puramente geometrica e giungere ad una generalizzazione di 
questa proprietà, che manifestamente è l’ analoga in PR, della 
proprietà armonica del quadrilatero; ed indicherò brevemente, 
come la proposizione generalizzata possa mettersi alla base di 
belle ricerche sulla teoria delle configurazioni. Credo d’aver tro- 
vato la vera ragione del teorema in quistione. 


Un lemma sui sistemi lineari di M._,. 


Se in un sistema lineare 20" di M,_, în È, esiste una M,-3; 
la quale ha un punto l-plo in un punto P, le derivazioni (*) 
(2 — 1)-sime per P relative a tutte le M,-1 del sistema formano 
un sistema lineare n" invece che 0". 

Se nel sistema esiste un sistema lineare 00%, le cui M,_1 
hanno tutte P per punto /-plo, le derivazioni (f — 1)-esime per P 
relative a tutte le M,_; del sistema formano un sistema li- 
neare c0"”-*—1 invece che 00". 

Questo lemma, il quale segue analiticamente dal divenire 
indeterminato di un sistema di soluzioni di date equazioni li- 
neari, si dimostra geometricamente, servendosi dapprima del 
lemma; che la derivazione (f — 1)-ima di un punto /-plo di M,_1 
relativa a M,-1 svanisce identicamente, dappoi ricercando un 
fascio di M,_1, una rete di M,_1, ecc. che passano per quella 
data M,_;, finchè si arriva alla derivazione relativa al si- 
stema 00". 


Dimostrazione del teorema. 


Per agevolare l’intendimento l’espongo dapprima per È. 
Le tre terne di piani. 


1) EB Pio) BiEnag PRR 
2) PPP, PIP, APP 
3) Pi Es tgy EL LOLA, © Log deo 


(*) Mi servo di questa espressione, invece della parola “ polare ;. 
Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 61 


918 S. KANTOR 


formano tre superficie cubiche, ognuna a punto triplo; questi 
tre punti sono 
Ts, 15} 13 


del teorema. Esse determinano una rete di Mì, che hanno in 
P,P,P;, punti doppi, contengono Pî e P. e passano perciò cer- 
tamente pel trilatero P;P,P,. Quelle Mî del sistema 00°, che 
passano per U,», devono dunque decomporsi nel piano di (P;P,P.) 
ed inoltre in un sistema co! M3?(PîP; P,P. P.), che passano 
dunque tutte per la retta P, P.; per conseguenza esiste nella 
rete un sistema co! di M? passanti per Uî.. Secondo il nostro 
lemma U, ha la stessa derivazione piana relativa a tutte le Mî 
della rete. Essa passa, poichè nella rete esistono tre M} a punti 
tripli, per questi punti tripli 73, 7, 7. Perciò 73 7, 75 è la de- 
rivazione piana di U,, relativa a tutte le M} della rete, ovvero: 


U',, è la derivazione lineare di U,, relativa a PÎ P.. 


A partire da questa tappa la dimostrazione si sviluppa 
come nello , generale, e passerò dunque a questa dimostra- 
zione generale. 

Formo in È, le seguenti r-uple di £,_,: 


1) (P.P3P,Ps 00° Pr-+1) ° (PPP, ee. P,Py49) ela è (P.P3Fi se. P,+3) . 
«(PPP Dn P,42) 


2) (P.P.P3Pi 000 Pers) . EP E: DOO EePr_9) 0 c00 0 CET: ceo P,2) . 
. (P.P.PL ce. P;4a) 


r) (PPP vee Fa «(PPP DSC Pri Pr 0 000 (P.P...Pa BASI . 
. (P.PsP, DOC Pool 


dove, per spiegare il quadro, ad ogni spazio £,-1, che con- 
giunge P. con uno F,-» laterale di (P;... P.4:), sono aggiunti 
ir—1f.-1, che congiungono P, cogli altri r—1 R,_s. — la- 
terali di (Pl PESÌ 

Le r M?_, scomposte determinano un sistema lineare 00°! 
completo, che è definito da P*... Pig} PI! P.. In seguito a 


e e 


ig e an 


I NUMERI RAZIONALI IN GEOMETRIA 919 


tali molteplicità queste Mi_; passano per gli £,_s laterali del 
r-gono (P,... P,-2). Quelle Mj_, del sistema co”, che conten- 
gono il punto U,,, devono decomporsi dunque nello spazio 
B,-1(P;,.. P.2) ed in una MIZ del sistema co”? per (PT! 
Pi Pi... PIP.) Queste Mj_i contengono, poichè esse hanno 
colla retta P,P. r punti d’intersezioni, interamente la retta, pas- 
sano dunque per U,, ciò che esprime, che esiste nel sistema co”! 
un sistema 00”? di M,_1, che contengono Uî,. 

Ora applicando il lemma si conclude, che U, ha relativa- 
mente a tutte le MT_, del sistema 00”! la stessa derivazione 
lineare. Ma ognuna delle M,_; scritte qui sopra ha un punto 
r-plo, cioè uno dei punti suddefiniti 7}, ... 7.+:; dunque la de- 
rivazione piana deve essere il piano ,_1(73,... 7,2). Ossia: 

Il punto U'» è la derivazione lineare di U,, per rapporto 
alla coppia (Pi-' Pi), questa cioè presa come una r-pla compressa. 

Per questa ragione si ha la nota equazione Newtoniana 


1 1 | r_1l L=") 


Ug U 13 Wei U;a Pi U,sP, ) 


da cui si deriva successivamente 


(r—1)U,P.U,sP.+UywP,.UP,=(r-1)U,3P,.UsU' + UwsP,.UeU' 
(1) UP 03 P, = UP PU 
U;sP, . U',sPs 


agi d (—- 1) == U,,P, UP, 
P,Ua x Ema Bi 1 
P,Uxg " PaUWji (1 DO PANINI LO PRRCEMERCO 


Dinotando poi lo spazio (7... 7,2) con T: e quello, che 
nasce dalla stessa costruzione, ma coi punti P,P. permutati, 
con T,,, avremo subito l’altra conclusione: 

I due spazi T,. e T., segano lo R,.-1(P;... P,,2) nello stesso 
R,-3, il quale è la derivazione piana di U, relativa al r-gono 
{Pat Ried). 

Ora invece di procedere per la costruzione degli altri nu- 
meri razionali come il sig. Busche, preferisco di dare la seguente 
generalizzazione del teorema, che mi pare avere un valore anche 
indipendente da ciò. 


920 S. KANTOR 


Generalizzazione. 


Sia dato in R, un (r + 2)-gono P, ... P42 e sì costruiscano 
— dopo di aver ripartiti i punti P,,... Pr42 in tutte le maniere 
possibili in r, punti — notazione (TT),,, ed in rs punti — nota- 
zione (TT),,, essendo rr4+rs=r — per ogni partizione i due spazi 


R,, per (TT), P, ’ È,, per (TT), P, ; 


questi si seghino ogni volta nel punto T, che esiste a cagione di 
rit re=r. Allora tutti î (r),, punti Tx sono contenuti in uno me- 
desimo R,-, e questo sega P,P, in un punto U'x, che con Ux, 
l’incontro di P,P, con R,-1(P,... P2), determina il rapporto 
anarmonico 


PU, . P,U'sa facliliabe dii 


PU” PaU's9 fa” 


Dimostrazione della generalizzazione. 


1) Formando questa volta cogli r,f,-1, che congiungono 
P, a (T1),, e ad r—1 punti qualunque presi entro al gruppo 
complementare (TT),,, e cogli 7: R,-1, che congiungono P, al 
detto (TT),, e ad r—1 punti qualunque del gruppo (TT),,, una 
M'_, scomposta in r,+ rs È; questa avrà nel punto 77, dedotto 
nel modo anzidetto dalla partizione (TT),, (TT),,, un punto r-plo. 

2) Le (r),, M?_, formate così da tutte le partizioni defi- 
niscono un sistema lineare, la cui dimensione » noi non deter- 
miniamo, perchè non ci giova, ma che ci accorgiamo avere per 
tutte le sue MT_; le molteplicità 

Ra baPrae 

dove gli esponenti delle parentesi dinotano la molteplicità di 
tutti i punti sottintesi nella parentesi. In seguito a tali molte- 
plicità ogni M'_, del sistema lineare passa per i rr4-r.=r spazi 
laterali del r-gono Pi, ... P4+2. 

3) Così ogni Miî_, del sistema 00”, che contiene U;, con- 
tiene per forza tutto lo spazio R,.-1(P}... P.42), dovrà perciò 


I NUMERI RAZIONALI IN GEOMETRIA 921 
scomporsi in questo ed in una M77j per Pi: Pp Pi... P.I, 
passare dunque per la retta P,P. e doppiamente pel punto Vs. 
Esiste, concludiamo, nel sistema co" un sistema 00° di M,_,, 
che hanno U, per punto doppio. 

4) Applichiamo adesso il nostro lemma, inferendo che U,» 
ha la stessa derivazione piana £,_, relativa a tutte le M,_, del 
sistema. Ma secondo 1) ci abbiamo nel sistema le (r),,M,-1 con 
punto r-plo Tr. Questi punti sono dunque sicuramente in un 
medesimo F,_;,, il quale è quella derivazione. 

Lo spazio T,., che contiene i (r),, punti 7 d’intersezione, 
sega PP, in un punto U'», che è la derivazione lineare di Us 
relativa a Pi Pf. 


Ciò dà luogo all’equazione Newtoniana 


1 miri sd | ri us ra 
U,3U'12 r \ UP, Uxg Pz 
donde successivamente 


r:UxPi. UP: + ra. UssP.UsgP,="r.Un U',9.UsPa + ro. Un U',,.UxP, 
ti. OsP,.U'aP,= ts. UP, . P,U'% 
PU , fili in 


P,U,g° PaU'sg a 


Come le M? , contengono gli R,_3 dei P,... P,+ soltanto 
semplicemente, ci dà la precedente dimostrazione ancora la se- 
guente conclusione, dove lo È,-; risultante è designato con T,,.,,. 

Indipendentemente dai numeri r,, r:(rr + r.= 7) tutti gli 
spazi T,,,-,, che si determinano per un (r++2)-gono P, ... Pr4o 
partendo da P,, P. passano per lo stesso spazio R,-3 dello R,_1 
(P, ... P,2), il quale spazio è la derivazione lineare di U,» re- 
lativa al r-gono Pi... Pr4a. 


Conclusioni. 


1. Partiamo dal (r + 2)-gono completo P,... P,+2 e fac- 
ciamo per ogni suo spigolo la prima delle costruzioni di sopra. 
Otterremo una configurazione di £,-1. Questi 2(r +2), £,-1 


922 S. KANTOR 


siano designati come i È,_ diagonali di 1? specie del (r+2)-gono. 
Premettiamo: 

Se in un (r4-2)-gono completo dello È, ogni spigolo P, Pi è 
segato in un punto T., col R,-1(P...-Pi+1Pi41Pr1P41 P+2) 
complementare, nascono (r +2) punti, che presi r ad r determi- 
nano (r4-2)(r +1) E,-1, gli R,-1 diagonali di 1% specie. 

Ogni R,-, diagonale è coordinato ad un determinato spigolo 
ed allo spazio laterale complementare E,_1; soltanto per r=2, 
cioè nel piano, anche lo spazio laterale. complementare è una 
retta, dunque la diagonale è coordinata a due spigoli, ciò. che 
è la nota coordinazione delle tre diagonali alle tre paja di lati 
opposti nel quadrangolo completo. Inoltre ogni £.-1 diagonale 
è coordinato ad un punto diagonale, al punto d’intersezione cioè 
dei lati coordinati E,, &,-1, ma ad ogni punto diagonale sono 
coordinati due R,_, diagonaii. Per ogni punto diagonale pas- 
sano 2r È,-, diagonali. 

I R._;, diagonali di un (r+-2)-gono completo in È, segano 
lo R,-, laterale rispettivo nello stesso ,_s, cioè nella deriva- 
zione lineare del suo punto diagonale fatta relativamente al 
r-gono nel F,_, laterale. Invece essi segano gli spigoli rispet- 
tivi ognuno in due punti diversi, cioè nelle derivazioni lineari 
del punto diagonale relative al prodotto dell’un vertice (r—1)- 
plamente contato e dell’altro semplicemente contato. L’intera 
configurazione dei (r +2), punti diagonali e 2(r+-2), spazi dia- 
gonali di 1° specie può chiamarsi la prima configurazione dia- 
gonale del (r + 2)-gono. 

2. Se però eseguiamo la 2* delle costruzioni di sopra per 
tutte le P.P,, otteniamo tutti i punti d’ intersezione di. due 
spazi laterali £,,, ,, complementari; nascono (74°) punti d’in- 
tersezione. Ma questi sono adesso a (r),, a (r),, in uno P_i. 
Così nascono (r +2)(r+1) differenti R,_, diagonali di r,-ma specie. 

Ogni tale R,_i diagonale è in modo determinato ascritto 
ad uno spigolo ed al f,_, complementare, perciò anche al punto 
diagonale, che è il loro punto d’intersezione. Invece apparten- 
gono al punto diagonale due R,_1 diagonali di r,-ma specie. 
Così nasce la r--ma configurazione diagonale. 

Gli &,_1 diagonali di r.-ma specie di un (r+2)-gono com- 
pleto in £, segano gli R,_1 laterali rispettivi nelle medesime 
derivazioni lineari dei punti diagonali relative al r-gono situato 


I NUMERI RAZIONALI IN GEOMETRIA 923 


nello spazio F,- laterale, ma lo spigolo rispettivo in due punti 
differenti, cioè nelle derivazioni lineari del punto diagonale fatta 
pel prodotto dell’ un vertice r,-plamente contato e dell’ altro 
(r—r,)-plamente contato. 

3. Se però r= 2r,, nasce una configurazione di È, dia- 
gonali di (r:2)-ma specie e si ha: 

Ogni R,-1 diagonale della (r :2)-ma specie sega sullo spigolo 
rispettivo del (r + 2)-gono il punto armonico al rispettivo punto 
diagonale per rapporto al pajo di vertici situati in quello spigolo. 

La configurazione diagonale (r:2)-ma contiene soltanto 
(+2) £,1 e (r+ 2). punti. 

Prendendo in &R,r +41 punti P per origini di coordinate, 
lo (r + 2)-mo come il punto x, = ...= #,41, si ottengono per 
gli (r +2). &._1 le equazioni 


re, — 2XYaxr=0 k=-i;i=1l,.r+1 
LIRE RETI la 
rei trar—2Za =0 I=i,k; t,k=1,..rt1 
1...r+1 


La forma di queste equazioni suggerisce l’idea che la con- 
figurazione (r:2)-ma non è ancora completa; ci saranno ancora 
altri ordinamenti di punti situati in spazi R,-1. 


Venezia, marzo 1901. 


924 


Relazione sulla Memoria del Prof. Lurer Sasparani: Fur- 


zione biologica del calcio. 


H Prof. Sabbatani, seguitando nello studio chimico e bio- 
logico dell'acido citrico, pel quale presentò già agli Atti di 
codesta Accademia tre note (nelle adunanze del 1° genn. 1899, 
8 apr. e 18 nov. 1900), cerca nella presente Memoria di sta- 
bilire il meccanismo intimo per cui il citrato trisodico riesce 
altamente tossico, quando viene injettato direttamente nelle 
vene degli animali. 

Dimostra che fra il citrato trisodico ed il calcio esiste 
un'azione antagonistica bilaterale, generale, che si manifesta 
tanto ‘per injezioni endovenose quanto per applicazione diretta 
su organi isolati (corteccia cerebrale, midollo, nervi, muscoli); 
ammette però che il citrato trisodico riesca tossico in quanto 
immobilizza quelle minime quantità di calcio sciolto, chimica- 
mente attivo (jone), che trovansi normalmente in tutti gli organi 
e tessuti dell'organismo animale. Questa ipotesi trova appoggio 
in considerazioni chimiche e fisiologiche che l'Autore ha esposto 
in una precedente pubblicazione “ Calcio e Citrato trisodico 
nella coagulazione del sangue, della linfa e del latte ,; confron- 
tando poi la tossicità dei varî acidi della serie grassa, fra tutti 
si dimostrano altamente tossici (allo stato di sale sodico) il ci- 
trato, l’ossalato ed i saponi alcalini; precisamente quelli che, 
precipitandolo o no, hanno il potere d’immobilizzare chimica- 
mente il calcio, e però sono anche atti ad impedire la coagu- 
lazione enzimatica del sangue a minime dosi. 

Da questo studio appare che una determinata quantità di 
calcio attivo è indispensabile alla normale funzione degli organi 
e che in generale aumentando questa quantità di calcio si ha 
diminuzione, e diminuendola si ha aumento dell’attività cellu- 
lare. Il Prof. Sabbatani ritiene che il calcio-jone dei tessuti 
abbia una funzione biologica permanente, moderatrice dell’atti- 
vità cellulare. 


È. fe E e OI 


925 


In questo lavoro si vede chiaramente l’importanza che 
hanno gli studì chimici in questioni biologiche; ed il Prof. Sab- 
batani dimostra appunto in questo e nei precedenti lavori una 
cultura chimica soda. Egli ha cominciato collo studiare l’acido 
citrico dal lato delle trasformazioni che subisce per l’azione di 
| agenti ossidanti e catalitici, poi ne riconosce l’importanza che 
può avere nell'organismo e di qui passa allo studio dei sali di 
calcio in rapporto col citrato sodico. È una serie di lavori ben 
concatenati e ben condotti. Inoltre l'Autore promette che queste 
ricerche saranno continuate. L'importanza di questo studio per 
sè e per le ricerche successive cui può dare luogo è manifesta, 
e perciò i sottoscritti propongono che la Memoria del Prof. Sab- 
batani sia letta alla Classe ed inserita nel volume delle Memorie. 


A. Mosso. 
I. GuaREscHI, Relatore. 


L’ Accademico Segretario 
Enrico D’OvipIo. 


CLASSE 


SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE 


Adunanza del 9 Giugno 1901. 


PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. ALFONSO COSSA 
PRESIDENTE DELL ACCADEMIA 


Sono presenti i Soci: Peyron, Vice Presidente dell’Acca- 
demia, Ferrero, Direttore della Classe, Pizzi, SAVIO e RENIER 
Segretario. — I Soci CARLE e CipoLLa scusano l’assenza. 

È approvato l'atto verbale dell’ adunanza antecedente, 
19 maggio 1901. 

Il Presidente annuncia alla Classe la perdita dolorosa, ieri 
seguìta, del Socio CoenetTtI pe MaRTIS e ne rammenta le bene- 
merenze con affettuose parole. Crede d’interpretare i sentimenti 
della Classe pregando il Socio CArLE di dettarne una comme- 
morazione. 

Comunica quindi il Presidente medesimo: 

1°, i telegrammi del Prefetto della Provincia partecipanti 
la nascita della Principessa JoLAnDA MARGHERITA DI SAVOIA, 
non che il dispaccio con cui l'Accademia ha inviato alle LL. MM. 
le sue felicitazioni ed i suoi auguri; 

2°, il R. Decreto 18 aprile 1901, col quale fu concessa 
al Socio Brusa la pensione accademica; 

3°, un programma di concorso pubblicato dalla R. Acca- 
demia economo-agraria dei Georgofili di Firenze. 

Da parte del Socio CARLE sono presentati i seguenti due 
volumi: 


927° 


1°, Vocabolario amarico-italiano, Roma, 1901, del Socio 
corrispondente Ignazio GuIDI; 
2°, Sull’indice (Syntagma) degli autori e dei libri che ser- 
virono alla compilazione delle Pandette, Pisa, 1901, del Socio cor- 
rispondente Francesco BuoNnaAMICI. 
Il Socio Ferrero, Direttore della Classe, fa omaggio del- 
l’ opuscolo del prof. Guido Bigoni, Una fonte per la storia del 
Regno di Sicilia (Il Carmen di Pietro da Eboli), Genova, 1901. 
Il Segretario presenta una nota del Socio CrpoLLa: Nuove 
| notizie sulle relazioni del p. Luigi Tosti col Piemonte. È inserita 
negli Atti. 


928 CARLO CIPOLLA 


LETTURE 


Nuove notizie 
sulle relazioni del p. Luigi Tosti col Piemonte. 


Nota del Socio CARLO CIPOLLA. 


Nella Seduta Accademica del 25 nov. 1900 ho -ricordato 
il nome venerato del p. Luigi Tosti cassinese. Qualche ulteriore 
ricerca, ma sopratutto la gentilezza degli amici, mi pone ora in 
grado di aggiungere alcune notizie nuove, per completare quelle 
che allora diedi intorno alle relazioni del Tosti col Piemonte. 


* 
* %* 


Antonio Rosmini risiedette lungamente in Stresa, e quivi 
morì. Stresa, sul Lago Maggiore, appartiene in qualche maniera 
al Piemonte, e questa circostanza mi permette di scrivere qui 
il nome del Rosmini, al quale il Tosti si rivolse quando pen- 
sava a fondare l'Ateneo. i 

Ho pubblicata una lettera del Tosti al Cibrario, in data 
10 dicembre 1843, dalla quale apparisce com’egli desiderasse la 
collaborazione del Rosmini al futuro periodico; pregava in essa 
il Cibrario a cercare modo per raggiungere questo scopo. In 
una lettera del Tosti indirizzata al valoroso archeologo peru- 
gino G. B. Vermiglioli, datata da Monte Cassino, pure sotto il 
10 dic. 1843 (1), si annovera il Rosmini fra i dotti “ invitati , 
dal Tosti, a collaborare nell’impresa. Ora il gentilissimo p. Rocca, 
dell’Istituto della Carità, mi procurò dall'Archivio Rosmini di 
Stresa la copia delle lettere che in tale occasione si scambia- 


(1) Questa lettera indicatami cortesemente dal ch. prof. E. Ferrero, sta 
pubblicata nel volume Della vita, degli studi e delle opere di G. B. Vermi- 
glioli, Perugia, 1855, Appendice di documenti, pp. LXXXVII-IX. 


NUOVE NOTIZIE SULLE RELAZIONI DEL P. LUIGI TOSTI, ECC. 929 


rono il Tosti e il Rosmini. Mi par buona cosa pubblicare qui 
l’una e l’altra lettera (1). 


Chiarissimo Signore, 


Non è terra incivilita in tutta Europa, in cui non sia giunto il 
nome suo, come quello d’illustre Filosofo, e di Scrittore di pure ed 
elettissime forme. Perciò non maraviglierà, che un oscuro monaco sappia 
di Lei, e confidando in quella generosità, cui sempre si meritano gl’in- 
gegni veramente grandi, osi venirle innanzi con questa lettera, chieden- 
dole un favore. Perdoni a me tanto ardimento, e non abbia a vile la 
preghiera ed il pregante. 

Essendosi stabilita una Tipografia in questa Badia di Monte Cassino, 
per imprendere una periodica pubblicazione di quei Manoscritti, che 
ancora sono inediti in questo Archivio Cassinese, è sorto nella mente 
de’ miei Confratelli un divisamento, che ora io sottopongo al suo giu- 
dizio autorevole. Pensiamo raccogliere le menti degli uomini più illustri 
di tutta Italia nella compilazione di un’opera periodica di Scienze, Let- 
tere ed Arti in rapporto alla Religione: la quale opera sia come una 
solenne professione di Fede degli uomini, che gl’Italiani sono usi a ri- 
verire come grandi, onde le loro trattazioni scientifiche e letterarie 
condite del sapor religioso, educhino le menti a questo pensiero, come 
cioè la Religione sia unica fonte di progresso dell'umano sapere, e come 
gl’ingegni più elevati volontieri si sottomettano al giogo della Fede. 
Questa sarà opera santissima, e pel bene morale che frutterà ai popoli, 
e per la gloria che ne verrà a Iddio. 

Abbiamo aperto il nostro divisamento a Silvio Pellico, al conte 
Cesare Balbo, al cav. Cibrario, a Carlo Troya, e questi lo hanno raf- 
fermato col loro suffragio, e volentieri entrano nella compilazione. Noi 
non saremo che raccoglitori ed editori delle scritture, che i personaggi 
più illustri del nostro paese ci manderanno. Aspettiamo risposta dal 
Manzoni, dal Galluppi e da altri, da noi pregati a venire in questa 
compilazione. In opera tanto santa, tanto decorosa all’Italia, e che deve 
rappresentare il nostro paese in faccia alle altre nazioni, potrà mancare 
il nome del Rosmini? Sebbene Ella intenda a gravissimi lavori, tutta- 
volta non le tornerebbe impossibile volgere gli occhi a noi, 0 meglio 
alla Chiesa ed all’Italia, cui intendiamo rendere servigio. Non ignoro 


(1) Esse naturalmente mancano nell’Epistolario di Antonio Rosmini- 
Serbati, 2 volumi, Torino, 1857, che contiene soltanto le “ lettere religioso- 
famigliari, del Rosmini. Nè trovai accenno alle nostre lettere, nelle poste- 
riori pubblicazioni riguardanti il carteggio del Rosmini. 


950 CARLO CIPOLLA 


come siano alcuni, che nell’altezza delle sue meditazioni lo raggiungano 
con impronte polemiche, a turbarle la mente, ed a torcere gli spiriti 
dall’ammirazione ben giusta delle sue Teoriche (1). Nell’ Ateneo Italiano 
(che potrebbe essere il titolo dell’anzidetta opera) Ella leverebbe auto- 
revole la voce, e questa sarebbe meglio diffusa ed intesa, di quello 
che potrebbero pubblicarla i libri, che difficilmente vengono a mano 
di tutti. 

Adunque ci volgiamo a Lei caldamente pregandola, a concederci 
poter segnare il suo nome tra i Compilatori, e donarci almeno una sua 
scrittura, che giustifichi la presenza del suo nome nell’ Ateneo. Ella, 
maestro in sapienza, e veramente cattolico, pensando come questa im- 
presa sia tutta di Dio, innanzi onorarci di una risposta, interroghi il 
suo cuore; e vado sicuro, che non falliranno le nostre speranze. 

Con tutta venerazione e rispetto mi proffero a Lei, chiarissimo . 
Signore, 

Dalla Badia di Monte Cassino, 
11 Dicembre 1843. 
Umilis.®° Dev.®° Servo 
Don Luiei Tosti, Cassinese. 


Al Reverendissimo Padre D. Luigi Tosti Cassinese 
nella Badia di 
Monte Cassino 
Regno di Napoli. 


Molto Reverendo Padre, 


Un'opera periodica volta a raccogliere le dottrine e le opinioni 
religiose di noi tutti italiani devoti all’unità cattolica e uscente dalla 
Badia di Monte Cassino è cosa che rallegra il cuore a solo sentirla 
proporre! Il Signore prosperi sì bella impresa! Escano da cotesto cele- 
berrimo nido della religiosa osservanza, de’ raggi di luce atti a. illu- 
minare la terra e a riscaldarla! Quanto a me, che sì gentilmente chiama 
a parte dell’opera, comincio dall’applaudire al generoso disegno, e vorrei 
poter dirLe d’aver forze e tempo per dargli una mano; ma aggravato, 
come sono, dal pesante fardello della direzione d’un religioso Istituto, 


(1) Delle lotte alle quali il Tosti fa allusione con queste parole, parlò - 
il p. Francesco Paori, Della vita di Antonio Rosmini-Serbati, Memorie, 
Torino, 1880, p. 495 seg. Il Paoli narra come nel 1843 Gregorio XVI ordi- 
nasse sia ai Rosminiani, sia agli avversari, perpetuo silenzio sulle ardenti 
controversie. 


NUOVE NOTIZIE SULLE RELAZIONI DEL P. LUIGI TOSTI, ECC. 931 


occupato negli offici dell’ecclesiastico ministero, obbligato a prestare 
assistenza alla stampa che si fa in Milano delle mie opere, cagionevole 
di salute e stretto oltracciò dal dovere di non essere scortese a molti, 
che scrivendomi hanno diritto di risposta, senza contare i pesi accessorii 
che sopravvengono all’impensata... Ella vorrà benignamente scusarmi se 
non oso prendere impegno di comunicare articoli da inserire in un’opera, 
della quale mi onorerei, se potessi, di dichiararmi collaboratore. Nul- 
ladimeno non voglio togliermi al tutto la speranza che possa giugnere 
un tempo, nel quale dia qualche prova di fatto della sincerità de’ miei 
sentimenti. 

Mi voglia raccomandare al Signore, a cui Ella e i suoi correligiosi 
innalzano tante devote laudi da cotesta sacra solitudine, ed aggradisca 
gli ossequii, coi quali sono 

Stresa, sul Lago Maggiore, 
il 6 del 1844. 
Suo Umiliss. e Obbligatiss. 
A. Rosmini. 


* 
* * 


Mi venne assicurato dal can. G. Frutaz, di Aosta, che il 
Tosti fu in relazione epistolare col can. Gal, pure di Aosta. Ma 
il Frutaz indarno cercò le lettere che quei due eruditi si sono 
scambiate. 


Da 
LS 

A proposito delle relazioni fra il Tosti e Costanzo Gazzera, 
parlai. degli studii che quest’ultimo faceva sui mss. Bobbiesi, e 
accennai ai “ fogli di un ms. Bobbiese , sui quali il Gazzera 
ebbe alcune spiegazioni dal Tosti. Non mi riuscì allora di iden- 
tificare i fogli studiati dal Gazzera. Ma questa oscurità viene 
ora illuminata, mercè della squisita cortesia del cav. Francesco 
Carta, prefetto della Biblioteca Nazionale di Torino. 

Infatti il Carta mi avvertì che il Gazzera alludeva senza 
alcun dubbio a sei fogli d’antico ms. (lo direi del sec. X-X]), 
che furono usati da quell’erudito, e da lui morendo abbandonati 
fra le sue carte all'Accademia delle Scienze. Nel 1894 quei 
fogli ritornarono alla Biblioteca Nazionale. Trascrivo i primi 
righi dell’Esposizione, per metterli a confronto col testo corri- 


932 CARLO CIPOLLA — NUOVE NOTIZIE, SULLE RELAZIONI, ECC. 


spondente, che il Tosti inviò al Gazzera, togliendolo da un co- 
dice Cassinese. I fogli bobbiesi leggono così: “ Quia necesse est 
semper in omnibus codicibus prius predici capitula necessarii 
operis, Yppocras, hodie ut magna nimis pater familias mei ser- 
monis officio ad suae doctrinae epulas adunare festinans, et 
scientie (sic) mensam proponens, copiosas offert opes, ut quisquis 
quod desideraverit mente repleatur. In presenti igitur libro 
intentio est totius artis brevitate capitula disserere; magis hoc 
certius... ,. 

Il Carta potè constatare che questi sei fogli anteriormente 
facevano parte del codice Bobbiese, ora posseduto dalla Biblio- 
teca Nazionale di Torino sotto la segnatura G. IV. 38. 


* 
* 

Dal Bollettino storico-bibliografico piemontese VI [1901], p. 164, 
apprendo che il Tosti fu nei suoi ultimi anni in carteggio col 
prof. cav. Ferdinando Gabotto, sia per la recensione che questi 
fece della collezione delle Opere del Tosti, sia per un articolo 
uscito nel periodico La Letteratura, diretto dal Gabotto stesso. 


L’Accademico Segretario 
RopoLro RENIER. 


Torino, Vincenzo Bona, Tipografo di S. M. e de° RR. Principi. 


PRO E I 


N. i.,Acadery 


Of Sciences 


CLASSE 


DI 


SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI 


Adunanza del 16 Giugno 1901. 


PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. ALFONSO COSSA 
PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA 


Sono presenti i Soci: Berruti, NAccarI, Mosso, SPEZIA, 
CameRrANO, SEGRE, PrANO, JADANZA, Foà, Gun, FILETI, PARONA, 
MartIRoLo e D’Ovipio Segretario. 

Letto ed approvato l’atto verbale dell’adunanza precedente, 
il Presidente comunica il telegramma col quale il Prefetto di 
Torino annunciava la nascita della principessa JoLAnDA MAR- 
GHERITA DI SAVOIA, e il telegramma di felicitazione inviato dalla 
Presidenza al Ministro della Real Casa, col telegramma di 
risposta. Dà inoltre partecipazione della morte del Socio 
prof. comm. SaLvarore CogeneTTI DE MartIS e della parte presa 
dall'Accademia alle onoranze del compianto Collega. E infine 
comunica il R. Decreto 19 maggio 1901, col quale fu approvata 
la nomina del Socio SALvapori a Direttore della Classe. 

Vengono presentate in omaggio le seguenti pubblicazioni: 

dal Socio nazionale non residente prof. Senatore Fran- 
cesco Sracci, tre sue note intitolate: 1° Sulla velocità minima 
(Roma, 1901); 2° Sulla integrazione di una equazione differenziale 
e sulla equazione di Riccati (Napoli, 1901); 3° Sur un problème de 
d’ Alembert (Paris, 1901); 

dal Socio corrispondente prof. G. ZeunER, il 2° volume 
della sua Technische Thermodynamik (Lipsia, 1901); 

Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 62 


934 


dal Comitato per le onoranze a Francesco BrroscHnI il 
1° volume delle Opere matematiche di esso (Milano, 19019; 

dal prof. Prero Giacosa, per incarico avutone dal Mini- 
stero della Pubblica Istruzione, la sua opera Magistri Salernitani 
nondum editi (Torino, 1901), un volume con atlante; 

dal Socio Prano il suo Studio delle basi sociali della Cassa 
nazionale mutua cooperativa per le pensioni (Torino, 1901); 

dal Socio Spezia una nota del dott. L. CoLomBa, Sopra 
alcune lave alterate di Vulcanello (Roma, 1901); 

dal Socio CAamerANo uno studio del prof. G. SPERINO, 
L’encefalo di Carlo Giacomini (Torino, 1901). 

La Classe ringrazia i donatori. 
Sono ammessi all’inserzione negli Atti, i seguenti lavori: 

Effemeridi del Sole e della Luna per l'orizzonte di Torino 
e per l’anno 1902, compilate. nel R. Osservatorio astronomico 
dal dott. L. VoLtA, presentate dal Socio JADANZA; 

Sopra alcuni punti singolari delle curve piane e gobbe, nota 
del prof. C. Burari-FortiI, presentata dal Socio PEANO; 

Sui nervi del midollo delle ossa, nota del dott. D. OTTO- 
LENGHI, presentata dal Socio Foà. 

Il Presidente, esposti in rapido sunto i lavori compiuti 
dalla Classe e le variazioni in essa avvenute durante l’ultimo 
anno accademico, chiude le adunanze della Classe con un saluto 
ai Colleghi. 


——T _m—_—_————r——r———————— 


C. BURALI-FORTI — SOPRA ALCUNI PUNTI SINGOLARI, Ecc. 985 


LETTURE 


Sopra alcuni punti singolari delle curve piane e gobbe. 


Nota di C. BURALI-FORTI 
Prof. nell'Accademia Militare di Torino. 


Sia P(t) un punto funzione della variabile numerica #; in- 
dichiamo con P' la derivata di ordine r, supposta esistente, di P 
per t=%; e indichiamo altresì con P e P,, i punti P(£) e 
P(to + A). Supponiamo esistenti le derivate di P che conside- 
riamo. 

Se esiste l’intero n minimo dei numeri r tali che P"== 0, 
e chiamiamo tangente in P la posizione limite della retta PP, 
quando P, tende a P allora è noto (*) che PP" è la tangente 
be -P. 

Se esiste inoltre l’intero m minimo dei numeri r maggiori 
di » tali che P"P"==0 e chiamiamo piano osculatore in P la 
posizione limite del piano PP"P, quando P, tende a P allora 
è pur noto che PP"P” è il piano osculatore in P. 

Se, infine, esiste anche l’intero p minimo dei numeri r mag- 
giori di m, tali che P"P"P"==0, allora è noto che il modo di 
comportarsi della curva nei dintorni di P(t) dipende dall'essere 
pari o dispari i numeri », #2, p. Per n= 1, m=2, p=8 si ha 
il punto ordinario della curva gobba, negli altri casi un punto 
singolare; però è da notarsi che questo per n, p dispari e m pari 
presenta forma analoga al punto ordinario. 

Esistendo in P(#) i numeri x, m,p sopra definiti si pre- 
sentano otto tipi di punti. Per le curve piane basta considerare 
i numeri 7,m e per queste si presentano quattro tipî di punti. 

Noi vogliamo ora esaminare la singolarità in P(%) anche 
rispetto al raggio di curvatura e di torsione in P(%) per le 
curve gobbe; e la singolarità, rispetto al raggio di curvatura 


(*) Per tutte le cose che affermiamo note si confronti G. Prano, Lezioni 
di analisi infinitesimale, vol. II. 


936 C. BURALI-FORTI 


per le curve piane: ammessa, si intende, l’esistenza dei numeri 
n, m,p per la curva gobba e x, m per la curva piana. 
Dalla formola di Taylor si ha 


hm 
m! 


(1) P=P+A Pr+ +7 pet. — pri 


ed è noto che arrestandoci al termine »-+ l-esimo si può a P' 
sostituire P"-+ a ove a è un vettore infinitesimo con . 
Se d,, ds, dz sono le distanze di P,, rispettivamente, da P, 


dalla tangente PP", dal piano osculatore PP"P", si ha dalla (1) 


d, = mod(P,-— P)= da mod(P" + a) 


"me 2 mod P, PP” 40) h” mod P”(P" + B) 


2) pra modPP" — mì modP" 
Di 'oteripanpiero: al sè PRPeti) 
WTA modP P*P fs pl mod P” Pr 


Chiameremo raggio di curvatura e raggio di torsione in P(to), 
e li indicheremo, rispettivamente, con p,t i numeri 
L 


p=-= lim fax => 
2 ho da 3 n-0 da 


(*) Nei punti ordinari, cioè per P'P"P"==0 questa definizione di p, T 
coincide con l’usuale. Infatti 

Se s è l’arco della curva si ha ds= moddP, poichè P'#=0. Se po- 
niamo T'= o , T è il vettore unità parallelo alla tangente in P: essendo 0 
un punto fisso 0 + 7 descrive l’indicatrice sferica. delle tangenti, e poichè 
il suo elemento d’arco è mod dT si ha secondo l’ordinaria definizione 


1 dT 
P = mod sà . 
; 3A AT : 
Detto N il vettore unità parallelo a Er di egual verso (normale 


principale) e posto B= | TN (binormale), 0+ 8 descrive l’indicatrice sfe- . 


rica delle binormali; e poichè il suo elemento d’arco è moddB si ha se- 
condo la definizione ordinaria 


1 
Ly = + mod del? 


È 
4 
| 


SOPRA ALCUNI PUNTI SINGOLARI DELLE CURVE PIANE E GOBBE 937 


Da queste e dalle (2) si ha 


ant 1: linod(P" 4a) mod PA voi 
ia 2(n 1)? n mod P"(P”"+ B) h 


da lim mod(P"+a).modP”(P”+8). mod.P"P” primo 
3 i n! m! 1% mod P”. p» (pv pi - Y) è- 


re 


Si hanno dunque i teoremi: 


(finito e non nullo) 


' n)3 
\ Se m= 2n allora = 


(3) n M<QM_n p==0 


an DE: 
sl n , five p ! (Pepi È 
\ Se p=n+m allora t=—< pipepi (finito e non nullo) 
(4) » PSI n+m »” a = 0 
” p>n4m ” TT- 2. 


Il segno di t si fissa in modo che siano verificate le note formule di 
Frenet 


Se ora poniamo v= mod P' si ha 
PST 


e quindi derivando con le formule di Frenet 


È È v° 
P'=vT+ TN 


r 2 \F 2 2 
P=evT4+ 2 N (È) Nooo» piitofo p 
- p = p p° pT 
dalle quali si trae facilmente 
P P'P" PP" P' 
PO rod PAPA oa 1-9 poap” | mod 
_. (mod Pf i fila (P'P') 
mod PP" ’ P'P"P" 


e questi ultimi sono appunto i valori dati dalle (3), (4) per n=], m=2 
p=83. 


938 €. BURALI-FORTI — SOPRA ALCUNI PUNTI SINGOLARI, ECC. 
I numeri p,T possono dunque avere un valore 
(5) finito e non nullo, nullo, infinito: 


i diversi casi che si possono presentare sono i seguenti. 

Curve gobbe. 1° Se “ n, p sono dispari e m è pari ,, ovvero, 
“n,m,p sono tutti pari ,, allora p,t possono assumere tutti i 
valori (5) e tutte le combinazioni sono possibili (diciotto tipi). 

2° Se “ n, p sono pari e m è dispari ,, ovvero * n, m, p 
sono tutti dispari ,, allora p e t non possono esser finiti e di- 
versi da zero, ma però tutte le altre combinazioni sono possibili 
(otto tipi). 

3° Se “n, m sono dispari e p è pari ,, ovvero “ n è 
pari e m,p sono dispari ,, allora t può prendere tutti i va- 
lori (5), p però è o nullo o è infinito, e con tali valori sono 
possibili tutte le combinazioni (dodici tipi). 

4° Se “n,m sono pari e p è dispari ,, ovvero, “ n è 
dispari e m, p sono pari ,, allora si ha il risultato precedente nel 
quale si cambi p in t e t in p (dodici tipi). 

Si hanno in tutto cinquanta tipi di singolarità rispetto ai 
numeri , 2, p, P, T 

Curve piane. — 1° Se “n è dispari, m è pari, punti ordi- 
nari o simili agli ordinari ,, ovvero “ n e m sono pari, cuspidi 
di seconda specie ,, allora p può avere uno qualunque dei va- 
lori (5) (sei tipi). 

2° Se “ n è pari e m è dispari, cuspidi di prima specie ,, 
ovvero “n e m sono dispari, punti di flesso ,, allora p non può 
essere finito e non nullo, ma gli altri casi sono tutti possibili 
(quattro tipi). 

Si hanno in tutto dieci tipì di singolarità rispetto ai numeri 
n, m, p. 

Si possono effettivamente costruire curve aventi le singo- 
larità ora considerate, valendosi del punto 


P=0+tI+tJ+1t?K 
ovvero P=0+(t+#*)I+4t" J+#K 


“« 


(nel caso #, m, p tutti pari) ove O è un punto fisso e 1, J, K 
vettori non complanari: la singolarità si presenta per #= 0. 
Torino, Giugno 1901. 


DONATO OTTOLENGHI — SUI NERVI DEL MIDOLLO DELLE Ossa 939 


Sut nervi del midollo delle ossa. 


Nota del Dott. DONATO OTTOLENGHI. 
(Con una Tavola). 


Le prime ricerche sulla distribuzione dei nervi nel midollo. 
delle ossa risalgono al 1846 e sono dovute a Gros (1). Natu- 
ralmente, esse, per l'insufficienza dei metodi d’indagini d'allora, 
non diedero che scarsi risultati, riuscendo solo a dimostrare che 
i nervi, penetrati nel midollo per il foro nutrizio dell’osso, se- 
guono, fino alle diramazioni minori, i vasi. Dall’epoca del lavoro 
di Gros fino ad ora, non vi ha, che io mi sappia, sui nervi del 
midollo delle ossa, che solo un’altra serie di ricerche, dovuta a 
Variot e Rémy (2), la quale, benchè assai posteriore, non con- 
dusse a conclusioni molto più complete. Questi Autori si sono 
valsi, per il loro studio, del cloruro d’oro e dell'acido osmico, 
applicandoli all'esame del midollo delle ossa nell'uomo, nel ca- 
vallo, nel coniglio, nel maiale e nel piccione: riscontrarono 
nervi tanto nel canale midollare quanto nel tessuto spugnoso, i 
quali risultano così di fibre pallide, che paiono avere sovratutto 
l’ufficio d’innervare i vasi, come di fibre midollate, le quali in- 
vece sarebbero talora destinate al tessuto proprio del midollo. 
Del resto i nervi seguirebbero sopratutto la distribuzione dei 
. vasi, presentandosi fino su quelli di 20 p di calibro: ma nè nei 
vasi, nè nel tessuto midollare propriamente detto vi sarebbero 
terminazioni speciali. Infine non è fatto cenno, nel lavoro di 
Variot e Rémy, di alcun particolare rapporto o modo di distri- 
buzione dei filamenti nervosi rispetto ai vasi, ma solo di un 
rapporto di contiguità più o meno intimo. 

Di fronte a tale scarsezza di cognizioni, e per consiglio del 
mio compianto Maestro, il prof. Bizzozero, ho ripreso questo 
studio, col sussidio di metodi d’indagine più precisi e più de- 
licati, quali il metodo di Golgi e quello all’azzurro di metilene 


(1) “© Comptes Rendus de l’Académie des Sciences ,, 1846. 
(2) “ Journal de l’Anat. et de la Phys. ,, 1880, p. 273. 


940 DONATO OTTOLENGHI 


secondo Ehrlich. Delle modalità di tecnica del primo, non occorre 
che io dica: basti accennare che, oltre al solito metodo rapido, 
fu ricorso anche ai varî processi di ringiovanimento, e che 
qualche discreto esito ebbi pure dall’uso, per l’indurimento dei 
pezzi, della miscela di bicromato potassico e formalina, proposta 
dal Lachi. Per ciò che riguarda la colorazione con l’azzurro di 
metilene, trovai che, nel caso mio, il modo più acconcio di ap- 
plicarla è quello suggerito da Dogiel (1). Iniettavo perciò nel- 
l’animale vivo una soluzione al 0,5-0,2 °/,, in soluzione fisiologica 
di NaCl, di azzurro di metilene, di solito nell’aorta prima della 
biforcazione nelle iliache. Estraevo dopo qualche tempo, il mi- 
dollo dall’osso; e lo dividevo tosto in piccoli frammenti, che 
ponevo a galleggiare su una soluzione diluitissima (circa al 0,1 9/00) 
di azzurro di metilene in soluzione fisiologica di NaCl, mante- 
nendoli poi a 37° C. finchè la reazione fosse avvenuta. Per la 
conservazione dei preparati, mi sono valso o del picrato o del 
molibdato d’ammonio, seguendo i precetti di Dogiel, con succes- 
sivo passaggio, nel primo caso, in glicerina con picrato di am- 
monio, nel secondo caso, in balsamo del Canadà o in dammar. 
Talora i pezzi fissati col molibdato d’ ammonio furono, dopo 
l’indurimento nell’alcool, inclusi in paraffina, per ottenerne delle 
sezioni. Aggiungerò ancora che i pezzi dopo fissati furono spesso, 
e senza danno per la reazione, colorati con picrocarmino o con 
carmallume. 

Le osservazioni vennero fatte su materiale d’uomo, di pe- 
cora, di cane, di cavia, ma particolarmente, e con maggiore 
larghezza ed insistenza, sul coniglio e sul. pollo. Di midollo 
vennero esaminate le tre varietà: rosso, giallo e gelatinoso, in 
ispecie della tibia, ma i risultati migliori si ebbero nel midollo 
gelatinoso del coniglio e del pollo, ai quali due animali, che 
non offrirono d’altra parte differenze rilevanti tra loro per quanto 
riguarda i nervi, mi riferisco sopratutto, nell'esposizione dei re- 
perti ottenuti. 

I nervi, nel midollo delle ossa, si distribuiscono in gran 
copia ai vasi, fino ai più piccoli di essi. Si tratta di fibre mi- 
dollate e pallide che costituiscono, entro il tessuto, un intricato 
sistema di plessi vasali, più ricco nei vasi maggiori, più sem- 


(1) “ Zeitschr. f. wiss. Zoologie ,, Bd. 66, Heft 3. 


SUI NERVI DEL MIDOLLO DELLE OSSA 941 


plice e più delicato nei minori. Le grandi arterie come le grandi 
vene sono accompagnate da fasci robusti di fibre nervose, che 
si suddividono man mano nelle varie ramificazioni di quelle, 
decorrendo ora in linea retta, secondo l’asse del vaso, ora at- 
torcigliandosi intorno ad esso con spire a larga voluta, ora 
irradiandosi sulla superficie del vaso stesso. Seguendo il decorso 
delle fibre midollate, si nota come molte di esse, dopo un tra- 
gitto più o meno lungo, perdano la guaina midollare, come altre 
presentino delle biforcazioni, e uno o tutt’e due i rami che ne 
risultano spesso diventino anch’essi nudi. Le fibre pallide, for- 
mate a questo modo, di solito procedono ancora per lungo tratto 
lungo il vaso, poi si ramificano e s’approfondano nell’avventizia. 

Nella parte più profonda di questa, si osserva poi un plesso 
di fibre pallide, a maglie di differente ampiezza, costituite di 
filamenti, alcuni robusti, altri esili, semplici o variamente ra- 
mificati, rettilinei o tortuosi, provenienti dalle fibre pallide dei 
grossi fasci nervosi superficiali. Al disotto di tale plesso (fig. 1 e 2) 
e applicato strettamente alla tonaca muscolare, se ne scopre 
un altro di fibre pallide molto delicate, che formano una fitta 
rete, con maglie dirette in genere trasversalmente alla dire- 
zione del vaso, e con trabeccole ondulose che s’inerociano e si 
anastomizzano in tutti i sensi, circondando completamente la 
tonaca muscolare che traspare in un piano appena più profondo. 

Nei punti d’incrocio delle fibre di questi plessi si notano 
dei nuclei ovali, o tondeggianti, o fusati; inoltre, qua e là, in 
rapporto più o meno stretto con le diramazioni nervose, com- 
paiono numerose cellule globose, fornite di lunghi prolunga- 
menti, spesso ramificati, evidentemente di natura connettiva, e 
sulle quali avremo a tornare più innanzi. | 

Infine dal plesso profondo, le cui fibre traggono origine da 
quelle del plesso descritto nell’avventizia e, a quanto pare, anche 
da quelle fibre nervose midollate perivasali che si sono spo- 
gliate della guaina mielinica, a cui già si è accennato, partono 
numerosi filamenti esilissimi. Alcuni di questi, dopo essersi ri- 
petutamente ramificati, si esauriscono in un ciuffo di fibrille 
corte, o in eleganti arborizzazioni dicotomiche con estremità al- 
quanto rigonfiate, costituendo a questo modo delle terminazioni 
destinate alla parte più profonda dell’avventizia. Molti altri in- 
vece s'approfondano nella tonaca muscolare, ove si dividono e 


942 DONATO OTTOLENGHI 


suddividono più volte: e di essi una parte sì mette in rapporto 
con le fibro-cellule muscolari, sul corpo delle quali le ho viste 
talora terminare con un piccolo bottoncino, mentre un’altra 
parte, come si può rilevare sopratutto nelle sezioni in serie, 
riesce con decorso tortuoso fin sotto l’endotelio, col quale non 
ho potuto però stabilire come si comportino. 

I particolari descritti per i vasi maggiori si possono appli- 
care, senza evidenti variazioni, anche a quelli di minore calibro, 
salvo la minor robustezza dei fasci midollati e pallidi proprî 
della porzione più periferica dell’avventizia. All’incontro la di- 
sposizione dei nervi diviene più semplice nelle ultime ramifi- 
cazioni vasali ancora provvedute di fibre muscolari liscie, prima 
del loro aprirsi nei capillari. Anche qui si trova qualche fibra 
midollata che decorre lungo il vaso, ma spesso può mancare, 
mentre permangono sempre le grosse fibre pallide, dalle quali 
partono delle esili fibrille, che s’attorcigliano intorno al vaso, 
si biforcano su di esso, ripetutamente, in modo da formare un 
plesso abbastanza semplice, accollato allo strato delle fibre 
liscie, e da cui partono tratto tratto dei ramuscoli collaterali 
finissimi, che ora paiono esaurirsi sul vaso stesso, approfon- 
dandosi alquanto, e forse mettendosi in rapporto con gli elementi 
muscolari, ora si portano ad un vaso vicino, ora percorrono 
indipendenti un gran tratto del tessuto, unici o biforcati, e poi 
si uniscono ad un plesso d’un vasellino lontano, ora infine si 
perdono nella polpa. Ne risulta così un intreccio fittissimo di 
fibrille pallide, in rapporto più o meno intimo con queste ra- 
mificazioni vasali, che percorre in ogni senso il tessuto del mi- 
dollo e che dà delle figure eleganti, e nitidissime sopratutto nei 
midolli gelatinosi. 

Per ciò che riguarda infine i capillari, essi sono provveduti 
di fibrille pallide, decorrenti prevalentemente lungo l’asse di 
quelli con anastomosi piuttosto lontane, trasversali e che inviano 
tratto dei ramuscoli collaterali destinati alla polpa, o a riunirsi 
ad altri plessi vasali. 

Come si vede, l’innervazione dei vasi nel midollo delle ossa 
corrisponde fondamentalmente a quanto fu osservato da Kélliker, 
da Bietti, da Retzius e da altri per i vasi di altri organi: so- 
pratutto simili ai risultati ottenuti da me, sono quelli avuti e 


Pei 


SUI NERVI DEL MIDOLLO DELLE OSSA 943 


disegnati da Retzius (1) per i vasi della coroide del coniglio e 
da Smirnow (2) per quelli del rene. 

Per quanto riguarda il tessuto proprio del midollo, i risul- 
tati ottenuti sono molto scarsi. A parte alcuni fascetti di fibre 
midollate o pallide che s'incontrano spesso lontano dai vasi; 
come già si disse, tanto dai plessi nervosi dei vasi ampî, quanto, 
e più particolarmente, da quelli dei vasi più piccoli e dei ca- 
pillari, si vedono staccarsi numerose fibrille collaterali che s'ad- 
dentrano nella polpa (fig. 3). Il loro ulteriore comportamento è 
vario. Non di rado esse procedono per lungo tratto, rettilinee 
e indivise, presentando solo a diversi intervalli dei nuclei fusati, 
e poi diventano ancor più esili e paiono esaurirsi con aspetti 
simili alle terminazioni nervose libere intraepidermiche della 
cute. Altre volte si dividono e si suddividono ripetutamente, si 
uniscono o si anastomizzano con altre provenienti da altra 
parte, in modo da dar luogo ad un plesso, di solito molto sem- 
plice, dal quale si staccano in varia direzione nuove fibrille di 
estrema finezza, che si portano più innanzi nel tessuto e ter- 
minano, anch’esse o assottigliandosi ancor più, o finendo in una 
serie di granuli disposti a coroncina o a grappoletto, e più 
grossi dell'ultimo tratto di fibrilla che li porta, o presentando 
al loro estremo un piccolo rigonfiamento, o un ciuffo di corte 
e finissime fibrille, senza rapporto intimo evidente con alcun 
elemento della polpa. 

Ma non di rado ancora, è facile riconoscere che molti fila- 
menti che si sono staccati da un plesso vasale per penetrare 
nella polpa dopo un tragitto spesso lunghissimo, vanno a fon- 
dersi col plesso di un vaso lontano: oppure, colorando oppor- 
tunamente i preparati, si può rilevare che qualche filamento che 
sarebbe parso a tutta prima indipendente dai vasi, decorre in- 
vece lungo qualche ramificazione capillare messa in evidenza 
dalla colorazione di contrasto dei preparati, ottenuti con l’az- 
zurro di metilene, per mezzo del picrocarmino. È però sembra 
naturale dubitare che anche tutte le altre fini fibrille nervose 
che compaiono nella polpa (fig. 4) e che, dall'esame di sezioni 
in serie di pezzi inclusi in paraffina e ottenuti con la colora- 


(1) “ Biolog. Untersuchungen ,, Bd. 3, 1892. 
(2) “ Anatom. Anzeiger ,, Bd. 19, 1901, p. 347. 


9G44 DONATO OTTOLENGHI 


zione vitale o di pezzi impregnati con il metodo di Golgi, e che 
per lunghi tratti risultano effettivamente indipendenti da ogni 
vaso, siano nondimeno solo dei filamenti di connessione fra plessi 
vasali distanti fra loro. E così pure per quelle figure di termi- 
nazioni libere o a bottoncino o a cespuglio, ecc., alle quali si 
accennò sopra, non è forse improbabile che si tratti di semplici 
apparenze, dovute a ciò che così il metodo di Golgi come quello 
di Ehrlich non ci assicurano di mettere in evidenza le fibrille 
nervose in tutto il loro decorso. Onde, quantunque in numerose 
esperienze fatte, sovratutto coll’azzurro di metilene, sul coniglio 
e sul pollo, abbia sempre, e anche nei casi in cui la reazione 
appariva finissima e completa, ottenuto di tali figure, parmi 
nondimeno che la questione dei nervi nel midollo, per ciò che 
riguarda la loro distribuzione nella polpa, debba considerarsi 
ancora insoluta. 

Accennerò infine, come ad un particolare di qualche inte- 
resse, alla presenza, nel midollo, di speciali cellule che vengono 
messe molto bene in evidenza, sovratutto con il metodo di 
Golgi (fig. 5 e 6). 

Sono elementi costituiti di un corpo tondeggiante o piri- 
forme, dal quale partono numerosi prolungamenti in varia di- 
rezione; i quali, o tutti o in parte, sono molto delicati, ondulosi 
e interrotti di tanto in tanto da piccole varicosità regolari. 
Alcuni di questi prolungamenti assumono per ciò l’aspetto di pro- 
lungamenti di cellule nervose, o di tenui fibrille nervose, tanto 
da assomigliare del tutto ai nervi che compaiono, per caso, 
nella stessa sezione. Non v’ha dubbio tuttavia che si tratti qui 
di cellule connettive, molto simili specialmente a quelle osser- 
vate da Dogiel (1) nel tessuto adiposo del pericardio e nelle 
pareti di alcuni vasi. Ho trovato numerose queste cellule spe- 
cialmente nel coniglio e nel cane; e, mentre nel coniglio si tro- 
vano tanto nelle pareti dei vasi quanto nel resto del parenchima 
e particolarmente fra le cellule adipose, nel cane invece non le 
trovai che nella polpa propriamente detta o intorno ai vasi 
minori e specialmente ai capillari, con i quali si mettono in 
rapporto con alcuno dei loro prolungamenti. In quest’ ultimo 
animale, negli spazi compresi fra i vasi, si vedono spessissimo 


(1) “ Arch. f. mik. Anat. ,, 1898, Bd. 52, p. 44. 


SUI NERVI DEL MIDOLLO DELLE OSSA 945 


dei ciuffi di filamenti d’aspetto nervoso: ma, anche nei casi in 
cui fra essi non si riesce a vedere un corpo cellulare, inclino 
a credere che, almeno per la massima parte di essi, si abbia a 
che fare con un ciuffo di prolungamenti di una di tali cellule 
connettive, di cui il corpo non compare nella sezione o non è 
ben impregnato dalla reazione cromo-argentica. 

Nel pollo, le cellule in discorso si trovano nelle pareti dei 
vasi, di solito tra l’avventizia e la muscolare, sulla quale si 
protendono con i loro lunghi prolungamenti. In questo animale 
poi, e particolarmente nella polpa dei midolli gelatinosi, vi sono 
numerose cellule con corpo globoso, contenente spesso qualche 
gocciolina di grasso, e con molti e fini prolungamenti, spesso 
ramificati, certamente identiche alle cellule descritte da prima 
da Bizzozero (1), nel midollo di polli affamati, le quali, quando 
si carichino di grasso tornano alla forma di cellule adipose, e 
possono essere messe in evidenza con i soliti mezzi di tecnica. 

Tanto nel coniglio, quanto nel cane, restano spesso impre- 
gnate con il metodo di Golgi alcune delle comuni cellule con- 
nettive, anch'esse provvedute di prolungamenti, ma più irregolari 
e più rigidi e più grossolani, che nelle altre cellule a cui fu 
accennato finora. 

I risultati ottenuti dalle ricerche che venni esponendo, 
parmi pertanto possano venire raccolti in queste conclusioni: 

1° il midollo delle ossa, negli animali esaminati, è ric- 
camente provveduto di nervi midollati e pallidi; 

2° i nervi costituiscono dei plessi vasali con struttura 
corrispondente a quella che si osserva nei vasi di altri organi; 

3° nella polpa del midollo delle ossa, compaiono fibre 
nervose midollate e pallide, e poi numerose fibrille esilissime 
pallide, provenienti, almeno per la massima parte, dai plessi 
vasali; 

4° è ancora insoluto il problema di speciali terminazioni 
nervose nel tessuto proprio del midollo delle ossa. 


Istituto di Patologia generale 
della R. Università di Torino. 


(1) “ Moleschott’s Untersuch. z. Naturlehre d. Mesch. ,, Bd. XII, H. 5/6. 


946 DONATO OTTOLENGHI — SUI NERVI DEL MIDOLLO DELLE OSSA 


leiitca 


SPIEGAZIONE DELLE FIGURE 


Le figure furono disegnate per mezzo della camera lucida e del tavo- 
lino da disegno di Zeiss. — Microscopio Koristka; lungh. del tubo mm. 160. 
I nuclei applicati sulle fibre nervose furono, per maggior chiarezza, 
tinti in rosso. 


Fig. 1. — Coniglio, midollo di tibia — Vena — Rapporti del plesso di 
fibre pallide (A) dell’avventizia con quello (B) applicato strettamente i 
alla muscolare, dal quale partono alcuni ramuscoli destinati alle 
parti più profonde — Metodo Ehrlich — Obb. 5, oc. 2 (i contorni 
della tonaca muscolare sono segnati in rosso). 

Fig. 2. — Coniglio, midollo di tibia — Arteria — Porzione del plesso di 1 
fibre pallide applicato alla muscolare — Metodo Ehrlich — Obb. 5, | 
oc. 2. ‘ 

Fig. 83. — Pollo, midollo di tibia — Plesso di fibre pallide su arteriole, 
dal quale si spiccano delle fibrille (a) che penetrano nella polpa — | 
Metodo Ehrlich — Obb. 5, oc. 2 (i contorni delle tonache muscolari 
sono segnati in rosso). 

Fig. 4. — Pollo, midollo di tibia — Alcuni filamenti della polpa, indipen- 
denti da vasi — Metodo Ehrlich — Obb. 5, oc. 2. 


Fig. 5. — Coniglio, midollo di femore — Cellula connettiva — Metodo, 
Golgi —:0Obb..7*. 0e.2 
Fig. 6. — Cane, midollo di femore — Cellula connettiva — Metodo Golgi 


— Obb. 7%, oc. 2. 


D.OTTOLENGHI- Sui nervi del italo alri Atti R.Accad.delle Se. di Torino — VoZ_AXTVZ 


e da 


n o —_ n, 


Ra Lit. Salussolra, Iarino. 


LUIGI VOLTA — EFFEMERIDI DEL SOLE E DELLA LUNA, ECC. 947 


EKEFHFEMERIDI 


del Sole e della Luna per l'orizzonte di Torino e per l'anno 1902 
calcolate dal Dottore LUIGI VOLTA 


Assistente all'Osservatorio Astronomico della R. Università 


AVVERTENZA 


Queste effemeridi furono calcolate valendosi dei dati della 
Connaissance des Temps di Parigi, del Nautical Almanac di Green- 
wich e del Berliner Astronomisches Jahrbuch: delle norme con- 
tenute nelle Istruzioni e tavole numeriche per la compilazione 
del calendario del Dott. Michele Rajna (Milano, Hoepli, 1887): 
e finalmente delle tavole ausiliarie contenute nelle Effemeridi 
del Sole e della Luna per l'orizzonte di Torino e per l'anno 1889 
del Prof. Francesco Porro (Torino, Loescher, 1888). 

Le ore, i minuti ed i secondi sono espressi in tempo medio 
civile del meridiano di 15° all’Est di quello passante per Green- 
wich, cioè in tempo medio civile dell’ Europa centrale. 


Posizione Geografica del R. Osservatorio Astronomico 


di Torino. 
Latitudine boreale. ..;..'. ua 0. 45° 4 779 
Longitudine da Greenwich . . . . 7°41’'48”2 Est =0% 3047521 E 
du da Berlino ixeMon 5*41054"9 Ovesbt=0 29 475.66 W 


È da Parigi . .' ..,iUcoll 5420133".1 Est —=0h 21°2621 E 
a da Roma (Coll. Romano) ‘4°47 578 Ovest=0h 19" 8535 W 
È da Milano . . ..«  1°2941”.1 Ovest=0h 5" 58874 W 
2 dal meridiano dell’ Eu- 

ropa centrale. . . 7°18'11”.8 Ovest=0t 29% 125.79 W 


Altitudine sul livello del mare (al pozzetto del barometro) 276"4. 


PRINCIPALI ARTICOLI DEL CALENDARIO 
PER L'ANNO coMmuNnE 1902 


Relazioni cronologiche. 


L’anno 1902 del calendario Gregoriano, stabilito nell’Ottobre 1582, 
incomincia in Mercoledì: corrisponde agli anni: 

6615 del periodo Giuliano; 

2678 delle olimpiadi, cioè 2° anno della 670* olimpiade, 
che incomincia nel Luglio 1902, fissando l’ éra 
delle olimpiadi 775 !/, anni avanti Gesù Cristo, 
ossia verso il 1° Luglio dell’anno 3938 del pe- 
riodo Giuliano; 


948 


LUIGI VOLTA 


2655 della fondazione di Roma (secondo Varrone); 

1902 del calendario russo (Giuliano), il quale anno inco- 
mincia però il 14 Gennaio del calendario Grego- 
riano; 

5662 dell’éra israelitica, il quale anno incomincia Sabato, 
14 Settembre 1901; l anno 5663 incomincia 
Giovedì, 2 ottobre 1902; 

1819 dell’éra maomettana(Egira),il quale anno incomincia 
il 20 Aprile 1901 e finisce il 9 Aprile 1902. 


Computo Ecclesiastico. 
Numero d'Oro sonogh tsntitt,3 
pablo 190 SANFISIODIR MOI di MOLESTA SERE 
Ciclo Solare 7 
Lettera Domenicale E 


Indizione Romana .ori109) oro d-onesiagd 

Lettera del Martirologio. . . . ... B 
Quattro. Tempora. 

Di primavera . . . 19,21 e 22 Febbraio 

D'estate . . 0. 21, 23 e 24 Maggio 

D'autunnò .. 991417” 19 620’ Settembre 

D'inverno, «e iau 17; 196,20. Dieombre 


Feste Mobili. 


Settuagesima,. . .. ... » 26 Gennaio 

Le Ceneri... . . 12‘Febbralo 
Pasqua di Risurrezione. . 30 Marzo 
Rogazionio .... . _,. 0; 5, 0000 Mapaio 
Aieeeiiziono: |... (8: Masio 
Pentecoste . . . . . . 18 Maggio 

SS. Trinità SPSI IXUx00 OX425i Maggio 
Corpus Domini. . . 29 Maggio 


18 Domenica dell’ aleggia | 30 Novembre 


Principio delle Quattro Stagioni. 


Primavera... . 21 Marzo ore 14, min. 16 
Estate ....... «22, Giugno Re Ra t- 
Antamna #ve leca .\24 Setiiemabrato, af[dd) |; 55 


Inwetftàonane Hob vi[22IDibeimbraov, std ; . 96 


| EFFEMERIDI DEL SOLE E DELLA LUNA 949 


ECLISSI 


Nell’anno 1902 hanno luogo cinque Eclissi; tre di Sole e 
due di Luna. 


I. Eclisse parziale di Sor: 8 Aprile 1902 
invisibile a Torino. 


Massima grandezza dell’eclisse: 0,07, essendo uno il dia- 
metro solare. 

L’eclisse sarà visibile soltanto nelle regioni cireumpolari 
artiche. 


II. Eclisse totale di Luna: 22 Aprile 1902 
parzialmente visibile a Torino. 


Grandezza dell’eclisse: 1,34, assumendo come uno il dia- 
metro lunare. 
—L’eclisse sarà visibile nella metà occidentale dell’ Oceano 
Pacifico, in Australia, Asia, Europa, Africa, nella metà orien- 
tale dell'Oceano Atlantico, e nella parte orientale dell’estrema 
Sud-America. 


Primo contatto colla penombra. . . 16° 50m 

Ù coll’ombra (principio dell’ abuso) E8.00 
iibipii della fase ‘totale * 0-0. + PiVO SUI, 10) 
dstagilo: maggio n° ne/tni ero sa Boa BR 0A) Dea (Da 
Fine della fase totale. . . |. DITO de 
Ultimo contatto coll’ombra (fine dell ei . 21 45 
Ultimo contatto colla penombra... . . . . 22 55 


Il 22 Aprile a Torino la Luna nasce a 19% 18%, epperò 
nasce già eclissata. 
Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 63 


950 LUIGI VOLTA 


Rispetto all'orizzonte di Torino si ha: 


Azimut della Luna Altezza apparente 


da S. verso E. della Luna 
Istante medio dell’eclisse . . . 66° 6° 
Fine della fase totale? 1 .]UYhN 58 12 
Fine dell’eclisse . . af (ELE 21 
Ultimo contatto colla A 4 27 28 


L’emersione dall’ombra avviene a 30° dal punto più alto 
del disco lunare verso destra (imagine diritta). 


III Eclisse parziale di SoLe: 7 Maggio 1902 
invisibile a. Torino. 


Massima grandezza dell’eclisse: 0,86, assumendo eguale ad 
uno il diametro del Sole. 

L’eclisse sarà visibile nella Nuova Zelanda e nella parte 
meridionale dell'Oceano Pacifico. 


IV. Eclisse totale di Luna: 17 Ottobre 1902 


parzialmente visibile a Torino. 


Grandezza  dell’eclisse: 1,46, assumendosi eguale ad uno 
il diametro lunare. 

L’eclisse sarà visibile nell'Europa e nell'Africa occidentali, 
nell'Oceano Atlantico, in America, nell'Oceano Pacifico, nell’e- 
stremo orientale dell’Australia, ed in quello Nord-Est dell'Asia. 


Primo contatto colla penombra. . . . 4h 18m 

A n coll’ombra. (principio dell’ RTRT > 17 
Principio della fase totale 6.10 
Istante medio Wiintr alati iaia adtat i iii RE 
Fine della fase totale . ... . - ir cdl #8 
Ultimo contatto coll’ombra (fine aeladlican) 8 50 

e t: colla penombra 9. 49 


Il 17 Ottobre a Torino la Luna tramonta a 6° 49%, epperò 
tramonta eclissata, mezz'ora dopo il principio della fase totale, 
ed avanti all’istante medio dell’eclisse. 


| 
| 
| 


EFFEMERIDI DEL SOLE E DELLA LUNA 951 


Rispetto all’orizzonte di Torino si ha: 


Azimut della Luna Altezza apparente 


da S. verso W. della Luna, 
Primo contatto colla penombra . MOL 26° 
Principio dell’eclisse. . . . . 87 16 
Principio della fase totale . . 97 5 


L’immersione nell'ombra avviene a 41° dal punto più alto 
del disco lunare, verso sinistra. 


V. Eclisse parziale di SoLe: 31 Ottobre 1902 
invisibile a Torino. 

Massima grandezza dell’eclisse: 0,70, assumendo eguale ad 
uno il diametro solare. 

L’eclisse sarà visibile nell’ Europa centrale, settentrionale 
ed orientale, e nell’interno dell’ Asia, incluse le coste setten- 
trionali e sud-orientali di questa parte del mondo. Visibile a 
Berlino, parzialmente visibile a Parigi ed a Greenwich; in Italia 
sarà visibile solo in piccolissima parte nel Veneto orientale. 


LUIGI VOLTA 


Gennaio 1902. 


TEMPO MEDIO DELL'EUROPA CENTRALE 


La LUNA 
passa 
al tramonta 

meridiano 

h m h m 
620419 LIA 
6 45,7 1215 
7 29,6 12 44 
8 14,2 19615 
90041) 13 50 
9 47,2 14 31 
10 35,6 | 15 17 
11 24,5 16 8 
12/13,8 | 17 5 
19/92 18 6 
18 51,4 | 19 9 
14 89,3 | 2015 
15 26,8 21.21 
16 14,5 22 28 
17 29 | 28 36 
17 59,0 e 
18 45,4 0 47 
19 40,7 1 58 
20 38,6 3 8 
21 38,5 4 16 
22 39,0 5 19 
23 38,4 6 15 
pato TCA 
0 35,3 745 
1 29,2 821 
2 19,9 8 52 
SNONI 921 
8 54,9 9 49 
4 39,3 10 17 
5239 | 10 45 
6 88 | 11 16 


Età della Luna 


GIORNO 
9 D È Il SOLE 
[| o | e È — nulla 
ni; ei cE= passa È 
IA * |nasce E nasce 
ue) ue) DN meridiano = 
hm hm S h m h m 
1 1| M |8 10/12 32 €837,28 [1656 0)-8 
5 i i RI 10 335,72 57 P39 
du a 10 38 33,83 58 2 10 
4| 4| S 9 84° 1,61 59 dt 
5| 5) D 9 34. 29,01 {17 0 4 6 
6| 6| L 9 34 56,00 1 5 1 
7 Tal DI 9 35 22,54 2 5 53 
8| 8|M 9 35 48,61 3 6 42 
941119 G 9 86 14,18 4 7 25 
10.4.4104. V. 8 36. 39,22 6 85 
ki S 8 IO 7 8 40 
12/12) D T 37 27,60 8 912 
13 13| L 7 87 50,88 9 9 41 
14|14| M 6 388 13,52 10] 10 10 
15 |15| M 6 88 35,50 12) 10 59 
l6 | 16) G 5) 88 56,79 15, LL 40 
ly RK V 6) 89 17,988 14| 11 43 
18.118 S 4 89 37,24 16] 12 22 
19019. D 3 389 56,38 Ea. 1909 
20.720. L 3 40 14,77 18| 13 59 
21/21) M 2 40 82,38 20) 14 59 
22|22| M 1 40 49,23 Qi 16106 
23 | 23| G 0 41 5,29 Bau II I7 
24|24| V |7 59 41 20,58 24| 18 26 
25 | 25) S 58 41 835,09 25| 19 38 
26 | 26) D 57 41 48,81 2, 20 46 
TIMER Li SX 421,72 28|| 21 51 
28 | 28| M 56 42 13,85 29] 22 54 
29 | 29| M 54 42 25,18 81) 23 56 
30 | 30 G 58 42. 35,70 82]. —— 
81 | 31 V 52 42) 45,48 34 0 56 
Fasi della Luna. 
1 Ultimo quarto alle 17h 8m 
9 Luna nuova so 200 15 
5 h 21 Id. 
17 Primo quarto , 7° 38m 
24 Luna piena sn 1° 6m 
81 Ultimo quarto , 14h 9m 


5 La Luna è in Apogeo alle 5ì 


Perigeo , 7h 


Il Sole entra nel segno Acquario 
il giorno 21 alle ore 0 min. 11. 


Il giorno nel mese cresce di 0h 56m 


e 


EFFEMERIDI DEL SOLE E DELLA LUNA 953 


Febbraio 1902. 


GIORNO TEMPO MEDIO DELL'EUROPA CENTRALE E 
TETI HI 
Sio 13 ll SOLE La LUNA = 
[=] 9 8 a = — aan — e —_ "> 
s |a cf: passa È passa > 
o |a | nasce al È nasce al tramonta| 
U=j U=] n meridiano E meridiano KR 
hm hm Ss hm h m h m h m 
32 1 S1|7051 12:42, 54,35 |1795 1 509 6 54,4 11 50 29 
39 2 D 50 don 42:47 87 2 bl 7 40,9 12028 24 
34 di L 49 4 vari 88 3 44 828,6 13 12 25 
35 4 M 47 43. 16,28 89 4 34 9 17,2 1491 26 
36 5 M 46 43. 21.99 41 5 20 10. 6,2 14 55 27 
3% 6 G 45 43. 26,88 42 6°*] 10 55,6 15 54 28 
88 7 V 44. 43, 30,98 44 6 39 11 44,8 16 57 29 
89 8 S 42 43 34,29 45 TA 1255919 18 °3 80 
40 9 D 41 Sit 90,69 47 7 44 13 22,5 19 10 1 
41 | 10 L 39 43. 38,49 48 8 14 14 11,3 20 18 2 
42 | 11 M 88 43. 39,40 49 8 44 15 0,4 21 27 3 
43 | 12 M 87 43. 39,51 51 9 14 15 50,8 22) Sd 4 
44 | 13 G 39 43. 88,87 52 9 47 16 42,8 23 48 5 
45 | 14 V d9 43. 37,45 54| 10 24 17 36,7 = 6 
46 | 15 S 82 43. 35,26 55 lagdde 6 18 32,9 0 58 Y 
47 | 16 D 30 43. 32,30 57.11 55 19 30,6 De al 8 
48 | 17 L 29 45. 28,61 58] 12 50 20 29,1 8 10 9 
49 | 18 M 27 43. 24,19 59) 13 58 21 27,0 CAI | 10 
50 .| 19 M 26 43. 19,06 |18 1 14 59 29 129,2 4 56 11 
51 | 20 G 24 49» “159/28, 2 \\aglo a 93 17,2 5 39 12 
52 | 21 V 22 43. 6,73 4ANELA L7 lc 6% Ni) 
53 | 22 S 21 42. 59,56 5 18 25 0 8,6 6 49 14 
4 | ‘28 D 19 42.1 01,75 7-19 33 0 57,8 7120, dl ago 
55 | 24 L 17 42. 43,98 8| 20 37 1 45,0 7 49 16 
56 | 25 M 15 42. 34,380 10) 21 40 SOI 8 16 17 
DI | 26 M 14 42. 24,70 11]. 22 42 8 16,5 8 46 18 
58 | 27 G 12 42. 14,53 12]. 23 42 4 1,9 9 16 19 
59 | 28 V 10 42, _9;02 14 —— 4 47,6 9 49 20 


Fasi della Luna. 
8 Luna nuova alle 14h 29m 


15 Primo quarto , 15 57m 
22 Luna piena n 14 3m 


Il giorno nel mese cresce di 1h 22m 


2 La Luna è in Apogeo alle 1h 
16 Id. Perigeo , 19h 


Il Sole entra nel segno Pesci il 
giorno 19 alle ore 14 min. 40. 


954 


LUIGI VOLTA 


Marzo 1902. 
GIORNO TEMPO MEDIO DELL'EUROPA CENTRALE È 
_ 
2 5 Ss Il SOLE La LUNA 
= 5) c: S = n] — ———_——______| \ i 
= = ds passa È passa b4 
© nasce al E nasce al tramonta | 
Ue) a D meridiano E meridiano [cal 
ho. 2 Ss h m h m h m h m 
60 1 S |7 9/12 41. 52,60 {1815 0 39 5 193,9 10 25 21 
Gl 2| D Ù/ 41 40,86 tEr( 184 6 21,1 Li Z6 22 
62| 3 L 5) 41 28,64 18 2 25 1459 11 58 23 
63| 4| M 3 41 15,95 19 9-12 757,8 12 44 24 
64 6) M 1 40 2,81 21 3 59 8 46,1 13 41 25 
65 6 G 0 40. 49,23 22 4 34 9 35,0 14 41 26 
66 7 V 16 58 40. 35,25 23 o 9 10 24,0 15 45 27 
67 8 S 56 40. 20,87 24 ò 42 11 12,9 16 52 28 
63 9 D 54 40° ‘6,11 26 6 13 12 2,8 18 0 29 
69 || 10 |. 0L 92 89 50,98 27 6 44 12 52,4 19 10 1 
MO A UL M 51 89 385,49 | ‘28 TA 16 13 43,7 20 23 2 
TA ca 49 39 19,68 30 7 48 14 86,6 21 36 | 3 
72) 13 G 47 89. 8,55 sl 8 25 15 81,4 292 47 4 
1734 IZ Vv 45 38 47,11 32 9 6 16 28,1 23 57 5 
74 | 15 S 43 88. 30,39 d4 9 58 17 26,1 o 6 
75 | 16 D 41 38 13,41 35 || 10 47 18 24,4 1.3 Ù 
76 | 17 L 89 87 56,16 36| 11 47 19 21,9 Dina 8 
77|18| M 37 87 38,70 38|| 12 50 20 17,6 2 53 9 
78 I9°M 86 8 21,03 39 ||-.13 57 21 11,2 8 88 10 
79 | 20 G 34 87, 8,18 40| 15 22 9,1 4 16 11 
80 | 21 V 32 86 45,18 41| 16 12 22 51,1 4 49 12 
81 | 22 S 30 86. 27:08 43| 17 18 23 38,2 5 20 13 
82 | 23 D 29 86. 8,77 44) 18 22 _ 5 50 14 
83 | 24| L 26 35 50,42 45| 19 26 0 24,2 6 17 15 
84 | 25 M 24 85 832,01 46] 20 28 MESE 6 46 16 
85 | 26 M 22 85. 13,56 48| 21 29 1 55,2 7 16 17 
86 | 27 G 21 84 55,10 49] 22 28 2 41,0 7 48 18 
87 | 28 V 19 84 36,64 50| 23 23 S 27,9 8 23 19 
88 | 29 S 17 54 18,21 52 a 4 14,2 IL:8 20 
89 | 30 D 15 88 59,83 58 0 15 Di Sa 9 46 21 
90 | 31 L 13 33 41,58 54 Le 5 49,5 10 85 22 
| 


Fasì della Luna. 


2 Ultimo quarto alle 11 39m 


10 Luna nuova s 8 50m 
16 Primo quarto n 232 180 
24 Luna piena n° 4 21m 


Il giorno nel mese cresce di 1h 37 


1 La Luna è in Apogeo alle 22h 
13 Id. Perigeo , 22h 
29 Id. Apogeo , 17h 


Il Sole entra nel segno” Ariete il 
giorno 21 alle ore 14 min. 16. 


EFFEMERIDI DEL SOLE E DELLA LUNA 955 


Aprile 1902. 

GIORNO TEMPO MEDIO DELL'EUROPA CENTRALE 5 
3 ni 
© o n li SOLE La LUNA & 
5 || sg rei 1 3 
< |A Fé passa È passa Si 
= lg |P nasce al E nasce al tramonta | £ 
u=) Cs) to 7) meridiano £ meridiano E 

hm hm Ss hm h m h m h m 
91| 1 M |611|12 33 2331 |1855] 01490 |%6 37,5 | 1129 | 128 
92 2 M 9 SIONE: 1 57 228 7 25,9 10.327 24 
93 3 G 7 32 47.23 58 sd 81135 13 28 25 
94 4 V 6 82. 29,41 59 3 98 9 1,6 14 32 26 
95 b) S 4 32%131,75 [19 0 4 10 9 50,2 15 39 27 
96 6 D 92 S1 54,27 2 4 41 10 39,6 16 48 28 
CHOO BERTI L 0 81 37,00 d 5èll 11 80,6 15 0 29 
98 8 M |5 58 81 19,93 4 5 44 12 23,6 19 14 30 
99 9 M 56 o1liets,10 6 6 20 13 19,1 20 28 1 
100 | 10 G 55 90. 46,50 T; Ya 0 14 16,8 21 42 2 
101 | 11 V 5 30. 30,16 8 748 15 16,5 22 (51 3 
102 | 12 S 51 30. 14.07 9 8 40 16 16,7 23 55 4 
103 | 13 D 49 29 58,25 11 9 40 17 16,1 a. 5 
104 | 14 IR 47 29 42,74 12|| 10 44 18 12,5 0 50 6 
105 | 15 M 46 29. 27,53 13|| 11 50 19 8,0 11139 7 
106 | 16 M 44 2912/63 14|| 12 58 19 59,5 2019 8 
#07 |/17 G 42 28. 58,09 16|| 14 4 20 48,4 DA 9 
108 | 18 V 41 28. 48,89 17}||SBL9-9 21:35,3 929 10 
109 | 19 S 39 28. 30,07 18|| 16 138 22, 20,9 Sa LI 
110 | 20 D 97 28. 17,63 19] 17 16 23) 05,9 420 12 
#11 (21 L 95 28. 3,60 21]: 18.18 23 50,8 4 48 13 
112 | 22 M sd 27 51,99 99 19 18 SR b (17 14 
113 | 28 M 32 27 38,83 23.|| 20.18 0 36,2 5 48 15 
114 | 24 G S1 27 27,12 24 || 21 15 1: 222 6 22 16 
TI |:20 V 29 276 15,87 26]. 229 29,0 6 59 17 
116 | 26 S 27 ZI CS1 27|| 22.59 2 56,3 742 18 
DI7 | 27 D 26 26 54,85 28|| 23 45 3 44,0 8 29 19 
118 | 28 L 24 26 45,11 29 o 4 31,6 921 20 
119 | 29 M 8) 26 35,83 80 0 26 5 19,1 10 17 21 
120 | 30 M 21 26 27,18 32 132 6110.6,2 11 15 22 


Fasi della Luna. 


1 Ultimo quarto alle 7% 24m 
8 Luna nuova —, 14h 50m 
15 Primo quarto , 6h 26m 
22 Luna piena s 192 50m 
80 Ultimo quarto , 23h 58m 


Il giorno nel mese cresce di 1h 30m 


10 La Luna è in Perigeo alle 14 
26 Id. Apogeo , 8h 


Il Sole entra nel segno Toro il 
giorno 21 alle ore 2 min. 5. 


956 LUIGI VOLTA 


Maggio 1902. 


GIORNO TEMPO MEDIO DELL’EUROPA CENTRALE È 

| 

eg ll SOLE La LUNA a 
sd 7) d ME —- = 
i Dia E È O) 
si Ei (Ch passa = passa Di 
= | # | È nasce al E nasce al tramonta| £ 
[ra] Si D meridiano » meridiano RR 

hpymi him Ss hm h m h m h m 
121 1 G |5 20|12 26. 19,03 |1933 1 36 6 53,1 12 17 23 
122 | (20 SV 18 26 11,43 d4 2/8 7 40,1 13 20 24 
123 3 S 7 26. 4,98 85 238 827,9 14 26 25 
124| 4| D 15 25 57,91 87 88 9 16,8 15 85 26 
125 ò L 14 25. 52,90 38 3 40 10 8,1 16 48 27 
126 6 M 12 25. 46,66 89 4 183 L10159 18 2 28 
127 7 M 11 25. 41,90 40 4 51 11 59,0 19 17 29 
128 8 G 10 25. 87,69 42 5 36 12 59,1 20 30 1 
129 9 V 9 25. 34,06 48 6 27 14 1,0 21 39 2 
130 | 10 S 7 25. 30,99 44 TE 248) 15 3,2 22 40 3 
181 |_1l D 6 25 28,48 45 830 TOnMSRZ 23 32 4 
132 | 12 L 5) 25. 26,53 | 46 9139 170F1,3 ——- 5 
133 | 13 M 3 25. 25,12 48| 10 47 17 59,9 0 16 6 
134 | 14 M 2 25 24,28 49 11 56 18 45,9 0 54 v 
135 | 15 G 1 25. 24,00 Doll aloe 2 19 33,8 127 8 
136 | 16 V 0 25. 24,26 51||(d4r 7 20 19,7 1 56 9 
137. AY S |4 59 25. 25,07 5215. 9 21 4,5 2 24 10 
138 | 18 D 58 25. 26,42 68 ||. 16.11 21 49,1 2 52 11 
139 | 19 L 57 25. 28,98 54|| 17 11 22 833,8 8 20 12 
140 | 20 M 56 25. 80,78 55 18 11 5 19,2 9 49 13 
141 | 21 M DÒ 25.138,77 96.19 9 Sl 4 22 14 
142 | 22 G d4 25. 37,30 58] 20 4 0 5,5 4 59 15 
143 | 23 VI d9 25. 41,96 59 || 20 55 0 52,6 5 39 16 
144 | 24 S 52 25. 45,96 (20 O] 21 42 1 40,3 6 25 de { 
145 | 25 D 51 25. 51;07 1 22/25 2 28,0 715 18 
146 | 26 L 51 25. 26,69 2.23 4 8 15,5 peo 19 
147 | 27 M 50 26. 2,83 3 23 88 4 2,5 96 20 
148 | 28 M 49 269,46 8 = 4 48,9 10 6 21 
149 | 29 G 49 26. 16,58 4 0 10 5 34,9 1158 22 
150 | 30 Vv 48 26. 24,19 5 0 39 6 21,1 12 12 23 
151 | 81 S 47 26 32,25 6 TIT] 7 8,0 13 18 24 
| 


Fasi della Luna. 


7 Luna nuova alle 28% 45m 
14 Primo quarto , 14h 40% 
22 Luna piena n 112 46m 
80 Ultimo quarto, 18h .0m 


Il giorno nel mese cresce di 1h 8m 


8 La Luna è in Perigeo alle 20% 
23 Id. Apogeo , 16% 


Il Sole entra nel segno Gemelli il 
giorno 22 ad ore 1 min. 54. 


asd 


EFFEMERIDI DEL SOLE E DELLA LUNA 


Giugno 1902. 


957 


GIORNO TEMPO MEDIO DELL'EUROPA CENTRALE 

2 È s Il SOLE La LUNA 
ei © 8 9 == —_err == | = L 
SI Pi: GRA passa È passa 
= |#|Y® nasce al E nasce al tramonta 
S 3 D meridiano 1a meridiano 

hm hm s hm him h m h m 
152 1 D |447)|12 26 40,76 (20 7 1:37 7 56,5 14 26 
153 2 L 46 26 49,71 8 2.9 8 47,4 15 36 
154 3 M 46 26. 57,08 9 2 44 9 41,5 16 49 
155 4 M 45 ins 8,73 9 3 24 10 39,1 18 4 
156 5 G 45 27 18,96 10 4 ll 11 40,1 19 15 
157 6 V 44. 27. 29,43 11 DI 6 12 43,0 20 21 
158 u S 44 27 40,23 11 6.9 13 46,2 21 20 
159 8 D 44 27,,:92,98 12 718 14 47,2 22 10 
160 D L 45° 2902570 13 8 29 15 44,9 22 52 
tolti .IO M 43 28. 14,33 13 9. 40 16 38,9 23 27 
162 | 11| M 49 28. 26,17 14|| 10 49 17 29,3 23 59 
16343 12 G 43 28. 38,22 TA leo 18 17,0 a 
164 | 13 V 43 23..50,46 |; 15.13. 1 19 2,8 0 29 
165 | 14 S 43 29 2,84 15) lszl4,9 19 47,7 0 56 
166 | 15 D 43 2901537 L6}|lgglbg 5 20.92,3 1 25 
167 | 16 L 43 29, 28,02 Toi aglog4o 21 17,4 154 
168 | 17 M 43 29 40,77 17 pel 73 22.,.3;2 2120 
169 | 18 M 43 29. -53,59 17-17 58 22 49,8 30 
#10) 219 G 43 30 6,46 17||. 18 51 23 37,3 3 39 
171 | 20 V 43 30 19,37 18) 19 40 e 4 22 
472.) 21 S 43 80. 32,30 18|| 20 25 0251 510 
173 | 122 D 44 30. 45,22 18:||a2de 4 Lelio 6 8 
174 | 23 L 44 80. 58,12 18| 21 40 20,3 70 
175 | 24 M 44 81 10,98 18]|-.22-12 2 47,0 7 59 
176 | 25 M 44 SLA29877 18] 22 42 8 88,1 QUSO 
177 | 26 G 45 81. 36,47 18/23: 12 4 18,9 10 2 
178 | 27 V 45 81. 49,06 18|| 23 40 5 4,7 RO: 
179 | 28 S 46 92% 1,54 18 e ò 91,4 1212 
180 | 29 D 46 921385 18 0 10 6 39,7 13 19 
181 | 30 L 47 92. 25,99 18 0 42 7 30,6 14 30 


Fasi della Luna. 


6 Luna nuova 


alle 7h 11m 


Età della Luna 


Ob 54m 
3h 17m 
22* 52m 


13 Primo quarto , 
21 Luna piena 5 
28 Ultimo quarto , 


6 La Luna è in Perigeo alle 6% 
19 Id. Apogeo , 18h 


Il Sole entra nel segno Cancro il 
giorno 22 ad ore 10 min. 16. 


Il giorno nel mese cresce di 0b 12m 


958 


LUIGI VOLTA 


Luglio 1902. 


GIORNO TEMPO MEDIO DELL'EUROPA CENTRALE È 
I° 0A _ 
9 5 Ss li SOLE La LUNA = 
S È | gi % vr) 
sa FE passa È ass S 
Si CE E ) 
| $ (nasce al E nasce * al tramonta| £ 
=) L=) D meridiano Sa meridiano [cal 
hm | hm Ss h m I Mara h m dm | {98 
182 | 1| M |4:47|12 32 ‘87,95 |20 18 LILT 8 24,6 i n 26 
183 2 M 48 32. 49,69 15 20 9 22,1 16 52 27 
184 3 G 48 99.5 4,19 17 2 50 10 22,9 18 1 28 
185 | 4| V 49 33 12,40 17 3 47 | 11 25,4 198 29 
186-| 5 Us 50 3'*23,93 17 4 58. | 12 27,8 19 57 30 
187. “be VeD 50 88. 33,95 16 6 4 | 13 8,1 20 44 1 
188 N L ol 33 4421 16 sul UT 14 25,4 21 24 2 
189 | 8| M 52 33. 54.10 16 8 30 | 15 19,0 21 59 3 
TOO SESSI 52 84 3,60 15 940 | 16 95 22 29 4 
191 | 10%|\SG 53 34 12,68 i 10 47 16 57,4 22 59 5 
TELIT AV 54 34 ‘21,84 |:- 14] 11:53 -| 17 43,7 23 25 6 
193 | 121°°S 55 384 29,54 13|| 12 55 18 29,2 23 57 7 
194 | 13 D 56 34 87,28 13|| 13 56 19 14,5 —— 8 
195 | I&|VL 57 84 44,54 12 14 55 | 20 0,2 0 27 9 
196 | 15| M 58 34 51,80 11] 15 52 | 20 46,6 DI 10 
197 | 16) M 59 84 57,55 11) 16 46 | 21 83,7 1 38 11 
198 ITS G 59 30 3,29 10) 17 86 | 22 21,4 2 20 12 
199 ISIS (EV (On DO 35 851 918023 | 23 49,4 306 18 
200 | 19 | S 1 85 13/20 8| 19 5 | 23 57,2 3 58 14 
201 | 20| D 2 8517,33 7 19542 LE 4 54 15 
202 | 21:|UL 3 852092 6| 20 16 0 44,0 d 52 16 
203 | 22| M i 85 23,96 5| 20 47 131,4 6 da 17 
204 | 23 | M 5 85 26,49 4 2117 227,7 75 18 
205 | 24| G 6 85 28,36 8| 21 46 33,7 8 59 19 
206 125 |" V 8 85° 29,70 2] 22 14 3 50,1 10 4 20 
207 | 26 | S 9 35 30,48 1| 22 45 497,4 11 10 21 
208 | 27 | D 10 85 30,68 0 3 18 5 26,4 12 13 22 
209 | 28:|-L 11 35 30,31 [1959] 23 56 6 17,9 13 27 23 
210 | 29 M 12 35 +29,37 DSIl SA 7122 14 36 24 
211 |380| M 13 385. 27,84 57 0 42 89,5 15 43 25 
212 |81| G 14 55 25,72 55 134 96,9, 16 47 26 
Fasì della Luna. Il giorno nel mese diminuisce di 
Oh 50m, 
5 Luna nuova ‘alle 131 59m ia la valigie nia 
: iva a Luna è in Perigeo alle 
12 Primo quarto. , 13% 47 17 Ia. AOSREO gh 
20 Luna piena, 17h 45m gta 
28 Ultimo quarto , Gh 15m Il Sole entra nel segno Leone il 
giorno 23 alle ore 21 min. 10. 


EFFEMERIDI DEL SOLE E DELLA LUNA 


Agosto 1902. 


959 


GIORNO TEMPO MEDIO DELL'EUROPA CENTRALE 

o ® s ll SOLE La LUNA 

fd w [i 

f o |a È r "a 
= È DA passa È passa 

i ls | ® [nasce al È nasce al tramonta 
pi=) =] D meridiano È meridiano 

hm] hm Ss h m h m h m bm 

Moll V |5 15/12 85 23,03 [1954 2 34 10 10,2 17 43 
214 | 2) S 16 35.. 19,73 53 8 41 11 10,5 18 33 
215| 3| D 17 35. 15,84 52 4 52 12 ‘9,1 1917 
BIO ZL 18 85 11,34 50 6 5 13 4,7 19 54 
MI M 20 55. 6,25 49 d 17 13 57,5 20 28 
218 | 6 M 21 35. 0,54 48 827 14 47,6 20 59 
219 | 7 G 22 84 54,22 46 9 35 15 35,9 21 28 
220 | 8 V 23 34 47,30 45 || 10 40. | 16 22,7 21 58 
221 9 S 25 34 39,78 43| 11 43 Te 90 22 28 
22210) D 26 34 31,65 42] 12 44 17 55,2 23 1 
223 | 11 L 27 34 22,93 40) 13 43 18 41,7 23 88 
224 |12| M 28 34 13,63 39|| 14 37 19 20,7 = 
225 | 3| M 29 84 3,75 37||. 15 80. | 20 16,2 0 18 
226 | 14 G 31 88.583,29 86] 16 18 | 21 4,0 Jas? 
227 | 15 V 32 39. 42,27 ZI li I 21 51.9 151 
228 | 16 | S 33 38. 30,70 32||. 17 41 22 39,6 2 45 
229 | 17 D 34 55. 18,60 Sl astont7 23 26,9 3 43 
250 | 18 L 35 193... 5,99 29||..18 50 —— 4 44 
23591 | 19 | M 37 32 52,86 28 ||. 19 20 0 14,0 5 46 
232 | 20) M 38 32 39,28 26] 19 49 DRD 6 50 
233 | 21 G 39 32., 25,12 24 20 18 1 47,8 755 
2594 | 22-|/.V 40 82. 10,55 22) 20 49 2 35,5 io 
235 | 23.|. S 4l 81 55,54 21/21 22 3 24,4 10 10 
236 | 24| D 43 81 40,09 19|| 21 59 4 15,2 11 18 
237 | 25 | L di 31 24,23 17] 22 40 o 8,2 12 27 
238 | 26| M 45 Blna I 16). 28 28 6 3,6 13 33 
239 | 27.|. M 46 30. 51,33 la Lie 14 36 
240 | 28 G 47 30. 34,32 12 0 24 "7 99,7 15 34 
241 | 29|_ V 49 30. 16,96 10 1 26 8 58,6 16 25 
242 |8380| S 50 29 59,24 8 2 34 9 56,1 17 10 
243 | 81 D 51 29 41,21 6 3 44 | 10 51,7 17 49 


Età della Luna 


Fasì della Luna. 


17h 
gh 


Il giorno nel mese diminuisce di 


HO e di 
3 Luna nuova alle 21% 17m 1 La Luna è in Perigeo alle 19h 
11 Primo quarto , 5h 24m 13 Id. Apogeo 
ama dicna Ta gm 29 Id. Perigeo 
26 Ultimo quarto 12h 4m Il Sole entra nel segno Vergine il 


giorno 24 alle ore 3 min 


. 53. 


960 LUIGI VOLTA 


Settembre 1902. 


GIORNO . TEMPO MEDIO DELL’EUROPA CENTRALE È 
FRRFIOHE ei 
2 5 È ll SOLE La LUNA Ci 
Ss |0|esl- — © 
SIR passa È passa D 
lia: (re Ì z 1 t t BE: 
a) = 2 [nasce al E nasce al ramonta| 
ue; =) DN meridiano sa meridiano [cal 
h mf hm S hm h m h m h m 
244 | 1| L |552|12 29 22,86 [19 5 456 | 11 45,1 18 25 29 
245| 2| M 58 29. 4,20 8 6. 6. | 12 86,2 18 56 1 
246 | 3 M 55 28. 45,25 i 7,15. | 13 25,5 19:27 2 
247| 4| G 56 28. 26,01 [1859 822 | 14 13,6 19 57 3 
248 | S| V 57 28. 6,52 57 I 25 L19209 20 28 4 
249 | 6| S 58 27. 46,76 55 || 10 30. | 15 46,8 2140. | #7 
250 | 7) D 59 27 26,78 54| 1130 | 16 34,8 21 36 6 
251 8 Ti ‘il Ongd 27. 6,57 52 12 27 17 22,0 22 14 7 
252 D M 2 26 46,18 50|..13 21 13 19,5 22 57 8 
253 | 10| M 3 26. 25,59 48| 1411 | 18 57,1 23 44 9 
254 | 11 G d 26 4,84 46| 14 55 19 44,7 ce 10 
255 | 12] V 5 25. 43,94 44|| 15 86 | 20 32,2 0 35 11 
256 | 13 S 6 25. 22,92 42| 16 14 21 19,5 131 12 
257 | 14 D 8 25, 1,79 40) 16 48 22 6,6 2 30 13 
258 | 15.| L 9 24. 40,58 389|| 17 19. | 22 53,8 3 32 14 
259 | 16) M 10 24. 19,32 87 1750. | 23 41,3 4 36 15 
260 | 17| M 11 23. 58,02 85 || 18 20 e 5 41 16 
261 | 18| G 12 23. 36,70 33|| 18 51 0 39,6 6 48 17 
262 | 19 V 14 23. 15,599 S1|| 249.28 TRO: 7 58 18 
265 | 20 S 15 22. 54,12 29||..20. 0 2 10,4 FIA 19 
264 | 21 D 16 22. 32,91 27 20 40 3.,9,8 10 18 20 
265 | 22 L 17 22...11,79 25 || 21.27 3 59,8 11 26 21 
266 | 23 M 19 21 50,78 23 ||. 22 21 4 56,6 12 830 22 
267 | 24| M 20 21 29,88 21] 23 19 5 54,8 13 29 23 
268 | 25 4 21 al pggglb 19 _— 6 52,7 14 22 24 
269 | 26... .V 22 20. 48,59 18 0 24 7 494 15 8 25 
240 |:27.),,S 23 20 28,21 16 1.32 8 44,4 15 47 26 
271|28| D 25 20. 8,05 14 242 9 37,0 16 23 ri 
272 | 29. L 26 19 48,10 12 3,50. | 10 27,7 16 55 28 
273 | 80/.M 27 19 28,41 10 458 | 11 16,9 17 26 29 
Fasì della Luna. Il giorno nel mese diminuisce di 
1h 32m, 
2 Luna nuova alle 6. 19% degne re 
10 La Luna è in Apogeo alle 12h 
9 Primo quarto. , 23h 15m 23 Ta. Perigeo , 14h 
17 Luna piena , 199 28m ì 
Il Sole entra nel segno Libra il 
24 Ultimo quarto , 17h 32m giorno 24 alle ore 0 min. 55. 


nai — dolci inn 


EFFEMERIDI DEL SOLE E DELLA LUNA 961 


Ottobre 1902. 


GIORNO TEMPO MEDIO DELL'EUROPA CENTRALE È 
| HI 
© © o Il SOLE La LUNA a 
[=| D A esi 
[=| (c>) cc! È x Sai = © 
S| RE passa È passa = 
= U=feci 1 S SÌ 
SE ir 2 |nasce al E nasce al tramonta| 
t=] n= D meridiano ne meridiano R 
hm] hm s h m Ireneo h m h m 
274 1 M {6 28|12 19 8,97 [188 6 12 4,9 17 56 30 
275 2 G 30 18. 49,81 6 710 12 52,3 18 27 1 
276 3 V 31 18. 30,94 4 8 14 13 39,5 18 58 2 
277) 4| S 52 18. 12,37 2 9 16 14 26,9 19 33 3 
278 5) D 33 17. 54,14 1||-.10 15 15 14,4 20 11 4 
279 6 L 35 17. 36,25 |17 59||..11.11 16821 20 52 5 
280 7 M 36 175) 19,501 57, 12 2 16 49,8 21 37 6 
281 8 M 37 17. 1,56 55 || 12 49 17 37,8 22 27 Ti 
282 9 G 38 16 44,81 98 ||. 13 32 13 24,4 23 21 8 
283 | 10 V 40 16 28,47 52 || 14 10 19 11,2 —— 9 
284 | 11 S 41 16 12,58 50) 14 45 19 57,8 0 17 10 
285 | 12| D 42 15. 57,13 48) 15 17 20 34,9 Rit 11 
286 | 13| L di 15 42,16 46) 15 47 21 31,1 2 19 12 
287 | 14| M 45 15 27,69 44 16 18 22 19,0 3 29 13 
288 | 15 M 46 15 13,73 43| 16 50 | 23. 8,2 4 30 14 
289 | 16 G 47 15 0,32 41] 17 20 23 59,6 D 38 15 
290 | 17 V 49 14 47,47 89|| 17 56 —— 6 49 16 
291 | 18 S 50 14 39,20) 38 18 36 0 53,4 81 17 
292 | 19 D 52 14. 23,52 36] 19 21 149,8 912 18 
293 | 20 L 53 14 12,48 84| 20 14 2 48,3 10 21 19 
294 | 21 M 54 14 2,09 82 ||.21 14 3 47,9 11 28 20 
295 | 22| M 56 13 52,46 31| 22 18 4 47,3 12 19 21 
296 | 23 G 57 13 43,31 29) 23 25 5 45,2 TSTISZ 22 
297% 24. .V 58 13 - 84,96 |.. 27 ui 6 40,7 13 48 23 
298 | 25 BITZAO 13. 27,84 26 0 33 7 33,6 14 25 24 
299 | 26 D 1 13. 20,48 24 14l 8 24,0 14 58 25 
300 | 27 L 2 13 14,27 23 2 48 9 12,6 15 28 26 
301 | 28 M 4 13. 8,86 21 3 54 10 0,0 15 58 27 
302 | 29 M 5) 13. 4,20 20 4 58 10 46,7 16 27 28 
303 | 30 G Li 13 0,81 18 b- 3 11 33,4 16 58 29 
304 | 31 V 8 12 57,20 17 PL 12 20,3 17 81 1 


Fasi della Luna. 


1 Luna nuova alle 18h 9 


9 Primo quarto , 18h 21m 
17 Luna piena A a 
23 Ultimo quarto ,; 28h 58m 


Il giorno nel mese diminuisce di 


1h 84m, 
m 
8 La Luna è in Apogeo alle 7h 


20 Id. Perigeo , 81 


Il Sole entra nel segno Scorpione 


31 Luna nuova, 9h 14m il giorno 24 alle ore 9 min. 36. 


962 LUIGI VOLTA 


Novembre 1902. 


Fasì della Luna. 


8 Primo quarto alle 18h 30m 


15 Luna piena » 18h 6m 
22 Ultimo quarto , 81 47m 
80 Luna nuova sn 8h 4m 


GIORNO TEMPO MEDIO DELL'EUROPA CENTRALE È 
mea ce ue——— [na] 
=D sg ge ll SOLE La LUNA e: 
s|$ls "de ” 4 
si = A passa È passa =» 
3 E 3 tia i esiliato £ LS me brian gue È 
hm h m Ss hm h m h m h m 
305 1 Sa 912042. 548741716 8 4 LS PTT 187 2 
306 Z D 11 LARE 14 94 13 95,4 18 46 3 
807 bj L 12 12 52,98 13 9 54 14 43,9 19 31 4 
308 4 M 13 12. 52,69 11.10 44 15 30,9 20 19 5 
309 5 M 15 12. 58,48 10|| 11 27 16 18,1 ZL 6 
910 6 G 16 12, Db; lb 9 1 Lea 7/ 17 4,7 2276 7 
811 7 V 18 Ep 12 43 17 50,6 Ad 9) 8 
912 8 S 19 138, 10593 6|. 13 15 18 86,1 a 9 
813 9 D 20 15. 5,04 519, 45 19 21,7 069 10 
814 | 10 L 22 199199 4| 14 16 20 17,9 1.95 11 
915 M 23 13, 15,78 3| 14 45 20 55,4 VA 12 
816 | 12 M 25 L9a 22:98 1 15 16 21 44,9 ps 13 
817 | .18 G 26 13. 29,82 0, 15 49 22 37,3 4 25 14 
818 | 14 V 2 13. 38,10 [1659] 16 27 23 99,0 5 36 15 
819 | 15 S 29 laa/:28 58 I7Z10 e 6 48 16 
320 | 16 D 30 lO s0dr19 DA ela 031,7 8_0 17 
921 IH L sul 14 8,00 56 19 0 1 33,0 9 8 18 
922 || (18 M 33 14 19,66 56) 20. 4 2.99;0 10 9 19 
823 | 19 M 94 14 32,16 DO azien 8 ,95,9 1109 20 
824 | 20 G 95 14 45,52 54 ||,22, 28 4 34,4 11 48 21 
825 | 21 IVI af TATROGSTI DI ||LAZ9 199 5 29,6 1247 22 
926 | 22 S 38 15. 14,73 52 = 6 21,6 13000 23 
327, 23 D 89 15. 30,57 52 0 40 ATO 13.32 24 
928 | 24 L 41 15 47,28 51 1 46 7 58,4 14102 25 
829 | 25 M 42 16 4,67 50 2 51 8 44,8 14 30 26 
3830 | 26 M 43 16 22,89 50 8 54 9 80,7 LOS 27 
991! 21 G 44 16 41,89 49 4 56 10 16,9 15192 28 
382 | 28 V 46 I ge 61 49 5 06 11...3,9 167 29 
3999. 29 S 47 17. 22,06 48 6 53 11 50,8 16 45 90 
834 | 30 D 48 17. 43,22 48 7 48 12 38,5 17527 1 


Il giorno nel mese diminuisce di 
dh gm, 


5 La Luna è in Apogeo alle 3% 
17 Id. Perigeo , 4h 


Il Sole entra nel segno Sagittario 
il giorno 23 ad ore 6 min. 35. 


EFFEMERIDI DEL SOLE E DELLA LUNA 


Dicembre 1902. 


963 


GIORNO TEMPO MEDIO DELL'EUROPA CENTRALE È 
A 

9 & 2 II SOLE La LUNA È 

HE |86 21 = |a 

< |2|35 passa = passa us 

sel | [nasce al È nasce al tramonta| 

=) =) Dn meridiano i meridiano [ea] 

hm hm s hm h m h m Db m 

335 1 L |7 49/12 18, 5,05 [1647 8 39 13 26,8 18 13 2 
336 2) M 50 18. 27,53 47 9 25 14 13,8 19, 19 8 
337 S| M 51 18. 50,65 47 10 7 15 0,6 19 57 4 
888 | 4 G 52 19. 15,37 46] 10 48 15 46,6 20 54 Ò 
339 5) V 53 19 38,66 46) 11 17 16 32,7 21 53 6 
340 6 S 55 20 3,51 46. 11 47 17 16,4 22, 58 7 
341 7 D 56 20. 28,88 46] 12 16 185 214,1 23 58 8 
342 8 L 57 20. 54,74 46| 12 45 18 46,5 rt 9 
843 | 9) M 78 21 21,08 46) 13 13 19 33,4 0 57 10 
844 | 10) M 59 21 47,85 46| 15 44 20 22,6 209 11 
345 | 11 G 59 22 15,04 46] 14 19 21 15,0 3 10 12 
846 | 12| V {8 0 22. 42,62 46) 14 58 22) 11,2 421 13 
347/13 | S 1 23. 10,55 46) 15 44 23, 11,0 5 88 14 
348 | 14| D 2 23 38, Sl 46) 16 59 = 6 44 15 
SER 15 IL 3 24 7,88] 46) 1742 | 0134 DOO PARE 
850 | 16| M 5) 24 36,22 46| 18 ol 1 16,8 8 50 17 
851. | 17 M + 25 5,27 47 20 83 2 18,9 9 41 18 
852 | 18 G 5) 25 34) 64 47| 21 16 8 18,2 10 24 19 
358 | 19 V 5) 26 4,16 47 122 27 4 13,8 ua 20 
354 | 20 S 6 26 33,83 48| 23 36 ogo.i 11 35 21 
355 | 21 D 6 27 3,65 48 DLofeto 5 55,6 12 6 22 
856 | 22 L 7 27. 33,56 49 0 43 6 43,1 12 34 29 
857 |23| M 7 28 3,58 49 147 7294 13 5 24 
858 | 24 | M 8 28 33 59 50 2 49 8 15,4 13 85 25 
859! | 25 G 8 29. 3,51 50 8 50 91,6 14 8 26 
360 | 26| V 9 29 33,45 51 4 48 9 58,2 14 45 27 
361 | 27 S 9 30 3,30 51 5 44 10 35,4 15 26 28 
362 | 28 D 9 380 33,05 52 6 36 11 23,0 16 10 29 
363 | 29 L 9 SI 2,62 58 728 12 10,6 16 59 30 
364 | 30 M 9 SI 31,99 54 8 6 12 57,8 17 52 1 
365 | 31 M 9 82. 1 ‘14 55 8 45 13 44,2 18 48 2 


Fasi della Luna. 


Il giorno nel mese diminuisce di 


À ql 14m, 

8 Primo quarto alle 7h 26m bei; Pata 

ì ; 2 La Luna è in Apogeo alle 17h 
15 Luna piena si 4h 470 15 Id. Perigeo , pk 
21 Ultimo quarto , 215 om e n ABOR0 405, 1860 
SAT RIO 99h 95m Il Sole entra nel segno Capricorno 


» 


. 


il giorno 22 alle ore 19 min. 36. 


964 


Effemeridi ( 
calcolate per l’orizzonte di Torino in tem 
dal dr. VITTORIO BA 


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TICI 8 41b| 13: (9867/2649 5415 1520737] 9f 10008850 
21 | 8 50 | 13 34|18 19| 9 10|14 44|20 19] 8 52 | 13 42 
Febbraio . e del 8 39,143 54.19 10.}'-80 12,13 54 19361 8223810051 
TI 7. 57,18 SK19 Wa 711) 12 54 6087 RR 
Zilbli 6 515142 A7 17 4236.1511 53 bI7420 704/0 Ne 
Marzo . REATO 6 14511260616 38.15 S70R11 (9016/40) 752900886 
11{ 553 [10 59|16 5]. 5 5|10 30|15 55| 7 /7|12:56 
21 5 44 |10 58/16 12| 4 43|10 5|15 27] 6 47 |12 45 
Aprile . i ST 5 27 AIR 10.16 444° 425709. 49, 115019 RIS 
Li. 5 32 | AD 80.17 29447111 9 4/15 /11 5000822 
21,1 5 29.| 11 59/18 314 3 56] 9 37|15 191 5 30. | 12-10 
Maggio . 15 30 |12 38/19 494 8 45] 9 35/15 25] 5 6 |11.59 
11 5 41/|13.29 21 | 501.3 31) 9 34/15 404 445710088 
21] 5 59/13 56 021 531.53 170 9 5515054) 402411098 
Giugno 11 6 11/14 14.21 5713 LI 9 372/1604153] PRI 
IL. 5 59.13 40.21 0] 2.50; 9 4L 16033. 3645400044 
21 | 5 18 | 12 46/20 13 2 39] 9 46/16 54/3 28 | 11.7 
Luglio . Ti 4 23 [1 45119 74.02 334 9 54| 170164 3 14410758 
1 | 3 487 [11110318 (094,€2°314 10 ;3.(017085)] STO 
21 | 3 34 | 11 12/18 50] 2:359/10 14|17 49] 2 49 | 10 38 
Agosto . osi 4 12; |-11:.50.|:19 (27.52'46,10 27 | 18h Gil 2639800027 
11] 5 20 [12 36/19 50|J 3 2/10 40|18 18] 230 | 10 16 
ST 6 26) |-13 1119 ,54.1".3.22,/10 51 | 1819429259075 
Settembre Pi 7 26 (13 361019 ‘(454.53 4911 (3 18 (16 2 15° | 9052 
11 (108 T1 | 13.49 19/25) 4 1511 1218! Si 20000058 
118 :485|-18354:|-19-10474-51:|11-20|-17248 42228 92a 
Ottobre If 849 13 48.118 4705. 01122717 4411 5 
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21.1 6.37 |11 59/17 23f 6. 0|11 40|17 21] 1 42.| 8 39 
Novembre 1°. ]° 5999011 47. | 16454 06,29. 11 487) L79220 
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Dicembre . I: feZel7 [11 52|16 26] 7.52.12 20|16 497 0-58.| 7 22 
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965 
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ledio dell’ Europa centrale, per l’anno 1902. 
stronomo aggiunto. 


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L’Accademico Segretario: Enrico D’OvipIo. 
| Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 64 


966 


CLASSE 


DI 


SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE 


Adunanza del 23 Giugno 1901. 


PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. ALFONSO COSSA 
PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA 


Sono presenti i Soci: Prvron, Vice Presidente dell’Acca- 
demia, FerrERO, Direttore della Classe, Rossi, BoLLATI DI SAINT 
Pierre, Grar, CrroLLa, Brusa, Pizzi, SAvio e RENIER Segretario. . 

Approvasi l’atto verbale dell'adunanza antecedente, 9 giu- 
gno 1901. 

“Avendo il Socio CARLE manifestato il desiderio d’ essere 
esonerato dall’incarico avuto di commemorare il rimpianto Socio 
Cocnetti pe MaARTIS, il Presidente, col consenso unanime della 
Classe, incarica della commemorazione il Socio CHIRONI. 

Il Presidente, quindi, comunica: 

1°, il telegramma del Ministero della R. Casa in risposta 
a quello di felicitazione inviato dall'Accademia in occasione della 
nascita della Principessa JoLANDA MARGHERITA; 

2°, l'elenco delle condoglianze pervenute all'Accademia 
per la morte del Socio CoenerTi DE MARTIHS; 

3°, l'invito all'Accademia di farsi rappresentare al 23° Con- 
‘ gresso dell’Associazione letteraria e artistica internazionale, che 
si terrà in Vevey (Svizzera) dal 7 al 13 agosto 1901. 

Il Segretario segnala con soddisfazione l'importante cambio, 
che si è recentemente combinato, fra le nostre pubblicazioni 


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967 


accademiche .e quelle della Facoltà di Lettere di Bordeaux, ed 
accenna al particolare valore di queste pubblicazioni. 

Tra i libri inviati in dono, il Presidente rileva due opu- 
scoli del Socio corrispondente Vittorio Poggi: 1° Miscellanea di 
storia e di archeologia, Spezia, 1900; 2° Catalogo descrittivo della 
Pinacoteca civica di Savona, Savona, 1901. 

Il Socio Rossr fa omaggio della 2% edizione della sua Gram- 
matica egizia nelle tre scritture geroglifica, demotica e copta, 
Torino, Paravia, 1901. — Il Vice Presidente Peyron esprime 
all'autore particolar riconoscenza per questo dono, di cui rileva 
l’importanza, essendo la nuova grammatica del Socio Rossr in- 
formata a tutti i più recenti progressi della scienza e conte- 
nendo, rispetto alla prima edizione, una parte interamente nuova, 
quella riguardante il demotico. — Il Direttore di Classe FERRERO, 
antico allievo del Socio Rossi, aggiunge parole di felicitazione 
e di ringraziamento, rilevando i vantaggi che da questa pub- 
blicazione deriveranno alla scuola egittologica. 

Il Socio FerrERO, Direttore della Classe, legge la comme- 
morazione del rimpianto Socio Senatore Ariodante FaBRETTI, di 
cui la Presidenza dell’Accademia gli diede incarico. La comme- 
morazione, accolta con gratitudine dalla Classe, di cui il Pre- 
sidente si rende interprete ringraziando il Socio FERRERO, sarà 
inserita nelle Memorie accademiche. 

Il Socio Renier legge la relazione, di cui ebbe incarico 
insieme col Socio CrpoLta, sulla prima memoria del padre prof. 
Giuseppe Borrrro intorno all’autenticità del trattato De aqua et 
terra assegnato a Dante. Questa prima memoria tratta Della 
controversia intorno all'acqua ed alla terra prima e dopo di Dante. 
La relazione, che è inserita negli Atti, è approvata a voti una- 
nimi. — Letta la memoria, essa è con votazione segreta una- 
nimamente accolta nelle Memorie accademiche. 

Il Socio CrpoLLa presenta per gli Atti una nota del dr. Carlo 
Sarsorto, Per l’epistolario di Carlo Botta. 


968 

Al Socio Brusa sta a cuore di scusare particolarmente la 
sua assenza nell'adunanza del 9 giugno, in cui fu comunicato 
il doloroso caso della morte del Socio CoenerttI De MARmIS. 
Gravi ragioni gli impedirono di assistere a quella seduta, come 
avrebbe desiderato, ed egli ne esprime ora il suo dispiacere. 


Il Presidente riepiloga i lavori della Classe e gli avveni- 
menti principali occorsi durante l’anno accademico che ora si 
chiude, augurando felici le ferie a tutti i colleghi. 


inn 


CARLO SALSOTTO — PER L’EPISTOLARIO DI CARLO BOTTA 969 


LETTURE 


Per Vl’epistolario di Carlo Botta. 


Nota del dott. CARLO SALSOTTO. 


La bibliografia intorno alla vita di Carlo Botta non è molto 
ricca, e la vita dell’illustre storico piemontese presenta ancora 
varîì punti oscuri. Oltre ad una larga esplorazione archivistica, 
bisognerebbe ricorrere per illustrarla ad una fonte importantis- 
sima che è l’epistolario, il quale ci svelerebbe la vita intima del 
Botta e il suo pensiero politico, e ci fornirebbe notizie sicure 
intorno alla composizione ed alla pubblicazione delle sue opere 
storiche, intorno alle fonti di cui egli si serviva, ed alle con- 
dizioni materiali ed intellettuali in cui le componeva, ci mani- 
festerebbe chiaramente il concetto ch’egli aveva della storia, e 
ci porgerebbe dati sicuri riguardo ai suoi gusti letterari ed alle 
sue opinioni intorno alla lingua italiana. Ma l’ epistolario del 
Botta non fu ancora raccolto. Molte lettere di lui furono pubbli- 
cate, è vero, in tempi diversi; ma molte di esse si trovano sparse 
in un numero troppo grande di libri, di riviste e di semplici 
giornali, oltre a quelle che sono in vere raccolte, per cui rie- 
scirebbe difficilissimo ad uno studioso il potersene servire. Da 
altra parte dobbiamo notare che ne esistono ancora molte ine- 
dite, le più finora ignote ad ogni studioso. 

Di questo materiale edito e delle lettere inedite che ho po- 
tuto rintracciare io cercherò di dare notizia (1). 


(1) Tale lavoro si proponeva già molti anni or sono il Prof. G. Flechia, 
come prova una sua lettera a Carlo Dionisotti, il biografo del Botta (Vedi 
autografo in miscellanea ms. segnata Direzione, VE, piano 7°, N° 6, in 
Biblioteca Civica di Torino). 


970 i CARLO SALSOTTO 


Nell’accingermi alla ricerca dell’epistolario edito del Botta 
mi fu di grande giovamento la Notizia bibliografica premessa dal 
Pavesio alla sua raccolta di lettere del Botta (1), dove si trova 
un buon numero di notizie intorno alle lettere di lui, edite prima 
del 1875. Ma l’elenco non è completo; e d'altra parte negli 
anni seguenti vennero alla luce molte altre lettere. 

Ecco quindi l’elenco delle raccolte finora fatte delle lettere 
del Botta e l’elenco delle lettere che ho rinvenute pubblicate 
sparsamente (2). 


Lettere di Carlo Botta ad un suo amico intorno la lingua e lo 
stile ch'egli ha usato nella Storia della guerra dell’indipendenza 
degli Stati Uniti d’ America. Milano, Ferrario, 1820 (in “ Bi- 
blioteca Ambrosiana , di Milano, miscellanea segnata S. N. 
ti PASISSY 


Sono due lettere, l’una del 20 novembre 1810 e l’altra del 
30 marzo 1811: entrambe sono importanti, ma specialmente la 


(1) Paoro Pavesro; Lettere inedite di C. B., Faenza, Conti, 1875, pp. xx1x-xtt. 

(2) È degno di nota che il Botta non permise mai che, lui vivente, si 
pubblicasse niuna raccolta delle sue lettere, per cui le poche, venute alla 
luce in varie occasioni prima della sua morte, non furono pubblicate con 
lo scopo di farne raccolta, ma quasi tutte in momenti in cui l’autore aveva 
interesse a pubblicarle. Il Pavesio (1. c.) trovò tale diniego del Botta in 
parecchie lettere inedite di lui; inoltre egli cita una lettera (Parigi, 
26 aprile 1833) all’ab. Gallo (Vrani, Lettere di C. B., Torino, Magnaghi, 1841, 
pag. 18), nella quale il B. fra l’altro dice: il permettere che si stampino le 
mie lettere in mio vivente sarebbe andare contro il mio dogma, non avendo 
mai voluto dare il mio assenso malgrado delle istanze fattemene da molti, 
affinchè si stampassero. Quando sarò morto, se da taluno sarà creduto che le 
mie baie sieno degne di vita, si potrà alzare il sipario. La medesima dichia- 
razione io trovai in una lettera a Stanislao Marchisio (Parigi, 2 giugno 1825) 
che si trova fra le molte inedite, di cui darò notizie in seguito. Però si 
noti che il Botta stesso lavorava a preparare ai posteri questa raccolta. 

Il Pavesio dice infatti di aver tratte quelle del suo volume da un ms., 
specie di copia-lettere, che in parte è di mano del Botta. Ma una testi- 
monianza esplicita dello storico io ho trovata in una lettera inedita al 
Marchisio (Parigi, 28 gennaio 1831), nella quale il Botta autorizzava il 
Marchisio a farsi consegnare dagli eredi del Grassi, che era morto da poco 
e gli era stato amieissimo, le lettere da lui scrittegli, perchè il Marchisio 
le serbasse per poi pubblicarle, dopo la sua morte, insieme con quelle 
scritte a lui medesimo. 


PER L'EPISTOLARIO DI CARLO BOTTA 971 


prima, perchè in essa il B. parla più estesamente dello stato 


della lingua italiana a’ suoi tempi, e dei rimedì ch'egli riteneva 
necessarì per giovare ad essa. Secondo il Dionisotti (1) tali let- 
tere sarebbero state pubblicate in fine al quarto ed ultimo vo- 
lume della Storia Americana, nell’ edizione appunto di Milano, 
del Ferrario, nel 1819. Ma varie copie di tale edizione, da me 
consultate, non le contengono. La cosa può però facilmente spie- 
garsi, pensando che il Dionisotti probabilmente ebbe fra le mani 
una copia a cui erano state aggiunte le poche pagine suddette, 
che sono appunto del medesimo editore, e di formato identico 
a quello della storia. 


Journal des Débats. — 1° ottobre 1824. 


Vi è una lettera in cui lo storico si difende da accuse mos- 
segli intorno alla composizione della Storia d’Italia dal 1789 
al 1814. Ne trovai notizia in: TRINcHERA, Lettere inedite e rare 
di C. B., Vercelli, Guglielmoni, 1858, p. 51. 


Le Moniteur universel, n° 78. — 19 mars 1825. 


Contiene una lettera del Botta al redattore in capo del gior- 
nale (Parigi, 16 marzo 1825) per respingere l’accusa di calun- 
niatore, mossagli nello stesso giornale dai figli del conte Castel- 
lengo, nominato nella Storia d’Italia dal 1789 al 1814. 


Osservazioni e giudizì sulla Storia d’ Italia di Carlo Botta. Mo- 
dena, Vincenzi e C., 1825. 


È una raccolta di scritti intorno alla storia del B., pubbli- 
cati in diversi periodici italiani, e uscita a puntate negli anni 
1825-26; in fine al volume si trovano due lettere del B., l’una 
del 13 gennaio 1826, e l’altra del 24 febbraio dello stesso anno; 
nella prima, lunghissima, egli si difende dall'accusa di infedeltà 
storica mossagli dal conte Paradisi e dal marchese Lucchesini; 
la seconda, più breve, fu scritta per autorizzare la pubblicazione 
della prima. Esse furono ristampate in: 


(1) Carro DroxisortI, Vita di C. B., Torino, Favale e C., 1867, pag. 147. 


972 CARLO SALSOTTO 


Storia dei popoli italiani di CARLO BottA, tradotta dall’originale 
francese in italiano da un accademico corrispondente della 
Crusca. Tomo quinto -- a cui si è aggiunto un opuscolo 
dell’ Autore sul carattere degli storici italiani, e la sua risposta 
a Paradisi e Lucchesini. Pisa, Nistri e Capurro, 1827. 


Le medesime ricomparvero più tardi nella raccolta del Viani 
(Viani, Lettere di C. B. Torino, Magnaghi, 1841, p. 159 e segg.), 
dove la censura soppresse un punto della prima, e poi in: Dro- 
nIsoTTI, Scritti minori di C. B. Biella, Amosso, 1860, p. 113 e segg. 


Antologia - 1826. Fir., Pezzati, 1826. Tomo XXI, n° 62, pp. 144-46, 
e Tomo XXII, n° 64, pp. 73-81. 


Nel primo di questi due fascicoli si trovano due lettere, 
l’una del 16, e l’altra del 26 gennaio 1826, scritte entrambe al 
Conte Tommaso Littardi, il quale si era assunto l’incarico di 
raccogliere la sottoscrizione per la continuazione del Guicciar- 
dini, e riguardano appunto le condizioni della sottoscrizione. 
L'altro fascicolo contiene una lettera del 19 settembre 1816 
all’Abate Ludovico di Breme; essa è importantissima, perchè 
tratta estesamente della dottrina dei romantici, e mostra l’av- 
versione del Botta a tale scuola. 


Antidoto pei giovani studiosi contro le novità in opera di lingua 
italiana scritto da Antonio Cesari dell'Oratorio. Forlì, presso 
Matteo Casali, 1829, pp. xxvI-37. 


In una specie di prefazione a quest'opera postuma del Ce- 
sari il Manuzzi inserì una lettera che il Botta dirigeva al Cesari 
stesso (Parigi, 26 settembre 1813), per ringraziarlo del dialogo 
Le Grazie inviatogli, e per mostrargli la propria ammirazione. 
Il Pavesio (op. cit., p. xxxrv) citò questa edizione con la data 
del 1828, perchè o egli non la vide direttamente, o essa uscì 
sulla fine di tale anno ma con la data di quello seguente. 


Il Camillo o Veio conquistata di CARLO BortA. 2* ed. corretta ed 
arricchita di note dell’autore, con gli argomenti a ciascun 
canto del Prof. C. Baggiolini. Torino, Pomba, 1833. 


Contiene due lettere del Botta (Parigi, 4 e 28 gennaio 1833) 
all’Ab. Don Giuseppe Gallo che aveva curata questa edizione 
del poema. 


o o oEP-—_ >—-u enne 


PER L’EPISTOLARIO DI CARLO BOTTA 973 


Queste sono le sole undici lettere del Botta, edite lui vi- 
vente, che siano venute a mia cognizione. Io credo che non se 
ne sia pubblicata alcun’altra, appunto per quella riluttanza con 
la quale egli si oppose sempre a che venissero stampate. E non 
può dirsi che esse contraddicano al “ dogma , del Botta, perchè 
riguardano per lo più questioni urgenti e dovevano pubblicarsi 
subito, e talune poi furono da lui stesso dirette a giornali. 
Solo quella all’Ab. L. di Breme (Parigi, 19 settembre 1816), 
pubblicata nell’Antologia di Firenze (aprile 1826), potrebbe dar 
luogo a discussione, perchè il Botta in una lettera inedita a 
Giuseppe Grassi (Parigi, 15 ottobre 1828) si rammarica con lui 
che una propria lettera contro i romantici sia divenuta pubblica. 
Si può pensare quindi che questa sola lettera sia stata edita 
suo malgrado. 

Subito dopo la morte del Botta in: 


L’Annotatore Piemontese, ossia giornale della lingua e letteratura 
italiana. Vol. VI, p. 357 (anno 1837) 


veniva pubblicata una lettera di lui a Stanislao Marchisio (Pa- 
rigi, 14 maggio 1826), piena di elevati e delicati pensieri verso 
la città di Torino, e di espressioni di gratitudine verso i molti 
Torinesi sottoscrittori per la continuazione del Guicciardini. Essa 
è preceduta da una lettera del Marchisio, il quale dichiara di 
pubblicare quella del Botta per aderire al desiderio da lui espres- 
sovi, ch’essa fosse pubblicata dopo la sua morte in segno di 
riconoscenza verso i sottoscrittori Torinesi. La medesima lettera 
del B. fu ristampata nella raccolta del Viani (p. 119) ma con 
la data 14 maggio 1832, e in DronisortTI, Vita di C. B. (p. 189) 
con la data esatta (14 maggio 1826), come mostra l’autografo, 
che si conserva nella Biblioteca di S. M. in Torino. 
Cominciano poi tosto a farsi le vere raccolte: 


| Viani Prospero]. Lettere di Carlo Botta. Torino, Magnaghi, 
1841, pp. xrx-192. 


Contiene 96 lettere del Botta, degli anni 1794-1837, non 
disposte cronologicamente, ma rispetto alle persone a cui furono 
scritte. Cinque di esse erano già edite: due nelle Osservazioni 
e giudizi, ecc. cit., altre due nell'edizione torinese del Camillo cit., 


974 CARLO SALSOTTO 


e la quinta nell’ Amnotatore Piemontese, ora cit. Le lettere pub- 
blicate per la prima volta in tale raccolta sono quindi 91. 

Ecco il numero delle lettere di ciascun anno in ordine cro- 
nologico: 

1794:1 — 1812:2 — 1813:1 — 1817:2 — 1821:1— 
1825: 2 — 1826:3 — 1827: 2 — 1828: 4 — 1829:1 — 
1830: 4 — 1831:6 — 1832: 10 — 1833: 14 — 1834: 16 — 
1835: 4 — 1836: 13 — 1837: 4 — Senza data certa: 1 — 
Totale: 91. 

Di queste lettere sei non hanno indicazione certa di data. 
Esse sono: 

La 602, che fu ristampata da Nicomede Bianchi (Rivista Con- 
temporanea, vol. 28°, anno 1862, p. 335) con la data 30 agosto 1831; 

La 77, che da altre lettere della stessa raccolta appare 
essere probabilmente del principio del 1836, al quale anno noi 
l'abbiamo ascritta; 

La 79°, che per le stesse ragioni può ascriversi al 1836; 

La 86?, la quale, poichè contiene la traduzione dell’epitaffio 
per il Marchese di S. Tommaso, morto nel 1834, può ritenersi 
di tale anno; 

La 91, che può considerarsi della fine del 1833, o per lo 
meno non anteriore a tale anno, perchè parla dell’edizione to- 
rinese del CamiZlo. Noi l'abbiamo unita a quelle del 1833; 

La 94? infine, che è un frammento di lettera intorno a 
qualche parola nuova introdottasi nella lingua italiana, e che 
non porge argomenti atti a stabilirne l’anno della data. 

Questa raccolta fu fatta con uno scopo letterario, come si 
scorge dalla prefazione stessa. Molte delle lettere contenutevi 
sì aggirano intorno ad argomenti letterarì, come quella notevo- 
lissima al Cibrario (Parigi, 17 novembre 1826) intorno alla Storia 
delle repubbliche italiane del Siswowpi, le undici lettere degli 
anni 1831-36 al conte Nomis di Cossilla, archivista e consigliere 
di S. M. a Torino, che si aggirano intorno a questioni lette- 
rarie, linguistiche e storiche, e dalle quali si rilevano le solle- 
citazioni fatte al Botta perchè nella sua storia inserisse la no- 
tizia che la Casa di Savoia ebbe origine italiana, notizia ch'egli 
non volle accogliere, dicendo che non gliene venivano fornite 
prove sufficienti, e come ancora parecchie lettere del 1833 
all’Ab. Giuseppe Gallo intorno alla nuova edizione del Camillo. 


PER L'EPISTOLARIO DI CARLO BOTTA 975 


In generale poi le lettere di questa raccolta hanno un ca- 
rattere intimo e famigliare, che si nota specialmente in quelle 
scritte all’Ab. Gallo (1825-34), e in quelle più numerose al Dottor 
G. Giordano a Torino (1827-37). 


Lettere d’illustri italiani del secolo XVILI e XIX. ai loro amici. 
Reggio-Emilia, Torreggiani e C., 1841-43, voll. 10. 


Quelle del Botta sono quattro; tre nel vol. 1°, che si tro- 
vano pure nella raccolta del Viani (6 aprile 1813, al Rosini a 
Pisa; 29 marzo 1833 all’Ab. Gallo; e maggio 1836 al Cibrario), 
ed una nel vol. 4°, scritta al barone Vincenzo Mortillaro a Pa- 
lermo (Parigi, 8 dicembre 1832). 


Viaggio intorno al globo, principalmente alla California ed alle 
isole Sandwich negli anni 1826, 1827, 1828, 1829 di A. 
DuzaAuT-CiLLy, capitano di lungo corso, cav. della Legion 
d’onore, ecc., con l’aggiunta delle osservazioni sugli abitanti 
di quei paesi, di Paolo Emilio Botta. Traduzione dal fran- 
cese nell’ italiano di CarLo Borta. Voll. 2. Torino, Fon- 
tana, 1841. 


Vi si trovano due lettere del Botta, entrambe del marzo 
1837, di cui la prima è come una dedica dell’opera al figlio Sci- 
pione, e la 2° è diretta al marchese Roberto d’Azeglio, che sol- 
lecitò poi il Re Carlo Alberto a provvedere alla stampa dell’opera. 


[PARAVIA Pier ALEssANDRO]. Lettere di Pietro Metastasio e di 
Carlo Botta (nozze Treves di Bonfil-Todros). Venezia, An- 
tonelli, 1844. 


Sono dieci lettere dello storico, tutte scrittè nel triennio 
1818-20 da Rouen al Prof. Antonio Maria Robiola, il quale, 
d'accordo col B., aveva allora intrapresa a Milano la ristampa 
della Storia della guerra dell’indipendenza degli Stati Uniti d’ Ame- 
rica. Quasi tutte queste lettere quindi si aggirano intorno agli 
emendamenti da farsi rispetto alla lingua nella nuova edizione 
dell’opera. Le medesime furono poi comprese tutte nella raccolta 
del Trinchera (Lettere inedite e rare di C. B., Vercelli, Gugliel- 
moni, 1858). 


976 CARLO SALSOTTO 
Lettere inedite d’illustri italiani. Foligno, Campitelli, 1845. 


Le lettere del B. sono due sole, dirette al conte Giovanni 
Marchetti. Ne ebbi notizia in: Bibliografia italiana, nuova serie, 
anno II. Milano, Stella, 1846. Quivi è detto che le medesime 
erano già state inserite nella raccolta del Viani, dove infatti 
(pp. 94-95) si trovano due lettere del 1828 e 1830, dirette al 
conte G. Marchetti a Bologna, per ringraziarlo di due volumi 
di suoi versi inviatigli. 


|MranEsI CARLO]. Lettere inedite di Carlo Botta a G. W. Greene, 
console generale degli Stati Uniti presso la Sunta Sede, con 
alcuni cenni biografici intorno al Botta, scritti dal Greene 
medesimo. In: Archivio storico italiano. Nuova serie, tomo 1°, 
parte 2*, pp. 57-73. Firenze, 1855. 


Sono 11 lettere degli anni 1834-37 (1834: 1 lettera; 1835: 
2; 1836: 6; 1837: 2), che contengono notizie intorno alla vita 
del nostro storico, notizie ch'egli stesso comunicava al Greene, 
il quale raccoglieva i dati per una biografia di lui. In face 
di esse poi il Botta parla dei proprî gusti musicali. 


[GussaLLi Antonio]. Epistolario di Pietro Giordani. Milano, Bor- 
roni e Scotti, 1855, voll. 7 


È inserta una lettera (Parigi, 28 agosto 1816) al Cav. Maggi, 
governatore di Piacenza, in cui il Botta fa un elogio del Gior- 
dani (vol. 5°, p. 364, nota) (1). 


[C. D.]. Lettere di Carlo Botta (nozze Tarchetti-Perla). Vercelli, 
De Gaudenzi, 1856, pp. 10. 


Sono quattro sole, scritte al Dott. Rizzetti di Torino. Tre 
sono degli anni 1798, 1808 e 1809; ed una, la seconda, ha la 
sola data: Paris, 7 février. In quella del 1809 (Parigi, 19 agosto) 
il Botta si rammarica delle pressioni fatte da qualche suo ne- 
mico, perchè il suo nome fosse cancellato dall’elenco dei membri 
ordinarî dell’Accademia delle Scienze di Torino. 


(1) L’autografo di questa lettera si trova nella Biblioteca Braidense di 
Milano (FA. XIII. 4-5. vetrina E). 


PER L'EPISTOLARIO DI CARLO BOTTA _ 977 


[TrincHeRA FRANCESCO]. Lettere inedite e rare di Carlo Botta, con 
appendice. Pubblicazione del Paese, giornale della città e 
divisione di Vercelli. Vercelli, Guglielmoni, 1858. 


Contiene 34 lettere degli anni 1796-1835, disposte in ordine 
cronologico. Diciannove di esse si trovano già in pubblicazioni 
precedenti; esse sono: le 4 dell’opuscolo precedente, le 10 della 
raccolta del Paravia, quella del Journal des Débats del 1824, 
le tre dell’Antologia del 1826, e quella del Moniteur Universel, 
del 1825. Quindici erano ancora inedite: 1796: 1 — 1800:2 — 
1808:2 — 1817:1 — 1824:1 — 1831:1 — 1832: 1 — 
1833: 1 — 1834: 1 — 1835: 3. 

La lettera rimanente, scritta, come altre due, ad (a F. Rossi 
a Borghetto, non ha la data, ma può facilmente ritenersi della 
fine del 1810 o del principio del 1811, perchè nel P. S. di essa 
il Botta dice che la Storia Americana (pubblicata sulla fine del 
1809) era uscita alla luce da più di un anno. E il Trinchera 
stesso colloca questa lettera dopo quelle del 1809 al dott. Rizzetti. 

Non è facile ridurre ad unità o a gruppi gli argomenti 
trattati in queste lettere, che sono i più svariati. 


» 
[DronisorTI CARLO]. Scritti minori di Carlo Botta. Biella, Amosso, 
1860. 


Vi si trovano parecchie lettere e brani di lettere, già edite 
però tutte nelle raccolte del Viani (Lettere di C. B.), del Mi- 
lanesi (Arch. st. it., n. s., tomo 1°, pp. 57-93) e del Ferrario (Let- 
tere dì C. B., Milano, Ferrario, 1820). 


CisrarIo Luci. Lettere inedite di santi, papi, principi, illustri 
querrieri e letterati. Torino, Eredi Botta, 1861. 


Reca una lettera del Botta (Parigi, 20 dicembre 1829) al- 
l’avv. Luigi Colla a Torino, intorno ai proprîì gusti musicali. 


Riccomanni Cesare. Miscellanea letteraria (nozze Riccomanni- 
Landi). Torino, Vercellino, 1861. 


Vi si trova la più antica lettera del Botta, che io abbia 
rinvenuta fra quelle edite ed inedite (Torino, 20 aprile 1798), 
nella quale il giovane repubblicano parla con una certa anima- 
zione dei fatti della Francia in quel torno di tempo. 


978 : CARLO SALSOTTO 


BrancHi Nicomene. Carlo Botta e Carlo Alberto. Lettere inedite. 
In: Rivista contemporanea, vol. 28°, anno 10°. Torino, Unione 
tip. ed., 1862. 


Sono otto lettere degli anni 1824-37, delle quali però una 
(30 agosto 1831, al conte Nomis di Cossilla) si trova già nella 
raccolta del Viani (p. 97). Le inedite erano quindi sette, cioè: 
una per ciascuno degli anni 1824, 1825, 1826, 1832, 1837, e 
2 per il 1831 (1). 

Queste lettere riguardano i favori di Carlo Alberto, Prin- 
cipe e poi Re, verso lo storico. Le prime tre si riferiscono alla 
pensione annua di lire mille, somministratagli segretamente dal 
Principe per tre anni, e ad altra pensione e ad altri favori del 
Re si riferiscono le altre. 

Le tre prime e quella del 29 giugno 1831 a Carlo Alberto 
furono ripubblicate dal Bianchi stesso in Curiosità e ricerche di 
storia subalpina, vol 2°, p. 95 e segg. Torino, Bocca, 1876. 


[FerrATO Pierro]. Lettere di celebri scrittori moderni non mai 
stampate. — I. Pindemonte, P. Giordani, L. Carrer, C. Botta. 
Adria, Vianello, 1864. 


Contiene una lettera del Botta (Parigi, 24 giugno 1829) al 
Conte Tommaso Soranzo, veneziano, nella quale lo storico mostra, 
come in molti altri luoghi, un affetto vivissimo per Venezia, e 
si scaglia contro i suoi detrattori e specialmente contro Napo- 
leone, che ebbe la parte principale nella sua caduta. 


Campori Giuseppe. Dodici lettere di Carlo Botta. Bologna, Ro- 
magnoli, 1867. 


Esse appartengono agli anni 1804-1831, una per ciascuno 
degli anni 1804, 1816, 1826, 1827, 1832; 2 per il 1828 e 1830, 
e 3 per il 1829 (2). 


(1) L’autografo di una lettera del 1831, al Conte Della Torre, Ministro 
degli Esteri a Torino (Parigi, 25 Dicembre), si trova nel R° Archivio di 
Stato di Torino. 

(2) Della lettera 21 maggio 1828 trovai l’autografo nella collezione 
lasciata dal Cav. Damiano Muoni, già Archivista nel R° Archivio di Stato 
di Milano, e che è tuttora conservata dalla sua famiglia. Io debbo render 
grazie al figlio di lui, Guido, che gentilmente mise a mia. disposizione 
questa ed altre tre lettere, pure autografe, del Botta, cioè quanto del no- 
stro storico si trova nella collezione del suo defunto padre. 


PER L'EPISTOLARIO DI CARLO BOTTA 979 


Le ultime dieci, scritte da Parigi ad Antonio Disperati di 
Livorno, che fu tra i sottoscrittori per la continuazione del Guic- 
ciardini, e che si era adoperato per trovare altri sottoscrittori 
in Toscana, si aggirano tutte intorno alla composizione della 
Storia, di cui ogni lettera annunzia il compimento di un volume. 
In alcune poi si scorgono le relazioni che il Botta ebbe, per 
intermezzo del Disperati, col principe di Canosa, ex-ministro di 
polizia napoletana, che gli offriva notizie intorno ai casi di Na- 
poli da aggiungere alla Storia d’Italia dal 1789 al 1814, e per 
i tempi posteriori. 


. Dronisorti CarLo. Vita di Carlo Botta. Torino, Favale e C., 1867. 


L'A. trasse profitto naturalmente dalle lettere edite; a quelle 
ne aggiunse 12 non ancora pubblicate fino allora, appartenenti 
agli anni 1795-1832, e che trattano argomenti svariati, e si ri- 
feriscono per lo più a casì particolari della vita del Botta. Fra 
le altre è importante un brano di lettera del 1814, in cui egli 
riconosce i mutamenti del proprio pensiero politico. Se ne hanno 
una per ciascuno degli anni 1795, 1797, 1814, 1824, 1832; 
2 per gli anni 1800, 1802, e 3 per il 1799. 

Bisogna notare che il Dionisotti non riporta quasi mai per 
intero le lettere che riferisce, nè ci dice donde traesse le inedite 
che presenta. Di queste 12 solo 3 sono complete. 


Il Propugnatore, studîì filologici, storici e bibliografici. Vol. I, 
p. 364 e segg. Bologna, Romagnoli, 1868. 


Contiene una lettera del Botta (Knutwiel, Lucerna, 28 feb- 
braio 1796), scritta probabilmente all’ amico Luigi Rigoletti a 
Torino, nella quale il povero esule ricorda con tenerezza gli 
anni passati a Torino con gli amici. Essa fu riprodotta in: Pa- 
vesIo, Lett. in. di C. B. Faenza, Conti, 1875, p. 189 e segg., e 
DrionisortI, C. B. @ Corfù, scritti ined. Torino, Favale, 1875, 
p. 70 e segg. 


Lettere di Carlo Botta al conte Tommaso Littardi. Genova, Tip. 
del R° Istituto dei Sordo-Muti, 1873. 


Contiene 78 lettere degli anni 1817-37, di cui una (Parigi, 
16 gennaio 1826) già edita nell’ Antologia di Firenze (febbr. 1826), 
e riprodotta nella raccolta del Trinchera (pp. 58-60). Le ine- 


980 CARLO SALSOTTO 


dite sono 77, così distribuite: 1817: 1 — 1818:3 — 1819: 4 
— 1820: 5 — 1821; 1 — 1822: 4 — 1823:.7 — 1824:.5 — 
1825: 7 — 1826: 11 — 1827: 6 — 1828: 2 — 1829: 2,— 
1830: 1 — 1831: 3 — 1832: 5 — 1833: 6 — 1834:1— 
1835: 1.— 1837: 2. 

L'importanza di tali lettere è grandissima, perchè esse, 
come dice il Pavesio, “ oltre al farci conoscere quali fossero 1 
“ casi della vita del Botta in quegli anni, in certa guisa ci fanno 
“ assistere alla genesi delle due storie d’Italia, specialmente 
“ della prima, quella dal 1789 al 1814, mostrandoci. con quale 
“animo l’ autore vi si accingesse, come sentisse e giudicasse 
“ della sostanza e critica del racconto, e come della forma e della 
“ lingua usata , (1). È noto infatti che il Conte Littardi appunto 
promosse la sottoscrizione per la continuazione del Guicciardini. 
Due lettere di questa raccolta però non sono scritte al Littardi, 
ma al Conte Corvetto, suo congiunto, che fu ministro delle Fi- 
nanze del Regno di Francia dal 1815 al 1818. Esse sono l’8? e 
la 102, nelle quali il Botta parla pure della storia, oltre ad ac- 
cennare a casi particolari della propria vita in quegli anni 1819 
e 1820, ai quali esse appartengono. 

È da notarsi poi che in tale raccolta non si trovano tutte 
le lettere scritte dal Botta al Littardi, ma solo una “ eletta 
parte , di esse, come si scorge dall’ avvertenza premessavi (2). 


Il Baretti, giornale scolastico-letterario, diretto dal Dott. G.S. 
Perosino. Anno VI, n° 41 (24 settembre 1874) e ni 42-48 
(8 ottobre 1874). 


Due lettere del Botta all’Ab. Gays, arciprete di S. Giorgio 
Canavese (Parigi, 15 marzo 1809, e 6 aprile 1822) si trovano 
l’una nel primo e l’altra nel secondo di questi due numeri del 
giornale, e parlano entrambe di sventure domestiche dello sto- 
rico. Il secondo numero poi reca una lettera (Parigi, 13 marzo 
1833) al Bianchi-Giovini di Capolago, già pubblicata dal Viani 
(pag. 140). 

Altre lettere poi comparvero nel Baretti nel 1877, come 
vedremo. 


(1) Pavesro, Lettere inedite di C. B., pag. xxxvI. 
(2) Pag. 6. 


PER L’EPISTOLARIO DI CARLO BOTTA 981 


Pavesio PaoLo. Carlo Botta e le sue opere storiche, con appendice 
di lettere inedite. In: Rivista Europea. Firenze, 1874. 


Vi si trovano 15 lettere del Botta, dal 1798 al 1823, ricche 
di notizie particolari sulla sua vita: 1798: 1 — 1799: 7 — 
1815: 3 — 1816: 1 — 1817: 2 — 1823: 1. 

Quelle dell’anno 1799, scritte quasi tutte dalla Francia, 
dove egli si trovava fuoruscito, durante l’occupazione austro- 
russa del Piemonte, hanno una speciale importanza per la storia 
di quel tempo, e di più portano una luce nuova nella biografia 
del Botta, perchè fino allora erano rarissime le lettere edite, che 
sì riferissero ai primi anni della vita di lui. 


Pavesio PaoLo. Lettere inedite di Carlo Botta. Faenza, Conti, 1875. 


La raccolta comprende 134 lettere del Botta, tra cui quella 
(Knutwiel, 28 febbraio 1796) pubblicata già nel Propugnatore 
di Bologna nel 1868 (vol. 1°, p. 364), due altre (Corfù, 25 no- 
vembre 1797, e Parigi, 7 agosto 1799) edite già in: DIONISOTTI, 
Vita di C. B., pp. 57 e 85 (1), e sette di quelle già edite l’anno 
prima dal Pavesio stesso, cioè quella del 1798 (28 settembre) 
e sei di quelle del 1799 (27 giugno, 1° luglio, 16 agosto, 10 ot- 
tobre, 16 ottobre, 1° novembre). 

Ma, oltre alle lettere della raccolta propriamente detta, si 
trovano, nella Notizia biografica e nella Notizia bibliografica pre- 
messevi, tre brani di lettere diverse, pure inedite, che hanno 
rispettivamente la data: Parigi, 25 ottobre 1812 (pag. xxIv), 
17 ottobre 1816 (pag. xxv) e 21 giugno 1817 (pag. xxIx). 

Le lettere inedite contenute in questo volume sono dunque 
127, così distribuite: 1796: 2 — 1797: 15 — 1798: 60 — 
1799: 47, e inoltre una per ciascuno degli anni 1812, 1816, 1817. 

Questa raccolta è importantissima, perchè tali lettere, nu- 
merose per certi anni, si aggirano spesso intorno agli avveni- 
menti di quel tempo, e mostrano quanto il Botta vi pigliasse 
parte, e come ne giudicasse, e giovano anche alla storia, spe- 
cialmente per ciò che riguarda i Piemontesi rifugiati in Francia 
durante l'occupazione austro-russa della loro patria, e le loro 


(1) Di quest’ultima nel Dionisotti si ha solo un brano con la data: 
2 agosto 1799. 
Atti della R. Accademia. — Vol. XXXVI. 65 


982 CARLO SALSOTTO 


relazioni con la Francia stessa, che li trattava in modo ben di- 
verso da quello usato verso i Cisalpini. 

È da notarsi ancora che 20 di queste lettere videro con- 
temporaneamente la luce nella raccolta del Dionisotti, che citerò 
subito dopo questa. Esse portano la data: Padova, 19 luglio, 
21 agosto, 28 agosto, 29 agosto; Corfù, 25 novembre, 11 di- 
cembre 1797, 2 gennaio (sono due), 3 gennaio, 4 gennaio (al 
Balbis a Milano), 6 gennaio, 8 gennaio, 30 gennaio, 12 febbraio 
(due), 13 febbraio e 11 marzo 1798; una poi ha la sola data: 
Milano, anno 7, e può ritenersi dei primi di novembre 1798; 
infine: Sondrio, 24 novembre e 27 novembre 1798 (al Prof. Peren- 
doli a Pavia), oltre a quella già dal Pavesio tolta dal Propu- 
gnatore del 1868 (Knutwiel, 28 febbraio 1796). 


Dronisorti CarLo. Carlo Botta a Corfù, scritti inediti. Torino, 
Favale e C., 1875. 


Vi si trovano 50 lettere del Botta, delle quali 14 nel testo 
della raccolta, e le altre 36 sparse nelle note copiosissime. Esse 
appartengono agli anni 1796-1834. Abbiamo visto che nella rac- 
colta precedente si trovano 21 lettere riprodotte in questa dal 
Dionisotti. Fra di esse sono comprese le 14 suddette, di cui 13 
scritte da Corfù e l’ultima da Milano. Rimangono adunque 29 
lettere da registrare, una per ciascuno degli anni 1796, 1801, 
1802,'1805, 1832; 1834; 2 per il 1815; 3 per il 1833; 8" per 
il 1800 e 10 per il 1799. 

Queste lettere riguardano specialmente la biografia del Botta. 
Quelle degli anni 1799 e 1800, che sono le più numerose, sono 
del tempo dell’esilio in Francia durante l'occupazione austro- 
russa del Piemonte; le prime (1799) sono importanti perchè 
parlano spesso delle condizioni del B. e degli altri fuorusciti 
piemontesi, ne rispecchiano il pensiero politico, e, unite a quelle 
delle due raccolte precedenti, chiariscono questo punto impor- 
tante dell'emigrazione in Francia. Le seconde (1800) riguardano 
più strettamente il B. perchè si aggirano per lo più intorno al 
matrimonio da lui contratto allora a Chambéry; anche in esse 
però si trovano accenni al pensiero politico. Le lettere degli 
anni successivi poi si riferiscono in generale ad interessi privati. 

Bisogna notare infine che anche qui il Dionisotti spesso non 
dà che brani di lettere, e non indica mai donde traesse le inedite. 


TR RL I 


PER L'EPISTOLARIO DI CARLO BOTTA 983, 


Brancni Nicomene. La verità trovata e documentata sull'arresto è 
prigionia di Carlo Botta verso la fine del sec. XVIII, è le 
sue relazioni con Carlo Alberto Principe di Carignano, poi 
Re di Sardegna. Documenti inediti: In: Curiosità e ricerche 
di Storia Subalpina, pubblicate da una Società di studiosi di 
patrie memorie. Vol. II, p. 95 e segg. Torino, Bocca, 1876. 


Contiene 9 lettere del B. dal 1796 al 1832, delle quali 5 
inedite, una per ciascuno degli anni 1796, 1812, ‘16, ’31, ‘32. 
Le altre quattro erano già state pubblicate dal Bianchi 
stesso, come abbiamo veduto, in Rivista Contemporanea, anno X, 
vol. 28°, e spettano rispettivamente agli anni 1824, ‘25, ‘26, ‘31. 


Il Baretti, giornale ecc. (citato). Anno IX, n° 17 (5 aprile 1877). 


Reca due lettere del Botta al barone Antonio Manno, l’una 
del 23 aprile 1836, già edita nella raccolta del Viani (p. 43), 
l’altra inedita del 29 ottobre dello stesso anno, breve e com- 
mendatizia. 


Manno AnTtoNIO. Lettere di Carlo Botta a Giambattista Balbis. 
In: L’Augurio. Strenna per il capo d’ anno 1878. Torino, 
Kredi Botta, 1878. 


Sono tre lettere, di cui due del 1824 ed una del 1825, con- 
tenenti calde espressioni di amicizia, e piene di vivacità. La 2? 
di esse parla anche di un sussidio di 200 lire, procurato dal 
Balbis allo storico, e delle cinque edizioni italiane della Storia 
d'Italia dal 1789 al 1814, fattesi tosto in Italia dopo l'edizione 
di Parigi. Il Manno stesso dice di aver tralasciate in esse “ certe 
fraserelle scherzevoli ,. 

A queste, pubblicate dal Manno, un altro studioso ne ag- 
giunse altre 4, scritte da Corfù nei primi giorni del 1798, ma 
pubblicate già dal Pavesio (Lettere inedite di C. B., pp. 38, 41, 
47, 50) e contemporaneamente dal Dionisotti (Carlo Botta « 
Corfù, scritti ined., pp. 45, 48, 52, 55). Nelle poche pagine poi 
che precedòno le lettere si trovano 28 brani staccati, consistenti 
talora in una sola espressione, di lettere pure inedite, e dirette 
tutte al Balbis. Appartengono agli anni 1823-30, cioè: 1823: 2; 
1824: 7; 1825: 8; 1827: 5; 18281; 1829:4} 18301; é tratt 
tano argomenti svariati. Il Manno dice di aver tolte tutte queste 


984 CARLO SALSOTTO 


lettere dello storico da una raccolta di lettere del Botta e di 
altri al Balbis, fornitagli dal cav. Vincenzo Promis. 


Berti Domenico. Lettere di C. Botta, G. B. Niccolini e G. Leo- 
pardi a G. Grassi. In: Atti della R. Accademia della Crusca. 
Adunanza pubblica del 16 di settembre 1878. Firenze, Cel- 
lini, 1879. 


Il Berti pubblicò tali lettere come appendice alla sua lezione 
sopra “ I Piemontesi e la Crusca ,. Le lettere del B. sono 4, una 
del 1828 e le altre del 1829: tutte riguardano le opinioni di 
lui intorno alla lingua italiana. Il Berti stesso dice di averle 
tolte da una raccolta della Biblioteca di Sua Maestà in Torino, 
contenente 54 lettere del Botta al Grassi. 


Manno Antonio. Spicilegio nel regno di Carlo Alberto. In: Cu- 
riosità e ricerche, ecc. Vol. III, pp. 205-6. Torino, Bocca, 1879. 


La prima parte di questo lavoro contiene una lettera del 
Botta al Re Carlo Alberto (21 dicembre 1831) per ringraziare 
la M. del Re delle insegne mandategli del nuovo ordine per il 
Merito Civile di Savoia. Nel medesimo volume trovasi il fac- 
simile della lettera. 


CarRARESI ALessanpRO. Lettere di Gino Capponi e di altri a lui. 
Firenze, Successori Le Monnier, 1882, voll. 6. 


Nel vol. 1° si trovano due lettere del B. al Capponi, l’una 
del 1827 (pp. 211-13) e l’altra del 1828 (pp. 262-63), entrambe 
per ringraziarlo di notizie mandategli per la storia che stava 
scrivendo e della promessa fattagli di mandargliene altre, quindi 
per chiedergli parecchie notizie sopra la storia di Firenze, e in 
fine per pregarlo di salutare il Giordani, esortandolo a scrivere. 


Manno Antonio. Una scorsa nel mio portafogli. Notizie e carte 
sparse sopra î monumenti torinesi, il Re Carlo Alberto, Carlo 
Botta ed altri illustri. In: Curiosità, ecc. Vol. V, pag. 242 
e segg. Torino, Bocca, 1883. 

Le lettere inedite del Botta qui contenute sono 9 dal 1832 
al 1837; cioè due per gli anni 1832, 1833, 1834, 1837, ed una 

per il 1836. 


PER L'EPISTOLARIO DI CARLO BOTTA 985 


Oltre ad esse si trova pure quella del 1831 al Re Carlo 
Alberto, già pubblicata due volte dal Bianchi, e ripubblicata 
qui dal Manno per darne la lezione esatta, mutandone la data 
29 giugno in quella del 26 giugno 1831. 

Tutte queste lettere sono dirette al Re Carlo Alberto, largo 
di favori verso il Botta. In esse si nota un’ intimità sempre 
crescente. È da notarsi poi che ogni anno se ne trova una di 
augurio alla fine di dicembre. Fra queste ha speciale impor- 
tanza quella del 24 dicembre 1833, nella quale, oltre ai soliti 
augurî, il Botta accenna alle turbolenze di tale anno, e parla 
velatamente delle riforme che si attendevano dal Re. 


BrancHIinI DomenIcO. Lettere inedite di Carlo Botta. In: La scuola 
romana, Anno II. Roma, Forzani e C., 1884. 


Sono 5 lettere: una del 1813 (pag. 141, fasc. di aprile 1884), 
che si crede diretta a Davide Bertolotti; due del 1816 ed una 
del 1819 (pp. 199-200, fasc. di giugno); ed una quinta del 1824 
(p. 248, fasc. di agosto), dirette tutte al Monti. 

Nella 1? il B. ringrazia il Bertolotti (?) di avergli procu- 
rata l'amicizia del Monti, che aveva giudicata favorevolmente 
la lingua della sua storia americana, notando però qualche di- 
fetto nell’uso di certi vocaboli; e di qui piglia occasione per 
censurare la critica fatta alla sua storia dal Rosini di Pisa. Lo 
ringrazia poi della speranza datagli di essere eletto membro 
corrispondente di un Istituto italiano, ed accenna al proposito 
di scrivere un trattato di lingua italiana. Le altre quattro, di- 
rette al Monti, sono brevi lettere, che non parlano quasi d’altro 
che dell'amicizia del poeta verso il B., il quale se ne teneva 
molto onorato. In una di quelle del 1816 egli pregava il Monti 
di parlare del suo poema “ Il Camillo ,, perchè non rimanesse 
sconosciuto. 


Neri AcHiLre. Spigolature fra gli autografi. In: Gazzetta lette- 
raria, Anno IX, n. 39. Torino, 1885. 


Contiene due lettere del Botta, l’una al conte Cicognara, 
senza data, ma probabilmente dell’aprile 1818, perchè in essa 
dice che da cinque mesi si trovava a Rouen, rettore dell’Uni- 
versità, carica che assunse alla fine di novembre del 1817. 
Questa lettera parla di libri fornitigli dal Cicognara per la storia 


986 CARLO SALSOTTO 


de’ suoi tempi, che stava scrivendo. L'altra è un breve biglietto 
del 1827, diretto al marchese Capponi, per presentargli la moglie 
e il figlio del Villetard, da lui ricordato nella Storia d’Italia, 
parlando di Venezia. 

Le medesime furono ristampate in: 


Neri AcHiLLe. Un mazzetto di curiosità. In: Giornale ligustico di 
Archeologia, Storia e Letteratura, Anno XV. Genova, Tip. del 
R. Ist. dei Sordo-muti, 1888. 


Gozzi Gaspare. Lettere d'illustri italiani ad Antonio Papadopoli. 
Venezia, Antonelli, 1886. 


Quelle del B. sono 30, degli anni 1828-35, cioè: 3 per gli 
anni 1828, ’29, ‘30 e ’34; $ per il 1831; 4 per il 1832; 5 per 
il 1833; ed una per il 1835. Tre di esse (1, 10% e 13), l'una 
del 1828 e le altre del 1831, si trovavano già nella raccolta 
del Viani, dove la 1° (p. 85) e la 2? (p. 88), che ha la data 
25 genn. 1831, mentre qui si'legge 24 genn., sono monche in 
due punti. Quest’ ultima però nella presente raccolta manca di 
un punto, che si trova in quella del Viani. La 3? poi nella raccolta 
del Viani (p. 91) è completa, mentre in questa è priva della 
prima parte. Le lettere inedite di questa raccolta sono dunque 27. 

L'argomento principale di tutte queste lettere è l’amore 
vivissimo dello storico per Venezia, a cui si collegano le lunghe 
rampogne ch'egli fa allo storico napoleonico Daru, avverso alla 
repubblica veneta. Sono frequenti anche i biasimi contro i ro- 
mantici, e le allusioni alle condizioni politiche dei suoi tempi, 
specialmente all’Inghilterra ed alla Francia, con accenni ai ri- 
volgimenti della Polonia e della Grecia. In alcuni luoghi parla 
della composizione e della stampa della storia in continuazione 
del Guicciardini. Notevoli poi sono le lettere in cui, richiesto 
dal Papadopoli, parla degli storici italiani ed inglesi. 


Neri AcHinLe. Una lettera apologetica di Carlo. Botta. In: Ar- 
chivio storico îtaliano. Serie V*, tomo 9°. Firenze, 1892. 


Si tratta di una curiosa lettera (Parigi, 10 maggio 1810) 
al conte Fontanes, Ministro della Pubblica Istruzione in Francia, 
per difendersi dalle calunnie che qualche suo nemico aveva 
sparse sul suo conto, e nella quale egli va enumerando le cose 


PER L'EPISTOLARIO DI CARLO BOTTA 987 


da lui medesimo fatte in vantaggio della propria patria come 
uomo politico. In una nota poi si trova un’altra lettera inedita 
del Botta (Parigi, 8 settembre 1808) ad uno dei suoi fratelli, 
probabilmente il Giuseppe, morto l’anno dopo. 


Roserti Giuseppe. Lettere inedite di C. Botta, U. Foscolo, V. Cuoco. 
In: Giornale storico della letteratura italiana. Vol. 23°, 
anno 1894. 


Le lettere del Botta sono 5, di cui la prima (Parigi, 24 no- 
vembre 1799) già edita (DronisortI, 0. B. a Corfù, scritti ine- 
diti, p. 121), ma ristampata qui per darne la lezione esatta. 
Delle quattro inedite 2 sono del 1800 e 2 del 1802. 

La seconda di esse (Torino, 26 settembre 1800) è una pe- 
tizione dei cittadini Botta, Robert e Cavalli al Governo piemon- 
tese per ottenere il pagamento di una parte dell’indennità loro 
dovuta per la loro residenza a Parigi. Il Roberti dice che essa 
è di pugno del Botta. 


Gazzetta del Popolo della Domenica. Anno XVI, n° 46 (13 no- 
vembre 1898). Torino, Tip. della Gazzetta del Popolo, 1898. 


Contiene una breve lettera del Botta (Parigi, 21 gennaio 
1812) all'architetto Claudio Boggio di San Giorgio Canavese, a 
cui parla delle sue ristrettezze finanziarie. 


Sarsorto CarLo. Una notizia inedita su Carlo Botta. Torino, 
Vinciguerra, 1901. 


Contiene tre lettere del B., una del 1810 (incompleta) e 
due del 1811, riguardanti una traduzione di un trattato di storia 
naturale del Duméril, da lui fatta per conto del Governo del 
Regno d’Italia nel 1809. 

Queste sono le lettere edite più recentemente, per quanto 
ci fu dato trovare. Dobbiamo però notare che in un volume mi- 
scellaneo della Biblioteca Civica di Torino, contenente molte 
copie di lettere del Botta, parecchie delle quali inedite, si 
conservano dei brani staccati di giornali, che recano stampate 
tre lettere del nostro storico. Esse sono: due lettere (Rouen, 
28 maggio 1820 e Parigi, 8 gennaio 1823) a Carlo Preverino, che 
aveva provveduto all'educazione di due figli del Botta, rimasti 


988 CARLO SALSOTTO 


in Piemonte dopo la morte della madre loro; ed una (S. Giorgio 
Canavese, 23 ottobre 1832) al Padre Manara, per respingere 
cortesemente la preghiera fattagli di compilare una regola per 
l’ammaestramento dei giovani. La prima è stata pubblicata in 
due giornali differenti, di cui sono conservati nella raccolta i 
brani contenenti le lettere, senza che appaia il nome del gior- 
nale. La seconda è in uno di questi due brani con la 1; e la 
8? è in un brano del Saggiatore. 

Il Pavesio nella sua Notizia bibliografica dice che qualche 
lettera del Botta fu pubblicata nei giornali I Baretti ed IZ Ca- 
navese. Di quelle del Baretti parlai a loro luogo; e del Canavese 
potrebbero essere le lettere, ora citate, al Preverino, giacchè da 
una nota si rileva che si tratta di un giornale d'Ivrea, dove 
appunto si stampava il Canavese. Ma io non ebbi occasione di 
verificare la cosa. 


Dopo questa rassegna dell’epistolario edito del Botta è ne- 
cessario raccoglierne le sparse membra e ordinarle cronologi- 
camente. 

Ecco quindi l’elenco cronologico delle lettere edite: 

1793:1 — 1794:1 — 1795:1— 1796: 6 — 1797: 16 — 
1798: 62 — 1799: 67 — 1800: 14 — 1801:1 — 1802:5 — 
1804:1 — 1805:1 — 1808:4 — 1809:2 — 1810:3 — 
1811:4 — 1812:5 — 1813:3 — 1814: 1 — 1815: 5 — 1816:8 
— 1817:7.— 1818:8 — 1819:10 — 1820:7 — 1821:2 — 
1822:5 — 1823:9 — 1824:12 — 1825: 12 — 1826:21 — 
1827: 11 — 1828: 12 — 1829: 14 — 1830: 10 — 1831: 21 — 
1832: 28 — 1833: 33 — 1834: 25 — 1835: 11 — 1836: 21 — 
1837: 13 — Di data incerta: 2 — Totale: 505. 

Come si vede da questa nota, l’epistolario edito del Botta 
non illustra la vita dello storico in tutti i suoi punti. Gli anni 
meglio illustrati sono il 1798 e il 1799, perchè a tale epoca si 
riferiscono le raccolte del Pavesio ed in parte il volume di scritti 
inediti pubblicato dal Dionisotti. Ma dopo questo periodo le let- 
tere si fanno rarissime, specialmente per il tempo in cui il Botta 
stette a Parigi come membro del Corpo Legislativo (1804-1814), 
perchè intorno a questo tempo non abbiamo nè raccolte di let- 
tere, nè studî parziali che ne contengano. Più numerose, benchè 


PER L'EPISTOLARIO DI CARLO BOTTA 989 


scarse ancora, sono quelle dal 1814 al 1822. Di poi se ne trova 
ogni anno un numero discreto, perchè degli anni posteriori al 
1822 appaiono numerose nelle raccolte del Viani, delle sig.° Lit- 
tardi, del Milanesi, del Bianchi, del Manno e del Campori. 


Ora darò notizia dei depositi di lettere inedite che ho po- 
tuto trovare, e delle lettere che vi sono contenute. 

Nella Biblioteca Civica di Torino vi è un volume miscel- 
laneo legato, che comprende qualche autografo del Botta, molte 
copie recenti di lettere sue, copie di sue opere letterarie, fra 
cui una novella inedita, e infine qualche brano di giornale con- 
tenente altre lettere del B. stesso. Di tutti questi scritti trovasi 
l'indice in principio del volume, che porta sul dorso della lega- 
tura il nome Bora e la segnatura (Direzione, VE, piano 7°, n° 6). 

Le lettere contenute in esso sono 50, delle quali 21 già edite 
nella raccolta citata del Pavesio ein quella del Dionisotti intito- 
lata: C. B. a Corfù, scritti inediti. Altre tre si trovano in brani 
staccati di giornali (1). Le inedite sono quindi 26, degli anni 1799- 
1835, cioè: 1799: 11 (2) — 1800: 9(3) — 1831:1 — 1832:2 
— 1835:3. 

Le prime 20, degli anni 1799 e 1800, appartengono tutte 
al tempo dell’esilio, e, scritte tutte ad amici, fuorusciti anche 
essi in Francia, ad eccezione di quella al citt. Byron, svelano, 
come molte delle edite, le tristi condizioni dei poveri repubbli- 
cani in quel tempo, e mostrano che il B., risiedendo a Grenoble, 
ebbe l’incarico di distribuire i miseri soccorsi loro destinati (4). 
Delle ultime 6 una (Parigi, 5 aprile 1835) è scritta al figlio 
Scipione, le altre formano un gruppo di lettere all’ amico Filli 
di S. Giorgio Canavese, e riguardano affari privati. 


(1) Vedi a pag. 987 del presente lavoro. î 

(2) Una di tali lettere (a Luigi Paroletti) non ha la data; ma si può 
supporla del dicembre 1799, perchè si collega con altre dello stesso tempo 
riguardo ad un pagamento di mille lire fatto dal Botta al Paroletti. 

(3) Anche qui troviamo una lettera senza data (al citt. Byron, ispet- 
tore generale di sanità a Parigi). Essa è indubbiamente dei primi mesi 
del 1800, perchè parla di recenti studii, dal Botta stampati appunto allora. 

(4) I patriotti amici del B., ai quali egli indirizzava queste lettere, 
sono: Bellocco, Capriata, Castagneri, Cavalli, Giulio, Giraud, Greppi, Pa- 
roletti Luigi, Pico, Robert, Saroldi e Valli. 


990 CARLO SALSOTTO 


Molte lettere si conservano nella Biblioteca di Sua Maestà 
il Re in Torino. Quivi esistono due raccolte di autografi del 
Botta, riuniti in due volumi di formato identico, rilegati in mezza 
pelle. L’uno di essi (n° 265) è intitolato: BortA, Lettere a Grassi. 
M. S. 1802-1880 VE. Esso contiene i soli autografi, in numero 
di 54, ordinati cronologicamente, eccetto in due punti, poichè 
la lettera 22? si trova dopo la 23%, e la 44? (2 agosto 1824) si 
trova fra quelle del 1829, mentre dovrebbe occupare il 37° posto. 

Questa raccolta fu già accennata da Domenico Berti nel- 
l'adunanza dell’ Accademia della Crusca del 16 settembre 1878 
(Vedi: Atti dell’Accad. della Cr., adunanza pubblica 16 settembre 
1878. Firenze, Cellini, 1879); e da essa egli tolse quattro let- 
tere ivi pubblicate (Parigi, 19 agosto 1828, e 24 maggio, 6 agosto 
e 23 novembre 1829). 

Le lettere inedite di tale raccolta sono quindi 50; e, se 
da esse togliamo anche quella (Parigi, 22 aprile 1812) pubbli- 
cata in parte dal Viani (Lettere di C. B., p. 6), e già computata 
fra le edite, esse si ridurranno a 49. Sono: una per ciascuno 
degli anni 1802, 1804, 1805, 1806, 1807, 1809, 1810, 1811, 
1812, 1819, 1823, 1824, 1829; due, per gli anni 1820, 1821, 
1828; 3 per gli anni 1813 e 1826; 4 per gli anni 1816, 1818, 
1822; 5 per il 1817, e 7 per il 1830 (1). 

La maggior frequenza delle lettere nel 1830 è dovuta al 
. fatto che il B. chiedeva al Grassi notizie intorno all’ episodio 
dell’Assietta, ed uno schizzo del forte della Brunetta, per ser- 
virsene nella composizione della sua storia (2). 


Le lettere di questa raccolta si aggirano in generale in- 
torno ad opere letterarie del Grassi e intorno alle opere del 


(1) Una delle lettere del 1816 (la 15° della raccolta) non ha indica- 
zione di data; ma poichè si trova fra quelle del 1816, e non vi è argo- 
mento che la faccia ritenere di altra epoca, lasciamo ad essa il posto che 
occupa nella raccolta. 

(2) Giuseppe Grassi torinese (1779-1831) è noto per studii filologici. 
Si hanno di lui: Elogio storico del conte G. A. Saluzzo; Dizionario militare; 
Parallelo dei tre vocabolarii, italiano, inglese, spagnuolo, per la Proposta del 
Monti; Saggio intorno ai sinonimi della lingua italiana, ed altre opere 
minori. 


PER L’EPISTOLARIO DI CARLO BOTTA 991 


Botta, trattando per lo più questioni linguistiche. Quelle del 
primo decennio poi riguardano anche interessi particolari della 
vita del Grassi. 

Una lettera del 1813 (26 gennaio) si riferisce alla nota 
aspirazione del B. ad un posto nell'Università di Torino; ed in 
un’altra del 1828 (15 ottobre) egli si rammarica che una sua 
lettera contro i romantici sia divenuta pubblica e sia male in- 
terpretata: accenna probabilmente a quella all’Ab. di Breme 
(Parigi, 19 settembre 1816) pubblicata nell’ Antologia di Firenze 
(aprile 1826). 


L’altra raccolta della Biblioteca di S. M. in Torino, col 
n° 264, è intolata: BortA, Lettere a Marchisio, M. S. 1821-1837 VE. 
Qui abbiamo 168 lettere numerate e disposte in ordine crono- 
logico. I numeri però vanno dall’1 al 169, e manca la lettera 
che dovrebbe portare il n° 144; inoltre l’ordine numerico è tur- 
bato nel punto in cui manca questa lettera, giacchè si trovano 
successivamente i numeri 1483, 146, 145, 147,... Anche le let- 
tere di questa raccolta sono autografe, ad eccezione di tre 
(ni 23, 100, 143), che sono copie probabilmente di mano del 
Marchisio, poichè ciascuna lettera della raccolta porta a tergo 
la data del giorno in cui vi fu risposto, scritta dalla medesima 
mano che scrisse le tre copie, e inoltre di tale mano sono an- 
cora due note apposte alle lettere ni 23 e 100, la seconda delle 
quali firmata S[tanislao] M[archisio], per ricordare che gli au- 
tografi furono tolti dalla raccolta per essere donati ad altri (1). 

Di queste 168 lettere, degli anni 1821-1837, una sola 
(14 maggio 1826) fu pubblicata già dal Marchisio stesso nel- 
l’Annotatore Piemontese del 1837 (vol. VI, p. 357), donde passò 
nella raccolta del Viani (p. 119) con la data inesatta del 
14 maggio 1832, e nella Vita di C. B. del Dionisotti (p. 189). 
Le inedite sono dunque 167. 

1821: 1 — 1822:6 —. 1823:9 — 1824: 19 — 1825: 13 
— 1826: 13 — 1827: 14 — 1828: 10 — 1829:8 — 1830: 9 


(1) Stanislao Marchisio (1773-1859), amico di varii letterati, come Fo- 
scolo, Pellico, Ugoni, Grassi, Botta, fu scrittore non spregevole di commedie ; 
tentò anche la tragedia, ma senza successo. 

(Opere teatrali di Stanislao Marchisio, Milano, Batelli e Fanfani, 1820, 
voll. 4). 


992 CARLO SALSOTTO 


— 1831: 11 — 1832: 12 — 1833: 11 — 1834: 13 — 1835: 9 
— 1836: 7 — 1837: 2. 

Fra tutte le lettere del Botta queste al Marchisio sono quelle 
che hanno carattere più spiccatamente famigliare. Si vede che 
il Marchisio era l’amico più intimo del B., quello al quale egli 
apriva liberamente il proprio cuore, senza alcuno scrupolo, senza 
reticenze. Qui poi si manifesta, più che in ogni altro luogo, 
l'umore schietto e faceto del Botta. 

Queste lettere non si possono riunire in gruppi, a seconda 
degli argomenti che trattano, perchè per lo più ciascuna ne tratta 
parecchi. Può dirsi tuttavia che un gruppo sia formato da quelle 
degli anni 1821-24, le quali si aggirano per lo più intorno alla 
stampa della Storia d’Italia dal 1789 al 1814, mentre le ultime 
del 1824 parlano della Storia dei popoli italiani, scritta appunto 
allora, per bisogno di denaro, in soli tre mesi, ed accennano al 
desiderio del B. di scrivere la continuazione del Guicciardini. 

Molte lettere di questa raccolta si occupano dei fatti poli- 
tici, che agitavano allora la Francia. Esse sono importanti per 
i giudizî che il Botta dava intorno alla vita politica della Francia 
stessa durante la monarchia legittimista dei Borboni, e nel sor- 
gere della monarchia borghese di Luigi Filippo. 

Un numero considerevole tratta argomenti letterarî. Vi si 
parla spesso di opere del Marchisio, vi si trovano notizie in- 
torno alla composizione della Storia d’Italia in continuazione del 
Guicciardini, ed altre intorno alle opinioni letterarie del B. Così 
sono notevoli varie lettere, in cui egli condanna il romanticismo, 
sopratutto quando parla del romanzo del Manzoni, ch’egli giu- 
dica “ un immenso talento speso in scioccherie e falsità , e contro 
il quale usa talvolta espressioni non troppo convenienti, e, pa- 
ragonati I Promessi Sposi con La Monaca di Monza del Rosini, 
nota che quest’ultimo romanzo contiene “ qualche cosa di più 
generoso » di quello del Manzoni. 

In altre parla delle proprie opinioni intorno alla storia ed 
al modo di scriverla; ed a queste può collegarsi la lettera (13 feb- 
braio 1835) che contiene il suo giudizio intorno alla Storia del 
Colletta. 

Altre lettere infine interessano la storia dell’epistolario del 
Botta stesso. In quella del 2 giugno 1825 egli accenna alle varie 
proposte fattegli perchè pubblicasse le proprie lettere; proposte 


PER L'EPISTOLARIO DI CARLO BOTTA 993 


ch’egli respinse sempre. In quella poi del 28 gennaio 1831 au- 
torizzava il Marchisio a ritirare le lettere scritte al Grassi, 
morto poco prima, per poi pubblicarle con quelle che scriveva 
a lui stesso; e in quella del 21 febbraio dello stesso anno vie- 
tava che tali lettere venissero stampate lui vivente (1). 

Un terzo fondo di lettere inedite del Botta è nel R. Ar- 
chivio di Stato di Milano, dove si trova una cartella (Sezione 
Storica, Manoscritti, Botta Carlo) contenente documenti e appunti 
intorno alla vita del Botta, cioè un certo numero di autografi, 
appunti ms. intorno alla sua vita ed alle sue opere, raccolti da 
Cesare Cantù, copie ms. di lettere, e brani di parecchi numeri 
del giornale il Baretti, che ne contengono qualcuna. Delle lettere 
stampate nel Baretti ho data già notizia (2). 

Le lettere manoscritte che si trovano fra queste carte 
sono 10, degli anni 1801-1835, cioè: 1801:1 — 1802:2 — 
1810: 2 (3) — 1811: 4 — 1885: 1 (4). Ma tre di queste furono 
da me pubblicate recentemente: esse sono, una del 1810 e due 
del 1811 (5). Le inedite di questo fondo sono dunque 7. 

Le prime tre sono lettere d’ ufficio, anzi la prima è solo 
firmata dal Botta, le altre due sono autografe. Le due del 1810 
sono copie: l’una (Parigi, 15 gennaio) è solo una parte di una 
lettera scritta a Luigi Bossi a Milano, e, da questo trascritta 
al Ministro degli Interni del Regno d’Italia, per chiarire un 
affare riguardante il Botta, che aveva tradotto in italiano per 
conto del Governo il Traité élémentaire d' Histoire Naturelle del 
DumfriL. Quelle del 1811 sono quattro autografi riguardanti 
appunto tale traduzione; e quella del 1835 in fine è una copia 
di una breve lettera commendatizia per il figlio Paolo Emilio. 


(1) Vedi a pag. 972 (nota 2°) del presente lavoro. 

(2) Vedi a pag. 982 e 985 del presente lavoro. 

(3) La seconda (al Ginguené), il cui autografo trovasi nella raccolta 
Muoni, ha la sola data: 27 dicembre; ma può ritenersi del 1810 perchè in 
essa il B. prega il Ginguené di parlare nel Mercure di un nuovo giornale 
letterario di Torino, e in quella del 25 febbraio 1811 al Grassi lo avverte 
che il Ginguené appunto ha parlato del giornale nel Mercure. 

(4) Neanche questa lettera, il cui autografo trovasi pure nella raccolta 
Muoni, reca la data dell'anno; ma l’autografo porta sul lato dell’indirizzo 
il bollo postale con la data: 27 octobre 1835. 

(5) SaLsorro Carro, Una notizia inedita su Carlo Botta. Torino, Vinci- 
guerra, 1901. 


994 CARLO SALSOTTO 


Quattro lettere autografe si trovano nella collezione Muoni, 
già citata. Di tre di esse ho parlato a loro luogo (1), l’ùl- 
tima è un breve biglietto scritto al sig. Roggeri a Parigi per 
dargli appuntamento per il giorno dopo. Esso ha la sola data: 
19 maggio. 

Di altri depositi di lettere del Botta io ebbi notizie, forni- 
temi gentilmente dal sig. Vincenzo Armando, assistente alla 
Segreteria ed alla Biblioteca della R. Accademia delle Scienze 
di Torino: 

15 lettere si trovano nella R. Accademia suddetta, delle 
quali una in copia e le altre 14 autografe. Esse appartengono 
agli anni 1803-1836, e sono dirette a diversi. Io credo che siano 
tutte quante inedite. 


Il Comm. Senatore Leone Fontana di Torino possiede una 
specie di copia-lettere, in parte autografo, che ne contiene 
oltre 50, ma nel quale furono fatti molti tagli. Sono quasi 
tutte scritte da Grenoble, e vanno dall’11 novembre 1799 al 
22 giugno 1800. Non avendo potuto consultare tale deposito, 
io non posso dire se tali lettere siano inedite, o se si tratti 
invece di quelle medesime pubblicate già dal Pavesio e dal 
Dionisotti. 

Il medesimo Comm. Senatore Fontana possiede 3 lettere 
autografe: una del 20 fruttidoro, a. 13 (7 settembre 1805) ad 
un cugino (si tratta indubbiamente di quella pubblicata in parte 
in: DronrsortI, C. B. a Corfù, scritti inediti, p. 67); la 2? alla 
cognata (28 nov. 1825), e la 3* all'amico Filli (14 genn. 1830), 
che io credo entrambe inedite. 


L'ingegnere Camillo Boggio di S. Giorgio Canavese poi ne 
conserva pure due autografe, che sì credono inedite. 


Io ho parlato così anche delle lettere inedite che ho potuto 
rinvenire. Ne esistono però ancora altri depositi. Infatti Sta- 
nislao Marchisio, nella lettera, con cui accompagnò quella del 


(1) Vedi a pag. 980 (nota) e le note 3* e 4° della pag. 993. 


PER L'EPISTOLARIO DI CARLO BOTTA 995 


Botta, pubblicata nell’ Annotatore Piemontese nel 1837, diceva di 
possedere più di 300 lettere inedite del B., fra le quali 170 
scritte a lui medesimo, e 53 a Giuseppe Grassi, e inoltre 76 
lettere scritte a Modesto Paroletti ed altre ad altri. Non v'ha 
dubbio che quelle delle due raccolte della Biblioteca di S. M. 
in Torino siano appunto le prime di cui parla il Marchisio. Ma 
io non potei trovare nè quelle dirette al Paroletti nè le altre. 
Già prima che trovassi nella Biblioteca di S. M. le due rac- 
colte, di cui ho parlato più sopra, io mi ero rivolto agli eredi 
dell’illustre Professore Flechia per avere notizie di tutte queste 
lettere del Botta, le quali, secondo il Dionisotti, erano passate 
dal Marchisio al Flechia stesso, che, come ho notato in prin- 
cipio, si era proposto di pubblicare l’ epistolario dello storico 
canavesano. Ma l’egregio Dottore Prof. G. B. Laura, genero del 
compianto Prof. Flechia, e morto recentemente, mi rispondeva 
che fra le carte del suo illustre suocero non si era rinvenuta 
neppure una traccia di tali lettere. Avute poi più tardi fra le 
mani le lettere della Biblioteca di S. M., e non trovando fra 
di esse le 76 al Paroletti e le altre di cui ancora parla il Mar- 
chisio, io mi rivolsi all’Avv. Cesare Paroletti di Torino, che ap- 
parteneva alla famiglia dell’ amico del Botta. Egli mi promise 
di fare opportune ricerche, quando una morte immatura lo ra- 
piva a soli 39 anni nei primi giorni dell’anno corrente (1). 
D'altra parte occorre ricordare che il Pavesio in una nota 
alla pag. 1 della sua Notizia biografica, premessa alle lettere 
del B. da lui pubblicate nel 1875, dice ch’egli potè consultare 
molte lettere famigliari del nostro storico, ancora inedite, le 
quali vanno dal dicembre del 1811 al settembre del 1826. Tali 
lettere sono. tuttora conservate dal Pavesio stesso, e, stando a 
quanto egli avrebbe detto, sono tutte in lingua francese. 
Oltre a. ciò bisogna: ancora tener conto del fatto che le let- 
tere contenute nella raccolta di Lettere di Carlo Botta al conte 
Tommaso Littardi non sono tutte quelle scritte dal B. al conte 


(1) Devo alla gentilezza del Prof. Rodolfo Renier di Torino una notizia 
intorno alle lettere del nostro storico raccolte dal Flechia, che già fin 
dal 1853 era in trattative con Felice Le Monnier per stamparle. Esse furono 
rinvenute dal suo nipote Dott. Giuseppe Flechia, il quale ha ora intenzione 
di darle alla luce: sono più di mille, buona parte autografe. 


996 CARLO SALSOTTO — PER L’EPISTOLARIO DI CARLO BOTTA 


“ 


stesso, poichè di esse fu pubblicata solo “ una eletta parte ,, 
come si legge nell’avvertenza premessa alla raccolta. Altre let- 
tere dunque del nostro storico al Conte Littardi, tuttora inedite, 
devono trovarsi ancora presso gli eredi del Littardi stesso. 

In fine noterò che il Manno nel pubblicare nel 1878 tre 
lettere inedite del B. accennava ad una raccolta di lettere di 
lui e di altri al Balbis, fornitagli dal Cav. Vincenzo Promis (1), 
e che il Prof. Roberti in un suo recente e breve studio sul 
Botta parla di lettere del nostro storico, che si trovano negli 
archivi e biblioteche di Torino (2). 

Da questi fatti, che io son venuto accennando, appare 
dunque manifesto che la ricerca delle lettere del Botta non è 
affatto completa. Eppure l’importanza dell’epistolario del Botta 
sarebbe tale da incoraggiare nuovi studi. 


Relazione sulla prima memoria di Gruseppe Borrro: 


Intorno alla “ Quaestio de aqua et terra , attribuita a Dante. 


È noto ai cultori di storia letteraria che in questi ultimi 
anni si fece sempre più animata la discussione sull’autenticità 
del trattatello De aqua et terra, di cui non si conserva alcun 
codice, di cui nessuno scrittore antico ha notizia, ma che nel 1508 
fu stampato la prima volta in Venezia dal padre Benedetto Mon- 
cetti, col nome di Dante Alighieri. 

A definire in modo pieno ed adeguato il quesito dell’auten- 
cità della Quaestio occorrono nella persona del critico cognizioni 
ed attitudini che di rado si trovano appaiate, vale a dire piena 
competenza nelle indagini storico-letterarie e famigliarità con le 
dottrine cosmografiche. Il connubio si effettua felicemente nel 
padre prof. Giuseppe Boffito, il quale pertanto è il primo che, 


(1) Manno Anrontio, Lettere di Carlo Botta a Giambattista Balbis. In: 
L’Augurio, strenna per il capo d'anno 1878. Torino, Eredi Botta, 1878. 

(2) Roserti Giuseppe, Un anno della vita di Carlo Botta. In: Nuova 
Antologia, fasc. 16 febbraio 1901. 


997 


dopo tanto battagliare di critici, osservi il problema da tutti i 
lati e indaghi la storia della celebre controversia cosmologica. 

Infatti sino ad ora i critici si limitarono a discutere, con 
argomenti intrinseci ed estrinseci, se Dante potesse o no scrivere 
quel trattatello, o se per avventura potesse averlo contraffatto 
il Moncetti, suo primo editore; ma nessuno neppure tentò di 
vedere qual posto abbia veramente il problema nella storia delle 
dottrine cosmografiche, e quindi se Dante e i suoi contempo- 
ranei vi avessero particolare interesse e se la soluzione proposta 
nella Quaestio sia o no originale. Ciò fa appunto il Boffito nella 
prima memoria che ora presenta, la quale tratta La controversia 
dell’acqua e della terra prima e dopo di Dante. In una seconda 
memoria, che il Boffito si propone di presentare in seguito, sa- 
ranno indagate le fonti particolari della Quaestio. 

Notevoli sono già i risultamenti della prima memoria, 
nella quale il Boffito ha con grande diligenza indagato e con lu- 
cida sobrietà riassunto le dottrine intorno all'acqua ed alla terra 
nei filosofi e scienziati antichi, a principiare da Aristotele, e 
quindi nei Padri e Dottori della Chiesa, nei filosofi arabi ed 
ebrei, negli scolastici, negli enciclopedisti dei secoli XII e XIII, 
nei cosmografi e teologi dei secoli XIV a XVI. 

Come è risaputo, nella Quaestio, dopo lungo dibattito, si 
viene alla conclusione che la superficie della terra scoperta è 
superiore di livello alla superficie dell’acqua, e, confutato coi prin- 
cipì della fisica antica l'argomento principale che si poteva accam- 
pare in contrario, cioè l’eccentricità totale o parziale dell’acqua, 
sì ricorre, per spiegare il fatto del sollevamento, all’ipotesi d’una 
enorme gibbosità terrestre, che ha fatto emergere la terra nel 
nostro emisfero boreale per via dell’attrazione magnetica eser- 
citata dalle stelle tra 0° e 67° di latitudine nord, ovvero per 
influsso stellare di vapori sotterranei. 

Ora l'indagine scrupolosa del Boffito dimostra che codesto 
singolare rigonfiamento parziale della terra, dovuto alla virtù 
degli astri, che la Quaestio sostiene, è solo ammesso dalla scuola 
teologica degli Agostiniani, avente a suo fondatore Egidio Co- 
lonna; mentre tutti gli altri cosmografi (ad eccezione forse del 
Campano) tengono diversa sentenza. Infatti: 1° i Tomisti, stret- 
tamente riattaccandosi ad Aristotele, ricorrono generalmente al 
principio dell’evaporazione per ispiegarsi l’emersione dei conti- 

Atti della R. Accademia — Vol. XXXVI. 66 


998 


nenti; 2° gli Scotisti ammettono una parziale eccentricità. del- 
l’acqua, dovuta all’attrazione lunare; 3° aleuni esegeti scritturali, 
come Paolo Burgense, e alcuni cosmografi, come Pietro d’Ailly, 
sostengono l’eccentricità totale dell’acqua. La soluzione proposta 
nella Quaestio non è quella di Aristotele, non quella di Averroè, 
non quella di Alberto Magno e di S. Tommaso d’ Aquino, e neppur 
quella dei cosmografi dei secoli XIIE e XIV; ma è quella, dei 
teologi agostiniani. 

Autore. della Quaestio è, quindi, con ogni probabilità, un 
agostiniano del XIV o del XV secolo, quando non si. voglia, dire 
che. fu addirittura il Moncetti, primo editore dell’ opuscolo e 
agostiniano egli pure, a cui tutte le colpe si possono attribuire, 
fuorchè quella dell’ignoranza che taluno vorrebbe. addebitargli. 
Al Boffito si presenta con qualche insistenza alla mente il nome 
dell’agostiniano. Paolo Veneto, che secondo le indagini fatte sa- 
rebbe il. primo ad attribuire alle stelle una virtù elevante della 
terra. Nulla d’improbabile che questo Paolo Veneto stesso, al- 
lorchè fervevano le discussioni su quel soggetto; avendo speciale 
famigliarità. con l’Alighieri (poichè: si dice che fosse autore d’una 
Explicatio Dantis), attribuisse la Quaestio al sommo poeta per 
ribadire con l’ autorità del nome di lui la teoria ch'egli repu- 
tava. vera. 

Comunque sia di ciò, sta il fatto che le nostre cognizioni 
sull’arduo soggetto s'avvantaggiang assai per la egregia memoria 
del Boffito, sicchè noi ne proponiamo la lettura alla Classe, fa- 
cendo voti affinchè essa sia accolta nelle Memorie accademiche; 


C. CrpoLLA, 

R. RENIER, relatore. 
L’Accademico Segretario 

RopoLro RENIER. 


®*- e __—_—_—__ 


999 


INDICE 
DEL VOLUME XXXVI 


Etenco degli Accademici residenti, Nazionali non residenti, Stranieri 
e Corrispondenti al 18 Novembre 1900’. 4 ; . Pag. m 


Apesrone della Classe di scienze morali, storiche e filologiche al 


Comitato per le onoranze a. Vincenzo GroBeERTI.. : » 425 
Apesrone dell’intera Accademia alle onoranze che si inibinintito a 
Vincenzo GroBERTI ; ? a 660 


Avviso di presentare i lavori per pe Atti e i: creto îe age sospen- 

dendo l’adunanza della Classe di scienze fisiche, matematiche 

e naturali, per causa dell'avvenuta: morte del Socio G. Brzzozero , 682 
Comunicazione dei telegrammi con cui S. E. il Ministro. dell’I. P. 

on. GaLLo prende commiato dalle autorità; scolastiche e $. E. 

il Ministro dell’I. P. on. Nast annunzia di aver assunto il por- 

tafoglio dell’Istruzione Pubblica . Ò sn 483 
Comunicazione di un programma di un Comitato Logfitmilnsi i in ter” 

per una medaglia d’oro che commemori, la felice spedizione 


di S. A. R. il Duca degli Abruzzi . . n 484 
Comunicazione di un programma di concorso Landio dall bee 

de Stanislas per lavori di storia . si 
Comunicazione di un programma di concorso hat dalla R. i 

demia economico-agraria dei Georgofili. . 7 - .. 629, 926 


Comunicazione di un programma di concorso bandito dalla Società 
d’incoraggiamento per l'agricoltura e l’industria in Padova , 835 
Disposizioni prese dalla Classe per la morte del Socio Senatore Giulio 
Bizzozero . P } ; a ; ; , n 682 
ELezionI a cariche hacia che: 
Nomina della Commissione per il premio di fondazione Gautieri 


(Storia) 1898-1900 ; . È Rae: 1 : È n 282 
Elezione del Presidente dell’ Gea, È é .. 924;433 
Elezione del Segretario della Classe di scienze figiohie, matema- 

tiche e naturali . } ; . 426, 500 


Nomina della Commissione per Di premio di Sinfizione Vallauri, 426 
Nomina di delegati delle Classi presso il Consiglio Amministra- 
tivo dell’Accademia . Î È l È a I i 442, 502 


1000 INDICE DEL VOL. XXXVI 


Nomina di un rappresentante l'Accademia presso la Commissione 
Amministrativa del Consorzio Universitario . é . Pag. 735 
Nomina di un membro della Classe di scienze fisiche, matema- 
tiche e naturali per la 1* Giunta pel XII premio Bressa . n 442 


Elezione del Vice Presidente dell’Accademia 7 e . 501, 659 
Elezioni del Direttore della’ Classe di scienze fisiche, matema- 

tiche e naturali . 3 3 } . 630, 836 
Elezione del Socio Tesoriere dell’ deriieriàt ‘ . . 660, 771 
Nomina della 2* Giunta per il XII premio Bressa, quadriennio 

1897-1900. x n 660 
Elezione del Direttore Geni cis di scienze rai E e 

filologiche . è n 664 
Nomina di un membro della Giunte per ai premio vr fanndag 

zione Vallauri . » 836 


Etezioni di Soci della Classe di scienze arto allenta ghe e Pitta. na pad 
Inpirizzo spedito a S. M. il Re Virrorio EmanveLE III nell'occasione 
della sua assunzione al Trono . : " 2 
Inviro da parte del Prof. Francesco L. Purré di teste "| Comitato 
internazionale per costituite un fondo per le scoperte archeo- 


logiche dell’India . : È x 143 
Inviro da parte del prof. Ettore Pars di FaGr di Conor AME. 

nazionale di Scienze storiche . ” - n: L'E 
Inpirizzo gratulatorio inviato a S. A. R. il Priicipe tor Perno DI 

Savora, e lettera di ringraziamento in risposta , ° s PIG 
Invito del Comitato per le onoranze a Francesco Brrioscni a farsi 

rappresentare all’inaugurazione del monumento : . 200, 202 
Inviro del Sindaco di Torino perchè l'Accademia intervenga all’adu- 

nanza del Comitato per le onoranze a Vincenzo GroseRrTI n 425 
Inviro dell’Università di Glasgow di intervenire alla celebrazione 

del nono centenario della sua fondazione . i MI:10) | 


Inviro del Comitato del Congresso di Fisiologia che si testi i in Tosse! 629 
Invito a prendere parte al Congresso i signi che si terrà in 


Agen ed in Auch : 7 n 736 
Inviro all'Accademia di farsi tanmne det al ‘930 TATOnIOE, del- 
l'Associazione letteraria e artistica internazionale . ©. n 966 


LerterA del Presidente dell’Accademia Reale dei Lincei, che invita 
l'Accademia a rappresentarla alle onoranze che «i renderanno 


a Vincenzo GrosertI in Torino . i x i ; n 659 
Missione archeologica di Creta. Copia della Fia e terza rela- 

zione . . : ; : i : A SSNZ80 
Oworanze tributate il 30 marzo 1901 al Socio nazionale non residente 

Graziadio Isaia AscoLi 3 , 7 ; x n 659 
Onoranze da tributarsi a Vincenzo GroBeRTI in occasione del jo cen- 

tenario della sua nascita’. . ‘ ; * . 425, 659, 834 


Oxoranze al Socio corrispondente Maurizio Cantor in occasione del 
cinquantesimo anniversario della sua laurea dottorale . | 


INDICE DEL VOL. XXXVI 1001 


Premio -BressA: 


Programma per il XIII premio Bressa . È , s . Pag. 413 
Nomina di un membro della 1* Giunta pel XII premio Bressa, 
della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali . » 442 
Comunicazione della relazione della 1* Giunta pel XII premio 
Bressa (quadriennio 1897-900) . î L 4 4 ; s 660 


Nomina della 2* Giunta pel XII premio Bressa 
Premio DI FONDAZIONE “GAUTIERI: 
Relazione della Commissione per il conferimento del premio di 


» 660 


Filosofia pel triennio 1897-1899 . È È n 292 
Osservazioni alla Relazione del Socio E. rid a della 

Commissione i » 262 
Nomina della Fia per ei: premio di ne dea 

(Storia), 1898-1900 È x 3 - È } x : » 282 
Sulla divisione del premio . : î i . 262, 323 
Conferimento del premio di Filosofia ita . . ; », 328 


Programma pel premio di Storia . 
Premio VALLAURI: 
Nomina della Commissione per il conferimento del premio 


Vallauri o ; n 426 
Nomina di un dico della Conibtibetane per il contermmithaa 
del premio Vallauri . ; s 836 
PussLicazionI ricevute dalla R. A cladati delle Betdio di Torino 
durante l'Anno accademico 1900-1901 È ì { XXXIII 
Sunri degli Atti verbali delle Adunanze della Classe di Folio fisiche, 
matematiche e. naturali 1 4, 


185, 202, 263, 325, 415, 426, 441, 575; 629; 681, 171, 835, 885, 933.” 
Sunri degli Atti verbali delle Adunanze della Classe di Scienze mo- 
rali, storiche e filologiche . { g i EL 


201, 221, 280, 382, 425, 433, 502, 617, 661, 736, 834, 884, 926, 966. 
Sunri degli Atti verbali delle Classi Unite 1, 198, 251, 328, 500, 659, 734 


ActrarpIi (Luigi) — V. Pasrore (Annibale) e AGriarpI (Luigi). 

Arwonetti (Cesare) — Determinazione della gravità relativa a Genova, 
Savona, Albenga e San Remo 

Arzievo (Giuseppe), Perrox (Bernardino), Brusa (Emilio) —_ ‘Relazione 
per il conferimento del premio di Fondazione Gautieri. Filo- 


n ad 


sofia, 1897-99 Z A ; ; : - 6 a» 252 
Artom (Alessandro) — V. Cossa (Alfonso). 
Ascori (Graziadio Isaia) — V. Onoranze. 


— Ringrazia per gli auguri inviatigli per il suo quarantesimo anno 
d’insegnamento k è a FIERE 

Barr (Vittorio) — Effemeridi dei pianeti METTI Bio per 
l'orizzonte di Torino e per l’anno 1902 


È s 964 
BarreLLI (Angelo) e Magri (Luigi) — V. Naccari dei 


1002 INDICE DEL VOL. XXXVI 


BeLLataLLA (Archimede) — Sulle varietà razionali normali composte 
dispo! spazi linpari: postu asetitticoitt e MIX agqeinintafggi 9 808 

Berruti (Giacinto) — Ringrazia a nome dei Colleghi il Presidente 
Carre per la premura e il senno con cui ha guidato l’opera 


dell’Accademia . . » 824 
— Nominato delegato della Graigo presso il Consiglio hemiitiotrit 
tivo dell’Accademia . : i ; } > 3 ì n 442 
Brancni (Romolo) — L’Etica e la Psicologia sociale . : ; » 903 
Bizzozero (Giulio) — Presenta per l'inserzione nei volumi delle 
Memorie accademiche uno scritto del Dott. Donato OrroLeNGHI: 
Contributo alla istologia della ghiandola mammaria funzionante , b) 
— e Foi (Pio) — Relazione sul lavoro presentato dal dott. Donato 
OrroLencni: Contributo alla istologia della ghiandola mammaria 
funzionante . o 196 
— Eletto alla carica RENE i. Deda di EL ; 3 n 630 
— VV. Cossa (Alfonso). 
Boario (Tommaso) — V. D'Ovipio (Enrico). 
BramiLLa (Erminia) — Ringrazia per le condoglianze inviate nel- 
l'occasione della morte del marito Senatore Giulio Bizzozero n 7834 
Brioscni (Francesco) — V. Cossa (Alfonso). 


Brusa (Emilio) — Muove alcune osservazioni alla Relazione della 
Commissione per il conferimento del premio di fondazione 


Gautieri (Filosofia), 1897-1899 . : n 262 
— Espone i motivi per cui non potè nine all dorisagin del 

9 giugno ; n 968 
— V. Auzievo PI Lato fondata e Raid (Emilio). 
Burari-Forti (Cesare) — Sopra ‘alcuni punti singolari delle curve 

piane e gobbe } ; n 935 
CacnicarIs (Giuseppe) — Sul signicato della caga “ romanus , in 

Paolo Diacono » 283 


Camerano (Lorenzo) — Notifica il ud fatto da s. w RS ;l Principe 
Lurci Amepeo pi Savora delle raccolte zoologiche, botaniche e 


mineralogiche . À 5 » 200 
— MricreLe Epxonpo barone di Sarai alia bai parole di 

commemorazione . 4 n 927 
— Lo studio quantitativo degli organismi e i indici dr mancanza, 

di correlazione e di asimmetria . ; » 699 


— Presenta per l'inserzione nei volumi delle Moon di dio, 
suo lavoro: Ricerche intorno alle Renne delle isole Spitzberghe , 173 


Camperti (Adolfo) — Sulla polarizzazione del magnesio in soluzioni 
alcaline ) . F : n 427 

Cantor (Maurizio) — con Lu ringrazia ptt dell indirizzo 
inviatogli in occasione del suo giubileo dottorale . è n 885 


Carre (Giuseppe) — Annunzia la morte avvenuta in Oxford del Socio 
straniero Prof. Massimiliano MiLLER . î / : 3 » 201 


INDICE DEL VOL. XXXVI 1003 


Carre (Giuseppe) — Parole pronunziate presentando il primo volume 
dell’opera del Prof. Francesco Rurrini: La libertà religiosa. 
Storia dell'idea . ; . Pag. 221 

— Comunica che giusta la diticunziono presa a Boeio: Cossa si 
recò a Milano a rappresentare l'Accademia all’inaugurazione 
del monumento al Prof. F. Brioscni . i ,. OL 

— V. Invito di intervenire all’inaugurazione del dsortartibuilo a Fradi 
cesco BrroscHI. i 

— Ringrazia l'Accademia per il favore dee rr nel sessennio 
della sua presidenza . i n 824 

— Nominato delegato della Classe presso il Consiglio di ARTE 


strazione dell’Accademia o , 502 
— Alcune lettere inedite di Vincenzo Gioverti: , 9 737 
CasreLnuovo (Guido) — Le trasformazioni generatrici del gruppo cre- 

moniano nel piano . A £ : n 0 
Cesaris DemerL (Antonio) — Sulla SIGN pomini oddrbviiata 

in alcuni eritrociti 3. dol 


Crporra (Carlo) — Il P. Luigi Tosti e le sue ara col Piemonte, 116 
— Sunto della Memoria: Un amico di Cangrande I Della Scala e la 

sua famiglia . ; ; . 5 » 290 
— Un litigio tra Venezia e ‘est 2 1324 ; È n 888 
— Nuove notizie sulle relazioni del p. Luigi Tosti col Lor » 928 
Cocxerti pe Martis (Salvatore) — Ringrazia i colleghi per le ripe- 

tute manifestazioni di benevolenza usategli durante la sua 


malattia à an 113 
—  V. Cossa (Alfonso). 
Cossa (Alfonso) — Rammenta la morte di S. M. il Re Umgerto I, e 
comunica i telegrammi di condoglianza inviati a nome del- 
l'Accademia . ” 1 


— Propone di inviare un tmbiriazo 2) s. i; R. il Dali degli priva 


per la sua spedizione nelle regioni polari . è 3 
— Partecipa che l'Accademia fu rappresentata alle feste sa 50° an- 

niversario della fondazione dell’I. R. Istituto geologico di 

Vienna dal Socio corrispondente TscHEeRMAR È 9 a 4 
—., Notifica che l'Ing. Alessandro Arrom ara un piego suggel- 

lato per prendere data P 4 
— Comunica che il sig. Emilio Guarini inviò dai Rigiciles sind note 

manoscritte che trattano della Telegrafia senza fili . È i 4 
— Incaricato di rappresentare l'Accademia all’inaugurazione del 

monumento a Francesco BrioscHI . s 200 
— Rende conto come adempì l’ufficio di ada l dirti 

all’inaugurazione del monumento a Francesco BrioscHI . = 202 
— Eletto alla carica triennale di Presidente dell’Accademia . 0 324 
— Partecipa la morte del Socio corrispondente Prof. Matteo Fiorini 

e del Socio straniero Carlo HerMITE . » 415 


— Comunica il R. Decreto che approva la sua dei PI Posilggita 433, 441 


1004 INDICE DEL VOL. XXXIVI 


Cossa (Alfonso) — Partecipa la morte del Senatore Angelo Messe- 
paGLIA, Presidente della R. Accademia dei Lincei e di aver 
inviate condoglianze a nome dell’Accademia che fu rappresen- 
tata ai funerali . 4 . . Pag. 

— Comunica il R. Decreto che approva a nomina del Prof. Oreste 
MartIRoLo a Socio dell’Accademia a 

— Partecipando la morte del Socio Senatore Giulio Bia pro- 
nunzia brevi parole di commemorazione 

— Comunica il R. Decreto col quale fu accettata la rinuncia da 
Socio Tesoriere del Prof. Enrico D’Ovipro 

— Comunica l’approvazione dell’elezione del Socio Niggione Ta 
a Tesoriere dell’Accademia. 

— Comunica la sospensione della firma del R. Tisana pi: paia 
approvare l’elezione del Socio Giulio Bizzozero a Direttore 
della Classe . Ò 

— Comunica il R. Decreto VE, approva E nomina del Squali Nin 
demo Japanza a Tesoriere accademico e del Socio Ermanno 
Ferrero a Direttore della Classe di scienze morali, storiche e 
filologiche Pi 

— Partecipa la morte TUO del SITO Ramona oa: DE 
MARTIIS. 


n 
n 
n 


» 
— Comunica il toi del Prefetto della dra sie 


la nascita della Principessa JoranpA MARGHERITA DI SAVOIA, e 
quello inviato dall'Accademia alle LL. MM. per felicitazioni e 
auguri . È 

— Comunica il R. Boorebo che ciettarieo Al deco Emilio side la 
pensione accademica 

— Fa un breve sunto dei lavori RETE dalla cal e ‘delle va- 
riazioni in essa avvenute . : : . 934, 

DanreLe (Ermenegildo) — Sulla deforimadine infiaijorin delle su- 
perficie di 2° grado 

Da Re (Gaetano) — Un ignoto simo 

De Gregorio (Giacomo) — V. Pezzi (Domenico). 

De SeLys Loneczamps (Walter) — V. Naccari (Andrea). 

— V. Camerano (Lorenzo). 

Di Sarnt-Prerre (Emanuele) — Cenno storico intorno ad Amedeo VI , 

D’Ovipio (Enrico) — Presenta per l’inserzione nei volumi delle Memorie 
un lavoro del Dr. Tommaso Boeero, intitolato: Sulle funzioni di 
Green d'ordine qualunque e la loro applicazione medi 
di alcune equazioni differenziali . 

— Presenta per l'inserzione nei volumi delle Menbri ie uno PITT del” 
Dott. Francesco Severi, intitolato: Sopra alcune singolarità 
delle curve di un iperspazio 

— Carlo Hermire. Commemorazione - 

— Eletto Segretario della Classe di scienze fisiehie! poterla fis e 

naturali ; ; ; - 426, 

— Si dimette dalla carica di LT dell rasa 


» 


n 


n 


Li 


» 


n 


681 


681 


682 


682 


771 


771 


834 


926 


926 


926 


968 


837 
180 


435 


326 


264 


419 


500 
500 


INDICE DEL VOL. XXXVI 1005 


D’Ovipro (Enrico) — Comunica la Relazione della 1% Giunta pel a 
XII premio Bressa (quadr. 1897-1900) . À : . Pag. 660 
— Su alcune successioni di medie aritmetiche, SIA baiod, ed ar- 
moniche î : s 685 
— Esposizione finanziaria der il ‘Pulito esercizio Honiamid 1900 e 
bilancio preventivo per l’anno in corso . ; » 784 
— Comunicazioni delle gestioni delle eredità Bressa, Caabieti e 
Vallauri PERO (3) 
— Nominato Lo lezantatt dell’ “A ecnia presso hi Coralli 
Amministrativa del Consorzio Universitario . È È » 185 


— V. Cossa (Alfonso). 

— V. Seere (Corrado) e D'Ovipro (Enrico). 

Fano (Gino) — Sopra alcune particolari congruenze di rette del 
3° ordine . s n 366 

— V. Seere (Corrado); V. Sant ‘(Chardy e D' Ovaro (Enrico). 

Ferrero (Ermanno) — Eletto alla carica triennale di Direttore di 
Classe . È n 664 

— Si congratula col Sòdio ritieni ola e avan i vata della 
pubblicazione fatta della Grammatica egizia nelle tre scritture 


geroglifica, demotica e copta . ; PA 01 
— Legge la commemorazione del simvontitto SAT PETE Fa- 

BRETTI, Che sarà inserita nel vol. 51° delle Memorie . i Paulin; 1; 
Frreri (Michele) — Porge al Presidente i rallegramenti della Classe 

per la sua nomina . » 441 


— Nominato delegato della CIAsGS presso il coanio lit 
tivo dell’Accademia 4 : 

Foà (Pio) — Presenta per l'inserzione nei O fbnt delle Memorie un 
suo lavoro intitolato: Contribuzione anatomica e sperimentale 
alla fisiologia patologica delle capsule surrenali . 3 x n 5) 


n» 442 


— Giulio Bizzozero. Commemorazione n° dUlE 
— V. Bizzozero (Giulio) e Foà (Pio). 
Gasorto (Ferdinando) — La questione dei fuorusciti di Chieri 
(1337-1354) . ; . n 225 
Gamsèra (Pietro) — Canogialia 5) cate viaggio di TRO N n 992 
Garsasso (Antonio) — Sopra il valore massimo della funzione Tne 
di Maxwell . 4 : x 2 i E î , stvanisi ARÒ 
GentILE (Giovanni) — Gli è conferito il premio di Filosofia di Fon- 
dazione Gautieri . : , è x x 4 È ; » 928 
— Ringrazia. : : ; a i i ° 7 n 9882 


Gerini (Gio. Battista) — V. ris (Paid 
Gramserri (G. Zeno) — V. Paratini (Francesco) e GramserLi (G. Zeno). 
Granpis (Valentino) — Azione fisiologica del campo magnetico n 577 


Guarescni (Icilio) — Presenta per l'inserzione nei volumi delle 
Memorie un suo lavoro intitolato: Sintesi di composti piridinici 
e trimetilenpirrolici . È È : ; ì : a È ò 


1006 INDICE DEL VOL. XXXVI 


Guarescni (Icilio) — Acidi RRdialchilglutarici ‘e $ gain 
acetici. Nota I. i ( + Pag. 


— 


Azione antagonistica fra citrato trisodico e calcio 3 

Guarini (Emilio) — V. Cossa (Alfonso). 

Gunni (Camillo) — Presenta un suo lavoro intitolato: Esperienze sul- 
l'elasticità e resistenza di conglomerati di cemento semplici ed 
armati, da inserirsi nei volumi delle Memorie accademiche , 

HesseLereN (Federico) — Circa ad una Nota su bieb musicale 
presentata in esame . 

Jananza (Nicodemo) — Matteo Wai Roi pioli li commemo- 
razione Ì ; Ù 

—. Eletto alla carica Wiennala di divenire gcobdogiizo i » 

— Nominato a far parte della Giunta per il premio Vallauri, in 
sostituzione del defunto socio Bizzozero È 

—. Sul calcolo della convergenza dei meridiani 

Isser (Raffaele) — Saggio sulla fauna termale italiana, uo Ie Il 58; 

Kanror (S.) — I numeri razionali in Geometria A 

KeLwin (Guglielmo Thomson Lord) — Incaricato di caprini 
l'Accademia alla celebrazione del nono centenario della fon- 
dazione della Università di Glasgow . 3 1 ; 7006 

— Accetta l’incarico di rappresentare l'Accademia alla celebrazione 
del nono centenario di fondazione dell’Università di Glasgow » 

Levi (Attilio) — Gradazione analogica si 

Mari (Luigi) — V. Naccari (Andrea). 

Marre (Aristide) — Madagascar et les Philippines. Vocabulaire com- 
paratif è la langue malgache et à la langue tagalog . s 

MarteL (Edoardo) — V. MartIroLo (Oreste) e Parona (Carlo Fabrizio). 

Margis (Agostino Maria) — Vicende di ‘Pollentia’ (ora Pollenzo) 
colonia romana in Piemonte A 

— V. Parona (Carlo Fabrizio). 

MartIROoLO (Oreste) — Eletto Socio residente 576, 

— Ringrazia per la sua nomina a Socio residente dell’ Nnzonii 4 

MartIRoLo (Oreste) e Parona (Carlo Fabrizio) — Relazione sulla Me- 
moria del prof. Edoardo MarteL: Intorno all’ unità anatomica 
e morfologica del fiore delle Crociflore di 

MartIRoLo (Oreste) — V. Parona (Carlo Fabrizio). 

MessepaGLIA (Angelo) — V. Cossa (Alfonso). 

Moranpi (Egidio) e Srsro (Pietro) — Contributo allo studio delle ghian- 
dole emolinfatiche nell'uomo ed in alcuni mammiferi ° 

Moranpr (Egidio) — V. Sisto (Pietro) e Moranpi (Egidio). 

Mosso (Angelo) — Nominato a far parte della 1% Giunta del XII 
premio Bressa È x : 5 po 


Presenta per l'inserzione nei jeliciai delle ita un lavoro 
del Prof. Luigi SassaranI, intitolato: Funzione biologica «del 
calcio. Parte I: Azione antagonistica fra citrato trisodico e calcio 

e Mosso (Angelo) — Relazione sulla Memoria del Prof. Luigi 
Sasparani, intitolata: Funzione biologica del calcio. Parte I: 


V. Guarescani (Icilio) e ia Tiago 


443 


836 


924 


186 


264 


416 
660 


836 
887 
264 
916 
884 
885 
157 
145 


525 
681 
681 


881 


652 


442 


INDICE DEL VOL. XXXVI 1007 


MiiLLer (Massimiliano) — V. Carre (Giuseppe). V. Pizzi (Italo). 

Naccari (Andrea) — Comunica una lettera del sig. Walter De Selys 
Longchamps che ringrazia per le condoglianze inviate per la 
morte di suo padre Socio corrispondente . d . Pag. 415 

— Presenta per l’inserzione nei volumi delle Memorie ein 
uno scritto del prof. Angelo BarteLLI e del Dr. Luigi MaarI, 


intitolato: Scariche oscillatorie . P ; È 4 s a 
—. Intorno alla polarizzazione dell'alluminio . . 790 
OrroLencHI (Donato) — V. Brzzozero (Giulio); V. Pete (Giulio) 

e Foà (Pio). 
— Sui nervi del midollo delle ossa .. i : È , 9 n11=989 


Pars (Ettore) — V. Invito. 
Paratini (Francesco) e GramseLLI (G. Zeno) — Prodotto di due con- 


dizioni caratteristiche relative ai piani di un iperspazio . n 459 
PawertI (Modesto) — Sul calcolo delle vibrazioni trasversali di una 

trave elastica urtata . i “ 6 
Parona (Carlo Fabrizio) — Presenta: nai ina nei Datch nat 

Memorie un suo lavoro, intitolato: Le Rudiste e le Camacee di 

S. Polo Matese raccolte da Francesco Bassani  . ; n 5 


— Presenta, a nome del Socio Oreste MartIRoLO per e nei 
volumi delle Memorie un lavoro del Prof. Edoardo MartEL 
intitolato: Intorno all'unità anatomica e sitter del fiore 


delle Crociflore . ; é ER O. 
— V. MarmiroLo (Oreste) e STRA (Carlo EA 
Pastore (Annibale) — Saggio sopra l’esperienza mediata . ‘ » 891 
Pasrore (Annibale) e AeLrarpi (Luigi) — Sulle oscillazioni delle sen- 
sazioni di deformazione cutanea . x n 988 


ParettA (Federico) — Della congetturata provenienza var solita 

Torinese del codice Teodosiano della Biblioteca di Bobbio , 618 
Parrucco (Carlo E.) — Una iscrizione inedita di cia vescovo 

di Asti ; , , Le 
Peano (Edoardo) — Alcuni PRIN, Si liner: , sf 187 
PerAzzo (Umberto) — Sopra una forma cubica con 9 rette doni 

dello spazio a cinque dimensioni e i corrispondenti complessi 


cubici . ; ° ì i ; È » 991 
Pesce (Ambrogio) — V. fit (Fedele). 
Perron (Bernardino) — Comunica il consenso della Commissione esa- 


minatrice al Dr. Vittore Domenico Varta di ritirare, per intro- 

durvi modificazioni, la sua Memoria: Note STORIA sul 

Collegio Puteano in Pisa, ecc. . n» 420 
— A nome della Classe saluta il nuovo rie e ringrazia il 

Socio Carle per l’assiduità e il senno con cui diresse i lavori 

accademici . ; ; È j ; , n 483 
— Eletto Vice-Presidente dell Abesabihia 2 È x È . 501, 659 
— Esprime riconoscenza per il dono fatto all'Accademia dal Socio 

Francesco Rossi della sua Grammatica egizia nelle tre scritture 


geroglifica, demotica e copta . io «OZ 


1008 INDICE DEL VOL. XXXVI 


Perron (Bernardino) — V. Arcrevo (Giuseppe); Perrown (B.) e Brusa 
(Emilio). 

Pezzi (Domenico) — Presentando il 2° volume degli Studî glottologici 
italiani diretti dal marchese Dott. Giacomo De GrEGoRIO, 


nota l’importanza dei lavori ivi contenuti “Saggi: . Pag. 


Prcarp (Émile) — Sur les systèmes linéaires de genre zéro (Extrait 
d’une lettre adressée a M" Segre) È 
Preri (Mario) —-Sui principî che reggono la aromi delle 168 : 


Pizzi (Italo) — Massimicrano MiiLLer. Brevi Ar di commemo- 
razione . ” 
Ponzio (Giacomo) — dina dell'acido sati sui Sohivstà alifatici 


contenenti il gruppo CH(0H) 

PuLré (Francesco L.) — V. Invito. 

Renrier (Rodolfo) — V. Indirizzo a S. M. il Re Virrorio EmanveLE III 

— Segnala gli scambi fatti delle pubblicazioni accademiche, con 
quelle della Biblioteca Apostolica Vaticana e dell’ Istituto di 
esercitazioni di scienze giuridico-politiche della R. Università 
di Torino ‘ 

— Presenta per l'irineriiontà» nei volumi delle Have un ero del 
Prof. Giuseppe Borriro intitolato: Sul trattato ‘ De aqua et terra’ 
attribuito a Dante >, 

— e Crporra (Carlo) — Rae ber alla Ade del Padre 
Giuseppe Borriro: Sul trattato ‘De aqua etterra’ attribuito a Dante, 

— Segnala l'importante scambio delle pubblicazioni accademiche 
con quelle della Facoltà di Lettere dell’Università di Bordeaux , 

Rossr (Francesco) — Presenta a nome dell'autore Prof. G. B. Gerini 
un volume Gli scrittori pedagogici del secolo XVII, e tributa 
lode all’opera 

Rurrini (Francesco) — V. dita (Cineegbai 

SassaranI (Luigi) — Calcio e citrato trisodico nella coagulazione del 
sangue, della linfa e del latte 

— V. Guarrsc®i (Icilio) e Mosso (Angelo). 


» 


» 


Sacco (Federico) — Osservazioni geologiche comparative sui Pirenei , 
SaLvapori (Tomaso) — Eletto alla carica triennale di Direttore di 

Classe A 
Sarsorto (Carlo) — Per Puo delia di Carlo Botta 


n 


Savio (Fedele) — Gandolfo vescovo d’Alba nel secolo XII 4 

— Presentando un lavoro stampato del sig. Ambrogio Pesce, ne loda 
la diligenza . 

— Pietro suddiacono LIO sara del Sia pe 

Scorza (Gaetano) — Aggiunta alla nota sulle corrispondenze (p, p) 
nelle curve di genere p ; , : ; : 

Segre (Arturo) — Lodovico Sforza, Duca di Milano, e l'assunzione al 
trono sabaudo di Filippo II, il Senzaterra (1496) . 

Secre (Corrado) — Presenta per l'inserzione nei volumi delle Memorie 
accademiche uno scritto del Prof. Gino Fano, intitolato: Nuove 


n 


n 


» 


661 


684 
335 


384 


721 


280 


27 
203 


836 
969 
438 


663 
665 


610 


308 


INDICE DEL VOLUME XXXVI 


ricerche sulle congruenze di rette del 3° ordine prive di linea 
singolare È È : UEagi 

Secre (Corrado) e D’ de (Enrico) - Rao sulla Memoria del 
Prof. Gino Fawo, intitolata: Nuove ricerche sulle congruenze di 
rette del 3° ordine prive di linea singolare . 4 : i a 

— -— Relazione sulla Memoria del Dr. Francesco Severi: Sopra 
alcune singolarità delle curve di un iperspazio . 3 s ” 

— Presenta per l'inserzione nei volumi delle Memorie accademiche 
uno scritto del Prof. Emilio VeneRONI, intitolato: Sui connessi 
bilineari fra punti e rette nello spazio ordinario 

— e D'Ovipro (Enrico) — Relazione sulla Memoria del Prof. Hinilig! 
VeneronI: Sui connessi bilineari fra punti e rette nello spazio 
ordinario di i 5 

— Un’osservazione Lalaliza irta Rncibitià faglie V iirbizioni Cre- 
moniane e dei sistemi lineari di curve piane per mezzo di 
trasformazioni quadratiche . : : ; i 

SeLys Lonecnamps (Michele Edm. bar. di) — V. Da asi RA 

Severi (Francesco) — Sopra le coniche che toccano e secano una o 
più curve gobbe . ? L 5 

— V. D’Ovipio (Enrico); SeGRrE (eso e , D' do (Enrico), 

Severini (Carlo) — Sulla rappresentazione analitica delle funzioni 
reali di variabile reale 7 : È è 

Sisro (Pietro) e Moranpi (Egidio) — Contitiato ‘alla tondo del re- 
ticolo delle linfoglandule . , x : $ : : È 

— V. Moranpi (Egidio) e Sisro (Pietro). 

Spezia (Giorgio) — Contribuzioni di Geologia chimica. Solubilità del 
quarzo nelle soluzioni di tetraborato sodico a 

THoxson (Guglielmo Lord KeLwin) — V. KeLwin (Gugl. Thomson Lord). 

Tscnermaca (Gustavo) — V. Cossa (Alfonso). 

Vaccaro (Antonio) — Integrazione di sistemi di equazioni differenziali , 

Vara (Vittore Domenico) — Chiede l’inserzione nei volumi delle 
Memorie di un suo lavoro intitolato : Note cronologiche sul Col- 
legio Puteano in Pisa, precedute da una biografia del Fondatore , 

— V. Perron (Bernardino). 

VeneronI (Emilio) — V. Secre (Corrado) e D'Ovipio (Enrico). 

Virra (Guido) — Gli è conferito il premio di Filosofia di fondazione 
Gautieri - x ; 3 5 ; È È 7 : a: 


1009 


202 


278 


880 


442 


615 


645 


74 


480 


94 


631 


708 


115 


323 


— Ringrazia. ; . 425, 484 


Vorra (Luigi) — Effemorii del Sole e age brutta per l'olBzonte di 
Torino e per l’anno 1902 . * è Ù 
Vorrerra (Vito) — Comunica con una sua leaisra la sua denza 
di Professore nella R. Università di Roma e prende commiato 
dai Colleghi . . E È 
— In conseguenza della A da ni fatta, L'Amaca lo 
inscrive fra i Soci nazionali non residenti ; è , si 


Torino — Vincenzo Bona, l'ipografo di S. M. e Reali Principi. 


947 


263 


263 


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R. ACCADEMIA DELLE SCIENZE 


DIE PORINO 7 0A ERY 
4 
PUBBLICATI L or sconta 


DAGLI ACCADEMICI SEGRETARI DELLE DUE CLASSI 


Vor. XXXVI, Disp. fl*, 1900-8901 


TORINO 
CARLO CLAUSEN 


Libraio della R. Accademia delle Scienze 


1901 


SOMMARIO 


Classi unite. 
ADUNANZA del 18 Novembre 1900 i È A A Pag. 


Classe di Scienze Fisiche, Matematiche è Naturali. 


ADUNANZA del 18 Novembre 1900. s : 4 +. Pagife 
Panerti — Sul calcolo delle vibrazioni trasversali di una trave ela- 
stica urtata . i Mii: 
Sassarani — Calcio e bio fai pina cnelianiare del sangue, 
della linfa e del latte. è , 4 5 ; : "i 
Isser — Saggio sulla fauna termale delli ; à ARTO 
Severi — Sopra le coniche che toccano e secano una o più curve 
gobbe 


Sisto e MoranDI — Contributo allo steli fest reticolo delle af 


glandule : è x i ì S y 3 : 4 È 


Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche. 


ADUNANZA del 25 Novembre 1900 È RIA PA: MR 
Ciporra — Il P. Luigi Tosti e le sue relazioni col Piemonte ; 
Marre — Madagascar et les Philippines ” 
Levi — Gradazione analogica o 
ParrUcco — Una iscrizione inedita di Bonini vescovo di Asti R 


Da Re — Uno Scaligero ignoto 


Tip. Vintenze Bona — Torino 


113 
116 
145 


157 


164 


180 


Ley 


DELLA 


PUBBLICATI 


DAGLI ACCADEMICI SEGRETARI DELLE DUE CLASSI 


Vor. XXXVI, Disp. 2* r 8?, 1900-80! 


TORINO 
CARLO CLAUSEN 


Libraio della R. Accademia delle Scienze 


1901 


SOMMARIO 


Glaese di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali. 


ADUNANZA del 2 Dicembre 1900... //. —. Pag. Mise i 
. Pramo — Alcuni derivati del dietilchetone . Sins si 187 " 
‘ Bizzozero — Relazione sul lavoro presentato dal doh Done po. È 


rencHI: “ Contributo alla istologia della ghiandola mammaria. 


funzionante , È i. | ? > ; 3 : È fa 1 96 


Classi unite. 


ADUNANZA del 9 Dicembre 1900 . ; ; 1 0 Pig: PAID 


Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche. 


ADUNANZA del 9 Dicembre 1900. c È i . Pag." 2010 


Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali. 
ADUNANZA del 16 Dicembre 1900  . É ; ; . Pag. 202 


Sacco — Usservazioni geologiche comparative sui Pirenei. i » 203 


Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche. 


ADUNANZA del 23 Dicembre 1900 . ; c 4 . Pag. 221 
Gasorro — La questione dei fuorusciti di Chieri (1337-1354) . ©, 225 
Crporta — Sunto della memoria: * Un ariico di Cangrande I Della 

Scala e la sua famiglia ; . È ; i i , , n» 250 

più 


Tip. Vinoenze Bona — Terine 


ta. 


ACCADEMIA DELLE SCIENZE 


br FORINO 


PUBBLICATI 


DAGLI ACCADEMICI SEGRETARI DELLE DUE CLASSI 


_ TORINO 
CARLO CLAUSEN 


Libraio della R. Accademia delle Scienze 


1901 


È 


SOMMARIO 


Classi unite. 
ADUNANZA del 30 Dicembre 1900 . a RIE . Tag: BOI 
Relazione della Commissione pel conferimento del Premio Gautieri 


pel triennio 1897-99 . z ? c : È È 7 » 1252 


Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali. 


ADUNANZA del 30 Dicembre 1900 . 5 : 3 . Pag. 263 
Isser — Saggio sulla fauna termale italiana . 3 ARIA 
Seare — Relazione sulla memoria del prof. Gino To init 

“ Nuove ricerche sulle congrnenze di rette del 8" ordine prive 

di linea singolare , è ( ; ; x : 3 5 = RT 


Giasso di Scienze Morali, Storiche e Filologiche. 


ADUNANZA del 6 Gennaio 1901 . È : 3 . Pag. 280 


CaLticarIis — Sul significato della parola “romanus , in Paolo Diacono , 283 
Seere — Lodovico Sforza, Duca di Milano, e l'assunzione al trono sa- 
baudo di Filippo II, il Senzaterra (1496) 3 } F »s 308 


Tip. Vincenze Bona — Torina 


lla Afelteta die 


“gluten editi. 


PUBBLICATI 


DAGLI ACCADEMICI SEGRETARI DELLE DUE CLASSI 


Vor. XXXVI, Disp. 5*, 1900-901 


TORINO 
CARLO CLAUSEN 


Libraio della R. Accademia delle Scienze 


1901 


SOMMARIO 


Classi unite. sa 
ADUNANZA del 13 Gennaio 1901... +... Pag. © 


ADUNANZA del 13 Gennaio 1901. È : : Ma 


Camerano — Commemorazione di MrcaeLe Epmonpo barone 

LonacHAMPS . ; MORA ; x È È ; S 
Pieri — Sui principî che reggono la Geometria delle rette |. 4° 
Cesaris Dewer — Sulla sostanza cromatofila endoglobulare in aleuni 

eritrociti i ZI AO È i } ° d : DS 
Fano — Sopra alcune particolari congruenze di rette del 3° ordine , 
Seere — Relazione sulla Memoria del Dott. Francesco Severi: © Sopra 


alcune singolarità delle curve di un iperspazio ,  . È 


Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche. 
ADUNANZA del 20 Gennaio 1901 . : : x . Pag. 382 


Pizzi — Commemorazione di Massimiano MiLer . erano 
Cîrorra — Un litigio tra Venezia e Savona nel 1324... col 
Pastore — Saggio sopra l’esperienza mediata . È Sr 
Programma per il XIII premio Bressa . i o z È - 


Premii di Fondazione GaAutIERI . È ; ; R ; 6 


«Tip. Vincenzo Bona - Torina 


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R. ACCADEMIA DELLE SCIENZE 


Di: BPOTREN O 
PUBBLICATI 


DAGLI ACCADEMICI SEGRETARI DELLE DUE CLASSI 


Vor. XXXVI, Disp. 6° r 7?, 1900-9801 


TORINO 
CARLO CLAUSEN 


A 
Libraio della R. Accademia delle Scienze { 


1901 


SOMMARIO 


Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali. 


ADUNANZA del 27 Gennaio 1901. 0... Pag. 415° 
Japanza — Commemorazione di Matteo Fiorini. _ 7 È » 416 
D’'Ovipio — Commemorazione di Carlo HerRMTE . ; i ; » 419. 


Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche. 
ADUNANZA del 3 Febbraio 1901. x 4 2 . Pag. 425 


Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali. 


ADUNANZA del 10 Febbraio 1901 . 5 È ‘ . Pag. 426. 


Camperti — Sulla polarizzazione del magnesio in soluzioni alcaline —, 427 


Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche. 


ADUNANZA del 17 Febbraio 1901 . PE ; . Pag. 433 
Di Sarnrt-Prerre — Cenno storico intorno ad Amedeo VI x ; » 485 
Savio — Gandolfo vescovo d'Alba nel secolo XII . : 7 4 » 488 


Tip. Vincenzo Runa Torino 


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DI TORINO 


PUBBLICATI 


DAGLI ACCADEMICI SEGRETARI DELLE DUE CLASSI 


Vor. XXXVI, Disp. 8°, 1900-9801 


TORINO 
CARLO CLAUSEN 


Libraio della R. Accademia delle Scienze 


SOMMARIO 


Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali. 


ADUNANZA del 24 Febbraio 1901. 5 ‘ È . Pag. d4L £ : 


Guarescni — Acidi BB dialchilglutarici e B alchil y cianvinilacetici.. SEO 
Nota I . 1 ; S qua mi 448. SR 
Palio Upon — Piodolto-di dae Gonone pai Tesi SS 
lative ai piani di un iperspazio . i, s LO: Se 459. s 
Severini — Sulla PI analitica delie Meaaii reali di br: 
variabile reale . 5 è pie A90 E 
Garpasso — Sopra il valore massimo delli funzione To i Maxwell , 489 3 
; 


Classi unite. 
ADUNANZA del 3 Marzo 1901 . ; È 4 2 È lag. 500 


Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche. 


ADUNANZA del 3 Marzo 1901 . ? #9 . Pag. 502 
Biancni — L’Etica e la Psicologia sociale . 5 ì » 2083 
Marzis — Vicende di ‘ Pollentia’ (ora Te sazo) de romana in 3 

Piemonte . È ; ° esche 
Gampèra — Cronografia del oi siuegio di Dante 3 ; n 5527 


Tip. Vincenzo Bona — Torina 


MATRESA Mas i 
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DI TORINO 


PUBBLICATI 


DAGLI ACCADEMICI SEGRETARI DELLE DUE CLASSI 


Von. XXXVI, Disp. 9*, 1900-901 


TORINO 
CARLO CLAUSEN 


Libraio della R. Accademia delle Scienze 


1901 


SOMMARIO 


Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali. 


ADUNANZA del 10 Marzo 1901 È È p R . “Pag 5028 
Granpis — Azione fisiologica del campo magnetico . : STA 
Pasrore e Agciarpi — Sulle oscillazioni delle sensazioni di det 

n 988 


mazione cutanea . 
Scorza — Aggiunta alla nota ue LR tig ) di ASDESE Pi 610 


Secre — Relazione sulla memoria del prof. Emilio Veneroni, “ Sui 
connessi bilineari fra punti e rette nello spazio ordinario , Re 1115) 

Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche. 
ADUNANZA del 17 Marzo 1901 3 [ 5 i «<< Pago 

Parerra — Della congetturata provenienza del palinsesto Torinese 
del codice Teodosiano dalla Biblioteca di Bobbio . È , 618 


Tip. Vincenzo Bona - Torina 


ACCADEMIA DELLE SCIENZE | 


DI TORINO 


PUBBLICATI 


Vor. XXXVI, Disp. 10, 1900-90! 


TORINO 
CARLO CLAUSEN 


Libraio della R. Accademia delle Scienze 


1901. 


4 di 
NI) Ide e, 
MILO 


ADUNANZA del 24 Marzo 1901 1 nd : Ù 


 Srezia — Contribuzioni di Geologia chimica. 5 5 
— Camerano — Lo studio quantitativo degli organismi e gli indici di i 
mancanza, di correlazione e di asimmetria ; ; P n 
— Segre — Un'osservazione relativa alla riducibilità delle trasformazioni. 
Cremoniane e dei sistemi lineari di curve piane per mezzo di 
trasformazioni quadratiche . - ; N ; ; a : 
Moranpi e Sisto — Contributo allo studio delle ghiandole emolinfa- | 
tiche nell’uomo ed in alcuni mammiferi . i È ci ko 


Classi unite. 
ADUNANZA del 81 Marzo 1901 


Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche.. 


ADUNANZA del 31 Marzo 1901 È E ; x . Paget 
Savio — Pietro suddiacono napoletano agiografo del secolo X À 


Tip. Vinoenzo Bona - Torina 


ni 


Da 


ACCADEMIA DELLE SCIENZE — 
DI TORINO 


PUBBLICATI 


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Vor. XXXVI, Disp. ff, 1900-9010 


TORINO 
CARLO CLAUSE 


Libraio della R. Accademia delle Scienze 


1901 


ADUNANZA del 14 Aprile 1901 È ; ; 4 È 


 Picarp — Sur les systèmes linéaires de genre zéro . 3 DE, 
CDI Ovinio — Su alcune successioni di medie aritmetiche, geometriche 

ed-armoniche so SLA ara £ 
Vaccaro — Integrazione di sistemi di equazioni again ; i 
Ponzio — Azione dell'acido nitrico sui composti alifatici contenenti | 
il gruppo CH(0H) 5 ; i È % \ N È r 


Classi unite. 
ADUNANZA del 21 Aprile ail 


Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche. 


ADUNANZA del 21 Aprile 1901... . Pag. 1 


Carre — Alcune lettere inedite di Vincenzo Gioberti 


Fip. Vincenzo Bona - Torina 


DI TORINO 


PUBBLICATI 


DAGLI ACCADEMICI SEGRETARI DELLE DUE CLASSI 


Vor. XXXVI, Disp. I2*, 1900-901 


ì, 


CARLO CLAUSEN 
Libraio della R. Accademia delle Scienze 


1901 


SOMMARIO 


N 


Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali 
ADUNANZA del 28 Aprile 1901 Mez Arie 


Foà — Commemorazione del Socio Grurio Bizzozero . 
Naccari — Intorno alla polarizzazione dell’alluminio. © . } Î 
BeLLaraLLA — Sulle varietà razionali normali composte di 00! spazi. 


lineari . PA : ; A î î ; } È n 803 


» 


Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche. 


ADUNANZA del 5 Maggio 1901 


Tip. Vincenza Bona — Torina 


|’ Vor. XXXVI, Disp. 1%, 


TORINO 
CARLO CLAUSEÈ 
Libraio della R Accademia delle Scienze 


1901 


Classe di Scienze Morali,, 


®, e x xa 


nel piano i RE È 
AmronentI — Determinazione della Gravità rel 
| Albenga e San Remo SERATA 
MarmIRoLO —_ Relazione sula ui 


Tip. Vincenzo Bona — Torina 


ACCADEMIA DELLE SCIENZE 


DI TORINO 


PUBBLICATI 


DAGLI ACCADEMICI SEGRETARI DELLE DUE CLASSI 


TORINO 
CARLO CLAUSEN 
i Libraio della R. Accademia delle Giilnds. 


1901 


SOMMARIO 


Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali. 
ADUNANZA del 26 Maggio 1901. <.°-. 0, 1,0 Page 0a 


Jananza — Sul calcolo della convergenza dei meridiani . ; SD 
Prrazzo — Sopra una forma cubica con 9 rette doppie dello spazio 
a cinque dimensioni, ecc. . 3 ; = ; 3 y 891 
Kawror — I numeri razionali in Usomsna E ; ; n 9160 
Guarescar — Relazione sulla Memoria del Prof. io SABBATANI, în- 000 
titolata: “ Funzione biologica del calcio , È ; - n 924 


Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche. 


ADUNANZA del 9 Giugno 1901 i : ? . . Pag. 926 


Crrorta — Nuove notizie sulle relazioni del p. Luigi Tosti col 
Piemont: SEE I AE RA De E I 


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Tip. Vincenzo Bana - Torna 


DELLA 


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\CCADEMIA DELLE SCIENZE 


DI TORINO 


PUBBLICATI 


I ACCADEMICI SEGRETARI DELLE DUE CLASSI 


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CARLO CLAUSEN 


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ia delle Scienze. 


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1901 


| Libraio della R. Accadem 


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SOMMARIO 


ADUNANZA del 16 Giagno 1901 


$ Buranr-Formi — Sopra alcuni punti singolari delle curve piane e E ; BA 
d- RONDE SCIITA EROE De O 
OrroLencni — Sui nervi del midollo delle ossa . Si 
VoLta-— Effemeridi del Sole e della Luna per l’orizzonte di Torino 
e per ‘Panno 1902. 5 È - È 3 x pi” 
Bari —' Effemeridi dei Pianeti principali per l'orizzonte di Torino _ sea 
e per l’anno 1902 ; ? 2 ; 2 RIS È 


ADUNANZA del 23 Giugno 1901. 


Sarsorro — Per l’epistolario di Carlo Botta ; " " i 
Renier — Relazione sulla prima memoria di Giuseppe Boreiro: 


Inpice . i : E i ; î ; 3 ; 


Tip. Vincenzo Bona — Torina 


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